Plus.

di Loreparda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The city. ***
Capitolo 2: *** Small bump. ***
Capitolo 3: *** The parting glass. ***
Capitolo 4: *** This. ***
Capitolo 5: *** You need me, I don't need you. ***
Capitolo 6: *** Grade 8. ***
Capitolo 7: *** U.N.I. ***
Capitolo 8: *** Give me love. ***
Capitolo 9: *** Kiss me. ***
Capitolo 10: *** Wake me up. ***
Capitolo 11: *** Be like you. ***
Capitolo 12: *** Lego house. ***
Capitolo 13: *** The a team. ***
Capitolo 14: *** Drunk. ***



Capitolo 1
*** The city. ***


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THE CITY.

And if the city never sleeps,
then that makes two.

Un ragazzo diciottenne, spesso paragonato a Rupert Grint - l’attore che ha vestito i panni di Ron Weasley - per via degli indomabili ricci rossi e le penetranti iridi azzurre, sedeva sul cornicione dell’unica finestra presente, a sussurrare insicure parole accompagnato da una chitarra strimpellata con mani esperte.
Da quella posizione tanto alta quanto pericolosa, Edward Christopher Sheeran - “Ed” per gli amici, godeva della vista di innumerevoli luci ipnotizzanti e allo stesso tempo accecanti. 
Quest’ultime non rappresentavano, però, il solo ostacolo ad un sonno tranquillo per l’aspirante cantante.
Si aggiungevano alla fastidiosa lista: il rumore assordante del traffico e delle sirene, gli altrettanti chiassosi vicini che ascoltavano musica house ad un volume assordante e lo scomodo materasso corredato di ugualmente scomodo cuscino.
Infine, la situazione era peggiorata dall’atmosfera poco accogliente della casa, se con questo termine si può definire uno scarno monolocale costituito da una stanza fungente sia da camera che da cucina e da un essenziale bagno annesso.
All’improvviso il suono della voce di Ed si affievolì, colpevole, l’impellente desiderio di una passeggiata a tarda ora.
Precipitandosi dalle scale, sbucò in Oxford Street sentendosi come il protagonista della canzone “Christmas lights” - singolo della band inglese Codplay - fino a quando alcune insistenti gocce di pioggia gli sfiorarono il viso paffuto costringendolo a tirarsi su il cappuccio della felpa. 
Per nulla spaventato dall’eventuale arrivo di uno dei famigerati acquazzoni, proseguì l’esplorazione della via notando il contrastante folgore delle vetrine e la squallida presenza di siringhe, testimonianza della passaggio di drogati, galleggianti nelle pozzanghere.
Di quelle ore, negli anni seguenti, Ed ricorderà soprattutto l’incontro con un barbone, urtato sbadatamente, che, ignorato da altri passanti frettolosi, gli domandò con un sorriso sdentato: «Give me 1₤, stranger!». 
Fu proprio questo misero essere e non la ricchezza ostentata da gente con abiti griffati, a fargli notare per la prima volta l’abissale differenza tra la città e la campagna, dove era vissuto fino a pochi giorni prima e dal quale era fuggito desideroso di lasciarsi alle spalle il passato e vivere il futuro. 
E per ricominciare, e dimenticare, si era detto: «Which city is better than London?».

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Capitolo 2
*** Small bump. ***


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SMALL BUMP.

You might be left my hair
but you’ll have your mother’s eyes.

Un impercettibile spostamento d’aria fu provocato da un corpo femminile nudo eccessivamente magro e scavato dall’anoressia, che si sollevò mettendosi a sedere su un letto a due piazze lurido e privo di lenzuola.
Occhi verdi infossati dalla stanchezza e rossi a causa di qualche sostanza stupefacente scrutarono attraverso l’oscurità lo spazio buio, soffermandosi quando incontrarono la schiena di un uomo sui quarant’anni e il doppio del peso, anche lui privo di vestiti e disteso sull’altro lato del letto.
Silenziosamente come aveva imparato negli ultimi anni, la ragazza sedicenne raccolse i propri vestiti dal sudicio pavimento, indossò i semplici jeans e la maglietta a tinta unica e si aggiustò i capelli neri, per quanto fosse possibile sistemarsi dei capelli rasati.
Angel - era questo il suo nome - afferrò dunque due banconote da 50£ posate sul comodino e le mise in tasca senza degnare di uno sguardo le facce regali della regina Elisabetta II stampate su di esse, quasi a deriderla.
Infine, uscì immergendosi nella notte scura, sola come mangiava, viveva o faceva qualsiasi attività da tanto, troppo tempo.
C’era stato però un periodo in cui qualcuno l’aveva amata prima ancora di conoscerla.

*SEDICI ANNI PRIMA*
«When will she be born?» Chiese impaziente un uomo dai capelli neri seduto su un comodo divano di pelle.
«Among four month. Don’t ask it every day!» Lo rimproverò scherzosamente una donna dagli occhi verdi.
«I’m sorry.» Sospirò il primo. «I just want to hold her body in my hands and give her nothing but the truth. After she is wrapping her fingers round my thumb…».
La seconda lo interruppe, dicendo con un sorriso: «And she’ll have a dimple beneath her chin, finger nails of the size of an half grain of rice and…».
«And my hair and your eyes.» Aggiunse il marito facendole l’occhiolino e abbracciandola.
«She’ll be our angel.» Concluse, rispondendo all’abbraccio, la moglie con occhi lucidi.
Di dialoghi simili i due futuri genitori ne fecero decine, programmando il futuro della loro bambina, ignari che uno di loro oltre a donarle la vita, quella stessa la vita gliel’avrebbe anche rovinata.

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Capitolo 3
*** The parting glass. ***


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THE PARTING GLASS.

Come fill to me the parting glass.

Un raggio di sole filtrò mediante uno spiraglio della conosciuta finestra, illuminando il viso di Ed.
Egli si costrinse a svegliarsi e, accecato dalla luce mattutina, impiegò diversi secondi a focalizzare il luogo in cui si era trasferito.
Decise allora di alzarsi con l’intenzione di recarsi in bagno, magari a farsi una doccia per eliminare di dosso l’odore dello smog, quando un’acuta fitta alla testa lo fece barcollare ed inciampare su… Una bottiglia vuota?
Il rosso si chinò ed intuì, sia dai resti sul fondo di colore verde sia dall’etichetta, che si trattava di Whisky.
«Not again, please.» mormorò, mentre il forte odore di menta gli attraversava le radici e un doloroso ricordo riaffiorava nitido nella sua mente.

*ALCUNI GIORNI PRIMA*
Una festa: musica in modalità frantuma-timpani, camerieri ovunque e tanta gente.
Ragazzi in smoking, la chiave di una costosa macchina sportiva in tasca e un bicchiere di champagne in mano; ragazze in abiti inguinali e accessori all’ultima moda rigorosamente griffati, un biglietto in tribuna per il concerto del loro idolo e anch’esse un bicchiere di champagne in mano.
Più in là, in prossimità della zona bar, un ragazzo seduto su di uno sgabello, incurante dei suoi amici venuti apparentemente a salutarlo in occasione della sua ultima serata prima di imbarcarsi su un volo solo andata per Londra, ma realmente desiderosi di bere costosi alcolici a spese dell’unico erede del capo di un’importante impresa.
Nessuno, tra falsi sorrisi e finta tristezza, notò però lo sguardo perso di Ed, tipico di chi si sente solo e di chi ha accanto troppi bicchieri vuoti per essere ancora sobrio.

