Una strana realtà.

di SoleStelle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Primo giorno. ***
Capitolo 3: *** Preoccupazione. ***
Capitolo 4: *** Tutto finito. ***
Capitolo 5: *** Non va mai bene niente. ***
Capitolo 6: *** No! ***
Capitolo 7: *** Sette giorni. ***
Capitolo 8: *** Inizi di convivenza.. ***
Capitolo 9: *** Educazione fisica. ***
Capitolo 10: *** Stravolgimento Angelica. ***
Capitolo 11: *** Partenza. ***
Capitolo 12: *** Gita (parte 1). ***
Capitolo 13: *** Gita (parte 2). ***
Capitolo 14: *** Nottataccia. ***
Capitolo 15: *** Classifica. ***
Capitolo 16: *** Ricordi (parte 1). ***
Capitolo 17: *** Ricordi (parte 2). ***
Capitolo 18: *** Insulti. ***
Capitolo 19: *** Fastidio.. finito. ***
Capitolo 20: *** Febbre. ***
Capitolo 21: *** Tutto da capo.. ***
Capitolo 22: *** Pace. ***
Capitolo 23: *** Cinema. ***
Capitolo 24: *** Si inizia.. ***
Capitolo 25: *** Si finisce.. ***
Capitolo 26: *** Amarsi (parte 1). ***
Capitolo 27: *** Amarsi (parte 2). ***
Capitolo 28: *** Amarla. ***
Capitolo 29: *** Dettagli.. ***
Capitolo 30: *** Sempre lui.. ***
Capitolo 31: *** Scuse? ***
Capitolo 32: *** Perdita di controllo. ***
Capitolo 33: *** Sbalzi di umore. ***
Capitolo 34: *** Scadenza. ***
Capitolo 35: *** Benvenuta.. ***
Capitolo 36: *** Non mi interessa! ***
Capitolo 37: *** Avrei dovuto.. ***
Capitolo 38: *** Avevo sperato… ***
Capitolo 39: *** La cosa migliore, eppure.. ***
Capitolo 40: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Premetto, come già detto, che questa storia è bassata su una storia vera quindi vi sarei grata se evitaste commenti tipo “sei esagerata” e cose del genere. Questo non vi impedisce di scrivere delle critiche, ma sappiate che tutto quello che ho descritto è successo realmente e che, quindi, non è frutto della fantasia sfrenata di una pazza qualunque..
 
 
 
 








 
Sarei mai stata felice?
Da piccolina molte volte mi ero posta questa domanda poi, col crescere, mi ero data una risposta: no.
Quando arrivai a questa conclusione ero poco più che una ragazza. Mi reputavo grande ma a diciotto anni non si è grandi.. si è ancora immaturi.
Eppure ero come tutte le mie coetanee.. più o meno.
Avevo sempre avuto i loro stessi sogni, le loro stesse ambizioni..
Ma qualcosa, con me, era andato storto..
Avevo commesso un errore e ne stavo pagando appieno le conseguenze..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
questo è solo il prologo, ma il primo capitolo è già pronto per essere letto..
Spero che vi piaccia..

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Capitolo 2
*** Primo giorno. ***


Mi guardai intorno, stessi compagni.. stessi arredamenti.. eppure qualcosa non mi quadrava.
Controllai nuovamente..
Avevo passato quattro anni interi in quell’aula.. la conoscevo a memoria.. eppure ora era diversa.
“allora ragazzi, come avrete notato quest’anno c’è un banco in più” disse la professoressa di italiano. Capii immediatamente cosa c’era di nuovo.. il mio banco non era singolo.. “abbiamo un nuovo studente, si chiama Stefano, diamogli il benvenuto”. Aprì la porta e lasciò entrare un ragazzo non tanto alto, biondo e dagli occhi azzurri. “per agevolare Stefano faremo un piccolo gioco che avrete fatto, sicuramente, alle elementari” continuò la professoressa.
“peccato che siamo in quinta superiore” tossì qualcuno, dal lato opposto dell’aula.
“verissimo” rispose l’insegnante. “ma con la vostra media potreste benissimo essere all’asilo”. Guardò chi aveva parlato, poi si rivoltò verso di noi. “vi presenterete, uno per uno, davanti a tutta la classe e dovrete elencare almeno tre pregi e tre vostri difetti, oltre a dire qualcosa di voi”.
Assolutamente no, io non lo faccio.. non mi umilierò, ulteriormente, davanti a loro.
Iniziò lei, per dare una dimostrazione di quello che dovevamo dire, poi fece presentare il nuovo arrivato.
“mi chiamo Stefano Bianchii, ho 18 anni e sono nato a Ferrara, ma non ci sono mai stato. Ho sempre abitato a Milano. Mi sono trasferito con i miei genitori e i miei due fratelli il mese scorso. Marco è più grande di me di un anno mentre Cristina, mia sorella, ha quattro anni in meno di me” disse in imbarazzo. Si risedette senza dire né pregi né difetti ma la professoressa sembrò non accorgersene.
Si presentarono prima tutti i ragazzi, poi toccò a noi ragazze.
Mi misi per ultima, sperando di essere salvata dalla campanella.. e così fu.
Tirai un sospiro di sollievo. Ero salva.
Arrivai indenne fino all’intervallo, poi lo vidi voltarsi verso di me.
“non ti sei presentata prima” disse. Negai con la testa.
“mi chiamo Veronica.. ma preferisco essere chiamata Ronny” dissi, svogliata. Presentarmi era l’ultima cosa che avrei voluto fare.
Uccidetemi.. o uccidete lui.. no, meglio me..
“Ronny, ok.” disse. “sei taciturna”.
“li conosco da cinque anni, e alcuni anche da più tempo, presentarci non è utile” dissi.
Presentarmi non mi è utile.
“vi ho un po’ rovinato i piani” disse. Feci spallucce.
“amano fare questo gioco appena arriva uno nuovo” risposi.
“Rò” disse Luca uscendo.
“scusami” dissi a Stefano, alzandomi. Si fece più sotto con la sedia e uscii.
“come va?” chiese. Feci una mezza smorfia.
“male” dissi. “peggio di ieri”.
Mi abbracciò e lo lasciai fare.
Mi ero sempre sentita protetta nel suo abbraccio e anche ora non potevo farne a meno.
Rimanemmo così per tutto l’intervallo poi dovemmo rientrare.
Mi risedetti al mio posto, in attesa dell’insegnante successivo ma quando vidi il professore di matematica entrare mugugnai in protesta.
Non fui l’unica, però.
“sono felice di rivedervi anche io e ora date il via alla processione” disse, prendendo il registro e chiamando il primo sfortunato.
“cosa succede?” chiese Stefano.
“vai li, consegni il tuo cellulare e svolgi un esercizio, se lo fai bene prendi un più, se lo fai male un meno e se non sai nemmeno da dove partire un quattro. Quattro meno ti abbasso di un voto la prima verifica e quattro più te lo alzano.” Spiegai.
“non sarà difficile” disse. “avevo dieci nella mia vecchia scuola”. Non gli risposi.
Tiriamocela un po’ di più..
Vidi i miei compagni di classe sfilarmi davanti, poi tocco a Stefano.
“se non vuoi fare l’esercizio e ambientarti capisco” disse il professore.
“non ci sono problemi” disse.
Svolse un esercizio perfetto.. o quasi, sbagliò un singolo segno.. nulla di grave, però.
Tornò al posto soddisfatto e dopo un po’ toccò a me.
Mi alzai e misi il mio cellulare sulla cattedra, poi presi il gesso. Mi dettò l’esercizio e lo scrissi alla lavagna, poi iniziai a fare degli scarabocchi minuscoli in un angolo. Quando fui soddisfatta ricopiai i passaggi chiave e il grafico.
“nemmeno un errore, come sempre” disse il professore.
“però vorrei tenere il cellulare” dissi.
“qualcosa non va?” chiese, guardando sia me che Luca. Annuimmo entrambi. “puoi riprenderlo allora”.
“grazie” dissi. Ripresi il mio telefono e tornai al mio posto.
Era solo il primo giorno e io già non vedevo l’ora di essere a casa mia..
Iniziavamo proprio benne.. benissimo..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
Luca, Stefano Veronica.. in soli 2 capitoli (anche se ne considererei solo uno) vi ho già detto tutto.. eppure non vi ho detto niente..
Sono e sarò misteriosa.. voglio incuriosirvi, ma sono curiosa anche io e vorrei sapere cosa pensate che accadrà.
Secondo voi cosa vi combinerò?

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Capitolo 3
*** Preoccupazione. ***


Non parlai più con Stefano per quella giornata e ne fui felice.
Non avevo tempo per degli amici.
Il mio mondo non era compatibile con serate in discoteca o a mangiare fuori.
Lo era stato, fino ai quindici anni. Poi tutto era precipitato.
L’unico lato negativo è che ora stava precipitando ancora di più.
Se tutto fosse finito sarei potuta tornare a uscire come facevo un tempo, ma non sarebbe mai successo.
Non volevo che tutto finisse e, se sarebbe andata male, non avrei comunque ripreso a uscire. Sarei rimasta chiusa in me stessa ad elaborare il mio dolore..
Corsi a casa ma non mangiai, presi solo un cambio di vestiti e uscii. Mi diressi in ospedale, come sempre, e la raggiunsi.
Non è giusto, non lei..
Quanto mi faceva male vederla ridotta in quelle condizioni.
“Veronica”. Mi sentii chiamare e mi voltai.
“buongiorno” dissi, salutando l’infermiera. “come sta?” chiesi rivoltandomi verso di lei.
“è peggiorata ulteriormente” ammise, dispiaciuta. Mi morsi le labbra annuendo automaticamente. “prima è passato anche suo padre” dissi.
“mio padre?” chiesi, incredula. Annuì contenta.
“mi ha detto di salutarla e mi ha chiesto di chiederle se potrebbe venire quando c’è anche lei per vederla” disse.
“assolutamente no.. cioè si” dissi confusa. “può venire quando vuole” conclusi.
“sarò lieta di riferirglielo” disse sorridendo. Andò via e io rimasi a fissarla..
È peggiorata ulteriormente..
Sospirai.
Avevo ricevuto un’educazione cattolica e credevo in Dio, ma in momenti come quello mi chiedevo dove fosse finito.
Un paio di giorni prima avevo incontrato un prete in quelli stessi corridoi. Ripensai alla nostra conversazione..
 
mi appoggiai al muro e mi lasciai cadere in terra..
Perché tutto quello doveva succedere a lei? Non era giusto..
“ha fede?” chiese un prete che passava di li. Annuii. “allora preghi, Dio veglia sempre su di noi”.
“lo credevo anche io” dissi. “ora, invece, mi chiedo dove sia e perché sta permettendo che accada tutto questo”.
“evidentemente crede che lei sia una ragazza forte, lui mette alla prova solo chi sa che potrà farcela.. abbia fede”

 
Bazzecole!
Dio, in quel momento, era andato a farsi un giro e non si degnava di aiutare noi, miseri, comuni mortali.
Lei non ce l’avrebbe fatta.. lo sapevamo tutti.
I medici erano stati chiari: le rimaneva poco. Le sue condizioni peggioravano di ora in ora e oramai niente sarebbe riuscito a salvarla.
Mi lasciai sfuggire una lacrima poi chiesi di poter entrare e andare da lei.
Acconsentirono a patto che, come di routine, mi lavassi viso e mani con sapone sterile e indossassi camice, cuffietta e guanti.
Seguii l’infermiera in uno stanzino che avevo già visto altre mille volte nell’ultimo periodo e mi lavai con il loro sapone, monodose. Mi asciugai con le loro salviettine sterili e misi quei ridicoli indumenti.
Ci avevo fatto l’abitudine a conciarmi così.
Era l’unico modo per starle accanto, ogni agente esterno avrebbe intaccato il suo, già debole, equilibrio.
Entrai e, districandomi tra i mille tubi che aveva attaccati, le strinsi la mano nella mia.
Rimani qui con me..
Ti prego, resisti..
Avrei voluto accarezzarle il viso ma non lo feci, era troppo rischioso. Uno di quei tubicini avrebbe potuto staccarsi, inarcarsi o rompersi.
Rimasi con lei fino a quando potei, poi tornai a casa.
Era già notte..
Mi buttai a perso morto sul divano e guardai il grande orologio sul muro.
Mezzanotte passata..
Ero rimasta con lei più del solito, solitamente il sonno si impadroniva di me molto prima.
Mi raggomitolai assumendo, quasi, una posizione fetale.
Mi mancava.. mi mancava da morire, eppure non era li con me.
Non era li a richiamare la mia attenzione, non era li a correre da una stanza all’altra, non era li a dormire, esausta, sulla poltrona. Era in quella stanza d’ospedale.. da sola..
Era la mia fonte di preoccupazione più grande..
Volevo che tutto si risolvesse nel migliore dei modi.. e ci speravo con tutta me stessa, nonostante i medici mi avessero sconsigliato di farlo..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
eccovi un altro capitolo.. spero che vi sia piaciuto..
So che non si capisce ancora molto ma presto capirete tutto.. o quasi.

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Capitolo 4
*** Tutto finito. ***


Dopo un mese avevo due notizie importanti.. una bella: la mia fonte di preoccupazione era quasi sparita; e una brutta: piacevo a Stefano..
 
Entrai in classe sorridente e notevolmente felice. Mi sedetti al mio posto e vidi Stefano fissarmi curioso.
“siamo di buon umore?!” disse.
“si.. decisamente” dissi. Iniziai a canticchiare mentre tirai fuori tutto l’occorrente per la verifica.
In qualsiasi altro momento avrei odiato una verifica alla prima ora del lunedì mattina ma non in quel momento.
Il professore di matematica entrò, puntualissimo.
Fece l’appello e, man mano che venivamo chiamati, ci fece consegnare i cellulari. Mi permise di tenere il mio, a patto che lo tenessi in mostra sul banco. Accettai.
Consegnò i compiti e si risedette alla cattedra.
Iniziai a svolgere gli esercizi tranquilla poi, dopo mezz’ora, vidi il mio telefono illuminarsi per l’arrivo di un messaggio. Lo aprii e lessi quelle uniche tre parole..
“si è svegliata” dissi, urlando di gioia.
“cosa?” chiese Luca, incredulo ma felice.
“si è svegliata” ripetei, commossa.
“nessuno di voi li ha visti entrare a scuola oggi” disse il professore alla nostra classe. “strappate i compiti vi segnerò assenti”. Obbedimmo e buttammo tutto in cartella uscendo di corsa.
Io abitavo vicino alla scuola e andavo a piedi, fortunatamente Luca no e veniva in macchina. Salii sulla sua macchina e lasciai che guidasse veloce verso l’ospedale.
In qualsiasi altra occasione la sua guida mi avrebbe terrorizzata, in quel momento mi sembrava, addirittura, lenta.
Arrivammo in pochissimo tempo.
Corremmo subito davanti alla sua porta, per spiare dal piccolo vetro.
Era li..
Era sveglia..
Era bellissima..
Iniziai a piangere, incapace di trattenermi.
Ce l’aveva fatta, a dispetto di quello che tutti i dottori avevano detto.. ce l’aveva fatta. Sentii Luca abbracciarmi per sorreggermi.
“sta bene.. è tutto finito, buona” disse. Annuii, singhiozzando.
“volete vederla?”. L’infermiera che si era occupata di lei da quando era ricoverata era alle nostre spalle, sorridente. “è ancora debole e non parla benissimo ma potete vederla”.
“si..” dissi, con la voce tremante.
“entrate allora, è fuori pericolo non c’è bisogno di camici sterili, lo sapete già” disse. “solo, se vi chiede dell’acqua, usate i guanti e cambiatele sempre bicchiere. Se avrete bisogno, comunque, chiamatemi”. Annuimmo e andò via.
Mi rivoltai e la vidi guardarsi intorno, triste.
Era sola e si stava, sicuramente, chiedendo noi dove fossimo.
Luca aprì la porta, piano, ed entrammo.
Non si accorse di noi fino a quando non sentì la porta chiudersi.
Si voltò verso di noi, impaurita ma quando ci vide sorrise.
“papino” disse, vedendo Luca. Mi spostai da dietro di lui e le sorrisi. “mamma”. Ci avvicinammo a lei, timorosi.
“come ti senti?” chiesi, dolce.
“mi fa ancora male il pancino” disse, indicandosi l’appendice.
“passerà amore” disse Luca. Ci sedemmo ai due lati del letto, sorridenti.
“quando posso tornare a casa?” chiese.
“non lo sappiamo piccolina, i dottori non ce lo hanno ancora detto” dissi.
“la tata Sandra ha detto che la settimana scorsa è stato il mio compleanno e che mi avete portato i regali” disse, indicando il mobile. “ha detto che li avete nascosti li dentro”.
“la tata Sandra allora non è stata brava, aveva promesso che non te lo avrebbe detto” disse Luca, facendole la linguaccia mentre io mi alzai e le presi i regali dal mobile.
Tornai li e mi risedetti accanto a lei.
“questo è dai nonni Paolo e Martina” dissi passandole il più piccolo dei regali.
Lo prese in mano entusiasta e lo aprì.
“gli orecchini come i tuoi” disse contenta, mostrandomeli.
“si, ma non li possiamo ancora mettere, non hai i buchi” intervenne Luca.
“quando esco posso farli?” chiese, guardandolo. Annuì, mugugnando in assenso e Angelica gli sorrise.
“questo è dai nonni Gabriele e Claudia” dissi, passandogli un altro pacchettino. Lo prese e lo aprì felice.
“la bambola che mi piace tanto” disse entusiasta.
Le passai l’ultimo pacchetto.
“questo è mio e della mamma” disse Luca, spostandole i capelli da davanti agli occhi.
Lo prese e strappò via la carta curiosa.
“ma non c’è niente” disse triste. Ridemmo..
Quella scena non me la sarei voluta perdere per niente al mondo..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
ecco qui il quadro della situazione..
Ora avete capito meglio quello che lega i protagonisti no..
Ma.. Stefano cosa c’entrerà?

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Capitolo 5
*** Non va mai bene niente. ***


Era qualcosa di assurdo quando faceva certe facce!
“penso che tu stia guardando nel posto sbagliato” dissi, prendendo la busta che aveva lanciato via con tutta la carta.
La prese e l’aprì.
Sorrise.
“è la mia cameretta nuova?” chiese.
Annuimmo.
“casa nuova, cameretta nuova” disse Luca.
Iniziò a battere i piedini contenta e la fermai.
“Angelica, amore, buona” dissi dolce. Si fermò.
“posso chiedere un altro regalo?” chiese timida.
“certo” disse Luca.
“posso avere una sorellina?” chiese, senza guardarci.
Mi strozzai con la mia stessa saliva.
“amore, non credo che sia possibile” dissi. “ma ne parliamo a casa quando starai meglio”.
“perché no, Stefano sembra molto ben disposto” sussurrò Luca al mio orecchio.
Lo guardai male.
Iniziava già?
Mi rivoltai verso Angelica.
“la tata Sandra ha detto altro?” chiesi.
“si, ha detto che anche se mi fa male il pancino sono guarita e potrò tornare a giocare” disse, contenta.
“non potrai fare sforzi però” disse Luca. Si rattristò e lui le prese la manina. “non ho detto che non puoi giocare, solo che devi stare attenta i primi tempi”.
“ma per poco, giusto?” chiese.
“si, solo i primi giorni” dissi, al posto di Luca.
Rimanemmo con lei fino alla sera poi fummo costretti a lasciarla sola.
Nonostante fosse minorenne non ci era concesso rimanere con lei nella notte.
Ci chiudemmo la porta alle spalle e ci ritrovammo l’infermiera davanti.
“come si sente?” chiese.
“bene, grazie” disse Luca.
“benissimo, se continua così la prossima settimana potrete portarla a casa” disse l’infermiera.
“speriamo” dissi.
“ora vado a sforacchiarle il braccio” disse mettendosi il naso da clown. Ridemmo.
“da te non ha problemi” disse Luca.
“già, la tata Sandra non gli fa male” dissi guardandola.
Avrei voluto ringraziarla per essersi presa cura di lei mentre io non c’ero, scusarmi per le volte in cui mi ero sfogata con lei dopo l’ennesima brutta notizia, ringraziarla per aver sempre creduto che ce l’avrebbe fatta e aver continuato a curarla quando tutti i dottori le avevano detto che oramai non c’era niente da fare.
Lei l’aveva salvata e non l’avrei mai ringraziata abbastanza..
“il trucco è tutto nel naso.. guardano quello e non l’ago” disse ridendo per poi sparire nella camera di Angelica.
Mi voltai verso di Luca e lo guardai male.
“cosa c’è?” chiese.
“Stefano?!” dissi cattiva.
“non dirmi che non ti sei accorta che ci prova con te” disse, cinico.
“e c’è bisogno di nominarlo davanti a nostra figlia?” chiesi, arrabbiata. “se non te ne fossi accorto si è svegliata dopo due mesi di coma farmacologico.. ho passato due mesi d’inferno e tu la prima cosa che fai quando si sveglia è parlare di uno che nemmeno conosco?! Bel tatto.. davvero! Tanto cosa vuoi che mi interessi di Angelica..”.
“non volevo dire quello” disse.
“va al diavolo” risposi. Mi voltai e me ne andai.
Uscii dall’ospedale e tornai a casa a piedi..
Solitamente andavo in macchina in ospedale e tornare a casa, anche a mezzanotte, non era un problema.. ma andare a piedi era tutt’altra storia.
Nonostante fosse settembre non c’era un’anima viva per le strade e la cosa mi metteva molta paura.
“sali, ti porto io” disse, affiancandosi con la macchina al marciapiede.
“vattene Luca, torno a piedi” dissi, arrabbiata. Mi seguì per qualche metro poi, notando che non gli davo retta andò via.
Girai l’angolo e, dopo pochi metri, mi maledissi. Un’altra macchina mi affiancò, ma con tutt’altre intenzioni..
Presi il telefono e chiamai Luca, iniziando ad aumentare il passo.
“è inutile che scappi” disse uno dei due ragazzi.
Rispondi.. ti prego..
“dimmi” disse secco.
“torni indietro per favore?” dissi, con l’affanno.
Riattaccò e pregai che stesse tornando indietro.
Decisi di tornare indietro, così mi bloccai di colpo e iniziai a correre in direzione opposta.
La macchina fece inversione di marcia e riprese a seguirmi. Sentii il rumore di una seconda macchina e mi voltai a guardare.
Mi fermai e cominciai a correre, nuovamente, in direzione opposta a prima.
La macchina si fermò e uno dei due tizi scese ma Luca mi affiancò e salii, mettendo la sicura.
Tirai un sospiro di sollievo quando il tipo risalì in macchina e andarono via.
“tutto bene?” chiese. Annuii, tremando.
“solo paura” dissi, incerta.
“ti riporto a casa”.
Avevo, decisamente, bisogno di stendermi.. possibile che non mi andasse mai bene niente?!
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
la storia è sempre più definita, ma scoprirete ancora molto altro.. promesso
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo.. alla prossima..

