Tears of Memory

di HikariMoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Tears of Memory

Sono gocce di memoria,
queste lacrime nuove…
Siamo anime in una storia incancellabile.

 
La stanza da letto era avvolta dalla luce soffusa e perlacea del mattino. Susan e Lucy, distese nei loro letti, erano avvolte nel sonno. All’improvviso, però, la maggiore si mosse nel letto. I suoi occhi azzurri si aprirono lentamente mentre un luminoso sorriso si schiudeva sulle sue labbra. Dopo un istante, però, vedendo il comodino e la sedia con la borsa di scuola, il sorriso le morì sulle labbra e gli occhi persero la luce che li faceva brillare. Una lacrima solitaria rigò la sua guancia macchiando il cuscino. Lentamente passò il dorso della mano sul viso per asciugarla. Dopo un attimo di esitazione, la ragazza si sollevò sul gomito e si voltò ad osservare la sorella minore. Lucy dormiva. Tutta la casa era avvolta dal silenzio. Lentamente Susan spostò le coperte e si mise a sedere. Il contatto con il pavimento freddo la fece rabbrividire.

Rapidamente si avvolse nella vestaglia e si alzò. Con passi leggeri andò alla finestra. Con cautela, per non svegliare la sorella, spostò la tenda infilandosi tra essa e il vetro. Il suo sguardo vagò sui tetti delle case di fronte e sul vialetto cosparso dalle foglie cadute e calpestate. Era tutto così grigio e triste. Anche il cielo che si stava schiarendo. Susan si chiese dove fossero scomparsi i colori. O magari era lei che non cercava più di vederli.

I suoi occhi azzurri vennero attratti dalla luce dell’ultima stella che brillava in un lembo ancora scuro del cielo. Sorrise. Era così bella, sembrava la stella del mattino di Narnia. Gli occhi le si riempirono di lacrime e Susan posò la fronte al vetro freddo. Era passata solo una settimana… dall’addio a Narnia, dall’addio a Caspian. Susan si morse un labbro per non singhiozzare. Appoggiò la mano sinistra sul vetro, lasciandola subito dopo scivolare. I capelli le cadevano in morbido disordine ai lati del viso. Era stato un addio e lo sarebbe stato per sempre.

“Oh, Aslan… perché? Perché non posso più tornare?”

Era una domanda inutile, una domanda che sarebbe rimasta senza risposta: destinata a perdersi nel silenzio di quell’alba trasparente.

Le infinite volte che
mi verrai a cercare
nelle mie stanze vuote

 
I cavalli si fermarono ai piedi del pendio. Caspian e i suoi soldati scesero da essi e li legarono ai rami degli alberi vicini. Insieme al nuovo Re di Narnia c’erano anche architetti e carpentieri, i migliori di Narnia e di Archen. Caspian si guardò attorno. Era tutto così bello e sereno in quel luogo. Un soldato tornò dalla perlustrazione dell’area.

“Vostra Maestà, da questa parte c’è un sentiero che porta verso l’alto.”

Caspian annuì e si voltò verso gli uomini che erano con lui.

“Benissimo, saliamo e da lì farete tutti i sopraluoghi necessari.”

Tutti fecero un leggero inchino e dopodiché iniziarono a salire. Pian piano tra la vegetazione apparivano resti di pareti di marmo, gradini ricoperti dalla terra, basi di colonne. Finalmente arrivarono in cima. Una vista meravigliosa si spalancò davanti ai loro occhi: il mare scintillava sotto i caldi raggi del sole, cinto dal verde dei boschi e dal bianco delle scogliere.
Uno degli architetti si avvicinò a Caspian.

“Vostra Maestà, noi inizieremmo.”

Il ragazzo annuì quasi senza sentirlo e il gruppo si sparpagliò tra le rovine. Caspian iniziò a vagare tra i ruderi estasiato ma allo stesso tempo triste. Si sforzava di immaginare quelle antiche sale, i dipinti che avevano decorato le pareti, le luminose vetrate. Ma continuava a vedere solo rovine bianche, null’altro. Possibile che non fosse restato nulla dei tempi antichi? Lì Susan aveva vissuto per anni, aveva riso, ballato, aveva discusso con i fratelli le decisioni per governare quel regno. Con la mano sfiorava i marmi che lo circondavano cercando di stare lontano dagli altri. Voleva restare solo, pensare. Era passato un mese, ma ne aveva ancora bisogno. Improvvisamente il suo sguardo venne attratto da uno spiraglio tra due rocce. Si avvicinò e si accorse che dietro c’era un passaggio. Si guardò attorno e non vide nessuno. Senza pensarci due volte lo spostò e alla fine, con fatica, ci riuscì. Dietro c’era una porta. L’aprì con il cuore che batteva più forte. Con un sorriso divertito prese dalla sacca che aveva con sé lo strano oggetto che Edmund aveva dimenticato. Premette un pulsante come aveva visto fare a lui e iniziò lentamente a scendere. Prima di percorrere i gradini, guardò ancora una volta il mare. Aveva lo stesso colore degli occhi di Susan.

Corse giù per i gradini, prima che qualcuno potesse arrivare e fargli delle domande. Non voleva dimenticarla. Perché doveva farlo?

In fondo si fermò all’improvviso. La torcia gli cadde quasi di mano. La sala segreta dei Sovrani. Una forte emozione percorse tutto il suo corpo. Il fascio di luce illuminò una prima statua. Caspian la riconobbe quasi subito. Peter. Con un gesto rapido la spostò di lato. La luce illuminò un’altra statua. Raffigurava una giovane donna, bellissima e delicata. Caspian si avvicinò con il cuore che gli batteva. Non poteva crederci. Susan, la sua Susan. Allora era stata così quando governava Narnia? Era bellissima, come la Susan che aveva incontrato. Caspian si avvicinò alla statua e sfiorò delicatamente la fredda guancia di pietra.

“Susan… perché non puoi essere qui accanto a me? Perché non posso rivederti?”

Nessuno gli rispose. Il silenzio era tutto ciò che gli rimaneva…

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Salve a tutti! La volta precedente non ho potuto fare delle premesse, quindi rimedio ora. Questa fan fiction è nata un po' all'improvviso. Dopo aver rivisto Le cronache di Narnia - Il Principe Caspian alla televisione e aver letto una certa storia (non so se posso citarla, ma chi ne è l'autore sa di che cosa sto parlando...), mi sono messa ad ascoltare l'mp3 e mi è capitata questa canzoni: "Gocce di memoria". Fin dalle prime parole, è nata questa idea perchè ogni parola mi sembrava parlasse di loro. Perciò mi son detta: perchè non fare una storia in cui le parole riflettano degli episodi con protagonisti Susan e Caspian? Questo è il mio scopo e spero di ottenere l'effetto sperato.

Per quanto riguarda questo capitolo, devo fare una precisazione. Cercando, non ho trovato soddisfacenti informazioni sugli avvenimenti a Narnia prima del Viaggio del Veliero e per questo motivo ho preso un fatto citato nella suddetta storia (^-^). Inoltre sempre da lì mi sono ispirata per l'aggettivo riferito a Caspian: il Liberatore, perchè quello che avevo trovato, qualcosa tipo "il navigatore" non mi ispirava. Poi non so se questo aggettivo (il liberatore) era anche un'altra versione ufficiale... (N.d.A. se non ti va bene, SusanTheGentle - ormai l'ho detto - dimmi che cambio). Con questo penso di non aver latro da dire che ringraziare SusanTheGentle per la recensione e mishy che l'ha aggiunta alle sue "seguite". Ulitima cosa: se vi va e mi farebbe piacere, soprattutto per migliorare, lasciatemi una recensione anche piccolina... Grazie e buona lettura! HikariMoon ^-^


Inestimabile, inafferrabile,
la tua assenza che mi appartiene.

 
Susan guardava senza vedere veramente la professoressa che tracciava formule di matematica alla lavagna. I suoi occhi azzurri vedevano tutto altro, la sua mente pensava a tutto altro. Invece di essere usata, la sua penna veniva dondolata nella mano destra. Una ciocca di capelli le cadde davanti agli occhi. Susan sbuffò sistemandosela dietro l’orecchia e imponendosi di stare attenta. Ma era più facile a dirsi che a farsi. Era quasi un mese che si ordinava di non pensare a Narnia e ogni volta faceva il contrario. La sua Narnia. Perché l’anno prima era stato più facile? Non era lei che rimproverava Peter e agli altri che dovevano accettare che la loro vita fosse a Londra? Che cosa c’era di diverso? Forse perché, durante la prima avventura, aveva vissuto lì per anni? O forse perché nessuno quella volta era riuscito a rapirle il cuore? Caspian…

Susan chiuse gli occhi ripensando al loro addio. Un brivido le corse giù per la schiena quando le tornò in mente il bacio che si erano scambiati. La ragazza sorrise. Almeno poteva dire di aver baciato un Re, ma era una magra consolazione… Susan aprì gli occhi. Lei voleva essere lì con lui. Perché Aslan non l’aveva capito? È il momento che comincino a vivere nel loro. Ecco che cosa aveva detto. Ma aveva ragione e per quanto gli facesse male, lo sapeva bene. Non sarebbe mai riuscita a sopportare di non poter rivedere i suoi genitori o i suoi fratelli, se Aslan avesse permesso solo a lei di restare. Ma Caspian… ora che lui non c’era, la sua assenza era un vuoto che non abbandonava mai il suo cuore. Cosa doveva fare? Si sentiva come divisa a metà.

“Signorina Pevensie, ho ragione di credere che la mia lezione quest’oggi non sia di suo gradimento.”

Quella voce severa distrasse Susan dai suoi pensieri. I suoi occhi azzurri incrociarono quelli scuri della professoressa. A stento mascherò la delusione che non fossero gli occhi scuri di qualcun altro. Trattenendo la voglia di risponderle che l’affermazione era vera, che della lezione in quel momento non le importava nulla, abbassò la testa mortificata facendo finta di riprendere a copiare la lezione.

“Mi scusi, le prometto che non succederà più.”

La donna sembrò soddisfatta e tornò alla lavagna.

“Lo spero, signorina Pevensie. Non vorrei che una delle mie migliori studentesse vedesse calare il suo profitto per una sciocchezza qualunque.”

Susan non replicò ma dentro una voce gridava. Fuori l’unica traccia fu una lacrima che scivolò dal suo occhio e macchiò il foglio. Le lettere che aveva vergato si confusero in un’unica macchia scura. Narnia non era una sciocchezza, Caspian non era una sciocchezza. Perché nessuno capiva come lei si sentiva?

Siamo indivisibili,
siamo uguali e fragili,
siamo già così lontani.

 
Caspian si alzò. Tutti i presenti, seduti attorno al tavolo, si alzarono. Tra di essi c’erano Cornelius, Briscola, Tempestoso, Ripicì. I loro sguardi si volsero verso di lui: Caspian X, il Liberatore.

“Siano mandati ambasciatori a Calormen. Non intendo iniziare una guerra che è possibile evitare.”

Un uomo alla sua destra fece un leggero inchino. “Sarà fatto, Vostra Maestà.”

Caspian annuì. “Ottimo. Credo che per oggi non ci siano altre questioni da discutere.”

Nessuno disse nulla e tutti fecero un inchino verso di lui. Lo stesso uomo che prima aveva parlato, probabilmente il nuovo generale dell’esercito di Narnia, riprese la parola.

“Chiediamo il permesso di congedarci, Vostra Maestà.”

Caspian fece un cenno con la mano. “Certamente.”

Uno dopo l’altro uscirono dalla sala inchinandosi verso Caspian. Dopo pochi minuti rimasero solo lui e Cornelius. Caspian si sedette stanco sulla sedia. L’ansia e la preoccupazione velavano i suoi occhi. Il vecchio professore, però, capì che c’era dell’altro.

“Vostra Maestà è turbata da qualcosa?”

Caspian cercò di sorridere e si alzò andando verso la vetrata che dava sulla città.

“Calormen è sul punto di dichiararci guerra. Come potrei non essere preoccupato?”

Il vecchio precettore lo affiancò.

“Non angustiatevi. Sono certo che prenderete la decisione migliore.”

Caspian sospirò e cercò di sorridere, ma si capiva che era un sorriso falso.

“È passato quasi un anno dalla mia incoronazione. Ho ancora molti dubbi di non essere all’altezza…”

“Non dovete dubitare, Maestà, delle vostre capacità. Siete e sarete un buon re.”

Caspian lo guardò riconoscente. “Grazie.”

Il precettore lo osservò, quasi rimproverandolo affettuosamente con lo sguardo. Quel ragazzo era per lui quasi un figlio.

“C’è dell’altro che vi preoccupa Vostra Maestà, dico bene?”

Caspian capì di non poter sfuggire e alla fine si arrese, rispondendogli tutto d’un fiato.

“Non riesco a dimenticarla, Cornelius. Ho cercato, ma non riesco a togliermi dalla mente la Regina Susan.”

Cornelius sorrise affettuosamente. “E neppure dal cuore, immagino.”

Caspian annuì guardando altrove. Sapeva che neppure il suo precettore poteva aiutarlo.

“Purtroppo Maestà, l’amore è il mistero più grande. Ma anche la cosa più bella che ci possa capitare. Non dimenticatela, ma conservate tutti i ricordi più belli di lei nel vostro cuore.”

Caspian non rispose. Era da quel giorno che pregava Aslan di farla tornare. Anche in quel momento… Aslan, ti prego, riportala da me. Ma era inutile e lo sapeva. Cercò di scuotersi da quei pensieri.

“Cornelius, come procedono i lavori a Cair Paravel?”

Il precettore sorrise. “Presto saranno conclusi, Vostra Maestà e Cair Paravel tornerà al suo antico splendore.”

Caspian annuì soddisfatto. “E le modifiche che avevo richiesto?”

“Tutto è stato fatto come voi avete ordinato.”

Caspian sorrise guardando verso il cielo. Azzurro come gli occhi di Susan. Sorrise: era davvero impossibile dimenticarla, anche la natura gliela ricordava. Ma faceva così male non poterla rivedere… avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla riabbracciare. Sapeva però che l’avrebbe potuto fare solo nei suoi sogni…

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Eccomi di nuovo qua con un nuovo capitolo. Sempre più tempo trascorre dal giorno in cui Susan e Caspian si sono separati e i due hanno sempre più dubbi anche se non riescono a dimenticarsi. Cosa faranno? In questo capitolo Susan cercherà di trovare la forza per andare avanti mentre Caspian sarà coinvolto in una guerra (quella contro Calormen, a cui avevo accennato nel capitolo precedente)… Spero di sentire che cosa ne pensiate e soprattutto se secondo voi le parole della canzone si abbinino alle singolo scene! Perciò se avete voglio, lasciate un commentino. Ultima cosa: grazie a mille per chi mi ha recensito e ha inserito questa storia nelle “seguite”, ovvero mishy, SusanTheGentle e Tema94. Detto questo, buona lettura! HikariMoon ^-^

NOTA: ho effettuato una leggera modifica. Niente che influisca nel complesso: per gentile concessione di SusanTheGentle, la spada di Caspina l'ho chiamata Rhasador (non una perciò Rhindon, la spada di Peter). ^-^

Con il gelo nella mente,
sto correndo verso te.


Susan correva. L’aria si condensava davanti alle sue labbra. Davanti a lei c’erano Peter e Edmund. Lucy, ammalata, era rimasta a casa. Attorno a loro c’erano le persone che camminavano lungo le strade di Londra. Stentando a tenere il passo dei fratelli, Susan spostò la sciarpa che la corsa le sbatteva contro il viso. La cartella con i libri le sembrava pesantissima.

Continuava a correre, a vivere la sua vita sulla Terra, a Londra. Come voleva Aslan. Tutto però le sembrava così inutile. Ma continuava a correre, quel giorno per andare a prendere la metropolitana… un giorno forse per andare a lavorare. Il mondo continuava, la guerra proseguiva, ma un giorno sarebbe finita. Susan si bloccò.

Tutto continuava, tutto cercava di continuare, tranne lei.

Lo capì all’improvviso, in quel momento: dentro di lei tutto, in realtà, si era fermato. Calde lacrime rigarono la pelle fredda delle guance. Susan non fece nulla per asciugarle, rimase immobile in mezzo alla strada. Sola, anche se circondata dai passanti.

Era vero. Andava a scuola, studiava, usciva con i fratelli e con le amiche… ma lo faceva solo perché, in un certo senso, doveva farlo. Tre mesi, erano già passati tre mesi. Su Narnia, forse Caspian l’aveva già dimenticata… no. Caspian non l’avrebbe mai fatto… ma forse lui lo aveva dovuto fare o avrebbe dovuto farlo a breve: dopotutto lui era il Re di Narnia, non una sciocca e anonima studentessa di Finchley. Aveva dei doveri verso il suo popolo…

Voleva tornare, voleva rivederlo e non lasciarlo. Ma era sciocco ed egoistico. E impossibile. Si chiese di nuovo se sarebbe riuscita a trovare un modo per accettare di nuovo quella realtà, come un anno prima. Ci provava, ma con scarsi risultati. Susan scosse la testa.

Doveva provarci e voleva provarci. Per lui, per Caspian. Cosa avrebbe pensato di lei vedendola in quello stato? La Susan di Narnia non era così.

Susan inspirò l’aria fredda. Con la mano avvolta nel guanto si strofinò le guance per cancellare le lacrime. Continuare a vivere per lui e con il suo ricordo. Doveva provarci, se questa era l’unica cosa che poteva fare. Ma era così difficile…

“Susan!”

La voce di Peter attirò la sua attenzione. Il ragazzo la affiancò; poco lontano vide anche Edmund. Il fratello la prese per un braccio.

“Ma che fai? Siamo in ritardo! Perderemo il treno! Corri!”

Susan non riuscì a replicare. Peter riiniziò a correre trascinandosela dietro. Raggiunsero Edmund e continuarono a correre verso la fermata della metropolitana: i loro passi rapidi sull’asfalto della strada, attorno il rumore delle persone e delle macchine. Correvano.

Susan sorrise tristemente: correre era l’ultima cosa che le rimaneva. Non solo in quel momento, ma anche nella vita. Fermarsi, l’avrebbe fatta soffrire troppo. Per mostrarsi degna del ricordo di Caspian, doveva correre e vivere. Anche se significava provare dolore…

Siamo nella stessa sorte,
che tagliente ci cambierà.


Caspian si voltò a guardare indietro. Alle sue spalle c’era l’esercito di Narnia. Non solo uomini, ma anche fauni, centauri e tutte le altre creature del suo regno. Un sole luminoso e cocente brillava sopra le loro teste. Il suono di un corno si propagò nella piana desertica.

Caspian si voltò e lo vide: l’esercito di Calormen. La diplomazia aveva fallito e ora, per essere riconosciuto e difendere il suo popolo, stava per guidare l’esercito in quella guerra. C’è l’avrebbe fatta? Era la sua prima battaglia, la prima che conduceva da solo. Prima c’erano stati Peter, Edmund, Lucy e… Susan. Ora era solo e tutti avevano fiducia incondizionata solo in lui, Caspian X.

Le file di Calormen si stavano posizionando. Lo scontro stava per iniziare e non sarebbe stato facile. I Calormeniani era guerrieri più esperti, più crudeli ed erano favoriti dal terreno. Sarebbe stata una dura battaglia.

Caspian chiuse gli occhi. La sua mano destra strinse l’elsa della sua spada, Rhasador. Aveva paura di non essere in grado di affrontare quella prova. Cosa sarebbe successo a Narnia se lui avesse fallito? Due occhi azzurri e un dolce sorriso gli riempirono la mente.

Caspian aprì gli occhi. Il suo volto non mostrava più nessuna incertezza: era lo sguardo fiero e deciso di un Re. Con un gesto rapido sguainò la spada che scintillò colpita dai raggi del sole. L’esercito dietro di lui fremette.

“Soldati di Narnia, è arrivato il momento di proteggere la nostra terra da chi la vuole conquistare!”

Quelle parole, pronunciate con una voce sicura che sovrastò ogni altro rumore, suscitarono un unico grido di battaglia che si alzò all’unisono da tutte le gole.

Caspian alzò la spada. Destriero scalpitò e si sollevò sulle zampe posteriori. Il giovane Re la abbassò e poi fendette con la spada l’aria davanti a lui puntandone la punta verso l’esercito nemico.

“Per Narnia e per Aslan!!!”

Il suo grido venne ripetuto da tutti i soldati di Narnia: il deserto risuonò del loro grido di battaglia. I cavalli partirono al galoppo, Caspian era davanti a tutti. Lo sguardo fissò, pronto a combattere.

Ma durante quegli istanti infiniti prima che i due eserciti si scontrassero, mentre gli unici rumori erano il galoppare dei cavalli, le grida dei soldati e il clangore delle spade sguainate, Caspian non poté non ripensare a quei due occhi azzurri che avevano dissipato ogni dubbio e gli avevano dato la forza per aver fiducia in sè.

Te lo prometto Susan, difenderò Narnia. La difenderò anche a costo della mia vita. La difenderò come tu e i tuoi fratelli avete fatto tante volte. Perché fino a quando Narnia rimarrà il luogo che tu hai conosciuto, sarà come averti vicino. Ovunque guarderò, tu ci sarai. E per questo che non posso fallire. Difenderò Narnia anche per te, Susan. Oggi e in ogni altro giorno della mia vita. So che non puoi sentirmi, ma le mie parole un giorno ti raggiungeranno, lo so. E quel giorno sarò finalmente degno del tuo ricordo e di quello che sarebbe potuto esserci tra di noi, Susan la Dolce, Regina di Narnia.

I soldati di Calormen erano ormai a pochi passi da lui. Caspian impugnò più saldamente la spada. Erano di fronte a lui. Vibrò il primo colpo. Il rumore della battaglia ricoprì ogni altro suono, anche la voce di Caspian. “Per Narnia!!”
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Salve a tutti! Ecco un nuovo capitolo. In realtà non ho molto da dire: non sono molto brava a presentare i capitoli. Posso solo dire che gli episodi di questo capitolo sono ambientati poco dopo lo scorso capitolo. Il resto ve lo lascio scoprire dalla lettura. L’unica cosa che non posso non fare è ringraziare tutte le persone che hanno letto questa storia con un grazie particolare a chi la segue e ha recensito: Fly_Zaynkissme, FrancyNike93, mishy, SusanTheGentle e tema94. Un grazie sincero a tutti! ^-^  HikariMoon

Aspettiamo solo un segno,
un destino, un’eternità.


Fuori pioveva. Nella notte probabilmente avrebbe nevicato. Il giorno dopo tutto sarebbe stato ricoperto da una coltre bianca. Susan alzò lo sguardo dal libro da cui stava studiando.

Lucy, accoccolata nella poltrona, stava leggendo un libro. Dall’altra parte del tavolo, Peter e Edmund stavano facendo una partita a scacchi con gli scacchi di papà, in attesa che il tempo migliorasse almeno un po’ per poter andare a prendere l’albero. In cucina la mamma stava preparando la cena. Era tutto così normale. Presto sarebbe stato Natale. Gli occhi di Susan corsero alla finestra. Come era bello il Natale a Narnia…

Susan iniziò a farsi cullare dai ricordi. Rivide il palazzo addobbato, loro quattro che ridevano mentre sistemavano festoni e ghirlande sull’albero più bello delle foreste dell’Ovest che ogni anno gli abitanti della zona regalavano loro…

Susan mise le mani sui fianchi scuotendo la testa e facendo finta di essere arrabbiata.

