PPP - I Potter Poco Potter, ovvero: la Nuova Generazione

di M4RT1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** James Sirius Potter - Alle sei del primo settembre ***
Capitolo 2: *** Albus Severus Potter - Figuracce a colazione ***
Capitolo 3: *** Lily Luna Potter - In macchina su e giù, fino alla stazione e con un gufo impazzito ***
Capitolo 4: *** Rose Weasley - Prefetto, ma non per scelta ***



Capitolo 1
*** James Sirius Potter - Alle sei del primo settembre ***


Se fossi un ragazzo normale – e per “normale” non intendo un Babbano o un figlio di genitori maghi medi, ma semplicemente qualcuno come Albus o Roxanne – questa non sarebbe solo la settima volta della mia vita in cui la sveglia suona alle sei e trenta minuti del mattino.

E questo non sarebbe, più o meno, il primo pensiero che riesco a formulare mentre scivolo giù dal letto, inebetito e ad occhi chiusi. Sì, mi muovo spesso in stile fantasma per casa. Succede sempre quando interrompono il mio sonno per qualunque ragione: la mamma vuole aiuto, Albus ha vomitato per le scale, Teddy ha suonato al campanello a mezzogiorno, la casa va a fuoco, le Cioccorane hanno invaso il bagno… non fate quelle facce: dalle mie parti succede anche questo.

Insomma, oggi è il settimo ed ultimo primo settembre a cui dedicherò un minimo d’attenzione. È l’ultimo primo giorno di scuola, insomma, e devo seguire la mia prassi e prepararmi come un qualunque Grifondoro figo che si rispetti.

Non chiedetemi come, ma mentre rifletto su questa cosa mi ritrovo in bagno, seduto sul gabinetto, i vestiti accanto al lavandino. Ce li ho portati io?
Mezz’ora dopo sono pronto: io, James Sirius Potter, secondo studente dell’Hogwarts contemporanea ad aver preso più punizioni dai tempi del mio omonimo – non vi dirò chi è il primo, non favorisco la concorrenza – sono in grado di scendere le scale della prima villetta a schiera magica del viale senza oscillare, sbandare, vacillare – so che sono sinonimi, ma rende meglio l’idea – intontito dal sonno.
Scarpe nere tirate a lucido, calzettoni bianchi che pungono, pantaloni grigi nuovi – sono cresciuto parecchio dall’anno scorso –, camicia bianca infilata nei pantaloni, felpa un po’ fuori stagione ma comunque figa e cravatta rossa e oro ben stretta. La toga nera sotto il braccio, nessuna spilla da mostrare.

Sì, so che essendo il figlio di Harry Potter, salvatore del mondo magico, Colui-che-è-sopravvissuto, il Prescelto, il campione Grifondoro di Quidditch, l’unico a essere diventato capo degli Auror senza nemmeno finire la scuola e che ha anche la sua faccia sulle figurine delle Cioccorane… non ricordo più quello che stavo dicendo: i titoli di papino sono troppi. Ah, giusto: so che essendo un Potter ci si aspetterebbero almeno un paio di spille appuntate sul mio petto – o meglio, sulla mia felpa, dato che il mio petto non vuole essere perforato da aghi di metallo – ma non è successo. La Mc non mi ha dato nemmeno il titolo di Capitano della squadra di Quidditch! Ah, forse è perché io non gioco a Quidditch, giusto

Papà non ci può credere, ma quando ho fatto il provino, al secondo anno, mi hanno fatto provare tutti i ruoli – le raccomandazioni a volte servono – e, alla fine, mi hanno scartato comunque – le raccomandazioni a volte non servono –.

No, che ci crediate o meno, io sono più il genere di ragazzo a cui piace cazzeggiare, girovagare senza meta per la scuola o, al massimo, dirigersi nei sotterranei e saccheggiare legalmente le cucine. Zia Hermione mi odia quando lo racconto, ma il mio sfruttamento di Elfi Domestici è pari solo a quello di… no, non conosco nessuno che li sfrutti così tanto.

Comunque sia, sono appena arrivato al tavolo di cucina. Non è apparecchiato come quello di nonna Molly durante le vacanze, ma non è nemmeno vuoto come quello di zio Ron, che mangia tutto prima che gli altri comincino a mangiare.

