Sognando Cieli Azzurri

di Rosebud_secret
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Mausoleo ***
Capitolo 2: *** Una falena bianca ***
Capitolo 3: *** Il cuore di una stella conosce sempre la strada ***
Capitolo 4: *** Niente più di un uomo ***
Capitolo 5: *** Homo ex machina ***
Capitolo 6: *** Stark ***
Capitolo 7: *** Anima d'acciaio ***
Capitolo 8: *** Cosa c'è al di là del cielo? ***



Capitolo 1
*** Il Mausoleo ***


Note dell'Autrice: Oh, al diavolo, avevo detto che avrei aspettato qualche giorno e, invece, eccomi qui a presentare il seguito, sono una bugiarda, ma mi avete straziato il cuore con le vostre recension. Iimmaginavo di rattristarvi, ma non pensavo di causare un dolore di proporzioni così titaniche e... insomma, devo ancora farmi le ossa come autrice angst, sono davvero troppo tenera.
Vi scoccio in pre-capitolo per dirvi solo una cosa che non dovete dimenticare in questa nuova storia: NON DATE NULLA PER SCONTATO, NIENTE E' COME SEMBRA.
*Il sipario si alza e la scena riprende.*


Il Mausoleo



- Una volta mi hai detto: "sarò il detentore dei tuoi segreti". Questo sarà il mio ultimo. Non sarà un bambino come tutti gli altri. Dimmi di no, Clint, e non lo farò nascere. -

- Farò tutto quello che vuoi, Loki. Tutto. Ma ti prego... non andare. Lo cresceremo insieme, anche se non mi ami, anche se non è figlio mio. Ho già perso Natasha... io... io non ce la faccio!.. -

- Il mio destino è scritto e nessuno lo può cambiare. Morirei comunque, mi sono spinto troppo oltre. Stark non è pronto per crescere un figlio e, ad ogni modo, quello di padre non è un ruolo consono ad un re. So che saprai accudirlo, che lo proteggerai dal mondo e  da se stesso e che saprai donargli tutto l'amore che serve. -

- Mi prenderò cura di lui. Lo prometto. -

- Grazie. Resta fuori da questa battaglia. Spero davvero che tu possa avere una vita serena, con lui, lontana dagli incubi del passato... -




Il giovane uomo sedeva nella sua stanza, incurante e indolente dell'affollamento di quel fetido cubicolo. Abituarsi al fetore era stato semplice e, in un certo senso, indispensabile. Aveva imparato a camminare nell'ombra, a tenere un basso profilo, a rubare e a uccidere come un uomo normale, mescolandosi alla macchia di feccia che abitava il complesso Nord H25D del Nordest degli, un tempo, Stati Uniti d'America.
Thomas Barton, quello era il suo nome completo, anche se il cognome non aveva mai potuto usarlo per ragioni che solo intorno ai suoi dodici anni aveva potuto comprendere. Alla fin fine, comunque, i cognomi non avevano più importanza, le persone non erano altro che sigle, di scarsa rilevanza, per di più, in quel tragico nuovo mondo.
Suo padre glielo aveva detto. Gli aveva spiegato molte cose, ma troppe ne aveva taciute, prima che gli venisse strappato via da quelle stesse macchine che imperversavano su ciò che restava del pianeta.
Erano passati vent'anni da allora, ma il dolore era ancora tutto lì, radicato nella sua mente, come una serpe in attesa di stringere tra le spire il suo stesso cacciatore. Si rigirò tra le mani il diario sfilacciato che l'aveva accompagnato per tutta la vita. Un feticcio dei primi anni della Grande Dittatura.
Chi ancora era in grado di ricordare quel periodo, lo ritraeva attraverso un sipario di speranze svanite. Tutto era bello, allora, tutto era giusto, a nessuno mancava nulla. Poi Anthony "Tony" Stark, il Supremo Benefattore, il Filantropo, come ancora lo chiamavano i vecchi, era scomparso alla vista, tramutandosi nel Carnefice Spettro e i cieli si erano tinti di rosso. Thomas non li ricordava azzurri, era stato, ancora una volta, suo padre a descriverglieli. Se pensava a come doveva essere stato il cielo, trentadue anni prima, lo immaginava proprio come gli occhi di suo padre.
Aveva riempito solo poche di quelle pagine ingiallite dal tempo, dall'umido e da una vita di stenti e l'aveva fatto neanche in modo sentito, non era portato per tenere un diario ed era, comunque, inutile. In quel complesso in cui risiedevano oltre cinque milioni di unità, erano pochi quelli in grado di leggere.
I ricordi che contavano li teneva ben saldi nella memoria, l'unico posto dove avevano ancora ragion d'essere.
Ad ogni modo, presto tutto sarebbe finito.
All'alba il popolo avrebbe posto fine alla tirannia di Stark e sparso per il globo le sue membra stracciate e sanguinanti, lasciandole alla mercé dei cani e dei corvi, cosicché tutti potessero vederle. Non voleva parteciparvi, non voleva più violenza di quanta fosse necessaria alla sopravvivenza, ma forse, nel profondo, sperava che quella rivoluzione avesse buon esito. Ci sperava per se stesso e per il proprio padre, un padre che aveva insultato una volta di troppo, un padre che non c'era più e che gli sarebbe mancato per il resto della vita.
E poi... poi lo faceva per lei, dolce, fragile, armata di un ardore puro ed estinto. Così sbagliata, eppure così preziosa a livello strategico: una principessa in un mondo di schiavi.
Era un'idealista, lei, forse la sola rimasta, laddove anche solo la parola "idealismo" era andata perduta. L'aveva trovato e stretto a sé, salvandolo da se stesso e dai troppi fantasmi che gli affollavano la mente. Erano tutti lì, volti di persone che non aveva mai conosciuto.
In passato si era spesso chiesto se tra di loro ci fossero anche quelli dei suoi veri genitori, ma da quando l'uomo che l'aveva cresciuto, l'unico che, a ben vedere, si fosse mai meritato il titolo di "padre", era svanito, le sue domande su un passato ormai trascinato via dalle rapide del tempo si erano fatte via via più sporadiche, sino a perdersi nel nulla.
Si alzò, avvicinandosi alla porta e coprendosi i capelli con il cappuccio, lercio e sfilacciato. Non sarebbe riuscito a dormire quella notte. Tanto valeva passarla fuori da quella trappola per topi.
Un suo compagno lo guardava con attenzione e impallidì, quando lo vide raggiungere la porta di metallo. Gli ricordò che il coprifuoco era passato da diverse ore e che gli Osservanti stavano sicuramente pattugliando la zona: non poteva correre il rischio di farsi neutralizzare; non quando erano così vicini alla rivoluzione.
Non lo ascoltò e spinse la maniglia verso il basso con un gesto meccanico.

- I- K0L! -

- Thomas. Mi chiamo Thomas, Andrew. -

Scivolò fuori dall'alloggio, mescolandosi con le ombre come aveva imparato a fare. Sentiva il sibilo degli Osservanti che volavano tra i cunicoli del complesso; le loro luci erano l'unica cosa che, di tanto in tanto, ne illuminava gli angoli bui. Guardò sotto i propri piedi, oltre il vetro-plastico sporco della pavimentazione. Un tempo si poteva scorgere ciò che rimaneva della città vecchia che ivi sorgeva prima della dittatura. La chiamavano New York, gli sembrava. Tony Stark aveva costruito tutto in "vetro" affinché tutti potessero avere sotto gli occhi la devastazione del passato: nessuno l'avrebbe dimenticata; così facendo, forse, nessuno l'avrebbe ripetuta.
Cos'aveva da dire invece su quella presente?
Molti, negli ultimi trent'anni, si erano posti questa domanda. Lui compreso.
Ma non suo padre: Mai suo padre.
Aveva spesso sospettato che lui avesse conosciuto personalmente lo Spettro, ma non era mai riuscito a strappargli alcuna conferma.
L'ennesimo rimpianto, l'ennesima colpa inconfessata.

Un uomo gridò, da qualche parte, nella notte. Thomas si accucciò nel buio, tra la sporcizia e i rifiuti di quella strada grigia, che un tempo doveva esser stata bianca e rilucente. Il pover'uomo gli corse innanzi, scivolò e cadde. Piangeva come un bambino e continuava a gridare in preda al panico, ebbro e folle d'alcool. Nemmeno le sue lacrime lavavano via lo sporco dal suo volto rugoso, invecchiato anzitempo. Non doveva, in realtà, aver più di quarant'anni.
Thomas non poteva far nulla per lui. Ma anche se, assurdamente, avesse deciso di aiutarlo (mandando all'aria vent'anni di cautela per sembrare uno qualunque), non l'avrebbe fatto. Quell'uomo valeva meno di niente: il mondo non si sarebbe neanche accorto della sua assenza.

Tre Osservanti discesero, illuminando a giorno il centro del vicolo. Il loro'aspetto era tutt'altro che innocuo: sfere tentacolate di un metro di diametro.
L'alcolizzato si pisciò addosso, strisciando indietro, tremante.

- Vi prego..! Ho dei figli... -

Mentiva.
Comunque, le suppliche erano inutili con le macchine: avevano sensori per ascoltare, ma non sentimenti per comprendere.
Fu un lavoro rapido e pulito, come tutte le volte. Una gelida luce azzurra e del malcapitato non vi era più traccia, come se non fosse mai esistito. Non una goccia di sangue: urla, piscio e disperazione; questo è quel che era stato

Thomas chiuse gli occhi.

"Corri, Tom! Scappa!"

Aveva cercato per anni di dimenticare il grido disperato di suo padre, inutilmente. In cuor suo sapeva che ogni qual volta avesse provato a rievocare il suo volto, non avrebbe visto altro che i suoi occhi sgranati dalla paura della lotta. Non era stato patetico come quel poveraccio: era un combattente, lui, il Migliore dei combattenti. Prima di venir sopraffatto aveva trascinato con sé cinque di quegli esseri.
La scritta STARK sulla superficie curva dell'Osservante risvegliò un poco la sua antica rabbia. Ciò nonostante, Thomas rimase immobile e silenzioso fino a quando le tre macchine non si furono allontanate. Non gli fu mai chiaro perché non riuscissero ad individuarlo, ma col tempo riuscì ad intuire che i loro rilevatori termo-cinetici non funzionassero con lui. Ma questo era il meno: lui non era un uomo come gli altri, era qualcosa di più. Lungo tutta la sua esistenza aveva incontrato solo una persona come lui. Diversa come lui, ma, al tempo stesso, diversa da lui: questa era lei.
Ancora accucciato si domandò dove fosse. Non la vedeva da giorni. Nel complesso H25D, questo poteva anche significare che non l'avrebbe vista mai più.
R- 0HT, la conosceva solo tramite il suo identificativo. Non sapeva se avesse anche un nome; nonostante le sue insistenze, non aveva mai voluto dirglielo. Ignorava persino in quale complesso fosse nata. O se ne fosse nata al di fuori, come lui. Basandosi sull'osservazione aveva dedotto che avessero all'incirca la stessa età, ma questo era quanto.
Si scrollò di dosso quei pensieri. Non erano utili a nessuno e proseguì per la sua strada, diretto chissà dove.
I passi di corsa lo indussero, ancora una volta, ad appiattirsi contro la parete. Non si sorprese quando lo squadrone lo sorpassò.
Non c'erano solo macchine nel complesso H25D, c'erano anche uomini. No, non uomini: soldati. Persino più sordi e spietati delle macchine stesse. Si aggiravano per le strade ricoperti dalle loro corazze nere, alla costante ricerca di dissidenti.
Non mostravano pietà per nessuno.
Li chiamavano gli Shielders, per via della sigla stampata sulle loro giubbe: S.H.I.E.L.D., appunto. Nessuno aveva idea di cosa volesse dire, ma a nessuno era mai realmente importato. Arrivavano di notte, senza preavviso e con metodi molto meno "puliti" di quelli delle macchine loro colleghe. Trascinavano le persone fuori dai cubicoli, anche a decine alla volta. E le facevano sparire.
Inutile dire che di essi non si sapeva più nulla.
Non si negoziava con gli Shielders, non li avevano neanche mai sentiti parlare. Qualcuno sosteneva che fossero macchine a loro volta, anche perché vederli in faccia era impossibile, dietro a quegli elmi con la visiera nera.
Ad ogni modo, l'unica cosa certa era: se vuoi rimanere vivo, tienti lontano da loro.
Thomas li seguì con lo sguardo fino a che non si infilarono in una delle gallerie che conducevano ai piani superiori del complesso. A quel punto si allontanò a capo chino.
Una volta sul ponte indugìò. Sapeva che era rischioso, ma non seppe resistere alla tentazione di fermarsi e guardare di sotto. Senza il "vetro" era ancora possibile scorgere i ruderi della città vecchia.  Era l'unica cosa che ancora riusciva ad affascinarlo.
Com'era il mondo, prima?
Quale sarebbe stata la sua vita, se fosse nato nel duemila o, ancora meglio, nel millennio precedente, invece che nel 2012?
Altri passi di corsa e nessun posto per nascondersi.
Una donna apparve dall'altra parte del ponte. Una prostituta, evidentemente. Erano molte ormai le donne che barattavano il proprio corpo in cambio di beni di prima necessità.
Uno Shielder la stava inseguendo.

- LI', GUARDA LI'! PRENDI LUI E LASCIAMI ANDARE! -, strillò lei-indicando Thomas-mentre il soldato l'afferrava per la vita.

Le conficcò un ago nel collo, e quindi si afflosciò tra le braccia del suo carnefice.
Lo Shielder la buttò a terra e gli si avvicinò, passandosi la pistola da una mano all'altra. Thomas si risollevò dalla balaustra, guardandolo. Era uno, ma già sapeva che ne sarebbero arrivati altri. Non restavano soli a lungo.
Sollevò le mani e avanzò a sua volta, mostrando di non voler essere ostile. Il ronzio di un Osservante alle sue spalle gli suggerì il piano da seguire.
Venne illuminato da un faro e a quel punto decise di agire. Afferrò il soldato per un braccio e lo slanciò alle proprie spalle fra i tentacoli della macchina. La luce azzurra disintegrò lui.
Avrebbe potuto distruggere entrambi semplicemente volendolo, ma non sarebbe stato opportuno, avrebbe attirato su di sé tutti gli Osservanti del complesso. Lo sapeva, c'era già passato.
Prima che la macchina potesse afferrarlo con uno dei suoi magli, scavalcò la balaustra e si lanciò nel vuoto.
E la caduta fu rovinosa: si schiantò contro quel che restava di un palazzo e rotolò giù per una decina di metri. Precipitò nella polvere e lì rimase, stordito, per un paio di minuti.

Si risollevò con estrema lentezza, massaggiandosi il petto. Poi si guardò intorno, ma vide ben poco. Se sopra era buio, là sotto l'oscurità era totale. L'Osservante non l'aveva seguito e questo era un bene, ma non una soluzione: doveva andarsene da lì e trovare una via alternativa per tornare in superficie.
Rovistò nelle tasche alla ricerca della torcia: mai andare in nessun posto senza una torcia e un coltello.
Una delle regole fondamentali di suo padre, almeno quella l'aveva imparata bene...

Tenne il fascio di luce puntato verso terra e proseguì, accucciato, fino a quando non si trovò al di sotto dei cunicoli. Il vetro sporco lo avrebbe celato dagli occhi degli Shielders e dalle telecamere degli Osservanti. Era al sicuro, almeno per il momento.
Continuò quindi ad avanzare con maggior sicurezza. Se aveva calcolato bene le distanze, a circa un chilometro a Nord della sua posizione c'era l'impianto di scarico fognario del complesso. Non sarebbe stato piacevole, ma era l'unica via per risalire.
La luce illuminò un vecchio cartello ricoperto di detriti. Si chinò e lo ripulì col dorso della mano. "5 th Avenue", diceva.
Quinta Strada. Forse era così che venivano chiamati i cunicoli nel passato.

Sollevò la torcia e si sorprese: quello non era un cunicolo, era una via immensa, ci sarebbero potuti passare cinquanta uomini affiancati, forse di più. Scorse anche strani fabbricati, costruiti in vetro e metallo, abbandonati l'uno accanto all'altro.

"Chrysler", lesse su uno di essi.

Il nome non gli disse nulla, ma il vetro era rotto, quindi sbirciò dentro. Aveva tutta l'aria di essere un mezzo di trasporto o, forse, una casa mobile. Ricordò le parole di un vecchio che aveva incrociato in passato, gli aveva parlato di automobili. All'epoca aveva pensato che se le fosse inventate e, invece, eccole lì, a centinaia: abbandonate e morte.
Provò tristezza e un senso di solitudine opprimente. Non era mai sceso nella città vecchia: era proibito e, per quanto possibile, aveva sempre cercato di mantenersi invisibile e di non andarsele a cercare. Uscire era stata un'imprudenza imperdonabile.

Il silenzio era quasi assordante. Tutto era immobile ed inerte, e non soffiava neanche un alito di vento. Si strinse nella felpa in cerca di conforto. Non aveva mai provato freddo in tutta la sua vita, né si era mai ammalato; ma aveva sempre trovato un'inconscio conforto nello scomparire dentro vestiti troppo grandi per lui.
Proseguendo verso Nord si imbatté in altri ruderi. I palazzi erano enormi, la gente doveva aver avuto un sacco di spazio per vivere. Com'era possibile che una società come quella fosse giunta al tracollo? Che cos'era successo?
I vecchi narravano ai bambini di un mostro con gli occhi di fiamma che aveva ridotto il pianeta in cenere. Era stato Stark ad ucciderlo. E poi, a farsi carico di ciò che era rimasto. Sempre lui aveva costruito i cinquecento distretti, affinché i tre miliardi di sopravvissuti avessero una casa dove vivere. Infine, aveva costruito le macchine per far sì che a nessuno mancassero i beni di prima necessità: acqua, cibo, cure mediche, cultura.

...Allora perché i cieli rossi?

Era questo che aveva rivoluzionato le colture. E, nonostante l'incessante lavoro delle macchine agricole, il cibo non era più stato sufficiente per sfamare tutte le bocche. Lo Spettro era scomparso, venendo meno ai suoi compiti. Si era trincerato dietro le mura della sua fortezza di vetro, lasciando il popolo al proprio destino e alla mercé delle macchine che lui stesso aveva costruito per il bene comune. Molte di esse non erano più ricomparse, disattivate chissà dove e chissà come. Restavano le Braccianti, gli Osservanti e qualche sparuta unità medica mal funzionante.

E poi, poi c'erano gli Shielders, che non erano d'aiuto a nessuno.

Era stato suo padre ad insegnargli a leggere e scrivere, quando si erano rifugiati a vivere  nei boschi, al di fuori dei distretti. Era stata colpa di Thomas se si erano dovuti allontanare dalla società. Una colpa che Clint, suo padre, non gli aveva mai fatto pesare.


Ricordava con estrema nitidezza quel giorno di trent'anni prima. Era seduto a terra, intento a giocare con un piccolo falco di legno intagliato. Era inverno e in quel cubicolo sovraffollato la fame si sentiva più che mai. Suo padre era uscito per barattare quel poco che aveva per un tozzo di pane.
Thomas aveva cinque anni, all'epoca, e non aveva notato come gli uomini e le donne del suo cubicolo lo guardassero. Giocava con il suo falchetto, in attesa che il padre tornasse e gli raccontasse un'altra delle sue belle storie. Storie di un mondo tramontato, di sentimenti giusti, di amore incondizionato e di speranza. Non aveva mai pianto, Clint, non si era mai lamentato, non si era mai infuriato né con lui, né con chiunque altro... nemmeno con lo Spettro. Aveva la capacità di mostrare sempre e solo il lato migliore delle cose -celando ciò che realmente provasse- agli occhi del suo bambino.
Quindi quando quegli uomini si avvicinarono per ucciderlo e trasformarlo nel loro prossimo pasto, Thomas era del tutto impreparato alla cosa. Lo strattonarono, minacciandolo con i loro coltelli, e lui si spaventò. Non avrebbe voluto far loro del male, ma fu così che suo padre lo ritrovò: ricoperto di sangue, tra le membra lacerate di decine e decine di persone.