“Peter, Edmund la volete smettere?”

I due ragazzi la guardarono ridendo e smisero di punzecchiarsi e di fare a gara a chi riusciva a mettere più festoni. Peter la raggiunse e le cinse le spalle con un braccio. Lucy ridacchiava con in mano un festone argentato.

“Dai, Susan. Non vorrai arrabbiarti proprio adesso che si avvicina il Natale?”

Susan sospirò sorridendo. I suoi fratelli erano insopportabilmente adorabili ed insostituibili. Lucy si avvicinò mollando loro in mano un festone dorato ciascuno.

“Vi decidete a fare qualcosa, o devo fare tutto io?”

Peter sorrise e le arruffò i capelli. “Andiamo Lu. Finiamo questo albero.”

Susan li guardò avvicinarsi all’albero sorridendo. Sorrise anche lei, beandosi di quell’atmosfera. All’improvviso sentì una strana sensazione dentro di lei.

“Susan…”

Si voltò di scatto. Quella voce. Caspian… non era possibile. Per un attimo credette di esserselo immaginato. Poi lo vide allontanarsi lungo un corridoio. Susan gettò a terra il festone e si mise a correre, sorda ai richiami sorpresi di Peter, Edmund e Lucy.

Mentre correva nel corridoio ebbe l’impressione di non conoscere più Cair Paravel. Era sempre il loro palazzo eppure non lo riconosceva. Caspian sembrava svanito. Forse era solo un sogno…

“Caspian!”

Si fermò, il respiro affannato. Avrebbe potuto rivederlo e lei si era lasciata sfuggire quell’occasione. Stava per scoppiare in lacrime.

“Susan.”

La ragazza si voltò e finalmente lo vide. Finalmente rivedeva il suo sorriso e i suoi occhi scuri. Esplodendo di felicità si gettò tra le sue braccia. Caspian la strinse tra le sue. Susan chiuse gli occhi. Era così bello. Susan non voleva più separarsi da lui. La voce uscì poco più alta di un sussurro dalle labbra di Susan.

“Mi sei mancato tanto, Caspian…”

“Susan, torna a Narnia. Torna da me.”

Susan si staccò leggermente da lui e fissò gli occhi celesti nei suoi occhi scuri.

“Ma io voglio tornare… è solo che non posso.”

Caspian la guardò dolcemente. “Susan, allora basta che lo vuoi e saremo di nuovo insieme. Ma devi volerlo, con tutta te stessa.”

Susan strinse le mani sulla sua camicia. Temeva di vederlo sparire davanti ai suoi occhi.

“Ma io lo voglio, Caspian. Lo voglio, lo voglio…”

Susan si mise quasi ad urlare, continuando a ripetere quelle parole. Le pareti di pietre ripetevano all’infinito il suo grido. Caspian la guardò malinconicamente.

“Devi solo volerlo, Susan. Solo questo.”

Susan non seppe cosa dire. Improvvisamente Caspian iniziò ad allontanarsi quasi risucchiato da qualcosa. Una polvere dorata, simile a quella dei festoni, lo avvolse. Susan non riusciva a muoversi. Caspian le tese la mano.

“Susan, desideralo con tutto il cuore e verrai a Narnia con me.”

Susan protese la mano in lacrima, gridando con tutto il fiato che aveva in gola.

“Io lo voglio, Caspian. Io lo voglio. Aslan ti prego riportami a Narnia!”

In quel momento sentì una leggera carezza lungo il braccio, su fino alla testa e davanti al viso. Si guardò e si vide avvolta dalla stessa polvere dorata che aveva avvolto Caspian. Susan sorrise e chiuse gli occhi. Finalmente stava per ritornare a Narnia…

Una mano la scosse. Susan non capì che cosa stesse succedendo.

“Susan, svegliati.”

Susan aprì lentamente gli occhi. Sentì la carta del libro da cui stava studiando sotto le sue mani. Accanto al libro vide un festone dorato. Lucy sorrideva davanti a lei.

“Susan. L’albero è arrivato, vieni. Lo iniziamo ad addobbare.”

Susan si sollevò dal tavolo sbattendo le palpebre. Ma che cosa significava? Cair Paravel, Caspian, la polvere dorata…

“Narnia…”

Lucy annuì dolcemente, gli occhi azzurri che si velarono dalla commozione. “Sì, come a Narnia… sarà bello come quello che facevamo lì.”

Solo in quel momento Susan capì. Era stato solo un sogno. Eppure era sembrato così reale. Aveva creduto veramente di star per tornare a Narnia…

Edmund e Peter entrarono tenendo in braccio l’albero. Il moro la guardò sorridendo.

“Salve, bell’addormentata.”

Il biondo scoppiò quasi a ridere. “Dai Sue, vieni a preparare l’albero che ti annoierai di meno.”

Susan annuì. I suoi occhi corsero al festone dorato. Susan lo sfiorò con la punta delle dita. Eppure, era sembrato così vero… Narnia…
 

E dimmi come posso fare,
per raggiungerti adesso…
per raggiungere te.

 
La città di Telmar era avvolta dal silenzio. Le pochi luci ancora accese nelle case o lungo le strade erano quasi invisibili al confronto con lo splendido cielo stellato che avvolgeva tutta Narnia. Le stelle splendevano come diamanti anche se da oriente iniziava ad espandersi il primo chiarore che preannunciava l’alba.

Anche il palazzo reale era avvolto quasi completamente dal silenzio e dall’oscurità. Ma era solo un’apparenza. Rapidi e silenziosi si stavano infatti iniziando i preparativi di quella giornata che sarebbe stata importantissima per tutta Narnia.

La spianata di pietra dove, ormai più di un anno prima, i quattro fratelli Pevensie avevano lasciato un’altra volta Narnia era deserta. L’albero da cui Aslan aveva aperto il portale protendeva la sua ombra sulla pietra e le sue fronde erano mosse da un leggero venticello. Tutto era tranquillo, avvolto da un’atmosfera quasi fatata.

All’improvviso il silenzio venne rotto dal rumore di passi. Dall’ombra del palazzo si staccò l’ombra di una persona. Dopo pochi passi la luce delle stelle e del cielo che istante dopo istante si schiariva impercettibilmente la illuminò e a quel punto chiunque nel Regno di Narnia e anche altrove lo avrebbero riconosciuto: era Caspian X, Re di Narnia.

Il giovane Re camminava lentamente, sprofondato nei propri pensieri. Al centro dello spiazzo si fermò e si guardò attorno. Non c’era nessuno, solo il silenzio: come era diverso da quel giorno. A quel punto Caspian si diresse verso l’albero. Mentre saliva i pochi scalini che separavano l’albero dal resto, sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Come una morsa il ricordo di quel giorno riempì il suo cuore.

Il ragazzo posò la mano sinistra sull’albero. Nel farlo una leggera fitta gli percorse tutto il braccio. Sorridendo tristemente Caspian si sedette sulla fredda pietra posando la schiena al tronco contorto dell’albero. Per lunghi istanti rimase lì ad occhi chiusi a godersi quel silenzio e i suoi ricordi.

“Abbiamo vinto, Susan.”

Gli occhi scuri di Caspian si aprirono e si alzarono ad osservare il cielo blu dove le stelle lentamente iniziavano ad impallidire. Ad est, dietro il palazzo, il sole stava sorgendo.

Caspian sorrise. “Narnia ora è salva. Calormen è stata sconfitta. È stata dura ma ce l’abbiamo fatta.”

Quasi a sottolinearlo Caspian si prese il braccio sinistro con la mano destra. La ferita, seppur non molto grave, gli faceva ancora male. Ma era un male sopportabile, se la loro Narnia era salva.
Gli occhi di Caspian tornarono a guardare il punto in cui aveva detto addio a Susan per l’ultima volta. Il luogo in cui per l’unica volta si erano baciati e abbracciati lasciando capire che non era solo amicizia quella a cui stavano rinunciando.

Il ragazzo si mise quasi a ridere ripensando alle ultime parole che le aveva rivolto. Avrei voluto trascorrere più tempo con te. Veramente, non avrebbe potuto trovare di meglio. Ma forse non ci sarebbero state parole migliori o peggiori: qualunque cosa avesse detto non sarebbe cambiato nulla, Susan sarebbe comunque dovuta andarsene. Caspian sospirò. Chissà, magari se avesse provato ad opporsi… subito dopo scosse la testa. Non era così che si sarebbe dimostrato degno del ricordo di Susan. E poi, non era venuto lì per recriminare. Doveva dire una cosa a Susan e chissà, magari da lì dove lei se ne era andata, le sue parole l’avrebbero raggiunta. Era la stessa speranza che aveva avuto durante la battaglia… forse almeno quello Aslan lo avrebbe permesso.

“Susan: ho ricostruito Cair Paravel, esattamente come era un tempo… come quando c’eri tu. Finalmente i lavori sono finiti. Oggi è arrivato il grande giorno. Oggi riporterò il trono di Narnia lì, dove voi mille e trecento anni fa siete stati incoronati. Vorrei tanto potertelo mostrare. Anche solo una volta, vorrei poter passeggiare con te tra quei corridoi…”

Caspian si abbandonò con la schiena sul tronco. Ormai il cielo non aveva più il colore blu della notte, ma stava assumendo sempre più quel colore azzurro che lui adorava.

“Mi manchi tanto Susan. Sai, forse il vero motivo per cui ho voluto ricostruire Cair Paravel è perché lì mi sembrerà di averti sempre vicino a me… ma questo deve essere il nostro piccolo segreto.”

Caspian sorrise. Davanti a lui gli sembrò quasi di rivedere Susan, come l’aveva vista un anno prima. Gli sorrideva. Ma il suo sorriso non aveva quell’ombra di triste malinconia di quella volta. Sembrava più un sorriso complice. Caspian si alzò. Ormai il sole era sorto, nessuna stella brillava più nel cielo. Solo un’ultima, l’ultima che si spegneva ogni notte: bella come Susan.

“Vostra Maestà! Finalmente vi ho trovato! Vi ho cercato per tutto il palazzo!”

Caspian vide Cornelius venire affannato verso di lui. Il giovane Re lo raggiunse sorridendo.

“Credevate fossi scappato?”

Il precettore lo guardò con bonario rimprovero.

“Non credo sia il giorno per fare scherzi, Vostra Maestrà. Dobbiamo partire subito se vogliamo raggiungere il prima possibile Cair Paravel.”

Caspian gli posò una mano sulla spalla.

“Lo so. Era da giorni che aspettavo questo momento. Andiamo. Cair Paravel ci aspetta.”

I due si allontanarono mentre i primi raggi del sole, superato il castello, colpivano e illuminavano l’albero oltre alla quale Susan, Peter, Lucy e Edmund avevano lasciato Narnia.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Rieccomi di nuovo qui. Temevo di non riuscire ad aggiornare ma l'altro ieri pomeriggio mi sono messa d’impegno e ho fatto tutto il capitolo in un'unica tirata. Oggi ho fatto qualche rifinimento: questo è il risultato. Spero che sia soddisfacente e che non deluda, soprattutto coloro che mi seguono e mi hanno recensito: Fly_My World, FrancyNike93, mishy, SusanTheGentle e tema94. Ancora tante grazie a tutti (anche a chi solo legge ovviamente! ^-^)! Per quanto riguarda questo capitolo c’è una parte che scriverla mi ha divertito: spero sarà lo stesso per chi leggerà! Con questo concludo e dico solo ancora una cosa: chiunque voglia esprimere il proprio parere è il benvenuto, soprattutto perché mi aiuta a migliorarmi. Buona Lettura! HikariMoon


Siamo gocce di un passato,
che non può più tornare.

 

Lucy sorrideva e non la smetteva più di parlare. Prima delle vacanze natalizie si era ammalata e non era potuta uscire molto. Ora che finalmente poteva di nuovo uscire all’aria aperta, sembrava voler recuperare il tempo perduto. E il fatto che fosse riiniziata la scuola non sembrava turbarla minimamente, anzi, sembrava renderla ancora più contenta.

Susan guardandola non poteva fare a meno di sorridere a sua volta. Si sentiva felice. L’azzurro cielo invernale risplendeva e il sole tiepido faceva scintillare la neve che soffice ricopriva gli alberi, le strade e le case. Le chiacchiere di Lucy su quello che aveva fatto quel giorno a scuola, su quello che aveva parlato con la sua amica Marjorie, su quanto fosse felice di poter di nuovo correre all’aria aperta, riuscivano a rendere quella giornata ancora più lieta.

Peter sfiorò con il gomito il braccio di Susan per attirare la sua attenzione. La ragazza si voltò continuando a sorridere felice. Anche Peter sorrideva. Quella giornata aveva messo il buon umore a tutti. Dopotutto non era tanto comune godere in Inghilterra di una simile giornata di sole in pieno gennaio. Ci si dimenticava quasi che anche quell’anno appena iniziato, 1942, portava con se guerre e battaglie… ma nessuno dei quattro Pevensie voleva pensarci, non quel giorno.

“Ehi, Sue. Oggi Lucy è proprio contagiosa.”

Susan annuì al fratello e tornò a guardare Lucy che cercava di convincere Edmund a raccontare anche lui come era andato quel primo giorno di scuola dopo le vacanze. Susan sorrise. Neppure Edmund riusciva a non farsi coinvolgere.

Improvvisamente l’attenzione di Lucy venne attratta da qualcosa e la ragazzina si fermò. Gli altri tre fratelli l’affiancarono voltando gli occhi verso la stessa direzione degli occhi azzurri della sorella minore.

“Guardate dei bucaneve!”

Senza aspettare che Peter, Edmund o Susan dicessero qualcosa, la ragazzina iniziò a camminare a passi rapidi nel prato innevato facendo però attenzione per evitare di calpestare, chissà, qualche altro bucaneve. Peter cercò di chiamarla.

“Lu, aspetta! Non sappiamo quanto è profonda la neve!”

La ragazzina però non sembrò prestare molta attenzione alle parole del fratello e continuando a camminare li guardò sorridendo.

“Tranquilli. La neve non mi arriva neppure alle caviglie!”

A quel punto Edmund, ridendo divertito, iniziò a seguire la sorella.

“Lucy, aspettami! Vengo anche io!”

Il ragazzo si allontanò lungo i passi della sorella che intanto si era fermata ad aspettarlo. I due fratelli maggiori invece si guardarono incerti se mettersi a ridere o rimproverarli. Consapevoli di non poter mettere in atto la seconda idea – non riuscivano proprio a far la faccia arrabbiata – i due scoppiarono a ridere.

A quel punto Peter iniziò anche lui a seguire i due fratelli minori.

“Susan, vado a controllare che quei due non si caccino nei guai!”

La ragazza annuì osservando il fratello che camminava ad ampi passi sulla neve e poi i due fratelli più piccoli che ormai avevano quasi raggiunto i bucaneve. Susan rimase immobile, indecisa se seguirli anche lei o rimanere lì ad aspettarli.

Alla fine decise di seguirli e fece un paio di passi nella neve. Improvvisamente si fermò. Il suo sguardo era stato attratto dai rami dell’albero che affiancava la strada. Lentamente si avvicinò. I rami erano spogli ma la neve e il ghiaccio vi creavano sopra un ricamo che non sembrava quasi vero tanto appariva impalpabile. La luce del sole faceva scintillare i rami come se fossero avvolti da diamanti. I suoi occhi azzurri fissarono uno dei rami più vicini al suo volto. Proprio sulla punta, il freddo aveva bloccato due gocce d’acqua l’una vicino all’altra. Susan avvicinò la mano inguantata alle due gocce.

Le voci dei fratelli erano lontane e ora, nel silenzio innevato, la mente di Susan non poté non ripensare a quello che le era successo circa due settimane prima.

In realtà aveva continuato a pensarci ogni giorno. Ma ancora non era  riuscita a dare una spiegazione a quel sogno. E lo era poi veramente? Una parte di lei, quella più razionale e logica, ne era convinta; l’altra parte, quella che ogni giorno si svegliava con la speranza di tornare a Narnia, le diceva il contrario. Ma Susan non sapeva a quale credere. Accettare che fosse un sogno o illudersi che invece fosse qualcos’altro, che ci dovesse essere qualcos’altro? Quel qualcos’altro che ormai da quattro mesi sperava accadesse? Non lo sapeva proprio…

Le parole di Caspian, quelle che lui le aveva detto nel sogno, le tornarono in mente. Susan, allora basta che lo vuoi e saremo di nuovo insieme. Ma devi volerlo, con tutta te stessa. Quanto avrebbe voluto crederci davvero. Era la realtà: per quanto volesse farlo, la paura di soffrire ancora, di dover dirgli addio un’altra volta, la bloccava. Come quelle gocce. Susan, desideralo con tutto il cuore e verrai a Narnia con me. Perché non ci riusciva? Rivedere Caspian era tutto quello che voleva. Perché era difficile volerlo con tutta sé stessa? Era quello il suo difetto. Anche la prima volta che erano andati a Narnia, anche quando attendevano di esservi richiamati… guardare tutto in modo razionale per non rischiare di essere delusa, per non rischiare di soffrire. Dopotutto anche la mamma, aveva bisogno di qualcuno che non si perdesse nei sogni e nelle fantasie. Aveva bisogno di qualcuno che guardasse la realtà così com’era… Susan cercò di non piangere. Si sentiva così divisa dentro. Non voleva essere lei quella persona. Lei non voleva deludere Caspian. Lei voleva continuare a sperare, aspettare, anche illudersi se necessario, ma non voleva smettere di credere che Aslan non l’avrebbe tenuta separata da Narnia e Caspian per sempre…

Cosa doveva fare? Come poteva trovare la forza per far sciogliere quell’inverno che li separava? Come riscaldare il freddo che quell’addio aveva lasciato dentro di lei?

Improvvisamente le due gocce, per la vicinanza della sua mano, si staccarono dal ramo cadendo sul suo guanto. Un attimo prima di scomparire dentro la stoffa, le due gocce di fusero per un istante in un’unica goccia.

Susan continuò a guardare la macchia che le gocce avevano lasciato sulla sua mano. Il flusso dei suoi pensieri si era interrotto, colpita da quel piccolo avvenimento. Le due gocce, che l’inverno sembrava voler dividere per sempre, si erano riunite. Era bastato poco. Solo il calore della sua mano. E se lei non fosse venuta lì quel giorno, ci avrebbe pensato la primavera. Poteva essere solo quello?

“Susan, che fai lì? Vieni!”

La ragazza si voltò di scatto e vide i suoi fratelli che la chiamavano. Peter muoveva il braccio per farle cenno di venire. Lucy fece un passo avanti mettendo le mani vicino alla bocca per far sentire più forte la sua voce.

“Susan, vieni! Sono bellissimi!”

Susan sorrise e iniziò a correre, per quanto la neve le permettesse. Ci sarebbe mai stata la primavera tra lei e Caspian? Possibile che, se le primavera non avesse voluto arrivare, potesse bastare il calore del loro amore a sciogliere il ghiaccio che teneva separate le loro vite? Poteva bastare il loro amore come la sua mano era bastata per quelle gocce? Come il sole era bastato per quei teneri fiori? Poteva la forza del loro amore riunirli? Susan non lo sapeva ma in quell’istante lo sperò con tutto il cuore.

Questo tempo ci ha tradito,
è inafferrabile.

 

Caspian accarezzò Destriero sorridendo. Erano appena tornati da una lunga cavalcata. Erano entrambi stanchi ma Caspian si sentiva meglio. Anche se sapeva benissimo che non sarebbe bastata una cavalcata per risolvere tutto.

“Vostra Maestà, finalmente siete tornato!”

Infatti. Caspian non riuscì a non sbuffare. Per un attimo il pensiero di rimontare su Destriero e tornarsene tra i boschi gli attraversò la mente. Subito però lo scacciò: lui era il Re, non poteva comportarsi così. Alla fine, seppur controvoglia, si voltò. Davanti a lui vide Cornelius. Sembrava alla stesso tempo volerlo rimproverare e fargli capire che gli dispiaceva.

In realtà anche a Caspian era dispiaciuto sparire dalla vista del suo precettore per tutto il pomeriggio. Dopotutto, non ce l’aveva con lui. Ma per evitare l’altra cosa, doveva purtroppo evitare anche lui.

“Si può sapere dove siete stato, Vostra Maestà?”

Caspian iniziò a camminare per uscire dalla scuderia seguito dall’anziano precettore. I due si diressero verso l’entrata del palazzo attraverso i giardini. Il cielo iniziava lentamente ad assumere quel colore che preannunciava il tramonto. Nell’aria si sentiva il lento rumore della risacca sulla sabbia.

Cornelius non disse una parola mentre camminavano, in attesa che fosse Caspian a parlare. Il giovane Re per un po’ di tempo fece finta di niente ma poi capì di dovere delle spiegazione almeno al suo precettore. Presa quella decisione, Caspian si voltò verso il precettore senza riuscire a celare un leggero imbarazzo.

“Credo di non essermi comportato molto da Re…”

Cornelius lo guardò bonariamente.

“Vuole che ne parliamo, Vostra Maestà?”

Caspian lo guardò riconoscente e annuì. I due a quel punto andarono sulla terrazza della sala del trono che dava sul mare. Da lì si poteva assistere ad uno spettacolo che mozzava il fiato e che allo stesso tempo avvolgeva chiunque in una grande pace: l'infinita distesa del mare illuminata dal sole.

Per alcuni minuti Caspian rimase a guardare il mare mosso dal un leggero venticello, le braccia poggiate alla pietra del parapetto. Cornelius si trovava un paio di passi indietro, in attesa.

“Non potete chiedermelo…”

Il precettore lo affiancò osservando anche lui il mare. “Che cosa non riuscite a fare Vostra Maestà?”

Lo sguardo di Caspian si incupì e le mani strinsero con più forza il bordo di pietra.

“Non potete chiedermi di incontrare tutte quelle fanciulle. Lo so cosa mi volete dire: che sono Re da ormai due anni, che ho dei doveri verso il mio popolo… ma quello che voglio io dovrà pur contar qualcosa, no?”

Cornelius sorrise a quello sfogo che era molto simile a quando da ragazzino gli chiedeva di lasciarlo andare a cavalcare e di rimandare i racconti della storia di Narnia per la sera. E alla fine vinceva sempre lui…

“Nessuno vi obbliga contro la vostra volontà, Vostra Maestà.”

Caspian lo guardò scoraggiato. “Ma allora perché tutti non desiderano altro che io trovi una moglie tra una di quelle? Non ho niente in contrario con loro: sono tutte bellissime, bene educate, di ottima famiglia… ma non sono lei.”

Caspian tornò a voltarsi verso il mare. “Io non ci riesco, ecco.”

L’anziano precettore inizialmente avrebbe voluto fargli capire che non accogliere come conveniva uno dei nobili di Telmar e la sua famiglia non era un comportamento molto adatto ad un Re: era stato costretto a sudare per convincerli che Caspian era fuori per un buon motivo… ora, però, standolo a sentire, si stava quasi convincendo del contrario: magari sarebbe stato meglio  dire semplicemente di tornare un'altra volta...

“Ma Vostra Maestà, accogliere loro e le loro famiglie quando vengono in visita non significa promettere loro che le sposerete!”