Siccome sono il primo, decido di aspettare. Mia madre mi ha traumatizzato da piccolo dicendomi “Chi mangia da solo si strozza”. Ora so cosa vuol dire, eppure provo ancora una certa inquietudine a sedermi da solo, così mi dirigo in soggiorno e contemplo il mio riflesso allo specchio. Papi dice che sono “narcisista” e che ho preso questa particolare caratteristica dal nonno. Io credo semplicemente di essere figo: occhi castano scuro, capelli castani ordinati – non come quelli di Albus, che lo fanno sembrare un imbecille, ma pur sempre ordinati – e naso proporzionato. Non sono troppo alto, ma per fortuna riesco a guardare oltre la spalla di quel tappo di mio padre, e non mi ritengo in sovrappeso. Del resto, come potrei? La cucina di mia madre è pessima, e a Hogwarts sono sempre troppo in ritardo per mangiare.

― In ansia per il primo giorno?

La voce di mio padre mi fa sobbalzare. E sobbalzare è dir poco, perché la verità è che mi giro con fare teatrale, urto con la capoccia contro lo specchio e do un urlo che di virile ha ben poco.

― Assolutamente no ― rispondo, una volta passato lo shock. ― Mi ammiravo.

Papi ride e si dirige a tavola.
Poco male, ora posso sedermi anche io.

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Capitolo 2
*** Albus Severus Potter - Figuracce a colazione ***


Quando esco dal bagno, sento già i rumori molesti di mio fratello che si ingozza in cucina. E credetemi se vi dico che non è piacevole: è a metà tra un grugnito e il rumore di qualcosa di estremamente molle e acquoso, misto a un graffiare in stile gesso sulla lavagna.

Scuoto la testa, tentando di evitare di finire a fare simili riflessioni, e mi dirigo con calma verso lo specchio del soggiorno. Se per caso ve lo state chiedendo: no, non è l’unico specchio di casa, ma è l’unico non magico, perciò non si perde in commenti come “Ehilà, perché non ti pettini?” oppure “Ciao, sfigato!”. Quest’ultimo è sempre per me.
Volete sapere il perché? Perché è da quel dannato primo settembre di sei anni fa che mi sento il peggior incubo dei Potter, e in particolare di un Potter: me stesso. Da quando quello stupido Cappello ha urlato: “TASSOROSSO!” dopo avermi fatto una predica sull’uguaglianza delle Case che nemmeno mia madre è mai stata così noiosa. Cioè, d’accordo che le Case sono tutte belle, tutte importanti e tutto il resto, ma diciamocelo: quale Tassorosso è ricordato, oggi? Diggory? Quel povero sfigato che mio padre ogni tanto nomina? O la Sprite, che è andata in pensione quando Teddy era ancora a scuola?

Mi allaccio la cravatta gialla con stizza, odiando quel colore più di ogni altra cosa al mondo. Sì, addiruttura più dei miei occhi. Già, perché c’è anche questo: io non sono Chuck McQualcosa, che si può permettere di finire dignitosamente nella Casa sfigata. No, io sono Albus Severus Potter. Se lo leggeste come lo leggo io, ovvero scandendo per benino ogni singolo appellativo che mi hanno dato, allora capireste. Forse. Io ho il nome di due Presidi di Hogwarts: morti di morte violenta, con un passato torbido, provenienti da due Case importanti e famosi per un miliardo di cose. Ho gli occhi di mia nonna, di mio padre, e mi viene ricordato continuamente quanto io debba essere giudizioso, studioso, Corvonero, Grifondoro e Serpeverde, ma guai a me se mi lamento di essere tra i Tassi, eh!

Sono un tantino frustrato? Lo sareste anche voi, se foste dei sedicenni pelle e ossa tremendamente simili al Salvatore del Mondo Magico. Certo, anche lui era sfigato, ma era pur sempre il Salvatore del Mondo Magico. Io, invece, sono solo sfigato. Non vi meravigliate di quante volte ripeto la parola “sfigato”, perché è la più ricorrente nella mia triste esistenza da… sfigato, appunto.
Ammetto che anche James non è chissà chi: non è bravo a Quidditch, non è Caposcuola, non è particolarmente bello, ma almeno è popolare. È conosciuto come “il primogenito di Harry Potter, quel Grifondoro teppistello sempre in punizione”, ma almeno ha un suo posto nel mondo. Io invece sono “Chi? Albus Potter? Ah, sì, quel ragazzino Tassorosso con la media dell’Oltre Ogni Previsione che sta sempre solo!”.

