Tears of Memory di HikariMoon (/viewuser.php?uid=119941)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Tears of Memory
Sono gocce di memoria,
queste lacrime nuove…
Siamo anime in una storia incancellabile.
La stanza da letto era avvolta dalla luce soffusa e perlacea del mattino. Susan e Lucy, distese nei loro letti, erano avvolte nel sonno. All’improvviso, però, la maggiore si mosse nel letto. I suoi occhi azzurri si aprirono lentamente mentre un luminoso sorriso si schiudeva sulle sue labbra. Dopo un istante, però, vedendo il comodino e la sedia con la borsa di scuola, il sorriso le morì sulle labbra e gli occhi persero la luce che li faceva brillare. Una lacrima solitaria rigò la sua guancia macchiando il cuscino. Lentamente passò il dorso della mano sul viso per asciugarla. Dopo un attimo di esitazione, la ragazza si sollevò sul gomito e si voltò ad osservare la sorella minore. Lucy dormiva. Tutta la casa era avvolta dal silenzio. Lentamente Susan spostò le coperte e si mise a sedere. Il contatto con il pavimento freddo la fece rabbrividire.
Rapidamente si avvolse nella vestaglia e si alzò. Con passi leggeri andò alla finestra. Con cautela, per non svegliare la sorella, spostò la tenda infilandosi tra essa e il vetro. Il suo sguardo vagò sui tetti delle case di fronte e sul vialetto cosparso dalle foglie cadute e calpestate. Era tutto così grigio e triste. Anche il cielo che si stava schiarendo. Susan si chiese dove fossero scomparsi i colori. O magari era lei che non cercava più di vederli.
I suoi occhi azzurri vennero attratti dalla luce dell’ultima stella che brillava in un lembo ancora scuro del cielo. Sorrise. Era così bella, sembrava la stella del mattino di Narnia. Gli occhi le si riempirono di lacrime e Susan posò la fronte al vetro freddo. Era passata solo una settimana… dall’addio a Narnia, dall’addio a Caspian. Susan si morse un labbro per non singhiozzare. Appoggiò la mano sinistra sul vetro, lasciandola subito dopo scivolare. I capelli le cadevano in morbido disordine ai lati del viso. Era stato un addio e lo sarebbe stato per sempre.
“Oh, Aslan… perché? Perché non posso più tornare?”
Era una domanda inutile, una domanda che sarebbe rimasta senza risposta: destinata a perdersi nel silenzio di quell’alba trasparente.
Le infinite volte che
mi verrai a cercare
nelle mie stanze vuote…
I cavalli si fermarono ai piedi del pendio. Caspian e i suoi soldati scesero da essi e li legarono ai rami degli alberi vicini. Insieme al nuovo Re di Narnia c’erano anche architetti e carpentieri, i migliori di Narnia e di Archen. Caspian si guardò attorno. Era tutto così bello e sereno in quel luogo. Un soldato tornò dalla perlustrazione dell’area.
“Vostra Maestà, da questa parte c’è un sentiero che porta verso l’alto.”
Caspian annuì e si voltò verso gli uomini che erano con lui.
“Benissimo, saliamo e da lì farete tutti i sopraluoghi necessari.”
Tutti fecero un leggero inchino e dopodiché iniziarono a salire. Pian piano tra la vegetazione apparivano resti di pareti di marmo, gradini ricoperti dalla terra, basi di colonne. Finalmente arrivarono in cima. Una vista meravigliosa si spalancò davanti ai loro occhi: il mare scintillava sotto i caldi raggi del sole, cinto dal verde dei boschi e dal bianco delle scogliere.
Uno degli architetti si avvicinò a Caspian.
“Vostra Maestà, noi inizieremmo.”
Il ragazzo annuì quasi senza sentirlo e il gruppo si sparpagliò tra le rovine. Caspian iniziò a vagare tra i ruderi estasiato ma allo stesso tempo triste. Si sforzava di immaginare quelle antiche sale, i dipinti che avevano decorato le pareti, le luminose vetrate. Ma continuava a vedere solo rovine bianche, null’altro. Possibile che non fosse restato nulla dei tempi antichi? Lì Susan aveva vissuto per anni, aveva riso, ballato, aveva discusso con i fratelli le decisioni per governare quel regno. Con la mano sfiorava i marmi che lo circondavano cercando di stare lontano dagli altri. Voleva restare solo, pensare. Era passato un mese, ma ne aveva ancora bisogno. Improvvisamente il suo sguardo venne attratto da uno spiraglio tra due rocce. Si avvicinò e si accorse che dietro c’era un passaggio. Si guardò attorno e non vide nessuno. Senza pensarci due volte lo spostò e alla fine, con fatica, ci riuscì. Dietro c’era una porta. L’aprì con il cuore che batteva più forte. Con un sorriso divertito prese dalla sacca che aveva con sé lo strano oggetto che Edmund aveva dimenticato. Premette un pulsante come aveva visto fare a lui e iniziò lentamente a scendere. Prima di percorrere i gradini, guardò ancora una volta il mare. Aveva lo stesso colore degli occhi di Susan.
Corse giù per i gradini, prima che qualcuno potesse arrivare e fargli delle domande. Non voleva dimenticarla. Perché doveva farlo?
In fondo si fermò all’improvviso. La torcia gli cadde quasi di mano. La sala segreta dei Sovrani. Una forte emozione percorse tutto il suo corpo. Il fascio di luce illuminò una prima statua. Caspian la riconobbe quasi subito. Peter. Con un gesto rapido la spostò di lato. La luce illuminò un’altra statua. Raffigurava una giovane donna, bellissima e delicata. Caspian si avvicinò con il cuore che gli batteva. Non poteva crederci. Susan, la sua Susan. Allora era stata così quando governava Narnia? Era bellissima, come la Susan che aveva incontrato. Caspian si avvicinò alla statua e sfiorò delicatamente la fredda guancia di pietra.
“Susan… perché non puoi essere qui accanto a me? Perché non posso rivederti?”
Nessuno gli rispose. Il silenzio era tutto ciò che gli rimaneva…
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Salve a tutti! La volta precedente non ho potuto fare delle premesse, quindi rimedio ora. Questa fan fiction è nata un po' all'improvviso. Dopo aver rivisto Le cronache di Narnia - Il Principe Caspian alla televisione e aver letto una certa storia (non so se posso citarla, ma chi ne è l'autore sa di che cosa sto parlando...), mi sono messa ad ascoltare l'mp3 e mi è capitata questa canzoni: "Gocce di memoria". Fin dalle prime parole, è nata questa idea perchè ogni parola mi sembrava parlasse di loro. Perciò mi son detta: perchè non fare una storia in cui le parole riflettano degli episodi con protagonisti Susan e Caspian? Questo è il mio scopo e spero di ottenere l'effetto sperato.
Per quanto riguarda questo capitolo, devo fare una precisazione. Cercando, non ho trovato soddisfacenti informazioni sugli avvenimenti a Narnia prima del Viaggio del Veliero e per questo motivo ho preso un fatto citato nella suddetta storia (^-^). Inoltre sempre da lì mi sono ispirata per l'aggettivo riferito a Caspian: il Liberatore, perchè quello che avevo trovato, qualcosa tipo "il navigatore" non mi ispirava. Poi non so se questo aggettivo (il liberatore) era anche un'altra versione ufficiale... (N.d.A. se non ti va bene, SusanTheGentle - ormai l'ho detto - dimmi che cambio). Con questo penso di non aver latro da dire che ringraziare SusanTheGentle per la recensione e mishy che l'ha aggiunta alle sue "seguite". Ulitima cosa: se vi va e mi farebbe piacere, soprattutto per migliorare, lasciatemi una recensione anche piccolina... Grazie e buona lettura! HikariMoon ^-^
Inestimabile, inafferrabile,
la tua assenza che mi appartiene.
Susan guardava senza vedere veramente la professoressa che tracciava formule di matematica alla lavagna. I suoi occhi azzurri vedevano tutto altro, la sua mente pensava a tutto altro. Invece di essere usata, la sua penna veniva dondolata nella mano destra. Una ciocca di capelli le cadde davanti agli occhi. Susan sbuffò sistemandosela dietro l’orecchia e imponendosi di stare attenta. Ma era più facile a dirsi che a farsi. Era quasi un mese che si ordinava di non pensare a Narnia e ogni volta faceva il contrario. La sua Narnia. Perché l’anno prima era stato più facile? Non era lei che rimproverava Peter e agli altri che dovevano accettare che la loro vita fosse a Londra? Che cosa c’era di diverso? Forse perché, durante la prima avventura, aveva vissuto lì per anni? O forse perché nessuno quella volta era riuscito a rapirle il cuore? Caspian…
Susan chiuse gli occhi ripensando al loro addio. Un brivido le corse giù per la schiena quando le tornò in mente il bacio che si erano scambiati. La ragazza sorrise. Almeno poteva dire di aver baciato un Re, ma era una magra consolazione… Susan aprì gli occhi. Lei voleva essere lì con lui. Perché Aslan non l’aveva capito? È il momento che comincino a vivere nel loro. Ecco che cosa aveva detto. Ma aveva ragione e per quanto gli facesse male, lo sapeva bene. Non sarebbe mai riuscita a sopportare di non poter rivedere i suoi genitori o i suoi fratelli, se Aslan avesse permesso solo a lei di restare. Ma Caspian… ora che lui non c’era, la sua assenza era un vuoto che non abbandonava mai il suo cuore. Cosa doveva fare? Si sentiva come divisa a metà.
“Signorina Pevensie, ho ragione di credere che la mia lezione quest’oggi non sia di suo gradimento.”
Quella voce severa distrasse Susan dai suoi pensieri. I suoi occhi azzurri incrociarono quelli scuri della professoressa. A stento mascherò la delusione che non fossero gli occhi scuri di qualcun altro. Trattenendo la voglia di risponderle che l’affermazione era vera, che della lezione in quel momento non le importava nulla, abbassò la testa mortificata facendo finta di riprendere a copiare la lezione.
“Mi scusi, le prometto che non succederà più.”
La donna sembrò soddisfatta e tornò alla lavagna.
“Lo spero, signorina Pevensie. Non vorrei che una delle mie migliori studentesse vedesse calare il suo profitto per una sciocchezza qualunque.”
Susan non replicò ma dentro una voce gridava. Fuori l’unica traccia fu una lacrima che scivolò dal suo occhio e macchiò il foglio. Le lettere che aveva vergato si confusero in un’unica macchia scura. Narnia non era una sciocchezza, Caspian non era una sciocchezza. Perché nessuno capiva come lei si sentiva?
Siamo indivisibili,
siamo uguali e fragili,
siamo già così lontani.
Caspian si alzò. Tutti i presenti, seduti attorno al tavolo, si alzarono. Tra di essi c’erano Cornelius, Briscola, Tempestoso, Ripicì. I loro sguardi si volsero verso di lui: Caspian X, il Liberatore.
“Siano mandati ambasciatori a Calormen. Non intendo iniziare una guerra che è possibile evitare.”
Un uomo alla sua destra fece un leggero inchino. “Sarà fatto, Vostra Maestà.”
Caspian annuì. “Ottimo. Credo che per oggi non ci siano altre questioni da discutere.”
Nessuno disse nulla e tutti fecero un inchino verso di lui. Lo stesso uomo che prima aveva parlato, probabilmente il nuovo generale dell’esercito di Narnia, riprese la parola.
“Chiediamo il permesso di congedarci, Vostra Maestà.”
Caspian fece un cenno con la mano. “Certamente.”
Uno dopo l’altro uscirono dalla sala inchinandosi verso Caspian. Dopo pochi minuti rimasero solo lui e Cornelius. Caspian si sedette stanco sulla sedia. L’ansia e la preoccupazione velavano i suoi occhi. Il vecchio professore, però, capì che c’era dell’altro.
“Vostra Maestà è turbata da qualcosa?”
Caspian cercò di sorridere e si alzò andando verso la vetrata che dava sulla città.
“Calormen è sul punto di dichiararci guerra. Come potrei non essere preoccupato?”
Il vecchio precettore lo affiancò.
“Non angustiatevi. Sono certo che prenderete la decisione migliore.”
Caspian sospirò e cercò di sorridere, ma si capiva che era un sorriso falso.
“È passato quasi un anno dalla mia incoronazione. Ho ancora molti dubbi di non essere all’altezza…”
“Non dovete dubitare, Maestà, delle vostre capacità. Siete e sarete un buon re.”
Caspian lo guardò riconoscente. “Grazie.”
Il precettore lo osservò, quasi rimproverandolo affettuosamente con lo sguardo. Quel ragazzo era per lui quasi un figlio.
“C’è dell’altro che vi preoccupa Vostra Maestà, dico bene?”
Caspian capì di non poter sfuggire e alla fine si arrese, rispondendogli tutto d’un fiato.
“Non riesco a dimenticarla, Cornelius. Ho cercato, ma non riesco a togliermi dalla mente la Regina Susan.”
Cornelius sorrise affettuosamente. “E neppure dal cuore, immagino.”
Caspian annuì guardando altrove. Sapeva che neppure il suo precettore poteva aiutarlo.
“Purtroppo Maestà, l’amore è il mistero più grande. Ma anche la cosa più bella che ci possa capitare. Non dimenticatela, ma conservate tutti i ricordi più belli di lei nel vostro cuore.”
Caspian non rispose. Era da quel giorno che pregava Aslan di farla tornare. Anche in quel momento… Aslan, ti prego, riportala da me. Ma era inutile e lo sapeva. Cercò di scuotersi da quei pensieri.
“Cornelius, come procedono i lavori a Cair Paravel?”
Il precettore sorrise. “Presto saranno conclusi, Vostra Maestà e Cair Paravel tornerà al suo antico splendore.”
Caspian annuì soddisfatto. “E le modifiche che avevo richiesto?”
“Tutto è stato fatto come voi avete ordinato.”
Caspian sorrise guardando verso il cielo. Azzurro come gli occhi di Susan. Sorrise: era davvero impossibile dimenticarla, anche la natura gliela ricordava. Ma faceva così male non poterla rivedere… avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla riabbracciare. Sapeva però che l’avrebbe potuto fare solo nei suoi sogni… |
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Eccomi di nuovo qua con un nuovo capitolo. Sempre più tempo trascorre dal giorno in cui Susan e Caspian si sono separati e i due hanno sempre più dubbi anche se non riescono a dimenticarsi. Cosa faranno? In questo capitolo Susan cercherà di trovare la forza per andare avanti mentre Caspian sarà coinvolto in una guerra (quella contro Calormen, a cui avevo accennato nel capitolo precedente)… Spero di sentire che cosa ne pensiate e soprattutto se secondo voi le parole della canzone si abbinino alle singolo scene! Perciò se avete voglio, lasciate un commentino. Ultima cosa: grazie a mille per chi mi ha recensito e ha inserito questa storia nelle “seguite”, ovvero mishy, SusanTheGentle e Tema94. Detto questo, buona lettura! HikariMoon ^-^
NOTA: ho effettuato una leggera modifica. Niente che influisca nel complesso: per gentile concessione di SusanTheGentle, la spada di Caspina l'ho chiamata Rhasador (non una perciò Rhindon, la spada di Peter). ^-^
Con il gelo nella mente,
sto correndo verso te.
Susan correva. L’aria si condensava davanti alle sue labbra. Davanti a lei c’erano Peter e Edmund. Lucy, ammalata, era rimasta a casa. Attorno a loro c’erano le persone che camminavano lungo le strade di Londra. Stentando a tenere il passo dei fratelli, Susan spostò la sciarpa che la corsa le sbatteva contro il viso. La cartella con i libri le sembrava pesantissima.
Continuava a correre, a vivere la sua vita sulla Terra, a Londra. Come voleva Aslan. Tutto però le sembrava così inutile. Ma continuava a correre, quel giorno per andare a prendere la metropolitana… un giorno forse per andare a lavorare. Il mondo continuava, la guerra proseguiva, ma un giorno sarebbe finita. Susan si bloccò.
Tutto continuava, tutto cercava di continuare, tranne lei.
Lo capì all’improvviso, in quel momento: dentro di lei tutto, in realtà, si era fermato. Calde lacrime rigarono la pelle fredda delle guance. Susan non fece nulla per asciugarle, rimase immobile in mezzo alla strada. Sola, anche se circondata dai passanti.
Era vero. Andava a scuola, studiava, usciva con i fratelli e con le amiche… ma lo faceva solo perché, in un certo senso, doveva farlo. Tre mesi, erano già passati tre mesi. Su Narnia, forse Caspian l’aveva già dimenticata… no. Caspian non l’avrebbe mai fatto… ma forse lui lo aveva dovuto fare o avrebbe dovuto farlo a breve: dopotutto lui era il Re di Narnia, non una sciocca e anonima studentessa di Finchley. Aveva dei doveri verso il suo popolo…
Voleva tornare, voleva rivederlo e non lasciarlo. Ma era sciocco ed egoistico. E impossibile. Si chiese di nuovo se sarebbe riuscita a trovare un modo per accettare di nuovo quella realtà, come un anno prima. Ci provava, ma con scarsi risultati. Susan scosse la testa.
Doveva provarci e voleva provarci. Per lui, per Caspian. Cosa avrebbe pensato di lei vedendola in quello stato? La Susan di Narnia non era così.
Susan inspirò l’aria fredda. Con la mano avvolta nel guanto si strofinò le guance per cancellare le lacrime. Continuare a vivere per lui e con il suo ricordo. Doveva provarci, se questa era l’unica cosa che poteva fare. Ma era così difficile…
“Susan!”
La voce di Peter attirò la sua attenzione. Il ragazzo la affiancò; poco lontano vide anche Edmund. Il fratello la prese per un braccio.
“Ma che fai? Siamo in ritardo! Perderemo il treno! Corri!”
Susan non riuscì a replicare. Peter riiniziò a correre trascinandosela dietro. Raggiunsero Edmund e continuarono a correre verso la fermata della metropolitana: i loro passi rapidi sull’asfalto della strada, attorno il rumore delle persone e delle macchine. Correvano.
Susan sorrise tristemente: correre era l’ultima cosa che le rimaneva. Non solo in quel momento, ma anche nella vita. Fermarsi, l’avrebbe fatta soffrire troppo. Per mostrarsi degna del ricordo di Caspian, doveva correre e vivere. Anche se significava provare dolore…
Siamo nella stessa sorte,
che tagliente ci cambierà.
Caspian si voltò a guardare indietro. Alle sue spalle c’era l’esercito di Narnia. Non solo uomini, ma anche fauni, centauri e tutte le altre creature del suo regno. Un sole luminoso e cocente brillava sopra le loro teste. Il suono di un corno si propagò nella piana desertica.
Caspian si voltò e lo vide: l’esercito di Calormen. La diplomazia aveva fallito e ora, per essere riconosciuto e difendere il suo popolo, stava per guidare l’esercito in quella guerra. C’è l’avrebbe fatta? Era la sua prima battaglia, la prima che conduceva da solo. Prima c’erano stati Peter, Edmund, Lucy e… Susan. Ora era solo e tutti avevano fiducia incondizionata solo in lui, Caspian X.
Le file di Calormen si stavano posizionando. Lo scontro stava per iniziare e non sarebbe stato facile. I Calormeniani era guerrieri più esperti, più crudeli ed erano favoriti dal terreno. Sarebbe stata una dura battaglia.
Caspian chiuse gli occhi. La sua mano destra strinse l’elsa della sua spada, Rhasador. Aveva paura di non essere in grado di affrontare quella prova. Cosa sarebbe successo a Narnia se lui avesse fallito? Due occhi azzurri e un dolce sorriso gli riempirono la mente.
Caspian aprì gli occhi. Il suo volto non mostrava più nessuna incertezza: era lo sguardo fiero e deciso di un Re. Con un gesto rapido sguainò la spada che scintillò colpita dai raggi del sole. L’esercito dietro di lui fremette.
“Soldati di Narnia, è arrivato il momento di proteggere la nostra terra da chi la vuole conquistare!”
Quelle parole, pronunciate con una voce sicura che sovrastò ogni altro rumore, suscitarono un unico grido di battaglia che si alzò all’unisono da tutte le gole.
Caspian alzò la spada. Destriero scalpitò e si sollevò sulle zampe posteriori. Il giovane Re la abbassò e poi fendette con la spada l’aria davanti a lui puntandone la punta verso l’esercito nemico.
“Per Narnia e per Aslan!!!”
Il suo grido venne ripetuto da tutti i soldati di Narnia: il deserto risuonò del loro grido di battaglia. I cavalli partirono al galoppo, Caspian era davanti a tutti. Lo sguardo fissò, pronto a combattere.
Ma durante quegli istanti infiniti prima che i due eserciti si scontrassero, mentre gli unici rumori erano il galoppare dei cavalli, le grida dei soldati e il clangore delle spade sguainate, Caspian non poté non ripensare a quei due occhi azzurri che avevano dissipato ogni dubbio e gli avevano dato la forza per aver fiducia in sè.
Te lo prometto Susan, difenderò Narnia. La difenderò anche a costo della mia vita. La difenderò come tu e i tuoi fratelli avete fatto tante volte. Perché fino a quando Narnia rimarrà il luogo che tu hai conosciuto, sarà come averti vicino. Ovunque guarderò, tu ci sarai. E per questo che non posso fallire. Difenderò Narnia anche per te, Susan. Oggi e in ogni altro giorno della mia vita. So che non puoi sentirmi, ma le mie parole un giorno ti raggiungeranno, lo so. E quel giorno sarò finalmente degno del tuo ricordo e di quello che sarebbe potuto esserci tra di noi, Susan la Dolce, Regina di Narnia.
I soldati di Calormen erano ormai a pochi passi da lui. Caspian impugnò più saldamente la spada. Erano di fronte a lui. Vibrò il primo colpo. Il rumore della battaglia ricoprì ogni altro suono, anche la voce di Caspian. “Per Narnia!!”
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Salve a tutti! Ecco un nuovo capitolo. In realtà non ho molto da dire: non sono molto brava a presentare i capitoli. Posso solo dire che gli episodi di questo capitolo sono ambientati poco dopo lo scorso capitolo. Il resto ve lo lascio scoprire dalla lettura. L’unica cosa che non posso non fare è ringraziare tutte le persone che hanno letto questa storia con un grazie particolare a chi la segue e ha recensito: Fly_Zaynkissme, FrancyNike93, mishy, SusanTheGentle e tema94. Un grazie sincero a tutti! ^-^ HikariMoon
Aspettiamo solo un segno,
un destino, un’eternità.
Fuori pioveva. Nella notte probabilmente avrebbe nevicato. Il giorno dopo tutto sarebbe stato ricoperto da una coltre bianca. Susan alzò lo sguardo dal libro da cui stava studiando.
Lucy, accoccolata nella poltrona, stava leggendo un libro. Dall’altra parte del tavolo, Peter e Edmund stavano facendo una partita a scacchi con gli scacchi di papà, in attesa che il tempo migliorasse almeno un po’ per poter andare a prendere l’albero. In cucina la mamma stava preparando la cena. Era tutto così normale. Presto sarebbe stato Natale. Gli occhi di Susan corsero alla finestra. Come era bello il Natale a Narnia…
Susan iniziò a farsi cullare dai ricordi. Rivide il palazzo addobbato, loro quattro che ridevano mentre sistemavano festoni e ghirlande sull’albero più bello delle foreste dell’Ovest che ogni anno gli abitanti della zona regalavano loro…
Susan mise le mani sui fianchi scuotendo la testa e facendo finta di essere arrabbiata.
“Peter, Edmund la volete smettere?”
I due ragazzi la guardarono ridendo e smisero di punzecchiarsi e di fare a gara a chi riusciva a mettere più festoni. Peter la raggiunse e le cinse le spalle con un braccio. Lucy ridacchiava con in mano un festone argentato.
“Dai, Susan. Non vorrai arrabbiarti proprio adesso che si avvicina il Natale?”
Susan sospirò sorridendo. I suoi fratelli erano insopportabilmente adorabili ed insostituibili. Lucy si avvicinò mollando loro in mano un festone dorato ciascuno.
“Vi decidete a fare qualcosa, o devo fare tutto io?”
Peter sorrise e le arruffò i capelli. “Andiamo Lu. Finiamo questo albero.”
Susan li guardò avvicinarsi all’albero sorridendo. Sorrise anche lei, beandosi di quell’atmosfera. All’improvviso sentì una strana sensazione dentro di lei.
