Little Flame

di _Trilly_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubi ***
Capitolo 2: *** Incontro a sorpresa ***
Capitolo 3: *** L'anello con il serpente ***
Capitolo 4: *** Il mistero s'infittisce ***
Capitolo 5: *** Attimi di malinconia ***
Capitolo 6: *** Muschio e cicatrice ***
Capitolo 7: *** Le confessioni di Theo ***
Capitolo 8: *** Ancora dubbi ***
Capitolo 9: *** La Stamberga Strillante ***
Capitolo 10: *** Sconvolgenti verità ***
Capitolo 11: *** Confronti e chiarimenti ***
Capitolo 12: *** Little Flame ***
Capitolo 13: *** Tensioni ***
Capitolo 14: *** Sorprese inaspettate ***
Capitolo 15: *** Una svolta decisiva ***
Capitolo 16: *** La chiave di tutto ***
Capitolo 17: *** Figure nell'ombra ***
Capitolo 18: *** 2 maggio 1998 ***
Capitolo 19: *** Al Ministero della Magia ***
Capitolo 20: *** Harry contro tutti ***
Capitolo 21: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 22: *** La fuga ***
Capitolo 23: *** Il messaggio degli incappucciati ***
Capitolo 24: *** Giù la maschera ***
Capitolo 25: *** L'ultima missione ***
Capitolo 26: *** Attesa e lacrime ***
Capitolo 27: *** Il risveglio: prima parte ***
Capitolo 28: *** Il risveglio: Seconda parte ***
Capitolo 29: *** Aprire gli occhi ***
Capitolo 30: *** Progetti per il futuro ***
Capitolo 31: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Incubi ***


Questa è la prima storia che pubblico, infatti sono molto agitata. All’inizio non volevo pubblicarla, ma la mia amica ha insistito tanto, perciò ho deciso di accontentarla. Spero che vi piaccia :D
 

 

                     Capitolo 1 : Incubi

 
Un sole caldo illuminava quel pomeriggio di marzo. Ormai l’inverno era finito, lasciando il posto a giornate sempre più calde. Sdraiata sull’erba ad occhi chiusi, lasciava che quel calore la cullasse. Provava una sensazione così bella che sarebbe rimasta in quella posizione per sempre, ma all’improvviso si rese conto che il sole non la riscaldava più. Aprì gli occhi di scatto, riconoscendo una figura sporta verso di lei, istintivamente sorrise.
“Alla fine sei venuto.”
“Si, ma non posso fermarmi molto.” Rispose il ragazzo, baciandola con trasporto.
Ginny lo afferrò per la cravatta, così da avvicinarlo ulteriormente a lei. Schiuse poi le labbra, consentendo alle loro lingue d’incontrarsi. Solo alla fine del bacio si decise a porgli quella domanda che tanto l’assillava.
“Per quanto tempo dovremo continuare così?”
Lui scrollò le spalle. “Te lo avevo detto che stare con me non sarebbe stato facile.”
La rossa sbuffò. “Ancora con questa storia? Inizio seriamente a pensare che Luna abbia ragione. Forse dovrei……” iniziò, ma il ragazzo la interruppe.
“Ascolta la tua amica allora. Se non mi capisci, non siamo fatti per stare insieme.”
Detto ciò, scattòin piedi e si allontanò a grandi falcate.
Calde lacrime iniziarono a scorrere sul volto di Ginny. Non pensava davvero quello che aveva detto, aveva litigato con Luna proprio perché non condivideva il suo pensiero. Lei lo amava, lo amava troppo per lasciarlo.
“HARRY!” Urlò, inseguendolo. “HARRY ASPETTA, TI PREGO! HARRY!”
Ma lui era ormai troppo lontano. Si fermò vicino al portone d’ingresso, stremata per la corsa e triste a causa della lite con lui. Fu proprio in quel momento che le giunsero alle orecchie le sue parole.
“Come hai potuto tradirmi? Sapevo che non potevo fidarmi di te.”
“HARRY! TI PREGO ASCOLTAMI! NON TI HO MAI TRADITO! IO TI AMO! HARRY! HARRY!”

 

Ginny si svegliò di soprassalto con la fronte madida di sudore. Si mise in posizione seduta, prendendo un profondo respiro.
“Ginny, va tutto bene?” le chiese Harry, preoccupato. “ ti ho sentita urlare.”
Lei annuì. “si, tranquillo era solo un incubo.”
L’ennesimo avrebbe voluto aggiungere. Non aveva idea del perché, ma ormai erano anni che si svegliava in quel modo a causa di un incubo. Sospettava che quei sogni in qualche modo si accomunassero, infatti finivano sempre con Harry che l’abbandonava, moriva o la guardava con delusione. Forse era il suo stesso inconscio che li generava, spaventato dall’idea di perdere Harry. D’altronde a causa di Voldemort aveva perso suo fratello Fred ed Harry stesso era andato vicino alla morte, quindi in qualche modo la sua paura era giustificata. Ciononostante, non aveva mai parlato a suo marito o ai suoi amici e familiari di quegli incubi. Forse per timore di essere giudicata pazza? Non lo sapeva dire nemmeno lei con certezza.
“Ginny, tesoro, forse dovresti prendere un calmante prima di riaddormentarti. Fai incubi quasi ogni notte. Sei sicura di non ricordarli al risveglio?”
Scosse la testa. “no, Harry, te l’ho detto non ricordo mai cosa sogno. Comunque hai ragione tu, è meglio se mi prendo un calmante, così magari riesco a dormire almeno un paio d’ore.”
 
“Ecco a voi lo zombie,”pensò ironicamente, mentre guardava il proprio riflesso nello specchio del bagno. Come ogni mattina, si trovava a fare i conti con delle occhiaie così profonde che sembravano quelle di un panda. Proprio non riusciva a capire perché nonostante prendesse un sonnifero ogni sera, continuava a svegliarsi nel cuore della notte a causa di un incubo. La cosa peggiore era che poi non riusciva a riaddormentarsi. Ormai poteva dire con certezza quante fossero le crepe sul soffitto della camera da letto e quanti respiri emetteva Harry. Si gettò un po’ d’acqua fredda sulla faccia, come se pensasse di poter cancellare così quei segni di stanchezza. Non ne poteva più, desiderava con tutta se stessa chiudere gli occhi e dormire per ore, peccato che appena ci provava sopraggiungevano gli incubi.                   
Raggiunse il salotto a grandi falcate. Doveva approfittare che Harry non ci fosse per contattare il medimago, non voleva infatti farlo preoccupare, distraendolo così dal suo lavoro. Si sedette sul divano, munita di inchiostro e pergamena.


Salve dottor Cross,
sono Ginevra Potter. Come ricorderà, la settimana scorsa le ho parlato dei frequenti incubi che interrompono il mio sonno. Nonostante abbia preso i calmanti che mi ha prescritto, la cosa non si è risolta. Proprio per questo volevo prenotare un nuovo appuntamento per affrontare la questione. Mi faccia sapere.
                                                                               Cordiali saluti

 
Dopo aver mandato Odette, la civetta che le aveva regalato Hermione per il suo compleanno, dal dottor Cross, si lasciò cadere sul divano. Si portò un braccio sulla fronte, chiudendo lentamente gli occhi. Non lo avesse mai fatto, cadde infatti in un sonno profondo, ma come ogni volta la sua mente prese il sopravvento.

 

Si stava rotolando in morbide lenzuola di seta verde. La sua risata risuonava nella stanza buia.
“Adoro il suono della tua risata,” le sussurrò una calda voce all’orecchio.
Si voltò verso di lui, con il sorriso sulle labbra.
“E io adoro quel delizioso profumo di colonia che sprigioni con ogni tuo movimento.”
Il ragazzo avvicinò il volto al suo, con espressione seria. “Sai Ginevra, io credo di amarti.”
“Oh Harry!” esclamò, felice. “Anche io ti amo!”
Tuttavia lui proseguì come se lei non avesse proprio parlato. “So che non mi ami, ma dovevo dirtelo.”
Ginny sgranò gli occhi. “ Ma cosa dici? Certo che ti amo.”
Lui scosse la testa. “Sarai sempre innamorata di lui, io sono solo la ruota di scorta,” ribatté, alzandosi dal letto e rivestendosi.
“Harry, io amo solo te.”
“Smettila di mentire Ginevra.”
“Non sto mentendo, tu sei l’unico. Devi credermi.”
Ma lui continuò a vestirsi, incurante delle sue parole.
“Dove vai?” gli chiese lei, disperata.
“Me ne vado,” disse, evitando di guardarla. “Non posso continuare a stare con una ragazza che è ancora ancorata al passato.”
“CHE DIAVOLO DICI?!” Esplose, con le lacrime agli occhi. “LO CAPISCI CHE PER ME ESISTI SOLO TU?”
“Non ti credo. Tu non cambierai mai.”
Quelle parole fredde come il ghiaccio furono seguite dallo sbattere violento della porta.
“HARRY” Urlò Ginny, scoppiando a piangere a singhiozzi. “IO TI AMO! NON C’è UN ALTRO, TE LO GIURO!”
 

Aprì gli occhi di scatto, a causa di un rumore che stava disturbando il suo sonno. In un secondo momento, capì che si trattava di Odette che picchiava sul vetro della finestra per attirare la sua attenzione. La raggiunse a grandi falcate, ma quando si vide riflessa nel vetro, si rese conto con orrore di avere le guance bagnate. Aveva pianto. Pensava di averlo fatto solo nel sogno, ma a quanto pareva si sbagliava. Si asciugò il volto con la manica del maglione, tornando a concentrare la sua attenzione su Odette. Aprì la finestra, consentendo alla civetta di posarsi sulla sua spalla.
“Scusami Odette, ero sconvolta a causa di un incubo,” disse, porgendole un biscotto e slegando dalla sua zampa la lettera del dottor Cross.

 
Signora Potter,
ammetto che la sua lettera mi ha preoccupato. Evidentemente il problema è più serio di quanto pensavamo, ma è meglio parlarne nel mio studio oggi alle 18.00. l’aspetto.
                                                                             William Cross

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Capitolo 2
*** Incontro a sorpresa ***


             Capitolo 2 : incontro a sorpresa

 
Alle 17.30 Ginny prese la metropolitana come una qualsiasi babbana. Aveva deciso di non dire a Harry degli incontri con il medimago Cross, non perché non si fidasse di lui, semplicemente perché era sicura lo avrebbe detto a Ron, che a sua volta avrebbe pensato subito al peggio e lo avrebbe raccontato ai suoi genitori. Onestamente l’ultima cosa che voleva era ritrovarsi per casa l’ansiosa Molly Weasley un giorno si e l’altro pure. Forse era tipico dei Weasley trasformare ogni cosa in una tragedia, ma di sicuro gli eventi della Seconda Guerra magica avevano se possibile peggiorato quel particolare del carattere di sua madre. Se solo avesse saputo dei suoi sogni l’avrebbe costretta a tornare alla Tana sotto la sua completa supervisione e la possibilità non l’allettava granché. Quando arrivò nel centro di Londra si confuse tra la folla, finché non giunse di fronte  a un vecchio negozio di abbigliamento abbandonato. Facendo attenzione che nessuno la vedesse, vi entrò. Un attimo dopo si ritrovò nella hall dell’affollatissimo ospedale. Dovunque si girava vedeva persone con ogni tipo di problema, c’era chi era ricoperto di piume, chi aveva una testa gigantesca, chi aveva quattro mani e altri ancora. Distolse lo sguardo, dirigendosi al banco informazioni. Nonostante fosse cresciuta con sei fratelli maschi e quindi fosse abituata a vedere lividi e sangue, il suo stomaco non si era per niente rafforzato. Basti pensare che quando ai tempi di Hogwarts finì in infermeria dopo uno scontro sul campo da Quidditch, lo strano intruglio che le diede Madama Chips le fece vomitare pure l’anima. La faccia dell’infermiera quando le macchiò le lenzuola immacolate non l’avrebbe mai dimenticata, sembrava si stesse appellando a tutti i santi del paradiso per non strangolarla. Ma che ci poteva fare? Era più forte di lei, bastava un odore più pungente o la vista di tagli e ferite per farle venire la nausea.
“Buonasera signora, mi dica?” disse la donna paffuta dietro il banco informazioni, distogliendola dai suoi pensieri.
“Ho un appuntamento con il medimago Cross.”
“Il suo nome è?” le chiese, scorrendo la lista degli appuntamenti.
“Ginevra Potter.”
“Quarto piano. Ufficio 18.”
“Grazie,” sorrise la rossa, avviandosi verso l’ascensore.
Come ogni volta che metteva piede al San Mungo lo trovò strapieno, perciò si ritrovò schiacciata in un angolo, sperando che l’ascensore avesse fatto in fretta. Quando finalmente si fermò al quarto piano, dovette infilarsi a fatica tra due anziane signore per poter uscire.
Attraversò il familiare corridoio, procedendo a ziz zag tra i pazienti e i guaritori in cui si imbatteva, finché una familiare testa bionda non attirò la sua attenzione. Conosceva quei capelli, ne era sicura. Pian piano che si avvicinava, si rese conto che effettivamente conosceva quella ragazza bionda. Luna. Da quanto tempo non la vedeva? Se non si sbagliava di grosso l’ultima volta che l’aveva vista era stata la mattina dopo la battaglia finale. Fino ad allora erano state grandi amiche, poi di punto in bianco si erano allontanate, o meglio Luna si era allontanata. Le aveva scritto diverse volte i mesi successivi alla guerra, ma l’amica non le aveva mai risposto. Si era sempre chiesta il perché di quell’improvviso distacco, se in qualche maniera l’avesse ferita e forse il destino le stava dando la possibilità di avere delle risposte. Senza pensarci ulteriormente, si affrettò a seguirla.
“Luna!”
La ragazza si voltò verso di lei, sorpresa. Appena la mise a fuoco però, la vide irrigidirsi.
“Ciao Ginny.” Sorrideva, ma si vedeva lontano un miglio che il suo era un sorriso forzato.
“Come stai?”
“Bene, tu?”
“Bene.”
Tra loro calò un silenzio imbarazzante, che Ginny faceva fatica a reggere. Da quando tra lei e Luna c’era imbarazzo? Non era mai successo, nemmeno quando si conoscevano a malapena.
“Cos’è successo Luna?” Mormorò alla fine. “Perché abbiamo smesso di essere amiche?”
La bionda scrollò le spalle. “Non lo so Ginny, dimmelo tu.”
“Che vuoi dire?” Chiese, confusa.
Luna rise, incredula. “Ti ho scritto un sacco di lettere, lettere a cui tra l’altro non hai mai risposto.”
Ginny era senza parole. Luna le aveva scritto delle lettere? Scosse la testa. “Sono io quella ad averti scritto senza ricevere risposta.”
“Come?”
“Hai capito benissimo. Ti ho scritto almeno trenta lettere prima di arrendermi.”
Sul volto di Luna si susseguirono diverse emozioni, confusione, stupore, incredulità. “Anche io ti ho scritto,” sussurrò alla fine. “Perché allora….?”
“Non chiederlo a me, non ne ho idea. Fino a poco fa pensavo non avessi risposto alle mie lettere perché volevi prendere le distanze e ora……”
“E ora ci rendiamo conto che in realtà è stato tutto un malinteso” concluse per lei.
Ginny annuì. “Ma com’è possibile? Può capitare che una lettera non arrivi a destinazione, ma tutte è un po’ strano non credi?”
“Si, è vero,” ammise Luna, pensierosamente. “Cos’hai fatto in questi anni?” aggiunse all’improvviso.
La rossa sorrise, mostrandole la mano sinistra, dove si poteva notare la fede nuziale. “Mi sono sposata con Harry.”
Lei annuì. “Lo so, l’ho letto sulla Gazzetta del Profeta. Congratulazioni!” Sorrideva, ma nei suoi occhi c’era una strana luce. “L’anno prossimo anche io e Theo ci sposiamo.”
In quel momento si ricordò che Luna ai tempi di Hogwarts usciva con il Serpeverde Theodore Nott e istintivamente sorrise. “Sono contenta per voi.”
Luna sorrise. “Grazie…ehm….ti manderò l’invito….ora scusa, ma devo andare”, le disse, improvvisamente desiderosa di andarsene.
“Luna,” provò, ma la bionda la interruppe. “Parliamo la prossima volta ok?”
Seppur confusa, annuì. “Va bene. Ciao Luna.”
“Ciao Ginny.”
La guardò allontanarsi, mentre nella sua mente si era formato un grosso punto interrogativo. Cosa nascondeva lo strano comportamento di Luna? Scosse la testa, ricordando solo in quel momento l’appuntamento con il medimago Cross.
“Accidenti!” Borbottò, dirigendosi verso l’ufficio del medimago.
A causa della chiacchierata con Luna aveva però perso il suo turno, così fu costretta ad aspettare in sala d’aspetto per un bel po’ prima di poter essere ricevuta.
“Buonasera signora Potter, si accomodi.”
“Buonasera,” sorrise, occupando una delle due poltrone di pelle nera disposte davanti alla scrivania.
Il medimago Cross, un uomo di circa cinquant’anni quasi calvo e dall’espressione seria, la scrutava oltre gli occhiali squadrati, che le ricordavano tanto quelli della Mcgranitt.
“Mi spieghi meglio la questione incubi,” la invitò, con un gesto della mano.     
Lei annuì. “Certo. Non sono dei veri e propri incubi….cioè, voglio dire….non mi fanno paura, ma soffrire. Iniziano tutti con dei momenti felici con mio marito, momenti che in realtà non ho mai vissuto e in luoghi che non ricordo di aver visto in sua compagnia. Mentre va tutto bene, all’improvviso litighiamo senza un vero motivo. Lui mi accusa di tradirlo, di pensare a un altro o di non amarlo. A volte mi lascia, altre mi dice quelle cose in punto di morte. Cosa significa dottore?”
L’uomo si toccò il mento, pensieroso. “Ricorda qualche altro particolare?”
Ginny scosse la testa, poi però s’illuminò. “ I sogni sono tutti ambientati ai tempi di Hogwarts. All’inizio pensavo fossero ricordi, ma non è possibile, io e lui abbiamo iniziato a frequentarci molto dopo. L’altra cosa strana è che nei sogni mi chiama Ginevra, ma lui non mi ha mai chiamata così.”
“è sicura si tratti di suo marito?”
La rossa sgranò gli occhi, sicura di aver capito male. “Come?”
“è possibile si tratti di un amore passato di cui sente ancora nostalgia,” ipotizzò il medimago.
Scosse la testa. “Non è possibile, lo saprei se fosse così.”
Lui annuì. “Forse, ma se cambia idea e decide di essere sincera con se stessa, può prendere appuntamento con la nostra psicomaga,” le disse, porgendole un biglietto da visita.
Ginny s’irrigidì. “Non sto mentendo e soprattutto non sono pazza.”
“Non ho detto questo, ma se ha difficoltà nell’aprirsi e nel ricordare, l’aiuterà. Chi è pazzo non va dagli psicomaghi, ma nel reparto malattie mentali del nostro ospedale,” aggiunse piuttosto stizzito.
Lei abbassò lo sguardo, imbarazzata per la gaffe che aveva appena fatto. “Io…ehm…ha ragione, mi scusi.”
Il medimago Cross annuì, visibilmente più rilassato. “Ci penserà?”
“Si, va bene”,annuì infine, prendendo il biglietto da visita.
“Perfetto. Buonasera e prenda la decisione giusta.”
“Buonasera,” lo salutò, ancora visibilmente confusa. Aveva sempre pensato che gli psicomaghi fossero degli psicopatici che rendevano le persone ancora più complessate, ma se si sbagliasse? Il medimago Cross era una persona seria e un grande professionista, non le avrebbe mai proposto uno psicomago se pensava che non ne avesse bisogno. Era così no? Ma lei ne aveva davvero bisogno allora? 
Quella sera a cena era ancora più pensierosa e taciturna. Il suo sguardo era fisso sul piatto di arrosto ancora intatto e le posate erano alla sua sinistra, dove le aveva posizionate quando aveva apparecchiato la tavola. Quindi non c’era da sorprendersi se dopo aver parlato per circa mezz’ora degli avvenimenti di quel giorno al Ministero, Harry iniziò a fissare la moglie, preoccupato.
“Ginny,” mormorò, facendola sussultare. “C’è qualcosa che non va? Hai detto al massimo due parole stasera.”
Lei si morse il labbro e iniziò ad arricciarsi una ciocca di capelli intorno all’indice, sforzandosi di apparire calma. “Sto bene, sono solo un po’ stanca.”
Harry si accigliò, per niente convinto. “Ginny, io non sono Ron. Me ne accorgo quando menti.”
Ginny arrossì di colpo. E ora che gli diceva? “Ho incontrato Luna oggi,” buttò lì la prima cosa che le venne in mente, sperando non indagasse ulteriormente.
Un lampo di sorpresa attraversò lo sguardo del moro. “ Ah si? Ti ha salutata o ignorata come ha fatto con le tue lettere?” Aggiunse ironicamente.
“ Mi ha detto di avermi scritto, ma di non aver mai ricevuto lettere da me.”
“E tu le credi? Non hai pensato che magari volesse solo giustificate il suo pessimo comportamento da Serpeverde?”
La rossa lo guardò, confusa. “Harry, non puoi davvero pensare una cosa del genere.”
Lui scrollò le spalle. “Non ti dimenticare che sono anni che è fidanzata con un Mangiamorte, potrebbe essersi fatta condizionare da lui.”
Ginny annuì, poggiando una mano sulla sua. “Lo so che Theodore Nott non ti sta per niente simpatico, come tutti gli ex Serpeverde tra l’altro, ma stiamo parlando di Luna. Lei ed io siamo amiche dal nostro primo anno, la conosco e so che non si farebbe mai condizionare da qualcuno, anche se si tratta del suo fidanzato.”
“E allora come giustifichi il fatto delle lettere?” La incalzò, intrecciando le dita con le sue.
“Un malinteso? Non lo so Harry, sono così confusa,” aggiunse, scuotendo vigorosamente la testa.
Harry annuì, alzandosi in piedi e tirandola con se. Senza pensarci ulteriormente, Ginny si gettò tra le sue braccia, lasciandosi cullare dal suo calore e dal suo profumo.
“Ti amo Harry,” sussurrò contro il suo petto.
Lui sorrise, accarezzandole i capelli. “Ti amo anch’io Ginny.”
 

 
 
E questo è il 2 capitolo! A mio parere è molto più bello del 1 e poi qui è stata fatta un po’ di chiarezza sui sogni di Ginny. È comparso poi un nuovo personaggio: Luna. Cosa nasconde il suo strano comportamento? E i sogni di Ginny? Per scoprirlo non vi resta che continuare a seguirmi! :D

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Capitolo 3
*** L'anello con il serpente ***


                     Capitolo 3 : L’anello con il serpente

 
“Ginny? Mi ascolti?” La richiamò Hermione, sventolandole una mano davanti agli occhi.
La rossa posò distrattamente lo sguardo su di lei. “Come?”
Quella sera Ginny e Harry erano andati a cena a casa di Ron e Hermione e mentre i due ragazzi erano in salotto, loro due erano in cucina a lavare i piatti. La riccia non aveva fatto altro che parlare e Ginny, che aveva la testa altrove non aveva idea di quale fosse l’argomento, perciò si era limitata a sorridere e annuire di tanto in tanto. Peccato però che avesse dimenticato di avere di fronte Hermione Grenger, che di certo non era un tipo distratto. Spesso aveva la sensazione che le leggesse dentro e il più delle volte la cosa la metteva a disagio. Voleva bene a Hermione, ma lei aveva il potere di farla sentire continuamente sotto esame. All’inizio aveva sofferto anche di complessi d’inferiorità nei suoi confronti, dopotutto lei era in gamba, brillante, forte, sicura e si era conquistata un posto importante nel Dipartimento della Regolazione della Legge Magica, poi però con il tempo si era resa conto dell’assurdità dei suoi pensieri. Hermione era sua amica e non si può essere invidiosi degli amici, altrimenti non si chiamerebbero così.
“Harry mi ha detto che hai incontrato Luna. Come sta?” le chiese la riccia, mentre asciugava i piatti. Essendo streghe avrebbero potuto usare un semplice incantesimo e sistemare tutto in un baleno e di sicuro Hermione ne conosceva parecchi che facevano al caso suo, perciò quando le aveva proposto di sistemare alla babbana, aveva capito che voleva parlare da sola con lei. Come al solito aveva iniziato a parlare del più e del meno, per poi arrivare al nocciolo della questione.
“Sta bene, mi ha detto che l’anno prossimo si sposa.”
Hermione annuì. “Sta ancora con Nott vero? Spesso lo incrocio al Ministero, non sembra nemmeno lui. Credo che l’incarcerazione di suo padre lo abbia segnato.”
Ginny scrollò le spalle. “Da quanto ricordo è un tipo tranquillo che se ne sta sempre per i fatti suoi. Lui e Luna hanno iniziato a parlare in biblioteca, probabilmente è l’unico Serpeverde che non l’ha giudicata per le voci che giravano sulla sua stranezza,” aggiunse distrattamente.
“Si, infatti,” concluse la riccia, prendendo la bacchetta che aveva lasciato sul tavolo e insonorizzando la stanza.
Lei seguì i suoi gesti, confusa. “Hermione, perché lo hai fatto?”
Hermione spostò una delle sedie del tavolo e si sedette, invitandola con un gesto della mano a fare lo stesso.
Un campanello d’allarme iniziò a suonare nella testa di Ginny. Era in arrivo il terzo grado di Hermione Grenger. Ora avrebbe finalmente saputo il motivo di quell’invito a cena. Prese un profondo respiro e si sedette accanto all’amica.
“Cosa vuoi sapere?”
La ragazza si accigliò, poi assunse un’espressione apprensiva che le ricordò tanto quella di sua madre. “Harry mi ha detto che continui a soffrire di insonnia,” mormorò, lasciando Ginny esterrefatta. Possibile che suo marito non fosse capace di tenere la bocca chiusa? Era quasi peggio di Ron quando ci si metteva.
“Io….ehm….”
“Perché non me lo hai detto?” La rimproverò come farebbe una madre con la propria figlia. “Avrei potuto aiutarti! La guerra contro Voldemort ha lasciato delle ferite, anche Ron ne ha ma si sta pian piano riprendendo. Tu invece che fai? Ti tieni tutto dentro! È stupido e peggiora solo le cose! Parla con me, dimmi come ti senti. Oppure fallo con Harry, basta che lo fai con qualcuno.”
Ginny  l’ascoltò in silenzio, poi quando smise di parlare la guardò. “Hai finito?”
La riccia si accigliò e fece per dire qualcosa, ma lei glielo impedì scattando in piedi. “Sei piena di belle parole, ma per un attimo hai pensato a metterti nei miei panni? Non tutti hanno lo stesso carattere, c’è chi sfoga subito e chi ha bisogno di tempo. Io non mi riconosco più ormai, sorrido, mi mostro felice, ma dentro di me si è formato un vuoto che non riesco a colmare. È come se in quella maledetta guerra fosse morta anche una parte di me.”
Quella confessione ebbe il potere di lasciare Hermione Grenger impietrita. Da che la conosceva non era mai riuscita a zittirla e ora sembrava addirittura sotto shock. La guardava, ma non la vedeva davvero e nei suoi occhi sembravano susseguirsi diverse emozioni.
“Hermione?” La richiamò Ginny, preoccupata. “Hermione!” Ripeté, scuotendola.
Finalmente la ragazza sembrò riprendersi, riassumendo una postura composta. “Ginny, io….”
Lei scosse la testa. “Non c’è bisogno che tu dica nulla. Vuoi aiutarmi, lo capisco e ti ringrazio, ma ora non me la sento di parlarne.”
Hermione annuì. “Hai ragione, io non so cosa si prova. Scusami.”
Ginny sorrise e l’abbracciò. “Va tutto bene Hermione, ti perdono. Sei mia amica, volevi solo aiutarmi.”
“Lo sai che ti voglio bene vero?” Sussurrò la riccia, stritolandola in un forte abbraccio.
“Hermione….non riesco a respirare.”
Hermione si affrettò a lasciarla, sorridendo imbarazzata. “è meglio se torniamo da Ron e Harry, mi fanno paura quando stanno troppo tempo da soli. L’ultima volta hanno affrontato un troll di montagna e un ragno gigante e non oso pensare cosa potrebbero inventarsi da adulti.”
Ginny scoppiò a ridere. “Credi riusciranno mai a far entrare nelle loro teste più di un neurone?”
Lei scosse la testa, divertita. “Mi dispiace Gin, ma io non credo nei miracoli.”
 

Faceva decisamente freddo quella sera, ma incurante di ciò Ginny uscì a fare una passeggiata nel parco del castello. Aveva bisogno di allontanarsi da tutto quel trambusto, ma soprattutto da lui. Ormai aveva perso la testa, non riusciva a farlo ragionare in nessuna maniera. Si strinse maggiormente nel mantello e s’incamminò verso il lago nero. Inizialmente sembrava non ci fosse nessuno, poi però mise a fuoco una schiena piuttosto familiare. Il cuore iniziò a batterle all’impazzata. Cosa doveva fare? Andarsene o avvicinarsi? Furono i suoi piedi a decidere alla fine, conducendola verso il lago.
Anche quando gli fu praticamente accanto lui non si mosse di un centimetro, continuando a restare seduto sull’erba con lo sguardo rivolto verso il lago. Qualcuno si sarebbe sorpreso, forse offeso da un tale atteggiamento, ma Ginny che lo conosceva bene non si scompose. Lo guardò per alcuni istanti, poi si sedette accanto a lui.
Il ragazzo continuò a guardare dovunque tranne che verso di lei, giocherellando con il grosso anello d’oro che aveva alla mano destra. Si sarebbe potuto definire un bell’anello se non fosse stato tanto doppio e non avesse avuto inciso sopra lo stemma di un serpente.
“Perché non sei dentro a festeggiare Halloween?” Le chiese lui, interrompendo quel lungo silenzio.
Ginny scrollò le spalle, distogliendo lo sguardo dalle sue mani. “Non avevo voglia d’incontrare lui.”
Il ragazzo annuì, guardandola per la prima volta. Aveva la solita espressione impassibile, ma i suoi occhi le rivelarono il suo leggero nervosismo.
“Avete litigato di nuovo vero?”
La rossa sospirò, sistemandosi una ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchio. “Non ce la faccio più, non vedo l’ora che tutto questo finisca. Io ……..”
Si bloccò, avvertendo il suo braccio circondarle le spalle e attirarla così a se. Sorrise, poggiando la testa sulla sua spalla e socchiudendo gli occhi. “Cosa devo fare?”
Lui scosse la testa. “Niente Ginevra, niente. Se lui non capisce è un problema suo.”
“Lo so, ma mi dispiace comunque, lui…..”
Il ragazzo la zittì, poggiandole un dito sulle labbra. “Adesso basta parlare di lui, facciamo altro,” aggiunse sorridendo allusivo.
Ginny sorrise, intrecciando le dita al suo collo. “Tipo?”
“Tipo questo,” sussurrò, dandole un bacio sul naso.
“Mi fai il solletico,” disse divertita, ma lui continuò quella dolce tortura, finché non si sentì scuotere con decisione……..
 

“Ginny! Ginny!”
Aprì lentamente gli occhi, mettendo a fuoco il volto sorridente di Harry. Era ancora in pigiama e i suoi capelli erano più scompigliati del solito, segno che doveva essersi svegliato da poco.
“Harry, cosa succede?” chiese, stiracchiandosi.
Lui sorrise, stampandole un bacio sulle labbra. “Scusa Amore, non volevo svegliarti, ma Leo….” Spiegò, indicandole il piccolo gufetto che svolazzava per la stanza e che fino a quel momento lei non aveva notato. Sorrise a sua volta, ricordando quando Sirius aveva regalato quel gufetto a Ron e le lamentele di suo fratello quando lei lo aveva chiamato Leotordo.
“Credo sia qui per te, quando l’ho fatto entrare mi ha impedito di prendere la lettera,” aggiunse Harry.
Ginny annuì. “Leo, Leo vieni qui.”
Il piccolo gufo scese immediatamente in picchiata, poggiandosi sulla sua spalla. La rossa sorrise, accarezzandogli la testa e prendendo la lettera.


Ciao Ginny,
scusami per l’orario, ma ho bisogno di chiederti un importante favore. Io e Ron dobbiamo andare a una cena con degli importanti esponenti del Ministero venerdì. Ron deve comprare qualcosa da indossare, ma a causa degli impegni di lavoro non posso accompagnarlo. Sai che lui ha pessimi gusti, perciò volevo chiederti se potevi accompagnarlo tu. Ti prego Ginny, te ne sarei immensamente grata. Scusami ancora per averti svegliata.

                                                                                                              Ti voglio bene
                                                                                                                  Hemione
 

“è da parte di Hermione, mi ha chiesto di accompagnare Ron a comprare qualcosa da indossare per una cena di lavoro,” spiegò a Harry, mentre scriveva la risposta per Hemione.
Il moro annuì, lisciando distrattamente le piume di Leo, che si godeva quelle dolci attenzioni. “Bè, se Ron aveva intenzione d’indossare qualcosa di simile a quell’orribile vestito che aveva al Ballo del Ceppo, non posso non dar ragione a Hermione,” commentò divertito.
Ginny scoppiò a ridere. “In effetti. Sembrava uscito da un quadro dell’800.”
Quando Leo si fu allontanato con la lettera, la rossa corse a gettarsi sotto la doccia. Andare a fare shopping con Ron poteva rivelarsi positivo dopotutto. Aveva la possibilità di distrarsi, senza pensare a quei dannati sogni. L’ultimo che aveva fatto in ordine di tempo, era forse stato il più comprensibile. Aveva riconosciuto il parco di Hogwarts e il lago nero, anche se non era riuscita a vedere in viso il ragazzo. Il medimago Cross aveva ipotizzato che forse colui che sognava non era Harry e se allora la cosa le era sembrata assurda, ora iniziava ad avere dei dubbi. Il modo di fare del ragazzo era così diverso da quello di Harry, eppure continuava a non capire chi fosse. Prima di suo marito aveva frequentato altre persone, ma non le sembrava nessuno di loro. Allora chi era? Dopo essersi vestita, andò in cucina, trovando Harry che faceva colazione.
Lui le sorrise dolcemente. ”Andiamo a cena fuori stasera?”
Ginny sorrise, sedendosi accanto a lui e scompigliandogli i capelli. “Non vedo l’ora. Ti va di venire con me e Ron?” aggiunse speranzosa.
Harry scosse la testa tristemente. “Mi piacerebbe, ma devo andare al Ministero. Ci sono diverse questioni di cui mi devo occupare,” le spiegò, bevendo un sorso di caffè e alzandosi in piedi. “Ci vediamo stasera,” le disse, baciandola dolcemente.
“Non ti preoccupare, staremo insieme stasera.”
Circa dieci minuti dopo, Ginny prese la Polvere Volante per andare a Diagon Alley.
“Ehi Ginny!” Esclamò Ron, venendole incontro.
Lei sorrise, abbracciandolo. “Hermione mi ha detto che hai bisogno di me.”
Lui annuì, grattandosi la testa impacciato. “Ho sempre odiato quelle dannate cene, ma Herm dice che dobbiamo andarci e….”
“E allora muoviamoci,” disse allegramente, aggrappandosi al suo braccio.
Iniziarono a girare tra i vari negozi, causando l’impazienza di Ron, che onestamente avrebbe comprato il primo completo che aveva visto.
“è solo una cena, cos’ha che non va quello?” le chiese, indicando un completo marrone che aveva fatto arricciare il naso a Ginny.
“Per favore Ron, è orribile! Meglio un sacco. Diamo un’occhiata lì,” aggiunse, trascinandolo in un altro negozio. Il rosso sbuffò, ma si affrettò a seguirla.
Fu solo dopo avergli fatto provare una decina di completi, che finalmente Ginny gli diede la sua approvazione.
Ron la guardò, scettico. “Sicura che non sembro un pinguino?”
Lei scosse la testa divertita. “Solo un po’.”
“Ginny!” esclamò lui, mentre le orecchie gli si facevano di colpo rosse.
“Stai bene Ron, tranquillo,” lo rassicurò, continuando però a sorridere. Adorava prendere in giro suo fratello e farlo innervosire, era comico come nessuno.
Dopo aver pagato, i due s’incamminarono di nuovo lungo le strade affollate. “Ehi fratellone!” Esclamò Ginny all’improvviso, facendolo sobbalzare e facendolo inciampare nei suoi stessi piedi. Il risultato fu che Ron cadde lungo disteso sull’asfalto e la sua busta volò alcuni metri più in là. Ginny scoppiò a ridere in maniera forte e sguaiata, mentre lui imprecava.
“Miseriaccia Ginny! Mi hai spaventato a morte! Vuoi aiutarmi?!” aggiunse infuriato e con le orecchie in fiamme, mentre diversi passanti ridevano sotto i baffi.
Continuando a ridere, la ragazza lo aiutò ad alzarsi e recuperò la busta. “La smetti?”
“Ahahahahaha avresti dovuto vedere la tua faccia! Era quasi più divertente della caduta!”
Ron incrociò le braccia al petto, offeso. “Se non mi avessi urlato nelle orecchie…..”
Ginny gli poggiò una mano sulla spalla, mostrandosi comprensiva. “Povero il mio fratellone, sempre così imbranato.”
“Ginny! Adesso basta!”
Lei rise, aggrappandosi al suo braccio. “Mi perdoni se ti offro un gelato?”
Ron si finse pensieroso. “Non so, prova.”
“Ok, ho capito,” disse lei, dirigendosi verso Florian Fortebraccio con il sorriso sulle labbra. Conosceva troppo bene Ron, bastava un po’ di cibo per farlo cedere. Era quasi peggio di un bambino.
“Due coni al cioccolato,” ordinò.
Ron la osservava accanto all’ingresso della gelateria, sforzandosi di apparire ancora arrabbiato, ma si vedeva lontano un miglio che fingeva.
Nel voltarsi nuovamente verso il bancone, urtò per sbaglio una persona accanto a lei.
“Mi scusi,” mormorò dispiaciuta al ragazzo.
Quando però lui si voltò verso di lei, Ginny lo guardò, sorpresa. “Theodore Nott.”
Theodore era decisamente più alto di quanto ricordasse e anche più affascinante con i suoi ribelli capelli neri e il sorriso seducente. I suoi occhi neri come due pozzi senza fondo, furono attraversati da un lampo di stupore, che mascherò prontamente con un sorriso. “Ginny Weasley. Come va, tutto bene?”
Lei annuì. “Si, tutto bene, tu? Ho incontrato Luna l’altro giorno.”
“Si, lo so,” mormorò prima di ordinare un caffè. Tornò poi a rivolgersi a lei, sorridendo. “Ti vedo bene.”
Ginny si accigliò per quello strano complimento, ma soprattutto per il modo in cui le sorrideva e la guardava. Quando andavano a Hogwarts a malapena la salutava, perciò come mai tutta quell’affabilità?
“Ragazzo, il tuo caffè,” lo richiamò il barista.
Theodore lo prese prontamente, ma nel farlo si sollevò la manica del suo cappotto, mettendo in mostra il grosso anello d’oro che aveva al dito. Sopra c’era inciso lo stemma di un serpente. Lei lo guardò confusa. Quell’anello aveva qualcosa di familiare, lo aveva già visto da qualche parte, ne era sicura. All’improvviso le tornò in mente il sogno che aveva fatto quella notte.
“Signorina, i suoi gelati.”
Lo stesso anello. Theodore aveva lo stesso anello del ragazzo del sogno. Era lo stesso, ma com’era possibile?
“Signorina?”
E se era proprio Theodore colui con cui stava filtrando? Lei e il fidanzato di Luna? No, non era possibile, non poteva essere vero.
“Ginny,” Theodore le sventolò una mano davanti agli occhi, divertito. Evidentemente non si era accorto di nulla. “I tuoi gelati.”
Ginny lo guardò, spaventata. “Io…… ehm……”
Senza pensarci due volte iniziò a correre verso l’uscita, sotto lo sguardo esterrefatto di tutti i presenti. Era sconvolta, incredula, spaventata.
“Ginny!” Ron provò a bloccarla, ma lei lo scansò, continuando a correre. Ma cosa le stava succedendo? I suoi sogni erano reali? Se si, perché non li ricordava? Lei non poteva aver fatto una cosa così orribile a Luna, non poteva.
“Ginny! Dove vai? Fermati!”
Ormai la voce di Ron le giungeva da sempre più lontano, ma continuava a correre, travolta dalle lacrime. Non poteva più aspettare, doveva farlo.
 
 

Come promesso ecco il capitolo 3! In questo capitolo si sono inseriti tre nuovi personaggi: Hermione, Ron e Theodore. Cosa ne pensate di loro? E del famoso anello? Theodore è coinvolto? Fatemi sapere cosa ne pensate. Baci :D  

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Capitolo 4
*** Il mistero s'infittisce ***


               Capitolo 4: Il mistero s’infittisce
 

Intorno a lei c’era un silenzio di tomba, un silenzio così pesante e allo stesso tempo spaventoso. Odiava il silenzio, la costringeva a rimuginare su tutte quelle cose che non andavano bene nella sua vita e in quel periodo erano fin troppe. Ora era lì, seduta su una poltrona di pelle nera di uno studio del San Mungo, in attesa dell’arrivo della psicomaga. Aveva dovuto scontrarsi duramente con la donna al banco informazioni e con il primario per convincerli ad essere ricevuta senza appuntamento. Aveva detto loro che era urgente, che non poteva aspettare un giorno di più, si era quasi messa a piangere e alla fine avevano acconsentito solo quando avevano visto il suo documento. “Vede,” si era giustificato il primario, “ogni giorno abbiamo a che fare con persone che si fingono altri per avere trattamenti di favore e spesso sono quasi dei sosia degli originali grazie alla Pozione Polisucco. È per questo che siamo diventati più rigidi, ci scusi signora Potter,” aveva aggiunto, accompagnandola in quell’ufficio. “La psicomaga che ha il turno oggi doveva venire il pomeriggio, ma le dirò di fare un’eccezione.”
Ginny quasi non riusciva a credere di aver perso il controllo in quella maniera. Lei non era una pazza logorroica che approfittava del nome di suo marito per avere dei privilegi, lei si era sempre fatta bastare ciò che aveva con il sorriso sulle labbra. Forse aveva ragione Hermione, a pagare gli effetti della guerra era stata soprattutto lei, che convinta di avere un carattere forte si era caricata dei problemi e delle sofferenze altrui, trascurando i suoi. Solo ora se ne rendeva conto. Dopotutto anche i più forti sarebbero usciti devastati dalla guerra contro Voldemort e tutto il dolore che ne era seguito, Ginny Weasley non era da meno. Aveva impiegato cinque anni, ma almeno ora era lì, pronta a tirar fuori tutto quello che si era tenuta dentro.
Accavallò la gamba destra sulla sinistra, facendola oscillare nervosamente. Si mordeva il labbro inferiore quasi a sangue. Si torturava le mani e poi capelli e ricominciava daccapo. Nella sua mente si susseguivano una serie di pensieri contrastanti. Stava facendo la cosa giusta? Sarebbe riuscita ad aprirsi con un’estranea? Ciò avrebbe potuto davvero aiutarla?
I suoi pensieri contorti furono interrotti da dei passi che si avvicinavano sempre di più. Prese un profondo respiro. Ecco, era arrivato il momento. I passi si fermarono proprio dietro la porta, che dopo alcuni istanti fu aperta da una donna con un tailleur blu e i capelli corvini raccolti in uno chignon, che lasciava libere alcune ciocche. Aveva il respiro corto, segno che era arrivata di corsa e reggeva con la mano sinistra sia la borsa che la valigetta, mentre nella destra aveva un mazzo di chiavi. Appena i loro sguardi s’incrociarono, la mora sgranò gli occhi e si fece di colpo seria. Ginny  rimase inizialmente confusa da quella reazione, poi un lampo di comprensione le attraversò la mente.
“Ma voi Serpeverde siete una persecuzione!” sbottò, scattando in piedi.
Pansy Parkinson, ancora ferma sul ciglio della porta, si accigliò. “Weasley, che ci fai tu qui? Oh mio Dio!” Esclamò poi stupefatta. “ Sei tu l’appuntamento improvviso?”
“Sei una psicomaga?” Chiese invece la rossa.
L’altra annuì. “Da più di un anno ormai. Come mai sei qui? Pensavo fossi l’ultima persona a cui ti saresti rivolta,” aggiunse, incredula.
“Infatti è così,” confermò, “ma a quanto pare sei l’unica che ha il turno oggi. Vorrà dire che verrò un altro giorno.”
Fece per varcare la porta, ma la voce di Pansy la bloccò. “Senti Weasley, ormai non siamo più delle ragazzine piene di pregiudizi. Le esperienze mi hanno cambiata, mi hanno fatto capire delle cose che prima nemmeno consideravo………quello che sto cercando di dirti è che è stupido continuare a portare rancore, non credi?”
Ginny la guardò, stupita. “Mi stai proponendo di gettare l’ascia di guerra? Tu?”
La mora sorrise. “Sono stata piuttosto crudele con voi Grifondoro, lo riconosco, ma ora non sono più quella persona, ho capito i miei errori e mi sto impegnando per rimediare.”
Lei si accigliò. Pansy Parkinson voleva aiutarla? Possibile che fosse davvero cambiata?
“Ti va di parlarmi del motivo per cui sei qui?” Le propose, posando le sue cose sulla scrivania.
Ginny era combattuta. Aveva un disperato bisogno di parlare con qualcuno, ma poteva davvero fidarsi di lei?
Pansy dovette capire cosa la tormentava, infatti si affrettò a precisare: “quello che mi dirai, se deciderai di farlo ovviamente, resterà tra noi. Sono tenuta al segreto professionale.”
La rossa ci pensò ancora per qualche secondo, poi seguendo solo l’istinto chiuse la porta e si risedette sulla poltrona, sotto lo sguardo sorpreso della psicomaga.
“Me lo giuri che quello che ti dirò resterà tra di noi?” Le chiese, ancora visibilmente agitata.
Pansy annuì, prendendo dalla valigetta un blocco per gli appunti insieme a una piuma e una boccetta d’inchiostro. “Te lo giuro, non una parola uscirà dalla mia bocca.”
Ginny chiuse gli occhi per alcuni istanti, cercando in lei il coraggio necessario per riuscire finalmente ad aprirsi. “Ok,” disse, puntando lo sguardo sulla ragazza di fronte a lei, che stava lì in attesa senza battere ciglio. Probabilmente assisteva a scene del genere ogni giorno, quindi nulla era più in grado di stupirla. Quasi senza rendersene conto Ginny iniziò a raccontarle dei sogni che la tormentavano, della paura, dell’ansia, della confusione che essi scatenavano in lei. Parlò di Fred, morto durante la guerra e di lei che ancora non aveva trovato il coraggio di andarlo a trovare al cimitero e di come ogni volta che si parlava di lui cambiava argomento o se ne andava. Le disse di suo marito, della sua famiglia e dei suoi amici, a cui aveva dato aiuto e sostegno, rifiutando però il loro, preferendo tenere tutto dentro. Pansy l’ascoltò in silenzio, scrivendo di tanto in tanto qualcosa sul blocco degli appunti.
“Cosa ne pensi?” Le chiese, quando ebbe finito di raccontare.
La mora si morse il labbro pensierosa, rileggendo i suoi appunti. “Allora,” iniziò, tornando a guardarla. “Sicuramente la morte di tuo fratello è un trauma che non hai superato e di conseguenza ti impedisce di vivere la tua vita al 100%. Il mio consiglio è affrontare la tua paura, ossia quella di perderlo. Vedi, nella tua testa si è formata la convinzione che se non vai al cimitero, non lo vedi e che quindi lui non è morto, ma in questo modo soffri doppiamente. Devi lasciarlo andare e puoi farlo solo andando da lui, affrontando così ciò che ti fa paura.”
Ginny annuì. “Hai ragione, è arrivato il momento di farlo.”
“Tuttavia,” continuò, come se lei non avesse proprio parlato. “Ho la sensazione che i tuoi sogni non sono causati dal trauma. Se fosse così rivivresti com’è morto e cose simili. Hai detto che c’è un ragazzo con te nei sogni e non è tuo fratello giusto?”
La rossa fece una smorfia. “Non credo finirei mai per baciare uno dei miei fratelli. All’inizio pensavo fosse Harry, ma ora non lo so più. Ha dei modi di fare diversi, è più distante, taciturno e ha delle lenzuola verdi! Verdi! Harry odia il verde, quindi non può essere lui e poi mi chiama Ginevra, non lo ha mai fatto nessuno a parte qualche professore a Hogwarts e il titolare del giornale dove lavoro,” concluse, abbandonando la testa sulla spalliera della poltrona. Era esausta, non ne poteva più di quei sogni, non ne poteva più di tutti quei dubbi e quella confusione.
“Senti Weasley,” disse Pansy dopo aver annotato qualcos’altro. “Per caso ti ricordi quando hai fatto il primo sogno?”
Ginny si toccò il mento, pensierosa. “Era il mio compleanno,” mormorò alla fine. “Avevo trascorso i mesi successivi la guerra in una casa al mare con Harry, Ron e Hermione. Siamo tornati pochi giorni prima del mio compleanno appunto e quella notte ho fatto il primo sogno. Ricordo che era buio, molto buio. Forse ero fuori, perché sentivo un odore di erba bagnata, avevo freddo, anche se addosso avevo qualcosa di caldo.”
“E il luogo? Di solito è lo stesso o cambia?”
“Da che ricordo in ogni sogno sono sempre a Hogwarts. Sono più piccola e non so perché, ma sembra che questo ragazzo ed io ci nascondiamo, come se stessimo facendo qualcosa di sbagliato.”
Pansy annuì, pensierosamente. “Quando hai fatto l’ultimo sogno?”
La rossa si mise seduta più comodamente e la guardò. “è proprio per questo che sono qui. L’ultimo l’ho fatto stanotte ed è stato il più nitido che abbia mai fatto. Eravamo davanti al lago nero, era halloween e io stavo evitando qualcuno. Lui a modo suo mi ha consolata e ho visto che aveva un anello d’oro, era grosso e sopra c’era lo stemma di un serpente. La cosa mi ha spaventata, insomma….questo particolare rende tutto più reale e poi……” s’interruppe, incapace di continuare. Aveva paura di parlare di Nott, era stato un Serpeverde come lei e forse erano ancora amici.
“E poi?” Chiese la mora, invogliandola a continuare. Ora sembrava decisamente nervosa, anche se si sforzava di non darlo a vedere.
“E poi ho incontrano Nott da Florian Fortebraccio,” ammise, guardando Pansy, che ora non scriveva più. La guardava, l’espressione apparentemente impassibile. “E lui aveva lo stesso anello. È per questo che ho insistito tanto con il primario, la cosa mi ha sconvolta. Io non me lo ricordo, ma se ho fatto la cretina con il ragazzo di Luna? Sono stata un’amica orribile! Mi sento così in colpa, io……”
“Weasley, la smetti di piagnucolare?” La interruppe Pansy, fulminandola con lo sguardo. “Conosco Theodore da una vita e dubito possa aver tradito Luna con te. Lui era un santo rispetto a noi altri, non fumava, non beveva, non prendeva in giro i Grifordoro e poi è sempre stato pazzo di Luna. Quando la vedeva era capace di cambiare umore in un attimo.”
Ginny sospirò, prendendosi il volto tra le mani. “Non so che altra spiegazione darmi. Tu che pensi?”
La mora sollevò gli occhi al cielo. “Oh andiamo Weasley! Se non lo sai tu chi è quello, come posso saperlo io?”
Lei scollò le spalle e incrociò le braccia al petto. “Non è né Michael Corner, né Dean Thomas, li avrei riconosciuti, quindi non so che dirti. Forse quel ragazzo semplicemente non esiste ed è frutto della mia mente,” concluse alla fine.
Pansy la scrutò per alcuni istanti, poi annuì. “Facciamo così, vieni giovedì pomeriggio e nel frattempo metti per iscritto tutti i sogni che fai, non dimenticare i particolari. Cercheremo di analizzarli insieme.”
“Va bene,” disse Ginny, alzandosi e porgendole la mano. “Ci vediamo giovedì.”
La psicomaga sorrise, ricambiando la stretta di mano. “A giovedì e cerca di mantenerti calma.”
“Sarà fatto.”

Pansy attese che i passi di Ginny si allontanassero, poi recuperò un foglio di pergamena.

 

                                                     Ho bisogno di parlarti, sei libero per pranzo?
                                                                                                      Pansy


 
Come ogni giorno il Paiolo Magico era strapieno di persone parecchio bizzarre e stravaganti, ma Pansy seduta in un angolo a rileggere i suoi appunti per l’ennesima volta, non vi prestava molta attenzione. Si stava stropicciando stancamente gli occhi, quando un ragazzo moro e una bionda entrarono nel locale. Quando la individuò, Theo sorrise divertito e insieme a Luna la raggiunse.
“Finalmente,” sbuffò la mora, invitandoli a sedersi. “Vi aspetto da circa quindici minuti.”
Theodore non poté trattenere una risata. “Siamo parecchio acide oggi eh?”
Pansy lo fulminò con lo sguardo, rivolgendosi poi a Luna. “Ciao Luna.”
Lei sorrise. “Ciao Pansy, non ti dispiace che sono venuta anch’io vero?”
“Al contrario, sono contenta che ci sei anche tu.”
“Ok.”
“Che cosa succede Pansy?” Chiese Theo, preoccupato. “Riguarda Blaise?”
La mora scosse la testa. “No, lui sta bene…..è il solito Blaise,” aggiunse con un sorriso malinconico.
Luna poggiò una mano sulla sua, sorridendole comprensiva. “Blaise si riprenderà vedrai. Ha solo bisogno di più tempo.”
Theo annuì. “Luna ha ragione, Blaise è più emotivo e anche un tantino distruttivo, ma ti ama, su questo non ho dubbi.”
Pansy sorrise. “Grazie per il sostegno che mi offrite, ne ho davvero bisogno. Lui sta male, lo vedo e vorrei aiutarlo, ma si ostina a tenersi tutto dentro. Mi parla, mi guarda, mi abbraccia, ma lo so che una parte di lui è altrove.”
I due annuirono, comprensivi. “Comunque non è questo il motivo per cui siamo qui,” continuò lei, risistemando i suoi appunti.
“Pansy,” provò Theo, ma la mora lo interruppe. “Perché te lo porti dietro?”
Lui si accigliò. “Di cosa parli?”
“Dell’anello….quell’anello,” mormorò, indicando con un cenno le mani che aveva sotto al tavolo.
Il moro sgranò gli occhi, sorpreso, mentre Luna appariva visibilmente confusa.
“Come fai a saperlo?” Chiese lui, sollevando la mano destra e mostrando così il grosso anello d’oro che aveva al dito.
Luna guardò Pansy poi Theo, sconvolta. “Da quanto lo indossi? Lo fai quando io non ci sono?”
Theo scosse la testa e agitò le mani, esasperato. “è solo un ricordo, che c’è di male?”
“Niente, se me lo avessi detto,” ribatté la bionda indispettita.
Lui sbuffò. “Lo sai ora, qual’ è la differenza?”
Luna lo ignorò, guardando Pansy. “Cosa ci devi dire?”
La mora prese un profondo respiro. “Non indovinerete mai chi è venuto in studio da me stamattina.”
“Chi?” Chiesero i due all’unisono.
“La signora Potter.”
“Ginny?”
“Ginny Weasley è venuta da te?”
Pansy annuì, sotto i loro sguardi increduli.
Theo sollevò un sopracciglio. “Che problemi può mai avere la moglie del salvatore del mondo magico? Hanno forse smesso di fermarla per chiederle autografi?” Aggiunse, con una chiara traccia d’ironia.
“Theodore Nott!” Lo rimproverò Luna. “Come puoi pensare una cosa del genere di Ginny?”
Lui rise, incredulo. “Hai forse dimenticato come ha ignorato le tue lettere? Quando l’ho incontrata da Florian Fortebraccio si è comportata come se ci conoscessimo appena e poi è scappata via manco l’avessi minacciata con un coltello! Aspetta un attimo!” Aggiunse, guardando Pansy. “è stata lei a dirti dell’anello vero? È per questo che è scappata?”
Pansy annuì. “Date un’occhiata a questi e capirete.”
Luna e Theo scorsero gli appunti della ragazza, stupiti. “è uno scherzo?” Chiese Luna.
“Ma per favore!” Esclamò Theo, sbattendo i fogli sul tavolo. “Quella lì si sta prendendo gioco di noi!”
“Theo,” provò Luna. “Deve esserci una spiegazione, deve per forza.”
Lui scosse la testa. “Cosa ne pensi tu?” Chiese, rivolgendosi a Pansy. Anche Luna la guardò, interessata a conoscere il suo parere.
Pansy sospirò. “Sto violando le leggi sulla privacy dicendovi queste cose, se lo sapessero io……”
Theo la interruppe con un gesto della mano. “Pansy, non ti ho chiesto cosa rischi, ma cosa pensi di Ginny Weasley.”
Lei annuì. “Penso che lei sappia perfettamente chi sogna, ma si ostina a negarlo. È per questo che ho deciso di parlarvene, avevo bisogno di un parere. Perché mi ha raccontato quelle cose? Qual è il suo scopo?”
Luna scrollò le spalle. “Non ne ho idea. Le ho parlato solo per pochi minuti l’altro giorno e bè….non sembrava nemmeno lei. I suoi occhi non erano pieni di vita come una volta, sembravano quasi assenti.”
“Sapete cosa penso io?” Intervenne Theo. “Penso che lei stia ancora soffrendo e che per questo voglia far soffrire anche tutti gli altri. Dopotutto si sa che chi soffre diventa cattivo.”
“Io non capisco,” disse Pansy. “Perché si comporta così? Sembrava così sincera, così confusa, non avete idea di quanto l’ho odiata in quel momento.”
“Ginny non è in se. Theo ha ragione, sta soffrendo,” concluse Luna.
Pansy annuì, mentre Theo storse il naso. “Questo non l’autorizza a far star male anche gli altri.”
La mora si prese il volto tra le mani. “Non oso pensare a cosa succederebbe se lo sapesse Blaise! Il solo leggere il suo nome sulla Gazzetta del Profeta lo fa infuriare.”
“Già,” concordò Theo. “Blaise sarebbe capace di strangolarla.”
“Cosa facciamo allora?” Chiese Luna. “Fingiamo che vada tutto bene?”
Entrambe le ragazze guardarono Theo, che si prese qualche secondo per pensare prima di rispondere. “Vi fidate di me?”
Loro annuirono. “Bene, allora faremo così. Continua a seguirla come se nulla fosse Pansy, ma non dirlo a Blaise, potrebbe rovinare tutto. Luna, tu cercala, fai l’amica. Al resto ci penso io, mi servono solo un paio di giorni.”
“Cos’hai in mente?” Chiese Pansy.
“Dobbiamo preoccuparci?” Aggiunse Luna.
Lui sorrise, mentre un lampo di perfidia gli attraversava lo sguardo. “Diciamo che quando avrò finito con lei, le passerà la voglia di fare la spiritosa.”

 
 
Finalmente sono riuscita a finire anche questo capitolo, è stata un’impresa XD  l’ho riletto una decina di volte prima di convincermi a pubblicarlo. Volevo dare degli indizi, ma allo stesso tempo lasciare dei dubbi, non so se ci sono riuscita, a voi l’ardua sentenza XD. Cosa ne pensate della mia Pansy? E di Theo? Cos’avrà in mente per la povera Ginny? E lei? Sta davvero mentendo? Per scoprire tutto questo non vi resta che continuare a seguirmi. A presto :D
Ps. Lo so, sembra la pubblicità di una soap opera XD 

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Capitolo 5
*** Attimi di malinconia ***


                Capitolo 5 : Attimi di malinconia
 

La luce dell’alba filtrava oltre le tende, illuminando la camera in alcuni tratti. Ginny Weasley, seduta sul davanzale della finestra, fissava ciò con sguardo assente. Quasi senza rendersene conto, si ritrovò a guardare Harry, che dormiva profondamente con il volto rivolto verso di lei. Si vedeva lontano un miglio che lui era felice, sereno, tranquillo, il suo opposto insomma. La mente di Ginny era infatti assalita dagli eventi e dalle emozioni del giorno precedente, che le impedivano di godersi anche solo un paio d’ore di sonno. L’incontro con Theodore Nott e il successivo colloquio con Pansy non avevano fatto altro che rendere più reali i suoi dubbi: la persona che sognava non era frutto della sua fantasia. Altrimenti come spiegare la questione dell’anello? Quello che aveva sognato era lo stesso che Nott aveva al dito, ne era sicura. Pansy era convinta che non era lui la persona che sognava, ma su una cosa Ginny non aveva dubbi, Theodore coinvolto o meno sapeva qualcosa. Scosse la testa, prendendosela tra le mani. Quando aveva lasciato lo studio di Pansy la situazione era anche peggiorata. Suo fratello Ron aveva infatti avuto la brillante idea d’informare Harry e Hermione di come era scappata via e il risultato era stato quello di ritrovarseli tutti e tre nel salotto di casa sua. Calmarli non era stato facile, Ron insisteva nel voler avvisare la loro madre ed Hermione voleva convincerla a parlare con lei. La sua ancora di salvezza era stato Harry, che senza dire una parola l’aveva abbracciata. Si era sentita un mostro, quando fingendo di piangere gli aveva chiesto di portarla via. Non voleva parlare, non voleva pensare, voleva solo distrarsi e accoccolarsi tra le braccia di Harry. Il moro, fin troppo vulnerabile quando si trattava della sua Ginny, aveva chiesto a Ron e Hermione di lasciarli soli e dopo averla stretta a lungo tra le sue braccia, l’aveva convinta ad andare a cena fuori. Ginny, travolta dai sensi di colpa per le troppe bugie che gli stava dicendo, aveva fatto del suo meglio per rendere la serata speciale. Aveva riso, scherzato, lo aveva preso per mano, lo aveva abbracciato, lo aveva baciato, tutto quello che facevano le coppie insomma. Spostò di nuovo lo sguardo su di lui e sospirò. Quella notte dopo settimane in cui lo aveva sempre allontanato a causa della confusione e del pessimo umore che i suoi sogni sempre più vividi le provocavano, aveva fatto l’amore con lui. In quel momento le era sembrata la cosa giusta, si sentiva così sola, confusa, spaventata e voleva solo essere consolata, ma ora mentre lo vedeva felice e appagato non poteva fare a meno di provare schifo verso se stessa. Non solo sognava un altro, ma si lasciava consolare da lui senza però dirgli la verità. Scese lentamente dal davanzale, continuando a guardarlo.
“Perdonami Harry,” sussurrò, prima di correre in bagno. Si gettò sotto la doccia, strofinandosi la spugna sul corpo con rabbia. Nonostante il bruciore che iniziò ad avvertire e le chiazze rosse che si stavano formando sulla sua pelle, continuò a strofinare finché esausta cadde sulle ginocchia e si lasciò andare a un pianto liberatorio. Ma cosa le stava succedendo? Perché il destino si prendeva gioco di lei in quella maniera? Cosa voleva dirle con quei sogni?
Dopo essersi ripresa, si vestì e tornò in camera da letto per lasciare un biglietto a Harry.


 
Devo prendere in mano la mia vita, ma per farlo devo affrontare le mie paure. Vai al lavoro tranquillamente, io starò bene. Ci vediamo stasera.
                                                                                              Ti amo
                                                                                               Ginny

 

Le strade erano vuote, silenziose, gelide, d’altronde non erano nemmeno le sette del mattino ed erano in pieno novembre. Ginny si destreggiava tra esse, stringendosi il più possibile nel mantello. Sapeva che avrebbe potuto aspettare un orario più normale, ma temeva che se lo avesse fatto non avrebbe più avuto il coraggio. Ecco perché era lì, davanti al cancello cupo e arrugginito del cimitero di Londra con il cuore che le batteva a mille. Dopo cinque anni lo stava finalmente per fare, stava andando da lui. Prese un profondo respiro e varcò il cancello, incamminandosi tra le lapidi. Era la prima volta che entrava in un cimitero e probabilmente andarci da sola non era la decisione giusta, ma sapeva che ci fosse stato chiunque altro con lei non sarebbe mai andata fino in fondo. Il suo cuore perse un battito quando riconobbe la sua lapide. Gli occhi sorridenti del Fred della piccola foto s’incrociarono con i suoi e Ginny temette di svenire. Le mani e le gambe le tremavano e un brivido improvviso le aveva fatto rizzare tutti i peli.

Fred Weasley 1 aprile 1978-2 maggio 1998
Spesso ti abbiamo criticato, giudicato, non capito, ma non abbiamo mai smesso di amarti. Con te ci ha lasciato anche una parte di noi. Ti vogliamo bene, con amore papà, mamma e i tuoi fratelli Bill, Charlie, Percy, George, Ron e Ginny.


Non riuscendo più a reggersi in piedi, Ginny cadde sulle ginocchia, scoppiando a piangere.
“Vent’anni,” singhiozzò. “Avevi solo vent’anni. A quell’età avresti dovuto solo pensare a quali prodotti inventare per il tuo negozio di scherzi, avresti dovuto divertirti e innamorarti…..Oh Fred! Quanto vorrei che fossi qui, mi manchi così tanto!” Aggiunse, sfiorando la foto con la punta delle dita, mentre le lacrime sul suo volto scorrevano a fiumi.
Il Fred della foto le sorrise dolcemente e lei dovette mordersi il labbro per non singhiozzare. Sapeva che sarebbe stato difficile e per questo era sempre scappata, ma non pensava lo sarebbe stato così tanto. “Sai,” sussurrò, cercando di controllare il tono di voce. “Non pensavo avrei mai trovato il coraggio di venire qui da te, pensavo che se lo avessi fatto a quel punto il mio addio sarebbe stato più reale e non volevo…..non ero pronta e forse non lo sono nemmeno ora. Nonostante siano passati cinque anni, ogni volta che vado al negozio di scherzi tuo e di George dopo aver salutato lui, i miei occhi ti cercano e una parte di me si aspetta di vederti spuntare da uno scaffale tutto soddisfatto con una nuova invenzione……sai, credo sia per questo che non ci vado mai e lo stesso vale per la Tana. La mia mente senza che possa evitarlo rievoca i ricordi di quando eravamo piccoli, quando litigavamo o quando eravamo complici di qualche scherzo. Ti ricordi quando mi hai insegnato ad andare sulla bicicletta?” Sorrise malinconicamente, tirando su col naso. “Mi sono sbucciata le ginocchia così tante volte prima di riuscire a fare più di qualche metro e tu eri sempre lì, pronto a prendermi in giro e a consolarmi quando mi facevo male. E quando insieme a George nascondevamo la spilla da prefetto di Percy? Lui urlava, si lamentava e metteva a soqquadro la casa, mentre noi ce ne stavamo sdraiati in giardino a ridere come matti. Non hai idea di quanto mi manca tutto questo. Mi accontenterei anche di litigare notte e giorno con te se ciò significasse riaverti indietro.”
Ginny si sedette più comodamente sull’erba e si asciugò le lacrime con la manica del mantello, prima di tornare a rivolgersi al fratello. “Mamma è convinta che da lassù tu ci osservi e in un certo senso ci proteggi, se è così saprai che questo periodo della mia vita non è dei migliori. Sono cinque anni che dei sogni strani mi perseguitano, ma se all’inizio non li ricordavo o erano confusi, ora sono sempre più nitidi e sono in grado di stravolgere completamente il mio umore. Mi sono rivolta a una psicomaga, l’unica con cui mi sono completamente aperta, ma mi sembra che le cose siano solo peggiorate. Ti rendi conto che ho parlato di me a Pansy Parkinson? Dio Fred, la verità è che vorrei ci fossi tu. Tu mi avresti capita, non come Harry, Ron o Hermione che pensano sempre al peggio. So che se ne parlassi con loro mi guarderebbero come una pazza squilibrata e proverebbero pena e……..tu sei l’unico che dopo quello che è successo con il diario di Tom Riddle non mi ha guardato con quello sguardo. Nemmeno per un istante hai provato pena per me o mi hai accusata di essere una bambina stupida, tu mi hai semplicemente capita. Credo sia questo quello che mi manca adesso, una persona che mi comprenda e che mi aiuti senza giudicarmi. Cosa devo fare Fred? Una parte di me vorrebbe andare da Theodore Nott e chiedergli dove ha preso quell’anello, ma non so se sia la cosa giusta. E se mi sono sbagliata? E se mi sono solo fatta condizionare da quei sogni? Secondo te è possibile che siano reali?”
Ginny scosse la testa, rassegnata. “Forse dovrei prendere in considerazione la possibilità di ricoverarmi nel reparto malattie mentali del San Mungo. Dopotutto non sto messa meglio di quei malati,” mormorò con un sorriso pieno di amarezza.


 
Il Burney Club era quanto di più squallido ci fosse a Notturn Alley. Era molto simile ai bar babbani, ma molto più tetro e oscuro. La gente che lo frequentava, non era da meno. Erano soprattutto maghi oscuri con manie di grandezza, che dopo la morte di Voldemort e l’arresto dei suoi seguaci, avevano deciso di tornare nell’ombra. Il restante dei clienti erano coloro che insoddisfatti della propria vita o desiderosi di affogare i loro dispiaceri nell’alcool, non volevano che la loro condizione fosse di dominio pubblico. Il proprietario, un mago tozzo e grasso di mezza età con uno sguardo inquietante, guardava quel continuo via vai di persone strane, pericolose o depresse con il sorriso sulle labbra, pensando alla sua cassa che si riempiva di galeoni.
Blaise Zabini, seduto al bancone davanti a un bicchiere di Whisky Incendiario, di certo non poteva definirsi un mago oscuro. Era un ragazzo di colore, alto e con gli zigomi pronunciati, un ex Serpeverde, la cui fama era nota in tutta Hogwarts.Non perché fosse un ragazzo cattivo, ma per il suo carattere ribelle e istintivo che lo aveva portato a scatenare risse, duelli e scontri sul campo di Quidditch con chiunque non gli andasse a genio. Tante erano state le convocazioni nell’ufficio di Silente e le successive punizioni, a cui si erano aggiunti i tentativi di Piton, che essendo il direttore dei Serpeverde, aveva fatto di tutto per difenderlo. Molti conoscendo la sua fama lo evitavano, altri lo ammiravano, tra questi ultimi c’erano l’arrogante e superbo Draco Malfoy e il tranquillo e pacato Theodore Nott, che mostrarono sin da subito di apprezzarlo per la sua schiettezza.
“Il fatto è,” gli aveva detto Draco una volta. “che la gente preferisce una falsa ipocrisia che una sincera verità. I Grifondoro ti odiano perché gli dici quello che pensi anche se ciò significa andare contro la massa.”
“Draco ha ragione,” aveva aggiunto Theo. “Tutti venerano Silente e Potter perché gli conviene e se tu non lo fai o sei stupido o sei invidioso. Per quanto mi riguarda significa avere le palle di essere se stessi, portando avanti le proprie convinzioni.”
Blaise sorrise tra se e se, rievocando quel ricordo. Avevano appena quattordici anni allora e lui come al solito era in punizione a causa di una rissa. Era nell’aula dei trofei, che la Mcgranitt gli aveva ordinato di lucidare, quando erano arrivati i due. Fino a quel momento si erano a malapena salutati, anche se a causa delle numerose feste organizzate dalle loro aristocratiche famiglie li conosceva già di vista. Diventare amico di Draco e Theo aveva sicuramente giovato al suo caratteraccio, infatti con gli anni si era calmato di parecchio, anche se la vena irosa e la lingua biforcuta continuavano a far parte di lui.
Stava per portarsi il bicchiere alle labbra, quando una voce gli giunse alle orecchie.
“Zabini, che ci fai qui?”
Quando Blaise mise a fuoco la figura di Harry Potter, arricciò il naso schifato. “Potter,” sputò. “Cosa ci fa un santo come te a Notturn Alley?”
Harry ruotò gli occhi, esasperato. “Tu non cambi mai eh? Sei sempre così acido?”
Lui si accigliò. “E tu sei sempre così fastidioso? Sei peggio di una zanzara, assillante e disgustosa.”
Il prescelto sospirò, rassegnato. “La Parkinson lo sa che hai ripreso a bere?” Buttò lì, indicando con un cenno il bicchiere che lui aveva ancora in mano.
A quelle parole Blaise scattò in piedi fumante di rabbia. “Quando imparerai a farti gli affari tuoi?” Lo prese poi per il colletto della camicia, sollevandolo di diversi centimetri da terra. Nel locale era nel frattempo calato un silenzio di tomba, tutti gli sguardi erano rivolti verso di loro.
“A quanto pare nonostante passano gli anni continui a ficcare il naso dove non dovresti,” borbottò a pochi centimetri dal suo volto. “Io non sono famoso per l’autocontrollo Potter e provocarmi non è una cosa molto saggia.”
“Mettimi giù Zabini!” Esclamò Harry. “L’alcool ti ha dato alla testa per caso? Tu sei malato, tu….”
Non riuscì a finire la frase, poiché l’ex Serpeverde gli mollò un violento pugno nel naso, facendolo finire steso sul pavimento. Diversi cori e fischi si levarono intorno a loro, mentre Harry tentava di tamponarsi il naso e Blaise si massaggiava le nocche arrossate, continuando a fulminare il ragazzo con lo sguardo.
“Tu non sai niente di me e niente devi sapere. Stammi alla larga, altrimenti il pugno che ti ho dato oggi sarà una carezza in confronto a quello che potrei farti,” sbottò, avviandosi verso l’uscita.
Harry lo guardò allontanarsi con gli occhi accesi dalla rabbia. “Non ho paura di te Zabini. La pagherai, fosse l’ultima cosa che faccio,” sussurrò tra se e se, mentre il rivale veniva salutato dagli applausi e dai complimenti dei clienti del locale.
Dopo essersi ricomposto, Blaise s’incamminò in direzione Diagon Alley. Avrebbe dovuto essere in ufficio già da un’ora, ma l’imprevisto Potter gli aveva fatto perdere fin troppo tempo. Che ci faceva quell’idiota lì poi non riusciva a spigarselo, in ogni caso era evidente che aveva voglia di prenderle altrimenti perché provocare proprio lui? Sin dalla prima volta che aveva visto Harry Potter lo aveva odiato, forse anche invidiato per la fama che si portava dietro, ma poi l’invidia era scomparsa. Lui aveva tanto, troppo e si permetteva anche di pretenderlo e questo non gli era mai andato a genio. Quando si era rivolto a lui poi, aveva ostentato quell’arroganza e quella superiorità come a volergli ricordare nuovamente che se non fosse stato per lui ora si ritroverebbe ad Azkaban. Blaise irrigidì la mascella, sfiorandosi l’avambraccio sinistro, quello dove sapeva trovarsi il Marchio Nero, simbolo dei seguaci di Voldemort. Quando lui, Theo e Draco erano stati costretti a marchiarsi avevano solo sedici anni e una fifa matta. Quel giorno non lo avrebbe mai dimenticato, il peggiore della sua vita. Solo perché suo padre era stato un Mangiamorte non significava che doveva diventarlo anche lui, ma come spiegarlo a uno psicopatico assassino e ai suoi inquietanti seguaci? Se Blaise Zabini era un Mangiamorte non lo era per suo volere, ma per paura, la stessa che aveva letto negli occhi dei suoi amici. O si faceva marchiare o si faceva ammazzare, non aveva avuto altra alternativa. La sua salvezza al processo era stata che non aveva commesso alcun omicidio e Potter lo aveva confermato, arrivando a rinfacciarglielo ogni volta che lo incontrava. Dio, quanto avrebbe voluto strangolarlo!
Varcò la doppia porta a vetro della sua azienda la “Zabini International”, eredità di suo padre che non aveva mai conosciuto. A volte era noioso leggere e firmare tutti quei documenti, ma non poteva lamentarsi, aveva parecchi dipendenti che lo aiutavano e poi guadagnava piuttosto bene.
“Ah signor Zabini,” lo salutò Claire, la sua avvenente segretaria. “Ha delle visite.”
Blaise annuì. “Grazie Claire.”
Si recò nel suo ufficio, trovandovi un’amara sorpresa. Sua madre Eveline Zabini era seduta comodamente su una poltrona davanti la sua scrivania. Come al solito era elegantissima e con i capelli appena fatti. Una bellissima donna che di sicuro non mostrava i suoi quasi cinquant’anni. Accanto a lei, decisamente agitata c’era Pansy. Aveva lasciato sciolti i lunghi capelli corvini  e indossava dei jeans stretti e una camicetta. Era bella Pansy, troppo.
Si schiarì la voce, annunciando la sua presenza. La signora Zabini scattò in piedi, infuriata. “Si può sapere dove sei stato?”
Blaise sbuffò, accomodandosi dietro la scrivania. “Buongiorno anche a te madre. Ciao Pan,” aggiunse, rivolgendosi alla mora che sorrise. Almeno lei non era lì per urlargli contro.
“Io e Frank ti aspettavamo per cenare ieri sera,” continuò la donna.
Lui si accigliò. “Chi accidenti è Frank?”
Non lo avesse mai detto, sua madre s’infuriò ancora di più. “Come sarebbe a dire chi è?! È il mio nuovo fidanzato e ieri dovevamo cenare tutti insieme, ma tu come al solito hai rovinato tutto! Solo questo sai fare, distruggere!”
Pansy fece per intervenire, ma il moro le fece cenno di no. “Dimmi un po’ madre,” iniziò, rivolgendosi alla donna, ancora rossa di rabbia. “Se so solo distruggere, che t’importa della mia presenza alla cena con quello che già sappiamo sarà il marito numero otto? Perché a te importa solo questo, mangiarti i loro soldi anche a discapito del tuo unico figlio! Nemmeno per un attimo ti sei chiesta perché non sono venuto, hai solo pensato ti avessi fatto un dispetto.”
Lei abbassò lo sguardo, resosi ora conto di aver esagerato. “Blaise, io…..”
Blaise scosse la testa. “Vattene, non ho più voglia di parlarne.”
“Ti prego.”
“Vattene.”
La donna annuì, rassegnata. “Torni a casa per pranzo? Dobbiamo chiarire.”
Quando non ricevette risposta, non poté far altro che andarsene a testa bassa.
Pansy attese qualche minuto prima di alzarsi e avvicinarsi al ragazzo. Lo conosceva, sapeva che nonostante si ostinasse a negarlo, le parole di sua madre lo avevano ferito.
“Blaise,” sussurrò, poggiando una mano sulla sua. “Lo sai che non è vero quello che dice, tu….”
Lui la guardò, intrecciando la mano con la sua. “Mi sopravvaluti Pan, lo hai sempre fatto.”
Lei scosse la testa. “Lo so perfettamente che sei un testone e che hai un caratteraccio, ma se non fosse così non saresti tu e io….be io….ti amo proprio per questo.”
Blaise sorrise, accarezzandole i capelli. “Ti amo anch’io.”
Fece per baciarla, ma lei lo bloccò. “Cos’hai fatto?”
“Che vuoi dire?” Le chiese, confuso.
Pansy avvicinò il volto al suo, guardandolo dritto negli occhi. Alcuni istanti e si allontanò come scottata. Lui la seguì accanto alla finestra, preoccupato “Pansy?”
La mora si voltò di scatto, delusa. “Hai bevuto di nuovo, vero?”
“Cosa?”
“Puzzi di alcool, non provare a negarlo!”
“Pansy.”
“Perché lo hai fatto?”
Lui abbassò lo sguardo. “Pansy io…non sono ubriaco, ho bevuto solo un bicchiere.”
Pansy scosse la testa. “Lui non vorrebbe vederti così e nemmeno io. Devi reagire, devi andare avanti.”
“Pansy, non è facile.”
“Perché credi che per me lo sia? Non ce la faccio più a vivere così!”
“Non ce la fai più a stare con me non è così?” Mormorò Blaise serio.
Pansy sospirò. “L’amore è una continua conquista, va coltivato e ormai sono solo io a farlo.”
Il moro annuì, incrociando le braccia al petto. “Be, se la pensi così non vedo perché continuare.”
Quelle parole così dure pronunciate dal suo Blaise ebbero il potere di ferirla peggio di una coltellata. Mai si sarebbe aspettata di sentirgli dire una cosa simile.
“Vuoi davvero finirla qui?” Gli chiese, con il cuore che le batteva a mille e gli occhi che le bruciavano.
Blaise la guardò per alcuni istanti, l’espressione impassibile, poi lentamente annuì. “Ho bisogno di una donna che mi capisca e tu ormai non ci riesci più.”
La ragazza deglutì, utilizzando tutte le sue forze per non piangere. Non gli avrebbe dato anche quella soddisfazione. Nonostante il suo cuore si fosse spaccato in mille pezzi, incrociò il suo sguardo con fierezza.
“Bene,” mormorò. “Allora non abbiamo più niente da dirci.” Velocemente si voltò e lasciò l’ufficio, distrutta nel corpo e nell’anima, mentre lui la osservava con espressione vuota. Forse era vero, Blaise Zabini distruggeva sempre tutto.



Ginny tornò a casa che era pomeriggio inoltrato. Dopo essere stata da Fred era infatti andata a pranzo dai suoi genitori alla Tana, a cui aveva raccontato di come avesse finalmente superato la sua paura. Si sentiva meglio ora, come se si fosse liberata di un peso che la opprimeva e forse era proprio così. Per anni aveva vissuto con il terrore di avvicinarsi al cimitero, incapace di accettare che il suo Fred fosse lì e non accanto a lei, magari prendendola in giro oppure sorridendole come solo lui sapeva fare. Ora sapeva che la sua era stata una paura stupida, non andarlo a trovare non aveva di certo cambiato le cose. Lei aveva continuato a soffrire, anzi forse aveva sofferto il doppio. Sorrise tra se e se, sedendosi al tavolo della cucina. Era fiera di se stessa, della forza che era riuscita a tirar fuori e che nell’ultimo periodo le era sempre mancata. Forse era sulla buona strada, forse sarebbe riuscita a tornare la Ginny forte e combattiva che era a Hogwarts. Mentre pensava a ciò, un foglio sul frigo attirò la sua attenzione. Doveva essere di Harry.

Volevo darti il buongiorno, ma ti sei svegliata prima di me. Spero che quello che dovevi fare non sia niente di pericoloso, in ogni caso sono fiero di te. Purtroppo stasera non possiamo cenare insieme, il lavoro mi trattiene fino a tardi. Ci vediamo domani. Ti amo. Harry.

Sospirò, rassegnata. A quanto pareva le aspettava una favolosa cena solitaria e pensare che voleva festeggiare con lui la sua piccola vittoria.
“Sarà per la prossima volta allora,” sussurrò, recuperando la cartellina gialla che aveva sempre nella borsa. Se doveva stare da sola, era meglio se si metteva al passo con il lavoro. Aveva un articolo da finire sulle partite di Quidditch che si sarebbero disputate quella domenica e se non si sbrigava il suo capo l’avrebbe ammazzata. Iniziò così a scrivere, anche se il buon umore l’aveva quasi del tutto abbandonata. Odiava stare da sola a casa e con il suo lavoro Harry era spesso fuori. Perché poi aveva scelto di fare l’Auror? Un lavoro più normale no? Capiva la sua scelta, in fondo dopo tutto quello che aveva passato era anche normale che volesse un lavoro attivo che lo portasse a catturare maghi oscuri, ma vedere il proprio marito sparire per giorni o svegliarsi nel cuore della notte per un’emergenza non era comunque facile da gestire. Se a ciò si aggiungeva poi che avevano avuto una luna di miele di appena una settimana e che almeno tre giorni lui li aveva passati in contatto con gli Auror, nessuno poteva biasimarla se si sentiva sola. Quante volte aveva festeggiato il successo dei suoi articoli da sola o a casa dei suoi? Tante, troppe.
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dal suono del campanello. Chi poteva mai essere? Quando andò ad aprire, restò a bocca aperta.
“Luna?”
Lei sorrise, imbarazzata. “Ciao Ginny.”  

 

Questo capitolo è triste e non si scoprono molte cose, però penso che abbia lo stesso una grande importanza. Ginny è finalmente andata da Fred, superando la sua grande paura e poi è arrivato Blaise, distruttivo e forse stupido, ma con bel caratterino! E Luna invece? Che vorrà da Ginny? Come ultima cosa vorrei ringraziare tutti coloro che stanno recensendo la mia storia e anche chi la sta seguendo! Il vostro sostegno per me è fondamentale! Grazie e baci :D
                                                                                

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Capitolo 6
*** Muschio e cicatrice ***


                    Capitolo 6: Muschio e cicatrice

 
“Luna?”
Lei sorrise, imbarazzata. “Ciao Ginny.”
“Cosa ci fai qui?” Le chiese Ginny, sorpresa.
“Ecco io,” iniziò, decisamente agitata. “Sei sola? Possiamo parlare?”
La ragazza annuì, facendosi da parte e consentendole così di entrare. Si accomodarono in cucina, dove Ginny si affrettò a rimettere a posto l’articolo ormai ultimato e a preparare del tè.
“Ginny,” iniziò Luna, dopo averla osservata per lunghi istanti. “Come stai? Ti vedo stanca.”
La rossa annuì, mentre riempiva due tazze di tè e gliene porgeva una. “Oggi non è stata una giornata facile,” ammise, prendendo posto di fronte a lei. “Sono andata per la prima volta a trovare Fred al cimitero.”
“Oh Ginny,” mormorò Luna, dispiaciuta. “Non deve essere stato facile per te. Anch’io facevo fatica quando dovevo andare da mia madre. Temevo che se ci fossi andata, avrei in qualche modo rivissuto il giorno della sua morte, cosa che già tormentava il mio sonno.”
Ginny la guardò, stupita. “Perché non me lo hai mai detto?”
Lei scrollò le spalle. “Non so, forse perché mi vergognavo, o forse perché io stessa non riuscivo ad accettare e comprendere la mia paura, facendomi travolgere da essa.”
Si guardarono per alcuni istanti, poi la bionda sospirò. “Mi sei mancata Ginny. Quando ho visto che non rispondevi alle mie lettere, ho pensato non volessi più essere mia amica.”
“Io ho pensato la stessa cosa. Ti scrivevo di quanto stavo male per Fred, di come non riuscissi a ricominciare a vivere e…..”
Luna annuì. “In quella dannata guerra sono morte tante persone a cui tenevamo.”
“Già, oltre Fred anche Lupin, Tonks, Colin Canon, Piton e tanti altri,” concluse amareggiata, poi sollevò lo sguardo e notò che la bionda la guardava in maniera strana. Sembrava confusa, pensierosa.
“Luna, stai bene?” Le chiese, preoccupata.
Lei annuì, riprendendosi dalla sorta di trance in cui era caduta. “Si…ehm….stavo solo pensando.”
Ginny annuì, anche se non del tutto convinta. “Sei strana Luna,” mormorò infatti. “C’è qualcosa che vuoi dirmi, non è così?”
L’altra impallidì, presa in contropiede. “Ecco io….so che c’è qualcosa che non va. Theo mi ha detto di averti incontrata e che sei scappata via all’improvviso. Cosa succede Ginny?” Aggiunse preoccupata.
Ginny abbassò lo sguardo. Un tempo lei e Luna non avevano segreti, si raccontavano ogni cosa, anche la più insignificante. In quei cinque anni ciò le era mancato più di quanto volesse ammettere. Certo, anche Hermione era sua amica, ma era Luna quella con cui combinava disastri, con cui rideva delle cose più assurde o con cui si confidava. A Luna aveva raccontato del suo primo bacio con Michael Corner e poi anche di Dean Thomas. Perché di punto in bianco avevano lasciato che gli eventi distruggessero la loro amicizia?
Guardò Luna e per poco non le venne da piangere. Lei l’aveva sempre capita, lei c’era sempre stata. Quasi senza rendersene conto iniziò a raccontarle tutto ciò che aveva detto a Pansy solamente il giorno prima. La bionda l’ascoltò in silenzio, sbalordita.
“Ginny….io…mi dispiace,” mormorò abbracciandola.
Ginny sorrise, ricambiando l’abbraccio. “Dispiace anche a me.”
Quando si staccarono, la rossa iniziò a mordersi nervosamente il labbro. C’era una cosa che voleva chiederle, ma aveva paura. E se la sua era solo una paranoia?
“Luna,” sussurrò, prendendo coraggio. “C’è una cosa che voglio chiederti, posso?”
Lei annuì, anche se non era pienamente tranquilla. “Dimmi.”
“Ehm…..quando ho incontrato Theodore, ho visto che lui aveva un anello d’oro. È suo o è un regalo?”
Luna sgranò gli occhi e il suo volto assunse la tonalità di un cadavere. “C..come?” Balbettò.
Ginny si accigliò. “è un anello con lo stemma di un serpente e…..”
La bionda, ancora visibilmente sconvolta annuì. “Si be….mi sorprende il fatto che tu me lo chieda.”
“Che vuoi dire?” Chiese confusa.
“Tu lo sai Ginny,” mormorò, lasciandola di stucco.
“Che cosa?! Ma se non l’ho mai visto in vita mia!”
“Oh mio dio!” Esclamò Luna, scattando in piedi. “Tu non ricordi nulla.”
Ginny la guardò, incredula. “Ma di che parli?”
“Lo shock è stato così grande da farti dimenticare,” continuò, come se lei non avesse proprio parlato. “Ecco perché….”
“Luna,” provò, ma lei stava già correndo verso la porta, profondamente turbata.
Ginny si affrettò a seguirla. “Luna, aspetta! Dove vai?”
Ma la bionda aveva attraversato la porta e stava scendendo le scale a una velocità assurda e Ginny dietro di lei.
“LUNA! FERMATI! MI VUOI SPIEGARE? NON PUOI ANDARTENE COSì!” Aggiunse, quando ormai fuori dal palazzo Luna poté smaterializzarsi.
“Accidenti!” Sbottò, piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. Di cosa parlava Luna? Cos’è che lei non ricordava? Non aveva mai visto quell’anello prima di sognarlo al dito di un ragazzo o di vederlo a Nott, era sicura di questo. Perché allora Luna sosteneva il contrario? Fece per avviarsi di nuovo verso casa, quando il fruscio di un mantello che si addentrava in un vicolo buio attirò la sua attenzione. Corrugò le sopracciglia, confusa. Era stata solo la sua impressione o qualcuno la stava spiando prima di scappare via? Scosse la testa, esasperata. Stava diventando paranoica come Moody, di questo passo si sarebbe anche addormentata con la bacchetta sotto il cuscino.
Quando rientrò in casa, oltre tutta la confusione e i misteri che la circondavano, si rese conto che quella sera aveva appreso un fattore importante; Luna non era scappata via quel giorno in ospedale per via del loro rapporto ormai inclinato, bensì perché sapeva qualcosa che voleva nasconderle. Forse Harry aveva ragione, la storia con Theodore l’aveva davvero cambiata.
Sospirò, prendendo il cellulare dalla borsa. Da dopo la guerra erano cambiate molte cose, una tra queste la differenza tra maghi e babbani. I maghi infatti avevano iniziato ad interessarsi di più alla cosiddetta “tecnologia”, rendendosi conto che in effetti qualche aggeggio che avevano inventato, poteva tornare utile anche ai maghi. Harry aveva immediatamente insistito perché Ginny si procurasse un cellulare, così da poter costantemente comunicare con lei, peccato che la rossa fosse completamente incapace con quell’aggeggio. Ancora non aveva capito come si scriveva o come si memorizzava un numero, già era troppo se sapeva rispondere a una chiamata. Ciononostante, voleva provare a chiamare Harry e sentire la sua voce. Composto il numero, le rispose una voce che le diceva che il telefono di Harry era spento. Probabilmente stava ancora lavorando. “Uffà!” Sbuffò. Voleva un consiglio, ma a questo punto avrebbe fatto di testa sua. Luna non poteva sfuggirle per sempre, che lo volesse o meno le avrebbe dato delle risposte.  
 



