Di principesse, dichiaratori compulsivi e disadattati sociali!

di AsfodeloSpirito17662
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Festa d'inizio anno ***
Capitolo 2: *** Un pessimo primo giorno ***
Capitolo 3: *** Inviti, telefonate e pedinamenti ***
Capitolo 4: *** Festa di compleanno ***
Capitolo 5: *** Di ricatti, occasioni e sfiga nera ***
Capitolo 6: *** Tanti buoni propositi ***
Capitolo 7: *** Deja-vù esplosivi ***
Capitolo 8: *** Aria di cambiamenti ***
Capitolo 9: *** Imbarazzanti fraintendimenti ***
Capitolo 10: *** C'è dell'acqua che bolle in pentola ***
Capitolo 11: *** Tutti i nodi (prima o poi) vengono al pettine ***
Capitolo 12: *** La principessa, il dichiaratore, il disadattato ***
Capitolo 13: *** L'unione fa la forza! ***



Capitolo 1
*** Festa d'inizio anno ***


PRIMO CAPITOLO


I'm in transit, floating stranded on this boat! And I pledge myself allegiance to a better night sleep at home! (1)


"Cristo santo guarda dove vai!"


Merlin sfarfallò le ciglia scure con aria interdetta, ritrovandosi a fissare la faccia incazzosa di uno dei Camelot. Doveva essere uno dei Camelot.

O almeno credo. Ma è la loro festa, no?


And the sweet, sweet sun's comin' downh hard, the sun's comin' down, hard, it burns the bones!


"Sì, scusa!" urlò di rimando, cercando di sovrastare il chiasso della musica alta. In realtà non era molto dispiaciuto, non poteva impiegare energie anche in quello, non quando le stava già usando tutte per cercare di non vomitare od inciampare nella maledetta sottana che gli avviluppava le gambe come un boa constrictor.

Appuntatelo, Merlin. Mai, mai, mai fare scommesse con Morgana. Mai più.


"Scusa un cazzo!" ribatté il tipo vestito da cowboy, sorpassandolo con una spallata decisamente maschia e virile. Talmente virile che Merlin quasi si ammazzò addosso ad un povero cristiano vestito da hot dog gigante(2).

E' alle feste in maschera che il gusto dell'orrido delle persone dà il meglio di sé.


So hold a hand for cover hold a hand for cover hold a hand for cover from harm!

UH-UH-UUUUUUUUHHHHHH!!!


Merlin balbettò altre scuse con tono abbastanza confuso e monocorde, mentre le luci lampeggianti lo facevano sentire come fosse pesantemente fatto di LSD. Si appoggiò alla prima cosa che gli capitò sotto tiro, cercando di bloccare la sala che continuava a girare attentando alla sua integrità.

Integrità un paio di palle. E' morta nel momento in cui ho perso la scommessa. Non sono integro, sono a pezzi!


Quando un criceto lo chiamò principessa e gli chiese se andasse tutto bene, decise che affogare i suoi dispiaceri nell'alcool non era stata una mossa molto brillante. Arrivò quasi a rispondere per le rime ma poi, in un misero lampo di lucidità, realizzò che forse era un bene non essere riconosciuto (non in quei panni!) Cercò di dirigersi verso il tavolo delle bevande, era arrivato il momento di votarsi all'acqua; forse, se avesse bevuto a sufficienza avrebbe fatto talmente tanta pipì da tornare sobrio.


Talk don't change a thing, oh, it's fading fader!


Ebbe non poche difficoltà, con tutti quei piedi che gli pestavano l'orlo del vestito. Con le mani lo afferrò per sollevarlo da terra e sgusciò tra i corpi saltellanti e chiassosi con una certa abilità consumata. Tra tutte quelle teste dai copricapi eccentrici, spuntava sopratutto il suo, un grazioso cappellino verde smeraldo a banda larga con dei fiori appuntati da un lato, tenuto fermo da un voluminoso fiocco legato sotto il mento(3).

Perché Morgana ha questa roba nell'armadio? Perché?!


Mentre puntava ad una zona momentaneamente libera da esseri umani ubriachi e giulivi, ricordò vagamente che essendo membro del club rievocazioni storiche, Morgana possedeva diversi costumi appartenenti a differenti epoche e culture.


Stronza com'è deve avermi rifilato il più ingombrante. Spero morirà soffocata dalle sue risate. E io non andrò al suo stupido funerale!


Caduto nuovamente in quel vortice post depressione apocalittica e dimentico dei suoi buoni propositi di smaltire la sbornia attraverso la sacra via dell'acqua liscia meglio se leggermente frizzante, con aria decisamente poco gioviale si appropriò del punch di uno zombie che passava di lì per caso.


Words don't sink, it swims oh, it's fading fader!


"Ehi, quello è mio!"


Merlin fece un sorriso brillo e sputò nel bicchiere.


"Lo rivuoi?"


Lo zombie rispose con una faccia disgustata e lo insultò prima di tornare sui suoi passi e prenderne un altro.


"Che stronza!"


Stronzo. Sono uno stronzo! Perché nessuno se ne accorge?!


Oramai convinto di aver fatto la scelta giusta (quella di tornare a cavalcare la via dell'alcool libero), trangugiò quasi tutto d'un fiato il punch sottratto (con scarso tatto), al povero morto vivente. Punch che si sommò ad altre schifezze che già ribollivano nel suo stomaco, come birra, prosecco, qualche shottino e che diavolo ne sapeva lui. Merlin non era mai stato un amante degli alcolici, anzi, faceva davvero schifo come bevitore. Ma quella era una serata particolare.

Sì. La serata in cui potrò dire addio a tutti i miei piani, se mai avrei voluto davvero boicottare la lucidità mentale di Pendagron per rincoglionirlo e fare del suo corpo ciò che ne avrei voluto, prima o poi. Morgana ha preso i miei sogni dal cassetto, li ha buttati nel cesso e ha tirato lo sciacquone. Questa si chiama amicizia.


Doveva ubriacarsi. Non c'era altro modo di affrontare quella grigia, grigissima tragedia. Il punch scivolò giù nella gola che una vera bellezza! Forse un po' troppo bene, tant'è che lo stomaco iniziò a bruciargli come avesse inghiottito un fiammifero. Lasciò cadere il bicchiere di plastica vuoto a terra e si appoggiò al muro durante un giramento particolarmente crudele. Era alla maledetta festa della confraternita dei Camelot, Arthur Pendragon era lì da qualche parte a strusciarsi in mezzo alla bolgia ubriaco come una melanzana e lui, che finalmente era riuscito a trovarsi nello stesso posto alla stessa ora e non perché avevano lezione insieme, era vestito da donna!


Bless this mess we tried our best thats all that we can do! While the angels walk with the lonely ones in the cold rain to rescue you!


Se Dio esiste mi odia. Oppure è gay e vuole Pendragon tutto per sé. Egoista.


Perché Morgana non era ancora venuta a calpestare la sua ex dignità? Le era bastato farlo quando l'aveva aiutato ad indossare quell'abominio di costume? Guardò come il corpetto, della stessa tonalità del cappello, gli stringesse il petto piatto, risultando un po' largo in mancanza di tette da contenere(4). Era il giorno più brutto della sua vita ed avrebbe già tentanto il suicidio se solo non fosse stato vestito così.

Mi rifiuto di morire vestito da donna. Almeno nella morte potrò pretendere virilità!


Quando si sentì abbastanza sicuro di sé, si staccò dal muro e si immerse nuovamente nella folla. Non aveva una meta precisa, ma stare fermo sembrava peggiorare la sua condizione di neo alcolizzato e credeva seriamente che avrebbe vomitato, di lì a poco. Gli balzò in mente che forse, andare a prendere un po' di aria fresca, non sarebbe stata una cattiva idea e cercò di capire da che parte fosse l'uscita; era circondato da braccia e gambe scalpitanti, da facce mostruose e costumi appariscenti, non aveva la più pallida idea di dove si trovasse esattamente e se non avessero smesso di saltare su e giù, gli sarebbe stato impossibile vedere aldilà di tutte quelle teste! E le luci, le maledette luci lampeggianti che non gli facevano vedere un tubo! Con un principio di irritazione crescente, dimenticò di sollevare la veste ed inciampò, per l'ennesima volta, come una pera cotta.

Ecco, questa è la volta buona che me la spacco sul serio la testa! O qualcuno lo farà per me!


Nonostante le sue funeste previsioni, Merlin fu ben lungi dallo spiaccicarsi con la faccia addosso a qualcuno o per terra, perché due braccia lo afferrarono al volo impedendo l'avverarsi di quella profezia. Il primo istinto del ragazzo, ovviamente, fu quello di scusarsi per l'ennesima volta.


"Scusa! Io... io credo di essere un po' ubriac-"


Un elettroencefalogramma piatto. Si tramutò esattamente in questo, il cervello di Merlin, quando sollevando lo sguardo si ritrovò a fissare da vicino la faccia da schiaffi di Arthur Pendragon. Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii. L'abbiamo perso. Arthur era lì, con le braccia attorno alle sue spalle e lo guardava con una faccia un po' babbea, ma era colpa dell'alcool ed era figo comunque. Lo guardava e forse stava aspettando di sapere qualcosa.


"Ti sei fatta male?"


Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii. Aveva detto qualcosa. Era abbastanza sicuro che Arthur avesse detto qualcosa. Assottigliò le palpebre ed optò per un diplomatico "Forse", che stava sempre bene un po' ovunque. Lo vide aggrottare le sopracciglia bionde, il respiro che sapeva di alcool probabilmente tanto quanto il suo, gli occhi azzurri lucidi e brilli e quella corona(5) che gli cadeva un po' sbilenca da un lato, sbilenco come di solito era il sorriso con il quale se ne andava in giro per i corridoi del college. Un ragazzino viziato, ecco cos'era Pendragon. E Merlin ci moriva dietro dal primo, maledetto anno. Ah, per la cronaca, ne stavano frequentando il quinto ed ultimo.


And this fable world's comin' down hard, walls comin' down hard, in all our homes!


*


Morgana aveva perso di vista Merlin un po' di tempo fa. Diciamo... quattro o cinque drink. Ma, ehy, era una festa e lei l'aveva deriso decisamente abbastanza! Non aveva intenzione di umiliarlo per tutta la sera, voleva anche divertirsi ed era quello che stava facendo. Alzò le braccia in alto, cantando ad alta voce Fader come non ci sarebbe stato un maledetto domani. Saltellando su e giù, rovesciò sbadatamente qualche goccia del suo alcolico sulle teste degli altri, compresa la sua, ma a chi importava? Nessuno ci fece caso e continuarono a spintonarsi e strusciarsi tutti insieme, drogati dalle note di quel rock dai ritmi decisamente festaioli.

Quella che si dice una festa di inizio anno! Merlin mi ringrazierà!


Si sentì afferrare all'improvviso per una spalla e quando si voltò, incrociò lo sguardo di Valiant che aveva i capelli appiccicati alla fronte per il sudore. Non si spostò schifata solo perché era sudata anche lei e sperò distrattamente che il trucco da vampira non fosse colato a picco; smise di saltellare come una matta e cercò di capire cosa l'altro gli stesse dicendo.


"Cosa?" urlò, invitandolo a ripetere una seconda volta.

Ma perché deve parlare proprio adesso? Tra poco arriva il pezzo fico!


"Usciamo un attimo, non mi sento molto bene!"


E quindi?

Morgana lo guardò interdetta per interminabili secondi.


So hold a hand for cover hold a hand for cover, hold a hand for cover from harm!

UH-UH-UUUUUUUUHHHHHH!!!


Ecco il pezzo fico. E lui ha interrotto il mio ritmo. Giustamente, lo doveva fare proprio adesso. Ma, tra parentesi, che stai male, a me...?


Valiant interpretò il suo silenzio come un assenso e se la trascinò dietro verso l'uscita che dava sui prati intorno al college. Studiare mitologia classica ed iconografia non era male, se lo facevi all'interno di un castello adibito ad edificio scolastico. L'aria fredda impattò sul volto accaldato di Morgana come uno schiaffo e la fece rabbrividire; sentiva il sudore che le imperlava la fronte e che le inumidiva i capelli legati, ghiacciarsi sulla cute.

Cioè, fammi capire, lui sta male ed io dovrei prendermi una polmonite per... solidarietà?


Scesero gli scalini e si inoltrarono nel prato, mentre distrattamente la mente della ragazza venne attraversata da un pensiero fugace.

Dove stiamo andando?


"Lì" rispose Valiant. Evidentemente l'aveva detto ad alta voce. Notò che l'altro le indicava una panchina poco lontana; a quella distanza il suono della musica giungeva ovattato ed incomprensibile ed attraverso i vetri delle finestre, le luci intermittenti si infrangevano sul prato senza uno schema preciso. Morgana si abbracciò le spalle cercando di darsi un po' di calore, rilasciando nuvolette di vapore ad ogni respiro. Aveva bevuto, ma reggeva abbastanza bene gli alcolici ed a parte un senso generale di confusione, si sentiva bene.


"Ehi, tutto ok?"


La voce di Valiant la colse impreparata. Lo guardò con espressione sorpresa, cercando di capire che cosa intendesse dire. Aveva colto la nota di preoccupazione nella sua voce, ma non riusciva a capire a cosa fosse dovuta.

Lui sta male e chiede a me se va tutto bene? Ma è cretino?


"Sì, perché?"

"Bè... la panchina è leggermente più a destra. Dove stai puntando, esattamente?"


Vide come l'altro cercò di non riderle in faccia ed, in effetti, notò come stesse tendendo un po' troppo verso un'altra direzione, rispetto la panchina. Corrugò la fronte colpita nell'orgoglio e rimase stoicamente impassibile, dando a vedere di sapere perfettamente quello che stava facendo.

D'accordo, forse avrei potuto evitare gli ultimi due o tre drink. Sei una peccatrice Morgana e finirai all'inferno per questo. Sappilo.


"Senti, io me ne torno dentro" decretò, sentendo già i piedi trasformarsi in due stalattiti. Non sapeva neanche perché avesse seguito Valiant lì fuori ma dovette ammettere che l'aria fresca le aveva ridato un po' di lucidità.

Non che non intenda disfarmene di nuovo. La notte è giovane e io pure. Finché lo stomaco regge, tutto regolare.


Non fece in tempo a voltarsi che Valiant le si parò davanti con una prontezza un po' eccessiva, per uno che non si sentiva tanto bene. Morgana gli lanciò uno sguardo accigliato, non ci provò neanche a fingersi amichevole. Quel ragazzo non le era mai piaciuto ma faceva parte della combriccola di Arthur e bene o male, aveva sempre sopportato la sua presenza. Che diavolo gli prendeva di punto in bianco? Valiant sorrise di un sorriso scintillante... o forse erano le luci psichedeliche che vedeva provenire da dietro le finestre oltre le sue spalle, a renderlo così brillante?


"Che fretta c'è? Stai qui con me cinque minuti, non vorrai lasciarmi da solo in questo stato?"


Stato? Quale stato? Se camminassimo entrambi sul ciglio del marciapiede sono sicura che chi cadrebbe per strada sarei io.


"A me sembra tu stia piuttosto bene" disse infatti Morgana, con un tono di voce molto spicciolo e che faceva intendere di voler concludere in fretta la questione. Se Valiant voleva usare la tattica di far presa sulla sua coscienza, aveva toppato alla grande. Lei non aveva una coscienza. Lei le coscienze se le mangiava a colazione in mezzo alle frittelle.


Mi serve bere molto più di così, per farmi fessa, mio caro.


Tuttavia l'altro non si diede per vinto e stringendosi nelle spalle, continuò a sorridere con aria pacifica senza liberarle il passaggio. Morgana tentò di scartare a sinistra per superarlo, ma venne bloccata di nuovo; allora tentò verso destra, col risultato di far ripetere la stessa scena. La ragazza strinse i denti, cercando di non mettersi a ringhiare e piantò i suoi occhi chiari in quelli scuri di Valiant, tentando di emanare una sorta di aura autoritaria e poco incline al gioco.


Adesso tiro fuori i miei finti denti da vampira e gli faccio uno squarcio lungo un chilometro sulla giugulare. Oh, Arthur, mi dispiace tanto, non so che fine abbia fatto il tuo amico! L'ultima volta che l'ho visto stava annaspando agonizzante in mezzo al suo stesso sangue, ma dopo non ho proprio idea di cosa possa essere successo!


"Fammi passare" sibilò. Sbagliava o faceva anche più freddo di prima, lì fuori? No, non era la paura a farle quell'effetto. Morgana aveva una personalità troppo aggressiva; quando qualcosa non le piaceva, lei attaccava. Tuttavia, se non avesse bevuto tutto quell'alcool, il suo buon senso le avrebbe detto che c'era qualcosa di strano.


"Andiamo, rilassati, mica ti mangio. Solo cinque minuti, eh?" commentò Valiant, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. Si era vestito come l'eletto di Matrix, peccato che in quel momento Morgana lo vedesse più adatto nei panni dell'agente Smirz. O Spinck. O Stitch.

Com'è che si chiamava...?


"Hai freddo?" tornò a parlare il ragazzo, avvicinandolesi di qualche passo con una strana luce negli occhi. Morgana sentì un brivido farle accapponare la pelle, ma non era dovuto alla bassa temperatura. Non le piaceva il modo in cui l'altro la stava guardando, le sembrava la stesse mangiando (o spogliando) con gli occhi. Disgustata, scacciò violentemente la mano che Valiant aveva voluto poggiare sulla sua spalla come approccio iniziale, ma quel movimento brusco le causò con sorpresa un giramento di testa che la fece vacillare. Valiant colse l'occasione per passarle le braccia intorno alle spalle, con la scusa di evitarle una caduta e la prima cosa che Morgana riuscì a notare, fu il pesante respiro alcolico che il ragazzo le soffiò direttamente sulla faccia, parlandole vicino.


"Non ti agitare, lo vedi poi cosa succede?"


"Levami immediatamente le mani di dosso o giuro che mi metto ad urlare!"


Valiant sorrise con un pizzico di sarcasmo, quel tanto che bastò a dargli un'aria da delinquente (nel totale senso negativo del termine). Lanciò un valutativo sguardo al parco della scuola, sondando con simulata attenzione i prati praticamente deserti. Morgana era troppo intelligente per non capire cosa quegli occhi scuri stessero cercando di comunicarle ed avvertì con precisione lo stomaco sprofondarle all'altezza delle ginocchia. Forse, adesso, un po' di paura ce l'aveva.

Ma un pizzico proprio. Bella mossa, Morgana. C'è una festa, è normale che siano tutti lì a spassarsela. Merda.


"Non ti conviene fare il coglione con me, Valiant, le conseguenze sarebbero talmente devastanti che una volta uscito di qui, se ci uscirai, non ti assumerebbero neanche per fare il maledetto gelataio in mezzo al deserto!"


"Mh, può darsi. Ma questa è una serata speciale..." le rispose lui, cercando un contatto con la pelle del viso di Morgana, che allungò il collo quanto poté per evitare anche solo di odorare il suo fiato pesante "... c'è una festa, siamo tutti ubriachi e non c'è nessuno che ci sta guardando. Potrai fare la testimone di te stessa, se è quello che desideri"


Non poteva credere alle sue orecchie. Quel verme stava osando davvero sfidarla? Lei, Morgana Pendragon, per gli amici Gana e per gli sfigati cagasotto la Banshee? Le braccia di Valiant erano pesanti; così pesanti che sentì l'esigenza estrema di liberarsene subito. Cominciò a dimenarsi in quella stretta, voleva allontanarlo e voleva filarsela alla velocità della luce da Arthur. Gli avrebbe raccontato tutto e sapeva che suo fratello avrebbe reso Valiant l'equivalente di una massa informe senza volontà né utilità e lei aveva tutta l'intenzione di aiutarlo nel far avverare quella realtà.
Il ragazzo strinse la presa, diventando ancora più soffocante e le sue mani, grandi e poco delicate, iniziarono a prendersi confidenze che in condizioni normali non gli sarebbero state concesse neanche fosse stato l'ultimo uomo sulla terra. Morgana tentò di affondare le unghie da gatta nel collo di Valiant, non certo per una carezza appassionata e sembrò riuscire a fare davvero qualcosa, tant'è che lo sentì ringhiare di dolore. Quando vide l'occhiata raggelante che lui le lanciò, resa inoltre lucida dall'alcool, il pensiero che forse aveva peggiorato la situazione si tramutò quasi in realtà. Sentì una delle sue mani enormi stringerle la gola e l'altra scivolare lungo il suo fianco, verso la gonna, cercando un accesso che lo potesse far arrivare tra le sue cosce.
Il sangue le rombava nelle orecchie ed il cuore le scalpitava nel petto. Per quanto potesse dimenarsi, Valiant sembrava essersi reso immune alle sue rimostranze, forse perché pesantemente ubriaco.

O magari è così maiale e figlio di puttana tutti i giorni del creato!


L'istinto le suggerì di urlare, anche se la razionalità le diceva che sarebbe servito a poco. Ma non è che si sentisse molto in vena di razionalizzare in quel momento, così aprì la bocca ed urlò. Urlò e le mani di Valiant si strapparono con violenza dal suo collo, lasciandola barcollante lì sul prato in preda ad una tachicardia precoce. Si tocco la pelle sotto il viso, sentendosi finalmente libera da quella morsa soffocante e cercò di vedere oltre la nebbia che le appannava gli occhi chiari. Qualcosa lì sul prato, davanti a lei, stava accadendo.


*


Merlin era ad una festa. Merlin era ad una festa della confraternita dei Camelot. Merlin era ad una festa della confraternita dei Camelot vestito da donna ed Arthur Pendragon, l'asino imbecille che lo stava rendendo monogamo unilateralmente parlando da cinque, maledetti lunghi anni, lo stava stringendo tra le braccia cercando di capire se si fosse fatto male. Anzi, se si fosse fatta male. Ma cosa poteva fregargliene di essere infilato in un contesto femminile anziché maschile, quando era così deliziosamente brillo ed ebbro della vicinanza di quell'incomparabile primato di deficienza? Arthur era lì, in tutta la sua maschia virilità, in tutta la sua biondaggine, i suoi occhi azzurri, la faccia un po' cretina tipica dell'alcolizzato medio e... e... non poteva fare a meno di pensare quanto fosse carino. Merlin, francamente parlando, si sentì del tutto giustificato. Voglio dire, quando uno gnocco di tale portata viene e ti stringe e ti guarda con quegli occhi lì, là, su e giù (da pesce lesso insomma) e tu sei completamente partito per la tangente da un bel po' oramai, considerando che la stanza non ha ancora smesso di girare... che fai? Non lo baci? Ma certo che lo baci. Infatti, Merlin fu obbligato dalle regole di buona creanza (che tutti conoscono) ad avviluppare le braccia intorno al collo di Re Pendragon (riteneva quella corona di plastica di Burger King sempre più adatta) e far scontare le labbra con le sue in un bacio che di dolce o tentennante non aveva nulla. Anzi, lo scontro fu piuttosto doloroso ma l'alcool avrebbe pensato a cancellare quello scomodo dettaglio. Dopo la prima, maldestra cozzata guidata dall'ardente desiderio, Merlin ci provò di nuovo; stavolta tentò di non spaccare il labbro di nessuno dei due e con i denti saggiò la consistenza della bocca di Arthur. Non seppe dire se a farla schiudere fu la sorpresa per quello che aveva avuto il coraggio di fare, l'alcool o il fatto che volesse davvero ricambiare il suo bacio, ma Merlin non era abbastanza in sé per porsi una domanda del genere. Non appena realizzò di poterlo fare, fece scivolare la lingua nella sua bocca calda, immaginando di baciarlo come se l'era figurato durante tutti quegli anni a mormorargli dietro. Per degli attimi che gli parvero infiniti, spense completamente il cervello ed assaporò quel momento come mai avrebbe potuto permettersi di fare se fosse stato sobrio. Cercò e saggiò e pretese il sapore di Arthur, riversò in quell'istante infinitesimale tutto ciò che in cinque anni lo aveva tormentato. Quando Merlin sentì, all'improvviso, che il biondo aveva (non senza una certa titubanza) iniziato a ricambiare quelle sue attenzioni quasi disperate, perse completamente la ragione. Affondò le dita nei suoi capelli biondi, stringendoli alla cute senza tirare e registrò distintamente le mani di Arthur che gli artigliarono i fianchi con una buona dose di determinazione.

Oh Dio, porco mondo, oh Dio, Gesù, Giuseppe, Maria e tutte le pecore del presepe!


Merlin affondò in quel calore come non ci sarebbe stato un maledetto domani, mentre la musica di una nuova canzone gli riempì le orecchie unita alle grida della gente. Era una situazione così irreale, eppure così sua! Lo stava baciando davanti a tutti ma nessuno li vedeva davvero! Era così... così esaltante!

In questo momento è mio. Questo istante non ritornerà mai e per questo resterà sempre il mio momento.


La lingua di Arthur si scontrava con la sua e, davvero, non avrebbe mai potuto chiedere niente di meglio. Anche se il suo sapore era mascherato dall'alcool, poteva sentirlo, poteva indovinarlo.
Fu il biondo ad interrompere quel contatto, staccandosi bruscamente solo per incamerare aria. Le sue mani restarono ancorate sui fianchi di Merlin e le labbra, che bevevano ossigeno come dopo una lunga apnea, sembrarono non volersi allontanare troppo da quelle dell'altro. Rosse, gonfie dal suo bacio, Merlin avrebbe voluto morderle come fossero state una mela.

Cazzo, già sono vestito da principessa, se adesso mi metto a pensare pure come Biancaneve sono finito. Mi farò ricoverare di mia spontanea volontà. Tutto questo sentirmi dare della femmina mi sta facendo il lavaggio del cervello.


"Chi sei?"


La domanda di Arthur gli congelò il sangue nelle vene. Pendragon l'aveva appena sussurrata e lo guardava con una sorta di ingenua meraviglia negli occhi azzurri che bastò a mandarlo nel panico. Davvero pensava di poterlo baciare così, in un modo del genere e poi pretendere che nulla fosse successo?

Beh, con tutte quelle che avrà avuto, non sarà neanche la prima volta che bacia una persona che non conosce, che diavolo?!


Non aveva pensato al fatto che forse, forse, avrebbe dovuto dare delle spiegazioni per ciò che aveva fatto. Anche se, a conti fatti, Arthur non gli stava chiedendo delle spiegazioni. Voleva solo sapere chi avesse appena baciato.
Merlin aprì e chiuse la bocca più volte, facendo la figura di un pesce fuor d'acqua, ma non sapeva proprio che cosa dire. Non voleva svelare la sua vera identità! Quel bacio e quell'atmosfera erano stati perfetti per renderlo un evento isolato, fuori dallo spazio e dal tempo e la risposta a quella domanda, avrebbe reso tutto dolorosamente reale.
Perché Merlin sapeva come sarebbe andata a finire.

Arthur Pendragon baciato da un ragazzo. Che disonore! Disonore su di lui, sul suo cane e la sua mucca!(6) Probabilmente verrebbe sottoposto a degli esami batteriologici per controllare che io non l'abbia reso impotente o sterile, infettandolo con i miei feromoni. Manco fossi un Visitor.


Nel bel mezzo del suo status un po' troppo giulivo, Merlin fu abbastanza lucido da allontanare le mani di Arthur da sé. Stese le labbra in un sorriso un po' enigmatico ed approfittando del movimento convulso della folla, sgusciò tra gli altri studenti sfoderando di nuovo quella stessa abilità consumata usata poco tempo prima. Non si voltò neanche una volta per controllare se Arthur avesse tentato di seguirlo oppure se fosse tornato a ballare ed a bere già dimentico di lui (lei). Non si voltò, perché se l'avesse fatto credeva che avrebbe trovato il coraggio per rispondere a quella domanda, ma non voleva farlo accadere.

Sto bene così, è il mio ultimo anno e voglio finirlo nella piena pace dei sensi. L'ho baciato, pensavo non sarebbe mai accaduto invece è successo. Fattelo bastare, Merlin.


Quando l'aria fresca della sera lo schiaffeggiò, si affrettò a sbarazzarsi di quel maledetto cappello verde e solo allora si accorse che il fiocco sotto al mento aveva contribuito stoicamente alla sua nausea. Quando se lo tolse, infatti, si sentì decisamente meglio. Inspirò profondamente un paio di volte, ad occhi chiusi, cercando di ingoiare lo stomaco arrivato fino alla gola e di calmare i battiti del suo cuore. L'aveva baciato!


"Ho baciato Arthur Pendragon!" esclamò con una certa emozione, come se il pronunciarlo ad alta voce lo potesse rendere ancora più assurdo! Quel che non si aspettò, ovviamente, fu un commento.


"Che cosa?!"


*


Valiant sputò saliva mista a sangue sull'erba verde del parco; i suoi occhi scuri sembrarono sul punto di lanciare fiamme, dirette al ragazzo dal labbro spaccato che lo nascondeva alla vista di Morgana, celata dietro il corpo del suo eroe senza macchia né paura.

Ma chi diavolo è?


Aveva poi scoperto che la nebbia che le appannava gli occhi non era causata da altro che lacrime di paura. Il fatto che Valiant fosse riuscito a fargliene provare, l'aveva seriamente mandata in bestia. Lei non aveva paura di niente e nessuno. Semmai erano gli altri, a doverla temere. Quel cane glie l'avrebbe pagata cara.

Oh, eccome se la pagherai, povero sciocco. Hai deciso di giocare con la persona sbagliata.


Tuttavia, una volta eliminata qualsiasi traccia di potenziale piagnisteo, non aveva comunque riconosciuto quello che si era aggrovigliato nell'erba insieme a Valiant, improvvisando un'azzuffata in suo evidente soccorso.

Mi sento tanto dama del castello. Finalmente qualcuno che mi tratta come si conviene ad una donna del mio calibro. Sì, picchiatevi per me, sanguinate in mio onore!


Morgana, oltre ad avere una natura essenzialmente aggressiva e despota, era anche vagamente egocentrica. Della serie, me la tiro perché posso. Adorava sentirsi al centro dell'attenzione, adulata e rimirata, era una femmina nel senso stretto del termine e faceva sue le più vaste sfumature del significato della parola vanità. Come ogni egocentrico che si rispetti, fingeva una buona dose di modestia, ma solo con chi non riteneva degno della sua amicizia e fiducia. Era, per concludere, sulla buona strada per la megalomania compulsiva. E se ancora non esisteva, beh, lei l'avrebbe fatta inventare, diavolo.


"Te ne pentirai, Duirvir(7)! Dovevi farti gli affari tuoi!"


Duirvir? Dov'è che ho già sentito questo cognome?


Morgana studiò con attenzione i capelli neri e riccioluti del suddetto ragazzo, cercando di fare (con scarso successo) mente locale. Ma se quello continuava a darle le spalle, dubitava seriamente che sarebbe riuscita a ricordare qualcosa.

Memoria fotografica. E' la migliore che ho. Tutto il resto posso buttarlo in pasto ai coccodrilli.


"Se non evapori entro cinque secondi, ti darò l'occasione di farmene pentire e vediamo che succede. Fai schifo"


Valiant digrignò i denti come un animale furioso messo alle strette. Era evidente che non gli piacesse neanche un po' sentirsi dire cosa doveva fare, anche se in quel caso sarebbe stata di fatto la scelta migliore, quella di levarsi di torno. Passò il dorso della mano sotto al naso, asciugando il sangue che dalle narici, gli colava sulle labbra. Gli occhi scuri cercarono Morgana oltre le spalle del suo avversario, intrisi di un risentimento che solo qualcuno di molto tenace, poteva provare. E lui lo era. Era di una tenacità sconcertante.

Hai vinto una battaglia ma non la guerra, Duirvir. L'anno universitario è appena cominciato e sarà lungo. Molto lungo.


"Ci vediamo domani al corso" disse invece, con un sorriso ferino sulle labbra macchiate. Quelle parole suonarono più come una minaccia, che una promessa o saluto. Voltando loro le spalle, si allontanò sull'erba, diretto verso i dormitori maschili anziché verso la festa ancora in corso. Gli occhi chiari di Morgana restarono appigliati alla sua schiena sino a quando, girando ad un angolo, non le fu più possibile vederlo. Esalò un sospiro di sollievo piuttosto sentito e di colpo, tutta l'adrenalina che aveva accumulato, le precipitò addosso. Barcollò sui tacchi in un modo un po' imbarazzante (per una del suo calibro parlando) e soltanto l'aiuto di quel Duirvir le impedì di cadere col sedere per terra. Non avrebbe saputo dire perché, ma si sentiva più brilla di prima; non ricordava di aver avvertito nausee mentre seguiva Valiant lì fuori, ma adesso le aveva.


"Mi viene da vomitare" disse molto candidamente, adocchiando il volto del ragazzo che le stringeva gentilmente un braccio per darle una sorta di equilibrio.

Ah, sì! L'ho visto da qualche parte, insieme a...


"Sei nei Camelot con mio fratello?"


"Sì" rispose quello, stendendo le labbra in un sorriso, ma pentendosene subito dopo. Con un sibilo di dolore, toccò l'angolo tumefatto della bocca, dove Valiant l'aveva colpito pesantemente.


"Come ti chiami?"


"Mordred"


Mordred. Mordred, Mordred, Mordred... Ah, Mordred!


"Tu sei quello che l'anno scorso ha battuto il record!" esclamò la ragazza, colta da un lampo di consapevolezza in tutto quel nebbiume che era il suo cervello. Mosse i primi titubanti passi per tornare alla festa. Si sentiva uno schifo, doveva ammetterlo e forse dopo lo spavento che si era presa, sarebbe stato meglio per lei tornare al dormitorio... ma col cavolo.

Finché non sverrò a terra e non saranno costretti a portarmi via su una barella, non andrò proprio da nessuna parte. Io sono l'anima della festa. Se me ne vado io, allora tanto vale chiudere baracca e burattini.


Mordred le restò al fianco, lasciandole il braccio e mantenendo tuttavia la mano mezza sollevata per aria, pronto per riacciuffarla in caso di bisogno. Morgana non ci fece neanche caso, se avessero chiesto a lei, avrebbe risposto che stava una favola e che meglio di lei, davvero, non stava proprio anima viva. Ricominciò ad avvertire un freddo penetrante ma tenere le braccia libere di navigare ai lati del suo corpo, la aiutava a destreggiarsi su quei trabiccoli che erano diventati i suoi tacchi.

Se fighe e letali si vuole apparire, l'osso del collo alla morte bisogna offrire.


"Sì, il record" confermò Mordred, con un sorriso di sottile ironia. Sottile perché, se fosse stata più accentuata, avrebbe sentito di nuovo dolore alla bocca. "Uno dei pochi che hanno fatto entrare in confraternita al primo anno. Questa storia sta diventando piuttosto scocciante" aggiunse, passando distrattamente la lingua sul taglio che bruciava come l'inferno. Anche Valiant faceva parte dei Camelot, ma non aveva idea di come fosse riuscito a farsi accettare nella cerchia. Sapevano tutti che era un verme approfittatore e che se aveva la possibilità di piantarti un pugnale nelle spalle, l'avrebbe fatto senza tanti complimenti. A Mordred quel tipo non era mai andato a genio e dopo quella sera, non sarebbe mai più stato in grado di farselo piacere.


"Che aria da uomo vissuto che hai, per essere uno del secondo anno" commentò schietta Morgana (che due calcoli era ancora in grado di farli), mentre raggiungeva la scalinata che l'avrebbe riportata all'interno della sala. Sbatté le palpebre un paio di volte perché la vista si era annebbiata di nuovo. Il cuore era tornato a battere regolarmente, sì, ma c'erano tutti quegli effetti collaterali che la facevano sentire strana. Aggrappandosi al corrimano di pietra, iniziò a salire scalino dopo scalino, con la fronte corrugata, come stesse pensando a qualcosa di particolarmente impegnativo.

Non. Vomitare. Non. Vomitare. Non. Vomitare. Non. Vomitare.


Mordred, per niente irretito dal tono di voce che la ragazza aveva usato nei suoi confronti, infilò le mani nelle tasche dei pantaloni ed iniziò a salire insieme a lei, imitandola in maniera un po' stronza (e cioè, facendo uno scalino alla volta con la faccia di uno che si stava divertendo a spese altrui). La lasciò al suo destino, senza neanche cercare di aiutarla e sospirò sereno, il suo stato fisico e mentale in netto contrasto con lo straccio che era diventata Morgana. Fortuna che lei non l'avesse ancora realizzato!


"Detto da una come te è poco credibile. Comunque prego, è stato un piacere"


"Prego cosa?"


"Prego, è stato un piacere evitare che Valiant ti infilasse le mani sotto la gonna" specificò Mordred, senza perdere quell'aria un po' sbeffeggiante che lo rendeva meno eroe senza macchia né paura. Morgana gli lanciò un'occhiataccia in tralice, senza mollare il corrimano.


"Avevo tutto sotto controllo" biascicò con la lingua impastata, cercando di salvare quel minimo di dignità che le restava.


"Sì, l'avevo notato. E' per questo che sono intervenuto. Perché avevi tutto sotto controllo. E, tra parentesi, dovresti davvero evitare di metterle così corte. Non ci sarà sempre qualcuno nei paraggi che potrà intervenire quando hai tutto sotto controllo, sai?"


Come pizzicata sul vivo, Morgana afferrò la gonna cercando di abbassarla un po', ma l'occhiata malevola non si incrinò di un millimetro. "E' una gonna da vampira" disse, "E le gonne da vampira sono fatte così punto e basta. E poi tu cosa diavolo ci facevi lì?"

Sei un guardone. Dillo che sei un guardone!


Mordred, con una notevole nonchalance, si strinse nelle spalle e virò lo sguardo altrove.
"Tutto quel baccano mi aveva fatto venire mal di testa, sono uscito per prendere un po' d'aria" commentò serafico, ricominciando a salire, sempre un gradino alla volta, senza aspettarla. Quando arrivò in cima, si voltò verso di lei e la guardò con le sopracciglia inarcate.

Bè, che aspetti, l'autobus? stava dicendo la sua faccia da schiaffi.


Morgana si morse la lingua e ricominciò a salire, eppure c'era qualcosa che non andava. Se lo sentiva che c'era e quel dettaglio le stava sfuggendo, non riusciva ad afferrarlo, lo sentiva scivolare sempre più in fretta, mentre metteva piede accanto a Mordred. Cercò di concentrarsi, osservò il volto del ragazzo con un'indiscrezione a dir poco disdicevole, esaminò la profondità dei suoi occhi chiari per cogliere quel qualcosa, ma quel qualcosa che non riusciva proprio a concretizzare inaspettatamente le sfuggì dalla bocca. Si voltò in tutta fretta e gettandosi sul porta ombrelli vicino la porta, iniziò a vomitare anche l'anima, senza un briciolo di quell'eleganza di cui tanto amava vantarsi. Stava vomitando e lo stava facendo in un modo piuttosto rumoroso.

Ok, questo è il punto in cui saranno costretti a portarmi via su una barella. Uccidetemi. Uccidetemi adesso!


Mordred trovò molto tenero il modo in cui Morgana strinse tra le braccia il porta ombrelli. Talmente tenero che, addolcito da quella visione, con il cuore in tumulto, tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare per fare una bella foto. Una bella foto in cui si premurò di inquadrare il volto della ragazza impegnata a tirar fuori anche il probabile tacchino di tre settimane prima.


*


Merlin si voltò con il cuore in gola, ma quando i suoi occhi azzurri incontrarono il volto di Gwen, per poco il sollievo non lo fece accasciare a terra in una massa informe di pelle, ossa e merletti. La sua migliore amica lo stava guardando con un'espressione incredula, le labbra semi dischiuse a sottolineare il suo stupore. A forza di guardarla, Merlin assunse la stessa identica faccia da babbeo.

L'ho baciato davvero?


Sì, l'aveva fatto eccome.

Evviva l'alcool!


"Merlin, ma sul serio?" chiese nuovamente Gwen, mentre uno strano sorriso sornione le addolcì i lineamenti del volto. La faccia sconvolta dell'amico, nonché le labbra ancora gonfie dalla storica pomiciata, dovevano aver risposto al suo posto, tant'è che lei gli saltò al collo con un gridolino eccitato.

Amo circondarmi di persone che sanno condividere la mia gioia in questo modo. Voglio poter fare anche io gridolini così. Ma sono un uomo e questo non accadrà né ora, né mai. Però se lo penso nessuno lo saprà mai. Quindi lo penserò. Lo penserò molto intensamente. Wiiiii! Adesso basta.


Merlin barcollò un po' sotto l'assalto di Gwen, perché brillo com'era faticava già a tenere in piedi se stesso. Lei si staccò solo per avere la possibilità di lanciargli uno sguardo indagatore, un misto tra adesso tu stai bene? e perché puzzi di punch? Ma lui non stava bene e se non avesse puzzato di punch non avrebbe mai fatto quello che aveva fatto. Era tutto collegato, era tutto stato necessario.


"Lui dov'è?" chiese la ragazza, alzando le sopracciglia con genuina curiosità. Davvero pensava che la cosa fosse stata consenziente?

Cioè, lo è stata, ma solo perché non sapeva chi fossi. Che merda. Però che bello.


Merlin scosse la testa e si strinse nelle spalle.
"E' dentro a ballare, credo. E' ubriaco come una spugna e... non lo so, credo di non essere da meno. Credo... anzi, no,
è stata una cosa del momento, Gwen, ma ho apprezzato il tuo gridolino di gioia. Credo..." rispose, corrugando la fronte con aria confusa.

Per caso sono stato un po' ripetitivo? Ma leggermente poco poco?


Gwen gli appoggiò le mani sulle spalle e sorrise incoraggiante. Non era vestita da qualche strano essere/animale/cosa, quindi lo aveva raggiunto dai dormitori, di sicuro. Ma aveva raggiunto lui o qualcun altro? Stordito come un ciuchino, Merlin cercò di elaborare una domanda che fosse intellegibile, ma la ragazza lo precedette.


"Lo sai cosa? Staremo a vedere domani, se è stata una cosa di passaggio o meno. Un cambiamento, nel bene o nel male, dovrà pure esserci Mer! Voglio dire, se è successo davvero quel che è successo, perfino lui non potrà fare finta di niente!"

Sempre se ricorderà qualcosa di questa serata, ma Gwen preferì non esprimere a voce quell'osservazione.


"Non che non sia felice di vederti, ma che ci fai qui? Credevo non saresti venuta..." Merlin optò per un cambio di argomento. Finché l'effetto alcolico fosse durato gli sarebbe parso tutto bello e meraviglioso, ma se avesse iniziato a pensarci seriamente, sarebbe caduto in un baratro di depressione talmente profondo che l'avrebbe portato dritto in Cina.

Bé Merlin guarda il lato positivo. Arriveresti in oriente senza pagare il biglietto! Simpatia portami via, sono una vera sagoma stasera... Che freddure! Devo smetterla di leggere i link di quel Gwaine su Facebook...


"Infatti non sono qui per la festa. Stasera io e Lance dovevamo vederci ma non ha più risposto ai miei messaggi, così sono venuta a cercarlo qui..."


"Ma?" la incalzò l'amico, rigirandosi il cappello verde tra le dita pallide.


"Ma... non c'è. Leon mi ha detto di provare alla palestra..." Gwen si torse le dita ed abbassò lo sguardo con un muto presentimento negli occhi. Merlin la conosceva talmente bene che non aveva bisogno di chiederle che cosa le frullasse nel cervello. Ingoiando l'ennesimo conato, si impose di comportarsi come un migliore amico avrebbe fatto e sospirò, poggiandole le mani sulle spalle.

Oh, vedi! Mi sento anche più stabile!


"Gwen... Lance non ti tradirebbe mai. Voglio dire, ti muore dietro da... sempre! Non cominciare a farti filmini assurdi perché qualsiasi cosa tu stia pensando, è sbagliata!"


La ragazza gli lanciò un'occhiatina poco convinta attraverso i morbidi riccioli scuri che le ombravano il volto. Lancelot e Gwen erano come Romeo e Giulietta, il ketchup sulle patatine, i pop-corn al cinema! Se dicevi il nome di uno dovevi accodarci per forza anche quello dell'altro! Merlin la guardò con eloquenza, sfidandola a contraddirlo. E contraddire una persona ubriaca non poteva essere di certo una mossa molto intelligente. Alla fine, la ragazza si ritrovò a sospirare con pazienza e stese le labbra in un sorriso dolce, dolce come era la sua natura. Lance era caduto come una pera cotta davanti tutta quella dolcezza e quella purezza d'animo e se Merlin fosse stato etero, sicuramente avrebbe fatto effetto anche su di lui.

Voglio dire, come si fa a non amarla? E' fantastica! Non solo è carina, ma ha anche un cervello!


"Sei merce rara Gwen, roba da mercato nero" disse Merlin in uno slancio di affetto per la persona che lo conosceva meglio di chiunque altro, a parte sua madre "E Lance l'ha capito. Tu invece?" concluse, raggiungendo così l'apice del meglio che poteva dare di se stesso in quelle condizioni. Gwen, visibilmente rincuorata dalle sue parole, lo abbracciò nuovamente e gli scoccò un bacio sulla guancia con affetto.


"Grazie Merlin. Lo vedi perché sei il mio migliore amico?"


*


Cercò di affondare ancora un po' di più sul divano, che vibrava ininterrottamente al suono della musica alta. Dove diavolo era finita? Aveva cercato quella ragazza in un lungo ed in largo, ma sembrava essersi volatilizzata.

Eppure con quel cappello è difficile non farsi notare.


Gli occhi azzurri esaminarono ancora una volta la bolgia di corpi urlanti e festosi che sembravano non essere minimamente stanchi, neanche con l'approcciarsi delle tre del mattino. Si passò di nuovo la lingua sulle labbra, ma oramai quel sapore particolare se ne era andato e l'intontimento del bacio tornava ad essere sostituito da quello dell'alcool. Con il palmo della mano accarezzò prima la bocca e poi il mento; sembrava voler catturare una sensazione che gli stava sfuggendo via tra un assolo di chitarra e volti truccati con colori disumani. Dove poteva cercarla?

Chi era? In che confraternita sta? Che corsi frequenta?


Queste ed altre domande vorticavano con logica random nella mente del giovane Pendragon, ma quando il seme del male viene piantato, quello germoglia anche nelle più pessime condizioni. Allungò le braccia sullo schienale del divano e reclinò la testa all'indietro, con occhi un po' vacui. Un vestito verde. Dove aveva già visto quel vestito? Gli era sembrato vagamente familiare, ma non abbastanza da saperlo ricollegare a qualcosa. O a qualcuno. E le luci stroboscopiche gli avevano anche impedito di vedere bene il suo viso, quindi non sarebbe stato in grado nemmeno di riconoscerla se per caso l'avesse incontrata per i corridoi dell'università. Arthur sbuffò infastidito, non sapeva bene neanche lui perché si stesse incastrando tanto per una cosa del genere; l'unica cosa di cui poteva dirsi certo, era che quel bacio gli era piaciuto. Gli era piaciuto tanto. Tanto che quando quella ragazza gli aveva sorriso e se ne era andata, aveva soltanto potuto pensare ne voglio ancora.

Non è che la situazione sia cambiata fino ad ora. Non riesco a non pensarci, mi sono ammattito. Niente che della vodka non potrebbe cancellare, però. O forse no? Ma che ne so! Ancora, ne voglio ancora!


"Ehy, Arthur, hai per caso visto Mordred?" domandò Gwaine, caracollando verso di lui nel suo costume da Gandalf, "Voglio che mi faccia da secondo nella gara di bevute, nel caso dovessi morire nel tentativo di vincere" specificò, sorridendo di un sorriso smagliante.


Perché io non ho i denti così bianchi? pensò distrattamente l'interpellato, tirandosi su dal divano alla meno peggio. Basta, devo reagire. Di questo passo mi fondo con i cuscini.


"No, non l'ho visto" biascicò, già oltrepassandolo per andare a prendersi qualcosa dal tavolo delle bevande. "Prova in dormitorio" concluse e, ancora una volta, scandagliò con attenzione i costumi di tutte le ragazze che gli capitarono a tiro d'occhio.

Tanto ti trovo, che ti credi.


*


Gwen era titubante. Dalle finestre della palestra non filtrava nessuna luce, quindi dubitava seriamente che Lance potesse trovarsi lì dentro. Tuttavia, dato che oramai si trovava lì, dare un'occhiatina non le sarebbe costato nulla. Non è che l'idea la facesse impazzire di gioia, i luoghi bui non le erano mai piaciuti e, si vergognava un po' ad ammetterlo, sin da bambina aveva avuto la necessità di dormire con la porta accostata su un corridoio illuminato o con una piccola luce accesa sul comodino. Inspirò profondamente, indecisa sul da farsi e sfregò le mani fredde tra loro cercando di scaldarle.

Lo sa che odio questo genere di cose, dannazione. Se sta cercando di farmi prendere un colpo è sulla giusta strada per riuscirci!


Si avvicinò di soppiatto all'entrata, neanche si sentisse una ladra in procinto di fare qualche effrazione. Erano cinque anni che frequentavano la stessa università ma Gwen si era 'accorta' dei sentimenti di Lancelot solo l'anno prima. Non è che non avesse avuto occasioni precedenti per farlo, considerando il modo in lui le era sempre ronzato attorno, ma non si era mai sentita pronta per impegnarsi in qualcosa di veramente serio, perché Lance sicuramente era quello che avrebbe richiesto da lei: serietà. Durante l'estate non si erano potuti frequentare, lui aveva fatto qualche lavoretto in giro racimolando una discreta sommetta e lei era dovuta tornare temporaneamente in Francia da una sua zia che si era ammalata e che si aspettava come minimo una lunga visita. Quindi, quella sera, non appena il suo aereo aveva toccato il suolo inglese, si era precipitata all'università per gettarsi letteralmente tra le braccia del suo uomo. Ma questi, con un'abilità che l'aveva lasciata sconcertata (ed impaurita) si era reso irreperibile.
La mente femminile, se lasciata macerare in solitudine, è in grado di creare le più devastanti tragedie greche e quella di Gwen, ovviamente, non era da meno.
Spinse la porta della palestra, affacciandosi oltre la soglia per lanciare all'interno un'occhiata valutativa. Buio, proprio come aveva pensato.


"C'è nessuno?" provò a dire, sentendosi in realtà un po' stupida nel farlo.

Certo che c'è qualcuno Gwen, sono tutti nascosti al buio pronti a farti una sorpresa stile festa di compleanno. Peccato che non è oggi il mio compleanno.


Un rumore proveniente da un angolo giù in fondo alla palestra attirò la sua attenzione, nella maniera più negativa possibile. Il cuore di fatto perse un battito e si mise subito in allerta.

Questa è la realtà, non un film horror. Col cavolo che entro per controllare cos'è stato. Io me ne vado e anche subito!


Non fece in tempo a tornare sui suoi passi che qualcuno la attirò dentro bruscamente e la sola cosa che poté fare, fu urlare.












NOTE DELL'AUTORE: ragazze, PARLIAMONE. Cioè, dai, facciamolo. E' il capitolo più lungo di... di SEMPRE che abbia mai scritto in tutta la mia carriera! Cioè, per i miei standard questa lunghezza equivale ad una fanfiction intera, SONO SCIOCCATA. O forse è la fine di Merlin che mi ha scioccata e mi ha resa una scrittrice migliore?(?) Ai posteri l'ardua sentenza! Comuuunque, partiamo subito con delle premesse. Ho una trama. So già cosa dovrà accadere per ben 11 (dico UNDICI, non so se mi spiego) capitoli. Ad occhio e croce, dovrebbe durarne una quindicina, ma si sa che scrivendo, le idee cambiano e si evolvono. Non so se ogni capitolo sarà lungo in questa maniera, dipenderà dalle necessità della storia, non vi assicuro niente. Non posso dare certezze neanche sulla frequenza degli aggiornamenti, perché anche se ho la cronologia degli eventi, devo ovviamente scriverla. E faccio un lavoro con orari improponibili, quindi tra un attimo di respiro e l'altro io mi ci metto, sul serio. Quiiindi... ho bisogno di tutto il vostro supporto XD e di una beta reader, per chi volesse offrirsi volontaria! L'ho cercata in lungo ed in largo ma credo di essere invisibile, non lo so ç_ç Per concludere, alcune precisazioni:

(1) La canzone è Fader, dei The Temper Trap. Qui il video: http://www.youtube.com/watch?v=LCFpeA54BAk

(2) Questo è l'hot-dog gigante: http://yourmotivational.com/uploads/9011.jpg

(3) Questo il cappello. Immaginatevelo verde e con un bel fiocco sotto il mento: http://i36.photobucket.com/albums/e28/makll/CC/Ann-F.jpg

(4) Quello di Merlin è al centro, obviously: http://today.uconn.edu/wp-content/uploads/2012/01/dresses.jpg

(5) La corona di Arturo: http://4.bp.blogspot.com/_6qwb-C-y4qI/TCM8rszgEhI/AAAAAAAAAAU/Ovtygfr6UEs/s1600/coronapl1.jpg

(6) Citazione voluta di Mushu (Mulan) xD

(7)Allora... ho cercato in lungo ed in largo, su internet, il cognome di Mordred. Ma, considerando che nella leggenda originale è figlio illegittimo di Artù, per rigor di logica il cognome dovrebbe essere Pendragon... il che, non si sposa né con gli eventi del telefilm, né (di conseguenza) con la storyline di questa fanfiction. Ergo, ho creato un cognome per lui che ritengo abbastanza adatto e lo vado di seguito a spiegare: Duirvir significa Druido ed è ricavato da "duir", che vuol dire quercia, e "vir", una parola che significa "saggezza", entrambi termini celtici.


p.s. con questa storia mi dò l'auto benvenuto nel fandom Merliniano. Evviva me! <3

Ciao.

Dico sul serio.

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Capitolo 2
*** Un pessimo primo giorno ***


SECONDO CAPITOLO


Qualcuno spenga la luce.

Merlin si rigirò tra le lenzuola, ma il solo movimento gli causò una dolorosa fitta al cervello, che lo fece mugugnare in modo indecente.

Fatemi tornare incosciente, vi prego.


I rumori della mattina tuttavia non arrestarono la loro corsa, a partire da Will, il suo compagno di stanza. Discrezione non era certo il suo secondo nome e da come sbatteva rumorosamente cassetti e gettava all'aria lenzuola e pigiama, Merlin se ne dispiacque amaramente. Tornò a mugugnare, stavolta con l'intento di suscitare chissà quale sorta di pietà nel ragazzo con il quale condivideva la stanza da cinque anni, ma l'altro si mostrò sordo e cieco ad ogni suo richiamo.


"Stai male, Mer?" domandò infatti, non avendo neanche lontanamente inteso le reali intenzioni di quella specie di moribondo avviluppato nelle coperte come un bozzolo pronto alla rinascita. Will adocchiò il ciuffo di capelli neri che spuntava da sotto la fortezza di piume d'oca e corrugò la fronte.

"Lo cominci proprio bene l'ultimo anno, amico mio"


Un altro lamento d'oltre tomba si aggiunse ai precedenti, stavolta più profondo. Merlin scostò le coperte dal viso, azzardandosi a schiudere le palpebre che sentiva pesanti come macigni. La luce del mattino che filtrava attraverso le tendine leggere, gli ferì gli occhi prima che potesse dire qualsiasi cosa e subito si ritrasse al riparo, nella calda oscurità delle lenzuola. Sentì Will ridacchiare delle sue disgrazie e mosse la lingua impastata contro il palato cercando di scollare qualche parola che fosse comprensibile alla maggior parte degli esseri umani.

"Ore... sciono... che ore...?"


Fortunatamente il caso voleva che Will, da ben oramai cinque anni, fosse estremamente allenato a tradurre gli irripetibili biascichi senza senso che il suo compagno puntualmente gli rifilava, con alcun pudore, ogni sacrosanta mattina al suo risveglio. All'inizio non si era neanche sforzato di comprenderlo, del resto perché avrebbe dovuto farlo? Poi aveva iniziato a trovarlo divertente. Lanciò così uno sguardo alla Pikachu-sveglia(1) appoggiata sul comodino, immancabile presenza della sua intera carriera scolastica, dall'asilo fino a lì.


"E' ora che ti alzi, bello. Io sto già uscendo, i corsi iniziano tra venti minuti"


L'ennesimo lamento di Merlin si perse nel rumore della porta che veniva chiusa da Will. Venti, maledetti minuti. Avrebbe come minimo dovuto volare, per fare in tempo. E siccome lui non sapeva volare, rinunciò sin da principio a tentare di rispettare l'orario previsto, perché tanto era una causa già persa in partenza.

Se mi fossi chiamato in un altro modo e non mi fossi sentito così... travolto da un trattore, ce l'avrei sicuramente fatta.


Con uno sbuffo calciò via le coperte di dosso e si arrese all'inevitabile destino che lo aspettava: quello di alzarsi, lavarsi e fingere di essere una persona presentabile. E magari cercare di cancellare dalla testa quello che Gwen gli aveva detto la sera prima.

Vedrai Merlin, un cambiamento ci sarà! Sì certo, come no. Ieri era talmente ciucco, quell'asino babbeo, che se gli fosse capitato il padre tra le mani non se ne sarebbe comunque accorto. Ugh, cancella subito l'immagine Merlin, cancellala subito! No, no, no! Orrore!


Davvero, se il dolore lancinante alla testa non l'avesse ridotto ad una sorta di massa pallida senza gloria né volontà, probabilmente sarebbe stato curioso di affrontare quella giornata. Molto curioso.


*


Gwen uscì dall'aula con un'aria a dir poco esterrefatta. La lezione sarebbe iniziata tra pochi minuti, ma in quel momento non gliene importava. Non poteva davvero, dopo quello che era successo! Dov'era Merlin? Perché era così in ritardo? Più del solito, si intende!

Che l'abbia già saputo? Oddio, no ti prego, non può essere! O dovrò andare a cercare il suo cadavere al ponte più vicino!


Evitò frettolosamente un gruppo di studenti lungo il corridoio e con un passo affrettato, iniziò a cercare l'amico per il college; durante il tragitto che la stava portando come prima tappa verso i dormitori maschili, incrociò un paio di ragazze dall'aria completamente ammattita, il tono di voce civettuolo e la classica risatina giuliva che solitamente antecedeva eventi sentimentali.

No, non ci credo. Anche loro?!


Gwen superò le due ragazze ma l'incredulità era tale che, anche se continuò a proseguire, si voltò all'indietro per continuare ad osservarle, immersa in macchinazioni non propriamente positive. Fu per quello che la sua marcia si rrestò bruscamente, quando andò ad impattare contro qualcuno proveniente dalla parte opposta. Riuscì per miracolo divino a mantenere l'equilibrio e non cadere, ma non poté impedirsi di avvampare come una ragazzina.

L'ultima volta che ti hanno detto di guardare davanti quando cammini avevi cinque anni, Gwen. Quanti ne hai adesso?


Quando i suoi occhi scuri incontrarono quelli azzurri di Merlin, venne investita da due sentimenti nettamente distinti: sollievo (perché era ancora vivo) e timore (perché non sapeva per quanto ancora lo sarebbe stato). Aprì la bocca, sentendo un fiume di parole premerle sul palato, ma non riuscì a dire niente. Era stata talmente sconvolta da quello che Arthur aveva cercato di fare con lei, che non aveva neanche pensato a cosa avrebbe detto esattamente a Merlin.

Ecco, adesso ci sei. Come glielo dici? In aramaico? Greco antico? Gli vuoi fare dei disegnini?


Lui la guardò con espressione interdetta ed anche un po' mortifera, segno evidente che il suo umore non era dei migliori.

Se è per questo neanche il mio lo è. Non dopo ieri sera. Stupido Lance.

Come se non fosse bastato, l'umore già precario della ragazza, era stato peggiorato dall'atteggiamento completamente privo di senso di Pendragon.

Merlin, sei il mio migliore amico, ti voglio bene e ti accetto. Ma... perché? Perché proprio lui? E' un egocentrico esaltato, anche un po' babbeo ad essere onesti!


"Gwen, tutto bene? Hai una faccia... pare che tu abbia visto un fantasma" commentò il ragazzo, facendo una smorfia mentre tirava sulla spalla la cinghia della tracolla stracolma di libri. Pendeva tutto da una parte, come fosse stato una riproduzione umana della torre di Pisa e Gwen strinse le labbra in una linea sottile, sfoderando quella espressione. Infatti, quando Merlin vide quella espressione sulla sua faccia, divenne improvvisamente terreo e guardingo, cadendo in un silenzio tombale. Restarono lì in mezzo al corridoio ad osservarsi, mentre accanto a loro gli ultimi ritardatari si affrettavano a raggiungere le lezioni in tempo. Erano all'università, quindi potevano entrare ed uscire da un'aula come meglio credevano, ma la maggioranza degli studenti preferiva essere piuttosto puntuale. In quel gioco di sguardi, dove Merlin sembrava dire non ti chiederò se è successo qualcosa perché tanto lo so che è successo e Gwen sembrava sospirare Oh, Mer, mi dispiace, mi dispiace tanto!, Freya li raggiunse dal nulla, poggiando una mano sulla spalla del ragazzo.


"Mer, per la settimana prossima mi servono le spille per i nuovi di Albion. Ne sono entrati tre in confraternita, per ora, ma tu fanne una decina" esclamò, non accorgendosi dell'aria tesa che intercorreva tra di lui e Gwen. "Anzi, fanne fare undici. Sia mai che quella in più la dovremo dare ad Arthur Pendragon. Se continua ad andare in giro a pomiciare con qualsiasi ragazza del college, lo butteranno fuori dai Camelot prima della fine del mese e ce lo dovremo prendere noi, se no poi Morgana chi la regge. Ci vediamo dopo!"


Freya svanì con un sorriso frizzante, così come era apparsa. Ma adesso Gwen aveva l'altra espressione e nel cervello di Merlin era scattato un campanello di allarme talmente rumoroso che non poté ignorarlo più a lungo di così.

Mayday-mayday Houston, mi ricevete? Abbiamo un problema. Uno di quelli grossi. Uno di quelli che ti si artiglia allo stomaco e che non puoi digerire, neanche intossicandoti con un pacchetto intero di pasticche di magnesia.


"Gwen?" il suo tono di voce fu ancora più funereo della faccia che aveva avuto quando s'era alzato quella mattina.

Giustamente, se una giornata inizia di merda, non potrà fare altro che peggiorare. Che c'entra Arthur? Cos'è questa storia del pomicio collettivo?


La ragazza iniziò a torcere le mani tra loro, come sempre faceva quando veniva posta in una situazione che le causava nervosismo. E se Gwen era nervosa, qualcosa di brutto doveva essere accaduto per forza. Qualcosa che evidentemente lo riguardava da vicino, visto il modo in cui lei evitava di guardarlo in faccia. E, sempre grazie alle sue doti di brillante deduttore, intuì che dal modo in cui si era irrigidita quando l'aveva sentito nominare da Freya, quel problema doveva essere Arthur. Cercò quindi di fare mente locale ed andare per ipotesi, visto che l'amica sembrava avere qualche difficoltà a dirgli cosa diavolo stesse succedendo.

Gwen mi ha detto che qualcosa sarebbe cambiato. Ma perché ho la sensazione che questo qualcosa non mi piacerà? E Pendragon starebbe rischiando di farsi buttare fuori dai Camelot per quale oscura ragione? Soltanto perché avrebbe baciato delle ragazze? Non sarebbe neanche la prima volta. Quindi? Forse ha capito che è stato baciato da un ragazzo e sta cercando di eliminare i miei germi omosessuali ficcando la lingua in bocca a quante più ragazze possibili? No, non può avermi riconosciuto, era troppo ubriaco, questo me lo ricordo...


"Gwen!" esclamò improvvisamente, sgranando gli occhi azzurri. Pronunciò il nome dell'amica con tutto un altro tono di voce. Lei avvertì l'urgenza nel richiamo di Merlin e colta impreparata, alzò lo sguardo quasi sperduta. "Non gli sarai andata a dire che sono stato io!"


"No!" esclamò lei, sembrando sinceramente indignata, "Certo che no!"


Merlin fece un silenzioso sospiro di sollievo, ma il succo della questione non era ancora stato svelato. E lui voleva sapere.

Non che io abbia mai dubitato di te, Gwen. Ma, se per caso ti fosse sfuggito qualcosa, bé ecco io... sai, mi sarebbe preso un attimino uno di quei miei momenti vagamente privi di lume della ragione.


"Allora cosa?!"


"Arthur ha tentato di baciarmi"


*


Morgana si accasciò sul tavolino del bar, all'interno del college, senza arte né parte. Tutta la sua eleganza ed il suo savoir-faire li aveva vomitati la sera prima nel porta ombrelli e, davvero, quella mattina si era alzata con tutte le intenzioni tranne quella di essere la solita gnocca perfetta ed irraggiungibile. Per un giorno poteva anche privare il mondo di quell'illusione, considerando che si sentiva uno schifo. Come Merlin, si era alzata con fitte lancinanti alla testa, aveva come il presentimento che nello stomaco le fosse esplosa una bomba atomica e le borse sotto gli occhi non erano state sconfitte nemmeno da tre chili di correttore. Quindi, che senso aveva continuare a combattere quando non ne aveva le forze?

Com'era quel film dove un tizio invocava la forza di un altro? Io ho bisogno di quella forza. Dammi la forza per affrontare questa giornata.(2)


Tirò fuori dalla borsa un paio di occhiali giganti dalle lenti nere e se li spalmò sul naso, nonostante il tempo fosse uggioso. In Inghilterra però, se si aspettavano le giornate di sole per approfittare davvero degli occhiali da sole, allora si rischiava di tenerli immacolati per sempre. Quindi, nuvole permettendo o meno, era lecito utilizzarli anche in occasioni di estrema necessità come quella. Morgana rigirò il cucchiaino nella sua tazza di caffè amaro, con la speranza che quel bibitone di caffeina concentrata potesse risollevarla almeno un po'.

Era dai tempi della scuola superiore che non stavo così male per un po' di alcool. Questa è tutta colpa di quello scempio umano di Valiant. Giuro che mi farò il bagno nel suo sangue, 'sto stronzo. Tra l'altro, si dice che il sangue mantenga la pelle giovane. Due piccioni con una fava.


Appoggiò svogliatamente il mento sul palmo della mano, fissando gli occhi celati dalle lenti, in un punto vuoto del muro davanti a sé. Aveva detto addio alla prima ora di lezione, tanto in quelle condizioni non avrebbe comunque ascoltato una parola di quello che avrebbe detto il professore, quindi aveva pensato di approfittarne per dare più chance al suo cervello di avviarsi correttamente. Chissà Merlin che fine aveva fatto, la sera prima. Si sentiva un po' in colpa a dire la verità... si era completamente dimenticata di lui, quando Mordred l'aveva accompagnata ai dormitori femminili per assicurarsi che ci arrivasse incolume. Il pensiero del ragazzo che l'aveva soccorsa le causò una smorfia infastidita sulle labbra ben disegnate. Duirvir non le piaceva, c'era qualcosa sul suo conto che le sfuggiva e che si celava dietro quegli occhi chiari quasi quanto i suoi. Ciò che diceva cozzava terribilmente con ciò che invece faceva; prima era venuto in suo aiuto, comportandosi con una cavalleria che pochi potevano vantare di avere, poi non aveva fatto altro che prenderla sottilmente in giro per tutto il resto della serata.

Parla come uno stronzo ma si comporta come ci si dovrebbe comportare con una donna. Chi sei, Duirvir?


E siccome la maggior parte delle volte che si parla del diavolo questo puntualmente spunta con tanto di corna, la sedia di fronte a lei venne scostata dal tavolino ed occupata impunemente nientepopodimeno che da Mordred in persona. Il suo sorriso sfavillante cozzò in modo brutale con l'aria spenta di Morgana, ma non per questo diminuì di intensità. Morgana ringraziò se stessa per essere stata così previdente da indossare gli occhiali da sole: non che si vergognasse poi tanto delle occhiaie, ma i denti messi in mostra dal ragazzo l'avrebbero sicuramente accecata in tutta quella brillantezza. Arricciò la punta del naso con aria aristocratica.

Cos'ha da ridere sempre questo qui? C'è mai un momento in cui gli girano? C'è?


"Hai un aspetto terribile" esclamò Mordred, facendo segno al barista di turno di volere la stessa cosa che aveva preso lei. Morgana strinse i denti e si irrigidì visibilmente, fulminandolo attraverso le lenti scure degli occhiali.

Solo io posso dirmi di avere un aspetto meno decente del solito. E sicuramente non con quella delicatezza. Vuole morire? Se vuole morire basta chiederlo. Non c'è bisogno di girare così intorno al discorso. Mi alzo e l'ammazzo: ecco fatto. Non ci vorrebbe niente. Come sono sanguinaria stamattina. Mi sono alzata con un desiderio di morte e distruzione che è una delizia, davvero.


"Vai ad occupare un altro tavolino, Duirvir, non ho voglia di fare del male ad un bambino" commentò, scollandosi con una certa fatica le parole dal palato.


Mordred continuò a sorridere con aria maledettamente serafica e, come stesse facendo colazione con una cara amica, si accomodò meglio sulla sedia ed estrasse dalla borsa il giornale del mattino, quotidiano locale. Iniziò a sfogliarlo con un certo interesse, scorrendo i principali titoli in prima pagina con gli occhi. Non solo si sedeva al suo maledetto tavolino, ma neanche la guardava in faccia! Se possibile l'irritazione di Morgana aumentò in modo esponenziale, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla sbottare. Era palese che Duirvir stesse tirando la corda di proposito, anche se lo scopo di quell'atteggiamento le era del tutto oscuro.

L'ho detto io che non mi piace.


"Sei solita farti trarre in salvo da bambini? Non ti facevo così coda di paglia" commentò con leggerezza il ragazzo, ringraziando nel frattempo per il caffè americano che il barista gli aveva portato. Morgana sbuffò con insofferenza, roteando gli occhi verso il soffitto e tolse il mento dalla mano.


"Ti ho già detto che avevo tutto sotto controllo e, per la cronaca, non ti ho chiesto io di intervenire. L'avevo in pugno" rispose lei, riprendendo a girare il cucchiaino nel caffè oramai semi freddo. Tanto per tenersi impegnata, insomma. Mordred tornò a guardarla con un'espressione di vaga accondiscendenza, come se l'infante lì, tra loro due, fosse in realtà lei.


"Sì, era palese" replicò il ragazzo, sfoggiando un sorriso di circostanza, prima di tornare a sfogliare il suo giornale. Con una mano prese la tazza del suo caffè fumante e ne bevve un sorso, amaro come quello di Morgana.


"Dovresti sapere che mio padre è quello che, quando c'è da fare qualche donazione, sborsa più di chiunque altro" iniziò lei, con un tono di voce sibilante ed un po' snob, "La sua parola viene tenuta in massima considerazione qui e se gli avessi detto cosa ha cercato di fare Valiant, l'avrebbe fatto buttare fuori nel giro di un paio di giorni!"


"Allora suppongo tu ci abbia già parlato"


Morgana sfarfallò le ciglia interdetta e restò ad osservare il volto del ragazzo che le sedeva di fronte con aria un po' persa. Nonostante il suo prolungato silenzio, Mordred non alzò gli occhi dal giornale, continuando a consumare con tranquillità la sua ordinazione. No, che non ci aveva parlato. Era successo solo la sera prima!

Perché non ci ho parlato?


"Ma anche no" rettificò infine il ragazzo, alzando lo sguardo con un sospiro per lanciarle un'occhiatina. Tuttavia non le chiese niente, preferendo passare oltre con un cenno del mento rivolto verso la tazza della ragazza. "Lo bevi freddo?"


Morgana strinse le dita intorno alla ceramica tiepida e corrugò la fronte, senza rispondere alla sua domanda.

Perché non ho parlato con mio padre? Non mi è passato nemmeno per l'anticamera del cervello.


"E' diventata una questione personale" rispose d'improvviso, schioccando la lingua contro il palato. Appena lo disse, realizzò che era vero. Prima di comportarsi come la vipera che in fondo era, voleva provare a cavarsela da sola. L'opzione di muoversi per vie traverse, coinvolgendo suo padre, voleva lasciarla per ultima.

Non voglio dare l'impressione di non saper affrontare certi imbecilli col cervello sviluppatosi nelle palle.


"Credo lo sia diventata anche per lui, sai?" rispose Mordred, facendole cenno di girarsi a guardare. Oltre gli archi che davano sul giardino interno, seduti su una delle panchine attorno alla fontana, c'erano alcuni membri dei Camelot, tra i quali proprio Valiant. Il ragazzo stava guardando nella loro direzione ed a giudicare dallo sguardo immobile, le sue intenzioni non erano amichevoli. Morgana, invece di mostrarsi intimorita, gli rivolse un'occhiata che avrebbe fatto congelare anche le fiamme dell'inferno. La sua indole aggressiva, con la quale affrontava la maggior parte delle situazioni, scavalcava qualsiasi altra attitudine. Era più forte di lei, le cose le prendeva di petto, c'era poco da fare.

Credi di farmi paura? Ieri sera ero ubriaca, ma oggi sono incazzata. Ti ci vorrà più di questo, per spaventarmi ancora.


"Ed anche per me" aggiunse Mordred, interrompendo il corso di pensieri della ragazza. Lei tornò a guardarlo, in tempo per vederlo sfiorare con la punta delle dita il taglio che gli gonfiava il labbro inferiore. Non disse niente, ma una sorta di velato imbarazzo le fece contrarre lo stomaco. Anche se trovava Duirvir particolarmente irritante, ciò che aveva fatto per lei l'aveva lusingata, a dispetto di quello che diceva. E Morgana aveva un debole per le lusinghe ed i vezzeggiamenti.

Arthur dice sempre che sono come una bambina viziata. Io credo invece di pretendere solamente quello che mi spetta. E' diverso, no?


Mordred chiuse il giornale e terminò il suo caffè. Infilò il quotidiano nella borsa piena di libri che aveva appoggiato a terra e si alzò dal tavolino, mettendola su una spalla.

"Meglio che vada, la lezione sarà già cominciata. Ci vediamo in giro, Banshee" esclamò con un sorriso, strizzandole l'occhio prima di allontanarsi e lasciarla lì al bar, a rimuginare come una pentola di fagioli.


Piccolo sfrontato e sfacciato! Ha avuto il coraggio di dirmelo in faccia!


Morgana allontanò da sé la tazza del caffè oramai freddo e unì le labbra in una linea di sottile irritazione. S'era guadagnata la nomina di Banshee sin dal primo anno, ma nessuno si era mai rivolto a lei utilizzando quel nomignolo. L'avevano sempre fatto alle sue spalle e avrebbe preferito che le cose fossero continuate così.


*


Si avvicinò alle serre della scuola con aria da ladro improvvisato. Tirò il cappuccio della felpa sulla testa e si guardò intorno con circospezione. Doveva farsi perdonare assolutamente, ne andava della vita della sua coscienza. Fortunatamente in giro non c'era nessuno, i corsi erano già iniziati ed il suo sarebbe cominciato soltanto nel pomeriggio. Aveva accolto con gioia quell'inaspettata fortuna ed aveva subito approfittato di quel tempo libero per escogitare qualcosa. Gwen non avrebbe potuto resistere a quello, si sarebbe fatto amare ancora di più.

Ieri sera ho pensato che mi avrebbe strozzato. Ma oggi è un altro giorno. Oggi è il giorno in cui io, Lancelot, coglierò fiori per la mia donna!


Mentre spiava dentro le serre attraverso le pareti semi trasparenti del gazebo gigante, per accertarsi che non ci fosse nessuno, gli tornò in mente di come aveva spaventato la sua povera trottolina, trascinandola nella palestra nel buio più completo, non appena l'aveva sentita arrivare. L'occhio nero che sfoggiava con orgoglio era il risultato del tentativo di difesa che Gwen, tutt'altro che sprovveduta, aveva messo subito in atto. Quando nell'oscurità, tra un cazzotto e l'altro, era riuscito a farle capire che sono io, Lancelot! se possibile l'aggressività di Gwen era anche aumentata, accompagnata da una scarica di insulti che solo una confidenza profonda e sincera come la loro, aveva potuto ispirare. Il ragazzo sospirò, aggirando il gazebo per trovare l'entrata in modo da intrufolarsi all'interno.

Silenzioso come un ninja. Invisibile come Merlin quando si mette di profilo(3). Non mi scoprirà nessuno!


Una volta dentro, l'odore forte dei fiori e delle piante lo stordì per qualche secondo, in maniera inaspettata ma piacevole.

Se l'avessi organizzata qui la cenetta di ieri sera, al lume di torcia e candela, forse non mi avrebbe picchiato. Ma in palestra non ci va mai nessuno! Volevo soltanto essere sicuro di poter stare tranquillo e da solo con lei!


Con un brusco sospiro cacciò via quei pensieri e si concentrò totalmente sulla sua missione. Iniziò a girare per la serra alla ricerca dei fiori più belli che questa poteva offrirgli, ma che non sarebbero mai bastati a rendere giustizia alla beltà della sua dolcissima colombella. Aveva provato anche ad incrociarla, quella mattina, ma non era riuscito a trovarla da nessuna parte.

Soltanto Arthur, che mi ha chiesto scusa in anticipo per qualcosa che ancora non ho afferrato. Valli a capire, questi Pendragon... tra lui e la sorella non so chi sia più esaurito.


Si inginocchiò davanti ad un folto gruppo di gardenie bianche ed iniziò a spezzarne gli steli con le dita, poggiandoli uno per uno accanto a sé. Ne avrebbe prese solo una decina, nessuno se ne sarebbe accorto. E anche se così fosse stato, non ci sarebbero state prove della sua colpevolezza, era un piano perfetto. Iniziò a canticchiare a mezza bocca, mentre il suo umore lentamente risaliva ad un livello accettabile, già pregustando la faccia incantata che Gwen avrebbe fatto nel ritrovarselo davanti con un tal mazzo di fiori.

Isn't she loooovelyyyyy , isn't she wooooondeeeeerful, isn't she preeeeeciooooous, less than one miiiiinuuuuuute old!(4)


Se Lancelot fosse vissuto in un cartone animato, a questo punto dei piccoli cuoricini scoppiettanti avrebbero iniziato a volteggiare intorno alla sua folta chioma; per fortuna, abitava in quella dimensione che tutti conosciamo come realtà, quindi cotanta diabetica scena, vi sarà risparmiata. Continuando a canticchiare nel culmine dell'amore che provava per Gwen, cotto di lei come una zucchina lessa (o come si soleva dire ultimamente in gergo giovanile 'sto sotto ad un treno'), non si accorse subito del ringhio proveniente alle sue spalle. Quando questi però si fece più rumoroso ed insistente, Lancelot fu costretto ad interrompere quel grand'uomo che era Stevie Wonder e corrugò la fronte.

Non è il mio stomaco. Allora cos'è?


Voltò lentamente la testa all'indietro, individuando subito con lo sguardo la fonte di quel gorgoglio. Attila, così diceva il medaglione attaccato al collare, lo puntava come si punta una coscia di prosciutto in mezzo a tempi duri, di fame e di guerra. Lancelot inghiottì a vuoto e non osò muovere un muscolo, sotto gli occhi vigili e scattanti del bulldog(5).

Il cane del custode. Perché il cane del custode è qui?


Come sentitosi tirare in causa, Attila abbaiò di colpo, sputacchiando saliva sul pavimento e Lance, purtroppo, sobbalzò vistosamente.


*


Arthur sfiorò con le dita fredde il punto in cui era stato brutalmente colpito. Mosse la mascella tanto per accettarsi che fosse tutto a posto ed osservò con cipiglio offeso la ragazza che gli aveva voltato la schiena allontanandosi da lui a passo di marcia.

Neanche avessi tentanto di infilarle le mani sotto la maglietta! Era solo un bacio!


L'amica di lei, invece, aveva sfacciatamente temporeggiato a lungo prima di seguirla lungo il corridoio, nell'ovvia speranza di poter essere la prossima. Tuttavia, l'orgoglio immane del nostro Pendragon, ferito nel profondo da quel rifiuto (lui non veniva mai rifiutato, anche se da Gwen quel che diavolo cerchi di fare, imbecille! se l'era aspettato), aveva calmato temporaneamente i suoi bollenti spiriti e l'aveva lasciata lì come un'allocca. Adesso si dirigeva con aria mesta alla terza lezione del mattino, dopodiché avrebbe avuto un paio di ore per sé, che aveva già intenzione di impiegare nel proseguo di quella ricerca folle. Arthur, infatti, si era messo in testa di baciare ogni singola ragazza del college con l'intento di scovare quella che l'aveva fatto ammattire la sera prima. Il suo era ovviamente un capriccio, ma abituato com'era ad ottenere tutto ciò che voleva, non gli sembrava poi così tragica quella prospettiva.

E poi, voglio dire, sono bello. Chi non vorrebbe essere baciata da me? A parte Gwen, che è fidanzata e quella tipa che mi ha barbaramente aggredito, che sicuramente è frigida.


Superando un gruppo di Albion che si dirigeva dalla parte opposta alla sua, spostò gli occhi su una delle sue compagne di corso, poco avanti a lui. Con un sorriso obliquo sulle labbra, già dimentico del bruciore sulla guancia, accelerò il passo così da poterla affiancare.


"Ciao Margareth" esclamò, con un tono di voce amichevole. Riuscì a guadagnarsi una veloce occhiata e la ragazza stirò le labbra in un sorriso, per ricambiare quello del biondo.


"Ciao Arthur" rispose lei, la sua voce era serena e gentile, "Come mai quell'aria allegra?" domandò con genuina curiosità.


Il ragazzo continuò a sorridere, stringendosi nelle spalle. Non poteva certo dire che stava tentando di sfoggiare tutto il suo mitico charme per circuirla in tempo prima di arrivare all'aula di mitologia classica.

Sono uno stratega io, mica un asino babbeo.


"Mi fa semplicemente piacere incontrarti. E' dalla fine dello scorso anno che non ci vediamo!" commentò, osservandola di sottecchi oltre la frangia bionda e scomposta. In realtà il suo atteggiamento era più che credibile, perché Arthur era sempre stato un ragazzo molto aperto alle nuove amicizie e si interessava sempre delle persone cui voleva bene, mentre riservava cortesia verso chi conosceva meno. Aveva instaurato un buon rapporto con tutti i suoi compagni di corso ed il suo modo di essere, così gioviale ed estroverso, l'aveva reso ben voluto alla maggior parte degli studenti. Margareth, del tutto inconsapevole delle reali intenzioni del ragazzo, apparve vagamente imbarazzata da quella schiettezza ed il suo sorriso si accentuò appena.


"Fa piacere anche a me" rispose, soppesando con attenzione le sue parole, "Come hai passato le vacan- cosa hai fatto sulla faccia?" il suo tono di voce cambiò gradualmente, da disteso divenne incredulo nel giro di qualche secondo. Si era fermata in mezzo al corridoio ed aveva alzato il dito indice toccando il punto in cui Arthur era stato schiaffeggiato qualche minuto prima. Lui non realizzò subito a cosa si stesse riferendo la ragazza, ma quando si accorse del lieve bruciore che ancora palpitava sotto il tocco delicato di Margareth, non gli parve vera l'occasione che gli si stava presentando.

Il destino vuole dirmi che sto facendo la cosa giusta, se mi semplifica così le cose. Grazie destino, ho recepito il messaggio!


Prontamente, sempre grazie alla sua natura di abile stratega, Arthur alzò una mano afferrando gentilmente quella di lei e la pigiò contro la sua guancia. Non gli sarebbe dispiaciuto scoprire in Margareth la ragazza che aveva baciato alla festa. Era minuta, aveva lunghi capelli biondi, occhi di un caldo color nocciola e si era sempre dimostrata a modo e garbata. Un amore di ragazza, per farla breve: carina ed anche con un buon senso dell'umorismo. Lei allargò leggermente gli occhi, impreparata davanti lo sguardo intenso che lui le riservò; si sentì improvvisamente le ginocchia molli e lo stomaco si contrasse contro il suo volere, incapace di distogliere gli occhi da quelli azzurri di Arthur.


"Arthur...?" disse con un tono di voce di evidente titubanza, ma senza allontanare la sua mano dalla guancia del ragazzo.


Regola numero uno del buon stratega: assoggetta la preda.


"Non è niente, Margareth" le rispose, parlando con un tono di voce più basso ed intimo. "E poi sotto le tue dita, non fa nemmeno più male" sorrise, infine, aumentando di poco la presa sulla mano della bionda. Lei schiuse le labbra, guardandolo senza sapere rispondere a quelle parole che sembravano celare un certo sentimento. Fu a quel punto che Arthur capì di dover agire: senza interrompere il contatto visivo, si chinò su di lei e la baciò con delicatezza. Dapprima Margareth rimase impietrita a quel contatto, del resto qualche secondo prima si erano soltanto detti ciao, come erano arrivati a quel punto? Solo quando il ragazzo mosse le labbra su di lei, la sentì sciogliersi contro la sua bocca. Arthur udì distintamente un ruggito di vittoria invadergli il petto e con la mano libera le accarezzò la guancia, assaporandola con un'attenzione un po' troppo studiata.
Margareth aveva un sapore dolce, di zucchero, e scivolava su di lui con un'arrendevolezza che la rendeva adorabile. Ma non la rendeva
lei.
Con un moto di delusione, il ragazzo interruppe il contatto con la bocca della bionda e fece un passo indietro, lasciandole andare le dita che aveva stretto sino a quel momento. Lo sguardo confuso di Margareth lo trapassò da parte a parte, pugnalandolo con un senso di colpa che aveva già preventivato di dover affrontare ogni singola volta. Ma lui la
voleva. Il desiderio di trovarla era così grande che lo atterriva e non sapeva spiegarselo, sul serio.

Non è un comportamento di cui andare fieri, questo, lo so. Tuttavia non riesco a controllarlo.


Prese un sospiro e la guardò con un'espressione seria, sinceramente dispiaciuta. Forse poteva aver trovato anche il coraggio di andare in giro a baciare qualsiasi ragazza gli capitasse a tiro, ma non avrebbe mai potuto voltare loro le spalle senza nemmeno chiedere scusa.

Almeno questo principio sono riuscito a mantenerlo intatto.


"Mi dispiace" iniziò, inspirando bruscamente, "Io..." fece per continuare ma qualcuno lo afferrò con violenza per la manica della maglietta. Si sentì strattonare senza tanti complimenti e quando cercò con lo sguardo la furia che lo stava trascinando così lungo il corridoio, incontrò i capelli inchiostro ed il collo sottile e pallido di Morgana. Arthur corrugò la fronte e strinse le labbra con irritazione.

Adesso che c'è? Ha le sue cose?!


Non intenzionato a passare per il sacco di patate di turno, impuntò i piedi a terra e rallentò l'andatura marziale di Morgana, fino a farla fermare del tutto perché impossibilitata a spostarlo ancora. Lei si girò a guardarlo con espressione furente, mitigata dagli occhiali da sole che ancora le celavano le borse violacee.


"Sei impazzito?!" sbottò la ragazza, senza girare intorno al discorso neanche per due secondi, "Cosa diavolo ti sei bevuto, ieri sera? C'era dell'ecstasy sciolta nel punch?!"


Arthur strattonò il braccio, liberandosi dalla sua presa da vedova nera. Voleva un bene dell'anima a Morgana, sul serio, ma era così odiosa che era impossibile, per loro, parlare senza litigare. Ad ognuno il suo modo di comunicare, insomma. Non che lei non lo considerasse insopportabile: il ragazzo sapeva bene che l'antipatia provata era ricambiata in totem. La guardò con irritazione e sistemò la stoffa sgualcita della maglietta alla meno peggio.


"Io sarei impazzito?! Tu sei impazzita! Che ti salta in mente, trascinarmi così in mezzo al corridoio!" replicò di rimando, con altrettanta irriverenza. Restarono lì a fissarsi come due belve pronte ad attaccarsi alla minima distrazione dell'avversario, poi Morgana sembrò quasi ringhiare qualche insulto rivolto alla sua persona, prima di ricominciare a tormentarlo verbalmente.


"Cos'è questa storia che te ne vai in giro a baciare ogni femmina che sia in grado di respirare?" chiese, palesemente aggressiva, avvicinandosi a lui di un passo come a volerlo sfidare a fare altrettanto.


"Cos'è Morgana, sei gelosa?" insinuò lui ed un sorrisetto obliquo di sarcasmo gli piegò le labbra da un lato. E, considerando la sua testardaggine, accettò volentieri la sfida della sorella: avanzò a sua volta verso di lei.

Dai, dillo che sei gelosa di me, che sono il tuo preferito nonché unico fratello e che l'idea di dovermi condividere con qualcuna ti fa uscire di senno! Dillo!


In realtà la ragazza si sentiva ancora un po' in colpa per Merlin. Non solo la sera prima l'aveva praticamente abbandonato, ma ben conscia della cotta che il ragazzo aveva per suo fratello, si era sentita in dovere di fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Perché lei ed il senso di colpa, non andavano d'accordo. Non era un sentimento che era solita provare.
Morgana si tolse con rabbia gli occhiali e lo inchiodò con i suoi occhi paurosamente chiari, in netto contrasto con la pelle pallida ed i capelli scurissimi. L'aveva fatto a posta, Arthur lo sapeva; lo sguardo di sua sorella era sempre stato in grado di metterlo un po' a disagio e lei, puntualmente da quando l'aveva con disgrazia capito, ne faceva un uso riprovevole nei suoi confronti. Senza pietà.

Lo fa solo per cercare di farmi credere che non sono poi così tanto il suo fratello preferito nonché unico. Ma tanto lo so che non è vero. Mi adora punto e basta.


Il biondo strinse i denti, indurendo la linea della mascella, ma per orgoglio si rifiutò di abbassare gli occhi. Fu a quel punto che la vide sorridere con una certa luce malvagia nelle iridi.

Sì, ha decisamente le sue cose. Prima sembra volermi staccare la faccia a morsi, adesso sorride. Mio Dio, l'instabilità delle donne, che urto. Che urto tremendo.


"Se proprio hai intenzione di farlo" iniziò Morgana, con un tono di voce insinuante ed accondiscendente, "Dovresti seguire un certo schema. Così alla cieca non avrai mai la certezza di averle baciate proprio tutte, sai?"


*


Merlin strinse il mouse con una forza un po' troppo eccessiva, tanto da far diventare bianche le nocche. Teneva il mento svogliatamente appoggiato sul palmo della mano ma gli occhi, di un azzurro intenso, fissavano con furia cieca lo schermo del computer. Gwen, con un sospiro, studiò la riproduzione di un Arthur impiccato che l'amico aveva fedelmente riprodotto su Paint.

Bè, dai, almeno si limita a disegnarlo. Pensavo sarebbe andata peggio. Tipo che l'avrebbe fatto sul serio. Impiccarlo, dico.


"Mer, capisco che la cosa ti irriti, ma avrei anche io bisogno di essere un po' consolata, sai? Lance si è comportato da vero cretino ieri sera, ed invece di passare una bella serata come mi ero aspettata, l'ho trascorsa a sentirmi propinare una valanga di scuse. Non ti sembra molto triste anche la mia situazione?" domandò la ragazza, soffiando via dal volto qualche ricciolo scuro. Merlin mugugnò un misero mh-mh come risposta, disegnando con devozione alcune frecce che trafiggevano il corpo del povero condannato a morte(6). Gwen storse le labbra da un lato, osservando anche l'aggiunta di sangue che colava dalle ferite.

Ok, l'ha presa decisamente male, c'è poco da fare.


Sospirò pesantemente, intestardendosi a cavare qualcosa dalla bocca di quello scemo. Quando Merlin si arrabbiava per qualcosa o si sentiva giù, non ne parlava mai di sua spontanea volontà. Era sempre stata costretta a cavargli fuori le cose con le tenaglie e sapeva che le sarebbe toccato anche quella volta. L'amico era un tipo molto riservato, che aveva sempre esternato poco le emozioni che imperversavano dentro di lui. Quindi, decise di attaccare subito con l'artiglieria pesante.

Il massimo che potrà fare sarà aggiungere una corda a quella di Arthur per disegnare me, impiccata.


"Perché non gli dici di essere stato tu, invece di stare qui a struggerti come una principessa abbandonata?" domandò con schiettezza, ottenendo immediatamente la reazione da lei sperata: Merlin la uccise con lo sguardo.


"Non ci penso neanche!" rispose quello, testardo come un mulo, "Neanche mi conosce, con che faccia vuoi che vada là a dirgli 'Ehi Arthur ciao, mi chiamo Merlin tanto piacere! Ieri sera ti ho baciato io, comunque. Ma prima che tu cominci a picchiarmi o a picchiarti, non so con cosa preferiresti iniziare, ti vorrei ricordare che hai contribuito molto vivacemente al nostro scambio di opinioni. Just to say'"


"Con la tua faccia di sempre, forse?"


"Gwen!" Merlin sibilò un respiro profondo, cercando di non perdere del tutto la calma, "Non glielo dirò punto e basta. Lasciami in pace e fammi finire questa maledetta università il prima possibile, per la miseria"


Proprio in quel momento, la soglia della biblioteca venne varcata dall'oggetto della loro discussione. Arthur, accompagnato da sua sorella Morgana, aveva l'aria di chi stava cercando qualcosa. O qualcuno. Senza neanche pensarci, Merlin gli piantò uno sguardo accusatore addosso, riducendo ad icona la schermata di Paint. Quasi avesse sentito il potere mistificatore degli occhi del ragazzo, Pendragon si voltò a guardare proprio lui e, dando una gomitata alla sorella, glielo indicò con il mento. Morgana individuò così Merlin e, con un improvviso sorriso ferino sulle labbra ben disegnate, trascinò il fratello verso il suo tavolo.

No, no, Signore no, ti prego, dimmi che Morgana non sta escogitando qualcosa, dimmi che non è venuta a sapere di quello che ho fatto ieri sera facendo subito la spia con il fratello, ti prego, Signore, se esisti e so che esisti, ascoltami, andrò in chiesa a tutte le festività, perché le domeniche sono piuttosto impegnato, ma per le festività un po' di tempo lo trovo. Signore, dai. Fai il serio.


"Ciao ragazzi" esclamò malignamente Morgana, fermandosi vicino a Gwen. O almeno, a Merlin parve molto maligna in quel momento. Non le era bastata l'umiliazione a cui l'aveva costretto facendogli indossare quel maledetto vestito da donna? Gwen ricambiò il saluto con un sorriso molto pacato, ma il ragazzo dai capelli scuri non sembrava essere dello stesso avviso. Fissò Morgana con aria ostile, incrociando le braccia contro il petto magro, in segno di totale chiusura al dialogo. Arthur, dal canto suo, si chiese per quale diavolo di motivo Merlin stesse fissando con altrettanto astio anche lui.

