Le Fenici

di WordsEnchantress
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La guerra è finita. ***
Capitolo 2: *** Rimettere insieme i pezzi ***
Capitolo 3: *** Lo spazio apposta ***
Capitolo 4: *** Silenzio assenso ***
Capitolo 5: *** Lo sguardo avanti. ***
Capitolo 6: *** Punti di svolta. ***
Capitolo 7: *** Il cerchio. ***
Capitolo 8: *** Pedine ***
Capitolo 9: *** Io vi vedo. ***
Capitolo 10: *** Veleno. ***



Capitolo 1
*** La guerra è finita. ***


“Il resto è silenzio.”

William Shakespeare, “Amleto”.

 

Harry

La memoria può essere una tremenda maledizione.
Terge tutto ciò che c’è di puro intorno a noi riempiendolo di un’essenza che non verrà corrosa dal tempo.

La Tana era memoria, e ora anche silenzio.
Era così piccola che facevamo fatica a muoverci tutti, lì dentro. Questo comunque indusse solo a mormorii di scuse ogni qualvolta ci pestavamo i piedi a vicenda.
Era troppo presto per parlare, forse.

Percy e Arthur si guardarono intensamente.

“Molly, cara, ci sarà tempo per dormire stasera. Il Ministero ha bisogno di noi. Kingsley avrà parecchio da fare, ora che bisogna rimettere insieme i cocci.”

Detto questo abbracciò ancora il figliol prodigo e, stringendosi più forte del dovuto, si smaterializzarono.

La donna sospirò e ci rivolse il suo immancabile sguardo materno.

“Credo andrò a riposare”.

A chi vuoi darla a bere, Molly? Lo vediamo nei tuoi occhi. Non vergognarti, hai diritto di piangere finalmente. La guerra è finita. Fred è morto.

George non disse nulla. Prese un cuscino del divano e la trascinò fino in giardino e poi dietro i cespugli di casa Weasley.
Certo, camera sua era una bomba ad orologeria. Una bomba che profumava di qualcuno che non c’è più.

La guerra è finita, finita davvero.

Me lo ripetevo ancora, non si sa mai.

Ron ed Hermione si strinsero forte, per precauzione. Anche loro non riuscivano ancora a realizzare che tutto era finito, nulla li avrebbe potuti più separare.

Poi lei si staccò dolcemente, prese per mano una Ginny tremante e la portò a piangere fino ad addormentarsi, in un posto più appartato.

Bill e Fleur dissero che sarebbero tornati domani, provarono a sorridermi ma nessuno sembrò riuscirci.
C’era voluto tanto prima che riuscissimo ad abbandonare i resti di quella che era la strabiliante scuola di magia e stregoneria, chiamata Hogwarts.

C’era voluto un po’ prima che riuscissero a riesumare tutti i corpi.

Charlie, Ron e io ci guardammo con occhi stanchi prima di dirigerci nei nostri letti.

La guerra è finita, Harry.
Da qualche parte, dietro i cespugli incolti del giardino, un ululato di dolore straziò la notte.
Anche io, nel mio cuore distrutto, urlai insieme a lui.

Addio Remus, addio Tonks.
Addio Fred.
 



Primissima FF! Quindi chiedo perdono se vi farà proprio schifo! Spero di leggere tante recensioni :)
So che è stra deprimente, ma siamo al primo capitolo... Migliorerà, giuro :D

Clari

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Capitolo 2
*** Rimettere insieme i pezzi ***


“Non c’è niente che ostacoli la felicità
Quanto il ricordo della felicità.”
André Gide

 
Charlie
 
Il ministero avrebbe premiato la nostra famiglia, aiutandoci a ricostruire la Tana, più bella di prima.
Era un ringraziamento per il fatto che ogni singolo membro dei Weasley avesse combattuto per il mondo magico.
Il mio fratellino è morto in quella maledetta battaglia e voi mi offrite un architetto? Fottetevi.
Mi pentii subito di quel pensiero: la nostra abitazione aveva subito seri danni in diverse occasioni, e non avevamo il denaro per affrontare le spese. Volevano solo aiutarci.
Mi diressi ciondolando in cucina, dove mia madre stava dando il meglio di sé nel prepararci un ottimo pranzo. Forse era per noi, forse era per non pensare. Ma tant’è.
Mi sorrise dolcemente e, come quando ero piccolo, mi scompigliò i lunghi capelli disordinati.
“Sai, non ti stanno così male, alla fine.”
Da qualche parte, nel mio petto, un vuoto si riempì.
 
Percy
 
Dopo i primi due giorni di lavoro intenso, io e papà potemmo rilassarci un po’. Tornammo a fare un orario ridotto godendoci le meritate ferie, così da occuparci anche dei lavori alla Tana.
Il morale era ancora basso, certo. Intorno a mio cuore l’armatura di ghiaccio si era sciolta, soffrivo come mai prima. Sognavo spesso il nostro Fred.
Ero stato così stupido, accecato da un futuro lastricato di soldi e potere, diverso dalla vita piena di sudore e delusione dei miei genitori.
Non mi ero accorto di quanto fossero, fossimo, ricchi in realtà: uniti e ricoperti d’amore.
Mi pento, mi vergogno.
Ecco perché mi sento in dovere di accantonare il mio dolore. Abbiamo davvero bisogno di tornare a essere felici. Scherzo con Harry e Ginny, mi fermo a chiacchierare con Bill e Fleur, ascolto i discorsi concitati di Ron sul Quidditch (pur non capendoci assolutamente nulla).
Poi la sera, nel mio letto, rimango sveglio e prego che un giorno perdonino il mio tradimento.
 
George
 
Sono morto, lo sai? Morto, morto, morto.
Non sei solo, Freddie. La sento, la terra, sopra di me. Sono morto.
Quell’esplosione ci ha uccisi entrambi. Non sei solo, non temere.
Sono morto, devo esserlo. Perché siamo una cosa sola, noi, vero Fred?
Gemelli, migliori amici. Inseparabili.
Sono morto anch’io.

 
Harry
 
Ron ed Hermione partirono qualche giorno dopo il nostro ritorno. Avevano aspettato che le acque si calmassero, all’inizio. Ma lei non resisteva più. Doveva trovare i suoi genitori, riportarli in Inghilterra. Anche a noi era stata offerta una casa ciascuno. Io perché ero solo, Hermione perché aveva perso la sua. I mangiamorte l’avevano fatta a pezzi per divertimento quando era ancora l’indesiderabile n.3. Eravamo riusciti a recuperane ben poco.
Le casette che ci offrivano erano vicine alla Tana, perciò accettammo senza troppe storie.
Le cose andavano meglio: ogni tanto qualcuno rideva. Ci voleva tempo, ci voleva coraggio, poi finalmente la guerra sarebbe finita davvero.
Perché la battaglia c’era ancora, per noi. Era nei nostri occhi, nei nostri cuori.
Solo una cosa non cambiava… George.
Era ancora in giardino, sporco e solo. Tutta la sua famiglia aveva provato a fare qualcosa per lui, quanto meno a convincerlo che doveva nutrirsi.
Solo Percy era riuscito a fargli buttare giù qualcosina.
In un giorno caldo e ventoso, non appena fui rimasto solo, decisi di fare un tentativo.
L’angolo in cui se ne stava rannicchiato da giorni puzzava di dolore e solitudine.
M’inginocchiai vicino a lui e, il fatto che non portassi né acqua né cibo, attirò la sua attenzione.
Poi, semplicemente, lasciai rotolare giù per le mie guance le lacrime che imploravano di uscire da anni.
Ci abbracciammo forte, senza dire una parola. E piangemmo insieme, l’uno per il dolore dell’altro.
Pianse con me per i miei genitori, Sirius, Albus, Moody, Dobby, Remus, Tonks… Persino Piton.
E piangemmo insieme: per Fred.
 
George
 
Sono vivo, Freddie, o almeno credo.
Mi dispiace, non sono riuscito a seguirti. Ti ho lasciato solo.
Ma il mio cuore batte ancora, ragazzo, insieme con quello del Prescelto: ora è solo Harry.
Non so perché ho scelto lui, per sfogarmi.
Forse perché sa cosa significa perdere tutto.
Forse perché, in quella stramaledetta battaglia, lui è morto. Come me.
Siamo stati morti entrambi.

Mi sta porgendo la mano ed io l’afferro. Torno alla Tana, Fred, perdonami.
Torno a casa.

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Capitolo 3
*** Lo spazio apposta ***



“Se tu non mi ami, non importa.
Sono capace di amare per tutti e due.”
Ernest Hemingway

 
Hermione                
 
“Miseriaccia” borbottò Ron non appena lasciammo il porticato della mia nuova casa.
I nostri occhi erano segnati da occhiaie profonde: non è affatto facile riportare alla mente di due persone una vita intera. Ci era voluta una settimana: avevano pianto, si erano arrabbiati, poi avevano riso e pianto ancora. Infine ci avevano stretti forte, entrambi. Le orecchie di Ron erano diventate violacee dall’imbarazzo.
Mi erano mancati molto e rivederli sani e salvi mi aveva reso profondamente felice.
Sì, mi erano mancati… Ma il mio posto non era lì, non più. Ron era al mio fianco.
Normalmente mia mamma sarebbe diventata isterica: “Siete troppo giovani!”               
Beh, eravamo troppo giovani anche per sconfiggere il più grande mago oscuro di tutti i tempi.
Osservai avida la semplicità del viso di Ron e lo rividi bambino. Era cambiato così tanto e ora…
Avevamo un futuro insieme. Saremmo invecchiati. Tutto andava bene.
Mi misi a ridere e lui, senza sapere il perché, mi seguì a ruota: ci smaterializzammo così, stringendoci e ridendo di gusto, diretti alla Tana.
Ci sorprese molto trovare George seduto a gambe incrociate sul divano, mangiucchiando un dolce fatto in casa.
“Ciao ragazzi” borbottò.
Ron emise un misto tra un sospiro e un sussulto, poi mi lasciò la mano per andare a stringere il fratello. Lo abbracciai anch’io.
“Sei in forma, George.” Gli sussurrai all’orecchio buono. Mi regalò un mezzo sorriso.
“C’è una sorpresa ragazzi!” ci accolse improvvisamente Ginny, entrando nella stanza.
Subito dietro di lei comparse Harry, teneva qualcosa tra le braccia. Sembrava un fagottino come un… un… Oh.
I capelli del bimbo si colorarono di verde, poi di blu.
Teddy Lupin strillò felice dalle braccia del padrino.
 
Ginny
 
Harry abbassò il capo lasciando che i suoi ribelli capelli corvini solleticassero il nasino del bimbo. Il mio cuore sprofondò di conseguenza: credevo di non poterlo amare più di così.
E invece potevo, oh, se potevo.
Alzò i suoi occhi smeraldo verso di me trafiggendomi con quel suo sguardo buono, buono davvero.
Hermione comprese al volo, sapeva che non ci eravamo ancora rivolti parola, da quella notte.
Così, in modo tutt’altro che discreto nonostante i suoi sforzi, prese il bambino, Ron e George e li trascinò di gran carriera lontano da lì.
Ci avvicinammo piano, quasi studiandoci. Avvicinai la mano al suo viso per ritirala ancora prima che la nostra pelle si sfiorasse. Poi gli urlai contro.
“Brutto idiota!”
“Ma… Ma, Ginny, cosa…”
“Io ti odio Harry Potter! Ti odio, ti odio, ti odio!”
Mi prese i polsi cercando di calmarmi.
“Ginny, ti prego, fermati” implorò.
“Eri morto Harry. Davanti ai miei occhi.” La mia voce, in quel momento, fu più che altro un sibilo.
“Ginny.” Disse il mio nome. Solo quello.  Dopo c’era un punto, non dei puntini di sospensione.
“Non ti avevo detto addio.” Singhiozzai infine.
Mi strinse così forte che crollammo sul tappeto, in un groviglio di corpi. Non ci rialzammo.
Appoggiai la testa nell’incavo tra la sua spalla ossuta e il collo profumato. Quello spazio sembrava fatto apposta per accogliere il mio viso.
“Non ho visto un lampo verde, sai? Cioè, non bene. Nei miei pensieri c’era una altro colore. Troppo bello, troppo rosso. Ti ho vista mentre parlavi a quella ragazza, mentre la consolavi. Sei stata l’ultima persona che incontrato prima di andare nella foresta oscura. Stavo pensando a te, ai tuoi baci, ai tuoi capelli, quando sono morto. Così ho visto solo un rosso splendente.
Io li amo, i tuoi capelli, mia piccola Ginevra.”
 