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Capitolo 6
*** No! ***


Mi sedetti sul divano mentre si guardava intorno.
“sta venendo bene” disse.
Effettivamente dall’ultima volta che era entrato in casa mia di cose ne erano cambiate.
Era entrato due settimane prima per aiutarmi a montare la camera di Angelica e non c’era assolutamente nulla nelle altre stanze, oltre alla cucina e al bagno.
Niente sala, niente camera, niente ingresso..
Ora cominciava ad intravvedersi qualcosina..
C’era la cucina, la mia camera e un divano.
“un po’ per volta sto facendo tutto, anche se ultimamente non ho fatto nulla” dissi.
“è normale, eri presa da altro” disse. Si sedette accanto a me e lo guardai.
“grazie per essere tornato a prendermi” dissi.
“niente” disse, sorridendomi. “sicura di star bene?”. Annuii.
“te l’ho detto, solo paura” risposi. Appoggiai il mento sulle mie ginocchia e guardai il vuoto.
“scusami.. sono stato uno stupido, lo so” disse. Mi voltai a guardarlo, curiosa. “non mi hai tradito, non ne saresti stata capace.. eppure ho creduto a loro, senza darti il tempo di parlare.. scusa”.
“e te ne rendi conto dopo tre anni?” chiesi.
“non fare così ora, mi conosci Ronny, sono orgoglioso, lo sapevo anche prima ma non volevo chiederti scusa, lo sai meglio di me” disse.
“eppure ora l’hai fatto..” dissi.
“si, ti sto chiedendo scusa” disse. Lo guardai.
“perché ora?” chiesi.
“non lo so” brontolò.
“peccato perché io una mezza idea ce l’avrei” dissi, rivoltandomi dall’altro lato. Vidi, con la coda dell’occhio che si grattò la testa.
“e se fosse così?” chiese.
“potrebbe essere troppo tardi” risposi.
“Rò, tu conosci me.. ma io conosco te.. non avresti il tempo” disse.
“appunto: non ho tempo” dissi.
“sai che questo non vale per me.. anzi, è proprio il discorso inverso: ti aiuterei” disse. Sbuffai.
“cosa ti fa essere così sicuro di te?” chiesi.
“le tue collane” disse.
Beccata..
Io non ero tipo da gioielli, due semplici orecchini di perle e tre collane.. una d’oro, una d’argento e una ‘creata’ da me con un semplice filo elastico e un ciondolo.
Il problema era il significato di quelle tre collane: quella in argento era sua, me l’ero presa dopo un mese che stavamo insieme e lui non aveva mai obbiettato, quella in oro me l’aveva regalata lui quando era nata Angelica e l’altra aveva come ciondolo l’anello che lui mi aveva regalato.
“posso toglierle quando voglio” mentii.
“allora toglile” mi sfidò. Mi maledissi, ma non gliela diedi vinta.
“ok” dissi. Portai la mano sul mio collo e sganciai la collana con l’anello.. avevo dell’altro filo in camera, avrei potuto ricrearla facilmente. Sganciai quella che mi aveva regalato, titubante. Non me ne ero mai separata da quando me l’aveva regalata..
La misi sulle mie gambe, accanto all’altra.
Afferrai l’ultima e la sganciai, ma non riuscii a sfilarla..
Afferrò i due gancini, spostando le mie mani, e richiuse la collana.
“sei sempre stata molto più cocciuta di me” disse. “e molto più orgogliosa”. Prese le altre due collane e me le rimise mentre io incrociai le braccia al petto in protesta.
Inutile, mi conosceva troppo bene..
“grazie del complimento” borbottai. Rise.
“allora?” chiese, più calmo.
“cosa dovrei dirti?” chiesi.
Mi hai accusata di averti tradita solo perché la troia più ambita della scuola ti voleva e ha messo in giro quella voce.. ma ovvio, io ho una figlia, la troia sono io non lei.
“nulla, infatti sono io che ti sto chiedendo scusa” disse, dolce.
“accetto le tue scuse, ma non aspettarti una risposta” dissi, secca.
“andiamo Ronny, eri innamorata persa di me, non può esserti passata.. qualcosa provi ancora e lo sai” disse.
“Luca non voglio parlare. Basta” dissi.
“non vuoi parlare perché sai che ho ragione” disse.
“no, non voglio parlare perché con te, oltre ad Angelica, non ho nulla da spartire!” risposi.
“se fosse stato realmente così non ti saresti portata le nostre foto qui ma le avresti lasciate dai tuoi.. o le avresti bruciate!”.
Beccata.. ancora..
Possibile che per lui fossi così facile da leggere?!
Lo guardai, poi spostai lo sguardo altrove.
“no.” dissi secca.
Non avrei ceduto.. non dopo il male che mi aveva fatto!
 
 

 
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Note dell’Autrice:
capitolo 6 finito. La storia comincia ad essere più chiara e si scoprono nuovi particolari.. chissà cosa vi riserveranno i prossimi capitoli.
anticipo, già da ora, che domani non ci sarò e quindi vi posterò oggi due capitoli..

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Capitolo 7
*** Sette giorni. ***


come anticipato poco fa (nel capitolo precedente) eccovi il secondo capitolo di oggi..
ma non fateci l'abitudine..





Tennero Angelica in ospedale per un’altra settimana.
In quei sette giorni le diminuirono, man mano, l’antidolorifico, fino ad azzerarglielo, poi la dimisero.
In quei sette giorni cedetti e tornai con Luca.. per quanto volessi fare finta di nulla, per orgoglio, io di lui ero ancora follemente innamorata..
In quei sette giorni Stefano mi chiese di uscire ininterrottamente.
In quei sette giorni presi la decisione più strana, e importante, degli ultimi anni: far venire ad abitare Luca da me.
I miei genitori lo odiavano.. ma odiavano anche me.
Si rifiutavano di vedere Angelica o di aiutarmi in qualsiasi modo: morale, fisico o economico.
Mi avevano cacciata di casa, tolto ogni tipo di sostentamento e si rifiutavano di tenere la bambina se ne avevo bisogno.
Per loro Angelica esisteva in due sole occasioni: Natale e compleanno. Ma solo se non la dovevano vedere. Le mandavano il regalo e fine della storia.
Fortunatamente i genitori di Luca l’avevano presa in modo diverso.. avevano offerto il loro aiuto da subito. In tutti i modi possibili.
Ultimamente, però, le cose sembravano cambiare.. soprattutto per mio padre. Da quando Angelica era in ospedale non aveva saltato nemmeno un giorno di visita, lo faceva di nascosto da mia madre ma meglio che niente.
 
Uscii dall’ospedale con Angelica in braccio e la caricai in macchina. Salii dietro con lei mentre Luca andò verso casa.
“voglio vedere la cameretta nuova.. e voglio sapere cosa mi dovete dire. Poi voglio andare dai nonni e voglio giocare con la cuginetta” disse.
“amore, calma” dissi, ridendo. Sembrava un mitra. Lo ripeteva da quando ci aveva visti entrare in camera sua con dei vestiti che non fossero pigiami. Non si fermava più.
“andiamo prima dai nonni, poi a casa.. ok?” chiese Luca, voltandosi verso di noi.
“va bene” disse, calmandosi.
“brava” risposi, aggiustandole i capelli. Erano cresciuti.. era ora di tagliarli.
Arrivammo a casa dei genitori di Luca in pochi minuti, trovandoli già fuori ad aspettarci.
Appena fui abbastanza vicina a sua mamma mi rubò Angelica dalle mani, portandola dentro e coccolandola.
Sorrisi.
Quanto avrei voluto vedere la stessa scena anche con i miei genitori..
Entrai in casa loro e mi sedetti sul divano, guardando Angelica.
“fai vedere cosa ti hanno fatto fare la mamma e il papà” disse Luca indicandosi l’orecchio.
“hanno fatto venire un signore in ospedale” disse contenta, poi spostò i capelli dalle orecchie scoprendole. “e mi hanno fatto fare gli orecchini”.
“ti hanno fatto fare i buchi” disse Martina, correggendola, mentre si finse sorpresa. Angelica annuì contenta.
“aspetta, aspetta, aspetta.. ma io quelle due perle li le riconosco.. sono mie!” disse Paolo.
“no.. sono miei” rispose Angelica, facendogli la linguaccia. “me li avete regalati per il compleanno e non ve li ridò!”. Si coprì le orecchie protettiva e noi scoppiammo tutti a ridere.
Rimanemmo con loro ancora qualche minuto poi decidemmo di tornare a casa.
 
“siamo arrivati” dissi, scendendo dalla macchina con lei in braccio.
“ora posso vedere la mia cameretta?” chiese.
“ora puoi vedere la tua cameretta” disse Luca allungando le braccia verso di noi. Gliela passai e lasciai che la portasse lui in casa, dando tregua alle mie povere braccia.
Il fatto che non potesse ancora camminare per me cominciava a diventare un problema.. Angelica non era certo magrolina e tenerla in braccio perennemente non era una passeggiata.. per niente..
Entrammo in casa e li seguii in camera di Angelica.
Esultò contenta quando vide dal vivo la sua cameretta.
“è ancora più bella che sulla foto” disse, entusiasta.
“sei contenta?” chiesi. Annuì.
“tanto” disse, senza stare ferma. Vidi Luca in difficoltà nel sorreggerla senza farla cadere e cambiai discorso.
“la vuoi sapere una cosa bella che ti piacerà ancora di più?” chiesi. Si immobilizzò e mi guardò curiosa.
“cosa?” chiese, piano.
“papà gliela dici tu?” dissi guardando Luca.
“cosa volevi per il compleanno l’anno scorso?” chiese Luca, guardandola.
“essere come le mie amichette” disse, triste.
“e cosa c’era di diverso?” chiese Luca.
“loro possono vedere sia la mamma che il papà ogni giorno” disse, ancora più triste.
“potrai farlo anche tu, il papà abita qui ora” rispose Luca, sorridendogli.
La vidi guardarci poi scoppiò a piangere. Mi avvicinai preoccupata mentre si aggrappò al collo del padre.
“amore non sei felice?” chiesi.
Si sporse verso di me e la presi in braccio mentre Luca mi guardò inerme.
La sentii tirare su col naso ma evitai di rimproverarla, poi si asciugò gli occhi con le manine.
“è il regalo di compleanno più bello.. grazie” disse, riappoggiandosi sulla mia spalla.
Mi lasciai sfuggire una lacrima e la strinsi più forte..
Quanto aveva sofferto per i miei litigi con il padre..
Era tutta colpa mia se non era felice..
 
 
 
 
--- --- ---

Note dell’Autrice:
il prossimo capitolo avrà un inizio strano..
Curiosi di leggere? Allora tornate martedì (lunedì è festa) ;)
Nel frattempo, spero che questo vi sia piaciuto..

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Capitolo 8
*** Inizi di convivenza.. ***


“penso che mi sarei meritata, almeno, il beneficio del dubbio” dissi. “ma no, tu te ne sei altamente fregato di tutto” aggiunsi.
“non è così. Se tu non mi vedevi fisicamente non significa che io non ci fossi. Mi tenevo informato.. su tutto” disse.
“certo, come no” dissi.
“fammi una domanda.. una qualsiasi domanda” disse.
Non me lo feci ripetere due volte..
“9 settembre” dissi, sicura che non sapesse tutti i fatti.
“è nata Angelica” disse.
“sbagliato” dissi, sorridendo bastarda. Sospirò.
“l’hanno dovuta far nascere” si corresse. “sei stata male a lavoro, circa alle 16, hai chiamato i tuoi nonni che ti hanno portata in ospedale. Sentivi delle fitte alla pancia ma non erano contrazioni. Ti hanno visitata e portata in sala parto. Ti hanno indotto le contrazioni e alle 21.34 è nata Angelica” aggiunse, riassumendo e tagliando parecchie parti, importanti o meno. “non succede spesso ma non è nemmeno raro che una madre manifesti gli stessi sintomi del figlio e tu sei arrivata in ospedali che non riuscivi a respirare. Ad Angelica non arrivava più ossigeno.. ecco perché avevi quelle fitte” concluse.
Ci rimasi male, malissimo.. sapeva tutto quello che era successo.
“come lo sai?” chiesi.
La versione che avevamo sempre fornito era diversa..
“quando sei arrivata in ospedale ero li. Ti ho seguita fino in sala parto ma non sono entrato.” disse. “ti schiacciavi il cuscino sul viso per non urlare e sprecare il poco fiato che ti rimaneva…” fece una smorfia. “mi hanno chiamato i tuoi nonni” concluse, rispondendo alla domanda che non avevo posto, ma che avevo pensato.

 
Mi sentii scuotere per il braccio e mi voltai.
“dimmi” dissi.
“l’ho fatto.. tre volte e non mi hai sentito” disse.
“ero sovrappensiero, scusa” dissi.
“vai a letto, finisco io” disse. Andò in cucina e lo vidi mettere dell’acqua a bollire, preparando una bustina di camomilla. Lo raggiunsi e gli fregai la bustina di mano.
“faccio io, tranquillo” dissi.
“Ronny, sei stanca.. vai a riposarti, tranquilla” disse. Mi riprese la bustina di mano e la aprì, rovesciandola nel biberon.
“dovremmo toglierglielo” dissi.
“Ronny, ha tre anni, e prende il biberon solo alla sera, non fa nulla. Non le verranno i denti storti se alla sera lo usa. Fa colazione nella tazza, non ha mai preso il ciucio e se fa merenda usa la tazza, sei paranoica..” disse, guardandomi. Mi rassegnai.
“ti aspetto a letto” dissi, andando verso la camera.
Mi faceva ancora uno strano effetto dirlo.. era una settimana che mi svegliavo con lui accanto, dopo essermi addormentata nello stesso modo. Eppure era un effetto bello.. mi dava tranquillità, in un certo senso.
Mi infilai sotto le coperte e lo aspettai.
Gli ci volle la bellezza di un’ora prima di riuscire a far addormentare Angelica.
Lo vidi entrare in camera senza accendere la luce, aiutandosi con il cellulare. Accesi l’abatjour.
“sei sveglia” disse. Mugugnai, incapace di rispondere, ammettendo che stavo per crollare.
Si spogliò e si infilò a letto. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai, baciandogli la spalla.
“grazie” biascicai.
Si voltò e mi abbracciò, baciandomi la fronte.
“prego” sussurrò.
Anche se mi costava parecchio ammetterlo il suo aiuto mi serviva.
Averlo in casa mi facilitava le cose.. dalle piccole alle grandi.
Potevo cucinare e andare a lavorare senza preoccuparmi dei compiti. Li faceva lui e io li copiavo quando rientravo.
Pulire era estremamente facile. Io che non mi accontentavo di una pulizia superficiale ma almeno due volte a settimana spostavo tutti i mobili mi ritrovavo spesso col mal di schiena.. ora appena mi vedeva spostare un mobile mi faceva fermare e lo faceva lui.
Portava lui Angelica a scuola, dando a me il tempo di prepararmi con più calma e non andare a scuola con una delle solite tute e se Angelica si svegliava la notte facevamo a turno.
Pacchia!
La convivenza con lui era una vera e propria pacchia!
Io, che inizialmente ero titubante all’idea di una nostra convivenza mi ritrovai a notare solo lati vantaggiosi e a ricredermi..
Vivere con lui era molto meglio di ciò che mi aspettassi.. indubbiamente..
 
 
 
 
--- --- ---

Note dell’Autrice:
per chi non lo sapesse pacchia, in questo caso, significa semplice e facile.. che non crea difficoltà o problemi..
preciso perchè già una volta ho utilizzato termini 'dialettali' che non tutti comprendevano..

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Capitolo 9
*** Educazione fisica. ***


Riuscii a tornare a scuola già dal giorno successivo, grazie alla mamma di Luca che si offrì di tenere Angelica mentre sia io che il figlio eravamo via.
Mi sedetti al mio posto contenta. Riaverla in casa era stupendo.
“perché non vuoi uscire con me?” chiese.
“non c’è un solo motivo” dissi, controllando il cellulare.
Nessuna chiamata o messaggio.
Mi rasserenai, significava che stava andando tutto bene.
“è una bella bimba” disse, guardando lo schermo del mio cellulare. Annuii, senza dargli corda.
Riuscii a farlo rimanere zitto fino all’ora di educazione fisica.
Entrai in palestra e appoggiai il mio cellulare sul banco del professore, avvisandolo che aveva la suoneria attiva, e dopo essermi sentita rispondere che non c’erano problemi andai a riscaldarmi.
Mi guardai intorno e guardai gli attrezzi che aveva sparso qua e la.
Avremmo fatto acrobatica.
“non so il nuovo arrivato come se la cava in questo campo quindi partiremo per gradi” disse il professore. “capriole, verticali, ruote.”
“ma che bello.. proprio come i bambini” sussurrai.
“chi vuole partire per fargli vedere come siamo organizzati?” chiese. Mi feci avanti.
Primo lo faccio prima me lo tolgo dalle scatole.
“capriola” annunciai. Andai sul materassino e feci una capriola. Poi guardai i miei compagni, in attesa del verdetto. Nessuno fiatò.
“postura corretta, esecuzione veloce e dritta. Almeno otto” disse Luca, guardando il professore.
“esatto Sartori, un più per lei e un otto per Osti” disse il professore.
“verticale a muro” dissi, andando verso il muro, seguita da Luca. Incastrai la maglia nei pantaloni e mi spinsi sulle mani. Sentii le mani di Luca afferrarmi le caviglie per poi mollarle.
“uno.. due.. tre.. quattro.. cinque.. sei.. sette.. otto.. nove.. e dieci” disse Luca, contando. Mi raddrizzai e lo guardai voltarsi verso il professore mentre ripresi fiato. “posizione delle mani corretta, postura dritta e mantenuta per dieci secondi.. anche qui direi otto”.
“molto bene” disse il professore.
“verticale libera” dissi. Mi spostai lontano dal muro e mi spinsi, nuovamente, sulle mani.
“uno.. due.. tre.. quattro.. e cinque” disse Luca. Mi raddrizzai nuovamente mentre lui espresse, nuovamente un giudizio. Feci la ruota e lasciai che finisse di valutarmi.
Mi sdraiai sul materassino più grande e guardai i miei compagni fare la stessa identica cosa.
Una cosa li accomunava tutti, così come accomunava me: la voglia di finire quella stupidaggine il prima possibile.
Eravamo passati dalle ribaltate a delle misere capriole solo perché il professore non sapeva come se la cavasse Stefano. Poteva benissimo far fare la scalata a lui e valutare noi normalmente.
 

*Luca*

La vidi sdraiarsi sul materassino più grande, che non usavamo, e sbuffare.
Già.. Stefano e le sue capacità motorie sconosciute.
Avevamo fatto pallavolo, basket, tennis e calcio. Ogni volta partendo da livelli bassi perché non si sapeva lui come andava.
Come se in quinta superiore fosse normale aver paura di una palla.
Ma ammetto che se la cavava abbastanza bene con tutto.
Per il momento l’unica materia a lui sconosciuta era Veronica Osti.
Tutte in classe ci provavano con lui.. lei lo respingeva..
Richiamai Ronny e feci gli esercizi.
Le stupide regole del nostro professore: se X valuta Y allora Y valuta X..
Come se noi fossimo una qualche funzione algebrica da risolvere!
Tornò al materasso dopo avermi valutato mentre io aspettai il giudizio del professore poi andai a controllare il mio telefono.
Il suo aveva la suoneria, ma il mio no.
Trovai Stefano con il mio cellulare in mano e lo guardai male.
“non le assomiglia molto, non so a chi assomigli Ronny ma sua sorella deve aver preso dall’altro ramo della famiglia” disse.
“Ronny è figlia unica” dissi, guardandolo.
“ti sbagli, ha anche la foto della sorella per sfondo” disse, mostrandomi la foto.
“quello non è il cellulare di Ronny ma il mio”. Presi il cellulare di Veronica e glielo mostrai. “questo è il suo” dissi.
“ti sbagli, avete lo stesso cellulare ma questo è il suo, riconosco la foto” disse.
Sbloccai la tastiera del suo telefono e mostrai lo stesso sfondo.
“non è sua sorella. Angelica è nostra figlia” dissi, riprendendo il mio telefono. Lo vidi sbiancare ma non ci diedi peso.. non erano, certamente affari suoi!
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
Luca comincia ad ingelosirsi.. *-*
Sarò strana ma a me gli uomini gelosi piacciono..
E a voi?