Ora, Ed aveva avuto l’occasione di costatare quanto difficile si stesse rivelando smettere di ubriacarsi nella speranza di riempire quella sensazione di vuoto tra stomaco e collo - dovuta ad anni di solitudine e di mancanza di attenzioni - gettandoci dentro litri di superalcolici.
Ma, si convinse il ragazzo diciottenne guardandosi allo specchio del bagno e ponendo la bottiglia nel sacchetto della raccolta differenziata del vetro, quella della sera precedente, sarebbe stata l’ultima volta.

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Capitolo 4
*** This. ***


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THIS.
This is start of something beautiful, 
This is start of something new.
Angel raggiunse di corsa la fermata del bus, trasportando una pesante borsa su cui era stampata una consumata Union Jack, e avanzò a fatica tra la folla di pendolari in attesa di accedere al mezzo pubblico.
Incurante delle occhiate di disapprovazione lanciatole dalle persone che aveva spinto (in)volontariamente, si precipitò all’interno del bus appena le porte automatiche si spalancarono.
La ragazza attraversò dunque il corridoio e si diresse dove era solita sedersi tutte le mattine.
Lungo il tragitto verso i sedili posteriori, cercò gli auricolari, trovandoli tra gli appunti di arte e quelli di inglese e ripromettendosi sottovoce di essere più ordinata.
Sempre sottovoce - non troppo a giudicare dal modo di scuotere la testa con rassegnazione della signora accanto - imprecò quando il bus partì sgommando facendole precipitare gli oggetti acustici sul pavimento.
Si chinò allora per recuperarli, ma quando alzò lo sguardo i suoi occhi verdi incontrarono degli occhi azzurri del medesimo colore del mare durante le calde giornate estive.
Un secondo più tardi un pensiero fu formulato dal suo cervello: qualcuno era stato più veloce di lei.
 
Uscito di casa, Ed aveva chiesto informazioni sugli orari dei bus ai passanti, ringraziandoli con un sorriso, e aveva raggiunto la fermata più vicina.
Là era salito sul pullman rosso, dando la precedenza a coloro che avevano un’età più avanzata di lui - in pratica tutti - e scusandosi addirittura se era stato tanto maldestro da urtarli.
Il rosso si era seduto infine all’unico posto libero che era riuscito ad individuare, scosso dalla frenesia della vita londinese e dalla maleducazione di alcuni cittadini, quando una ragazza dal respiro affannato gli si materializzò davanti talmente all’improvviso da indurlo a pensare che fosse sbucata fuori da un libro della Rowling.
Perso nei suoi ragionamenti da fan della saga, fece in tempo ad accorgersi che quella creatura bassa gli stava dicendo qualcosa, ma le sentì pronunciare solo: «[…] asshole.».
Sicuro di aver udito male e imponendosi di prestare più attenzione, chiese: «Can you repeat?».
Interpretandola come una provocazione, Angel gli urlò spazientita scandendo le parole finali: «You’re sitting in my seat, a-s-s-h-o-l-e.».
Confuso da quell’atteggiamento aggressivo, Ed tardò a rispondere permettendosi una pausa di alcuni secondi, abbastanza lunga da permetterle di emettere un paio di sospiri.
«I didn’t know it, sorry.» Decise così di alzarsi, afferrare la sua amata chitarra e andare alla ricerca di un nuovo luogo in cui sedersi, perchè di indole eccessivamente gentile per negare qualcosa persino a una sconosciuta maleducata.
Angel, senza degnarlo di ulteriore attenzione, si accasciò stanca ma soddisfatta sul sedile adesso disponibile, e si augurò di non rincontrare in futuro il ragazzo dai capelli rossi - «Are they dyed?» non poté evitare di domandarsi - mentre in sottofondo Justin Bieber cantava “Never say never”. 

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Capitolo 5
*** You need me, I don't need you. ***


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 *Leggere con: http://www.youtube.com/watch?v=ZXvzzTICvJs*

ED'S POV.
Fuori, 04/05/13.
Alla fermata successiva, mi affrettai a scendere dal bus, provando un fastidioso senso di nausea.
Mi incamminai per strade sconosciute, con un unico obiettivo: trovare un locale disposto a fami esibire davanti a un pubblico che non fosse costituito dagli oggetti inanimati della mia stanza.
Questo, però, si rivelo più difficile di quanto avessi previsto.
Alcuni proprietari affermarono di avere già qualcuno pagato appositamente per alleggerire l’atmosfera, altri mi negarono addirittura la possibilità di esprimere le mie intenzioni.
Dopo ogni rifiuto, invece di abbattermi, mi concentravo su cosa fosse per me la musica.
Se qualcuno, spinto dall’improvviso desiderio di dialogare con il ragazzo asociale che ero, me lo avesse chiesto, probabilmente non avrei saputo rispondere.
Essa rappresenta per qualcuno un piacevole passatempo dopo una giornata dura, ma per me è contemporaneamente famiglia, amicizia e amore e l’unico mezzo per comunicare al mondo i miei sentimenti.

Per questa ragione quando ormai il sole stava per scomparire all’orizzonte, mi decisi a spingere la sdrucciolata porta di legno ed ad entrare nell’ultimo locale della via giocandomi l’ultima possibilità per essere accettato. 

***

Dentro, 04/05/13.
Se l’esterno del locale appariva trascurato, l’interno sembrava senz'altro peggio.
Una stanza quasi delle stesse dimensioni del mio monolocale era verniciata di un orrendo color marrone ed arredata con una decina di tavoli e il doppio delle sedie, ma di un palco non si intravedeva nemmeno l’ombra.
Cercando di non demoralizzarmi, mi diressi al bancone posizionato accanto all’ingresso.
Là una ragazza, che presumevo fosse la barista, lavava dei bicchieri dandomi le spalle.
“Scusa?” Mormorai senza ricevere una risposta.
Sempre più imbarazzato, ripetei: “Scusa, potresti dirmi chi dirige questo posto?”.
Ipotizzando che avesse qualche problema di udito, chiesi per l’ultima volta: “Scus..”.

Non ebbi il tempo di terminare la frase perché il rumore di un bicchiere rotto in mille pezzi e lo sguardo minaccioso della ragazza, che si era finalmente accorta della mia presenza, mi interruppero.
ANGEL'S POV.
Ero assorta nello svolgimento di una delle mie quotidiane mansioni da barista/cameriera/tuttofare (uno dei due mestieri che mi permettono di finanziare gli studi) quando qualcuno, un ragazzo a giudicare dalla voce, mi costrinse ad interrompere il lavaggio delle stoviglie per rispondere ai suoi balbuzienti tentativi di attirare la mia attenzione.
Non appena mi voltai, incontrai per la seconda volta della giornata il volto lentigginoso di colui che aveva osato sedersi al mio posto sul bus.
Di riflesso, allentai la presa sul bicchiere che tenevo in mano ed esso cadde al suolo, rompendosi.
“Perché sei qui?” chiesi, senza saluti, presentazioni e vari convenevoli che erano soliti scambiarsi le persone civili.
“Perché…?” cominciò, prima che lo interrompessi.
“Aspetta, risparmiami le tue futili motivazioni. Per colpa tua ho anche infranto un bicchiere il cui costo mi verrà detratto dal mio già misero stipendio. Sparisci!”. Così dicendo, mi abbassai cominciando a raccogliere i cocci di vetro.
Pochi secondi dopo sentii il rumore di passi che si allontanavano. 