Ron
 
Quando Ginny ed Harry entrarono in cucina si tenevano per mano. Era un modo come un altro per ufficializzare la cosa. (Come se ce ne fosse stato bisogno: le urla di mia sorella erano state piuttosto eloquenti.)
Mia madre sospirò di sollievo. Io, dal canto mio, ero felice per loro. Non c’era più stupida gelosia o rabbia. Ero davvero felice per loro.
Sarebbe stata sempre al sicuro con Harry, e lui l’avrebbe amata ogni giorno di più. Era il mio migliore amico, mi fidavo ciecamente.
E poi, diciamocelo, era ora. Anche lui si meritava un po’ di felicità. Aveva parecchi arretrati in quanto affetto, nella sua vita.
Improvvisamente mi venne voglia di stare da solo con Hermione. La guardai e lei annuì senza che aggiungessi alcunché.
Non eravamo cambiati molto, noi. Mi chiamava ancora Ronald come rimprovero e io la chiamavo ancora saputella. Stare insieme era strano e splendido allo stesso tempo, e mi faceva girare la testa.
Un vento fresco le soffiava tra i capelli gonfi e disordinati e la rendeva bella, bella, bella.
Le diedi un bacio.
“Ronald! Siamo davanti a casa tua.”
“Merlino, Hermione, siamo adulti ormai.”
Un altro bacio.
“Non sta bene.”
“E tu sei troppo pudica.”
“Dove hai imparato questa parola? Di certo non nei libri sul Quidditch.”
Un altro bacio ancora.
“Spiritosa. Seguimi, va!”
Ci spostammo in una lato più appartato del giardino.
“Sei bella, Hermione Jean Grenger.”
“E tu sei un ruffiano, Ronald Bilius Weasley.” Ma le scappò da ridere, tradendosi.
La baciai ancora e ancora. Poi le sue dita minute e bianche si sistemarono tra le mie. Da qualche parte ho sentito dire che gli spazi tra le dita sono fatti apposta per accogliere quelle di chi ci ama.
Forse nella canzone di una strega sdolcinata. Comunque c’era uno spazio nel mio petto per lei, e uno spazio nel suo corpo per me.
Le misi una mano tra i capelli pentendomene subito quando rimasero incastrate. Ridemmo ancora.
Un bacio, un altro.
La strinsi forte a me e l’appoggiai contro il muro freddo della Tana.
“Ti voglio ora. – poi mi fermai – scusa. Non sei obbligata. Non volevo essere volgare.”
“Taci, Ron. Ho aspettato così tanto.”
La sua pelle era davvero bella, nella scala delle pelli. E bruciava, bruciava un sacco contro le mie mani, contro le mie cosce.
La sollevai da terra ed entrai dolcemente dentro di lei. Un gemito lungo e dolce mi sfiorò il collo.
Era mia. Mia. Ronald Weasley, lo sfigato che credeva di essere l’eterno secondo sparì per sempre.
La donna che amavo gemeva piano e io scoppiavo di piacere. Durò troppo poco ma parve un infinito. Forse lo era, infinito.
Crollammo per terra ansimando e ci guardammo negli occhi.
“Ti amo, futura signora Weasley.”

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Capitolo 4
*** Silenzio assenso ***


“Se potrò impedire
A un cuore di andare in pezzi
Non avrò vissuto invano.
Se saprò alleviare le sofferenze di una vita
O guarire una pena
O aiutare un pettirosso caduto
A tornare nel nido
Non avrò vissuto invano.”
Emily Dickinson
 

George
 
Sto migliorando, alla fine. Lentamente, certo, ma non me ne stupisco. Ci vorrà molto tempo prima di ricominciare a vivere, per ora mi accontento di sopravvivere.
Tutti fanno il possibile per aiutarmi e sono fantastici.
E, non ci crederai Fred, è Ginny che mi sta più vicina di tutti.

Non parlo granché, ma a lei va bene così. È sempre stata una tranquilla.
Ti ricordi il suo nono compleanno? Era seduta come sempre sulle nostre ginocchia e rideva come una pazza. Non mi ricordo bene perché, forse avevamo lanciato un altro ragno nella maglietta di Ron. Comunque era così bella che la sera ti ho detto che avrei messo una caccabomba sotto al cuscino del primo che avesse osato sfiorarla. E tu mi avevi risposto “stavo pensando la stessa cosa”.
Dovresti vederla, ora, è così cresciuta. Sta con Harry ed era anche ora.
Lui è a posto, sai, Fred? Credo che lascerò stare la storia della caccabomba.
Dormo sul divano, la nostra camera è off-limits per tutti. Ogni sera, prima di andare a dormire, si siede sul fondo e mi pizzica i piedi sotto il lenzuolo. Poi mi legge una storia.
Non abbiamo mai amato i libri, eh Fred? Però quando li racconta lei sono ok. Anche Hermione mi legge qualcosa, ogni tanto, è una tipa proprio a posto.
Ma quando legge Ginny è diverso.

Facciamo spesso delle lunghe passeggiate intorno alla Tana. Mi prende per mano e camminiamo in silenzio. Sto un po’ meglio quando sono con lei.
Ron è cambiato. Non è più il ragazzino a cui facevamo gli scherzi.
Ha la guerra negli occhi e sulla pelle, il fratellino. Sono fiero di lui.

Percy è incredibile, Fred. Da quando ha fatto quella battuta durante la battaglia non ha più smesso. Purtroppo.
Non so dove le trovi quelle barzellette, Fred, ma fanno davvero schifo.
Ti giuro che ridiamo tutti quando le dice, ma è più che altro per non demoralizzarlo, visto quanto si sforza.
Però Gin alza sempre gli occhi al cielo di nascosto, verso di me.
Mamma ogni tanto inizia il mio nome con una F, poi balbetta e le si riempiono gli occhi di lacrime. A volte mi chiede scusa, ma non importa. Quando mi chiamano Forge ti sento vicino a me.
Ogni tanto ho delle ricadute e ritorno il George rannicchiato nella sua sporcizia e nell’erba secca dietro i cespugli.
Mi è capitato l’altro giorno, quando sono passato davanti allo specchio e per sbaglio ci ho guardato dentro. Ho cominciato a urlare il tuo nome e a scuotere lo specchio, chiedendoti di uscire. L’ho scrollato così tanto che si è staccato dal muro ed è caduto a terra.
Papà si è messo a piangere e ha raccolto i frammenti di vetro con le mani, senza usare la magia.
Io sono scappato perché mi vergognavo.
Ginny mi ha raggiunto fuori e mi ha preso per mano, allora mi è passata.

 
Ora li guardo uno a uno e riesco a sopravvivere.
Ci sono due persone a cui non avevo più pensato, sono venute anche loro a dare l’estremo addio ai nostri, in questo cimitero ai confini della foresta proibita. Le lapidi sono piccole e modeste e circondano il marmo bianco della tomba di Silente.

Lee e Angelina fanno davvero contrasto vicino a quell’affare, Fred.
Stringo fortissimo Lee, che ha già le lacrime agli occhi. Mi ha chiesto scusa se non s’è fatto vivo prima. Ma lo capisco, è stata dura anche per lui.
Angelina è bellissima, Freddie. Ci ha presi per mano senza dire una parola, ma mi ha fatto sentire più sicuro.
Harry e Ginny si stringono forte a Ron ed Hermione. Quest’ultima mi rivolge un sorriso bagnato di lacrime.
“George, credo che questi possano esserti utili, sai, per i brutti sogni.”

Neville e Luna sono appena arrivati. Mi ha regalato degli spettrocoli per il tuo funerale, dice che i Nargilli non aiutano affatto il mio umore.
Sai la cosa buffa? Sono davvero tentato di metterli. Ma non credo che la mamma approverebbe.
La cerimonia è appena iniziata. Lupin e Tonks sono stati messi vicini, ovviamente. Guardo Harry tenere in braccio il piccolo Teddy.

Sono sicuro che sarà un ottimo marito e un padre ancora migliore.
La bara di Colin è minuscola. Dennis ha appoggiato una fotografia sul petto del fratello, ma da qui non riesco a vederla.
Ora è il tuo turno, coraggio fratello mio. Ti Amiamo, tanto.
E, se ti può consolare, ho appena riso durante il tuo funerale.

Lo giuro, Fred.
Hanno messo sulla lapide l’unica foto in cui non eravamo insieme. Te la ricordi, giusto?
Indossavamo i maglioni di Natale… Ma ce li eravamo scambiati.
Esatto Freddie, sto guardando la mia foto sulla tua lapide. Ovviamente nessuno se n’è accorto, ma mi va bene così. L’ultima grande burla alla mamma, rimarrà il nostro piccolo segreto.

 
La tana è sistemata. Abbiamo un sacco di visite adesso. Neville e Luna vengono spessissimo. Ma anche Lee e Angelina. Un po’ riescono a colmare il vuoto che hai lasciato, almeno un pochino.
Sospetto che la mamma e Ginny tramino qualcosa. Davvero! Ridacchiano ogni volta che mi avvicino. E la cosa non mi piace. Gin mi sta sempre vicino, anche se di meno in questo periodo.
Forse perché c’è spesso Angelina qui a mangiare, chissà.
Lee ha provato a parlarmi del negozio. So che lo faceva per me, ma non sono ancora pronto.
Non ancora, Freddie, lasciami sopravvivere ancora un po’.

 
Harry
 
L’altro giorno Ron ed Hermione sono rientrati dopo una lunga passeggiata pieni di foglie e terra. Erano così rossi che non riuscivo a distinguere la faccia di Ron dai suoi capelli.
Io, Ginny e George non li abbiamo lasciati stare per un secondo su questa storia. Abbiamo fatto impazzire Hermione, poverina, che si vergognava un sacco.
A volte, però, l’invidiavo: non riuscivo a stare da solo con la mia ragazza nemmeno un attimo e la nostra intimità a livello fisico era praticamente assente.
Rimuginai come rimanere un po’ soli durante la cena di qualche giorno dopo. Insieme a noi si erano fermati i nostri, ormai frequenti, ospiti.
Vedendo come la signora Weasley trattava quei ragazzi capii molte cose.
Era sempre stata una donna deliziosa e ospitale con me ed Hermione, e le eravamo molto grati. Mai mi ero reso conto di quanto lei fosse grata a noi.
Ogni singolo dolce preparato amorevolmente con le sue mani era un messaggio chiaro e preciso.
Un “grazie per quello che fate per mio figlio” a Lee e Angelina.
“Ti prego, sposati Ron!” per Hermione.
E per me un semplice e chiaro “sei a casa, finalmente”.

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Capitolo 5
*** Lo sguardo avanti. ***