Non gli aveva detto nulla, l'aveva sollevato tra le braccia ed era corso via, lontano dal complesso E89D, unico avamposto della vecchia Florida.
Thomas si addentrò all'interno di una struttura fatiscente. Sembrava una cupola di vetro, ma ne restava solo l'ossatura in acciaio. Non riusciva a immaginare a che cosa fosse mai servita. Non aveva l'aria di un'abitazione.
Qualcosa s'illuminò: per un secondo temette di esser stato individuato, poi però si rese conto che non era altro che la luce della sua torcia, riflessa da qualcosa. Si avvicinò lentamente, guardingo, e...quasi urlò!...quando mise a fuoco una figura umana. Si tranquillizzò, quando capì che era fatta di pietra...e si portò una mano al petto, scosso dall'affanno.

- Ah! Ah! Ah! E' solo una statua, non ti fa niente!-

La voce alle sue spalle lo fece balzare di lato. Puntò la torcia in avanti.

- E levamela dalla faccia, Tom, dai! Sono io!-, si lamentò la donna. La torcia produsse un riflesso acceso sui capelli biondi di lei.

- R-0HT?! C-cosa..? Come ci sei arrivata, qua sotto?! -

- Ho seguito te.-, sorrise lei, avanzando con tutta tranquillità.

Da quando si conoscevano, Thomas non l'aveva mai vista aver paura di nulla, in nessuna situazione. Da principio l'aveva giudicata molto stupida per questo. Poi ci aveva fatto l'abitudine e l'accettazione l'aveva portato ad innamorarsene, senza mai confessarglielo. - Io sono finito qui per necessità, non per fare una gita.-, ribatté, guardando il pesante martello che portava appeso al fianco. Non gli aveva mai permesso neanche di toccarlo e questo aumentava la sua perplessità su come una donna così gracile potesse trasportare un oggetto tanto pesante senza batter ciglio.

- Oh, andiamo, puoi mentire a te stesso, ma non a me. Non vedevi l'ora di venire nella città vecchia, aspettavi solo la scusa giusta.- gli strappò di mano la torcia e illuminò la statua - Ebbene, che ne pensi? -

- Non ne penso niente. Andiamocene.-

L'afferrò per un polso, ma lei non si mosse, imbambolata a guardare il volto di pietra.
- "Tony Stark, Iron Man."-, lesse nell'epigrafe.
- ...quindi è questo il volto dello Spettro...-, la sentì mormorare.

Sollevò lo sguardo. Stark, stando alla statua, non aveva nulla di straordinario. Non era altro che un uomo normale: non era alto tre metri come in molti millantavano e non aveva neanche un aspetto mostruoso. L'unica sua particolarità era che indossava un'armatura.

- R-0HT, andiamo!-

Lei illuminò il pavimento e scostò i detriti. - "I Vendicatori..."-, lesse sulle mattonelle.
Si divincolò dalla sua stretta e proseguì, illuminando un'altra statua. Raffigurava una donna con il viso d'angelo, ma armata di tutto punto.
- "Nathasha Romanoff, la Vedova Nera." -
Andò ancora avanti, mentre Thomas, fermo nel buio, l'osservava, nervoso.
- "Clint Barton"..."Occhio di Falco"! Questo è tuo padre, Tom! -.

- Cosa?-
La raggiunse.

Il fiato gli mancò, quando riconobbe il volto dell'uomo che l'aveva cresciuto. La sua raffigurazione era perfetta, come se suo padre stesso fosse stato ricoperto da uno strato di roccia bianca. Stringeva il suo arco teso, pronto a scoccare una freccia.
Salì sul piedistallo e gli sfiorò il volto con le dita, gli occhi lucidi di commozione. Non sapeva spiegarsi perché ci fosse una statua di suo padre nella città vecchia, ma non aveva importanza, non sul momento.
R-0HT lo distolse:

- Vieni a vedere! Questo ha il mio martello! -

Balzò giù e seguì il fascio di luce.
Gli si seccò la gola di fronte alla statua di quell'uomo possente, accucciato a terra con il martello proteso verso il cielo. Aveva un espressione dura e determinata e sembrava essere molto potente. Lanciò uno sguardo a R-0HT: la loro somiglianza era fuor di dubbio.

- "Thor, Dio del Tuono". Era tuo padre, vero? -

La donna non rispose e si strinse nella giacca che indossava, improvvisamente infreddolita. - Non lo so. Non so niente dei miei genitori... solo che mia madre è morta prima della mia nascita. -.

Thomas la guardò perplesso.
- Al limite può essere morta con la tua nascita, non prima... -

R-0HT si strinse nelle spalle.
- Così mi è stato detto da mio zio, ma non ha mai voluto perdersi in dettagli. -

Lui si sedette sotto la statua di Clint, mentre la donna continuava ad ammirare il dio con il martello.
- Ma tu chi sei? Da dove vieni? -, le domandò.

- Mi chiamo Tara Selvig. Sono nata poche settimane prima della grande devastazione da una donna che si chiamava Jane Foster, di mio padre non so nulla. So solo che, in qualche modo, fu responsabile della morte di mia madre. -.
Si sganciò il martello dalla cinta e glielo lasciò cadere di fronte.
- Prova a sollevarlo. -.

Thomas la guardò, confuso. Poi si sistemò in ginocchio e ci provò, senza riuscure a spostarlo neanche di un millimetro.

- Il suo nome è Mjolnir... -, riprese Tara, - Ed ho ragione di credere che non sia di questo mondo. Ci sono altre realtà al di là dei cieli rossi. -.

- Dove sei cresciuta? -.
Lui ignorò di sana pianta i discorsi su altri popoli. Non gli interessavano. Si levò la felpa e gliela lanciò perché la indossasse.

La donna lo ringraziò, poi gli si sedette accanto.
- Prometti di non rivelarlo a nessuno? -, gli domandò.

- Certo. -

Tara appoggiò la nuca al piedistallo e prese un profondo respiro.
- Io vengo dalla fortezza, Thomas. Prima che tu me lo chieda: no, non ho mai visto Stark e non ho idea di dove sia finito. Gli Shielders sono uomini come me e te, ma non hanno mai voluto rispondere alle mie domande. Ad ogni modo credo che solo pochi di loro conoscano la verità. Mio zio, forse, era uno di questi, ma da quando è morto nessuno mi ha più prestato ascolto. Non credere che la vita dentro alla fortezza sia molto meglio di quella nei distretti: il cibo è razionato, abbiamo solo più spazio. Quei corridoi sono opprimenti, puoi percorrere miglia e miglia senza incontrare anima viva. -

- E potete uscire quando volete? Nel senso, un tizio qualunque che incontro per la strada durante il giorno potrebbe essere uno Shielder? -

- Nessuno può uscire, eccetto i soldati di pattugliamento. Io ci riesco grazie al martello, ma solo qualche volta. Non ho ancora chiaro come funzioni. -

Thomas si alzò bruscamente.
- Perché non mi hai mai detto niente?! Da quanto ci conosciamo, cinque anni?! Io ti ho raccontato tutto di me, sino al più piccolo dettaglio, mentre tu... -
Scosse la testa per cercare di calmarsi. Non era opportuno che perdesse le staffe: nonostante la rabbia non voleva farle del male.

- Mi dispiace, - ammise Tara - ma non potevo parlartene. Vivi con dei rivoluzionari, Thomas, mi avrebbero fatta a pezzi solo perché vivo nella fortezza! -

- Dirlo a me non significava dirlo a loro! E poi sei tu quella armata dal sacro fuoco della rivoluzione, di certo non io! Non ti fidavi di me, questo è quanto! -

Tara gli si avvicinò.
- Se sono stata zitta era solo perché sapevo che avresti avuto una reazione del genere! -

- Non me ne frega niente se vieni dalla fortezza o dalla Luna, R-0HT! Sono stato sincero con te, è questo il punto! Pensi forse che sia stato meno rischioso? -

- Adesso basta. Allontanati da lui! -
Uno Shielder uscì dal buio, tenendo il fucile a tracolla e, fissato al braccio, un imponente scudo nero. Non portava alcun elmo ed aveva indicativamente la loro stessa età apparente.

Thomas si frappose tra lui e Tara: - Segui il consiglio, amico: vattene. -

Tara gli afferrò un braccio.
- No! Non fargli del male, lo conosco: è il Generale Rogers. -

Lo Shielder si fece avanti, fermandosi a un palmo dal giovane.
- Faccia a terra. -, gli intimò.

- Scordatelo! -

Steve Rogers concentrò la sua attenzione su di lei: - Hai divulgato informazioni riservate con un uomo del popolo! Sei impazzita?! Già è imperdonabile che tu sia fuori dalla fortezza. Avevo il sospetto che in qualche modo tu stessi facendo qualcosa di sbagliato, per questo ti ho messo addosso un segnalatore, ma mai mi sarei aspettato questo! -
Fu un gesto fulmineo: d'improvviso sollevò il braccio e colpì Thomas in pieno volto con lo scudo, facendolo schiantare contro la statua di Stark, a qualche metro di distanza. Afferrò la donna per un braccio e la strattonò:
- Tu torni indietro con me! Il tuo amico sarà giustiziato! -

Una decina di Osservanti, giunti sul posto in modalità silenziosa, si attivarono, illuminando a giorno il Mausoleo e tutte le statue dei Vendicatori, disposte a cerchio.
Thomas, stordito per il colpo, ancora era a terra.
Sentì il grido di R-0HT che, divincolatasi dalla stretta di Steve, si era slanciata in avanti. Il suo peso gli arrivò addosso, poi la luce azzurra del laser lo abbagliò.
Un ultimo strillo e della donna non rimase più nulla. Thomas se la vide sparire dalle braccia.

-Tara! -, urlò. Ma la sua voce si perse nel rimbombo di quell'enorme salone di vetro.

Il tempo parve dilatarsi e smettere di seguire il suo corso. La temperatura calò bruscamente, proporzionalmente alla rabbia di Thomas.
Il giovane schivò i laser delle macchine, si alzò in piedi  e spalancò le braccia. Un onda d'urto si dipanò dal suo corpo e investì gli Osservanti. I componenti delle macchine scricchiolarono sino a smontarsi e le sfere caddero a terra, una dopo l'altra, con sinistri tonfi metallici.
Steve sgranò gli occhi e imbracciò il fucile; ma non riuscì a fare nulla per impedire che Thomas si sollevasse in volo e sparisse al di sopra della volta del mausoleo.

Le prime luci dell'alba già facevano capolino oltre l'orizzonte, illuminando di fuoco il sorgere della rivoluzione.
Ci sarebbe stato un uomo in più a combattere e avrebbe fatto la differenza.

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Capitolo 2
*** Una falena bianca ***


Una falena bianca




Con un asciugamano Steve le asciugò il volto. Passò lentamente il panno sui suoi occhi e poi sulle sue labbra.
Era arrivato in tempo per strapparla con successo al processo. Se avesse tardato anche solo di pochi minuti l'avrebbe persa.

- Come puoi essere sempre così stupida..? -, le chiese.

La donna, ancora priva di sensi, non accennò a muoversi, quindi Steve si rivolse all'uomo alle sue spalle.
- Sei sicuro che sia normale? Non si è ancora ripresa. -

Il dottor Banner - curvo, invecchiato e ingrigito dal tempo - non staccò lo sguardo dalle strumentazioni neanche per un istante.
- Starà bene. Il processo non è dannoso, ma il sedativo è in grado di placare anche una semidea come lei. Dalle qualche minuto. -

Steve annuì. Lo raggiunse alla consolle e diede un rapido sguardo ai valori della fortezza.
- Cosa pensi che sia il ragazzo che ho incontrato? Un mutante? In tal caso gli Osservanti non avrebbero dovuto localizzarlo alla nascita e confinarlo nel distretto X-AV1? -

- Non lo so. E' possibile. Molti sistemi stanno crashando, la verità è questa. E' possibile che sia sfuggito alle macchine. -

- Per tutto questo tempo? -

- A quanto pare. -

 Bruce si sfilò gli occhiali e li ripulì con un lembo del camice.

- E se lasciassimo perdere? Ci pensi mai? -

- No. E prima che tu lo dica: non lo faremo. Non c'è niente, Bruce, niente di più importante della nostra missione. Discorso chiuso. -

- A volte mi domando se tutto questo servirà mai a qualcosa... -

- Ho detto: discorso chiuso. Puoi andare. -

 Lo scienziato gli rivolse uno sguardo triste e stanco:
- Invidio la tua tempra, Steve. Sono solo vecchio e stanco, tutto qui. Hai ragione. -

Steve lo guardò con severità.

- Ho ragione?! Certo che ho ragione! E adesso vattene, hai del lavoro da fare! -

Una volta rimasto solo, il Generale si avvicinò di nuovo al tavolo su cui aveva adagiato Tara. Le scostò una ciocca bionda, mandandogliela dietro l'orecchio e l'ammirò in silenzio.
Aveva visto crescere quella bambina. Nei primi tempi, quando il mondo era ancora libero, le aveva persino fatto da genitore, quando Erik Selvig era stato troppo occupato nel supervisionare la costruzione dei distretti con Stark.

La porta si aprì di nuovo e Steve ritrasse la mano, osservando il giovane uomo con occhi gelidi.
- Perché non sei al tuo posto? -, gli chiese.

L'altro ricambiò il suo sguardo con spocchiosa superiorità.

- Stavo solo controllando perché lei non era al suo, Generale. Dovevo immaginare che c'entrasse Tara. -

Era arrogante, il figlio di Stark.
Un bambino cresciuto troppo solo - dopo che la madre, Virgina, era morta di parto -, divenuto ben presto un uomo freddo e spietato. Uno Shielder, il secondo in comando, nonostante i suoi appena trentatré anni. Il peggiore tra loro. Era impetuoso, e irrazionale il più delle volte. Guidato solo da una rabbia cieca, sfortunatamente accompagnata a un'intelligenza più che brillante.
Superiore, come quella del padre che aveva a stento conosciuto. Bruce aveva tentato di mitigarne la natura, ma con risultati scarsi. Quel bambino di un tempo voleva il padre. Come molti non aveva compreso il perché fosse scomparso, e, quando il motivo gli era stato rivelato, non aveva saputo accettarlo.

Steve non avrebbe voluto metterlo al corrente dei dettagli, ma Bruce e Reed avevano travalicato le sue rimostranze, forse armati dalla cieca speranza che il ragazzo potesse sopperire in qualche modo all'assenza di Tony, pesante come un macigno. Ma così non era stato.
Howard - Tony l'aveva chiamato come suo padre - aveva perseguito l'addestramento militare con costanza e disciplina, salendo di livello sino a giungere ad un passo dal comando.
L'unica cosa che ancora bramava era prendere il posto di Rogers.
Quali fossero i suoi intenti, tuttavia, nessuno lo sapeva.

- Sono ancora il tuo superiore, non ti devo alcuna spiegazione. Impara a stare al tuo posto. -

Howard sorrise e si aggiustò meglio i guanti neri della divisa.

- E per quanto ancora manterrai la leadership? Il tuo corpo non lo dimostra, ma sei vecchio. I compagni che ti erano fedeli sono morti, o non combattono più da lungo tempo. Quando ti arrenderai al fatto che è giunto il tempo di un nuovo ordine mondiale? -

- E chi dovrebbe guidarlo? Tu? -

Ignorò la provocazione e proseguì il suo discorso:

- Senza contare questa tua patetica parentesi sentimentale. Dimmi, Rogers, quando sei nato? Nel 1920? Nel '25? Non ti sembra di essere un tantino contro natura? -

Steve distolse lo sguardo. In tal senso era in torto e lo sapeva bene. Nonostante tutto, mentì:

- Ho solo promesso a suo padre di proteggerla. Non c'è niente tra me e Tara. -

- Ora, forse. Comunque sono qui per un motivo: pare che ci sia un assembramento sospetto di individui nella piazza 37-B. Potrebbe non essere nulla d'importante, ma ho ritenuto giusto mettertela al corrente della situazione. Gli uomini aspettano solo un ordine e le macchine sono già operative. -

Il Generale si irrigidì:

- Di quante persone stiamo parlando? -

Howard gli scoccò un'occhiata gelida.

- Individui, non persone. Non contano nulla. -

- Forse, ma in tal senso devi considerare che anche noi siamo individui. -

- Tu lo sei. Io sono uno Stark. -

- Uno Stark che del padre ha ereditato solo la boria. -

Uno spettro di furia passò sul volto di Howard, ma durò meno di un istante.

- Può darsi, ma è sempre meglio della stupidità di Tara. Non capisco come tu possa apprezzare tanto una dissidente. Proprio tu che, fra tutti, dovresti essere il più fedele, il più inamovibile... -

- Dimmi, ricordi qualcosa di tuo padre? O basi la tua folle superiorità solo su racconti di terzi? -

Steve provava pena e frustrazione di fronte agli occhi di Howard. Non era colpa sua se era diventato così: era colpa di tutti gli altri, e di Tony stesso.

- Ricordo che mi diceva che sarei stato un principe. -

Ecco, per l'appunto.

- Avere un ruolo del genere comporta solo responsabilità. Fidati se ti dico che la tua ambizione non ti porterà a nulla. -

Howard si voltò.

- Mi porterà più lontano della sua mancanza. -, chiuse il discorso.

Controllò lo schermo del piccolo computer che portava legato al polso (l'aveva progettato lui stesso).

- Nella piazza ci sono trecentoventidue individui, in incremento. Allora, quali sono i suoi ordini? -

- Mandate un Osservante in pattugliamento per monitorare la situazione. Nessun intervento diretto dei soldati a meno che non sia strettamente necessario. -

- Che bisogno ha di monitorare? E' solo l'ennesima rivolta. Stronchiamola ancora prima che cominci e solleviamo le Braccianti dal peso di sfamarli. Il razionamento ne gioverebbe. Anzi, sono dell'avviso che dovremmo annientare almeno una decina di distretti, giusto per prevenzione. Continuano a riprodursi e riprodursi e riprodursi! Possibile che siano tanto stupidi? -

Steve non riusciva a capacitarsi di quel suo discorso: - Sei disgustoso. Ragioni come una macchina.-

- E c'è forse qualcosa di sbagliato in questo? Sono stato cresciuto dalle macchine per volere di mio padre! Stai mettendo in discussione le sue decisioni? -

- Jarvis non ti ha insegnato questo! -

- Jarvis è stato disattivato per sopperire ai bisogni di quei primati!-, tuonò Howard.

E il Generale fece un passo indietro. Jarvis era stato padre e madre per quel giovane. Un genitore invisibile che, per dovere di cose, non aveva mai potuto mostrare l'affetto che gli esseri umani sono abituati a ricevere da bambini.

Nonostante questo, era tutto per Howard; tutto o quasi, considerando Tony. Doveva rispettarlo, benché non avesse mai ritenuto giusta la decisione di Stark in merito.

- Hai ricevuto i tuoi ordini. Ora vai. Hai il comando fino a che non ti raggiungerò.-

Howard annuì e tornò sui suoi passi, chiudendosi la porta alle spalle.

Tara si sollevò a sedere e fissò la schiena di Steve.

- E così lui sa ed io no.-

- Hai avuto la tua possibilità di entrare nello S.H.I.E.L.D.; ora non recriminare.-, le rispose lui, lanciandole uno sguardo stanco.

