The Dark Within

di DearDiary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Faceless (Damon) ***
Capitolo 3: *** Alive (Elena) ***
Capitolo 4: *** Frozen (Katherine) ***
Capitolo 5: *** Echo (Stefan) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


THE DARK WITHIN


Prologo



Damon ha perduto la parte migliore di lui. 
La fa riemergere solo per lei, anche se non serve a nulla. 
Si aggira per le stanze di quella casa diventata di colpo troppo grande e troppo vuota. 
E' vivo grazie a quel fratello che gli ha sempre portato via tutto. 
Quel fratello che comunque sia, gli manca.


Elena si limita ad esistere. 
Sdraiata sul letto, lo sguardo fisso sul suo cellulare, in attesa di quella chiamata che da mesi non arriva. 
Si raggomitola su sé stessa.
E' l'unico modo che ha per sostituire quell'abbraccio che così disperatamente le manca.


Katherine per la prima volta non ha un piano. 
Non ha niente sotto controllo. 
La persona che lei ama è scomparsa e l'unica che abbia mai amato lei, la odia. 
Sta imparando a conoscere solo adesso il peso della solitudine.


Stefan lascia impronte insanguinate dietro di sé. 
Non ricorda più cosa sia giusto o sbagliato, ma il suo istinto è appagato ora.
Fissa gli occhi vitrei della sua ultima vittima e vede uno spiraglio di luce nell'oscurità di quell'incubo che è diventata la sua esistenza. 
Una voce famigliare lo chiama, labbra invisibili lo sfiorano, qualcuno lo prende per mano... due occhi nocciola lo fissano.
Quella presenza è così confortante, ma ancora una volta, come sempre, lui sceglie di sfuggirle.

***


E' solo il prologo. Non mi aspetto che vi abbia incuriosito o colpito più di tanto. Ma se volete concendermi un po' del vostro tempo per leggere la mia prima fan fiction su The Vampire Diaries, ve ne sarei davvero grata.
Non voglio specificare che coppie tratterò. Se dico che sarà una ff stelena, le delena non la leggeranno e viceversa. E non voglio che accada questo. Sono convinta che tutte le coppie di questa serie abbiano molto da offrire, quindi cercherò di esplorarle tutte (perlomeno quelle che coinvolgono questi quattro personaggi di cui ho scritto). Non vi rivelerò a quale team appartengo, non serve che vi spieghi il perchè!
Questa storia sarà ambientata dopo la seconda stagione. E' una terza stagione tutta inventata da me. Sicuramente Julie Plec e Kevin Williamson inventeranno qualcosa di meglio, su questo non c'è dubbio ^^'

Se avete voglia, lasciate un commentino. =)  Mi farebbe tanto piacere. ^_^
Alla prossima.

DearDiary


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Capitolo 2
*** Faceless (Damon) ***


CAPITOLO UNO

“Faceless”
(Damon)




Un lontano vociare. Risate canzonatorie. Una nuvola di polvere che si alza dal terreno.
Un bambino è accovacciato su sé stesso. Intorno a lui un gruppo di ragazzini più grandi.
Lui piange. Loro ridono.
E' ricoperto di terra e fango. Il suo viso è bagnato dalle lacrime.
Nei suoi occhi verdi non c'è paura, solo disperazione.
Non è per quei ragazzini che lo stanno deridendo che piange.
Loro sono convinti di si però, e continuano ad avventarsi su di lui senza il minimo pentimento.
Qualcuno gli sferra un calcio sul fianco. Lui si raggomitola a terra senza emettere un solo gemito.
Chiude gli occhi e spera che tutti loro si stanchino in fretta.
Non tenta di difendersi.
Loro non sanno che la sua mamma è morta da pochi giorni.
Non sanno che è per questo motivo che piangeva di nascosto.
Non è colpa loro se lui si è mostrato così debole.
Qualcuno arriva di corsa.
I suoi occhi sono tanto azzurri quanto furenti.
Non è più grande di loro, eppure li affronta tutti senza alcun indugio.
Si para davanti al più piccolo e fissa gli altri minaccioso, stringendo i pugni per la rabbia.
 Il naso gli sanguina abbondantemente, ma non gli importa.
Non ha comunque perso un solo briciolo di determinazione.

“State lontani da mio fratello!”




Un lieve sussulto mi strappò alle braccia di Morfeo.
Fissai il soffitto qualche istante, lottando contro i postumi del brusco risveglio. Alzai un braccio fino a poggiarlo sugli occhi e mi lasciai andare ad un sospiro irritato.
“Fanculo … “mormorai, sfogandomi con un pugno sul materasso.
Perchè quel sogno? Perchè quel ricordo?... Perchè ora?
Un frammento del mio passato che ritornava di colpo, senza alcun prevviso. Non serviva nemmeno che mi concentrassi per riprovare la stessa identica rabbia di quel giorno. Ricordavo ogni dettaglio. Gli sguardi esaltati di quei ragazzini, le lacrime di Stefan che come sempre non reagiva. Ricordavo anche i rimproveri di nostro padre quando eravamo tornati a casa. Ovviamente se il suo figlio preferito si era fatto male, era colpa mia che non l'avevo tenuto d'occhio abbastanza. Nemmeno si era sprecato di chiedere cosa fosse successo. Ma Stefan aveva tentato di far ricadere la colpa su di sé. Pareva si divertisse ad incolparsi per ogni cosa brutta che gli accadeva intorno. Nostro padre nemmeno aveva badato alle sue parole, si era limitato a chiamare la bambinaia e ad affidarci a lei. Oh che uomo meraviglioso era ...
Non ci provai nemmeno a riprendere sonno. Era inutile anche solo provarci.
Ogni notte era come una roulette russa ormai. Rivivevo qualche avvenimento del mio passato, della mia vita da umano. E Stefan era sempre presente. Mi tormentava di giorno e di notte.
Ne avevo fatto anche un divertente gioco con me stesso. Cosa sognerai stanotte, Damon?
Non che riuscissi a vederci qualcosa d'ironico comunque. Sognare il proprio fratello scomparso era tutt'altro che divertente.
Che dovevo fare per avere un sonno privo di sogni?
Mi alzai con uno sbuffo dal letto, mi vestii in fretta e uscii dalla mia camera, diretto da colei che in tutto questo tempo non mi aveva mai abbandonato. Avevo affrontato ogni cosa con lei, ogni periodo, ogni momento bello o brutto che fosse. Lei c'era sempre stata per me, senza mai tradirmi in alcun modo.
Scesi velocemente le scale, entrai nel salone ed eccola là: la vetrinetta degli alcolici.
La raggiunsi e la aprii. Presi la prima bottiglia che mi capitò fra le mani, senza preoccuparmi del contenuto. Afferrai un bicchiere e lo riempii. Il semplice suono del liquido che scendeva e sbatteva contro le pareti del bicchiere, mi rasserenò.
Feci per bere, ma voltandomi verso il divano mi accorsi di non essere solo. Sospirai con rassegnazione e poggiai il bicchiere sul tavolino.
Elena era lì, profondamente addormentata. Mi aveva detto che sarebbe tornata a casa per la notte e invece era crollata. Lanciai uno sguardo all'orologio a pendolo. Segnava le quattro del mattino, troppo tardi per svegliarla e riportarla a casa sua. O troppo presto...
Sembrava comunque a suo agio su quel divano, così decisi di lasciarcela. Sapevo che sarebbe stato meglio voltarsi, tornarmene in camera mia e non badarle troppo.
Ma ovviamente agire con razionalità non faceva parte della mia indole. Perciò rimasi immobile con lo sguardo fisso su di lei.
Osservai il suo viso, ascoltai il suo respiro lento e regolare, m'incantai nel guardare il suo petto alzarsi e abbassarsi lentamente, sentii il battito del suo cuore e chiusi gli occhi, inebriandomi di quel suono. La sua borsa di scuola era abbandonata a terra. Sul pavimento erano sparsi quaderni, libri e penne... aveva trascorso l'ennesima giornata tentando di distrarsi, gettandosi a capofitto nello studio.
Portai il bicchiere alle labbra e lo svuotai in un solo sorso, facendo una piccola smorfia.
Mi avvicinai a lei, inginocchiandomi accanto al divano. Le sfiorai una guancia con il dorso della mano, così lievemente che con molta probabilità nemmeno da sveglia se ne sarebbe accorta.
Notai residui di lacrime sulla sua pelle. Elena passava molto tempo a piangere ultimamente. Lo faceva di nascosto, quando rimaneva da sola ed era convinta che nessuno potesse vederla o sentirla. Proprio come faceva Stefan da bambino...
Ma io la sentivo ogni volta. Per quanto provasse a soffocare i gemiti contro il cuscino o a trattenere i singhiozzi, ogni volta che piangeva, una parte di me piangeva con lei. Per lei.
Ma al contrario suo, io non permettevo al dolore di abbandonare il mio corpo. Lo trattenevo con tutte le mie forze e lasciavo che mi consumasse lentamente.

“Un vero uomo non piange mai, Damon.”