“La miglior cosa del futuro è che arriva un giorno alla volta.”
Abraham Lincoln

 
Hermione
 
Passando vicino alla stanza di Ron mi bloccai. Da dietro la porta chiusa provenivano tonfi sordi, così mi accostai per chiedere se andasse tutto bene.
“Credevo fossi mio amico!” sbraitò lui da dietro il legno massiccio. Mi bloccai con la mano ancora tesa verso la maniglia. Avevo lasciato lui e Harry solo pochi minuti prima, mentre parlavano della prossima Coppa Mondiale. Mi morsi il labbro, divisa tra la mia curiosità, il mio senso morale e la voglia di intervenire.
“Insomma Harry tu sei sempre stato tra i buoni! Dimmi, perché?! – un gorgoglio di risposta – sei stato morso? Un vampiro, un lupo, cosa? Cosa ti è successo?!”
Optai fermamente per la terza. Spalancai la porta e mi ritrovai davanti a un Ron più rosso del solito che stringeva forte il collo del suo migliore amico.
“Per la miseria cosa sta succedendo qui?!”
“Hermione attenta! Credo sia pericoloso!”
“Ronald cosa diavolo stai dicendo?”
“Vuole mangiare mia sorella!”, rispose in modo teatrale.
Contai fino a tre. Poi fino a dieci… Poi non ce la feci più.
“COSA?!”
Harry si dibatteva sotto il peso di Ron e mi guardava con aria di supplica, mentre il suo viso prendeva uno strano colorito.
“Her-mmm-aaiut…”
“Mi ha appena confessato di volerla invitare fuori come cena!”
“P-er-no-com…”
Non sapevo se ridere o piangere.
“Merlino, Ron, lascialo subito, lo soffochi! È un’usanza babbana!”
“Miseriaccia Hermione… Anche tu?!”
“No, razza d’imbecille, lascialo subito andare! PER cena, non COME! Al ristorante, è una cosa romantica, per Morgana!”
“Ah, ehm, scusa amico.” Disse lasciando il collo di Harry e poi tirandogli una pacca amichevole sulla spalla, stendendolo del tutto.
“Miseriaccia, Harry Potter, potevi dirmelo. Mi sembrava strano, in fondo. Beh, ora mi sento meglio. A dire il vero tutto questo sforzo mi ha fatto venire fame… Senti, Hermione… Non è che devo portarti per cena, vero? Cioè, se vuoi, posso vedere se trovo un ristocoso…”
“Ehm, no, grazie Ron.”
Con un cenno d’assenso misto a uno sbuffo di sollievo lasciò la stanza.
Mi avvicinai ad Harry, cercando di metterlo in piedi. Barcollava un po’ ma almeno non cadde.
“Perché mi viene ancora in mente di poter parlare di certe cose a Ron?” chiese con la voce arrochita.
“Sinceramente? Non lo so.” Risposi sconsolata. Poi mi spuntò un sorriso.
“Così la vuoi invitare a cena fuori?”
“Beh mi sto realmente accorgendo che posso vivere la mia vita, ora. Cerco la normalità, per quanto sia possibile. Con lei voglio vivere la quotidianità, capisci?”
Capivo. Annuii ripensando alla sera prima, quando, tra amici, avevamo parlato di futuro.
Io e Ginny saremmo tornate a Hogwarts per frequentare insieme il settimo anno. Neville aveva deciso come me di abbandonare le situazioni spiacevoli e dedicarsi al suo mondo. Il suo sogno era diventare insegnante di erbologia e presto avrebbe iniziato il suo tirocinio. Harry non aveva dubbi sulla carriera di Auror propostagli da Kingsley, il che confermava la sua capacità di cercare guai. Luna avrebbe preso in mano le redini del Cavillo, nonché la ricerca di nuove specie che non riuscivo nemmeno a pronunciare. Ron non sapeva ancora bene, ma tutti avevamo sentito borbottare qualcosa come “negozio dei gemelli”.
Harry, il mio migliore amico mi guardava come se mi stesse leggendo nei pensieri. Ci abbracciammo forte cominciammo a dondolare sul posto, ballando in silenzio come avevamo fatto tanto tempo prima, in una tenda dimenticata nei boschi.
“Potresti insegnare a Ron un po’ di romanticismo, sai? Magari spiegargli come funziona un invito a cena.”
“Ne riparliamo quando il mio collo avrà ripreso una sfumatura normale.” Ribatté ridendo tra i miei capelli.

Angelina
 
“Ieri sera abbiamo parlato di una cosa che mi ha fatto riflettere.” Disse George, raccontandomi della cena cui non avevo potuto prender parte.
“Cioè?”
“Del futuro.”
“Beh, è un discorso impegnativo.” Mi fissava con uno sguardo intenso, pensieroso.
“Devo prendere in mano la mia vita, Angie.” Quasi mi scesero le lacrime a quelle parole.
“Ci sono cose che devi fare da solo, ma nel mio piccolo posso aiutarti.”
“Non so da dove cominciare…”
“Io ho un’idea.” Conclusi prendendolo per mano.
La porta della stanza dei gemelli Weasley emanava un silenzio innaturale. Temevo la reazione di George, non volevo farlo arrabbiare.
“Non puoi dormire per sempre su un divano.”
“Hai ragione, non posso.” Disse sorprendendomi.
I cardini cigolarono piano, la porta si aprì lasciando alla nostra vista una camera semi-sepolta dall’oscurità. Dalle imposte di legno filtrava un sottile lembo di luce, in cui vorticava veloce una moltitudine di granelli di polvere.
Un profumo molto famigliare ci colpì allo stomaco.
Accarezzò piano il letto del fratello mentre io, con un fluido movimento della bacchetta, davo una leggera ripulita.
Sentivo ogni suo respiro, mentre cercava di combattere contro il demone che lo uccideva dentro.
“E ora?” chiesi.
“Ho bisogno di un lavoro. Devo parlare con Lee e Ron. Riapro il negozio.” Disse dirigendosi a grandi passi verso l’uscita della stanza.
Prima di lasciarmi sola, però, si bloccò un attimo.
“Dobbiamo andare avanti.” Sussurrò per poi baciarmi la fronte, come nessuno aveva mai fatto.

George

Scusa Fred, mi sento così sbagliato. Ma non posso non pensare a lei, non ci riesco. Lei mi fa sentire ancora vivo, mi fa stare meglio.
Mi dispiace, Fred, mi dispiace così tanto. Sono ingiusto, lo so, sono egoista.
Non trovo più nemmeno il coraggio di parlarti, come prima.
Perdonami Fred, ma non posso continuare a sopravvivere.




Arriva presto il sesto capitolo, con qualche sorpresina! Comincia l'azione ;)
Spero vi stia piacendo! Se vi va lasciate un commento per farmi sapere cosa ne pensate! ;)
Intanto ringrazio di cuore:
beautifulday, Darkblu, leloale, scarlett90, themysticgohan e Lins per aver inserito questa ff nelle seguite, e Una Certa Ragazza per averla inserita tra le preferite!
Un grazie speciale a Mia794 che l'ha messa sia tra le preferite che tra le seguite, a aurorasophiee che commenta sempre e a Halfblood_princess che segue e commenta questa storia <3
GRAZIE!

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Capitolo 6
*** Punti di svolta. ***


“Più dolce sarebbe la morte se il mio
Ultimo sguardo avesse come orizzonte il tuo volto.
E, se così fosse, mille volte vorrei nascere

Per mille volte ancora morire.”
William Shakespeare

 
Ginny (Giugno 1999)
 
La scuola era finita, forse mi sarebbe mancato quel castello, ma c’era qualcosa di più importante che ci aspettava alla fine di quella corsa, oltre i binari di King Cross.
Io, Hermione, Seamus e Neville eravamo nello stesso scompartimento e forse sarebbe stato quello a mancarmi più di tutto: lontana da Harry, loro erano stati la mia famiglia durante quell’anno di scuola.
Piccole goccioline estive rigavano i finestrini dell’espresso di Hogwarts, da qualche parte Harry stava continuando il suo apprendistato per diventare Auror insieme a Ron, che aveva deciso di lasciare i “Tiri Vispi Weasley” per coronare i suo sogno.
Tanto Lee se la sarebbe cavata benissimo, diceva, sarebbe capace di vendere una bacchetta finta a Olivander.
Quando arrivammo alla tana, bagnati e stanchi, trovammo tutte e luci spente.
“Qualcosa non va”dissi a Neville.
Entrammo silenziosamente, bacchette alla mano. Poi una luce e un boato fragoroso.
“SORPRESA! BENTORNATI!”
Ci aspettavano tutti lì, abbracciandoci con gli occhi.
Ma io ne vedevo solo un paio, verdi. Mi precipitai da lui, sciogliendomi tra le sue braccia forti.
Quando si dice casa. Beh, per me casa erano loro, tutti loro.
Lo lasciai solo per andare ad abbracciare un altro ragazzo di cui avevo sentito davvero mancanza.
George profumava di qualcosa di speciale.
“Georgie mi stritoli”
“Lo so.” Disse ridendo e stringendo un po’ più forte.
La mamma si era davvero superata, servendoci un banchetto degno di Hogwarts.
Lanciai una risatina verso di lei, sapendo che mi stava indicando con gli occhi Angelina, che era seduta, come sempre, vicino a George. Rispose con un occhiolino.
“Allora, com’è stoto questo anno a Hogworts?” chiese Fleur.
“Terribilmente stancante – intervenne Hermione – non mi sono mai sentita tanto osservata in vita mia!”
“Certo, le figurine delle cioccorane con la tua faccia non aiutavano! – aggiunsi – quando uno del primo anno ci ha chiesto l’autografo ha quasi avuto una crisi isterica!”
Ridemmo tutti mentre lei borbottava qualcosa diventando rossa.
“Hai già pensato a cosa fare adesso Ginny?” mi chiesi improvvisamente Angelina.
“A dire il vero sono in alto mare…”
“Bene. Perché ho detto al mio capitano che ho un’ottima cacciatrice da presentarle.”
Spalancai gli occhi e la voce mi si strozzò in gola.
“NELLE HOLYHEAD HARPIES?!” Ma il suo sorriso era già una risposta.
Urlai per i restanti 5 minuti.

George (23 Dicembre 2000)

La giornata era finita, Bill era passato di lì con la piccola Victoire tra le braccia e Teddy che gli zampettava vicino.
Gli affari andavano davvero alla grande, soprattutto sotto Natale.
Chiusi tutto e mi diressi nel retrobottega, dove ad aspettarmi c’era Angelina, con il naso ancora sepolto nella sciarpa di lana, cercando di scaldarsi.
“Non farà mica così freddo!”
“Invece sì, e poi lo sai che sono freddolosa.” Disse infiltrandosi tra le mie braccia.
Le baciai la punta del naso che, in effetti, era ghiacciata.
Lei ricambiò con un breve, dolce bacio sulle labbra.
Serrai gli occhi, odiandomi per quel tocco e desiderandone atri mille.
“George…”
“Sì?”
“Guardami, ti prego.” Mi sforzai di accontentarla.
“Fatto, e ora?”
“Dimmi che non mi ami.”
“Perché dovrei?”
“Dimmi che non mi ami e me ne farò una ragione, la smetterò di illudermi e vivremo meglio entrambi.”
“Sai che non posso dirlo.”
“Allora dimmi che mi ami.”
“Merlino, Angelina…”
“Perché?! Perché non possiamo vivere insieme, felici?”
“Io… Tu… Cioè lui…”
“George… Io e Fred siamo stati insieme al quinto anno, per non più di un mese, e oltretutto non ci vedevamo mai, dal momento che non vi staccavate un attimo. Lui vorrebbe vederci felici, lo sai meglio di me.”
“Sì, hai ragione…”
“Ma?”
“Ma… Tu vedi lui quando mi guardi?”
L’avevo detto. Mi sorprese vedendola spalancare gli occhi e poi ridere sottovoce.
“Non vi ho mai scambiati.”
“Beh l’orecchio…”
“No George, mai. Ho imparato a distinguervi al primo anno, tu ha una lentiggine sotto il pomo d’adamo a forma di F.”
“Sul serio?!”
“Giuro.”
Non so perché, ma mi sentii meglio. Forse il mio starle lontano era un autopunirmi, perché stavo vivendo una vita di cui Fred era stato privato.
“Sai Angie? Ti amo.”
Ci baciammo lentamente e io sentii il cuore freme re come mai prima. I nostri corpi in contrasto si fusero sul tavolo di lavoro che io e Fred avevamo assemblato quattro anni prima.

Scusa se non ho trovato il coraggio di parlarti prima.
Ce l’ho fatta, sono tornato a vivere.
Buon Natale, Freddie, ti voglio bene.


Angelina (3 Febbraio 2001)
 
Gli esiti arrivarono abbastanza in fretta, perciò dovemmo sbrigarci con i preparativi.
“Sei sicura di volerti sposare col pancione?” mi chiese George apprensivo.
“Sicura. Dai, tanto tua mamma non mi farebbe comunque muovere un dito, figurati se mi affatico.”
Fu costretto ad annuire e mi baciò ancora una volta l’ombelico.
“Il nostro piccolo.”
“O la nostra piccola” mi corresse.
“No, io credo sarà un piccolo Fred.”
E i suoi occhi si riempirono di lacrime di gratitudine.

Harry (Settembre 2001)
Mai come in quel periodo io e Ron ci capivamo a fondo. Entrambi avevamo appena concluso l’apprendistato per diventare, a tutti gli effetti, Auror. L’anno prima i genitori di Hermione avevano voluto trasferirsi a Londra, lasciando la casetta a loro due, poco dopo io e Ginny avevamo deciso di convivere. La mia casa era quasi sempre infestata da Teddy, il bambino più iperattivo del mondo magico, mentre Ron aveva da poco preso Fred jr. tra le sue braccia di zio per la prima volta. E non lo lasciava toccare da nessun’altro (almeno finché Ginny non cominciava ad usare il suo nome per intero, reclamando il piccolo).
Ma quello, proprio, non me lo aspettavo.
“Vuoi chiedere a mia sorella di sposarti?!”
“Beh, sì.”
“Miseriaccia, meno male! Perché anch’io voglio chiederlo a Hermione… Penso preferirei baciare un ragno, in questo momento.”
“Anche a me spaventa a morte.”
“Ah! Harry Potter, l’uomo che è andato dritto dritto tra le braccia del signor morte ha paura di… Scusa.” Concluse vedendo la mia faccia.
“Ho un piano! – riprese poco dopo – lo faremo insieme.”
“Come?”
“Decideremo data e ora, organizzeremo due cenette romantiche e BAM! Glielo chiediamo. Senza scuse, la mattina dopo dovremo essere fidanzati.”
“Sai Ron, è un piano così idiota che potrebbe anche funzionare.”