Un’altra giornata si era conclusa e Theo anche se stanco, poteva definirsi soddisfatto. Sin da quando andava a Hogwarts, aveva sempre avuto un grande talento nelle pozioni, talento che lo aveva portato a lavorare come pozionista al Ministero. Dopo Draco infatti, era sicuramente lui il preferito di Piton, l’unico in grado di destreggiarsi con tutti quegli ingredienti talvolta disgustosi, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo e forse per lui lo era. Aveva vissuto sin da piccolo in quel maniero gigantesco con la sola presenza di suo padre e degli elfi domestici, perciò era cresciuto come un ragazzo solitario e taciturno, mostrando seria difficoltà a relazionarsi con gli altri. Quando aveva otto anni aveva poi scoperto per caso una cantina in casa sua, dove c’era ogni tipo di ingrediente o strumento per fabbricare pozioni e da allora si era rifugiato lì, sperimentando ogni cosa con grande interesse. Aveva dodici anni quando apprese che suo padre era un Mangiamorte e che la sua cantina non era un luogo qualsiasi, bensì il luogo dove metteva a punto pozioni su ordine di Voldemort. Per lui, che allora era solo un ragazzino, fu uno shock, tanto che finì per chiudersi ancora di più in se stesso. Evitava i suoi compagni Serpeverde come la peste, rifugiandosi in biblioteca a studiare pozioni, cosa che nonostante tutto continuava ad affascinarlo. I suoi voti in quella materia erano così alti da far invidia persino ad Hermione Grenger, tanto che molti si fecero avanti, chiedendogli aiuto. Lo offrì volentieri, in fondo non era una persona egoista e poi sapeva che gli faceva bene abbandonare ogni tanto il suo mondo. Gli unici a non chiedergli mai aiuto furono Draco Malfoy e Blaise Zabini. Il primo essendo il preferito di Piton ed essendo a sua volta uno studente molto dotato non ne aveva bisogno, mentre il secondo preferiva di gran lunga rubare i compiti a qualche distratto Corvonero o azzuffarsi con qualcuno. La prima vera amica di Theo in ogni caso fu Pansy Parkinson. Lei era un maschiaccio, sempre pronta a dire ciò che pensava, come in effetti fece con lui.
“Sei in gamba e anche piuttosto furbo, perché allora ti nascondi?”
“Perché non mi va di stare in mezzo al casino, sono più un tipo solitario.”
“Bene, allora saremo solitari insieme.”
Fu proprio Pansy poi a rendersi conto del suo interesse per Luna e a spingerlo a dichiararsi. “Se ti piace diglielo, non lasciare che qualcun altro si faccia avanti.”
L’aveva guardata, stupito, per poi sorridere beffardo. “Lo faccio se tu fai lo stesso con Blaise.”
“Che cosa?!” Aveva esclamato, rossa per l’imbarazzo. “Lui non sa nemmeno che esisto.”
Da allora era passato tanto tempo, quasi non sembravano loro quei due ragazzini. Sorrise tra se e se, gettando la polvere volante in uno dei camini del Ministero. Era ora di tornare a casa finalmente, anche se sarebbe stato da solo. Suo padre era ad Azkaban e Luna gli aveva detto di avere un impegno, per cui non potevano cenare insieme. Raggiunse i cancelli di casa sua, pronto ad aprirli, quando una figura nell’ombra corse verso di lui. Non fece nemmeno in tempo a riconoscerla che lei si gettò tra le sue braccia.
“Pansy,” sussurrò, sorpreso.
“Theo,” singhiozzò lei contro il suo petto. “Abbracciami ti prego.”
Lui la strinse a se, guidandola verso casa. “Cos’è successo? Perché piangi?” Pansy non era il tipo che piangeva, lei era forte, lei sapeva sempre reagire.
La mora sollevò il volto grondante di lacrime e lo guardò. “Blaise,” mormorò. “Lui…..lui mi ha lasciata.”
“Che cosa?!” Esclamò Theo, stupito. “Ma è impazzito?” Aggiunse, facendola accomodare sul divano del suo salotto davanti al camino scoppiettante. Le tolse poi il mantello e le si sedette accanto, stringendole le mani con le sue.
“Cosa ti ha detto?”
Pansy si morse il labbro, sforzandosi di fermare le lacrime. “Ha ricominciato a bere, Theo. Quando gliel’ho fatto notare ha detto che io non lo capisco e…..oh Theo! Io volevo solo spingerlo a reagire, non lo avrei mai lasciato…..io….io lo amo.”
Theo s’incupì, stringendola tra le sue braccia, mentre lei riprendeva a singhiozzare. “Blaise è un idiota.”
“Lui non riesce a reagire e io….io non so più cosa fare.”
Il ragazzo annuì, tristemente. “Blaise ha perso di vista le cose importanti, è come se fosse rimasto legato al passato, ma sono sicuro che ti ama. Gli parlerò io, cercherò di farlo ragionare.”
Lei sorrise tra le lacrime. “Grazie Theo, per tutto.”
Scosse la testa, sorridendole a sua volta. “Non dirlo nemmeno, tu e Blaise siete i miei migliori amici e anche la coppia più pazza che conosca. Non permetterò che l’idiozia di Blaise lo porti a fare qualcosa di cui potrebbe pentirsi.”
“Spero che almeno a te dia ascolto.”
“Deve farlo, altrimenti lo tartasserò all’infinito.”


 
Camminava in un corridoio buio, l’unico rumore che avvertiva era quello prodotto dai suoi stessi piedi. Si strinse nel mantello, cercando di acquistare un po’ di calore dato che sotto aveva solo la camicia da notte. I lunghi capelli rossi le ricadevano sull’esile schiena. Si fermò accanto a una grande finestra, che si rese conto affacciava sulle serre di erbologia. Si sedette sul davanzale, in attesa. Passarono quasi dieci minuti di silenzio assoluto, finché non avvertì dei passi provenienti dal corridoio opposto. Istintivamente tirò fuori la bacchetta, sforzandosi di trattenere il respiro. Alle orecchie però le giunse una risata, che le fece tirare un sospiro di sollievo. Era lui, ne era sicura. Avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille. Quando infatti giunse nel suo campo visivo, ebbe la sua conferma. Era lui, bello come sempre. Indossava ancora la divisa scolastica, tranne per il maglione e la cravatta e aveva tutti i capelli scompigliati. Sorrideva, divertito di averla spaventata. Agli occhi innamorati di Ginny, così dimesso appariva ancora più bello. Ripose la bacchetta e con uno slancio scese dal davanzale, con il sorriso sulle labbra. Si gettò tra le sue braccia e lui strofinò il naso tra i suoi capelli, inspirandone il profumo.
“Sai Ginevra, sei ancora più sexy in camicia da notte,” le sussurrò maliziosamente all’orecchio.
Lei arrossì fino alla radice dei capelli e prima che potesse dire qualsiasi cosa, il ragazzo la baciò. Un bacio così carico di passione che le provocò brividi caldi lungo tutto il corpo e una sorta di vuoto allo stomaco. Non potendo più resistere, intrecciò le dita nei suoi capelli e schiuse le labbra, rendendo il loro bacio ancora più coinvolgente. Dopo lunghi istanti in cui si erano scambiati baci e carezze audaci, si ritrovò schiacciata tra lui e il muro. Lo attirò ancora di più a se, tracciandogli con le labbra la linea del collo, mentre un delizioso odore di muschio invadeva le sue narici.
“Ginevra,” sospirò lui al suo orecchio. “Non hai idea di quanto ti desidero.”
Prima che Ginny potesse fermarlo, iniziò ad accarezzarle le cosce, fino a sollevarle la camicia da notte.
“Amore, sei pazzo?” Mormorò, imbarazzata. “Non possiamo farlo in corridoio. E se qualcuno ci vede?”
Lui rise. “Sono sicuro che Gazza si metterebbe a guardarci in prima fila con la bava alla bocca. Probabilmente sono secoli che è in astinenza.”
La rossa arricciò il naso, schifata. “Che schifo! Il solo pensiero mi fa venire il voltastomaco.”
“Allora pensa solo a noi che ci divertiamo un po’,” soffiò, iniziando a baciarle il collo. Le sue mani nel frattempo le sfioravano la schiena, facendola rabbrividire. In un qualsiasi altro momento e in un qualsiasi altro posto, non si sarebbe fatta problemi a lasciarsi andare. Le sue mani e i suoi baci le facevano perdere di vista la realtà, dimenticava ogni cosa, persino come si chiamava.
“Ginevra.”
Socchiuse gli occhi, abbandonandosi alle sue attenzioni. Dio se la faceva impazzire quando pronunciava il suo nome! Se glielo avesse chiesto si sarebbe gettata dalla torre di astronomia più che volentieri. Lui era come una droga, non riusciva a rinunciarci ne ad opporsi, finendo inevitabilmente per lasciarsi inebriare. In quel momento però non poteva lasciarsi andare, erano nel bel mezzo di un corridoio dove chiunque poteva vederli. Seppur a fatica, lo spinse lontano da se.
“Se ci scoprono, Silente ci sbatte fuori dalla scuola.”
Il ragazzo sorrise, sfiorandole una guancia con il dorso della mano. “Ah Ginevra, sei sempre così melodrammatica. Chi vuoi che sia sveglio a quest’ora?”
Riprese a baciarla con trasporto, trovando in lei solo una debole resistenza. Non poteva farci nulla, a lui non sapeva dire di no. Intrecciò le dita nei suoi capelli, attirandolo di più a se. Le mani iniziarono a vagare dovunque, lasciando cadere gli abiti superflui. Toccò prima al mantello di lei, poi alla camicia di lui. Ginny gli addentò il lobo dell’orecchio e lui sospirò, scendendo a baciarle il collo.
Il loro perfetto idillio fu interrotto dal rumore di passi che si allontanavano di corsa. I due si staccarono di colpo, spaventati.
“Gazza,” sussurrò Ginny, pallida come un lenzuolo.
Lui scosse la testa. “Gazza non sarebbe scappato. Forse era uno studente.”
“Santo cielo che figura!” Esclamò, affrettandosi a rimettere il mantello.
Il ragazzo scoppiò a ridere, appoggiandosi pigramente con una mano alla parete. In quel momento la luce della luna lo illuminò, riflettendo sul grosso anello d’oro che aveva al dito. “Dovresti vedere la tua faccia, è più arancione dei tuoi capelli.”
“Ehi,” ribatté, offesa. “I miei capelli non sono arancioni.”
“Ah no?” Sorrise ironico, recuperando la sua camicia.
Ginny lo fulminò con lo sguardo. “Ti diverte così tanto fare dell’ironia sui miei capelli?”
Lui sorrise. “Mi diverte di più farti incazzare.”
Gli fece la linguaccia, ma poi si bloccò di colpo. Era una linea sottile, eppure non poteva non notarla. Era una cicatrice, sul suo avambraccio destro.
“Dove te la sei fatta?”
Il ragazzo la guardò, confuso. “Cosa?”
“La cic……..”
Tutto intorno a lei iniziò però a farsi sfuocato. Ogni cosa stava perdendo la sua consistenza, evaporando come se fosse stato fumo. Del ragazzo nessuna traccia.
“Ma cosa…?” Non fece in tempo a finire la frase che fu investita dal buio più completo.
 



Luna si materializzò fuori casa di Theo, fermandosi alcuni istanti per riprendere fiato. Ormai era già buio e faceva piuttosto freddo, ma non poteva aspettare, doveva parlare con lui e subito. Un elfo domestico sicuramente parecchio vecchio, l’accolse con una smorfia di fastidio. Probabilmente lo aveva svegliato.
“C’è Theo?” Chiese ansiosa.
L’elfo la scrutò, ancora indispettito. Proprio l’elfo più antipatico e snob doveva andarle ad aprire? “Il padrone è in camera sua signorina,” le disse alla fine, come se gli costasse molto.
Luna annuì. “Puoi chiamarlo? È urgente.”
“Come vuole lei signorina,” borbottò poi qualcos’altro sull’orario che lei non riuscì a cogliere, ma onestamente non le importava più di tanto. Lo sapeva già di per se che era tardi, ma era urgente, quindi era giustificata. Andò nel salotto e si sedette davanti al camino ormai spento, in attesa. 
Dopo pochi minuti Theo la raggiunse tutto trafelato e con il sorriso sulle labbra. “Luna,” mormorò, avvicinandosi a lei. “Pensavo non ci saremmo visti stasera.”
Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, lui la baciò. Quando però si rese conto che la ragazza era rimasta immobile, si accigliò.
“Ho fatto qualcosa che non va? Perché non mi baci?”
Luna scosse la testa. “No, tu non hai fatto niente. Devo dirti una cosa,” aggiunse agitata. “Sono andata da Ginny.”
Theo le poggiò le mani sulle spalle, guardandola negli occhi, serio. “Che ti ha detto?”
Lei prese un profondo respiro. “Ci siamo sbagliati su di lei. La conosco, so quando mente.”
“Cosa stai cercando di dirmi?” Le chiese, corrugando le sopracciglia.
“Non ricorda nulla Theo, è come se la sua mente avesse rimosso ogni cosa,” confessò, lasciando il ragazzo a bocca aperta, troppo sconvolto per dire qualsiasi cosa.
 


 
 
Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo!! Direi che si iniziano ad avere delle risposte! Luna ha detto che c’è qualcosa che Ginny non ricorda, di cosa si tratterà? E del sogno di Ginny cosa ne pensate? Fatemi sapere i vostri pareri, sono curiosa :D Alla prossima, baci
 

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Capitolo 7
*** Le confessioni di Theo ***


   Eccomi qui! Sono tornata XD per la gioia di chi si chiedeva il significato del famoso anello, ora avrà tutte le risposte! Spero solo che nessuno mi uccide dopo aver letto l’ultima parte XD non è colpa mia, ma della mia mente malata! Ora vi lascio al capitolo, fatemi sapere che ne pensate! Baci :D                                         
 
 

                 Capitolo 7: Le confessioni di Theo

 
Era una mattina piuttosto fredda, un vento gelido scuoteva i rami degli alberi e s’infrangeva contro le finestre. In cielo c’erano dei grossi nuvoloni neri, segno che presagiva un violento temporale. Ginny, seduta davanti al camino scoppiettante e con addosso un grosso maglione di lana, scriveva freneticamente su dei fogli di pergamena. Quella mattina si era infatti svegliata dopo aver fatto un altro sogno e subito le era venuto in mente quello che le aveva detto Pansy, ossia mettere per iscritto tutto ciò che ricordava. Quella volta il luogo del sogno era stato un corridoio di Hogwarts che conosceva piuttosto bene, il particolare della finestra che affacciava sulle serre di erbologia era stata solo un’ulteriore conferma. Per quanto riguardava il ragazzo, ancora non sapeva dire chi era, anche se ora aveva diversi indizi.

Ginevra. Anello. Muschio. Cicatrice. Ironia. Sesso.

Sei parole, che secondo lei riassumevano i particolari del ragazzo. Lui la chiamava Ginevra. Lui aveva un anello d’oro. Lui profumava di muschio. Lui aveva una cicatrice sull’avambraccio destro. Lui faceva uso d’ironia. Lui e lei andavano a letto insieme. Forse tutti quei particolari erano come i pezzi di un puzzle, se li metteva insieme avrebbero significato qualcosa. Si toccò il mento, pensierosamente. Già il fatto che la chiamava Ginevra, escludeva un bel po’ di persone che conosceva, inoltre chi andava in giro con un anello del genere? Solo chi proveniva da una famiglia ricca poteva e Theodore, bè lui viveva in un maniero quindi non gli mancavano di certo i soldi. All’inizio aveva pensato seriamente che il ragazzo misterioso fosse lui, ma ora non ne era più tanto sicura. Nel sogno sul lago nero il ragazzo le era sembrato freddo, distante e in qualche modo simile a Theo, ma nel sogno di quella notte lui era stato ironico, passionale, vivo, non era Theo, non poteva essere lui. Oltre a questo, un altro pensiero ossessionava Ginny. Era chiaro ormai per lei che quel ragazzo non era frutto della sua fantasia, lui esisteva, lei lo aveva conosciuto, ma perché allora non lo ricordava? Lei non era mai stata una che andava a letto con il primo che incontrava, perciò quel ragazzo doveva essere stato importante, doveva averla fatta innamorare sul serio, ma chi era?
Se lo stava ancora chiedendo, quando il suo cellulare iniziò a squillare. Era Harry. “Harry.”
“Ginny, amore, ho trovato la tua chiamata. Tutto bene?”
Ginny sollevò gli occhi al cielo. “Ti ho chiamato ieri sera Harry. Se ero in fin di vita, a quest’ora ero già morta,” nella sua voce c’era una chiara traccia d’ironia che a Harry non sfuggì.
“Stavo lavorando Ginny, sai che non posso perdere tempo al telefono.”
“Si, perché parlare con tua moglie significa perdere tempo, non è così?”
“Ginny…”
“Non ti avevo chiamato per sfizio, si trattava di una cosa importante.”
“Bè…dimmelo adesso no?”
“Adesso non ne ho più voglia.”
“Cosa? Ginny, non puoi prendertela perché mentre lavoro non posso parlare con te.”
“Lascia perdere. Ci vediamo quando torni.”
Prima che il ragazzo potesse rispondere, Ginny terminò la chiamata e spense il cellulare. Era tutto inutile, lui non capiva, nessuno la capiva. Possibile che quel dannato lavoro lo impegnasse così tanto che non poteva nemmeno augurarle la buonanotte?
Gettò i fogli di pergamena sul cuscino del divano accanto a lei con un gesto di stizza e scattò in piedi. Ora basta, aveva perso anche abbastanza tempo. Se Harry non la capiva, né l’aiutava avrebbe fatto tutto da sola. La vecchia Ginny, ossia quella di quando andava a Hogwarts, se l’era sempre cavata da sola, non aveva bisogno di nessuno, perché ora la comprensione di qualcuno le era così fondamentale? Perché aveva permesso alle esperienze negative di indebolirla anziché rafforzarla?
Si lavò e si vestì velocemente, riponendo i fogli di pergamena nella borsa. Visto che non riusciva a giungere a delle risposte e visto che nessuno aveva intenzione di dargliele, le avrebbe ottenute da sola e a modo suo. Prese una manciata di polvere volante e la gettò nel camino scoppiettante. “Diagon Alley!” Esclamò.
Dopo essersi scrollata di dosso la fuliggine, s’incamminò per le strade a passo svelto, inconsapevole che una figura incappucciata la seguiva a debita distanza. Da quando Luna aveva assunto il ruolo di direttrice del Cavillo, rivista che prima gestiva il padre, aveva deciso di trasferirsi in un appartamento nel centro ed era proprio lì che Ginny si stava recando. Se Maometto non va dalla montagna, allora la montagna va da Maometto. L’avrebbe colta di sorpresa e allora Luna non avrebbe potuto scappare. Se era necessario l’avrebbe anche legata alla sedia. L’ex Corvonero abitava in un palazzo piuttosto grazioso pochi metri dopo la Gringott, la banca dei maghi. Trovando il portone aperto, entrò e salì le scale fino al terzo piano. Davanti alla porta si fermò e prese un profondo respiro. Ora o mai più. Con mano tremante, bussò. Attese quasi un minuto, finché la porta non si aprì. Davanti a lei con i capelli bagnati e con addosso solo un accappatoio blu non c’era però Luna, bensì……
“Oh mio Dio, Nott!” Esclamò, rossa per l’imbarazzo.
Theo arrossì a sua volta, riconoscendola. “Weasley, pensavo fosse Luna.”
Ginny distolse lo sguardo, guardandosi i piedi. “Cosa ci fai tu a casa di Luna?”
Lui sorrise beffardo. “Secondo te?”
Se possibile arrossì ancora di più. “Dov’è Luna?”
“è uscita.”
La rossa annuì, spingendo Theo di lato ed entrando in casa. “Allora l’aspetterò qui.”
Lo sguardo stupito del ragazzo la seguì, mentre prendeva posto su una poltrona in salotto. “Cosa vuoi da Luna?”
Lei rise, incredula. “Come se tu non lo sapessi.”
Theo la guardò ancora per alcuni istanti, poi se ne tornò in bagno. A quanto pareva il confronto ci sarebbe stato prima di quanto aveva previsto. Si tolse l’accappatoio e indossò dei vestiti puliti, poi si affrettò ad asciugarsi i capelli. Una volta pronto prese il cellulare e mandò un messaggio a Luna.

Non c’è bisogno che torni a casa, il pranzo te lo porto io in ufficio. Ti amo. Theo.

“E ora a noi due Ginny Weasley,” sussurrò, mentre un sorrisetto per niente rassicurante si faceva strada sul suo volto.
Tornò in salotto, trovando Ginny nella medesima posizione con cui l’aveva lasciata. “Hai intenzione di stare lì tutto il giorno?”
“Finché Luna non torna,” ribatté come se nulla fosse.
Theo annuì. “Ti va un tè?”
Ginny si accigliò. “Sei diventato anche educato ora?”
“Io lo sono sempre stato, sei tu quella che scappa via senza salutare.”
Lei lo ignorò bellamente, facendolo sorridere. “Lo prendo per un si.”
Andò in cucina e mise il pentolino con l’acqua sul fuoco. Dopo essersi accertato che Ginny non si fosse mossa, recuperò una piccola fialetta con un liquido trasparente dalla tasca dei jeans. L’aveva finita di preparare proprio il giorno prima e il destino gli stava dando la possibilità di usarla, quindi perché non accontentarlo? Riempì accuratamente due tazze d’acqua e dopo averci versato le bustine di tè, lasciò scivolare tre gocce dello strano liquido in una tazza, poi s’infilò di nuovo la fialetta in tasca.
“Ecco il tè,” disse, sedendosi di fronte a lei e porgendole una tazza. Ginny la guardò con sospetto, poi la prese. “Grazie.”
Lui sorrise. “Figurati.”
La rossa lo osservò mentre con entrambe le mani si portava la tazza di tè alle labbra. L’anello d’oro era ancora lì, al suo dito.
“Posso farti una domanda?”
Theo si accigliò, ma poi annuì. “Chiedi pure.”
“L’anello che hai al dito,” iniziò, indicandolo con un cenno. “è tuo o te lo hanno regalato?”
Il ragazzo se lo sfilò e glielo porse. “Sei sicura di non saperlo?”
Ginny se lo rigirò tra le mani, confusa. Oltre ad essere grosso, quell’anello era anche piuttosto pesante. Lo sguardo di Theo nel frattempo saettava da Ginny alla tazza di tè abbandonata sul tavolino. Perché non aveva ancora bevuto?
Se lo stava ancora chiedendo, quando la rossa si alzò e si avvicinò a lui. Sgranò gli occhi, rendendosi conto che lei aveva accostato il volto al suo collo e lo stava annusando.
L’allontanò, stupefatto. “Ma sei impazzita?”
Lei arrossì, mordendosi il labbro inferiore. “Sei tu,” sussurrò. Si era sentita di escluderlo, ma ora non poteva più negare l’evidenza. Theo aveva l’anello e per giunta profumava di muschio, perciò era lui il ragazzo che sognava.
Il moro corrugò le sopracciglia. “Stai bene? Cos’è che sarei io?”
Ginny, ancora troppo sconvolta per ciò che aveva scoperto, prese tempo bevendo un sorso di tè, non notando il lampo di trionfo che attraversò lo sguardo dell’ex Serpeverde.
“Io questo anello l’ho già visto e mi chiedevo cosa significasse.”
“Non lo sai?”  Le chiese, guardandola attentamente.
Lei scosse la testa. “Non te lo chiederei se lo sapessi.”
Theo era visibilmente senza parole. Certo, Luna glielo aveva detto, ma una parte di lui aveva seriamente pensato che la sua ragazza si fosse fatta condizionare, in quanto amica storica di Ginny. Eppure anche dopo aver bevuto con l’inganno il Veritaserum, ossia la pozione della verità, lei continuava a sostenere le stesse cose. Possibile che avesse davvero dimenticato?
Guardò Ginny, che a braccia conserte attendeva la sua risposta. “è un simbolo.”
“Il simbolo di cosa?”
Lui sospirò. Faceva bene a dirglielo? Nella sua testa si era preparato il discorso perfetto per quando l’avrebbe smascherata, ma mai aveva preso in considerazione la possibilità che lei fosse sincera.
“Quando il Signore Oscuro ha preso di nuovo il pieno potere, sono cambiate molte cose tra le schiere dei Mangiamorte. Lui ha preteso sempre più seguaci, soprattutto giovani, che facessero il lavoro sporco,” spiegò, sotto lo sguardo attento della rossa. “Per questo molti giovanissimi sono stati costretti a farsi marchiare, rinunciando a quelli che erano i sogni di una vita. Non fraintendermi, noi Serpeverde abbiamo sempre approvato le idee di Voldemort, pensavamo che i purosangue fossero superiori agli altri e che pertanto gli spettasse un ruolo di primo piano nella gestione del potere, mentre i mezzosangue e i babbani, essendo razze inferiori, dovevano occupare una posizione subordinata.” Ginny storse il naso, indispettita, ma lui non ci fece caso. “Tuttavia, una cosa era sostenere queste idee e un’altra era metterle in pratica. Lui voleva che le razze inferiori e gli oppositori fossero eliminati, ma non tutti ebbero il coraggio di andare fino in fondo. Fu per questo che alcuni di loro decisero di dare vita a una sorta di società segreta, i cosiddetti “Ribelli”, che si impegnava a scoprire e contrastare i piani di Voldemort direttamente dall’interno. Quando entravi a far parte dei Ribelli, un po’ come accadeva per i Mangiamorte,ricevevi una sorta di simbolo di appartenenza e quindi di lealtà verso di essi e il simbolo era proprio questo anello,” concluse, indicando l’anello che Ginny aveva ancora tra le mani.
“Quindi questo,” iniziò lei, confusa. “è il simbolo di una società segreta che ha tramato contro Voldemort? Allora esistono altri anelli?”
Theo annuì. “Si e sono aumentati sempre di più dopo che l’ossessione di Voldemort di avere la Bacchetta di Sambuco, lo ha portato a gesti sempre più folli. Era fuori controllo, non riusciva più a pensare con lucidità e ciò non ha fatto altro che creare caos a Hogwarts e all’interno del Ministero, dove alcuni Mangiamorte hanno iniziato a fare di testa loro. Voldemort voleva la bacchetta più potente in assoluto e gli importava solo quello, non dava più ordini e ci fu appunto chi iniziò ad approfittarne. Ecco perché Adam Stewart iniziò a cercare altri alleati.”
“Chi è Adam Stewart?”
“è stato il primo figlio di Mangiamorte della nuova generazione ed essere stato marchiato. Lui era il tipico Serpeverde arrogante e sicuro di se, convinto sostenitore di Voldemort. Quando però fu marchiato e gli fu ordinato di sterminare una famiglia babbana, non ci riuscì. Dopo vari fallimenti, fu punito severamente dal Signore Oscuro in persona e lo stesso toccò ad altri suoi coetanei. Fu allora che Adam iniziò a mettere in dubbio tutto ciò in cui aveva sempre creduto e insieme ad un gruppo di amici diede vita alla società dei Ribelli.”
“Quindi sono diventati spie dell’Ordine?” Chiese Ginny, interessata.
Il ragazzo rise. “No, il loro orgoglio non glielo avrebbe mai permesso. Continuarono a servire Voldemort, raccogliendo al contempo più informazioni possibili sui suoi piani, così da poterli sabotare. Potter ci ha liberati di lui, ma noi abbiamo sicuramente contribuito ad indebolirlo.”
“Tu eri quindi uno di loro, per questo nonostante il Marchio non sei finito ad Azkaban,” considerò lei, stupita. Sapeva che in qualche maniera molti Serpeverde erano usciti puliti al processo, ma non immaginava che avessero addirittura tramato contro le loro stesse famiglie.
“Tuo padre era un Mangiamorte e tu……?”
“Si,” confermò Theo. “Ho tradito anche mio padre decidendo di entrare in quella società, ma non sono pentito. Io non volevo essere un Mangiamorte, io non volevo uccidere, ma soprattutto non volevo essere una marionetta nelle mani di uno psicopatico.”
Ginny annuì, colpita dalle parole del ragazzo. Lo aveva sempre giudicato male, ma ora si rendeva conto che in realtà aveva avuto coraggio da vendere. Quante persone si sarebbero schierate contro la loro stessa famiglia, sabotando i loro piani proprio sotto il naso di Voldemort, che se lo avesse anche solo sospettato li avrebbe fatti a pezzi? “Chi faceva parte dei Ribelli oltre te?”
“Erano tutti ex Serpeverde che avevano finito la scuola prima di noi, i più giovani eravamo io, Blaise e Draco.”
La rossa sgranò gli occhi. “Aspetta un momento, Malfoy faceva parte dei Ribelli? Suo padre era il braccio destro di Voldemort, come….?” Era incredula, stupefatta.
Theo bevve un altro sorso di tè, poi tornò a degnarla della sua attenzione. “Lucius Malfoy dopo aver fallito la missione all’Ufficio Misteri, è finito ad Azkaban. Voldemort era furioso e non voleva altro che fargliela pagare. Per questo torturò senza pietà sua moglie Narcissa, costringendo poi Draco a farsi marchiare. Ti ricordi che lui aveva la missione di uccidere Silente? Voldemort lo aveva minacciato di uccidere sua madre se non l’avesse portata a termine, nonostante sapesse che Draco non ne era in grado. Io ho dovuto farmi marchiare perché mio padre era ormai troppo avanti con l’età e gli serviva un nuovo soldato, Blaise invece perché i suoi antenati erano stati Mangiamorte, perciò se lo aspettavano anche da lui. Eravamo tutti e tre con le spalle al muro, quasi rassegnati al nostro destino, finché un’estate un nostro vecchio amico di scuola Terence Higgs, non si è messo in contatto con noi. È stato lui a presentarci Adam Stewart. Quel ragazzo è stato un eroe, un combattente, un modello per noi giovani,” concluse, con una traccia di amarezza.
“Cosa ne è stato di lui?”
Lui sospirò. “è morto il giorno della battaglia finale. Quel giorno non abbiamo più potuto nasconderci e così tutti hanno capito che eravamo traditori. Adam è morto da eroe, sacrificandosi per proteggere tutti noi. Al processo abbiamo raccontato ogni cosa e questo ci ha assolto da tutte le accuse, ma dato che alcuni Mangiamorte sono riusciti a scappare e tuttora non si trovano, ci è stato consigliato di far sparire gli anelli, in quanto se loro decidessero di cercare vendetta noi saremmo i primi con cui se la prenderebbero.”
Ginny si accigliò. “Ma tu non lo hai fatto.”
Theo annuì, rimettendosi l’anello al dito. “Sono fiero di essere un ribelle e non ho paura di nessuno. Che si facciano avanti, li accoglierò a braccia aperte. Luna non approva, dice che sono un’incosciente, purtroppo però sono testardo, la penso così e non cambio idea.”
La rossa sorrise, bevendo un sorso di tè. “Io penso che tu sia molto coraggioso, molto di più di tanti altri.”
Lui la guardò, sorridendo a sua volta. “Forse, ma concorderai che il coraggio viene spesso scambiato per incoscienza.”
“Si,” ammise. “Spesso pensando di essere coraggiosi commettiamo sciocchezze.”
“Davvero non conoscevi questa storia?” Buttò lì Theo, guardandola attentamente.
Lei scosse la testa. “No, non ne avevo idea. Harry non mi ha raccontato molto di quello che è successo al processo.”
“Capisco, ma che mi dici dell’anello? Dove lo hai visto?”
Ginny si morse il labbro, a disagio. Non voleva che lui sapesse dei suoi sogni,era una cosa privata e imbarazzante, ma poi senza che potesse evitarlo, la sua bocca iniziò a parlare, raccontandogli del sogno che aveva fatto quella notte.
Theo l’ascoltava, interessato. “Hai fatto altri sogni?”
“Si,” ammise, nonostante si stesse mordendo il labbro a sangue per non parlare.
Lui, consapevole dei suoi sforzi, faceva fatica a non sorridere. “Perché non me ne parli un po’,” e Ginny lo fece, gli raccontò tutto quello che aveva detto a Pansy e Luna e in aggiunta anche le sue ultime scoperte. Perché lo stava facendo? Perché non riusciva a dirgli di no?
“Tu lo sai chi è il ragazzo che sogni?” Le chiese, interessato.
Nella mente della ragazza continuava a verificarsi una lotta sempre più dura. Una parte di lei voleva parlare, l’altra invece solo tacere. Non era normale, c’era qualcosa che non andava, c’era…
Si bloccò, fissando la tazza di tè che ancora aveva in mano, poi lo guardò, mentre la comprensione si faceva strada nella sua mente.
“Che accidenti mi hai messo nel tè?!” Esclamò, fumante di rabbia.
“Come?” Chiese lui, fingendo di non capire.
Ginny scattò in piedi, gettando la tazza sul pavimento. Pezzi di ceramica e gocce di tè schizzarono dovunque, sotto lo sguardo impassibile del moro.
“MI HAI PRESA PER STUPIDA?!” Urlò fuori di se. “COME DIAVOLO TI è VENUTO IN MENTE DI DARMI IL VERITASERUM?!”
Theo si alzò a sua volta, fronteggiandola. “Semplicemente non credevo a ciò che dicevi e volevo una prova ai miei dubbi,” mormorò, come se stesse parlando del più e del meno.
Lei scosse la testa, incredula. “Tu sei malato, completamente malato.”
L’ex Serpeverde le si avvicinò, prendendola per le spalle. “Guardami,” quando lei lo fece, proseguì. “Chi è il ragazzo che sogni?”
Ginny lo fissò per alcuni istanti, poi sussurrò: “Sei tu.”
Lui non si scompose, continuando a guardarla. “Perché pensi sono io?”
Completamente sotto l’effetto del Veritaserum, la ragazza non poté fare a meno di rispondere. “Hai l’anello, profumi di muschio e poi…..e poi lo sento,” aggiunse a disagio.
Theo si accigliò. “Cosa senti?”
Ginny si specchiò nei suoi occhi neri come il carbone e rabbrividì. “Siamo già stati così vicini….tra di noi c’è stato qualcosa…..lo sento,” man mano che diceva quelle cose arrossiva sempre di più. Era tutta colpa del Veritaserum, normalmente non le avrebbe mai dette.
Un guizzo gli attraversò lo sguardo, poi lentamente annuì. “Si,” ammise, spiazzandola completamente. “Tra di noi c’è stato un bacio in un momento di debolezza, ma è stato un errore di cui ci siamo subito pentiti,” si affrettò ad aggiungere, continuando però a mantenere le mani sulle sue spalle.
Lei nel frattempo era troppo sconvolta per dire qualsiasi cosa. I suoi erano solo dubbi che il Veritaserum le aveva portato ad ammettere, ma non pensava che potesse davvero essersi avvicinata tanto al ragazzo della sua migliore amica.
“Io lo sentivo, ma non lo ricordavo,” sussurrò, poi tornò a guardarlo. “Io volevo dirlo a Luna, tu no.” Improvvisamente tutti i pezzi del puzzle si sistemarono al loro posto e finalmente capì. “È per questo che hai usato l’incantesimo di memoria contro di me, volevi dimenticassi così che non glielo dicessi. Probabilmente anche il fatto delle lettere è colpa tua. Hai distrutto la nostra amicizia per un bacio,” concluse, disgustata.
Un lampo di stupore attraversò lo sguardo di Theo. “Si, è vero, tu glielo volevi dire,” ammise a disagio. “Ti ho convinta a non dire niente, ma non ti ho lanciato alcun incantesimo!” Aggiunse, incredulo. “Per chi mi hai preso? Le lettere nemmeno sono opera mia. Sono una serpe, non un codardo. Perché dire a Luna una cosa che per me non aveva significato nulla?”
Ginny lo allontanò da se, irritata. “Non mentirmi, lo so che è colpa tua se non ricordo. Non c’è stato solo un bacio, i sogni che ho fatto lo confermano.”
Lui sgranò gli occhi. “Ma sei impazzita?”
“La smetti di darmi della pazza? Mi hai cancellato la memoria e hai intercettato le lettere mie e di Luna perché non volevi le dicessi che tu ed io avevamo avuto una relazione, non negarlo, ora l’ho capito,” concluse, avviandosi verso la porta.
Theo la seguì, sconvolto dalla piega che la loro conversazione aveva preso. “Non sono stato io, non ho fatto nulla. Fermati!” Aggiunse, afferrandole il polso e facendola voltare verso di lui. “Hai ragione, hai subito un incantesimo di memoria, ma non sono stato io. Devi credermi.”
Ginny scosse la testa, liberandosi dalla sua stretta. “Mi dispiace, ma non ti credo,” mormorò, per poi andarsene senza voltarsi indietro, lasciandolo solo e senza parole.

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Capitolo 8
*** Ancora dubbi ***


                       Capitolo 8: Ancora dubbi

 
“Cos’hai fatto?” Chiese Luna, cercando di mantenere la calma. Theo era venuto nel suo ufficio a portarle il pranzo e aveva appena finito di raccontarle della mattinata con Ginny.
“Come diavolo ti è saltato in mente di darle il Veritaserum?!” Aggiunse poi, sbattendo le mani sulla scrivania.
Theo, seduto di fronte a lei, la guardava stupito. Sapeva che non avrebbe preso bene la sua iniziativa, ma faceva sempre uno strano effetto vedere Luna arrabbiata, normalmente era sempre così calma. Da che ricordava non gli aveva mai urlato contro, né lo aveva mai guardato con quello sguardo, lo sguardo di chi se potesse ti ucciderebbe.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli. “Te lo avevo detto che me la sarei sbrigata io e così ho fatto.”
La bionda lo fulminò con lo sguardo. “Non si era mai parlato di Veritaserum e poi non avresti dovuto agire alle mie spalle.”
Lui sbuffò. “Che cambia?”
“Cambia che Ginny è mia amica! Ti ho detto che le ho parlato io, che senso ha che lo fai anche tu? Tra l’altro lo hai fatto con l’inganno e sai quanto odio questi metodi scorretti!” Urlò, fuori di se. I suoi occhi azzurri erano fumanti di rabbia, mentre i suoi capelli biondi si agitavano sulle sue spalle ad ogni movimento.
“Luna,” provò, sperando si calmasse, ma lei lo ignorò.
“E dimmi un po’ genio, cos’hai scoperto che io non ti avevo già detto?” Sbottò, poggiando la testa sullo schienale della poltrona e socchiudendo gli occhi. Agli occhi di un estraneo sarebbe potuta apparire finalmente calma, ma lui che la conosceva sapeva che non era così. Luna non si arrabbiava mai, ma quando lo faceva era meglio non esserne la causa, peccato però che Theo lo fosse.
“Avevi ragione tu, non ricorda nulla,” ammise in un sussurro. Se c’era una cosa che odiava era ammettere di essersi sbagliato, ammettere che lui il brillante e razionale Theodore Nott aveva fatto una stupidaggine e ora lo stava facendo di fronte alla sua fidanzata, che non aspettava altro che sentirselo dire.
Lei infatti, sorrise soddisfatta. “Questa è musica per le mie orecchie, puoi ripeterlo?”
Theo assottigliò lo sguardo e irrigidì la mascella. “Scordatelo.”
Luna ruotò gli occhi e sorrise. Adorava avere ragione, ma ancora di più adorava prendere in giro il suo orgoglioso ragazzo. “Insomma, hai raccontato a Ginny la storia dell’anello.”
Lui annuì, cogliendo al volo la possibilità di cambiare argomento. “Si, sembrava parecchio interessata.”
“E poi?” Lo incoraggiò lei. “Hai detto di averle messo il Veritaserum nel tè. Cos’è successo poi?”
“Le ho chiesto dei sogni che faceva e mi ha raccontato tutto. A quel punto ha capito che qualcosa non andava e ha iniziato ad urlarmi contro.”
Luna scoppiò a ridere. “Ben ti sta! La prossima volta così impari!”
Theo storse il naso, indispettito. “I miei mezzi possono essere discutibili, ma se non altro ho scoperto perché non ricorda nulla.”
La bionda smise di colpo di ridere e lo guardò. “Che significa?”
“Ha subito un incantesimo di memoria e non sono di certo stato io a lanciarlo,” mormorò, lasciandola di stucco.
“Che cosa?!”
Lui annuì. “Questa storia si fa sempre più assurda e incomprensibile, mi chiedo dove ci porterà,” mormorò, pensieroso. Ancora una volta non aveva detto a Luna la verità anche se sapeva che stava sbagliando, ma come ogni degno Serpeverde il coraggio non faceva parte di lui.


 

Bip. Bip. Bip.
Blaise seppellì meglio la testa sotto il cuscino, continuando a dormire profondamente.
Bip. Bip. Bip.
Mugugnò qualcosa, allungando la mano verso il comodino. Dopo un tempo che gli parve infinito, trovò finalmente la sveglia e la spense. Si tolse il cuscino dalla faccia e aprì lentamente gli occhi. Immediatamente un violento mal di testa lo colpì.
“Accidenti!” Borbottò, strofinandosi la faccia e stirando poi i muscoli. Si sentiva come se fosse stato calpestato da centinaia di rinoceronti impazziti, aveva dolore dappertutto. Provò a mettersi seduto e immediatamente avvertì un peso salire dallo stomaco alla gola. Velocemente corse in bagno e vomitò pure l’anima. Accidenti a lui e a quelle maledette bottiglie di Whisky che aveva bevuto prima di addormentarsi! Si sciacquò energicamente la faccia, guardando poi il suo riflesso attraverso lo specchio. Da quando era così magro? E quelle occhiaie? Forse era l’alcool, o forse era la sua vita che stava crollando a pezzi. L’unica luce che illuminava la sua giornata era Pansy. Pansy e i suoi sorrisi. Pansy e i suoi baci. Pansy e il suo calore. Ora che lei non c’era si sentiva ancora più perso, ancora più solo. La sua presenza era stata una costante nella sua vita, quando soffriva lei c’era, quando era felice lei c’era, lei c’era sempre. Pansy gli mancava da morire, ma il suo maledetto orgoglio gli impediva di fare il primo passo. Aveva un caratteraccio insopportabile lo sapeva, come aveva fatto lei a perdere tanto tempo dietro a lui? Cos’aveva visto di speciale nell’istintivo e irascibile Blaise Zabini? Scosse la testa, spogliandosi e gettandosi sotto la doccia, una doccia gelata, che servì solamente ad irrigidire i suoi muscoli già tesi.
Casa sua era un grosso maniero con così tante stanze che spesso gli capitava di non incrociare nemmeno sua madre, l’unica oltre a lui e agli elfi domestici a viverci, anche se nell’ultimo periodo si era aggiunto l’ennesima fiamma della sua genitrice. Mentre si avviava verso la sala della colazione, vide arrivare dall’altra parte del corridoio un uomo piuttosto alto e ben vestito. Aveva dei capelli nerissimi, legati in una coda e il pizzetto. Il portamento elegante e l’eccessiva sicurezza che traspariva dai suoi occhi, gli confermarono che quell’uomo era ricco sfondato. La tipica preda che adocchiava sua madre per arricchire il loro conto in banca insomma. Appena l’uomo lo vide, sorrise. “Tu devi essere Blaise, Eveline mi ha parlato di te,” mormorò, porgendogli la mano.
Blaise sollevò un sopracciglio, tenendosi a debita distanza da quella mano. “E lei sarebbe?” Chiese gelido.
Lui s’irrigidì, ritraendo la mano. Un lampo di fastidio gli attraversò lo sguardo. “Sono Frank, il fidanzato di tua madre. Perché ti sei sempre rifiutato di cenare con noi?” Aggiunse con un tono calmo, ma con una traccia di acidità che al giovane non sfuggì.
Sorrise, disinvolto. “Vede, mia madre ha avuto così tanti fidanzati e mariti che ormai mi sono stancato di conoscerli.”
L’uomo lo fulminò con lo sguardo, poi lo superò senza aggiungere altro. Non poté fare a meno di ridere. Era riuscito in pochi minuti a far cambiare completamente umore a quel nobile arrogante e allo stesso tempo a sfidare nuovamente sua madre. Tra di loro era sempre andata così, sua madre aveva occhi solo per il denaro e per questo sposava uomini ricchissimi che poi morivano in circostanze misteriose, lasciandole le loro immense eredità e lui faceva finta di nulla, accettando in casa uomini sconosciuti. Un tempo ciò gli andava bene, era ricco sfondato e poteva avere tutto quello che voleva, poi crescendo si era reso conto che ciò non gli bastava più. Cosa se ne faceva dei soldi se poi sua madre non lo guardava nemmeno in faccia? Lui cercava affetto, sostegno e invece lei gli dava solo soldi e umiliazioni. Quante volte aveva sentito i suoi amici fare apprezzamenti su sua madre? Quante altre aveva visto i genitori accompagnarli alla stazione, mentre lui ci andava sempre con un elfo domestico? Così tante che ormai aveva perso il conto. All’inizio ci aveva sofferto, ma ora la odiava, odiava la sua indifferenza e per questo faceva di tutto per farla arrabbiare. Un’altra persona che odiava era suo padre. Era morto ancora prima che nascesse, lasciandogli si in eredità un’azienda, ma anche l’obbligo di diventare Mangiamorte. Forse per questo aveva formato un carattere così brutto, dato che le persone che avrebbero dovuto volergli bene non gli avevano dato nulla, si era convinto che neanche gli altri lo avrebbero fatto e quindi li puniva prima che potessero ferirlo. Storse il naso per quell’assurdo pensiero. Da quando era diventato così saggio? Forse frequentare Pansy che era una psicomaga stava facendo nascere in lui una vena filosofica.
Come al solito era in ritardo per il lavoro, fortuna che il capo era lui. Camminava per le strade di Diagon Alley con le mani nelle tasche del mantello, quando intravide una figura familiare uscire dalla Gringott. Pansy. I lunghi e lisci capelli corvini le ricadevano lungo le spalle, incorniciando il suo volto che appariva pallido e stanco. Era bella, anzi bellissima, ma non era felice. Riusciva quasi a leggere la sofferenza in quei gesti che erano apparentemente naturali e si odiò. Odiò ogni cosa di se stesso, il suo caratteraccio, il suo egoismo. Era colpa sua se Pansy soffriva, era colpa sua se non c’era più la vita nei suoi occhi scuri. Avrebbe voluto andare da lei, scusarsi, ammettere di essere stato un idiota, ma ancora una volta il coraggio gli mancò. Era un codardo, un maledetto codardo, incapace di affrontare le sue debolezze. Quando si trattava di prendersela con qualcuno o di rispondere a una provocazione non si faceva problemi, ma quando entravano in gioco le emozioni finiva inevitabilmente per tirarsi indietro. Ora lo stava facendo di nuovo, stava lasciando che Pansy si allontanasse sempre di più da lui, restando lì immobile a guardarla. Nel frattempo, una figura incappucciata nascosta nell’ombra lo fissava con curiosità.



 
Ginny piangeva, piangeva sempre più forte, il volto schiacciato contro il cuscino. Odiava Theo per averle cancellato la memoria, ma soprattutto odiava se stessa per quello che aveva fatto a Luna. Lei era la sua migliore amica, come aveva potuto avere una relazione con il suo ragazzo? In quei sogni sembrava così innamorata, ma in realtà era solo un’ipocrita, un mostro. Luna non se lo meritava. Singhiozzò rumorosamente, stringendo a se il cuscino. Come accidenti avevano fatto lei e Theodore Nott a cacciarsi in una situazione simile? Da adolescente faceva davvero così schifo come persona? Perché non riusciva a ricordare nulla? Le uniche prove erano i sogni che faceva, che probabilmente indicavano che l’incantesimo di memoria non era stato fatto benissimo e poi c’erano l’anello e il profumo, dettagli che incastravano Theo. Lui parlava di un bacio, ma doveva essere pazzo se pensava che gli avrebbe creduto. Era tutto contro di lui e contro il loro vile tradimento. Ma che razza di persona era? Si era sempre vantata di sostenere dei valori quali la sincerità, la fiducia, il rispetto e poi lei per prima non li aveva rispettati. Oltre ad essere una persona disgustosa quindi era anche incoerente! Che schifo, si vergognava di se stessa. Se Luna lo avesse saputo, se Harry lo avesse saputo. Suo marito l’avrebbe guardata ancora allo stesso modo?  Avrebbe continuato ad amarla nonostante tutto? Scosse la testa, raggomitolandosi su se stessa. Harry l’avrebbe odiata, disprezzata, tutti lo avrebbero fatto. Sua madre, suo padre, i suoi fratelli, i suoi amici. Quasi se li immaginava i loro sguardi delusi o disgustati, perché se lo avessero saputo avrebbero provato solo quello, lei meritava solo quello.
Stava ancora piangendo, quando qualcuno iniziò a bussare alla porta. Chi era? Decise di far finta di nulla, non voleva vedere nessuno, voleva stare da sola ad autocommiserarsi. Peccato che chi era dall’altro lato non era dello stesso avviso, continuando a bussare con decisione.
“GINNY! APRI!” Urlò una voce che non ebbe difficoltà a riconoscere. Hermione.
“LO SAPPIAMO CHE CI SEI!” La seconda voce era inconfondibilmente di suo fratello Ron.
“Accidenti,” sbuffò. Conosceva Ron e Hermione, non si sarebbero arresi finché non avesse risposto. Probabilmente era stato Harry ad avvisarli visto che dopo il breve battibecco che avevano avuto, lei non aveva più acceso il cellulare e di sicuro aveva subito pensato al peggio. Mentre pensava a ciò, i due continuavano a bussare. Si mise seduta, asciugandosi le lacrime. Doveva affrontarli, non aveva scelta.
“UN MOMENTO!” Urlò, correndo poi in bagno. Si sciacquò la faccia, mettendosi poi sugli occhi una matita nera, sperando che in questo modo non capissero che aveva pianto. Era una situazione troppo complicata e non era pronta per parlarne.
Quando andò ad aprire, Ron la strinse immediatamente in un forte abbraccio. “Miseriaccia Ginny! Pensavamo ti fosse successo qualcosa!”
“Già,” convenne Hermione, seguendo i due in salotto. “Perché hai il cellulare spento?”
“Si è scaricato,” spiegò Ginny, continuando ad abbracciare Ron. In quel momento aveva bisogno più che mai di un abbraccio e poi aveva una paura matta che se avesse guardato la ragazza negli occhi lei avrebbe capito tutto. Hermione era troppo intelligente, troppo intuitiva, era quasi impossibile fregarla.
“Ginny,” mormorò Ron, sorpreso. “Da quando sei così affettuosa?”
“Ti voglio bene, tutto qui,” rispose lei, facendolo arrossire nella zona orecchie.
“Ti voglio bene anch’io sorellina.”
Quando si staccarono, si rese conto che Hermione la fissava. “Ginny, va tutto bene?”
Lei annuì. “Certo. Posso offrirvi qualcosa?”
Ron fece per dire di si, ma la riccia gli diede una gomitata. “In realtà siamo qui per parlarti, non lo abbiamo più fatto come ricorderai.”
“Perché sei scappata via quel giorno a Diagon Alley?” Buttò lì il ragazzo, massaggiandosi il fianco dove la moglie lo aveva colpito.
Ginny spostò lo sguardo dall’uno all’altra, sforzandosi di trovare una scusa convincente, ma nulla, la sua mente era in alto mare.
“Ginny.” Hermione le prese la mano, facendola sedere accanto a se. “Lo sai che puoi fidarti di noi, ti vogliamo bene.”
Ron annuì, sedendosi a sua volta. “Sei mia sorella ed io per te ci sarò sempre.”
Le loro parole così dolci e sincere e i loro sguardi pieni di affetto e preoccupazione, ebbero il potere di far crollare tutte le sue difese, tanto che si ritrovò a piangere disperata.
“Ginny.” I due l’abbracciarono, cullandola come se fosse stata una bambina. “Va tutto bene.”
“No,” singhiozzò. “Sono un mostro.”
“Tu non sei un mostro Gin,” le disse Hermione dolcemente.
“Ma di che parli?” Chiese invece Ron, confuso.
Ginny lo guardò, tirando su col naso. “Ho tradito la fiducia di Luna. Sapete i sogni che faccio?” Aggiunse, guardando anche la riccia.
Loro annuirono. “Sono ricordi, ricordi miei e di Theodore Nott.”
“Nott?” Esclamò Ron, stupito. “Che c’entra lui con te?”
“Ronald, stai calmo,” intervenne Hermione, per poi rivolgersi a lei. “Tu e Nott….ehm….ho capito bene?”
La rossa annuì. “Si, probabilmente volevo dirlo a Luna e lui per impedirmelo mi ha lanciato un incantesimo di memoria.”
“Mio Dio,” mormorò lei ad occhi sgranati.
Ron nel frattempo le guardava, grattandosi la testa, confuso. “Non capisco, cosa c’entra Nott con Ginny?”
Hermione sollevò gli occhi al cielo. “Oh Ronald, sei proprio un testone. Loro sono stati insieme, giusto Ginny?”
“CHE COSA?!” Esclamò il rosso, scattando in piedi. “Tu….Nott….insieme….voi due….,” balbettò, portandosi una mano al cuore. Era incredulo, sconvolto, senza parole.
Ginny temette seriamente per la sua salute. “è accaduto quando andavamo a Hogwarts,” si affrettò infatti a spiegare. “Io non lo ricordavo perché mi ha fatto un incantesimo di memoria. I sogni che faccio però mi hanno fatto capire e…….come ho potuto fare una cosa del genere a Luna?” Aggiunse, prendendosi il volto tra le mani.
“Tu e Nott?” Chiese Ron, ancora visibilmente sconvolto. Hermione lo ignorò, rivolgendosi alla ragazza. “Ne sei davvero sicura? Sei sicura fosse Nott? Lo hai visto in faccia?”
Sollevò lo sguardo verso di lei, sorpresa. “Non l’ho visto in faccia, ma ho notato dei dettagli che lo accomunano con Nott e poi lui mi ha detto che una volta ci siamo baciati. È lui, non ho dubbi su questo.”
“Lo ha ammesso?” Insistette Hermione. “Ha ammesso di averti fatto l’incantesimo?”
Ginny scosse la testa. “Ha detto che c’è stato solo un bacio e che per il resto è innocente, ma allora perché mi ha dato il Veritaserum per sapere dei miei sogni?”
“Tu pensi te lo abbia dato per sapere quanto ricordavi.”
“Herm, è lui! Ha lo stesso anello al dito e lo stesso profumo! E poi mi ha dato il Veritaserum! Può dichiararsi innocente quanto gli pare, ma alla fine sappiamo entrambi di aver fatto una cosa orribile!” Esclamò ai limiti della disperazione. “Sono un mostro.”
Hermione guardò Ron, che stringendo forte le mani a pugno, guardava invece la sorella. “Harry lo sa?”
La rossa trasalì. “Non posso dirglielo, lui mi odierebbe….io…..”
“Ginny, tranquilla,” la rassicurò l’altra. “Non è il caso che Harry lo sappia, sarà il nostro segreto.”
“Oh Herm!” Esclamò Ginny, abbracciandola. “Come farò a guardare Harry e Luna dopo quello che ho fatto?”
“Troveremo una soluzione, vedrai.”
“Tu e Nott?” Ripeté Ron, schifato.
“La vuoi smettere di ripeterlo Ronald? Ginny è già disperata di suo,” lo rimproverò la moglie.
Lui borbottò qualcosa, allontanandosi verso la cucina.
“Ginny,” iniziò Hermione, una volta che rimasero sole. “Lo so che ne sei convinta, ma se Nott avesse detto la verità? A volte l’apparenza inganna, a volte si tratta semplicemente di coincidenze. Pensaci, tu non sei mai stata il tipo che va con il primo che incontra, soprattutto se si tratta del ragazzo di Luna.”
“Ma..” provò a protestare, ma lei scosse la testa.
“Tu non sai mentire, non avresti retto un solo giorno. Sono quasi convinta che a parte quel bacio, non c’è stato nulla tra te e lui.”
“E il fatto del Veritaserum come lo spieghi?” Insistette. “Me lo ha dato per chiedermi dei miei sogni. Perché farlo se è innocente? Chi altro può essere stato a lanciarmi l’incantesimo di memoria se non lui?”
Lei scosse la testa. “Non lo so Gin, in fondo Nott anche se è una serpe è sempre stato un tipo tranquillo e soprattutto sinceramente innamorato di Luna. Deve per forza esserci un’altra spiegazione.”
Ginny si morse un labbro, arricciandosi al contempo nervosamente una ciocca di capelli intorno all’indice. “Cosa faccio allora?”
Hermione sospirò, pensierosa. “Per ora niente, qualsiasi azione potrebbe ritorcerti contro. Farò delle ricerche sugli incantesimi di memoria, tu nel frattempo scriviti tutto ciò che sogni, vedremo di unire il tutto e provare a darci un senso.”
La rossa annuì. In fondo scrivere dei sogni che faceva era una cosa che già stava facendo, quindi non avrebbe avuto difficoltà. E poi doveva ammettere che una parte di lei si stava praticamente aggrappando alle parole di Hermione. Preferiva confrontarsi con qualcosa di ignoto e magari pericoloso, piuttosto che dover accettare di aver tradito la sua migliore amica. Forse non aveva davvero fatto una cosa così orribile, forse c’era ancora una possibilità. Doveva crederci, doveva sperarci con ogni fibra del suo essere.
Quando Ron e Hermione se ne andarono, Ginny stava decisamente meglio. Le aveva fatto bene parlare con loro, aveva avuto la possibilità di sentire altri pareri e considerare nuovi aspetti. Nott aveva l’anello e il profumo, ma era anche vero che di anelli ne esistevano parecchi e poi chissà quante persone usavano un profumo al muschio. Ma se non era lui, allora chi era? Il ragazzo misterioso era lo stesso che le aveva cancellato i suoi ricordi? Se si, perché?
“Uffa,” sbuffò, recandosi in camera da letto. Harry sarebbe tornato tra poco più di un’ora e doveva assolutamente cambiare le lenzuola, macchiate di lacrime e mascara. Non voleva assillarlo con le sue paranoie, piuttosto voleva farsi perdonare per come lo aveva trattato. Lo amava troppo per continuare a tenergli il muso. Gettò le lenzuola sporche nella cesta del bagno, poi aprì l’armadio alla ricerca di quelle pulite. Nel prenderle, fece cadere anche un grosso piumone che sua madre le aveva regalato per le nozze, ma essendo di un orribile color melanzana, non lo usava quasi mai. Seppur a fatica, dato che era piuttosto pesante, riuscì a ripiegarlo, ma quando fece per rimetterlo a posto, si rese conto che dove avrebbe dovuto esserci la mensola, c’era un’asse di legno. Era di un colore più scuro rispetto al resto, perciò era chiaramente stata inserita in un secondo momento. Curiosa, depositò il piumone sul letto e iniziò a tirare l’asse, senza successo. Forse era inchiodata. Senza pensarci ulteriormente, prese la bacchetta e la puntò contro di essa. “Accio.”
In un attimo si ritrovò in mano l’asse piena di chiodi. Al suo posto c’era una sorta di scompartimento segreto, rettangolare e poco profondo. Vi puntò la bacchetta, illuminandolo. Dentro sembrava non esserci nulla, poi però mise a fuoco quella che sembrava una lettera. L’afferrò, rendendosi conto che era un po’ pesante e polverosa. La ripulì per bene, restando poi stupefatta. Quella lettera non era di un precedente inquilino,come aveva inizialmente pensato, bensì di Harry. Perché era nascosta lì? Aprì la busta con mani tremanti. All’interno c’era una lettera abbastanza breve su una pergamena ingiallita.

 

Caro signor Potter,
abbiamo ricevuto la sua sorprendente offerta per l’acquisto della struttura nota come “Stamberga Strillante”. Ammettiamo di essere piuttosto sorpresi, in quanto in molti chiedevano che essa fosse abbattuta per il terrore che suscitava nei bambini. Ciononostante, non possiamo rifiutare un’offerta così sostanziosa. Incontriamoci domani mattina per discutere dei dettagli.
                                                                                                         Distinti saluti

 

Seguiva poi una data di circa tre anni prima. Harry aveva comprato la Stamberga Strillante? Per quale motivo? Ma soprattutto, perché lei non ne sapeva nulla? Prese la busta, sperando di trovare qualche altro indizio, quando notò che all’interno di essa c’era unagrossa chiave arrugginita. Era la chiave della Stamberga Strillante? Si morse il labbro, pensierosamente. Una parte di lei, quella curiosa e amante del rischio, voleva scoprire cosa apriva la chiave, ma la parte di se più debole, quella che pensava sempre al peggio, voleva solo posare tutto e dimenticare. A quale di esse doveva dare ascolto? 
 



 
Lo so che mi state odiando per come ho concluso il capitolo, purtroppo però non ho avuto scelta. La parte successiva era troppo lunga, perciò ho dovuto per forza inserire il resto nel prossimo capitolo! Mi farò perdonare, promesso!!! A quanto pare Harry ha un segreto, come se la vita di Ginny non fosse già incasinata XD in questo capitolo ci sono state molte chiacchiere e riflessioni, questo perché volevo essere sicura che la situazione si fosse capita, così come i pensieri e i dubbi dei personaggi. Nel caso qualcosa non vi fosse ancora chiaro, chiedete pure XD Fatemi sapere cosa ne pensate! Baci :D
  

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Capitolo 9
*** La Stamberga Strillante ***


            Capitolo 9: La Stamberga Strillante
 

Pioveva, pioveva sempre più forte. Lampi e tuoni squarciavano il cielo, rendendo quella serata invernale ancora più tetra. Ginny si calò il cappuccio fin sugli occhi, incamminandosi sulle strade deserte. La pioggia era violenta, incessante e ad essa era accompagnato un vento gelido. Non c’era da stupirsi quindi se era l’unica forma di vita nell’arco di chilometri. Tutta colpa del sua curiosità, che aveva preso il sopravvento sul resto. Si fermò davanti a un vecchio cancello arrugginito, riprendendo fiato. Di fronte a lei, distante diversi metri c’era la Stamberga Strillante. Al buio e sotto la pioggia era ancora più inquietante. Si strinse nel mantello, rabbrividendo. Aveva un freddo cane ed era bagnata fino al midollo, doveva muoversi. Scavalcò il cancello e iniziò a correre più veloce che poteva. Con la pioggia che le batteva addosso, l’erba scivolosa, le pozzanghere e i rifiuti, non poté evitare di franare a terra diverse volte, fino a raggiungere quei maledetti scalini d’ingresso. Si aggrappò a uno dei due pilastri accanto al porta, cercando di mantenersi in piedi. Doveva essersi sbucciata le ginocchia, solo questo poteva spiegare il leggero bruciore che avvertiva. Recuperò la grossa chiave dalla tasca dei jeans e la inserì nella toppa. Dopo diverse mandate la porta si aprì. Subito un orribile odore di muffa e di chiuso la colpì. Si coprì il naso e la bocca con il mantello ed entrò. Harry doveva aver bevuto parecchio quando aveva acquistato quella catapecchia. Essa era così tanto scossa dalla pioggia e dal vento che non si sarebbe sorpresa se il tetto le fosse franato in testa. Lo stretto corridoio era ricoperto da ben tre strati di polvere, diverse ragnatele pendevano dal soffitto e sulle pareti si erano formate macchie di muffa. La vernice, un tempo rosso fiammante, era scrostata quasi del tutto da quelli che sembravano gli artigli di un animale. “Remus,” pensò tristemente. Ricordava come se fosse stato ieri quando lui le aveva raccontato di quelle notti di luna piena che trascorreva lì, insieme ai suoi amici. Purtroppo però il destino era stato crudele con tutti loro. Si costrinse a scacciare quel brutto pensiero e a proseguire nell’ispezione del posto. Dopo aver dato una rapida occhiata alla cucina, così distrutta da sembrare una miniera, si avviò verso le scale. I gradini erano quasi tutti spaccati, così come il corrimano, che arrugginito e rotto in più punti, sembrava tenersi in piedi per miracolo.
“Se mi vedesse Malfoy, direbbe che questo è l’unico posto dove una pezzente come me potrebbe permettersi di vivere,” si ritrovò a pensare, quasi senza rendersene conto. Come le era venuto in mente lui proprio non riusciva a spiegarselo, in fondo non lo vedeva dai tempi della scuola. Chissà cosa aveva fatto dopo la scuola, se viveva ancora a Londra, dopotutto non aveva più sentito parlare di Draco Malfoy. Scosse la testa, stupita dai suoi stessi pensieri. Ma che gliene importava? E poi perché doveva chiederselo proprio in quel momento? Riconobbe quella che doveva essere la porta della camera da letto e si avvicinò. In quella stessa stanza Harry, Ron e Hermione avevano conosciuto Sirius, possibile che suo marito avesse acquistato quel posto per un valore affettivo? Se si, perché non glielo aveva detto? Quando aprì la porta, restò praticamente a bocca aperta. Era pronta ad affrontare polvere, ragni, topi, macerie, ma di certo non quello. Un parquet color ciliegio ricopriva il pavimento, le pareti erano di un delicato giallo pallido, lo stesso delle pregiate tende e del copriletto di un grosso letto a baldacchino. In un angolo c’era uno scrittoio e poi un piccolo camino, mentre di fronte al letto c’era un grosso e bellissimo armadio, tutti erano in ciliegio.
“Oh mio Dio!” Esclamò, sbalordita. Mai si sarebbe aspettata una cosa simile. Avanzò di qualche passo, lasciando cadere sul parquet il mantello fradicio e sporco di fango. Quella stanza non era così prima, qualcuno l’aveva ristrutturata completamente, qualcuno….. era stata sicuramente una donna, una donna che aveva buon gusto tra l’altro. Probabilmente anche lei al suo posto l’avrebbe fatta così, ciononostante non poteva fare a meno di sentirsi soffocare. Quel posto non le piaceva, le trasmetteva brutte sensazioni. Lentamente si avvicinò all’armadio. In ogni caso era andata lì per scoprire la verità e non si sarebbe arresa finché non l’avesse trovata. Aprì le ante con mani tremanti, ritrovandosi a toccare una serie di abiti femminili di alta qualità. Alcuni erano sfarzosi ed eleganti, altri più semplici, meravigliosi.
“Non è possibile,” sussurrò, cadendo sulle ginocchia. Gli occhi le bruciavano e un dolore inaudito che partiva dal cuore si stava pian piano diffondendo in tutto il suo corpo. Quasi senza rendersene conto la sua mente le inviò la scena di Harry e una misteriosa donna che si rotolavano tra le lenzuola di quel letto. Tirò su col naso, mentre una lacrima traditrice sfuggiva al suo controllo. Era per quello che Harry aveva comprato quel posto, era il luogo d’incontro con la sua amante.
“Perché? Perché?” Singhiozzò. Sapeva di non essere perfetta, era lunatica, curiosa, esageratamente emotiva, sempre in ritardo, testarda, ma non pensava di essere una così cattiva moglie. In quel periodo stava male, era terribilmente confusa, però nemmeno per un attimo aveva messo in discussione ciò che provava per lui. Harry era suo marito, l’uomo con cui aveva scelto di passare la vita, il suo grande amore. Aveva sempre pensato che per lui fosse lo stesso, forse però si sbagliava, forse c’era qualcosa che non andava. Fece per richiudere l’armadio, quando il suo sguardo si posò su due cofanetti di legno posti sulla mensola sotto i vestiti. Il primo era piatto e rettangolare, il secondo era grande quanto la cassa che conteneva la palle per il Quidditch. Seguendo solo l’istinto, prese il più piccolo e lo aprì. Con stupore si ritrovò a sfiorare il legno di una bacchetta, poi notò anche tanti portachiavi, probabilmente d’oro, con pendenti in miniatura, c’erano una clessidra, una scopa, uno smile, una burrobirra, un albero e quello che sembrava un mini fuoco. Si accigliò. Cosa potevano mai significare? La risposta la ebbe quando individuò anche un bellissimo anello d’oro bianco con un grosso diamante sopra. All’interno erano incise tre semplici parole: per sempre tuo. A quel punto Ginny scoppiò a piangere a dirotto. Non solo Harry aveva un’altra, ma l’amava pure. Il suo corpo fu scosso da una serie di singhiozzi, mentre il dolore che aveva avvertito all’inizio si faceva sempre intenso, sempre più devastante. Continuò a piangere per quelle che le sembrarono ore, finché la sua vista iniziò ad annebbiarsi. La testa le faceva male così tanto che non poté evitare di abbandonarsi distesa sul parquet. L’ultima cosa che vide fu il soffitto bianco, poi il buio più totale.


 

Quando Theo si svegliò quella mattina, aveva la sensazione che qualcosa non andasse. Era un presentimento che lo tormentava ancora prima che aprisse gli occhi, ma non riusciva a capire cosa riguardasse. Doveva ammettere però, che ciò che temeva di più era che Luna scoprisse che le aveva mentito, che scoprisse che aveva omesso un particolare così importante. Scosse la testa, esasperato. Dannazione, lui era Theodore Nott, era il prototipo della razionalità e dell’autocontrollo, era sempre stato bravo a mentire e a manipolare gli altri senza alcun senso di colpa, perché invece ora si faceva tanti scrupoli? Perché era Luna colei a cui stava mentendo, era lei, la donna che amava e che presto avrebbe sposato, era la sua Luna. Era da quando si era innamorato di lei che aveva scoperto di avere una coscienza, Luna lo aveva reso un uomo migliore e ora la stava deludendo, ma non aveva scelta, non poteva dirglielo.
Mentre scendeva le scale per andare in sala per la colazione, Theo si rese conto che la casa era stranamente silenziosa. Di solito a quell’ora gli elfi erano già nel pieno delle faccende domestiche, invece quel giorno sembravano essersi volatilizzati. Quando però entrò in sala, capì il perché. Alcuni dei suoi elfi erano radunati intorno a un ragazzo di colore piuttosto alto, mentre gli altri entravano e uscivano dalla cucina, portando una serie infinita di prelibatezze.
“Blaise,” mormorò sorpreso. “Che ci fai a casa mia?”
Il diretto interessato si accigliò. “Così si accoglie un amico Theodore?”
“Buongiorno padrone,” squittirono gli elfi, andandogli incontro. “La sua colazione è pronta.”
Lui annuì, continuando a guardare Blaise, che come se fosse stato a casa sua, si era seduto a tavola e servito.
“Serviti pure,” mormorò ironicamente, sedendosi di fronte a lui.
L’altro ghignò. “Ti sei svegliato con la luna storta? Di solito quello odioso sono io.”
Theo sorrise, imburrandosi una fetta di pane. “Vero, amico, ma ultimamente le cose non vanno benissimo.”
Blaise annuì. “A chi lo dici. È per questo che sono qui, ho litigato con mia madre.”
“Come mai?”
“Ho mancato di rispetto a Frank.”
Lui si accigliò. “Chi è Frank?”
Il ragazzo scoppiò a ridere. “Io ho avuto quasi la stessa reazione. È il nuovo fidanzato di mia madre comunque.”
“Ha intenzione di sposarlo?”
Blaise scrollò le spalle. “Non ne ho idea, quello che so è che non ne posso più di lei e dei suoi toy boy. Posso stare da te per un po’?”
Theo annuì. “Certo, non c’è problema. Ti avviso però che può capitare che venga Luna.”
“No problem, quando c’è lei vi lascio soli. Non mi piace mantenere la candela,” aggiunse divertito.
“Ho parlato con Pansy,” buttò lì, spiando attentamente la reazione dell’amico, che non si fece attendere. Lui infatti s’irrigidì e abbassò lo sguardo.
“Theo…”
Scosse la testa. “Stai facendo una sciocchezza e lo sai. Tu e Pansy vi amate, perché stai facendo di tutto per distruggere il vostro legame?”
Blaise scattò il piedi, decisamente agitato. “Smettila, tu non sai quello che sto passando.”
Theo si alzò a sua volta, fronteggiandolo. “Dimmi una cosa Blaise, pensi di avere l’esclusiva sul dolore? La mia vita prima che arrivasse Luna, faceva schifo. L’unico familiare che avevo era mio padre, troppo occupato nei suoi affari da Mangiamorte per pensare a me e ora è in una cella ad Azkaban. La madre di Luna è morta davanti ai suoi occhi. Pansy non vive più da quando hai chiuso con lei e potrei continuare ancora,” concluse con una calma agghiacciante, che lasciò il ragazzo a bocca aperta.
Una persona qualunque, quelle cose gliele avrebbe urlate contro, aggiungendovi anche degli insulti, Theo invece sembrava quasi che stesse parlando di un argomento futile. Era tranquillo, composto, indifferente, solo i suoi occhi lo tradivano, animati da lampi di rabbia.
Blaise sbuffò,agitando le braccia esasperato. “Pensi che non lo sappia? Ma il punto è che io non sono forte come te, io…….”
“Si,” convenne lui. “Sei distruttivo. Pensi che dato che tua madre non ti ha dato nulla, tu non meriti nulla, ma non è così. Hai un caratteraccio, sei odioso, indisponente, permaloso, crudele a volte, ma sei il mio migliore amico accidenti! Reagisci Blaise!” Aggiunse, prendendolo per le spalle. “Ti ricordi quando ci siamo rivolti a Stewart? Eravamo determinati a lottare per ciò in cui credevamo e lo abbiamo fatto anche nella battaglia di Hogwarts. Allora non avevi paura di niente e nessuno, allora prendevi a calci ciò che non ti andava. Quello è il Blaise che conosco, quello è il mio migliore amico.”
Blaise scosse la testa. “Quel Blaise non esiste più, gli eventi lo hanno ucciso.”
Lui rise, incredulo. “E il Blaise che amava Pansy allora chi era?”
“Pansy merita di meglio, io sono solo un peso.”
“Sei tu ad aver deciso di essere un peso,” ribatté Theo, voltandogli le spalle ed avviandosi verso la porta. Ormai era inutile insistere, era meglio lasciarlo lì a riflettere sulle sue parole.
“Che vuoi dire?” La voce di Blaise era appena un sussurro, ma giunse lo stesso alle orecchie dell’amico, che si voltò.
“Tu ti consideri un peso, pensi che lo sarai sempre e per questo l’hai allontanata, ma quello che non hai capito è che non sei solo tu ad aver bisogno di lei, ma è anche lei ad aver bisogno di te.”
Un lampo di stupore attraversò lo sguardo di Blaise. Sapeva di aver ferito Pansy con il suo atteggiamento, ma mai aveva preso in considerazione la possibilità che lei stessa si aggrappasse a lui. Ai suoi occhi Pansy era quella forte, il suo punto di riferimento, ma forse lei vedeva lo stesso in lui, che invece di sostenerla l’aveva lasciata crollare nel baratro.
Guardò Theo, ancora fermo sul ciglio della porta con un sopracciglio inarcato e sbuffò. Se pensava che lo avrebbe ringraziato si sbagliava di grosso, Blaise Zabini non diceva mai grazie. Gli si avvicinò per poi sorpassarlo, prima però gli diede una pacca sulla spalla che lo fece scuotere la testa, divertito. Theo lo conosceva troppo bene purtroppo.



 
“Calmati Harry, la troveremo,” mormorò Hermione.
Il moro scosse la testa, continuando ad andare avanti e indietro per la casa. Quando la sera prima era tornato a casa dopo un’importante missione di lavoro, non vi aveva trovato Ginny. Era tutto in ordine, tutto calmo eppure lei non c’era. Aveva provato a chiamarla diverse volte, trovando però il cellulare spento. Preoccupato, aveva chiamato il capo di Ginny, pensando fosse stata trattenuta al lavoro, ma di fronte alla sua risposta negativa aveva avvertito Ron e Hermione. Il primo era corso alla Tana dalla sua famiglia, mentre la seconda era rimasta con Harry.
“Dove può essersi mai cacciata?!” Esclamò, scompigliandosi nervosamente i capelli. Aveva cercato dappertutto, tutti i luoghi che Ginny frequentava, si era persino avventurato a Notturn Alley pensando al peggio, ma niente, sua moglie non si trovava. “E se le è successo qualcosa? E se….. dannazione Herm, l’ultima volta che ci siamo sentiti abbiamo litigato e io……mi sento così in colpa,” aggiunse, lasciandosi cadere sul divano e prendendosi la testa tra le mani.
Hermione gli poggiò una mano sulla spalla, cercando di rassicurarlo. “Una Squadra di Auror la sta cercando, vedrai che la troveranno.”
Lui sbuffò. “Perché non posso andare anch’io con loro? Mi sento così inutile senza far niente.”
“Lo so, ma sei emotivamente coinvolto e il Ministro pensa potresti fare qualche sciocchezza.”
“Qualche sciocchezza?!” Sbottò Harry, incredulo. “Stiamo parlando di mia moglie! Chissà dov’è, magari è in pericolo e ha bisogno di me e……”
“Lo vedi?” Disse Hermione. “Non sei lucido, così come non lo sono io, saremmo solo d’intralcio.”
“D’intralcio, si come no,” borbottò tra se e se.
 



 
“Che schifo!” Esclamò Pansy, arricciando il naso. Ginny Weasley, che per qualche assurdo motivo stavano cercando tutti, le aveva inviato uno strano messaggio.

Sono alla Stamberga Strillante. Ho bisogno di te. Non dirlo a nessuno.

Inizialmente, troppo occupata a pensare ai suoi di problemi, aveva pensato d’ ignorarla, ma poi il senso del dovere aveva prevalso. Che le piacesse o meno, doveva fare di tutto per aiutare i suoi pazienti, anche se si trattava di Ginny Weasley. Quello che non capiva era perché le aveva chiesto d’ incontrarsi in quella topaia puzzolente. “Weasley dove sei?” Chiese, tappandosi il naso.
“Di sopra,” ribatté una voce in lontananza. Sbuffando, la mora si diresse verso le scale, o piuttosto quello che ne restava. Facendo attenzione a dove metteva i piedi, salì fino in cima. Pochi passi e individuò una porta socchiusa. La aprì, restando a bocca aperta. Quella camera era bellissima, come poteva essere parte di quella discarica che era il piano di sotto? Dopo alcuni istanti di puro stupore, posò lo sguardo su Ginny. La ragazza era raggomitolata sul letto ed era in uno stato pietoso. Era sporca di fango, i capelli erano ridotti a una massa informe e aveva gli occhi rossi e gonfi. Probabilmente aveva passato tutta la notte a piangere.
Pansy le si avvicinò, sedendosi sul bordo del letto. “Cos’è successo? Perché siamo qui?”
Lei la guardò, tirando su col naso. “Harry……lui…..lui mi……tradisce…..” balbettò, tremando come una foglia. Senza pensarci due volte, la mora le asciugò e ripulì i vestiti con un incantesimo, per poi accendere il fuoco del camino.
“Che posto è questo? Da dove sbuca una stanza così?”
“Harry,” sussurrò la rossa, porgendole un foglio di pergamena, che lei si affrettò a leggere.
“Potter ha acquistato questo posto?”Esclamò, incredula.
Ginny annuì con sguardo assente. “Lo ha comprato per…..lei.”
Pansy si accigliò, iniziando a guardarsi intorno. Possibile che Harry Potter avesse comprato la Stamberga Strillante per portarci un’amante? La cosa le sembrava assurda. Lui era ricco e famoso in tutto il mondo, avrebbe potuto permettersi una villa o un maniero, perché accontentarsi di una misera stanza? Si avvicinò all’armadio, individuando un piccolo cofanetto ancora aperto. Ginny doveva averci già guardato. Lo prese, dando un’occhiata al suo interno. Ciò che catturò la sua attenzione furono i piccoli portachiavi. Li aveva già visti da qualche parte, ma non sapeva dove.
“Romantico vero?”
La mora si voltò di scatto. Ginny le si era avvicinata e osservava il contenuto del cofanetto da sopra la sua spalla. Era pallida come un cadavere e sorrideva, ma i suoi occhi erano vuoti, albergati da quella che sembrava follia. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, lei tornò a raggomitolarsi sul letto, quasi si fosse dimenticata della sua presenza. Una persona normale si sarebbe spaventata per un simile atteggiamento, ma Pansy con il suo lavoro ne aveva viste di così tante che ormai nulla la toccava più. Ginny era disperata, scioccata, era per questo che si comportava in quel modo e lei non poteva darle torto. Blaise era sempre stato una persona complicata, ma nonostante i difetti non l’aveva mai tradita e se lo avesse fatto, probabilmente avrebbe reagito allo stesso modo.
“Accidenti a te Zabini,” borbottò tra se e se. Faceva di tutto per distrarsi, per tenere la mente occupata e non pensare a lui, ma appena abbassava anche solo minimamente le difese ecco che i suoi pensieri finivano inevitabilmente lì. Una parte di lei avrebbe voluto correre a implorarlo di amarla, ma la sua dignità glielo impediva. Lui non la voleva più, diceva che non lo capiva e se anche le cose si fossero sistemate, dopo alcuni giorni di paradiso sarebbero tornati a litigare per le stesse cose e lei a soffrire per le parole crudeli che le diceva. Blaise aveva eretto una corazza per proteggersi e più lei tentava di disintegrarla, più la sua lingua biforcuta la rafforzava. Non voleva essere aiutato e lei anche se lo amava non poteva costringerlo. Si sforzò di non piangere, riponendo il cofanetto. Basta, doveva essere forte, doveva resistere.
Si avvicinò a Ginny, rendendosi conto che stava singhiozzando. “Avrei voluto chiamare Luna….ma con quale faccia?.......ho avuto una…….una storia con Nott e…….sono un mostro……questa è la mia punizione….”
Pansy si accigliò. “Ma di che parli? Tu e Theo? Pensavo avessimo chiarito questa cosa.”
Lei scosse la testa. “Lui ha l’anello come il ragazzo del sogno e anche il profumo di muschio…..Herm dice che non è lui…..ma è così…..io lo so.”
“Calmati, va tutto bene,” la rassicurò, facendola sedere. “Lo so, è una situazione complicata, ma non devi farti prendere dal panico.”
Ginny annuì, asciugandosi le lacrime. “Ok.”
“Ti sei scritta i sogni come ti ho detto?” Le chiese con calma.
La rossa si affrettò a porgerle dei fogli tutti stropicciati, che ormai portava appresso dovunque.
“Ginevra. Anello. Muschio. Cicatrice. Ironia. Sesso.” Mormorò Pansy, confusa. “Capisco che sono caratteristiche di questo ragazzo, ma cosa intendi per cicatrice?”
“Nell’ultimo sogno che ho fatto, ho visto che aveva una cicatrice sull’avambraccio destro, una linea sottile,” spiegò Ginny, mordendosi il labbro inferiore.
A quel punto tutti i dubbi che la ex Serpeverde aveva avuto fino a quel momento crollarono come un castello di carte. Come aveva fatto a non pensarci prima? Eppure la verità era lì, davanti ai suoi occhi. Scattò in piedi, facendo sussultare la ragazza accanto a lei e prese il cellulare. Scorse un nome sulla rubrica e chiamò.
“Pansy.”
“Dove sei?”
“Al Ministero, perché?”
“Torna a casa subito e avverti anche Luna. È urgente.”
“Ma..”
“Fai come ti ho detto Theo e non lamentarti”
“Va bene, ci vediamo lì.”
Appena chiuse la conversazione, si ritrovò di fronte una Ginny furiosa. “Si può sapere perché hai chiamato Nott? È per questo che ha iniziato a farmi domande? Gli hai detto dei miei sogni?”
Pansy annuì, facendola infuriare ancora di più. “Come hai potuto? Sapevo che non dovevo fidarmi di te! Tu…..”
“WEASLEY, VUOI STARE UN ATTIMO ZITTA!” Esplose la mora.
Lei si zittì di colpo, anche se ancora visibilmente agitata. La ragazza di fronte a lei tirò un sospiro di sollievo. “Ora ascoltami, quando mi hai parlato dei tuoi sogni mi sono sorti alcuni dubbi,” spiegò, mentre Ginny l’ascoltava in silenzio. “Pensavo ti stessi prendendo gioco di me, perciò ne ho parlato con Theo e Luna, ma ora mi rendo conto che non era così. Tu davvero non ricordi nulla.”
La rossa sgranò gli occhi. “Luna ha detto la stessa identica frase. Cos’è che non ricordo? E non provare a scappare,” aggiunse a mo di minaccia, facendola accigliare.
“Vieni con me e lo saprai,” le disse Pansy, recuperando il cofanetto piccolo e mettendoselo nella tasca del mantello.
“Perché te lo sei preso?” Le chiese, stupita. “Lo sai che è furto?”
“Mi serve,” si limitò a dire, afferrandola per il polso e trascinandola davanti al camino. “Andremo con la Polvere Volante, fuori c’è troppa gente che ti cerca.”
“Che cosa?! Perché?”
La mora sbuffò. “Insomma Weasley! Lo vuoi sapere o no chi è il ragazzo che sogni?”
Ginny annuì. “Assolutamente si.”
“Bene, allora prendi,” le porse una manciata di Polvere Volante, presa da un sacchettino che usava in caso di emergenza. Entrambe la gettarono nel cammino ed esclamarono: “Nott Manor!”

