The Dark Within di DearDiary (/viewuser.php?uid=142593)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Faceless (Damon) ***
Capitolo 3: *** Alive (Elena) ***
Capitolo 4: *** Frozen (Katherine) ***
Capitolo 5: *** Echo (Stefan) ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
THE DARK WITHIN
Prologo
Damon ha perduto la
parte
migliore di lui.
La fa riemergere solo per lei, anche se non serve a
nulla.
Si aggira per le stanze di quella casa diventata di colpo
troppo grande e troppo vuota.
E' vivo grazie a quel fratello che gli
ha sempre portato via tutto.
Quel fratello che comunque sia, gli
manca.
Elena si limita ad
esistere.
Sdraiata sul letto, lo sguardo fisso sul suo cellulare, in
attesa di quella chiamata che da mesi non arriva.
Si raggomitola su
sé stessa.
E' l'unico modo che ha per sostituire quell'abbraccio che
così disperatamente le manca.
Katherine per la
prima
volta non ha un piano.
Non ha niente sotto controllo.
La persona che lei
ama è scomparsa e l'unica che abbia mai amato lei,
la odia.
Sta
imparando a conoscere solo adesso il peso della solitudine.
Stefan lascia
impronte
insanguinate dietro di sé.
Non ricorda più cosa sia giusto o
sbagliato, ma il suo istinto è appagato ora.
Fissa gli occhi vitrei
della sua ultima vittima e vede uno spiraglio di luce
nell'oscurità
di quell'incubo che è diventata la sua esistenza.
Una voce
famigliare lo chiama, labbra invisibili lo sfiorano, qualcuno lo
prende per mano... due occhi nocciola lo fissano.
Quella presenza è
così confortante, ma ancora una volta, come sempre, lui
sceglie di sfuggirle.
***
E' solo il prologo. Non mi aspetto che vi abbia incuriosito o colpito
più di tanto. Ma se volete concendermi un po' del vostro
tempo per leggere la mia prima fan fiction su The Vampire Diaries, ve
ne sarei davvero grata.
Non voglio specificare che coppie tratterò. Se dico che
sarà una ff stelena, le delena non la leggeranno e
viceversa. E non voglio che accada questo. Sono convinta che tutte le
coppie di questa serie abbiano molto da offrire, quindi
cercherò di esplorarle tutte (perlomeno quelle che
coinvolgono questi quattro personaggi di cui ho scritto). Non vi
rivelerò a quale team appartengo, non serve che vi spieghi
il perchè!
Questa storia sarà ambientata dopo la seconda stagione. E'
una terza stagione tutta inventata da me. Sicuramente Julie Plec e
Kevin Williamson inventeranno qualcosa di meglio, su questo non
c'è dubbio ^^'
Se avete voglia, lasciate un commentino. =) Mi farebbe tanto
piacere. ^_^
Alla prossima.
DearDiary
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Capitolo 2 *** Faceless (Damon) ***
CAPITOLO
UNO
“Faceless”
(Damon)
Un lontano vociare. Risate
canzonatorie. Una nuvola di polvere che si alza dal terreno.
Un bambino è
accovacciato su sé stesso. Intorno a lui un gruppo di
ragazzini più grandi.
Lui piange. Loro ridono.
E' ricoperto di terra e
fango. Il suo viso è bagnato dalle lacrime.
Nei suoi occhi verdi non
c'è paura, solo disperazione.
Non è per
quei ragazzini che lo stanno deridendo che piange.
Loro sono convinti di si
però, e continuano ad avventarsi su di lui senza il minimo
pentimento.
Qualcuno gli sferra un
calcio sul fianco. Lui si raggomitola a terra senza emettere un solo
gemito.
Chiude gli occhi e spera
che tutti loro si stanchino in fretta.
Non tenta di difendersi.
Loro non sanno che la
sua mamma è morta da pochi giorni.
Non sanno che
è per questo motivo che piangeva di nascosto.
Non è colpa
loro se lui si è mostrato così debole.
Qualcuno arriva di corsa.
I suoi occhi sono tanto
azzurri quanto furenti.
Non è
più grande di loro, eppure li affronta tutti senza alcun
indugio.
Si para davanti al
più piccolo e fissa gli altri minaccioso, stringendo i pugni
per la rabbia.
Il naso gli
sanguina abbondantemente, ma non gli importa.
Non ha comunque perso un
solo briciolo di determinazione.
“State lontani
da mio fratello!”
Un lieve
sussulto mi strappò alle braccia di Morfeo.
Fissai il soffitto qualche istante, lottando contro i postumi del
brusco risveglio. Alzai un braccio fino a poggiarlo sugli occhi e mi
lasciai andare ad un sospiro irritato.
“Fanculo … “mormorai, sfogandomi con un
pugno sul materasso.
Perchè quel sogno? Perchè quel ricordo?...
Perchè ora?
Un frammento del mio passato che ritornava di colpo, senza alcun
prevviso. Non serviva nemmeno che mi concentrassi per riprovare la
stessa identica rabbia di quel giorno. Ricordavo ogni dettaglio. Gli
sguardi esaltati di quei ragazzini, le lacrime di Stefan che come
sempre non reagiva. Ricordavo anche i rimproveri di nostro padre quando
eravamo tornati a casa. Ovviamente se il suo figlio preferito si era
fatto male, era colpa mia che non l'avevo tenuto d'occhio abbastanza.
Nemmeno si era sprecato di chiedere cosa fosse successo. Ma Stefan
aveva tentato di far ricadere la colpa su di sé. Pareva si
divertisse ad incolparsi per ogni cosa brutta che gli accadeva intorno.
Nostro padre nemmeno aveva badato alle sue parole, si era limitato a
chiamare la bambinaia e ad affidarci a lei. Oh che uomo meraviglioso
era ...
Non ci provai nemmeno a riprendere sonno. Era inutile anche solo
provarci.
Ogni notte era come una roulette russa ormai. Rivivevo qualche
avvenimento del mio passato, della mia vita da umano. E Stefan era
sempre presente. Mi tormentava di giorno e di notte.
Ne avevo fatto anche un divertente gioco con me stesso. Cosa sognerai
stanotte, Damon?
Non che riuscissi a vederci qualcosa d'ironico comunque. Sognare il
proprio fratello scomparso era tutt'altro che divertente.
Che dovevo fare per avere un sonno privo di sogni?
Mi alzai con uno sbuffo dal letto, mi vestii in fretta e uscii dalla
mia camera, diretto da colei che in tutto questo tempo non mi aveva mai
abbandonato. Avevo affrontato ogni cosa con lei, ogni periodo, ogni
momento bello o brutto che fosse. Lei c'era sempre stata per me, senza
mai tradirmi in alcun modo.
Scesi velocemente le scale, entrai nel salone ed eccola là:
la vetrinetta degli alcolici.
La raggiunsi e la aprii. Presi la prima bottiglia che mi
capitò fra le mani, senza preoccuparmi del contenuto.
Afferrai un bicchiere e lo riempii. Il semplice suono del liquido che
scendeva e sbatteva contro le pareti del bicchiere, mi
rasserenò.
Feci per bere, ma voltandomi verso il divano mi accorsi di non essere
solo. Sospirai con rassegnazione e poggiai il bicchiere sul tavolino.
Elena era lì, profondamente addormentata. Mi aveva detto che
sarebbe tornata a casa per la notte e invece era crollata. Lanciai uno
sguardo all'orologio a pendolo. Segnava le quattro del mattino, troppo
tardi per svegliarla e riportarla a casa sua. O troppo presto...
Sembrava comunque a suo agio su quel divano, così decisi di
lasciarcela. Sapevo che sarebbe stato meglio voltarsi, tornarmene in
camera mia e non badarle troppo.
Ma ovviamente agire con razionalità non faceva parte della
mia indole. Perciò rimasi immobile con lo sguardo fisso su
di lei.
Osservai il suo viso, ascoltai il suo respiro lento e regolare,
m'incantai nel guardare il suo petto alzarsi e abbassarsi lentamente,
sentii il battito del suo cuore e chiusi gli occhi, inebriandomi di
quel suono. La sua borsa di scuola era abbandonata a terra. Sul
pavimento erano sparsi quaderni, libri e penne... aveva trascorso
l'ennesima giornata tentando di distrarsi, gettandosi a capofitto nello
studio.
Portai il bicchiere alle labbra e lo svuotai in un solo sorso, facendo
una piccola smorfia.
Mi avvicinai a lei, inginocchiandomi accanto al divano. Le sfiorai una
guancia con il dorso della mano, così lievemente che con
molta probabilità nemmeno da sveglia se ne sarebbe accorta.
Notai residui di lacrime sulla sua pelle. Elena passava molto tempo a
piangere ultimamente. Lo faceva di nascosto, quando rimaneva da sola ed
era convinta che nessuno potesse vederla o sentirla. Proprio come
faceva Stefan da bambino...
Ma io la sentivo ogni volta. Per quanto provasse a soffocare i gemiti
contro il cuscino o a trattenere i singhiozzi, ogni volta che piangeva,
una parte di me piangeva con lei. Per lei.
Ma al contrario suo, io non permettevo al dolore di abbandonare il mio
corpo. Lo trattenevo con tutte le mie forze e lasciavo che mi
consumasse lentamente.
“Un vero uomo
non piange mai, Damon.”
La voce di mio padre tornava sempre a farsi sentire ogni volta che ero
sul punto di lasciarmi andare. Era quello l'unico suo insegnamento che
avevo recepito. Se così si poteva definire...
Elena aveva smarrito così tanto di lei in quegli ultimi
mesi... chissà se se ne rendeva conto?
Non c'era più quella luce ad animarle lo sguardo, non
ricordavo da quanto non sorridesse, si era trasformata in un guscio
vuoto... Respirava, mangiava, dormiva e si svegliava. Nulla
più di questo. E la cosa che più non sopportavo
era che non avevo idea di cosa fare per farla stare meglio. Non capivo
nemmeno cosa venisse a fare ogni giorno da me. Forse aveva solo bisogno
di compagnia... o stare lì le faceva sentire meglio la
presenza di Stefan. Si sedeva su quel divano, a volte studiava, altre
volte leggeva, oppure parlavamo di Stefan.
Mai di me, mai di noi due... sempre di Stefan.
Non era raro che mi sorgesse il dubbio che quel bacio di quella notte
in cui ero quasi morto, me lo fossi solo immaginato... Morivo dalla
voglia di chiederle se me lo avesse dato per davvero, se per lei avesse
significato almeno la metà di quello che aveva significato
per me, ma sapevo che non era il momento adatto. Non lo sarebbe stato
mai!
“Oh ma che scenetta tenera!”
Quell'improvvisa voce così dannatamente famigliare, mi fece
scattare in piedi provocandomi ondate di pura rabbia.
Katherine mi sorrideva sorniona, serenamente appoggiata allo stipite
della porta, teneva le braccia incrociate sul petto e aveva quello
sguardo sicuro e sfrontato che solo qualcuno che conosce a fondo ogni
tuo punto debole può concedersi.
“Non mi saluti nemmeno?” domandò con
innocenza, assumendo un'espressione falsamente dispiaciuta.
Lanciai uno sguardo veloce ad Elena, preoccupato che si fosse
svegliata. Con uno scatto raggiunsi Katherine, l'afferrai malamente per
un braccio e la condussi fuori di casa, sul porticato.
“Si può sapere che fai qui?” sbottai non
troppo gentilmente, fissandola con risentimento.
“Sei in gran forma a quanto vedo!” un sorriso colmo
di malizia le increspò le labbra e un sopraciglio le si
inarcò mentre i suoi occhi vagavano sul mio corpo
La fissai con fastidio, avvicinandomi.
“Lo vedi quel pulsante accanto dalla porta?” feci
con sarcasmo, indicandoglielo. “Si chiama campanello. E'
buona educazione premerlo prima di infilarsi in casa della gente in
piena notte!”
Lei ridacchiò visibilmente divertita dalla mia ritrosia nei
suoi confronti e io, come un perfetto idiota, permisi a quel suono
cristallino di entrarmi dentro, mettendo radici nel mio cervello.