ED'S POV.
Tutti sono attratti da una parte del corpo quando osservano gli altri per la prima volta.
A differenza di molti miei rozzi coetanei, io di una donna non mi soffermavo sul seno o sul fondoschiena, ma su gli occhi perché li reputo un mezzo attraverso il quale intravedere uno squarcio del mondo dei loro proprietari.
Quelli della ragazza del bus, come l’avevo scherzosamente soprannominata nella mia mente non sapendo quale fosse il suo nome, però, ogni volta che mi fermavo a fissarli, si limitavano a restituire il mio riflesso quasi fossero… Vuoti.
Indeciso sul da farsi, dopo l’ennesima sfuriata più o meno giustificata, battei in ritirata ed esplorai il pub alla ricerca di personale disponibile.
In fondo individuai un uomo alto, muscoloso e tatuato che rispondeva, come scoprii in seguito, al nome di Chuck intento in un dialogo con un ragazzo altrettanto palestrato e dai capelli color paglia.
Mi avvicinai ed iniziai il monologo che avevo già recitato negli altri locali: “Salve, il mio nome è Ed, Ed Sheeran e sono un musicista alla ricerca di un impieg…”.
L’uomo mi fermò (“Riuscirò mai a concludere una frase?” pensai): “ Mi dispiace ragazzo, ho già chi intrattiene i clienti, cioè il qui presente mio nipote James”
Abbattuto, stavo per ringraziare e muovermi in direzione dell’uscita, quando, con un coraggio che non pensavo di possedere, pronunciai deciso: “Mi lasci provare: stasera io e James ci sfideremo in una battaglia a colpi di note e il pubblico sceglierà a suon di applausi chi dei due conserverà, od otterrà, il lavoro”.
Stupido dalla mia proposta, Chuck non potè fare altro  che riflettere un attimo per poi accettare.
James, invece, lanciò un’occhiata interrogativa allo zio, ma ricevuto un’occhiolino di rassicurazione da parte di quest’ultimo, mi si avvicinò, mi offrì la sua mano e mi sussurò: “Che vinca il migliore, cioè io”.
Qualcosa mi portò a credere, mentre ricambiavo la stretta, che conquistare la vittoria non sarebbe stato facile.

***

Il pub, scoccata la mezzanotte, si riempì fino all’inverosimile di ragazzi di età e sesso differenti, accomunati dal desiderio di trascorrere la nottata in compagnia di una bottiglia di birra.
Sudato, strimpellai degli accordi nascosto in un angolo, finchè udii una voce femminile ormai familiare: “Spero che non vinca James, è talmente antipatico”.
Scollai le spalle, concedendo un sorriso alla ragazza e notai che James  stesse ricevendo numerosi applausi dagli spettatori dopo la sua accettabile cover di WMYB.
Era arrivato il mio turno: mi sedetti sul bancone del bar reggendo la chitarra in grembo ed iniziai a cantare la canzone che avevo composto quel pomeriggio nell’attesa che il pub si popolasse.
Insicuro, volsi il mio sguardo ai visi sconosciuti, per poi fissare e catturare l’attenzione della stramba barista.
Alla mia performance seguì un silenzio tombale fino a quando il pubblico si alzò in piedi e batté le mani entusiasta in una sorta di standing ovation.
Fu allora che Chuck mi fece cenno di raggiungerlo: il momento della scelta era giunto.

ANGOLO-AUTRICE (?):
Salve! 
Ecco un aggiornamento lampo, come promesso. ;)
Ieri ho trascorso parte della serata a scriverlo e mi reputo soddisfatta, soprattutto perchè credo che sia il più lungo capitolo che ho pubblicato fin'ora. 
Volevo lasciarvi con una domanda che mi ronza in testa da un po': cosa pensate del personaggio di Angel?
GRAZIE, come sempre, A CHI LEGGE/RECENSISCE/SEGUE/PREFERISCE. 

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Capitolo 6
*** Grade 8. ***


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 *Leggere con: http://www.youtube.com/watch?v=s6--P_KqFCQ*

"My eyes are a river filler,
this drink is a liver killer."

ED'S POV.
L’euforia post-esibizione scemò in ansia, la quale divenne insostenibile mentre raggiungevo Chuck.
Il visto di quest’ultimo rimase impassibile quando la sua bocca formulò: “Edward…” - una goccia di sudore scivolò dalla mia fronte - “La tua performance è stata…” - una seconda goccia si unì alla prima - “soddisfacente ma…” - una terza scese tra le due - “il posto resta di James.
Altre  gocce caddero sul mio viso… Ma si trattava di lacrime.
Avevo lasciato la mia città, ero andato contro la mia famiglia, avevo scelto un futuro incerto nella musica invece di uno certo in campo imprenditoriale, e in cambio ero stato rifiutato per ragioni legate al nepotismo.
Raccogliendo un minimo di dignità, ebbi la forza di voltarmi ed uscire frettolosamente, mentre frasi di una conversazione con mio padre rimbombavano nella mia mente.
Tu non sei capace di fare niente.
Tu senza il mio aiuto non otterrai niente.
Io non ero niente.


ANGEL'S POV.
Concluso il turno serale, mi tolsi il grembiule da cameriera e lo accantonai nella borsa.
Indossai una maglietta aderente e scollata, una minigonna inguinale di jeans, zeppe vertiginose e un’immancabile biancheria intima di pizzo nero.
In questi abiti provocanti, uscii dalla porta sul retro ed imboccai un vicolo secondario.
All’improvviso, un biglietto sbucò fuori da una tasca finendo sul marciapiede.
Al suo interno era stata scritta in una calligrafia svolazzante una frase: “Per il bicchiere”, firmata con un semplice “+”, ed erano piegate 10 sterline.
Un sorriso mi si allargò sul volto, in contemporanea a quando una macchina costosa si fermò e il conducente mi invitò a salire con un gesto eloquente (e volgare) della mano.
In quel momento, però, notai una figura familiare con la testa china che entrava in un locale poco raccomandabile.
Fu così che per la prima volta da quattro anni rifiutai una proficua notte di sesso con uno sconosciuto e seguii il rosso.


ED'S POV.
Seduto su uno sgabello, ordinai diversi angelo azzurro, affogando i miei sentimenti in quel liquido.
Quando, al decimo ordine, il barista mi chiese: “Un altro?”, non feci in tempo a comprendere la domanda che una voce alle mie spalle rispose al mio posto: “No, coglione, ne ha bevuti abbastanza”.
Osservai la ragazza che aveva parlato, dove l’avevo già vista?
I miei sensi annebbiati dall’alcool non mi aiutarono ad identificarla e fui costretto a biasciare: “Chi sei tu?”.
Angel.” Ribatté lei.
Sei un angelo?” Risi, ubriaco, finchè incontrai di nuovo i suoi occhi.
E fu a quegli occhi, che nascondevano un passato persino più deludente del mio, che dissi: “Salvami.”
Angel annuì, mi trascinò via ed esaudì la mia richiesta.




ANGOLO-AUTRICE (?):
No, non sono morta.
Non aggiorno da più di una settimana e me ne esco con questo capitolo di cui non sono soddisfatta, ma ho una giustificazione: ho iniziato a scrivere una nuova fanfiction (Life in technicolor), ;)
Questo non significa che abbandonerò "Plus" perchè finita la scuola avrò molto tempo per scrivere.