La voce di mio padre tornava sempre a farsi sentire ogni volta che ero sul punto di lasciarmi andare. Era quello l'unico suo insegnamento che avevo recepito. Se così si poteva definire...
Elena aveva smarrito così tanto di lei in quegli ultimi mesi... chissà se se ne rendeva conto?
Non c'era più quella luce ad animarle lo sguardo, non ricordavo da quanto non sorridesse, si era trasformata in un guscio vuoto... Respirava, mangiava, dormiva e si svegliava. Nulla più di questo. E la cosa che più non sopportavo era che non avevo idea di cosa fare per farla stare meglio. Non capivo nemmeno cosa venisse a fare ogni giorno da me. Forse aveva solo bisogno di compagnia... o stare lì le faceva sentire meglio la presenza di Stefan. Si sedeva su quel divano, a volte studiava, altre volte leggeva, oppure parlavamo di Stefan.
Mai di me, mai di noi due... sempre di Stefan.
Non era raro che mi sorgesse il dubbio che quel bacio di quella notte in cui ero quasi morto, me lo fossi solo immaginato... Morivo dalla voglia di chiederle se me lo avesse dato per davvero, se per lei avesse significato almeno la metà di quello che aveva significato per me, ma sapevo che non era il momento adatto. Non lo sarebbe stato mai!
“Oh ma che scenetta tenera!”
Quell'improvvisa voce così dannatamente famigliare, mi fece scattare in piedi provocandomi ondate di pura rabbia.
Katherine mi sorrideva sorniona, serenamente appoggiata allo stipite della porta, teneva le braccia incrociate sul petto e aveva quello sguardo sicuro e sfrontato che solo qualcuno che conosce a fondo ogni tuo punto debole può concedersi.
“Non mi saluti nemmeno?” domandò con innocenza, assumendo un'espressione falsamente dispiaciuta.
Lanciai uno sguardo veloce ad Elena, preoccupato che si fosse svegliata. Con uno scatto raggiunsi Katherine, l'afferrai malamente per un braccio e la condussi fuori di casa, sul porticato.
“Si può sapere che fai qui?” sbottai non troppo gentilmente, fissandola con risentimento.
“Sei in gran forma a quanto vedo!” un sorriso colmo di malizia le increspò le labbra e un sopraciglio le si inarcò mentre i suoi occhi vagavano sul mio corpo
La fissai con fastidio, avvicinandomi.
“Lo vedi quel pulsante accanto dalla porta?” feci con sarcasmo, indicandoglielo. “Si chiama campanello. E' buona educazione premerlo prima di infilarsi in casa della gente in piena notte!”
Lei ridacchiò visibilmente divertita dalla mia ritrosia nei suoi confronti e io, come un perfetto idiota, permisi a quel suono cristallino di entrarmi dentro, mettendo radici nel mio cervello.
Iniziai a pentirmi di essere uscito di casa. Avevo un disperato bisogno di bere di nuovo qualcosa. Parlare con Katherine era indiscutibilmente più semplice se si aveva dell'alcol in corpo.
”Mi dispiace. Non volevo disturbare il sonno della tua preziosa Elena.” disse, imbronciandosi leggermente.
Il modo in cui pronunciò il suo nome, così piena d'irritazione e con quel fare canzonatorio, mi fece venire voglia di piantarle un paletto da qualche parte, ma come al solito non lo feci. La fissai con astio e mi limitai a stringere i pugni, trattenendo la rabbia.
“Sparisci, Katherine! Non sei la benvenuta qui, non c'è bisogno che te lo dica.”
Lei non si lasciò minimamente intimidire, ma anzi, mi riservò uno sguardo quasi angelico che avrebbe fatto crollare i buoni propositi di chiunque.
“Io non sono mai la benvenuta, Damon. In nessun posto.”
“Domandati il perchè!”
Iniziò ad avvicinarsi a me in maniera decisamente pericolosa, con quella sua camminata ipnotizzante e incatenandomi al suo sguardo ammaliatore. Si fermò a pochi centimentri dal mio viso. Riuscivo a sentire il suo respiro sulle mie labbra che, istintivamente, dischiusi. Sospirai appena, quando percepì vagamente il suo sapore sulla lingua.
“Spiegamelo tu...” mormorò suadente, lasciandosi poi andare ad un sorriso compiaciuto, mentre con un dito sfiorava il mio petto.
Sperai davvero che non sentisse i fremiti del mio corpo, ma il suo sguardo si assotigliò leggermente, segno che aveva capito quanto non mi fosse indifferente. Con un gesto brusco la spinsi lontano da me e cambiai discorso.
“Che cosa vuoi comunque?” la superai e mi appoggiai al muro “Sai, a quest'ora pensavo tu fossi già in Nuova Guinea o chissà dove, al riparo dalle grinfie di Klaus.” mi concessi un sorrisetto compiaciuto.
La sentii soffocare una risata sarcastica e con la coda dell'occhio la osservai mentre si aggirava con nonchalance per il portico. Si lasciò andare poi ad un sospiro arrendevole.
“Voglio aiutarti a trovare Stefan!” ammise, senza particolari inflessioni “Conosco Klaus, scappare da lui per tutti questi secoli mi ha permesso d'imparare a prevedere le sue mosse. Potrei esserti molto utile.”
Alzai gli occhi su di lei, scuotendo il capo con rassegnazione. Ma a chi voleva darla a bere?
“No, tu non vuoi aiutare me. Vuoi solamente trovare Stefan. E' diverso!”
Inutile negarlo, la solita ondata di gelosia mi pervase. Perchè comunque andassero le cose, per quanti sforzi facessi, per quanto m'impegnassi, era sempre Stefan il favorito. Era sempre stato così...
Dovevo averlo imparato oramai.
“Abbiamo lo stesso obiettivo, Damon. Non fare tanto il difficile!” sbuffò lei, riavvicinandosi. “Io sono l'ultima persona che l'ha visto... e ho visto cosa Klaus gli ha fatto.”
La sua espressione si spogliò di ogni traccia di strafottenza e malizia. Era seria e forse, anche preoccupata. Ovviamente lo era... il suo adorato Stefan era in pericolo. Non avrebbe mai avuto quell'espressione parlando di me...
Aggrottai la fronte, concedendole tutta la mia attenzione. “Che vuoi dire? Che gli ha fatto?”
Di nuovo quel sorrisetto odioso le increspò le labbra.
“Uniamo le forze e te lo dirò.”
Bastarda!
“Non ho doppi fini questa volta, Damon. Voglio davvero ritrovare tuo fratello!” Calcò in maniera plateale sulle ultime due parole. Stava forse tentando di farmi venire i sensi di colpa? Lo sapevo che era mio fratello, non serviva che me lo ricordasse!
Mi diede le spalle, mettendosi a guardare distrattamente la boscaglia attorno alla pensione. “Oh... può partecipare anche la dolce Elena alla ricerca. Non ho alcuna intenzione di tenervi separati!”
Ci provai ad ignorarla, ma fu un tentativo pressochè inutile. Fui di fronte a Katherine in un lampo. La sbattei con molta poca delicatezza contro la parete. Lei sorrise compiaciuta, come se in qualche modo si aspettasse quella reazione da parte mia. La mia rabbia nei suoi confronti s'intensificò e la presa su di lei si fece più forte. Se fosse stata umana si sarebbe ritrovata qualche osso rotto. Ma fu a quel punto che la sua espressione mutò radicalmente. I suoi occhi si fecero confusi, tristi … feriti persino. Le sue labbra si dischiusero leggermente e la sentì tremare sotto le mie mani.
“Damon... che stai facendo?”  mormorò impaurita.
Mi resi subito conto di quello che stava tentando di fare... e la odiai. La odiai come non l'avevo mai odiata prima. In quel momento, lei era Elena. E io caddi come un perfetto idiota nella sua trappola. Dio... era lei!
“Mi fai male, lasciami!” persino la sua voce era diversa. Non era più quella falsa, doppiogiochista, maliziosa tipica di Katherine... era quella dolce, sincera, ingenua di Elena. Immediatamente la lasciai andare e indietreggiai di qualche passo, dimenticando per qualche istante chi avessi davvero di fronte.
Ma Katherine non tardò a tornare. Non appena la lasciai, ecco la sua solita espressione beffarda tornare a fare sfoggio di sé.
“Che succede?” mi chiese innocentemente, avvicinandosi con studiata lentezza. “Ti ricordo qualcuno?”
Chiusi gli occhi, mentre un moto di rabbia mi fece rabbrividire da capo a piedi. Strinsi i pugni, costringendomi a non metterle le mani addosso.
“Vattene!” sibilai.
Lei sorrise e ubbidì. “Tornerò, sappilo!”
Potevo anche considerarla una minaccia. Dopo un ultimo sorrisetto dei suoi, si voltò e cominciò ad allontanarsi, ma dopo pochi passi si fermò un momento, per poi voltarsi di nuovo
“Prego per la cura, comunque...”.
Qualcosa in quelle sue ultime parole, mi fece vacillare. Mi ero solo immaginato il leggero velo di tristezza ad incrinarle vagamente la voce....?
Che sciocchezza! Si aspettava forse un ringraziamento? Ero vivo grazie a Stefan, non a lei. Anzi, ero vivo perchè ero il bastardo più fortunato del mondo, ecco tutto! Non dovevo ringraziare proprio nessuno.
Rientrai in casa e sbattei con forza la porta. Mi resi conto troppo tardi della stupidità di quel gesto.
Percepii distintamente i battiti del cuore di Elena accelerare. Rimasi fermo appoggiato alla porta, sentendo i suoi passi frettolosi avvicinarsi. Quando uscì dal salone aveva un enorme sorriso colmo di speranza ad illuminarle il volto e per un attimo ne fui felice. Mi ero scordato quanto fosse bella quando sorrideva. Tuttavia, quando si rese conto che a sbattere la porta non ero stato altri che io, quel sorriso si dissolse nel nulla. Una porta che sbatteva in piena notte poteva darle molte false speranze.
Non ero chi si aspettava.

Non lo sarò mai...

Le rivolsi uno sguardo di scuse."Sono solo io... "
Ero conscio del fatto che forse lei avrebbe preferito me con Klaus e Stefan sano e salvo a casa. Se solo avessi potuto invertire i ruoli l'avrei fatto.

Guarda cos'hai combinato, Stefan! Sempre a fare l'eroe...

Elena abbassò lo sguardo a terra, un tentativo inutile di nascondere le lacrime che minacciavano di uscire. Si mise nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Scusa... credevo che... “ mormorò flebimente, prima di sospirare rassegnata. “...Niente.”
Se ne tornò in sala e la sentii sdraiarsi di nuovo sul divano. La seguii ma rimasi fermo sulla soglia e la osservai impotente mentre abbracciava un cuscino e vi nascondeva contro il viso, lottando con quel grido di dolore che oramai accompagnava le sue giornate.
Sospirai e mi voltai dall'altra parte, incapace di assistere a quello strazio. Mi ritrovai disperatamente a pensare alla proposta di Katherine.
Per quanto non volessi darle ascolto, aveva ragione nel dire che solo lei avrebbe potuto sapere dove fosse Klaus. Forse avrei dovuto accettare. Dovevo farlo per Elena!
Aveva bisogno di Stefan... dovevo riportarlo da lei. Non volevo vederla lasciarsi andare così. L'avrei persa, ma non importava. Non sarebbe comunque mai stata mia! Mi bastava saperla felice.
Volevo rivedere la vecchia Elena girare per casa. Volevo di nuovo bisticciare con lei. Ero stanco di vedere solo il suo corpo inanimato su quel divano, nient'altro che il suo fantasma aggirarsi per casa.
Non mi vide prendere il cellulare dai pantaloni e digitare un messaggio. Ci pensai qualche istante prima di inviarlo. Sperai solo che Katherine non mi stesse trascinando in un altro dei suoi soliti giochetti da psicopatica. Stavolta l'avrei fatta fuori senza pietà!

“Giurami che non mi darai motivo di pentirmene e ti aiuterò!"

La risposta arrivò pochi istanti dopo.

"Non te ne pentirai."

Rimisi il cellulare al suo posto e feci un respiro profondo, immaginandomi il volto di mio fratello che mi fissava confuso. Lo stesso che avevo sognato quella notte. La stessa espressione che mi aveva rivolto quel pomeriggio di quasi due secoli prima, quando avevo messo in fuga quegli stupidi ragazzini che si erano avventati su di lui, quasi non capisse perchè mi ostinassi tanto ad aiutarlo... "Sono tuo fratello!" gli avevo detto "Solo io posso prenderti a botte!"
Quel principio era ancora valido!

Vengo a salvarti il culo, fratellino! E sia chiaro, sarei più interessato a quello della tua ragazza!


***

Non speravo davvero che qualcuno apprezzasse quello straccio di prologo scritto in 5 minuti  ascoltando una canzone particolarmente depressa. Ma sono felice dei complimenti ricevuti. E data la mia autostima inesistente, ammetto che mi hanno anche messo in difficoltà. "Riuscirò a fare un primo capitolo degno delle loro aspettative?" ... L'ho fatto? Ho qualche dubbio. Ci ho provato!  Il risultato non so quanto possa essere davvero soddisfacente... Il Missing Moment all'inizio, l'ho scritto pensando ad un particolare ricordo di Stefan, descritto in uno dei volumi de "I diari di Stefan" (mi pare fosse il secondo, ora non ricordo bene ...). Pare sia un fatto accaduto sul serio e personalmente ho sempre sperato che lo inserissero sulla serie, come flashback. Ancora ci spero. Sarebbe meraviglioso vedere Damon e Stefan da bambini...

V'informo già ora che Katherine è la mia "bestia nera". Nel senso che, l'adoro sia chiaro, ma entrare nella sua testa è complicato. Ho il terrore di andare nell'OOC con lei. Spero almeno con Damon di non esserci andata. Lui non è complicato. Capisco come pensa, perchè agisce come agisce  e comprendo il suo nascondersi dietro quell'aria perennemente sarcastica. Non giustifico alcuni suoi comportamenti, ma li comprendo. Ragion per cui, non lo giudico.