Iniziai a pentirmi di essere uscito di casa. Avevo un disperato bisogno
di bere di nuovo qualcosa. Parlare con Katherine era indiscutibilmente
più semplice se si aveva dell'alcol in corpo.
”Mi dispiace. Non volevo disturbare il sonno della tua
preziosa Elena.” disse, imbronciandosi leggermente.
Il modo in cui pronunciò il suo nome, così piena
d'irritazione e con quel fare canzonatorio, mi fece venire voglia di
piantarle un paletto da qualche parte, ma come al solito non lo feci.
La fissai con astio e mi limitai a stringere i pugni, trattenendo la
rabbia.
“Sparisci, Katherine! Non sei la benvenuta qui, non
c'è bisogno che te lo dica.”
Lei non si lasciò minimamente intimidire, ma anzi, mi
riservò uno sguardo quasi angelico che avrebbe fatto
crollare i buoni propositi di chiunque.
“Io non sono mai la benvenuta, Damon. In nessun
posto.”
“Domandati il perchè!”
Iniziò ad avvicinarsi a me in maniera decisamente
pericolosa, con quella sua camminata ipnotizzante e incatenandomi al
suo sguardo ammaliatore. Si fermò a pochi centimentri dal
mio viso. Riuscivo a sentire il suo respiro sulle mie labbra che,
istintivamente, dischiusi. Sospirai appena, quando percepì
vagamente il suo sapore sulla lingua.
“Spiegamelo tu...” mormorò suadente,
lasciandosi poi andare ad un sorriso compiaciuto, mentre con un dito
sfiorava il mio petto.
Sperai davvero che non sentisse i fremiti del mio corpo, ma il suo
sguardo si assotigliò leggermente, segno che aveva capito
quanto non mi fosse indifferente. Con un gesto brusco la spinsi lontano
da me e cambiai discorso.
“Che cosa vuoi comunque?” la superai e mi appoggiai
al muro “Sai, a quest'ora pensavo tu fossi già in
Nuova Guinea o chissà dove, al riparo dalle grinfie di
Klaus.” mi concessi un sorrisetto compiaciuto.
La sentii soffocare una risata sarcastica e con la coda dell'occhio la
osservai mentre si aggirava con nonchalance per il portico. Si
lasciò andare poi ad un sospiro arrendevole.
“Voglio aiutarti a trovare Stefan!” ammise, senza
particolari inflessioni “Conosco Klaus, scappare da lui per
tutti questi secoli mi ha permesso d'imparare a prevedere le sue mosse.
Potrei esserti molto utile.”
Alzai gli occhi su di lei, scuotendo il capo con rassegnazione. Ma a
chi voleva darla a bere?
“No, tu non vuoi aiutare me. Vuoi solamente trovare Stefan.
E' diverso!”
Inutile negarlo, la solita ondata di gelosia mi pervase.
Perchè comunque andassero le cose, per quanti sforzi
facessi, per quanto m'impegnassi, era sempre Stefan il favorito. Era
sempre stato così...
Dovevo averlo imparato oramai.
“Abbiamo lo stesso obiettivo, Damon. Non fare tanto il
difficile!” sbuffò lei, riavvicinandosi.
“Io sono l'ultima persona che l'ha visto... e ho visto cosa
Klaus gli ha fatto.”
La sua espressione si spogliò di ogni traccia di
strafottenza e malizia. Era seria e forse, anche preoccupata.
Ovviamente lo era... il suo adorato Stefan era in pericolo. Non avrebbe
mai avuto quell'espressione parlando di me...
Aggrottai la fronte, concedendole tutta la mia attenzione.
“Che vuoi dire? Che gli ha fatto?”
Di nuovo quel sorrisetto odioso le increspò le labbra.
“Uniamo le forze e te lo dirò.”
Bastarda!
“Non ho doppi fini questa volta, Damon. Voglio davvero
ritrovare tuo fratello!” Calcò in maniera plateale
sulle ultime due parole. Stava forse tentando di farmi venire i sensi
di colpa? Lo sapevo che era mio fratello, non serviva che me lo
ricordasse!
Mi diede le spalle, mettendosi a guardare distrattamente la boscaglia
attorno alla pensione. “Oh... può partecipare
anche la dolce Elena alla ricerca. Non ho alcuna intenzione di tenervi
separati!”
Ci provai ad ignorarla, ma fu un tentativo pressochè
inutile. Fui di fronte a Katherine in un lampo. La sbattei con molta
poca delicatezza contro la parete. Lei sorrise compiaciuta, come se in
qualche modo si aspettasse quella reazione da parte mia. La mia rabbia
nei suoi confronti s'intensificò e la presa su di lei si
fece più forte. Se fosse stata umana si sarebbe ritrovata
qualche osso rotto. Ma fu a quel punto che la sua espressione
mutò radicalmente. I suoi occhi si fecero confusi, tristi
… feriti persino. Le sue labbra si dischiusero leggermente e
la sentì tremare sotto le mie mani.
“Damon... che stai facendo?”
mormorò impaurita.
Mi resi subito conto di quello che stava tentando di fare... e la
odiai. La odiai come non l'avevo mai odiata prima. In quel momento, lei
era Elena. E io caddi come un perfetto idiota nella sua trappola.
Dio... era lei!
“Mi fai male, lasciami!” persino la sua voce era
diversa. Non era più quella falsa, doppiogiochista,
maliziosa tipica di Katherine... era quella dolce, sincera, ingenua di
Elena. Immediatamente la lasciai andare e indietreggiai di qualche
passo, dimenticando per qualche istante chi avessi davvero di fronte.
Ma Katherine non tardò a tornare. Non appena la lasciai,
ecco la sua solita espressione beffarda tornare a fare sfoggio di
sé.
“Che succede?” mi chiese innocentemente,
avvicinandosi con studiata lentezza. “Ti ricordo
qualcuno?”
Chiusi gli occhi, mentre un moto di rabbia mi fece rabbrividire da capo
a piedi. Strinsi i pugni, costringendomi a non metterle le mani addosso.
“Vattene!” sibilai.
Lei sorrise e ubbidì. “Tornerò,
sappilo!”
Potevo anche considerarla una minaccia. Dopo un ultimo sorrisetto dei
suoi, si voltò e cominciò ad allontanarsi, ma
dopo pochi passi si fermò un momento, per poi voltarsi di
nuovo
“Prego per la cura, comunque...”.
Qualcosa in quelle sue ultime parole, mi fece vacillare. Mi ero solo
immaginato il leggero velo di tristezza ad incrinarle vagamente la
voce....?
Che sciocchezza! Si aspettava forse un ringraziamento? Ero vivo grazie
a Stefan, non a lei. Anzi, ero vivo perchè ero il bastardo
più fortunato del mondo, ecco tutto! Non dovevo ringraziare
proprio nessuno.
Rientrai in casa e sbattei con forza la porta. Mi resi conto troppo
tardi della stupidità di quel gesto.
Percepii distintamente i battiti del cuore di Elena accelerare. Rimasi
fermo appoggiato alla porta, sentendo i suoi passi frettolosi
avvicinarsi. Quando uscì dal salone aveva un enorme sorriso
colmo di speranza ad illuminarle il volto e per un attimo ne fui
felice. Mi ero scordato quanto fosse bella quando sorrideva. Tuttavia,
quando si rese conto che a sbattere la porta non ero stato altri che
io, quel sorriso si dissolse nel nulla. Una porta che sbatteva in piena
notte poteva darle molte false speranze.
Non ero chi si aspettava.
Non lo sarò
mai...
Le rivolsi uno sguardo di scuse."Sono solo io... "
Ero conscio del fatto che forse lei avrebbe preferito me con Klaus e
Stefan sano e salvo a casa. Se solo avessi potuto invertire i ruoli
l'avrei fatto.
Guarda cos'hai
combinato, Stefan! Sempre a fare l'eroe...
Elena abbassò lo sguardo a terra, un tentativo inutile di
nascondere le lacrime che minacciavano di uscire. Si mise nervosamente
una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Scusa... credevo
che... “ mormorò flebimente, prima di sospirare
rassegnata. “...Niente.”
Se ne tornò in sala e la sentii sdraiarsi di nuovo sul
divano. La seguii ma rimasi fermo sulla soglia e la osservai impotente
mentre abbracciava un cuscino e vi nascondeva contro il viso, lottando
con quel grido di dolore che oramai accompagnava le sue giornate.
Sospirai e mi voltai dall'altra parte, incapace di assistere a quello
strazio. Mi ritrovai disperatamente a pensare alla proposta di
Katherine.
Per quanto non volessi darle ascolto, aveva ragione nel dire che solo
lei avrebbe potuto sapere dove fosse Klaus. Forse avrei dovuto
accettare. Dovevo farlo per Elena!
Aveva bisogno di Stefan... dovevo riportarlo da lei. Non volevo vederla
lasciarsi andare così. L'avrei persa, ma non importava. Non
sarebbe comunque mai stata mia! Mi bastava saperla felice.
Volevo rivedere la vecchia Elena girare per casa. Volevo di nuovo
bisticciare con lei. Ero stanco di vedere solo il suo corpo inanimato
su quel divano, nient'altro che il suo fantasma aggirarsi per casa.
Non mi vide prendere il cellulare dai pantaloni e digitare un
messaggio. Ci pensai qualche istante prima di inviarlo. Sperai solo che
Katherine non mi stesse trascinando in un altro dei suoi soliti
giochetti da psicopatica. Stavolta l'avrei fatta fuori senza
pietà!
“Giurami che
non mi darai motivo di pentirmene e ti aiuterò!"
La risposta arrivò pochi istanti dopo.
"Non te ne pentirai."
Rimisi il cellulare al suo posto e feci un respiro profondo,
immaginandomi il volto di mio fratello che mi fissava confuso. Lo
stesso che avevo sognato quella notte. La stessa espressione che mi
aveva rivolto quel pomeriggio di quasi due secoli prima, quando avevo
messo in fuga quegli stupidi ragazzini che si erano avventati su di
lui, quasi non capisse perchè mi ostinassi tanto ad
aiutarlo... "Sono tuo
fratello!" gli avevo detto "Solo io posso prenderti a
botte!"
Quel principio era ancora valido!
Vengo a salvarti il
culo, fratellino! E sia chiaro, sarei più interessato a
quello della tua ragazza!
***
Non
speravo davvero che qualcuno apprezzasse quello straccio di prologo
scritto in 5 minuti ascoltando una canzone particolarmente
depressa. Ma sono felice dei complimenti ricevuti. E data la mia
autostima inesistente, ammetto che mi hanno anche messo in
difficoltà. "Riuscirò a fare un primo capitolo
degno delle loro aspettative?" ... L'ho fatto? Ho qualche dubbio. Ci ho
provato! Il risultato non so quanto possa essere davvero
soddisfacente... Il Missing Moment all'inizio, l'ho scritto pensando ad
un particolare ricordo di Stefan, descritto in uno dei volumi de "I
diari di Stefan" (mi pare fosse il secondo, ora non ricordo bene ...).
Pare sia un fatto accaduto sul serio e personalmente ho sempre sperato
che lo inserissero sulla serie, come flashback. Ancora ci spero.
Sarebbe meraviglioso vedere Damon e Stefan da bambini...
V'informo già ora che Katherine è la mia "bestia
nera". Nel senso che, l'adoro sia chiaro, ma entrare nella sua testa
è complicato. Ho il terrore di andare nell'OOC con lei.
Spero almeno con Damon di non esserci andata. Lui non è
complicato. Capisco come pensa, perchè agisce come
agisce e comprendo il suo nascondersi dietro quell'aria
perennemente sarcastica. Non giustifico alcuni suoi comportamenti, ma
li comprendo. Ragion per cui, non lo giudico.
Il titolo del capitolo è quello di una canzone che mi fa
pensare a Damon. Dei RED. Ve la consiglio u.u
Grazie mille a La_Corvina_Giullaressa , alister_ , AriaSolis
ed a tutorgirloth . I vostri commenti hanno davvero significato molto,
dato che non pensavo nemmeno di riceverne =)
Il prossimo capitolo sarà su Elena. E visto come se la sta
passando la piccola Gilbert, sarà molto depresso...