“Susan…”
Si voltò di scatto. Quella voce. Caspian… non era possibile. Per un attimo credette di esserselo immaginato. Poi lo vide allontanarsi lungo un corridoio. Susan gettò a terra il festone e si mise a correre, sorda ai richiami sorpresi di Peter, Edmund e Lucy.
Mentre correva nel corridoio ebbe l’impressione di non conoscere più Cair Paravel. Era sempre il loro palazzo eppure non lo riconosceva. Caspian sembrava svanito. Forse era solo un sogno…
“Caspian!”
Si fermò, il respiro affannato. Avrebbe potuto rivederlo e lei si era lasciata sfuggire quell’occasione. Stava per scoppiare in lacrime.
“Susan.”
La ragazza si voltò e finalmente lo vide. Finalmente rivedeva il suo sorriso e i suoi occhi scuri. Esplodendo di felicità si gettò tra le sue braccia. Caspian la strinse tra le sue. Susan chiuse gli occhi. Era così bello. Susan non voleva più separarsi da lui. La voce uscì poco più alta di un sussurro dalle labbra di Susan.
“Mi sei mancato tanto, Caspian…”
“Susan, torna a Narnia. Torna da me.”
Susan si staccò leggermente da lui e fissò gli occhi celesti nei suoi occhi scuri.
“Ma io voglio tornare… è solo che non posso.”
Caspian la guardò dolcemente. “Susan, allora basta che lo vuoi e saremo di nuovo insieme. Ma devi volerlo, con tutta te stessa.”
Susan strinse le mani sulla sua camicia. Temeva di vederlo sparire davanti ai suoi occhi.
“Ma io lo voglio, Caspian. Lo voglio, lo voglio…”
Susan si mise quasi ad urlare, continuando a ripetere quelle parole. Le pareti di pietre ripetevano all’infinito il suo grido. Caspian la guardò malinconicamente.
“Devi solo volerlo, Susan. Solo questo.”
Susan non seppe cosa dire. Improvvisamente Caspian iniziò ad allontanarsi quasi risucchiato da qualcosa. Una polvere dorata, simile a quella dei festoni, lo avvolse. Susan non riusciva a muoversi. Caspian le tese la mano.
“Susan, desideralo con tutto il cuore e verrai a Narnia con me.”
Susan protese la mano in lacrima, gridando con tutto il fiato che aveva in gola.
“Io lo voglio, Caspian. Io lo voglio. Aslan ti prego riportami a Narnia!”
In quel momento sentì una leggera carezza lungo il braccio, su fino alla testa e davanti al viso. Si guardò e si vide avvolta dalla stessa polvere dorata che aveva avvolto Caspian. Susan sorrise e chiuse gli occhi. Finalmente stava per ritornare a Narnia…
Una mano la scosse. Susan non capì che cosa stesse succedendo.
“Susan, svegliati.”
Susan aprì lentamente gli occhi. Sentì la carta del libro da cui stava studiando sotto le sue mani. Accanto al libro vide un festone dorato. Lucy sorrideva davanti a lei.
“Susan. L’albero è arrivato, vieni. Lo iniziamo ad addobbare.”
Susan si sollevò dal tavolo sbattendo le palpebre. Ma che cosa significava? Cair Paravel, Caspian, la polvere dorata…
“Narnia…”
Lucy annuì dolcemente, gli occhi azzurri che si velarono dalla commozione. “Sì, come a Narnia… sarà bello come quello che facevamo lì.”
Solo in quel momento Susan capì. Era stato solo un sogno. Eppure era sembrato così reale. Aveva creduto veramente di star per tornare a Narnia…
Edmund e Peter entrarono tenendo in braccio l’albero. Il moro la guardò sorridendo.
“Salve, bell’addormentata.”
Il biondo scoppiò quasi a ridere. “Dai Sue, vieni a preparare l’albero che ti annoierai di meno.”
Susan annuì. I suoi occhi corsero al festone dorato. Susan lo sfiorò con la punta delle dita. Eppure, era sembrato così vero… Narnia…
E dimmi come posso fare,
per raggiungerti adesso…
per raggiungere te.
La città di Telmar era avvolta dal silenzio. Le pochi luci ancora accese nelle case o lungo le strade erano quasi invisibili al confronto con lo splendido cielo stellato che avvolgeva tutta Narnia. Le stelle splendevano come diamanti anche se da oriente iniziava ad espandersi il primo chiarore che preannunciava l’alba.
Anche il palazzo reale era avvolto quasi completamente dal silenzio e dall’oscurità. Ma era solo un’apparenza. Rapidi e silenziosi si stavano infatti iniziando i preparativi di quella giornata che sarebbe stata importantissima per tutta Narnia.
La spianata di pietra dove, ormai più di un anno prima, i quattro fratelli Pevensie avevano lasciato un’altra volta Narnia era deserta. L’albero da cui Aslan aveva aperto il portale protendeva la sua ombra sulla pietra e le sue fronde erano mosse da un leggero venticello. Tutto era tranquillo, avvolto da un’atmosfera quasi fatata.
All’improvviso il silenzio venne rotto dal rumore di passi. Dall’ombra del palazzo si staccò l’ombra di una persona. Dopo pochi passi la luce delle stelle e del cielo che istante dopo istante si schiariva impercettibilmente la illuminò e a quel punto chiunque nel Regno di Narnia e anche altrove lo avrebbero riconosciuto: era Caspian X, Re di Narnia.
Il giovane Re camminava lentamente, sprofondato nei propri pensieri. Al centro dello spiazzo si fermò e si guardò attorno. Non c’era nessuno, solo il silenzio: come era diverso da quel giorno. A quel punto Caspian si diresse verso l’albero. Mentre saliva i pochi scalini che separavano l’albero dal resto, sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Come una morsa il ricordo di quel giorno riempì il suo cuore.
Il ragazzo posò la mano sinistra sull’albero. Nel farlo una leggera fitta gli percorse tutto il braccio. Sorridendo tristemente Caspian si sedette sulla fredda pietra posando la schiena al tronco contorto dell’albero. Per lunghi istanti rimase lì ad occhi chiusi a godersi quel silenzio e i suoi ricordi.
“Abbiamo vinto, Susan.”
Gli occhi scuri di Caspian si aprirono e si alzarono ad osservare il cielo blu dove le stelle lentamente iniziavano ad impallidire. Ad est, dietro il palazzo, il sole stava sorgendo.
Caspian sorrise. “Narnia ora è salva. Calormen è stata sconfitta. È stata dura ma ce l’abbiamo fatta.”
Quasi a sottolinearlo Caspian si prese il braccio sinistro con la mano destra. La ferita, seppur non molto grave, gli faceva ancora male. Ma era un male sopportabile, se la loro Narnia era salva.
Gli occhi di Caspian tornarono a guardare il punto in cui aveva detto addio a Susan per l’ultima volta. Il luogo in cui per l’unica volta si erano baciati e abbracciati lasciando capire che non era solo amicizia quella a cui stavano rinunciando.
Il ragazzo si mise quasi a ridere ripensando alle ultime parole che le aveva rivolto. Avrei voluto trascorrere più tempo con te. Veramente, non avrebbe potuto trovare di meglio. Ma forse non ci sarebbero state parole migliori o peggiori: qualunque cosa avesse detto non sarebbe cambiato nulla, Susan sarebbe comunque dovuta andarsene. Caspian sospirò. Chissà, magari se avesse provato ad opporsi… subito dopo scosse la testa. Non era così che si sarebbe dimostrato degno del ricordo di Susan. E poi, non era venuto lì per recriminare. Doveva dire una cosa a Susan e chissà, magari da lì dove lei se ne era andata, le sue parole l’avrebbero raggiunta. Era la stessa speranza che aveva avuto durante la battaglia… forse almeno quello Aslan lo avrebbe permesso.
“Susan: ho ricostruito Cair Paravel, esattamente come era un tempo… come quando c’eri tu. Finalmente i lavori sono finiti. Oggi è arrivato il grande giorno. Oggi riporterò il trono di Narnia lì, dove voi mille e trecento anni fa siete stati incoronati. Vorrei tanto potertelo mostrare. Anche solo una volta, vorrei poter passeggiare con te tra quei corridoi…”
Caspian si abbandonò con la schiena sul tronco. Ormai il cielo non aveva più il colore blu della notte, ma stava assumendo sempre più quel colore azzurro che lui adorava.
“Mi manchi tanto Susan. Sai, forse il vero motivo per cui ho voluto ricostruire Cair Paravel è perché lì mi sembrerà di averti sempre vicino a me… ma questo deve essere il nostro piccolo segreto.”
Caspian sorrise. Davanti a lui gli sembrò quasi di rivedere Susan, come l’aveva vista un anno prima. Gli sorrideva. Ma il suo sorriso non aveva quell’ombra di triste malinconia di quella volta. Sembrava più un sorriso complice. Caspian si alzò. Ormai il sole era sorto, nessuna stella brillava più nel cielo. Solo un’ultima, l’ultima che si spegneva ogni notte: bella come Susan.
“Vostra Maestà! Finalmente vi ho trovato! Vi ho cercato per tutto il palazzo!”
Caspian vide Cornelius venire affannato verso di lui. Il giovane Re lo raggiunse sorridendo.
“Credevate fossi scappato?”
Il precettore lo guardò con bonario rimprovero.
“Non credo sia il giorno per fare scherzi, Vostra Maestrà. Dobbiamo partire subito se vogliamo raggiungere il prima possibile Cair Paravel.”
Caspian gli posò una mano sulla spalla.
“Lo so. Era da giorni che aspettavo questo momento. Andiamo. Cair Paravel ci aspetta.”
I due si allontanarono mentre i primi raggi del sole, superato il castello, colpivano e illuminavano l’albero oltre alla quale Susan, Peter, Lucy e Edmund avevano lasciato Narnia. |
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Rieccomi
di nuovo qui. Temevo di non riuscire ad aggiornare ma l'altro ieri
pomeriggio mi sono
messa d’impegno e ho fatto tutto il capitolo in un'unica
tirata. Oggi ho fatto qualche rifinimento: questo è il
risultato. Spero che sia
soddisfacente e che non deluda, soprattutto coloro che mi seguono e mi
hanno
recensito: Fly_My
World,
FrancyNike93,
mishy,
SusanTheGentle
e tema94. Ancora tante grazie a tutti
(anche a
chi solo legge ovviamente! ^-^)! Per quanto riguarda questo capitolo
c’è una
parte che scriverla mi ha divertito: spero sarà lo stesso
per chi leggerà! Con
questo concludo e dico solo ancora una cosa: chiunque voglia esprimere
il
proprio parere è il benvenuto, soprattutto perché
mi aiuta a migliorarmi. Buona
Lettura! HikariMoon
Siamo
gocce di un passato,
che
non può più tornare.
Lucy sorrideva e
non la smetteva più di parlare. Prima delle
vacanze natalizie si era ammalata e non era potuta uscire molto. Ora
che
finalmente poteva di nuovo uscire all’aria aperta, sembrava
voler recuperare il
tempo perduto. E il fatto che fosse riiniziata la scuola non sembrava
turbarla
minimamente, anzi, sembrava renderla ancora più contenta.
Susan
guardandola non poteva fare a meno di sorridere a sua
volta. Si sentiva felice. L’azzurro cielo invernale
risplendeva e il sole tiepido
faceva scintillare la neve che soffice ricopriva gli alberi, le strade
e le
case. Le chiacchiere di Lucy su quello che aveva fatto quel giorno a
scuola, su
quello che aveva parlato con la sua amica Marjorie, su quanto fosse
felice di
poter di nuovo correre all’aria aperta, riuscivano a rendere
quella giornata
ancora più lieta.
Peter
sfiorò con il gomito il braccio di Susan per attirare
la sua attenzione. La ragazza si voltò continuando a
sorridere felice. Anche
Peter sorrideva. Quella giornata aveva messo il buon umore a tutti.
Dopotutto
non era tanto comune godere in Inghilterra di una simile giornata di
sole in
pieno gennaio. Ci si dimenticava quasi che anche quell’anno
appena iniziato,
1942, portava con se guerre e battaglie… ma nessuno dei
quattro Pevensie voleva
pensarci, non quel giorno.
“Ehi,
Sue. Oggi Lucy è proprio contagiosa.”
Susan
annuì al fratello e tornò a guardare Lucy che
cercava
di convincere Edmund a raccontare anche lui come era andato quel primo
giorno
di scuola dopo le vacanze. Susan sorrise. Neppure Edmund riusciva a non
farsi
coinvolgere.
Improvvisamente
l’attenzione di Lucy venne attratta da
qualcosa e la ragazzina si fermò. Gli altri tre fratelli
l’affiancarono
voltando gli occhi verso la stessa direzione degli occhi azzurri della
sorella
minore.
“Guardate
dei bucaneve!”
Senza aspettare
che Peter, Edmund o Susan dicessero qualcosa,
la ragazzina iniziò a camminare a passi rapidi nel prato
innevato facendo però
attenzione per evitare di calpestare, chissà, qualche altro
bucaneve. Peter
cercò di chiamarla.
“Lu,
aspetta! Non sappiamo quanto è profonda la neve!”
La ragazzina
però non sembrò prestare molta attenzione alle
parole del fratello e continuando a camminare li guardò
sorridendo.
“Tranquilli.
La neve non mi arriva neppure alle caviglie!”
A quel punto
Edmund, ridendo divertito, iniziò a seguire la
sorella.
“Lucy,
aspettami! Vengo anche io!”
Il ragazzo si
allontanò lungo i passi della sorella che
intanto si era fermata ad aspettarlo. I due fratelli maggiori invece si
guardarono incerti se mettersi a ridere o rimproverarli. Consapevoli di
non
poter mettere in atto la seconda idea – non riuscivano
proprio a far la faccia
arrabbiata – i due scoppiarono a ridere.
A quel punto
Peter iniziò anche lui a seguire i due fratelli
minori.
“Susan,
vado a controllare che quei due non si caccino nei
guai!”
La ragazza
annuì osservando il fratello che camminava ad ampi
passi sulla neve e poi i due fratelli più piccoli che ormai
avevano quasi
raggiunto i bucaneve. Susan rimase immobile, indecisa se seguirli anche
lei o
rimanere lì ad aspettarli.
Alla fine decise
di seguirli e fece un paio di passi nella
neve. Improvvisamente si fermò. Il suo sguardo era stato
attratto dai rami
dell’albero che affiancava la strada. Lentamente si
avvicinò. I rami erano spogli
ma la neve e il ghiaccio vi creavano sopra un ricamo che non sembrava
quasi
vero tanto appariva impalpabile. La luce del sole faceva scintillare i
rami
come se fossero avvolti da diamanti. I suoi occhi azzurri fissarono uno
dei
rami più vicini al suo volto. Proprio sulla punta, il freddo
aveva bloccato due
gocce d’acqua l’una vicino all’altra.
Susan avvicinò la mano inguantata alle
due gocce.
Le voci dei
fratelli erano lontane e ora, nel silenzio
innevato, la mente di Susan non poté non ripensare a quello
che le era successo
circa due settimane prima.
In
realtà aveva continuato a pensarci ogni giorno. Ma ancora
non era riuscita a
dare una spiegazione
a quel sogno. E lo era poi veramente? Una parte di lei, quella
più razionale e
logica, ne era convinta; l’altra parte, quella che ogni
giorno si svegliava con
la speranza di tornare a Narnia, le diceva il contrario. Ma Susan non
sapeva a
quale credere. Accettare che fosse un sogno o illudersi che invece
fosse
qualcos’altro, che ci dovesse essere qualcos’altro?
Quel qualcos’altro che
ormai da quattro mesi sperava accadesse? Non lo sapeva
proprio…
Le parole di
Caspian, quelle che lui le aveva detto nel
sogno, le tornarono in mente. Susan,
allora basta che lo vuoi e saremo di nuovo insieme. Ma devi volerlo,
con tutta
te stessa. Quanto avrebbe voluto crederci davvero. Era la
realtà: per
quanto volesse farlo, la paura di soffrire ancora, di dover dirgli
addio
un’altra volta, la bloccava. Come quelle gocce. Susan, desideralo con tutto il cuore e verrai a
Narnia con me. Perché
non ci riusciva? Rivedere Caspian era tutto quello che voleva.
Perché era
difficile volerlo con tutta sé stessa? Era quello il suo
difetto. Anche la
prima volta che erano andati a Narnia, anche quando attendevano di
esservi
richiamati… guardare tutto in modo razionale per non
rischiare di essere
delusa, per non rischiare di soffrire. Dopotutto anche la mamma, aveva
bisogno
di qualcuno che non si perdesse nei sogni e nelle fantasie. Aveva
bisogno di
qualcuno che guardasse la realtà così
com’era… Susan cercò di non piangere.
Si
sentiva così divisa dentro. Non voleva essere lei quella
persona. Lei non
voleva deludere Caspian. Lei voleva continuare a sperare, aspettare,
anche
illudersi se necessario, ma non voleva smettere di credere che Aslan
non l’avrebbe
tenuta separata da Narnia e Caspian per sempre…
Cosa doveva
fare? Come poteva trovare la forza per far
sciogliere quell’inverno che li separava? Come riscaldare il
freddo che
quell’addio aveva lasciato dentro di lei?
Improvvisamente
le due gocce, per la vicinanza della sua
mano, si staccarono dal ramo cadendo sul suo guanto. Un attimo prima di
scomparire dentro la stoffa, le due gocce di fusero per un istante in
un’unica
goccia.
Susan
continuò a guardare la macchia che le gocce avevano
lasciato sulla sua mano. Il flusso dei suoi pensieri si era interrotto,
colpita
da quel piccolo avvenimento. Le due gocce, che l’inverno
sembrava voler
dividere per sempre, si erano riunite. Era bastato poco. Solo il calore
della
sua mano. E se lei non fosse venuta lì quel giorno, ci
avrebbe pensato la
primavera. Poteva essere solo quello?
“Susan,
che fai lì? Vieni!”
La ragazza si
voltò di scatto e vide i suoi fratelli che la
chiamavano. Peter muoveva il braccio per farle cenno di venire. Lucy
fece un
passo avanti mettendo le mani vicino alla bocca per far sentire
più forte la
sua voce.
“Susan,
vieni! Sono bellissimi!”
Susan sorrise e
iniziò a correre, per quanto la neve le permettesse. Ci
sarebbe mai stata la primavera tra lei e Caspian? Possibile che,
se le primavera non avesse voluto arrivare, potesse bastare il calore
del loro
amore a sciogliere il ghiaccio che teneva separate le loro vite? Poteva
bastare
il loro amore come la sua mano era bastata per quelle gocce? Come il
sole era bastato per quei teneri fiori? Poteva la forza
del loro amore riunirli? Susan non lo sapeva ma in
quell’istante lo sperò con
tutto il cuore.
Questo
tempo ci ha tradito,
è
inafferrabile.
Caspian
accarezzò Destriero sorridendo. Erano appena tornati
da una lunga cavalcata. Erano entrambi stanchi ma Caspian si sentiva
meglio.
Anche se sapeva benissimo che non sarebbe bastata una cavalcata per
risolvere
tutto.
“Vostra
Maestà, finalmente siete tornato!”
Infatti. Caspian
non riuscì a non sbuffare. Per un attimo il
pensiero di rimontare su Destriero e tornarsene tra i boschi gli
attraversò la
mente. Subito però lo scacciò: lui era il Re, non
poteva comportarsi così. Alla
fine, seppur controvoglia, si voltò. Davanti a lui vide
Cornelius. Sembrava
alla stesso tempo volerlo rimproverare e fargli capire che gli
dispiaceva.
In
realtà anche a Caspian era dispiaciuto sparire dalla vista
del suo precettore per tutto il pomeriggio. Dopotutto, non ce
l’aveva con lui.
Ma per evitare l’altra cosa, doveva purtroppo evitare anche
lui.
“Si
può sapere dove siete stato, Vostra
Maestà?”
Caspian
iniziò a camminare per uscire dalla scuderia seguito
dall’anziano precettore. I due si diressero verso
l’entrata del palazzo
attraverso i giardini. Il cielo iniziava lentamente ad assumere quel
colore che
preannunciava il tramonto. Nell’aria si sentiva il lento
rumore della risacca
sulla sabbia.
Cornelius non
disse una parola mentre camminavano, in attesa
che fosse Caspian a parlare. Il giovane Re per un po’ di
tempo fece finta di
niente ma poi capì di dovere delle spiegazione almeno al suo
precettore. Presa
quella decisione, Caspian si voltò verso il precettore senza
riuscire a celare
un leggero imbarazzo.
“Credo
di non essermi comportato molto da Re…”
Cornelius lo
guardò bonariamente.
“Vuole
che ne parliamo, Vostra Maestà?”
Caspian lo
guardò riconoscente e annuì. I due a quel punto
andarono sulla terrazza della sala del trono che dava sul mare. Da
lì si poteva
assistere ad uno spettacolo che mozzava il fiato e che allo stesso
tempo avvolgeva
chiunque in una grande pace: l'infinita distesa del mare illuminata dal
sole.
Per alcuni
minuti Caspian rimase a guardare il mare mosso dal
un leggero venticello, le braccia poggiate alla pietra del parapetto.
Cornelius si trovava un paio di passi indietro, in attesa.
“Non
potete chiedermelo…”
Il precettore lo
affiancò osservando anche lui il mare. “Che
cosa non riuscite a fare Vostra Maestà?”
Lo sguardo di
Caspian si incupì e le mani strinsero con più
forza il bordo di pietra.
“Non
potete chiedermi di incontrare tutte quelle fanciulle.
Lo so cosa mi volete dire: che sono Re da ormai due anni, che ho dei
doveri
verso il mio popolo… ma quello che voglio io
dovrà pur contar qualcosa, no?”
Cornelius
sorrise a quello sfogo che era molto simile a
quando da ragazzino gli chiedeva di lasciarlo andare a cavalcare e di
rimandare
i racconti della storia di Narnia per la sera. E alla fine vinceva
sempre lui…
“Nessuno
vi obbliga contro la vostra volontà, Vostra
Maestà.”
Caspian lo
guardò scoraggiato. “Ma allora perché
tutti non
desiderano altro che io trovi una moglie tra una di quelle? Non ho
niente in
contrario con loro: sono tutte bellissime, bene educate, di ottima
famiglia… ma
non sono lei.”
Caspian
tornò a voltarsi verso il mare. “Io non ci riesco,
ecco.”
L’anziano
precettore inizialmente avrebbe voluto fargli
capire che non accogliere come conveniva uno dei nobili di Telmar e la
sua
famiglia non era un comportamento molto adatto ad un Re: era stato
costretto a
sudare per convincerli che Caspian era fuori per un buon
motivo… ora, però, standolo
a sentire, si stava quasi convincendo del contrario: magari sarebbe
stato meglio dire semplicemente di tornare un'altra volta...
“Ma
Vostra Maestà, accogliere loro e le loro famiglie quando
vengono in visita non significa promettere loro che le
sposerete!”
Caspian
sospirò. “Lo so. Ma io non saprei neppure cosa
dire
loro! Già quando ero con la Regina Susan mi risultava
difficile… immaginatevi
con loro. Cosa dovrei dire? Siete splendida ma gli occhi della Regina
Susan
avevano una luce completamente diversa… oppure…
non sapete cavalcare? Che
disdicevole mancanza. La Regina Susan era invece un’ottima
cavallerizza e
sapeva anche tirare con l’arco. Era addirittura Gran Arciere
di Narnia…”
Caspian
guardò esasperato il precettore. “Vi rendete conto
che un dialogo così non potrebbe durare che qualche minuto?
Senza contare che
dubito che qualcuna di loro se ne sentirebbe
lusingata…”
L’anziano
precettore scoppiò a ridere. Dopotutto il discorso
del giovane Re non faceva una piega…
“Ne
dubito anche io!”
Anche Caspian
sorrise per un momento. Poi però il suo volto
tornò a farsi serio.
“Non
crediate che non sappia quello che Aslan ha detto, che Susan non
tornerà più. So
che un giorno dovrò farlo… ma è troppo
presto. Io non ce la faccio… sarebbe
come… sarebbe come tradirla!”
Cornelius
posò una mano sul suo braccio guardandolo
comprensivo.
“Siete
certo che arriverà un momento in cui non sarà
troppo
presto?”
Caspian
abbassò lo sguardo che fissò la spiaggia lambita
dalle onde.