Harry e Ginny, la proposta.
La collina su cui sedevamo a guardar le stelle era verde smeraldo, e sembrava brillare come specchio della luna piena che ci guardava sorniona.
Le mie dita tremavano mentre cercavo di afferrare la scatoletta nella tasca dei pantaloni.
“Ginny io…”
“Sì?”
“Sai, stiamo insieme da un po’.”
“Sì, Harry, non capisco il punto.”
“Beh ecco, forse troppo…”
“COME PREGO?”
“No, per dire… No ecco, io… Merlino, quanto me la pagherà Ron appena lo trovo…”
“Harry, mi vuoi lasciare?”
“Cos..?! No! No, no, no… Ecco, guarda.” Dissi riuscendo a sfilare il piccolo contenitore di velluto rosso, che mi scivolò dalle mani e rotolò giù per la collina.
Ti odio, Ronald Weasley.
Mi lanciai giù per la collina, inciampando e rotolando, fino a riprendere il prezioso pacchetto.
Quando tornai su sembravo appena uscito da un attacco aereo dei giorni di gloria di Pix.
“Harry Potter, sei un danno.”
“Lo so, spero che questo non ti impedisca di sposarmi, però.” Dissi riuscendo, finalmente, a mostrarle l’anello.
“Io… Sì, sì Harry. Lo voglio più di ogni altra cosa al mondo.”
Mai avevamo fatto l’amore come quella notte, forse solo la prima volta dopo il nostro “appuntamento babbano.”
Beh, forse non ti odio così tanto, alla fine.
 
Ron e Hermione, la proposta.
Il letto era cosparso di petali di rosa, così come avevo letto sul settimanale della strega rubato a mia madre. Accesi le candele con un colpo di bacchetta mentre Hermione mi guardava sbalordita.
“Ronald, cos’hai combinato?!”
“Ma…”
“Ron l’altro giorno invece di tenermi la porta aperta l’hai lasciata andare dritta contro il mio naso. Ci dovrà pur essere un motivo serio alla base di tutto… questo” concluse indicando il letto.
“Miseriaccia donna non si può nemmeno organizzare una sorpresa per chiederti la mano che… ops.”
Le ci volle un attimo per interiorizzare, poi una lacrima rimase appesa alle sue lunghe ciglia scure.
“Avrei voluto fosse più romantico di così” mormorai scoraggiato.

“No, Ron, è perfetto. Ti amo e sì, sì lo voglio.”
Ok, forse preferire i ragni era un po’ esagerato.

 
Ron (Marzo 2001)

Non mancava molto alle nozze quando trovammo la prima scritta.
Kingsley ci aveva convocati d’urgenza, a notte fonda.
La casa di Draco Malfoy era decisamente ridimensionata rispetto alla vecchia villa degli orrori, ma era comunque parecchio altezzosa.
Sua moglie, Astoria Greengrass, si stringeva a lui con aria affranta. Sul muro di casa loro c’erano scritte solo due parole, di un rosso troppo scuro per essere vernice.
Siamo tornati.



Curiosità: Il 2 febbraio del 2001 era davvero una notte di luna piena. Seamus Finnegan, come annunciato dalla Rowling, deciderà di frequentare nuovament il settimo anno. Victoire Weasley nasce il 2 Maggio del 2000 mentre non è mai stata specificata la data di nascita di Fred jr, così come non viene definita la data dei rispettivi matrimoni. Teddy Lupin nasce nel 1998, come detto nel libro, poco tempo prima del 2 maggio, data della battaglia di Hogwarts. I volti del trio verranno inseriti nelle figurine delle cioccorane per aver contribuito alla salvezza del mondo magico.
<3
Presto in arrivo il settimo :) commentate, mi piacerebbe ricevere un feedback per capire se funziona :)

Grazie ad aurorasophiee e scarlett90 <3

Clari

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Capitolo 7
*** Il cerchio. ***


“L’ultimo nemico che sarà sconfitto
È la morte.”
San Paolo apostolo, Saulo di Tarso.

 
Draco (Aprile 2001)
 
Alla fine si era rivelato un brutto scherzo, fatto da un paio di ragazzini senza troppo cervello. Credevano di farmi un favore, ero stato un mangiamorte, dopotutto, la gente non se lo dimenticava mai.
Astoria sì, però, lei non ci faceva caso. Non le importavano le “intenzioni cadute a vuoto di un ragazzino solo e terrorizzato”, ma solo le mie azioni di uomo adulto e consapevole.
Anche a Potter non importava, o alla Granger. Forse, in fondo, molto infondo, nemmeno ai Weasley.
Non volevo la loro pietà, ma la paura che facessero del male a mia moglie era stata troppa.
Avevano sorvegliato il posto come fossero fantasmi per un mese, analizzato ogni traccia, fino a trovare il responsabile.
Il “capo banda” si era preso una gran strigliata e aveva chiesto scusa in ogni modo.
Idiota.
Comunque io non mi sono tranquillizzato ancora.
L’ho visto quello sguardo, negli occhi verdi del salvatore del mondo magico. Li conosco, perché li ho odiati. Mi hanno guardato male, giudicato, insultato, quegli occhi. E poi, alla fine, sono stati la mia salvezza.
Per questo non mi è sfuggito quello sguardo.
“Va tutto bene Draco, era solo uno scherzo di cattivo gusto.”
Ma lui guardava fuori dalla finestra e il cielo sereno sembrava stranamente scuro, come prima di una tempesta.
 
Hermione (2002)
 
Stringevo così forte i pugni che quando riaprii le dita mi facevano male le ossa.
Ron mi guardava con lo sguardo terrorizzato, ma io non lo vedevo.
Vedevo solo lei, con le braccia ancora semi-aperte, ombra dell’abbraccio che si stava scambiando con il mio futuro marito.
Ron provò a dire qualcosa ma ne uscì un gridolino strozzato e fin troppo acuto, perciò richiuse immediatamente la bocca.
Con mia grande sorpresa fu lei a parlare.
“Ciao, Hermione.”
“Lavanda.” Risposi seccamente, mentre ogni cellula e fibra del mio corpo urlava insulti che nemmeno Mundungus Fletcher.
“Siediti.”
Mi sta offrendo di sedermi IN CASA MIA?!
Con movenze rigide mi sedetti piano, preparandomi al peggio.
“Capisco cosa possa sembrare… Sono stata orribile con te, Hermione. E tu mi hai salvato la vita.”
Cominciai a tremare, non mi guardava nemmeno in faccia, rimanendo di profilo, con gli occhi bassi. Mi ha tradita, pensavo, è tutto finito.
“Sono venuta qua per chiedere aiuto a Ron, perché devo contattare suo fratello Bill.” Non riuscivo proprio a capire. Beh, almeno finché non si degno a guardarmi in faccia.
Sembrava diversa: non i lineamenti, non i capelli… Il collo.
Una lunga ferita bianca riluceva sulla sua pelle. Una ferita di striscio, che ricordavo molto bene.
Avevo impedito a Greyback di morderla, ma questo non aveva evitato che lui la ferisse, vista la vicinanza dei denti al suo collo.
Bill Weasley lo sapeva bene, aveva le stesse cicatrici.
Rilassai le spalle e, dopotutto, mi sentii un po’ in colpa.
“Hai qualche sintomo strano?”
“Mi piacciono le bistecche al sangue.” Rispose con un mezzo sorriso.
Fu quello il motivo per cui, qualche mese dopo, il suo era uno dei visi tra il mare di persone invitate al mio matrimonio.
Era cambiata molto dai tempi di Hogwarts e, a dirla tutta, mi ero proprio affezionata a lei.
Non la guardai a lungo, però. Guardavo Ron, per una volta vestito davvero bene, con quel sorriso un po’ tonto sul viso che io amavo tanto.
Sentii alcune ragazze scoppiare in singhiozzi mentre attraversavo la navata stretta al braccio di mio padre. Ripensai al ballo del ceppo, quando tutti mi avevano guardato con occhi increduli.
Era arrivato il mio momento: per una volta non sarei stata Hermione Granger, la dentona, tutta capelli e sapientona. Ero io la protagonista della mia vita, quel giorno.
“Lo voglio” disse Ron.
E per me non c’era altro da aggiungere.
 
Seamus (2 Maggio 2003)
 
Io e Dean avevamo lavorato sodo per finire quel discorso. Lui aveva preso in mano Radio Potter, ma ero io il giornalista lì, mi ripeteva, sei tu il nuovo reporter della Gazzetta del Profeta.
Chiamammo Lee, perché solo lui poteva leggere quelle parole. Era stata la sua voce a dare speranza nei giorni bui.
“Ehm, prova, è acceso? – disse schiarendosi la voce, noi rispondemmo con un cenno di assenso. – Allora comincio. Cari maghi e streghe… Cari Amici. Cinque anni sono passati da questa stessa notte, del 1998. Potremmo parlare di come Voldemort sia stato sconfitto, schiacciato e distrutto da Harry Potter.
Invece no. Vogliamo parlarvi di un’atmosfera elettrica, una consapevolezza dolorosa mista alla voglia di farla finita, lottando per la libertà.
Vogliamo parlarvi di come non c’erano case, o punti, o voti, quella notte. Non eravamo Grifondoro,
ma solo ragazzi troppo giovani che lottavano per un futuro che gli sarebbe, altrimenti, stato negato. Vogliamo parlarvi di come un ragazzino mingherlino e spregiudicato ha lottato fino alla morte per difendere gli amici. Di come molti di noi abbiano guardato la luce scomparire dagli occhi dei propri cari. Ma la guerra non aspetta, non ti concede il beneficio di soffrire.
Vogliamo raccontarvi di una manica di professori che hanno combattuto versando lacrime e sudore per difendere i propri studenti, a costo della vita.
Dell’urlo di una madre che difendeva i propri figli.
Dell’odore di morte che permeava la sala grande, che per anni aveva significato “casa” per molti di noi.
Di Harry morto, tra le braccia di Hagrid. E della paura che tutto fosse finito.
E di Neville, che ha sfidato il male guardandolo negli occhi, continuando a lottare contro il fuoco che lo bruciava lentamente.
Voglio raccontarvi di loro, che sono stati degli eroi. Tutti loro, tutti noi. Persone comuni che hanno unito forze e cuori per resistere contro ogni prospettiva.
Grazie  chi è morto e a chi è vivo. A chi ha perso molto e ha dato tutto.
Grazie a chi, nonostante tutto, è rimasto fin proprio alla fine.”
 
Neville (2004)

Era troppo bello per durare.
Mi era stato tolto tutto, sempre.
Ero diventato professore di Erbologia, ad Hogwarts, e chiamavo per nome Minerva, una professoressa che avevo sempre temuto nei giorni di Hogwarts.
Mi ero sposato con Hannah, che era bellissima e amava proprio me.
“Sei un pessimista, Neville.- Mi aveva detto Lumacorno. – Un gran pessimista.”
“Dammi retta, Horace. Qui c’è qualcosa che non va.” Ma lui se ne stava già andando, mostrandomi le spalle e borbottando qualcosa come “Stai diventando come Alastor.”
Sarà anche stato, ma poco tempo dopo era successo il fattaccio. Un mangiamorte aveva cominciato a colpire a caso i passanti, urlando che i seguaci di Voldemort gli erano fedeli oltre la morte.
Perché lui non era stato solo un mago oscuro. No, lui era stato una pianta velenosa, certo, ma i suoi seguaci erano stati le sue radici. Il motivo per cui era rimasto in vita.
E andavo estirpate una ad una.
Per un attimo pensai di ritirare fuori il vecchio galeone truccato dell’E.S.
Ma non dovevamo più nasconderci, governavamo noi. Sono stato nelle fiamme. Siamo stati nel fuoco dell’inferno.
Ma siamo anche rinati dalle ceneri della nostra scuola, della nostra casa.
Come Fenici.