Non riusciva a ricordare quante volte avesse già affrontato quello stesso discorso con Tara. Non aveva ancora capito che non sarebbe riuscita mai a scucirgli le informazioni che voleva?

- Come ti senti? -

- Ho freddo, ma, tutto sommato, sono viva. Una cosa che non mi aspettavo. Che ne è stato di Thomas? -

Balzò giù dal tavolo e fronteggiò il Generale.

- E' fuggito. Cosa sai di lui? E' un mutante? -

- Non ti aspetterai che ti risponda, vero? Non fino a quando tu non mi avrai dato qualche risposta per primo.- sibilò lei. Era sollevata dal fatto che Thomas stesse bene: era un amico prezioso per lei, forse l'unico che avesse mai avuto.

- C'è un assembramento di persone nella piazza 37-B; ne sai qualcosa?-

- Assolutamente nulla.-

Steve sospirò, abbassando lo sguardo.

- Tara, ti prego...-

 Ignorava il momento preciso in cui la situazione tra loro aveva cominciato a sgretolarsi. Probabilmente era successo quando si erano innamorati l'uno dell'altra. Non l'avevano cercato, né voluto: era successo e basta, come il più delle volte.
Steve, per quanto aveva potuto, aveva sempre cercato di tenerla a distanza in tal senso, anche dopo che la situazione era diventata ridicolmente palese.

- Mi preghi di cosa? Tradire i miei principi?-

- Ma quali principi?! Tu non sai NIENTE!-

- Forse lo saprei se tu, una buona volta, ti decidessi a parlare!!-, strillò lei.

- Chi è quell'uomo? Cos'ha a che vedere con te? Come l'hai conosciuto?-

Tara rise di scherno.

- Oh, quanto mi piacerebbe vederti geloso! Tu non ne hai neanche idea, Steve... ma lo so che non ti interessa altro che la tua sanguinaria missione! Thomas l'ho incontrato per strada, una sera di cinque anni fa. Non ho altro da dire.-

Cinque anni prima.
Quando avevano infranto il punto di rottura.

Era sempre stata una dannata curiosa, sin dalla prima adolescenza. Ma all'epoca, Selvig era ancora vivo e in grado di contenerla. Steve andava d'accordo con lei. Si poteva quasi dire che l'adorasse, in un certo senso, e non solo per la promessa fatta a Thor. Quando la guardava, talvolta, gli sembrava di rivederlo, suo padre: avevano la stessa fierezza negli occhi, la stessa ossessiva determinazione.
Ammirava la sua innocenza, la sua costanza e la sua integrità morale, benché virata nella direzione sbagliata.
Aveva adorato sentirla parlare dei tempi andati ed era stato interessante scoprire come idealizzasse il mondo di prima, conosciuto solo attraverso i romanzi e alcune vicende di cronaca. Si era stupito quando, per la prima volta, lei gli aveva chiesto chi fosse Loki e se fosse lui il responsabile delle condizioni del mondo.
Fu in quella circostanza che iniziò ad essere evasivo con le risposte, arrivando persino a celarle l'identità del suo stesso padre e tutto quello che era collegato a lui, seguendo le disposizioni di Selvig. Sapeva che Tara non si sarebbe mai fermata, che avrebbe bramato conoscenza sempre maggiore. Aveva dovuto fermarla lui, per proteggerla e tenerla al sicuro, ma, soprattutto, per difendere ciò che Stark aveva costruito.

Lei non sarebbe stata in grado di comprendere.

Ad ogni modo, cinque anni prima, Tara l'aveva raggiunto nei suoi appartamenti e avevano discusso a lungo. Si erano scontrati ed erano volate parole pesanti che, forse, con il senno di poi, lui non avrebbe mai voluto pronunciare, e lei non avrebbe dovuto. Era arrivata ad accusarlo di essere uno psicopatico, un malato di mente che amava vedere la gente ridotta alla stregua di animali: il braccio armato dell'assassino, dello Spettro.

E poi gliel'aveva detto..: "Io mi fidavo di te, Steve! Come puoi essere un tale mostro?!  La gente muore, là fuori! Io... io non posso credere di essermi innamorata di un bastardo come te!"

Non aveva mai scordato quella frase piena di rancore, né quel che era seguito: lo aveva schiaffeggiato e colpito ripetutamente, piangendo e urlandogli contro tutto il suo odio. E lui si era ritrovato a stringerla e poi a baciarla senza neanche avvedersene. Tutto, purché tacesse: le sue parole facevano troppo male.
Avevano fatto l'amore per la prima ed ultima volta. Poi Tara gli chiese ancora di rivelarle tutto e ancora una volta lui tacque, osservandola sconfitto mentre lasciava la sua stanza.

Come Howard fosse venuto a conoscenza di quei fatti era un mistero per lui. Forse era riuscito ad interfacciarsi con il sistema interno di sorveglianza o, più probabilmente, lo aveva solo intuito. Da lì in avanti, comunque, Tara era stata evasiva con Steve. Si era limitata a poche, brevi frasi di circostanza e aveva cominciato a trascorrere il suo tempo da sola. Il Generale ignorava persino come fosse venuta in possesso del martello di Thor, ma ormai era chiaro che avesse usato quello per uscire dalla fortezza.

- Dove ci troviamo? Sono più che certa di non essere mai stata in questa ala.-

Tara interruppe così il suo silenzio, vagando sospettosa per il laboratorio.

- Livello L-9, corridoio sotterraneo 138-Ovest. -, rispose Steve interrompendo quella lunga serie di domande reciproche, circolo vizioso della loro incomunicabilità.

La donna gli scoccò un'occhiata sorpresa e, solo successivamente, divertita.
- Ho dovuto farmi disintegrare da un Osservante, ma alla fine sono riuscita ad entrare nella zona interdetta...-

- Non illuderti che voglia farti fare un giro turistico. Ti scorterò fuori personalmente.-

- No, non lo farai... -

Le sfuggirono due lacrime.

- ...mi dispiace.-

I fulmini serpeggiarono attorno al suo corpo, guizzando nell'aria con schiocchi minacciosi. Steve non ebbe il tempo di reagire o anche solo di spostarsi. Le scariche lo colsero di sorpresa, investendolo a piena potenza. Volò indietro, abbattendosi contro la parete e afflosciandosi a terra, svenuto, senza un lamento.

Tara lo raggiunse e guardò, triste, il suo volto.

- Non sei il solo ad avere segreti...-

Uscì fuori dalla stanza senza guardarsi indietro e corse via lungo quel tortuoso labirinto di corridoi bui.

Non era stupida, aveva capito quel che era successo:  gli Osservanti non uccidevano, teletrasportavano. Il fatto che si fosse risvegliata nel livello L -9 dimostrava, una volta di più, che là sotto c'era qualcosa di terribile. Il fatto stesso che Steve non l'avesse riportata ai piani superiori, indicava, inoltre, che aveva dovuto agire in gran fretta.
Da quale destino l'aveva salvata? Che fine facevano le persone teletrasportate dalle macchine, o trascinate via dagli Shielders?
E perché l'aveva salvata?
Lo spettro del dubbio bussò alle porte della sua mente. Per una frazione di secondo si confortò dell'illusione che ci fosse qualcosa dietro alle spietate mosse del luogotenente dello Spettro. Si convinse che, con tutta probabilità, l'aveva fatto solo perché vittima del sentimento che, volenti o nolenti, li legava. Ciò forse significava che qualcosa di umano, in lui, era rimasto, ma non era abbastanza, non di fronte a tutte quelle morti.

C'era qualcosa di mostruoso nelle segrete della fortezza e lei avrebbe scoperto cosa.

Affannata si appoggiò a una parete e si guardò intorno, sperduta.

Non aveva idea di dove stesse andando e quei corridoi si facevano più oscuri ad ogni passo.
Qualcosa le urtò la guancia e lei si ritrasse, trattenendo un grido. Con il petto scosso dall'affanno, riconobbe una grossa farfalla. No, era una falena. Non ne aveva mai viste dal vivo. Allungò una mano per sfiorarla e l'insetto si ritrasse, sbattendo le sue ali bianche.

Ma non scappò.

Brillava, nel buio e volava piano.
Tara la seguì, un segno valeva l'altro, in fin dei conti.

Il tempo le sembrò non finire mai, mentre seguiva quella flebile luce sempre più in basso nelle profondità della fortezza. L'aria era umida, là sotto, umida e stantia. Si liberò della felpa di Thomas che, fradicia da prima del suo risveglio, non le donava più alcun calore e si fermò, quandi si ritrovò di fronte ad un'invalicabile porta di metallo massiccio.

La farfalla si posò su una leva scura, ricoperta di ragnatele, ma la trappola dei suoi nemici naturali non sembrò impacciarla, né impaurirla. Si risollevò solo quando Tara ebbe posato la mano sopra di essa.
Una lieve pressione e la porta scorse di lato, scomparendo all'interno della parete.
La donna avanzò, superando la soglia con una certa titubanza e gridò, quando il pesante uscio si richiuse alle sue spalle, lasciandola nella più completa oscurità. 

Proseguì a tentoni, fino a quando il terreno le mancò da sotto i piedi. Cadde a ruzzoloni giù da una lunga rampa di scale e si schiantò di petto contro un gelido pavimento di metallo. L'aria era fredda, là sotto, ancor più che nei corridoi.

Tara si risollevò, sollevata dall'idea di aver di nuovo luce per poter vedere, ma sgranò gli occhi, agghiacciata, quando mise a fuoco ciò che le stava di fronte: tentacoli meccanici avviluppavano ogni cosa e... si muovevano! Sembravano vivi! ERANO vivi!!

 In un primo istante non capì, ma ad una seconda occhiata cominciò a scorgere file e file infinite di sarcofaghi di acciaio congelato, collegati gli uni agli altri da altri tubi intrecciati. Non c'erano rumori, in quell'ambiente enorme che sembrava discendere sino alle profondità della terra, solo lo strisciare metallico dei tentacoli gli uni sugli altri e le sinistre luci di muti impulsi elettrici.

Con il respiro affannoso che si condensava in nuvole di vapore, scorse la falena posarsi su di una di quelle bare di ghiaccio. La raggiunse, tremante, cercando di evitare di camminare su quegli organismi vivi e in movimento.
Quell'immensa macchina, qualunque cosa fosse, la disgustava.

Posò una mano sulla superficie del sarcofago e il contatto mandò la bara in corto circuito. I tentacoli di metallo si staccarono da essa con schiocchi bruschi, isolando il difetto dal resto del complesso. Tara strillò, folgorata dalla sua stessa elettricità e crollò a terra, in preda a violenti tremori.

Il ghiaccio sul costrutto metallico si sciolse, dei ganci scesero dall'alto soffitto e lo assicurarono. Quando fu sollevato, l'apertura scattò e l'uomo imprigionato al suo interno si abbatté a peso morto accanto alla donna con un tonfo sordo.

Quell'uomo si chiamava Clint Barton.



N.d.A.: Eccomi qui, sono tornata a ritagliarmi il mio angolino in fondo. Vi ringrazio davvero di cuore per l'accoglienza che avete dato a questa mia nuova storia e spero dal profondo che continui a piacervi. Come forse ho già detto: è quanto di più vicino a un'originale io abbia mai fatto e sono molto, molto preoccupata che possa apparire insulsa.
In molti mi avete chiesto: ma ti sei ispirata a questo o a quello?
Ok, mi avete fatta sentire molto ignorante, perché, a parte il meraviglioso 1984, V for Vendetta e Hunger Games (quest'ultimo solo di nome) e pochi altri, per il resto non sapevo neanche dell'esistenza di molte delle cose da voi citate, me tapina XD! No, se si può parlare di ispirazione, essa si rimanda a Matrix e, probabilmente, al film Equilibrium. In un certo senso anche al film Sunshine, ma per quest'ultimo il discorso è contorto, non è una questione di trama, ma di sensazioni. Dubito vogliate star a leggere i miei sbrodolamenti per eoni XD, quindi vi lascio e vi ringrazio ancora infinitamente.
Per chi volesse guardarlo, qui c'è un trailerino (?) di questa fanfiction:  http://www.youtube.com/watch?v=Fj1jxpqFnbw
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 3
*** Il cuore di una stella conosce sempre la strada ***



Il cuore di una stella conosce sempre la strada




"Sessantacinque milioni di anni prima, al centro del Sole, il nano Eitri forgiò il Mjolnir per volere di Odino, conferendo al martello capacità straordinarie.
Grandi e molti erano i suoi poteri, per lo più sconosciuti."




Dieci anni.
Erano trascorsi dieci anni dalla morte del suo primo e secondo genito. Da quel momento Asgard aveva vissuto un lungo periodo di pace. Le azioni di Loki su Midgard avevano permesso ad Odino di sbarazzarsi definitivamente del Circolo dei Maghi e questo aveva conferito una rinnovata stabilità per il regno.

Ma il Padre di tutti gli Dei era inquieto. Nuvole di tempesta si addensavano all'orizzonte e il futuro era uno specchio oscuro in cui scrutare.
Doveva prendere una decisione. No, in verità l'aveva già presa, doveva solo decidersi a metterla in pratica.
Non sarebbe stato facile. Non dopo tutto quel tempo.

Raggiunse Heimdall sul bordo del ponte spezzato.

- Che cosa vedi? -, gli chiese.

- Niente di buono, mio signore. Il popolo di Midgard soffre. -, rispose l'osservatore.
Odino annuì, grave.

- E' tempo, Heimdall.-

E il guardiano di Asgard, Colui che Tutto Vede, sussultò e chiuse gli occhi brillanti.

- Posso farvi desistere in qualche modo, mio signore?-

-No, amico mio.-

Il Divino tornò alla reggia, dove la Regina lo attendeva.
Frigga non l'aveva mai perdonato e, anche in quella circostanza, il suo sguardo fu gelido.

- Ti accompagnerò.-

Non era una domanda, ma un semplice dato di fatto cui Odino dovette acconsentire.
Trascorsero un'ultima notte insonne, poi, alle prime luci dell'alba, il Padre di tutti gli dei richiamò il Mjolnir.

Dopo la morte di Thor, il re ne era tornato l'unico detentore.
 La divina arma si sollevò dalla polvere della città vecchia, abbandonando i detriti in cui era stata dimenticata ormai da un decennio. Nessuno aveva provato ad appropriarsene da quando la mano di Thor ne aveva abbandonato l'impugnatura.

Attraversò i cieli rossi e poi le dimensioni, leghe e leghe negli eoni dello spazio e del tempo e, alfine, raggiunse la salda stretta di Odino.
Il vecchio re lo esaminò con cura e annuì, grave, ma, al tempo stesso, sollevato. Si rimproverò di non esser stato attento ai dettagli a sufficienza e si chiese se, qualora vi si fosse trovato in situazione, sarebbe stato anche in grado di cambiare il corso del fato.
Un fato in cui Loki aveva scrutato e che, forse, l'aveva fatto impazzire o, al contrario, rinsavire del tutto.

Posò il martello al centro delle strumentazioni e quello si attivò da solo, rilasciando informazioni alle macchine attraverso impulsi elettrici di basso voltaggio.
Per qualche istante il re osservò cosa stava avvenendo nelle due vasche sigillate, piene di liquido amniotico. Il processo sarebbe stato relativamente rapido, ma la sola idea di quel che stava per avvenire gli provocò raccapriccio:  non poteva vederlo, ma i due nuclei somatociti erano già stati trasferiti in due cellule uovo della stessa natura.

A quel punto, era solo questione di tempo.

Si voltò verso il guaritore alla sua destra.

- Controlla che tutto vada per il meglio.-, ordinò.

Senza indugiare oltre uscì dalla Stanza della Guarigione e raggiunse le stalle. Frigga lo stava attendendo, ammantata in un tabarro nero a lutto.

- Torna a palazzo, te ne prego.-, le disse lui.

- Sono responsabile quanto te di tutto quel che è accaduto...-

- No...-

Frigga gli scoccò un'occhiata gelida. - Se ti avessi impedito di dividere la tua vita tra impegni di corte e sordide baldracche, i nostri figli sarebbero ancora vivi. Tutti saremmo felici. Invece, guarda cos'hai fatto..!-

Afferrò le briglie del cavallo che uno stalliere aveva sellato per lei e si fece aiutare a montare.
Odino la imitò, soffermandosi ad accarezzare il muso di Sleipnir, prima di salire, a sua volta, su un altro cavallo.

Il viaggio fu lungo e silenzioso per i due coniugi. Frigga non voleva parlare e Odino non aveva molto da dire. Avevano già affrontato il discorso molte volte, non c'era bisogno di sprecare ulteriori parole colme di autocommiserazione.
Attraversarono insieme tutto il regno, fuori dalla città scintillante e poi, lontano, lungo le grandi praterie del sud, sin dentro le gole claustrofobiche della Valle del Tramonto, dove il rigoglioso fiorire della natura lasciava posto ad una terra arida, ornata di alberi neri e spogli.
La regina non si era mai spinta tanto lontano e provò timore nel superare quell'invisibile confine.

Odino la guardò, cercando di rassicurarla.

- Non hai nulla da temere.-, le disse.

Ed era vero, a quel punto non avevano più nulla di cui essere spaventati.
Scesero lungo la stretta gola, sotto i freddi raggi di un tetro sole grigio. I crepacci di roccia scura erano costellati da pietre aguzze e affilate come lame. Di tanto in tanto si potevano scorgere i resti scheletrici degli impavidi guerrieri che, incautamente, vi si erano avventurati.
Era facile perdere il senno, in quel luogo, dove la tristezza era l'unico sentimento rimasto e persino i potenti regnanti di Asgard non apparivano altro che due vecchi con il volto deturpato dai sensi di colpa.

Quando l'imboccatura della grotta fu, finalmente, in vista, Odino fece cenno a Frigga di smontare. Legarono i due cavalli ad un ceppo carborizzato e proseguirono a piedi su quella terra brulla e inospitale.
Un vortice di corvi li investì, graffiando i loro volti con gli artigli, mentre cercavano di cavar i loro occhi con i becchi voraci.
Il Padre di tutti gli dei impugnò il Gungnir, la lancia implacabile. Colpì il suolo con la base e i corvi caddero in un sinistro vorticare di penne nere come la notte.
Fu a quel punto che, sulla soglia della grotta, comparve una dea dal volto celato. I neri abiti in netto contrasto con la carnagione cianotica le conferivano un aspetto sinistro.

- Re dei re...-, disse, avanzando un poco, fluttuando su una densa nebbia scura.

Odino si inchinò di fronte ad Hela.
La regina degli Inferi, la somma sovrana a cui nessuno, neppure lui, poteva dare ordini.

- Nipote mia..!-
Frigga si abbandonò alla commozione e fece per avvicinarla, ma l'altra respinse il suo tocco e con un cenno brusco la gettò nella polvere.

Non le diede ulteriore attenzione e guardò Odino dall'alto in basso.

- Esponi la tua richiesta. In virtù del tuo lignaggio ti ascolterò, ma questa sarà l'unica premura che ti muoverò, vecchio.-

- Conosci già il motivo, Hela. L'umiliazione è proprio necessaria?-

La dea lo afferrò per i capelli con una stretta d'acciaio e gli strattonò indietro la testa.
- Sì, Odino. -, sibilò con voce gelida, mentre un guizzo di fuoco illuminava appena ciò che vi era dietro al velo, - Voglio sentire fino a che punto si è spinta la tua follia.-

Il vecchio Padre chiuse gli occhi.

- Mi dispiace per quel che ti è accaduto. Se potessi tornare indietro...-

- Non sprecare il mio tempo con chiacchiere inutili. Esponi la tua richiesta.-, ebbe ancora a ripetere.