Caspian sospirò. “Lo so. Ma io non saprei neppure cosa dire loro! Già quando ero con la Regina Susan mi risultava difficile… immaginatevi con loro. Cosa dovrei dire? Siete splendida ma gli occhi della Regina Susan avevano una luce completamente diversa… oppure… non sapete cavalcare? Che disdicevole mancanza. La Regina Susan era invece un’ottima cavallerizza e sapeva anche tirare con l’arco. Era addirittura Gran Arciere di Narnia…”

Caspian guardò esasperato il precettore. “Vi rendete conto che un dialogo così non potrebbe durare che qualche minuto? Senza contare che dubito che qualcuna di loro se ne sentirebbe lusingata…”

L’anziano precettore scoppiò a ridere. Dopotutto il discorso del giovane Re non faceva una piega…

“Ne dubito anche io!”

Anche Caspian sorrise per un momento. Poi però il suo volto tornò a farsi serio.

“Non crediate che non sappia quello che Aslan ha detto, che Susan non tornerà più. So che un giorno dovrò farlo… ma è troppo presto. Io non ce la faccio… sarebbe come… sarebbe come tradirla!”

Cornelius posò una mano sul suo braccio guardandolo comprensivo.

“Siete certo che arriverà un momento in cui non sarà troppo presto?”

Caspian abbassò lo sguardo che fissò la spiaggia lambita dalle onde.

“Non lo so… non credo potrei mai innamorarmi di un’altra donna che non sia Susan…”

Il giovane Re a quel punto alzò la testa guardando il precettore con una decisione che però mascherava la sofferenza che quelle parole gli provocavano.

“Ma so quello che è il mio dovere. Io la aspetterò. Sempre. Dentro di me nessuna potrà mai prendere il suo posto. Fuori di me invece aspetterò fino a quando Narnia potrà aspettare…”

La voce di Caspian si incrinò. Lo sapeva. Se Aslan non avesse permesso a Susan di poter tornare, avrebbe fatto la cosa giusta per il regno. Lo avrebbe fatto il Re, non Caspian. Dentro di lui avrebbe amato sempre e solo Susan la Dolce, Regina di Narnia. Nessun'altra.

Cornelius fece per andarsene, capendo che Caspian aveva bisogno di stare un po’ da solo, ma poi si fermò sulla porta.

“Non angustiatevi. Siete giovane e il volere di Aslan ci è nascosto. L’importante è che non facciate irritare tutti i nobili del regno.”

Caspian annuì. Dopo un attimo rimase solo. Solo lui e il mare. Chissà che cosa si celava oltre ad esso… secondo le storie di Narnia che Cornelius gli raccontava, oltre il mare si stendevano le terre di Aslan. In quel momento si ricordò che i sette Lord più fedeli a suo padre erano stati esiliati da Miraz nelle Isole Solitarie. Nessuno di loro era mai tornato.

Caspian si alzò e fissò gli occhi sull’orizzonte. Quando i problemi a Narnia fossero finiti e fosse regnata la pace, li avrebbe cercati per onorare suo padre e la fedeltà di quegli uomini.

E chissà, magari una volta portata a termine quella missione, avrebbe potuto veleggiare verso le terre di Aslan per chiedergli di riportargli la sua Susan. Era pronto anche a viaggiare per mesi pur di poterglielo chiedere. Forse Aslan avrebbe ascoltato le sue preghiere. Forse sarebbe bastato fargli capire quanto fosse forte il legame che gli univa… quanto fosse importante lei per lui.

Caspian sorrise malinconicamente. Quanto tempo avrebbe dovuto ancora aspettare per riabbracciarla? E Narnia per quanto tempo avrebbe potuto aspettare?

Improvvisamente si ricordò delle parole che Susan gli aveva detto prima del loro addio. Non avrebbe funzionato, comunque. Ho mille trecento anni più di te. Caspian sorrise. Susan glielo aveva detto quasi fosse un difetto per la loro relazione, forse per trovare una ragione per rendere più sopportabile il loro addio. Quel particolare secondo lui, invece, era speciale. Significava che il destino aveva voluto che loro due si incontrassero, superando il tempo che altrimenti li avrebbe divisi. Era anche per questo che continuava a sperare che il destino li avrebbe fatti rincontrare. E poi avevano un difetto più grande le altre e questo insuperabile: non erano Susan. Sorrise.

Caspian rientrò nella sala lasciandosi alle spalle il mare e il tramonto. Di una cosa solo era certo. Amava Susan e, fossero passati anche secoli, il suo amore per lei non sarebbe mai cambiato. Avrebbe voluto dirglielo. L’avrebbe amata sempre, qualunque cosa sarebbe successa.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Salve a tutti! Per prima cosa devo chiedere scusa per l’enorme ritardo con cui ho aggiunto questo capitolo, ma questa volta l’ispirazione non voleva proprio arrivare. Nonostante questo sono molto soddisfatta del risultato che ho ottenuto. ^-^ Solo un paio di premesse e poi vi lascio in pace: nella parte di Susan ci sono alcuni cenni alla Seconda Guerra Mondiale… sono vaghi ma spero siano corretti perché non ho avuto il tempo di andare a ricontrollare; nella parte di Caspian invece scopriremo, almeno secondo me, come è nato il Veliero dell’Alba: qualche idea? Beh, questa è la mia… spero vi piacerà. Come ultima cosa faccio i miei soliti e doverosi ringraziamenti a chi mi segue e recensisce: ErzaScarlet_, Fly_My world, FrancyNike93, mishy, SusanTheGentle e tema94. Ovviamente grazie anche a chi solo legge. Buona lettura! HikariMoon

Racconterò di te

Susan era seduta sulla coperta che avevano steso per terra. Attorno a lei il prato iniziava a riempirsi di fiori, accarezzati dal calore del sole primaverile. Dagli alberi poco lontani l'allegro cinguettio degli uccellini riempiva l'aria. La ragazza sorrise. Era stata una buona idea decidere di trascorrere quel pomeriggio all'aria aperta. Sarebbe servita a tutti per non pensare alle notizie che venivano da fuori. La madre era stata categorica: dovevano uscire per distrarsi un po'. Susan si incupì. Come si poteva? In mente le tornarono le notizie che quella mattina avevano sentito alla radio. Erano state simile a quelle dei giorni precedenti, ma non per questo meno angoscianti. La guerra stava entrando in una fase cruciale. Gli attacchi alle navi nell'Oceano Atlantico continuavano e ormai da alcuni mesi anche gli americani erano entrati in guerra. Cosa sarebbe successo? Era difficile capire la gravità della situazione, senza contare le terribili notizie che cominciavano a trapelare dalla Germania. Non riusciva neppure ad immaginarle... Narnia aveva aperto le loro menti, aveva loro insegnato che non era il popolo a cui appartieni che determina chi sei: non tutti però avevano avuto la loro stessa possibilità. Era in quei momenti che capiva quanto aveva imparato a Narnia, quanto quelle avventure l'avessero fatta diventare una persona migliore...

I suoi occhi azzurri si voltarono indietro ad osservare i muri della loro casa poco distante. Ancora più oltre, oltre tutte le case di Finchley, si stendeva Londra. Ancora più in là, in tutte le direzioni un mondo che non riusciva a capire. Troppo diverso dal mondo che lei amava: Narnia... Susan sorrise dolcemente. Ci stava provando a non smettere di sperare, a continuare a credere che quel sogno di tanti mesi prima fosse un segno per lei, per non farla arrendere. Era quella la speranza che la faceva andare avanti. In tutti quei mesi aveva cercato di convincersi con tutta se stessa che far arrivare la primavera nell'inverno che separava lei e Caspian era possibile. Presto, ne era certa, sarebbe successo...

Improvvisamente Lucy si sedette accanto a lei e Susan si riscosse. I loro occhi si incrociarono: quelli azzurri di Lucy pieni di entusiasmo, quelli azzurri di Susan pieni di sorpresa. La ragazzina fece cadere sulla coperta una piccola montagna di fiori colorati guardandola sorridendo.

"Facciamo dei mazzi di fiori per casa? Così sembrerà anche lì primavera!"

Susan sorrise. Anche tutti quegli avvenimenti non riuscivano a spegnere il profondo entusiasmo di Lucy. Ed era giusto così. Sapeva che anche Lucy, quando sentivano tutte le terribili notizie della guerra, si incupiva guardando la radio come per chiedersi come fosse possibile che ci fossero persone tanto crudeli. Ma la sua speranza, la sua gioia, la sua fede erano troppo forti per farsi abbattere. Lo aveva dimostrato sempre, anche a Narnia. Aveva creduto sempre, più di tutti.

"Ti prego!"

Susan riemerse dai suoi pensieri e vide Lucy che la guardava sorridendo e con gli occhi supplicanti come ogni volta che cercava di convincere qualcuno. Ed era impossibile resisterle. Susan raccolse le prime corolle.

"D'accordo. Ma dobbiamo fare i mazzi di fiori più belli di tutti."

Lucy annuì iniziando a raccogliere anche lei i fiori che si trovavano sparsi ai loro piedi. Il silenzio calò tra le due sorelle mentre sorridendo iniziavano a raccogliere i fiori in due mazzi ordinati. Ad un certo punto Susan alzò lo sguardo.

"Peter e Edmund dove sono?"

Lucy alzò lo sguardo per poi tornare ad abbassarlo sui fiori. "Prima li vedevo parlare, credo a proposito di quello che sta succedendo... poi sono andati verso il bosco e li ho visti prendere due bastoni. Hanno iniziato a fare come con le spade."

Le due risero. Poi Susan scosse la testa sorridendo. Ora che ci pensava ogni tanto sentiva arrivare il rumore di legna che sbatteva. "Non cambieranno mai. Spero solo che non si facciano male..."

Improvvisamente Lucy abbassò le braccia e alzò lo sguardo su Susan. Sembrava indecisa, quasi non sapesse come chiedere alla sorella quel qualcosa che le premeva.

"Susan... secondo te, io sono bella?"

Susan rimase senza parole. Non si aspettava una simile domanda. Ma pensandoci Lucy stava crescendo, aveva ormai quasi tredici anni. La ragazza sorrise posò il mazzo di fiori sulla coperta e si sedette a fianco della sorella.

"Come ti viene in mente che tu non sia bella?"

Lucy abbassò lo sguardo leggermente imbarazzata. Susan la strinse a sé abbracciandola.

"Tu sei bellissima Lucy. Non solo fuori, ma anche dentro che è la cosa più importante."

Lucy non rispose fissando i fiori. Per lunghi minuti nessuna delle due disse più nulla. Susan sperò che le sue parole dissipassero i dubbi di Lucy. La ragazzina alzò lo sguardo sulla sorella giocherellando con un fiore.

"Il fatto è che tu sei così bella Susan. Anche quando eravamo Sovrani ricevevi così tante richieste di matrimonio... e poi Caspian..."

Improvvisamente Lucy ammutolì sentendosi in colpa. Sapeva quanto Susan avesse sofferto per il fatto che non sarebbe più tornata a Narnia... e lei ora glielo aveva ricordato.

"Susan... scusami. Non avrei dovuto ricordarti Caspian... io..."

Susan, dopo un attimo di incertezza, sorrise e scompigliò i capelli di Lucy. "Non preoccuparti, Lu... Non è colpa tua. E per quanto riguarda il discorso di prima... vedrai che anche tu troverai un sacco di persone che rimarranno affascinati dalla tua bellezza."

Lucy non rispose e il suo volto fu attraversato da un'ombra di dubbio, non si riusciva a capire se causato dall'insicurezza sulla propria bellezza o dal cercare di capire se Susan stesse male per quello che le aveva detto.

"Susan... a te manca Caspian?"

L'interpellata rimase interdetta per la seconda volta. Ma non riuscì a non mettersi a ridere... come è che a Lucy quel giorno le venivano in mente tutte quelle domande strane? Susan la guardò e alla fine si rimise a raccogliere i fiori.

"Se ti racconto una cosa, tu non la andrai a dire a Peter o Edmund?"

Lucy riacquistò il buon umore e annuì rimettendosi anche lei a creare il suo mazzo di fiori. Susan guardò i fiori che aveva in mano con uno sguardo pieno di malinconia e di dolcezza. Doveva crederci: sarebbe successo come per quelle due gocce...

"Sai cosa mi piacerebbe adesso? Poter rivedere la primavera di Narnia. L'aria carica di petali di fiori e del loro profumo, i prati verdi, il cielo azzurro... in lontananza Cair Paravel, bianco sotto il sole. Mi piacerebbe essere lì, in mezzo ai fiori e al verde. Cavalcare tra gli alberi insieme a Caspian. Poter vedere insieme a lui Narnia che rifiorisce dopo l'inverno. L'ultima volta abbiamo potuto godere così poco di Narnia... appena abbiamo vinto e Caspian è diventato Re, ce ne siamo dovuti andare..."

Susan non riuscì a dire altro e Lucy la guardò affettuosamente dimenticandosi della sua sciocca domanda sulla sua bellezza. Avrebbe preferito essere brutta, se questo avesse permesso che anche Susan e Peter fossero richiamata a Narnia...

"Susan, un giorno Aslan vi riporterà a Narnia anche a voi! Ne sono certa!"

Susan la guardò stupita del tono sicuro usato dalla sorella. Entrambe sorrisero. "Lo spero anche io, Lucy..."

Improvvisamente le due vennero raggiunte da Edmund e Peter: i due si stavano rincorrendo e iniziarono a correre attorno a loro due ridendo. All'improvviso Edmund afferrò le spalle di Susan facendola quasi cadere. La ragazza li guardò contrariata.

"Ma si può sapere che cosa sta succedendo?"

Edmund puntò il dito verso Peter che intanto rideva dietro a Lucy. "Susan, diglielo anche tu che Peter è un imbroglione!"

Susan e Lucy si guardarono senza capire.  La seconda rideva divertita. Peter invece guardò Edmund ridendo. "Se non riesci ad accettare di perdere..."

Edmund si rialzò colpendo i capelli di Susan che iniziò a spostarli dal viso scoppiando a ridere anche lei. Quando litigavano in quel mondo sembravano di divertissero a farlo.

"Per tua informazione, Peter, io ero il miglior spadaccino di Narnia! Hai vinto solo con un trucco!"

Peter gli passò un braccio attorno alle spalle e gli scompigliò i capelli scuri. "In guerra ed amore tutto è permesso, Ed."

A quel punto tutti scoppiarono a ridere. Susan, guardando i suoi fratelli, non poté non pensare che loro madre aveva fatto bene a farli uscire.

"Peter! Susan! Edmund! Lucy!"

Il grido della madre gli allarmò. Peter lasciò Edmund e i due si voltarono verso la casa. Anche Lucy e Susan si alzarono di scatto temendo che fosse successo qualcosa. La videro subito. La madre era in piedi vicino alla casa, ma non era sola. I quattro ragazzi rimasero immobili. Susan si portò una mano alla bocca scoppiando a piangere. Anche le guance di Lucy si rigarono di lacrime e pure Peter e Edmund dovettero passarsi una mano sugli occhi. Improvvisamente Lucy si mise a correre lasciando cadere a terra i fiori che aveva in mano.

"Papà!"

Gli altri tre non esitarono neppure un attimo a seguirla. La ragazzina si gettò tra le braccia dell'uomo affondando il volto nella sua giacca, scossa dal pianto. Edmund arrivò per secondo e si gettò anche lui tra le sue braccia. Chi se ne importava se ormai era grande... Susan, che a stento riusciva a contenere la felicità, abbracciò la madre in lacrime in attesa di poter abbracciare il padre. Peter era fermò accanto a lei.

"Lucy, Edmund..."

Il padre alzò gli occhi verso i due figli più grandi protendendo le mani verso di loro. Alla fine anche Susan e Peter lo abbracciarono e i cinque si trovarono stretti in un unico grande abbraccio. La madre, un passo lontano, si stava asciugando gli occhi con un fazzoletto.

"Figli miei, quanto mi siete mancati..."

Peter, la voce incrinata dalla commozione, lo guardò felice. "Anche tu..."

Susan posò la testa sulla spalla del padre, accanto a lei Lucy. Finalmente erano tutti insieme. Nessuno di loro svegliandosi quel giorno avrebbe mai potuto pensare che, finalmente, avrebbero riabbracciato loro padre. La loro speranza si era avverata... quando meno se l'erano aspettato. E, ora ne era certa, per ogni speranza sarebbe successo così... in ogni cosa la primavera arrivava all'improvviso. Sorrise. Quel giorno era una bellissima giornata.

Inventerò per te.

Caspian camminava lentamente lungo la passerella. Accanto a lui c’erano Cornelius e il nano Briscola. Il giovane Re osservava la nave che stava nascendo in quel cantiere creato sotto Cair Paravel. L’intero scafo era ormai stato costruito e mancavano ormai poche settimane prima che i lavori fossero completamente conclusi. Stavano procedendo velocemente e poi sarebbe bastato solo aggiungere i suppellettili, il sartiame e le vele. Caspian si fermò. Il suo sguardo fissò ogni singolo particolare di quella nave che veniva rifinito. Un brivido corse lungo la sua schiena. Con quella nave avrebbe attraversato il mare dell’est, avrebbe trovato i sette Lord e li avrebbe riportati a Narnia o avrebbe onorato la loro fedeltà. Sospirò. Avrebbe veleggiato attraverso qualunque difficoltà nella speranza di poter far avverare il suo sogno…

“Vostra Maestà.”

La voce di Cornelius interruppe il flusso di pensieri di Caspian e il ragazzo si voltò verso di lui. Accanto al precettore e a Briscola, vide un uomo. Il suo volto serio rivelava una grande esperienza. Caspian fece un cenno con la testa e l’uomo si inchino verso di lui. A parlare fu però Cornelius.

“Vostra Maestà, vi presento Lord Drinian. Sarà lui il capitano della nave.”

Lord Drinian si rialzò guardando in volto Caspian. “Sarà per me un onore, Vostra Maestà, essere al comando della vostra nave. Vi giuro che farò ogni cosa in mio potere per far in modo che la vostra traversata si concluda con successo.”

Caspian sorrise. Seppur i modi bruschi, probabilmente derivati dai tanti anni trascorsi in mare, Lord Drinian gli ispirò subito fiducia e capì che non aveva alcun motivo per dubitare della sua fedeltà.

“Ne sono certo Lord Drinian.”

L’uomo si inchinò nuovamente ma poi rialzò lo sguardo.

“Posso permettermi solo una domanda, Vostra Maestà?”

Caspian annuì. Lo sguardo di Lord Drinian si voltò verso la nave che stava sorgendo davanti ai loro occhi.

“Vorrei solo sapere il nome della nave, se Vostra Maestà è d’accordo.”

Caspian spalancò gli occhi con un po’ di sorpresa voltandosi anche lui verso la nave. Tutti rimasero in attesa. Solo il Re poteva scegliere il nome della sua nave o scegliere chi per lui dovesse proporlo. Caspian rimase mutò. Non ci aveva mai pensato. Il nome per la nave… Invece di pensarci gli tornò in mente l’importanza che quella nave rivestiva per lui. Ora ne aveva la piena consapevolezza: solo una parte di lui aveva deciso quel viaggio per trovare i sette Lord. Avrebbe voluto tanto che anche il nome, magari solo per lui, gli ricordasse sempre quale fosse il verso motivo per il suo cuore. Improvvisamente nella sua mente tutto si fece chiaro. Ogni dubbio venne dissipato via e come una luce brillava solo un nome, il nome perfetto. Ne era sicuro.

“Veliero dell’Alba.”

Caspian si voltò cercando di scorgere nei volti dei suoi accompagnatori un segno che gli permettesse di capire l’effetto del nome. Ardentemente sperò che nessuno lo disapprovasse. Lord Drinian rimase impassibile.

“Veliero dell’Alba… se questa è la decisione di Vostra Maestà. Con il vostro permesso.”

L’uomo fece di nuovo un inchino e poi si allontanò lungo la passerella. Ora che aveva il consenso del Re, c’erano molte cose che doveva controllare affinché nulla, sulla nave del loro Sovrano, fosse lasciato al caso.

Caspian lo guardò allontanarsi me subito dopo tornò a voltarsi verso Briscola e Cornelius.

“Allora, voi cosa ne pensate?”

Briscola sembrò leggermente imbarazzato e si guardò attorno borbottando.

“Vostra Maestà lo sa… io non mi intendo di navi e mari… ho già avuto un’esperienza poco piacevole e mi è bastata… se questa è la vostra scelta. Con il vostro permesso, devo andare a controllare come procede il lavoro dei nani.”

Briscola a quel punto fece un inchino e si voltò iniziando a percorrere rapidamente la passerella già percorsa da Drinian. Caspian sorrise guardandolo scomparire tra i carpentieri. Ma non aveva ancora ricevuto una risposta soddisfacente… Il giovane Re si voltò verso Cornelius.

“Cornelius, almeno da voi posso ricevere un parere?”

Il precettore sorrise e annuì. “Se posso esprimere la mia opinione, il nome scelto da voi, Re Caspian, è particolare… ma non suona per niente male. E poi questa è la vostra nave.”

Caspian annuì e i suoi occhi scuri tornarono a fissare i lavori. “Già… è speciale…”

I due rimasero lì ancora per qualche minuto poi scesero a parlare con il capo carpentiere per discutere sui tempi in cui sarebbe stato portato a termine il lavoro. Esaminati tutti i particolari, Caspian e Cornelius tornarono ai cavalli e risalirono verso il palazzo dove una riunione attendeva il giovane Re.

Dopo diverse ore, conclusi tutti i doveri da Sovrano, Caspian poté finalmente prendersi un po’ di meritato riposo. Era ormai sera e il giovane Re andò su una delle terrazze da cui si poteva vedere il cantiere del Veliero dell’Alba. Ora, libero da tutti i carpentieri, i falegnami e gli altri artigiani, illuminata solo da alcune torce, sembrava una creatura addormentata che non attendesse altro che di poter solcare le onde di quel mare che brillava sotto la luce delle stelle che iniziavano a punteggiare il cielo. Un vento fresco spirava dal mare agitando i capelli di Caspian che sentì improvvisamente, osservando il mare e la nave, un grande desiderio di trovarsi sulle sue onde. Presto lo avrebbe potuto fare. Narnia era in pace. Nessuno la minacciava. Calormen era stata sconfitta e le ribellioni dei Giganti delle Terre Selvagge del Nord erano state sedate. La pace regnava su tutta Narnia. Presto sarebbe potuto partire. Un brivido di emozione lo percorse. Cosa avrebbe trovato su quelle Isole che aveva solo sentito nominare, le Isole Solitarie? E oltre ad esse? Più volte si era posto quelle domande e in quel momento, più di ogni altra volta precedente, sentì di non poter più attendere a lungo. L’avventura e la speranza lo spingevano oltre l’orizzonte.