Torno a ricordare che in questa storia toccherò
tutti i team. Ci sarà Delena, ma anche Stelena. E dall'altra
parte ci saranno sia Kathemon che Kathefan. Chiedo quindi un po' di
sopportazione a chi legge e non apprezza un team in particolare
^^. Anche perchè non so voi, ma le storie che
trattano solo un team dopo un po' a me annoiano XD . Vi
rivelerò uno dei miei team.... STEMON (o DEFAN, comunque lo
si voglia chiamare)! u.u E ce ne sarà molto qui!
Il rapporto fra Stefan e Damon è impareggiabile. E' la parte
migliore di The Vampire Diaries a mio avviso .
A presto. (vi prego, un commentino lasciatelo. Non costa nulla :'D )
DearDiary
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Capitolo 3 *** Alive (Elena) ***
CAPITOLO
DUE
“Alive”
(Elena)
Correva.
Sfidava i limiti del
proprio corpo per mettersi in salvo.
Sentiva il fiato del suo
inseguitore sul collo, i suoi passi farsi sempre più vicini.
Gli sarebbe bastato
allungare una mano per prenderla.
Ma Klaus non l'avrebbe
mai fatto, a lui piaceva
terrorizzare le sue prede.
Lei continuava a
correre, nonostante il petto scosso da spasmi per la mancanza
d'ossigeno.
Si era voltata un attimo
per guardarlo, ma il suo viso era nascosto da un cappuccio.
Eppure sapeva che era
lui, anche se ancora non l'aveva mai visto di persona.
Una radice la tradì.
Elena inciampò e si ritrovò sdraiata nel fango.
Lui le arrivò alle
spalle e l'afferrò per un braccio.
Lei urlò.... e si
svegliò.
A pochi centimentri dal
suo viso, due occhi verdi assonnati e preoccupati la fissavano.
Una mano le sfiorò
delicamente la guancia in un gesto di conforto.
Un naturale sorriso.
“Brutto sogno?”
Ero
ancora su quel divano
quando mi svegliai.
Non trovai nessuno al mio
fianco. Nessun paio di occhi verdi a scrutarmi, nessuna mano ad
accarezzarmi. Nessun sorriso a darmi il buongiorno.
Una mattina come tutte le
altre, insomma. La sessantaduesima senza di lui.
“Buongiorno, Stefan...”
mormorai al nulla, talmente piano da faticare a sentirmi da sola. Era
una cosa che facevo sempre, dargli il buongiorno. Un gesto a cui non
avevo voluto rinunciare, nonostante lui fosse lontano da me. Mi
piaceva pensare che in qualche modo potesse sentirmi...
Mi strofinai gli occhi e
mi alzai in piedi, sbadigliando. La prima cosa che feci fu prendere
il cellulare dalla borsa. Smisi di respirare quando vidi che c'erano
tre messaggi da leggere.
Chiusi gli occhi e pregai
mentalmente qualsiasi forma divina disposta ad ascoltarmi, che uno di
quei messaggi fosse di Stefan.
La delusione non tardò
ad arrivare. Uno era di Jeremy, gli altri due di Caroline. Mi morsi
il labbro nervosamente e gettai il cellulare sul divano.
Rimbalzò
sui cuscini e cadde a terra facendo fin troppo rumore. Sospirai
cercando di calmarmi.
“Nervosette
stamattina?”
La voce di Damon mi fece
sobbalzare leggermente. Lui e la sua dannata mania di comparire
all'improvviso! Detestavo quando lo faceva. Mi ricordava Stefan... e
io lottavo ogni giorno contro la tentazione di perdermi
nei ricordi.
“Non ho dormito bene!”
tagliai corto, raccogliendo il cellulare e mettendo in ordine i libri
sparsi sul pavimento.
“Beh, se avessi dormito
nel TUO letto forse avresti fatto sogni più
sereni.” mi canzonò,
sottolineando il fatto che avevo di nuovo infranto la regola del
“ognuno dorme a casa sua”.
“Scusa...” mormorai
imbarazzata “Ho perso la cognizione del tempo e mi sono
addormentata.”
Nonostante mi ostinassi a
passare lì le mie giornate, dovevo ammettere che non mi
piaceva
granchè restare troppo tempo a Casa Salvatore. Senza Stefan
era
tutto troppo surreale. Mi sentivo un'estranea, nonostante Damon
facesse davvero il possibile per farmi stare meglio.
Inizialmente, le prime
notti le avevo trascorse lì, nella stanza di Stefan, ma non
si
poteva certo dire che avessi dormito. Mi ero limitata a rimanere
raggomitolata sul suo letto, stringendo forte tra le braccia il suo
cuscino. C'era ancora il suo profumo ad impregnare la stoffa... era
la sola cosa che riusciva a calmarmi, a farmi stare bene. Ma era
tutta un'illusione. Non stavo affatto bene. Non senza di lui!
Damon non aveva mai
accennato al fatto che avessi passato gran parte di quelle notti a
piangere... eppure ero sicura che lui mi avesse sentita. Lo avevo
capito dagli sguardi apprensivi che mi rivolgeva di continuo. E poi
c'era quel piccolo, insignificante dettaglio relativo alla sua
natura: non si poteva sperare di avere privacy in casa di un vampiro.
Non l'avevo mai
ringraziato per quella sorta d'intimità che mi aveva sempre
concesso, ma era stato proprio per lui che alla fine avevo deciso di
smetterla di ostinarmi a dormire lì. Ero a conoscenza dei
sentimenti
di Damon... Sicuramente vedermi piangere per un altro ragazzo, suo
fratello per giunta, non doveva essere semplice. Non volevo illuderlo
più di quanto non avessi già fatto, non se lo
meritava.
Così avevo scelto di non
trascorrere più le notti lì, nonostante il
profumo di Stefan mi
venisse a mancare non appena mettevo piede fuori da quella casa.
Ma quella notte, avevo
infranto questa piccola regola!
“C'è abbastanza spazio
per tutti e due, lo sai.” fece Damon, con aria piuttosto
tranquilla. Forse mi sbagliavo, ma avevo la costante sensazione che
si sentisse solo in quell'enorme casa. Difficile da credere che uno
come lui potesse anche solo vagamente soffrire di solitudine, eppure
qualcosa nel suo sguardo me lo faceva intuire. Era sempre il solito
Damon agli occhi degli altri, ma non poteva sperare d'ingannare me.
La verità era che Stefan mancava anche a lui. Era
preoccupato da
morire per suo fratello... forse anche più di me,
perchè ero certa
si sentisse in qualche modo responsabile per quello che gli era
accaduto. Era inutile che si ostinasse a nascondersi dietro i suoi
abili sorrisini sarcastici! Anche se dovevo ammettere, che in qualche
modo, riusciva a rassicurarmi. Mi davano l'illusione che non fosse
cambiato niente, che Stefan sarebbe tornato a casa da un momento
all'altro oppure, vista l'ora, che sarebbe sceso dalla sua stanza
pronto ad andare a scuola insieme a me.
“Che ore sono?”
domandai, cambiando improvvisamente discorso, ricordandomi che
nonostante fossi stata al centro di un complotto mondiale
“vampiresco”, ero pur sempre una studentessa
dell'ultimo anno di
liceo.
“Quasi le otto e
mezza.” rispose subito Damon, nemmeno avesse l'orologio in
testa.
“COSA?” Raccattai
immediatamente i libri e i quaderni dal pavimento, cacciandoli
disordinatamente dentro la borsa. “E' tardissimo,
maledizione!
Perchè non mi hai svegliato prima? Se tu non hai nulla da
fare tutto
il giorno, non significa che il resto dell'umanità sia nelle
tue
stesse condizioni!!!”
“Elena...” provò a
chiamarmi con assoluta tranquillità, senza però
ottenere il
risultato sperato.
“Caroline e Bonnie si
staranno chiedendo dove sono finita! Saranno preoccupate visto che
ultimamente sono diventate più apprensive di due genitori
isterici!
E Jeremy? Spero per lui che si sia svegliato e non abbia di nuovo
saltato le lezioni o giuro che - “
“Elena!” La sua voce
si era fatta più decisa, tanto che stavolta fui costretta a
guardarlo.
“Che vuoi?” sbottai
infastidita.
Mi guardò stralunato,
come se stessi dimenticando qualcosa di fondamentale. “E'
sabato...”
Aggrottai la fronte e gli
rivolsi un'occhiata confusa “No... è
venerdì.” Ero quasi certa
di avere ragione.
Damon sorrise vagamente
divertito “No, è sabato.” usò
il tipico tono che in genere si
usa con i bambini o con i pazienti di qualche clinica psichiatrica.
In quel momento mi sentivo esattamente a metà strada.
“Ma no!” Insistetti,
afferrando il cellulare per controllare la data “Ti dico che
è …
sabato.” appurai guardando il monitor del telefono, con un
sospiro
sconfitto.
Gli lanciai
un'occhiataccia quando mi accorsi che si stava trattenendo dallo
scoppiare a ridere. Alzò subito le mani in segno di resa e
vinsi
l'istinto di lanciargli addosso qualcosa.
Mi lasciai cadere sul
divano, chiudendo gli occhi. “Dio … sto
impazzendo!”
“Errore! Sei già
impazzita.” mi corresse senza togliersi quel sorrisino
canzonatorio
dalle labbra.
Incrociai le braccia sul
petto, imbronciandomi. Lo sentii ridere e un sorriso scappò
anche a
me, ma immediatamente lo nascosi con la mano. Sembrava così
sbagliato sorridere... Non riuscivo più a farlo senza
sentirmi in
colpa.
Calò un silenzio
improvviso, distruggendo in un attimo l'ilarità che si era
creata.
L'ennesimo momento di normalità andato in fumo troppo in
fretta.
Damon mi dava le spalle adesso, guardava distrattamente fuori dalla
finestra. Vedevo appena il suo riflesso sul vetro. Sembrava
pensieroso. Preferivo non disturbarlo mai in quei momenti. Era
così
raro vederlo serio che veniva naturale pensare che fosse concetrato
su qualcosa di estremamente importante. Insomma... lui non smetteva
di fare l'idiota per nulla!
“Meglio se vado a
casa...” dissi alzandomi dal divano. Afferrai la mia giacca
piegata
sullo schienale e la borsa di scuola.
Damon non reagì, come se
nemmeno mi avesse sentita. Non capii quell'improvvisa freddezza ma
non insistetti troppo. Lo lasciai lì, perso tra quei
pensieri a cui
aveva deciso di non farmi accedere.
Stavo per uscire dal
salone, quando alzai istintivamente lo sguardo verso le scale. Lo
facevo sempre, un gesto automatico, disperato. Ogni volta mi
aspettavo di vedere Stefan scendere. In qualche occasione, ero anche
riuscita a sentire i suoi passi. Come mi aveva appena ricordato
Damon, ero impazzita!
Rimasi ferma a fissare le
scale, percependo il consueto nodo alla gola togliermi il respiro.
Gli occhi presero a bruciare, come infilzati da decine di spilli.
Deglutii a fatica e abbassai lo sguardo, facendo un respiro profondo.
Non
piangere!
Più
me lo imponevo, più
sentivo le lacrime premere dietro ai miei occhi per uscire. Non mi
riconoscevo più. Non ero mai stata così debole,
così patetica. Ero
del tutto senza forze. Tutte le persone più importanti della
mia
vita non c'erano più, fatta esclusione per alcune. Alcune
molto
fortunate, aggiungerei. Chi mi stava troppo vicino, era destinato a
fare qualche fine indecorosa... Dovevo avere qualche maledizione
addosso! Non mi avrebbe stupito più di tanto. Una
maledizione
sarebbe stata forse la cosa più normale che potesse
capitarmi, tra
tutte quelle che mi erano già successe.
Ferma sulla soglia della
sala, mi voltai di nuovo verso Damon, ancora impegnato a fissare il
nulla fuori dalla finestra, e una domanda uscì da sola dalle
mie
labbra:
“E' così che ti sei
sentito? ... Quando ti hanno portato via Katherine?”