“Non
lo so… non credo potrei mai innamorarmi di
un’altra
donna che non sia Susan…”
Il giovane Re a
quel punto alzò la testa guardando il
precettore con una decisione che però mascherava la
sofferenza che quelle
parole gli provocavano.
“Ma so
quello che è il mio dovere. Io la aspetterò.
Sempre.
Dentro di me nessuna potrà mai prendere il suo posto. Fuori
di me invece aspetterò
fino a quando Narnia potrà aspettare…”
La voce di
Caspian si incrinò. Lo sapeva. Se Aslan non avesse
permesso a Susan di poter tornare, avrebbe fatto la cosa giusta per il
regno.
Lo avrebbe fatto il Re, non Caspian. Dentro di lui avrebbe amato sempre
e solo
Susan la Dolce, Regina di Narnia. Nessun'altra.
Cornelius fece
per andarsene, capendo che Caspian aveva
bisogno di stare un po’ da solo, ma poi si fermò
sulla porta.
“Non
angustiatevi. Siete giovane e il volere di Aslan ci è
nascosto. L’importante è che non facciate irritare
tutti i nobili del regno.”
Caspian
annuì. Dopo un attimo rimase solo. Solo lui e il
mare. Chissà che cosa si celava oltre ad esso…
secondo le storie di Narnia
che Cornelius gli raccontava, oltre il mare si stendevano le terre di
Aslan. In
quel momento si ricordò che i sette Lord più
fedeli a suo padre erano stati
esiliati da Miraz nelle Isole Solitarie. Nessuno di loro era mai
tornato.
Caspian si
alzò e fissò gli occhi sull’orizzonte.
Quando i
problemi a Narnia fossero finiti e fosse regnata la pace, li avrebbe
cercati
per onorare suo padre e la fedeltà di quegli uomini.
E
chissà, magari una volta portata a termine quella missione,
avrebbe potuto veleggiare verso le terre di Aslan per chiedergli di
riportargli la sua
Susan. Era pronto anche a viaggiare per mesi pur di poterglielo
chiedere. Forse
Aslan avrebbe ascoltato le sue preghiere. Forse sarebbe bastato fargli
capire
quanto fosse forte il legame che gli univa… quanto fosse
importante lei per lui.
Caspian sorrise
malinconicamente. Quanto tempo avrebbe dovuto
ancora aspettare per riabbracciarla? E Narnia per quanto tempo avrebbe
potuto
aspettare?
Improvvisamente
si ricordò delle parole che Susan gli aveva detto prima del
loro addio. Non avrebbe
funzionato, comunque. Ho mille trecento anni più di te. Caspian
sorrise. Susan glielo aveva detto quasi fosse un difetto per la loro
relazione, forse per trovare una ragione per rendere più
sopportabile il loro addio. Quel particolare secondo lui, invece, era speciale.
Significava che il destino aveva voluto che loro due
si incontrassero, superando il tempo che altrimenti li avrebbe
divisi. Era anche per questo che continuava a sperare che il destino li
avrebbe fatti rincontrare. E poi avevano un difetto più
grande le altre e questo insuperabile: non erano Susan. Sorrise.
Caspian rientrò
nella sala lasciandosi alle spalle il mare e
il tramonto. Di una cosa solo era certo. Amava Susan e, fossero passati
anche
secoli, il suo amore per lei non sarebbe mai cambiato. Avrebbe voluto
dirglielo. L’avrebbe amata sempre, qualunque cosa sarebbe
successa.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Salve
a tutti! Per prima cosa devo chiedere scusa per l’enorme
ritardo
con cui ho aggiunto questo capitolo, ma questa volta
l’ispirazione non voleva
proprio arrivare. Nonostante questo sono molto soddisfatta del
risultato che ho
ottenuto. ^-^ Solo un paio di premesse e poi vi lascio in pace: nella
parte di
Susan ci sono alcuni cenni alla Seconda Guerra Mondiale…
sono vaghi ma spero
siano corretti perché non ho avuto il tempo di andare a
ricontrollare; nella
parte di Caspian invece scopriremo, almeno secondo me, come
è nato il Veliero
dell’Alba: qualche idea? Beh, questa è la
mia… spero vi piacerà. Come ultima
cosa faccio i miei soliti e doverosi ringraziamenti a chi mi segue e
recensisce: ErzaScarlet_, Fly_My world, FrancyNike93, mishy,
SusanTheGentle e tema94.
Ovviamente
grazie anche
a chi solo legge. Buona lettura! HikariMoon
Racconterò
di te
Susan era seduta sulla coperta
che avevano steso per
terra. Attorno a lei il prato iniziava a riempirsi di fiori,
accarezzati dal
calore del sole primaverile. Dagli alberi poco lontani l'allegro cinguettio
degli uccellini riempiva l'aria. La ragazza sorrise. Era stata una
buona idea
decidere di trascorrere quel pomeriggio all'aria aperta. Sarebbe
servita a
tutti per non pensare alle notizie che venivano da fuori. La madre era
stata
categorica: dovevano uscire per distrarsi un po'. Susan si
incupì. Come si
poteva? In mente le tornarono le notizie che quella mattina avevano
sentito
alla radio. Erano state simile a quelle dei giorni precedenti, ma non
per
questo meno angoscianti. La guerra stava entrando in una fase cruciale.
Gli
attacchi alle navi nell'Oceano Atlantico continuavano e ormai da alcuni
mesi
anche gli americani erano entrati in guerra. Cosa sarebbe successo? Era
difficile capire la gravità della situazione, senza contare
le terribili
notizie che cominciavano a trapelare dalla Germania. Non riusciva
neppure ad
immaginarle... Narnia aveva aperto le loro menti, aveva loro insegnato
che non
era il popolo a cui appartieni che determina chi sei: non tutti
però avevano
avuto la loro stessa possibilità. Era in quei momenti che capiva
quanto
aveva imparato a Narnia, quanto quelle avventure l'avessero fatta
diventare una
persona migliore...
I suoi occhi azzurri
si voltarono indietro ad osservare i muri della loro casa
poco distante. Ancora più oltre, oltre tutte le case di
Finchley, si stendeva
Londra. Ancora più in là, in tutte le direzioni
un mondo che non riusciva a
capire. Troppo diverso dal mondo che lei amava: Narnia... Susan sorrise
dolcemente. Ci stava provando a non smettere di sperare, a continuare a
credere
che quel sogno di tanti mesi prima fosse un segno per lei, per non
farla
arrendere. Era quella la speranza che la faceva andare avanti. In tutti
quei
mesi aveva cercato di convincersi con tutta se stessa che far arrivare
la
primavera nell'inverno che separava lei e Caspian era possibile.
Presto, ne era
certa, sarebbe successo...
Improvvisamente Lucy
si sedette accanto a lei e Susan si riscosse. I loro occhi
si incrociarono: quelli azzurri di Lucy pieni di entusiasmo, quelli
azzurri di
Susan pieni di sorpresa. La ragazzina fece cadere sulla coperta una
piccola
montagna di fiori colorati guardandola sorridendo.
"Facciamo dei mazzi di
fiori per casa? Così sembrerà anche lì
primavera!"
Susan sorrise. Anche
tutti quegli avvenimenti non riuscivano a spegnere il
profondo entusiasmo di Lucy. Ed era giusto così. Sapeva che
anche Lucy, quando
sentivano tutte le terribili notizie della guerra, si incupiva
guardando la
radio come per chiedersi come fosse possibile che ci fossero persone
tanto
crudeli. Ma la sua speranza, la sua gioia, la sua fede erano troppo
forti per
farsi abbattere. Lo aveva dimostrato sempre, anche a Narnia. Aveva
creduto
sempre, più di tutti.
"Ti prego!"
Susan riemerse dai
suoi pensieri e vide Lucy che la guardava sorridendo e con
gli occhi supplicanti come ogni volta che cercava di convincere
qualcuno. Ed
era impossibile resisterle. Susan raccolse le prime corolle.
"D'accordo. Ma
dobbiamo fare i mazzi di fiori più belli di tutti."
Lucy annuì
iniziando a raccogliere anche lei i fiori che si trovavano sparsi ai
loro piedi. Il silenzio calò tra le due sorelle mentre
sorridendo iniziavano a
raccogliere i fiori in due mazzi ordinati. Ad un certo punto Susan
alzò lo
sguardo.
"Peter e Edmund dove
sono?"
Lucy alzò
lo sguardo per poi tornare ad abbassarlo sui fiori. "Prima li
vedevo parlare, credo a proposito di quello che sta succedendo... poi
sono
andati verso il bosco e li ho visti prendere due bastoni. Hanno
iniziato a fare
come con le spade."
Le due risero. Poi
Susan scosse la testa sorridendo. Ora che ci pensava ogni
tanto sentiva arrivare il rumore di legna che sbatteva. "Non
cambieranno
mai. Spero solo che non si facciano male..."
Improvvisamente Lucy
abbassò le braccia e alzò lo sguardo su Susan.
Sembrava
indecisa, quasi non sapesse come chiedere alla sorella quel qualcosa
che le
premeva.
"Susan... secondo te,
io sono bella?"
Susan rimase senza
parole. Non si aspettava una simile domanda. Ma pensandoci
Lucy stava crescendo, aveva ormai quasi tredici anni. La ragazza
sorrise posò
il mazzo di fiori sulla coperta e si sedette a fianco della sorella.
"Come ti viene in
mente che tu non sia bella?"
Lucy
abbassò lo sguardo leggermente imbarazzata. Susan la strinse
a sé
abbracciandola.
"Tu sei bellissima
Lucy. Non solo fuori, ma anche dentro che è la cosa
più
importante."
Lucy non rispose
fissando i fiori. Per lunghi minuti nessuna delle due disse
più nulla. Susan sperò che le sue parole
dissipassero i dubbi di Lucy. La
ragazzina alzò lo sguardo sulla sorella giocherellando con
un fiore.
"Il fatto è
che tu sei così bella Susan. Anche quando eravamo Sovrani
ricevevi così tante richieste di matrimonio... e poi
Caspian..."
Improvvisamente Lucy
ammutolì sentendosi in colpa. Sapeva quanto Susan avesse
sofferto per il fatto che non sarebbe più tornata a
Narnia... e lei ora glielo
aveva ricordato.
"Susan... scusami. Non
avrei dovuto ricordarti Caspian... io..."
Susan, dopo un attimo
di incertezza, sorrise e scompigliò i capelli di Lucy.
"Non preoccuparti, Lu... Non è colpa tua. E per quanto
riguarda il
discorso di prima... vedrai che anche tu troverai un sacco di persone
che
rimarranno affascinati dalla tua bellezza."
Lucy non rispose e il
suo volto fu attraversato da un'ombra di dubbio, non si
riusciva a capire se causato dall'insicurezza sulla propria bellezza o
dal
cercare di capire se Susan stesse male per quello che le aveva detto.
"Susan... a te manca
Caspian?"
L'interpellata rimase
interdetta per la seconda volta. Ma non riuscì a non
mettersi a ridere... come è che a Lucy quel giorno le
venivano in mente tutte quelle
domande strane? Susan la guardò e alla fine si rimise a
raccogliere i fiori.
"Se ti racconto una
cosa, tu non la andrai a dire a Peter o Edmund?"
Lucy
riacquistò il buon umore e annuì rimettendosi
anche lei a creare il suo
mazzo di fiori. Susan guardò i fiori che aveva in mano con
uno sguardo pieno di
malinconia e di dolcezza. Doveva crederci: sarebbe successo come per
quelle due
gocce...
"Sai cosa mi
piacerebbe adesso? Poter rivedere la primavera di Narnia.
L'aria carica di petali di fiori e del loro profumo, i prati verdi, il
cielo
azzurro... in lontananza Cair Paravel, bianco sotto il sole. Mi
piacerebbe
essere lì, in mezzo ai fiori e al verde. Cavalcare tra gli
alberi insieme a
Caspian. Poter vedere insieme a lui Narnia che rifiorisce dopo
l'inverno.
L'ultima volta abbiamo potuto godere così poco di Narnia...
appena abbiamo
vinto e Caspian è diventato Re, ce ne siamo dovuti andare..."
Susan non
riuscì a dire altro e Lucy la guardò
affettuosamente dimenticandosi
della sua sciocca domanda sulla sua bellezza. Avrebbe preferito essere
brutta,
se questo avesse permesso che anche Susan e Peter fossero richiamata a
Narnia...
"Susan, un giorno
Aslan vi riporterà a Narnia anche a voi! Ne sono
certa!"
Susan la
guardò stupita del tono sicuro usato dalla sorella. Entrambe
sorrisero. "Lo spero anche io, Lucy..."
Improvvisamente le due
vennero raggiunte da Edmund e Peter: i due si stavano
rincorrendo e iniziarono a correre attorno a loro due ridendo.
All'improvviso
Edmund afferrò le spalle di Susan facendola quasi cadere. La
ragazza li guardò
contrariata.
"Ma si può
sapere che cosa sta succedendo?"
Edmund
puntò il dito verso Peter che intanto rideva dietro a Lucy.
"Susan,
diglielo anche tu che Peter è un imbroglione!"
Susan e Lucy si
guardarono senza capire. La seconda rideva divertita.
Peter invece guardò Edmund ridendo. "Se non riesci ad
accettare di
perdere..."
Edmund si
rialzò colpendo i capelli di Susan che iniziò a
spostarli dal viso
scoppiando a ridere anche lei. Quando litigavano in quel mondo
sembravano di
divertissero a farlo.
"Per tua informazione,
Peter, io ero il miglior spadaccino di Narnia! Hai
vinto solo con un trucco!"
Peter gli
passò un braccio attorno alle spalle e gli
scompigliò i capelli
scuri. "In guerra ed amore tutto è permesso, Ed."
A quel punto tutti
scoppiarono a ridere. Susan, guardando i suoi fratelli, non
poté
non pensare che loro madre aveva fatto bene a farli uscire.
"Peter! Susan! Edmund!
Lucy!"
Il grido della madre
gli allarmò. Peter lasciò Edmund e i due si
voltarono
verso la casa. Anche Lucy e Susan si alzarono di scatto temendo che
fosse
successo qualcosa. La videro subito. La madre era in piedi vicino alla
casa, ma
non era sola. I quattro ragazzi rimasero immobili. Susan si
portò una mano alla
bocca scoppiando a piangere. Anche le guance di Lucy si rigarono di
lacrime e
pure Peter e Edmund dovettero passarsi una mano sugli occhi.
Improvvisamente
Lucy si mise a correre lasciando cadere a terra i fiori che aveva in
mano.
"Papà!"
Gli altri tre non
esitarono neppure un attimo a seguirla. La ragazzina si
gettò
tra le braccia dell'uomo affondando il volto nella sua giacca, scossa
dal
pianto. Edmund arrivò per secondo e si gettò
anche lui tra le sue braccia. Chi
se ne importava se ormai era grande... Susan, che a stento riusciva a
contenere
la felicità, abbracciò la madre in lacrime in
attesa di poter abbracciare il
padre. Peter era fermò accanto a lei.
"Lucy, Edmund..."
Il padre
alzò gli occhi verso i due figli più grandi
protendendo le mani verso
di loro. Alla fine anche Susan e Peter lo abbracciarono e i cinque si
trovarono
stretti in un unico grande abbraccio. La madre, un passo lontano, si
stava
asciugando gli occhi con un fazzoletto.
"Figli miei, quanto mi
siete mancati..."
Peter, la voce
incrinata dalla commozione, lo guardò felice. "Anche
tu..."
Susan posò
la testa sulla spalla del padre, accanto a lei Lucy. Finalmente
erano tutti insieme. Nessuno di loro svegliandosi quel giorno avrebbe
mai
potuto pensare che, finalmente, avrebbero riabbracciato loro padre. La
loro
speranza si era avverata... quando meno se l'erano aspettato. E, ora ne
era
certa, per ogni speranza sarebbe successo così... in ogni
cosa la primavera
arrivava all'improvviso. Sorrise. Quel giorno era una bellissima
giornata.
Inventerò
per te.
Caspian
camminava lentamente lungo la passerella. Accanto a lui
c’erano Cornelius e il
nano Briscola. Il giovane Re osservava la nave che stava nascendo in
quel
cantiere creato sotto Cair Paravel. L’intero scafo era ormai
stato costruito e
mancavano ormai poche settimane prima che i lavori fossero
completamente
conclusi. Stavano procedendo velocemente e poi sarebbe bastato solo
aggiungere
i suppellettili, il sartiame e le vele. Caspian si fermò. Il
suo sguardo fissò
ogni singolo particolare di quella nave che veniva rifinito. Un brivido
corse
lungo la sua schiena. Con quella nave avrebbe attraversato il mare
dell’est,
avrebbe trovato i sette Lord e li avrebbe riportati a Narnia o avrebbe
onorato
la loro fedeltà. Sospirò. Avrebbe veleggiato
attraverso qualunque difficoltà
nella speranza di poter far avverare il suo sogno…
“Vostra
Maestà.”
La voce di
Cornelius interruppe il flusso di pensieri di Caspian e il ragazzo si
voltò
verso di lui. Accanto al precettore e a Briscola, vide un uomo. Il suo
volto
serio rivelava una grande esperienza. Caspian fece un cenno con la
testa e
l’uomo si inchino verso di lui. A parlare fu però
Cornelius.
“Vostra
Maestà,
vi presento Lord Drinian. Sarà lui il capitano della
nave.”
Lord Drinian
si
rialzò guardando in volto Caspian.
“Sarà per me un onore, Vostra Maestà,
essere
al comando della vostra nave. Vi giuro che farò ogni cosa in
mio potere per far
in modo che la vostra traversata si concluda con successo.”
Caspian
sorrise. Seppur i modi bruschi, probabilmente derivati dai tanti anni
trascorsi
in mare, Lord Drinian gli ispirò subito fiducia e
capì che non aveva alcun
motivo per dubitare della sua fedeltà.
“Ne
sono certo
Lord Drinian.”
L’uomo
si
inchinò nuovamente ma poi rialzò lo sguardo.
“Posso
permettermi solo una domanda, Vostra Maestà?”
Caspian
annuì.
Lo sguardo di Lord Drinian si voltò verso la nave che stava
sorgendo davanti ai
loro occhi.
“Vorrei
solo
sapere il nome della nave, se Vostra Maestà è
d’accordo.”
Caspian
spalancò gli occhi con un po’ di sorpresa
voltandosi anche lui verso la nave.
Tutti rimasero in attesa. Solo il Re poteva scegliere il nome della sua
nave o
scegliere chi per lui dovesse proporlo. Caspian rimase mutò.
Non ci aveva mai
pensato. Il nome per la nave… Invece di pensarci gli
tornò in mente l’importanza
che quella nave rivestiva per lui. Ora ne aveva la piena
consapevolezza: solo
una parte di lui aveva deciso quel viaggio per trovare i sette Lord.
Avrebbe
voluto tanto che anche il nome, magari solo per lui, gli ricordasse
sempre
quale fosse il verso motivo per il suo cuore. Improvvisamente nella sua
mente
tutto si fece chiaro. Ogni dubbio venne dissipato via e come una luce
brillava
solo un nome, il nome perfetto. Ne era sicuro.
“Veliero
dell’Alba.”
Caspian si
voltò cercando di scorgere nei volti dei suoi accompagnatori
un segno che gli
permettesse di capire l’effetto del nome. Ardentemente
sperò che nessuno lo
disapprovasse. Lord Drinian rimase impassibile.
“Veliero
dell’Alba… se questa è la decisione di
Vostra Maestà. Con il vostro permesso.”
L’uomo
fece di
nuovo un inchino e poi si allontanò lungo la passerella. Ora
che aveva il
consenso del Re, c’erano molte cose che doveva controllare
affinché nulla,
sulla nave del loro Sovrano, fosse lasciato al caso.
Caspian lo
guardò allontanarsi me subito dopo tornò a
voltarsi verso Briscola e Cornelius.
“Allora,
voi
cosa ne pensate?”
Briscola
sembrò
leggermente imbarazzato e si guardò attorno borbottando.
“Vostra
Maestà
lo sa… io non mi intendo di navi e mari… ho
già avuto un’esperienza poco
piacevole e mi è bastata… se questa è
la vostra scelta. Con il vostro permesso,
devo andare a controllare come procede il lavoro dei nani.”
Briscola a
quel
punto fece un inchino e si voltò iniziando a percorrere
rapidamente la
passerella già percorsa da Drinian. Caspian sorrise
guardandolo scomparire tra
i carpentieri. Ma non aveva ancora ricevuto una risposta
soddisfacente… Il
giovane Re si voltò verso Cornelius.
“Cornelius,
almeno da voi posso ricevere un parere?”
Il precettore
sorrise e annuì. “Se posso esprimere la mia
opinione, il nome scelto da voi, Re
Caspian, è particolare… ma non suona per niente
male. E poi questa è la vostra
nave.”
Caspian
annuì e
i suoi occhi scuri tornarono a fissare i lavori.
“Già… è
speciale…”
I due rimasero
lì ancora per qualche minuto poi scesero a parlare con il
capo carpentiere per
discutere sui tempi in cui sarebbe stato portato a termine il lavoro.
Esaminati
tutti i particolari, Caspian e Cornelius tornarono ai cavalli e
risalirono
verso il palazzo dove una riunione attendeva il giovane Re.
Dopo diverse
ore, conclusi tutti i doveri da Sovrano, Caspian poté
finalmente prendersi un
po’ di meritato riposo. Era ormai sera e il giovane Re
andò su una delle
terrazze da cui si poteva vedere il cantiere del Veliero
dell’Alba. Ora, libero
da tutti i carpentieri, i falegnami e gli altri artigiani, illuminata
solo da
alcune torce, sembrava una creatura addormentata che non attendesse
altro che
di poter solcare le onde di quel mare che brillava sotto la luce delle
stelle
che iniziavano a punteggiare il cielo. Un vento fresco spirava dal mare
agitando i capelli di Caspian che sentì improvvisamente,
osservando il mare e
la nave, un grande desiderio di trovarsi sulle sue onde. Presto lo
avrebbe
potuto fare. Narnia era in pace. Nessuno la minacciava. Calormen era
stata
sconfitta e le ribellioni dei Giganti delle Terre Selvagge del Nord
erano state
sedate. La pace regnava su tutta Narnia. Presto sarebbe potuto partire.
Un
brivido di emozione lo percorse. Cosa avrebbe trovato su quelle Isole
che aveva
solo sentito nominare, le Isole Solitarie? E oltre ad esse?
Più volte si era
posto quelle domande e in quel momento, più di ogni altra
volta precedente,
sentì di non poter più attendere a lungo.
L’avventura e la speranza lo
spingevano oltre l’orizzonte.
Improvvisamente
gli tornò in mente la nave che lo avrebbe condotto
lì. Il suo sguardo tornò ad
osservarla nell’oscurità. Caspian sorrise. Veliero
dell’Alba… chissà se avrebbe
mai detto a qualcuno come gli era venuto in mente quel nome. Se avrebbe
mai
rivelato ad un altro come quel nome nascondesse in sé la sua
speranza, il suo
sogno più grande. Susan… c’era lei
dietro quel nome, era lei il suo sogno più
grande. Aveva pensato a lei e gli era venuto in mente quel nome.
L’alba… era il
momento della giornata che più di ogni altro faceva assumere
al cielo il colore
dei suoi occhi. Il colore degli occhi di Susan…
quell’azzurro puro, chiaro, luminoso
che niente avrebbe potuto far sparire dal suo cuore… quello
stesso azzurro di
cui si tingeva il cielo all’alba. Un colore fatto di luce e
speranza per la
giornata che iniziava. Caspian sorrise malinconicamente. Quanto
l’amava… la
speranza di ogni alba era per lui sempre la stessa. Si svegliava ogni
mattina,
da quasi tre anni a quella parte, per vedere il sole sorgere e con esso
ritornare il lui la speranza di rivedere Susan, una speranza che gli
riempiva
il cuore fino alla mattina dopo. Era una speranza che non lo
abbandonava mai. Era
per questo che aveva scelto quel nome. La sua amata Susan sarebbe stata
con
lui, anche lì, e la speranza lo avrebbe portato fino ai
confini di quel mare…
fino ad Aslan.
Caspian
guardò
l’oggetto che per tutti quei minuti aveva tenuto in mano.
Sorrise dolcemente e
sfiorò con la mano gli intagli che lo decoravano. Il corno
di Susan. Quanto
avrebbe voluto che fosse bastato suonarlo per riportarla lì
da lui… forse non
ci aveva mai provato proprio per non spazzare via l’illusione
che potesse
essere sufficiente. Caspian scosse la testa ridendo… quante
sciocchezze
riusciva ad immaginare un innamorato.