Inoltre, visto che sono un'impedita, sono riuscita a cancellare sei recensioni del quinto capitolo e MI SCUSO CON LE PERSONE CHE AVEVANO RECENSITO SE NON AVRANNO UNA RISPOSTA.
Davvero, ho cercato in tutti i modi di recuperarle, ma niente da fare, sono andate per sempre. :(
Recensite facendomi sapere che ne pensate di questo capitolo? 
Prometto di fare di meglio nel prossimo, che corro a finire. 
GRAZIE A CHI SEGUE/RICORDA/PREFERISCE/RECENSISCE o anche solo legge. x

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Capitolo 7
*** U.N.I. ***


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 *Leggere con: http://www.youtube.com/watch?v=GwIaNkWgPDM*

"I don't drink live everybody else, 
I do it to forget thinkgs about muself."

ANGEL'S POV.
Chiusi la porta alle mie spalle, dandole una spinta con il piede, ma prestando attenzione a non produrre rumore sufficiente ad infastidire i vicini.
Ed grugnì parole incomprensibili, continuando a sorreggersi su di me: l’alcool ne aveva causato la trasformazione da ragazzo introverso a ragazzo estroverso.
Lo guidai verso la camera da letto, cercando di spostare il suo corpo con il mio decisamente meno massiccio; lo gettai sul letto, togliendogli addirittura la maglietta e le scarpe.
Mi spogliai a mia volta, liberandomi di quegli abiti volgari e indossando un’anonima maglietta lunga fin sotto il sedere.

All’improvviso, delle braccia mi strinsero da dietro e mi intrappolarono sul materasso, mentre delle labbra si avvicinarono pericolosamente alle mie, intenzionate a baciarmi e a non fermarsi lì.


ED'S POV.
Un conato di vomito mi costrinse a svegliarmi e, rigirandomi, mi accorsi di stare toccando qualcosa di duro.
Spalancai con fatica gli occhi, che fino a quel momento erano rimasti socchiusi, e intravidi in penombra una figura ossuta rannicchiata contro il mio corpo.
Scostai la coperta che mi riscaldava e realizzai di essere in una casa sconosciuta.
Tra le fitte lancinanti nella mia testa, fecero capolino tratti di flashback della sera precedente: lo spettacolo. il bar. i drinks.
Avevo la sensazione che mancasse un tassello importante; nascosto tra quel bianco che mi annebbiava la mente, spuntò il volto di Angel.
Scostai immediatamente la mano posta sul ventre scavato della ragazza accanto a me, pregando che non si accorgesse che l’avevo toccata e la poggia sul mio petto nudo, notando solo ora i nostri vestiti sparsi sul pavimento.
Una domanda balenò nella mia mente, distinguendosi dalle altre: COSA era successo la scorsa notte? 


ANGOLO DI UNA SPAZIENTITA AUTRICE (?):
Non avete le allucinazioni, ho aggiornato davvero ("finalmente" aggiungerete voi).
Visto che sono un'imbranata patologica, avevo concluso il capitolo ma, per guardare Twitter, ho chiuso per sbaglio la pagina e... Puff, è scomparso.
La domanda a cui dovrete rispondere, è quella di Ed: date spazio alla fantasia e recensite!
Il mio ritardo, comunque, è dovuto all'inizio e alla fine di una fanficion tra un capitolo e l'altro di questa storia: 
Life in technicolor (cliccateci, non morde u.u). xoxo

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Capitolo 8
*** Give me love. ***


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 *Leggere con:Give me love*

"We'll play hide  and seek, 
to turn this around."

*CINQUE ORE PRIMA*

ED'S POV.
La mia mente soggetta dall’alcool  era incapace di guidare il corpo ed elaborare pensieri razionali.
L’unica consapevolezza, nitida nonostante la sbornia, era la seguente: volevo ricevere amore e lo avrei ottenuto, anche attraverso una forma diversa, il sesso.
Fu allora che concentrai la mia attenzione su Angel e non capii più nulla.


ANGEL'S POV.
Le rosse labbra di Ed continuarono ad avanzare seguendo la traiettoria che le avrebbe dirette alle mie.
Arrivate a destinazione, tramite un percorso che durò pochi secondi, non si accontentarono di sfiorarle ma si avventarono su di loro in un bacio fremente di desidero.
Senza interrompere il contatto, le sue braccia mi spinsero sul letto e il resto del corpo si posò su di me.
La mano sinistra poggiata alla base della mia nuca a sorreggerla, la mano sinistra ad accarezzare la schiena ricoperta di cicatrici.
In contemporanea, con un’abilità di cui non lo avrei creduto capace, mi liberò della maglietta che indossavo al posto del pigiama.
La sua bocca abbandonò la mia, ancora vogliosa, per scendere dal collo, contornare i seni e arrivare al basso ventre.
Servendosi dei denti, allargò gli slip  ed infilò la sua lingua nella mia fessura, facendomi emettere alcuni gridolini.
Ribaltai la situazione, mettendomi a cavalcioni su di lui e spogliando a mia volta.
Presi in bocca il suo pene, leccandolo per tutta la sua lunghezza e sorridendo nel sentirlo diventare eretto.
Dopo alcuni spasmi, Ed mi aprì le gambe, già posizionate ai lati dei suoi fianchi ed entrò con un movimento secco all’interno di me, iniziando a spingere con vigore.
Alla fine del rapporto, ci abbandonammo l’una sull’altro, sessualmente appagati ma emotivamente confusi.

*PRESENTE*

ANGEL'S POV.
Mi svegliai, a causa del tocco di qualcuno sulla mia pancia.
Non aprii però gli occhi, crogiolandomi nella delicatezza di quella mano, finchè essa non si ritrasse bruscamente.
Sentii Ed borbottare sotto voce e sollevarsi incredulo dal materasso.
Mi decisi a schiudere le palpebre, assonnata, e a pronunciare un “Ed…”.
La scorsa notte era stata la notte delle prime volte.
Non mi riferivo al sesso (data la mia seconda professione non era di certo la prima volta), ma al fatto che lo avevo fatto con qualcuno nel mio letto, sapendone il nome e non essendo pagata.
Ma, soprattutto, non lo avevo fatto pensando che il mio compito fosse esclusivamente quello di dare invece di ricevere piacere.
Quel ragazzo rossiccio, aveva qualcosa che mi attraeva e stavo per rivelarglielo quando egli mi chiese: “Cosa è successo ieri?”
Spiazzata, trovai la forza di ribattere: “Non te lo ricordi?”
“N-no” balbettò lui imbarazzato.
No, no, no: queste due lettere echeggiarono per un tempo pressocchè infinito in ogni parte di me.
Avevo passato la notte migliore della mia vita con Ed e lui non se lo ricordava.


ANGOLO AUTRICE (?):
Eccomi!
Volevo prima di tutto ringraziare chi continua a seguire / ricordare / preferire questa fanfiction (e non chi l’ha tolta LoL).
Sono consapevole che tra un aggiornamento e l’altro passa circa un’eternità, ma… Indovinate un po’?
Ho iniziato l’altra fanfiction, stavolta a quattro mani:  Haven't you heard? I'm the crazy bitch around here. (passateci, è basata su un’idea originale).
Ad ogni modo, ammetto che mi vergogno da morire a postare questo capitolo con questa scena di sesso.
Il raiting arancione va bene o dovrei cambiarlo?  Dovrei modificare qualche passaggio?
RECENSITE  e fatemelo sapere, perché sono inesperta nel scrivere cose erotiche AHAHAH.
P.S. Tranquilli, non si tratterà di una storia sconcia dove i protagonisti scopano tutto il tempo, dal prossimo vedrete. xxx

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Capitolo 9
*** Kiss me. ***


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 *Leggere con: Kiss me..*

"I've fallen for your eyes ,
but they don't know me yet."