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Capitolo 10
*** Stravolgimento Angelica. ***


“come sta Angelica?” chiese Mattia, da sotto la doccia. Scossi la testa.
“Ronny non vi mangia se glielo chiedete” dissi. “comunque sta bene, non può ancora camminare ma non sente più dolore”.
“vorrei sapere i medici come hanno fatto a non accorgersi che era appendicite” disse.
Già, avevo rischiato di perdere mia figlia perché dei medici, incompetenti, avevano scambiato un’appendice infiammata per semplice coliche.
Per fortuna i medici non sono tutti uguali..
“non lo so, ma se ribecco quel cretino all’ospedale ci finisce per mano mia.. altro che lavoro!” dissi, alterato.
“scusate ma tu e Ronny non avete solo 18 anni?” chiese Stefano.
“quindi?” chiesi, legandomi l’asciugamano in vita e uscendo dalla doccia.
“A quanti anni…”. Non finì la frase ma non fu difficile capire.
“avevamo 15 anni quando è nata” dissi.
“oh, a proposito.. sai che si dice che si frequenti con uno?” disse Claudio.
“eh?”.
“si, hanno detto che sono già un paio di giorni che uno dorme a casa sua.. non avrebbe almeno dovuto avvisarti per via della bambina?” chiese.
“non si frequenta con nessuno” dissi.
“se ci fai caso però ultimamente non viene più a scuola in tuta. Ha il tempo di curarsi come faceva prima” intervenne Mattia.
“e piantatela, siete peggio di due vecchie pettegole voi due” dissi.
“io dico che non è giusto.. addirittura far dormire la bambina con un estraneo. E se fosse uno un po’ strano?!”.
“ragazzi non è nessuno sconosciuto. Sono io.” sbottai. “siamo tornati insieme, fidatevi che se Angelica non fosse al sicuro non sarei così calmo”. Cercai di spostare il discorso su altro ma non ci riuscii.
Iniziarono a chiedere come e quando avevamo fatto pace. Cos’era successo e tanto altro ancora.
Uscii con ancora la felpa in mano e andai svelto in classe.
Che incubo.. nemmeno una donna dal parrucchiere spettegola così tanto!
Trovai Ronny già in classe. Appoggiata alla finestra, intenta a guardare fuori.
L’abbracciai da dietro, spaventandola.
“mi hai fatto paura” disse, calmandosi dopo avermi visto.
“chi credevi che fosse?” chiesi, ridendo.
“e io che ne so” rispose, rivoltandosi a guardare fuori, curiosa.
Seguii il suo sguardo e capii perché tanta curiosità.. una bici era appesa ad un albero.
“come cavolo ci è finita?” chiesi, incredulo.
“non lo so.. il preside è su tutte le furie.. era la sua” disse..
Ahia, ora sono cavoli..
“si sa chi è stato?” chiesi. Negò con la testa.
“minaccia di sospendere tutte le gite” disse.
“perché non vieni anche tu quest’anno.. sarà l’ultima” dissi, cogliendo la palla la balzo.
“e Angelica dove la lascio? I tuoi non possono tenerla tutto il tempo, lo sai.” disse.
“e tu sai che potresti portarla, hai il permesso dei professori” dissi.
Da quando era arrivava Angelica aveva smesso di vivere.. era tutto incentrato su di lei.. non era giusto. Aveva il diritto di divertirsi ogni tanto.
“non la porterei comunque” disse.
“allora quest’anno in gita ci vai tu e io rimango con lei” dissi. Negò con la testa.
“sarebbe un suicidio, lo sai” disse, rivoltandosi a guardarmi. Schivai il suo sguardo, allontanandomi.
“lo sanno” dissi. Mi guardò male.. malissimo.
“come?” chiese, infuriata. Non ebbi il tempo di rispondere che si sentirono le prime voci. Si allontanò, risedendosi al suo posto, e subito dopo la porta si aprì.
Ero salvo, almeno per qualche ora.. la discussione era rimandata.
 

*Ronny*

Entrai in casa e lo trovai intento a cucinare.
Lo guardai in malo modo.
“potevi anche salire in macchina” disse, senza voltarsi. Non gli risposi, andai in camera e mi cambiai, infilando una tuta. Andai in cucina e sparecchiai il mio posto. Mi fissò.
“non ho fame” risposi, scontrosa. Abbassò sotto il fuoco e si voltò a guardarmi.
“l’ho detto per difenderti” disse.
“o per vantarti” risposi.
“mi hanno visto uscire da qui, non so chi e non so come ma qualcuno mi ha visto. Non mi hanno, però, riconosciuto e gira la voce che ti frequenti con uno. Hanno iniziato a dire cose insensate e gli ho messi a tacere.. fine della storia” disse, guardandomi.
“che novità che si parli di me” cantilenai. Si avvicinò, abbracciandomi.
“non ti odiano come pensi. I ragazzi chiedono sempre di Angelica e di te, solo non hanno il coraggio di farlo direttamente con te perché dicono che sei cambiata.. ed effettivamente non puoi dargli torto, quando eri incinta eri inavvicinabile” disse.
“chiamasi ormoni” risposi. Rise.
“torna la Ronny che tutti conoscono, avere Angelica non significa essere segregati in casa..”.
Forse non aveva tutti i torti.. da quando avevo Angelica vivevo solo in sua relazione..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
aria di cambiamenti?
Si vedrà.. ma per il momento Ronny inizia a pensare di avere sbagliato..

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Capitolo 11
*** Partenza. ***


Mi ci volle un mese intero per ritornare quella che ero prima di Angelica.
Non ero cambiata molto ma smettere di vivere in relazione ad una persona non era semplice, soprattutto se la persona in questione è la propria figlia.
Tornai quella di prima, senza difficoltà. Ma non smisi di fare la mamma a tempo pieno.
Ripresi a uscire con la mia classe nelle serate ma mi portavo dietro anche Angelica. Di tanto in tanto mi concedevo anche il dopocena con loro, lasciando la bambina ai genitori di Luca, ma raramente.
Tornai a parlare con tutti in classe.. o quasi.
Stefano smise di rivolgermi la parola ma non mi lamentai.. e Luca ancora meno.
Tornai in sintonia con tutti, a detta loro ero tornata la Ronny simpatica e solare abbandonando quella schiva e introversa, e riuscirono anche a convincermi ad andare in gita.
Agli inizi mi feci pregare poi cedetti ed accettai.
Sia io che Luca firmammo tutti i moduli per poter portare anche Angelica, senza che nessun professore obbiettasse a quell’aggiunta.. ma d’altronde non potevamo lasciarla a casa sola, non dopo tutto quello che era successo mesi prima.. anche se ora stava bene ero ancora super apprensiva e non mi sarei fidata a non averla con me. Sarebbe stata con i nonni ma sarei stata terrorizzata per tutto il tempo..
 
Scesi dalla macchina di Luca tenendo Angelica in braccio. Prestai la massima attenzione ad ogni gesto, per evitare di svegliarla e andai davanti al pulmino della scuola.
Salii e mi sedetti senza aspettare niente e nessuno.
Vidi Luca, dopo poco, caricare le valigie nel vano per poi fermarsi a chiacchierare con i nostri compagni di classe.
Rimasi sola per un po’, poi arrivò Stefano. Mi affiancò, guardando Angelica.
La guardai anche io.. la tenevo in braccio e dormiva serena con la testa appoggiata a me, avvolta nella coperta. La coprii meglio, rapita..
Era splendida.
“è identica a Luca” disse cattivo.
“lo so.. ma è il padre, è normale che sia così” dissi.
“capisco perché non ti sei voluta presentare in classe. Avresti dovuto dire di essere una troia” disse.
Non ebbi nemmeno il tempo di rispondergli che si chinò, dolorante verso di me.
Dietro di lui Luca gli stringeva il braccio, piegandoglielo all’indietro.
Gli mollò il braccio sentendo la voce dei professori che salivano e si sedette accanto a me mentre Stefano andò via.
Nel giro di poco ci ritrovammo tutti seduti, in attesa di partire.
Guardai Luca, con in braccio Angelica, e sorrisi.
Dio se erano belli insieme..
La professoressa di Economia Aziendale iniziò a fare l’appello e, subito dopo, partimmo.
“mi chiedo come mai facciano ancora l’appello.. ci conoscono da cinque anni, basta guardare senza doverci far alzare in piedi ogni volta” disse. Feci spallucce. Non sapevo la risposta a quell’affermazione, nonostante fosse estremamente veritiera.. era una cosa che nemmeno io riuscivo a sopportare.
Mi avevano dovuta far alzare perché non accettavano un’alzata di mano, nonostante avessi in braccio Angelica, e questo proprio non mi andava giù.
Sospirai, cercando di calmarmi e vidi sbucare Francesco dal sedile dietro il nostro.
“sta dormendo?” chiese.
“si” risposi, piano. Si affacciò meglio per guardarla e sorrise, poi mi guardò.
“hai fatto una cazzata, dovevi farla simile a te e non a sto deficiente..” disse, prendendo in giro Luca. Risi.
“ringrazia che ho lei in braccio” rispose, senza degnarlo di particolare nota.
Arrivammo, dopo pochi minuti, all’aereoporto e fummo costretti a svegliare Angelica.
La prendemmo per mano e andammo a fare il check-in con tutti gli altri.
Non la perdemmo mai di vista un secondo, ma non avrebbe potuto allontanarsi comunque.. era diventata la mascotte della nostra classe. Tutti l’adoravano..
Attraversammo tutto il gate, tranquilli, poi ci accodammo alla fila per poter accedere all’ultimo controllo.
Rimanemmo in piedi per ore, un’ora intera senza riuscire ad arrivare al controllo.
Mi sentii tirare per il braccio e la guardai.
“dimmi amore” dissi, spostandole una ciocca di capelli.
“sono stanca” disse, toccandosi la pancia.
“ti fa male?” chiesi.
“un pochino” rispose, annuendo. Mi chinai e la presi in braccio.
“vuoi darla a me?” chiese Luca, voltandosi. Negai con la testa.
“mi tieni, solo, lo zaino?” chiesi, sfilandolo. Lo prese, senza fare storie e fece un passo avanti.
“ancora pochi metri” disse, stanco.
“speriamo di riuscire a rimanere vivi” disse Francesco, dietro di me. “ho una fame che tra un po’ mi mangio anche il fagottino ripieno che ho davanti” continuò, giocando con Angelica.
“no” disse, nascondendosi nell’incavo del mio collo.
Sorrisi, stringendola più forte.
Amavo sapere che si sentiva protetta nel mio abbraccio. Era ciò che di meglio potessi chiedere..
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
altro capitolo concluso e io non so ancora come mettere giù le informazioni che ho in testa..
Scrivere tutto farebbe diventare il tutto una biografia infinita ma tagliando ho paura di eliminare parti fondamentali..
I dilemmi che si pongono quando si parla di una storia reale..
Le prossime saranno solo storie inventate.. si ritorna alle origini..

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Capitolo 12
*** Gita (parte 1). ***


Scesi dall’aereo e tenni Angelica in braccio. Uscii seguendo i professori e mi tenni vicino a Luca, indaffarato con le valigie.
Arrivammo al nostro autobus e lo vidi caricare le valigie. Salii andando a sedermi.
Nel giro di poco fummo tutti sull’autobus e, dopo l’ennesimo appello, partimmo.
L’albergo distava qualche chilometro ma non ci volle molto per arrivare. Scendemmo e, dopo la registrazione, salimmo nelle nostre camere.
Misi Angelica sul letto mentre Luca appoggiò la mia valigia nell’armadio.
“ma sono tutti stranieri” disse Angelica, curiosa. Ci voltammo a guardarla.
“amore siamo noi gli stranieri.. siamo a Londra non a Verona..” dissi, sedendomi accanto a lei. La rimisi in piedi e la sollevai all’altezza di Luca.
“ci vediamo dopo” disse, baciandole la fronte. La rimisi giù e si chinò verso di me. “se hai bisogno basta uno squillo”. Mi diede un bacio leggero poi uscì.
“si può?” chiese Barbara, entrando.
“vieni” dissi, sdraiandomi sul letto.
“stanca?” chiese, vedendomi.
“di più” risposi, cercando di tenere ferma Angelica che saltava sul letto.
“sai che Fra è in camera con Luca?” chiese contenta.
“quindi?” chiesi, senza capire il motivo di quella frase.
Si buttò a peso morto sul letto e mi sorrise.
“diciamo che potrei anche dormire con il mio ragazzo e far dormire voi tre insieme” disse.
“di che vuoi dormire con Francesco e fai prima” dissi, lanciandole il cuscino dietro.
Rise.
“diciamo che è un po’ che non lo vedo, fuori dalla scuola, e questa gita mi sembra perfetta per recuperare il tempo perso” disse, ridendo. Scossi la testa.
“voi finirete male.. molto male.. dovete darvi una regolata” dissi.
“per te e Luca non è stato poi tanto male” disse, sognando.
“se non consideri che i miei mi hanno sbattuta fuori casa quando hanno scoperto che ero incinta, no non è stato male” dissi.
“si, ma oltre a quello ci sono stati solo lati positivi.. guarda come siete” rispose, contenta.
“Barbara i lati positivi sono ben pochi, fidati”. Ero serissima e se ne accorse. Si ammutolì.
“mamma, ho fame” disse, saltandomi addosso. Guardai l’orologio e vidi che era mezzogiorno.
“sono le undici, il bar all’ingresso sarà aperto?” chiesi, guardando Barbara.
“quando siamo arrivati mi è sembrato di vederlo aperto” disse. “ma non è presto per mangiare?”.
“qui sono le undici ma da noi sarebbe mezzogiorno” dissi. “lei di solito mangia a quest’ora”. Presi Angelica in braccio e tirai fuori la borsa dallo zaino.
“pappa” disse, contenta.
“andiamo a chiamare anche il papà?” chiesi. Annuii e io uscii con lei in braccio.
Andai verso la camera di Luca e bussai. Mi venne ad aprire Francesco..
“ciao amore”. Indietreggiai quando vidi la sua testa avvicinarsi a me. Si blocco di colpo. “uh, stavo sbagliando persona” disse, raddrizzandosi. Alzai un sopracciglio. “pensavo fossi Babi”.
“no, non sono Barbara” dissi. Sentii Luca ridere.
“io ti avevo avvisato che poteva essere Ronny” disse, sbucando dal bagno.
“starò più attento” disse Francesco, andando via.
“come mai qui?” chiese Luca, accarezzando Angelica.
“ha fame e la stavo portando a mangiare. Vuoi venire?” chiesi, guardando Angelica.
“andiamo” disse, prendendola in braccio. Lo ringraziai e lo seguii fino al bar dell’ingresso.
Mi sedetti in un tavolo con Angelica mentre Luca le ordinò qualcosa.
Le misi il bavaglino e le raccolsi i capelli poi la guardai sorridente.
Il tavolo era più alto di lei e la sedia, bassa, non l’aiutava. Dondolava le gambine impaziente e quando Luca arrivò con il suo succo di frutta e il suo pezzo di pizza sorrise.
Guardai la pizza mentre la presi in braccio.
Non ha per niente una bella cera..
“sarà buona?” chiesi, dubbiosa.
“mi è sembrata la cosa più commestibile” disse, incerto.
Ne staccai un pezzetto e lo assaggiai.
Mi guardò curioso.
“passabile” dissi, staccandone un altro pezzo e soffiandoci sopra. Imboccai Angelica mentre Luca le infilò la cannuccia nel succo, allungandoglielo.
Bevve contenta mentre io le feci a pezzetti il resto della pizza.
Lasciai che mangiasse da sola, coccolandola, poi, quando ebbe finito, le pulii il viso.
La presi in braccio e tornammo in camera, ognuno nella sua. Arrivai nella mia e la trovai deserta.
“dov’è la tata?” chiese Angelica.
“non lo so amore” dissi, passandole un suo giocattolo. Non lo considerò nemmeno, intenta a guardare la camera.
Sentii bussare alla porta e aprii..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
Londra.. quanti ricordi..
La mia gita di quinta è stata a Londra.. una città fantastica e noi, per nostra fortuna, non abbiamo mai preso brutto tempo nonostante fosse marzo..

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Capitolo 13
*** Gita (parte 2). ***


Lo guardai da testa a piedi e risi. Mi feci di lato, facendolo passare.
Dovevo immaginarlo..
Richiusi la porta e lo vidi aprire l’armadio, infilandoci la valigia dentro.
“quei due finiranno male” disse.
“l’ho detto anche io” risposi. Lo raggiusi e lo trovai sdraiato sul letto con Angelica accovacciata addosso, intenta a farsi coccolare. Sorrisi.
Mi sdraiai accanto a Luca, dal lato opposto ad Angelica, e mi accovacciai, anche io, addosso a lui.
“avete paura che scappo?” chiese, ridendo.
“e dove lo trovo un altro come te” dissi, stringendolo forte. Rise.
“effettivamente tu gli uomini li fai scappare tutti” disse, dandomi un bacio.
“ringrazia che hai tua figlia addosso o ti arriverebbe un pugno” dissi, mordendogli il labbro.
“ecco, parlo proprio di questo amore.. con gli uomini sei un tantino manesca”. Mi prese in giro.
“è il mio hobby preferito..” dissi, stando al suo gioco. Ridemmo entrambi poi mi alzai. “mi aiuti ad unire i letti?” chiesi.
In tre in un letto singolo non sarebbe finita bene.. per niente.
Si alzò e mi seguì vicino all’altro letto. Lo spostammo verso l’altro e li attaccammo.
Ci risdraiammo a letto, mettendo Angelica in mezzo a noi, e la coccolammo fino a quando non bussarono nuovamente alla porta. Sentimmo la voce della professoressa dirci di andare in sala pranzo e risposi che li avrei raggiunti appena Angelica sarebbe stata pronta. Aspettammo un paio di minuti, in silenzio, poi uscimmo, assicurandoci che nessun professore vedesse uscire Luca dalla camera. Andammo nella sala pranzo e ci sedemmo al tavolo con Barbara e Francesco.
“come mai avete fatto tardi?” chiese Francesco. Gli tirai un calcio, guardandolo male.
“forse perché non devono vederlo uscire da una camere delle ragazze” risposi, in un sussurro arrabbiato.
“la gamba mi servirebbe ancora” disse, dolorante.
“te lo meriti tutto” risposi.
“ma come fai a starci insieme.. è più manesca di un uomo” disse, guardando Luca.
“non con me” rispose, tranquillo.
“solo quando te lo meriti” dissi, facendogli la linguaccia.
“allora sono perfetto” disse, ricambiando la linguaccia. Scoppiai a ridere.
Tu non immagine nemmeno quanto sia veritiera questa frase..
Mangiamo tranquilli poi tornammo nelle nostre camere.
Mi infilai subito il pigiama e mi misi sotto alle coperte con Angelica.
“ho sonno” disse, sbadigliando. Iniziai a coccolarla e cullarla.
“dormi amore” dissi.
“siete assurde, già a letto” disse Luca.
“amore se io non vengo non significa che tu non possa andare” dissi. Si spogliò e si infilò sotto le coperte anche lui.
“secondo te vi lascio sole qui?!” disse, quasi scontato. Diede un bacio ad Angelica e si girò sul fianco a fissarla, accovacciata su di me.
Si addormentò subito, stravolta.
La prese in braccio e la mise nella sua culla, poi si risdraiò accanto a me.
Mi avvicinai a lui, abbracciandolo, e lo strinsi più forte che potei. Si girò a guardarmi.
“grazie” dissi. Sorrise.
“non devi ringraziarmi” disse.
Non gli diedi retta, consapevole di quello a cui aveva rinunciato.
“si era messa in tiro” dissi, in una smorfia.
“Ronny, basta.. ci ha già allontanato una volta, non succederà ancora” disse, dandomi un bacio sulla fronte. Sospirai.
“scusa” dissi, nascondendomi contro il suo petto.
“non devi nemmeno chiedere scusa” disse.
“si, invece. Sappiamo entrambi cosa ti stai perdendo a rimanere qui con me e non andare con loro.. con lei” dissi. “ma grazie comunque per…”. Non riuscii a finire la frase, interrotta da un suo bacio.
“basta” sussurrò, staccandosi appena.
Mi godetti a pieno quel bacio, fino a quando non si stacco. Riprese aria, spostandosi del tutto..
Ecco.. appunto!
Mi allontanai, rintanandomi nell’angolo più lontano.
“scusa” sussurrai. Allungò una mano, poggiandola sul mio fianco.
“vieni qui, non è nulla” disse. Negai con la testa e lo sentii sospirare. Spostò la mano, girandosi dall’altro lato.
“buonanotte” sussurrai. Non mi rispose.
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
altro capitolo concluso.. cosa ve ne pare della storia?
La trama è un po’ complicata e per il momento non si sa ancora molto ma presto vi rivelerò altri dettagli..
Promesso!

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Capitolo 14
*** Nottataccia. ***


Lo sentii rigirarsi nel letto e mi sentii maledettamente colpevole..
Lo sentii alzarsi e andare in bagno. Sentii dell’acqua scorrere e poco dopo lo sentii risdraiarsi a letto.
Riuscì a rimanere fermo per pochi minuti poi riprese a muoversi.
Rimasi immobile, a torturarmi il labbro, poi mi voltai. Volevo riavvicinarmi a lui e lo avrei fatto se non si fosse alzato.
Lo seguii con lo sguardo fino a quando non uscì dalla porta.
Mi tirai su e mi appoggiai con la schiena al muro.
Avrei dovuto seguirlo.
Avrei dovuto bloccarlo.
Avrei dovuto rimediare io al guaio combinato.
Invece rimasi ferma. Accovacciata sul letto. A piangere.
Sapevo bene dov’era andato.
Sapevo bene cosa sarebbe successo.
Sapevo bene che era tutta colpa mia.
Sentii Angelica muoversi nel letto e la guardai.
Avevo solo diciott’anni ma avevo già una figlia di tre anni.
Spazzai via le lacrime.
Era ciò che di più prezioso avevo..
Una combinazione perfetta di errori avevano portato a lei.
 
scesi dal suo scooter, ringraziandolo per il passaggio, e mi avvicinai al portone ma non entrai. Mi bloccai a guardare il lucernario superiore.
“ma i tuoi genitori non sono fuori casa?” chiese, affiancandomi. Lo vidi fissare il mio stesso punto ed annuii timorosa. Mi prese le chiavi di mano e aprì il cancello. Mi aggrappai alla sua giacca, stando ben attenta a non spostarmi da dietro a lui, e lo seguii fin dentro casa mia.
Controllò tutta casa per ben tre volte prima di tranquillizzarsi.
“se lo saranno scordati aperto” dissi, sedendomi sul divano.
“tu, comunque, chiuditi dentro. Se succede qualcosa chiamami” disse. Annuii. Si avvicinò e mi diede un bacio leggero.
“ciao” sussurrai.
“ci vediamo domani” disse.
Uscì dalla porta e mi chiusi dentro. Bastarono cinque minuti perché il mio cellulare vibrasse, avvisandomi di aver ricevuto un nuovo messaggio. Lo aprii e vidi che era suo  -sono arrivato-. Risposi subito, chiedendogli di tornare indietro perché quella casa, da sola, mi metteva paura.
Fu ancora più rapido e me lo trovai attaccato al citofono in pochissimo tempo. Gli aprii e appena lo vidi mi fiondai vicino a lui.
“cos’hai detto ai tuoi?” chiesi, chiudendo nuovamente la porta.
“che dormivo da Mirko.. e ho detto a lui di coprirmi” disse, andando verso la mia camera. Lo seguii e mi misi a letto, accanto a lui.
“ultimamente dormi un po’ troppo da Mirko” dissi, fingendomi gelosa. Rise, abbracciandomi.
Lo baciai e sentii le sue mani scivolare sotto alla mia maglia, fino ad arrivare al reggiseno.
Lo sganciò senza difficoltà e lo tirai sopra di me.
“dormire da Mirko comincia a piacermi” sussurrò, finendo di spogliarmi.
“speriamo che tua madre non decida di chiamare la sua.. è già la quinta volta questo mese che dormi da lui” dissi, facendo finire anche i suoi vestiti sul pavimento.
“fino a quando i tuoi genitori non dormiranno a casa io continuerò a dormire da lui” disse, riprendendo a baciarmi ≈

 
Era stato in quell’occasione che ero rimasta incinta.. lo ricordavo perfettamente..
Sentii la porta aprirsi e riemersi da quel ricordo. Mi voltai verso la porta e lo vidi rientrare con una bottiglia di acqua in mano.
Guardai l’orologio e vidi che erano passati pochi minuti.
Nulla di quello che mi ero immaginata era successo.
Lo vidi guardarmi e avvicinarsi.
“come mai sei sveglia?” chiese. Feci spallucce.
“è una nottataccia” dissi.
Si sedette a letto, appoggiando la bottiglia sul comodino, e mi tirò a se.
“e visto che sono tornato in così poco tempo ne deduco che tu ti stia tranquillizzando un po’, giusto?”. Annuii e lo sentii baciarmi sulla testa.
“molto, anche” confessai.
“ti tranquillizzerai mai?” chiese.
“dipende” ammisi.
“da cosa?” chiese, curioso.
“nulla” dissi, vaga.
Mi voltai e mi sedetti a cavalcioni su di lui, baciandolo. Non ci volle molto per avere una sua risposta ma mi allontanò, riprendendo fiato.
“Ronny, buona” sussurrò, deglutendo vistosamente. Mi spostai da sopra di lui e mi risdraiai. Lo sentii abbracciarmi da dietro e baciarmi la spalla. “come mai hai cambiato idea?” chiese.
“perché è giusto così” dissi, tranquilla e serena.
“e cambi idea proprio quando abbiamo Angelica in camera.. certo che sei forte” disse, stuzzicandomi. Risi.
“cose che capitano” dissi, prendendolo in giro.
“aspetta di tornare a casa, poi facciamo i conti” sussurrò. Mi voltai e mi appoggiai a lui.
“hai appena reso una nottataccia una notte serena” dissi, già vicino al mondo di Morfeo..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
ecco che abbiamo aggiunto un altro piccolo tassello.. ma il quadro non è ancora completo..
Riuscirà questo puzzle ad essere risolto?