Improvvisamente gli tornò in mente la nave che lo avrebbe condotto lì. Il suo sguardo tornò ad osservarla nell’oscurità. Caspian sorrise. Veliero dell’Alba… chissà se avrebbe mai detto a qualcuno come gli era venuto in mente quel nome. Se avrebbe mai rivelato ad un altro come quel nome nascondesse in sé la sua speranza, il suo sogno più grande. Susan… c’era lei dietro quel nome, era lei il suo sogno più grande. Aveva pensato a lei e gli era venuto in mente quel nome. L’alba… era il momento della giornata che più di ogni altro faceva assumere al cielo il colore dei suoi occhi. Il colore degli occhi di Susan… quell’azzurro puro, chiaro, luminoso che niente avrebbe potuto far sparire dal suo cuore… quello stesso azzurro di cui si tingeva il cielo all’alba. Un colore fatto di luce e speranza per la giornata che iniziava. Caspian sorrise malinconicamente. Quanto l’amava… la speranza di ogni alba era per lui sempre la stessa. Si svegliava ogni mattina, da quasi tre anni a quella parte, per vedere il sole sorgere e con esso ritornare il lui la speranza di rivedere Susan, una speranza che gli riempiva il cuore fino alla mattina dopo. Era una speranza che non lo abbandonava mai. Era per questo che aveva scelto quel nome. La sua amata Susan sarebbe stata con lui, anche lì, e la speranza lo avrebbe portato fino ai confini di quel mare… fino ad Aslan.

Caspian guardò l’oggetto che per tutti quei minuti aveva tenuto in mano. Sorrise dolcemente e sfiorò con la mano gli intagli che lo decoravano. Il corno di Susan. Quanto avrebbe voluto che fosse bastato suonarlo per riportarla lì da lui… forse non ci aveva mai provato proprio per non spazzare via l’illusione che potesse essere sufficiente. Caspian scosse la testa ridendo… quante sciocchezze riusciva ad immaginare un innamorato.

In quel momento Caspian sentì dei passi alle sue spalle e si voltò. Davanti a lui vide Cornelius che si inchinò immediatamente.

“Vostra Maestà, scusate il disturbo.”

Caspian si avvicinò a lui sorridendo. “Voi non disturbate mai.”

L’anziano precettore sorrise con affetto. Poi però tornò a fare una faccia seria.

“Domani i Lord si aspetteranno che voi decidiate chi farà da Reggente fino a quando sarete via. Manca ancora del tempo, ma è bene che voi prendiate una decisione il prima possibile.”

Il giovane Re annuì e iniziò a camminare a lenti passi sulla terrazza. Improvvisamente sorrise. Gli era venuta in mente la persona adatta. Un caro amico, sì certo un po’ burbero, ma fedele e leale fin dal primo giorno che lo aveva incontrato. Caspian si voltò verso Cornelius.

“Penso che mi sia venuto in mente chi meglio di tutti potrà fare le mie veci finché sarò in mare… a cui, sono certo, non mancherete di dare i vostri consigli.”

Il dottor Cornelius lo guardò incuriosito. “Certo, Vostra Maestà… se mi chiederete di consigliare il vostro Reggente, io lo farò…”

Caspian capì che l’anziano precettore volesse sapere chi avesse scelto. Sorrise.

“Spero che non ve la prendiate… ma lo saprete domani quando lo annuncerò e i Lord esprimeranno il loro parere. Non vorrei che il futuro Reggente trovi troppe scuse per cercare di esonerarsi dal compito.”

Il precettore lo guardò e si rese conto che Caspian non gli avrebbe detto di più. L’anziano sorrise. Se era questo che voleva… avrebbe atteso il giorno successivo.

“Come desiderate, Vostra Maestà. Cercate di andare a dormire. Domani sarà una giornata impegnativa.”

Il giovane Re annuì tornando verso il parapetto. Mentre Cornelius rientrava nel palazzo, il suo sguardo tornò a posarsi sul Veliero dell’Alba. Sarebbe stata una nave meravigliosa, degna della fama di Narnia e del nome che gli aveva dato.

Caspian alzò gli occhi verso le stelle che splendevano luminose nel cielo e si chiese che cosa stesse facendo Susan in quel momento. Quanto avrebbe voluto mostrargli la nave che stava facendo costruire… e raccontarle il significato del suo nome. Caspian sorrise.

“Vorrei tanto poter viaggiare sul Veliero dell’Alba con te…”

Il giovane Re sospirò e si avviò verso l’interno del palazzo. Sotto l’arco che dava sulla sala, Caspian si fermò ad osservare ancora una volta il mare e il cielo stellato.

“Buonanotte, Susan… amore mio. Un giorno ci rivedremo, lo so.”

Quello che non abbiamo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Allora, salve a tutti! ^-^ E per prima cosa... scusate, scusate, scusate per il mostruoso ritardo. Purtroppo ho dovuto studiare per la simulazione di terza prova (spero ora di avere il vostro perdono): perciò capirete... anche volendo non sono riuscita a trovare molto tempo da dedicare allo scrivere. E non sapete quanto mi pesava... Alla fine però sono ancora qui e finalmente ecco un nuovo capitolo. Piccole premesse: la parte di Caspian è la più corta, ma non credo ne rimarrete deluse/i; e nella parte di Susan avrà un ruolo speciale anche Peter. Perciò, prima di lasciarvi alla lettura, devo fare due annunci. 1. questa storia sta per finire... eh, già siamo presto alla fine di questo "viaggio". >.< Prima però che qualcuno di voi cominci a meditare vendetta, leggete il punto due. 2. con grande emozione vi annuncio che conclusa questa comincierò una storia che si possa chiamare veramente tale. Una nuova avventura a Narnia di cui però non vi preannuncio nulla... se non che si avvererà quello che molte/i di voi hanno sperato fin dall'inizio: ovvero... Susan e Caspian si rincontreranno. ^-^ Detto questo faccio i soli ringraziamenti: DarkFirefly22, ErzaScarlet_, Fly_My world, FrancyNike93, mishy, SusanThe Gentle e tema94. Grazie mille a tutti! ^-^ Ed ora, buona lettura!

Le promesse sono infrante,
come pioggia su di noi.
 

Tutto era pronto. Il Veliero dell’Alba era stato completato. Le provviste e tutto ciò di cui avrebbero avuto bisogno durante la traversata stava venendo caricato. Entro una settimana sarebbero potuti partire. Anche il reggente aveva accettato, alla fine… Caspian sorrise. Ce n’era voluto di tempo per convincerlo. Quando lo aveva annunciato per poco non era svenuto: povero Briscola, all’inizio aveva creduto di aver sentito male. Caspian guardò verso l’orizzonte lontano. Grossi nuvoloni scuri ricoprivano il cielo. Quella notte non ci sarebbero state le stelle. Era sempre più convinto di aver fatto la scelta giusta. Senza contare che Cornelius gli sarebbe stato vicino per aiutarlo. Briscola lo aveva appoggiato subito… e il fatto di non ritenersi all’altezza lo rendevano il più adatto. Dopotutto era la stessa cosa che era successa a lui… la stessa cosa che provava ancora. Credere di non fare la cosa giusta alla fine gli avrebbe fatto fare la cosa migliore per Narnia. Se valeva per un giovane Re originario di Telmar, sarebbe valso anche per lui.

Caspian si incupì. E se avesse fallito? Se non avesse trovato i sette Lord? Se non fosse riuscito a raggiungere i confini dell’oceano dove si stendevano le Terre di Aslan? Se lui gli avesse ripetuto l’impossibilità di un ritorno di Susan? Lui, che cosa avrebbe fatto? Tutto quel tempo passato a sperare, quel viaggio… non sarebbero serviti a nulla. Caspian scosse la testa. Non poteva farsi prendere dai dubbi in quel momento. No, non poteva. Era un Sovrano ora. Quel viaggio lo avrebbe messo alla prova. Sì, lo avrebbero fatto diventare più forte e più sicuro. E forse non lo avrebbero fatto tornare da solo… inutile negare: era per quello che il suo cuore lo aveva convinto a partire. Trovare i sette Lord aveva convinto la sua mente e il suo onore. Ma il suo cuore desiderava solo che Aslan facesse tornare Susan… era per quello che aveva più paura. Avrebbe potuto così accontentare metà del suo regno che chiedeva una Regina e soprattutto accontentare il suo cuore. Cornelius aveva avuto ragione, tanto tempo prima: non sarebbe mai stato pronto a sposare un’altra donna. Forse non ci sarebbe mai riuscito… Caspian strinse i pugni. Si sentì in colpa verso Narnia. Ma non poteva fare altrimenti… un giorno forse avrebbe capito, ma prima avrebbe fatto di tutto affinché quel giorno non arrivasse mai. Sperava che Aslan lo potesse capire. Non avrebbe mai più chiesto nulla per lui. Gli bastava solo Susan.

Il giovane Re sollevò la mano destra. I suoi occhi scuri fissarono il corno di Susan. Quante volte aveva voluto suonarlo, sperando che la magia facesse avverare le parole dette da lei anni prima. Non lo aveva mai fatto… per non spezzare quella speranza. In quel momento però sentì vacillare la speranza di tutti quei mesi. Perché non provarci?

Caspian avvicinò lentamente il corno alle labbra. La mano gli tremava. Aveva paura di quello che avrebbe provato se non fosse successo nulla. Chiuse gli occhi. Sentì sulle labbra il freddo dell’avorio. Ora doveva solo soffiare e poi…

Di scatto Caspian allontanò il corno dalla bocca e si posò alla balaustra tenendo la testa bassa. Il respiro era affannato, come se avesse suonato. Ma non lo aveva fatto. Non poteva farlo. Una fine pioggerellina umida cominciò a cadere. Il ragazzo sembrò non sentirla mentre i capelli scuri cominciavano a bagnarsi e ad attaccarsi alla pelle. Una lacrima, una sola lacrima, rigò la guancia di Caspian cadendo poi a terra e confondendosi con le gocce cadute dal cielo. Il ragazzo alzò la testa e guardò il mare scuro. Vicino alla riva il Veliero dell’Alba si dondolava tra le onde. Perché aveva fatto tutto quello? Per un attimo credette di non trovare più la forza che già altre volte lo aveva aiutato. Era solo un’illusione la sua?

No. Non lo era, non poteva esserlo. Caspian alzò la schiena scacciando via quei dubbi e quelle parole. Stava intraprendere una nuova avventura, era normale che l’incertezza lo facesse tentennare… ma doveva crederci. Non sapeva neppure lui veramente il perché… sapeva solo che doveva crederci con tutto sé stesso, come aveva fatto fino a quel momento. Tornò a sorridere. No, il ritorno di Susan non era un’illusione… era una certezza e lui l’avrebbe fatta diventare realtà. Con quel viaggio avrebbe dimostrato ad Aslan quello che lui era disposto a fare per lei. Aslan avrebbe capito.

Caspian ripensò ai primi tempi. All’inizio aveva pensato che quello che provava per Susan non fosse vero amore. Dopotutto l’aveva conosciuta appena… ma giorno dopo giorno aveva capito che si era innamorato, veramente. La sua dolcezza, la sua gentilezza, la sua determinazione, il suo coraggio, la sua bellezza… ogni più piccolo particolare di lei aveva cominciato a mancargli. Era lei l’altra parte di lui, ne era certo… quella che molti non trovavano cercandola per tutta la vita. Lui l’aveva trovata quando meno aveva creduto e nel modo che meno avrebbe creduto… ma l’aveva trovata. Solo questo contava: era lei, la sua Susan.

“Vostra Maestà, che cosa fate là fuori?!?”

Caspian si voltò e vide sulla porta Cornelius e Briscola. Si accorse solo in quel momento che stava piovendo. Guardò il cielo da cui continuavano a scendere decine e decine di gocce. Il ragazzo a quel punto entrò e Briscola chiuse dietro di lui la porta. Caspian si voltò verso di loro sorridendo.

“Non mi crederete, ma non me ne ero neppure accorto.”

I due si guardarono perplessi e leggermente stupiti. Alla fine Briscola tornò a guardare il giovane Re. Sembrava indeciso su come porgli al domanda e alla fine lo fece nel suo solito modo spiccio.

“Ma, Vostra Maestà, siete proprio sicuro che sia io il Reggente? Secondo me fate ancora in tempo a cambiare idea…”

Caspian scoppiò a ridere. E lui che credeva di averlo convinto… dopo un attimo tornò a guardarlo con sguardo serio.

“Amico mio, sono sicurissimo. Sarai un ottimo reggente… C.P.A.”

Briscola avrebbe voluto dire qualcosa ma non appena sentì le ultime parole ammutolì ripensando con un po’ di malinconico affetto alle due giovani Regine che gli avevano affibbiato quel soprannome. La Regina Susan… e soprattutto la piccola coraggiosa Regina Lucy. Non lo avrebbe mai ammesso, ma anche lui avrebbe voluto dire qualcosa ad Aslan per farli tornare presto… e tutti quanti. I quattro antichi Re di Narnia, era i quattro antichi Re di Narnia: quattro, non uno di meno, non uno di più. Quattro. Ma forse, pensò Briscola, la questione era molto più grande di quello che immaginava…

“Briscola non hai nulla da temere. Cornelius di aiuterà e se ci saranno problemi potrete avvisarmi. Anche io dopotutto manderò nostre notizie il più spesso possibile. Io devo assentarmi dal Regno e so di non poterlo affidare a mani migliori.”

Cornelius e Briscola annuirono e dai loro occhi si vedeva quanto erano onorati che Caspian avesse affidato loro un compito tanto importante con così tanta fiducia. Non lo avrebbero deluso.

Caspian a quel punto cambiò discorso. “Credo che ormai sia ora di andare a cenare. E credo di dovermi cambiare… farò in un attimo.”

I due si inchinarono e uscirono. Caspian a quel punto andò a prendere dall’armadio degli abiti asciutti con cui essere presentabile. Dopotutto era il Re…

Dopo qualche minuto era pronto. Prima di uscire dalla stanza, però, Caspian riprese di nuovo in mano il corno di Susan. Tutti i Doni dei quattro Sovrani erano custoditi con cura e lui teneva ad essi più che a qualunque altra cosa: apparteneva ai suoi più cari amici e alla donna che amava. L’arco di Susan, il pugnale e la boccetta di Lucy, lo scudo e la spada di Peter… sì, anche Rhindon era conservata con gli altri oggetti. Da quando Aslan gli aveva donato Rhasador non l’aveva più usata. Era giusto così: quella era la spada di Peter e il giorno che sarebbe tornato con Susan gliela avrebbe tornata. Tra tutti gli oggetti, però, quello a cui era più legato era il Corno. Forse perché era quello che gli aveva permesso di incontrare Susan, forse perché era l’unica cosa che era appartenuta sia a lui sia a lei… forse perché era attraverso quello che Susan gli aveva fatto capire che provava qualcosa per lui. Caspian sorrise. Se fosse servito l’avrebbe chiamata anche con la sua sola voce, anche a costo di urlare per ore. Ma l’unica speranza che aveva era quel viaggio… ora lo sapeva. Quel viaggio avrebbe cambiato tante cose per lui. Avrebbe cambiato la sua vita e sperò che avrebbe cambiato anche la vita di Susan. Ma quello che sarebbe stato non lo sapeva. L’unica cosa importante era non farsi prendere dai dubbi come quel giorno.

Continuare a crederci, sempre. E quello sarebbe stato il filo più forte che lo avrebbe legato a Susan. Sapeva che era così e basta. Glielo diceva il suo cuore. Era la stessa sensazione che ti rimaneva dentro quando sognavi… sai che c’è qualcosa che devi fare, anche se non ricordi quale. E lui doveva crederci con tutto sé stesso. Aveva quella sensazione da quasi due anni, da quel giorno in cui era venuto a Cair Paravel per riportarvi il trono. E lui ci credeva. Ci avrebbe sempre creduto.

Caspian posò il corno sul tavolo dove giacevano le varie pratiche del Regno. Aveva ancora un sacco di cose da fare e sistemare prima di partire. Ma non aveva importanza. Mancava solo poco e sarebbe partito in contro al suo destino. E se Aslan lo avrebbe voluto, la sua Susan lo avrebbe aspettato alla fine di quel viaggio. Sì, sarebbe stato così.

Caspian sorrise e uscì dalla stanza chiudendo la porta. La stanza rimase deserta. La luce delle candele illuminava ogni cosa. E il corno, bianco e lucido, scintillava illuminato dalla loro luce… quasi il sigillo di una promessa che un giorno si sarebbe avverata.

 Le parole sono stanche,
ma so che tu mi ascolterai.

Tutti e quattro i fratelli Pevensie erano seduti attorno alla tavola. I loro sguardi, ancora carichi di emozione, erano tutti voltati verso il padre che sedeva a capotavola e che stava raccontando una delle tante esperienze che lo avevano coinvolto al fronte. I quattro ragazzi pendevano dalle sue labbra non tanto per quello che raccontava, ma perché era lui a raccontarle. Susan per un attimo si voltò verso Edmund e sorrise dolcemente. Ricordava ancora il giorno di quel bombardamento. Edmund era corso dentro per recuperare la foto di loro padre. Aveva corso un grande rischio. Susan tornò a voltarsi. Ed ora era lì. La ragazza sorrise. Nessuno avrebbe potuto separarli.

“La cena è pronta.”

Tutti e cinque si voltarono. La madre, sorridente come non la vedevano da mesi, posò al centro della tavola una pentola fumante. Un delizioso odore riempì tutta la stanza. La donna si sedette di fronte al marito. Anche quel giorno il pasto non sarebbe stato ricchissimo. Erano quasi due anni che le restrizioni sul cibo erano state emanate. Loro erano un po’ più fortunati perché avevano un piccolo orto, ma a fatica i quattro fratelli ricordavano i meravigliosi pranzi della madre. Pasti simili li avevano fatti soltanto quando erano dal professor Digory, circa un anno e mezzo prima. Quel giorno però sarebbe stato diverso, se ne accorse guardando i volti dei fratelli: per tutti quello sarebbe stato il pranzo più bello.

Lucy si voltò verso il padre continuando a sorridere.

“Lo fai tu? Come l’ultima volta…”

Il padre sorrise e poi annuì. Tutti a quel punto in silenzio si presero per mano. Susan diede la mano a suo padre e a Lucy, Peter che era di fronte a Susan la diede al padre e a Edmund. I due più piccoli stinsero infine le mani della madre. Il padre prima di parlare li guardò uno ad uno negli occhi, poi sospirò e chiuse gli occhi.

“Ti ringrazio Signore di permettermi di essere qui oggi, insieme alla mia famiglia. E ti ringrazio per averli protetti mentre ero in guerra, che ti preghiamo di far concludere presto. E ti ringraziamo anche per il cibo che anche quest’oggi ci hai concesso. Amen.”

Tutti e gli altri, che fin dall’inizio avevano abbassato il capo, risposero insieme. “Amen”

Il padre a quel punto rialzò gli occhi e sorrise. “Bene. Buon appetito a tutti!”

La famiglia Pevensie iniziò a mangiare. Durante tutto il pasto, però, nessuno rimase zitto. Le voci si accavallavano cercando di raccontare qualunque episodio piccolo o grande, sciocco o importante, che fosse avvenuto in tutto quel tempo. Molte volte dovevano ripetere perché parlando insieme finiva che una delle voci venisse mascherata dall’altra. Normalmente, se fosse successo, Edmund e Peter avrebbero sicuro iniziato a litigare per decidere a chi toccasse parlare per primo, ma non quel giorno. L’unica cosa che importava era che quel giorno ci fosse loro padre a rispondere.

Quando la cena era ormai finita, il padre appoggiò le posate guardando la moglie. I ragazzi capirono subito che ci fosse qualcosa che volesse dir loro. Peter guardò per un attimo i fratelli e poi si voltò verso il padre.

“Papà… c’è qualcosa che ci devi dire?”

L’uomo rimase in silenzio un attimo poi annuì. Peter, Susan, Edmund e Lucy si fecero più attenti.

“Sì. In realtà c’è una cosa. Ne ho già parlato con vostra madre, ma è giusto che lo sappiate anche voi. Dovete sapere che un mio amico con cui era al fronte ha dei parenti in America: suo zio lavora al consolato britannico. Mentre eravamo al fronte mi promise che appena avremmo avuto la possibilità di tornare a casa, mi avrebbe invitato in America. E così quando siamo arrivati a Londra, mi ha convinto a promettergli che sarei venuto insieme a voi non appena le traversate sarebbero state più sicure.”

Susan sorrise emozionata anche se un po’ stupita. E non era l’unica. Anche Peter, Edmund e Lucy erano rimasti meravigliati davanti ad una simile prospettiva. Una vacanza in America tutti insieme… Sembrava bellissimo, ma Susan sentì salire verso la bocca dello stomaco una strana sensazione. Non ne capiva il perché, ma era una sensazione spiacevole. Le parole del padre arrivarono alle sue orecchie come una doccia fredda.

“Io e vostra madre abbiamo però deciso che quando potremmo andarci, sarebbe meglio che non andiamo tutti subito. Verrete tu e Susan con noi, poi ci raggiungeranno anche Lucy e Edmund.”

Susan spalancò gli occhi dallo stupore quasi sconcertata mentre dentro di lei afferrava il significato di quelle parole. Avrebbero dovuto separarsi. Anche Peter rimase piuttosto scioccato da quelle parole. Mai in tutti quegli anni loro quattro erano stati separati a lungo: solo per andare a scuola o saltuariamente qualche giorno… soprattutto dopo Narnia, erano sempre stati insieme. Susan non riuscì a trovare la forza per replicare. Peter invece riuscì a riprendere il controllo di sé e a porre al padre la domanda che premeva a tutti.

“Perché?”

Susan si voltò prima verso Peter, poi verso suo padre. Lo voleva sapere anche lei.

“Perché è meglio così. Dopotutto Lucy e Edmund sono ancora piccoli… e poi non sarà neppure facile trovare i posti. Quando le navi potranno ritornare a navigare senza pericolo…”

Edmund, cercando di reprimere la stizza di sentirsi definire piccolo dal padre, lo guardò sbuffando e gli si rivolse con un tono di voce più brusco di quanto avrebbe voluto.

“E noi dove dovremmo andare?”

Fu la madre a rispondere a quella domanda con tono leggermente sorpreso, quasi la risposta fosse ovvia e senza rendersi conto di che cosa avrebbe significato per i figli.

“Ma chiederemo agli zii di ospitarvi a Cambridge. Sarà solo per poco.”

A quelle parole Lucy e Edmund si voltarono di scatto verso la madre. La prima, rendendosi conto solo in quel momento che i genitori stavano parlando sul serio, la guardò sconvolta, quasi angosciata da quell’eventualità. Il secondo, invece, la guardò quasi stralunato.

“Senza Susan e Peter…”

“Con Eustace?!?!”

La madre li guardò sorridendo stupita alzando gli occhi verso il marito senza capire, pur con tutto il bene che voleva ai suoi figli, che cosa avrebbe significato per loro quella separazione.

“Ma… Lucy, Edmund sarà solo per qualche giorno, un paio di settimane al massimo… vostro cugino non è mica un mostro. Susan, Peter… diteglielo anche voi.”

Susan cercò di parlare ma quando socchiuse la bocca per farlo, non riuscì a far uscire neanche un filo di voce. Qualcosa dentro di lei si stava sgretolando. Rimase muta ad osservare le reazioni dei fratelli, sforzandosi di non piangere. Peter, invece, guardò la madre provando a trovare le parole per spiegare quanto fosse importante per loro rimanere insieme. Ma sarebbe stato troppo complicato… avrebbe dovuto raccontare di Narnia, dell’armadio, della stazione e i loro genitori avrebbero avuto ragione a non credere loro. Sarebbe sembrata soltanto una scusa infantile… anche se in realtà non lo era. E alla fine ci rinunciò.

“Ma non potremmo andare semplicemente tutti insieme?”