Neanche lo conosco! Che problema ha?!


"Merlin, ti dobbiamo chiedere un favore. In realtà, è per Artie, ma sono sicura che potremo contare su di te!" iniziò la ragazza, senza smettere di sorridere, utilizzando un tono di voce carezzevole come quello di una mentitrice. Il suddetto Artie, le ringhiò un insulto.

Quando il diavolo ti accarezza vuole l'anima, pensò Merlin mestamente, rimanendo in silenzio per ascoltare il resto.


"Vedi, tra i vari curiosissimi hobby che mio fratello è solito coltivare, proprio oggi ne ha sviluppato uno altrettanto singolare. Ci servono le tue abilità di hacker per entrare nel sistema della scuola e scaricare l'intero archivio delle ragazze che frequentano il college, compresi i corsi ai quali sono iscritte e gli orari. Puoi farlo, vero?" Morgana sfarfallò le ciglia un paio di volte e Merlin si sentì come un topo fissato da un gatto affamato. Certo che poteva farlo, lui era un maledetto genio del computer, la domanda retorica della ragazza era stata palesemente voluta. Ma con quale coraggio gli stava domandando di fare quello che gli aveva chiesto?!

Morgana sa che mi piace Arthur! Mi sta praticamente passando con un trattore sopra, dopo essersi presa gioco di me ieri sera! Qualcuno mi ricordi perché rientra nel cerchio delle mie amicizie. Qualcuno lo faccia adesso o potrei scordarmi di chi è sorella.


"Sì, potrei, ma la voglia di farlo al momento non è molta. Ci vorrebbe del tempo, tempo che potrei impiegare invece per studiare ed è quello che intendo fare" commentò, scollandosi le parole dal palato con un'acidità che fece accapponare la pelle di Arthur. Il biondo strinse i pugni innervosito, perché non aveva la più pallida idea di come poter convincere quel ragazzo ad aiutarlo. Il suo sguardo era schivo e la sua mente sembrava essere altrove. Morgana fissò Merlin con uno sguardo intenso; decisamente troppo intenso, per essere naturale o casuale. Quando la ragazza riuscì a catturare bene la sua attenzione, lentamente mosse gli occhi da lui ad Arthur, cercando di comunicargli qualcosa senza dover essere esplicita. Purtroppo, Merlin era tutt'altro che stupido ed oramai combatteva con le manie di controllo di Morgana da ben cinque anni, considerando che facevano anche parte della stessa confraternita.

Morgana sa che mi piace Arthur. Morgana spiattellerà la cosa se non aiuterò il suo imbecille ed asino fratello in questa follia. Bene. Benissimo. Perché Dio l'ha fatta così stronza? Perché?


Merlin strinse i denti, stringendo ancora di più le braccia contro il petto. Sentiva lo sguardo preoccupato di Gwen su di sé e provò un po' di sollievo, alla consapevolezza che tra le sue amicizie non ci fossero soltanto persone malvagie. Tra l'altro, era proprio Gwen quella ad essere a conoscenza di tutti i dettagli della questione, quindi era l'unica che poteva capire davvero cosa quella richiesta potesse significare per Merlin. Il moro puntò gli occhi azzurri verso Arthur, che lo guardava con un'espressione decisa e speranzosa. Sentì lo stomaco contrarsi al ricordo di quelle labbra calde sulle sue e, se possibile, questo contribuì a peggiorare il suo umore. Dopo interminabili attimi di silenzio, Merlin sospirò rumorosamente roteando gli occhi verso il soffitto.


"Va bene" sentenziò, rigidamente. Ma il sorriso che Arthur gli rivolse, propagò un calore soffice sulle sue guance pallide ed offuscò del tutto quello che invece, piegò le labbra di Morgana. Un sorriso di vittoria e di aspettativa. Fu Gwen a non perdersi quel sorriso e dando un colpetto sulla gamba dell'altra ragazza, le sillabò silenziosamente che avrebbero dovuto fare un discorsetto, loro due. Morgana non fece in tempo a rispondere che un urlo disperato attirò l'attenzione di tutti, facendoli voltare verso la finestra. Lì, sul prato del parco del college, saltando panchine come fossero state ostacoli da qualche centimetro, Lancelot sfrecciava ad una velocità inaudita per qualsiasi essere umano non dopato, rincorso da Attila e gli Unni che erano le sue zanne sbavanti.











NOTE DELL'AUTORE: eccoci qui con il secondo capitolo di questa follia! Non vi nego che ho riso come un'esaltata durante la stesura di questo cosino qui, sopratutto per la deficienza di Lancelot (io SO cosa accadrà in futuro ed il pensiero non ha fatto altro che peggiorare la mia disumana ilarità). Approfitto di questo spazio per specificare che questa è una storia senza pretese, la scrivo per allietare il vostro tempo e, perché no, farvi fare qualche risata. Non si tratta assolutamente di una trama seria o particolarmente studiata, anzi, i toni saranno piuttosto leggeri, a tratti banali. Io vi ho avvisati, eh. Vi vorrei chiedere anche un favore: fatemi sapere, in un modo o nell'altro, se i personaggi vi sembrano troppo OOC, perché non so se mettere l'avvertimento o meno. Io mi sto sforzando di restare abbastanza fedele ai caratteri principali, ma ovviamente sono influenzati dalla mia interpretazione. Insomma, anche per lettori futuri, vorrei sapere se questo avviso è necessario oppure no. Grazie, grazie mille davvero per tutti i preferiti ed i seguiti, non ho parole, siete fantastiche e fantastici. Grazie anche a chi ha recensito, dei pareri così meravigliosi non me li aspettavo davvero. Spero che questo secondo capitolo possa essere di vostro gradimento, nel frattempo (oltre le note seguenti) vi lascio una sciocchezza fatta durante un momento di noia con Photoshop, ovvero la copertina di DPDCEDS: http://i48.tinypic.com/23sf235.jpg


  1. Pikachu-sveglia di Will: http://it.advisto.com/user_images/44387_8888_reveilpika.jpg

  2. In realtà non me lo ricordo neanche io, da quale film proviene quella frase. LOL.

  3. Lancelot (e non solo) pensa che Merlin sia eccessivamente mingherlino.

  4. Famosa canzone di Stevie Wonder!

  5. Attila :'D http://www.rwrinnovations.com/images/bulldog_bad_boys.jpg

  6. Arthur impiccato: http://i50.tinypic.com/w0t3s1.jpg


Ci vediamo al prossimo capitolo (che ovviamente non so quando sarà), ma voi nel frattempo pazientate e commentate, magari velocizzate il processo di scrittura così facendo, non si può mai sapere. Cià! ù_ù



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Capitolo 3
*** Inviti, telefonate e pedinamenti ***


TERZO CAPITOLO


Un nuovo giorno era cominciato, lì al college. Le lezioni avevano ripreso oramai il loro corso, come non si fossero mai fermate; quella che invece si sentiva rallentata da morire, era Gwen. L'estate che aveva trascorso in Francia, per fare visita alla zia ammalata, l'aveva praticamente avvelenata. Sole splendente tutti i maledetti giorni, la brezza marina che entrava tutte le maledette mattine dalla finestra della sua camera, la maledetta sabbia bianca che non aveva niente a che fare con il terriccio inglese ed il maledetto mare azzurro che più azzurro, davvero, non si poteva. Gwen era tornata in Inghilterra con un'unica, sacrosanta consolazione: rivedere Lancelot, il ragazzo che aveva capito di amare l'anno prima. Aveva salutato i cieli tersi della Costa Azzurra ed aveva accolto con un mite sorriso le grigie nuvole del suo paese, della sua casa. Era stata così ansiosa di sentire Lance, di poterlo toccare ed abbracciare e baciare! Ma era rimasta totalmente interdetta dal modo che lui aveva escogitato per rivedere lei.

Ed ora questo. Ma che gli prende quest'anno? Cos'ha fatto mentre io non c'ero?!


Gwen lo attese pazientemente sino a quando l'altro non la raggiunse. L'occhio nero che lei stessa gli aveva pocurato, con un cazzotto ben assestato, era oramai quasi del tutto sparito. Ma nuove ferite avevano guadagnato terreno sul corpo del povero Lance, che le si fermò accanto con un sorriso radioso, chinandosi poi a darle un bacio dolce e leggero. L'aveva notato, Gwen, che tutti i suoi baci erano stati di quel genere, da quando era tornata.

Insomma... prima non si limitava a queste toccate fugaci. Voglio dire... così mi bacia anche mio fratello. Non so se mi spiego.


"Buon giorno! Come sta il tuo sedere?" chiese lei, lasciando correre via quel pensiero per concentrarsi su altro. Non aveva voglia di discutere già dal secondo giorno di college e per questo gli afferrò il braccio con le mani, gentilmente, per avviarsi a lezione in sua compagnia. Se c'era qualcosa che davvero non andava, quello lasciava spazio a ben tre opzioni, tutte e tre praticabili: attendere che l'altro aprisse bocca e sputasse il rospo, scoprirlo da sola o costringerlo a confessare. Aveva solo l'imbarazzo della scelta.
Lance si strinse nelle spalle, minimizzando l'incidente avuto il giorno prima con Attila a qualcosa di poco conto.


"Non è stato niente, ha stracciato solo un po' i jeans" mentì, sfiorando il bordo dei pantaloni con una mano e saggiando il graffio che, invece, bruciava ancora. E per fortuna s'era guadagnato solo quello!

Ma glielo danno da mangiare a quel cane? E se glielo danno, cosa diavolo ci mettono dentro? Eccitanti?


Si sentì osservare di sottecchi da Gwen e continuò così a sorridere, perché non intendeva davvero farla impensierire per una sciocchezza del genere. Attraversarono il piccolo cortile interno in silenzio, baciati da un flebile raggio di sole autunnale ed a quel punto capì che c'era qualcosa che non andava. Nonostante fosse sicuro di essere stato abbastanza convincente, la ragazza non aveva smesso di guardarlo, come stesse cercando di leggergli nella mente. Sentendo la scomodità di quel silenzio che, evidentemente non aveva nulla di casuale, Lance schioccò con un sospiro la lingua contro il palato.


"Cosa c'è, Gwen?" esordì, costringendola gentilmente a fermarsi. Le poggiò le mani sulle spalle e cercò i suoi occhi, leggendovi dentro quell'inquietudine che difatti aveva intuito.

Che mi sfugge? Ho fatto qualcosa? Ho detto qualcosa? Non è il suo compleanno. Non è il suo onomastico. Non è il nostro anniversario. Certamente non è San Valentino. E quindi?


Si impose di continuare ad emanare un'aura di sicurezza e tranquillità che in quel momento non aveva ed attese pazientemente che l'altra decidesse di sputare il rospo. Tra i due, era sempre stata Gwen quella dalla scenata più facile o quella che lasciava trapelare con più evidenza le sue paure. Lancelot era fermamente convinto di voler essere come una roccia per lei, voleva che lo considerasse come qualcuno di incrollabile su cui poter fare sempre affidamento.

Non è quello che tutti gli innamorati vorrebbero?


Se Gwen si poneva un problema, puntualmente Lance lo disfaceva con la facilità di neve al sole, perché a differenza di lei affrontava le cose con spensieratezza e con l'animo leggero. Uno così, per la riccia, ci voleva proprio: aiutava a mitigare i pensieri che fin troppo spesso le annebbiavano sia il cervello che la sua capacità di ragione.


"C'è qualcosa che vorresti dirmi?" chiese lei, inchiodando gli occhi nocciola in quelli altrettanto scuri del suo fidanzato. Lance corrugò la fronte, preso in contropiede da quella domanda inaspettata. Prima di rispondere fece vorticare il cervello come la centrifuga di una lavatrice alla ricerca di una spiegazione che potesse motivare la curiosità di Gwen.

C'è qualcosa che vorrei dirle? Sì che c'è. Anzi, ce ne sono tante. Talmente tante che non saprei da dove cominciare.


"A parte che ti amo alla follia?" rispose lui, inarcando le sopracciglia con aria incerta. Tuttavia Gwen non sorrise, anche se i suoi lineamenti si addolcirono un po', lisciando le rughe di preoccupazione che le erano spuntate sulla fronte; con un sospiro, la ragazza abbassò mite lo sguardo ed inumidì le labbra, riprovando poi a farsi dire qualcosa che le facesse capire cosa diavolo stesse passando per la mente del suo uomo.

E se questa conversazione non darà i suoi frutti, vorrà dire che l'opzione numero uno, cioè quella di aspettare che lui apra bocca, sarà bella che andata.


"Lance... prima quella specie di cena improvvisata in palestra, poi i fiori dalle serre... non ti sei mai comportato in questo modo" disse lentamente e con tono di voce accorato, perché voleva davvero comprenderlo! "Lo sai che non hai bisogno di dimostrarmi niente, l'hai già fatto abbastanza a lungo prima che ci mettessimo insieme, perché adesso fai così?"


"E' così strano il fatto che io voglia dimostrarti anche con i fatti quanto tengo a te?" replicò lui, assumendo inconsciamente un atteggiamento un po' difensivo, "Pensavo che ti piacessero i fiori..."


"Ma certo che mi piacciono i fiori, stupido! Quello che non mi piace sei te che per prenderne un po' rischi di farti azzannare da un cane!" il tono di Gwen si tinse di una certa urgenza, come volesse far entrare con la forza le sue parole nella testa di quel cocciuto! Sbuffò rumorosamente, mentre le mani di Lance le racchiusero gentilmente il volto in una stretta.


"Ehi" mormorò il ragazzo, cercando i suoi occhi, "Gwen, dai. Dai, guardami, non posso vederti così, lo sai" si abbassò, fino a sfiorarle la punta del naso con il suo. La ragazza gli lanciò un'occhiatina poco convinta; anche se avrebbe voluto davvero esserlo, le era geneticamente impossibile arrabbiarsi sul serio con Lancelot. Era più forte di lei, quando l'altro la guardava così e la toccava con quella attenzione, come fosse un qualcosa di fragile da proteggere ed ammirare, sentiva le ginocchia diventare gelatina ed il sangue sciogliersi nelle vene in qualcosa di ardente, che le incendiava lo stomaco. Come aveva fatto Lance a ridurla così? Quando era successo? Non aveva mai conosciuto qualcuno con uno sguardo così maledettamente espressivo. Ogni volta che lui la guardava, lei sentiva cosa le dicevano quegli occhi. Riusciva a vedere quanto lui le volesse bene, quanto tenesse a loro due. Quindi non capiva, non riusciva proprio a farlo.

Vedo la sincerità nei suoi occhi eppure si comporta come mi stesse nascondendo qualcosa. Lo conosco fin troppo bene, non me la racconta giusta.


"Mentre questa estate eri in Francia..." iniziò Lance, continuando a sfiorare la punta del suo naso... il suo respiro le solleticò le labbra ad ogni parola, spandendole una vertigine soffice ed avvolgente lungo la spina dorsale "...ho capito davvero quanto sei importante, Gwen. Mi sei mancata da morire e... ed io sento il bisogno di fare queste cose per te. E' un bisogno così intenso che certe volte smetto di pensare ed agisco senza rendermene conto. Forse sono pazzo" il suo tono si incrinò in una roca risata di divertimento, "Ma sicuramente lo sono di te"


La vena romantica e sognatrice della ricciola venne brutalmente violentata da quelle parole. C'era così tanto sentimento dietro quel tono un po' imbarazzato ed un po' scherzoso che lei gli buttò le braccia al collo e lo baciò con trasporto, smettendo semplicemente di pensare.

Come faccio a non saltargli addosso quando mi dice queste cose? E' sleale, il mio ragazzo è una persona sleale. Ma mi piace così.


Lancelot sorrise contro le sue labbra e tutto sembrò tornare a posto, tutta la preoccupazione che lui le aveva causato venne sciolta dal tocco morbido della sua bocca. Come neve al sole.


Quando, mano nella mano, si avviarono definitivamente a lezione, accecata da quell'ondata di amore nella quale Lance l'aveva fatta letteralmente affogare, Gwen non si accorse dell'ombra scura che era calata negli occhi del suo ragazzo.


*


"Ok, la vedo. Tu che fai, aspetti qui?"


Merlin lo guardò con tanto d'occhi, schiudendo le labbra come un pesce fuor d'acqua. Quell'asino stava facendo sul serio o lo prendeva in giro? Decise di scoprirlo stando al gioco e rispondendo per le rime.


"No, aspetta che ti accompagno, così facciamo a turno" ribatté aspramente, guardandolo come fosse una specie di animale in estinzione.

Sì, aspetta che ti accompagno, così mentre io la tengo ferma tu le puoi infilare meglio tre metri di lingua in gola, che dici? Ma sei cretino!


Arthur corrugò la fronte, osservandolo come fosse indeciso tra il prenderlo sul serio oppure no. Merlin avrebbe tanto, tanto voluto mettergli le mani addosso, ma incredibilmente (o forse no), non per tentare di abusare di lui. Si chiese se una scarica di sberle avrebbero potuto rendere il biondo più intelligente di così, ma sarebbe stato un po' difficile scoprirlo, considerando che con la stazza che aveva Pendragon, Merlin rischiava di ritrovarsi appeso a testa in giù per le caviglie prima ancora di aver avuto il tempo di rendersene conto. Arthur fece rotolare con pigrizia la lingua sul palato e parlò con un tono di voce abbastanza cauto.


"Ma perché sembra sempre che ti roda tutto il giorno?"


No, decise Merlin, rischiare di essere appeso per le caviglie ne varrà decisamente la pena. Ma io devo schiaffeggiarlo. Lo devo fare, per il bene del progresso della scienza devo verificare la validità della mia teoria!


Sospirò profondamente, invocando una sacrosanta pazienza che evidentemente non possedeva. E non era molto sicuro di volerne disporre, in realtà; perché si era fatto trascinare da Arthur in quella follia? Aveva scaricato la lista che gli era stata chiesta dagli archivi, quindi il suo ruolo in quella faccenda sarebbe dovuto terminare lì, ma invece no! Quell'idiota patentato, che stava calpestando i suoi sentimenti con la delicatezza di un pachiderma imbizzarrito, gli aveva chiesto di aiutarlo a depennare dalla lista tutte le ragazze sulle quali sarebbe riuscito a mettere le sue maledette manacce asinine. Merlin si era ovviamente rifiutato ad una velocità che aveva avuto dell'incredibile, ma ciò che Arthur gli aveva conseguentemente detto, l'aveva lasciato con l'amaro in bocca.

Morgana mi aveva avvisato che avresti potuto rifiutare. E mi ha detto anche di ricordarti di stare attento a quello che decidi di fare... anche se non ho capito bene perché. Ma quando si tratta di Morgana non è mai qualcosa di piacevole, quindi... mi sento davvero dispiaciuto per te.


Lo sapeva, Arthur, dove poteva infilarselo il suo dispiacere? Pensò Merlin, ancora intento a trovare qualcosa di non troppo offensivo con il quale rispondergli. Sentiva gli occhi azzurri del ragazzo sul suo volto e questo lo fece innervosire anche di più.

Oh, adesso che gli servo mi guarda! Voglio diventare come Wolverine e poter tagliuzzare chiunque mi capiti a tiro! Come faccio ad auto modificarmi geneticamente? Devo trovare un modo.


"Il mio umore non è cosa che debba interessarti" rispose infine Merlin a denti stretti, lasciandosi cadere sulla panchina dietro di lui, tutto rigido come un ciocco di legno, "Perché invece non cerchiamo di concludere il più in fretta possibile questa farsa? Devo studiare, io" terminò, incrociando le braccia contro il petto scarno. Puntò gli occhi sulla ragazza che, seduta sul prato insieme a delle amiche, era intenta a sottolineare qualcosa su di un libro.


"Non è una farsa"


La voce di Arthur lo colse impreparato e notò che l'altro ragazzo lo stava ancora guardando, una ruga a dividere lo spazio fra le sopracciglia bionde. Merlin strinse le labbra in una linea sottile e ricambiò il suo sguardo con decisione, avvertendo un certo disagio davanti alla determinazione che gli occhi di Pendragon emanavano in tutte le direzioni possibili.

Dio, questo qui ha qualche problema. L'ha presa sul serio! L'ha presa veramente sul serio!


Forse Gwen aveva ragione a chiedere, ogni volta, perché tra tutti proprio Pendragon. Ma Merlin non aveva mai saputo darle una spiegazione logica e non era in grado di darla nemmeno a se stesso, in quel momento. Sapeva solo che sin dal primo anno, Arthur era stato capace di fargli bruciare lo stomaco, fargli chiudere la gola, fargli passare l'appetito e di fargli dire cose stupide. Lo faceva sentire come fosse ammalato, quando in realtà era sano come un pesce.

Forse sono io che ho qualche problema. Magari che comincia con M e finisce con asochismo. Non c'è altra spiegazione che possa giustificare la mia tenacia.


"Come vuoi" si risolse a dire il moro, stringendosi appena nelle spalle. Continuare a discutere sarebbe stato inutile e comunque nessun discorso al mondo avrebbe potuto addolcire il ruolo che, sadicamente, gli era toccato in tutta quella faccenda. Il Destino lo odiava, sin da quando era bambino glielo aveva dimostrato. A partire dalla dimensione assurda che avevano le sue orecchie. Perché Merlin sapeva che non si trattava di genetica. Era soltanto questione di Destino. Con la morte nel cuore ed una voglia mostruosa di affondare la faccia in un barattolo di Nutella senza neanche aver preso prima il respiro, adocchiò Arthur dirigersi dalla ragazza che, in pole position, appariva sulla lista scaricata dall'archivio.

Voglio che sulla mia lapide si scriva 'morto per indigestione di cioccolata, comunque la colpa è di Arthur Pendragon'.


Quello che non si era minimamente aspettato dal suo ruolo, tuttavia, era la possibilità di poter assistere a determinate scene. Infatti, quando Arthur (in un modo che Merlin non sapeva bene spiegarsi ma che sembrava avere dietro uno schema) riuscì a baciare la ragazza della lista, quella lo schiaffeggiò rumorosamente giusto il tempo di essersi ripresa dalla sorpresa. Allo schiaffo, si aggiunsero una sequela di insulti che non staremo qui a riportare per non scadere ad un livello di volgarità imbarazzante.


Merlin sorrise di un sorriso vero.

Forse non sarà tutto così male.


*


Quella storia doveva finire, pensò, svoltando rabbiosamente un angolo. Il passo marziale che la faceva incedere lungo il corridoio la diceva ben lunga sul suo umore.

Pensa forse che sia stupida o cieca? Parla tanto di Valiant ma pure lui proprio normale non è.


Con un movimento stizzito del braccio, gettò la borsa vicino il parapetto e dalla tasca del cappotto tirò fuori un pacchetto di sigarette. La terrazza dove si era affacciata dava sul parco che circondava il college, da lì si poteva avere una bella vista delle case e le strade in lontananza. Con le labbra estrasse una sigaretta e poi la accese, facendo scattare la rotellina dell'accendino nero; quando la prima boccata di fumo grigiastro, dall'odore forte, attaccò i suoi nervi cercando di chetarli, esalò un sospiro. Appoggiò i gomiti sul parapetto ed indirizzò lo sguardo chiaro in un punto non precisato dell'orizzonte.

Le coincidenze smettono di essere tali quando cominciano a verificarsi un po' troppo spesso!


O forse prima di allora non aveva mai fatto caso alla presenza quasi costante di Mordred intorno a lei? Corrugò la fronte, aspirando un'altra boccata di tabacco, il rumore della cartina che crepitava neanche la distrasse. Quella mattina l'aveva incontrato di nuovo al bar, poi l'aveva incrociato nel cortile (dopo la prima lezione), l'aveva trovato insieme ad un altro ragazzo fuori dall'aula della sua seconda lezione e guarda caso, aveva avuto bisogno di andare verso i bagni proprio quando lei ne aveva avvertito la necessità. Non che Mordred le avesse detto chissà che cosa o ne avesse approfittato ogni volta per rivolgerle parola, anzi, a stento le aveva lanciato un'occhiata. Eppure.
Eppure non l'aveva mai visto così tanto spesso in due anni da che frequentavano il college assieme. Perché lui era al secondo anno, per l'appunto, e davvero Morgana non sapeva spiegarsi cosa diavolo si fosse messo in testa quel moccioso. Il suo atteggiamento le lasciava un gigantesco punto interrogativo in mezzo al cervello, che ogni ora di più le prudeva fastidiosamente. Il fatto che Mordred (nonostante l'avesse incrociata spesso), a stento l'aveva guardata, aveva impiantato il seme del dubbio in Morgana.

Mi sto inventando tutto? Vedo cose che non esistono? Magari sono io quella ossessionata, non lui.

No, ok, non è possibile. Sono gli altri ad essere ossessionati da me, io non mi ossessiono. Mai.


Lasciò cadere la cenere nel vuoto, che venne trasportata via dal vento e si rigirò il filtro tra le dita lunghe. Valiant non aveva mai perso l'occasione di lanciarle sguardi significativi tutte le volte che si erano incrociati e francamente il suo atteggiamento la stava seccando più di quanto avesse creduto possibile. Cosa aspettava a provare a metterle di nuovo le mani addosso? Morgana non vedeva l'ora, perché Valiant l'avrebbe trovata tutt'altro che ubriaca e, fosse stata l'ultima cosa in suo potere, l'avrebbe fatto pentire amaramente. Stavolta sul serio. La ragazza strinse le labbra in una linea sottile, mentre inevitabilmente la sua mente tornò a sbattere su Mordred e su ciò che le aveva detto il giorno prima, al bar.

Una sua questione personale un paio di palle. Poteva farsi gli affari suoi, se ce le ha prese è stata solo per decisione sua. Quindi... personale di che?!


Una risata rumorosa attirò la sua attenzione e gli occhi, dall'orizzonte lontano, le scivolarono sul parco del college. Ci mise un po' ad individuare la fonte di quel suono e quando vide Merlin piegato in due sull'erba, che si teneva lo stomaco disperatamente, stese le labbra ancora prima di capire cosa diavolo l'avesse divertito tanto. Poco lontano, Arthur si dirigeva verso di lui a passo di marcia, con l'espressione burrascosa ed una guancia oramai semi violacea.

Evidentemente sono più le volte che le prende che quelle in cui il suo charme, o presunto tale, ha la meglio. Povero il mio caro, adorabile fratello...


Anche se da lassù non poteva capire cosa si stessero dicendo, dal modo in cui Arthur gesticolava e dal rossore acceso che aveva preso possesso della sua faccia, probabilmente stava intimando a Merlin di darci un taglio; si era guardato intorno, verificando che non ci fossero troppi testimoni in giro ed aveva quindi inchiodato quella massa sghignazzante ed informe con uno sguardo perforante. Emrys tuttavia non sembrò essere dello stesso avviso ed anche se, a fatica, si tirò in piedi, continuò a ridere senza alcun ritegno. Dal modo in cui il braccio di Arthur si alzò, Morgana intuì che Merlin doveva essere appena stato mandato al diavolo; l'insulto ricevuto, comunque, non riuscì ad offendere seriamente il ragazzo, che iniziò a seguire l'incedere imperioso di Pendragon sul prato del parco, biascicando parole che Morgana non riuscì ad udire, ma che probabilmente dovettero grondare sarcasmo, visto il modo in cui Arthur aveva addirittura accelerato il suo passo.

Brava Morgana, hai avuto un'idea geniale. Oh, grazie, ma in realtà la questione è solo una, ed anche molto semplice: io sono un genio. C'è poco da fare.


Quando aveva saputo cosa diavolo s'era messo in testa suo fratello, il primo istinto di Morgana era stato quello di prenderlo per il collo e strozzarlo fino a fargli uscire gli occhi all'infuori, come uno di quei pupazzetti che si stringono e si gonfiano da tutte le parti. Quindi, mentre si era diretta inglobata in una bolla di ira alla ricerca di quel povero babbeo, un lampo di genio l'aveva fatta fermare mezza impalata nel corridoio. Ed aveva trovato il modo per cancellare i sensi di colpa che l'avevano assalita al pensiero di aver lasciato Merlin da solo alla festa dei Camelot. In quattro e quattr'otto, quindi, aveva invogliato (ricattato è una brutta parola) l'amico, affinché aiutasse Arthur a cercare la sua bella. Sapeva che la situazione aveva anche un lato contro (del tutto trascurabile) e cioè quello che prevedeva un accondiscendente Merlin assistere alle pomiciate di suo fratello. Ma il lato positivo (molto più evidente, secondo la contorta mente di Morgana) era la quantità imbarazzante di tempo che il moro avrebbe potuto passare in compagnia di quel ritardato mentale. Morgana si era sentita molto, molto fiera di sé. E maledettamente altruista.


"Deve essere un pensiero molto profondo, o potrei cominciare a pensare di essere diventato invisibile"


Morgana sobbalzò, colta alla sprovvista, e perse la presa sulla sigaretta che cadde nel vuoto, schiacciata dalla legge di forza della gravità. Masticando un'imprecazione poco femminile tra i denti, si sporse oltre la balaustra per poterla osservare, nonostante fosse già fuori dalla sua portata. Con aria ancora più seccata di quella che aveva avuto fino a quel momento, si voltò verso Mordred, appoggiato sul parapetto proprio accanto a lei.

Quand'è arrivato?! Si è teletrasportato!


"Ti stavo proprio aspettando al varco, Duirvir" commentò la ragazza, riprendendosi immediatamente dalla sorpresa nella quale l'altro l'aveva colta.


"A cosa devo l'onore?" domandò lui, adocchiando Merlin ed Arthur che, oramai distanti, imboccavano uno degli ingressi del college, ancora nel bel mezzo di una discussione.


"Al fatto che sembri essere praticamente diventato la mia ombra. Dove sono io, ci sei anche tu. Questa cosa non mi piace" non un attimo di esitazione, nelle parole di Morgana, che amava andare dritta al nocciolo delle cose senza girarci intorno stupidamente. Che senso avrebbe avuto?

Perdere tempo è proprio l'ultima delle cose che voglio fare.


"Davvero?" replicò Mordred, degnandosi finalmente di guardarla, con un sorrisetto irriverente sulle labbra morbide, "Non me ne sono proprio reso conto"


Morgana socchiuse le palpebre con espressione poco accondiscendente.

"Davvero?" ripeté lei, utilizzando le stesse parole dell'altro, "Al bar, in corridoio, nel cortile, fuori dall'aula, ai bagni... e tu non te ne sei reso conto. Stai offendendo la mia intelligenza"


"Caspita... hai una memoria eccezionale. O forse sono io, l'eccezione?"


Le guance della mora si tinsero di indignazione ed il tono sfrontato che Mordred aveva utilizzato non aiutò di certo a placare la sua irritazione. Si voltò completamente verso di lui e piantò le mani sui fianchi, l'aria di chi non aveva voglia di stare ai stupidi giochetti di chicchessia.

"Non so cosa diavolo ti sei messo in testa, ma sai, non è che basta buttarsi davanti al primo che cerca di mettermi le mani addosso, per entrare nelle mie grazie"


Mordred si strinse appena nelle spalle, incrociando pigramente le dita delle mani che penzolavano nel vuoto. Continuò ad osservarla con l'espressione più serafica del mondo ed ogni maledetta volta che lo faceva, riusciva così a farla sentire come fosse lei, la bambina della situazione.

Non fa altro che provocarmi in continuazione! Adesso lo butto di sotto e me ne vado. Gli faccio fare la fine della sigaretta a questo. Che diamine!


"Nel caso non l'avessi notato" azzardò lui, con un tono di voce abbastanza cauto (forse si era accorto di essere su una terrazza, solo con lei e pericolosamente vicino al vuoto?), "Frequentiamo lo stesso college. I metri quadrati sono abbondanti, ma sono sempre quelli. Sto cercando di dirti che forse, potrebbe essere normale incrociarmi in giro. Tu che dici?" terminò, alzando le sopracciglia scure con espressione conciliante. La stava trattando come fosse una matta isterica in procinto di sbottare? Lo stava davvero facendo?

Dio. Mi irrita più Arthur o mi irrita più lui? Non lo so, è una dura lotta. Ma doverli sopportare entrambi mi farà guadagnare un ingresso senza uscita per la più vicina casa di riposo. Signore dammi la forza.


"Dico che potrebbe essere una coincidenza. E potrebbe non essere una coincidenza. Ma se una cosa è certa, è che oltre a non piacermi questa sensazione che ho, voglio dire il fatto che tu mi stia seguendo ovunque io vada, sei tu stesso a non piacermi. Pensavo di essere stata abbastanza esplicita, ieri mattina, quando ti ho detto che non potevi sederti al mio tavolo-"


"Non hai detto che non potevo sedermi, hai detto che non ti andava di farmi del male. E' diverso" la interruppe Mordred, con un tono di voce leggero e disinteressato.


"Sto parlando io!" ringhiò lei, punzecchiata sul vivo. Odiava quando non le veniva lasciata la possibilità di terminare quello che stava dicendo. Si sentiva come spodestata o messa da parte.

E non è detto, fra parentesi, che adesso non mi vada di farti del male! Mi va eccome! Qual era il mio sogno nel cassetto? Diventare un'esperta in rilevazione di siti storico mitologici? Bé ho sbagliato cassetto! Voglio diventare una feroce assassina seriale! Tanto faccio ancora in tempo, no? Non mi pare ci sia un'età massima per entrare nel club.


Mordred si staccò dal parapetto ed alzò le mani blandamente, in segno di pacifica resa; il sorrisetto bieco sul suo volto, tuttavia, la diceva ben lunga sulla sincerità delle sue intenzioni. Il taglio che Valiant gli aveva procurato al labbro era quasi del tutto svanito, solo un alone rossastro faceva intuire che qualcuno l'aveva probabilmente colpito. Era più alto di lei di qualche spanna ed aveva i capelli più scuri dei suoi. Gli occhi chiari sapevano prenderti in giro pur restando in silenzio, come quelli di Morgana sapevano ammazzarti pur non essendo accompagnati da parole di dubbia gentilezza. Era una lotta tra titani, quel gioco di frecciatine e commenti sarcastici che entrambi avevano iniziato. Perché sarebbe stato inutile negarlo, ma non è che la ragazza si fosse tanto opposta a quella sorta di battaglia verbale, anzi... ogni giorno di più contribuiva molto vivacemente alla sua crescita, a partire dal suo cedere, sistematicamente, alle provocazioni che l'altro le lanciava. Forse Mordred sapeva perfettamente che Morgana non sapeva resistere alle provocazioni (oltre che alle lusinghe)(1). Forse Mordred sapeva un sacco di altre cose, sul suo conto.

O forse no, pensò testardamente lei, raccogliendo la borsa da terra. Devo smetterla di dargli corda, perché è questo che vuole. Farmi incazzare!


"Affinché non ci siano più dubbi di sorta alcuna, al riguardo" iniziò, scandendo bene ogni parola per essere sicura che il significato arrivasse dritto alla comprensione del diretto interessato, "Non ti voglio tra i piedi. Né oggi, né domani. Mai. Se ti stai semplicemente preoccupando per quello che potrebbe fare Valiant, ti consiglio di smetterla adesso. Non ho bisogno di nessun cavaliere e non sarò tanto stupida da permettergli di fregarmi ancora, come ha fatto quella sera" concluse, mettendo la borsa in spalla. Indugiò qualche attimo, come aspettandosi una rimostranza od una battuta sarcastica da parte di Mordred. Il ragazzo abbassò le braccia per infilare le mani nelle tasche dei jeans scuri ed annuì con espressione inequivocabilmente collaborativa.

Tutto qui? Me la fai così facile?


Cacciò, calpestò e trucidò il vago senso di delusione che aveva cercato di prendere possesso del suo stomaco.


"Bene" si risolse a dire, dato che l'altro non sembrava voler aprire bocca. Senza attendere oltre, gli voltò le spalle e rientrò nel college, dirigendosi alla lezione successiva.

Non si girò per sincerarsene, ma avvertì come la sensazione di avere gli occhi di Mordred puntati sulla schiena (e questo attenuò un po' quella non delusione che aveva provato); mentre si allontanava, un piccolo sorriso di vittoria osò piegarle le labbra piene.


Con un sospiro leggero, Mordred tornò a poggiarsi al parapetto e sorrise. Morgana era così maledettamente adorabile che gli risultava difficile, davvero, non cedere all'istinto di chiuderle quella bocca velenosa schiaffandoci sopra la sua. Rigirò distrattamente l'anello d'acciaio che aveva intorno al pollice ed accolse con piacere il timido raggio di sole autunnale che fece capolino tra alcune nuvole.

Con te ho solo iniziato, Morgana. Ho solo iniziato.


Casualmente, lo sguardo gli cadde sul parco del college e vide Lancelot passeggiare sotto alcuni alberi. Alzò un braccio, per attirare la sua attenzione e salutarlo, ma rinunciò quasi subito notando che stava parlando al telefono. Così, non avendo altri motivi per temporeggiare su quella terrazza, tornò dentro anche lui.


*


Lancelot si voltò, lanciando l'ennesimo sguardo alle sue spalle e si inoltrò ancora di più nel parco, raggiungendo il limitare della strada dove il traffico scorreva nella sua consueta quotidianità. Spinse ancora di più il telefono contro l'orecchio e mantenne l'espressione seria ed accigliata.


"Sì Signore" esclamò, con tono di voce fermo, senza indugio. Si fermò sul marciapiede, infilando una mano nella tasca dei pantaloni con aria casuale. Una macchina si fermò per permettergli di attraversare la strada e solo in quel momento, notò di essere in prossimità delle strisce pedonali. Sventolò una mano verso l'autista per far intendere che non doveva passare.

Mi fosse servito davvero, invece, scommetto sarei stato ficcato sotto in mezzo secondo. Ultimamente ho una fortuna da spavento. Ironia portami via.


"Ricordati quello che ti ho detto, ragazzo"


"Non l'ho mai dimenticato, io mantengo le mie promesse. Non c'è motivo di preoccuparsi" rispose, facendo qualche passo indietro, tanto per non starsene fermo impalato o trarre in inganno altri automobilisti.


"Quando si tratta di lei io mi preoccupo eccome, dovresti immaginarlo"


Lance strinse le labbra qualche secondo e passò la mano libera tra i capelli già disordinati, arcuando le sopracciglia scure.

"Non farò niente che possa aggravare la situazione. So quanto Gwen tiene a Lei, l'ultima cosa che voglio è causarle sofferenza. O mettere a rischio la sua vita. Dico, non quella di Gwen. La sua sua. Tua. Mi scusi, non sapevo come spiegarmi" biascicò il ragazzo, premendo un rewind mentale che potesse sciogliergli la lingua intrecciata.


"Sei un bravo ragazzo, Lake(2)" commentò la voce nel telefono, pronunciando le parole con tono roco.


"Grazie Signore. Cerco solo di fare del mio meglio"


Il ragazzo terminò la telefonata e restò per qualche attimo ad osservare con aria pensierosa lo schermo del cellulare. Strinse le dita intorno al display e passò il pollice sopra i tasti, come a ripulirli da polvere immaginaria. Non doveva cedere. Doveva essere all'altezza.


*


"Pendragon, basta! E' tutta la mattina che mi trascini di qua e di là come un pazzo! A parte che sto morendo di fame, sai che l'ora di pranzo è arrivata già da un po'?, inoltre vorrei renderti noto che non ho alcuna intenzione di saltare le lezioni solo per continuare a contribuire a questa follia!"


Merlin si lasciò cadere su una delle panchine del parco, massaggiandosi lo stomaco con una mano; brontolava già da un po', ma non aveva detto niente fin quando non aveva raggiunto il suo punto limite. Cosa che era appena successa.

Male che vada mangerò lui. Pezzo per pezzo. Così non solo eliminerei il problema della gelosia alla radice, ma smetterei anche di farlo prendere a sberle. Di questo passo la sua faccia diventerà un pallone da calcio. Il che sarebbe un vero peccato.


Lo osservò mentre gli si avvicinava, con ancora alle spalle la risata accondiscendente di una delle poche ragazze che era stata al suo gioco. C'erano alcune, infatti, che invece di picchiarlo selvaggiamente (come meritava, d'altronde), si lasciavano baciare acconsentendo di buon grado, come stessero partecipando ad una sorta di scherzo.

Oh, qui non siamo a Candid Camera, quindi potrebbero anche piantarla di assecondarlo così!


Arthur si sedette accanto a lui con un sospiro pesante, di chi stava affrontando una faticosa giornata di lavoro ed allungò le braccia lungo lo schienale della panchina. La cosa divertente, era che la maggior parte delle ragazze avevano la tendenza a schiaffeggiarlo sempre sulla stessa guancia. Merlin avrebbe mentito, se avesse detto che la cosa, almeno un po', non lo consolava, perché lo faceva eccome; aveva apprezzato ognuna di quelle sberle come ne fosse stato lui stesso in persona, il responsabile. Perché se era vero che Merlin in primis non poteva picchiarlo come sognava di fare (considerando che dopo avrebbe dovuto anche giustificarsi), poteva però desiderare che lo facessero altri al posto suo. Era cotto di Arthur dal primo anno, quello era vero, ma questo non voleva dire che si era annullato, per lui; l'amor proprio e la dignità erano cose che aveva conservato e quindi, nonostante i sentimenti che provava nei suoi confronti, era contento quando il biondo finiva per prenderle, perché Merlin trovava profondamente ingiusto il fatto che tra i due fosse lui l'unico a dover soffrire in silenzio. Essendo un ragazzo, non si sarebbe mai lasciato andare in scenate isteriche o crolli nervosi evidenti, ma quello non voleva dire che il vedere Arthur baciare qualsiasi ragazza gli capitasse a tiro, non lo facesse restare male.

Stai cercando me, stupido asino babbeo, me! Voltati! Non le vedi le frecce al neon lampeggianti intorno alla mia testa? Ci devono essere per forza perché le sto pensando intensamente!


"Io non ti piaccio, non è vero?"


Merlin smise di massaggiarsi lo stomaco e si voltò con espressione stupita verso di lui; se non fosse stato che Arthur lo stava guardando con un cipiglio un po' serioso, avrebbe creduto di aver sentito male.

Non hai neanche la più pallida idea di quanto tu ti stia sbagliando, avrebbe voluto dire. Ma ovviamente non lo fece, preferendo arrovellarsi il cervello su cosa ribattere. Era una domanda complicata, non voleva dirgli la verità ma non voleva neanche fargli credere di essere odiato.

Non è sempre tutto o bianco, o nero. A me il grigio piace un sacco. Ma proprio tanto.


Sospirò silenziosamente, preferendo concentrare la sua attenzione sui rami spogli di alcuni alberi poco distanti.

Evidentemente Arthur trasse da sé le sue conclusioni, basandosi su quel silenzio, perché distolse a sua volta lo sguardo; proruppe poi in una risata sarcastica, scrollando brevemente la testa.


"C'è qualcosa di te che mi sfugge, Emrys" iniziò, serafico e con un sorriso sbilenco sulle labbra, "A partire dalla motivazione che ha scatenato tutta questa antipatia. Ti ho mai fatto qualcosa senza rendermene conto?"


La richiesta di Arthur era piuttosto giustificata, considerando che prima di allora non si erano mai nemmeno salutati. Avevano sempre frequentato persone diverse ed anche se Merlin conosceva bene la sorella di lui, non l'aveva mai sfruttata come ponte di contatto per poterlo conoscere.
Il moro stese a sua volta le labbra in un sorrisetto ironico, che sarebbe potuto apparire anche un po' provocatorio.


"Perché ti interessa?" domandò, tornando a guardarlo con occhi pungenti. Arthur, che raccoglieva le sfide con la stessa testarda audacia di Morgana, ricambiò la sua occhiata in modo molto diretto.

Questi Pendragon, non abbassano la cresta neanche se minacci di passargli sopra con un trattore. Deve essere una cosa di famiglia.


"Perché se hai un problema con me, vorrei saperlo" replicò, inarcando con eloquenza le sopracciglia bionde. "Non so in che modo mia sorella sia riuscita a costringerti ad aiutarmi e non entrerò nel dettaglio se non sarai tu a volermelo dire, ma sta di fatto che lo stai facendo. Ed io non so che cosa pensi di me, ma posso dirti che l'irriconoscenza non è tra le mie caratteristiche principali. Mi dispiace che tu stia facendo tutto questo contro la tua volontà, ma non mi dispiace abbastanza da arrivare a dirti 'ok, lasciamo perdere'. Il tuo aiuto mi serve, Emrys, e vorrei potessimo diventare amici, così da capire in che modo potrò dimostrarti la mia gratitudine"


Arthur continuò a guardarlo e dovette vedere una faccia talmente babbea, in Merlin, che si mise a ridere senza neanche cercare di mascherarlo. Il moro socchiuse le palpebre sugli occhi, rendendo il suo sguardo tagliente, ma le orecchie assunsero una tonalità un po' più umana, rispetto al consueto colorito cadaverico che erano solite avere trecentosessantacinque giorni all'anno, trecentosessantasei quando capitava il bisestile.

Dov'è Gwen quando Pendragon dice queste cose? Almeno inizierebbe a capire perché divento una specie di gelatina insulsa quando si tratta di lui, per la miseria!


Merlin umettò le labbra velocemente, tenendo l'altro su silenziose spine ancora per qualche lungo secondo. Arthur gli stava offrendo la sua amicizia e quello avrebbe potuto implicare molte cose.

E se dovessimo diventare amici sul serio? Che faccio, lo guardo un giorno uscire con una ed un giorno uscire con un'altra? C'è un motivo se non ho mai approfittato della parentela che Morgana ha con lui per potermi avvicinare, ed è proprio questo, dannazione! Non voglio sapere cosa fa o cosa non fa, non voglio sapere niente! Già mi si fonde il fegato guardandolo a distanza, figurarsi se dovesse cominciare anche a raccontarmi cosa diavolo fa! Penso che potrei anche barricarmi in cucina ed accendere la macchina del gas fin quando non perderò i sensi. Così non mi accorgerò nemmeno del momento in cui tirerò le cuoia.


Arthur corrugò la fronte, studiando il volto dell'altro ragazzo con divertita attenzione.

"Pensi sempre così tanto?" domandò, ritrovando la voglia di mettersi a ridere. Merlin era strano, strano in senso positivo. Lo trovava buffo ed a suo modo divertente.

Certi momenti mi viene una voglia tale di prendermi gioco di lui che, se non lo faccio, è solo perché prima devo aggirare l'ostacolo conosciuto dai più come mi stai sul cazzo.


Merlin roteò gli occhi verso il cielo e, finalmente, si degnò di spiccicare parola.

Grazie, vostra Grazia pensò Arthur, arricciando le labbra furbescamente.


"Non ho nessun problema" esordì, con un tono di voce controllato ma un po' impersonale, "E' che non riesco a spiegarmi questa tua assurda fissazione. Né perché tu abbia bisogno del mio aiuto. Mi infastidisce, ovviamente, che Morgana mi abbia gentilmente esortato a seguirti come un'ombra, ma almeno tu sei stato onesto, adesso" lo guardò a lungo, talmente tanto che Arthur capì che era arrivato nuovamente il suo turno di parlare.

No Merlin, basta, ti prego! Sputa ogni tanto, tra una frase e l'altra, chiacchieri solo tu qui! Mi sta facendo sudare come un maiale per cavargli due parole messe in fila dalla bocca! Come sei faticoso, Emrys!


"Non te la so spiegare nemmeno io, questa fissazione" disse di getto, perché era la verità, "Ma ce l'ho e non posso farci niente. Non mi era mai capitato..." si grattò la testa, distogliendo lo sguardo con una sorta di imbarazzo negli occhi. Doveva essere difficile, per un tipo orgoglioso come lo era Pendragon, trovarsi in una situazione simile. Assoggettato al sentimento. Merlin sorrise, avvertendo lo stomaco aggrovigliarsi in una specie di massa convulsa; Arthur era tenero, e per quanto si ostinasse a cercare di vederlo sotto una luce diversa, non poteva fare altro che trovarlo tenero. Perché nonostante l'orgoglio, nonostante la testardaggine... le cose che diceva, le pensava.

Ogni volta.

Aveva sempre trovato il coraggio di esprimersi, perché era un combattente.

Che grazie a Dio non veste alla marinara(3), si sentì in dovere di aggiungere quella parte mostruosamente nerd che era nel cervello di Merlin.


"D'accordo" proruppe il moro, con un tono particolarmente deciso, "Se restiamo qui a rigirarci i pollici ed a perderci in discorsi così profondi, non finiremo di controllare la lista prima dell'arrivo del prossimo anno!" si alzò in piedi, mettendosi la borsa in spalla con gesti abitudinari. Arthur lo guardò con le sopracciglia alzate, le braccia ancora spalmate sullo schienale della panchina e la guancia destra deformata rispetto alla sinistra. Merlin strinse le labbra, trattenendo il selvaggio istinto di dargli un pizzicotto proprio lì.

Non sarebbe saggio, Merlin, non lo sarebbe affatto.


"Prima, però" continuò, mentre anche il biondo si alzava, ancora intontito dalla sua energica presa di posizione, "Andiamo a mangiare qualcosa, perché altrimenti potrei cominciare a non rispondere più delle mie azioni. E, credimi, questa è una delle ultime cose che vuoi far accadere"


Arthur gli fu accanto in un attimo, con un sorriso più disteso sulle labbra; infilò pigramente le mani nelle tasche dei jeans e si schiarì la gola con aria casuale.

Merlin si sentì nuovamente osservato, ma questo non lo infastidì più come aveva fatto prima.

Anzi, non era molto sicuro che lo avesse mai infastidito.


"Sai, mi chiedevo... cioè, domani sera con i ragazzi andiamo a prenderci qualcosa al pub. Ci sarà anche Morgana. Vuoi venire?"
























NOTE DELL'AUTORE: ciao bimbi sperduti *-* come state? Eccoci qui con il terzo capitolo di questa esplosione mentale :D grazie, grazie millissime per tutte le recensioni, i seguiti, i preferiti e i ricordati. Non pensavo sarebbe piaciuta così tanto, sono commossa ç_ç nelle recensioni più persone mi hanno chiesto di una possibile comparsa di Gwaine (Galvano)... chissà, intanto nel primo capitolo lo abbiamo intravisto, vestito da Gandalf, impegnato in una gara di bevute. Se lo sviluppo della trama me lo permetterà, potrei cercare di aggiungerlo nuovamente :D per chi volesse dare una letta ad una breve one shot che ho partorito, la trovate qui: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1529311&i=1

Non cerco recensori. Cerco lettori, spero che questo sia chiaro oramai!


  1. Nel secondo capitolo viene specificato che uno dei punti deboli di Morgana sono le lusinghe :)

  2. Secondo il mito originale, Lancelot è conosciuto come Lancelot Dal Lago, perché allevato dalla Dama del Lago. Quindi, ho pensato di usare Lake (lago), come cognome.

  3. Nel cartone animato di Sailor Moon una frase che la protagonista dice spesso è 'sono una combattente che veste alla marinara!' Merlin, da bravo nerd quale è, fa spesso associazioni mentali di questo genere. Perché sì ù_ù non posso dire che Merlin è un otaku, perché riguarderebbe solo la fascia giapponese del termine. Nerd è più vasto.


Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, io amo sclerare con voi nei vostri commenti, è uno dei miei sport preferiti! <3


p.s. Riguardo il parere che ho chiesto nello scorso capitolo, sull'inserire o meno l'avvertimento OOC... ho ricevuto due pareri, entrambi discordanti. Quindi, prima di prendere una decisione, aspetto l'aggiunta di altri punti di vista *_* let me know, sweethearts!







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Capitolo 4
*** Festa di compleanno ***


QUARTO CAPITOLO


Morgana si affrettò verso l'entrata del pub, ringraziando tutte le divinità esistenti per aver avuto la brillante idea di mettere il cappotto pesante. Le giornate si facevano via via sempre più fredde e quando calava la sera, la temperatura bassa iniziava a pizzicare sul serio. Anche se era autunno, da molti anni l'Inghilterra non lo distingueva più dall'inverno.

Chi ha detto che noi del nord siamo abituati a vivere al freddo ed al gelo? Io non sono abituata, non lo sono per niente!


Con le prime gocce di pioggia alle spalle, quando aprì la porta, immediatamente una ventata di aria calda le fece distendere i lineamenti del volto. Sospirò con sollievo, socchiudendo gli occhi come un gatto a cui stanno facendo le fusa.

Dio benedica i riscaldamenti. Li benedica e li inserisca nel calendario insieme a tutti gli altri santi!


Il momento di estasi idilliaco, venne brutalmente spezzato da qualcosa che iniziò a picchiettarle la spalla. Infastidita da quella distrazione, si voltò con un'espressione antipatica, trovandosi ad osservare il volto bianco latte di Merlin, sul quale spiccavano un paio di occhi di un blu imbarazzante. Il ragazzo si stringeva intirizzito nel suo giubbotto e la fissava con un cipiglio irritato, i capelli sconvolti dal vento che tirava.


"Scusaci Morgana se esistiamo anche noi, scusaci davvero. Ma sai, sento che mi stanno per crescere delle stalattiti sotto al naso, quindi se ci fai la grazia di entrare, così lo facciamo anche noi..." lasciò la frase in sospeso e le sopracciglia scure si alzarono con palese eloquenza. Dietro di lui, Lancelot stringeva Gwen tra le braccia, un sorriso serafico a piegargli le labbra. Sembrava che nulla potesse turbare quel ragazzo, neanche dieci gradi sotto zero. Non è che facesse veramente così freddo, era per dire.

Certo. A lui basta stare appiccicato come una cozza alla sua ragazza che già va tutto bene. Se ci fosse una pioggia di meteoriti neanche se ne accorgerebbe.


Roteando gli occhi verso il cielo, Morgana entrò nel pub e lasciò libero il passaggio a quella mandria di spostati. Li osservò sfilare davanti a lei uno per uno, ritrovandosi a diventare l'ultima della fila. Arricciò la punta del naso mentre iniziava a slacciarsi il cappotto e per la prima volta, notò sul serio il gran fracasso che c'era dentro il locale. Le labbra morbide si stesero in un sorriso, perfettamente consapevole che quella non era affatto una serata normale.

Già quando andiamo in giro noi facciamo sempre baccano, ma stasera ho il presentimento che ci supereremo...


"Dov'è il festeggiato?" gridò ad alta voce, scavalcando Merlin e le due colombelle, ancora tutti presi dall'operazione di svestizione. Si infilò tra di loro senza neanche avere la decenza di stare attenta a dove metteva i piedi e subito, tra il corposo gruppo di ragazzi che occupava il tavolo vicino una delle finestre, notò il suddetto interessato stare in piedi su una sedia.


"Signori" disse Gwaine solennemente, tenendo in alto un calice di birra e l'altra mano appoggiata sul cuore "E Signore" aggiunse, indirizzando palesemente un'occhiata verso Leon, che per tutta risposta iniziò a lanciargli delle noccioline per distrarlo. Una di queste, finì nel boccale di birra del festeggiato; Gwaine non ci fece caso e con la stessa aria importante, continuò a ciarlare.


"E' un onore avervi tutti qui, stasera. Porgo i miei più sentiti ringraziamenti! Ai belli ed ai brutti -sì ce l'ho con te Parsifal, è inutile che ti giri- agli sfigati ed ai gagliardi come me -cazzo ridi, Leon? Sto dicendo sul serio! E piantala co 'ste noccioline!- ai Camelot ed a quelli più inutili come gli Albion -ti puoi avvicinare comunque, Morgana, stasera mi sento buono e poi visto che sei così gnocca, ti sono concesse svariate cose-. Questa sera, ve lo prometto, sarà mia premura fare in modo che domani non vi ricordiate più un cazzo di quello che succederà. Perché è il mio compleanno ed io i miei compleanni li festeggio così. Questo è quanto. Evviva me!"


Un coro di 'ma guarda st'esaltato', 'è proprio il solito esibizionista', 'maledetto drogato' si alzò in contemporanea dai commensali che sedevano attorno al tavolo del festeggiato, intramezzato da risate che sapevano di presa in giro. Sollevarono tutti i bicchieri per aria e brindarono alla salute di Gwaine.


Come mai invece della solita chioma alla Pantene: perché io valgo, porta il codino? si chiese Morgana, accodandosi alle risate dei Camelot tra i quali, per fortuna, non spuntava Valiant.

E neanche Duirvir, aggiunse con soddisfazione una vocina nella sua testa.


Quando si sedette accanto al suo adorabile fratello, questi le lanciò una strana occhiata.


"Che c'è?" chiese lei, che per quanto non lo sopportasse, non le era inusuale sedere vicino a lui.


"Stavo tenendo il posto per Merlin, veramente..." biascicò Arthur, grattandosi la testa. Morgana sgranò gli occhi chiari, rimanendo interdetta per i primi, lunghi secondi.

Stava tenendo il posto per Emrys? Siamo arrivati a questo punto?


Un sorriso vagamente sornione fece capolino sulle labbra della mora, che fissò così intensamente Arthur da riuscire a metterlo a disagio (come al solito). Lo stava esortando a sputare il rospo senza neanche doverlo minacciare.


"Cosa?!" sbottò lui infatti, muovendosi sulla sedia come avesse le pulci "Non conosce nessuno, pensavi che dopo averlo invitato l'avrei lasciato a morire da solo seduto vicino a chissà chi?"


Morgana si strinse nelle spalle con non chalance, preferendo di gran lunga non commentare. Sapeva perfettamente che Arthur avrebbe svolto da solo tutto il lavoro sporco, cuocendo nel suo stesso brodo. Simulando un'espressione da sorella offesa si alzò, preferendo piazzarsi direttamente vicino al festeggiato. Suo fratello era sempre stato solito fare cose del genere, in superficie dava a vedere di essere egoista ma sotto sotto ci pensava eccome al prossimo.

La parte della vamp malvagia e subdola è sempre stata meglio su di me, del resto.


"Scusate, l'ha detto lui che essendo gnocca ho un sacco di diritti" commentò quando fece scalare di un posto Parsifal, per rubargli la sedia alla sinistra di Gwaine. Con un sorriso ed uno sfarfallamento di ciglia era sicura di poter sistemare qualsiasi cosa. Il fatto che fosse circondata da una quantità immonda di testosterone le concedeva una buona dose di ragione.


Merlin adocchiò il rumorosissimo tavolo, bloccato ancora vicino all'entrata. La sua visuale fu oscurata per un attimo da Lancelot che, liberatosi dal cappotto, si era subito diretto da Gwaine per un paio di battute. C'era un posto libero, vicino ad Arthur. C'era un posto libero vicino ad Arthur e lui lo stava guardando con una faccia che diceva che diavolo ci fai fermo lì come uno stoccafisso? La mano di Gwen, gentile sulla schiena, lo fece sospirare.


"Perché ho accettato?" le domandò, lasciandosi guidare dall'amica come fosse stato un fantoccio senza volontà. Gwen rise brevemente, scrollando i riccioli scuri.


"Santo cielo Merlin, levati dalla faccia quell'espressione da patibolo e sorridi" rispose lei, con un tono di voce così paziente che scatenò un'ondata di amore profondo nel cuore di quello zombie che stava conducendo verso la tavolata.

Gwen sarà il bastone della mia vecchiaia, me lo sento.

Stese le labbra il più naturalmente possibile, ma il nervosismo che gli attorcigliava le viscere dello stomaco gli fece uscire fuori solo una strana espressione. Gwen lo guardò accigliata e con un tono di voce titubante, non poté esimersi dal commentare.


"Forse è meglio di no, sai..." disse, dosando con attenzione le parole "ma perché non cerchi di rilassarti e basta? Non è come andare ad un appuntamento! E poi dovresti smetterla di essere così negativo. Magari se diventi suo amico, scopre che gli piaci!"


"Sì" rispose immediatamente lui "e poi vivremo tutti e due felici e contenti. Gwen, smettila di guardare Once Upon a Time(1). E' un telefilm, quello" terminò, alzando senza convinzione una mano come bozza di un saluto generale diretto alla tavolata di festaioli. A parte Lancelot e Morgana, gli altri li conosceva solo di vista. Arthur gli fece subito cenno di avvicinarsi, indicando la sedia posta accanto a lui. Merlin annuì con una sorta di rassegnazione ed aggirò il tavolo, con lo sguardo di Gwen incollato alla schiena.


"Vieni" le disse improvvisamente la voce di Lancelot, tornato nei suoi paraggi "ci hanno tenuto due posti vicino a Leon!" la prese per mano, salutando nel frattempo il resto della combriccola. Gwen elargì sorrisi a destra e a manca; al contrario di Merlin, lei conosceva abbastanza bene tutti i componenti della confraternita dei Camelot, considerando che il suo ragazzo vi faceva parte dal terzo anno.

Anche se avrei preferito sedermi vicino a lui. E se si sente solo ed abbandonato? E se si sente a disagio? E se gli fanno i dispetti?


La ragazza lanciò un'occhiatina poco convinta al suo migliore amico, che si era appena seduto.

Basta Gwen. Smettila di fare mamma chioccia. Lascia che la tua creatura provi a camminare da sola sulle sue game rinsecchite!


Arthur ficcò sotto la faccia di Merlin un boccale pieno zeppo di birra scura. Il moro arricciò il naso, osservandolo come si osserva un particolare elemento scientifico.

Credo di averne avuto abbastanza di alcool per i prossimi mille anni. Faccio cose di cui mi pento, quando bevo.


"I primi due giri li offre Gwaine, ha deciso lui" commentò Pendragon, notando l'espressione poco convinta che c'era sul volto dell'altro ragazzo. Merlin strinse il bicchiere tra le mani fredde, ma non diede neanche a vedere di voler effettivamente bere. In realtà si sentiva un po' fuori posto lì in mezzo, tra l'altro il festeggiato neanche lo conosceva, stava quindi facendo la figura dell'infiltrato. Tuttavia, il festeggiato in questione, non aveva neanche dato segno di aver notato che ci fosse un volto nuovo. Si era avvicinato ad Arthur e dopo aver paccheggiato la spalla del biondo, aveva assalito anche la sua.


"Ehi, è bello vederti, chiunque tu sia!" commentò, con un sorriso così maledettamente serafico che sarebbe stato impossibile pensare il contrario. "Grazie per essere venuto! Facciamo squadra?"


Merlin sbatacchiò le palpebre, restando interdetto per lunghi secondi. Alzò il naso per aria e guardò Gwaine senza avere la più pallida idea di cosa diavolo stesse parlando.


"In... in che senso?" biascicò, con poca convinzione, mentre Arthur pareva appena essersi illuminato d'immenso. Allungò le braccia ed afferrò Merlin per le spalle, sul volto un'espressione seria ed autoritaria.


Questo vizio di cercare di intimidire gli altri ce l'ha anche Morgana. Allora è vero che sono fratelli pensò il moro, corrugando la fronte. Cosa stava succedendo così all'improvviso? Perché di punto in bianco quell'aria tesa? Si sentiva circondato. Arthur gli stava di lato, ma l'aveva costretto a girarsi per accalappiarlo in quella presa da giocatore di rugby e Gwaine si era chinato verso di lui, oltre la spalla dell'amico biondo e lo guardava con un sorriso così abbagliante da rincoglionire chiunque.

Cosa stanno tentando di farmi? Mi sento solo, abbandonato e a disagio. Dov'è Gwen? Perché dice di essere mia amica quando evidentemente non lo è?


"Emrys" esordì Arthur, parlando con un tono di voce estremamente greve "devi assolutamente stare nella nostra squadra"

Così il primo premio lo vinciamo noi, alla faccia di Googleon(2)!


"Sì" aggiunse Gwaine "abbiamo bisogno di un secchione come un assetato ha bisogno della birra!"


"Secchione?!" ribatté Merlin, sentendosi vagamente offeso dal tono con cui l'aveva sentito pronunciare quella parola "Gli hai detto che sono un secchione?!" il fastidio scaturito da quella parola si riversò su Arthur, che venne aggredito dall'occhiataccia che il moro gli lanciò.


"No" si frappose Gwaine "Mi è bastato guardarti, in realtà. Ce l'hai scritto in fronte. Senza offesa, amico!" ennesima pacca sulla spalla, che per poco gli smontò una scapola. Merlin si spazientì ma non osò fare altre domande, non troppo sicuro di voler sapere cosa volesse dire fare parte di questa benedetta squadra.

Sicuro non è rugby, il rugby non ha bisogno di studiosi, il rugby ha bisogno di babbei. Una quantità immonda di babbei.


"Stasera c'è il Quizzami" lo graziò Morgana, un paio di posti più in là, che si era interessata alla conversazione. Sorseggiava la sua birra con tranquillità e gli sorrideva con una luce sinistra in fondo agli occhi chiari. Arthur emise una specie di verso, un incrocio tra una bestia rara ed un essere umano.


"Morgana pensa di essere imbattibile a questo gioco" biascicò Pendragon, senza neanche guardarla, preferendo ficcarsi in bocca una generosa dose di pistacchi che avevano ordinato insieme alle birre. Gwaine continuò a sorridere fiducioso verso di lui, neanche ascoltando la conversazione in corso e Merlin sentì di non avere praticamente scelta. Doveva accettare o quel sorriso si sarebbe probabilmente trasformato nel suo peggiore incubo.

Devo togliermelo questo vizio di frequentare persone che mi ricattano o minacciano. Ma che diavolo!


"Non è che lo penso" continuò la ragazza, facendo scivolare le parole sulla lingua con un piacere quasi imbarazzante "lo sono, è diverso. Dimmi, Artie, quand'è l'ultima volta che hai vinto a questo gioco?" inarcò le sopracciglia scure ed il sorriso sardonico che aveva sulle labbra proprio sembrava non volerne sapere di scemare.

Tu il braccio, io la mente. È stato sempre così, sin da quando eravamo piccoli e sempre lo sarà. Fattene una ragione, ciccino caro.


Arthur, da bravo testardo orgoglioso quale era, si girò per fronteggiarla e le sorrise di rimando "Dimmi, Banshee, quand'è l'ultima volta che hai giocato senza prima esserti assicurata di avere Googleon in squadra?"


Morgana strinse le labbra in una linea sottile, irritata più dal sentir nominare quel nomignolo che dall'allusione al fatto che tutte le sue vincite non erano state totale merito del suo cervello. Inchiodò Arthur con uno sguardo che avrebbe potuto uccidere qualcuno di già bello che morto ma il ragazzo era troppo pieno di sé per fiutare il pericolo cui stava andando allegramente incontro, tutto gaio e sorridente. Spostò gli occhi su Merlin, che stava fissando la sua birra come avesse voluto farla sparire magicamente dal boccale. Gwaine gli si era seduto vicino, cercando di fargliene scolare almeno la metà tutta di un fiato e, ve lo assicuro, quando Gwaine ci si metteva sapeva essere di un'insistenza che faceva venire voglia di rasarlo a zero. Probabilmente era l'unica minaccia in grado di zittirlo per minimo cinque minuti.


"Emrys" disse Morgana, con uno strano tono di voce. Attese finché gli occhi del ragazzo furono su di lei, prima di continuare "Non vorrai stare in squadra con loro, non è vero?" terminò suadente, gentile ma neanche troppo. Anzi, per niente.

Vale a dire: se non stai in squadra con me ti sputtano. Conosco il tuo segreto!


Gwaine agì d'istinto e la prima cosa che fece fu abbracciare la testa di Merlin con entrambe le sue braccia ingombranti.


"NON GUARDARLA NEGLI OCCHI!" urlò, già mezzo condizionato dalle quattro pinte di birra che si era già scolato "Il segreto è non guardarla mai negli occhi, Emrys! Fallo e la tua anima sarà perduta per sempre!"


Arthur si strozzò con la birra e cominciò a tossire e ridere insieme, non sapeva neanche lui cosa dovesse fare, per prima cosa. Il volto assunse un colorito dalle sfumature violacee nel giro di qualche secondo e Gwaine dovette abbandonare la testa di Merlin per dargli qualche pacca sulla spalla. Perdere un importantissimo membro della squadra proprio la sera del Quizzami sarebbe stato devastante.

Non posso permetterlo. Alla vittoria o alla gogna!


Tornato in grado di poter vedere dove diavolo si trovava e cosa diavolo stava succedendo, Merlin sbatté le palpebre mettendo a fuoco il viso di Morgana che era rimasta incollata a guardarlo, come lo stesse sottoponendo a qualche sorta di incantesimo. Il ragazzo corrugò la fronte, osservandola di rimando con una certa circospezione; non sapevi mai come dovevi comportarti, con lei.


Mentre Gwaine tentava di non far spirare Arthur in un modo così stupido come poteva essere quello di strozzarsi con la birra, Merlin e Morgana si studiarono silenziosamente, in una battaglia di sguardi davvero feroce e sanguinolenta. Delle noccioline interferirono durante il combattimento, lanciate da Leon in direzione del festeggiato, che per tutta risposta masticò un'imprecazione seguita da un ma cazzo c'hanno in questo pub, l'albero delle fottute noccioline? Ma non finiscono mai? Ma basta!


Merlin sorrise. Una ruga deturpò il candore tra le sopracciglia di Morgana.


"Bè Morgana" iniziò, con un tono di voce particolarmente sibilante "dovessi stare in squadra con te non potrei continuare ad assolvere al mio compito come concordato. Sei stata tu che mi hai chiesto di aiutare tuo fratello, ma non mi hai detto in che modo o in quale o quante occasioni. Stasera la sua squadra ha evidentemente bisogno di un componente, capisci quindi che devo aiutarlo. Ti ho dato la mia parola, infondo. Vuoi farmela rimangiare tutto d'un tratto?"


Arthur alzò entrambe le sopracciglia, mentre tornava ad assumere un colorito più umano. Lasciò altalenare lo sguardo da Merlin alla sorella, con le labbra schiuse per la sorpresa.

Uho uho uho, piccolo temerario Emrys! Allora sotto le felpe formato XL si nasconde un vero uomo!


Morgana arricciò la punta del naso e fece un versetto stizzito, mentre Gwaine circondava con le braccia le spalle di Arthur e Merlin. Aveva il vizio di essere una persona molto fisica, per lui il contatto era praticamente essenziale.


"Vedrai Morgana" disse il festeggiato, spalleggiato dal maschio Pendragon "avrai pure Googleon dalla tua, ma noi abbiamo lui" ed inclinò la testa, facendola cozzare amichevolmente contro quella di Merlin che si trovava alla sua destra. Questo non poté esimersi dal sorridere, perché infondo quel Gwaine aveva un modo di fare che gli piaceva. Espansivo ed estroverso, gli dava la sensazione di una persona dal cuore enorme. E poi non si era neanche lamentato per non aver ricevuto nessun regalo da parte sua.

Punto molto importante. Non è che non mi vergogno di essermi presentato senza eh, sia ben chiaro...


"Vi daremo del filo da torcere" continuò Arthur, con un sorriso sbilenco sulle labbra, quel tipo di sorriso che ogni volta faceva stringere lo stomaco di Merlin perché era così maledettamente Arthur "E quando avremo noi il primo premio, riparleremo della tua imbattibilità. Giusto, Merlin?"


Merlin alzò gli occhi. Arthur lo stava guardando e continuava a sorridere, sorrideva a lui. Si ritrovò ad annuire senza neanche sapere come.

Valeva la pena di uscire anche solo per questo.


*


"Siamo dunque giunti alle ultime cinque domande!" esordì l'animatore, facendo partire dalla console una musica molto suspance. Il tavolo del festeggiato si era diviso in gruppi: in testa c'erano Morgana, Leon e Gregory, seguiti subito da Arthur, Gwaine e Merlin. Dopo di loro, arrivavano Lancelot, Gwen e Parsifal. Leon aveva i capelli letteralmente sconvolti, si era tolto la sciarpa e Gregory ogni tanto gli tamponava la fronte sudata. Arthur sembrava aver infilato le dita nella presa della corrente, i capelli biondi erano sparati da tutte le parti per tutte le volte che ci aveva passato le dita in mezzo. Lancelot, con una collezione invidiabile di boccali vuoti alle spalle, aveva la cravatta annodata intorno alla fronte e lo sguardo perso sullo schermo. Morgana aveva più volte rischiato di mangiare le sue magnifiche unghie e, per quello scempio, qualcuno avrebbe dovuto pagare. Merlin tentava di non farsi rompere le ossa della schiena dal peso di Gwaine che gli stava praticamente spalmato addosso dall'ansia, mentre Gwen aveva la fronte solcata da alcune rughe di concentrazione. Pareva essere la più lucida, lì in mezzo a quella bolgia. La temperatura era alta all'interno del locale, il caldo si faceva sentire... erano le birre? O era l'adrenalina? O erano i riscaldamenti? Nessuno avrebbe saputo dirlo, perché le ultime cinque domande avrebbero decretato il vincitore della serata. Era questione di vita o di morte.


"La prima domanda..." iniziò il tipo del Quizzami, che sul cartellino attaccato alla maglia aveva scritto 'Kevin' "Riguarderà... tecnologia! Più precisamente, motori!"


Morgana gemette di dolore. Se per la consapevolezza o l'unghia, non ci è dato saperlo. Tra le altre cose, ad alimentare il nervosismo della nostra fantasticamente nevrotica-sempreconlepallegirate Pendragon, si era aggiunta la comparsa di niente popò di meno che Mordred Duirvir in carne ed ossa, al momento occupato a chiacchierare con alcuni amici seduto al bancone, minimamente interessato alla gara in corso. Individuo che, da quando aveva messo piede nel locale, non l'aveva calcolata neanche per mezzo secondo. Ma zero totale. Neanche un'occhiatina. Nemmeno una piccina picciò.

Caspita, devo averlo proprio terrorizzato ieri. I miei poteri di persuasione aumentano, non hanno limiti. Conquisterò il mondo!


Ma non è che stesse ironizzando perché sotto sotto la cosa in un certo qual modo la infastidiva eh. Per niente proprio. Neppure lontanamente.

La voce di Kevin pretese di nuovo attenzione da parte di tutti.


"Osservate l'immagine!" esordì, proiettando su un telo bianco la foto di una macchina dalle linee morbide, completamente nera(3) "Sapete dirmi di che modello si tratta?"


Non fece neanche in tempo ad illustrare le opzioni possibili che Gwaine scattò in piedi, rovesciando un po' di birra sui capelli di Merlin. Il ragazzo strabuzzò gli occhi, toccandosi la testa con un'espressione vagamente schifata e sentì Gwen cercare di reprimere una risata.

Divertente. Davvero divertente.


"Io lo so, io lo so!" gridò, super gasatissimo. Finalmente poteva partecipare attivamente anche lui a quella gara di cervelli! Lanciò un'occhiata ad un invidiosissimo Googleon, che lo guardava senza sapersi capacitare come fosse possibile che Gwaine sapesse qualcosa e lui no.


"E' la Bat-mobile!" esclamò quello, con una certezza così devastante da lasciare tutti senza parole.


Un silenzio interdetto scese sui partecipanti del Quizzami; si voltarono tutti in contemporanea per osservare Gwaine, forse nel tentativo di capire se stesse facendo sul serio oppure se fosse semplicemente troppo ubriaco.

Fu una voce femminile e delicata, l'unica ad esprimere qualcosa di concreto.


"Una cosa del genere me la sarei aspettata da Merlin..."

O per lo meno, dal quel lato nerd che ogni tanto prende il sopravvento sulla sua ragionevolezza...


Il diretto interessato, a quell'uscita, adocchiò Gwen con un'espressione ferita e tutto ciò che ottenne fu un piccolo sorriso innocente accompagnato da un'alzata di spalle.

Adesso anche il bastone della mia vecchiaia mi lancia le frecciatine. Ma dove andremo a finire, mi chiedo io...


Kevin tossì e si impegnò a riportare il corso del gioco sui giusti binari "Bel tentativo amico, ma... anche se sei il festeggiato, non posso abbonartela. Leggete attentamente le quattro opzioni che sto per mostrarvi, avete dieci secondi di tempo!" e sullo schermo apparirono difatti i nomi di quattro modelli di macchine, tra cui si trovava quello esatto. Sarebbe stata questione di fortuna o di conoscenza? Gregory aveva iniziato a strofinare con maggiore forza la fronte di Leon, che venne presto solcata da un segno rossastro; il ragazzo, tuttavia, era troppo concentrato ad esaminare le opzioni ed invece di farlo smettere, strinse tra le mani la pulsantiera come fosse stata una sorta di Sacro Graal. Morgana gli artigliava un braccio come un koala agguerrito e gli sussurrava ripetutamente il mantra della loro vita (dai che lo sai, dobbiamo vincere Leon, io devo vincere! Non ti azzardare a rispondere male, non lo fare o ti ammazzo).


Gwaine massaggiava le spalle di Merlin come lo stesse preparando ad una sorta di combattimento di pugilato, ma lo faceva con talmente tanta foga che il ragazzo intuiva avrebbe saputo presto come doveva sentirsi una lattina di coca-cola dopo essere stata svuotata ed accartocciata. Arthur, in preda al panico e con le mani a tirare i capelli direttamente dalla radice (di nuovo), altalenava lo sguardo dallo schermo a Merlin con una strana luce negli occhi, quasi folle. Indugiando qualche lungo, estremo e fatalissimo secondo, strappò di sua iniziativa la pulsantiera dalle mani di Merlin e pigiò la lettera A senza stare a pensarci troppo sopra. Congelati da quella presa di posizione pericolosissima, sopratutto se fatta in finale, gli altri due della squadra lo guardarono come avesse appena infilato le dita nel naso ad un drago dormiente ed Arthur sentì lo stomaco scendergli all'altezza delle ginocchia, assorbendo involontariamente il panico degli altri due. Era sicuro di aver dato la risposta giusta, conosceva il modello di quella macchina (ci stava facendo la corte da qualche mese ma suo padre non ne aveva voluto sapere di accontentarlo) eppure le espressioni terrorizzate di Gwaine e Merlin erano talmente profonde da essere in grado di farlo dubitare di se stesso.


Gwen, Lancelot e Parsifal fissavano le opzioni con uno sguardo vuoto, assente, come non si trovassero realmente lì a partecipare come concorrenti. Restando con gli occhi fissi sullo schermo, Lancelot allungò a tentoni il braccio sul tavolo dietro di sé, prese un boccale a caso e se lo scolò senza neanche sbattere le palpebre. Le loro espressioni perse, da veri pesci lessi e fritti, la dicevano ben lunga sulla loro capacità partecipativa. Sempre con gli occhi incollati allo schermo Parsifal chiese all'amico di squadra delle noccioline e con un passa mano generale, da Lance a Gwen e da Gwen a lui, fu accontentato. Ma nessuno di loro, per neanche un momento, aveva distolto l'attenzione dalla domanda. Si aspettavano forse che un'illuminazione li colpisse dritti dritti in mezzo alla fronte.


"Tempo scaduto!" esclamò Kevin, attendendo che il computer elaborasse le risposte ricevute. Sullo schermo apparve che: il gruppo di Leon aveva dato quella sbagliata, quello di Gwaine la risposta giusta e quello di Lancelot... bè, diciamo che si erano astenuti totalmente dal provarci. Quando Gwaine si rese conto che Arthur aveva compiuto il miracolo, ruggì di gioia ed avvolse il collo dell'amico e quello di Merlin con le braccia, per un abbraccio collettivo e molto maschio. Le tempie del biondo e di Emrys inevitabilmente cozzarono tra loro, facendoli lamentare dal dolore, tra la risata contagiosa di Gwaine sopra le loro teste. Con gli occhi lucidi, Merlin adocchiò il viso di Arthur maledettamente vicino al suo e mentre il cuore rallentava, soltanto per prendere la rincorsa e salirgli in gola, trattenne il respiro. Arthur lo spiava con un sorriso sghembo sulle labbra e l'espressione soddisfatta di chi aveva dimostrato qualcosa.


"Dovresti provare a fidarti di me ogni tanto, Emrys" sussurrò, perché data la vicinanza, non c'era davvero bisogno di usare un tono di voce più alto. Merlin non seppe che cosa dire e francamente ringraziò il calore eccessivo del locale, perché avrebbe potuto attribuire a quello il rossore che aveva iniziato a colorargli le orecchie. Quando Gwaine li liberò, appiattì i capelli scuri per tentare di nasconderle.

Mi servirebbe una foresta di capelli per farlo. Potrei chiedere a Gwaine di prestarmi i suoi. Giusto per un po' eh, poi glieli restituisco.


Gregory aveva oramai scavato una voragine sulla fronte di Leon, che finalmente si era liberato delle sue attenzioni per evitare che a forza di strofinare, l'amico arrivasse a scoprirgli il cervello. Con un rumore sinistro, l'unghia di Morgana si era spezzata e questa stringeva tra i denti i suoi resti, come non volesse crederci per davvero. Lanciò l'ennesima occhiata verso il bancone, ma Mordred le dava le spalle e sembrava totalmente preso da un discorso di chissà quale natura.

Non si è nemmeno avvicinato a fare gli auguri a Gwaine! Che incivile! Cos'è, ora fa finta di non conoscermi?!


Parsifal si stava ingozzando di noccioline come una maledetta scimmia mentre Lancelot preferì farsi consolare dalla sua amata Gwen, che gli carezzava i capelli scuri con gentilezza, sfiorando distratta la cravatta che aveva ancora annodata intorno alla testa. La ragazza lanciò uno sguardo verso Merlin e quando lo intercettò, gli sorrise incoraggiante. Aveva notato come Gwaine l'aveva coinvolto subito in quella specie di squadra strampalata e non poteva negare di essersi sentita sollevata, perché almeno l'amico avrebbe smesso di pensare a quanto in realtà fosse stato nervoso prima di arrivare al pub. Come a dimostrare la ragione delle sue supposizioni, Merlin abbozzò un sorriso di rimando, uno di quelli che lasciava intendere che sì, si stava divertendo e che no, non l'avrebbe mai immaginato.


*


"Ma sei scemo?" sbottò Morgana, incapace di potersi frenare. In realtà più che una domanda la sua voleva essere un'affermazione, ma il tono di voce le era uscito male. Gwaine sorrise serafico, appoggiando i gomiti sul tavolo.


"No" rispose, minimamente toccato dall'aggressività della ragazza "Sono semplicemente ubriaco!"


Arthur corrugò la fronte, dimentico del nido di rondini che oramai aveva in testa al posto dei capelli. Si voltò verso di lui con espressione titubante e schiarì la gola "Gwaine, il kamasutra non è un gioco da tavola..."

E non è anche contemplato come risposta tra le opzioni...


"Però si fa in due o più persone!" continuò quello imperterrito, cercando con gli occhi l'approvazione di Merlin. Ma Merlin e Leon erano diventati di una competitività allucinante e se qualcuno non li avesse fermati, presto avrebbero probabilmente distrutto la pulsantiera, tanta era la foga che stavano mettendo nel pigiare la lettera C, ripetutamente. Arthur se ne accorse e con movimenti lenti, per non spaventare l'unico cervello funzionante che avevano in squadra, avvicinò le mani a quelle di Merlin per fermarlo.

Regola numero due del buon stratega: non fare agitare la preda, sopratutto se già imbizzarrita.


"Emrys" tentò, parlando con cautela "direi che va bene così. Puoi fermarti ora. Sul serio. Adesso basta, ormai è fatta! Emrys, dai, non c'è bisogno che ti spacchi il dito. Ehy, ma mi ascolti? Dacci un taglio, dai, è mezz'ora che stai premendo quel pulsante! Emrys? La vuoi piantare, Merlin?!"


La regola del buon stratega andò a farsi benedire nel giro di qualche secondo ed Arthur, che rare volte in vita sua era stato una persona paziente, strappò la pulsantiera dalle mani di Merlin, facendolo ringhiare per la frustrazione. Il biondo alzò le mani per aria, come a comunicare intenzioni pacifiche e si guadagnò un'occhiataccia che parlava da sé. Il ragazzo incrociò le braccia contro il petto scarno ed affondò nella sedia, guardando imbronciato lo schermo sul quale erano proiettate le quattro opzioni. La domanda era: quale gioco di società costringe due o più partecipanti ad assumere strane e divertenti posizioni?


Gregory, all'altro tavolo, non sapeva più come rendersi socialmente utile. Leon non gli lasciava tamponare la sua fronte, aveva ripiegato accuratamente la sciarpa che l'amico si era tolto, aveva incerottato con attenzione il dito di Morgana, oramai privo dell'unghia da gatta ed aveva ripulito il tavolo da tutte le briciole che avevano fatto. Si torceva le mani con aria contrita e guardava i tasti consumati della pulsantiera che Leon stava praticamente violentando. Forse, oltre ad essere consunti, erano anche sporchi... e lo sporco avrebbe potuto far scivolare inavvertitamente il dito di Leon mandandolo a premere un altro pulsante... e se quello fosse accaduto avrebbero potuto dare una risposta sbagliata a qualche domanda... frugò nel marsupio ed estrasse un pacchetto di fazzoletti con una bottiglietta di amuchina.


"Non ci pensare neanche" lo freddò Morgana, con uno sguardo che gli causò una fitta di dolore al costato. Maledetta strega! Cosa faceva lei, oltre che minacciare ripetutamente Leon di morti lente e dolorose? Era quello il suo concetto di aiutare la squadra?! Tuttavia il metodo Banshee pareva funzionare, perché ogni volta che Leon veniva informato di un nuovo ed originale modo per andare incontro alla morte, cominciava a sudare il doppio e le pupille si dilatavano per la concentrazione che metteva nel fissare lo schermo. Quella Pendragon aveva un'influenza sul prossimo che era veramente bestiale e disumana.


Gwen stava stringendo la pulsantiera con espressione pacifica, mentre Lancelot semi svenuto giaceva inerme sulla sua spalla. Sul volto della ragazza c'era un sorriso soddisfatto, segno che finalmente anche la sua squadra era stata in grado di dare una risposta partecipativa. Parsifal aveva finito tutte le noccioline e, non contento, si era attaccato ai pistacchi. Le bucce che accumulava nel palmo della mano, venivano ogni tanto lanciate verso Lancelot, giusto per controllare che non fosse ancora morto del tutto.


"Lasci fare tutto alla tua donna, ma non ti vergogni nemmeno un po'?" biascicò con un sorriso di scherno sulle labbra. L'amico mosse la lingua impastata contro il palato e dovette fare un paio di tentativi, prima di riuscire ad articolare qualcosa di intellegibile.


"Le lascio la sua indipendenza, i fiori non vanno soffocati, vanno coltivati..." commentò, con un sorriso ebete ed innamorato sulle labbra. Parsifal fece un basso fischio di ammirazione e Gwen sospirò pazientemente, appoggiando tuttavia la guancia contro i capelli di Lancelot. Certe volte ancora si imbarazzava per le mezze dichiarazioni che il suo ragazzo era in grado di farle tanto candidamente, ma le piaceva sentirsi così vezzeggiata. Almeno sino a quando la cosa non diventava pericolosa per l'incolumità di qualcuno, dettaglio che ultimamente si stava verificando un po' troppo spesso per i suoi gusti. Ancora non sapeva quanto.


Kevin annunciò lo scadere del tempo e comunicò la risposta giusta: il Twister(4), ovviamente. Tutte le squadre avevano agito correttamente, ma la più veloce era stata quella di Morgana. Un sorriso perfido piegò le labbra della ragazza che lanciò un'occhiatina vittoriosa ad Arthur. Merlin, dal canto suo, era impegnato a squadrare Leon, che lo fissava a sua volta: quest'ultimo sapeva perfettamente che vincere una battaglia non voleva dire vincere la guerra ed aveva riconosciuto in Emrys un avversario temibile. Avrebbe dovuto sfruttare al massimo tutta la sua abilità di condottiero della squadra, per farcela.


*


Lancelot era improvvisamente risorto dallo stato catatonico nel quale era caduto ed aveva strappato il microfono dalle mani di Kevin con una mossa così fulminea da aver lasciato tutti stupiti, l'animatore in primis. Gwen si era sentita congelare sulla sedia, ma non aveva osato muoversi, impegnandosi a fissare piuttosto il suo ragazzo con uno sguardo estremamente significativo.

Ti prego, non la fare, qualsiasi cosa tu stia per fare, non la fare. Sul serio Lance. Potrei ucciderti stavolta. Potrei farlo davvero.


"Io so qual è la risposta a questa domanda" commentò il ragazzo, con un sorriso meravigliosamente brillo, ebbro d'amore per la sua colombella "E ve lo posso dimostrare. Dedicherò la risposta a lei, la donna della mia vita, l'unica a cui sempre apparterranno il mio cuore e tutti i miei attributi!"


Puntò un dito verso Gwen con aria da attore di commedia romantica, la cravatta che penzolava al lato del volto. Lei aveva già iniziato a scivolare inesorabilmente in avanti, sulla sedia; percepiva perfettamente gli occhi dei presenti perforarle la faccia e fu per questo che accostò una mano al viso, abbassando lo sguardo sul tavolo. Stavolta fu il turno di Merlin, tentare di trattenere una risata. Parsifal sghignazzò senza ritegno al suo fianco, commentando con un blando "Te lo sei trovato con tutte le rotelle a posto l'uomo, eh!"


Una cosa è certa: con lui non mi annoio mai. Non è scientificamente possibile, pensò con magra consolazione la diretta interessata, evitando di guardare la faccia di Kevin che ancora non riusciva a concepire di come Lancelot avesse potuto spodestarlo in quella maniera.


Proprio lui, Lance, accostato il microfono alle labbra cominciò ad intonare I Say a Little Prayer(5) con una tale impersonificazione in Aretha Franklin che avrebbe commosso anche un sordo. Gli occhi chiusi, totalmente concentrato ad interpretare in falsetto anche le parti del coro di cui al momento era sprovvisto, aveva spostato Kevin da una parte ed era salito sul tavolino.


The moment I wake up, Before I put on my makeup (in falsetto: makeup!), I say a little (in falsetto: prayer for youuuuuu!)

While combing my hair, now, and wondering what dress to wear, now, (in falsetto: wear, now!), I say a little (in flasetto: prayer for youuuuu!)


Arthur si era accasciato subito sul tavolo senza ritegno ed aveva iniziato a ridere come un ossesso; Gwaine ne approfittò per arraffare la pulsantiera dalle mani distratte di Merlin e pigiare la risposta esatta, considerato che dalle parti di Leon e Morgana erano tutti troppo scioccati dalla performance che Lancelot stava loro regalando. Ma Gwaine era uno tosto, ci voleva ben altro per stordirlo! Dal canto suo, Merlin si era alzato in piedi e con gli occhi andava cercando Gwen, che non riusciva più ad intravedere.

O mio Dio. E' auto-implosa! Vuoi vedere che la vergogna l'ha fatta morire ed io non me ne sono accorto?! Signore, che razza di amico sono? Non è possibile, non può essermi morta sotto il naso!


Forever, (in falsetto: forever, you'll stay in my heart and I will love you)

Forever, (in falsetto: forever, we never will part oh, how I'll love you)


Qualcosa strusciò contro la sua caviglia e lo fece trasalire. Con gli occhi sgranati, andò a sbirciare sotto il tavolo e beccò Gwen che, camminando a carponi tra gambe di persone e di sedie, cercava di guadagnare silenziosamente l'uscita del pub. Senza pensarci due secondi, si chinò in ginocchio e si infilò a sua volta sotto il tavolo.


"Che stai facendo?!" sibilò, arrestando la sua fuga prima di lasciarsela scappare definitivamente. Lei si girò verso di lui con espressione stizzita e tentò di liberare la maglia che Merlin aveva artigliato.


Together, (in falsetto: together, that's how it must be) to live without you (in falsetto: would only be heartbreak for meeeeeee!)


"Voglio sparire. Non posso credere che lo stia facendo davvero! Guardalo Mer, per l'amor del cielo! Sta ancheggiando! E' sempre stato romantico ma non così tanto!" rispose lei con tono di voce frenetico, vomitando una parola dopo l'altra senza neanche prendere fiato. Tuttavia, nel bel mezzo della loro conversazione, sentirono Lancelot venire bruscamente interrotto da qualcosa. O da qualcuno? Gwen e Merlin si scambiarono un reciproco sguardo di confusione, una linea a marcare lo spazio tra le loro sopracciglia. Udirono una persona schiarirsi la voce al microfono, ma i due rimasero come imbambolati sotto il tavolo, attenendo di sentire cosa sarebbe venuto dopo lo scempio che Lancelot aveva fatto della canzone di Aretha.


"Scusate..." iniziò la voce, con titubanza "prometto che questo prenderà davvero poco tempo... Ma visto che ci siamo, approfitto del microfono per fare un annuncio molto importante..."


Merlin si alzò di scatto, dimenticando di essere sotto il tavolo e finendo così con il dare una poderosa craniata al legno che aveva sopra la testa. Gwaine, seduto nei pressi ed ignaro di tutto, corrugò la fronte con lo sguardo sulla tavolata.

Sono ubriaco io o i bicchieri e le noccioline hanno fatto un saltello? Cos'è, il terremoto?


Si piegò da un lato per sbirciare sotto il tavolo, accorgendosi finalmente della presenza di Gwen e di Merlin, che si stava tenendo la testa sussurrando bestemmie in sanscrito(6).

O mio Dio! Sono sotto il tavolo! Allora c'è davvero il terremoto!


Senza neanche avvisare gli altri del pericolo, si ficcò lì sotto pure lui.


"Sto cercando una persona, o meglio, una ragazza..." continuò la misteriosa voce "Ecco, diciamo che dovrebbe frequentare la mia università ma non ne sono molto sicuro. Quasi certo, ma non totalmente. Cioè, sta di fatto che l'altra sera abbiamo dato una festa e c'era questa ragazza con questo vestito verde ed un cappello pieno di fiori e... niente, la sto cercando e... non è che tante volte è qui presente?"


Le bestemmie sanscritiane di Merlin aumentarono a dismisura ed invece della testa cominciò a tenersi la faccia (o forse a coprirla per la vergogna). Gwen lo guardava con infinito affetto, picchiettandogli una mano sulla spalla e Gwaine faceva altrettanto con quella rimasta libera.


"Non ti preoccupare Emrys" esordì lui "Sotto al tavolo siamo al sicuro"


Ovviamente non aveva capito un accidente, ma era meglio così. Quella che invece aveva iniziato disgraziatamente ad intuire qualcosa era Morgana. La ragazza fissava suo fratello senza vederlo realmente, ma nella sua graziosa testolina il cervello aveva cominciato a rombare come fosse stato una macchina da corsa.

Sera della festa. Vestito verde. Cappello con i fiori. Ragazza. Merlin!