Notai le sue dita
stringersi a pugno e le sue spalle venire scosse da un leggero
fremito forse di rabbia o di dolore, non riuscivo a capirlo. Damon
non rispose a quella domanda.
“Ci vediamo, Elena.”
si limitò a dire, senza degnarmi di uno sguardo.
Sospirai e mi avviai
verso l'uscita
“Ci vediamo...”
Per la prima volta
realizzai quando noi due fossimo simili in quel momento, vittime di
quel dolore causato da circostanze dannatamente uguali. Entrambi
soli, abbandonati dalle persone amate... entrambi disperati. Mi
chiusi la porta dietro di me e, dopo aver dato un ultimo sguardo al
punto esatto dove io e Stefan ci erano scambiati il nostro primo
bacio la notte della cometa, mi diressi verso casa.
Un
passo davanti
all’altro, Elena. E’ facile!
La
solita cantilena opera
della mia mente instabile mi fece compagnia lungo la strada di casa.
Tornai a piedi. La macchina non la usavo più. La mia testa
era
troppo distratta per poter concentrarsi sulla guida. Non volevo
essere la causa di qualche incidente. Di danni a Mystic Falls ne
avevo fatti anche troppi!
Un
passo davanti
all’altro. E ricordati di sorridere… e respirare!
Come
da copione, inspirai
a pieni polmoni l’aria mattutina e continuai a camminare con
gli
occhi fissi sulla strada. Ero da sola, non c’era bisogno di
sorridere.
Quando intravidi casa mia
accelerai il passo, ansiosa di infilarmi sotto la doccia e darmi
una sistemata… sempre se fosse servito a qualcosa. Evitavo
il più
possibile di guardarmi allo specchio. Non dovevo farmi bella per
nessuno intanto. Non più…
Entrai in casa e salii
velocemente al piano superiore. Lanciai un’occhiata dentro la
camera di Jeremy, realizzando che non ci fosse. Sospirai irritata,
tuttavia cercai di non arrabbiarmi. Gli avevo detto di avvisarmi se
usciva, ma come potevo prendermela dal momento che lo avevo
praticamente abbandonato a sé stesso? Mi ricordai solo in
quel
momento del messaggio che mi aveva mandato. Non mi ero nemmeno presa
la briga di leggerlo. Lo feci in quel momento. Era da Bonnie.
Sospirai rilassata, sapendo che era più al sicuro con lei
che con me
o chiunque altro.
Entrai in camera mia e mi
buttai a peso morto sul letto, nascondendo il viso sul cuscino.
Rimasi così per qualche minuto, lottando con la tentazione
di
rimanere lì per sempre. Sbuffai e mi rialzai, afferrai
qualche
indumento di ricambio e m'infilai in bagno.
Lasciai che l'acqua
fredda mi scivolasse addosso, destandomi da quel torpore che da mesi
non mi abbandonava. Non so per quanto tempo rimasi a tremare sotto il
gelido getto della doccia, ma contro ogni logica lo trovavo
piacevole. Chiusa in quel piccolo spazio, al sicuro da qualunque
sguardo, sola con il mio dolore, permisi alle lacrime di sgorgare
liberamente dai miei occhi. Mischiate all'acqua parevano meno
opprimenti.
Ci misi un bel po' a
decidermi ad uscire. Furono i miei denti che battevano a convincermi
a tornare fuori nel mondo reale. Non potevo marcire lì
dentro...
sfortunatamente!
Mi vestii e con i capelli
ancora gocciolanti mi buttai sul letto. Sbuffai e mi rigirai fino a
fissare il soffitto, cercando in ogni modo di svuotare la mente. Il
cellulare vibrò e lessi il nome di Damon sul
display.
"Quante
disgrazie si sono abbattute su di te lungo la strada di casa?"
Non
riuscii a trattenere un sorriso leggendo quel messaggio. Mi piaceva
il modo in cui riusciva a scherzare sul mio indubbio talento
nell’attirare guai. Nessuno era bravo quanto lui a spezzare
la
tensione.
"Sono
sana e salva per
tua sfortuna!" Risposi velocemente. Lasciai cadere il
cellulare
sul cuscino, accanto al mio viso .
Rimasi
lì tutto il
giorno. Rifiutai parecchie chiamate di Caroline, non mangiai, non mi
mossi. Tenevo gli occhi chiusi ma non dormivo. Semplicemente,
aspettavo! Attendevo la fine di un altro giorno. I giorni senza
scuola erano un vero supplizio. Almeno andare a lezione mi
distraeva...
L'unica mia compagnia fu
la luce del sole che lentamente, ora dopo ora, si fece più
soffusa
fino a scomparire del tutto, facendomi restare immersa nel buio della
mia stanza.
Mi sdraiai su un fianco e
mi misi a fissare il cellulare come un’ossessa. Era un rito
ormai,
attendere quella chiamata, quel messaggio, quel cenno di vita che da
mesi non arrivava mai. Cominciai a far scorrere i nomi della rubrica,
fermandomi su uno in particolare.
Stefan
Accarezzai
delicatamente
lo schermo, nella folle speranza che sfiorando quelle lettere lui
avrebbe
potuto percepire quella lieve carezza. Avevo provato tante volte a
chiamarlo, ma il telefono suonava sempre a vuoto. Non risultava mai
spento, questo significava che ovunque fosse, ce lo aveva ancora con
lui. Perché non mi rispondeva? Il mio grande incubo era che
Klaus lo
avesse soggiogato e non ricordasse più nulla di
me… ma perché
avrebbe dovuto farlo? A quale scopo?
Le mie dita si mossero
quasi automaticamente sul tasto per avviare la chiamata.
C’era un
tale silenzio in casa che non dovetti nemmeno accostare il telefono
all’orecchio.
Ad ogni squillo i mie
occhi si riempivano sempre più di lacrime e il mio cuore
accelerava
il battito. Esasperata lanciai il cellulare dall’altra parte
della
stanza e scoppiai a piangere. Soffocai subito i singhiozzi contro il
cuscino. Odiavo sentirmi così debole, ma lui mi mancava
così tanto
da non darmi nemmeno la forza di respirare. Si era consegnato a Klaus
per salvare suo fratello… per quanto potessi essere fiera e
grata
per quel suo disperato gesto di puro altruismo, sentivo anche di
avercela con lui. “Sempre a fare l’eroe,
Stefan!” la
voce nella mia mente si sovrappose a quella di Damon. Glielo avevo
sentito dire fino alla nausea, ma solo ora capivo cosa lui intendesse
davvero… e provai la sua stessa identica irritazione.
Nonostante il telefono
fosse volato contro la parete, la chiamata non si era ancora
interrotta. Riuscivo a sentire gli squilli suonare a vuoto fin dal
mio letto. Di colpo però, si fermarono. E non
perché fosse partita
la segreteria o il cellulare si fosse spento a seguito
dell’impatto
con il muro. Qualcuno aveva risposto.
Mi rizzai a sedere,
trattenendo il respiro agitata. Mi precipitai a raccogliere il
telefono e lo accostai all’orecchio. Il battito del mio cuore
era
fin troppo rumoroso. Mi posai una mano sul petto, nell’invano
tentativo di calmarlo. Smisi di respirare e rimasi in
ascolto…
C’era silenzio, nessuno parlava dall’altra parte,
ma mi parve di
sentire un soffio nella cornetta, come un respiro.
“S-Stefan…?” chiamai con voce tremante.
Non mi aspettavo che
rispondesse, nemmeno avevo la certezza che fosse lui a dir la
verità.
Volevo solo illudermi che fosse così.
Cominciai a camminare
nervosamente per la mia stanza, fermandomi davanti alla finestra.
Poggiai la fronte al vetro, sospirando di piacere sentendo il freddo
a contatto con la mia pelle accaldata. Chiusi un attimo gli occhi,
sempre rimanendo in ascolto di quel respiro quasi impercettibile che
attribuivo a Stefan. Quando riaprii gli occhi, la mia attenzione
venne attirata da qualcosa tra la boscaglia davanti a casa mia.
C’era
qualcuno fermo tra gli alberi. La sua figura era appena illuminata da
una piccola luce… forse quella di un cellulare.
Un...
cellulare?
Quel
pensiero mi provocò
un vuoto allo stomaco e un’improvvisa agitazione. Il lieve
respiro
che sentivo proveniva da quella figura? … Era Stefan la
persona
nascosta tra gli alberi?
Mollai il telefono sul
letto e corsi immediatamente di sotto. Forse sbagliavo, mi stavo
illudendo un’altra volta, ma dovevo accertarmene. Dovevo
sbattere
in faccia alla realtà di nuovo per convincermi che lui non
sarebbe
più tornato da me.
Attraversai la strada con
un’insana impazienza e raggiunsi il limitare del bosco. Il
buio la
faceva da padrone. Non c’era nemmeno più la luce
che avevo
intravisto dalla mia camera ad illuminare almeno un po' l'ambiente
circostante.
“Stefan?” chiamai con
voce rotta, pregando che fosse davvero lui, il cuore che sembrava
volesse saltarmi fuori dal petto. “… Sei
tu?”
Intravidi un movimento di
fronte a me. Una sagoma prese a farsi sempre più definita ad
ogni
passo che faceva verso di me. Fu la luna ad illuminarlo.
Non so con quale forza
riuscii a reggermi in piedi, ma il respiro mi si mozzò in
gola ed
ogni cosa intorno a me sparì. Lui era lì, di
fronte a me… i suoi
profondi occhi verdi mi fissavano, sulle sue labbra si
delineò un
leggero sorriso e io credetti di stare sognando.
“Ciao Elena.” Mi
disse con una tranquillità che davvero non riuscivo a
comprendere.
Di nuovo le lacrime
premevano dietro i miei occhi. Solo una riuscì ad sfuggire.
Immobile
continuai a fissarlo, col timore di vederlo sparire da un momento
all’altro.
“Stefan…” Il mio
corpo di mosse da solo. In un attimo fui da lui e mi strinsi forte al
suo petto. Ero in collera, felice, incredula… troppe
emozioni mi
stavano scuotendo l’anima. “Sei qui…
“ mormorai contro di lui
“Sei qui!” ripetei poi, per renderlo più
vero.
Per un attimo mi
domandai se non stessi sognando. Era già accaduto che
facessi sogni
su di lui così reali da sembrare veri. Ma quando
sentii le sue
braccia avvolgermi di rimando capii che stavolta ero sveglia.
No,
molto più... ero viva, di nuovo.
“...Sono qui.”
***
So che in genere Elena
è più combattiva, ma penso che dopo aver perso
Jenna, John e (ma sì, mettiamoci anche lei) anche Isobel,
l'allontanamento di Stefan debba essere stato un autentico trauma per
lei! Provo ad immaginare come avrei reagito io e sinceramente non
riesco proprio a farlo. Povera Elena... perdere pure Stefan
è stata proprio la batosta finale! Ovviamente non so come
sarà nella terza stagione, ma io m'immagino una Elena molto
triste e, per quanto la vicinanza di Damon potrà distrarla o
meno, molto diversa dalla ragazza che conosciamo. Poi magari mi sbaglio
eh! xD
Il missing moment dell'inizio, va collocato in un qualsiasi momento
prima dell'arrivo di Klaus a Mystic Falls u.u .
Il titolo è una bellissima canzone di Leona Lewis! u.u
Il prossimo capitolo mi terrorizza T_T ...mi tocca Katherine! Ne
sarò in grado!?!? mah... speriamo bene! Cercherò
di fare del mio meglio!
Oh, ci tenevo a dire che gli aggiornamenti saranno molto altalenanti.
Purtroppo l'ispirazione va e viene a singhiozzo e non posso prevederla.
Ergo,i capitoli potrebbero arrivare il giorno successivo
così come un mese dopo ^^'
Grazie a AriaSolis e Shari_Aruna per le recensioni. A quest'ultima ci
tengo a dire che ho letto tutte le tue storie e le adoro :3 Sei
bravissima! Mi emozionano ogni volta che le rileggo **
A presto
DearDiary
|
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Capitolo 4 *** Frozen (Katherine) ***
CAPITOLO
TRE
“Frozen”
(Katherine)
Lo
fissi impietrita,
senza sapere cosa dire.