Ci ho provato, credetemi: ho provato ad andare dietro le ragazze, a giocare a Quidditch, a diventare Prefetto. A undici anni, alla fine della scuola, ho preso a testate il muro sperando di procurarmi anch’io una cicatrice! Ma niente. A parte che non ho nemmeno un segno, in sedici anni di miserabile vita non ho mai dato un bacio a una ragazza, senza contare il fatto che l’unica cosa che ho combinato in sei anni di scuola è stato raggruppare un consistente numero di figuracce colossali, quelle che gli studenti ne parlato fino all’estate – se sei fortunato, altrimenti continuano.
Il mio repertorio varia da epiche scivolate nel fango, sulla neve, nel lago, sulle Scale-a-cui-piace-cambiare, contro la Signora Grassa che non apre in tempo, in Sala Grande e in Guferia, passando per incantesimi totalmente sbagliati che, a lezione, ottengono il risultato opposto (vedi: Primo Anno, il mio Wingardium Leviosa provocò una voragine nel banco), fino ad arrivare a cose più eclatanti, ad esempio esplosioni, scontri con Bolidi che mi raggiungono fin sugli spalti e compiti che si incendiano per autocombustione un secondo prima di consegnarli.

E a questo, quasi sempre, seguono ricoveri in Infermeria o lettere a casa, alle quali seguono Strillettere che, puntualmente, esplodono prima che io possa raggiungere il bagno femminile del secondo piano. Ah, e quando lo raggiungo ci trovo un fantasma di una tipa Corvonero con degli occhiali più doppi di quelli di mio padre che mi fissa in stile pedofila e mi sorride in maniera maniacale. Se ricambio, continua per ore. Se non lo faccio, comincia con lamenti strazianti che nemmeno Lily durante il periodo delle sue cose produce. E al tutto si sommano le urla di mia madre provenienti dalla Strillettera che è esplosa comunque. Puntualmente esco con un’ora di ritardo, dal bagno delle ragazze che nessuno usa, bagnato fradicio e nero di fuliggine. Tutti mi guardano storto e mi dileguo, o almeno ci provo, ma è James quello con il Mantello.

Per farvela breve, la cosa migliore della mia vita è il rumore di James quando mangia. Quello che sto ascoltando da mezz’ora e che ora, finalmente, termina sfociando in un sonoro rutto.
Mancano solo tre ore e potrò separarmi da lui. E pensare che per un momento ho preferito la sua presenza in cucina all'anno che mi si prospetta.

N.d.A.: grazie ai quattro che hanno recensito, i due che hanno inserito la storia tra le Preferite e i tre che la Seguono :)
Vi ringrazio tutti/e ^_^

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Capitolo 3
*** Lily Luna Potter - In macchina su e giù, fino alla stazione e con un gufo impazzito ***


Quando la colazione finisce, è un sollievo per tutti. A poco a poco, stracolmi di pancake e uova al bacon, io, Albus, James, mamma e papà ci alziamo a ci dirigiamo verso la porta. Noi tre ragazzi trasciniamo anche bauli e gabbie, mentre i nostri genitori sono a mani vuote e si avviano all’ingresso con una lentezza esasperante. Qualche volta credo che lo facciano apposta per farci soffrire, ma alla fine ricordo a me stessa che sono solo un po’ rimbecilliti.

Insomma, chiunque mi vedesse capirebbe che ho bisogno di una mano, o quantomeno di qualcuno che apra la porta prima che la ragazzina di quattordici anni che regge un baule marrone scuro da mezzo quintale e una gabbia con un gufo scemo che stride collassi. Tranne loro, naturalmente.
Quando, dopo un quarto d’ora di armeggiare con chiavi tintinnanti e porte un po’ troppo pesanti, finalmente l’aria frizzante di Londra investe il mio viso, la mia mano destra trema incontrollatamente e il mio gufo scemo tuba, indignato.

Apriamo una piccola parentesi su quel dannato animale: si chiama Sally, ha le piume color cacca e lo detesto. Sì, avete capito bene: odio il mio gufo, e se partisse per consegnare una missiva al Polo Nord e non facesse più ritorno non mi dispiacerebbe minimamente. In effetti devo pensare a quest’idea. Il problema è che non avrei mai desiderato un gufo: a scuola abbiamo una torre piena di questi animali pestilenziali, se proprio sentissi il bisogno di scrivere una lettera ai miei. Ma, a quanto pare, nemmeno a casa dello zio Ron ne avevano bisogno, così lo hanno scaricato a noi. James ha già un rospo verde-mal-di-mare che ha trovato durante un acquazzone, nascosto sotto l’immondizia nella stazione della metro, mentre Albus si porta dietro una specie di topo iperattivo troppo cresciuto. Quindi il gufo è toccato a me. Ovviamente non potevo rifiutarlo, perché “lo zio Ron ha pensato proprio a te per darlo in affidamento, e non puoi deluderlo!” [cit. Mia Madre].