Luna (2004)

Ero appena tornata a casa da una lunga ricerca per il mondo, che mi aveva condotta ad appurare, mio malgrado, che non esisteva alcun Ricciocorno Schiattoso.
Vagavo per Diagon Alley, cercando qualcosa di buono da cucinare insieme a mio marito. Mi spaventai molto quando vidi una signora schiantarsi contro il muro davanti i miei occhi. Suo marito urlava, cercando di trascinarla al riparo, e io feci il possibile per aiutarlo.
“Grazie” sospirò Draco Malfoy.
Poi mi riservò uno sguardo che mi aveva accompagnato per tutta la vita: incredulità.
“Luna?!”
“Ciao Draco, tutto bene?” risposi distratta, mentre controllavo che tutto fosse a posto da dietro l’angolo.
Ovviamente gli Auror avevano già fermato il colpevole.
Sentii un sonoro pop, e seppi che si era smaterializzato. Senza salutarmi. Peccato, magari avrebbe saputo dirmi dove potevo comprare dei pimpli freschi.
Il giorno dopo ci trovammo a casa di Harry per parlare dell’accaduto. Voleva chiederci di tenere gli occhi aperti, per sicurezza. Stranamente allo stesso tavolo si era unito anche Draco.
Alla fine della riunione lo vidi raggiungere il cortile e fermarsi lì, a guardare il cielo. Aveva l’aria stanca e preoccupata, così decisi di controllare se stesse bene.
“Perché sei gentile con me, Luna? Sai, anche io nascondevo le tue cose, ad Hogwarts.”
“Lo so.”
“Perché siete tutti gentili con me? Non lo merito.”
“Tutti meritano un po’ di gentilezza.”
“Anche i mostri?”
“Anche loro.”
Lo abbracciai, immaginavo che fosse una cosa a cui non era abituato. Forse per quello era sempre stato un po’ freddo.
“Sei proprio strana” disse ricambiando.
“Lo so.” Rispondemmo contemporaneamente.
Lasciai che smettesse di ridere, prima di chiedergli dei pimpli.
Non lo sapeva, peccato.

Sconosciuto (2004)

Confinati sulle montagne, come lo erano stati i giganti. Senza casa, senza cibo, al freddo.
La rabbia era cresciuta negli anni.
Molti di noi erano morti, molti ad Azkaban. Altri, i peggiori, fuggiti prima che li riconoscessero.
Ma non eravamo pochi, no. E Lui aveva ragione. Dovevamo lottare, distruggere. Avremmo dominato il mondo o saremmo morti nella gloria.
Era ora che il mondo cominciasse a tremare.
Sono tornati i Mangiamorte.

Harry (25 Dicembre 2004)
 
Il pancione di Ginny era stupendo. Quando mi aveva detto di essere incinta per poco non ero svenuto.
Padre.
Avrei fatto di tutto perché lui crescesse come mi era stato negato.
Papà.
Mi ricordavo ancora di Ginny in quel suo vestito bianco, e i capelli rossi che creavano un contrasto avvincente. Mi ricordavo i suoi occhi. Forse solo un paragone poteva reggere il confronto con il mio amore per lei. Io l’amavo come Piton aveva amato mia madre.
Ron aveva pianto come un bambino alla notizia, sbalordendo tutti.
Il pancione di Ginny era stupendo.
 
Ginny (31 Ottobre 2005)

Harry era da poco uscito per andare a trovare i suoi genitori, come faceva ormai ogni anno.
Di solito andavo con lui, ma il piccolo James Sirius dormiva già e non volevo svegliarlo proprio quando aveva deciso di darci un po’ di tregua.
Si preannunciava come una vera piccola peste.
Ero davanti alla sua culla quando un boato fracassò la porta d’ingresso al piano di sotto.
Una risata roca spezzava l’aria.
“Dove sei piccola rossa? Voglio fare un gioco.”
Feci per afferrare la bacchetta, ma ricordai di averla lasciata in cucina. Lontana.
Guardai Jamie dormire. I passi della morte risuonavano secchi sulle scale, oltre la porta.
Ammirai tanto Lily, mentre spalancavo le braccia davanti alla culla.
Pensavo sarebbe durata di più, pensavo di veder crescere il nostro bambino.
“James, ti amo. Papà ti ama. James, sii forte.” Sussurrai al bimbo dai capelli neri che ora mi guardava inconsapevole dalla culla.
Mi voltai, tenendo spalancate le braccia, proprio quando Avery stava varcando la soglia.
Ti amo Harry, pensai mentre alzava la bacchetta, con sulle labbra due sole parole.
Avada Kedavra.

Ringrazio Themysticgohan, scarlett90 e aurorasophiee (VISTO?! <3) per aver commentato :)

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Capitolo 8
*** Pedine ***


“La guerra è indispensabile per difendere la nostra vita
da un distruttore che divorerebbe ogni cosa;
ma io non amo la lucente spada per la sua lama tagliente,
né la freccia per la sua rapidità,
né il guerriero per la gloria acquisita.
Amo solo ciò che difendo.”
J.R.R. Tolkien, “Il Signore Degli Anelli”

 
Hermione (31 Ottobre 2005)
 
“Potevamo almeno avvertirla prima!” brontolai nuovamente.
“Avanti Hermione, che vuoi che sia! Tanto è mia sorella.”
“Ron sei un invadente, insensibile…”
“Basta litigare, sono sicuro che non sarà un problema per Ginny, anzi, le farà piacere.”, ci rimproverò bonariamente Harry.
Per non disturbare il sonno del piccolo ci eravamo smaterializzati un po’ distanti dal cancello di casa, Ron non era mai stato molto silenzioso ed elegante nel presentarsi. Avevamo deciso di andare noi al cimitero con Harry, dal momento che Ginny era dovuta rimanere con James.
Due finestre erano illuminate, la casa era silenziosa. Poi, d’improvviso, un odore strano. L’avevo già sentito, tanto tempo prima. Quasi un odore antico. L’odore del male, l’odore di morte. Lo stesso olezzo che mi aveva torturata insieme alla bacchetta maledetta di Bellatrix Lestrange.
Mi voltai verso Ron, ma lui non guardava me. E nemmeno Harry. Guardavano avanti, immobili, terrorizzati.
La porta d’ingresso era distrutta. Ricordava una bocca enorme, come pece dell’oscurità e rossa di luce insanguinata.
Gli occhi di Harry si aprirono di colpo e cominciò a correre, e noi con lui. Non era un Auror, era un padre. Un marito.
Puntammo la bacchetta verso ogni angolo da noi raggiungibile, usando cautela nel varcare la soglia. Al piano di sotto non trovammo nessuno. Sul tavolo, in cucina, la bacchetta di Ginny.
“Disarmata.” Sussurrai piano.
Quasi come risposta uno strillo squarciò l’aria. Il pianto di James. Il pianto di un bambino solo.
Harry dimenticò qualsiasi prudenza e si precipitò su dalle scale, correndo a perdifiato. Correvamo come se tutta la nostra vita dipendesse da quello.
Ancora quell’odore. Odore di morte, per le scale, verso la stanza di mio nipote.
La luce veniva da lì e James piangeva ancora. Nessuno l’avrebbe preso in braccio… Perché Ginny non era lì.
Mi girava la testa, sentivo il vomito bruciarmi la gola. Harry cadde, crollò sulle sue ginocchia, e posò una mano tremane vicino a tre goccioline di sangue. Proprio tre, come la favola di Biancaneve.
Il mio istinto mi portò verso la culla, presi James in braccio e lui si calmò subito. Il silenzio ci avvolse irreale, mentre stringevo quella creatura indifesa, così simile a suo padre.
Quando Harry alzò lo sguardo indietreggiai, gli occhi rossi, profonde occhiaie. Uno sguardo crudele. Cercai conforto in Ron, ma vi ritrovai lo stesso sguardo. E poi capii.
Vendetta. Giustizia. Rabbia. I loro occhi non erano che uno specchio dei miei.
“Hogwarts.” sibilò Harry.
Era ricominciata la guerra.
 
Molly (31 Ottobre 2005)
 
Quell’anno avevo cominciato prima a lavorare a maglia. La famiglia Weasley, già abbastanza numerosa di suo, si era ampliata non poco. Tanti maglioni avevo da preparare, per il Natale seguente!
Fu proprio in quel momento, proprio mentre intrecciavo i spessi fili di lana calda, che credetti di avere un infarto. Un dolore forte mi prese il petto, non potevo respirare.
“George…” provai a chiamarlo con voce spezzata. Lui, che era venuto a trovarmi con sua moglie, mi raggiunse di corsa. Ma non mi trovò rantolante.
Mi trovò pietrificata. Fissavo i nuovi orologi, creati apposta per aggiungere tutti i nuovi membri della nostra amata famiglia.
L’urlo di George non fu mai straziante come quello che esplose nel mio cuore.
 
George (31 Ottobre 2005)
 
La lancetta di mia sorella immobile, indicava un simbolo che non riuscivo nemmeno a guardare.
Morta. No, no, non poteva essere così. Stupidi aggeggi magici senza valore. Mi aggrappai ad Angelina, che ci aveva raggiunti subito. Non poteva essere morta, non poteva perché non saremmo sopravvissuti. Non questa volta. Non più.
Una serie di secchi pop ci spinse a correre verso l’ingresso. Papà e Percy ci guardavano con occhi sbarrati. Feci per chiedere loro cosa fosse successo, ma si aggiunsero a noi Harry, Ron ed Hermione. Lei stringeva James tra le braccia. Lo stringeva come se lo proteggesse da chiunque. Noi compresi.
Bastò uno sguardo di Ron e il mancato saluto del suo migliore amico, per spezzarci il cuore.
“NO!” gridò disperata la mamma.
“Silenzio – intimò mio fratello, come non lo avevo mai visto fare – non c’è tempo. Ginny è sparita, ci sono segni di lotta, non possiamo perdere tempo.” Fece un cenno a Hermione che si avvicinò a mia madre.
“Prendilo – le sussurrò – proteggilo. Angelina, vieni qui. Dovete difenderli, con il vostro Amore. Lei… Ginny l‘ha fatto. Forse mi sbaglio, ma… Credo che l’abbia difeso, come Lily fece per Harry. Credo che abbia riversato su di lui lo stesso incantesimo.”
Harry tremò prima di riscuotersi e raggiungere, con mia grande sorpresa, me e Percy.
“Portateli a Villa Conchiglia, Bill e Charlie sono stati avvisati. I genitori di Hermione sono già lì, con Teddy. Arriveranno altre persone e manderò dei rinforzi dal ministero. Non uscite, barricatevi.”
“Perché?” mormorò mio padre, sconsolato.
“Io non sono che l’inizio. Loro non temono me soltanto. Io ero il prescelto, ovvio, ma ero il nemico mortale di Voldemort, non il loro. Siete voi, voi e pochi altri volti ormai famosi, che li hanno distrutti e umiliati. Vi attaccheranno, ci attaccheranno tutti.
Dobbiamo avvisare gli altri prima che sia troppo tardi. Quando tutti saranno al sicuro non avranno più armi contro di me, allora cercherò Ginny, e la troverò. Fosse anche in capo al mondo.”
Ron diede una spintarella a sua moglie verso di noi, ma lei dissentì piano.
“Hermione, ti prego. Perché non posso, per una volta nella vita, essere sicuro che la donna che amo non stia rischiando la vita?”
“Serve qualcuno di razionale, Ron. E poi non sopravvivrei, se qualcosa andasse storto. Hanno preso la mia migliore amica. Non starò qui ad aspettare che uccidano mio marito e il mio più grande amico.”
Harry baciò sulla fronte il suo bambino e poi mi guardò negli occhi.
“Mai. Nessuno lo toccherà mai, finché potrò impedirlo.” Giurai.
Poi li guardammo sparire, nell’oscurità della notte.
Fred, ti prego, proteggila. Nostra sorella, la nostra piccola Ginny. Fred, salvala.
Salvami, Fred.

 
Neville (31 Ottobre 2005)
 
Quando il galeone che portavo al collo cominciò a scaldarsi contro la mia pelle sapevo già cosa si prospettava. Non scottava più da molto tempo, ormai, ma chiunque ne avesse mai posseduto uno aveva trovato il modo di portarlo sempre con sé. Guardai Hannah rigirarsi nel sonno e mi tirai su dal letto cercando di non svegliarla. Eravamo nella nostra piccola casetta, a Hogsmeade, la sistemazione ideale per il mio lavoro.
Il mio tentativo di non svegliarla fu interrotto da un secco bussare alla porta di casa.
“Ron, cos’è successo?”
“Hanno preso Ginny.”
Il mio cuore si bloccò, la mia mente tornò al passato. Mi ricordai del Ballo del Ceppo, quando danzammo insieme tutta la notte. Forse la mia prima vera amica, non provava vergogna nel ballare con me, nonostante le infinite prese in giro dei Serpeverde. Ma soprattutto ricordai il nostro ultimo anno a Hogwarts, la complicità, la guerra contro i Carrow. Ci eravamo aggrappati l’uno all’altra.
L’avevano portata via.
“Andiamo a Hogwarts, lì ci raggiungeranno gli altri.” Ron sapeva che non doveva spiegarmi altro. Sapeva che avevo capito. Eravamo in pericolo, ma non solo. Eravamo una squadra. L’Esercito di Silente.
Hannah ci guardava, appoggiata alla porta della camera. Il nostro amico le rivolse un sorriso triste ma dolce e sussurrò “Villa Conchiglia.”
Mia moglie annuì piano e si voltò vero di me.
Non le dissi quanto l’amavo, perché sarebbe suonato come un addio. Sorrisi e le sue guancie si imporporarono di speranza.
Fu quella l’ultima immagine che volli ricordare di lei, prima di smaterializzarmi.
Perché in fondo sapevo: quello era un addio.
 