ED'S POV.
N-no.” Ammisi imbarazzato dalla singolare situazione in cui eravamo finiti.
Per un attimo, ebbi l’impressione di scorgere sul viso di Angel una traccia di… Delusione?
Sicuro di essermi sbagliato, socchiusi rapidamente le palpebre per poi aprirle e constatare che ogni traccia di quel sentimenti, qualunque esso fosse stato, non era più percepibile.
Non controbattendo alla mia risposta negativa, la ragazza al mio fianco si alzò e si diresse in una camera adiacente adibita a bagno, o così supposi.
Ne uscì pochi minuti dopo indossando vestiti sportivi, di uno stile simile a quelli che indossava il giorno in cui l’avevo conosciuti ma totalmente differenti da quelli della sera prima.
Devo andare a scuola.” Affermò con il solito tono atono, con una punta di acidità. “Chiudi la porta a chiave quando esci e metti quest’ultima sotto il tappeto d’ingresso.” E fece per andarsene.
Aspetta…” mormorai io nel tentativo di trattenerla per discutere della nostra notte.
Mi fissò alzando le spalle, in segno di ascolto.
Ci vediamo stasera?” domandai alla fine, speranzoso.
Devo lavorare al pub, sai. O forse non lo sai perché io un lavoro ce l’ho e tu no.” Tirò questa frecciatina che colpì in pieno il mio orgoglio.
Quando finisci la scuola, allora?” Non demorsi io.
Ok, ci vediamo alle due del pomeriggio vicino alla fermata del bus.” Si arrese lei, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi nudo tra le sue lenzuola a cercare di ricordare avessi combinato.

ANGEL’S POV.
A causa della conversazione con Ed, persi l’autobus e dovetti aspettare il successivo, avvenimento che, constato che i mezzi rossi passassero ad intervalli di mezz’ora, mi portò ad arrivare in ritardo.
Fu una giornata priva di nota, la quale seguì un copione non scritto che ogni mia giornata scolastica seguiva quotidianamente da dieci anni.
Unico dettaglio che la differenziò dalle altre, fu una conversazione, da me udita direttamente dall’interno del bagno, tra due ragazze popolari intente a rifarsi il trucco davanti un paio di specchio posti nella zona lavandini.
Cioè, non immagineresti mai cosa mi ha raccontato mio fratello!” Iniziò la ragazza bionda, masticando una disgustosa chewingum.
Cosa?” Chiese a sua volta l’amica mora con fare poco interessato.
Ieri un suo amico è andato alla ricerca di una puttana, cioè per svagarsi un po’ (cioè ha appena scoperto che la ragazza lo ha tradito!) e indovina chi ha visto?” Sussurrò la prima.
Chi?” La incoraggiò la seconda, tanto interessata da interrompere la stesura del lucidalabbra.
Anna, cioè no, Angel mi pare. Cioè quella nerd asociale che ha in comune con noi l’ora di arte. Cioè hai capito?
L’anoressica dai capelli rasati?
Cioè lei.” Confermo la bionda.
Da non crederci. Eppure avremmo dovuto immaginarlo perché…” La voce della mora si smorzò uscendo dal bagno e non potei ascoltare il resto della frase.
Angel colse l’occasione per correre via dal bagno.
Anoressica, nerd, asociale, ora anche puttana.
Queste etichette le venivano affibbiate con leggerezza, basandosi su fonti non attendibili.
Le etichette si danno ai vestiti, non alle persone.” aveva scritto un giorno su un foglio di carta che sarebbe diventato il suo libro.
Non doveva arrendersi, o almeno non doveva crollare; valutò l’idea di specchiarsi anche lei per rendersi presentabile ma poi abbandonò l’idea.
Raggiunse la fermata del bus: lo aveva perso per la seconda volta quel giorno.
Pensò di aspettare il prossimo, ma ala fine decise di andare al luogo dell’appuntamento a piedi, caricando con sé la pesante borsa e gli scomodi pensieri.


ED’S POV.
L’aspettai davanti la stazione per trenta minuti, cercando di scorgerla tra le persone appena arrivate a destinazione e scuotendo la testa sconsolata ogni volta che non intravidi la sua testa rasata.
Vagai in lungo e in largo finchè giunsi al punto di aver perso ogni speranza che si presentasse a quell’ “appuntamento”.
In quel momento, una ragazza a me familiare corse nella mia direzione, raggiungendomi con il fiato corto: “Ho perso il bus.” si giustificò.
Andiamo al Mc Donald, ho fame.” Controbbattei, trascinandomela al’interno del locale adiacente.

***

Ordinammo due hamburger, un vassoio grande di patatine e, per finire, due frullati; ci spostammo a consumare il pranzo su una panchina posizionata all’interno di un parco giochi deserto.
O, meglio, io consumai il pasto, mentre Angel si limitò a mangiucchiare qualche patatina priva di salse.
Mangia, sei troppo magra.” Le suggerii, alla vista di lei seduta su un’altalena, così piccola e indifesa.
Perché sei ancora qui? Se il tuo obiettivo è dirmi disgustato quanto poco io mangi o esprimere giudizi sul mio secondo lavoro, puoi anche andartene. Non avrai problemi, lo fanno tutti. E la parte peggiore è che non conosco neanche la mia storia, mentre si limitano a criticarmi.
Mi avvicinai e, in risposta al suo sfogo, la abbraccia e le sussurrai in un orecchio: “Se desideri che qualcuno conosca la tua storia, forse dovresti raccontarlo. E, io non sono “tutti”, io non me ne andrò.” E le asciugai  con il pollice una lacrima che scorreva lungo la sua guancia.
A quel punto, la bacia e lei, abbandonata qualsivoglia riserva nei miei confronti, non si oppose. 

ANGOLO DI UN'ASSONNATA AUTRICE. 
Ho aggiornato in meno di 48 ore!
Spero siate soddisfatti, conderate che ieri sera mi è venuta l'ispirazione verso l'una di notte e non ho potuto dormire dinchè anche l'ultima parola di questo capitolo non è stata scritta su un foglio improvvisato.
Stamattina mi sono svegliata presto per copiarlo e rivederlo, quindi scusate eventuale errori ma ho sonno. cwc
RECENSITE, come fate sempre, a quanto pare la storia piace più delle mie altre.
Alla prossima volta, chissà, forse domani o forse tra una settimana. ;)

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Capitolo 10
*** Wake me up. ***


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 *Leggere con: Wake me up.*

"And i know you love Shrek,
because we've watched in twelve times."

ED'S POV.
Buongiorno!” Dissi ad Angel, dandole un leggero bacio sulle labbra.
Dal pomeriggio al parco, eravamo diventati quella che comunemente viene indicata con il termine “coppia”.
Considerato che la mattina lei era impegnata a scuola e dal pomeriggio e alla sera al pub, il tempo che trascorrevamo insieme si riduceva a poche ore la notte.
Io, invece, passavo la giornata a vagare per le vie della città, alla ricerca dell’ispirazione per nuove canzoni.
Stare con Angel, sfiorarle la pelle profumata di frutta dopo un lungo bagno rilassante, stringerla tra le mie braccia durante la visione di un film, erano gesti che mi rendevano estremamente felice.
Una sera, in particolare, mi presentai a casa sua con un DVD: “Shrek” era il titolo impresso sulla copertina.
Appena lo vide, Angel scoppiò a ridere, facendomi notare: “Ma è un cartone animato per bambini!”.
“Perché tu sei la mia bambina.” La zittii io sfiorandole il naso con il mio ed inserendo la cassetta nel videoregistratore.
Novanta minuti dopo, abbracciata a me e con gli occhi lucidi, mi confessò “Non ho mai avuto un’infanzia, sono stata costretta a crescere troppo rapidamente, nessuno mi ha mai raccontato una favola.”
 “Ssh, ora hai la possibilità di vivere la tua favola, la nostra favola.” La rassicurai guardando gli occhi verdi improvvisamente diventati grigi.
Da quel giorno, rivedemmo Shrek altre undici volte.