E ora mi ritrovo in auto, schiacciata tra Albus, James e Sally, il gufo più detestato del mondo. Ah, e giusto perché la cosa è reciproca, mi ha appena tirato un Biscottino Gufico fuori dalla gabbietta, usando il becco come catapulta. Gli occhietti malvagi gli brillano per la gioia.
L’auto, intanto, sobbalza e frena all’improvviso, mandandoci tutti a sbattere. Il prossimo anno prenderò il Nottetempo, lo giuro.
― Papà, si può sapere chi ti ha dato la patente? ― domando, la voce fintamente distratta.
― La scuola guida ― risponde lui, convinto. Schiva per un soffio un tir che trasporta pollame e si immette sulla strada – per fortuna dritta – che ci condurrà alla stazione. Io, intanto, tiro fuori il mio specchietto e mi fisso, controllando che sia tutto apposto. Insomma, non sono narcisista come quel cretino di James, ma devo pur sempre controllare che i miei capelli siano ancora al loro posto, nonostante la guida di mio padre.

Il mio riflesso non mostra quello che desidererei vedere, ma va bene così. Occhi castani, vispi e – a detta di qualcuno – intelligenti, naso solo leggermente troppo piccolo, sopracciglia abbastanza curate, capelli color rame che mi incorniciano il viso. Oggi sono raccolti in una coda di cavallo alta, tenuti insieme da un elastico blu scuro che ho trovato in bagno e che, per ironia della sorte, si intona perfettamente con la cravatta che indosserò sul treno. Sì, sono una Corvonero. No, non me ne pento affatto. Credo che, discendenze a parte, abbia sempre saputo che era quella la mia Casa. Del resto, la mia madrina è Luna Lovegood, e la cugina con cui passo più tempo è Rose Weasley, un’altra Corvonero. Diciamo che ho avuto buoni esempi, e che quando il Cappello Parlante mi ha elencato quelle che secondo lui erano le mie qualità di undicenne, non ho avuto nessun pensiero se non: “Hai già capito dove mandarmi, fallo.”

A ripensare alle facce dei miei, poi, non posso fare a meno di essere ancor più soddisfatta della mia scelta: insomma, James a parte, si erano appena ripresi dalla storia di Albus, e quasi mi hanno mandato i fiori quando ho detto loro dov’ero finita!
L’auto si ferma proprio mentre rievoco il ricordo della lettera di Albus al Primo Anno.

Cari mamma e papà,
appena finisce la scuola vengo a riprendermi le mie cose e vado via.
So che non mi vorrete più, perché sono diventato un Tassorosso.
Al

Non escludo che il pensiero di cacciarlo sia passato per la mente di papà, ma subito è stato sostituito dall’amore genitoriale. O dal fatto che, essendo il capo degli Auror, l’abbandono di un figlio era una brutta macchia sulla sua carriera. Insomma, qualcosa gli ha fatto cambiare idea.

La portiera dal lato di Albus si apre e mio fratello scivola giù, cadendo su un fianco e restando a terra, ricoperto dal suo baule e dalla gabbietta con quella specie di animale che si porta dietro.

Beh, è vero che è loro figlio. Ma non escludo che ci ripensino.


N.d.A.: non so che dirvi se non "grazie". Un grazie gigantesco, che deve arrivare ai recensori, a chi Preferisce la mia storia e agli UNDICI che l'hanno inserita tra le Seguite. Grazie a tutti, davvero ;D Spero di non deludervi :)

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Capitolo 4
*** Rose Weasley - Prefetto, ma non per scelta ***


Partiamo dal presupposto che, essendo io la primogenita di due dei tre salvatori del mondo magico, non potrei passare inosservata nemmeno se indossassi il Mantello di mio cugino James. A questo, aggiungiamo il fatto che da quest’anno sono Prefetto, per giunta a causa dell’espulsione del precedente Prefetto Corvonero, che è stato mandato via per aver provato a lanciare un Imperio contro un ragazzino del Terzo Anno. Aggiungiamo ancora che quel ragazzino era mio fratello Hugo. Ora capite perché, nonostante io indossi una normale divisa di Hogwarts, tenga la spilla un po’ nascosta e non abbia questa celestiale bellezza, tutti mi guardano?
Forse no, ma comunque è così. Mi guardano, vociferano, ridono. Non si comportano così nemmeno con i miei cugini, figli di zio Harry. Eppure loro sono ancora più esposti di me.