In quel
momento
Caspian sentì dei passi alle sue spalle e si
voltò. Davanti a lui vide
Cornelius che si inchinò immediatamente.
“Vostra
Maestà,
scusate il disturbo.”
Caspian si
avvicinò a lui sorridendo. “Voi non disturbate
mai.”
L’anziano
precettore sorrise con affetto. Poi però tornò a
fare una faccia seria.
“Domani
i Lord
si aspetteranno che voi decidiate chi farà da Reggente fino
a quando sarete
via. Manca ancora del tempo, ma è bene che voi prendiate una
decisione il prima
possibile.”
Il giovane Re
annuì e iniziò a camminare a lenti passi sulla
terrazza. Improvvisamente
sorrise. Gli era venuta in mente la persona adatta. Un caro amico,
sì certo un
po’ burbero, ma fedele e leale fin dal primo giorno che lo
aveva incontrato.
Caspian si voltò verso Cornelius.
“Penso
che mi
sia venuto in mente chi meglio di tutti potrà fare le mie
veci finché sarò in
mare… a cui, sono certo, non mancherete di dare i vostri
consigli.”
Il dottor
Cornelius
lo guardò incuriosito. “Certo, Vostra
Maestà… se mi chiederete di consigliare
il vostro Reggente, io lo farò…”
Caspian
capì
che l’anziano precettore volesse sapere chi avesse scelto.
Sorrise.
“Spero
che non
ve la prendiate… ma lo saprete domani quando lo
annuncerò e i Lord esprimeranno
il loro parere. Non vorrei che il futuro Reggente trovi troppe scuse
per
cercare di esonerarsi dal compito.”
Il precettore
lo guardò e si rese conto che Caspian non gli avrebbe detto
di più. L’anziano
sorrise. Se era questo che voleva… avrebbe atteso il giorno
successivo.
“Come
desiderate, Vostra Maestà. Cercate di andare a dormire.
Domani sarà una
giornata impegnativa.”
Il giovane Re
annuì tornando verso il parapetto. Mentre Cornelius
rientrava nel palazzo, il
suo sguardo tornò a posarsi sul Veliero dell’Alba.
Sarebbe stata una nave
meravigliosa, degna della fama di Narnia e del nome che gli aveva dato.
Caspian
alzò
gli occhi verso le stelle che splendevano luminose nel cielo e si
chiese che
cosa stesse facendo Susan in quel momento. Quanto avrebbe voluto
mostrargli la
nave che stava facendo costruire… e raccontarle il
significato del suo nome.
Caspian sorrise.
“Vorrei
tanto
poter viaggiare sul Veliero dell’Alba con
te…”
Il giovane Re
sospirò e si avviò verso l’interno del
palazzo. Sotto l’arco che dava sulla
sala, Caspian si fermò ad osservare ancora una volta il mare
e il cielo
stellato.
“Buonanotte,
Susan… amore mio. Un giorno ci rivedremo, lo so.”
Quello
che non abbiamo.
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Allora,
salve a tutti! ^-^ E per prima cosa... scusate, scusate, scusate per il
mostruoso ritardo. Purtroppo ho dovuto studiare per la simulazione di
terza
prova (spero ora di avere il vostro perdono): perciò
capirete... anche volendo
non sono riuscita a trovare molto tempo da dedicare allo scrivere. E
non sapete
quanto mi pesava... Alla fine però sono ancora qui e
finalmente ecco un nuovo
capitolo. Piccole premesse: la parte di Caspian è la
più corta, ma non credo ne
rimarrete deluse/i; e nella parte di Susan avrà un ruolo
speciale anche Peter.
Perciò, prima di lasciarvi alla lettura, devo fare due
annunci. 1. questa
storia sta per finire... eh, già siamo presto alla fine di
questo "viaggio".
>.< Prima però che qualcuno di voi cominci a
meditare vendetta, leggete
il punto due. 2. con grande emozione vi annuncio che conclusa questa
comincierò
una storia che si possa chiamare veramente tale. Una nuova avventura a
Narnia
di cui però non vi preannuncio nulla... se non che si
avvererà quello che
molte/i di voi hanno sperato fin dall'inizio: ovvero... Susan e Caspian
si
rincontreranno. ^-^ Detto questo faccio i soli ringraziamenti:
DarkFirefly22, ErzaScarlet_,
Fly_My world, FrancyNike93, mishy, SusanThe Gentle e tema94. Grazie
mille a
tutti! ^-^ Ed ora, buona lettura!
Le
promesse sono infrante,
come pioggia su di noi.
Tutto era
pronto. Il Veliero dell’Alba era stato completato. Le
provviste e tutto ciò di
cui avrebbero avuto bisogno durante la traversata stava venendo
caricato. Entro
una settimana sarebbero potuti partire. Anche il reggente aveva
accettato, alla
fine… Caspian sorrise. Ce n’era voluto di tempo
per convincerlo. Quando lo
aveva annunciato per poco non era svenuto: povero Briscola,
all’inizio aveva
creduto di aver sentito male. Caspian guardò verso
l’orizzonte lontano. Grossi
nuvoloni scuri ricoprivano il cielo. Quella notte non ci sarebbero
state le
stelle. Era sempre più convinto di aver fatto la scelta
giusta. Senza contare
che Cornelius gli sarebbe stato vicino per aiutarlo. Briscola lo aveva
appoggiato subito… e il fatto di non ritenersi
all’altezza lo rendevano il più
adatto. Dopotutto era la stessa cosa che era successa a lui…
la stessa cosa che
provava ancora. Credere di non fare la cosa giusta alla fine gli
avrebbe fatto
fare la cosa migliore per Narnia. Se valeva per un giovane Re
originario di
Telmar, sarebbe valso anche per lui.
Caspian si
incupì. E se avesse fallito? Se non avesse trovato i sette
Lord? Se non fosse
riuscito a raggiungere i confini dell’oceano dove si
stendevano le Terre di
Aslan? Se lui gli avesse ripetuto l’impossibilità
di un ritorno di Susan? Lui,
che cosa avrebbe fatto? Tutto quel tempo passato a sperare, quel
viaggio… non
sarebbero serviti a nulla. Caspian scosse la testa. Non poteva farsi
prendere
dai dubbi in quel momento. No, non poteva. Era un Sovrano ora. Quel
viaggio lo
avrebbe messo alla prova. Sì, lo avrebbero fatto diventare
più forte e più
sicuro. E forse non lo avrebbero fatto tornare da solo…
inutile negare: era per
quello che il suo cuore lo aveva convinto a partire. Trovare i sette
Lord aveva
convinto la sua mente e il suo onore. Ma il suo cuore desiderava solo
che Aslan
facesse tornare Susan… era per quello che aveva
più paura. Avrebbe potuto così
accontentare metà del suo regno che chiedeva una Regina e
soprattutto
accontentare il suo cuore. Cornelius aveva avuto ragione, tanto tempo
prima:
non sarebbe mai stato pronto a sposare un’altra donna. Forse
non ci sarebbe mai
riuscito… Caspian strinse i pugni. Si sentì in
colpa verso Narnia. Ma non
poteva fare altrimenti… un giorno forse avrebbe capito, ma
prima avrebbe fatto
di tutto affinché quel giorno non arrivasse mai. Sperava che
Aslan lo potesse
capire. Non avrebbe mai più chiesto nulla per lui. Gli
bastava solo Susan.
Il giovane Re
sollevò la mano destra. I suoi occhi scuri fissarono il
corno di Susan. Quante
volte aveva voluto suonarlo, sperando che la magia facesse avverare le
parole
dette da lei anni prima. Non lo aveva mai fatto… per non
spezzare quella
speranza. In quel momento però sentì vacillare la
speranza di tutti quei mesi.
Perché non provarci?
Caspian
avvicinò lentamente il corno alle labbra. La mano gli
tremava. Aveva paura di
quello che avrebbe provato se non fosse successo nulla. Chiuse gli
occhi. Sentì
sulle labbra il freddo dell’avorio. Ora doveva solo soffiare
e poi…
Di scatto
Caspian allontanò il corno dalla bocca e si posò
alla balaustra tenendo la
testa bassa. Il respiro era affannato, come se avesse suonato. Ma non
lo aveva
fatto. Non poteva farlo. Una fine pioggerellina umida
cominciò a cadere. Il
ragazzo sembrò non sentirla mentre i capelli scuri
cominciavano a bagnarsi e ad
attaccarsi alla pelle. Una lacrima, una sola lacrima, rigò
la guancia di
Caspian cadendo poi a terra e confondendosi con le gocce cadute dal
cielo. Il
ragazzo alzò la testa e guardò il mare scuro.
Vicino alla riva il Veliero
dell’Alba si dondolava tra le onde. Perché aveva
fatto tutto quello? Per un
attimo credette di non trovare più la forza che
già altre volte lo aveva
aiutato. Era solo un’illusione la sua?
No. Non lo era,
non poteva esserlo. Caspian alzò la schiena scacciando via
quei dubbi e quelle
parole. Stava intraprendere una nuova avventura, era normale che
l’incertezza
lo facesse tentennare… ma doveva crederci. Non sapeva
neppure lui veramente il
perché… sapeva solo che doveva crederci con tutto
sé stesso, come aveva fatto
fino a quel momento. Tornò a sorridere. No, il ritorno di
Susan non era
un’illusione… era una certezza e lui
l’avrebbe fatta diventare realtà. Con quel
viaggio avrebbe dimostrato ad Aslan quello che lui era disposto a fare
per lei.
Aslan avrebbe capito.
Caspian ripensò
ai primi tempi. All’inizio aveva pensato che quello che
provava per Susan non
fosse vero amore. Dopotutto l’aveva conosciuta
appena… ma giorno dopo giorno
aveva capito che si era innamorato, veramente. La sua dolcezza, la sua
gentilezza, la sua determinazione, il suo coraggio, la sua
bellezza… ogni più
piccolo particolare di lei aveva cominciato a mancargli. Era lei
l’altra parte
di lui, ne era certo… quella che molti non trovavano
cercandola per tutta la
vita. Lui l’aveva trovata quando meno aveva creduto e nel
modo che meno avrebbe
creduto… ma l’aveva trovata. Solo questo contava:
era lei, la sua Susan.
“Vostra
Maestà,
che cosa fate là fuori?!?”
Caspian si
voltò e vide sulla porta Cornelius e Briscola. Si accorse
solo in quel momento
che stava piovendo. Guardò il cielo da cui continuavano a
scendere decine e
decine di gocce. Il ragazzo a quel punto entrò e Briscola
chiuse dietro di lui
la porta. Caspian si voltò verso di loro sorridendo.
“Non mi
crederete, ma non me ne ero neppure accorto.”
I due si
guardarono perplessi e leggermente stupiti. Alla fine Briscola
tornò a guardare
il giovane Re. Sembrava indeciso su come porgli al domanda e alla fine
lo fece
nel suo solito modo spiccio.
“Ma, Vostra
Maestà, siete proprio sicuro che sia io il Reggente? Secondo
me fate ancora in
tempo a cambiare idea…”
Caspian scoppiò
a ridere. E lui che credeva di averlo convinto… dopo un
attimo tornò a
guardarlo con sguardo serio.
“Amico mio,
sono sicurissimo. Sarai un ottimo reggente… C.P.A.”
Briscola
avrebbe voluto dire qualcosa ma non appena sentì le ultime
parole ammutolì
ripensando con un po’ di malinconico affetto alle due giovani
Regine che gli
avevano affibbiato quel soprannome. La Regina Susan… e
soprattutto la piccola
coraggiosa Regina Lucy. Non lo avrebbe mai ammesso, ma anche lui
avrebbe voluto
dire qualcosa ad Aslan per farli tornare presto… e tutti
quanti. I quattro
antichi Re di Narnia, era i quattro antichi Re di Narnia: quattro, non
uno di
meno, non uno di più. Quattro. Ma forse, pensò
Briscola, la questione era molto
più grande di quello che immaginava…
“Briscola non
hai nulla da temere. Cornelius di aiuterà e se ci saranno
problemi potrete
avvisarmi. Anche io dopotutto manderò nostre notizie il
più spesso possibile.
Io devo assentarmi dal Regno e so di non poterlo affidare a mani
migliori.”
Cornelius e
Briscola annuirono e dai loro occhi si vedeva quanto erano onorati che
Caspian
avesse affidato loro un compito tanto importante con così
tanta fiducia. Non lo
avrebbero deluso.
Caspian a quel
punto cambiò discorso. “Credo che ormai sia ora di
andare a cenare. E credo di
dovermi cambiare… farò in un attimo.”
I due si
inchinarono e uscirono. Caspian a quel punto andò a prendere
dall’armadio degli
abiti asciutti con cui essere presentabile. Dopotutto era il
Re…
Dopo qualche
minuto era pronto. Prima di uscire dalla stanza, però,
Caspian riprese di nuovo
in mano il corno di Susan. Tutti i Doni dei quattro Sovrani erano
custoditi con
cura e lui teneva ad essi più che a qualunque altra cosa:
apparteneva ai suoi
più cari amici e alla donna che amava. L’arco di
Susan, il pugnale e la
boccetta di Lucy, lo scudo e la spada di Peter…
sì, anche Rhindon era
conservata con gli altri oggetti. Da quando Aslan gli aveva donato
Rhasador non
l’aveva più usata. Era giusto così:
quella era la spada di Peter e il giorno
che sarebbe tornato con Susan gliela avrebbe tornata. Tra tutti gli
oggetti,
però, quello a cui era più legato era il Corno.
Forse perché era quello che gli
aveva permesso di incontrare Susan, forse perché era
l’unica cosa che era
appartenuta sia a lui sia a lei… forse perché era
attraverso quello che Susan
gli aveva fatto capire che provava qualcosa per lui. Caspian sorrise.
Se fosse
servito l’avrebbe chiamata anche con la sua sola voce, anche
a costo di urlare
per ore. Ma l’unica speranza che aveva era quel
viaggio… ora lo sapeva. Quel
viaggio avrebbe cambiato tante cose per lui. Avrebbe cambiato la sua
vita e
sperò che avrebbe cambiato anche la vita di Susan. Ma quello
che sarebbe stato
non lo sapeva. L’unica cosa importante era non farsi prendere
dai dubbi come
quel giorno.
Continuare a
crederci, sempre. E quello sarebbe stato il filo più forte
che lo avrebbe
legato a Susan. Sapeva che era così e basta. Glielo diceva
il suo cuore. Era la
stessa sensazione che ti rimaneva dentro quando sognavi… sai
che c’è qualcosa
che devi fare, anche se non ricordi quale. E lui doveva crederci con
tutto sé
stesso. Aveva quella sensazione da quasi due anni, da quel giorno in
cui era
venuto a Cair Paravel per riportarvi il trono. E lui ci credeva. Ci
avrebbe
sempre creduto.
Caspian posò il
corno sul tavolo dove giacevano le varie pratiche del Regno. Aveva
ancora un sacco
di cose da fare e sistemare prima di partire. Ma non aveva importanza.
Mancava
solo poco e sarebbe partito in contro al suo destino. E se Aslan lo
avrebbe
voluto, la sua Susan lo avrebbe aspettato alla fine di quel viaggio.
Sì,
sarebbe stato così.
Caspian
sorrise
e uscì dalla stanza chiudendo la porta. La stanza rimase
deserta. La luce delle
candele illuminava ogni cosa. E il corno, bianco e lucido, scintillava
illuminato dalla loro luce… quasi il sigillo di una promessa
che un giorno si
sarebbe avverata.
Le
parole sono stanche,
ma so che tu mi ascolterai.
Tutti e quattro
i fratelli Pevensie erano seduti attorno alla tavola. I loro sguardi,
ancora
carichi di emozione, erano tutti voltati verso il padre che sedeva a
capotavola
e che stava raccontando una delle tante esperienze che lo avevano
coinvolto al
fronte. I quattro ragazzi pendevano dalle sue labbra non tanto per
quello che
raccontava, ma perché era lui a raccontarle. Susan per un
attimo si voltò verso
Edmund e sorrise dolcemente. Ricordava ancora il giorno di quel
bombardamento.
Edmund era corso dentro per recuperare la foto di loro padre. Aveva
corso un
grande rischio. Susan tornò a voltarsi. Ed ora era
lì. La ragazza sorrise.
Nessuno avrebbe potuto separarli.
“La cena è
pronta.”
Tutti e cinque
si voltarono. La madre, sorridente come non la vedevano da mesi,
posò al centro
della tavola una pentola fumante. Un delizioso odore riempì
tutta la stanza. La
donna si sedette di fronte al marito. Anche quel giorno il pasto non
sarebbe
stato ricchissimo. Erano quasi due anni che le restrizioni sul cibo
erano state
emanate. Loro erano un po’ più fortunati
perché avevano un piccolo orto, ma a
fatica i quattro fratelli ricordavano i meravigliosi pranzi della
madre. Pasti
simili li avevano fatti soltanto quando erano dal professor Digory,
circa un
anno e mezzo prima. Quel giorno però sarebbe stato diverso,
se ne accorse
guardando i volti dei fratelli: per tutti quello sarebbe stato il
pranzo più
bello.
Lucy si voltò
verso il padre continuando a sorridere.
“Lo fai tu?
Come l’ultima volta…”
Il padre
sorrise e poi annuì. Tutti a quel punto in silenzio si
presero per mano. Susan
diede la mano a suo padre e a Lucy, Peter che era di fronte a Susan la
diede al
padre e a Edmund. I due più piccoli stinsero infine le mani
della madre. Il
padre prima di parlare li guardò uno ad uno negli occhi, poi
sospirò e chiuse
gli occhi.
“Ti ringrazio
Signore di permettermi di essere qui oggi, insieme alla mia famiglia. E
ti
ringrazio per averli protetti mentre ero in guerra, che ti preghiamo di
far
concludere presto. E ti ringraziamo anche per il cibo che anche
quest’oggi ci
hai concesso. Amen.”
Tutti e gli
altri, che fin dall’inizio avevano abbassato il capo,
risposero insieme. “Amen”
Il padre a quel
punto rialzò gli occhi e sorrise. “Bene. Buon
appetito a tutti!”
La famiglia
Pevensie iniziò a mangiare. Durante tutto il pasto,
però, nessuno rimase zitto.
Le voci si accavallavano cercando di raccontare qualunque episodio
piccolo o
grande, sciocco o importante, che fosse avvenuto in tutto quel tempo.
Molte
volte dovevano ripetere perché parlando insieme finiva che
una delle voci
venisse mascherata dall’altra. Normalmente, se fosse
successo, Edmund e Peter
avrebbero sicuro iniziato a litigare per decidere a chi toccasse
parlare per
primo, ma non quel giorno. L’unica cosa che importava era che
quel giorno ci
fosse loro padre a rispondere.
Quando la cena
era ormai finita, il padre appoggiò le posate guardando la
moglie. I ragazzi
capirono subito che ci fosse qualcosa che volesse dir loro. Peter
guardò per un
attimo i fratelli e poi si voltò verso il padre.
“Papà…
c’è
qualcosa che ci devi dire?”
L’uomo rimase
in silenzio un attimo poi annuì. Peter, Susan, Edmund e Lucy
si fecero più
attenti.
“Sì. In
realtà
c’è una cosa. Ne ho già parlato con
vostra madre, ma è giusto che lo sappiate
anche voi. Dovete sapere che un mio amico con cui era al fronte ha dei
parenti
in America: suo zio lavora al consolato britannico. Mentre eravamo al
fronte mi
promise che appena avremmo avuto la possibilità di tornare a
casa, mi avrebbe
invitato in America. E così quando siamo arrivati a Londra,
mi ha convinto a
promettergli che sarei venuto insieme a voi non appena le traversate
sarebbero
state più sicure.”
Susan sorrise
emozionata anche se un po’ stupita. E non era
l’unica. Anche Peter, Edmund e
Lucy erano rimasti meravigliati davanti ad una simile prospettiva. Una
vacanza
in America tutti insieme… Sembrava bellissimo, ma Susan
sentì salire verso la
bocca dello stomaco una strana sensazione. Non ne capiva il
perché, ma era una
sensazione spiacevole. Le parole del padre arrivarono alle sue orecchie
come
una doccia fredda.
“Io e vostra
madre abbiamo però deciso che quando potremmo andarci,
sarebbe meglio che non
andiamo tutti subito. Verrete tu e Susan con noi, poi ci raggiungeranno
anche
Lucy e Edmund.”
Susan spalancò
gli occhi dallo stupore quasi sconcertata mentre dentro di lei
afferrava il
significato di quelle parole. Avrebbero dovuto separarsi. Anche Peter
rimase
piuttosto scioccato da quelle parole. Mai in tutti quegli anni loro
quattro
erano stati separati a lungo: solo per andare a scuola o saltuariamente
qualche
giorno… soprattutto dopo Narnia, erano sempre stati insieme.
Susan non riuscì a
trovare la forza per replicare. Peter invece riuscì a
riprendere il controllo
di sé e a porre al padre la domanda che premeva a tutti.
“Perché?”
Susan si voltò
prima verso Peter, poi verso suo padre. Lo voleva sapere anche lei.
“Perché
è
meglio così. Dopotutto Lucy e Edmund sono ancora
piccoli… e poi non sarà
neppure facile trovare i posti. Quando le navi potranno ritornare a
navigare
senza pericolo…”
Edmund,
cercando di reprimere la stizza di sentirsi definire piccolo dal padre,
lo
guardò sbuffando e gli si rivolse con un tono di voce
più brusco di quanto
avrebbe voluto.
“E noi dove
dovremmo andare?”
Fu la madre a
rispondere a quella domanda con tono leggermente sorpreso, quasi la
risposta
fosse ovvia e senza rendersi conto di che cosa avrebbe significato per
i figli.
“Ma chiederemo
agli zii di ospitarvi a Cambridge. Sarà solo per
poco.”
A quelle parole
Lucy e Edmund si voltarono di scatto verso la madre. La prima,
rendendosi conto
solo in quel momento che i genitori stavano parlando sul serio, la
guardò
sconvolta, quasi angosciata da quell’eventualità.
Il secondo, invece, la guardò
quasi stralunato.
“Senza Susan e
Peter…”
“Con
Eustace?!?!”
La madre li
guardò sorridendo stupita alzando gli occhi verso il marito
senza capire, pur
con tutto il bene che voleva ai suoi figli, che cosa avrebbe
significato per
loro quella separazione.
“Ma… Lucy,
Edmund sarà solo per qualche giorno, un paio di settimane al
massimo… vostro
cugino non è mica un mostro. Susan, Peter…
diteglielo anche voi.”
Susan cercò di
parlare ma quando socchiuse la bocca per farlo, non riuscì a
far uscire neanche
un filo di voce. Qualcosa dentro di lei si stava sgretolando. Rimase
muta ad
osservare le reazioni dei fratelli, sforzandosi di non piangere. Peter,
invece,
guardò la madre provando a trovare le parole per spiegare
quanto fosse
importante per loro rimanere insieme. Ma sarebbe stato troppo
complicato…
avrebbe dovuto raccontare di Narnia, dell’armadio, della
stazione e i loro
genitori avrebbero avuto ragione a non credere loro. Sarebbe sembrata
soltanto
una scusa infantile… anche se in realtà non lo
era. E alla fine ci rinunciò.
“Ma non
potremmo andare semplicemente tutti insieme?”
Il padre a quel
punto sorrise e mise una mano sulla spalla di Peter.
“Ragazzi miei,
non credevo che questa possibilità vi sarebbe sembrata
così brutta. Ma non sarà
così terribile, ci saluteremo e quando ci ritroveremo tutti
insieme sarà come
se non ci fossimo divisi. E poi, manca ancora chissà quanto
tempo… vedrete,
pensandoci un po’ vi piacerà. Sarà una
nuova bella esperienza.”
Padre e madre a
quel punto si alzarono imitati dai fratelli che si guardarono
sconfortati.
Susan e Lucy aiutarono a sparecchiare mentre Peter e Edmund andarono
con il
padre a mostrargli i risultati scolastici come avrebbero fatto poi
anche le due
ragazze.
Dopo qualche
minuto Lucy e Susan, finito di aiutare la madre, uscirono dalla cucina
per
andare verso il salotto dopo c’erano padre e fratelli. La
maggiore, però, si
fermò vicino alle scale non mostrando di voler entrare
nell’altra stanza. Lucy
la guardò.