Ed è davvero un dono di
pochi lasciarti senza parole.
Eppure eccoti lì.
Con
la tua consueta espressione sprezzante,
le braccia incrociate
sul petto ti fanno sembrare sicura come sempre,
ma dentro stai
vacillando come rarissime volte ti è capitato.
Poche persone hanno
questo potere su di te.
E lui è uno di loro.
“Promettilo.”
Cerchi tracce di
menzogna in quell'unica parola.
Sei abituata ad
ingannare chiunque,
ragion per cui ti
aspetti che anche gli altri facciano lo stesso con te.
Ma non ci sono complotti
dietro quella supplica, nessuna bugia, nessuna
macchinazione.
Solo disperazione.
“Perchè dovrei
farlo?”
E' naturale che tu lo
chieda. Per quale motivo dovresti fare una cosa simile?
Fare una promessa a lui.
Fare una promessa in generale.
Accovacciato a terra,
stravolto, con gli occhi pieni di disgusto verso sé stesso,
Stefan trova, chissà
come, la forza per sorridere.
Un sorriso appena
abbozzato, esausto, ma sincero.
“Per lo stesso motivo
per cui ora sei qui.”
E di nuovo, rimani senza
parole.
“Giurami
che non mi
darai motivo per pentirmene e ti aiuterò!”
Il
messaggio di Damon mi
fece sorridere. Sapevo che avrebbe ceduto. A dir la verità, credevo
avrebbe impiegato più tempo.
Riconoscere di essere in
un vicolo cieco, di non avere appigli, che io fossi la sua unica
speranza per riportare Stefan a casa … erano per lui dei traguardi
molto impervi da superare. Era divertente vederlo così disperato,
una volta tanto.
“Non
te ne
pentirai.”
Gli
risposi soltanto.
Damon mi stava un po'
deludendo, ad essere sincere. Nemmeno si era accorto che ero ancora
appostata fuori casa sua. Era così che voleva difendere la sua
preziosa Elena?
Chiunque sarebbe potuto
entrare indisturbato. Damon era troppo distratto da tutto per
mantenersi vigile. Ed Elena risultava essere una preda piuttosto
facile.
Per circa la settima
volta, mi venne voglia di andarmene sul serio e lasciarli lì come
due amebi in lutto. Elena ci sarebbe diventata vecchia in quella
casa. Immagine tutt'altro che spiacevole, dovevo ammetterlo. Chissà
se Damon l'avrebbe guardata con gli stessi occhi? Mi sarebbe davvero
piaciuto scoprirlo.
Ero stanca di quel
compito ingrato.
Klaus era lontano chissà dove, si era finalmente
scordato di me, mi aveva lasciata andare, e io mi trovavo comunque
imprigionata in quella dannata e noiosissima cittadina. Anche
nutrirsi era un grande problema dato che quasi l'intera popolazione
assumeva verbena senza nemmeno saperlo. Mai avrei seguito la dieta
alla Stefan. Forse solo se mi fossi trovata ad un passo
dall'essicazione, non prima.
Almeno l'ospedale era
salvo. Era l'unico luogo in cui poter trovare sangue non contaminato
dalla verbena.
Mi
dovrai favori fino
al giorno del giudizio universale, Stefan. Pensai sbuffando,
appoggiandomi con la schiena al tronco dell'albero su cui ero
appollaiata.
Ancora
non mi capacitavo
di come fossi finita in quella situazione tanto assurda. Ridotta a
fare da balia. Io.
Fare da balia ad un
vampiro pivello con l'ego grande quanto un transatlantico, e una
ragazzina umana attira-disgrazie. Dovevo essere pazza.
Damon forse avrebbe
vissuto qualche secolo o due, un briciolo d'istinto di sopravvivenza
forse ancora l'aveva. Ma Elena... dovetti come sempre soffocare una
risata nel pensare a lei. Era già tanto che avesse raggiunto i 18
anni. Anzi, non ci avrei scommesso nemmeno su quello, dato che doveva
ancora compierli.
Nemmeno m'importava che
sopravvivesse, poi. M'irritava, non sopportavo la sua moralità,
quell'aria da perfettina che sfoggiava ovunque, il suo modo di
vestire e, più di tutto, odiavo il suo essere tanto preziosa per
chiunque. Lo era stata anche per i suoi nemici. Insopportabile.
E ora, per un stupida
promessa che mi ero ritrovata a fare per chissà quale assurda
ragione, mi ritrovavo a doverla considerare io stessa preziosa. E
tutto ciò mi stava letteralmente mandando in bestia.
Non c'era un senso in
tutto ciò che stavo facendo. Stefan mi doveva essere grato già solo
per aver portato la cura per il morso di licantropo a suo fratello.
Non aveva alcun diritto di chiedermi altri favori. Non avevo più
alcun dovere verso di lui. Ero libera! Dopo secoli ero finalmente
libera. E per cosa? Per ritrovarmi di nuovo immischiata in una
situazione scomoda come questa.
Non sarei dovuta tornare
da lui quella notte, quando Klaus mi aveva liberata ed ero andata a
salvare il culo a Damon. Tutto ciò a cui avevo assistito poche ore
prima di quel momento, quando Klaus aveva infierito così brutalmente
su Stefan davanti ai miei occhi, doveva avermi bruciato del tutto il
cervello. Ed ero tornata da lui, a cercare di farlo scappare. A
cercare di prendermelo, non lo nego. Se fosse fuggito, avrebbe dovuto
farlo per sempre, proprio come avevo fatto io per centinaia di anni.
Essendo tanto abile nell'arte della fuga, sarei stata un'ottima
maestra per lui.
E poi lo ammetto, dopo la
stucchevole scenetta fra Damon ed Elena su quel letto, avevo pensato
di avere qualche diritto sul minore dei fratelli. Odiavo gli sprechi.
Ora però, mi stavo
pentendo come non mai di essere tornata da lui. Mi aveva incastrato,
e lo aveva fatto con arte, nel suo perfetto stile. Stefan era sempre
stato bravo con le parole, fin da quando era umano. Non parlava mai a
caso, come suo fratello. Lui sapeva pungerti nel vivo, era capace di
farti sentire uno schifo, colpevole, con poche semplici parole.
E chi meglio di me poteva
affermarlo? L'avevo amato per davvero, in fondo. Ora, non ne ero più
tanto sicura. E' complicato amare qualcuno che ti odia e che muore
dietro alla tua esatta copia!
Con Stefan era difficile
anche giocare. Non cedeva mai, non riuscivo ad ingannarlo. Forse
perchè l'avevo già fatto per troppo tempo quando era umano, mi
conosceva. Con Damon era tutto più divertente. Lui crollava sempre,
riuscivo sempre a prenderlo in giro come volevo.
Fu proprio mentre i miei
pensieri erano rivolti a lui, che uno svolazzare improvviso mi
riportò alla realtà. Mi voltai. Appollaiato sul ramo, assieme a me,
c'era un corvo. Mi fissava con quei suoi due occhietti neri e
gracchiò in maniera piuttosto minacciosa.
Scoppiai a ridere. Alla
fine si era accorto della mia presenza! Meglio tardi che mai...
“Cercati
un altro ramo
su cui nidificare, questo è mio.” sbottai, prendendomi gioco di
lui.
Cosa
pensava di fare
tramutato in corvo?
Continuò a fissarmi e
quasi mi sembrò di sentire la sua voce e immaginare le sue domande.
“Non
guardarmi così!
E' un paese libero e se voglio dormire su un albero come un naufrago
su un'isola deserta, posso farlo. Così come tu sei libero di andare
a mangiare vermi, svolazzare per il cielo, fare nidi sui cornicioni e
defecare in testa ai passanti come qualsiasi rispettabile volatile.”
Lui
non si mosse, né
reagì in alcun modo. Era uno di quei momenti in cui nemmeno lui era
divertente. Sbuffai contrariata.
Sapevo cosa volesse.
Sapere che ci facevo lì, naturalmente. Dubbio legittimo, ma dare
spiegazioni era fuori discussione. Uno, non mi avrebbe mai creduto. E
due, non mi andava di farlo.
“Capisco
che quella
piaga di Elena ti annoi a morte, ma spiacente di doverti dire che se
rimani così in versione piumata, non possiamo proprio divertirci
come vorrei.” lo stuzzicai, piegando le labbra in un sorriso pieno
di malizia. “La notte è ancora lunga, Damon. La dolce Elena dorme
e fa sogni sul tuo fratellino. Perchè non distrarsi un po'?”
Mi
fissò ancora pochi
istanti, poi aprì le ali e volò giù dall'albero. Tempo di toccare
terra ed era di nuovo lui.
“O
scendi o sradico
l'albero, a te la scelta.”
Dritto
al punto, come
sempre. Sospirai irritata, senza alcuna voglia di sfidarlo o tenergli
testa, così saltai giù, trovandomi esattamente di fronte a lui.
“Sì,
sei decisamente
più carino adesso.”
“Perchè
sei rimasta?”
Domandò subito, serio e sulla difensiva.
"Non
ho un posto dove
andare.” tagliai corto, senza trovare una scusa più decente.
Damon
non parve convinto.
Alzò gli occhi al cielo, giunto già ai limiti della sua
limitatissima pazienza.
"Ti
do un suggerimento.
E' un luogo caldo, lontano e molto accogliente, ti piacerà un sacco.
Si chiama Inferno. Vacci e non tornare più!”
M'imbrociai,
fingendomi
offesa, cosa che scatenò ancora di più la sua evidente irritazione.
“E il nostro patto?”
“Non
c'è più
nessun patto.” Esclamò con un sorriso carico di rabbia a stento
trattenuta. “Non finchè agisci alle mie spalle! Ma in fondo lo fai
da sempre, quindi stiamo solo perdendo tempo. Ci penso io a mio
fratello, tu vattene da qui!”
“Sei
fortunato, sai?”
gli feci notare, incrociando le braccia sul petto. “Tuo fratello è
disperso chissà dove, con Klaus, e ci è finito per salvare te.
L'avere il tempo per fare lo schizzinoso con la sola persona che può
aiutarti a ritrovarlo è davvero una gran fortuna.”
Non
rispose. Tornò a
fissarmi in assoluto silenzio, proprio come il corvo di poco prima.
“Ma a questo punto immagino che tu abbia un piano ben preciso per
trovarlo. Qualcosa di così efficace e sicuro al cento per cento, da
potermi liquidare in questa maniera. Buon per te!”
Allungai
un braccio verso
di lui e gli diedi una pacca sulla spalla, come per congratularmi.
Lui rimase immobile, fissandomi con astio.
Lo superai e iniziai ad
allontanarmi. Iniziai a contare mentalmente i secondi. Arrivata a
tre, Damon mi chiamò. Sorrisi trionfante e mi voltai verso di lui.
“So
che vuoi trovare
Stefan tanto quanto me. Non rendere le cose così difficili!”
Soffocai
un risata.
Immaginai che quelle parole dovevano essergli costate molto. Non mi
aveva mai perdonato la mia netta preferenza per Stefan.
“Tu
non sai proprio
niente, Damon.” lo informai, pacatamente. “Le cose non sono
difficili. Sei tu a renderle tali. Non fare domande a me, io non ne
farò a te, è semplice. Quando deciderai che questa condizione è
accettabile, sai dove trovarmi. Nel frattempo, spera solo che Klaus
non infierisca ancora su Stefan...” mi fermai un attimo.
Ero
seria stavolta, non
c'erano tracce di ironia in me. Volevo che Damon capisse che
indugiare in questo modo, non avrebbe arrecato danni a lui, ad Elena
o a me. Ma a Stefan.
“Potremmo
perderlo
davvero. Forse è già troppo tardi.”
Mi
congedai con un cenno
del capo e me ne andai, lasciandolo lì dov'era, con i suoi dubbi e
il suo orgoglio da combattere.