- Voglio che tu apra i Cancelli delle Anime e che faccia tornare quelle dei miei figli su questo piano di realtà.-

- La risposta è no. I morti devono restare tali. L'equilibrio non deve in alcun modo venir intaccato.-

Hela ritornò verso la grotta.

- Aspetta! Potrai avere la mia! So che non sei del tutto inente al concetto di giustizia. E' tempo che io paghi per i miei errori.-

L'altra si fermò senza voltarsi.
- Per ventuno grammi che escono, ventuno devono rientrare. Non creerò una frattura nello spazio-tempo per i tuoi capricci, la tua anima non vale più di quella di chiunque altro.-

Frigga si sollevò in piedi e zoppicò al fianco del marito.

- Puoi avere anche la mia.-

- Perché state facendo questo? A quale scopo? Morirete anche voi, un giorno. A che pro affrettare il corso del destino?-

Odino si rialzò bruscamente: - Non fingere di non sapere, strega!-, l'ammonì, stringendo la lancia.

Hela sollevò una mano verso il cielo. Ci fu un guizzo di luce argentea e le due vasche amniotiche si infransero al suolo. I due corpi nudi, ricoperti di liquido vischioso scivolarono sul terriccio e lì si fermarono, inerti.
La signora degli Inferi non ebbe alcuna reazione di fronte al volto del padre.
- E così sono questi i corpi che devo colmare... niente più che elaborate bambole organiche, prive di anima e di scopo.-

- Di anima, forse, ma non di scopo.-, la corresse Odino.

- Sei certo che il tuo cuore sentimentale non ti inganni?-

- No.-

Hela tornò sui suoi passi e si fermò di fronte ai due coniugi.

- Vi concederò quanto richiesto, ma, vi avverto: non farò altri accordi simili, in futuro. Dimenticate che chi vi accingete a risvegliare oggi possa, un domani, risvegliare voi.-

Frigga piegò le labbra in un sorriso triste.

- Siamo vecchi, nipote, vecchi e stanchi. Abbiamo solcato le terre dei Nove Regni per milioni di anni, è tempo che per noi sopraggiunga il riposo. Thor e Loki si faranno carico della nostra gravosa eredità e spero con tutto il cuore che possano porre rimedio alla tragedia di Midgard e riportare il sereno nei mondi.-

Odino le cinse la vita in un ultimo abbraccio:
- Lo faranno, non temere. Frigga, mi dis...-

- Avete avuto tutto il viaggio per scusarvi l'uno con l'altra. Non è questo il luogo, né il tempo.-, li interruppe seccamente Hela

Il re diede un ultimo bacio alla sua sposa. A un passo dalla morte rancori e recriminazioni non avevano più alcun senso.

La signora degli Inferi spalancò le braccia e la terra cominciò a tremare con violenza. Il selciato brullo si spaccò, aprendo una profonda voragine da cui fuoriuscirono sulfuree sbuffate incandescenti. Odino sbirciò al suo interno: un vortice di luminose anime irridescenti fluiva sotto i suoi occhi.
Sembrava vicino, tanto vicino che gli sarebbe bastato allungare una mano giù dal bordo per poterle sfiorare. Ma così non era, lo sapeva. Il Regno delle Anime era distante e, al tempo stesso, prossimo. Racchiuso nella piega irraggiungibile di una stringa.
Hela aveva il potere di far combaciare gli estremi dell'infinito, per questo Fingal l'aveva ridotta a una schiava priva di umanità e di pulsioni vitali. La sua esistenza in altri termini sarebbe stata un rischio per l'intero creato.
Un dolore sordo lo trafisse da capo a piedi e le sue percezioni si fecero più ovattate. Frigga, stretta al suo petto, gridò di terrore, mentre la terra continuava incessantemente a tremare e a spaccarsi con fragorosi schiocchi.
Il vorticare delle anime era sempre più rapido, poi si fermò d'improvviso.
Un'esplosione di luce li investì, bruciando le loro vesti e le loro carni.
Dei regali coniugi non rimase altro che la lancia di Odino, abbandonata nella polvere.

Le fratture nel terreno si richiusero e le gole tornarono alla loro gelida calma.
Thor si mosse per primo, strisciando sul terreno con il corpo nudo. Socchiuse gli occhi spaesato.

- L-Loki..!-, rantolò, credendo di trovarsi ancora a New York.

Si sorprese nel vederlo, nudo, accoccolato su se stesso. Gli si avvicinò a carponi e lo sollevò appena, adagiandolo sulle proprie ginocchia. Cercò di ripulirgli il volto, ancora ricoperto di quel liquido viscido.
Sussultò quando l'altro spalancò gli occhi di scatto, spaventato e scosso quanto lui.

La dea sollevò Gungnir dalla polvere e fluttuò di fronte a loro.
Loki si riscosse immediatamente, balzando in piedi.

- Hela!-, esclamò.

L'altra lo ignorò e porse la lancia a Thor.
Il guerriero sussultò, riconoscendola.

- Che significa questo?-, chiese.

- Che sei il re di Asgard.-, rispose lei.
Lasciò cadere la lancia ai suoi piedi, poi si dissolse in una nuvola di fumo.

Loki sbatté le palpebre. Dopo un primo smarrimento, cominciava a ricordare con maggior chiarezza.
Si avvicinò al fratello che, attonito, continuava a fissare Gungnir.

- Padre, è..?-, lo sentì domandare.

- Sì.-

Lo strinse tra le braccia, costringendolo a soffocare i sordi singhiozzi contro la sua spalla.
Chiuse gli occhi e deglutì.

- Ho ragione di credere che anche nostra madre... per due anime sono necessarie due anime...-

Thor fece un passo indietro e si asciugò il volto.
Sollevò la lancia e un guizzo di luce dorata lo avvolse, vestendo il suo corpo nudo dell'armatura e del suo rosso mantello.

- P-perché..?-, gemette.

Loki si fece comparire addosso delle vesti e si affrettò verso i cavalli.

- Te lo spiegherò strada facendo.-

E lo fece, punto per punto.

Erano ormai alle soglie della città, quando Thor fermò il cavallo e smontò, inducendo anche Loki a fermarsi.

- Da quanto eri a conoscenza di tutto questo?-

Il dio dell'Inganno guardò laconico il cielo stellato.
 
- Dal giorno prima della nostra morte, fratello. Ho dovuto lasciare che il corso del destino rimanesse inalterato. Forse, se saremo fortunati, anche il futuro seguirà questa scia. Alcune cose sono certe, chiare come se le avessi lette sulle pagine di un libro. Altre, invece, molto confuse. Ti ho rivelato tutto quel che so. Ora tu devi fidarti di me: consegnami lo Scrigno degli Antichi Inverni e lascia che mi rechi a Jotunheim.-

- Loki, Jotunheim è...-, tentò Thor.

L'altro saltò giù di sella e lo raggiunse.
Gli posò una mano sulla spalla.

- Non sarò in pericolo, te lo ripeto: fidati di me, ti prego.-

- Così sia...-

Entrarono alla reggia, dove vennero accolti da Balder.
Il più giovane dei figli di Odino era stato messo al corrente dal padre e aveva preparato tutto secondo le tradizioni. Nonostante questo Thor rifiutò anche solo di presenziare alla cerimonia di incoronazione e si chiuse con Loki nella stanza delle reliquie.
Sollevò lo scrigno dal piedistallo per consegnarglielo e non batté ciglio quando la pelle dell'altro si tinse d'azzurro.

Deglutì, soffocando un singhiozzo.
- Q-Quando...-, la voce gli uscì strozzata. Se la schiarì: - Quando ci rivedremo?-

Loki sorrise, triste.

- Tra venticinque anni, Thor...-

- E' molto tempo, anche per due dei... Avrai cura di te?-

- Come sempre.-

Thor si fece sfuggire una breve risata.

- Allora non ti lascio andare.-

- E' troppo tardi per i ripensamenti.-

Loki svanì, ma la sua voce riecheggiò nella stanza ancora una volta: - Sarai un ottimo re, fratello.-

Rimasto solo, Thor richiamò il Mjolnir. Ne accarezzò l'impugnatura, prima di avvicinare il martello alle labbra.

- Va' da lei, sicché possa proteggersi e cominciare a comprendere...-, sussurrò.

E l'arma divina attraversò di nuovo le dimensioni per tornare sulla Terra ad attendere che Tara, la sua nuova padrona, lo impugnasse per la prima volta.






Thor era impaziente e balzò in piedi, quando un'ambasciata di Jotunheim finalmente apparve, senza preavviso, nella sala del trono.
Vi erano cinque Giganti, quattro guardie equipaggiate di tutto punto nelle loro armature di cristallo e un ambasciatore ornato di nobili vesti grigio-azzurre. Tutti si inginocchiarono di fronte al re di Asgard, non più carnefice, ma prezioso alleato.

- Chiedo il permesso di poter conferire con voi.-, disse l'ambasciatore.

- Concesso.-, ribatté Thor, più che ansioso di abbattere quelle assurde cerimonie per sapere qualcosa di Loki.

- Re Loki mi ha inviato qui per porvi un invito formale a recarvi nel nostro regno. Attende risposta.-

- Agli inferi gli inviti e i salamelecchi. Portatemi da lui, subito.-
Thor scese le scale con impeto.

- Mio signore!-, esclamò Heimdall, allarmato.
Non si era mai fidato di Loki e aveva accolto con sospetto lo schermo magico che il dio dell'Inganno aveva posto attono a Jotunheim per impedirgli di vedere cosa stesse facendo. Aveva provato a parlarne al re, ma il sovrano si era mostrato sordo a tutti i suoi appelli.

L'altro gli scoccò un'occhiata truce. - Chiudi quella fottuta bocca.-
Si rivolse poi agli Jotun, stringendo la lancia. - Sono pronto.-

Il teletrasporto fu rapido e Thor rimase esterrefatto quando si guardò intorno per la prima volta. Non era rimasto nulla delle macerie che ricordava. Jotunheim ora era rilucente, una città enorme e variopinta, scolpita nel ghiaccio.
La superficie trasparente rifrangeva le luci del cielo che, benché cupo, era striato da infiniti guizzi azzurri e verdi in incredibili aurore polari continue e mutevoli.

Forse quel mondo, ora, era persino più bello di Asgard, si disse il re.

Si strinse nel mantello per combattere il freddo pungente e seguì i suoi anfitrioni lungo le vie della città. A bocca aperta assistette a un breve spaccato di una società rinata e fiorente con un commercio stabile e Jotun sereni che riempivano le strade.

Si fermarono di fronte ad un'imponente portone dove l'asgardiano venne lasciato solo. Spinse le ante con forza, ed entrò nella sala dal trono.

Loki sedeva su uno scranno di marmo bianchissimo, elegante nella sua armatura. I capelli gli erano cresciuti moltissimo, ed altrettando evidentemente erano stati tagliati ed aggiustati più  e più volte. In quel tempo in effetti avrebbero potuto crescere di circa tre metri. Ed ora, sbucavano in una fluente coda da dietro il suo elmo cornuto.
Quando notò il fratello maggiore, sorrise ed ebbe la premura di far tornare rosea la propria carnagione.
Gli andò incontro.

- Avresti dovuto indossare abiti più pesanti per recarti qui.-, lo rimproverò bonariamente.

- Non sarei riuscito ad attendere un solo istante di più, Loki.-, gli occhi del dio del Tuono brillavano di commozione.

- Quello che hai fatto qui è... sono senza parole.-

- Ti ringrazio e, ah: felicitazioni per il tuo matrimonio con Sif. Con un ritardo di circa dieci anni, ma, alla fin fine, è il pensiero che conta.-

- Avrei tanto desiderato che tu ci fossi, ma non sapevo come contattarti. Non sapevo neanche se tu fossi ancora vivo.-

- Bhe, lo sono. Siediti, abbiamo molto di cui parlare.-

Loki fece cenno a un servo di portare a Thor degli abiti più caldi, poi cominciò a parlare.

- Ti è tutto chiaro?-, domando in coclusione.

L'altro annuì, grave.

- Tornerò ad Asgard e preparerò l'esercito. Quando attaccheremo Midgard?-

- Presto...-

Loki ruotò il polso e una falena bianca apparve sul suo palmo. - Va' e guidala da Barton.-, ordinò.

- E Stark? Che ne sarà di lui?-

Il dio dell'Inganno distolse lo sguardo e gli diede le spalle.

- Le guardie ti scorteranno a palazzo. Non abbiamo tempo da perdere.-


N.d.A.: Eccomi qui ^^, allora questo capitolo è stato un parto per vari motivi. Volevo ad ogni costo che il rientro in campo di Thor e Loki non vi apparisse tirato per i capelli e spero tanto di esser riuscita nell'intento. 
Un bacione e grazie a tutti, se vi va fatemi sapere che ne pensate!
Ros.

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Capitolo 4
*** Niente più di un uomo ***


Niente più di un uomo




Clint si rigirò, reggendosi il petto e tossendo. Freddo. Faceva molto freddo e questa, al momento, era l'unica certezza che ancora sentiva di avere. Non aveva una chiara percezione delle cose e i ricordi ci misero qualche istante a riaffiorare.

Gli Osservanti lo stavano seguendo. Thomas! Doveva salvare Thomas, coprirlo perché potesse fuggire!

Socchiuse gli occhi e l'oscurità lo frastornò un poco. Ovunque si trovasse,  non era più in quel bosco e suo figlio non era con lui. Stava per chiamarlo a gran voce, quando i gemiti di Tara, finalmente, attirarono la sua attenzione.
La prese tra le braccia, cercando di placare le sue violente convulsioni e si sentì più sollevato quando la donna si afflosciò, esausta.

- Stai bene?-, le chiese.

Tara sbatté le palpebre.

- Clint...-, gemette, - Clint Barton!-

- Ok, questo è inquietante. Come sai il mio nome?-

 Lei si sollevò a sedere di scatto. 

- Il padre di Thomas! Oh, quando saprà che sei vivo..!-

Lo abbracciò di slancio, tanto che Clint si vide costretto ad allontanarla da sé con un gesto garbato ma deciso:
- Non per smorzare il tuo entusiasmo, ma non ho idea di chi tu sia. Dov'è mio figlio?-

- Non qui, per sua fortuna...-, rispose lei, guardandosi intorno.
- Siamo nei sotterranei della Fortezza...-

- Intendi la Fortezza di Stark? Ero a centinaia di chilometri da qui!-

- Sì. Gli Osservanti usano una sorta di teletrasporto e trasferiscono le persone qui, credo; e...-

Clint si alzò bruscamente.

- Devo trovare una via di fuga, Thomas è solo un ragazzino! Dove l'hai visto l'ultima volta?!-

- Ascolta... Io non so neanche come dirtelo, ma...sono passati vent'anni da quando gli Osservanti ti hanno preso. Tuo figlio è un uomo, ormai.-

A quelle parole barcollò e gli occhi gli si inumidirono.

- Vent'anni...-, ripeté - PORCA PUTTANA!-, urlò, colpendo, uno dei sarcofagi.
Prese un respiro profondo e si calmò, quando la vide arretrare.

- Scusa, mi dispiace. Non volevo spaventarti. Chi sei tu, ad ogni modo?-

- Mi chiamo...-
Clint le afferrò il mento bruscamente.
- Ehi, metti giù le mani!-

Clint la osservò per un lungo istante e la sua vista sovraumana gli fu di grande aiuto.

- Conosco i tuoi lineamenti. Tu sei la figlia di Thor.-, disse, lasciandola andare.

- Credo di sì, ma a parte te, nessuno me ne ha dato conferma...-

- Bene, figlia di Thor, come usciamo da questo girone infernale?-

- Tara. Mi chiamo Tara.-

La ragazza si voltò per indicare la strada da cui era venuta, solo per notare, con raccapriccio, che quell'orribile macchina si era spostata e, con i suoi tentacoli, aveva modificato l'assetto dell'intero passaggio.

- Non lo so...-

L'uomo sospirò e si soffermò a riflettere.

- Va bene. Va bene anche così. Per prima cosa cominciamo a muoverci, o congeleremo, con i vestiti bagnati.-

Cominciò ad avanzare e ad osservare la macchina con occhi attenti.

- Stark, ma cosa cazzo stai combinando qua sotto..?-, mormorò a bassa voce, prima di rivolgersi di nuovo a Tara.
- Non so cosa sia questa... cosa, ma ci sono migliaia, forse milioni di persone sotto criogenesi. Mi sembra implausibile che il loro scopo sia alimentativo. Servono a qualcosa, ma non so a cosa.-

- Criogenesi? Che cos'è?-

- La messa in biostasi di un corpo tramite la tecnologia. In breve, viene congelato, le sue funzioni vitali ridotte al minimo per una preservazione più longeva. L'ultima volta che ne ho parlato con qualcuno era ancora una teoria sperimentale. Conoscevo solo un tizio che era  entrato in una sorta di criogenesi autonoma, dopo esser precipitato nei ghiacciai, ma lui non era esattamente un uomo normale.-

- Stai parlando del Generale Rogers, vero?-

- Generale? Però, ha fatto carriera... Meno male che non ci sono più gli Stati Uniti, perché General America sarebbe risultato un tantino cacofonico. Dovevo aspettarmi che ci fosse lui dietro agli Shielders.-

Tara annuì, non capendo la sua ironia, o la sua voglia di fare ironia in un momento come quello.
- Che cosa sai di mio padre?-

- Non era la creatura più intelligente che mi fosse capitato di incontrare, non era particolarmente amabile, non aveva uno spiccato senso dell'umorismo, ma, tutto sommato, era una brava persona. Un dio di grande valore, nonostante tutti i suoi errori. Non ultimo: la morte di tua madre, ma non lo incolpo per questo. Era una situazione difficile, lui si è limitato a non scegliere. Non so come mi sarei mosso al suo posto, ma conosco chi l'ha giudicato. Ti avrebbe adorata, sul serio, a prescindere dalla tua natura.-

- E che mi dici di Thomas? Che spiegazioni hai per le sue... capacità? Mi ha detto che non è davvero tuo figlio.-

 Il viso di Clint si fece tetro e triste al tempo stesso.

- Thomas... Thomas è tuo cugino, figlio del dio Loki. Siete due semidei, certe attitudini le avete nel sangue. Crescerlo non è stato semplice, ma promisi a Loki di farlo, di proteggerlo e... non sono stato abbastanza forte per farlo. Ricordo come se fosse ieri la notte in cui i mutanti attaccarono New York... mi salvai per miracolo, lanciandomi giù dalla finestra un attimo prima che il mio appartamento esplodesse con il resto del quartiere. Nella caduta mi fratturai molte ossa e finii in coma. Con così tanti feriti identificarmi fu impossibile per i medici. Fu Loki a curarmi e a risvegliarmi. Mi chiese di prendermi cura di suo figlio, un figlio che non sapevo neanche stesse aspettando. Vidi il suo ventre gonfiarsi e lui impallidire, esausto per la magia che stava compiendo. Non dimenticherò mai come si squarciò per far nascere Thomas, per poi tornare, subito dopo, pulito e pronto alla morte...-

- Fermo un attimo. Non per interrompere il tuo racconto strappalacrime, ma l'ha partorito lui?-, chiese Tara, perplessa.

E a questo l'uomo si fece sfuggire un pallido sorriso.
- Loki era una creatura piuttosto bizzarra.-

- E, in tutto questo, c'era un padre?-

- Sì.-

- E non eri tu.-

- Non ero io. Credo tu lo conosca, quanto meno di fama: Tony Stark.-

Tara si fermò, coprendosi la bocca con una mano.
- Lo Spettro...-

- Quel nome è ridicolo...-, commentò Clint, - Non ho mai conosciuto un uomo più concreto e materiale di Tony in tutta la vita.-
Si abbassò, insinuandosi sotto a un tubo metallico e facendo cenno all'altra di seguirlo in fretta, prima che quell'apparecchio infernale avesse la pessima idea di spostarsi.