“Susan, non
andiamo da papà, Ed e Peter?”
Susan per un
attimo non rispose. Il suo sguardo fissava la luce del salotto da cui
provenivano le voci degli altri. Alla fine deglutì e scosse
la testa.
“Scusa… sono
stanca…”
Senza dire
altro Susan iniziò a salire le scale verso la propria
camera. Ad ogni gradino
accelerava il passo. Lucy rimase immobile non capendo la reazione della
sorella
ma intuendo che doveva essere legata ai discorsi di poco prima. Stava
per
chiamarla quando Peter la affianco. Il ragazzo vedendo Susan che
scompariva al
piano di sopra guardò Lucy come per chiederle una
spiegazione.
“Dove va
Susan?”
Lucy sospirò
tristemente. “Non lo so… penso sia per
prima… forse dovrei andare a parlarci.”
Peter scosse la
testa indicandole il salotto. “No, ci vado io. Tu vai da
papà e digli di non
preoccuparsi.”
Susan nel
frattempo aveva raggiunto il corridoio e, non appena vi aveva messo
piede,
aveva iniziato a correre verso la sua stanza. Ciò che era
davanti di lei iniziò
a diventare sfocato mentre calde lacrime rigavano le sue guance. Susan
si
accorse così di essere scoppiata a piangere. Aprì
la porta e si gettò sul letto
scoppiando in un pianto dirotto. Mordendosi il labbro la ragazza
affondò il
viso nel cuscino per cercare di smorzare i singhiozzi che scuotevano il
suo
petto. Tutto sembrò essere tornato indietro di mesi. La
speranza, che negli
ultimi tempi aveva visto brillare davanti a lei, era di nuovo
sprofondata in un
baratro scuro. Le sue erano solo illusioni…
Improvvisamente
sentì i passi di qualcuno vicino alla porta. Probabilmente
era Lucy. Susan non
alzò la testa ma cercò di placare un
po’ il pianto. Forse Lucy l’avrebbe
capita, ma non aveva la forza di parlare con nessuno… i
passi fecero
scricchiolare il legno del pavimento. Susan inclinò la testa
di lato emettendo
un sussurro di voce rotto dal pianto.
“Lu… ti
prego,
lasciami sola…”
Qualcuno si
sedette sul suo letto e posò una mano sulla sua testa.
“Sue, non sono
Lucy…”
La ragazza
interruppe i singhiozzi per la sorpresa. Lentamente si voltò
e, senza cercare
di nascondere gli occhi rossi e pieni di lacrime, incrociò
lo sguardo di Peter.
Per lunghi istanti nessuno dei due disse una parola. Susan non trovava
la forza
di parlare e Peter sembrava in difficoltà su cosa dire. Alla
fine, però, fu lui
a parlare per primo.
“Susan,
cos’hai?”
Gli occhi
azzurri di Susan si riempirono di nuovo di lacrime e la ragazza si
gettò tra le
braccia del fratello scoppiando di nuovo in singhiozzi. Il ragazzo,
seppur
sorpreso, la abbracciò aspettando che si sfogasse.
“Peter…
è tutto
finito… se noi andremo in America, sarà tutto
finito…”
Il ragazzo a
quel punto, senza capire a che cosa si riferisse, staccò
delicatamente la
sorella e i loro occhi azzurri si fissarono.
“Cosa sarà
finito, Susan?”
Lo sguardo di
Susan era sconvolto e rivelava un profondo dolore.
“Narnia, Peter.
Narnia. Non potremo più tornarci. Cosa succederà
se Lucy e Edmund andranno a
Narnia quando noi saremo in America?”
Peter a quelle
parole abbassò lo sguardo tristemente. Le parole di Aslan
gli tornarono in
mente come anche il fatto che non ci sarebbero più tornati.
In quel momento si
rese conto che, mentre cercava di accettarlo, non si era reso conto di
quello
che cercava di fare Susan. Cercava di trovare una speranza…
come aveva fatto a
non accorgersi che Susan, diversamente dalla volta precedente, non
aveva accettato
di non tornare a Narnia? Per un attimo gli passò per la
mente che Susan
sperasse di tornare a Narnia solo per Caspian, ma subito dopo si
pentì. Susan
amava Narnia, non dipendeva solo dal suo nuovo Re…
“Susan, Aslan
ha detto…”
Susan scosse la
testa quasi per scacciare dalla mente quel ricordo. Quasi per non
renderlo
reale. Peter non riusciva a capire, non capiva quello che lei provava
in quel
momento. Quel sogno l’aveva convinta. Aveva riacceso in lei
la speranza. E lei
quella speranza l’aveva cullata, l’aveva preservata
a fatica giorno dopo giorno
convincendosi, illudendosi, credendo che se l’avesse voluto
veramente sarebbe
andata anche lei, sarebbero andati anche loro con Lucy e Edmund.
Dividersi da
loro sarebbe stato come dividersi da Narnia. Era questa la sua paura
più
grande: perdere l’ultima occasione che aveva di rivedere quel
mondo e di
rivedere Caspian.
“No, non
capisci. Non c’entra. Se noi saremo loro vicino quando
succederà, potremo
provare a seguirli… Aslan a quel punto,
capirà… lo so… ci avrebbe lasciato
tornare a quel punto… dovevo solo crederci, solo
questo… crederci con tutta me
stessa… ma se andiamo in America… non
servirà a niente!”
Peter a quel
punto tornò ad abbracciare Susan che nascose il viso sulla
sua spalla e
lentamente i singhiozzi si calmarono anche se le lacrime continuavano a
sgorgare dai suoi occhi. Susan avrebbe voluto gridare, impedire che
loro
venissero divisi, ma il pianto le tolse ogni forza. Ma Peter la capiva,
più di
quanto nella disperazione lei potesse credere.
“Susan, ti
sbagli. Io ti capisco. Vorrei tornarci anche io. Anche se in tutto
questo tempo
ho cercato di nasconderlo, sarei pronto a fare qualsiasi cosa per
farlo. Hai
ragione tu, dobbiamo crederci.”
Susan voltò la
testa verso di lui.
“Ma se andiamo
in America…”
Peter sorrise
per cercare di confortarla. “Penso che Aslan
sentirà comunque anche
dall’America quanto noi vogliamo tornare a
Narnia…”
Susan abbassò
lo sguardo. “È inutile…
l’unica possibilità…”
Peter scosse la
testa. “L’unica possibilità è
continuare quello che tu hai fatto per tutti
questi mesi. Convincersi, crederci. E dobbiamo farlo insieme. Per tutto
questo
tempo abbiamo sbagliato. Se vogliamo tornare a Narnia, dobbiamo far
crescere
questa speranza insieme. Se ci torneremo, dipenderà da noi.
Susan, se ci hai
creduto fino ad adesso, ti impedirò di smettere.”
Susan spalancò
gli occhi dallo stupore accorgendosi solo in quel momento di non aver
considerato per tutti quei mesi Peter. Fin da subito avrebbero dovuto
unire le
proprie speranze. Forse era per quello che quella volta non era
successo. Sola
era troppo debole per superare la Magia di Narnia. Insieme a Peter ci
sarebbe
riuscita, ci sarebbero riusciti. Doveva convincersi che fosse
così. E così le
parole di quel sogno si sarebbero avverate. Susan cercò di
asciugare le lacrime
con il dorso della mano. L’oscurità in cui stava
per risprofondare tornò a
essere illuminata dalla stessa piccola ma forte speranza. Era tutto una
prova.
Ne era certa. Dovevano mostrarsi all’altezza di poter tornare.
“Peter… no,
non
smetterò di sperare. Torneremo insieme a Narnia. Lo faremo
vero, Peter?”
Peter annuì per
rassicurare la sorella ma anche perché cominciava a
convincersi anche lui che
quella speranza non fosse solo un’illusione.
“Sì,
Sue…
insieme torneremo a Narnia. Ne sono certo.”
Susan
sorrise.
Si era sbagliata. Non era tornata indietro. Stava andando avanti.
Insieme a
Peter. Due speranza insieme erano molto più forti. Le
tornarono in mente i
fiori di qualche mese prima: due fiori che sbocciano erano un segno
più forte
del ritorno della primavera. E poi se erano riusciti a riportare la
primavera a
Narnia dopo cent’anni, perché non ci sarebbero
dovuti riuscire per le loro vite
dopo solo pochi mesi? Sì. Sarebbero tornati a Narnia. Ora,
ne era veramente
certa.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Ciao! Anche
questa volta sono un po' in ritardo: chiedo perdono. ^-^ Purtroppo
più i giorni passano più temo avrò
meno tempo per scrivere. Vi preannuncio già che molto
probabilmente tra fine maggio e tutto giugno sarò assente
dal sito: causa maturità. Questo non significa
però che finita quella mi sbizzarrirò con la
continuazione di questa storia come ho promesso... dovrete avere solo
un po' di pazienza! Non sapete quanto mi costerà aspettare:
le idee mi vengono in mente una dopo l'altra! Non vedo l'ora di
iniziare la mia versione del "viaggio del veliero"! Vabbè...
;) Cambiando discorso questo capitolo è interamente
incentrato su Caspian: il Veliero dell'Alba sta per salpare! E
scopriremo anche come Caspian ha ricevuto Rhasador. Non
smetterò mai di ringraziare SusanTheGentle per avermi
permesso gentilmente di usare questo nome: grazie ancora! Spero vi
piacerà e in ogni caso i vostri pareri saranno bene accetti!
Per concludere i dovuti ringraziamenti a chi mi segue e recensisce:
DarkFirefly22, english_dancer, ErzaScarlet_, Fly_My world,
FrancyNike93, mishy, SusanTheGentle e tema94. E grazie ovviamente anche
a chi solo legge! E con questo penso di aver detto tutto. Buona lettura
e a presto! HikariMoon
Aspettiamo
un altro viaggio,
un
destino, una verità.
Caspian
lasciò
cadere le mani lungo i fianchi. Il suo sguardo fissava
l’immagine che lo
specchio gli rimandava: un giovane uomo che indossava una camicia
marrone scuro
e un senza maniche porpora con elaborate decorazione dorate. Il giovane
Re si
chiese se guardandolo si potesse vedere quanto fosse emozionato.
Caspian si
accorse che i suoi occhi scintillavano. Sorrise e guardò
quella stanza. Quanto
gli sarebbe mancato Cair Paravel… ci viveva solo da un paio
d’anni, ma ormai
era la sua casa. Sarebbe stato strano non risvegliarsi lì
ogni mattina o
passeggiare con Briscola e Cornelius nei giardini… o
cavalcare tra i boschi di
Narnia. Chissà quanto tempo sarebbe passato prima che lui
potesse di nuovo
cavalcare per ore con Destriero.
Lentamente
Caspian camminò lungo la stanza sfiorandone i mobili, gli
oggetti. Separarsi da
quei luoghi gli faceva male, ma la speranza di non tornarvi un giorno
da solo
gli rendeva la cosa più facile. I suoi occhi andarono negli
spazi, ora vuoti,
dove erano stati posti i Doni. Caspian vi si avvicinò.
Lì c’erano stati l’arco
e le frecce di Susan, lì il cofanetto con il pugnale e la
pozione di Lucy, lì
ancora Rhindon, la spada di Peter… e lì lo strano
oggetto dimenticato da
Edmund. Caspian sorrise: non era proprio uno dei Doni, ma apparteneva
ai
quattro Sovrani e non gli aveva trovato un posto migliore. Il ragazzo
sfiorò il
punto in cui fino alla sera prima c’era stato
l’arco di Susan. Quella mattina
gli aveva fatti portare sul Veliero dell’Alba. Li avrebbe
portati in quel
viaggio insieme a lui anche se sapeva che Peter, Susan, Edmund e Lucy
erano
sempre venuti quando Narnia era minacciata… ora Narnia era
in pace, ma lui non
voleva smettere di sperare che sarebbero arrivati anche quella volta. E
magari
non ci sarebbero stati solo Edmund e Lucy…
Un rumore alle
sue spalle lo fece voltare. La porta della stanza era aperta e un
soldato si
era inchinato davanti a lui.
“Vostra
Maestà,
attendiamo solo voi.”
Caspian
annuì.
“Arrivo subito.”
Il soldato se
ne andò chiudendosi dietro la porta. Caspian si
avvicinò alla sedia della sua
scrivania. Appesa allo schienale c’era la spada che Aslan gli
aveva donato
quando era venuto a fargli visita per l’ultima volta prima di
andarsene. Era
stato circa un anno dopo la sua incoronazione. Sì, poco
prima che lui partisse
verso i Grandi Deserti per combattere contro Calormen. Aveva incontrato
Aslan
sulla spiaggia ai piedi di Cair Paravel: se lo ricordava come se fosse
successo
il giorno prima.
Caspian
fissava l’orizzonte. Tanti dubbi riempivano la
sua mente. Il giorno dopo sarebbe partito per affrontare la prima
battaglia
come Re. Ne sarebbe stato all’altezza? Aveva paura: quella
volta sarebbe stato
solo. Avrebbe guidato da solo gli eserciti contro Calormen.
“Non
devi mai dubitare delle tue qualità, Caspian.”
Il ragazzo si
voltò di scatto a quella voce sicura e
profonda che tanto bene conosceva e che non avrebbe più
scordato. E lo vide:
Aslan era di fronte a lui, illuminato dai raggi rosso-dorati del
tramonto.
“Che
cosa ti turba?”
Caspian
abbassò gli occhi. Di fronte ad Aslan si
sentiva ancora più inpreparato al compito che lo aspettava.
“Aslan,
sarò in grado di guidare Narnia alla
vittoria?”
Una bassa
risata bonaria uscì dalla gola del Grande
Leone che lo guardò con affetto.
“Mio
caro ragazzo, a questa domanda puoi rispondere
solo tu. Ora sei tu il Re di Narnia. Solo tu puoi sapere se ne sei
all’altezza.”
Caspian
sospirò. “Lo so, ma se fallissi? Che cosa
succederebbe? Io non credo che potrei mai diventare un grande Re come
Peter o
Edmund… i giorni in cui erano Sovrani vengono ancora
ricordati…”
Aslan lo
guardò con grande serietà. “Caspian qui
non
si parla di dover diventare il grande Re che è stato Peter o
che è stato
Edmund. Qui conta il grande Re che puoi diventare tu e che solo tu puoi
essere.
Tutta Narnia ha fiducia in te e anche io sono certo che Narnia non
possa essere
in mani migliori.”
Caspian a
quelle parole per un attimo rimase muto e
poi sorrise, anche se un po’ incerto. Aveva ancora tanti
dubbi, ma ora dentro
di lui stava crescendo anche la determinazione di mostrarsi
all’altezza di quel
compito.
“Aslan,
sarai al nostro fianco?”
Il Leone
scosse lentamente la testa e Caspian rimase
stupito da quella risposta. Anche se avrebbe dovuto aspettarsela. Aslan
si
voltò verso il mare e i suoi profondi occhi scuri sembravano
vedere oltre
all’orizzonte.
“Il
mio aiuto qui non è più necessario.
C’è chi
difenderà Narnia al mio posto.”
Caspian,
colpito dalla grande fiducia che Aslan aveva
in lui, era comunque leggermente intimorito dal dover affrontare
l’imminente
battaglia non solo senza i Pevensie ma anche senza di lui. Ma non
poteva
mostrarsi insicuro se Aslan si fidava.
“Ci
rivedremo mai?”
Aslan lo
guardò. “Forse un giorno. A suo tempo le
nostre strade si rincroceranno, giovane Re di Narnia.”
Improvvisamente
Caspian capì che, se non avesse
sfruttato quell’occasione, sarebbe passato molto tempo prima
di potergli dire
il desiderio che da molti giorni riempiva le sue notti e i suoi
pensieri:
rivedere la sua Susan. Aslan, però, sembrò
leggergli nel pensiero e parlò prima
che potesse dire anche sola una parola.
“Ogni
cosa ha il suo tempo, Caspian. Anche quando non
lo capiamo, ogni cosa ha un senso. Nulla mai accade per caso.”
Caspian per un
attimo, d’istinto, avrebbe voluto
chiederglielo comunque, ma si rese conto che quello non era il momento.
Ma non
voleva perdere la speranza: forse un giorno sarebbe arrivato il tempo
per
pregarlo di riportargli Susan. E poi Aslan glielo aveva fatto capire:
anche il
suo incontro con Susan aveva un senso, non era successo per caso. Il
destino li
aveva fatti incontrare.
A quel punto
Aslan fece un paio di passi vicino a
Caspian e soffiò delicatamente verso il suo fianco. Caspian
stupito si voltò a
guardare il quella direzione e, con enorme sorpresa, vide appesa al suo
fianco
una spada. Gli occhi scuri del giovane cercarono una risposta verso
Aslan.
“È
arrivato il momento che anche il nuovo Re ottenga
la sua spada. La spada che proteggerà la libertà
di Narnia: Rhasador.”
Caspian rimase
senza parole. I suoi occhi tornarono ad
osservare la spada. L’impugnatura scura era percorsa da
decorazioni argentate e
dorate e su di essa risplendeva uno zaffiro che scintillava ai raggi
del sole.
La fodera di un color blu scuro era semplice ed elegante. Caspian
lentamente
afferrò l’elsa di Rhasador e l’estrasse
portandola davanti al suo volto. La
lama argentea, leggera e resistente, scintillò alla luce del
sole. Il ragazzo
fissò estasiato quella splendida lama. Ed era sua. Lo
sentiva. Non aveva
provato quella sensazione tutte le volte che aveva impugnato Rhindon,
la spada
di Peter. E ora sapeva il
perché: era
Rhasador la sua spada. La spada che avrebbe protetto la
libertà di Narnia…
Caspian si
inginocchiò sulla sabbia infilando la punta
della lama nel terreno. Il suo volto era rivolto verso terra.
“Ti
ringrazio Aslan. Farò in modo che le tue parole si
avverino. Con tutte le mie forze userò questa spada per
proteggere la pace di
Narnia… mi mostrerò
all’altezza.”
Aslan lo
guardò certo che il giovane Re sarebbe stato
sempre in grado di mantenere la sua promessa e sorrise.
“Lo
so, mio giovane Re. Un giorno ci rivedremo.”
Caspian a
quelle parole, che suonavano come un
commiato, alzò di scatto la testa. Una luce abbagliante
simile a quella del
sole che stava tramontando avvolse Aslan. Il ragazzo dovette coprirsi
gli
occhi. Le ultime parole pronunciate dal Grande Leone sembrarono un
segno per
non farlo smettere di sperare.
“La
speranza è la forza più grande che possiamo
trovare dentro di noi. Non dimenticarlo, Re Caspian X il
Liberatore.”
Caspian tolse
il braccio da davanti gli occhi e si
alzò. Aslan era scomparso. Sulla spiaggia c’era di
nuovo solo lui. Sorrise. Ora
però aveva meno dubbi sul futuro. Avrebbe avuto fiducia.
Caspian tornò a
guardare la spada che Aslan gli aveva donato, Rhasador. Con decisione
la rimise
nella fodera e iniziò a camminare verso il palazzo di Cair
Paravel che dorato
si stagliava contro il cielo che si stava facendo scuro. Sì,
avrebbe protetto
la libertà di Narnia. Sempre e a qualunque costo.
Caspian si
riscosse improvvisamente da quel ricordo. I suoi occhi guardarono lo
zaffiro
che splendeva nell’impugnatura di Rhasador. Sorrise. Se la
speranza doveva
essere la sua forza, sarebbe stata Susan la sua speranza. E arrivato da
Aslan,
lo sapeva, sarebbe arrivato il momento di chiedergli di riportargliela.
Senza
esitazione, Caspian prese la spada e la agganciò alla
cintura con la stessa
decisione di quel giorno. Poi, andò al suo tavolo da lavoro
e afferrò il corno
di Susan. Per un attimo lo guardò e poi appese anche quello
accanto a Rhasador.
Era pronto. Era pronto ad affrontare qualunque cosa lo avrebbe atteso
in quel
viaggio e avrebbe dimostrato di essere degno di avere al suo fianco
Susan. A
quel punto Caspian uscì dalla porta e non si
guardò indietro. Era davanti a lui
che lo aspettava il suo destino.
Tutte le
finestre del palazzo erano affollate di persone: donne, uomini,
bambini. Tutti
venuti lì per salutare il loro Sovrano che partiva verso le
Isole Solitarie. Anche
le pendici della costa erano piene di abitanti di tutta Narnia, venuti
anche
dalle zone più lontane per rendergli omaggio. La distesa
azzurra e cristallina
del mare splendeva alla luce del sole. Il Veliero dell’Alba
dondolava sulle
onde pronto a solcare quel mare che sembrava infinito. Poco distanti
decine di
navi, imbarcazioni e scialuppe creavano una sorta di corridoio
attraverso cui
il Veliero sarebbe passato. Anche lì centinai di Narniani
volevano salutare la
partenza del loro Re.
Caspian,
scendendo le lunghe scale che portavano all’attracco del
Veliero dell’Alba,
ebbe un brivido di emozione nel vedere una simile dimostrazione di
affetto da
tutto il suo popolo. Il suo popolo… Sorrise e
alzò fieramente la testa. La sua
mano sinistra stringeva l’impugnatura di Rhasador e i suoi
occhi scuri
fissavano con determinazione l’equipaggio e la corte che lo
aspettavano.
Accanto a lui, un paio di passi indietro, c’erano il Reggente
Briscola e Cornelius,
il Gran Consigliere.
Caspian
arrivò
sulla banchina a cui era attraccato il Veliero. Due file di soldati,
dietro
Centauri e davanti uomini, si misero sull’attenti e
sollevarono le spade
creando una sorta di portico sotto cui passare. Un brivido gli percorse
la
schiena al rumore delle lame che venivano sguainate
all’unisono. A Caspian
tornò in mente quel lontano giorno alla Casa di Aslan dove
era successa una
cosa simile. Quella volta erano stati Peter, Susan, Edmund e Lucy a
passarvi
sotto con passo sicuro. Quel giorno sarebbe toccato a lui.
Istintivamente si
voltò di lato come se potesse vedere veramente accanto a lui
i quattro Sovrani.
Ma non c’erano. Caspian sorrise malinconicamente e
tornò a guardare verso la
passerella che collegava il pontile al Veliero. Li accanto
c’erano tutti i Lord
che costituivano il suo Consiglio. Sul Veliero invece tutto
l’equipaggio era
schierato ad attenderlo e Lord Drinian si ergeva fiero davanti a tutti
loro.
Caspian inspirò e avanzò senza esitazione. Tutto
il popolo di Narnia taceva in
un religioso silenzio.
Man mano che
Caspian passava le spade venivano abbassate. Quando Caspian raggiunse
la
passerella tutti i Lord si inchinarono e Caspian piegò la
testa verso di loro.
Poi il giovane Re si voltò verso Briscola e Cornelius. I due
si inchinarono
rapidamente.
“Abbiate
cura
di Narnia. So già che farete un buon lavoro.”
Briscola
annuì
e mentre parlava si sentì una nota di commozione che faceva
tremare la sua voce.
“In
quanto
Reggente farò tutto ciò che in mio potere per
rendermi degno della fiducia che
Vostra Maestà mi ha accordato.”
Poi il nano lo
guardò per un attimo e, abbassando la voce, tornò
a voltare gli occhi in basso
quasi in imbarazzo. “Fai buon viaggio, Caspian.”
Caspian
sorrise
e si voltò verso Cornelius. Il suo vecchio precettore e ora
suo Gran
Consigliere aveva gli occhi umidi che sprizzavano di orgoglio di fronte
al Re
che il suo giovane allievo era diventato. L’anziano si
inchinò senza riuscire a
trovare le parole. Caspian a quel punto lo abbracciò e
Cornelius, dopo un
attimo di sorpresa, ricambiò.
“Grazie
per
tutto, Cornelius.”
L’anziano
precettore trattene le lacrime e scosse la testa.
“No.
Grazie a
te, Caspian… anzi, grazie a voi, Re Caspian. Grazie a voi
per aver riportato la
pace a Narnia. Il vostro popolo vi attenderà. Fate buon
viaggio e tornate
presto.”
Caspian
annuì e
poi salì sulla passerella. Non appena mise piede sul ponte
del Veliero
dell’Alba tutto l’equipaggio si inchino. Lord
Drinian, accanto a lui, lo
guardò.
“L’equipaggio
del Veliero dell’Alba è pronto ai vostri ordini,
Vostra Maestà.”