ANGEL’S POV.
“Buongiorno!” Risposi ad Ed, ricambiando il suo bacio con un sorriso spontaneo e sentendo la pressione di un oggetto solito contro il mio petto.
La sera precedente, lui si era messo in testa di portarmi mi in una zona periferica, dove si trovava uno spazio simile ad una spiaggia.
Camminando tra la sabbia, un po’ brilla, ero inciampata in un sassolino piatto e liscio di colore bianco.
Ed lo aveva raccolto e, notandone la forma, lo aveva rifinito facendolo assomigliare a un cuore, che, una volta a casa, aveva collegato a un cordoncino.
Grazie a lui e ai suoi piccoli gesti stavo scoprendo che la vita, nonostante le sue difficoltà, potesse essere gradevole e per questa ragione sorridevo spesso.
Sorridevo quando lo battevo ai videogiochi e si fingeva arrabbiato per essere stato sconfitto.
Sorridevo preparandogli una tazza di tè al mattino prima di salutarlo ed uscire di casa.
Sorridevo quando lo guardavo dormire con quell’espressione da bambino, pensando a quanto fosse bello.
C’era un momento, però, in cui smettevo di sorridere.
Era quando, sicura che dormisse profondamente, scivolavo via dal suo abbraccio e mi chiedevo la porta alle spalle.


ANGOLO AUTRICE.
Decimo capitolo!
Punti negativi: è inutile, ma è “di passaggio”  e l’ultima frase è funzionale alla storia. Insomma devono essere un po’ felici o no?
Punti positivi: ho aggiornato in fretta. Dov’è la parte positiva per voi? Che mancano solo quattro capitoli e la storia sarà conclusa.
Il contenuto di quest’ultimi però è stato chiaro fin dall’inizio nella mia testolina, quindi posso anticiparvi che nei prossimi due si sveleranno le storie di Ed ed Angel (non so in che ordine).
Un recensione me la lasciate? GRAZIE a chi continua a seguirla e commentarla.
A presto. ;)

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Capitolo 11
*** Be like you. ***


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 *Leggere con: Be like you.*

"And I'll squeeze in to a dress,
so I can be like you."

ANGEL’S POV.
“Raccontami di te.” disse Ed all’improvviso, spezzando il rilassante e non imbarazzante silenzio creatosi tra di noi.
“Mmh?” mugolai io, assopita, nel tentativo di svincolare la sua richiesta.
“Raccontami di te.” ripetè lui deciso, scandendo le parole e sollevando il mio mento, per costringermi ad incrociare il suo sguardo.
Da quando avevamo iniziato a frequentarci, quel suo desiderio era stato da me volutamente ignorato, ma, in quella notte durante cui la pioggia tamburellava sulle finestre costituendo un adeguato sottofondo, decisi di riferire per la prima volta a qualcuno la mia travagliata storia.

***

“Tutto iniziò e finì il 31 luglio 1996…” iniziai il monologo.

*FLASHBACK*

NO POV.
“Signor Montgomery, sono stato incaricato di comunicarle una cosa importante.” Annunciò grave un uomo in camice bianco, uscendo dalla sala operatoria e togliendosi la mascherina.
“La bambina?” Chiese prontamente un altro uomo, alzandosi dalla sedia su cui riposava in attesa di notizie.
“Al momento l’abbiamo spostata dalla sala retrostante al nido, mi segua.” Risposte cordialmente il primo.
Camminarono lungo il corridoio e si fermarono davanti a un vetro, che forniva un ampia visione su diverse file di culle.
“Nonostante la nascita prematura, la creatura non ha riportato danni fisici o celebrali.” Continuò lieto il dottore, indicando una neonata addormentata.
“E sua madre?” Chiese, preoccupato per la moglie.
“Ecco, è di questo che volevo parlare. Ha avuto un arresto cardiaco e…” si rabbuiò il medico “Non siamo riusciti a rianimarla. Mi dispia…”.
L’ultima sillaba fu coperta da un grido di rabbia misto a disperazione, che il marito della defunta scagliò insieme ad un pugno sulla vetrata.
Quando la bambina spalancò gli occhi verdi, poche ore dopo, oltre quella finestra non c’era nessuno ad osservarla con amore.
Il suo pianto echeggiò nell’intero reparto.

***

“Tua madre è morta dandoti alla luce?” Cercò conferma Ed, in seguito a questa rivelazione.
“Sì, e non si tratta che del prologo della mia vita...” Continuai io, trattenendo le lacrime al pensiero di quella madre che non avevo mai avuto.

*FLASHBACK*

NO POV.
Una ragazza era sdraiata sul suo letto, posto davanti a un specchio, e circondata da libri.
La penna smangiucchiata tra i denti e i capelli neri legati in un acconciatura disordinata, era intenta a scrivere su un quaderno comprato da poco, tanto concentrata da non accorgersi che non era più l’unica persona presente nella camera.
Una grande mano sbucata dal nulla le coprì la bocca per non permetterle di gridare, mentre l’altra la spogliava avidamente per violare il suo corpo.
Quando, un’ora più tardi, l’uomo lasciò la stanza, i soliti occhi color smeraldo della ragazza introversa osservarono il riflesso dello specchio e l’immagine apparve distorta rispetto alla realtà: ciò che ella vedeva non era più un corpo pieno di curve nei punti giuste, ma una dodicenne bassa, grassa e brutta.
L’unico elemento rimasto invariato erano i lunghi capelli corvini, adesso spettinati, da sempre suo motivo di vanto.
La ragazza prese delle forbici, posizionò delle ciocche tra le lame e tagliò via ogni legame con l’uomo che aveva abusato di lei.

***

“Tuo padre ti ha violentata?” domandò inorridito Ed.
“Già, e alla prima seguirono altre volte. Lui mi odiava, attribuiva a me la colpa per quello che era successo alla donna con cui avrebbe voluto trascorrere il resto della vita. E io non potevo biasimarlo. Iniziai a fumare, a non mangiare, a drogarmi occasionalmente. Circa un anno fa decisi di fuggire di casa, facendo sapere a mio padre tramite un biglietto che non desideravo essere cercata. Per sopravvivere cominciai anche a prostituirmi. Ma, più che una richiesta di soldi, la mia era una richiesta di amore. Questo finchè… Non ho conosciuto te.” Conclusi la frase mantenendo la testa bassa, per non osservare la reazione disgustata di Ed.
Quest’ultimo rimase in silenzio e, invece di fuggire, si limitò a stringermi in un abbraccio che distrusse ogni barriera.
Con sincero stupore, mi accorsi che le lacrime che bagnavano il mio viso, però, non erano solo mie.
Se solo Ed avesse saputo l’ultima parte della storia.