 



 
Lo so, vi ho fatto aspettare un po’, ma tra un impegno e l’altro ho avuto poco tempo per scrivere XD Comunque questo è il capitolo della svolta, siamo vicine così a scoprire cosa effettivamente Ginny non ricorda. Ho letto questo capitolo una decina di volte, sperando che ciò che passa per la testa dei miei personaggi si sia capito, in caso contrario sarò felice di darvi delle spiegazioni XD Cosa ne pensate della Stamberga Strillante? Perché Harry l’avrà acquistata? E il ragazzo del sogno chi è? E Blaise e Theo che finalmente si confrontano? Io li adoro, ma ovviamente sono di parte XD fatemi sapere cosa ne pensate e le vostre teorie, sono curiosa!! Baci :D
 

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Capitolo 10
*** Sconvolgenti verità ***


Ed ecco qui il famoso capitolo di fuoco! :D È stato uno dei più difficili e belli da scrivere, ci ho messo tutta me stessa e volevo dedicarlo a tutte voi che mi seguite con immensa pazienza! <3 In particolare a DulceVoz, susu e  teme_Malfoy  che sin dal primo capitolo mi hanno sostenuta e incoraggiata! Questo capitolo è tutto per voi!!!! <3 
                        




 

               Capitolo 10: Sconvolgenti verità



 
Quando Pansy e Ginny giunsero con la Polvere Volante nel salotto di Theo, trovarono quest’ultimo e Luna seduti sul divano che le guardavano a bocca aperta. La rossa non sapeva dire se fosse più per la sorpresa di ritrovarsela lì o per lo stato pietoso in cui erano ridotti i suoi capelli.
“Che ci fa lei qui?” Chiese Theo, avvicinandosi alla mora.
Pansy sospirò, recuperando il piccolo cofanetto dalla tasca del mantello. “Theo,” iniziò, sotto il suo sguardo confuso. “Riconosci queste cose?”
Il ragazzo osservò il contenuto del cofanetto ad occhi sgranati. Sfiorò con la punta delle dita i portachiavi, l’anello e poi la bacchetta. Come poteva non riconoscerli? “Dove li hai presi?”
“Li abbiamo trovati alla Stamberga Strillante. Sapevi che Potter l’ha acquistata circa tre anni fa?”
Theo la guardò, per poi spostare lo sguardo da Luna a Ginny. “Ne sei sicura?”
Pansy annuì, mostrandogli la famosa lettera che attestava ciò. “Perché Potter l’ha acquistata?” Chiese, rivolgendosi a Ginny, che scosse la testa.
“Per vedere la sua amante forse,” sbottò, incrociando le braccia al petto. Theo e Luna guardarono Pansy, confusi, allora lei si affrettò a spiegare. “Pensa che Potter utilizzi quel posto per incontrare la sua amante.”
“CHE COSA?!” Esclamò Luna, stupita.
Theo invece arricciò il naso, schifato. “Nessuna persona sana di mente starebbe con lui, a parte lei ovviamente,” aggiunse, accennando a Ginny, che ruotò gli occhi, infastidita.
“La smetti di lanciarmi frecciatine e di parlare di me in terza persona? Mi stai innervosendo.”
Lui fece per ribattere, ma Luna lo anticipò. “Perché ci hai chiamato? Cos’è successo?”
Pansy si sedette sul divano, invitando gli altri a fare lo stesso. Ginny si sedette alla sua sinistra, mentre Luna alla sua destra. Theo invece si appoggiò con la schiena contro la base di mattoni del camino, incrociando le braccia al petto.
“Lei ha subito un incantesimo di memoria, che l’ha portata a dimenticare tutto. Non ci ha mai presi in giro,” spiegò la psicomaga. “Lo avevo intuito già, ma oggi ne ho avuto la conferma. I sogni che fai,” aggiunse, guardando Ginny. “Sono ricordi che si sono manifestati perché l’incantesimo non è stato fatto benissimo.”
Ginny si accigliò. “Di cosa stiamo parlando?”
“Di te e…..” iniziò Luna, per poi interrompersi.
“Di te e lui,” concluse Theo.
La rossa guardò prima l’uno poi l’altra, confusa. “Lui chi?”
Entrambi guardarono Pansy, che dopo un attimo d’indecisione sussurrò una sola semplice parola. “Draco.”
“Draco? Stai parlando di Malfoy? Ma cosa c’entra lui con me?” Chiese, spaesata.
“Stavate insieme una volta.”
Ginny rise, incredula. “è uno scherzo vero?”
“Ginny,” intervenne Luna. “Ti ricordi il periodo della Umbridge e della squadra d’inquisizione?” Quando lei annuì, proseguì. “Durante quell’anno Malfoy ha iniziato a tormentarti, sfruttava ogni occasione per toglierti punti. All’inizio pensavamo che tu fossi semplicemente una delle tante persone a cui dava fastidio, ma poi ha ammesso che gli piacevi.”
“Io? A Malfoy? Impossibile!” Ma erano tutti impazziti? Come potevano pensare che potesse credere a una cosa del genere? Malfoy l’aveva sempre odiata e disprezzata e lei aveva fatto lo stesso, quindi era a dir poco impossibile che tra loro ci potesse essere stato qualcosa.
“Dannazione Weasley!” Sbottò Pansy. “Il ragazzo che sogni è Draco! Lo avevo già intuito, ma quando mi hai detto della cicatrice sul braccio, ho capito. Gliel’ha fatta quell’ippogrifo al terzo anno.”
Ginny scosse la testa. “Non è possibile che sia Malfoy, me lo ricorderei e poi……e poi perché mi avrebbe cancellato i ricordi?”
“Non è stato Draco, su questo posso metterci la mano sul fuoco,” ribatté Theo, con la sua solita calma glaciale. “è chiaro che è stato Potter.”
“Come puoi dirlo?” Chiese Luna, confusa.
Lui rise, incredulo. “Appena è finita la guerra, l’ha portata lontano da Londra e sono tornati felici e innamorati. Ora scopriamo che ha comprato proprio quel posto, come te lo spieghi?”
La bionda guardò Pansy, che annuì. “Credo che Theo abbia ragione.”
Prima che qualcuno di loro potesse dire qualsiasi cosa, sentirono la porta d’ingresso sbattere e dei passi avvicinarsi. Le tre ragazze guardarono Theo, che era sbiancato di colpo. Come aveva potuto dimenticare un particolare così importante?
Dopo alcuni istanti,infatti Blaise Zabini entrò in salotto. Era piuttosto pensieroso, ma appena mise a fuoco le quattro persone presenti, si bloccò di colpo.
“CHE DIAVOLO CI FA LEI QUI?!” Sbottò, una volta ripresosi dallo stupore. I suoi occhi rabbiosi erano fissi su Ginny, che lo guardava sbigottita.
“Blaise,” tentò Theo, piazzandosi davanti a lui, che però lo zittì con un’occhiataccia.
“PERCHE’ QUELLA E’ IN CASA TUA? TI E’ DATO DI VOLTA IL CERVELLO?” Urlò, fuori di se.
Ginny scattò in piedi, avvicinandosi ai due. “Cos’hai contro di me Zabini?”
Non lo avesse mai fatto. Il ragazzo infatti, rapido come un battito di ciglia, tirò fuori la bacchetta e gliela puntò contro. “Hai anche il coraggio di chiederlo? Sei solo un’ipocrita, una bugiarda, una sgualdrina, un……..”
Sbam! La mano destra di Ginny lo colpì con un violento ceffone, facendolo zittire di colpo.
Blaise si fece rosso dalla rabbia. “Come hai osato? Io ti ammazzo!”
Fece per colpirla, ma Theo lo afferrò per le spalle, bloccandolo. “Non fare cazzate,” mormorò, mentre anche Pansy e Luna si avvicinavano a loro.
“Lasciami traditore!” Tentò di liberarsi, ma il ragazzo non mollò la presa.
Ginny, stupefatta da tutto quell’odio, guardò Luna, che l’abbracciò di slancio. “Tranquilla,” la rassicurò. “Va tutto bene.”
Pansy invece, appariva quasi indifferente, ormai era abituata a quelle scenate. Erano tipiche di Blaise. Evitando accuratamente di guardarlo, si rivolse a Ginny. “Ignoralo, sarebbe capace di prendersela anche con i muri,” disse con una freddezza tale da lasciare tutti di stucco.
Blaise smise di colpo di lottare, guardandola ad occhi sgranati. “Pansy,” sussurrò, ma lei non lo degnò di un’occhiata, tornando a sedersi sul divano come se nulla fosse. Luna tentò di far sedere anche Ginny, ma la ragazza sembrava non averne proprio intenzione, fissava Blaise in silenzio.
Theo, approfittando del momento di smarrimento dell’amico, che ormai sembrava avere occhi solo per Pansy, prese la parola. “Lei non ha colpe, ha subito un incantesimo di memoria che le ha fatto dimenticare Draco e quello che c’era tra di loro.”
Il ragazzo distolse lo sguardo dalla sua ex, che continuava ad ignorarlo, per puntarlo su di lui. “Che diavolo stai dicendo? Hai battuto la testa per caso? Lei se ne è andata in vacanza con San Potter e quando è tornata erano tutto amore e tesoro,” sputò, disgustato.
“Questo perché Harry deve averle cancellato i ricordi,” intervenne Luna coraggiosamente. “Ha scoperto solo ora di Draco. Sei libero di non crederci, ma noi abbiamo le prove.”
Blaise si accigliò e guardò Theo, ancora visibilmente scettico. “Si,” confermò lui. “Anche io avevo dei dubbi e per questo le ho dato il Veritaserum. Pensiamo sia stato Potter, anche perché ha acquistato la Stamberga Strillante e poi Pansy ha trovato questo,” aggiunse, mostrandogli il cofanetto.
Appena vide il suo contenuto, l’espressione del ragazzo mutò di colpo, diventando malinconica. “Siamo andati insieme a comprare questi portachiavi,” mormorò con sguardo assente. “Dammi un consiglio Blaise, io non capisco niente di questa roba, mi ha detto.”
Theo annuì, dandogli una pacca sulla spalla. “Già, Draco non capiva tante cose.”
Pansy continuò a restare immobile, mentre Luna abbassò lo sguardo. Ginny si sentiva decisamente fuori posto. Stavano male per qualcosa era evidente, peccato che lei non ne sapesse nulla. “Avete detto che io e Malfoy stavamo insieme….bè…….lui dov’è?” Si azzardò a chiedere.
I loro volti si scurirono ancora di più, ma nessuno parlava. Tutti sembravano persi nei loro più oscuri pensieri. Pansy però le si avvicinò, prendendo il cofanetto dalle mani di Theo. “Queste cose sono tue.”
Ginny lo prese con mani tremanti. Più guardava quelle cose, più aveva la sensazione di conoscerle e più avvertiva un vuoto intorno a se. “Pansy, dimmi dov’è…..ti prego.”
La ragazza la guardò per alcuni istanti, prima di sussurrare: “Non lo so.”
“Che significa che non lo sai?!” Esclamò, incredula. Le avevano fatto patire le pene dell’inferno prima di dirle che aveva avuto una relazione con Malfoy, non la poteva proprio accettare una risposta simile. Aveva bisogno di parlare con lui, chiedergli conferma, farsi raccontare della loro storia e cose simili.
“Allora? Qualcuno si decide a spiegarmi?” Insistette, infastidita da quel silenzio.
“Ginny,” sussurrò Luna. “Durante la battaglia di Hogwarts ci sono state tante vittime e……”
“No no no,” mormorò Ginny, scuotendo la testa con decisione. Non poteva essere vero. Lui non poteva essere davvero……davvero……
“Il suo…..ehm…..corpo non è mai stato trovato.”
La rossa guardò Theo ad occhi sgranati, poi quasi senza rendersene conto iniziò a piangere. Di Draco ricordava solo ciò che aveva sognato, eppure sentiva che qualcosa stava cambiando. Quelle che fino a quel momento erano state immagini astratte, a poco a poco si stavano tramutando in qualcosa di vivido, reale. Se si concentrava riusciva quasi ad avvertire il suo respiro sul collo, il calore del suo abbraccio, il suo profumo. Lui era lì, nella sua testa, più vivo che mai. Le lacrime scorrevano ormai a fiumi sul suo volto, mentre la confusione e la paura crescevano sempre di più. Lei lo aveva amato, lo sapeva, lo sentiva, ma allo stesso tempo sapeva di amare Harry, colui che probabilmente le aveva mentito, cancellandole i ricordi del suo primo amore. Perché lo aveva fatto? E lei cosa provava? Vuoto, dolore, nient’altro.
“Ginny,” provò Luna, ma lei scosse la testa.
“Lo hanno cercato?” Chiese tra le lacrime.
Blaise deglutì. Era chiaro che stava facendo uno sforzo sovrumano per non piangere. Lui più di tutti aveva sofferto per la scomparsa di Draco. Aveva smesso di vivere, affogando il suo dolore nell’alcool e ferendo chiunque tentava di aiutarlo. Per lui il biondo non era solo un amico, era come un fratello, il fratello che non aveva mai avuto. “All’inizio lo hanno cercato, ma poi si sono arresi.”
“Come? Perché?”
Lui sorrise con amarezza. “A chi importava della sparizione del figlio di Lucius Malfoy? Per loro era un Mangiamorte, nemmeno per un secondo hanno pensato che si trattasse di un ragazzo di diciotto anni, nato nella famiglia sbagliata e costretto dalle circostanze ad essere ciò che gli altri si aspettavano da lui. Non ha mai voluto quella vita, non l’ha mai chiesta.”
Theo annuì tristemente, abbracciandolo. “Draco non era un santo, era pieno di pregiudizi, a volte era crudele, ma era uno dei miei migliori amici. Lui era schietto e sincero come nessuno.”
Se possibile quelle confessioni la fecero stare ancora peggio. Sentiva che mano a mano tanti piccoli tasselli nella sua testa si stavano unendo, rimandandole quello che era Draco. Lei lo stava conoscendo, o forse semplicemente lo stava ricordando. Quella sorta di velo che fino a quel momento aveva avvolto quella parte del suo passato, stava cadendo un po’ alla volta, mostrandole tutte quelle cose che mai pensava di aver vissuto, ma che allo stesso tempo le erano così familiari. Ricordava il volto di Draco, la sua voce, le emozioni che la sua sola presenza scatenava in lei. Ricordava i momenti passati insieme, i baci, le risate, le liti, le urla, i dispetti e poi il loro far pace e una stanza che……
“Quella stanza nella Stamberga Strillante,” mormorò all’improvviso, guardando ognuno di loro, stupita.
“Si,” confermò Luna. “Era il vostro luogo d’incontro. Draco ha mandato i suoi elfi a ristrutturarla, sai il castello non era mai un luogo sicuro. Gazza o qualche figlio di Mangiamorte convinto poteva scoprirvi.”
Ginny annuì, tentando di asciugare le lacrime, che non ne volevano sapere di fermarsi. Ora finalmente capiva. I vestiti, i gioielli e tutto il resto non appartenevano a una presunta amante di Harry, erano suoi. Quella stanza era sua e di Draco, lì trascorrevano del tempo insieme. Perché Harry l’aveva acquistata? Possibile che c’entrasse qualcosa con la sparizione di Draco?
“Io devo parlare con Harry.”
Luna e Theo annuirono. Avrebbero voluto anche loro affrontare il prescelto, ma sapevano che doveva essere Ginny a farlo. Dopotutto era lei quella ad essere stata ingannata. Blaise invece si limitò a guardarla per alcuni istanti, poi lentamente le si avvicinò. Istintivamente lei indietreggiò, facendolo sorridere. “Vengo in pace,” le disse, sollevando le mani in segno di resa.
Seppur non ancora pienamente convinta, annuì. “Mi odi perché pensavi avessi tradito il suo ricordo, vero?” Sussurrò con voce tremante.
Il ragazzo annuì, amareggiato. “Tu ci tenevi a lui.” Anche se non lo aveva detto esplicitamente, Ginny era quasi sicura si nascondessero delle scuse dietro quelle parole. Nei suoi occhi neri le sembrò di leggere una sorta di dispiacere per aver pensato male di lei per tutto quel tempo, ma dato che rapidamente indossò la solita maschera indifferente, non era convinta al 100% di ciò che aveva visto.
Sorrise, asciugandosi gli ultimi residui di lacrime. “Si, credo di si.”
Blaise si grattò nervosamente il collo, poi iniziò a frugare nella tasca del mantello. “Volevo darla a lui, ma penso che a questo punto è meglio se la prendi tu,” mormorò, porgendole quella che riconobbe essere una vecchia foto. Erano lei e Draco, seduti sul muretto della torre di astronomia. Lei tutta sorridente se ne stava abbracciata a lui, che le cingeva le spalle con fare possessivo. Sorrideva a sua volta, anche se le sembrava di vedere un’ombra nei suoi occhi grigi.
“Era stato marchiato da poco,ma ancora non aveva avuto il coraggio di dirtelo” le confermò Theo, avvicinandosi a loro.
Ginny annuì, gli occhi fissi sulla foto. Più la osservava più i suoi ricordi acquistavano consistenza. Sentiva che ciò che la legava a lui si stava in un certo senso rafforzando. Lei non era una ragazza qualsiasi che rimembrava il suo vecchio amore ormai finito, a lei Draco era stato portato via insieme ai suoi ricordi, perciò non aveva avuto la possibilità di superare la cosa, per lei era come se fosse sparito o peggio morto in quel momento.
“Voi credete che lui……,” s’interruppe, ma loro carpirono comunque. Si guardarono per alcuni istanti, poi Theo annuì.
“Io credo che lui sia ancora da qualche parte.”
Blaise scosse la testa. “Sei un illuso Theo, se fosse così sarebbe tornato. Lui è morto, lui non c’è più.”
“Smettila!” Sbottò Theo. “Smettila con questo pessimismo e questa depressione. Draco vorrebbe che reagissimo, che andassimo avanti con la nostra vita.”
Lui rise, incredulo. “La fai facile tu.”
Continuarono a punzecchiarsi, finché un’esasperata Pansy scattò in piedi. Aveva retto anche troppo, ora ne aveva abbastanza. “Io me ne vado,” annunciò, facendoli voltare tutti verso di lei.
“Vengo anch’io,” disse Luna. “Devo tornare in ufficio.” Si avvicinò a Theo e gli stampò un bacio sulle labbra. “A stasera.”
Il ragazzo sorrise, accarezzandole i capelli. “A stasera.”
Blaise nel frattempo guardava Pansy, che a braccia conserte attendeva Luna accanto al camino. Batteva il piede destro sul pavimento e si mordeva continuamente il labbro, segno che era visibilmente nervosa. “Luna, andiamo? Devo vedermi con Terence a pranzo e devo anche passare a casa a prendere delle carte.” A quelle parole, l’ex Serpeverde irrigidì la mascella e assottigliò lo sguardo, ma nessuno tranne Theo, che sorrise sotto i baffi, lo notò.
“Eccomi!” Esclamò la bionda, raggiungendola. “Ginny? Tu vieni con noi?”
Lei annuì distrattamente, riponendo la foto nella tasca dei jeans. “Si….ehm…..devo affrontare Harry.”
“Vuoi che io e Luna veniamo con te?” Le propose a sorpresa Pansy. Dopotutto doveva ammettere che Ginny Weasley non era come pensava.
Ginny scosse la testa. “Grazie, ma devo parlagli da sola.”
“Come preferisci, ma se hai voglia di parlare noi ci siamo,” le disse Luna, abbracciandola.
“Grazie, a tutti voi.”
“A disposizione.”
Appena le tre ragazze furono sparite con la polvere volante, Blaise si avvicinò alla vetrinetta dove sapeva si trovavano le scorte di alcool e si riempì un bicchiere di Whisky.
Theo lo guardò tristemente. “Lo so che stai male, ma comportandoti così non farai altro che peggiorare la situazione.”
Lui si scolò il bicchiere tutto d’un sorso, ignorandolo completamente.
 “Blaise,” sussurrò, rendendosi conto che dagli occhi dell’amico ora non trapelava alcuna emozione. “Lui non lo vorrebbe, non vorrebbe che tu stessi così.”
Blaise deglutì, tremando leggermente. “è colpa mia, avrei dovuto guardagli le spalle,” sussurrò, la voce rotta dall’emozione.
Il moro scosse la testa. “Quando lo capirai che non è stata colpa tua? Tu non eri l’ombra di Draco, non potevi far nulla.”
Lui fece per riempirsi un secondo bicchiere, ma Theo glielo strappò di mano con decisione. “Guadami Blaise.”
“Theo….” Sbuffò. “Non ho voglia di parlare.”
“Non lo devi fare, devi solo ascoltarmi. Nessuno e sottolineo nessuno, ti incolpa di quello che è successo a Draco. Lui sapeva i rischi che correva unendosi ai Ribelli, tutti noi lo sapevamo. Tu ed io siamo stati fortunati a non finire nelle grinfie dei Mangiamorte, ma questo non ci rende colpevoli. Siamo esseri umani, non alieni, se avessimo potuto salvarlo lo avremmo fatto.”
“Come fai?” Sussurrò Blaise, disperato. Si sentiva così inutile, così debole. I sensi di colpa lo tormentavano da anni ormai. Se solo avesse seguito l’istinto come suo solito e non avesse appoggiato la decisione del biondo di dividersi, se solo avesse fatto di testa sua. “Non ti sei mai chiesto come sarebbero andate le cose se quella sera fossimo rimasti tutti e tre uniti?”
Theo sospirò, sedendosi sul divano. “Ogni singolo giorno. Se fossimo rimasti uniti Draco sarebbe qui, se io non fossi mai nato mia madre sarebbe viva, se Silente non fosse andato a parlare di Hogwarts a Tom Riddle Voldemort non sarebbe mai esistito e tante persone non sarebbero morte. Il punto è che però ci sono troppi se e nessuna certezza. Le cose sarebbero potute andare meglio, ma anche peggio.”
Blaise annuì, sedendosi accanto a lui. “Mi manca così tanto. Pensi davvero che possa essere ancora vivo?”
Il ragazzo sorrise tristemente. “Sarà stupido forse, ma è proprio la speranza di rivederlo che mi ha aiutato ad andare avanti. Se è vivo, è da qualche parte e presto tornerà, se è morto allora ha trovato pace e probabilmente ci osserva con fare arrogante come ha sempre fatto.”
“ Io invece sono un debole, un depresso malato di mente,” mormorò, disgustato da se stesso.
Theo rise. “Sono d’accordo.”
“Ehi!” Esclamò, dandogli un buffetto dietro la testa, fingendosi offeso. “A questo punto dovresti dirmi: non è assolutamente vero, hai un carattere così mite.”
Per poco non soffocò per le troppe risate. “Un carattere mite, tu? Ahahahahahaha non sei mite nemmeno quando dormi.”
Blaise fece una smorfia. “Ahah divertente.”
Seguirono lunghi minuti di silenzio, durante i quali Theo si interrogò su quali parole fossero più adatte per iniziare quel discorso, alla fine fece una cosa per lui inusuale, si lasciò guidare solo dall’istinto.
“Quando parli con Pansy?” Buttò lì, come se nulla fosse.
L’amico, fino a quel momento stranamente rilassato, s’irrigidì. “Dove vuoi arrivare?”
“La ami e lei ama te, perché sei così idiota da non rendertene conto?”
 Blaise sbuffò, prendendosi la testa tra le mani. “Non mi vuole più, è evidente. Non mi ha degnato nemmeno di uno sguardo,mi odia.”
Theo si accigliò. “Non sei nemmeno arrivato che hai dato spettacolo, quale donna ti avrebbe accolto a braccia aperte? L’hai ferita, non puoi pretendere che si comporti come se nulla fosse.”
“Lo so, io non merito una ragazza come lei.”
Il ragazzo lo guardò, incredulo. “E quindi che farai, lascerai che Terence te la porti via?”
Al sentir nominare quel nome, Blaise scattò in piedi. Sin da quando andavano a Hogwarts, Terence Higgs aveva messo gli occhi su Pansy, ma sapendola fidanzata con lui non si era mai fatto avanti, ciononostante per lui era rimasto comunque un rivale, un ostacolo da eliminare. Il fatto che pranzasse con Pansy proprio ora che si erano lasciati, confermava il suo pensiero sul ragazzo. Era un subdolo avvoltoio, pronto ad approfittare di un suo minimo sbaglio, non poteva lasciargliela passare liscia.
“Io lo ammazzo!” Esclamò, fumante di rabbia. “Deve stare lontano da lei! Lei è mia! Lei…..”
“Blaise!” Lo bloccò Theo, preoccupato. “Se vai lì e fai una scenata o prendi a pugni Terence, la perdi per sempre.”
“E che dovrei fare quindi? Lasciargli fare il cascamorto con la mia donna?” Sbottò, esasperato.
Lui sorrise. “Se sapevo che per scuoterti bastava nominare Terence lo avrei fatto subito.”
Blaise lo fulminò con lo sguardo. “Non provocarmi Theo, altrimenti ti riempio di botte. Sai che ne sono capace e ora levati, devo andare a riprendermi ciò che è mio.”
“Promettimi che non farai come tuo solito. Non si comunica solo con le urla, ma anche con un tono più basso.”
“Mi hai preso per deficiente?”
Theo alzò le mani, in segno di resa. “Fai come ti pare, ma dopo non venire a lamentarti.”
“Non lo farò. Ci si vede,” aggiunse avviandosi verso la porta a passo svelto.
Il ragazzo, rimasto solo, sperò ardentemente che per una volta i neuroni di Blaise Zabini funzionassero a dovere e che non facesse qualcosa di cui poi potesse pentirsi. “Speriamo bene,” mormorò tra se e se.
 

 
Non aggiungo nient’altro, i commenti li lascio a voi! Non odiatemi! XD A presto, baci :D
 

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Capitolo 11
*** Confronti e chiarimenti ***


             Capitolo 11: Confronti e chiarimenti



 
Un vento gelido le pungeva il viso,investendola completamente, ma Ginny reggendosi alla sua scopa solo con le gambe e con le braccia spalancate, si ostinava a volare sempre più in altro, sfidando il clima e soprattutto se stessa. Le mani, come qualsiasi altra parte del suo corpo, erano così fredde che aveva quasi perso la sensibilità e ciò le rimandò i ricordi delle partite di Quidditch sotto il mal tempo. Nonostante la pioggia, la grandine e la neve, lei non si tirava indietro, giocava, lottava su quel campo come un qualsiasi ragazzo. Tante volte dai compagni di squadra e dai suoi stessi fratelli era stata definita un maschiaccio e rideva, rideva e lottava sempre di più. Il suo era un carattere battagliero, testardo, orgoglioso, insistente, competitivo e quando saliva sulla sua scopa lo era ancora di più. Quello che però molti non sapevano, era che volare per lei era soprattutto il modo migliore per estraniarsi completante dal mondo e pensare. Si, lei quando volava pensava, riusciva a rendersi conto di cose che normalmente non avrebbe notato e poi prendeva decisioni importanti. Proprio in sella alla sua scopa si era ripromessa di conquistare Harry Potter, di lottare per diventare una giocatrice di Quidditch professionista e poi di non innamorarsi di Draco Malfoy. Tutti quei ricordi ora le sembravano distanti anni luce. Quella Ginny così determinata dov’era finita? Un tempo sarebbe corsa immediatamente da Harry a chiedere spiegazioni, a urlargli contro e magari ad affatturarlo, perché ora non ci riusciva? Perché ora aveva così paura? In cuor suo la risposta la sapeva già. Quelle rivelazioni l’avevano sconvolta così tanto che non riusciva a reagire e nella sua testa si era formata la convinzione che finché non affrontava suo marito, ciò non era reale. Era proprio quello il punto, aveva paura di affrontare la realtà, di avere la conferma che davvero Harry aveva fatto una cosa così terribile, non riusciva ad accettarlo. A ciò si aggiungevano i sentimenti contrastanti che albergavano nel suo cuore, infatti se da una parte sapeva di amare Harry, dall’altra si trovava a confrontarsi con le emozioni e i sentimenti che si formavano in lei mano a mano che i ricordi di Draco affluivano. Lei e Harry si erano innamorati e sposati quando Draco era sparito dalla circolazione e dal suo cuore, ma se ci fosse stato le cose sarebbero andate nella stessa maniera? No di certo, Harry quindi poteva essere la causa della scomparsa del biondo? Se si, lei lo voleva sapere? Ma soprattutto, cos’avrebbe fatto? Lui aveva acquistato la Stamberga Strillante, conservando i loro effetti personali e quasi sicuramente le aveva fatto l’incantesimo di memoria, chi altro poteva sapere dov’era Draco se non lui? Ma forse la sua paura stava proprio lì, non era sicura di voler conoscere la sua risposta. Se Harry aveva fatto del male a Draco per stare con lei, allora il loro matrimonio si basava su inganni e menzogne e lui……lui era un mostro, un manipolatore e…….e un assassino. Il grande Harry Potter, l’uomo che amava, non era altro che un assassino e Draco…..lui…..lui era m….morto. Non riusciva nemmeno a pensarci.
Scosse la testa con decisione. Doveva smetterla con tutti quei dubbi e quelle paure. Aveva bisogno di certezze e per averle doveva andare da Harry. Era arrivato il momento di affrontare la realtà, positiva o negativa che fosse. La Ginny di un tempo lo avrebbe fatto con coraggio e lo stesso doveva fare quella del presente.




 
Pansy si strinse maggiormente nel piumone e sospirò, grosse lacrime scorrevano lungo il suo viso. Da stupida orgogliosa serpe qual’era, aveva pranzato con Terence Higgs, sapendo il suo interesse per lei e soprattutto di fare un dispetto a Blaise. Uno stupido dispetto, ecco cos’era. Terence le parlava, le sorrideva, la guardava, ma lei non lo vedeva e non lo sentiva, nella sua testa e nel suo cuore c’era sempre e solo quell’idiota di Blaise Zabini. Erano tre anni che stavano insieme, tre anni in cui avevano litigato quasi ogni giorno e sempre per lo stesso motivo. Lui non si era mai ripreso dopo la sparizione di Draco. Tante volte le aveva promesso che avrebbe finalmente combattuto per ricostruirsi una vita, ma non lo aveva mai fatto. Lei, sciocca e innamorata, lo aveva sempre perdonato, poteva continuare così? Poteva riuscire ad accettare che il fantasma di Draco, anche se gli aveva voluto un gran bene, venisse prima di lei per Blaise? Poteva accettare che più volte in un giorno si chiudesse in se stesso e l’allontanasse? Tirò su col naso, mentre le lacrime non accennavano a placarsi. Amava Blaise più della sua stessa vita, lo amava sin dai tempi di Hogwarts quando non la considerava proprio e per questo soffriva in silenzio. Per lui era stata un’amica e poi una confidente, quando avrebbe solo voluto gettarsi tra le sue braccia. Blaise però aveva iniziato a guardarla con occhi diversi solo dopo la guerra, quando disperato per la scomparsa dell’amico passava le giornate a piangere sul suo grembo. Una di quelle volte infatti, l’aveva guardata negli occhi e l’aveva baciata, da allora erano diventati inseparabili. La sua insicurezza unita agli strani comportamenti di Blaise, l’avevano però portata a pensare che forse lui non l’amasse e che la stesse solo usando per combattere il suo dolore. Ciò aveva generato numerosi litigi, dove lui spariva per ore intere o addirittura giorni. Era sempre stata convinta che si rifugiasse al cimitero, davanti alla lapide vuota di Draco,  che avevano costruito nonostante non ci fosse un corpo da seppellire, ma il resto del tempo che faceva? La paura che la tradisse, l’aveva spesso portata a perdonarlo, anche se poi con il passare del tempo finivano per litigare di nuovo per i medesimo motivo e lei con il piangere nel suo letto. Blaise sembrava aver sviluppato una sorta di attaccamento morboso verso il suo amico, un attaccamento che le doleva ammetterlo la feriva non poco. Spesso si sentiva esclusa, messa da parte, come se per lui fosse una seconda scelta. Se prima aveva tentato di cambiarlo, ora non ne aveva più la forza. Probabilmente lui non l’amava abbastanza e lei non poteva continuare a vivere in quella situazione. Ma poteva davvero rinunciare per sempre a Blaise? Poteva davvero iniziare a vivere senza di lui? Ripensò al pranzo con Terence, lui era così carino e la riempiva di attenzioni, eppure nemmeno per un istante era riuscita a vederlo come un ragazzo che poteva piacerle. Anche se un bravo e dolce ragazzo, lui non era Blaise, non era quell’idiota istintivo e malato di mente che lei purtroppo amava. Si stava asciugando le lacrime, quando avvertì il rumore della serratura della porta di casa che scattava. Chi poteva essere? I suoi genitori erano già tornati? Istintivamente, si raggomitolò su se stessa e si coprì fin sul viso con la coperta. Non voleva che i suoi la vedessero piangere e partissero con la solita ramanzina, che terminava con loro che le consigliavano di trovarsi un ragazzo migliore. “Lui non è adatto a te, è immaturo, instabile e ti fa solo soffrire,” le ripetevano sempre, ma lei testarda li ignorava. Improvvisamente dei passi pesanti le risuonarono nelle orecchie. Erano vicini, sempre più vicini. A sorpresa sentì il letto abbassarsi sotto un peso. Si morse un labbro, tentando di trattenere il respiro, mentre il cuore le batteva all’impazzata.
“Pansy.”
Una voce, la sua voce. Il suo cuore se possibile accelerò ancora i suoi battiti, la gola le si fece improvvisamente secca e il suo corpo fu scosso da una serie di brividi.
“Lo so che sei sveglia.”
La ragazza non si mosse di un millimetro. “Pansy, piccola, mi dispiace. Mi sono ancora una volta comportato da idiota. Non faccio altro che parlare di come sto io, senza preoccuparmi di come stai tu. Perdonami, senza di te sono perduto. Ti prego Pan, guardami, parlami, odiami se vuoi, ma non ignorarmi, non riesco a sopportarlo,” mormorò tristemente. Tentò di toccarla, ma lei si voltò di scatto.
Blaise era lì, inginocchiato sul letto a poca distanza da lei. Appena si rese conto che aveva pianto, s’incupì. “Perdonami, piccola mia, perdonami.”
Pansy abbassò lo sguardo, asciugandosi una lacrima che aveva iniziato da poco il suo cammino. “Capisco che lui ti manca, manca anche a me, non hai idea quanto. Tu però hai perso completamente la testa. Non fai altro che pensare e parlare di lui. A volte ho la sensazione di essere solo uno strumento per attutire il tuo dolore,” riuscì finalmente a confessargli.
Blaise sgranò gli occhi, sconvolto. “Cosa? Non è così Pan, te lo giuro. Ho un caratteraccio, ma ti amo davvero e non voglio perderti,” le disse, stringendole le mani con le sue. “Voglio combattere e voglio farlo con te, l’unica donna che abbia mai amato. Dammi un’altra possibilità, ti prometto che non te ne pentirai.”
La ragazza scoppiò a piangere tra le sue braccia. Il suo Blaise le aveva detto che l’amava, lui che faceva sempre fatica a manifestarlo e sembrava così sincero. “D..dimmi che n..non mi s..stai mentendo ti p..prego,” singhiozzò.
“Non ti sto mentendo,” le sussurrò dolcemente all’orecchio. “Ti amo e voglio stare con te. Dimmi che non è troppo tardi.”
Lei sorrise tra le lacrime. “Anche io ti amo Blaise e no, non è troppo tardi.”
Un lampo di felicità attraversò lo sguardo del ragazzo, che le prese il volto tra le mani e la baciò. Un bacio carico di passione e di amore. “Cambierò te lo prometto e se non dovessi farlo, ti prego cruciami.”
Pansy sorrise, avvicinando nuovamente le labbra alle sue. “Tranquillo, lo farò.”
Si baciarono ancora e ancora, finché lei non si scostò. “Devo dirti una cosa.”
Blaise la guardò, preoccupato. “Cos’è successo?”
“Sono andata a pranzo con Terence oggi,” confessò, piuttosto imbarazzata.
Lui annuì. “Lo so, vi ho visti.”
La mora era stupita. Blaise li aveva visti e non li aveva raggiunti per fare una scenata? Com’era possibile che era così tranquillo? Quello non era il ragazzo che conosceva.
Blaise sorrise, sfiorandole una guancia in una leggera carezza. “Non hai idea che sforzo sovrumano ho dovuto fare per non picchiare a sangue Terence e poi era giusto così, me lo meritavo.”
Lei scosse la testa. “Tra di noi non c’è stato niente, te lo giuro. Ho accettato il suo invito solo per farti un dispetto e poi…..” non poté continuare, poiché lui la zittì con un bacio.
“Basta parlare,” sussurrò, scendendo a baciarle il collo. Pansy socchiuse gli occhi e sospirò. Intrecciò le dita nei capelli di Blaise, attirandolo maggiormente a se. Quanto le era mancato quella testa calda. Lui la baciò, facendola sdraiare sotto di se. “Mi sei mancata Pan.”
“Da quando sei così sdolcinato Zabini?” Lo punzecchiò Pansy, sprizzando felicità da tutti i pori.
Un sorrisetto malandrino si fece strada sul volto del ragazzo. “Mi preferivi prima?”
Lei si finse disgustata. “Non ti preferisco in nessun caso.”
“Ah si?” Le chiese, sorridendo perfido. “Questa me la paghi.” Dopodiché iniziò a farle il solletico dovunque e lei a ridere e a contorcersi. “Blaise b…basta.” “Chiedi scusa.” “Ahahahahaha mai.” “L’hai voluto tu,” mormorò divertito, continuando a torturarla. “Ok, mi arrendo, hai vinto,” disse Pansy, stremata, ma felice. Da quanto tempo lei e Blaise non ridevano così?
Gli intrecciò le dita dietro al collo, sorridendo. “Ti amo idiota.”
Blaise sorrise, poggiando la fronte contro la sua. “Ti amo anch’io Pan.”
 



 
Ginny prese un profondo respiro, poi fece scattare la serratura. Nemmeno il tempo di aprire completamente la porta, che si ritrovò schiacciata in un abbraccio stritacostole di Molly Weasley.
“Ginny, tesoro, dove ti eri cacciata? Ero così preoccupata!”
“Mamma, mi stai soffocando,” mormorò a fatica.
La donna la lasciò, ma un attimo dopo fu abbracciata nuovamente da suo padre. “Ginny! Hai visto Molly? Te lo avevo detto che stava bene.”
Lei si accigliò, incrociando le braccia al petto. “Ah si? Eppure sei tu quello ad essere svenuto quando Harry ci ha chiamato.”
Arthur arrossì, imbarazzato. “Ah be…..sono contento che stai bene Ginny.”
Ginny sorrise, ma si fece di colpo seria quando notò lo sguardo di sua madre. Dopo essersi accertata che la sua bambina stava bene, Molly era infatti pronta per una delle sue ramanzine. “DOVE SEI STATA?!” Urlò furiosa. “ERAVAMO TUTTI COSì PREOCCUPATI! HARRY, RON E HERMIONE NON HANNO FATTO ALTRO CHE CERCARTI SIGNORINA!! HAI IDEA DI QUELLO CHE ABBIAMO PASSATO IN QUESTE ORE SENZA TUE NOTIZIE?!”
“Molly,” tentò di calmarla il marito. “L’importante è che stia bene,” ma lei lo ignorò.
“ALLORA? COS’HAI DA DIRE A TUA DISCOLPA?”
La ragazza la guardò, impassibile. Non aveva proprio voglia di litigare con sua madre in quel momento, voleva solo parlare con lui. “Mamma, non sono più una bambina che si mette nei guai, avevo semplicemente bisogno di stare da sola.”
Molly sospirò, stizzita. “Non rispondevi al telefono, non ti si trovava da nessuna parte, ho temuto ti fosse successo qualcosa.”
Ginny annuì. “Lo so e mi dispiace, almeno a voi avrei dovuto avvisarvi.”
“Si, avresti dovuto.” Dopodiché si ritrovò nuovamente tra le braccia dei genitori e vi restò finché la porta di casa non si spalancò all’arrivo del magico trio.
“Ginny!” Esclamarono stupiti. Ron corse ad abbracciarla e lo stesso fece Hermione, ma la rossa aveva occhi solo per Harry che stanco e trascurato,probabilmente per la notte insonne, le si avvicinava lentamente.
“Gin,” sussurrò. “Ti ho cercata dovunque, io….” Fece per abbracciarla, ma lei indietreggiò, sotto lo sguardo incredulo di tutti i presenti.
“Dobbiamo parlare.”
Lui annuì. “Si, direi che dobbiamo farlo. Dov’eri? Cos’è successo?”
Ginny lo guardò, per poi spostare lo sguardo sugli altri. “Potete lasciarci soli?”
“Che cosa?!” Esclamò Ron. “Abbiamo diritto di sapere anche noi!”
“Ginny, tesoro,” disse Molly, preoccupata. “Sei sicura?”
“Si mamma, ho bisogno di parlare con Harry da sola.”
“Va bene, andiamo Arthur.” L’uomo guardò la figlia ancora per alcuni istanti, poi seguì la moglie verso la porta.
“Ma…non puoi dire sul serio,” provò a protestare Ron, ma Hermione lo tirò per un braccio. “Muoviti Ronald, non fare l’impiccione.”
La porta sbatté alle spalle di Harry, che confuso la fissava. “Cosa sta succedendo Ginny?”
Lei sospirò. “Perché non mi hai detto di aver comprato la Stamberga Strillante?”
Il moro impallidì. “Come?”
“Non fare il finto tonto con me, ho trovato questa,” e gli mostrò la lettera che aveva trovato sotto l’asse dell’armadio.
Harry sgranò gli occhi, passandosi nervosamente una mano nei capelli. “Ginny io…..”
“DIMMI LA VERITà ACCIDENTI!” Sbottò lei. “Perché hai comprato il posto segreto mio e di Draco Malfoy?”
“So tutto Harry,” aggiunse, sotto il suo sguardo impietrito. “ Mentre tu mi cercavi, io parlavo con Luna e i tuoi amici Serpeverde.”
“Ginny.”
Lei scosse la testa. “Sei stato tu a farmi l’incantesimo di memoria, vero?”   
Harry abbassò lo sguardo, poi lo risollevò e si avvicinò a lei. “Stavi così male quando hai saputo di lui, piangevi e urlavi e …….. avevi già perso Fred, non volevo soffrissi ancora,” ammise dispiaciuto.
Ginny indietreggiò, ponendo le mani avanti. “Stammi lontano!” Era incredula, stupefatta, disgustata. “Come hai potuto farmi una cosa simile? Come?”
“Ginny.”
“STAI ZITTO!! Devi solo stare zitto!” Urlò. “Si trattava della mia vita, dovevo essere io a scegliere non tu.”
“Lo so, hai ragione ma…..”
“Ho ragione un corno! Tu mi hai cancellato ogni cosa di lui! Hai idea di come ci si sente a sognare una persona che non conosci, per poi scoprire che avevate una relazione e che potrebbe addirittura aver abbandonato questa terra? No, tu non lo sai e non t’interessa!”
“Ginny,” provò di nuovo, ma si zittì sotto la sua furia.
“Ho passato le pene dell’inferno a causa di quei maledetti sogni e tu lo sapevi! Sapevi perché!” Esclamò, prendendolo per il colletto della camicia. “è tutta colpa tua! Io ti odio!”
Harry le prese le mani e le strinse, nonostante le sue proteste. “Ginny guardami. Fallo Gin.” “Lasciami!” Tentò di liberarsi, ma lui non mollava la presa. “Si, è vero ti ho cancellato i ricordi di Malfoy, ma non l’ho fatto con cattiveria. Lui non si trovava e tu già avevi perso Fred, volevo solo limitare il tuo dolore. Ti amo così tanto che il solo pensiero che tu possa star male mi fa impazzire,” aggiunse, prendendole il volto tra le mani. Gli occhi scuri di Ginny s’incontrarono con quelli verdi  e disperati del marito e il suo cuore accelerò i suoi battiti. Sembrava così sincero, così dispiaciuto.
“Harry,” sussurrò, ma lui scosse la testa. “Sapevo che preferivi lui, lo avevo accettato, a malincuore ma lo avevo fatto. Quando poi lui non si trovava e tu non sapevi chi piangere, io mi sono sentito malissimo. Tu non meritavi di soffrire così, io volevo solo ridarti il sorriso. Avrei dovuto parlartene, non fare di testa mia e per questo mi dispiace, ma ti giuro che l’ho fatto per amore.”
“Perché hai comprato la Stamberga Strillante?” Chiese di getto.
Harry abbassò lo sguardo. “All’inizio volevo distruggerla, lì tu eri felice con uno che non ero io, ma poi mi è mancato il coraggio. L’amore che provavo per te era più forte della gelosia, così dopo esserci entrato una volta, non sono andato più.”
Ginny annuì, scostandolo da se e iniziando a camminare nervosamente per la stanza. “E le lettere mie e di Luna? Anche quella è opera tua?”
“Luna non avrebbe mai accettato di mentirti e Nott nemmeno, perciò non ho avuto scelta,” ammise, sotto lo sguardo impietrito della ragazza.
“Tu sei malato, tu hai dei seri problemi,” mormorò, e quando lui tentò di avvicinarsi fece quasi un salto. “NON TOCCARMI! STAMMI LONTANO!”
“Ginny ti prego non odiarmi,” sussurrò Harry, disperato. Lei rise incredula. “Che cosa ti aspettavi Harry un applauso? Come diavolo ti sei permesso di intercettare le mie lettere? Tu non stai bene,” sbottò, passandosi nervosamente le dita nei capelli.
Lui sospirò, stavolta evitando di avvicinarsi. “Ho sbagliato lo so, ma ti giuro che…..”
“Smettila di ripeterlo maledizione!” Esclamò lei, esasperata. “In questi anni non hai fatto altro che mentirmi, ora abbi la decenza di stare zitto!” Il moro si zittì di colpo, sedendosi sul divano con lo sguardo fisso sui propri piedi. Lo osservò per alcuni istanti, facendo non poca fatica a trattenersi dal proposito di prenderlo a schiaffi. Avere la conferma di quelli che fino a quel momento erano stati solo dubbi, aveva fatto nascere in lei una rabbia che faceva fatica a controllare. Odiava quando qualcuno decideva per lei, lo aveva sempre odiato e Harry si era spinto oltre il suo grado di sopportazione. “Ron e Hermione lo sapevano?” Chiese, tenendosi a debita distanza. Se persino suo fratello e la sua amica si erano abbassati a una cosa simile non avrebbe risposto delle sue azioni.
Harry però scosse la testa. “Loro non sapevano di te e Malfoy.”
“Tu invece come facevi a saperlo?”
Lui scrollò le spalle. “Vi ho visti in un corridoio una sera, sono rimasto sconvolto, ma poi sono scappato. È stato allora che ho capito di provare qualcosa per te.”
Harry ora la fissava speranzoso, ma lei aveva la testa da tutt’altra parte. Il sogno di lei e Draco in quel corridoio di Hogwarts e poi quel rumore di passi, possibile che i passi fossero proprio quelli di Harry?
Lo guardò, confusa. “Perché non lo hai detto a Ron e Hermione?”
“Sarebbe stato crudele da parte mia e con te non potrei mai esserlo,” mormorò, alzandosi e raggiungendola a grandi falcate. “Io ti amo Ginny, ti ho sempre amata.” Avvicinò sempre di più il volto al suo, ma Ginny lo spinse lontano da se con decisione. “Ma sei impazzito?”
“Ginny io ti ho detto tutta la verità, sono pentito, ma non posso cambiare il passato.”
“Questo però non significa che possiamo comportarci come se nulla fosse,” ribatté lei, gelida.
“Che vuoi dire?” Chiese il moro, incredulo. “Ho sbagliato, ti ho chiesto scusa, non vedo perché non possiamo continuare con la nostra vita.”
Harry aveva perso la testa, non c’erano dubbi. Come poteva pretendere che lei riprendesse la vita di tutti i giorni dopo ciò che aveva scoperto? Per lei era assurdo, impensabile.
“Vai via tu o io?”
“Come?”
“Ok, vado io,” disse Ginny, andando in camera da letto. Recuperò una valigia da sotto il letto e iniziò a riempirla.
“Cosa fai?” Chiese Harry, che l’aveva seguita.
“Me ne vado,” rispose, continuando a gettare cose nella valigia. Il ragazzo però, la prese per le spalle e la fece voltare verso di lui. “Come sarebbe a dire te ne vai? Non puoi farlo davvero, ti prego Gin.” Harry era disperato, distrutto come solo rare volte lo aveva visto, ma ormai aveva deciso, non ce la faceva a stare sotto lo stesso tetto con lui. “Harry, lasciami.”
“Non andare via ti prego, mi dispiace, mi dispiace così tanto,” la implorò con gli occhi lucidi. “Io non posso vivere senza di te, io sono un idiota, ma ti amo. Non lasciarmi.”
La rossa si specchiò nei suoi occhi verdi, che oltre gli occhiali tondi erano visibilmente lucidi e disperati. Lui era pentito, distrutto e se una parte di lei avrebbe solo voluto gettarsi tra le sue braccia, l’altra le inviava continui segnali di allarme, non cedere, non cedere. Ammettere i propri errori non equivaleva a cancellarli, lei non poteva superare, non poteva dimenticare. Si morse il labbro, facendo fatica a trattenere le lacrime. Avrebbe voluto riprendere a urlare contro di lui, prenderlo a pugni, ma le forze sembravano averla abbandonata. Nella sua mente confusa, solo un pensiero prevaleva su tutti gli altri: andare via. Gli voltò le spalle, richiamando le ultime cose con un incantesimo di appello e chiuse la valigia.
“Ginny, ti prego,” provò ancora Harry, ma lei scosse la testa. “Ho bisogno di stare da sola.”
“Dove starai?”
“Vado alla Tana.”
“Quando torni?” Chiese, piazzandosi davanti a lei.
“Non lo so,” mormorò, facendo lievitare la valigia e spingendolo di lato.
“Ginny,” insistette, afferrandole il polso. “Ripensaci ti prego.”
“Per oggi ho pensato anche troppo,” ribatté, liberandosi della sua stretta e andandosene valigia alla mano. Harry si lasciò cadere sulle ginocchia, prendendosi la testa tra le mani, distrutto. E se la sua Gin non fosse mai tornata?


 

    
Ho aggiornato con un ritardo spaventoso, perdonatemi! XD  Finalmente Blaise e Pansy dopo aver penato hanno fatto pace <3  Il rapporto tra Harry e Ginny invece vacilla pericolosamente, sarà una rottura definitiva? A presto, baci <3
 
 

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Capitolo 12
*** Little Flame ***


                    Capitolo 12: Little Flame



 
“Venite qui maledetti gnomi!” Urlò Molly, inseguendo le strane creature per tutto il giardino. Ginny, appoggiata allo stipite della porta con una tazza di cioccolata calda tra le mani, la osservava sorridendo. Solo in quel momento si rendeva conto di quanto le fosse mancata la sua casa. Era una struttura eccentrica che si reggeva in piedi per miracolo, il giardino era pieno di erbacce e gnomi, eppure nella sua imperfezione era la sua casa. Lì era nata, cresciuta, aveva riso, pianto, urlato, gioito, lì prima che in qualsiasi altro luogo si era sentita amata e protetta. In quello stesso giardino lei e i suoi fratelli si erano rincorsi, si erano azzuffati, avevano giocato a Quidditch, sempre con il sorriso sulle labbra e senza alcuna preoccupazione. Quando era andata a Hogwarts si era dovuta confrontare con la rivalità e la gelosia, tipiche dei giovani, poi i compiti e le prime cotte, ma era comunque riuscita a mantenere la sua spensieratezza. La guerra contro Voldemort e le conseguenti responsabilità e pericoli l’avevano portata a crescere di punto in bianco e ora si rendeva conto che probabilmente non era pronta. Non era pronta ad affrontare dolori così grandi, non era pronta ad abbandonare la sicurezza del nido familiare per gettarsi nel mondo reale. Sua madre glielo aveva detto : “Sono sicura che Harry ti ama e che ti renderà felice, ma forse dovreste aspettare ancora un po’ prima di sposarvi. Nessuno di voi è pronto per occuparsi di qualcun altro. Lui ha sempre dovuto pensare solo per se stesso e tu hai una famiglia che si è sempre presa cura di te. Siete ancora così giovani.” Perché non l’aveva ascoltata? Se lo avesse fatto forse non si sarebbe ritrovata in quella situazione. Lei era ancora una stupida ingenua e immatura, altrimenti come spiegare che non si era mai resa conto che suo marito le nascondeva qualcosa? Probabilmente era più vulnerabile dopo la guerra, ma ciò in ogni caso non la giustificava, avrebbe dovuto accorgersene, avrebbe dovuto essere più forte. Lo aveva affrontato, ma poi come una vigliacca era scappata via, aveva spento il cellulare e ancora non si era sfogata con nessuno, preferendo tenersi tutto dentro. Piangere di nascosto sotto le coperte o sotto la doccia non bastava, doveva permettere a qualcuno di aiutarla anche perché in testa aveva una confusione spaventosa, troppi erano i pensieri e i sentimenti che l’assalivano.
“Ginny, tutto bene?” La ragazza sussultò. Molly aveva smesso di rincorrere gli gnomi e ora la osservava, preoccupata.
In quel momento Ginny avrebbe voluto sorridere e dirle che si, stava bene, ma non ci riuscì. Si gettò tra le sue braccia, scoppiando a piangere. “Non so cosa fare, mamma ti prego aiutami,” singhiozzò. La madre la strinse a se, accarezzandole i capelli come faceva quando era bambina. “Oh bambina mia, ti va di parlarmene?”
Tra lacrime, singhiozzi e un’enorme ciotola di gelato fatto in casa da Molly, la rossa raccontò alla madre ogni cosa. “Ce l’ho a morte con Harry per quello che ha fatto e allo stesso tempo sto male per Draco, per me è come se fosse sparito ieri e non cinque anni fa. I sentimenti che provavo per lui e i suoi ricordi si fanno a poco a poco più nitidi e io…..io sto impazzendo…..non riesco a capire cosa provo…..non riesco a capire cosa voglio…….il mio cuore è come un campo minato, non so come muovermi, non so cos’è giusto. È così sbagliato amare e odiare una persona allo stesso tempo? E Draco? È possibile che io nonostante tutto mi senta in qualche modo legata a lui?”
Molly l’abbracciò forte, piangendo a sua volta. Come aveva fatto a non rendersi conto che la sua bambina soffriva così tanto? Che razza di madre era? E Harry? Come aveva potuto farle una cosa simile? “Oh tesoro mio! Ci sono io con te, io ti sosterrò sempre.”
Ginny tirò su col naso, continuando a piangere. “Secondo te ho sbagliato a scappare?”
“No, secondo me hai sbagliato a non prenderlo a schiaffi. Harry non avrebbe dovuto permettersi di fare una cosa simile,” le disse lei, cullandola dolcemente. “Non sei tu quella che deve sentirsi in colpa ma lui. Mi ha deluso davvero tanto.”
La rossa annuì, accucciandosi meglio tra le braccia della madre. Non si era mai sentita così protetta e al sicuro come quando l’abbracciava la sua mamma. Lei era l’unica che la capiva davvero, l’unica che non l’avrebbe mai giudicata, lei era il suo punto fermo e senza di lei non era nulla. “Cosa devo fare secondo te?” Mormorò, tentando di asciugarsi le lacrime.
Molly sorrise, stringendola ancora a se. “Segui il tuo cuore, lui sa qual’ è la decisione giusta. Ignora tutto il resto, ignora cosa dicono gli altri, ignora l’orgoglio, scegli con il cuore.”
La sua mamma era forte, ottimista, piena di vita, lottava sempre e non si arrendeva mai. Anche nei momenti più brutti era in grado di risollevare l’umore di tutti, spingendoli a reagire. Come faceva una donna ad essere così forte da caricarsi di tanti problemi e a non perdere allo stesso tempo il buon umore e la speranza? Era un mito, il suo mito “Grazie mamma, non so cosa farei senza di te.”
“Io per te ci sono sempre ricordalo. Puoi piangere, urlare, arrabbiarti, io ti ascolterò e ti sosterrò, qualunque cosa deciderai.”
“Ti voglio bene mamma.”
“Anch’io te ne voglio bambina mia.”
 
Dopo essersi sfogata con sua madre, Ginny si chiuse in camera, gettandosi sul letto, esausta. Non ne poteva più, era stanca morta e le doleva dovunque. Forse per questo crollò ben presto nel mondo dei sogni.





 
Camminava a passo spedito sul prato umido, stringendosi nel suo mantello. Sarebbe stata una serata piuttosto buia se non fosse stato per la debole luce della luna. Era ormai primavera inoltrata, ciononostante il vento notturno era ancora molto freddo. Per la terza volta da quando era uscita nel parco si risistemò il cappuccio, nascondendo i lunghi capelli rossi. Nei pressi del Platano Picchiatore fece lievitare un ramo fino al tronco del grosso albero, che s’immobilizzò all’istante. Con uno slancio si gettò nella piccola apertura che ora era ben visibile. Dopo aver attraversato a gattoni lo stretto passaggio, si ritrovò a cadere come un sacco di patate sul letto a baldacchino.
“Perbacco Ginevra, mi hai spaventato,” mormorò una voce strascicata, proveniente da una zona in ombra.La ragazza, ancora indolenzita, si mise a sedere. Il vecchio letto sgangherato era stato sostituito da un bellissimo letto a baldacchino con un copriletto giallo pallido, lo stesso delle pareti e delle tende. Sul pavimento c’era ora un parquet ciliegio e di fronte a lei un bellissimo armadio intagliato e poi un caminetto. Solo la debole luce di una candela illuminava la stanza. Lo cercò con lo sguardo, finché non lo individuò in un angolo accanto a un piccolo scrittoio. La osservava con un sopracciglio inarcato. Indossava un paio di pantaloni neri e una camicia bianca, i lisci capelli biondi gli ricadevano disordinatamente sulla fronte e i suoi occhi grigi erano illuminati da un lampo di divertimento.
“Sei stato tu?” Gli chiese, indicando la stanza con un cenno, sorpresa.
Draco annuì. “Volevo farla verde, però poi ho pensato di scegliere un colore che piacesse a te.”
Lei sorrise. “è bellissima.”
Un debole sorriso illuminò il volto del biondo, mentre si sedeva accanto a lei. Con un gesto delicato le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, facendola arrossire. “Dovresti vederti, arrossisci ancora come se fosse la prima volta che ti tocco,” mormorò con un ghigno beffardo.
Ginny gli fece la linguaccia, colpendolo sulla spalla. Un attimo dopo si stavano baciando appassionatamente. Le mani di lui le circondavano la vita, mentre le sue erano intrecciate nei suoi capelli. Quando si staccarono avevano il fiato corto.
“Ora me lo dici dove sei stato ieri?” Gli chiese, preoccupata. “Sei andato a fare qualche altra missione suicida per Stewart?”
Draco sospirò. “Non incominciare, sai come la penso. Stewart non può fare tutto da solo, ha bisogno di noi.”
“Lo so, ma voi siete ancora studenti, non può farvi correre tutti questi pericoli. Se qualcuno vi becca a uscire di nascosto dal castello vi sospendono, se poi vi scoprono i Mangiamorte…….non voglio nemmeno pensarci,” aggiunse, agitando nervosamente le mani.
Lui scosse la testa, stringendole le mani con le sue. “Calmati Ginevra, non siamo stupidi, sappiamo come muoverci e comunque ieri non sono uscito per lui.”
Ginny si accigliò. “Ah no?”
Il biondo ghignò, iniziando a sbottonarsi la camicia. “Ora ti faccio vedere.”
Lei lo osservò liberarsi dell’indumento e restare così a petto nudo. Draco non aveva il fisico muscoloso come suo fratello Charlie, ma non era nemmeno mingherlino come Harry, il suo si poteva definire un fisico nella norma, asciutto e muscoloso nei punti giusti senza alcuna esagerazione. Sull’avambraccio sinistro spiccava come una condanna a morte il Marchio Nero, ogni volta che lo guardava le metteva i brividi, mentre su quello sinistro c’era la famosa cicatrice inflittagli da Fierobecco. Ciò che però catturò la sua attenzione fu il grosso cerotto che aveva sulla spalla destra.
“Oh mio Dio Draco, cosa ti sei fatto?!” Esclamò allarmata.
Lui sorrise, togliendosi il cerotto. Si aspettava un livido, un taglio, una bruciatura, uno squarcio, ma non di certo un tatuaggio. Era un gabbiano con le ali spiegazzate e sotto c’erano due parole in una lingua che non conosceva. Era incredula, stupefatta. “Ti sei fatto un tatuaggio? Tu?”
Draco sorrise. “Diciamo che sei riuscita a farmi cambiare idea su alcune cose, solo alcune però.” Ci tenne a precisare. “Ti piace?”
La ragazza lo osservò ancora per alcuni istanti, poi annuì. “Si, mi piace davvero tanto. Mi fa pensare alla vita e alla voglia di viverla fino in fondo senza alcuna costrizione, libera come un gabbiano.”Sorrise sognante e lui la guardò intensamente. “Anche io pensavo a questo quando l’ho scelto.”
“Cosa significano quelle due parole?” Chiese Ginny curiosa.
Una scintilla attraversò lo sguardo del ragazzo, che si affrettò a recuperare qualcosa dalla tasca dei pantaloni. Era una scatolina quadrata di un blu acceso, che quando l’aprì si rivelò contenere un portachiavi d’oro con un pendente che sembrava un mini-fuoco. “Lo sai Ginevra,” iniziò, guardandola serio. “Io non sono un tipo romantico che regala fiori e bigliettini da diabete alla propria ragazza, ma si insomma……quando ho visto questo ho pensato a te. Sin dalla prima volta che ti ho visto ho pensato che tu fossi un fuoco, un fuoco che man mano che crescevi cresceva insieme a te. All’inizio ho temuto potesse bruciarmi, ma ora non riesco a farne a meno. Tu sei il mio fuoco, la mia Piccola Fiamma.”
Draco non fece in tempo a finire di parlare che la ragazza si gettò tra le sue braccia, commossa. “Oh Dracuccio mio, come sei tenero!” Lui l’abbracciò, borbottando però qualcosa che suonava molto come “Dracuccio? Tenero? Io? Bleah!”
Felice come una bambina davanti a un nuovo gioco, Ginny prese il piccolo portachiavi e lo agganciò a quelli che portava sempre con se, tutti regali del suo lunatico e strano fidanzato.  Dopo averle dato gli altri trovando le scuse più assurde infatti, ora aveva finalmente ammesso che quello era un regalo preso appositamente per lei. Perché tanti giri di parole per un regalo? Se lo era sempre chiesto, senza mai sapersi dare una risposta. “E la scritta? Non mi hai ancora detto cosa significa.”
Lui sollevò un sopracciglio, divertito. “Non l’hai ancora capito? Significa Little Flame, Piccola Fiamma.” Non aggiunse altro, anche perché non era da lui fare appunto il sentimentale, ma ormai la ragazza aveva capito. Gli gettò le braccia al collo e lo baciò con passione. La sua era una dedica, una dedica tutta per lei! Non pensava di essere così importante, lui era capace di darle cento e un attimo dopo dieci e viceversa. Era ambiguo, contorto, freddo, ma anche dolce, geloso e possessivo. Sembrava una bomba a orologeria, poteva sorprenderla dopo un minuto oppure dopo un giorno, quando si trattava di Draco non aveva alcuna certezza, non poteva fare altro che rischiare e doveva ammettere che ciò le piaceva. Con lui non si annoiava mai, nulla era scontato, tutto poteva cambiare in un attimo, lui la faceva sentire viva come mai le era accaduto.
Draco ghignò, sfiorando il naso con il suo. “La mia sorpresa ti è piaciuta quindi?”
Lei sorrise. “Quale sorpresa? Sono così tante.”
Si guardarono per lunghi istanti. Il nocciola degli occhi di Ginny si fondeva sempre di più con il grigio di quelli del ragazzo. “Grazie Draco, non potevi rendermi più felice,” sussurrò con un sorriso radioso. “Ti amo.”
Il biondo sorrise debolmente, sfiorandole una guancia in una leggera carezza. “Ginevra, io…..”
Ginny annuì. “Lo so Draco, lo so,” sussurrò prima di baciarlo. Anche se non era mai riuscito a dirglielo, lei lo sapeva. Sapeva che lui l’amava, glielo leggeva negli occhi, quegli occhi che s’illuminavano non appena si posavano su di lei. Draco non era abituato a provare e manifestare i propri sentimenti, si era sempre tenuto tutto dentro persino quando parlava di sua madre, l’unica che nella sua vita gli avesse donato un po’ di amore, eppure a modo suo glielo dimostrava di tenerci a lei e le andava benissimo così, non aveva bisogno d’altro se non di lui.


 

Ginny aprì gli occhi a fatica, consentendo alle lacrime di scorrerle lungo il volto. Proprio lì, nella camera che l’aveva vista crescere si era manifestato il sogno più reale,o meglio il ricordo. Iniziava a ricordare ogni cosa di Draco, ogni particolare, ogni gesto, ogni emozione. Nel buio della sua camera tutto le appariva così distante, eppure così vicino. Lui non poteva essere morto, lui era lì da qualche parte. Se si concentrava sentiva il suo calore, il suo profumo, quasi fosse al suo fianco. Ciò doveva pur significare qualcosa, doveva per forza.
All’improvviso avvertì delle voci dal piano di sotto. Una era senza dubbio quella alterata di sua madre, l’altra era di….Harry. Serrò gli occhi, mordendosi nervosamente il labbro. “Ti prego mamma, mandalo via,” mormorò tra se e se. Non voleva vederlo, non voleva parlare con lui. Perché non lo capiva? Perché non la lasciava in pace? Proprio non riusciva a capirlo. Quando le cose andavano bene era quasi distante, quando invece andavano male la soffocava peggio di una busta di plastica. Se non se ne fosse andato entro dieci minuti, sarebbe scesa giù e lo avrebbe affatturato, lo avrebbe fatto davvero.
“MI HAI SENTITO HARRY? LEI NON VUOLE VEDERTI E NEMMENO IO, PERCIò VATTENE! SPARISCI DA QUESTA CASA, ALTRIMENTI TI CACCIO A MODO MIO!” Urlò Molly Weasley fuori di se. Ginny sorrise soddisfatta. Sua madre era davvero unica.
 





La pioggia batteva prepotente contro la grande vetrata della camera da letto. Luna osservava ciò in piedi davanti ad essa, avvolta in una pesante coperta. Era notte fonda, eppure lei non riusciva a chiudere occhio. Pensava a lei, a Ginny. Cos’era successo con Harry? Perché era sparita?
“Ehi,” mormorò una voce, prima che due braccia l’abbracciassero da dietro. “Perché non dormi?”
Lei scrollò le spalle, poggiando la testa contro il suo petto. “Non riesco a dormire.”
Theo sospirò. “Pensi a Ginny, vero?”
“L’ultima volta che l’ho vista doveva parlare con Harry e poi nulla. Ho provato a chiamarla non so quante volte, ma ha il cellulare spento. E se lui le ha fatto qualcosa?”
“Cosa può mai farle quell’idiota? Secondo me si sarà messo a piagnucolare e a implorare tutti i santi del paradiso per essere perdonato. Ti pare che San Potter si abbassi a fare il cattivo?” Ribatté lui con una chiara traccia di ironia che la fece sorridere.
“Sei ottimista.”
Il moro sorrise. “Ginny sta bene, ne sono sicuro. È troppo in gamba per farsi ingannare da lui.”
Luna si voltò verso di lui, dubbiosa. “Come fai ad esserne sicuro?”
“Stiamo parlando della ragazza che ha fatto innamorare quel testone di Draco, non una qualsiasi. Lei è forte, combattiva, testarda, orgogliosa, gli avrà tenuto testa ne sono sicuro,” la rassicurò.
“Perché allora non mi ha chiamata?” Insistette, imperterrita.
Theo la strinse a se, accarezzandole dolcemente i capelli. “Probabilmente vuole stare un po’ da sola. Sarà stato uno shock per lei apprendere tutte quelle cose insieme.”
“Si, ma..” provò a protestare lei, ma lui la zittì con un bacio. “Luna, amore, calmati. Potter non è così stupido da usare di nuovo la bacchetta, sa che sappiamo di lui e del suo gioco sporco, non rischierebbe tanto.”
Luna si specchiò nei suoi occhi neri dolci e sicuri e sorrise. “Oh Theo, vorrei essere positiva come te. Sai sempre dire la cosa giusta per farmi sentire meglio, non so cosa farei senza di te.”
Lui la strinse forte a se. Si sentiva un verme. La donna che amava riponeva tanta fiducia in lui, che invece ancora non aveva avuto il coraggio di essere sincero con lei. Ancora non le aveva detto di quel dannato bacio e non sapeva se lo avrebbe fatto mai. Era sicuro che avrebbe sofferto e non voleva, non voleva essere la causa della sofferenza di Luna. Era pronto ad accettare il suo odio, ma non il suo dolore.
“Theo,” sussurrò Luna a pochi centimetri dalle sue labbra. “A cosa pensi?”
Non si odiò mai come in quel momento. Guardando negli occhi la sua futura moglie stava per mentirle, lo stava facendo di nuovo. “A noi, presto saremo marito e moglie.”
Lei sorrise, intrecciando le dita dietro il suo collo. “Diventerò la signora Nott e saremo finalmente una famiglia,” accostò poi le labbra al suo orecchio. “Non potrai più liberarti di me.”
Un sorrisetto beffardo si fece strada sul volto del ragazzo. “Nemmeno tu di me tesoro,” mormorò, per poi baciarla con passione. La sollevò di peso e la portò verso il letto, per poi sdraiarsi sopra di lei. “Ho una gran voglia di fare l’amore con te,” le disse, guardandola maliziosamente.
Luna rise, afferrandogli i lembi della maglietta e sfilandogliela. “Mmm…..Interessante.”
Ripresero a baciarsi con sempre maggior trasporto, le mani e le labbra erano dovunque, mentre i vestiti ormai d’intralcio finivano sul pavimento. Entrambi rilegarono i pensieri in un angolo della loro mente, concentrandosi solo sul donarsi amore. Luna dimenticò le preoccupazioni riguardo Ginny e i propositi di andare a dirne quattro a Harry, mentre Theo abbandonò i sensi di colpa che ormai lo perseguitavano. Si, un tempo aveva baciato Ginny e allora? Era stato un momento di debolezza di entrambi, poi se ne erano subito pentiti. Lui era tornato da Luna e lei da Draco, era stato un errore, uno stupido errore. Poteva uno sbaglio adolescenziale tormentarlo in quella maniera? Perché mai avrebbe dovuto dirglielo? E se invece lo avesse fatto Ginny? Scosse la testa, non voleva nemmeno pensarci. Avrebbe parlato con la giovane Weasley e l’avrebbe convinta a mantenere il segreto, si avrebbe fatto così.
Dopo aver fatto l’amore, Luna si accucciò contro il suo petto e lui prese ad accarezzarle dolcemente la schiena. I lunghi capelli biondi della ragazza che gli facevano il solletico e il suo caldo respiro, lo fecero sorridere. Lei era così dolce e così piccola, lei non meritava di soffrire, lei doveva essere protetta. Sin dalla prima volta che aveva posato i suoi occhi su di lei, si era ripromesso che se ne sarebbe preso cura e che l’avrebbe resa felice. Lui, il freddo e solitario Theodore Nott, lo aveva promesso e non poteva tirarsi indietro, non poteva deluderla. Per anni aveva fatto di tutto per essere alla sua altezza, lei era dolce, ingenua, pura, mentre lui aveva un’anima dannata. Il futuro da Mangiamorte era una certezza e una condanna che non poteva cancellare, eppure voleva diventare migliore, per lei. Pensava di aver meritato almeno un po’ il suo amore, ma ora si rendeva conto che non era così. Lui aveva baciato la sua migliore amica e da perfetto codardo glielo aveva nascosto, addirittura aveva tirato un sospiro di sollievo quando Luna gli aveva detto che la rossa non rispondeva alle sue lettere, aveva pensato che così lei non lo avrebbe mai saputo. Poteva essere più disgustoso di così? Ma perché accidenti si faceva tutti quei problemi? In fondo voleva solo proteggere la sua storia d’amore da uno stupido errore commesso dopo aver bevuto un po’ troppo, da sobrio non lo avrebbe mai fatto. Lui amava Luna, era lei l’unica di cui gli importava qualcosa. “Ti amo Luna,” sussurrò nell’oscurità.
“Ti amo anch’io Theo,” mormorò lei, facendolo sussultare.
“Pensavo dormivi.”
“E tu aspetti che dorma per dirmi che mi ami?” Gli chiese, divertita.
Theo sorrise, stringendola a se. “Ti amo Luna Nott.”
“Non sono ancora tua moglie.”
“Per ora,” ribatté lui, coinvolgendola in un lungo bacio. “è solo questione di tempo.”
 



 
 
 Ed eccoci qui alla fine di questo capitolo! :D Forse qualcuno l’aveva intuito che il titolo della ff non era casuale, ma strettamente legato alla storia e dato che adoro Draco, non poteva non c’entrarci lui <3 Che ve ne pare del primo momento tra Ginny e Draco? Io li adoro troppo insieme!! :) Lo stesso vale per Theo e Luna, finalmente hanno avuto il loro spazio come coppia! :D anche se non bisogna dimenticare che le bugie hanno le gambe corte XD  E poi la parte con Molly? Ho pensato che il rapporto tra madre e figlia fosse molto stretto, essendo Molly una madre molto presente, perciò l’ho rappresentato così come me lo immagino! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ma accetto anche eventuali critiche :D A presto, baci <3

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Capitolo 13
*** Tensioni ***


                      Capitolo 13: Tensioni


 
Il primo sole dopo giorni di cattivo tempo si estendeva in cielo, lambendo la figura di Blaise Zabini che a passo svelto s’incamminava in un vasto e curato giardino. Esso si trovava sul retro di una grande e bellissima villa, che però era ormai abbandonata. Ogni volta che metteva piede in quel luogo, la sua mente rimembrava una serie infinita di ricordi, alcuni felici e altri esageratamente tristi. Nell’ultimo periodo quel posto lo aveva visto furioso, disperato e poi rassegnato, ora invece si sentiva decisamente meglio.  Il merito era tutto di Theo che lo aveva strigliato e di Pansy che non aveva mai smesso di credere in lui. Sorrise, pensando ai due. Cos’avrebbe fatto senza di loro? Probabilmente sarebbe caduto nel baratro più profondo. Lui era lunatico, istintivo, prevenuto, ma di certo non forte e nemmeno coraggioso. Le emozioni lo travolgevano e lo condizionavano, portandolo a commettere sciocchezze di cui puntualmente si pentiva. Era stato vicino così a perdere tutto e ora era lì, vivo e combattivo come il sopravvissuto di una guerra. Perché lui si sentiva così, si sentiva un sopravvissuto e non poteva non essere fiero di se stesso.
In quel giardino, alle spalle della grande villa, nel corso dei secoli erano stati allestiti un piccolo cimitero e una cappella per ospitare tutti gli esponenti della nobile casata dei Malfoy. Proprio in fondo c’erano le lapidi più recenti, vecchie solo di cinque anni.
 
                    Lucius Abraxas Malfoy             Narcissa Black Malfoy         Draco Lucius Malfoy
                         1954 – 1998                                 1955 – 1998                       1980 – 1998
 
Quante volte era venuto lì a piangere e a urlare disperato? Tante, troppe e solo ora se ne pentiva. Il suo migliore amico non era in quella tomba; c’erano la lapide, il nome e la foto, ma non lui.
Il corpo di Draco non era mai stato trovato, di lui non si erano avute più notizie. Magari Theo aveva ragione, magari il biondo non era morto ed era da qualche parte vivo e vegeto. Aveva dato per scontato che l’amico come suo padre lo avesse abbandonato, ma se invece fosse vivo e avesse bisogno di lui?
“Blaise.”
Si voltò di scatto, incrociando lo sguardo preoccupato di Theo. “Ciao.”
“Tutto bene? Ho saputo la bella notizia,” aggiunse sorridendo.
Lui annuì. “Si, io e Pansy siamo tornati insieme. Stavolta ho fatto la cosa giusta.”
“Sia ringraziato il cielo!” Mormorò il moro, sollevando teatralmente le braccia al cielo.
Blaise lo fulminò con lo sguardo. “Vuoi che ti prenda a pugni come ho fatto con Potter?”
“Che cosa?!” Esclamò, sgranando gli occhi. “Quando? Come? Perché?”
Lui ridacchiò. “Al Burney Club. Ero lì al bancone quando è arrivato tutto tronfio. Ha subito attaccato con una delle sue prediche da santo protettore e non ci ho visto più. Gli ho assestato un bel pugno nel naso, non c’è bisogno che mi ringrazi,” aggiunse, dandogli una pacca sulla spalla.
Theo scosse la testa, divertito. “Tu non cambierai mai.”
“No, mai,” confermò. “Sarò sempre il pazzo e istintivo Blaise Zabini, solo che ora ho intenzione di lottare per tenermi stretto la mia ragazza e per scoprire dov’è Draco.”
“Quindi hai cambiato idea?” Chiese il moro, sorpreso. “Anche tu credi che lui sia lì da qualche parte?”
Blaise annuì. “Se i Mangiamorte lo avessero ucciso lo sapremmo. Uccidere qualcuno per loro è un vanto non una cosa da nascondere.”
“Già, lo penso anch’io,” convenne lui, incrociando lo sguardo con quello del Draco nella foto e sorridendo malinconicamente.
“Cosa stiamo aspettando allora?” Esclamò il ragazzo di colore, tirando fuori la bacchetta. “Andiamo da Potter e facciamolo parlare.”
“Potter?” Chiese Theo, sorpreso. “Pensi davvero che lui c’entra qualcosa?”
Blaise rise, incredulo. “Ha cancellato la memoria di Ginny e si è comprato la Stamberga Strillante con tutte le loro cose, o è uno squilibrato o ha qualcosa da nascondere.”
“Non ne abbiamo la certezza, Luna non è ancora riuscita a mettersi in contatto con Ginny.”
“Uffa,” sbuffò. “Perché sei sempre così puntiglioso? Hai bisogno di un certificato dove Potter ammette le sue colpe? È stato lui, sono pronto a giocarmi l’azienda e pure il conto in banca.”
Theo sollevò gli occhi al cielo. “Blaise, calmati. Se vogliamo incastrare Potter abbiamo bisogno di prove, non possiamo accusarlo così su due piedi. Lui è a capo degli Auror, non ci mette nulla a sbatterci ad Azkaban.”
“Va bene, hai vinto,” ribatté Blaise, rassegnato. “Andiamo a cercare Ginny Weasley e chiediamoglielo.”
A quelle parole Theo s’irrigidì e sbiancò paurosamente. “Non credo sia il caso.”
“Perché?” Chiese il ragazzo, scettico.
Il moro prese un profondo respiro e lo guardò. “Come la prenderesti se ti dicessi che una volta ho baciato Pansy?”
Blaise assottigliò lo sguardo e lo afferrò per il colletto della camicia. I suoi occhi emanavano scintille. “CHE COS’HAI FATTO?! IO TI AMMAZZO!” Urlò, fuori di se.
“Non ho baciato lei, ma Ginny,” si affrettò a spiegare Theo, prima che lo colpisse con uno dei suoi famosi cazzotti. Non aveva paura di lui, però sapeva che l’amico era molto più grosso e che aveva una pericolosa vena irosa e onestamente non ci teneva a finire al San Mungo, soprattutto se era innocente tra l’altro.
Blaise lo lasciò di colpo, guardandolo a bocca aperta. “Davvero? Quando?”
“Durante il sesto anno,” spiegò, sistemandosi la camicia. “Ero parecchio ubriaco e lei disperata dopo un litigio con Draco. Ce ne siamo pentiti subito, ma abbiamo mantenuto il segreto. L’incantesimo di memoria ha rimosso ciò dalla mente di Ginny, ora però ha ricordato e temo possa dirlo a Luna.”
Il ragazzo di colore gli diede una pacca sulla spalla, solidale. “Falla stare zitta, non permettere che i suoi stupidi sensi di colpa mandino a monte il tuo matrimonio. Vada a confessarsi se vuole alleviare le sue colpe,” aggiunse, duro.
Theo rise. “Hai davvero molto tatto eh?”
Blaise sorrise. “Le donne sono petulanti e suscettibili, ma soprattutto non dimenticano. Pansy mi crucerebbe se baciassi un’altra, Luna non sarebbe da meno. Pensa a proteggere te e la tua ragazza anche a costo di giocare sporco. Il fine giustifica i mezzi sempre e comunque.”
Il moro annuì, convinto. “Hai ragione, devo convincere Ginny a tacere.”
“E già che ci sei, chiedile di Potter. Se c’entra davvero qualcosa, giuro che lo uccido.” Nei suoi occhi neri era presente un lampo di rabbia e di promessa, che sapeva non promettevano assolutamente nulla di buono.



 

 
“Ginny ha avuto una relazione con Malfoy. Per alleviare le sue sofferenze, Harry le ha cancellato i ricordi di quest’ultimo.”
Quelle due semplici frasi ronzavano prepotentemente nelle menti di Ron e Hermione, che erano stati convocati alla Tana da una nervosissima Molly Weasley. La donna, una volta accertatasi che i due davvero non erano coinvolti, aveva loro raccontato tutto.
Hermione era sconvolta, incredula, stupefatta. Non immaginava che Harry potesse fare una cosa simile e nemmeno si aspettava che Ginny non le dicesse di Malfoy. Harry forse si vergognava del suo gesto e per questo aveva taciuto, ma Ginny? Loro due erano amiche, perché non dirglielo? Temeva forse la sua reazione? Malfoy non le era mai stato simpatico, ma per Ginny si sarebbe sforzata di accettarlo. Inoltre se Harry le aveva cancellato la memoria lo sapeva, perché si era tenuto tutto per se? Perché non aveva chiesto il parere di qualcuno prima di commettere una simile sciocchezza? Perché nessuno di loro si era fidato di lei e di Ron? Ma soprattutto, come aveva fatto lei a non accorgersi di nulla?
Nel frattempo, la mente di Ron era ancora più confusa. Ginny e Malfoy? Gli sembrava assurdo solo pensarci. Cosa ci trovava sua sorella nei Serpeverde? Se il bacio con Nott lo aveva sconvolto, questo lo superava di gran lunga. C’era poi da aggiungere il gesto di Harry. Come gli era venuto in mente di fare una cosa simile a sua sorella? Perché non glielo aveva detto? Lo aveva sempre considerato il suo migliore amico, in lui riponeva una fiducia assoluta, eppure gli aveva mentito e continuava a farlo da ormai cinque anni. Si sentiva così ferito, deluso, furioso. Provò ad alzarsi dalla sedia della cucina della Tana, dov’era sprofondato appena era arrivato, ma si rese ben presto conto che i muscoli non rispondevano ai suoi comandi. Ogni singola parte del suo corpo era sotto shock. Fissò sua madre e poi Hermione, finché quel po’ di lucidità che aveva lo abbandonò e svenne disteso sul pavimento della Tana.
“Oh mio Dio Ron!” Esclamò Molly, precipitandosi al suo capezzale e lo stesso fece un’ancora provata Hermione. “Ron!”
Le due lo sollevarono a fatica da terra, riportandolo sulla sedia e sedendosi poi ai suoi lati.
“Sapevo che Ron avrebbe avuto una reazione simile,” ammise Molly. “Non so perché non l’ho avuta anch’io, dopotutto Harry per me era come un figlio.”
“Hermione annuì. “Ancora non riesco a crederci. Non credevo che Harry potesse spingersi a tanto e che potesse anche essere in grado di tenerlo nascosto.”
“Io mi sono sentita malissimo quando Ginny me lo ha detto,” convenne la donna. “Non ti dico quando me lo sono trovato davanti. Gli ho urlato di andarsene, ma dentro stavo morendo. Gli ho sempre voluto un gran bene.”
“Devo parlargli e penso che vorrà farlo anche Ron appena si sveglia,” mormorò la riccia, guardando il marito che pendeva come un sacco di patate tra la sedia e il tavolo.
In quel momento una confusa Ginny scese in cucina. Non si aspettava di trovarvi Hermione insieme a sua madre, ma non c’era solo lei c’era anche……..
“Cos’è successo a Ron?” Esclamò, preoccupata, correndo verso di lui.
“Tua madre ci ha raccontato tutto,” intervenne Hermione, abbracciandola. “Perché non mi hai mai parlato di Malfoy?”
Ginny si morse il labbro, imbarazzata. “Temevo la reazione di Ron. Ora è svenuto, figuriamoci se glielo avessi detto allora.”
Molly e Hermione sorrisero. “In effetti.”
Stavano ancora ridendo, quando notarono che Ron aveva iniziando a muoversi. Il rosso spalancò i grandi occhi azzurri e appena notò Ginny, scattò in piedi. “TU!” Esclamò, puntandole il dito contro. Era tutto rosso, orecchie comprese ed era visibilmente sconvolto. “Tu e Malfoy? Tu e lui? Miseriaccia, non ti bastava Nott? E poi c’è Harry che ha fatto quella cosa! Volete farmi venire un infarto?”
“Ron calmati,” gli disse la rossa, tentando insieme alla madre e a Hermine di farlo risedere, ma lui si oppose. “LASCIATEMI!” Urlò, allontanandole da se.”Perché me lo hai tenuto nascosto? Io avrei capito!”
Ginny si accigliò. “Perché ora lo stai facendo? Sembri un pazzo peggio di Zabini.”
“Che c’entra Zabini?” Chiese sorpreso.
“Pensava che mentissi quando ho detto di non ricordare nulla di Draco e mi ha urlato contro come stai facendo ora tu.”
Ron arrossì imbarazzato, grattandosi la testa. “Ok, forse ho un po’ esagerato.”
“Solo un po’?” Esclamarono in coro le tre donne.
“Ok ok. Ho esagerato e basta,” ribatté, rassegnato.
Ginny sospirò, sedendosi di fronte a lui. “Stanotte l’ho sognato, Draco intendo.”
“Davvero? Era un altro ricordo?” Chiese Molly interessata.
Lei annuì, pensierosa. “Credo che lui mi amasse davvero, non sembrava nemmeno lo stesso ragazzo che prima mi prendeva in giro. La cosa mi ha sconvolta e ora non potrei essere più confusa, in me sento agitarsi molteplici emozioni che non riesco a comprendere né a gestire.”
“è normale,” le disse Herm comprensiva, poggiando una mano sulla sua. “Non hai avuto il tempo di disinnamorarti di lui e quindi tutto quello che provavi sta tornando a galla.”
“Hermione ha ragione,” convenne Molly, abbracciandola. “Ora sei combattuta tra i sentimenti che senti per Harry e per Draco Malfoy. Chi non sarebbe confusa al tuo posto?”
“Io devo parlare con Harry,” disse Ron all’improvviso.” Quelle cose me le deve dire in faccia.”
“Vengo con te.” Herm si alzò, ma lui scosse la testa. “Fammi parlare con lui da solo, ti prego Herm.”
Dopo un attimo di indecisione, la riccia annuì. “Va bene, ma promettimi che non farai sciocchezze.”
Il rosso sorrise, stampandole un bacio sulle labbra. “Te lo prometto.”
 



 

 
Quella mattina il Paiolo Magico era piuttosto affollato. Maghi e streghe di tutte le età entravano e uscivano dal locale tutti sorridenti e pieni di buste e pacchetti. Le feste natalizie infatti si avvicinavano sempre di più, perciò essi approfittavano di una delle poche giornate non piovose per fare acquisti e regali. Tutto quell’allegro vociare era senza dubbio positivo per Luna e Pansy, che sedute a un tavolo isolato, parlavano sottovoce.
“Blaise e io abbiamo fatto pace,” annunciò la mora, entusiasta.
Luna sorrise. “Sono davvero felice per voi, siete una coppia stupenda.”
“Grazie Luna, anche tu e Theo lo siete. A proposito, è proprio grazie a lui che credo che Blaise abbia iniziato a ragionare.”
“Oh bè, tutti abbiamo bisogno di una spinta ogni tanto. Blaise ti ama, aveva solo bisogno di sentirselo dire.”
Pansy annuì, bevendo un sorso di tè. “Io so che Blaise probabilmente ha sofferto più di tutti, come Theo lui non ha nessuno, ma a differenza sua è più fragile e distruttivo. Una parte di me però non può fare a meno di pensare che forse non sono stata in grado di sostenerlo come meritava e……”
Luna scosse la testa. “Non pensarlo nemmeno, non è colpa tua. Come hai detto tu, Blaise è più fragile, lo è sempre stato. Se non ci fossi stata tu, chissà dove sarebbe ora, chissà cosa ne avrebbe fatto della sua vita. È grazie a te se in questi anni ha barcollato senza mai cadere, tu sei stata il suo punto fermo, la sua forza,” le disse, sorridendo dolcemente.
“Lo spero Luna, lo spero davvero perché non riuscirei ad immaginare la mia vita senza di lui. Mi fa  dannare, a volte vorrei prenderlo a schiaffi, ma stare separati è stato terribile.”
“Probabilmente lo sarebbe anche per me se io e Theo ci lasciassimo. Lui è il mio primo e unico amore,” aggiunse, sorridendo sognante.
“Già,” concordò la mora. “Possiamo fare quello che vogliamo, ma alla fine il primo amore non si scorda mai, nel bene e nel male.”
“Sono preoccupata per Ginny,” sussurrò Luna all’improvviso. “Harry è comunque suo marito e Draco il suo primo vero amore. Per lei deve essere stato ancora più terribile di quello che ci ha fatto credere.”
“Si, lo penso anch’io. Non capita tutti i giorni di scoprire che la tua vita si basa su un cumulo di bugie e manipolazioni. Io al suo posto Potter lo avrei strangolato e poi avrei ridotto il suo corpo a brandelli.”
La bionda annuì, tristemente. “Ginny è forte, ma nemmeno la persona più forte del mondo può sopportare una cosa simile. Ora sarà confusa, arrabbiata, ferita e delusa e…..vorrei tanto aiutarla.”
“Facciamolo allora,” disse Pansy sicura. “Andiamo a casa dei suoi genitori e se non è lì………” si zittì di colpo, osservando qualcuno alle spalle di Luna, che confusa si voltò a sua volta. Una persona incappucciata, ferma sul ciglio della porta sembrava osservarle con interesse, ma appena si rese conto dei loro sguardi, si affrettò a lasciare il locale a grandi falcate.
“è una mia impressione o ci stava fissando?” Mormorò l’ex Corvonero, accigliata.
La mora scosse la testa. “Non lo so, certo che è strano. Era lì fermo, come se ci potesse sentire da quella distanza.”
“Secondo te era lì per noi? Magari ci siamo solo impressionate,” ipotizzò Luna, cercando di mantenersi calma. Quel tipo l’aveva spaventata più di quanto avesse voluto ammettere.
“Si, forse,” disse Pansy, pensierosamente. Non sapeva perché, ma aveva la sensazione che quella persona stesse spiando proprio loro. Perché lo stava facendo? In fondo loro non avevano niente da nascondere o almeno così credeva. “Andiamo da Ginny.”
Con la Polvere Volante le due ragazze giunsero nel salotto della Tana, trovandolo però deserto. Pochi passi e alle loro orecchie giunsero le voci di Ginny e Hermione Grenger. Cosa stavano dicendo? Si avvicinarono a quella che doveva essere la cucina e finalmente riuscirono a sentire.
“Sei sicura che vuoi dirglielo?” Stava dicendo la riccia.
“Si,” rispose Ginny. “Non posso più tenermelo dentro, devo dire a Luna di me e Theo.”
La bionda, ferma dietro la porta, si paralizzò sul posto, gli occhi sgranati e la mente inceppata. Le parole di Ginny le rimbombarono prepotentemente nelle orecchie più volte, stordendola e confondendola sempre di più. Una parte di lei voleva correre via, rifiutare ciò che aveva sentito, ma l’orgoglio prese il sopravvento. Non sarebbe scappata via come una codarda, lei era una Corvonero e loro affrontavano i problemi a testa alta e così avrebbe fatto lei. Guardò Pansy, che accanto a lei era così sconvolta da non riuscire a muovere nemmeno un muscolo, ma quando fece per aprire la porta, la bloccò. “Non farlo.”
Luna scosse la testa. “Io devo sapere tutta la verità.” Prima che la mora potesse fermarla, spalancò la porta. Ginny e Hermione la guardarono come se avessero visto Voldemort.
“Luna.”
La ragazza si limitò a fissare l’amica, incrociando le braccia al petto. “Cosa mi devi dire di te e il mio futuro marito?”
Ginny prese un profondo respiro, mentre il cuore le batteva a mille. Sapeva di doverla affrontare ed era pronta a farlo, ma non in quel modo. Voleva dirglielo con calma in un posto appartato, purtroppo però il destino aveva deciso diversamente.
“I ricordi mi stanno tornando e be…..” iniziò, mentre anche Pansy entrava in cucina. Negli occhi della mora c’era confusione e forse anche delusione e la cosa la intristì. Come aveva potuto fare una cosa così orribile?
“E ?” La incalzò Luna, con un tono così gelido che la fece rabbrividire.
“Ero disperata, io e Draco avevamo litigato pesantemente e stavo piangendo. Lui era strano, sembrava ubriaco e be….. è stato un errore, non ce ne siamo nemmeno resi conto…….si è trattato solo di uno stupido bacio di cui ci siamo pentiti subito.”
Lei rise, incredula. “Fammi capire, la cosa che dovevi dirmi è uno stupido bacio vecchio di più di cinque anni?”
“Si,” ammise Ginny, mortificata. “Non hai idea di quanto mi senta in colpa, io mi faccio schifo e se potessi tornare indietro io……”
Luna scosse la testa. “Non servirebbe a niente e poi ormai il danno è fatto.”
“Luna, scusami….mi dispiace davvero,” sussurrò, avvicinandosi a lei.
“Lo so, così come so che se non avessi dimenticato tutto me lo avresti detto……non hai mai guardato Theo come guardavi Draco,” aggiunse, guardandola seria.
Ginny annuì. “Oh Luna, io ……mi dispiace…..perdonami.” Fece per abbracciarla, ma la bionda indietreggiò. “Lo capisco Ginny, davvero…..ma non ce la faccio a fare finta di nulla. Ho bisogno di tempo per razionalizzare la cosa.”
“Si…ehm….va bene, hai ragione.” La guardò andare via con un peso nello stomaco grande come un macigno. Le aveva detto la verità e non l’aveva uccisa né insultata, però non l’aveva nemmeno perdonata. Sapeva che Luna era una persona molto riflessiva e quindi avrebbe dovuto aspettarsi una reazione simile, però non poteva fare a meno di stare male. E se non l’avesse perdonata?
“Tranquilla Gin,” la rassicurò Hermione. “Lei non ti odia, ha solo bisogno di stare un po’ da sola.”
Pansy nel frattempo stava chiamando Blaise. Chissà se lui sapeva del bacio tra Theo e Ginny.
“Pan, piccola, dove sei? Tutto bene?”   “Si. Sono alla Tana.”   “Che cosa?! Hai parlato con Ginny? È stato Potter a farle l’incantesimo?”  “Ehm….si, è stato lui,” ammise, dopo che Hermione che evidentemente aveva sentito tutto, le aveva fatto cenno di si con la testa.
“Io lo ammazzo!”  “Blaise! Non ti azzardare a fare stupidaggini chiaro?”   “Deve dirmi che ha fatto a Draco, magari con qualche pugno ben assestato.”    “Fallo e i pugni li do io a te. Dobbiamo parlarne a casa con calma.”   “Ma….”    “A casa Blaise, a casa. Piuttosto, Theo è con te?”
“Si, perché?”   “Passamelo.”   “Pansy.”   “Vai a cercare Luna, Theo. Ginny le ha detto del vostro bacio.”  Dall’altro lato solo silenzio, ma la mora era pronta a scommettere che l’amico era già corso. Sperava almeno che riuscisse a risolvere le cose. Poteva uno stupido errore adolescenziale mettere in crisi un rapporto consolidato da anni? Scosse la testa. Avrebbe fatto di tutto per aiutarli ad evitarlo, costi quel che costi.   


 
 

 
Dopo averlo scritto e modificato almeno un milione di volte, ecco il capitolo 13!! Non so perché, ma l’ho odiato con tutta me stessa e tutt’ora non ne sono pienamente convinta, spero però che almeno a voi piaccia :D  Fatemi sapere che ne pensate! Baci <3

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Capitolo 14
*** Sorprese inaspettate ***


All’inizio avevo progettato di aspettare ancora, ma poi non ho resistito! In questo capitolo c’è una sorpresa per voi, spero che vi piacerà! :D                                    
 


                 Capitolo 14: Sorprese inaspettate


 
 
Quel giorno il Ministero era un fermento di maghi che entravano e uscivano dalla struttura per missioni o riunioni improvvise. La preoccupazione serpeggiava nell’aria da giorni ormai. Tutto questo a causa di alcune segnalazioni, che portavano a pensare al ritorno sul territorio inglese dei Mangiamorte che dalla fine della guerra erano latitanti. Il loro ritorno infatti poteva significare una sola cosa, ossia che volessero ottenere vendetta. Il Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt, da sempre un uomo molto calmo e razionale, remore degli eventi passati, aveva immediatamente attivato ogni tipo di misura di sicurezza e aveva messo diverse squadre di Auror sulle tracce dei sospettati, così da tentare di mantenere sempre la situazione sotto controllo. Per fare ciò però, aveva anche dovuto organizzarsi per far si che le notizie non trapelassero alla stampa, non voleva generare panico e agitazione tra i cittadini senza avere prima prove certe e poi era necessario mantenere un certo ordine. Harry, che a parere di Kingsley era uno degli Auror più in gamba, quel giorno era stato riservato al lavoro d’ufficio. Questo perché l’uomo aveva intuito che il ragazzo in quel periodo aveva altre preoccupazioni per la testa e quindi era meglio per tutti che non svolgesse un incarico troppo rischioso. Normalmente Harry si sarebbe opposto, ma in quel momento non ne aveva la forza, nella sua testa c’era solo Ginny. Ginny e la sua rabbia. Ginny e la sua delusione. Persino quando dormiva, riviveva quel dannato giorno in cui lei era andata via e finiva per svegliarsi sudato e furioso con se stesso. Ormai il suo unico pensiero era lei. Dio solo sapeva quanto si sentiva in colpa, quanto avrebbe voluto cambiare le cose. Mollò la piuma d’oca con cui stava cerchiando le zone di avvistamento su una grossa mappa dell’Inghilterra e iniziò a massaggiarsi le tempie, socchiudendo gli occhi. Quello che aveva fatto lo aveva tormentato assiduamente in quegli anni, ma ora che Ginny lo aveva scoperto era decisamente peggio. Ora non poteva più perdersi nei suoi dolci occhi e allontanare almeno per un po’ i suoi sensi di colpa, ora quegli occhi non lo avrebbero più guardato in quel modo. Lei era delusa, lei lo odiava. Poteva sopportare tutto, anche che non lo amasse, ma il suo odio era troppo. Con devastante rassegnazione aveva accettato che Ginny preferisse Malfoy a lui, aveva sofferto, aveva desiderato farlo a pezzi, ma si era fatto da parte. Quando poi l’aveva vista crollare dopo la morte di Fred e la sparizione del biondo, si era sentito come se una parte del suo cuore si fosse spaccata. L’aveva fissata per un tempo che gli era parso infinito, desiderando cancellare quel dolore, desiderando rivedere di nuovo il suo sorriso. Lui l’amava, nonostante lei avesse scelto Malfoy e con lui voleva costruire un futuro, non aveva mai smesso di amarla. Voleva solo vederla felice a discapito di tutto, perché se moriva lo faceva anche lui. La sua felicità dipendeva da quella di Ginny, era sempre stato così. Quell’idea folle era saltata così all’improvviso. Non poteva cancellare Fred, ma almeno poteva tentare di saldare un’altra parte del suo cuore, quella che si era spaccata a causa di Malfoy. In quel momento gli era sembrata la cosa giusta, lei stava meglio e aveva ricominciato a sorridere, lei aveva iniziato a cercare in lui qualcosa di più di un amico e innamorato perso com’era, aveva lasciato che quel sogno lo travolgesse completamente. I sensi di colpa che mai lo avevano abbandonato, li aveva rilegati in un angolo, lasciandoli riaffiorare solo quando erano lontani. Ora però, dopo i cinque anni più belli della sua vita, iniziava a rendersi conto di quanto era stato egoista. Si era preso l’amore di Ginny con l’inganno, non pensando nemmeno per un attimo che magari non era quello che lei voleva. Si, Malfoy non c’era più, ma se non le avesse cancellato i suoi ricordi, lei lo avrebbe lo stesso amato? Possibile che quel matrimonio che per lui era così importante si fosse mantenuto in piedi solo grazie a un mare di bugie? Cosa ne sarebbe stato di loro ora? Ginny avrebbe mai capito le sue motivazioni? Lo avrebbe mai perdonato?
“Harry.”
Sussultò, sollevando lo sguardo di scatto. Ron era lì di fronte a lui, sembrava agitato,nervoso.
“Ciao Ron,” si sforzò di sorridere, ma poi ci rinunciò, rendendosi conto che l’amico era fin troppo strano. “Ron, tutto bene?”
Lui rise, incredulo. “Secondo te? Ho appena scoperto che il mio migliore amico ha cancellato dalla mente di mia sorella i ricordi amorosi di Malfoy.”
Harry sgranò gli occhi, deglutendo rumorosamente. Ora era davvero nei casini. “Ron,” provò, ma il rosso scosse la testa.
“Perché non me lo hai mai detto? Hai idea di come mi sono sentito quando l’ho saputo?”
Annuì, grattandosi gli occhi al di sotto degli occhiali. “Non puoi nemmeno immaginare quanto mi dispiace, solo ora mi rendo conto di aver fatto la più grossa sciocchezza della mia vita.”
Ron sospirò, sedendosi di fronte a lui. “Harry……io mi sono posto un sacco di domande e ora voglio delle risposte.”
Il moro sollevò lo sguardo, incrociando quello determinato dell’amico. Non c’era rabbia in quegli occhi che per primi gli avevano sorriso tanti anni prima, c’era solo quel disperato bisogno di sapere e non poté non sentirsi ancora più in colpa. “Io l’ho sempre amata, lo sai……lei ha scelto lui e mi sono sforzato di accettarlo, ma il mio cuore non ha smesso di sperare……..sentivo il suo dolore come se fosse stato il mio,” ammise, avvertendo gli occhi farsi lucidi. “Non ce la facevo a vederla soffrire, io……lei per me è sempre stata tutto……..scusami Ron, scusami……”
Il rosso lo fissò per lunghi minuti, poi alla fine sussurrò: “Perché non me ne hai mai parlato? Perché ti sei tenuto tutto dentro?”
Harry scrollò le spalle. “Diverse volte sono stato sul punto di dirtelo, ma poi non ci sono mai riuscito……mi facevo troppo schifo e poi ho pensato che essere divorato dal rimorso forse la giusta punizione per quello che avevo fatto.”
Lui si accigliò. “Forse, ma facendo così hai continuato a mantenere mia sorella legata a te.”
“La amo troppo Ron.”
“Lo so, infatti ho capito il perché del tuo gesto, ma continuo a pensare che è entrato in gioco anche un po’ di egoismo.”
“Che cosa?!” Esclamò, stupito. “Non puoi pensarlo davvero.”
“Oh andiamo Harry!” Sbottò Ron. “Se non hai parlato è stato soprattutto perché non volevi perderla, sapevi che se lei avesse saputo non ti avrebbe più voluto!”
Harry abbassò lo sguardo, ma alla fine annuì. “Forse hai ragione, ho messo me stesso al primo posto, dimenticandomi che in amore si pensa al plurale. Ho manipolato la donna che dico di amare e ho mancato di rispetto al mio migliore amico che si è sempre fidato di me. Mi dispiace Ron, mi dispiace davvero.”
Ron non aveva mai visto Harry così disperato, così smarrito, forse solo dopo la morte di Sirius aveva avuto un umore simile. “Harry….”
“Perdonami Ron,” mormorò il moro, dilaniato dalla disperazione e dai sensi di colpa. “Ti giuro che non volevo ferire o deludere te e Ginny e nemmeno tua madre, siete la mia famiglia e non voglio perdervi.”
Dopo diversi minuti di silenzio, in cui gli lanciò delle occhiate di tanto in tanto, Ron annuì. “Ho capito, avevo bisogno di avere queste risposte.”
Si alzò e Harry lo imitò. “Non andartene, ti prego,” lo supplicò.
Il rosso sorrise. “Ora ne ho la certezza, tu la ami davvero. Hai agito in maniera scorretta, ma l’hai fatto per amore e io non posso far altro che ringraziarti per esserti preso cura di lei.”
Un lampo di sorpresa attraversò lo sguardo del moro. “Questo significa che…..?”
“Si, ti perdono,” mormorò, prima che un euforico Harry lo stringesse in un forte abbraccio. “Grazie Ron, grazie! Farò di tutto per meritarmelo.”
“Lo spero, altrimenti ti uccido,” gli disse divertito.
Il prescelto sorrise malinconicamente. “Chissà se Ginny mi perdonerà mai.”
Ron gli diede una pacca sulla spalla. “è arrabbiata, ma vedrai che le passerà, lei ti ama.”
“Lo pensi davvero?” Gli chiese, scettico.
“Tranquillo, le parlerò io. Tornerete insieme prima di quanto pensi. L’amore è più forte dell’orgoglio, nessuno lo sa meglio di me e Herm,” aggiunse, sorridendo tra se e se e rimembrando vecchi ricordi.
 