E subito dopo:

Arthur. Il giorno dopo la festa. Pomicia con qualsiasi ragazza che gli capiti a tiro. Ne cerca una in particolare. Merlin!


Sgranò gli occhi, voltando immediatamente la testa per inquadrare il ragazzo in questione. Sfarfallò le ciglia, quando notò che sembrava essere sparito e con lui Gwaine e Gwen.

Ma che diavolo...?


"Niente?" sentì chiedere Arthur, con la speranza che gli si spegneva negli occhi "Va bè, ci ho provato... Grazie comunque per l'attenzione... E scusaci tanto, Kevin, solitamente siamo brave persone"


Fu a quel punto che Morgana li vide strisciare tutti e tre fuori da sotto il tavolo, Merlin con le lacrime agli occhi.

Oh mio Dio. Oh mio Dio che ho scoperto! E l'ho pure costretto ad aiutare quel fesso di mio fratello a trovare questa benedetta femmina! Oh mio Dio, mio santissimo Dio! Senza rendermene conto ho realizzato il colpo di genio più grande dell'intera storia dell'umanità! E non posso vantarmene! Perché non posso vantarmene?


Mentre si rimetteva seduto ed investiva Arthur con ondate negative di estrema potenza, il moro sentì che qualcosa non andava; se solo avesse fatto caso allo sguardo intenso con cui Morgana lo stava sezionando, avrebbe anche capito che cosa.


Parsifal si alzò dalla sedia e diede una pacca sulla spalla di Gwen "Vado a chiamare Lance. Dato che non ti ha più vista è uscito a cercarti fuori. Ha detto qualcosa di strano tipo se le è successo qualcosa, questa è la volta buona che mi ammazza. Dovrebbe andarci piano il tuo ragazzo, con la birra"


Gwen aggrottò la fronte interdetta, ma non si soffermò più di tanto su ciò che le aveva detto Parsifal convenendo che, sì, Lancelot doveva aver decisamente bevuto troppo.


*


Arthur rabbrividì, mentre la porta del pub si chiudeva alle sue spalle. Tirò su la lampo del giubbotto sin sotto il mento e ficcò le mani nelle tasche, adocchiando gli altri che già erano usciti. Un felicissimo Gwaine stringeva sotto il braccio una tanica di birra Guinnes da venti litri, meritato primo premio di quella gara a colpi di pulsantiera. Ma quello più contento di tutti era stato Kevin, al termine del gioco: finalmente aveva potuto liberarsi di quella mandria di esauriti cronici.


Merlin, poco davanti a lui, se ne stava silenzioso con il volto affondato nel bavero della giacca scura, talmente magro da sembrare un palo della luce. Teneva gli occhi bassi, semi nascosti dalla frangia e partecipava passivamente alle chiacchiere degli altri. Arthur gli si avvicinò lentamente, dandogli una lieve spallata per rendere nota la sua presenza. Merlin ondeggiò, ma non si mosse e non disse niente.


"Che ti è preso tutto d'improvviso?" chiese il biondo, con un tono di voce discreto. Era una domanda seria ed aveva intuito che per far parlare Merlin, non bisognava metterlo al centro dell'attenzione o sotto pressione.

Punto a faticare sempre meno per farti parlare. Prima o poi una tecnica efficace la trovo, che ti credi?


Merlin si strinse appena nelle spalle e gli lanciò un'occhiata. Pallido com'era, gli occhi chiari spiccavano che una meraviglia sul suo volto spigoloso. Arthur tuttavia non aveva intenzione di arrendersi così facilmente e, testardo, lo osservò di rimando.


"Qualcuno ha detto o fatto qualcosa che ti ha offeso? Sono stato io?" riprovò, tentando di non attirare l'attenzione di nessuno. Il fatto che gli altri stessero chiacchierando tra di loro gli faceva comodo in quel momento.


"Se anche fosse, non sarebbe colpa tua. E ho detto se" rispose finalmente Merlin, che aveva già distolto lo sguardo per osservare, senza interesse, gli altri invitati a quella strampalata serata.

Anche se mi piacerebbe poterti incolpare per tutte le volte che mi fai andare il sangue al cervello. Ma la situazione è più complicata di così.


Arthur espirò, liberando una nuvoletta di vapore dalle labbra schiuse "Se sono stato io deve essere per forza colpa mia" replicò, con una certa dose di ragionevolezza. Merlin sbuffò per tutta quella insistenza e roteò gli occhi verso il cielo.


"Intendo dire che magari sono state fatte o dette cose inconsapevolmente"


Arthur piegò le labbra verso il basso.

Ah, questo sì che spiega tutto. Adesso ho capito Merlin, grazie per la tua chiarezza, è sempre un piacere parlare con te. Ma il gioco a premi non è già finito? Sto ancora partecipando al Quizzami? No perché qui si tratta di indovinare la risposta, di leggere il pensiero! Ma ci sto ancora lavorando, su quello.


"Senti" iniziò il biondo, che amava farla molto più semplice dell'altro "Ti ho già spiegato il motivo per il quale sei qui stasera. Non è invitandoti ad un pub che voglio ringraziarti per quello che stai facendo. Intendo farlo offrendoti la mia amicizia. Mi sembravi d'accordo, ieri pomeriggio, ti assicuro che ne valgo la pena!"

Voglio dire, sono bello, simpatico ed intelligente, chiunque vorrebbe essere mio amico.


Merlin inarcò le sopracciglia con scetticismo a quella dimostrazione di profonda modestia, ennesimo lato che forse aveva in comune con Morgana, ma non lo fermò.


"Quindi, sempre se non ci hai ripensato, per offrirti la mia amicizia devo sapere se la causa del tuo cambio di umore sono io. Perché altrimenti qui non progrediamo, Merlin! Non voglio fare qualcosa che ti irriti, a parte cercare quella ragazza. E quelle volte in cui mi fai venire voglia di farmi beffe di te-"


"Scusa?!"


"Il punto è che io stasera mi sono divertito. Mi sono divertito davvero tanto ed è anche perché c'eri tu in squadra con me. Sei buffo, te l'ho mai detto? Ti trovo divertente e a dispetto del livello impressionante del tuo sarcasmo, penso che tu sia uno spasso. Sul serio."


Merlin sbatté le palpebre un paio di volte, osservandolo con espressione profondamente interdetta.

Mi ha detto che lo invoglio a burlarsi di me, che sono buffo, che mi trova divertente e che sono uno spasso. Cosa mi frena ancora dal picchiarlo selvaggiamente? Mi prende in giro o cosa?! Io non la voglio la tua amicizia, stupido asino babbeo!


"Mi dispiacerebbe sapere che per te, invece, non è stata una bella serata. Ho creduto fino all'ultimo che non saresti venuto, invece l'hai fatto" terminò Arthur, aggrottando le sopracciglia con una certa titubanza.

Senti, dopo questa sviolinata di sincerità, se non cede lo faccio di nuovo ricattare da Morgana. Se una cosa non la ottengo con le buone, la otterrò con le cattive, che diamine! Questa conversazione sta diventando troppo seria per i miei gusti.


"Sono stato bene" commentò Merlin, dopo un tempo che era parso interminabile "E se vogliamo essere amici, l'ultima cosa che devi fare è farti beffe di me, Pendragon. Se lo farai potresti pentirtene e poi non dire che non eri stato avvisato..."


Il moro inumidì le labbra, cercando di sciogliere quel groviglio senza senso che aveva nello stomaco. Arthur gli aveva praticamente detto di essere stato bene con lui. Quella consapevolezza aveva fatto serpeggiare lungo la sua spina dorsale una scarica di gioia mista a disillusa aspettativa. Merlin sapeva che nella realtà le cose non potevano andare come nei telefilm di cui Gwen si drogava in ogni minuto libero, eppure sentirsi dire una cosa del genere proprio da Arthur, l'aveva fatto sentire leggero ed allo stesso tempo consapevole come non mai della sua fisicità. Quando la sera della festa l'aveva baciato, si era detto che quello sarebbe dovuto bastargli per tutta la vita, perché altro non avrebbe potuto di certo ottenere. In quel momento, invece, aveva ottenuto anche qualcosa in più da aggiungere alla prima nebulosa esperienza e, sul serio, stavolta che quello sarebbe dovuto bastare.


Arthur sfoggiò un sorrisetto sbilenco alla palese minaccia di Merlin e gli passò un braccio intorno alle spalle con maschia virilità, costringendolo a piegare la schiena in avanti solo per strofinargli il pugno chiuso sui capelli scuri; il ragazzo tentò di liberarsi da quella presa a tenaglia, lamentandosi dell'asinina brutalità del biondo.


"Pendragon, miseria ladra, mi stai scavando nel cervello!" gemette, barcollando come un ubriaco quando Arthur decise di graziarlo e lasciarlo andare. Scrollò la testa, i capelli che sembravano essere reduci dall'esplosione di una bomba atomica. Arthur rise divertito e lui, incavolato, gli mollò un pugno sulla spalla. Una piacevole sensazione di calore tuttavia iniziò a cullargli lo stomaco e, cedendo, finì per ridere insieme a lui.


*


Morgana osservava Emrys e suo fratello ridere, attuando la meravigliosa dote della discrezione (la usava solo quando voleva). Aveva deciso di non far sapere a Merlin cosa aveva capito, perché lei sapeva riconoscere il valore delle informazioni. Un giorno le sarebbe potuto tornare utile conoscere quel segreto continuando a far credere al mondo di esserne invece all'oscuro. Le labbra morbide della ragazza si stirarono in un sorriso quasi felino e se avesse avuto i baffi, sicuramente li avrebbe già leccati.

Non mi sfugge niente. Gli altri pensano di potermi nascondere qualcosa ma in un modo o nell'altro vengo sempre a sapere tutto.


La sua visuale fu oscurata qualche secondo da un gruppo di ragazzi che le passò davanti; sfarfallò le ciglia per metterli a fuoco e notò la presenza di Mordred, tra di loro. Ancora una volta, il ragazzo non la degnò di un'occhiata e tirò dritto, rivolgendo piuttosto un saluto a Gwaine ed al resto della sua confraternita. Morgana si morse l'interno della guancia, mantenendo un controllo così glaciale da sembrare impossibile. Anche lei distolse subito lo sguardo, perché se lui voleva giocare a far finta di non conoscerla, a lei andava benissimo. Avrebbe fatto altrettanto.

Non mi abbasso al livello dei mocciosi come te, Duirvir. Non mi interessa quello che fai o che non fai, deve ancora nascere chi può farmi rodere il fegato, mio caro e di certo quella persona non sei tu.


Accanto a lei, una barcollante Gwen cercava di reggere il peso del corpo e delle parole di Lancelot, che brillo come poche volte gli accadeva (cioè soltanto quando offriva Gwaine), le sussurrava poesie Shakespeariane (o presunte tali) nell'orecchio. La riccia le lanciò uno sguardo supplicante ma Morgana, da brava menefreghista professionista quale era, si limitò a stringersi nelle spalle ed a sorridere malignamente.


Non si sentiva proprio in vena di fare la buona samaritana. Non quella sera.











NOTE DELL'AUTORE: Shalallallallà! Io ve l'ho detto che gli aggiornamenti non saranno regolari, vi avevo avvisati tutti, eh! Basta portare un po' di pazienza, su su ù_ù eccoci qua con il quarto capitolo *_* AVETE NOTATO LA PRESENZA DI GWAINE? No, perché io l'ho notata eccome, così la piantiamo una buona volta di piangere nelle recensioni per Gwaine di qua e Gwaine di là ù_ù POI NON DITE CHE NON VI PENSO! (Siete le mie puffole pigmee *_*) E' inutile dire che ho amato scrivere questo tripudio di stupidità. Più i capitoli sono idioti, più io li amo <3 e poi ci voleva un po' di leggerezza in mezzo a tutta quest'aria tesa, no? ù_ù Ringrazio: POLL (ogni volta che leggo il tuo nick mi viene in mente Paul di Ransie la Strega °_° ma non ti sto dando dell'uomo, lo giuro ç_ç), Morganalastrega (hai sclerato di brutto), Draviran, Emrys_____ (ho contato esattamente 5 trattini, sono una persona precisa io), layla84, Ryta Holmes (la mia salvatrice da sviste!) e VexDominil come recensori. Poi, bè, i preferiti/seguiti/ricordati hanno il mio cuore (e se vogliono anche il mio corpo <3). Passiamo nel dettaglio del capitolo:


  1. Scheda tecnica del telefilm di Once Upon a Time per chi non lo conosce: http://it.wikipedia.org/wiki/C%27era_una_volta_%28serie_televisiva%29

  2. Googleon: Google + Leon. Non so come né perché, ma la mia mente l'ha partorito. È successo e basta XD

  3. La Bat-mobile di Gwaine: http://goodnews.ws/wp-content/uploads/2012/01/Mithos-ElectroMagnetic-Sports-car-Concept-by-Tiago-Inacio.jpg forse dalla storia non si è ben intuito ma i Pendragon hanno soldi a palata e ad Arthur piace (o piacerebbe, visto che papino non lo calcola manco per sbaglio) trattarsi bene XD

  4. Nel caso in cui dovesse veramente esistere qualcuno che non sa cosa sia il Twister... http://www.kinectmania.net/wp-content/uploads/2011/08/twister1.jpg

  5. Ecco la canzone che Lancelot storpia: http://www.youtube.com/watch?v=STKkWj2WpWM

  6. Il sanscrito è una lingua realmente esistente ù_ù se morta o viva questo non so dirlo XD sono troppo pigra per andare ad informarmi su Googleon u.u



Shhhhhhiao beLi!


p.s. Invece di infilarvi le dita nel naso tutto il pomeriggio e tutta la sera, fatemi sapere cosa ne pensate ù_ù anche una cosa come 'fico' va bene.



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Capitolo 5
*** Di ricatti, occasioni e sfiga nera ***


QUINTO CAPITOLO


Quella mattina Lancelot si svegliò di buon umore. Nonostante la sera prima avesse bevuto come un maledetto alcolizzato, raramente subiva i postumi della sbornia. Quel lato di lui, Gwaine, l'aveva sempre invidiato.

Non che io non ne approfitti per ricordarglielo in ogni occasione...


Rigirandosi sotto le lenzuola, indirizzò un'occhiata attenta verso la finestra: attraverso i vetri, il sole splendeva illuminando un raro cielo azzurro autunnale.

Era una giornata decisamente bella.

Mh, è una giornata decisamente bella!

Ultimamente, quando le giornate erano decisamente belle e Lancelot se ne accorgeva, un brivido di inquietudine (puntale come un orologio svizzero), percorreva la schiena di Guinevere.


*


"Ciao Gwen!" esclamò Merlin, lasciando cadere pesantemente la borsa a terra, stracolma di libri. Sedette subito vicino all'amica, con un'aria piuttosto rilassata ed intonata alla sua t-shirt celeste pastello. La ragazza smise di ricopiare alcuni appunti in bella copia e lo osservò con un'espressione di attesa.

Merlin felice di prima mattina? E soprattutto pettinato come una persona normale?


Gwen sapeva benissimo che il ragazzo odiava alzarsi presto, anche se riusciva a nasconderlo maledettamente bene con un atteggiamento positivo. Certo, come aveva detto Arthur, il sarcasmo se lo portava via in certi momenti... ma restava pur sempre una persona dall'indole allegra, su quello non c'erano dubbi. Merlin alzò le sopracciglia e la guardò di rimando, con un mezzo sorriso a piegargli le labbra.


"Perché ti stai sforzando a non ridere?" domandò Gwen, che conosceva bene il suo pollo.

Gli ho appena dato del pollo. Gli ho davvero appena dato del pollo?


"Non so di cosa tu stia parlando" rispose quello svogliatamente, tirando fuori dalla borsa un quaderno ed il suo astuccio del Trono di Spade(1): la faccia di Jon Snow(1) spiccava su uno sfondo bluastro e nero. Ovviamente la copertina del quaderno era abbinata, ma dedicata ad Arya Stark(1). Gwen raggrumò le labbra, corrugando la fronte.


"Poi sono io quella che deve smettere di guardare telefilm..." commentò, facendo rotolare con lentezza le parole sulla lingua "... per lo meno i miei non sono sanguinolenti..."


Merlin la guardò con tanto d'occhi, non credendo alle proprie (disumane) orecchie "Oh, ma certo, in quelli che guardi tu strappano solo i cuori alla gente!"


"Ma non c'è sangue!"


"Ah, allora scusa!" alzò le mani come in segno di resa, ma il tono sarcastico faceva benissimo intendere cosa pensasse della questione.

Che poi, non è vero che nel Trono di Spade ci sono scene di sangue... cioè, non tantissime. Qualcuna. Ma serve per rendere le cose più realistiche, Gwen. Ma che ne sai tu di un campo di grano...


"Comunque, noto che ieri sera alla fine hai gradito" continuò imperterrita la ragazza, rigirandosi un ricciolo scuro attorno al dito indice con un'espressione sorniona sul volto delicato. Merlin aprì il suo quaderno ed avvicinò a sé gli appunti di Gwen, iniziando a confrontarli con i suoi; era un maniaco dello studio ed anche se durante le lezioni era attentissimo, temeva sempre di lasciarsi sfuggire qualcosa. Per questo aveva il vizio di guardare anche gli appunti degli altri, per colmare eventuali lacune che fino a quel giorno, però, non s'erano mai verificate.


"Questo lo deduci da... ? Anche Sherlock Holmes sta avendo una brutta influenza su di te, sai..."

O forse sono io che la sto avendo su di lei, vista la quantità disumana di telefilm che ha cominciato a guardare da quando mi conosce... ho creato un mostro. Non so se sentirmi orgoglioso della mia creatura o esserne spaventato...


"Dal fatto che ti sei pettinato, o evidentemente hai provato a farlo. Hai già visto Arthur, questa mattina?"


Merlin alzò gli occhi dal quaderno e la osservò con un'espressione guardinga.

E' una domanda trabocchetto? Sta succedendo di nuovo qualcosa che non so ma che dovrei sapere? Eppure non ha quello sguardo. Quello lì dell'altra volta, per intenderci.


"No" rispose, misurando con attenzione le parole, come potessero far esplodere qualcosa "Perché?"


Gwen si strinse appena nelle spalle, lasciando scivolare gli occhi color cioccolato sugli altri studenti che prendevano posto nelle sedie rimaste libere. Era una discreta aula fatta a mo' di parlamentino, cosicché il professore giù in basso potesse essere visto e sentito da tutti. Era una delle stanze più grandi del castello, in effetti, e giusto grazie a quello poteva permettersi una disposizione d'arredo del genere.

Gwen continuò a rigirarsi la ciocca di capelli intorno al dito, senza rendersi veramente conto di quello che stava facendo; alcune ragazze avevano il vizio di mangiarsi le unghie, il suo invece era un po' meno masochista.


"Mi stavo solo chiedendo come vanno le cose con... con quella faccenda lì" disse dopo qualche attimo di silenzio, mentre gli occhi di Merlin avevano continuato a scavarle la faccia come in cerca di chissà quali tragiche scoperte. Stavolta fu il turno dell'amico quello di stringersi nelle spalle e facendo scattare all'infuori la punta della penna, iniziò a tracciare ghirigori lungo il bordo del quaderno. Gwen sapeva benissimo che quando Merlin veniva messo in condizioni di dover affrontare un discorso che non gli piaceva, aveva bisogno di fare altro, nel mentre. Di distrarsi. Adocchiò quello che pareva essere un triscele(2), uno degli argomenti che avrebbero affrontato quell'anno all'università.


"Che posso dirti?" iniziò il ragazzo, con tono di voce piuttosto incolore "Diciamo che non è il massimo sapere che sta cercando me e doverlo aiutare comunque a trovarmi in qualcun altro. Perché è così che deve andare, Gwen. La sua smania di rivedere questa fantomatica ragazza lo porterà ad un punto tale che, per frustrazione, se ne farà andare bene una qualsiasi, te lo dico io. E comunque non è che io abbia mai nutrito qualche speranza... Sera della festa o meno, lui è un ragazzo e decisamente non pesca dallo stesso lato della mia sponda, per cui... sarebbe stata solo questione di tempo"

E poi la devo smettere di atteggiarmi a principessina innamorata. Sono cinque anni che mi friggo il cervello dietro quel somaro, direi che è ora di darci un taglio Merlin, no? La piantiamo di essere così melodrammatici?


Il moro iniziò a colorare l'interno del triscele e sentì Gwen sospirare.

Eccola che parte con una delle sue visionarie opinioni del mondo!


"Merlin, quanto conosci Arthur?" domandò lei, alzando le sopracciglia con eloquenza.


"Abbastanza da sapere quello che dico" replicò schietto, senza tentennare un secondo o sollevare lo sguardo da ciò che stava scribacchiando.


"Questa tua supponenza non l'ho mai sopportata" Gwen fece schioccare seccamente la lingua contro il palato, utilizzando un'intonazione infastidita. Quello bastò ad attirare l'attenzione di Merlin, che la osservò, quasi sentendosi in colpa; non gli piaceva litigare con lei, ma a volte capitavano delle discussioni davvero accese, causate dallo scontro del cinismo (in certi casi bestiale) di lui e dalla visione romantica del mondo di lei.


"Ora, solo perché sono anni che lo guardi da venti metri di distanza, neanche avesse la peste, senza mai aver avuto nemmeno il coraggio di fargli un saluto - e non guardarmi così Merlin, adesso stai zitto e mi lasci parlare! Solo perché ci hai frequentato qualche lezione insieme o hai ascoltato degli aneddoti di Morgana sul suo conto, non puoi dire di conoscerlo abbastanza! Piantala di fare il cretino!"


Merlin schiuse le labbra, guardandola letteralmente basito. Gli aveva dato del cretino nel bel mezzo dell'aula! Tuttavia Gwen, ben conscia che gli altri erano troppo occupati a chiacchierare e a farsi i fatti loro, non aveva titubato nemmeno un secondo. Il ragazzo restò seduto a boccheggiare per interminabili attimi, durante i quali gli occhi scuri di Gwen non avevano fatto altro che farlo sentire vagamente insulso. Lei incrociò le braccia contro il petto e scosse brevemente la testa con disapprovazione.

Se queste terapie d'urto non gliele faccio io, chi ci pensa? Tanto lo so che finirò per essere io il bastone della sua vecchiaia, anche se non lo ammetterebbe mai! Questo stupido me lo porterò dietro da qui alla tomba, ne sono certa!


"Chiudi la bocca o ci entreranno le mosche" lo graziò lei, più accondiscendente e meno bacchettona "capisco il tuo punto di vista Merlin, il fatto che si verifichi ciò che in realtà desideri è decisamente inverosimile. Ma noi siamo fatti di atomi, attiriamo le energie dell'universo e quando desideriamo intensamente qualcosa, intendo desiderarla veramente, questa prima o poi accade! Che ci vogliano due o dieci anni! Per te ne sono passati già cinque, sei sulla buona strada!"


Merlin continuò a guardarla con un'espressione ebete, non potendo davvero credere che l'altra stesse mettendo in gioco le energie dell'universo per risollevarlo dal baratro di negatività nel quale si era volontariamente calato e sotterrato. Sbatté le palpebre un paio di volte e scosse la testa, tornando a concentrarsi sulle linee irregolari del triscele che aveva tracciato lungo il bordo del suo quaderno. Era inutile parlare con Gwen, lei voleva sempre vedere il lato positivo di ogni situazione e neanche prendeva in considerazione la possibilità che, certe volte, semplicemente le cose non potevano andare di pari passo con i desideri della gente.

Ecco perché siamo amici. Io sono un disfattista. Ho bisogno di una persona così! Lei il mio disfattismo lo calpesta e ci balla sopra la hola.


"Perché invece non inizi tu, a sputare il rospo?"


Merlin tentò di cambiare argomento e facendo presa sulla curiosità dell'amica, sapeva ci sarebbe riuscito. Gwen, come previsto, corrugò la fronte e cancellò totalmente dal volto quell'aria ammonitrice con la quale l'aveva brutalmente maltrattato.

Uno ad uno palla al centro.


"Che intendi dire?" si sentì domandare, cosa che lo fece sorridere con un'aria un po' saputa.

Adesso chi è che fa il finto tonto?


"Mah, non saprei. Forse intendo dire Lance. Forse intendo dire la delicata precarietà mentale di Lance. Forse intendo dire l'oscuro trauma che ha reso precario l'equilibrio mentale di Lance. In generale, intendo dire... che non ti ha mai costretta a gattonare sotto un tavolo per la vergogna. Non so se mi spiego"


Gwen arricciò la punta del naso e strinse le labbra piene come per trattenere un'imprecazione. Serrò ancora di più le braccia contro il petto, adesso era lei quella reticente a voler affrontare un determinato discorso. Tuttavia, Merlin, era consapevole che al contrario di lui, l'amica aveva bisogno di parlare quando qualcosa la tormentava... e che solitamente non si lasciava pregare. Del resto, giusto pochi giorni fa l'aveva sgridato perché non gli stava dando le giuste attenzioni.

Lei crede che io non l'ascolti, ma non è così. Non mi dimentico niente, io. Ma in quel momento ero troppo concentrato a disegnare il sangue colare dalle ferite di Pendragon impiccato. Ha solo scelto il momento sbagliato per confessarsi, tutto qui.


"Non lo so che diavolo gli stia prendendo, Mer" capitolò lei, sfondando una pericolosissima diga ed inondandolo di parole così velocemente che, per un lungo attimo, Merlin si sentì destabilizzato "Voglio dire, l'ho lasciato che eravamo praticamente arrivati al punto di passare tutto il giorno insieme, tu lo sai, mi hai anche fatto la paternale perché dicevi che non ti volevo più bene e che ti avevo abbandonato come si abbandonano gli animali sull'autostrada - ah, pensi di essere l'unico con una memoria mostruosa? Ricordo ogni singola parola della tua accusa infondata, stupido! - E poi quando sono dovuta andare a trovare mia zia abbiamo passato giorni in stato catatonico, neanche stessi partendo per l'Iraq ma lo sai com'è Lancelot, tende a ricoprirmi di attenzioni ed è come un drogato che va un po' in crisi di astinenza quando si trova in condizione di non poterlo fare - credevo avessi superato la fase della gelosia, Mer! Smettila di fare quella faccia disgustata! - Quando sono arrivata in Francia ci sentivamo praticamente tutti i giorni, un sacco di mi manchi, vorrei che fossi qui, ti amo, sei la mia vita eccetera eccetera, praticamente era quasi come averlo accanto, con l'unica differenza che non potevo mettergli le mani addosso - per l'amor del cielo, Merlin, togliti quelle mani dalle orecchie, non sono tua madre! Non fare il pudico! - Diciamo che sono stati mesi abbastanza stressanti e tutto sommato non ho sospettato, neanche per un momento, che il nostro legame si fosse indebolito e non lo sospetto anche ora, voglio dire, hai visto benissimo cosa diavolo sta combinando! Il problema è che sento che c'è qualcosa che non mi vuole dire, non mi sembra tranquillo e tra l'altro da quando sono tornata non abbiamo fatto sesso neanche per una - piantala di cantare lalalala solo per non sentire, dannazione, non sto dicendo niente di scabroso! Non abbiamo fatto sesso! Seeessooo. Sessosessosessosesso. Sesso, Merlin! Non devi immaginarci mentre lo facciamo per ascoltare quello che ti sto dicendo! - Non l'abbiamo fatto da quando sono tornata e se devo dirti la verità anche il contatto fisico in generale si è ridotto all'osso. Non gli piaccio più? E' stato con qualcun altra e adesso si sente in colpa e non ha il coraggio di dirmelo? Ha scoperto di essere gay, gli piaci tu e di nuovo non sa come dirmelo? Merlin, se mi rubi il ragazzo giuro che te ne farò pentire per il resto dei tuoi giorni! Zitto, non provare a discolparti! Oddio, che faccio? Ho provato a parlargli qualche giorno fa ma l'unica cosa che ho ottenuto è stato 'sono pazzo di te'. Me l'ha detto con quell'espressione lì, Merlin, quella che fa quando la sua testa viene invasa da cuoricini fluttuanti! La riconosco oramai, so che non mi stava mentendo! Mi ama eppure mi sta nascondendo qualcosa, io lo so, non me lo sto inventando! Ma non ho prove per dimostrarlo e non so come farlo parlare senza dovermi arrabbiare!"


Si stropicciò la faccia, donando finalmente all'udito di Merlin la pace dei sensi. Era faticoso essere amico di Guinevere. Maledettamente faticoso.

Ed io assolvo al mio compito in modo davvero stoico. Sono un eroe. Sono un fichissimo eroe. Potrei entrare a far parte del team Marvel(3). Sono pronto.


"Gwen" si azzardò a dire, solamente dopo che le sue orecchie smisero di sanguinare (la salute prima di tutto) "Anche se tu dovessi arrabbiarti con lui, non succederebbe niente. Vede solo te, pensa solo a te, ti porterebbe nella borsa se potesse infilartici! E per fortuna non può farlo, altrimenti poi dovrei litigarci io. Credi davvero che ti lascerebbe per una discussione?"

Al massimo si rotolerebbe per terra implorando perdono.


"Ma non abbiamo mai litigato..." pigolò la ragazza, lasciando ricadere pesantemente le mani sulle gambe coperte da una gonna grigia.


"E con questo?!" sbottò lui, allargando appena le braccia con esasperazione "Non puoi davvero pretendere che prima o poi non accadrà! E' impossibile Gwen, tutte le coppie litigano ogni tanto! E poi, perché diavolo dovrebbe finire in un litigio? Tu devi parlarci, non ci devi litigare. Se ti arrabbi pazienza, ma non puoi farti davvero questi film mentali che ti ammazzano i neuroni, dai! Poi io come faccio se tu mi vai al manicomio così? Lo sai che ho bisogno delle tue terapie d'urto..."

Ennesima prova del mio masochismo. E' bello sapere che certe cose non cambiano mai.


Gwen sospirò profondamente, il volto adombrato da alcuni riccioli scuri. Gli occhi nocciola sbirciarono Merlin con una sorta di titubanza, ma si ritrovò comunque ad annuire, consapevole che l'amico aveva ragione. Doveva parlarci assolutamente, perché quel punto interrogativo che le aleggiava nella testa non le permetteva neanche di concentrarsi sullo studio.


"Non costringermi ad andare da lui, Gwen. Lo sai che preferisco non impicciarmi degli affari altrui. Ma a mali estremi..."


Lei abbozzò un sorriso e gli strinse una mano con affetto. Quando Merlin superava certi suoi limiti in nome della loro amicizia, diventava semplicemente adorabile.


*


Lancelot estrasse dalla tasca dei jeans il foglio degli orari di Gwen. Avevano solo alcune lezioni in comune e così era costretto a tenere quel promemoria per tentare di equilibrare i suoi impegni e quelli di lei. Con un cipiglio assorto, scorse la lista cercando qualche ora di buca che potesse fare al caso suo. Senza smettere di camminare, entrò nell'area ristoro che si affacciava direttamente sul cortiletto interno con la fontana e sentì il barista salutarlo. Lancelot alzò lo sguardo su di lui e sorrise amichevolmente; si conoscevano oramai da anni e qualche volta, avevano anche organizzato delle uscite al pub vicino l'università con gli altri della confraternita. Scambiarono qualche convenevole quando Lance gli fu sufficientemente vicino da poterlo fare. Si appoggiò al bancone e lisciò la lista degli orari con le mani, che attirò immediatamente l'attenzione del barista.


"Che roba è?" chiese quello, impegnato ad asciugare alcune tazze ancora bollenti di vapore. Non indossava alcuna divisa e sarebbe potuto passare per uno studente qualsiasi, difatti aveva più o meno l'età degli altri collegiali.


"Sono gli orari delle lezioni di Gwen" rispose Lance, appoggiando il mento sulla mano e puntellandosi così con il gomito sul bancone "e a tal proposito, Rob, mi servirebbe il tuo aiuto"


Rob corrugò la fronte e gli regalò uno sguardo interdetto; appoggiò la tazzina asciutta sul ripiano della macchina del caffè e ne prese un'altra ancora gocciolante dalla lavastoviglie.


"E' successo qualcosa?" domandò, cercando tuttavia di non risultare troppo indiscreto. Sapeva perfettamente quanto il ragazzo avesse penato prima di riuscire a conquistare Guinevere e sperava sinceramente per lui che quegli sforzi non fossero già agli sgoccioli.

Povero diavolo, è proprio cotto come una patata lessa.


Lance scosse la testa per rassicurarlo, mentre i ribelli capelli scuri gli donavano l'aria di uno che si era appena alzato dal letto. Forse era anche quel leggero strato di barba che non si era tolto, ad accrescere quell'effetto. Si sporse oltre il bancone e fece segno a Rob di avvicinarsi. Guardò prima a destra e poi a sinistra, ma non vide nessuno, tranne un paio di ragazze sedute ad un tavolino poco distante, impegnate a fare colazione.

Il campo è libero, roger. La situazione sembra abbastanza tranquilla per poter agire, roger. Passo e chiudo.


Rob gli si avvicinò con una certa circospezione, incuriosito dal suo singolare atteggiamento.

"E' una di quelle informazioni che se poi me la dici dovrai uccidermi?" domandò il barista, cercando di trattenere una risata tra le labbra già piegate. Aveva brillanti occhi verdi ed una zazzera di capelli castani sparati da tutte le parti.


"Non fare lo scemo" ribatté Lance, alzando le sopracciglia con espressione eloquente "Se ti uccido poi non potrai aiutarmi. Non rientrerebbe nei miei interessi! Ma si tratta sicuramente di una cosa molto, molto confidenziale Rob. Una cosa grandiosa. Una cosa fantastica. Una cosa che mi renderà l'uomo più fico del mondo, quello da sposare, quello con cui avere decine e decine di figli per fare decine e decine di squadre da calcio. Quello che se un diamante è per sempre, allora io luccico. Capisci che intendo dire, Rob?"


Rob sembrò ancora più interdetto.

"Veramente no" rispose in modo schietto, schiarendo la gola "Magari se vai un po' più nello specifico..."

E se è una buona idea, che davvero ti farà diventare un uomo fichissimo, lo farò anche io. Qualsiasi cosa sia.


Lancelot sorrise.

"Ascoltami attentamente, Rob, e ricorda questo giorno..."


*

Morgana si era svegliata con calma, quella mattina. Si era rigirata nel letto svariate volte, aveva lentamente metabolizzato il fatto di doversi alzare e, quando l'aveva fatto, aveva scelto con cura l'abbigliamento e si era a lungo pettinata i capelli. Le piaceva viziarsi e comunque, prendersi cura di sé stessi senza andare di fretta, manteneva la pelle giovane.

Ora che ci penso, ci sono un sacco di cose che mantengono la pelle giovane.


Le lezioni per lei sarebbero iniziate solamente verso l'ora di pranzo e per quel motivo aveva deciso di rintanarsi un po' in biblioteca a sfogliare gli ultimi appunti presi. Non solo era bella e stronza, ma aveva anche una media piuttosto alta (non per niente faceva parte della confraternita degli Albion, rinomata per i suoi componenti prevalentemente secchioni).

Io ho reso la condizione di secchione una cosa figa. Adesso è il secchione che fa tendenza ed è tutto merito mio.


Solitamente a quell'ora non c'era mai nessuno, perché le lezioni cominciavano per la maggioranza di mattina e le era sempre piaciuto occupare quel tavolo lì, vicino la finestra che dava sui giardini, circondata dall'odore di quei pochi libri che non erano stati ancora sostituiti da un sistema automatizzato. Morgana odiava internet. A dire il vero, quasi tutti quelli che frequentavano quell'università lo odiavano.

Non per niente siamo qui per studiare la mitologia e l'antichità. Siamo tutti un po' retrò nell'anima. A parte Emrys. Emrys deve fare sempre la pecora nera.


Voltò pagina ed appoggiò il mento su una mano, gli occhi chiari che placidi bevevano le parole scritte su carta bianco latte, con delle opache righine grigie. Qualcuno dietro le sue spalle, in fondo alla biblioteca, tossì sommessamente per brevi istanti, poi il silenzio tornò a premerle sulle orecchie. Sotto il suo quaderno c'era anche quello di Arthur. Morgana lo sfilò con la mano libera, pigramente, le labbra già raggrumate in un'espressione di stizza. Era dal primo anno che gli controllava gli appunti e lo aiutava a passare gli esami; tra i due, era sempre stata lei quella più portata per lo studio, mentre lui eccelleva nelle attività fisiche. Non per niente, faceva parte dei Camelot.

Dov'è c'è carenza di cervello deve esserci per forza abbondanza di muscoli. L'ago della bilancia deve pur pendere da qualche parte.


Aveva iniziato a dargli una mano sotto richiesta di papà Uther che, ben conscio chi tra i suoi due figli fosse la mente e chi il braccio, si era assicurato per lui un aiuto valido. Morgana, aiuta tuo fratello, sei l'unica che può fare una cosa del genere. L'unica di cui io possa mai fidarmi. Eh, certo, ovvio.

Ma sì, lusinghiamola pure, mia figlia, tanto non le piace essere lodata. Neanche un po'. Neanche vagamente. Non è mica una che si lascia convincere per così poco, lei.


Sospirò e piegò, disgustata da se stessa, le labbra da un lato.

Si era lasciata convincere con due moine.

Durante il passare del tempo, però, aveva dovuto ammettere che aiutare Arthur non le era mai pesato particolarmente. Un po' perché in quel modo aveva un motivo costante per prenderlo in giro, un po' perché (nonostante litigassero ventitré ore su ventiquattro), l'affetto che provava per il fratello le avrebbe fatto fare mille e più cose. Certo, a voce alta non l'avrebbe mai ammesso, neanche se le avessero offerto la giovinezza eterna (e quella sarebbe stata una grande e dolorosa rinuncia), ma era molto legata a lui, per non dire gelosa. Sorrise nell'adocchiare la sua calligrafia un po' sconclusionata; oramai sapeva interpretare anche le angolature più assurde, di quella scrittura.

Chissà quando inizierà la stagione sportiva. Quest'anno siamo un po' in ritardo... Papà se ne sarà accorto? Arthur gliene avrà parlato?


Lanciò uno sguardo fuori la finestra: da lì poteva vedere il campo adibito alla pratica di tiro con l'arco. Trattando tematiche antiche e mitologiche, che spesso si ricollegavano dall'epoca dell'Antica Grecia fino alla fine del Medioevo, l'assemblea istituzionale del college aveva deciso di offrire agli studenti anche attività extracurricolari, come la pratica di sport tipici legati ad alcune epoche particolari (dal tiro con l'arco, per l'appunto, al lancio del giavellotto, al tiro alla fune, alla quintana...). Da anni oramai, chi frequentava quei corsi ed eccelleva particolarmente in una qualche disciplina, aveva buone possibilità di diventare un membro effettivo della squadra nazionale.

Papà non vede l'ora che quelli della Archery GB(4) convochino Arthur. L'ha fatto iscrivere qui solo per questo...


"Morgana!"


Sussultò, strappata improvvisamente ai suoi pensieri e quando si voltò per inquadrare chi l'avesse chiamata, notò Freya appoggiata con le mani sul tavolo dove era seduta. Sfarfallò le ciglia con sorpresa, non l'aveva neanche sentita arrivare.

Comunque Freya mi inquieta. L'ha sempre fatto.


"Oh, buongiorno" biascicò, restando ad osservarla con aria un po' interdetta. Freya le sorrise, gli occhi scuri brillavano intelligenti sul viso spigoloso; spinse verso di lei una busta chiusa.


"L'hanno lasciata stamattina per te al desk mail del dormitorio, però ho scordato di dartela quando sei uscita. Lo sai, no, che quando Mithian attacca a parlare di simbologia greca non la smette più" roteò gli occhi verso il soffitto, infilando con nonchalance le mani nelle tasche. Era esattamente quella che poteva definirsi una ragazza acqua e sapone. Morgana corrugò la fronte, allungando le dita affusolate verso la lettera.


"Chi l'ha lasciata?" domandò, notando che sopra non c'era scritto mittente né indirizzo, a parte il suo nome. Dovevano averla consegnata a mano. Freya si strinse nelle spalle magroline, scrollando i capelli corti che le sfioravano il collo ed appena le spalle.


"Non lo so. Un attimo prima ero lì a prendere la mia posta, un attimo dopo al bagno. Quando sono tornata, era poggiata sul bancone. Poi è arrivata Mithian che mi ha distratta e quindi... eccomi qui. Ci ho messo un po' prima di riuscire a trovarti, sai? Ti nascondi bene quando ti pare"


Morgana neanche registrò l'ultima frase, mentre uno strano presentimento le serpeggiava improvviso lungo la spina dorsale. Ringraziò Freya con un breve cenno del mento ed aspettò fin quando non se ne fu andata. Si rigirò la busta bianca tra le dita delicate ed ancora prima di aprirla, si assicurò che nessuno fosse nei paraggi o abbastanza vicino da poter sbirciare.

Ho una brutta sensazione. Ed il mio sesto senso non sbaglia mai. In un'altra vita avrei potuto essere una sensitiva di quelle con la S maiuscola, altroché.


Aprì la busta strappandola in cima. La sentiva molto leggera, fin troppo, come se dentro non ci fosse niente. Quando la inclinò verso il basso, un singolo e sottile quadrato di carta scivolò sul quaderno di Arthur, ancora aperto sotto il suo naso. Morgana restò interdetta per quelli che parvero attimi lunghissimi e corrugò la fronte.

La osservò.

Che diavolo è?


Tuttavia, più la guardava, più il significato di ciò che vedeva iniziava a prendere un'orribile e sinistra forma, ai suoi occhi. Poi, la consapevolezza, la colpì brutalmente in mezzo alla fronte. Strinse le labbra in una linea sottile, mentre sul volto le appariva un'espressione atterrita, come poche mai ne aveva fatte in vita sua. La sfiorò con le dita e la voltò. Dietro, c'era scritto qualcosa.


Sii più carina, Banshee.


*


Arthur sfilò la tab(5) dalla mano destra ed appoggiò l'arco(5) sul supporto che aveva accanto, in modo tale che fosse sospeso a qualche centimetro da terra. La dragona(5) che aveva attorno al polso gli aveva segnato un po' la pelle, ma il pensiero di avere l'arco troppo lento nella mano sinistra, gli metteva l'ansia. E lui non poteva tirare decentemente, se era ansioso.

A costo di farmelo segare, il polso, dalla dragona. Anche perché se mi cade l'arco sarà mio padre a segarmi in due.


Si avvicinò alla custodia e ripose la tab con la dragona in una delle tasche interne, prima di sfilare dall'avambraccio sinistro il para colpi; anche se oramai non ne aveva più praticamente bisogno, era talmente abituato a portarlo che, tirare senza, gli dava come la sensazione che mancasse qualcosa. Il para colpi era diventato parte integrante del suo processo di concentrazione.

Si piegò sui talloni ed iniziò a disporre tutto il modo tale che l'arco potesse entrare in borsa senza problemi; alle sue spalle, udì dei passi resi soffici dall'erba e sbuffò senza neanche voltarsi.


"Era ora!" esclamò, con una sfumatura sarcastica nel tono di voce "dovevi essere qui cinque minuti fa"


I passi si fermarono dietro di lui, non doveva essere molto distante. Infatti, quando parlò, la sua voce risultò più vicina di quanto avesse immaginato.


"Scusatemi, vostra grazia, se sono rimasto in disparte ad attendere il termine dei vostri allenamenti"


"Passami l'arco" disse Arthur, piuttosto, prima di voltarsi alla velocità della luce per fulminarlo con uno sguardo paralizzante "ma senza farlo cadere" scandì, cauto, come stesse parlando con un soggetto duro di comprendonio.


Merlin alzò le mani per aria come a voler far intendere di essere venuto in pace e cautamente, sotto lo sguardo da falco del biondo, si avvicinò all'arma mortale in questione. Simulando un'attenzione esagerata nei movimenti, lo afferrò con una lentezza quasi esasperante e lo sollevò dal supporto. Corrugò la fronte, constatando che pesava più di quanto desse a vedere. Ad Arthur, quella faccia, non sfuggì neanche per sbaglio.


"Merlin, se ti cade ti ammazzo" la soave voce di Pendragon gli ricordò in quale precaria situazione si trovasse la sua vita in quel frangente e piegò con insofferenza le labbra da un lato.

Beh, poteva anche prenderselo da solo il suo adorato arco se ha tutta questa ansia. Che diamine!


Alla fine, il ragazzo portò a termine l'arduo compito di consegnare al legittimo proprietario l'arma tutta integra ed Arthur sospirò. Appoggiò la punta inferiore dell'arco a terra e fece pressione sul flettente in alto per abbassarlo in avanti così da sfilare la corda. Merlin restò accanto a lui a braccia incrociate, osservando con quieta curiosità quel processo cui l'altro sembrava dedicare molta attenzione. In realtà, l'aveva visto farlo una miriade di volte, quando tra una lezione e l'altra decideva di mettersi a studiare all'aperto appositamente per quello. Anche se Arthur non lo sapeva, Merlin sarebbe stato in grado di smontare e rimontare quell'arco ad occhi chiusi, talmente tante erano le volte in cui aveva accarezzato con gli occhi i suoi gesti. Se qualcuno gli avesse detto che un giorno sarebbe addirittura arrivato a toccarla, quell'arma, si sarebbe messo a ridere alla grande.

Me l'ha fatto tenere. Si fida così tanto, di me?


Se c'era una cosa che bisognava ammettere su Pendragon, di fatti, era la sua gelosia verso le cose che erano di sua proprietà. Specialmente quelle che, se si rovinavano, potevano causare l'ira abominevole di suo padre. Merlin restò in silenzio, mentre quella domanda continuava a vorticargli nel cervello (insieme a tante altre cui non aveva avuto il coraggio di dare voce). Nel frattempo, Arthur aveva fatto pressione con i pollici sul blocco centrale per smontare i flettenti, mentre quel timido sole autunnale disegnava scie d'oro in mezzo ai suoi capelli.


"Perché me lo hai fatto toccare?" la sua bocca si mosse prima ancora che se ne fosse reso conto e, sgranando gli occhi, Merlin puntò lo sguardo nel vuoto con aria interdetta. L'aveva detto davvero?

Mi sono ammattito. Mi sono davvero ammattito. Ma che diavolo di domande vado a fare? Dio, fa cadere un fulmine adesso, su di me. Ti prego.


Arthur si voltò verso di lui, congelato nel movimento di riporre il blocco centrale all'interno dell'astuccio in feltro. Sbatté le palpebre un paio di volte altrettanto sorpreso e poi corrugò la fronte.


"Perché se non te l'avessi lasciato fare non avresti potuto passarmelo?" tentò, guardandolo come stesse cercando di capire se quella mattina si fosse drogato, prima di andare a lezione.

Emrys, le tue facoltà mentali mi servono tutte attive. Non puoi diventarmi un tossico proprio adesso. Aspetta un altro po'!


"Sì, ma tu non fai mai avvicinare nessuno al tuo arco" di nuovo, il suo cervello fece dare aria alla bocca prima ancora che il suo controllo frenasse le parole. Arthur notò come le orecchie di Merlin cominciarono a prendere una preoccupante tonalità ciliegia e vista l'espressione contrita, non osò immaginare che razza di pensieri gli stessero attraversando la mente in quel momento.

L'ho detto, io, che è un enigma. Non riesco mai ad interpretarlo fino in fondo, questo tipo.


"E tu come lo sai?" chiese inaspettatamente Arthur, assottigliando le palpebre sugli occhi. Qualche attimo dopo si pentì amaramente di averlo domandato, perché il rossore di Merlin dalle orecchie si estese in modo preoccupante anche su tutta la sua faccia. Il biondo appoggiò nella custodia il blocco centrale che aveva stretto tra le mani sino a quel momento e si alzò in piedi, voltandosi definitivamente verso l'altro ragazzo; se Merlin non avesse ricominciato a respirare presto, sarebbe probabilmente morto lì sotto il suo naso.


"Ti senti bene? Hai la febbre?" Arthur allungò una mano e la poggiò sulla fronte del moro, che la scostò con un gesto infastidito. In certi casi, Merlin avrebbe preferito che le apparenze rappresentassero la realtà; l'aria baldanzosa ed egocentrica di Arthur nascondeva una propensione fuori dal comune verso il prossimo, ma in quel caso quel lato di lui, lo metteva solo a disagio. Biascicò qualcosa di incomprensibile a mezza bocca, abbassando gli occhi sull'erba nel tentativo feroce di trovare qualcosa da dire. Qualcosa che potesse salvargli la faccia, insomma. Inaspettatamente, ancora una volta, Arthur venne in suo aiuto e lo tirò fuori dall'impiccio.


"Senti, non ti chiederò nemmeno di dirmi quali diavolo di acrobazie mortali sta eseguendo il tuo cervello in questo momento, perché la tua faccia me lo fa quasi intendere ed ho già paura così. Quindi, non sarò anche un genio in matematica ma se due più due fa sempre quattro, allora vale a dire che in un rapporto che va aldilà della conoscenza ci debba essere una sorta di fiducia reciproca. Ora, non sto dicendo che siamo amici, - quindi levati quell'espressione perché se comincio a prendermi gioco di te adesso non riuscirò più a finire di dire quello che sto dicendo -, comunque, se vogliamo diventarlo - e non è che tu abbia molto potere decisionale in questo caso, perché se io ti ho detto che lo diventeremo, così sarà punto e basta -, devo darti delle occasioni. A partire dalle piccole cose. La smetti una buona volta di costringermi a spiegarti tutto quello che faccio? Santo Dio, non mi sono mai psicanalizzato così in tutta la mia vita! Che angoscia! Spegnilo ogni tanto, questo, Emrys!" Arthur afferrò con entrambe le mani la testa di Merlin e la sballottò a destra e sinistra. Si sentì artigliare le braccia in un tentativo di essere allontanato neanche troppo delicatamente e rise di gusto.


"Sei un asino babbeo!" soffiò come un gatto irritato, Merlin, quando fu liberato da Arthur stesso. I capelli neri erano sparati da tutte le parti, neanche avessero passato le guerre puniche. Se Gwen avesse visto come tutto il lavoro di una mattina era andato sprecato in quel modo, si sarebbe messa a piangere.

E pensare che era così contenta quando ha notato che mi sono pettinato.


Vide Pendragon scuotere la testa con un sorrisetto di derisione sulle labbra per poi chinarsi nuovamente sull'erba, riponendo i flettenti negli astucci di feltro "Non vale neanche la pena rispondere all'insulto di uno che va in giro con quel nido in testa" replicò, sistemando la faretra con le frecce accanto al mirino(5) ed il bilanciatore(5). Si allungò sull'erba per recuperare il supporto dell'arco ed iniziò a smontarlo con gesti sicuri, tanto erano abituali. Merlin raggrumò le labbra e cercò di appiattire i capelli sulla testa alla meno peggio.


"Che programmi abbiamo oggi?"


Merlin iniziò a frugare nella sua borsa a tracolla, estraendo qualche attimo dopo una lista tutta stropicciata. Sfogliò un paio di pagine scorrendo con gli occhi la miriade di nomi che più volte aveva letto in quei giorni e si fermò alla terza colonna.

Oddio, ma quante sono? Ma non hanno una vita, queste? Ma tutte qui dovevano iscriversi? Ci sono tante cose da fare, nella vita. Giardinaggio, bricolage, l'uncinetto... ma no. Andiamo tutte all'università dove va il fichissimo, biondissimo, simpaticissimo ed intelligentissimo Arthur Pendragon. Maledette sanguisughe.


"Dopo pranzo ne hai tre a lezione di filosofia greco romana" biascicò, piegando le labbra da un lato con stizza. Arthur chiuse la lampo della custodia e la issò in spalla, alzandosi da terra.


"Bene, perché ho una fame pazzesca" esclamò, stringendo le cinghie della borsa, mentre Merlin riponeva la lista nella tasca dei pantaloni.


"Ok, allora ci vediamo dopo pranzo" un tono più mogio di quello non avrebbe potuto usarlo neanche se si fosse impegnato.

E' questo il mio destino? Il mondo fa schifo, la vita è crudele, voglio impiccarmi, ciao.


Il biondo lo guardò con una faccia così mista a pena ed esasperazione che Merlin temette di aver detto di nuovo qualcosa di strano senza essersene reso conto.


"Ma allora lo vedi che sei idiota?" sbottò, afferrandolo per un gomito ed iniziando a trascinarselo dietro "mi sembra ovvio che pranziamo insieme!"

Miseria nera, Emrys, mi farai arrivare sull'orlo dell'esaurimento!


Il moro non riuscì a dire niente e sperò ardentemente che Arthur non notasse come le sue orecchie si fossero arrossate ancora. Mentre si avviavano verso la mensa, in lontananza, sentirono giungere un grido intriso della disperazione più cieca.


*


Lancelot aveva calcolato ogni minimo, infimo dettaglio. La coperta bianca ricoperta di petali di rosa rossa, le candeline profumate sparse intorno, i fiori al centro, il cibo che aveva sgraffignato a Rob e che aveva già appiattato, la bottiglia di vino rosso (frizzantino come piaceva a lei)... La giornata era bella, fuori si stava bene, i prati della scuola erano infiniti ed aveva ben pensato di organizzare un picnic per Gwen. La sua Gwen, dolce colombella cioccolatosa e biscottosa.

Forse ho un leggero appetito, ponderò, dopo l'ennesimo appellativo potenzialmente divorabile affibbiato alla sua fantastica metà.


Guardò il display del cellulare; aveva già mandato un messaggio alla ragazza chiedendole di raggiungerlo lì e sarebbe sicuramente giunta a momenti. Sorrise, pensando alla faccia che lei avrebbe fatto nel vedere quale capolavoro era stato in grado di organizzarle (in realtà, se avesse saputo davvero la faccia che Gwen avrebbe fatto di lì a poco, si sarebbe sbrigato a smontare tutta la baracca e burattini alla velocità della luce). Sfregò i palmi delle mani tra loro e si inginocchiò sull'erba, chinandosi a sistemare le ultime cose per rendere il tutto decisamente perfetto. L'odore di vaniglia delle candele aromatizzate si mescolava a quello che proveniva dal cesto delle vivande, dal quale sbucava anche qualche frutto di stagione. Restando accucciato sulle ginocchia, Lancelot guardò nuovamente l'orario, quasi potesse far passare il tempo più velocemente con la sola forza del pensiero. Tutto intento a concentrare interamente le sue energie cosmiche nel tentativo di sfruttare i suoi, sicuramente solo assopiti, poteri mentali, all'improvviso qualcosa lo colpì con violenza sulla faccia. Annaspò colto alla sprovvista e la sorpresa fu tale che sbilanciatosi all'indietro, cadde con il sedere a terra; la situazione peggiorò perché una volta aperta la bocca, questa fu inondata dall'acqua. Sull'orlo di morire soffocato, strozzato e senza ossigeno, portò entrambe le mani davanti al viso per cercare di schermarsi.


"Ma che ca...?!" esalò, ricominciando a respirare dopo lunghi attimi agonia. Sputacchiò l'acqua in giro, sentendo i vestiti che aveva addosso farsi via via più umidi. Abbassò gli occhi, notando con orrore che era caduto con il sedere proprio sul cesto delle vivande. Scattò in piedi con un'imprecazione neanche tanto velata e finalmente si accorse di quello che stava accadendo: gli irrigatori del parco si erano attivati per annaffiare l'erba. Lancelot sgranò gli occhi, mentre l'acqua, placidamente, lo annaffiava come fosse stato una pianta da giardino, colandogli addosso senza alcun riguardo per i suoi sentimenti calpestati. No, non poteva crederci. Non era possibile. Abbassò gli occhi sulla coperta divenuta totalmente zuppa e si accorse che il suo cellulare si stava infradiciando altrettanto.


"NO! Che cazzo!" si gettò a recuperarlo, ma quello si era spento e pareva non volerne più sapere di accendersi. Lancelot rimase in piedi, i capelli appiccicati alla faccia ed alla fronte e la camicia incollata addosso. L'acqua lo irrigava che una bellezza. Fissò il telefono con sguardo vacuo, mentre il cervello veniva attraversato da un silenzio di tomba.

Scodinzolando, di lì a pochi secondi Attila lo raggiunse con aria festosa dalle serre poco distanti, probabilmente attirato dalle sue imprecazioni. Il canide guardò prima lui e poi i resti infradiciati di cibo che giacevano miseramente sulla coperta. Di nuovo, guardò Lancelot ed iniziò a scodinzolare con più gaudio. Calpestando a sua volta i sentimenti del ragazzo, Attila afferrò con i denti un pezzo di carne e trotterellò via, ficcando le zampe sopra qualsiasi cosa riuscisse a raggiungere. E prima di andarsene, tanto per gradire, annusò una delle candele alla vaniglia e decise di marcare il territorio.


Con un grido intriso della disperazione più cieca, Lancelot iniziò a saltare su quello che sarebbe dovuto essere il loro picnic, calciando in preda all'isteria qualsiasi cosa gli capitasse a tiro.

MA NON ME NE VA BENE UNA! MA CHE CAZZO!


Gwen, che nel frattempo aveva svoltato l'angolo e si stava avvicinando, rallentò i passi fino a fermarsi in mezzo all'erba, a qualche metro di distanza da lui e dagli irrigatori. Le braccia erano abbandonate lungo i fianchi pesantemente e guardava il suo ragazzo, zuppo dalla testa ai piedi, come si guarda un soggetto potenzialmente pericoloso. L'aveva sentito, quella mattina, un brivido lungo la schiena. Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe successo (di nuovo) qualcosa di strano.

Signore dammi la forza.


*


Mordred se ne stava seduto nel cortile interno del college, circondato da alcuni amici che condividevano gli stessi corsi con lui. Aveva l'aria spensierata di chi viveva senza colpe e senza rimpianti e rideva con gli altri per qualcosa che uno di loro aveva detto. Il sole gli baciava i capelli riccioluti e sembrava rendere i suoi occhi ancora più chiari di quel che in realtà erano. Teneva le mani appoggiate sulla panchina, per poter inclinare la schiena all'indietro senza rischiare di perdere l'equilibrio. Socchiuse gli occhi, infastidito da qualche raggio un po' troppo luminoso, ma non si spostò: quella luce era così rara che la beveva come un gatto avrebbe cercato le fusa nell'ora dello spuntino.


"Ehy Mor" lo richiamò Thomas, aggiungendo un piccolo cenno del mento "perché c'è la Banshee che ti sta puntando a passo da battaglia?"


Senza perdere quell'aria di calma placida che gli ammorbidiva i lineamenti del volto e gli donava un'espressione leziosa, voltò la testa verso i portici poco distanti; in quell'esatto momento, Morgana uscì dall'ombra del colonnato, calpestando l'erba con una furia determinata che avrebbe fatto preoccupare chiunque avesse avuto un po' di sale in zucca. Mordred stirò le labbra in un sorriso morbido, osservandola avvicinarsi sempre più. Notò che nella mano destra stringeva qualcosa.

Vista l'aria omicida con la quale sta tentando di uccidermi, non deve aver preso molto bene il mio consiglio. Peccato.


Mordred inclinò la testa da un lato e la attese pazientemente, mantenendo una posa rilassata. Morgana odiava quel sorriso da schiaffi, che aveva il potere di mandarle il sangue al cervello.

Credi che non farò una scenata solo perché ci sono i tuoi amici? Povero illuso!


Quando lo raggiunse, si chinò in avanti per artigliargli un braccio e se lo trascinò dietro di peso, dando sfoggio di una forza che nessuno avrebbe mai potuto attribuirle. Mentalmente, ringraziò tutte le volte in cui, da piccola, aveva fatto a botte con suo fratello. Quelle erano cose che tempravano! Lo fece allontanare dalla sua combriccola di imbecilli (perché uno così non poteva che frequentare altri imbecilli del suo stesso calibro) per finire a fermarsi una ventina di metri più in là, di nuovo sotto il porticato, al riparo dal sole. Morgana si voltò immediatamente verso di lui e gli spalmò con una manata feroce il foglio sul petto. I suoi occhi trasmettevano furia allo stato puro, ma a quanto pareva Mordred non era uno che si lasciava impressionare tanto facilmente. Non aveva posto resistenza quando si era sentito tirare su senza alcuna delicatezza e l'aveva seguita con ancora quel sorriso da ruffiano sulle labbra.


"Perché sei così arrabbiata?" domandò lui, arcuando le sopracciglia e simulando sorpresa "Sei venuta piuttosto bene! Se guardi attentamente da vicino, puoi anche riuscire a vedere cos'è che stai vomitando"


"Che diavolo ti sei messo in testa, Duirvir?" ringhiò lei per risposta, avvicinandosi così tanto da parlargli ad una spanna dal viso "Prima mi segui ovunque, poi fai finta di non conoscermi ed ora mi mandi questa roba! E pretendi che io sia più carina nei tuoi confronti? Ringrazia il Signore che non ti metto le mani addosso, altrimenti ti distruggo!"


Mordred emise un basso fischio di ammirazione per tutto il sentimento con il quale Morgana aveva pronunciato quelle parole.

Non lo capisce che quando fa così mi istiga. Non ci arriva proprio. Non ce la fa.


"Come mai ti infastidisce così tanto che al pub non ti abbia neanche salutata?" domandò con l'innocenza più pura dipinta sul volto angelico, infilando le mani nelle tasche dei jeans con una nonchalance davvero invidiabile.


"Non mi ha infastidita!"


"Sì che l'ha fatto, altrimenti non l'avresti neanche accennato"


"Non contraddirmi!"


Con la mano libera Morgana gli mollò un pugno sulla spalla, che lo fece indietreggiare blandamente di un paio di passi e ficcò la foto nella borsa che le pendeva da una spalla. A quel punto, gli puntò l'indice contro con aria inequivocabilmente minatoria ma prima che riuscisse ad aprire bocca, Mordred la batté sul tempo.


"Ah-ah-ah, attenta a quello che dici, Banshee. Ricordati di essere più carina, con me" la redarguì il ragazzo, come stesse sgridando una bambina un po' troppo golosa di dolci. Morgana assottigliò le palpebre sugli occhi e strinse le labbra in una linea sottile. Se uno sguardo avesse potuto uccidere, Mordred sarebbe morto da un pezzo.

Non mi sta prendendo sul serio. Io gli dico che lo uccido e lui ride! Dio, DIO quanto vorrei mettergli le mani al collo e farlo morire strozzato!


"Altrimenti?" sibilò lei, abbassando l'indice e stringendo la mano in un pugno di furia a stento trattenuta. Nessuno poteva dirle cosa fare o cosa non fare, men che meno un maledetto bamboccio con l'aria strafottente che credeva di potersela rigirare come un calzino. Mordred piegò la schiena in avanti, stavolta fu lui ad esserle ad una spanna dal viso, il sorriso serafico che cozzava brutalmente con la rigidità della ragazza.


"Altrimenti farò girare quella foto per tutto il college ed a quel punto, credo potrai anche dire addio alla reputazione cui sembri tenere tanto" sillabò lentamente, facendo colare le parole dalla bocca come fossero state miele avvelenato. Morgana trattenne il respiro senza neanche accorgersene, sondando con estrema attenzione il volto del ragazzo per cogliere anche la più piccola traccia di tentennamento.

Non ti conviene metterti a giocare con me, carino. Ma se vuoi farti male... accomodati pure.


"Non lo faresti" replicò lei con durezza, cercando di non alzare il tono della voce. L'ultima cosa che voleva era dare spettacolo o attirare l'attenzione. Il ragazzo si tirò indietro e si strinse nelle spalle, prima di schioccare sagace la lingua contro il palato.


"Davvero?" mormorò e le parole rotolarono sulla lingua con delizia. Iniziò ad indietreggiare senza smettere di guardarla e fu con quel maledetto sorriso sulle labbra, che Morgana lo vide voltarle le spalle per ritornare dai suoi stupidi amici, lasciandola lì, da sola, sotto l'ombra del porticato a ribollire nel suo stesso brodo di rabbia e frustrazione. Era appena stata messa sotto scacco da un ragazzino! realizzò, avvampando miseramente.

Quell'anno sarebbe stato decisamente molto, molto lungo.

















NOTE DELL'AUTORE: BELLA RAGA! Ecco finalmente dopo giorni di agonia il quinto capitolo. Devo ammettere che è stato faticoso scriverlo perché volevo comunicare alcune cose, ma avevo paura di non riuscire a farlo adeguatamente. Non è esilarante come il precedente, ma anche le fanfiction a stampo comico devono avere i loro alti e bassi XD Comunque, con il quarto capitolo mi avete lasciato la bellezza di dieci, dico dieci recensioni D: la mia faccia era tipo così: http://25.media.tumblr.com/8d21c1e8f9ec7f3109ffd02a558c2240/tumblr_mi31ttoqEm1qzgjfco1_500.gif MA PASSANDO OLTRE. Grazie a tutti quelli che commentano, che leggono e basta, a Ryta Holmes che me la beta, a Tizio Caio e Sempronio, ai preferiti/seguiti/ricordati E A MIA MADRE CHE MI HA FATTO IL SACROSANTO DONO DI ESSERE COSI' IMBECILLE. Grazie mamma ti voglio bene. Ecco le note nello specifico!

(1) Il Trono di Spade (Games of Thrones) è un telefilm. Qui la sua scheda tecnica: http://it.wikipedia.org/wiki/Il_Trono_di_Spade_(serie_televisiva) Questo è Jon Snow: http://hbowatch.com/wp-content/uploads/2012/05/Jon-Snow-Crow-Stark.jpg Questa è Arya Stark: http://0.tqn.com/d/scifi/1/0/D/k/0/-/GOT-Season2-Arya-Stark1.jpg

(2) Triscele: http://digilander.libero.it/modellismodgl/images/p065_1_07.png

(3) La Marvel ha dato vita a supereroi come Hulk, Capitan America, Thor, Iron Man eccetera.

(4) Archery GB: squadra nazionale inglese di tiro con l'arco.

  1. Allora. La tab è una fettuccia di pelle che si infila nella mano destra se siete destri o nella mano sinistra se siete mancini. Serve a far scivolare, una volta che l'avete incoccata e che avete messo in tensione la corda, la freccia. E' questa: http://www.archers-review.com/images/32.jpg La dragona è semplicemente un laccio che va messo intorno al polso della mano che regge l'arco, la cui altra estremità va legata intorno al blocco centrale. Infatti, quando la freccia viene scoccata, bisogna mollare l'arco ma se non ci fosse la dragona a tenerlo ancorato al polso, questo cadrebbe per terra. Così: http://www.arcosportspigarelli.com/images/foto149.jpg Arthur tira con l'arco olimpico (cioè con mirino e bilanciatore) perché è l'unico tipo di arco che può concorrere a tutti i tipi di gare esistenti, comprese le Olimpiadi. Questo è l'arco olimpico, l'asta in basso è il bilanciatore, quella più in alto e più corta, il mirino: http://digilander.libero.it/alemene97/images/arcoolimpico.gif Fonte: me stessa, con la collaborazione straordinaria del mio arco nudo LOL


Ultima comunicazione di servizio: per marzo aprile, sto progettando con una ragazza di stare qualche mese in Irlanda, quindi gli aggiornamenti potrebbe divenire un filino più lenti nel mentre. Ma un filino proprio. Chiunque si voglia unire e dividere le spese con noi è ben accetto ù_ù

addio.


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Capitolo 6
*** Tanti buoni propositi ***


SESTO CAPITOLO


Arthur si accodò accanto a Merlin, adocchiando i vassoi di cibo protetti da una membrana di vetro trasparente ed esposti ordinatamente per gli studenti. L'odore di minestrone gli fece storcere il naso e si buttò subito a sbirciare il secondo, più in là del tipo che stava accanto a Merlin. Dietro di lui, dopo qualche attimo, si accodò anche Freya.


"Di nuovo a pranzo insieme? Per due giorni consecutivi?" domandò la ragazza, cristallina, mentre prendeva i tovaglioli con le posate di plastica e le metteva sul vassoio. Merlin si sporse oltre la spalla di Arthur e la adocchiò con un cipiglio vagamente minatorio. Freya era ovviamente all'oscuro di tutto, ma aveva una mente maledettamente penetrante.

E con penetrante intendo penetrante. Nel senso che se c'è qualcosa che le puzza penetra le tue difese mentali finché tu per disperazione non ti butti implorante ai suoi piedi e le chiedi di smetterla di sottoporti a terrorismo psicologico.


Lei gli sorrise strizzando l'occhio "Fatti più in là, Merlin, che la gente sta aspettando!"


Il ragazzo notò come quello davanti a lui fosse avanzato di qualche passo e cancellò quel vantaggio in due secondi, seguito subito a ruota da un impaziente Arthur.


Che novità. Fosse per lui mangerebbe anche i tavolini, pensò, proprio mentre il diretto interessato sbuffava con insofferenza. Se c'era un'altra cosa che mandava il biondo ai matti, quella era aspettare; quando Pendragon voleva qualcosa, pretendeva di averla subito. Merlin, invece, era abituato in maniera decisamente diversa, perché proveniva da una famiglia tutt'altro che agiata; aveva dovuto sudare per ogni cosa che era riuscito ad ottenere, compresa la borsa di studio che gli aveva permesso di iscriversi a quel college.

Con la coda dell'occhio non gli sfuggì come, all'improvviso e nel bel mezzo di un attacco di impazienza cronica, Arthur avesse voltato la testa verso Freya, osservandola come la stesse vedendo davvero per la prima volta; strinse le labbra in una linea sottile, senza ricambiare il saluto di Mary che gli stava giusto chiedendo che cosa volesse per pranzo.

Del laudano da poter mettere nell'acqua di Pendragon, per piacere. Grazie tante.


"Freya..." disse il primato di imbecillità asinina, con un sorriso sbilenco sulle labbra "Ti trovo bene, oggi. Hai cambiato pettinatura?" concluse, socchiudendo le palpebre con aria vagamente predatoria.

Regola numero tre del buon stratega: confondi la preda con elogi di ogni genere.


Merlin si schiaffò una mano sulla faccia.

Con indifferenza, Freya aveva continuato a sistemare il bicchiere con l'acqua ed il pane incartato sul suo vassoio. Poi, leggiadra come una farfalla, aveva sollevato gli occhi sul volto di Arthur ed aveva steso le labbra in uno di quei sorrisi che sapevano sciogliere le ginocchia.


"Non fartelo passare neanche per l'anticamera del cervello, Pendragon" esclamò candidamente, sbattendo le ciglia un paio di volte. Il sorriso che Arthur si era spalmato sulla faccia sparì con la velocità di un battito d'ali, sostituito da un'espressione quasi offesa.

Gli Albion sono maledettamente difficili da raggirare. Ed io ne ho uno a destra ed uno a sinistra. Parto bene, insomma.


Tra le altre cose, Freya era 'famosa' per essere sempre stata una ragazza tutta d'un pezzo, che non si era mai lasciata distrarre dal suo obbiettivo primario e cioè laurearsi con il massimo dei voti (se la stava cavando piuttosto bene da quel punto di vista).

Arthur avanzò di un paio di passi, adocchiando disgustato la sbobba che Merlin aveva scelto come prima portata. Lanciò uno sguardo raggelante a Mary, che aveva già iniziato a fare il piatto anche per lui senza nemmeno avergli chiesto che cosa volesse e quando la donna intercettò i suoi occhi, sbuffò come avrebbe fatto una madre davanti al figlio troppo viziato.


"Arthur, non esiste! Sono due giorni che non prendi il contorno, devi mangiare un po' di verdura!"


Prepotentemente, Mary gli piazzò il piatto con il minestrone sul vassoio e Pendragon lo guardò come fosse stato una bomba ad orologeria pronta ad esplodere nel giro di qualche secondo. Freya rise sommessamente senza neanche tentare di nasconderlo, seguita da un decisamente più rilassato Merlin (compreso che le labbra di Freya non costituivano una minaccia, era tornato carino e coccoloso). Non solo gli Albion l'avevano circondato, ma si prendevano anche gioco di lui! Era inammissibile!


"Non fare quella faccia, Pendragon" disse la ragazza, sorridendo alla cuoca ed accettando di buon grado la sua porzione fumante "Se fossi stata davvero io la ragazza della festa ti avrei baciato da un pezzo, non credi? O forse no. Trattandosi di me probabilmente avrei cercato di indurmi un'amnesia fulminante" corrugò la fronte, con un cipiglio serioso.


Merlin ed Arthur si voltarono verso di lei contemporaneamente, il secondo con un'espressione confusa sul volto. Sentiva che Freya aveva altro da dire, infatti (dopo averli invitati ad avanzare ancora ed esortati a perdere questo vizio di bloccare la fila), aveva ripreso a parlare.


"Tutto il college sa della perdita della tua sanità mentale. Tutto” sottolineò, “Quindi..." Freya gli diede una lieve spallata (fatti più in là!) ed Arthur neanche si accorse dell'arrosto di maiale che gli venne messo sul vassoio "... Sicuramente anche la persona che cerchi ne sarà a conoscenza. Se avesse voluto farsi trovare sarebbe già venuta lei stessa, da te, non credi?" inarcò le sopracciglia, sondandolo con uno sguardo eloquente.

Merlin aveva preso il vassoio oramai pieno di tutto, ma era rimasto accanto a loro, con uno strato di sudore freddo ad imperlargli la fronte celata dalla frangia scomposta. Stava mantenendo un controllo che definire stoico sarebbe stato riduttivo. Non gli piaceva la piega che stava prendendo quel discorso e soprattutto non gli piaceva il modo in cui Freya l'aveva adocchiato attentamente, tra una congettura e l'altra. L'unica cosa che poteva sapere, era che stava aiutando Arthur in quell'insana ricerca. Tutto lì.

Devo sbarazzarmi di lei. Devo farlo adesso. Fatti venire un'idea, Merlin, un'idea brillante. Mi sento tanto un serial killer in incognito.


Senza neanche starci a pensare, Arthur si avviò insieme a lei verso i tavoli, troppo preso da quello che la ragazza stava dicendo. Merlin ingoiò un'imprecazione, seguendoli in silenzio, ma con il cervello fumante dallo sforzo di partorire un lampo di genio.


"Le possibilità sono poche, Pendragon. O la ragazza non vuole farsi trovare e magari ha ritenuto solo un errore quello che è successo alla festa... O era troppo ubriaca per ricordare cosa le è successo, quindi potrebbe non avere la più pallida idea di averti effettivamente baciato... O non frequenta l'università e questo farebbe di lei un'imbucata bella e buona, ma in questo caso non può sapere di quello che ti sei messo in testa di fare. Oppure... " raggiunsero un tavolo vicino le finestre e Freya si fermò, sfumando le parole con una certa tensione. Quando si voltò verso di loro, i suoi occhi castani indugiarono su Merlin.


"Oppure?" la incitò Arthur, con un tono di voce non interpretabile.


"Oppure non è-"


"Corbezzoli!" esclamò Merlin, con un tono intriso di urgenza, poggiando il vassoio sul tavolo senza cura "Arthur, la ragazza delle tredici e ventisette minuti! L'ho dimenticata!" gli tolse il pranzo dalle mani, poggiandolo proprio accanto al suo, poi gli afferrò il gomito "Vieni, se ci sbrighiamo magari riusciamo ancora ad intercettarla!"


Arthur sbatté le palpebre e troppo confuso per opporre resistenza, si lasciò trascinare via da un Merlin maledettamente determinato (l'istinto di sopravvivenza primordiale aveva avuto la meglio sulla sua ragionevolezza). Mentre abbandonavano la mensa, il moro poté avvertire chiaramente lo sguardo di Freya puntato sulla sua schiena.

Su una scala da uno a dieci, quanto diavolo potrà essere efficiente il suo intuito? Ti prego, Dio, fa che sia uno. Mi dispiace di averti dato del gay la sera della festa, sul serio. Giuro che non lo farò mai, mai più.


*


Morgana entrò con aria trafelata nell'area ristoro del college. La borsa stracolma di libri che le pendeva pesante da una spalla, le aveva stropicciato tutta la maglietta grigio fumo; i capelli intorno al viso erano meno ordinati del solito e lo sguardo sembrava trasudare una certa ansia. Quando giunse in prossimità dei tavolini, rallentò volutamente l'andatura e si fermò qualche secondo. Notò che poco più avanti sedeva un ragazzo del quarto anno, un certo John o Jack, che diavolo ne sapeva lei?; stava sorseggiando qualcosa, intento a guardare chissà che sul suo computer portatile.

Lo sguardo chiaro di Morgana scivolò oltre, non era lui che le interessava. Quando inquadrò il bancone, vide Mordred darle le spalle, poggiato lì con entrambi i gomiti, la posa piuttosto rilassata. La ragazza arricciò la punta del naso ed alzò le mani, sistemando i capelli alla meno peggio; spostò la cinghia della borsa da una spalla all'altra e lisciò la maglietta stropicciata. Le dita accarezzarono la pelle del volto, come a voler cancellare qualsiasi segno di affaticamento. Non aveva intenzione di dare a vedere che, dopo aver ricevuto il suo messaggio, aveva praticamente volato per raggiungerlo al bar!

Io non mi scapicollo! Le ragazze di buona famiglia come me, non fanno queste cose. E' pericoloso! E se stamattina avessi deciso di mettermi lo stivale con il tacco, mh? Se l'avessi fatto e mi fossi ammazzata nella fretta di venire qui? Come l'avremmo messa, Duirvir? Dimmi, come?


Prese un respiro profondo ed atteggiandosi a chi si era preso tutto il tempo del mondo per arrivare sino a lì, si lasciò cadere su uno sgabello una volta raggiunto il bancone. Mordred non la degnò di uno sguardo, troppo intento a fissare il tabellone dei panini appeso in alto, una guancia affondata nel palmo della mano, l'aria assorta.

A Morgana vibrò pericolosamente la palpebra destra.

Con un gesto palesemente stizzito, poggiò brutalmente la borsa sul bancone, che fece un tonfo bello pesante, considerata la quantità oscena di cultura che aveva l'onore di contenere. La ragazza lanciò un altro sguardo a Mordred, ma quello non aveva fatto una piega.

Adesso lo afferro per i capelli e gli frantumo la testa sul bancone.


Sbuffò come una locomotiva in corsa "Terra chiama Duirvir!" esclamò, piantando le mani sui fianchi magri. Restò a fissarlo con un'intensità davvero imbarazzante, al che quello, voltando di poco la faccia verso di lei senza neanche avere la decenza di toglierla dalla mano, inarcò le sopracciglia.


"Ho capito che sei qui, non c'è bisogno di essere così rumorosa. Dammi un attimo, mi stai togliendo la concentrazione" commentò, tornando ad osservare la lista dei panini previsti dal menu quel giorno. Morgana, interdetta, sfarfallò le ciglia con una di quelle espressioni un po' babbee che solo una o due volte l'anno potevi vederle sulla faccia. Forse Mordred avrebbe dovuto scattarle un'altra fotografia.


"Rumorosa?!" sbottò, mentre sulle labbra di Duirvir affiorava un enigmatico sorriso da stronzetto. Ma Morgana non era mai stata tipa da lasciar correre certi dettagli (in realtà non era mai anche stata tipa da correre in generale. Infatti l'aveva specificato, che non si era scapicollata per raggiungerlo, no?).


"E adesso cos'hai da ridere?!"


Con un sospiro, Mordred si tirò indietro e drizzò la schiena, abbandonando con pigrizia le mani sul grembo "Rido perché sapevo che avresti inveito in quella maniera. Per l'esattezza, avevo giusto cominciato un conto alla rovescia e tu hai urlacchiato nell'esatto momento in cui ho pensato zero. Non lo trovi divertente?"


Stese le labbra in quel sorriso che lesta, Morgana, aveva imparato ad attribuirgli: luminoso, pulito, perfido. Se non lo si conosceva, si sarebbe potuti rimanere traumatizzati dal candore e la spontaneità di quel volto giovane ed in un certo qual modo affascinante; per sua fortuna, però, Morgana l'aveva inquadrato sin troppo bene e sapeva che dietro quel la vita è una gioia, io amo il mondo quindi il mondo deve amarmi per par condicio si nascondeva una mente diabolicamente machiavellica come poche volte ne aveva viste in vita sua.

Ovviamente io ancora detengo il primato. E te ne accorgerai, Duirvir, ti assicuro che lo farai.


La ragazza strinse le labbra in una linea sottile ed ingoiò una notevole sequela di insulti, perché nonostante la spada di Damocle che le pendeva sul collo, aveva ancora una reputazione da mantenere. Cercando dentro di sé, con gran fatica, qualche granello di karma mistico, incrociò le braccia contro il petto e lo pungolò con uno sguardo che la diceva lunga sulle sue intenzioni di mostrarsi più carina nei suoi riguardi.

Te lo faccio vedere io, carino. Dovrò sentirti implorare pietà prima che mi passi. E, pensa, la settimana prossima avrò il ciclo. Come riesco a macchinare vendette con le mestruazioni, non riesco mai negli altri giorni del mese. Il ciclo è istruttivo. Il ciclo ispira la parte malvagia che c'è in me. Hai le ore contate, mio caro.


"Quindi? Cos'era tutta questa fretta? Questa 'questione di vita o di morte, vale a dire la sopravvivenza della tua reputazione'? Devi ricorrere ai ricatti per riuscire a rubare un po' del mio tempo, non ti senti tremendamente sfigato?"


Il sorriso di Mordred non si incrinò neanche di una virgola. Si strinse nelle spalle rispondendo con un diplomatico, schietto, cristallino no.


"Mi sento tremendamente figo, invece, se proprio vuoi saperlo. Voglio dire... sto ricattando te. Mi spiego? Anche se la parola ricattare non mi piace... direi piuttosto, incentivare. Suona meglio, non è vero? Considerando che siamo in vena di confessioni oneste, dimmi: come ti fa sentire l'idea che ad incentivarti sia... com'è che avevi detto? Un bamboccio?" Mordred tornò a poggiare i gomiti sul bancone e spalmò di nuovo la guancia sul palmo della mano, con un'espressione così serafica che Morgana sentì il suo fragile karma vacillare pericolosamente. Non poteva perdere il controllo con un ragazzino, era una persona matura, lei.


"Se lo fai è perché te lo sto permettendo"


Forse non avrebbe dovuto dirlo.

Un lampo pericoloso attraversò gli occhi chiari del ragazzo che le sedeva accanto; Mordred socchiuse le palpebre, lo sguardo divenne tagliente ed il sorriso più sprezzante, come avesse appena vinto qualcosa grazie all'astuzia.


"Davvero?" domandò, leccando ogni parola con un piacere quasi osceno "E perché mi permetti di fare una cosa del genere?"


La inchiodò sullo sgabello con un'occhiata eloquente. Aveva detto la cosa sbagliata, ma se ne era resa conto troppo tardi ed il cervello (per l'appunto machiavellico) di Mordred, ci aveva subito ricamato sopra, con l'aggiunta di merletti e fiocchettini vari. Morgana si irrigidì, ma sostenne il suo sguardo senza un briciolo di tentennamento; quella lieve sfumatura che assunsero le sue guance, era qualcosa fuori dal suo controllo. Ma si trattava di indignazione, mica di imbarazzo.


"Non mi aspettavo niente di diverso dalla tua mente contorta, Duirvir, tranne che un'errata interpretazione delle mie parole. Come non ti sai smentire tu, nessuno lo fa, davvero. E' una gioia avere certe costanti nella vita" anche lei era capace di sfoggiare sorrisi radiosi, ma più falsi di una moneta da tre euro. Se Mordred aveva davvero pensato di star giocando da solo a quella partita, si era sbagliato di grosso. O forse era Morgana a non rendersi conto che Duirvir non aveva mai voluto giocare da solo.


"Ti permetterò di cavartela in questo modo solamente perché sono affamato. Ed è qui che entri in scena tu" Mordred la puntò con entrambi gli indici, i pollici alzati verso l'alto "Sono indeciso tra il sandwich con l'insalata di pollo con maionese e ketchup e quello con l'insalata di pollo senza ketchup. Che faccio?"


Morgana seguì il suo sguardo verso il tabellone, restando interdetta. Sfarfallò le ciglia due o tre volte e tornò a guardare lui, improvvisamente derubata di tutte le sue doti espressive. La sua faccia da quel momento in poi non fu più interpretabile.


"Mi hai fatta quasi ammazzare per... decidere con quale panino spero che il destino ti faccia morire soffocato?"

A parte che mi sento sinceramente disgustata. Ma dove si è mai vista l'insalata di pollo con il ketchup... che orrore!


"Ah-ah-ah! Più carina Banshee, più carina" la redarguì, sventolando l'indice avanti e indietro come stesse rimproverando una bambina. Morgana si morse la lingua, prima di sorridere amabilmente.


"Perdonami" esclamò e la voce risultò carezzevole come mai lo era stata nei suoi riguardi "Hai ragione. Volevi sapere che cosa fare?"


"Sì, un suggerimento mi potrebbe essere d'aiuto"


"Sparati"


Saltò giù dallo sgabello e raccattò rabbiosamente la borsa. Mordred la guardava con un cipiglio contrariato, ma non disse niente, preferendo piuttosto passare ai fatti. Estrasse dalla tasca della giacca una foto a caso e la spiaccicò sul bancone, richiamando il barista con un fischio amichevole.


"Ehy Ben!" gli fece cenno di avvicinarsi "Voglio farti vedere una cosa!"


Morgana sgranò gli occhi e prima che potesse succedere qualsiasi cosa, si avventò sul ragazzo e tentò di strappargli la foto dalle mani. Lui si mise a ridere di gran gusto, lasciandole fare un po' quel che diavolo voleva, perché tanto l'originale ce l'ho sempre io. Avviluppata a Mordred nel tentativo di risalire lungo il suo braccio per prendere la foto, Morgana strinse i denti e sembrò ringhiare. Duirvir alzò le sopracciglia, con un sorriso da presa in giro sul volto angelico e si chinò a sfiorare la punta del naso di Morgana con il suo, per pura provocazione.

Forse dovrei smetterla di tirare tanto la corda. Ma non è colpa mia se lei rende tutto così maledettamente divertente. Ci penserò. Domani. O dopodomani. O mai.


"Senza!" sputò fuori la ragazza, allontanandosi bruscamente per issare la borsa sulla spalla, strofinando il naso con una mano, neanche fosse stata infettata da una malattia rara e terribile.


"Come scusa?" Mordred tornò a sedersi sullo sgabello, corrugando la fronte con aria confusa.


"Senza ketchup" ripeté e fece una fatica immensa per parlare e nel frattempo cercare di non usare oggetti contundenti su di lui.

Com'è possibile che in cinque minuti questo tipo riesca a farmele vorticare così vertiginosamente? E' disumano!


Mordred annuì con aria maledettamente soddisfatta "Ora va meglio" commentò, restando ad osservarla mentre si allontanava dal bar senza degnarlo più di mezzo sguardo o parola, zigzagando tra i tavolini a passo marziale. Ma a lui andava bene così. Ci volevano giorni per espugnare una fortezza, lui lo sapeva bene. Ultimamente un po' cavaliere ci si sentiva, in effetti. E Morgana era quella fortezza.


*


Lancelot si mosse nervosamente sulla panca, strusciando involontariamente i piedi a terra. Guardò il solco che aveva fatto con la scarpa nel rimasuglio di carbonella(1) e gli sembrò la cosa più interessante vista fino a quel momento. L'odore della polvere ferrosa gli piaceva, ma non era abbastanza per metterlo a suo agio. Guardò l'orologio da polso, constatando che l'ora di pranzo era oramai passata da un po' e che Gwen si stava sicuramente chiedendo dove diavolo fosse finito. Come a voler confermare i suoi sospetti, la coscia destra vibrò di nuovo: era appena arrivato l'ennesimo sms.

Mi sta facendo una cura elettro stimolante, per la miseria. La chiamavano Ansia. Se non rispondo subito si fa prendere dal panico!


Gli si strinse il cuore a quel pensiero; l'idea di poter essere causa di preoccupazioni per la sua trottolina gli faceva contrarre lo stomaco. Inumidì le labbra secche quasi quanto la gola e si azzardò ad alzare gli occhi scuri su di lui: adesso aveva messo da parte il maglio(1) ed aveva invece impugnato il martello(1). La fucina(1), rovente grazie alla carbonella, aveva reso l'aria pesante e calda. Lancelot inghiottì a vuoto, mentre il baluginio del ferro illuminato dalla lampada al neon, si rifletteva nei suoi occhi scuri. Lui gli sorrise e Lance tentò di stiracchiare le labbra.


"Che cos'hai, ragazzo? Ti vedo pallido, oggi" commentò l'uomo, iniziando a martellare con movimenti decisi il ferro per forgiarlo a regola d'arte; doveva essere la parte alta di qualche cancellata, viste le estremità appuntite che l'uomo stava modellando con attenzione. Lancelot si passò una mano dietro il collo, infilando le dita oltre il colletto della camicia come a volerlo allargare.

No, niente. E' che questo coso che batte su e giù mi mette un po' di ansia. Ma non è perché sto uscendo con sua figlia.


"Si figuri. Lei piuttosto, come... come va con... sa, quella cosa..." incespicò nelle parole, non molto sicuro di poter essere libero di parlarne. Quando il fabbro lo guardò, smettendo di forgiare il ferro, improvvisamente il martello gli sembrò una prospettiva più divina dell'essere osservato in quel modo penetrante. Si mosse di nuovo insofferente sulla panca, mentre l'aria calda della stanza gli faceva colare una goccia di sudore lungo la tempia destra. Là dentro sembrava essere agosto.


"Va" commentò l'uomo, schietto, raggrumando le labbra in un'espressione un po' pensierosa "Sai, solitamente cerco di non pensarci. Non voglio godermi gli ultimi giorni che mi restano con il pensiero che lo siano. Sei d'accordo?"


Lancelot si ritrovò ad annuire con aria mesta, dandosi del cretino per aver fatto una domanda del genere.


"L'estroflessione endocrinale del neurone trasversale di Thor(2) non perdona, ragazzo. E' una malattia talmente rara che i dottori hanno serie difficoltà nel pronunciarla. Io, invece... bé. Ho dovuto imparare per forza. Quando una cosa ti riguarda così da vicino..." sospirò con dolore, mollando il martello sulla fucina. Lancelot si sentì di botto più sereno.


"Prima inizi con le visioni" continuò il fabbro, sedendosi accanto a lui pesantemente, con l'aria di uno che stava combattendo una guerra sapendo di non poterla vincere "Poi inizi a sentire le voci, segno che il cervello non riesce più a collegare i neuroni nel verso giusto. Dopo le voci iniziano i tremolii delle sopracciglia, delle orecchie e dei peli del naso... e quando arrivano quelli, ragazzo... ti resta davvero poco tempo..." abbassò sconsolato gli occhi per terra, appoggiando una mano aperta all'altezza del cuore.


"Tutte queste stranezze aiutano la malattia a rendere questo coso qui, debole come un fuscello. Qualsiasi sorpresa, negativa o positiva che sia, potrebbe mandarmi al creatore prima del previsto. Qualsiasi” tenne a sottolineare.


La mia bambina... non potrei immaginare come ne soffrirebbe la mia bambina! Sono la sua unica famiglia, mi adora e non so se riuscirebbe ad affrontare una cosa del genere prima del tempo. Lasciamo che la malattia faccia il suo corso... giusto, Lake?"


A Lancelot sembrava di sentire il suo, di cuore, a voler raggiungere il creatore. Come poteva prendere sottogamba la richiesta disperata di un uomo moribondo? Gli aveva chiesto, mesi prima, quando Gwen si trovava in Francia, che se davvero voleva stare con sua figlia allora avrebbe dovuto corteggiarla come un vero uomo, senza metterle una mano addosso, non prima del matrimonio per lo meno. Lance sarebbe scoppiato a ridere con poco ritegno, ovviamente, se quello non l'avesse di conseguenza informato della sua precaria condizione di salute. A quel punto la voglia di ridere gli era scesa sotto le scarpe. Tom (così si chiamava il fabbro), aveva quindi avanzato la sua richiesta con la disperazione di un uomo che esprime l'ultimo desiderio prima di morire. Lancelot amava Gwen più del pane con la nutella, più di sua madre, sua nonna e sua zia. E come poteva dire di no a suo padre, l'uomo che l'aveva cresciuta e messa al mondo e che ora andava incontro alla morte con un sorriso rassegnato sulle labbra solo per non veder piangere troppo la sua bambina?

Come posso rifiutarmi di assecondarlo sapendo che la mia risposta potrebbe fargli venire un infarto e stroncarlo prima del previsto?! Non posso uccidere il padre di Gwen, non posso! Così lei non mi rivolgerà parola per tutta l'eternità (che è un tempo molto lungo) ed io mi lascerò morire sotto il ponte di Londra senza più alcuno scopo nella vita!


"Certo... certo che è giusto" si ritrovò quindi a rispondere, con un tono di voce roco. Schiarì la gola alla meno peggio e lasciò che l'altro lo avvolgesse per le spalle con un braccio, una pacca paterna ad accompagnare quel gesto affettuoso.


"La stai corteggiando come si deve?" si informò quello, con un cipiglio poco rassicurante. Forse il martello era ancora un po' troppo a portata di mano.


"Sissignore. Le ho raccolto dei fiori, le ho cantato una canzone, le ho organizzato una cena a lume di candela... E pure un pic-nic!"

Il fatto che non abbia portato a termine nemmeno una di queste dimostrazioni di amore posso anche risparmiarglielo. Sia mai che il cuore non dovesse reggere nemmeno a questo shock...


Tom annuì con aria soddisfatta, paccheggiando un'altra volta la spalla di Lance. Lì dentro si moriva di caldo ed il ragazzo sentiva la camicia appiccicarsi sulla schiena; Tom sembrava piuttosto abituato, invece, ma era anche vero che faceva quel lavoro da tutta una vita. La parola vita gli riportò alla mente che il fabbro stava per morire e si sentì uno schifo.

Certo che di malattie maledette ne esistono davvero tante... Come questa roba di Thor. Deve essere orribile sentire i peli del naso che tremano... Starnutire ogni cinque secondi... Mmmh, brutta storia amico, brutta storia...


"Perché non le cucini qualcosa di buono? Alle ragazze piacciono queste cose. E mangiare vi distrarrà dalle tentazioni della carne. Perché tu ti stai purificando, per il matrimonio, vero Lake?" la presa sulla sua spalla cominciò improvvisamente ad assomigliare a quella di una tenaglia. Lance voltò lentamente la testa verso di lui, ritrovandosi ad osservare il suo volto da una distanza praticamente irrisoria. Il padre di Gwen lo stava sezionando con attenzione scientifica, causandogli un brivido spiacevole lungo la spina dorsale.