Caspian
guardò
il volto di tutti quegli uomini e Narniani che avrebbero affrontato
quell’avventura con lui. Tra di loro vide su una botte
Ripicì. Sorrise e poi si
voltò indietro. Sulla banchina i Lord, Briscola, Cornelius,
i soldati e più in
là gli altri abitanti di Narnia guardavano verso di lui. E,
lo sapeva, lo
stavano facendo anche tutti gli altri dalle navi e dalla costa. Caspian
si posò
al parapetto del Veliero dell’Alba e inspirò. Poi
i suoi occhi scuri guardarono
il suo popolo con nuova decisione. La sua voce risuonò
sicura nel silenzio
rotto solo dal rumore delle onde che si infrangevano sullo scafo e sul
pontile.
“Popolo
di
Narnia. Il dovere verso la fedeltà di sette abitanti di
Narnia come voi, mi
spinge a lasciare queste terre e intraprendere un viaggio verso le
lontane
Isole Solitarie. Se potessi non lascerei queste coste, ma
l’onore mi spinge a
farlo. E la certezza di lasciare queste terre in pace e in buone mani,
mi rende
l’animo più leggero. E fino al giorno in cui
tornerò, tutti voi sarete nel mio
cuore.”
Caspian a quel
punto sfoderò Rhasador e la sollevò in alto. La
lama splendette alla luce del
sole. “Per Narnia e per Aslan!”
Ad una sola
voce, tutti coloro che si trovavano lì risposero al loro
Sovrano. L’aria vibrò
delle loro voci e il grido come un’onda si propagò
di persona in persona fino a
coloro che si trovavano sulla scogliera. “Per Narnia e per
Aslan!” Era il
saluto di un intero popolo verso il suo Sovrano.
Caspian
rinfoderò Rhasador e si voltò verso Lord Drinian.
“Capitano,
levate l’ancora. È il momento di
partire.”
L’uomo
annuì e
si voltò verso i suoi uomini con decisione. “Avete
sentito? Levate l’ancora e
spiegate le vele!”
A quelle
parole
tutti i marinai sembrarono rianimarsi. Uno dopo l’altro
corsero verso il
proprio posto. Dopo pochi istanti l’ancora gocciolante venne
issata fino alla
fiancata del Veliero: il rumore della catena che la sollevava era
frammezzato
dalle voci dei marinai. Caspian si guardò attorno quasi
incantato e i suoi
occhi vennero attratti dall’ampia vela porpora che
rapidamente venne spiegata
al vento. I raggi del sole fecero scintillare lo stemma dorato che vi
campeggiava
al centro: due leoni rampanti accanto ad uno scudo. Caspian sorrise
mentre una
gioia mai provata prima gli riempiva il cuore. Era diversa da quella
che
provava al ricordo di Susan… ma lo faceva sentire bene: era
come aver trovato
un altro mondo oltre a Narnia. Aveva sempre amato il mare e ora vi
avrebbe
veleggiato. Un leggero ma sostenuto vento di terra gonfiò la
vela che spiegò in
tutta la sua bellezza. Il Veliero dell’Alba
cominciò lentamente a staccarsi
dalla banchina. La voce di Drinian riportò Caspian alla
realtà.
“Vostra
Maestà,
se volete seguirmi.”
Il giovane Re
seguì a passi rapidi Drinian. L’uomo
salì le scalette che portavano sul ponte
del timone. Il capitano fece un cenno all’uomo che teneva il
timone che si
spostò lasciandogli il posto. Lord Drinian
afferrò con presa sicura il timone.
Caspian lo affiancò ancora non rendendosi pienamente conto
che la nave si stava
lentamente allontanando dalla riva. I suoi occhi osservavano ogni cosa
brillando dall’emozione. Drinian lo osservò per un
attimo prima di tornare a
guardare davanti a lui.
“Vostra
Maestà,
se desiderate guardare Narnia prima che scompaia
all’orizzonte… vi conviene
farlo adesso.”
A quelle
parole
Caspian si voltò di scatto indietro. In quei pochi minuti il
Veliero si era già
allontanato di una ventina di metri dalla riva. Caspian si
avvicinò al
parapetto. I suoi occhi si velarono. La sua Narnia si stava
allontanando e la
scia bianca lasciata dalla nave sembrava un filo che lentamente
scompariva. Il
giovane alzò una mano per salutare il suo popolo, Cornelius,
Briscola e tutti
gli altri. Una morsa gli strinse il cuore. Chissà quanto
tempo sarebbe passato
prima che Narnia riapparisse all’orizzonte. Ora capiva
veramente cosa avevano
provato Peter, Susan, Edmund e Lucy… soprattutto Peter e
Susan: sapere di non
tornare più lì… il solo pensiero lo
faceva sentire male.
Lord Drinian
si
voltò silenziosamente verso Caspian e lesse sul suo volto
l’angoscia: dopotutto
era la prima volta che Caspian si allontanava da Narnia. Per alcuni
istanti lo
osservò. Alla fine lasciò il timone al suo
secondo e lo affiancò. Caspian si
riscosse dai suoi pensieri e lo guardò sorpreso. Lord
Drinian piegò leggermente
la testa in segno di rispetto e per chiedere il permesso di parlare, ma
sulle
sue labbra si intravedeva un sorriso.
“La
prima volta
è sempre la peggiore. Si ha l’impressione che la
terra, che si sta lasciando,
non si rivedrà più… ma
vedrà, Vostra Maestà, che quando torneremo non vi
sembrerà neppure di averla lasciata. Alla fine di ogni
viaggio si torna sempre al
punto di partenza.”
Caspian
sorrise
rincuorato e si voltò verso Narnia che lentamente si stava
rimpicciolendo
all’orizzonte. Un’ombra passò sui suoi
occhi… ma quello Lord Drinian non lo
poteva capire. Non poteva capire che le sue parole gli avevano fatto
prendere
per la prima volta consapevolezza che anche per Susan venire a Narnia
era solo
un viaggio… era per questo che ogni volta era tornata
indietro, nel mondo da
cui proveniva. Ma non voleva credere che fosse un obbligo…
dopotutto durante
ogni viaggio uno può decidere di fermarsi. Sì,
avrebbe chiesto ad Aslan il
permesso che a scegliere fosse Susan… e poi avrebbe
accettato qualsiasi sua
scelta. Perché l’amava... ma voleva sentirselo
dire da lei.
Caspian si
voltò verso Drinian e gli posò una mano sulla
spalla.
“Vi
ringrazio
capitano. Vado nella mia cabina. Per qualunque cosa, fatemi
chiamare.”
Lord Drinian
si
inchinò e tornò al timone. Caspian scese
lentamente le scale. Nel farlo il
giovane Re osservava ogni particolare di quella nave. Forse era la
suggestione
del nome che gli aveva dato, ma era convinto che non ci fosse una nave
più
bella in tutta la flotta. Sorrise. Il Veliero dell’Alba,
però, era veramente la
nave più bella di tutta Narnia. Non avrebbe potuto dedicarla
a Susan,
altrimenti.
Caspian
attraversò il corridoio principale che portava alla sua
cabina e alla cabina di
comando. I suoi occhi abituati al sole stentarono alcuni istanti ad
adattarsi
alla penombra dell’interno della nave. Il giovane fece un
paio di metri e all’improvviso
si fermò al centro del corridoio. Sotto i suoi piedi
percepiva i leggeri
spostamenti che le onde imprimevano allo scafo. Sembrava quasi di
essere
cullati. Caspian si voltò a guardare i piccoli quadretti e
gli arazzi che
decoravano le pareti di legno intarsiate d’oro. Molti di essi
raffiguravano
paesaggi di Narnia ed episodi dell’Epoca d’Ora. Il
giovane si avvicinò ad uno
degli arazzi che raffiguravano i quattro Sovrani a cavallo.
Assomigliava ad
un’immagine che aveva visto in uno dei libri di Cornelius.
Sorrise e sfiorò la
figura di Susan che stava suonando il corno. Poi i suoi occhi andarono
al corno
che era ancora appeso alla sua cintura. in quel momento si
ricordò che doveva
andarlo a sistemare al sicuro nella cabina di comando.
Caspian
proseguì e dopo pochi istanti spalancò la porta
della cabina. Davanti a lui
c’era un pesante tavolo decorato in oro. Drinian vi aveva
già steso sopra le
carte nautiche e le mappe. In un angolo era posato anche il
cannocchiale dorato
che Cornelius gli aveva regalato prima della partenza. Caspian
andò verso il
mobile su cui erano collocati l’arco e la faretra di Susan.
Lì accanto c’era un
cofanetto rivestito di velluto rosso. Il giovane sorrise e vi
posò il corno
d’avorio. Poi andò al tavolo. Lentamente prese il
cannocchiale e ne sfiorò le decorazioni
dorate. I suoi occhi dopo un attimo vennero attratti dalla bianca carta
nautica
che occupava gran parte del tavolo. Sulla sinistra c’era
raffigurata Narnia e
più sotto anche Archen e Calormen. Il resto era occupato
dall’Oceano Orientale.
Quasi al suo centro tre sole isole spezzavano quell’ampia
distesa d’acqua.
Caspian posò un dito sul punto dove vi era disegnato Cair
Paravel e poi lo
spostò fino a raggiungere le Isole Solitarie. Secondo Lord
Drinian ci sarebbero
arrivati in meno di una settimana se il tempo rimaneva buono. Il
giovane Re
sorrise. Quell’uomo era estremamente riservato e di poche
parole ma, ne era
convinto, sarebbero diventati amici. Se ne era già accorto.
Caspian ripensò
alle parole di poco prima mentre andava verso l’ampia
finestra che permetteva
di vedere una grande parte di mare. Sulla linea
dell’orizzonte si vedevano
ancora i profili delle coste di Narnia. Il ragazzo la aprì e
uscì sul balcone.
Sotto di essi i flutti colpivano la barra del timone creando un
gorgoglio
costante e rilassante. Sembrava il rumore della risacca sulla spiaggia.
Caspian
si posò al parapetto e i suoi occhi scuri cercarono di
imprimersi quell’ultima
immagine di Narnia nella mente e nel cuore.
Da sopra
sentiva arrivare la voce di Drinian che impartiva gli ordini e le voci
dei
marinai che rapidamente li eseguivano. Caspian sorrise pensando che
quelli
sarebbero stati i suoni che lo avrebbero accompagnato durante tutti
quel
viaggio. E non gli dispiaceva: anzi, se non fosse stato che avrebbe
dovuto stare
lontano da Narnia, gli sarebbe piaciuto navigare anche per anni.
Il giovane Re
sospirò e i suoi occhi si incupirono. Sperava solo di
riuscire a trovare i
sette Lord… o scoprire almeno che cosa fosse successo loro.
E poi… e poi,
chissà, magari avrebbe avuto la possibilità di
navigare veramente verso il
bordo di quella mappa. Navigare verso le terre di Aslan… non
poteva non
ammettere che scoprire che cosa si celava oltre le Isole Solitarie gli
sarebbe
piaciuto. Soprattutto perché oltre ad esse secondo le
leggende c’erano le terre
di Aslan. Doveva riuscire a rivederlo come gli aveva promesso anni
prima. Non
poteva aspettare all’infinito per chiedergli il ritorno di
Susan. Voleva
evitare con tutte le sue forze il giorno in cui, per Narnia, avrebbe
dovuto
rinunciare a lei. A qualunque costo avrebbe raggiunto i confini del
mondo.
Improvvisamente gli tornarono in mente le storie che Drinian e i
marinai gli
avevano raccontato e le leggende di Cornelius… sorrise
divertito: serpenti
marini e anche peggio. Beh, non c’era nulla da dire.
Veramente begli ostacoli
da superare. Ma non ci credeva e se anche fossero stati veri, avrebbe
affrontato qualsiasi cosa: niente gli avrebbe impedito di avere la
possibilità
di rivedere Susan.
Caspian
estrasse Rhasador. Con uno sguardo determinato la provò
fendendo l’aria un paio
di volte. Il ragazzo la guardò e annuì.
Sì, quella era una nuova avventura e
lui non si sarebbe tirato indietro. Caspian voltò gli occhi
verso l’alto e
sorrise verso l’albero maestro del Veliero
dell’Alba.
“Ti
riporterò a
Narnia, Susan. Questa è una promessa.”
Caspian nel
pronunciare quella parole rinfoderò la spada con un gesto
secco e rientrò nella
cabina chiudendo dietro di sé le porte finestre. Il Veliero
nel frattempo
scivolava sulle onde spinto in avanti dal vento, risplendente in tutta
la sua
bellezza alla luce del sole. La prua forgiata con la forma di una testa
di
drago dalle fauci spalancate sembrava veramente una creatura magica,
scintillante d’oro sotto i raggi del sole, mentre fendeva le
onde azzurro
cristalline del mare. E la vela porpora sembrava veramente le sue ali.
Un’unica
ala maestosa che stava conducendo il Veliero dell’Alba.
Chiunque guardandolo lo
avrebbe riconosciuto subito come un veliero di Narnia, anche da lontano,
anche se piccolo in mezzo ai flutti. Un
Veliero di Narnia che solcava le onde verso un nuovo incredibile
viaggio.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Salve
a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
^-^ Ok, vi avverto probabilmente oggi straparlerò un
po’… ma comprendetemi,
stamattina ho fatto l’orale e sono finalmente libera dalla
maturità!!! Salto dalla
gioia: veramente, non ne potevo più! Senza contare che non
aveva più tempo per
scrivere… ok, probabilmente non vi interessa. Comunque, non
appena pranzato,
riacquistato le mi facoltà mentali (sono crollata sul letto
finito di mangiare)
mi sono fiondata a finire questo capitolo, il penultimo di questa
storia! Un po’
mi dispiace ma sono anche felice perché non vedo
l’ora di scrivere la
continuazione che vi ho promesso! Wow, non ci credo… ho
finito la maturità. O.O
è veramente una sensazione stranissima… ti senti
libero ma ti sembra ancora
impossibile. È invece è vero!! XD XD XD Va bene,
va bene… ora mi calmo. Ma devo
ammettere che essere stata il primo giorno non è stato un
male: fuori il dente
e fuori il dolore… e così ora sono potuta tornare
da voi! Non so voi, ma io
sono contenta. Mmmmh, forse è meglio parlare un
po’ del capitolo… voi che dite?
XD Allora, con il precedente capitolo (ormai più di un mese
fa… urgh) abbiamo
lasciato Caspian mentre veleggiava verso le Isole Solitarie. Stavolta,
come
qualcuno aveva già intuito, è la volta della
partenza di Susan e Peter… l’atmosfera
iniziale è un po’ malinconica ma spero non vi
faccia piangere! ;) In ogni caso è
presente anche un flashback e perciò in esso i dialoghi sono
quelli del film. Cos’altro
vi posso dire? Beh, spero che il capitolo vi piacerà e con
questo vi auguro
buona lettura! By Hikari
P.S. ringrazio con tutto il
cuore tutti
coloro che hanno pazientemente atteso questo capitolo… e con
il prossimo
capitolo vi prometto che metto dei ringraziamenti fatti per bene. In
ogni caso,
ancora grazie dal più profondo del cuore ha chi recensisce,
a chi mi segue e a
chi anche solo legge. A presto! :)
E
dimmi come posso fare,
per
raggiungerti adesso…
per
raggiungere te.
Susan
posò la
valigia sull’asfalto della banchina e rimase immobile. Le
braccia abbandonate lungo
i fianchi. Gli occhi azzurri erano sgranati e fissavano la folla di
persone che
passava per imbarcarsi. Il mare quasi non si vedeva ma il suo odore
salmastro
avvolgeva tutto. Il verso stridulo di un gabbiano sovrastò
le loro teste. Era
stato una fortuna, secondo i loro genitori, che avessero trovato posto
su quel
transatlantico per l’America. I collegamenti tra le due coste
erano molto
difficili, ma ora sembrava che almeno quel viaggio fosse sicuro. Si
andava
avanti così, aspettando di giorno in giorno che la Marina
autorizzasse qualche
partenza. E loro stavano per partire… la ragazza si
voltò cercando conforto
nello sguardo di Peter. Il fratello vedendo la sua espressione smarrita
le
sorrise. Susan cercò a suo volta di sorridere ma si vedeva
che non era un
sorriso spontaneo. E come avrebbe potuto esserlo? Susan si
voltò a guardare
Lucy e Edmund. La prima ricambiò il suo sguardo con un
sorriso spento. Edmund
invece sbuffò per l’ennesima volta. Quella
decisione non l’aveva proprio
mandata giù… di sfuggita Susan gettò
lo sguardo verso gli zii che affiancavano
Lucy ed Edmund.
Zio Harold
sembrava impegnatissimo nella lettura del giornale e non dava
l’impressione di
interessarsi molto a quello che stava succedendo. Zia Alberta, invece,
si
guardava attorno annoiata. Non era un mistero che la donna avrebbe
preferito di
gran lunga dover ospitare loro due, i maggiori. I due maturi, secondo
lei, e a
cui era possibile trasmettere le loro idee moderne: in poche parole il
male
minore. Per lei Lucy ed Edmund erano ancora due bambini piccoli di cui
bisognava occuparsi. Susan non aveva troppa simpatia per i due e
neppure per il
cugino Eustace, cosa che la accomunava anche con gli altri tre
fratelli: Lucy
per quanto gentile e disponibile non sopportava proprio gli scherzi che
Eustace
le faceva sempre quando andavano da loro, Edmund… meglio non
parlarne. Per un
istante sorrise divertita: magari sarebbe potuto essere un motivo per
un’anticipata partenza di Lu e Ed per
l’America… ma sapeva che non sarebbe
successo. Peter era della stessa idea di Edmund ma almeno lui, di tre
anni più
grande di Eustace, riusciva a stargli lontano. Per quando riguardava
lei, aveva
sempre cercato di essere gentile con tutti e tre ma con scarsi
risultati: Eustace
la considerava “soporifera, meglio di qualunque
sonnifero”, con zio Harold era
già tanto scambiarsi i saluti e zia Alberta…
Susan sospirò. Quando erano
insieme non faceva altro che parlare delle riunioni del circolo
pacifista che
frequentava “insieme anche a donne importanti
dell’alta società”, dei benefici che
si potevano avere da una stretta dieta vegetariana
“soprattutto quando si è una
bella ragazza che aspira ad un buon matrimonio” e…
Aslan, sì, solo Aslan sapeva
quale altro mucchio di idee e “proclami” aveva
dovuto sopportare: argomenti che
forse sarebbero stati interessanti… ma non quando uscivano
fuori dalla bocca
della zia Alberta. I suoi non sembravano consigli ma
imposizioni… senza contare
che la zia aveva il magico potere di rendere tutto di una noia mortale.
E poi
era lei quella soporifera…
Se non fosse
stato che Lucy e Edmund restavano a Cambridge, sarebbe stata contenta
di andare
in America. Invece avrebbe preferito mille volte restare e sopportare
anche
tutto il giorno zia Alberta, pur di restare con loro. A
proposito… Susan si
chiese come mai Eustace non fosse venuto. Ah, sì. Glielo
aveva detto zia
Alberta prima: il diligentissimo Eustace stava già facendo i
compiti per le
vacanze… peccato che la cara zia non sapesse tutti i
dispetti e gli scherzi che
aveva fatto loro durante le poche volte che si erano visti.
Chissà perché ce
l’aveva tanto con loro…
Improvvisamente
un cupo boato si propagò nell’aria. Susan si
riscosse e alzò lo sguardo. I
camini del transatlantico iniziarono ad emettere nuvole di fumo nero e
scuro.
La ragazza strinse istintivamente le mani, stringendo da una parte il
maglioncino grigio-azzurro e dall’altra la mano di Peter.
Presto sarebbero
saliti… presto avrebbero dovuto salutare Lucy e Edmund.
Susan tornò a voltarsi
e vide negli occhi della sorella il suo stesso smarrimento. I loro
occhi
azzurri si specchiarono leggendovi la stessa inquietudine. In quel
momento
arrivarono i loro genitori. I due si fecero largo tra la folla e li
raggiunsero. La madre teneva tra le mani i biglietti che erano andati a
far timbrare,
mentre il padre spostò vicino a sé una delle
valigie che era rimasta fino a
quel momento vicino agli zii. L’uomo si voltò
sorridendo verso di loro.
“È
tutto
pronto. Possiamo salire.”
Susan sorrise
per non deludere il padre anche se avrebbe voluto scoppiare a piangere.
Per
fortuna il padre tornò a voltarsi verso Lucy e Edmund
iniziando a fare, insieme
alla madre, decine di raccomandazioni. La mente di Susan
iniziò a sprofondare
nei proprio pensieri. Alle orecchie le parole dei genitori, il rumore
della
folla divennero sfocati. Era così simile a quella
volta… se lo ricordava, come
se fosse stato ieri. Si rivide lì, in mezzo alla folla,
spaesata e impaurita
tra tanti altri bambini. Era uguale: quella volta avevano salutato la
madre,
ora salutavano Lucy e Edmund… la scena di due anni prima le
passò di nuovo
davanti agli occhi e i pensieri di quella volta ritornarono a
galla…
Susan distolse
lo sguardo dalla folla che li
circondava. Fissarla non avrebbe fatto che aumentare la sua
ansia… La ragazza
guardò la madre inginocchiarsi per aiutare la piccola Lucy
ad agganciare il
cartellino di riconoscimento. Lucy era spaventata. Lo era anche lei.
Cercava di
non darlo a vedere, per rassicurare la madre. Ma aveva paura: per
quanto tempo
sarebbero stati lontani? E se alla madre fosse successo qualcosa mentre
erano
via? Non sarebbe mai riuscita a sopportarlo.
Cercando di
non pensarci Susan smise di far girare il
cartellino tra le mani e se lo appese ad una falda del cappotto.
Improvvisamente le parole di Edmund ruppero il silenzio in cui i
quattro
fratelli erano caduti da qualche minuto.
“Se
papà fosse qui non ci farebbe partire.”
Susan
alzò lo sguardo. Papà… quanti mesi che
non le
vedevano. E le sue notizie erano sempre così poche. Quanto
le mancava… Immediatamente
Peter si voltò verso il fratello guardandolo quasi con
rimprovero. Anche Peter
cercava di sembrare forte, ma molto spesso questo lo portava a
scontrarsi con
Ed che non sopportava il comportamento di Peter che secondo lui voleva
imitare
il padre…
“Se
papà fosse qui la guerra sarebbe finita e non
dovremmo andarcene!”
Susan li
guardò temendo che anche in quell’occasione i
due si sarebbero messi a litigare. Non ne poteva
più… per fortuna la madre
intervenne prima che fosse troppo tardi. La donna si rivolse ad Edmund
quasi
supplicandolo. Si vedeva quanto le costava doverli salutare.
“Ascolterai
tuo fratello, vero Edmund?”
La madre lo
guardò in attesa delle parole che tanto
sperava. Edmund continuò a fissarla ma non disse nulla. Poi,
dopo un paio di
istanti, la donna si alzò e abbracciò il
ragazzino. Quando Susan vide Edmund
cercare di ritrarsi un poco con quel suo solito atteggiamento
insofferente, le
si strinse il cuore. Avrebbe voluto gridargli di smetterla e capire per
una
buona volta che i gesti di affetto, le preoccupazioni della madre non
dipendevano dal fatto di crederlo piccolo ma dipendevano solamente
dall’amore
che loro madre provava per lui come per gli altri…
perché non voleva capirlo?
Soprattutto in un momento simile…
La madre senza
smettere di guardare Edmund, con un
velo di tristezza che le copriva gli occhi, si avvicinò a
Peter. Il ragazzo la
guardò cercandole di far capire che sarebbe andato tutto
bene… Peter era così: voleva
sempre mostrarsi all’altezza delle situazioni, non per
presunzione, ma per non
far preoccupare gli altri…
I due si
abbracciarono stretti. Peter aveva sempre
avuto un rapporto con i genitori e i fratelli diverso da quello di
Edmund. Ma
forse dipendeva dal fatto che lui era il maggiore e si sentiva
rivestito anche
di una certa responsabilità… Susan
abbozzò un sorriso. Avere vicino Peter era
sempre stato un conforto anche per lei. Erano cresciuti molto
uniti… Anche se
ultimamente sembravano averlo un po’ dimenticato…
“Promettimi
che avrai cura dei tuoi fratelli.”