 
 
Come ogni pomeriggio, una bellissima ragazza dai lunghi e lisci capelli biondi stava correndo verso il cantiere dove il padre era il titolare. Lei era Sara Donati, la figlia diciassettenne del ricco e importante Franco Donati, proprietario di moltissimi immobili che gli portavano grandi guadagni, tanto che si poteva definire a tutti gli effetti il più ricco e rispettato della città. Sua figlia Sara non era da meno, era bella, anzi bellissima con il suo fisico perfetto, il viso grazioso e i grandi occhi azzurro cielo. Peccato però che fosse anche esageratamente viziata, arrogante e sicura di se. Se suo padre era un uomo semplice e modesto nonostante tutto, lei era il più delle volte crudele con coloro che ai suoi occhi erano inferiori e si divertiva ad umiliarli e a manipolarli per i suoi interessi. Cosa poteva mai farci quindi una ragazza del genere in un cantiere? Semplice, Sara Donati aveva una sola unica debolezza e questa era rappresentata da un ragazzo, o meglio uno degli operai di suo padre.
“Sara!” Esclamò il signor Donati, quando vide la figlia attraversare come una diva il cancello del cantiere. “Come ti sei conciata?” Aggiunse stizzito, notando che tutti gli operai molti dei quali grandi di età, si erano voltati a guardare la ragazza con sguardi maliziosi. Lei infatti indossava una camicetta azzurra piuttosto scollata, un paio di shorts e degli stivali neri molto vertiginosi, che non potevano non scatenare le fantasie di quegli uomini.
Sara sorrise, consapevole dell’effetto che aveva su di loro. “Ciao papino!” Gli schioccò un bacio sulla guancia e sussurrò. “Lui c’è?”
L’uomo sollevò gli occhi al cielo. Per quanto tempo sarebbe ancora continuata quella storia? “è dentro,” disse alla fine. “Sta sistemando alcuni scatoloni.”
“Grazie papino! Ci vediamo dopo!” Trillò, avviandosi verso la struttura interna.
Spinse il pesante portone di ferro e scese le scale lentamente. Voleva fare un entrata trionfale e lasciarlo così a bocca aperta. Giunta in fondo, lo trovò come aveva detto suo padre con diversi scatoloni tra le mani. Con addosso solo i pantaloni sgualciti di una tuta e la canotta bianca, ormai grigia a causa della polvere e tutto sudato, le appariva ancora più sexy.
“Ciao Simone,” lo salutò con voce sensuale.
Il ragazzo sussultò, rendendosi conto solo in quel momento della sua presenza. “Ciao Sara,” ribatté, prima di salire le scale con gli scatoloni tra le mani. Aveva sperato con tutto se stesso che per una volta la bionda non venisse a tormentarlo, purtroppo però le sue preghiere non erano state ascoltate. Lei gli ronzava intorno come una zanzara e si vestiva ogni giorno di meno, sperando di attirare così la sua attenzione. All’iniziò la cosa lo lusingava, non capitava tutti i giorni che una ricca e bellissima ragazza si prendesse una cotta per un semplice operaio, ma ora non ne poteva proprio più. Lei era troppo invadente, troppo petulante, troppo tutto.
“Cosa fai stasera?” Gli chiese, poggiando la mano sul suo avambraccio. “Ti andrebbe di uscire con me?”
Lui chiuse gli occhi e sbuffò. “Quante volte te lo devo ripetere che non potrei mai uscire con la figlia del mio capo?”
“Uffa,” sbuffò lei. “Non lo direi mai a mio padre. Sarebbe il nostro piccolo segreto,” sussurrò maliziosamente al suo orecchio.
Simone ripose gli scatoloni e la guardò, serio. “Sara, sono troppo vecchio e troppo povero per te. Puoi avere di meglio e lo sai.”
Sara scosse la testa, incrociando le braccia al petto. “Non è vero che sei vecchio, io ho 17 anni e tu 23, abbiamo solo sei anni di differenza. Per quanto riguarda il fatto che sei povero, non mi interessa, ho abbastanza soldi per mantenere entrambi.”
“Sara,” provò, ma lei scosse la testa. “Prima ero piccola e capivo perché mi rifiutavi, ma ora? Che ti costa darmi una possibilità?”
Il ragazzo le sfiorò la guancia in una leggera carezza, facendola sorridere sicura. Sara era snob, petulante, sicura di se, ma in fondo era anche bella e sinceramente interessata a lui, perché quindi non darle un’opportunità?
“Va bene,” disse alla fine. “Ti passo a prendere alle nove.”
“Si!” Esclamò felice, facendo per abbracciarlo, ma poi si bloccò rendendosi conto che era tutto sporco.
Lui ghignò. “Tranquilla, mi farò una doccia prima di venire.”
Sara sorrise, mordendosi sensualmente il labbro. “Non te ne pentirai.”
La guardò allontanarsi, scuotendo la testa, divertito. Chissà, magari alla fine quell’appuntamento non sarebbe stato così orribile. Era da un po’ in effetti che non usciva con una ragazza e Sara nonostante tutto ci sapeva fare.
Quella sera, dopo essersi fatto una bella doccia che lo aiutò a rilassare i muscoli dopo una delle tante giornate di fatica, si fermò ad osservare il proprio riflesso attraverso lo specchio. Quante volte lo aveva fatto in quegli anni? Tante, eppure non era servito mai a nulla. Vedeva un ragazzo con dei capelli biondissimi e gli occhi grigi con un piccolo accenno di barba, ma ciò non gli era per niente familiare. Ricordava di essersi risvegliato in un ospedale, dove gli avevano detto era finito in seguito a un incidente, ma non avevano saputo dirgli nient’altro, lui non ricordava nient’ altro. Chi era prima dell’incidente? Qual’era la sua vita? Pensava che rivolgendosi alla polizia avrebbe scoperto qualcosa, ma niente. Nemmeno osservarsi allo specchio sperando di riconoscere qualcosa di familiare era servito. Era a quel punto che aveva deciso di ricrearsi un’identità ed era nato Simone. La sua fortuna era stata incontrare Franco Donati in un bar, dove faceva il ragazzo delle consegne. L’uomo era rimasto colpito dall’impegno con cui svolgeva il suo lavoro e dato che era rapido e aveva anche un fisico abbastanza possente, infatti era molto alto ed in grado di reggere diversi pesi, gli aveva proposto di lavorare nel suo impero. Aveva così potuto permettersi l’affitto di una casa tutta per lui e una macchina, niente di particolare, ma almeno non aveva più bisogno di elemosinare qualcosa alla chiesa della città, che venuta a sapere della sua perdita di memoria in seguito ad un incidente, gli aveva offerto per pura pena di dormire in una stanza della sacrestia, fortuna che quello faceva parte del passato ormai.
Sempre guardandosi allo specchio, il suo sguardo si posò sulla cicatrice che aveva sull’avambraccio destro. Sara gli aveva chiesto un’infinità di volte come se l’era fatta, ma non aveva saputo darle una risposta. Probabilmente ciò era avvenuto prima dell’incidente, così come i tatuaggi che aveva sulla spalla e sull’altro avambraccio. Il primo era un gabbiano con le ali spiegazzate, con sotto una scritta che aveva scoperto significava Little Frame, Piccola Fiamma, mentre il secondo era un teschio dalla cui bocca fuoriusciva un serpente. Cosa significavano? L’unica risposta che era riuscito a darsi era che forse il gabbiano e la scritta erano una dedica per una sua ex fidanzata, peccato che le sue fossero solo supposizioni. Scosse la testa, rivestendosi, stizzito. Erano passati cinque anni ormai, che senso aveva continuare a porsi sempre le stesse domande? Era solo al mondo e probabilmente lo era anche prima visto che nessuno lo aveva mai cercato, faceva meglio ad accettarlo. “Sto bene così, non ho bisogno di nessuno,” borbottò a denti stretti.
 



 

 
 
“Ci vediamo la prossima settimana allora,” sorrise Pansy, stringendo la mano alla signora Rosberg, sua paziente da alcuni mesi. La donna annuì, sorridendo a sua volta. “Arrivederci signorina Parkinson e buona giornata.”
“Buona giornata anche a lei.”
Dopo aver chiuso la porta, la mora vi si appoggiò, chiudendo gli occhi. Quel giorno concentrarsi non era stato per niente facile, la sua mente saettava continuamente a quella conversazione con Ginny e Hermione alla Tana e ciò suscitava in lei una confusione assurda. Più di una volta aveva pensato che Harry Potter c’entrasse qualcosa con la perdita di memoria della Weasley e ora che ne aveva la certezza non sapeva che pensare. Una parte di lei voleva odiarlo, ma l’altra che di solito era quella che la guidava nel suo lavoro, le suggeriva di fermarsi e pensare. Potter aveva fatto una cosa scorretta, ma lei al suo posto non avrebbe fatto lo stesso per limitare il dolore della persona che amava? Lei per Blaise non lo avrebbe fatto? Onestamente non lo sapeva. Aveva visto il suo amore piangere, urlare, disperarsi, farsi del male, ma nemmeno per una volta le era passato per la mente di usare su di lui un incantesimo di memoria. Ciononostante, non se la sentiva di condannare il ragazzo che era sopravvissuto, in fondo era stato guidato da sentimenti sinceri. Lui amava Ginny, non aveva dubbi su questo. La delusione della rossa in ogni caso era comprensibile, chi non si sarebbe sentita spiazzata al suo posto? Lei lo avrebbe ridotto a brandelli, su questo non aveva dubbi, ma era davvero felice di non trovarsi nella sua stessa situazione. Ginny era in mezzo a un bivio, da una parte c’era suo marito che le aveva mentito, dall’altra c’era il suo primo grande amore da anni scomparso e chissà se ancora vivo. Chissà che confusione c’era nella sua testa, chissà quanti dubbi e quante paure. Il solo pensiero la terrorizzava, figurarsi essere coinvolta in prima persona.
Qualcuno bussò, facendola scattare sull’attenti. Si affrettò a ricomporsi, aprendo poi la porta.
“Ciao Pansy.” Di fronte a lei un ragazzo biondo con profondi occhi azzurri che le sorrideva dolcemente. Terence.
“Cosa ci fai qui?”
Lui sorrise, entrando nell’ufficio senza aspettare di essere invitato. Si guardò intorno con curiosità, poi tornò a guardarla. “Che domande, sono venuto a trovarti Dolcezza.” Nella sua voce c’era una traccia di malizia che la innervosì non poco.
“Quante volte te lo devo ripetere che non mi devi chiamare così?” Sbottò, tornando alla scrivania ma lasciando la porta aperta, come a fargli capire che aveva fretta.
Un lampo di divertimento attraversò lo sguardo di Terence, che nel frattempo si era seduto su una poltrona di fronte a lei. “Uffa, perché ne fai un dramma? È un soprannome come un altro dopotutto.”
Pansy sbuffò e sollevò gli occhi al cielo. “Posso sapere il motivo della tua visita?”
Il biondo sorrise, lasciando scorrere lo sguardo sulla figura della ragazza, soffermandosi sul seno. “Pranzi con me oggi?”
Lei sospirò. “Terence io…….io non posso…….Blaise ed io siamo tornati insieme.”
La mascella dell’ex Serpeverde s’irrigidì vistosamente, il sorriso scomparve di colpo dal suo volto, lasciando il posto a quella che sembrava rabbia. “Perché lo hai fatto? Lui non ti renderà mai felice, sa creare solo problemi.”
“Questo lascialo decidere a me e ora per favore vai via.”
“CHE COSA?!” Sbottò lui, facendola sobbalzare. “Non puoi dire sul serio! Siamo stati bene in questi giorni e lo sai anche tu!”
Pansy annuì. “Non lo nego, ma io non ti amo. C’è sempre stato Blaise nel mio cuore.”
Terence fece per aprir bocca, ma proprio in quel momento comparve sulla soglia Blaise, che appena mise a fuoco il ragazzo, s’innervosì.
“Che diavolo ci fai tu qui?!” Sbottò, raggiungendolo a grandi falcate.
Il biondo si alzò in piedi, fronteggiandolo. Aveva alcuni anni in più di lui, ma Blaise era decisamente più grosso e minaccioso.
“Se voglio venire a trovare Pansy non devo chiedere il permesso a te,” ribatté Terence con una certa sfrontatezza nonostante tutto.
Blaise s’irrigidì, mentre i suoi occhi mandavano scintille. Le mani gli tremavano, segnale che fece capire a Pansy che stava facendo uno sforzo sovrumano per non ucciderlo.
“Terence stava andando via, non è così?” Aggiunse lei, rivolgendosi al biondo che annuì, palesemente divertito.
“è stato un piacere Zabini,” poi guardando Pansy con un sorrisetto malizioso disse: “Ciao Dolcezza.”
Prima ancora che potesse finire la frase, Blaise gli saltò praticamente addosso, colpendolo con pugni sempre più violenti. “Ripetilo se hai il coraggio,” sibilò all’orecchio del rivale, continuando a colpirlo.
“Blaise! Lascialo!” Urlò Pansy, spaventata.
Lui però la ignorò. Era fuori di se dalla rabbia e colpiva Terence con così tanta violenza e velocità che quest’ultimo non riusciva a reagire, ridotto ormai a una maschera di sangue.
Incapace sul da farsi, la mora fece la prima cosa che le venne in mente. Prese la bacchetta e mormorò: “Expelliarmus!”
Un fascio di luce rossa investì Blaise, che si ritrovò sbalzato dall’altra parte dell’ufficio dolorante alla schiena. Pansy nel frattempo si avvicinò a Terence, che a fatica si mise seduto, tamponandosi il naso. “Vattene.” Lui la guardò, poi in silenzio se ne andò.
“Si può sapere che ti è preso?” Sbottò Blaise, rimettendosi in piedi.
Lei si accigliò. “Cos’è preso a te piuttosto. Lo ha detto per provocarti e tu ci sei caduto con tutte le scarpe.”
Il ragazzo ruotò gli occhi, risistemandosi la camicia. Fece una smorfia disgustata quando notò su di essa il sangue di Terence. “Forse, ma è da parecchio che stavo morendo dalla voglia di picchiarlo per bene.”
Pansy sospirò. “Blaise…” ma lui scosse la testa, prendendola per le spalle. “Guardami.” Lei lo fece e lui proseguì. “Se c’è una cosa che odio più di tutto è quando tentano di portarmi via le mie cose.”
La ragazza si accigliò. “Io non sono una tua cosa Zabini.”
Blaise sorrise, ma nei suoi occhi neri come il petrolio poteva leggere quella che era più di una convinzione, era una sicurezza. “Tu sei mia Pan e se quell’idiota o chiunque altro prova ad avvicinarsi, lo ammazzo come una bestia.”
Pansy sorrise, accarezzandogli una guancia. “Si, io sono tua e lo sarò sempre.”
Il moro accostò la fronte alla sua, facendo sfiorare i loro nasi. “Sai, stavo pensando a una cosa. Voglio rendere ancora più ufficiale la nostra storia.”
“In che modo?” Chiese curiosa.
Blaise prese un profondo respiro e sorrise. “Pan, piccola mia, un’ora fa ho firmato un contratto per l’acquisto di una bella villa sulla periferia di Londra. Ti va di andarci a vivere insieme a me?”
Lei sgranò gli occhi, stupita. “Dici davvero?”
Quando lui annuì, gli gettò le braccia al collo, euforica. “Si! Si! Si!” Esclamò, tempestandolo di baci.
Blaise sorrise, baciandola con passione. “Ne deduco che ti va.”
“Deduci bene Amore mio, deduci bene,” sussurrò, prima di baciarlo nuovamente.
 

 



Ed eccoci qui alla fine di questo capitolo! Piaciuta la sorpresa? Draco è vivo!! Si trova però in una città ignota e ha perso la memoria, chissà come ci sarà finito XD
Che ne pensate poi di Harry? Fino ad ora era stato maltrattato di brutto, ma ho pensato che fosse arrivato il momento di far trapelare il suo punto di vista. Ron sembra aver capito ed è disposto a dargli un’altra opportunità, ma Ginny?
C’è poi l’ennesima pazzia di Blaise ai danni di Terence! Mi sono divertita un sacco a scriverla XD per non parlare poi del momento Blansy!!! <3
Lo so che Ginny, Theo e Luna non sono comparsi proprio, purtroppo però non c’entravano tutti! In ogni caso non preoccupatevi, nel capitolo 15 ci saranno! :)
 A presto, baci <3

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Capitolo 15
*** Una svolta decisiva ***


               Capitolo 15: Una svolta decisiva

 

 
Ginny sbatté la porta della sua camera e la sigillò, per poi gettarsi sul letto con le lacrime agli occhi. Alle orecchie le giungeva la voce di Ron che la richiamava, ma lo ignorò. Si raggomitolò in posizione fetale, lasciandosi andare a un pianto disperato.
Pensava che suo fratello l’appoggiasse, la sostenesse, ma invece era venuto a farle visita solo per convincerla a perdonare Harry. Come poteva aver cambiato idea così all’improvviso? Come poteva pretendere che lei dimenticasse?
Ogni volta che pensava ad Harry le tornava in mente ciò che le aveva fatto e non poteva fare a meno di provare rabbia. Se prima la delusione e la confusione avevano prevalso su qualsiasi altro sentimento, ora erano state sostituite da una violenta e incontrollabile rabbia. Come poteva la persona che le aveva giurato amore, rispetto e sincerità essersi spinta a tanto? E Ron come poteva chiederle di perdonarlo? Come poteva non capire? Forse la verità era che suo fratello si era fatto aggirare dalle belle parole del moro, dalle sue patetiche giustificazioni, dimenticando che la vittima in realtà era proprio lei. Era lei quella a cui erano stati strappati i ricordi felici con il suo primo grande amore, era lei quella che era stata ingannata e manipolata. Harry era stato capace di ingannare tutti, di fingere come il migliore degli attori e lo aveva fatto con coloro a cui diceva di tenere di più, come poteva non pensare che potesse farlo di nuovo? Il punto era proprio quello, lei amava Harry, ma non si fidava più di lui. quando lo pensava si rendeva conto di non sentire più le stesse emozioni di prima. In lui non vedeva più protezione, sicurezza, amore e rispetto, ma solo bugie, inganni e manipolazioni. Come poteva quindi tornare con una persona di cui non si fidava più? Il solo pensiero la disgustava, lei non era capace di fingere, non era capace di nascondere ciò che provava. Ron dato che era suo amico da tanti anni si era sentito di dargli un’altra possibilità, ma lei non era Ron. Lei aveva bisogno di avere al suo fianco una persona di cui potersi fidare completamente, che l’ascoltasse, la proteggesse, la rassicurasse ed Harry non era più in grado di garantirle ciò e forse nemmeno lo voleva più da lui.
Da quando poi aveva scoperto la verità su Draco, in lei si erano manifestati non solo dei ricordi più nitidi, ma anche dei sentimenti e delle sensazioni che l’avevano confusa e che faceva fatica a gestire. Ciononostante, si era aggrappata ad essi con tutte le sue forze perché sentiva che erano l’unica cosa vera e pura che le era rimasta. Forse sbagliava, forse si stava facendo condizionare, ma ormai era più forte di lei. Una speranza assurda e disperata aveva sopraffatto tutto il resto, la speranza che Draco fosse ancora vivo e che avesse bisogno di lei. Voleva trovarlo, parlargli, sentiva che solo lui poteva aiutarla a fare chiarezza con i suoi sentimenti, solo lui poteva aiutarla a ricominciare a vivere. Non sapeva dire se lo amasse o se lui rappresentasse solo qualcosa a cui aggrapparsi, ma era sicura che una volta che lo avrebbe trovato non avrebbe avuto più dubbi. Incrociando lo sguardo con il suo, tutto le sarebbe stato chiaro, ogni cosa avrebbe avuto senso.
Un leggero bussare alla porta, la distolse dai suoi pensieri. “Ginny, sono Hermione, posso entrare?”
La rossa si affrettò ad asciugarsi le lacrime e fece scattare la serratura. In quel momento come mai in vita sua, aveva bisogno del sostegno di qualcuno ed Herm era sicuramente la persona giusta al momento giusto. Chi poteva ascoltarla e consigliarle meglio di lei?
La ragazza, dopo aver richiuso la porta, la strinse in un forte abbraccio. “Ignora Ron, è solo un idiota insensibile.”
Lei annuì, aggrappandosi all’amica come se ne dipendesse la sua vita. “Perché non capisce Herm? Perché difende lui e non me che sono sua sorella?”
Hermione sospirò, facendola sedere sul letto. “Ron non ti da la colpa, al contrario ha rimproverato Harry per ciò che ha fatto, ma ha capito che lo ha fatto per alleviare il tuo dolore.”
A quelle parole Ginny scattò in piedi, fumante di rabbia. “Ma quale dolore da alleviare?! Harry non è altro che un maledetto egoista! Gli rodeva che preferissi Draco a lui! solo cancellandomi i suoi ricordi e riducendomi al suo burattino poteva legarmi a lui! è così e lo sai!”
“Ginny,” mormorò la riccia, avvicinandosi a lei. “Io ti sto solo spiegando il suo punto di vista, ma non ho mai detto di condividerlo. Harry ha fatto una cosa disgustosa ed è normale che ti senti ferita e delusa, anch’io avrei reagito così al tuo posto. Ron lo ha perdonato, io no, io sono dalla tua parte,” aggiunse, prima che Ginny si gettasse tra le sue braccia, scoppiando a piangere. “Oh Herm! Non hai idea di quanto avessi bisogno di sentirmelo dire.”
“Tranquilla,” la rassicurò l’amica. “Io sono qui con te, non ti abbandono.”
La rossa annuì, tirando su col naso. “Grazie Herm, grazie davvero. Pensi ci sia qualche possibilità di annullare quel dannato incantesimo di memoria?”
Hermione si morse il labbro, ora visibilmente nervosa. “Gin,io……”
“Dimmelo Herm, ti prego.”
Lei sospirò, andando a recuperare la borsa che aveva lasciato accanto alla porta. Da essa tirò fuori un grosso e consumato libro, che iniziò a sfogliare velocemente. “Ecco,” disse, mostrandole il capitolo che le interessava.
“Facciamolo,” mormorò prontamente Ginny senza nemmeno leggere, ma la riccia scosse la testa. “Già farlo normalmente è rischioso, le nuove emozioni potrebbero scontrarsi con le vecchie e farti perdere la testa. L’incantesimo che ti ha fatto Harry poi non è stato fatto benissimo. Il libro dice che potrebbero esserci dei gravi effetti collaterali, non possiamo rischiare.”  
“Ma…”
“No Ginny,” insistette Hermione. “Non ti permetterò di mettere a rischio la tua sanità mentale.”
Detto ciò, ripose il libro e si alzò. “Stai già ricordando, non ha senso affrettare le cose per poi rischiare di impazzire. La mente umana è probabilmente la cosa più fragile e pericolosa che esiste, basta poco per danneggiarla e poi è quasi impossibile ripararla…….non scherzare con essa, potresti pentirtene tutta la vita e ritrovarti a vivere nel reparto malattie mentali del San Mungo insieme ad Allock.”
Ginny non riuscì a trattenere una risata. “Sei sempre la solita esagerata, ma puoi stare tranquilla, era solo un ipotesi e se è pericolosa non la attuerò. Come hai detto tu, sto ricordando e non mi serve altro per trovare Draco.”
La riccia strabuzzò gli occhi. “Cosa significa che non ti serve altro per trovare Malfoy?”
“Ne sono sicura, Draco è vivo da qualche parte e lo troverò,” disse sicura.
“Ginny, se non sono riusciti gli Auror a trovarlo, come puoi pensare di riuscirci tu?”
“A loro non interessava davvero trovarlo, è un Mangiamorte infondo.”
“Forse se non l’hanno trovato è perché è….lui è…..” iniziò, ma Ginny la interruppe bruscamente. “Lui non è morto! Lui è vivo e io lo troverò.”
 



 
 
Ginny e Theo. Theo e Ginny. La mente di Luna non faceva altro che rimandarle prepotente la scena del suo ragazzo e della sua migliore amica che si baciavano e ciò le provocava un dolore sordo alla base del petto. Pian piano stava assimilando quell’incredibile rivelazione e non poteva fare a meno di chiedersi perché non glielo avessero mai detto. Forse non volevano ferirla, forse se ne erano davvero pentiti. Poteva comprenderlo, ma perché continuare a nasconderlo anche negli anni a venire? Ginny aveva subito l’incantesimo di memoria, quindi era normale che non glielo avesse detto fino a quel momento. Su Theo però non poteva dire la stessa cosa, lui aveva taciuto, si era comportato come se nulla fosse accaduto. Come aveva fatto? E lei come aveva fatto a non accorgersene?
“Luna.”
Sussultò, voltandosi di scatto. Nonostante si fosse rifugiata a casa di suo padre, Theo l’aveva trovata, o meglio suo padre lo aveva lasciato entrare. Lo strambo signor Lovegood aveva sempre avuto un debole per il moro Serpeverde, sostenendo che fosse un bravo ragazzo, perfetto per la sua Luna. Era felice che suo padre approvasse la sua scelta, ma ora che aveva disobbedito al suo volere facendolo entrare, non ne era più tanto convinta.
“Cosa vuoi?” Mormorò, tornando a voltargli le spalle. Non voleva leggere il dispiacere nei suoi occhi neri, non voleva farsi fregare da essi come troppo spesso era accaduto. Doveva essere forte, mantenere la sua lucidità.
“Non mi è mai importato di lei in quel senso,” iniziò Theo, avvicinandosi di qualche passo. “Io amo te, è sempre stato così.”
“Perché allora non me lo hai mai detto?” Chiese lei, continuando però a dargli le spalle.
Il moro sospirò, afferrandole il polso e facendola girare verso di lui; non lo aveva mai visto così nervoso e agitato. “Mi sentivo in colpa, non volevo che tu soffrissi per un mio stupido errore.”
Luna scosse la testa, liberandosi poi della sua stretta. “Io sto soffrendo lo stesso però. Pensavo che tra di noi non ci fossero segreti.”
“Ed è così,” disse lui, prendendola per le spalle. “Ero ubriaco, così tanto che ci ho messo giorni per ricordare cosa fosse accaduto, devi credermi.”
“Theo…”
“Io non ho mai provato nulla per lei e nemmeno lei per me. Si è trattato di un misero bacio a stampo che è finito ancora prima di iniziare. Per noi non ha contato nulla, ecco perché non te l’ho detto.”
Lui era sincero, glielo leggeva negli occhi. Tra lui e Ginny non c’era mai stato nulla, si era trattato di un errore e forse Theo se ne portava dietro le conseguenze da allora. Questo spiegava l’ombra che attraversava il suo sguardo ogni volta che si parlava di Ginny, lui era tormentato dai sensi di colpa. Come aveva fatto a non accorgersi che il suo Theo non era mai stato completamente sereno? Era davvero una fidanzata così distratta?
“Luna,” sussurrò Theo. “Scusami, scusami per tutto. L’ultima cosa che volevo era ferirti.”
Lei sorrise, mentre il cuore le batteva all’impazzata e una sensazione di calore le si propagava in tutto il corpo. Lo aveva già perdonato, probabilmente lo aveva fatto già quando se lo era ritrovato alle spalle. Lo amava troppo, non ce la faceva ad arrabbiarsi con lui. “Oh Theo, io…..”
Theo scosse la testa, prendendole il volto tra le mani. “Ti amo Luna, ti amo come non ho mai amato nessuna.”
“Ti amo anch’io Theo,” sussurrò la bionda, accostando le labbra alle sue. Si scambiarono un caldo e dolce bacio, che a loro che erano stati lontani anche se solo per poche ore, era mancato come l’ossigeno. Perché tra loro era così; non riuscivano a fare a meno l’uno dell’altra. Divisi erano solo un’immagine sfuocata di quello che erano quando stavano insieme, loro erano una sola cosa e nessun ostacolo poteva dividerli, loro erano più forti di tutto. Ora, abbracciata al suo Theo, Luna ne aveva l’ennesima conferma e non poteva non esserne felice.  
 

 



Ginny aprì gli occhi di scatto. Una potente luce la investì, costringendola però a socchiuderli. Tutto intorno a lei era bianco. Avanzò di qualche passo, rendendosi conto di essere scalza e di indossare solo un leggero vestito di cotone bianco che le arrivava fino ai piedi. Il paesaggio nel frattempo non cambiava, il bianco continuava a fare da padrone a quel luogo strano, quasi astratto. Era quasi sicura si trattasse di un sogno, altrimenti come spiegare quella situazione assurda?
Si guardò intorno, alla ricerca di una via d’uscita, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Una luce. Una luce ancora più potente di quella che aveva visto precedentemente. Curiosa, si avvicinò. Allungò una mano come se si aspettasse di sentire qualcosa, ma niente….il vuoto più totale.
Un attimo dopo la luce si affievolì, lasciando il posto a una figura alta e slanciata. Anch’essa era vestita di bianco, che metteva ancora più in risalto il suo colorito pallido. I capelli quasi dello stesso colore, gli ricadevano lisci sulla fronte. Ciò che però colpì maggiormente Ginny furono i suoi occhi, grigi come il metallo eppure così caldi.
“Draco,” sussurrò, stupita.
Lui la guardò, mentre l’ombra del suo vecchio ghigno si faceva strada sul suo volto. “Ciao mia Piccola Fiamma.”
La ragazza deglutì. “Sei un sogno?” La sua voce era un sussurro appena udibile, eppure lui lo carpì comunque.
“Non proprio, sono io che ho instaurato un contatto con te.”
Ginny si avvicinò, tentando di toccarlo, ma la sua mano si ritrovò a stringere l’aria. Un singhiozzo le sfuggì dalle labbra. “Non riesco a……”mormorò, delusa.
Draco annuì, mentre un’ombra di malinconia gli attraversava lo sguardo. “Per farmi vedere da te ho utilizzato quasi tutte le mie energie, non ne ho abbastanza per ottenere una consistenza concreta.”
Calde lacrime iniziarono a scorrere sul volto della ragazza. “Mi manchi Draco, mi manchi così tanto. Non ho mai avuto bisogno di te come in questo momento.”
“Anche tu mi manchi Ginevra.”
I loro sguardi s’incatenarono e quando il nuovo tentativo di abbracciarsi fallì miseramente, Draco infatti le passò attraverso, Ginny scoppiò a piangere a singhiozzi.
“Non è giusto! Non ci possono concedere almeno un minuto?”
“Ginevra, non piangere ti prego. Odio vederti così,” le disse lui dolcemente.
La ragazza si asciugò le lacrime, tentando di calmarsi. La voce bassa e strascicata di Draco aveva su di lei un effetto rilassante, quasi ipnotico.
“Forse era meglio se non ricordavi. Tu ora stai male e……” iniziò, ma Ginny lo interruppe. “Io dovevo ricordare, era importante che lo facessi.”
Lui annuì, appoggiandosi pigramente a quella che sembrava una nuvola. Erano forse in cielo? “Sei stata felice in questi cinque anni?”
Lo guardò per alcuni istanti, sorpresa da quella domanda, poi annuì. “Credo di si, ma c’era sempre qualcosa che mi bloccava, qualcosa che non ricordavo e che necessitavo sapere.”
Draco sorrise amaramente. “Ti ho vista parlare con Blaise, Theo, Pansy e Luna. Blaise stava perdendo la testa, ma nonostante Theo avesse cercato di farlo ragionare non si riprendeva, allora ho deciso d’incontrarlo in sogno così come sto facendo con te. Promettimi che tu non perderai la testa, promettimi che lotterai per ricominciare a vivere.”
“Draco….”
“Promettimelo Ginevra,” insistette, incrociando lo sguardo con il suo.
Lei sospirò. “Anche se questo significa dare il mio amore a Harry? Vuoi davvero che lo perdoni dopo quello che ha fatto?”
Un lampo attraversò lo sguardo di Draco a quelle parole. “Potter,” sputò, pieno di disprezzo. “In questi anni non ha perso la sua mania di controllo e di protagonismo. Ti ha impedito di soffrire, ma non credo che lo abbia fatto per la sua anima buona.”
Ginny si accigliò. “Quindi la pensi come me? Pensi che lo abbia fatto per egoismo?”
Lui rise, ma era una risata priva di allegria. “Era innamorato di te, me lo ha fatto capire chiaramente quella notte durante la battaglia.”
“Che cosa?!” Esclamò la rossa, stupita. “Tu e Harry vi siete incontrati quella notte?”
Draco la guardò, perplesso. “San Potter non te lo ha detto? Il nostro eroe stentava a credere che tu ti fossi innamorata di uno come me. Povero Potter, è stato spontaneo per me ridergli in faccia. Eviden…….” Il biondo continuò a sproloquiare contro Harry, finché Ginny non lo interruppe, spaventata. “Draco! Cosa sta succedendo?”
Si era infatti resa conto che la figura del ragazzo stava iniziando a sbiadire e dopo un attimo di confusione, anche lui se ne accorse. “Le mie energie stanno finendo, faccio fatica a rimanere in contatto con te,” le spiegò.
“Draco no! Non puoi andartene! Devo sapere cos’è successo quella notte! È stato Harry? Dimmelo ti prego!” Esclamò disperata.
Il biondo scosse la testa. “Non lo so quello che è successo, l’ultima cosa che ricordo è il corridoio della Stanza delle Necessità. Tranquilla però, non sono morto, sono vivo e devi trovarmi.”
Ginny annuì. “Ti troverò, te lo prometto.”
Draco sorrise, avvicinando il volto al suo. “Ascoltami Gin, devi trovare la stella. La stella è la chiave di tutto.”
Lei lo guardò, confusa. “Stella? Quale stella?”
“Trovala Ginevra e avrai le tue risposte.”
Nel frattempo tutto si faceva sempre più sfuocato. Istintivamente si coprì gli occhi per proteggerli dalla luce accecante.
“Draco dove sei?” Urlò, disperata.
“Trova la stella, Piccola Fiamma. Qualcuno potrà aiutarti, ma fai attenzione, non tutti sono come sembrano.”
“Di cosa parli? Draco! Non lasciarmi!”


 

Ginny si svegliò agitata e madida di sudore. Erano settimane che non faceva più quei sogni, eppure quello che aveva appena fattonon sembrava nemmeno un sogno talmente era reale. Era una sorta di messaggio, ne era sicura. Draco le aveva fatto sapere di essere vivo e di aver bisogno che lei lo trovasse, quindi ciò a cui si stava aggrappando non era solo un’illusione, era la pura realtà, ora ne aveva la certezza.
Scattò in piedi, improvvisamente sveglia, indossando i primi vestiti che le capitarono davanti. Doveva parlarne con qualcun altro, magari uno tra Blaise e Pansy sapeva qualcosa su quella stella di cui parlava Draco. Lei onestamente non ne aveva idea, ma allo stesso tempo non poteva perdere tempo. Doveva trovare quella dannata stella, qualunque cosa fosse, solo così sarebbe potuta arrivare a Draco.
 




 
“Ehi Simone!”
Il ragazzo sollevò lo sguardo, incrociando quello divertito di Franco, il suo capo. “Tutto bene? Ti vedo pensieroso.”
Annuì, sforzandosi di apparire naturale. Se l’uomo avesse anche solo sospettato quello che gli nascondeva lo avrebbe ucciso, ne era sicuro. “Si, tutto bene, sono solo stanco.”
“Ti va un caffè, così ti riprendi?” Propose l’uomo e lui ghignò soddisfatto. Era davvero un ottimo attore, il suo capo se l’era bevuta.
Davanti a due tazze di caffè fumanti, parlarono a lungo di lavoro e di affari, finché non si finì inevitabilmente per parlare di cose personali.
“Allora? Te la sei trovata una brava ragazza?” Gli chiese Franco con fare complice, rischiando di farlo soffocare con il caffè. Non poteva di certo dirgli che era uscito con sua figlia, ma nemmeno passare per uno sfigato che non aveva uno straccio di appuntamento. Nonostante fosse un semplice operaio, per cui tra i suoi colleghi era normale avere e parlare dei propri problemi, lui non lo faceva mai, odiava mostrarsi debole. Aveva un orgoglio di dimensioni spropositate insomma.
Un sorrisetto malandrino si fece strada sul suo volto. “Ho un cuore libertino per ora, poi se arriva quella giusta si vedrà.”
Lui sorrise, scuotendo la testa divertito. “Così non va bene Simone, ti credevo un bravo ragazzo. Le donne vanno trattate bene, non prese in giro.”
Simone si passò una mano tra i sottili capelli biondi, scompigliandoli. “Io non le prendo in giro, glielo dico che voglio solo divertirmi e a loro sta bene.”
“E di mia figlia Sara che mi dici?” Buttò lì Franco con fare incurante. “Ormai lo sanno anche i muri che ha un debole per te.”
La voce dell’uomo era calma e tranquilla, ma il biondo non poté non cogliervi un velo di minaccia. Temeva potesse prendere in giro anche sua figlia e lo stava avvertendo che se lo avesse fatto lo avrebbe ucciso. Senza poterlo evitare sorrise. “Oh andiamo! Pensi davvero che potrei mancarti di rispetto così?” Mentre diceva quelle parole, gli tornarono in mente i baci che aveva scambiato con Sara e avvertì il formarsi in lui dei cosiddetti scrupoli di coscienza. Non era un bravo ragazzo, probabilmente non lo era nemmeno prima dell’incidente, ma Franco era sempre stato gentile con lui e non se lo meritava. Doveva rimediare, doveva dire a Sara che dovevano smettere di vedersi.
“Devo andare,” disse, alzandosi in piedi.
Franco annuì, sorridendogli con fare paterno e Simone si sentì ancora più uno schifo. Quell’uomo gli voleva bene, lo considerava come un figlio, come aveva potuto tradire la sua fiducia in quella maniera così squallida?
“Lì fuori c’è la ragazza che ti farà perdere la testa, ne sono sicuro.”
Quella frase gli risuonò nella testa durante tutto il percorso fino alla fontana di Trevi, dove aveva appuntamento con Sara. Chissà, forse qualcuno in grado di fargli mettere la testa a posto esisteva davvero.
“Simone!” Esclamò Sara, gettandosi tra le sue braccia. Quando però fece per baciarlo, lui la respinse.
“No Sara, non possiamo.”
“Perché?” Chiese lei, confusa. “Credevo che tra di noi le cose stessero andando bene.”
Il biondo sospirò, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni e andandosi a sedere sul bordo della fontana. “Ho parlato con tuo padre poco fa,” mormorò, quando lei lo ebbe raggiunto.
“Non mi dire che glielo hai detto?”
“No, non l’ho fatto.”
La bionda tirò un sospiro di sollievo, circondandogli il collo con le braccia. “Non vedo allora dove sia il problema,” sussurrò, a pochi centimetri dalle sue labbra.
Il vecchio Simone, quello crudele e spietato, non si sarebbe fatto problemi a baciarla e a portarsela a letto, ma il punto era che lei non era un’estranea e nemmeno suo padre lo era. Non poteva far loro una cosa così orribile solo per sfogare i suoi istinti, non se lo meritavano.
La spinse lontano da se e si alzò. “Tuo padre è mio amico, non posso fargli questo.”
“Ma…..”
“Sei una bella ragazza e sono attratto da te, ma non provo quello che provi tu. Vuoi davvero stare con me sapendo che saresti solo una donna oggetto?”
Le voltò le spalle, incamminandosi verso la sua macchina senza aspettare la sua risposta. Era giusto così, non c’era più nulla da dire, per una volta era stato sincero e non poteva non sentirsi orgoglioso di se stesso. Forse ora almeno un po’ della gentilezza di Franco se la stava meritando. Era un buon inizio in fondo.
 

 



Per chi temeva che Ginny potesse tornare con Harry, direi che con questo capitolo ha avuto le sue rassicurazioni :)  La nostra Weasley non è Ron, lei non riesce a far finta di nulla, lei è troppo delusa. Questo penso si possa definire il capitolo della svolta, oltre alla rabbia in Ginny si è formata la speranza che Draco sia ancora vivo ed è disposta a tutto per trovarlo. Ma il sogno che ha fatto è davvero reale o è uno scherzo della sua mente?
Ci sono poi Theo e Luna, che finalmente hanno chiarito! Uno stupido e vecchio episodio non poteva distruggere il loro amore, loro sono più forti di tutto!! <3
Infine c’è il nostro Simone, che colpito dai rimorsi ha scaricato Sara!! :D  Anche senza memoria non ha perso il suo caratterino, ma almeno si è reso conto che non stava facendo una cosa corretta!
Cosa succederà ora? Cosa farà Ginny? Fatemi sapere cosa ne pensate e grazie per il sostegno che continuate a darmi!! Per me è fondamentale! :D
Baci, trilly <3 

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Capitolo 16
*** La chiave di tutto ***


            Capitolo 16: La chiave di tutto




 
“è davvero stupenda,” mormorò Pansy, sorridendo sognante. Lei e Blaise erano affacciati al terrazzo della grande villa che il ragazzo aveva acquistato per loro due. Da lì si poteva ammirare il bellissimo gioco di luce creato dai raggi del sole sul giardino che circondava la villa. Quest’ultima era un imponente struttura composta da due piani di un delicato color lilla. Pansy e Blaise ci avevano impiegato quasi mezz’ora per visitarla tutta talmente era grande. C’era uno spazioso ingresso, poi la cucina, la sala da pranzo, quella per le grandi occasioni, la sala da ballo, due studi, la stanza della palestra, il salotto, due bagni, il ripostiglio, la cantina e poi le immense camere da letto. Tutto era arredato con uno stile classico, ma allo stesso tempo moderno e lei non aveva potuto non innamorarsene immediatamente.
Blaise sorrise, abbracciandola da dietro. “Sono contento che ti piaccia. Mi hanno aiutato parecchio nella scelta dei mobili, lo sai che non ne capisco granché, ma volevo farti una sorpresa e…..”
La mora intrecciò le dita con le sue, abbandonando la testa contro il suo petto. “Mi piace Blaise, mi piace davvero tanto. Mi sarei accontentata anche di un monolocale, l’importante che fosse il nostro nido.”
“Già,” sussurrò lui, iniziando a lasciarle dolci baci sul collo. “Sarà bello svegliarmi e per prima cosa vedere te.”
Pansy sorrise, socchiudendo gli occhi e godendosi le sue attenzioni, la sua mente nel frattempo già fantasticava sulla loro vita insieme. Non c’era niente che desiderava di più di condividere ogni cosa con lui. Si sarebbero svegliati insieme, avrebbe cucinato per lui, avrebbero riso e scherzato, avrebbero discusso e poi avrebbero fatto pace……tutto insieme.
“Ti amo Blaise.”
Il ragazzo la fece voltare verso di lui, accostando poi la fronte contro la sua. “Ho sbagliato tanto con te, ti ho trascurata, ti ho ferita e mi dispiace. Scusami, piccola mia.”
Lei sorrise, sfiorandogli una guancia in una dolce carezza. “Per me è tutto passato, non devi più scusarti.”
“Oh Pan, io…...io ti amo,” sussurrò, prima di baciarla con passione. Le loro lingue si cercarono e s’intrecciarono in una danza sensuale, così come i loro corpi uniti come se fossero stati una cosa sola..
“Stavo pensando una cosa,” disse Blaise, mentre un sorrisetto malizioso si faceva strada sulle sue labbra. “Forse dovremmo inaugurare la nostra camera da letto.”
La mora si morse il labbro, sorridendo a sua volta. “Non mi sembra una cattiva idea.”
Il ragazzo allora la prese in braccio, cogliendola di sorpresa. “Blaise, cosa fai?”
“Secondo te?” Ribatté lui divertito, avviandosi all’interno della villa reggendola come un sacco di patate.
“Tu sei pazzo!” Esclamò Pansy ridendo.
Blaise non rispose, si limitò ad affrettare il passo e a ridere come un bambino e in quel momento la ragazza si sentì veramente a casa.



 

 
Come ogni giorno Diagon Alley era super affollata. Sciami di persone si spostavano da un negozio all’altro o chiacchieravano allegramente con amici e parenti. Ginny, nascosta nel suo pesante mantello, camminava a passo svelto, temendo che qualcuno potesse riconoscerla. Il qualcuno in questione era suo fratello George, il cui negozio di scherzi si trovava proprio sulla strada principale. Normalmente non avrebbe evitato suo fratello, ma dato che quella mattina aveva lasciato la Tana di corsa senza dare spiegazioni, temeva che lui potesse farle domande e riferire poi tutto a sua madre, la quale non doveva assolutamente sapere cosa passava per la sua mente malata, altrimenti si sarebbe inevitabilmente preoccupata e avrebbe assunto il suo solito atteggiamento ansioso.
Mentre camminava, non poteva fare a meno di pensare a ciò che Draco le aveva detto in sogno. Lui le aveva chiesto di trovarlo e aveva parlato di una stella che doveva essere la chiave di tutto, ma cosa poteva mai significare? Inoltre l’aveva messa in guardia su qualcuno, che per quanto ne poteva sapere poteva essere chiunque e aveva accennato di aver incontrato Harry quella notte. Probabilmente avevano litigato com’era loro solito, quindi non c’era da sorprendersi che il moro non glielo avesse detto, eppure era sicura ci fosse qualcosa che le sfuggiva, ma cosa?
Scosse la testa, quasi sperasse che con quel gesto potesse allontanare tutti quei pensieri che ormai l’assillavano. Fu proprio mentre faceva ciò, che con la coda dell’occhio notò che qualcuno la stava fissando. Si voltò di scatto, aspettandosi qualcosa che invece non c’era. Era sicura che una persona la stesse fissando fino a pochi istanti prima, ma sembrava essersi volatilizzata nel nulla. Probabilmente era la sua mente instabile che si divertiva a giocarle brutti scherzi, non poteva esserci altra spiegazione.
Svoltando l’angolo, si ritrovò di fronte l’imponente edificio della Zabini International. Era convinta che non ci fosse persona che conoscesse Draco più di lui, perciò era l’unico che poteva darle delle risposte.
Varcò l’entrata e dopo che la receptionist le ebbe dato il consenso di salire nell’ufficio del direttore, si intrufolò in uno dei grossi e lussuosi ascensori. Quel posto era così bello e di classe da sembrare più un albergo a cinque stelle che un’azienda, ma d’altronde non ne era sorpresa, sin da quando andava a scuola vedeva i Serpeverde trattarsi fin troppo bene.
Bussò alla porta dove vide una targa d’oro con il nome del ragazzo, che la invitò ad entrare dopo un tempo che le parve infinito.
Quando entrò, capì perché. Blaise era seduto dietro una bellissima ed elegante scrivania di chissà quale pregiatissimo legno, impegnato ad analizzare diversi documenti. Nonostante fosse visibilmente concentrato, un leggero sorriso schiudeva le sue labbra, segnale che fosse di buon umore.
“Lasciali pure qui Claire, appena ho finito con questi ci do un’occhiata,” mormorò, indicando con un gesto della mano la parte della scrivania dove non c’erano fogli, senza staccare lo sguardo da ciò che stava leggendo.
Ginny socchiuse un attimo gli occhi, facendosi coraggio, poi disse: “Devo parlarti Zabini.”
Il ragazzo sollevò lo sguardo di scatto, posandolo su di lei, sorpreso. “Weasley, cosa ci fai qui?”
“Te l’ho detto, devo parlarti.”
Annuì, invitandola con un cenno a sedersi di fronte a lui. “Ammetto che sei l’ultima persona che mi aspettavo di vedere.”
“Si bè…” iniziò lei, a disagio. Temeva che se gli avesse raccontato del sogno l’avrebbe presa per pazza, in fondo lei stessa si considerava piuttosto instabile.
“Si tratta di Theo, non è così?” Disse lui, ora palesemente divertito. “Mi ha detto del vostro approccio.”
Ginny arrossì di colpo, ma si sforzò di ricomporsi. “Ma quale approccio? È stato solo uno stupido bacio in un brutto momento per entrambi,” ribatté, facendolo scoppiare a ridere.
“Smettila di prenderti gioco di me Zabini! Sono qui per una cosa seria!”
Nonostante vederla così infastidita lo divertisse non poco, assunse un’espressione seria. “Di che si tratta?”
Lei prese un profondo respiro. “Stanotte Draco mi è venuto in sogno, ma non è stato come le altre volte, stavolta è stato lui a voler instaurare il contatto. Vuole che lo troviamo e……ha detto che la stella è la chiave di tutto, ma non so cosa significa e ho pensato che tu…..be……”
Blaise sollevò un sopracciglio, scettico. “Weasley, ma che ti sei bevuta?”
“Eh?”
Lui rise, incredulo. “Siamo maghi, non alieni. Nessuno può mettersi in contatto con la mente dell’altro se non con la Legilimanzia e dubito che una persona scomparsa che nemmeno gli Auror hanno trovato possa compierla senza essere scoperta.”
Ginny sollevò gli occhi al cielo. “Che ne è stato del tuo spirito combattivo? Sembri un incrocio tra Hermione e Nott come parli.”
Blaise fece una smorfia schifata. “Non paragonarmi alla tua amica Mezz……”
“Continua la frase e giuro che ti schianto,” lo interruppe lei, fulminandolo con lo sguardo.
Lui sorrise. “Sul serio, non c’è niente che vorrei di più che Draco fosse vivo, ma…..”
“Era lui, ne sono sicura. Mi ha detto che una volta si è messo in contatto con te per impedirti di mandare a monte il tuo rapporto con Pansy.”
Il ragazzo sgranò gli occhi. “Questa cosa non la sapeva nessuno a parte me, come….?”
“Mi sembra ovvio! Ora mi credi o no?”
Dopo un attimo di esitazione, annuì. “Cosa ti ha detto?”
“Dobbiamo trovare una stella, ha detto che è la chiave di tutto. Con la stella avremo tutte le risposte.”
Blaise si accigliò. “Ma che diavolo significa? Mi hanno sempre innervosito i suoi messaggi criptici. Nemmeno ora si è tolto il vizio.”
La rossa annuì. “Sono ore che ci penso, ma non sono riuscita proprio a decifrare le sue parole. Ah e poi mi ha detto di tenere gli occhi aperti perché non tutti sono ciò che sembrano.”
Lui sollevò un sopracciglio, confuso. “Secondo te si riferiva a qualcuno in particolare?”
“Non lo so, magari lo ha detto solo perché lui non si fida nemmeno della sua ombra. In fondo è sempre stato pieno di pregiudizi.”
“Mmm,” il ragazzo si toccò il mento, pensieroso. “Hai detto una stella?”
“Si, ha detto che dobbiamo trovare la stella, lei è la chiave di tutto. Con la stella avremo tutte le risposte.”
“Risposte a cosa?”
Lei scrollò le spalle. “Credo si riferisca a lui e alla sua scomparsa. Forse questa stella ci farà capire dov’è.”
“E se ci porta a un cadavere? E se ti sei solo fatta condizionare da ciò che hai scoperto sul tuo passato?” Buttò lì, prendendosi la testa tra le mani. Non voleva illudersi, non voleva aggrapparsi a utopiche speranze.
Ginny lo fulminò con lo sguardo. “Io non sono pazza Zabini, so quello che ho visto, ma se non mi credi me la caverò da sola.”
Scattò in piedi, avviandosi verso la porta, ma appena posò la mano sulla maniglia lui la richiamò.
“Aspetta…..io ti credo….io voglio trovare Draco.”
Si guardarono per alcuni istanti, quasi volessero accertarsi che l’altro fosse sincero, poi Ginny annuì. “Andiamo a cercare la stella allora.”
“Come facciamo a trovarla se non sappiamo cos’è?”
“Bè….. io avrei un’idea su dove cercarla, anche se è solo un’ipotesi.”
“Che stiamo aspettando allora?” Ribatté Blaise, raggiungendola a grandi falcate. “Diamoci da fare.”
 




 
Blaise guardò la grande camera da letto e poi Ginny, sollevando un sopracciglio. “Perché siamo venuti qui?”
Lei fece qualche passo avanti, torturandosi le mani. “Il mio istinto mi dice che quello che cerchiamo è qui da qualche parte.”
Nelle tre ore successive i due misero praticamente a soqquadro la camera da letto della Stamberga Strillante, senza trovare nulla che avesse anche minimamente a che fare con una stella.
Ginny sbuffò sonoramente, svuotando l’ultimo cassetto del piccolo scrittoio. Dentro vi trovò un album pieno di frasi e vecchie fotografie. Le foto erano sue e di Draco ai tempi della loro storia. Vederle suscitò in lei delle sensazioni che non riusciva a spiegarsi. Una serie di immagini attraversò la sua mente come una vecchia pellicola e nel suo stomaco si formò una voragine. Quella ragazza dai capelli rossi avrebbe dovuto esserle familiare, eppure quasi non si riconosceva. Possibile che fosse davvero lei? Quasi senza rendersene conto, gli occhi iniziarono a bruciarle, preannunciando la fuoriuscita della lacrime.
Cosa ne era stato della Ginny forte e combattiva che era allora? Cosa ne era stato di quella ragazza che lottava sempre senza mai abbattersi?
Senza poterlo evitare, si lasciò sfuggire un singhiozzo. Era diventata una debole, una che scoppiava a piangere al minimo problema. Era così inutile, così patetica.
“Weasley! Vieni qua, presto!” La richiamò la voce ansiosa di Blaise.
La ragazza si alzò a fatica, ancora decisamente provata e lo raggiunse accanto al letto. Lui aveva tra le mani quello che riconobbe essere il cofanetto grande. L’unica volta che era stata lì aveva aperto quello piccolo, dimenticandosi completamente dell’altro. Si aspettava che il ragazzo lo aprisse, invece si limitava a fissarlo in silenzio.
“Zabini, non capisco….” Ammise, confusa.
“La serratura,” spiegò lui. “La serratura è a forma di stella.”
Ginny prese il cofanetto dalle sue mani, stupita. L’unico modo per aprirlo era inserirci un pezzo a forma di stella grande poco più di una noce. “Possibile che….?”
Il ragazzo scrollò le spalle. “Non so, può essere. Sarebbe assurdo se si trattasse solo di una coincidenza.”
Lei si morse il labbro, pensierosa. “Questo spiegherebbe perché Draco ha parlato della stella come chiave di tutto. La chiave è a forma di stella.”
Blaise scosse la testa, incredulo. “Cosa potrà mai esserci lì dentro per risolvere il mistero? La mappa del tesoro? La lettera di scuse del colpevole?”
“Non ne ho idea,” mormorò, prima che lui posasse il cofanetto sul letto e tirasse fuori la bacchetta. “Che vuoi fare?”
“Al diavolo tutto, c’è un solo modo per avere le nostre risposte. Bombarda……..”
“NO!” Urlò Ginny, frapponendosi tra lui e il cofanetto. “Non sappiamo cosa c’è dentro, potrebbe essere qualcosa di fragile che potrebbe rompersi.”
“Ma…”
“Ti prego Zabini, non agire d’istinto per una volta. Qui dentro potrebbe esserci qualcosa che potrebbe portarci a Draco, è la nostra unica pista.”
Blaise ruotò gli occhi, ma alla fine abbassò la bacchetta. “Va bene, faremo a modo tuo, ma se le cose vanno male saprò con chi prendermela.”
“Perfetto.”

 



 
“Una chiave? Una chiave a forma di stella che dovrebbe aprire quel cofanetto?”
“Sembra assurdo, ma è così.”
“Perché mai aprirlo potrebbe aiutarci a trovare Draco?”
“Vorrei tanto saperlo.”
Le voci di Blaise, Pansy, Theo e Luna le risuonavano nelle orecchie come da molto lontano. Era raggomitolata sul grande letto a baldacchino con sguardo assente, mentre loro erano accanto all’armadio ad analizzare il famoso cofanetto.
Non sapeva da quante ore fossero lì, ma erano sicuramente troppe per la sua povera testa, che le girava come una trottola impazzita. Chiuse gli occhi, abbandonandosi sul morbido copriletto. Non c’era niente da fare, nessuno di loro sapeva della chiave a stella né di come trovarla. Erano in un vicolo cieco.
“Siamo sicuri che sia qualcosa di concreto e non si tratti invece di una sua fantasia?” Chiese Pansy, accennando a Ginny, che sembrava essersi assopita.
“In effetti potrebbe,” convenne Theo. “Chiunque avrebbe perso la testa al suo posto e…..”
“No,” intervenne Luna. “Ginny non è pazza. Ha già fatto dei sogni che si sono poi rivelati reali.”
“Peccato che in quel caso erano ricordi, ora di cosa si parla di una premonizione? È assurdo solo pensarci,” insistette la mora.
Theo fece fatica a trattenere una risata. “Anche Potter faceva premonizioni, magari è un virus che si trasmette.”
Luna sollevò gli occhi al cielo, mentre Pansy si accigliò. “Una cosa simile me la sarei aspettata da Blaise, non di certo da te. A proposito di Blaise,” proseguì, guardandolo. “Non hai ancora espresso il tuo parere.”
Il ragazzo sussultò, risvegliandosi dalla trance in cui era caduto. Gli capitava solo rare volte di pensare così tanto e quando lo faceva si estraniava completamente dal mondo. Guardò i tre amici, che pazientemente attendevano, poi mormorò: “penso che abbia davvero visto Draco, dobbiamo trovare quella stella.”
“Come puoi esserne sicuro?” Chiese Pansy, scettica. “Ti rendi conto che è una cosa assurda?”
Blaise sospirò. “Durante il periodo in cui ci eravamo lasciati, ho sognato Draco e lui mi ha detto che mi stavo distruggendo con le mie stesse mani e che non potevo lasciarti andare. È soprattutto grazie a lui se sono ritornato sui miei passi.”
Theo si accigliò. “E questo che c’entra?”
“Lei lo sapeva, sapeva del mio sogno. Non può essere un caso. Io non l’ho detto a nessuno prima d’ora.”
Pansy spostò lo sguardo dall’uno altro, incapace di articolare qualsiasi parola. Com’era possibile? Le sembrava tutto così strano, così assurdo. “Quindi voi pensate che in qualche modo Draco si sia messo in contatto con lei?”
Luna scrollò le spalle. “Forse si, forse è davvero riuscito a trovare il modo di chiederle aiuto.”
Blaise annuì concorde. “Solo Draco può averle detto che mi è venuto in sogno, non c’è altra spiegazione.”
Theo si prese ancora qualche istante per pensarci, poi iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, passandosi nervosamente una mano nei capelli. “Va bene,” disse alla fine, animato da una nuova determinazione. “Troviamo quella stella.”
“Magari si trova a casa sua,” mormorò una voce, facendoli voltare di scatto. Ginny si era svegliata e anche se visibilmente pallida e malaticcia, sembrava lucida. “Forse quel cofanetto apparteneva proprio a Draco e quindi la stella era un suo oggetto personale.”
“Pronti per una bella gita a Villa Malfoy?” Propose allora Blaise, avviandosi verso la porta. Gli altri, seppur ancora scettici, Pansy per prima, si affrettarono a seguirlo.
Quello che non sapevano, era che mentre camminavano lungo le strade di Hogsmeade, una figura misteriosa li seguiva con il sorriso sulle labbra. Finalmente le cose stavano andando come voleva, aspettare tanto forse ne era valsa la pena. Ora non doveva fare altro che attuare la seconda parte del suo piano e sperare che le cose andassero altrettanto bene.   
 





 
Per prima cosa, volevo farvi tanti auguri di buona Pasqua!! :D
Con questo capitolo finisce la cosiddetta fase tranquilla e si entra nel vivo della storia! La stella a quanto pare è una sorta di chiave del cofanetto grande, che dovrebbe contenere delle risposte sulla sparizione di Draco. Sarà così? E la figura incappucciata come mai sembra sapere tutto? È un alleato o una minaccia?
Non ho potuto poi non dedicare la prima parte a Blaise e Pansy e alla loro nuova casa!! Dopo aver sofferto tanto se lo meritavano :D
Ne approfitto poi per ringraziare ancora tutti coloro che continuano a seguirmi! È davvero una bella soddisfazione sapere che la storia vi sta piacendo!
A presto, baci trilly <3

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Capitolo 17
*** Figure nell'ombra ***


                  Capitolo 17: Figure nell’ombra
 



 
Quei lunghi e tetri corridoi misero in Luna un’ansia e un’inquietudine che faceva fatica a controllare. La prima e l’unica volta che aveva messo piede a Villa Malfoy ci era stata portata con la forza dai Mangiamorte. Nella sua mente i ricordi di quel periodo erano sempre così nitidi, ricordava la fredda e desolata cella che aveva condiviso con il fabbricante di bacchette Olivander e il folletto Unci-Unci, ricordava le visite di Voldemort, gli interrogatori e poi le torture, lacrime, dolore, sangue. Nonostante tendesse a mostrarsi forte e sicura, le terribili esperienze della guerra avevano continuato a perseguitarla e ora che aveva rimesso di nuovo piede in quel luogo, si rendeva conto che non era pronta. Non era pronta ad affrontare i fantasmi del suo passato, non era pronta a rivedere di nuovo il posto dove aveva sofferto, dove aveva pianto e dove aveva quasi perso la speranza. Ora quelle stanze erano deserte, abbandonate, polverose, eppure ai suoi occhi apparivano ancora come erano un tempo. Le sembrava quasi di sentire la risata crudele di Bellatrix, il bisbigliare spaventato di Codaliscia e la voce fredda e autoritaria di Lucius Malfoy. Le sembrava quasi di avvertire alle narici lo stesso odore di sangue, di sudore e di lacrime. Nella sua testa era tutto così vivido, così reale.
Strinse più forte l’impugnatura della bacchetta e dopo aver fatto un profondo respiro, proseguì lungo uno dei tanti corridoi. Quella villa era così immensa da sembrare un labirinto e proprio per questo avevano deciso di dividersi, ma ora Luna iniziava seriamente a pentirsene. Theo aveva insistito tanto per convincerla ad andare con lui, perché era stata così testarda dal voler andare da sola? Cosa voleva dimostrare? Quel posto le incuteva timore fin nelle viscere, era inutile che lo negasse. I suoi ricordi e le sue paure erano ancora lì, come se il tempo non fosse mai passato. Lì tra quelle mura c’era ancora la Luna che era un tempo, quella ingenua e apparentemente indifferente, ma in realtà fragile e spaventata. Aveva sempre indossato quella maschera impenetrabile per apparire forte e sicura quando invece era forse la più vulnerabile. Neville e Ginny avevano patito ogni tipo di tortura dai Mangiamorte e lo stesso valeva per gli altri Grifondoro, per Olivander e Unci-Unci, eppure non avevano mai battuto ciglio, avevano incassato il colpo e si erano rialzati più forti di prima. Quando era lei a subire le torture non reagiva, non urlava e non piangeva, ma una volta in camera sua abbandonava la maschera e piangeva disperata, mentre il suo sonno era tormentato da continui e terribili incubi. La Luna di quel periodo era sempre più consumata e annientata, lo spettro della ragazza che era prima. Pensava di essere riuscita a superare la cosa, pensava di essere più forte e finalmente pronta, purtroppo però non era così. Lei aveva ancora paura, lei avev………
Si bloccò di colpo. Nella stanza in fondo al corridoio c’era qualcuno, ne era sicura. Poteva sentire il rumore dei suoi passi. In punta di piedi si avvicinò, le orecchie pronte a cogliere il minimo rumore. La porta della stanza era socchiusa, perciò da una piccola fessura poté mettere a fuoco quello che riconobbe essere uno studio. C’erano una scrivania in noce, uno scaffale pieno di scartoffie e……..in ginocchio sul parquet, impegnata ad analizzare il contenuto di quello che sembrava un cassetto, c’era una figura con un lungo mantello nero con il cappuccio. Improvvisamente le tornò in mente quella che lei e Pansy avevano visto al Paiolo Magico. Possibile che fosse la stessa persona?
Quasi le avesse letto nel pensiero, la misteriosa figura posò lo sguardo su di lei e allora Luna notò che indossava una maschera argentata, una maschera che aveva già visto. Istintivamente indietreggiò, mentre l’incappucciato si avvicinava a grandi falcate. Terrorizzata come mai era stata in vita sua, Luna iniziò a correre più veloce che poteva e la persona misteriosa la seguì. Troppo presa dal panico, la ragazza correva senza sapere nemmeno dove andasse, il suo unico pensiero era seminarlo. Rischiando di farsi venire il torcicollo, si voltava continuamente verso l’incappucciato che ormai l’aveva quasi raggiunta. Come avrebbe fatto a liberarsi di lui? Fu allora che si rese conto di essere finita in un vicolo cieco, alle sue spalle c’era solo una grossa finestra. Si fermò, mordendosi il labbro quasi a sangue, mentre il cuore le batteva così forte da farle male. Era in trappola. La figura misteriosa doveva pensarla allo stesso modo, infatti un sorrisetto crudele si distese sulle sue labbra.
“Ti prego,” sussurrò, terrorizzata.
Quello si limitò a scrutarla per alcuni istanti, poi Luna avvertì qualcosa di duro colpirla dietro la testa e un dolore atroce diffondersi in tutto il corpo. L’ultima cosa che vide prima di crollare nel buio, fu l’incappucciato che scappava via senza voltarsi indietro.
 




 
La grande e polverosa camera era tappezzata di poster e foto ormai consumati dal tempo e Blaise istintivamente sorrise. Gli sembrava ieri quando lui, Draco e Theo trascorrevano i pomeriggi proprio lì. Ogni cosa sembrava uguale ad allora, stesso letto, stesso armadio, stessa mensola con la collezione di soldatini, stessa scrivania piena di piume pregiate e boccini, stessi poster sul Quidditch, stesse vecchie foto della scuola. Più di cinque anni erano passati dall’ultima volta che Draco aveva messo piede nella sua camera, eppure lì il tempo sembrava essersi fermato. Lì erano ancora degli adolescenti ambiziosi e incoscienti che fantasticavano sulla vita che avrebbero voluto, nessuno di loro immaginava che il destino avesse già deciso. Proprio in quella camera aveva riso, scherzato e anche litigato con i suoi amici e anni dopo aveva pianto come un bambino sul grembo di Pansy. Proprio lì, l’aveva guardata negli occhi e per la prima volta si era reso conto di volerla accanto tutta la vita e l’aveva baciata. Quanti Blaise aveva conosciuto quella camera? Tanti, troppi. Dopo essere stato un idiota per tanto tempo, ora finalmente aveva preso in mano la sua vita, ora era più forte e determinato. Draco era vivo, ne era sicuro e lo avrebbe ritrovato. Animato da questa consapevolezza, iniziò ad aprire tutti i cassetti alla ricerca della chiave a stella. Era convinto che quel cofanetto appartenesse alla famiglia Malfoy e quindi la chiave doveva averla nascosta Draco lì da qualche parte. Conoscendo il biondo, l’aveva sicuramente messa in un posto sicuro, un posto dove nessuno avrebbe cercato. Proprio per questo, stracciò dal muro tutti i poster e le foto e tastò le pareti con attenzione, ma nulla, nessuno scompartimento segreto. S’inginocchiò allora sotto il letto e sotto l’armadio per vedere se ci fosse una botola o qualsiasi altro nascondiglio, mise a soqquadro l’armadio, spostò la scrivania, fece cadere tutti i soldatini, le piume e i boccini, diede qualche colpo al battiscopa. Alla fine di ciò, sbuffò sonoramente, assestando un violento calcio al letto e finendo inevitabilmente per avvertire un dolore cane.
“Cazzo!” Sbottò, sedendosi sul letto e massaggiandosi il piede. Niente, in quella camera non c’era praticamente nulla che avesse a che fare con la chiave a stella. “Accidenti Draco! Un indizio decente ce lo potevi dare! Ti diverte lasciarci qui come degli idioti a cercare chissà cosa?........Dio, sto perdendo la testa, ora parlo pure da solo,” aggiunse, prendendosi la testa tra le mani. Doveva restare lucido, aveva ancora tante stanze dove cercare e doveva muoversi. Proprio mentre si stava alzando, la porta della camera sbatté e dei passi risuonarono oltre di essa. Veloce come un fulmine scattò e tentò di aprirla, ma la scoprì chiusa.
“Ma che….?” Ci provò più volte, ma nulla, era bloccata. “Alohomora!” Un fascio di luce partì dalla sua bacchetta, centrando la serratura, che però restò sigillata.
“EHI TU BASTARDO!” Urlò allora, colpendo la porta con i pugni. “APRI QUESTA CAZZO DI PORTA! NON è PER NIENTE DIVERTENTE!”
Dall’altro lato però, sembrava non esserci nessuno e Blaise, persa la poca pazienza che aveva, iniziò a colpire la porta con ogni oggetto che gli capitava a tiro, alternando con pugni, calci e incantesimi. “Bombarda Maxima! Deprimo!”
Tutto ciò sembrava in ogni caso inutile. La porta infatti non si scalfì minimamente, come se nulla l’avesse colpita. Si voltò verso la finestra, facendo i medesimi tentativi, ma essa come la porta appariva impenetrabile. Esausto, si lasciò cadere con la schiena contro la porta e socchiuse gli occhi. “Chi diavolo sei? Perché mi hai chiuso qui dentro? Rispondi cazzo! Lo so che sei lì, ho sentito il rumore dei tuoi passi.”
Nessuno rispose e il ragazzo strinse i denti, fumante di rabbia. Chi c’era in quella casa che avrebbe dovuto essere deserta? Un terribile presentimento attraversò la sua mente, possibile che si trattasse di quei Mangiamorte che erano sfuggiti agli Auror? Erano lì per cercare vendetta? Se si, perché non lo avevano ucciso?
Si affrettò a recuperare il cellulare dalla tasca e a comporre il numero di Pansy. A rispondergli fu però la segreteria. “Cazzo!” Sbottò, colpendo con un pugno la porta alle sue spalle. Se avessero toccato la sua Pansy anche solo con un dito li avrebbe uccisi con le sue mani. Provò a chiamare anche Theo, Luna e Ginny, ma il risultato fu sempre lo stesso. E se gli fosse successo qualcosa? E se….?
“APRI QUESTA PORTA ACCIDENTI A TE! AFFRONTAMI DA UOMO CODARDO CHE NON SEI ALTRO! HAI INTENZIONE DI TENERMI QUI PER SEMPRE? APRI CAZZO APRI!” Le sue urla continuarono a risuonare nel silenzio più totale, senza ricevere alcuna risposta o segnale di vita. Era in trappola e non sapeva proprio come uscirne.
 




 
“Lumos,” mormorò Pansy, affrettando il passo. Era finita in quella che riconobbe essere la famosa biblioteca dei Malfoy. Gli scaffali stracolmi di libri quasi raggiungevano il soffitto, facendola sembrare una sorta di città. Tante volte Draco si era vantato che la biblioteca di Hogwarts fosse un buco in confronto a quella di casa sua e ora capiva perché. Quel posto era immenso, c’erano troppi libri, troppi scaffali. Il rischio di perdersi era molto alto. Avanzò di qualche passo, finché non raggiunse il centro della biblioteca. Proprio lì, c’era un grosso bancone con alcuni libri, ma la cosa che attirò maggiormente la sua attenzione fu la candela accesa proprio accanto ai tomi. Deglutì, indietreggiando più piano che poté. C’era qualcuno lì, ma non erano i suoi amici ne era sicura. Loro erano andati ai piani superiori e…….
“Hai trovato qualcosa?”
Si bloccò di colpo, fermandosi spalle al muro. Una voce sconosciuta tra gli scaffali aveva rotto il silenzio. Una voce che non aveva mai sentito prima di quel momento. Il cuore iniziò a batterle a mille e il terrore prese il sopravvento. Doveva scappare e subito. Nel muoversi, urtò una sorta di leva e la parete alle sue spalle iniziò a ruotare. Un attimo prima era nella biblioteca, quello dopo si ritrovò in un corridoio buio pieno di ritratti, che la fissarono sospettosi. Sulle pareti di pietra erano sospese diverse torce che emanavano una luce verdastra alquanto inquietante. Quello doveva essere un passaggio segreto, forse ideato dagli antenati Malfoy. Normalmente sarebbe tornata indietro, quel posto non le piaceva e nemmeno quei ritratti con la puzza sotto il naso, ma se lo avesse fatto avrebbe trovato chissà chi ad attenderla e non ci teneva per niente. Per quanto ne sapeva erano Mangiamorte che forse si nascondevano lì da anni ed era sicura che non si sarebbero fatti scrupoli ad ucciderla.
Avanzò lungo quel corridoio, mentre i volti nei ritratti la seguivano con lo sguardo. Alcuni la guardavano ancora con sospetto, altri sembravano semplicemente curiosi. Le targhe con i nomi poste sotto di essi, le fecero capire che quelli dovevano essere tutti gli antenati di Draco, anche se probabilmente lo avrebbe capito già solo osservando i loro capelli biondissimi, i lineamenti affilati e gli occhi di ghiaccio. Tutti quegli sguardi addosso la mettevano a disagio, aveva sempre odiato stare al centro dell’attenzione, lei era più il tipo che si muoveva nell’ombra.
Per diversi metri la strada rimase sempre uguale, finché non si trovò di fronte una stretta e arrugginita scala a chiocciola. Aveva la sensazione che se ci fosse salita sarebbe caduta in pezzi, purtroppo però quella era l’unica via d’uscita e non poteva fare altro che correre il rischio. Prese un profondo respiro e iniziò a salire quasi di corsa. Prima si muoveva e prima si toglieva il pensiero. Arrivata in cima, trovò una grossa porta di ferro che al minimo tocco si aprì. Subito un forte odore di umidità le giunse alle narici. Con la luce della bacchetta riuscì a mettere a fuoco un grande laboratorio di pozioni. C’erano calderoni di tutte le dimensioni, mensole con ampolle di tutti i colori, barattoli di vetro con dentro orribili e disgustose creature, armadi stracolmi di ingredienti e libri. Sembrava quasi la vecchia aula di pozioni di Piton. Draco poteva aver deciso di nascondere la chiave lì?
Scosse la testa, scettica. Per nascondere la chiave in casa sua, doveva esserci stato e dato che nessuno era stato in grado di trovarlo non era possibile. Nonostante avesse accettato di unirsi alle ricerche, Pansy non poteva fare a meno di pensare che la cosa fosse assurda. D’accordo che loro erano maghi e quindi tutto era possibile, ma credere di poter ricevere messaggi da persone che per tutti sono ormai defunte era paradossale. Capiva Ginny, in fondo dopo tutto quello che aveva scoperto era normale che avesse un po’ perso il senno, ma gli altri? Theo e Luna non potevano credere a una cosa simile e nemmeno Blaise. Il fatto strano poi, era che oltre loro c’era qualcun altro in casa, forse dei Mangiamorte. Erano lì per caso o faceva parte di un piano? Prese il cellulare e tentò di chiamare Blaise, ma prontamente le rispose la segreteria. “Blaise, sono io. Credo ci siano dei Mangiamorte qui, stai attento. Chiamami appena ricevi il messaggio.”
Lasciò lo stesso messaggio a Theo, Ginny e Luna, poi continuò ad esplorare il laboratorio alla ricerca di un’altra via d’uscita. Doveva esserci per forza, non poteva tornare indietro e consegnarsi ai Mangiamorte. Chissà poi cosa stavano cercando in biblioteca. Tastando le pareti, trovò a sorpresa una che sembrava vuota. La spinse, ma nello stesso momento qualcuno dall’altro lato la tirò. Una figura completamente in nero si stagliò di fronte a lei, che senza pensarci due volte cacciò un urlo.
“Stt,” la zittì quello, poggiandole una mano sulla bocca, ma Pansy continuò ad urlare e a tentare di divincolarsi, terrorizzata.
 
 




Theo si strinse maggiormente nel mantello, rabbrividendo. Erano più di venti minuti che percorreva quella rampa di scale e man mano che si scendeva, faceva sempre più freddo. L’unica fonte di luce era quella prodotta dalla sua bacchetta e l’unico rumore era quello dei suoi passi. Era stato tante volte a casa di Draco, ma era sicuro di non aver mai visitato quel luogo. Era così buio, freddo, inquietante. Quando finalmente le scale finirono, si ritrovò di fronte una porta con delle sbarre di ferro e non ebbe più dubbi. Quelle erano le famose segrete di Villa Malfoy, dove i prigionieri di Voldemort avevano subito le peggiori torture. A conferma di ciò, una volta che ebbe varcato la porta si ritrovò ad osservare un lungo corridoio ai cui lati si potevano notare numerose celle. Tutto era sporco e abbandonato, ma intatto. Le catene con cui i prigionieri venivano legati, i resti di coloro che lì erano morti e il sangue raffermo erano ancora lì, più vividi che mai.
Theo storse il naso, schifato. Anche a casa sua c’erano delle segrete simili e più di una volta c’era stato insieme a suo padre per torturare qualche malcapitato. Allora era un idiota, convinto che i babbani in quanto inferiori lo meritassero. Aveva ascoltato le loro urla e ne aveva gioito, ma poi una volta solo si era riscoperto più volte a vomitare pure l’anima. Sensi di colpa? Forse, o forse semplicemente non condivideva quei metodi. Lui era un Purosangue, convinto sostenitore della superiorità dei maghi rispetto agli altri, ma mai aveva pensato di torturarli o addirittura ucciderli, gli bastava averli fuori dai piedi e grazie tante. Lui non era un santo, anzi a volte era stato fin troppo razzista, ma non era nemmeno un assassino e mai aveva desiderato diventarlo. Per questo aveva deciso di voltare le spalle ai Mangiamorte e allo stesso tempo si era rifiutato di fare la spia per l’Ordine, lui non era come loro, lui non condivideva i loro metodi. Il suo posto perfetto era tra i Ribelli, tra coloro che non lottavano per il potere o per un mondo migliore, ma semplicemente per tutelare i propri diritti. Era egoista, lo sapeva, lo era sempre stato e gli andava bene così. Perché preoccuparsi per gli altri se loro non lo facevano per lui? Tutti erano egoisti, tutti mettevano il proprio ego al primo posto, solo che mentre loro ipocriti si ostinavano a negarlo, lui lo diceva apertamente e per questo veniva disprezzato. A nessuno piaceva la verità, quello era il punto. Preferivano essere ingannati e ingannarsi piuttosto che ammettere le loro imperfezioni, le cose stavano in quel modo da sempre e onestamente non gliene fregava più di tanto, l’importante era che lui non avesse alcun rimpianto. Forse proprio per quello aveva deciso di credere a Ginny, se c’era anche solo una possibilità che Draco fosse vivo come lui aveva sempre creduto, doveva fare di tutto per trovarlo. A costo di rischiare la sua vita e di andare contro alla sua solita razionalità, doveva provarci.
Si calò il cappuccio sulla testa, tappandosi il naso. Man mano che avanzava tra quelle celle, la puzza di decomposizione e morte si faceva sempre più forte. Una volta Draco gli aveva detto che c’era un’altra uscita dalle segrete, una che lui aveva usato più volte e che portava ai piani superiori, doveva esserci per forza.
Superate tutte le celle, si fermò davanti al grosso muro di pietra. L’uscita doveva essere lì da qualche parte. Grazie a un incantesimo di localizzazione riuscì ad individuare la parte di roccia mobile, che facendo un po’ di pressione riuscì ad aprire. Qualcuno dall’altro lato gli facilitò il compito, spingendo. Si ritrovò ben presto di fronte una ragazza dai lunghi capelli neri, che appena lo vide cacciò un urlo che quasi gli ruppe i timpani.
Senza pensarci due volte, scattò verso di lei, tappandole la bocca. “Stt,” sussurrò, tentando di calmarla, dato che continuava a scalciare come un’ossessa. “Pansy sono io Theo, va tutto bene.”
I grandi occhi scuri della ragazza si posarono nei suoi e in un attimo lo strinse in un forte abbraccio. “Theo….sei tu.”
“Si, sono io,” le disse, stringendola a se.
Pansy tirò un sospiro di sollievo. “Dio Theo, mi hai spaventata a morte, pensavo fossi un Mangiamorte.”
Lui si accigliò. “Un Mangiamorte? Come ti viene in mente?”
“C’è qualcun altro oltre a noi,” si affrettò a spiegare lei. “Erano in biblioteca e…….sono scappata.”
Theo sgranò gli occhi. “Li hai visti in faccia?”
“No, sono scappata prima che mi vedessero. Solo dei Mangiamorte potevano essere interessati a qualcosa nella biblioteca dei Malfoy e be…..sono preoccupata e se….?”
“E se fosse tutta una trappola?” Concluse il ragazzo per lei. “Magari quei bastardi hanno usato le nostre debolezze per farci venire qui, noi siamo comunque dei traditori,” aggiunse, accennando all’anello d’oro che aveva al dito.
Pansy annuì, mordendosi nervosamente il labbro. “Sin dall’inizio avevo un brutto presentimento, ma non pensavo che…… dobbiamo trovare gli altri e subito.”
I due s’incamminarono lungo la strada da dove veniva Pansy, convinti che se avessero trovato i Mangiamorte avrebbero trovato anche i loro amici. Le bacchette tese, pronte a colpire al primo movimento o rumore sospetto.
“Pansy,” sussurrò Theo, all’improvviso. “Tu pensi che Draco….?”
Nella sua voce c’era una certa dose di insicurezza e timore, che la mora non vi aveva colto mai prima di quel momento e la cosa la preoccupò non poco. Lui era sempre forte, sicuro, razionale, lui non aveva paura. Avrebbe voluto rassicurarlo e dirgli che Draco era vivo e stava bene, ma non poteva farlo, non poteva dirgli una bugia.
Deglutì, stringendogli forte la mano. “Andrà tutto bene Theo, vedrai.”
 




 
 
Lì all’esterno la temperatura era piuttosto fredda, ma nulla al confronto di quella all’interno della Villa. Ginny era riuscita a resistere anche troppo, ora aveva un disperato bisogno di respirare l’aria esterna, dentro era tutto troppo tetro, troppo pesante.
Quasi senza rendersene conto, si ritrovò ad incamminarsi verso il retro dove sapeva si trovava il cimitero privato della dinastia dei Malfoy. Sapeva che la tomba di Draco era vuota, ma lo stesso sentiva l’esigenza di vedere il posto dove simbolicamente riposava.
S’inginocchiò davanti la sua lapide, lo sguardo fisso su quella piccola foto. Più la fissava, più quel volto le appariva familiare. Lo aveva amato e anche tanto, lo sentiva e ciò non faceva altro che confonderla.
“Ciao,” sussurrò, mentre il cuore le batteva a mille. Voleva dirgli tante cose, ma in quel momento non le veniva in mente nulla di sensato, così improvvisò. “Abbiamo capito cosa apre la chiave: il cofanetto grande. Per il resto siamo in un vicolo cieco. Non so dove sia la chiave, non so dove cercarla. Ti prego aiutami, dammi un qualsiasi segnale.”
Accarezzò la foto del ragazzo e sospirò. Voleva con tutta se stessa ritrovare la chiave, così da poter poi trovare Draco, peccato che non sapeva come fare.
“Chi lo avrebbe mai detto che ci saremmo innamorati eh?” Mormorò, sorridendo. “Se me lo avessero detto quando ti ho visto la prima volta al Ghirigoro, probabilmente sarei scoppiata a ridere. Tu ed io insieme? Sembra così assurdo, eppure è così.
Sono così confusa Draco. Vorrei poterti dire che ti amo, che ti sono sempre stata fedele, ma non è così. Ho sposato Harry e bè……io credo di amarlo o almeno prima ne ero sicura. Ora che so il vero significato dei miei sogni non so più cosa provo, non so più cosa è giusto e cosa non lo è. Tu però meriti di essere riportato a casa, meriti che la verità esca fuori ed io farò di tutto per riuscirci.”
Ginny si morse il labbro, mentre calde lacrime iniziavano a scorrerle lungo il viso. “Ti troverò Draco, te lo prometto.”
Un lampo squarciò il cielo, facendola sussultare. Probabilmente di lì a poco si sarebbe scatenato un acquazzone, ma a lei non importava. Continuava a guardare la foto di Draco, persa nei suoi pensieri. Non sapeva dire con esattezza cosa provava per lui e per Harry, sapeva solo che voleva scoprire la verità, anche se una parte di lei temeva che essa potesse essere così terribile da non riuscire a sopportarla. E se in quel cofanetto ci avesse trovato le coordinate del posto dove si trovava il cadavere di Draco? E se fosse stata tutta una presa in giro?
Quando un nuovo lampo illuminò il cimitero, Ginny si rese conto di un luccichio che prima non aveva notato nel vaso di fiori freschi. I fiori erano delle bellissime orchidee, che qualcuno doveva aver portato da poco. Avvicinando a se il vaso, notò che il luccichio proveniva da una catenina d’oro avvolta intorno ai fiori. La sganciò, curiosa. A bocca aperta, si ritrovò ad osservare che la catenina aveva un pendente a forma di stella, grande quanto una noce. Tra i fiori poi, trovò anche un bigliettino scritto con una calligrafia sottile e ordinata.



Spesso la verità fa più male di una bugia, ma è meglio saperla che vivere nella menzogna.


“Mio Dio!” Esclamò, stupefatta.
Qualcuno aveva fatto in modo di farle avere la chiave, qualcuno che forse sapeva dov’era Draco. Ma chi era? Perché non si era mostrato?
Si rigirò la catenina tra le mani, euforica. “Forse sono vicina alla verità Draco.”
Prese il cellulare e compose il numero di Blaise, ma non fece mai la chiamata. Aveva infatti notato una figura incappucciata che la fissava da dietro a un albero. Era lui o lei ad averle lasciato la catenina?
Scattò in piedi, ma l’incappucciato sembrava essersi volatilizzato. Corrugò le sopracciglia, confusa. Perché era scappato? Cosa temeva?
“Ginny!”
Si voltò di scatto, vedendo Luna, Theo, Blaise e Pansy correre verso di lei. Erano tutti sporchi e visibilmente spaventati.
Con un sorriso che l’attraversava da parte a parte, mostrò loro la catenina.
“Come hai fatto a trovarla?” Chiese Pansy, stupita.
“L’ho trovata lì, avvolta alle orchidee,” spiegò, indicandole con un cenno.
Theo si toccò il mento, pensieroso. “Quindi qualcuno ha voluto farcela avere.”
“Ma chi può essere? E perché l’ha fatto solo ora?” Chiese Luna.
Gli altri scossero la testa, mentre Blaise si avvicinava a Ginny e le prendeva la catenina dalle mani. Un sorrisetto speranzoso si distese sulle sue labbra. “Stiamo arrivando Draco.”
“C’era qualcos’altro?” Chiese Theo. “Un biglietto o……?”
“Ah si!” Esclamò la ragazza, porgendoglielo.
Pansy lo lesse oltre la sua spalla e scosse la testa. “è una trappola, ora ne sono sicura.”
Blaise e Ginny la guardarono sorpresi, mentre Theo e Luna non batterono ciglio, probabilmente lo pensavano anche loro.
“In quella casa c’era qualcuno che si è divertito a metterci paura e voi stessi avete visto quel tipo incappucciato. I Mangiamorte sono tornati e cercano vendetta contro di noi. Il contenuto del cofanetto non ci porterà a Draco, ma alla trappola che hanno preparato per noi,” disse Pansy, sicura.
Ginny rise, incredula. “E i miei sogni come li spieghi?”
“Tu hai visto solo quello che loro hanno voluto farti vedere. Stanno utilizzando la stessa tecnica che Voldemort ha usato con Potter.”
“Non puoi pensarlo davvero! Pensi che sono così stupida da non accorgermi che qualcuno sta entrando nella mia testa?”
La mora non si scompose. “Hai mai studiato Occlumanzia Weasley? Sai cosa si prova quando qualcuno prova ad entrare nella tua testa e in quel caso sapresti fermarlo?”
Ginny ruotò gli occhi e sbuffò. “No, contenta?”
Prima che Pansy potesse dire qualsiasi cosa, Theo l’anticipò. “Io dico di vedere cosa c’è nel cofanetto, poi decidiamo come agire.”
Luna annuì e lo stesso fece Blaise. “D’accordo?”
Dopo un attimo d’indecisione in cui si fulminarono con lo sguardo, anche le due ragazze concordarono.
“Perfetto, andiamo.”   
 
 




 
Ed ecco qui il capitolo 17!! Questo è probabilmente il più movimentato fino ad ora e anche quello che più mi sono divertita a scrivere! :D La gita degli orrori a Villa Malfoy ha consentito ai ragazzi di trovare finalmente la chiave a stella, che però è stata lasciata lì proprio dall’incappucciato. Perché lo ha fatto? Vuole aiutarli o è una trappola come pensa Pansy? Inoltre Luna ha notato un importante particolare, l’incappucciato indossa una maschera d’argento, la maschera dei Mangiamorte e pare addirittura che ce ne sia più di uno!! Ci sarà da preoccuparsi? E nel cofanetto cosa ci sarà?
Come sempre ringrazio tutti per l’affetto con cui continuate a seguirmi!! <3
Al prossimo capitolo! Baci, trilly <3
  
 

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Capitolo 18
*** 2 maggio 1998 ***


                 Capitolo 18: 2 maggio 1998


 

“Ok,” disse Theo, prendendo il cofanetto e riponendolo sul letto. “è ora di scoprire cosa c’è qui dentro.”
Blaise e Luna annuirono prontamente, avvicinandosi. Ginny e Pansy invece restavano ancora a debita distanza, ma per motivi diversi. La rossa aveva paura che non vi avrebbero trovato ciò che si aspettava, che si rivelasse una delusione o che la verità fosse così terribile da sconvolgerla. La mora invece continuava a pensare che fosse una trappola, quasi si aspettasse che il cofanetto potesse scoppiare da un momento all’altro.
“Allora? Chi vuole avere l’onore?” Chiese Theo, spostando lo sguardo dall’uno all’altro. “Blaise?”
Il ragazzo rise nervosamente. “Non credo di essere la persona adatta. Sono più uno che agisce, mantenere la calma non è da me.”
“Ginny?”
Per la prima volta dopo giorni in cui si erano evitati come la peste, Theo e Ginny incrociarono i loro sguardi, ma il contatto durò molto poco infatti lei dopo avergli porto la catenina con mani tremanti, tornò nel suo angolo. “Aprilo tu, io non ne ho il coraggio.”
Il moro guardò Pansy e Luna, che annuirono. Prese allora un profondo respiro e infilò la chiave a stella nella serratura. Dopo alcuni scatti, finalmente il cofanetto si aprì.
Riuniti tutti intorno a lui, lo osservarono sollevare il coperchio. Dentro c’erano un gran numero di lettere, che da come poterono apprendere dalle firme, dovevano essere le lettere d’amore che Draco e Ginny si scambiavano ai tempi della loro storia.
“Penso che queste appartengano a te,” disse Theo, rivolgendosi a Ginny.
Lei le osservò, mordendosi nervosamente il labbro. “Non so se voglio leggerle, ho paura di scoprire quanto era intenso il nostro amore.”
Luna l’abbracciò, lasciandola di stucco. Qualunque persona dopo quello che aveva fatto l’avrebbe odiata o semplicemente ignorata, lei invece era lì a sostenerla come se nulla fosse accaduto. Luna l’aveva davvero perdonata. Avrebbe voluto ringraziarla, scusarsi ancora una volta, ma alla fine l’unica cosa che riuscì a fare fu stringersi maggiormente a lei. Avrebbe fatto di tutto per meritarsi il perdono della sua amica, anche se ci sarebbe voluta tutta la vita.
Blaise le diede una pacca sulla spalla, solidale. “Probabilmente neanche io vorrei leggerle.”
Theo si limitò ad annuire, restando a debita distanza dalla rossa. Dopo che quello che era successo anni prima tra di loro era diventato di dominio pubblico, non poteva fare a meno di sentirsi a disagio in sua presenza.
Pansy, che invece non aveva detto ancora nulla fino a quel momento, iniziò a tirar fuori tutte le lettere dal cofanetto. Se davvero quello era la chiave di tutto, doveva per forza esserci qualcos’altro oltre le lettere, doveva per forza. Quando tutte le lettere furono sparpagliate sul letto, notò in un angolo in fondo al cofanetto una piccola fialetta di vetro. La prese tra le mani, mentre la vista di un filo d’argento all’interno di essa conformò i suoi dubbi.
“Eccola la chiave di tutto,” mormorò, facendo voltare tutti verso di lei. “Guardate!”
I ragazzi sgranarono gli occhi, stupiti. “è un ricordo,” sussurrò Ginny.
“Si,” confermò la mora. “Forse proprio quello di quella notte.”
“Sei un genio Pan!” Esclamò Blaise, abbracciando la sua ragazza.
Un sorriso speranzoso si fece strada sul volto di Theo. “Finalmente avremo le nostre risposte.”
“Si, ormai siamo a un passo,” disse Luna, abbracciando lui e Ginny, che al minimo contatto tra di loro s’irrigidirono. La bionda però decise di non farci caso, continuando ad abbracciarli.
“Ora dobbiamo solo procurarci un Pensatoio.”
 