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Capitolo 15
*** Classifica. ***


Passammo sei giorni stupendi a Londra.. tutto sembrava perfetto in quella città.
Eppure l’idea di tornare a Verona non mi dispiaceva..
 
Mi buttai sul letto, esausta, mentre Luca mise Angelica, che già dormiva, nel suo letto. Lo vidi raggiungermi dopo poco e lo guardai.
“sei stanca?” chiese, dolce. Annuii. “dormire nel tuo letto dovrebbe aiutare”. Si sdraiò accanto a me e mi avvicinai.
“e chi ha detto che voglio dormire” risposi, iniziando a stuzzicarlo. Mi fermò.
“Ronny, non è il caso” disse, serio. “non devi fare qualcosa solo par paura che me ne vada. Rimango qui”. Mi abbracciò e lo guardai. Sorrisi.
“ti amo” dissi.
“lo so” rispose, sorridendo. “da cinque anni” aggiunse.
Lo baciai e mi misi seduta a guardarlo. Mi guardò curioso e sorrisi.
“da quando è nata Angelica sei ancora più bello” sussurrai. Rise.
“non sei obbiettiva” disse, mettendosi seduto anche lui.
Mi avvicinai e lo baciai ancora, ma questa volta non mi staccai dopo poco. Mi sedetti a cavalcioni su di lui e gli sfilai la maglietta. Cercò di bloccarmi le mani ma glielo impedii.
“non ho paura” sussurrai, senza interrompere il bacio.
Si convinse..
 
“dovemmo rivestirci” disse, baciandomi la spalla. Mugugnai contrariata.
“sto bene anche così” dissi, intrecciando la mia mano alla sua.
“se Angelica si sveglia potrebbe venire di qui, lo sai” sussurrò.
“l’hai messa nella culla o nel lettino?” chiesi.
“culla” rispose.
“allora non si sveglia.. e se si sveglia non riesce a uscire da sola” dissi, appiattendomi maggiormente contro di lui.
Sentivo ogni minimo muscolo del suo petto a contatto con la mia schiena. Riuscivo a distinguerne i lineamenti e riuscivo, addirittura, a sentire il battito del suo cuore.
Fissai il vuoto, pensando, fino a quando non lo sentii voltarmi verso di lui. Lo guardai e lo vidi serio. Sospirò.
“ti avevo detto di non fare nulla per paura” disse.
“non ho paura, stavo solo cercando di classificare” dissi.
“classificare?” chiese curioso. Annuii, fissando nuovamente il vuoto.
“non so se mettere questa notte al primo o al secondo posto” dissi.
“hai una classifica?!” disse, sbalordito. Annuii.
“fino a ieri al primo posto c’era il 4 gennaio e tutte le altre venivano al secondo posto.. ora non so”. Lo sentii ridere mentre mi strinse a se, più forte.
“amore il 4 gennaio no.. è da dimenticare” disse.
“per me no.. eravamo inesperti entrambi e certamente non è andato tutto liscio ma eravamo piccoli..” dissi.
“io cerco di dimenticarlo quel giorno e lei me lo ricorda” disse, prendendomi in giro. Gli diedi una gomitata, senza fargli male, poi mi voltai a guardarlo.
“non è da dimenticare” dissi, fingendomi triste. Rise della mia espressione.
“sei assurda” disse, dandomi un bacio. Mi accoccolai su di lui e mi lasciai coccolare.
“la prima volta, per una ragazza, è sempre speciale” dissi.
“la nostra preferirei dimenticarla” disse, giocando con i miei capelli.
Gli diedi un morso, leggero, sulla spalla.
“io no.. ma slitta al secondo posto” dissi, sicura.
Quella notta era, sicuramente, meglio.
Più esperienza, meno imbarazzo, più coscienza..
Risi.
“perché ridi?” chiese.
“mi è venuto in mente il ferragosto al Lido” dissi. Sapevo perfettamente che non c’era bisogno di specificare l’anno, né il luogo. Per quanto fosse assurdo lui si ricordava le date molto meglio di me..
Rise anche lui.
“come mai ti è venuto in mente proprio quel giorno?” chiese.
“non lo so” ammisi.
“è uno dei giorni più belli” disse.
Annuii. Non potevo che dargli ragione. Stavamo insieme eppure facevamo finta di odiarci.
Ci perdemmo in quel ricordo..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
questo capitolo è un po’ più corto.. lo ammetto, ma recupererò..

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Capitolo 16
*** Ricordi (parte 1). ***


sapete che se sono assente, senza preavviso, è per un motivo valido..
siete rimasti indietro di 2 capitoli per una mia assenza causata da un lutto, se volete poco importante visto che era di un cane.. ma dopo 14 anni ci si resta male..
ma ora eccovi il capitolo..





“stai seduta composta Veronica, sai che è una cena importante” disse mia madre. Sbuffai.
“vorrei poi sapere perché papà deve lavorare anche al mare” protestai.
“buona.. è questione di poche ore” rispose, mio padre.
“posso almeno sapere chi stiamo aspettando?” chiesi, mettendomi dritta sulla sedia.
“un mio socio” disse, vago.
“scusami per il ritardo Gabriele”. Mi voltai riconoscendo la voce di Paolo alle mie spalle e lo vidi affiancato da Luca. Mi venne un tuffo al cuore.
Dio se era bello.
“ma Martina dove l’hai lasciata?” chiese mia mamma.
“arriva subito.. si è fermata un secondo a rifarsi il trucco” rispose.
“voi due potete sedervi all’altro tavolo, così parleremo indisturbati. Sbuffai, fingendomi svogliata.
“sempre con lui devo mangiare” dissi, contrariata.
“guarda che non piace nemmeno a me averti tra i piedi” rispose, acido.
Suo padre si frappose tra noi, separandoci..
“ma possibile che litighiate sempre.. eppure vi conoscete da quando siete nati” disse, spingendoci verso il nostro tavolo.
“colpa sua” protestò Luca.
“ci vediamo dopo” disse, ignorandolo e andandosene.
Mi sedetti al mio posto e lo guardai sedersi al suo.
“ti sei avvicinato pericolosamente prima” dissi.
“perché?” chiese, curioso.
“stavo per cedere” ammisi. Sorrise.
“tra un oretta andranno a fare chissà quale giro” disse.
“e noi saremo spediti a letto” aggiunsi.
Fino a due anni prima saremo andati ognuno nella propria stanza, a dormire..
L’anno prima eravamo andati a fare un giro e poi camere separata.. ma messaggiavamo in continuazione e passammo tutta la notte svegli.. stavamo insieme da otto mesi..
Approfittai del fatto che fosse al mio fiano e gli afferrai la mano, tenendomi nascosta col tavolo. Abbassò lo sguardo sul menù mentre mi accarezzò la mano.
“da li, li riesci a vedere?” chiese.
“non benissimo” dissi, guardando anche io il menù.
“ok, allora controllo io. Cosa faccio quando arrivano?” chiese.
“mi molli la mano?!” dissi, ovvia.
“peccato che quella te la mollerò anche quando mangeremo..” disse, scontato.
“allora sbuffi e ti fingi annoiato” dissi.
“sbuffo e mi fingo annoiato.. ok” rispose, chiudendo il menù. Lo imitai.
“cosa prendi?” chiesi, appoggiando il viso sulla mano per coprirmi.
“il solito” disse, imitandomi. “tu?”
“idem” risposi.
“vorrei poi sapere perché guardiamo sempre il menù a questo punto” disse.
“non lo so” risposi. Effettivamente non aveva tutti i torti a chiederselo.
“cameriere” disse, mollandomi la mano.
Prendemmo entrambi i nostri cellulare e facemmo finta di giocarci.
“i vostri genitori hanno già ordinato, a voi cosa posso portare?” chiese. Lo guardammo entrambi come se non avessimo notato la sua presenza poi ordinammo.
“per me grigliata di carne” disse Luca.
“e per la signorina?” chiese il cameriere, segnando la sua ordinazione.
“lo chieda a lei” rispose. Trattenni una risata, poi lo guardai infastidita. Mi voltai verso il cameriere e feci finta di non sopportarlo.
“per me una grigliata di pesce e una coca cola in lattina” dissi.
“per me aranciata” rispose, sfidandomi.
“a posto così?” chiese. Annuimmo entrambi e tornò al tavolo dei nostri genitori.
“litigano?” chiese, mia madre.
“come cane e gatto” rispose il cameriere.
“ci avrei giurato che chiedevano il resoconto” disse Luca, soddisfatto.
“amore tu dai un’altra rispostaccia del genere e vedi come litighiamo davvero” dissi, sorridendo bastarda.
Mi accarezzò la gamba, sorridendo.
“sai che fingo” disse, dolce. Spostai la mia gamba da sotto la sua mano e mi schiarii la voce.
Fortuna che lui doveva controllare quando arrivavano i nostri genitori.
“devo per forza mangiare con lui al tavolo?” chiesi, a mio padre. Mi guardò male.
“si.. ma visto che farvi andare d’accordo sembra impossibile abbiamo pensato di tirarvi via i telefonini per questa cena.. così sarete costretti a socializzare” disse.
Sbiancai. Il mio telefono era pieno di foto mie e di Luca.. compreso lo sfondo..
Mi sentii tirare un calcio da sotto il tavolo e vidi Luca guardare mio padre.
“sua figlia è antipatica come poche persone, non risolverà nulla” disse, prendendo tempo.
Spensi immediatamente il cellulare, senza farmi notare da mio padre, poi lo guardai.
“senti chi parla” dissi.
Mio padre si allungò e afferrò i nostri telefonini. Poi ci ripensò e prese anche i coltelli”
“Gabriele..” lo chiamò Luca. Mio padre lo guardò e lui riprese i coltelli. “dovremmo mangiare” disse, appoggiandoli sul tavolo.
“usateli solo per quello” rispose, restio a lasciarci. Tornò al tavolo e guardai Luca alzando un sopracciglio..
Quella sarebbe stata una lunga serata..

 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
questo è un po’ più lungo.. diciamo che compensa il capitolo scorso..
Questo capitolo è un po’ particolare, come avete potuto vedere è tutto un flash-back ma servirà per farvi capire altri tasselli di questo intricato racconto (se così possiamo definirlo).

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Capitolo 17
*** Ricordi (parte 2). ***


Mangiammo tranquilli, sotto lo sguardo attento dei nostri genitori, ma non ci privammo delle piccole attenzioni.
Appena si distraevano scattava il sorriso o la carezza.
Una volta riuscì anche a versarmi da bere, cosa impensabile per il comportamento che i nostri genitori erano abituati a vedere quando eravamo insieme.
“come ci siamo finiti così?” chiesi, rubandogli un pezzetto di torta da sotto il naso.
“come?” chiese sorridendomi.
“se ti avessi fregato un pezzo di torta qualche anno fa mi avresti mangiata viva”  dissi.
“qualche anno fa non avresti mai assaggiato qualcosa dal mio piatto” disse.
“sai cosa intendo” dissi. “guarda solo fingendo quanto ci scanniamo.. e nonostante tutto ci hanno fatto i complimenti perché abbiamo fatto progressi e litigato poco” aggiunsi. Fece spallucce.
“dicono che l’amore sia il sentimento più vicino all’odio.. io direi che noi ne siamo la prova lampante” disse.
“si, ma tu sei sempre tu.. non sei cambiato, così come non sono cambiata io.. non ha senso” protestai. Rise.
“litighiamo e non ti va bene, andiamo d’accordo e non ti va bene, cosa dobbiamo fare?” chiese, scherzando.
“rifammi questa domanda tra cinque minuti” risposi, mangiando l’ultimo pezzetto della mia torta.
Giusto in tempo.
Vedemmo i nostri genitori alzarsi e venire verso di noi. Ci fingemmo indifferenti.
“ok, noi andiamo a festeggiare un altro progetto concluso con successo.. voi, a letto..” disse suo padre.
Ci alzammo e uscimmo aggirando il tavolo da due direzioni opposte. Sentii sua madre sospirare e mi avviai verso la mia camera.
“ci vediamo domani” dissi, guardando i miei genitori. Annuirono.
“a che ora vengo a svegliarti?” chiese Martina a Luca.
“punto la sveglia io, non preoccuparti” rispose.
“va bene, allora a domani” disse sua madre.
Salutai i suoi genitori mentre lui salutò i miei poi ci avviammo, in silenzio e distanti.
Aspettai di girare l’angolo, ed essere fuori dalla portata visiva di tutti e quattro, prima di eliminare la distanza che c’era tra noi. Feci una piccola corsetta e gli saltai sulla schiena. Mi prese senza problemi.
Gli baciai il collo poi scesi. Gli andai di fianco e mi abbraccio. Mi voltai verso di lui con il viso, alzandomi in punta di piedi, e lo feci voltare. Lo baciai e lo sentii sorridere.
“finalmente un saluto decente” disse. Sorrisi.
“che stanza hai?” chiesi.
“la 306” disse.
“la mia è più vicina” constatai. “i tuoi che stanza hanno?”.
“la 308” disse.
“tua, decisamente” dissi.
I miei avevano la stanza accanto alla mia.. non era certamente il caso.
Si portò dietro di me, abbracciandomi.
“mi scusi ma chi le ha detto che dormirò con lei” disse, iniziando a farmi il solletico sui fianchi. Mi divincolai, cercando di farlo smettere ma non si rassegnò fino a quando non fummo davanti alla porta della sua camera.
“sei perfido quando ti ci metti” dissi, asciugando i lacrimoni.
Avevo riso talmente tanto che le lacrime avevano fatto il capolino dopo poco.
Aprì la porta e mi fece entrare. Mi seguì e se la richiuse alle spalle. Diede le mandate e si buttò sul letto mentre io mi tolsi le scarpe e appoggiai la borsa. Lo vidi smaneggiare con il cellulare e mi ricordai di avere il mio ancora spento. Lo presi e lo raggiunsi sul letto. Mi accoccolai su di lui e vidi che la sua batteria non era carichissima.
“vuoi la mia batteria?” chiesi. Negò con il viso.
“domani torno a casa, dovrebbe tenere” disse.
“vuoi almeno metterlo in carica? Ho il caricabatteria in camera, non ci metto nulla a prendertelo” dissi. Si voltò a guardarmi.
“stai tranquilla?!” disse. Mi imbronciai.
“se domani rimanete qui con noi il tuo telefono non regge” dissi, smontando il mio.
“abbiamo lo stesso telefono ma il tuo è bianco e il mio nero.. si vedrebbe la differenza” disse, alludendo al fatto che nel nostro telefono la batteria era incorporata nella cover.
“e tu sai che abbiamo la custodia in plastica sopra e non si vedrebbe la differenza” dissi. Sospirò, poi smontò anche il suo. Presi la sua batteria e la montai sul mio mentre lui montò la mia sul suo.
“sei tremenda” disse.
“grazie” dissi, mentre gli fregai il telefono, prima che lo potesse riaccendere, e lo misi via.
“la sveglia” protestò. Gli passai il mio, inserendogli il pin, e gli sorrisi.
“impostala con il mio.. tanto domani lo carico a priori” dissi. Scosse la testa ma mi obbedì.
Mi ripassò il telefono e lo appoggiai affianco al suo.
“comincio a soffocare” disse, mettendosi seduto e slacciandosi la camicia.
Lo guardai, cogliendo ogni minimo particolare, e sorrisi inebetita.
Rise della mia espressione e si risdraiò. Si mise sul fianco, a guardarmi sorridente.
“i cinque minuti sono passati” dissi. Si chinò a dormi un leggero bacio poi si rialzò a guardarmi.
“cosa dobbiamo fare?” chiese. Mi alzai col busto e lo baciai, facendogli capire, chiaramente, i progetti per quella serata.
Fu ben lieto di assecondarli..

 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
anche questo capitolo è tutto in flash-back.
Come avrete notato è un unico ricordo (il paragrafo viene aperto nel capitolo 16 e chiuso nel 17).
Con questo le vostre idee dovrebbero avere un tassellino in più.. comunque per ogni chiarimento sono qui..

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Capitolo 18
*** Insulti. ***


sono mancata per un pò ma ho intenzione di recuperare postando tutti e 4 i capitoli saltati..
primo..





Mi svegliai sentendo dei rumori, senza riuscire ad identificarli.
Guardai la sveglia.
Sono solo le 2..
Una serie di tuoni risuonò, facendomi capire cosa mi aveva svegliata. Mi voltai e mi avvicinai a Luca, accovacciandomi più che potevo..
Freddo..
Si voltò e mi abbracciò, riscaldandomi.
“vestiti” disse, assonnato.
“sto bene” mentii.
“sei gelata” disse. Mi strinse più forte per scaldarmi meglio e io lo lasciai fare.
Dormii benissimo.
 
Entrai in classe sorridente e mi sedetti al mio posto.
Rientrare dalla gita la domenica per poi tornare a scuola il lunedì non era certamente una buonissima idea e io sembravo l’unica a non essere ancora addormentata.
Raggiunsi Luca e mi sedetti in braccio a lui mentre Barbara mi guardò malissimo.
“cosa c’è?” chiesi, guardandola.
“io sono stravolta e tu allegra e pimpante, come diavolo fai?!” disse. Risi, facendo spallucce.
“ho dormito bene” risposi. Ricevetti un pizzicotto sul fianco e guardai Luca, curiosa.
E ora che ho detto di male?
Mi guardò malissimo.
Questa me l’avrebbe poi dovuta spiegare.
Vidi la professoressa entrare e mi alzai, andando al mio posto.
Mi sedetti e tirai fuori i libri. Non mi accorsi della nuova scritta sul mio banco fino a quando non ci appoggiai il quaderno accanto.
La lessi e sbuffai, voltandomi verso Stefano. Lo guardai seccata poi cancellai la scritta.
Quella storia mia aveva altamente stufata. Ogni giorno mi scriveva insulti sul banco. Ultimamente, poi, si divertiva a fare ‘richieste’.
Iniziai a seguire la lezione ignorando lui e i bigliettini che mi inviava.
Ogni foglietto che mi allungava lo prendevo e lo infilavo in tasca. Li avrei rigirati tutti a Luca.. questo era poco ma sicuro. Quella storia andava avanti da troppo tempo era ora di darci un taglio!
Aspettai l’intervallo poi mi alzai e svuotai le tasche sul banco di Luca. Uscii alterata e andai in bagno. Mi sciacquai il viso e tornai in classe. Lo trovai ancora intento a leggere i fogliettini. Gli andai vicina e mi prese in braccio.
“il prossimo bigliettino passamelo subito” disse. Annuii.
“certo che è di un fine quel ragazzo li..” disse Barbara. La guardai, seduta in braccio a Francesco.
“da quando ha saputo che Angelica non è mia sorella si..” constatai.
“è un cretino” disse Francesco.
“gli passerà presto la voglia di scrivere certe cose..” disse Luca.
“prendo il telefono” dissi, rialzandomi e andando verso il mio banco.
Trovai una nuova scritta. Sospirai.
“uh, è tornata.. cos’è i bagni erano tutti occupati e avete dovuto rimandare?!” disse, ironico. Lo ignorai e lessi il nuovo insulto.
Ci rimasi corta.
Mi voltai e lo trovai in piedi ad un passo da me. Gli tirai uno schiaffo.
“passi che insulti me, ma non osare, mai più, parlare di mia figlia” urlai, spingendolo.
Luca e Francesco scattarono verso di noi. Gli feci leggere quello che c’era scritto sul banco e non ci volle perché Stefano si ritrovasse steso per terra per un pungo di Luca.
“ora vieni con noi” disse Francesco, rialzandolo di peso e trascinandolo fuori.
Rimasi in classe, trattenuta da Barbara.
Si sarebbero fatti sospendere se non li avessi fermati.
“Ronny non sono stupidi, tranquilla” disse, senza mollarmi.
Rimanettero fuori per tutto l’intervallo e, appena suonò la campanella, io e Barbara prendemmo i lori libretti delle giustificazioni e compilammo un’uscita anticipata.
Entrambe sapevamo fare, perfettamente, la loro firma. Raccogliemmo tutte le loro cose e gli mandammo un messaggio avvisandoli di andare direttamente a casa.
“dove sono Luca e Francesco?” chiese la professoressa entrando.
“hanno avuto un problema a casa e sono dovuti scappare” dissi, portandole entrambe i libretti. Li firmò entrambi e io li rimisi via.
“dov’è Stefano?” chiese.
Nessuno rispose.
“il preside sarà molto contento di sapere che i suoi alunni fanno quel che vogliono, ignorando le regole” disse.
“solo Stefano professoressa, Luca e Francesco hanno avuto un contrattempo a casa” rispose Barbara.
Non le avrebbe mai creduto.. sapeva perfettamente anche l’insegnante che non poteva essere un caso che mancassero proprio loro tre.. contemporaneamente poi..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
che Luca si scaldi tanto è lecito.. ma perché anche Francesco?