In generale era l'essere così appiccicato ad un altro uomo, a risultargli spiacevole. Ma la morsa ferrea delle dita di Tom ci metteva il suo bel carico da cento.

Annuì meccanicamente più di una volta, atterrito dalla linea dura che aveva assunto la mascella del fabbro. L'uomo sfoderò un sorriso giulivo, sfondando un altro po' la spalla di Lancelot con qualche pacca in più.


"Dì un po', Lake... Perché ti sei portato dietro un asino? Volevo chiedertelo già da un po', in effetti..."


Il ragazzo sgranò gli occhi e si voltò per seguire lo sguardo di Tom che andava oltre le sue spalle. Asino? Quale asino?

Oh mio Dio... le visioni... le visioni sono già cominciate!


*


"Dovrei legarti sul paglione(3) ed usarti come bersaglio, Merlin" sibilò Arthur, dirigendosi a passo di marcia verso la mensa, seguito da un cupo Emrys con gli occhi blu in tempesta. Si era lasciato trascinare da quell'idiota fino ai laboratori, ma della ragazza dell'una e ventisette minuti neanche l'ombra.

Certo, siamo arrivati lì all'una e ventinove! Un ritardo mostruoso! E ho saltato il pranzo! Se mi hanno fatto sparire il vassoio dal tavolo faccio una maledetta strage! E divorerò lui, tanto per cominciare!


C'erano poche cose che rendevano Arthur Pendragon un ragazzo poco ragionevole; una di quelle, era il cibo. Il sacrosanto, beneamato cibo. E quando Arthur aveva fame, niente e nessuno poteva intromettersi tra lui ed il suo cibo, neanche la maledetta ragazza dell'una e ventisette che non aveva avuto nemmeno la decenza di farsi trovare dove diavolo doveva essere! Sbuffò, senza neanche sincerarsi di controllare se Merlin lo stesse effettivamente seguendo o meno. In quel momento, l'unica cosa a cui il biondo riusciva a pensare, era l'arrosto che lo aspettava (oramai sicuramente freddo) nel suo piatto.

Glielo faccio scaldare io, il mio arrosto. Costringerò Emrys ad alitarci sopra finché non fumerà, per la miseria.


"Arthur, non è colpa mia! Gli imprevisti succedono, magari neanche ci è andata, oggi, all'ora di laboratorio!" tentò di biascicare Merlin, roteando gli occhi verso il cielo con esasperazione. Sapeva che quell'asino babbeo si sarebbe arrabbiato, ma era un prezzo che poteva pagare se confrontato alla prospettiva di avere di nuovo a che fare con la lingua lunga di Freya. Il ragazzo sperò ardentemente che la compagna se ne fosse già andata dalla mensa, altrimenti avrebbe dovuto inventarsi di nuovo qualcos'altro per tenerla lontana da Pendragon (ed a quel punto lui l'avrebbe ucciso sul serio).

Involontariamente, si immaginò legato al paglione di tiro con l'arco come un salame e con una mela in bocca. Rabbrividì dall'orrore.

Giovane laureando trovato morto in circostante assai bizzarre. La polizia ha già avviato le indagini per smascherare l'identità del misterioso assassino. Fonti sicure affermano di aver visto un asino sulla scena del crimine intorno all'ora stimata del decesso...


Perso in quei macabri pensieri, non si accorse che Arthur si era fermato all'improvviso e che lo stava osservando con un cipiglio poco sereno. Fu quindi inevitabile andare a sbattergli contro come un babbeo. Merlin sbatté le palpebre con aria stralunata e lo guardò interdetto, il silenzio ad aumentare la sensazione di pericolo che già l'idea del paglione gli aveva fatto strisciare sotto la pelle.


"Sai, stavo pensando a quello che ha detto Freya..." iniziò il biondo, piantando i pugni chiusi sui fianchi e stringendo brevemente le labbra "Devo ammettere che il suo ragionamento non fa una piega. Dimmi, Merlin, dovrei lasciar perdere secondo te?"


Il moro boccheggiò, trovandosi puntati addosso gli occhi azzurri di Arthur, che lo osservavano fin troppo seriamente. Era chiaro che il biondo ci tenesse sul serio a conoscere il suo parere, quindi Merlin scartò da subito l'idea di dare una risposta poco pertinente. Si grattò la massa di capelli neri sulla testa e rimase in silenzio per lunghi istanti, combattuto interiormente da un vortice di emozioni contrastanti, che gli facevano bruciare lo stomaco.

Sì, devi lasciar perdere, perché sono un essere umano e non ne posso più di vederti baciare questo mondo e pure quell'altro, per la miseria!


Ma Merlin non era mai stato una persona egoista e men che meno sarebbe potuto diventarlo con il ragazzo che amava. Sospirò, ed allargò un po' le braccia verso l'esterno, con un pizzico di rassegnazione. Madre Natura l'aveva fatto idiota e come tale, quindi, sapeva comportarsi.

Nel mio caso, idiota, equivale a dire masochista. Oramai è questo il mio destino, devo solo accettarlo.


"Non devi lasciar perdere, Arthur" commentò, con un sospiro "Freya ha anche detto che c'è la possibilità che la ragazza non ricordi cos'è successo. O che non faccia parte di questa università. Quindi è possibile che non sappia che la stai cercando. Non ascoltare solo quello che ti pare, quando la gente ti parla..."


Il biondo abbassò brevemente lo sguardo sul pavimento di pietra del corridoio, con aria piuttosto pensierosa. Merlin avrebbe venduto un rene pur di sapere cosa gli stava passando per il cervello. La curiosità lo divorava.


"Sai... Mio padre mi dice sempre che se non sai come andare avanti, devi fermarti un attimo e provare a ripartire dall'inizio..." Arthur alzò gli occhi e tornò ad osservare l'altro, l'espressione pensierosa che veniva visibilmente contaminata da una certa determinazione. Merlin corrugò la fronte con aria interrogativa.


"Ho deciso di ripetere la festa e tu verrai con me per supportarmi" affermò Pendragon, con tono categorico, il cipiglio battagliero di chi si stava preparando a vincere una guerra. Voltò le spalle al moro e ricominciò a marciare verso la mensa, decisamente meno depresso di prima.

Merlin restò fermo imbambolato in mezzo al corridoio, gli occhi blu puntati sulla schiena del regal babbeo (la parola festa gli aveva fatto avere un flash della corona di Burger King che l'altro aveva indossato all'ultima cui avevano partecipato) che si allontanava da lui. Se in quel momento l'avesse investito un treno, difficilmente se ne sarebbe accorto. Aveva avvertito chiaramente le viscere dello stomaco sbrogliarsi e calare verso le ginocchia.

Un'altra festa.

Ancora!

Ma avrebbe dovuto parteciparvi in veste di Merlin, quel giro, e non come la 'principessa' vestita di verde.

Non devo bere pensò intensamente, con un nodo alla gola, Stavolta, non devo bere.


*


Quando Morgana entrò nell'aula del club di rievocazioni storiche, quel pomeriggio, trovò Mordred seduto compostamente su una sedia, intento a leggere un libro. Teneva gli occhi bassi ed aveva una guancia affondata nel palmo di una mano. Era talmente assorto nella lettura che non si accorse dell'arrivo della ragazza.

Morgana trattenne uno sbuffo insofferente, non ne poteva più di vederlo così spesso nell'arco di una giornata. In realtà non ne poteva più di lui in generale e, con la carta del ricatto, si era definitivamente giocato la possibilità di starle simpatico.

Restò ferma sulla soglia dell'aula, osservando come le particelle di polvere, rese visibili dal fascio di luce che entrava dalla finestra, galleggiassero pigramente intorno al suo corpo.

Quando non si atteggiava a stronzo di prima categoria e non aveva stampata sulla faccia quell'espressione da figlio di una buona donna che era solito avere con lei, diventava quasi interessante da guardare. Quasi. Nonostante l'antipatia innegabile che provava nei suoi confronti, sarebbe stata una bugiarda a dire che Mordred non fosse un bel ragazzo, perché lo era.

In silenzio, si chiese cosa sarebbe potuto succedere se lui non fosse stato più piccolo di lei.

Unì le labbra brevemente, con un cipiglio infastidito.

Questo qui mi ricatta ed io vado a pensare certe cose. Certo, Morgana, sei di una coerenza bestiale, davvero. Sarà pure carino ma l'istinto omicida nei suoi riguardi mi resta comunque.


Mentre schiariva discretamente la gola per rendere palese la sua presenza, si disse che non avrebbe mai ammesso ad alta voce che provava dell'interesse per lui: un interesse dovuto al modo in cui sapeva tenerle testa, come nessun altro aveva mai saputo fare. Lui la incuriosiva e la stimolava a dare il meglio (o peggio, dipende dai punti di vista) di sé, quello era un dato di fatto.

Mordred alzò gli occhi dal libro e le sorrise con tranquillità, piegando l'angolo di una pagina per non perdere il segno. Appoggiò i gomiti sul tavolo e le fece cenno di sedersi accanto a lui.


"Hai per caso chiesto ad Emrys di scaricare la lista dei miei orari?" chiese Morgana, con leggera ironia, poggiando la borsa sul tavolo e scostando una sedia per prendere posto. Aveva deciso che arrabbiarsi con lui in continuazione le avrebbe soltanto fatto venire un sacco di rughe, minando così la sua perfezione.

No, mediterò vendetta nella piena pace dei sensi. Non ti permetterò di calpestare il mio karma.


Mordred corrugò la fronte con aria interrogativa "Di che stai parlando?" domandò, non avendo la più pallida idea di chi fosse questo Emrys. Morgana sventolò una mano per aria con noncuranza, invitandolo a lasciar perdere; poggiò la schiena contro la spalliera della sedia ed incrociò le braccia, con un vago sorriso sarcastico sulle labbra ben disegnate.


"A cosa devo l'onore della tua presenza al club? Vuoi iscriverti?"


Mordred inarcò le sopracciglia, l'altra sembrava averlo quasi preso in giro con la particolare inflessione che aveva assunto il tono della sua voce.


"Se anche fosse?" domandò lui, ma si capiva bene che non stava dicendo sul serio. Frugò nella borsa per qualche secondo ed estrasse quello che a Morgana parve un volantino(4). Ne ebbe la certezza quando Mordred lo allungò sul tavolo, verso di lei. La ragazza adocchiò i colori tremendi, che non c'entravano niente l'uno con l'altro e la scrittura frettolosa. Era stato fatto evidentemente a mano e poi fotocopiato.


CONFRATERNITA DEI CAMELOT

Festa in Maschera: IL RITORNO


Visto il grande successo riscosso dal primo girone, i Camelot sono lieti di annunciare una prossima replica!

Al contrario della scorsa volta, l'accesso sarà permesso a chiunque voglia partecipare. Non verranno quindi distribuiti i classici guanti(5).

Unica regola: munirsi di travestimento!


Per Lancelot e chiunque voglia imitarlo: (evitiamo le oscenità dello scorso anno, come venire ricoperti di glitter per imitare Edward Cullen, grazie).

La festa si terrà il giorno xx/xx/ alle ore xx. Vi aspettiamo!


Confraternita Camelot


Conosceva quella scrittura. La conosceva molto bene, considerando che la doveva interpretare almeno tre volte al mese per far evirare dal quaderno le minchiate che suo fratello scriveva tra gli appunti.


"Mio fratello sa essere imbarazzante a volte, lo ammetto" commentò blandamente, poggiando il volantino sul tavolo "Quindi? Hai paura che Valiant attenti di nuovo alla mia virtù?"


Mordred riprese il volantino e lo mise nella borsa "Ha cominciato a distribuirli questo pomeriggio. La signora Lindsey, della segreteria, ad un certo punto è scoppiata a piangere perché con tutte le fotocopie che Arthur ha fatto nel giro di dieci minuti, ha mandato in palla la stampante" si lasciò scappare una risata leggera e poggiò di nuovo i gomiti sul tavolo. Morgana non poté fare a meno di stiracchiare le labbra, ma non era preoccupata: gliene avrebbero potuto comprare altre trenta di quelle stampanti (trenta, giusto per restare su un basso profilo).


"Da cosa ti vestirai?" le domandò il ragazzo e Morgana percepì chiaramente sul viso i suoi occhi attenti. Si strinse nelle spalle.


"Non lo so, perché ti interessa? Vuoi di nuovo farmi la paternale su come decido di andare vestita ad una festa?" il tono di voce risultò sarcastico e sferzante e ricambiò il suo sguardo nella medesima maniera. Sembrava si stessero sfidando tacitamente.

Tra l'altro, chi ti dice che ci andrò? Potrebbe non andarmi. Potrei avere da fare. Potrei dover studiare... Seh. E' dal primo anno che non salto una festa. Sei poco credibile, Morgana.


"Devo saperlo" riprese lui, candidamente "Così saprò quale costume scegliere. L'idea dell'abbinamento dei personaggi mi piace, non mi va di fare una cosa diversa dalla tua"


Il rumore di un disco interrotto bruscamente, invase la testa di Morgana. Sfarfallò le ciglia e lo guardò palesemente interdetta. Prego?


"Non puoi costringermi a venire con te" esclamò, sentendo la rabbia già scaldarle il volto.

No Morgana, no. Le rughe, ricordati le rughe! E il karma!


Mordred fece un piccolo sorriso quieto ed abbassò gli occhi per qualche istante. In quegli attimi di silenzio, la giovane Pendragon pensò finalmente di averlo offeso sul serio.

Ovviamente si sbagliava.


"Non ti sto costringendo, infatti" disse lentamente il moro, rigirandosi una penna tra le dita con distrazione, ma senza alzare lo sguardo "Puoi scegliere. Vieni con me, oppure sai cosa succederà. Ma hai comunque due opzioni, se vorrai scegliere la seconda me ne farò una ragione..."


Morgana inspirò silenziosamente, fissandolo con un'intensità imbarazzante, anche se lui non la stava guardando. Stavolta Mordred non si era posto verso di lei con un sorriso sprezzante a piegare le labbra, né con aria angelica e non colpevole; le aveva parlato come se, andare alla festa insieme, fosse per lui una cosa ovvia e normale. La ragazza tentò di sentirsi infastidita con tutte le sue forze, ma la mancanza della classica arroganza da parte di Mordred, l'aveva presa in contro piede. Non se l'aspettava.

Sì, la questione del ricatto era stata messa di nuovo in ballo, ma non le era parso che a Duirvir avesse fatto piacere sfoderare quella carta, in quel momento. E perché non la stava guardando? Lui la guardava, sempre.

Frugò nella borsa rumorosamente e con la coda dell'occhio beccò l'altro che la sbirciava oltre i ciuffi ricci della frangia; dopo qualche attimo, estrasse un quaderno e staccò un foglio. Senza tante cerimonie, strappò la penna dalle mani di Mordred e scrisse qualcosa sulle righe al centro, prima di allungarlo verso di lui.

Quando il ragazzo lesse cosa c'era scritto, sorrise; la luce del tramonto che entrava dalla finestra era morbida, sui suoi capelli scuri.

Morgana si rese conto solo dopo qualche istante, di star sorridendo a sua volta.


*


Gwen perse un po' della sua carica battagliera, quando giunse in prossimità delle cucine della mensa. Uno strano odore di bruciato aveva iniziato via via a farsi più forte, nel corridoio che conduceva alle sue porte. Aveva cercato Lancelot ovunque e non aveva fatto altro per tutto il giorno, ma il suo ragazzo non si era degnato di rispondere nemmeno alle sue chiamate; si era invece limitato a mandarle uno striminzito sms per informarla che stava bene e da quel momento, era sparito dalla faccia della terra.

Raccogliendo informazioni in giro peggio di un'investigatrice dell'FBI, era riuscita a scoprire che l'ultima volta che era stato visto, era accaduto nei pressi della mensa.

Oramai l'ora di cena era vicina e Lance aveva un buon rapporto con il personale delle cucine, tant'è che delle volte (sotto banco) preparavano per lui cose che gli piacevano particolarmente. Con il suo caratteristico sorriso sincero, la simpatia e la spontaneità, Lancelot era in grado di conquistare il cuore del mondo intero.

Gwen ci aveva messo un po', prima di riuscire a scendere a patti con quel particolare modo di essere del suo uomo.

Sono gelosa e allora? Il mio ragazzo è un figo, tutti lo amano e dovrebbe starmi bene? Ma anche no.


Dopo aver ispezionato la sala dove c'erano i tavoli e le sedie, poi i bagni adiacenti, aveva concluso che l'unico posto dove poteva ancora guardare, erano proprio le cucine. Ecco perché, quindi, in quel momento si ritrovava a spingerne la porta con il cuore in gola, la palpitazione un po' troppo accelerata e quella strana patina di presentimento tempestoso che, da inizio anno, sembrava non averla lasciata mai un secondo, neanche per farla dormire in pace.

Quando mise piede all'interno, venne immediatamente investita da una fumata abbondante e l'odore di bruciato divenne quasi insopportabile. Tossì un paio di volte, mettendo la manica della maglietta davanti la bocca ed il naso, ma con tutto quel fumo non riuscì a vedere granché.


"Lance?!" esclamò, con tono di voce titubante e soffocato dal cotone della maglia. Mosse qualche passo incerto verso la finestra, per aprire le ante e far uscire un po' di fumo. Solo in quel momento si accorse di un suono basso, stridulo e monocorde, come uno gniiiiiiiiiiiiiiiiiiii che non aveva interruzioni.

Mentre l'aria fredda autunnale entrava nella cucina per stemperare un po' l'odore pesante del bruciato, Gwen cercò di vederci meglio attraverso quella nebbia che era il fumo. Dovette aspettare qualche istante, prima di riuscire a fare il punto della situazione (o almeno a provarci).

Per prima cosa, realizzò che il fumo era fuoriuscito dal forno.

E già un mistero, l'abbiamo risolto.

Per seconda cosa, notò che fortunatamente era spento e che in giro non c'erano incendi in corso, anche se la colonna portante del forno, da bianca era diventata nera per colpa di una fiammata.

Secondo mistero risolto. Ma la piega degli eventi puzza più del bruciato.

Per terza cosa, si avvide di un individuo che correva in cerchio intorno al piano di lavoro in acciaio che capeggiava al centro della cucina. Era lui a fare quella sorta di rumore stranissimo, a labbra unite, con la faccia completamente nera.

All'improvviso, l'individuo si fermò, afferrò il bordo del tavolo con entrambe le mani e calò giù la testa di colpo, dando di sua spontanea volontà una poderosa craniata.

Gwen squittì dalla sorpresa, portando tutte e due le mani davanti la bocca.

Quando l'uomo rialzò la testa ed incontrò gli occhi cioccolato di Gwen che lo guardavano allarmati, la ragazza svelò il quarto ed ultimo mistero.

Si trattava di Lance.

Lance con la faccia sporca di nero e dei rivoli di fumo che salivano verso l'alto, partendo dalle sopracciglia. Sopracciglia che non c'erano più.

Gwen squittì un'altra volta, raggiungendo acuti che non avrebbe neanche mai potuto sognare.


"CHE DOLORE!" gridò Lance con tono di voce ultraterreno e le lacrime agli occhi; sotto il nero della fiammata si intravedeva un volto arrossato per l'evidente ustione. Lo gniiii che aveva intonato come una sorta di mantra, probabilmente era servito a bloccare tutte le bestemmie che gli erano passate per il cervello. Gwen restò ferma immobile, gli occhi ancora sgranati. Si sentiva come fosse diventata granitica tutto d'un botto.


"MANGIA I BISCOTTI!" urlò ancora il ragazzo, preda di una sofferenza indicibile e non commentabile, con la disperazione insita nel tono della voce; allungò verso di lei un vassoio con una roba strana sopra, delle piccole pallette carbonizzate che tutto sembravano fuorché biscotti "LI HO FATTI PER TE!"


Gwen avrebbe voluto piangere.

Si avvicinò titubante al tavolo dove c'era il vassoio e, con mano tremante, ne prese uno tra le dita. Il biscotto, una volta sollevato, le si polverizzò sul palmo della mano (era troppo carbonizzato). Un ruggito di gioia le invase il petto. Non poteva mangiarli!


"Lance..." pigolò lei ad un certo punto, sentendosi impotente e completamente spaesata davanti la sua faccia bruciacchiata. Guardò il vuoto totale che le sue sopracciglia avevano lasciato sulla fronte ed unì le labbra con espressione greve, mortalmente preoccupata. Probabilmente, quando lui aveva aperto il forno per controllare i biscotti, la fiammata l'aveva investito in pieno. Ma a quanti diavolo di gradi l'aveva impostato?!

Forse dovrei costringerlo ad andare da uno psicologo... qualcuno che lo aiuti, insomma...


Il ragazzo aveva una faccia allucinata, ma non osava muovere un muscolo, perché ogni movimento gli causava bruciore.

A quel punto Gwen, con il cellulare, compose il numero dell'infermeria del college.

E sperò ardentemente che la maggioranza degli studenti fosse rinchiusa nei dormitori a cambiarsi per la cena.

















NOTE DELL'AUTORE: Vorrei specificare che, anticamente, negli appunti che avevo scritto sul quaderno (riguardo questo capitolo, testuali parole) c'era questo: Merlin sbrocca e decide di non aiutare più Arthur. Nel capitolo del compleanno di Gwaine, Merlin avrebbe dovuto tentare il suicidio più demenziale della storia, spinto dalla depressione, cosa che non è accaduta. Questo per farvi capire che sugli appunti che ho, molte cose sono diverse da come realmente stanno andando XD quando si scrive, o almeno quando io scrivo, il parere cambia e gli eventi prendono vita da soli, decidono autonomamente come svolgersi. Io non so se è normale che una storia abbia tutto questo potere decisionale, mi sento un po' strumentalizzata. Forse dovrei fargli causa.

RoseSly, forse non ti rendi conto del trauma che mi hai causato con 'sta storia di Edward Cullen XD Un ringraziamento esplicito a Ryta Holmes perché mi beta coraggiosamente la storia ù_ù e poi a tutti voi che la leggete e la commentate: lo sentite il mio amore? LO SENTITE? IO VI AMO! TUTTI! Oh. Non c'è bisogno di numerare i preferiti/seguiti/ricordati, ma sono sempre in aumento. Ed io ho finito tutte le lacrime di gioia per colpa vostra. Ma continuo ad amarvi. Volevo fare delle specifiche su Freya e Mordred. Partendo da lei: so che nella serie l'hanno dipinta come una ragazza dolce e fiduciosa, ma il suo personaggio è stato trattato pochissimo, quindi mi sono presa la libertà di reinterpretare un po' il suo carattere come più mi conveniva, per esigenze di trama. Stesso discorso per Mordred: all'inizio, quando diventa cavaliere, è tutto lindo e pinto, ingenuo ed innocente, ma se passa alla parte oscura del potere un motivo ci sarà. Quindi per me, in lui, ci sono luci ed ombre. Cerco di restare IC ma non sempre mi risulta cosa facile. Passando oltre:


(1) La carbonella è il carbone. La fucina è una specie di piano di lavoro per i fabbri. Il maglio ed il martello sono alcuni degli strumenti che un fabbro utilizza.

(2) La malattia è chiaramente inventata XD

(3) Il paglione è un... coso... fatto di paglia (XD) tutta compatta dove sopra ci si appiccica il foglio del bersaglio che le frecce tirate devono centrare... Si usa soltanto in alcuni tipi di gare. Arthur al posto del foglio vorrebbe appiccicarci Merlin. Tenero lui <3

(4) Adesso capirete la disperazione di Morgana quando deve tradurre gli appunti di Arthur: http://i188.photobucket.com/albums/z206/AlexisKathlyneMalfoy/volantinoarthur_zps9086d175.jpg

(5) Nel college c'è l'usanza di distribuire guanti di particolari colori a chi è invitato a partecipare alle feste organizzate dai Camelot. Il colore dei guanti cambia a seconda del tipo di festa. Ho scelto questo indumento perché anticamente c'era l'usanza di sfidare a duello una persona schiaffeggiandola in volto con un guanto. In questo caso il duello non c'entra niente, ma è il collegamento che l'oggetto ha con tradizioni passate ad essermi piaciuto.


Ssssciao beLi!


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Capitolo 7
*** Deja-vù esplosivi ***


SETTIMO CAPITOLO


Arthur era contrariato.

Lisciò corrucciato la pelliccia del suo mantello ed osservò il modo in cui la sala sembrava essersi affollata ancora di più, il brusio coperto dagli accordi iniziali di un brano rock(1).

Arthur era contrariato.

Drizzò la corona di Burger King affinché non scivolasse sui capelli troppo lisci ed abbassò la maschera dal volto accaldato, provando un certo sollievo(2).

Arthur era contrariato e la motivazione, se ne stava in piedi alla sua destra. Adocchiò Merlin per l'ennesima volta, che cercava di non inciampare nell'orlo della sua tunica blu, tempestata di stelle argentate. Anche il suo cappello a punta aveva stelle dappertutto, argentate come la lunga, lunghissima barba finta, che stonava con le sopracciglia scure ed i ciuffi dei capelli che sbucavano da sotto il cappello.


"E piantala!" sbottò il moro sollevando gli occhi al cielo. Quando agitò le braccia, per poco non cavò l'occhio di Pendragon con la sua bacchetta magica.


"Eravamo rimasti d'accordo che ti saresti vestito da hamburger! Ti sembri un hamburger?! A me non sembri un hamburger!" replicò piccato Arthur, con tono così polemico che Merlin avrebbe voluto per davvero cavarglielo, un occhio. Così si sarebbe lamentato per altro.

Cioè, non solo devo partecipare alla festa indetta PER ME, ma lo devo fare IN INCOGNITO e lo devo pure sopportare! Ho detto che non avrei bevuto ma di questo passo io mi ci affogo, nel maledetto punch! Qualcuno cerchi di ricordarmi come quest'asino riesca a ridurmi ad una gelatina, perché a volte lo scordo proprio!


"No!" sottolineò Merlin, continuando a sventolare senza alcun giudizio la verga "TU eri rimasto d'accordo con te stesso che mi sarei vestito da hamburger e quando l'hai fatto, IO non ero presente! Perché se lo fossi stato, avresti sicuramente ricevuto come risposta un cristallino, chiaro, inequivocabile, infraintendibile SCORDATELO!"


Arthur aveva tirato indietro la schiena ed invece di guardare lui, teneva d'occhio la bacchetta che si muoveva sin troppo vicino la sua testa.


"Emrys, io devo ricreare le condizioni ideali della prima festa! Già tu sei un elemento in più, visto che non c'eri la scorsa volta, se poi mi vieni anche vestito non abbinato, mi sconvolgi tutto l'equilibrio cosmico della faccenda! Non lo capisci?!"

Non è difficile, lui per primo dovrebbe saperle queste cose, è un secchione! I secchioni sanno.


Merlin inspirò profondamente. Rinviò per lunghi attimi il momento di aprire la bocca, perché se l'avesse fatto senza ragionare, probabilmente l'avrebbero premiato con il Guinnes dei primati per aver sciorinato la più lunga sequela di insulti nel minor tempo mai cronometrato. Il Destino ce l'aveva con lui e Pendragon era veramente un imbecille, perché erano giorni che andava cercando qualcosa che aveva sempre avuto sotto il naso.

No, disse una vocina nella sua testa, che assomigliava tanto a quella di Gwen, l'imbecille sei tu, per tutte le pare mentali che ti fai. Diglielo e falla finita!


Quando aprì bocca per commettere probabilmente l'errore più grande della sua vita, spinto da strati e strati di frustrazione repressa, Arthur lo strattonò per un braccio e lo trascinò di peso oltre un gruppo di Teletubbies. Allargò gli occhi con confusione, seguendolo senza opporre resistenza.


"Guarda!" esclamò il biondo, puntando il dito in mezzo alla folla "Non ti sembra di aver visto un cappello verde?!" domandò, allungando il collo per vedere oltre le altre teste. Per un folle attimo, il cuore di Merlin perse un battito. E se Morgana aveva deciso di indossare quell'abito proprio per quella sera? Imitò Arthur ed allungò il collo pure lui, alzandosi addirittura sulle punte dei piedi. Per non perdere l'equilibrio, entrambi si misero le mani addosso a vicenda, palpando dove risultasse più congeniale.

Sembravano nient'altro che due poveri idioti barcollanti sulle punte.

Ad un certo punto Merlin schioccò rumorosamente la lingua contro il palato e si lasciò sfuggire un "Ah!" che sapeva di realizzazione personale. Arthur tornò con i piedi per terra e gli lanciò uno sguardo ansioso, corrugando la fronte.


"L'hai vista?!" chiese immediatamente, afferrandolo per il bavero della tunica; gli si spalmò quasi addosso per l'irrefrenabile aspettativa.

Merlin restò in silenzio, si godette con sentimenti malvagi ed oscuri quel momento di vicinanza e celò il rossore degli zigomi dietro la barba argentata.

Sarò anche un po' riservato, ma quando mi capitano queste occasioni, sarebbe un peccato sputarci sopra. Spalmati Pendragon, spalmati pure. Accomodati.


"No" trillò ad un certo punto il moro, gaio e giulivo "Ma ho visto Morgana!"

E non è lei. Ricevuto, Roger? Non. E'. Lei.


"Che diavolo c'entra Morgana, Merlin?! Sei qui per supportare me, non lei!"

Certe volte non mi segue, non mi segue proprio!


Merlin sorrise, lasciandosi sgrullare come un lenzuolo dalle mani di Arthur, completamente inerme.

Il sollievo, così immenso, gli aveva azzerato tutte le forze.


*


"E' disgustosa" decretò lapidaria la ragazza, adocchiando la mano di gomma che Mordred sventolava a destra e sinistra per salutare gli amici. Il suo volto era illuminato come al solito da un sorriso che dire splendido sarebbe riduttivo e, voltandosi verso di lei mentre la accompagnava sotto braccio, si lisciò con aria da nobile un baffo.


"Non parlare con quel tono, ma chérie" rispose lui, accarezzando amorevolmente il dorso della mano finta "Potrebbe sentirti!"


Morgana inspirò profondamente e scosse la testa, il volto adornato dai lunghi capelli scuri e lisci come spaghetti per l'occasione. L'abito nero che la fasciava, faceva pendant con lo smalto ed il trucco del medesimo colore. L'unica cosa a spiccare in tutto quel lugubrume era il rossetto rosso. Non che il completo a righe di Mordred fosse più allegro: almeno il papillon era grigio! Mentre si facevano spazio tra le altre maschere, Morgana ebbe l'impressione di intravedere la saltellante testa di suo fratello in mezzo alla folla. Corrugò la fronte con aria piuttosto interdetta.

Le teste non saltellano. Questa storia della famiglia Addams mi sta influenzando un po' troppo.


"Che cosa bevi, mon cœur?" la voce di Mordred catturò di nuovo la sua attenzione e lei arcuò un sopracciglio, stringendo le labbra.

Non è divertente. Non lo è per niente. Infatti non è che stessi per sorridere. Ho solo trattenuto uno starnuto. Uno starnuto, sì.


"Credo tu ti sia calato un po' troppo nella parte" commentò lentamente Morgana, meno acida rispetto al solito, il che per Mordred era una vera conquista "E di solito, non era Morticia quella che parlava francese?"


Mordred si strinse nelle spalle, sorridendo senza alcun pensiero "Sono già riuscito a trascinarti alla festa, cerco solo di non tirare troppo la corda. Mi piace quando non ti comporti da Banshee, anche se in quei frangenti sei piuttosto sexy. Te l'ha mai detto nessuno?"


Morgana rimase completamente basita dalla semplicità e la schiettezza con le quali l'altro le aveva detto quelle cose. Schiuse le labbra e lo fissò per lunghi attimi, per la prima volta senza sapere che cosa dire. Non è che non l'avessero mai vezzeggiata, anzi, era piuttosto abituata ad essere oggetto di certe osservazioni (che a volte rasentavano la miserabilità più assoluta), ma veramente pochi erano quelli in grado di elogiarla con una tale nonchalance da farla passare come una cosa normale o da poco conto. Sfarfallò le ciglia allungate dal rimmel e registrò solo secondariamente che Mordred le avesse dato (ancora) della Banshee. Il suo smarrimento si trasformò così presto in pericoloso cipiglio.


"Potrebbero diventare le tue ultime parole, queste. Qual è il tuo concetto di non tirare troppo la corda?" assottigliò le palpebre sugli occhi, scrutandolo minacciosamente. Purtroppo, per il cervello contorto e disgraziatamente deviato di Mordred, se possibile Morgana gli apparve ancora più adorabile, così indispettita. Ah, benedetta gioventù!

Dopo qualche lungo attimo di attesa, lei gli sventolò una mano (quella vera) davanti agli occhi, perché le sembrava lui si fosse incantato ad osservarla.

Certe volte mi va in time out. Ma perché si stoppa così? C'è qualche pulsante particolare in giro che dovrei premere per farlo restare stoppato a vita?


"Invece di startene qui come fossi impagliato, vammi a prendere qualcosa da bere!" lo afferrò per le spalle, voltandolo verso il tavolo degli alcolici e gli diede una leggera spinta, giusto per invogliarlo a darsi una mossa.

"Qualcosa di forte, visto che ci sei" aggiunse, con un mugugno pensieroso, ma lui si era già avviato a compiere la sua missione ed aveva ricominciato a sventolare Mano praticamente in tutte le direzioni. Ne andava disgustosamente fiero.

L'angolo delle labbra di Morgana cercò di arricciarsi pericolosamente all'insù, nell'accenno di un sorriso, ma lei (più lesta di quanto potremmo mai immaginare), si afferrò le guance con le mani e tirò la pelle.

Io sono la vittima in tutta questa faccenda! Sono stata costretta, ricattata, invogliata contro la mia volontà ad essere qui! Il minimo che posso fare è farmi girare le palle, che diavolo ci sarebbe da ridere? Basta, Morgana. Dacci un taglio!


Ferma nel bel mezzo della gente che aveva già iniziato a muoversi sulle note degli Aerosmith, venne investita in pieno da una spallata. Barcollò pericolosamente sugli inseparabili tacchi, ma delle mani la mantennero salda prima che rovinasse a terra. Colta di sorpresa, lanciò solo di sfuggita uno sguardo al suo aggressore che, dopo aver biascicato un frettoloso 'scusami', era sgattaiolato via verso l'uscita che dava sul parco. Corrugò la fronte con aria interdetta. Un momento... ma quello non era...?


"Ecco qui!" esclamò la voce di Mordred, mentre sotto al naso le veniva proposto qualcosa di indefinito. Lei afferrò il bicchiere per riflesso, la mente che ancora correva dietro il fuggitivo.

Però... aveva qualcosa di strano sulla faccia... Bé Morgana, è una festa in maschera, siamo tutti un po' strani.


Raggrumò le labbra ed annusò il contenuto del bicchiere "Che cos'è?" domandò, con tono piuttosto scettico. Mordred le sorrise con aria un po' enigmatica e si strinse brevemente nelle spalle. Con quei baffi ed i capelli appiattiti dal gel sembrava un damerino.


"Segreto professionale. Ma non è avvelenato. Perché lo so, che ci hai pensato. Se vuoi lo assaggio prima io" commentò con tranquillità, per niente turbato dalla consapevolezza che, in effetti, Morgana un po' avesse temuto per la sua incolumità. Impettendosi come solo i Pendragon sapevano fare davanti una provocazione (o presunta tale che fosse), avvicinò il bicchiere alle labbra e bevve con una certa audacia. Mordred sfoggiò un'espressione colpita dal suo eroico gesto.


"Speravo che lo facessi, in realtà. La mia era solo scena, non l'avrei mai assaggiato per primo. E' la prima volta che faccio un intruglio del genere, devo dire"


E si sente! inveì mentalmente Morgana, sputando quello schifo di accozzaglia dentro il bicchiere. Non riuscì a nascondere un'espressione disgustata dietro il dorso della mano e lo guardò malissimo.


"Vuoi farmi iniziare questa serata come ho terminato l'ultima?!" sbottò, restituendogli malamente il bicchiere. Era ovvio che non l'avrebbe lasciato in pace finché non le avesse portato qualcosa di umanamente ingurgitabile. E lei, di roba che faceva male al fegato, ne aveva mandata giù in considerevole quantità. Mordred finse di pensare a quella domanda, lasciando scivolare il contenuto alcolico del bicchiere lungo le sue pareti, con un movimento lento del polso.


"Non saprei... Voglio dire, è stato emozionante vederti vomitare, sul serio. E' un'esperienza che almeno una volta nella vita tutti dovrebbero fare. Però questa sera c'è qualcosa di diverso. Sai che cos'è?"


Morgana si ritrovò a cercare di non distogliere gli occhi da quelli altrettanto chiari di Mordred. Quando ci si metteva di impegno, a suo modo era in grado di assoggettare molto bene. Lui si era fatto improvvisamente serio, nessun sorriso ironico o da figlio di buona donna gli piegava le labbra. A Morgana quegli occhi sembrarono farsi più vicini.

Forse perché, in effetti, Mordred le si era avvicinato.

In tranquillità, con sicurezza e con garbo, le si era accostato.

Un profumo pungente ma gradevole fu il dettaglio che più spiccò sugli altri, tra la stretta che le aveva fatto chiudere lo stomaco e l'incapacità di articolare un pensiero di senso compiuto. Mordred continuò ad osservarla in silenzio, da una distanza così irrisoria che, se non ci fossero state la musica alta e la gente attorno a loro, probabilmente avrebbe provato dell'imbarazzo.

"Cos'è?" domandò con un sospiro di voce, spezzata da non sapeva bene cosa. Si ammonì duramente per quella mancanza di sicurezza: Morgana Pendragon era padrona delle sue emozioni, sempre ed in ogni caso. Nessuna eccezione. Ora che ci faceva caso, con una certa ironia ricordò distrattamente quando Mordred, per provocarla, le aveva chiesto se per caso lui fosse un'eccezione. Sentì il respiro dell'altro contro la pelle del viso, ma non si spostò. Aveva la bocca asciutta.


"La mancanza di abbigliamento mal interpretabile" replicò lui, dando finalmente dimostrazione che, quel suo sorriso così irritante e caratteristico, era rimasto soltanto nascosto sotto lo strato di ben architettata serietà. Morgana strinse i denti e lo allontanò con una spinta, il lieve rossore sulle guance mascherato dalle luci stroboscopiche.

No, qui non si fanno sconti per nessuno! Niente eccezioni!

Mordred rise di cuore, allungando Mano verso il volto di Morgana come a volerle fare una carezza. Lei la scostò malamente e lo insultò con malagrazia, ma l'assolo di chitarra degli Aerosmith censurò per un pubblico minore la sequela di insulti che sciorinò con molta poca femminilità (quella che lei andava tanto decantando e difendendo, per intenderci).

Decisa nel profondo dell'animo ad ignorarlo per il resto dei suoi giorni, lo superò, diretta al tavolo degli alcolici. Avrebbe provveduto da sola, alla sua bomba intestinale!

Con un sorriso giulivo, Mordred la seguì, piuttosto di buon umore.


*


Guardò Merlin, che si era coperto la faccia con una mano e si era rintanato in un angolino, cercando le ombre. Arthur roteò gli occhi verso il soffitto e sbuffò. Ma quanto la faceva lunga! Scuotendo la testa in segno di disapprovazione per tutto il supporto morale che Emrys non gli stava dando, afferrò il microfono della console e lo accese senza tante cerimonie. Trovandosi troppo vicino agli altoparlanti, però, quello emise un fischio così acuto e forte che stordì più di metà sala, compreso Pendragon stesso.

Will, che nonostante fosse un secchione-Albion, di musica se ne intendeva, abbassò il volume del brano in corso e si appoggiò alla sua postazione: era lui, il DJ. Guardò Arthur con un'espressione indecifrabile, un misto tra 'vediamo ora che cosa s'è inventato questo esaltato' ed un 'Oh Dio, no, per favore'.

Dopo essersi ripreso dallo smarrimento iniziale ed aver messo tra lui e gli altoparlanti una certa distanza di sicurezza, ci riprovò. Accese il microfono e ci batté sopra l'indice due o tre volte, per saggiarne la potenza.

Era potente.

Sorridendo come un bambino circondato da cioccolata il giorno di Pasqua, si schiarì la gola.


"D'accordo, al solito, stessa storia. Sto cercando una ragazza che la volta scorsa era presente alla festa. Indossava un vestito verde ed un cappello tremendo, con un sacco di fiori. Qualcuno di voi l'ha vista? La conosce?"


Gli occhi azzurri di Pendragon scandagliarono la sala in un'attesa fremente.

Merlin sarebbe voluto scappare via di lì.

Stava mentendo da giorni al ragazzo di cui era completamente perso da anni, si stava guadagnando nella falsità la sua amicizia, lo consigliava e gli stava vicino, incoraggiandolo a cercare una persona che non avrebbe mai trovato. Francamente, si sentiva un vero schifo. A lui non era mai piaciuto essere un bugiardo ed ogni volta che si era trovato in situazioni da costringerlo a raccontare un fiume di balle, si era sentito male fisicamente. Strinse i denti e mantenne lo sguardo basso, fissando il pavimento. Non aveva neanche il coraggio di guardarlo sprecare così tutta quella fiducia. Fiducia che lui aveva contribuito ad alimentare.

Mentre il senso di colpa lo schiacciava miseramente, cercò di celarsi ancora di più tra le ombre. Voleva sparire.


A qualcuno scappò un colpo di tosse, ma nessuno si mosse ulteriormente, né Arthur sentì anima viva rispondere alla sua domanda. Strinse le dita intorno al microfono e sospirò, con determinazione. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma Merlin gli aveva detto di non demordere. Che doveva essere positivo. Che doveva crederci. Non sapeva perché (ed in un certo qual modo la cosa lo atterriva, ma non l'avrebbe mai ammesso ad anima viva), però Merlin aveva lo strano potere di far sembrare tutto ciò che dicesse maledettamente sensato. Arthur non era molto sicuro che quelle cose, dette da qualcun altro, avrebbero sortito lo stesso ipnotizzante effetto su di lui.


"Dai, non può essere!" esclamò, con una punta di impaziente irritazione "Più della metà di voi erano presenti! Possibile che nessuno la conosca o l'abbia vista?!"


Un pellerossa si fece spazio tra la folla.


"Io l'ho vista" esclamò, con decisione, guadagnandosi subito l'attenzione di un numero indefinito di sguardi curiosi.


Merlin alzò immediatamente gli occhi e focalizzò il tizio. Chi diavolo era?!


"Mi ha rubato il bicchiere e poi ci ha sputato dentro" continuò quello, con aria piuttosto risentita.


Merlin tornò a fissare il pavimento, le labbra piegate verso il basso.

Ma guarda te questo imbecille, mi ha fatto venire un infarto per niente! Se lo poteva anche risparmiare!


Arthur sbatté le palpebre decisamente interdetto ed osservò il testimone in silenzio per qualche secondo.

Ci ha sputato dentro? Ma prima o dopo aver bevuto?

Ma che cazzo mi frega...?


All'improvviso, una voce più squillante del normale e dall'inclinazione evidentemente allegra a causa dei fumi dell'alcool, sovrastò qualsiasi respiro o colpo di tosse.


"E VA BENE, LO AMMETTO! ERO IO!"


*


Correva. Correva come poche volte aveva corso in vita sua.

Forse, non aveva corso così neanche quando Attila l'aveva inseguito.

I piedi sembravano volare sull'erba, uno slancio dopo l'altro lo conducevano verso le serre, il respiro pesante che si condensava in piccole nuvolette.

Eppure ne era stato certo. Era stato maledettamente certo di aver fatto tutto come il libretto delle istruzioni aveva spiegato. Tuttavia, mentre accompagnava Gwen alla festa, aveva percepito una strana sensazione, come qualcosa che non andasse. Le pulci nelle orecchie, si sa, sono fastidiose e finché si è in tempo, è meglio togliersele quanto prima possibile. Per questo, Lancelot correva a perdifiato verso le serre, il cuore che batteva a mille ed uno strano nodo ad stringergli lo stomaco. Il mantello rosso di Superman svolazzava alle spalle come una scia, a testimoniare la velocità delle sue gambe.

In questo momento sento che potrei vincere anche le maledette Olimpiadi.


Doveva arrivare in tempo.

Il tempo era la chiave!

Doveva verificare di non aver impostato male l'ora, perché quel pomeriggio le batterie dell'orologio da polso si erano scaricate, ma se ne era accorto solo dopo essersene andato dalle serre.

Questa volta mi arrestano. Questa volta mi arrestano sul serio e non sono molto sicuro che verrebbero a tirarmi fuori!


Si maledisse per non aver pensato di andare a dare un'occhiata quando aveva cambiato orologio. Come era potuta passargli di mente una cosa del genere?! Erano giorni che architettava quella nuova fase di corteggiamento, non poteva andare a finire così!

Non posso mandare tutto a puttane solo perché mi sono dimenticato di venire a controllare! Devo essere stato maledetto o qualcosa del genere, non è possibile che mi vada tutto storto!


Aveva fatto ronde infinite per controllare gli spostamenti di quel cane posseduto dal demonio che una volta aveva tentato di estirpargli una chiappa. Per non parlare degli orari del guardiano! Passava più tempo in compagnia delle piante che con quel manico di scopa di sua moglie, per la miseria! Aveva avuto veramente poche occasioni per poter organizzarsi in maniera decente e, tra l'altro, non era molto sicuro di aver ideato un piano che la legge inglese avrebbe potuto ritenere legale, ma per la sua Gwen era disposto a rischiare quello ed altro! Il pensiero che tutte le sue fatiche stavano rischiando di non vedere mai luce, se possibile, lo fece correre ancora più in fretta. Presto avrebbe sfiorato i limiti delle possibilità umane.


*


Gwen si era addirittura scordata di Lancelot. Il suo ragazzo le aveva detto di aver dimenticato una cosa in camera e lei era rimasta ad aspettarlo nei pressi del portone principale. Poi, quando aveva sentito la musica cessare di botto, si era addentrata nel corridoio verso la sala, giusto in tempo per assistere in diretta all'annuncio di Arthur. Senza neanche pensarci due volte, con le orecchie piene della voce di Pendragon, si era fatta strada tra la folla alla ricerca del suo migliore amico. Conoscendo bene l'attitudine di Merlin ad addossarsi tutti i sensi di colpa del mondo, si era sinceramente preoccupata. Quando l'aveva visto, era stato solo per un fortunato caso: si era nascosto tra le ombre di un angolino appartato talmente tanto bene, che se non fosse stato per il luccichio argentato delle stelle sul cappello, probabilmente sarebbe andata oltre.

Anche con la barba, lo riconoscerei ovunque. Ha sempre la solita aria da incompreso.


Gli si era avvicinata nell'esatto momento in cui Merlin, dopo l'inutile dichiarazione fatta dal cretino vestito da pellerossa, era tornato a fissare il pavimento con aria piuttosto interessata. Nel dizionario merliniano che Gwen aveva personalmente redatto, aria interessata stava per il mio cervello sta elaborando così velocemente che presto morirò per autocombustione.

Aveva alzato una mano per toccare il suo braccio, quando una voce baritonale e giubilante, tuonò su tutta la folla. Sia lei che Merlin alzarono gli occhi di scatto, ma non fu difficile individuare chi avesse parlato.

Gwaine se ne stava in piedi su un tavolino, il petto nudo e villoso, un lenzuolo piegato e fatto a mo' di mutanda, delle infradito hawaiane ai piedi ed una tovaglia rossa legata al collo come fosse stata un mantello. La sua faccia era coperta da una maschera, che era la riproduzione del volto di Leonida, quello del film 300(3). Alzò la lancia di polistirolo verso il soffitto con l'aria di un guerriero che aveva avuto il coraggio di ammette le proprie azioni e si batté un pugno sul petto.


"Sono io la tua principessa, Arthur Pendragon! Non so più come dirtelo, che a Camelot ti vogliamo... NUDO, NUDO, NUDO, NUDO!"


Tanto per restare in tema di film epici, quel segnale, scatenò l'inferno.

Tutta la confraternita dei Camelot, nel medesimo istante, si diresse in una corsa sconclusionata verso la postazione di Will, puntando senza ombra di dubbio Arthur, tra grida di gioia ed euforia. Pendragon, dopo aver gettato molto poco virilmente il microfono alle sue spalle, si diede ad una sana e repentina fuga. La parola nudo divenne quella più pronunciata e gettonata del momento.

Gwaine saltò giù dal tavolo ed iniziò a rincorrerlo, puntandolo con la lancia di polistirolo.


"FOR THE LOVE OF CAMELOT!" gridò selvaggiamente, ubriaco come una melanzana, incitando il suo branco di spostati (come Merlin li avrebbe definiti, sicuramente) alla carica.


Gwen osservò la scena con le labbra schiuse e si fece seriamente violenza per non cedere e mettersi a ridere senza posa né ritegno. Lo fece, per rispetto verso i sentimenti del suo migliore amico. A proposito di lui... si voltò nuovamente verso Merlin, per tranquillizzarlo sul fatto che no, Arthur non sarebbe mai stato visto completamente nudo da tutta l'università... ma al suo posto, trovò solo il vuoto. Sbatté le palpebre con sorpresa e scandagliando il delirio totale che si era creato nella sala (con Pendragon che saltava tavolini e rovesciava sedie per creare degli ostacoli lungo il percorso dei suoi inseguitori), trovò Merlin al tavolo delle bevande. Aveva tolto il mestolo dal recipiente del punch, poi aveva afferrato la gamella con entrambe le mani ed aveva iniziato a bere direttamente da lì. Alcuni rivoli dell'alcolico rosso gli colarono sulla barba, ma lui se ne sbatté altamente.

Gwen lo vide dire addio a tutti i suoi propositi sul non bere neanche un bicchiere.


*


Mordred, assicuratosi che Morgana fosse entrata in bagno, si era alzato dal divanetto vicino la porta che dava sul corridoio ed era scivolato in mezzo a quel caos delirante che i suoi confratelli avevano creato. Schivò per un pelo la punta della lancia di Gwaine e scavalcò una delle sedie che Arthur aveva rovesciato. Con garbo, lisciò con le mani la giacca a righe del suo completo scuro ed avanzò senza troppe nuove difficoltà sino ad una delle alte finestre che affacciavano direttamente sul grande parco.

La notte fuori era buia, il cielo senza luna era chiazzato da nuvole scure e pesanti.

Lanciò un'occhiata disinteressata all'esterno e parlò senza nemmeno guardarlo.


"Il tuo atteggiamento mi infastidisce" commentò, cristallino, ma con voce carezzevole. Sentì l'altro ridere seccamente, una risata fastidiosa che sapeva di presa in giro. Si voltò verso di lui senza mostrare alcuna espressione e lo fissò apertamente.


"Non so di cosa tu stia parlando" rispose Valiant, stringendosi nelle spalle. Con le dita, prese dal bicchiere una delle olive che aveva sgraffignato dal tavolo degli snack e la ficcò in bocca, masticando con lentezza. I suoi occhi scuri cozzavano malamente contro quelli chiari di Mordred.

Duirvir accennò appena un sorriso di circostanza, reso forse un po' ferino dalla zona di ombra nella quale s'erano accampati ed accarezzò Mano con dita distratte. A lui piaceva giocare. Piaceva da morire.

Ma quando l'altro giocatore è un tale mentecatto, tutto il divertimento sparisce. Non c'è gusto.


"Io credo di sì" commentò con leggerezza, senza distogliere lo sguardo. Se Valiant non fosse stato così arrogante e sicuro di sé, probabilmente si sarebbe accorto di come gli occhi di Mordred gli stessero scavando la faccia.

"E' tutta la sera che non fai altro che metterle gli occhi addosso. Ti devo ricordare com'è finita l'ultima volta?"


Valiant rubò il sorriso di Mordred e si appoggiò con la spalla contro il vetro della finestra, sputando il nocciolo dell'oliva a terra senza nessun riguardo. L'insinuazione che Duirvir aveva fatto sembrò scivolargli addosso come l'acqua e non riuscì nemmeno a scalfire quella faccia di bronzo che aveva il coraggio di far vedere in giro.


"Sai, Duirvir, io sono un uomo di parola. Quando qualcuno mi manca di rispetto, è giusto che paghi"


Si rigirò il bicchiere tra le mani con aria falsamente assorta, leccando le labbra in modo quasi osceno.


"Quello che voglio dire..." riprese, avvicinandosi all'altro con lentezza, fino a pronunciare le parole ad un soffio dal suo viso "E' che è solo questione di tempo. Non ho dimenticato che tra di noi c'è un conto in sospeso, come non ho scordato la maleducazione della tua amichetta Pendragon. Tra l'altro, non è nemmeno la tua ragazza, per lei vali meno di zero, non ti guarda neppure. Sei così sfigato che quasi quasi mi fai passare la voglia di dartele, lo sai?"


Mordred irrigidì la mascella ma mantenne un controllo invidiabile. Non si spostò di un passo, mentre il respiro alcolico di Valiant gli faceva venire voglia di mettere una mano davanti la bocca.


"Ti ho già dato occasione di farmene pentire, eppure sei stato tu quello ad avermi voltato le spalle. A quanto pare ti piace in modo indecente parlare, ma quando si tratta di concretizzare, Valiant, sei davvero scarso" sussurrò glaciale, senza nemmeno l'ombra di ironia nascosta tra le parole. Si stava incazzando.


"Oh, non essere impaziente, Duirvir. Arriverà per tutti e due il vostro turno ed a quel punto, vedremo chi riderà per ultimo. Mi piace il modo in cui prendi le difese della tua non fidanzatina, considerando come ti snobba"


Ubriaco com'era, gli rise praticamente sulla faccia, anche se in modo controllato.

Valiant appoggiò una mano sulla spalla di Mordred e piegò la schiena in avanti, la gola grattata da una raschiante ilarità.

Il moro non lo sopportava. Non aveva mai sopportato quell'animale senza cervello, che era sempre stato la personificazione della volgarità e dell'aggressività. Ma la cosa peggiore di tutte, è che aveva sempre avuto il potere di irritarlo come mai nessuno era riuscito prima di allora. A Mordred bastava sentirgli pronunciare due parole messe in fila, per provare un desiderio selvaggio di spaccargli quella faccia da stronzo che si era ritrovato dalla nascita. Strinse i pugni, infatti, parlando prima di ragionare.


"E' evidente che non sei sveglio abbastanza da cogliere neppure le cose che hai sotto al naso. Ma non me ne stupisco, in verità. Sei sempre stato un po' più lento ad afferrare le cose, rispetto alla media. Solo che nessuno ha mai avuto il coraggio di fartelo pesare"


Mordred ritrovò il suo sorriso di circostanza, mentre Valiant faceva scivolare via la mano dalla sua spalla e lo guardava con un'ombra di diffidenza in quei pozzi scuri che erano i suoi occhi. Passò qualche istante di silenzio, prima che parlasse.


"E' la tua ragazza?" domandò, piuttosto scettico, nonostante l'ubriachezza. Strinse il bicchiere tra le dita fino a far diventare le nocche bianche e Mordred, semplicemente, annuì.

A Valiant non interessava avere Morgana da un punto di vista sentimentale. Provava per lei esclusivamente del mero, primordiale, irragionevole desiderio fisico. Tuttavia, se Duirvir era davvero diventato il suo ragazzo, le cose si complicavano. Un conto era cercare di fregare una ragazza sola, senza nessuno che la teneva d'occhio; un conto era tentare di farlo con il fiato del suo maledetto fidanzato sul collo.

La certezza che prima o poi sarebbe riuscito a metterle le mani addosso iniziò a vacillare e Valiant piegò con disappunto le labbra verso il basso.

Eppure, c'era qualcosa che non gli tornava.

Benché avesse il cervello affogato nella nebbia degli alcolici, un'idea lo colse impreparato.


"Baciala" sentenziò, con una sicurezza che solo qualcuno che sapeva di aver appena vinto una battaglia importante, avrebbe potuto ostentare "Baciala qui, adesso, davanti a tutti. Se è la tua ragazza, non sarà un problema, no?"


Mordred smise di accarezzare Mano per qualche secondo e tanto bastò a Valiant per allargare il suo indecente sorriso. Si guardarono per lunghi attimi in silenzio, ma più il tempo passava, più la sicurezza di Valiant veniva alimentata dal tentennamento che Duirvir stava mostrando.


"Non vedo motivo per il quale dovrei dare spettacolo a questa maniera" commentò Mordred dopo un po', perdendo parte del suo stoico controllo "Se esiste davvero qualcuno a cui dovrei dare delle conferme, quello di certo non sei tu" distolse lo sguardo, cercando Morgana tra la folla. Era ancora in bagno?

Valiant tornò a gracchiare una risata, stavolta appoggiò il gomito contro i vetri della finestra. Lo guardava con evidente commiserazione ed a quel punto, a Mordred schizzò definitivamente il sangue al cervello.

No, non c'erano proprio paragoni. Nessuno sapeva fargli girare le palle come Valiant faceva. Nessuno.


"Sei proprio un cazzaro Duirvir. Rallegrati, con te me la prenderò per ultimo, ma solo perché sei un poppante" concluse, ficcandosi un'altra oliva in bocca. Ammiccò con una certa intesa verso di lui e gli voltò le spalle, allontanandosi con nonchalance tra la folla.

Mordred, in quel momento, avrebbe potuto pensare un milione di cose.

Che tra lui e quell'imbecille passavano solo tre anni.

Che la volta precedente Valiant le aveva prese proprio dal poppante in questione.

Che abbassarsi al livello di certi ritardati era irragionevole.

Che in fondo era meglio così, aveva detto una bugia troppo grande da essere gestita.

Che non aveva bisogno di dimostrare la sua superiorità a nessuno, men che meno ad uno come lui.

Che, che, che...


Poi, tra la folla, aveva visto Morgana prima cercarlo e poi venirgli incontro.

Era maledettamente bella ed il sangue stava ancora roboando, nella sua testa.


*


Era successo tutto così all'improvviso che non avrebbe saputo ripetere la sequenza degli eventi neanche se ne avesse guardato la registrazione.

Era andata in bagno, aveva sistemato al volo il trucco, si era attardata a sciacquarsi le mani e, quando era tornata nella sala, aveva trovato il caos più totale.

Suo fratello sembrava essere diventato il Tarzan della situazione, saltava da una parte all'altra della pista come avesse avuto delle maledette liane a disposizione, inseguito da quella folla inferocita (in realtà gioiosamente brilla) che erano i suoi confratelli. A capo dell'operazione Denudiamo Pendragon Maschio (ed altrimenti non avrebbe potuto essere), c'era Gwaine vestito da indigeno. O almeno così le parve.

Con un generale senso di confusione, aveva cercato la testa gelatinizzata di Mordred in mezzo a tutte le altre; senza non poche difficoltà, l'aveva individuato vicino una delle alte finestre della sala. Quando aveva visto la faccia che aveva, si era leggermente impensierita.

Scivolando tra le sedie rovesciate e stando ben attenta a restare fuori dalla traiettoria dell'inseguimento che i Camelot avevano inscenato ai danni di suo fratello, gli si era avvicinata, la fronte corrugata.


"Cos'è successo?" chiese inevitabilmente, notando il modo in cui le dita di Mordred stringevano Mano con tensione. Da lì, non fu difficile far caso a come quella stessa tensione fosse presente anche nelle spalle e nella rigidità del suo profilo.

Lui la guardò in silenzio, con una tale intensità che Morgana iniziò a provare un sincero disagio. Aveva avuto a che fare con diverse sfaccettature di quel ragazzo: lo stronzo, l'ironico, l'approfittatore, il serafico, il menefreghista, il doppiogiochista e l'innocente. Forse ne stava dimenticando qualcuna, ma aveva sviluppato la convinzione che dietro tutte quelle personalità si nascondesse un disadattato sociale di dimensioni bibliche.

Eppure mai, mai e poi mai avrebbe potuto prevedere cosa si potesse celare dietro quell'improvvisa mancanza del solito sorriso beffardo.

Aveva d'improvviso sentito le sue mani sulle spalle e la consistenza morbida delle sue labbra sulle sue.

Morgana era rimasta troppo sconvolta, per realizzare che baciare una persona ad occhi aperti, era davvero una cosa rozza. Li spalancò all'inverosimile.

Il tocco delle mani di Mordred era gentile, eppure non riusciva a muoversi. Si sentiva come bloccata da qualcosa.

Non può essere fu la prima cosa che il suo cervello riuscì ad elaborare.

Mordred la stava baciando sulla bocca. Mordred la stava baciando lì, davanti a mezza università, compreso suo fratello.

Lo stava facendo senza alcun riguardo nei suoi confronti, senza nemmeno averle chiesto il permesso!

Non seppe come, ma la sua mano riuscì a colpire con la forza dello sdegno la guancia del ragazzo.

Mordred aprì gli occhi all'improvviso, la testa voltata di lato a causa del colpo subito. Restò in silenzio, leccando le labbra sporche del suo rossetto, mentre la guancia assumeva già un certo colore, lì dove la mano di Morgana aveva espresso il suo giudizio. Fece scivolare lentamente le mani via dalle sue spalle ed abbassò brevemente lo sguardo, restando impalato davanti a lei, che lo guardava con una muta furia dentro gli occhi chiari.

Morgana unì le labbra in una linea sottile e la mano che l'aveva colpito, fremette dalla collera che stava provando. Voleva colpirlo ancora.

Quando Mordred finalmente alzò gli occhi per guardarla in faccia, qualcosa lo investì con la violenza di un treno in corsa. Per la seconda volta nel giro di pochi secondi, Morgana si ritrovò a sgranare gli occhi dall'incredulità.

Arthur si era letteralmente fiondato su Mordred, atterrandolo di malagrazia sul pavimento e l'aveva afferrato per il bavero della giacca.


"Come osi baciare mia sorella!" aveva sbottato, i capelli biondi sconvolti dalla corsa e la corona di carta messa tutta storta intorno alla testa. Mordred l'aveva guardato come un cerbiatto colto in pieno dai fari di una macchina, ma non ebbe neanche il tempo di propinare qualche scusa in sua difesa che mezza confraternita dei Camelot si riversò su di loro in un'accozzaglia di corpi resa indistinguibile dai costumi che tutti indossavano. Arthur, accecato dalla gelosia, aveva accantonato l'operazione Non Lasciarsi Denudare ed aveva assecondato l'improvvisa voglia matta di mettere le mani addosso a quell'imbecille di Duirvir. Ma la sua confraternita, ben lungi dal provare gelosia nei confronti di Morgana, non per quello aveva smesso di dargli la caccia... fu così che sia lui, che Mordred, si ritrovarono schiacciati contro il pavimento da una quantità indefinita di corpi ubriachi e festanti.

Con un moto di stizza ed un'irritazione crescente, Morgana li lasciò che avevano appena iniziato a cercare di districarsi tra tutte quelle braccia e quelle gambe.

Aveva bisogno di aria.


*


"Cristo santo, guarda dove vai!"


Merlin sfarfallò le ciglia scure con aria interdetta, ritrovandosi a fissare la faccia incazzosa di uno dei Camelot. Doveva essere uno dei Camelot.

O almeno credo. Ma è sempre la loro festa, no?


"Sì, scusa!" urlò di rimando, cercando di sovrastare il chiasso della musica alta. In realtà non era molto dispiaciuto, non poteva impiegare energie anche in quello, non quando le stava già usando tutte per cercare di non vomitare od inciampare nella maledetta veste che gli avviluppava le gambe come un boa constrictor.

Non imparo mai dai miei errori. Mai. Perché ho dovuto mettere la tunica? Perché?


"Scusa un cazzo!" ribatté il tipo vestito da fantasma formaggino, sorpassandolo con una spallata decisamente maschia e virile. Talmente virile che Merlin quasi si ammazzò addosso ad un povero cristiano vestito da Ash Ketchum(4).

E pensare che credevo di aver visto il peggio del peggio la volta scorsa. Ma al peggio non c'è mai davvero fine.


Merlin balbettò altre scuse con tono abbastanza confuso e monocorde, mentre le luci lampeggianti lo facevano sentire come fosse pesantemente fatto di chissà quali allucinogeni. Avrebbe voluto appoggiarsi alla prima cosa che gli fosse capitata sotto tiro, considerando che la sala continuava a girare attentando alla sua integrità, ma la priorità di recuperare Pendragon per i capelli e tirarlo fuori da quell'ammasso di corpi immondo che c'era sul pavimento, gli stava dando la forza per continuare a zigzagare tra la gente.

E poi c'è questa fastidiosa sensazione di deja-vù che non riesco proprio a spiegarmi...

Ebbe non poche difficoltà ad avvicinarsi, con tutti quei piedi che gli pestavano l'orlo della tunica da mago. Con le mani la afferrò per sollevarla da terra e sgusciò tra i corpi saltellanti e chiassosi con una certa abilità consumata. Non aveva veramente capito cosa li avesse portati, tutti quanti, a rotolarsi a terra come imbecilli, perché era stato troppo impegnato a litigare con Gwen che gli aveva strappato il recipiente del punch dalle mani.

Alla faccia dell'amicizia. Io ho bisogno disperatamente di qualcosa e lei che fa? Mi priva del mio bisogno! Ma perché non sta a pomiciare con Lancelot da qualche parte? Dov'è quell'esaltato quando serve?


Si fermò ad una certa distanza di sicurezza e chiuse brevemente gli occhi, respirando con lentezza. Non è che fosse molto solido sulle gambe, il suo equilibrio s'era versato sulla barba bianca insieme a quel po' di punch che aveva tracannato.

Le grida di Gwaine sovrastavano più di tutte quelle degli altri; il nostro capobranco, torreggiando in ginocchio su un paio di disgraziati, rovistava tra i corpi confusi dei suoi confratelli alla ricerca di Pendragon Maschio.


"Vedo una gamba, è la sua!" urlò Parsifal alla sua destra, puntando con l'indice uno stivale che sbucava sotto la schiena di un pirata. Gwaine si tuffò su quella gamba e dopo averla arpionata con entrambe le mani, trascinò il prescelto in salvo da quella centrifuga umana. I suoi occhi scuri si scontrarono immediatamente con quelli di chi si rivelò essere Leon; l'amico lo guardava con un misto tra la madonna ha ascoltato le mie preghiere e mi ha salvato e dove sono e cosa ci faccio qui?


"Gwaine!" esalò il ragazzo, come non potesse credere di esserne veramente uscito vivo.

L'interpellato corrugò la fronte e lo guardò senza alcun interesse, piuttosto contrariato.

"Ah, sei tu" commentò laconico, prima di rigettarlo senza cuore in mezzo alle braccia e le gambe dei Camelot. Leon gridò la sua disperazione come Frodo avrebbe gridato cadendo giù dal burrone del Monte Fato.

Con stizza, Gwaine ricominciò a frugare tra i suoi confratelli, immergendosi tra di loro sotto lo sguardo vigile di Parsifal.


Acquisita la certezza che non sarebbe caduto come un sacco di patate, rischiando di venire così coinvolto in quell'accozzaglia, Merlin lasciò vagare lo sguardo su tutti i membri della confraternita, registrando ogni dettaglio che riuscì a cogliere. Non fu facile individuare Arthur, perché si muovevano tutti in continuazione, tra imprecazioni, spintoni e ricadute varie. Aggirò con circospezione la moltitudine di braccia e gambe e riconobbe un ciuffo dei suoi capelli biondi. Li avrebbe riconosciuti ovunque, a dire la verità.

Arrotolò le maniche della tunica fino ai gomiti e chinandosi in avanti, immerse le braccia tra la testa di quell'idiota di un pellerossa che l'aveva accusato di rubare i drink altrui e la gamba di una mummia, le cui bende si erano inavvertitamente attorcigliate intorno al braccio di un man in black. Strinse le mani attorno a qualcosa e tirò con tutte le sue forze; tuttavia, per poco non finì con il sedere a terra: era riuscito ad estrarre ciò che aveva afferrato con fin troppa facilità e quando si riprese dalla sorpresa, notò di stare stringendo la corona stropicciata e strappata in più punti di Burger King. Senza neanche nascondere la stizza, la gettò alle sue spalle con noncuranza e tornò ad immergere le braccia in quel miscuglio aborigeno, acchiappando finalmente qualcosa di più solido. Cominciò a tirare di nuovo con parecchia energia e quando incontrò una certa resistenza, seppe di aver appena pescato un corpo umano. Mentre tentava di riesumare chiunque avesse artigliato, facendo presa sui talloni, sperò ardentemente che quel qualcuno fosse Pendragon, perché lo sforzo sovrumano che stava compiendo nelle sue condizioni, l'avrebbe portato a rimettere anche la peperonata di tre settimane prima.

Dopo quella che gli parve una lunga ed estenuante battaglia contro titani, vide finalmente sbucare il volto arrossato di Arthur sotto un paio di corpi.

Il biondo si fece spazio a gomitate tra gli altri, spalancando la bocca per prendere un'enorme boccata d'aria. Alzò gli occhi azzurri su Merlin e quando si rese conto che era lui, il suo salvatore, si aggrappò alle sue braccia come un'anima che stava risorgendo dalle viscere dell'inferno. Quando il ragazzo fu abbastanza libero dal groviglio che avevano creato i suoi confratelli, la forza di Merlin a quel punto divenne per davvero eccessiva e successe ciò che il ragazzo aveva temuto: cadde all'indietro e nel rovinare a terra, trascinò Arthur con sé.

Chiuse gli occhi anticipando il dolore dell'impatto, ma non si aspettava davvero che fosse addirittura così doloroso! Poi, quando strizzò le palpebre inumidite dalle lacrime, capì perché lo era stato: Arthur gli stava praticamente spalmato addosso, i loro visi a pochi centimetri di distanza.

Merlin si reggeva tenendo i gomiti poggiati per terra. Le mani di Pendragon facevano leva ai lati del suo corpo.

La sua testa d'improvviso cominciò a girare ancora più in fretta e la sensazione di deja-vù che l'aveva seguito a partire da metà serata, tornò prepotentemente a ripresentarsi.

Si guardarono in silenzio per quelli che al moro parvero istanti interminabili. Senza rendersene conto inumidì le labbra con la punta della lingua, dimentico del pizzicore che la barba gli dava sul mento.

Non sentiva più la musica, né le grida dei Camelot a qualche passo di distanza, né il rumore del suo respiro fattosi più pesante. Sentiva solo quello di Arthur vicino la bocca.

No, no, no. Nonononono. Nonbaciarlononbaciarlononbaciarlononbaciarlo!


Nonostante l'intensità di quel pensiero, l'istinto gli aveva fatto allungare di poco il collo in avanti.

Adesso erano ancora più vicini.


"Merlin...?" la voce di Arthur fu appena un mormorio, ma l'incertezza che scorse nei suoi occhi azzurri fu tale che il moro, come schiaffeggiato all'improvviso, venne investito da una sacrosantissima ondata di lucidità. Trattenne il respiro e schiuse le labbra, atterrito dalla consapevolezza di quello che stava per far accadere.


"Mi stai facendo male" disse, con tono di voce incolore, nonostante dentro stesse provando una paura indescrivibile. Si era ammattito? Sì, che si era ammattito. Che cosa gli passava per la testa, mandare a puttane quella sorta di legame che era riuscito ad instaurare con Arthur?!

Ma che diavolo ho, nel cervello, dei Pokémon al posto dei neuroni?! Ma quanto sono idiota! Idiota Merlin, sei un idiota!


Nel frattempo, Arthur l'aveva velocemente liberato dal suo peso e si era tirato in piedi, biascicando delle frettolose scuse. Non sapendo bene perché stesse provando un evidente disagio, lisciò la stoffa del mantello che aveva indossato e si risolse ad offrire una mano di aiuto per Merlin solo quando lo vide avere alcune difficoltà a tirarsi su decentemente. La testa gli girava ancora ed il senso di nausea gli chiudeva la gola in una morsa fastidiosa.

Afferrò la mano che il biondo gli porgeva e si lasciò soccorrere, incespicando ovviamente nella tunica da mago.


"Che diamine è successo?" chiese tanto per cominciare, stringendo con una mano l'avambraccio del biondo, non fidandosi di se stesso. Equilibrio, si trattava di equilibrio.

"Ho visto Mordred baciare mia sorella" rispose Arthur, capendo al volo a cosa Merlin si stesse riferendo. Con quella constatazione, si beccò un'occhiata interdetta.

"Ah" lo sentì dire, mentre corrugava la fronte "E tu hai ben pensato di saltargli addosso perché...?"

A parte per indurmi nuovamente sulla via dell'alcolismo, ma okay, questi sono dettagli non rilevanti al momento.


Arthur lo guardò nel modo in cui si guardano gli idioti.


"E' mia sorella!" esclamò, come se quello potesse spiegare ogni cosa.

Quella per cui da bambino avevo una cotta!


Merlin provò a lasciare il suo braccio, scoprendo di riuscire a barcollare molto meno, se si concentrava.

"E quindi?" domandò nel mentre, piuttosto schietto "Questo la rende imbaciabile?"

Arthur boccheggiò un paio di volte senza riuscire a spiccicare qualcosa. Prese addirittura fiato ad un certo punto, sull'orlo di pronunciare una parola, ma dalla gola uscì solo un suono strozzato.

Perché deve finire sempre così ogni volta che ci parlo? Perché riesce a farmi sentire un cretino nel giro di due secondi?!

Il biondo lo osservò con insistenza, quasi si aspettasse di leggere la risposta alle sue domande sul volto di Merlin. Alla fine, rilasciò un sospiro così profondo che il petto gli si sgonfiò, come svuotato da un puntiglio.


"Non è solo questo..." biascicò, prima di afferrarlo per un polso e guidarlo lontano da lì, verso una delle alte finestre. Non voleva rischiare di essere visto da Gwaine o Parsifal, che sembravano aver preso davvero sul serio l'operazione Denudiamo Pendragon Maschio. Giunto in prossimità della vetrata lo lasciò andare e gli si piazzò davanti, guardando altrove.

Merlin capì che era frustrato. Lo capì dal modo in cui passò una mano in mezzo ai capelli, scombinandoli ancora di più e da come piantò i pugni chiusi sui fianchi, cosa che faceva soltanto quando doveva affrontare un problema. Restò in silenzio, attendendo che l'altro si sbottonasse da solo. Voleva sul serio sapere cosa stesse passando per il cervello di quell'asino, ma non era in condizioni di psicoanalizzarlo.

Questa volta dovrai fare tutto da solo, perché tutte le mie energie psichiche sono concentrate sul non vomitare. Già che sono qui ad ascoltarti, dovrebbe farti sentire maledettamente fortunato. Ma tanto a te che cosa importa? Brutto babbeo.


"E' tutta questa storia che... che mi innervosisce. Il tempo passa ed io più la cerco e più mi convinco che non la troverò! Freya aveva ragione!"

Al sentir pronunciare quel nome, Merlin roteò gli occhi verso il soffitto "Ci risiamo!" esclamò, con uno sbuffo. Ma Arthur non si arrese.

"Sì, ci risiamo Merlin, perché è così! Ma dai, lo sanno mari e monti! Ti pare che lei invece no?! Tutto questo non ha senso..."

Abbassò lo sguardo, una ruga a solcargli la fronte. Tutto quello non aveva senso, realizzò Merlin, Arthur aveva ragione.

Sono io a non avere senso, però. Non tu.

Quello che stava facendo, infatti, consisteva nel mentirgli ed illuderlo in continuazione. Non voleva che Arthur si facesse quell'idea di lui e forse era ancora in tempo per evitarlo. Forse poteva ancora salvare quella sorta di amicizia che Pendragon si era messo in testa di instaurare.

Realizzò con certezza estrema che era arrivata l'ora di darci un taglio.

"Sai cosa?" disse improvvisamente, più sobrio che brillo "Smettila di cercarla. Più vuoi una cosa, più quella si allontanerà da te. Fidati Pendragon, è la legge dell'universo. E se davvero sa che la stai cercando, ma nonostante questo non si è fatta vedere, significa che non ti merita. Non sprecare così il tuo tempo per lei"

Non sprecare così il tuo tempo per me, non me lo merito.


Arthur lo guardò con aria piuttosto assorta.

"Non avevi detto che non avrei dovuto lasciar perdere?" domandò, con un tono di voce piuttosto serio. Glielo stava chiedendo per davvero.

"E tu prendi alla lettera tutto quello che dico?" Merlin inscenò un sorriso, senza immaginare neanche vagamente di come invece, Pendragon, considerasse molto attentamente le sue opinioni.

Il biondo abbassò lo guardo e non disse niente.

Merlin aspettò pazientemente che quel momento di mutismo passasse, ma quando il silenzio si protrasse in modo inequivocabile, corrugò la fronte.

Che cosa mi sono perso?


"Arthur?" lo chiamò, titubante. Che cosa si stava lasciando sfuggire? Lo sentiva, che c'era. Ma non sapeva cosa.

L'altro accennò un sorriso superficiale e batté amichevolmente una mano sulla sua spalla. Merlin fu ancora più confuso di prima.

Perché adesso siamo arrivati al cameratismo?


"Hai ragione, Emrys. Senti, lasciamo proprio perdere. Siamo ad una festa, pensiamo a divertirci, vuoi? Almeno non sarà stato tutto inutile"


Merlin rimase accanto alla finestra che dava sul giardino, fermo come un povero imbecille. Gli occhi azzurri sostavano sulle spalle di Arthur che si allontanava da lui, quando quello aveva deciso che era meglio tornare a fare un po' di casino alla festa che aveva organizzato per una specifica ragione (ragione che non si stava verificando, tutto per volere di colui che aveva fiduciosamente cominciato a considerare un amico). Il moro strinse le labbra, unendole in una linea sottile ed aspettò; aspettò che il maledetto senso di colpa smettesse di calpestargli lo stomaco e gli permettesse di convincersi che non si stesse comportando in modo molto meschino.


*


Morgana strinse le braccia con le mani, intenzionata tuttavia a rischiare di morire dal freddo. Rientrare non era un'opzione possibile, in quel momento avrebbe anche potuto non rispondere delle sue azioni (stavolta sul serio). Il cielo nuvoloso prometteva la classica pioggerella inglese, quella che serviva solo ad infastidire e ad increspare i capelli. Nonostante le premesse ed i messaggi non subliminali che quelle nubi scure cercavano di mandarle, imperterrita continuò a calpestare l'erba del prato umido. Aveva le mani ghiacciate, non sentiva più le guance e credeva di aver perso addirittura le orecchie; c'era una cosa, tuttavia, che andava a fuoco come l'inferno ed era la sua bocca. Per riflesso, inumidì le labbra con la punta della lingua: la mente, indipendente dal corpo, le ripropose ancora la sensazione destabilizzante della bocca calda di Mordred sulla sua.

Affrettò il passo ancora di più, come volesse lasciarsi alle spalle quelle immagini che come flash, le attraversavano implacabilmente gli occhi non appena calava le palpebre.

Intendiamoci, non è che non avesse mai baciato nessuno in vita sua, questo è chiaro.

La novità che l'aveva mandata in panne era un'altra.

Morgana era abituata ad avere il controllo non solo sulle cose, ma anche sulle persone (che puntualmente avevano sempre fatto non tutto quello che lei diceva, ma ciò che si aspettava da loro). Era sempre stata maledettamente brava a capire in anticipo le mosse degli altri, come avesse avuto una sorta di dono... per questo riusciva ogni volta ad essere un passo avanti a tutti. Quando aveva baciato qualcuno, quando era stata con qualcuno... tutto quello era potuto accadere perché lei aveva previsto che sarebbe andata così. E lo aveva lasciato succedere.

Succedeva solo quando era lei a volerlo.

Ma Duirvir... oh, Duirvir! Non aveva mai avuto a che fare con... con... con una tale irriverenza!

Si fermò non molto lontana dall'entrata dell'ala Camelot; da quella distanza, la musica giungeva ovattata ed incomprensibile. Solo il bum bum bum dei bassi aveva un senso.

Come si è permesso! pensò, fremente di indignazione, Come ha potuto!

Non era stato il bacio ad aver alimentato la sua collera. Era l'essere stata colta di sorpresa.

Per la prima volta in tutta la sua vita, non aveva previsto proprio un bel niente.

Di certo, il fatto che a tradimento le tornasse in mente, ogni tre per due, la consistenza soffice delle labbra di Mordred, non la aiutava.

Arrossì nel bel mezzo del parco, la sua ira che di minuto in minuto raggiungeva livelli storici mai toccati.

Per quanto la riguardava, il suo subconscio avrebbe potuto anche cominciare a correre nudo per i campi, ma non avrebbe mai, mai e poi mai ammesso che le era piaciuto.

Mai.

Era stato disgustoso. Uno schifo. Un abominio. Un... un trauma!


"Morgana!"


A quel richiamo, se possibile, si congelò ulteriormente lì, vicino a quella panchina imperlata da gocce di umidità. Era una voce maschile, aveva sentito bene.


"Morgana!"


Quando udì pronunciare di nuovo il suo nome, si rilassò impercettibilmente. Non era la voce di Mordred.

Si voltò con espressione incupita, aspettando che Merlin la raggiungesse, senza neanche accennare un passo verso di lui. Da come la guardava, anche l'altro sembrava avere vagamente le palle girate. La veste da mago svolazzava indisturbata attorno alle gambe; stringeva il cappello a punta in una mano, la barba argentea invece era sparita.

Ci ha messo poco a tornare giovane. Deve aver venduto l'anima al diavolo..


Quando Merlin fu abbastanza vicino, le puntò l'indice contro, accusatorio.

"Che diavolo ti passa per la testa?!" sbottò, senza neanche cercare di mascherare l'irritazione "Tuo fratello fa a botte con qualcuno e tu te ne vai?!"


Morgana arcuò le sopracciglia con espressione scettica.

Cos'è, vieni a fare la parte della principessa guerriera che vuol proteggere quel babbeo del suo uomo? E' arrivata Xeena, fermi tutti.


"Mio fratello è maggiorenne e vaccinato, è in grado di prendere da solo le sue decisioni, anche se a volte può sembrare il contrario. Se decide di voler spaccarsi il naso con qualcuno, non è affare che mi riguardi. Anzi, magari se ce le prende, la prossima volta ci penserà due volte, prima di farsi prendere dalla voglia di sfoggiare la sua deliziosa mascolinità!"


Merlin allargò gli occhi, non poteva credere che Morgana fosse incurante ed insensibile fino a quel punto! Sapeva che teneva a suo fratello, lo sapeva! Doveva solo scavare lì, da qualche parte.

Lei lo osservò in silenzio, con un'espressione che lo sfidava a parlare ancora.

Ah, hai scelto la serata sbagliata per discutere con me, Emrys! Mi trovi proprio carica.


Quel che non sapeva era che lo fossero entrambi. Carichi, si intende.


"Invece è affar che ti riguarda" rispose Merlin, socchiudendo le palpebre sugli occhi azzurri "Considerando che se le stava per dare con Duirvir! Sbaglio o eri tu che lo stavi baciando?"

"No!" rispose al volo Morgana, infervorandosi immediatamente " E' qui che ti sbagli, mio caro Emrys! E' evidente che parlare senza ragione di causa, non fa per te!"


Merlin era consapevole di non aver assistito direttamente alla scena, ma non importava davvero chi avesse baciato chi. Importava solo che Morgana se ne era lavata le mani ed aveva lasciato suo fratello ad azzuffarsi in mezzo alla festa. Non amava impicciarsi degli affari altrui, per natura era una cosa che non faceva mai. Eppure, quando si trattava di Arthur, la sua natura andava allegramente in campeggio.


"E' tuo fratello e tu lo hai lasciato fare! E se si fosse fatto male sul serio?!"

"E' mio fratello ed io sono sua sorella, non la sua balia! Quel posto l'hai già occupato tu, non è vero?" il tono di Morgana ad un tratto si fece insinuante.

Merlin si ritrasse inconsciamente, guardandola con sospetto e, forse, un pizzico di timore.

"Che vuoi dire? Sei stata tu a costringermi ad assecondare questa sua follia! Non ho scelto io di stargli intorno così!"

Lei lo guardò in silenzio, con un sorriso così obliquo sulle labbra che sentì la schiena attraversata da un brivido. Gli occhi chiari di Morgana dicevano che era meglio smetterla di provocarla così.

Non disse niente a sua volta, solo il ritmo costante della musica a colmare quello scambio di avvertimenti. Ecco perché odiava avere a che fare con Morgana. Non sapevi mai cosa aspettarti.

E' una maledetta manipolatrice, a parte il cognome ha ben poco da spartire con suo fratello. Per fortuna.


Morgana stava per dirlo. Stava per spiattellargli sul serio che sapeva tutto. Sapeva che era lui la ragazza dal vestito verde che tutti stavano cercando, sapeva che era stato lui ad aver baciato suo fratello e sapeva come far presa sulla sua coscienza. Merlin era sempre stato un sentimentale, un'anima pura ed ingenua. In quegli anni, aveva previsto molte cose, su di lui. Avrebbe potuto distruggerlo nel giro di un paio di frasi e liberarsi della sua fastidiosa vocetta da grillo parlante in men che non si dica.

Lo stava per fare, davvero, perché lei era così. Era egocentrica ed egoista, sopratutto quando aveva la luna storta. Le rare volte in cui si era comportata in un modo più umano, solitamente, avevano avuto uno scopo. Un obiettivo da raggiungere.

Prese fiato, schiuse e labbra e...


BOOM!


Un'esplosione. Forte, come nei film.

Sobbalzarono entrambi con il cuore in gola.

Una forte luce li investì e nel giro di un secondo, i loro occhi furono riempiti dall'immagine delle fiamme.

Si scambiarono uno sguardo impreparato ed atterrito, restando fermi come due allocchi, nell'indecisione di non sapere che cosa diavolo fare.

Merlin guardò di nuovo le fiamme, dalle quali, proprio in quel momento, cominciò a partire a rotta di collo una scarica potente di fuochi d'artificio.

Morgana era a dir poco allibita, tant'è che spalancò la bocca in un'espressione ben lontana dall'aria minacciosa che aveva avuto fino a qualche momento prima.

Alzarono gli occhi verso il cielo, assistendo ammutoliti allo spettacolo pirotecnico.

In uno sprazzo di lucidità, Merlin realizzò che provenivano dalle serre.


"Oh, no..."


Abbassò gli occhi. Morgana l'aveva appena mormorato, ma il tono mortifero della sua voce aveva calamitato la sua attenzione. Seguì il suo sguardo e non poté credere (di nuovo) ai suoi occhi.


"Oh, no..." si ritrovò a dire pure lui.


Ci fu un urlo disperato.

In lontananza, sul prato del parco del college, saltando panchine come fossero state ostacoli da qualche centimetro, Lancelot sfrecciava ad una velocità inaudita per qualsiasi essere umano non dopato, rincorso dal cane del guardiano, Attila, che mostrava al vento le sue sbavanti zanne inferocite. Il mantello di Lancelot, tra le altre cose, stava andando a fuoco.

Peccato non fosse merito della kriptonite.


*


Entrarono trafelati dentro la stanza. Le luci stroboscopiche li infastidirono e strizzarono entrambi le palpebre. Senza pensarci due volte, di comune accordo avevano deciso che la miglior cosa da fare era andare a chiamare Gwen. Si erano quindi precipitati di nuovo in mezzo alla festa, ma in tutto quel casino sarebbe stata una bella impresa riuscire a trovarla.


"Dividiamoci, faremo prima!" gridò Merlin, sovrastando il chiasso della musica e della folla. Morgana annuì, iniziando a scivolare tra i corpi dei suoi compagni.

Adesso che ci ripensava a mente più o meno fredda, le veniva da ridere.

Gwen, mia cara, il tuo ragazzo sarà pure un demente, ma anche te che continui ad andargli dietro non scherzi.


Alzò gli occhi dal pavimento, che aveva guardato fino a quel momento per non inciampare nei piedi degli altri, e le sembrò di scorgere una chioma riccioluta vicino il tavolo delle bevande.

L'ho trovata! pensò trionfante, sgomitando con rinnovata carica. Voleva essere la prima a dirle quello che aveva visto, perché la faccia di Gwen sarebbe stata impagabile. Doveva vederla!

Quando l'ebbe quasi raggiunta, un paio di occhi acquamarina occuparono la sua visuale.

Si fermò bruscamente in mezzo alla pista, per evitare di franare addosso a Mordred che le era spuntato davanti dal nulla.


"Che cosa vuoi?" l'apostrofò lei, senza alcuna traccia di cordialità nel tono di voce.

Aggressiva Morgana, sii aggressiva. Quello sì, che ti riesce bene.

Gli occhi, però, le scivolarono inavvertitamente sulle labbra di lui e le sembrò di sentire di nuovo quel calore confondersi sulla sua pelle.

La rabbia tornò a premere con rinnovata energia. Più erano le volte che ricordava certi dettagli, più si irritava. Era come buttare benzina sul fuoco.


"Ho bisogno di parlarti" disse Mordred, sovrastando la musica senza difficoltà. Sapeva come farsi sentire, quando voleva essere udito.

Morgana colse la palla al balzo. Avrebbe risolto la situazione una volta per tutte.


"Non mi interessa, non voglio sentire niente! Anzi, ti dirò di più: sei libero di fare ciò che diavolo vuoi con quelle stupide foto, ho finito di assecondare le cretinate di un ragazzino!"


Lo superò, dandogli una spallata. Il suo tono di voce, così definitivo, riuscì a mandare nel panico Mordred, che tentò di riacciuffarla, chiamandola per nome.

Morgana, tuttavia, aveva già attirato l'attenzione di Gwen ed era riuscita a sgusciare via dalla sua presa.

Il bello stava soltanto per iniziare.



















NOTE DELL'AUTORE: Il bello stava soltanto per iniziare. Eh già, NON AVETE NEANCHE LA PIU' PORCA E VAGA IDEA. L'ho già detto che questa fanfiction è a stampo demenziale e che è decisamente senza pretese? Mi pare di sì, ma rinfrescare la memoria anche ai nuovi lettori non fa mai male. Non prendetela seriamente, sul serio. Ed il gioco di parole non era voluto ma non mi va di cancellare. Ciemmequ, questo capitolo è stato un parto, sul serio, sembrava di star scrivendo la storia infinita, non terminava più XD poi di mezzo ci si sono messi anche dei problemi personali che sono (purtroppo) ancora in corso e quindi... vi ho fatto aspettare un po', è vero. Però almeno mi presento sempre con capitoli chilometrici, questo non si può negare! (E' una minaccia). Finalmente succede qualcosa di sostanzioso (non che nei capitoli precedenti i nostri eroi si fossero girati i pollici) ma siamo decisamente ad una svolta. Privatamente alcuni mi hanno chiesto di quanti capitoli si comporrà questa storia, ebbene... dovrebbero essere 13, capitolo più capitolo meno... E per la gioia di tante, troviamo il ritorno di Gwaine! Forse dovrei fare uno spin off su di lui, vista la vasta gamma di adoratrici che 'sto qui si ritrova XD sarà per il suo petto villoso? Ahahaha! Ringrazio come al solito tutti quelli che hanno recensito, che hanno aggiunto la storia tra preferiti/seguiti/ricordati e chi si limita solo a leggere. Siete la mia kriptonite! Passiamo alle note, insolitamente poche:


  1. http://www.youtube.com/watch?v=JwLzIPkrQIE (canzone rock)

  1. http://www.atomodelmale.it/wp-content/uploads/2009/01/burger-king.jpg (costume di Arturo)

  1. http://i49.tinypic.com/mvoh38.jpg (costume di Gwaine)

  2. http://fc09.deviantart.net/fs71/i/2010/095/2/e/Ash_Ketchum_by_WhiteHawkMinion.jpg (costume di Ash Ketchum)


Questo è Lance che tranquillamente se ne va dopo aver fatto esplodere le serre del college XD:

http://25.media.tumblr.com/c581b86082fcb47ccd5f6e971d5b9c2e/tumblr_mjpfen5UOv1qk1vf3o1_500.jpg


Va bé raga. Come disse papa Ratzy, s'è fatta 'na certa:


http://1.bp.blogspot.com/-kzYzRuM8sls/URj-Xoa8oDI/AAAAAAAAC_Y/m2u38ZTfaFA/s1600/citazioni+improbabili+ratzinger.jpg


Sciao a tutti!

Asfo

(per gli amici 17662)

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Capitolo 8
*** Aria di cambiamenti ***


OTTAVO CAPITOLO

 

Morgana sospirò, fermandosi davanti la porta della stanza di Gwen. Guardò l'orologio che aveva intorno al polso: le dieci e mezza del mattino.

Le aveva dato sin troppo tempo.

Con un cipiglio determinato, alzò la mano destra e bussò con forza sul legno, i gesti che tradivano una certa impazienza.

 

"Gwen, apri immediatamente!" esclamò perentoria, incurante delle occhiate che alcune ragazze le lanciarono nel passare di lì, per il corridoio.

La confraternita della Cittadella era composta per lo più da impiccione, c'è da dirlo, però Morgana quella mattina, si sentiva particolarmente intollerante: ergo, se avessero avuto proprio voglia di mettersi a chiacchierare sul suo conto, avrebbero dovuto affrontarne le conseguenze.

Piantò i pugni chiusi sui fianchi snelli e restò a fissare la porta, quasi avesse avuto il potere di farla ardere con la sola forza del suo sguardo; i secondi cominciarono a scorrere nella calma più totale, tuttavia nulla accadde.

Dopo quasi un minuto, Morgana iniziò a battere nervosamente la punta del piede a terra.

"Gwen!" disse nuovamente, con un'inclinazione minacciosa nel tono di voce, "Se non apri te, lo farò io! Butterò giù questa stupida porta in un modo o nell'altro e puoi star certa che ci riuscirò!"

 

Un lamento d'oltre tomba giunse dall'interno della stanza e Morgana sbuffò, roteando gli occhi verso il soffitto.

"Conterò fino a dieci dopodiché comincerò a fare tanto di quel casino che se non aprirai la porta, ci espelleranno entrambe! A me per disturbo alla quiete pubblica, a te per non essere intervenuta! Uno... due... tre... quattro... cinque..."

Andiamo Gwen! Sono venuta io solo perché Merlin non sarebbe potuto entrare senza rischiare di essere linciato, in un dormitorio femminile! Non costringermi a trascinarlo qui a calci!

 

Quando oramai pericolosamente vicina al dieci, con suo sommo sollievo, vide l'uscio schiudersi e la porta rimanere accostata. Morgana si zittì e restò qualche attimo ferma sul posto, assistendo al miracolo; si prese qualche secondo per riordinare le idee, poi spinse la porta con le mani, mettendo piede nella stanza in penombra, giusto in tempo per beccare Gwen che si tuffava nuovamente sotto una coltre immonda di coperte colorate e cosparse di orsacchiotti e cuoricini. Morgana inorridì, avvertendo l'irrefrenabile impulso di uscire di lì e darsela a gambe.