Il padre a quel punto sorrise e mise una mano sulla spalla di Peter.

“Ragazzi miei, non credevo che questa possibilità vi sarebbe sembrata così brutta. Ma non sarà così terribile, ci saluteremo e quando ci ritroveremo tutti insieme sarà come se non ci fossimo divisi. E poi, manca ancora chissà quanto tempo… vedrete, pensandoci un po’ vi piacerà. Sarà una nuova bella esperienza.”

Padre e madre a quel punto si alzarono imitati dai fratelli che si guardarono sconfortati. Susan e Lucy aiutarono a sparecchiare mentre Peter e Edmund andarono con il padre a mostrargli i risultati scolastici come avrebbero fatto poi anche le due ragazze.

Dopo qualche minuto Lucy e Susan, finito di aiutare la madre, uscirono dalla cucina per andare verso il salotto dopo c’erano padre e fratelli. La maggiore, però, si fermò vicino alle scale non mostrando di voler entrare nell’altra stanza. Lucy la guardò.

“Susan, non andiamo da papà, Ed e Peter?”

Susan per un attimo non rispose. Il suo sguardo fissava la luce del salotto da cui provenivano le voci degli altri. Alla fine deglutì e scosse la testa.

“Scusa… sono stanca…”

Senza dire altro Susan iniziò a salire le scale verso la propria camera. Ad ogni gradino accelerava il passo. Lucy rimase immobile non capendo la reazione della sorella ma intuendo che doveva essere legata ai discorsi di poco prima. Stava per chiamarla quando Peter la affianco. Il ragazzo vedendo Susan che scompariva al piano di sopra guardò Lucy come per chiederle una spiegazione.

“Dove va Susan?”

Lucy sospirò tristemente. “Non lo so… penso sia per prima… forse dovrei andare a parlarci.”

Peter scosse la testa indicandole il salotto. “No, ci vado io. Tu vai da papà e digli di non preoccuparsi.”

Susan nel frattempo aveva raggiunto il corridoio e, non appena vi aveva messo piede, aveva iniziato a correre verso la sua stanza. Ciò che era davanti di lei iniziò a diventare sfocato mentre calde lacrime rigavano le sue guance. Susan si accorse così di essere scoppiata a piangere. Aprì la porta e si gettò sul letto scoppiando in un pianto dirotto. Mordendosi il labbro la ragazza affondò il viso nel cuscino per cercare di smorzare i singhiozzi che scuotevano il suo petto. Tutto sembrò essere tornato indietro di mesi. La speranza, che negli ultimi tempi aveva visto brillare davanti a lei, era di nuovo sprofondata in un baratro scuro. Le sue erano solo illusioni…

Improvvisamente sentì i passi di qualcuno vicino alla porta. Probabilmente era Lucy. Susan non alzò la testa ma cercò di placare un po’ il pianto. Forse Lucy l’avrebbe capita, ma non aveva la forza di parlare con nessuno… i passi fecero scricchiolare il legno del pavimento. Susan inclinò la testa di lato emettendo un sussurro di voce rotto dal pianto.

“Lu… ti prego, lasciami sola…”

Qualcuno si sedette sul suo letto e posò una mano sulla sua testa.

“Sue, non sono Lucy…”

La ragazza interruppe i singhiozzi per la sorpresa. Lentamente si voltò e, senza cercare di nascondere gli occhi rossi e pieni di lacrime, incrociò lo sguardo di Peter. Per lunghi istanti nessuno dei due disse una parola. Susan non trovava la forza di parlare e Peter sembrava in difficoltà su cosa dire. Alla fine, però, fu lui a parlare per primo.

“Susan, cos’hai?”

Gli occhi azzurri di Susan si riempirono di nuovo di lacrime e la ragazza si gettò tra le braccia del fratello scoppiando di nuovo in singhiozzi. Il ragazzo, seppur sorpreso, la abbracciò aspettando che si sfogasse.

“Peter… è tutto finito… se noi andremo in America, sarà tutto finito…”

Il ragazzo a quel punto, senza capire a che cosa si riferisse, staccò delicatamente la sorella e i loro occhi azzurri si fissarono.

“Cosa sarà finito, Susan?”

Lo sguardo di Susan era sconvolto e rivelava un profondo dolore.

“Narnia, Peter. Narnia. Non potremo più tornarci. Cosa succederà se Lucy e Edmund andranno a Narnia quando noi saremo in America?”

Peter a quelle parole abbassò lo sguardo tristemente. Le parole di Aslan gli tornarono in mente come anche il fatto che non ci sarebbero più tornati. In quel momento si rese conto che, mentre cercava di accettarlo, non si era reso conto di quello che cercava di fare Susan. Cercava di trovare una speranza… come aveva fatto a non accorgersi che Susan, diversamente dalla volta precedente, non aveva accettato di non tornare a Narnia? Per un attimo gli passò per la mente che Susan sperasse di tornare a Narnia solo per Caspian, ma subito dopo si pentì. Susan amava Narnia, non dipendeva solo dal suo nuovo Re…

“Susan, Aslan ha detto…”

Susan scosse la testa quasi per scacciare dalla mente quel ricordo. Quasi per non renderlo reale. Peter non riusciva a capire, non capiva quello che lei provava in quel momento. Quel sogno l’aveva convinta. Aveva riacceso in lei la speranza. E lei quella speranza l’aveva cullata, l’aveva preservata a fatica giorno dopo giorno convincendosi, illudendosi, credendo che se l’avesse voluto veramente sarebbe andata anche lei, sarebbero andati anche loro con Lucy e Edmund. Dividersi da loro sarebbe stato come dividersi da Narnia. Era questa la sua paura più grande: perdere l’ultima occasione che aveva di rivedere quel mondo e di rivedere Caspian.

“No, non capisci. Non c’entra. Se noi saremo loro vicino quando succederà, potremo provare a seguirli… Aslan a quel punto, capirà… lo so… ci avrebbe lasciato tornare a quel punto… dovevo solo crederci, solo questo… crederci con tutta me stessa… ma se andiamo in America… non servirà a niente!”

Peter a quel punto tornò ad abbracciare Susan che nascose il viso sulla sua spalla e lentamente i singhiozzi si calmarono anche se le lacrime continuavano a sgorgare dai suoi occhi. Susan avrebbe voluto gridare, impedire che loro venissero divisi, ma il pianto le tolse ogni forza. Ma Peter la capiva, più di quanto nella disperazione lei potesse credere.

“Susan, ti sbagli. Io ti capisco. Vorrei tornarci anche io. Anche se in tutto questo tempo ho cercato di nasconderlo, sarei pronto a fare qualsiasi cosa per farlo. Hai ragione tu, dobbiamo crederci.”

Susan voltò la testa verso di lui.

“Ma se andiamo in America…”

Peter sorrise per cercare di confortarla. “Penso che Aslan sentirà comunque anche dall’America quanto noi vogliamo tornare a Narnia…”

Susan abbassò lo sguardo. “È inutile… l’unica possibilità…”

Peter scosse la testa. “L’unica possibilità è continuare quello che tu hai fatto per tutti questi mesi. Convincersi, crederci. E dobbiamo farlo insieme. Per tutto questo tempo abbiamo sbagliato. Se vogliamo tornare a Narnia, dobbiamo far crescere questa speranza insieme. Se ci torneremo, dipenderà da noi. Susan, se ci hai creduto fino ad adesso, ti impedirò di smettere.”

Susan spalancò gli occhi dallo stupore accorgendosi solo in quel momento di non aver considerato per tutti quei mesi Peter. Fin da subito avrebbero dovuto unire le proprie speranze. Forse era per quello che quella volta non era successo. Sola era troppo debole per superare la Magia di Narnia. Insieme a Peter ci sarebbe riuscita, ci sarebbero riusciti. Doveva convincersi che fosse così. E così le parole di quel sogno si sarebbero avverate. Susan cercò di asciugare le lacrime con il dorso della mano. L’oscurità in cui stava per risprofondare tornò a essere illuminata dalla stessa piccola ma forte speranza. Era tutto una prova. Ne era certa. Dovevano mostrarsi all’altezza di poter tornare.

“Peter… no, non smetterò di sperare. Torneremo insieme a Narnia. Lo faremo vero, Peter?”

Peter annuì per rassicurare la sorella ma anche perché cominciava a convincersi anche lui che quella speranza non fosse solo un’illusione.

“Sì, Sue… insieme torneremo a Narnia. Ne sono certo.”

Susan sorrise. Si era sbagliata. Non era tornata indietro. Stava andando avanti. Insieme a Peter. Due speranza insieme erano molto più forti. Le tornarono in mente i fiori di qualche mese prima: due fiori che sbocciano erano un segno più forte del ritorno della primavera. E poi se erano riusciti a riportare la primavera a Narnia dopo cent’anni, perché non ci sarebbero dovuti riuscire per le loro vite dopo solo pochi mesi? Sì. Sarebbero tornati a Narnia. Ora, ne era veramente certa.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ciao! Anche questa volta sono un po' in ritardo: chiedo perdono. ^-^ Purtroppo più i giorni passano più temo avrò meno tempo per scrivere. Vi preannuncio già che molto probabilmente tra fine maggio e tutto giugno sarò assente dal sito: causa maturità. Questo non significa però che finita quella mi sbizzarrirò con la continuazione di questa storia come ho promesso... dovrete avere solo un po' di pazienza! Non sapete quanto mi costerà aspettare: le idee mi vengono in mente una dopo l'altra! Non vedo l'ora di iniziare la mia versione del "viaggio del veliero"! Vabbè... ;) Cambiando discorso questo capitolo è interamente incentrato su Caspian: il Veliero dell'Alba sta per salpare! E scopriremo anche come Caspian ha ricevuto Rhasador. Non smetterò mai di ringraziare SusanTheGentle per avermi permesso gentilmente di usare questo nome: grazie ancora! Spero vi piacerà e in ogni caso i vostri pareri saranno bene accetti! Per concludere i dovuti ringraziamenti a chi mi segue e recensisce: DarkFirefly22, english_dancer, ErzaScarlet_, Fly_My world, FrancyNike93, mishy, SusanTheGentle e tema94. E grazie ovviamente anche a chi solo legge! E con questo penso di aver detto tutto. Buona lettura e a presto! HikariMoon

Aspettiamo un altro viaggio,
un destino, una verità.

Caspian lasciò cadere le mani lungo i fianchi. Il suo sguardo fissava l’immagine che lo specchio gli rimandava: un giovane uomo che indossava una camicia marrone scuro e un senza maniche porpora con elaborate decorazione dorate. Il giovane Re si chiese se guardandolo si potesse vedere quanto fosse emozionato. Caspian si accorse che i suoi occhi scintillavano. Sorrise e guardò quella stanza. Quanto gli sarebbe mancato Cair Paravel… ci viveva solo da un paio d’anni, ma ormai era la sua casa. Sarebbe stato strano non risvegliarsi lì ogni mattina o passeggiare con Briscola e Cornelius nei giardini… o cavalcare tra i boschi di Narnia. Chissà quanto tempo sarebbe passato prima che lui potesse di nuovo cavalcare per ore con Destriero.

Lentamente Caspian camminò lungo la stanza sfiorandone i mobili, gli oggetti. Separarsi da quei luoghi gli faceva male, ma la speranza di non tornarvi un giorno da solo gli rendeva la cosa più facile. I suoi occhi andarono negli spazi, ora vuoti, dove erano stati posti i Doni. Caspian vi si avvicinò. Lì c’erano stati l’arco e le frecce di Susan, lì il cofanetto con il pugnale e la pozione di Lucy, lì ancora Rhindon, la spada di Peter… e lì lo strano oggetto dimenticato da Edmund. Caspian sorrise: non era proprio uno dei Doni, ma apparteneva ai quattro Sovrani e non gli aveva trovato un posto migliore. Il ragazzo sfiorò il punto in cui fino alla sera prima c’era stato l’arco di Susan. Quella mattina gli aveva fatti portare sul Veliero dell’Alba. Li avrebbe portati in quel viaggio insieme a lui anche se sapeva che Peter, Susan, Edmund e Lucy erano sempre venuti quando Narnia era minacciata… ora Narnia era in pace, ma lui non voleva smettere di sperare che sarebbero arrivati anche quella volta. E magari non ci sarebbero stati solo Edmund e Lucy…

Un rumore alle sue spalle lo fece voltare. La porta della stanza era aperta e un soldato si era inchinato davanti a lui.

“Vostra Maestà, attendiamo solo voi.”

Caspian annuì. “Arrivo subito.”

Il soldato se ne andò chiudendosi dietro la porta. Caspian si avvicinò alla sedia della sua scrivania. Appesa allo schienale c’era la spada che Aslan gli aveva donato quando era venuto a fargli visita per l’ultima volta prima di andarsene. Era stato circa un anno dopo la sua incoronazione. Sì, poco prima che lui partisse verso i Grandi Deserti per combattere contro Calormen. Aveva incontrato Aslan sulla spiaggia ai piedi di Cair Paravel: se lo ricordava come se fosse successo il giorno prima.

Caspian fissava l’orizzonte. Tanti dubbi riempivano la sua mente. Il giorno dopo sarebbe partito per affrontare la prima battaglia come Re. Ne sarebbe stato all’altezza? Aveva paura: quella volta sarebbe stato solo. Avrebbe guidato da solo gli eserciti contro Calormen.

“Non devi mai dubitare delle tue qualità, Caspian.”

Il ragazzo si voltò di scatto a quella voce sicura e profonda che tanto bene conosceva e che non avrebbe più scordato. E lo vide: Aslan era di fronte a lui, illuminato dai raggi rosso-dorati del tramonto.

“Che cosa ti turba?”

Caspian abbassò gli occhi. Di fronte ad Aslan si sentiva ancora più inpreparato al compito che lo aspettava.

“Aslan, sarò in grado di guidare Narnia alla vittoria?”

Una bassa risata bonaria uscì dalla gola del Grande Leone che lo guardò con affetto.

“Mio caro ragazzo, a questa domanda puoi rispondere solo tu. Ora sei tu il Re di Narnia. Solo tu puoi sapere se ne sei all’altezza.”

Caspian sospirò. “Lo so, ma se fallissi? Che cosa succederebbe? Io non credo che potrei mai diventare un grande Re come Peter o Edmund… i giorni in cui erano Sovrani vengono ancora ricordati…” 

Aslan lo guardò con grande serietà. “Caspian qui non si parla di dover diventare il grande Re che è stato Peter o che è stato Edmund. Qui conta il grande Re che puoi diventare tu e che solo tu puoi essere. Tutta Narnia ha fiducia in te e anche io sono certo che Narnia non possa essere in mani migliori.”

Caspian a quelle parole per un attimo rimase muto e poi sorrise, anche se un po’ incerto. Aveva ancora tanti dubbi, ma ora dentro di lui stava crescendo anche la determinazione di mostrarsi all’altezza di quel compito.

“Aslan, sarai al nostro fianco?”

Il Leone scosse lentamente la testa e Caspian rimase stupito da quella risposta. Anche se avrebbe dovuto aspettarsela. Aslan si voltò verso il mare e i suoi profondi occhi scuri sembravano vedere oltre all’orizzonte.

“Il mio aiuto qui non è più necessario. C’è chi difenderà Narnia al mio posto.”

Caspian, colpito dalla grande fiducia che Aslan aveva in lui, era comunque leggermente intimorito dal dover affrontare l’imminente battaglia non solo senza i Pevensie ma anche senza di lui. Ma non poteva mostrarsi insicuro se Aslan si fidava.

“Ci rivedremo mai?”

Aslan lo guardò. “Forse un giorno. A suo tempo le nostre strade si rincroceranno, giovane Re di Narnia.”

Improvvisamente Caspian capì che, se non avesse sfruttato quell’occasione, sarebbe passato molto tempo prima di potergli dire il desiderio che da molti giorni riempiva le sue notti e i suoi pensieri: rivedere la sua Susan. Aslan, però, sembrò leggergli nel pensiero e parlò prima che potesse dire anche sola una parola.

“Ogni cosa ha il suo tempo, Caspian. Anche quando non lo capiamo, ogni cosa ha un senso. Nulla mai accade per caso.”

Caspian per un attimo, d’istinto, avrebbe voluto chiederglielo comunque, ma si rese conto che quello non era il momento. Ma non voleva perdere la speranza: forse un giorno sarebbe arrivato il tempo per pregarlo di riportargli Susan. E poi Aslan glielo aveva fatto capire: anche il suo incontro con Susan aveva un senso, non era successo per caso. Il destino li aveva fatti incontrare.

A quel punto Aslan fece un paio di passi vicino a Caspian e soffiò delicatamente verso il suo fianco. Caspian stupito si voltò a guardare il quella direzione e, con enorme sorpresa, vide appesa al suo fianco una spada. Gli occhi scuri del giovane cercarono una risposta verso Aslan.

“È arrivato il momento che anche il nuovo Re ottenga la sua spada. La spada che proteggerà la libertà di Narnia: Rhasador.”

Caspian rimase senza parole. I suoi occhi tornarono ad osservare la spada. L’impugnatura scura era percorsa da decorazioni argentate e dorate e su di essa risplendeva uno zaffiro che scintillava ai raggi del sole. La fodera di un color blu scuro era semplice ed elegante. Caspian lentamente afferrò l’elsa di Rhasador e l’estrasse portandola davanti al suo volto. La lama argentea, leggera e resistente, scintillò alla luce del sole. Il ragazzo fissò estasiato quella splendida lama. Ed era sua. Lo sentiva. Non aveva provato quella sensazione tutte le volte che aveva impugnato Rhindon, la spada di Peter. E ora sapeva  il perché: era Rhasador la sua spada. La spada che avrebbe protetto la libertà di Narnia…

Caspian si inginocchiò sulla sabbia infilando la punta della lama nel terreno. Il suo volto era rivolto verso terra.

“Ti ringrazio Aslan. Farò in modo che le tue parole si avverino. Con tutte le mie forze userò questa spada per proteggere la pace di Narnia… mi mostrerò all’altezza.”

Aslan lo guardò certo che il giovane Re sarebbe stato sempre in grado di mantenere la sua promessa e sorrise.

“Lo so, mio giovane Re. Un giorno ci rivedremo.”

Caspian a quelle parole, che suonavano come un commiato, alzò di scatto la testa. Una luce abbagliante simile a quella del sole che stava tramontando avvolse Aslan. Il ragazzo dovette coprirsi gli occhi. Le ultime parole pronunciate dal Grande Leone sembrarono un segno per non farlo smettere di sperare.

“La speranza è la forza più grande che possiamo trovare dentro di noi. Non dimenticarlo, Re Caspian X il Liberatore.”

Caspian tolse il braccio da davanti gli occhi e si alzò. Aslan era scomparso. Sulla spiaggia c’era di nuovo solo lui. Sorrise. Ora però aveva meno dubbi sul futuro. Avrebbe avuto fiducia. Caspian tornò a guardare la spada che Aslan gli aveva donato, Rhasador. Con decisione la rimise nella fodera e iniziò a camminare verso il palazzo di Cair Paravel che dorato si stagliava contro il cielo che si stava facendo scuro. Sì, avrebbe protetto la libertà di Narnia. Sempre e a qualunque costo.

Caspian si riscosse improvvisamente da quel ricordo. I suoi occhi guardarono lo zaffiro che splendeva nell’impugnatura di Rhasador. Sorrise. Se la speranza doveva essere la sua forza, sarebbe stata Susan la sua speranza. E arrivato da Aslan, lo sapeva, sarebbe arrivato il momento di chiedergli di riportargliela. Senza esitazione, Caspian prese la spada e la agganciò alla cintura con la stessa decisione di quel giorno. Poi, andò al suo tavolo da lavoro e afferrò il corno di Susan. Per un attimo lo guardò e poi appese anche quello accanto a Rhasador. Era pronto. Era pronto ad affrontare qualunque cosa lo avrebbe atteso in quel viaggio e avrebbe dimostrato di essere degno di avere al suo fianco Susan. A quel punto Caspian uscì dalla porta e non si guardò indietro. Era davanti a lui che lo aspettava il suo destino.

Tutte le finestre del palazzo erano affollate di persone: donne, uomini, bambini. Tutti venuti lì per salutare il loro Sovrano che partiva verso le Isole Solitarie. Anche le pendici della costa erano piene di abitanti di tutta Narnia, venuti anche dalle zone più lontane per rendergli omaggio. La distesa azzurra e cristallina del mare splendeva alla luce del sole. Il Veliero dell’Alba dondolava sulle onde pronto a solcare quel mare che sembrava infinito. Poco distanti decine di navi, imbarcazioni e scialuppe creavano una sorta di corridoio attraverso cui il Veliero sarebbe passato. Anche lì centinai di Narniani volevano salutare la partenza del loro Re.

Caspian, scendendo le lunghe scale che portavano all’attracco del Veliero dell’Alba, ebbe un brivido di emozione nel vedere una simile dimostrazione di affetto da tutto il suo popolo. Il suo popolo… Sorrise e alzò fieramente la testa. La sua mano sinistra stringeva l’impugnatura di Rhasador e i suoi occhi scuri fissavano con determinazione l’equipaggio e la corte che lo aspettavano. Accanto a lui, un paio di passi indietro, c’erano il Reggente Briscola e Cornelius, il Gran Consigliere.

Caspian arrivò sulla banchina a cui era attraccato il Veliero. Due file di soldati, dietro Centauri e davanti uomini, si misero sull’attenti e sollevarono le spade creando una sorta di portico sotto cui passare. Un brivido gli percorse la schiena al rumore delle lame che venivano sguainate all’unisono. A Caspian tornò in mente quel lontano giorno alla Casa di Aslan dove era successa una cosa simile. Quella volta erano stati Peter, Susan, Edmund e Lucy a passarvi sotto con passo sicuro. Quel giorno sarebbe toccato a lui. Istintivamente si voltò di lato come se potesse vedere veramente accanto a lui i quattro Sovrani. Ma non c’erano. Caspian sorrise malinconicamente e tornò a guardare verso la passerella che collegava il pontile al Veliero. Li accanto c’erano tutti i Lord che costituivano il suo Consiglio. Sul Veliero invece tutto l’equipaggio era schierato ad attenderlo e Lord Drinian si ergeva fiero davanti a tutti loro. Caspian inspirò e avanzò senza esitazione. Tutto il popolo di Narnia taceva in un religioso silenzio.

Man mano che Caspian passava le spade venivano abbassate. Quando Caspian raggiunse la passerella tutti i Lord si inchinarono e Caspian piegò la testa verso di loro. Poi il giovane Re si voltò verso Briscola e Cornelius. I due si inchinarono rapidamente.

“Abbiate cura di Narnia. So già che farete un buon lavoro.”

Briscola annuì e mentre parlava si sentì una nota di commozione che faceva tremare la sua voce.

“In quanto Reggente farò tutto ciò che in mio potere per rendermi degno della fiducia che Vostra Maestà mi ha accordato.”

Poi il nano lo guardò per un attimo e, abbassando la voce, tornò a voltare gli occhi in basso quasi in imbarazzo. “Fai buon viaggio, Caspian.”

Caspian sorrise e si voltò verso Cornelius. Il suo vecchio precettore e ora suo Gran Consigliere aveva gli occhi umidi che sprizzavano di orgoglio di fronte al Re che il suo giovane allievo era diventato. L’anziano si inchinò senza riuscire a trovare le parole. Caspian a quel punto lo abbracciò e Cornelius, dopo un attimo di sorpresa, ricambiò.