Damon ed io eravamo molto
simili in questo, ed era un gran vantaggio. Sapevo esattamente come
manovrarlo, dove andarlo a colpire per fargli fare ciò che volevo.
Probabilmente era per questo che mi ero sempre e solo divertita e
basta con lui. Eravamo uguali, e non avevo un ego tanto imponente da
riuscire ad amare qualcuno identico a me. Con Stefan era diverso...
Cancellai qui pensieri
quando mi resi conto che stavo di fatto abbandonando la mia missione,
la promessa fatta proprio a Stefan.
Doveva importarmi
davvero?
Assicurati
che gli
succeda niente.
Le
sue parole mi
vorticavano ancora in testa. Più le sentivo, più mi chiedevo come
potessi essere stata tanto folle da accettare,
Fai
in modo che loro
siano al sicuro, che Klaus rispetti i patti.
Dubitare
della parola di
Klaus era più che legittimo, potevo capirlo. Ma come poteva fidarsi
di me? Quello non riuscivo davvero a capirlo. In quanto a bugie, non
ero tanto diversa da Klaus o da qualunque altro bugiardo. Che Stefan
avesse riposto così tanta fiducia in me, mi confondeva del tutto.
Ma in fondo, lui era
sempre stato il fratello che mi sorprendeva. Non dovevo stupirmi,
così.
Mi accorsi che ormai era
quasi l'alba. E realizzai pure di essere nelle vicinanze della casa
di Elena. Sospirai e la raggiunsi.
Qualcosa m'impediva di
fuggire. Qualcosa che detestavo con tutte le mie forze, mi stava
tenendo ancorata a quella maledetta città.
Oh, Stefan me l'avrebbe
pagata eccome. Se fossimo mai riusciti a riportarlo indietro, gli
avrei fatto rimpiagere la prigionia con Klaus.
Mi appollaiai di nuovo su
un ramo, poco lontano da casa Gilbert che stava dall'altra parte
della strada. Mi guardai intorno sperando che nessun corvaccio
invadente mi avesse seguita e cercai di rilassarmi. Operazione
davvero impossibile.
La piccola Gilbert si
fece viva un paio d'ore più tardi. Sembrava un fantasma. Era
pallida, con profonde occhiaie e un'espressione da condannata a morte
davvero esagerata. Avanzò come un'automa
fino alla sua porta, l'aprì ed entrò.
Non si fece più vedere.
Rimasi in ascolto dei suoi movimenti ma non ci fu nulla di eclatante.
Persino tenerla d'occhio era noioso. Continuavo a chiedermi cosa
Stefan e Damon ci trovassero in lei. Poi mi risposi da sola.
Era uguale a me!
Da quel poco che riuscivo
ad udire, era rimasta tutto il giorno sdraiata a letto. Il cigolio
del materasso era piuttosto fastidioso, così come i suoi singhiozzi
trattenuti a stento. Era piuttosto patetica, era innegabile! Sperava
davvero che Stefan sarebbe magicamente riapparso, rimanendo a
frignare a letto? Che stupida.
E Stefan si era
preoccupato di obbligarmi a tenere in vita quell'esserino tanto
inutile. Dannazione a lui e dannazione a me!
Si fece sera e io ero
davvero al limite della sopportazione. Non ne potevo più. La
situazione stava diventando insostenibile. Osservare una pianta
sbocciare sarebbe stato più avvincente!
Decisi di prendermi una
pausa. Elena non sarebbe certo morta se mi fossi allontanata per
dieci minuti. O forse sì... conoscendo la sua rinomata fortuna,
poteva anche accadere. Ma a ben pensarci, Stefan mi aveva detto di
tenerla al sicuro da eventuali vigliaccherie di Klaus. Se lei fosse
caduta per le scale spaccandosi l'osso del collo, io non avrei potuto
farci nulla. Non faceva parte del patto!
Appurato ciò, decisi di
fare un salto all'ospedale. Stavo decisamente morendo di fame, tanto
da iniziare a gradire l'odore della mia noiosissima doppelganger. Il
patto non la proteggeva da me, ma immaginai che Stefan avesse
sottointeso questo particolare, per mia sfortuna.
Feci per scendere
dall'albero, ma proprio in quel momento, accadde qualcosa nella
stanza di Elena. La sentii parlare. Pronunciò il nome di Stefan.
Per un istante pensai che
stesse semplicemente parlando nel sonno, oppure invocando il suo nome
durante uno dei suoi piagnistei, ma facendo più attenzione mi resi
conto del velo di ansia nella sua voce. Acuii la vista e mi accorsi
che era dalla finestra e fissava verso la mia direzione.
Non poteva avermi visto.
Le fronde degli alberi mi nascondevano perfettamente. Forse era
semplicemente uscita di senno.
Poi dei passi a pochi
metri dal mio nascondiglio sospeso, mi obbligarono a mettermi
all'erta. Dosai anche il respiro e cercai d'individuare la nuova
presenza che sentivo avvicinarsi.
Lo sgomento fu tale che
alla fine smisi di respirare del tutto.
Stefan!
Cosa
stava facendo?
Perchè era lì?
Così vanificava i miei
sforzi. Non mi ero abbassata a tanto affinché lui rovinasse tutto
solo perchè non era capace di stare lontano da quella ragazzina
umana. Se Klaus si fosse accorto della sua fuga, avrebbe reagito
eccome. E Damon ed Elena sarebbero stati i primi a pagarne le
conseguenze. Non che a me importasse... ma avevo perso tempo prezioso
in questa stupida missione, quindi preferivo che quei due restassero
vivi.
Saltai giù dall'albero e
stavo per fiondarmi verso di lui, ma Elena si era già precipitata in
strada. Ecco chi aveva attirato la sua attenzione mentre era alla
finestra.
Rimasi immobile dov'ero.
Stefan non si accorse di me, sembrava molto provato. E assetato, cosa
che mi fece tenere i sensi ben all'erta.
Alzai gli occhi al cielo
davanti alle loro smancerie. Ci mancava solo quel vomitevole
spettacolino per concludere quella giornata già di per sé pessima.
Elena non aveva idea di
cosa fosse accaduto a Stefan. Non era più lo stesso vampiro
controllato di prima. Adesso era pericoloso per lei, per qualunque
umano. Klaus l'aveva ricondotto in una strada che difficilmente
sarebbe riuscito ad abbandonare un'altra volta.
Elena era avvinghiata a
lui e non si accorse dei suoi occhi. Si erano fatti improvvisamente
rossi, i suoi muscoli rigidi e pronti all'attacco. Stefan adesso non
c'era più. Al suo posto c'era il mostro che Klaus aveva creato.
Forse ero pazza sul
serio, ma intervenni. Nell'esatto istante in cui mi mossi, Elena
realizzò cosa stesse accadendo. Rimase inchiodata dov'era, fissando
Stefan più con stupore che con paura. Sì... era pazza tanto quanto
me.
Lui scattò verso il suo
collo, lei urlò e io lo scagliai a qualche metro di distanza. Elena
cadde a terra, mentre io avanzai di qualche passo verso di Stefan,
ancora a terra.
“Ti
ha dato di volta il
cervello?” iniziai ad accusarlo. “Non erano questi i patti!”
Non
mi ascoltò nemmeno,
aveva totalmente perso contatto con la realtà. Per un momento pensai
che fosse manovrato da qualcuno. O … soggiogato!
Dio, quasi mi sembrò di
sentire il “click” della lampadina che si accendeva nella mia
testa. Ecco cosa mi aveva realmente fatto promettere.
Era stato soggiogato a
liberarsi di loro. Forse Klaus aveva scoperto che Elena era viva e
vegeta e aveva scelto il metodo più crudele per vendicarsi. Farla
uccidere allo stesso Stefan. Vendetta e punizione in un colpo solo!
E lui doveva averlo
immaginato, doveva averlo capito. O forse era stato soggiogato mentre
io non c'ero, quando avevo portato la cura a Damon.
Stefan mi aveva fatto
promettere di proteggerli da sé stesso, solo ora me ne rendevo
davvero conto. Era la lui la minaccia, non direttamente Klaus. Rimasi
del tutto spiazzata, ma non persi la calma.
Ero in ogni caso più
forte di lui. Infatti quando provò ad attaccarmi, ci misi poco a
prenderlo alle spalle e rompergli l'osso del collo. Il corpo si
afflosciò a terra in quella temporanea morte che avrebbe concesso ad
Elena di scappare. Qualcosa mi diceva che convincerla ad andare via e
lasciare Stefan lì sarebbe stato particolarmente difficile.
Non mi curai di lei, non
mi voltai a vedere come se la stesse spassando. Infilai la mano nella
tasca posteriore dei miei jeans e afferrai il cellulare. Selezionai
il numero di Damon e avviai la chiamata.
Ci mise meno del previsto
a rispondere.
“E'
il caso che tu
venga da Elena.”
Silenzio.
Un ringhio
appena percettibile che mi fece sorridere.
“Lei
sta bene grazie
alla sottoscritta. Credo sia mezza sotto shock ma è viva. Non posso
dire altrettando del tuo dolce fratellino. E' qui ai miei piedi... ma
non nel modo in cui vorrei. E' più cadavere del solito.”
Ancora
silenzio. Poi
finalmente una reazione. “Arrivo.”
Chiuse
la chiamata così,
senza chiedere altro.
“E' sempre un piacere parlare con te.”
aggiunsi, parlando al vuoto.
***
Ho il sentore che questa storia
sia finita nel dimenticatoio ormai ! Tutta colpa mia naturalmente.
L'ispirazione è venuta a mancare, la terza stagione è iniziata, ha
proseguito e la mia ispirazione non tornava. Poi gli avvenimenti sul
telefilm mi hanno fatto perdere la voglia di continuare a scrivere. Mi
hanno fatto letteralmente perdere fra le mie stesse idee xD ... ecco
spiegato il perchè della interruzione brusca di questa storia.
Ora ho ritrovato la voglia e FORSE anche l'ispirazione. Quindi SPERO
che non accada più.
Ricordo che qui, ciò che è accaduto sulla terza e sulla quarta stagione
non esiste u.u ... e mi rendo conto che sarà complicato non pensarci e
non lasciarsi un pochino influenzare, ma ce la metterò tutta xD
Spero di non essere andata troppo OOC con Katherine. Come ho detto
negli altri capitoli, è la mia "bestia nera". Faccio una gran fatica a
muoverla, quindi spero di averla resa in maniera decente .
Il titolo del capitolo è preso da una bellissma canzone dei Within
Temptation (che sono pure il mio gruppo preferito u.u), il cui testo mi
ricorda molto il rapporto di Katherine con Stefan.
Ricordo ancora che qui tratterrò TUTTE le ship che coinvolgono i
quattro personaggi della storia. Ci sarà Stelena, Delena, Kathefan e
Kathemon. Almeno accontento una bella fetta di gente, credo °-°
A presto!
DearDiary
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Capitolo 5 *** Echo (Stefan) ***
CAPITOLO
QUATTRO
“Echo”
(Stefan)
“Stefan”
E' talmente dolce quel
richiamo, così piacevole e confortante dopo tanto dolore,
che per un lungo momento
scegli di assecondare quell'illusione.
Perchè di illusione si
tratta.
Sperare che sia reale
sarebbe da sciocchi e, in ogni caso, non ti è più consentito.
L'unico modo per non
impazzire non è sperare, ma illudersi.
E' solo un sogno.Un
bellissimo sogno.
Quella voce è solo
nella tua testa. Non può essere lì.
LEI non può essere
lì.
“Stefan...”
Non più un semplice
richiamo adessso, ma una supplica.
Senti la sua sofferenza e la
rendi tua.
La sua delusione diventa
l'arma con cui procurarsi altro dolore.
Il sogno si fa incubo.
L'illusione diventa più
dura della realtà.
Non vuoi che lei ti veda
così, nemmeno nei tuoi incubi deve accadere.
“Stefan!”
Non è più la sua voce
dolce e rassicurante a chiamarti, adesso.
Apri gli occhi e ti
trovi a fissare quelli di qualcun'altro.
Klaus non è
un'illusione. E' lì di fronte a te e appare divertito dalle tue
condizione pietose.