Il titolo del capitolo è quello di una canzone che mi fa pensare a Damon. Dei RED. Ve la consiglio u.u  

Grazie mille a La_Corvina_Giullaressa , alister_ , AriaSolis  ed a tutorgirloth . I vostri commenti hanno davvero significato molto, dato che non pensavo nemmeno di riceverne =)

Il prossimo capitolo sarà su Elena. E visto come se la sta passando la piccola Gilbert, sarà molto depresso... Torno a ricordare che in questa storia toccherò tutti i team. Ci sarà Delena, ma anche Stelena. E dall'altra parte ci saranno sia Kathemon che Kathefan. Chiedo quindi un po' di sopportazione a chi legge e non apprezza un team in particolare ^^.  Anche perchè non so voi, ma le storie che trattano solo un team dopo un po' a me annoiano XD . Vi rivelerò uno dei miei team.... STEMON (o DEFAN, comunque lo si voglia chiamare)! u.u E ce ne sarà molto qui!  Il rapporto fra Stefan e Damon è impareggiabile. E' la parte migliore di The Vampire Diaries a mio avviso .

A presto. (vi prego, un commentino lasciatelo. Non costa nulla :'D )

DearDiary

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Capitolo 3
*** Alive (Elena) ***


CAPITOLO DUE

“Alive”
(Elena)



Correva.
Sfidava i limiti del proprio corpo per mettersi in salvo.
Sentiva il fiato del suo inseguitore sul collo, i suoi passi farsi sempre più vicini.
Gli sarebbe bastato allungare una mano per prenderla.
Ma Klaus non l'avrebbe mai fatto, a lui piaceva terrorizzare le sue prede.
Lei continuava a correre, nonostante il petto scosso da spasmi per la mancanza d'ossigeno.
Si era voltata un attimo per guardarlo, ma il suo viso era nascosto da un cappuccio.
Eppure sapeva che era lui, anche se ancora non l'aveva mai visto di persona.
Una radice la tradì. Elena inciampò e si ritrovò sdraiata nel fango.
Lui le arrivò alle spalle e l'afferrò per un braccio.
Lei urlò.... e si svegliò.
A pochi centimentri dal suo viso, due occhi verdi assonnati e preoccupati la fissavano.
Una mano le sfiorò delicamente la guancia in un gesto di conforto.
Un naturale sorriso.


Brutto sogno?”



Ero ancora su quel divano quando mi svegliai.
Non trovai nessuno al mio fianco. Nessun paio di occhi verdi a scrutarmi, nessuna mano ad accarezzarmi. Nessun sorriso a darmi il buongiorno.
Una mattina come tutte le altre, insomma. La sessantaduesima senza di lui.
“Buongiorno, Stefan...” mormorai al nulla, talmente piano da faticare a sentirmi da sola. Era una cosa che facevo sempre, dargli il buongiorno. Un gesto a cui non avevo voluto rinunciare, nonostante lui fosse lontano da me. Mi piaceva pensare che in qualche modo potesse sentirmi...
Mi strofinai gli occhi e mi alzai in piedi, sbadigliando. La prima cosa che feci fu prendere il cellulare dalla borsa. Smisi di respirare quando vidi che c'erano tre messaggi da leggere.
Chiusi gli occhi e pregai mentalmente qualsiasi forma divina disposta ad ascoltarmi, che uno di quei messaggi fosse di Stefan.
La delusione non tardò ad arrivare. Uno era di Jeremy, gli altri due di Caroline. Mi morsi il labbro nervosamente e gettai il cellulare sul divano. Rimbalzò sui cuscini e cadde a terra facendo fin troppo rumore. Sospirai cercando di calmarmi.
“Nervosette stamattina?”
La voce di Damon mi fece sobbalzare leggermente. Lui e la sua dannata mania di comparire all'improvviso! Detestavo quando lo faceva. Mi ricordava Stefan... e io lottavo ogni giorno contro la tentazione di perdermi nei ricordi.
“Non ho dormito bene!” tagliai corto, raccogliendo il cellulare e mettendo in ordine i libri sparsi sul pavimento.
“Beh, se avessi dormito nel TUO letto forse avresti fatto sogni più sereni.” mi canzonò, sottolineando il fatto che avevo di nuovo infranto la regola del “ognuno dorme a casa sua”.
“Scusa...” mormorai imbarazzata “Ho perso la cognizione del tempo e mi sono addormentata.”
Nonostante mi ostinassi a passare lì le mie giornate, dovevo ammettere che non mi piaceva granchè restare troppo tempo a Casa Salvatore. Senza Stefan era tutto troppo surreale. Mi sentivo un'estranea, nonostante Damon facesse davvero il possibile per farmi stare meglio.
Inizialmente, le prime notti le avevo trascorse lì, nella stanza di Stefan, ma non si poteva certo dire che avessi dormito. Mi ero limitata a rimanere raggomitolata sul suo letto, stringendo forte tra le braccia il suo cuscino. C'era ancora il suo profumo ad impregnare la stoffa... era la sola cosa che riusciva a calmarmi, a farmi stare bene. Ma era tutta un'illusione. Non stavo affatto bene. Non senza di lui!
Damon non aveva mai accennato al fatto che avessi passato gran parte di quelle notti a piangere... eppure ero sicura che lui mi avesse sentita. Lo avevo capito dagli sguardi apprensivi che mi rivolgeva di continuo. E poi c'era quel piccolo, insignificante dettaglio relativo alla sua natura: non si poteva sperare di avere privacy in casa di un vampiro.
Non l'avevo mai ringraziato per quella sorta d'intimità che mi aveva sempre concesso, ma era stato proprio per lui che alla fine avevo deciso di smetterla di ostinarmi a dormire lì. Ero a conoscenza dei sentimenti di Damon... Sicuramente vedermi piangere per un altro ragazzo, suo fratello per giunta, non doveva essere semplice. Non volevo illuderlo più di quanto non avessi già fatto, non se lo meritava.
Così avevo scelto di non trascorrere più le notti lì, nonostante il profumo di Stefan mi venisse a mancare non appena mettevo piede fuori da quella casa.
Ma quella notte, avevo infranto questa piccola regola!
“C'è abbastanza spazio per tutti e due, lo sai.” fece Damon, con aria piuttosto tranquilla. Forse mi sbagliavo, ma avevo la costante sensazione che si sentisse solo in quell'enorme casa. Difficile da credere che uno come lui potesse anche solo vagamente soffrire di solitudine, eppure qualcosa nel suo sguardo me lo faceva intuire. Era sempre il solito Damon agli occhi degli altri, ma non poteva sperare d'ingannare me. La verità era che Stefan mancava anche a lui. Era preoccupato da morire per suo fratello... forse anche più di me, perchè ero certa si sentisse in qualche modo responsabile per quello che gli era accaduto. Era inutile che si ostinasse a nascondersi dietro i suoi abili sorrisini sarcastici! Anche se dovevo ammettere, che in qualche modo, riusciva a rassicurarmi. Mi davano l'illusione che non fosse cambiato niente, che Stefan sarebbe tornato a casa da un momento all'altro oppure, vista l'ora, che sarebbe sceso dalla sua stanza pronto ad andare a scuola insieme a me.
“Che ore sono?” domandai, cambiando improvvisamente discorso, ricordandomi che nonostante fossi stata al centro di un complotto mondiale “vampiresco”, ero pur sempre una studentessa dell'ultimo anno di liceo.
“Quasi le otto e mezza.” rispose subito Damon, nemmeno avesse l'orologio in testa.
“COSA?” Raccattai immediatamente i libri e i quaderni dal pavimento, cacciandoli disordinatamente dentro la borsa. “E' tardissimo, maledizione! Perchè non mi hai svegliato prima? Se tu non hai nulla da fare tutto il giorno, non significa che il resto dell'umanità sia nelle tue stesse condizioni!!!”
“Elena...” provò a chiamarmi con assoluta tranquillità, senza però ottenere il risultato sperato.
“Caroline e Bonnie si staranno chiedendo dove sono finita! Saranno preoccupate visto che ultimamente sono diventate più apprensive di due genitori isterici! E Jeremy? Spero per lui che si sia svegliato e non abbia di nuovo saltato le lezioni o giuro che - “
“Elena!” La sua voce si era fatta più decisa, tanto che stavolta fui costretta a guardarlo.
“Che vuoi?” sbottai infastidita.
Mi guardò stralunato, come se stessi dimenticando qualcosa di fondamentale. “E' sabato...”
Aggrottai la fronte e gli rivolsi un'occhiata confusa “No... è venerdì.” Ero quasi certa di avere ragione.
Damon sorrise vagamente divertito “No, è sabato.” usò il tipico tono che in genere si usa con i bambini o con i pazienti di qualche clinica psichiatrica. In quel momento mi sentivo esattamente a metà strada.
“Ma no!” Insistetti, afferrando il cellulare per controllare la data “Ti dico che è … sabato.” appurai guardando il monitor del telefono, con un sospiro sconfitto.
Gli lanciai un'occhiataccia quando mi accorsi che si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere. Alzò subito le mani in segno di resa e vinsi l'istinto di lanciargli addosso qualcosa.
Mi lasciai cadere sul divano, chiudendo gli occhi. “Dio … sto impazzendo!”
“Errore! Sei già impazzita.” mi corresse senza togliersi quel sorrisino canzonatorio dalle labbra.
Incrociai le braccia sul petto, imbronciandomi. Lo sentii ridere e un sorriso scappò anche a me, ma immediatamente lo nascosi con la mano. Sembrava così sbagliato sorridere... Non riuscivo più a farlo senza sentirmi in colpa.
Calò un silenzio improvviso, distruggendo in un attimo l'ilarità che si era creata. L'ennesimo momento di normalità andato in fumo troppo in fretta. Damon mi dava le spalle adesso, guardava distrattamente fuori dalla finestra. Vedevo appena il suo riflesso sul vetro. Sembrava pensieroso. Preferivo non disturbarlo mai in quei momenti. Era così raro vederlo serio che veniva naturale pensare che fosse concetrato su qualcosa di estremamente importante. Insomma... lui non smetteva di fare l'idiota per nulla!
“Meglio se vado a casa...” dissi alzandomi dal divano. Afferrai la mia giacca piegata sullo schienale e la borsa di scuola.
Damon non reagì, come se nemmeno mi avesse sentita. Non capii quell'improvvisa freddezza ma non insistetti troppo. Lo lasciai lì, perso tra quei pensieri a cui aveva deciso di non farmi accedere.
Stavo per uscire dal salone, quando alzai istintivamente lo sguardo verso le scale. Lo facevo sempre, un gesto automatico, disperato. Ogni volta mi aspettavo di vedere Stefan scendere. In qualche occasione, ero anche riuscita a sentire i suoi passi. Come mi aveva appena ricordato Damon, ero impazzita!
Rimasi ferma a fissare le scale, percependo il consueto nodo alla gola togliermi il respiro. Gli occhi presero a bruciare, come infilzati da decine di spilli. Deglutii a fatica e abbassai lo sguardo, facendo un respiro profondo.

Non piangere!