Scuoto la testa, facendo ondeggiare la treccia di capelli rosso-pel-di-carota che stamattina mi ha fatto mia madre. Avere i capelli rossi, a quanto ne so, è una prerogativa di chiunque porti il cognome Weasley. Averli crespi e pieni di doppie punte è una prerogativa mia – probabilmente è colpa di quella massa di fili aggrovigliati che mia madre ha in testa – e così mi tocca aggiustarli in qualche modo. In più sono convinta di avere gli occhi completamente gonfi e rossi per il vapore che aleggia sul binario. Occhi celeste chiaro, in genere, che tutti i miei cugini mi invidiano. Pelle chiara che necessita sempre della crema solare. Freddolosa, nervosa, buona, a volte troppo. Questa sono io.
Con aria un po’ imbarazzata, supero un gruppetto di Corvonero del secondo anno e trascino il baule fino al punto in cui, da sei anni a questa parte, mi vedo con mio cugino Albus. Lui, essendo il più sfigato della famiglia, mi capisce fin troppo bene quando dico che vorrei sprofondare.

Anche quest’anno lui è lì, appoggiato al muro di mattoni rossi e neri, e mi aspetta. Sotto un braccio ha la gabbia con quel suo strano topo, e mi sorride. Non è cambiato molto dall’ultima volta che ci siamo visti, anche perché è stata solo due giorni fa, eppure mi sembra più alto. Forse è la toga.

― Rosy! ― mi grida, facendo voltare verso di me quella metà di scuola che ancora non mi aveva notato. Già, non è un tipo molto sveglio.
― Al ― lo saluto, poggiando il baule e sedendomici sopra. Dobbiamo aspettare ancora un quarto d’ora, e in più quest’anno non ho il problema di trovare una carrozza.
― Bella spilla ― si complimenta mio cugino, fissandola. Ha una luce folle negli occhi, eppure non credo che nessuno sano di mente – e lui lo è, ne sono sicura – avrebbe pensato di essere candidato a diventare Prefetto, se fosse stato come lui.
― Non volevo diventare Prefetto ― gli dico, quasi per giustificarmi. Lui guarda in basso, poi sorride e scuote la testa.
― Non fa niente, ehi ― mormora, avvicinandosi.
Io e lui siamo molto legati fin da quando eravamo piccoli, ed è stato un trauma finire in due Case diverse. Soprattutto perché lui dorme nei Sotterranei e io su una torre.
― Io… davvero, quando mi è arrivata la lettera ho pensato a uno scherzo ― continuo, buttando fuori quello che a casa, dove tutti erano così fieri, non ho potuto dire. La verità è che io ho sempre odiato essere al centro dell’attenzione, e ancora di più dare ordini a qualcuno che ha tutto il diritto di ignorarmi. Non voglio passare il viaggio girando per le carrozze e riprendendo ragazzini che fanno esattamente quello che avrei fatto io se non avessi questa dannata spilla. Voglio restare nel mio scompartimento, con Albus, Lily e Roxanne, aspettando la signora del carrello e la mia migliore amica che viene a chiamarmi, costringendomi a sbirciare lo scompartimento dei Grifondoro in cerca di quel tipo che le piace.

― Dev’essere un po’ una seccatura, in effetti ― osserva Albus, infilandosi le mani in tasca e sospirando.
― Non immagini quanto.
Un fischio prolungato ci annuncia che l’Espresso è in partenza. Faccio correre lo sguardo fino ai miei: sono accanto alla zia Ginny, e salutano Lily. Devo andare anche io, eppure odio questo momento. Lo odio davvero, e non perché è il momento degli addii. O meglio, è proprio il fatto di dover salutare tutti – mamma, papà, zio Harry, zia Ginny, zio George, gli altri parenti – a seccarmi.

Comunque sia, so di doverlo fare, così mi avvicino alla mia famiglia e lascio che mia madre mi stringa per l’ultima volta, raccomandandomi di stare attenta a Hugo e di fare il bravo Prefetto.

Papà non si pronuncia, ma mi da una pacca sulla spalla e si dedica a incoraggiare Hugo, che ha deciso di sostenere i provini per entrare nel Club dei Duellanti, capeggiato da un mio compagno di Casa dell’ultimo anno.

― In carrozza!
 

N.d.A.: bhe, davvero non so che dire ç_ç Grazie a voi che recensite, ai cinque che hanno messo la storia tra le Preferite, i due che l'hanno inserita tra le Ricordate e i quindici tra le Seguite ^_^ E grazie anche a chi, semplicemente, legge :)

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