I cadaveri delle due
donne che hai appena dissanguato sono lì ai suoi piedi.
I loro occhi vitrei e
senza vita sembrano perforarti l'anima.
“Guardami!”
L'ordine
di Klaus non ammette repliche e tu, troppo debole per lottare,
obbedisci.
“Dimmi la verità. Lei
è ancora viva, non è vero?”
E' un attimo. La sua
voce è seria, le sue pupille si dilatano giusto per un momento,
abbastanza per farti
desiderare di morire in quel preciso istante.
Vuoi mentire, come hai
sempre fatto per proteggere lei, ma stavolta non ce la fai.
La tua mente è in mano
sua adesso. Ti ha soggiogato e non puoi ribellarti.
“... Si.”
Quell'unica sillaba,
suona tanto come una condanna a morte per la ragazza che ami.
Quell'unica confessione,
suona tanto come una condanna a morte anche per te.
Una morte che implori,
ma che sai non ti raggiungerà.
“Per
favore, Damon. Ti prego!”
“Non
obbligarmi ad usare le maniere forti. Torna a casa!”
Damon
ed Elena stavano litigando da circa un quarto d'ora. Erano state le
loro voci concitate a ridestarmi. Non era stato necessario aprire gli
occhi per capire dove mi trovassi. Riconoscevo l'odore di umido e
muffa della cantina di casa mia.
Fastidioso,
nauseante, eppure in quel momento mi sembrava la fragranza più buona
al mondo. Allo stesso modo, le urla di mio fratello e di Elena, le
loro voci che si accavallavano le une sulle altre lasciandomi
comprendere solo stralci di frasi, erano il suono più rilassante e
confortante che avessi udito in quegl'ultimi mesi.
Non
più urla di ragazze innocenti che scappavano terrorizzate da me.
No... solo mio fratello e Elena che litigavano. Una ormai dimenticata
sensazione di familiarità e sicurezza mi scaldò l'anima.
Ero a
casa.
La
mia stanza era ad una manciata di metri sopra di me. Il mio letto era
lassù ad aspettarmi, i miei diari, tutta la mia vita... mentre io
ero bloccato in quella cella umida e buia, con la gola già riarsa
dalla sete. E nemmeno ero certo che avrei mai avuto la forza necessaria
per uscire.
“Pechè
non lo posso vedere? Perchè?”
La
voce di Elena si era incrinata dietro un singhiozzo mal celato. Mi
parve quasi di vedere il suo volto rigato da qualche solitaria
lacrima che lei molto tenacemente tentava di controllare. Mi sembrò
persino di sentire l'odore di quelle lacrime, percepire il loro
retrogusto salato. Poi, senza volere, la mia attenzione si focalizzò
su qualcos'altro. Un cuore che batteva impazzito. Il suo.
Il
sangue che scorreva caldo e veloce nel suo esile e fragile corpo. La
belva che viveva dentro di me si ridestò in un attimo.
Con
uno scatto ero già davanti alla porta della cella dove Damon mi
aveva rinchiuso, pronto a scardinarla se necessario. Per quanto mi
potessi ribellare, ero impotente contro l'altro me.
Contro il
suo desiderio di uccidere e dilaniare, contro la sua brama di sangue.
A lui non importava che la vittima designata fosse Elena. Lui nemmeno
sapeva chi fosse Elena.
Non
l'aveva mai sfiorata, o baciata. Non si era mai risvegliato trovando
il suo viso tanto vicino da sentire il sapore del suo respiro. Non
aveva mai riso con lei, non si era mai sentito umano grazie a lei.
Lui non aveva mai saputo cosa significasse amare qualcuno così
tanto.
Lui
sapeva solo che il suo sangue era quanto di più dolce avesse mai
sentito...
No!
Non
so con quale forza, con che briciolo di volontà ci riuscii, ma mi
trovai con la schiena premuta contro la parete opposta alla porta. E
lì rimasi, schiacciato contro quel muro freddo e ruvido.
Scivolai
fino a terra e lottai contro il mostro che albergava dentro di me. Lo
sentivo dibattersi e provare a prendere il sopravvento sulla mia
coscienza, ma in qualche modo riuscii ad impedirglielo.
Mi
rannicchiai, apparendo esattamente come un animale spaventato, e mi
presi la testa fra le mani. Urlai dentro di me. Gli intimai di
tacere, di rinunciare perchè non l'avrei mai fatto vincere... almeno
finchè Elena fosse stata nelle vicinanze. Lui non bramava solo il
suo sangue. Aveva ricevuto altri ordini ben precisi da Klaus e ora
desiderava solo ubbidire.
Dei
passi che scendevano verso la cantina mi distrassero dalla lotta, e
per qualche ragione, il mostro si placò.
Il
volto di Damon comparve oltre le inferriate della porta. Mesi che non
scorgevo un volti familiare, eppure non lo
guardai per più di due secondi. Provavo una gran vergogna verso me
stesso. Odiavo che lui mi vedesse in quelle condizioni.
Non
vidi pietà nei suoi occhi però... Ecco una delle poche cose che
apprezzavo di mio fratello. Lui difficilmente s'impietosiva e ti
guardava come fossi qualcosa di irrecuperabile.
“Se
n'è andata.” esordì, tranquillo e pacato come se stesse parlando
del tempo. Come se non fosse cambiato nulla in quegli ultimi mesi di
lontananza. “Dio, è insopportabile quando si mette in testa
qualcosa!”
Benchè
il momento fosse tra i più sbagliati, l'ombra di un sorriso si
delineò sulle mie labbra.
Oh,
Damon non poteva nemmeno immaginare quanto Elena potesse essere
testarda a volte...
“Ti
ho portato una cosa.” continuò Damon “Non è ciò che tanto
brami, ma ti sarà di grande aiuto, te l'assicuro.”
La
serratura del lucchetto scattò e io ebbi di nuovo paura di me
stesso. Mi spinsi ancora di più contro quel maledetto muro,
desiderando quasi venirne inghiottito, e le mie dita si conficcarono
sul legno vecchio e consunto del pavimento.
“Damon...”
lo misi subito in guardia nel momento in cui lo vidi entrare.
Il
fatto che si fosse chiuso la porta alle sue spalle non avrebbe
fermato l'altro me, lui avrebbe fatto di tutto per evadere, e ci
sarebbe riuscito, avrebbe anche fatto del male a Damon... lo sapevo fin
troppo bene. Però adesso non
percepivo la sua presenza. Elena era andata via... e lui si era
tranquillizzato.
“Oh,
ma allora sai ancora parlare! Davvero notevole!”
Damon
si sedette per terra al mio fianco, tra le mani reggeva ciò che lui
considerava la cura ad ogni male, la soluzione ad ogni problema,
anche il più insormontabile.
“Bourbon.
Una delle annate migliori.” esclamò orgoglioso e soddisfatto,
brandendo la bottiglia scura come fosse stato un trofeo. “Volevo
aprirla per un'occasione speciale, qualcosa di più emozionante di te
che ti autocompatisci dentro questa cantina... di nuovo. Magari per
il giorno in cui avresti cambiato taglio di capelli, ma pazienza. Mi
accontenterò.”
Lo
guardai un po' risentito da quel suo solito atteggiamento
superficiale. Sapeva bene quanto grave fosse la situazione in cui
tutti ci trovavamo, eppure non mostrava la minima preoccupazione.
Però non dissi nulla. Perchè per quanto opposti fossimo, per quanto
ci trovassimo sempre in disaccordo su tutto, io conoscevo Damon. E
vedevo il sollievo trasparire dai suoi occhi, così come sapevo
cogliere il significato dietro quel gesto del voler bere con me.
Non
ero io il suo compagno di bevute, non era con me che lui soleva
divertirsi o distrarsi... se ora lo stava facendo era soltanto perchè
voleva darmi il bentornato a casa. Damon era felice che io fossi di
nuovo lì, che stessi più o meno bene e fossi vivo, sebbene in
condizioni disastrate. Non lo avrebbe mai ammesso, ma nemmeno ce
n'era il bisogno.
Attesi
che aprisse la bottiglia. Contrariamente a quanto mi aspettavo, il
primo sorso fu suo. Trattenni a stento la più infantile delle
proteste davanti alla sua supremazia di fratello maggiore e un altro
inaspettato sorriso si fece largo sul mio volto.
Possibile che avessi sentito così tanto la mancanza di Damon? …
solo ora me ne rendevo davvero conto. Non che con Klaus avessi
trovato molto tempo per lasciarmi andare alla nostalgia di casa.,
comunque...
Afferrai
la bottiglia e bevvi avidamente. Il sapore forte dell'alcol mi bruciò
la gola, placando leggermente il desiderio di sangue. Sospirai
sollevato quando ripassai la bottiglia a mio fratello.
“Hai un
aspetto orribile.” mi fece notare. Forse per la prima volta,
accolsi quel suo tentativo di sdrammatizzare.
“Beh,
io sono stato in balia del vampiro più antico e forte al mondo per
mesi. Tu che scusa hai invece?”
Damon
sbuffò, nascondendo malamente un lieve sorriso. “Ho badato alla
tua ragazza. E credimi, badare a Klaus sarebbe stato più semplice.”
Elena.
Ogni mio pensiero si catalizzò su di lei facendomi dimenticare tutto
il resto. Morivo dalla voglia di vederla, di parlarle, di chiederle
perdono per ciò che avevo fatto la notte prima... Il ricordo di ciò
che era accaduto, ne ero certo, mi avrebbe perseguitato per sempre.
Volevo vederla, però non volevo rischiare di farle del male. Non
dovevo incontrarla... non dopo che Klaus mi aveva obbligato ad
assencondare quella sua atroce richiesta.
Damon
doveva aver intuito i miei pensieri. Mi stava fissando, stavolta
seriamente, si concesse qualche istante per bere ancora prima di
parlare. “E' come immagino che sia?” domandò. “Klaus ti ha
soggiogato a fare del male ad Elena?”
Una
bizzarra sensazione di nausea mi prese lo stomaco. Assurdo... un
vampiro con la nausea non si era davvero mai sentito. Una rabbia
cieca m'invase, tutta quella che provavo per Klaus e che per tutti
quei mesi avevo trattenuto dentro di me fino a permetterle di
consumarmi. Le mie mani presero a tremare, strinsi i pugni fino a
sentire le unghie incidere la pelle.
“Mi
ha detto di venire qui e ucciderla... non appena l'avessi vista.”
ammisi infine,
sentendomi di colpo più leggero, come liberatomi di un peso che non
ero più in grado di reggere da solo. “Ci ho provato a combatterlo,
Damon. Ci ho provato davvero, ma... “
“Finiscila!”
mi fermò subito. “Giuro che se provi a dire E' tutta colpa
mia... “ non concluse quella minaccia. La lasciò in sospeso,
rendendola persino più temibile. “Sei stato soggiogato, Stefan.
Nessuno può fronteggiare una cosa simile. Avresti potuto farlo solo
se avessi avuto della verbena addosso, ma come potevi prevedere
quello che sarebbe accaduto ?”
Damon
sembrava arrabbiato e davvero non seppi spiegarmi il motivo. Non
avevo l'impressione che la sua rabbia fosse indirizzata unicamente a
me o a Klaus. “Sappiamo perfettamente entrambi perchè ti sei trovato in
quella situazione.” continuò, stringendo la bottiglia di bourbon
così forte che per un momento temetti sarebbe andata in mille pezzi
fra le sue dita. “... Sappiamo bene per quale motivo ti sei trovato
a diventare il cagnolino di Klaus, quindi non prenderti tutti i
meriti, fratellino!”
Si
attaccò di nuovo alla bottiglia, stavolta con nervosismo, evitando
anche di guardarmi. Ciò che non trovò la forza di dire, io lo
sentii comunque. Mi parve di udire la sua voce mentre si accusava di
essere stato un dannatissimo idiota ad essersi fatto mordere da
Tyler, ad aver rischiato di morire per il maledetto morso di un
licantropo e aver quindi obbligato me ad implorare l'aiuto di Klaus.
Damon
si sentiva in colpa...