ANGOLO AUTRICE.
Lavoro su questo capitolo da dopo pranzo!
Io sono soddisfatta (per una volta!), spero lo siate anche voi.
GRAZIE A CHI SEGUE/RICORDA/PREFFERISCE/RECENSISCE.
Sono consapevole che "Be like you" non faccia parte di "Plus" ma la canzone corrispondeva a ciò che volevo scrivere ed è una delle più belle, quindi non potevo escluderla, perdonatemi.
Inizia il conto alla rovescia: meno tre capitoli alla fine!
P.S. GRAZIE A
DirectionerGossipgirliana (sei stata un tesoro ad offrirti di correggere il capitolo). <3

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Capitolo 12
*** Lego house. ***


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 *Leggere con: Lego house.*

"I'm gonna pick up the pieces,
and build a lego house."

ED'S POV.
“Ed!” Gridò Angel al fine di avvisarmi del suo arrivo. “La porta era socchius…”
Si bloccò in prossimità dell’ingresso, scorgendomi inginocchiato al centro del monolocale e sommerso da decine, centinaia, migliaia di pezzetti di plastica colorata.
La ragazza si avvicinò nel modo più silenzioso possibile, notando la mia posizione con le spalle rivolte alla porta, posando le mani sui miei occhi e chiedendomi: “Chi sono?” con una voce in falsetto.
“Taylor, quella di ieri sera che è venuta a riprendersi la biancheria intima dimenticata qui?” Scherzai, riconoscendola, allo scopo di irritarla.
“Chi, la tua babysitter?” Ribatté lei , sbuffando con aria di superiorità, colpendomi la spalla. “Se vuoi la chiamo e le dico di venire a giocare con te e i tuoi cosi.
Cosi? Attenta, ti stai riferendo al mio passato.” Allusi io, con aria misteriosa e fintamente offesa.
“Che intendi?” Domande subito Angel, curiosa, prendendo posto con le gambe incrociate al mio fianco.
“L’altro giorno tu mi hai raccontato il tuo passato.” Le spiegai, sorvolando velocemente sulla sua complicata infanzia. “E ora io ti sto mostrando il mio.”
“Tuo padre era talmente ricco da regalarti tutti i giorni uno di questi cosi?” Ipotizzò lei, ponendo l’accento sull’ultima parola.
“Questi cosi, come ti ostini a chiamarli tu, sono lego. L-E-G-O. E sono i miei migliori amici.” Ammisi io, abbattuto e leggermente imbarazzato. “I miei genitori erano ricchi, ma passavano il tempo fuori casa in viaggi d’affari, così a me non rimaneva che trascorrere la giornata in compagnia di questi giochi.”
“Non avevi amici?” Si interessò, con lo sguardo che mi ricordava molto quello di Bambi, il cervo.
“No, tutti i miei compagni passavano il pomeriggio a rincorrere una palla, ma non sono mai stata bravo nel calcio. L’unica attività in cui sono mai stato capace è la musica, perciò iniziarono ad escludermi. Iniziai a comprare uno di questi lego ogni volta che l’unica mia compagnia era rappresentata da una bottiglia di bevande alcoliche.” Conclusi la spiegazione.
“Ed, guardami, io sarò la sorella, l’amica e la ragazza che non hai mai avuto.” Mi comunicò, stupendomi: quello che solitamente sussurrava parole confortanti all’altro, tra noi due, ero certamente io.
“Grazie.” Risposi, racchiudendo mille ringraziamenti in una parola. “Allora, sorellina, ti va idi giocare con il tuo fratellino e costruire una casa di lego?”
“Una casa?” Cercò conferma Angel, iniziando a radunare alcuni pezzi.
“Sì, come simbolo del nostro rapporto. Finchè starà in piedi, il nostro rapporto sarà saldo, come se avesse le fondamenta.” Le feci l’occhiolino, finendo di posizionare i lego.
Lei si sollevò, avvicinandosi per baciarmi, ma sfiorò un rettangolino di plastica e l’intera casa colorata cadde in mille pezzi.
“Ehi, hai appena distrutto la nostra casa!” Reclamai io.
“Scusa, non l’ho fatto apposta.” Si scusò con aria abbattuta.
“Tesoro, ogni volta che cadrà giù la ricostruiremo.” La rassicurai, usando una metafora per indicare la nostra relazione e ricominciando a costruire la finta abitazione.
Se solo le cose si potessero aggiustare con la stessa facilità di una casa di lego.

ANGOLO AUTRICE.
Nuovo capitolo, nel prossimo ci sarà il finale, seguito da un “epilogo”!
Scusate, in questi giorni non sono di ottimo umore e di scrivere questa parte felice è risultato piuttosto forzato.
Volevo condividere con voi una cosuccia che ho scoperto girovagando su EFP: questa fanfiction è all’undicesimo posto tra le più popolari nella sezione; basta che un lettore aggiunga la storia alle preferite e rientrerà, a pari merito con un’altra, tra le prime dieci!
E poi… E’ la prima per numero di recensioni, non potete immaginare quando sia commossa. :’)
CONTINUATE A RECENSIRE, dicendomi cosa vi aspettate, dopo gli indizi disseminati alla fine degli ultimi capitoli!
P.S. Su Facebook sono Chairakalove Efp
, quindi, se mi aggiungete, potrete leggere lo spoiler del prossimo capitolo (ho finito la storia oggi). ;)

 

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Capitolo 13
*** The a team. ***


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 *Leggere con: The A team.*

"It's too coldp outside,
for Angels to fly."

ED'S POV.
Il cellulare vibrò, interrompendo il mio sonno.
Addormentato, mantenendo le palpebre socchiuse, allungai il braccio in direzione del comodino, dove era poggiato, e lo afferrai con la mano sinistra senza guardare il mittente.
“Pronto?” Biascicai con la voce impastata e roca, tipica di chi è stato appena svegliato nel cuore della notte.
“Lei è Ed, Ed Sheeran?” Chiese un uomo con un tono serio.
“Sì, sono io. Lei chi è? E come ha avuto il mio numero?” Domandai a mia volta, sorpreso.
“Il suo era il primo numero salvato in rubrica.” Spiegò, stavolta poco pazientemente, l’uomo all’altro capo del telefono.
“La rubrica di…” Allungai la mano destra, tastando il letto convinto di imbattermi in una figura addormentata nel lato opposto, ma, non incrociandola, mi ridestai improvvisamente.
“Angel! Angel è il nome della ragazza che è stata appena ricoverata in ospedale. Lei è suo fratello?”
“Diciamo di sì.” Confabulai prima di interrompere la conversazione e precipitarmi fuori dall’appartamento in pigiama, lasciando il grande letto matrimoniale completamente vuoto.

***

“Desidera?” Mi bloccò la receptionist, confusa dal mio abbigliamento.
“Devo vederla subito.” Le spiegai autoritario.
“Se mi dice chi deve vedere, la potrei aiutare.” Replicò la donna, con un sorriso cortese.
“Angel, Angel Montgomery!” Le comunicai gridando, infastidito da quella procedura.
“Mi dispiace, è entrata in sala operatoria pochi minuti fa.” Mi spiegò, rabbuiandosi.
“Sala operatoria? E’ grave? Che cazzo le è successo?” Numerose domande vennero formulate dalla mia bocca, ma la mia mente era oscurata da sentimenti quali confusione, preoccupazione, rabbia, amore.
“Si calmi, la accompagno in sala d’attesa. Nel frattempo, potrà bere un caffè e riscaldarsi.” Mi consigliò la receptionist premurosa, abituata a fronteggiare simili situazioni.
“Non voglio un cazzo di caffè, voglio vedere Angel!” Ripetei, aggressivo, liberandomi della sua mano poggiata sulla mia spalla.
“Meglio una camomilla.” Mi pare di udire mormorare alla donna.