Draco (31 Ottobre 2005)
 
Bussarono alla porta e io andai ad aprire sbuffando.
“Non abbiamo più caramelle, chiaro?! Finite. E direi, oltretutto, che i bambini dovrebbero dormire a quest’ora e…”
Quando alzai lo sguardo mi resi conto che non si trattava affatto di bambini mascherati. La Granger, Potter e Luna mi fissavano con le sopracciglia corrucciate.
“Ci inviti a entrare, Draco?” chiese Harry, con voce stanca.
Aspettavo quel giorno, così li feci entrare. In poche parole mi spiegarono la situazione.
“Ma non capisco perché io e Astoria dovremmo andare all’estero! Insomma io non ho nulla a che fare con…” ma le parole mi morirono sulle labbra.
“Con noi?” completò sardonica Hermione.
Luna si avvicinò a grandi passi e mi prese i polsi. Non avevo mai visto uno sguardo così balenare nei sui occhi. Luna Lovegood era arrabbiata.
“Merlino, Draco! Ma non ti rendi conto? Pensi che nessuno si sia accorto di quanto hai titubato prima di lasciare i nostri ranghi per unirti a Voldemort? Sapevi che se non avessi mosso un passo avrebbe ucciso i tuoi genitori, lo sapevamo tutti. La tua famiglia è colpevole per loro tanto quanto lo siamo noi: voi avete voltato le spalle ai mangiamorte, e loro non perdonano. Mai.”
“Draco – intervenì l’altro – credo che il ragazzo che scrisse quelle parole sul muro di casa vostra fosse sotto la maledizione imperius. Fallo per tua moglie, portala al sicuro.”
Annuii, convinto ormai che la ragione fosse dalla loro parte.
Ironia della sorte, le persone che più avevo disprezzato nella mia vita non si erano dimenticati di me in un momento come quello.
 
Harry (31 ottobre 2005)
 
Neville e Ron ci aspettavano nell’Ufficio del Preside, insieme alla Mc Grannitt. Nulla era cambiato da quando era appartenuto a Silente, il che dimostrava solo l’immensa fedeltà che quella donna gli riservava. I suoi occhi profondi e marcati dalle rughe erano interrogativi.
“Perché proprio qui, Harry?”
“Mi spiace disturbarti, Minerva, ma devo parlare con i tuoi quadri.”
La sua bocca sottile si aprì in un sorriso e fece cenno di aver compreso.
“Harry, caro, caro, ragazzo.” Gli occhi di ghiaccio di Albus mi trafissero come al solito da sopra gli occhiali a mezzaluna. “Ho origliato la conversazione tra la nostra brillante preside e i nostri giovani amici. Oh, Harry, sai che sono sempre stato dell’idea che sia opportuno concedere una seconda possibilità... Ma le menti di quegli uomini sono malate, avvelenate dal loro vecchio padrone. Dovete catturarli tutti, dovete estirparli uno a uno, è l’unico modo.”
“Potter.” La sua voce mi rimbombava dentro, non mi sentivo pronto a guardarlo, né a sentire le sue parole. Ma il tempo era ormai agli sgoccioli.
“Non ti fidare, Harry, di nessuno. Sono crudeli, sono infidi. Ogni traccia di amore è stata estirpata dalle loro anime. Harry, trovala. Proteggila, come io avrei voluto fare per tua madre. Hanno gli stessi capelli.” Mentre una lacrima rigava le guancie di Piton, nel quadro stesso, Silente sospirò.
“Ora concentriamoci sul come agire.” Ron assentì vigorosamente e cominciò a camminare avanti e indietro. C’era qualcosa nell’aria, qualcosa che suonava come un terrore strisciante, una sorda paura.
 
Arthur – Villa Conchiglia
 
La luce fioca delle candele illuminava il volto dei miei figli, ormai adulti, che serravano le mascelle. I lineamenti erano tesi e duri, segnati dal dolore di aver già visto due guerre, in così giovane età.
Formavamo un cerchio, nella sala d’ingresso, al centro le donne e i bambini. La casa era circondata di incantesimi potenti, eppure non riuscivamo a sentirci al sicuro. Nemmeno nella nostra dimora.
Il silenzio era troppo assordante.

Astoria – Germania
 
Il clima rigido e severo colorava gli occhi di mio marito, già grigi, di una sfumatura indaco.
Le sue occhiaie erano marcate, gli occhi spalancati e persi. Draco era profondamente turbato, come me. Ma gli sorrisi e lo presi per mano.
C’era troppo silenzio tra noi due.
 
Hagrid – Hogwarts
 
Dovevo andare verso al castello per rivedere i miei vecchi amici. Nei guai erano, fino al collo, per la barba di Merlino! Io c’ero quando Harry era un cosino piccolo piccolo che mi ci stava in una mano, e c’ero anche con James. Ce lo avevo giurato, l’avrei sempre protetto, io.
Ah, la cara vecchia Hogwarts! Così tranquilla, così silenziosa.
 
Sconosciuto
 
“La ragazza cederà.”
“E se così non fosse?”
“Patirà una sorte peggiore della morte!” disse Lui, alzandosi infervorato.
“Non potevamo prevederlo.” Mormorai nervoso. Ma lui parve distendersi e tornò a sedersi sul suo trono di roccia.
“Non importa, abbiamo ottenuto comunque quello che volevamo. Sono così prevedibili, così… Buoni. La bontà è prevedibile e sciocca, ricorda. Li distruggeremo prima ancora di dover alzare la bacchetta. La guerra è alle porte.”
“Quando?”
“Ha avuto inizio stanotte, stolto. Prima che l’alba sorga qualcuno urlerà, e il gioco avrà inizio.
Sono già tutti morti, solo che ancora non lo sanno.”



Eccoci qui! Questo capitolo è stato tosto, e quello che viene è ancora peggio (buahahaha). Volevo ringraziare di cuore i miei fedeli commentatori <3 Grazie anche a chi si limita a leggere questa ff, sappiate che mi piaerebbe davvero sapere cosa ne pensate :)
Ne apporfitto per augurarvi buone vacanze e BUON NATALE <3
Il prossimo capitolo arriverà a brevissimissimo :)

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Capitolo 9
*** Io vi vedo. ***


“Chi controlla il passato controlla il futuro.
Chi controlla il presente controlla il passato.”
George Orwell, “1984”

 
Minerva McGranitt (31 Ottobre 2005)
 
Il giovane Harry stava ancora discutendo animatamente sul da farsi con Albus, quando un abbaiare profondo e spaventato li interruppe.
Riconobbi immediatamente il latrare di Thor e, subito dopo, un urlo animalesco fece trasalire tutti i presenti. Hagrid, il nostro fedele guardiacaccia. Tutti riconoscevamo quelle urla, tutti le potevamo ricondurre a una maledizione senza perdono. Lo stavano torturando, lì, in mezzo al giardino della mia scuola.
“Seguitemi”, ordinai loro e li condussi verso un passaggio segreto creato dopo la guerra.
Ci spostammo veloci e silenziosi, e piombammo in giardino pochi secondi dopo.
Hagrid si dibatteva per terra con tonfi sordi, soffrendo a tal punto che ormai si limitava a uggiolare come una bestia morente. Sopra di lui vi era una figura esile nascosta nell’ombra, rideva piano, rideva di lui.
“Incarceramus!” tuonai, interrompendo quella barbarie. Ci precipitammo chi verso il guardiacaccia, chi verso il mangiamorte. Era un ragazzo, giovane e talmente magro che gli zigomi sembravano voler tagliare la pelle delle guancie.
Poco dopo eravamo nuovamente nel mio ufficio, il mangiamorte legato a una sedia. Horace stava spingendo a forza, giù per la sua gola, una fiala di veritaserum.
“Chi ti ha mandato, lurido verme?” sbraitò Ronald fuori di sé dalla rabbia.
“Io non lo so.” Rispose ridendo.
“Perché sei qui?”
“Non lo so.”
“Bugiardo!” e, disperato, si buttò contro il suo collo stringendolo con tutta la forza che aveva.
Hermione si precipitò tra i due e calmò suo marito.
“Ron, fermati! Ma non capisci? Non si può ingannare una pozione veritaserum! Chiunque sia dietro a tutto questo gli ha cancellato la memoria, lasciando solo le informazioni che volevano trasmetterci. – poi si voltò brusca verso il prigioniero – dimmi tutto quello che sai, senza eccezione alcuna.”
Lui ricominciò a ridere e poi si contorse sulla sedia, voltandosi verso Harry.
“Lei è a casa tua. Oh, ma non è più la donna che hai sposato.” Detto questo, si fermò in preda a una risata isterica.
“Dobbiamo andare. Minerva, ti prego di portarlo al ministero, Kingsley saprà cosa fare di lui.”
Stavo per trascinarlo via ma lui richiamò Harry.
“C’è qualcuno per tutti voi, lì.”
“Cos’hai detto?” sussurrò Neville.
“Ce n’è uno per ciascuno di voi.” Ripeté più forte, ghignando come sfida.
Vidi con la coda dell’occhio una bacchetta guizzare e, prima che lo potessi impedire un lampo di luce verde colpì il mangiamorte in pieno petto.
Rimasi sconvolta nel sentire una voce così dolce pronunciare due parole di morte.
Luna rimase immobile per un po’, con occhi di ghiaccio, a guardare il cadavere.
“Luna?!” domandò sconvolta Hermione.
“Mi sono ricordata di averlo già visto. Nei miei lunghi viaggi, in paesi stranieri. Ora so. Mi spiava, raccoglieva informazioni sull’ordine. Tutto questo sarà colpa mia.”
“No.” Sussurrai io, prendendole la mano.
“Sarebbe morto comunque. I segni evidenti di deperimento e le dita ormai nere sono sintomi di un veleno molto potente. Ho avuto modo di studiarlo durante le mie ricerche, ma non se ne conosce ancora la cura.”
“E inoltre – aggiunse una voce strascicata alle nostre spalle – è meglio così. Non fidatevi di loro. Uccideteli tutti.” Concluse Piton, guardando con fierezza negli occhi verdi di Harry.
 