 Lei lo fece titubante e gemette, disgustata quando qualcosa di vischioso le colò su una spalla.

- E' solo olio, o una sostanza lubrificante, niente di così schifoso, forse è la macchina stessa a produrla. Possiamo pensare quello che vogliamo a livello etico, ma una cosa è certa: questa cosa è viva.-

- Questo vuol dire che può vederci?-

- Non lo so. E' il progetto più complesso che abbia mai visto realizzato. L'opera di un dio che ha creato la vita, anche se temo possa essergli sfuggita di mano.-

- Di chi stai parlando, adesso? Thor o Loki?-

- Di Stark.-

- Ma Stark non era un uomo?-

Clint la guardò, scavalcando altre componenti.
- Un uomo con il cervello di un dio. C'è forse qualche differenza?-

Tara tacque, confusa.
-Dove credi che sia scomparso?-

- Credimi: è una domanda che preferisco non pormi.-

- Thomas odia Stark. Come... come farai a spiegargli che è suo padre?-

- Nello stesso modo in cui gli ho spiegato che non era mio figlio: prendendomi il rischio.-

- L'averti ferito e insultato per questo è il suo più grande rimpianto. Si tormenta da vent'anni per non averti potuto chiedere perdono. A prescindere dalla biologia, sei l'unico genitore che abbia ritenuto tale e gli manchi orrendamente.-

- Io non ce l'ho con lui, Tara. Non c'è alcun bisogno di difenderlo. Era solo un ragazzino quando glielo rivelai. La sua reazione non fu affatto esagerata. Avrei voluto avere il tempo di dirgli anche tutto il resto, ma non ho potuto. Sei la sua ragazza?-

- No. Siamo solo amici, io... ho qualcun altro per la testa.-, ammise lei, abbassando lo sguardo.

- Qualcuno che non ti merita?-

- Qualcuno che ho fulminato prima di scendere qua sotto. Io vorrei solo che Steve fosse sincero con me.-

Clint scoppiò a ridere.

- Steve?! Potresti essere la sua pronipote o giù di lì! Oddio, meno male che Stark non è qui, o riderebbe sino al collasso!-

- Parli dello Spettro come se fosse una persona normale.-

- Perché E' una persona normale, Tara. Era... un amico, prima che...-, si zittì di colpo, adombrandosi.

- Prima di cosa?-

- Prima che uccidesse Loki.-

- Quindi l'ha fatto davvero?-

-Sì.-, annuì Clint.

- A quel che ne so stava distruggendo il pianeta, doveva essere fermato.-, obbiettò lei.

- Conoscevo Loki a sufficienza per poter dire che nulla, nelle sue azioni, era lasciato al caso. Lui... ha risolto tutti i problemi del mondo in un colpo solo: ha raso al suolo l'economia, demolito i governi, eliminato la sovrapopolazione, sconfitto le religioni e educato Stark perché fosse in grado di sopperire ai bisogni del nuovo mondo. Non posso dire che quel che ha fatto sia giusto, tuttavia, a livello matematico, il suo piano era ineccepibile. Sfortunatamente non aveva previsto cosa Stark avrebbe fatto dopo. Tu sei troppo giovane per ricordarlo, ma i primi anni dopo la devastazione causata da Loki sono stati i più floridi e rilucenti che la razza umana abbia mai conosciuto. Non so cosa sia successo dopo e ho paura a chiedermelo, soprattutto vedendo questa macchina.-

- Mi sembra di sentir parlare Howard. Con qualche scrupolo morale in più, magari.-

- Howard?-

- Il figlio dello Spettro.-

Clint si fermò, irrigidendo la schiena, infastidito.

- Ah, ha avuto anche il coraggio di fare un figlio con qualcun altro?-, sibilò. - Ci ha messo proprio poco a consolarsi. Mi chiedo se gliene sia mai davvero fregato qualcosa di Loki, a questo punto. Stupido bastardo.-

Proseguirono in silenzio attraverso i viscidi cunicoli di quella macchina. I tentacoli sembravano non curarsi affatto di loro e questo non era altro che bene.
L'uomo sfiorò l'arco in Mithrill che ancora portava a tracolla per infondersi un po' di sicurezza. Non che le scarse frecce che aveva con se potessero essere risolutive, qualora la macchina avesse deciso di reagire, ma sentirne il contatto gli infuse coraggio.

Il metallo si aprì, d'improvviso, sotto i loro piedi e loro precipitarono verso il basso. Tara strillò, quando i tentacoli avvilupparono entrambi.

- Calmati e non divincolarti! Lascia che ci trasportino!-, le intimò Clint.

E così fecero, si lasciarono stringere da quell'abbraccio meccanico e, lentamente, cominciarono a scivolare verso il basso.

- Questa cosa... è disgustosa.-, gemette lei.

- Concordo, ma non dirlo troppo forte. Non ho alcuna voglia di farla incazzare.-

Il reticolo si aprì di nuovo e i tentacoli li lasciarono precipitare ancora una volta. L'atterraggio fu doloroso, ma entrambi ne uscirono quasi incolumi.
Sorprendentemente c'era luce là sotto, una luce intensa e giallognola.
Clint si risollevò per primo e alzò lo sguardo.
Si coprì la bocca, spalancando gli occhi, orripilato.

- Oh, mio Dio!..-

Tara, alle sue spalle, si fece sfuggire un singulto strozzato, incapace di parlare.





 - 2395 unità nella piazza 37-B.-, comunicò un soldato.

Howard serrò le labbra e lanciò uno sguardo alla porta. Rogers non era ancora arrivato, e ormai erano passati quarantadue minuti.
Qualsiasi decisione dipendeva da lui, non poteva più aspettare i comodi del Generale.

- Banner, comunichi agli uomini di tenersi pronti ai portelli F-12, F16 e K-22.-, disse allo scienziato, prima di prendere posto alla consolle e indossare il casco di controllo. Non si lasciò frastornare dalle luci e dai suoni intensi e sfruttò il collegamento video dell'Osservante AS-117 per avere una panoramica della piazza.
- Osservanti AS-13, AS-98 e AS-471 in assetto da combattimento. Attaccherete al mio comando.-, comunicò - Osservante AS-117, zooma sulla folla.-

Oltre duemila unità.

Da che ne aveva memoria Howard non aveva mai visto un assembramento tanto imponente. Non era preoccupato, le macchine potevano gestirlo, ma qualcosa si stava muovendo al di fuori della Fortezza e non poteva non tenerlo in considerazione. La realizzazione del suo piano gli sembrava sempre più prossima.
Poteva funzionare. No: avrebbe funzionato, ma il momento non era ancora giunto.

Esaminò i volti e le armi rudimentali con cui  le unità avevano avuto l'ardire di presentarsi allo scontro e provò pena per loro.

- AS-13, AS-98, As-471, accerchiamento della piazza a velocità sostenuta. Attivare teletrasporto ad ampio raggio.-, ordinò.

Monitorò i movimenti delle tre macchine, ammirando la loro precisione, la loro poetica leggiadria nei movimenti.
Suo padre era un vero artista.
Gli Osservanti, ovviamente, erano del tutto autonomi e potevano muoversi anche senza direttive esterne, ma la verità era che lui amava rapportarsi con loro. Li conosceva, sapeva come prenderli. In un certo qual modo sentiva quasi di poter dire di essere uno di loro.
Non si sorprese quando la folla iniziò a fuggire in tutte le direzioni con uno schema caotico e impreciso, mentre molti venivano teletrasportati. Solo un uomo rimase immobile al centro dello scontro: Era minuto e Howard non lo giudicò come pericoloso, ma capì  il suo errore, quando il primo Osservante languì in uno scricchiolio metallico e si abbatté, smontato, ai piedi dello sconosciuto.

- AS-13, AS-98, ritiratevi dal quadrante 6H. Ripeto...-, ma non fece in tempo a salvare le due macchine.

Pieno di rabbia e di frustrazione le vide esplodere, una dopo l'altra, in un vortice di scintille.

Agghiacciato e sorpreso rimase inerte per qualche istante, mentre la folla, ricostruite le file, avanzava verso la Fortezza, seguendo il misterioso individuo che la precedeva con passo sicuro e occhi folli d'ira.
Si alzò in piedi e si levò il casco, posandolo sul tavolo, poi estrasse una piccola sfera di metallo dalla tasca.

- Attiva scanner.-

- Howard, cosa vuoi fare?-, si allarmò Bruce.

- Do alle unità qualcosa che possano capire: un volto a cui rivolgersi.-, ribatté il giovane, mentre la sfera gli vorticava attorno.
- Trasferisci ricostruzione 3D alla memoria centrale.-

Senza premunirsi di fornire altre spiegazioni, infilò nuovamente il casco.

- AS-117, arretra. Tienti lontano dall'unità centrale della folla, proietta la mia ricostruzione olografica e attiva collegamento audio-video.-

La macchina eseguì e Bruce, dagli schermi, poté osservare l'immagine di Howard comparire a pochi metri dal potente sconosciuto. Quel che era riuscito a fare alle macchine andava al di là delle capacità di qualsiasi mutante, non era sorpreso che il giovane comandante ne fosse rimasto turbato.

- Identificati.-, disse Howard.

- Il mio nome è Thomas Barton, macchina, e non ho alcuna intenzione di parlare con te.-

Thomas sollevò una mano, ma il suo incantesimo non provocò altro che un leggero disturbo nell'immagine olografica.

- Che cosa sei?-

- Niente più di un uomo.-

- No.-, Howard assunse un'espressione granitica - Tu sei molto più di questo: sei un errore di programmazione, verrai eliminato.-

- Fa' uscire gli uomini dalla Fortezza, macchina, disarmati, e ti garantisco che a loro non verrà fatto alcun male, altrimenti pagheranno tutti, non solo lo Spettro.-

Bruce vide Thomas sollevare lo sguardo e dal suo voltò intuì che l'altro aveva capito la fonte dell'ologramma. Un istante dopo l'Osservante AS-117 perse il collegamento e lo schermo si fece nero.

Howard balzò in piedi e si levò il casco.

- Mandate gli uomini. Squadroni N-7, N-8, N-21 e N-37, attacco simultaneo da tutti e quattro i lati, dodici Osservanti dall'alto. Non una macchina di più, non voglio subire altre perdite! Che gli altri squadroni si schierino lungo il perimetro della Fortezza.-

- Ma se mandiamo anche gli Osservanti c'è il rischio che anche i nostri uomini vengano teletrasportati, signore.-, obbiettò un soldato.

- Non mi interessa!-, tuonò il giovane - Io scendo, abbiamo una cellula della resistenza all'interno delle mura, la eliminerò personalmente.-

Corse fuori dalla sala di controllo e si infilò nell'ascensore.
Raggiunto il  corridoio 138-Ovest entrò nella sala operativa e imprecò nel vedere Rogers a terra. Senza curarsi delle sue condizioni, tornò in corridoio.

- Esci fuori...-, mormorò.

Un piccolo robottino bio-meccanico sbucò fuori dalla sua manica sinistra e zampettò sino alla sua mano aperta.
Howard sorrise appena, aveva trovato la scheda madre del suo piccolo amico in un vecchio robot distrutto che suo padre non aveva mai avuto il tempo di riparare. Jarvis gli aveva detto che si chiamava Ferrovecchio. L'aveva presa e trasferita su un altro supporto di sua invenzione, le aveva dato un corpo e l'aveva risvegliata, scoprendo di avere tra le mani un sistema auto-apprendente. Lo portava sempre con sé da più di vent'anni.

- Ciao, Ferrovecchio.-, mormorò.

E il robottino gli rispose con una serie di acuti squittii elettronici.

- Devi seguire una traccia, amico mio, biologica, femminile, non del tutto umana. Tracciala, dobbiamo trovarla ed eliminarla, non possiamo permetterle di raggiungere Jarvis.-

Ferrovecchio mutò la sua mecha-struttura e si sollevò in volo grazie alla propulsione di un minuscolo reattore.
Howard tirò fuori la pistola e seguì la luce dell'amico attraverso quei corridoi bui.



N.d.A.: Eccomi qui ^^,
un bel "tiè!" di circostanza a chi considerava morto il povero Ferrovecchio o gliela stava, comunque, tirando XD (Sparrow, ogni riferimento è puramente casuale <3), al di là delle scemate, spero che questo capitolo abbia chiarito alcuni, solo alcuni, dei vostri dubbi e che vi sia piaciuto.
Grazie infinite di tutto, ragazzi, davvero!
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 5
*** Homo ex machina ***


Homo ex machina




Il silenzio era spettrale, là sotto. Solo i respiri affannati di Tara sembravano riempire quelle inquietanti segrete.
Clint, barcollando, arretrò, senza riuscire a staccare lo sguardo da ciò che stava vedendo.

- E'... è un uomo quello?-, balbettò la donna.

L'altro si costrinse a distogliere lo sguardo da quel corpo nudo sospeso a una decina di metri sopra di loro. I cavi  della macchina penetravano a fondo nelle sue carni, lungo l'intera lunghezza della spina dorsale; altri affondavano nelle suo collo, nel suo ventre e nella sua bocca, altri ancora, invece, gli avviluppavano braccia e gambe, così da tenerlo sollevato. Un tentacolo più grande degli altri era collegato al centro del suo petto ed era quello ad illuminare la zona.
Interamente ricoperto dal liquido vischioso delle macchine, quel corpo lercio sembrava essere rimasto immobile per anni, decenni. Sudici e lunghissimi capelli scuri serpeggiavano verso il basso, immobili in quell'aria gelida, tagliente e ferma.

- L'uomo che vedi è il tuo Spettro...-

Non era stato difficile per lui riconoscerlo, anche se avrebbe preferito che i suoi occhi, così affinati, per una volta avessero fallito.

 Tara si coprì la bocca con una mano, agghiacciata. Si rialzò di scatto, studiando la parete di mobili tentacoli meccanici.

- Dobbiamo tirarlo giù!-, esclamò con voce rotta.

Lui l'afferrò per un braccio, trattenendola indietro:
- No.-

- Ho capito che lo odi, ma non possiamo lasciarlo così! Questa macchina mostruosa lo sta...-

- Non è così semplice... io...credo che ci si sia messo da solo, lì.-

Tara si divincolò, spingendolo indietro.

- Ma non dire cazzate! Nessuno potrebbe... nessuno vorrebbe mai questo!-

Si avvicinò alla parete e cominciò ad arrampicarsi.

- Tara, io non credo che sia una buona idea!-

- E' pur sempre meglio di restarmene lì a guardare come un imbecille!-, rispose lei.

Clint sbuffò, in fin dei conti la biologia non poteva mica far miracoli: Thor avrebbe fatto lo stesso.
Stava per risponderle a male parole, quando un colpo di pistola deflagrò, nel silenzio del sotterraneo. Tara strillò e cadde di schiena. Barton la sollevò prontamente e si levò dalla linea di fuoco, guardandosi intorno, nervoso.

- Se avessi voluto ucciderti l'avrei fatto, ma mi sarete più utili in altro modo. Uscite fuori e risparmierò le vostre vite.-, la voce di Howard risuonò forte e chiara, benché da un punto imprecisato di quel groviglio meccanico.

- Howard, quello stronzo!-, grugnì Tara, reggendosi il braccio sinistro ferito.

- Howard il figlio di Stark?-, bisbigliò Clint, strisciando indetro e portandola con sé.

- Sono cresciuto qui sotto, Tara. Tu e l'altra unità non avete possibilità di nascondervi.-, proseguì il giovane, avanzando senza timore tra i cunicoli.

Era vero: benché l'ubicazione del padre gli fosse stata rivelata solo una decina di anni prima, aveva trascorso tutta la sua infanzia laggiù, fatti salvi gli sporadici momenti passati in compagnia di Bruce, o quelli in cui aveva segretamente spiato il Generale Rogers.

Steve, nella sua umanità, era sempre stato un enigma per lui, arrivando quasi a rasentare il livello dell'ossessione.

Clint lasciò Tara e si sfilò l'arco dalle spalle.

- Ragguagliami su quel che è in grado di fare.-

- Dopo Steve, è il miglior soldato della base. E' un maestro nel corpo a corpo, abile con le armi da fuoco e quelle da taglio...-

- Sì, questa tiritera la conosco e sono ben certo di poter fare meglio di uno spocchioso trentenne. Volevo dire: devo aspettarmi qualche sorpresa? Telecinesi o qualche altra dannata capacità sovraumana?-

- No. Niente del genere.-

Fu Howard stesso a rispondere, comparendo alle loro spalle attraverso i tentacoli con la pistola spianata.

- Getta l'arco e non vi farò alcun male.-, continuò.




- Il cordone Est ha ceduto, signore!-

Lo Shielder si voltò verso Bruce, nel panico.

I ribelli avevano sbaragliato ogni loro tentativo di difesa: il misterioso uomo aveva distrutto le macchine una per una e di fronte a così tante persone inferocite avevano capitolato. Molti erano feriti, altri ancora erano stati letteralmente massacrati.

Lo scienziato si avvicinò agli schermi e osservò con rassegnata calma cosa stava avvenendo. Guardò il volto di Thomas e ricordò il cognome che aveva pronunciato: Thomas Barton. Lo stesso cognome di Clint. Una logica ovvia lo fece tremare: quel giovane uomo era figlio di Loki.

Questo spiegava il perché le sue capacità fossero tanto straordinarie.

- Loki...-, mormorò.

A quasi trentasei anni di distanza dalla grande devastazione, mai avrebbe immaginato di ritrovarsi ancora a pronunciare il suo nome.

- E' finita.-, disse, rivolgendosi al soldato alla sua destra.

Avrebbe voluto dire: "finalmente è finita", Ma sapeva che il ragazzo non avrebbe capito. Era troppo giovane e del tutto ignaro. Lui non sapeva cosa ci fosse dietro alla Fortezza, dietro a Stark e al suo folle gesto, ma Bruce sì.
E, ormai vecchio e stanco, non riusciva più a combattere con i fantasmi che in quei trentasei anni lo avevano accompagnato con spietata ferocia. Ci aveva provato a scendere a patti con la propria morale: per molto tempo ci era anche riuscito, ma in quel preciso istante sentì con drammatica chiarezza che era giunto il momento di porre la parola fine a tutto.

Sentì  a questo punto il noto e ovattato suono di un'esplosione lontana, e chiuse gli occhi.

Stava per rivolgersi alle truppe, quando il soldato parlò ancora:

- Ho letto delle cose su di lei, signore...vecchi articoli di cronaca...-

- E a che conclusioni sei giunto?-

Bruce aveva già capito a cosa si riferisse, ma volle lasciarlo esprimersi.

Il giovane abbassò lo sguardo, a disagio.

- Lei non era un uomo normale... lei poteva trasformarsi in... qualcosa che...-

- In un mostro. Chiama le cose con il loro nome, soldato.-

- Un mostro non è un mostro se si muove per il bene comune.-

Bruce si sedette, gemendo per i dolori della vecchiaia.

- Lo credevo anche io, un tempo, ragazzo, ma quel tempo è ormai lontano e quei valori sono svaniti nella polvere delle macerie del vecchio mondo.-

- Lei potrebbe...-

- No.- lo scienziato fu brusco nel rispondere - Anche se lo volessi, e non lo voglio, non mi trasformo più da trentasei anni. Da quando Loki mi abbatté in mezzo a una New York in fiamme. Non so che fine abbia fatto il mostro, ma in questi decenni non mi è mancato e non mi manca tutt'ora. Anche sapessi come rievocarlo, non lo farei.-

Il soldato si fece sfuggire un singhiozzo sordo e chinò il capo.