Susan si morse
il labbro per non piangere. Non poteva
farlo. Sua madre si sarebbe preoccupata troppo. Quanto avrebbe voluto
restare
con lei… Peter probabilmente provava i suoi stessi
sentimenti. Infatti vide il
fratello chiudere gli occhi e deglutire prima di rispondere.
“Ma
certo, mamma.”
I due si
separarono e Peter abbassò la testa. Si
vedeva quanto costava anche a lui quella partenza. La madre se ne
accorse e
cercò di sorridere.
“Ci
conto.”
I due
tornarono a guardarsi ancora per un istante, poi
Peter tornò ad abbassare lo sguardo e la donna si
voltò verso di lei. Quando i
loro occhi si incrociarono, Susan cercò di sorridere. La
madre le venne vicino
e Susan protese subito le braccia.
“Susan…”
Le due si
abbracciarono e Susan posò il volto sulla
spalla della madre. Non riuscì a dire una parola e per
l’ennesima volta fu
costretta a fare uno sforzo enorme per non piangere. Per un attimo gli
occhi le
si inumidirono e Susan chiuse gli occhi per trattenere le lacrime.
“Piccola,
sii brava.”
Ogni istante
era più difficile. Soprattutto sapendo
che quello era il saluto prima di una separazione di cui non si sapeva
la
durata. Susan non riuscì a risponderle. Le parole le
morirono in gola e l’unica
cosa che riuscì a fare fu quella di annuire più
volte. Quando però le due si
separarono Susan sorrise e cercò di trasmetterle con lo
sguardo quella serenità
che neppure lei sentiva veramente dentro di sé.
Prima che la
madre tornasse a voltarsi, Susan
socchiuse le labbra come per dire qualcosa. Voleva salutarla, dirle
tante cose,
prima tra tutte che le voleva bene, che sarebbe tutto andato a
posto… ma non ci
riuscì e rimase muta.
La madre
arretrò di un passo continuando a guardarli
tutti e quattro in volto. Neppure lei avrebbe voluto separarsi da loro,
vederli
partire… ma preferiva soffrire lei piuttosto che rischiare
che potesse
succedere loro qualcosa.
“Ecco,
ora andate.”
Susan si
accorse che la madre cercava di mostrarsi
serena per non farli preoccupare. Ma lei si rese conto come Peter che
era solo
una finzione. Ma non poteva essere altrimenti… dovevano
tutti farsi forza e
pregare che la guerra e i bombardamenti finissero presto. Peter si
abbassò per
prendere la valigia e Susan si riscosse dai pensieri voltandosi anche
lei per
raccoglierla da terra.
Peter prese
Lucy per mano ed iniziò ad avviarsi tra la
folla di bambini e genitori. Lucy mentre si faceva guidare dal fratello
maggiore continuava a guardare indietro la madre. Susan sapeva che la
piccola
Lucy, più di tutti, non riusciva a capire ancora quella
separazione forzata.
Lei aveva già preso per mano un recalcitrante Edmund e aveva
preceduto Peter
per dirigersi al vagone.
“Lasciami,
so salire da solo sul treno!”
Susan
sospirò continuando a tenere il fratello per
mano. Non potevano rischiare di perdersi in quella folla. Susan vide
una delle
donne che controllavano i permessi vicino ad un uomo che controllava le
liste.
Edmund continuava a cercare di liberarsi dalla sua presa. Susan
cercò di
ignorarlo.
“Dai,
lasciami!”
La donna prese
il cartellino appeso al cappotto di
Susan per controllarlo mentre la ragazza continuava a guardare verso il
vagone.
Non riusciva a staccare gli occhi dalla sua massa scura. Poi
tornò a voltarsi.
Accanto a lei e Edmund c’erano ora anche Peter e Lucy.
“Posso
vedere i biglietti, per favore?”
Susan si
accorse che Peter stava guardando altrove
senza rendersi conto della donna che cercava di prendere i biglietti
che lui
teneva in mano.
“I
biglietti, per favore…”
Di sfuggita
Susan si voltò per scoprire che cosa
avesse attratto in quel modo l’attenzione del fratello: in
quel momento un
gruppo di soldati stava passando in quel momento dietro la folla di
genitori…
“Peter…”
Il ragazzo non
sentì neppure la sua voce e così Susan
prese l’iniziativa. Con un gesto rapido la ragazza
afferrò i biglietti fuori
dalla mano di Peter porgendoli poi alla donna. Solo in quel momento
Peter si
riscosse guardandola quasi senza capire. Susan tornò a
voltarsi verso la donna.
Quest’ultima le sorrise probabilmente comprendendo il loro
smarrimento.
“Vai
pure, piccola.”
Susan
iniziò ad avviarsi verso il vagone e alle sue
spalle sentì la voce di Peter che ringraziava. Dopo un paio
di passi uscirono
dalla folla e si ritrovarono nello spazio che era stato creato ai lati
del treno.
Un soldato indicò loro una delle porte di un vagone. Susan
sorrise titubante e
deglutì. Non avrebbe mai immaginato facesse così
male. Susan salì per prima
seguita da Edmund. La ragazza si voltò e vide Peter
inginocchiato a confortare
Lucy. Anche lei non ce la faceva più… le parole
di Peter la colpirono riuscendo
a confortare un po’ anche lei mentre le ripeteva nella sua
mente. Dobbiamo
restare uniti, adesso… vedrai che si sistemerà
tutto, andrà tutto bene… andrà
tutto bene… oh, quanto sperava anche lei che fosse
così. Quanto pregava che
quell’incubo finisse presto…
I due salirono
e, non appena Lucy le fu accanto, Susan
le posò una mano sulla spalla cercando di farle sentire la
sua vicinanza. La
bambina la guardò per un attimo sorridendo debolmente.
Subito dopo di loro le
porte vennero chiuse e pochi istanti passarono prima che il rumore
della folla
fosse superato dal fischio del capo stazione. Susan a quel suono si
fece largo per
prima tra gli altri bambini e ragazzi, seguita a ruota dai fratelli.
Doveva
vedere sua madre. Dovevano vederla…
Susan si
accorse di una finestrella ancora aperta e
libera. Senza perdere un attimo di tempo Susan la raggiunse e sporse la
testa.
Si sentiva mancare quasi il respiro. Con l’ansia che cresceva
si guardò di lato
cercando di scorgere tra la folla di genitori e parenti il volto della
loro madre.
Dietro di lei anche Lucy, Peter e Edmund si fecero spazio in quel
piccolo vano.
Susan cercò di stringersi senza però distogliere
lo sguardo dalla folla e
finalmente la vide. Nel momento in cui il treno iniziò a
muoversi sul binario
loro madre riuscì a farsi largo tra la folla. La donna
vedendoli sorrise, felice
di poterli salutare fino all’ultimo.
“Amori
miei, ciao…”
Le sue parole
si mescolarono con quelle di tutti gli
altri, ma Susan capì lo stesso che cosa avesse detto. Peter,
Lucy e Edmund
salutarono uno dopo l’altro e i tre per poco non spinsero
dentro Susan che
cercò con tutte le sue forze di continuare a guardare fuori.
Tutti e quattro
continuavano ad agitare le mani quasi potesse far durare di
più quel saluto.
“Mamma
ci mancherai, a presto!”
“Ciao!”
“Ciao!”
E alla fine ci
riuscì. Mentre il treno cominciava ad
allontanarsi lentamente, Susan trovò la forza di parlare per
dire la cosa che
più voleva dire a sua madre.
“Ti
voglio bene, mamma!”
I loro saluti
continuarono mentre la madre e la folla
si facevano sempre più lontani. Continuarono
così, loro e tutti quanti fino a
quando la stazione scomparve oltre l’ultimo vagone e ancora
più oltre.
“Susan.”
La ragazza
trasalì alla voce del fratello e si voltò verso
di lui. Il ragazzo le sorrise
indicandole con la testa i genitori che stavano in quel momento finendo
di
abbracciare Lucy e Edmund. Susan capì che quelli erano
veramente gli ultimi
istanti prima di partire. Con gli occhi umidi Susan superò i
metri che la
distanziava da Edmund gettandogli le braccia al collo. Il ragazzo dopo
un
attimo di imbarazzo rispose all’abbraccio. Peter nel
frattempo stava
abbracciando Lucy. Susan chiuse gli occhi come quella volta, per
cercare di non
piangere. Edmund se ne accorse e la fece allontanare un po’
sorridendo con quel
suo sorriso vagamente sarcastico.
“Guarda
che
quelli che dovrebbero piangere siamo io e Lucy…”
Susan sorrise
e
lo colpì sulla spalla. Anche Edmund sorrise. Quanto era
cambiato grazie a
Narnia… i due si riabbracciarono.
“Mi
mancheranno
i tuoi rimproveri, Susan.”
Susan si
staccò
da lui e lo guardò. “E a me mancherà il
doverteli fare… ti voglio bene, Ed.”
Edmund per un
attimo la guardò stupito poi si voltò di lato,
quasi a disagio, iniziando a
borbottare.
“Guarda
che fra
qualche settimana ci rivediamo… mica è un addio
questo.”
Susan sorrise
pensando che Edmund restava comunque e sempre Edmund. Poi la ragazza si
voltò
verso Lucy. Le due per un istante si fissarono e poi si abbracciarono.
Susan
affondò il viso nei capelli castano-rossicci della sorella.
Per lunghi istanti
nessuna delle due disse nulla. Bastava quell’abbraccio per
dire tanto cose che
nessuna delle due aveva la forza di esprimere a parole. Alla fine fu la
voce
rotta dalla commozione di Lucy a rompere il silenzio.
“Mi
mancherai
così tanto, Sue…”
Susan a quel
punto non riuscì a trattenere le lacrime che iniziarono a
uscire lentamente
dagli occhi e a rigarle le guance.
“Oh,
anche tu
Lu… non sai quanto…”
Le due si
separarono guardandosi negli occhi. Tutte due stavano piangendo e
accorgendosene sorrisero. In quel momento i loro genitori finirono di
salutare
gli zii e sollevarono le valigie. Susan abbracciò stretta
Lucy ancora una
volta.
“Lucy
ti voglio
bene. Vi scriverò ogni giorno, te lo
prometto…”
Lucy
annuì con
decisione. “Ci conto. Ti voglio bene anche io, Susan. A
presto.”
Anche Susan
annuì e si staccò da lei. Cercando di sorridere
la ragazza prese la propria
valigia e affiancò Peter. I due accennarono un saluto verso
gli zii. Zia
Alberta rispose con un sorriso di circostanza mentre invece zio Harold
mugugnò
qualcosa da dietro il giornale. A quel punto Susan e Peter si voltarono
per
seguire i genitori. Mentre si dirigevano verso la passerella, Susan
tornò a
voltarsi. Lucy e Edmund erano immobili a guardarli partire. Susan si
voltò in
avanti iniziando a salire. Ogni passo le sembrava
un’impresa… camminava come un
automa dietro a Peter. Alla fine si ritrovarono a bordo della nave e
subito si
diressero al ponte superiore da dove già decine di persone
stavano salutando
parenti e amici sventolando fazzoletti e agitando le mani.
I quattro,
senza dire una parola, si diressero velocemente verso il parapetto. La
nave in
quel momento vibrò e cominciò a staccarsi dalla
banchina. Susan accelerò
facendosi largo tra la folla. Doveva riuscire a salutare Edmund e Lucy
ancora
una volta… Peter la prese per un braccio strattonandola
vicino a lui nello
spazio che era riuscito a trovare. Poco lontano c’erano anche
i loro genitori.
Susan
guardò
oltre il parapetto. La folla sulla banchina sembrava così
piccola da lassù…
freneticamente gli occhi azzurri di Susan si mossero sulla folla per
cercare i
due fratelli. Non li vedeva… non li vedeva… Peter
iniziò a muovere la mano.
“Susan,
eccoli.
Là!”
Susan
guardò
nella direzione indicata dal fratello e li vide. Lucy e Edmund si
stavano
facendo largo tra la folla agitando le braccia per salutarli. Susan
sorrise
scoppiando a piangere.
“Lucy,
Edmund!
Vi voglio bene! A presto!”
Sapeva che
probabilmente i due non l’avevano sentita ma non aveva
importanza. Anche Lucy
gridò qualcosa che si perse in mezzo alle voci della folla.
Un altro cupo
rimbombo dei camini coprì le voci di tutti. Susan e Peter
continuarono però a
muovere le mani e a salutare i fratelli. Pian piano che la banchina si
allontanava i due si sporgevano più che potevano per vedere
fino all’ultimo
Lucy e Edmund. I due corsero fino al bordo ultimo della banchina
continuando a
salutarli. Susan non riusciva a staccare loro gli occhi di dosso.
Quanto
facevano male quelle separazioni… la madre, i
fratelli… Caspian. Nel momento in
cui la sagoma della nave nascose l’ormai distante banchina il
pensiero del
giovane Re di Narnia tornò a farsi spazio nella sua mente.
Susan si fermò e i
suoi occhi azzurri fissarono le onde scure del mare. L’aria
si fece più
pungente e una leggera brezza le scosse i capelli. Pian piano la folla
iniziò
ad allontanarsi dal parapetto. Susan no. Rimase immobile e i suoi occhi
si
alzarono per vedere il porto che si allontanava. Perché
nella sua vita aveva
sempre dovuto separarsi dalle cose che lei aveva di più
care? Per un po’ di
tempo… per molto… forse per sempre
alcune… come Narnia e Caspian.
Quasi le
avesse
letto nel pensiero Peter le posò una mano sulla spalla.
Susan si voltò e si
gettò tra le sue braccia. Susan chiuse gli occhi, confortata
dall’abbraccio del
fratello. Il ragazzo le accarezzò lentamente i capelli.
“Susan,
vedrai.
Andrà tutto bene.”
Susan
annuì.
Sì. Doveva esserne sicura. Doveva smetterla di riempire la
sua testa di
pensieri negativi. Presto Lucy e Edmund li avrebbero raggiunti in
America… e
forse Aslan avrebbe ascoltato le loro preghiere. Susan alzò
la testa verso il
fratello.
“Mi
ricorda
tanto gli addii a Narnia, Peter…”
Peter sorrise
separandola da sé. I due si voltarono a guardare verso i
profili della città
che si allontanavano lasciando spazio alla distesa del mare. Faceva
impressione
ad entrambi: era la prima volta che lasciavano
l’Inghilterra… beh, non proprio
la prima se consideravano i loro viaggi a Narnia. Nessuno dei due disse
una
parola. Peter le cinse le spalle con un braccio e Susan posò
la testa alla sua
spalla. Come avrebbe fatto senza Peter?
“Mamma
e papà
sono scesi giù in cabina. Quando te la senti, li
raggiungiamo.”
Susan
annuì
fissando la costa che minuto dopo minuto si allontanava. Tanti pensieri
si
confondevano nella sua mente, primi tra tutti il saluto dei fratelli,
il
ricordo di Narnia… e di Caspian. Forse in quel momento era
sbagliato, ma Susan
non riuscì a non pensare a lui. In mente le tornarono gli
istanti che erano
stati gli ultimi a Narnia. Con lo sguardo perso nel vuoto Susan
cercò di riviverlo
nei gesti, nelle parole… e le tornarono in mente le parole
di Aslan. E si
accorse che grazie a Peter, non le facevano più
così paura. Loro erano
cresciuti: era per questo che non avevano più bisogno di
Narnia. Avevano
imparato tutto quello che poteva servire loro… ma non era
vero. E Susan questo
lo sapeva. Lo aveva capito in quei mesi. Come lo aveva fatto Peter.
Avevano
ancora tanto da imparare: non smettere mai di credere e avere sempre
speranza
erano solo le prime cose che faticavano ancora a fare.
La voce di
Peter la distolse da suoi pensieri un’altra volta.
“Non
erano
degli addii, erano solo degli arrivederci… ne sono
sicuro.”
Gli occhi di
Susan si voltarono a guardarlo. La ragazza aveva capito subito a cosa
si
riferisse, ma era rimasta colpita dal tono sicuro che aveva usato. La
sicurezza
di un Sovrano. Susan guardò meglio Peter e nei suoi occhi
vide la stessa fierezza
che vi brillava a Narnia.
“Parli
con la
stessa sicurezza che avevi a Narnia.”
Peter si
voltò
sorpreso verso la sorella. Poi però sorrise.
“Beh…
che ci
posso fare? Quando uno diventa Re di Narnia, è sempre Re di
Narnia.”
A Susan
tornarono in mente le parole che Aslan aveva pronunciato il giorno
della loro
incoronazione. Si era sempre chiesta quale fosse il significato
profondo di
quelle parole: non aveva mai creduto fosse solo una formula
cerimoniale. Ma, come
tante cose a Narnia, non ti veniva spiegato: dovevi essere tu, da solo,
a
comprenderne il significato. E lei non ci era ancora
riuscita…
Vedendo il
volto imbronciato di Susan, Peter scoppiò a ridere e la
fissò dritto negli
occhi.
“Susan,
la
stessa cosa vale per te. Anche tu sei e sarai sempre una Regina di
Narnia. Solo
non devi volerlo nascondere. Se lo vuoi, puoi essere anche qui la
Regina Susan
la Dolce… come io posso comportarmi come Re Peter il
Magnifico. Non conta la
corona. Conta quello che hai dentro… credo fosse in parte
questo che intendeva Aslan.”
Susan rimase
muta a quelle parole. Peter aveva ragione. In realtà dentro
di lei lo aveva
saputo da sempre. Ma non lo aveva mai ammesso: sarebbe significato
pensare
sempre a Narnia e quindi soffrire dato che, anche dopo il loro primo
viaggio,
non era sicuro che sarebbero tornati. Ma ora era tutto diverso. Lei
questa
volta voleva provare a crederci insieme a Peter. Era pronta a
soffrire… perché dentro
di lei voleva convincersi che non sarebbe stato inutile. Susan sorrise.
“Lo
penso anche
io. Sì, credo che fosse questo che intendeva
Aslan… ora andiamo da mamma e
papà, altrimenti si preoccuperanno.”
Peter
annuì e i
due ragazzi si allontanarono dal parapetto dirigendosi verso il
boccaporto che
conduceva al ponte inferiore. Peter entrò per primo. Susan
lo seguì, non senza
essersi voltata ancora una volta verso il mare sorridendo. Un fugace
pensiero le attraversò la mente: aspettami, Caspian.
Troverò il modo di tornare da te. Poi i due
scomparvero nel corridoio.
Il transatlantico
nel frattempo continuava a fendere le onde del mare diretto verso gli
Stati
Uniti. E chissà che questo non fosse il preludio di un
viaggio da tanto tempo desiderato…
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Salve a
tutti! Per prima cosa scusate il ritardo, ma ho avuto un po’
di problemi… e poi
essendo l’ultimo capitolo volevo fosse fatto bene. ;) E
così siamo finalmente
arrivati alla fine… ma sapete cosa si dice, quando si chiude
una porta si apre
un portone! ^-^ E infatti, il prima possibile (io spero già
la prossima
settimana… ma non riesco proprio a trovare un titolo che
vada bene! >.<),
inizierà una nuova avventura a Narnia, avventura di cui
questa storia è stata
il preludio. Ora però devo fare due cose: presentarvi il
capitolo e fare i
ringraziamenti. Cominciamo…
Allora,
questo capitolo è un po’ particolare e ha anche
una piccola sorpresina che
spero vi piacerà. Ah, ancora una cosa… nonostante
i capitoli precedenti si
siano basati sulle parole di “Gocce di memoria” di
Giorgia, quest’ultimo
capitolo avrà come “colonna sonora”
un’altra canzone di Giorgia, ovvero “Strano
il mio destino”. Secondo me è perfetta…
poi ditemi voi! ;)
Ed eccoci
alla parte più importante delle mie chiacchiere…
ovvero i ringraziamenti. Non
so neanche come dirvi quanto siano state importanti le vostre
recensioni: sono
state uno sprone che mi spingeva ad andare avanti e a migliorarmi di
capitolo
in capitolo. Quindi grazie… e un enorme grazie anche a chi
soltanto ha letto.
Ora però, dei ringraziamenti speciali. J
Per prima
cosa devo ringraziare SusanTheGentle, per la sua gentilezza, per la sua
disponibilità, per essere stata la prima a recensirmi e per
aver riacceso la
mia voglia di scrivere grazie alla sua meravigliosa storia. Grazie
Susan! ^-^
E grazie a english_dancer, Fly_My world, FrancyNike93, Serena VdW e
tema94 per aver recensito, per aver apprezzato la mia storia, per la
gentilezza che
avete mostrato ad ogni recensione e per la pazienza che avete avuto
nell’aspettarmi in questo lungo mese. Grazie!
E infine
grazie a DarkFirefly22, ElenaDamon18, ErzaScarlet_, irongirl e mishy
per aver inserito questa storia nelle loro seguite. Spero vi possa
essere piaciuta. ^-^
E con
questo vi lascio e, con la speranza di avervi magari un po’
emozionato o almeno
fatto sorridere, vi dò appuntamento alla prossima storia.
Chiunque vorrà
accompagnarmi in questa nuova avventura con le sue opinioni e i suoi
commenti
sarà il benvenuto! A presto… e buona lettura!
HikariMoon
Susan
chiuse gli
occhi e inspirò profondamente. L'aria fresca del mare era
così
piacevole. faceva dimenticare qualsiasi preoccupazione, qualsiasi
tristezza... la ragazza aprì gli occhi e guardò
il mare che la prua
della nave fendeva. Era così bello stare lì.
Quando aveva voglia di
pensare non c'era luogo più tranquillo, sul transatlantico,
che la
prua. Ed era lì che veniva anche quando i ricordi le
riempivano la
mente o quando la nostalgia per Lucy e edmund si faceva più
forte. In
quei primi giorni di viaggio era sempre venuta lì...
Caspian
guardò
verso l'orizzonte. Era così emozionante guardare lontano ed
immaginare
che cosa nascondesse quel mare blu e profondo. Era per questo che
veniva sempre sulla prua a forma di drago. era il posto più
bello di
tutta la nave, quello che gli permetteva di pensare senza essere
disturbato... o almeno così succedeva la maggior parte delle
volte.
Caspian sorrise. Era lì che veniva anche per pensare a
Susan. Stando
lì, gli sembrava di essere più vicino
all'orizzonte... alle Terre di
Aslan dove avrebbe finalmente chiesto di rivedere Susan.
Strano
il mio destino
che
mi porta qui,
ad
un passo dal tuo cuore
senza
arrivare mai.
Anche
quel giorno era venuta lì. Non sapeva neppure lei
perché le piaceva tanto quel
posto… forse perché le faceva dimenticare dove si
trovava e le permetteva di
immaginare, guardando il blu del mare, di trovarsi su un altro mare.
Susan
sorrise. Improvvisamente le tornarono in mente i ricordi del suo ultimo
viaggio
a Narnia. Il suo primo incontro con Caspian… Susan sorrise
dolcemente. Quando
l’ho aveva visto probabilmente doveva essere arrossita. Si
era sentita strana…
era stata una sensazione che non aveva mai provato. E quando i suoi
occhi scuri
avevano incrociato i suoi non era riuscita a continuare a guardarlo.
Susan
scosse la testa sorridendo. Non le era successa una cosa simile neppure
quando
da Regina riceveva le visite dei principi e dei re che la chiedevano in
sposa…
ma forse dipendeva dal fatto che loro non erano Caspian.
Caspian
chiuse gli occhi dondolando le gambe. Sotto di lui sentiva il rumore
delle onde
che si frangevano sulla prua del Veliero dell’Alba. Era
così rilassante. Quel
suono lo aiutava a svuotare la mente e a concentrarsi solo sui ricordi
di
Susan… Caspian sorrise ripensando al giorno in cui
l’aveva incontrata. Era
sbucata così, all’improvviso, insieme ai suoi
fratelli. Quante volte si era
pentito della frase che aveva pronunciato… non
era così che li immaginavo… e come te
li immaginavi, Caspian? Il ragazzo
scosse la testa sorridendo. Anche se… in un certo senso era
stato sincero. E
non era un’offesa… lui veramente non aveva creduto
che la Regina Susan potesse
essere veramente così bella come l’avevano
descritta… anche perché lei era
molto più bella. Caspian prese il corno e lo
rigirò nelle mani. Chissà cosa
avrà pensato quando lui si era messo a fissarla...
Chiusa
nel silenzio
Sono
andata via,
via
dagli occhi, dalle mani, da te.