 




 
“Se la Mcgranitt ci scopre qui ci uccide,”disse Blaise, guardandosi intorno con circospezione.
Theo annuì, lanciando alcuni incantesimi per bloccare la porta. “Questo dovrebbe tenerla fuori il tempo necessario. È stata una fortuna che quei primini di Serpeverde conoscessero la parola d’ordine e decidessero di aiutarci.”
“Qualunque cosa per opporsi a quella cornacchia acida pro-Grifondoro,” commentò il giovane Zabini divertito, sotto l’occhiataccia di Ginny e Luna e quelle solidali di Theo e Pansy.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta che la rossa ex Grifondoro aveva messo piede in quell’ufficio. Quando c’era Silente i piccoli tavoli erano pieni di oggetti d’argento acuminati e c’era Fanny, la fenice scarlatta che cantava mentre il preside l’accarezzava. Ai tempi di Piton era stato rimosso ogni oggetto superfluo, tranne barattoli pieni di orride creature e manuali sulle Arti Oscure. Da quando il ruolo di preside era stato affidato alla Mcgranitt nell’ufficio c’era fin troppo ordine, era impossibile trovare qualcosa fuori posto.
“Siamo sicuri che abbia conservato il Pensatoio?” Chiese Luna, frugando in una delle grandi credenze.
Ginny scrollò le spalle. “Non lo so, ma dato che era di Silente penso che lo abbia messo qui da qualche parte.”
“Che cosa state facendo?”
I ragazzi si voltarono di scatto, riconoscendo il ritratto di Phineas Nigellus che li guardava con sospetto.
“Fatti gli affari tuoi!” Sbottò Blaise.
“Come osi parlarmi così ragazzo?!”
Ginny si schiarì la voce. “Senta signor Nigellus, non è che sa per caso dov’è il Pensatoio?”
“Perché? Che ci dovete fare?” Insistette, acido.
“Abbiamo un ricordo da vedere,” spiegò Theo, prima che Blaise potesse dire qualsiasi cosa e far così arrabbiare il ritratto.
“è importante, molto importante,” aggiunse Luna.
Nigellus si toccò il pizzetto, pensierosamente. “Chi riguarda questo ricordo?”
“Draco Malfoy,” disse prontamente Pansy.
“Quel Draco Malfoy?”
Blaise si accigliò. “Quanti ne conosci amico?”
Il ritratto lo fulminò con lo sguardo, poi però si rivolse agli altri. “In alto a sinistra, dietro quei libri.”
“Grazie,” mormorò Theo, prima di raggiungere il luogo indicato. “Blaise, vieni ad aiutarmi.”
I due ragazzi con un po’ di fatica riuscirono a sollevare il Pensatoio e a posarlo sulla scrivania.
“Siete pronti?”
Tutti annuirono, mentre Ginny si avvicinava con in mano la fialetta. Con un colpo di bacchetta la stappò e posò il filo d’argento nel bacile di pietra, che assunse un colore bianco. Dopo essersi scambiati un’ultima occhiata, i cinque ragazzi si sporsero verso il Pensatoio pronti a catapultarsi nei ricordi e scoprire finalmente la verità.
 






Con una forza impressionante furono risucchiati e gettati su un duro e freddo pavimento. Si rialzarono doloranti, rendendosi conto di trovarsi in un corridoio di Hogwarts.
“Siamo al settimo piano,” mormorò Ginny. “Qui da qualche parte c’è la Stanza delle Necessità.”
Luna annuì. “Hai ragione, riconoscerei ad occhi chiusi questo corridoio. Lo abbiamo percorso un sacco di volte ai tempi della Umbridge e dei Carrow.”
Non fecero in tempo ad aggiungere altro che qualcuno sfrecciò davanti a loro correndo a più non posso.
“Potter,” sussurrò Blaise, affrettandosi a seguirlo, gli altri fecero lo stesso.
Harry si fermò proprio davanti alla Stanza delle Necessità, riprendendo fiato.
“Ma guarda un po’ chi è tornato, l’Indesiderabile numero uno o preferisci essere chiamato il Prescelto?”
Tutti, compreso Harry, si voltarono di scatto al suono di quella voce strascicata e ironica.
Il cuore di Ginny perse un battito quando riconobbe la figura di Draco Malfoy.
“Malfoy,” mormorò Harry, sorpreso.
Il biondo ghignò, avanzando di qualche passo. “Allora è vero ciò che si dice in giro, sei tornato.”
L’altro annuì, fronteggiandolo. “Si, sono tornato. L’era di voi luridi assassini sta per terminare, stavolta per sempre.”
Il Serpeverde sorrise. “Cos’aspetti allora Potter? I tuoi fan sono impazienti di assistere alle tue gesta.”
Ignorando l’ironia del rivale, il ragazzo moro gli puntò contro la bacchetta, ponendogli la domanda che da parecchio assillava la sua mente. “Dov’è Ginny? Perché non era insieme agli altri studenti? Cosa le hai fatto?”
Draco ghignò, per niente intimorito. “Ti assicuro Potter che qualsiasi cosa ho fatto a Ginevra non l’ho fatto senza il suo consenso.”
Un lampo attraversò lo sguardo di Harry. “Ora sono tornato Malfoy, i giochi sono finiti. Tu finirai ad Azkaban insieme alla tua famiglia e ai tuoi amici, mentre io e Ginny staremo insieme e….”
Non riuscì a finire la frase che il biondo lo sbattè contro il muro. “Mettiti in testa una cosa, lei è mia, mia. Dovrai passare sul mio cadavere per averla, faresti bene a togliertela dalla testa.”
Harry sorrise sfrontato. “Quando finirai ad Azkaban lei sarà libera e tornerà da me, il suo vero amore.”
Draco rise, incredulo. “Sei un illuso. Lei ama me. È il mio nome che invoca quando facciamo l’amore. Dovresti sentirli i suoi gemiti e le sue unghie che si aggrappano alla mia schiena, mi implora di non ferm………”
“STAI ZITTO!” Urlò il moro, allontanandolo con una spinta, fumante di rabbia.
Il Serpeverde scoppiò a ridere e non smise nemmeno quando l’altro gli puntò contro la bacchetta.
“A noi due Malfoy. Chi vince sta con lei e chi perde si fa da parte,” propose con un sorrisetto sicuro.
“è dura accettare la sconfitta eh Potter?” Disse Draco, palesemente divertito. “Soprattutto se sei abituato ad avere tutto, ma tranquillo ci farai l’abitudine.”
“Stupeficium!”
“Protego! Smettila di fare l’idiota, è l’Oscuro che devi battere non me. Io sono qui solo per mettere le cose in chiaro, ho il marchio ma non ho ucciso nessuno e soprattutto Ginevra ha scelto me. Per una volta non sei tu la prima scelta San Potter, accettalo e smettila di metterti tra noi.”
Fece per andarsene, poi però si voltò di nuovo. “Ah Potter, stavolta mi sono limitato ad avvertirti, ma se continuerai a dare fastidio giuro che te ne farò pentire.”
Harry, furioso come non mai, lo guardò allontanarsi. “Non può finire così, non può vincere lui,” sussurrò tra se e se.” Nei suoi occhi verdi ora c’erano solo la rabbia e l’odio, ma anche la follia e quando i cinque ragazzi se ne resero conto, il moro aveva già puntato la bacchetta contro la schiena del rivale.
“Non provarci nemmeno Potter,” mormorò una voce gelida, pietrificando tutti i presenti tranne Draco che si voltò sorpreso.
Fermo a pochi metri da loro con la bacchetta in pugno c’era Lucius Malfoy. Non era composto e impeccabile come al solito, al contrario era tutto sporco di polvere e visibilmente sudato.
“Padre, cos’è successo? Dov’è mia madre?” Chiese il biondo.
“Sta bene, è al sicuro,” ribattè Lucius. “Tu piuttosto, cosa cavolo stai combinando?”
Draco si accigliò. “Non capisco, di che parli?”
“Non fingere di non saperlo. Si è diffusa tra i Mangiamorte la notizia che tu ti saresti schierato con quel folle di Stewart. È così o no?” Aggiunse, avvicinandosi al figlio e prendendolo per le spalle.
Sotto lo sguardo furioso del padre e quello stupito di Harry, il ragazzo annuì. “Si, sono un Ribelle.”
Lucius lo scosse con rabbia. “Razza di idiota! Ti rendi conto che ti sei firmato una condanna a morte? Ogni singolo Mangiamorte in questo castello è sulle tue tracce e non si fermeranno finchè non sarai morto.”
“Padre,” provò, ma l’uomo lo interruppe. “Te ne devi andare e subito. Io e tua madre proveremo a prendere tempo, vattene il più lontano possibile da Londra e utilizza mezzi babbani, è più sicuro.”
Draco scosse la testa. “Io non me ne vado. Qui ci sono la mia ragazza e i miei amici e….”
“Loro non corrono rischio, sei tu quello che vogliono. Non sanno che anche quei due incoscienti di Blaise e Theodore sono immischiati in questa storia.”
“Non scappo come un codardo, non più. Loro….lei…..hanno bisogno di me.”
Lucius sbuffò, esasperato. “Dannazione Draco! Ti faranno a pezzi se resti qui, vattene!”
“E cosa dovrei fare? Passare tutta la vita a scappare come se avessi fatto qualcosa di male?” Sbottò, incredulo. “Io non me ne vado, fine della storia.”   
L’uomo digrignò i denti, poi senza pensarci due volte esclamò: “Stupeficium!”
Un lampo di luce rossa partì dalla sua bacchetta, centrando Draco in pieno petto e facendolo finire sul pavimento, svenuto.
“Signor Malfoy,” intervenne Harry, che fino a quel momento era rimasto fermo in un angolo. “Cosa vuole fare?”
“Proteggere mio figlio,” si limitò a dire, inginocchiandosi accanto al corpo del ragazzo. “Se resta qui lo uccideranno,” accostò poi la bacchetta alla sua tempia e mormorò: “Oblivion.”
Il moro guardò tutto ciò ad occhi sgranati. “Cos’ha fatto?”
Lucius però sembrò non averlo sentito, perso nel suo mondo. “Non ricorderai nemmeno come ti chiami, ma almeno sarai vivo,” sussurrò, con sguardo assente.
“CHE COSA?!” Urlò Harry. “E ai suoi amici e alla sua ragazza non ci pensa? Come giustificherà la sua sparizione?”
L’uomo si alzò di scatto, voltandosi verso di lui, minaccioso. “Stai zitto Potter, so quello che faccio. Draco deve vivere e può farlo solo lontano da qui. I suoi amici se ne faranno una ragione…….per quanto riguarda Ginevra Weasley,” a quel punto fece una smorfia notando l’espressione del ragazzo. “Lo so che è lei quella che frequenta, a me non può nascondere nulla……. Comunque, per lei ci sei tu no? Mi pare che te la contendessi con Draco e ora hai la possibilità di prendertela, non dirmi che non la vuoi più,” aggiunse sorridendo ironico.
Il moro sospirò. “Non si tratta di questo, io la amo ma so che è lui che vuole,” spiegò con una traccia di risentimento.
“E allora elimina ogni traccia del tuo rivale, semplice,” disse Lucius, facendo lievitare il corpo svenuto di Draco con un colpo di bacchetta. “Solo se lei lo dimentica non lo cercherà e allora avrò la certezza che Draco vivrà. Lontano dal mondo magico, lontano dalla morte.”




 

All’improvviso la nebbia li avvolse e l’ambientazione cambiò. Si trovavano in una casa dall’arredamento rustico. Dal balcone si potevano vedere le onde che s’infrangevano sugli scogli, rimandando il familiare odore di salsedine tipico della stagione estiva. Il salotto dove si trovavano presentava un grosso divano rosso fuoco, dove due figure stavano sedute. Erano Harry e Hermione. Quest’ultima singhiozzava con il volto tra le mani.
“Mi sento così inutile,” sussurrò. “Vorrei aiutarli, ma non so come.”
Harry annuì, apatico. “Non possiamo far nulla per cambiare le cose, non possiamo riportare indietro Fred.”
Hermione lo guardò con il volto grondante di lacrime. “Ron e Ginny hanno già sofferto tanto…… perché anche questo?”
Il moro sospirò, abbandonando la testa contro lo schienale del divano e socchiudendo gli occhi. “Non lo so Herm, non lo so.”
La riccia iniziò a mordersi il labbro quasi a sangue. “Non sembrano più nemmeno loro ormai, soprattutto Ginny, ha perso completamente la voglia di vivere……. Quanto vorrei cancellare il loro dolore.”
Quell’ultima frase portò Harry a scattare in piedi, animato da un’improvvisa speranza. “Vado da Ginny, ha bisogno di me.”
Herm annuì, tornando poi a piangere in silenzio.
In fondo al corridoio c’erano due camere da letto le cui porte erano socchiuse. Il ragazzo si recò verso l’ultima e vi entrò in punta di piedi. Con lo sguardo cercò e individuò una familiare chiama rosso fuoco nascosta sotto le coperte del piccolo letto. Quando si avvicinò ulteriormente, notò che la ragazza era sveglia ma appariva quasi assente, come se ci fosse con il corpo ma non con la mente.
“Ginny,” sussurrò, sedendosi sul bordo del letto. “Lo so che è una domanda stupida, ma ho bisogno di sapere come ti senti e se hai bisogno di qualcosa.”
Ginny non si mosse di un millimetro, niente lasciava presagire che si fosse accorta della sua presenza. I suoi occhi scuri erano gonfi, rossi e soprattutto vuoti, in essi non c’era quasi più vita. Il suo corpo già di solito mingherlino, era quasi scheletrico.
Con mano tremante le scostò una ciocca di capelli dal viso, ma nemmeno in quel caso lei ebbe una qualsiasi reazione. Nessun sussulto, nessun colorito sulle sue guancie. Era come accarezzare una bambola.
“Accidenti!” Sbuffò il moro, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. “Non ce la faccio a vederti così Gin, non ce la faccio……… non voglio vederti consumare giorno dopo giorno senza poter far nulla……….. io devo aiutarti a ricominciare a vivere e questo anche se potrebbe sembrare un gesto egoista, ti giuro che lo faccio solo per te………. Ti amo Gin, non hai idea quanto…….” La guardò per alcuni istanti, poi prendendo un profondo respiro le puntò la bacchetta contro e sussurrò: “Oblivion.”
 

 




Per prima cosa devo scusarmi per questo ritardo atroce! Il capitolo era già quasi pronto da alcuni giorni, però l’influenza ha deciso di venirmi a tormentare e così non ho potuto finirlo. I’m sorry!
Passando al capitolo, si è finalmente saputo cosa contiene il cofanetto, ossia il ricordo di quella famosa notte della battaglia a Hogwarts. Come qualcuno di voi aveva già intuito, Harry sapeva di più di quello che fino a questo momento aveva fatto credere. Tuttavia, a cancellare la memoria di Draco non è stato lui ma Lucius. Tutto questo perché i Mangiamorte avevano scoperto che Draco si era schierato con i Ribelli e volevano ucciderlo. Lucius sapeva che non si sarebbero fermati finchè non avessero fatto ciò, sapeva che la vita di suo figlio sarebbe stata segnata se fosse rimasto a Londra, ecco perché gli ha cancellato la memoria e l’ha spedito nel mondo babbano che tanto disprezza, per proteggerlo. Non condivide ciò che ha fatto, ma è comunque suo figlio e a modo suo lo ama. Harry ha tentato di dissuaderlo, facendo addirittura il nome di Ginny, ma per Lucius conta solo la vita di Draco perché è appunto lui quello con una condanna a morte sulla testa e qualsiasi legame con il mondo magico potrebbe rivelarsi un modo per i Mangiamorte di arrivare a lui. Per convincere il prescelto Lucius tocca un tasto che sa essere quello giusto, ossia i suoi sentimenti per Ginny, senza Draco infatti Harry ha campo libero.
Inizialmente Harry sembra decidere di prendersi cura di Ginny senza però fare nulla, ma quando si rende conto che il doppio dolore ( la morte di Fred e la sparizione di Draco) la stanno consumando giorno dopo giorno, decide che deve fare qualcosa per aiutarla. Il suo gesto può sembrare egoista, soprattutto perché non ha mai detto nulla finchè lei non l’ha scoperto e addirittura non ha detto agli Auror del famoso dialogo con Lucius, ma è anche vero che ha fatto tutto ciò per proteggere la donna che ama. Fino a che punto ci si può spingere per amore? Fino a che punto si può accettare e perdonare? Sono queste le domande che Ginny finirà per porsi e dovrà cercare di darsi delle risposte.
Lo so, questa nota dell’autrice è più lunga di un capitolo, ma era necessaria. Rileggendo non ero sicura se nel capitolo certe cose si fossero capite, allora ho pensato di rispiegarle. XD
Ora vi lascio! Fatemi sapere cosa ne pensate!! Baci, trilly <3 

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Capitolo 19
*** Al Ministero della Magia ***


           Capitolo 19: Al Ministero della Magia





 
Ginny si sedette ai piedi di un albero, socchiudendo gli occhi e prendendosi la testa tra le mani. Appena si erano nuovamente ritrovati nell’ufficio della Mcgranitt era scappata via, incurante delle voci che la richiamavano. Aveva bisogno di stare da sola e riflettere su ciò che aveva visto, ecco perché ora era lì in un punto imprecisato della Foresta Proibita. Era consapevole dei pericoli che si potevano incontrare, delle creature selvatiche che avrebbero potuto aggredirla, ma in quel momento qualsiasi sua forma di prudenza era andata in stand-by.
Già prima di trovare la chiave a stella, la sua mente aveva elaborato diverse teorie su ciò che poteva essere successo a Draco. Aveva pensato che potesse essere davvero morto, oppure che fosse scappato per sfuggire ai Mangiamorte, o addirittura che Harry gli avesse cancellato la memoria come aveva fatto con lei. Era quindi pronta a qualsiasi eventualità, ma l’apparizione di Lucius l’aveva decisamente destabilizzata. Ai suoi occhi quell’uomo era sempre apparso come un mostro privo di umanità, capace di infilare il diario di Tom Riddle nel calderone di una ragazzina di undici anni. Di certo non si aspettava da lui un gesto così……umano. Si, perché in quel momento lo aveva visto preoccupato e vulnerabile come un qualsiasi padre, in lui non c’era traccia dell’assassino che tutti conoscevano. Lucius aveva cancellato la memoria di suo figlio e lo aveva spedito tra i babbani per proteggerlo, aveva scelto lui invece che i suoi ideali. Lo capiva e lo rispettava per questo, al suo posto anche lei avrebbe fatto lo stesso, anche lei avrebbe cancellato i ricordi a Draco se avesse saputo che rischiava la vita e insieme a lui sarebbe andata poi il più lontano possibile. Forse proprio per questo ora il gesto di Harry le appariva sotto un’altra luce. Se non lo avesse fatto, lei sarebbe morta di dolore e se gliene avesse parlato avrebbe iniziato a cercarlo e questo avrebbe potuto portare i Mangiamorte dritti da Draco. Harry da quella situazione ci aveva sicuramente guadagnato, l’aveva avuta tutta per se per cinque anni senza accennare al biondo nemmeno una volta e la cosa l’aveva lasciata un po’ interdetta. Avrebbe potuto parlargliene, avrebbe potuto studiare un piano con gli Auror per trovarlo e poi proteggerlo, ma non lo aveva fatto. Aveva avuto paura di rischiare, oppure il suo egoismo aveva preso il sopravvento? E il ricordo? Era chiaro che fosse di Harry,ma era stato lui a farglielo avere? Se si, perché si era nascosto dietro un cappuccio? E le persone con lui chi erano?
Tante, troppe domande a cui purtroppo non sapeva dare una risposta. Harry voleva liberarsi la coscienza? Sapeva dov’era Draco? Perché tanti indovinelli e indizi quando avrebbe potuto semplicemente dirglielo? Temeva che non gli avrebbe creduto?
Scosse la testa, esasperata. Non ne poteva più di tutti quei dubbi, voleva delle dannate certezze. Non pensava di pretendere molto. Alzò lo sguardo e per poco non soffocò con la sua stessa saliva.
A diversi metri da lei, una figura incappucciata la osservava. Senza pensarci due volte scattò in piedi.
“Harry,” mormorò “Sei tu?”
La figura non rispose. La guardò ancora per qualche istante, poi improvvisamente si voltò e s’incamminò dall’altra parte del sentiero.
Ginny la seguì. “Aspetta! Dimmi almeno chi sei!”
L’incappucciato però continuò ad ignorarla e affrettò il passo, costringendola a correre. “Non fai altro che spaventarci e mandarci messaggi ambigui, non pensi che meritiamo una risposta? Fermati, accidenti a te!” Aggiunse, avvertendo un forte dolore alla milza. Era troppo veloce per lei, eppure…..
Ginny corrugò le sopracciglia, mentre ormai ferma osservava la misteriosa figura scappare il più lontano possibile. C’era qualcosa di strano, qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Nonostante il lungo mantello, aveva notato che l’incappucciato aveva un modo particolare di correre, un modo aggraziato, femminile. Possibile che fosse una donna?
“GINNY! DOVE SEI?” Urlò all’improvviso una voce che riconobbe come quella di Luna.
“SONO QUI!”
Dopo alcuni istanti, un’affannata Luna la raggiunse e l’abbracciò. “Ti ho cercata dovunque, io…..ero preoccupata e…..”
Ginny sorrise. “Tranquilla, sto bene. Avevo solo bisogno di stare un po’ da sola.”
Lei annuì. “Pensi sia stato Harry a farci avere il ricordo?”
“Solo lui può essere stato, anche se non capisco perché si ostina a non mostrarsi.”
Luna scrollò le spalle. “Non ne ho idea, è tutto così assurdo. Perché spaventarci a morte e poi darci quel ricordo?”
“Luna….ti ricordi il tipo incappucciato che ti ha rincorsa a Villa Malfoy? Era un uomo o una donna?”
La bionda si accigliò, sorpresa da quella domanda. “Mi è sembrato un uomo, perché?”
“Prima che arrivassi tu, un incappucciato mi stava fissando e poi è scappato e…… dal modo di correre ho avuto l’impressione che fosse una donna.”
“Una donna? Sei sicura?”
“Non lo so, forse…..questo però escluderebbe Harry e bè….se non è lui, allora chi è?”
“Vorrei tanto saperlo.”

 




 
“IO LO UCCIDO! LO UCCIDO!” Urlò Blaise fuori di se. Il suo volto era una maschera di rabbia, il corpo era scosso da continui fremiti e le mani gli prudevano più che mai. Nella mente un unico pensiero: fare a pezzi Harry Potter.
“Blaise, calmati. Dobbiamo restare lucidi,” disse Theo, che gli aveva bloccato le braccia per impedirgli di fare anche solo un movimento.
“Calmarmi? Ti rendi conto che quel bastardo sapeva che Draco era vivo e ci ha fatto passare cinque anni di merda? Lui lo sapeva! Lo sapeva e se l’è tenuto per se!”
L’altro annuì, aggrappandosi all’amico quasi con disperazione. Lui la pensava esattamente allo stesso modo, lui come Blaise avrebbe voluto uccidere Harry per non aver mai detto nulla, ma non poteva permettersi di lasciarsi guidare dall’istinto, non poteva crollare. “Lo so Blaise, lo so.”
Blaise ricambiò l’abbraccio con rabbia. “Per cinque anni ho creduto che fosse morto, ho quasi perso la voglia di vivere…….e lui lo sapeva, sapeva tutto.”
Pansy, che fino a quel momento era rimasta in un angolo a piangere silenziosamente, guardò i due ragazzi che si aggrappavano l’uno all’altro sconvolti e feriti e in lei si formò una nuova determinazione. Pensava che la loro fosse solo una perdita di tempo o addirittura una trappola dei Mangiamorte, ma ora si rendeva conto di essersi sempre sbagliata. Draco era vivo chissà dove e dovevano trovarlo.
“Lo troveremo e lo riporteremo qui,” disse, asciugandosi le lacrime e avvicinandosi a loro.
Blaise la guardò, incredulo. “Come? Lucius è morto, non possiamo di certo chiedergli dove l’ha mandato.”
“Ma Potter potrebbe saperlo,” disse Theo, che a poco a poco stava recuperando il suo abituale contegno. “Dobbiamo solo farcelo dire e trovare Draco prima di chiunque altro. Una volta qui, faremo in modo di proteggerlo e poi ci sono gli Auror, devono pur servire a qualcosa.”  
Pansy annuì. “Sono d’accordo, dobbiamo far parlare Potter.”
Entrambi guardarono Blaise, che sbuffò rassegnato. “Se dipendesse da me lo farei parlare a suon di Crucio, ma quelli razionali siete voi perciò…..”
Pansy sorrise, abbracciandolo. “Andrà tutto bene, vedrai.”
“A quest’ora Potter dovrebbe essere ancora al Ministero,” disse Theo, affiancando i due verso l’uscita. “Ma dove sono Luna e Ginny?”
La mora scosse la testa. “Sono corse fuori, ma non so dove sono andate.”
“Ora chiamo Luna.”
Dopo appena uno squillo, la ragazza rispose. “Theo!”  “Luna, dove siete?”  “Stiamo uscendo dalla foresta, manca poco e raggiungiamo la capanna di Hagrid.”   “Andate verso i cancelli di Hogwarts, ci incontriamo lì. Dobbiamo andare al Ministero a parlare con Potter.”    “Va bene, stiamo arrivando.”

 





 
L’immenso salone d’ingresso, rivestito da uno splendente legno scuro, era deserto. Il soffitto blu pavone era incastonato di scintillanti simboli dorati e le pareti in legno lucido, presentavano molti camini dorati. Al centro dell’ingresso c’era una fontana, composta da un gruppo di statue dorate. C’erano un mago, una strega, un centauro, un folletto e un elfo domestico.
I cinque ragazzi si guardarono intorno con circospezione prima di avviarsi verso il banco della sorveglianza. Il mago dietro di esso lì guardò distrattamente.
“Dobbiamo parlare con Harry Potter,” annunciò Theo.
L’uomo si accigliò, sicuro di aver capito male. “Stai scherzando? Sono le 10.30 e…..”
“E sono sicuro che c’è ancora qualcuno. Lavoro qui e più di una volta sono tornato a casa dopo le 11.00.”
Il mago sbuffò, rassegnato. “Secondo livello.”
Theo sorrise soddisfatto. “Andiamo ragazzi.”
Corsero verso gli ascensori con il cuore a mille. Di lì a poco avrebbero parlato con Harry e avrebbero saputo se la figura incappucciata era lui e cosa sapeva su Draco. Ginny non sapeva dire se temesse di più incrociare di nuovo il suo sguardo o ciò che si sarebbero detti, dopotutto l’ultima volta che si erano visti avevano litigato e lei aveva lasciato la casa dove vivevano.
“Secondo livello, Ufficio Applicazione della legge sulla Magia, comprendente l’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, il Quartier Generale degli Auror e i Servizi Amministrativi Wizengamot,” annunciò la fredda voce femminile.
“Siamo arrivati,” disse Luna.
Avanzarono nel lungo corridoio, fermandosi davanti a un ufficio a due porte. Un cartello recitava “Quartier Generale degli Auror”. Le pareti erano tappezzate di foto e articoli di persone scomparse o ricercate. Due maghi erano seduti a un tavolo e scrivevano su un lungo rotolo di pergamena. Al suono dei loro passi sollevarono lo sguardo.
“Ehi Nott!” Esclamò uno dei due. Era alto, magro e con il pizzetto. “Cosa ci fai qui a quest’ora?”
“Storm, Lorient,” li salutò.
Il secondo mago, grasso, tarchiato e quasi calvo, guardò stupito i quattro ragazzi alle spalle di Theo. “Signora Potter,” disse, riconoscendo Ginny. “Suo marito è a colloquio con il Ministro, ma dovrebbe tornare a momenti.”
Ginny fece per rispondere, ma Theo l’anticipò. “Siamo qui per riaprire un caso di cinque anni fa.”
Storm si accigliò. “Cosa significa? Di che parli?”
“Draco Malfoy!” Sbottò Blaise. “Questo nome vi ricorda qualcosa?”
Lorient fece una smorfia. “Uno dei tanti Mangiamorte che ci fa rimesso la pelle e allora?”
Fumante di rabbia, Blaise lo prese per il colletto della camicia, sollevandolo mezzo metro di terra. “Primo: lui non era uno dei tanti, ma si era schierato con i Ribelli. Secondo: non è morto, la sua tomba è vuota.”
“Mettimi giù subito!” Esclamò Lorient, indignato.
“Blaise,” intervenne Pansy. “Lascialo andare.” Dopo avergli lanciato un’altra occhiataccia, il ragazzo lo lasciò.
L’uomo si risistemò la camicia, tenendosi a distanza di sicurezza. “Ti avviso Nott, se il tuo amico non tiene le mani a posto lo sbatto fuori di qui.”
Theo annuì, bloccando l’amico che già stava scattando nuovamente verso Lorient. “Hai ragione, non lo farà più.”
“Cosa siete venuti a dirci su Malfoy?” Chiese Storm.
“Draco aveva il marchio, ma non era un assassino. È diventato Mangiamorte sotto la minaccia di Voldemort e come noi,” disse Theo, indicando se stesso e Blaise, “ si è unito al gruppo dei Ribelli di Adam Stewart. I Mangiamorte l’hanno scoperto e lo volevano morto, ma è scappato tra i babbani e tuttora è lì. Dobbiamo trovarlo e riportarlo qui, per poi proteggerlo da eventuali minacce.”
I due Auror si guardarono scettici. “Malfoy è morto, se fosse vivo lo sapremmo.”
“Come, se non lo avete mai cercato?” Chiese Ginny, sollevando un sopracciglio.
“Dove vuole arrivare?” Ribatté Lorient.
“Voi avete smesso di cercarlo perché è un Malfoy, un rifiuto per il vostro sogno utopico sul mondo perfetto,” ribatté Pansy, lasciandoli di stucco.
“Abbiamo la prova che Draco è vivo,” disse Theo, mostrando loro la fialetta con il ricordo.
Storm, visibilmente sconvolto, fece per prenderla ma in quel momento arrivò un trafelato Harry Potter.
“Il Ministro ha……” s’interruppe, poiché Blaise e Theo lo braccarono.
“Guarda guarda chi abbiamo qui,” mormorò Theo, puntandogli la bacchetta al cuore. “Il grande Harry - penso solo ai cavoli miei - Potter .”
“Ma cosa…?” Iniziò il moro confuso, ma s’interruppe quando si ritrovò la bacchetta di Blaise puntata al collo.
“Abbiamo scoperto qualcosa di molto interessante…..lo sapevi che Draco vive tra i babbani?”
Harry sgranò gli occhi. “Come?.......Io, temo di non capire,” spostò lo sguardo su ognuno dei presenti, finché non incrociò quello di Ginny. “Ginny, sei qui.”
Lei annuì, mordendosi nervosamente il labbro. “Sei stato tu Harry? Sei stato tu a farci avere il ricordo della notte della guerra?”
“Quale ricordo?”
“Quello con Draco e poi con Lucius Malfoy…..lui ha spedito Draco tra i babbani per proteggerlo dai Mangiamorte e…..”
“E tu lo sapevi,” concluse Luna, che fino a quel momento non aveva aperto bocca.
Un lampo di stupore attraversò lo sguardo di Harry. “Si,” ammise alla fine. “Io lo sapevo, ma non potevo dirvelo né cercarlo. Lucius Malfoy mi ha detto che i Mangiamorte volevano farlo a pezzi e che non si sarebbero fermati finché non lo avessero ucciso…….se fosse rimasto, avrebbe dovuto passare tutta la vita a scappare senza sapere di chi potersi fidare e dirvelo vi avrebbe portato a cercarlo, mettendolo così in serio pericolo…….ho pensato che se tutti lo avessero creduto morto, allora loro avrebbero smesso di cercarlo e……”
“Ma per favore!” Lo interruppe Blaise, spingendo la punta della bacchetta contro la gola del moro, che indietreggiò infastidito. “Ci hai presi per scemi? Tu odi Draco, la sua morte per te sarebbe stata solo una liberazione.”
Harry lo fulminò con lo sguardo. “Pensi davvero che avrei voluto la sua morte?”
“Se non fosse arrivato Lucius, lo avresti colpito alle spalle con chissà quale maledizione! Lo so io e lo sai anche tu.”
“Io non sono un assassino Zabini. Se Malfoy è ancora vivo è perché ormai è un babbano a tutti gli effetti ed il merito è mio. Se fosse dipeso da te e dalla tua mente malata, a quest’ora sarebbe morto. Dovresti ringraziarmi.”
Blaise rise, incredulo. “Ma certo, ringraziamo San Potter che ancora una volta ci ha deliziato con un gesto nobile e onesto. Vuoi pure che ti baci i piedi?” Aggiunse ironico.
“Blaise, calmati,” disse Theo, ma si vedeva lontano un miglio che faceva fatica a trattenere le risate.
Harry scosse la testa, disgustato da entrambi. “Passano gli anni, ma la vostra arroganza è sempre la stessa.”
“Da che pulpito viene la predica,” intervenne Pansy, prima che il suo ragazzo potesse assalire il moro. “Davvero ti aspetti un ringraziamento? Lo abbiamo pianto per cinque anni, convinti che fosse morto, abbiamo organizzato un funerale, ci siamo disperati e tu sapevi tutto. Hai idea di cosa si prova?”
“Se ve lo avessi detto sareste andati a cercarlo e i Mangiamorte vi avrebbero seguiti……..sarebbe stato da stupidi e da incoscienti.”
Theo si accigliò. “Quindi avevi intenzione di non dircelo mai?”
Il moro sospirò. “Per proteggere Ginny, questo ed altro.”
“La figura incappucciata allora non eri tu,” mormorò Ginny, stupefatta. “Non sei stato tu a farci avere la chiave a stella e poi il ricordo…….gli incappucciati che ci hanno spaventato a Villa Malfoy e che ci seguono dovunque……”
“Incappucciati?” Chiese Harry preoccupato. “Qualcuno vi segue? Qualcuno che sapeva che avevo nascosto il ricordo alla Stamberga Strillante?” Guardò i due Auror, che erano rimasti in silenzio tutto il tempo, ricevendo la medesima occhiata. “I Mangiamorte, devono aver saputo che state cercando Malfoy e….. cavolo, forse hanno seguito anche me, altrimenti come hanno saputo del ricordo?” Si prese la testa tra le mani, scuotendola vigorosamente. “Come abbiamo fatto a non renderci conto che fossero proprio sotto il nostro naso?.........Lorient, vai ad avvisare il Ministro. Storm, tu raduna tutti gli Auror nella sala delle riunioni.” I due annuirono e lasciarono l’ufficio.
“Cosa vuoi fare Potter?” Chiese Theo.
Il moro lo guardò, serio. “Catturare quei bastardi una volta per tutte. Non permetterò che distruggano ciò che abbiamo fatto fatica a ricostruire in questi anni.”
“E Draco?” Buttò lì Blaise. “Hai intenzione di avviare le sue ricerche?”
Tutti lo guardarono in attesa, ma Harry si prese ancora del tempo per rispondere. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farlo, sapeva che era la cosa giusta eppure una parte di lui avrebbe voluto opporsi, avrebbe voluto lasciare le cose come stavano. La verità era che temeva che se avesse riportato Malfoy a Londra, Ginny sarebbe tornata con lui e non lo avrebbe più voluto. Non voleva perderla, non voleva vederla tra le braccia del suo rivale di nuovo. Aveva lottato tanto in quegli anni per farsi amare da lei e sapeva che il fatto che non ricordasse di Malfoy lo aveva aiutato parecchio, ma ora che sapeva tutto e aveva anche conosciuto la vita che poteva avere con lui, avrebbe continuato a preferire il Serpeverde? Per lui c’era una possibilità o doveva accontentarsi dell’odio della ragazza che amava?
Guardò Ginny, che nervosamente ricambiava il suo sguardo. Se in quel momento le avesse detto che non aveva intenzione di cercare Malfoy, l’avrebbe persa per sempre. Lei lo avrebbe odiato ancora di più, ne era sicuro. Se avesse acconsentito, avrebbe corso il rischio che scegliesse il biondo ma sarebbe rimasto in gioco, avrebbe potuto ancora giocarsi la sua possibilità. L’amore che provava per Malfoy dopotutto era adolescenziale, quello per lui era invece un amore maturo, più forte. Non poteva arrendersi, non poteva lasciare che il suo storico rivale gliela strappasse di nuovo. Convinto di ciò, annuì. “Catturerò tutti quei relitti e manderò delle squadre a setacciare il territorio babbano. Lo riporterò a Londra, te lo prometto,” aggiunse, rivolgendosi a Ginny.
La ragazza sorrise con gli occhi lucidi. In passato Harry aveva agito d’istinto, prendendo delle decisioni discutibili che l’avevano fatta arrabbiare, ma ora stava iniziando a capirlo. Lo aveva fatto per amore, incapace di assistere al suo dolore. Lui l’amava, l’amava davvero tanto. Avrebbe voluto abbracciarlo, dirgli che lo amava totalmente, incondizionatamente, ma non poteva. Il suo cuore era diviso a metà, una parte era di Harry e l’altra era di Draco. Aveva bisogno di vedere anche il biondo, di capire se nei suoi occhi c’era ancora traccia del loro amore. Era sicura che una volta che lo avesse rivisto, non avrebbe più avuto dubbi, ma fino a quel momento non poteva dare a Harry false speranze, non se lo meritava. Se doveva tornare con lui, doveva accertarsi che lo volesse al 100%.
“Grazie Harry,” sussurrò e lui sorrise.
“Farei qualsiasi cosa per te, lo sai. Ho sbagliato, ti ho ferita e ora voglio rimediare.” Lentamente si avvicinò a lei e l’abbracciò. Lei però restò rigida come un palo. Ci teneva a lui e ormai lo aveva perdonato, ma non voleva che s’illudesse che le cose stavano tornando come prima. Lei ancora non aveva deciso, ancora non aveva capito chi voleva davvero.
Blaise storse il naso, schifato. “Bleah, sto per vomitare pure l’anima.”
Theo rise, dandogli una pacca sulla spalla. “A chi lo dici, mi fa uno strano effetto vederli insieme.”
“Voi due non capite proprio niente di donne,” intervenne Pansy divertita.
I due la guardarono, confusi. “Perché?”
“Ginny ha capito le sue motivazioni e ha deciso di perdonarlo,” disse Luna stringendo la mano di Theo, che l’attirò contro il suo petto. “Ma ciò non significa che lei e Harry torneranno insieme.”
“è vero,” confermò Pansy, intrecciando le braccia al collo di Blaise. “Lei non ha ancora deciso e non lo farà finché non vedrà Draco.”
Blaise rise, stampandole un bacio sulle labbra. “Non vedo l’ora di assistere a Draco che mena Potter.”
“Blaise!” Lo rimproverò lei, lasciandosi però sfuggire un sorriso.
Theo e Luna scoppiarono a ridere. “Se il Draco adulto è bastardo anche solo la metà di com’era da ragazzo, gliele farà pagare tutte. Sono pronto a scommetterci,” disse il ragazzo tra le risate.
“E noi saremo in prima fila a gustarci lo spettacolo,” concluse Blaise con un sorrisetto crudele.  
 







Anche stavolta vi ho fatto penare, I’m sorry!! Purtroppo però c’erano il sabato e la domenica di mezzo e quindi non ho scritto proprio XD  Oggi però per farmi perdonare mi ci sono messa d’impegno e l’ho finito! Dovevo pubblicarlo domani, ma poi mi sono detta perché non farlo adesso?
Finalmente c’è stato il primo confronto con Harry, che però ha detto di non essere stato lui a mandare il ricordo e quindi di conseguenza non è la figura incappucciata, ma allora chi si nasconde sotto i cappucci? Rappresentano una minaccia? Forse Ginny ha un mezzo indizio e forse con l’aiuto di Harry e degli Auror le cose potrebbero semplificarsi. E a proposito di Harry, in questo capitolo il ragazzo ha conquistato diversi punti e ottenuto il perdono di Ginny! Lei però non ha ancora preso una decisione…..sceglierà Harry o Draco? Ma soprattutto, riusciranno a trovare quest’ultimo e riportarlo a Londra?
Un’altra cosa che volevo dire è che la descrizione del Ministero della Magia e quindi anche dell’ufficio degli Auror l’ho presa da “Harry Potter e l’ordine della fenice”, uno dei miei preferiti in assoluto! :)
Detto questo, vi ringrazio infinitamente per il sostegno che continuate a darmi in questa particolare avventura! Senza di voi non sarei arrivata fin qui!! :D
Alla prossima!!! Baci, trilly <3

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Capitolo 20
*** Harry contro tutti ***


                Capitolo 20: Harry contro tutti



 
Ginny aprì lentamente gli occhi, ma appena lo fece avvertì un forte mal di testa. Si strofinò la faccia più e più volte, finché non riuscì a vedere chiaramente. Confusa, aprì e richiuse gli occhi ma ciò che la circondava non cambiò. Si trovava in una stanza piccola priva di finestre dove ogni cosa era bianca, sembrava la stanza di un ospedale. Quella non era di certo la sua camera alla Tana, come c’era finita?
Scattò in piedi, tenendosi la testa che girava come una trottola impazzita. Doveva uscire da lì assolutamente. Quando però provò ad aprire la porta, la trovò chiusa. Si guardò intorno alla ricerca di un’altra possibile uscita, ma soprattutto alla ricerca della sua bacchetta, peccato che non ci fosse né l’una né l’altra. Che posto era quello? Come c’era finita?
Prese un profondo respiro, sforzandosi di mantenere la calma. Doveva esserci una spiegazione, doveva esserci per forza.
“C’è qualcuno? C’è qualcuno lì fuori?” Urlò, battendo i pugni contro la porta. Continuò a bussare per quelle che le parvero ore, quando finalmente avvertì la serratura scattare dall’altro lato. Si allontanò, pronta ad accogliere il nuovo arrivato. Con stupore si ritrovò ad osservare l’ultima persona che si aspettava di vedere.
“Harry?”
Il moro sorrise. “Ti ho portato la colazione,” le disse, entrando con in mano un vassoio carico di uova, pancetta, pane e succo di zucca.
“Dove siamo?” Chiese lei, incrociando le braccia al petto.
Harry posò il vassoio sul comodino e si sedette sul letto, indicandole il posto accanto a lui. “Perché non fai prima colazione e poi ne parliamo?”
Ginny storse il naso, indispettita. “Dove diavolo siamo? Come ci sono finita?”
Lui sospirò, rassegnato. Era inutile insistere, era troppo testarda. “è un posto sicuro dove nessun Mangiamorte potrà farti del male.”
“Come?”
“So tutto Ginny, so che quei bastardi vi hanno seguito dovunque e non potevo non intervenire….. non posso permettere che ti facciano del male,” aggiunse preoccupato, avvicinandosi a lei.
Ginny scosse la testa. “Non puoi tenermi chiusa qui dentro come se fossi un animale.”
“Se serve a tenerti al sicuro si.”
Fece per abbracciarla, ma lei indietreggiò. “Fammi uscire da qui Harry! Subito!”
“Non ti permetterò di rischiare la tua vita Ginny, non te lo permetterò.”
“Tu sei completamente pazzo, non puoi dire sul serio,” disse incredula.
Harry annuì. “Finché sei qui dentro sono sicuro che stai bene. Se Nott e Zabini vogliono mettere in pericolo la loro vita e quella delle loro fidanzate è un problema loro.”
“Pericolo?” Sbottò la rossa. “Se quegli incappucciati fossero davvero dei Mangiamorte ci avrebbero ucciso da un pezzo. Le occasioni non gli sono mancate.”
Il moro scosse la testa, prendendola per le spalle. “Tu sei mia moglie e il mio compito è quello di proteggerti a qualsiasi costo.”
“Smettila Harry!” Esclamò lei, spingendolo lontano. “Smettila di trattarmi come un’idiota! So badare a me stessa!”
“Tu resti qui finché non avremo catturato quei bastardi, fine della storia.”
Fece per andarsene, ma Ginny gli afferrò il polso, costringendolo a voltarsi. “Harry, ti prego…..non lasciarmi qui da sola,” lo supplicò con le lacrime agli occhi.
Lui deglutì, sfiorandole una guancia in una leggera carezza. “Non vorrei farlo, ma non ho scelta. Se ti facessi uscire, loro potrebbero farti del male e non potrei mai perdonarmelo.”
“Harry, io devo cercare Draco, devo riportarlo a casa.”
“Tranquilla, disse lui, prendendole il volto tra le mani. “Ci penso io. Catturerò i Mangiamorte e andrò a prendere Malfoy dovunque si trovi, tu però devi stare qui lontano da qualsiasi pericolo.”
“Harry,” provò di nuovo a protestare, ma il moro scosse la testa. “Ti fidi di me?”
Ginny lo fissò per lunghi istanti, poi annuì. “Si mi fido, ma…”
“Allora lascia che me ne occupi io…….. non sono solo, ho la mia squadra di Auror e pure i tuoi amici Serpeverde su cui contare. Vedrai che ce la sbrigheremo prima di quanto pensi.”
Lei sbuffò. “Lascia che vi aiuti, mi sento così inutile a stare qui senza far nulla.”
“No Gin, sono più tranquillo sapendoti qui al sicuro.”
“Potrei aiutarvi, sono io che ho fatto il sogno sulla chiave a stella. Magari potrei riuscire a trovarlo e…..”
“No!” Ribatté Harry, imperterrito. “Ce ne occupiamo noi.”
“Perché ti ostini a trattarmi come una palla al piede?!” Esplose la rossa. “C’ero anch’io a Hogwarts con Neville e Luna quando era sotto il controllo dei Mangiamorte! Me la so cavare!”
“Smettila Ginny!” Urlò lui, agitando le braccia disperato. “Lo capisci che se ti succedesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo? Io ti amo Gin, dannazione!” Aggiunse, guardandola con le lacrime agli occhi. In quel momento nei suoi occhi verdi Ginny lesse il terrore che lui aveva di perderla, in quel momento lo vide vulnerabile come solo poche volte lo aveva visto ed ebbe l’ennesima conferma dell’intensità del suo amore per lei. Una parte di lei si sentì terribilmente in colpa per averlo aggredito senza cercare di capirlo, ma l’altra non poteva fare a meno di pensare che quell’amore così ossessivo rischiava seriamente di soffocarla. Apprezzava che lui volesse proteggerla, però l’idea che decidesse per lei senza consultarla la mandava in bestia. Lei non era un oggetto o una bambina, era una persona adulta in grado di pensare e di cavarsela da sola, perché allora doveva essere segregata lì come se fosse stata un peso? Loro avevano bisogno di lei per trovare Draco, lei aveva bisogno di fare qualcosa per trovarlo. Perché Harry non lo capiva? Perché aveva sempre quell’ossessiva mania di controllo? Già quando era partito con Ron e Hermione alla ricerca degli Horcrux e non l’aveva portata con loro, nonostante si dichiarasse innamorato di lei, a fatica lo aveva accettato anche perché sapeva che almeno c’era Draco e poi c’erano Neville e Luna, ma in quel caso non c’era nessuno…..c’era solo lei, l’inutile e fragile Ginny.
“Cerca di capirmi,” sussurrò Harry, avviandosi verso la porta. Ginny lo guardò allontanarsi con sguardo impassibile. Sarebbe uscita di lì in un modo o nell’altro, che Harry lo volesse o meno. Lei era un Grifondoro e come tale non si sarebbe mai arresa.   
 




 
“Secondo me non le interessa davvero.”
Simone si sedette stancamente su un muretto, asciugandosi la fronte sudata. “Di che parli?” Chiese, rivolgendosi al ragazzo moro accanto a lui, che lo guardava oltre la bottiglia d’acqua che si stava scolando quasi tutta d’un sorso. Dopo ore di massacrante fatica, finalmente era arrivato per loro il momento della pausa pranzo.
“Sara….non gliene frega niente di Roberto, gli va dietro solo per fare un dispetto a te.”
Il biondo annuì, addentando un grosso panino al prosciutto. “Che faccia come le pare, non me ne può fregare un accidenti.” I suoi occhi grigi però, non poterono fare a meno di posarsi su Sara e Roberto che a diversi metri di distanza si scambiavano dolci effusioni. Non era innamorato di lei, però il fatto che lo avesse rimpiazzato gli dava fastidio.
“Oh andiamo amico! Si vede lontano un miglio che la cosa ti da fastidio,” ribatté l’altro, ridendo sotto i baffi.
Simone ruotò gli occhi, esasperato. Da quando aveva iniziato a lavorare al cantiere, aveva subito legato con Jacopo soprattutto per il suo carattere allegro, schietto ed esageratamente attento. Si era però ben presto reso conto che con lui era difficile fingere, infatti sembrava capirlo al solo sguardo e la cosa spesso lo infastidiva. Non voleva che gli altri capissero cosa gli passasse per la testa, anche perché per lui era sinonimo di debolezza e odiava apparire debole e vulnerabile. Sapeva che Jacopo era suo amico e non avrebbe mai fatto qualcosa ai suoi danni, però era più forte di lui non riusciva mai a fidarsi completamente di qualcuno.
“Non sono geloso,” sbottò infastidito.
Jacopo rise, dandogli una pacca sulla spalla. “Ti da fastidio che ti abbia rimpiazzato così in fretta eh? Pensa al lato positivo, se lo viene a sapere Franco picchia lui e non te.”
“Questo è vero,” ammise, divertito. “Stasera andiamo da qualche parte a ubriacarci? Ho proprio bisogno di staccare un po’.”
Il moro annuì. “A chi lo dici, mi fanno male tutte le ossa. Possiamo andare al locale dove lavora mio cugino, sono sicuro che ci farà fare qualche bevuta gratis.”
Simone ghignò. “E cosa più importante lì ci sono parecchie ragazze interessanti.”
“Una serata di sesso e alcool eh? Ci sto,” disse con un sorrisetto complice.
“Simone! Jacopo!” I due si voltarono di scatto, vedendo Franco procedere verso di loro. Con la coda dell’occhio Simone si rese conto che Sara era sparita e che Roberto li stava raggiungendo. “Ah Roberto, la cosa potrebbe interessare anche te.”
“Che succede?” Chiese Jacopo, curioso.
Franco sorrise, mostrando loro una busta bianca. “Ho appena concluso un importante affare e l’acquirente mi ha venduto qualcosa che potrebbe interessarvi.” Aprì la busta e i tre ragazzi poterono così vedere quattro biglietti. “Sono i biglietti in tribuna per il derby Roma - Lazio, gli unici rimasti in tutto il Lazio.”
“Quanto vuoi?” Chiese Simone interessato, prendendo il portafoglio dalla tasca dei pantaloni.
“Sono gli ultimi rimasti e poi stiamo parlando della tribuna non di un posto qualsiasi,” iniziò l’uomo, facendoli accigliare. Era chiaro che ora avrebbe chiesto loro una cifra esagerata.
“Quarantamila lire.”
Roberto scosse la testa, deluso. “Non me lo posso permettere Franco, sto ancora pagando le rate della macchina.”
Franco annuì, rivolgendosi agli altri due. “Voi che mi dite?”
Simone e Jacopo si guardarono per alcuni istanti, pensierosi. Per loro che amavano il calcio, il derby era la partita più importante, quella che avevano sempre sognato di vedere dal vivo. Potevano spendere tanto per una partita senza che le loro finanze ne risentissero? Alla fine sorrisero e annuirono. Erano giovani e un’occasione del genere poteva non capitargli più, non potevano lasciarsela sfuggire.
“Due li prendiamo io e Jacopo,” disse Simone, porgendo a Franco la sua parte di soldi e il moro fece lo stesso.
“Non ve ne pentirete, sarà un’esperienza unica nella vita.”
“Su questo non abbiamo dubbi.”
Mentre Simone e Jacopo si rigiravano i biglietti tra le mani tutti soddisfatti, una figura li osservava nascosta dietro a un’impalcatura. “Incredibile.”
Prese subito il cellulare e compose un numero. “Pronto?”    “Sono io, l’ho trovato.”  Dopo alcuni istanti di silenzio, l’altra voce esclamò: “Davvero? È lui?”   “Assolutamente! Riconoscerei dovunque quei capelli così biondi.”     “Dove sta?”    “Lavora in un cantiere a Roma. È diventato un babbano in tutto e per tutto, è conciato come un barbone e spende soldi per quello stupido sport con il pallone.”    “E dire che ha sempre detestato i babbani, la cosa è davvero comica.”   “E se approfittassimo di questa partita per agire? Ci sarà un sacco di gente e sarà più facile passare inosservati.”     “Mmmm si, mi sembra una buona idea. Torna a Londra, così prepariamo il piano.”   “Perfetto, sarò lì tra poco.”
 





“Questa storia si fa sempre più assurda,” commentò Hermione, prendendosi la testa tra le mani.
Erano passati poco più di dieci minuti da quando aveva finito di vedere il ricordo della notte della guerra, eppure quella era la prima frase di senso compiuto che fosse riuscita ad articolare. Non la sconvolgeva scoprire che Malfoy fosse vivo, anche perché lei lo aveva sempre pensato, piuttosto il fatto che in quel ricordo fosse presente anche Harry. Perché non glielo aveva mai detto? Perché non aveva nemmeno parlato con gli Auror?
Quasi senza rendersene conto, si ritrovò a pensare a Ginny. Harry era sempre stato innamorato di lei e quel ricordo le aveva anche fatto capire quanto fosse geloso di Malfoy, quindi lui poteva aver taciuto proprio per quello. Aveva lasciato che il suo egoismo prendesse il sopravvento su tutto il resto e forse non se ne era nemmeno reso conto. Solo in quel modo, cancellando i ricordi a Ginny e non cercando Draco, era riuscito a farsi amare da lei e la paura di perderla lo aveva portato a continuare in quella direzione. Harry era terrorizzato dalla possibilità di perderla, soprattutto dopo che l’aveva avuta. La sua stava diventando quasi un’ossessione, ma Ginny cosa provava? Sapeva che avevano avuto modo di chiarire, ma non erano tornati insieme……lei non aveva ancora scelto….lei aveva dei dubbi.
Il perfetto castello di carte che Harry aveva costruito in quei cinque anni stava iniziando a scricchiolare pericolosamente e temeva che se fosse crollato, lui non sarebbe stato in grado di reagire.
Aveva avuto modo di apprendere che Ginny e Malfoy erano stati molto innamorati e che se lei dopo la guerra si era spenta in quella maniera, era stato anche e soprattutto a causa della sua scomparsa. Non poteva quindi fare a meno di chiedersi se Ginny si sarebbe innamorata lo stesso di Harry se lui non le avesse cancellato i ricordi del biondo. Si sarebbero sposati lo stesso? E ora che era certo che Malfoy fosse vivo e che erano iniziate le sue ricerche, cosa sarebbe successo? Ginny sarebbe tornata da lui o sarebbe rimasta con Harry?
Era sicura che il suo amico si stesse ponendo quasi le stesse domande e una parte di lui, quella più insicura ed egoista, quasi sperava di non ritrovare mai il suo storico rivale. Non lo si poteva biasimare per questo, lei al suo posto probabilmente avrebbe fatto gli stessi pensieri. Il suo matrimonio stava per affrontare uno degli ostacoli più insidiosi e le possibilità di farcela erano ridotte al cinquanta e cinquanta se non di meno per lui. Harry aveva sempre battuto Malfoy in qualsiasi campo, era sempre stato migliore di lui, ma in quello che veramente contava si ritrovava a partire in netto svantaggio. Ginny poteva capire e perdonare le sue bugie, ma poteva preferire lui quando aveva la possibilità di ricominciare con il suo primo grande amore?
Guardò i tre Serpeverde e Luna, che le restituirono lo sguardo. Sapeva che mostrarle il ricordo era stata un’idea di Luna e che i tre al contrario nutrissero una sorta di astio e scetticismo nei suoi confronti, dovuti soprattutto da antichi rancori e rivalità, però apprezzava che nonostante tutto fossero lì in attesa del suo parere.
“Dobbiamo trovarlo prima che lo faccia qualcun altro, quegli incappucciati di cui mi avete parlato non mi ispirano molta fiducia.”
Luna annuì. “Lo penso anch’io, anche se non capisco perché non ci abbiano ucciso quando ne hanno avuto l’occasione.”
“Forse è davvero tutta una trappola,” buttò lì Pansy. “Forse vogliono portarci a Draco per poi ucciderci in un solo colpo.”
Hermione si toccò il mento, pensierosa. “Un’altra cosa che non mi torna è il sogno che Ginny ha fatto sulla chiave a stella. Non è un ricordo e nemmeno frutto della sua immaginazione…….è come se qualcuno fosse entrato nella sua mente e le avesse mostrato quello che voleva che lei vedesse.”
Theo che fino a quel momento era rimasto in silenzio si accigliò. “Vuoi dire come ha fatto Voldemort per attirare Potter all’Ufficio Misteri?”
“C’è riuscito perché la sua mente e quella di Potter erano connesse però,” intervenne Pansy.
“Questo è vero,” concordò Blaise. “Ma se si trattasse di Magia Nera i limiti sarebbero sicuramente minori.”
“Voi pensate davvero che i Mangiamorte siano entrati nella mente di Ginny?” Chiese Luna, sconvolta.
Hermione annuì. “Solo questo spiegherebbe il sogno della chiave. Malfoy è un babbano privo di memoria, non avrebbe potuto mettersi in contatto con Ginny  in nessuna maniera.”
“Ma perché tutto questo?” Mormorò Theo, camminando nervosamente avanti e indietro nella cucina di Hermione. “Se sanno tutto questo su Draco, forse sanno anche dov’è. Quindi perché non ucciderlo subito e fare lo stesso con noi?”
Proprio in quel momento le fiamme del camino si fecero verdi e comparvero le sagome di Harry e Ron. Il primo era visibilmente pensieroso, mentre il secondo appariva turbato.
“Ancora non riesco a crederci che sto partecipando al ritrovamento di Malfoy,” disse il rosso, scompigliandosi nervosamente i capelli.
“Allora?” Chiese Hermione, scattando in piedi.
“Ho spedito quattro squadre di Auror in giro per l’Inghilterra. Quella che è andata a ovest non ha trovato nulla, attendo notizie dalle altre,” spiegò Harry, togliendosi il mantello bagnato e sedendosi su una sedia, sfinito.
“In giro per l’Inghilterra?” Sbottò Blaise. “Ma sei tonto? È chiaro che Lucius l’ha spedito fuori dallo stato.”
“Lo so Zabini,” ribatté Harry. “Infatti gli Auror non stanno cercando Malfoy ma i Mangiamorte. Dobbiamo trovarli prima che possano crearci problemi.”
Prima che qualcuno di loro potesse dire o fare qualsiasi cosa, Blaise si avvicinò al Prescelto fumante di rabbia. “E a Draco quando hai intenzione di pensarci eh? Ammettilo che speri di trovarlo morto.”
Harry scattò in piedi, fronteggiandolo. “Se pensi una cosa simile allora non meriti nemmeno una risposta.”
L’ex Serpeverde sorrise sfrontato. “La verità è che speri di non trovarlo perché sai che Ginny tornerebbe da lui.”
Harry strinse i denti, incenerendolo con il solo sguardo. “Stai zitto Zabini.”
Nella sua voce c’era un chiaro avvertimento che avrebbe portato una persona sana di mente a non ribattere per evitare una lite, ma la mente di Blaise Zabini non era per niente sana e riflettere prima di parlare non faceva di certo parte del suo DNA.
“Solo cancellandole i ricordi potevi ottenere il suo amore. Lei non ti ama, sarai sempre la ruota di scorta e…….” s’interruppe, poiché Harry gli saltò addosso. Iniziarono a rotolarsi sul pavimento dandosele di santa ragione, finché Theo e Ron non li divisero.
“Ma siete impazziti?!” Esclamò Hermione, disgustata. “Siete solamente degli immaturi.”
Blaise storse la bocca, tamponandosi il naso insanguinato con un fazzoletto. “A lui non importa nulla di Draco, perché dovremmo dargli fiducia?”
Harry sollevò gli occhi al cielo esasperato, mentre si ripuliva il labbro spaccato. “Ho detto che per amore di Ginny lo riporterò a Londra, non so più in che lingua dirtelo.”
L’altro scosse le testa. “Non mi fido di te e mai lo farò.”
Detto ciò, recuperò il proprio mantello e si avviò verso il camino scoppiettante. Dopo un attimo di esitazione, Theo lo seguì.
“Blaise, aspetta! Dove vai?”
Il ragazzo lanciò uno sguardo verso la cucina, dove tutti gli altri erano rimasti, poi guardò l’amico.
“Non mi fido di lui Theo,” bisbigliò.
Theo annuì. “Nemmeno io, ho come la sensazione che stia prendendo tempo.”
“Facciamo a modo nostro allora,” propose Blaise determinato.
“Che hai in mente?” Chiese il moro, interessato.
“Andiamo a cercare questi incappucciati, sono sicuro che ci porteranno da Draco. Se poi ci attaccheranno, saremo pronti a difenderci. Siamo ex Mangiamorte ed ex Ribelli, non siamo mica degli idioti?”
Il moro sorrise. “Bè…in effetti. Teniamo Luna e Pansy fuori da questa storia però.”
“Non potrei essere più d’accordo.”

 


In cucina nel frattempo era calato un’imbarazzante silenzio, che da quando Blaise e Theo se ne erano andati, non si era ancora interrotto.
Il primo a interromperlo fu Ron, che guardandosi intorno si rese conto che mancava qualcuno. “Dov’è Ginny?”
Tutti guardarono Harry che scrollò le spalle. “è a casa nostra, non si sentiva molto bene.”
Luna si accigliò. Le sembrava strano, non era da Ginny lasciarsi abbattere da un semplice malore, soprattutto se poi c’era in gioco qualcosa di fondamentale importanza come la ricerca di Draco.
“Sei sicuro?”
Lui annuì. “Perché mai dovrei mentire?”
“Spero per te che stai dicendo la verità, perché se scopro che non è così te la farò pagare,” intervenne Pansy minacciosa. Anche lei come Blaise proprio non riusciva a fidarsi di Harry, le sembrava assurdo che dopo che lo avesse odiato per anni e che fosse stato geloso del rapporto tra lui e Ginny ora volesse davvero impegnarsi per riportare il biondo a casa. Nessuno era così santo e così stupido da volere davvero salvare l’ex ragazzo di sua moglie, nemmeno Harry Potter poteva arrivare a tanto. Forse tramava qualcosa, forse stava solo facendo scorrere il tempo a favore dei Mangiamorte.
Harry sbuffò, sollevando gli occhi al cielo. “Si può sapere cosa volete tutti da me oggi?”
Guardò poi Ron e Hermione, i suoi storici amici e compagni di avventure. Il primo gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla. Era chiaro che si fidasse ciecamente di lui e delle sue intenzioni come solo un grande amico potrebbe fare. Gli sorrise a sua volta, mimando un grazie. Hermione invece gli rivolse uno sguardo che lo spiazzò. Sembrava volergli dire tante cose ma su tutte un avvertimento, ossia quello di restare lucido e di non fare gesti avventati. Pensava davvero che potesse essere tanto crudele con Malfoy, ma soprattutto con la donna che amava? Aveva commesso degli errori, però restava comunque una persona leale. Non voleva più accontentarsi di un amore parziale, non voleva più avere dei dubbi sui sentimenti di Ginny, voleva che scegliesse lui perché lo amava davvero e l’unico modo era trovare Malfoy. Se lei avesse scelto il Serpeverde ne avrebbe sofferto, ma almeno non avrebbe avuto alcun tipo di rimorso, sarebbe stato sicuro di aver fatto la cosa giusta e di aver lottato fino all’ultimo. Perciò non poteva fare altro che lottare, sperando che quei cinque anni insieme non fossero stati speciali e indimenticabili solo per lui. Il suo matrimonio non poteva essere stato solo un inganno, c’erano stati dei sentimenti forti che né Ginny né tantomeno Malfoy potevano negare……lui era in gioco, in quel momento più che mai e lo sarebbe stato fino alla fine.
 

    




Eccomi qui con il capitolo 20!! :D
Harry ha preso il pieno controllo, segregando Ginny in un posto misterioso per tenerla al sicuro e iniziando le ricerche dei Mangiamorte. Si è però anche conquistato dei nemici, Blaise in primis che proprio non riesce a fidarsi, poi anche Theo che insieme all’amico ha deciso di agire da solo. I due Serpeverde avranno fatto la cosa giusta scegliendo di mollare il gruppo?
Ci sono poi Pansy e Luna visibilmente scettiche dell’operato di Harry, ma che pare abbiano deciso di restare e Ron e Hermione. Ron appoggia Harry al 100%, mentre Hermione teme seriamente che la gelosia possa portare il moro ad agire in maniera sleale. Tutto questo senza sapere che il ragazzo ha segregato Ginny. Il gruppo dopo aver perso due componenti resisterà, oppure si frantumerà e ognuno agirà a modo proprio?
Di fondamentale importanza è poi il fatto che una delle figure incappucciate ha trovato Draco! In cosa consisterà ora il loro piano?
Fatemi sapere cosa ne pensate! :)
Ah poi volevo dirvi che dopo tutta questa azione il prossimo capitolo rappresenterà una sorta di pausa, infatti sarà tutto dedicato a Draco e Ginny e a come sono iniziate le cose tra di loro! Spero che vi piacerà!! <3
Non mi resta che salutarvi e ringraziarvi per continuare a seguirmi e per le bellissime recensioni che mi lasciate!! :D
A presto, baci trilly <3

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Capitolo 21
*** L'inizio di tutto ***


Come avevo già anticipato, questo capitolo è uno speciale su Draco e Ginny e su come sono iniziate le cose tra di loro. Mi avete chiesto più volte com’è iniziata la loro storia e io stessa me la sono spesso immaginata, ecco perché ho deciso con questo capitolo di soddisfare la curiosità. Premetto che è uno dei miei preferiti e spero che possa piacere anche a voi! :D
Buona lettura!            



                                 



 

                    Capitolo 21: L’inizio di tutto



 

Il suono della campanella annunciò la tanto agognata fine delle lezioni. Ginny si affrettò a recuperare le sue cose, immaginando il ricco pranzo che l’aspettava. Come ogni Weasley che si rispetti, si ritrovava infatti un appetito di dimensioni spropositate.
L’ennesimo brontolio del suo stomaco la convinse ad accelerare il passo, tanto che si scontrò con qualcuno che veniva dal senso opposto. L’impatto fu così forte che la fece cadere con il didietro a terra. I libri sparsi dovunque sul pavimento.
Con una smorfia si massaggiò la zona ferita, mentre un’imprecazione le ricordò che qualcun altro fosse nella medesima situazione a causa sua.
“Oh mio Dio, mi dispiace io…….” S’interruppe di colpo, riconoscendo il ragazzo. Capelli biondi. Occhi grigi. Cravatta verde-argento. Ghigno arrogante.
“Voi Weasley siete degli animali!” Sbottò Draco Malfoy rimettendosi in piedi, senza accennare minimamente ad aiutarla. “Le persone normali guardano dove camminano, ma d’altronde co……..”
“Stai zitto Malfoy maledizione!” Esclamò la rossa, alzandosi a fatica e recuperando i suoi libri. “Ti ho detto che mi dispiace, che altro vuoi? Un inchino?”
Il tono ironico della ragazza lo innervosì non poco, però si riprese in fretta. “Cinquanta punti in meno a Grifondoro.”
“Come?”
“Trenta perché mi sei venuta addosso. Venti perché mi hai mancato di rispetto,” spiegò con un sorrisetto crudele, indicandole la spilla della Squadra D’Inquisizione che la Umbridge aveva dato a tutti i Serpeverde, autorizzandoli a togliere punti e a dare punizioni a piacimento.
Ginny lo guardò con odio. “Sei un bastardo.”
“Vuoi far perdere altri punti alla tua casa Weasley?” Chiese il biondo, palesemente divertito.
Lei scosse la testa. “Per oggi no, ho una fame da lupi. Ma sono sicura che troverai un’altra scusa per sottrarmi punti anche domani o dopodomani.”
Draco sorrise. “Touchè.”
“Perché ce l’hai tanto con me?” Chiese la rossa, curiosa. “Nell’ultimo mese mi hai tolto non so quanti punti per i motivi più assurdi.”
Il giovane Malfoy s’irrigidì, mentre il ghigno spariva dal suo volto. Si guardarono per alcuni istanti, poi lui si accigliò. “Perché ti sorprendi tanto? Pensavo lo sapessi che adoro tormentare i Grifondoro, in particolare voi Weasley.”
“In effetti se non tormenti le persone non sei tu. Ci si vede,” aggiunse a mo di saluto.
“Alla prossima punizione Weasley,” la salutò, sorridendo divertito.







 
Una ragazza con una coda di cavallo rosso fuoco, facendo meno rumore possibile, si sedette sui gradini che conducevano alla torre di Astronomia con una smorfia di dolore.
Era ormai notte fonda, ma lei solo una decina di minuti prima aveva terminato quella serata di punizione con la Umbridge. L’ennesima tra l’altro. Tutta colpa della lingua velenosa che si ritrovava. Perché non si era stata zitta? In fondo lo sapeva che quel rospo cercava solo una scusa per infliggere quelle ingiuste punizioni.
Liberò la mano sinistra dal fazzoletto di stoffa dove l’aveva avvolta fino a quel momento e non poté evitare l’ennesima smorfia. La ferita non la smetteva di sanguinare e bruciare, in più era sicura che la mano si fosse gonfiata ancora di più. La riavvolse con cura, sospirando tra se e se.
Sapeva che era imprudente restare lì. Il coprifuoco era scattato da un pezzo perciò Gazza, gli insegnanti o peggio la Umbridge avrebbero potuto scoprirla e metterla di nuovo in punizione.
Rabbrividì, stringendosi nel suo mantello. Non era la prima volta che subiva quella punizione, soprattutto da quando avevano dato vita all’ES, ma quella volta era stata sicuramente peggio. Era stata trattenuta in quell’orribile ufficio rosa confetto a scrivere per quasi quattro ore, tanto che ormai era sicura le sarebbe rimasta la cicatrice.
Se Ron o Fred e George lo avessero scoperto si sarebbero infuriati e la Umbridge li avrebbe puniti ancora più severamente. Ecco perché Ginny Weasley se ne stava lì anziché tornare nella sua Sala Comune. Non voleva che i suoi fratelli si mettessero nei guai a causa sua, era grande ormai e doveva cavarsela da sola.
“Ehm….ehm…”
La rossa scattò in piedi, terrorizzata. Ancora lei no. Non poteva essere così sfortunata. Cos’aveva fatto di male?
La risata che le giunse alle orecchie però, era sicura che non appartenesse alla Umbridge. Difatti, quando si voltò incrociò lo sguardo palesemente divertito di Draco Malfoy.
“Dovresti vedere la tua faccia. Sembra che hai visto un morto.”
Ginny si portò una mano al cuore, tirando un sospiro di sollievo. Non lo avrebbe mai ammesso, ma per una volta era contenta di essere stata beccata da Malfoy.
“Il coprifuoco è scattato da un bel po’ Weasley. Sono costretto perciò a toglierti dieci punti,” le disse con un sorrisetto sadico.
“Fai come ti pare.”
Detto ciò, sotto lo sguardo stupito del ragazzo, si risedette. “Sei sorda o cosa? Ti ho tolto dieci punti, non puoi stare qui.”
Sbuffando rumorosamente, la rossa si alzò di nuovo. “Che palle che sei Malfoy.”
Lui si accigliò. “Sono un prefetto e……”
“Si, si lo so,” lo interruppe. “Sei un prefetto, fai parte della Squadra D’Inquisizione, sei un Serpeverde, un Malfoy, hai i soldi e bla bla bla.”
Con uno strattone si risistemò il mantello, ma nel farlo le sfuggì il fazzoletto che le avvolgeva la mano ferita.
Fece per riprenderlo, ma il biondo fa più veloce di lei. “Cos’hai fatto?” Chiese confuso, osservando le numerose macchie di sangue sulla stoffa.
“Niente. Ridammelo.” Ribatté lei, tentando di strapparlo dalle sue mani.
Draco la ignorò, afferrandole il polso sinistro. Si ritrovò così ad osservare la mano della ragazza, più gonfia del normale e sporca di sangue sul dorso. Una scritta incisa sulla pelle luccicava alla luce delle torce.

Il rispetto prima di tutto

Ginny si sottrasse dalla sua presa, arrabbiata ma anche imbarazzata. Da che ricordava lei e Malfoy non si erano mai nemmeno sfiorati, a parte lo scontro che avevano avuto nei giorni scorsi, quindi il suo tocco sul polso le aveva fatto provare delle sensazioni strane. Più pensava a ciò, più avvertiva le sue guancie bruciare. Era una fortuna che quella zona del castello fosse poco illuminata, se Malfoy si fosse accorto che era arrossita l’avrebbe presa in giro in eterno. Già il fatto che aveva visto la sua mano e il “gentile” regalo della Umbridge era sufficiente per diventare il suo zimbello, non voleva di certo peggiorare quella pessima situazione.
“Ridammi il mio fazzoletto,” disse, cercando di controllare il tono di voce.
Ma lui non si mosse di un centimetro, la guardava con espressione indecifrabile. Stava pensando all’insulto migliore da rifilarle?
Si specchiò nei suoi occhi grigi per quelli che le parvero lunghi e interminabili minuti, finché lui non sussurrò: “è stata la Umbridge vero?”
In quegli occhi che l’avevano sempre derisa e umiliata, in quel momento Ginny vedeva la confusione e quella che sembrava rabbia. Possibile che fosse davvero così?
Scosse la testa. La vista le stava facendo brutti scherzi, non c’era altra spiegazione.
“Io me ne vado a letto,” disse alla fine, evitando di guardarlo.
Non fece in tempo a fare due passi che la voce del ragazzo la bloccò. “Aspetta.” Subito le fu di fronte, prendendole la mano ferita. La sua confusione fu sostituita dalla paura quando lo vide estrarre la bacchetta. Provò a ritrarre la mano, ma lui non mollò la presa.
Dal volto di Draco non trapelava alcuna emozione, mentre con delle formule che lei non aveva mai sentito faceva apparire una bottiglietta con uno strano liquido e delle bende.
“Ma che….?” Iniziò la rossa, confusa.
Lui non rispose né la guardò, concentrandosi solo sulla mano che ripulì e disinfettò, per poi avvolgerla con le bende.
“Cambia le bende la mattina e la sera e spalmaci questa,” sussurrò, porgendole un tubetto di crema. “Entro due settimane i segni dovrebbero sparire.”
Ginny lo osservava a bocca aperta. Malfoy l’aveva appena medicata o se lo era solo immaginato?
“Malfoy?”
Finalmente il ragazzo la guardò, ma il suo volto era sempre privo di ogni emozione. Come facesse a mascherare così bene ciò che provava lei proprio non riusciva a spiegarselo.
“Ti senti bene?”
Draco corrugò le sopracciglia, sicuro di aver capito male. Si aspettava qualsiasi domanda, forse anche un grazie, ma non di certo quello.
Il suo carattere schietto e privo di peli sulla lingua lo portò a mormorare: “Perché questa domanda?”
Ginny scrollò le spalle. “La mia mano…..tu…..normalmente non……..non lo avresti fatto,” ammise, mordendosi nervosamente il labbro.
A sorpresa un debole sorriso increspò le labbra del biondo. “Mettiamola così, quella mano non era un bello spettacolo.”
Lei ruotò gli occhi, facendolo scoppiare a ridere. Non lo aveva mai visto ridere in maniera così naturale e spensierata, non sembrava nemmeno lui. In quel momento non c’era Draco Malfoy, ma semplicemente Draco. Draco era diverso, era quasi affascinante.
Quasi senza rendersene conto, si era ritrovata a ridere a sua volta. “Grazie,” sussurrò, guardandolo intensamente.
Draco annuì. “Vai a letto piccola Weasley, si è fatto tardi.”
Ginny sorrise, un sorriso così radioso che lo lasciò di sasso. Lei non gli aveva mai sorriso così, quel sorriso era sempre stato per i suoi fratelli, per Hermione Grenger e soprattutto per Harry Potter, ora invece era tutto per lui.
“Buonanotte.”
“Buonanotte,” ripeté lui, seguendola con lo sguardo mentre si addentrava lungo il corridoio deserto. Mai, nemmeno per un istante nella sua vita una ragazza era riuscita a farlo sentire un idiota come c’era riuscita Ginny Weasley con un semplice sorriso. Ma cosa gli stava succedendo?
“Ehi Weasley!” Le sue labbra si erano mosse da sole, senza che potesse in alcun modo fermarle.
Lei si voltò, sorpresa. “Non vorrai togliermi altri punti spero.”
Draco sorrise, scuotendo la testa. “Stavolta no. Volevo solo dirti che è inutile discutere con la Umbridge, lei non cambierà mai idea.”
Ginny sollevò un sopracciglio, scettica. “Prima mi bendi la ferita e poi ti preoccupi per me. Sei sicuro di non aver preso un colpo in testa? Il Malfoy che conosco mi avrebbe presa in giro in eterno.”
“Bè….forse il Malfoy che conosci non è come sembra.”
Dopo quella frase enigmatica la salutò, lasciandola lì immobile, confusa e stupefatta allo stesso tempo. Cosa stava cercando di dirle? Ma soprattutto, era sincero o la stava solo prendendo in giro?
    

 




Ginny attraversò di corsa i vari corridoi del castello, facendo attenzione a non franare addosso a qualcuno. Se la Umbridge l’avesse beccata a correre l’avrebbe segregata in punizione in eterno, ma non poteva farci nulla era una ribelle di natura.
Aprì il portone d’ingresso con non poca fatica. Esso era enorme, lei invece così mingherlina. Nel parco intravide Michael Corner che in teoria era il suo ragazzo in compagnia di Cho Chang, che singhiozzava sulla sua spalla. Storse il naso a quella visione. Certo, comprendeva il dolore della ragazza, ma ciò non l’autorizzava a strusciarsi contro i fidanzati altrui.
“Ehm….Ehm….”
I due sobbalzarono, voltandosi verso di lei. “Ginny!”
“Prego, continuate pure,” sbottò acida.
“Ti sembra il caso?” La rimproverò Michael. “Cho sta male e tu ti stai comportando da egoista.”
Ginny lo guardò con odio. Come osava parlarle in quella maniera davanti a Cho? Egoista poi non le risultava proprio. Aveva accettato la presenza della ragazza anche troppo, spesso le sembrava quasi che si fosse fidanzata anche con lei! Cosa c’era di male a voler reclamare il proprio ragazzo per un po’?
“Sai che ti dico? Fai come ti pare.”
Senza attendere oltre si avviò verso il campo di Quidditch. Da quanto sapeva non erano previsti allenamenti, quindi avrebbe potuto piangere in santa pace. Peccato che avesse fatto male i suoi calcoli.
In sella alla sua scopa mentre dava la caccia al boccino, c’era infatti il principe delle serpi. Normalmente non ci avrebbe pensato due volte ad andarsene, ma le sue gambe erano di tutt’altro avviso e la guidarono verso le tribune. Prese posto in una delle ultime file, recuperando dalla tasca del mantello uno dei lecca-lecca che aveva comprato durante l’ultima uscita ad Hogsmeade. Mentre lo mangiava i suoi occhi scorrevano sul campo, fermandosi sul biondo Serpeverde. Non sapeva perché avesse deciso di fermarsi lì, in fondo fino a pochi minuti prima era ferita e arrabbiata con Michael e cercava solo un posto dove poter piangere senza essere vista, di certo non poteva farlo davanti a Malfoy. Solo perché era stato gentile una volta non voleva dire che lo sarebbe stato sempre. Eppure non poteva fare a meno di pensare al modo in cui l’aveva guardata quella sera e al suono della sua risata. Aveva avvertito delle sensazioni strane, ma allo stesso tempo piacevoli. Michael non l’aveva mai guardata in quel modo, non si era mai tanto preoccupato per lei. Malfoy lo aveva fatto e lei si era sentita bene, ma forse stava solo fraintendendo i suoi comportamenti. Essere gentile non voleva dire provare un interesse e poi perché uno come Malfoy avrebbe dovuto provare interesse per una come lei? E lei cosa provava?
Spostò nuovamente lo sguardo su di lui. Era così concentrato a rincorrere il boccino da non aver nemmeno notato la sua presenza. I capelli biondi gli svolazzavano morbidamente sulla fronte e sugli occhi, che teneva socchiusi per la concentrazione. La divisa verde-argento aderiva al suo corpo, mettendo in evidenza i primi accenni di muscoli. Non lo aveva mai guardato in quel modo e solo in quel momento si rendeva conto che quando non sputava insulti era veramente carino. A conferma di ciò, il suo cuore accelerò i suoi battiti. Malfoy aveva qualcosa che l’affascinava e incuriosiva allo stesso tempo. Tutto era cominciato quando le aveva medicato la ferita e da allora si era scoperta più volte a fissarlo. Possibile che le piacesse così all’improvviso? O forse ciò era dovuto dal fatto che le cose con Michael andavano male ed era alla disperata ricerca di attenzioni?
All’improvviso il biondo scese in picchiata e dopo un giro della morte riuscì ad acciuffare la piccola sfera dorata. Quasi senza rendersene conto Ginny sorrise. Ecco di cosa aveva bisogno, di un po’ di spensieratezza. C’era già la Umbridge a rendere la vita a Hogwarts un inferno e stare con il suo ragazzo avrebbe dovuto farla sentire felice, spensierata, amata. Da quando ciò non accadeva?
Sussultò, notando che Malfoy era appena atterrato accanto a lei e la fissava. Sembrava sorpreso di vederla lì.
“Ciao,” mormorò, imbarazzata. Avrebbe dovuto immaginare che prima o poi l’avrebbe notata.
Un debole sorriso increspò le labbra di Draco. “Ciao piccola Weasley.”
Il ragazzo si scostò i capelli sudati dalla fronte e si sedette accanto a lei. “Come mai non sei con Corner o con San Potter?”
Nella sua voce Ginny colse una strana acidità, quasi ce l’avesse con lei. Diede un morso al lecca-lecca e lo guardò. Forse quell’acidità non c’era davvero ed era stata solo una sua impressione.
 “Io e Michael abbiamo litigato. Per quanto riguarda Harry, prima o poi si azzufferà con lui per le attenzioni della principessa orientale,” sbottò piena di risentimento.
“Non dirmi che a tutti e due piace la Chang?” Chiese Draco, palesemente divertito.
Lei annuì. “Piace a un sacco di ragazzi. Michael sta sempre a consolarla e Harry le gira intorno in ogni occasione. Scommetto che anche tu la trovi carina,” aggiunse, avvertendo le guance in fiamme.  Non sapeva nemmeno lei perché avesse detto quella cosa, forse voleva solo sfogarsi o forse voleva sapere davvero se anche a lui piacesse Cho.
Il biondo fece una smorfia schifata. “Bleah! Non potrebbe mai piacermi quella piagnona.”
Ginny sorrise soddisfatta, mentre il suo cuore batteva a mille. “Almeno c’è qualcuno che la pensa come me. A proposito, ne vuoi uno?” Proseguì, accennando al suo lecca-lecca.
Lui arricciò il naso. “Io non mangio quelle diavolerie babbane.”
“Come preferisci.”
Seguirono istanti o forse minuti di lungo silenzio, poi interrotti da Draco. “Corner è un idiota.”
“Come?” Chiese, sicura di aver capito male.
Il ragazzo scrollò le spalle. “Ha una ragazza così e la trascura per quella lì,” commentò tra se e se.
Ora Ginny iniziava seriamente a preoccuparsi per la sua salute mentale. Possibile che Malfoy avesse davvero detto una cosa simile?
“Cosa intendi per ragazza così?” Sussurrò, imbarazzata.
Il suo imbarazzo crebbe a dismisura quando lo guardo del ragazzo la percorse da capo a piedi. “Onestamente Weasley sei molto meglio tu che lei,” mormorò con calma, quasi stesse parlando del tempo e ciò se possibile la fece sentire ancora più a disagio. Era sicura di aver assunto lo stesso colore dei suoi capelli e che se non fosse stata attenta sarebbe morta di crepacuore. Mai un ragazzo le aveva fatto un complimento, se così si poteva definire, con un atteggiamento così calmo e naturale. Nel suo sguardo e nella sua voce non trapelava alcun tipo di imbarazzo. Draco Malfoy era sicuramente il ragazzo più strano con cui avesse mai avuto a che fare.
“è un complimento?” Chiese in ogni caso.
Draco sollevò un sopracciglio. “Perché è così strano che dica una cosa del genere?”
“Mmm vediamo,” si finse pensierosa. “Non eri forse tu che dicevi che ero una stracciona, una poveraccia, uno spaventapasseri……devo continuare?”
Lui ghignò. “Vero, ma questo lo pensavo un secolo fa.”
“Cos’è cambiato?”
“Perché lo vuoi sapere?”
Lei scrollò le spalle. “Considerala una curiosità.”
Un lampo attraversò lo sguardo di Draco. Le si avvicinò, continuando a mantenere il contatto visivo. Con delicatezza le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, facendola arrossire.
“Secondo te perché dall’inizio dell’anno ti tormento?” Le chiese serio.
“Forse perché sono una Weasley, non so.”
“Sbagliato.”
“Perché ti sto antipatica?”
Lui scosse la testa, divertito. “Non dirmi che non l’hai ancora capito?” Sussurrò, accostando le labbra al suo orecchio.
Ginny lo guardò ad occhi sgranati. Il suo cuore perse un battito. Possibile che….?
“Mi piaci piccola Weasley. Non so né come né perché, ma è così,” proseguì, studiando attentamente la sua reazione.
Il volto di Ginny assunse tutte le tonalità del rosso e del viola, mentre il cuore le batteva come un tamburo e un branco di rinoceronti impazziti si agitava nel suo stomaco.
Lei piaceva a Draco Malfoy! Stentava quasi a crederci, eppure i suoi occhi fissi nei suoi glielo confermavano. Ora riusciva a vedere qualcosa, vedeva calore, intensità, ma anche agitazione e forse pentimento. Si stava pentendo di averglielo detto, ne era sicura. Temeva che lei lo rifiutasse o addirittura che gli ridesse in faccia. Ginny però non lo fece, non fece assolutamente nulla limitandosi a fissarlo.
I minuti scorrevano lenti e inesorabili, ma lei continuava a non parlare. Era sconvolta, non se lo aspettava proprio. Aveva pensato che Malfoy fosse carino, ma la cosa si fermava là……non lo aveva mai immaginato come possibile fidanzato……era così confusa.
“Bè…..” mormorò Draco alla fine. Non si era mai sentito più umiliato in vita sua. Lui si dichiarava, rinnegando ogni tipo di orgoglio e ideale e lei che faceva? Lo fissava come se fosse stato la cavia di un laboratorio. Quanto tempo ci avrebbe messo ad assimilare la cosa per poi iniziare a ridere di lui? Onestamente non voleva saperlo. Ma che si aspettava? Ginny Weasley era sempre stata innamorata del grande e inimitabile Harry Potter, che interesse avrebbe mai potuto avere per il codardo e arrogante figlio di Lucius Malfoy?
“Io me ne vado,” mormorò, alzandosi in piedi e salendo in sella alla sua scopa. Non lo avrebbe mai ammesso, ma una piccola parte di lui continuò a sperare fino all’ultimo istante che Ginny lo fermasse, che dicesse qualsiasi cosa, ma lei non fece. Lo lasciò andare via, umiliato e profondamente deluso, restando nella medesima posizione quasi fosse stata pietrificata. Mai in vita sua Draco Malfoy si era sentito così vulnerabile e svuotato di ogni emozione, l’unica cosa che avvertiva era quel sordo e insopportabile dolore al petto.

 
 





“Accidenti!” Borbottò Ginny, rileggendo il paragrafo di trasfigurazione che doveva studiare per la quinta volta. Non c’era nulla da fare, proprio non riusciva a concentrarsi.
Era passata una settimana da quando Draco Malfoy le aveva confessato i suoi sentimenti, una settimana da quando la evitava come la peste. Non poteva biasimarlo, anche lei avrebbe fatto lo stesso se la persona a cui si fosse dichiarata si fosse limitava a guardarla senza dire una parola. Il suo però non era stato un rifiuto, almeno non completamente. Le sue parole l’avevano profondamente destabilizzata, non se le aspettava proprio. Tuttavia nei giorni a seguire aveva più volte pensato a lui. Si era resa conto che ogni volta che camminava nei corridoi del castello, si aspettava di vederlo spuntare per toglierle dei punti e quando puntualmente ciò non avveniva, si intristiva di colpo. Durante i pasti in Sala Grande lo cercava con lo sguardo, ma i suoi occhi grigi non si posavano mai su di lei. Sembrava che per lui fosse diventata invisibile. La cosa le faceva ogni giorno più male. Perché non la guardava più? Perché aveva anche smesso di tormentarla? Più volte si era scoperta a sognarlo, a sognare loro due insieme e la cosa le faceva paura. Provava davvero dei sentimenti per lui, o si trattava di una questione di orgoglio?
I suoi dubbi sparirono di colpo quando lo vide entrare in biblioteca insieme a una bionda che riconobbe essere Daphne Greengrass. Stavano discutendo di qualcosa e lui sembrava essere molto preso. Nemmeno la visione di Harry e Cho insieme le aveva mai dato tanto fastidio. Stava odiando Daphne con ogni fibra del suo essere, lei che sorrideva ammiccante all’indirizzo di Draco. Era gelosa, gelosa come mai era stata in vita sua e allora capì. Lo pensava e lo cercava continuamente perché lui le piaceva, forse le piaceva già da diverso tempo ma solo in quel momento se ne rendeva conto. Come aveva potuto essere così stupida? Doveva provare a parlargli, doveva dirgli ciò che provava.
Proprio mentre pensava a ciò, Draco salutò Daphne e si avviò verso l’uscita della biblioteca. Senza pensarci due volte Ginny lo seguì. Quella era la sua occasione, forse l’unica che avrebbe potuto avere.
“Malfoy!” Lo chiamò.
Lui si voltò, ma appena vide che era lei la sua espressione divenne di marmo.
“Ho bisogno di parlarti,” spiegò, torturandosi le mani talmente era agitata.
“Io non ho niente da dire a una stracciona come te,” ribatté crudele.
La rossa incassò il colpo. Sapeva di meritarselo. “Sono una stupida,” ammise infatti. “Hai ragione ad avercela con me.”
Draco non disse una parola, limitandosi a fissarla con freddezza.
“Ti chiedo solo cinque minuti.”
Dopo un tempo che le parve infinito, lui annuì. “Va bene.”
Si recarono nei pressi del Lago Nero, dove avrebbero potuto parlare con più tranquillità senza essere interrotti o uditi da nessuno.
“Allora? Cosa vuoi?”
Ginny prese un profondo respiro. “Quel giorno sul campo di Quidditch……..le tue parole mi hanno sconvolta, non me le aspettavo proprio……..” sotto il suo sguardo impassibile continuò. “Avrei voluto dirti tante cose, ma non ci riuscivo…….non riuscivo a fare nulla……… in questi giorni ci ho pensato molto e ho capito una cosa……..non era la tua confessione ad avermi sconvolta, ma ciò che ho provato io sentendola…..”
Draco si accigliò, finalmente interessato. “Che significa?”
“Io…..ecco io……credo che…….credo che anche tu piaccia a me,” balbettò con le guance in fiamme. Si era liberata di un peso, ma allo stesso tempo temeva un suo rifiuto. E se lui non l’avesse più voluta? “Non me ne rendevo conto, ma ora finalmente l’ho capito……mi sei mancato tanto in questi giorni…….mi è persino mancata la tua ossessione nel togliermi punti. Scusa se l’ho capito solo ora.”
Restarono uno di fronte all’altra a fissarsi per chissà quanto tempo, poi lui annuì. “Non voglio essere la ruota di scorta di Corner o peggio di Potter,” ci tenne a precisare.
Ginny sorrise. “Non me ne frega niente di loro, nella mia testa in questi giorni c’è stato un solo ragazzo. Mi piaci tu, solo tu.”
Il biondo ghignò. “Ah si?”
Lei ruotò gli occhi. “Santo cielo Malfoy! Cosa devo fare per fartelo capire? Io……” Prima che potesse dire qualsiasi altra cosa, lui la baciò. Dapprima sconvolta, si ritrovò a ricambiare il bacio, che decise di approfondire schiudendo le labbra.
Draco l’attirò maggiormente a se, circondandole la vita con un braccio, mentre l’altra mano la intrecciava nei suoi capelli. Si separarono solo per mancanza di ossigeno.
“Ho lasciato Michael,” ammise lei, torturandosi il labbro.
Un sorrisetto soddisfatto si fece strada sul volto del ragazzo. “Hai lasciato Corner per me?”
Ginny sorrise a sua volta. “Non montarti la testa Malfoy, lo avrei lasciato comunque. Mi sono scocciata di dividerlo con la Chang.”
“Chiamami Draco,” sussurrò lui a pochi centimetri dalle sue labbra.
“Draco,” mormorò, prima che il biondo la coinvolgesse in un lungo bacio. Lei intrecciò le dita nei suoi capelli biondi, avvicinandolo ancora di più a se.
“E ora che succede?” Gli chiese, restando con le braccia intrecciate al suo collo.
Draco sorrise, sfiorandole il naso con il suo. “Succede che stai con me, con me e basta.”
Ginny si accigliò. “Lo stesso vale per te. Dì addio alla bella vita Draco.”
“Con molto piacere Ginevra,” soffiò al suo orecchio, facendola rabbrividire.
Ginevra, l’aveva chiamata Ginevra.
Sorrise e lo baciò. “Dillo ancora.”
“Dire cosa?”
“Il mio nome. Mi piace pronunciato da te.”
Lui sorrise. “Lo dico se tu dici il mio.”
“Draco.”
“Ginevra.”  
 