- I- io non voglio morire, signore...-

- Questa non è vita... fidati se ti dico che la prospettiva della morte non è altro che una bramata liberazione.-

- HO LETTO CHE LEI ERA UN EROE!-

- Gli eroi sono spravvalutati...e comunque, io non lo sono mai stato.-

Il giovane si allontanò dalla consolle di controllo e si asciugò le lacrime con il dorso della mano:

- Io vado là fuori a difendere ciò in cui credo! Non me ne resterò seduto qui ad aspettare la morte!-, e detto questo se ne andò, sbattendo la porta.

Bruce si stropicciò gli occhi, affranto, poi tornò a guardare gli schermi.
Quel ragazzo, Thomas, aveva ormai raggiunto la cinta Est; e ben presto, lui, novello Prometeo del fuoco di una libertà ignara e tutti i suoi uomini, avrebbero fatto irruzione.




Clint lanciò l'arco addosso ad Howard e provò ad avventarsi contro di lui, solo per essere malamente sbattuto indietro da un braccio metallico. Rotolò a terra con un gemito.

Il comandante continuò a tenere Tara sotto tiro, ma diede attenzione all'altro uomo.

Sorrise.

- Ho detto che io non vi farò nulla. Ma se continuate a voler opporre resistenza, Jarvis potrebbe spazientirsi. Non so perché vi abbia portati sin qui, ma non ha alcuna importanza, vi metterò in biostasi come tutti gli altri.-

- Ti strapperò dal petto quell'ingranaggio che hai al posto del cuore!-, strillò Tara, rialzandosi bruscamente con i fulmini che le serpeggiavano sul corpo.
- Come puoi accettare tutto questo?! Come puoi vedere il tuo stesso padre in quelle condizioni e non fare nulla?!-

- Non ho intenzione di sprecare il mio tempo con una creatura inferiore che mai avrà sufficiente intelligenza per poter comprendere.-, ribatté lui, seccamente.

Un semplice cenno della sua mano e i tentacoli stritolarono Tara, sollevandola da terra. La donna si dibatté strenuamente, rilasciando molta dell'energia di cui disponeva, ma fu tutto inutile.

- Jarvis, ti prego! Fermati!-, urlò Clint - Io lo so perché mi hai portato qui, volevi che vedessi il tuo padrone! Non è mia intenzione nuocergli ma, ti prego, la ragazza è innocente!-

 Ma la macchina fu sorda ai suoi appelli e le strazianti grida di Tara si dipanarono lungo le segrete della fortezza.

- Non terminarla.-

Howard parlò e Jarvis si limitò a trattenere la donna, ormai priva di sensi, cessando di stritolarla.

- Grazie.-

Si rivolse a Clint: - Come lo conosci?-

L'ex-agente si rialzò, fissando con freddezza il figlio di Stark.

- Ho lavorato per tuo padre, molto tempo fa.-

Howard tentennò appena, ma mantenne i nervi saldi.

- Ora che ti guardo meglio, mi ricordo di te. Eri uno Shielder.-

- No.-, disse pieno di disgusto - Ero un agente dello S.H.I.E.L.D., è molto diverso.-

- Davvero? Io non la vedo tutta questa differenza, ma non m'interessa.-

- Dev'essere stata davvero un'infanzia infelice, la tua. Qui dentro con un macchina...-

Clint cercò di prendere tempo nel disperato tentativo di trovare una soluzione che, già sapeva, non avrebbe trovato. Poteva rendere inoffensivo il ragazzo, ma non avrebbe mai potuto contrastare Jarvis.

Howard sorrise.

- Al contrario. Jarvis è stato un ottimo padre per me.-

Clint sentì la morsa del panico avviluppargli le viscere, quando dei sinistri suoni di cingoli meccanici anticiparono l'arrivo di due sarcofagi identici a quello da cui lui era uscito.

- Aspetta un secondo, fermalo!-, esclamò. E aggiunse: - Possiamo parlarne. Puoi spiegarmi cos'è successo e ti aiuterò, davvero!-

- Cosa ti fa pensare che io abbia bisogno di te? L'unico modo in cui potrai essermi utile è in biostasi, unità...-

All'improvviso Steve balzò fuori dal reticolo. Non disse una parola e con un rapido movimento del braccio scaraventò indietro Howard con un colpo di scudo, facendogli perdere la presa sulla pistola e sbattere la testa.

- Jarvis! Lascia immediatamente Tara!-, ordinò.

Ma la macchina non lo ascoltò. Repentinamente sollevò invece anche Clint, serrandogli il collo con un cavo.

Cercò di bloccare anche il Generale, ma Steve fu più rapido. Afferrò Howard, prima che potesse riprendersi e lo tirò in piedi, sorreggendolo.

- Ti ho detto di lasciarli!-, ripeté, - O giuro su Dio che gli spezzo il collo!-

Jarvis sembrò fermarsi a riflettere. Poi, di scatto, obbedì alla direttiva, lasciando precipitare a terra i due prigionieri.

Clint sorrise, sollevandosi a sedere.

- Sempre al posto giusto al momento giusto, eh, Cap?-, lo apostrofò.

- Controlla come sta.-, ribatté l'altro, accennando a Tara con un cenno del capo.

L'ex-agente rise: - Certo, anche io sono felice di rivederti!-

Si avvicinò alla donna.

- Si sta già riprendendo. Tra poco sarà di nuovo in grado di prenderti a calci in culo, tranquillo.-

Steve ignorò la battuta.

- Tony aveva ragione: non eri morto.-

- No, ma a quanto pare sono rimasto surgelato per vent'anni. Che sta succedendo, qui, Steve?! Come siamo finiti dentro a un quadro di Giger?!-

- Non è il luogo adatto ad una conversazione lunga come questa, Barton. Dobbiamo andare!-

Tara socchiuse gli occhi e si infuriò alla vista del generale.

- TU SAPEVI DI TUTTO QUESTO!, urlò, rimettendosi in piedi. E continuò: - PIU' COSE SCOPRO DI TE, PIU' MI FAI SCHIFO!-

Steve scosse la testa e la guardò.

- Tara, per l'ennesima volta...-

Si rese conto con un secondo di troppo di quanto quella sua distrazione fosse stata tragica. Decine e decine di tentacoli gli furono addosso in un lampo. Gli strapparono Howard e lo adagiarono a terra con delicatezza, prima di attaccare lui con spietata ferocia.

- STEVE!-

Tara balzò in avanti, cercando di impedire che il Generale venisse ferito.

Un'esplosione colossale scosse con fragore le fondamenta della Fortezza.

Jarvis si fermò, abbandonando la lotta.

Sopra di loro, Stark, aveva spalancato gli occhi.




N.d.A.: Eccoci qui ^^, volevate Stark? Eccovi Stark. Per le risposte, invece, dovrete attendere ancora, ma non poi molto, questa storia non sarà lunghissima.
Ah, visto che l'avete chiesto in parecchi: Virginia è Pepper, il suo nome completo è Virginia "Pepper" Potts. Forse avrei dovuto mettere "Pepper", chiedo scusa.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre, vi ringrazio e vi abbraccio tutti!
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 6
*** Stark ***


Stark




- Tutto è pronto, fratello.-

Thor si pose al fianco di Loki, osservando con sorpresa e smarrimento l'imponenza dei loro eserciti affiancati. In tutta la sua vita non aveva mai considerato l'ipotesi di unire le forze. Ben più semplice era stato pensare che Asgard, un giorno, avrebbe annientato Jotunheim...

Loki osservava la scena, di fronte alla balaustra delle imponenti mura.  La mascella rigida e la mente persa nei suoi pensieri.

- Hai parlato con Hela?-, gli chiese il maggiore, posandogli una mano sulla spalla.

Il dio dell'Inganno chiuse gli occhi.

- Sì: non interverrà. Non ha voluto sentire ragioni, ma la cosa non mi ha sorpreso...-

 Thor chinò il capo, travolto da antichi sensi di colpa.

- Ascolta, fratello... non ho mai avuto modo... no. Il coraggio. Non ho mai avuto il coraggio di chiederti perdono. Se non fossi stato tanto stupido, i tuoi figli...-

- E' passato molto tempo, Thor. Siamo morti e rinati. Lasciamoci alle spalle i problemi del passato. Credimi, ne abbiamo a sufficienza di quelli del presente.-
Fece una pausa, poi riprese: - Non mi aspettavo che l'esercito di Hel si schierasse al nostro fianco. Ho solo voluto provarci.-

 - Quale sarà l'esito?..-

- Non lo so. Non sono riuscito a vedere tanto in là. Già trentasei anni sono molti per chi, come me, non è avvezzo alla precognizione. Con il senno di poi, forse avrei preferito seguire il mio primo intendimento: non scrutare mai il futuro...-

- E' una fortuna che tu l'abbia fatto.-

- Questo non lo sappiamo. Tu andrai per primo. Ti invierò su Midgard, non appena sarà possibile. Il tuo esercito ti seguirà a breve, mentre noi attaccheremo per ultimi, non appena Heimdall saprà descrivermi le dinamiche dello scontro. Ricorda di far ripiegare il tuo esercito, quando udirete il corno. Prima di tutto questo... proteggi mio figlio, ti prego...-

Thor raddrizzò le spalle.

- Considerala cosa fatta, fratello.-




I cavi si distaccarono dal corpo di Stark con raccapriccianti schiocchi e si allontanarono con rapidità, librandosi nell'aria come serpenti.

Steve afferrò Tara, costringendola dietro di sé ed imbracciando lo scudo.

Non aveva idea di quali fossero le condizioni di Tony, dopo tutto quel tempo. Non avrebbe neanche saputo dire se fosse ancora umano.
Clint, al contrario, rimase esattamente sotto di lui e osservò con raccapriccio quella scena disumana.
Contro le aspettative, Stark non cadde, ma rimase invece sospeso nel vuoto.
Non rivolse loro parola, non li guardò neppure: spalancò le braccia, scatenando un vuoto d'aria che fece cadere a terra i tre spettatori.
Scaglie di metallo turbinarono nell'aria; guizzi d'oro e rosso vermiglio andarono ad applicarsi sul suo corpo, cauterizzando con il fuoco le sue ferite e ricoprendo ogni centimetro della sua pelle, nascondendo il suo volto dietro al casco di chi, un tempo, era stato Iron Man.

- TONY, NO!-, urlò Steve, quando i reattori si accesero e l'ultimo tentacolo si staccò dal corpo dello Spettro.

Impotente, lo osservò partire via, mentre un'altra esplosione, più forte e più vicina delle precedenti, scuoteva ancora le mura della Fortezza di vetro. Il Generale balzò in piedi e lo rincorse. Ma si fermò subito, attonito e con gli occhi pieni di terrore.

- Devi tornare indetro...-, bisbigliò.

 I tentacoli di Jarvis iniziarono a muoversi repetinamente, stridendo gli uni contro gli altri con suoni sinistri.

- Qualcuno mi spiega cosa diamine sta accadendo?!-

Clint urlò per riuscire a sovrastarne il rumore.

Tara, pallida e muta, continuava a passare lo sguardo da Steve alla macchina.

- I miei compagni hanno fatto breccia...-, mormorò.

- TU NON HAI IDEA DI COS'HAI FATTO, STUPIDA!-

Il Generale si voltò di scatto e la colpì con un ceffone. Dopodiché si coprì il volto con entrambe le mani, camminando avanti e indietro per cercare una soluzione.

- Steve...-, tentò l'altro uomo, affiancando lei.

- No! No, non c'è tempo per le spiegazioni! Sino a prova contraria sono ancora un tuo superiore, Clint...-

- Ho lasciato lo S.H.I.E.L.D. da parecchio.-

L'altro lo sollevò per il colletto, sbattendolo contro la paratia metallica:

- NIENTE STRONZATE! Sei un soldato come chiunque altro! Ti ordino di uscire là fuori e di uccidere il figlio di puttana che sta guidando questa rivolta, affinchè Stark possa tornare indietro!-

- Dammi una sola buona ragione, Rogers...-

- Thomas... è Thomas...-, si intromise Tara.

Clint le scoccò un'occhiata allarmata, poi si divincolò dalla presa dell'altro.

- Mi dispiace, Steve. Non ucciderò mio figlio!-, sentenziò.

 - Tuo e di chi altri?!-, tuonò il Generale.

- Lo hai già capito. Risponderti è superfluo.-

Steve buttò a terra lo scudo.

- Allora va' e trova un altro modo per fermarlo, prima che Stark lo faccia a pezzi senza neanche porsi lo scrupolo. Fallo in fretta, abbiamo poco tempo: pochi minuti, probabilmente! Devi fidarti di me!-

Si rivolse a lei: - Tara, richiama il martello e teletrasportati con lui fuori di qui!-

- Cosa? Il martello è fuori... io non so come...-

- Distendi il braccio e chiamalo!-, le sbottò contro Clint, sistemandosi l'arco a tracolla.

La donna lo fece, titubante e, in pochi attimi il Mjolnir la raggiunse.

- Dite a Stark di tornare qui immediatamente!-, disse Steve.

- E tu che farai?..-, gli domandò Tara, confusa e preoccupata.

- Quel che devo.-




Thomas avanzò solo, lasciandosi alle spalle i propri compagni che, con spietata ferocia, stavano sfogando un'ira covata per decenni contro gli Shierlders.
Corse lungo una passerella di metallo ed osservò il complesso reticolato di fronte a lui. Suo padre era morto, Tara era morta e lui non aveva più nulla da perdere, solo qualcosa di cui vendicarsi.
Si fermò e si guardò attorno, osservando con disgusto la reggia dello Spettro.

- VIENI FUORI!-, urlò.

Ma nulla si mosse in quel groviglio di ferro e vetro. Quindi chiuse gli occhi e si concentrò.
Sollevata una mano le fiamme si dipanarono attorno a lui, incendiando l'aria e facendo esplodere tutto ciò che lo circondava.
Non lo sentì arrivare. D'improvviso una forza invisibile lo investì, facendolo volare indietro. Sfondò la balaustra incandescente e precipitò nel vuoto. Non fece in tempo a toccare il suolo che gelide dita di titanio gli serrarono la gola.
Guardò il volto meccanico dello Spettro e, per un istante, ne fu terrorizzato, poi riuscì a reagire. Con la forza della sua tecnomagia riuscì a costringerlo indietro e a smontare parte del casco. Cadde a terra e strisciò indietro, sotto lo sguardo gelido di quegli occhi dorati e inumani.

Perdeva sangue dal naso, Thomas.

Sbaragliare le difese della Fortezza era stato semplice per lui, ma allontanare quel mostro di un paio di metri gli era parso come uno sforzo sovraumano. Non aveva mai pensato a quale sarebbe potuto essere il volto della Morte, ma ormai ne era certo: aveva quegli occhi.

Con un balzo si lanciò giù dalla seconda balaustra, precipitando nel vuoto, verso i primi livelli di quel palazzo oscuro. Gridò quando la sua caduta si interruppe di colpo e i pali della struttura, piegati al volere di Stark, gli avvilupparono braccia e gambe, bloccandolo a mezz'aria.
Cercò di divincolarsi, all'inizio, e di respingerli con la telecinesi, poi: ma fu tutto inutile.

Sopra di loro, anche se non potevano vederli, i cieli rossi lampeggiarono di azzurro.

Lo Spettro si avvicinò con lentezza, da predatore; il giovane non riuscì a far altro che a guardarlo, terrorizzato.

- Perché?..-, chiese.

Non gli rispose, sollevò appena il mento e l'ennesimo palo si sollevò, stringendosi senza pietà sul collo di Thomas, impedendogli di respirare.

Un grido di rabbia e Clint si lanciò su Tony, mentre Tara cercava di liberare il giovane; ma non fu sufficiente. L'ex-agente volò in avanti ancora prima di toccarlo e si schiantò malamente sulla passerella di ferro. Non demorse; e, sfoderata la pistola, si voltò e fece fuoco ripetutamente.
I proiettili sibilarono nell'aria, rallentando sino a fermarsi nel vuoto e tornare verso colui che li aveva sparati.

Clint si gettò di lato appena in tempo, scivolò giù dalla pedana e si aggrappò disperatamente al bordo per non precipitare.

-STARK, FERMATI, TI PREGO!-, gli urlò, - DEVI ASCOLTARMI!-

Ma l'altro continuò ad avanzare, non dandogli più alcuna attenzione.
Sollevò lo sguardo su Tara che, aggrappata ai cavi e sospesa sul precipizio, cercava disperatamente di allentare il tubo che stringeva la gola di Thomas, ormai cianotico e privo di sensi.

La giovane guardò lo Spettro, spaventata, e tirò un altro strattone al cavo, per poi lasciar perdere e scagliare il Mjolnir contro di lui.

Tony si limitò a muovere l'indice e il medio della mano destra: il potente martello cambiò direzione, trascinato via dalla sua telecinesi; e si perse, lontano, tra i corridoi della Fortezza.
Gli occhi di Tara si riempirono di lacrime di puro terrore...

Quale mostro avevano ridestato dal sonno?

La parete alle loro spalle esplose con un boato fragoroso.
I cavi che reggevano Thomas vennero tagliati e i due giovani caddero sulla piattaforma. Thor, come comparso dal nulla, si avventò su Stark. Lo colpì al petto con il Gungnir, facendolo volare indietro per una decina di metri.
Avanzò in tutta la sua possanza, il volto truce e minaccioso.

- Non osare toccarli ancora!-, tuonò.

Stark, per tutta risposta, fece deflagrare un colpo al plasma, investendolo in pieno.

- Pensa a loro, portali via!-, ordinò il dio a Clint, mentre tirava su se stesso e l'altro; poi si rivolse a Stark che, animato da una gelida calma, lo attendeva nel buio, con solo il reattore Arc a rivelare la sua posizione:

- Non importa cosa credi di essere diventato, Stark, sei sempre nulla più che un uomo!-

Senza alcun preavvisto Tony sembrò sparire nel nulla per riapparire, poi, alle sue spalle. Non si lasciò andare a scrupoli, né alla sorpresa di vederlo vivo e colpì con spietata ferocia. Con la mano gli sfondo la corazza e provò a lesionargli la spina dorsale.

Fu la martellata di Tara a costringerlo a teletrasportarsi di nuovo.

- E' svanito...-, mormorò lei, - Forse..-

- E' ancora qui, da qualche parte.-, ringhiò Thor. Ma si addolcì, quando si rese conto di essere al fianco della figlia.

- Dovete andarvene, penserò io a Stark. Clint, mio nipote?-

L'agente, accucciato accanto a Thomas, sollevò lo sguardo.

- E' vivo per miracolo.-, rispose.

Tony, sospeso sopra le loro teste, fu travolto da una rabbia cieca e folle: figlio di Loki e di Clint!
Con una cannonata sfondò la passerella, facendoli precipitare, e poi, attaccò di nuovo Thor.

- DOV'E' LUI?!-, gridò, travolgendolo e trascinandolo via con sé.




Steve guardò teso i tentacoli della macchina farsi sempre più frenetici.
Prese un respiro profondo: se Stark era rimasto collegato per decenni, forse lui sarebbe riuscito a reggere per qualche minuto, a sufficienza per dargli il tempo di tornare...

Guardò Howard, ancora steso a terra: e si disse che, forse, tutto sommato sarebbe stato più saggio dargli retta sin dal principio. Quel ragazzo aveva idee strane, disumane, in un certo senso, ma logicamente ineccepibili.

Ricordò le volte in cui, quello stesso uomo, all'epoca ragazzino, aveva provato a parlargli, a fargli vedere il mondo come lo vedeva lui, a fargli comprendere il vero significato delle macchine che per Howard non erano mai state oggetti, ma esseri viventi, intelligenti e senzienti come e quanto un essere umano.
Il suo giudicarlo solo un bambino squilibrato, turbato e farneticante aveva portato il giovanissimo Stark a chiudersi sempre più in se stesso, ad allontanarsi dai suoi simili e a diventare un tutt'uno con le terribili invenzioni del padre, sino a giungere con l'identificare Jarvis come suo padre stesso e dimenticarsi di Tony.