La
consapevolezza di ciò mi colse del tutto impreparato, tramortendomi.
Ero sul punto di negare tutto, di dirgli che ero sicuro che lui
avrebbe fatto lo stesso per me, che non era certo colpa sua se era
stato morso da un licantropo. Pero, alla fine, decisi di non dire
nulla, perchè sapevo che quelle parole l'vrebbero solamente fatto
innervosire ancora di più.
E
poi, c'era anche un'altra cosa... Quando mi chiamava “fratellino”
sapevo che lui non era davvero arrabbiato. Era una cosa sciocca
forse, ma quando si rivolgeva a me così, sapevo che tutto era
perdonato. Damon aveva compreso il mio gesto di vendermi a Klaus per
salvarlo. Probabilmente mi aveva odiato per tutti quei mesi di
assenza, ma ora non gli importava più.
Sempre
a fare l'eroe... Ero certo che lo stesse pensando.
Feci
un cenno verso la bottiglia fra le sue mani. “Hai intenzione di
berlo tutto da solo?” .
Damon
accennò un sorrisetto nervoso e mi passò il suo prezioso bourbon.
Bevvi quel che ne rimaneva per poi abbandonare la bottiglia vuota a
terra.
“Non
è sicuro che io rimanga qui, lo sai vero?” gli feci notare.
“Quando
mai vivere a Mystic Falls è stato sicuro?”
“Damon
perfavore, puoi essere serio solo per un attimo!?”
“No!”
esclamò lui, voltandosi di colpo verso di me. I suoi occhi glaciali
mi fissavano severi. “So già quale piano idiota stai per
rifilarmi. Tu e il tuo maledetto vittimismo, Stefan... Non tornerai
da quello psicopatico, fine della storia.”
Ora
sì che era davvero arrabbiato. Mi aveva chiamato per nome.
“E
cosa pensi di fare? Di tenermi per sempre qui dentro per evitare che
io veda Elena e la uccida?”
Dio...
pronunciare quelle parole mi fece rabbrividire.
“Forse...
si tratterebbe di aspettare solo qualche decennio, in fondo. La vita
umana è breve, lo sai.”
L'avrei
preso volentieri a pugni se solo ne avessi avuta la forza. Tentare di
farlo ragionare era inutile, lo conoscevo fin troppo bene. Nemmeno io
volevo tornare da Klaus, avrei preferito morire piuttosto, ma non
volevo assolutamente far correre pericoli ad Elena... e la mia
presenza lì era un enorme pericolo per lei.
“Ti
benderemo.” disse Damon ad un certo punto, facendomi corrucciare
dalla confusione.
“Scusa?”
“Hai
detto che Klaus ti ha soggiogato ad ucciderla SE l'avessi vista. Ti
basterà non guardarla e il gioco è fatto.”
La
sua tolleranza all'alcol doveva essersi indebolita parecchio se già
vaneggiava dopo solo mezza bottiglia di bourbon. Il suo discorso
però, per quanto assurdo, poteva avere un senso. Ma era comunque
troppo rischioso... non me la sentivo.
“Non
sono solo io il problema. Klaus verrà qui se non torno da lui. E a
quel punto sarà lui ad uccidere Elena... e credo che ucciderebbe
volentieri anche te.”
Damon
rise. Una risata dapprima contenuta, poi sempre più intensa. “Che
venga allora! Regalerò ad Elena un soggiorno di tre mesi alle Hawaii
così sarà al sicuro. Magari lo regalo anche a Katherine così la
terrà d'occhio … o si farà sbranare da qualche squalo, con un po'
di fortuna. Oppure finirà col rotolarsi sulla sabbia bianca con
qualche surfista del posto.”
Mi
passai le mani sul viso e poi fra i capelli, esasperato dalla totale
mancanza di serietà di mio fratello.
“Devo
ricordarti che Katherine è scappata da Klaus per secoli? Credi che
spedire Elena alle Hawaii o in qualsiasi altro posto possa servire a
qualcosa? Lui la troverà!... “
“Il
problema è un altro!” fece Damon, un lampo di improvvisa serietà
nel suo sguardo “Lui andrà a cercare Elena in ogni caso, sia che
tu tornerai da lui o rimarrai qui. Elena è in pericolo comunque. Se
tu sarai qui potremo collaborare e tirare fuori qualcosa di buono...
forse. Se invece andrai da lui, sicuramente combinerò uno dei miei
casini! E sai benissimo che sarà così!”
Lo
fissai impressionato, chiedendomi per un istante se non mi stessi
sognando tutto. “Da quando sei così maturo e autocritico?”
“Da
quando mi sono trovato un fratello nelle mani di uno psicopatico, una
ragazzina umana piagnucolosa e depressa fra i piedi, e la sua copia
vampiresca appollaiata come un dannato gufo nel mio giardino a fare
stalking!”
“Ehi,
il pennuto del gruppo sei tu, non io!”
La
voce di Katherine giunse inaspettata, portandoci a volgere la nostra
attenzione a lei che si trovava esattamente oltre la porta. Mise in
mostra il suo consueto sorrisino malizioso e straffottente e poi
entrò con una tranquillità spiazzante. Senza dire una parola mi
lanciò una sacca color pelle che per qualche miracolo riuscii ad
afferrare al volo.
“La
colazione.” mi disse, incrociando le braccia sul petto e studiando
con aria schifata le condizioni della cella ove ero rinchiuso.
Aprii
la borsa e trovai una bottiglietta di plastica piena di sangue.
Immaginai anche senza chiedere da dove provenisse. Di certo nessuno
era morto per quella... o meglio, nessuno umano. Oltre alla bottiglia
vi erano anche un paio di sacche dell'ospedale.
“Ho
pensato che tornare così di colpo al sangue di coniglio sarebbe
stato peggio. Almeno così puoi dosarlo un po' con quello umano.”
Sia
io che Damon non le risparmiammo un'occhiata titubante. Da quando
Katherine era così premurosa? La farsa non durò molto a lungo.
“Oh,
va bene!” sbuffò “E' stata una trovata di Elena.”
Osservai
nuovamente la borsa, facendo più attenzione e mi accorsi solo in
quel momento che apparteneva ad Elena. L'avevo vista appesa nella sua
stanza e, qualche volta, anche addosso a lei...
Mi
venne naturale sorridere e far caso alla fragranza che impregnava
quell'oggetto. Era quella di Elena... Mi si strinse il cuore solo
nell'immaginarmi il suo viso che bramavo di rivedere anche più del
sangue, ma che ora più che mai mi era negato.
“Il
piano delle Hawaii comunque mi piace un sacco, Damon!” esclamò
Katherine, probabilmente immaginandosi già laggiù circondata da
umani soggiogati a servirla e riverirla come una regina. “Elena non
mi darà alcun fastidio. Resterà chiusa nella camera d'albergo a
frignare tutto il giorno, già lo so.”
Era
sorprendente il modo in cui Katherine aveva accettato quel ruolo.
Tenere d'occhio Elena... glielo avevo chiesto solo perchè spinto
dalla più totale disperazione. Ero solo, in mano nemica e Katherine
era stata l'unica persona che conoscevo con cui ero entrato in
contatto. L'unica a cui potevo appellarmi e osare fidarmi. Una buova
parte di me aveva creduto che quella promessa che mi aveva fatto
fosse solo l'ennesima bugia, invece lei la stava mantenendo. Non mi
sarei mai aspettato nulla di simile e ne ero piacevolmente sorpreso.
“Grazie,
Katherine.” Non era solo per avermi portato la colazione, ma per
essere ancora lì a proteggere qualcuno che detestava solo per fare
un favore a me. Forse aveva il suo tornaconto personale, ma al
momento non m'interessava saperlo.
Davanti
a quel ringraziamento così improvviso, Katherine per un istante
sembrò presa in contropiede. Si riprese piuttosto in fretta, in ogni
caso. “Almeno uno dei due fratelli si spreca a ringraziarmi di
tanto in tanto.” Lanciò uno sguardo torvo a Damon che non si
scompose nemmeno.Se lui era ancora vivo, non era principalmente
grazie a me, ma a lei che invece di svignarsela, era andata a
portargli la cura.
“Ti
manderò un mazzo di fuori.” le disse, seccato “Dei crisantemi
vanno bene?”
“Oh
si, li riciclerò per il tuo funerale. Sarebbe anche l'ora che ne
avessi uno!
Li
lasciai a battibeccare fra loro, senza ascoltarli per davvero. Puntai
lo sguardo all'interno della borsa di Elena e una morsa dolorosa mi
prese la bocca dello stomaco quando notai un foglietto spiegazzato
sul fondo. Un messaggio di Elena... non avevo dubbi.
Il
primo istinto fu quello di cacciare via sia Damon e Katherine e
leggerlo, assaporando ogni sua parola, immaginando lei intenta a
scriverlo... Feci un rapido calcolo mentale, adesso Elena doveva
essere a scuola. Avendo come migliori amiche una vampira e una
strega, oltre ad un amico licantropo, sapevo che era più al sicuro
in quell'edificio che in qualsiasi altro posto, eppure quella
sensazione di ansia ogni volta che lei era distante da me, non
riusciva proprio a lasciarmi.
M'imposi
di smetterla di pensarci. Ogni volta che lo facevo, sentivo l'altro
me agitarsi...
“Io
avrei un piano per uscire da questa situazione con Klaus.”
Sia
io che Damon alzammo contemporaneamente lo sguardo su Katherine.
“Anche
io ce l'ho!” ribattè Damon. “Regola numero uno: mai seguire i
tuoi piani!”
Katherine
soffocò una risata nervosa. “Sentiamo, genio. Illustraci prima il
tuo!”
“Io
non espongo i miei piani con te nelle vicinanze.”
Lei
sbuffò esasperata “Tu non esponi i tuoi piani perchè non ne hai.
E se ne hai, fanno schifo e sei il primo ad esserne consapevole.”
Mi
dedicai ad una delle sacche di sangue, lasciando loro due a litigare.
Non riuscivo a ragionare con la gola così riarsa e le energie
ridotte al minimo. Feci una leggera smorfia disgustata quando il
sangue raggiunse la mia lingua. Ero abituato a ben altro ormai.
Quello, sapeva di vecchio... in ogni caso, m'imposi di accettarlo e
farmelo piacere, perchè non avevo intenzione di nutrirmi di nessuno
finchè fossi rimasto lì. O almeno, ci speravo...
“Vieni
con me!” Damon si era alzato in piedi e aveva afferrato Katherine
per un braccio. Lei si divincolò in fretta dalla sua presa,
fissandolo piena d'irritazione.
“Scusaci
fratellino, ma gli adulti devono discutere di cose serie e tu non sei
nella tua forma migliore per esserci d'aiuto. Inoltre non ho
intenzione di sentirti proporre piani che includano il tuo martirio,
ergo... verrò ad aggiornarti.”
Avrei
voluto fermarli, obbligarli a rendermi partecipe dei loro complotti,
dei loro folli piani, dato che ero certo sarebbero stati folli, ma
quando provai a protestare loro due erano già spariti oltre la
porta. Mi trovai di nuovo solo in quella cantina buia e umida...
Immediatamente
afferrai il biglietto che Elena aveva lasciato dentro la borsa, anche
lui era impregnato del suo profumo. Inspirai a fondo prima di
aprirlo.
Una
sola frase spiccava sul bianco della carta.
Una
frase che ferì brutalmente la bestia che dimorava al mio interno.
"Tu
sei più forte."
Quel
giorno, dopo mesi di sconfitte, vinsi io.
***
Non è successo granchè in questo
capitolo, avevo solo una gran voglia di DEFAN (o Stemon, comunque lo si
voglia chiamare). Volevo che Katherine illustrasse il suo piano geniale
già ora, ma ho pensato che farlo dal punto di vista di Damon sul
prossimo capitolo, sarà più divertente xD
Grazie mille ai lettori silenziosi, a chi mi segue e a chi recensisce
:3
La canzone è "ECHO" di Jason Walker, presente anche in uno dei primi
episodi della terza stagione di TVD (non ricordo quale T.T )
A presto,
DearDiary
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