“Grazie per tutto, Cornelius.”

L’anziano precettore trattene le lacrime e scosse la testa.

“No. Grazie a te, Caspian… anzi, grazie a voi, Re Caspian. Grazie a voi per aver riportato la pace a Narnia. Il vostro popolo vi attenderà. Fate buon viaggio e tornate presto.”

Caspian annuì e poi salì sulla passerella. Non appena mise piede sul ponte del Veliero dell’Alba tutto l’equipaggio si inchino. Lord Drinian, accanto a lui, lo guardò.

“L’equipaggio del Veliero dell’Alba è pronto ai vostri ordini, Vostra Maestà.”

Caspian guardò il volto di tutti quegli uomini e Narniani che avrebbero affrontato quell’avventura con lui. Tra di loro vide su una botte Ripicì. Sorrise e poi si voltò indietro. Sulla banchina i Lord, Briscola, Cornelius, i soldati e più in là gli altri abitanti di Narnia guardavano verso di lui. E, lo sapeva, lo stavano facendo anche tutti gli altri dalle navi e dalla costa. Caspian si posò al parapetto del Veliero dell’Alba e inspirò. Poi i suoi occhi scuri guardarono il suo popolo con nuova decisione. La sua voce risuonò sicura nel silenzio rotto solo dal rumore delle onde che si infrangevano sullo scafo e sul pontile.

“Popolo di Narnia. Il dovere verso la fedeltà di sette abitanti di Narnia come voi, mi spinge a lasciare queste terre e intraprendere un viaggio verso le lontane Isole Solitarie. Se potessi non lascerei queste coste, ma l’onore mi spinge a farlo. E la certezza di lasciare queste terre in pace e in buone mani, mi rende l’animo più leggero. E fino al giorno in cui tornerò, tutti voi sarete nel mio cuore.”

Caspian a quel punto sfoderò Rhasador e la sollevò in alto. La lama splendette alla luce del sole. “Per Narnia e per Aslan!”

Ad una sola voce, tutti coloro che si trovavano lì risposero al loro Sovrano. L’aria vibrò delle loro voci e il grido come un’onda si propagò di persona in persona fino a coloro che si trovavano sulla scogliera. “Per Narnia e per Aslan!” Era il saluto di un intero popolo verso il suo Sovrano.

Caspian rinfoderò Rhasador e si voltò verso Lord Drinian.

“Capitano, levate l’ancora. È il momento di partire.”

L’uomo annuì e si voltò verso i suoi uomini con decisione. “Avete sentito? Levate l’ancora e spiegate le vele!”

A quelle parole tutti i marinai sembrarono rianimarsi. Uno dopo l’altro corsero verso il proprio posto. Dopo pochi istanti l’ancora gocciolante venne issata fino alla fiancata del Veliero: il rumore della catena che la sollevava era frammezzato dalle voci dei marinai. Caspian si guardò attorno quasi incantato e i suoi occhi vennero attratti dall’ampia vela porpora che rapidamente venne spiegata al vento. I raggi del sole fecero scintillare lo stemma dorato che vi campeggiava al centro: due leoni rampanti accanto ad uno scudo. Caspian sorrise mentre una gioia mai provata prima gli riempiva il cuore. Era diversa da quella che provava al ricordo di Susan… ma lo faceva sentire bene: era come aver trovato un altro mondo oltre a Narnia. Aveva sempre amato il mare e ora vi avrebbe veleggiato. Un leggero ma sostenuto vento di terra gonfiò la vela che spiegò in tutta la sua bellezza. Il Veliero dell’Alba cominciò lentamente a staccarsi dalla banchina. La voce di Drinian riportò Caspian alla realtà.

“Vostra Maestà, se volete seguirmi.”

Il giovane Re seguì a passi rapidi Drinian. L’uomo salì le scalette che portavano sul ponte del timone. Il capitano fece un cenno all’uomo che teneva il timone che si spostò lasciandogli il posto. Lord Drinian afferrò con presa sicura il timone. Caspian lo affiancò ancora non rendendosi pienamente conto che la nave si stava lentamente allontanando dalla riva. I suoi occhi osservavano ogni cosa brillando dall’emozione. Drinian lo osservò per un attimo prima di tornare a guardare davanti a lui.

“Vostra Maestà, se desiderate guardare Narnia prima che scompaia all’orizzonte… vi conviene farlo adesso.”

A quelle parole Caspian si voltò di scatto indietro. In quei pochi minuti il Veliero si era già allontanato di una ventina di metri dalla riva. Caspian si avvicinò al parapetto. I suoi occhi si velarono. La sua Narnia si stava allontanando e la scia bianca lasciata dalla nave sembrava un filo che lentamente scompariva. Il giovane alzò una mano per salutare il suo popolo, Cornelius, Briscola e tutti gli altri. Una morsa gli strinse il cuore. Chissà quanto tempo sarebbe passato prima che Narnia riapparisse all’orizzonte. Ora capiva veramente cosa avevano provato Peter, Susan, Edmund e Lucy… soprattutto Peter e Susan: sapere di non tornare più lì… il solo pensiero lo faceva sentire male.

Lord Drinian si voltò silenziosamente verso Caspian e lesse sul suo volto l’angoscia: dopotutto era la prima volta che Caspian si allontanava da Narnia. Per alcuni istanti lo osservò. Alla fine lasciò il timone al suo secondo e lo affiancò. Caspian si riscosse dai suoi pensieri e lo guardò sorpreso. Lord Drinian piegò leggermente la testa in segno di rispetto e per chiedere il permesso di parlare, ma sulle sue labbra si intravedeva un sorriso.

“La prima volta è sempre la peggiore. Si ha l’impressione che la terra, che si sta lasciando, non si rivedrà più… ma vedrà, Vostra Maestà, che quando torneremo non vi sembrerà neppure di averla lasciata. Alla fine di ogni viaggio si torna sempre al punto di partenza.”

Caspian sorrise rincuorato e si voltò verso Narnia che lentamente si stava rimpicciolendo all’orizzonte. Un’ombra passò sui suoi occhi… ma quello Lord Drinian non lo poteva capire. Non poteva capire che le sue parole gli avevano fatto prendere per la prima volta consapevolezza che anche per Susan venire a Narnia era solo un viaggio… era per questo che ogni volta era tornata indietro, nel mondo da cui proveniva. Ma non voleva credere che fosse un obbligo… dopotutto durante ogni viaggio uno può decidere di fermarsi. Sì, avrebbe chiesto ad Aslan il permesso che a scegliere fosse Susan… e poi avrebbe accettato qualsiasi sua scelta. Perché l’amava... ma voleva sentirselo dire da lei.

Caspian si voltò verso Drinian e gli posò una mano sulla spalla.

“Vi ringrazio capitano. Vado nella mia cabina. Per qualunque cosa, fatemi chiamare.”

Lord Drinian si inchinò e tornò al timone. Caspian scese lentamente le scale. Nel farlo il giovane Re osservava ogni particolare di quella nave. Forse era la suggestione del nome che gli aveva dato, ma era convinto che non ci fosse una nave più bella in tutta la flotta. Sorrise. Il Veliero dell’Alba, però, era veramente la nave più bella di tutta Narnia. Non avrebbe potuto dedicarla a Susan, altrimenti.

Caspian attraversò il corridoio principale che portava alla sua cabina e alla cabina di comando. I suoi occhi abituati al sole stentarono alcuni istanti ad adattarsi alla penombra dell’interno della nave. Il giovane fece un paio di metri e all’improvviso si fermò al centro del corridoio. Sotto i suoi piedi percepiva i leggeri spostamenti che le onde imprimevano allo scafo. Sembrava quasi di essere cullati. Caspian si voltò a guardare i piccoli quadretti e gli arazzi che decoravano le pareti di legno intarsiate d’oro. Molti di essi raffiguravano paesaggi di Narnia ed episodi dell’Epoca d’Ora. Il giovane si avvicinò ad uno degli arazzi che raffiguravano i quattro Sovrani a cavallo. Assomigliava ad un’immagine che aveva visto in uno dei libri di Cornelius. Sorrise e sfiorò la figura di Susan che stava suonando il corno. Poi i suoi occhi andarono al corno che era ancora appeso alla sua cintura. in quel momento si ricordò che doveva andarlo a sistemare al sicuro nella cabina di comando.

Caspian proseguì e dopo pochi istanti spalancò la porta della cabina. Davanti a lui c’era un pesante tavolo decorato in oro. Drinian vi aveva già steso sopra le carte nautiche e le mappe. In un angolo era posato anche il cannocchiale dorato che Cornelius gli aveva regalato prima della partenza. Caspian andò verso il mobile su cui erano collocati l’arco e la faretra di Susan. Lì accanto c’era un cofanetto rivestito di velluto rosso. Il giovane sorrise e vi posò il corno d’avorio. Poi andò al tavolo. Lentamente prese il cannocchiale e ne sfiorò le decorazioni dorate. I suoi occhi dopo un attimo vennero attratti dalla bianca carta nautica che occupava gran parte del tavolo. Sulla sinistra c’era raffigurata Narnia e più sotto anche Archen e Calormen. Il resto era occupato dall’Oceano Orientale. Quasi al suo centro tre sole isole spezzavano quell’ampia distesa d’acqua. Caspian posò un dito sul punto dove vi era disegnato Cair Paravel e poi lo spostò fino a raggiungere le Isole Solitarie. Secondo Lord Drinian ci sarebbero arrivati in meno di una settimana se il tempo rimaneva buono. Il giovane Re sorrise. Quell’uomo era estremamente riservato e di poche parole ma, ne era convinto, sarebbero diventati amici. Se ne era già accorto. Caspian ripensò alle parole di poco prima mentre andava verso l’ampia finestra che permetteva di vedere una grande parte di mare. Sulla linea dell’orizzonte si vedevano ancora i profili delle coste di Narnia. Il ragazzo la aprì e uscì sul balcone. Sotto di essi i flutti colpivano la barra del timone creando un gorgoglio costante e rilassante. Sembrava il rumore della risacca sulla spiaggia. Caspian si posò al parapetto e i suoi occhi scuri cercarono di imprimersi quell’ultima immagine di Narnia nella mente e nel cuore.

Da sopra sentiva arrivare la voce di Drinian che impartiva gli ordini e le voci dei marinai che rapidamente li eseguivano. Caspian sorrise pensando che quelli sarebbero stati i suoni che lo avrebbero accompagnato durante tutti quel viaggio. E non gli dispiaceva: anzi, se non fosse stato che avrebbe dovuto stare lontano da Narnia, gli sarebbe piaciuto navigare anche per anni.

Il giovane Re sospirò e i suoi occhi si incupirono. Sperava solo di riuscire a trovare i sette Lord… o scoprire almeno che cosa fosse successo loro. E poi… e poi, chissà, magari avrebbe avuto la possibilità di navigare veramente verso il bordo di quella mappa. Navigare verso le terre di Aslan… non poteva non ammettere che scoprire che cosa si celava oltre le Isole Solitarie gli sarebbe piaciuto. Soprattutto perché oltre ad esse secondo le leggende c’erano le terre di Aslan. Doveva riuscire a rivederlo come gli aveva promesso anni prima. Non poteva aspettare all’infinito per chiedergli il ritorno di Susan. Voleva evitare con tutte le sue forze il giorno in cui, per Narnia, avrebbe dovuto rinunciare a lei. A qualunque costo avrebbe raggiunto i confini del mondo. Improvvisamente gli tornarono in mente le storie che Drinian e i marinai gli avevano raccontato e le leggende di Cornelius… sorrise divertito: serpenti marini e anche peggio. Beh, non c’era nulla da dire. Veramente begli ostacoli da superare. Ma non ci credeva e se anche fossero stati veri, avrebbe affrontato qualsiasi cosa: niente gli avrebbe impedito di avere la possibilità di rivedere Susan.

Caspian estrasse Rhasador. Con uno sguardo determinato la provò fendendo l’aria un paio di volte. Il ragazzo la guardò e annuì. Sì, quella era una nuova avventura e lui non si sarebbe tirato indietro. Caspian voltò gli occhi verso l’alto e sorrise verso l’albero maestro del Veliero dell’Alba.

“Ti riporterò a Narnia, Susan. Questa è una promessa.”

Caspian nel pronunciare quella parole rinfoderò la spada con un gesto secco e rientrò nella cabina chiudendo dietro di sé le porte finestre. Il Veliero nel frattempo scivolava sulle onde spinto in avanti dal vento, risplendente in tutta la sua bellezza alla luce del sole. La prua forgiata con la forma di una testa di drago dalle fauci spalancate sembrava veramente una creatura magica, scintillante d’oro sotto i raggi del sole, mentre fendeva le onde azzurro cristalline del mare. E la vela porpora sembrava veramente le sue ali. Un’unica ala maestosa che stava conducendo il Veliero dell’Alba. Chiunque guardandolo lo avrebbe riconosciuto subito come un veliero di Narnia, anche da lontano,  anche se piccolo in mezzo ai flutti. Un Veliero di Narnia che solcava le onde verso un nuovo incredibile viaggio.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Salve a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! ^-^ Ok, vi avverto probabilmente oggi straparlerò un po’… ma comprendetemi, stamattina ho fatto l’orale e sono finalmente libera dalla maturità!!! Salto dalla gioia: veramente, non ne potevo più! Senza contare che non aveva più tempo per scrivere… ok, probabilmente non vi interessa. Comunque, non appena pranzato, riacquistato le mi facoltà mentali (sono crollata sul letto finito di mangiare) mi sono fiondata a finire questo capitolo, il penultimo di questa storia! Un po’ mi dispiace ma sono anche felice perché non vedo l’ora di scrivere la continuazione che vi ho promesso! Wow, non ci credo… ho finito la maturità. O.O è veramente una sensazione stranissima… ti senti libero ma ti sembra ancora impossibile. È invece è vero!! XD XD XD Va bene, va bene… ora mi calmo. Ma devo ammettere che essere stata il primo giorno non è stato un male: fuori il dente e fuori il dolore… e così ora sono potuta tornare da voi! Non so voi, ma io sono contenta. Mmmmh, forse è meglio parlare un po’ del capitolo… voi che dite? XD Allora, con il precedente capitolo (ormai più di un mese fa… urgh) abbiamo lasciato Caspian mentre veleggiava verso le Isole Solitarie. Stavolta, come qualcuno aveva già intuito, è la volta della partenza di Susan e Peter… l’atmosfera iniziale è un po’ malinconica ma spero non vi faccia piangere! ;) In ogni caso è presente anche un flashback e perciò in esso i dialoghi sono quelli del film. Cos’altro vi posso dire? Beh, spero che il capitolo vi piacerà e con questo vi auguro buona lettura! By Hikari

P.S. ringrazio con tutto il cuore tutti coloro che hanno pazientemente atteso questo capitolo… e con il prossimo capitolo vi prometto che metto dei ringraziamenti fatti per bene. In ogni caso, ancora grazie dal più profondo del cuore ha chi recensisce, a chi mi segue e a chi anche solo legge. A presto! :)


E dimmi come posso fare,
per raggiungerti adesso…
per raggiungere te.

Susan posò la valigia sull’asfalto della banchina e rimase immobile. Le braccia abbandonate lungo i fianchi. Gli occhi azzurri erano sgranati e fissavano la folla di persone che passava per imbarcarsi. Il mare quasi non si vedeva ma il suo odore salmastro avvolgeva tutto. Il verso stridulo di un gabbiano sovrastò le loro teste. Era stato una fortuna, secondo i loro genitori, che avessero trovato posto su quel transatlantico per l’America. I collegamenti tra le due coste erano molto difficili, ma ora sembrava che almeno quel viaggio fosse sicuro. Si andava avanti così, aspettando di giorno in giorno che la Marina autorizzasse qualche partenza. E loro stavano per partire… la ragazza si voltò cercando conforto nello sguardo di Peter. Il fratello vedendo la sua espressione smarrita le sorrise. Susan cercò a suo volta di sorridere ma si vedeva che non era un sorriso spontaneo. E come avrebbe potuto esserlo? Susan si voltò a guardare Lucy e Edmund. La prima ricambiò il suo sguardo con un sorriso spento. Edmund invece sbuffò per l’ennesima volta. Quella decisione non l’aveva proprio mandata giù… di sfuggita Susan gettò lo sguardo verso gli zii che affiancavano Lucy ed Edmund.

Zio Harold sembrava impegnatissimo nella lettura del giornale e non dava l’impressione di interessarsi molto a quello che stava succedendo. Zia Alberta, invece, si guardava attorno annoiata. Non era un mistero che la donna avrebbe preferito di gran lunga dover ospitare loro due, i maggiori. I due maturi, secondo lei, e a cui era possibile trasmettere le loro idee moderne: in poche parole il male minore. Per lei Lucy ed Edmund erano ancora due bambini piccoli di cui bisognava occuparsi. Susan non aveva troppa simpatia per i due e neppure per il cugino Eustace, cosa che la accomunava anche con gli altri tre fratelli: Lucy per quanto gentile e disponibile non sopportava proprio gli scherzi che Eustace le faceva sempre quando andavano da loro, Edmund… meglio non parlarne. Per un istante sorrise divertita: magari sarebbe potuto essere un motivo per un’anticipata partenza di Lu e Ed per l’America… ma sapeva che non sarebbe successo. Peter era della stessa idea di Edmund ma almeno lui, di tre anni più grande di Eustace, riusciva a stargli lontano. Per quando riguardava lei, aveva sempre cercato di essere gentile con tutti e tre ma con scarsi risultati: Eustace la considerava “soporifera, meglio di qualunque sonnifero”, con zio Harold era già tanto scambiarsi i saluti e zia Alberta… Susan sospirò. Quando erano insieme non faceva altro che parlare delle riunioni del circolo pacifista che frequentava “insieme anche a donne importanti dell’alta società”, dei benefici che si potevano avere da una stretta dieta vegetariana “soprattutto quando si è una bella ragazza che aspira ad un buon matrimonio” e… Aslan, sì, solo Aslan sapeva quale altro mucchio di idee e “proclami” aveva dovuto sopportare: argomenti che forse sarebbero stati interessanti… ma non quando uscivano fuori dalla bocca della zia Alberta. I suoi non sembravano consigli ma imposizioni… senza contare che la zia aveva il magico potere di rendere tutto di una noia mortale. E poi era lei quella soporifera…

Se non fosse stato che Lucy e Edmund restavano a Cambridge, sarebbe stata contenta di andare in America. Invece avrebbe preferito mille volte restare e sopportare anche tutto il giorno zia Alberta, pur di restare con loro. A proposito… Susan si chiese come mai Eustace non fosse venuto. Ah, sì. Glielo aveva detto zia Alberta prima: il diligentissimo Eustace stava già facendo i compiti per le vacanze… peccato che la cara zia non sapesse tutti i dispetti e gli scherzi che aveva fatto loro durante le poche volte che si erano visti. Chissà perché ce l’aveva tanto con loro…

Improvvisamente un cupo boato si propagò nell’aria. Susan si riscosse e alzò lo sguardo. I camini del transatlantico iniziarono ad emettere nuvole di fumo nero e scuro. La ragazza strinse istintivamente le mani, stringendo da una parte il maglioncino grigio-azzurro e dall’altra la mano di Peter. Presto sarebbero saliti… presto avrebbero dovuto salutare Lucy e Edmund. Susan tornò a voltarsi e vide negli occhi della sorella il suo stesso smarrimento. I loro occhi azzurri si specchiarono leggendovi la stessa inquietudine. In quel momento arrivarono i loro genitori. I due si fecero largo tra la folla e li raggiunsero. La madre teneva tra le mani i biglietti che erano andati a far timbrare, mentre il padre spostò vicino a sé una delle valigie che era rimasta fino a quel momento vicino agli zii. L’uomo si voltò sorridendo verso di loro.

“È tutto pronto. Possiamo salire.”

Susan sorrise per non deludere il padre anche se avrebbe voluto scoppiare a piangere. Per fortuna il padre tornò a voltarsi verso Lucy e Edmund iniziando a fare, insieme alla madre, decine di raccomandazioni. La mente di Susan iniziò a sprofondare nei proprio pensieri. Alle orecchie le parole dei genitori, il rumore della folla divennero sfocati. Era così simile a quella volta… se lo ricordava, come se fosse stato ieri. Si rivide lì, in mezzo alla folla, spaesata e impaurita tra tanti altri bambini. Era uguale: quella volta avevano salutato la madre, ora salutavano Lucy e Edmund… la scena di due anni prima le passò di nuovo davanti agli occhi e i pensieri di quella volta ritornarono a galla…

Susan distolse lo sguardo dalla folla che li circondava. Fissarla non avrebbe fatto che aumentare la sua ansia… La ragazza guardò la madre inginocchiarsi per aiutare la piccola Lucy ad agganciare il cartellino di riconoscimento. Lucy era spaventata. Lo era anche lei. Cercava di non darlo a vedere, per rassicurare la madre. Ma aveva paura: per quanto tempo sarebbero stati lontani? E se alla madre fosse successo qualcosa mentre erano via? Non sarebbe mai riuscita a sopportarlo.

Cercando di non pensarci Susan smise di far girare il cartellino tra le mani e se lo appese ad una falda del cappotto. Improvvisamente le parole di Edmund ruppero il silenzio in cui i quattro fratelli erano caduti da qualche minuto.

“Se papà fosse qui non ci farebbe partire.”

Susan alzò lo sguardo. Papà… quanti mesi che non le vedevano. E le sue notizie erano sempre così poche. Quanto le mancava… Immediatamente Peter si voltò verso il fratello guardandolo quasi con rimprovero. Anche Peter cercava di sembrare forte, ma molto spesso questo lo portava a scontrarsi con Ed che non sopportava il comportamento di Peter che secondo lui voleva imitare il padre…

“Se papà fosse qui la guerra sarebbe finita e non dovremmo andarcene!”

Susan li guardò temendo che anche in quell’occasione i due si sarebbero messi a litigare. Non ne poteva più… per fortuna la madre intervenne prima che fosse troppo tardi. La donna si rivolse ad Edmund quasi supplicandolo. Si vedeva quanto le costava doverli salutare.

“Ascolterai tuo fratello, vero Edmund?”

La madre lo guardò in attesa delle parole che tanto sperava. Edmund continuò a fissarla ma non disse nulla. Poi, dopo un paio di istanti, la donna si alzò e abbracciò il ragazzino. Quando Susan vide Edmund cercare di ritrarsi un poco con quel suo solito atteggiamento insofferente, le si strinse il cuore. Avrebbe voluto gridargli di smetterla e capire per una buona volta che i gesti di affetto, le preoccupazioni della madre non dipendevano dal fatto di crederlo piccolo ma dipendevano solamente dall’amore che loro madre provava per lui come per gli altri… perché non voleva capirlo? Soprattutto in un momento simile…

La madre senza smettere di guardare Edmund, con un velo di tristezza che le copriva gli occhi, si avvicinò a Peter. Il ragazzo la guardò cercandole di far capire che sarebbe andato tutto bene… Peter era così: voleva sempre mostrarsi all’altezza delle situazioni, non per presunzione, ma per non far preoccupare gli altri…

I due si abbracciarono stretti. Peter aveva sempre avuto un rapporto con i genitori e i fratelli diverso da quello di Edmund. Ma forse dipendeva dal fatto che lui era il maggiore e si sentiva rivestito anche di una certa responsabilità… Susan abbozzò un sorriso. Avere vicino Peter era sempre stato un conforto anche per lei. Erano cresciuti molto uniti… Anche se ultimamente sembravano averlo un po’ dimenticato…

“Promettimi che avrai cura dei tuoi fratelli.”