 
 

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Capitolo 22
*** La fuga ***


                          Capitolo 22: La fuga

 



“Basta…….basta…….basta……..” mormorò Ginny, socchiudendo gli occhi e massaggiandosi la testa con i polpastrelli.
Quella notte la sua mente aveva rievocato altri ricordi del suo passato, ricordi che riguardavano Draco e come era iniziata tra loro.
Sentiva che tutte quelle cose le erano familiari, che le appartenevano. Ricordava quegli sguardi, quei sorrisi, il battito frenetico del suo cuore, il calore che solo la sua presenza era in grado di trasmetterle e poi il dolce e intrigante sapore che avevano le sue labbra. In quel momento il legame con Draco era più vivido che mai, quasi volesse darle un segnale.
Doveva trovarlo e per farlo doveva uscire da quella dannatissima stanza dove Harry l’aveva rinchiusa.
Provò ad aprire gli occhi, ma il mal di testa non accennava a placarsi. Perché ricordare faceva così male? Era una cosa normale?
Continuò a massaggiarsi la testa per quelle che le parvero ore, anche perché sia le mani che le braccia le si stavano indolenzendo. Chissà da quanto tempo stava lì, chissà se i suoi amici stavano cercando Draco.
Avrebbe tanto voluto essere lì fuori con loro, contribuire nelle ricerche e invece si trovava in quel posto a deprimersi e a sentirsi inutile. La sua mente che pian piano le forniva tutti i ricordi di certo non aiutava a migliorare il suo umore, al contrario la faceva sentire ancora peggio. Sembrava quasi che il destino si divertisse ad accanirsi contro di lei. Prima le ridava informazioni sul suo passato un po’ alla volta, poi quando si sentiva pronta per affrontarlo, quando aveva già messo in discussione gli ultimi cinque anni della sua vita, ecco che esso ci metteva lo zampino impedendole di partecipare attivamente al ritrovamento di colui che era stato un pezzo fondamentale della sua vita. Sapeva che i suoi erano pensieri stupidi, il destino non centrava nulla con l’eccessivo istinto di protezione di Harry, ma credere che la sua condizione dipendesse da una causa al di la del concreto era più facile da accettare e le impediva di provare rabbia nei confronti di suo marito. Harry voleva proteggerla, voleva tenerla al sicuro ma lei era una testa calda, lei non era come sua madre che accettava di starsene a casa a fare le faccende mentre suo marito rischiava la vita. Lei era un carattere ribelle e combattivo, che lottava con le unghie e con i denti per tutto ciò che riteneva giusto e cercare Draco lo era più di tutto.
Draco meritava di essere riportato a casa sua, nel suo mondo, di vivere la vita che gli spettava e poi lei aveva un disperato bisogno di vederlo, di specchiarsi nei suoi occhi grigi e vedere se in essi c’era ancora posto per lei….posto per loro.
Forse era un pensiero egoista, soprattutto nei confronti di Harry che di certo non se lo meritava, ma lei non poteva fingere di essere qualcuno che non era. Nel suo cuore c’erano tanti dubbi, tante incertezze che solo il ritorno di Draco poteva abbattere.
Conosceva i sentimenti di Harry e quella che era la loro vita insieme, ma ora doveva conoscere anche quelli di Draco, capire se dopo cinque anni le cose erano cambiate oppure c’era ancora posto per loro due. Ecco perché in quel momento non poteva fare alcuna scelta.
Di Draco tutto ciò che sapeva era racchiuso nei ricordi, ricordi di quando erano solo dei ragazzini, mentre di Harry sapeva ogni cosa, ogni pregio, ogni difetto. Finché non avesse conosciuto anche il Draco adulto non poteva fare alcuna scelta e quindi avrebbe vissuto nel dubbio.
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dal rumore della chiave nella serratura e in una manciata di secondi Ginny seppe cosa doveva fare.
Sul comodino alla sua sinistra c’era ancora il vassoio di ferro con il cibo intatto che Harry le aveva portato. Senza pensarci due volte, lo liberò di esso e corse verso la porta, impugnandolo.
Ciò che avvenne dopo fu così rapido che nessuno di loro ebbe il tempo nemmeno di pensare. Un attimo prima la porta si apriva ed Harry entrava, quello dopo Ginny lo colpiva alla testa con il vassoio più forte che poteva.
Gli occhi del ragazzo si dilatarono per la sorpresa, poi franò sul pavimento privo di sensi. Sulla sua fronte nel frattempo stava iniziando a fluire un rivolo di sangue.
Ginny lasciò andare il vassoio, gli occhi fissi sul ragazzo svenuto ai suoi piedi.
“Perdonami Harry,” sussurrò dispiaciuta. “Non avevo altra scelta.”
Lo guardò ancora per qualche istante, poi scavalcò il suo corpo e corse fuori più veloce che poteva.
Il luogo dove Harry l’aveva rinchiusa sembrava una casa di montagna o almeno ciò capì dall’arredamento, ma non poteva fermarsi a dare un’occhiata, doveva scappare prima che si svegliasse. Fortuna volle che trovò la porta d’ingresso quasi subito e una volta fuori i suoi dubbi si trasformarono in certezze.
La piccola casetta di legno da cui era appena uscita, si trovava in una zona di montagna circondata da un fitto bosco. Qual’era la direzione giusta? Dato che non poteva fermarsi a pensare, intraprese un sentiero qualsiasi, correndo più veloce che poteva.
Più distanza metteva tra lei ed Harry e minori erano le possibilità che la trovasse, peccato che non aveva idea di dove stesse andando. Intorno a lei c’erano solo alberi e man mano che avanzava l’ambientazione non cambiava, ciononostante continuò a correre con il cuore in gola e con un’ansia e una paura così grandi che rischiavano di divorarla.
E se non fosse mai riuscita a tornare a casa? E se si fosse imbattuta in qualche creatura selvatica? Era stata una stupida. Anziché correre via temendo che Harry si svegliasse, avrebbe dovuto prima sottrargli la bacchetta. Come aveva fatto a non pensarci? E ora come avrebbe fatto a difendersi e a trovare la strada?
“Accidenti!” Borbottò, guardandosi nervosamente intorno. L’unica cosa che poteva fare era affidarsi al suo istinto e sperare che non sbagliasse, oltre ovviamente a sperare di non imbattersi in un lupo o in qualsiasi altra creatura selvatica.
Si era sempre chiesta come facessero i babbani a vivere senza bacchetta, pensando che in fondo anche lei avrebbe potuto riuscirci se avesse voluto, ma in quel momento non ne era più tanto convinta. Senza bacchetta si sentiva scoperta, debole, vulnerabile.
Hermione le aveva raccontato che i babbani conoscevano tanti trucchi per orientarsi, osservando la posizione del sole o usando degli oggetti chiamati pussole o bussole, non ricordava il nome corretto, che indicavano loro i quattro punti cardinali.
Era sicura che se avesse avuto uno di quegli oggetti, la forza della disperazione l’avrebbe portata ad imparare a usarlo alla velocità della luce. Peccato che lei non avesse praticamente nulla e se a ciò si aggiungeva il suo pessimo orientamento, le possibilità di uscire da quel bosco erano ridotte al di sotto dello zero.
“Mantieni la calma……andrà tutto bene,” ripeté tra se e se, cercando di darsi coraggio. Non poteva farsi prendere dal panico, doveva essere forte. In un modo o nell’altro se la sarebbe cavata, doveva solo avere pazienza.
 

 




“Ok, adesso basta!” Sbottò Luna, lanciando il cellulare sul divano, esasperata.
Aveva saputo tramite Harry che Ginny aveva deciso di perdonarlo e di tornare a vivere con lui, la cosa però le sembrava assurda. Fino a un paio di giorni prima infatti, lei aveva continuato a sostenere di essere confusa circa i suoi sentimenti per il moro e per Draco, quindi era a dir poco impensabile che avesse deciso così da un giorno all’altro.
E se anche fosse stato così, perché sparire nel nulla e non rispondere nemmeno al telefono? Era sicura che non fosse vero che non stava bene, lei era una combattiva e non avrebbe mai permesso a una semplice influenza di metterle i bastoni tra le ruote. Ginny voleva ritrovare Draco più di qualsiasi cosa, lo aveva dimostrato più e più volte. Lei aveva grinta, tenacia, determinazione, non era il tipo che si arrendeva.
Cosa poteva essere successo?
“Lui le ha fatto qualcosa, ne sono sicura.”
Theo annuì, continuando a fissare il camino scoppiettante con sguardo assente. Avrebbe tanto voluto dire a Luna quello che pensava, ossia che Harry stesse solo facendo finta di aiutarli e che probabilmente se Ginny era sparita la colpa era sua, ma non poteva farlo senza informarla della decisione sua e di Blaise di agire da soli. Voleva che Luna stesse al sicuro, lontana dagli incappucciati e da quelli che erano i loro piani e proprio per questo non disse una parola.
“Theo,” lo richiamò però la bionda. “Mi stai ascoltando? Sono preoccupata per Ginny.”
Il ragazzo fece per rispondere, ma proprio in quel momento iniziò a squillargli il cellulare. Mai in vita sua era stato più felice di ricevere una chiamata da Blaise.
-“Blaise, tutto bene?”- Mormorò, mentre Luna mimava qualcosa che suonava molto come salvato dal telefono.
-“Credo che Potter abbia mentito Theo. Ho passato ore sotto la finestra di casa sua e Ginny non si è vista proprio. Secondo me non è vero che è tornata a vivere con lui”-
-“Cosa? Ma allora dov’è?”-
-“Non ne ho idea. Pansy pensa che Potter la tenga rinchiusa da qualche parte. Lei non sarebbe mai sparita di sua spontanea volontà”-
-“è possibile”- considerò tra se e se.
-“Perché parli a monosillabi? Mi stai innervosendo”- sbottò Blaise infastidito.
Theo lanciò un’occhiata verso Luna, che sembrava non essersi persa nemmeno una battuta e lo trafiggeva con uno sguardo penetrante. Non poteva parlare davanti a lei, non poteva farla insospettire.
-“Ehm… Blaise, ti va bene se ci vediamo tra un’ora?”-
Dall’altro lato ci furono alcuni istanti di silenzio, poi una risata. –“Perfetto. A dopo allora e salutami Luna”-
Il moro sorrise tra se e se. Blaise lo conosceva davvero troppo bene. –“Si, a dopo”-
Non fece nemmeno in tempo a chiudere la telefonata, che Luna iniziò il suo interrogatorio.
“Cosa ti ha detto Blaise? Parlavate di Ginny?”
“Ora non posso spiegarti, devo andare.”
Si affrettò ad indossare il mantello e a recuperare la bacchetta, mentre la ragazza non demordeva. “Non te ne vai finché non mi avrai detto la verità,” disse incrociando le braccia al petto e bloccandogli ogni via d’uscita.
Theo sollevò gli occhi al cielo. “Non cominciare con i tuoi sospetti infondati. Si tratta di una questione di lavoro.”
“Theodore Nott! Non osare farmi passare per idiota! Tu e Blaise non lavorate insieme…….dimmi la verità, adesso!”
Lui sospirò, rassegnato. “Dobbiamo verificare una cosa.”
Luna si accigliò. “Riguarda Ginny?”
“Non lo so ancora. Quando lo saprò, potrò darti una risposta certa.”
“Cosa state combinando tu e Blaise? Mica vi state mettendo nei guai?”
Theo sorrise, di fronte la sua espressione preoccupata. “Stai tranquilla,” la rassicurò, prendendole il volto tra le mani. “Vogliamo solo parlare, analizzare la situazione, ma ti posso assicurare che non faremo alcuna sciocchezza.”
“Giuramelo, giurami che non farai nulla di pericoloso,” sussurrò lei, poggiando le mani sulle sue. I suoi occhi azzurri si riflettevano in quelli neri del ragazzo, alla ricerca di una rassicurazione, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse far sparire le sue paure. Theo avrebbe voluto cancellare quei brutti pensieri, ma non poteva farlo essendo sincero ecco perché anche se a malincuore dovette annuire.
“Te lo giuro,” mormorò, guardando poco sopra la sua testa. Gli risultava difficile mentirle guardandola negli occhi.
Luna fece per aggiungere altro, ma lui glielo impedì baciandola. Si sentiva un essere disgustoso, di nuovo le stava mentendo…….di nuovo non aveva scelta. Sapeva che poteva essere rischioso cercare gli incappucciati e non voleva che anche Luna corresse dei pericoli, da futuro marito doveva proteggerla.
Continuò a baciarla con sempre maggior trasporto e quando finalmente anche lei iniziò a ricambiare, si sentì come se si fosse liberato di un peso. Luna stava cedendo, ne era sicuro.
“Fidati di me,” sussurrò, guardandola intensamente.
Lei annuì, ormai sconfitta. “Va bene, ma qualsiasi cosa fammi sapere.”
Theo sorrise, accarezzandole dolcemente i capelli. “Se so qualcosa ti chiamo. Ci sentiamo dopo.”
Dietro quel sorriso che voleva essere rassicurante, si nascondeva però il senso di colpa per quella bugia che mai avrebbe voluto dirle. Lo faceva per il suo bene, quindi doveva sforzarsi di allontanare gli scrupoli e quell’ossessivo pensiero che gli ricordava che non si stava comportando tanto diversamente da Harry Potter. Come Harry, stava mentendo alla donna che amava per proteggerla, eppure si sentiva diverso. Il prescelto aveva in fondo anche un tornaconto personale, lui no di certo……lui voleva semplicemente evitare che gli incappucciati se la prendessero anche con lei. Era così sbagliato voler tentare di evitarle morte certa?
No, si disse. Stava facendo la cosa giusta, stava facendo ciò che ogni uomo avrebbe fatto per tenere al sicuro la donna che amava. Lui non era Harry Potter, lui era guidato solo dall’amore.
 

 



 
Harry aprì lentamente gli occhi, avvertendo qualcosa di caldo scorrergli lungo il naso. Lo sfiorò con la punta delle dita, rendendosi conto che era sangue.
In un attimo ricordò ogni cosa. Era andato a trovare Ginny, ma appena aveva aperto la porta lei lo aveva colpito alla testa con il vassoio del cibo, che ora era abbandonato poco distante da lui. Forse era stato stupido da parte sua non tenere la bacchetta pronta, ma proprio non si aspettava che lei potesse tendergli un agguato, pensava che ormai avesse accettato la sua condizione.
Si alzò in piedi a fatica, colpito da un improvviso capogiro. Il colpo di Ginny era stato davvero forte, lo aveva steso peggio di uno schiantesimo e lo aveva persino fatto sanguinare.
Si toccò la fronte dolorante, avvertendo la formazione di un grosso livido oltre ovviamente alle tracce di sangue.
“Accidenti!” Sbottò, colpendo il muro con un pugno. Era stato un idiota, aveva abbassato la guardia e le aveva permesso di scappare.
Senza pensarci due volte corse fuori, ma una volta all’aperto si bloccò. Quale direzione poteva aver preso Ginny?
Intorno a lui c’era solo bosco, lei poteva essere andata dovunque. Intraprese allora un percorso qualsiasi, impugnando la bacchetta. Ginny non poteva essere troppo lontana, era comunque senza bacchetta e per giunta non conosceva il posto.
L’avrebbe ritrovata, era solo questione di tempo.

 
 





 L’incessante bussare alla porta del suo ufficio, costrinse Ron Weasley a mollare le scartoffie a cui stava lavorando per andare ad aprire.
Con stupore si ritrovò a mettere a fuoco la figura di una donna dai lunghi capelli corvini. “Parkinson?”
Pansy si accigliò. “Finalmente ti sei deciso ad aprire Weasley.”
“Cosa ci fai qui?”
“Dobbiamo parlare.”
Dopo un attimo di esitazione si fece da parte, consentendole di entrare. Una volta che si fu seduta, Ron tornò a guardarla.
“Di cosa volevi parlarmi?”
“Dov’è Ginny?” Chiese lei, andando dritta al punto.
Il rosso si accigliò. “Non capisco.”
“Non capisci?” Sbottò la mora, alterandosi. “Sono giorni che tua sorella non mi risponde al telefono, che non torna a casa e che non va al lavoro. Come te lo spieghi eh Weasley?”
Ron scrollò le spalle. “Ginny non sta bene, credo che la verità su Malfoy l’abbia sconvolta. Harry mi ha detto che……”
“Ma per favore! E tu gli credi pure? Credi davvero che sia andata sotto shock all’improvviso?”
“Che vuoi dire?” Chiese lui, confuso.
“Potter sta mentendo, è così evidente. Probabilmente l’ha rinchiusa da qualche parte.”
“Che cosa? E perché avrebbe dovuto farlo?”
Pansy sospirò. “Penso che voglia in qualche modo proteggerla, ma in questo modo si sta comportando da egoista impedendole di scegliere. Ginny non vorrebbe mai essere messa da parte e tu che la conosci meglio di me lo sai, sai che vorrebbe partecipare attivamente alle ricerche di Draco.”
Ron annuì, pensieroso. “Si, Ginny è una combattente nata, anche quando durante la guerra l'abbiamo costretta a farsi da parte lei non ne voleva proprio sapere."
"Ecco, vedi? Non sarebbe mai sparita di sua spontanea volontà. Credo che Potter centri qualcosa."
Il rosso si prese la testa tra le mani, incredulo. "Mi ha mentito di nuovo........nonostante quello che è successo, ha fatto di nuovo lo stesso errore....."
Pansy gli sorrise comprensiva. "Sono sicura che se non ti ha detto nulla lo ha fatto per proteggere Ginny, lui ci tiene a te sei il suo migliore amico."
"E ora cosa devo fare?" Chiese Ron smarrito. "Devo far finta di nulla o iniziare una crociata contro il mio migliore amico?"
"Nessuna delle due secondo me, però dovresti parlargli e convincerlo a lasciare Ginny libera. è la cosa giusta da fare e lo sai."
Ron annuì, convinto. "Si, ora vado a parlargli. "
Si affrettò ad indossare il mantello e a recuperare la bacchetta, per poi avviarsi verso la porta seguito da Pansy. Il suo torturarsi continuamente le mani e lo scompigliarsi i capelli, le fecero capire che era non poco agitato, per questo gli poggiò una mano sul braccio tentando di trasmettergli coraggio.
“Tranquillo, andrà tutto bene.”
Lui si voltò a guardarla. “E se succede qualcosa a Ginny? E se gli incappucciati trovano Malfoy prima di noi? Lo so che riderai di me dopo che lo avrò detto, purtroppo però non posso fare a meno di avere paura,” ammise.
Si aspettava che lo avrebbe preso in giro, che lo avrebbe deriso, ma di certo non si aspettava che lo abbracciasse. Proprio per questo restò rigido come uno stoccafisso per lunghi istanti e solo quando la sua mente ebbe registrato il tutto, ricambiò timidamente.
“Grazie,” mormorò, con le orecchie in fiamme per l’imbarazzo.
Pansy sorrise. “Anch’io ho paura, ma non dobbiamo lasciarci abbattere da essa. Ce la possiamo fare.”
“Si, ce la possiamo fare.”
 

 





 
Dopo aver salutato Ron fuori dagli ascensori del Ministero, la mora ex Serpeverde si confuse tra la folla di maghi per raggiungere l’ingresso. Essendo troppo desiderosa di andarsene e di correre da Luna a raccontarle della conversazione con Ron, affrettò il passo e inevitabilmente finì per scontrarsi con qualcuno. L’impatto fu così forte che perse l’equilibrio e sarebbe finita stesa sul pavimento lucido se due forti braccia non l’avessero sorretta, circondandole la vita.
“Sono un’imbranata, mi dispiace,” mormorò Pansy, sorridendo imbarazzata. Il suo sorriso si dissolse quando i suoi occhi scuri incontrarono quelli azzurri del ragazzo, che ancora la teneva tra le braccia.
“Terence.”
Lui sorrise. “Ciao Dolcezza. Da quanto tempo non ci vediamo?”
Come ogni volta che i suoi occhi si posavano su di lei, Pansy vi lesse quel lampo di malizia e il fatto che continuasse ad abbracciarla la fece sentire ancora più a disagio.
“Da quando il mio ragazzo ti ha pestato se non ricordo male,” ribatté, scrollandoselo di dosso.
Terence si passò una mano nei capelli, tentando di farlo passare per un gesto casuale ma lei che lo conosceva bene, sapeva che era il suo modo di dimostrare che le sue parole non lo avevano toccato.
“Come stai?” Le chiese infatti, cambiando subito argomento.
Pansy sospirò. “A che gioco stai giocando? Sono fidanzata e lo sai.”
Lui scrollò le spalle, incurante. “Ora non possiamo più nemmeno parlare? Pensavo fossimo amici.”
“Noi non siamo amici Terence. Quello che vuoi io non posso dartelo.”
Fece per sorpassarlo, ma lui le afferrò il polso, costringendola a voltarsi. “Che cos’ha lui che io non ho?”
Lo sguardo di Terence che di solito era intriso di malizia, arroganza o divertimento, in quel momento era triste, disperato.
“Io lo amo Terence, è sempre stato così,” sussurrò, prima di correre via senza voltarsi indietro. Le dispiaceva per lui, ma il suo cuore apparteneva a Blaise, l’unico che avesse mai amato.


 

 




 
Per prima cosa voglio scusarmi per questo ritardo assurdo! Purtroppo ho avuto un sacco di problemi con il mio computer, che mi ha abbandonato nel bel mezzo della scrittura e solo ora ho potuto finalmente finire il capitolo.
Che dire di questo capitolo? All’inizio non mi convinceva, però alla fine le cose dovevano per forza andare così. Ginny è riuscita ad evadere e il povero Harry si è beccato un bel colpo in testa. Riuscirà il moro a trovarla, oppure lei troverà prima la strada?
Theo e Blaise nel frattempo continuano ad agire da soli nonostante i sospetti di Luna e quelli di Pansy, che alla fine ha fatto di testa sua ed è andata da Ron. Che ne pensate di questo dialogo tra i due? A me è piaciuto molto scrivere questo momento di profonda vulnerabilità di Ron, combattuto tra il timore che possa succedere qualcosa a Ginny e quella che potrebbe essere la sua reazione se non dovessero riuscire a salvare Draco. In fondo ha capito che tra sua sorella e il biondo c’era un legame e non vuole vederla soffrire.
E dato che chi non muore ritorna, ecco spuntare di nuovo Terence! Fortuna che non c’era Blaise, altrimenti stavolta lo avrebbe ucciso XD
Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima, baci trilly <3  
 
 

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Capitolo 23
*** Il messaggio degli incappucciati ***


          Capitolo 23: Il messaggio degli incappucciati
 




 
Theo e Blaise si strinsero maggiormente nei mantelli calandosi i cappucci fin sugli occhi, mentre si facevano strada tra gli strati di neve che ormai ricoprivano completamente il giardino di Villa Malfoy. Come ogni anno in quel periodo, le temperature erano scese al di sotto dello zero e si faceva fatica persino a respirare.
“Mi sento tanto un incappucciato,” mormorò Blaise, battendo i denti e cercando di scaldare le mani nelle tasche del mantello.
Theo si accigliò. “Solo tu potevi scegliere il cimitero come luogo d’incontro. Fa un freddo cane qui ed è così deprimente.”
Il ragazzo si voltò a guardarlo, divertito. “Proprio per questo l’ho scelto. Nessuno verrà mai a cercarci qui.”
Continuarono a camminare tra le lapidi, molte delle quali irriconoscibili perché ricoperte di neve, finché non trovarono quella di Draco. Il giovane biondo nella foto ghignò alla loro vista.
Theo gli rivolse una breve occhiata, poi tornò a guardare Blaise fermo accanto a lui.
“Blaise,” sussurrò. “Perché sei voluto venire qui? Dovremmo cercare gli incappucciati, dovremmo….”
“Secondo te,” iniziò, interrompendolo. “C’è anche solo una minima possibilità di trovarlo prima di quei bastardi?”
Entrambi guardarono la foto di Draco per lunghi minuti, in attesa. Blaise attendeva di essere rassicurato in qualche modo, mentre Theo attendeva che sopraggiungesse quella forza che gli aveva permesso di andare avanti dopo la presunta morte del biondo. Peccato che il tempo passava e intorno a loro c’era solo un pesante silenzio. Nessuno dei due sapeva cosa fare, cosa dire, si sentivano inutili e impotenti.
“Dicci cosa dobbiamo fare maledizione!” Sbottò Theo all’improvviso, perdendo il suo solito contegno. “Dicci dove cazzo sei Draco!”
Blaise lo guardò a bocca aperta. Da quando lo conosceva non aveva mai sentito Theo urlare o perdere la pazienza, lui era la persona più calma che conoscesse.
“Mi sento così inutile! La mia calma e lucidità non mi hanno portato a nulla. Non ho idea di dove sia Draco. Non so chi sono questi incappucciati e che vogliono. Non so se domani mattina saremo ancora vivi oppure solo dei cadaveri. Non so un cazzo! Mi dispiace Draco,” aggiunse, trattenendo a stento le lacrime.
Il ragazzo accanto a lui lo fissava come se avesse visto un morto. Non credeva che il calmo e razionale Theodore Nott sentisse addosso tutte quelle pressioni, non credeva si sentisse responsabile quasi fosse il padre di tutti loro.
Gli diede una pacca sulla schiena, decisamente a disagio. Di solito erano gli altri a tentare di calmare lui, perciò non sapeva proprio come comportarsi.
“Theo, questo non sei tu. Tu sei forte, non ti disperi. Tu mi hai sempre detto che non dobbiamo mai arrenderci. Che fine ha fatto la tua determinazione?”
Theo scosse la testa. “Non lo so, mi sento così impotente. Ho rassicurato tutti, te e Luna in primis, ma la verità è che non sono più sicuro di niente…….siamo in un vicolo cieco.”
Blaise lo prese per le spalle, scuotendolo. “Non mollare Theo, se lo fai siamo finiti. Sei tu quello forte, io sono il folle istintivo ricordi?” Aggiunse con un sorrisetto ironico.
Il ragazzo sorrise a sua volta. “Siamo una squadra ben assortita io e te eh? Grazie Blaise.”
Lui annuì, abbracciandolo. “Sempre a disposizione, lo sai.”
Theo scoppiò a ridere, ricambiando l’abbraccio. “Da quando sei così sdolcinato? Potrei quasi pensare che ci stai provando con me.”
“Ti piacerebbe, ammettilo.”
“Si, ho sempre sperato che ti accorgessi di me,” ribatté divertito.
Blaise rise, colpendolo con uno schiaffetto dietro la testa. “Potrei anche pensarci se non fossi così musone.”
“Ehi!” Esclamò Theo fingendosi offeso. “Io almeno non sono un malato di mente. Che dici se diamo un’occhiata nella villa?”Aggiunse, indicandola con un cenno.
“Cos’è un invito?” Chiese Blaise con un sorrisetto beffardo.
Il moro ruotò gli occhi, divertito. “Muoviti Zabini, forse gli incappucciati quando sono stati nella villa hanno lasciato qualche indizio.”
“Andiamo a vedere allora.”
 




 
 
Con le prime luci del giorno finalmente la temperatura iniziò a salire e uno stanco e disperato Harry Potter poté finalmente riprendere a respirare regolarmente. Aveva passato tutta la notte a vagare per quei boschi alla ricerca di Ginny, ma lei sembrava scomparsa. Tutti i muscoli gli si erano ormai indolenziti, la testa gli faceva male e le palpebre minacciavano di chiudersi, non poteva però permettersi di fermarsi finché non l’avesse trovata. Ginny era sola e senza bacchetta in quel luogo immenso che non conosceva, poteva essere in pericolo e la colpa sarebbe stata solo sua. Lei era la donna che amava, la donna che a causa delle sue scelte eccessivamente protettive ed egoistiche stava seriamente rischiando di perdere. Per amore suo aveva accettato di trovare Malfoy, ma allo stesso tempo l’aveva segregata con l’inganno per tenerla al sicuro e ora era libera e senza meta in quel bosco pieno di pericoli. Doveva assolutamente trovarla prima che le succedesse qualcosa. Preferiva che lo odiasse, piuttosto che si trovasse nei guai a causa sua.
“GINNY! GINNY MI SENTI?” Urlò, scansando diversi alberi abbattuti che trovò nel suo cammino. Nessuna risposta. Sperò che quegli alberi fossero stati colpiti da un fulmine o da una frana di neve, il solo pensiero di qualche lupo mannaro o di un gigante libero di vagare tra quei boschi lo terrorizzava. Lui aveva la bacchetta per difendersi, ma Ginny era sola e indifesa.
“GINNY! GINNY, TI GIURO CHE NON TI PORTERò Più Lì DENTRO, MA TI PREGO RISPONDIMI! GINNY!” Urlò ancora, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. “GINNY! GINNY DOVE SEI?”
Un vento gelido lo investì, sollevando foglie e polvere, ma a parte quello intorno a lui c’era un rumoroso e insostenibile silenzio che rischiava di farlo impazzire. Dov’era Ginny? Era sicuro di conoscere quei boschi, insieme ad Hagrid li aveva visitati più volte prima di rendersi conto che non fossero il luogo adatto per Grop dato che oltre di essi c’era un villaggio babbano e quindi c’era il rischio che il gigante lo raggiungesse. Aveva controllato in ogni angolo, centimetro per centimetro, ma Ginny non si trovava. Il villaggio era troppo lontano, oltre una montagna e lei senza bacchetta non avrebbe mai potuto giungervi, perciò doveva essere lì da qualche parte. Forse si era appisolata, forse era ferita.
Rabbrividì, scostandosi i capelli dalla fronte, nel farlo sfiorò però il livido sulla fronte che ormai si era gonfiato a dismisura e gli procurava un dolore pungente. Gli sembrava ancora assurdo che Ginny lo avesse colpito così forte da farlo svenire, ma in fondo doveva ammettere che se lo era meritato. Cosa gli era passato per la testa quando si era caricato in spalla una Ginny addormentata e aveva detto a Molly che lui e sua moglie avevano fatto pace? Nonostante le proteste della donna che insisteva nel volerselo sentir dire da sua figlia non aveva cambiato idea, sostenendo che ogni cosa che aveva fatto l’aveva fatta per amore e che non le avrebbe mai fatto del male e a quel punto anche Molly si era arresa. Avrebbe potuto portare Ginny a casa loro, tentare poi di parlarle e vedere se il loro matrimonio si poteva recuperare e invece aveva fatto l’ennesima e istintiva stupidaggine. Tutto questo perché ossessionato dalla paura di perderla come era già successo con i suoi genitori e poi con Sirius. Lei era tutto quello che gli restava della sua famiglia, lei era tutto. Era stato un idiota, in questo modo le aveva di nuovo dimostrato che non meritava la sua fiducia e si odiava per questo. Non voleva che lei lo odiasse, non voleva che Ron e Hermione lo odiassero. Nessuno di loro meritava di soffrire, nessuno di loro voleva perdere. Doveva rimediare ai suoi errori, doveva dimostrare loro che aveva capito e che era davvero pentito.
“GINNY! GINNY MI DISPIACE! SONO UN IDIOTA! GINNY TI PREGO PERDONAMI! Ginny, quando si tratta di te io……..” la sua voce andò scemando a poco a poco, mentre continuava a camminare in quel bosco sempre uguale e una lacrima sfuggiva al suo controllo. Era tutta colpa sua, aveva rovinato tutto.
All’improvviso il silenzio fu interrotto da un suono, un suono che gli sembrava familiare che però non riusciva a collegare a nulla. Ci mise poco più di un minuto per capire che era il suo cellulare. Quando lesse sul display il nome di Hermione ebbe un tuffo al cuore. Era nella merda, ne era sicuro.
Deglutì a fatica, poi rispose. -“Herm-“
-“Harry! Dove diavolo sei? Ron ed io ti abbiamo cercato dovunque“-
-“Ehm…..ecco”-
-“Sei con Ginny non è così? Non provare a negarlo, io so tutto. Dimmi dove siete!”-
-“Harry parla, altrimenti ti trovo a modo mio e poi ti sgozzo come una gallina!”- Esplose la riccia quando lui non rispose.
-“Ehm….ti ricordi quel bosco sulle montagne scozzesi dove Hagrid voleva portare Grop? Ci ho fatto costruire una casa e……..”- ammise a fatica, per poi bloccarsi quando si rese conto che Hermione aveva chiuso la comunicazione. Lei e Ron sarebbero stati lì da un momento all’altro e appena avessero saputo che Ginny era dispersa lo avrebbero davvero sgozzato. Accidenti a lui e ai casini che non poteva fare a meno di combinare.
Si prese la testa tra le mani, socchiudendo gli occhi. Ora l’aveva fatta davvero grossa, ora non sapeva davvero cosa fare. “GINNY! GINNY RISPONDIMI! GINNY!”
Riprese a camminare, affrettando il passo. Non poteva lasciarsi travolgere dalla disperazione e dai sensi di colpa. Più tempo perdeva, maggiori erano le possibilità di pericolo per Ginny. Dove poteva essersi mai cacciata? Perché lì sembrava tutto dannatamente uguale? Solo altre due volte aveva provato quelle medesime sensazioni ed entrambe erano state a Hogwarts. La prima durante il secondo anno, quando lui e Ron si erano addentrati nella foresta proibita alla ricerca di Aragog e la seconda volta nel quarto anno nel labirinto durante la terza prova del Torneo Tremaghi. Come allora aveva la sensazione che più camminasse più la terra lo spingesse indietro, portandolo di conseguenza a fare sempre lo stesso identico percorso. Nelle due precedenti situazioni sapeva che doveva raggiungere il centro della foresta e il centro del labirinto, ma in quel caso qual’era la direzione giusta?
“HARRY!”
Si voltò di scatto, riconoscendo le voci dei suoi migliori amici. Difatti Ron e Hermione spuntarono ben presto da dietro una grossa quercia con il fiato corto.
Appena lo vide il rosso gli corse incontro, afferrandolo per il colletto della camicia e sollevandolo mezzo metro da terra. “DOVE DIAVOLO è MIA SORELLA?” Urlò, fumante di rabbia.
Harry abbassò lo sguardo, a disagio. “Ron, io……non lo so……”
Ron sgranò gli occhi, incredulo, stupefatto. “Come? Cosa? C……?” Fece per colpire il moro, ma Hermione intervenne frapponendosi tra i due.
“Harry,” mormorò, trapassandolo con lo sguardo. “Ti prego dimmi che Ginny non si è persa in questo bosco.”
Il suo silenzio valse per Hermione più di mille parole. “Santo cielo Harry! Almeno ce l’aveva una bacchetta? Ovviamente no,” concluse alzando teatralmente le braccia al cielo. “Non ti controllo per due minuti e tu che fai? Rapisci tua moglie e poi la fai scappare senza bacchetta in un bosco immenso che non ha mai visto in vita sua!”
“Se succede qualcosa a mia sorella giuro che ti ammazzo!” Sbottò Ron, digrignando i denti. “Andiamo a cercarla Herm,” aggiunse più dolcemente, rivolgendosi alla moglie.
Lei rivolse un ultimo sguardo di rimprovero ad Harry, poi si affrettò a seguire il rosso.
“Aspettate!” Li richiamò il prescelto. “Io vengo con voi.”
Ron si voltò di scatto, furente. “No, noi non ti vogliamo! Hai già combinato abbastanza casini!”
“Aspetta,” intervenne Hermione, anche se a malincuore. “Lui conosce questi boschi meglio di noi, forse il suo aiuto può servirci.”
Il rosso la guardò scettico. “Herm, lui…..”
“Lo so Ron, ma in tre magari abbiamo più possibilità.”
Lui ruotò gli occhi e sbuffò, rassegnato. “Va bene, ma sia chiaro,” proseguì guardando Harry. “Questo non significa che ti ho perdonato, ma che se è successo qualcosa a Ginny ti ho a portata di mano per ucciderti.”
Harry annuì. “Lo so e per questo voglio rimediare. Mi dispiace.”
I due si limitarono a voltargli le spalle e ad incamminarsi e lui non poté far altro che seguirli.
 
 





 
Villa Malfoy era esattamente come l’avevano lasciata, stessi corridoi immensi e desolati, stesso senso di tristezza e abbandono.
Theo arricciò il naso. “Casa mia è deprimente, ma questo posto è decisamente peggio.”
Blaise annuì divertito. “Immagina quando c’erano anche il vecchio Lucius, Bellatrix, Codaliscia e Voldemort e vedi come ora ti sembra un paradiso.”  
Il moro scoppiò a ridere. “Mi sa che preferisco le segrete che puzzano di sangue e cadaveri.”
“Secondo te cosa cercavano gli incappucciati?”
“Luna mi ha detto di aver trovato uno di loro proprio in quell’ufficio,” disse Theo, indicando la porta alla fine del corridoio.
Si avvicinarono alla porta con le bacchette in pugno e l’aprirono. All’interno trovarono un vecchio e polveroso studio composto da una scrivania in noce, uno scaffale pieno di scartoffie e poi una lunga serie di mensole piene di libri rilegati e oggetti preziosi, probabilmente cimeli della famiglia Malfoy.
I due si guardarono intorno aprendo ante e cassetti, ma nulla sembrava poter essere interessante per gli incappucciati. Cosa potevano mai farsene le figure misteriose di atti di proprietà, di vendita e di libretti di assegni?
“Theo!” Esclamò Blaise all’improvviso.
Il moro si voltò, trovandolo a fissare a bocca aperta gli oggetti disposti su una delle mensole. “Guarda.”
Con stupore si ritrovò a mettere a fuoco un cofanetto identico a quello dove avevano trovato il ricordo. “Accio cofanetto,” mormorò, afferrandolo prontamente quando l’incantesimo di appello lo spedì verso di lui.
Quando lo aprirono vi trovarono però solo una collana di perle e l’anello con lo stemma dei Malfoy che probabilmente apparteneva a Lucius.
Blaise si accigliò. “Come diavolo c’è finito qui?”
Theo scosse la testa. “Non è lo stesso.”
“Come?”
“Quello alla Stamberga Strillante ha la serratura con l’argento, questa invece è d’oro.”
“D’oro come la chiave,” concluse Blaise, stupito.
“Già,” concordò Theo. “Credo che gli incappucciati cercassero la chiave di questo cofanetto per farci aprire quell’altro.”
“Ma come diavolo facevano a sapere che qui ce ne fosse uno uguale?”
“Non ne ho idea.”
Blaise scosse la testa, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. “Sono dei Mangiamorte Theo, non c’è altra spiegazione. Hanno vissuto qui per mesi ai tempi della guerra, chissà quante volte hanno visto il cofanetto.”
Theo annuì.“Il cofanetto alla Stamberga Strillante potrebbe quindi essere anche lui dei Malfoy, magari è stato Draco a regalarlo a Ginny e lei ci ha conservato le loro lettere. Ma il ricordo ce lo ha messo Potter? E i Mangiamorte come facevano a saperlo?”
“Forse Potter sapeva che Ginny non aveva la chiave e quindi per liberarsi di quel ricordo e non farlo trovare a nessuno ce lo ha messo dentro. I Mangiamorte non è un mistero che vogliono farlo fuori, probabilmente lo seguono da mesi,” disse Blaise.
Il moro era senza parole. Il ragionamento dell’amico non faceva una piega. Era tutto così ovvio. “Volevano che vedessimo il ricordo, volevano che sapessimo che Draco è vivo. Perché?”
Guardò Blaise, che scrollò le spalle. “E se volessero aiutarci? E se in realtà non rappresentano una minaccia ma una sorta di aiuto?”
“Perché nascondersi e mandarci messaggi in codice allora? Di cosa hanno paura?”
Si guardarono per lunghi istanti, quasi si aspettassero di leggere la risposta negli occhi dell’altro, risposta che ovviamente non trovarono.
“Andiamo in biblioteca,” propose Blaise all’improvviso. “Non cercavano qualcosa anche lì?”
Più veloci che poterono, attraversarono gli immensi corridoi fino a riconoscere quello che portava alla biblioteca. L’avevano vista già altre volte, essendo stati spesso ospiti di Draco, ma quel luogo li lasciò comunque a bocca aperta. Gli scaffali stracolmi di libri erano alti fino al soffitto e ce ne erano tantissimi. Al centro della maestosa biblioteca c’era un grosso bancone, su cui era posata una candela accesa ma ormai quasi del tutto consumata. Accanto ad essa c’era un piccolo mazzo di orchidee, che di sicuro non era cresciuto lì.
Si avvicinarono lentamente, guardandosi intorno con circospezione. “Mi sa tanto di deja vu,” commentò Theo, sollevando un sopracciglio.
Una volta che furono più vicini, si accorsero anche di una busta bianca disposta accanto ai fiori. “Che cos’è?” Chiese Blaise, facendo per prenderla, ma il moro glielo impedì frapponendosi tra lui e la busta.
“Non toccarla, dobbiamo accertarci che non sia maledetta o qualcosa di simile.”
Dopo alcuni colpi di bacchetta e dei borbottii che Blaise proprio non riuscì a capire, Theo prese la busta e l’aprì. Dentro c’era un foglio di pergamena scritto con un inchiostro rosso sangue e con una calligrafia familiare, la stessa del biglietto che Ginny aveva trovato insieme alla chiave a stella.


Sappiamo che siete sulle nostre tracce e che vi state interrogando parecchio per decifrare il nostro comportamento, ma state perdendo il vostro tempo. Le risposte che volete ve le possiamo dare solo noi. Possiamo incontrarci se vi va. Nella busta c’è l’indirizzo di un Bed and Breakfast.


Blaise si affrettò a controllare all’interno della busta, trovando un piccolo cartoncino colorato. “Roma? Vogliono che li incontriamo in Italia?” Esclamò, stupito.
Theo gli prese il cartoncino dalle mani, scrutandolo a sua volta. “Italia. Roma.”
“Perché laggiù? Cosa c’è d’importante?”
“Credo che la domanda corretta non sia cosa, ma chi,” rispose il moro pensierosamente.
Blaise sgranò gli occhi. “Draco! Forse Draco è lì!”
“Deve essere per forza una trappola, perché dei Mangiamorte dovrebbero aiutarci?”
“E se non fossero Mangiamorte? E se lo volessero ritrovare anche loro?”
Theo scosse la testa. “Vogliono che li incontriamo in un territorio pieno zeppo di babbani, senza contare che ci stanno addosso come avvoltoi. Sanno persino che stiamo lavorando da soli.”
“Non capisco.”
“Guarda,” gli disse, mostrandogli di nuovo il foglio di pergamena. In cima ad essa con la stessa elegante calligrafia c’erano due sigle.

T. N.  B. Z.

“Theodore Nott e Blaise Zabini. Il messaggio era per noi. Sapevano che li cercavamo sin dall’inizio.”
Blaise si accigliò. “E allora?”
“E allora è una trappola. Vogliono che ci andiamo da soli così da farci fuori insieme a Draco, ma noi non siamo stupidi.”
“Che facciamo allora?”
Entrambi sentivano in cuor loro che era una trappola, che probabilmente quel Bed and Breakfast sarebbe saltato in aria appena vi avessero messo piede, ma allo stesso tempo si era accesa in loro la speranza che Draco fosse davvero lì e che potessero finalmente rivederlo. Il biondo era sempre stato il loro migliore amico, quello con cui avevano condiviso le punizioni nell’ufficio della Mcgranitt, la prima sbronza, le prime fidanzate, gli scherzi, le risate, ma anche la rabbia, l’odio, l’impotenza, la paura. Si erano sforzati in quegli anni di andare avanti, Theo era stato sicuramente il più forte dei due, mentre Blaise aveva ripreso a vivere solo da pochissimo tempo, eppure entrambi avvertivano il vuoto che Draco aveva lasciato, un vuoto incolmabile che ora era intriso di speranza. La speranza, quel sentimento così forte e così devastante a cui tutti tentavano di aggrapparsi nei momenti più disperati della loro vita e in dei ragazzi come loro che oltre a nascere in famiglie ricche non avevano avuto più nulla, essa era sempre stata più vivida che mai. Avevano sperato di ricevere amore dalle loro famiglie, di non essere additati come figli di Mangiamorte, di non dover essere anche loro stessi costretti a mettere la propria vita nelle mani di un pazzo, di poter realizzare i loro sogni…….e ora quei due semplici ragazzi non speravano altro che poter riabbracciare quell’amico a cui non erano mai riusciti a dire definitivamente addio. Perché anche se si sorride o si dice di stare bene questo non significa che sia la verità, ma semplicemente che ci si sta sforzando di andare avanti e in quel momento Theo e Blaise ne erano più convinti che mai. Dovevano fare un tentativo, dovevano rischiare tutto, non dovevano aver paura.
“Chiamo Luna,” disse Theo alla fine.
“Cosa?!” Esclamò Blaise. “Credevo avessimo deciso di tenerle fuori da tutto questo.”
“Lo so, ma ci ho pensato e ho capito che non posso mentirle. Le ho promesso che sarei stato sempre sincero ed è quello che farò.”
Compose il numero della ragazza e si portò il cellulare all’orecchio. Appena avvertì il primo squillo, un suono si diffuse per la biblioteca, un suono familiare…..un suono…… Stupito chiuse la chiamata e il suono finì. Guardò Blaise, che a sua volta era senza parole.
“Ma cosa…….?”
Un attimo dopo da dietro un grosso scaffale sbucarono Luna e Pansy. La prima aveva ancora il cellulare in mano e un sorrisetto soddisfatto stampato in faccia.
“Pensavate davvero che ci saremmo bevute le vostre bugie?”
“Già,” convenne Pansy. “Vi abbiamo tenuto d’occhio sin dall’inizio aspettandoci che ci diceste qualcosa, ma a quanto pare abbiamo dovuto seguirvi fin qui.”
“Ti ho chiamata,” disse Theo alla bionda. “Volevo dirti tutto.”
Luna sorrise e annuì. “Lo so, altrimenti se non ti avessero ucciso gli incappucciati lo avrei fatto io.”
Il moro sorrise a sua volta. “Nessuno mi conosce meglio di te. Scusami, se spesso sono un’idiota.”
Mentre i due si abbracciavano, Pansy guardava ancora Blaise con un sopracciglio inarcato. “E tu?” Chiese. “Quando avevi intensione di chiamarmi?”
Lui sorrise. “Lo stavo per fare.”
“Ah si? E dov’è il tuo cellulare allora? Non mi pare che tu ce l’abbia in mano.”
“Ehm…”iniziò Blaise a disagio, ma s’interrupe quando Pansy scoppiò a ridere e si gettò tra le sue braccia.  “Sto scherzando sciocchino mio!”
“Oh Pan!”
I due continuarono ad abbracciarsi, finché Theo e Luna non si schiarirono la voce. “Ehi voi, abbiamo la questione incappucciati di cui occuparci.”
“Non c’è niente di cui discutere,” disse Blaise sicuro. “Io e Theo andiamo a Roma a prendere Draco e se gli incappucciati ci……..”
“Tu e Theo?” Sbottò Pansy, incredula. “Sei tonto o cosa? Io e Luna veniamo con voi.”
“Ma…..”
“Prova a impedirmelo e vedi che ti faccio!” Urlò la mora, ma Blaise non si scompose.
“Abbassa la voce quando parli con me. Non permetto a nessuno di parlarmi con quel tono,” sibilò minaccioso.
Dagli sguardi che si rivolsero, Theo capì che di lì a poco ci sarebbero azzannati e proprio per questo decise di intervenire. “Andremo tutti, sarebbe da incoscienti andare solo in due. Ok?”
Pansy fulminò il suo ragazzo con lo sguardo ancora per alcuni istanti, poi finalmente annuì. Blaise invece non si capiva se ce l’avesse di più con la mora o con Theo, ma non disse una parola.
“Ron e Hermione sono irrintracciabili,” intervenne Luna, che aveva tentato diverse volte di chiamare i due. “Ora provo a chiamare Harry, magari sono con lui.”
“Niente,” disse alla fine. “Ancora la segreteria. Che facciamo?”
“Ci avviamo noi,” disse Theo. “Luna, manda un Patronus alla Grenger e dille di raggiungerci a Roma insieme a una squadra di Auror.”
Lei annuì. “Va bene.”
“Con Ginny che non si trova che facciamo?” Chiese Blaise all’improvviso.
“Potter la tiene in ostaggio, ma ora che Weasley sa tutto non ci resterà per molto,” spiegò Pansy.
“Che cosa?” Esclamarono Theo e Blaise all’unisono.
“Ora non c’è tempo, vi spiegherò tutto durante il viaggio.”
 
 

 





Dopo l’apparente calma dello scorso capitolo ecco qui un po’ di azione!! Posso finalmente dire che l’incontro tra Draco e i suoi vecchi amici è ormai a un passo e non solo. Gli incappucciati vogliono incontrarli, sarà per parlare oppure è semplicemente una trappola?
Nel frattempo Harry, Ron e Hermione sono bloccati in quell’immenso bosco alla ricerca di Ginny. Dove sarà finita? La ritroveranno? Riusciranno poi ad arrivare a Roma in tempo?
Vista la molta azione e le numerose scoperte, non sono riuscita a parlare di Ginny, ma nel prossimo capitolo vedrò di rimediare! :) 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Alla prossima, baci trilly <3
 

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Capitolo 24
*** Giù la maschera ***


                  Capitolo 24: Giù la maschera

 




 
Tutti almeno una volta nella vita avevano visitato oppure sognato di visitare la città di Roma. Anche se non si era italiani, non si poteva non conoscere la magnificenza di quella città. Persino dei maghi come Theo, Blaise, Pansy e Luna che poco avevano avuto a che fare con il mondo babbano, conoscevano anche se in piccola parte qualcosa sulla Città Eterna. Tutti sapevano che era stata fondata da Romolo, il primo dei sette re,che era stata la capitale del grande Impero Romano e che lì era nata la cultura latina. La storia di Roma era famosa in tutto il mondo e nonostante passasse il tempo, i turisti non smettevano mai di affluire. Li si vedeva  passeggiare per la città attrezzati di macchine fotografiche e itinerari e spesso erano in compagnia di guide turistiche, che li portavano a visitare monumenti e piazze famose.
I quattro maghi, consapevoli di doversi recare in una città completamente babbana, si erano liberati di quegli indumenti sicuramente troppo vistosi come i mantelli, a favore di jeans e maglioni e poi avevano fatto in modo di Materializzarsi in un vicolo isolato. Cercando di apparire più naturali possibile, si immersero tra la folla di persone che approfittava di quella domenica mattina per una piacevole passeggiata. Nonostante fosse inverno inoltrato, nella città italiana il clima era decisamente migliore rispetto a quello inglese che invece era sempre freddo e piovoso. Il sole splendeva in cielo e un vento freddo li scuoteva, ma tutto sommato era una bella giornata.
“Mi sento un imbecille vestito così,” sbottò Blaise, arricciando il naso e attirando l’attenzione di due vecchie signore che lo guardarono a bocca aperta.
Pansy lo zittì con un occhiataccia. “Cerca di non farti sempre riconoscere, ricordati che dobbiamo passare inosservati.”
Lui le fece il verso, facendo ridere Theo e Luna. “In effetti tu ed io sembriamo due becchini,” concordò il moro, fissando i jeans scuri e i maglioni neri che indossavano. Non essendo per niente abituati ad indossare vestiti babbani, avevano dovuto arrangiarsi con le cose più semplici che avevano trovato. Pansy e Luna che ora li osservavano ridendo sotto i baffi, almeno avevano trovato qualcosa di decente e soprattutto colorato.
“Mi ricordate tanto Draco durante il sesto anno,” ammise Pansy, divertita. “Si vestiva sempre di nero e con quei capelli biondi e la pelle chiarissima sembrava un vampiro. Voi invece sembrate due scarafaggi.”
Theo e Blaise affrettarono il passo, indispettiti, mentre le due ragazze continuavano a ridere. Avrebbero tanto voluto schiantarle, ma non potevano farlo davanti a tutti quei babbani.
Continuarono a vagare per la città, dando di tanto in tanto un’occhiata al cartoncino colorato del Bed and Breakfast. Da quanto avevano capito si trovava nei spessi dello Stadio Olimpico, ossia dove i babbani praticavano quel particolare sport con il pallone.
Man mano che si avvicinavano allo stadio, iniziarono a notare sempre più folla e che molta di essa si radunava davanti a una serie spropositata di bancarelle che vendevano maglie, sciarpe, berretti o bandiere dai colori sgargianti che andavano dall’azzurro e bianco al rosso e arancione. Sciami di persone tra adulti e bambini acquistavano e indossavano quei due diversi colori, agitavano le bandiere e si abbracciavano felici intonando cori e canzoni. C’era insomma un’atmosfera di festa che in fondo era loro vagamente familiare.
“Mi ricorda tanto l’atmosfera prima di una partita di Quidditch,” commentò Theo sottovoce, osservando un bambino con una maglia rossa inseguirne un altro con una maglia azzurra.
Luna al suo fianco annuì. “Credo che siamo capitati proprio il giorno della partita.”
“Forse gli incappucciati hanno scelto questo giorno apposta,” disse Pansy. “Tutta la città sarà radunata qui per la partita e potranno fare una strage.”
Blaise scosse la testa e sospirò. “Non sarebbe la prima volta che se la prendono anche con chi non c’entra.”
“Già,” concordò Theo amareggiato. “L’unica cosa che possiamo fare è prendere tempo, intrattenerli il più possibile fino all’arrivo degli Auror.”
Gli altri annuirono. “Secondo voi Draco è con loro?” Chiese Blaise di punto in bianco.
“Forse.”
Era però un forse scettico, preoccupato, con poche speranze. Quante possibilità c’erano che sarebbero riusciti a rivedere il loro amico vivo? D’altronde poteva trattarsi solo di una trappola e quindi lui poteva già essere morto, oppure avrebbero avuto solo pochi istanti per incrociare il suo sguardo e poi sarebbero saltati in aria insieme a tutta quella gente. Restava loro solo la speranza che le cose andassero bene, che gli Auror arrivassero in tempo per aiutarli.
“Credo che sia quello,” disse Pansy all’improvviso, bloccandosi al centro del marciapiede e indicando qualcosa proprio di fronte a loro. Quando i tre guardarono nella direzione da lei indicata, notarono l’insegna del Bed and Breakfast “L’Orchidea”.
Sin da quando avevano letto il nome sul cartoncino, il loro primo pensiero era stato che il luogo d’incontro che avevano scelto gli incappucciati non era casuale. Avevano infatti lasciato loro un mazzo di orchidee per due volte di seguito e ora persino il Bed and Breakfast aveva a che fare con le orchidee. Erano sicuri che quei fiori avessero un significato, ma proprio non riuscivano a capire quale fosse.
Si affrettarono a raggiungere l’ingresso, ma una volta nella hall si bloccarono. Non avevano idea di dove andare e soprattutto non conoscevano molto bene l’italiano. Si guardarono l’un l’altro, cercando una possibile soluzione o idea geniale, ma nulla.
“Io dico di improvvisare,” propose Theo, avviandosi verso il banco della reception.
La ragazza dai lunghi capelli castani oltre di esso, li accolse con un sorriso. “Buongiorno,” disse con un perfetto accento italiano, rivolgendosi a Theo con un sorrisetto ammiccante. Luna s’irrigidì, ma non disse una parola.
“Buongiorno,” ripeté il moro. Sperò che quella parola fosse effettivamente un saluto e che l’avesse ripetuta correttamente. L’italiano non era proprio il suo forte.
La ragazza in ogni caso dovette capirlo, perché di punto in bianco iniziò a parlare inglese. “Dimmi pure,” mormorò, continuando a rivolgersi a lui e ignorando gli altri.
“Sono Theodore Nott, ho appuntamento con una persona e volevo sapere se era già arrivata,” spiegò, decisamente a disagio a causa delle occhiatacce che Luna lanciava alla ragazza e alle risate in sottofondo di Blaise e Pansy.
La receptionist in ogni caso sembrava non aver notato nulla, aveva occhi solo per lui. “Ora controllo.” Iniziò a sfogliare un grosso librone, alzando di tanto in tanto lo sguardo verso di lui. A quel punto Luna non ci vide più. Si avvicinò a Theo e gli schioccò un bacio sulle labbra. Lui sgranò gli occhi sorpreso, mentre la ragazza restò impietrita, il sorriso era ormai sparito dalle sue labbra.
“Stanza 502,” disse alla fine freddamente, porgendo loro una chiave. “Quinto piano.” Tutta la cordialità che aveva avuto fino a quel momento era sfumata e ora quasi nemmeno li guardava.
“Grazie,” disse Luna, prendendo la chiave e stringendo la mano di Theo. “Andiamo Amore,” aggiunse, guardando attentamente la ragazza che era in palese imbarazzo. Pansy e Blaise li seguirono, continuando a sghignazzare.
“Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente?” Sbottò la bionda una volta che furono in ascensore.
Theo si accigliò. “Non capisco, che ho fatto?”
“Quella ci stava provando e tu non hai detto niente per rimetterla al suo posto,” ribatté lei, lasciandogli la mano e fulminandolo con lo sguardo.
Il moro sorrise. “Non posso farci nulla se le ragazze sono cotte di me e comunque mi ha semplicemente guardato, non ha toccato nulla,” aggiunse con una traccia di malizia che la innervosì ancora di più.
“Non sei altro che un arrogante buffone!”
“Oh andiamo Luna,” disse lui divertito. “Come puoi essere gelosa di una che probabilmente non rivedremo più? E poi io ho scelto te, sei l’unica per me,” aggiunse dolcemente.
Luna si fece rossa come un pomodoro e sorrise, lasciandosi avvolgere dalle sue braccia. “Sono una stupida, scusami.”
Theo sorrise e la baciò. “La mia stupidina.”
Blaise e Pansy si guardarono, divertiti. “Menomale che eravamo noi quelli che litigavano per sciocchezze.”
“Forza piccioncini, siamo arrivati,” disse Blaise, appena l’ascensore si fermò al quinto piano.
Guardandosi continuamente intorno, si incamminarono nel lungo corridoio. Intorno a loro c’era un silenzio di tomba e ciò non faceva altro che incrementare la loro ansia. C’era qualcosa che non andava, tutto era troppo silenzioso e non c’era anima viva.
Svoltando l’angolo si ritrovarono davanti alla stanza 502. Si fermarono di colpo, prendendo un profondo respiro. Una volta accertatasi che effettivamente non c’era nessuno, impugnarono le bacchette pronti a qualsiasi attacco e infilarono la chiave nella serratura. Al secondo scatto la porta si aprì. La luce del sole che filtrava oltre le tende della finestra, illuminava quella che era una piccola e ordinata camera da letto con tre letti singoli. Di fronte ai letti c’era un semplice armadio e oltre di esso quella che probabilmente era la porta del bagno. Avanzarono di qualche passo, facendo attenzione a cogliere qualsiasi movimento insolito. Senza pensarci due volte, Blaise spalancò anche la porta del bagno, ma esso come il resto della stanza era deserto.
“Non c’è nessuno.”
“Aspettiamo,” disse Theo, spiando oltre le tende.
“Secondo voi è un caso che ci sono tre letti?” Chiese Luna, indicandoli con un cenno.
Pansy scosse la testa. “Ogni cosa che questi tipi fanno non è mai casuale.”
Non fecero in tempo ad aggiungere altro che la porta della camera si aprì, rivelando l’ingresso di una figura incappucciata. Era molto alta e magra e nonostante avesse in mano la bacchetta, la teneva abbassata.
Theo e Blaise avanzarono di qualche passo, spingendo le due ragazze alle loro spalle.
“Chi sei?” Chiese il primo, sforzandosi di apparire calmo e sicuro. Non poteva farsi prendere dal panico o dalla paura, doveva affrontare tutto a testa alta.
L’incappucciato non rispose. Si limitò a fissarli per quelli che parvero lunghi minuti, poi all’improvviso si abbassò il cappuccio, mostrando finalmente il suo volto.
I quattro ragazzi sgranarono gli occhi, sconvolti. Non poteva essere vero. Doveva essere uno scherzo, non c’era altra spiegazione.
 

 





 
Alberi. Alberi. Alberi. Intorno a lei c’erano solo alberi. Erano ore che camminava in quel dannato bosco aspettandosi di trovare finalmente la fine, ma l’ambientazione non cambiava. Era stanca morta, ogni singolo muscolo sembrava quasi implorarle pietà e il suo stomaco brontolava per la fame. Da quanto tempo non si fermava e non mangiava? Da tanto, troppo tempo. Purtroppo però non poteva fermarsi, doveva trovare una via d’uscita e doveva farlo prima che Harry la trovasse e la rinchiudesse di nuovo in quella prigione.
Socchiuse gli occhi per alcuni istanti, sforzandosi poi di affrettare il passo. Il cuore e la milza quasi fossero invasi da animali impazziti le procuravano un dolore tremendo, mentre la testa le girava a più non posso e si divertiva a farle brutti scherzi. Più di una volta infatti le aveva mostrato un comodissimo letto, poi un ruscello e un cestino di cibo e solo dopo esservi corsa incontro con un sorriso felice aveva capito che si trattava di un miraggio, il miraggio di una disperata che stava pian piano finendo tutte le energie e le speranze. In quel bosco non c’era praticamente nulla, c’era solo lei. Era un posto sperduto, isolato, fuori dal mondo. Nessuno l’avrebbe mai ritrovata, nessuno l’avrebbe mai salvata.
Un capogiro più forte dei precedenti la investì, costringendola a prendersi la testa tra le mani. Nemmeno pochi istanti dopo però, si ritrovò a svenire sull’erba umida.
Quando Ginny Weasley riprese conoscenza, si rese conto che il cielo si era notevolmente annuvolato e faceva molto più freddo. A fatica si rimise in piedi e si abbracciò, tentando di farsi calore. I muscoli ora le facevano meno male e la testa aveva smesso di girarle, ciononostante si sentiva ancora come se fosse stata investita da un branco di centauri e avvertiva il freddo fin nelle ossa. Si fece strada tra gli alberi, guardandosi indietro di tanto in tanto quasi si aspettasse di veder spuntare qualcuno, ma non c’era anima viva. Nessuno, nemmeno un animale. Il fatto che non si fosse imbattuta in nessuna belva feroce avrebbe dovuto essere per lei una cosa positiva, in quel momento però avrebbe accettato la compagnia di chiunque pur di non trovarsi da sola e smarrita.
Socchiuse gli occhi e strinse forte i pugni, mentre l’ansia non accennava a placarsi. Doveva essere forte, doveva resistere. Quando riaprì gli occhi per poco non le sfuggì un urlo per lo stupore. A diversi metri di distanza da lei appoggiato pigramente a un albero c’era lui. Era esattamente come lo ricordava, stesso sorrisetto di scherno, stesso sguardo impenetrabile. Deglutì e avvertì il battito del suo cuore accelerare. Lui era lì, lui era venuto a salvarla.
“Ciao,” sussurrò imbarazzata. Non sapeva perché, ma lui aveva sempre avuto la capacità di farla sentire un idiota.
Il suo sguardo divertito che scorreva lungo tutta la sua figura non fece altro che farla sentire ancora più a disagio. “Ciao,” ripeté, raggiungendola con pochi passi.
“Sei qui.”
Draco sorrise, stringendole le mani con le sue. “Mi hai chiamato.”
Ginny corrugò le sopracciglia, confusa. “Non capisco, io non so dove sei……..come avrei fatto a chiamarti?”
“Mi hai chiamato con il cuore,” spiegò lui, guardandola intensamente. “Sono io quello a cui hai pensato, non Potter e nemmeno chiunque altro, ma io. Tu mi ami.”
La ragazza sgranò gli occhi, sottraendo le mani dalle sue e indietreggiando, spaventata. “Tu non sei qui, sei solo un miraggio.”
Un sorrisetto beffardo si fece strada sul volto di Draco. “Un miraggio eh? E allora come mai sono riuscito a toccarti?” Le si avvicinò nuovamente, prendendola per le spalle. “Lo senti il mio tocco? Non lo sentiresti se non fossi reale.”
Ginny scosse la testa, spingendolo lontano da se. “Tu non puoi essere davvero qui. Tuo padre ti ha spedito tra i babbani.”
“Io sono qui perché tu mi vuoi qui!” Sbottò il biondo agitando le braccia. “Dici che non sai chi ami, eppure non fai altro che pensare a me. Sono io quello che sogni! Sono io quello che vorresti insieme a te in questo bosco sperduto! Perché non lo ammetti una buona volta?”
Lei lo fissava a bocca aperta, sconvolta da quelle parole. Draco era davvero lì? Ma soprattutto, quello che le aveva appena detto era vero?
Riconosceva di averlo sognato, ma erano ricordi. Riconosceva di averlo pensato, ma questo perché aveva scoperto la verità e voleva ritrovarlo. Ma il punto era: lo voleva davvero insieme a lei in quel momento?
Dopo lo sfogo Draco sembrava essersi calmato, infatti ora si limitava a fissarla in silenzio in attesa della sua reazione. Ginny ricambiò il suo sguardo, arrossendo vistosamente. Perché lui le faceva sempre quel maledetto effetto?
Il biondo a cui ovviamente non sfuggiva nulla sorrise beffardo, mentre lei gli si avvicinava timidamente. “Draco,” sussurrò.
“Ginevra,” sorrise lui, stringendola tra le sue braccia. Con il volto schiacciato contro il suo petto la ragazza scoppiò a piangere disperata. “Aiutami ti prego………non ce la faccio più.”
“Sono qui Gin, non ti lascio più,” mormorò Draco, prendendole il volto tra le mani e asciugandole le lacrime con i pollici. Gli occhi scuri della ragazza si fusero in quelli grigi di Draco e in quel momento qualsiasi cosa o pensiero sparì, c’erano solo loro due. Quasi senza rendersene conto ridussero a poco a poco la distanza che separava le loro labbra. Ginny poteva sentire il suo caldo respiro sul volto e sul collo e ciò la fece piacevolmente rabbrividire. Voleva che Draco la baciasse, voleva riassaporare di nuovo quelle labbra, voleva essere di nuovo avvolta nel suo calore e nel suo profumo. Il sorriso che comparve sul suo volto le fece capire che lui sapeva, sapeva che lei non aspettava altro e si divertiva a tenerla sulle spine. Draco era un bastardo, lo era sempre stato e forse per questo si sentiva tanto attratta da lui. Si sollevò sulle punte e fece sfiorare il naso con il suo, lasciandolo a bocca aperta. Lo stupore del biondo crebbe però a dismisura quando lei poggiò le labbra sulle sue. Di certo non si aspettava che prendesse l’iniziativa. Un attimo dopo però, la stava stringendo a se e stava ricambiando il bacio con trasporto. Ginny era felice, euforica. Lui era lì e la stava baciando, lui……..
“GINNY!”
Sussultò, sorpresa. Draco la stava ancora baciando, allora chi la stava chiamando?
“GINNY! FERMATI! È PERICOLOSO!”
La voce era preoccupata, ansiosa, eppure lei non stava facendo nulla. Stava solo baciando Draco.
“GINNY ATTENTA!” Urlò ancora la voce. “FERMATI! NON ANDARE Lì!”
Possibile che la sentisse solo lei? E perché le diceva di fermarsi quando non si stava muovendo? Sbatté un paio di volte le palpebre e quando riaprì gli occhi Draco era sparito. Dov’era finito? Dove……?
Fece un semplice passo in avanti e in una frazione di secondo si rese conto di non avere più la terra sotto i piedi. “Ma cos………aiuto!” Urlò, tentando di aggrapparsi a qualcosa, ma finì solo per graffiarsi le mani e le braccia mentre franava in quello che sembrava un burrone. Non seppe dire per quanto tempo cadde nel vuoto, per lei accadde tutto in un attimo. In un attimo si schiantò contro il duro terreno, sbattendo forte la testa. Un dolore atroce la travolse in ogni parte del corpo, facendola lacrimare.
“GINNY!”
Fece per rispondere a quel richiamo disperato, ma quelle poche forze che le erano rimaste l’abbandonarono, facendole perdere i sensi.
 

 





 
I quattro ragazzi sgranarono gli occhi, sconvolti. Non poteva essere vero. Doveva essere uno scherzo, non c’era altra spiegazione.
“Non è possibile,” mormorò Blaise, mentre la mano che teneva la bacchetta tremava a più non posso.
La donna di fronte a loro sorrise. Nonostante fossero passati tanti anni, Narcissa Malfoy restava una bella donna. Aveva lunghi boccoli biondo dorato che le arrivavano fino a metà schiena, gli occhi azzurro cielo e una pelle chiara e lucente, solcata da alcune piccole rughe. “Ciao ragazzi.”
“Chi diavolo sei?” Sbottò Blaise, che sembrava l’unico ad aver recuperato l’uso della parola. “A che gioco stai giocando?”
Prima che la donna potesse dire qualsiasi cosa, Theo le si avvicinò puntandole contro la bacchetta. “Lei è davvero Narcissa Malfoy? Sa, mi è un po’ difficile crederlo visto che è morta.”
Narcissa guardò i due ragazzi e annuì. “Avete ragione a non fidarvi, ma vi assicuro che sono io.”
Blaise rise incredulo, puntandole la bacchetta al cuore. “E ti aspetti che ti crediamo? Ci hai preso per scemi?”
Lei indietreggiò, senza però scomporsi minimamente. “Abbassa quella bacchetta Blaise Zabini e lasciami spiegare.”
Il ragazzo ammutolì, ma non accennò ad abbassare la guardia.
“Avanti, ci spieghi come fanno i morti a risorgere,” intervenne Pansy incrociando le braccia al petto, in attesa.
“Io non sono mai morta, ho semplicemente fatto finta.”
“Come?” Chiese Luna, scettica. “Come fa una persona a fingere di morire? E perché lo avrebbe fatto?”
Narcissa prese un profondo respiro, torturandosi nervosamente le mani. “Avevo preparato un discorso, ma ora non so proprio da dove cominciare.”
Theo si accigliò. “Perché non comincia dall’inizio?”
“Già,” annuì lei. “Partirò da lì……… La notte della guerra, alcuni Mangiamorte hanno scoperto che tra di loro si nascondeva un gruppo che agiva per conto proprio e……”
“Si lo sappiamo,” la interruppe Blaise scocciato. “Hanno scoperto dei Ribelli, hanno scoperto di noi,” aggiunse, mostrandole l’anello d’oro che aveva al dito. “Appena è uscito fuori il nome di Draco, hanno iniziato a dargli la caccia. Lo abbiamo visto nel ricordo che ci hai fatto avere.”
“Si, è così,” confermò la donna. “Quando Lucius me lo ha detto, abbiamo iniziato a cercarlo per tutto il castello. A un certo punto ci siamo divisi e poi…………e poi ho trovato il…..corpo di Lucius e…..e Draco non c’era. Credevo lo avessero ucciso! Ero disperata e…….sono scappata via. Mi sono rifugiata in uno dei castelli ereditati dalla mia famiglia e quindi mi hanno data per dispersa come Draco e bè…..l’unica tomba dove c’è un corpo è quella di Lucius,” aggiunse, lasciandosi sfuggire un singhiozzo.
“Mi scusi,” disse Pansy confusa. “Io comprendo la sua disperazione, ma se sapeva che Draco era vivo perché ha dato vita a questa messinscena degli incappucciati?”
Lei scosse la testa. “Io non lo sapevo. Circa un anno fa, due persone hanno scoperto che ero viva e mi hanno detto che Lucius era riuscito a parlare con Draco prima di morire. A quel punto ho iniziato a pensare che mio figlio fosse vivo e insieme a loro ho avviato delle indagini. Draco era un ragazzo volubile e viziato, mi aveva detto di aver soffiato la ragazza a Harry Potter e che spesso si divertiva a deriderlo per questo e quindi abbiamo indagato proprio su di lui, magari si erano incontrati quella notte, magari Potter sapeva qualcosa. Il fatto che avesse acquistato il luogo dove Draco e Ginny Weasley si incontravano ci ha insospettito non poco e……….. A proposito, lei dov’è?” Aggiunse confusa.
“è con Harry,” spiegò Luna. “L’ha rinchiusa da qualche parte per timore che voi incappucciati le faceste del male.”
Narcissa sorrise imbarazzata. “Vi ho spaventati lo so e mi dispiace, ma non potevo dirvi nulla finché non avessi avuto delle prove. Voi avevate sofferto tanto per Draco e non volevo darvi false illusioni. Tornando al racconto, sono brava nella Legilimanzia. Severus e Bellatrix mi hanno insegnato un sacco di cose nel corso degli anni e quindi ho pensato di usare questa mia capacità per entrare nella mente di Potter per scoprire cosa sapeva. Mi ha quasi scoperta, ma per fortuna sono riuscita a cavarmela. Lui è diventato sospettoso ed è corso alla Stamberga Strillante per liberarsi di quel ricordo che tanto lo tormentava, cioè appunto il ricordo della notte della guerra. In ogni caso con quel poco che sono riuscita a leggere nella sua mente, ho avuto la certezza che mio figlio fosse vivo e che Ginny Weasley non ricordava nulla di lui e…….”
“I sogni!” La interruppe Pansy. “Sono opera sua non è così?”
“Bè…..in realtà lei stava già ricordando perché l’incantesimo non era stato fatto benissimo, io ho solo affrettato le cose. Mi serviva che si confidasse con te o con Luna così che poi le avreste detto la verità e lei avesse iniziato ad avere dei dubbi.”
“Gli indizi alla Stamberga Strillante e poi il casino a Villa Malfoy, la chiave a stella e le orchidee…..è tutta opera sua?” Chiese Theo, stupito.
“Mia e dei miei aiutanti,” confermò lei.
“Aiutanti?” Ripeté Blaise. “Quanta gente ha partecipato a prenderci in giro?”
“Eravate in tre,” disse Pansy, anticipando Narcissa e indicando con un cenno i letti alle loro spalle. “Draco è qui a Roma non è così?”
Lei annuì. “Lo abbiamo scoperto solo da poco e per questo ho pensato subito di informarvi.”
Theo scosse la testa, incredulo. “Pensavamo che foste Mangiamorte, sembravate sapere sempre tutto.”
“Dovevamo fare in modo che voi capiste e per questo abbiamo dovuto pedinarvi.”
“Che mi dice del fatto che mi avete chiuso nella stanza di Draco? E il colpo in testa che avete dato a Luna? Lo trovavate divertente?” Chiese Blaise con un tono chiaramente ironico.
“A noi non ha fatto ridere per nulla,” concluse Luna. Theo e Pansy annuirono, concordi.
“Mi dispiace, non era previsto che veniste alla villa così presto. Stavamo cercando la chiave per farvi aprire il cofanetto e non potevamo farlo con voi davanti. Avevo detto ai miei aiutanti di mandarvi fuori strada e hanno fatto di testa loro, sono due teste calde purtroppo,” spiegò, dispiaciuta.
“Chi sono i suoi aiutanti?” Chiese Theo. “E soprattutto, dove sono?”
Prima che Narcissa potesse rispondere, la porta della stanza si aprì ed entrarono due incappucciati. Entrambi erano molto alti e ben piazzati, era chiaro che fossero due uomini. Ma chi erano?








 
Prima di tutto volevo ringraziarvi per l’affetto con cui continuate a seguirmi e per le bellissime recensioni che mi lasciate!! Grazieeeeee!!! :D
 
Il capo degli incappucciati è Narcissa!! Qualcuno di voi lo aveva detto mi pare! Ho una passione nel far risorgere i morti XD
A parte questo, Narcissa ha spiegato come sono andate le cose e le sue motivazioni. Credo di essermi spiegata in maniera abbastanza chiara, ma dato che sono l’autrice e a me deve essere chiaro per forza, non ne posso essere sicura al 100%, perciò nel caso non si sia capito qualcosa fatemelo sapere! ;)  Ah, sul discorso dei sogni di Ginny, ho scelto di restare sul vago perché questa è una cosa che Narcissa dovrà spiegare alla diretta interessata, quindi è per questo che non sono entrata nello specifico. J
Per quanto riguarda Ginny, l’essere sperduta in quel bosco immenso la sta facendo delirare tanto da avere le allucinazioni! Poverina, le sto facendo passare di tutto e di più e ora è pure finita in un fosso! XD
Chi saranno gli aiutanti di Narcissa? E Ginny sta bene? Chi l’avrà trovata? E Draco? Tutto questo nel prossimo capitolo, che sarà forse ancora più movimentato! XD
Dopo questa sorta di televendita vi saluto!
Alla prossima, baci trilly <3
 
 

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Capitolo 25
*** L'ultima missione ***


               
              Capitolo 25: L’ultima missione
 



 
Se c’era una cosa di cui Ron Weasley era sicuro, era che se non avesse ritrovato sua sorella sana e salva Harry avrebbe fatto una brutta fine. Capiva la sua paura di perderla, capiva che lui più di tutti avesse perso persone care, ma le bugie proprio non riusciva a digerirle. Cosa gli costava informarlo di quelle che erano le sue paure e le sue idee per evitare che si realizzassero? Aveva tutto il diritto di sapere che aveva intenzione di segregare sua sorella, aveva tutto il diritto di provare a fargli cambiare idea. Gli amici non si dicevano sempre tutto in fondo?
Proprio mentre pensava ciò, riuscì a scorgere qualcosa di rosso tra gli alberi in lontananza. Sembrava Ginny, ma non ne era sicuro. Poteva trattarsi di un illusione ottica, oppure di qualche animale selvatico. In ogni caso decise di seguire solo l’istinto.
“GINNY!” Urlò. Nessuna risposta. Si affrettò allora a correre in quella direzione, rendendosi conto a poco a poco che non si era sbagliato. Quella era proprio sua sorella, che però continuava a camminare a passo svelto con uno strano sorrisetto stampato in faccia.
“GINNY!” Ripeté. “FERMATI!” 
Sgranò gli occhi, notando un grosso fosso proprio diversi metri davanti a Ginny. Si aspettava che lei deviasse il proprio cammino ma non lo fece, continuando a procedere in quella direzione. Possibile che non avesse notato il fosso? Eppure non era così piccolo, al contrario sembrava piuttosto profondo.
“GINNY ATTENTA!” Urlò, spaventato. “FERMATI! NON ANDARE Lì!”
Ginny dovette sentirlo perché si fermò di colpo. Un attimo dopo però fece un solo passo, quello decisivo che la fece cadere nel fosso e urlare.
Ron era a bocca aperta. Gli ci vollero alcuni istanti prima che la sua mente registrasse ciò che era accaduto, poi iniziò a correre verso il fosso con il cuore che gli batteva a mille.
“GINNY!” Urlò, sporgendosi e mettendo a fuoco la sagoma scomposta di Ginny. “GINNY MI SENTI? ORA TI TIRO FUORI! RESISTI!”
“Vingardium Leviosa,” mormorò, puntando la bacchetta verso di lei. Quando il corpo di Ginny atterrò al suo fianco, Ron rischiò seriamente di svenire. La ragazza infatti era priva di sensi e perdeva sangue dalla testa. “Ti prego Ginny,” sussurrò, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. “Non mollare.”
La strinse a se, poggiando la testa sul suo cuore. Alle orecchie gli giunse seppur lieve il suo battito e istintivamente tirò un sospiro di sollievo. “Sei viva. Sei viva!” Esclamò felice.
“RON!”
Sollevò lo sguardo, notando Harry e Hermione correre verso di lui. “Mio Dio!” Mormorò la riccia, appena notò il corpo di Ginny tra le braccia del rosso.
“è viva, per ora,” aggiunse, guardando Harry. Il moro abbassò lo sguardo, mortificato, avvicinandosi ai due. “Mi dispiace,” sussurrò, inginocchiandosi accanto all’amico. Scostò una ciocca di capelli dal volto di Ginny, mentre alcune lacrime sfuggivano al suo controllo. Mai in vita sua Harry Potter si era sentito tanto in colpa.
Ron lo fulminò con lo sguardo e forse lo avrebbe anche colpito se Hermione non fosse intervenuta. “Ginny deve essere portata al San Mungo subito. Ron portala tu, io e Harry andiamo a Roma.”
Il rosso annuì, mentre Harry si accigliò. “Io a Roma non ci vengo, mia moglie sta male e…….”
“Tu vieni con me Harry Potter, fine della discussione!” Sbottò la riccia con uno sguardo ammonitore. “Hai già combinato troppi casini.”
Il moro guardò Ron quasi si aspettasse che dicesse qualcosa, ma lui aveva già preso in braccio la sorella ed era pronto a smaterializzarsi. Prima di farlo però si voltò verso Hermione. “Promettimi che starai attenta.”
Lei sorrise. “Tranquillo, so badare a me stessa. Piuttosto fammi avere notizie di Ginny.”
Ron annuì. “Va bene. In bocca al lupo.”
“Crepi,” disse lei, stampandogli un bacio sulle labbra e sfiorando una guancia di Ginny con una leggera carezza. “Resisti Gin.”
Una volta che Ron e Ginny si furono smaterializzati, la ragazza si voltò verso Harry. “è ora di andare ad aiutare gli altri.”
Harry sospirò. “Herm io non volevo farle del male te lo giuro. Io la amo.”
Lei annuì. “Lo so, ma l’amore non è possesso. Devi smetterla di mentirle e di decidere per lei, altrimenti hai ben poche speranze di riconquistarla.”
“Mi dispiace così tanto, l’ultima cosa che volevo era ferirla e…….”
“Dannazione Harry!” Sbottò Herm. “Quando la smetterai di scusarti e inizierai seriamente a tentare di rimediare? Fino ad ora non hai fatto altro che piagnucolare e non ce la faccio più a sentirti!”
Harry incassò il colpo, consapevole. Come al solito Hermione aveva ragione. Aveva combinato un casino dopo l’altro e non aveva fatto nulla per rimediare ai suoi sbagli, finendo inevitabilmente per farne altri. Era ora di fare qualcosa di concreto, qualcosa per dimostrare non solo a Ginny ma anche a tutti gli altri che lui aveva capito e che era davvero pentito. Doveva mettere da parte l’astio e la gelosia che provava per Malfoy e riportarlo a Londra. Questo avrebbe fatto il vecchio Harry, questo avrebbe fatto l’eroe del mondo magico.
“Andiamo a prendere Malfoy,” disse sicuro.
Hermione annuì, anche se piacevolmente sorpresa. Forse c’era riuscita, forse era riuscita a far capire ad Harry qual’era la cosa giusta da fare. “Andiamo.”






 
 
 
“Ci sono Auror appostati dovunque, non è stato facile aggirarli,” disse uno dei due incappucciati affiancando Narcissa. I quattro ragazzi lo guardarono confusi. Pensavano che dalla voce lo avrebbero riconosciuto e invece non avevano idea di chi fosse.
La donna in ogni caso dovette capirlo, perché diede una leggera gomitata al nuovo arrivato e gli indicò loro con un cenno.
Lui si voltò a guardarli. “Bè, penso sia arrivato il momento di mostrarmi.” Detto ciò, si calò il cappuccio. La prima cosa che notarono era che non era molto più grande di loro. Aveva dei lunghi capelli neri che teneva legati in una coda bassa, occhi neri come due pozzi senza fondo e un’ispida barba. Il sorriso che rivolse loro però, era tutt’altro che minaccioso. Sembrava felice di vederli.
Se Pansy e Luna apparivano ancora vagamente confuse, Blaise e Theo sembravano aver capito anche se erano troppo shoccati per dire qualsiasi cosa. Si aspettavano chiunque, ma non di certo lui.
“Adam,” sussurrò Theo alla fine. “Credevo fossi morto.”
Adam Stewart annuì. “Me la sono cavata con un colpo di fortuna, tutto merito del mio socio,” spiegò, circondando le spalle dell’altro incappucciato. Quest’ultimo se ne stava in silenzio e non sembrava per niente intenzionato a mostrarsi.
“è bello rivedervi,” continuò, stringendo prima Theo e poi Blaise in un caloroso abbraccio. “Non siete cambiati per nulla. Uno troppo istintivo e l’altro troppo serioso.”
Blaise rise. “E tu sempre il solito professore barbuto. Sei invecchiato o sbaglio?” Aggiunse divertito.
“Ma sentitelo! Dammi di nuovo del vecchio e ti rinchiudo nelle segrete di Villa Malfoy.”
“Mi basta l’esperienza in camera di Draco grazie tante.”
Adam si accigliò. “Non sono stato io a rinchiuderti in camera.”
Istintivamente Blaise guardò l’altro incappucciato, notando che si era irrigidito. “Sei stato tu vero? Quando hai intenzione di dirci chi cazzo sei?”
“Penso proprio che ora lo farò,” disse finalmente questo, attirando l’attenzione anche di Pansy e Luna che stavano salutando Adam. Conoscevano quella voce. Non l’avevano sentita spesso nell’ultimo periodo, ma erano sicuri di conoscerla.
Difatti quando si abbassò il cappuccio si ritrovarono ad osservare il volto strafottente di Terence Higgs. “Come va ragazzi?”
“TU!” Esclamò Blaise, sconvolto. “Tu sei un incappucciato! Tu mi hai chiuso in quella camera!”
Terence annuì. “Pensavi che non mi sarei vendicato per le botte che mi hai dato? Fosse stato per me ti avrei fatto molto peggio, ma la signora Narcissa ti voleva vivo.”
“Bastardo!” Sbottò il ragazzo fumante di rabbia. Probabilmente lo avrebbe preso a pugni se Theo e Adam non si fossero frapposti tra di loro.
“Non è il luogo né il momento,” disse Narcissa, fulminando i due litiganti con lo sguardo.
“Era per questo che ti trovavi al Ministero,” mormorò Pansy all’improvviso, rivolgendosi a Terence. “Hai origliato la mia conversazione con Ron Weasley.”
Il biondo annuì. “Sapevo che Nott e Zabini giocavano da soli e dovevo capire se lo avreste fatto anche tu e Weasley.”
“Ci avete seguito per tutto questo tempo!” Sbottò Theo, incredulo. “La cosa è alquanto inquietante.”
“Lo so,” convenne Narcissa. “Ma dovevamo accertarci che stavate seguendo la pista giusta e quello era l’unico modo.”
“E Draco?” Chiese Luna. “Come lo avete trovato?”
“Terence ed io abbiamo perlustrato tutti i territori completamente babbani,” spiegò Adam.  “Sapevamo che erano gli unici posti dove i Mangiamorte non lo avrebbero mai cercato e quindi quelli dove c’era più possibilità di trovarlo. È stato quasi un caso che Terence lo abbia riconosciuto in un cantiere.”
“Un cantiere?” Ripeté Theo, scettico. “E che ci faceva Draco in un cantiere?”
Terence rise divertito. “Era tutto sporco e dimesso e stava discutendo con alcuni babbani a proposito di certi biglietti per una partita.”
Pansy guardò prima Theo e poi Luna, sgranando gli occhi sorpresa. “Oh mio Dio! Draco andrà a vedere quella partita? Quella di stasera?”
Narcissa annuì. “Si, quella. È per questo che abbiamo scelto oggi per agire. Allo stadio ci sarà così tanta gente che nessuno noterà che portiamo via Draco.”
“Fermi un attimo!” Sbottò Blaise all’improvviso. Era stato in silenzio per diversi minuti perso in chissà quali pensieri ed ora sembrava seriamente determinato ad uccidere Terence, o almeno questo si capiva dal modo in cui lo guardava. “Ti sei messo a pedinare la mia ragazza? Mi sembrava di averti detto di starle alla larga!”
Terence ruotò gli occhi e sbuffò. “Sei sordo o cosa? Dovevamo accertarci che foste sulla giusta strada e…..”
“E guarda caso tu hai seguito proprio lei. Smettila di provarci, altrimenti ti spedisco all’altro mondo!” Esclamò, minaccioso.
Il biondo storse il naso, ma non disse una parola. Sapeva che qualunque cosa avesse detto, Blaise lo avrebbe aggredito e non ci teneva per niente a confrontarsi nuovamente con i suoi pugni. Sia chiaro, lui non era un codardo, al contrario da incappucciato aveva dimostrato di avere fegato, ma conosceva la fama di picchiatore spietato del giovane Zabini e averla provata una volta gli era più che sufficiente.
“Scusate,” intervenne Luna. “C’è una cosa che non mi è ancora chiara. I mazzi di orchidee che ci avete lasciato e il fatto che questo posto si chiama proprio “L’Orchidea”, è solo un caso oppure significa qualcosa?”
“Già,” convennero Theo, Pansy e Blaise, che però continuava a lanciare occhiatacce a Terence.
Sia il biondo che Adam guardarono Narcissa, che si lasciò sfuggire un sorriso malinconico. “No,” ammise. “Non è un caso. Quando Draco era bambino, avevo una serra dove coltivavo proprio un particolare tipo di orchidee. Erano di un lilla così chiaro ed erano morbide e profumate. Ricordo che Draco mi aiutava spesso ad annaffiarle e che poi ci sedevamo accanto a tutti quei fiori colorati e gli leggevo favole o poesie………stavamo lì per ore…….di solito ciò avveniva quando Lucius era fuori per lavoro e ci ritrovavamo da soli in quell’enorme villa. Lui era così felice e anch’io,” aggiunse con gli occhi lucidi. “Le orchidee che vi ho lasciato sono molto simili a quelle e bè……mi ricordavano il mio Draco.”
Pansy e Luna non riuscirono a trattenere le lacrime, mentre Theo e Blaise si sforzarono di apparire indifferenti, ma si vedeva lontano un miglio che avevano gli occhi lucidi. Non ci si poteva non commuovere di fronte a un sentimento così forte come quello di una madre per il proprio figlio. Quello di Narcissa che per cinque anni lo aveva creduto morto poi era ancora più intenso. Adam e Terence che già conoscevano la storia, si erano limitati a fissarla in silenzio. Sapevano quanto Narcissa avesse sofferto e sapevano che avrebbe continuato a soffrire e a lottare finché non lo avesse rivisto.Forse Silente aveva sempre avuto ragione, forse l’amore era davvero più forte di tutto.
 