Susan
si
posò al parapetto. Caspian era riuscito a farle provare
così tante emozioni che
prima non aveva mai provato… come quando lo aveva visto dopo
che aveva
rischiato di risvegliare la Strega Bianca. In quell’occasione
Susan si era
scoperta gelosa. Vederlo lì, davanti alla lastra di ghiaccio
infranta… si era
sentita tradita. La ragazza ripensò allo sguardo che gli
aveva lanciato e si
rese conto che la sua delusione doveva essere stata visibile. Non gli
aveva
detto nulla, lo aveva solo guardato… e se ne era andata. Si
era sentita un po’
stupida… dopotutto lei che diritto aveva di mostrarsi
delusa? Solo perché la
Strega Bianca era stata la loro peggior nemica? Susan
sospirò sorridendo
dolcemente. Quella era solo una scusa. La realtà era che
aveva sentito venir meno
la sua fiducia… loro erano lì, lei era
lì… e lui aveva cercato altri aiuti. Non
si era mai sentita così male… e nonostante questo
non era riuscita comunque a
tenergli il muso. Sapeva già che un sentimento speciale la
legava a lui.
Caspian
ridacchiò sottovoce. E quella non era stata
l’unica volta in cui si era fermato
a fissarla… era incredibile come in poco tempo la Dolce
Regina gli fosse
entrata nel cuore. Era per quello che se avesse potuto tornare indietro
nel
tempo, una delle cose che non avrebbe fatto sarebbe stata dare retta a
Nikabrik. Quando aveva visto il suo sguardo deluso… si era
sentito male. Si era
vergognato per quello che aveva fatto… avrebbe voluto
chiederle scusa. Ma non
poi non l’aveva fatto. L’aveva fissata, mentre se
ne andava, dandosi dello
stupido. Era convinto di non meritarla… e convinto che lei
fosse rimasta delusa
in quanto Regina di Narnia. Solo poi, quando lei se ne era andata,
aveva capito
che ad essere rimasta delusa era stata soprattutto Susan… ma
ormai era stato
troppo tardi. E così non le aveva mai più chiesto
scusa… era anche quella una
cosa che avrebbe voluto fare, una volta che l’avrebbe potuta
riabbracciare. Se
solo si fosse accorto subito di quello che provava per lei…
e quello che lei
provava per lui. Caspian scosse la testa. Non aveva mai saputo come
comportarsi
con lei.
Che
donna sarò
se
non sei con me
e
se ti amerò ancora e di più.
Susan
si
perse a guardare le onde del mare. Se solo avesse avuto un
po’ di più coraggio…
sia per ammettere i propri sentimenti, sia per farli crescere. E
invece… anche
quando era stati vicini, lei aveva cercato di rimanere distaccata.
Susan si
pentì delle sue scelte… poi sorrise. Era successa
una cosa simile anche quando
stava addestrando i Narniani a tirare con l’arco. Caspian era
arrivato lì e
aveva cercato di impressionarla. Se solo si fosse accorta in tempo di
non essere
stata l’unica a provare quei sentimenti…
chissà cosa sarebbe cambiato. Susan
sorrise di nuovo ripensando alla sua faccia quando lei aveva colpito la
pigna
che lui aveva mancato. Beh… dopotutto l’aveva
sottovalutata. Ma era stato così
bello potergli stare vicino… era stato uno dei pochi momenti
in cui avrebbero
potuto parlare. Lei però non voleva ammettere di essersi
innamorata e non
voleva che nessuno le facesse vedere il contrario… Susan si
rese di quanto era
stata condizionata dalla certezza che quel viaggio non sarebbe durato
per
sempre. Amaramente capì di non essersi sentita di nuovo
parte di Narnia come un
tempo… lo aveva fatto per non soffrire… ma
pensare alla fine, l’aveva portata a
soffrire ancora di più.
Caspian
posò il corno accanto a sé. Ma perché
quando ci si innamora non si sai mai come
comportarsi con la persona amata? Quante volte se lo era chiesto.
Sarebbe stato
tutto più facile se lui non fosse stato così
timido… le avrebbe potuto aprire
il suo cuore e forse ora sarebbero insieme. E invece si era comportato
come uno
sciocco… non era stato neppure in grado di corteggiarla.
L’unica volta in cui
avrebbe potuto farle capire i suoi sentimenti era stato solo capace di
comportarsi da ragazzo presuntuoso… e lei gli aveva dato una
lezione. Caspian
sorrise divertito. Se lo era meritato. Susan gli aveva mostrato che non
bisognava sottovalutarla. E che serviva altro per
conquistarla… ma lui non aveva
mai cercato di darle quell’altro che lei cercava. Sarebbe
bastato avere il
coraggio di quello che provava… ma era solo un ragazzino.
Quanto lo aveva
maturato quell’avventura… era anche per quello che
voleva rivedere Susan. Per
mostrarle di essere finalmente degno di lei. Caspian guardò
deciso verso
l’orizzonte: non avrebbe più fatto lo stesso
errore. Se avesse avuto una
seconda possibilità, non sarebbe rimasto in disparte e
avrebbe difeso
quell’amore. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per far restare
Susan insieme a lui.
Non si sarebbe voltato e rassegnato. Non quella volta.
Strano
il mio destino
mi
sorprende qui
qui
ferma a non capire
dove
voglio andare.
Susan
sospirò. Se ne era resa conto quando ormai era troppo tardi.
Lo aveva capito
quando Caspian era venuto a cercarli e li aveva trovati insieme ad
Aslan.
Quando aveva incrociato i suoi occhi scuri… aveva capito di
essere stata lei a
condannare quell’amore. Non aveva mai fatto nulla per
difenderlo. Si era
rassegnata a perderlo fin dall’inizio. E cosa aveva ottenuto?
Solo di soffrire
di più. Ma non aveva fatto nulla per impedirlo. Aveva visto
negli occhi di
Caspian, in quell’istante, tutto quello che ci sarebbe potuto
essere tra di
loro… tutto l’amore che lui le avrebbe potuto
dare. Lei era rimasta lì a guardarlo.
Per un attimo aveva sentito il suo cuore vacillare. Se solo i suoi
occhi
fossero rimasti incrociati con i suoi ancora per un istante…
Susan scosse la
testa. Era sciocco immaginarsi altri finali. Lei in
quell’occasione, anche
davanti all’evidenza, si era voltata. Si era rassegnata alla
decisione di
altri. Se solo avesse avuto coraggio… coraggio di buttare
tutto all’aria,
coraggio di seguire il suo cuore… coraggio di rischiare per
quell’amore. Susan
chiuse gli occhi e inspirò l’aria fresca e
salmastra del mare. Per lei era
sempre stato più facile lasciar scivolare via le
cose… aveva sempre creduto
facesse meno male. Si era comportata con Caspian come con
Narnia… si era
convinta che non valesse la pena lottare contro il destino. Accettare
le cose
passivamente era più facile, più logico. Ma
l’amore non è logico. Susan
sorrise. Se ne era accorta quando era tornata. Per quanto avesse
provato,
all’inizio, a dimenticarlo… non ci era
riuscita… e aveva iniziato a sperare di
poter avere una seconda possibilità di affrontare il
destino. Se fosse
successo, non si sarebbe rassegnata una seconda volta.
Caspian
si
alzò posando le mani al legno dorato. I suoi occhi erano
fissi con
determinazione all’orizzonte. Aveva fatto tanti errori in
passato. Ma era
cambiato… era cresciuto. Era cresciuto anche il suo amore
per Susan, perché
aveva capito che cosa aveva perso. Non si sarebbe rassegnato quella
volta.
Davanti ad Aslan avrebbe fatto di tutto per fargli capire il suo amore
per
Susan. Non come quella volta… quando l’aveva vista
in quel cortile insieme a
Peter e Aslan. Lui si era fermato, non era andato da lei. I loro
sguardi si
erano incrociato e lui si era perso nell’azzurro di quegli
occhi. Era lì che
aveva capito che lei se ne sarebbe andata, anche se non lo aveva
ammesso. E in
quegli occhi aveva letto una richiesta di aiuto. Susan gli aveva
chiesto in
silenzio di mostrarle di essere pronto a combattere per
quell’amore appena
sbocciato. Ma lui, quella volta, aveva avuto paura di lottare contro il
destino… Caspian strinse le mani attorno al parapetto. Quel
giorno si era
convinto che Susan si fosse ormai rassegnata… e invece lei
gli aveva chiesto di
mostrarle la forza per non farlo. Era stato uno sciocco. Sarebbe
bastato andare
da lei… e lui invece se ne era andato. Aveva condannato il
loro amore. Ma non
voleva credere fosse una condanna definitiva… Aslan non
poteva non capire
quanto era forte ciò che gli univa. Sentiva dentro di lui
che anche Susan,
ovunque fosse, lo amava ancora. Caspian guardò verso il
cielo azzurro. Voleva
solo avere un’altra possibilità per affrontare il
futuro insieme a lei.
Un’occasione per non farla andare via di nuovo…
Se
tutto quell’amore
Io
l’ho soffiato via,
ma
fa male non pensare a te.
Susan
fece alcuni passi lungo il parapetto. Per un
attimo pensò di tornare da Peter e dai genitori, ma poi
decise di rimanere
ancora un po’ lì. Susan si sedette su una delle
panchine poste vicino al
parapetto e posò la schiena contro il ferro del parapetto.
La ragazza chiuse
gli occhi e tornò a ripensare a Caspian. Quante occasioni
aveva buttato… anche
quelle poche in cui aveva avuto coraggio, in cui aveva seguito
l’illogicità
dell’amore. Come quella volta che gli aveva lasciato il
corno… gli aveva in
pratica detto che provava qualcosa per lui. Perché lo aveva
fatto? Forse perché
sperava che lui capisse. Forse aveva cercato una conferma di essere
corrisposta… forse sperava che così sarebbe stato
lui a fare il primo passo.
Sì. Era stato per quello. Aveva sperato che lui potesse
darle la forza e il
coraggio che le servivano. Però alla fine era scappata. Non
gli aveva neppure
di dirle qualcosa. Forse perché aveva paura di quello che le
avrebbe potuto
dire… paura di non essere in grado accettare quello che
sarebbe potuto
succedere. Lei era così. Allo stesso tempo desiderava e
fuggiva ciò che voleva…
Caspian
tornò ad abbassare lo sguardo verso il mare
ripensando a quante volte l’aveva lasciata andare
via… lo aveva fatto ancora
prima. Se lo ricordava bene. Erano nelle caverne della tavola di
pietra. Presto
la battaglia sarebbe iniziata e lei e Lucy dovevano andare a cercare
aiuto, a
cercare Aslan. Avrebbe preferito che non andasse. Fuori sarebbero state
sole…
ma non glielo aveva detto. Anche perché non sapeva che cosa
dirle… e se lui ne
avesse il diritto. Quando poi Susan gli avevo detto di tenere il corno,
l’aveva
guardata senza capire. Poi aveva compreso… Susan aveva
provato a dirglielo. Con
quelle parole gli aveva palesato i suoi sentimenti… e quando
se ne era andata
al galoppo, senza lasciargli il tempo di dire nulla… aveva
capito una cosa. Non
l’avrebbe lasciata andare da sola. Non avrebbe mai sopportato
che le succedesse
qualcosa. Caspian sorrise. Era stato pazzo. Non aveva nemmeno
considerato le
conseguenze… era semplicemente corso a prendere un cavallo,
per seguirla.
Che
donna sarò
se
non sei con me
e
se ti amerò ancora e di più.
Susan
sospirò. Eppure il coraggio lo aveva… quando
aveva combattuto per Narnia non si era mai tirata indietro. Anche
quando era
rimasta sola per dare la possibilità a Lucy di proseguire.
Sola in quella
radura, non aveva avuto nessuna esitazione… non aveva
pensato al rischio, non
aveva pensato che avrebbe potuto morire. Stranamente si era sentita se
stessa.
Si era sentita veramente una Regina di Narnia. Se solo avesse avuto il
coraggio
di essere sempre così, come le aveva detto Peter alla
partenza. Susan sorrise
tornando a pensare a quegli istanti: aveva davvero rischiato di
morire… ma poi…
era arrivato lui. Non sapeva neppure perché era
lì, ma aveva sentito che era lì
per lei. Solo per lei. Erano stati i momenti più belli,
mentre erano vicini su
quel cavallo… non si erano detti nulla, non era il
momento… ma era stato
speciale. Come era stato speciale lo sguardo che si erano cambiati
prima di
lanciarsi in battaglia. Susan riaprì gli occhi e
guardò di nuovo il cielo…
chissà quanti altri momenti speciali ci sarebbero potuti
essere, se solo fosse
andato in modo diverso…
Caspian
chiuse gli occhi abbandonandosi a quei
ricordi. Erano stati i momenti in cui più di tutti erano
stati vicini. Quando
aveva lasciato le caverne pensava solo a lei… sperava di
raggiungerle in tempo.
Forse non si era comportato da principe… ma il suo cuore gli
aveva detto che
era la cosa giusta. E poi ne era stato sicuro anche con la mente.
Arrivò da lei
appena in tempo per salvarla. E non voleva pensare fosse solo una
coincidenza…
in quel momento lui era stato lì per lei e lei per lui.
Stretti su quel cavallo
erano tornati indietro per combattere… e quella vicinanza
era stata più forte
delle parole. Quel silenzio era stato speciale. Se non ci fosse stata
una
battaglia in corso… le avrebbe detto che provava qualcosa
per lei… ma come lei
sapeva che non era il momento giusto. Caspian sorrise. Incredibile che
proprio
durante la battaglia, il loro amore fosse stato più
forte… si erano cercati con
gli sguardi, preoccupati che potesse succedere qualcosa
all’altro… si erano
anche guardati prima di lanciarsi verso i Telmariani. Poi tutto era
finito… e
non erano più riusciti a trovare quel coraggio.
Io
non ti perderò
oltre
il tempo e le distanze andrò
più
vicino a te.
Susan
si passò una mano sugli occhi per asciugarsi una
lacrima che voleva uscire. Non doveva piangere. Doveva smettere di
mostrarsi
debole. Doveva fare come Peter: cercare di essere sempre la Regina di
Narnia
che era… continuare ad aggrapparsi alle parole di quel
sogno. Lei amava
Caspian… sembrava quasi assurdo. Ma nonostante fossero
separati, nonostante
fossero stati per così poco tempo vicini… lo
amava. E aveva cercato di
mostrarlo. Come con quel bacio. Susan tornò a sorridere. Era
stato un muto
messaggio per Caspian, per dirgli quello che provava… e per
Aslan. La sua
piccola ribellione. Aveva cercato di mostrare ad Aslan che non aveva
imparato
tutto… sebbene accettasse la sua decisione… Susan
sapeva di non aver imparato
veramente tutto: non aveva imparato ad amare. Con
l’impronunciabile speranza…
che la facesse tornare. Non avrebbe potuto avere altro coraggio. Ma in
quel
bacio c’era più forza di quanto avrebbe mai potuto
credere… era stata una muta
promessa. Una promessa d’amore.
Caspian
scosse la testa. Non era vero. Susan il
coraggio lo aveva ritrovato. Si era mostrata molto più forte
di lui perché nel
momento in cui i suoi passi la stavano portando lontana da
lui… Susan si era
voltata. Non gli aveva detto niente, ma con quel bacio gli aveva fatto
capire
che lo amava. Aslan li aveva visti… aveva capito quello che
li legava? Voleva
sperarlo. Non voleva smettere di pensare che quel bacio fosse una
promessa. Per
lui, almeno lo era. Amava Susan: era la sua ribellione al volere di
Aslan.
Voleva fargli capire che lui aveva bisogno di lei… ma che
non per questo
sarebbe venuto meno ai doveri verso Narnia… tranne uno. Si
ricordava quello che
aveva pensato quando aveva parlato con Cornelius… ma da
quando era partito,
aveva capito che non l’avrebbe potuto fare. Neppure per
Narnia. Forse stava
sbagliando… ma allora, per Susan, preferiva continuare a
sbagliare.
Volando
al cuore
gli
parlerò di me
e
resterò per non lasciarti più…
Per
non lasciarti più.
Susan
si rialzò e immobile fissò l’orizzonte.
Si era
chiesta fin da subito che conseguenze avrebbe avuto quel suo gesto. Fin
da
quando erano saliti sulla metropolitana… aveva riso con i
suoi fratelli, ma poi
fissando il riflesso del suo volto sul vetro aveva ripensato a Caspian.
Si era
chiesta se in qualche modo avesse potuto cambiare il loro
destino… e il dubbio
le era rimasto nei mesi successivi. Lo aveva ancora adesso…
solo che non aveva
smesso di credere. Quel sogno… le parole di
Caspian… le avevano dato una forza
incredibile… e se non sempre in quei mesi se lo era
ricordato… non aveva più
intenzione di rassegnarsi. Ci avrebbe provato, giorno dopo
giorno… Susan
sorrise. Non voleva credere che tutto potesse essere solo un’
illusione.
“Caspian…”
Caspian
tornò a fissare l’orizzonte in piedi,
immobile. Quando l’aveva vista sparire, non era riuscita a
non credersi se
avrebbe mai potuto rivederla… avrebbe voluto chiederlo ad
Aslan, ma non ne
aveva avuto l’occasione tra i festeggiamenti e i doveri di
Re. Presto però lo
avrebbe fatto e se Aslan non glielo avrebbe permesso…
avrebbe trovato un altro
modo. Magari un armadio come quello di cui parlavano le leggende.
Sentiva che
un giorno ci sarebbe riuscito. Tante volte in quei tre anni la aveva
sentita
incredibilmente vicina… qualche volta aveva creduto di
averla accanto, di
potersi voltare e vedere il suo sorriso… come in quella
battaglia. Quasi
l’aveva vista… come quella notte. Quasi aveva
avuto l’impressione di poterla
toccare… Caspian sorrise. Non voleva credere che tutto
potesse essere
un’illusione.
“Susan…”
È
chiaro il mio destino,
mi
riporta qui,
ad
un passo dal tuo amore:
io
ti raggiungerò.
Susan
trasalì e si sentì mancare il fiato. Il cuore
iniziò a batterle più forte, come se volesse
uscirle dal petto. Lentamente si
voltò… e il tempo sembrò fermarsi. I
suoi occhi azzurri incrociarono due occhi
scuri leggendovi la stessa sorpresa, la stessa emozione. Ma non poteva
essere
vero. Susan sentiva di essere ancora sul transatlantico, ma davanti a
lei si
era creato una specie di finestra sul mondo che tanto amava. Dietro le
sue
spalle vedeva il mare che aveva tanto sognato. Susan sbattè
gli occhi.
“Caspian…
non può essere. Deve essere un sogno.”
Caspian
per un istante non rispose. Non riusciva a
credere che le sue preghiere si fossero in parte avverate. Eppure Susan
era lì,
davanti a lui. Dietro di lei vedeva una strana nave, sembrava
metallica. Ma non
gli importava. Non sapeva come era possibile ma era come se i loro due
mondi si
fossero avvicinati all’improvviso, creando per loro quella
finestra. Caspian
sorrise e le strinse una mano.
“Non
lo è… se lo fosse, Susan… saresti
vestita da
Regina.”
Il
tocco della mano di Caspian sembrò riscuotere la
ragazza. Susan, dopo un attimo di esitazione, sorrise. Tanto, che fosse
o no un
sogno, non aveva importanza. L’unica cosa che importava era
che loro erano lì.
Come e perché non aveva importanza…
“Oh,
Caspian… ci sono così tante cose che vorrei
dirti… chiederti… spiegarti…”
Caspian
le impedì di parlare ancora e la strinse tra
le braccia. Susan ammutolì affondando il viso nella sua
spalla e annusando il
suo profumo. Avrebbe voluto che quell’istante durasse per
sempre. Avrebbe
voluto poter rimanere per sempre lì, dovevo i loro mondi si
toccavano. Caspian
le accarezzò i capelli sorridendo.
“Lo
vorrei anche io Susan… ma ci sarà un altro
momento
lo so. Ora lo so.”
I
loro occhi tornarono a cercarsi. Caspian le
accarezzò una guancia. “Solo una cosa ti dico
Susan… ti rivedrò. Questa ne è la
prova. Ne sono certo.”
Susan
annuì. “Sì… in un modo o
nell’altro ti
raggiungerò… Caspian. Io…”
Improvvisamente
rispettivamente si accorsero che
l’immagine stava iniziando a scomparire. Susan lo
guardò spaventata Caspian, ma
il ragazzo sorrise.
“Io
ti aspetto, Susan. Non importa quanto… io sono
qui, per te.”
Susan
annuì sorridendo anche se non voleva separarsi
da lui. “Troverò un modo, Caspian…
dovessi provarci tutta la vita… io tornerò
da te.”
Proverò
a gridare
e
forse sentirai
la mia voce
che ti chiama, se vuoi.
Caspian
sorrise e annullò la distanza tra i loro
volti. Fu solo un attimo. Le loro labbra si sfiorarono appena. Quando
Susan
riaprì gli occhi vide davanti a sé solo la prua
del transatlantico. A fatica
riuscì a trattenere le lacrime… ma allo stesso
tempo non riuscì a smettere di
sorridere. Con le dita si sfiorò le labbra. La amava. La
amava ancora. Era la
cosa più importante. Le aveva detto che l’avrebbe
aspettata… e lei ora aveva la
forza per provarci. Ci sarebbe riuscita. E quello che era successo, le
faceva
sperare che anche Aslan lo avrebbe permesso.
“Susan!”
La
ragazza si voltò e vide Peter venire verso di lei.
Sorrise, pensando che per un attimo si era illusa che potesse essere
ancora
Caspian. Ma non serviva avere fretta… Peter la raggiunse e
la scrutò. Susan
sorrise.
“Che
c’è, Peter?”
Peter
sorrise scrollando la testa. “Niente… solo
che…
non lo so. Sei come… radiosa.”
Susan
scoppiò a ridere e si strinse al suo braccio.
Peter la guardò senza capire.
“Sono
felice, Peter. Perché so che torneremo a
Narnia.”
Peter
sgranò gli occhi. “E come fai a saperlo?”
Susan
volse gli occhi verso l’orizzonte e sorrise. “Lo
so. E basta.”
Peter
sorrise e le passò un braccio attorno alle
spalle. “Se ne sei certa… ne sono certo anche io.
Però tu non me la racconti
giusta…”
Susan
tornò a ridere e lo prese per mano andando verso
le scale.
“Forza…
torniamo da mamma e papà.”
Peter
si arrese e seguì la ragazza. Susan continuava a
sorridere. Amava Caspian… e, ora lo sapeva, sarebbe bastato
quello per farli
rincontrare.
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Caspian
riaprì gli occhi e vide di nuovo solo la prua
dorata del Veliero dell’Alba. Era stato veramente come un
sogno. Ma era stato
reale. Sentiva ancora il profumo di Susan. Il ragazzo sorrise. Se mai
gli fosse
servita una prova che si sarebbero rivisti… ora
l’aveva. Ma non era quello
l’importante. Susan lo amava. Non lo aveva dimenticato. Ora
che sapeva quello
sarebbe stato pronto anche per andare fino alla fine del
mondo… anche oltre se
necessario. E sentiva che anche Aslan lo avrebbe accettato…
altrimenti, perché
riunirli per un istante? Non certo per illuderli.
“Vostra
Maestà.”
Caspian
si volto e vide a pochi passi da lui Lord
Drinian. L’uomo attese con rispetto che lui si avvicinasse.
“C’è
qualche problema?”
L’uomo
scosse la testa. “Gli ufficiali desiderano
controllare con voi la nostra rotta.”
Caspian
annuì sorridendo. Vide Drinian scrutarlo per
capire che cosa avesse, ma Caspian non aveva intenzione di raccontare a
qualcun
altro che cosa era successo. Mentre scendevano i pochi gradini che
conducevano
sul ponte, però, Caspian si voltò verso di lui.
“Lord
Drinian… sentò che alla fine di questo viaggio,
troverò la mia sposa.”
Il
capitano lo guardò senza capire. Caspian non disse
altro e scese sorridendo. Pensava solo ad una cosa: quando Susan
sarebbe
tornata, le avrebbe chiesto di sposarlo. Amava Susan… e, ora
lo sapeva, sarebbe
bastato quello che farli rincontrare.
Che
donna sarò
Se
non sei con me
E
se ti amerò ancora e di più…
Io
non ti perderò,
oltre
il tempo e le distanze andrò,
più
vicino a te.
Volando
al cuore,
gli
parlerò di me e resterò
per
non lasciarti più, per non lasciarti più.
(Strano il mio
destino, Giorgia)
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