***

Tre ore dopo, passate a fissare la porta della sala operatoria nella speranza che si aprisse, essa si mosse realmente e ne uscì un uomo in camice che si diresse verso di me.
“Questa scena è troppo simile a quella che mi ha raccontato Angel.” Pensai, prima di scacciare qualsiasi pensiero negativo.
“Lei è Ed?” Si accertò il dolore.
“Sì, mi dia del tu. Come sta Angel? Cosa le è successo? Posso vederla?” Esplosi io.
“Calma, ragazzo. La situazione è tragica: non siamo riuscita a fare niente per salvarla le e restano pochi minuti di vita.”
Non ascoltai il resto della frase, perché entrai nella stanza, scorgendo la mia fidanzata su un letto bianco che accentuava la sua salute cagionevole.
Mi avvicinai e, invece di riproporre le domande a lei, sfiorai le sue labbra e le sussurrai un “Ti amo.” che non avevo ancora avuto l’occasione di dirle.
Lei mi guardo e pronunciò un “Mi dispiace”, ma, prima che potesse aggiungere altro, i suoi grandi occhi smeraldo si chiusero.
A quel punto, eruppi in un pianto disperato tenendo la sua mano, finchè degli infermieri non mi trascinarono via, lasciando una parte di me su quel letto.


ANGOLO DI UNA PIANGENTE AUTRICE. (?)
“Arriverà la fine, ma non sarà la fine” canta Tiziano.
Ammetto di aver pianto anch’io con Ed, mentre scrivevo della morte di Angel. :(
Ciò che non è stato spiegato qui, sarà chiarito nel prossimo e ULTIMO capitolo, fungente da epilogo.
Intanto tengo particolarmente a conoscere le vostre opinioni su questo, recensite! 

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Capitolo 14
*** Drunk. ***


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*Leggere con: Drunk.*

"I wanna be drunk when I wake up,
on the right side of the wrong bed."

ED'S POV.
Overdose di cocaina.
Da quanto riferitomi dai medici, la ragione per cui Angel era stata portata in ospedale da un uomo d’identità sconosciuta, era la quantità di droga ingerita sufficiente ad ucciderla.
Dolore, confusione, disperazione erano i sentimenti che invece scorrevano nelle mie vene.
Mi diressi come un automa a casa della mia ragazza, inscatolando i suoi gli effetti personali ed imbattendomi di tanto in tanto in oggetti di mia proprietà.
Mi abbandonai al tocco dei suoi indumenti, alla vista delle sue foto, all’odore di qualsiasi cosa sapesse di lei, fino a quando una ragazza non bussò alla porta presentandosi come la nuova inquilina.
Ciao!” Mi salutò raggiante, inconsapevole di ciò che era accaduto.
Ciao.” Risposi io con un falso sorriso, sfinito dal dolore, superando l’uscio.
Il padrone di casa aveva, infatti, già affittato nuovamente l’appartamento, insensibile alla situazione, e io non riuscii a trovare la forza di raggiungere il mio monolocale vuoto.
Mi abbandonai dunque su una panchina, quando notai un quadernetto dalle pagine ingiallite sbucato dal nulla, sulla cui copertina campeggiava il titolo “Diario di Angel”; lo aprii subito e scoprii un numero incredibile di pagine interamente scritte da lei.
Considerai l’ipotesi che all’interno potesse esserci una versione della sua morte differente da quella ufficiale, ma la mia attenzione fu catturata da tre parole colorate, in risalto rispetto al resto del testo: “Io amo Ed”, dicevano soltanto.
Più in là un paragrafo recitava: “Ogni notte lascio il caldo letto di Ed, accertandomi che dorma, per andare in quello di mio padre e ritornare prima che il mio ragazzo si svegli. Il motivo per cui continuo a donare il mio corpo all’uomo che mi ha rovinato la vita? Sento di doverglielo, di riuscire in parte a rimediare alla perdita che ha subito per colpa mia. Se Ed lo sapesse, smetterebbe di guardarmi con lo stesso sguardo innamorato. Ma preferirei morire piuttosto che confessarglielo.
All’improvviso chiusi il diario; che senso aveva sapere il perché del suo gesto disperato, se non sarebbe stato possibile tornare indietro nel tempo e rimediare?
Poteva il motivo della sua azione, alleviare le sensazione che attanagliavano il mio animo?
Decisi di dormire sulla panchina, incurante del freddo fuori: nulla in confronto al gelo che avevo dentro.

***

Il giorno successivo, destinato al funerale, non si tenne una tipica cerimonia religiosa essendo Angel atea.
Mi recai comunque sul luogo di sepoltura, ma al mio arrivo notai una figura incappucciata china ad osservare quel pezzo di terreno sotto al quale giaceva la persona che amavo.
Incuriosito, mi avvicinai e gli sussurrai: “Chi è lei?”.
Derek, Derek Montgomery. Il padre di…” La sua presentazione fu interrotta da me, che, compresa l’identità di quell’uomo (se così lo si può definire) gli tirai un pugno nello stomaco e godetti quando si piegò dal dolore.
Questo era da parte di Angel…” Gli spiegai, per poi dargli un calcio proprio sul pene. “… E questo è da parte mia.”
Derek si alzò, si scollò la terra di dosso e se ne andò in silenzio, sotto lo sguardo allibito di un’anziana signora che aveva osservato la scena.
Trascorsi alcune minuti a fissare la lapide situata sulla tomba: inchiostro nero su marmo bianco.
Sfiorai la superficie liscia con le punte delle dita, ripassando il contorno delle parole che vi erano incise.
Spinto da un’ispirazione improvvisa, presi la chitarra che avevo portato con me e iniziai ad improvvisare alcuni accordi, accompagnandoli alle scritte che avevo dedicato personalmente ad Angel:
"White lips, pale face, breathing in snowflakes, burnt lungs, sour taste, light’s gone, day’s end, struggling to pay rent
Long nights, strange men."
Concluso il mio addio, baciai la foto e poggiai accanto alla tomba un pezzettino di lego.

***

Ripensai alle promesse che ci eravamo scambiati un notte dopo aver fatto l’amore: “Smetterò di fare qualunque cose non sia salutare per me.” aveva promesso lei; “Smetterò di bere.” avevo promesso io.
L'amore non è salutare, angelo mio.
Ora che la luce lasciava il posto all’oscurità, ora che mi sarei svegliato solo dalla parte giusta del letto sbagliato, ora che mi trovavo di nuovo solo a fissare le luci di Londra, che senso avevano quelle promesse?
Intravidi una bottiglia sul comodino e la presi.
Un sorso.
Due sorsi.
Tre sorsi.
Forse mi sarei fermato, o forse no.


NO POV.
Sul pavimento un cellulare vibrava a vuoto.

ULTIMO ANGOLO AUTRICE.

L’intento principale della mia fan fiction è stato creare una storia sulla nascita delle canzoni di “Plus”, in particolare del di una delle più emozionanti canzoni mai scritte, “The A Team”.
Spero che l’epilogo non vi abbia delusi, l’ho riscritto più volte per concludere la mia PRIMA fan fiction e che mi lasciate un parere complessivo.
Alle 44 persone che hanno aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite, a chi mi ha dato consigli ed opinioni tramite le recensioni, ai lettori silenziosi che sono arrivati alla fine: GRAZIE.
ATTENZIONE: continuerò a scrivere, mi ritrovate a: 
Haven't you heard? I'm the crazy bitch around here. (fanfiction a quattro mani su Gossip Girl ed Orgoglio e Pregiudizio) e You Know Who (fanficiton su Harry Potter mista a Pretty Little Liars).

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