Più me lo imponevo, più sentivo le lacrime premere dietro ai miei occhi per uscire. Non mi riconoscevo più. Non ero mai stata così debole, così patetica. Ero del tutto senza forze. Tutte le persone più importanti della mia vita non c'erano più, fatta esclusione per alcune. Alcune molto fortunate, aggiungerei. Chi mi stava troppo vicino, era destinato a fare qualche fine indecorosa... Dovevo avere qualche maledizione addosso! Non mi avrebbe stupito più di tanto. Una maledizione sarebbe stata forse la cosa più normale che potesse capitarmi, tra tutte quelle che mi erano già successe.
Ferma sulla soglia della sala, mi voltai di nuovo verso Damon, ancora impegnato a fissare il nulla fuori dalla finestra, e una domanda uscì da sola dalle mie labbra:
“E' così che ti sei sentito? ... Quando ti hanno portato via Katherine?”
Notai le sue dita stringersi a pugno e le sue spalle venire scosse da un leggero fremito forse di rabbia o di dolore, non riuscivo a capirlo. Damon non rispose a quella domanda.
“Ci vediamo, Elena.” si limitò a dire, senza degnarmi di uno sguardo.
Sospirai e mi avviai verso l'uscita
“Ci vediamo...”
Per la prima volta realizzai quando noi due fossimo simili in quel momento, vittime di quel dolore causato da circostanze dannatamente uguali. Entrambi soli, abbandonati dalle persone amate... entrambi disperati. Mi chiusi la porta dietro di me e, dopo aver dato un ultimo sguardo al punto esatto dove io e Stefan ci erano scambiati il nostro primo bacio la notte della cometa, mi diressi verso casa.

Un passo davanti all’altro, Elena. E’ facile!

La solita cantilena opera della mia mente instabile mi fece compagnia lungo la strada di casa. Tornai a piedi. La macchina non la usavo più. La mia testa era troppo distratta per poter concentrarsi sulla guida. Non volevo essere la causa di qualche incidente. Di danni a Mystic Falls ne avevo fatti anche troppi!

Un passo davanti all’altro. E ricordati di sorridere… e respirare!

Come da copione, inspirai a pieni polmoni l’aria mattutina e continuai a camminare con gli occhi fissi sulla strada. Ero da sola, non c’era bisogno di sorridere.
Quando intravidi casa mia accelerai il passo, ansiosa di infilarmi sotto la doccia e darmi una sistemata… sempre se fosse servito a qualcosa. Evitavo il più possibile di guardarmi allo specchio. Non dovevo farmi bella per nessuno intanto. Non più…
Entrai in casa e salii velocemente al piano superiore. Lanciai un’occhiata dentro la camera di Jeremy, realizzando che non ci fosse. Sospirai irritata, tuttavia cercai di non arrabbiarmi. Gli avevo detto di avvisarmi se usciva, ma come potevo prendermela dal momento che lo avevo praticamente abbandonato a sé stesso? Mi ricordai solo in quel momento del messaggio che mi aveva mandato. Non mi ero nemmeno presa la briga di leggerlo. Lo feci in quel momento. Era da Bonnie. Sospirai rilassata, sapendo che era più al sicuro con lei che con me o chiunque altro.
Entrai in camera mia e mi buttai a peso morto sul letto, nascondendo il viso sul cuscino. Rimasi così per qualche minuto, lottando con la tentazione di rimanere lì per sempre. Sbuffai e mi rialzai, afferrai qualche indumento di ricambio e m'infilai in bagno.
Lasciai che l'acqua fredda mi scivolasse addosso, destandomi da quel torpore che da mesi non mi abbandonava. Non so per quanto tempo rimasi a tremare sotto il gelido getto della doccia, ma contro ogni logica lo trovavo piacevole. Chiusa in quel piccolo spazio, al sicuro da qualunque sguardo, sola con il mio dolore, permisi alle lacrime di sgorgare liberamente dai miei occhi. Mischiate all'acqua parevano meno opprimenti.
Ci misi un bel po' a decidermi ad uscire. Furono i miei denti che battevano a convincermi a tornare fuori nel mondo reale. Non potevo marcire lì dentro... sfortunatamente!
Mi vestii e con i capelli ancora gocciolanti mi buttai sul letto. Sbuffai e mi rigirai fino a fissare il soffitto, cercando in ogni modo di svuotare la mente. Il cellulare vibrò e lessi il nome di Damon sul display.

"Quante disgrazie si sono abbattute su di te lungo la strada di casa?"

Non riuscii a trattenere un sorriso leggendo quel messaggio. Mi piaceva il modo in cui riusciva a scherzare sul mio indubbio talento nell’attirare guai. Nessuno era bravo quanto lui a spezzare la tensione.

"Sono sana e salva per tua sfortuna!" Risposi velocemente. Lasciai cadere il cellulare sul cuscino, accanto al mio viso .

Rimasi lì tutto il giorno. Rifiutai parecchie chiamate di Caroline, non mangiai, non mi mossi. Tenevo gli occhi chiusi ma non dormivo. Semplicemente, aspettavo! Attendevo la fine di un altro giorno. I giorni senza scuola erano un vero supplizio. Almeno andare a lezione mi distraeva...
L'unica mia compagnia fu la luce del sole che lentamente, ora dopo ora, si fece più soffusa fino a scomparire del tutto, facendomi restare immersa nel buio della mia stanza.
Mi sdraiai su un fianco e mi misi a fissare il cellulare come un’ossessa. Era un rito ormai, attendere quella chiamata, quel messaggio, quel cenno di vita che da mesi non arrivava mai. Cominciai a far scorrere i nomi della rubrica, fermandomi su uno in particolare.

Stefan

Accarezzai delicatamente lo schermo, nella folle speranza che sfiorando quelle lettere lui avrebbe potuto percepire quella lieve carezza. Avevo provato tante volte a chiamarlo, ma il telefono suonava sempre a vuoto. Non risultava mai spento, questo significava che ovunque fosse, ce lo aveva ancora con lui. Perché non mi rispondeva? Il mio grande incubo era che Klaus lo avesse soggiogato e non ricordasse più nulla di me… ma perché avrebbe dovuto farlo? A quale scopo?
Le mie dita si mossero quasi automaticamente sul tasto per avviare la chiamata. C’era un tale silenzio in casa che non dovetti nemmeno accostare il telefono all’orecchio.
Ad ogni squillo i mie occhi si riempivano sempre più di lacrime e il mio cuore accelerava il battito. Esasperata lanciai il cellulare dall’altra parte della stanza e scoppiai a piangere. Soffocai subito i singhiozzi contro il cuscino. Odiavo sentirmi così debole, ma lui mi mancava così tanto da non darmi nemmeno la forza di respirare. Si era consegnato a Klaus per salvare suo fratello… per quanto potessi essere fiera e grata per quel suo disperato gesto di puro altruismo, sentivo anche di avercela con lui. “Sempre a fare l’eroe, Stefan!” la voce nella mia mente si sovrappose a quella di Damon. Glielo avevo sentito dire fino alla nausea, ma solo ora capivo cosa lui intendesse davvero… e provai la sua stessa identica irritazione.
Nonostante il telefono fosse volato contro la parete, la chiamata non si era ancora interrotta. Riuscivo a sentire gli squilli suonare a vuoto fin dal mio letto. Di colpo però, si fermarono. E non perché fosse partita la segreteria o il cellulare si fosse spento a seguito dell’impatto con il muro. Qualcuno aveva risposto.
Mi rizzai a sedere, trattenendo il respiro agitata. Mi precipitai a raccogliere il telefono e lo accostai all’orecchio. Il battito del mio cuore era fin troppo rumoroso. Mi posai una mano sul petto, nell’invano tentativo di calmarlo. Smisi di respirare e rimasi in ascolto… C’era silenzio, nessuno parlava dall’altra parte, ma mi parve di sentire un soffio nella cornetta, come un respiro.
“S-Stefan…?” chiamai con voce tremante.
Non mi aspettavo che rispondesse, nemmeno avevo la certezza che fosse lui a dir la verità. Volevo solo illudermi che fosse così.
Cominciai a camminare nervosamente per la mia stanza, fermandomi davanti alla finestra. Poggiai la fronte al vetro, sospirando di piacere sentendo il freddo a contatto con la mia pelle accaldata. Chiusi un attimo gli occhi, sempre rimanendo in ascolto di quel respiro quasi impercettibile che attribuivo a Stefan. Quando riaprii gli occhi, la mia attenzione venne attirata da qualcosa tra la boscaglia davanti a casa mia. C’era qualcuno fermo tra gli alberi. La sua figura era appena illuminata da una piccola luce… forse quella di un cellulare.

Un... cellulare?

Quel pensiero mi provocò un vuoto allo stomaco e un’improvvisa agitazione. Il lieve respiro che sentivo proveniva da quella figura? … Era Stefan la persona nascosta tra gli alberi?
Mollai il telefono sul letto e corsi immediatamente di sotto. Forse sbagliavo, mi stavo illudendo un’altra volta, ma dovevo accertarmene. Dovevo sbattere in faccia alla realtà di nuovo per convincermi che lui non sarebbe più tornato da me.
Attraversai la strada con un’insana impazienza e raggiunsi il limitare del bosco. Il buio la faceva da padrone. Non c’era nemmeno più la luce che avevo intravisto dalla mia camera ad illuminare almeno un po' l'ambiente circostante.
“Stefan?” chiamai con voce rotta, pregando che fosse davvero lui, il cuore che sembrava volesse saltarmi fuori dal petto. “… Sei tu?”
Intravidi un movimento di fronte a me. Una sagoma prese a farsi sempre più definita ad ogni passo che faceva verso di me. Fu la luna ad illuminarlo.
Non so con quale forza riuscii a reggermi in piedi, ma il respiro mi si mozzò in gola ed ogni cosa intorno a me sparì. Lui era lì, di fronte a me… i suoi profondi occhi verdi mi fissavano, sulle sue labbra si delineò un leggero sorriso e io credetti di stare sognando.
“Ciao Elena.” Mi disse con una tranquillità che davvero non riuscivo a comprendere.
Di nuovo le lacrime premevano dietro i miei occhi. Solo una riuscì ad sfuggire. Immobile continuai a fissarlo, col timore di vederlo sparire da un momento all’altro.
“Stefan…” Il mio corpo di mosse da solo. In un attimo fui da lui e mi strinsi forte al suo petto. Ero in collera, felice, incredula… troppe emozioni mi stavano scuotendo l’anima. “Sei qui… “ mormorai contro di lui “Sei qui!” ripetei poi, per renderlo più vero.
Per un attimo mi domandai se non stessi sognando. Era già accaduto che facessi sogni su di lui così reali da sembrare veri. Ma quando sentii le sue braccia avvolgermi di rimando capii che stavolta ero sveglia.
No, molto più... ero viva, di nuovo.
“...Sono qui.”

***

So che in genere Elena è più combattiva, ma penso che dopo aver perso Jenna, John e (ma sì, mettiamoci anche lei) anche Isobel, l'allontanamento di Stefan debba essere stato un autentico trauma per lei! Provo ad immaginare come avrei reagito io e sinceramente non riesco proprio a farlo. Povera Elena... perdere pure Stefan è stata proprio la batosta finale! Ovviamente non so come sarà nella terza stagione, ma io m'immagino una Elena molto triste e, per quanto la vicinanza di Damon potrà distrarla o meno, molto diversa dalla ragazza che conosciamo. Poi magari mi sbaglio eh! xD
Il missing moment dell'inizio, va collocato in un qualsiasi momento prima dell'arrivo di Klaus a Mystic Falls u.u .

Il titolo è una bellissima canzone di Leona Lewis! u.u

Il prossimo capitolo mi terrorizza T_T ...mi tocca Katherine! Ne sarò in grado!?!? mah... speriamo bene! Cercherò di fare del mio meglio!
Oh, ci tenevo a dire che gli aggiornamenti saranno molto altalenanti. Purtroppo l'ispirazione va e viene a singhiozzo e non posso prevederla. Ergo,i capitoli potrebbero arrivare il giorno successivo così come un mese dopo ^^'
Grazie a AriaSolis e Shari_Aruna per le recensioni. A quest'ultima ci tengo a dire che ho letto tutte le tue storie e le adoro :3 Sei bravissima! Mi emozionano ogni volta che le rileggo **

A presto

DearDiary

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Capitolo 4
*** Frozen (Katherine) ***


CAPITOLO TRE

“Frozen”
(Katherine)

Lo fissi impietrita, senza sapere cosa dire.
Ed è davvero un dono di pochi lasciarti senza parole.
Eppure eccoti lì.
Con la tua consueta espressione sprezzante,
le braccia incrociate sul petto ti fanno sembrare sicura come sempre,
ma dentro stai vacillando come rarissime volte ti è capitato.
Poche persone hanno questo potere su di te.
E lui è uno di loro.