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Capitolo 19
*** Fastidio.. finito. ***


..secondo..




Fortunatamente le tre ore successive all’intervallo passarono in fretta e suonò anche l’ultima campanella.
Raccolsi in fretta la mia roba e presi sia il mio che lo zaino di Luca.
Cercai nella tasca esterna, in cerca delle chiavi della macchina ma non le trovai.
“dimmi che Francesco ti ha lasciato le chiavi della macchina” dissi, guardando Barbara. Cercò nello zaino e le trovò.
“si.. almeno una macchina hanno avuto la decenza di lasciarcela” disse, passandomi le chiavi. Le presi e uscimmo andando verso la macchina del suo ragazzo. Misi le cartelle affianco al seggiolone e mi misi alla guida.
“sai, dovresti prendere la patente anche tu” dissi, facendo manovra.
“avevo un braccio ingessato, ricordi?!” disse, sarcastica.
“appunto: avevi.. ora stai bene” risposi.
“antipatica”. Mi fece la linguaccia e io scossi la testa..
Era tremenda.. peggio di Angelica..
Ci misi pochi minuti per percorrere tutta la strada. Parcheggiai tranquilla e scendemmo, recuperando tutta la roba.
Entrammo in casa di Paolo e Martina approfittando del fatto che io avessi una copia delle chiavi e trovammo Angelica intenta a fissare Francesco e Luca alternatamente.
Ridevano entrambi sotto i baffi e io li guardai male entrambi.
“il papà è quello dalla finestra” dissi.
“ma così non c’è gusto” borbottò Francesco mentre Angelica corse dal padre.
“Francesco è piccola.. faccio fatica a distinguervi io figuriamoci lei..” dissi, rimproverandolo.
“in realtà anche io non vi distinguo bene certe volte” disse Martina.
“fino a quando eravate gemelli ma vi vestivate in modo diverso era semplice.. ora siamo tutte in crisi” confermò Barbara.
“ma non ci somigliamo poi così tanto” disse Luca.
“tua figlia non ti riconosce” risposi, sfidandolo.
“ok, forse un pochino ci somigliamo” disse Francesco.
“davvero. Chi è in quella foto?” chiese Claudio, indicando la tofo sulla parete dietro il figlio.
“ovvio che è Luca, ha Angelica in braccio” rispose.
“infatti sei tu il giorno del suo battesimo” risposi, bastarda. Mi guardò incredulo e sua madre fece spallucce.
“nemmeno tu ti riconosci” lo prese in giro.
“quella era facile, io ero vestito di nero, non di blu..” disse Luca.
“talmente facile che persino tuo fratello ha sbagliato” risposi.
“può capitare” disse Francesco avvicinandosi al fratello. “vieni dallo zio?”. Angelica negò con la testa, aggrappandosi di più al collo di Luca. “ti do le caramelle”. Sorrise e Angelica gli si buttò addosso.
“venduta.. viziata e venduta” disse Barbara, tirando fuori un pupazzetto dallo zaino.. “guarda cosa ti ha preso la zia”.
“ti sei appena lamentata del fatto che sia viziata e poi la compri con un pupazzo?!” dissi ovvia.
“dettagli” disse. Mi fece la linguaccia e io scossi la testa.
Dio li fa poi li accoppia..
Risi vedendo la faccia di Francesco quando vide Angelica buttarsi addosso a Barbara.
Mi sentii abbracciare da dietro e mi voltai a guardarlo.
“come sta?” chiesi.
“bene” disse vago. Lo guardai seria.
“voglio sapere cosa gli avete fatto.. ora!” dissi seria, incrociando le braccia al petto.
“nulla, ma smetterà di darti fastidio” disse, calmo. Sospirai
“siamo ad un passo dalla maturità.. non fate cretinate” dissi, preoccupata.
“tranquilla” disse, chinandosi a darmi un bacio.
Mi staccai nauseata.
“hai messo troppo profumo questa mattina” dissi, riprendendo aria.
“non l’ho nemmeno messo” disse, dubbioso. “è solo l’odore del bagnoschiuma”.
“ne avrai usato troppo” dissi, andando a sedermi in cucina. Appoggiai la testa sulle mani, appoggiandomi al tavolo già apparecchiato.
“è quasi pronto” disse Martina, voltandosi verso di me. “ti senti bene?” chiese.
“mi gira solo un po’ la testa.. sarà un virus” dissi, tranquillizzandola.
Mangiammo tranquilli, poi tornammo ognuno a casa propria..
Entrai in camera dopo aver messo Angelica nel suo letto e mi bloccai.
Mi voltai verso Luca sbalordita e lo vidi sorridermi.
“so ancora quando compi gli anni” disse avvicinandosi.
“tu sei pazzo” dissi.
Quel regalo gli era costato un patrimonio.. ne ero più che consapevole.
“diciamo che è un regalo che faccio ad entrambi..” disse ridendo. “così avrò più spazio anche io”.
“te lo scordi” dissi, prendendolo in giro.
“non avrai mica intenzione di riempire un intero armadio di vestiti solo tuoi?” disse, stando al mio gioco.
“l’intero armadio no.. un’anta posso lasciartela” risi.
“mi sa che faccio rimontare la vecchia camera.. almeno li avevo due ante per me”.
Ridemmo entrambi.
“grazie” dissi, alzandomi a baciarlo.
Era un regalo splendido.
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
chi di voi si immaginava che Francesco e Luca fossero fratelli? gemelli per di più..

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Capitolo 20
*** Febbre. ***


..terzo..




Lo vidi chinarsi e darmi un leggero bacio. Sorrisi.
“ti senti bene?” chiese. Negai con il viso.
“ho mal di testa.. e mi nausea qualsiasi odore” ammisi. Lo vidi andare verso il bagno e lo sentii aprire lo sportello. Mi andai a sdraiare sul letto e aspettai che mi allungasse il termometro.
Me lo strappò di mano appena suonò e fece una smorfia.
“38.3 non è un bel segno, conoscendoti” disse, disinfettando il termometro.
Non potevo, assolutamente, dargli torto. Quando io prendevo l’influenza non era mai un buon segno, finivo con attaccarla a tutti e la casa diventava un ospedale. Era sempre stato così, fin da quando ero piccolina.
“sarebbe meglio che andassi in camera di Angelica e tu rimanessi qui con lei” dissi, quando lo vidi stendersi accanto a me.
“ti sono immune oramai” disse, tranquillo.
“ti ho attaccato la bronchite ad agosto” borbottai, appoggiandomi a lui.
“dettagli” disse, prendendomi in giro.
 
“ma come hai fatto ad ammalarti?” chiese mia madre.
“ovvio, è lei” borbottò Luca, alterato.
“Luca..” lo ammonì sua madre.
“rimani a letto e riposati” disse mio padre. “torneremo quando avremo finito”.
Li vidi uscire tutti dalla mia stanza e rimasi sola.. anche se per poco. Dopo nemmeno cinque minuti bussarono alla porta.
Gli aprii, sapendo già chi fosse, e tornai a sdraiarmi a letto.
“ora voglio sapere come diavolo hai fatto!” disse, chiudendosi la porta alle spalle.
“amore non infierire” dissi, tossendo.
“bronchite.. ad agosto” protestò, raggiungendomi.
“capita” dissi. Lo vidi passarmi una caramella e la presi.
Feci una faccia schifata.
“devi farla sciogliere, non obbiettare” disse. Sbuffai.
“sei stronzo quando ti ci metti”.
“no, sei tu che prendi la bronchite.. ad agosto”.
Gli tirai uno schiaffo sul braccio.
“hai finito di sfottere?” chiesi, arrabbiata.
“ok, la smetto” rispose, ridendo.
Rimase con me per tutto il giorno e, a sera, andò via poco prima che tornassero i nostri genitori.
Non lo vidi, né lo sentii, per tutta sera.
In compenso il mattino successivo lo vidi arrivare dal medico.
Lo guardai curiosa.
“Martina, cosa ci fai qui?” chiese mia madre.
“Luca non sta bene” disse spingendo il figlio.
“sto benissimo” disse, tossendo.
“magari ha la bronchite anche lui” dissi.
“non tirargliela” mi ammonì mia mamma.
Quella era la prima volta che non lo attaccavo o facevo finta di farlo.. eppure avevo preso su comunque. Non ci volle molto perché il medico mi desse ragione.
Ci ritrovammo al ristorante, con gli occhi dei nostri genitori puntati addosso.
“avete preso entrambi la bronchite.. ed entrambi ad agosto, vorrei sapere come avete fatto” disse mio padre.
“può capitare” dissi, sbuffando.
“no, non in contemporanea” obbiettò sua madre..
Cominciavano a sospettare qualcosa.. e ne avevano tutti i diritti.
E ora gli avevamo servito su un patto d’argento una lampante dimostrazione del fatto che avevano ragione.≈

 
Lo sentii spostarsi da sotto di me e mi svegliai.
“che ore sono?” chiesi, assonnata
“hai dormito poco, sono appena le 15” disse.
“dove vai?” chiesi, guardandolo.
“si è svegliata Angelica” disse.
“vuoi che vado io?”.
“meglio se vado io”.
Lo guardai uscire, senza obbiettare, e lo aspettai.
Cercai di rimanere sveglia ma non ci riuscii.
D’altronde quando io avevo una febbre le cose certe erano due:
1.     tutti avrebbero avuto la febbre.
2.     sarei stata capace di dormire per giorni interi senza svegliarmi nemmeno per un secondo.
 
 

 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
questo è un aspetto che riguarda me. Se io mi ammalo casa mia diventa un ospedale, contagio tutti anche solo guardandoli..

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Capitolo 21
*** Tutto da capo.. ***


..quarto (e ultimo capitolo, per oggi)..




Un mese passò in fretta e ci ritrovammo ad un passo dalla maturità.. mancavano due mesi alla ‘grande’ data..
Entrai in classe senza dire nulla. Ero, completamente, inespressiva.
Mi sedetti accanto a Luca e lo vidi guardarmi male. Ricambiai.
Di certo non ero finita in quella situazione da sola.
Si alzò ed usci, alterato.
Barbara si sedette accanto a me.
“cos’è successo?” chiese, guardandomi. La guardai terrorizzata. “tata..”
“ci risiamo” sussurrai. Ci rimase di sale, capendo a cosa mi riferissi.
“beh, non può prendersela con te” disse.
“non lo farebbe se qualcuno non gli avesse insinuato dei dubbi” dissi.
“stai scherzando?!” disse, ironica. Negai con il viso. “ma non può crederle.. non ancora”.
“evidentemente non si fida” dissi.
“evidentemente non è innamorato” disse, triste.
“tu stanne fuori” disse Luca, alle sue spalle.
“sta calmo con lei” lo attaccò Francesco.
“stanne fuori anche tu” rispose. Mi alzai e presi il mio zaino.
“di ai prof che non mi sento bene” dissi a Barbara. Uscii e tornai a casa.
Non riuscivo a credere che nonostante tutto continuasse a non fidarsi di me.
Era come rivivere tutto da capo.. tutto quello che era successo appena tre anni prima stava succedendo ancora.
Mi buttai sul letto e mi coprii il viso con il cuscino. Era un incubo..
Un brutto incubo.
Mi sarei svegliata presto e sarebbe tornato tutto alla normalità..
Ne ero certa.
 
Mi svegliai sentendo dei rumori.
Mi voltai e vidi la luce accesa nell’altra stanza.
Mi alzai lentamente e li raggiunsi in sala.
“com’e andata a scuola?” chiesi dolce, guardando Angelica.
“bene” disse, sorridendo felice.
“a noi meno..” disse Luca.
Lo guardai e lo vidi fissarmi male.
“ora sono degna di nota?” chiesi, cattiva.
“dopo che te ne sei andata se ne sono andati anche gli altri. Siamo rimasti in otto in classe” disse.
“non è colpa mia” dissi. “se fossi rimasta non sarebbe cambiato nulla”.
“come vuoi” disse, svogliato. “sappi che non ha creduto a Barbara” aggiunse.
“le porterò il certificato medico” dissi.
“e quando hai intenzione di andare dal medico se c’è solo il mattino?” disse, bastardo.
“domani abbiamo educazione fisica, mi ha lasciato il certificato stamattina nella buca delle lettere, lo avevo già chiamato” risposi, soddisfatta.
Si ammutolì.
Lo vidi andare verso il bagno e lo sentii chiudersi dentro.
Nulla era assolutamente migliorato, anzi.. tutto era peggiorato.
Guardai Angelica andare in camerta sua e mi lasciai sfuggire una lacrima. L’asciugai e mi voltai. Andai in cucina e preparai da mangiare delle semplici cotolette, l’unica cosa presente in casa che si cuocesse in pochi minuti.
“ho fame” disse entrando in cucina.
“è pronto” dissi indicando il suo piatto. Andai a chiamare Angelica in camera e mi sedetti al mio posto. La vidi sedersi al suo posto e le passai il suo piatto, già tagliato. Iniziò a mangiare tranquilla e la imitai.
Davanti a lei tutti i problemi venivano eclissati.. era vietato litigare e lo sapevamo entrambi molto bene.
Non ci eravamo mai permessi di alzare la voce in sua presenza e non sarebbe certamente cambiato ora.
Su quei momenti di tranquillità potevo ancora contarci..
Peccato, solo, che fossero gli unici.
 
Lo vidi fissarmi male e io pregai che Angelica mi chiamasse per aiutarla a fare i compiti..
“certo, vai da lei ed evita il problema” disse, cattivo.
“io non evito il problema Luca” dissi. “mi chiedo come tu, dopo tutto quello che abbiamo passato, possa ancora non fidarti di me, mi chiedo come tu possa credere a quello che ti ha detto Monica e mi chiedo come possa anche solo sfiorarti l’idea che sia possibile” aggiunsi, attaccandolo.
“perché? Forse perché ha ragione.. sono con te a scuola, sono con te a casa ma non sono con te quando lavori..” disse. Lo guardai malissimo.
“mi sembra di averti sempre detto tutto, anche quando qualcuno si avvicinava troppo.. ma mi sembra anche di averti detto di averlo sempre allontanato” risposi.
“chi mi dice che lo hai allontanato davvero?!”
“le telecamere” sbottai, spingendolo. “se tu avessi davvero dei dubbi andresti da tuo padre e gli chiederesti di controllare le telecamere di sorveglianza.. ma non lo fai. Non lo fai perché sai che quello che ha detto Monica non è vero ma ti è più comodo crederlo per scappare e non assumerti le tue responsabilità”.
Non rispose.
Colpito.. colpito e affondato..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
e ora cosa sarà successo?
Chi è questa Monica?
Cominciate a capirci qualcosina in più o vi mancano ancora parecchi tasselli?
Avrete avuto l’intuizione giusta su questa storia o ci saranno colpi di scena che non immaginate? Non vi resta che continuare a leggere per scoprire cosa vi ho riservato ;)

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Capitolo 22
*** Pace. ***


43 visualizzazioni al capitolo 17
43 visualizzazioni al capitolo 21
21 visualizzazioni, circa, ai capitoli 18 - 19 - 20
ieri ho postato 4 capitoli consecutivi e questo credo che abbia creato dei problemi a qualcuno che si è perso quelli centrali..
non so chi siano e non posso contattarli ma se dovessi saltare ancora dei giorni nel postare state attenti ai numeri dei capitoli..
scusate per il disguido..





Mi chiusi in camera e rimasi sola solo pochi minuti, poi lo vidi entrare.
Lo guardai male ma mi ignorò.
Si avvicinò e si sedette sul letto, accanto a me.
“come ti senti?” chiese.
“ti interessa davvero o è solo per lavarti la coscienza?” lo attaccai. Mi guardò dolce.
“mi interessa” disse.
“potrei stare meglio” risposi, fredda.
“hai ragione” disse. “vorrei scappare” aggiunse. “ma non lo farò.. prendevo quello che ha detto Monica solo come scusa ma so che non è vero”.
“e questo lo hai capito guardando realmente le telecamere o usando, semplicemente, il cervello” chiesi, acida.
“non ho chiesto a mio padre di controllare il tuo lavoro.. e non lo farò, mi fido” disse.
“hai uno strano modo per dimostrarlo” dissi. Sospirò.
“sono un po’ strano.. ma è proprio per questo che ti piaccio” disse, sorridendo. Risi.
“sei stupido non strano, è diverso” dissi.
“vieni qui” disse, aprendo le braccia. Gli andai addosso, accoccolandomici sopra.
“sei caldo” dissi, gelata.
“c’è caldo” disse. “sei tu ad essere gelata..”.
“ho freddo” ammisi. Mi strinse di più, scaldandomi e mi sentii serena e protetta. Lo abbracciai, tenendolo stretto e lo sentii darmi un bacio sulla testa.
“scusa” disse.
“nulla” risposi.
Avevamo fatto pace, ma solo fra di noi.. presto avremmo litigato con tutti quelli che ci circondavano.. lo sapevamo entrambi molto bene.
Rimanemmo fermi così per quasi un’ora poi Angelica entrò in camera nostra.
La guardammo saltare sul nostro letto contenta fino a quando non ci si buttò addosso.
La prendemmo al volo, prima che sbattesse contro di noi, facendosi male, e la presi in braccio.
“pesate” disse Luca.
“andiamo al cinema?” chiese Angelica, ignorandolo.
“al cinema?” chiesi, curiosa.
Lei non era solita fare queste richieste di punto in bianco..
Se le piaceva la pubblicità di qualche cartone chiedeva se quando sarebbe uscito saremmo potuti andarlo a vedere ma non lo chiedeva così di punto in bianco.
Annuì, timida.
“andiamo al cinema” disse Luca.
Corse in camera e io mi alzai piano, raggiungendola.
“come ci vestiamo?” chiesi, togliendole la tuta che usava per andare all’asilo.
“belle” disse contenta.
“e belle sia” dissi, prendendole un vestitino dal suo armadio. La presi in braccio e la portai in bagno, la misi nella doccia e la lavai. Evitai di bagnarle i capelli poi la avvolsi in un asciugamano.
La presi in braccio e la portai in camera. La misi sul letto in piedi e finii di asciugarla, poi la vestii.
“vai a prepararti, finisco io” disse Luca, raggiungendoci già pronto.
Obbedii e andai in camera a vestirmi, lasciando a lui il compito di pettinarla e metterle le scarpine.
Mi cambiai, semplicemente, vestiti e mi aggiustai il trucco lavandomi il viso, riuscendo a non toglierlo, poi mi pettinai.
Li raggiunsi in sala già pronta e li vidi intenti a prendere le chiavi della macchina.
“possiamo andare” dissi, affiancandoli.
Angelica saltellò contenta fino alla porta e noi fummo costretti a correrle dietro quando la sentimmo aprirla.
La raggiungemmo che era già sulle scale.
Luca la prese al volo prima che potesse scendere da sola e scendemmo le scale tranquilli.
Salii in macchina mentre Luca la mise nel seggiolino e le allacciò la cintura, poi salì al posto del guidatore.
“sai perché vuole andare al cinema?” chiese, senza farsi sentire. Negai col viso e lui mise in moto.
Avremmo scoperto perché tanta fretta di andare al cinema solo quando saremmo arrivati li.. prima non avrebbe parlato.
La guardai voltandomi col viso e la vidi assorta nei suoi pensieri..
“vorrei sapere cosa le prende” dissi, rivoltandomi in avanti.
“vorrei saperlo anche io” disse Luca, guardandola, momentaneamente, dallo specchietto retrovisore.
Stavo iniziando a preoccuparmi.. parecchio.. e non ero l’unica..
Non era assolutamente da lei comportarsi così..
Chissà cosa le era preso..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
Come mai tanti capricci da parte di Angelica?
Beh.. il ‘mistero’ lo svelerò nel prossimo capitolo.. nel frattempo sono curiosa di sapere voi cosa pensate..