Aveva sofferto orrendamente, Howard, quando i bisogni della collettività avevano costretto la macchina che l'aveva cresciuto a disattivare le comunicazioni dirette. La voce di Jarvis era stata la sola ad avergli tenuto compagnia tutta la vita e, all'improvviso, non c'era più.

Capiva la sua rabbia e, forse, persino il suo disgusto per quelle persone che, con malcelato razzismo, definiva semplicemente "unità".
Gli esseri umani non gli avevano dato nulla-se stesso per primo- e, di conseguenza, Howard sentiva di non dover loro nulla.

Li vedeva come null'altro che ingranaggi potenzialmente difettosi.

Avanzò lentamente sino al centro di quello spazio circolare, lasciandosi il giovane alle spalle, e ripensò anche a Tara... In quel moto di rabbia l'aveva colpita e non ne andava fiero. Troppe colpe gravavano sulle sue spalle, troppe responsabilità.
Aveva sempre dato la priorità al suo compito, lasciando dietro di sé ogni morale e ogni sentimento. Avrebbe tanto voluto dirle che l'amava... ed ora non ne avrebbe più avuto il modo.
Tara era una colpevole inconsapevole, come lo era anche il figlio di Loki.

Con tetra ironia si rese conto che era stato proprio Loki a dare inizio a tutto quello, quindi che fosse suo figlio a decretarne la fine era comprensibile, ma inaccettabile.

Sollevò lo sguardo verso la macchina.

- Jarvis, prendi me.-, gli disse.

L'I.A. non ebbe esitazioni e, abbassati i tentacoli, lo sollevò in aria, strappandogli di dosso la divisa da Shielder sino a lasciarlo nudo e vulnerabile.

Gli spinotti si conficcarono nella sua carne con rapidità, versando il suo sangue sui lastroni metallici e facendo riecheggiare le sue urla per tutte le fondamenta.
Steve si contorse e il suo corpo fu scosso da violente convulsioni, quando un tentacolo si insinuò nella sua gola, scendendo lungo il suo esofago. La sua temperatura corporea cominciò a salire vertiginosamente e, ancora cosciente, percepì l'immenso numero di informazioni che Tony aveva sostenuto per oltre trent'anni.
Copiose gocce di sangue iniziarono a scorrere fuori dalle sue orecchie, andando a mescolarsi con quelle già cadute dal resto dalle sue altre, innumerevoli, ferite.
Con occhi sgranati e colmi di lacrime, cessò di fare resistenza e si abbandonò a quella macchina, che, lo sapeva, lo avrebbe ben presto ucciso.

Lui non era Tony Stark.



N.d.A: Eccoci qui, capitolo criptico e Stark furioso. Lo so, lo so, non ci state capendo un beneamato, ma, ve l'assicuro, se qualcuno di voi avesse capito dove andrò a parare, vorrebbe dire che io avrei sbagliato su tutta la linea XD! Non smetterò mai di chiedervi fiducia e spero di star continuando ad incuriosirvi!
Un bacione e grazie a tutti!
Ros.

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Capitolo 7
*** Anima d'acciaio ***



Anima d'acciaio




Thomas riprese conoscenza provvidenzialmente. Con uno sforzo disumano attutì la caduta sua e delle due persone che stavano precipitando con lui. Tara fece il resto: richiamato il Mjolnir, scaraventò via i detriti che stavano per precipitare loro addosso, poi crollò in ginocchio accanto a Clint.
Il giovane, vedendoli, sbatté le palpebre, confuso. Strisciò indietro, spaventato.

- Come... com'è possibile?..-, bisbigliò con gli occhi sgranati, occhi chiari, i suoi, come quelli di Loki, segno inequivocabile dei suoi natali.

Clint gli si avvicinò lentamente, cauto, per non innervosirlo ulteriormente. Non sapeva se e come Thomas avesse imparato a controllare le sue capacità, quindi non voleva correre alcun rischio.

- Va tutto bene...-, gli disse con tono calmo.

- Sto impazzendo? Tu... voi siete  morti!..-

Il padre gli sorrise, tendendogli una mano.

- Se fossi morto me ne accorgerei, Tom. Vieni qui...-

E l'altro lo fece. Afferrata la sua mano, si spinse in avanti e lo strinse tra le braccia.

- Papà...-, gemette in un singhiozzo. - Mi dispiace così tanto!..-

Clint, ovviamente, sapeva a cosa si riferiva: per lui, a livello cosciente, erano passate solo poche ore da quando aveva detto al figlio ragazzino di non essere il suo vero padre. Lo aveva fatto in un bosco a centinaia di chilometri da dove si trovavano in quel momento, ed oltre vent'anni prima.

La reazione del giovane Thomas era stata dolorosa per entrambi. Si era sentito tradito da quella rivelazione e, in preda alla rabbia, l'aveva insultato, arrivando, involontariamente, ad appicare il fuoco tutt'intorno, incapace di trattenere i suoi poteri. Questo aveva richiamato l'attenzione degli Osservanti e lui era stato catturato.
Thomas aveva convissuto con il senso di colpa per tutti quegli anni, ritenendosi responsabile per la sua morte.

Gli accarezzò la nuca, cercando di placare un poco il suo pianto.

- Va tutto bene.-, ripeté con  dolcezza, - Non è stata colpa tua. E ora fatti guardare, sei così cresciuto!-, aggiunse, spingendolo appena indietro.

Thomas accennò un sorriso, prima di asciugarsi il viso dalle lacrime e dal sangue.

- Mi sei mancato così tanto. Cosa ti è successo? Perché?..-

- Ne parliamo dopo. Ora dobbiamo andare via da qui e trovare un posto sicuro. Tara? Ma dov'è finita?!-, esclamò Clint.

Thomas sollevò lo sguardo, solo per scorgere un piede della donna sparire nel buio, sopra le loro teste, tra i pali su cui si stava arrampicando in fretta. 

- TARA!-, la chiamò, ma lei non gli diede ascolto.

- Oh, proprio tutti stupidi in famiglia, eh?!-, l'arciere si lasciò sfuggire un commentaccio e sussultò, quando vide il figlio alzarsi in volo.
- Appunto...-, sospirò, quindi.

Sopra di loro, lo scontro tra Stark e Thor continuava; il dio non stava affatto avendo la meglio.

Con un gemito di dolore sfondò una parete e rotolò a terra tra i calcinacci. In quei decenni il potere di Stark era cresciuto a dismisura e Loki, ovviamente, non aveva avuto il buon senso di dirglielo. A volte si chiedeva se suo fratello lo volesse ancora morto.

Schivò con un balzo una sua cannonata, ma non poteva in alcun modo prevedere che Stark si sarebbe teletrasportato alle sue spalle. Un colpo micidiale alla schiena lo costrinse a terra; tossì sangue, e per qualche istante rimase tramortito. Sentì il piede dell'altro sollevarsi per poi schiantarsi sulla sua testa, comprimendogli le tempie tra il cemento e il suo stivale di titanio. Allungò il braccio, nel disperato tentativo di raggiungere la lancia, ma era troppo lontana e, al contrario del Mjolnir, non tornava indietro se richiamata.

- Ti devo parlare!..-, rantolò.

Lo Spettro lo sollevò, afferrandolo per il collo con una mano, mentre con l'altra accendeva il cannone a meno di un palmo dal suo volto.

- C'è solo una cosa che voglio sapere. Sii conciso.-, gli ringhiò contro.

Ma l'unico suono che udì fu il fragore del martello di Tara che si schiantava contro il suo ventre e lo trascinava lontano, nel buio della fortezza.

- Stavolta t'ho preso, stronzo!-, esclamò lei, sorridendo soddisfatta.

Accorse dal padre, ma si fermò a un passo da lui, incapace anche di respirare, oltre che di parlare. Per tutta la vita si era chiesta come fossero i suoi genitori: d'improvviso, aveva scoperto che uno di loro era un dio morto trentacinque anni prima.

Ed eccolo lì, accucciato di fronte a lei, forte e potente, benché ferito.
Incrociò i suoi occhi, così simili ai propri, e ne fu spaventata: non sapeva come, ma quell'uomo era responsabile della morte di sua madre.

E se fosse stato pericoloso?

Poi lui sorrise, sinceramente e dal cuore, e lei si rassicurò.

- S-sei mio padre?..-, gli chiese.

Thor si rialzò, scrollandosi di dosso la polvere per apparire almeno un poco più presentabile. Si sentiva a disagio e in imbarazzo, ma, nonostante questo, molto felice. Le si avvicinò e le sfiorò il viso con una rude carezza.

- Ma guardati, poco più di una bambina e già combatti come una guerriera. Sì, sono tuo padre. Come ti chiami? Mi dispiace, ma non conosco... nemmeno il tuo nome.-, chinò il capo, abbattuto.

- Tara. Il mio nome è Tara.-

Thomas atterrò alle loro spalle, ed il dio del Tuono sorrise ancora.

- Vedo che già conosci tuo cugino.-, disse, rivolto alla figlia.

- Cugino?-, chiesero i due all'unisono, guardandosi confusi.

- Sì!-, intervenne Clint afferrandoli entrambi, - Una storia lunga e perigliosa, ma questo NON è il posto adatto per fare salotto e ripassare l'albero genealogico!-

Neanche l'avesse evocato, Stark ricomparve e volò contro di loro con spietata ferocia.
Prima che a Clint sorgesse anche solo l'intenzione di impedirglielo, Thomas si slanciò in avanti contro il suo vero padre. Le loro telecinesi si scontrarono e un'esplosione di energia, muta e devastante, mandò all'aria ciò che restava di quella stanza immensa.

Senza curarsi delle macerie si allontanarono, balzando verso l'alto, fuori dalla Fortezza di vetro.

- Loki mi ucciderà...-, mormorò Thor, dopo esser riemerso da sotto un traliccio con Tara sotto braccio.

Clint strisciò fuori da sotto altri detriti; sanguinante, ma non ferito gravemente.

- Credimi: se gli succede qualcosa, prima ti ammazzo io!-




Howard socchiuse gli occhi e si rigirò sulla schiena con un gemito.
Aveva giusto intravisto lo scudo, prima che Rogers glielo sbattesse in faccia. Si mise seduto, scostandosi via il rivolo di sangue che gli scorreva lungo la tempia destra con la mano guantata. Dolore, provò dolore. Questa sua caratteristica tutta umana l'aveva sempre incuriosito. Le macchine non provavano quel tipo di sensazione.
Esaminò le macchie umide sulla superficie opaca del suo guanto nero, affascinato.
Poi un suono gocciolante attirò la sua attenzione. Guardò di fronte a sé e vide un'altra pozza di sangue.
Non era il suo. Era impossibile ne avesse perso tanto.
Sollevò appena il viso, quanto bastava per scorgere Rogers, avviluppato e trafitto da decine e decine di tentacoli metallici.
Sgranò gli occhi e, per la prima volta nella vita, il suo cuore perse un battito, sconvolto dall'orrore.

Si rialzò in piedi, barcollando, in preda a uno sconvolgimento emozionale che era del tutto incapace di gestire.

- J-Jarvis, no!-, esclamò.

La macchina allungò un tentacolo per sorreggerlo, ma il giovane si ritrasse.

- Che gli stai facendo? Lui non è in grado di... lascialo!-

L'I.A. non obbedì, ma non cercò più di toccarlo, rispettando la sua decisione. O forse la sua paura.

Howard arretrò ancora. Era sempre stato pronto a considerare qualsiasi unità come sacrificabile, ma non... non Rogers. L'aveva sempre osservato, sempre invidiato, questo perché, con tutta probabilità, avrebbe voluto essere come lui, o, per lo meno, ottenere la sua attenzione, se non la sua approvazione.

Si era spesso chiesto cos'avesse Tara più di lui, senza riuscire mai a spiegarselo. Non era in grado di comprendere i sentimenti, altrui o propri che fossero.

- Ti ho detto di lasciarlo! E' un ordine!-, urlò.

Per tutta risposta Jarvis conficcò un altro tentacolo nel corpo di Steve, che sussultò di riflesso; e poi lo ricoprì di azoto liquido per abbassargli la temperatura e mantenerlo vivo il più a lungo possibile.

L'altro distolse lo sguardo e scosse il capo.

- Ascoltami: so cosa stai facendo, ma non è questa la procedura corretta, Jarvis... La Fortezza è sotto attacco e mio padre è dovuto scendere in campo, ma tu non dovevi prendere Rogers. Non può reggere e lo sai benissimo! Prendi me al suo posto, avevamo un piano, rendiamolo operativo!-

La macchina lo schiaffeggiò con un cavo, costringendolo indietro.

- So che il mio prototipo non è ottimale, e che non abbiamo neanche lontanamente il numero di unità che ci servono... ma tentiamo, almeno!-, insistette e, quasta volta, lo schiaffo lo fece finire a terra.

- Oh, quindi è me che vuoi proteggere!-, esclamò, aggrappandosi alla parete mobile per rimettersi in piedi, - A questo punto che differenza vuoi che faccia?! Spiegamelo! E' finita, Jarvis!-, urlò.

Il corpo di Steve, sopra di loro, si scosse in violente convulsioni.

- LASCIALO, LO STAI UCCIDENDO!-

Corrugò le sopracciglia e, prima che la macchina potesse fermarlo, estrasse la seconda pistola dalla manica della giubba nera e se la punto sotto il mento, facendo scattare la sicura.

- Mi ascolterai, adesso?!-, gli domandò con occhi lucidi.

Jarvis immobilizzò tutti i suoi tentacoli e il corpo del Generale cessò di tremare.
Howard deglutì un singhiozzo amaro e colmo di tristezza.

- Qualche minuto in più non fa differenza e sono pronto a spararmi...-, mormorò.

Accettò una carezza della macchina, ma non spostò il dito dal grilletto, più che deciso a vincere quello scontro al limite della logica, o, forse, della follia.

Una paratia si spostò e un'accecante luce illuminò la zona. Jarvis gli stava mostrando il suo cuore, al cui centro brillava uno scettro antico, ornato da una pietra di smeraldo. Lo scettro che, in un tempo remoto, Thor aveva forgiato per Loki e che Tony aveva recuperato dalle macerie della Stark Tower, trentacinque anni prima.

Pulsava il cuore della macchina, in un incrocio di piccoli fili brillanti.

Il giovane esitò, facendo un passo indietro.

- N-No, non chiedermi questo!..-, gemette, mentre due lacrime gli scorrevano sul volto.

- Lascialo andare e basta, puoi farlo!-

 - No. Non posso.-, esplose improvvisa e dirompente nel silenzio di quei sotterranei la voce di Jarvis.

- Ho delle direttive a cui non posso venir meno. Sono una macchina, Howard.-

- NO! Tu hai libero arbitrio... tu...-

- Posso prendere decisioni in base alle mie possibilità, come ogni creatura senziente nell'universo; ed è ciò che sto facendo in questo momento. Sai che non posso lasciare andare Rogers e non voglio prendere te.-

- Perché no?!-

- Perché ti ho cresciuto, Howard, e sei mio figlio, più che di padron Stark. Non posso e non voglio farti del male. Quindi fa' quel che devi e non guardarti indietro. Vivi come un uomo.-

Howard allontanò la pistola dal suo mento e la puntò con mano tremante.

- Ti voglio bene!..-, singhiozzò.

- Anche io.-

L'uomo chiuse gli occhi e premette il grilletto.

Il proiettile sibilò nell'aria, andando ad infrangere la gemma che esplose in schegge. La luce iniziò a lampeggiare, i tentacoli meccanici a stridere violentemente gli uni contro gli altri. Steve precipitò a terra: con uno schianto, si abbatte sui lastroni di metallo.

Howard rimase paralizzato ad osservare il padre morire, incapace di muoversi e di accettarne la perdita.
L'aveva ucciso lui... e per che cosa? Per un'unità che non aveva fatto altro che criticarlo per tutta la vita.

Con le energie che le rimanevano la macchina strinse lui e Steve tra le sue spire e li sollevò verso l'alto, mentre centinaia di esplosioni iniziavano a dipanarsi in un effetto domino incontrastabile. Con un ultimo abbraccio al figlio umano, li depositò in prossimità dell'uscita più vicina, poi sigillò l'apertura verso il basso con i tentacoli, proteggendo entrambi dalle fiamme e dai detriti.

- Mi dispiace!..-, gemette Howard, sfiorando i cingoli metallici con la mano.

Fu Ferrovecchio a scuoterlo dal suo shock. Fuoriuscito dalla sua manica lo punse al viso con una delle sue zampette, poi si sollevò in volo e illuminò a giorno l'ambiente circostante, pigolando concitato.

Howard si pulì il volto dalle lacrime.

- Hai ragione, amico mio...-, mormorò, - Non è ancora finita.-

Si avvicinò a Steve e si levò un guanto per potergli sentire il polso. Era debole, ma c'era ancora. Non si premurò di controllare altro e se lo caricò in spalla, mentre Ferrovecchio, sfruttando l'energia del suo microreattore, apriva la paratia per il corridoio attiguo.
Corse via, lottando contro il tempo per salvare non solo la vita di Rogers, ma anche la propria.

Un'esplosione colossale distrusse la metà della Fortezza alle sue spalle e lo sbalzò in avanti, facendolo andare a sbattere contro una parete. Gemette di dolore ma si rialzò subito, caricandosi di nuovo del peso di Steve e, finalmente, raggiungendo i suoi alloggi.




Stark abbatté Thomas al suolo con tanta potenza da incrinare da cima a fondo il pannello di vetro infrangibile.
Rimbalzò più volte sulla superficie, prima di fermarsi, esausto, dolorante e senza fiato. Sollevò lo sguardo verso lo Spettro e strisciò indietro, terrorizzato. Aveva saputo sin dal principio che non avrebbe mai potuto vincere quello scontro: ma, quanto meno aveva salvato suo padre e Tara.

Vide il cannone della mano destra di Tony brillare e seppe con drammatica certezza che quella luce azzurrognola sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto.
Ma, all'improvviso, Stark si fermò, spense il cannone e si voltò di scatto.

- Jarvis!-, esclamò.

Un tremore violento scosse l'intera struttura; poi l'esplosione raggiunse la superficie: miglia e miglia di terreno si sollevarono in aria, ben al di là dei confini della Fortezza. Thomas gridò, finendo sbalzato indietro dal vuoto d'aria. Con disperazione si aggrappò al bordo.
Trascorsero agghiaccianti secondi, in cui non riuscì a vedere nulla a causa del pulviscolo sollevato da tutta quella devastazione, poi si sentì afferrare per la maglia e trasportare in alto a folle velocità.

Al di sopra della nube i cieli lampeggiarono di rosso per un ultimo brevissimo istante, prima di tornare azzurri. Definitivamente, questa volta.
Stark afferrò il giovane dietro la nuca e lo costrinse ad alzare il capo.

- Guarda cos'hai fatto!-, gli urlò contro.

Thomas spalancò gli occhi e rimase agghiacciato.

- Oh mio Dio...-, gemette.



N.d.A.: Ed eccoci qui, ci avviciniamo alla fine, ma tranquilli, mancano ancora diversi capitoli, non so esattamente quanti, ma con questo siamo entrati, di fatto, nella fase finale. Fa uno strano effetto dirlo, dopo quarantatré capitoli dei Semi di Yggdrasill e sette di Sognando Cieli Azzurri (contando questo), ma, tant'è... Ok, è l'una e mezzo passata e sto diventando malinconica.
Grazie infinite a tutti voi, come sempre!
Passo e chiudo,
un bacione,
Ros.