Promettilo.”
Cerchi tracce di menzogna in quell'unica parola.
Sei abituata ad ingannare chiunque,
ragion per cui ti aspetti che anche gli altri facciano lo stesso con te.
Ma non ci sono complotti dietro quella supplica, nessuna bugia, nessuna macchinazione.
Solo disperazione.

Perchè dovrei farlo?”
E' naturale che tu lo chieda. Per quale motivo dovresti fare una cosa simile?
Fare una promessa a lui. Fare una promessa in generale.
Accovacciato a terra, stravolto, con gli occhi pieni di disgusto verso sé stesso,
Stefan trova, chissà come, la forza per sorridere.
Un sorriso appena abbozzato, esausto, ma sincero.

Per lo stesso motivo per cui ora sei qui.”
E di nuovo, rimani senza parole.



Giurami che non mi darai motivo per pentirmene e ti aiuterò!”

Il messaggio di Damon mi fece sorridere. Sapevo che avrebbe ceduto. A dir la verità, credevo avrebbe impiegato più tempo.
Riconoscere di essere in un vicolo cieco, di non avere appigli, che io fossi la sua unica speranza per riportare Stefan a casa … erano per lui dei traguardi molto impervi da superare. Era divertente vederlo così disperato, una volta tanto.

Non te ne pentirai.”

Gli risposi soltanto.
Damon mi stava un po' deludendo, ad essere sincere. Nemmeno si era accorto che ero ancora appostata fuori casa sua. Era così che voleva difendere la sua preziosa Elena?
Chiunque sarebbe potuto entrare indisturbato. Damon era troppo distratto da tutto per mantenersi vigile. Ed Elena risultava essere una preda piuttosto facile.
Per circa la settima volta, mi venne voglia di andarmene sul serio e lasciarli lì come due amebi in lutto. Elena ci sarebbe diventata vecchia in quella casa. Immagine tutt'altro che spiacevole, dovevo ammetterlo. Chissà se Damon l'avrebbe guardata con gli stessi occhi? Mi sarebbe davvero piaciuto scoprirlo.
Ero stanca di quel compito ingrato.
Klaus era lontano chissà dove, si era finalmente scordato di me, mi aveva lasciata andare, e io mi trovavo comunque imprigionata in quella dannata e noiosissima cittadina. Anche nutrirsi era un grande problema dato che quasi l'intera popolazione assumeva verbena senza nemmeno saperlo. Mai avrei seguito la dieta alla Stefan. Forse solo se mi fossi trovata ad un passo dall'essicazione, non prima.
Almeno l'ospedale era salvo. Era l'unico luogo in cui poter trovare sangue non contaminato dalla verbena.

Mi dovrai favori fino al giorno del giudizio universale, Stefan. Pensai sbuffando, appoggiandomi con la schiena al tronco dell'albero su cui ero appollaiata.

Ancora non mi capacitavo di come fossi finita in quella situazione tanto assurda. Ridotta a fare da balia. Io.
Fare da balia ad un vampiro pivello con l'ego grande quanto un transatlantico, e una ragazzina umana attira-disgrazie. Dovevo essere pazza.
Damon forse avrebbe vissuto qualche secolo o due, un briciolo d'istinto di sopravvivenza forse ancora l'aveva. Ma Elena... dovetti come sempre soffocare una risata nel pensare a lei. Era già tanto che avesse raggiunto i 18 anni. Anzi, non ci avrei scommesso nemmeno su quello, dato che doveva ancora compierli.
Nemmeno m'importava che sopravvivesse, poi. M'irritava, non sopportavo la sua moralità, quell'aria da perfettina che sfoggiava ovunque, il suo modo di vestire e, più di tutto, odiavo il suo essere tanto preziosa per chiunque. Lo era stata anche per i suoi nemici. Insopportabile.
E ora, per un stupida promessa che mi ero ritrovata a fare per chissà quale assurda ragione, mi ritrovavo a doverla considerare io stessa preziosa. E tutto ciò mi stava letteralmente mandando in bestia.
Non c'era un senso in tutto ciò che stavo facendo. Stefan mi doveva essere grato già solo per aver portato la cura per il morso di licantropo a suo fratello. Non aveva alcun diritto di chiedermi altri favori. Non avevo più alcun dovere verso di lui. Ero libera! Dopo secoli ero finalmente libera. E per cosa? Per ritrovarmi di nuovo immischiata in una situazione scomoda come questa.
Non sarei dovuta tornare da lui quella notte, quando Klaus mi aveva liberata ed ero andata a salvare il culo a Damon. Tutto ciò a cui avevo assistito poche ore prima di quel momento, quando Klaus aveva infierito così brutalmente su Stefan davanti ai miei occhi, doveva avermi bruciato del tutto il cervello. Ed ero tornata da lui, a cercare di farlo scappare. A cercare di prendermelo, non lo nego. Se fosse fuggito, avrebbe dovuto farlo per sempre, proprio come avevo fatto io per centinaia di anni. Essendo tanto abile nell'arte della fuga, sarei stata un'ottima maestra per lui.
E poi lo ammetto, dopo la stucchevole scenetta fra Damon ed Elena su quel letto, avevo pensato di avere qualche diritto sul minore dei fratelli. Odiavo gli sprechi.
Ora però, mi stavo pentendo come non mai di essere tornata da lui. Mi aveva incastrato, e lo aveva fatto con arte, nel suo perfetto stile. Stefan era sempre stato bravo con le parole, fin da quando era umano. Non parlava mai a caso, come suo fratello. Lui sapeva pungerti nel vivo, era capace di farti sentire uno schifo, colpevole, con poche semplici parole.
E chi meglio di me poteva affermarlo? L'avevo amato per davvero, in fondo. Ora, non ne ero più tanto sicura. E' complicato amare qualcuno che ti odia e che muore dietro alla tua esatta copia!
Con Stefan era difficile anche giocare. Non cedeva mai, non riuscivo ad ingannarlo. Forse perchè l'avevo già fatto per troppo tempo quando era umano, mi conosceva. Con Damon era tutto più divertente. Lui crollava sempre, riuscivo sempre a prenderlo in giro come volevo.
Fu proprio mentre i miei pensieri erano rivolti a lui, che uno svolazzare improvviso mi riportò alla realtà. Mi voltai. Appollaiato sul ramo, assieme a me, c'era un corvo. Mi fissava con quei suoi due occhietti neri e gracchiò in maniera piuttosto minacciosa.
Scoppiai a ridere. Alla fine si era accorto della mia presenza! Meglio tardi che mai...
“Cercati un altro ramo su cui nidificare, questo è mio.” sbottai, prendendomi gioco di lui.
Cosa pensava di fare tramutato in corvo?
Continuò a fissarmi e quasi mi sembrò di sentire la sua voce e immaginare le sue domande.
“Non guardarmi così! E' un paese libero e se voglio dormire su un albero come un naufrago su un'isola deserta, posso farlo. Così come tu sei libero di andare a mangiare vermi, svolazzare per il cielo, fare nidi sui cornicioni e defecare in testa ai passanti come qualsiasi rispettabile volatile.”
Lui non si mosse, né reagì in alcun modo. Era uno di quei momenti in cui nemmeno lui era divertente. Sbuffai contrariata.
Sapevo cosa volesse. Sapere che ci facevo lì, naturalmente. Dubbio legittimo, ma dare spiegazioni era fuori discussione. Uno, non mi avrebbe mai creduto. E due, non mi andava di farlo.
“Capisco che quella piaga di Elena ti annoi a morte, ma spiacente di doverti dire che se rimani così in versione piumata, non possiamo proprio divertirci come vorrei.” lo stuzzicai, piegando le labbra in un sorriso pieno di malizia. “La notte è ancora lunga, Damon. La dolce Elena dorme e fa sogni sul tuo fratellino. Perchè non distrarsi un po'?”
Mi fissò ancora pochi istanti, poi aprì le ali e volò giù dall'albero. Tempo di toccare terra ed era di nuovo lui.
“O scendi o sradico l'albero, a te la scelta.”
Dritto al punto, come sempre. Sospirai irritata, senza alcuna voglia di sfidarlo o tenergli testa, così saltai giù, trovandomi esattamente di fronte a lui.
“Sì, sei decisamente più carino adesso.”
“Perchè sei rimasta?” Domandò subito, serio e sulla difensiva.
"Non ho un posto dove andare.” tagliai corto, senza trovare una scusa più decente.
Damon non parve convinto. Alzò gli occhi al cielo, giunto già ai limiti della sua limitatissima pazienza.
"Ti do un suggerimento. E' un luogo caldo, lontano e molto accogliente, ti piacerà un sacco. Si chiama Inferno. Vacci e non tornare più!”
M'imbrociai, fingendomi offesa, cosa che scatenò ancora di più la sua evidente irritazione. “E il nostro patto?”
“Non c'è più nessun patto.” Esclamò con un sorriso carico di rabbia a stento trattenuta. “Non finchè agisci alle mie spalle! Ma in fondo lo fai da sempre, quindi stiamo solo perdendo tempo. Ci penso io a mio fratello, tu vattene da qui!”
“Sei fortunato, sai?” gli feci notare, incrociando le braccia sul petto. “Tuo fratello è disperso chissà dove, con Klaus, e ci è finito per salvare te. L'avere il tempo per fare lo schizzinoso con la sola persona che può aiutarti a ritrovarlo è davvero una gran fortuna.”
Non rispose. Tornò a fissarmi in assoluto silenzio, proprio come il corvo di poco prima. “Ma a questo punto immagino che tu abbia un piano ben preciso per trovarlo. Qualcosa di così efficace e sicuro al cento per cento, da potermi liquidare in questa maniera. Buon per te!”
Allungai un braccio verso di lui e gli diedi una pacca sulla spalla, come per congratularmi. Lui rimase immobile, fissandomi con astio.
Lo superai e iniziai ad allontanarmi. Iniziai a contare mentalmente i secondi. Arrivata a tre, Damon mi chiamò. Sorrisi trionfante e mi voltai verso di lui.
“So che vuoi trovare Stefan tanto quanto me. Non rendere le cose così difficili!”
Soffocai un risata. Immaginai che quelle parole dovevano essergli costate molto. Non mi aveva mai perdonato la mia netta preferenza per Stefan.
“Tu non sai proprio niente, Damon.” lo informai, pacatamente. “Le cose non sono difficili. Sei tu a renderle tali. Non fare domande a me, io non ne farò a te, è semplice. Quando deciderai che questa condizione è accettabile, sai dove trovarmi. Nel frattempo, spera solo che Klaus non infierisca ancora su Stefan...” mi fermai un attimo.
Ero seria stavolta, non c'erano tracce di ironia in me. Volevo che Damon capisse che indugiare in questo modo, non avrebbe arrecato danni a lui, ad Elena o a me. Ma a Stefan.
“Potremmo perderlo davvero. Forse è già troppo tardi.”
Mi congedai con un cenno del capo e me ne andai, lasciandolo lì dov'era, con i suoi dubbi e il suo orgoglio da combattere.
Damon ed io eravamo molto simili in questo, ed era un gran vantaggio. Sapevo esattamente come manovrarlo, dove andarlo a colpire per fargli fare ciò che volevo. Probabilmente era per questo che mi ero sempre e solo divertita e basta con lui. Eravamo uguali, e non avevo un ego tanto imponente da riuscire ad amare qualcuno identico a me. Con Stefan era diverso...
Cancellai qui pensieri quando mi resi conto che stavo di fatto abbandonando la mia missione, la promessa fatta proprio a Stefan.
Doveva importarmi davvero?