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Capitolo 23
*** Cinema. ***


Arrivammo al cinema in poco tempo e, grazie alla presenza del seggiolone in macchina, riuscimmo anche a trovare parcheggio vicino all’entrata. Trovare parcheggio era praticamente impossibile ma avevano avuto la grazia di riservare alcuni posti alle famiglie con bambini.
Scesi e feci scendere anche Angelica poi le presi la mano e affiancai Luca. Sorrise dopo che anche lui le prese la mano e cominciò a camminare contenta.
“Angy come mai siamo al cinema?” chiesi. Mi guardò poi si rattristò.
“volevo solo venire al cinema” disse.
“la mamma non voleva sgridarti” intervenne Luca. “voleva solo sapere se c’è un motivo particolare o volevi solo guardare un cartone” aggiunse.
“no, volevo solo fare un giro” disse, piano.
“niente cinema?” chiesi. Negò con la testa poi ci guardò.
“possiamo andare a prendere il gelato per merenda?” chiese, più tranquilla.
Annuimmo entrambi e si aprì in un sorriso.
Entrammo e, dopo aver fatto un giro per i negozi, andammo a mangiare il gelato.
Feci sedere Angelica su una sedia mentre Luca appoggiò le buste.
Presi il menù e lo feci guardare ad Angelica, leggendole i gusti di gelato che affiancavano ogni figura.
Quando ebbe deciso passai il menù a Luca e le misi il bavaglino.
In poco ci ritrovammo davanti le nostre ordinazioni e lei mangiò contenta.
Non mi ci volle molto per capire perché era voluta andare al cinema.
In poco molti suoi compagni di classe arrivarono con i genitori.
Ci rimasi male.. malissimo.
Sapevo perfettamente perché noi non sapevamo nulla di quell’incontro.
Il fatto che sia io che Luca fossimo appena maggiorenni non faceva vedere Angelica di buon occhio all’asilo.
“non badarci” disse, piano, Luca. Lo guardai facendo una smorfia.
“mi sono sporcata”. Mi voltai a guardarla e la vidi triste. Le sorrisi, accarezzandole la testa.
“è solo il bavaglino amore, non fa nulla” dissi. Le pulii il bavaglino con un tovagliolo, per evitare che si sporcasse anche i vestiti, e la guardai continuare a mangiare sorridente.
“stanno venendo qui” sussurrò Luca, facendo finta di nulla.
“ciao”. Non feci nemmeno in tempo a guardarli che ce li trovammo in piedi vicino al tavolo.
“ciao” dissi, facendo finta di nulla. “anche voi qui?!” aggiunsi, fingendomi sorpresa.
“si, sembra che oggi siano venuti tutti qui” disse una delle varie mamme.
“andate a vedere ‘il re leone’?” chiese Angelica, dimostrando che sapeva perfettamente che non fosse una coincidenza.
“si, abbiamo presi i biglietti ieri” disse un bambino. Tutti i genitori ammutolirono.
“è brutto” disse Angelica, finendo il suo gelato. “lo abbiamo già visto” disse, contenta.
“magari a loro piacerà” disse Luca, togliendole il bavaglino.
“ho sonno” disse, tendendo le braccina verso di me. La presi in braccio.
“vuoi andare a casa?” chiesi. Annuì.
“volevamo chiedervi se volevate unirvi ma se ha sonno..” disse un altro genitore, lasciando in sospeso la frase.
“no, non volevate farlo.. o lo avreste chiesto quando avete organizzato” dissi, schietta, alzandomi con Angelica in braccio. “ma non fa nulla, quel cartone lo ha già visto” aggiunsi, sistemando meglio Angelica. “siamo qui da oggi pomeriggio e Angelica è stanca quindi, se permettete, torniamo a casa” conclusi andandomene, senza salutarli. Fui raggiunta da Luca in pochi secondi.
“mi aspetteresti un attimo?” chiese, aggiustando le borse che aveva in mano. Mi fermai e aspettai che si sistemasse poi ripresi a camminare.
“forza, parla” dissi, sapendo che sarebbe arrivata la predica di li a poco.
“lo avrei fatto anche io” disse, cogliendomi di sorpresa. “non ti dirò su questa volta”.
Lo guardai curiosa.
“chi sei tu?” chiesi , ridendo.
“dico solo che anche a me non è andata giù questa storia e che se non avessi risposto tu lo avrei fatto io.. certo, forse, hai un tantino esagerato ma rispetto a tre anni fa sei molto più docile” disse, facendo, chiaramente, riferimento ai miei umori altalenanti.
“è anche merito tuo se sarò sclerata” dissi, fermandomi davanti alla macchina.
“ah, no.. non esiste che incolpi me” disse, prendendomi in giro mentre mi aprì la portiera posteriore.
Salii, mettendo Angelica nel seggiolone poi andai a sedermi al mio posto, tranquilla.
“e di chi è la colpa scusa?” chiesi, facendogli la linguaccia.
“magari non solo mia” rispose, dubbioso.
Gli presi la mano e mi voltai a guardare Angelica.
“si è addormentata” dissi, rapita.
Sorrideva nel sonno.
Sorrisi di rimando.
Almeno lei era felice..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
altro capitolo concluso.. cosa ve ne pare?
Avete delle domande da fare o dei chiarimenti da chiedere?

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Capitolo 24
*** Si inizia.. ***


Tentennai con la mano sulla portiera.
“amore.. tranquilla” disse Luca, prendendomi la mano.
Ventitré giugno.
La prima prova scritta.
Quella data l’avrei ricordata certamente..
Mi decisi a scendere dalla macchina e andai, seguita da Luca, nella nostra classe.
Trovammo Francesco e Barbara fuori dalla porta, ad aspettarci.
“ci sono già le targhette con i nomi sui banchi” disse Francesco quando lo affiancammo.
“e il presidente di commissione ha già detto che non si uscirà prima dello scoccare della seconda ora”
Feci una smorfia.
“perfetto” dissi, retorica, stringendo il certificato medico in mano.
“non può dirti nulla” disse Luca, cercando di calmarmi.
Vidi uscire il commissario per dirci di entrare e noi obbedimmo.
Erano già tutti dentro..
Mi fissarono tutti mentre mi avvicinai al presidente di commissione.
Gli allungai il certificato medico e notai che i miei compagni di classe non erano gli unici ad essere increduli.
L’intera commissione mi guardava esterrefatta.
“ma perfetto, ci mancava solo questa” brontolò il commissario, leggendo il certificato. “scalate tutti di un posto, la signorina prenderà posto nel primo banco” disse. Obbedirono tutti, portandosi dietro le targhette nominative.
Presi la mia e la posizionai sul banco più vicino alla porta.
Sospirai.
Mi sedetti al posto nuovo e lasciai che le chiacchiere salissero da se.
Distribuirono i compiti e dopo nemmeno un ora chiesi di andare in bagno.
Risposero di no.
“ho il certificato medico proprio per poter andare in bagno all’occorrenza” dissi.
“non prima delle due ore” rispose il commissario.
“la lasci andare in bagno” disse Luca. “piuttosto, se non si fida e crede che nasconda qualche bigliettino, la faccia accompagnare”.
“l’accompagnerà la docente di diritto” sbotto.
Mi alzai e uscii di corsa..
“piano” disse l’insegnante.
“rischio di farmela addosso” risposi.
“com’è successo?” chiese, mentre mi stavo lavando le mani. La guardai dubbiosa.
“è capitato” dissi.
“per la seconda volta?” chiese. Sospirai.
“non credo che faccia molta differenza a questo punto” dissi.
“dovrebbe, sai perfettamente che crescere un figlio non è facile.. ma addirittura due?!”.
“il lato positivo è che siamo già pratichi di pannolini e roba varia” dissi.
“quinto mese?” chiese.
“quarto” risposi, aprendo la porta della classe. Mi fissò incredula.
Sapevo perfettamente che sembravo ad uno stadio molto più avanzato.. non c’era bisogno che me lo dicesse anche lei..
Mi risedetti al mio posto e ripresi a svolgere il mio compito..
Tema di italiano..
Quell’anno le tracce erano particolarmente oscene.
Primo Levi
Foibe
Piacere e piaceri
La ricerca della felicità
I giovani e il loro ruolo nella politica
Gli UFO
Avevo optato per il tema libero:
La musica.
Avevamo, ufficialmente, iniziato gli ultimi giorni di scuola..
Presto tutto sarebbe finito..
Non vedevo l’ora..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
queste tracce le ho odiate.. lo giuro. Non sono per niente inventate, io ho dato la maturità nel 2010 e queste sono le tracce che mi sono trovata davanti.. ci ero rimasta di sale.
Se non fosse stato per il tema libero non avrei saputo cosa scrivere di tutti gli argomenti, nessuno mi interessava..
Sorvoliamo questo, però. In quanti si aspettavano che Ronny fosse ancora incinta? Lo avevate capito o sono stata brava a nascondervelo?

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Capitolo 25
*** Si finisce.. ***


Dieci luglio.
Metà del quarto mese di gravidanza..
Scesi dalla macchina, aiutata da Luca, e mi avvicinai all’entrata.
Tutti i quadri erano già appesi, si vedevano perfettamente dai vetri, ma la porta chiusa non ci faceva accedere ad essi.
Mi sedetti sul cornicione, affiancata da Barbara.
Mi guardai intorno..
Tutti mi fissavano.
Guardai Luca e lo vidi sorridermi, tranquillo.
“ignorali” sussurrò Francesco.
Annuii.
Li avrei ignorati, o almeno ci avrei provato.
Aprirono la porta e si precipitarono tutti dentro.
Mi alzai, sempre aiutata da Luca, e andammo dentro anche noi.
Ero ansiosa di vedere i nostri voti.. molto ansiosa.
Da quel voto sarebbe dipeso il nostro futuro.
Non che nel mio caso facesse molta importanza.
Io avevo già un lavoro, buono, nell’azienda del padre del mio ragazzo.. e mio padre.
Avevo sempre amato quel posto, e anche da piccolina mi divertivo ad aiutarli a sistemare i vari fogli..
Quella stessa azienda dove anche il mio ragazzo era entrato a far parte, come socio, al compimento dei 18 anni.
Un terzo delle azioni.
Quello era stato il suo regalo di compleanno da parte dei suoi genitori..
Regalo che fruttava molto bene, fortunatamente.
Osti 88
Sartori F. 80
Sartori L. 88
Zantedeschi 83
Guardai solo noi quattro.. ma eravamo i soli di cui mi importava realmente.
Ero riuscita ad avvicinarmi a tutta la classe ma quando scoprirono che ero ancora incinta mi allontanarono nuovamente.
Poco male.
La mia vita sarebbe continuata comunque senza il bisogno di false amicizie..
Uscii subito e mi avviai verso la macchina.
“i ragazzi vanno a festeggiare mangiando un gelato vuoi andarci?” chiese Luca affiancandomi.
“chi ti volta le spalle nel momento del bisogno non è degno di esser definito amico” dissi, tranquilla. “e poi, sinceramente preferirei una bella cioccolata calda.. bianca.. con panna” aggiunsi con già l’acquolina in bocca..
“cioccolata”?” chiese Barbara. Annuii.
“bianca” mi impuntai.
“e cioccolata sia” disse Francesco, poco convinto.
Salimmo tutti in macchina e concessi il lusso di non allacciare la cintura..
Peccato solo per quel suona insistente e fastidioso..
“amore la metteresti almeno dietro la schiena?” chiese Luca, innervosito. Vidi Francesco scattare e afferrare la mia cintura di sicurezza per poi agganciarla facendola passare dietro al sedile.
“basta rimanere calmi” disse Barbara, notando il nostro sguardo..
“così va meglio” disse Luca, cedendo. “ora prendiamo una bella cioccolata calda, bianca, con panna e poi andiamo a prendere Angelica dai nonni” disse fingendosi allegro..
Scesi dalla macchina da sola e andai a ordinare la mia cioccolata. Mi guardarono subito dubbiosi poi quando notarono la pancia non obbiettarono. Mangiammo tranquilli, io la cioccolata e loro il gelato, poi andammo a casa di Paolo e Martina..
Angelica però dormiva..
“aspettiamo che si svegli allora” disse Luca, sedendosi sul divano, affianco a sua madre..
“io vorrei andare a casa” dissi. “senza offesa ma vorrei sdraiarmi un po’ e togliermi questi vestiti che cominciano ad essere stretti” aggiunsi guardando i genitori di Luca.
“tranquilla, è normale, vai pure a casa.. vi chiamo quando si sveglia” disse sua madre sorridendo.
Luca si alzò sbuffando e mi raggiunse alla porta..
“ci vediamo dopo” disse, svogliato..
Cambierai presto umore..
Uscii sorridendo e lo seguii.
Sclerotico, brontolone e scorbuto.. miseria che caratteraccio!
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
questo è un po’ corto ma mi perdonerete nei prossimi capitoli..
Eccome se mi perdonerete..

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Capitolo 26
*** Amarsi (parte 1). ***


Entrai in casa seguita da lui e lo vidi lanciarsi, letteralmente sul divano.
“Luca, mi dai una mano per favore?” chiesi, già in camera da letto. Lo sentii sbuffare e alzarsi.
“cosa c’è?” chiese comparendomi alle spalle.
Mi avvicinai a lui, con solo la maglietta addosso e mi voltai di spalle sorridendo della sua reazione.
“non riesco a sganciare la maglia” dissi. Mi slacciò la zip e andò via. “grazie” dissi. Non rispose.
Qui serve ben altro..
Aprii il cassetto della biancheria intima e cercai l’unico completo ancora inutilizzato..
Un regalo stupido da parte di Francesco a Barbara che si sarebbe presto rivelato utile.
Gli comparii davanti.
“cosa c’è?” chiese, scontroso.
“vado in doccia” dissi, avviandomi.
Entrai in bagno e mi chiusi a chiave. Lo sentii imprecare e tolsi la mandata chiedendo scusa..
Mi spogliai e recuperai il bagnoschiuma al biscotto. Mi infilai sotto il getto dell’acqua e mi insaponai.
Evitai di bagnare i capelli e mi sciacquai.
Uscii e mi asciugai prendendo il completo e guardandolo..
Se non cede con questo non so più cosa inventare..
Deglutii guardandolo bene. Avrebbe coperto molto poco, ne ero certa. Mi chiesi se fosse lecito vendere biancheria intima così provocante o se fosse punibile con un accusa di tentato omicidio, perché era logico che vedendomi con quel completo addosso avrebbe rischiato un infarto..
Mi feci coraggio..
Volevo una cosa..
E quella cosa avrei ottenuto.
Lo infilai e mi avvolsi nell’asciugamano, poi ne cercai un altro, ben determinato. Lo presi e lo tenni in mano.. sarebbe, sicuramente, servito a lui se i miei piani fossero andati in porto..
Lo nascosi dietro alla schiena e mi piazzai davanti a Luca. Mi fissò.
“cosa c’è?” chiese.
“stavo pensando che è un po’ che non viene utilizzato” dissi mostrandogli l’asciugamano, mentre lo rigirai tra le mani, e stando bene attenta a far scivolare via l’altro asciugamano da addosso a me..
Lo vidi in difficolta.. molta.. e ne approfittai per sedermi in braccio a lui..
Fortunatamente non avevo alcuna difficoltà a mettermi a cavalcioni, altrimenti sarebbe stata grigia.
Lo baciai, iniziando a giocherellare con la sua maglietta.
Mi fermò.
Tre mesi di astinenza e aveva ancora le capacità di fermarmi.. wow.. ne aveva di forza di volontà..
“non si può e tu non dovresti provocarmi così” disse.
“si può.. se stai attento si può.. e si potrà per altri due mesi, approfittane ora..” dissi, liberandomi dalla sua stretta e sganciandogli i pantaloni.
In poco tempo mi ritrovai in camera, stesa sul letto con Luca sopra di me, attento a non pesarmi addosso.
Lo vidi fissarmi, ammirando le mie rotondità accentuate, e sorrisi. Lo tirai maggiormente verso di me e lo baciai mentre lasciaiscivolare le mani sotto l’elastico dei suoi boxer. Spostai la mano sul davanti e lo sentii tendersi e irrigidirsi sopra di me. Il suo respiro si spezzò nella mia bocca mentre lo sentii caldo e pulsante nella mia mano. Iniziai prima una lenta tortura e lui si staccò dalle mie labbra. Si portò sul mio collo e iniziò a morderlo dolcemente. Più i suoi morsi sulla mia pelle si facevano intensi, più la mia mano accelerava il ritmo. Mi fermai un attimo per sfilargli completamente quegli inutili boxer e ripresi da dove mi ero appena interrotta. Sentivo che la sua erezione diventava sempre più calda e umida nella mia mano e sorrisi compiaciuta.
Stava rispondendo perfettamente al mio stimo e non potei che essere contenta nel vedere l’effetto che gli facevo, nonostante le mie forme tutt’altro che invidiabili..
Mi diede un ultimo morso, leggermente più forte di tutti gli altri, poi mi fermo e si spostò da me.
Non mi ci volle molto per capire il motivo di tale azione.. la mia mano venne sostituita dalla sua avvolta dall’asciugamano ma non si mosse..
Sentii il suo respiro spezzarsi e lo vidi nettamente appagato.
Lo ammirai, in ginocchio sopra di me, e sorrisi quando lo vidi fissarmi sorridente. Gli afferrai la mano, appoggiata sulla mia coscia, e la portai vicino al mio viso baciandogliela.
Mi accarezzò il viso poi smaneggiò con l’asciugamano.
Sapevo perfettamente che si stava pulendo e non mi lamentai dell’attesa..
Sapevo, anche, che presto quella piccola attesa sarebbe stata ricompensata.
Annaspai ad immaginarlo dentro di me e mi ritrovai ansiosa di ricevere le sue attenzioni..
Mai però mi sarei aspettata di ricevere le attenzioni che mi riversò quando si fu ripreso.
Sentii le sue mani scostarmi le mutande, se così potevano essere definite, e sentii le sue mano soffermarsi troppo vicino alla mia intimità.
Provai ad obbiettare ma mi baciò tappandomi la bocca.
“per una volta sta zitta” disse, senza interrompere il bacio.
Ancora prima di poter provare ad opporre resistenza sentii le sue dita entrare dentro di me. Chiusi gli occhi, boccheggiando.
Lo avevo torturato..
Ora era lui a torturare me..
Si scostò dal mio viso e si mise più comodo ma non rallentò mai il ritmo.
Portai una mano sulla mia testa e afferrai uno dei nostri cuscini a caso, portandomelo sul viso.
Soffocai un urlo quando raggiunsi l’orgasmo, sentendomi appagata e felice. Lo sentii ridere e alzai, amabilmente, il dito medio in sua direzione, senza curarmi di togliere il cuscino da sopra il mio viso.
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
questa è la prima parte.. e voi non potete nemmeno lontanamente immaginare il colore del mio viso nello scrivere, rileggere e postare questo capitolo.. dire che era COSÌ, probabilmente, è riduttivo..

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Capitolo 27
*** Amarsi (parte 2). ***


Lo sentii sdraiarsi accanto a me e tirarmi via il cuscino da sopra il viso.
“se vuoi riprendere fiato non ti aiuterà” disse. Si chinò a baciarmi per poi passarmi una mano sulla pancia.. “tutto bene?” chiese. Annuii. “sicura? Guarda che possiamo fermarci, non è importante”.
“sto bene” dissi, tranquilla. Si convinse e si fece tirare sopra di me.
Lo baciai, completamente rapita da lui..
Tutto di lui mi piaceva..
Il suo sapore..
Il suo odore..
I miei pensieri vennero interrotti quando lo sentii insinuarsi, lentamente, dentro di me.
Non riuscii a trattenere un gemito.
“sei bellissima.. e non mi sarei mai aspettato che potessi fere una cosa del genere” disse, sorridendo maliziosamente.
“speravo che ti sarebbe piaciuto.. anche se non mi hai reso vita facile” dissi.
Eccome se non mi aveva reso vita facile..
Allargai leggermente le gambe nel momento esatto in cui spinse il bacino contro il mio.
Alzai leggermente il capo, per baciarlo, e lo sentii avvicinarsi maggiormente fino ad entrare, maggiormente, dentro di me.
Sospirai allontanandomi dal suo viso e rimasi a guardarlo.
Per la prima volta non avevo voluto spegnere la luce, non l’avevo fatta offuscare e non avevo voluto chiudere la porta.
Lo vidi fissarmi e rimasi ipnotizzata dal suo sguardo magnetico..
Iniziò a muoversi lentamente dentro di me mentre io assecondai i suoi movimenti. Il respiro di entrambi cominciò accelerare notevolmente.
Le sue mani volarono sui miei fianchi mentre si fermo un istante.
“ferma, non stancarti inutilmente” sussurrò.
Entrò ancora più profondamente in me e ci ritrovammo a sospirare nello stesso momento. Affondai le unghie nella sua schiena senza riuscire a trattenere un gemito di piacere.
Lo sentii fermarsi di botto e ci rimasi leggermente male..
Mai male, però, quando lo sentii uscire e lo vidi guardarmi serio..
“cos’è successo?” chiesi. Si voltò dandomi le spalle e mi avvolsi nel lenzuolo. Lo vidi scuotere la testa e lo abbracciai da dietro. “amore..”
“basta così” disse piano, senza rabbia. “ti fa male e non va bene” aggiunse, accarezzandomi il braccio, tranquillo.
“non mi hai fatta mele” dissi, sicura, mentre gli lasciai un bacio sul collo.
“non mentire Ronny” disse tirandomi il braccio e prendendomi in braccio.
“non mento” risposi.
“non fa nulla, davvero, tranquilla amore” disse, sorridendo.
“perché pensi di avermi fatta male?!” chiesi.
“mi hai bloccato con la mano” disse, spostandomi un ciuffo dietro all’orecchio.. corrucciai la fronte, curiosa, mentre lui rise.. “hai dei capelli ingestibili in questo momento” disse mentre mi sfilò un codino dal polso e mi raccolse i capelli, stando attento a non farmi male.
“amore.. io non ti ho fermato” dissi. Alzò un sopracciglio e lo fissai mentre mi prese la mano e la poggiò sulla sua pancia. “non era per fermarti” constatai, risalendo lungo il suo petto.
Mi alzai e mi srotolai il lenzuolo di dosso per poi risedermi in braccio a lui. Mi misi a cavalcioni e, indirizzandomi con la mia mano, lo  aiutai ad entrare dentro di me. presi a muovere il bacino ma mi fermò subito, alzandosi in piedi. Mi ritrovai senza più l’appoggio del letto ma completamente sorretta da lui.
“ti stanchi più del dovuto” disse voltandosi e riappoggiandomi sul letto.
Sentivo il suo corpo pesarmi addosso senza forzo. Sapevo che era puntato con i gomiti e sapevo che lo faceva per paura di farmi male. Sorrisi lusingata delle attenzioni che mi riservava.
Qualsiasi altro ragazzo avrebbe dato la precedenza alle sue esigenze e avrebbe lasciato che fossi io a guidare, soddisfacendolo..
Luca no.
Era attento a non farmi stancare e nel momento in cui aveva temuto di avermi fatta male si era fermato mettendo in secondo piano le sue voglie e le sue esigenze.
Lo sentii spingere, nuovamente, dentro di me e spalancai gli occhi. Presa com’ero dai miei pensieri su di lui non mi ero accorta quando fosse entrato.
Sentii le spinte farsi sempre più frenetiche e non riuscii a trattenere un urlo quando, col suo sguardo fisso su di me, venni attraversata da una scarica di piacere puro.
Dopo pochi istanti lo sentii irrigidirsi. Non lo feci scostare da me..
D’altronde non poteva fare più danni..
Lasciai che si liberasse dentro di me e mi beai di quella sensazione.
Chiusi gli occhi, mentre Luca posò la testa sulla mia spalla e mi lasciò dei dolci baci sul collo. Sentii la sua mano sfiorare la mia nuca per poi sciogliermi il codino che lui stesso aveva fatto e perdersi fra i miei capelli, sicuramente ribelli. Sentii i nostri respiri accelerati tornare, poco a poco, alla normalità e lo abbracciai più forte, tenendolo stretto a me. Accarezzai la sua schiena perfetta, sentendola sudata ma non mi diede peso.. quel sudore lo trovavo dannatamente eccitante..
 
 
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Note dell’Autrice:
fine del secondo capitolo imbarazzante, chiedo pietà nei giudizi.. (ma non censure..)
Non sono brava a descrivere certi momenti.. preferisco tenermeli per me ma non posso di certo prendere spunto da altri poiché se non vedo non credo, quindi ho dovuto fare un mix di svariate cose.. reali o meno..
Il problema è che per quelle meno non credo di esser stata convincente..
Sta, però, a voi dirmi se risulta tutto finto o meno..

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Capitolo 28
*** Amarla. ***


questa settimana avevo saltato la pubblicazione di tre capitoli..quindi ogi ho postato tutti e quattro i capitoli che vi spettavano..quindi il primo capitolo ad essere stato postato oggi è il capitolo 25 quindi attenzione a non saltare dei capitoli..