Mi sembra di essere entrata nel mondo dei mini pony, tutto arcobaleno e pupazzi sorridenti. Me la pagherai, Emrys. La mia vendetta sarà funesta.

 

Di fatti, in quella stanza, ogni superficie praticabile era completamente ricoperta da ninnoli fantasiosi e peluche dalle espressioni una più tenera dell'altra. I poster sulle pareti, raffiguranti fatine e farfalle dai mille svariati colori, le ammiccarono in un modo che la fece sentire fuori luogo. Sui poster che Morgana aveva attaccato sulle pareti della sua stanza (perché li aveva anche lei, sì), c'erano raffigurati personaggi come Bill Gates, Barack Obama e la Regina di Inghilterra. Persone che avevano ottenuto il potere, per intenderci.

Non stupidi insetti alati dalle forme umanoidi o unicorni sorridenti con le meches nelle criniere, Cristo santo!

 

Prese un profondo respiro per racimolare quel poco di coraggio che le era rimasto e titubò qualche istante, prima di richiudere la porta alle sue spalle: le sembrò come di star sigillando l'unica via di fuga che aveva. Tuttavia, l'orgoglio Pendragon prevalse sui suoi oscuri sentimenti e con una convinzione un po' forzata, marciò fino al letto di Gwen, afferrando le coperte per tentare di tirargliele via. Contro ogni sua aspettativa, trovò una certa resistenza. Sgranò gli occhi chiari e sfarfallò interdetta le ciglia, rimirando quel bozzolo lamentoso che era (nonostante tutto) la sua amica.

 

"Gwen! Piantala di fare la mocciosa, voglio che mi guardi in faccia!" tuonò, tornando a tirare le coperte con maggiore forza. Iniziò una sorta di gara al tiro alla fune: Morgana ringhiava di frustrazione e l'altra piagnucolava per celare la sua profonda vergogna al mondo. Dopo circa un minuto di tira e molla, con un ruggito battagliero, Morgana riuscì a strappare le coltri dalle grinfie di Gwen e le gettò per aria, ben lontane dalle sue mani a tenaglia.

Si guardarono con il respiro pesante, gli occhi accesi di soddisfazione di una contro quelli imploranti dell'altra.

 

"Sei inguardabile" decretò Morgana, studiando l'aspetto trascurato e sfatto di Gwen. La riccia aveva infatti delle occhiaie che sembravano voler toccare terra, i capelli spettinati ed intrecciati su se stessi per vie che solo il Signore poteva comprendere ed un pallore sul viso che avrebbe potuto farla passare per un'inglese doc.

Gwen tirò su con il naso, spostando di lato la ventina di fazzoletti che la circondavano e che erano stati appallottolati sotto le coperte.

Morgana ebbe l'accortezza di tenersi ben distante da quel covo pulsante di batteri.

Se mi ammalo poi come faccio a conquistare il mondo? Mi servo in salute. Già a questa distanza sto rischiando grosso, perché i batteri volano. Ditemi voi se questa non è amicizia! E ancora c'è chi osa darmi della stronza insensibile... non c'è più religione.

 

"Ecco cosa faremo" iniziò la Pendragon, con tono autorevole, che non ammetteva repliche di alcuna sorta, "Adesso ti alzi, ti dai una lavata perché puzzi di depressione, ti vesti, ti pettini, ti dai una truccata perché se vai in giro così spaventi le persone e andrai dritta dritta in infermeria a sotterrare, insultare, maltrattare, bistrattare, straziare, tormentare e tutti i sinonimi che ti vengono in mente, quell'imbecille del tuo, non comprendo come possa ancora esserlo ma forse è proprio vero che l'amore fa ammattire la gente, ragazzo. Mi sono spiegata?"

 

Gwen aveva osservato Morgana elencare tutte quelle cose sulle dita affusolate, con occhi vitrei.

Passò qualche attimo di silenzio, prima che nuovi piagnucolii inconsulti riempissero l'aria.

La Banshee sbuffò ancora, inchiodandola lì sul materasso con uno sguardo d'acciaio.

 

"Reagisci, per l'amor del cielo!" lasciò ricadere pesantemente le braccia lungo i fianchi, con un'insofferenza tipicamente sua: Morgana non era certo famosa per la pazienza che sapeva mostrare al suo prossimo. Maltrattava addirittura suo fratello, figurarsi gli altri!

 

"Mi... mi vergogno! Non ce la faccio!" pigolò Gwen, cercando di farsi minuscola contro i cuscini bistrattati che avevano preso la forma della sua faccia.

"Fai bene a vergognarti, hai un fidanzato indecente, ma non per questo puoi permettergli di cavarsela così!"

La riccia sgranò gli occhi davanti la schiettezza che le era stata riservata, fu forse per quello che non riuscì a dire niente.

"Gliene hai fatte passare troppe, Gwen! Merlin mi ha detto che aveva già provato a convincerti di parlare con Lance, ma è evidente che non l'hai fatto! E guarda a cosa siamo arrivati!" allungò un braccio verso la finestra, indicando un punto indefinito all'esterno, "Ha fatto letteralmente esplodere le serre! Se stavi aspettando un punto limite per fare qualcosa, bé, direi che ci siamo proprio arrivati!"

Gwen balbettò qualcosa di poco comprensibile, sfuggendo pateticamente allo sguardo tagliente di Morgana.

"Lo so..." disse dopo un po', schiarendo la voce roca, "So che devo parlarci. Ma io..." le parole le si strozzarono in gola, come non ne volessero sapere di uscire. Si tappò la bocca con entrambe le mani, reprimendo un singhiozzo disperato.

Morgana restò ad osservarla in silenzio, passando stancamente una mano sulla faccia; non aveva chiuso occhio per quasi tutta la notte e la colpa era stata di un paio di occhi acquamarina quasi identici ai suoi. Il risultato: due borse violacee a spiccare sulla pelle chiara del viso, che la invecchiavano di una ventina di anni, a sentir dire lei. Eppure, se ripensava a cosa era successo la sera prima, non provava imbarazzo o disagio. Provava solo rabbia, tanta rabbia. E voglia di rivalsa.

Figurarsi se quel moccioso ha davvero messo le mie foto in giro. Mi ha baciata. Gli piaccio, è ovvio. Sa perfettamente che, se facesse una cosa simile, perderebbe qualsiasi chance con me. Non che ne abbia mai avute, l'imbecille.

 

La voce di Gwen la riportò alla realtà.

"E se dovesse restare ammattito tutta la vita? Morgana, lui non era così!"

"L'hai detto" rispose lei, riprendendo il discorso come non l'avessero mai interrotto, "Non era. Tu sei innamorata del Lance che c'era prima della sua inspiegata perdita di ragione. Non di quello che c'è adesso. Quindi? Che vogliamo fare? Vivere di speranza, auspicando che prima o poi rimetta le rotelle a posto? Chi di speranza vive, disperato muore, mia cara Gwen. E la vita è troppo breve per sperare. Il mondo è pieno di pesci. Troverai un altro allocco disposto ad organizzarti misteriose e ganzissime cene nelle palestre buie delle scuole, considerando che quando ti pettini e ti trucchi sei piuttosto graziosa" concluse, con una praticità che le avrebbero invidiato in molti.

Basta con questi piagnistei, stiamo solo perdendo tempo! La vita continua, the show must go on, santo Dio!

 

Gwen schiuse le labbra e la fissò con una faccia piuttosto ebete. Parlare con Morgana era sempre stato destabilizzante, in un certo qual modo.

Non ho mai conosciuto una persona più schietta di lei. E' talmente schietta che certe volte mi fa venire voglia di dare fuoco a quei suoi splendidi, perfetti, lucentissimi capelli. Sanno tutti che se tocchi i capelli ad una donna, le tocchi il mondo.

In quel momento, tuttavia, ciò che più irritava Gwen era il doverle dare ragione.

Il tempo per rimandare quel discorsetto era finito. Doveva alzarsi, prendere il coraggio a quattro mani e capire cosa voleva farne della sua storia con Lancelot, perché non poteva davvero accettare di stare con una persona che un giorno sì e l'altro pure aveva il vizio di rischiare la vita per delle cretinate. Non poteva vivere con quell'ansia addosso.

E se un giorno dovesse rimanerci secco sul serio?! Dovrei vivere con questo peso sulla coscienza? Ma scherziamo?

 

*

 

"Merlin?"

 

Lancelot, schiena poggiata contro una pila assurda di cuscini, seguì con lo sguardo il sopracitato losco individuo che, dopo essere entrato in infermeria, si era diretto al mobiletto dei medicinali senza alcun indugio. L'infermiera era al momento assente, ma lui non si lasciò intimidire per quello: aprì le ante del suppellettile e cominciò a rovistare tra le varie scatoline, ignorando sia lo sguardo che il richiamo dell'unico malato lì segregato.

E se non mi sbrigo a trovare quello che sto cercando, finiranno per rinchiudere qui anche me. Ma anche no.

 

Dopo circa un minuto, trascorso tra imprecazioni sommesse e rumore di boccette che venivano spostate, la testa arruffata di Merlin riemerse vittoriosa dalle ante: tra le mani stringeva qualcosa. Lance, per istinto, corrugò la fronte con aria confusa, ma se ne pentì immediatamente: l'esplosione della sera prima l'aveva bruciacchiato come fosse stato un tacchino il giorno del Ringraziamento. Lì, ad essere onesti, l'unico ringraziamento si doveva al fatto che fosse ancora vivo (e con tutti gli attributi al loro posto, altrimenti avrebbe potuto dire addio alle decine e decine di figli promessi per Gwen).

 

"Stai male?" domandò il tacchino, cercando di capire che diavoleria fosse quella che Merlin stava ingurgitando come un elisir di lunga vita. Il moro inghiottì le pastiglie senza nemmeno bere un goccio d'acqua e lo guardò, l'espressione tetra che si sposava perfettamente con le marcate occhiaie sotto gli occhi indecentemente azzurri.

No, sto una favola, sul serio. Pendragon è depresso. Se Pendragon è depresso, allora io sono depresso. Se io sono depresso, comincio a mangiare dolci come un maledetto maiale e se comincio a mangiare dolci come un maledetto maiale, puoi star sicuro che, il giorno dopo, avrò un mal di stomaco di quelli veramente scabrosi. Oh, ma aspetta! E' proprio quello che è successo!

 

"Si vede così tanto?" domandò, con un tono di voce smorzato dalla sofferenza. Rimise a posto il medicinale e si avvicinò al suo letto, sedendosi pesantemente sul bordo del materasso. Lance lo guardò con un certo interesse.

"Vuoi fare cambio?" propose, indicando le bruciature da stuntman che aveva anche sulle mani. Merlin restò zitto ad osservarlo e scosse la testa, senza alcun tatto.

Neanche fossi completamente scemo.

 

"Pensi che ricresceranno mai?"

"Che cosa?"

Alzò l'indice, puntandolo verso la sua fronte.

"Le sopracciglia" specificò, ma non c'era traccia di ilarità tra le parole. Lance strinse le spalle con noncuranza.

"Non lo so" si sentì di confessare, "Al massimo mi faccio un tatuaggio. Le opzioni sono infinite. Volendo, potrei farle anche come quelle di Vegeta"

Merlin raggrumò le labbra con aria poco convinta.

"Sai che a quel punto Gwen ti lascerebbe sul serio, non è vero?"

Lancelot sospirò pesantemente e giocò con la stoffa del lenzuolo bianco, abbassando lo sguardo.

"Mi odia, Merlin, io lo so. Mi ha sopportato fino ad ora, ma dopo ieri sera... E pensare che volevo soltanto farle una sorpresa..."

"E' questo il punto" intervenne l'altro, corrucciato, "Le tue non sono sorprese normali. Sono da esaltato suicida. Onestamente, Lance, credo dovresti mettere un freno alla tua creatività. E' potenzialmente mortale, te ne sei accorto?"

Il ragazzo tentò di ridere, ma dovette contenersi perché la pelle del volto bruciava, quando si tendeva.

"Che cosa ti ha detto l'infermiera?"

"Niente di che, non sono ustioni gravi... se Attila non fosse arrivato per tentare ancora di staccarmi il sedere, probabilmente lo sarebbero state... Non mi ero reso conto di essere arrivato troppo tardi per fermare tutto quanto..."

"Tu guarda... il cane che tenta di ucciderti, alla fine ti salva la vita..." tentò di non ridere, ma onestamente tutti i suoi sforzi furono vani. Dopo aver martoriato l'interno della guancia con i denti per lunghi secondi, la sua volontà crollò del tutto e si accasciò con la schiena in avanti, poggiando la fronte sulle gambe di Lancelot. Rise, rise come un pazzo, cedendo finalmente all'immagine di lui che sfrecciava nella notte vestito da Superman, il mantello in fiamme ed una scia di fumo alle spalle davvero molto scenica. Lance si chiuse in uno stoico silenzio; raccogliendo la poca dignità che gli era rimasta, incrociò le braccia con espressione piuttosto accondiscendente: non poteva dire di non aver meritato le prese in giro.

"La mia preoccupazione ora è il consiglio universitario. Credi che mi butteranno fuori?" il suo tono tradì una certa ansia, tra l'altro del tutto giustificata: farsi espellere all'ultimo anno di college, era da veri imbecilli.

Se con ieri sera ho davvero decretato la fine della mia carriera scolastica, mi faccio saltare in aria sul serio. Non posso aver passato quattro anni e mezzo sui libri per niente. Non posso!

 

Merlin lo guardò in silenzio, perché non avrebbe saputo che cosa dire. Il rischio che Lance correva era sicuramente alto, ma dirglielo così, senza un minimo di tatto, non sarebbe stato certo di aiuto. Provò quindi a sdrammatizzare.

"Guarda il lato positivo..." iniziò, stiracchiando le labbra in un sorriso, "...avrai fatto la storia di questo college. Credo si continuerà a parlare della Torcia Umana(1) anche tra una ventina di anni"

Da come Lancelot storse il naso, Merlin intuì che quella non doveva valere granché come consolazione.

 

*

 

Arthur uscì dalla biblioteca piuttosto frettolosamente. I capelli biondi erano scompigliati, come se non avesse fatto altro che andare di corsa dal momento in cui aveva messo piede fuori dal letto. Nonostante la serata della festa fossa stata un totale fiasco per i suoi propositi, un sorriso di infantile felicità gli piegava le labbra sottili.

Lungo il corridoio, superò un gruppo di studentesse che adocchiò senza interesse e fece per svoltare l'angolo. Inchiodò quasi subito sulle punte dei piedi, tornando sui propri passi.

 

"Ehi!" gridò, proprio in direzione del gruppetto, attirando la loro attenzione. Si girarono tutte simultaneamente, ma solo una parlò.

"Che ti è successo, Pendragon? Hai trovato finalmente l'amore della tua vita?" la voce di Freya si distinse subito tra le altre, era lei la capobranco. La ragazza notò l'aria trepidante che l'altro si portava addosso e sorrise divertita.

Non è mica per essere maligni, sono una romantica infondo. Spero davvero che la trovi... O lo trovi... Sarebbe anche ora di incassare la vincita... Non che abbia fatto delle scommesse su tutta questa faccenda, si intende...

 

Arthur, in quel momento, neanche fece caso alle sue parole e le si avvicinò, quasi parlandole sopra.

"Hai visto mia sorella?!"

"No, non mi pare... spero non sia successo niente di grave" borbottò la ragazza, con una certa perplessità.

Il biondo continuò a sorridere come un babbeo e sventolò una mano per aria, lasciando cadere la questione. Fece per andarsene, ma si sa: quando parli del diavolo, spuntano le corna (trattandosi di Morgana, si potrebbe dire che una metafora più che azzeccata di questa non possa esistere).

 

"Se mi cerchi di tua spontanea volontà, deve essere sicuramente successo qualcosa di grave" la sua voce lo costrinse a voltarsi.

Quando Arthur la vide, i suoi occhi azzurri si illuminarono d'immenso: sembrava aver appena scoperto la via per Eldorado. Morgana arcuò le sopracciglia scure, in attesa che il fratello dicesse qualcosa, ma contrariamente alle sue aspettative, quello sbottò a ridere.

Freya e le altre ragazze lo guardarono come fosse diventato scemo tutto d'un botto, mentre Morgana si mostrò piuttosto insofferente.

Non potevo avere un fratello come tutti gli altri? Che so, tossico dipendente, alcolizzato o affetto da bipolarismo? No, certo che no. Il destino doveva martoriarmi con uno del genere. Logico. Mi sembra giusto.

 

In un modo che alimentava la sua ira di secondo in secondo, Arthur si trascinò sino a lei e le poggiò una mano sulla spalla, continuando a ridere senza ritegno.

"Stavolta ti hanno proprio fregata!" esalò, approfittando per prendere una boccata di ossigeno, o sarebbe presto stramazzato al suolo per soffocamento.

"Di che diavolo stai parlando?"

Arthur scosse la testa, ci provò a rispondere, ci provò sul serio, ma riuscì soltanto dopo un paio di tentativi.

"Che stima, CHE STIMA! Tanta stima! Ahahaha! Che genio!"

 

Se non la smette adesso e non si decide a parlare, la stima gliela infilerò su per il- i suoi altolocati pensieri furono interrotti dalla cosa che il fratello le schiaffò tra le mani.

Morgana la guardò.

Arthur guardò Morgana.

Morgana guardò Arthur.

Arthur guardò la cosa.

La cosa si lasciò guardare da chiunque fosse disposto a darle un'occhiata.

Le dita pallide ed affusolate di Morgana si chiusero in un pugno con lentezza, sino a ridurre la cosa ad un ammasso di carta stracciata. Strinse così forte da far diventare ancora più bianche le nocche.

 

"Io. Lo. Ammazzo!" ringhiò inviperita come poche volte lo era stata in vita sua, scandendo le parole con una collera che le faceva vibrare la voce. Neanche quell'imbecille di suo fratello era riuscito a mandarle così assiduamente il sangue al cervello!

Alla fine l'aveva fatto.

L'aveva fatto per davvero.

Mordred aveva messo in giro la sua foto.

Maledetto, piccolo, viscido organismo monocellulare!

 

Se possibile, Arthur rise ancora più forte di prima davanti la faccia che stava facendo sua sorella e dovette appoggiarsi contro il muro per mantenere l'equilibrio.

Morgana era a dir poco livida.

Lanciò la foto accartocciata contro il suo stupido fratello e girò i tacchi, allontanandosi a passo marziale dalla scena del delitto: tuoni e fulmini!

Se lui reagisce così davanti ad un rifiuto, scoprirà presto come reagisco io davanti una provocazione! Hai le ore contate Duirvir, indegno bamboccio! Ora ti faccio vedere, che cosa ti creo!

 

Quando Morgana e la nuvola nera che aveva intorno alla testa si furono dileguate, Freya si avvicinò ad Arthur e raccolse la foto accartocciata da terra. Quando riuscì a distenderla alla meno peggio e vide che cosa raffigurava, adocchiò il biondo con espressione un poco critica.

"Che c'è?!" sbottò lui, massaggiando lo stomaco, ancora poggiato pigramente contro il muro di pietra.

"E' davvero commovente l'affetto che provate l'uno per l'altra. Ed il fatto che tu l'abbia cercata per sincerarti che stesse moralmente bene, piuttosto che per prenderla in giro, ti fa onore Pendragon"

Lui allargò le braccia con eloquenza.

"Dimmi che non è divertente!" la sfidò, arcuando le sopracciglia dorate. Freya saggiò la consistenza della foto con le dita e poi la fece svolazzare verso di lui, voltandogli le spalle senza rispondere. Arthur roteò gli occhi verso il soffitto.

"Oh, ma andiamo! Tutti moralisti!" borbottò, raccogliendo l'arma del reato, soltanto per ricominciare a ridersela sotto i baffi.

No, era più forte di lui.

Non era solo divertente.

Era maledettamente divertente.

 

*

 

Lancelot sembrò aver ingoiato un rospo, dal modo in cui si zittì bruscamente nell'esatto momento in cui Gwen mise piede in infermeria. La guardò restare ferma sulla soglia, intenta a scambiare un indecifrabile sguardo con Merlin. Il ragazzo era rimasto a fargli un po' di compagnia, anche perché non sembrava molto in vena di frequentare le lezioni, quel giorno.

 

"Merlin..." disse la riccia, ad un certo punto, "Cosa ci fai qui?" nel tono di voce si intuì un pizzico di sospetto.

Non gli avrà davvero parlato al posto mio?

L'interpellato si alzò dal letto e si stiracchiò, distendendo le labbra in un sorriso semplice.

"Ho avuto mal di stomaco, ero venuto per prendere delle pastiglie e quando ho visto Lance, ci siamo messi a chiacchierare"

Gwen si avvicinò a loro, continuando ad osservarlo.

"Ah... e come stai ora?"

"Mi sento già meglio, ma non credo pranzerò oggi, Gwen. Quindi non aspettarmi in mensa. Anzi, sai che ti dico? Penso che andrò da Rob a farmi fare un tè, i vecchi rimedi sono sempre i migliori"

Lance alzò un mano dal materasso ed attirò la sua attenzione, "Grazie per la compagnia Merlin, se ti va torna più tardi, così sai... per sapere come stai"

Il moro annuì e scambiò una veloce occhiata con Gwen, prima di defilarsi dignitosamente dall'infermeria. Non appena la porta si richiuse alle sue spalle, un silenzio tombale cadde sugli unici due presenti: Lance fissava il lenzuolo che gli ricopriva le gambe con scarso interesse, mentre l'altra attendeva che lui si degnasse di guardarla in faccia. Tuttavia Lake non era mai stato un ragazzo senza spina dorsale o che non sapeva prendersi la responsabilità delle sue azioni, anzi! Se stava in silenzio, era proprio perché sapeva di aver fatto il passo più lungo della gamba, ma non sapeva come potervi rimediare.

"Lance..." esordì per prima Gwen, ma fu inaspettatamente interrotta.

"No, lo so. So che sei arrabbiata ed hai tutte le ragioni del mondo per esserlo"

"Allora dammi una motivazione, ti prego! Non so più dove sbattere la testa!"

"Non..." prese un respiro, guardandola con un'espressione decisamente combattuta, "Non posso! L'ho promesso!"

"A chi hai promesso cosa, Lance?" il tono di Gwen si fece immediatamente più insinuante.

Lo sapevo! Lo sapevo che doveva esserci sotto qualcosa! Non poteva essere uscito di senno tutto d'improvviso!

 

Il ragazzo strinse le labbra e distolse lo sguardo. Alzò le mani dal grembo, solo per farle ricadere pesantemente sul materasso con una certa frustrazione. Eppure non aprì bocca.

"Lance, devi dirmelo. Non so se te ne sei accorto, ma la mia pazienza è davvero arrivata al limite. Mi ami?"

Lui la guardò letteralmente basito e stralunato: quello era un colpo basso!

"Certo che ti amo!" rispose prontamente, con cavalleresco ardore, di quello che avrebbe fatto sprizzare comete dagli occhi, se solo Lance fosse stato un cartone animato.

"Se mi ami dimostramelo!" ne approfittò subito Gwen, cavalcando l'onda dell'estorsione, "Sputa il rospo, perché così non si può andare avanti!"

Il ragazzo inghiottì a vuoto, l'assenza delle sopracciglia rendeva tutte le sue espressioni tragi-comiche.

"Mi stai lasciando?" mormorò, sembrando terrorizzato alla sola idea.

"Non lo so, dimmelo tu! Tieni più a noi o alla persona alla quale hai promesso ancora non so che cosa?"

Odio queste cose, odio dovermi comportare così, ma se non lo metto con le spalle al muro non riuscirò a cavare un ragno dal buco! Morgana ha ragione, se non chiudo la questione oggi, finirà per durare più di Beautiful!

 

Gli occhi di Lance si mossero veloci sulle lenzuola, come fosse impegnato a raccogliere tutte le idee. Gwen attese con una certa trepidazione: lo sentiva nell'aria, che c'era vicina! Era a tanto così da cavargli le parole di bocca!

Lui la guardò per interminabili istanti. Lei non abbassò lo sguardo nemmeno per un secondo: era così che funzionava il terrorismo psicologico.

"Oh, dannazione!" cedette infine Lance, facendo per passare le mani sulla faccia (fortunatamente, ricordò di fermarsi in tempo!), "Tuo padre, Gwen, l'ho promesso a tuo padre!"

Ecco, l'ho detto. Ho appena decretato la morte di quello che sarebbe potuto diventare mio suocero. Perché sì, morirà. Morirà presto. Morirà nel tentativo di uccidere me, quello che sarebbe potuto diventare suo genero. Mi ucciderà e ci riuscirà, perché io glielo lascerò fare.

 

Perso in elucubrazioni mentali con protagoniste morte, distruzione, tragedia e miseria, non si accorse del profondo ed inquietante silenzio nel quale Gwen si era barricata. Soltanto quando si ricordò di controllare come l'avesse presa, notò che lei aveva chiuso gli occhi; la osservò praticare una di quelle tattiche zen che tanto le era piaciuta a quel corso di yoga frequentato l'anno prima.

Bé è positivo. La prima cosa che ha fatto, non è stato urlare. Perché è positivo, giusto?

 

"Non ci posso credere" sibilò lei ad un certo punto, con una serietà sconvolgente. Lance unì le labbra, avvertendo il senso di colpa cominciare a divorarlo a partire dalle gambe (poi sarebbe passato agli attributi, ai fianchi, lo stomaco e così via).

"Senti, mi dispiace, io-"

"Non ci posso credere!" esclamò ancora, più forte, "L'ha fatto di nuovo!"

Con una certa stizza, Gwen schioccò la lingua contro il palato e voltò le spalle al suo ragazzo, iniziando a passeggiare avanti ed indietro per lo stretto corridoio che c'era al fianco del letto. Strinse con due dita la base del naso, scuotendo la testa in borbottii incomprensibili.

Lancelot, gli occhi più grandi per lo smarrimento, la seguì fare su e giù con un certo ritmo ipnotico.

Eh?

 

"Gwen..." tentò, cercando di calibrare il tono di voce con scarso successo, "C'è qualcosa che dovrei sapere?"

"Ah!" sbottò lei, piantando le mani sui fianchi con cipiglio intimidatorio, "E' buffo, sai, che sia tu a chiederlo a me ora!"

E che diamine! Ogni tanto potrò prendermi anche io delle piccole vittorie, no?!

 

Lui ovviamente non rispose, perché non voleva cercare di dimostrare la sua innocenza. Aveva le sue colpe ed era intenzionato a lasciarsi maltrattare da Gwen fino al giorno del giudizio, se questo avesse significato avere la chance di essere perdonato, almeno un po'. Giusto un pizzico.

 

"Che cosa ti ha detto mio padre?"

"Io non credo che... che sia una buona..." l'occhiata di fuoco che ricevette, a quel tentativo di chiudere il discorso, distrusse del tutto la sua volontà.

"Mi dispiace Gwen, mi dispiace davvero. Non avrei mai voluto parlartene in questo modo! Sapevo che un giorno me lo avresti raccontato di tua spontanea volontà, quando avessi saputo e ti fossi sentita pronta... oh Dio, come faccio a dirtelo!"

Lei gli impedì di nascondersi la faccia con il lenzuolo e passò alle minacce pesanti.

"Dimmelo, Lancelot, o ti chiuderò nella fucina con mio padre per una settimana!"

"No!" gridò, sbiancando come le coperte dell'infermeria, "No! Lo stress potrebbe essergli fatale! Crederebbe di essere assediato da un branco di asini raglianti!"

"Scusami?!"

"Tuo padre è malato, Gwen, maledizione! Ha l'estroflessione endoqualcosa del neurone avvitato di Knorr(2)!"

"..."

"..."

"L'estroflessione endoqualcosa del neurone avvitato di Knorr..."

"L'estroflessione endoqualcosa del neurone avvitato di Knorr!"

"..."

"..."

"???"

"!!!"

"E tu ci hai creduto!!!"

"Certo che ci ho creduto, che cosa avrei dovuto fare?! Rischiare di ammazzarlo?! Se dovesse agitarsi troppo potrebbe prendergli un infarto! E' una malattia gravissima!"

"Lance!" Gwen gli diede uno scappellotto così forte che risuonò in tutta l'infermeria,"Ti pare una malattia che possa davvero esistere?!"

Persino Merlin sa raccontare bugie più sensate, per la miseria! MERLIN!

"E io che ne so?!" pigolò dolorante, massaggiando il punto in cui era stato brutalmente colpito, "Ti sembra che stia studiando medicina?!"

Per la miseria, ma cosa sono diventato, una calamita per gli infortuni!? Prima lei che mi picchia in palestra, poi un cane che mi morde le chiappe, poi le sopracciglia, poi l'esplosione della serra ed ora lei che mi picchia di nuovo! Perché sempre a me?! Se dovessi incontrare un gatto nero, va a finire che tra i due quello che si gratta e cambia strada sarà lui!

 

Gwen si schiaffò una mano sulla faccia con un'insofferenza praticamente palpabile. Gemette di dolore davanti la prova di quanto potesse essere ingenuo (giusto per mantenerci su toni educati) il suo ragazzo e provò il forte desiderio di mettersi a ridere, perché di piangere proprio non se ne parlava. Adesso sì, che capiva ogni cosa.

 

"Le cose stanno così Lance" il suo tono di voce spiccio e diretto, le diede un'aria autoritaria, "Philip e David prima di te, hanno avuto a che fare con le manie di gelosia di mio padre, di fatti è finita com'è finita. Lui non sta male, Lance. Sta benissimo. Ti ha detto tutte quelle cose perché è terrorizzato dall'idea che io lo abbandoni. Mio fratello se n'è andato in Australia per studiare i maledetti canguri, mia madre è morta quando eravamo piccoli. In pratica ha solo me. Capisci ciò che sto dicendo? Mi segui?"

Il ragazzo la guardò imbambolato, con le labbra dischiuse.

"Tuo padre non sta male"

"No, mio padre non sta male"

"Tuo padre non sta male...?"

"..."

"TUO PADRE NON STA MALE?!"

"Lance, respira, o l'infarto verrà a te! Calmati!"

"Calmarmi? CALMARMI?"

Lancelot fece volare le lenzuola per aria e cercò di alzarsi dal letto, una furia omicida ad accendere i suoi occhi scuri. Gwen, improvvisamente terrorizzata dalle conseguenze che quella rivelazione avrebbe potuto portare, gli si gettò praticamente addosso nel tentativo di trattenerlo.

"Lance, aspetta, fammi spiegare!"

"No, lasciami! Mi sta facendo ammattire da questa estate con 'sta maledetta storia di Knorr, lo chiudo io dentro la fucina, ma per tutta la vita! E riempirò i muri di poster e calendari sui cazzo di asini!"

Lo faccio diventare io, malato!

 

Il ragazzo cercò di dirigersi verso l'uscita dell'infermeria in pigiama, ma Gwen gli aveva già allacciato le braccia intorno al petto e le gambe intorno alle cosce. Per poco non si ammazzarono cadendo entrambi per terra.

 

"Lance, non è così che si affrontano i problemi!" esclamò la riccia, mantenendo salda la presa, nonostante lui cercasse di scrollarsela di dosso in tutti i modi.

"Vallo a dire a lui com'è che si affrontano! Mi pare che non l'abbia proprio capito bene!" ringhiò come risposta, cominciando a saltellare alla meno peggio per liberarsi dalla morsa della sua ragazza.

Per circa due minuti interi lottarono in silenzio, tra smozzicate imprecazioni e sbuffi di frustrazione.

Alla fine, entrambi si ritrovarono ad ansimare a corto di fiato e di energia.

Sedettero per terra, schiena contro il muro, spalla contro spalla.

Lei lo guardò con un cipiglio per niente tranquillo; era arrabbiata perché Lance le stava nascondendo quella cosa da mesi, ma d'altro canto realizzò che la colpa era anche un po' sua. Avrebbe dovuto metterlo in guardia, ma non l'aveva fatto.

"Lance..." biascicò, con voce sottile, "Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo. Se non l'ho fatto è perché mio padre mi aveva promesso che non avrebbe più infastidito nessuno dei miei fidanzati ed io gli ho creduto. E' evidente che della sua parola però, non posso fidarmi..." abbassò lo sguardo sulla gambe, morsicando combattuta il labbro inferiore. Quella consapevolezza la faceva stare male.

Se non posso nemmeno fidarmi di quello che promette mio padre, allora...

 

A Lancelot bastò uno sguardo per capire cosa le stesse passando per la testa; attirò la sua attenzione dandole una gentile spinta contro la spalla.

"Ehi" la chiamò, cercandone gli occhi scuri, "Te la faccio io una promessa, Gwen. Risolverò questa situazione e lo farò senza ricorrere all'uso della violenza. Ti fidi di me?"

 

Lei non rispose subito, perché entrambi i suoi precedenti ex ragazzi avevano preferito mettere quanta più distanza possibile tra loro e quell'esaltato di suo padre, piuttosto che impegnarsi a restarle accanto. Raggrumò le labbra e stropicciò la gonna beige con le dita.

 

"Non sei arrabbiato?" domandò, senza però tornare a guardarlo. Un po' si sentiva in colpa per non averlo avvisato di cosa Tom potesse essere capace ed un po' si vergognava anche del suo comportamento.

"Certo che sono arrabbiato" rispose Lance, aggrottando la fronte (solo perché non aveva più sopracciglia da poter arcuare), "Ma che Dio mi fulmini se gliela darò vinta così, cazzo!"

La riccia appoggiò la testa contro la sua spalla e fece un bel sospiro. Allungò una mano sulle gambe cercando quella del suo ragazzo e fece intrecciare le loro dita. Poteva farlo, perché Lance era ancora il suo fidanzato e sentiva di avere bisogno di lui.

Mi fido di te.

 

*

 

"Ciao Duirvir!"

Mordred continuò a camminare, ma la sua espressione mutò. Voltò la testa verso Morgana che gli si era affiancata silenziosa come una ninja e guardò con sospetto il sorriso radioso che lo stava abbagliando. Ebbe l'insano istinto di pararsi la faccia con le mani, ma si trattenne solo grazie ad un'enorme forza di volontà.

"Come stai oggi?" rincarò la ragazza, per nulla turbata dalla radiografia cui lui la stava sottoponendo.

"Bene..." rispose Mordred, dopo lunghi istanti di macchinazioni frenetiche. Sembrava essersi scollato dal palato quella parola con fatica.

C'è una trappola, so che c'è una trappola. Solo... dov'è?

 

"Peccato" la voce femminile della mora risuonò cristallina in mezzo al corridoio, "Vuoi un po' di caffè? E' ancora caldo, sai!"

Mordred adocchiò il bicchiere fumante che gli venne piazzato sotto il naso.

"Ci hai sputato dentro?"

Morgana sorrise, annuendo.

"Non vedo perché questo dovrebbe turbarti. D'altronde sarà un po' come baciarmi, non trovi?"

Il ragazzo non rispose ma afferrò il bicchiere e colse quella frecciatina, bevendo un lungo sorso; lei continuò a camminargli accanto, incrociando le mani dietro la schiena con una certa spensieratezza.

"Spero tu sappia che ciò che hai fatto, porterà a delle conseguenze"

 

In quel momento un paio di studenti, nel superarli, adocchiarono Morgana e tentarono di soffocare alcune risate. La ragazza strinse le dita, ma continuò a sembrare del tutto noncurante.

 

"Mh, non vedo l'ora di scoprire che cosa hai macchinato" replicò mordace Duirvir, rallentando il passo fino a fermarsi. Si voltò verso di lei e le sorrise sardonico.

Aveva infine sparso le foto per tutta la scuola, era vero, ma l'avrebbe rifatto ancora e ancora e ancora. Lasciarsi spaventare da Morgana era stato l'errore che tutti avevano commesso, quello più comune.

Lasciarsi spaventare e non lanciarle delle sfide, a dirla tutta.

Mordred non era stato stupido come tutti gli altri: prima aveva osservato, poi aveva pianificato, quindi aveva attuato. La terza fase al momento era ancora in corso, ma ogni cosa stava procedendo secondo quanto previsto dalla seconda fase. Certo, con il bacio della sera prima aveva temuto di aver mandato tutto all'aria, perché quello non era stato pianificato, eppure lei era lì ad avvisarlo, a dirgli che in un modo o nell'altro avrebbe pagato per ciò che aveva fatto. Quello voleva dire che, nonostante tutto, aveva mantenuto viva l'attenzione di Morgana su di sé ed era proprio quello il segreto! Riuscire a calamitare la sua attenzione non era difficile, bastava indispettirla, il che si rivelava piuttosto semplice per la maggior parte dell'intera umanità, visto il carattere volubile (si fa per dire) di cui era provvista. La difficoltà stava nel mantenere viva l'attenzione guadagnata, perché come facilmente riuscivi ad averne, altrettanto semplicemente potevi restarne senza.

 

"Oh, credimi..." Morgana si avvicinò suadente (così tanto che lui sentì distintamente l'odore di camomilla che aveva tra i capelli), arrivando a sfiorare con la punta del naso la sua guancia, "...Sono io quella che non vede l'ora di fartelo scoprire"

 

Il sorriso di Mordred si accentuò.

Aveva decisamente la sua attenzione.

 

Si trattenne a stento dall'affondare una mano tra i suoi boccoli, quando lei si allontanò senza la minima traccia di titubanza sul volto; guardò il sorriso che ancora le piegava le labbra piene e si chiese quale sapore avrebbe avuto, se l'avesse morso in quel momento.

Il bacio della sera prima aveva soltanto fatto in modo di fargliene volere ancora di più.

 

Proprio a quel punto, oltre le spalle di Mordred, la mora vide il fratello uscire da un'aula in fondo al corridoio.

Le sembrò d'improvviso che tutto avesse cominciato ad andare a rallentatore.

 

Morgana non avrebbe mai, mai creduto possibile che il piano perfetto potesse coglierla lì, in mezzo al corridoio, ispirato da quella testa bionda sangue del suo sangue.

Eppure accadde, ma lei si mostrò tutt'altro che impreparata.

 

Mentre osservava Arthur allontanarsi verso le scale che portavano al piano inferiore, vide con estrema chiarezza tutto ciò che avrebbe dovuto fare, lì, nella sua testa, davanti ai suoi occhi aperti.

 

Come di solito accade quando si hanno idee geniali, fu presto presa da una certa smania.

 

"Duirvir!" esclamò con urgenza, riportando lo sguardo su di lui, "Ne ho abbastanza della tua compagnia, ho bisogno di un cambio di aria. Terrei gli occhi aperti, fossi in te"

 

Nel superarlo, sentì la sua risata leggera accarezzarle le orecchie con gentilezza.

Nonostante tutte le volte in cui si era comportata da vera incivile nei suoi confronti, ancora riusciva a stupirla il modo mai brusco con cui lui la trattava.

Fossi stata nei suoi panni avrei già cercato di uccidermi svariate volte.

 

Accelerò il passo lungo il corridoio, accantonando quel genere di particolari nel fondo della sua martoriata coscienza; chiamò Arthur quando oramai quello si trovava già a metà scalinata.

 

Lui si girò verso di lei e sorrise.

Sorrise con l'aria di uno che non ne aveva avuto ancora abbastanza di prenderla in giro, in barba al tentativo che Freya aveva fatto per farlo sentire in colpa.

Lei non può capire. E' una cosa tra fratelli. Fosse stata una mia foto, Morgana ne avrebbe già ordinato la gigantografia e l'avrebbe appesa su uno dei muri esterni del college. Direi che per quanto mi riguarda, invece, mi sto comportando in maniera piuttosto magnanima.

 

"Sorella!" esclamò, allargando un po' le braccia, "Qual buon vento ti porta a cercare ancora le mie beffe?"

Il tono allegro che aveva usato, la fece sbuffare con intolleranza.

C'è spazio per tutti, la vendetta non è tirchia. Prima toccherà a Duirvir, poi a te, Artie. Anzi, se le cose vanno come dico io, non avrò neanche bisogno di spremere le meningi una seconda volta.

 

Scese le scale con più calma e stiracchiò le labbra in un sorriso plastificato.

"Invece di pensare a me, piuttosto, che cosa mi dici della tua bella dama dalla tunica verde? Dobbiamo coinvolgere l'FBI? La CIA, per farti togliere questa fissa? Ti stai rendendo piuttosto ridicolo, Artie"

Il biondo incrociò le braccia contro il petto e la guardò con un cipiglio scuro. Aveva meno voglia di ridere, evidentemente.

"Che cosa vuoi, Morgana?"

Lei sorrise, il tono impaziente che aveva usato suo fratello poteva svelarle, in ogni occasione, quali tasti premere per infastidirlo. O per farsi ascoltare.

Sistemò i capelli dietro le orecchie ed infilò le mani nelle tasche dei jeans.

"A dispetto di ciò che pensi, sei pur sempre mio fratello e quando la tua sanità mentale giunge pericolosamente ai limiti della sopportazione umana, è nei miei interessi riportarti in carreggiata..."

Arthur continuò a guardarla in silenzio, la fronte aggrottata per l'attenzione che le stava dedicando. Non si lasciò distrarre neanche per sbaglio, dal velato insulto (uno dei tanti) che gli era stato rivolto.

"Che vorrebbe dire? Hai scoperto qualcosa su di lei?" chiese con un tono incredibilmente fermo, considerando l'improvvisa palpitazione che aveva reso irregolari gli ultimi cinque o sei battiti.

Alla sola prospettiva che sua sorella potesse davvero sapere qualcosa, lo stomaco si contrasse.

Morgana si strinse nelle spalle ed inumidì le labbra. Non c'era sorriso sul suo volto, ma i suoi penetranti occhi chiari lo guardarono in modo piuttosto significativo.

"No Arthur, non so niente" rispose con semplicità e senza traccia di derisione, "Però mi è venuta in mente una cosa"

Suo fratello restò di nuovo in silenzio, ma dal modo in cui la guardò non si poteva dire che non pendesse dalle sue labbra. Fu a quel punto che Morgana iniziò a provare un lieve senso di colpa.

Lei sapeva, sapeva tutto. Avrebbe potuto eliminare le pene di Arthur con una parola.

 

Un nome.

 

Eppure...

 

Eppure, la voglia che aveva di sputtanare Mordred, era così grande da annebbiarle la ragione.

 

Restò zitta a sua volta ed abbassò lo sguardo sulle scale, strusciando la suola della scarpa contro la pietra ruvida e fredda.

Quello era un tiro troppo mancino da tirare a suo fratello che, tra le altre cose, non c'entrava niente in prima persona.

Maledetto Emrys ed il giorno in cui Dio mi ha fatto scoprire come sono andate davvero le cose!

 

Oh.

Un momento.

 

Emrys.

 

Morgana allargò gli occhi rivolti al pavimento, ma in realtà erano fissi sul nulla.

La sua mente, senza che lei la forzasse, iniziò ad attuare un vorticoso cambio di programma.

 

Duirvir.

Arthur.

Emrys.

 

Si poteva fare.

Era fattibile.

Se avesse calcolato tutto nei minimi dettagli, avrebbe raggiunto non uno, non due, ben tre obiettivi.

 

Un brivido di puro piacere (quello dell'orgasmo sarebbe stato una pallida imitazione), le percorse la spina dorsale. Con le mani sfregò le braccia, per scacciare addirittura la pelle d'oca.

Cazzo, cazzo, cazzo, sono un genio, un genio, un maledetto genio! Mi faccio paura da sola!

 

"Morgana? Allora?!"

 

Lei alzò il volto di scatto, gli occhi azzurri di Arthur le scavarono la faccia da vicino.

Sospirò profondamente ed ancora un po' disorientata dall'immane, stratosferico, incommentabile colpo di genio che aveva avuto, poggiò le mani sulle sue spalle ampie.

 

"Arthur, non voglio insinuare niente ma... hai mai pensato che, essendo una festa in maschera, la persona che ti ha baciato possa essere stata un lui anziché una lei?"

 

Il biondi strabuzzò gli occhi e la guardò come fosse completamente impazzita.

"Un uomo vestito da donna?!"

 

Lei gli accarezzò gentilmente una guancia, abbozzando un sorriso comprensivo.

"Una festa in maschera, Artie. Una festa in maschera. Non ti suggerisce niente?"

 

Dalla guancia, fece scivolare la mano sotto il mento di suo fratello; gli richiuse la bocca che si era spalancata con gentilezza, facendolo sembrare un po' meno baccalà pronto per essere infornato. Senza aggiungere altro, con un'occhiatina eloquente, Morgana lo superò e continuò a scendere le scale, un sorriso vittorioso sulle labbra solo quando ebbe la certezza di non poter essere più vista da occhi indiscreti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL'AUTORE: Vi sarete sicuramente accorte che negli scorsi capitoli le mandate a capo erano qualcosa di mostruoso, ma non è un effetto voluto XD quando carico il file html dal pc, non so perché ma il sito mi raddoppia in automatico le mandate a capo D: ho cercato una soluzione (anche con Emrys_____) a questo problema, ma quella che più mi piace ancora non l'ho trovata, quindi per il momento dovrete sopportare le spaziature oscene ù_ù comunque, le prove che ho fatto, mi hanno dato la scusa per ricontrollare i capitoli precedenti... direi che notare la quantità immonda di errori di battitura, mi ha fatta quasi infartare, Quindi, insieme agli aggiornamenti, sarà apportato un lavoro di revisione per sistemare alcune di quelle bestialità. Se ci saranno modifiche importanti ovviamente sarete avvisate! Grazie a Ryta Holmes che tutte le volte beta i miei capitoli e grazie a tutti coloro che hanno recensito, adoro sclerare e sparare cazzate con voi :'D Passando alle note:

 

  1. I loro inquietanti occhi di bottone vi osservano... http://techmacro.com/wp-content/uploads/2012/07/sweet-teen-girls-room-designs-7.jpg

  2. Libero riferimento ad uno dei componenti dei Fantastici 4, l'uomo di fuoco ;D meglio conosciuto come quel gran pezzo di manzo chiamato Chris Evans.

  3. L'originale è l'estroflessione endocrinale del neurone trasversale di Thor, ma Lance non la ricorda bene XD

  4. Qualcuno nelle recensioni dello scorso capitolo mi ha chiesto di cercare il fantasma formaggino. QUESTO è il fantasma formaggino XD http://netherworld.myblog.it/media/00/00/237624971.jpg vorrei vedervi cercare di spalmarlo sul panino.

 

Ultimo ma non per questo meno importante (ANZI!). DenaDena, piccola trottolina del mio cuore, che hai fatto diventare di burro le mie ginocchia... lascia che mostri al mondo CHE COSA HAI FATTO!

 

PARLIAMONE. Cioè è troppo meraviglioso *_* ECCOVI MERLO VESTITO DA DONNA! E' lui!

 

Che bella la vita quando succedono 'ste cose ç_ç

* si liquefa *

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Capitolo 9
*** Imbarazzanti fraintendimenti ***


NONO CAPITOLO




Arthur si avvicinò al paglione, osservando da vicino come la punta della freccia avesse praticamente sfiorato il centro del bersaglio; sfiorato appunto, non andato perfettamente a segno. Con un cipiglio irritato, iniziò ad estrarre tutte le frecce che aveva scoccato, infilandole una alla volta all'interno della faretra che pendeva dal suo fianco destro.
Il cielo era coperto da alcune nuvole, ma ogni tanto, un flebile raggio di sole riusciva ad infiltrarsi tra quel muro nebbioso, creando deboli chiazze di luce sull'erba verde.
L'ora di pranzo era passata da un po', ma Arthur non avrebbe saputo davvero dire quanto tempo fosse passato, da che aveva iniziato ad allenarsi; sentì dei passi sull'erba alle sue spalle, ma non si voltò, troppo impegnato ad imprecare contro una freccia che si era conficcata un po' troppo a fondo nel paglione. Infilò una mano nella tasca della tuta ed estrasse una fettuccia di gomma; la piegò a metà ed afferrò la freccia, ricominciando a tirare.

"Ehi! Che stai facendo?"

Merlin si fermò accanto a lui, le mani abbandonate nelle tasche dei jeans e l'immancabile borsa piena di libri a costringerlo in una postura ciondolante. Arthur sbuffò e con un ultimo sforzo, riuscì ad estrarre la freccia. Schioccò soddisfatto la lingua contro il palato e la ripose nella faretra assieme alle altre, aprendo la fettuccia di gomma.
"Secondo te?" rispose piuttosto annoiato, già avviandosi verso la linea di tiro, a trenta metri di distanza dal paglione.
Merlin corrugò la fronte, basito dal tono di voce che aveva udito.
"Ti sei alzato con il piede sbagliato oggi?" domandò, trotterellando dietro di lui con aria piuttosto tranquilla. Il giorno prima non si erano visti e dopo l'ultima conversazione che avevano avuto (e che risaliva alla sera della festa), era sorta in lui la strana e scomoda sensazione di aver lasciato una questione in sospeso.
Arthur non rispose, probabilmente troppo impegnato a sistemare il paracolpi sull'avambraccio sinistro. A quel punto, Merlin capì con chiarezza che qualcosa non andava; accelerò il passo e finì per affiancare il biondo, che venne adocchiato oltre la frangia scompigliata.
"Ti sei alzato con il piede sbagliato" sentenziò stavolta, senza ombra di dubbio.
Arthur gli lanciò una breve occhiata, stringendo un po' i lacci del paracolpi.
"Non dovresti prendere così sul serio tutto quello che dici, lo sai?"
Merlin rallentò visibilmente, lasciando che l'altro prendesse un certo vantaggio. Sbatté con aria idiota le palpebre un paio di volte e restò a fissare la schiena di Arthur che si allontanava verso la linea di tiro, senza sapere cosa dire. Non poteva crederci.
Si è offeso. Si è offeso per davvero. Ecco che cosa mi sono perso, la sera della festa!

Riavviando tutti gli ingranaggi del suo cervello, fece un piccolo scatto, guadagnando di nuovo il terreno che aveva perso su di lui. Stavolta quando lo affiancò, gli puntò palesemente gli occhi addosso.
"Arthur, ma sul serio ce l'hai con me per quella storia?!" strabuzzò gli occhi, la bocca semi aperta, "Non è colpa mia se non riesci a trovare quella ragazza, perché te la stai prendendo con me?!"
Pendragon si fermò nel bel mezzo del campo da tiro e si voltò per fronteggiarlo. Allargò le braccia con esasperazione, prima di farle ricadere pesantemente contro i fianchi.
"Non me la sto prendendo con te, Emrys!"
"Ah, no? E che cosa dovrebbe significare allora quello che hai detto?"
"Forse non sono io che non dovrei prenderti seriamente, forse sei tu a non doverlo fare con me! Era per dire, Emrys!"
Arthur ricominciò a camminare a passo più spedito, puntando ostinatamente gli occhi verso l'arco che lo attendeva pigramente sul suo supporto.
"Tanto per dire un cavolo!" Merlin non si arrese e lo seguì, sentendo un'irritazione sempre più crescente premere contro lo sterno; "E' per questo che non stiamo più andando in giro a stalkerare studentesse? E' perché ti ho detto di lasciar perdere?!"
Fu costretto a fermarsi di colpo perché Arthur si girò verso di lui così velocemente, che si ritrovò a barcollare qualche passo all'indietro. Sentì la voce strozzarsi nella gola, quando i suoi occhi celesti lo racchiusero in un globo di gelida rabbia. Pendragon era un fascio di nervi.
"Ma chi ti credi di essere?!" sputò, la voce bassa, quasi ringhiante, "Pensare di avere tutta questa influenza su di me è davvero un po' troppo, soprattutto per te, Merlin!"
Merlin avvertì distintamente il suo cuore compiere una vertiginosa caduta verso lo stomaco. No, non poteva essere, stava andando tutto a sfacelo! Non si era mai aspettato di vedere i suoi sentimenti ricambiati da Arthur, ma essere almeno suo amico, quella era stata una fortuna insperata che non poteva calpestare! Non poteva lasciarlo accadere! Provò a dire qualcosa, nonostante fosse stato ferito da quelle parole.
"Non ho mai preteso né voluto, avere un'influenza su di te..." commentò con un tono di voce piuttosto titubante, ma limpido come una giornata di sole.
Arthur restò a guardarlo ancora per dei lunghi istanti, durante i quali il moro non distolse mai lo sguardo, mettendo in chiaro in un certo modo, la totale onestà delle sue parole. Tuttavia Pendragon, probabilmente perché troppo accecato dal nervosismo, non pareva essere nelle condizioni adatte per intuire ed apprezzare quella sincerità, qualità che scarseggiava anche nella sua più ristretta cerchia di amici.
Irrigidendo il profilo del volto in maniera inconscia, il biondo tornò a voltargli le spalle; "Vattene Emrys, voglio stare da solo" sentenziò, raccattando il suo arco, prima di allontanarsi verso i dormitori maschili dei Camelot.
Merlin rimase fermo vicino la linea di tiro, le braccia a sfiorare i fianchi magri ed un'improvvisa, mostruosa voragine al posto dello stomaco.
Aveva come la sensazione di aver appena smarrito la bussola.
Che stava succedendo?

*

"Ciao Morgana! Che ci fai qui?"

Morgana si girò con un sorriso sfavillante, incontrando immediatamente lo sguardo del buon Leon.
Sollevò la capiente borsa bianca verso l'alto e si strinse nelle spalle.
"Sono venuta a portare alcuni appunti a mio fratello. Ho finito di correggerli questa mattina ma, come al solito, sono sempre io quella che deve fare il lavoro sporco!"
Leon rise con un certo divertimento, chiudendosi alle spalle la porta della sua stanza; "Dovresti rallentare però, tra i tuoi impegni e l'aiuto che dai a tuo fratello, credo tu abbia le idee un po' confuse!"
Morgana finse con egregia maestria un'aria totalmente sorpresa.
"Che cosa intendi dire?"
"Beh" rispose Leon, con un sorriso un po' colpevole sulle labbra, di chi non vorrebbe ridere degli altri ma riesce a trattenersi a stento, "La camera di tuo fratello è al piano di sotto, non te lo ricordi più?"
La ragazza sgranò gli occhi e la bocca formò una O pressoché perfetta. Trascorsero alcuni istanti di silenzio, necessari a far credere a Leon che la sconvolgente notizia era in corso di elaborazione.
"Diavolo! Hai ragione! Oh, Dio!" si coprì la faccia con una mano, dando l'aria di essere mortalmente imbarazzata da quella gaffe. Si avvicinò all'amico di suo fratello e lo prese sotto braccio, sfarfallando le ciglia lunghe e scure.
"Perché non mi accompagni? Così non potrò perdermi di nuovo!"
Leon schiuse le labbra piuttosto scioccamente, incantato dal movimento ipnotico degli occhi di Morgana; contro ogni aspettativa, riuscì a racimolare la forza necessaria per biascicare un assenso.
Mentre entrambi si avviavano verso le scale, la ragazza voltò la testa indietro, lanciando un'occhiata alla porta della stanza numero centoventitré; stese le labbra in un sorriso ferino: aveva proprio l'aria di un gatto già pronto a leccarsi i baffi.

*

Tom assottigliò le palpebre sugli occhi e tenne le mani appoggiate sulle ginocchia, in una posa palesemente minacciosa ed ostile (o almeno così l'avrebbe definita il nostro eroe). Lancelot dovette forzarsi oltre ogni modo per non distogliere lo sguardo ed allentò il colletto della camicia per riflesso. Tom aveva riposto temporaneamente i suoi arnesi, ma la fucina era ancora calda di lavoro e Lake sentiva già la stoffa della canottiera (quella della salute, che andava infilata nelle mutande), appiccicarsi alla schiena.
Francamente non poteva comportarsi meglio di così. Stava mantenendo la sua parola, era andato dal padre di Gwen con tutte (più o meno) le buone intenzioni del mondo e ci aveva parlato senza ricorrere all'uso di violenza. All'inizio Tom aveva soppesato da una mano all'altra il suo fidato martello, tanto che l'aveva quasi fatto preoccupare per la sua incolumità, ma poi si era seduto ed aveva iniziato a fissarlo; lo aveva fissato così intensamente che Lancelot, schiacciato da quegli occhi neri come la pece, aveva sentito le ginocchia piegarsi da sole ed il sedere crollare sulla panca davanti la sedia dove s'era accomodato Tom.
Dal momento in cui Lance aveva finito di parlare, l'uomo non aveva aperto bocca ed arrivati a quel punto, il silenzio era diventato terribilmente palpabile. Lancelot se lo sentiva stringere addosso quasi quanto la camicia.

"Signor Taibhse(1), io-"
"Sta' zitto"

In realtà, Lance credette si essersi beccato uno stai zitto, perché interpretare quella sorta di ringhio animalesco che era fuoriuscito dalle profondità più profonde della gola di Tom, sarebbe stata un'impresa per chiunque.
Magari mi ha appena detto ti ammazzo. Secondo me l'ha detto. Voglio dire, è plausibile. Me lo aspetterei.

"E così credi di poter venire qui a dirmi come dovrei comportarmi con mia figlia" masticò l'uomo ad un certo punto, facendo rimanere l'altro di stucco. Lancelot aveva sinceramente creduto che Tom non avrebbe davvero parlato, con lui. Si era solo aspettato di essere preso selvaggiamente a martellate in mezzo alla fronte.
"No, io veramente- cioè sì! Nel senso, non è che... Voglio dire-"
"Sì ragazzo, spiegami che cosa vorresti dire, prima che ti spalmi la faccia sulla fucina. Le piaghe che hai adesso ti sembreranno soltanto dei ghirigori”
D'accordo, pensò Lancelot dopo aver preso un respiro profondo, dalle minacce silenziose è passato a quelle verbali. Ma, come ho detto, sono venuto preparato. Preparato psicologicamente. Fisicamente un po' meno, ma posso sempre improvvisare.

"Voglio dire che io tengo a sua figlia. Ci tengo davvero. Altrimenti non avrei cercato di farle la corte in tutti i modi possibili, alcuni dei quali veramente assurdi, lo riconosco. E se non fosse sempre per Gwen, credo che a quest'ora la faccia sulla fucina glie l'avrei spalmata io, con tutto il rispetto. Non so se ci ha fatto caso, ma ho delle ustioni sulla faccia e mi mancano le sopracciglia. Non mi sarei certo aspettato che i miei tentativi di corteggiamento avrebbero rischiato di ammazzarmi, ma non per questo ho smesso. Primo perché amo Gwen e mi piace, mi piace maledettamente ricoprirla di attenzioni. Secondo, l'ho fatto per rispetto nei suoi confronti, Signor Taibhse. Rispetto per quelle che credevo essere le sue ultime volontà. Dica un po', pensa veramente che sarei io quello a dover finire in pasto alla fucina?"

Tom aveva allargato gli occhi, tanta era stata la sfacciata schiettezza con la quale Lancelot gli si era rivolto. Mai, mai nessuno degli ex fidanzati di sua figlia aveva osato parlargli a quel modo! Quando afferrò il martello dal tavolo da lavoro, Lake era già schizzato in piedi come una molla, un incalzante colorito biancastro a dimostrazione che il sangue stava velocemente defluendo dalla faccia. Il fabbro si alzò in piedi con un grido da vero guerriero moicano e fece roteare il martello per aria, senza perdere tempo. Iniziò così all'improvviso, una specie di caccia all'uomo: Lance si mise a correre intorno al tavolo, ripetendo spesso un oh mio Dio oh mio Dio davvero sentito e Tom cercò di stargli dietro e di acciuffarlo; doveva davvero spaccargli quella faccia di bronzo che aveva, una volta per tutte. Era diventata una questione di principio!

"Signor Taibhse!" gridò il ragazzo, circumnavigando il tavolo e mantenendo un certo vantaggio, "Possiamo parlarne, per favore? Ho giurato a Gwen che mi sarei comportato civilmente!"
Il martello si abbatté pesantemente sul tavolo, a dimostrazione di cosa ne pensasse Tom delle sue intenzioni civili. Si fermarono entrambi, uno davanti all'altro, il fabbro con un po' di fiatone in più.
"Per favore" ne approfittò Lancelot, "Mi dia una chance! Una possibilità!"
La corsa si scatenò di nuovo, Tom con uno scatto cercò di aggirare lestamente il tavolo ma Lance era troppo veloce e decisamente più giovane di lui; si sorprese anche di come il fabbro non avesse ancora tentato di lanciargli dietro il martello, invece di limitarsi a rincorrerlo.
Mh, ma non facciamoglielo notare eh. Non diamogli spunti o pretesti del genere. Direi che sono già abbastanza sfigato di mio, senza che mi metta ad incitarla, la sfiga.

"Per la miseria, Tom!"
"Un'altra confidenza così e ti strappo le pa-"
"Non degeneriamo!"
"Quando ti acchiappo Lake, chiederai pietà!"
"Non mi arrenderò mai!"

Lancelot si fermò all'improvviso e piantò le mani sul tavolino, fissando il fabbro con intensa serietà. Tom si fermò davanti a lui e se uno sguardo avesse potuto uccidere, Lance sarebbe stato già bello che morto.
"Se si aspetta davvero che volterò le spalle a Gwen e me ne andrò come hanno fatto tutti quegli altri imbecilli prima di me, si sbaglia di grosso. Può minacciarmi, malmenarmi, passarmi sopra con un trattore, può insultarmi ed anche maledirmi. Ma non le servirà a niente, Signor Taibhse. Se spera davvero di cavarsela con me come ha fatto con gli altri, si accorgerà ben presto di aver fatto male i calcoli. Amo Gwen e le resterò accanto, a prescindere da come terminerà questa conversazione!"

Tom osservò il dito che Lancelot, nel parlare, gli aveva puntato contro. Da lì, fece risalire lentamente lo sguardo sul volto accaldato del ragazzo, che lo fissava con una determinazione davvero fuori dal comune. Che avesse finalmente trovato quello giusto? Quello degno? Unendo le labbra in una linea dura e sottile, lasciò ricadere pesantemente il martello sul tavolo, che fece un tonfo non indifferente. Incrociò le braccia massicce contro il petto e soppesò silenziosamente il coraggio che Lake stava dimostrando davanti le sue minacce. O forse si trattava di semplice stupidità? Il fatto era che qualche merito, bisognava riconoscerglielo. E, come aveva già notato, era la prima volta che uno dei fidanzati di sua figlia dimostrava quella presenza di animo.

"Bene Lake" esordì all'improvviso, mostrandosi un po' più civile, "Vuoi restare con mia figlia?"
Lancelot annuì, allargando le braccia con una certa, esasperata eloquenza.
"Allora sposatela. Entro l'anno. Dimostrami la serietà delle tue intenzioni!"
Il ragazzo venne colto totalmente contropiede da quella sentenza. Restò a fissare il volto di Tom con un'espressione piuttosto inebetita e boccheggiò come un pesce fuor d'acqua. Sposare Gwen?
Ma fa sul serio? Crede davvero che la sposerò solo perché lo vuole lui? Oramai so che non è malato sul serio, perché diavolo pensa che continuerò a dargli retta? Solo perché è suo padre? Quest'uomo è pazzo.

Eppure Lancelot, rimuginando sui mille e più motivi per non dare l'ennesima soddisfazione a quell'individuo oscuro e ricattatore che altri non era che il fabbro, si accorse che il pensiero di sposare Gwen non lo infastidiva, anzi. La proposta di Tom l'aveva lasciato senza parole solo perché l'uomo, nonostante la sua messa in scena fosse stata scoperta, continuava imperterrito a pretendere da lui un certo atteggiamento. Ma sposare Gwen... diamine, realizzò che per lui andava bene.
Qual è il problema? Fatto.

Allungò una mano verso il fabbro, per sigillare una promessa.
"Entro la fine dell'anno diventerò suo genero ed a quel punto, la smetterà di comportarsi da padre psicopatico, non è vero?"
Tom non aspettò che un secondo, prima di stringere la mano di Lancelot in una morsa d'acciaio trincia dita.
"Se entro la fine dell'anno non diventerai mio genero, sappi che a quel punto niente e nessuno potrà impedirmi di spaccarti la faccia, se farai del male alla mia bambina. Ti ho avvertito, Lake"

*

Arthur fissò la lavagna senza vederla realmente. Si era infilato in un'aula vuota per cercare di ripassare, in vista di un esame oramai alle porte, ma tutto ciò che la sua mente riusciva a partorire, era il pensiero di quello che Morgana gli aveva detto. Come aveva potuto baciare per davvero un uomo e non accorgersene nemmeno? D'accordo, la festa era stata in maschera e probabilmente lui era stato un po' ubriaco, ma... non riuscire a distinguere la bocca di un ragazzo da quella di una ragazza... era semplicemente assurdo.
Lui amava le ragazze.
Le adorava.
Le venerava... se davvero aveva compiuto un tale sbaglio, la colpa era da attribuirsi nient'altro che all'alcool. E alle luci lampeggianti.
Un altro aspetto che aveva veramente dell'assurdo in tutta quella faccenda, era che stesse davvero prendendo in considerazione le parole di sua sorella.
Questo spiegherebbe anche perché l'ipotetica ragazza non si è fatta mai avanti. Se dovesse essere sul serio un lui, fossi al posto suo mi vergognerei come un ladro. Maledizione.

E se invece l'ipotesi di Morgana fosse stata sbagliata? D'altronde, che prove aveva lei per dimostrare una cosa del genere? Tante quante ne aveva lui per dimostrare che aveva baciato una ragazza.
Con un sospiro profondo, affondò le mani nei capelli e poggiò i gomiti sul tavolo. Quella storia lo stava facendo andare fuori di testa, oramai era diventata una questione di principio. Doveva sapere qual era la verità, il mistero si infittiva sempre più e lui non sopportava i segreti. Erano una cosa che aveva sempre odiato.
E poi c'era Emrys.
Emrys, con il suo essere dannatamente vago.
Emrys, che sembrava sapere sempre qual era la cosa giusta da dire e poi lo spiazzava con un atteggiamento da menefreghista.
Ciò che più lo irritava, era l'importanza che le parole di quel ragazzo acquisivano per lui. Sin dal primo momento in cui aveva incrociato gli occhi azzurri di Merlin, era rimasto spiazzato dalla loro limpidezza, dalla loro trasparenza. Aveva avvertito, con una sicurezza sconcertante, che quel ragazzo e la sincerità sembravano essere fatti della stessa materia. Per lui Merlin era un ossimoro, perché nonostante avrebbe scommesso una mano sull'onestà dell'amico, una parte di lui sentiva che c'era qualcosa di strano. Se davvero Emrys era tutta la sincerità che lasciava trasparire dallo sguardo, perché allora si comportava in maniera tanto sfuggente? E perché così rare, erano le volte in cui sembrava dire qualcosa perché voleva dirla? Arthur non si sarebbe mai stancato di ammetterlo, ma Merlin era un vero enigma.
Una parte di lui, quella fuori dal suo controllo, si fidava ciecamente di quel nerd da strapazzo che aveva incrociato il suo cammino. L'altra parte, la più cauta, gli suggeriva di spogliarlo da quella patina di onestà che lo ricopriva da capo a piedi e di grattare la superficie, per scoprire cosa c'era sotto; nel secondo caso, sarebbe sicuramente incorso nelle ire del diretto interessato, ma Arthur cominciava davvero ad essere stufo, di quella situazione. Se avesse saputo, il giorno in cui l'aveva costretto ad aiutarlo in quell'impresa, che Merlin sarebbe arrivato a condizionare il suo umore così profondamente, non avrebbe saputo dire se le cose sarebbero andate diversamente. Non sapeva se avrebbe chiesto comunque il suo aiuto, ma credeva che no, piuttosto sarebbe uscito dalla biblioteca ed avrebbe ideato qualcos'altro.
Se c'era una cosa che aveva in comune con Morgana, era la mania di controllo. Già non sopportava che qualcuno potesse scombinargli i pensieri in quella maniera, se poi quel qualcuno era piombato nella sua vita da tempo relativamente scarso, beh... c'era qualcosa che non andava.
L'importante, in quel momento, era scoprire l'identità della persona vestita di verde. Non gli importava se si fosse trattato di un uomo o di una donna, gli bastava togliersi quel sassolino dalla scarpa. Nel caso di un uomo, si sarebbero fatti due risate ed avrebbero finto che nulla fosse accaduto; nel caso di una una donna, le avrebbe chiesto di uscire.
Alle feste in maschera incidenti di quel genere potevano capitare a chiunque, no? Se fosse successo anche a lui, beh... dove stava il problema?

Arthur sapeva quel era il problema, ma non poteva pensarlo, figurarsi dirlo a voce alta.
Il problema era che quel bacio gli era piaciuto da matti. L'aveva rincoglionito.
Che cosa avrebbe fatto, se avesse scoperto che era davvero un ragazzo, quello che l'aveva baciato? Poteva scendere a patti di essere stato vittima di una gaffe del genere, ma non era altrettanto sicuro di poter passare sopra una tale consapevolezza. Baciare un ragazzo non poteva essergli piaciuto così tanto.
Doveva trattarsi di una ragazza.
Per forza.
Si rifiutò categoricamente di pensare a come si sarebbe dovuto comportare, in caso contrario.
L'opzione non era neanche contemplabile.

Alzò gli occhi dal tavolino nell'esatto momento in cui la testa di Morgana fece capolino nell'aula, oltre la soglia. Gli occhi chiari di sua sorella lo individuarono subito, d'altronde era l'unico presente lì dentro.
"Arthur!" esclamò, aprendo tutta la porta per entrare, "Stavo cercando proprio te!"
Che culo, pensò Pendragon Maschio, guardandosi bene dall'esternare quell'impeto di gioia. La osservò avvicinarsi al tavolo e sedersi proprio di fronte a lui, portando con sé un intenso e piacevole odore di camomilla.
"Come stai? Ho incrociato Emrys per i corridoi poco fa, l'ho visto abbastanza abbacchiato. Mi ha detto che avete avuto una discussione"
Arthur corrugò la fronte con espressione interrogativa.
No che non abbiamo avuto una discussione. Lui ha parlato. Io mi sono irritato. Lui si è irritato. Io me ne sono andato. Questo è discutere? No, che non lo è.
"Emrys tende a farla più tragica di quel che è"
"Mh, sicuramente è così" rispose Morgana, tamburellando i polpastrelli sul tavolo, "O forse stai pensando a quello che ti ho detto e sei diventato particolarmente irritabile?"
"Se pensi che io sia diventato particolarmente irritabile, sei venuta qui per testarlo di persona?"
Morgana alzò le mani per aria come in segno di pacifica resa e sorrise morbidamente.
"No ma, sai, stavo pensando..."
"Succede sempre qualche casino quando pensi, Morgana..."
"Non fingere di non essere interessato. Non è niente di certo, ma è sempre qualcosa, no? Mi pare tu non sappia più che cosa fare..."
Arthur le lanciò uno sguardo torvo; incrociò le braccia contro il petto ed il suo silenzio, invitò la sorella a continuare.
"Ti ricordi la sera della prima festa?" domandò lei, aspettando un suo cenno di assenso prima di proseguire, "Cerchiamo di concentrarci sulle persone che frequentano il college. Escludiamo per un attimo l'ipotesi che possa trattarsi di un infiltrato. Ipotesi tra l'altro meno probabile della prima. Comunque, se ci soffermiamo solo sulla cerchia di studenti iscritti ed ipotizziamo che io abbia avuto ragione, nel supporre che si sia trattato di un ragazzo... ricordi forse l'assenza di qualcuno, quella sera?"
Il biondo abbassò lo sguardo e si sforzò di ricordare i volti che aveva incrociato il giorno del misfatto. Leon, Gwaine, Valiant... altra gente che conosceva ma di cui non ricordava bene il nome...
"Morgana, c'era un sacco di gente alla festa, come pretendi che possa aver notato l'assenza di qualcuno?! Tra l'altro dopo un certo punto i miei ricordi diventano abbastanza vaghi"
La ragazza sospirò con insofferenza e roteò gli occhi chiari verso il soffitto.
"Arthur, ti ho chiesto di provare a ricordare. Non potresti metterci un po' più di impegno, prima di lasciar perdere così?"
Anche il fratello sbuffò sonoramente e stropicciò le palpebre con le dita, mettendoci un po' più di impegno, gne gne gne.
Poi, all'improvviso, gli venne in mente un dettaglio.
Gwaine.

"Ehy, Arthur, hai per caso visto Mordred?" domandò Gwaine, caracollando verso di lui nel suo costume da Gandalf, "Voglio che mi faccia da secondo nella gara di bevute, nel caso dovessi morire nel tentativo di vincere" specificò, sorridendo di un sorriso smagliante.

"No, non l'ho visto" biascicò, già oltrepassandolo per andare a prendersi qualcosa dal tavolo delle bevande, "Prova in dormitorio" concluse e, ancora una volta, scandagliò con attenzione i costumi di tutte le ragazze che gli capitarono a tiro d'occhio.


Morgana dovette scorgere qualcosa sul suo viso, perché si tese verso di lui come una corda di violino; lo scrutò con attenzione e con le sopracciglia arcuate. Per la prima volta in tutta la sua vita, Arthur ebbe l'impressione che finalmente fosse la sorella a pendere dalle sue labbra, anziché il contrario.
"Chi è?" soffiò lei, indagando nei suoi occhi alla ricerca di un nome.
Pendragon Maschio sbatté le palpebre piuttosto scioccamente e masticò un Mordred così poco convinto, che Morgana ebbe l'impressione di non averlo sentito parlare affatto.

Non aveva messo in conto che Arthur sarebbe stato il primo a fare il nome di quell'imbecille ma, ehi: quando il destino decideva di metterti davanti occasioni così ghiotte e servite su un piatto d'argento, sarebbe stato da veri maleducati rifiutare. Morgana non poté credere alla fortuna che le stava capitando e rimescolando mentalmente le carte dei suoi piani, colse la palla al balzo.

"Mordred?!" ripeté, con tono più chiaro, ottenendo uno scialbo, disorientato assenso da parte di suo fratello. Mostrandosi piuttosto colpita da quella rivelazione, si tirò indietro ed appoggiò la schiena contro la spalliera della sedia. Allargò gli occhi, dando l'impressione di star analizzando l'informazione ed all'improvviso, schioccò la lingua contro il palato come avesse appena scoperto la via per il Valhalla.
"Vuoi vedere che la sera della seconda festa mi ha baciata soltanto per attirare la tua attenzione?!" commentò, simulando un tono di voce così sibillino e fremente di indignazione, da risultare praticamente genuino. Arthur, se possibile, apparì ancora più frastornato. La guardò come fosse impazzita ma infondo agli occhi azzurri, c'era l'ombra del panico.
Morgana avrebbe preso quell'ombra e l'avrebbe clonata all'infinito.
"Arthur, pensaci, deve essere per forza così! Dopo quell'avvenimento non mi ha neanche più rivolto la parola! E tu gli sei saltato praticamente addosso! Quel piccolo bastardo! Sapeva che lo stavi guardando! Non ha fatto altro che usarmi!" sbatté con veemenza un pugno sul tavolo, sottolineando la sua presunta ira funesta. Cercò gli occhi di suo fratello, che la stava guardando con un tale terrore da farla quasi tentennare. Quasi.
Si sporse verso di lui con aria agguerrita, da vera donna ferita nell'orgoglio e gli artigliò la maglia con le unghie perfettamente smaltate.
"Ascoltami bene, Arthur. C'è un solo modo per scoprire se Duirvir effettivamente ha preso in giro entrambi. E' diventata una questione personale, che potrebbe riguardare anche me. Tu che hai accesso libero nel dormitorio dei Camelot, vai in camera sua. Se ha veramente indossato i panni della ragazza dal vestito verde, il costume dovrà per forza essere ancora lì!"

*

Arthur non poteva crederci. La sua mascella avrebbe toccato il pavimento, se solo fosse stato umanamente possibile. Li aveva trovati. Li aveva trovati per davvero! Nascosti malamente dietro l'armadio, aveva trovato gli abiti della ragazza in verde!
Mentre vagava senza una meta per i corridoi dell'università, cercò di capire come diavolo era stato possibile arrivare a quel punto.
Mordred l'aveva baciato.
Mordred l'aveva baciato e lui aveva pure ricambiato!
Dovette appoggiarsi contro il primo muro disponibile, per non cedere alla portata di quella rivelazione.
Ma porco cazzo!

Assecondando il bisogno che aveva di continuare a muoversi, uscì nel cortile interno della scuola e si lasciò crollare su una delle panchine vicino la fontana. Il sole era quasi calato del tutto ed i lampioni si erano già accesi per illuminare l'edificio di pietra. Arthur abbandonò mollemente le mani sulle gambe e fissò l'acqua zampillare pacificamente dagli erogatori.
Morgana aveva avuto ragione.
Del resto, ammise una parte di lui che assolutamente non gli apparteneva, sua sorella aveva sempre ragione.
Che cazzo, è peggio di un oracolo della madonna. E' una strega. Ed io la odio.

Nonostante avesse appena declamato la sua avversità per la diabolica (non sapeva neanche quanto) consanguinea, restava il fatto che Mordred l'aveva baciato.
E che a lui era piaciuto.
Scosse le spalle e scacciò un intenso brivido di puro disagio.
A lui era piaciuto.
No, doveva esserci qualcosa di sbagliato. Qualcosa che non andava.
Ricordava, che gli fosse piaciuto. Ma la sua lucidità in quel momento era pesantemente alterata. Era ubriaco, strafatto di luci stroboscopiche e di grida festose. Era stato lui, ma non era stato lui. Non era stato in sé, quella sera. A partire dal primo bicchiere di whiskey.
Se lo baciassi adesso sono sicuro che mi farebbe schifo. Ma schifo forte. Talmente schifo che la zuppa di verdure che mi rifila Mary in mensa ogni sacrosanta volta, mi sembrerà caviale.

A quel punto, capì che cosa doveva fare.
Si alzò in piedi con aria un po' meno depressa e prese la via verso la mensa.
Era quasi ora di cena, l'avrebbe sicuramente pescato lì seduto a qualche tavolo, impegnato a mangiare.
Mentre si immise nel corridoio di destra, cercò di spiegarsi come avesse potuto Mordred guardarlo in faccia per tutto quel tempo senza tradire la minima colpa, la più piccola vergogna od il minimo imbarazzo.
Che razza di essere umano è?

Svoltò un angolo ed in quel momento, vide l'oggetto dei suoi pensieri camminare poco distante da lui, in compagnia di un amico.
Ah, così era anche meglio.

"Duirvir!" esclamò ad alta voce, superando un paio di aule vuote. Il ragazzo si girò verso di lui e quando lo riconobbe, Arthur notò un certo irrigidimento.
"Posso parlarti?"
Mordred si rivolse all'amico: "Vai Vince. Ti raggiungo subito, tienimi il posto" commentò, piuttosto quieto.
Quando Vince si fu allontanato, Mordred infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e si avvicinò con lentezza ad Arthur, mantenendo lo sguardo basso.
Ah, la faccia del colpevole! pensò subito Pendragon Maschio, cominciando a costruire castelli per aria. Morgana sarebbe stata fiera di vedere come stesse facendo, da solo, tutto il lavoro sporco.
"Senti Pendragon" esordì il moro, evitando per ovvi motivi il suo sguardo, "Mi dispiace per quello che è successo l'altra sera. Non so che cosa mi sia preso, devo aver bevuto troppo. Non avevo cattive intenzioni nei confronti di tua sorella..."
Arthur lo squadrò con un cipiglio piuttosto serio, lasciandolo parlare. Il piano del buon stratega era semplice: prima l'avrebbe baciato, per accertarsi che la sensazione di schifo totale si sarebbe verificata. Poi l'avrebbe gonfiato di botte come una maledetta mongolfiera, per aver taciuto tutto quel tempo e per aver messo le mani addosso a sua sorella, con il solo obiettivo di usarla.
Mordred sbirciò la sua espressione con cautela e raggrumò le labbra.
D'accordo, forse è arrivato il caso di ammetterlo ad alta voce.
"Senti, a me tua sorella pia-"
"Piantala con questa commedia"
Il ragazzo, dopo essere stato bruscamente interrotto, avvertì un leggero senso di smarrimento.
"Scusa...?"
"Lo so che sei stato tu, Mordred. Mi dispiace solo che tu non sia venuto da me a parlarne, piuttosto che guardarmi diventare matto giorno dopo giorno. Ero convinto che per te la nostra amicizia valesse di più. Pensi davvero che non avrei saputo riderci sopra?"
"Credo... credo di non capire...?" Mordred corrugò la fronte, sicuro di essersi perso qualche pezzo per strada. Di cosa stava parlando Arthur? Aveva scoperto che era stato lui, ad aver messo in giro le foto di Morgana?
No, impossibile. Sarebbe venuto a stringermi la mano, non a farmi il terzo grado.
"Ah, non capisci?" rispose l'altro, con sferzante ironia, "Lascia che ti spieghi allora"
Senza neanche dargli il tempo di capire cosa diavolo stesse accadendo, Mordred avvertì le mani di Arthur afferrare bruscamente il suo volto e poi, in una confusione generale di occhi e capelli, poté scoprire l'esatta consistenza che avevano le labbra di Pendragon Maschio.
Duirvir sgranò gli occhi a palla, restando praticamente congelato come uno stoccafisso. La scena era piuttosto comica.
Arthur Pendragon lo stava baciando e non sapeva cosa avesse fatto per meritarsi un castigo del genere.
Oh Cristo, no!


Riattivando in pochi secondi il cervello, con una spinta spiazzata Mordred lo allontanò da sé e lo guardò come fosse completamente ammattito (o come avesse appena commesso l'errore più grande della sua vita). Invece di pulirsi la bocca come un ossesso però, iniziò a guardarsi freneticamente attorno, come alla ricerca di qualcosa. O di qualcuno.
Mi ha fregato. Mi ha fregato, me lo sento. Non la vedo, ma lo so che è qui. Sento le sue vibrazioni negative a chilometri di distanza! Porca puttana!

"Grandioso Pendragon, davvero grandioso!" sbottò, cadendo preda di un lapsus furioso, "Non so come diavolo tu sia arrivato a fare una cosa del genere, ma lasciati dire che non stai bene!"
Inspirò profondamente, cercando di ritrovare la sua caratteristica calma. In realtà un'idea ce l'aveva, di come diavolo Arthur fosse arrivato a fare una cosa del genere; o perlomeno, chi ne fosse la causa.
Dal canto suo, il biondo sfiorò appena le labbra con i polpastrelli e guardo Mordred come fosse un totale sconosciuto. Lo guardò come non l'avesse mai visto davvero.
"Non sei tu..." sussurrò, permettendo alle pareti di pietra di assorbire il suo smarrimento. Fece qualche passo all'indietro e lasciò che il suo corpo venisse inghiottito da alcune ombre.
"Non sei tu..."
Mordred non disse niente. Cominciava a capire perché Arthur l'avesse baciato.
Devo solo scoprire come Morgana sia riuscita a convincerlo che la ragazza dal vestito verde fossi io.
"Che cosa ci facevano i suoi vestiti in camera tua?
La domanda che gli pose, mandò in confusione anche lui. Cercò di studiarne l'espressione, ma Arthur si mantenne volutamente nell'ombra.
"Arthur, di nuovo, ti dico che non so di cosa tu stia parlando! Quali vestiti?"
Non ci posso credere, li ha davvero ficcati in camera mia! Ma è diabolica! Oh Dio vorrei baciarla. Vorrei baciarla proprio adesso, per la miseria. E' meravigliosa!


Ma Pendragon non lo ascoltava più. Gli aveva voltato le spalle e mormorava tra sé.
"Devono averceli messi... deve essere così... ma chi?"
Mordred gli si avvicinò silenziosamente di qualche passo, per cercare di capire cosa diamine stesse dicendo.
Abbiamo fatto ammattire del tutto Pendragon. Adesso parla anche da solo, nascosto tra le ombre come il peggior malvagio che un cartone animato potrebbe mai avere.
"Qualcuno che può aver accesso ai dormitori maschili dei Camelot. Quindi deve essere per forza un maschio. Ed un Camelot. Ma chi?"

Arthur si voltò soltanto quando sentì un tocco gentile sulla spalla. Lasciò vagare distrattamente gli occhi sul volto di Mordred, con l'aria di qualcuno che si stava perdendo dentro.
Poi, all'improvviso, qualcosa di doloroso e pesante si abbatté con una certa determinazione sulla mascella del moro.
Colto impreparato, Mordred barcollò all'indietro e finì spalle al muro.
Ma che diamine?! Prima mi bacia e poi mi picchia?!

Toccò con incredulità il punto offeso e piantò gli occhi chiari sul volto di Arthur: "Si può sapere che diavolo ti prende?!" ringhiò, avvertendo già un certo prurito alle mani. D'accordo che Pendragon era stato astutamente manipolato e raggirato, ma a tutto c'era un limite! Se voleva fare a botte, era il benvenuto!
Arthur si massaggiò le nocche della mano e gli rivolse uno sguardo glaciale.
"Questo era per aver baciato mia sorella. Sono un fratello protettivo Duirvir, che cosa ci vuoi fare?"

Senza aggiungere altro, il biondo lo superò, continuando la sua marcia verso la mensa.
Ovviamente non avrebbe mangiato niente, lo stomaco gli si era accartocciato tutto su se stesso come un foglio di carta che brucia.
Mordred restò per un paio di minuti con le spalle appoggiate contro la parete; poi, quando non riuscì a cogliere nessun movimento nei dintorni (aveva aspettato addirittura che Arthur si fosse allontanato di un bel po'), decise che continuare ad aspettare di coglierla sul luogo del misfatto sarebbe stato inutile.
Il domani era l'unico ad avere risposte in grembo.















NOTE DELL'AUTORE: Questo capitolo è un po' più corto degli altri ma accadono un po' di cosine carine, dai <3 ve lo aspettavate questo tiro da Morgana? Ma quanto è machiavellica questa ragazza? Vi giuro che mi spaventa, non ha limiti XD Ed avete capito perché Mordred è un disadattato sociale? Più lei lo maltrattata, più lui si sente stimolato a fare peggio! Meno male che ho messo l'avvertimento 'demenziale' per questa storia, altrimenti avrei dovuto dare serie spiegazioni per tutto questo delirio XD Come al solito vi ringrazio per le innumerevoli bellissimi fantastiche splendide eccetera eccetera recensioni! La cosa più bella è aver conosciuto molte di voi anche fuori dall'ambito di EFP :D Approfitto di questo spazio per rinfrescarvi la memoria: Morgana è sempre stata la proprietaria del vestito verde, nel primo capitolo viene specificato che lei ha prestato il vestito a Merlin perché Merlin ha perso una scommessa. E' riuscita ad introdursi nel dormitorio dei Camelot semplicemente perché essendo la sorella di Arthur ed avendogli sempre portato gli appunti, sapeva che la sua presenza lì non avrebbe destato sospetti :D Come è riuscita ad entrare in camera di Mordred? Probabilmente ha doti nascosti di scassinatrice, prima o poi mi farò spiegare da lei questo dettaglio. C'è da dire che dalla mia esperienza inglese, ho appreso che molti inglesi non hanno l'abitudine di chiudere la porta a chiave. Pessima, pessima usanza ù_ù In questo periodo sono piuttosto impegnata, chiedo perdono se aggiorno lentamente. Ma so che mi vorrete bene lo stesso u.u Le note sono insolitamente poche stavolta! (Una sola):

(1) Taibhse, dal gaelico vuol dire fantasma. Nel ciclo arturiano Ginevra era definita come fata o fantasma bianco. Mi serviva un cognome. Questo è il suo cognome.



Vabbé, finisco di ammorbarvi sul serio u.u mancano 4 capitoli eh e_e DICO QUATTRO!

Ciao u.u


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Capitolo 10
*** C'è dell'acqua che bolle in pentola ***


DECIMO CAPITOLO

 

Mordred reagì in maniera decisamente diversa da come aveva fatto Morgana, quando gli schiaffarono sotto al naso la foto di lui ed Arthur che si stavano baciando. Non si irritò e non gli venne in mente nessuna sequela di omicidi, che avrebbero potuto comunque essere uno più fantasioso dell'altro.

In realtà Mordred rise.

Rise talmente di cuore che i suoi compagni di università smisero addirittura di sfotterlo a morte, preoccupati improvvisamente per la sua sanità mentale.

Seriamente, come avrebbe potuto arrabbiarsi per una cosa del genere? Aveva iniziato lui quella guerra, sarebbe stato da ipocriti prendersela per essere stato ripagato con la stessa moneta.

Mordred guardò nuovamente la foto: le mani di Arthur gli stringevano la faccia come fosse stato un pupazzo di gomma e lui invece aveva gli occhi aperti e grandi come due palline da golf. La scena appariva piuttosto grottesca, anziché intima o romantica. Quella era una foto che ritraeva due soggetti ubriachi (o presunti tale), non certo innamorati. Era percepibile. Eppure, quando Mordred vide Arthur dirigersi verso di lui dal fondo del corridoio, seppe immediatamente che l'altro l'aveva presa abbastanza sul personale.

Riesco quasi a vedere le nuvole nere intorno alla sua testa. Oh, era un lampo quello? Adesso arriva il tuono, me lo sento.

 

Quando fu abbastanza vicino da poterlo fare, Arthur lo arpionò per un gomito e se lo trascinò in un punto più appartato del corridoio, lanciando uno sguardo fiammeggiante agli stessi compagni che qualche attimo prima si stavano facendo beffe di Mordred. Dal canto suo, il moro lo lasciò fare, ma se Pendragon aveva di nuovo intenzione di prenderlo a pugni bé... stavolta l'avrebbe trovato preparato.

 

"Duirvir, dimmi che è uno scherzo di pessimo gusto" esordì Arthur, una volta al riparo da orecchie indiscrete. Puntò i pugni contro i fianchi e scrutò l'imperturbabile espressione del ragazzo che aveva di fronte.

Mordred alzò le spalle con noncuranza.

"Certo che lo è" replicò piuttosto pacato, "Ma correggimi se sbaglio... L'hai detto quasi come fosse stata un'accusa rivolta ai miei confronti"

Arthur arcuò le sopracciglia con sarcastica incredulità.

"Certo che lo è! Ultimamente sei coinvolto in parecchie situazioni che non mi piacciono e non capisco come tu possa restartene così tranquillo con questa cosa" e sventolò un'altra copia della fotografia per aria, "Che gira per il college! Sai, in questo periodo il mio umore è parecchio precario e comincio ad essere veramente stufo di tutte queste cazzate"

"Non vedo come questo dovrebbe riguardarmi"

"Ti riguarda, Mordred, perché credo che tu sia coinvolto. Sai qualcosa che non mi stai dicendo, non è vero?"

Mordred inspirò profondamente e guardò Arthur negli occhi, in un silenzio meditativo. Quella era una cosa tra lui e Morgana, non avrebbe permesso delle intrusioni. La faccenda doveva rimanere irrisolta perché sì.

Lui doveva pensare a Morgana. Nessun altro. Se voleva davvero direzionare l'attenzione di Arthur altrove, avrebbe dovuto mentire.

Fortunatamente era una cosa che gli riusciva anche piuttosto bene.

"Vuoi sapere perché non sto andando in giro per il college come un pazzo furioso alla ricerca del colpevole?"

Pendragon restò a guardarlo in silenzio, le spalle rigide ed i lineamenti del volto tesi. Senza volerlo, aveva accumulato una quantità di nervosismo impressionante e presto o tardi sarebbe esploso. Guardando ciò che si muoveva irrequieto nel fondo dei suoi occhi, Mordred sperò solamente di non essere presente quando quello sarebbe accaduto. Tutti sapevano che Arthur era una persona fondamentalmente buona, solare e con dei ferrei principi; c'era da dire anche che quando un Pendragon si incazzava sul serio, era meglio non incrociare la sua strada.

"Pensi davvero che questa cosa non mi infastidisca?" iniziò, sventolando anche lui la sua copia della fotografia; "Ci rido sopra perché so che chiunque sia il responsabile, ci sta guardando. E sono certo che si stia divertendo come un pazzo, sopratutto grazie a te Arthur, che hai preso così a cuore la faccenda. Se mi fa incazzare? Certo che mi fa incazzare. Ma, mi dispiace, non darò anche la soddisfazione di vedermi ribollire come un pentolone al ritardato che ha avuto la brillante idea di divulgare questa roba! Per questo ci sei già te, mi sembra. Pochi giorni fa è toccato a Morgana. Adesso tocca a noi. La prossima settimana sarà qualcun altro, che vuoi che ti dica?!"

Arthur strinse la mano in un pugno, accartocciando la fotografia con rabbia.

"E quindi? Intendi lasciare che questo idiota continui a divertirsi come meglio creda?"

Morded allargò le braccia con malcelata esasperazione.

"Seppure fosse? E' una foto Arthur, tra l'altro fatta anche piuttosto male. Si vede che non stavamo facendo sul serio, tra una o due settimane non se ne ricorderà più nessuno!"

"Certo... nessuno a parte me"

Morgana mi ha fatto il malocchio perché l'ho presa in giro per la sua, di foto. E' mia sorella. Sarebbe capace di tutto, io lo so.

 

Nonostante tutti gli indizi che Arthur aveva su Morgana, la sua proverbiale cecità (leggasi: prosciutti sugli occhi), gli impedì di colpevolizzarla, anche se (testuali parole), era convinto che lei sarebbe stata capace di tutto. Evidentemente non ne era convinto abbastanza.

"E tralasciando un attimo la foto" riprese dopo brevi attimi, "Non credi che chi l'abbia scattata sia stata la stessa persona che ha nascosto i vestiti della ragazza in verde in camera tua?"

Ad Arthur i prosciutti donavano un sacco. Creavano proprio un bel contrasto, con la sua carnagione.

"Può darsi... anzi, sai che ti dico? Magari è stata proprio la ragazza in verde ad aver architettato tutto questo. Forse vuole farti capire che non le interessi e cerca soltanto di prendersi gioco di te. Non che tu le stia rendendo la cosa difficile, aggiungerei..."

"Vacci piano con le parole, Duirvir, non è questo il periodo adatto per decidere di mettere alla prova i miei nervi!"

"Sì, me ne sono accorto ieri sera, grazie tante. Lascia che ti dia un consiglio, Arthur, perché a dispetto di quanto puoi credere adesso, sono ancora tuo amico. Smettila di fissarti ancora così tanto su questa faccenda. Lascia la presa, allenta. Volta pagina e fallo serenamente, perché di certo non si può dire che tu non ci abbia provato, no? Non sempre le cose vanno come vorremmo"

A parte nel mio caso. Ma questo perché io pianifico anche gli imprevisti. E' strategia. E' tecnica. Pendragon è un buon stratega, ma solo quando gli pare.