Assicurati che gli succeda niente.

Le sue parole mi vorticavano ancora in testa. Più le sentivo, più mi chiedevo come potessi essere stata tanto folle da accettare,

Fai in modo che loro siano al sicuro, che Klaus rispetti i patti.

Dubitare della parola di Klaus era più che legittimo, potevo capirlo. Ma come poteva fidarsi di me? Quello non riuscivo davvero a capirlo. In quanto a bugie, non ero tanto diversa da Klaus o da qualunque altro bugiardo. Che Stefan avesse riposto così tanta fiducia in me, mi confondeva del tutto.
Ma in fondo, lui era sempre stato il fratello che mi sorprendeva. Non dovevo stupirmi, così.
Mi accorsi che ormai era quasi l'alba. E realizzai pure di essere nelle vicinanze della casa di Elena. Sospirai e la raggiunsi.
Qualcosa m'impediva di fuggire. Qualcosa che detestavo con tutte le mie forze, mi stava tenendo ancorata a quella maledetta città.
Oh, Stefan me l'avrebbe pagata eccome. Se fossimo mai riusciti a riportarlo indietro, gli avrei fatto rimpiagere la prigionia con Klaus.
Mi appollaiai di nuovo su un ramo, poco lontano da casa Gilbert che stava dall'altra parte della strada. Mi guardai intorno sperando che nessun corvaccio invadente mi avesse seguita e cercai di rilassarmi. Operazione davvero impossibile.
La piccola Gilbert si fece viva un paio d'ore più tardi. Sembrava un fantasma. Era pallida, con profonde occhiaie e un'espressione da condannata a morte davvero esagerata. Avanzò come un'automa fino alla sua porta, l'aprì ed entrò.
Non si fece più vedere. Rimasi in ascolto dei suoi movimenti ma non ci fu nulla di eclatante. Persino tenerla d'occhio era noioso. Continuavo a chiedermi cosa Stefan e Damon ci trovassero in lei. Poi mi risposi da sola.
Era uguale a me!
Da quel poco che riuscivo ad udire, era rimasta tutto il giorno sdraiata a letto. Il cigolio del materasso era piuttosto fastidioso, così come i suoi singhiozzi trattenuti a stento. Era piuttosto patetica, era innegabile! Sperava davvero che Stefan sarebbe magicamente riapparso, rimanendo a frignare a letto? Che stupida.
E Stefan si era preoccupato di obbligarmi a tenere in vita quell'esserino tanto inutile. Dannazione a lui e dannazione a me!
Si fece sera e io ero davvero al limite della sopportazione. Non ne potevo più. La situazione stava diventando insostenibile. Osservare una pianta sbocciare sarebbe stato più avvincente!
Decisi di prendermi una pausa. Elena non sarebbe certo morta se mi fossi allontanata per dieci minuti. O forse sì... conoscendo la sua rinomata fortuna, poteva anche accadere. Ma a ben pensarci, Stefan mi aveva detto di tenerla al sicuro da eventuali vigliaccherie di Klaus. Se lei fosse caduta per le scale spaccandosi l'osso del collo, io non avrei potuto farci nulla. Non faceva parte del patto!
Appurato ciò, decisi di fare un salto all'ospedale. Stavo decisamente morendo di fame, tanto da iniziare a gradire l'odore della mia noiosissima doppelganger. Il patto non la proteggeva da me, ma immaginai che Stefan avesse sottointeso questo particolare, per mia sfortuna.
Feci per scendere dall'albero, ma proprio in quel momento, accadde qualcosa nella stanza di Elena. La sentii parlare. Pronunciò il nome di Stefan.
Per un istante pensai che stesse semplicemente parlando nel sonno, oppure invocando il suo nome durante uno dei suoi piagnistei, ma facendo più attenzione mi resi conto del velo di ansia nella sua voce. Acuii la vista e mi accorsi che era dalla finestra e fissava verso la mia direzione.
Non poteva avermi visto. Le fronde degli alberi mi nascondevano perfettamente. Forse era semplicemente uscita di senno.
Poi dei passi a pochi metri dal mio nascondiglio sospeso, mi obbligarono a mettermi all'erta. Dosai anche il respiro e cercai d'individuare la nuova presenza che sentivo avvicinarsi.
Lo sgomento fu tale che alla fine smisi di respirare del tutto.

Stefan!

Cosa stava facendo? Perchè era lì?
Così vanificava i miei sforzi. Non mi ero abbassata a tanto affinché lui rovinasse tutto solo perchè non era capace di stare lontano da quella ragazzina umana. Se Klaus si fosse accorto della sua fuga, avrebbe reagito eccome. E Damon ed Elena sarebbero stati i primi a pagarne le conseguenze. Non che a me importasse... ma avevo perso tempo prezioso in questa stupida missione, quindi preferivo che quei due restassero vivi.
Saltai giù dall'albero e stavo per fiondarmi verso di lui, ma Elena si era già precipitata in strada. Ecco chi aveva attirato la sua attenzione mentre era alla finestra.
Rimasi immobile dov'ero. Stefan non si accorse di me, sembrava molto provato. E assetato, cosa che mi fece tenere i sensi ben all'erta.
Alzai gli occhi al cielo davanti alle loro smancerie. Ci mancava solo quel vomitevole spettacolino per concludere quella giornata già di per sé pessima.
Elena non aveva idea di cosa fosse accaduto a Stefan. Non era più lo stesso vampiro controllato di prima. Adesso era pericoloso per lei, per qualunque umano. Klaus l'aveva ricondotto in una strada che difficilmente sarebbe riuscito ad abbandonare un'altra volta.
Elena era avvinghiata a lui e non si accorse dei suoi occhi. Si erano fatti improvvisamente rossi, i suoi muscoli rigidi e pronti all'attacco. Stefan adesso non c'era più. Al suo posto c'era il mostro che Klaus aveva creato.
Forse ero pazza sul serio, ma intervenni. Nell'esatto istante in cui mi mossi, Elena realizzò cosa stesse accadendo. Rimase inchiodata dov'era, fissando Stefan più con stupore che con paura. Sì... era pazza tanto quanto me.
Lui scattò verso il suo collo, lei urlò e io lo scagliai a qualche metro di distanza. Elena cadde a terra, mentre io avanzai di qualche passo verso di Stefan, ancora a terra.
“Ti ha dato di volta il cervello?” iniziai ad accusarlo. “Non erano questi i patti!”
Non mi ascoltò nemmeno, aveva totalmente perso contatto con la realtà. Per un momento pensai che fosse manovrato da qualcuno. O … soggiogato!
Dio, quasi mi sembrò di sentire il “click” della lampadina che si accendeva nella mia testa. Ecco cosa mi aveva realmente fatto promettere.
Era stato soggiogato a liberarsi di loro. Forse Klaus aveva scoperto che Elena era viva e vegeta e aveva scelto il metodo più crudele per vendicarsi. Farla uccidere allo stesso Stefan. Vendetta e punizione in un colpo solo!
E lui doveva averlo immaginato, doveva averlo capito. O forse era stato soggiogato mentre io non c'ero, quando avevo portato la cura a Damon.
Stefan mi aveva fatto promettere di proteggerli da sé stesso, solo ora me ne rendevo davvero conto. Era la lui la minaccia, non direttamente Klaus. Rimasi del tutto spiazzata, ma non persi la calma.
Ero in ogni caso più forte di lui. Infatti quando provò ad attaccarmi, ci misi poco a prenderlo alle spalle e rompergli l'osso del collo. Il corpo si afflosciò a terra in quella temporanea morte che avrebbe concesso ad Elena di scappare. Qualcosa mi diceva che convincerla ad andare via e lasciare Stefan lì sarebbe stato particolarmente difficile.
Non mi curai di lei, non mi voltai a vedere come se la stesse spassando. Infilai la mano nella tasca posteriore dei miei jeans e afferrai il cellulare. Selezionai il numero di Damon e avviai la chiamata.
Ci mise meno del previsto a rispondere.
“E' il caso che tu venga da Elena.”
Silenzio. Un ringhio appena percettibile che mi fece sorridere.
“Lei sta bene grazie alla sottoscritta. Credo sia mezza sotto shock ma è viva. Non posso dire altrettando del tuo dolce fratellino. E' qui ai miei piedi... ma non nel modo in cui vorrei. E' più cadavere del solito.”
Ancora silenzio. Poi finalmente una reazione. “Arrivo.”
Chiuse la chiamata così, senza chiedere altro. 
“E' sempre un piacere parlare con te.” aggiunsi, parlando al vuoto.

***

Ho il sentore che questa storia sia finita nel dimenticatoio ormai ! Tutta colpa mia naturalmente.
L'ispirazione è venuta a mancare, la terza stagione è iniziata, ha proseguito e la mia ispirazione non tornava. Poi gli avvenimenti sul telefilm mi hanno fatto perdere la voglia di continuare a scrivere. Mi hanno fatto letteralmente perdere fra le mie stesse idee xD ... ecco spiegato il perchè della interruzione brusca di questa storia.
Ora ho ritrovato la voglia e FORSE anche l'ispirazione. Quindi SPERO che non accada più.
Ricordo che qui, ciò che è accaduto sulla terza e sulla quarta stagione non esiste u.u ... e mi rendo conto che sarà complicato non pensarci e non lasciarsi un pochino influenzare, ma ce la metterò tutta xD

Spero di non essere andata troppo OOC con Katherine. Come ho detto negli altri capitoli, è la mia "bestia nera". Faccio una gran fatica a muoverla, quindi spero di averla resa in maniera decente .

Il titolo del capitolo è preso da una bellissma canzone dei Within Temptation (che sono pure il mio gruppo preferito u.u), il cui testo mi ricorda molto il rapporto di Katherine con Stefan.
Ricordo ancora che qui tratterrò TUTTE le ship che coinvolgono i quattro personaggi della storia. Ci sarà Stelena, Delena, Kathefan e Kathemon. Almeno accontento una bella fetta di gente, credo °-°

A presto!

DearDiary



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Capitolo 5
*** Echo (Stefan) ***


CAPITOLO QUATTRO

“Echo”
(Stefan)


Stefan”
E' talmente dolce quel richiamo, così piacevole e confortante dopo tanto dolore,
che per un lungo momento scegli di assecondare quell'illusione.
Perchè di illusione si tratta.
Sperare che sia reale sarebbe da sciocchi e, in ogni caso, non ti è più consentito.
L'unico modo per non impazzire non è sperare, ma illudersi.
E' solo un sogno.Un bellissimo sogno.
Quella voce è solo nella tua testa. Non può essere lì.
LEI non può essere lì.
“Stefan...”
Non più un semplice richiamo adessso, ma una supplica.
Senti la sua sofferenza e la rendi tua.
La sua delusione diventa l'arma con cui procurarsi altro dolore.
Il sogno si fa incubo.
L'illusione diventa più dura della realtà.
Non vuoi che lei ti veda così, nemmeno nei tuoi incubi deve accadere.

Stefan!”
Non è più la sua voce dolce e rassicurante a chiamarti, adesso.
Apri gli occhi e ti trovi a fissare quelli di qualcun'altro.
Klaus non è un'illusione. E' lì di fronte a te e appare divertito dalle tue condizione pietose.
I cadaveri delle due donne che hai appena dissanguato sono lì ai suoi piedi.
I loro occhi vitrei e senza vita sembrano perforarti l'anima.