 

*Luca*

Non mi sarei mai aspettato che Ronny potesse arrivare a tanto.. essere tanto audace, intraprendente, provocante e sexy..
Non lei, tanto perbenista e pudica..
Avevamo una figlia, stavamo per averne un’altra, eppure anche l’ultima volta che avevamo fatto l’amore era rimasta pacata. Non aveva perso il controllo e, una volta finito, si era avvolta nel lenzuolo arrossendo dalla timidezza..
Erano capitate volte in cui aveva preso lei l’iniziativa, ma mai era arrivata a tanto..
La guardai, sorridendo. Aveva le mani intrecciate, appena sotto il seno, che salivano e scendevano al ritmo del suo respiro accelerato.
Mi chinai a guardarle la pancia preoccupato da un movimento strano..
“è normale, tranquillo” disse, sorridendomi. Spostò una mano sulla mia e la mosse appena. “mi piace quando lo fai” ammise.
“lo farò più spesso, promesso” dissi.
Non ero stato molto presente in quegli ultimi mesi, me ne rendevo conto..
Mi chinai e le diedi un bacio affianco all’ombelico. La vidi rabbrividire. Sorrisi.
“rifallo..” sussurrò.
Obbedii e la baciai specularmente, poi tornai alle sue labbra.
“ho una curiosità” ammisi.
“quale?” chiese.
“quel completino da dov’è uscito?” chiesi. Rise, senza imbarazzo.
“me lo hanno regalato tuo fratello e Barbara per scherzo lo scorso Natale..” disse.
“avresti anche potuto usarlo prima” sussurrai passando sul suo fianco.. Arrossì ma non ci feci caso più di tanto, ero attratto da altro.. “ho un’altra domanda” dissi.. “ma voglio che tu sia sincera” aggiunsi guardandola serio. Mi guardò preoccupata e io passai l’indice su una parte precisa del suo fianco. “quando ci siamo lasciati hai mai pensato di toglierlo?” chiesi. Sorrise tranquilla..
“no, mai” sussurrò.
Quello era l’unico particolare che distingueva me e mio fratello.. ma che univa me e Ronny maggiormente.
Quel piccolo tatuaggio che io avevo sull’avambraccio e Ronny sul fianco..
Quelle due linee che sembrano insignificanti ma che affiancante creavano un cuore..
Era stata una pazzia fatta dopo due anni che stavamo insieme, giustificata ai nostri genitori con un banale ‘è di moda’. Credo che tutt’ora non sappiano siano complementari..
“ti amo” dissi. Sorrise. Era bello dirglielo dopo tanto, ed era bello vederla sorridere..
“ti amo” rispose, serena. Ancor più bello era sentirselo dire..
Mi ristesi e l’abbracciai. La sua schiena aderì perfettamente al mio petto e sentii la sua mano muovere il mio braccio, facendo combaciare perfettamente i nostri tatuaggi..
Già, per farli combaciare dovevamo essere messi in un determinato modo..
Altra cosa che aveva reso semplice mentire ai nostri genitori.. messi uno affianco all’altro quelle due semplici linee non assumevano nessun significato..
La sentii passare l’indice sulle due parti del tatuaggio e, inconsciamente, sorrisi.
Rimanemmo fermi qualche minuto poi la sentii voltarsi.. sofferente.
“va tutto bene?” chiesi. Annuì.
“solo, è meglio che stia piana, non è una bella sensazione stare sdraiata di lato” disse.
“come mai?” chiesi curioso.
Effettivamente era stano ma non parlavamo mai della gravidanza o delle sensazioni che gli dava.. non ne avevamo il tempo..
Le chiedevo sempre se si sentisse bene ma non avevamo mai l’occasione di parlare, nemmeno per pochi secondi..
“è una sensazione stranissima” ammise. “senti come se avessi una bolla nello stomaco e si spostasse da una parte all’altra, come se si staccasse una parte di qualcosa e cadesse” cercò di spiegare.
“non lo sapevo, scusa” dissi, colpevole..
“non è successo nulla” disse, guardandomi.. la vidi arrossire, vistosamente.
“cosa c’è?” chiesi, curioso.
“possiamo.. coprirci?” chiese, timida.
Ecco.. appunto..
Risi, incapace di trattenermi, e annuii.
La strinsi a me e la coprii con il lenzuolo, prontamente recuperato da terra.
La vidi guardami incantata e non potei fare altro che perdermi in quegli occhi castani chiaro..
Niente mi allontanerà da te..
Lo avevo deciso da parecchio e mi ero ripromesso di non far intromettere più niente e nessuno nella nostra relazione.
Troppe volte l’avevo vista soffrire a causa mia. Non sarebbe più successo. Da ora l’avrei solo resa felice.. ci avrei provato con tutte le mie forze..
Se lo meritava.. glielo dovevo.. era giusto così.
E la parte migliore era che non lo facevo per puro senso del dovere ma per amore.. tutto quello che mi ero ripromesso non mi sarebbe risulto pesante da attuare, anzi.. mi avrebbe reso felice a mia volta..
E avrebbe reso felice lei..
E con lei Angelica..
Mia figlia..
Porca miseria Angelica..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
commentino?
Sono stata brava?
Ho soddisfatto le vostre aspettative per questo capitolo o vi immaginavate che seguisse il rating dei precedenti due?

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Capitolo 29
*** Dettagli.. ***


Mi alzai di botto.
“Angelica” dissi, in preda al panico.
“è dai tuoi che dorme” disse, mentre mi guardò allucinata.
“si ma non ha le medicine” dissi, ricordandomi solo in quel momento che mia madre aveva finto le gocce che prendeva ancora dopo il suo ricovero in ospedale.
Mi guardò, spalancando gli occhi.
“stai scherzando?” chiese, isterica.
“dammi due secondi” dissi, recuperando il mio cellulare e mandando un messaggio a mio fratello..
Se non risponde sono guai..
Tre secondi..
Bastarono tre secondi per ricevere una sua risposta..
Mi rilassai e lei mi strappò il telefono di mano leggendo il messaggio.
Mi ributtai sul letto e la vidi seguirmi, tirando un sospiro di sollievo.
Mi diede uno schiaffo a caso e mi colpì in pieno petto.
“deficiente” disse.
Beh, non potevo certamente dargli torto..
Avevo prenotato la medicina e sarebbe arrivata nel pomeriggio..
Peccato solo che lo avessi passato pensando ad altro.
“è colpa tua” dissi, tranquillo. “sapevo perfettamente che sarei dovuto andare a prenderla e allungarla a mia madre ma tu mi hai distratto” ammisi.
“vorrà dire che non ti distrarrò più” disse, fingendosi offesa.
La osservai..
Il lenzuolo le aderiva perfettamente al corpo e la rendeva dannatamente attraente..
Era bianco e sottile..
Altro fattore che mi faceva perdere la testa.
Riuscivo a intravvedere tutti i tratti, ogni più piccolo dettaglio si notava perfettamente.
Il cerchio più scuro al centro dei suoi seni, la linea nera sul fianco.. e ne ero certo, se si fosse girata sarei riuscito a scorgere anche la piccola macchia rosastra che aveva appena sopra il fondoschiena..
Quella piccola voglia color ‘gelato alla fragola’ che a lei tanto piaceva..
Era appena accentuata e per notarla bisognava sapere che ci fosse e guardarla proprio in quel punto ma c’era, proprio come c’era quella sulla caviglia..
Ugual dimensione, uguale intensità ma colore diverso.
Quella sulla caviglia era ‘al caffè’ e in inverno si notava molto di più che in estate..
Fui attratto da una piccola macchiolina che si vedeva all’altezza del gomito..
E quella da dove sbuca?!
Le presi il braccio e glielo voltai piano..
Cosa diavolo aveva combinato?!
“attenzione, fa male” disse, liberandosi. “mi tiri la pelle se me lo muovi..”.
“come te lo sei fatta?” chiesi.
“mi sono tagliata a lavoro” disse, passando col dito sulla crosta.
“a lavoro?” chiesi. Annuì.
“ho sbattuto contro l’angolo della scrivania.. ero sovrappensiero” disse.
Quella storia non mi convinceva.. era una taglio troppo grande e profondo per aver, semplicemente, sbattuto il gomito contro l’angolo di una scrivania.
“quando te lo sei fatto?” chiesi. Non doveva essere passato molto ma, sicuramente, almeno un paio di giorni.. la crosta era troppo accesa nel colore ma si vedeva che non era recente.
“giovedì” disse..
Quattro giorni..
“sei sicura di aver sbattuto contro lo spigolo della scrivania?” chiesi.
La storia mi quadrava sempre meno.. la sua scrivania era in legno e, in più, giusto giovedì avevamo constatato la rottura di una delle mensole di vetro nella sala ristoro..
Annuì senza guardarmi..
Bugiarda..
Stava mentendo e ne avevo appena avuto la conferma.
L’indomani avrei, sicuramente, controllato le videocamere di sorveglianza.. a sua insaputa, ovviamente.
 

*Ronny*

Mi sentii una stronza..
Gli avevo appena mentito e lo avevo fatto in modo spudorato..
Non mi ero tagliata contro la scrivania e non avevo fatto tutto da sola..
Ma non volevo creare casini, non a lui, non in azienda.
Erano già troppe le voci che giravano li dentro su di noi, volevo evitare di alimentarle e crearne altre.
Eravamo sempre stati distaccati sul luogo del lavoro e, essendo la mia posizione di segretaria inferiore alla sua di socio, gli avevo sempre dato del lei come avevo sempre fatto anche con mio e suo padre. Non capitava spesso che ci trovassimo in sede in contemporanea ma non era mai successo che venisse valicato il confine dirigente-segretaria.
Non mi ero mai permessa di dargli nemmeno un consiglio su di un progetto quando eravamo in sede e non mi ero mai permessa di considerarlo come il mio ragazzo o il padre di mia figlia invece che del mio capo.. eppure le voci non cessavano..
Non ne potevo davvero più..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
cosa sarà successo al gomito della nostra Ronny?
Quando lo scoprirà Luca che reazione avrà?
Io vi lascio in sospeso.. lo scoprirete nel prossimo capitolo.

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Capitolo 30
*** Sempre lui.. ***


manco da parecchio e vi chiedo scusa ma sono sommersa di lavoro..
recupererò tutti i capitoli non postati (come vedete oggi è già il secondo che posto) e risponderò a tutte le recensioni che aspettano ancora risposta..
sono imperdonabile, lo ammetto, ma sono veramente al punto di saturazione lavorativa..
scusate ancora.





*Luca*

Mi chiusi nel mio ufficio e accesi il computer.
Aspettai che caricasse tutte le impostazioni poi accedetti al sistema di sorveglianza, inserendo la password.
Aprii la sezione della ricerca e impostai la data nel giorno del giovedì precedente. Fortunatamente quel giorno Ronny aveva lavorato solo nel pomeriggio e non mi dovevo sorbire la registrazione completa.
Scorsi le ore e impostai a tutto schermo la sala ristoro. Schiacciai il pulsante della velocità e aspettai di riconoscere la sua figura varcare la porta.
Non mi ci volle molto prima di scorgerla.
In un’azienda di soli uomini non era certo difficile notare una donna.
Tolsi la riproduzione veloce e guardai attentamente.
Tuttavia non vidi nulla di trano.
La vidi prendere un vassoio e posarci sopra due tazze con del caffè dentro per poi uscire, tranquilla, sorreggendolo.
Riattivai la riproduzione veloce..
Era successo qualcosa, ne ero certo..
La rividi entrare, seguita da tutti gli operai, e tolsi nuovamente la riproduzione veloce.
Non sarebbe successo nulla, ma meglio non esserne troppo certi.
La vidi sedersi ed essere accerchiata dai ragazzi.
Ogni penultimo giorno lavorativo del mese Ronny faceva una riunione di un’ora con gli operai. Non era tenuta a farlo ma si metteva li e stilava una lista di tutto quello che gli operai avevano rotto, finito o rovinato in modo che noi potessimo ordinarlo con più semplicità.
Raccoglieva le richieste di permessi, ferie e quant’altro e si faceva dire se avevano obbiezioni su qualsiasi cosa.
Scriveva tutto accuratamente e il giorno successivo ci consegnava tutte le liste.
Anche se non voleva dimostrarlo teneva a quell’azienda..
Si comportava da titolare, senza, però, mettersi in un piano superiore agli altri dipendenti.
Svolgeva compiti che non le spettavano senza che nessuno glielo chiedesse e non lo faceva pesare a nessuno.. ne era, anzi, contenta..
Ci aiutava in tanti piccole cose che messe insieme erano un’enorme mole di lavoro in più.
Svolgeva compiti che spettavano ad altre persone e lo faceva fermandosi oltre l’orario lavorativo solo perché quelle suddette persone non lo facevano. Ma lei sapeva che erano cose importanti ed urgenti e se ne prendeva carico.
Nessun’altra segretaria lo avrebbe fatto.. non senza essere retribuita giustamente..
Lei invece non segnava nemmeno le ore che faceva in più, non chiedeva nulla e non obbiettava mai..
La osservai salutarli, sorridente, e vidi tutti gli operai uscire dalla sala ristoro.
La osservai alzarsi e prepararsi del the caldo per poi risedersi e massaggiarsi il collo rileggendo tutto quello che aveva scritto.
Ovviamente non era successo nulla in quel momento.
Fui sul punto di riavviare la riproduzione veloce quando vidi, nuovamente, la porta aprirsi.
Ci rimasi di sale osservando la persona che si trovò davanti..
Stefano?!
La vidi guardarlo e tornare ai suoi fogli, tranquilla..
Attivai, immediatamente, l’audio.
“toh, anche tu qui per un colloqui di lavoro?” disse. Ronny non gli ripose e lui chiuse la porta. “non sprecarti, ho l’appuntamento tra cinque minuti e non ti assumeranno mai viste le tue condizioni.. chissà, poi, quando gli dirai che hai già un’altra figlia” aggiunse.
“non credo che abbiano nulla da obbiettare sulla mia gravidanza, anzi credo ne siano abbastanza felici” disse Ronny.
“certo, secondo te ti assumono per doverti sostituire? Ti conviene andare via prima di fare una figuraccia” disse Stefano.
“veramente io lavoro già qui” rispose Ronny, guardandolo. “non credo che faresti una bella figura se ti sentissero parlare così a me o di me visto che l’azienda è di mio padre e del padre di Luca” aggiunse.
“ti aspetti, veramente, che io ti creda?”.
Non gli rispose, si alzò, semplicemente, e raccolse i fogli uscendo..
O quasi..
Riuscì ad arrivare solo alla porta poi, quando lo affiancò le afferrò il braccio e la spinse contro alla mensola di vetro.
Ce la rispinse nuovamente.
In quel momento la mensola si inclinò. Capii, dalla smorfia che fece, che era quello il momento in cui si era tagliata.
Ce la rispinse contro per la terza volta e la mensola cadde, rompendosi.
La vidi tenersi il gomito mentre lui uscì poi corse in bagno.
Uscii dal sistema di sorveglianza e spensi il computer.
Non volevo vedere oltre..
Sapevo, perfettamente, che oggi ci sarebbero stati alcuni  secondi colloqui per delle nuovi assunzioni..
Sperai che tra quelli ci sarebbe stato anche Stefano.
Questa non l’avrebbe passata liscia.
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
ovviamente, qualcosa era successo.. ma voi non sapete ancora cosa farà Luca.. lo riuscite ad immaginare anche da sole?

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Capitolo 31
*** Scuse? ***


manco da moltissimo tempo.. vi chiedo scusa.
sono presa da mille e più faccende lavorative..e non riesco ad essere presente come ho sempre fatto..
vediamo di recuperare postando almeno qualche capitolo ora..





Uscii dal mio studio e andai alla scrivania di Ronny. Mi guardò fissò quando vide che mi fermai davanti a lei.
“sai i nomi dei candidati di oggi?” chiesi.
“non me li ricordo ma li ho segnati, posso controllarli” disse. Annuii e lei accedette all’agenda online mentre iniziò a tamburellare nell’attesa che si caricasse. “perché mi guardi così?” chiese. Quella era la prima volta che sconfinava la sua posizione rivolgendosi a me in modo non formale. Sapevo che la stavo fissando male e sapevo che aveva osato chiedere solo perché eravamo momentaneamente soli nel grande atrio. Non le risposi come desiderava.
“i nomi..” dissi, semplicemente. Si chinò a rifissare lo schermo.
“Merletti, Zavaron, Luneschi, Tedielli e Bianchi” disse, bloccandosi leggermente sull’ultimo.
Bingo.
Me ne andai, senza nemmeno ringraziarla, e raggiunsi mio padre in sala riunioni. Mi fissò, incredulo.
“non dirmi che ti degnerai, finalmente, di partecipare ai colloqui?!” disse.
“starò in questa azienda a tempo pieno ora, mi sembra il caso che sappiano che esisto anche io” dissi.
“anche perché potrebbero scambiarti per qualsiasi altra persona se ti vedessero aggirarti tra i corridoi, non capisco cosa tu ci possa trovare di interessante ad aiutarli sulla catena di montaggio” rispose, alle mie spalle, Gabriele.
Pian pianino l’odio verso me e Ronny stava passando. Aveva iniziato ad addolcirsi quando Angelica era stata in ospedale.
“è una cosa che mi piace” ammisi. Lo avevo sempre fatto, se sentivo che erano indietro con una consegna fuori dall’orario scolastico andavo in catena di montaggio e mi mettevo a lavorare..
Avevo 19 anni ma ero perfettamente in grado di lavorare sia il ferro che l’acciaio..
“sarà così ma devono capire che tu sei il capo non un operaio” disse, severo, mio padre.
“lo sanno, ma sanno anche che li aiuto” risposi. “e poi sai perfettamente che anche da piccolino quando mi portavi qui io scappavo dall’ufficio e andavo in azienda” dissi.
“si, col rischio di farti male, così ti prendevano in braccio e ti portavano di nuovo da me.. e tu eri, immancabilmente, sporco.. e le urla di tua madre poi me le sorbivo io” disse mio padre, guardandomi rassegnato. Risi e mi sedetti accanto a lui.. in realtà quelle ramanzine me le sorbivo anche io, semplicemente a me bastava dire che mio papà non mi ascoltava e mi annoiavo e venivo coccolato come se nulla fosse successo.
Sentii bussare alla porta poco dopo che anche Gabriele si fu seduto accanto a mio padre. Ci voltammo tutti e tre e vedemmo entrare Ronny con in mano dei fogli.
“i curriculum messi già in ordine di appuntamento” disse, poggiando davanti ad ognuno di noi un piccolo plico. Li fissai svogliato.. “Merletti è già arrivato, posso farlo entrare?” chiese, infine. Annuirono e io presi il primo curriculum in mano.
Non mi soffermai molto, lessi solo nome e data di nascita.
“troppo vecchio per essere bravo” dissi.
“ma se ha la mia età!” protestò Gabriele.
“appunto, perché secondo te non ha un posto di lavoro fisso?” chiesi. Non obbiettò. Il curriculum di quel tipo comprendeva troppi fogli perché si potesse considerare un buon affare. Aveva cambiato troppi lavori e questo non era un buon segno.
Lo vidi entrare e non lo degnai di particolare nota, così come non degnai di particolare nota nemmeno gli altri tre ragazzi. Mi concentrai molto bene, però, quando vidi Stefano entrare.
“scusate, mi avevano detto che potevo entrare, non pensavo foste occupati” disse, riferendosi a me.
“non siamo occupati, accomodati pure” dissi. Mi guardò curioso.
“lui è mio figlio Luca, il terzo socio. Non era presente al primo colloquio per impegni improrogabili” disse mio padre. Vidi Stefano avvicinarsi titubante e lo fissai male.
Seguii attentamente ed in silenzio tutto il colloquio ed intervenni solo alla fine.
“hai avuto modo di incontrare già le nostre segretarie, come ti sono sembrate?” dissi, accedendo al sistema di sorveglianza dal pc che avevo davanti.
“non ho avuto modo di intrattenermi con loro” mentì.
“strano perché una nostra segretaria ha avuto il piacere di incontrarti” dissi.
Andai sul punto esatto della registrazione e voltai il pc verso mio padre e Gabriele. Schiacciai il tasto di riproduzione e lasciai che guardassero le stesse immagini che poche ore prima avevo visto anche io.
Vidi Gabriele sbiancare e mio padre rimanerci di sale.
“l’ha detto a te e non a me” disse Gabriele, leggermente deluso.
“non lo ha detto nemmeno a me, avevo capito che era successo qualcosa e ho spulciato le registrazioni stamattina” dissi. Mi alzai e andai a chiamare Ronny fuori. Mi seguì leggermente dubbiosa.
Rientrai seguito da lei e la vidi mantenersi ben nascosta dietro la mia figura.
“credo che qualcuno ti debba delle scuse” disse mio padre.
Eccome se gliele doveva.
Guardai Stefano minaccioso e lo vidi sospirare.
“scusa” borbottò Stefano. Ronny uscì senza degnare di nota nessuno.
“le scuse per un banale taglio non le servono, non sono quelle le ferite che le fanno male” dissi, per niente tranquillo.
Sapevo perfettamente che ricevere delle scuse per quel banale taglio non le serviva, per Ronny era molto più importante ricevere delle scuse per tutto quello che lui le aveva fotto passare negli ultimi mesi.
Avevo sperato che le scuse comprendessero tutto, invece era finte e per niente sentite.
Erano, addirittura, ostinate e appena udibili.
Mi alzai e la seguii..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
questo è il capitolo 31.
Lo ammetto, non mi convince per niente.. ma non saprei veramente come collegare il capitolo successivo in nessun’altro modo..
Scusate la mancanza di originalità..

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Capitolo 32
*** Perdita di controllo. ***


secondo capitolo di oggi..