 

Dopo alcuni istanti, Arthur gettò contro Mordred la sua foto accartocciata e lo superò con una spallata poco gentile.

Col cazzo che ci rido sopra. Scoprirò chi è stato e lo userò come bersaglio al campo di tiro.

 

*

 

La seconda vittima dell'ira funesta di Arthur Pendragon, fu incredibilmente Morgana Pendragon. No, amici miei. Nessuna sorta di illuminazione divina aveva colpito in piena fronte il nostro aitante e giovin biondastro. Eppure qualche domanda, diciamocelo, era stato in grado di farsela anche lui.

Morgana rimase congelata a metà, nell'intento di inzuppare i suoi biscotti dietetici nella tazza di caffè e latte rigorosamente senza zucchero.

"Come scusa?" balbettò confusa, presa in contropiede dall'apparizione improvvisa di suo fratello al bar. E poi aveva ancora la mente annebbiata dai postumi del sonno, non era valido farle quelle domande a quell'ora indecente (le dieci e mezza) del mattino.

"Ti ho chiesto, Morgana, se hai visto chi è stato a scattarti la foto la sera della festa. Diciamo che data la prospettiva, dovevate essere piuttosto vicini. Quindi?"

La ragazza restò a fissare con occhi piuttosto vacui la faccia di suo fratello.

Da quando Arthur ha delle intuizioni? Quand'è diventato così intelligente? Ommioddio, non facciamo che crescendo questo qui mi sviluppa un cervello eh! No!

"I-io... chi... chi ha scattato la foto, dici?"

"Sì Morgana" sospirò con impazienza e parlò lentamente, "Voglio sapere chi ha scattato la foto. Dimmelo. Dopodiché, ti chiederò perché non me l'hai detto prima"

Il biscotto le cadde dentro la tazza, schizzando goccioline di latte sul tavolino.

Oh Cristo.

"Ma che cosa vuoi che ne sappia, Arthur?! Stavo vomitando! Non mi sono mica guardata intorno!"

"Certo ed eri così presa dal vomitare che non ti sei accorta di avere qualcuno a pochi passi di distanza che ti stava scattando una foto"

"Magari ha fatto lo zoom!"

"Non mi è sembrato proprio"

"Ah certo, adesso abbiamo l'esperto in fotografia!"

"Non ci vuole un esperto in fotografia per queste cose!"

"Perché mi stai gridando addosso?!"

"Non sto gridando!"

"Sì che lo stai facendo e non capisco perché tu debba trattarmi così male!"

Arthur sgranò gli occhi.

"Trattarti male?! Morgana, ma che diavolo- no! No no no! Non ci provare! Non ti azzardare!"

"Ogni volta che sei arrabbiato per qualcosa finisce sempre così! Devi prendertela sempre con me!"

"Non osare metterti a piangere!"

"Non è colpa mia! Sei tu quello che sta sfogando su di me le sue frustrazioni!"

"Oh Dio, Morgana, per favore, smettila di-" si stropicciò la faccia con le mani, prima di affondarla nei palmi con esasperazione; "Smettila di piangere, non ti posso vedere così!"

Morgana tirò su con il naso ed incrociò le braccia contro il petto. Era l'unico modo che aveva per distrarre suo fratello. Nessuno poteva resistere alle lacrime di una donna! Con stizza, allontanò la tazza da sé e spostò lo sguardo altrove, intenzionata a non rivolgere più la parola ad Arthur. Quello sbirciò la sua espressione oltre la fessura delle dita che gli coprivano il volto e ciò che vide, lo portò a sbuffare pesantemente.

"Morgana, te lo sto chiedendo gentilmente, puoi aiutarmi sì o no?"

La ragazza fece la parte della sostenuta per lunghi secondi, durante i quali Arthur credette che l'unica cosa che gli era rimasta da fare, sarebbe stata quella di alzarsi ed andarsene sconfitto; tuttavia, Pendragon Maschio non aveva fatto ancora i conti con quel lato nascosto di sua sorella che, ogni tanto, riusciva a prevalere sugli altri: quello che le imponeva di dimostrarsi una brava sorella, nonostante tutto. In qualunque modo la si voleva vedere, tutto ciò che Morgana aveva architettato, non l'aveva attuato solamente per suo puro diletto personale. In un certo senso, aveva sempre incluso anche Arthur nei suoi pensieri, con la convinzione che le sue azioni avrebbero potuto portare nient'altro che del bene; è indubbio che l'agire di Morgana fosse stato alquanto... discutibile. Tutto ciò che aveva fatto però (più o meno), non era mai stato rivolto ai danni di suo fratello (o meglio, quando il danno sopraggiungeva, dopo aveva sempre cercato di rimediare a modo suo).

 

Morgana gli lanciò un'occhiatina e morse l'interno della guancia con espressione combattuta. Forse aveva un po' esagerato, ma il piano oramai era stato avviato e non poteva davvero fermarsi, arrivata a quel punto. Nonostante i suoi dubbi, doveva trovare la forza di procedere.

Mi ringrazierai Artie. Fidati, lo farai.

 

"Hai seguito il mio consiglio?" domandò improvvisamente, cogliendo Arthur di sorpresa; quello la guardò con occhi un po' persi, cercando di capire cosa c'entrasse quella domanda con ciò che le stava chiedendo.

"Quale consiglio?" domandò infatti, corrugando la fronte.

"Hai scoperto se è Mordred la ragazza dal vestito verde? Ho visto la foto che hanno messo in giro"

Arthur si tirò indietro e poggiò la schiena contro la spalliera della sedia, spostando lo sguardo da un'altra parte con un evidente moto di insofferenza. Quell'argomento lo faceva andare ai matti, sul serio. Dopo aver raggrumato le labbra, come per cercare di trattenere l'incazzatura, schioccò la lingua contro il palato.

"Se hai visto la foto è inutile avermi fatto quella domanda" commentò, stiracchiando la bocca in un sorriso plastificato.

"Sì, ma voglio sentire da te cosa hai scoperto. E' lui oppure no? Tra l'altro, approfitto dell'occasione per farti notare come non ti stia prendendo per i fondelli, come tu invece sei venuto a fare subito con me, quando hai visto la mia foto. E pensare che a volte hai ancora il coraggio di chiederti se ti voglio bene davvero oppure faccio solo finta..."

Sì Morgana, punta sul sentimentalismo! Voglio proprio vedere se avrà ancora la faccia tosta di accusarmi dopo questa bomba! Stritolagli il cuore!

 

Arthur alzò le mani per aria come in segno di resa: quando la sorella attaccava in quel modo, preferiva interromperla prima che la situazione degenerasse (perché tanto finiva sempre così).

"No Morgana, non è lui. Ecco perché ti ho chiesto se hai visto chi è stato a scattarti la foto, quella sera. Sono certo che si tratti della stessa persona che l'ha fatta a me e Mordred. E deve aver anche nascosto i vestiti in camera sua. Quindi si tratta sicuramente di un ragazzo. E di un Camelot, perché ha avuto facilmente accesso ai nostri dormitori"

"E non ti da fastidio l'idea di avere così la conferma che la ragazza dal vestito verde è in verità un ragazzo?"

"Che diavolo blateri? Chi ti dice che chi ha messo i vestiti in camera di Mordred non sia riuscito a sottrarli alla ragazza dal vestito verde? Non sappiamo ancora se si tratti di un lui, evitiamo le conclusioni azzardate Morgana, grazie tante!"

Morgana schiuse le labbra con sincera incredulità e l'ennesimo biscotto le cadde dalle dita, dentro la tazza di latte e caffè che aveva riavvicinato a sé. Come poteva suo fratello essere così maledettamente imbecille?

Non ci posso credere. Non capirà mai la verità, neanche se dovessi fargli un disegnino. Devo fare qualcosa o non riuscirò a farlo arrivare ad Emrys neanche tra mille anni. Bill, Obama, Elizabeth: datemi la forza. Oppure un fucile a canne mozze!

Sospirò profondamente, cercando di riordinare le idee ed appoggiò le mani sul tavolino, decisa a prendere in mano la situazione. Quando guardò suo fratello negli occhi, si assicurò di avere la sua completa attenzione, prima di parlare. Era importante che Arthur capisse.

"Senti, lasciami essere franca. Attualmente ti stai preoccupando di un problema che non puoi risolvere, Artie. Non hai indizi decenti da seguire, io non ricordo chi mi ha scattato la foto, che tu ci creda oppure no. Stai facendo delle congetture una più campata per aria dell'altra e non è andando in giro a mettere la gente spalle contro il muro, che otterrai qualcosa. Io dico di aspettare di vedere cosa succederà nei prossimi giorni e ti consiglierei di preoccuparti su cose che invece, puoi risolvere adesso"

"Del tipo?"

"Del tipo Emrys" rispose Morgana schietta, con un tono che sarebbe equivalso ad una stilettata, "Dal giorno in cui avete avuto la non-discussione, non vi ho visto più rivolgervi la parola"

"Cioè da ieri"

"Sì, da ieri, ma non per questo la faccenda è meno grave"

"La stai ingigantendo un po' troppo"

"Io non credo"

Arthur incrociò le braccia contro il petto.

Morgana avrebbe voluto seriamente strappargli dalle ossa quella faccia da gnorri che le stava propinando senza nessuna decenza, ma puntando le unghie sul legno del tavolino, con enorme sforzo si trattenne.

"Emrys non è il tipo da prendersela per niente Arthur, è evidente che devi averlo trattato in modo piuttosto sgarbato"

"Ah, adesso la colpa è mia a priori!"

"Sì, lo è maledetto idiota, perché sono tua sorella e ti conosco. Quando hai le palle girate, disgraziatamente apri la bocca senza prima aver collegato il cervello, quindi anche se non conosco la dinamica dei fatti, so che la colpa è tua!"

Pendragon Maschio sbatté una mano sul tavolino con rabbia e si chinò in avanti, verso la sorella.

"Mi domando perché ultimamente avete preso tutti il vizio di dirmi cosa dovrei o non dovrei fare. Non conosci la dinamica della situazione e tralasciando il fatto che per questo non dovresti immischiarti, sappi che ti stai comportando esattamente come lui!"

Morgana tenne ovviamente testa al suo sguardo e si chinò a sua volta verso il fratello, assottigliando minacciosamente le palpebre sugli occhi. Due leoni che si studiavano in mezzo alla savana, non sarebbero potuti sembrare più agguerriti di così. Qualche tavolo più in là, un cellulare squillò e prima che il proprietario riuscisse a rispondere, la melodia dell'intro di Superquark(1) riuscì a diffondersi per il bar.

"Se la gente ti dà consigli, Artie, è perché forse tiene a te, forse lo fa perché vuole aiutarti, forse lo fa perché ultimamente sembri andato fuori giri ed hai bisogno di qualcuno che ti faccia ragionare!"

"Non gli ho mai chiesto niente del genere!"

"No, però gli hai chiesto un sacco di altre cose! Gli hai chiesto di infiltrarsi nell'archivio della scuola, di scaricare la lista, di aiutarti in questa stupida ed assurda ricerca e di diventare tuo amico! Anzi, direi che l'ultima cosa glie l'hai piuttosto imposta! Ti stai comportando da cretino, irriconoscente ed egoista e tu non sei così, maledizione! Il Pendragon buono tra noi due sei sempre stato te, cerca di riprenderti, per l'amor del cielo, sono io quella che si impone sugli altri! Non confondiamo i ruoli!"

Arthur inspirò con lentezza, senza distogliere lo sguardo da quello di sua sorella, i nervi tesi al massimo e le spalle rigide come granito. Avrebbe voluto rispondere e dire un sacco di cose poco carine, ma che comunque non avrebbero retto il confronto con la logica di sua sorella. Morgana si accorse di essere riuscita a fare breccia nella nebbia che avviluppava la ragionevolezza di suo fratello e capì di dover continuare a battere il chiodo affinché il messaggio penetrasse a fondo. Se avesse lasciato perdere proprio in quel momento, nel giro di un'ora Arthur avrebbe dimenticato quella conversazione ed avrebbe continuato a comportarsi da imbecille.

"Non so se te ne sei accorto, sai, ma mi sembra che Emrys abbia fatto tutte queste cose senza chiedere niente in cambio. Neanche la voleva, la tua amicizia. Ti è stato vicino sin dall'inizio, ti ha consigliato, ti ha aiutato, ha assecondato tutti i tuoi capricci, ti ha difeso, ha difeso te e la tua fissa, dicendo sempre che se una cosa senti di doverla fare, allora la devi fare. Arthur, ti rendi conto che ti ha accompagnato in lungo ed in largo per permetterti di limonare con tutte le ragazze della scuola? Pensi che gli abbia fatto piacere? Credi che non avrebbe avuto niente di meglio da fare? Rifletti, maledizione! Prima dell'inizio di questo delirio, tu ed Emrys neanche vi conoscevate. Eppure lui ha deciso comunque di aiutarti! D'accordo, forse l'ho un po' incoraggiato ad accettare, ma il resto l'ha fatto tutto da solo! Perché avrebbe dovuto farlo, se non siete stati mai nemmeno amici prima d'ora? Dopo tutto questo, credi ancora che sia giusto il trattamento che gli hai riservato?"

 

Morgana espirò bruscamente, innervosita dalla cecità di suo fratello. Era vero, non voleva che Arthur scoprisse proprio tutto, ma aveva raggiunto il limite! Aveva avuto il dovere di smuovere un po' le acque, o la situazione non si sarebbe mai evoluta! Senza neanche finire la colazione, fece strusciare la sedia sul pavimento e si alzò in piedi, raccattando la borsa da terra.

Arthur era rimasto con lo sguardo fisso davanti a sé e sembrò non registrare i movimenti di sua sorella, quasi fosse troppo preso da un pensiero piuttosto difficile da figurare.

"Vai a cercare Emrys, Arthur e chiedigli scusa" mormorò semplicemente lei, prima di allontanarsi dal bar con una coscienza decisamente più leggera. Quella buona azione mattutina, la fece sentire meno in colpa per tutto quello che aveva combinato.

 

*

 

Gwen uscì dalla biblioteca con aria piuttosto abbattuta. Aveva cercato Merlin in lungo e in largo, ma iniziava a sospettare che non fosse neanche uscito dal dormitorio quella mattina. In realtà la prima cosa che l'aveva spinta a voler vedere l'amico, era stato il bisogno di parlare con qualcuno della situazione che si era creata con Lancelot. Merlin era il suo migliore amico ed anche l'unico che le aveva sempre parlato sinceramente, con il cuore in mano. Francamente, Gwen non avrebbe mai potuto immaginare consigliere migliore.

Anche Morgana è schietta, ma non sincera. Cioè, lo è quando le pare. E poi ci sono modi e modi per essere sinceri. Lei lo è in quel modo che ti fa prima cadere in un pozzo profondo e poi divorare dai pesci carnivori.

 

Salutò con un sorriso una compagna di corso e decise di dirigersi verso l'aula di simbologia: se Merlin non fosse stato presente anche lì, avrebbe potuto finalmente capire la gravità della situazione (era infatti raro che lui saltasse le lezioni, se non per questioni urgenti).

Era vero, aveva cercato Merlin per parlare dei suoi problemi... in primo luogo; poi, quando aveva visto la foto di Arthur e Mordred (come tutto il resto del college) avvinghiati a mo' di ostriche, le sue turbe erano passate in secondo piano ed aveva iniziato a cercare l'amico per ben altra motivazione. L'atteggiamento di Pendragon Maschio stava iniziando ad infastidirla e distrattamente, ricordò quella sera in cui aveva detto a Merlin che le cose, per lui, sarebbero sicuramente cambiate dopo il bacio che aveva rubato a quell'asino biondo; non avrebbe mai immaginato, però, che avrebbero preso una piega così sbagliata. Merlin aveva ragione, lei era un'inguaribile romantica e non poteva farci niente se in ogni occasione, a dispetto di tutte le avversità che si presentavano, sperava ardentemente in un 'felici e contenti' generale. Arthur doveva accorgersi dei sentimenti di Merlin perché Merlin se lo meritava e nel momento in cui Arthur avrebbe capito tutto, non c'erano dubbi che quei due avrebbero finito per stare insieme.

Perché sì!

Gwen non voleva sentire ragioni, quando si impuntava su qualcosa, doveva essere come diceva lei e basta. Non le interessava di passare per infantile: se sperare il meglio per le persone cui voleva bene era infantile, allora sì! Lo era! E ne andava anche fiera!

Con un cipiglio piuttosto battagliero entrò nell'aula di simbologia, iniziando subito a scandagliare i posti già occupati.

Testa nera, testa nera, testa nera... testa nera!

 

La testa nera in questione però non aveva occupato nessun posto, anzi, era in piedi in mezzo all'aula, come stesse cercando a sua volta qualcuno. Quando Testa Nera si voltò verso di lei, Gwen constatò con un certo disappunto che non si trattava di Merlin, ma di Lancelot.

Bé, in effetti avrei dovuto capirlo dalla quantità di carne in più che c'è sulle ossa. Merlin diventerà traslucido prima o poi, se non la pianta di fare il vegetariano.

 

Dal modo in cui gli occhi scuri del suo ragazzo si accesero, Gwen capì che era lei, quella che stava cercando. Sulla soglia dell'aula, attese che Lancelot le si avvicinasse e stiracchiò le labbra in un sorriso un po' titubante. Dal giorno in cui avevano parlato in infermeria, aveva preso l'abitudine di rapportarsi piuttosto cautamente con lui; Gwen temeva che Lance fosse ancora arrabbiato a morte con lei, ma che per quieto vivere, non glielo facesse capire. E quando ci si metteva, il suo ragazzo era abbastanza bravo a non far capire le cose.

Contro ogni sua aspettativa però, quando lui le fu abbastanza vicino, le circondò gentilmente il volto con le mani. Gwen inarcò le sopracciglia con aria sorpresa: non aveva smesso di rimuginare sul perché Lance, dall'inizio dell'anno scolastico, non avesse fatto altro che baciarla come fosse stata sua sorella, ma dopo la discussione che avevano avuto, ci era arrivata. Ed aveva anche deciso di prendere un po' le distanze, per dargli modo di metabolizzare tutta la faccenda con calma! Capirete quindi che no, non se lo aspettava proprio quando Lancelot, incurante degli sguardi che aveva calamitato nell'aula, si chinò su di lei per baciarla come Cristo comandava!

Haaalleluja! Haaalleluja!(2)

 

Gwen sentì nella sua testa il coro degli angeli del Paradiso, accompagnato dai numerosi fischi di ammirazione dei suoi compagni di corso.

Si aggrappò alle braccia del suo ragazzo, tanta era la foga che lui aveva messo in quell'unico gesto e per una volta, se ne infischiò altamente del senso di imbarazzo che le fece accaldare le guance. Non era una ragazza a cui piaceva dare spettacolo ma, porco mondo, era la prima vera limonata che riusciva ad ottenere dopo settimane: col cazzo che avrebbe mandato tutto all'aria!

Uno scroscio di applausi seguì la caduta a terra della borsa di Gwen: l'aveva mollata per avvinghiarsi al collo di Lancelot, nel caso gli fosse venuta la brillante idea di ripensarci.

Non gli conviene, o sarò io quella che gli farà del male, stavolta.

Del resto, qualcosina dal suo adorato padre doveva pur averla presa, la nostra adorabile Gwen.

 

Sinceramente, Lancelot sembrava essere lontano miglia dal ripensarci, tant'è che interruppe il contatto soltanto per avere il tempo di issarsela in spalla come un sacco di patate. Gwen non riuscì a trattenere un gridolino di sorpresa ed alcuni dei suoi compagni, nell'applaudire, si alzarono addirittura in piedi, davanti quella dimostrazione di mascolinità. L'ammirazione per Lake cresceva di minuto in minuto.

"Lance, tra poco arriverà il professore!" esclamò Gwen, adocchiando la schiena del suo ragazzo. Si sentì circondare le gambe dalle sue braccia, di modo che non cadesse.

"Dov'è il problema?" rispose lui, recuperando anche la sua borsa, "Tanto tu non ci sarai. Credo se ne riparlerà oggi pomeriggio, di lezioni. O forse domani"

Gwen sgranò gli occhioni scuri e completamente ammutolita, non disse una parola quando Lancelot si voltò verso gli altri con aria maledettamente trionfante.

"Noi andiamo a fare sesso. Tanto sesso. C'è un sacco da recuperare. Copriteci!"

Oggi è il giorno in cui io, Lancelot, pianterò le basi per le nostre future decine e decine di figli!

 

Un'esplosione di fischi e di grida di incitamento accompagnarono l'uscita dall'aula dei due folli innamorati. Gwen era diventata praticamente bordeaux, ma Lancelot aveva un sorriso così smagliante che avrebbe potuto accecare qualcuno, se solo fosse stato possibile.

In quel tripudio di confusione, com'era normale che fosse, Gwen dimenticò la sua preoccupazione per Merlin.

 

*

 

Rilesse per l'ennesima volta la stessa identica riga, prima di cedere al nervosismo e spingere con malagrazia il libro lontano da sé; inclinò la testa all'indietro, poggiandola contro la parete di pietra fredda e si perse ad osservare le grosse nuvole scure e pigre, su in alto nel cielo. Era stato sicuro sin dall'inizio che nessuno sarebbe venuto a cercarlo lì su quella terrazza e fino a quel momento, tutto era andato secondo i piani. Aveva evitato ogni tipo di contatto umano (od alieno che fosse) e si era rifugiato nell'unico posto in cui, ci avrebbe scommesso la sua collezione di action figure di Harry Potter(3), sarebbe potuto stare un po' per conto suo.

Merlin era giunto ad un punto in cui non sapeva che cosa fare.

Tirò fuori dalla tasca dei jeans la foto che gli era capitata sotto il naso quella mattina e le gettò l'ennesima occhiata torva: Arthur era andato completamente fuori di testa. Gli costava ammetterlo, ma la colpa era anche un po' sua, che pur di non esporsi con il rischio di restare scottato, continuava a fare orecchie da mercante, nascondendo imperterrito la realtà dei fatti. Era talmente nauseato ed infastidito dalla situazione in cui si era cacciato, al punto da essere arrivato a desiderare di rifiutare del tutto all'amicizia che l'altro gli aveva voluto per forza offrire. Aveva realizzato, dopo aver visto quella foto (nonostante fosse chiaro come il sole che non si era trattato di un bacio voluto), che non poteva sopportarlo. Non si trattava solo di Mordred, ma di tutto quello che era stato e che sarebbe venuto: non poteva sopportare di essere soltanto l'amico di Arthur, stargli vicino e guardarlo dare attenzioni ad altre persone, attenzioni che avrebbe voluto per sé.

Sarò anche masochista, ma incredibilmente ho pure io i miei limiti. Devo segnarmi sul calendario questo giorno... sto diventando responsabile!

 

Una parte di lui era sollevata dal fatto che qualche giorno prima, al campo di tiro, avessero avuto una discussione; da quel momento infatti, Arthur l'aveva evitato con un'abilità sconcertante e per quanto lo riguardava, dopo aver capito che essere suo amico non poteva bastargli, non è che avesse fatto i salti mortali per metterlo spalle al muro, anzi. Merlin aveva semplicemente facilitato le cose di Pendragon Maschio, rendendosi evitabile come l'altro desiderava. Il fatto che Arthur non gli avesse più rivolto la parola quindi, l'aveva fatto sentire un po' più leggero: i suoi propositi di interrompere il corso della loro amicizia, in quel modo, potevano realizzarsi con più facilità. Merlin era sempre stato un ragazzo sincero e schietto, ma quando si trattava di mettere in gioco i suoi sentimenti, diveniva un bel po' reticente. Quel distacco che si era creato con il biondo, gli aveva fatto maledettamente comodo e ad essere onesti, non era molto sicuro di voler tornare a parlare con lui nel breve periodo. Non solo l'essersi ritrovato davanti quella foto l'aveva ridotto uno straccio, ma il modo in cui Arthur gli si era rivolto al campo, il modo in cui l'aveva trattato, gli aveva lasciato in bocca un amaro fastidioso. Si era sì sentito tradito, ma quello che più l'aveva ferito, era stata la totale assenza di considerazione nei suoi confronti; considerazione per tutto quello che aveva fatto, per tutti i momenti in cui gli era stato vicino, l'aveva consigliato, l'aveva spronato. La sua presenza doveva pur aver contato qualcosa in quelle settimane, no? Altrimenti Arthur non avrebbe mai potuto prendere così a cuore il suo parere (del resto, se aveva capito bene, era proprio a causa di quello, se avevano discusso). In circostanze normali Merlin sarebbe già andato a cercarlo di persona, per risolvere la faccenda, perché non sopportava di lasciare le cose in sospeso e sapeva che se il biondo aveva sbottato con lui, era stato solamente a causa del suo nervosismo; d'altra parte, ripensando a tutto quello che era stato disposto a fare per lui ed al modo in cui Arthur aveva cercato di imporgli la sua amicizia, l'idea di corrergli dietro lo indispettiva. L'istinto gli suggeriva di andare a cercare quell'asino patentato e di costringerlo a vuotare il sacco, a dire cosa c'era che non andava... ma la ragione gli imponeva di salvare quello straccio di dignità che ancora gli era rimasta.

Se Arthur voleva essere davvero suo amico come professava, stava a lui andarlo a cercare e risolvere la situazione.

Sei sotto esame Pendragon, vediamo cosa riesci a fare.

 

Guardò ancora una volta la foto, stringendola pigramente tra l'indice ed il medio. Non sapeva chi aveva inaugurato quella moda di spargere roba compromettente in giro per il college, sapeva solo che quel nuovo sport non gli piaceva. Chiunque si divertisse a spese degli altri, meritava soltanto tanta pena.

Questo solo perché non so chi è. Altrimenti l'avrei già riprodotto impiccato su Paint ed avrei inviato una e-mail a tutti gli studenti. Questo è essere machiavellici. E non avrei dovuto preoccuparmi neanche dell'impatto ambientale. Le e-mail sono incorporee. Questo tizio invece, ha ucciso un sacco di alberi. Pagherà per quello che ha fatto!

 

Merlin si trovava ad un bivio e non sapeva che cosa sperare di più, se l'essere trovato da Arthur o l'essere lasciato in pace: la prima era un'incognita, la seconda una costante. Infatti, se Arthur avesse semplicemente continuato ad ignorarlo, tutto sarebbe tornato come prima, al periodo in cui loro due neanche si conoscevano; Merlin avrebbe saputo a quel punto che cosa aspettarsi, come doversi comportare e seppure con le sue difficoltà, avrebbe saputo gestire la situazione. Ma se Arthur l'avesse cercato... espirò pesantemente e con i gomiti appoggiati sulle ginocchia piegate verso il petto, affondò la faccia nelle mani, stropicciandola sbadatamente. Che cosa avrebbe fatto, se Arthur l'avesse cercato? Sarebbe stato ancora disposto a regalargli la sua amicizia?

 

Sobbalzò con il cuore in gola, quando sentì qualcuno uscire all'improvviso sulla terrazza. Alzò il volto dalle mani ed i suoi occhi scandalosamente blu si legarono subito a quelli azzurri dell'ultima persona (o forse no) che avrebbe voluto vedere in quel momento.

 

*

 

Morgana addentò il suo panino integrale insalata e pomodoro, seduta cavalcioni su una panchina, nei pressi della fontana; il cortile interno della scuola all'ora di pranzo era praticamente deserto, considerando che la maggior parte degli studenti preferiva mangiare in mensa. Andando incontro all'inverno però, la ragazza aveva ben pensato di approfittare di quel pallido raggio di sole che era riuscito a fare capolino tra le nuvole nell'ultima mezz'ora: chissà quando avrebbe potuto averne ancora!

Un po' di luce non può fare altro che giovare alla mia già fantastica pelle.

 

Portando una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio, girò poi la pagina del suo La Scienza del Successo(4) e lasciò che il rumore tranquillo dell'acqua zampillante nella fontana, accompagnasse la sua placida lettura. Tra una riga e l'altra, in certi momenti il suo pensiero volò verso il fratello e non poté fare a meno di chiedersi se quell'asino avesse davvero deciso di seguire il suo consiglio. Arthur era un ragazzo avventato per natura, questo l'aveva sempre saputo, ma non lo si poteva accusare di superbia: anche se amava dare a vedere il contrario, prendeva sempre in considerazione le parole degli altri. Pur credendo di essere nel giusto, nel momento in cui gli veniva fatto notare qualcosa, il suo cervello cominciava a rimuginare e finiva sempre per decidere di mettersi in gioco; metteva in gioco non solo le sue parole, ma anche le sue azioni.

Sì, ogni volta la stessa storia. Lui fa una stronzata, tu glielo fai notare, lui ti dice gentilmente di farti un pacco di tuoi e di andare al diavolo, poi quando resta da solo ci ripensa come i cornuti. Ah, mio caro fratello, come ti conosco io, nessuno sa!

 

Con un sospiro che lasciò intendere una pazienza infinita (ed immaginaria, considerato il soggetto), diede un altro morso al panino e le pagine del suo libro, vennero oscurate dall'ombra di qualcosa. Con un cipiglio contrariato si voltò, trovando Mordred appostato alle sue spalle come un avvoltoio, intento a sbirciare il contenuto del libro, proteso oltre la sua testa. Morgana restò a fissarlo con una faccia tanto apatica tanto quella della Stewart(5), ma non disse una parola; stabilendo di avergli prestato anche troppa attenzione, tornò a voltargli le spalle, decisa più che mai a terminare il suo pranzo in sacrosanta pace. Qualcosa però, iniziò a pungolarla sullo sterno sinistro, insistentemente. Qualcosa che aveva tutta l'intenzione di infastidirla oltre ogni misura.

Abbassò lo sguardo sul fianco, ma non c'era niente!

Certo che non c'è niente. Ciao Morgana, sono io, la tua coscienza. Pensavi di avermi annientata, ma ti ho fregata. Ho solo finto di morire. Ammettilo, non vedi l'ora che questo giovanotto ti dia un pretesto per bisticciare. Un pretesto qualsiasi. A me puoi dirlo.

 

"Smettila!" sbottò all'improvviso, proprio mentre Mordred si apprestava a sedersi davanti a lei, sempre a cavalcioni sulla stessa panchina.

"Smettere di fare cosa? Non ho ancora aperto bocca" commentò lui, corrugando la fronte. Riuscì a guadagnarsi un'occhiata raggelante e Morgana lo minacciò, sventolandogli sotto il naso il panino integrale. Un pezzo di pomodoro finì sulla polo verde scuro di Mordred.

"Smettila di provocarla! Ogni volta che sei nei paraggi, resuscita come un maledetto zombie! Odio gli zombie!"

"Provocare chi? Soffri di bipolarismo e non lo sapevo?" arcuò le sopracciglia, sinceramente interessato da quel nuovo lato di Morgana; "Oh, aspetta! Stiamo parlando di un'amica immaginaria? Dovresti aver superato da un pezzo questa fase, credo..."

E poi da come ne ha parlato, dovrebbe essere morta. Ha un'amica immaginaria morta che ogni tanto torna in vita. Interessante.

Mordred abbassò lo sguardo sulla polo e con due dita, tolse il residuo di pomodoro che si era magicamente spalmato su di lui; lo lasciò penzolare a mezz'aria per brevi istanti, prima di farlo cadere per terra con aria solenne.

"Parlo della mia coscienza!" sbottò nel mentre Morgana, attirando più vicino il suo libro, come temesse che Mordred avrebbe osato toccarlo con le sue ditaccia unte e sporche. Lui tornò a guardarla, sinceramente stupito. In realtà quel ragazzo era talmente bravo nella mimica facciale, da riuscire a far risultare sincera qualsiasi espressione facesse.

"Ponendo il remoto caso che tu ne abbia davvero una, sapere di avere un tale ascendente sulla tua coscienza mi fa sentire mostruosamente geniale. Quindi, se stavi tentando di offendermi o minacciarmi, ci terrei ad informarti che hai miseramente fallito. Tra l'altro, perché anche il pomodoro? Non ti è bastato mettere in giro quella foto? Anche la polo dovevi rovinarmi?"

"Hai iniziato tu questa guerra, non osare puntarmi il dito contro! E quante storie per una maglietta! Dopo la lavatrice, tornerà orribile come prima!"

"Non ti punterei mai il dito contro, trovo adorabili le macchinazioni che la tua piccola mente diabolica riesce a produrre. Dovrei privarmi di questo divertimento? La lavatrice del nostro dormitorio si è rotta. Il tecnico verrà dopo domani, come farò fino ad allora senza la mia polo verde? Risalta il colore dei miei occhi, non posso separarmene così a lungo"

Morgana roteò i suoi verso il cielo e sbuffò, dando un altro morso al panino. Mordred dovette attendere che l'altra avesse finito di masticare ed inghiottire, prima di poter essere graziato da una risposta.

"Il bue che dice cornuto all'asino. Stiamo facendo una gara di malvagità? Ti ricordo che sono venuta al mondo prima di te. Ho più esperienza sulle spalle! Guardami negli occhi e dimmi di non sapere già che perderai questa partita. Sei troppo furbo per non sapere contro chi ti sei messo, mio caro. E piantala con questa maglietta o potrei cominciare a pensare che non hai altro da metterti. Il che non darebbe una bella immagine di te, non so se mi spiego!" concluse, arricciando la punta del naso con sdegno. Sovrappensiero, Mordred allungò le mani verso il libro ancora aperto di Morgana, tanto per avere qualcosa da rigirarsi tra le dita, ma lei lo allontanò subito dalle sue grinfie.

"Non ci pensare neanche, hai le mani sporche!"

"Non è vero, le ho lavate ieri!"

"Come sarebbe a dire ieri?!" sgranò gli occhi chiari, guardandolo completamente atterrita.

Mordred non riuscì a resistere a lungo e scoppiò a riderle in faccia.

"Divertente Duirvir, mi sto sbellicando, sul serio!"

L'altro continuò a ridere, piegando la schiena in avanti fino ad appoggiare la fronte sulla panchina. La faccia di Morgana sapeva essere uno spasso a volte, sul serio. Dal canto suo, la ragazza finì il panino, accartocciò la carta stagnola e la lanciò sulla testa del cretino.

Ridi ridi, che prima o poi ti strozzi, soffochi e muori.

 

Quando Mordred torno più o meno in sé, tirò su la fronte dalla panchina e la guardò con un sorriso morbido sulle labbra, di chi non poteva chiedere altro di meglio alla vita.

"Che ti importa di quella polo? E' brutta, ti ho dato un pretesto per buttarla via"

"Non lo farò mai. La adoro"

"Allora credo proprio dovrai aspettare il tecnico. Non penserai che te la lavi io, spero"

"Perché no? Sei tu ad averla rovinata. Dovresti cercare di rimediare o potrei pensare che non te ne importi niente"

Morgana arcuò le sopracciglia, un sorrisetto sbeffeggiante sulla bocca ben disegnata.

"Oh, immagino che questo dovrebbe riuscire a ferire i miei sentimen... Duirvir che... che stai facendo?! No, non ci provare! Non...!"

Le proteste di Morgana furono interrotte dalla maglia che le venne lanciata sulla faccia con scarsa delicatezza. Con gli occhi grandi come due palline da golf, si tolse l'indumento dal viso ed osservò Mordred come fosse andato completamente fuori di senno.

"Mh, fa freddino però eh?" borbottò lui, scrollando le spalle nude per scacciare un brivido. Ad un certo punto, sembrò decidere qualcosa e schioccò la lingua contro il palato.

"D'accordo"iniziò, sfregando i palmi delle mani sopra i jeans, "Forse è meglio che rientri, altrimenti mi prende una bronchite"

Si alzò in piedi, ignorando con una certa classe la faccia imbambolata di Morgana; con la panchina che ancora gli passava in mezzo alle gambe, chinò la schiena in avanti ed appoggiò le mani sui bordi, per reggere il peso del corpo. Quando il suo viso fu alla stessa altezza del viso di Morgana, quella beneamata aria spensierata ed un po' ingenua che si portava appresso come una seconda pelle, con lentezza scivolò sotto quella da, forse ben più appropriata, figlio di una buona donna. Il sorriso sghembo che tirava le sue labbra, ne era la conferma.

"Puoi far durare questa guerra quanto vuoi, Morgana, perché ho capito come ti piace giocare. Vediamo chi si stancherà per primo, se proprio insisti. Ma se pensi che basti qualche minaccia a spaventarmi o l'essere messo in imbarazzo a farmi incazzare, credo che dovrai impegnarti molto più di così"

Lei restò completamente ammutolita, ma non batté ciglio. Senza nemmeno essersene resa conto, aveva anche smesso di respirare e tra le mani stringeva la polo verde con una forza forse un po' eccessiva. Nell'immediato momento in cui Mordred le si era avvicinato, aveva di nuovo avvertito lo stesso odore che le era tanto piaciuto la sera della festa. Quando il ragazzo le accostò una mano al volto, per metterle una ciocca di capelli dietro l'orecchio, Morgana avvampò; avvampò non per il gesto, ma per rabbia.

Perché mi riduco sempre ad ammutolirmi così, quando mi si appiccica?! Qualcuno se lo porti via! Adesso!

 

"Sono folle, Morgana" riprese Mordred, osservandole le labbra mentre parlava, "Lo sono diventato per colpa tua. Ci sono momenti in cui ti odio, per come sei riuscita ad entrarmi a fondo nella testa. Ti farò scoprire presto che al mondo esistono persone che possono avere una caparbietà maggiore della tua, in caso di necessità. Ti sfiderò ancora, ancora ed ancora, perché è così che ti piace. Lo farò solo per poter essere lì, nel momento in cui cederai. Perché finirai per farlo, Morgana, te lo assicuro. Portarti allo sfinimento è l'unico modo che ho per poterti avere per me, solo per me. E, te ne sei accorta? Sono già in vantaggio. Indovina un po' chi dei due è il più paziente..."

 

A quel punto, Morgana ebbe la viva impressione che sarebbe stata baciata.

Di nuovo.

Il modo in cui Mordred continuava a guardarla e l'evidente esitazione che metteva nell'allontanarsi, parlarono per lui.

In un ruggito di feroce ribellione, in stile Indipendence Day, la sua coscienza lo desiderò ardentemente; desiderò che accadesse, desiderò sentire di nuovo quella bocca contro la sua e, che la Regina Elisabetta potesse aiutarla, desiderò lui.

Quando realizzò cosa aveva appena pensato, restò letteralmente senza fiato: adesso , che era nei guai.

 

Mordred, in qualche modo sconosciuto all'uomo più comune, trovò la forza per allontanarsi; scavalcò la panchina ed infilando le mani nelle tasche dei jeans, le voltò le spalle per allontanarsi in religioso silenzio. Gli occhi di Morgana sembravano ancora due palline da golf, quando una volta sotto il porticato, il ragazzo si voltò verso di lei per indicarle la maglietta.

"Mi raccomando, Banshee" esclamò ad alta voce, senza smettere di camminare, "Guarda che ci tengo"

 

*

 

Merlin distolse immediatamente lo sguardo, mentre il rombo del cuore che aveva iniziato a battere irregolarmente, era salito fino a riempirgli le orecchie (e ce n'era tanto di spazio, da quelle parti). Raccattò il libro che stava tentando di studiare fino a qualche attimo prima e lo infilò con eccessiva foga nella borsa. Quando si alzò in piedi, l'altro stava ancora sulla soglia della terrazza e lo guardava con intenzioni piuttosto chiare.

Oh no. No! Continua a fare l'asino, non diventarmi civile proprio adesso!

 

"Vai da qualche parte, Emrys?"

 

Merlin incrociò le braccia contro il petto, lasciando intendere di non avere molta voglia di fermarsi a chiacchierare. Fissò il volto di Arthur oltre lo strato della frangia nera e scompigliata e scrollò le spalle con leggerezza, nonostante si sentisse pesante come un macigno.

"Ti interessa?"

Arthur restò ad osservarlo in silenzio soltanto per qualche istante.

"No" si risolse a dire, "Puoi andare dove ti pare... Dopo che avremo parlato"

Merlin arcuò le sopracciglia, con aria piuttosto sarcastica.

"Ah" esclamò seccamente, "Ti sei già stufato di 'stare da solo'?"

L'altro inspirò con impazienza; mostrando poi una certa saggezza, decise di inghiottire la risposta acida che gli era venuta su per la gola.

"Non avevo intenzione di risponderti a quel modo"

"Ma davvero?"

Arthur si zittì nuovamente, schiaffeggiato dall'ironia del moro che quando voleva, sapeva essere abbastanza pungente. Eppure sostenne il suo sguardo con fermezza, perché un Pendragon si mostrava orgoglioso anche quando doveva porgere delle scuse.

"Mi dispiace, d'accordo? Ti chiedo scusa, Merlin. Avevo la luna storta"

Il diretto interessato non rispose, limitandosi a fissarlo con un certo astio, lo stesso che Arthur aveva visto nei suoi occhi quel lontano giorno in biblioteca, quando Morgana li aveva presentati. Solo allora, gli tornò in mente quel particolare.

"Perché all'inizio sembravi avercela con me?" si ritrovò a chiedere quasi senza rendersene conto, accantonando per un momento i suoi propositi di farsi perdonare; "Anche quando ci siamo conosciuti, mi hai guardato allo stesso modo di adesso"

Merlin corrugò la fronte, cercando un nesso tra quella domanda e le scuse appena ricevute, ma quando si trattava di Pendragon Maschio, erano più i momenti senza senso che quelli aventi una logica. Avvertì di avere la bocca improvvisamente secca.

"Perché l'idea di dover avere a che fare con un potenziale asino, di certo non mi fece fare i salti di gioia"

Arthur lo fissò, come cercasse di capire se lo stesse prendendo in giro o facesse sul serio.

"Il fatto che tu abbia confermato i miei sospetti, non me li fa fare anche adesso" rincarò Merlin, senza pietà.

Pendragon Maschio decise di optare per la seconda ipotesi.

"Senti, sono nervoso e tu lo sai. Sai il perché. Non sei l'unico cui dovrei rivolgere delle scuse!"

"Il fatto che tu sia nervoso non ti autorizza a comportarti da asino con chiunque ti capiti a tiro! Sopratutto se quel chiunque è stato coinvolto nei tuoi affaracci senza nemmeno volerlo!"

Il biondo passò una mano in mezzo ai capelli, come sempre faceva quando non sapeva che cosa fare o come doversi comportare.

"Lo so che a volte..." si scambiarono uno sguardo piuttosto intenso, al fine del quale Arthur imprecò tra i denti; "Lo so che spesso ho un carattere difficile, me ne rendo conto. E' solo che... senti, non lo so! Ho anche io i miei momenti, ma sono venuto qui per scusarmi, dovrà pur valere qualcosa, no?!"

A Merlin scappò una risatina piuttosto breve e spostò il peso del corpo da una gamba all'altra, perché sentiva il bisogno di muoversi: a quello, l'alternativa era usare la borsa piena di libri per malmenare Arthur.

"E' divertente, perché sono arrivato a chiedermi la stessa cosa..." replicò con una punta di amarezza, senza però chiarificare il suo commento. Merlin non amava rinfacciare le cose, neanche a chi lo trattava con poca gratitudine. Spesso finiva per passare dalla parte del torto a causa di quell'atteggiamento così remissivo, ma se non aveva aperto bocca per sbattere in faccia al biondo tutto quello che era stato disposto a fare per lui, un motivo c'era. Checché ne dicesse male di Morgana, Merlin aveva goduto del tempo passato in compagnia di Arthur e segretamente, avrebbe voluto averne sempre di più; ne conseguiva che, arrivato ad un certo punto, aveva iniziato ad aiutarlo volentieri (per quanto la situazione lo potesse aver destabilizzato, al punto da farlo sentire tanto importante quanto un invertebrato).

Se davvero aveva del rispetto nei confronti di se stesso, Merlin non poteva rinfacciare ad Arthur qualcosa che aveva finito per fare di sua spontanea volontà. Sarebbe stato ipocrita da parte sua e sarebbe piuttosto morto fulminato, pur di evitare di essere additato in quel modo. Merlin voleva bene a se stesso, anche se nell'ultimo periodo qualcuno avrebbe potuto pensare il contrario.

Arthur lo guardò con aria interrogativa e fece per chiedergli spiegazioni, ma l'altro lo precedette, limitandosi a sventolare con leggerezza una mano per aria. Merlin espirò pesantemente ed abbassò lo sguardo sul pavimento grezzo della terrazza; inumidì le labbra con la punta della lingua, cercando di ragionare con il cervello e non con l'istinto.

Il mio istinto la darebbe vinta anche a Voldemort. E' troppo buono, glielo dico sempre che essere troppo buoni è da babbei. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio! Finisco sempre per rimanere infinocchiato! E non nel senso omosessuale del termine.

 

Per una volta, Emrys riuscì a mantenersi fermo sui suoi propositi.

Tornò a guardare Arthur con una sorta di titubanza negli occhi blu. Pendragon aveva i capelli in disordine ed un'espressione sulla faccia che la diceva ben lunga, sulla leggerezza di quelle scuse: sembrava avere paura di vedersi lasciare lì sulla terrazza, senza più nessuna chance. Spinto da non sapeva cosa, compì un paio di passi verso il moro, a labbra schiuse; Arthur sembrava voler dire qualcosa, qualsiasi cosa, perché più Merlin se ne stava lì in silenzio a guardarlo, più la certezza che la sua impulsività avesse preso il sopravvento una volta di troppo, metteva radici nella sua coscienza.

"Non scherzavo, quando ho detto che vorrei diventassimo amici. E' quello che penso ancora..." si risolse a biascicare ad un certo punto, grattando la base del collo, evidentemente a disagio.

Merlin sapeva che Pendragon non era un tipo molto incline ai sentimentalismi ed era abbastanza intelligente da saper apprezzare quell'ammissione. E le scuse, ovviamente, che sempre da parte di un Pendragon, erano merce rara (ma quando giungevano, potevi stare sicuro della loro onestà).

Arthur lo vide accarezzarsi distrattamente le labbra, con aria pensierosa.

Aveva una bella bocca, Merlin. Sembrava soffice.

 

"Accetto le tue scuse" disse, dopo quella che al biondo parve un'eternità; non fece in tempo a sentirsi incredibilmente leggero, che Emrys tornò a parlare.

"Questo non vuol dire che ti abbia già perdonato. Hai avuto bisogno di stare da solo, adesso è il mio turno. Sinceramente, Arthur, non lo so se voglio essere amico tuo..."

...ed accontentarmi solo di quello. A me il grigio piace un sacco, ma proprio per quel briciolo di rispetto che ho per me stesso, da te voglio o tutto o niente. Bianco o nero.

Pendragon Maschio allargò gli occhi, credendo di aver sentito male.

"Non puoi dire sul serio!" esclamò infatti, allargando le braccia con eloquenza, "Andiamo, Merlin! E' stato un momento, non abbiamo mica litigato per davvero!"

Merlin sospirò con leggerezza e scosse brevemente la testa.

"Non è quello il punto" precisò, sciogliendo le braccia dal petto e lasciandole ciondolare lungo i fianchi, "Quando mi hai chiesto di lasciarti solo, non ho fatto domande ed ho rispettato il tuo desiderio. Se davvero vuoi essere mio amico, ti prego di fare lo stesso con me. Ho bisogno di pensare, Arthur"

E non con te intorno, perché sei un agente distraente. Estremamente distraente. Mio Dio, devo andarmene.

 

Senza aggiungere altro, ad occhi bassi, Emrys superò Pendragon Maschio ed abbandonò la terrazza a passo marziale, senza guardare indietro nemmeno una volta.

Alla fine, i timori di Arthur si erano avverati soltanto per metà: era stato lasciato lì da solo, ma una chance ancora l'aveva.

Non era tutto perduto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL'AUTORE: Salve salvino vicino! Non so che dire y_y forse potrei cominciare con l'ammettere che sono devastata da tutto l'amore che dimostrate per questa storia. Sappiate che anche lei vi ama. Un sacco un sacco! Anche se a volte mi fa girare ad elica le palle perché non fa quello che dico io, eh. Ma posso anche ignorare questo piccolo dettaglio ù_u per il capitolo dell'epilogo ultimamente mi sono arrivate delle richieste strane da inserire in varie scene... cercherò di fare del mio meglio per accontentarvi xD se avete richieste anche voi, fatele pure, ma non prometto nulla! In un sondaggio tra la Merthur e la Mormor, francamente non so chi vincerebbe. Una parte di voi inneggia alla gloria eterna per la prima, l'altra metà fa rituali pagani per concretizzare la seconda. E' una battaglia all'ultimo Pendragon o_O Grazie come la solito a Ryta Holmes che mi beta, grazie per tutti i vostri commenti, i peferiti, seguiti eccetera, a chi mi scrive sul sito, su twitter, fb, su what's app, per e-mail... insomma, credo che dovrò imparare altre cinque lingue perché, davvero, continuare a dire solo 'grazie' e basta mi sembra da ingrati XD So che non ve ne sbatte una ceppa ma a qualcuno devo dirlo: sto per andare a fare rafting gente *__* se non vedrete l'alba di altri capitoli, è perché sarò morta affogata tra le cascate. Ma ora passiamo alle note, meno vergognose in fatto di quantità rispetto al capitolo precedente:

 

(1) La famosa sigla di Superquark, più adatta di così si muore: https://www.youtube.com/watch?v=9Wmf_APgxkg

(2) Il coro di angeli del Paradiso che organizza un festino nella testa di Gwen: http://www.youtube.com/watch?v=4jhApZ2yG_E

(3) Le action figure di Harry Potter *_* http://www.toymania.com/news/images/1001hpsm1.jpg

(4) Il Libro che legge Morgana è realmente esistente: Wallace Delois Wattles, La Scienza del Successo

(5) Kristen Stewart, conosciuta dai più per l'incredibilità capacità della sua vasta mimica facciale: http://www.thehollywoodjunkies.com/wp-content/uploads/2012/01/the-many-faces-of-KStew.jpg

 

Vabbé ciao.

 

P.S. niente. Di solito lo metto il ps. E' la forza dell'abitudine u_u

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Capitolo 11
*** Tutti i nodi (prima o poi) vengono al pettine ***


UNDICESIMO CAPITOLO


Gwen tenne lo sguardo basso, tirò di più la gonna sulle ginocchia (non le era mai sembrata così corta!) e rimase in religioso silenzio. L'odore di pelle e di legno d'acero che impregnavano l'ufficio del Rettore mettevano una certa agonia addosso, almeno per lei. Senza alzare il mento, con la coda dell'occhio studiò l'espressione del volto di Lancelot, ma il suo ragazzo appariva pacifico ed imperturbabile. Se non fosse stato per l'eccessivo strato di sudore freddo che gli imperlava la fronte (visibile sopratutto di profilo), avrebbe pensato che non fosse per niente preoccupato.

E se lui è preoccupato significa che c'è da preoccuparsi.


Lance dal canto suo, si sentiva tutt'altro che pacifico ed imperturbabile. A breve sarebbe sicuramente morto di infarto, tanta era la velocità con cui il suo cuore batteva e se avesse continuato ad alimentare quel suo terrore in silenzio, presto il sudore che stava accumulando anche sulla schiena sarebbe bastato per aprirci una diavolo di piscina, con trampolino annesso.

Anzi, proporrò al Rettore di assumermi come irrigatore umano del parco scolastico. Considerando che sto per essere espulso, direi che sarebbe un lavoro più che dignitoso.


Il Rettore in questione, niente popò di meno che Agravaine de Bois in persona, se ne stava serenamente seduto alla sua beneamata scrivania, i gomiti poggiati su alcuni documenti, le dita delle mani incrociate e le nocche impegnate a sostenerne il mento liscio. I suoi occhi scuri, all'apparenza appartenenti ad un uomo di amabile natura, accompagnavano magnificamente il sorriso dall'aria rassicurante con il quale studiava quei due reperti umani da poco ripescati dalla biblioteca. Lance e Gwen erano stati colti in atteggiamenti indecorosi, imboscati tra gli scaffali di Mitologia della Gran Bretagna ed Archeologia orientale.

Il completo scuro che quel giorno il Rettore indossava, lo faceva sembrare un becchino. Lance sapeva che la sua ora era dunque arrivata.


"Miei cari ragazzi" esordì il Rettore, manifestando il suo potere da dietro una targhetta dorata che recitava il suo nome e cognome, "Gradite una caramella?"

Quando l'uomo allungò verso di loro un contenitore di plastica pieno di palline colorate, Gwen scosse subito la testa, i riccioli scuri che deliziosamente ondeggiarono intorno al volto dai lineamenti delicati; quando alzò gli occhi tuttavia, fu solo per fulminare Lance con uno sguardo atterrito: il ragazzo infatti, aveva allungato una mano e già ne stava scartando una.

Stiamo per essere buttati fuori entrambi a calci nel sedere e lui mangia caramelle?! Non ci voglio credere.


Ficcando in bocca la pallina senza tante cerimonie, rispose all'occhiataccia della sua donna con una mera stretta di spalle: se proprio doveva firmare la sua fine, l'avrebbe fatto mangiando schifezze. Almeno quello, nessuno avrebbe potuto impedirglielo.

Quando masticò la pallina, questa emise uno spaventoso crack, che nel silenzio soffocante di quell'ufficio, risuonò come una mina antiuomo.

Gwen si coprì la faccia con una mano e represse un lamento da bestia ferita, preferendo puntare gli occhi scuri verso la finestra: il cielo uggioso non le era mai sembrato tanto bello e desiderabile.


"Dunque, permettetemi di ricapitolare!" Agravaine si appoggiò comodamente contro lo schienale della sua poltrona e continuò a sorridere, come stesse per raccontare a due buoni amici un vecchio scherzo, "Prima, Signor Lake, mi posiziona dei fuochi d'artificio all'interno delle serre scolastiche contravvenendo a più di metà del regolamento universitario. E civile. E sociale. Non contento, probabilmente pensando che introdursi all'interno di quegli edifici nonostante i lucchetti alle porte non fosse stato sufficientemente fuori da ogni schema di buona creanza sociale, lei ha fatto letteralmente..." e qui si tese in avanti, appoggiando i palmi aperti delle mani sulla scrivania; restò qualche attimo in silenzio, volendo creare con sommo divertimento una certa suspance.

"Lei ha fatto letteralmente saltare in aria le serre! BOOM!"


Gwen sobbalzò sulla sedia, quel grido finale e piuttosto pittoresco non se l'era aspettato proprio; guardò le mani del Rettore, che si erano alzate per aria, volendo imitare al meglio l'esplosione.


"Dopo il suo incredibile exploit di creatività, con la consapevolezza che la sua carriera scolastica era già così appesa ad un filo tenuto in mano da un consiglio scolastico tra l'altro da me presieduto... lei che cosa fa?" Agravaine emise un verso meravigliato, gli occhi grandi e stupiti, il sorriso sempre più largo che si trasformò in una risata. Restò in silenzio dopo, guardando entrambi con gioiosa aspettativa, volendo che i suoi due buoni amici, terminassero quella barzelletta per lui.

"Avanti!" li incoraggiò con allegria, sventolando una mano per aria, "Ditelo voi!"


Gwen arrossì fino all'ultimo ricciolo, ma non osò aprire bocca. Lance prese un'altra caramella.

"Ho capito, vi piace fare i difficili" commentò il Rettore, con un sospiro paziente, "Ve lo dirò io allora. Nonostante la consapevolezza della consistenza irrisoria di quel filo che ancora la teneva incollato alle aule di questa scuola, Lei Signor Lake, con la sua deliziosa compagna di studi... si prodiga sulla via della perdizione, si atteggia in atti osceni in luoghi pubblici!"

"Era solo un bacio..." biascicò lui, spingendo la caramella nella guancia sinistra con la lingua.

"Solo un bacio!" esclamò Agravaine, marcando ancora il suo divertimento; "E' per questo che metà sezione di Archeologia orientale è finita per terra. Perché non eravate spalmati addosso alla scaffalatura, no. Signor Lake, ora mi dica: che cosa mi impedisce da buttarla fuori da questo istituto sedutastante?"

Lance si schiarì la gola e sostenne il suo sguardo con una certa fermezza, come avesse un asso nella manica da poter sfoderare proprio in quel momento. Tuttavia la sua risposta fu abbastanza deludente.

"Non ne ho idea, me lo dica lei" disse infatti, corrugando la fronte.

Già... perché siamo ancora qui a parlarne?


"No, me lo dica lei" ribatté Agravaine, sfoggiando la sua stessa identica espressione guardinga.

"Guardi, le giuro, proprio non lo so. Me lo dica lei!"

"Oh per l'amor del cielo..." biascicò nel mentre Gwen, scuotendo miseramente la testa.

Il Rettore sedette di nuovo composto ed incrociò le mani sulla scrivania, con sguardo improvvisamente greve. Soppesò entrambi gli studenti per degli attimi che parvero infiniti, durante i quali la riccia torturò l'orlo della sua gonna ancora maledettamente troppo corta.

"Glielo dico, Signor Lake. Lei non verrà espulso"


A Lance quella notizia fece andare di traverso la quarta caramella. Cominciò a tossire come un disperato e le guance si fecero ben presto violacee. Presa dal panico, Gwen si alzò in piedi e cominciò a battergli una mano sulla schiena.

"Oh Dio, Lance, respira, ti prego, mandala giù! Oh mio... Lance! Lance! Preside la prego, faccia qualcosa! Chiami qualcuno, gli dia dell'acqua!"


Continuando ad agitarsi sempre di più, con Lancelot oramai prossimo alla morte tra le braccia, non poté notare che Agravaine aveva arrotolato le maniche della camicia sin sui gomiti; registrò la sua presenza solo quando lo vide apparire alle spalle del suo ragazzo. Il Rettore circondò con le braccia il petto dello studente e facendo delle forti pressioni, dopo pochi tentativi riuscì a fargli sputare fuori la caramella, che come un proiettile puntò verso la finestra, rompendone il vetro. Lance prese un respiro così profondo che parve essere appena risorto dalle acque di Avalon e Gwen, con le lacrime agli occhi, lo abbracciò di slancio.


"Metterò in conto anche quella, Signor Lake" commentò serenamente il Rettore, tornando al suo posto, ma lasciando le maniche della camicia sopra i gomiti. Gettò una breve occhiata alla finestra, per valutare l'entità dei danni. Intanto Lancelot si era letteralmente accasciato sulla sedia e poco lucidamente, ricambiava l'abbraccio soffocante di Gwen.

Mi... mi ha salvato la vita! Non sarò espulso e... e mi ha salvato la vita! Sono su Candid Camera?


"Ora le dirò chiaramente che cosa voglio da lei, Lake"

La voce dell'uomo calamitò completamente la sua attenzione. Spostò la sua ragazza da un lato, che ci rimase un po' male e si sporse verso il Rettore.

"Qualsiasi cosa!" esclamò, con rinnovata convinzione: scampare alla morte ci rende tutti persone migliori. "Farò qualsiasi cosa!"

Agravaine stese le labbra in un sorriso soddisfatto e tornò a guardarli entrambi come fossero stati sempre quei due famosi vecchi amici sopra citati.


*


Per l'ennesima volta, Morgana cercò di riprendersi il suo cellulare, ma Mordred era maledettamente svelto e sfuggì dalle sue grinfie senza troppe difficoltà.

"Duirvir, sto perdendo la pazienza!" ringhiò lei, continuando a trotterellargli dietro, "Ridammelo! Hai superato ogni limite!"

Il ragazzo, senza neanche guardarla, continuò a digitare chissà che cosa sul telefono e si voltò di scatto nel momento in cui Morgana, dopo aver accelerato per superarlo, ebbe allungato ancora le mani verso di lui per riprendersi ciò che era suo.

"Se ti calmi due secondi riesco anche a salvarlo" commentò lui, corrugando la fronte un po' infastidito: i dispositivi touch erano già difficili da gestire di per sé, se poi non aveva neanche la libertà di scrivere stando fermo, la questione si complicava. Cancellò una serie di lettere che aveva digitato per sbaglio e Morgana iniziò a girargli attorno come un serpente, con una tenacia davvero fuori dal comune.

"Due secondi un cavolo! Guarda che ti faccio picchiare di nuovo da mio fratello! Che cosa diavolo pensi di fare con il mio cellulare?!"

Mordred neanche la degnò di una risposta e con un sorriso soddisfatto, alzò il braccio in aria per evitare che la ragazza toccasse il telefono; si voltò finalmente verso di lei e la guardò con una gioia così innocente che non avrebbe potuto essere nient'altro che diabolica.

"Adesso che hai il mio numero in rubrica posso farmi uno squillo, così avrò il tuo!"


I tentativi di Morgana di riprendersi il suo cellulare aumentarono a dismisura, tant'è che cercò letteralmente di arrampicarsi su Mordred saltellando: nonostante fosse alta per essere una ragazza, quello riuscì bene a tenere il dispositivo fuori dalla sua portata. Tra una spinta e l'altra alla lottatore di sumo, con sommo orrore di Pendragon Femmina, la suoneria del telefono di Mordred interruppe i loro bisticci.


"Prendere il mio numero usando questi mezzucci, ti facevo più di classe Duirvir!" esclamò con tono di voce vibrante di insofferenza; lo spinse di nuovo con entrambe le mani e Mordred indietreggiò senza opporre resistenza, facendo anzi il gesto di restituirle il cellulare.

"In amore ed in guerra è tutto valido, Banshee. Considerando che qui le due cose si sono un bel po' mischiate, devo improvvisare!"

E fortunatamente sono davvero molto creativo.


"Ah certo, ed è così che pensi di vincere la guerra" rispose lei, calcando con estremo sarcasmo le ultime due parole, "Mi sa che ti sfugge qualcosa sulla buona riuscita dei rapporti interpersonali!"

Quando Morgana si riprese il telefono con un gesto stizzito, Mordred infilò le mani nelle tasche dei jeans e rise con semplicità.

"Tu che parli di rapporti interpersonali: non sapevo fossi amante delle barzellette... Non che non possa imparare ad apprezzare anche questo..." ammiccò con sfacciataggine, per il puro e palese gusto di provocarla (e per provocare Pendragon Femmina, bastava indispettirla).


Poi, la situazione si ribaltò.

Se prima era stato Mordred ad aver indietreggiato, costretto dalla spinta che aveva ricevuto, adesso era Morgana quella a doverlo fare.

Mano a mano che Duirvir le si avvicinava con dei passi dalla studiata tranquillità, la ragazza si preoccupava di mantenere una certa distanza tra loro e non lo perse di vista un attimo; odiava quel sorriso particolare di Mordred, di chi sapeva che cosa stava accadendo.

Duirvir pareva qualcuno che stava vedendo andare le cose esattamente come voleva lui.

Morgana era troppo intelligente per non accorgersene, ma per una maniaca del controllo quale era lei, la cosa non poteva certo farle piacere. Senza contare il fatto che (sì, almeno quello aveva dovuto ammetterlo), Mordred esercitava una certa influenza su di lei, altrimenti non si spiegava per quale diavolo di motivo riuscisse a farla ammutolire ogni tre per due.

L'orgoglio di Pendragon Femmina aveva ricevuto un brusco colpo da quella segreta ammissione, ma come sempre, era intenzionata ad affrontare le sfide a testa alta. Mordred avrebbe anche potuto farla sentire in soggezione, ma non avrebbe mai potuto intimidirla.

Piuttosto che finire così, rinuncerei ad una vita di potere e gloria per andare a fare l'eremita in un convento tibetano. Basta che non mi rasano a zero. Potrei uccidere per i miei capelli. Ed a quel punto l'eremita andrei a farla nel Sutton(1).


Persa nelle sue comuni elucubrazioni mentali, passò in una situazione di netto svantaggio in brevi istanti: Mordred non solo l'aveva raggiunta, ma aveva afferrato una ciocca dei suoi capelli e l'aveva arrotolata attorno all'indice.

"Morgana Pendragon che si fa prendere di sorpresa... cominci a perdere colpi?" mormorò, odiosamente.

Con il volto improvvisamente caldo per l'imbarazzo di essersi lasciata rimbeccare così facilmente, schiaffeggiò via la mano di Mordred e si allontanò senza aggiungere una parola.

L'aveva ammutolita di nuovo.


*


Arthur si girò dall'altro lato e ficcò la testa sotto il cuscino, ignorando con una volontà eccezionale la grigia luce mattutina che filtrava oltre le tende leggere. Si avvolse nel piumone come un bozzolo e restò immobile peggio di una mummia.

In quello splendido giorno, non aveva lezione sino al pomeriggio e se ci fosse stato suo padre, sicuramente l'avrebbe buttato giù dal letto a calci nel sedere per costringerlo ad allenarsi al campo di tiro, ma francamente Arthur non si sentiva proprio in vena. Era andato a dormire con la luna storta e quella mattina si era svegliato con una voglia di fare pari a quella di un invertebrato.

E poi, diciamocelo: lui ed il letto avevano sempre avuto un rapporto molto speciale. Erano fatti per stare insieme!

Il cellulare cominciò a squillare di nuovo e da sotto l'accumulo di coperte, Arthur emise un lamento d'oltretomba: era circa la decima volta che Morgana cercava di chiamarlo, ma non aveva la minima intenzione di rispondere.

Però non posso spegnere il cellulare, perché se lo spengo va a finire che quella piaga viene fino a qui per controllare di persona dove sono finito.


Se proprio vogliamo essere precisi fino in fondo, c'erano anche altri motivi per i quali Pendragon Maschio non intendeva dare udienza alla sorella Pendragon Femmina; uno di quei motivi, era l'argomento Emrys. Arthur sapeva che chiedere a Morgana di farsi gli affari suoi era come chiedere all'umanità di non fare la guerra, di conseguenza sapeva anche perché sua sorella continuasse a chiamarlo così insistentemente: voleva sapere.

Se c'era una cosa però che Arthur poteva fare, era mettere la vibrazione al suo stupido telefono; fu proprio così che andò a finire: fece emergere un solo braccio oltre il bordo del piumone, tastò poi a casaccio il comodino e dopo qualche buffo tentativo trovò l'oggetto delle sue ricerche.


Emrys aveva bisogno di tempo.

Sì, ma quanto? Non ha quantificato. Avrebbe potuto fare almeno questo, così avrei potuto, che ne so, organizzarmi.


Emrys aveva bisogno di tempo ed a lui questa cosa dava un fastidio tremendo.


Con uno sbuffo si girò nuovamente, incapace di stare a lungo fermo in una sola posizione. Ripensò a quando aveva detto a Merlin di lasciarlo da solo ed ammise che se i ruoli fossero stati invertiti (come stava in effetti accadendo), probabilmente avrebbe dato in escandescenza. Merlin invece aveva abbozzato in silenzio, piuttosto che mandarlo al diavolo era rimasto zitto ed aveva rispettato il suo bisogno.

Questa cosa lo faceva sentire un emerito imbecille: provava a comportarsi da persona adulta, sul serio, ma non poteva farci niente se l'idea che Emrys lo stesse evitando gli urtava da morire!


Tirò fuori la testa da sotto il cuscino ed il cellulare, incastrato nella federa, cominciò a vibrare; Arthur incrociò le braccia sul petto e fissò con un certo astio gli occhi azzurri sul soffitto.

Durante la notte era sceso a patti con un dato di fatto: Merlin condizionava il suo umore, per vie oscure e misteriose certo, fatto sta che lo faceva. Come ci riusciva?

E' più complicato del cubo di Rubik quello. C'è qualcosa in lui... e devo sapere che cos'è.


Ultimamente la sua vita era costellata da parecchi punti interrogativi, ma era più che intenzionato a dissiparne alcuni; come aveva detto sua sorella infatti, se c'era una situazione che poteva risolvere subito, era proprio quella che si era creata con Merlin.

La faccenda della ragazza in verde non aveva avuto nessuno sviluppo utile e davvero, non sapeva più che cosa fare. Non è che l'idea di starsene fermo ad aspettare gli facesse fare i salti di gioia, ma al momento non poteva comportarsi diversamente. Accantonando quindi per un tempo imprecisato quell'obbiettivo, se n'era prefissato un altro: capire come dover interpretare Emrys.


Il cellulare smise di fargli vibrare anche quel poco di cervello che aveva e lui si mise a pancia sotto, con una gamba che sbucava fuori dalle coperte, oltre il bordo del materasso.

Un'altra cosa su cui Morgana aveva avuto ragione, era che suo fratello ripensava per davvero alle cose come i cornuti: difatti, dopo che gli era stato fatto notare come Merlin fosse stato disposto ad aiutarlo in ogni modo possibile, aveva cominciato a chiedersi perché l'avesse fatto.

Se avesse chiesto a me una cosa così... probabilmente gli avrei riso in faccia.


Adocchiando i cassetti del comodino senza vederli realmente, piegò le labbra verso il basso, mettendo su un broncio da principe viziato; in pratica aveva appena ammesso che avrebbe riso in faccia ad un ipotetico se stesso.

In che posizione mi mette questa cosa?

Di certo in quella di un asino babbeo, avrebbe detto Morgana. O forse no, forse l'avrebbe detto Merlin.


La compagnia di Merlin gli piaceva. Lo trovava divertente, sincero e maledettamente altruista. Era il tipo di persona che avrebbe voluto accanto nella vita, tra la stretta cerchia di persone di cui si fidava sul serio. A pelle, avrebbe scommesso una mano su quel ragazzo: non sapeva come, ma era certo che avrebbe sempre potuto contare su di lui.

Quella completa dimostrazione di fiducia lo fece ridere con un certo scetticismo, non poteva credere di averlo pensato sul serio.

Poteva permettere di lasciarsi sfuggire qualcuno di cui aveva una così alta opinione senza nessuna ragione apparente? Qualcuno che gli era entrato nella testa in così breve tempo?

Qualcosa doveva pur significare...


La risata si spense sul suo volto, che mutò i lineamenti dubbiosi in qualcosa di più serio e reale.

Posso lasciare che accada? Posso dargli i suoi spazi? Posso rischiare che il suo cervello complessato lavori nel modo sbagliato?


No, decise quella parte di lui nella quale risiedeva il Pendragon d'azione, mentre calciava via le coperte come fossero diventate improvvisamente un pericoloso impedimento. No che non poteva permetterselo!


*


Merlin ci provò a non ridere, sul serio, ma guardare la sua faccia senza poter cedere neanche due secondi era un'impresa fuori dalla portata di qualsiasi essere umano.

E fino a prova contraria io sono noiosamente umano. Quindi riderò. Riderò un sacco!


Quando cedette, Gwen roteò gli occhi verso il cielo e Lancelot sopportò in eroico silenzio, ben conscio che tutto avrebbe potuto fare tranne che lamentarsi. Gli era andata anche troppo bene!

Erano tutti e tre seduti in aula, ad una delle poche lezioni che avevano in comune e stavano attendendo l'arrivo del professore. Non appena li aveva visti entrare, Merlin si era fatto notare e li aveva invitati a raggiungerlo; adesso lui stava in mezzo, alla destra c'era Gwen (in quanto futuro bastone della sua vecchiaia era quello il posto che le spettava) ed alla sua sinistra si trovava un mogissimo Lancelot.

Con un sospiro piuttosto sereno, Merlin batté una pacca sulla schiena dell'amico e sorrise.


"Su con la vita! Non è la fine del mondo, vedrai che riuscirai a fare entrambe le cose! Io e Gwen ti aiuteremo!" commentò, dopo che ebbe calmato gli spasmi dovuti alle risa. Appoggiò un gomito sul tavolo e scambiò uno sguardo di intesa con la ragazza in questione, che annuì con aria davvero comprensiva.

"Io ti aiuterò a preparare gli esami e Merlin la tesi, va bene?" disse lei, carezzando con gentilezza i riccioli scuri del suo ragazzo.

"Perché io devo aiutarlo a preparare la tesi?" intervenne l'altro, con un punto interrogativo al posto della faccia.

"Perché... beh tu sei talmente organizzato che non ti verrà difficile preparare sia la tua tesi che aiutarlo a fare la sua. A volte fai talmente tante cose insieme in così poco tempo che se non ti conoscessi, penserei che hai qualche potere magico di cui non mi hai detto niente!"

Merlin sorrise con quella sua classica scintilla di furbizia in fondo agli occhi azzurri e si lasciò abbindolare da quel complimento.

"Lance, stavi dicendo qualcosa prima che..."

"Prima che tu iniziassi a ridere, intendi?"

Merlin morse l'interno della guancia in religioso silenzio, ma le labbra tentarono già di arricciarsi un'altra volta. Lancelot sospirò pazientemente ed afferrò una mano di Gwen con le sue, giocando distrattamente con le dita.

"L'università è a corto di fondi..."

"A corto di fondi?" lo interruppe di nuovo Emrys, con sferzante ironia, "Ma se tre quarti degli studenti provengono da famiglie quasi a livello di quella di Pendragon! Con tutte le donazioni che riceve, come fa il college a non avere fondi?"

"Non saprei dire" intervenne Gwen, con un mezzo sorriso sarcastico sulle belle labbra, "Ma l'arredamento nuovo di zecca dell'ufficio del Rettore, sembra essere costato parecchie migliaia di sterline..."


Lancelot le lanciò un'occhiata pensierosa, ma non commentò quella frecciatina. Era terrorizzato! Aveva paura che se avesse detto una qualsiasi cosa negativa nei confronti del Rettore, una catastrofe senza precedenti si sarebbe abbattuta su di lui senza pietà (e lui di precedenti ne aveva un sacco, eh). Si limitò a sospirare di nuovo ed osservò le unghie pulite e rotonde di Gwen con aria abbattuta.


"Non so come faccia a non avere fondi, fatto sta che per risparmiare il Rettore ha deciso che non ci avrebbe espulso solamente se mi fossi preso l'incarico di riparare la serra a mie spese, manodopera inclusa"

E se spendo troppo, poi sarò costretto a fare il prostituto se davvero voglio riuscire a sposare Gwen per la fine dell'anno.


"Sì, quello l'avevo capito" rispose Merlin, incrociando le braccia sul tavolo, "Ma... hai mai riparato una serra?"

"Oggi pomeriggio mi devo vedere con il guardiano... Spero mi dica lui da dove diavolo dovrei iniziare"

"Quello stesso guardiano che ha come animale domestico quella specie di bestia infernale che ti ha azzannato il sedere per ben due volte?"

Lo sguardo sconsolato di Lancelot bastò a Merlin per ricominciare a ridere senza ritegno. Allungando un braccio, Gwen gli diede un colpetto sulla spalla come rimprovero, ma la sua facciata durò ben poco: alla fine si misero a ridere tutti e due.


Quando il professore entrò, cercarono di ricomporsi il più velocemente possibile e ad un certo punto, Gwen si chinò verso una delle parabole che Merlin aveva al posto delle orecchie e parlò con un tono piuttosto serio.

"A fine lezione dobbiamo fare una chiacchierata io e te, lo sai?"

Merlin inspirò, puntando gli occhi verso la lavagna appesa alle mura di pietra all'altro capo dell'aula.

"Gwen, sto bene" sussurrò di rimando, aprendo il quaderno degli appunti, armato già di penna dalla punta a sfera, "E non ne voglio parlare"

"Meno male che stai bene" replicò lei con scetticismo, "E' per questo che non ne vuoi parlare. Perché stai bene!"

"Infatti!" si intestardì, arraffando il quaderno di Lancelot per controllare, come faceva sempre, i suoi appunti con quelli degli altri, "Non parlarne mi fa stare bene!"

"Ti piacerebbe cavartela così!"

"Se sei mia amica allora non-"

"Non cominciare con la storia se sei mia amica. Dopo di quello viene specchio riflesso e con te non ci gioco più! Con me non attacca!"

"Gwen! Quando vorrò farlo, sarai la prima a sapere cosa ho deciso!"

"Cosa?!" lei gli afferrò il braccio, gli occhi grandi di stupore e sete di sapere, "Hai preso una decisione senza neanche dirmi che stavi prendendo una decisione?! Merlin!"

"Emh emh... Miss Taibhse, Mr Emrys... vi sono grato per il fatto che vi impegnate così alacremente a mantenere i toni della vostra conversazione sotto i trenta decibel, ma la sfortuna vuole che io sia dotato di un udito finissimo. Gradirei quindi ricevere una certa attenzione, durante le mie lezioni"


Al richiamo del professore, tutta l'aula si voltò verso di loro; Merlin aveva le orecchie completamente viola e teneva lo sguardo basso, guardando forse lo stesso esatto punto che stava guardando Gwen, con l'unica differenza che lei aveva solo le guance tendenti al viola.

A proposito di specchio riflesso... mi sembra di essere tornato alle superiori! Voglio ingoiare la penna e morire in silenzio...


*


Morgana si massaggiò le tempie con le dita, dopo aver puntellato i gomiti sul tavolo della biblioteca. Lanciò un'occhiata piuttosto obliqua a Mordred che le sedeva di fronte e strinse le labbra, facendole diventare un'unica linea sottile. Lei odiava avere mal di testa e se c'era qualcuno che avrebbe dovuto prendersi la colpa del suo stato, quello era proprio Duirvir!

Come richiamato da un'aura mefistofelica ed oscura, Mordred alzò i suoi occhi dal libro di simbologia che stava leggendo ed incontrò quelli di Morgana, che non provò neanche a fingere di distogliere lo sguardo con casualità, anzi: se possibile, intensificò ancora di più le ondate di negatività che a secchiate, cercava di gettare su quel povero, disgraziato quasi-innocente.


"Ci stai ancora pensando?" domandò lui con semplicità, mettendo il tappo all'evidenziatore azzurro per evitare di macchiarsi.

"Si vede sai, che non te ne frega niente. Che non provi neanche il minimo senso di colpa"

Mordred sorrise ed incrociò le dita sul libro, stringendosi con leggerezza nelle spalle.

"Ma io volevo prendere il tuo numero. Perché dovrei sentirmi in colpa per una cosa che ho fatto proprio perché volevo farla?"

"Non mi riferisco a quello" sbuffò Morgana, lasciando cadere la matita tra la piega centrale delle pagine. Tirò indietro i capelli mossi e scuri dal viso ed avvicinò la borsa, cominciando a cercare qualcosa. Mordred continuò a guardarla in silenzio, non avendo la più pallida idea di cosa stesse parlando; poi, dopo qualche istante, Morgana gli schiaffò sotto al naso una bustina chiusa di antidolorifico.

"Stai male?" domandò il ragazzo, corrugando la fronte.

Lei gli rivolse un sorriso di falsa cortesia ed aprendo il medicinale, lo ingoiò senza neanche un po' di acqua.

"Non ti posso nascondere proprio niente" ribatté quindi con evidente sarcasmo, accartocciando la bustina vuota.

"E perché dovrei sentirmi in colpa?"

"Perché se non mi avessi mandato all'incirca trenta o quaranta messaggi tutti di fila, a quest'ora sarei molto più serena di così. E non avrei il mal di testa!"

Mordred arcuò le sopracciglia con aria perplessa: "Beh, ma ho dovuto farlo! Ai primi cinque mi hai risposto che non avresti mai e poi mai accettato di studiare con me. Agli altri trentacinque non hai risposto e basta. Non mi hai lasciato alternativa, l'unica cosa rimasta da fare era portarti all'esasperazione. Ed ha funzionato, mi sembra. Sei qui no?"


Morgana avrebbe voluto arrabbiarsi, sul serio, ma Mordred le aveva fatto ribollire il sangue talmente tante di quelle volte che una specie di esasperazione da martire aveva iniziato a farsi strada oltre le manie omicide che quel ragazzo le ispirava. Lo guardò per dei lunghi istanti, prima di sospirare e tornare a dedicarsi allo studio.


"E poi senti chi parla!" rincarò lui, accompagnando una risatina scettica alle parole, "Quella che stamattina ha tormentato il fratello..."

Morgana alzò la testa di colpo e lo guardò completamente basita.

"E tu come lo sai?!"

"L'ho incontrato mentre venivo qui. Mi ha chiesto se gentilmente potevo tenerti ad una certa distanza di sicurezza da lui. Quando ho chiesto il perché, mi ha solo detto che entro la fine della giornata gli avresti fatto esplodere il cellulare. Ho fatto due più due"

Pendragon Femmina schiuse le labbra con aria piuttosto babbea e Mordred le sorrise fascinoso ed innocentemente demoniaco come al solito.

"Che altro ti ha detto?!" scattò Morgana, alzandosi in piedi con evidente impazienza.

Mordred alzò il viso verso di lei ed inarcò le sopracciglia.

"Niente" rispose con tranquillità, "E so esattamente cosa stai per fare. Per questo, ti dico che secondo me non è una buona idea"

"Quando vorrò il tuo parere te lo farò sapere" il tono sferzante di Morgana accompagnò i gesti frettolosi che compì nel rimettere tutto a posto dentro la borsa. Voleva trovare suo fratello, riempirlo di botte, costringerlo a rispondere alle sue domande e poi picchiarlo di nuovo. Il tutto in quella sequenza.

Come osa ignorare le mie telefonate e chiedere a Duirvir di tenermi lontana da lui? Arthur Pendragon, potrai scappare a quel fesso di tuo padre, che è anche il mio, ma non sfuggirai mai a me!


Mordred si alzò in piedi a sua volta e chiuse il libro, prima di incrociare le braccia contro il petto.

"D'accordo, forse non vorrai il mio parere, ma il mio aiuto potrebbe farti comodo..."

Morgana lo guardò con aria scettica, i suoi occhi acquamarina stavano praticamente chiedendo aiutarmi? Tu? E come pensi di fare?

Il moro sorrise pazientemente a quello sguardo di sfiducia e si strinse con nonchalance nelle spalle.

"Se tuo fratello ti sta evitando, andarlo a cercare in ogni caso dubito che gli farà venire voglia di parlare, qualsiasi cosa tu voglia sapere. Se vuoi, posso provare a parlarci io..."


Lei lo osservò in silenzio, afferrando il labbro inferiore con i denti. Un'idea iniziò a farsi strada nella sua mente... E se l'avesse messo alla prova? Se avesse potuto approfittarne per capire?

Devo sapere se posso fidarmi di qualcuno che ha tutta questa influenza sul mio umore. Il segreto è imbrogliare prima di essere imbrogliati.


Mordred corrugò la fronte, incredibilmente avvertì una sorta di disagio sotto lo sguardo attento e penetrante di Morgana. Non ricordava di essere mai stato guardato così profondamente, di certo non da lei. Con una sorta di silenzioso imbarazzo, cercò di scacciare via un tipo di pensiero che non era certo abituato a fare e che lo fece sentire un po' sciocco ed infantile.

Vorrei che mi guardasse sempre così. Che vedesse solo me.


"E' una questione complicata" esordì Morgana, strappandolo dai suoi stessi desideri, "Ti annoierei soltanto"

"Puoi lasciarlo giudicare a me?" le chiese, abbozzando un sorriso un po' titubante. Le sembrava combattuta.

Lei si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo: "So che Emrys conosce l'identità della ragazza dal vestito verde e voglio sapere se Arthur ha già parlato con lui. Solo che... Emrys mi ha promesso che sarebbe stato lui a dirglielo, quindi mio fratello non sa ancora che... che Emrys sa. Tra l'altro, non mi ha voluto neanche dire chi è, quindi non posso andare da Arthur e raccontargli ciò che so! D'altra parte Emrys è mio amico e non farei mai qualcosa che non vuole. Mordred, mio fratello mi crede completamente fuori da questa faccenda. Lo sto dicendo solo a te! Se sapesse che gli ho tenuta nascosta una cosa così..."

Appunto. Sono proprio curiosa di vedere se lo verrà a sapere. Magari proprio da te, Duirvir. Vediamo quanto li sai tenere i segreti.


"Quindi vuoi parlare con Arthur e capire per vie traverse se ha scoperto qualcosa..." intervenne Mordred, completamente a suo agio, nonostante lo scoop (semi falso) appena ricevuto. Lei raggrumò le labbra, vedere un po' di stupore su quella faccia da angelo con il forcone non le sarebbe dispiaciuto.

Ma questo qui il controllo lo perde solo quando gli pare? Non c'è gusto... Nemmeno la soddisfazione del gossip!


Pendragon Femmina si ritrovò suo malgrado ad annuire ed a quel punto, l'altro sfregò i palmi delle mani con aria pratica.

"Bene, allora vado ad indagare!" esordì, raccattando le sue cose con aria giuliva, "E quando avrò scoperto qualcosa ti chiamerò, quindi farai bene a rispondere Banshee!"

"Piantala di chiamarmi Banshee!"

"Hai quasi ringhiato. Se fai così, sarà difficile far morire questa mia abitudine, che è comune a quella di più della metà del college, lo sai?"

"Ho anche io i miei metodi!"

Mordred si abbassò di scatto ed il libro che Morgana gli aveva tirato contro, volò oltre la sua testa.

"Mh... piuttosto brutale..." commentò placido il bersaglio appena scampato al trauma cranico, tirandosi su. "Mi piace!"

A quel punto, fu costretto a catapultarsi fuori dalla biblioteca, perché Morgana aveva iniziato a sollevare una delle sedie del tavolo.

Quella potrei avere qualche difficoltà ad evitarla.


Quindo uscì fuori con l'ombra di una risata sulle labbra, nel lasciar vagare lo sguardo non poté credere alla sua fortuna sfacciata: quasi alla fine del corridoio, affacciato ad una delle finestre che stavano davanti l'aula di mitologia moderna, c'era un pensieroso Arthur Pendragon. Mordred capì che il ragazzo stava osservando qualcosa, perché teneva gli occhi azzurri fissi in un punto verso il basso del cortile interno. Cercando di cucirsi addosso un'aria innocente e casuale, il moro appiattì i capelli sulla fronte e si diresse verso l'amico con un'andatura da lemure.

L'arte dell'improvvisazione, volume I, di Mordred Duirvir.


"Ehilà, Pendragon!" esordì, spintonandolo un po' per farsi spazio con i gomiti sul davanzale della finestra, "Cos'è quell'aria funebre?"

Seguì la direzione dello sguardo di Arthur e vide, seduti su una delle panchine attorno alla fontana, le tre famose grazie, il trio delle meraviglie dopo Harry Potter & Co.: Merlin, Gwen e Lancelot; da come se la ridevano, dovevano star bighellonando alla grande.


Pendragon Maschio sospirò e raggrumò le labbra con stizza.

"Mantieni le distanze" disse, con voce monocorde, "Non vorrei ci facessero un'altra foto equivoca"

Mordred sporse il labbro inferiore e lo guardò come fosse stato appena bastonato.

"Ma come! Ed io che ero venuto per sbaciucchiarti un pochettino..."

Arthur gli regalò un'occhiataccia, simile a quelle della sorella, ma continuò a tenere la guancia mollemente affondata nel palmo della mano.

"Come mai non sei in giro con quel secchio(3) di Emrys come al solito?" continuò imperterrito Mordred, osservando il suddetto interessato con una certa curiosità negli occhi.

"Non mi avevi detto di mollare la presa con la faccenda della ragazza in verde?" replicò a quel punto Arthur, piuttosto sulle sue. Mordred lo guardò senza capire.

"Sì che te l'ho detto, ma questo che c'entra? Frequenti Emrys solo per andare a caccia di ragazze? Pensavo foste amici..."

Arthur accusò la frecciatina in silenzio e si sentì in colpa ancora un po' di più. Dal giorno prima a dire il vero, non aveva smesso un attimo di sentirsi un imbecille.

Stamattina sono uscito per risolvere la faccenda ma ancora non ho concluso niente. E se dovesse mandarmi via di nuovo? Beh a quel punto credo che dovrò ricorrere al sequestro di persona. Una volta portato in un posto sicuro, gli farò vedere talmente tante diapositive di me che finirà per dimenticare tutto ciò che ho detto e vorrà diventare il mio migliore amico. Sì, il lavaggio del cervello mi sembra la soluzione più pratica.


Sbatté le palpebre, quando vide una mano sventolare davanti alla sua faccia. Sembrando un po' smarrito, si voltò verso Mordred.

"Che ne so" esordì quello, stringendosi nelle spalle, "Sembravi esserti incantato! A che pensavi?"

"A niente" rispose frettolosamente il biondo, alzando le braccia verso l'altro per stiracchiarsi un po'.

Ok, adesso vado giù e gli impongo la mia presenza. Se si alzerà, io lo seguirò. Se mi accuserà di non avere rispetto per i suoi desideri, me ne fregherò altamente. Regola numero quattro del buon stratega: quando la situazione si fa critica, fotti la strategia. La preda non se lo aspetta.


"Ma non è che per caso ci hai litigato?"

La domanda di Mordred lo investì come una secchiata di acqua fredda. Restò congelato nel movimento di abbassare le braccia e voltò la testa verso di lui un po' troppo velocemente. Mordred sorrise: beccato!

"Che cosa te lo fa credere?!"

"Non so... sei piuttosto reticente sull'argomento. Ho solo tirato ad indovinare..."

Arthur assottigliò le palpebre sugli occhi con sospetto.

"Abbiamo discusso..." pronunciò lentamente, quasi temesse lo scoppio improvviso di qualcosa ad ogni sua parola.

"Perché, se posso chiederlo?"

"Perché sono un imbecille Mordred!" la stizza fu chiaramente percepibile ed Arthur si scostò dalla finestra, "Il terzo grado finisce qui! Con il tuo permesso vado a recuperare il secchio"


Graziato da un pessimo inchino cavalleresco, Duirvir restò con i gomiti poggiati sulla finestra e guardò l'altro allontanarsi da lui. Pensieroso come ultimamente gli accadeva spesso, tornò a prestare attenzione al trio seduto attorno alla fontana: Gwen e Lance si erano alzati e dopo un paio di parole, si allontanarono da Emrys.

Se Arthur avesse litigato con lui per la questione della ragazza, non si sarebbe mai dato dell'imbecille. Quindi Emrys non gliel'ha ancora detto...


Morgana sarebbe stata molto contrariata dal sapere che a Mordred la lingua non prudeva neanche un po'. Duirvir era un tipo piuttosto riservato, che non amava immischiarsi nelle faccende altrui; si riteneva un osservatore, ed era proprio grazie a quella sua qualità che aveva capito come entrare tra le attenzioni di Morgana. Anche se Arthur era suo amico, non avrebbe mai svelato un'informazione che Emrys custodiva in silenzio per chissà quale ragione.

Se non glielo dice sua sorella, non vedo perché dovrei farlo io. Avrò anche un concetto sbagliato di amicizia, ma preferisco starne fuori, grazie tante.


Non aspettò di vedere sbucare Pendragon fuori dal portico, per tornarsene in biblioteca e riferire ciò che aveva scoperto.

Sperò che Morgana avesse rimesso giù la sedia da un pezzo.


*


Quando Merlin vide Arthur dirigersi verso di lui a passo marziale, fu invaso da due istinti primordiali ben diversi; il primo, gli suggerì di alzarsi e darsela a gambe levate, il secondo gli impose di non fare il babbeo ed al massimo di ignorare quell'ammasso di biondaggine e cocciutaggine che andava cercando proprio lui. Con un sospiro raccattò la sua borsa e si alzò lentamente in piedi, restando fermo accanto alla panchina.


"Ciao Merlin!" esordì Pendragon, mettendogli le mani sulle spalle per ributtarlo giù seduto. Merlin sfarfallò le ciglia con un certo stupore e lo osservò sedersi accanto a lui in una posizione piuttosto svaccata.

"Hai pensato?"

Il moro schiuse la bocca, praticamente senza parole... infatti non rispose. Arthur sbuffò roteando gli occhi verso il cielo e gli propinò una leggera gomitata.

"Meglio così" continuò quindi, guardando quella scura testa arruffata con aria pensierosa, "Almeno non dovrò riparare a nessun danno"

"Arthur... di che stai parlando?" tentò Merlin, con una certa cautela, corrugando la fronte carezzata da alcune ciocche nere.

Pendragon Maschio circondò le sue spalle con un braccio ed assunse l'atteggiamento di un uomo che cerca di spiegare a qualcuno i significati più reconditi della vita umana.

"Vedi Merlin... oggi ho capito che non posso lasciarti i tuoi spazi. Te sei pericoloso quando pensi. Dovessi lasciarti da solo, prenderesti sicuramente la decisione sbagliata!"

Se possibile, gli occhi blu di Emrys diventarono ancora più grandi.

"Scusa?!" sbottò, senza mezzi termini, "E che intenderesti fare? Pedinarmi come hai fatto con le studentesse sulla lista?"

Negli occhi azzurri di Arthur balenò un improvviso lampo di soddisfazione e Merlin seppe di avergli appena dato una pessima, pessima idea.

Ma perché mi scavo sempre la fossa da solo? Perché?!


"Non mi hai spiegato perché non sei sicuro di voler essere mio amico"

"Non eravamo rimasti d'accordo che avremmo evitato le domande?"

"No, tu eri rimasto d'accordo con te stesso che avremmo evitato le domande. Non ho mai detto che l'avrei fatto"


Merlin spostò il braccio di Arthur dalle sue spalle e si alzò in piedi, sistemando la borsa su una spalla. Quando iniziò a camminare verso i portici senza aver degnato il biondo di una singola parola, quello scattò su come una molla e lo seguì, incrociando le braccia dietro la testa.

"Non fa niente se non parli sai, tanto non me ne vado" commentò con leggerezza Pendragon Maschio, determinato più che mai a capire cosa diavolo ci fosse sotto quella zazzera di capelli neri che marciava davanti a lui. Merlin sospirò pesantemente, protraendo il suo stoico silenzio sino a data da destinarsi; doveva sapere però, che l'asino alle sue spalle quando decideva di volere qualcosa, doveva ottenerla e basta. Non c'erano vie di mezzo, per un Pendragon.

Trotterellando un po' più in fretta, Arthur arrivò ad affiancarlo e si sporse in avanti per guardarlo in faccia.

"Hai detto che non sei sicuro di voler essere mio amico. Io ti ho detto che è una reazione un po' esagerata e tu hai risposto che non è questo il punto. Allora qual è?"

Merlin finalmente lo guardò, ma solo perché era rimasto completamente spiazzato dalla memoria da falco che aveva sfoggiato Pendragon.

Si ricorda solo quello che gli pare però!


Il biondo iniziò a camminare all'indietro come i gamberi per poter continuare a guardarlo, tenendo ancora le braccia incrociate dietro la testa.

"Se i dubbi non te li ha fatti venire quello che ti ho detto, e tra l'altro mi sono anche scusato se non te lo ricordi, allora deve essere stato qualcos'altro. Ho fatto qualcosa di cui non mi sono reso conto?"

Merlin strinse le labbra in una linea sottile ed inspirò profondamente, mantenendo gli occhi puntati avanti a sé.