Guardami!”
L'ordine di Klaus non ammette repliche e tu, troppo debole per lottare, obbedisci.

Dimmi la verità. Lei è ancora viva, non è vero?”
E' un attimo. La sua voce è seria, le sue pupille si dilatano giusto per un momento,
abbastanza per farti desiderare di morire in quel preciso istante.
Vuoi mentire, come hai sempre fatto per proteggere lei, ma stavolta non ce la fai.
La tua mente è in mano sua adesso. Ti ha soggiogato e non puoi ribellarti.

... Si.”
Quell'unica sillaba, suona tanto come una condanna a morte per la ragazza che ami.
Quell'unica confessione, suona tanto come una condanna a morte anche per te.
Una morte che implori, ma che sai non ti raggiungerà.



“Per favore, Damon. Ti prego!”
“Non obbligarmi ad usare le maniere forti. Torna a casa!”

Damon ed Elena stavano litigando da circa un quarto d'ora. Erano state le loro voci concitate a ridestarmi. Non era stato necessario aprire gli occhi per capire dove mi trovassi. Riconoscevo l'odore di umido e muffa della cantina di casa mia.
Fastidioso, nauseante, eppure in quel momento mi sembrava la fragranza più buona al mondo. Allo stesso modo, le urla di mio fratello e di Elena, le loro voci che si accavallavano le une sulle altre lasciandomi comprendere solo stralci di frasi, erano il suono più rilassante e confortante che avessi udito in quegl'ultimi mesi.
Non più urla di ragazze innocenti che scappavano terrorizzate da me. No... solo mio fratello e Elena che litigavano. Una ormai dimenticata sensazione di familiarità e sicurezza mi scaldò l'anima.
Ero a casa.
La mia stanza era ad una manciata di metri sopra di me. Il mio letto era lassù ad aspettarmi, i miei diari, tutta la mia vita... mentre io ero bloccato in quella cella umida e buia, con la gola già riarsa dalla sete. E nemmeno ero certo che avrei mai avuto la forza necessaria per uscire.

“Pechè non lo posso vedere? Perchè?”

La voce di Elena si era incrinata dietro un singhiozzo mal celato. Mi parve quasi di vedere il suo volto rigato da qualche solitaria lacrima che lei molto tenacemente tentava di controllare. Mi sembrò persino di sentire l'odore di quelle lacrime, percepire il loro retrogusto salato. Poi, senza volere, la mia attenzione si focalizzò su qualcos'altro. Un cuore che batteva impazzito. Il suo.
Il sangue che scorreva caldo e veloce nel suo esile e fragile corpo. La belva che viveva dentro di me si ridestò in un attimo.
Con uno scatto ero già davanti alla porta della cella dove Damon mi aveva rinchiuso, pronto a scardinarla se necessario. Per quanto mi potessi ribellare, ero impotente contro l'altro me. Contro il suo desiderio di uccidere e dilaniare, contro la sua brama di sangue. A lui non importava che la vittima designata fosse Elena. Lui nemmeno sapeva chi fosse Elena.
Non l'aveva mai sfiorata, o baciata. Non si era mai risvegliato trovando il suo viso tanto vicino da sentire il sapore del suo respiro. Non aveva mai riso con lei, non si era mai sentito umano grazie a lei. Lui non aveva mai saputo cosa significasse amare qualcuno così tanto.
Lui sapeva solo che il suo sangue era quanto di più dolce avesse mai sentito...

No!

Non so con quale forza, con che briciolo di volontà ci riuscii, ma mi trovai con la schiena premuta contro la parete opposta alla porta. E lì rimasi, schiacciato contro quel muro freddo e ruvido.
Scivolai fino a terra e lottai contro il mostro che albergava dentro di me. Lo sentivo dibattersi e provare a prendere il sopravvento sulla mia coscienza, ma in qualche modo riuscii ad impedirglielo.
Mi rannicchiai, apparendo esattamente come un animale spaventato, e mi presi la testa fra le mani. Urlai dentro di me. Gli intimai di tacere, di rinunciare perchè non l'avrei mai fatto vincere... almeno finchè Elena fosse stata nelle vicinanze. Lui non bramava solo il suo sangue. Aveva ricevuto altri ordini ben precisi da Klaus e ora desiderava solo ubbidire.
Dei passi che scendevano verso la cantina mi distrassero dalla lotta, e per qualche ragione, il mostro si placò.
Il volto di Damon comparve oltre le inferriate della porta. Mesi che non scorgevo un volti familiare, eppure non lo guardai per più di due secondi. Provavo una gran vergogna verso me stesso. Odiavo che lui mi vedesse in quelle condizioni.
Non vidi pietà nei suoi occhi però... Ecco una delle poche cose che apprezzavo di mio fratello. Lui difficilmente s'impietosiva e ti guardava come fossi qualcosa di irrecuperabile. 
“Se n'è andata.” esordì, tranquillo e pacato come se stesse parlando del tempo. Come se non fosse cambiato nulla in quegli ultimi mesi di lontananza. “Dio, è insopportabile quando si mette in testa qualcosa!”
Benchè il momento fosse tra i più sbagliati, l'ombra di un sorriso si delineò sulle mie labbra.
Oh, Damon non poteva nemmeno immaginare quanto Elena potesse essere testarda a volte...
“Ti ho portato una cosa.” continuò Damon “Non è ciò che tanto brami, ma ti sarà di grande aiuto, te l'assicuro.”
La serratura del lucchetto scattò e io ebbi di nuovo paura di me stesso. Mi spinsi ancora di più contro quel maledetto muro, desiderando quasi venirne inghiottito, e le mie dita si conficcarono sul legno vecchio e consunto del pavimento.
“Damon...” lo misi subito in guardia nel momento in cui lo vidi entrare.
Il fatto che si fosse chiuso la porta alle sue spalle non avrebbe fermato l'altro me, lui avrebbe fatto di tutto per evadere, e ci sarebbe riuscito, avrebbe anche fatto del male a Damon... lo sapevo fin troppo bene. Però adesso non percepivo la sua presenza. Elena era andata via... e lui si era tranquillizzato.
“Oh, ma allora sai ancora parlare! Davvero notevole!”
Damon si sedette per terra al mio fianco, tra le mani reggeva ciò che lui considerava la cura ad ogni male, la soluzione ad ogni problema, anche il più insormontabile.
“Bourbon. Una delle annate migliori.” esclamò orgoglioso e soddisfatto, brandendo la bottiglia scura come fosse stato un trofeo. “Volevo aprirla per un'occasione speciale, qualcosa di più emozionante di te che ti autocompatisci dentro questa cantina... di nuovo. Magari per il giorno in cui avresti cambiato taglio di capelli, ma pazienza. Mi accontenterò.”
Lo guardai un po' risentito da quel suo solito atteggiamento superficiale. Sapeva bene quanto grave fosse la situazione in cui tutti ci trovavamo, eppure non mostrava la minima preoccupazione. Però non dissi nulla. Perchè per quanto opposti fossimo, per quanto ci trovassimo sempre in disaccordo su tutto, io conoscevo Damon. E vedevo il sollievo trasparire dai suoi occhi, così come sapevo cogliere il significato dietro quel gesto del voler bere con me.
Non ero io il suo compagno di bevute, non era con me che lui soleva divertirsi o distrarsi... se ora lo stava facendo era soltanto perchè voleva darmi il bentornato a casa. Damon era felice che io fossi di nuovo lì, che stessi più o meno bene e fossi vivo, sebbene in condizioni disastrate. Non lo avrebbe mai ammesso, ma nemmeno ce n'era il bisogno.
Attesi che aprisse la bottiglia. Contrariamente a quanto mi aspettavo, il primo sorso fu suo. Trattenni a stento la più infantile delle proteste davanti alla sua supremazia di fratello maggiore e un altro inaspettato sorriso si fece largo sul mio volto. Possibile che avessi sentito così tanto la mancanza di Damon? … solo ora me ne rendevo davvero conto. Non che con Klaus avessi trovato molto tempo per lasciarmi andare alla nostalgia di casa., comunque...
Afferrai la bottiglia e bevvi avidamente. Il sapore forte dell'alcol mi bruciò la gola, placando leggermente il desiderio di sangue. Sospirai sollevato quando ripassai la bottiglia a mio fratello.
“Hai un aspetto orribile.” mi fece notare. Forse per la prima volta, accolsi quel suo tentativo di sdrammatizzare.
“Beh, io sono stato in balia del vampiro più antico e forte al mondo per mesi. Tu che scusa hai invece?”
Damon sbuffò, nascondendo malamente un lieve sorriso. “Ho badato alla tua ragazza. E credimi, badare a Klaus sarebbe stato più semplice.”
Elena. Ogni mio pensiero si catalizzò su di lei facendomi dimenticare tutto il resto. Morivo dalla voglia di vederla, di parlarle, di chiederle perdono per ciò che avevo fatto la notte prima... Il ricordo di ciò che era accaduto, ne ero certo, mi avrebbe perseguitato per sempre. Volevo vederla, però non volevo rischiare di farle del male. Non dovevo incontrarla... non dopo che Klaus mi aveva obbligato ad assencondare quella sua atroce richiesta.
Damon doveva aver intuito i miei pensieri. Mi stava fissando, stavolta seriamente, si concesse qualche istante per bere ancora prima di parlare. “E' come immagino che sia?” domandò. “Klaus ti ha soggiogato a fare del male ad Elena?”
Una bizzarra sensazione di nausea mi prese lo stomaco. Assurdo... un vampiro con la nausea non si era davvero mai sentito. Una rabbia cieca m'invase, tutta quella che provavo per Klaus e che per tutti quei mesi avevo trattenuto dentro di me fino a permetterle di consumarmi. Le mie mani presero a tremare, strinsi i pugni fino a sentire le unghie incidere la pelle.
“Mi ha detto di venire qui e ucciderla... non appena l'avessi vista.” ammisi infine, sentendomi di colpo più leggero, come liberatomi di un peso che non ero più in grado di reggere da solo. “Ci ho provato a combatterlo, Damon. Ci ho provato davvero, ma... “
“Finiscila!” mi fermò subito. “Giuro che se provi a dire E' tutta colpa mia... “ non concluse quella minaccia. La lasciò in sospeso, rendendola persino più temibile. “Sei stato soggiogato, Stefan. Nessuno può fronteggiare una cosa simile. Avresti potuto farlo solo se avessi avuto della verbena addosso, ma come potevi prevedere quello che sarebbe accaduto ?”
Damon sembrava arrabbiato e davvero non seppi spiegarmi il motivo. Non avevo l'impressione che la sua rabbia fosse indirizzata unicamente a me o a Klaus. “Sappiamo perfettamente entrambi perchè ti sei trovato in quella situazione.” continuò, stringendo la bottiglia di bourbon così forte che per un momento temetti sarebbe andata in mille pezzi fra le sue dita. “... Sappiamo bene per quale motivo ti sei trovato a diventare il cagnolino di Klaus, quindi non prenderti tutti i meriti, fratellino!”
Si attaccò di nuovo alla bottiglia, stavolta con nervosismo, evitando anche di guardarmi. Ciò che non trovò la forza di dire, io lo sentii comunque. Mi parve di udire la sua voce mentre si accusava di essere stato un dannatissimo idiota ad essersi fatto mordere da Tyler, ad aver rischiato di morire per il maledetto morso di un licantropo e aver quindi obbligato me ad implorare l'aiuto di Klaus.
Damon si sentiva in colpa...
La consapevolezza di ciò mi colse del tutto impreparato, tramortendomi. Ero sul punto di negare tutto, di dirgli che ero sicuro che lui avrebbe fatto lo stesso per me, che non era certo colpa sua se era stato morso da un licantropo. Pero, alla fine, decisi di non dire nulla, perchè sapevo che quelle parole l'vrebbero solamente fatto innervosire ancora di più.
E poi, c'era anche un'altra cosa... Quando mi chiamava “fratellino” sapevo che lui non era davvero arrabbiato. Era una cosa sciocca forse, ma quando si rivolgeva a me così, sapevo che tutto era perdonato. Damon aveva compreso il mio gesto di vendermi a Klaus per salvarlo. Probabilmente mi aveva odiato per tutti quei mesi di assenza, ma ora non gli importava più.