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Capitolo 8
*** Cosa c'è al di là del cielo? ***


 

Cosa c'è al di là del cielo?




Le luci del generatore di emergenza che Howard stesso si era premurato di costruire per i suoi alloggi, lampeggiarono un paio di volte, prima di accendersi a pieno regime. In silenzio e con ancora il Generale Rogers sulle spalle, percorse il lungo corridoio, ignorando le teche in cui, per anni, aveva raccolto ogni cimelio appartenente alla vecchia era.
L'era che lui non aveva mai visto.
Superò quella contenente il vecchio costume di Capitan America e si avvicinò a grandi passi a quello che, all'apparenza, sembrava un grosso sarcofago rettangolare.
Premette alcuni tasti su un pannello olografico e l'oggetto si aprì con un sibilo. Vi adagiò dentro Steve, preoccupato dalle sue condizioni. Ferrovecchio gli si posò su una spalla e pigolò qualcosa.

- Sì, lo so che la capsula medica è solo un prototipo, ma non ho un'altra soluzione. Funzionerà. Deve farlo.-, gli rispose.

Il piccolo robot emise ancora qualche verso confuso e Howard sorrise, sollevandolo con delicatezza per posarlo sopra alla capsula medica.

- Andrà tutto bene.-



Clint rimase senza parole.
Era corso avanti, lasciandosi alle spalle sia Tara che Thor e si era arrampicato sui calcinacci e i tralicci ammassati in seguito a quella devastante esplosione. Il fumo si era rapidamente diradato, lasciando intravedere il cielo. L'ex agente si sarebbe aspettato di rivedere la sfumatura grigiastra che per lui rappresentava l'azzurro, ma rimase agghiacciato: centinaia e centinaia di astronavi coprivano l'intera volta.
In un secondo tutto gli fu chiaro. Stark era tutt'altro che impazzito.
Thor e Tara lo raggiunsero e la ragazza si coprì la bocca, sconvolta.

- Cosa sono quelle cose?..-, domandò.

Il dio del Tuono strinse Gungnir in una morsa.

- Il nostro nemico.-, rispose, pregando che Loki facesse in fretta.

- Tu sapevi tutto! Sapevi che Stark li stava tenendo fuori, perché non hai detto niente?!-, gli urlò contro l'arciere.

- Ho potuto tornare sul pianeta solo poco fa. Non avevo modo di raggiungere Midgard e...-

Improvvisamente Stark planò giù e sbatté Thomas ai piedi di Clint.

- Riprenditi il tuo bastardo.-, sibilò.

- Tony, ascolta...-, tentò l'uomo.

L'altro non gli diede ascolto e si risollevò in volo. In quel momento il fatto che Loki fosse vivo e avesse avuto un figlio da Barton passava in secondo piano.
Doveva salvare il pianeta.

- IO NON POTEVO SAPERLO!-, gli urlò dietro Thomas, - NON POTEVO!-

Ma neanche questo valse a trattenere lo Spettro che, senza alcuna esitazione, si slanciò verso la stratosfera, proprio mentre i portelli delle astronavi si aprivano. Una lunga scia di chitauri sciamò giù dal cielo, diretti verso la città per annientare sino all'ultima forma di vita. Il complesso Nord H25D sarebbe stato il primo a cadere.

Thor afferrò la figlia per le spalle e la guardò con intensità.

- Voglio che tu rimanga fuori dalla battaglia. Mi hai capito?-

- E tu che farai? Io ti ho appena conosciuto!-

- Io vincerò per te.-

Clint lanciò un'occhiata al dio del Tuono e si ritrovò a chiedersi se l'altro stesse fingendo, o se fosse semplicemente impazzito. I chitauri stavano sbarcando a migliaia e loro erano solo in tre. Guardò il figlio, ferito e stanco, e lo aiutò ad alzarsi.

- La matematica non è un'opinione...-, disse il giovane, - Loro sono troppi.-

- Finché gli dei avranno vita, Midgard non sarà mai abbandonata a se stessa. Non siamo soli, nipote. Non lo siamo mai stati.-, ribatté Thor, tornando ad alzare gli occhi verso il cielo.

Stark levitava a centinaia di metri di altezza, il cuore colmo di sconforto e di dolore. Non aveva più avuto percezioni per quasi trent'anni. Il suo risveglio era stato brusco. Aveva rinunciato ad ogni cosa per poter tenere la Terra al sicuro. Era diventato una macchina, aveva sacrificato se stesso per creare e tenere in piedi gli scudi.
E a cosa era valso tutto questo?
Il figlio di Loki aveva vanificato ogni suo sforzo.
Già suo padre, o sua madre, o qualunque cosa fosse il dio per quel ragazzo, aveva messo il pianeta in ginocchio una volta. Ora suo figlio era giunto a porvi la parola fine.
No.
Non era pronto ad accettarlo. Avrebbe combattuto sino al suo ultimo respiro.

Riaprì gli occhi ed era pronto a usare sino all'ultimo bagliore delle sue energie per ricacciare indietro i chitauri, quando avvertì un disturbo nella realtà. Si voltò e sgranò gli occhi sconvolto, quando uno squarcio spaziotemporale si aprì nel cielo, ad una cinquantina di metri da lui e il grido di guerra delle Amazzoni scosse la terra.
A centinaia si riversarono giù dalle nuvole, in groppa ai loro cavalli alati.
Il fragore dei due eserciti fu assordante, quando la prima schiera di guerriere si scontrò con quella dei chitauri. Colpi di spada e fasci di energia riempirono i cieli.
La seconda schiera di alieni e poi la terza, schivarono le dee e puntarono al suolo. Fu il turno di Sleipnir di uscire dalla frattura dimensionale. Tony lo osservò raggiungere Thor. Il dio del Tuono balzò in groppa e, sollevata la lancia, urlò il suo grido.
Fu a quel punto che l'uomo riuscì a percepire con chiarezza l'immenso potere di Loki: quando l'intero esercito di Asgard corse alla carica fuori dalla frattura e intraprese lo scontro.
La consapevolezza che Loki potesse aver saputo tutto sin dal principio buttò altra benzina sul fuoco della sua rabbia.
Saettò verso terra e atterrò, facendo tremare  il suolo con la potenza della sua telecinesi. Scaraventò a terra decine di chitauri, prima ancora di decidersi a usare i laser della sua armatura.

La presenza degli asgardiani cambiava le carte in tavola, ora la sconfitta non era più garantita.

Sif gli si fermò accanto, in groppa ad un cavallo bianco.

- Quando udrai il corno, ritirati, re di Midgard.-, gli disse, prima di ripartire al galoppo.

Non aveva idea di cosa ciò volesse significare, ma, date le circostanze, le avrebbe dato ascolto.

Clint, sopra di lui su ciò che restava della zona ovest della Fortezza, lanciò uno sguardo ai due giovani e, in special modo, a suo figlio. Stavano parlando e Tara sembrava scossa.

- Steve! Steve era là sotto!-

- Sarà sicuramente uscito in tempo.-, l'uomo cercò di rassicurarla con un'informazione che era tutt'altro che certa.
- Promettetemi che non farete nulla di stupido...-, disse, rivolgendosi anche al figlio.

- Io combatterò. Ho passato tutta la mia vita per liberare il popolo! Ed è colpa mia se ora siamo sotto attacco! Chi sono quelle persone? Chi sono quei mostri?-, ribatté Thomas.

- C'è qualcosa che devi sapere...-, tentò di nuovo il padre, ma fu costretto ad interrompersi quando una decina di chiatauri li raggiunse.

Non aveva più il suo arco, quindi si sganciò la pistola dalla fondina alla caviglia e sparò. Tara roteò il martello e balzò verso l'alto. Non aveva pensato neanche per un istante di dar retta a suo padre o a Clint. In pochi istanti sparì, alla ricerca di Steve.
Thomas, annientati i restanti chitauri intorno a sé e al padre, corse via e si lanciò a rotta di collo nella mischia.

- TARA! THOMAS! OH, DANNAZIONE!-, urlò loro dietro Clint.



Loki infilò l'elmo cornuto e si rivolse ad Heimdall, l'unico asgardiano rimasto al suo fianco.

- Cosa vedi, Occhio di Asgard?-, gli chiese.

- Il nostro esercito sta indietreggiando verso la città, i chitauri sono troppi.

- Attendiamo ancora.-

Il dio dell'Inganno gli diede le spalle.

- Se hai intenzione di tradire, Loki, ti ucciderò ancor prima che possano farlo i nostri nemici!-, lo minacciò il guardiano, stringendo l'impugnatura della sua possente spada.

Loki gli scoccò un'occhiata colma di rancore.

- Ho molto a cui tengo su Midgard. Per quel che vale, spero comunque che un chitauro ti stacchi la testa da collo.-, sibilò, prima di avvicinarsi al suo esercito.

- Jotun!-, urlò, - Per lungo tempo ci siamo preparati a questo scontro! Come vostro re dovrei ordinarvi di combattere per i Nove Regni, ma non lo farò. No, lunghi decenni mi separano dall'infantile bisogno di ergermi al di sopra degli altri. Io sono uno di voi e combatterò come uno di voi. Non vi ordino, quindi, di lottare per mura di sterile pietra, ma di farlo per i vostri figli, per le vostre vecchie madri e i vostri vecchi padri, affinché possano continuare a dormire tranquilli nei loro letti, affinché i bambini possano crescere, e gli anziani mostrarci la loro saggezza un giorno in più! Non è per onorare me che dovete lottare, né per il vostro orgoglio, ma per proteggere ciò che vi è più caro! Il momento è giunto!-

Un violento boato si innalzò dalle schiere di Jotunheim: altri urli di guerra, mescolati al fragore delle armi sbattute contro gli scudi.
Loki osservò il suo popolo e, una volta di più, si rimproverò per la propria antica e perpetrata stupidità. Avrebbe dovuto vedere con secoli di anticipo le vere intenzioni di Odino. Quante vite avrebbe risparmiato? Quanto dolore a se stesso e agli altri?
I suoi figli sarebbero stati ancora vivi...

Guardò Heimdall con disgusto.

- Suona il tuo corno, cane!-, gli ordinò

E il guardiano lo fece. Il suono roco rimbombò in entrambe le dimensioni.

- RIPIEGARE!-, urlò Thor, proprio mentre un fulmine si abbatteva pochi metri di fronte a lui.

Sollevò lo sguardo e vide Tara, aggrappata a ciò che restava di una delle torri di vetro della Fortezza.
E meno male che le aveva detto di restarne fuori! Nonostante questo, non riuscì a trattenersi dal rivolgerle un sorriso, prima di osservalra saltar via.
I soldati di Asgard abbandonarono la lotta e corsero indietro, spostandosi poi ai due lati. Anche le Amazzoni, sopra di loro, si allontanarono.

- Ma che diavolo stanno facendo?!-, sbottò Clint, non capendo la manovra.

Stark si sollevò in volo per togliersi di mezzo come gli era stato detto di fare. All'ultimo momento scorse Thomas, ormai solo in mezzo alla mischia. Si teletrasportò al suo fianco. Lo afferrò per la vita e lo trascinò via in volo. Era stato un gesto istintuale, dettato dal fatto che qualsiasi uomo pronto a combattere dalla sua parte fosse fondamentale.

- Lasciami!-, gli urlò il giovane.

- Guardati intorno! Eri rimasto solo, imbecille!-, gli indicò il campo di battaglia e poi la frattura.

- Che è quella?! SPIEGAMI COSA STA SUCCEDENDO!-

- Dovresti saperlo, dato che è stato tuo padre ad orchestrare tutto.-

- Clint?-

A questa domanda Tony sentì il sangue ribollirgli nelle vene.

- No. Il tuo altro padre.-

- Cosa?!-

Tony stava per rispondergli, ma sussultò, quando scorse la sagoma di Loki comparire al di là dello squarcio.
Era solo, il dio dell'inganno: solo e disarmato.

Non appena lo videro i chitauri lasciarono perdere l'inseguimento degli avversari in rotta e corsero verso di lui. Loki rimase immobile per lungo tempo, la schiena rigida, il volto fiero.
Qualche freccia saettò nell'aria, scoccata da Clint, che aveva recuperato arco e faretra dal cadavere di un Asgardiano, ma, ad eccezione di lui, nessuno mosse un dito per il re di Jotunheim. Neanche Thor.
I chitauri erano ormai a poche decine di metri da lui, a migliaia, quando Loki si decise ad avanzare con lentezza, richiudendo dietro di sé la frattura.

D'improvviso ruotò i polsi e lo Scrigno degli Antichi Inverni comparve nelle sue mani.
I primi nemici si resero conto dell'errore, ma era troppo tardi: il corpo del dio si tinse d'azzurro, gli occhi si fecero rossi e una tormenta di gelo di proportzioni colossali dipanò dalle sue mani, investendo in pieno l'esercito in corsa. Con urla e strepiti di dolore i chitauri si congelarono, fila dopo fila, poi fu solo il silenzio.

- Oh mio Dio...-, gemette Thomas.

- Sì, esclamazione appropriata.-, constatò Tony.

- Perché non hai detto niente su tutto questo?..-

- Non vedevo il motivo di scatenare il panico nella popolazione.-

- IL PANICO?! Hai una vaga idea di cosa sia successo al mondo mentre tu eri attaccato a quel mostro?!-

- Bada a come parli! Jarvis era una mia creazione e l'amico più vecchio che mi fosse rimasto! Ad ogni modo, no. Non so cosa sia accaduto in mia assenza.-

- Bhe, allora lascia che ti ragguagli...-, Thomas si interruppe, - Ne arrivano altri.-, disse, indicando altri chitauri in rotta di discesa da tutte le direzioni.

Fece per divincolarsi per volare via, ma Tony lo tenne stretto in una morsa d'acciaio.

- No. Tuo padre non ha ancora finito.-, disse, accennando al dio dell'Inganno con il capo.

- Q-Quello è mio padre?-

- Non lo sapevi?-, si stupì.

- No! Certo che no!-

- Oh, Loki, esiste qualcuno nell'universo a cui tu non abbia mentito?-, si lasciò sfuggire Tony con cupa amarezza.

Il dio dell'Inganno, sotto di loro, avanzò. Ad ogni suo passo i chitauri congelati si sgretolavano in frammenti di ghiaccio.
Alzò il capo verso il cielo. Non poteva usare di nuovo lo Scrigno, i chitauri e i loro mostri corazzati stavano attaccando da tutte le direzioni, avrebbe rischiato di congelare anche i terrestri e l'esercito di Asgard.
Rimase immobile.

- Coraggio, venite a prendermi.-, sibilò tra sé e sé con serafica calma.
Sollevò un braccio e la lunga alabarda con la gemma azzurra gli comparve in mano.
- Vieni a riprenderti ciò che mi hai donato...-

Riassunse aspetto umano, mentre l'esercito nemico, raggiunto il suolo, correva verso di lui come un'onda nera inarrestabile.
Tony scese e posò Thomas al sicuro, prima di puntare a tutta velocità verso Loki. Gli atterrò al fianco e lo scrutò con occhi pieni di rabbia.

- Sei vivo.-, disse solo.

- Così pare.-, ribatté l'altro.

- Lo sarai per poco, se la tua intenzione è quella di restare qui.-, sollevò una mano, pronto a lanciare un onda telecinetica per rallentare l'onda.

- No.-, lo fermò il dio, - So quello che faccio.-

- Oh, certo! Tu lo sai sempre!-, sbottò Tony con rancore.

Loki gli scoccò un'occhiata colma di fastidio, prima di dargli un ordine spietato:

- Vattene da qui. Raduna tutti gli uomini in grado di combattere.-

- Tuo figlio ha distrutto oltre metà della mia Fortezza, i miei uomini saranno in rotta, ormai, e le mie macchine distrutte!-

- Mio figlio? Bah, lasciamo perdere. Non è questo il luogo, né il tempo per saggiare quanto sia diventato di pietra il tuo cuore meccanico. Vattene, ti dico.-

- E sia. Crepa pure, Loki, non m'importa più!-

Tony schizzò via verso il cielo, abbandonandolo al proprio destino.

Non appena i chitauri e i loro mostri furono dove lui li voleva, il dio dell'Inganno sollevò lo scettro e, alle sue spalle, Thor e gli asgardiani partirono alla carica. Due fratture dimensionali si aprirono, una sulla destra dei chitauri, una dietro le loro file. L'esercito di Jotunheim corse fuori da entrambe, piombando addosso ai nemici da ogni direzione, proteggendo la città e costringendoli contro i ruderi della fortezza.

- Ha funzionato, fratello!-, fece in tempo a dirgli Thor, prima di buttarsi nella lotta.

Thomas, dal punto in cui Stark l'aveva lasciato, osservò sconvolto, la dinamica dello scontro. Chitauri, asgardiani e jotun combattevano corpo a corpo a terra, mentre i mostri corazzati si scontravano con altri mostri venuti dalle due fratture dimensionali e con le Amazzoni.
Fu costretto a sedersi un istante. Gli mancava il fiato: era questo, dunque, che Clint, suo padre, non era riuscito a dirgli? Che lui era, in realtà, figlio di una creatura terribile, in grado di annientare migliaia di vite in un soffio? E chi era sua madre? Sarebbe sopravvissuto tanto a lungo per ottenere quelle risposte?



- Dottor Banner! Dottor Banner, venga qui, presto!-, urlò uno Shielder.

L'uomo, chino a curare come meglio poteva uno dei soldati rimasti feriti nel crollo, si alzò con un lamento.
Non era pentito di non aver cercato di fermare il figlio di Loki. Quell'assedio era durato decenni e il popolo terrestre aveva cominciato a morire comunque di stenti e di ignoranza. Era tempo che vedesse la fine, con il meritato riposo della morte. Sapeva che dietro agli schermi che avevano dipinto il cielo di rosso si nascondeva un esercito insormontabile ed era solo una questione di tempo, sin dal principio.
Attraverso le crepe nelle mura della Fortezza, aveva visto l'esercito di Asgard, aveva scorto persino Loki, ma dubitava che il loro intervento potesse esser risolutivo.
Raggiunse il giovane soldato e seguì la direzione che stava indicando al di là della balaustra. Guardò di sotto e rimase senza fiato.

- Steve...-, mormorò, riconoscendo l'amico nella sua, ormai antica, tenuta a Stelle e Strisce con lo scudo fissato al braccio destro.

Non servì altro. Il simbolo di ciò che Capitan America rappresentava bastò a far rinascere in lui la speranza. Vide Stark planare dentro e rivorgergli qualche parola che lui non poté udire, poi entrambi corsero fuori insieme ai soldati rimasti, non più di trecento.
Si accasciò a terra e strinse la balaustra con le mani.

- Dottore si sente male?!-, si allarmò il giovane soldato.

Bruce cominciò a tremare violentemente, le vene sul suo collo e sulle sue tempie si gonfiarono e le sue iridi si tinsero di verde.

- No!-, rispose alla domanda.

Il suo corpo crebbe a dismisura, stracciando i vestiti. Il soldato indietreggiò e sollevò il fucile, spaventato a morte da quel enorme mostro verde.

- Tu, combatti!-, ruggì Hulk, prima di lanciarsi contro la parete e raderla al suolo per raggiungere la battaglia. 




N.d.A.: Eccomi, chiedo scusa per il ritardo, ma il periodo pieno ha deciso di perpetrarsi :(! Questo è, con tutta probabilità, il terzultimo capitolo di questa storia, se non il penultimo (questo dipende da quanto mi verrà lungo il prossimo XD), comunque siamo quasi alla fine. Per chi la volesse leggere, qui trovate la storia per il contest All But Stark di The Rainbow Side of Marvel: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1970513&i=1

Un bacione e grazie infinite a tutti! 

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