 






 
Abituati com’erano alla rivalità costante e all’atmosfera che di solito aleggiava prima e durante la partita tra Grifondoro e Serpeverde, i ragazzi non si sconvolsero di fronte al completo caos che era lo Stadio Olimpico quella sera. Ogni singolo angolo era strapieno di uomini, donne e bambini muniti di maglie, sciarpe, berretti, bandiere e striscioni. Nelle loro orecchie giungevano urla, canti e cori e la voce dello speaker che annunciava le formazioni delle due squadre romane. Facendosi largo tra la folla che urlava e spintonava Adam, Theo, Blaise e Pansy iniziarono a guardarsi intorno con attenzione.
“Dividiamoci,” suggerì Adam alzando la voce per farsi sentire in tutto quel trambusto.
Gli altri tre annuirono. “Pansy ed io andiamo dove stanno i tipi di rosso, voi intrufolatevi tra i celesti,” disse Blaise, prendendo per mano la sua ragazza. Fosse stato per lui non l’avrebbe mai portata con loro, purtroppo però non aveva avuto scelta. In qualche modo dovevano attirare un Draco senza memoria e una bella ragazza poteva essere l’esca perfetta. Se però avesse anche solo osato allungare le mani su Pansy lo avrebbe ucciso e avrebbe fatto lo stesso anche con gli altri babbani se non l’avessero smessa di fissarla.
Adam e Theo si avviarono allora verso la curva nord, dove un gruppo di tifosi pittati di celeste e seminudi stava esponendo un grosso striscione, stavano anche urlando qualcosa ma data la loro scarsa conoscenza della lingua italiana non avevano idea di cosa stessero dicendo.
“Credo si chiamino ultras,” disse Adam, guardando i bizzarri babbani con un sopracciglio inarcato.
Theo annuì. “Quelli che fanno casino e scatenano risse insomma. Blaise starebbe benissimo tra di loro,” aggiunse, soffocando una risata.
Il ragazzo al suo fianco scoppiò a ridere. “Non so se si spoglierebbe così però.”
“Se per questo nemmeno Draco si metterebbe a urlare in uno stadio, eppure è qui da qualche parte.”
Adam annuì, passandosi nervosamente una mano tra i lunghi capelli. “Forse avremmo dovuto portare Terence con noi, dopotutto è stato lui a riconoscerlo.”
“Forse, ma poi lui e Blaise avrebbero sicuramente finito per azzuffarsi. È meglio se sia rimasto lui con Luna e la signora Narcissa a parlare con gli Auror, Blaise avrebbe scatenato un putiferio se fosse venuto con noi,” disse Theo saggiamente. Conosceva il temperamento folle e per niente razionale di Blaise, così come conosceva l’abitudine di Terence di provocarlo per scatenare una sua reazione. Dovevano assolutamente trovare Draco e un litigio tra i due avrebbe sicuramente rovinato ogni cosa e magari li avrebbe anche fatti scoprire dai babbani e non potevano di certo permetterselo.
Nel frattempo Blaise e Pansy avevano raggiunto la curva sud, dove il rosso e l’arancione la faceva da padrone. Il caos e la confusione raggiungevano livelli assurdi, tanto che facevano non poca fatica a farsi largo tra la moltitudine di persone e persino a comunicare tra di loro. Anche in quella curva c’erano i tifosi ultras, che cantavano, esponevano striscioni e sparavano luci colorate contro l’altra curva. Nonostante fosse inverno erano seminudi e sudati.
Pansy arricciò il naso. Non le era mai piaciuto assistere alle partite di Quidditch quando andava a Hogwarts e pensava che una volta finita la scuola non sarebbe più stata costretta a mischiarsi in un ambiente simile, il destino invece le aveva giocato quel brutto tiro.
“Vedi Draco da qualche parte?” Chiese Blaise, distogliendola dai suoi pensieri.
La ragazza spostò lo sguardo sull’altra moltitudine di tifosi in rosso, ma nessuno di loro assomigliava anche solo vagamente a Draco. Lasciò la mano di Blaise e prima che lui potesse dire qualsiasi cosa si immerse nella folla. Erano in due in quella curva immensa, se fossero rimasti legati come cozze non lo avrebbero mai trovato. Continuò a guardarsi intorno con attenzione, cercando disperatamente una chioma bionda. Troppo impegnata nella ricerca, non si accorse del ragazzo che veniva dal lato opposto e per poco non gli finì addosso.
“Scusami,” mormorò imbarazzata.
Il ragazzo, che avrà forse avuto quasi la sua stessa età sorrise. Era moro, alto e muscoloso. Indossava una maglia rossa e arancione e una sciarpa del medesimo colore. Tra le mani reggeva due bottiglie di birra.
“Non preoccuparti,” disse e poi aggiunse qualcos’altro che Pansy non riuscì a capire. Forse era il frastuono intorno a loro o forse il ragazzo aveva utilizzato un dialetto del luogo, non sapeva dirlo con esattezza.
Gli occhi scuri del ragazzo babbano la scrutarono ancora per diversi istanti, poi notò che fissava qualcosa alle sue spalle sorridendo divertito. “Ecco qui sfaticato.”
Quando Pansy si voltò, per poco non svenne. Erano passati cinque anni e lui era cambiato davvero tanto, eppure era sicura che fosse Draco. Era molto più alto e massiccio, si era fatto crescere un accenno di barba e i suoi capelli ora non erano più così chiari, piuttosto erano un biondo sporco. Anche lui indossava una maglia rossa ed era piuttosto allegro e iperattivo. Se non fosse stato per quegli occhi grigi così familiari non avrebbe mai detto che fosse lui.
“Finalmente!” Esclamò il biondo, prendendo la bottiglia che l’altro gli porgeva.
Poco distante Pansy continuava a fissarli a bocca aperta. Era Draco, ne era sicura. Come avrebbero fatto allora a portarlo via da lì?
Quasi lo avesse chiamato, vide Blaise farsi strada tra un gruppo di tifosi già completamente ubriachi. “Blaise!” Lo chiamò, agitando le braccia.
Dopo alcuni istanti lui la vide e si affrettò a raggiungerla. Il modo in cui la guardava le fece capire che ce l’aveva ancora con lei per il modo in cui era scappata.
“Dove diavolo ti eri cacciata?” Esclamò infatti, fulminandola con lo sguardo. “Mi s………”
“Sttt,” lo zittì lei. “Credo di averlo trovato.”
Blaise corrugò le sopracciglia, confuso. “Cosa? Dove?”
Pansy glielo indicò con un cenno e il ragazzo quasi si pietrificò per lo stupore. Draco, il suo migliore amico, il suo fratello acquisito……..era lì, era vivo.
Nonostante i richiami della mora, lui continuava a fissare quel ragazzo così diverso da Draco eppure così familiare. Quante volte aveva sperato e sognato una cosa simile? Quante volte gli era parso di vederlo nelle persone che incrociava per strada? Anche in quel momento mentre lo guardava, non poteva fare a meno di chiedersi se quello non fosse l’ennesimo scherzo della sua mente. Draco era davvero lì?
“Blaise!” Esclamò Pansy, scuotendolo. “Dobbiamo trovare il modo di attirarlo fuori da questo casino.”
Lui la guardò, sembrava quasi spaventato, smarrito. “Pansy….io…..è davvero lui?”
Lei sorrise.”è lui Blaise e ora lo riportiamo a casa.”
“Si, ma come?”
“Credo di avere un’idea.”
I due si voltarono di scatto, notando Adam e poco distante visibilmente sotto shock c’era Theo. Fissava Draco e il ragazzo babbano cantare chissà quale canzone a bocca aperta.
“è lui,” mormorò. “Quasi non mi sembra vero.”
“Già,” concordò Blaise. “Solo ora mi rendo conto di quanto tutto questo sia reale, prima di vederlo credevo fosse solo l’ennesima illusione.”
“è arrivato il momento di agire ragazzi,” disse Adam, cercando qualcosa nelle tasche dei jeans.
Pansy annuì. “Qual’ è il tuo piano?”
“Tu li distrai, mentre io lascio cadere qualcosa nella sua birra,” spiegò.
“Fammi capire una cosa,” intervenne Blaise, che sembrava essersi ripreso. “In che modo la mia ragazza dovrebbe distrarli?”
L’altro scrollò le spalle. “Basta che li intrattenga in una conversazione anche stupida, tanto ha già fatto colpo.”
“Come?” Sbottò il ragazzo, notando solo in quel momento che Draco e il ragazzo babbano lanciavano di tanto in tanto delle occhiate verso di loro, in particolare verso Pansy. “Se non si trattasse del mio migliore amico che per cinque anni ho creduto morto credo che lo ammazzerei.”
Theo e Adam scoppiarono a ridere, mentre Pansy si sentiva stranamente a disagio. Conosceva Draco da quando erano ancora in fasce ed erano sempre stati amici, tra di loro non c’era mai stato alcun coinvolgimento sentimentale e il fatto che ora lui la guardasse con quello sguardo le provocava delle strane sensazioni. “Ehm…scusate,” mormorò, torturandosi il labbro. “Io dovrei provarci con il mio amico di sempre e il suo socio?”
“Dì loro qualsiasi cosa, basta che li distrai il tempo necessario,” disse Adam, mentre Blaise lo fulminava con lo sguardo. Era chiaro che a lui quell’idea non piacesse per niente.
“Ragazzi, andrà tutto bene,” intervenne Theo, rassicurando i due amici. “Se qualcosa va male, io e Adam saremo pronti a intervenire.”
“Va bene,” disse Pansy alla fine. “Allora io……” S’interruppe però di colpo, notando che Draco e il ragazzo moro le stavano facendo degli strani gesti, sembrava che volessero invitarla ad avvicinarsi. “Fate in fretta,” disse, avviandosi verso i due.
“Se allungano una zampa su di lei giuro che li strozzo con uno di questi striscioni,” borbottò Blaise tra i denti.
“Ciao,” mormorò Pansy, guardando i due ragazzi.
Il ragazzo moro sorrise. “Ciao, io sono Jacopo e lui è Simone,” aggiunse, indicando il biondo con un cenno.
Da quel poco che riuscì a capire, quel ragazzo si chiamava Jacopo e Draco ora era conosciuto come Simone.Tutto ai suoi occhi appariva così assurdo, così……
“Io sono Pansy,” si presentò, sforzandosi di sorridere.
“Tu non sei italiana vero?” Le chiese Simone, scrutandola attentamente. Lo stesso faceva Jacopo, che con un gesto della mano la invitò ad avvicinarsi ulteriormente a loro.
“No,” ammise lei. “In realtà sono inglese.”
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata complice, poi ripresero a guardarla. “Cosa ci fa una bella ragazza tutta sola in mezzo a questo caos?”
Pansy si accigliò. Non aveva idea di cosa le avessero chiesto, la sua conoscenza dell’italiano era molto elementare. “Ehm…..non……”
“Ho capito!” Esclamò Jacopo in un perfetto inglese. “Non comprendi molto l’italiano, non è così?”
“Tu parli inglese?” Gli chiese, sorpresa.
Lui annuì. “Ho uno zio che vive a Manchester e spesso vado a trovarlo, ho imparato qualcosa,” aggiunse con un sorrisetto.
“Ce l’hai il ragazzo?” Intervenne Simone, parlando a sua volta in inglese e circondandole le spalle con un braccio.
Pansy s’irrigidì. Quanto tempo ci mettevano? Non si sentiva per niente a suo agio con quei due che ci provavano sfacciatamente. Il fatto poi che proprio Draco la guardasse in quel modo e la stringesse a se, la imbarazzava a dismisura. Provò a liberarsi dalla sua stretta, facendoli scoppiare a ridere.
“Tranquilla,” la rassicurò il biondo, divertito. “Non mordiamo.”
“A meno che non sia tu a chiederlo,” aggiunse Jacopo, con un sorrisetto malizioso.
Pansy avvampò. Sembrava si divertissero a metterla in imbarazzo. Con la coda dell’occhio, notò Adam alle loro spalle che si avvicinava pian piano. Doveva far voltare i due ragazzi di più, altrimenti lo avrebbero visto. Cosa poteva fare? Di punto in bianco le vennero in mente le tecniche di seduzione che usavano le ragazze serpeverdi per accaparrarsi le attenzioni dei maschi ai tempi di Hogwarts. Lasciandosi guidare solo dalla forza della disperazione, si liberò della stretta di Draco e prima che lui o Jacopo potessero dire qualsiasi cosa, si piazzò in mezzo a loro e li abbracciò.
“Guardiamo la partita insieme?” Propose con fare civettuolo. Dopo un attimo di stupore Draco e Jacopo sorrisero e la abbracciarono a loro volta. Avvertì le loro mani addosso e non poté fare a meno di sentirsi disgustata. Non era mai stata un tipo intraprendente, al contrario era più timida e a disagio e poi l’unica persona a cui aveva permesso di toccarla era Blaise e ora era lì tra due ragazzi. Dovette fare uno sforzo sovrumano per non spingerli via in malo modo e il rumore di una bottiglia che si frantuma alle sue spalle le fece capire che qualcun altro faceva fatica a trattenersi. Blaise era lì e vedeva tutto, lui che era sempre così geloso e protettivo e nonostante sapesse che fosse per una buona causa, Pansy finì per sentirsi inevitabilmente in colpa.
Quando notò la mano di Adam lasciar cadere qualcosa nella bottiglia che Draco aveva posato a terra, alla mora sembrò di ritornare a respirare. Era fatta, non doveva più fingere. Poco distante Theo le fece l’occhiolino e con un cenno le fece capire di svignarsela.
“Io, ehm…. Devo andare in bagno,” disse ai due che ancora l’abbracciavano, cantando quello che sembrava un inno.
Il biondo si accigliò. “In bagno? Ma adesso inizia la partita.”
Lei arrossì, imbarazzata. “Lo so, ma è urgente e…..”
“Vuoi che ti accompagno?” Propose Jacopo con un sorrisetto malizioso.
Se possibile Pansy arrossì ancora di più. “No grazie, so cavarmela da sola.”
Fece per allontanarsi, ma si sentì afferrare il polso. Voltandosi si ritrovò faccia a faccia con il ghigno arrogante di Draco. Nonostante fossero passati gli anni quello restava comunque il suo marchio di fabbrica.
“Dovremmo uscire insieme qualche volta tu ed io, non dirlo a Jacopo però,” aggiunse con un sorriso complice.
Pansy sorrise forzatamente, mentre poco distante da loro Blaise era una maschera di rabbia e follia e se non era ancora intervenuto era perché Theo lo tratteneva con un braccio.
“Stai calmo Blaise, ora Pansy se ne libera.”
“Ci penserò,” disse alla fine la mora, sotto lo sguardo soddisfatto e malizioso di Draco. “Ci conto Pansy.”
Lei annuì, per poi correre verso le scale che portavano ai bagni. Quando finalmente imboccò il corridoio deserto, si fermò e riprese a respirare regolarmente. Non le sembrava vero che quella pagliacciata fosse finita, non ne poteva più di fingersi qualcuno che non era. Lei era sempre stata una persona trasparente, non sapeva mentire e soprattutto non sapeva civettare, forse per questo Blaise ci aveva messo tanto a notarla. Lei non era intraprendente e disinibita come le sue compagne di dormitorio a Hogwarts, al contrario era la calma e pungente amica di Theo. Per anni Blaise l’aveva considerata solo così e ironia della sorte era stato proprio un evento così terribile come la presunta morte di Draco ad avvicinarli. Forse avrebbe dovuto portare dei fiori e un biglietto di ringraziamento sulla tomba di Lucius Malfoy.
“Pansy!” La chiamò Blaise, sopraggiungendo in quel momento seguito da Theo e Adam.
Senza pensarci due volte la mora si gettò tra le braccia del suo ragazzo. Lui la strinse a se, accarezzandole la testa. “è finita Pan, Draco ha bevuto.”
“Cosa gli avete messo nella birra?” Chiese, curiosa.
“Pasticche Vomitose,” spiegò Adam. “Un piccolo contributo dei Tiri Vispi Weasley.”
“Ora dovrà per forza correre qui per un attacco di vomito,” aggiunse Theo divertito.
“Ben gli sta,” commentò Blaise, continuando ad abbracciare la ragazza. “Dopo che ha toccato la mia ragazza un po’ di vomito è il minimo.”
“Non ha memoria Blaise, non dargli colpe che non ha,” disse saggiamente Theo.
Blaise fece per rispondere, ma proprio in quel momento sopraggiunse un trafelato Draco che senza nemmeno guardarli si fiondò in bagno.
I quattro si guardarono, soddisfatti. Ora dovevano solo aspettare che finisse di vomitare e poi potevano finalmente agire. In punta di piedi si intrufolarono nel bagno degli uomini e ignorando il disgustoso rumore del vomito, attesero.
Dopo lunghi minuti, il biondo spuntò dalla porta del bagno. Aveva un aspetto decisamente pallido e malaticcio. Borbottò qualche imprecazione che non riuscirono a capire, poi però s’interruppe alla loro vista.
“Che avete da guardare?” Sbottò acido.
“E tu che cazzo stavi facendo con la mia ragazza?” Ribatté Blaise, fronteggiandolo.
Draco corrugò le sopracciglia, confuso. “Pansy è la tua ragazza?” Chiese, indicandola con un cenno. “Oh andiamo amico, non lo sapevo. Dal modo in cui ci ha provato con me e il mio amico non lo avrei mai detto.”
Blaise digrignò i denti, spingendolo spalle al muro. “Sei sempre il solito stronzo, tu non cambierai mai.”
L’altro sgranò gli occhi, non tanto per la spinta, piuttosto per le sue parole, parole che avevano lasciato a bocca aperta anche gli altri. “Come scusa? Ci conosciamo?”
Il giovane Zabini lo lasciò di colpo, sconvolto. Quando lo aveva spinto contro il muro era convinto di picchiarlo, ma poi aveva incrociato il suo sguardo e si era improvvisamente bloccato. Quello era il suo migliore amico senza memoria che per tanto tempo aveva creduto morto, picchiarlo avrebbe dovuto essere l’ultimo dei suoi pensieri. Lo fissò ancora per diversi istanti e il biondo fece lo stesso. Era chiaro che stava seriamente iniziando a pensare che lui avesse qualche problema mentale.
“Draco,” sussurrò Blaise, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. “Sei tu.”
Draco indietreggiò, guardandolo con terrore. “Io devo andare.”
Fece per correre verso la porta, ma un fascio di luce rossa lo centrò in pieno petto facendolo finire sul pavimento privo di sensi.
I quattro ragazzi si voltarono verso la porta, stupiti. “Potter,” mormorò Theo.
Fermo sul ciglio della porta con ancora la bacchetta impugnata c’era proprio Harry Potter, che rivolse loro un cenno del capo. Alle sue spalle c’era una trafelata Hermione. “Wow!”
Con pochi passi Harry raggiunse il corpo svenuto di Draco e lo rivoltò. “Non sembra nemmeno lui, l’arroganza però è inconfondibile,” aggiunse tra se e se.
“Siete stati bravi,” disse Hermione sorridendo ai quattro.
“E Ginny?” Chiese Theo, continuando però a controllare Harry con la coda dell’occhio.
“è al San Mungo. È caduta in un fosso, ma Ron mi ha appena detto che è fuori pericolo.”
Pansy tirò un sospiro di sollievo. “Menomale, ero così preoccupata.”
“Già,” concordò Blaise, ancora visibilmente turbato. “Temevo le fosse successo qualcosa.”
“è ora di riportare Malfoy a Londra,” intervenne Harry, lasciando tutti di stucco. “Prima ci occupiamo di lui e poi di tutto questo casino degli incappucciati,” aggiunse, rivolgendosi ad Adam. “Tu e i tuoi soci l’avete combinata grossa.”
Adam si accigliò. “Il fine giustifica i mezzi, non la pensi anche tu così in fondo?”
Il prescelto lo fulminò con lo sguardo. “Questo è ancora da vedere.”
 

 







Prima di tutto ciao a tutti!!! :D
Con questo capitolo finalmente tutti gli scogli sono superati! Non so dirvi quante volte l’ho modificato perché non mi convinceva e quante volte ho imprecato contro me stessa per il casino in cui mi sono cacciata, alla fine però penso di essere riuscita a gestire le cose, il difficile è fatto insomma XD
Dopo tanti indizi e tanti dubbi sono usciti fuori i nomi dei due incappucciati! Qualcuno c’era andato vicino, qualcun altro lo aveva intuito, in ogni caso spero che le rivelazioni di questo capitolo e il fatto che un vero cattivo non ci sia non abbiano deluso nessuno. Sin dall’inizio la mia idea era quella di creare una trama piena di misteri e malintesi, dove appunto tutti avevano un po’ di colpa senza però che ci fosse un personaggio che fosse completamente cattivo.
Fatemi sapere che ne pensate! A presto e grazie per il vostro sostegno!!
Trilly <3    

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Capitolo 26
*** Attesa e lacrime ***


                                                             

                  Capitolo 26: Attesa e lacrime

 





 
La pioggia batteva contro le vetrate della grande finestra, rimbombando nella piccola stanza dove Ginny Weasley era ancora priva di sensi. Seduta su una sedia accanto al letto, c’era sua madre Molly che le stringeva la mano e la osservava con sguardo assente. Erano passate diverse ore ormai da quando Ron aveva portato la ragazza al San Mungo e nonostante i guaritori avessero assicurato che era fuori pericolo, lei ancora non si era svegliata. Dicevano che fosse normale dopo una simile caduta e che non restava altro da fare che aspettare, ma la donna non poteva fare a meno di stare in apprensione. Tutta la notte era stata lì accanto a lei, pregando che aprisse finalmente gli occhi, ignorando i guaritori e i suoi familiari che le dicevano di andare a riposare almeno per qualche ora. Era così trascorsa la notte e l’arrivo del nuovo giorno l’aveva accolta così come la notte l’aveva salutata. L’unica volta in cui Molly aveva lasciato la mano di sua figlia era stato per accendere un paio di candele, dato che prima la notte e poi il terribile temporale che imperversava oltre la finestra aveva fatto calare la camera nel buio.
Sospirò, sfiorando la guancia di Ginny in una dolce carezza. La sua bambina sembrava dormire profondamente. Diversi graffi le solcavano il volto e le braccia oltre la pelle terribilmente pallida. A lei erano collegati due lavaggi e una mascherina per l’ossigeno. Cosa le era accaduto? Ron le aveva detto che era caduta in un fosso, ma non aveva aggiunto altro. Normalmente lo avrebbe costretto a confessare, la vista di sua figlia in quelle condizioni l’aveva però portata a concentrarsi solo su di lei. Sapeva che l’ultimo periodo non era stato facile per Ginny, di punto in bianco aveva scoperto di avere un passato che suo marito Harry le aveva fatto dimenticare e il loro matrimonio era crollato in una profonda crisi. Aveva avuto modo poi di parlare con i due e sembrava che pian piano stessero risolvendo i loro problemi, lei stessa e Harry avevano chiarito circa il suo comportamento e anche se a malincuore aveva accettato che lui portasse Ginny con se. Ora però non poteva fare a meno di pensare che aveva fatto uno sbaglio. Dal comportamento di Ron e dall’assenza di Harry le sembrava di aver capito che Ginny era caduta in quel fosso perché aveva nuovamente litigato con Harry e tutto questo perché lei non aveva impedito al moro di portar via sua figlia. Nuovamente aveva dato fiducia al ragazzo e nuovamente lui l’aveva delusa. Aveva messo seriamente in pericolo la vita di Ginny e poi non si era nemmeno presentato a vedere come stava. Mai si sarebbe aspettata una cosa simile da lui, lui che aveva sempre considerato un figlio. Cosa ne era stato di quel ragazzo buono, gentile e onesto che aveva conosciuto alla stazione di King’s Cross tanti anni prima? Quel ragazzo non avrebbe mai mentito a Ginny, non avrebbe mai messo in pericolo la sua vita. Quello era l’Harry che conosceva e che voleva bene, quello dell’ultimo periodo gli somigliava tanto ma non era lui, era solo una pallida imitazione. Perché era cambiato così tanto?
“Molly.”
Sussultò, voltandosi verso la porta. Suo marito Arthur era lì e la osservava preoccupato. Dalle profonde occhiaie che gli circondavano gli occhi capì che nemmeno lui aveva chiuso occhio quella notte.
“Lui è qui Molly.”
La donna sospirò. Una parte di lei avrebbe voluto attraversare quella porta ed affrontare Harry, ma c’era anche quella parte che le diceva che non poteva abbandonare Ginny. Sua figlia aveva bisogno di lei.
“Non puoi far nulla per lei,” sussurrò Arthur, avvicinandosi al letto. Baciò la fronte di Ginny e poi accarezzò la testa della moglie. “Non serve a nulla stare seduta qui tutto il tempo, ora sta a lei svegliarsi.”
Molly annuì. “Lo so, ma voglio essere qui quando si sveglierà.”
“Vuole vederla,” proseguì l’uomo, temendo seriamente la sua reazione.
Lei infatti lo fulminò con lo sguardo. “E tu non lo hai cacciato? Lui non vedrà mia figlia!” Urlò, lasciandosi sfuggire un singhiozzo.
Arthur si sedette sul letto così da trovarsi alla sua stessa altezza e la prese per le spalle. “Guardami Molly.” Quando lei lo fece proseguì. “Anche io sono arrabbiato con lui, ma Ginny non è più una bambina. Lei ha scelto di sposare Harry e lei è corsa in quel bosco. Con questo non voglio dire che sia colpa sua,” aggiunse sotto l’occhiataccia della moglie. “Ma semplicemente che non è colpa di nessuno se lei è in questo letto, si è trattato di un incidente.”
Molly scosse la testa, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. “Se io avessi impedito ad Harry di portarsela via, loro non avrebbero litigato e lei non sarebbe caduta in quel fosso.”
“Lo sai che non è vero,” insistette lui. “è stato un incidente Molly, sarebbe potuto accadere a chiunque in qualsiasi momento.”
“Avrei dovuto proteggerla da lui, avrei dovuto capire che Harry non era più in se.”
Arthur la strinse a se, accarezzandole dolcemente la schiena. “Non è colpa tua Molly, nessuno di noi poteva prevederlo e nemmeno Harry. Sono sicuro che anche lui come te è tormentato dai sensi di colpa.”
Lei sciolse l’abbraccio, asciugandosi le lacrime. “Ti ha detto perché è qui?”
“è preoccupato per Ginny e poi vuole parlare con noi, tutti vogliono parlare con noi.”
“Tutti?” Ripeté la donna, confusa. “Chi altro c’è lì fuori a parte lui, i nostri figli e le loro mogli?”
“Hermione, Luna, Pansy Parkinson, Blaise Zabini e Theodore Nott. Lo sapevi che i tre Serpeverde erano suoi amici? Sono tutti preoccupati e poi mi hanno detto che ci sono delle cose che dobbiamo sapere.”
“Riguardano Ginny e i sogni che faceva?”
Arthur scrollò le spalle. “Non lo so, hanno detto che parleranno quando ci sarai anche tu. Ci stanno aspettando.”
“Non posso lasciare Ginny da sola.”
“Lei non sarà sola, si sono i guaritori e poi…..”
“Sto io con lei,” disse Luna, entrando in quel momento nella stanza. “Scusate se sono entrata senza bussare, ma avevo bisogno di vederla.”
Molly scosse la testa. “Tranquilla, non fa niente.”
“Molly,” riprese l’uomo. “Vieni fuori a parlare con gli altri, ora c’è Luna con lei.”
La donna si prese ancora qualche istante per abbracciare e baciare sua figlia, poi a malincuore si alzò. “Per qualsiasi cosa chiamami,” disse a Luna, che annuì.
Una volta che si furono chiusi la porta alle spalle, la bionda si sedette sulla sedia che fino a poco prima era occupata da Molly e strinse forte la mano di Ginny.
“Ciao Gin,” sussurrò, sorridendo tristemente. “è tutto finito. Abbiamo ritrovato Draco e ora è a casa sua con sua madre. Sai, alla fine era proprio lei la figura incappucciata e gli altri due erano Adam Stewart e Terence Higgs. Mi aspettavo chiunque, Mangiamorte compresi e invece non c’era nessun pericolo, nessun nemico. Presto tutto tornerà alla normalità, manchi solo tu.”
Luna tirò su col naso, mentre alcune lacrime scorrevano lungo le sue guancie. “Aspettiamo tutti te e anche Draco. Ha bisogno di te per recuperare i suoi ricordi e Harry…….bè lui, si sente molto in colpa per quello che è accaduto. È merito suo se ora Draco è tornato a casa, è l’unico ad aver avuto il sangue freddo per schiantarlo così da poterlo portare con noi. Ti prego Ginny non mollare,” aggiunse tra le lacrime.
Non voleva che l’ultima conversazione con la sua amica fosse quella nel Quartier Generale degli Auror, non voleva che tutto finisse in quella maniera così squallida. Lei e Ginny si erano riavvicinate dopo cinque anni di silenzi dovuti alle macchinazioni di Harry, tutti gli eventi poi le avevano risucchiate e non avevano nemmeno avuto il tempo di riprendere la loro amicizia, non c’era stato tempo per chiarimenti, abbracci, risate, tutto era stato veloce e ora Luna non poteva fare a meno di pentirsene. C’erano tante cose che avrebbe voluto dire a Ginny, altrettante erano le cose che avrebbe voluto chiederle. Lei non poteva andare via, il destino non poteva essere così crudele.
“Non mi lasciare Ginny, non posso sposarmi senza la mia migliore amica….. senza la mia testimone……te lo volevo chiedere da un sacco di tempo, ma non mi sembrava mai il momento e ora……oh Ginny!” Esclamò poi, abbracciando l’amica e lasciandosi andare a un pianto liberatorio. Ginny doveva svegliarsi, doveva farlo non solo per lei ma per tutti loro. Nulla sarebbe stato lo stesso senza di lei.
Un leggero bussare alla porta la fece sussultare. “Avanti,” mormorò, affrettandosi ad asciugarsi le lacrime.
“Ciao Luna,” la salutò Adam, entrando nella camera e chiudendosi la porta alle spalle. “Hai pianto,” aggiunse avvicinandosi a lei.
Luna scosse la testa, strofinandosi ancora il viso. “è solo che sono preoccupata per Ginny. E se non si dovesse svegliare?”
Il moro sospirò, poggiandole una mano sulla spalla. “Ginny si sveglierà, ne sono sicuro. Dobbiamo solo aspettare e poi vedrai che tornerà più forte e combattiva di prima.”
Lei sorrise, poggiando la mano sulla sua. “Grazie, avevo bisogno di sentirmelo dire.”
“Figurati,” disse lui, sorridendo a sua volta.
Fece poi per andarsene, ma si fermò di botto a un passo dalla porta. “Ah Luna?”
“Cosa c’è?” Chiese lei.
Adam prese un profondo respiro. Doveva dirglielo, in fondo era proprio quello il motivo per cui l’aveva cercata. “Non mi sono ancora scusato per quel colpo in testa. Non volevo farti male, è solo che……”
“Va tutto bene Adam,” lo interruppe Luna con un sorriso. “Ho capito perché l’hai fatto. Se non fosse stato per te, Terence e la madre di Draco non lo avremmo mai ritrovato. Com’è che hai detto a Harry? Il fine giustifica i mezzi no?”
Lui si accigliò. “Come fai a saperlo?”
“Theo.”
Adam sorrise. “Theo è un ragazzo in gamba. Siete proprio una bella coppia.”
“Grazie Adam,” disse la bionda. “Per tutto.”
“Dovere,” sussurrò lui prima di andarsene. Ora tutto era risolto, ora non avevano più bisogno di lui.
Rimasta sola, Luna tornò a guardare Ginny con una strana sensazione. Chissà perché, ma sentiva che quello di Adam non era un semplice chiarimento bensì un addio. L’ultimo addio prima di una nuova avventura. Sperò che almeno la prossima sarebbe stata per lui meno complicata e soprattutto piacevole. Era un bravo ragazzo e se lo meritava.
 

 





 
 
Quando aprì gli occhi fu immediatamente colpito da un lieve mal di testa, perciò si affrettò a richiuderli. Si massaggiò le tempie per diversi minuti, poi tornò a riaprirli. Si trovava in un grosso e lussuoso letto di una camera immensa che non aveva mai visto prima. Come c’era finito? La testa continuava a pulsargli, impedendogli di pensare e di ricordare. Il vuoto totale lo avvolgeva.
Si alzò a fatica, rendendosi conto di indossare un pregiato pigiama verde bottiglia. Non ricordava di aver mai avuto un pigiama simile, anzi lui i pigiami non li usava proprio e preferiva di gran lunga dormire in boxer e canottiera. “Che orribile pigiama,” borbottò, storcendo il naso.  
Si guardò intorno con curiosità. Di chi era quella camera? Come c’era finito? Si grattò la testa, pensierosamente. Ricordava di essere andato allo stadio insieme a Jacopo a vedere Roma vs Lazio, ma poi il buio più assoluto. La camera dedusse che apparteneva a un ragazzo, solo questo poteva spiegare la mensola piena di soldatini e poi i poster…….
Si bloccò di colpo. Era stata una sua impressione o i tipi strani raffigurati nei poster si erano mossi? Scosse la testa. La mente gli stava sicuramente giocando un brutto scherzo. Si avvicinò alla scrivania, perplesso. Quale persona sana di mente collezionava piume di uccello? C’erano poi delle strane palline dorate. Curioso se ne rigirò una tra le dita. Era fredda e dura e poi……da essa sbucarono all’improvviso due piccole ali e la pallina sfuggì dalla sua mano, iniziando a svolazzare per la camera. La guardò a bocca aperta. Non aveva mai visto niente di simile in vita sua e doveva ammettere che la cosa lo spaventava. Odiava avere paura, odiava essere debole. Si prese la testa tra le mani, scuotendola con vigore. Nulla di quello che vedeva era reale, si trattava solo di un sogno dovuto a una sbronza, non c’era altra spiegazione.
Quando però riaprì gli occhi, quella strana camera era ancora lì, la pallina dorata continuava a svolazzare e i tipi dei poster continuavano a muoversi. Era tutto così assurdo, così……
All’improvviso un violento tuono lo scosse. Dalle vetrate del grande balcone si ritrovò ad osservare la violenta tempesta che si scatenava fuori. Grossi goccioloni d’acqua e folate di vento colpivano le vetrate con una violenza inaudita, cosa a cui non era per niente abituato. A Roma non pioveva mai in quella maniera, a Roma non……. Sgranò gli occhi, stupito. Quasi non riusciva a credere a ciò che vedeva. Da lì si vedeva un giardino immenso che anche se colpito da quella terribile tempesta era comunque stupendo e poi lui lo vedeva da molto in alto. Quel posto gli ricordava tanto i castelli che di solito vedeva nei film dell’orrore. Quei castelli imponenti, belli, ma isolati dal mondo che i protagonisti esploravano con curiosità per poi rendersi conto che all’interno c’era un malato di mente, che li uccideva uno ad uno e alla fine sopravviveva sempre la coppia più coraggiosa dopo aver patito di tutto. Quello era davvero un castello? E che ci faceva lì? Era sicuro di non averlo mai visto prima.
Fece per avviarsi verso la porta, determinato a lasciare quel posto inquietante, quando la sua attenzione fu catturata dalle foto appese alle pareti. Anche esse come i poster erano animate, ma ciò che lo colpì maggiormente furono le persone ritratte. Erano degli adolescenti con delle orribili divise e dei mantelli lunghi in stile Dracula. C’era un ragazzo biondo che era raffigurato in quasi tutte le foto e che aveva sempre un sorrisetto arrogante. Era una sua impressione o gli assomigliava in una maniera assurda? Certo, il ragazzo delle foto era più giovane e poi aveva i capelli più chiari, ma a parte quello avevano gli stessi occhi, gli stessi lineamenti. Era solo un caso, oppure quel ragazzo era davvero lui?
Cinque anni prima si era risvegliato in un letto di ospedale senza memoria e senza alcun legame. Ricordava di aver pensato di essere solo al mondo e che se nessun familiare lo aveva mai cercato era perché non ne aveva, ma ora non sapeva che pensare. Quel ragazzo gli somigliava troppo e quella stanza poi……se fino a pochi istanti prima quel posto gli aveva trasmesso ansia, ora avvertiva delle sensazioni diverse, sentiva che in qualche modo gli era familiare anche se non riusciva a capire perché. Aveva già conosciuto quel luogo prima di perdere la memoria? Se si, come aveva fatto a ritornarci? Qualcuno lo aveva portato?
I suoi interrogativi furono interrotti dal rumore della porta che si apriva. Si voltò di scatto, mettendo a fuoco una bella donna bionda con un elegante vestito azzurro cielo.
Un grande sorriso illuminò il volto della donna. “Ti sei svegliato.”
Simone sollevò un sopracciglio, confuso. “Mi scusi, ma lei chi è? E dove siamo?”
Lei si avvicinò di qualche passo, continuando a sorridere. “Io sono Narcissa Malfoy e questa è la mia casa.”
Il biondo rise, incredulo. “Casa? Lei abita in un castello? È una regina per caso?”
Narcissa scosse la testa, divertita. “La mia famiglia è molto ricca, ma non sono una regina.”
“Ad ogni modo che ci faccio a casa sua?” Chiese lui, incrociando le braccia al petto.
“Perché non andiamo in salotto a prenderci un tè e ne parliamo?” Propose lei, ma il ragazzo scosse la testa.
“Voglio delle risposte e le voglio adesso.”
Narcissa annuì, rassegnata. “Va bene.” Si sedette sul letto e lo invitò a fare lo stesso, ma lui preferì rimanere a debita distanza. Si vedeva lontano un miglio che non si fidava di lei e non poteva dargli torto, d’altronde per lui era un’estranea.
“Io sono tua madre,” ammise dopo un tempo che parve infinito.
Un misto di pensieri e sensazioni travolse Simone, che continuò a fissarla in silenzio. Le foto al muro e poi il fatto che quel posto gli sembrasse familiare e ora lei…..quella donna sosteneva di essere sua madre.
“Assurdo,” disse alla fine.
“è così Draco te lo giuro!” Esclamò lei, scattando in piedi.
Il ragazzo istintivamente indietreggiò, poi però si bloccò quando la mente registrò quelle parole. “Come mi ha chiamato?” Chiese, confuso.
“Draco,” ripeté lei. “è il tuo nome.”
Draco. Qualcosa si risvegliò nella mente del biondo. Il bagno dello stadio e poi quel ragazzo vestito come un becchino che voleva picchiarlo…….. anche lui lo aveva chiamato Draco.
Tornò a guardare le foto alle pareti e solo in quel momento riconobbe tra quei volti quello del ragazzo del bagno. Era lui, ne era sicuro. C’erano poi altri volti, altri sorrisi che però non riuscì a riconoscere. Chi erano quelle persone per lui?
“Sono i tuoi amici,” gli disse Narcissa, facendolo sussultare. Quando si era avvicinata così tanto? Troppo perso nei suoi pensieri non se ne era proprio accorto. “Lui è Blaise,” continuò lei, indicando il ragazzo dei bagni. “Questo invece è Theo.” Quel ragazzo dagli occhi scuri aveva la sensazione di averlo già visto, se non si sbagliava di grosso era anche lui nei bagni. “Questa è Pansy, siete amici da quando eravate ancora in fasce.”
Pansy. La ragazza carina che aveva flirtato con lui e Jacopo allo stadio. La strana espressione sul suo volto quando i loro sguardi si erano incrociati. Loro due si conoscevano già. Perché allora aveva finto di non conoscerlo?
“Lei invece è Ginny Weasley,” proseguì la donna, indicandogli una foto di quello che a quel punto presumeva essere lui in compagnia di una bella ragazza dai lunghi capelli rossi.
“Anche lei era mia amica?”
“No, voi due stavate insieme.”
Stupito, guardò più attentamente quell’ultima foto. Probabilmente non avevano più di sedici anni e in qualche modo sembravano felici. Lui era seduto su un muretto e lei era sulle sue gambe tutta sorridente. Lui era più rigido e composto, nemmeno da adolescente gli piacevano le foto a quanto pareva, però nei suoi occhi c’era una strana luce. Era innamorato di quella ragazza, si vedeva.
Tornò poi a guardare la donna accanto a lui. Gli aveva detto di essere sua madre e in effetti aveva i suoi stessi colori, ma perché non si era mai fatta avanti in quegli anni?
“Loro tre,” iniziò, indicando Blaise, Theo e Pansy. “Li ho visti allo stadio. Sono stati loro a portarmi qui vero? Perché ci avete impiegato tutto questo tempo?”
Narcissa sospirò. “Solo da poco abbiamo scoperto dov’eri, per anni abbiamo pensato che tu fossi morto.”
Lui corrugò le sopracciglia, confuso. “Morto? Non capisco, c………...”
S’interruppe di colpo, mentre la porta della camera si apriva di nuovo ed entrava una ragazza riccia. Lei lo guardò con stupore per alcuni istanti, poi si rivolse a Narcissa.
“Forse so come risolvere le cose.”
“In che senso?”
Hermione le mostrò un vecchio e consumato librone di pozioni. “C’è una pozione in grado di annullare gli effetti dell’incantesimo di memoria e Nott è un grande pozionista, infatti se ne sta occupando.”
La donna si arricciò nervosamente una ciocca di capelli intorno all’indice. “Pensi davvero che possa funzionare? E se ci fossero degli effetti collaterali?”
“Ho letto molto su questa pozione e l’ho mostrata anche a degli esperti al Ministero e bè….noi pensiamo che ci sono buone possibilità di riuscita, anzi ottime direi,” aggiunse con un sorriso.
“Ehi sapientona, ho due cose da chiederti” intervenne il biondo, sollevando un sopracciglio. “La prima è chi diavolo sei? E la seconda è in che lingua stai parlando?”
Hermione ruotò gli occhi indispettita. “Incredibile, anche senza memoria sei arrogante e indisponente.”
Lui rise, incredulo. “Sei sempre così acida oppure riservi quest’atteggiamento per me?”
“Io non riservo proprio niente per te Malfoy!” Ribatté lei. “Se ho partecipato al tuo ritrovamento e a tutto il resto l’ho fatto solo per Ginny.”
Ginny. La ragazza dai capelli rossi. Loro due stavano insieme. Guardò di nuovo la foto di loro due attaccata al muro e poi tornò a guardare le due donne.
“Dov’è la ragazza? Ginny intendo.”
Hermione guardò Narcissa, poi mormorò: “è in ospedale, ha avuto un incidente, ma ora sta bene e presto sarà qui,” mentì.
Simone annuì. “Quindi io mi chiamo Draco e lei è mia madre e…..” guardò Hermione accigliato. “Sei un’amica di Ginny immagino.”
“Si,” confermò lei. “Sono anche la moglie del fratello di Ginny.”
“Sono inglese,” proseguì lui, pensieroso. “Tutti voi lo siete. Come ci sono finito a Roma allora?”
“è una lunga storia,” spiegò Narcissa. “Sono successe un sacco di cose e….”
“E ora non c’è tempo,” concluse la riccia. “Nott sta già preparando la pozione,” aggiunse rivolgendosi alla donna. “Manca poco ormai.”
“Che pozione? Di che parlate?” Chiese il biondo.
“Scusami Malfoy, ma non ho scelta,” disse Hermione, poi veloce come il vento gli puntò contro la bacchetta e mormorò: “Stupeficium.”
Il ragazzo franò sul pavimento privo di sensi, sotto lo sguardo sconvolto di Narcissa. “Perché lo hai fatto?”
Lei sospirò, passandosi nervosamente una mano nei capelli. “Se gli avessimo raccontato tutto sarebbe scappato via e se non lo avessimo fatto ci sarebbe lo stesso stato d’intralcio, così invece è facilmente gestibile.”
La donna annuì, ancora visibilmente scettica. “Hai detto che Theo sta preparando questa pozione, siete sicuri che una volta presa mio figlio recupererà la memoria?”
“Dovrebbe,” disse una voce, facendole voltare.
Fermo sul ciglio della porta con in mano una grossa ampolla blu elettrico c’era Theo e dietro di lui un euforico Blaise.
“Secondo il libro Draco deve bere due dosi, la prima al calare del sole e la seconda al suo sorgere,” spiegò il moro, mentre Blaise correva verso il corpo di Draco e lo trasportava fino al letto.
“Non vedo l’ora di vedere la sua faccia quando scoprirà che ha lavorato in un cantiere,” disse divertito, sedendosi sul letto accanto a lui.
“Già,” concordò Theo, posando l’ampolla sul comodino. “Secondo me gli viene un infarto, soprattutto quando noterà che non ha più le mani curate da principino.”
I due ragazzi si guardarono e scoppiarono a ridere, sotto lo sguardo divertito di Hermione e Narcissa.
“Penso che nessuno di noi vorrà perdersi quel momento,” commentò la donna, sedendosi dall’altro lato del letto e sfiorando la fronte di Draco in una leggera carezza. “Mi manca così tanto il mio capriccioso e viziato bambino.”
“Si goda questo momento,” disse Herm sorridendo. “Quando recupererà i ricordi tornerà ad essere l’odioso e prepotente ragazzo che era prima.”
Lei sorrise a sua volta, immaginando quel momento che fino a poco tempo prima pensava fosse solo l’illusione di una madre disperata. Mentre continuava ad accarezzare il figlio, il suo sguardo si posò sui tre ragazzi. “Gli altri sono da Ginny immagino. I guaritori non sanno perché non si sveglia? C’è da preoccuparsi?”
Herm scrollò le spalle. “Loro dicono di no, Ginny non ha subito danni gravi. Il fatto che ha battuto la testa potrebbe spiegare il suo non aver ancora ripreso conoscenza, spero solo che ciò non le causerà dei danni.”
“Andrà tutto bene,” le rassicurò Theo. “Lei è forte, lei non molla mai e non lo farà nemmeno ora.”
“Speriamo,” disse Blaise pensierosamente. “Draco ci ammazza se scopre che non siamo riusciti a proteggerla.”
Narcissa scosse la testa. “è colpa mia non vostra, se solo io vi avessi detto tutto dall’inizio…….lei ora starebbe qui accanto a noi ad aspettare di poter dare la pozione a Draco.”
“Non è colpa di nessuno,” disse invece Hermione. “Il destino ha voluto crearci degli ostacoli come fa con tutti, ma sono sicura che le cose si risolveranno.”
“Si,” convenne Theo. “Ginny si sveglierà presto, ne sono sicuro.”
 

 






 
Harry sospirò, prendendosi la testa tra le mani. Erano ore che se ne stava seduto in quella sala d’attesa nella medesima posizione. Nella sua mente frullavano mille pensieri, su tutti la preoccupazione per Ginny. Era colpa sua se lei ora si trovava in quel letto, era colpa sua se ci avevano impiegato cinque anni a ritrovare Malfoy, ogni cosa era colpa sua. Hermione lo aveva rassicurato, dicendogli che era riuscito a fare la cosa giusta alla fine, ciononostante non poteva fare a meno di pensare che se avesse messo da parte la sua maledetta gelosia e il suo ossessivo terrore di perderla le cose sarebbero andate diversamente. Ginny non si sarebbe trovata in quel letto e Malfoy sarebbe tornato a casa molto prima, ma il suo matrimonio con Ginny ci sarebbe stato lo stesso? Lei gli avrebbe lo stesso detto si oppure avrebbe scelto il suo rivale?
Quando poi aveva parlato con i genitori di Ginny i suoi dubbi si erano amplificati. All’inizio gli avevano dato contro, Molly in particolare lo aveva accusato dell’incidente della figlia con una rabbia e una delusione che mai aveva letto nei suoi occhi.
MI HAI DELUSO HARRY. PENSAVO CHE AMASSI GINNY E INVECE NON FAI ALTRO CHE FERIRLA.
MI HAI DELUSO HARRY. PENSAVO CHE AMASSI GINNY E INVECE NON FAI ALTRO CHE FERIRLA.
MI HAI DELUSO HARRY. PENSAVO CHE AMASSI GINNY E INVECE NON FAI ALTRO CHE FERIRLA.
Quelle parole non facevano altro che rimbombargli nelle orecchie come il peggiore degli incubi. Amava Ginny e voleva un bene dell’anima a quella famiglia che lo aveva sempre trattato come un figlio, perciò non poteva fare altro che provare schifo per se stesso. Come aveva potuto perdere il controllo in quella maniera? La verità era che temeva Malfoy più di quanto avesse mai creduto. Sapeva che lui e Ginny avevano un passato che non si poteva cancellare e la cosa lo spaventava e lo rendeva insicuro. Il dubbio che lei lo avesse amato solo perché non c’era il biondo lo aveva tormentato ogni singolo istante e ora che lui era tornato, esso si stava incrementando sempre di più. Ginny lo amava davvero? E Malfoy, cosa provava per lui?
Molly e Arthur e gli stessi fratelli Weasley alla fine sembravano aver capito i motivi del suo comportamento, ma qualcosa nei loro sguardi era cambiato. Avrebbe dovuto lavorare duramente per riconquistarsi la loro stima e la loro fiducia e lo avrebbe fatto, teneva troppo a loro.
ORA PENSA SOLO A STARE ACCANTO A GINNY COME IL MIGLIORE DEI MARITI. SE LEI DECIDERà DI METTERE IN DISCUSSIONE IL VOSTRO MATRIMONIO, RISPETTA LE SUE SCELTE. È LA SUA VITA, LEI DEVE SCEGLIERE Ciò CHE PENSA SIA MIGLIORE PER Sé.
La voce di Hermione si aggiunse a tutte le altre e in quel momento Harry seppe cosa doveva fare. Prima o poi Ginny avrebbe fatto una scelta, ma nel frattempo doveva esserci per lei, era suo marito in fondo.
In punta di piedi raggiunse la camera della ragazza. Aprì piano la porta e subito vide Molly seduta accanto al letto profondamente addormentata. Si avvicinò pian piano con il cuore che gli batteva a mille. La sua Ginny era lì, apparentemente priva di vita.
“Oh Gin,” sussurrò con il cuore in gola. “Non hai idea di cosa darei per essere al tuo posto. Dopo tutto quello che ho fatto me lo sarei meritato eccome,” aggiunse, sedendosi sul letto e accarezzandole una guancia. “So di essermi comportato malissimo e che se fossi cosciente mi cacceresti in malo modo, ma ti prego se puoi sentirmi cerca di capirmi. Ho paura Ginny, ho una paura matta che alla fine sceglierai lui……..ho paura e sono geloso del vostro passato……questo non mi giustifica lo so e per questo ti chiedo infinitamente scusa…..ho sbagliato tutto con te, ti ho ferita, ti ho ingannata, ma su una cosa sono sempre stato sincero…..ti amo e anche se sceglierai lui, io continuerò ad amarti e a vegliare su di te ogni singolo giorno della mia vita…….. ora sono qui in attesa del tuo risveglio e ti prometto che rispetterò ogni tua decisione, non ti manipolerò più, te lo giuro……..solo questo volevo dirti…….perdonami se ci riesci,” sussurrò, lasciandole un delicato bacio sulla fronte.
Molly aprì lentamente gli occhi, giusto in tempo per vedere Harry lasciare la stanza e sorrise. Quello era l’Harry che conosceva, quello a cui si era subito affezionata e che aveva sempre considerato un figlio. Finalmente aveva capito i suoi errori e si stava seriamente impegnando per rimediare. Qualunque sarebbe stata la scelta di Ginny, Harry avrebbe sempre avuto un posto speciale nella sua famiglia. Ormai ci faceva parte da troppo tempo e un momento di debolezza non poteva distruggere quel legame. Il legame familiare era più forte di tutto, di ogni incomprensione, di ogni sbaglio, l’importante era riconoscere i propri errori e impegnarsi per rimediare e Harry era davvero sulla buona strada.
 
 

 







Prima di tutto scusatemi per il ritardo spaventoso! In questo periodo ho avuto tantissimo da studiare e il tempo per scrivere è stato davvero poco! Perdonatemi, cercherò di aggiornare il prossimo più velocemente.. promesso! ;)
Questo capitolo è un po’ triste lo so e Ginny purtroppo non si è ancora svegliata, ma è solo questione di tempo molto presto si riprenderà e prenderà finalmente una decisione :D
Il nostro Draco poi è tornato a casa e sta iniziando a confrontarsi con il suo vecchio mondo! Che ve ne pare del confronto con Narcissa ed Hermione? Mi piaceva l’idea di mostrare anche se per poco un Draco senza memoria, ma poi ho pensato che fosse necessario che recuperasse i ricordi e da qui l’idea di una pozione che annulla gli effetti dell’incantesimo di memoria. Ovviamente questa pozione non esiste ed è solo frutto della mia fantasia XD  
Infine c’è Harry, che ancora tormentato dai sensi di colpa, si scusa e promette di non agire più in maniera scorretta. Credo che l’Harry di questi ultimi due capitoli sia quello vero, quello più sincero e onesto, quello che finalmente si avvia verso la redenzione.
Ora si attende solo il risveglio di Ginny e il recupero della memoria di Draco! Cosa succederà poi?
Con la promessa di aggiornare al più presto, vi saluto e vi ringrazio per il sostegno e per le bellissime recensioni! :D
A presto, baci trilly <3
        

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Capitolo 27
*** Il risveglio: prima parte ***


                         

             Capitolo 27: Il risveglio

                         Prima parte


 

 
Ginny aprì gli occhi a fatica. Si trovava in una vecchia e polverosa soffitta piena di scatoloni. Le pareti in legno erano graffiate e rovinate in diversi punti. Sul soffitto c’era una grossa macchia dovuta all’umidità.
Si mise seduta, continuando a guardarsi intorno. Conosceva quel luogo ne era sicura, peccato che non riuscisse a ricordare.
“Venivamo sempre a giocare qui. Era il nostro posto preferito,” commentò una voce malinconica alle sue spalle. Quella voce, era così familiare.
Scattò in piedi, mentre il suo cuore perdeva un battito per lo stupore.
“Fred,” sussurrò.
Lui sorrise. Era esattamente come lo ricordava. Alto, magro e sorridente. Indossava dei vecchi jeans babbani e un maglione con una ‘F’ cucita sopra. Uno dei famosi maglioni di mamma Weasley.
Sorrise, ricordando le lamentele del fratello quando ogni Natale se ne ritrovava uno accanto al letto. Sembrava passato tanto tempo da allora, quando invece erano solo pochi anni.
“Dove siamo?”
Fred le si avvicinò, infilando le mani nelle tasche dei jeans. “Non dirmi che non te la ricordi,” disse divertito. “è la soffitta di zia Muriel.”
Ginny si colpì la fronte. “Ma certo! Passavamo le giornate qui a rovistare in quegli scatoloni.”
Entrambi sorrisero a quel ricordo. “Perché siamo qui Fred?”
Lui la guardò, serio. “Sei in una sorta di limbo, sospesa tra la vita e la morte.”
La rossa si accigliò. “Non capisco, ero in quel bosco e………..”
“E poi sei caduta in un fosso e hai battuto la testa. È una fortuna che Ron ti abbia trovata in tempo e ti abbia subito portata al San Mungo,” continuò Fred.
“Quindi io……”
Lui annuì. “Sei ancora viva.”
“Come fai ad esserne sicuro?” Gli chiese, confusa.
Il ragazzo le si avvicinò, sfiorandole i capelli. “Non riesco a toccarti. Tu non appartieni al mio mondo, tu sei ancora viva. Devi tornare indietro Ginny.”
Ginny si morse nervosamente il labbro. “Ho paura Fred……….ho paura di svegliarmi e scoprire che le cose non sono andate come speravo……….ho paura di trovarli tutti morti.”
Fred si sedette su uno scatolone, invitandola a fare altrettanto. “Quando muori ti ritrovi a fare una scelta: proseguire il tuo cammino, oppure tornare sottoforma di fantasma perché non hai il coraggio di abbandonare il tuo mondo. Io ho scelto di proseguire e ho rivisto un sacco di persone, amici e conoscenti e ti assicuro che nessuno di loro ci ha raggiunto, la nostra famiglia e i tuoi amici sono vivi. Devi tornare da loro, hanno bisogno di te.”
Ginny lo guardò con le lacrime agli occhi. “Quanto vorrei ci fossi anche tu.”
Lui sorrise dolcemente. “Lo vorrei anch’io, ma le cose non si possono cambiare.”
“Com’è morire? Cos’hai fatto in questi anni?”
“Smetti di soffrire, smetti di provare qualsiasi cosa. Non hai più bisogni come mangiare o dormire. È come se iniziassi una nuova vita, dove non hai limiti, dove nessuno è superiore a un altro. Siamo tutti uguali, tutti con gli stessi diritti. Te l’ho detto, ho rivisto tante persone…….Sirius, Remus, Tonks, Silente, Piton, Cedric e tanti altri. Si sta bene lì, ma mi mancate.”
Una lacrima solcò la guancia di Ginny a quelle parole. “Anche tu mi manchi, solo da poco sono riuscita ad andare al cimitero e……….quella notte è stata la più brutta della mia vita, ho perso sia te che Draco. Forse dovrei ringraziare Harry, l’incantesimo di memoria mi ha impedito di consumarmi dopotutto.”
Fred sospirò. “Forse, ma non poteva davvero pensare di mentire tutta la vita. Sia tu che gli amici di Malfoy meritavate di sapere la verità. Questi cinque anni sono stati pieni di menzogne e inganni.”
“Harry voleva solo proteggermi, lui mi ama……..ora l’ho capito.”
“E tu?” Chiese il ragazzo. “Tu cosa provi per Harry e per Malfoy?”
La mente di Ginny fu attraversata da una serie di ricordi e momenti con entrambi. Sia Harry che Draco avevano rappresentato tanto per lei. Harry era stato il primo ragazzo per cui si era presa una cotta, il suo eroe, il suo principe azzurro. Per cinque anni erano stati legati e felici, per cinque anni si erano amati intensamente. E poi c’era Draco, il ragazzo che con il suo carattere scontroso, lunatico e appassionato era riuscito a farle dimenticare Harry. Draco era stato il suo grande amore adolescenziale, colui con cui aveva fatto l’amore per la prima volta. Entrambi avevano un posto speciale nel suo cuore, ma sapeva che doveva fare una scelta. Doveva lasciar andare uno dei due.
“Ho bisogno di vedere entrambi prima di scegliere,” disse alla fine. “Sono cinque anni che non vedo Draco e non so se le cose tra noi sono cambiate oppure no. Il Draco dei miei ricordi è un ragazzino e ora è un uomo, un uomo che io non conosco. Harry invece è mio marito, ma abbiamo avuto un periodo di crisi e quindi devo capire se i nostri problemi si possono risolvere.”
Lui annuì. “Segui solo il tuo cuore e sappi che qualsiasi scelta farai sarà quella giusta.”
“Grazie Fred,” sussurrò lei, poggiando la testa sulla sua spalla, o almeno ci provò dato che gli passò attraverso. “Avevo bisogno di sentirmelo dire.”
“Ti voglio bene Ginny,” le disse sorridendo dolcemente.
Ginny sorrise a sua volta. “Anch’io ti voglio bene Fred.”
“Ora vai, torna indietro e non aver paura……..ti stanno aspettando.”
“Va bene, ma promettimi che sarai sempre accanto a me.”
Fred tentò di abbracciarla, ma come prevedibile le passò attraverso. “Te lo prometto, veglierò su di te ogni giorno e ti proteggerò.”
Nonostante le lacrime che ormai scorrevano a fiumi sul suo volto, la ragazza riuscì a vedere il volto sorridente del fratello sbiadire sempre di più e prendendo un profondo respiro si incamminò verso la vita. Le aveva fatto bene vedere e parlare con Fred un’ultima volta, le era mancato così tanto. Lui aveva sempre avuto un modo di fare particolare, in grado di rassicurarla e di aiutarla a ragionare. Ora era pronta, pronta per rivedere la sua famiglia e i suoi amici e poi ovviamente Harry e Draco. Una luce bianca l’avvolse, trascinandola via con se.
 







 
Quella mattina a Villa Malfoy i minuti scorrevano lenti ed inesorabili. Erano passate due ore dall’alba, due ore da quando Draco aveva preso la seconda dose di pozione e ancora non era accaduto nulla. Lui era ancora nel suo letto privo di sensi, mentre Narcissa, Theo, Pansy e Blaise erano lì in attesa con l’ansia a mille.
“E se non funziona? E se lo stesso non ricorda nulla?” Mormorò Blaise, camminando nervosamente per la stanza.
Theo scrollò le spalle. “A questo punto sarebbe il minore dei mali. Meglio senza memoria che morto no?”
Il ragazzo però non ne voleva sapere di calmarsi. Aveva paura che Draco non si svegliasse, che tutti i loro sforzi risultassero vani, ma soprattutto che quello che aveva sperato fino a quel momento si rivelasse un’enorme delusione. Pansy che lo conosceva bene e che quindi con un solo sguardo aveva compreso i suoi pensieri, lo raggiunse e lo strinse in un forte abbraccio.
“Andrà tutto bene, vedrai,” sussurrò dolcemente.
Blaise annuì, affondando il volto nel suo collo. “Vorrei essere forte come te, sono solo un codardo debole e vulnerabile.”
“Draco è il tuo migliore amico, è normale che stai così e comunque io non sono per niente forte, faccio solo del mio meglio,” disse lei, accarezzandogli i capelli.
Lui sorrise, facendo sfiorare il naso con il suo. “Non so cosa farei senza di te.”
“Non dovrai mai preoccuparti di questo, io per te ci sarò sempre,” sussurrò Pansy a un soffio dalle sue labbra. Si sarebbero baciati se un’imprecazione non li avesse fatti voltare di scatto.
Draco non era più privo di sensi, bensì era seduto e completamente sveglio anche se visibilmente confuso. Narcissa e Theo nel frattempo lo fissavano a bocca aperta.
“Draco,” provò la donna con un soffio di voce.
Lui la fissò per un tempo che parve infinito, poi il suo sguardo si spostò sugli altri. Sul suo volto si susseguivano diverse emozioni: confusione, stupore, paura ma continuava a fissarli senza dire una parola e a loro quel silenzio faceva paura. Perché Draco non diceva nulla? Li aveva riconosciuti oppure no?
Prendendo coraggio Narcissa gli si avvicinò, ma appena lo fece Draco saltò giù dal letto e indietreggiò il più lontano possibile da loro.
“Statemi lontano,” sbottò duramente, anche se nei suoi occhi grigi si leggeva la paura.
“Draco,” ripeté Narcissa. “Va tutto bene.”
Draco non rispose, continuando a guardare i quattro e allo stesso tempo cercando disperatamente una via d’uscita. “Ho detto che dovete starmi lontano!” Esclamò poi, quando provarono nuovamente ad avvicinarsi.
“Ma che diavolo sta succedendo?” Chiese Blaise. “Perché ha paura di noi?”
“Non ricorda nulla,” sussurrò Pansy. Guardò gli amici e poi Draco e a quel punto le venne un’idea. Corse verso la parete tappezzata di foto e ne staccò alcune, per poi voltarsi verso il biondo.
“Non voglio farti del male,” gli disse, sollevando le mani. “Posso mostrarti queste foto?”
Il biondo la scrutò con sospetto, poi lentamente annuì. “Gli altri però devono stare lontano.”
Lei annuì. “Mi avvicinò solo io,” promise, pregando gli altri con lo sguardo di fidarsi e di non fare gesti avventati. Narcissa e Theo non la preoccupavano, sapeva che non avrebbero fatto nulla ma lo stesso non poteva dire di Blaise e proprio per questo indugiò su di lui più del necessario. Il ragazzo sbuffò, ma alla fine annuì rassegnato.
Allora Pansy facendosi coraggio si avvicinò lentamente a Draco, che nemmeno per un attimo l’aveva persa di vista.
“Questo sei tu,” gli disse, mostrandogli la prima foto. “ E se non mi credi,” aggiunse prendendo lo specchietto da borsa che portava sempre con se e porgendoglielo. “Guarda il tuo riflesso e poi la foto, siete inconfondibilmente la stessa persona.”
Draco fece come gli aveva detto, corrugando le sopracciglia confuso. Spostò lo sguardo dallo specchietto alla foto per lunghi minuti, poi fece cenno alla ragazza di mostrargli un’altra foto.
“Qui sei insieme a Blaise e Theo, i tuoi migliori amici.”
Ancora una volta il biondo scrutò la foto con grande attenzione, per poi cercare con lo sguardo i due ragazzi che in un angolo accanto a Narcissa ricambiarono l’occhiata.
“Qui ci sono anch’io,” proseguì Pansy porgendogli un’altra foto. “Sai, siamo amici sin da quando eravamo piccoli.”
Draco guardò la foto e poi lei e poi di nuovo la foto. “Pansy,” sussurrò.
Lei sorrise. “Si, sono io.” Euforica gli mostrò poi una foto di lui con Narcissa e Lucius. “Li riconosci?”
Un lampo di stupore attraversò lo sguardo del ragazzo. “I miei genitori.” Guardò Narcissa, che gli sorrise felice. “Draco, figlio mio.”
La donna fece un passo in avanti, ma Draco sgranò improvvisamente gli occhi e sarebbe scappato se Pansy non lo avesse fermato per poi rivolgersi a Narcissa. “Aspetti, non è ancora pronto.”
Lei annuì tristemente. “Va bene.”
“Vuoi vedere un’altra foto?” Chiese Pansy, tornando a guardare Draco. Lui era ancora visibilmente nervoso e agitato per il tentativo di avvicinamento di Narcissa, ma alla fine annuì.
Quell’ultima foto lo ritraeva con una ragazza dai capelli rossi, una ragazza molto carina e………
Capelli rossi. Occhi scuri. Lentiggini. Litigi. Prese in giro. Sguardi. Sorrisi. Risate. Labbra. Calore. Sogni. Amore.
“NOOOOO!” Urlò all’improvviso, cadendo sulle ginocchia e prendendosi la testa tra le mani. “BASTA! FALLO SMETTERE PANSY!”
“Draco!” Esclamò Pansy, spaventata. “Che cos’hai?”
“Draco!” Narcissa, Theo e Blaise corsero immediatamente verso di loro.
Draco continuava a tenersi la testa e a urlare disperato. “BASTA! FATELO SMETTERE!”
Narcissa strinse subito a se il figlio, mentre i tre si guardarono incapaci sul da farsi.
“Che diavolo ha?” Esplose Blaise, tentando di sovrastare le urla dell’amico.
“LA TESTA!” Urlò Draco, sfuggendo alla presa di Narcissa e iniziando a contorcersi. “MI FA MALE! UN MALE ATROCE!”
Pansy, Narcissa e Blaise sgranarono gli occhi, spaventati. Theo invece corse a recuperare il libro con cui aveva preparato la pozione. Doveva capire se quella reazione era normale oppure era un effetto collaterale. Sfogliò il libro con una velocità assurda, rischiando seriamente di strappare qualche pagina finché non trovò ciò che cercava.
“Ragazzi,” disse richiamando i tre, che continuavano a fissare il biondo urlare e contorcersi con sempre maggior dolore e disperazione. “I ricordi gli stanno tornando e si stanno frapponendo a quelli della sua vita babbana, è per questo che sente dolore………non possiamo fare altro che aspettare.”
“Quanto tempo ci vorrà?” Chiese Narcissa mordendosi disperatamente il labbro. “Non ce la faccio a vederlo così e non poter far nulla per aiutarlo.”
“Il libro dice un’ora circa,” disse il moro.
“Quindi dobbiamo vederlo soffrire per un’ora intera?” Sbottò Blaise, incredulo. “Stai scherzando spero!”
Theo non rispose, si limitò ad inginocchiarsi accanto a Draco e a fissarlo e lo stesso fecero poi Narcissa e un agitato Blaise.
Pansy invece di punto in bianco si alzò, colpita da un leggero capogiro e corse fuori. Non ne poteva più, un altro secondo in quella camera e sarebbe svenuta.
 
 






 
La prima cosa che Ginny notò quando si svegliò, fu che intorno a lei tutto era bianco, le pareti, gli armadi, il pavimento e il letto che la ospitava.
“Ti sei svegliata!” Esclamò una voce entusiasta accanto al suo letto. Non fece in tempo a mettere a fuoco la figura, che si ritrovò ad essere stritolata in un abbraccio stritacostole che conosceva piuttosto bene.
“Mamma?” Mormorò infatti.
“Oh Ginny, piccola mia!” Esclamò Molly tra le lacrime. “Ho temuto non ti saresti più svegliata……non avrei potuto accettare di perdere anche te dopo Fred…….”
Ginny strinse a se la madre, sforzandosi di non piangere a sua volta. “Sono qui mamma, sto bene.”
La signora Weasley si asciugò le lacrime e prese tra le mani il volto della figlia. Fu allora che la ragazza si rese conto che la madre fosse molto stanca e sciupata, probabilmente l’aveva spaventata a morte.
“Perché non mi hai detto nulla Ginny?” Le chiese, tirando su col naso. “Perché non mi hai detto quello che stavi facendo, le cose che hai scoperto……. Noi siamo la tua famiglia, noi ti avremmo aiutata,” aggiunse tristemente.
Ginny abbassò lo sguardo, dispiaciuta. “Scusa mamma. Ero così sconvolta e confusa e……….e nella mia testa c’era solo il desiderio di scoprire la verità e poi…….e poi avevo paura.”
Molly la guardò stupita. “Paura? Non capisco.”
Lei si morse il labbro, stringendo poi le mani della madre. “Pensavo che dietro tutto ci fossero i Mangiamorte e non volevo coinvolgervi, volevo solo proteggervi.”
La donna annuì. “Promettimi che d’ora in avanti mi dirai sempre tutto.”
“Mamma…”
“Promettimelo Ginny!”
Lei annuì. “Te lo prometto.”
“Ehm….tesoro,” riprese Molly dopo averla abbracciata di nuovo. “Ti ricordi perché sei finita qui?”
Fu in quel momento che una lampadina si accese nella mente di Ginny. “Il fosso!” Esclamò. “Ci sono caduta dentro quando stavo scappando da Harry e…….mamma tu cosa sai?”
“So tutto,” ammise lei. “I tuoi amici ci hanno raccontato tutto, a me e a tuo padre. Sono dei bravi ragazzi, sono venuti a trovarti diverse volte e anche Harry è stato qui.”
Al sentir nominare Harry e i suoi amici, a Ginny tornò in mente un particolare di fondamentale importanza. “Mamma, loro volevano trovare Draco e……i Mangiamorte…….cos’è successo mentre ero incosciente?”
Molly prese un profondo respiro, era ora delle spiegazioni. “Gli incappucciati erano Narcissa Malfoy, Adam Stewart e Terence Higgs. Loro hanno aiutato i tuoi amici a ritrovare Draco e a riportarlo a casa. Lui sta bene e presto grazie a una pozione recupererà tutti i ricordi.”
Ginny la guardò a bocca aperta. “Draco è qui a Londra? Devo vederlo,” aggiunse pronta ad alzarsi dal letto. Proprio in quel momento però la porta della camera si aprì di scatto ed entrarono Arthur, Ron e Harry.
“Ginny!” Esclamò l’uomo raggiungendola e stringendola tra le braccia. “è così bello vederti sveglia!”
“Anch’io sono felice di vederti papà,” disse lei ricambiando l’abbraccio.
Nemmeno il tempo di staccarsi che subito Ron prese il posto del padre. “Oh sorellina!” Esclamò felice. “Ho avuto così tanta paura…..quando ti ho trovata in quel fosso sembravi……sembravi…..scusami se non sono arrivato in tempo……”
Ginny sorrise, stringendolo a se. “Va tutto bene Ron, mi hai salvato la vita…….se non fosse stato per te non sarei qui.”
Solo in quel momento la ragazza notò Harry, fermo poco distante da loro e timoroso di incrociare il suo sguardo. Vederlo suscitò in lei emozioni contrastanti, su tutte rabbia e confusione. Ce l’aveva con lui per averla rinchiusa in quella prigione, ma allo stesso tempo sentiva che in fondo lo aveva fatto per proteggerla e quindi non sapeva proprio come comportarsi.
“Come stai?” Le chiese Harry, interrompendo quell’imbarazzante silenzio. Il senso di colpa era evidente nei suoi occhi verdi e allo stesso tempo qualcos’altro brillava in essi, qualcosa che tante volte aveva visto e che l’aveva fatta innamorare di lui, la determinazione…….quella determinazione che l’aveva portato a raggiungere tutti gli obbiettivi che si era prefisso, il salvataggio del mondo magico in primis. Ora quella determinazione era rivolta verso di lei, la determinazione di farsi perdonare.
“Sto bene,” disse semplicemente. Capiva perfettamente le ragioni di Harry, ma non se la sentiva di perdonarlo così di punto in bianco, aveva bisogno di tempo per assimilare la cosa e poi……e poi c’era Draco.
“Draco si trova a Villa Malfoy vero?”
Arthur e Ron sgranarono gli occhi sorpresi, mentre Molly si limitò ad annuire. “Si, ora è lì con sua madre e i suoi amici, gli stanno dando la pozione.”
“Devo vederlo,” ripeté nuovamente Ginny, riuscendo questa volta ad alzarsi dal letto.
Ron però le bloccò la strada. “Ginny, ti sei appena svegliata.”
“Ron ha ragione,” convenne Arthur. “Sei stata priva di sensi per troppe ore e i guaritori ancora devono visitarti.”
“Hai bisogno di riposo,” aggiunse Molly con il suo solito fare apprensivo.
La ragazza li guardò uno ad uno scuotendo il capo. “Vi siete alleati tutti contro di me? Sono cinque anni che aspetto di rivederlo e non sarete voi ad impedirmelo.”
I tre Weasley continuarono ad insistere che dovesse aspettare e Ginny continuò a ribattere sempre più irritata, finché Harry non si intromise.
“Scusate se mi metto in mezzo,” iniziò, facendo voltare tutti verso di lui. “Ginny ha avuto un brutto incidente di cui non finirò mai di sentirmi in colpa, ma è anche vero che è da tanto che aspetta di rivedere Malfoy e non sarebbe giusto impedirglielo.”
I coniugi Weasley lo guardarono a bocca aperta, Ron sbottò un “Sei impazzito Harry?” e Ginny invece lo guardò piacevolmente sorpresa, di certo non si aspettava che lui intervenisse in suo favore.
“Lasciatela andare,” insistette il moro. “Villa Malfoy non è molto lontana da qui e poi nel caso dovesse sentirsi male ci sono un sacco di persone pronte a soccorrerla.”
Se Arthur sembrava disposto ad acconsentire, Molly e Ron apparivano ancora contrariati. Entrambi erano eccessivamente protettivi nei confronti della ragazza.
“Non se ne parla,” disse infatti Ron.
“Potrebbe avere una ricaduta,” aggiunse la donna.
Ginny ruotò gli occhi e sospirò. Sua madre e suo fratello non avrebbero mai mollato, erano troppo testardi.
“Dai Molly,” intervenne Arthur, cercando di farla ragionare. “Ginny non è più una bambina, non puoi impedirle di vedere il giovane Malfoy.”
“Arthur,” provò a protestare lei, ma lui scosse la testa. “Lasciala andare Molly.”
“La lasci andare signora Weasley,” ripeté Harry.
La donna sbuffò, ma poi finalmente annuì. “E va bene, vai.”
“Grazie mamma!” Esclamò Ginny abbracciandola felice.
“Mamma!” Sbottò Ron incredulo. “Non puoi dire sul serio, Ginny è ancora in convalescenza e per questo deve riposare.”
“Smettila Ron!” Lo rimproverò il padre. “Siamo noi i genitori, non tu.” Dopo quelle parole il ragazzo si zittì di botto con le orecchie in fiamme.
“Grazie mamma,” ripeté Ginny euforica, per poi abbracciare anche il padre. “Grazie papà e grazie a te Harry,” aggiunse rivolgendosi al moro che le sorrise.
“Figurati.”
Si sorrisero dolcemente, poi Harry si offrì di accompagnarla alla villa e lei accettò con entusiasmo.
“Grazie Harry, ma non era necessario.”
“E invece si,” ribatté lui. “è il minimo dopo tutto quello che ti ho fatto passare.”
Una volta raggiunta la tenuta dei Malfoy, Ginny si voltò verso di lui. “Harry, io……”
Il ragazzo scosse la testa. “Parleremo dopo, ora devi pensare a lui.”
Ginny sorrise e lo abbracciò. “Dopo parleremo, te lo prometto.”
Lui annuì. “Ora vai,” mormorò guardandola allontanarsi. Il peso che aveva nello stomaco cresceva a ogni passo della ragazza verso la villa, ma non poté evitare di sorridere. Stava facendo la cosa giusta e i sorrisi e gli sguardi di Ginny non avevano fatto altro che confermaglielo.
“Sei un bravo ragazzo Harry Potter.”
Harry si voltò di scattò, confuso. Davanti a lui c’era una bella ragazza di diciassette anni bionda e con grandi occhi azzurri. Era Gabrielle Delacour, la sorella di Fleur. Sapeva che era venuta a Londra insieme a Bill e Fleur una volta saputo dell’incidente di Ginny, dato che le due avevano stretto amicizia proprio dal giorno del matrimonio del maggiore dei Weasley, ma ancora non l’aveva incontrata e di certo non si aspettava di vederla proprio lì.
“Ciao Gabrielle, che ci fai qui?”
Lei sorrise. “Volevo salutarti e Ron mi ha detto che ti avrei trovato qui,” ammise con un pizzico di imbarazzo. Tutti pensavano che Gabrielle fosse tanto ansiosa di vedere Harry perché gli era ancora riconoscente per averla salvata durante il Torneo Tremaghi, ma nemmeno potevano immaginare quanto si sbagliassero. Era irrimediabilmente cotta di lui, peccato che il ragazzo avesse occhi solo per la sua amica e moglie Ginny e la vedesse solo come una sorellina da proteggere.
“Ti va una burrobirra?” Propose Harry con un sorriso che la fece arrossire di botto. Il ragazzo però non lo notò e lei non se ne sorprese, ormai ci aveva fatto l’abitudine. In ogni caso sorrise e annuì. Per una ragazza innamorata come lei, una semplice burrobirra insieme era un appuntamento da sogno e poi non c’era niente di male ad illudersi per un po’ di tempo, tanto poi sarebbe tornata in Francia e non lo avrebbe più visto.
“Si, andiamo.”

 






 
E così si conclude la prima parte dei risvegli. Non uccidetemi, dato che la parte di dopo è molto lunga non ho potuto fare altro che divedere il capitolo in due parti XD
Ora finalmente sapete perché era necessario che Ginny non si svegliasse subito. Volevo farle incontrare Fred, lei aveva bisogno di parlare con suo fratello e l’idea che lui la rassicurasse e la invitasse a “tornare indietro” mi piaceva davvero tanto!  :)
La pozione di Draco poi inizia a fare effetto! Grazie alle foto che Pansy gli ha mostrato, ha riconosciuto i suoi amici e familiari anche se è ancora confuso e spaventato da questi ricordi che stanno sopraggiungendo e ora poverino è pure soggetto a terribili emicranie. XD
E Harry? Ve lo aspettavate un Harry così? Ha promesso di rimediare ai suoi errori e sta mantenendo la promessa, si è persino offerto di accompagnare Ginny a Villa Malfoy! E poi è arrivata Gabrielle, finalmente una spasimante anche per Harry! XD
Vi informo poi che nel prossimo capitolo ci sarà l’attesissimo incontro tra Draco e Ginny e proprio per questo mi metterò subito a lavoro per scriverlo! ;)
Prima di salutarvi vi ringrazio per le bellissime recensioni che mi lasciate e che ogni volta mi commuovono e accrescono il mio ego XD
Baci, trilly <3

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Capitolo 28
*** Il risveglio: Seconda parte ***


             


      Capitolo 28: Il risveglio  Seconda Parte

 





 
Pansy era appena uscita dal bagno dopo un violento attacco di nausea, quando una voce piuttosto alterata le giunse alle orecchie. Preoccupata corse verso la camera di Draco, trovandosi di fronte a un’incredibile scena.
Narcissa, Theo, Blaise e Luna fissavano a bocca aperta un Draco fuori di se che imprecava contro tutto e tutti.
“VI è DATO DI VOLTA IL CERVELLO?” Urlò, colpendo con un forte calcio la scrivania e facendo finire a terra tutti i boccini. “QUEL BASTARDO DI POTTER MI HA ROVINATO LA VITA E VI ASPETTATE CHE NON FACCIA NULLA?!”
Pansy sgranò gli occhi, stupita. Draco ricordava, Draco era tornato in se. Normalmente sarebbe corsa ad abbracciarlo, ma si rendeva conto che non era il momento.
“Cosa gli avete detto?” Chiese allora, rivolgendosi ai quattro.
“Non guardare me,” disse Theo, sollevando le mani. La mora però sapeva che sia Theo che Narcissa e Luna non avevano parlato, solo una persona poteva essere stata.
“Blaise,” sbottò infatti con tono di rimprovero. “Ha appena recuperato i ricordi e tu ti metti a fare il pappagallo? Ma sei scemo per caso? Ti rendi conto di quanto è vulnerabile adesso?”
Blaise scrollò le spalle, impassibile. “Sai come la penso.”
Pansy era sicura che lo avrebbe ucciso se Draco non avesse parlato. “Sono qui Pansy, non parlare di me in terza persona e soprattutto non farmi passare per un malato di mente.”
Lei lo guardò, seria. “Senti Draco, non so cosa ti ha detto Blaise ma……..”
“Potter sapeva che mio padre mi aveva cancellato i ricordi, lui era lì quella notte e ha taciuto. Se non fosse stato per mia madre, per Adam e Terence e per voi, io sarei ancora lì a zappare la terra,” ribatté pieno di astio e disgusto.
“è tutta colpa di Potter,” convenne Blaise, beccandosi un’occhiataccia da parte di Pansy.
“DANNAZIONE BLAISE! SMETTILA DI AIZZARLO CONTRO POTTER!”
“Pansy ha ragione,” intervenne Theo. “La vendetta non servirebbe a nulla e comunque Potter ha capito i suoi sbagli e ci ha aiutato a portarti qui,” aggiunse rivolgendosi a Draco che ruotò gli occhi.
“Potter è un lecchino, lo è sempre stato. Lo ha fatto solo per farsi perdonare da Ginny, spera ancora di poter avere un futuro con lei, patetico.”
Dallo sguardo degli altri, la mora capì che non avevano ancora detto a Draco del vincolo matrimoniale che legava Harry e Ginny e in un certo senso ne fu sollevata. Il ragazzo era ancora vulnerabile e perciò dovevano andarci cauti. Blaise però sembrava sul punto di dirglielo e proprio per questo Narcissa si affrettò ad avvicinarsi al figlio.
“è così bello riaverti qui,” gli disse dolcemente.
Lui sorrise, consentendo alla donna di abbracciarlo. “è tutto così strano. Nella mia testa frullano un sacco di ricordi e di persone e…….e le mie emozioni sono così confuse, faccio fatica a gestirle.”
“è normale,” lo rassicurò lei. “Hai vissuto cinque anni credendo di essere un’altra persona, chiunque al tuo posto sarebbe confuso.”
Draco annuì. “Che mi sono perso in questi anni?”
“Luna ed io presto ci sposeremo,” gli disse Theo, emozionato al solo pensiero e stringendo a se la ragazza. “E Pansy e Blaise ora stanno insieme.”
Il biondo si congratulò con entrambi, poi guardò gli altri due sorpreso. “Voi due insieme? Ce ne avete messo di tempo.”
“Già,” ammisero, imbarazzati.
“E Ginny?” Chiese Draco all’improvviso. “Lei dov……….” S’interruppe di colpo, vedendo una ragazza dai capelli rossi giungere proprio in quel momento in camera. Era molto pallida e apparentemente debole, ma anche così a lui parve bellissima.
A Ginny sembrò che il tempo si fosse fermato, tutto ciò che la circondava era scomparso. Luna, Theo, Blaise, Pansy e Narcissa insieme al resto della camera erano come spariti alla sua vista. L’unica cosa che riusciva a vedere era lui. Quando si voltò verso di lei sorpreso, il cuore prese a batterle all’impazzata. La gola le si fece secca. Avvertì come uno sfarfallio nello stomaco. Il cervello aveva smesso di funzionare. Le gambe le tremavano. Non riusciva a muovere un singolo muscolo, gli occhi fissi nei suoi.
Dio, quanto aveva sognato quegli occhi! Dal vivo erano ancora più grigi e profondi mentre la scrutavano, stupefatti. Era più alto e muscoloso rispetto al ricordo di cinque anni prima e alle volte che le era venuto in sogno. Era più maturo, più uomo. Chissà se i suoi capelli ora più scuri, erano morbidi e setosi come ricordava, chissà se lui aveva ancora lo stesso odore e se le sue braccia erano in grado di infonderle lo stesso calore e la stessa sicurezza.
Voleva avvicinarsi, correre ad abbracciarlo o semplicemente parlargli, ma non riusciva a far nulla di tutto ciò. Dal canto suo, nemmeno lui sembrava in grado di far nulla. Continuavano a guardarsi, a desiderarsi ma anche a temersi. Entrambi infatti, temevano che se avessero fatto anche un singolo passo o distolto lo sguardo, l’altro sarebbe sparito. Temevano si trattasse di un altro sogno, di un’altra triste illusione.
Gli occhi scuri di Ginny e quelli grigi di Draco si erano ormai fusi gli uni negli altri, scatenando in loro emozioni forti e contrastanti. Senza dire nulla gli altri lasciarono la camera, così da dare loro un po’ di privacy.
Il primo a reagire fu Draco, che avanzò di qualche passo continuando però a mantenere il contatto visivo. “Ginny,” mormorò. “Incredibile.”
La sua voce così profonda, dolce, sensuale, strascicata, era più matura eppure le era anche così familiare. Sorrise, mentre avvertiva qualcosa in lei cambiare. Il suo corpo non la bloccava più, al contrario sembrava spingerla a reagire. Veloce come un fulmine gli si gettò praticamente addosso, avvinghiandosi a lui come un koala, le gambe intrecciate alla sua vita e le braccia al collo. Avvertire di nuovo quel contatto con il suo corpo e il suo profumo inondarle le narici fu qualcosa di indescrivibile.
Seppellì il volto nel suo collo, scoppiando a piangere. Draco la strinse forte a se, cercando di tranquillizzarla. “Tranquilla, sono qui.”
Lei singhiozzò, sollevando lo sguardo verso il suo. “Draco…..sei qui…..tu ci sei davvero…….non sei un sogno vero?”
Il biondo scosse la testa, sorridendo. “Sono qui, sono reale e stavolta non ti abbandono,” aggiunse accarezzandole i capelli.
Ginny lo guardò per lunghi istanti, quasi si aspettasse di vederlo sparire, poi iniziò a sfiorargli il volto e i capelli con mani tremanti.
“Sei qui…….sei davvero qui…..” singhiozzò, tempestandogli il volto di baci. Le guancie, gli zigomi, la fronte, il naso, il mento. Stava per baciargli anche le labbra, quando le tornò in mente il volto di Harry. Spaventata e allo stesso tempo imbarazzata, lo lasciò andare e mise alcuni metri di distanza tra loro. Non poteva lasciarsi guidare da quelle confuse ed intense emozioni se non aveva la certezza dei suoi sentimenti. La felicità di vederlo rischiava di farle commettere qualche sciocchezza e non voleva ferire o illudere Draco, non se lo meritava.
Il ragazzo la guardò, confuso. “Che ti è preso? Stavamo per baciarci e credevo lo volessi anche tu.”
Ginny si addentò il labbro inferiore quasi a sangue. Una parte di lei avrebbe solo voluto baciarlo e fare l’amore con lui su quel grande letto, ma non poteva. Era felice, euforica che lui fosse vivo e che fosse lì con lei, i suoi sentimenti però erano ancora così confusi, così martoriati dopo tutte le cose che erano successe in quel periodo. Se avesse seguito l’istinto c’era il rischio di ferire non solo se stessa, ma soprattutto Draco.
“Cos’è successo Ginny?” Chiese Draco, interrompendo i suoi pensieri. “Non mi ami più?” Nei suoi occhi grigi c’era confusione, preoccupazione, paura e Ginny si sentì malissimo.
Quando poi gli sussurrò quelle tre terribili parole si sentì ancora peggio. “Non lo so.”
Era stata diretta, era stata sincera eppure lo aveva anche ferito. Nonostante si sforzasse di nasconderlo, quelle tre parole avevano trafitto il ragazzo peggio di una coltellata. Pensava che l’amore di lei fosse una certezza, una sicurezza a cui aggrapparsi per reinserirsi nel mondo magico e invece non aveva nemmeno quello.
“è per Potter vero?” Le chiese con voce fredda e incolore. “Alla fine è riuscito a conquistarti.”
Ginny abbassò lo sguardo, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. Era più forte di lei, non ci riusciva a guardarlo e a dirgli la verità. Draco però non poteva sopportare quel silenzio, così le si avvicinò e la prese per le spalle.
“Guardami Ginny,” le ordinò. “Guardami accidenti!” Aggiunse stizzito.
Quando lei lo fece, anche se a fatica a causa delle lacrime che erano nuovamente sfuggite al suo controllo, proseguì. “Dimmi la verità.”
La ragazza tirò su col naso, poi sussurrò: “Dopo la tua sparizione e la morte di Fred, io era disperata e……..ho temuto di non riprendermi più……… è per questo che Harry ha deciso di cancellarmi i tuoi ricordi e………aspetta, fammi finire!” Aggiunse, quando fumante di rabbia il biondo fece per dire qualcosa. Anche se poco convinto, annuì. “Io l’ho scoperto da poco e poi ,” gli raccontò della Stamberga Strillante, della chiave a stella e poi del ricordo, per poi chiarire: “Harry voleva solo proteggermi, salvarmi da me stessa……stavo cadendo nel vortice della depressione e……..”
“Che diavolo è questo?” La interruppe lui, afferrandole la mano sinistra. All’anulare spiccava la sua fede nuziale. Un lampo di rabbia, ma anche di delusione attraversò il suo sguardo. “Vi siete sposati.”
“Draco,” provò, ma lui la interruppe di nuovo. “Congratulazioni!” Sbottò, applaudendo ironicamente. “Tu e San Potter siete una felice coppietta di ipocriti sposi allora! Ma bravi!”
“Lasciami spiegare……”
“Non c’è proprio niente da spiegare! Potter non aspettava altro che liberarsi di me e tu non ci hai pensato due volte a rimpiazzarmi! La signora Potter! Che stupido a credere nel tuo amore per me!” L’aggredì con una tale rabbia e crudeltà che Ginny non ci vide più.
“TU NON HAI IDEA DI COM’è STATA LA MIA VITA IN QUESTI ANNI! COME DIAVOLO FACEVO A RESTARTI FEDELE SE NON RICORDAVO NULLA? E COMUNQUE QUI L’IPOCRITA SEI TU! VUOI FARMI CREDERE CHE IN CINQUE ANNI NON HAI FREQUENTATO NESSUNA DONNA? COME STAI SOFFRENDO TU ADESSO, LO STO FACENDO ANCH’IO! TU NON HAI IDEA DEL DOLORE E DELLA CONFUSIONE CHE C’è NELLA MIA TESTA! PER QUANTO HARRY ABBIA SBAGLIATO, è GRAZIE A LUI SE ORA SONO ANCORA IN PIEDI! NON PUOI DARMI CONTRO perché SENZA MEMORIA MI SONO INNAMORATA DI LUI E ANCHE SE AVESSI RICORDATO TI CREDEVO MORTO, NON POTEVO MICA PASSARE TUTTA LA VITA A PIANGERTI?!”
A quelle parole Draco non si scompose minimamente, continuando a guardarla con odio. “L’ho sempre saputo che una parte di te non aveva dimenticato Potter e ora ne ho la conferma. Te ne sei innamorata e l’hai sposato, alla fine Potter è riuscito a vincere.”
“Vincere?” Ripeté lei, incredula. “Qui non si tratta di una gara e comunque se pensi che amassi Harry quando stavo con te, allora non hai mai capito niente di me.”
Il biondo rise freddamente. “Cosa devo pensare allora? Potter ti ha manipolata, ti sei aggrappata a lui per disperazione, quale altra stupidaggine mi vuoi rifilare?”
Ginny scosse la testa, esasperata. “Io non ricordavo nulla di te, nella mia testa c’era il vuoto assoluto, lo vuoi capire o no?”
“Nella tua mente forse, ma non in quella di Potter. Lui ci ha solo guadagnato da tutto questo.”
“Forse si, forse no, non lo so. In ogni caso nemmeno lui aveva la certezza che fossi vivo, né dove fossi.”
Draco incrociò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio, scettico. “Nemmeno mia madre l’aveva, eppure mi ha cercato.”
La ragazza sospirò. “Cosa vuoi che ti dica? Ha sbagliato e per questo abbiamo discusso, ma Harry non è una persona cattiva, lui è davvero pentito e sta facendo di tutto per rimediare.”
Non finì nemmeno di parlare che lui scoppiò a ridere, ma era una risata priva di allegria. “Ma certo, Potter è un santo e a lui si perdona tutto. Anzi, sai che faccio? Lo vado a ringraziare per avermi fatto vivere come un lurido babbano solo al mondo.”
“Draco…..”
“E poi ovviamente lo ringrazierò per essersi preso la mia ragazza e la mia vita! Dovevo essere io quello sposato con te, non lui! Non ha avuto nemmeno un po’ di rispetto e lui sarebbe il santo?”
“Draco,” provò nuovamente lei. “L’odio non ti porterà a nulla.”
Draco scrollò spalle. “Sai che c’è Ginny? Più ti guardo e più mi rendo conto che in te non c’è più nulla della ragazza di cui mi ero innamorato. Sei diventata debole e sottomessa come Potter ha sempre desiderato. È riuscito ad annullarti, tanto che ora saresti capace di perdonargli qualsiasi cosa. Se è questa la donna che sei diventata, non vedo più motivo di lottare per un noi. Addio Ginny,” aggiunse, prima di lasciarla sola in quella grande camera.
La ragazza quasi senza rendersene conto, crollò sulle ginocchia e scoppiò a piangere disperatamente. Capiva Draco, capiva la sua rabbia, ma lei non c’entrava nulla. Non era stata lei a chiedere che le venissero cancellati i suoi ricordi, non era stata lei ad abbandonarlo tra i babbani. Lei non lo aveva tradito e non lo aveva nemmeno preso in giro. Era da quando aveva scoperto la verità che aveva preso le distanze da Harry, ma sarebbe stata un’ipocrita se avesse baciato Draco in quel momento. Per lei anche un semplice bacio aveva il suo valore, baciare qualcuno comportava che ci fossero alla base dei sentimenti profondi e sicuri e in quel momento era tutt’altro che sicura. Teneva davvero tanto sia a Harry, che stava pian piano tornando ad essere quello di un tempo, sia a Draco che in fondo sentiva essere lo stesso che ricordava. Quante volte lei e Draco avevano litigato a causa della sua gelosia ossessiva e delle scenate che le faceva? Tante, troppe e la lite che era appena avvenuta non era tanto diversa, anche se decisamente più seria. Per quanto riguardava Harry, guardandolo si era resa conto che finalmente era ritornato in se, tanto da accettare di portarla dal suo rivale e rischiando così di perderla. Draco e Harry erano tanto diversi tra di loro, avevano un modo diverso di amare, il primo al posto di Harry non l’avrebbe mai accompagnata a Villa Malfoy, ma allo stesso tempo non l’avrebbe mai segregata in una stanza. Avevano pregi e difetti contrastanti, eppure una cosa li accomunava, ossia l’amore per lei. Glielo leggeva negli occhi quando la guardavano, lo capiva dai loro gesti. Forse proprio per questo, nonostante l’avessero ferita e fatta tanto arrabbiare, Harry con i gesti e Draco con le parole, non riusciva proprio ad odiarli. Tutto derivava dal desiderio di conquistare il suo amore e dalla paura di vederla allontanarsi e proprio per questo doveva prendere una decisione.
Si alzò in piedi, asciugandosi le lacrime. Non poteva essere egoista e lasciarli ancora sulle spine, doveva capire chi amava davvero e consentire all’altro di rifarsi una vita. Doveva fare la cosa giusta.
 