Harry (1 Novembre 2005)
 
La porta di casa mia era ancora lì, distrutta, simile a una nera voragine divoratrice. Ci avvicinammo cauti, ma scoprimmo presto che non vi erano mangiamorte in quel luogo. Quello che trovammo fu spaventoso.
Sul pavimento vi era una scia di candele che conduceva in salotto. I mobili erano scomparsi e, circondati da candele consumate ma ancora fiammeggianti, c’erano dei corpi e uno specchio. Sulle pareti alcune scritte di sangue richiamarono la nostra attenzione.
Per Neville, recitava la prima. Sotto di essa giaceva Hannah, immobile ed esangue. Lui si buttò verso di lei, chiamandola inutilmente.
Per Luna” sussurrò lei, mentre s’inginocchiava di fianco a Draco, piangendo lacrime silenziose.
Nulla di questo, però, mi fece tremare come quello che vedemmo dopo.
Ron urlava, pallido e sconvolto, guardando il corpicino del piccolo Fred Junior rannicchiato sotto il suo nome.
Hermione, poco distante, era immobile davanti allo specchio. Non riuscivo proprio a capire. Per tutti loro vi era qualcuno di caro, ma Hermione non era mai stata superba o innamorata di se stessa.
Mi avvicinai a grandi passi verso di lei, così come Ron, che stringeva il piccolo tra le braccia.
Sullo specchio era disegnato un grande cerchio, all’altezza del suo ventre.
Sotto vi era scritto: congratulazioni.
Dovetti sorreggerla e aiutarla a sedersi, prima che cominciasse a spiegare.
“Per questo non volevo venire da voi, questa sera. Volevo parlarne prima con Ron. Oggi ho ricevuto la lettera dal St. Mungo al lavoro.”
“Non sapevo avessi fatto una visita.” Borbottò Ron, completamente sotto shock.
“Avevo paura che fosse nuovamente negativo. Ci proviamo da quando siamo sposati ad avere un figlio, non volevo darti un’altra delusione.” Concluse lei, abbandonandosi contro il muro.
Luna interruppe cauta il nostro dialogo.
“Credo sia sangue animale.” Infatti così era. Seguimmo delle tracce che portavano in camera da letto e lì trovammo il cadavere di una giovane cerva.
Di Ginny, come sospettavo, nessuna traccia.
Chiusi il dolore al di fuori della mia mente, non potevo permettermi di perdere lucidità. Dovevo resistere per lei, dovevo rimanere calmo per trovare la mia dolce sposa.
“Tutto questo non ha senso!” ringhiò Ron.
“Invece sì.” Rispose Luna con voce quieta.
“Avrebbero potuto ucciderli ma non l’hanno fatto.” Ribadì lui.
“Invece sì. Presto saranno morti, Ron. Perché sono stati avvelenati di quello stesso veleno che tormentava il mangiamorte.”
Di tutta risposta lui strinse forte il piccolo Fred, sussurrando che sarebbe andato tutto bene.
Hermione parve combattere contro un demone che le stringeva la gola e si alzò in piedi, cominciando a fare avanti e indietro.
“Chiaramente stanno tentando di controllarci: è facile, una volta conosciute le nostre debolezze. Volevano che venissimo qui, ci volevano vulnerabili e sconvolti. Ci volevano impauriti e preoccupati. Il resto non è stato difficile.”
“Sì, ma rimangono dei dubbi – intervenne Neville – era chiaro che per me avrebbero scelto Hannah. Ma voi?”
“Inizialmente non lo capivo neanche io. La debolezza di Luna è la sua profonda umanità, la sua pietà. Stasera ha tolto la vita a un mangiamorte crudele, ma che altrimenti avrebbe patito dolori atroci. Lei è stata vicina a Draco, quando lui l’ha sempre schernita. Ron desiderava un bambino, più di ogni altra cosa. La cerva era il patronus della madre di Harry, ma l’hanno uccisa, come simbolo del fatto che Harry, ora, non è più protetto. E io… Ho sempre saputo che mi sarei interposta tra voi e la morte, in caso di pericolo. Non hanno avuto bisogno di alcun veleno, per me. Mi hanno tolto la possibilità di proteggere il mio bambino. Non posso sacrificare la mia vita per salvare la sua, non potrò mai spalancare le braccia davanti alla sua culla, regalandogli Amore e una protezione potente. – concluse interrompendo i sui passi. – Non sono mangiamorte allo sbando. Hanno un capo e mezzi potenti. Nessuno sapeva di quella lettera, nessuno a parte me. Fred era ben protetto. Draco e Astoria si trovavano in Germania.”
Detto questo contattò, tramite metropolvere, i nostri amici a Villa Conchiglia, mentre Neville spediva il suo patronus al ministero.
Era ormai l’alba quando tutti gli studenti di Hogwarts furono rispediti a casa per delle vacanze anticipate.
Il castello era l’unico luogo sicuro. Tutti coloro che si erano rifugiati a casa di Bill e Fleur ci raggiunsero immediatamente, seguiti da Astoria e Kingsley.
Portammo lì anche i corpi inermi.
Il Ministro Shaklebolt condusse con lui una squadra di Auror, il resto dell’Ordine e i migliori medimaghi del St. Mungo.
Luna li condusse subito dove si trovavano i feriti e parlarono fitto per parecchio tempo.
Dotammo la scuola di ogni protezione possibile, bloccando ogni via d’accesso.
In lontananza sentii Luna che provava a calmare Neville, Astoria e George: “Ci proveremo in ogni modo, troveremo qualcosa.” Disse, prima di correre a cercare Lumacorno e a parlare con Severus e Silente.
Io abbracciavo in silenzio James, cullandolo piano, come se fosse fragile. Sentivo il cuore pesante, sotto il grave fardello di non sapere cosa fare.
Dove sei, Ginny? Abbiamo tanto bisogno di te.
“Come?! Hermione non sai stata nemmeno tu a chiamarmi con la moneta dell’ES?”
“No Neville, davvero.”
I suoi occhi si fecero improvvisamente enormi. Corse via, ma tornò pochi minuti dopo. Mi strinse il braccio e quasi scoppiò in lacrime.
“I componenti dell’esercito sono tutti qui, vero?”
“Sì, ci siamo tutti.” Rispose Lavanda alle sue spalle.
“E nessuno di voi usa il Galeone incantato da parecchio tempo, vero?”
“Sicuro.” Confermò Dean.
“Manca solo una persona all’appello, - sospirò con una luce strana negli occhi. – Ginny è ancora viva.”
 
Ginny (31 Ottobre 2005)
 
La luce del sole era bianca e molto forte, si rifletteva sulla superficie del Lago Nero, come quei giorni di primavera in cui Harry ed io ci davamo appuntamento sotto quello stesso albero, l’anno della morte di Silente. Sorrisi beata, godendomi il mio paradiso.
“Bu! Buon Halloween!”
Sobbalzai al suono di quella voce scherzosa.
“Ciao, sorellina.” Aggiunse Fred. Provai un senso di gioia splendida e mi buttai  al suo collo.
“Fratellone! Anche tu in paradiso? Non l’avrei mai detto.”
“Paradiso? Sul serio credi che la riva del Lago Nero sia l’aldilà?” mi schernì crollando per terra e ridendo come un matto. Era strano vedere mio fratello maggiore più giovane di me.
“Allora dove siamo?”
“In mezzo, credo.” La sua espressione si trasformò subito, diventando pensieroso.
“Mi sei mancato, sai? E anche a George.”
“Anche lui mi manca, ma qui il tempo è molto diverso da quello terreno. Lo rivedrò quando sarà il momento. Ha un figlio meraviglioso, sicuramente ha preso da me tutta la sua bellezza.”
“C’è molta quiete, qui.”
“Non puoi rimanere.”
“Intendi dire che devo… Andare oltre?”
“No. Credo tu debba tornare indietro.”
“Fred, io sono morta. La maledizione mi ha colpita al cuore! Io non capisco.”
“Non eri sola.” Rispose una terza voce, più melodiosa che mai.
Lily Potter mi guardava con un mezzo sorriso sulle labbra.
“Ciao, Ginevra.”
Non riuscivo a muovermi confusa com’ero, ma lei si avvicinò imperterrita e mi strinse forte.
“Ginevra, coraggiosa donna. Splendida, splendida ragazza. Sapevo che Harry avrebbe scelto la donna giusta. Sei stata forte, ma devi essere forte ancora una volta. Il gesto che hai compiuto è stato così nobile da richiamare me e tuo fratello dal nostro riposo. Lo spirito di Fred vaga senza sosta, in attesa del gemello, io invece veglio su mio figlio. Per questo abbiamo potuto indebolire la maledizione.”
“Quindi devo risvegliarmi?”
“Puoi farlo, se vuoi.”
“Nella vita troverò dolore e paura.”
“Sì, Ginny, – intervenne Fred – ma soprattutto Amore.”
“Cosa ricordi di questa notte?” chiese tranquilla Lily.
“Ho spalancato le braccia, dovevo proteggere qualcuno… Io… dovevo proteggere James.” E improvvisamente gli occhi di mio figlio bruciarono vivi nei ricordi.
“Esatto, cara. La tua famiglia non sopravvivrà al dolore. Harry, lui impazzirà. Cercherà vendetta, cercherà una pace inesistente. E allora chi crescerà il tuo piccolo James? Sarà solo, con un padre che non potrà guardarlo negli occhi per timore di rivederti in lui.”
“Basta!” implorai vivendo nella mia mente tutto ciò che mi era detto.
Fred mi si avvicinò gentile e mi cinse la vita.
“Saluta George da parte mia, e bacia sulla fronte i miei nipotini. Noi ti saremo vicini.”
“Sempre” aggiunse Lily.
La luce si tramutò in buio, la brezza piacevole in un freddo tagliente. La pietra mi tagliava la pelle della schiena. Il seno nudo bruciava come se dita di ghiaccio l’avessero squartato.
Aprii gli occhi e cercai di scorgere qualcosa nella penombra della mia prigione. Mossi subito la mano verso la mia caviglia e vi trovai il galeone stretto da una catenella. Neville non lo lasciava mai, dovevano sapere che ero ancora viva.
Mi sentivo così debole, così stanca. I minuti parevano giorni, il silenzio mi feriva i timpani.
Erano passate non so quante ore quando il galeone tornò a scaldarsi contro la mia pelle martoriata.
Neville sapeva.
Questa consapevolezza mi diede la forza per combattere e alzarmi dal pavimento. Una luce fioca filtrò da non so dove. Per un attimo pensai di trovarmi nella camera dei segreti, come dodici anni prima, poi la luce scomparve.
Sola, disarmata, ferita. Potevo fare una sola cosa.
Raccolsi quanto più fiato potevo e urlai con tutte le mie forze.


Eccoci qui! Infine, superata la fase "sonotroppopienadiciboepandoroperscrivere", ci sono riuscita!!
Capitolo macabro, I know, perdonatemi ma era necessario :) Ringrazio tutti voi che leggete, commentate e mettete tra i preferiti!! Siete dolcissimissimi :)
Fatemi sapere che ne pensate!!! E buon anno a tutti!!!

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Capitolo 10
*** Veleno. ***


“Il sonno della ragione genera mostri.”
Francisco Goya
 

 
Ginny (2 Novembre 2005)
“Crucio!” urlò di nuovo.
Non che ce ne fosse bisogno, ma gli piaceva sentire quel suono tra le labbra, ne ero certa. In un rapido, imbarazzante momento mi resi conto di essermi sacrificata come Lily e di essere stata torturata come Alice e Frank Paciock.
Quando sarebbe arrivata, per me, la follia?
“Crucio, crucio, crucio!” sbraitò in una risata il Mangiamorte. Non lo vedevo, ma percepivo solo lampi informi di dolore.
Pensai a Neville e decisi di aggrapparmi ai ricordi. Non ne sarei uscita viva, no, ma non potevo permettergli di cancellare tutto ciò per cui valeva la pena essere torturata.
James. Con quelle manine minuscole e i suoi occhi giganteschi. Come lo aveva guardato, Harry, la prima volta. Avevo visto quello sguardo raramente. “Ha gli occhi di sua madre” aveva detto sardonico.
Il nostro matrimonio.
Hermione, che era così forte, sempre instancabilmente forte. I miei fratelli. Il papà. La mamma.
Neville e Luna. I miei nipotini. Ancora James. L’ordine. James. Harry.
“Crucio!”
Hogwarts. Harry. James.
E poi si fermò tutto. Non sentivo nulla, nemmeno sapevo quante ossa mi avessero spezzato.
“Scappa.” Sentii sussurrare, ma non potevo. Poi capii che il mio aguzzino si riferiva a se stesso.
“Fermo o sei morto.”
James. Harry... Harry. E poi cedetti.
 
Ron (2 Novembre 2005)
Pensai che Harry avrebbe perso la testa, e se non l’avesse fatto lui, beh, allora sarebbe toccato a me.
Con numerose bacchette puntate contro il Mangiamorte non riuscivamo comunque a muoverci.
Fissavamo Ginny, o quel che rimaneva di mia sorella.
Non si erano limitati a rapirla, ferirla, torturarla. L’avevano umiliata. Nuda, sfregiata, spezzata.
E immobile. C’era qualcosa che non andava nell’angolatura delle sue ossa, nel suo copro. Sembrava fosse rimasta prigioniera per settimane, malnutrita per un lungo periodo.
Cominciai a sentirmi male. Vedevo il suo viso e quello di Hermione sovrapporsi. Torturate. Sole. Urlando invano il nome dei loro cari.
Il bastardo le puntava la bacchetta contro. E rideva.
“Togli quel ghigno dalla faccia, prima che te lo strappi via con le mie stesse mani” ringhiai.
“Lui mi premierà. – gongolò beato – Mi riempirà di gloria.”
Luna fece un passo avanti, con gli occhi sgranati.
“Non capisci? Se avesse voluto che sopravvivessi non vi avrebbe portati qui. Lui sapeva che ti avremmo ucciso. Guardati intorno. Sul serio? La camera dei segreti? Abbiamo sconfitto il male in persona e credevi che non vi avremmo trovati qui?”
Il sorriso di quell’uomo, che sembrava altrettanto denutrito, cominciò a vacillare.
“Lui mi ha onorato offrendomi questo incarico.”
“Lui chi?” chiese Hermione, senza smettere di fissare Ginny. “Diccelo, se vuoi sopravvivere.”
“Oh, no, lui non mostra mai il suo volto, non rivela mai il suo nome.” Ribatté compiaciuto.
“Vero?” aggiunse poi, voltandosi alla sua sinistra.
“Con chi parli?” sibilò Harry.
“Io parlo con i serpenti.” Poi riprese a ridere.
“Incarceramus” tuonò la McGrannit impaziente.
Ebbi l’impressione che quell’incantesimo avesse colpito anche tutti noi, che non osavamo avvicinarci a Ginny. Poi Luna sfilò in silenzio la sua maglia ed Hermione si sbottonò i jeans. Nessuno proferì parola mentre infilavano il loro abiti sul suo corpo spezzato, e ricordai tempi lontani: Harry non aveva solo sepolto Dobby, aveva scavato per lui, con sudore e piaghe alle mani.
Loro si erano spogliate per donarle quella dignità che le avevano strappato di dosso.
Harry la prese in braccio e ci allontanammo da quella stanza, per sempre.
 