Sempre a fare l'eroe... Ero certo che lo stesse pensando.

Feci un cenno verso la bottiglia fra le sue mani. “Hai intenzione di berlo tutto da solo?” .
Damon accennò un sorrisetto nervoso e mi passò il suo prezioso bourbon. Bevvi quel che ne rimaneva per poi abbandonare la bottiglia vuota a terra.
“Non è sicuro che io rimanga qui, lo sai vero?” gli feci notare.
“Quando mai vivere a Mystic Falls è stato sicuro?”
“Damon perfavore, puoi essere serio solo per un attimo!?”
“No!” esclamò lui, voltandosi di colpo verso di me. I suoi occhi glaciali mi fissavano severi. “So già quale piano idiota stai per rifilarmi. Tu e il tuo maledetto vittimismo, Stefan... Non tornerai da quello psicopatico, fine della storia.”
Ora sì che era davvero arrabbiato. Mi aveva chiamato per nome.
“E cosa pensi di fare? Di tenermi per sempre qui dentro per evitare che io veda Elena e la uccida?”
Dio... pronunciare quelle parole mi fece rabbrividire.
“Forse... si tratterebbe di aspettare solo qualche decennio, in fondo. La vita umana è breve, lo sai.”
L'avrei preso volentieri a pugni se solo ne avessi avuta la forza. Tentare di farlo ragionare era inutile, lo conoscevo fin troppo bene. Nemmeno io volevo tornare da Klaus, avrei preferito morire piuttosto, ma non volevo assolutamente far correre pericoli ad Elena... e la mia presenza lì era un enorme pericolo per lei.
“Ti benderemo.” disse Damon ad un certo punto, facendomi corrucciare dalla confusione.
“Scusa?”
“Hai detto che Klaus ti ha soggiogato ad ucciderla SE l'avessi vista. Ti basterà non guardarla e il gioco è fatto.”
La sua tolleranza all'alcol doveva essersi indebolita parecchio se già vaneggiava dopo solo mezza bottiglia di bourbon. Il suo discorso però, per quanto assurdo, poteva avere un senso. Ma era comunque troppo rischioso... non me la sentivo.
“Non sono solo io il problema. Klaus verrà qui se non torno da lui. E a quel punto sarà lui ad uccidere Elena... e credo che ucciderebbe volentieri anche te.”
Damon rise. Una risata dapprima contenuta, poi sempre più intensa. “Che venga allora! Regalerò ad Elena un soggiorno di tre mesi alle Hawaii così sarà al sicuro. Magari lo regalo anche a Katherine così la terrà d'occhio … o si farà sbranare da qualche squalo, con un po' di fortuna. Oppure finirà col rotolarsi sulla sabbia bianca con qualche surfista del posto.”
Mi passai le mani sul viso e poi fra i capelli, esasperato dalla totale mancanza di serietà di mio fratello.
“Devo ricordarti che Katherine è scappata da Klaus per secoli? Credi che spedire Elena alle Hawaii o in qualsiasi altro posto possa servire a qualcosa? Lui la troverà!... “
“Il problema è un altro!” fece Damon, un lampo di improvvisa serietà nel suo sguardo “Lui andrà a cercare Elena in ogni caso, sia che tu tornerai da lui o rimarrai qui. Elena è in pericolo comunque. Se tu sarai qui potremo collaborare e tirare fuori qualcosa di buono... forse. Se invece andrai da lui, sicuramente combinerò uno dei miei casini! E sai benissimo che sarà così!”
Lo fissai impressionato, chiedendomi per un istante se non mi stessi sognando tutto. “Da quando sei così maturo e autocritico?”
“Da quando mi sono trovato un fratello nelle mani di uno psicopatico, una ragazzina umana piagnucolosa e depressa fra i piedi, e la sua copia vampiresca appollaiata come un dannato gufo nel mio giardino a fare stalking!”
“Ehi, il pennuto del gruppo sei tu, non io!”
La voce di Katherine giunse inaspettata, portandoci a volgere la nostra attenzione a lei che si trovava esattamente oltre la porta. Mise in mostra il suo consueto sorrisino malizioso e straffottente e poi entrò con una tranquillità spiazzante. Senza dire una parola mi lanciò una sacca color pelle che per qualche miracolo riuscii ad afferrare al volo.
“La colazione.” mi disse, incrociando le braccia sul petto e studiando con aria schifata le condizioni della cella ove ero rinchiuso.
Aprii la borsa e trovai una bottiglietta di plastica piena di sangue. Immaginai anche senza chiedere da dove provenisse. Di certo nessuno era morto per quella... o meglio, nessuno umano. Oltre alla bottiglia vi erano anche un paio di sacche dell'ospedale.
“Ho pensato che tornare così di colpo al sangue di coniglio sarebbe stato peggio. Almeno così puoi dosarlo un po' con quello umano.”
Sia io che Damon non le risparmiammo un'occhiata titubante. Da quando Katherine era così premurosa? La farsa non durò molto a lungo.
“Oh, va bene!” sbuffò “E' stata una trovata di Elena.”
Osservai nuovamente la borsa, facendo più attenzione e mi accorsi solo in quel momento che apparteneva ad Elena. L'avevo vista appesa nella sua stanza e, qualche volta, anche addosso a lei...
Mi venne naturale sorridere e far caso alla fragranza che impregnava quell'oggetto. Era quella di Elena... Mi si strinse il cuore solo nell'immaginarmi il suo viso che bramavo di rivedere anche più del sangue, ma che ora più che mai mi era negato.
“Il piano delle Hawaii comunque mi piace un sacco, Damon!” esclamò Katherine, probabilmente immaginandosi già laggiù circondata da umani soggiogati a servirla e riverirla come una regina. “Elena non mi darà alcun fastidio. Resterà chiusa nella camera d'albergo a frignare tutto il giorno, già lo so.”
Era sorprendente il modo in cui Katherine aveva accettato quel ruolo. Tenere d'occhio Elena... glielo avevo chiesto solo perchè spinto dalla più totale disperazione. Ero solo, in mano nemica e Katherine era stata l'unica persona che conoscevo con cui ero entrato in contatto. L'unica a cui potevo appellarmi e osare fidarmi. Una buova parte di me aveva creduto che quella promessa che mi aveva fatto fosse solo l'ennesima bugia, invece lei la stava mantenendo. Non mi sarei mai aspettato nulla di simile e ne ero piacevolmente sorpreso.
“Grazie, Katherine.” Non era solo per avermi portato la colazione, ma per essere ancora lì a proteggere qualcuno che detestava solo per fare un favore a me. Forse aveva il suo tornaconto personale, ma al momento non m'interessava saperlo.
Davanti a quel ringraziamento così improvviso, Katherine per un istante sembrò presa in contropiede. Si riprese piuttosto in fretta, in ogni caso. “Almeno uno dei due fratelli si spreca a ringraziarmi di tanto in tanto.” Lanciò uno sguardo torvo a Damon che non si scompose nemmeno.Se lui era ancora vivo, non era principalmente grazie a me, ma a lei che invece di svignarsela, era andata a portargli la cura.
“Ti manderò un mazzo di fuori.” le disse, seccato “Dei crisantemi vanno bene?”
“Oh si, li riciclerò per il tuo funerale. Sarebbe anche l'ora che ne avessi uno!
Li lasciai a battibeccare fra loro, senza ascoltarli per davvero. Puntai lo sguardo all'interno della borsa di Elena e una morsa dolorosa mi prese la bocca dello stomaco quando notai un foglietto spiegazzato sul fondo. Un messaggio di Elena... non avevo dubbi.
Il primo istinto fu quello di cacciare via sia Damon e Katherine e leggerlo, assaporando ogni sua parola, immaginando lei intenta a scriverlo... Feci un rapido calcolo mentale, adesso Elena doveva essere a scuola. Avendo come migliori amiche una vampira e una strega, oltre ad un amico licantropo, sapevo che era più al sicuro in quell'edificio che in qualsiasi altro posto, eppure quella sensazione di ansia ogni volta che lei era distante da me, non riusciva proprio a lasciarmi.
M'imposi di smetterla di pensarci. Ogni volta che lo facevo, sentivo l'altro me agitarsi...
“Io avrei un piano per uscire da questa situazione con Klaus.”
Sia io che Damon alzammo contemporaneamente lo sguardo su Katherine.
“Anche io ce l'ho!” ribattè Damon. “Regola numero uno: mai seguire i tuoi piani!”
Katherine soffocò una risata nervosa. “Sentiamo, genio. Illustraci prima il tuo!”
“Io non espongo i miei piani con te nelle vicinanze.”
Lei sbuffò esasperata “Tu non esponi i tuoi piani perchè non ne hai. E se ne hai, fanno schifo e sei il primo ad esserne consapevole.”
Mi dedicai ad una delle sacche di sangue, lasciando loro due a litigare. Non riuscivo a ragionare con la gola così riarsa e le energie ridotte al minimo. Feci una leggera smorfia disgustata quando il sangue raggiunse la mia lingua. Ero abituato a ben altro ormai. Quello, sapeva di vecchio... in ogni caso, m'imposi di accettarlo e farmelo piacere, perchè non avevo intenzione di nutrirmi di nessuno finchè fossi rimasto lì. O almeno, ci speravo...
“Vieni con me!” Damon si era alzato in piedi e aveva afferrato Katherine per un braccio. Lei si divincolò in fretta dalla sua presa, fissandolo piena d'irritazione.
“Scusaci fratellino, ma gli adulti devono discutere di cose serie e tu non sei nella tua forma migliore per esserci d'aiuto. Inoltre non ho intenzione di sentirti proporre piani che includano il tuo martirio, ergo... verrò ad aggiornarti.”
Avrei voluto fermarli, obbligarli a rendermi partecipe dei loro complotti, dei loro folli piani, dato che ero certo sarebbero stati folli, ma quando provai a protestare loro due erano già spariti oltre la porta. Mi trovai di nuovo solo in quella cantina buia e umida...
Immediatamente afferrai il biglietto che Elena aveva lasciato dentro la borsa, anche lui era impregnato del suo profumo. Inspirai a fondo prima di aprirlo.
Una sola frase spiccava sul bianco della carta.
Una frase che ferì brutalmente la bestia che dimorava al mio interno.

"Tu sei più forte."

Quel giorno, dopo mesi di sconfitte, vinsi io.

***
Non è successo granchè in questo capitolo, avevo solo una gran voglia di DEFAN (o Stemon, comunque lo si voglia chiamare). Volevo che Katherine illustrasse il suo piano geniale già ora, ma ho pensato che farlo dal punto di vista di Damon sul prossimo capitolo, sarà più divertente xD
Grazie mille ai lettori silenziosi, a chi mi segue e a chi recensisce :3

La canzone è "ECHO" di Jason Walker, presente anche in uno dei primi episodi della terza stagione di TVD (non ricordo quale T.T )

A presto,

DearDiary

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