Non cedere, non cedere, non cedere. Fai finta che non sia qui. E' una mosca. Una piccola mosca ronzante e tu non parli con le mosche Merlin, perché neanche loro parlano.


"O forse ho detto qualcosa che non avrei dovuto... a parte quel giorno al campo di tiro, si intende. Oh!"

Arthur si fermò improvvisamente ed allungò una mano, poggiandola sul petto di Merlin per bloccare anche lui. Lo costrinse a guardarlo nel bel mezzo del corridoio, completamente incurante degli altri studenti che passavano loro affianco, diretti forse ad altre lezioni o chissà dove.

Emrys poteva quasi sentire il calore delle dita di Arthur attraverso la stoffa della maglia, lo poteva sentire diffondersi sulla sua pelle. Una sorta di disagio esplose come una bolla di sapone dentro il suo stomaco e sentì le orecchie scaldarsi.


"Sei arrabbiato per la sera della festa?" domandò Pendragon, scrutandolo con l'attenzione di chi non voleva lasciarsi sfuggire nemmeno una smorfia.

Merlin fu silenzioso come una tomba. Non si fidava di quello che avrebbe potuto dire, ma c'era qualcosa che gli premeva nella gola e che cercava di risalirla per uscire fuori. Sentì il proprio cuore cominciare a battere più velocemente, come di solito faceva quando stava per commettere qualcosa di molto, molto stupido, di cui poi si sarebbe sicuramente pentito.


"E' perché ho detto che era Freya, ad avere ragione?"

Di colpo, Emrys afferrò con rabbia il polso di Arthur e quel qualcosa che strusciava lungo la gola, finalmente uscì fuori.

"Sono arrabbiato perché sei un cieco asino imbecille! Come, dico, com'è possibile che tu ancora non abbia capito un accidente!"

Arthur guardò prima la mano di Merlin che lo stringeva con una forza che non gli avrebbe mai attribuito, poi di nuovo lui.

"Che cosa dovrei aver capito?" domandò con una voce sommessa, sentendo che qualcosa di importante gli stava sfuggendo tra le dita come l'acqua.

Merlin rise seccamente e scacciò in malo modo la sua mano, compiendo poi un passo indietro.

"Facile, vero, quando le cose ti vengono sbattute in faccia. E per quanto in questo momento vorrei farlo, non te la renderò così semplice Arthur, mi dispiace. Se non l'hai ancora capito, significa che non è destino"


Notando la voglia che Merlin aveva di andarsene e lasciarlo di nuovo lì come un povero idiota, Arthur disse la prima cosa che gli passò per la testa.

"Non è vero che non hai influenza su di me"


Il moro rimase in silenzio e lo guardò con una tale rabbia disillusa che sentì di dover continuare, perché oramai il danno era fatto.


"Sei tu che non capisci" proseguì allora, distogliendo lo sguardo e passando con un gesto nervoso la mano tra i capelli, "Se fosse stato vero non mi sarei arrabbiato così tanto. Nel momento stesso in cui te l'ho detto, ho capito che era una bugia e non so come diavolo ci riesci, Merlin, ma certe volte mi fai sentire davvero un... cretino, oppure l'opposto, dipende da quello che mi dici. Non lo vedi?" allargò le braccia in una sorta di dichiarazione d'arresa e rise senza volerlo fare davvero; "Anche adesso, il fatto che tu ce l'abbia con me ed il non sapere per quale diavolo di motivo, mi manda ai pazzi. Non lo sopporto!" si avvicinò di nuovo a lui e lo afferrò per le spalle con una presa un po' prepotente. "Non lo sopporto!"


Quell'inaspettata vicinanza, congelò Merlin come una statua di granito. Trattenne il respiro, ma trovò il coraggio di non abbassare lo sguardo. L'ultima volta che si era trovato in quella situazione, era finita con un bacio; quel pensiero scatenò nella sua memoria una serie di immagini confuse risalenti a quel momento, il calore sulle orecchie divenne anche più intenso ed Arthur le guardò con una sorta di meravigliato interesse. Se le avesse toccate, le avrebbe sentite bruciare?


"Perché mi hai aiutato per tutto questo tempo?" chiese, appena in tempo per sentirlo inghiottire con una certa difficoltà.


Poi lo notò.(2)


Un odore, non troppo forte, ma che attirò la sua attenzione. Conosceva quell'odore, o almeno così credeva... l'aveva già sentito? Se così era... dove?

Senza rendersene nemmeno conto, spinto solo dall'istinto di quell'intuizione, si sporse per accostare il volto ai capelli di Merlin.

Lo so, so di averlo già sentito. Ma quando?!


Non riuscì neanche ad inspirare che il moro sgusciò via come un'anguilla dalla sua presa e se la diede letteralmente a gambe levate. Lance che correva inseguito da Attila in quel momento sarebbe sembrato una lumaca, in confronto.

Arthur restò completamente basito, con gli occhi grandi come palline da golf incollati alla schiena dell'insospettabile flashboy.

Emrys gli stava decisamente nascondendo qualcosa.


*


"E lui è lì adesso?"

Gwen appoggiò un gomito sul tavolino e giocò con il cibo nel piatto, stuzzicandolo con la forchetta. Annuì mestamente alla domanda di Morgana ed infilzò un fagiolino, guardandolo con scarso interesse. Erano arrivate un po' tardi in mensa e per quello, erano davvero pochi i posti ancora occupati.

Morgana prese il bicchiere con l'acqua e ne mandò giù un sorso, allontanando il vassoio da sé; i residui di un'insalata mista giacevano miseramente nel suo piatto.


"Pensi che il custode lo aiuterà?" domandò ancora, prima di essere interrotta dall'ennesima vibrazione del suo telefono. Gwen lo adocchiò con una punta di curiosità e corrugò la fronte.

"Si può sapere chi è che ti sta mandando tutti questi messaggi? Non fa altro che vibrare da quando ci siamo sedute" commentò senza risultare infastidita, anzi: sembrava che vedere Morgana così insofferente la divertisse un po'. Pendragon Femmina pigiò velocemente alcuni tasti per rispondere al messaggio e poi mostrò lo schermo all'amica: smettila di tormentarmi! c'era scritto e Gwen arcuò le sopracciglia.

"Dici che sono stata abbastanza esplicita?" chiese l'altra, prima di premere l'invio e gettare il telefono nella borsa.

"Secondo me più dei messaggi, ti dà fastidio che non abbia fatto la spia con Arthur"

Morgana la guardò con tanto d'occhi e Gwen stese le labbra in un sorriso comprensivo; sapeva come dover trattare con certe psichi distorte.

"Non ti ho raccontato tutto soltanto per permetterti di fare sciocche ed infondate congetture Gwen!"

La riccia sospirò con leggerezza e mangiò una forchettata di fagiolini, con l'aria di una che la sapeva lunga al riguardo.

"Non sono sciocche ed infondate" rispose dopo aver mandato giù il boccone, "E tu lo sai!" concluse, puntandole la forchetta contro.

L'altra roteò gli occhi verso il cielo ma non disse niente, iniziando a rigirarsi tra le dita il bicchiere di plastica vuoto. Sapeva dove Gwen voleva andare a parare, quindi era meglio lasciar cadere così quel discorso. La sua coscienza rediviva bastava già da sola a scombussolarle le idee.

Ma prima o poi troverò il modo di ammazzarti, che ti credi. E' solo questione di tempo gioia mia!


"Sai perché Merlin e tuo fratello non si vedono più tanto spesso insieme? E' colpa della foto che è stata messa in giro, quella dove c'è anche Mordred?"

"Ma come, non lo sai?" Morgana alzò gli occhi, piuttosto stupita dal fatto che Gwen non fosse al corrente di qualcosa che riguardava il suo amichetto del cuore.

"Merlin non ne vuole parlare" rispose l'altra semplicemente, stringendosi nelle spalle, "Ma di solito te sai sempre tutto, quindi..."

"Credo abbiano discusso, ma anche Arthur è stato molto criptico al riguardo..."

Gwen lasciò cadere la forchetta nel piatto e si stiracchiò pigramente, prima di appoggiare la schiena contro la spalliera della sedia.

"Morgana... è Merlin la ragazza dal vestito verde" confessò ad un certo punto, con uno sguardo maledettamente serio, "Lo so perché me lo ha detto lui. L'ho incrociato la sera stessa che è successo. Era fuori di sé dall'euforia"


Pendragon Femmina restò in silenzio. Non aveva detto a nessuno di aver scoperto la verità la sera del compleanno di Gwaine, ma aveva ancora senso continuare a nascondere quello che sapeva? Strinse le labbra tra loro e non rispose, limitandosi ad osservare il volto di Gwen senza mostrare la minima traccia di sorpresa; a quel punto, l'altra sembrò cogliere la verità tra le righe, tant'è che schiuse le labbra senza poter reprimere un verso strozzato, di completo sbigottimento.


"Tu lo sai!" esclamò, cercando di elaborare quella notizia e cosa avrebbe potuto comportare; "Tu lo sai!" ripeté ancora, "Da quanto?!"

"Da un po'" si sentì rispondere la riccia, piuttosto blandamente.

"E non hai detto niente! Non ci posso credere! Dov'è Morgana e chi sei tu?"

"Ehi, per chi mi hai preso? Stiamo parlando di mio fratello e di un amico qui, anche io a volte so pensare prima di fare la stronza, cosa credi?"

Gwen assottigliò le palpebre ed incrociò le braccia contro il petto, scrutando gli occhi chiari della ragazza con estrema attenzione.

Se non l'ha detto deve averci sicuramente guadagnato qualcosa.


Nonostante fosse convinta di quel pensiero, a parole diede ad intendere tutt'altro.

"Sei umana anche tu allora..."

Morgana sbuffò con divertimento e scosse la testa.

"Perché me lo stai dicendo?" domandò invece, cercando di capire dove volesse andare a parare Gwen.

"Perché non ne posso più di vedere Merlin sempre di malumore! Puoi parlare con tuo fratello? Cercare di fargli capire... la faccenda?"

"Perché non lo fai tu?"

"Perché Merlin è il mio migliore amico e se venisse a sapere che ho aperto bocca finirei tra gli impiccati di Paint, te lo posso assicurare!"

"Emrys disegna gente impiccata su Paint?"

"E' un modo che ha per sfogare la sua frustrazione!"

"E poi danno a me della disadattata..."

"Non è questo il punto!"

Gwen appoggiò i gomiti sul tavolino e si sporse verso di lei, con due occhi vagamente supplicanti e dolciosi come quelli dei suoi ventordici peluche (peluche per cui Morgana aveva sviluppato un intimo disagio).

"Morgana... per favore!"

Pendragon Femmina accartocciò il bicchiere di plastica e lo gettò sul vassoio con stizza.

"Partendo dal fatto che Emrys è anche amico mio e per quanto possa condividere i suoi propositi omicidi, non mi piacerebbe vedermi riprodotta impiccata su Paint... Sappi che con Arthur ci ho già parlato. Non esplicitamente, ma l'ho fatto. Non è colpa mia se ho un fratello cieco come una talpa, ho cercato di indirizzarlo verso Emrys, ma per ora non ha funzionato molto bene. Più di questo non posso fare Gwen, non mi puoi chiedere di sbattergli in faccia le cose come stanno. Non lo farò, per i tuoi stessi motivi! Io non rischio solo l'impiccagione su Paint, ma anche nella vita reale, perché mio fratello sa essere piuttosto rancoroso quando ci si mette!"

Gwen sospirò pesantemente ed abbassò la testa con aria sconfitta; sentì Morgana prendere il vassoio ed alzarsi in piedi, ma lei non si mosse.

"Mi dispiace Gwen, sul serio. Ma ci ho provato e non posso fare più di così!" concluse, allontanandosi dal tavolo per buttare gli avanzi del pranzo. La mensa stava per chiudere, era ora di ritornare a sgobbare sui libri.


Nonostante le addette ai tavoli stessero iniziando a pulire la sala, la riccia rimase seduta al tavolino e puntò lo sguardo fuori da una delle finestre, guardando il cielo senza vederlo realmente.

Non poteva lasciar perdere, che bastone della vecchiaia sarebbe stata se l'avesse fatto? Anche se Merlin l'avesse odiata, doveva fare qualcosa, in nome del bene che gli voleva! Si lasciò scappare una risatina, al pensiero che tutto era cominciato da una stupida scommessa che Merlin aveva perso... Era stato costretto ad indossare uno degli abiti di Morgana e questo aveva scatenato una vera odissea!


Si alzò in piedi di scatto, folgorata da un'improvvisa illuminazione divina.

Il club di rievocazioni storiche del quale Morgana faceva parte metteva a disposizione di tutti gli studenti resoconti e fotografie, come testimonianza degli eventi che avevano organizzato!

Come ho fatto a non pensarci prima! Stupida, stupida Gwen!


Raccattando in fretta e furia le sue cose, lasciò addirittura il vassoio sul tavolo: adesso sapeva cosa doveva fare!

















NOTE DELL'AUTORE: questo capitolo è stato un vero casino. C'erano così tante cose che volevo dire ed ho avuto qualche problema di organizzazione. Spero che il risultato sia abbastanza soddisfacente. Ebbene, a questo punto posso dirvi che mancano solo due capitoli alla fine. Siete felici? ù_ù Sappiate soltanto che il tredicesimo sarà il più lungo mai pubblicato sino ad ora (credo) e che sarà così pieno di demenzialità che finirete per farmi causa, ve lo assicuro. Proprio a causa della sua lunghezza, dovrete forse aspettare ancora di più del solito per averlo. Mi vorrete bene comunque però, non è vero? ç_ç Come al solito grazie a Ryta Holmes che beta le mie bestialità, grazie a tutti i recensori pazzi, i lettori silenziosi e quelli che approderanno qui in futuro. Aggiorno piuttosto lentamente, è vero, ma almeno lo faccio u_u guardiamo il lato positivo! Ecco le note, solo tre, ma una è corposa e forse noiosa XD:


(1) Nel Sutton, zona Surrey, c'è un penitenziario femminile.

(2) Ok raga, qui c'è un po' da filosofeggiare. In questa occasione ho voluto ricollegarmi un po' a Proust ed alla sua 'Alla ricerca del tempo perduto'. Sorseggiando del tè con all'interno alcune briciole di Madeleine, gli ritorna alla mente un episodio del suo passato che aveva completamente dimenticato. Per chi voglia un po' annoiarsi, cito testualmente: "La grande intuizione di Proust fu, dunque, che l’olfatto e il gusto hanno un ruolo fondamentale per la memoria e per il recupero dei ricordi. Nel 1911, l’anno della madeleine appunto, gli scienziati non avevano ancora idea di come i nostri sensi comunicassero all’interno del cervello. Oggi le neuroscienze sanno che Proust aveva ragione. I sensi dell’olfatto e del gusto sono quelli più “sentimentali”, più soggettivi e meno trasmissibili. Non è facile, infatti, descrivere a qualcun altro il profumo di gelsomino o l’aroma del caffè, perché si tratta di percezioni intime e difficilmente condivisibili. Questo perché gusto e olfatto sono gli unici due sensi direttamente collegati all’ippocampo, che guarda caso, è il centro della memoria a lungo termine".

(3) Secchio è semplicemente il diminutivo di secchione.


Tutto questo per cercare di spiegarvi che non è così irreale collegare un odore a qualcosa o qualcuno, accade più spesso di quanto pensiamo, sopratutto se quell'odore è connesso a qualcosa che ha lasciato il segno, che ne siamo consapevoli oppure no. Ho cercato di rendervi l'intuizione di Pendragon Maschio meno assurda possibile, per intenderci XD


Ciao a tutti u_u

Asfo


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Capitolo 12
*** La principessa, il dichiaratore, il disadattato ***


DODICESIMO CAPITOLO


Sguazzare nell'erba bagnata era una delle cose che odiava fare di più e se non poteva chiamarsi amicizia quella, non sapeva cos'altro avrebbe potuto definirsi tale. Era stata costretta a legare i capelli, perché quel tempaccio umido li avrebbe sicuramente ridotti ad una sorta di panettone natalizio, se solo li avesse lasciarti liberi di cadere sulle spalle come al solito. Il grigio scuro del suo trench invernale faceva coppia con lo stesso colore dell'ombrello, che a sua volta si sposava perfettamente con il cielo plumbeo che quel giorno dominava i cieli inglesi.

Ma perché per arrivare alle serre bisogna per forza passare in mezzo all'erba? Visto che c'è, Lake potrebbe anche mettersi a costruire un maledetto sentiero di ciottoli o roba simile!


Ebbene sì, quella mattina Morgana si era alzata con tutte le intenzioni di andare a parlare con quello stoccafisso che era il ragazzo di Gwen. Aveva voluto sempre farlo dal giorno dell'esplosione, ma tra lo studio e Duirvir che la stalkerava, aveva dovuto continuamente rimandare. Com'era ovvio che fosse, Gwen non sapeva nulla di quell'iniziativa (non fosse mai che si potesse pensare che Morgana stesse facendo qualcosa di carino per qualcuno)! Voleva sapere fino a che punto l'instabilità mentale di Lancelot fosse grave e se lo avesse ritenuto sin troppo pericoloso per una come la riccia, avrebbe cercato il modo di farla ragionare e spostare i suoi occhioni cioccolatosi su qualche altro partito; cercare di far allontanare due persone non era forse tra i metodi più ortodossi da adottare in amicizia, ma quello era il suo modo di dimostrare che ci teneva: o lo si apprezzava, oppure no, con Morgana vie di mezzo non ce n'erano.


Quando vide la struttura semi distrutta delle serre farsi sempre più vicina, controllò attorno che non vi fosse quella bestia infernale di Attila. Non le piacevano i cani e dopo aver visto cosa aveva rischiato il sedere di Lancelot per ben due volte di fila, aveva deciso che ancor di più era quel cane a non piacerle. Quando raggiunse l'ingresso delle serre, chiuse l'ombrello e scavalcò i resti della porta, adocchiando il pavimento cosparso di piccolissimi pezzi di vetro; era un miracolo che Lancelot non se ne fosse ritrovato nessuno conficcato negli occhi o nel cervello! Alcune povere piante avevano foglie e fiori bruciacchiati, per non parlare del terriccio costellato di calcinacci ed altre macerie.

Qui dentro è successo l'Armageddon. E Lancelot crede di essere sfigato? Se lo fosse stato sul serio sarebbe stato espulso oltre che morto! Io dico che è maledettamente fortunato!


Il rumore di un martello che batteva attirò la sua attenzione oltre una fila di piante sempreverdi che le nascondevano alla vista una buona porzione di spazio; facendo un cauto slalom tra i resti di organismi viventi, semi viventi, morti o mai vissuti, si avvicinò sino a sporgersi oltre le fronde: Lancelot stava inchiodando alcune tavole di legno, reggendo dei chiodi tra le labbra. Dal modo in cui fissava il martello, con la fronte corrugata, doveva trovarsi in una fase di massima concentrazione.

Il lato malvagio di Morgana iniziò a stuzzicarla.

Quasi quasi gli faccio prendere un infarto mentre cala il martello.

La sua coscienza rediviva cercò di farla ragionare.

Sei qui per Gwen, potrai sempre fare la prepotente in un altro momento.


Con un sospiro, attese che Lancelot ebbe dato un paio di colpi al chiodo puntato sulla tavola, prima di attirare la sua attenzione con un breve fischio. Lake alzò la testa e la osservò sorpreso: era evidente che non l'avesse minimamente sentita entrare. Mise giù il martello e tolse i chiodi dalla bocca.


"Ehi Morgana" esclamò, abbozzando un sorriso, "Cosa ci fai qui?"

Lei si strinse nelle spalle e si guardò attorno con aria piuttosto interessata, cercando di dare una valutazione approssimativa ai danni che li circondavano.

"Passavo per vedere come te la stavi cavando" commentò con semplicità ed allungò la punta dell'ombrello per far rotolare un sassolino poco distante.

Lancelot abbassò le maniche della maglia che aveva tirato su fino ai gomiti e la guardò con un certo smarrimento.


"Davvero?" il suo tono trasudava scetticismo: lui non aveva mai avuto chissà quale grande rapporto con Morgana; lei era semplicemente la sorella di Arthur e l'amica di Gwen.

"Sì" annuì lei, con un sorriso eccezionale, "Ed anche per chiederti cosa diavolo ti passava per la testa quando hai deciso di far saltare in aria questo posto"

Il ragazzo non rispose subito, poiché fu letteralmente ipnotizzato dal movimento sfarfallante che avevano le ciglia di Pendragon Femmina; alla fine, lei fu costretta a schioccargli le dita sotto al naso per riportarlo alla realtà.

"Eh?"

"La serra"

"Eh"

"E' esplosa!"

"Sì..."

"Perché?"


Grattando la base del collo con un mano, Lancelot abbassò lo sguardo e temporeggiò. A qualcuno voleva spiegare le sue motivazioni, perché l'idea che lo considerassero tutti un pazzo esaltato non è che lo facesse urlare dalla gioia.

"Volevo fare... una cosa..."

"Sì, questo l'avevo capito. Che cosa?"

"Una cosa per Gwen..."

"Del tipo farla morire di paura per quello che sarebbe potuto accaderti?"

Morgana alzò l'ombrello e glielo puntò contro il petto come se fosse un'arma; lo sguardo di Lancelot risalì su quello per tutta la sua lunghezza, prima di fermarsi sul volto della sua carnefice: un paio di occhi acquamarina lo fissavano come fosse stato un esperimento da laboratorio.

"Voglio sapere di cosa si tratta Lake e voglio saperlo adesso. Dimmelo!"

Quel tono perentorio e la pressione della punta dell'ombrello sulla pelle, gli fecero inumidire le labbra secche con la lingua e fare un gran sospiro.

"Devo chiederle di sposarmi!"

Morgana restò di sasso. Sgranò gli occhi e schiuse la bocca, completamente sbigottita! Almeno questo finché il cervello non elaborò nello specifico la curiosa scelta di parole che Lancelot aveva deciso di usare.

"Devi?"

"Sì! No, cioè, voglio!"

"Vuoi?"

"Sì!"

"Allora perché hai detto devo?"

"Perché..." si bloccò, non sapendo bene come continuare. Avrebbe dovuto raccontare tutte le vicende mostruosamente assurde che l'avevano portato a prendere quella decisione? Morgana gli avrebbe creduto o l'avrebbe semplicemente trapassato da parte a parte con l'ombrello? E a proposito di ombrelli, quando il suo silenzio si prolungò un po' troppo, la punta tornò a farsi sentire al centro del petto.

"Allora?!" lo incalzò Pendragon Femmina, riducendo gli occhi a due diaboliche fessure.

"Ho fatto un patto con suo padre. Gli ho promesso che l'avrei sposata entro la fine dell'anno ed è quello che intendo fare! Sempre se è ciò che vuole anche lei..."

Deve volerlo. Io la amo, lei è il mio mondo! Se dovesse dirmi di no mi lascerò divorare da Attila. Pezzo dopo pezzo. La mia vita non avrebbe più senso! Non che ora ce l'abbia, certo.


"Hai fatto un patto con quello psicopatico di suo padre? Ma allora non fingi di avere problemi mentali, ce li hai sul serio!"

Lancelot aprì la bocca per dire qualcosa in sua difesa, prima di capire che sarebbe stato del tutto inutile. Quindi la richiuse.

"Così è a questo che servivano i fuochi d'artificio!" ricominciò Morgana, elaborando la situazione con tutti gli elementi raccolti, "Volevi chiederglielo quella sera! Ma qualcosa è andato storto, non è vero?"

Lancelot emise uno sbuffo di risata "Come al solito" aggiunse, facendo della nera ironia, oscura come la notte più profonda.

"E quando intendi riprovarci?"

Tornando a prendere chiodi e martello, Lake le fece segno di avvicinarsi.

"Hai un po' di tempo da perdere? E' una cosa piuttosto lunga..."

"Ho sempre tempo da perdere per questo genere di chicche"

L'informazione è potere!


*


Era diventato un chiodo fisso, da ore non riusciva che pensare a nient'altro. Si stava forse ammalando? Aveva contratto qualche virus virale? Ma sopratutto, esisteva una cura? Guardò ciò che Emrys aveva dentro il piatto, senza vederlo realmente. Al contrario di quello che potreste pensare, ciò che stava martoriando il suo cervello da mattina a sera non era il profumo che aveva sentito il giorno prima; il chiodo fisso che non riusciva a scacciare, sedeva davanti a lui e si stava ingozzando di uova, formaggio e toast alla marmellata.

Lo accusano tutti di non mangiare abbastanza. Il fatto è che quasi nessuno sa la verità. Mangia come un maledetto trita rifiuti e non mette su un grammo. Ma io lo so.


In realtà Arthur Pendragon si era casualmente accorto di sapere un bel po' di cose sul conto di quel Merlin Emrys che il giorno prima se l'era data a gambe levate e quel giorno stesso, quando l'aveva incrociato per i corridoi, l'aveva invitato a fare colazione con lui. Per esempio, Arthur sapeva che Merlin era geneticamente portato ad essere un ritardatario cronico; sapeva che non gli piaceva poltrire troppo a lungo e che pensava molto più di quel che diceva. Arthur aveva scoperto che Merlin voleva riuscire in qualsiasi cosa facesse e l'impegno che metteva nello studio, nell'amicizia, nella vita, era pari a quello di pochissime altre persone. Arthur aveva visto con i suoi occhi come Merlin non sapesse mai dire di no a nessuno, pure se certe volte si faceva un po' pregare; aveva notato come preferisse studiare all'aperto quando c'era il sole e come, a mensa, evitasse qualsiasi tipo di carne e di pesce. Non poteva ancora spiegarsi come facessero le sue enormi orecchie a sembrare così appropriate su quella testa arruffata o come riuscissero a diventare viola in diverse occasioni, ma era un evento che lo affascinava. Aveva notato come Merlin preferisse passare inosservato, piuttosto che essere al centro dell'attenzione; eppure gli piaceva stare in compagnia delle altre persone, fare parte di un gruppo: voleva fare l'uno dei tanti, non il leader. Ad Arthur questa cosa faceva venire voglia di sorridere, perché con le qualità che quell'idiota aveva, avrebbe potuto benissimo esserlo. Un leader, si intende. Eppure con lui aveva sempre recitato la parte del consigliere, dimostrandosi molto più saggio e lungimirante di quanto lui fosse mai stato o avrebbe potuto essere. Emrys non l'aveva mai trattato come 'Arthur Pendragon, il figlio di...' ma sempre e solo come 'Arthur, l'asino imbecille'. Se prima sentirsi dare dell'asino l'aveva irritato (perché non esisteva giustificazione per quel comportamento irriverente nei suoi riguardi), con il passare del tempo aveva visto cosa c'era dietro: una persona che gli diceva ciò che si meritava. Solo sua sorella si era presa tutte le libertà che Merlin si era preso e questo all'inizio lo aveva disorientato. Arthur sapeva che Merlin era un tipo piuttosto mattiniero e che aveva il sottile, sadico piacere di rincoglionire la gente di chiacchiere già dalle sette solo per puro diletto personale. Ma durante il resto della giornata, quando le persone avevano il cervello decisamente più attivo, Merlin smetteva di essere logorroico e spesso parlava solo se interpellato. Arthur aveva notato anche come Merlin prestasse interesse solo allo studio, agli amici e mai alle ragazze e si era chiesto perché.


"Ne vuoi?" domandò il diretto interessato, spingendo il piatto con i toast verso di lui. Pendragon Maschio scosse la testa e si rigirò tra le mani la tazza di caffè.

"Sicuro? No perché li stai fissando da tipo dieci minuti"

"Mi ero solo incantato..." si giustificò allora, mandando giù un sorso della bevanda divenuta tiepida.

"Su cosa?" domandò Merlin, cercando di ficcare almeno mezzo toast tutto nella bocca. Arthur lo guardò con le sopracciglia inarcate, non sapendo se cedere e mettersi a ridere oppure provare sempre più inquietudine per la quantità assurda di cibo che quell'essere riusciva ad ingurgitare.

E' quasi peggio di Gwaine... Quasi, perché quello lì non potrà mai essere superato in nessun modo. Non da altri esseri umani per lo meno.


Con le guance gonfie come quelle dei criceti Merlin lo fissò, masticando allegramente come fosse solo al primo boccone.

"Non puoi pretendere di avere una conversazione con me se hai quella faccia!" Arthur voltò la testa da un lato e Merlin non capì perché sembrasse così a disagio.

"Quafe faffia? Quefta è la mia faffia! Non ho affe faffe!"

"Non parlare con la bocca piena, stai sputacchiando!"

"E fu non mi offenfefe!"

"Che cosa?! No, aspetta, non voglio saperlo! La vista di quello che stai masticando mi è già bastata"

A quel punto Merlin appoggiò i gomiti sul tavolo, sorresse il mento con i palmi delle mani e lo fissò apertamente, con un'insistenza imbarazzante; le dita lunghe racchiudevano le guance gonfie di cibo e le palpebre si chiudevano a malapena.

E ora che gli prende? Perché si è imbalsamato?!


Per riflesso Arthur si tirò indietro con la schiena e lo guardò di rimando con fare guardingo.

"Che c'è?!"

"Non lo fo, diffelo fu" rispose Merlin, prima di inghiottire parte del malloppo e ritornare quindi ad avere una faccia un po' meno deforme.

Pendragon Maschio sentì l'impellente desiderio di ribaltare il tavolino, afferrarlo per i capelli e scrollarlo come un lenzuolo.

Io dovrei essere quello che dovrebbe dire cosa c'è che non va? IO? Se vuol mettere alla prova la mia pazienza ci sta riuscendo!


Merlin sembrò intuire i suoi pensieri solo guardandolo, perché smise di masticare e fece finta di interessarsi alle mosche che volavano fuori la finestra vicina. Purtroppo per lui, che per l'ennesima volta si era scavato la fossa da solo, Pendragon Maschio non era tipo da lasciar perdere le cose; se all'inizio lo aveva fatto, aveva poi deciso che continuare con quella politica non gli stava più bene. Arthur mise su un'espressione da gnorri totale e ripagò il moro con la stessa moneta: iniziò a fissarlo insistentemente, come cercasse di trapanargli il cervello. Il suo sguardo divenne talmente intenso che Merlin iniziò ad avvertire un leggero pizzicore all'altezza della tempia destra. Cercando di risultare più casuale possibile, gli lanciò un'occhiatina con la coda dell'occhio e ciò che vide sul volto dell'altro gli creò un sacco di disagio. Quando tornò a guardare le mosche fuori dalla finestra, si guadagnò un secco e risentito calcio sotto il tavolo, che lo beccò dritto sullo stinco. Merlin spalancò gli occhi e lo guardò con viva indignazione.


"Ahio!" esclamò scioccato, non credendo a quello che era appena successo.

"Stai prendendo la brutta abitudine di ignorarmi e la cosa non mi piace" lo sovrastò allora Arthur, incrociando le braccia contro il petto, "Nessuno può ignorarmi. Fino ad ora ho cercato di essere gentile, mi sono limitato alle parole. Adesso, per ogni volta che farai finta di niente quando ti chiederò qualcosa, verrai maltrattato. A te la scelta, Merlin"

Se possibile, gli occhi del moro divennero ancora più grandi ed Arthur cercò di imitare la sua assurda espressione facciale, tanto per rimarcare il fatto che no, non stava scherzando.

"Perché te la stai prendendo con me ultimamente?" domandò allora, massaggiando il punto che Pendragon Maschio aveva colpito.

"Perché non vuoi dirmi il motivo che ti spinge ad avercela tanto con me" replicò l'altro, come fosse la cosa più ovvia del mondo, spalancando le braccia con eloquenza.

Merlin raggrumò le labbra e schioccò la lingua sul palato: "Fai così con tutti quelli che non vogliono essere tuoi amici?"

Arthur aprì la bocca per rispondere, poi si rese conto che non sapeva cosa rispondere, quindi la richiuse. Fissò il moro con un'espressione piuttosto interdetta e sentì la ruota del criceto che aveva nella testa al posto del cervello, iniziare a cigolare.(1) Era mai stato così insistente con altre persone? La risposta che gli balenò per prima, lo fece muovere a disagio sulla sedia, come avesse le pulci.


"Merlin!"


Distolti entrambi da quell'analisi clinico-psicologica appena improvvisata, voltarono la testa per adocchiare una sorridente Gwen fare slalom in mezzo ai tavoli per raggiungerli. Merlin alzò un mano sventolandola in sua direzione e le sorrise, Arthur invece le fece un cenno con il mento. Quando la ragazza si fermò accanto al loro tavolo, li squadrò entrambi con aria un po' titubante. Portava i capelli raccolti e qualche ricciolo sfuggiva all'acconciatura, andandole ad accarezzare i lineamenti gentili del volto.


"Disturbo?" esordì lei, afferrando la cinghia della borsa con entrambe le mani.

"No figurati" rispose Merlin, spostando immediatamente la sedia all'indietro per evitare di ricevere altri calci da Pendragon Maschio. Quando lo guardò infatti, incrociò un paio di occhi minacciosi. Gwen corrugò le sopracciglia e restò qualche attimo ad osservare quella battaglia silenziosa, prima di schiarire la gola.

"Arthur, avrei bisogno di parlare con Merlin, ti dispiace?"

Smamma, sto lavorando anche per te! Sono qui in veste di ultimatum!


Il biondo alzò la testa e scrollò le spalle "Certo che no, fai pure!"

Quando restò seduto, limitandosi ad indicarle la sedia vuota, Gwen schiarì la gola ed incespicò un po' nelle parole.

"Emh... intendevo da sola..."

"Ah..."


Merlin iniziò a tamburellare le dita sul tavolo, fissando Arthur come fosse improvvisamente diventato un elefante gigante e rosa. Pendragon Maschio cercò di fare la parte del sostenuto, ma gli occhi azzurri del moro non si scollavano da lui e gli stavano comunicando con molto sentimento di andare a farsi una passeggiata. Una passeggiata lunga. Dopo lunghi istanti di silenzio, durante i quali Gwen pensò bene di non proferire parola (era piuttosto certa che fossero nel bel mezzo di una comunicazione non verbale), alla fine Arthur fece strusciare rumorosamente la sedia sul pavimento e si alzò in piedi tutto impettito.

"Me ne sto andando" si scollò dal palato, raccattando la borsa con l'aria di un nobiluomo che era stato appena scartato in favore di un plebeo.

"Scusami Arthur, è una cosa piuttosto personale, non ti offendi vero?"

Lui guardò il punto in cui la mano di Gwen gli aveva fatto una carezza ed arricciando le labbra, completò l'opera di indignazione: adesso sì che sembrava un bamboccio a cui era stato appena tolto il giocattolo! Aprì bocca per rispondere piuttosto falsamente, ma Merlin lo precedette.

"No che non si offende, sono sicuro che Pendragon avrà un sacco di cose da fare. Vero?"

Quando Gwen spostò lo sguardo sul volto del suddetto interessato, lo vide inspirare silenziosamente e a fondo.

Oddio come vorrei saper parlare il non verbalese! Che cosa si stanno dicendo?!


"Certo" si risolse infine il giovin ciuchino, "Allora ci vediamo dopo Emrys"

Chissà perché a Gwen suonò un po' come una minacciosa promessa. Quando si accomodò al tavolino, aspettò che Arthur si fosse allontanato e solo a quel punto, alzò gli occhi dalla gonna per scoprire che Merlin la stava già osservando con malcelata curiosità. Il ragazzo stesso fece altalenare per qualche volta gli occhi da lei ad Arthur, come stesse valutando qualcosa.

"Deve essere importante, se hai aspettato addirittura che fosse fuori portata di orecchie" commentò ad un certo punto, quando fu abbastanza sicuro delle sue supposizioni. L'amica gli indirizzò un piccolo sorriso e si strinse nelle spalle.

"E' perché si tratta di entrambi" rispose lei, forse iniziando un po' timidamente, ma acquistando via via un acceso coraggio. Merlin corrugò la fronte e la guardò con la faccia a forma di punto interrogativo. In realtà Gwen aveva di nuovo quella espressione, la stessa che aveva la sera della prima festa, quella che non gli piaceva e che ogni volta riusciva a farlo sudare freddo.

Sapessi le domeniche d'agosto quanta neve che farà... Io lo so. Mi fa sudare di un freddo certe volte che mi pare di essere al Polo.


"Definisci entrambi, per favore" il tono cauto che Merlin utilizzò, bastò da solo a far apparire un'espressione greve sul volto della ragazza.

"Merlin, se sono qui a dirti queste cose sappi che è perché sono tua amica e ti voglio bene. Il fatto che tu potresti pensare il contrario, non mi disturberà perché so che non lo penserai davvero"

Ecco la storia di come mi guadagnai un posto tra gli impiccati di Paint. Spero di poterla raccontare ai miei figli un giorno...


Il moro sentì di botto la gola seccarsi e una specie di vuoto al posto dello stomaco, come una voragine abissale. Guardò Gwen con occhi piuttosto penetranti, cercando come di trapanarle il cervello per scoprire da solo cosa ci fosse dentro la sua testa. Istintivamente strinse le mani attorno alle posate e restò immobile come una statua di sale. Gwen lo fissò di rimando, unendo le labbra in un'unica linea sottile. Sentiva il peso dello sguardo di Merlin, peso che ad un certo punto la spinse di nuovo a parlare o avrebbe perso coraggio e si sarebbe data alla macchia.

"Voglio che confessi ad Arthur la verità"


Come c'era da aspettarsi, Merlin scoppiò a riderle in faccia.

"Per la miseria Gwen, ci avevo quasi creduto, ma che cavolo!" esclamò infatti, non credendo ad una singola virgola di ciò che lei aveva detto. Tuttavia, quando il ragazzo notò che l'amica non rideva con lui e anzi, si era fatta se possibile ancora più seria, i muscoli del sorriso gli si congelarono sulla faccia e restò lì a fissarla come un cretino, le labbra ancora tirate e plastificate nella stessa posizione, con le rughette ai lati degli occhi. Sembrò passare un tempo infinito, durante il quale Merlin rimase come uno stoccafisso a guardare Gwen e lei ebbe l'impressione di stare osservando una fotografia fatta persona, tanta era la sua perfetta immobilità.

Adesso gli metto le dita sotto il naso per vedere se respira ancora...


"Merlin..." iniziò ad un certo punto la poveretta, non potendo più sopportare quella specie di teso silenzio che li aveva avvolti come una spirale.

"Che diavolo ti salta in testa?"

Poche volte in vita sua Gwen aveva sentito Merlin sibilare... quel giorno, era una di quelle. Lei lo guardò con decisione, cercando intimamente di aggrapparsi a quella misera quantità di coraggio che aveva racimolato per andare a parlargli. Drizzò la schiena, volendosi dare una parvenza autoritaria e gli piantò gli occhi addosso, con l'aria di qualcuno che non voleva essere contraddetto.

"Hai sentito benissimo Merlin. Confessa ad Arthur la verità!"

O interverrò a modo mio!


"Tu sei matta! Non l'ho fatto fino ad ora, cosa ti fa credere che lo farei proprio adesso?!" sbottò lui, rintanatosi già sulla difensiva. Aveva lasciato cadere le posate nel piatto vuoto e si era allontanato dal tavolo, come a non volerlo nemmeno toccare.

"Perché sai che i miei consigli sono giusti e saggi, sai che voglio solo il tuo bene e che non hai un motivo reale per non farlo!"

"Ah, non ce l'ho? Parli sul serio o almeno questo è uno scherzo?"

"Parlo sul serio, stupido! Sono tua amica Merlin e non sopporto di vederti stare male per uno addirittura più cretino di te!"

Merlin strabuzzò gli occhi, sembrando esattamente come un Bambi sorpreso dai fari di una macchina.

"Sei venuta a parlarmi per offendermi?"

"No, razza di idiota! Lo vedi che sei te a tirarmi fuori gli insulti?! Sono venuta a parlarti per cercare di farti ragionare!"

E per evitare di essere costretta a fare una cosa alle tue spalle.


"Fiato sprecato Gwen" esclamò allora il moro, alzandosi dalla sedia con risolutezza, "Non tornerò sulle mie decisioni. Direi che ho già fatto abbastanza"

Quando l'amica prese fiato per rispondere, lui le si allontanò senza neanche aspettare di sentire che cosa aveva da dire. Lei richiuse la bocca ed abbassò la testa con aria sconfitta, il tutto accompagnato da un sospirone di quelli di natura esistenziale.

Bene Gwen, direi che è andata egregiamente. Sei stata davvero molto convincente, ti meriteresti un premio come migliore amica dell'anno.


Aspettando soltanto di racimolare i cocci dei propri buoni propositi dal pavimento, si alzò in piedi e per istinto, indirizzò gli occhi al di fuori di una finestra vicina; non appena lo fece, vide scattare verso il basso una zazzera di capelli biondi. Restò lì ferma in piedi un po' spiazzata e sbatacchiò le palpebre, cercando di capire se avesse avuto un'allucinazione o meno. Le bastò aspettare un altro po', per scoprire che ci vedeva ancora bene per fortuna. Non appena Arthur notò che lei stava ancora guardando verso la sua direzione, si rituffò verso il basso, sperando che Gwen non si fosse veramente accorta di lui; quando le ante della finestra si aprirono sopra la sua testa, seppe che non gli era andata così bene come aveva sperato.

Ovviamente.


"Sul serio, Pendragon?" sentì la voce di Gwen chiedere e si vedeva come stesse trattenendo a stento le risa. Arthur alzò il viso verso di lei, ancora accucciato per terra contro le mura della scuola e la guardò come non avesse nessuna colpa.

"Sul serio cosa?" domandò infatti, con una tale nonchalance che ci sarebbe stato da iscriverlo all'accademia di arti drammatiche. Lei appoggiò i gomiti sul davanzale e si sporse con un sorriso un po' furbo.

"Ci spiavi dalla finestra?"

"Spiarvi? Io? Che? Cosa? No, io non- cosa? Ma che! Cioè!"

"Perché ci spiavi?" rincarò la ragazza, ignorando bellamente le sue farneticazioni. A quel punto Arthur si alzò in piedi superandola in altezza (le finestre al pian terreno della scuola erano davvero molto basse, quasi raso terra). Muovendo una gamba dopo l'altra, scavalcò il davanzale dove era prima appoggiata Gwen e si ritrovò di nuovo all'interno del bar. Non si accorse della luce un po' inquietante che era apparsa all'improvviso negli occhi scuri della ragazza, troppo impegnato a cercare una giustificazione.


"Non stavo spiando voi. Cioè, sì ma no. Nel senso, ho bisogno di parlare con Emrys non appena possibile e stavo solo controllato quand'è che avresti finito con lui, tutto qui" si risolse a dire, finendo a schiarirsi per parecchie volte la gola. La riccia iniziò a trafficare con la borsa e si stampò sulla faccetta angelica un sorriso un po' saputo.

"Certo, come vuoi" lo accontentò con una certa accondiscendenza, considerando che al momento non le interessava battere chiodo su quel discorso. Ad un certo punto prese Arthur a braccetto e gentilmente diresse entrambi verso l'uscita del bar. Il biondo si lasciò guidare senza fare storie, dal momento che Gwen intavolò subito una conversazione.

"Spero tu non ti sia offeso per prima, sai... E' che ultimamente parlare con Merlin sembra essere diventata un'impresa! E' così sfuggente..."

Il biondo rise seccamente, scrollando la testa.

E a me lo dici?!


"Tu sai per quale motivo?" le chiese invece, approfittando di quell'occasione per indagare attraverso altre fronti. Gwen raggrumò con dispiacere le labbra e scosse i riccioli scuri in segno di diniego. Prestando molta attenzione a ciò che faceva, fece scivolare qualcosa all'interno della borsa di Arthur.

"Mi duole ammetterlo ma da qualche tempo faccio fatica a farmi raccontare le cose. Eppure vedo che con te passa un sacco di tempo. Non ti ha detto niente?"

"Mh" mugugnò l'altro, arricciando la punta del naso, "Mi piacerebbe poterti dire di sì per tranquillizzarti, purtroppo temo di essere messo peggio di te. Certo che a volte è veramente difficile capire che gli passa per la testa, vero?"

A quel punto Gwen rallentò il passo fino a far fermare entrambi in mezzo al corridoio. Con un sorriso morbido sulla bocca gentile, si posizionò davanti al biondo ed appoggiò con dolcezza le mani sulle sue spalle.

"No Arthur, non lo è. Basta saper guardare, sempre che tu voglia farlo"

Nonostante lo sguardo totalmente smarrito che ricevette come risposta, la ragazza non aggiunse nient'altro e dopo aver lasciato una carezza sul braccio di Pendragon, preferì continuare da sola verso la prossima lezione, il sorriso che da gentile aveva assunto sfumature di soddisfazione.

Fatto il misfatto.


Arthur restò lì, impalato in mezzo al corridoio, gli occhi ancorati sulla schiena di Gwen che si allontanava. Sembrava che tutti sapessero qualcosa che lui non sapeva, ma nessuno aveva intenzione di dirgli cos'era.

Perché? Cosa dovrei capire da solo?


L'argomento principale era sempre Emrys. Forse la risposta si nascondeva già tra le righe e lui era stato semplicemente poco attento. Corrugò la fronte, ripensando piuttosto sommariamente a tutto il tempo che aveva passato in compagnia dell'amico. Era certo di aver notato un sacco di cose sul suo conto, cose che probabilmente non tutti avrebbero colto. Era sicuro di essere stato attento, molto attento. Cosa gli era sfuggito? L'aveva osservato con particolare interesse sin dal primo giorno che l'aveva conosciuto, perché i suoi modi di fare avevano destato in lui una certa curiosità.


"Fai così con tutti quelli che non vogliono essere tuoi amici?"


La domanda che Merlin gli aveva fatto qualche istante prima dell'arrivo di Gwen, tornò a galla come un pugno nello stomaco. Arthur compì qualche lento passo lungo il corridoio, quasi senza accorgersene, troppo preso da un pensiero che via via andava formandosi nelle nebbie di Avalon che gli avviluppavano il cervello sin dalla nascita. Non era mai stato molto bravo a capire certe cose.

No, dovette ammettere (e se davvero voleva giungere ad una conclusione, la sincerità era essenziale), non mi sono mai comportato così con nessuno.

Con nessuno tranne Mithian.

Sì, ma Mithian poi è diventata la mia ragazza.


Dovette fermarsi in mezzo al corridoio di nuovo, perché la piega che stavano prendendo le sue considerazioni avrebbe potuto portarlo a dei risvolti che non aveva mai osato neanche immaginare. Mithian era stata la sua ragazza durante i primi due anni di college. I loro caratteri un po' troppo dominanti li avevano poi portati a rimanere solo amici, ma all'inizio Arthur l'aveva letteralmente martoriata, pur di indurla a stare con lui; l'aveva esasperata nello stesso identico modo in cui stava facendo con Merlin.

All'improvviso tutto il suo malessere, tutto il suo disappunto alla sola idea che Emrys potesse ignorarlo, che potesse non voler avere più niente a che fare con lui, acquisivano un senso.

La risposta a come facesse quell'essere dalle orecchie enormi ad avere tutta quell'influenza sul suo umore e sulle sue decisioni, si trovava in una conclusione così stupida e logica che Arthur quasi si diede dell'imbecille per non esserci arrivato prima.

Ma se si fosse dato dell'imbecille sul serio, avrebbe quasi ammesso una cosa che non era vera.

E Merlin era un ragazzo.

E di certo non voglio che stia con me in quel senso...


Non avrebbe mai potuto provare niente del genere per un altro uomo.


"Fai così con tutti quelli che non vogliono essere tuoi amici?"


O forse sì?


*


Morgana era rimasta completamente stupefatta dalla mente machiavellica dell'insospettabile Lancelot. Si era fatta raccontare per filo e per segno com'è che il ragazzo intendesse proporsi nuovamente a Gwen e il piano strabiliante che quel pazzo suicida aveva ideato, non avrebbe saputo attribuirlo neanche ad una immaginazione romantica tanto quanto lo era stata quella di Shakespeare. Lake era veramente cotto come una pera della sua ragazza: ogni volta che parlava di lei i suoi occhi iniziavano a luccicare e i suoi feromoni spargevano talmente tanto amore nell'aria circostante, da renderla satura di positività (e metteva a rischio di diabete chiunque si trovasse a vicinanza inferiore ai cinque metri). In quel modo tuttavia, Morgana aveva ricevuto la conferma che si era aspettata e cioè che Lancelot non avrebbe mai fatto (intenzionalmente) del male alla sua pasticcina. Non che andasse bene quando era lui a farsi del male, intendiamoci, ma ciò che stava a cuore di Pendragon Femmina era l'incolumità della riccia in primis.

Ritenendosi piuttosto soddisfatta da ciò che era riuscita a spillare da Lake, aveva lasciato le serre un po' più tranquilla e si era diretta ai dormitori femminili di Albion per recuperare una cosa che non le apparteneva.

Sì, l'aveva fatto e no, quella non voleva essere un'ammissione di interesse nei riguardi di Duirvir.

Aveva lavato la sua stupida maglietta soltanto perché era stata lei a sporcarla.

E dato che sono una ragazza educata, ho ritenuto giusto rimediare al danno che io stessa ho causato, tutto qui.


Seduta sul letto, ripiegò con cura l'indumento e lo infilò in una borsa; gettò uno sguardo fuori la finestra, notando nubi sempre più scure gettare sul college un'atmosfera quasi notturna. Si alzò in piedi allora e dall'armadio andò a recuperare una giacca con il cappuccio, perché proprio non le andava di portarsi dietro l'ombrello; sarebbe stata solo questione di qualche minuto e dopo aver riconsegnato a quel demonio di Duirvir i suoi averi, sarebbe tornata in camera a studiare. Tornando verso il letto prese la borsa con dentro la maglia ed uscì dalla stanza, già cercando dentro la tasca dei jeans il suo cellulare. Per il corridoio incrociò un paio di ragazze con le quali scambiò un criptico saluto e cercò in rubrica il numero di quel demente. Non fu difficile trovarlo in realtà, considerando la quantità assurda di messaggi con i quali le aveva intasato il telefono; le labbra tentarono di arricciarsi verso l'alto ma i denti le trattennero perché no, non era affatto divertente. Quando appoggiò il cellulare all'orecchio in attesa che Mordred rispondesse, iniziò a scendere le scale saltellando. Un lampo illuminò all'improvviso la tromba delle scale, seguito subito dopo da un roboante tuono, che non fece presagire nulla di buono.

"Dai, rispondi diamine!" borbottò lei a quel punto, ansiosa di concludere in fretta la faccenda per evitare di beccarsi un'acquazzone in piena regola. Quando la voce di Mordred pronunciò un 'sul serio sei te che chiami me?', Morgana si limitò a dire "Era ora!"

Lo sentì ridere tutto allegro e gaio; lei arrivò in fondo alle scale, ritrovandosi nell'androne principale, che era una sorta di saletta dove tutte le ragazze della confraternita potevano riunirsi per fare due chiacchiere.

"A cosa devo tale onore Banshee?"

"Alla tua stupida maglietta pulita. Se la rivuoi, ci vediamo tra cinque minuti in biblioteca. In ogni modo, se non sarai puntuale te la lascerò lì, fai un po' te"

"Agli ordini generale! Quanto sei dolce, l'hai lavata sul serio!"

"Cos'è quel tono sorpreso? Sono educata, non dolce. Evita di utilizzare certi termini sminuenti con me, per piacere"

"Preferiresti Banshee o Fragolina?"

"Ma quanto ti piace rischiare la vita da uno a dieci?"

Questa volta i denti non fecero in tempo a bloccare le sue labbra, poiché si incurvarono irrimediabilmente verso l'alto. Scosse la testa raggiungendo la porta del dormitorio e nel momento in cui la aprì, i lunghi capelli scuri vennero mescolati dal vento. Mordred tornò a ridere allegramente e lei avvertì in sottofondo una porta che si chiudeva.

"Che dire, il brivido del rischio è un richiamo che non posso ignorare!"

"Prima o poi sarà anche la causa della tua rov-"

Morgana non fece neanche due metri.

L'ultima cosa che vide, fu un non so che di rosso scattare verso di lei, poi tutto si spense e il cellulare cadde a terra.


Mordred dall'altro lato, aveva udito un colpo secco nel momento stesso in cui la ragazza si era zittita e anche lui a quel punto era diventato silenzioso.

Duirvir si fermò nel bel mezzo del parco, venendo preso in pieno sul naso da una goccia grossa con un'unghia.

"Morgana?" la chiamò, con una certa titubanza. Uno strano senso di inquietudine accelerò i battiti del suo cuore; un'altra goccia d'acqua cadde dal cielo e si insinuò nello scollo della maglia, percorrendo la sua schiena. Mordred rabbrividì dal freddo e strinse il cellulare per cercare di sentire qualcosa. Cos'erano? Dei passi?

"Morgana!" esclamò nuovamente, stavolta con tono di voce più alto. Sentì come se qualcuno avesse appena preso il cellulare della ragazza.

La chiamata terminò all'improvviso.


*


Voleva piangere. Voleva piangere così forte e disperatamente che tutta la sua angoscia avrebbe sicuramente potuto cambiare il corso della sua inutile vita. Lancelot era sicuro, era certissimo di non essere nato così sfigato. Aveva avuto un'infanzia piuttosto normale, con genitori normali e amici normali. La sua vita era stata costellata da alti e bassi pari a quelli di qualsiasi altra persona sul pianeta e davvero, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a ricordare quand'è che la sua esistenza avesse iniziato a prendere una piega alla una serie di sfortunati eventi(2). Si sentiva il protagonista di un quiz televisivo dove l'obiettivo era riuscire ad arrivare vivo fino al finale.

Con un ringhio di frustrazione, iniziò a divincolarsi come un grosso verme galleggiante ma per quanto si sbracciasse, la corda alla quale era appeso oscillava pochissimo. Strizzò gli occhi scuri e cercò di guardare in alto ma l'unica cosa che riusciva a vedere, era il tetto danneggiato della serra, dal quale la pioggia si infiltrava che una meraviglia.

Bene. Non solo sono appeso in giù con la testa invasa dal sangue, adesso si è messo anche a piovere. Ma porco...


Attila, seduto poco distante da lui, lo guardava facendo penzolare allegramente la lingua rosa e bavosa dalla bocca, con il respiro pesante.

"Cos'è, ti faccio troppa pena? E' per questo che non hai ancora provato a staccarmi la faccia?" biascicò Lancelot, con un tono di voce sconfitto e rassegnato. Chissà se qualcuno l'avrebbe mai trovato prima che fosse morto per mancanza di sangue in tutte le parti del corpo tranne che la testa... da quanto era appeso così? Mezz'ora? Non aveva neanche lo straccio di un orologio e il cellulare gli era scivolato dalla tasca quando era caduto giù dal tetto.

Anzi quando ho avuto la brillante idea di legarmi ad una corda. A quest'ora sarei spalmato sul pavimento in mezzo ai detriti, probabilmente morto. Credo di aver raggiunto una sorta di record... l'uomo che ha rischiato la vita il maggior numero di volte nel minor tempo possibile. Che culo.


Sospirando pesantemente, dopo lunghi attimi di completa immobilità, iniziò a gridare come un ossesso e ricominciò a muovere le braccia su e giù in maniera piuttosto ridicola. Attila piegò il testone da un lato e lo guardò incuriosito, leccandosi amabilmente la punta umida del naso.

"Non mi arrenderò al mio destinoooooooo" gridò Lake, la faccia sempre più rossa e le vene degli occhi sature di sangue.

Attila alzò il sedere da terra ed abbaiò con forza, sovrastando i nomi di tutti i santi che il verme umano aveva iniziato a scomodare dal calendario cristiano. Lancelot lo guardò con un muto terrore negli occhi scuri, temendo che il momento in cui quella bestia avrebbe tentato di mangiarsi la sua faccia, fosse dunque arrivato. Si studiarono con una certa intensità animalesca, forse nel tentativo di stabilire chi veramente tra i due fosse il re della serra; dopo un'attenta analisi delle nulle capacità di quell'imbecille (penzolante come un grosso e succulento salame) quale era Lancelot, Attila girò su se stesso e trotterellò tra le macerie sul pavimento, guadagnando in breve l'uscita della serra. Lake non poté credere ai suoi occhi.

Sono così sfigato che pure i cani ora mi voltano le spalle! MA PERCHE'? PERCHE'?!


Abbandonato al suo misero destino, il ragazzo allungò spasmodicamente le braccia sino ad un tavolino vicino e con le dita cercò di sfiorare la penna che aveva usato per abbozzare i progetti di ripristino della serra. Dovette provare per un paio di minuti buoni prima di riuscire a concludere qualcosa; poco a poco, riuscì a far rotolare la penna sino ad avvicinarla abbastanza da poterla afferrare.

"E' arrivato il momento di guardare in faccia la realtà..." biascicò con una serietà inconfutabile, che avrebbe potuto far presagire il peggio. Tolse il tappo alla penna, si sfilò la maglietta lasciandola cadere per terra ed iniziò a scrivere le sue ultime volontà dalla pancia verso il petto. Tutti avrebbero saputo quali erano state sin dall'inizio le sue nobili intenzioni. Non poteva accettare di morire senza prima far sapere a Gwen quanto l'avesse amata.

Io, sottoscritto Lancelot Lake, approfittando dei miei ultimi attimi di vita, mi accingo qui di seguito, circumnavigando l'ombelico ed il pelo pubico, a rendere note le mie ultime volontà...


*


"Ti ha dato completamente di volta il cervello?"

Merlin non ce l'aveva proprio fatta a non sbottare. Il modo in cui Arthur l'aveva letteralmente arpionato in mezzo al corridoio per trascinarlo in un'aula vuota, non gli era affatto piaciuto.

Le persone civili parlano, non si riducono a sequestrare la gente!


A quel punto, fu inevitabile domandarsi quanto a fondo Pendragon Maschio potesse essere considerato un individuo dalle civili attitudini; vista la completa assenza di rimorso che il suddetto interessato aveva sulla faccia, Merlin avrebbe potuto classificarlo nella categoria degli scarsamente civili.

"Pendragon, questa storia deve finire. Non puoi continuare a pedinarmi come se-"

"Sì, per una volta sono d'accordo" lo interruppe l'altro, con cipiglio tutt'altro che cordiale, "Questa storia deve finire e c'è solo un modo per mettere il punto. Pretendo che me lo dici Emrys, pretendo di sapere perché tutto ad un tratto a stento sopporti di stare con me!"

Merlin assottigliò le palpebre, riducendo gli occhi a due fessure.

"E se non te lo dico che cosa succede?" lo provocò, senza il minimo tentennamento. Se Arthur pensava di poter fare il prepotente con lui, aveva proprio sbagliato persona; Merlin era innamorato, non per questo era diventato un idiota (almeno, non completamente).

"Succede che peggiorerai soltanto la situazione, perché stamattina se non mi sbaglio sei stato tu quello ad invitarmi a colazione, nonostante ieri te la sia data a gambe levate! Invece di capire la situazione mi porti a farmi fare sempre più domande e non puoi, ti dico che non puoi pretendere che faccia finta di niente soltanto perché a te gira di voler fare il sostenuto!" nel parlare a poco a poco la sua voce si era alzata sempre di più, sino a far affiorare completamente tutto il nervosismo e la rabbia che durante quei giorni aveva accumulato. Merlin lo guardò in silenzio, con i sensi di colpa che di minuto in minuto aumentavano sempre più la loro presa sul suo stomaco.

Forse l'incivile tra loro due, era lui.

Arthur aveva ragione, aveva completamente cambiato atteggiamento nei suoi confronti da un giorno all'altro, senza nessuna motivazione apparente.

Fossi stato al posto suo probabilmente anche io avrei cercato di fare di tutto per scoprire qualcosa che potesse mettermi l'anima in pace.


Con un sospiro distolse lo sguardo, indirizzandolo verso una delle finestre. Pendragon Maschio non l'avrebbe lasciato uscire da lì dentro sino a quando non gli avesse dato una spiegazione decente e nonostante tutti i suoi buoni propositi, nonostante Merlin si sentisse soffocare dal modo irragionevole in cui egli stesso si stava comportando... quel senso di terrore su come avrebbe potuto reagire il biondo nello scoprire la verità, si rivelò essere più forte di qualsiasi cosa avesse mai provato. Era lui a comandare i suoi pensieri, le sue azioni e le sue parole, Merlin non poteva farci niente; aveva provato a contrastarla, a vincerla, ma quel genere di paura era difficile da controllare. Era sempre stato un ragazzo che aveva affrontato qualsiasi situazione con un coraggio fuori dal comune... finché non si trattava di doversi scoprire. Quando era lui ad essere messo in gioco, Merlin diventava un codardo.

Quella volta non fece nessuna differenza.


"Mi ha dato fastidio vederti baciare la ragazza che mi piace" se ne uscì ad un certo punto, sembrando completamente tranquillo di quell'ammissione. Arthur inarcò le sopracciglia con aria completamente basita e non rispose, perché non sapeva davvero che cosa dire. Merlin schioccò la lingua contro il palato e tornò a guardarlo, cercando di sembrare infastidito ed insieme dispiaciuto.

"Avrei voluto dirtelo prima ma penso che sia davvero da scemi prendersela per una cosa del genere. Non siamo più in quinta elementare, quindi ho preferito lasciar correre. Evidentemente ha avuto più importanza di quanta gliene ho attribuita..."

Quando Arthur iniziò a ridere, dopo averlo fissato a lungo, Merlin si sentì vagamente offeso.

Cioè, gli dico che ha baciato la ragazza che mi piace ed invece di chiedermi scusa... si mette a ridere? Lo ammazzo, giuro che lo ammazzo.


Il moro strinse i denti irrigidendo la mascella ed incrociò le braccia, lasciando che Pendragon Maschio continuasse a ridere di lui e del suo cervello contorto. Francamente non credeva di aver detto una cosa così divertente, ma Arthur sembrava essere di tutt'altro avviso, tant'è che Merlin dovette aspettare un bel po' prima di vederlo iniziare a darsi una calmata. Più il suo divertimento durava, più a Merlin le palle giravano ad elica. Ok, aveva detto una bugia, non c'era motivo di prenderla così sul personale, ma se fosse stato vero? Con quale coraggio quell'asino imbecille gli rideva in faccia senza avere nemmeno la decenza di fingere un minimo (una caccola proprio) di dispiacere?


"Beh Pendragon, adesso capisci perché non te l'ho detto e perché non voglio essere amico tuo. Sei un idiota!"

Scuotendo la testa con sarcasmo, l'interessato appoggiò le mani sui fianchi e lo guardò con l'aria di qualcuno che la sapeva molto lunga al riguardo; le sue labbra erano ancora piegate in un sorriso, che si portava dietro lo strascico delle risa che l'avevano preceduto. L'occhiata che Merlin ricevette, oltre la frangia bionda e scomposta, provocò una fitta dritta dritta al basso ventre.

Maledetti ormoni che scavalcavano allegramente il suo altissimo grado di incazzatura!


"Merlin... sul serio?" domandò Arthur, con una faccia piuttosto eloquente.

"Certo che sono serio!" si sentì replicare, il che non fece altro che farlo annuire con una inspiegabile consapevolezza. Merlin credeva di aver perso il filo della discussione.

"Merlin, sul serio pensi che io me la beva?"

Quando Arthur lo vide aprire e chiudere la bocca più volte come un pesce fuor d'acqua, avvertì l'irrefrenabile bisogno di rimettersi a ridere. Aveva già detto di aver notato molte cose sul conto di Emrys? Tra quelle, c'era anche come capire quando diceva una bugia e quando invece no.

"E' la verità!" replicò quello, al momento completamente sprovvisto di argomentazioni valide più forti di continuare a negare, negare fino alla morte.

"Non lo è" Pendragon Maschio fu piuttosto deciso, "Mi stai mentendo di nuovo, sei incredibile!"

"Non credi che dovresti mostrare un po' più di riguardo per quello che ti ho detto?"

"Sì, se fosse stata una cosa vera l'avrei sicuramente fatto!"

"Ah, quindi se ti dico che sono offeso dal tuo atteggiamento starei dicendo un'altra bugia!"

"No, cosa c'entra?! Sono stato io il primo a chiederti se ti avessi offeso per qualcosa, ma di certo non è a causa di quello che mi hai appena detto!"

"Cosa te lo farebbe credere?!"

"Il fatto che capisco quando mi dici una balla Merlin, si vede lontano un chilometro!"

"Ah-ah, certo, infatti è per questo che hai capito che c'era qualcosa che non andava solo quando io ho deciso di fartelo capire!"

"Scusa?! Che cosa ti ho fatto notare quando ci siamo conosciuti? Che sembravi avercela con me per qualcosa! E sì, era abbastanza palese, ma pensavo che avessimo superato quella fase! Credevo ti comportassi così perché non mi conoscevi sul serio!"

"E' inutile che fai quella faccia da oh mio Dio non posso crederci! Per conto tuo credi un sacco di cose, ma il parere degli altri ogni tanto lo chiedi? Non sei stato tu a dirmi che ti dispiaceva avermi coinvolto ma non abbastanza da lasciarmene fuori?"

"Cos'è, è la giornata dei rinfacci? Vogliamo fare questo gioco? Va bene allora! Non eri tu quello che ha fatto sì che continuassi a cercare quella ragazza? Non sei mai stato felice di questa cosa, è ovvio, ma hai fatto più di quanto ti era stato chiesto! Questo non è strano?"

"Strano? Strano? La vera stranezza è andare in giro a baciare qualsiasi essere di sesso femminile sperando di essere colpito in piena fronte da un'illuminazione divina!"

"Eppure non mi sembrava lo considerassi tanto strano quando mi dicevi di fare quel che mi sentivo di fare! Quella era un'altra bugia?!"

"Cosa diavolo avrei dovuto dirti con tua sorella che mi ricatta?!"

"Ah, quindi ora la colpa è di mia sorella! Hai soltanto finto che ti importasse qualcosa! E tu vorresti che io mostrassi comprensione per i tuoi sentimenti? Ti ci hanno mai mandato a quel paese Merlin? E' bello sai, c'è un sacco di gente come te!"

"Si chiama vaffanculo e sono io a mandarci te, perché tutto questo non me lo merito, per la miseria, non me lo merito per niente! Non dopo ciò che ho fatto e sopportato!"

"Non mi puntare addosso quel tuo dito da stecchino Emrys e scusa tanto se ti ho costretto a stare in mia presenza elemosinando la tua preziosa amicizia! E' l'unica cosa che ti ho chiesto per davvero e mi sembra di aver dimostrato la sincerità delle mie intenzioni, dopo tutte le cose che ti ho detto in questi giorni! Mi hai fatto passare per un cretino!"

"Ti punto addosso quel che diavolo mi pare e tu sei un asino oltre che cretino, è differente! Avevo ragione quando ti ho detto che non avresti mai potuto capire!"

"Ancora con questa storia! Dimmelo tu allora cos'è che non capisco, invece di lamentarti e basta per il fatto che non ci arrivo! Sei una piaga! Sono stato sincero con te e guarda che cosa ricevo in cambio! E piantala di punzecchiarmi, è l'ultima volta che te lo dico!"

"No, sei tu a dovermi dire perché, perché ti devi accanire tanto! Ti importa più di quanto sia normale e sono io quello che inizia a farsi delle domande! C'è qualcosa che vorresti dirmi Pendragon? Hai cambiato sponda? Se non fossi certo e stracerto delle tue attitudini, penserei che ti sia preso una cotta per-"


Del resto, Arthur l'aveva avvisato di smetterla di punzecchiarlo con quel dito ossuto. Quel modo di fare così sprezzante ed irriverente l'aveva fatto talmente tanto innervosire che dopo aver afferrato l'indice incriminato, l'aveva strattonato in avanti.

Anche se il tutto avvenne piuttosto velocemente, a Merlin sembrò di assistere ad una scena che non lo riguardava, in modalità rallentatore: il dito stretto e dolorante nella mano di Arthur, i piedi che incespicarono presi alla sprovvista, il pugno chiuso che si appoggiò vicino la clavicola del biondo per riflesso incondizionato (evitare di spiaccicarglisi addosso nel bel mezzo di una lite era una necessità primaria)... Merlin avrebbe ricordato ogni cosa, in tutta sincerità.

Neanche il momento in cui aveva baciato Pendragon Maschio la sera della prima festa, gli risultava così nitido; non sarebbe mai stato chiaro come quando avvertì all'improvviso le dita di Arthur tra i capelli e la sua bocca sulla sua. Non sarebbe mai stato chiaro come quel sentimento di rabbia e inconsapevolezza che sentì fluire dal suo tocco prepotente, di chi voleva affrontare i problemi faccia a faccia, senza evitarli. Merlin era sempre fuggito dal problema, invece Pendragon aveva preferito aggredirlo.

Se gli avessero detto che un giorno sarebbe finito per essere baciato da Arthur Pendragon, probabilmente si sarebbe messo a ridere; era una di quelle cose su cui non avrebbe scommesso mai nemmeno quell'orribile cd di Gaius' & Sons che gli era stato regalato da Gwen per Natale.

Eppure Arthur lo stava baciando e non l'aveva allontanato, quando si era deciso a baciarlo a sua volta, dopo essersi svegliato come da una profonda trance.

Qualcosa di radicalmente maschile ruggì a gran voce dentro Merlin: un senso di soddisfazione, di gloria e conquista. Era un ragazzo ed aveva ottenuto ciò che aveva sempre voluto, a prescindere da cosa sarebbe successo dopo; si ritrovò senza sapere come con le mani libere e non ci pensò neanche due secondi, prima di far incastrare le dita nei capelli biondi di Arthur, con tutta la possessione che quel gesto avrebbe saputo esprimere. Pendragon si tese verso di lui facendolo quasi indietreggiare, difficile stabilire chi fosse a prevalere sull'altro.

Merlin aveva mani da uomo ed un corpo da uomo, ma ad Arthur questo non dispiaceva.

Merlin aveva anche le labbra morbide ed una bocca calda, che sembrava volerti dire baciami ancora.

Merlin era più forte di quanto potesse sembrare, ma il modo in cui gli teneva testa lo intrigava.

Merlin aveva lo stesso identico odore che aveva sentito su di lei la sera della prima festa e baciava nello stesso identico modo in cui lei lo aveva baciato.

Sotto un tremendo cappello verde a tesa larga, decorato da alcuni fiori dalla discutibile bellezza, Arthur vide apparire un paio di occhi, di un azzurro intenso.


Realizzò in quel momento di aver appena concluso la sua ricerca.


*


Aveva un mal di testa bestiale, come non ne aveva mai avuti. Cercò di aprire gli occhi, ma sentiva le palpebre pesanti, come fossero diventate due macigni.

Dove si trovava?

Beh, di qualsiasi posto dovesse trattarsi, faceva un freddo cane.

Dato che gli occhi non volevano saperne di obbedire, cercò di muovere le dita e solo in quel momento capì di essere sdraiata.

Sdraiata dove?

Un pavimento duro come il marmo fu tutto ciò che riuscì a scoprire. Mano a mano che la coscienza di sé tornava, iniziò a sentire dei rumori. C'era un brusio da qualche parte, ma non avrebbe saputo dire quanto distante fosse. Qualcuno parlava ad alta voce o forse gridava, ma perché?

Stavolta, lo stato catatonico regalatole dalla lunga incoscienza, fu scosso da una scarica di paura. In un velocissimo flash, ricordò vagamente di aver visto qualcosa di rosso, poi un dolore acuto. Impegnandosi maggiormente, tentò di nuovo di aprire gli occhi ma non appena le palpebre si schiusero, una lama di luce fortissima le ferì le pupille, costringendola a tornare in uno stato di oscurità forzata. Avrebbe dovuto aspettare un po', prima di poter riprovare a fare una cosa del genere e nel frattempo cercò di concentrarsi sul distinguere quel brusio che diventava più forte di minuto in minuto.

La mia testa... la mia testa sta per esplodere... qualcuno mi uccida!


"Non mi interessa!" gridò di nuovo quella voce e stavolta Morgana riuscì a capire cosa stesse dicendo, "Sono stato io a chiamare voi e i soccorsi! Non la sposterò di un centimetro ma dovete lasciarmi passare! Non avevate il diritto di allontanarmi da lei!"


Credeva di aver già sentito quella voce da qualche parte... anzi, ne era certa! Morgana focalizzò la sua attenzione sul ritmo del respiro, facendone di belli profondi in modo da rimanere calma e poter avere controllo almeno su se stessa. Sulle voci che le confondevano le idee, dopo un po' si sovrappose il suono di una sirena in avvicinamento; come le fosse stato tolto un tappo dalla testa, tutto intorno a lei si fece improvvisamente più chiaro. C'era una persona che si trovava vicino a lei, poteva avvertire la sua presenza e delle mani che le spostavano i capelli dal viso. Morgana sapeva che quella persona era sempre stata lì accanto, ma non se ne era accorta prima di quel momento, prima che la percezione del mondo circostante tornasse ad essere più o meno normale. Tentò ti aprire di nuovo gli occhi e stavolta la luce provocò meno dolore; strizzò le palpebre, mentre la voce di un uomo le giungeva ora forte e chiara, come provenisse soltanto da qualche metro di distanza.


"Si fermi, non può passare ho detto!"


Morgana cercò di spostare la testa per vedere cosa diavolo stesse succedendo, ma fu l'errore più grosso della sua vita. Non appena mosse il collo, una fitta acuta e penetrante le fece di nuovo notare di avere un mal di testa martellante, di quelli che ti costringevano a chiudere gli occhi a causa del dolore. Mugolò con sofferenza e la persona che le era vicino (una donna sulla quarantina, le parve di riconoscere) cercò subito di tranquillizzarla.

"Non si muova signorina, sta arrivando l'ambulanza. Cerchi di stare ferma" le disse con gentilezza, mettendole una mano sulla fronte; la sua divisa blu fu poco dopo oscurata da un'ombra.

Gli occhi di Morgana incontrarono il volto pallido e tirato di Mordred, talmente bianco che quella chiazza di sangue che aveva sulla faccia spiccava con un contrasto quasi violento; il ragazzo si era inginocchiato vicino a lei e con un po' di prepotenza, si era fatto spazio accanto alla poliziotta. Quando Duirvir notò che gli occhi di Morgana erano aperti, sembrò avere una sorta di crollo mentale e con l'angoscia che gli segnava ancora la faccia si piegò in avanti, appoggiando la fronte sullo stomaco della ragazza. Non la toccò, perché aveva giurato di non farlo, ma rimase in quella posizione molto a lungo, cercando di assimilare la notizia che Morgana era viva ed aveva aperto gli occhi.

Nonostante si sentisse la bocca asciutta e la gola secca, Morgana provò a dire qualcosa. Doveva sapere perché Mordred sembrasse così preoccupato... cos'era successo?


Poco più in là, l'ufficiale che aveva cercato di impedire a Duirvir di avvicinarlesi, si trovò impegnato a tentare di tenere lontani altri studenti che erano accorsi incuriositi, aiutato da un rigidissimo Agravaine, il quale doveva ancora capire bene qual era stata la dinamica della situazione.


Nel momento in cui Mordred sollevò la fronte dal suo stomaco per guardarla, Morgana capì di aver pensato a voce alta.; il ragazzo corrugò la fronte e con evidente titubanza si azzardò a sfiorarle una guancia con le nocche.

"Non ricordi niente?" domandò, lasciando intravedere una sorta di incertezza; la poliziotta lì accanto lo esortò a cercare di non sforzare la memoria della ragazza, ma Morgana la ignorò come neanche esistesse. Non avrebbe avuto pace finché qualcuno non le avesse spiegato perché si trovava sdraiata nella palestra (sì, quel soffitto mal stuccato e chiazzato di umido avrebbe saputo riconoscerlo ovunque), con un mal di testa record e con Mordred che aveva la faccia sporca di sangue.

"Dimmelo Mordred" biascicò e le parole le raschiarono fastidiosamente le corde vocali.

Ad un certo punto l'ufficiale che insieme al Rettore stava tentando di tenere a bada una folla sempre più numerosa di studenti, richiamò la donna che si stava occupando di Morgana, esortandola a raggiungerlo per dare man forte; a quel punto, lei e Mordred rimasero soli.

Lui le prese una mano con gentilezza e con il pollice ne sfiorò il dorso.

"E' stato Valiant, Morgana. Ti ha aspettata fuori dal dormitorio finché non sei uscita. Avremmo dovuto prendere più sul serio le sue minacce..."

"Perché sei sporco di sangue?"

La sirena che lei aveva sentito arrivare in lontananza, si era spenta. L'ambulanza aveva raggiunto la sua destinazione.

"Non è mio" biascicò lui, abbassando lo sguardo come a voler celare qualcosa. Morgana rimase tranquilla, era come se quel dolore lancinante alla testa riuscisse a darle una sorta di lucidità davvero incoerente con le sue condizioni fisiche.

"E' mio?" domandò e quando alzò la mano libera per toccare il punto in cui la testa le faceva male, si chiese perché mai non l'avesse fatto prima. Ritirò le dita, scoprendo senza sorpresa di trovarle sporche di sangue; eppure non era spaventata.

"No" le rispose il ragazzo, che si era improvvisamente irrigidito. Lei notò come Duirvir cercasse di mantenere una sorta di calma apparente, ma se avesse continuato a stringere ancora così i denti probabilmente avrebbe finito per spaccarsene qualcuno. Sentì Mordred stringerle di più la mano in un riflesso incondizionato, che trasmetteva rabbia; dopo brevi secondi di silenzio, Morgana esalò una risatina. Il ragazzo la guardò dapprima stupito, come non si aspettasse niente del genere... insomma, ridere dopo essere state aggredite, con un probabile trauma cranico in corso, non era proprio da tutti. Eppure Mordred cedette ed alla fine, si ritrovò a ridacchiare insieme a lei.

Dio li fa e poi li accoppia.

"L'hai pestato, non è vero?" domandò allora, nel momento in cui nel suo campo visivo entrarono alcuni uomini ed una portantina, "Quel sangue è il suo"

Prima di farsi da parte per permettere al personale medico di occuparsi di lei, l'espressione sul viso di Mordred si fece mortalmente seria. Strinse di nuovo la sua mano e annuì con determinazione.

"Sì Banshee. Ti assicuro che non ti darà più fastidio"


Quando la ragazza fu adagiata sulla portantina e sollevata da terra, Mordred fece per liberarle la mano ma lei artigliò le sue dita con una forza davvero sbalorditiva.

"Non mi lasciare" gli mormorò, causando ai battiti di Duirvir una specie di asincronia. Il ragazzo scambiò uno sguardo interrogativo con i medici, che sembrarono star valutando sommariamente la situazione.

"Va bene ragazzo" pronunciò uno di loro, in maniera piuttosto spiccia, "Puoi salire sull'ambulanza ed accompagnarla in ospedale con noi"

Mordred sentì un sollievo esagerato renderlo leggero come una piuma e restò incollato alla portantina e alla mano di Morgana come se il destino del mondo intero dipendesse solo da quello. Avrebbero dovuto sedarlo o picchiarlo, per riuscire ad allontanarlo da lei.


*


Attila si fece spazio tra i detriti, lasciando dietro di sé una scia di bava luccicante; con il respiro pesante che si condensava in nuvolette di vapore caldo, strizzò gli occhi e scosse tutto il pelo del corpo, sparando goccioline di pioggia in ogni dove. Quando fu abbastanza soddisfatto di se stesso, voltò il capoccione verso l'entrata ed abbaiò un paio di volte, leccando tutto il muso con la lingua ruvida e rosa; attese fermo come una statua, sino a quando la ragazza non entrò senza troppi problemi nell'edificio semi distrutto e poi ricominciò a trotterellare con sicurezza, dando a vedere di sapere esattamente dove stesse andando.


"Ehi, aspetta!" esclamò Gwen, che indossava una giacchetta e dei pantaloni dai lembi morsicati.

Attila starnutì all'improvviso e dalle sue fauci, volò fuori un pezzo di stoffa di jeans che era appartenuto a quelli che indossava la riccia in quel momento; il cane l'aveva colta in corridoio ed aveva iniziato letteralmente a trascinarla in giro sino a convincerla a seguirlo di sua spontanea volontà.

Ad un certo punto il simpatico animaletto si fermò nel bel mezzo di alcune piante e iniziò a girare su se stesso, cercando di acchiapparsi la coda. Gwen lo raggiunse e lo guardò con aria un po' interdetta, ma Attila non se ne curò: gli umani non avrebbero mai saputo cosa volesse dire essere seguito ventiquattro ore su ventiquattro da qualcosa che non potevi afferrare. Era un incubo, avevi sempre la sensazione di essere osservato, neanche i bisogni potevi mai fare in santa pace; uscendo sconfitto da quella ennesima battaglia (perché la guerra era ancora in corso), come niente fosse il cane ricominciò a zigzagare tra i detriti, abbaiando verso la ragazza per attirare la sua attenzione. Dopo un paio di svolte, la condusse nell'esatto punto in cui il bipede dall'odore succulento stava ancora appeso come un cretino. Attila tornò ad abbaiare, stavolta verso di lui, come per dire ehi amico, guarda un po' chi ti ho portato. Ti ho appena salvato il culo.


Quando il ragazzo mosse la testa per guardare entrambi, il cane zampettò un poco più in là e lasciò cadere pesantemente il sederone su una foglia bruciacchiata. I suoi occhioni scuri videro Gwen avvicinarsi velocemente al bipede con aria piuttosto preoccupata e poi piegò il testone di lato, sembrando incuriosito da tutti i segni strani che ricoprivano interamente la pancia, lo stomaco ed il petto di Lancelot: era piuttosto sicuro che prima non ci fossero! Lasciandoli discutere su come diavolo era potuto succedere che il ragazzo fosse finito a penzolare a testa in giù in quel modo, Attila andò a raccattare la maglia che Lancelot aveva tolto e portandosela in un posticino più sicuro, iniziò a mordicchiarla con un certo gusto... anche quella aveva lo stesso odore succulento che aveva il bipede dalle chiappe tenere.

Il passatempo che aveva appena trovato tuttavia non gli impedì di interessarsi alla scena con la stessa indiscrezione che avrebbe mostrato una pettegola (con l'unica differenza che la curiosità di un cane non avrebbe mai dato nell'occhio).


"Gwen devo dirti una cosa" se ne uscì ad un certo punto il wrustel umano, con una tale gravità nel tono di voce che Attila smise di masticare la maglietta, lasciando colare tutta la bava lungo la stoffa, dove una chiazza più scura aveva già fatto la sua comparsa. Doveva ammettere che quei due erano meglio delle telenovelas messicane che Gaius (suo padrone e guardiano della scuola), era solito guardare durante e dopo la cena. Ora che ci faceva caso, Lancelot assomigliava un po' ad uno dei protagonisti e solitamente tutti gli attori interpretavano dei medici (Gaius aveva sempre avuto una fissa per i medici in realtà).

Un lampo all'improvviso illuminò l'interno della serra, donando ai profili delle povere piante rovinate un'aria decisamente spettrale; Gwen sembrava in ansia ed aveva l'aria di qualcuno che stava aspettando di sentire un'orribile notizia. Ricominciando a masticare ciò che aveva nelle fauci, coinvolto nel pathos del momento, Attila non si sentì di biasimare quella povera bipede femmina: considerato il soggetto che aveva davanti, non è che ci fosse da essere ottimisti.


"Dopo oggi ho capito che è inutile stare a pianificare, a rimandare, a perfezionare... qualsiasi cosa farò andrà storta, c'è poco da fare. Morgana sa come avrei voluto dirtelo, ma sai una cosa? Perché non farlo adesso? Non so neanche se domani sarò ancora vivo!"

Gwen scosse i riccioli scuri e sembrò giustamente confusa. Sembrava una specie di dichiarazione suicida o una cosa del genere! E che c'entrava Morgana? Allungò le mani per accarezzare tutti gli scarabocchi che Lancelot si era fatto sulla pancia.

"Lance se stai cercando di spaventarmi ci stai riuscendo..." biascicò con delle rughe a solcarle la fronte naturalmente scura. Il ragazzo scosse la testa, sospirando pesantemente.

"Gwen... non sto cercando di spaventarti... sto cercando di chiederti se vuoi sposarmi...?"

Lake allargò le braccia penzolanti con eloquenza e le lasciò ricadere giù, oltre la sua testa. Il suo corpo oscillò dolcemente nel rumore della pioggia che cadeva anche dentro la serra e in quello del respiro pesante di Attila, che ora li fissava come una fangirl seriale avrebbe fatto durante la scena della sua otp(3) preferita.

Dopo un silenzio che parve lungo anni luce, Gwen emise un gridolino di euforia e dimenticando la precaria situazione in cui il suo ragazzo attualmente si trovava gli saltò addosso, aggrappandosi su di lui come un koala su di un albero. La corda che teneva appeso Lancelot emise un rumore tremendo, prima di cedere a tutto quel peso con un terribile strap di rottura. I due bipedi caddero rovinosamente al suolo in mezzo ai detriti, alzando un polverone che solo una mandria di cavalli nel deserto sarebbe riuscita a sollevare.

Attila alzò il sederone da terra e zampettò verso il groviglio lamentoso di gambe e braccia che stava spalmato sul pavimento. Ciondolò il testone da una parte all'altra, spargendo bava sui volti di entrambi gli interessati e poi, con la lingua ruvida e penzolante, iniziò a leccarli ovunque (in qualche modo doveva pur porre le sue felicitazioni!).


"Era un sì quello?" biascicò Lancelot, tutto dolorante, cercando di capire come liberare la gamba da non sapeva nemmeno cosa. Gwen mugugnò infastidita, strattonando il braccio per sgombrarlo dal peso del suo ragazzo e con fatica si mise a sedere.

"Certo che lo era, stupido! Devo ammettere che non avrei mai creduto di ricevere una proposta di matrimonio in un contesto del genere, ma con te tutto sembra avere un'eccezione..." rispose con il tremolio di un sorriso tra le parole, asciugandosi con la stoffa della giacca dalla bava di Attila. Il quadrupede abbaiò festoso, appestando l'aria di fiato canino (una cosa davvero micidiale).

Lancelot si alzò su di un gomito e la guardò come fosse terrorizzato da qualcosa; Attila avvicinò il muso verso di lui e iniziò a leccargli l'orecchio (anche quello sapeva di tacchino e francamente non avrebbe saputo dire quale Dio canino gli stava impedendo di morderlo e mangiarselo).

"Non è che poi ci ripensi?" sputò fuori con una certa angoscia, piegando la testa senza nemmeno accorgersene, come per aiutare Attila a leccare meglio l'orecchio.

Gwen lo guardò con aria stupita, cercando di capire se stesse facendo sul serio; trattandosi di Lake, ovviamente stava facendo sul serio. Roteò gli occhi scuri verso il soffitto e sbuffò sonoramente: l'unica cosa che restava da fare in quei casi, era togliere a quello scemo qualsiasi forma di facoltà verbale con una sana pomiciata ed è proprio quello che avrebbe fatto! Quando si chinò su di lui per baciarlo, lo porto alla resa nel giro di un paio di secondi.

Erano sempre le ragazze a comandare, c'era poco da fare.


*


Morgana riuscì a liberarsi dalle grinfie dei dottori che l'ora di cena era già passata. La notizia di Valiant che l'aveva aggredita si era sparsa per la scuola come una macchia d'olio e quando era stata portata al pronto soccorso per un controllo approfondito insieme a Mordred, nel giro di mezz'ora si era trovata sommersa da diverse persone, tra le quali vale la pena citare suo fratello e Merlin (con delle espressioni talmente allucinate da farli sembrare provenienti da un altro pianeta), Gwen e Lancelot cosparsi da varie inspiegabili e misteriose contusioni e suo padre, miracolosamente venuto in soccorso della sua pupilla nonostante fosse ancora orario di lavoro quando era giunto al suo capezzale.

Dopo una sequela di minacce rivolte nei confronti dell'aggressore (Uther aveva proposto di scrivere una lettera alla Regina di Inghilterra per richiedere il ripristino della gogna, Arthur aveva espresso il desiderio di recidergli gli attributi, Gwen si era battuta per deporre in tribunale a testimonianza del suo innegabile viscidume), i medici di comune accordo avevano ritenuto di poter lasciare che Morgana tornasse nei propri alloggi universitari, a patto che avesse osservato una settimana di completo riposo e che qualcuno l'avesse svegliata ogni ora (almeno per la prima notte) per tenere sotto controllo la bella botta che aveva ricevuto sulla testa; alla fine, tutto il sangue che le aveva macchiato il volto, era fuoriuscito da un graffio neanche troppo profondo, al quale erano stati applicati giusto un paio di punti.

Tutti insieme appassionatamente erano tornati al college e c'era stata un'ennesima guerra su chi avesse dovuto avere il diritto di stare in compagnia di Morgana per l'intera notte; secondo Uther la soluzione più logica era portarsela a casa per tenerla sotto stretto controllo, Arthur pretendeva di poter avere il permesso di stare con lei nel dormitorio delle ragazze, Merlin aveva cercato di farlo ragionare dicendogli chiaro e tondo che sarebbe stato più logico mandarci Gwen e quando il brusio di voci giunse ad un livello davvero insopportabile per la povera testa martoriata di Morgana, la ragazza attirò l'attenzione di tutti con un fischio da pastore di pecore e ristabilì sia l'ordine che il silenzio.


"Resterà Mordred con me, non voglio nessun altro"


Quando Arthur aprì la bocca per fare la parte del fratello geloso con le palle girate, Morgana lo gelò con uno sguardo agghiacciante.

Non mettetemi alla prova gente, non oggi, perché il mio umore è più nero del solito, ve lo posso assicurare.


"La mia non è una richiesta, le vostre opinioni non mi interessano. Mordred resterà con me. E' grazie al suo intervento se sono ancora viva e se Valiant ora si trova agli arresti, pretendo che mostriate un po' di gratitudine"

"Alla faccia della sincerità" biascicò Gwen.

"Morgana..." la richiamò Uther Pendragon.

"Papà, sto bene!"


Uther guardò la figlia con profonda preoccupazione dipinta sul volto e lei mantenne il suo sguardo con una certa determinazione, perché non voleva che si preoccupasse più del necessario.


"Hai sentito cosa mi hanno detto in ospedale. E' stata solo una botta, non c'è nient'altro. Basterà che Mordred mi svegli ogni ora e domani mattina ti chiamerò presto, d'accordo?"


Evidentemente Uther non è che fosse molto d'accordo, perché non disse niente, ma restò fermo lì a fissarla come fosse indeciso sul da farsi. Morgana sospirò in silenzio e accennando un debole sorriso, si avvicinò a lui per baciarlo sulla guancia. Appoggiò le mani sulle spalle di suo padre e lo guardò con quello che chiunque avrebbe potuto definire orgoglioso affetto.

"Fidati di me papà" mormorò con delicatezza, "Starò bene e insieme gliela faremo pagare a quel verme, te lo prometto"


Sentendo il bisogno fisico di controllare egli stesso che sua figlia fosse ancora tutta intera la abbracciò; nella sua visuale inquadrò anche Arthur poco distante, che li osservava con un sorriso mite sul volto oscurato dalla rabbia. Quando il biondo aveva saputo cosa era successo alla sorella, per i primi dieci minuti aveva visto tutto nero; imbestialito come un drago, si era diretto verso la centrale della polizia portando con sé l'arco e le frecce, pretendendo di farsi giustizia da solo. Se non ci fosse stato Merlin a corrergli dietro passo dopo passo, dandogli dell'asino imbecille pazzo esaltato, probabilmente in quel momento si sarebbe trovato a sua volta dietro delle sbarre; per l'ennesima volta aveva lasciato che il ragazzo influenzasse le sue decisioni (per fortuna) e dopo aver ripreso una certa lucidità, insieme si erano diretti in ospedale, fingendo di aver messo momentaneamente da parte ciò che era successo tra loro solo qualche minuto prima (questione di priorità). Quando fu sicuro di avere sua figlia accanto a lui, Uther la lasciò andare con un sospiro e un'espressione severa.


"Posso fare qualcosa per farti cambiare idea?"


A quella domanda Arthur si mise a ridere (rendendosi perfettamente conto della sua inutilità), infatti Morgana scosse il capo e si strinse nelle spalle. Rimasto ai margini del gruppo fino a quel momento, Mordred compì qualche passo in avanti e si affiancò alla ragazza, attirando così l'attenzione di Pendragon Padre.

"Non si preoccupi Signore, mi assumo tutte le responsabilità" esclamò il ragazzo sembrando davvero tranquillo; si lasciò esaminare dallo sguardo da falco con il quale Uther era solito sezionare qualsiasi essere umano e straordinariamente riuscì a non battere ciglio.

"Ci credo bene ragazzo" commentò ad un certo punto l'uomo in giacca e cravatta, alzando bandiera bianca; "Ricordati: so chi sei e so anche dove abiti. Questo vale nel male, ma anche nel bene. Quello che hai fatto per mia figlia non lo dimenticherò e in qualche modo, te ne accorgerai"

Mordred alzò il mento; "Non l'ho fatto per ricevere qualcosa in cambio" replicò immediatamente e avvertì quasi come fosse solido, lo sguardo di Morgana su di lui.

"Non importa" specificò a quel punto Uther, con un tono di chi stava per chiudere la questione, "La mia famiglia ha un debito nei tuoi confronti e un Pendragon paga sempre i suoi debiti"

A Duirvir fu decisamente chiaro di non dover ribattere oltre, se non voleva far incazzare quell'uomo (e qualcosa gli suggeriva che uno spettacolo del genere non gli sarebbe piaciuto... quello che aveva visto in ospedale probabilmente era solo un assaggio di quanto potesse diventare pericoloso Uther Pendragon se provocato).


Abbastanza vicino da poter sentire comodamente tutto quanto, Merlin corrugò la fronte con aria un po' interdetta.

Un Pendragon paga sempre i suoi debiti? Ma quelli non erano i Lannister(4)? Mi sa che Uther qui ha le idee un po' confuse...


Dopo gli ultimi accertamenti e l'ennesima (esasperata) rassicurazione, Morgana disse di essere stanca e afferrando Mordred per un braccio, se lo portò dietro verso di dormitori.


"Se solo oserai allungare le mani ti ammazzo" lo avvisò lei, dopo che entrambi furono al riparo da orecchie indiscrete. Il ragazzo si lasciò trascinare con aria piuttosto pacifica e le sorrise innocentemente.

"Ti sembro il tipo da poter fare una cosa del genere?"

"Devo risponderti?"

Mordred arcuò le sopracciglia, continuando a sorridere in quel suo modo abitualmente odioso.