 
 
Harry stava rincasando a casa dopo aver accompagnato Gabrielle, quando sentì dei passi alle sue spalle. Voltandosi si trovò di fronte l’ultima persona che si aspettava di vedere in quel momento, ma che prima o poi sapeva lo avrebbe cercato.
“Malfoy,” mormorò con calma.
Il biondo gli rivolse un lieve cenno col capo, senza dire una parola. Era chiaro che si stesse sforzando di mantenere la calma quando in realtà avrebbe solo voluto saltargli addosso.
Harry fece l’ultimo giro di chiave, aprendo la porta e invitandolo ad entrare con un gesto della mano. Draco lo seguì in silenzio fino in cucina, dove lo osservò recuperare prontamente il pentolino del tè.
“Accomodati,” disse il moro, indicandogli il tavolo. “Ora faccio un po’ di tè.”
“Non lo voglio il tuo schifoso tè!” Sbottò  duramente l’ex Serpeverde. “E smettila di comportarti come se fossimo vecchi amici!”
Harry si voltò verso di lui, accigliato. “Sto cercando di avere una conversazione civile con te, ma in questo modo non mi aiuti Malfoy.”
Draco rise, incredulo. “Stai cercando? Tu? Guarda che sono io quello che ha vissuto tra i babbani per colpa tua, quindi sono io che dovrei avere difficoltà a parlarti civilmente.”
“Hai qualche vuoto di memoria per caso?” Ribatté Harry. “è stato tuo padre a mandarti tra i babbani, io non c’entro nulla.”
“Tu eri lì quella notte, lo sapevi e non hai detto nulla! Hai lasciato che tutti mi credessero morto! Vuoi ancora negare che non sia colpa tua?”
Il moro sospirò, poi lentamente annuì. “Hai ragione, io sapevo che eri vivo ma non sapevo dove e poi c’erano i Mangiamorte e………..”
“E cosa?” Sbottò il biondo, rosso di rabbia. “Mi hai sempre odiato, quindi non rifilarmi la scusa che volevi proteggermi dai Mangiamorte. La verità è che non aspettavi altro che liberarti di me e prenderti Ginny, congratulazioni a proposito,” aggiunse con un tono chiaramente ironico. “Siete una felice coppia di sposi adesso.”
“Cosa?” Chiese Harry, confuso.
“Mi ha rifiutato,” ammise Draco tra i denti. “Mi ha detto che vi siete sposati e che non sa cosa prova per me. Hai approfittato della mia vacanza tra i babbani per farla innamorare di te. Ti faccio i miei complimenti.”
Si vedeva lontano un miglio quanto gli costasse dire quelle parole e il moro era sempre più incredulo. Quando aveva lasciato Ginny fuori Villa Malfoy era convinto che quella fosse la fine del loro matrimonio, che lei sarebbe tornata con il suo rivale e invece non lo aveva fatto. Come mai? Possibile che per lui ci fosse ancora una possibilità?
Quasi senza rendersene conto, un sorriso si formò sul suo volto. “Non siete tornati insieme allora?”
Draco storse il naso, guardandolo con astio. “Immagino che questo sia il giorno più felice della tua vita. Non aspettavi altro che rinfacciarmi di avermi battuto anche in campo sentimentale non è così?”
Harry scosse la testa, continuando a sorridere. “Le hai urlato contro senza nemmeno farla finire di parlare non è così?”
Il biondo incrociò le braccia al petto, guardandolo con un cipiglio irritato. “Che vorresti dire?”
“Io e Ginny ci siamo innamorati e sposati e ammetto che il fatto che tu non ci fossi ha facilitato le cose,” iniziò con calma, facendolo innervosire ancora di più. “Quello che non sai e che con le tue crisi isteriche le hai impedito di spiegarti, è che da quando ha iniziato a ricordare e a scoprire la verità ha preso le distanze da me, solo oggi abbiamo ripreso a parlare civilmente. Non siamo una coppia felice, non so nemmeno se siamo ancora una coppia,” aggiunse a fatica. Una parte di lui avrebbe voluto dire ben altre cose per farlo arrabbiare e liberarsi definitivamente di lui, ma sapeva che se voleva davvero l’amore di Ginny doveva essere onesto e sincero fino in fondo perché erano proprio quelle sue particolarità ad averla fatta innamorare di lui.
Draco a quelle parole sbiancò di colpo. Era convinto che Ginny lo avesse rifiutato perché ormai felice e innamorata di Harry, ferito e deluso quindi le aveva detto quelle cose orribili per farle provare quello che provava lui, invece lei aveva allontanato entrambi forse proprio perché confusa circa i suoi sentimenti dopo tutto ciò che era accaduto. Un sentimento che raramente aveva provato in vita sua, iniziò a farsi sentire più vivido che mai, il senso di colpa. Ginny non meritava di essere trattata in quella maniera, in fondo lei aveva solo bisogno di tempo per capire i suoi sentimenti, era stata sincera e nemmeno per un attimo lo aveva ferito o deluso. Si era comportato malissimo quando lei aveva sofferto e lottato per trovarlo e riportarlo a casa. Non aveva mai provato tanto disgusto verso se stesso come in quel momento.
“Sai Malfoy,” riprese Harry, scrutandolo attentamente. “Mi sono chiesto tante volte cosa ci trovasse Ginny in te e se tu avessi qualcosa che io non avevo. Sono arrivato a pensare che magari tu riuscissi a capirla molto più di me, eppure ora non ne sono più tanto sicuro. Dopo cinque anni separati avreste dovuto essere più uniti che mai e invece siete distanti anni luce, basti pensare che sei venuto da me con un diavolo per capello. Forse eravate perfetti insieme da ragazzi, ma ora……..”
Draco s’irrigidì. “Dove vuoi arrivare Potter?”
“Non sei più adatto a lei, non riesci a capirla e sai solo ferirla.”
Con pochi passi il biondo lo raggiunse e lo spinse spalle al muro. “Da che pulpito viene la predica. Non sono io quello che le ha mentito per anni e che l’ha segregata in una stanza………so tutto Potter,” aggiunse sotto il suo sguardo stupito. “è ora di pagare il conto.”
Prima che Harry potesse dire qualsiasi cosa, gli assestò un violento pugno nel naso e poi un altro nello stomaco.
“SEI IMPAZZITO?” Esclamò l’altro piegandosi in due per il dolore. “Non è colpa mia se non sei stato in grado di tenerti la ragazza, non è colpa mia se non ti vuole più.”
Non lo avesse mai detto, Draco infatti gli saltò letteralmente addosso facendo finire entrambi sul pavimento. Come una furia iniziò a colpire il rivale più forte che poteva e Harry tentò di fare altrettanto. Pugni, unghie conficcate nella carne, capelli strappati. Nessuno dei due aveva intenzione di fermarsi, al contrario erano sempre più violenti mentre lottavano sul pavimento della cucina. Tra di loro c’era troppo astio, troppe questioni irrisolte. Dopo lunghi minuti, Harry riuscì a prendere il sopravvento, schiacciando l’altro sotto di lui. Con la mano destra si asciugò il sangue che gli colava dal naso, mentre con la sinistra teneva ferme le braccia di Draco.
“Adesso basta Malfoy,” mormorò, riprendendo fiato. “Prendertela con me non ti farà riavere Ginny.”
Il biondo assottigliò lo sguardo, poi cogliendolo di sorpresa sollevò il ginocchio e gli assestò una ginocchiata dove nessun ragazzo vorrebbe riceverla. L’urlo di dolore di Harry risuonò in tutta la cucina. In un attimo Draco capovolse le posizioni e riprese a riempire di pugni il già dolorante rivale.
“Questo è per avermi fatto vivere come un babbano…………questo è per aver cancellato la memoria alla mia ragazza………questo invece è per essertela sposata………maledetto……..”
Harry tentò più volte di difendersi, ma Draco era troppo veloce………accecato da una furia omicida, sembrava quasi posseduto dal demonio. Se continuava così lo avrebbe ammazzato, ormai faceva fatica a tenere gli occhi aperti e avvertiva dolore dovunque, oltre ovviamente al sangue caldo che gli colava lungo il collo.
“Draco! Lascialo andare!” Urlò una voce, ma essendo troppo debole il moro non riuscì a capire chi fosse. Un attimo dopo però, i pugni di Draco smisero di colpirlo e non avvertì più il peso del suo corpo su di lui. Seguirono urla e battibecchi sempre più accesi, ma ormai Harry era già privo di sensi e quindi non riuscì a carpire nulla.
“MA CHE DIAVOLO FAI?!” Urlò un Theo fuori di se, sbattendo Draco contro il muro. “TI RENDI CONTO CHE PER POCO NON LO UCCIDEVI?!”
“E allora?” Ribatté Draco con fare provocatorio. “Se lo sarebbe meritato e lo sai anche tu.”
Il moro scosse la testa, incredulo. “Ucciderlo non avrebbe risolto i tuoi problemi, al contrario li avrebbe aggravati. Anche senza Dissennatori Azkaban non è di certo il paradiso dove passare il resto della vita.”
“Odio ammetterlo, ma Theo ha ragione,” intervenne Blaise, che dopo aver verificato che Harry fosse effettivamente solo svenuto si avvicinò ai due. “Lo sai che adoro le risse, ma se ci scappa il morto non c’è più divertimento,” aggiunse facendogli l’occhiolino e beccandosi per questo un’occhiataccia da Theo, mentre Draco sghignazzò. Lui e Blaise avevano un temperamento molto simile e per questo spesso erano complici contro il loro pacato e tranquillo amico.
“Siete due idioti,” disse infatti Theo scuotendo il capo. “Se non ci fossi io a quest’ora sareste compagni di cella.”
“Miseriaccia! Cos’è successo qui?” Esclamò uno sconvolto Ron, facendoli voltare. Dietro di lui c’erano Hermione e Luna, che subito puntarono lo sguardo verso Draco, che scrollò le spalle ghignando divertito. “Ho fatto un buon lavoro eh?”
Herm ruotò gli occhi, inginocchiandosi poi insieme a Ron accanto ad Harry. “Come avete potuto permetterglielo?”
“Quando siamo arrivati era già troppo tardi,” spiegò Theo abbracciando Luna, mentre Draco e Blaise sghignazzavano.
“Dov’è Ginny?” Chiese Ron all’improvviso, guardandosi intorno. Tutti guardarono il biondo che s’irrigidì, mentre il sorriso spariva dal suo volto.
“Era a casa mia, poi non so,” ammise evitando di guardarli.
“Avete litigato non è così?” Chiese Hermione che come al solito aveva capito tutto.
“Che cosa le hai detto?” Aggiunse Luna, fulminandolo con lo sguardo.
Lui sbuffò. “Perché date per scontato che sia colpa mia?”
“Non è così forse?” Sbottò Ron furioso, raggiungendolo a grandi falcate. “Non mi sei mai piaciuto, ma per Ginny ho deciso di mettere da parte i miei pregiudizi. Falla soffrire e tutti i miei propositi di avere un rapporto civile con te vanno a farsi benedire! Mi sono spiegato?”  
Draco storse il naso, per niente intimorito. “Non ho paura di te Weasley.”
“Fai soffrire mia sorella e ti giuro che il lavoro al cantiere sarà una vacanza al confronto di quello che ti farò passare,” lo minacciò il rosso, ignorando le sue parole.
L’ex Serpeverde ancora una volta non si scompose e dopo aver rivolto uno sguardo arrogante e provocatorio a tutti i presenti, si affrettò a lasciare la casa.
“Dovreste rimettere in riga Malfoy, ha perso completamente il senno,” disse Hermione, facendo lievitare il corpo di Harry sul divano del salotto.
“Sono d’accordo,” convenne Luna. “Si sta facendo troppo condizionare dagli eventi e ha perso completamente la lucidità.”
“Vado a parlargli,” disse Blaise sicuro, ma Theo lo fermò. “Tu sei l’ultima persona che dovrebbe parlargli in questo momento. Non mi sembra che sei famoso per la tua calma.”
“Fidati di me,” insistette il ragazzo. “Si è già vendicato di Potter a sufficienza, non lo spingerei mai a continuare la sua opera se poi il rischio è Azkaban.”
“Blaise……”
“Voglio solo farlo ragionare e so anche come fare, io e lui ci assomigliamo fin troppo. Dammi fiducia per una volta.”
Theo lo guardò per lunghi istanti, poi spostò lo sguardo su Luna, Herm e Ron che sembravano concordare, perciò alla fine annuì. “Voglio fidarmi, ma non deludermi.”
Blaise sorrise soddisfatto. “Vi sorprenderò, vedrete.”
 

 








 
Come promesso ecco qui l’attesissimo capitolo 28. Spero non abbia deluso le vostre aspettative, so che vi aspettavate di rivedere Draco e Ginny insieme e invece hanno litigato, ma  se fossero state tutte rose e fiori gli eventi sarebbero risultati forzati. Dopo tutto quello che è accaduto è normale che Ginny sia molto confusa circa i suoi sentimenti, così come era prevedibile la reazione di Draco nell’apprendere che lei ed Harry sono sposati. In fondo Draco non è mai stato famoso per il suo carattere calmo e comprensivo e poi è ancora vulnerabile dato che ha da poco recuperato i ricordi e chiunque al suo posto se la sarebbe presa. Anche la rissa tra lui ed Harry era un qualcosa che non si poteva evitare e poi è stata fondamentale perché gli ha permesso di capire che Ginny non lo ha rifiutato per Harry, bensì perché ha bisogno di tempo per fare chiarezza con i suoi sentimenti. Spero di essere riuscita a spiegarmi, nel caso chiedete pure! ;)
Un’altra cosa che vi volevo dire è che mi sono fatta alcuni conti e ormai mancano solo due capitoli più l’epilogo alla fine! La cosa mi intristisce perché questa storia mi mancherà molto, così come mi mancherete voi con le vostre bellissime recensioni, purtroppo però ogni cosa ha una fine! In ogni caso sappiate che sono per il lieto fine, perciò le cose si aggiusteranno! :)
Ora vi saluto, a presto baci!!!
Trilly <3

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Capitolo 29
*** Aprire gli occhi ***


                                                             

                     
        Capitolo 29: Aprire gli occhi




 
 
Nonostante il mal di testa atroce e la stanchezza dopo un’intera notte insonne, Ginny si costrinse ad alzarsi dal suo letto alla Tana e a gettarsi sotto la doccia. Strofinò con forza, con rabbia quasi sperasse di poter cancellare così tutti i problemi della sua vita. La verità era che non sapeva nemmeno da dove iniziare per risolverli. La sua mente era strapiena di pensieri, emozioni e sensazioni che non riusciva né a comprenderli né a gestirli. Non erano solo i suoi sentimenti per Harry e Draco ad essere in confusione, ma la sua stessa vita. Se ora si guardava allo specchio si rendeva conto che non si riconosceva, nei suoi occhi c’era qualcosa di diverso, di nuovo. Era cambiata, era cambiata davvero tanto. Ma chi era quella nuova Ginny? Cosa voleva dalla vita? Si avvolse in un asciugamano, fermandosi ad esaminare i segni rossi che si era procurata con la spugna e sospirò. Non era quello il modo di risolvere i problemi, così come non lo era scappare e nascondersi. Doveva affrontare tutto a testa alta esattamente come le avevano insegnato i suoi genitori, doveva insomma cacciare le unghie come avrebbe fatto un tempo perché quella era la vera Ginny, quella che non aveva paura di nulla.
Con una nuova determinazione corse in camera sua e si vestì. Era ora di affrontare ciò che fino a quel momento aveva sempre evitato, il suo passato.
Percorrere di nuovo quelle strade le mise addosso un certo nervosismo, ma si sforzò di ignorarlo. Doveva essere forte, allontanare ogni tipo di paura o insicurezza. Entrò in quel familiare portone, salì quelle familiari rampe di scale e si fermò di fronte quella familiare porta con il cuore a mille.
Prese un profondo respiro e inserì la chiave nella serratura. La casa era esattamente come la ricordava, tranne per il fatto che fosse decisamente più disordinata e polverosa, segno che mancava il tocco femminile. Sorrise malinconicamente. Aveva amato con tutta se stessa quella casa così confortevole, familiare, sicura. Ogni singola cosa di quella casa rappresentava una parte di lei. Ricordava come se fosse stato ieri quando con l’entusiasmo di una bambina aveva scelto come arredarla.
-Sei tu la donna Ginny, perciò scegli ciò che preferisci- le aveva detto Harry con un dolce sorriso. Quel ricordo di pochi mesi prima del suo matrimonio sembrava appartenere a un’altra vita, a un’altra persona. Cos’era successo a quell’Harry e a quella Ginny?
“Ginny.”
Si voltò di scatto al suono di quella voce. Il sorriso sparì di colpo dal suo volto quando vide Harry. Il ragazzo aveva un occhio nero, il naso ammaccato e il labbro gonfio, oltre diversi lividi e graffi e non indossava gli occhiali. Ogni movimento sembrava costargli fatica, ciononostante sorrise alla sua vista.
“Mio Dio Harry, che ti è successo?” Chiese precipitandosi verso di lui preoccupata.
Il moro scosse la testa. “Niente, davvero. Lascia che ti offra un tè.”
“Chi ti ha picchiato?” Insistette lei, aiutandolo a sedersi sul divano e sedendosi poi accanto a lui.
“Ginny,” provò, ma la ragazza lo interruppe. “è stato Draco vero?”
Harry impallidì, poi sospirò. “Abbiamo litigato,” ammise sotto il suo sguardo sconvolto.
“E ti ha conciato in questa maniera? Oh mio Dio Harry!” Esclamò, prendendosi la testa tra le mani. “Lo sapevo che era fuori di se, avrei dovuto impedirgli di andare in giro.”
“Non è colpa tua Ginny,” disse lui, poggiandole una mano sul ginocchio. “Lo sai com’è fatto e sai come sono fatto io. Devi ammettere che me la sono cercata. Pensa che devo anche ringraziare Nott e Zabini, hanno alleggerito la mia pena in un certo senso,” aggiunse divertito.
Quando la mente di Ginny registrò anche quelle ultime informazioni, si rese conto che non ci trovava assolutamente niente di divertente. Harry le aveva appena detto che se era conciato in quello stato era perché erano arrivati Theo e Blaise, ma cosa sarebbe successo se loro non fossero arrivati? Probabilmente ora Harry non starebbe lì a parlare con lei, ma sarebbe ricoverato al San Mungo o peggio sarebbe…..morto. Scosse la testa, non voleva nemmeno pensarci.
“Avete litigato non è così?” Mormorò Harry, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. “Sai, quando ti ho accompagnata a casa sua ero convinto che quello segnasse la fine del nostro matrimonio.”
Ginny lo guardò, sorpresa. “E lo stesso mi hai accompagnata?”
Lui annuì. “Se non lo avessi fatto tu mi avresti odiato. Ogni volta che ti ho nascosto qualcosa mi si è ritorto contro e ho pensato che magari così avevo più chance.”
Lei sorrise, intrecciando la mano con la sua. “Grazie Harry e scusami per quello che ti ha fatto Draco.”
“Semmai sono io che mi devo scusare,” disse Harry dispiaciuto. “Ti ho nascosto un sacco di cose e tutto perché non volevo perderti. Avrei dovuto dirti del piano di Lucius Malfoy, della Stamberga Strillante e di tutto il resto. Ho pensato solo a me, sono stato un’egoista. Malfoy ha esagerato, ma converrai con me che un po’ me la sono cercata. In fondo è colpa mia anche la tua caduta in quel fosso e………scusami Ginny.”
“Harry……..”
“E ovviamente scusami per averti cancellato i suoi ricordi,” continuò lui. “è stato un gesto istintivo, per niente razionale, ma in quel momento mi era sembrata la cosa giusta. Fosse stato per me ti avrei cancellato anche i ricordi di Fred perché non ce la facevo a vederti così, ma a quel punto sarei stato ancora più egoista e meschino e né tu né la tua famiglia lo avreste meritato. Perdonami Ginny, perdonami se ho perso la testa e mi sono comportato come il peggiore dei mariti. So di non avere giustificazioni e……….”
Ginny scosse la testa e lo abbracciò, facendo attenzione a non farlo male. “Hai rimediato riportandolo qui e poi ……….. oh Harry, per me è tutto passato,” aggiunse lasciandosi sfuggire un singhiozzo.
Harry sorrise, ricambiando anche se a fatica l’abbraccio. “Grazie Ginny, ti prometto che m’impegnerò per continuare a rimediare.”
Lei sorrise a sua volta, asciugandosi una lacrima che era sfuggita al suo controllo. “Mi è mancata questa casa,” ammise, guardandosi intorno.
Il moro sospirò. “Anche tu sei mancata a lei e a me ovviamente, ma non ho intenzione di forzarti o condizionarti in alcuna maniera. Fai quello che ti senti, fai ciò che è meglio per te e fregatene di tutto il resto.”
Detto ciò, Harry si alzò e la lasciò sola. Confusa da quelle parole e da quel comportamento, si alzò a sua volta e solo allora notò sul tavolino di cristallo gli occhiali del ragazzo semidistrutti. Probabilmente se ne erano date di santa ragione, o meglio Draco ne aveva date a Harry di santa ragione. Tutto quello per gelosia. Draco non ci aveva visto più quando aveva saputo che lei ed Harry si erano sposati e si era convinto che fossero felici e innamorati. Le parti più significative della loro discussione le risuonarono nelle orecchie e Ginny non poté fare a meno di sentirsi ancora più confusa. Le parole di Draco l’avevano ferita, ma allo stesso tempo sentiva che non poteva biasimarlo. Lei non aveva idea di come erano stati quei cinque anni per lui in un posto sconosciuto, senza memoria e solo al mondo. Quando poi tramite la pozione i ricordi avevano iniziato a riaffiorare, chissà come si era sentito confuso e vulnerabile, non aveva avuto nemmeno il tempo di assimilare tutte quelle informazioni che si era ritrovato di fronte alla realtà. Quello che le aveva detto quelle brutte parole e che aveva aggredito Harry non era il Draco che conosceva, guardandolo negli occhi non aveva riconosciuto la sua anima, al contrario aveva visto un estraneo e doveva ammettere che la cosa le aveva fatto paura. Lei non aveva mai avuto paura di Draco, nemmeno quando era crudele e battibeccavano nei corridoi di Hogwarts. Era chiaro che fosse ancora troppo vulnerabile e che avrebbe avuto bisogno di più tempo prima di confrontarsi con la realtà, purtroppo però era accaduto tutto troppo in fretta.
Proprio mentre pensava a ciò, Harry tornò con in mano una cartellina rossa. “Credo che questo appartenga a te.”
Ginny lo guardò, confusa. “Che cos’è?”
“è l’atto di proprietà della Stamberga Strillante,” spiegò porgendoglielo. “L’ho comprata in un periodo in cui i miei sensi di colpa erano peggio che mai. Pensavo che se avessi distrutto il vostro luogo e i vostri ricordi mi sarei liberato di ciò che mi tormentava, ma poi non ho mai avuto il coraggio nemmeno di entrarci se non per nasconderci il ricordo. Quel luogo è tuo ed è giusto che te lo restituisca.”
La ragazza prese la cartellina con mani tremanti, incrociando il suo sguardo. Harry sembrava tranquillo e sereno, ogni tipo di tormento era sparito dai suoi occhi verdi e Ginny ne fu felice. Era quello il vero Harry, ora finalmente lo riconosceva.
“Grazie Harry.”
Lui sorrise e l’abbracciò. “Scegli cosa pensi possa essere migliore per te. Qualsiasi decisione prenderai io la rispetterò.”
“Grazie, grazie davvero.”
 

 





 
Il sole splendeva alto nel cielo illuminando quel pomeriggio invernale, anche se un vento gelido la faceva da padrone scuotendo gli alberi e ogni tipo di essere vivente in cui si imbatteva.
Seduto dov’era, su una panchina nascosta dagli alberi, percepiva maggiormente le basse temperature e per questo si strinse nel mantello, rilasciando nuvole di vapore. In quel periodo dell’anno nessuna persona sana di mente sarebbe andata al parco a congelarsi, preferendo il caldo rassicurante del camino di casa, ma lui era un caso a parte. Aveva bisogno di pensare, pensare il più possibile.
“Come nascondiglio non è molto astuto. Ho impiegato ben poco a trovarti.”
Draco non si mosse di un millimetro, continuando a guardare le foglie mosse dal vento. Solo una persona poteva avere il tempismo perfetto di rompergli le scatole quando voleva stare solo e con il passare degli anni non aveva perso la sua abitudine.
“Posso sedermi?”
Sbuffò sonoramente. “Fai quello che ti pare Zabini.”
Il ragazzo si sedette, continuando a guardarlo. Odiava quando faceva così, lo innervosiva a dir poco.
“Cosa vuoi?”
Blaise scrollò le spalle. “So che hai litigato con Ginny perché hai saputo del matrimonio.”
Draco si voltò di scatto, sollevando un sopracciglio. “Te lo ha detto lei?”
“Tua madre, ha detto che era impossibile non sentire le vostre urla. È per questo che poi hai aggredito Potter giusto?”
Lui distolse lo sguardo, per poi mormorare: “dimmi cosa vuoi e poi vattene.”
“Io ti capisco Draco,” iniziò Blaise, scrutandolo attentamente. “Lo sai che ho picchiato Terence semplicemente perché ha chiamato Pansy dolcezza?”
Il biondo sollevò lo sguardo, divertito. “Davvero? E Pansy che ha detto?”
Lui rise. “Si è arrabbiata, ma poi ha capito e da allora mi sto sforzando di controllarmi anche se non è facile.”
“Ero accecato dalla gelosia,” ammise finalmente Draco. “Il fatto che lui l’ha avuta e poi sposata mi manda in bestia. Lei ed io eravamo una cosa sola e dovevo essere io a sposarla. Il solo pensiero che lo amasse poi…….ho perso la testa e ho detto un sacco di cose che non pensavo.”
Blaise annuì. “Lo so, la gelosia a volte ci porta a gesti avventati di cui poi ci pentiamo, ma si può sempre rimediare.”
Seguirono minuti di lungo silenzio in cui Draco ripensò alle parole dell’amico, alla lite con Ginny e poi a quei cinque anni vissuti da babbano. Aveva sempre disprezzato i babbani, considerandoli inferiori e inutili, ma quell’esperienza gli aveva mostrato qualcosa di diverso. Loro non erano tanto diversi dai maghi, erano intelligenti, simpatici e poi sia Franco che Jacopo erano stati dei grandi amici per lui, lo avevano aiutato e sostenuto quando non aveva idea di chi fosse e dove si trovasse, qualcun altro al loro posto se ne sarebbe fregato. Era stato bene insomma. L’unica cosa che gli era pesata era non ricordare il suo passato. Ora tutto sembrava essere tornato al suo posto, aveva ritrovato sua madre e i suoi amici e poi ovviamente i ricordi, eppure avvertiva dentro di se ancora una grande confusione. Draco era ricco, arrogante, presuntuoso, scontroso, razzista e polemico. Simone era invece un poveraccio, un gran lavoratore, determinato a conquistarsi un posto nel mondo. Quell’esperienza lo aveva cambiato davvero tanto, si rendeva conto che non gli importava più di umiliare chi considerava inferiore, anzi forse aveva addirittura smesso di considerarsi al di sopra di qualcuno. L’unica cosa che accomunava Draco e Simone era l’eccessiva gelosia verso Ginny, una gelosia così intensa e devastante che gli aveva fatto perdere la testa e commettere due grandi sbagli. Non avrebbe dovuto dire quelle cose a Ginny e non avrebbe nemmeno dovuto aggredire Harry. Aveva rischiato di ucciderlo, aveva rischiato di comportarsi come coloro da cui aveva sempre cercato di distinguersi, ossia i Mangiamorte. Era diventato un Ribelle proprio per quello, lui non era un assassino, lui non aveva mai desiderato la morte di chi odiava, gli bastava che stessero lontano da lui. Harry Potter gli aveva giocato un colpo basso, gli aveva strappato la cosa a cui teneva di più e per questo lo odiava profondamente, ma non aveva mai nemmeno per un istante preso in considerazione la possibilità di ucciderlo. Eppure c’era andato così vicino. Cosa sarebbe successo se non fossero arrivati Theo e Blaise? Lo avrebbe ucciso o sarebbe riuscito a fermarsi? Forse nonostante tutto non era così diverso da suo padre. Lucius era stato un padre severo e autoritario, dimostrando comunque di volergli bene, ma non poteva dimenticare che nella sua vita avesse anche commesso degli atroci omicidi che non avevano giustificazioni. Aveva tentato di prendere le distanze da quella che era la strada scelta da suo padre, ma alla fine ne era comunque rimasto immischiato. Sull’avambraccio sinistro aveva il Marchio Nero che aveva fatto di lui un Mangiamorte esattamente come suo padre e allo stesso tempo aveva fatto parte della schiera dei Ribelli, ma in ogni caso lui era un Malfoy e la sua anima sarebbe sempre stata oscura, quello che aveva fatto a Harry Potter lo confermava. Draco Malfoy non era un eroe, non era perfetto, era un ragazzo nato nella famiglia sbagliata, cresciuto con ideali sbagliati e che aveva sempre avuto poco coraggio per combattere per ciò in cui credeva. Era stato grazie a Theo e Blaise se era diventato un Ribelle, era stato grazie a loro se era riuscito ad ammettere di provare qualcosa per Ginny. Era un debole, una nullità confrontato con il suo storico rivale e nonostante Harry avesse fatto qualche passo falso, lui con le brutte parole prima e le botte dopo, lo aveva superato di gran lunga. Harry non avrebbe mai insultato Ginny in quella maniera e non avrebbe mai tentato di ucciderlo. Non c’era niente da fare, quel ragazzo sarebbe sempre stato migliore di lui. Era stato fortunato a stare con Ginny ai tempi della scuola, ma ora sentiva di meritarla ancora meno di allora. Forse avrebbe dovuto farsi da parte e consentirle di essere felice con Harry, forse il tempo di lui e Ginny era finito.
“Non sempre si può rimediare,” mormorò alla fine, sotto lo sguardo incredulo di Blaise. Era una sua impressione o Draco stava gettando la spugna? Voleva davvero rinunciare a Ginny così su due piedi e senza lottare?
“Draco, ma cosa dici? Si può sempre rimediare se c’è amore.”
Draco lo guardò con un sorrisetto scettico. “Ti rendi conto che stai parlando come Silente? Tutte quelle cazzate sull’amore e sulla fratellanza quando in realtà per liberarsi del Signore Oscuro Potter ha dovuto semplicemente usare il cervello. L’amore a volte non basta.”
“Quindi che fai rinunci? Lasci che Potter se la prenda?” Chiese Blaise, incredulo. “Il Draco che conosco non lo avrebbe mai fatto.”
“Le ho detto delle cose orribili, non me la merito.”
“Ma….”
“Guardami Blaise!” Sbottò il biondo, scattando in piedi. “Sono un maledetto egoista che ha pensato solo a se stesso senza chiedersi nemmeno per un attimo come stesse lei e come avesse passato questi anni! L’ho aggredita e insultata e in più ho quasi ammazzato Potter. Sono e sarò sempre una testa calda, un codardo che ora ha persino paura di cercarla e chiederle scusa. Lei merita di meglio.”
Blaise scrollò le spalle. “Forse hai ragione, ma non dimenticarti che ai tempi della scuola lei ha scelto te e non Potter nonostante sapesse che eri un bastardo. Per cinque anni poi ha fatto sogni su di te e appena ha saputo la verità, ha preso le distanze da suo marito e ha fatto di tutto per cercarti. Secondo te perché?” Lo guardò attentamente, cercando in quegli occhi una qualsiasi reazione e finalmente la vide, un guizzo appena percettibile, ma c’era. La conferma la ebbe dalle sue parole.
“Sogni? Di che sogni parli?” Chiese confuso.
“Ginny non ti ha detto nulla dei sogni che faceva?” Di fronte alla sua risposta negativa, si affrettò a spiegargli ogni cosa. “Lei ha sognato te che le dicevi della chiave a stella e proprio per questo siamo andati a casa tua a cercarla e poi…….”
Draco scosse la testa, interrompendolo. “Blaise, ti rendi conto di quello che dici? Come può Ginny aver sognato una cosa simile? È assurdo, è……….”
“No, non è assurdo……..anch’io ti ho sognato una volta…….” Ammise Blaise, lasciandolo a bocca aperta.
“Eh? Temo di non aver capito.”
Il giovane Zabini prese un profondo respiro, pronto a raccontargli quello che fino a quel momento si era tenuto saldamente per se. “Quando sei stato dichiarato morto io sono caduto nel vortice della depressione……. Non mangiavo, non parlavo e piangevo…….piangevo e facevo incubi……avevo smesso di vivere e…….ho iniziato a bene, a bere pesantemente e non ero più io……… grazie a Pansy pensavo di poterne uscire, ma stavo sempre peggio e poi, e poi mi sei venuto in sogno……..mi hai detto che stavo mandando a rotoli la mia vita e che se avessi continuato così avrei perso anche la donna che amavo e ……..mi hai aperto gli occhi……è grazie a quel sogno se io e Pan ora stiamo bene. Puoi darmi dall’idiota, ma per me si è trattato di un segno del destino. Io e Pan siamo legati dal destino e anche tu e Ginny lo siete. Vi amate e faresti una grande sciocchezza se ora rinunciassi a voi due.”
Draco deglutì, prendendosi la testa tra le mani. In fondo al suo cuore sentiva che era così, lui e Ginny erano legati, eppure aveva paura……paura di non essere all’altezza di Harry Potter. Dopo essere stata con lui, poteva bastarle uno come Draco Malfoy che di gentile, premuroso ed eroico aveva ben poco? Poteva Draco amarla completamente e renderla felice molto più di Harry? L’unica certezza che aveva era il suo amore per Ginny. Lei era l’unica che avesse mai amato nella sua vita e a distanza di cinque anni si rendeva conto di non averla mai dimenticata. Ginny era lì, impiantata nel suo cuore e non ne voleva sapere di staccarsi e doveva ammettere che non voleva che lei lo facesse. Perché allora perdeva tempo a deprimersi anziché andare da lei?
“Và da lei,” sussurrò Blaise, quasi gli avesse letto nel pensiero o più semplicemente lo conosceva troppo bene. Nessuno lo conosceva meglio di Blaise, per lui era sempre stato un libro aperto e sapeva che aveva ragione. Doveva andare da Ginny, tentare di recuperare il loro rapporto prima che fosse stato troppo tardi.
Scattò in piedi, determinato. “Vado da lei, ora o mai più.”
Blaise sorrise, alzandosi a sua volta. “In bocca al lupo.”
Cogliendo di sorpresa, Draco lo abbracciò. “Mi sei mancato Zab, tu si che hai le palle.”
L’altro scoppiò a ridere. “Credo mi siano spuntate da poco, prima ero asessuato.”
Il biondo ghignò. “Povera Pansy.”
“Ehi!” Sbottò Blaise, fingendosi offeso. “Ridi ancora di me e sarò io a rendere asessuato te.”
Continuarono a ridere, contenti di essersi finalmente ritrovati dopo aver pensato che ciò non sarebbe mai accaduto, poi Blaise lo invitò ad andare. “Abbiamo tutto il tempo per recuperare questi cinque anni, ora devi pensare a Ginny.”
Draco annuì. “Grazie.”
Quando si fu allontanato, Blaise si voltò e notò dietro a un albero un viso conosciuto e ruotò gli occhi. “Cos’è, non ti fidavi?”
Theo sorrise, alzando le mani in segno di resa. “Visti i tuoi precedenti ero scettico, ma devo dirtelo sei stato grande.”
“Ovviamente!” Ribattè l’altro, pavoneggiandosi e beccandosi per questo uno scappellotto dall’amico. “Smettila di vantarti e andiamo, devo mostrarti una cosa.”
“Cosa?”
“è una sorpresa.”
“Per me?”
Theo si accigliò. “Certo, voglio chiederti di sposarmi, ma ti pare? È per Luna la sorpresa.”
Blaise scoppiò a ridere, incamminandosi accanto a lui. “Lo so, ma la tua espressione era impagabile e non ho resistito.”
“Taci.”
“Ti voglio bene anch’io.”        
  
 






 
Ginny passeggiava per le affollate strade di Diagon Alley completamente persa nei suoi pensieri. Faceva molto freddo, tanto che nonostante il mantello pesante, la sciarpa e il cappello non poteva fare a meno di rabbrividire. Se sua madre l’avesse vista l’avrebbe sicuramente rimproverata per essere uscita con quel freddo, ma lei aveva sempre fatto di testa sua e poi camminare le forniva un effetto terapeutico, fondamentale in quel periodo in cui nella sua testa regnava la confusione più totale. Non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe trovata a scegliere tra due persone, era convinta che non si potesse amare più di un ragazzo e spesso si era ritrovata a criticare coloro che avevano dei dubbi, eppure ora si ritrovava nei loro stessi panni, contraddetta in una delle sue più assolute certezze. Se avesse dovuto scegliere un mese prima, furiosa com’era con Harry, avrebbe di sicuro scelto Draco, ma ora che il primo si era dimostrato così dolce e comprensivo, ogni cosa era stata messa in discussione. Aveva letto l’amore negli occhi di entrambi, in quelli di un Draco accecato dalle gelosia e in quelli di un Harry disposto ad accettare ogni sua decisione, ma il suo cuore in quale direzione andava?
“Ciao Ginny.”
La ragazza sussultò, rendendosi conto solo in quel momento di quella figura che camminava al suo fianco. Un semplice sguardo le bastò per riconoscere Narcissa Malfoy. L’aveva vista di sfuggita quando era andata da Draco e poi aveva saputo che proprio lei era una delle figure incappucciate, ma fino a quel momento non si erano mai parlate e onestamente non sapeva proprio cosa dire. Rimase quindi a fissarla in silenzio, aspettando che proseguisse.
“Sai, ci sono così tante cose che vorrei dirti, ma penso che la prima sia scusarmi per averti terrorizzata. Non avrei mai voluto, ma era l’unico modo per far si che mi credeste. Spero che potrai capire e…….io non so cosa ti è stato riportato,” iniziò Narcissa, guardandola ansiosamente.
“So ogni cosa, so che dietro tutto c’è sempre stata lei e la capisco. Anch’io farei qualsiasi cosa se venissi a sapere che il figlio che avevo creduto morto fosse vivo da qualche parte.”
La donna sorrise. “Ero molto curiosa di conoscerti.”
“Perché?” Chiese confusa.
“Hai fatto perdere la testa al mio Draco, cosa non da poco. Lucius è quasi svenuto quando ha visto quella pittura babbana sulla sua spalla,” ammise divertita, facendola scoppiare a ridere.
“Mi ha parlato di te Draco una volta,” continuò Narcissa con un sorriso malinconico. “Era estate e c’eravamo solo io e lui dato che Lucius era in missione. Mi ha detto che aveva conosciuto una ragazza che lo stava cambiando, che oltre ad essere bella era forte, coraggiosa, determinata, allegra. Non ho mai visto mio figlio così vivo.”
Ginny abbassò lo sguardo, temendo di scoppiare a piangere da un momento all’altro. Non credeva che Draco avesse parlato di lei a sua madre, non credeva di essere stata così importante per lui.
“Draco non è mai stato bravo con le parole ed era convinto che mostrare i propri sentimenti fosse sinonimo di debolezza. So che ti ha detto delle cose orribili e non sono qui per giustificarlo, ma solo per dirti che il più delle volte ha l’abitudine di dire cose che non pensa, è uguale a suo padre in questo.”
La ragazza annuì. “Lo so, non devono essere stati facili per lui questi anni e poi recuperare tutti i ricordi e…….io non so cos’avrei fatto al suo posto.”
“Si, è vero,” concordò Narcissa. “Ma non è stato facile nemmeno per te, non avevi più alcun ricordo di lui.”
“Avevo solo quei sogni, quei maledetti sogni che ancora non mi sono chiari al 100%,” mormorò, spingendo la donna a voltarsi di scatto seria.
“Ti devo delle spiegazioni su quei sogni,” iniziò sotto il suo sguardo confuso. “Ti ricordi che all’inizio non li capivi e che poi sono diventati più chiari?”
“Come fa a saperlo?”
Narcissa prese un profondo respiro, poi le strinse le mani con le sue e la guardò. “Quando Harry Potter ti ha fatto quell’incantesimo di memoria era solo un ragazzino disperato e privo di esperienza, quindi suppongo abbia commesso qualche errore che poi ti ha portato a fare dei sogni confusi sulla tua vecchia vita……si è trattato di effetti collaterali insomma.”
Ginny annuì. “Si, questo lo so ma…….”
“Quello che non sai è che hai iniziato a fare dei sogni più chiari perché io sono intervenuta,” sotto il suo sguardo stupito aggiunse: “Sono brava con la Legilimanzia, è così che ho scoperto dei sogni che facevi e sono entrata nella tua mente per cercare di renderteli più chiari.”
La rossa sgranò gli occhi e indietreggiò, sottraendo le mani dalla sua stretta. “Io non capisco……..”
“Ti ricordi il sogno di Draco che ti diceva della chiave a stella?” Proseguì la donna. “è stata opera mia, ti ho mostrato quello che volevo vedessi, così che poi avreste potuto avere la prova che Draco fosse vivo e….. mi dispiace che hai dovuto saperlo così io……..”
“BASTA! LA SMETTA!” Sbottò Ginny incredula. “Lei mi è entrata nella mente e mi ha manipolata come ha fatto Voldemort con Harry per farlo andare all’Ufficio Misteri. Si è presa gioco di me e mi ha confusa ancora di più……”
Narcissa scosse la testa. “Ti sbagli, io ho solo aggiunto il particolare della chiave a un sogno che tu stavi già facendo…….sei tu che non hai mai smesso di pensare a mio figlio. Puoi negarlo quanto ti pare, ma tu lo ami…..l’ho visto nei tuoi sogni e ora lo leggo nei tuoi occhi. Vuoi bene a Harry Potter e gli sei grata perché è stato buono e comprensivo, ma l’amore è un’altra cosa. Apri gli occhi Ginny, è Draco quello che sogni e le sue parole ti hanno ferita più di quanto vuoi ammettere ed è per questo che sei corsa da Harry. Ti aspettavi che lui ti accogliesse a braccia aperte così che non avresti dovuto metterti in discussione. Hai scelto la strada più facile, lui è una certezza mentre Draco no, con lui non sai mai come andranno le cose e questa incertezza ti fa paura. Harry però ti ha colto di sorpresa, lasciando la scelta a te e ora ti senti smarrita e non sai a cosa aggrapparti. Lascia che ti dia un consiglio che darei anche a Draco se si trovasse nella tua stessa situazione, metti da parte ogni paura e scegli la persona accanto a cui vorresti svegliarti e che sarebbe capace di farti stare bene anche con un semplice sorriso. Segui solo il tuo cuore e smettila di far soffrire quei poveri ragazzi.”
Detto ciò, la donna se ne andò lasciandola al centro della strada confusa e a bocca aperta. Le sue parole erano state dure, ma sincere e forse anche vere. Ginny infatti si sentiva diversa, sentiva che qualcosa in lei era cambiato. Fino a quel momento le era sembrato quasi di essere avvolta da una fitta nebbia, che però ora si stava dissolvendo sempre di più e iniziava a vedere qualcosa, un qualcosa che si era costretta a negare ma ora non poteva più farlo. Forse il suo cuore aveva già scelto da tempo ed era ora che lei lo accettasse, in fondo non si poteva decidere chi amare. L’amore era imprevedibile, era come un veleno letale che si insinuava nelle vene e intossicava senza che si potesse far nulla per evitarlo e Ginny ne era sempre più consapevole.
 
 







 
Prima di tutto scusatemi per questo ritardo atroce!! Questa settimana ho iniziato a lavorare e non essendo per niente abituata, il poco tempo libero che avevo crollavo in un sonno profondo! In ogni caso ho promesso che avrei portato a termine questa storia e lo farò. Mancano solo un capitolo e poi l’epilogo e non potrei mai abbandonare tutto a così poco dalla fine. Sarò più lenta ma lo farò, promesso! ;)
Questo capitolo è quello dei confronti e delle ultime rivelazioni. Finalmente Harry e Ginny hanno parlato e poi il folle Blaise ha fatto aprire gli occhi a Draco e lo ha spinto a lottare per Ginny. Infine Narcissa ha detto alla rossa la verità sui sogni e le ha fatto una bella lavata di capo. Ora lei sembra avere le idee più chiare, vedremo che farà XD
Vi ringrazio ancora per il vostro supporto e mi impegnerò al più presto per il capitolo 30! ;)
Un bacio, trilly <3 

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Capitolo 30
*** Progetti per il futuro ***


                                                     

              Capitolo 30: Progetti per il futuro

 




 
Pansy guardava le persone entrare e uscire da quel maledetto ufficio con un ansia terribile che l’attanagliava. Lì, oltre quella porta c’era la risposta ai numerosi problemi di salute che aveva iniziato ad avere. Erano alcune settimane infatti che stava male, non riusciva a mangiare nulla senza poi vomitare, qualsiasi odore troppo forte le provocava un moto di nausea e in alcuni casi aveva avvertito le forze abbandonarla. Ovviamente dopo un po’ aveva smesso di credere che si trattasse di influenza e dopo essersi accertata che effettivamente aveva saltato un ciclo, aveva immediatamente preso appuntamento con una medimaga per fare delle analisi. In lei si era fatto sempre più prepotente il pensiero che potesse essere incinta, ma allo stesso tempo temeva di ricevere una delusione. Sin da piccola aveva sempre sognato un giorno di farsi una famiglia e ora che aveva trovato l’amore lo desiderava ancora di più, ma se il motivo dei suoi malori non fosse stato una gravidanza? Si costrinse a scacciare quel pensiero, sedendosi più comodamente sulla sedia di plastica nella sala d’aspetto del San Mungo. Presto la medimaga le avrebbe parlato del risultato delle analisi e si sarebbe tolta il dubbio, doveva stare calma. Iniziò a fare dei profondi respiri, sforzandosi di pensare positivo. Era una psicomaga, se non aveva autocontrollo lei chi poteva averlo?
Proprio in quel momento la medimaga la chiamò e lei saltò dalla sedia quasi avesse preso la scossa. Entrò nell’ufficio, notando che la donna aveva già preso posto alla scrivania e leggeva attentamente quelle che probabilmente erano le sue analisi. “Prego, si sieda,” le disse, indicandole con un gesto della mano la sedia di fronte a lei. Pansy ubbidì, mentre il cuore le batteva a mille. “Mi scusi,” iniziò, torturandosi nervosamente le mani. “Che cos’ho?”
La donna finalmente la guardò, aprendosi in un radioso sorriso che la lasciò basita. Perché sorrideva? Possibile che……?
“Congratulazioni, lei aspetta un bambino.”
Pansy sgranò gli occhi e si diede dei pizzichi, convinta che si trattasse di un sogno, eppure la medimaga era ancora lì di fronte a lei che le sorrideva. Era tutto reale, era davvero incinta. “Un….bambino?” Sussurrò in ogni caso.
La medimaga annuì. “Le analisi dicono che è incinta di circa tre settimane.”
“Oh mio Dio!” Un sorriso si fece strada sul suo volto. Aspettava un bambino, il bambino suo e di Blaise. Presto sarebbero diventati genitori, sarebbero diventati una famiglia. Quasi non le sembrava vero che il sogno della sua vita si stesse realizzando.
“Signorina Parkinson, li vuole i risultati delle sue analisi?” Le chiese la donna sorridendo. “Immagino ci sia un papà a cui dare la bella notizia.”
Pansy sorrise radiosa. “Non vedo l’ora di dirglielo.”
Con il cuore che batteva a mille attraversò di corsa i lunghi e affollati corridoi del San Mungo, desiderosa di dirlo a Blaise il prima possibile. La prima persona in cui si imbatté nell’ingresso dell’ospedale non fu però il suo fidanzato, bensì…….
“Terence,” mormorò, mentre il biondo le si avvicinava con il solito sorrisetto irritante. “Ciao Dolcezza, come va?”
Lei sbuffò e ruotò gli occhi. “Senti Terence, non ho tempo per discutere con te.” Fece per sorpassarlo, ma lui le afferrò il polso e la costrinse a voltarsi nuovamente verso di lui. “Stai andando da Zabini?”
Pansy si liberò dalla sua stretta con stizza. “Anche se fosse non è affar tuo.”
“Ma…..”
“Sono incinta Terence dannazione! Presto saremo una famiglia, perciò smettila di tormentarmi!” Esplose, lasciandolo a bocca aperta. Era chiaro che non se lo aspettava proprio, però poi sorrise e sussurrò: “Congratulazioni, spero che lui ti renderà felice.”
Lo fissò a bocca aperta. Aveva sentito bene?
“Se le cose stanno così, non posso fare altro che farmi da parte,” le disse, quasi le avesse letto nel pensiero.
Quando Blaise giunse al San Mungo con l’intento di fare una sorpresa alla sua ragazza al lavoro, la trovò nell’ingresso impegnata in una conversazione con l’ultima persona che avrebbe voluto vedere. Nella sua mente si fecero strada una serie di modi in cui ucciderlo, mentre lo fissava con gli occhi ridotti a due fessure. A passo svelto si avvicinò e quando lo vide afferrarle il polso, ebbe seriamente l’impulso di saltargli addosso. Il rumoroso viavai di maghi e streghe gli impedì di sentire quello che si dissero, ma la faccia sconvolta di Terence non gli sfuggì. Cosa gli aveva detto Pansy? E perché ora il ragazzo stava sorridendo? Furioso li raggiunse e appena Terence lo vide lo abbracciò. “Congratulazioni, spero che dimostrerai di meritartelo.” Dopodiché se ne andò, mentre Blaise lo fissava visibilmente sconvolto. “è impazzito?” Chiese a Pansy, che sorrise a sua volta e lo abbracciò. “Blaise, amore!” Lui ricambiò l’abbraccio, confuso. “Pan, ma che sta succedendo? Che voleva quell’idiota?”
“Si stava semplicemente congratulando,” spiegò lei, sciogliendo l’abbraccio e stringendogli le mani con le sue.
Blaise si accigliò. Proprio non riusciva a capire di cosa Pansy stesse parlando. Perché mai Terence si era congratulato? La mora dovette capire la sua confusione, o forse si stava divertendo a tenerlo sulle spine, in ogni caso finalmente si decise a parlare. “Devo dirti una cosa Blaise.”
Il suo tono ansioso e l’espressione seria lo preoccuparono non poco. Era sicuro che se non fosse stato di colore sarebbe diventato pallido come un lenzuolo e in più si rendeva conto che stava sudando freddo. Cosa stava cercando di dirgli Pansy? “Vieni, andiamo nel mio ufficio. Ti dirò tutto.” Confuso, la seguì. Dopo aver raggiunto l’ufficio e aver chiuso la porta alle loro spalle lei scoppiò a ridere, lasciandolo a bocca aperta. “Sto bene Blaise, ho semplicemente in grembo nostro figlio.”
Nostro figlio. Nostro figlio. Nostro figlio. Quelle due semplici parole avevano iniziato a lampeggiare nella mente sconvolta del giovane Zabini, che non riusciva a fare altro che fissare la mora a bocca aperta. Era rigido, impietrito, incapace di razionalizzare ciò che lei gli aveva appena detto, sembrava quasi che ogni cosa nel suo corpo avesse smesso di funzionare e che ora si trovasse in una situazione di stand-by. Ora tutto stava nel trovare il tasto play, tasto che lui di certo non sapeva quale fosse e proprio per questo una Pansy visibilmente preoccupata aveva iniziato a scuoterlo, sperando che così reagisse. “Blaise….dì qualcosa ti prego…..Blaise.”
Blaise fissò gli occhi neri della ragazza che amava, notò la sua preoccupazione e la sua paura e finalmente sembrò riprendere a respirare. “Sei incinta?” Sussurrò con voce roca.
La mora annuì. “Sono tre settimane. Poco fa ho avuto i risultati delle analisi e…….bè, è così.”
Diverse emozioni si susseguirono in lui, confusione, stupore, paura, ma anche sorpresa e gioia. Di punto in bianco l’abbracciò. “Oh Pan! Diventerò padre!” Esclamò, facendola girare in tondo. “Diventeremo una famiglia!”
Lei rise felice. “Si, diventeremo una famiglia.”
Si sorrisero, euforici, poi ripresero ad abbracciarsi e si scambiarono un dolce bacio. “Non potevi darmi una notizia più bella,” mormorò lui, guardandola intensamente. “Avrò un bambino a cui insegnare a camminare, a giocare a Quidditch, lo porterò allo stadio e a Diagon Alley a comprare le cose per la scuola e poi…..”
“Frena,” lo interruppe Pansy divertita. “Non è nemmeno nato e tu già pensi a tutte queste cose?”
Blaise sorrise. “Lo so, ma voglio che lui o lei abbia quello che non ho avuto io. Sai, con mia madre e tutto il resto.”
La ragazza annuì, abbracciandolo e accarezzandolo come un bambino. “Mi prenderò cura io di voi. Tu e il nostra bambino avrete così tanto amore che a un certo punto lo odierete.”
“Lui non so, io di certo no, soprattutto se è il tuo,” sussurrò lui dolcemente, per poi stamparle un bacio sulle labbra. “Ti amo Pansy.”
“Ti amo anch’io Blaise.”
 





 
 
 
Un delizioso odore di caffè le giunse alle narici e dopo un po’ Luna non poté più ignorarlo. Aprì lentamente gli occhi, rendendosi conto che Theo non era più al suo fianco, ma in compenso c’era un vassoio con una tazza di caffè, dei biscotti e una rosa rossa. Sorridendo, prese la rosa e l’annusò e solo allora notò il bigliettino legato ad essa. Curiosa, lo sganciò e lo aprì.


Buongiorno Amore,
tra poco più di un mese diventeremo marito e moglie e non hai idea di quanto mi renda felice tutto questo. Dopo il tipo di vita che ho vissuto a causa di mio padre e della sua incapacità di amare pensavo che non mi sarei mai innamorato né sposato, ma poi sei arrivata tu e hai stravolto tutte le mie certezze. Mi hai cambiato la vita Luna e non potrei mai immaginarmi senza di te.
Ti amo, Theo



Un sorriso radioso si distese sul volto di Luna, che ormai aveva assunto la tonalità di un pomodoro. Non poteva farci nulla, nonostante lei e Theo stessero insieme ormai da tanto, le sue parole o i suoi gesti erano sempre capaci di farla arrossire come una ragazzina alla sua prima cotta. In ogni caso quel gesto così romantico e allo stesso tempo semplice le riscaldò il cuore e la fece sentire la ragazza più felice del mondo. Non era mai stata il tipo da cose materiali, a lei bastava una parola dolce, un sorriso, una rosa e Theo che la conosceva come nessuno, aveva dimostrato di saperlo facendole quella dolce sorpresa. Felicissima, indossò la vestaglia da camera e con il bigliettino in una mano e la rosa nell’altra, corse alla ricerca del suo ragazzo. “Theo, amore, dove sei?”
Dopo un po’ lo trovò in cucina che parlava al cellulare con qualcuno. Indossava solo i boxer e sembrava piuttosto allegro. Continuava però a darle le spalle, quindi non l’aveva ancora notata.
-è una bella giornata per tutti quindi,- stava dicendo. –Dovremmo festeggiare………..mmm, si, perché no. Ne parlo con Luna, ma penso che per lei vada bene……….si, è meglio se glielo dici, altrimenti dice per l’ennesima volta che non la consulti…………..che vuoi farci, sono fatte così. Vogliono sempre avere ragione…………ahahahahahahahaha non potrei essere più d’accordo………..perfetto, allora ti chiamo più tardi e ti faccio sapere………….ciao.-
Chiusa la chiamata, Theo si voltò e la vide. Un dolce sorriso increspò le sue labbra. “Buongiorno Amore.” Luna sorrise a sua volta, correndo a gettarsi tra le sue braccia. “Grazie Amore, non potevi farmi una sorpresa più dolce.”
Avvertì le sue braccia stringerla e il contatto con la sua pelle nuda le procurò un piccolo brivido. Quanto le piaceva stare tra le sue braccia, si sentiva così piccola e allo stesso tempo al sicuro. L’odore del bagnoschiuma mischiato a quello suo personale le invase le narici e lei lo inspirò a pieni polmoni, socchiudendo gli occhi. Theo era tutto ciò che aveva sempre sognato, era l’amore della sua vita, l’unico che avesse mai amato. Se lui non riusciva ad immaginarsi senza di lei, lei non era di certo da meno. Il solo pensiero di una vita senza di lui la faceva sentire male.
“Non è nulla,” sussurrò lui contro il suo collo, facendola rabbrividire. “Era solo il mio modo di dirti buongiorno.”
“Un modo così dolce a cui potrei abituarmi,” mormorò sorridendo.
Theo la strinse ancora più a se, accarezzandole i capelli. “Per te farei qualsiasi cosa lo sai. È grazie a te se ho capito di poter amare, tu mi hai cambiato.”
Sentirsi dire quelle cose provocò in Luna delle forti ed intense emozioni. Anche Theo aveva cambiato lei, l’aveva resa più sicura, più consapevole, prima era solo un’ombra convinta di essere inferiore agli altri, ma lui le aveva fatto capire che non era così, che lei era al pari di chiunque e che per lui era tutto. Le piaceva essere il tutto di Theo, anche perché per lei era lo stesso, lui era il suo tutto. “E tu hai cambiato me, sei il mio tutto Theo.”
Lui sorrise, prendendole il volto tra le mani e facendo sfiorare il naso con il suo. Specchiarsi in quegli occhi neri così pieni d’amore le fece battere il cuore a mille. “Theo.”
“Stt,” sussurrò il ragazzo. “Hai già detto troppo, ora tocca a me.”
Prima che lei potesse dire qualsiasi cosa, prese qualcosa dalla sedia e si inginocchiò ai suoi piedi lasciandola a bocca aperta. “Non ti ho ancora fatto una vera e propria proposta e una donna come te la merita,” iniziò sorridendo, mentre il cuore di Luna batteva a mille e le gambe minacciavano di cedere. “Luna Lovegood,” davanti ai suoi occhi aprì una piccola scatolina di velluto, al cui interno si poteva notare un grosso e bellissimo anello con tre diamanti sopra. Su di esso si rifletteva la luce del sole che filtrava dalla finestra e ciò creava un particolare gioco di luce che l’abbagliò. “Sposeresti un ragazzo che solo ora si è deciso a regalarti l’anello che meriti?”
Luna spostava lo sguardo da lui all’anello, stupita. Non se lo aspettava proprio, pensava che il loro matrimonio fosse una cosa già decisa e invece lui aveva voluto fare le cose in grande, in stile favola quasi tranne per il fatto che lei era in pigiama e lui in boxer. Quell’anello era stupendo, il suo Theo era stupendo mentre la guardava con quel dolce sorriso che la faceva sempre rincretinire. “Oh Theo! Si, io voglio sposarti!” Esclamò felice, gettandogli le braccia al collo. Theo le baciò i capelli e poi cercò le sue labbra, coinvolgendola in un tenero bacio. Si baciarono ancora, ancora e ancora, finché lui non le prese la mano sinistra e le infilò l’anello al dito. Luna se lo guardò più e più volte, felice come mai in vita sua. “è stupendo, grazie Amore.”
Lui sorrise e la baciò. “Sono contento che ti piaccia. Blaise mi ha aiutato a sceglierlo.”
“Era con lui che parlavi prima?” Chiese curiosa.
Theo annuì euforico. “Mi ha detto che Pansy è incinta.”
“Davvero? Ma è fantastico! Devo chiamarla assolutamente!” Esclamò felice, correndo a recuperare il cellulare sotto lo sguardo divertito del ragazzo. Per lui e Blaise tutto stava andando per il verso giusto e sperò che anche per Draco fosse così, dopo tutto quello che aveva passato se lo meritava. Ci rifletté ancora qualche istante, poi  lo chiamò. Al secondo squillo avvertì la voce ansiosa dell’amico.
-Theo-
-Ciao Draco, come stai? Hai parlato con Ginny?-
Seguirono lunghi secondi di silenzio, poi sussurrò: -Non ancora, le ho mandato un messaggio per dirle di raggiungermi, ma non mi ha risposto né si è presentata.- Nella voce di Draco c’era una nota d’ansia che poche volte aveva sentito e per questo si affrettò a rassicurarlo. –Tranquillo, lei verrà e se non dovesse farlo avrai sicuramente un sacco di ragazze che vorranno sostituirla.-
-Theo…….-
-Ora sei una celebrità come Potter, tutti sanno della perdita di memoria e della tua vita babbana e ben presto ti ritroverai pieno di fan fuori alla porta. Fidati di me, avrai l’imbarazzo della scelta.-
-Grazie Theo, sei un grande amico.-
-Figurati, potrai sempre contare su di me, ricordatelo……….lei verrà Draco, ne sono sicuro,- aggiunse con fare rassicurante.
-Ti farò sapere e poi tu mi racconterai tutto del famoso anello di matrimonio.-
Theo rise divertito. –Lo farò, tranquillo.-
-Bene, a dopo allora.-
-Si, a dopo e in bocca al lupo.-
-Crepi.-
 
 





 
 
Uno. Due. Tre. Quattro. Uno. Due. Tre. Quattro. Uno. Due. Tre. Quattro.
Draco camminava nervosamente avanti e indietro nella camera da letto della Stamberga Strillante, contando i propri passi mentalmente quasi stesse facendo una coreografia. Sotto consiglio di Blaise si era finalmente deciso ad affrontare Ginny e per questo le aveva mandato un messaggio, chiedendole di raggiungerlo nel loro luogo segreto ai tempi della loro storia adolescenziale. Ginny non aveva risposto al messaggio e questo lo aveva reso ancora più nervoso. E se non avesse più voluto vederlo? E se non si fosse presentata? Non si era mai considerato un tipo insicuro, più che altro riconosceva di essere un gran codardo, eppure non poteva fare a meno di pensare che lei potesse decidere di non venire e lasciarlo lì da solo come un imbecille.
Forse erano stati i duri esami a cui la realtà lo aveva sottoposto, forse era maturato, in ogni caso si rendeva conto che lui non era più il ragazzo strafottente, razzista ed egocentrico di un tempo. Tutto ciò che in passato aveva disprezzato e deriso lo aveva completamente rivalutato, primo su tutti il suo pensiero sui babbani che ora non considerava più tanto male e poi anche il suo concetto di ricchezza. Per anni aveva preso in giro i Weasley per la loro povertà e solo in quel momento capiva come doveva essere stata difficile la loro vita. Inoltre aveva finalmente capito quanto fossero importanti per lui i suoi amici, i suoi genitori e Ginny. Li aveva sempre dati per scontati, convinto che loro sarebbero sempre stati lì, in quei cinque anni e poi successivamente dopo aver recuperato i ricordi aveva capito che loro erano fondamentali e che doveva impegnarsi per coltivare quei rapporti perché non c’era nessuna certezza, tutto poteva cambiare da un giorno all’altro. L’ennesima conferma l’aveva avuta quando aveva visto quella maledettissima fede al dito della donna che amava. La vita andava avanti e Ginny si era rifatta una vita, anche se le parole di Blaise gli avevano fatto sorgere un dubbio che non riusciva a scacciare. Possibile che la giovane Weasley e Harry non fossero in realtà così uniti e felici? Possibile che lei potesse davvero avere dei dubbi?
I suoi pensieri furono interrotti da un rumore di passi, che poco dopo furono seguiti dall’apparizione sulla porta di una nervosissima Ginny. I loro occhi si incrociarono e restarono a fissarsi per lunghi minuti, finché lei non prese coraggio ed entrò.
“Ciao Draco,” sussurrò, sedendosi poi sul letto.
Draco la fissò ancora, pensando che forse non era cambiato proprio nulla. La presenza di Ginny gli faceva esattamente lo stesso effetto di quando era ragazzo. Il cuore gli batteva a un ritmo forsennato, le mani gli sudavano e aveva caldo, un caldo insopportabile. Come faceva quella ragazza a farlo sentire un idiota con un semplice sguardo? A volte aveva avuto l’impressione che gli avesse somministrato un filtro d’amore, talmente era coinvolto da lei, fortuna che almeno era bravo a mascherare i suoi sentimenti, mai avrebbe voluto apparire come un idiota sentimentale e zuccheroso, il solo pensiero gli dava il voltastomaco. Lui era Draco Malfoy e come tale doveva avere un certo contegno.
“Senti Ginny,” iniziò, camminandole intorno come un avvoltoio, tanta era l’agitazione per ciò che stava per dirle e che raramente aveva detto a qualcuno. Ma quanto era difficile scusarsi?
All’improvviso lei lo afferrò per il polso e lo costrinse a sedersi al suo fianco. “Smettila di camminarmi intorno così, mi innervosisci,” gli disse, facendolo sorridere. Quanto gli era mancata la sua schiettezza, lei diceva sempre tutto ciò che pensava buono o cattivo che fosse e Draco aveva sempre apprezzato quella sua particolarità, che purtroppo era molto rara tra le persone e che rendeva Ginny ancora più speciale ai suoi occhi.
“Come al solito ho parlato senza pensare e…………ho detto cose che non penso……..cose brutte e ………” mormorò, incapace di sostenere il suo sguardo. In ogni caso non poté non notare che Ginny lo fissò dapprima a bocca aperta e poi si lasciò sfuggire una risatina. “Stai cercando di scusarti per caso?” Gli chiese, palesemente divertita. Draco s’irrigidì e dovette mordersi la lingua per non risponderle con una frase velenosa. Maledetto orgoglio dei Malfoy, che con gli anni non si era ridotto nemmeno un po’. Si limitò a rivolgerle un’occhiataccia che la fece ridere ancora di più e da lì comprese che probabilmente lei lo aveva già perdonato e per questo sorrise a sua volta. “Ginny…..”
Lei scosse la testa e sorrise, stringendogli la mano. “Va tutto bene Draco, capisco perché hai reagito in quel modo e probabilmente al tuo posto lo avrei fatto anch’io.”
Draco non seppe dire se furono le sue parole, il suo sguardo o le loro mani intrecciate, ma avvertì una sensazione di calore investirlo e non poté far altro che continuare a guardarla. Dio quant’era bella la sua Ginny, ma poteva ancora definirla sua?
Quasi gli avesse letto nel pensiero, lei sussurrò: “Ho parlato con Harry, so cos’hai fatto.” Si aspettava di leggere rimprovero, astio, odio nei suoi occhi scuri, che invece apparivano tranquilli e abbastanza pacifici. “Dovresti scusarti con lui.” Quella seconda frase ebbe l’effetto di scatenare in lui un attacco di riso. Non poteva dire sul serio, non poteva davvero pretendere che si scusasse con il suo rivale storico, con colui che era stato la causa della sua lunga permanenza tra i babbani e che nel frattempo si era pure sposato la donna che amava. Ginny stava delirando, non c’erano dubbi. Convinto di ciò, rise, facendola accigliare. “Non c’è niente da ridere.”
“E invece si,” ribatté tra le risate. “Sei pazza se pensi che mi scuserò con Potter. Ho esagerato è vero, ma una lezione se la meritava. Può fare il povero maltrattato e incompreso quanto gli pare, ma io non abbocco. È un bugiardo e un opportunista, non è migliore di me.”   
Ginny sospirò. “Io non ho mai detto questo e nemmeno lo penso, altrimenti non sarei qui.” Un guizzo attraversò lo sguardo di Draco a quelle parole. Non ce l’aveva con lui, non lo odiava. Prendendo coraggio, la guardò e sussurrò: “Quindi tu e lui…….tu e Potter……siete sposati…….”
“Draco, io……” iniziò lei, per poi interrompersi, imbarazzata. Era chiaro che avrebbe voluto dargli delle risposte ma non ci riusciva, lui però doveva averle ad ogni costo. “Lo ami?”
Finalmente si era liberato di un peso, esprimendo ciò che lo tormentava e la faccia stupita di Ginny gli confermò che non si aspettava una domanda simile. Attese in silenzio, consapevole che necessitasse di tempo per mettere insieme una risposta di senso compiuto, tuttavia era tutt’altro che tranquillo. Voleva quella dannata risposta, ma allo stesso tempo la temeva più di qualsiasi cosa. E se gli avesse detto di si? A quel punto cos’avrebbe fatto? Ginny nel frattempo aveva lo sguardo basso e si mordeva il labbro quasi a sangue e la cosa lo innervosiva ancora di più. Perché non la smetteva? Perché non gli dava quella risposta e la faceva finita? Non capiva che così non faceva altro che aumentare la sua agonia?
Dopo un tempo che parve interminabile, lei tornò a guardarlo e anche a parlare. Il suo era un debole sussurro, ma Draco riuscì comunque a carpirlo. “Pensavo di avere dei dubbi tra te e lui…….a un certo punto ho pensato che lui fosse la scelta giusta e sono andata a casa nostra……….abbiamo parlato, ci siamo confortati e………io ci tengo a lui, mi è stato vicino e so che mi ama davvero……..sarebbe bastato poco per ricominciare con lui, ma……..accidenti non ci sono riuscita!” Strinse più forte la sua mano, mentre il cuore di Draco batteva a mille, animato da una lieve speranza. “Draco, io……ci ho provato ad amarlo come amavo te e a un certo punto ho anche pensato di esserci riuscita, ma……..il punto è che lui non è te.” Quelle ultime parole le sussurrò quasi con timore e il ragazzo temette di essersele immaginate talmente la sua voce fosse stata bassa e talmente la cosa gli fosse sembrata assurda. Ginny lo amava ancora, lo preferiva a Harry. Glielo dicevano i suoi occhi lucidi, le loro dita intrecciate e poi il suo cuore che batteva a un ritmo forsennato. ‘Dannazione Draco, sii uomo’ pensò tra se e se e poi lo fece………le sollevò il mento e accostò le labbra alle sue. Inizialmente si limitò a un semplice sfiorare, quasi temesse che lei lo allontanasse. Ginny però non lo fece, allora guidato solo dall’istinto, approfondì il bacio venendo immediatamente corrisposto. Le loro lingue si ricongiunsero, intrecciandosi in una danza sensuale che finalmente non era più frutto di un sogno o di un ricordo, ma era più vivido che mai. Non seppe dire per quanto tempo si baciarono, sapeva solo che di tanto in tanto furono costretti a prendere fiato, per poi ricominciare. C’erano cinque anni da recuperare e Draco era più determinato che mai a recuperarli e Ginny non era di certo da meno. La ragazza infatti lo baciava con sempre maggior trasporto, le dita intrecciate nei suoi capelli. Baci, morsi, baci, morsi. Non resisteva più, era più forte di lui. La fece così sdraiare sul letto, posizionandosi sopra di lei e continuando a baciarla. I suoi sospiri non fecero altro che accrescere il suo desiderio. Voleva fare l’amore con lei, voleva che tornassero ad essere una sola cosa come un tempo, ma lei lo avrebbe voluto?
“Ginny,” sussurrò al suo orecchio, facendola rabbrividire. “Posso?” Aggiunse, sfiorando i bottoni della sua camicetta. Lei sgranò gli occhi, stupita. Cosa la sorprendeva tanto? Il fatto che volesse fare l’amore o che le avesse chiesto il permesso? In ogni caso, dopo pochi istanti lei afferrò i lembi della sua t-shirt e gliela sfilò e questa fu per Draco una risposta più che sufficiente. Le sorrise, sbottonandole la camicetta e lasciandole un bacio a ogni bottone. Tra ansimi e sospiri anche i loro jeans finirono sul pavimento e si ritrovarono solo in biancheria. Non era la prima volta che accadeva, eppure Ginny era ora rossissima per l’imbarazzo e gli ricordò tanto la ragazzina di allora, quella pungente e ribelle che improvvisamente appariva piccola e vulnerabile. Tutto era come quella prima volta di tanti anni prima, quando quasi per caso scoprirono quella stanza semidistrutta che poi era diventata il loro nido d’amore. Ginny era imbarazzata e nervosa esattamente come allora, tremava ed evitava il suo sguardo. Ciò lo destabilizzò, non sapeva che fare per tranquillizzarla, non sapeva se lei reagisse così perché aveva cambiato idea, non sapeva proprio nulla. Improvvisamente però, si rese conto che lei fissava qualcosa in particolare ossia il tatuaggio che aveva sulla spalla destra. Quel gabbiano che si era tatuato anni prima, sotto cui c’era una dedica per la ragazza che lo aveva cambiato. Ginny lo sfiorò con una mano tremante, mentre l’ombra di un sorriso si distendeva sul suo volto. “Little Flame,” sussurrò.
Già, Ginny era sempre stata la sua piccola fiamma, colei che come un uragano gli aveva stravolto la vita, mettendo ogni sua certezza in discussione. Lei era forte, combattiva, determinata, ma allo stesso tempo così fragile e bisognosa d’amore, un amore che inconsciamente anche lui aveva sempre voluto. Proprio l’amore di quella ragazza aveva disintegrato lo strato di pietra che fino a quel momento aveva avvolto il suo cuore e aveva tirato fuori il meglio di lui. Non sarebbe mai stato un partner zuccheroso o un eroe, ma almeno sarebbe stato umano, Ginny lo aveva reso umano. Sorrise, accarezzandole dolcemente una guancia e facendola così arrossire. “La mia Piccola Fiamma che nonostante passano gli anni arrossisce ancora al mio tocco.” Quel tono scherzoso sembrò riuscire a farla sentire di nuovo a suo agio perché gli fece la linguaccia e fece per colpirlo, ma lui le bloccò prontamente il polso. “Non ci provare tesoro.”
“Idiota,” ribatté lei offesa. “Non cambierai mai.” Draco sollevò un sopracciglio, palesemente divertito. “Volevi che lo facessi? Non sarei io poi e non ti piacerei più così tanto.”
Ginny si accigliò. “E chi ti dice che mi piaci? Sei insopportabile e……..” Lui scoppiò a ridere, accostando poi le labbra al suo orecchio. “Non saresti qui se non ti piacessi e poi vorrei ricordarti che sei pure mezza nuda sotto di me,” sussurrò maliziosamente, facendola avvampare. Gli era sempre piaciuto metterla in imbarazzo, lei era così pura e a disagio quando si parlava di cose sconce e lui non poteva fare a meno di ricordaglielo. Era un bastardo lo sapeva, così come lo sapeva Ginny che ogni volta arrossiva per poi rivolgergli un’occhiataccia o un imprecazione. Anche quella volta non fu da meno e lui rise sempre più forte. “Vattene Malfoy, mi stai innervosendo,” disse lei tentando di spingerlo lontano da se. “Ma quanto sei permalosa Rossa,” ribatté tra le risate. “Pure incazzata sei terribilmente sexy,” aggiunse a un soffio dalle sue labbra. Ginny arrossì. “Malfoy! Smettila di mettermi in imbarazzo!”
Lui scrollò le spalle incurante. “Ho semplicemente detto la verità, mi piaci Piccola Weasley e…….” S’interruppe, notando una strana luce illuminarle gli occhi. “Hai usato queste stesse parole per dichiararti quel giorno sul campo di Quidditch.”
“Ah si?” Chiese confuso. Doveva ammettere che non se lo ricordava proprio, ma a quanto pareva lei ricordava ogni cosa e ne fu felice. “Ginevra, per me non è cambiato nulla.”
Ginny sorrise, intrecciando le dita dietro il suo capo. “Ci ho messo un po’ per capirlo e per accettarlo, ma lo stesso vale per me. In fondo al mio cuore l’ho sempre saputo che il mio unico vero amore eri tu.”
Dopodiché non ci fu più tempo per le parole, le loro labbra si unirono in un dolce bacio e liberatasi degli ultimi indumenti fecero l’amore con trasporto e tenerezza, rendendosi conto di quanto si fossero mancati e quanto fossero giusti insieme. Venivano da due mondi diversi, erano stati ostacolati dalla vita e sottoposti a ogni tipo di ostacolo, eppure ora erano di nuovo insieme più forti e uniti che mai. Certo, non sarebbe stato facile ricominciare dopo tutto ciò che era accaduto, ma loro erano appunto più forti di prima e poi le esperienze li avevano cambiati e resi forse ancora più simili e consapevoli del loro legame, un legame che era sopravvissuto a tutto e ora erano pronti ad affrontare il futuro insieme.
Proprio al futuro pensavano mentre dopo l’amore sfogliavano il loro vecchio album di fotografie. Ginny aveva la testa appoggiata alla sua spalla e Draco la stringeva a se teneramente. Dio solo sapeva quanto quel semplice stare abbracciati gli fosse mancato. Ginny gli faceva provare delle emozioni che non era mai riuscito a provare per nessun’altra. Quando viveva tra i babbani aveva avuto altre donne, ma quello che aveva sentito per loro non si avvicinava nemmeno lontanamente a quello che invece sentiva solo incrociando lo sguardo della giovane Weasley. Forse anche se senza memoria, loro due erano comunque rimasti legati, quasi sapessero che da qualche parte nel mondo ci fosse la persona che li completava. Non aveva mai creduto nel destino, pensava che fossero loro stessi a costruirselo, eppure di fronte a lui e Ginny non sapeva che pensare.
“Draco,” sussurrò lei, interrompendo i suoi pensieri. “Ti amo.”
Quelle due semplici parole gli scaldarono il cuore e lo fecero sorridere felice. “Ti amo anch’io Piccola Fiamma.”
Forse aveva sempre sbagliato, Silente nonostante fosse stato un uomo strambo aveva ragione, l’amore era davvero più forte di qualsiasi cosa, o almeno quello tra lui e Ginny lo era ed era sicuro che avrebbe continuato ad esserlo ogni giorno che avrebbero passato insieme. Il destino aveva deciso così e lui non si sarebbe di certo opposto. Aveva vinto, aveva vinto la battaglia più importante e si sarebbe goduto ogni singolo istante ora e per sempre.   
 
 
 

 
 
 



Con un ritardo abissale di cui mi dispiace tantissimo, ecco qui il capitolo finale! Spero che non deluderà nessuno, sin dall’inizio sapevo che sarebbe finita così e ho modificato solo alcune cose. Tre blocchi per parlare di tre coppie che mi piacciono molto e che in fondo sono sempre state protagoniste e non poteva essere diverso per il finale. Oltre a questo ora manca solo l’epilogo, un’idea che è nata di punto in bianco infatti inizialmente non era in programma. Spero che vi piacerà, così come lo spero per questo capitolo super romantico! :3 dopo tutto quello che i personaggi hanno dovuto affrontare se lo meritavano!
Mi scuso ancora per il ritardo, dovuto al lavoro che mi riduce a uno straccio. Per l’epilogo farò prima, promesso!
Vi mando tanti baci e vi ringrazio di continuare a seguirmi anche se il mio ritmo si è rallentato! Non so cosa farei senza di voi!! Grazie di tutto!!
Trilly <3
    
 
 

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Capitolo 31
*** Epilogo ***


                                                                       


                                   Epilogo




 
 
Normalmente una lettera inizia con un “caro” o più semplicemente con un “ciao” e lo farei se fosse una situazione normale, ma ahimè non lo è. Ci sono tante cose che vorrei dirti e altrettante che vorrei chiederti, peccato che non posso fare nulla di tutto ciò. Ora tu non sei più qui con me, non mi puoi più parlare o rimproverarmi e devo ammettere che ciò mi manca. Come me non sei mai stato bravo con le parole e nemmeno a lasciar trapelare i tuoi sentimenti e per un po’ ho creduto non ne provassi, almeno per me, ma poi non ci hai pensato due volte a sacrificare la tua vita per salvarmi. È per colpa mia se hai tradito i tuoi ideali e la fiducia dell’Oscuro, tutto per difendermi, per consentirmi di sfuggire alla furia dei Mangiamorte per il mio tradimento. Per cinque anni ho vissuto come un semplice babbano a Roma e quest’esperienza mi ha permesso di rivalutare tante cose. Sai, forse abbiamo sempre sbagliato a considerare quelle persone inferiori a noi, in fondo sono in gamba e gentili, pensa che ne ho conosciute alcune che senza chiedermi nulla mi hanno offerto il loro aiuto ed è grazie a loro se sono riuscito a cavarmela e a ricrearmi un’identità. Probabilmente non lo sai, ma mia madre è sopravvissuta alla guerra, così come Adam Stewart e Terence Higgs, che non si sono mai arresi alla mia presunta morte e alla fine mi hanno trovato. Con loro c’erano anche Theo, Blaise, Pansy e Luna Lovegood, un’altra persona che avevo giudicato male e che invece si è dimostrata onesta e leale, non so se al suo posto avrei collaborato al mio ritrovamento considerato il modo in cui la trattavo a scuola. Non sono mai stato un santo, nemmeno con i miei amici, eppure c’erano tutti, persino Potter, la Grenger e Weasley che lo sai non sono mai stati i miei fan più accaniti. Su Potter potrei scrivere un libro, aggiungici poi che l’ho trovato sposato con la ragazza che amavo e che per un po’ ha finto di non sapere che tu mi avessi spedito tra i babbani e capirai che era inevitabile che una volta recuperata la memoria mi azzuffassi con lui. Tutto questo per Ginny Weasley. Quella famosa notte hai ammesso che sapevi di lei e nonostante la cosa non ti andasse giù, non hai fatto nulla per contrastarmi. Ammetto che non me lo aspettavo, così come non mi aspettavo che mi spedissi senza memoria tra coloro che hai sempre disprezzato. Quest’ultima cosa ha creato disordini e sofferenze, ma prima di tutto mi ha salvato la vita e non posso dimenticarlo. Ginny ed io ci siamo ritrovati, scoprendo che in fondo eravamo sempre rimasti legati, che il nostro amore era sopravvissuto. Non avrei mai pensato di innamorarmi di una come lei, eppure è accaduto e ora non potrei immaginarmi con qualcuna che non sia Ginny Weasley.
Da quella nostra riappacificazione alla Stamberga Strillante sono passati dieci anni e probabilmente ti chiederai perché non ti ho scritto prima…………il fatto è che non ne avevo il coraggio, ho impiegato un bel po’ a sconfiggere i fantasmi del mio passato e non è stato per niente facile. Ginny ed io ci siamo impegnati per recuperare la nostra storia e nemmeno quello è stato facile…………..c’erano troppe cose non dette, troppe che erano cambiate. Non eravamo più gli stessi ragazzi di un tempo e abbiamo dovuto confrontarci con ciò.
Non ti nascondo che ci sono stati momenti in cui ho pensato di non farcela, che forse stavamo sbagliando e che per noi non ci fosse futuro…………. Ginny ed io eravamo sempre più distanti, sempre più nemici………… per fortuna però non abbiamo mai smesso di credere in noi e abbiamo lottato con le unghie e con i denti e ora…….. bè ora lei è mia moglie e abbiamo due bambini, Fred e Lucius, in onore delle due persone che abbiamo perso e che per noi sono tanto importanti. Ti piacerebbero i tuoi nipoti, sono due vulcani, non stanno mai fermi e………… Dio padre, non credevo che il mio cuore potesse contenere tanto amore! Ginny dice che sono cambiato davvero tanto e che sono un buon padre, ma non so se lo dice per rassicurarmi o perché lo pensa sul serio. In ogni caso adoro quei due mocciosi, somigliano ai Malfoy ma anche ai Weasley e devo ammettere che ciò non mi dispiace, considerato che hanno lo stesso sorriso della mia Ginny. Fred ha sei anni, i capelli biondi e gli occhi scuri. È allegro e pieno di vita e pensa che l’ho portato con me a Roma a vedere una partita di calcio. Non hai idea di che mi sono dovuto inventare per giustificare la mia scomparsa a Franco e Jacopo, ma alla fine tutto si è risolto. I miei figli e Ginny li hanno subito conquistati e ora li andiamo a trovare ogni estate. Ritrovarsi con Franco e Jacopo e le loro mogli è bello, ha un qualcosa di familiare. Solo Sara, la figlia di Franco, non apprezza queste riunioni e spesso non si fa trovare. So che si è sposata e che aspetta un figlio, chissà forse ciò la spingerà a cambiare atteggiamento.
Tornando alla mia famiglia, devo parlarti di mio figlio Lucius. Ha quattro anni, i capelli rossi (si padre, hai capito bene) e gli occhi grigi. Lucius è più calmo di Fred, ma ha la stessa lingua tagliente della madre e la stessa arroganza del sottoscritto. Siamo una famiglia ben assortita insomma e non potrei chiedere di più. All’inizio è stato strano ritrovarsi in quella baracca dei Weasley insieme a tutte quelle teste rosse, mi sono sentito in imbarazzo e ho avvertito la mia sicurezza vacillare. Io non sono Potter, non sono colui che tanto avevano amato e apprezzato e credevo che mi considerassero responsabile della fine del matrimonio tra lui e Ginny, invece mi hanno a dir poco sorpreso. Si sono dimostrati socievoli e apertamente disposti a conoscermi e questo mi ha fatto sentire accettato, cosa che mi ha fatto piacere e bè……… sto bene padre, ho ripreso le redini della mia vita. Ora lavoro come pozionista al Ministero insieme a Theo, sai lui ci ha messo la buona parola ricordando la mia bravura in quella materia a scuola e poi com’è tipico dell’orgoglio Malfoy, ci ho tenuto ovviamente a dimostrare subito di meritare quel posto.
Ti ricordi il castello che abbiamo ereditato dalla famiglia di mia madre? Quello sulle coste del Galles per intenderci……….. comunque l’ho fatto ristrutturare e ora ci vivo con la mia famiglia, mentre la mamma ha deciso di restare a Villa Malfoy, anche se la maggior parte del tempo lo passa a viziare i suoi nipoti. Dovresti vederla, di solito sempre così seria e composta diventa un’altra persona di fronte a quei due marmocchi e i miei suoceri non sono da meno. Credo non esistano bambini più viziati di quei due e io e Ginny iniziamo a preoccuparci.
Ora però devo parlarti anche dei miei amici. Dieci anni fa Pansy e Blaise aspettavano un bambino che altri non era che la piccola Sophie, una ragazzina identica a Pansy che ha fatto innamorare il mio amico per la seconda volta. Quando poi a distanza di due e tre anni sono nati Noel e Jason se possibile è diventato ancora più cotto. Dovunque va si porta quei tre dietro e li accontenta in tutto, spero che non diventino folli come lui altrimenti si salvi chi può. Non vorrei essere al posto di Pansy, un Blaise è più che sufficiente, quattro è da suicidio! Quando poi glielo faccio notare, ribatte puntualmente che i miei figli non sono da meno e finiamo per riderci su. Blaise e Pansy sono ancora più uniti di allora e vivono nella famosa casa dove inizialmente andarono a convivere. Si sono sposati pochi mesi dopo la nascita di Sophie, lei non ne voleva sapere di sposarsi incinta e così hanno aspettato. In pratica si sono sposati poco dopo di Theo e Luna, che invece lo hanno fatto in primavera. C’era così tanta gente e un’atmosfera così bella, anche se all’epoca io e Ginny avevamo ancora dei problemi a recuperare il nostro rapporto tanto che andammo al matrimonio separati. Theo e Luna sono la chiara dimostrazione che il colpo di fulmine esiste, sin dalla prima volta che i loro sguardi si sono incrociati hanno avvertito un qualcosa che li spingeva uno verso l’altro, o almeno lui mi ha detto così. In ogni caso non mi sono mai emozionato di fronte a un matrimonio com’è accaduto con il loro. Erano così felici, così innamorati e poi ha partecipato persino il padre di Theo che ha ottenuto un permesso da Azkaban proprio per quel giorno, per merito di Potter confesso a malincuore. Ora abbiamo un rapporto civile, entrambi siamo in un certo senso pentiti per i nostri comportamenti, ma ribadisco che non saremo mai amici, non potremmo mai.
Te la ricordi la sorella minore di Fleur Delacour, Gabrielle? Adesso è la moglie di Potter e hanno tre figli che hanno chiamato con i nomi dei familiari defunti di lui. Non critico questa scelta, anche i miei figli hanno i nomi di persone morte, ma il fatto che Gabrielle non abbia avuto voce in capitolo. Anche a lei spettava scegliere un nome no? So che non è affar mio, però bisogna ammettere che è così no?
Tornando a Theo e Luna, ora vivono nel castello completamente ristrutturato della famiglia di lui e hanno due figlie, Tracey ed Emily. La prima è la fotocopia di Luna in tutto e per tutto, timida e insicura, mentre la seconda è identica a Theo, razionale ma con quel pizzico di arroganza che contraddistingue i Serpeverde. Theo è convinto infatti che lei sarà una serpe e Tracey un corvo, così come i figli di Blaise e Pansy finiranno di sicuro tutti a Serpeverde e quelli di Potter a Grifondoro. Sui miei non so, Fred e Lucius sono un insieme delle caratteristiche mie e di Ginny e ancora non riesco a dire quali dominano sulle altre. Comunque qualsiasi cosa per me andrà bene, il tempo dei pregiudizi è passato, ora sono un uomo e devo comportarmi come tale.
Certo, ammetto che se uno dei miei figli uscisse con la figlia di Potter mi verrebbe un infarto, ma per il resto sono abbastanza aperto di mentalità. Pensa che ora riesco a parlare con Weasley e la Grenger senza litigarci, cosa non da poco per me. A proposito di loro, hanno messo alla luce due teste rosse di nome Rose e Hugo. La prima è identica a sua madre da far paura, è saccente e presuntuosa e mi irrita a dir poco. Il secondo invece mangia quasi più del padre, ma devo ammettere che non è male come giocatore di Quidditch e anche i figli di Potter ahimè sono bravi.
Mio figlio Lucius che sembra sempre così calmo, ultimamente ha sviluppato una forte competizione verso i suoi cugini di sangue e quelli acquisiti e non fa altro che sfidarli sul campo, ma essendo un ragazzino che sa a malapena stare in equilibrio sulla scopa viene per lo più ignorato. Sono però convinto che abbia ereditato in pieno i geni dei Malfoy e che appena potrà lo dimostrerà. Io ovviamente sarò pronto ad aiutarlo e a trasmettergli questa grande passione. Fred, che ha solo due anni più di lui, ha dimostrato più interesse per il calcio, sport che ha conosciuto in Italia grazie ai figli di Jacopo e ovviamente a me che gli ho fatto assistere a qualche partita. Dovresti vederlo mentre corre tutto sudato dietro a quel pallone, è felice, vivo, esattamente come ci sentiamo io e Ginny in sella alle nostre scope. Ho deciso che farò il possibile per sostenerli in quelli che sono i loro sogni, non voglio che abbiano una vita come la mia che è stata malauguratamente intrecciata a quella dei Mangiamorte, voglio che loro siano liberi di scegliersi il loro futuro e che lottino per realizzarlo. Con questo non voglio rimproverare te o rinfacciarti qualcosa, tu hai scelto quella strada perché la consideravi giusta, ci credevi davvero e lo capisco. Non ce l’ho con te padre, forse c’è stato un tempo in cui ti davo la colpa, ma ora sono cresciuto, ora ho capito.
Non sono bravo con i ringraziamenti così come non lo sono con le scuse, ma non posso negare che se non fosse stato per te e per il gesto avventato di quella famosa notte, io non sarei qui felice con la mia famiglia. Grazie padre, grazie di tutto e scusa se spesso non ti ho capito.
Sai che Fred e Lucius ti considerano l’eroe del loro papà? Vorrei incrociare il tuo sguardo anche solo per un istante, leggervi magari affetto, orgoglio, mi basterebbe qualsiasi cosa. Dopotutto non ci è stato concesso nemmeno un addio, non ho avuto modo di assimilare la cosa, di accettarla. Ti voglio bene padre. So che avrei dovuto dirtelo da vivo, ma lo sai che sono come te………. Non sono bravo con le parole e poi sono sempre stato un vigliacco. Spero di riuscire a riscattarmi con la mia famiglia, mi ci sto impegnando al massimo. Ora ti saluto e ti prometto che verrò a trovarti più che posso e che ti racconterò ogni cosa della mia vita.
 


                                                                                                          Con affetto, tuo figlio
                                                                                                                      Draco     
 

 







 
 
Non mi sembra vero che sono qui a scrivere l’ultima nota dell’autrice di questa storia. Quest’avventura che mi sembra di aver iniziato ieri è davvero finita e devo ammettere che provo emozioni contrastanti, da una parte sono felice di essere riuscita a portare a termine questo progetto, ma dall’altra provo una grande tristezza. Come farò senza questa storia e senza di voi? Già so che mi mancherete un sacco, mi avete tenuto compagnia, mi avete sostenuta ed emozionata e io non posso fare altro che ringraziarvi infinitamente! Grazie, grazie di tutto! È grazie a voi se ho portato avanti questa storia con tanto entusiasmo e se sono riuscita a concluderla!! :D
Quest’epilogo inizialmente non doveva esserci, ma poi ho deciso di farvi questo regalo che vi meritate con tutto il cuore!! Spero che vi sia piaciuto com’è piaciuto a me scriverlo!!
Prima di salutarvi ci tenevo a citare tutte le persone che sono state fondamentali per me in quest’avventura:
prima di tutto DulceVoz, senza cui questa storia non sarebbe mai stata pubblicata! Il merito è tutto tuo che hai insistito tanto!! Grazie!! :D
poi ovviamente le mie seguaci storiche Susu, Teme_Malfoy e Dark Flower!!
E ancora Meryforever91, Kikadance194, vampirellaAnna, Ginevra_Malfoy, sakuratvb, piccolaBiby, zamby88 e LilyEverdeen25! Quest’ultima anche se fan della coppia Harry-Ginny ha letto lo stesso la mia storia e questo mi fa doppiamente piacere!!
Altri ringraziamenti vanno a:   
-
annasplash 
 - 
chiarab98 
 - 
Dulcinea 
 - 
ginny74 
 - 
ginny_tina 
 - 
kikadance194 
 - 
leti_luke 
 - 
LilyEverdeen25 
 - 
lilysol [Contatta]
 - Lux_Black 
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Milda 
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mki90 
 - 
Myosotis 
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natura 
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Near_ 
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papof87 
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pippi94 
 - 
pirellymiracleelixir 
 - 
RoseSherlockWeasleyMoon 
 - 
Roza 
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Selene Potter93 
 - 
Shike 
 - 
susu 
 - 
Syberie 
 - 
Teen_Gohan_And_Pan_Fan_97 
teme_Malfoy 
theclansman95 
 - 
vampirellaAnna 
 - 
zamby88 
 - 
_Gardis_ 
che hanno inserito la storia tra le seguite!!
Poi a:
aithusa87
chiarab98
Dark Flower 
 - 
DulceVoz 
 - 
ginny_tina 
 - 
giulia_leo18 
 - 
Heartvolante22679 
 - 
kikadance194 
 - 
Niky Torrence 
 - 
piccolaBiby 
 - 
Solaria87 
 - 
vampirellaAnna
Che l’hanno insita tra le preferite!!
Poi a:
daiya 
 - 
Everdeen 4ever 
 - 
ginny_tina 
 - 
Harry_Ginny_Lily_James 
Che l’hanno inserita tra le ricordate!!
Infine volevo ringraziare anche coloro che hanno semplicemente letto!! Spero di non aver dimenticato nessuno!
Grazie a tutti per aver reso quest’avventura stupenda ed emozionante!!! Mi mancherete e prometto che mi metterò a lavoro per un nuovo progetto!!!
Vi mando tanti baci e un forte abbraccio!!
Con affetto, trilly <3

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