Luna (2 Novembre 2005)
Non ci era voluto molto per capire dove avessero portato la nostra amata Ginevra. Esplorando il castello e barricandolo come una fortezza avevamo trovato delle gocce di sangue al terzo piano. La camera era ancora accessibile, in quanto avevano progettato di crearvici un museo sulla guerra del mondo magico, che ne onorasse eroi e caduti.
Il veleno continuava ad avanzare, facendosi spazio nel corpo dei miei amici.
I miei amici. Mai avrei pensato di rivederli sconfitti e feriti.
Sono sempre stata una persona pacata, considerata un po’ svampita. In quei giorni, però, mostrai un’altra faccia di me.
A cominciare da quando strinsi un patto segreto con Molly, fino al momento in cui Ron tentò di uccidermi.
 
Molly (2 Novembre 2005)
Stavo pettinando i capelli di Hannah, rannicchiata su una sedia nell’angolo della stanza. Mi tormentavo pensando a come la mia famiglia non fosse mai stata al sicuro per via dei nostri ideali. Avevamo fatto grandi cose, certo, ma a quale prezzo? E ora di nuovo. Due membri della mia famiglia, la mia bambina e il mio nipotino, rischiavano la vita.
Hermione entrò in silenzio nella stanza, quasi furtivamente. Pensai alla sua dolcezza, a come si muoveva, quasi nel terrore di poterli svegliare dal loro riposo. Guardò indecisa tra il letto del piccolo Fred e di Ginny, esitò un attimo e poi mosse qualche passo veloce verso mia figlia. Arrivata al suo capezzale le sistemò una ciocca fulva dietro all’orecchio e si chinò a baciarle la fronte. Sussurrò qualcosa poco prima di correre via, superando frettolosamente Luna, che se ne stava paralizzata sull’uscio.
Per un attimo non notai lo sguardo spiritato della ragazza, abituata come sempre alle sue stranezze.
Cominciai a preoccuparmi quando si avvicinò correndo alla mai sedia e, bloccandomi sul posto, domandò:
“Non vuoi perdere altri figli, vero?”
 
George (2 Novembre 2005)
In un aula vuota lì vicino se ne stava sdraiata Hermione, in silenzio, con le mani appoggiate sul ventre. Gli occhi spalancati volgevano verso il soffitto, come se potessero bucarlo, attraversarlo.
“Ciao.” Dissi varcando la soglia un po’ titubante.
“Ciao.” Mormorò lei.
“Se Percy prova di nuovo a tirarmi su il morale lo mando dritto per terra.” Esclamai, nel tentativo di riscuoterla un po’. Non l’avevo mai vista tanto atterrita, neanche nei momenti peggiori. Lei non si mosse, ma afferrò i lembi della maglia, aggrappandosi ad essa.
“Senti, Hermione, so che è dura. Mio figlio è lì e non so come aiutarlo, mentre questo veleno lo divora dall’interno. Sto per perdere Fred, di nuovo. E mia sorella, l’unica in grado di tirarmi fuori da questo schifo, sta morendo. Spezzata, torturata, umiliata e in fin di vita. So che la vorresti qui almeno quanto lo vorrei io. Vorrei che si sedesse ai piedi del divano e mi leggesse un libro o anche solo che potesse tenermi per mano.”
Vidi una lacrima scivolarle sulla guancia e cadere di lato.
“Neville mi ha detto del bambino. Starete bene, ok? Non sei da sola. Ron non ti lascerà indifesa neanche un secondo.”
“Sai che non siamo mai al sicuro. Eravate con Fred, eppure l’hanno preso.”
“Ora conosciamo i loro trucchi. E Ron non è solo, ok? Se toccano te, toccano la famiglia Weasley. Toccano mia sorella. E mio nipote, ovviamente. Sarai al sicuro.”
Mentre dicevo queste parole, però, vidi un sussulto attraversarle la schiena. Si contorse sul posto e si levò di scattò. Tremava, ma riuscivo chiaramente a distinguere i suoi lineamenti cambiare. Gli occhi s’infossarono, scurendosi e arrossandosi. Gli zigomi sembravano voler squarciarle le guancie.
Mentre gridavo disperatamente che qualcuno venisse ad aiutarmi scorsi nei suoi occhi una scusa. Poi, con un sussulto, cadde inginocchiata a terra, senza smettere di fissarmi.
Ben presto i membri dell’Ordine e dell’ES si riversarono nell’aula in modo caotico, ma prima che potessero avere una qualsiasi reazione Luna urlò “ora” e accaddero molte cose contemporaneamente. Madama Chips e i Medimaghi corsero nella stanza dove si trovavano i corpi dei nostri cari, blindando la porta, mentre Kingsley si lanciava su mio fratello e la mamma piangeva disperatamente.
Ron era legato a una sedia e fissava Hermione paralizzato.
“Scusa - borbottava mia madre – perdonami.”
Harry scattò più veloce degli altri, ma Luna gli bloccava la strada.
“Non potevano! Non potevano avvelenarla! Non può... Non può essere.” Chiedeva disperatamente, guardano l’amica, inginocchiata, deperire a vista d’occhio.
“Non credevo che l’avesse scoperto. Credevo di essere l’unica a sapere. – cominciò in tono di scusa Luna. – l’avrei fermata, capite? Ma sono arrivata tardi. L’ho vista china su Ginny e mi sono ricordata che aveva voluto essere lei a perlustrare la biblioteca. Era tardi, troppo tardi, e abbiamo dovuto limitare il danno.”
Ron cominciò a sgranare gli occhi e ad agitarsi maggiormente.
“Cosa è successo a mia moglie?” chiese con voce tremante, mentre le sue orecchie diventavano rosse di rabbia.
“Conosco un modo per salvare una persona affetta da questo veleno. Ne parlano i libri, è l’unico metodo conosciuto.”
“Cosa?!” intervenni immediatamente.
“Hermione è intelligente, e io sono stata troppo ingenua. Credevo che il suo silenzio fosse dovuto alla paura, al dolore. Invece stava pianificando.”
“Spiegati!” le urlò in faccia Ron, ormai furioso.
“L’unico modo per salvare qualcuno dal veleno è trasferirlo nel proprio corpo. E sacrificarsi al posto suo.”
Calò il silenzio. Ecco perché avevano sigillato la porta, ecco perché mia madre piangeva.
Astoria era pietrificata, Neville tremava, io non riuscivo a muovermi e Harry nemmeno. Ron invece cominciò a ululare il suo dolore mentre capiva cosa aveva fatto la sua preziosa Hermione.
“Lasciatemi andare! Lasciatemi! Lasciate che li salvi, voglio morire io al posto loro, lasciatemi andare!” e a ogni urlo la mamma singhiozzava più forte una scusa.
“Vi ODIO!” sbraitò infine fissando prima lei e poi Luna. “Vi odio.”
“Voglio salvare mio figlio.” Dissi piano, ma mi sentirono comunque.
“Quindi – aggiunse Harry tremando – quindi Ginny...”
“Si sta svegliando, ma è debole.” Balbettò Luna, piangendo.
“Perdonatemi – aggiunse – dovevo farlo. Voi... Questo è ciò che vogliono loro, capite? Sapevano che prendendo i più deboli voi vi sareste sacrificati al posto loro. Speravano che Hermione lo capisse e ve lo rivelasse. Ovviamente non hanno tenuto conto di me, né della sua furbizia. Anche Molly ha visto il gesto di Hermione e mi ha confessato di averla vista titubare tra il piccolo Fred e Ginny. La logica direbbe di salvare il bambino, no? Però Ginny ha le informazioni. Lei sperava che vi fermassimo, sapeva che io sapevo. Ci ha restituito Ginny perché attraverso le sue informazioni forse abbiamo una speranza di fermarli. Pensaci, Ron. Se adesso tu, io, Harry, Neville e George ci sacrificassimo per loro? Chi li fermerebbe?”
“Sono mia moglie e il mio bambino.”
“Non posso lasciarti andare, Ronald. Perdonami.”
“Mai, Luna. Io non ti perdonerò mai.”
“Voglio salvare mio figlio.” Ripetei ancora, con gli occhi fissi su quella che non sembrava essere più Hermione.
“Voglio vedere Ginny. - s’intromise Harry. - Voglio vederla ora.”
Luna annuì piano, mordendosi un labbro.
Attorno a me vidi le mie precedenti parole prendere forma. Percy piangeva stretto a Fleur, che tremava e si asciugava le lacrime con il dorso della mano. Papà era come pietrificato, mentre mamma non osava alzare lo sguardo.
Quando un ultimo gorgoglio uscì dalla gola della ragazza, Ron riprese a urlare il suo odio, la sua rabbia e il suo dolore.
E mi sembrava di vedere il miei sentimenti in un inquietante specchio animato.
Harry spalancò gli occhi. Non sapeva cosa provare. Ginny era viva, certo, ma Ron? Hermione? Poteva perderli? L’avrebbe sopportato ancora una volta?
E io? Io l’avrei sopportato?
 
Arthur (2 Novembre 2005)
Erano ore, ormai, che Ron non apriva bocca. Avevamo sigillato la stanza in cui si trovavano i corpi dei malati, mentre i Medimaghi studiavano incessantemente il veleno, per scoprire una cura, qualsiasi cosa.
Lui intanto rimaneva immobile e non parlava.
Ginny si era da poco risvegliata, ma sembrava aver perso la testa. Continuava a ripetere in nostri nomi e delle parole a noi sconosciute. Harry ci aveva assicurato che non si trattava di serpentese.
Il Mangiamorte era peggiorato, e non ci era stato utile.
La mia Molly era distrutta. Non voleva parlarne, nonostante io le avessi assicurato che aveva fatto la scelta giusta. Luna aveva ragione, non potevamo perdere i nostri combattenti più abili e potenti, con il rischio di rivedere il mondo magico soggiogato dalla magia oscura.
 
Harry (3 Novembre 2005)
“Correte, ragazzi correte qui!”
Al mio urlo tutti si precipitarono attorno al letto dove Ginny si era rannicchiata.
“Piccola, ripeti quello che mi hai detto”
“Un tesoro... Il tesoro rubato... Ho... Io ho visto Fred e Lily. Mi hanno salvata... Sono... Lily e Fred. Il veleno, c’è una cura. Proteggetela. Proteggetela.”
“Ginny, chi? Devi dirci chi.” Implorai piano.
“Hermione. Salvate Hermione. Hermione. Hermione.”
Il silenzio serpeggio sulle nostre schiene mentre fissavamo terrorizzati lo sguardo di mia moglie.
“Morirà.” Concluse prima di svenire.
Ron cadde a terra mentre un grido squarciava l’aria. Sentii una rabbia antica salirmi nel petto.
Nessuno avrebbe più toccato la mia famiglia.
 
George (3 Novembre 2005)
Fred, Fred aiutami. Ci sei? Hai salvato tu Ginny, vero?
Fred siamo nei guai. Hermione si sta spegnendo e Ron ha perso la testa. Il suo anatema che uccide ha mancato Luna solo di poco. Il cuoricino di tuo nipote perde velocità, Fred. E ti somiglia così tanto, così tanto.
 
E mentre i pensieri mi inondavano il petto e mi chiudevano la gola capii che la soluzione era molto più vicina del previsto.
“Portatemi il prigioniero e svegliate Ginny. Neville, chiama Luna. Harry, libera Ron.
Andiamo a caccia.”

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