"Sotto sotto ci speri Banshee, l'ho capito che ti piaccio, è solo questione di ammetterlo oramai"

Morgana si fermò in prossimità dei dormitori femminili e con aria battagliera, gli piantò un dito sul petto. Mordred aveva sempre avuto un'aria sicura di sé e quel momento non faceva eccezione; quello che lei non poteva sapere era che dietro la sicurezza, si celava una sorta di euforia irrazionale.

"Mettiamo in chiaro un paio di cose, Duirvir" esclamò determinata, nonostante la testa le fosse attraversata da fitte dolorose e indescrivibili, "Tra la supposizione e il dato di fatto ci passano dieci oceani. Non riuscirai mai a farmelo ammettere. E con mai, intendo mai"

Lui le afferrò il polso e si chinò su di lei, rubandole un bacio sul naso, guidato appunto da quell'improvvisa gioia selvaggia.

"Ah, però mi hai appena detto che qualcosa da ammettere ce l'avresti. Se non ti infastidisco ora che sei fatta di antidolorifici e di botte in testa, perderei un'occasione d'oro!"

Morgana restò imbambolata forse un po' troppo a lungo, perché ad un certo punto Mordred iniziò a ridere di lei; sfarfallò le ciglia con aria confusa, rendendosi conto di aver compromesso se stessa. E aveva fatto tutto da sola.

Sì ma non vale. Non sono in me! Voglio il time out da questa guerra, almeno sino a quando non riavrò il controllo completo dei miei pensieri e delle mie parole, dannazione!


"Questo va oltre le regole stabilite!" disse infatti, perché non poteva lasciargliela vinta così, non senza combattere!

"Ah, avevamo stabilito delle regole?"

"Adesso non fingere di non averle sempre conosciute!"

"Deve essere stato durante una sorta di comunicazione non verbale, una delle tante intendo... forse è per questo che qualche concetto fondamentale mi è sfuggito..."

"L'ho capito sai che ti piace prenderti gioco di me, ma se sei un uomo d'onore non prenderai in considerazione tutto ciò che dirò fino a quando non sarò guarita del tutto!"

"Uomo d'onore? Credo tu mi stia confondendo con qualcun altro... la botta deve essere stata bella forte... fa' un po' vedere!"

"Cos-? Sto bene, sto bene! Metti giù le mani! Stai approfittando spudoratamente di questa situazione!"

"Lo vedi? Sei abbastanza lucida da averlo capito da sola... io non lo chiamerei approfittare allora. Voglio dire, l'hai detto tu no? Stai benone!"

Ficcando le mani nelle tasche dei jeans, Mordred si avviò verso l'entrata del dormitorio.

"Che fai vieni?"

Meno indifferente di quanto avrebbe voluto apparire in realtà, Morgana ingoiò tutte le rispostacce che avrebbe voluto lanciargli dietro ed a passo di marcia, lo precedette verso la sua stanza.


*


Alla fine erano rimasti da soli.

Di nuovo.

Gwen e Lancelot, dopo aver dato loro la bella notizia, avevano deciso di andare a festeggiare in privata sede; a quel punto Merlin si era tappato le orecchie e aveva cominciato ad intonare l'intro delle tartarughe ninja pur di impedire all'amica di approfondire il discorso in quel senso (tanto lo sapeva che lei adorava contornare i suoi discorsetti con un sacco di dettagli irrilevanti). Pendragon Maschio l'aveva guardato come fosse improvvisamente impazzito ma Gwen l'aveva subito rassicurato, dicendo che era perfettamente nella norma (me lo aspettavo!, testuali parole). Dopo averli salutati in uno sventolio di mani, un silenzio imbarazzante e pesante come un macigno era calato su di loro. Anche i cricri notturni dei grilli avevano smesso di colorare l'aria. Spostando il peso del corpo da un piede all'altro, ad un certo punto Merlin decise che non ne poteva più.

"Senti-"

"Ascolta-"


Si guardarono con facce piuttosto babbee, avendo deciso di cominciare a parlare nello stesso esatto momento. Arthur passò una mano tra i capelli già incasinati e calciò via un sassolino dalle dimensioni ridicole. Quando aprì bocca, Merlin lo precedette di qualche secondo.

"Arthur, scordatelo"

Il tono di voce così perentorio costrinse Pendragon Maschio ad alzare gli occhi da terra e tornare a guardarlo. Dovette mostrare una faccia davvero disorientata, perché Merlin roteò gli occhi verso l'alto e scosse la testa come fosse quasi ferito.

"Non puoi baciare la gente e poi pretendere che questa faccia finta di niente, perché io non lo farò, mi capisci?"

No, evidentemente non capisce, pensò dopo qualche istante il moro, notando che nessun cambiamento era avvenuto nell'espressione da pesce lesso di Arthur, forse devo trovare parole più semplici.


"Magari sarai anche abituato al fatto che solitamente la gente fa quello che tu gli dici di fare, ma io-"

"Si può sapere di che diavolo stai parlando?!"

Merlin non si era aspettato di sentirlo arrabbiato, in verità; forse doveva ancora sbollire tutto il nervoso che aveva accumulato per colpa di quel verme di Valiant.

Restò in silenzio tuttavia, avvertendo la sensazione di aver detto qualcosa che forse non era necessario.

"Non lo so... tu di cosa vuoi che parli?"

Arthur finse egregiamente di pensarci su ed anzi, il suo atteggiamento passivo-aggressivo non prometteva nulla di buono.

"Non saprei, forse del perché tu non mi abbia detto sin da subito che sei tu la ragazza dal vestito verde?"


Mayday Mayday Houston, abbiamo un problema. Torre di controllo mi ricevete?

Il cervello di Merlin però, in quel momento non stava ricevendo proprio un accidente. Se qualcuno fosse penetrato nella sua mente, avrebbe sentito come sottofondo un simpatico jingle natalizio e nulla di più. Con lo stomaco che gli era arrivato all'altezza delle ginocchia, il moro provò ad articolare qualcosa, ma solo delle vocali strozzate fecero intendere ad Arthur quanto fosse riuscito a prenderlo contropiede; Pendragon Maschio puntò i pugni sui fianchi e lo fissò con l'aria di qualcuno che era proprio curioso di sentire cosa l'altro avesse da dire. Non provò nemmeno ad aiutarlo a dire qualcosa.

Stavolta te la cavi da solo Emrys e se non mi dirai qualcosa che mi soddisferà ti posso giurare che ti ritroverai a farmi da bersaglio al campo da tiro senza nemmeno che tu te ne accorga.


"Che... che ti salta in mente?"

Un tentativo di ripresa in calcio d'angolo Arthur se l'era aspettato e si impose di non mostrare il minimo barlume di dubbio. Lui era sicuro che si trattasse di Merlin, lo sapeva. E aveva bisogno che anche Merlin stesso sapesse che lui sapeva.

"No, la domanda giusta è cosa salta in mente a te!" replicò allora, risultando più duro di quanto si sentisse in realtà, "Come dovrei sentirmi?! Mi hai assecondato, mi hai guardato andare in giro a rincorrere le ragazze, mi sono fatto picchiare da loro e tu hai lasciato che accadesse! Voglio sapere per quale ragione Emrys e non ti aspettare che ti lasci andare via come hai sempre fatto, stavolta non te la caverai così!" nel parlare, il suo tono di voce si fece via via sempre più alto, "Ho cercato te dannazione, per tutto questo tempo ho sempre e solo cercato te e tu ti sei fatto beffe di me!"


Sinceramente non avrebbe mai voluto che andasse a finire così, ma la rabbia che provava era diventata improvvisamente più forte, come se una sorta di diga si fosse improvvisamente rotta dentro di lui e per quello, istintivamente centrò il volto di Merlin con un pugno ben assestato. A quel pugno si aggiunse una spinta, perché la rabbia e l'umiliazione che avvertiva erano una cosa davvero troppo intensa da sopportare in silenzio.

Emrys aveva incassato il colpo senza il minimo tentativo di difesa e dopo essere barcollato all'indietro, cadde col sedere a terra solamente sotto la spinta di Arthur; il biondo ansimava e aveva cominciato a camminare avanti e indietro, con le mani nei capelli, come volesse cercare nel solco che stava scavando a terra una calma misericordiosa.

Merlin doveva ancora capire bene cos'era successo esattamente e come in uno stato di trance appoggiò la mano sulla guancia già gonfia, senza spostare un attimo gli occhi da quello che ora sembrava un leone nella sua gabbia.


"Sai cos'è che mi fa più incazzare?" sputò ad un certo punto Arthur, fermandosi nel bel mezzo del parco e gesticolando come un ossesso, "Il fatto di essermi fidato di te, di averti offerto la mia amicizia e la mia onestà! Non mi hai mai ricambiato, né hai mai avuto intenzione di farlo! Hai mentito, sin dall'inizio mi hai sempre guardato in faccia con la presunzione di avere la coscienza pulita! Mi guardavi e mi mentivi Merlin!"

Espirò pesantemente, aprendo e chiudendo le dita più volte, come avesse voglia di picchiarlo ancora. Con la gola secca e il cuore che a mille gli rimbombava nelle orecchie, Merlin si alzò in piedi e cercò di ignorare il dolore pulsante che dalla guancia si protendeva per tutta la sua faccia. Non sapeva che cosa dire, era come se le sue labbra fossero incollate; osservava Pendragon con il rimorso dipinto sul viso, ma non spiccicava parola: era il silenzio del colpevole.

"Dì qualcosa!" sbraitò Arthur, che stavolta non avrebbe accettato un silenzio come risposta, neanche se l'avesse implorato.

Rimasero a guardarsi ad una certa distanza l'uno dall'altro: dopo la spinta ricevuta, Merlin non si era azzardato a compiere un passo di troppo.


"Secondo te perché l'ho fatto Pendragon? Perché posso aver scelto di non dirti niente?"

Il moro inghiottì il magone di angoscia che gli si era incastrato in mezzo alla gola, ma sapeva che Arthur non avrebbe risposto al posto suo; sapeva che era arrivato al punto di pretendere di sentirsi dire le cose dagli altri, non di supporle e basta. Merlin non poteva biasimarlo, ma non poteva biasimare nemmeno se stesso.

"Ti sei mai visto, Arthur? Hai visto le persone che frequenti, lo stile di vita che hai? Cosa posso aver mai pensato di strano? Che forse, dirti di essere stato baciato da un ragazzo ti avrebbe messo in difficoltà... Che ti avrebbe posto in una situazione scomoda, che avrebbe potuto disgustarti la sola idea, che avresti potuto non credermi... perché mai avrei dovuto dirtelo? Per sentirmi dire in faccia che non sono il tuo tipo? Appena avessi voltato le spalle ti saresti messo anche a ridere, magari. Dammi una sola buona ragione per la quale avrei dovuto espormi così"


La parte razionale di Arthur capiva i pensieri di Merlin. Infondo era vero... all'inizio aveva completamente rifiutato l'eventualità che si fosse trattato di un ragazzo; poi la curiosità aveva prevalso sui suoi pregiudizi e aveva continuato a cercare. La sua parte irrazionale invece, quella che più di tutte faceva di lui quel che era, pretese qualcosa che Merlin non gli aveva dato.


"Hai davvero una pessima considerazione di me Emrys, se pensi che ti avrei riso in faccia e poi voltato le spalle. Certo, avresti rischiato di sentirmi dire che non potevo ricambiare il tuo interesse, ma credi davvero che ti avrei tolto addirittura il saluto? Guardami in faccia e dimmi che è così"

Merlin in effetti lo guardò. Il coraggio di dire che era così però, all'ultimo venne meno. Se c'era qualcuno che conosceva il carattere di Arthur, quello era proprio lui. Per lunghissimo tempo l'aveva osservato, aveva imparato le sue abitudini e il suo modo di fare. Infondo sapeva che Arthur non sarebbe mai stato il tipo da ignorare una persona semplicemente per una cosa del genere. Eppure Merlin aveva avuto paura delle conseguenze e aveva lasciato che la paura vincesse su tutte le certezze che aveva sull'altro.


"Vuoi una buona ragione per la quale avresti dovuto esporti? Te ne do anche più di una: la prima sono io ed è la più importante perché da qui si diramano anche le altre buone ragioni. Io mi sono esposto per primo con te, ti ho reso partecipe dei miei pensieri e della mia vita. Ti ho detto cose che... che cazzo, Merlin, non vado a dire di certo a tutti! E tu lo sai, lo so che lo sai, mi conosci anche se al momento cerchi di fingere che non sia così perché ti fa comodo! E' così da pazzi sapere che sì, mi aspettavo da te lo stesso trattamento?"


La sua coscienza cominciava ad essere troppo pesante e quel peso trascinò il suo sguardo verso terra. Merlin si sentiva divorare dai sensi di colpa, ma non avrebbe lasciato che la situazione tra di loro si chiudesse così miseramente; aveva bisogno di sapere che Arthur capisse perché si era comportato così. Quando alzò nuovamente gli occhi su di lui, lo trovò più vicino di dove l'aveva lasciato qualche istante prima. Arthur non aveva mai smesso di guardarlo in realtà, e una sorta di delusione si era fatta strada sulla sua rabbia.


"Senti Arthur, che vuoi che ti dica? Hai ragione. Hai tutte le ragioni di questo mondo. Vuoi che sia sincero con te? L'unica cosa che posso fare è prometterti che lo sarò... da oggi in poi. Ma tornassi indietro, sai anche tu che farei di nuovo la stessa scelta, perché... perché sì. Perché io ragiono in modo diverso da te e anche se può essere difficile da accettare, devi capire che non ho mai voluto prendermi gioco di te o della tua amicizia. Se sono rimasto zitto è perché ho creduto fosse la cosa migliore da fare, non prenderla sul personale. E' stata una mia scelta e non è dipesa da te. Ci... ci tengo alla tua amicizia e mi dispiacerebbe buttare tutto all'aria solo perché sono uno stupido. Però me lo meriterei, quindi qualsiasi cosa tu voglia fare, ti giuro che la accetterò"

Davvero, più di quello non poteva fare. Merlin allargò le braccia con eloquenza, prima di lasciarle ricadere contro i fianchi; sentiva la guancia pulsare ad intervalli regolari e la pelle gonfia lo costrinse a socchiudere l'occhio.

Arthur sembrò valutare attentamente le sue parole, per un tempo piuttosto lungo; ad un certo punto dovette arrivare ad una conclusione davvero divertente, perché di punto in bianco si mise a ridere dapprima con discrezione, poi sempre più apertamente. Merlin lo guardò interdetto ed arcuò un sopracciglio scuro.

Cosa c'è di così divertente adesso? E' la seconda volta oggi che scoppia a ridermi in faccia. Alla terza gli mollo un destro su quella stupida faccia da asino.


"La tua faccia" esalò Arthur, quasi avesse sentito la sua domanda, "Dovresti vedere la tua faccia! Sembri avere una pallina da golf nascosta dentro la bocca ahaha!"


Merlin puntò le mani sui fianchi e Arthur si piegò sulle ginocchia, incapace di fermarsi.

Come ci erano arrivati a quel punto?

Quel pomeriggio era stato baciato dall'imbecille, il suo segreto era stato scoperto, si era lasciato picchiare ed ora veniva anche deriso (di nuovo)!

Nella mia vita precedente devo essere stata davvero una cattiva persona se sto ancora pagando per dei mali che in questa vita non ho mai compiuto.


"No ma tranquillo. Fai con calma. Prenditi tutto il tempo che vuoi..." biascicò senza troppa convinzione e scoprì così di avere una certa difficoltà nell'articolare bene le parole. Se possibile, quell'accento strano che gli era uscito, aumentò ancora di più le risate di Arthur che tra un respiro e l'altro continuava a ripetere di non potercela fare. Merlin dovette aspettare un po' prima di ritornare ad avere la sua completa attenzione (e grazie tante).


"Hai finito?" la stizza fu vagamente percepibile.

Arthur schiarì la gola, ma le labbra non volevano saperne di far sparire quel sorriso di chi era fiero di ciò che aveva causato (ed Emrys se l'era meritato, non si sarebbe mai sentito in colpa per quello).

"Per il momento sì" lo graziò il biondo, piegando la testa da un lato. Continuava a guardarlo come se nella sua testa stessero passando un sacco di pensieri strani e pericolosi.

"Hai detto che accetterai qualsiasi cosa vorrò fare, giusto?"

Merlin non seppe il perché, ma intravedendo uno strano luccichio in fondo agli occhi azzurri di Arthur, d'istinto arretrò di un passo.

"Beh... sì ma non intendevo che-"

"Hai detto qualsiasi, sì o no?"

"E' una cosa che metterà a rischio la mia vita?"

"Forse non hai capito come funziona, te lo rispiego. Io faccio le domande, tu rispondi. Sì o no?"

Il moro strinse le labbra in un'unica linea sottile e titubò talmente tanto che Arthur fu costretto a raggrumare le labbra per non mettersi a ridere di nuovo; arcuò le sopracciglia e lo guardò come per dire quindi?

"Sì l'ho detto" fu costretto a sputare alla fine, arricciando la punta del naso controvoglia.

Pendragon Maschio schioccò con soddisfazione la lingua contro il palato e lo guardò in un modo che lo fece sentire fregato.

"Bene Emrys, ti ci è voluto! Quello che voglio è che tu esca con me"

Merlin aprì e richiuse la bocca più di una volta, prima di rispondere.

"Ma usciamo già... insieme. Nel senso-"

"Nel senso sbagliato. Intendo una serie di appuntamenti. Sai, di quelli dove due persone si vedono per stare insieme in un interesse reciproco. Pensi di potercela fare? Te lo sto chiedendo solo per cortesia, non perché mi interessi davvero la risposta. Perché, come tu hai già detto, accetterai qualsiasi cosa vorrò fare. Dopo tutte le cazzate che mi hai raccontato, direi che me lo devi, non credi?"


Oh Dio, è appena diventato Morgana la vendetta!

Il moro non poté fare a meno di notare l'incredibile somiglianza despota che caratterizzava entrambi i fratelli Pendragon, chi più chi meno. Corrugò la fronte, piuttosto confuso su come l'asino Pendragon fosse riuscito a rigirarlo come un calzino e l'unica cosa che poté fare, fu biascicare un misero.

Non è che non fosse felice, intendiamoci.

Il fatto era che non era abituato ad essere il protagonista di palesi botte di fortuna.

Quella era una botta di fortuna ed era capitata a lui.

Quando Arthur gli passò un braccio intorno alle spalle con sorprendente agio e condusse entrambi verso i loro dormitori maschili, Merlin pensò che forse, forse i telefilm melensi come Once Upon a Time che Gwen era solita vedere ogni sacrosanta settimana, non raccontassero storie così prive di senso.

La fantasia da qualche parte doveva pur prendere spunto dalla realtà, no?













NOTE DELL'AUTORE: Pensate di aver aspettato tanto per questo capitolo? Io vi consiglierei di NON pensarlo perché credo che per il tredicesimo attenderete anche di più XD spero abbiate notato la lunghezza bestiale del dodicesimo... voglio dire, posso anche essere perdonata insomma ù_ù Grazie a Ryta Holmes che beta la storia, grazie a tutte voi che recensite, grazie a chi legge solamente ed a chi fa queste cose fantastiche (una Mimiwitch) a caso:


Poooi, volevo approfittare per chiedervi in qualità di fan merliniane di partecipare a questo progetto: http://www.moremerlin.com/

Si tratta di un gruppo di persone che stanno cercando di far riprendere la serie di Merlin o per lo meno farne un film che giustifichi l'orribile ultima puntata. Più saremo, meglio sarà!

Oggi mi sento di buon umore perché ho partecipato ad un fantasmagorico rito wiccan, quindi non vi ammorberò con le mie solite chiacchiere e passo direttamente alle note:


(1) http://www.youtube.com/watch?v=faQSs6UBDok&feature=related

(2) Una serie di sfortunati eventi è un film bellissimo che tutti dovreste vedere u.u

(3) OTP: "One True Pairing" ovvero L'unica vera coppia, è un'espressione che viene usata da alcuni gruppi di persone per sottolineare la convinzione che l'amore/amicizia tra due personaggi (di un telefilm o di un fumetto o di qualcosa di simile) sia l'unico accoppiamento possibile ed allo stesso tempo veritiero

(4) Famiglia appartenente al fandom del Trono di Spade, il cui motto è 'Un Lannister paga sempre i propri debiti'.



Namaste! )O(

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Capitolo 13
*** L'unione fa la forza! ***


EPILOGO


"Aiutooo! C'è nessuno?! Ragazzi?! Ragazzi siete lì?! La porta non si apre più, aiutatemi!"

Lancelot provò nuovamente a smuovere la maniglia della porta del bagno, ma quella sembrava non volerne proprio sapere; si guardò intorno come un topo nella gabbia, cercando qualcosa con cui poter forzare la serratura, ma l'unico elemento utilizzabile erano i suoi indumenti strappati: le mutande giacevano miseramente sopra i pantaloni da cerimonia, quasi a sfidarlo di voler mangiare ancora. Con aria piuttosto sconsolata abbassò gli occhi sulla pancia, punzecchiandola con il dito indice.

Forse avrei dovuto evitare le patatine fritte con ketchup e maionese di ieri sera...


Non poteva staccare il water dal pavimento per lanciarlo contro la porta, né avrebbe potuto fare la stessa cosa con il lavandino. Appoggiò la schiena nuda alla parete liscia del bagno e si lasciò scivolare a terra: Gwen l'avrebbe ucciso quella volta, non c'erano dubbi.

Anzi, lascerà fare tutto a suo padre. Tom non vede l'ora di scuoiarmi vivo, lo sento ogni volta che mi guarda!


Fissò il suo riflesso nello specchio appeso alla parete di fronte: non aveva proprio l'aria di uno che stava per sposarsi, anzi! Per non parlare poi di quegli slip leopardati! Lo facevano un po' sembrare figlio della giungla.

Per l'ennesima volta passò le mani in mezzo ad i capelli scuri e quasi assecondò il desiderio di mettersi a prendere a testate la parete fin quando questa (o lui) non fosse crollata. Avvicinò a sé la scatolina con l'incenso afrodisiaco che Gwaine gli aveva portato e lesse le avvertenze sul retro, tanto per far passare il tempo (perché dovevano venirlo a recuperare, prima o poi, no? Possibilmente prima che Gwen si tramutasse in una macchina omicida umana, bramosa del suo sangue).

Cautela: può indurre notevole libidine.


Si mise a ridere seccamente perché in tutta onestà, non sapeva nemmeno se avrebbe potuto sperimentarla sul serio, quella roba indiana. In silenzio tese di nuovo le orecchie, cercando di percepire un rumore, magari dei passi che si avvicinavano, ma l'unica cosa che riuscì a sentire fu il cinguettio degli uccellini al di là della finestra (finestra sbarrata da grate indistruttibili).

"Lo sapevo. Dovevo aspettarmelo. Sono io lo stupido... quando mai le cose vanno come dovrebbero andare? C'è qualcuno che mi odia lassù, ma appena scopro chi è..."

Si morse la lingua, ingoiando giù una bestemmia mista a minaccia. Aveva perso addirittura la cognizione del tempo, non aveva la più pallida idea di quanto ne fosse passato.

E se la cerimonia stesse per iniziare? E se Gwen mi stesse già aspettando? E se suo padre mi stesse già cercando?


In uno sprazzo di lucida follia, quasi quasi provò gratitudine per quella maniglia che non voleva saperne di aprirsi. Sinceramente Tom lo terrorizzava.

Quando la porta dello spogliatoio si aprì, trattenne di colpo il respiro... fissò quindi quella del bagno, aspettandosi di vederla cedere da un momento all'altro sotto pesanti martellate.


Qualche ora prima...


Sfido chiunque a camminare con tutta la mia disinvoltura su un tacco dodici!


Purtroppo per Morgana, tutta la sua disinvoltura non sarebbe mai bastata a tenere lontana quella piaga umana di suo fratello. Non sapeva come né perché, ma l'argomento tu sapevi tutto e non mi hai mai detto niente era spuntato fuori (di nuovo) a minare il loro meraviglioso legame sanguigno; da quando Arthur (il giorno in cui era stata aggredita), aveva ritrovato nella sua borsa una foto di lei che la ritraeva durante uno dei raduni del club di rievocazioni storiche del quale faceva parte, mentre indossava il diabolico abito verde che aveva prestato a Merlin, questi era diventato un incubo e cercava di renderle la vita un inferno!

Se scopro chi è stato il maledetto che ha ficcato quella foto nella borsa di mio fratello giuro che gli strapperò tutte le sopracciglia!


"E come al solito fai finta di niente" esclamò Arthur con tono punzecchiante, senza permetterle di guadagnare terreno.

"Perché non te la prendi con quella vittima del tuo ragazzo? Lui sapeva tutto, proprio come me. Quindi, come mai lui lo lasci in pace e a me no? Perché non ho gli occhi azzurri, le orecchie a sventola e il petto piatto?"

Arthur continuò a litigare con il polsino della camicia bianca, cercando di nasconderlo dentro la manica della giacca scura da cerimonia.

"Non ti ho perdonata e mai lo farò, perché tu sei stata diecimila volte più subdola di lui e ti vorrei ricordare che in quanto sorella, mi avresti dovuto dire la verità per puro principio. Merlin non è mio fratello!"

Morgana sbuffò una risata e incastrò dietro l'orecchio una ciocca scura, sfuggita all'elaborata acconciatura che le teneva i capelli alzati e il collo libero.

"Me ne sono accorta che non è tuo fratello, visto il modo in cui ieri sera al pub- ma per la miseria!"

La ragazza agguantò il fratello per una spalla, evitando così una brutta caduta; il tacco della scarpa le si era incastrato in una piccola grata che stava lungo il sentiero di ciottoli che Lance aveva egregiamente ideato. Arthur biascicò malamente un non ci posso credere e con aria decisamente scocciata, incrociò le braccia al petto, attendendo che la sorella se la cavasse da sola. Non passò neanche qualche istante che la sua espressione cambiò radicalmente.

Dall'altro lato del parco, venivano andando loro incontro Mordred e Merlin, con i quali avevano appuntamento.


"Chiudi la bocca, Artie, o le rondini ci faranno dentro i loro nidi"

La frecciatina che gli fu gentilmente rifilata da quell'adorabile creatura di sorella, aveva in effetti ragione di esistere; fasciato in un abito scuro e vestito di tutto punto, Emrys era davvero... Merlin era così... beh, era.

Il biondo schiarì la gola e distolse brevemente lo sguardo, cercando di apparire piuttosto vago.

Devo costringerlo più spesso a vestirsi come un essere umano e non da nerd.


"Ehilà" esclamò Morgana, sventolando la mano dopo essere riuscita a liberarsi dalla grata malefica. Quando Mordred le si fermò davanti, si prodigò nel compiere un inchino decisamente cavalleresco.

"Sei uno schianto Banshee. Sicura di voler andare al matrimonio?"

"Sicuro di volerle fare certe proposte davanti a me?"

Mordred studiò l'aria bellicosa di Arthur con il candore e l'innocenza di un angelo.

"Mh... sì, abbastanza" replicò dopo qualche istante, "Perché rendi la situazione ancora più eccitante. Ma senza offesa, Pendragon, sei eccitante finché resti in disparte"

Merlin simulò un colpo di tosse per soffocare una risata e Morgana roteò gli occhi verso il cielo: certe cose non sarebbero mai cambiate!

"Prima che tu riesca, finalmente e con tuo sommo gaudio a farti picchiare di nuovo da mio fratello, accompagnami da Gwen! Scopriamo un po' quant'è che sta in crisi da uno a dieci!"

Senza lasciargli via di scampo o possibilità di scegliere, la ragazza agguantò Mordred per il gomito e iniziò a trascinarselo dietro senza troppe cerimonie (c'è da dire che Duirvir se ne fregò allegramente dell'essere trascinato, l'importante era poterle stare vicino a punzecchiarla tutto il giorno, se poi si finiva a rotolare in qualche bel posto possibilmente appartato).


Dopo lunghi istanti, Merlin piantò le mani sui fianchi e arcuò le sopracciglia, fissando Pendragon Maschio con insistenza.

"Beh?!" sbottò ad un certo punto, "Sto talmente male che non riesci nemmeno a guardarmi?"

Arthur non poté impedire di mettersi a ridere seccamente, sul serio.

Semmai era tutto il contrario.

Sospirando profondamente si voltò verso di lui e stiracchiò le labbra in un sorriso; Merlin lo guardava con quella strana luce negli occhi, quella che con il tempo aveva imparato ad attribuire a un certo sadico divertimento. A quel punto, Arthur capì che Merlin sapeva perfettamente come mai avesse tutte quelle difficoltà, nel guardarlo un secondo di troppo.

Maledetto, rachitico, nerdissimo figlio di...


"E dai, non fare quella faccia!" esclamò Emrys, dando una pacca sulla sua spalla, "Non posso farci niente se certe volte riesci a tirare fuori il mio lato più oscuro e sadico!"

"Che guarda caso, tratta sempre del farmi passare per un babbeo"

"Un asino" lo corresse al volo Merlin, "Si tratta di farti passare per quello che sei. Un asino"

"Merlin..."

Il diretto interessato alzò le mani per aria come in segno d'arresa; quando Arthur lo chiamava con quella intonazione, c'era poco da stare allegri. Giusto per precauzione, visto che le mani le aveva già alzate, le poggiò entrambe dietro al collo, per ripararsi dagli oramai familiari e frequenti scappellotti.

"Okay, se analizziamo attentamente la situazione si evince che in un certo qual modo potrei risultare anche più asino di te, poiché nonostante tutta la tua asinaggine e la tua indole tirannica io, di mia spontanea volontà e in pieno possesso di tutte le facoltà mentali che mi sono rimaste -e dopo tutti gli scappellotti che mi hai dato ti assicuro che sono davvero poche-, insisto nel ricercare in modo masochistico la tua compagnia tutti i giorni del creato ventiquattro ore su ventiquattro. Ti piace questa versione?"

Con l'aria di uno che era profondamente turbato e confuso da qualcosa, Arthur adocchiò l'orologio da polso per controllare l'ora.

"Che strano..." biascicò qualche secondo dopo, "Di solito ti piace rincoglionire la gente di chiacchiere solo al mattino presto. Ti ho spaventato così tanto?"

Merlin si strinse nelle spalle con aria piuttosto vaga, ancora con le mani dietro il collo.

"Un pochettino"

Afferrandolo per il bavero della giacca, Arthur se lo trascinò addosso per stampargli un bacio sulle labbra.

"Meglio così" sussurrò di rimando, riversando le parole direttamente sulla sua bocca, "Almeno non rischiamo che ti dimentichi chi è che comanda"

Merlin piegò le labbra in un sorrisetto un po' obliquo.

"Sì... e poi ti svegli dal sogno tutto sudato"

Dopo un altro bacio a stampo, il moro lo allontanò con una spinta.

"Diamoci da fare Pendragon, la giornata è ancora lunga e non vorrei che nel mentre Lancelot sia rimasto ucciso nel tentativo di fare il nodo alla cravatta"

Poi Gwen chi la sente, piangere giorno e notte!

Senza trattenere le risate, entrambi si avviarono verso la Chiesa, dove gli sposi erano impegnati a cambiarsi d'abito, ognuno nel proprio spogliatoio.


*


"Oddio soffoco! Oddio muoio! Oddio Gwaine, fa' qualcosa!"

Stravaccato su una sedia, la mano immersa in un sacchetto di noccioline, Gwaine stava gustandosi non lo snack, bensì una scena molto particolare: lo sposo, Lancelot Lake, che cercava di entrare nei suoi stessi pantaloni con scarsi risultati. Alla penosa richiesta di aiuto appena ricevuta, Gwaine poggiò le nocciole su un tavolinetto vicino e iniziò a ripulire le dita dal sale, leccandole una alla volta.

Alla sua mancata risposta verbale, Lancelot voltò la testa verso di lui e ciò che vide infondo agli occhi scuri dell'amico, non gli piacque per niente.

"Non avrai mica intenzione di mettermi le mani addosso con le dita piene della tua bava!"

Gwaine procrastinò il suo religioso silenzio sino a data da destinarsi e stiracchiò le labbra in un sorriso un po' ruffiano: fosse stato un gatto avrebbe leccato anche i baffi! Nel momento in cui con un movimento fluido si alzò dalla sedia, Lancelot arretrò per puro istinto di sopravvivenza (fu un riflesso incondizionato, davvero). Gwaine continuò a sorridere con sorprendente serenità, come se in quelle noccioline avesse trovato una specie di nirvana divino e molto cautamente, passo dopo passo, fece per avvicinarsi a Lancelot. Lo sposo iniziò a provare un sincero disagio, tant'è che prese a guardarsi intorno come alla ricerca di una via di fuga, maledicendosi pesantemente per aver richiesto l'intervento ultraterreno di quell'energumeno; Gwaine sistemò in tranquillità il suo papillon giallo con i pallini arancioni e ravvivò i capelli, proprio con la stessa mano sbavata che a Lancelot sembrava già di vedersi addosso.

"Gwaine lascia perdere, faccio... faccio da solo, davvero..." biascicò, continuando ad arretrare sino a quando non si ritrovò con le spalle al muro; a quel punto, Lake seppe di essere in trappola e dal modo in cui il sorriso di Gwaine si fece più sghembo, capì che anche lui lo sapeva.

"NOOO!" gridò lo sposo disgraziato, nello stesso momento in cui l'amico gli fu saltato addosso, prima di afferrarlo per i pantaloni.

"Non opporre resistenza Lance, non opporla!"

Gwaine strinse la presa tra i passanti dei pantaloni e per cercare di tirarli bene verso l'alto, iniziò a saltellare; strabuzzando gli occhi fuori dalle orbite, per evitare che quell'esaltato, pazzo furioso di Gwaine gli tranciasse gli attributi di netto, Lancelot iniziò a saltare insieme a lui, in una perfetta ed armoniosa sincronia.

"GWAINE! Mi. Stai. Segando. L'uccel-"

"Non. Parlare. Risparmia. Il fiato. Per. Saltare!"

"Hai. Preso. Anche. Le. Mutande!"

"SsSsHhH!"


Fu così che li trovarono Merlin ed Arthur, quando aprirono la porta dello spogliatoio della Chiesa. La mascella di Emrys rischiò di sfiorare il pavimento e Pendragon Maschio si limitò a voltare le spalle a quella scena pietosa, con tutta l'intenzione di andarsene (o almeno, fu quello che tentò di fare). Le intenzioni di Arthur infatti, furono letteralmente stroncate da un sonoro, inquietante, orrido strap, che fu in grado di gelare il sangue di tutti. Il cuore di Lancelot saltò anche un paio di battiti, il che rischiò per l'ennesima volta di farlo morire in un modo che aveva davvero dell'assurdo.

Arthur si girò con lentezza verso lo sposo, abbassando gli occhi sui pantaloni che Gwaine stava ancora stringendo; quando quella montagna umana si decise a mollare la presa da boa constrictor, i pantaloni caddero mollemente a terra... seguiti senza tanti fronzoli anche dalle mutande di Lake. Merlin allargò gli occhi, restando letteralmente paralizzato dalla tragedia che stava avendo luogo.

Gli... gli ha strappato pure le mutande! Ma Gwaine, per la miseria!


Ripresosi piuttosto velocemente dallo shock, Lancelot afferrò i lembi della camicia e cercò di tirarli verso il basso quanto più possibile, almeno per celare alla vista di tutti gli attributi di famiglia; nel silenzio generale e pesante come un mattone nel quale l'intero spogliatoio era calato, Gwaine emise un basso fischio di constatazione.

"Gwaine, io ti ammazzo" esordì ad un certo punto lo sposo, in quello che parve un ringhio incazzato, "No, sul serio, ti ammazzo!"

Il diretto interessato alzò le mani per aria come in segno di resa e si stampò sulla faccia da schiaffi un sorriso affascinante.

"Non ricorriamo a soluzioni di cui tutti ci potremmo pentire un giorno o l'altro, d'accordo? Non vedo dove stia il problema: adesso con Pendragon Maschio e con Frate Emrys te ne andiamo a comprare un paio nuove! Devi stare calmo Lake bello, non puoi mica farti saltare qualche coronaria proprio oggi, giusto ragazzi?"

Furono tirati in causa un Merlin ed un Arthur decisamente un po' spaesati; boccheggiarono come due babbei per brevi secondi e iniziarono ad annuire a rotta di collo, inframmezzando il movimento della testa con dei "Certo", "Ma sicuro", "Sta' tranquillo Lance", "Ci pensiamo noi", "Non preoccuparti", "Un gioco da ragazzi".


Lo sguardo morente che Lake lanciò loro, lasciò intendere perfettamente quali fossero le sue considerazioni al riguardo.

Voglio morire. Qual è il significato della vita? Perché siamo venuti al mondo? Chi sono io? Che senso ha tutto questo?


Gwaine, che era sempre stato il positivo nonché la motrice dell'intera confraternita Camelot, prese a braccetto prima Arthur e poi Merlin, superandoli entrambi in altezza di almeno dieci centimetri buoni; Emrys alzò lo sguardo su di lui e lo adocchiò come se stesse per vomitare dall'ansia.

"Puoi fidarti di noi Lancy, ti porteremo anche un completo nuovo fiammante! Nel senso, non è che gli daremo fuoco prima di dartelo... E neanche quando lo indosserai, questo è chiaro! Voglio dire che sarà nuovo di zecca, puoi giurarci!"

O che sarà pieno, di zecche! C'è quel bazar indiano in Firth Street che ha qualche problema di infestazione, ma la roba costa poco e dura almeno un giorno intero!


"Lance, perché non..." Arthur gesticolò in modo piuttosto vago, indicando il bagno poco distante, "Perché non togli anche la giacca e la camicia e resti lì dentro? Nel caso in cui qualcuno dovesse entrare nello spogliatoio almeno non ti vedrà, ecco... così..." terminò, arcuando le sopracciglia con eloquenza. Lo sposo annuì con aria mesta ed indietreggiò fino al bagno, senza mai dare loro le spalle e di conseguenza, evitandogli la panoramica delle sue natiche bianco latte. Quando chiuse la porta, riparandosi così dalla vista del mondo intero, Gwaine schioccò allegramente la lingua contro il palato.


"Andiamo, miei prodi! Verso la vittoria!"


Non fecero in tempo a lasciare la stanza che la voce pigolante di Lance li richiamò all'ordine.

"Che cosa dici?" domandò Gwaine, corrugando la fronte, "Parla più forte!"

"Ho detto: qualcuno di voi può restare? Non lasciatemi solo!" la sua voce giunse soffocata dall'interno del bagno. A quel punto, Merlin si accostò al suo ragazzo e lo inchiodò con uno sguardo da chi sapeva già cosa sarebbe accaduto.

"Arthur pensaci, ha ragione. Non possiamo lasciarlo solo, non in questo stato. E se poi si ammazza? L'hai visto anche tu quante volte ha rischiato di uccidersi per un motivo o per l'altro. Dovresti restare"

"Perché non lo proponi a me, di rimanere?" si intromise Gwaine, con la faccia a forma di punto interrogativo; Merlin alzò gli occhi su di lui e l'occhiata scettica che gli riservò, sembrò parlare da sola.

"Tu spingi la gente al suicidio Gwaine. Certo, lo fai in un buona fede, ma ciò non toglie il fatto che è così. Non sei molto bravo a consolare le persone"

Quello spalancò gli occhi con genuina indignazione: "Merlo giulivo, stavolta sei proprio fuori strada! Io sono un asso, nel consolare la gente! Dico, ma mi hai visto?"

Pure troppo bene, pensò il moro, mordendo il labbro inferiore senza aggiungere altro. Ci pensò Arthur a risolvere la situazione.


"Gwaine, poniamo il caso che io sia Lancelot. Cosa mi diresti per tirarmi su di morale?" mormorò, nell'esatto momento in cui la voce di Lake chiedeva ragazzi? Siete ancora lì?

La montagna umana focalizzò l'attenzione su Pendragon Maschio e rimuginò qualche lungo istante, prima di abbattergli pesantemente una mano sulla spalla; Arthur riuscì a non vacillare nemmeno un po', ma dovette far uso di tutto il suo autocontrollo per non rifilargli una testata in mezzo alla fronte.

"Lance, amico mio. Supereremo questo momento insieme! Non ti piacerebbe sposarti nudo? Voglio dire, pensaci!" a quel punto i suoi occhi iniziarono a brillare di gioia selvaggia, "Faremo spogliare tutti gli invitati e pure il prete! Saremo tutti nudi davanti a Dio! Tu sarai come Adamo e Gwen sarà spero meno baldracca di Eva, ma l'analogia è eccezionale! Facciamolo!"

Furono necessarie oltre le braccia di Arthur anche quelle di Merlin, per fermare il carro armato Gwaine dallo sfondare la porta del bagno, impedendogli così di portare a compimento i suoi insani propositi; il ragazzone fu letteralmente trascinato a distanza di sicurezza e riempito di scappellotti da entrambi.

"Non voglio sentire altro" proruppe Merlin, rosso in viso e con gli occhi lucidi di follia, "Tu verrai con me Gwaine e andremo a cercare questo benedetto completo!"

"E le mutande" aggiunse Gwaine.

"E le mutande!" confermò Emrys, prima di puntare Arthur con risolutezza; "Tu resta qui ed evita qualsiasi cosa che possa condurre Gwen ad una lunga vita di depressione. Ci siamo intesi?"


Quando l'aria fredda invernale colpì il suo volto, Merlin sentì di poter risolvere la questione senza troppe difficoltà; seguito da Gwaine, scese la scalinata della chiesa e strinse la sciarpa attorno al collo, con la mente improvvisamente più libera. Una parte di lui si sentiva direttamente coinvolta in quel problema, perché Lance era il futuro sposo della sua migliore amica ed in qualità di migliore amico, aveva il dovere morale di prendere iniziativa e trovare una soluzione.

Ciò con cui Merlin non aveva fatto i conti però, era l'ansia che in occasioni del genere soleva divorare la povera Gwen (aveva sempre retto lo stress piuttosto stoicamente, ma i momenti di defiance colpivano anche lei); quando fu richiamato dalla voce di Morgana, oramai già in procinto di attraversare le strisce pedonali, in fondo sapeva che avrebbe dovuto aspettarselo. La ragazza scese la gradinata con abilità consumata, nonostante i tacchi vertiginosi e alzò un braccio verso di lui.

"Emrys, aspetta!"

"Che succede?" le domandò, quando Morgana l'ebbe raggiunto; Gwaine la sottopose ad una radiografia completa e le fischiò con devota ammirazione.

"Smettila di guardare la scollatura, la mia faccia è più su" lo rimbeccò immediatamente la ragazza, facendolo ridere per niente a disagio. Gwaine era proprio un tipo senza vergogna, c'era poco da fare.

"Emrys, devi venire assolutamente, Gwen sta iperventilando e non so più che cosa fare! Sarà un disastro se non cercherai di calmarla!"

Morgana lo agguantò per un gomito, ma Merlin puntò i piedi a terra, cercando di elaborare velocemente una soluzione; i suoi occhi azzurri si spostarono subito verso Gwaine che, con le mani mollemente infilate nelle tasche dei pantaloni grigio fumo, lo guardava con un sorriso mite.

"So cosa stai pensando" esordì quello, ammiccando con le sopracciglia, "Ma temo dovrai fidarti di me Merlo bello. Gwen ha bisogno del suo amichetto, non la vorrai mica lasciare da sola nel giorno più importante della sua vita..."

Il radar fiuta guai di Morgana ci mise davvero due secondi ad attivarsi e fu per questo che lasciò altalenare lo sguardo dall'uno all'altro, cercando di capire che diavolo stesse succedendo; Merlin non poteva davvero rischiare che ci si mettesse anche Pendragon Femmina a peggiorare la situazione, con le sue previsioni nefaste di morte e distruzione e di conseguenza si costrinse a malincuore a lasciare la presa.

"D'accordo" dichiarò con un sospiro pesante, ma il cuore che batteva forte per l'agitazione, "Ci vediamo dopo allora... Mi raccomando, Gwaine"

"Aye, capitano!" esclamò quello, destreggiandosi in un saluto militare ed una strizzata d'occhio; dopo che se ne fu andato, il moro si incamminò assieme a Morgana verso lo spogliatoio della sposa.

"L'hai capito oramai, Emrys, che è inutile tenermi all'oscuro di qualcosa, vero?" se ne uscì quella con tono deliziosamente colloquiale, "Tanto vengo a sapere sempre tutto, prima o poi"

"E chi non l'ha capito, Morgana?"

L'arrendevole esasperazione di Merlin la fece sorridere con una punta di divertimento.

"Devo chiedertelo?"

"Provaci"

"C'è qualcosa che dovrei sapere?"

"No Morgana, va tutto a meraviglia, sul serio"

"Lo vedremo" concluse lei, prima di varcare la soglia della Chiesa; Merlin sperò ardentemente che la sua menzogna potesse tramutarsi in realtà e visto il luogo in cui si trovava, ne approfittò per abbozzare una preghierina volante.

Signore, lo so che dall'inizio dell'anno scolastico ti ho promesso un sacco di cose e ti ho dato addirittura del gay. Se non per me, fallo per Gwen, va bene?


*


Oh, eccolo qui, esattamente proprio dove ricordavo che fosse!

Con un sorriso soddisfatto di sé, Gwaine entrò nel bazar indiano in Firth Street e subito dopo, un odore forte di incenso invase i suoi sensi; dietro il bancone c'era un tizio dalla pelle mulatta, con dei baffi perfettamente lucidi e neri e dei piccoli occhi scuri, un po' liquidi. L'uomo gli diede il benvenuto con un sorriso ed un forte accento indiano, proponendosi subito per offrire il suo aiuto.

"Cercavo delle mutande" rispose Gwaine, ovviamente approfittando della disponibilità del commesso, "Da uomo, si intende"

Quello non mostrò il minimo segno di sorpresa e uscendo agevolmente dal retro del bancone, gli fece cenno di seguirlo; superarono alcune cianfrusaglie dalla dubbia natura, degli espositori di oggettistica a tema erotico e si fermarono accanto ad un grande box contenente un mucchio di indumenti. Il commesso indiano iniziò a rovistare con sicurezza in mezzo a quel groviglio colorato di panni e ci vollero un paio di minuti, prima che Gwaine potesse vederlo estrarre tre differenti paia di mutande; il ragazzo corrugò la fronte e osservò i differenti tipi di intimo che l'indiano gli aveva piazzato sotto al naso, con un silenzio davvero molto significativo.

"Hai solo questi?" domandò poco dopo, allungando una mano per toccare il tessuto di ognuno.

L'indiano sorrise mostrando una dentatura irregolare e annuì piuttosto allegramente.

"Prendo questo allora!" esclamò Gwaine, ricambiando il suo sorriso con uno addirittura più luminoso.

Adesso non mi resta che trovare il completo e il gioco è fatto! Non capisco perché la gente si ostini a non avere fiducia in me!


*


"GWAINE!"

A quel punto della tragedia, Arthur non credeva che avrebbe potuto impedire il suicidio di Lance per altro tempo ancora; il biondo passò una mano in mezzo ai capelli e gesticolò furiosamente.

"Dove diavolo è Merlin?!"

Doveva impedire che accadesse una cosa simile, maledizione!

Gwaine, con le mani piantate sui fianchi ed un'espressione ammirata, guardava Lancelot piangere rannicchiato in un angolo.

"Non lo so, Pendragon Femmina l'ha trascinato da Gwen, ha detto che stava iperventilando"

A quell'informazione Lance si girò verso di lui con occhi da cerbiatto.

"Sono morto" biascicò preso da un delirio folle e senza senso, allontanandosi dalla visione oscena di sé che lo specchio gli restituiva, "Questa volta sono morto sul serio!"

"No, no, fermi un momento, manteniamo la calma!" sbottò Arthur, alzando le mani in aria per riportare l'ordine; "Lance, quelle... cose... non sono un problema insormontabile"

Tutti gli occupanti dello spogliatoio adocchiarono il perizoma leopardato che Gwaine aveva comprato per lui, spacciandolo per una mutanda tendenzialmente anonima; praticamente nudo come un verme, con solo quello addosso, Lake avrebbe potuto benissimo interpretare una versione moderna di Tarzan. Mostrando di avere un tempismo decisamente pessimo, Gwaine si mise a ridere senza freno, voltando la schiena a quello spettacolo celestiale per una sorta di contorto rispetto che secondo lui avrebbe mostrato nei riguardi del malaugurato sposo. Arthur si coprì drammaticamente la faccia con una mano, per il semplice motivo che nascondere il modo in cui le sue labbra stavano cercando di arricciarsi ogni tre per due, era una questione di vita o di morte (quella di Lancelot, chiaramente). Lake si strofinò la testa con entrambe le mani, sparando i capelli scuri da tutte le parti e ringhiò frustrato.

"Dov'è il maledetto completo?!" esordì, volendo coprire al più presto quell'oscenità che aveva attorno agli attributi. Per tutta risposta, Gwaine gli lanciò una scatolina tutta colorata, che il ragazzo afferrò al volo.

"Che roba è?" domandò con profonda insofferenza, cercando di leggere che diavolo ci fosse scritto. Arthur gli si avvicinò per guardare a sua volta.

"Incenso afrodisiaco" rispose Gwaine, tutto elettrizzato, "Me l'hanno dato in regalo al bazar insieme alle mutande. Sai, ho detto al tipo che stavi per sposarti e allora..." ammiccò con aria complice, piazzandogli fastidiosamente il gomito in un fianco.

"Gwaine. Dov'è il mio completo?" chiese nuovamente Lancelot, che non era proprio in vena di mostrarsi complice alle sue idiozie, al contrario di come avrebbe fatto in una situazione normale. Il ragazzone schiarì al gola e scrollò le spalle con leggerezza.

"Non ne avevano. Ho cercato altri negozi aperti ma ehi: è domenica per tutti"

Lake chiuse gli occhi lentamente, stringendo il pugno attorno alla scatolina di incenso afrodisiaco: aveva l'aria di qualcuno che finalmente era pronto per il patibolo.

E' un incubo. Tutta la mia vita è un lungo, profondo, nefasto, nero incubo. Sono il protagonista di Final Destination e non me ne sono mai accorto.


"Lance, chiuditi dentro il bagno. A chiave, stavolta. Non possiamo rischiare che qualcuno ti veda seriamente in queste condizioni"

Arthur recuperò la sua giacca da una sedia e la infilò.

"Gwaine, tu adesso vieni con me. Troveremo un maledetto negozio aperto e lo faremo alla velocità della luce, d'accordo?"

Lancelot piegò le labbra da un lato e guardò entrambi con aria sconsolata: non aveva mai creduto nei miracoli.

"A parte trincerarti nel bagno, ciò che dovrai fare è restare in vita, possibilmente illeso, fino al mio ritorno. Pensi di potercela fare?"

Arthur guardò lo sposo negli occhi, cercando di strappargli una promessa seria; quando la situazione si faceva critica, per natura tendeva a prendere in mano le redini della faccenda e a muoversi secondo una strategia precisa.

Che al momento, è quella meno disperata di tutte. Ce la possiamo fare!


Lancelot sospirò e con il passo pesante come quello di un macigno, si diresse tutto mesto e depresso verso il bagno.

"Non tenterò di ficcare la testa nel water e tirare allo stesso tempo lo sciacquone per morire annegato, lo giuro" biascicò senza troppa convinzione, prima di chiudersi la porta alle spalle e far scattare la serratura. Nonostante tutte le sue disgrazie, le cose andate storte e gli imprevisti, nessuno gli avrebbe mai tolto la voglia che aveva di sposare Gwen: era lei l'unica persona che ancora gli impediva di mettersi a gridare come un ossesso e prendere a testate tutte le superfici orizzontali e verticali che incrociavano il suo cammino.

Ritenendosi sufficientemente soddisfatto da quello pseudo giuramento, Arthur trascinò Gwaine con sé: avevano una missione e che fosse stato dannato, se non l'avesse portata a termine!


*


"Non te ne puoi andare"

"Gwen, cerca di capire, devo anche-"

"Ho detto che non puoi!"

"Per la miseria, non sto partendo per l'Iraq!"

"Non osare uscire da quella porta Merlin Balinor Emrys!"

"Gwen, ricordi l'esercizio che abbiamo fatto fino ad ora? Respira nel sacchetto"

E non chiamarmi mai più Merlin Balinor Emrys. E' raccapricciante.


La ragazza avvicinò alla bocca l'involucro di plastica per il mantenimento dei cibi e iniziò ad usarlo come una maschera d'ossigeno. Merlin diresse per qualche istante l'andamento dell'inspirazione e dell'espirazione, almeno sino a quando non vide tornare una certa lucidità negli occhi scuri dell'amica.

"Va meglio, non è vero?"

Gwen lasciò ricadere pesantemente la mano sul grembo e chiuse gli occhi.

"Sì, un po'" sussurrò con cautela, come a voler trattenere quel precario stato di calma che aveva faticosamente raggiunto. Merlin pensò che fosse veramente splendida, con i capelli raccolti dietro la testa, ornati da alcune perle e quel vestito bianco e poco decorato, dal taglio imperiale. Si avvicinò a lei con un sorriso incoraggiante e le poggiò le mani sulle spalle, abbassando la schiena in avanti per eguagliare la sua altezza.

"Devi fidarti di me. Tu sei bellissima e andrà tutto bene. E' per questo che devi lasciarmi andare da Lance a controllare. E' il tuo giorno e sono tuo amico... è così strano che cerchi di accertarmi di persona che fili tutto nel modo giusto? E' quello che voglio per te e so che faresti lo stesso al posto mio"

La ragazza sospirò profondamente e si decise a regalargli un piccolo sorriso; alzò la mano e con affetto accarezzò la guancia liscia di Merlin.

"Sono contenta che tu ci sia"

Gwen non aveva mai confessato a nessuno di essere stata lei a nascondere la foto di Morgana all'interno della borsa di Arthur; se avesse saputo che Pendragon Maschio avrebbe baciato Merlin prima ancora di scoprire chi fosse, probabilmente non le sarebbe venuto in mente di farlo. Ma le cose erano andate comunque bene, in barba a ciò che Merlin le aveva sempre detto riguardo la sua fissa per le romanticherie.

Il moro le diede un buffetto sulla guancia e si allontanò.

"Sai cosa?" esordì ad un certo punto Morgana, che era rimasta in disparte ad osservare la scena con il cuore traboccante di commozione (si vuol essere sarcastici, chiaramente); "Fatti accompagnare da Mordred, Emrys. E' qui fuori a bighellonare, almeno lo distrai un po'"

Merlin si girò verso di lei e la guardò con un'espressione piuttosto chiara: vuoi veramente che io ci creda?

Sapeva benissimo per quale motivo Morgana intendesse incollargli Mordred alle calcagna; la ragazza era convinta che Merlin le stesse nascondendo qualcosa e per scoprire di cosa si trattava, quale miglior metodo che sguinzagliare il suo più fedele segugio?

Senza contare che Mordred sembra ricavarne un divertimento decisamente sadico e sottile dal fare il piccolo esploratore per Morgana.


Non ebbe nemmeno il tempo di rifiutare, perché Gwen la trovò davvero un'ottima idea. A quel punto, Pendragon Femmina ci mise davvero due secondi ad aprire la porta dello spogliatoio e ad istruire a dovere il suo valletto; Mordred ammorbidì le labbra in un sorriso lezioso e infilò le mani nelle tasche del completo nero. Dopo aver ricevuto il messaggio, adocchiò Merlin oltre le spalle della sua donzella e arcuò le sopracciglia.

"Vieni Emrys, andiamo a vedere come se la sta cavando Lake" esclamò pacificamente, in perfetto agio nel ruolo di quello che veniva sfruttato senza nessun riguardo da Morgana. Certe volte Merlin pensava che Duirvir sarebbe stato addirittura disposto a correre nudo per strada, se fosse stata lei a chiederglielo. D'altro canto, aveva l'incredibile capacità di domare la ragazza pur trovandosi nella condizione di essere domato da lei.

Merlin grattò la base del collo con le idee piuttosto confuse e si mosse come un automa verso l'uscita dello spogliatoio; l'occhiata diabolicamente sagace che gli rifilò Morgana, lo costrinse a raggrumare le labbra e ad ingoiare il sapore della sconfitta.

E ancora una volta, in un modo o nell'altro, siamo tutti costretti a fare come vuole lei. Mefistofelica sul serio, per la miseria.


"Ti dà i brividi, non è vero?" commentò Mordred, una volta che entrambi si furono avviati lungo il corridoio. Merlin corrugò la fronte, cercando di collegare il senso della domanda a qualcosa di specifico.

"Chi, Morgana?" domandò, ripensando al modo in cui era stato guardato; "Devo ammettere che certe volte mi spaventa..."

Mordred arricciò l'angolo delle labbra in un sorrisetto piuttosto sghembo e provocante.

"Io lo trovo eccitante" confessò, con qualcosa di folle che gli luccicava in fondo agli occhi acquamarina. Merlin sbatté le palpebre con aria interdetta, ma preferì evitare di commentare.

Ecco perché stanno bene insieme. Sono entrambi terrificanti, chi in un modo, chi nell'altro.

Come si potessero trovare eccitanti le occhiatacce gelide di Morgana, sarebbe rimasto sempre un mistero per lui.


*


Tutto l'ottimismo che Arthur era riuscito ad accumulare prima di lasciare lo spogliatoio dello sposo, finì presto giù nelle fogne. Ovunque guardasse, ovunque si girasse, non riusciva a vedere altro che saracinesche tirate giù fino alla morte. A parte il bazar indiano che aveva trovato Gwaine, l'unica attività aperta che erano riusciti a scovare si trovava giusto dietro la Chiesa ed era una maledetta pizzeria. Arthur era entrato, aveva adocchiato la divisa del pizzaiolo e poi aveva concluso che per Lance non poteva andare bene. Guardò l'orologio da polso e sperò che l'amico avesse mantenuto la promessa di restare vivo e illeso fino al suo ritorno. Poco dietro di lui Gwaine, accovacciato vicino al marciapiede, cercava di avvicinare i piccioni fingendo di avere del cibo nel palmo della mano.

Non ce la faremo mai. Siamo perduti!


Francamente non era mai stata nell'indole di Arthur cedere allo sconforto, ma quando non riusciva a vedere più soluzioni praticabili all'orizzonte, per i primi dieci minuti si chiudeva in lugubri silenzi che per natura ricordavano un po' le tetre previsioni di Morgana; l'unica differenza stava che la sorella pensava ad alta voce. Vedendolo in uno stato di gelido panico, Gwaine decise di alzarsi in piedi e sgranchire le gambe; agitò il piede a casaccio per allontanare i piccioni e dondolandosi sulle punte, passo dopo passo si accostò al biondo. Il moro unì le labbra in una linea sottile e si guardò intorno come stesse valutando qualcosa di importante.


"Arthur" esclamò, il tono di voce greve e serio a tal punto da indurre il diretto interessato a voltarsi lentamente verso di lui. Gwaine lo guardò negli occhi per lunghi istanti, inspirando seccamente. Le sue mani si ancorarono sui fianchi, scostando la giacca dal corpo e ad un certo punto, si lasciò andare in un cenno di assenso; Arthur corrugò la fronte, cercando di capire cosa diavolo gli stesse passando per la testa.

"Spogliati" ordinò Gwaine, con tono perentorio e l'aria di chi, davvero, non avrebbe mai voluto arrivare a quella soluzione così estrema. Il biondo sgranò gli occhi e restò congelato sul posto.

"Scusa?"

L'altro tornò a mostrare un cenno di assenso, neanche stesse parlando con qualcuno impegnato a spiegargli come sarebbero andate le cose per filo e per segno.

"Arthur, spogliati. A Lance i tuoi vestiti andranno benissimo"

"Sì certo. Ed io? Vado in giro nudo?"

Gwaine non era mai stato tipo da lunghe conversazioni. Invece di annuire conciliante, cominciò a scuotere la testa, gli occhi che praticamente dicevano mi dispiace.

Perché gli dispiace? pensò Arthur, qualche istante prima di ritrovarsi le mani di Gwaine incollate addosso, nel tentativo di denudarlo in mezzo alla strada. Entrambi cominciarono ad urlare come pazzi ossessi, facendo un casino della miseria e ad un certo punto, da una casa lì vicino, una vecchietta aprì la finestra brandendo il telecomando.

"Andate a giocare da un'altra parte, ragazzacci, qui ci sono persone che cercando di guardare la tv!" gracchiò acidamente, prima di sbattere le ante, lasciando oscillare la tenda di pizzo.

Inutile dire che nessuno dei due ascoltò una singola parola! Arthur era troppo impegnato a non lasciare che i suoi pantaloni venissero sbottonati e Gwaine lo era nel fare tutto il contrario. Finirono per rotolarsi in un'aiuola alle loro spalle e soltanto il forte suono di grida e di motti cantati a gran voce, riuscirono a distrarli dalla loro zuffa. Le teste di entrambi sbucarono oltre il cespuglio nel quale erano affondati, i capelli pieni di rametti e di foglie.

"Ma che cos'è?" domandò il biondo, dimenticando momentaneamente di avere la giacca slacciata e la cravatta di traverso; Gwaine socchiuse le palpebre sugli occhi e fece spuntare dal cespuglio anche un braccio, indicando un folto numero di persone infondo alla strada. Pendragon Maschio seguì con lo sguardo la direzione del suo indice, ma tutto ciò che avrebbe voluto dire gli morì in gola non appena il numeroso gruppo ebbe accorciato le distanze.

"Ma..." provò a dire Arthur, la voce strozzata, "Ma sono nudi?!"

Gwaine si alzò in piedi, adocchiando alcuni cartelli formato gigante che un paio di persone brandivano con le braccia per aria: No alla pudicizia della Chiesa! diceva il primo, Adamo ed Eva erano nudi!, diceva il secondo.

"Credo si tratti di una manifestazione" biascicò allora Gwaine, mentre una strana idea iniziava a ronzargli nella testa. Fece lungamente altalenare lo sguardo dal gruppo di nudisti ad Arthur, ancora incastrato in mezzo al cespuglio. Ripeté il movimento talmente tante volte che al biondo fu impossibile non capire che cosa l'altro intendesse fare; si alzò in piedi di scatto e piazzò le mani davanti a sé, per tenerlo alla larga.

"Non ci pensare nemmeno!" esclamò, con una sorta di muto terrore negli occhi azzurri, "Non mi mimetizzerò tra i nudisti per permettere a Lance di indossare il mio completo!"

Gwaine sogghignò.


Neanche cinque minuti dopo, viola in faccia come non lo era mai stato, Arthur si infiltrò tra le file di nudisti tenendo la testa bassa.

"Ehi tu, giovanotto" lo apostrofò un vecchietto con gli occhiali che erano il fondo di una bottiglia, "Che diavolo aspetti a togliere quelle mutande? Facciamo parte della stessa squadra, no?"

Incassando la testa nelle spalle, Arthur lo superò e pregò che la giornata potesse finire abbastanza presto.

Che cosa non si fa per amicizia. Lance sarà in debito con me per il resto della sua stupida ed inutile vita.


*


"Aiutooo! C'è nessuno?! Ragazzi?! Ragazzi siete lì?! La porta non si apre più, aiutatemi!"

Lancelot provò nuovamente a smuovere la maniglia della porta del bagno, ma quella sembrava non volerne proprio sapere; si guardò intorno come un topo nella gabbia, cercando qualcosa con cui poter forzare la serratura, ma l'unico elemento utilizzabile erano i suoi indumenti strappati: le mutande giacevano miseramente sopra i pantaloni da cerimonia, quasi a sfidarlo di voler mangiare ancora. Con aria piuttosto sconsolata abbassò gli occhi sulla pancia, punzecchiandola con il dito indice.

Forse avrei dovuto evitare le patatine fritte con ketchup e maionese, ieri sera...


Non poteva staccare il water dal pavimento per lanciarlo contro la porta, né avrebbe potuto fare la stessa cosa con il lavandino. Appoggiò la schiena nuda alla parete liscia del bagno e si lasciò scivolare a terra: Gwen l'avrebbe ucciso quella volta, non c'erano dubbi.

Anzi, lascerà fare tutto a suo padre. Tom non vede l'ora di scuoiarmi vivo, lo sento ogni volta che mi guarda!


Per l'ennesima volta passò le mani in mezzo ad i capelli scuri e quasi assecondò il desiderio di mettersi a prendere a testate la parete fin quando questa (o lui) non fosse crollata. Avvicinò a sé la scatolina con l'incenso afrodisiaco che Gwaine gli aveva portato e lesse le avvertenze sul retro, tanto per far passare il tempo (perché dovevano venirlo a recuperare, prima o poi, no? Possibilmente prima che Gwen si tramutasse in una macchina omicida umana, bramosa del suo sangue).

Cautela: può indurre notevole libidine.


Si mise a ridere seccamente perché in tutta onestà, non sapeva nemmeno se avrebbe potuto sperimentarla sul serio, quella roba indiana. In silenzio tese di nuovo le orecchie, cercando di percepire un rumore, magari dei passi che si avvicinavano, ma l'unica cosa che riuscì a sentire fu il cinguettio degli uccellini al di là della finestra (finestra sbarrata da grate indistruttibili).

"Lo sapevo. Dovevo aspettarmelo. Sono io lo stupido... quando mai le cose vanno come dovrebbero andare? C'è qualcuno che mi odia lassù, ma appena scopro chi è..."

Si morse la lingua, ingoiando giù una bestemmia mista a minaccia. Aveva perso addirittura la cognizione del tempo, non aveva la più pallida idea di quanto ne fosse passato.

E se la cerimonia stesse per iniziare? E se Gwen mi stesse già aspettando? E se suo padre mi stesse già cercando?


In uno sprazzo di lucida follia, quasi quasi provò gratitudine per quella maniglia che non voleva saperne di aprirsi. Sinceramente Tom lo terrorizzava.

Quando la porta dello spogliatoio si aprì, trattenne di colpo il respiro... fissò quindi quella del bagno, aspettandosi di vederla cedere da un momento all'altro sotto pesanti martellate.


"Lance?" tentò con titubanza quella che chiaramente era la voce di Merlin; il diretto interessato si rilassò contro le piastrelle del bagno e ricominciò a respirare.

"Merlin!" esclamò. Avrebbe voluto mettersi a ridere, non era mai stato così felice di sentirlo parlare.

"Ah, sei in bagno!" replicò quello, richiudendo la porta dello spogliatoio; Mordred non disse una parola, preferendo gironzolare per la stanza, guardando con curiosità ogni minima cosa.

"Sono in ostaggio, non riesco ad aprire la porta! La serratura si è bloccata, aiutatemi!"

Merlin scambiò un'occhiata con Duirvir, che a quella confessione si era girato ad esaminare la porta del bagno; estraendo le mani dalle tasche dei pantaloni, il secondo vi si avvicinò, tentando di smuovere la maniglia con degli strattoni decisi.

"Ha ragione" risolse infine, "E' bloccata"

Emrys affondò i denti nel labbro inferiore in un moto di ansia ed esaminò l'orologio che portava al polso. Ciò che vide non fece altro che farlo agitare ancora di più.

"Non possiamo aspettare, la cerimonia inizierà tra venti minuti, dobbiamo farlo uscire di lì Mordred"

Per una volta sono contento che Morgana abbia avuto l'idea di non lasciarmi solo.

"Venti minuti?!" sputò Lance nel mentre, con un tono di voce innaturalmente acuto. La porta vibrò vistosamente sotto le sue percosse e Merlin fece un passo indietro.

"Dov'è Arthur?" preferì chiedere, notando solo in quel momento la sua assenza.

"E' andato con Gwaine" si sentì rispondere, tra una botta e l'altra. Mordred nel frattempo si era tolto la giacca, l'aveva poggiata su una sedia in modo ordinato e si era slacciato i polsini della camicia, per arrotolare le maniche fino al gomito; quando non poté più fare a meno di ignorare l'insistente sguardo di Emrys su di sé, arcuò le sopracciglia e lo guardò con eloquenza.

"E allora? Ti consiglio di fare altrettanto Merlin, credo che questo ci farà sudare un po'" commentò, prima di gettarsi a bomba sulla porta e caricarla con una spallata. Merlin sgranò gli occhi, con l'aria di chi finalmente aveva capito cosa intendesse fare l'altro. Invece di apostrofarlo come pazzo esaltato, si affrettò a slacciare la giacca per liberarsene.

"Hai ragione!" esclamò, gettandosela poco elegantemente alle spalle, "In due dovremmo farcela!"


Quando Gwaine fece irruzione nello spogliatoio, sudato e con un il respiro un po' pesante (Arthur gli aveva praticamente intimato a suon di minacce di muovere il culo e darsi una mossa), trovò Mordred e Merlin accasciati ed esausti contro la porta del bagno, con i capelli appiccicati alla fronte ed una probabile lussazione delle rispettive spalle. Stringendo il completo che Lance avrebbe dovuto indossare sotto l'ascella, si avvicinò agli altri due cercando di capire cosa diamine stessero facendo. Tra un morso di respiro e l'altro, in brevi righe Merlin tentò di spiegare la tragicità della situazione, prima ancora di notare l'assenza di Arthur. Quando chiese a Gwaine dove diavolo avesse mollato il suo ragazzo, per tutta risposta quello gli gettò i vestiti del diretto interessato addosso e saltellò sul posto, come avrebbe fatto un pugile a pochi secondi dall'inizio di un match. Mordred non fu mai grato abbastanza come quel giorno, dell'agilità innata di cui madre natura lo aveva dotato sin dalla nascita, perché solo quella riuscì a salvarlo dal beccarsi una pedata in mezzo alla fronte in piena regola. Rotolò di lato e poi inquadrò Gwaine con un paio di occhi che erano l'equivalente di due palline da golf.

"Ma sei scemo?!" sbottò, con un principio di infarto in corso; l'altro ignorò bellamente la sua lamentela e calcio dopo calcio, riuscì a scardinare la stupida porta dello stupido bagno, liberando così lo stupido Lance. Non appena vide la luce in fondo al tunnel, lo sposo si catapultò fuori dall'angusta stanzetta e lo abbracciò, momentaneamente dimentico del guaio in cui lui stesso l'aveva cacciato.

"Ma che cazzo...?"

Il sussurro di Mordred fu come uno sparo in mezzo al deserto e a quel punto, anche Merlin notò cos'avesse per l'esattezza scatenato il suo sconcerto.

Il perizoma leopardato di Lance era un vero abominio.

Non sapendo bene che cosa dire, Emrys restò a boccheggiare senza parole, ma Duirvir fu ben più lesto di lui, tant'è che dopo aver frugato nelle tasche dei pantaloni, estrasse il cellulare.

"Oh, Morgana mi adorerà per questo! Mi sono appena guadagnato una limonata lunga una settimana!"

Adoro i matrimoni, li a-do-ro!

Quando Lancelot si girò verso di lui per capire a cosa diavolo si stesse riferendo, fu comunque troppo tardi: Mordred scattò una foto al suo perizoma e nella confusione generale, la inviò alla sua castigatrice preferita.

"Duirvir, ti ammazzo!" scattò inevitabilmente, gettandosi sull'angelico stronzetto, che lo scartò rotolando di nuovo su un fianco; con un'impazienza oramai non più contenibile, Merlin si frappose tra loro e alzò la voce.

"Lance, non c'è tempo! Devi prepararti e lo devi fare in dieci minuti! Adesso!"

Giuro, giuro su mia madre, mia nonna e mia zia che dopo questo diabolico matrimonio me ne andrò una maledetta intera settimana ad Honolulu! E' più faticoso che andare a lavorare, per la miseria!

Gwaine si stravaccò di nuovo sulla sedia, nella stessa identica posizione in cui si era stravaccato quella mattina presto e tornò ad appropriarsi del suo pacchetto di noccioline. Quando Merlin fu sicuro che il ragazzo di Gwen non avrebbe tentato di cavare gli occhi di Mordred, raccattò il completo che Gwaine aveva portato e mentre lo passava allo sposo, percepì che qualcosa non andava. Aprì la giacca sotto il naso e la esaminò con maniacale attenzione.

"Gwaine..." esordì ad un certo punto, il battito accelerato e lo sguardo che non voleva alzarsi dalla stoffa scura, "...ma questi... questi non sono i vestiti di Arthur?"

Gwaine sgranocchiò una manciata di noccioline e sogghignò.

"Tu che dici, Merlo bello?"


*


Bi-bip, bi-bip.


Morgana frugò all'interno della sua pochette cobalto abbinata al meraviglioso vestito che indossava, in cerca del suo cellulare. Gwen, poco distante da lei, si apprestava a lisciare per l'ultima volta le pieghe del suo abito e a ravvivare la già perfetta acconciatura. Qualcuno bussò alla porta e quando fu dato il permesso di entrare, Tom oltrepassò la soglia della spogliatoio della sposa, per finire a sorridere verso il riflesso di sua figlia stampato nello specchio. L'uomo le si avvicinò e le diede un affettuoso bacio sulla guancia.

"Tesoro mio, sei meravigliosa" commentò, sull'orlo di lasciarsi sfuggire una lacrimuccia, "Sei ancora in tempo per ripensarci. Ho lasciato la macchina accesa qui sul retro, se ci sbrighiamo ora non lo noterà nessuno"

Gwen roteò gli occhi verso il soffitto e sospirò pazientemente.

"Papà!" lo riprese, come stesse sgridando un bambino, "Non voglio ripensarci, sono felice e tu lo sai! E non credi sia una mossa un po' azzardata rivelare certi piani B davanti a un testimone?" concluse, accennando con il mento verso Morgana.

E CHE testimone! Orecchie peggiori delle sue non avrebbero potuto essere presenti!


La testimone in questione tuttavia, non aveva ascoltato neanche mezza parola della loro conversazione; con aria piuttosto rigida e pallida, fissava lo schermo del cellulare come avesse appena visto qualcosa di mostruoso.

"Morgana? Cosa c'è?" le chiese Gwen, facendo per avvicinarsi. Quando Pendragon Femmina capì le sue intenzioni, nascose frettolosamente il cellulare nella borsa e si stampò in faccia un sorriso che diceva va tutto bene, niente di strano sta accadendo dall'altra parte di questo edificio, tutto fila liscio qui nella giung- cara vecchia Inghilterra.

"La solita storia, Mordred che scrive porcherie per farmi irritare" replicò blandamente, sventolando una mano per aria con nonchalance. Cercò di scacciare l'immagine del sedere bianchiccio di Lancelot dalla mente con prepotenza, ma il suo perizoma dalla trama maculata sembrava esserlesi marchiato a fuoco nelle pupille, poiché ogni volta che chiudeva gli occhi le appariva in tutta la sua magnificenza sulle palpebre calate.

Non so se essere fiera di lui perché ho appena avuto la conferma di averlo addestrato egregiamente o incazzarmi perché non riuscirò a dormire bene per una settimana!


Tom prese sua figlia sotto braccio e le sorrise; "Vogliamo andare?"

Gwen inspirò velocemente e dopo aver trattenuto il respiro qualche istante, rilasciò andare tutta la sua tensione in un timido assenso.

Morgana si accodò dietro di loro, sperando ardentemente che la situazione della fotografia fosse già migliorata largamente.


*


Lancelot non poteva davvero aspettare che Merlin e Gwaine finissero di discutere per vestirsi; completo di Arthur o meno, afferrò tutto il necessario rimasto tra le braccia di Emrys e sfoggiando una faccia di bronzo davvero ammirevole, si piazzò davanti lo specchio e pretese di essere diventato sordo. Non aveva tempo per stare ad ascoltare il loro battibeccare e poi c'era già Mordred a farlo e dato il sorrisetto irritante che gli piegava le labbra, avrebbe potuto giurare che si stesse anche divertendo un mondo. Lancelot abbottonò la giacca, sistemò la cravatta e passò velocemente le dita tra i capelli, cercando di dare un senso a tutto il caos che il nervoso, l'agitazione e il desiderio suicida avevano causato sulla sua testa.

Oh, meglio di così non riesco a fare, ma giuro che dopo aver sposato Gwen, un viaggetto a Lourdes me lo vado a fare di sicuro. Magari Dio, Madre Teresa e George Best(1) avranno pietà di me e mi faranno tornare una persona normale.


"Gwaine, dimmi dov'è Arthur e la facciamo finita! La situazione non ti sembra già abbastanza critica?!"

Per tutta risposta, il ragazzo gli fece cenno di tacere e lo invitò a drizzare le orecchie (figurativamente parlando, perché Merlin non aveva certo quel genere di bisogno). All'inizio Emrys non capì quell'improvviso cambio di registro e anzi, pensò che lo stesse prendendo in giro come al solito; quando aprì bocca per rifilargli una parolaccia però, udì un brusio sempre più forte provenire dall'esterno della Chiesa e ad un certo punto, un grido di donna lo fece sobbalzare.

"Ma che roba è?" domandò Mordred, avvicinandosi ad una delle finestre per sbirciare all'esterno; quando scostò la tendina, le sue sopracciglia scure toccarono quasi l'attaccatura dei capelli.

Neanche nei film succedono queste cose. Non ci posso credere.

"A-ehm... ragazzi" cercò di schiarire la gola, si girò verso di loro e con il pollice indicò la finestra alle sue spalle, "Non vorrei allarmarvi ma, ecco... c'è un sacco di gente qui fuori..."

"Gente?" domandò Lancelot, lisciando la stoffa della giacca, "Saranno arrivati alcuni ritardatari, no?"

Sempre con quell'espressione paurosamente interdetta, Mordred schioccò la lingua contro il palato.

"Un sacco di gente nuda"


*


Riguardando le foto del suo matrimonio, Gwen non avrebbe mai saputo da che parte cominciare per spiegare ai suoi futuri figli come mai metà degli invitati (ovvero il buon novanta percento della confraternita Camelot), fosse tutta completamente nuda al momento dello scatto per la foto di gruppo. Il fatto che alcuni di loro avessero deciso di tenere addosso le mutande non era bastato a rasserenarla, poiché tra il gruppo di manifestanti nudisti che aveva raggiunto la Chiesa per protesta, era spuntato un vecchietto occhialuto dalla personalità alquanto conturbante; era a causa sua infatti, se certi camelottiani avevano deciso di buttare allegramente alle ortiche anche i boxer.

Non avrebbe mai saputo spiegare nemmeno come Gwaine fosse riuscito a convincere tutta quella gente a denudarsi, ma più volte l'aveva sentito gridare qualcosa come for the love of Camelot!, in aggiunta ad un abbiamo Pendragon nudo! Forse ingenuamente, aveva pensato che il gigante buono l'avesse fatto per mettere quel povero martire di Arthur più a suo agio. Non l'avrebbe mai adorato abbastanza per ciò che aveva fatto (sì, una settimana dopo circa le era stato anche spiegato cosa diavolo fosse successo il giorno del suo matrimonio e ringraziò tutti di averla tenuta all'oscuro della tragedia fino a quel momento; a volte era meglio non sapere).

Com'era normale che fosse, per ovvi motivi il prete aveva vietato a tutta quella gente di entrare in Chiesa, ma non era riuscito a sigillare l'ampio portone e così tutti quanti avevano potuto assistere alla cerimonia dall'esterno.

Non aveva avuto occasione di arrabbiarsi neanche quando dopo lo scambio delle fedi, Merlin si era improvvisamente dileguato, diretto ai dormitori maschili dell'università per raccattare qualche cosa da far indossare al povero Pendragon Maschio; Gwen non l'aveva mai visto in quelle condizioni: per lungo tempo aveva avuto il timore che all'amico sarebbe scoppiato un embolo, visto quanto strenuamente stesse sforzandosi per non sbottare a ridere nel bel mezzo della cerimonia. La sposa aveva creduto che Merlin avrebbe dato almeno di matto dopo aver visto il suo ragazzo semi nudo in mezzo alla strada, dimostrandosi ingelosito a morte da tutta quella situazione; invece, non appena aveva visto Arthur, era dovuto scappare di corsa a rinchiudersi in uno dei confessionali all'interno della Chiesa e quello non era bastato ad impedire alle sue risate di farsi sentire addirittura fin là fuori, dove la folla stava tutta indugiante davanti la scalinata.

Arthur non aveva mai avuto uno sguardo più omicida in vita sua ed il conseguente, potente ed autoritario "Merlin!" che aveva gridato a pieni polmoni, per qualche idilliaco secondo aveva addirittura zittito il vecchietto molesto.

In qualità di migliore amica, Gwen aveva chiesto a Merlin come diavolo avesse fatto a non arrabbiarsi, a vedere solo il lato comico della faccenda e la risposta che aveva ricevuto le aveva scaldato il cuore, perché aveva potuto rendersi conto che quello valeva per Merlin nei confronti di Arthur quanto per lei nei confronti di Lancelot.

"Io lo conosco e mi fido di lui" le aveva detto, stringendosi nelle spalle con una leggerezza celestiale, "Non ci sono dubbi, è un asino. Ma è un asino con un codice d'onore ben preciso, quando sta con qualcuno, lo fa sul serio. Ed ora sta con me"

Gwen ebbe quasi l'impressione che Merlin avesse voluto dire adesso è mio, ma non glielo fece notare e preferì sorridergli con gratitudine.

Come spesso accadeva, aveva ragione.


"Guarda zucchero!" esclamò Mordred, sedendosi accanto a lei mentre la band faceva partire una canzone pop piuttosto anonima, "Ho preso il bouquet!"

E mi sono appena guadagnato odio eterno da tutte quelle adorabili donzelle laggiù. Oh ecco, mi guardano!

Quando una di loro prese un coltello e mimò di passarselo sulla gola, come a volergli mostrare la fine che avrebbe fatto, Mordred distolse lo sguardo e fece il vago.

Morgana inclinò il suo bicchiere e il vino all'interno roteò dolcemente; adocchiò l'altro con aria annoiata (in realtà pretese di apparire come tale e Duirvir lo sapeva) e appoggiò il mento sul palmo della mano con pigrizia.

"Ma come, non sei felice?" continuò imperterrito il moro, estraendo una delle rose bianche dal mazzo, "Questo vuol dire che presto ci sposeremo!"

La ragazza arricciò la punta del naso e accostò il bicchiere alle labbra; "Vacci piano con i sogni di gloria caro mio, da qui all'altare la strada è lunga e piena di insidie"

Mordred ammiccò con le sopracciglia e mise la rosa tra i denti; "Per amore della rosa si sopportano le sp- ah! Dolore!"

A proposito di spine... una di quelle lo ferì sul labbro. Morgana arricciò la bocca in un sorrisetto derisorio e appropriandosi del fiore, glielo sventolò sotto il naso.

"Lo vedi che cosa succede a voler fare lo splendido?" lo stuzzicò, nonostante la nube nera che le galleggiava sopra la testa.

"Ma io sono splendido" fu la sagace replica e ovviamente Morgana non avrebbe potuto aspettarsi niente di diverso. Mordred pigiò un tovagliolo sulle labbra e corrugò la fronte.

"Che cosa ti passa per la testa? E' da quando siamo arrivati al ristorante che ti vedo silenziosa"

Raggrumando le labbra con una certa regale stizza, Morgana puntò la rosa verso il gruppo di comari che avevano mancato di poco il bouquet, indicandone una in particolare.

"Quella" esordì lei, "Non mi piace"

"Perché no?" chiese Mordred, dopo averla guardata: no, non la conosceva e il suo volto non gli diceva niente. Staccando le spine una ad una con cautela, Morgana arcuò un singolo sopracciglio, ma non si scompose.

"Perché no" esclamò seccamente, nell'esatto istante in cui l'incriminata si girò a guardare Duirvir per quella che doveva essere la trecentoventiduesima volta nell'arco di tutta la serata. Immancabile e puntuale come un orologio svizzero, un sorrisetto di puro godimento affiorò sulle labbra di Mordred; il ragazzo si girò verso Pendragon Femmina e iniziò a fissarla insistentemente.

"Allora sei gelosa" la punzecchiò, cuocendo nel suo stesso brodo di sporco compiacimento. Morgana a volte ancora si chiedeva come quell'essere diabolico riuscisse a far credere alla gente di essere un bravo ragazzo.

Sarà il faccino carino. Ma anche io sono carina, eppure le persone mi danno della strega continuamente. Questa è un'ingiustizia!

"Non sono gelosa" si difese lei, quasi stritolando tra le dita il gambo della rosa, "Ha semplicemente una faccia che non mi piace"

"Avanti Banshee, a me puoi dirlo. Voglio dire, ho pestato della gente per te, una piccola, insignificante soddisfazione potresti anche darmela..."

"Crepa"

"Ma quanto sei adorabile!"

Morgana fingeva soltanto, di non capire che era quel suo particolare atteggiamento a mandare Mordred fuori di testa; proprio come aveva previsto, quando il ragazzo le afferrò il mento tra due dita e si chinò su di lei per baciarla, non provò la minima sorpresa. L'aveva guidato affinché quella conversazione terminasse in quel modo.

"Quanto sono stato appena manipolato da uno a dieci?" mormorò lui, parlando direttamente sulla sua bocca. Morgana socchiuse gli occhi e vide proprio ciò che più le interessava: la stronza stava guardando di nuovo verso di loro.

"Vuoi davvero saperlo?" replicò, sorridendo appena; "Sai di sangue"

Anche Mordred socchiuse gli occhi e la pizzicò spiare il gruppo di comari.

"Potrei quasi offendermi per il fatto che non volevi davvero che ti baciassi, ma solo mettere le cose in chiaro. Sei crudele, il mio cuore sanguina dolore da ogni curva"

Morgana afferrò il suo volto con entrambe le mani, le unghie scure spiccavano che una delizia contro quella pelle chiara.

"Quanto sono stata appena manipolata da uno a dieci? Come se non ti piacesse quando faccio la stronza. Siamo arrivati a questo punto grazie a me o grazie a te?"

Mordred rise, affondò i denti nelle labbra di Morgana e mollò la presa sul mazzo di fiori: la guerra tra di loro non sarebbe mai finita e francamente gli stava bene così.

Non avrebbe mai cercato di cancellare ciò che rendeva Morgana Pendragon... Morgana Pendragon.

Come non sarebbe mai cambiato il fatto che fosse completamente, irrimediabilmente e maledettamente folle di lei.

E lo adorava.


*


Gwaine aveva sentitamente protestato quando Arthur, afferrando malamente i vestiti dalle braccia di Merlin, si era ricomposto (poiché quello aveva convinto tutti quanti a rimettersi i vestiti addosso, lui compreso). Dopo quello, dal biondo era partito uno scappellotto che aveva quasi smontato il cervello del povero soccorritore, ma dire che se lo era aspettato sarebbe stato un eufemismo.

Quando ridi di un Pendragon, affronti anche l'ira funesta di un Pendragon. Ma ne è valsa la maledetta pena. Trollface(2).

Nonostante si stesse parlando di un matrimonio, Pendragon Maschio aveva dovuto accontentarsi di una polo rossa e di un paio di anonimi jeans, che rendevano comunque giustizia a quella grazia di fondo schiena di cui madre natura lo aveva dotato alla nascita (con sommo compiacimento di Merlin, che poteva sembrare un'anima pura, ma non lo era poi così tanto).

Fu proprio grazie al colore acceso di quella maglia che Merlin riuscì a ripescarlo in mezzo alla folla di invitati; si era mischiato con gli altri nel capannello di persone che stava incitando Gwaine a fare la verticale sulle mani senza mani.

Quasi per uno strano divertimento del destino, Arthur si girò verso di lui ancora prima che Merlin fosse abbastanza vicino da potergli parlare. Sembrava che lo avesse sentito pur non avendolo affianco.

"Hai mangiato la torta?" gli domandò Pendragon Maschio, tornando ad adocchiare il modo in cui Gwaine tentava di sollevare le gambe per aria reggendo il peso del corpo solo con la sua testa.

"Secondo te?" rispose con velato sarcasmo, arcuando le sopracciglia. L'altro raggrumò le labbra e annuì con consapevolezza.

"Rettifico: hai lasciato la torta anche per il resto degli invitati?"

Merlin sorrise perché contrariamente alle credenze comuni, se non avesse avuto qualcuno a fermarlo probabilmente sarebbe stato in grado di divorare anche i tavolini.

"Credo che questa sia una di quelle giornate che anche tra un milione di anni, la racconteremo ancora come l'avessimo vissuta giusto una o due settimane prima"

"Sì, ma io ne ho abbastanza di imprevisti. Credo potrei vivere bene senza per i prossimi dieci anni"

"Lo sai che questo non accadrà mai, vero?"

Arthur si girò verso di lui e lo guardò in silenzio, per lunghi istanti.

"Ne sono accadute parecchie, di cose, che avrei creduto impossibili"

Merlin infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e spostò l'attenzione sulle gambe ciondolanti di Gwaine (che comunque stava barando, perché le mani per terra le aveva poggiate eccome).

"E' una cosa che vorresti poter cambiare?" domandò quasi distrattamente, anche se distratto non lo era affatto. I suoi occhi azzurri si mossero saettando senza logica sui volti di altre persone, prima di fermarsi ancora una volta su quello di Arthur.

"Tu non hai capito un accidente, vero Merlin?"

Il diretto interessato corrugò la fronte, ma non parlò. Questo bastò a Pendragon Maschio per scuotere la testa con lentezza, in pieno stato di biasimo.

"Sei il solito idiota"

"Che ho fatto adesso?!"

"Tu pensi che ti abbia chiesto di uscire perché sei la ragazza dal vestito verde?"

Merlin sbatté le palpebre e per qualche attimo, non seppe proprio cosa dire.

"Ci sono altre motivazioni?"

Ciaff!

"Ah! E questo per cosa era?!" si lamentò, dopo aver ricevuto l'ennesimo scappellotto.

"Te l'ho detto, perché sei un idiota. Credi che io sapessi già la verità, quando in quell'aula ti ho baciato?"

Merlin morsicò le labbra, ma non rispose. Si era chiesto molte volte come sarebbe andata se Arthur non avesse saputo la verità sin dall'inizio... ma non aveva mai preso in considerazione l'eventualità che non ci fosse proprio stata alcuna verità.

"Non... non lo sapevi?" titubò, lasciando scivolare via la mano dal collo.

Quello cambiava tutto.

Arthur sbuffò con una risatina e nonostante Gwaine stesse dando il meglio di sé (con una mano, una mano sola!), non allontanò gli occhi da Merlin nemmeno per un momento.

"L'ho fatto perché eri tu, Merlin. Non ho pensato di voler baciare la ragazza dal vestito verde. Ho pensato di voler baciare te"


"E togliti quell'espressione idiota dalla faccia, una buona volta!" aggiunse, quando l'altro non diede alcun segno di aver inteso la reale dinamica dei fatti; in un ultimo, disperato gesto di esasperazione, Arthur gli circondò il collo con un braccio e lo costrinse a piegarsi in avanti, strofinando con forza il pugno chiuso in mezzo ai suoi capelli scuri.

"Arthur!" esclamò Merlin, improvvisamente ripresosi dallo shock, "Arthur! Maledetto asino babbeo, mi stai fracassando la testa!"

L'altro rise e lo lasciò andare con una spinta leggera.

"Allora, ho ragione o no?" domandò, arcuando le sopracciglia con eloquenza, "Sei un idiota"

Merlin passò le mani in mezzo ai capelli sparati da tutte le parti e nonostante tentò con tutte le sue forze di guardarlo in modo piuttosto torvo e risentito, non riuscì a non arricciare gli angoli delle labbra in un sorriso complice.

"Sì, ma tu resti sempre un asino" ribatté con convinzione, prima di avvicinarsi di nuovo a lui.

Il grido di vittoria di Gwaine distrasse entrambi e nello stesso momento, si girarono a guardarlo: era riuscito a restare in equilibrio sulla sua testa!

La folla scoppiò in grida festose di giubilo e un coro di incitamento inneggiò alla gloria eterna di Gwaine; anche se i loro occhi erano puntati altrove, più in basso le loro mani si cercarono e inevitabilmente si trovarono.

Merlin giurò che da quel momento, si sarebbe lasciato trovare da Arthur ogni giorno della sua vita.
















NOTE DELL'AUTORE: jasijudioaudaisdbask! Sono le mie ultime 'note dell'autore' in questa storia. Che dire? Non so proprio da dove iniziare! Quest'avventura è stata un percorso di fatiche, di sperimentazioni, di nuove esperienze, di fallimenti e di soddisfazioni. E' la prima volta in vita mia che porto a termine una storia a più capitoli mentre la scrivo. Di solito tendo a pubblicare solo ad opera completa, perché non mi piace lasciare le cose a metà. Mi sono divertita davvero tanto a compiere questo viaggio con voi, recensori o lettori che siate. La demenzialità ha regnato davvero sovrana, ma un po' di risate ci volevano, il fandom era caduto in un alone di depressione davvero insopportabile x° A questo punto partirei con i ringraziamenti. Grazie a:

Ryta Holmes, la beta ufficiale di questo delirio. Ciò che ha sopportato lei, ha lasciato vive poche altre persone. E' da ammirare.

DenaDena e Mimiwitch per i disegni a dir poco stupendi che hanno dedicato a questa storia.

Alle tartarughe ninja ed agli scleri sempre più deliranti nei quali mi coinvolgono su facebook. Siete l'aMMore ragazze, sul serio.

Tutte le e-mail, i messaggi di Twitter e chi ne ha più ne metta!


Ma sopratutto, grazie a tutte coloro che hanno recensito, che mi hanno supportata, che hanno riso insieme a me e che si sono appassionate: Morganalastrega, calliopee, Heartstorm, Snivellus87, VexDominil, Evelyn Wright, POLL, Draviran, Emrys_____, layla84, Ladyan, Lainthel, harryedracoxsempre, estrelaguida, RoseSly, mekbul, samskeyti, Rosso_Pendragon e paffy333!


Penso che se avessi dovuto dirli tutti d'un fiato sarei già morta XD un grazie speciale a chi invece ha aggiunto la storia ai preferiti/ricordati/seguite! Siete sempre nei miei più torbidi ed osceni pensieri zuccherini <3


Note nello specifico:

(1) Calciatore nordirlandese morto all'età di 59 anni.

(2) Non una Trollface anonima, ma LA trollface, vista la situazione: https://encrypted-tbn1.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcR1aHn9XD0srcILwrrhDOP4v1ggEUKMkZTnHHOdUETYCGMFm07uqg



Come concludere? Spero che l'epilogo sia stato di vostro gradimento, oramai non è un segreto: i lieto fine sono la mia droga, non poteva finire altrimenti :)

Non lo voglio dire con troppa sicurezza MA... credo ci rivedremo presto su questi schermi :p

Un ultimo abbraccio formato famiglia!


Asfo

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