Susan si morse il labbro per non piangere. Non poteva farlo. Sua madre si sarebbe preoccupata troppo. Quanto avrebbe voluto restare con lei… Peter probabilmente provava i suoi stessi sentimenti. Infatti vide il fratello chiudere gli occhi e deglutire prima di rispondere.

“Ma certo, mamma.”

I due si separarono e Peter abbassò la testa. Si vedeva quanto costava anche a lui quella partenza. La madre se ne accorse e cercò di sorridere.

“Ci conto.”

I due tornarono a guardarsi ancora per un istante, poi Peter tornò ad abbassare lo sguardo e la donna si voltò verso di lei. Quando i loro occhi si incrociarono, Susan cercò di sorridere. La madre le venne vicino e Susan protese subito le braccia.

“Susan…”

Le due si abbracciarono e Susan posò il volto sulla spalla della madre. Non riuscì a dire una parola e per l’ennesima volta fu costretta a fare uno sforzo enorme per non piangere. Per un attimo gli occhi le si inumidirono e Susan chiuse gli occhi per trattenere le lacrime.

“Piccola, sii brava.”

Ogni istante era più difficile. Soprattutto sapendo che quello era il saluto prima di una separazione di cui non si sapeva la durata. Susan non riuscì a risponderle. Le parole le morirono in gola e l’unica cosa che riuscì a fare fu quella di annuire più volte. Quando però le due si separarono Susan sorrise e cercò di trasmetterle con lo sguardo quella serenità che neppure lei sentiva veramente dentro di sé.

Prima che la madre tornasse a voltarsi, Susan socchiuse le labbra come per dire qualcosa. Voleva salutarla, dirle tante cose, prima tra tutte che le voleva bene, che sarebbe tutto andato a posto… ma non ci riuscì e rimase muta.

La madre arretrò di un passo continuando a guardarli tutti e quattro in volto. Neppure lei avrebbe voluto separarsi da loro, vederli partire… ma preferiva soffrire lei piuttosto che rischiare che potesse succedere loro qualcosa.

“Ecco, ora andate.”

Susan si accorse che la madre cercava di mostrarsi serena per non farli preoccupare. Ma lei si rese conto come Peter che era solo una finzione. Ma non poteva essere altrimenti… dovevano tutti farsi forza e pregare che la guerra e i bombardamenti finissero presto. Peter si abbassò per prendere la valigia e Susan si riscosse dai pensieri voltandosi anche lei per raccoglierla da terra.

Peter prese Lucy per mano ed iniziò ad avviarsi tra la folla di bambini e genitori. Lucy mentre si faceva guidare dal fratello maggiore continuava a guardare indietro la madre. Susan sapeva che la piccola Lucy, più di tutti, non riusciva a capire ancora quella separazione forzata. Lei aveva già preso per mano un recalcitrante Edmund e aveva preceduto Peter per dirigersi al vagone.

“Lasciami, so salire da solo sul treno!”

Susan sospirò continuando a tenere il fratello per mano. Non potevano rischiare di perdersi in quella folla. Susan vide una delle donne che controllavano i permessi vicino ad un uomo che controllava le liste. Edmund continuava a cercare di liberarsi dalla sua presa. Susan cercò di ignorarlo.

“Dai, lasciami!”

La donna prese il cartellino appeso al cappotto di Susan per controllarlo mentre la ragazza continuava a guardare verso il vagone. Non riusciva a staccare gli occhi dalla sua massa scura. Poi tornò a voltarsi. Accanto a lei e Edmund c’erano ora anche Peter e Lucy.

“Posso vedere i biglietti, per favore?”

Susan si accorse che Peter stava guardando altrove senza rendersi conto della donna che cercava di prendere i biglietti che lui teneva in mano.

“I biglietti, per favore…”

Di sfuggita Susan si voltò per scoprire che cosa avesse attratto in quel modo l’attenzione del fratello: in quel momento un gruppo di soldati stava passando in quel momento dietro la folla di genitori…

“Peter…”

Il ragazzo non sentì neppure la sua voce e così Susan prese l’iniziativa. Con un gesto rapido la ragazza afferrò i biglietti fuori dalla mano di Peter porgendoli poi alla donna. Solo in quel momento Peter si riscosse guardandola quasi senza capire. Susan tornò a voltarsi verso la donna. Quest’ultima le sorrise probabilmente comprendendo il loro smarrimento.

“Vai pure, piccola.”

Susan iniziò ad avviarsi verso il vagone e alle sue spalle sentì la voce di Peter che ringraziava. Dopo un paio di passi uscirono dalla folla e si ritrovarono nello spazio che era stato creato ai lati del treno. Un soldato indicò loro una delle porte di un vagone. Susan sorrise titubante e deglutì. Non avrebbe mai immaginato facesse così male. Susan salì per prima seguita da Edmund. La ragazza si voltò e vide Peter inginocchiato a confortare Lucy. Anche lei non ce la faceva più… le parole di Peter la colpirono riuscendo a confortare un po’ anche lei mentre le ripeteva nella sua mente. Dobbiamo restare uniti, adesso… vedrai che si sistemerà tutto, andrà tutto bene… andrà tutto bene… oh, quanto sperava anche lei che fosse così. Quanto pregava che quell’incubo finisse presto…

I due salirono e, non appena Lucy le fu accanto, Susan le posò una mano sulla spalla cercando di farle sentire la sua vicinanza. La bambina la guardò per un attimo sorridendo debolmente. Subito dopo di loro le porte vennero chiuse e pochi istanti passarono prima che il rumore della folla fosse superato dal fischio del capo stazione. Susan a quel suono si fece largo per prima tra gli altri bambini e ragazzi, seguita a ruota dai fratelli. Doveva vedere sua madre. Dovevano vederla…

Susan si accorse di una finestrella ancora aperta e libera. Senza perdere un attimo di tempo Susan la raggiunse e sporse la testa. Si sentiva mancare quasi il respiro. Con l’ansia che cresceva si guardò di lato cercando di scorgere tra la folla di genitori e parenti il volto della loro madre. Dietro di lei anche Lucy, Peter e Edmund si fecero spazio in quel piccolo vano. Susan cercò di stringersi senza però distogliere lo sguardo dalla folla e finalmente la vide. Nel momento in cui il treno iniziò a muoversi sul binario loro madre riuscì a farsi largo tra la folla. La donna vedendoli sorrise, felice di poterli salutare fino all’ultimo.

“Amori miei, ciao…”

Le sue parole si mescolarono con quelle di tutti gli altri, ma Susan capì lo stesso che cosa avesse detto. Peter, Lucy e Edmund salutarono uno dopo l’altro e i tre per poco non spinsero dentro Susan che cercò con tutte le sue forze di continuare a guardare fuori. Tutti e quattro continuavano ad agitare le mani quasi potesse far durare di più quel saluto.

“Mamma ci mancherai, a presto!”

“Ciao!”

“Ciao!”

E alla fine ci riuscì. Mentre il treno cominciava ad allontanarsi lentamente, Susan trovò la forza di parlare per dire la cosa che più voleva dire a sua madre.

“Ti voglio bene, mamma!”

I loro saluti continuarono mentre la madre e la folla si facevano sempre più lontani. Continuarono così, loro e tutti quanti fino a quando la stazione scomparve oltre l’ultimo vagone e ancora più oltre.

“Susan.”

La ragazza trasalì alla voce del fratello e si voltò verso di lui. Il ragazzo le sorrise indicandole con la testa i genitori che stavano in quel momento finendo di abbracciare Lucy e Edmund. Susan capì che quelli erano veramente gli ultimi istanti prima di partire. Con gli occhi umidi Susan superò i metri che la distanziava da Edmund gettandogli le braccia al collo. Il ragazzo dopo un attimo di imbarazzo rispose all’abbraccio. Peter nel frattempo stava abbracciando Lucy. Susan chiuse gli occhi come quella volta, per cercare di non piangere. Edmund se ne accorse e la fece allontanare un po’ sorridendo con quel suo sorriso vagamente sarcastico.

“Guarda che quelli che dovrebbero piangere siamo io e Lucy…”

Susan sorrise e lo colpì sulla spalla. Anche Edmund sorrise. Quanto era cambiato grazie a Narnia… i due si riabbracciarono.

“Mi mancheranno i tuoi rimproveri, Susan.”

Susan si staccò da lui e lo guardò. “E a me mancherà il doverteli fare… ti voglio bene, Ed.”

Edmund per un attimo la guardò stupito poi si voltò di lato, quasi a disagio, iniziando a borbottare.

“Guarda che fra qualche settimana ci rivediamo… mica è un addio questo.”

Susan sorrise pensando che Edmund restava comunque e sempre Edmund. Poi la ragazza si voltò verso Lucy. Le due per un istante si fissarono e poi si abbracciarono. Susan affondò il viso nei capelli castano-rossicci della sorella. Per lunghi istanti nessuna delle due disse nulla. Bastava quell’abbraccio per dire tanto cose che nessuna delle due aveva la forza di esprimere a parole. Alla fine fu la voce rotta dalla commozione di Lucy a rompere il silenzio.

“Mi mancherai così tanto, Sue…”

Susan a quel punto non riuscì a trattenere le lacrime che iniziarono a uscire lentamente dagli occhi e a rigarle le guance.

“Oh, anche tu Lu… non sai quanto…”

Le due si separarono guardandosi negli occhi. Tutte due stavano piangendo e accorgendosene sorrisero. In quel momento i loro genitori finirono di salutare gli zii e sollevarono le valigie. Susan abbracciò stretta Lucy ancora una volta.

“Lucy ti voglio bene. Vi scriverò ogni giorno, te lo prometto…”

Lucy annuì con decisione. “Ci conto. Ti voglio bene anche io, Susan. A presto.”

Anche Susan annuì e si staccò da lei. Cercando di sorridere la ragazza prese la propria valigia e affiancò Peter. I due accennarono un saluto verso gli zii. Zia Alberta rispose con un sorriso di circostanza mentre invece zio Harold mugugnò qualcosa da dietro il giornale. A quel punto Susan e Peter si voltarono per seguire i genitori. Mentre si dirigevano verso la passerella, Susan tornò a voltarsi. Lucy e Edmund erano immobili a guardarli partire. Susan si voltò in avanti iniziando a salire. Ogni passo le sembrava un’impresa… camminava come un automa dietro a Peter. Alla fine si ritrovarono a bordo della nave e subito si diressero al ponte superiore da dove già decine di persone stavano salutando parenti e amici sventolando fazzoletti e agitando le mani.

I quattro, senza dire una parola, si diressero velocemente verso il parapetto. La nave in quel momento vibrò e cominciò a staccarsi dalla banchina. Susan accelerò facendosi largo tra la folla. Doveva riuscire a salutare Edmund e Lucy ancora una volta… Peter la prese per un braccio strattonandola vicino a lui nello spazio che era riuscito a trovare. Poco lontano c’erano anche i loro genitori.

Susan guardò oltre il parapetto. La folla sulla banchina sembrava così piccola da lassù… freneticamente gli occhi azzurri di Susan si mossero sulla folla per cercare i due fratelli. Non li vedeva… non li vedeva… Peter iniziò a muovere la mano.

“Susan, eccoli. Là!”

Susan guardò nella direzione indicata dal fratello e li vide. Lucy e Edmund si stavano facendo largo tra la folla agitando le braccia per salutarli. Susan sorrise scoppiando a piangere.

“Lucy, Edmund! Vi voglio bene! A presto!”

Sapeva che probabilmente i due non l’avevano sentita ma non aveva importanza. Anche Lucy gridò qualcosa che si perse in mezzo alle voci della folla. Un altro cupo rimbombo dei camini coprì le voci di tutti. Susan e Peter continuarono però a muovere le mani e a salutare i fratelli. Pian piano che la banchina si allontanava i due si sporgevano più che potevano per vedere fino all’ultimo Lucy e Edmund. I due corsero fino al bordo ultimo della banchina continuando a salutarli. Susan non riusciva a staccare loro gli occhi di dosso. Quanto facevano male quelle separazioni… la madre, i fratelli… Caspian. Nel momento in cui la sagoma della nave nascose l’ormai distante banchina il pensiero del giovane Re di Narnia tornò a farsi spazio nella sua mente. Susan si fermò e i suoi occhi azzurri fissarono le onde scure del mare. L’aria si fece più pungente e una leggera brezza le scosse i capelli. Pian piano la folla iniziò ad allontanarsi dal parapetto. Susan no. Rimase immobile e i suoi occhi si alzarono per vedere il porto che si allontanava. Perché nella sua vita aveva sempre dovuto separarsi dalle cose che lei aveva di più care? Per un po’ di tempo… per molto… forse per sempre alcune… come Narnia e Caspian.

Quasi le avesse letto nel pensiero Peter le posò una mano sulla spalla. Susan si voltò e si gettò tra le sue braccia. Susan chiuse gli occhi, confortata dall’abbraccio del fratello. Il ragazzo le accarezzò lentamente i capelli.

“Susan, vedrai. Andrà tutto bene.”

Susan annuì. Sì. Doveva esserne sicura. Doveva smetterla di riempire la sua testa di pensieri negativi. Presto Lucy e Edmund li avrebbero raggiunti in America… e forse Aslan avrebbe ascoltato le loro preghiere. Susan alzò la testa verso il fratello.

“Mi ricorda tanto gli addii a Narnia, Peter…”

Peter sorrise separandola da sé. I due si voltarono a guardare verso i profili della città che si allontanavano lasciando spazio alla distesa del mare. Faceva impressione ad entrambi: era la prima volta che lasciavano l’Inghilterra… beh, non proprio la prima se consideravano i loro viaggi a Narnia. Nessuno dei due disse una parola. Peter le cinse le spalle con un braccio e Susan posò la testa alla sua spalla. Come avrebbe fatto senza Peter?

“Mamma e papà sono scesi giù in cabina. Quando te la senti, li raggiungiamo.”

Susan annuì fissando la costa che minuto dopo minuto si allontanava. Tanti pensieri si confondevano nella sua mente, primi tra tutti il saluto dei fratelli, il ricordo di Narnia… e di Caspian. Forse in quel momento era sbagliato, ma Susan non riuscì a non pensare a lui. In mente le tornarono gli istanti che erano stati gli ultimi a Narnia. Con lo sguardo perso nel vuoto Susan cercò di riviverlo nei gesti, nelle parole… e le tornarono in mente le parole di Aslan. E si accorse che grazie a Peter, non le facevano più così paura. Loro erano cresciuti: era per questo che non avevano più bisogno di Narnia. Avevano imparato tutto quello che poteva servire loro… ma non era vero. E Susan questo lo sapeva. Lo aveva capito in quei mesi. Come lo aveva fatto Peter. Avevano ancora tanto da imparare: non smettere mai di credere e avere sempre speranza erano solo le prime cose che faticavano ancora a fare.

La voce di Peter la distolse da suoi pensieri un’altra volta.

“Non erano degli addii, erano solo degli arrivederci… ne sono sicuro.”

Gli occhi di Susan si voltarono a guardarlo. La ragazza aveva capito subito a cosa si riferisse, ma era rimasta colpita dal tono sicuro che aveva usato. La sicurezza di un Sovrano. Susan guardò meglio Peter e nei suoi occhi vide la stessa fierezza che vi brillava a Narnia.

“Parli con la stessa sicurezza che avevi a Narnia.”

Peter si voltò sorpreso verso la sorella. Poi però sorrise.

“Beh… che ci posso fare? Quando uno diventa Re di Narnia, è sempre Re di Narnia.”

A Susan tornarono in mente le parole che Aslan aveva pronunciato il giorno della loro incoronazione. Si era sempre chiesta quale fosse il significato profondo di quelle parole: non aveva mai creduto fosse solo una formula cerimoniale. Ma, come tante cose a Narnia, non ti veniva spiegato: dovevi essere tu, da solo, a comprenderne il significato. E lei non ci era ancora riuscita…

Vedendo il volto imbronciato di Susan, Peter scoppiò a ridere e la fissò dritto negli occhi.

“Susan, la stessa cosa vale per te. Anche tu sei e sarai sempre una Regina di Narnia. Solo non devi volerlo nascondere. Se lo vuoi, puoi essere anche qui la Regina Susan la Dolce… come io posso comportarmi come Re Peter il Magnifico. Non conta la corona. Conta quello che hai dentro… credo fosse in parte questo che intendeva Aslan.”

Susan rimase muta a quelle parole. Peter aveva ragione. In realtà dentro di lei lo aveva saputo da sempre. Ma non lo aveva mai ammesso: sarebbe significato pensare sempre a Narnia e quindi soffrire dato che, anche dopo il loro primo viaggio, non era sicuro che sarebbero tornati. Ma ora era tutto diverso. Lei questa volta voleva provare a crederci insieme a Peter. Era pronta a soffrire… perché dentro di lei voleva convincersi che non sarebbe stato inutile. Susan sorrise.

“Lo penso anche io. Sì, credo che fosse questo che intendeva Aslan… ora andiamo da mamma e papà, altrimenti si preoccuperanno.”

Peter annuì e i due ragazzi si allontanarono dal parapetto dirigendosi verso il boccaporto che conduceva al ponte inferiore. Peter entrò per primo. Susan lo seguì, non senza essersi voltata ancora una volta verso il mare sorridendo. Un fugace pensiero le attraversò la mente: aspettami, Caspian. Troverò il modo di tornare da te. Poi i due scomparvero nel corridoio.

Il transatlantico nel frattempo continuava a fendere le onde del mare diretto verso gli Stati Uniti. E chissà che questo non fosse il preludio di un viaggio da tanto tempo desiderato…

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Salve a tutti! Per prima cosa scusate il ritardo, ma ho avuto un po’ di problemi… e poi essendo l’ultimo capitolo volevo fosse fatto bene. ;) E così siamo finalmente arrivati alla fine… ma sapete cosa si dice, quando si chiude una porta si apre un portone! ^-^ E infatti, il prima possibile (io spero già la prossima settimana… ma non riesco proprio a trovare un titolo che vada bene! >.<), inizierà una nuova avventura a Narnia, avventura di cui questa storia è stata il preludio. Ora però devo fare due cose: presentarvi il capitolo e fare i ringraziamenti. Cominciamo…
Allora, questo capitolo è un po’ particolare e ha anche una piccola sorpresina che spero vi piacerà. Ah, ancora una cosa… nonostante i capitoli precedenti si siano basati sulle parole di “Gocce di memoria” di Giorgia, quest’ultimo capitolo avrà come “colonna sonora” un’altra canzone di Giorgia, ovvero “Strano il mio destino”. Secondo me è perfetta… poi ditemi voi! ;)

Ed eccoci alla parte più importante delle mie chiacchiere… ovvero i ringraziamenti. Non so neanche come dirvi quanto siano state importanti le vostre recensioni: sono state uno sprone che mi spingeva ad andare avanti e a migliorarmi di capitolo in capitolo. Quindi grazie… e un enorme grazie anche a chi soltanto ha letto. Ora però, dei ringraziamenti speciali. J
Per prima cosa devo ringraziare SusanTheGentle, per la sua gentilezza, per la sua disponibilità, per essere stata la prima a recensirmi e per aver riacceso la mia voglia di scrivere grazie alla sua meravigliosa storia. Grazie Susan! ^-^
E grazie a english_dancer, Fly_My world, FrancyNike93, Serena VdW e tema94 per aver recensito, per aver apprezzato la mia storia, per la gentilezza che avete mostrato ad ogni recensione e per la pazienza che avete avuto nell’aspettarmi in questo lungo mese. Grazie!
E infine grazie a DarkFirefly22, ElenaDamon18, ErzaScarlet_, irongirl e mishy per aver inserito questa storia nelle loro seguite. Spero vi possa essere piaciuta. ^-^

E con questo vi lascio e, con la speranza di avervi magari un po’ emozionato o almeno fatto sorridere, vi dò appuntamento alla prossima storia. Chiunque vorrà accompagnarmi in questa nuova avventura con le sue opinioni e i suoi commenti sarà il benvenuto! A presto… e buona lettura! HikariMoon


Susan chiuse gli occhi e inspirò profondamente. L'aria fresca del mare era così piacevole. faceva dimenticare qualsiasi preoccupazione, qualsiasi tristezza... la ragazza aprì gli occhi e guardò il mare che la prua della nave fendeva. Era così bello stare lì. Quando aveva voglia di pensare non c'era luogo più tranquillo, sul transatlantico, che la prua. Ed era lì che veniva anche quando i ricordi le riempivano la mente o quando la nostalgia per Lucy e edmund si faceva più forte. In quei primi giorni di viaggio era sempre venuta lì...

Caspian guardò verso l'orizzonte. Era così emozionante guardare lontano ed immaginare che cosa nascondesse quel mare blu e profondo. Era per questo che veniva sempre sulla prua a forma di drago. era il posto più bello di tutta la nave, quello che gli permetteva di pensare senza essere disturbato... o almeno così succedeva la maggior parte delle volte. Caspian sorrise. Era lì che veniva anche per pensare a Susan. Stando lì, gli sembrava di essere più vicino all'orizzonte... alle Terre di Aslan dove avrebbe finalmente chiesto di rivedere Susan.

Strano il mio destino
che mi porta qui,
ad un passo dal tuo cuore
senza arrivare mai.

 
Anche quel giorno era venuta lì. Non sapeva neppure lei perché le piaceva tanto quel posto… forse perché le faceva dimenticare dove si trovava e le permetteva di immaginare, guardando il blu del mare, di trovarsi su un altro mare. Susan sorrise. Improvvisamente le tornarono in mente i ricordi del suo ultimo viaggio a Narnia. Il suo primo incontro con Caspian… Susan sorrise dolcemente. Quando l’ho aveva visto probabilmente doveva essere arrossita. Si era sentita strana… era stata una sensazione che non aveva mai provato. E quando i suoi occhi scuri avevano incrociato i suoi non era riuscita a continuare a guardarlo. Susan scosse la testa sorridendo. Non le era successa una cosa simile neppure quando da Regina riceveva le visite dei principi e dei re che la chiedevano in sposa… ma forse dipendeva dal fatto che loro non erano Caspian.

Caspian chiuse gli occhi dondolando le gambe. Sotto di lui sentiva il rumore delle onde che si frangevano sulla prua del Veliero dell’Alba. Era così rilassante. Quel suono lo aiutava a svuotare la mente e a concentrarsi solo sui ricordi di Susan… Caspian sorrise ripensando al giorno in cui l’aveva incontrata. Era sbucata così, all’improvviso, insieme ai suoi fratelli. Quante volte si era pentito della frase che aveva pronunciato… non era così che li immaginavo… e come te li immaginavi, Caspian? Il ragazzo scosse la testa sorridendo. Anche se… in un certo senso era stato sincero. E non era un’offesa… lui veramente non aveva creduto che la Regina Susan potesse essere veramente così bella come l’avevano descritta… anche perché lei era molto più bella. Caspian prese il corno e lo rigirò nelle mani. Chissà cosa avrà pensato quando lui si era messo a fissarla...

Chiusa nel silenzio
Sono andata via,
via dagli occhi, dalle mani, da te.

Susan si posò al parapetto. Caspian era riuscito a farle provare così tante emozioni che prima non aveva mai provato… come quando lo aveva visto dopo che aveva rischiato di risvegliare la Strega Bianca. In quell’occasione Susan si era scoperta gelosa. Vederlo lì, davanti alla lastra di ghiaccio infranta… si era sentita tradita. La ragazza ripensò allo sguardo che gli aveva lanciato e si rese conto che la sua delusione doveva essere stata visibile. Non gli aveva detto nulla, lo aveva solo guardato… e se ne era andata. Si era sentita un po’ stupida… dopotutto lei che diritto aveva di mostrarsi delusa? Solo perché la Strega Bianca era stata la loro peggior nemica? Susan sospirò sorridendo dolcemente. Quella era solo una scusa. La realtà era che aveva sentito venir meno la sua fiducia… loro erano lì, lei era lì… e lui aveva cercato altri aiuti. Non si era mai sentita così male… e nonostante questo non era riuscita comunque a tenergli il muso. Sapeva già che un sentimento speciale la legava a lui.

Caspian ridacchiò sottovoce. E quella non era stata l’unica volta in cui si era fermato a fissarla… era incredibile come in poco tempo la Dolce Regina gli fosse entrata nel cuore. Era per quello che se avesse potuto tornare indietro nel tempo, una delle cose che non avrebbe fatto sarebbe stata dare retta a Nikabrik. Quando aveva visto il suo sguardo deluso… si era sentito male. Si era vergognato per quello che aveva fatto… avrebbe voluto chiederle scusa. Ma non poi non l’aveva fatto. L’aveva fissata, mentre se ne andava, dandosi dello stupido. Era convinto di non meritarla… e convinto che lei fosse rimasta delusa in quanto Regina di Narnia. Solo poi, quando lei se ne era andata, aveva capito che ad essere rimasta delusa era stata soprattutto Susan… ma ormai era stato troppo tardi. E così non le aveva mai più chiesto scusa… era anche quella una cosa che avrebbe voluto fare, una volta che l’avrebbe potuta riabbracciare. Se solo si fosse accorto subito di quello che provava per lei… e quello che lei provava per lui. Caspian scosse la testa. Non aveva mai saputo come comportarsi con lei.

Che donna sarò
se non sei con me
e se ti amerò ancora e di più.

Susan si perse a guardare le onde del mare. Se solo avesse avuto un po’ di più coraggio… sia per ammettere i propri sentimenti, sia per farli crescere. E invece… anche quando era stati vicini, lei aveva cercato di rimanere distaccata. Susan si pentì delle sue scelte… poi sorrise. Era successa una cosa simile anche quando stava addestrando i Narniani a tirare con l’arco. Caspian era arrivato lì e aveva cercato di impressionarla. Se solo si fosse accorta in tempo di non essere stata l’unica a provare quei sentimenti… chissà cosa sarebbe cambiato. Susan sorrise di nuovo ripensando alla sua faccia quando lei aveva colpito la pigna che lui aveva mancato. Beh… dopotutto l’aveva sottovalutata. Ma era stato così bello potergli stare vicino… era stato uno dei pochi momenti in cui avrebbero potuto parlare. Lei però non voleva ammettere di essersi innamorata e non voleva che nessuno le facesse vedere il contrario… Susan si rese di quanto era stata condizionata dalla certezza che quel viaggio non sarebbe durato per sempre. Amaramente capì di non essersi sentita di nuovo parte di Narnia come un tempo… lo aveva fatto per non soffrire… ma pensare alla fine, l’aveva portata a soffrire ancora di più.

Caspian posò il corno accanto a sé. Ma perché quando ci si innamora non si sai mai come comportarsi con la persona amata? Quante volte se lo era chiesto. Sarebbe stato tutto più facile se lui non fosse stato così timido… le avrebbe potuto aprire il suo cuore e forse ora sarebbero insieme. E invece si era comportato come uno sciocco… non era stato neppure in grado di corteggiarla. L’unica volta in cui avrebbe potuto farle capire i suoi sentimenti era stato solo capace di comportarsi da ragazzo presuntuoso… e lei gli aveva dato una lezione. Caspian sorrise divertito. Se lo era meritato. Susan gli aveva mostrato che non bisognava sottovalutarla. E che serviva altro per conquistarla… ma lui non aveva mai cercato di darle quell’altro che lei cercava. Sarebbe bastato avere il coraggio di quello che provava… ma era solo un ragazzino. Quanto lo aveva maturato quell’avventura… era anche per quello che voleva rivedere Susan. Per mostrarle di essere finalmente degno di lei. Caspian guardò deciso verso l’orizzonte: non avrebbe più fatto lo stesso errore. Se avesse avuto una seconda possibilità, non sarebbe rimasto in disparte e avrebbe difeso quell’amore. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per far restare Susan insieme a lui. Non si sarebbe voltato e rassegnato. Non quella volta.

Strano il mio destino
mi sorprende qui
qui ferma a non capire
dove voglio andare.

Susan sospirò. Se ne era resa conto quando ormai era troppo tardi. Lo aveva capito quando Caspian era venuto a cercarli e li aveva trovati insieme ad Aslan. Quando aveva incrociato i suoi occhi scuri… aveva capito di essere stata lei a condannare quell’amore. Non aveva mai fatto nulla per difenderlo. Si era rassegnata a perderlo fin dall’inizio. E cosa aveva ottenuto? Solo di soffrire di più. Ma non aveva fatto nulla per impedirlo. Aveva visto negli occhi di Caspian, in quell’istante, tutto quello che ci sarebbe potuto essere tra di loro… tutto l’amore che lui le avrebbe potuto dare. Lei era rimasta lì a guardarlo. Per un attimo aveva sentito il suo cuore vacillare. Se solo i suoi occhi fossero rimasti incrociati con i suoi ancora per un istante… Susan scosse la testa. Era sciocco immaginarsi altri finali. Lei in quell’occasione, anche davanti all’evidenza, si era voltata. Si era rassegnata alla decisione di altri. Se solo avesse avuto coraggio… coraggio di buttare tutto all’aria, coraggio di seguire il suo cuore… coraggio di rischiare per quell’amore. Susan chiuse gli occhi e inspirò l’aria fresca e salmastra del mare. Per lei era sempre stato più facile lasciar scivolare via le cose… aveva sempre creduto facesse meno male. Si era comportata con Caspian come con Narnia… si era convinta che non valesse la pena lottare contro il destino. Accettare le cose passivamente era più facile, più logico. Ma l’amore non è logico. Susan sorrise. Se ne era accorta quando era tornata. Per quanto avesse provato, all’inizio, a dimenticarlo… non ci era riuscita… e aveva iniziato a sperare di poter avere una seconda possibilità di affrontare il destino. Se fosse successo, non si sarebbe rassegnata una seconda volta.

Caspian si alzò posando le mani al legno dorato. I suoi occhi erano fissi con determinazione all’orizzonte. Aveva fatto tanti errori in passato. Ma era cambiato… era cresciuto. Era cresciuto anche il suo amore per Susan, perché aveva capito che cosa aveva perso. Non si sarebbe rassegnato quella volta. Davanti ad Aslan avrebbe fatto di tutto per fargli capire il suo amore per Susan. Non come quella volta… quando l’aveva vista in quel cortile insieme a Peter e Aslan. Lui si era fermato, non era andato da lei. I loro sguardi si erano incrociato e lui si era perso nell’azzurro di quegli occhi. Era lì che aveva capito che lei se ne sarebbe andata, anche se non lo aveva ammesso. E in quegli occhi aveva letto una richiesta di aiuto. Susan gli aveva chiesto in silenzio di mostrarle di essere pronto a combattere per quell’amore appena sbocciato. Ma lui, quella volta, aveva avuto paura di lottare contro il destino… Caspian strinse le mani attorno al parapetto. Quel giorno si era convinto che Susan si fosse ormai rassegnata… e invece lei gli aveva chiesto di mostrarle la forza per non farlo. Era stato uno sciocco. Sarebbe bastato andare da lei… e lui invece se ne era andato. Aveva condannato il loro amore. Ma non voleva credere fosse una condanna definitiva… Aslan non poteva non capire quanto era forte ciò che gli univa. Sentiva dentro di lui che anche Susan, ovunque fosse, lo amava ancora. Caspian guardò verso il cielo azzurro. Voleva solo avere un’altra possibilità per affrontare il futuro insieme a lei. Un’occasione per non farla andare via di nuovo…

Se tutto quell’amore
Io l’ho soffiato via,
ma fa male non pensare a te.

Susan fece alcuni passi lungo il parapetto. Per un attimo pensò di tornare da Peter e dai genitori, ma poi decise di rimanere ancora un po’ lì. Susan si sedette su una delle panchine poste vicino al parapetto e posò la schiena contro il ferro del parapetto. La ragazza chiuse gli occhi e tornò a ripensare a Caspian. Quante occasioni aveva buttato… anche quelle poche in cui aveva avuto coraggio, in cui aveva seguito l’illogicità dell’amore. Come quella volta che gli aveva lasciato il corno… gli aveva in pratica detto che provava qualcosa per lui. Perché lo aveva fatto? Forse perché sperava che lui capisse. Forse aveva cercato una conferma di essere corrisposta… forse sperava che così sarebbe stato lui a fare il primo passo. Sì. Era stato per quello. Aveva sperato che lui potesse darle la forza e il coraggio che le servivano. Però alla fine era scappata. Non gli aveva neppure di dirle qualcosa. Forse perché aveva paura di quello che le avrebbe potuto dire… paura di non essere in grado accettare quello che sarebbe potuto succedere. Lei era così. Allo stesso tempo desiderava e fuggiva ciò che voleva…

Caspian tornò ad abbassare lo sguardo verso il mare ripensando a quante volte l’aveva lasciata andare via… lo aveva fatto ancora prima. Se lo ricordava bene. Erano nelle caverne della tavola di pietra. Presto la battaglia sarebbe iniziata e lei e Lucy dovevano andare a cercare aiuto, a cercare Aslan. Avrebbe preferito che non andasse. Fuori sarebbero state sole… ma non glielo aveva detto. Anche perché non sapeva che cosa dirle… e se lui ne avesse il diritto. Quando poi Susan gli avevo detto di tenere il corno, l’aveva guardata senza capire. Poi aveva compreso… Susan aveva provato a dirglielo. Con quelle parole gli aveva palesato i suoi sentimenti… e quando se ne era andata al galoppo, senza lasciargli il tempo di dire nulla… aveva capito una cosa. Non l’avrebbe lasciata andare da sola. Non avrebbe mai sopportato che le succedesse qualcosa. Caspian sorrise. Era stato pazzo. Non aveva nemmeno considerato le conseguenze… era semplicemente corso a prendere un cavallo, per seguirla.

Che donna sarò
se non sei con me
e se ti amerò ancora e di più.

Susan sospirò. Eppure il coraggio lo aveva… quando aveva combattuto per Narnia non si era mai tirata indietro. Anche quando era rimasta sola per dare la possibilità a Lucy di proseguire. Sola in quella radura, non aveva avuto nessuna esitazione… non aveva pensato al rischio, non aveva pensato che avrebbe potuto morire. Stranamente si era sentita se stessa. Si era sentita veramente una Regina di Narnia. Se solo avesse avuto il coraggio di essere sempre così, come le aveva detto Peter alla partenza. Susan sorrise tornando a pensare a quegli istanti: aveva davvero rischiato di morire… ma poi… era arrivato lui. Non sapeva neppure perché era lì, ma aveva sentito che era lì per lei. Solo per lei. Erano stati i momenti più belli, mentre erano vicini su quel cavallo… non si erano detti nulla, non era il momento… ma era stato speciale. Come era stato speciale lo sguardo che si erano cambiati prima di lanciarsi in battaglia. Susan riaprì gli occhi e guardò di nuovo il cielo… chissà quanti altri momenti speciali ci sarebbero potuti essere, se solo fosse andato in modo diverso…

Caspian chiuse gli occhi abbandonandosi a quei ricordi. Erano stati i momenti in cui più di tutti erano stati vicini. Quando aveva lasciato le caverne pensava solo a lei… sperava di raggiungerle in tempo. Forse non si era comportato da principe… ma il suo cuore gli aveva detto che era la cosa giusta. E poi ne era stato sicuro anche con la mente. Arrivò da lei appena in tempo per salvarla. E non voleva pensare fosse solo una coincidenza… in quel momento lui era stato lì per lei e lei per lui. Stretti su quel cavallo erano tornati indietro per combattere… e quella vicinanza era stata più forte delle parole. Quel silenzio era stato speciale. Se non ci fosse stata una battaglia in corso… le avrebbe detto che provava qualcosa per lei… ma come lei sapeva che non era il momento giusto. Caspian sorrise. Incredibile che proprio durante la battaglia, il loro amore fosse stato più forte… si erano cercati con gli sguardi, preoccupati che potesse succedere qualcosa all’altro… si erano anche guardati prima di lanciarsi verso i Telmariani. Poi tutto era finito… e non erano più riusciti a trovare quel coraggio.

Io non ti perderò
oltre il tempo e le distanze andrò
più vicino a te.

Susan si passò una mano sugli occhi per asciugarsi una lacrima che voleva uscire. Non doveva piangere. Doveva smettere di mostrarsi debole. Doveva fare come Peter: cercare di essere sempre la Regina di Narnia che era… continuare ad aggrapparsi alle parole di quel sogno. Lei amava Caspian… sembrava quasi assurdo. Ma nonostante fossero separati, nonostante fossero stati per così poco tempo vicini… lo amava. E aveva cercato di mostrarlo. Come con quel bacio. Susan tornò a sorridere. Era stato un muto messaggio per Caspian, per dirgli quello che provava… e per Aslan. La sua piccola ribellione. Aveva cercato di mostrare ad Aslan che non aveva imparato tutto… sebbene accettasse la sua decisione… Susan sapeva di non aver imparato veramente tutto: non aveva imparato ad amare. Con l’impronunciabile speranza… che la facesse tornare. Non avrebbe potuto avere altro coraggio. Ma in quel bacio c’era più forza di quanto avrebbe mai potuto credere… era stata una muta promessa. Una promessa d’amore.

Caspian scosse la testa. Non era vero. Susan il coraggio lo aveva ritrovato. Si era mostrata molto più forte di lui perché nel momento in cui i suoi passi la stavano portando lontana da lui… Susan si era voltata. Non gli aveva detto niente, ma con quel bacio gli aveva fatto capire che lo amava. Aslan li aveva visti… aveva capito quello che li legava? Voleva sperarlo. Non voleva smettere di pensare che quel bacio fosse una promessa. Per lui, almeno lo era. Amava Susan: era la sua ribellione al volere di Aslan. Voleva fargli capire che lui aveva bisogno di lei… ma che non per questo sarebbe venuto meno ai doveri verso Narnia… tranne uno. Si ricordava quello che aveva pensato quando aveva parlato con Cornelius… ma da quando era partito, aveva capito che non l’avrebbe potuto fare. Neppure per Narnia. Forse stava sbagliando… ma allora, per Susan, preferiva continuare a sbagliare.

Volando al cuore
gli parlerò di me
e resterò per non lasciarti più…
Per non lasciarti più.

Susan si rialzò e immobile fissò l’orizzonte. Si era chiesta fin da subito che conseguenze avrebbe avuto quel suo gesto. Fin da quando erano saliti sulla metropolitana… aveva riso con i suoi fratelli, ma poi fissando il riflesso del suo volto sul vetro aveva ripensato a Caspian. Si era chiesta se in qualche modo avesse potuto cambiare il loro destino… e il dubbio le era rimasto nei mesi successivi. Lo aveva ancora adesso… solo che non aveva smesso di credere. Quel sogno… le parole di Caspian… le avevano dato una forza incredibile… e se non sempre in quei mesi se lo era ricordato… non aveva più intenzione di rassegnarsi. Ci avrebbe provato, giorno dopo giorno… Susan sorrise. Non voleva credere che tutto potesse essere solo un’ illusione.
“Caspian…”

Caspian tornò a fissare l’orizzonte in piedi, immobile. Quando l’aveva vista sparire, non era riuscita a non credersi se avrebbe mai potuto rivederla… avrebbe voluto chiederlo ad Aslan, ma non ne aveva avuto l’occasione tra i festeggiamenti e i doveri di Re. Presto però lo avrebbe fatto e se Aslan non glielo avrebbe permesso… avrebbe trovato un altro modo. Magari un armadio come quello di cui parlavano le leggende. Sentiva che un giorno ci sarebbe riuscito. Tante volte in quei tre anni la aveva sentita incredibilmente vicina… qualche volta aveva creduto di averla accanto, di potersi voltare e vedere il suo sorriso… come in quella battaglia. Quasi l’aveva vista… come quella notte. Quasi aveva avuto l’impressione di poterla toccare… Caspian sorrise. Non voleva credere che tutto potesse essere un’illusione.
“Susan…”

È chiaro il mio destino,
mi riporta qui,
ad un passo dal tuo amore:
io ti raggiungerò.

Susan trasalì e si sentì mancare il fiato. Il cuore iniziò a batterle più forte, come se volesse uscirle dal petto. Lentamente si voltò… e il tempo sembrò fermarsi. I suoi occhi azzurri incrociarono due occhi scuri leggendovi la stessa sorpresa, la stessa emozione. Ma non poteva essere vero. Susan sentiva di essere ancora sul transatlantico, ma davanti a lei si era creato una specie di finestra sul mondo che tanto amava. Dietro le sue spalle vedeva il mare che aveva tanto sognato. Susan sbattè gli occhi.

“Caspian… non può essere. Deve essere un sogno.”

Caspian per un istante non rispose. Non riusciva a credere che le sue preghiere si fossero in parte avverate. Eppure Susan era lì, davanti a lui. Dietro di lei vedeva una strana nave, sembrava metallica. Ma non gli importava. Non sapeva come era possibile ma era come se i loro due mondi si fossero avvicinati all’improvviso, creando per loro quella finestra. Caspian sorrise e le strinse una mano.

“Non lo è… se lo fosse, Susan… saresti vestita da Regina.”

Il tocco della mano di Caspian sembrò riscuotere la ragazza. Susan, dopo un attimo di esitazione, sorrise. Tanto, che fosse o no un sogno, non aveva importanza. L’unica cosa che importava era che loro erano lì. Come e perché non aveva importanza…

“Oh, Caspian… ci sono così tante cose che vorrei dirti… chiederti… spiegarti…”

Caspian le impedì di parlare ancora e la strinse tra le braccia. Susan ammutolì affondando il viso nella sua spalla e annusando il suo profumo. Avrebbe voluto che quell’istante durasse per sempre. Avrebbe voluto poter rimanere per sempre lì, dovevo i loro mondi si toccavano. Caspian le accarezzò i capelli sorridendo.

“Lo vorrei anche io Susan… ma ci sarà un altro momento lo so. Ora lo so.”

I loro occhi tornarono a cercarsi. Caspian le accarezzò una guancia. “Solo una cosa ti dico Susan… ti rivedrò. Questa ne è la prova. Ne sono certo.”

Susan annuì. “Sì… in un modo o nell’altro ti raggiungerò… Caspian. Io…”

Improvvisamente rispettivamente si accorsero che l’immagine stava iniziando a scomparire. Susan lo guardò spaventata Caspian, ma il ragazzo sorrise.

“Io ti aspetto, Susan. Non importa quanto… io sono qui, per te.”

Susan annuì sorridendo anche se non voleva separarsi da lui. “Troverò un modo, Caspian… dovessi provarci tutta la vita… io tornerò da te.

Proverò a gridare
e forse sentirai
la mia voce che ti chiama, se vuoi.

Caspian sorrise e annullò la distanza tra i loro volti. Fu solo un attimo. Le loro labbra si sfiorarono appena. Quando Susan riaprì gli occhi vide davanti a sé solo la prua del transatlantico. A fatica riuscì a trattenere le lacrime… ma allo stesso tempo non riuscì a smettere di sorridere. Con le dita si sfiorò le labbra. La amava. La amava ancora. Era la cosa più importante. Le aveva detto che l’avrebbe aspettata… e lei ora aveva la forza per provarci. Ci sarebbe riuscita. E quello che era successo, le faceva sperare che anche Aslan lo avrebbe permesso.

“Susan!”

La ragazza si voltò e vide Peter venire verso di lei. Sorrise, pensando che per un attimo si era illusa che potesse essere ancora Caspian. Ma non serviva avere fretta… Peter la raggiunse e la scrutò. Susan sorrise.

Che c’è, Peter?”

Peter sorrise scrollando la testa. “Niente… solo che… non lo so. Sei come… radiosa.”

Susan scoppiò a ridere e si strinse al suo braccio. Peter la guardò senza capire.

“Sono felice, Peter. Perché so che torneremo a Narnia.”

Peter sgranò gli occhi. “E come fai a saperlo?”

Susan volse gli occhi verso l’orizzonte e sorrise. “Lo so. E basta.”

Peter sorrise e le passò un braccio attorno alle spalle. “Se ne sei certa… ne sono certo anche io. Però tu non me la racconti giusta…”

Susan tornò a ridere e lo prese per mano andando verso le scale.

“Forza… torniamo da mamma e papà.”

Peter si arrese e seguì la ragazza. Susan continuava a sorridere. Amava Caspian… e, ora lo sapeva, sarebbe bastato quello per farli rincontrare.

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Caspian riaprì gli occhi e vide di nuovo solo la prua dorata del Veliero dell’Alba. Era stato veramente come un sogno. Ma era stato reale. Sentiva ancora il profumo di Susan. Il ragazzo sorrise. Se mai gli fosse servita una prova che si sarebbero rivisti… ora l’aveva. Ma non era quello l’importante. Susan lo amava. Non lo aveva dimenticato. Ora che sapeva quello sarebbe stato pronto anche per andare fino alla fine del mondo… anche oltre se necessario. E sentiva che anche Aslan lo avrebbe accettato… altrimenti, perché riunirli per un istante? Non certo per illuderli.

“Vostra Maestà.”

Caspian si volto e vide a pochi passi da lui Lord Drinian. L’uomo attese con rispetto che lui si avvicinasse.

“C’è qualche problema?”

L’uomo scosse la testa. “Gli ufficiali desiderano controllare con voi la nostra rotta.”

Caspian annuì sorridendo. Vide Drinian scrutarlo per capire che cosa avesse, ma Caspian non aveva intenzione di raccontare a qualcun altro che cosa era successo. Mentre scendevano i pochi gradini che conducevano sul ponte, però, Caspian si voltò verso di lui.

“Lord Drinian… sentò che alla fine di questo viaggio, troverò la mia sposa.”

Il capitano lo guardò senza capire. Caspian non disse altro e scese sorridendo. Pensava solo ad una cosa: quando Susan sarebbe tornata, le avrebbe chiesto di sposarlo. Amava Susan… e, ora lo sapeva, sarebbe bastato quello che farli rincontrare.


Che donna sarò
Se non sei con me
E se ti amerò ancora e di più…
Io non ti perderò,
oltre il tempo e le distanze andrò,
più vicino a te.
Volando al cuore,
gli parlerò di me e resterò
per non lasciarti più, per non lasciarti più.

(Strano il mio destino, Giorgia)

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