La raggiunsi, alla sua scrivania, e mi misi davanti a lei.
Mi ignorò.
Tenne il viso chinato, fisso su dei fogli bianchi.
“Ronny”. La chiamai, sperando che mi guardasse ma ottenni solo l’effetto contrario.
Il foglio sotto di lei si macchiò leggermente.
Mi spostai accanto a lei e mi chinai, spazzandole via le lacrime.
Mi allontanò in malo modo.
“vattene” sussurrò cattiva.
“così gli stai dando solo più importanza” dissi, rimanendo chinato accanto a lei.
“magari per me ne ha” disse, infuriata, voltandosi in malo modo verso di me.
Stavo iniziando a pensare che la mia non fosse stata un’idea geniale. Non aveva mai perso il controllo sul posto di lavoro.. eppure era come un leone inferocito e, se solo le fosse stato possibile, mi avrebbe incenerito, letteralmente, con lo sguardo.
“andiamo nel mio ufficio?” chiesi, sapendo che sarebbero tornati tutti gli operai nel giro di pochi minuti. Si alzo e mi precedette. Aprì la porta con una tale forza da farla sbattere contro il mobile dietro. Sperai che non fossero cadute le foto altrimenti avrei dovuto raccogliere una miriade di vetri. Entrai e richiuse la porta sbattendola, nuovamente. “dovrebbe rimanere in piedi” dissi, tranquillo, riferendomi alla porta.
“sei perfettamente in grado di rifarla se si dovesse rompere” sbottò.
“se urli così ti sentiranno comunque” dissi, appoggiandomi alla scrivania.
 

*Ronny*

Lo guardai malissimo.
Se voleva scherzare aveva decisamente sbagliato le tempistiche.
“se urli così ti sentiranno comunque” disse, cercando di farmi abbassare il tono di voce.
“come se la nostra relazione fosse un segreto di stato” sibillai, cattiva.
Lo fissai, appoggiato alla scrivania, con le braccia incrociate.
Mi ricordai cos’era stato a farmi innamorare di lui..
Quel fisico dannatamente perfetto che ora, stretto nella camicia bianca, si vedeva perfettamente.
Distolsi lo sguardo.. non avrei ceduto, non io..
“non ho detto questo. Ma sei sempre stata estremamente posata in ogni situazione e questo comportamento è dovuto solo alla gravidanza.. eri intrattabile con Angelica e sei intrattabile ora” rispose, guardandomi. “vieni qui” aggiunse, dolce. Lo ignorai di peso e lui sospirò. “te lo sto chiedendo come il tuo ragazzo ma se così non ti va bene vedilo come un ordine”. Mi avvicinai.
“cosa c’è?” dissi, atona.
“ne deduco che ti sei avvicinata leggendolo come un ordine” disse, guardandomi. “perché ti da tanto fastidio quello che pensa?” chiese.
“perché non dovrebbe darmi fastidio?” risposi, rigirando la sua domanda.
“non dovrebbe importarti quello che un deficiente pensa, senza nemmeno conoscerti” rispose.
“come se fosse solo lui” risposi, ovvia. Assunsi la sua stessa posizione, con la differenza che io tenni lo sguardo fisso in avanti e non guardai lui.
“non dovrebbe importarti.. hai tutto quello che una qualsiasi altra ragazza desidera, eppure ti lamenti..” disse.
“io non ho esattamente quello che desiderano le altre ragazze” risposi.
“ah no? Strano perché mezzo mondo desidera trovare un buon lavoro come il tuo. Mezzo mondo desidera metter su famiglia e c’è gente che pagherebbe per poter avere dei figli ma che non può per mille e più motivi”.
“è vero, mezzo mondo desidera trovare un buon lavoro e creare una famiglia.. ma sono più che sicura che il suddetto mezzo mondo lo voglia fare in questo preciso ordine. Sono sicura che tutto il mondo voglia trovare un lavoro, sposarsi e fare dei figli.. ma di certo non cambiando ordine. Non credo che tutti farebbero i salti di gioia se avessero avuto una figlia a quindici anni, soprattutto quando si viene lasciate, senza motivo, perché il padre della bambina crede di esser stato tradito, non credo che tutte vogliano esser cacciate di casa perché un cretino ha fatto una cazzata e non credo che farebbero i salti di gioia a rivivere tutto da capo appena quattro anni dopo grazie allo stesso cretino, così come non credo che facciano i salti di gioia all’ipotesi di non aver un minimo di appoggio da parte dei propri genitori o del proprio ragazzo” dissi, senza nemmeno fermarmi a riprendere fiato.
Respirai forte e lo vidi fissarmi dubbioso.
“grazie per avermi dato del cretino.. per ben due volte” disse.
“vorresti forse, provare a dire che non è colpa tua nessuna delle due gravidanze?”.
“non ho detto che non siano errori miei..” disse, calmo. “ho detto che la tua situazione non è poi peggiore di molte altre.. almeno tu sai con certezza di chi sono, ci sono ragazze che non sanno nemmeno chi sia il padre del proprio figlio”.
“si, io lo so con certezza.. peccato che sia il padre a metterlo, puntualmente, in dubbio” sentenziai acida, guardandolo.
“ti ho già chiesto scusa” disse.
Se pensava che sarebbero bastate delle semplici scuse di sbagliava di grosso.. ero satura di scuse e non erano quelle a cambiare le cose.
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
oh oh.. Ronny non accetta le scuse di Luca.. si preparerà una sfuriata o abbandonerà, esausta, il campo di battaglia?

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Capitolo 33
*** Sbalzi di umore. ***


terzo capitolo di oggi..




*Luca*

Ascoltai tutto quello che disse, in silenzio. Fu come fare una doccia fredda.. ghiacciata.
Mi incolpò di entrambe le gravidanze e mi incolpò di non essermi fidato di lei quando diceva che ero stato io.
Mi sentii come svuotato. Sapevo che aveva ragione e non potevo assolutamente contestare quello che aveva detto, in nessuno dei due casi.
Rimasi zitto, incapace di difendermi.
Come potevo difendermi su ciò che anche io avevo sempre detto essere miei errori?!
La vidi spostarsi e avvicinarsi alla porta, in silenzio.
“il mio orario è terminato, vado a casa” sussurrò.
Aprì la porta ed uscì senza aggiungere altro.
Quattro ore.
Aveva lavorato solo quattro ore.
Il suo contratto era part time ma non era mai successo che scoccate le quattro ore andasse via.. senza aver terminato il lavoro per di più.
Mi spostai alla sua scrivania e finii io quello che le mancava di fare..
 

*Ronny*

Lo vidi rientrare in casa ma non mi spostai, ripresi a leggere il libro che avevo davanti e non mi curai, nemmeno, di chiedergli com’era andato il pomeriggio.
“ho chiesto ai miei di tenere Angelica” disse. Non gli risposi e lo vidi sedersi accanto a me. Mi lasciai sfuggire una lacrima quando notai la camicia stropicciata e i capelli spettinati. Mi tirò a se, abbracciandomi, e io mi aggrappai a lui.
“scusa” singhiozzai. Mi cullò, tranquillo, e mi diede qualche bacetto cercando di calmarmi.
“sbaglio o gli sbalzi di umore questa volta sono arrivati prima?” chiese, continuando a coccolarmi. Non risposi. “non rispondi?” chiese, calmo. Negai con il viso attaccato al suo collo. “ti hanno mangiato la lingua?” chiese, ridendo. Negai ancora. “andiamo avanti a cenni?” chiese. Annuii e lui rise. Mi prese in braccio e si sistemò comodo. “è tutto ok, tranquilla” disse, continuando a coccolarmi.
Rimasi ferma, aggrappata al suo collo per ore, fino a quando non fui del tutto calma.
“dovresti andare a prendere Angelica” dissi, spostandomi appena. Ero seduta in braccio a lui da ore e non ero certo leggera.. sapevo che stava iniziando a sentire la differenza di peso ma non voleva farmelo notare per gentilezza.
“dorme dai miei, tranquilla..” disse.
“non dovresti sfruttare così i tuoi genitori” risposi, dubbiosa.
“io avevo chiesto se la tenevano qualche ora, pensando che avremmo litigato, ma mia mamma ha detto che l’avrebbe tenuta a dormire li” disse calmo.
“sono così suscettibile?” chiesi, mortificata. Annuì, dispiaciuto.
“un pochino si amore..” disse, facendo una smorfia strana.
“non lo faccio apposta, scusa” dissi, triste. Mi riabbracciò, calmo.
“lo so, tranquilla”.
Lo aggredivo, senza nemmeno rendermene conto, per i motivi più futili e me ne rendevo conto sempre troppo tardi.
Lo attaccavo se mettendo via il suo spazzolino bagnava il mio.
Gli facevo delle sfuriate pazzesche se quando appoggiava l’asciugamano lo faceva in modo che cadesse in modo estremamente preciso e se capitava che un lato era più lungo dell’altro partivano le mie urla.
Lo aggredivo se per sbaglio appoggiava la sua giacca sulla mia e se, per caso, capitava che andando a letto si sporgesse verso di me per salutarmi, oltrepassando la ‘sua’ metà diventavo una iena.
Erano tutte cose che non riuscivo a controllare, scattavo senza nemmeno rendermene conto e lo allontanavo senza nemmeno volerlo.
Era arrivato, addirittura, a dormire sul divano alcune sere, pur di non sentire le mie imprecazioni.. e tutto questo perché avevo dato qualche colpo di tosse e lui aveva ‘osato’ appoggiare una mano sulla mia schiena sporgendosi per vedere se andava tutto bene.
Ero arrivata al limite della sopportazione e me la prendevo con lui anche se non aveva colpa..
Eppure, per quanto io mi impegnassi, non riuscivo mai ad evitarlo.
Mi impegnavo con tutta me stessa per cercare di non aggredirlo senza motivo, eppure ogni cosa facesse, giusta o sbagliata che fosse, lo aggredivo.
Non mi andava mai bene nulla, non mi accontentavo nemmeno quando faceva quello che io gli chiedevo di fare.
Era diventata una situazione allucinante.
Lo allontanavo perché la sua presenza mi infastidiva per poi andarlo a cercare, dopo nemmeno due minuti, per essere abbracciata.
Ero arrivata ad odiare io stessa i miei sbalzi di umore eppure, per quanto io mi impegnassi, ricadevo sempre nello stesso errore..
Dovevo trovare una situazione.. o lo avrei perso..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
Ronny è sempre più sclerotica.. e dovete ammettere che ha un vero e proprio caratteraccio..
Riuscirà a domare gli sbalzi di umore o finirà veramente con l’allontanare Luca da se?

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Capitolo 34
*** Scadenza. ***


quarto, e ultimo, capitolo di oggi..




*Luca*

Mi misi una tuta e uscii di casa.
Quella situazione era diventata insostenibile. Ogni cosa detta o fatta non le andava bene.. e ora si lamentava, addirittura della neve.. come se fossi io a decidere le condizioni atmosferiche che coprivano Verona..
Non feci nemmeno in tempo a scendere le scale e salire in macchina che sentii il cellulare squillare..
Era lei..
Risposi, sospirando..
La sentii singhiozzare.
Riattaccai e tornai indietro.
Rientrai in casa e la vidi davanti alla porta, in piedi, in lacrime. Tenne la testa chinata ma appena sentì la serratura scoccare avanzò verso di me. Si tuffò, letteralmente, sul mio petto e mi strinse senza smettere di singhiozzare.
Mi allontanai e la portai sul divano.
“buona.. non è successo nulla” dissi, cercando di convincere più me che lei..
Quella volta era andata sul pesante e c’ero rimasto male.. parecchio.
Se quelle cose le avesse dette un uomo non avrei esitato due volte a farci a pugni..
Ma le aveva dette lei.
Ed era incinta..
Avevo dovuto fare affidamento a tutta la mia forza di volontà per non alzarle le mani addosso.. ma se lo sarebbe meritata..
“non lo penso davvero” disse, tra i singhiozzi.
E vorrei ben vedere.. ci sarebbe mancato solo quello..
“lo so” dissi, più calmo.
Fa che partorisca presto perché qui finisce male altrimenti..
“scusa” sussurrò.
“tranquilla”.
La coccolai fino a quando non si calmò poi le preparai la vasca per farle fare un bagno caldo.
Speriamo che si rilassi un po’..
“c’è da andare a prende Angelica” protestò, quando la mandai in bagno.
“ci vado io” dissi, tranquillo.
Eravamo a dicembre e lei era entrata in maternità già da tre mesi..
Si era sempre occupata lei di tutto quello che riguardava la casa e io mi occupavo di tutto quello che riguardava il lavoro.. ma ora la scadenza prevista per il parto era vicina e anche io ero rimasto a casa da lavoro..
Era impensabile lasciarla da sola e mio padre mi aveva concesso un po’ di giorni liberi..
 

*Ronny*

Mancavano solo due giorni alla data prevista per il parto e la mia ansia saliva sempre di più..
Quella notta ero particolarmente agitata, tanto da non riuscire a prendere sonno.. né stare ferma.
“Ronny non ti sopporto più, giuro che se non stai ferma vado sul divano” disse, dopo che cambiai nuovamente posizione. “sono le tre e tu non ti sei fermata un secondo” aggiunse.
“scusa” sussurrai, colpevole. Mi misi buona e cercai di addormentarmi..
Lui prese sonno subito.. io no.
Mi ritrovai, dopo due ore, ancora sveglia..
Questa volta però qualcosa non andava..
Gli strinsi la mano così forte da farlo svegliare.
“cosa c’è?” chiese, esasperato.
“ho bisogno di aiuto” dissi, tra un respiro e l’altro.
Accese la luce, capendo che qualcosa non andava.
“cosa succede?” chiese, preoccupato.
“contrazioni” dissi, cercando di non urlare.
Sbiancò.
“ma non ti si sono rotte le acque.. è impossibile” disse.
Lo guardai malissimo.
“so quello che dico” risposi, cattiva.
Ora metteva anche in dubbio la mia capacità di riconoscere delle contrazioni?!
È vero, con Angelica erano state indotte ma erano sempre contrazioni..
Ci ero già passata..
Sapevo quello che stavo dicendo..
Sapevo quello che stavo patendo..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
passo di fretta a postarvi il capitolo.. spero di avere più tempo domani per rispondere alle recensioni (se ci saranno)..

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Capitolo 35
*** Benvenuta.. ***


Piangevo a dirotto quando lo sentii sussurrami che era tutto finito..
Mi asciugò le lacrime mentre io mi abbandonai completamente sul lettino..
Mi sentivo svuotata, letteralmente.
Era come se una parte di me mi avesse abbandonata..
Ma era li..
La sentivo piangere.
Gli mollai la mano e presi il piccolo fagotto che mi stava passando un’infermiera..
Era stupenda..
Lasciai che Luca me la togliesse di mano e la ripassasse all’infermiera.
“ti amo” disse, chinandosi a baciarmi.
“anche io” risposi, con un filo di voce.
“riposati” disse. Negai con il viso e gli presi la mano, questa volta senza stringergliela..

*Luca*

La fissai dormire e sorrisi. Le diedi un bacio sulla fronte e le spostai i capelli, scoprendola completamente.
Si stringeva le braccia sulla pancia, come se volesse abbracciarsi da sola.
Venni distratto da un verso strano.
Mi voltai e la trovai sveglia. Sorrisi e mi avvicinai piano.
La presi in braccio e la coccolai appena..
“ha fame?” chiese, sussurrando. Mi voltai a guardarla, era ancora stanca.. si vedeva benissimo.
“probabile” dissi, allungandogliela. La prese in braccio e li guardai rapito..
“dovresti chiamare i tuoi genitori” disse.
Già, probabilmente avrei dovuto avvisarli che erano diventati nonni.. ancora..
“hanno Angelica, aspetterò che si sveglino” risposi.
Me la ripassò e la presi senza obbiettare.
Sapevo cosa voleva che facessi, così non aspettai di sentirmelo chiedere.
Uscii con la bambina in braccio e andai dalle infermiere.
“qualche problema?” chiese una di loro, vedendomi.
“ha fame” dissi, allungandogliela.
“controlliamo il peso allora” disse, poggiandola sulla bilancia. “2 kg e 350 g”. Appuntò tutto sulla sua cartella e me la ripassò.
La presi ed uscii ringraziandola.
Tornai da Ronny e gliela ripassai.
“niente corso di allattamento questa volta?!” la presi in giro, ridendo. Mi guardò male.. “amore, stavo scherzando”.
“non sei simpatico” disse, senza staccare gli occhi dalla bimba.
Sartori Angelica
Sartori Benedetta
Due nomi, due sorelle legate anche nel nome. Sorrisi.
“speriamo che crescendo non verranno prese in giro per i nomi” dissi, dubbioso.
“non si chiamano nello stesso modo” disse.
“si.. ma devi ammettere che Angelica e Benedetta non sono poi molto distanti” dissi.
“non abbiamo ancora compilato i moduli, possiamo sempre cambiare” rispose, esasperata..
Colpito..
Colpito e affondato..
Sapeva che ero titubante a darle un nome che si legasse a quello della sorella.
Sospirai.
“no” dissi, sorridendo. “la chiameremo Benedetta, è giusto così”.
Mi guardò, sorridendo, poi tornò a fissare la bimba.. la imitai..
Era appena visibile avvolta in quella copertina rosa.. eppure era stupenda.
Mi chinai e lasciai un leggero bacio sulla testa di Ronny mentre accarezzai la guancia alla bimba.
Mi sedetti sul letto e le fissai rapito per qualche minuto, poi la vidi arrossire vistosamente.
La guardai dubbioso e la vidi schivare il mio sguardo.
“non fissarmi” borbottò, timida.
“non ci credo.. ancora” dissi, esasperato. “amore abbiamo due figlie non mi scandalizza vederti allattare la più piccola, ho visto ben oltre” aggiunsi. Avvampò maggiormente e mi voltai.. “non ho parole, davvero.. sei assurda”.
Non riuscivo proprio a capire da dove spuntasse fuori tutta quella timidezza..
Eppure non mi dispiaceva..
Erano state proprio le sue guance rosse a farmi innamorare di lei..
Amavo vederle arrossarsi dopo un complimento..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
è nata anche la seconda bimba..
Finalmente, ora, Ronny non sarà più sclerotica..
O ferse no?

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Capitolo 36
*** Non mi interessa! ***


*Ronny*

Entrai in casa e appoggiai l’ovetto sul divano, sedendomici affianco. Vidi Angelica avvicinarmisi e la presi in braccio. La guardai mentre fissava, incantata, la sorella poi la vidi voltarsi verso di me, sorridente.
“cosa c’è amore?” chiesi, spostandole i capelli da davanti al viso.
“sono felice..” disse, abbracciandomi. “ora anche io sono come tutte le mie amichette”.
Sorrisi. Sapevo perfettamente a cosa si riferiva. Le diedi un bacio sulla testa e guardai Luca. Sorrideva entusiasta.
“Angy vai a prendere il regalo per la mamma?” chiese, facendole l’occhiolino. La vidi saltare giù e correre nella nostra camera. Guardai Luca curiosa.
“cosa avete combinato?” chiesi, fissandolo.
“nulla di che” disse, vago.
Certo, come no..
Come se non vi conoscessi..
Vidi correre Angelica verso di noi con un pacchettino in mano poi la vidi fermarsi davanti a me, porgendomelo.
Luca si chinò, mettendosi dietro di lei, e li vidi fissarmi entrambi sorridenti.
Mi iniziai a preoccupare, molto, ma non fecero in tempo ad aprire il pacchettino.
Il suono del campanello li interruppe.
Ci voltammo tutti e tre verso la porta e Luca si alzò per rispondere al citofono.
“chi è?” chiesi, quando lo vidi sbarrare gli occhi sbalordito.
Lo vidi aprire il cancello ed avvicinarsi alla porta, aprendola.
“i tuoi genitori” disse, incredulo.
Mi strozzai con la mia stessa saliva..
Mi alzai e tirai, in malo modo, Angelica verso di me. La presi in braccio e mi avvicinai alla porta.
“possiamo?” chiese mio padre, sbucando davanti a noi.
“cosa volete?” chiesi, cattiva.
“entrate pure” disse Luca.
Vidi mio padre fare qualche passo e mia madre seguirlo titubante.. tenendosi ben nascosta.
Scattai verso la sala e misi Angelica affianco a Benedetta appena mi accorsi dove erano diretti..
“cosa volete?” chiesi, nuovamente.
“chiederti scusa, ci siamo comportati male” disse mio padre, pentito. “verso entrambi” aggiunse, guardando Luca.
“cosa c’è sotto?” chiesi.
“nulla” disse mio padre, facendo un mezzo sorriso.
“sedetevi” disse Luca, interrompendo il litigio ancora prima che nascesse.
Li vidi spostarsi dubbiosi e sedersi.
Mio padre calmo e pacato.. mia madre impacciata e fredda.
Si coprì meglio con il cappotto ma capii che non era per il freddo..
“è uno scherzo?” chiesi, fissandola arrabbiata.
Non risposerò. Respirai marcatamente, segno che mi stavo arrabbiando.
“non era programmato” disse mio padre, in un sussurro.
“chissà perché lo avevo intuito” sentenziai, velenosa.
“cosa succede?” chiese Luca, piano.
“è incinta” sbottai. Sbiancò.
“è stato un incidente.. è successo anche a voi” disse, cattiva, mia madre.
“amore vai in camera” dissi, prendendo il mio iPod e passandolo ad Angelica.
Lo prese, infilando le cuffie nelle orecchie, e andò in camera accendendolo.
“non arrabbiarti, Vera..”.
“non chiamarmi così.. lo odio, e lo sai” dissi a mio padre. Si zittì. “giusto per curiosità.. siete venuti qui sperando che sia io a tenervelo?”
“sono troppo vecchia per farlo io.. lo farai tu, poche storie” disse mia madre.
“scordatevelo..”.
“saranno coetanei.. a te non cambierà nulla.. ho già deciso.”
“non. mi. interessa” scandii. “non mi interessa di quello che penserà la gente di voi, non mi interessa di quello che penserà la gente della nostra famiglia, non mi interessa cosa farete, né quello che non farete. Non mi interessa aiutarvi, proprio come a voi non è interessato aiutare me.. se sperate di convincermi potete andarvene senza farmi perdere tempo”.
Non risposero..
Non si mossero..
“credo che sia meglio se ve ne andate” disse Luca, guardandoli inespressivo.
Li accompagnò alla porta e li fece uscire mentre io rimasi ferma dove e com’ero.
Lo vidi fissarmi dopo essere tornato indietro.
“non mi interessa” dissi, chiudendo il discorso..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
nemmeno il tempo di diventare mamma che Ronny scopre di diventare sorella..
Voi come prendereste una situazione del genere? E lei, alla fine, come reagirà? Li aiuterà o taglierà, del tutto, i ponti?

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Capitolo 37
*** Avrei dovuto.. ***


Mi rigirai, nuovamente, nel letto e sentii Luca sospirare.
“amore se tu non riesci a dormire non significa che anche io debba passare la notte sveglio” sussurrò.
“grazie” dissi, acida. Accese la luce e mi voltai verso di lui.
“perché reagisci così male?” chiese.
“ho appena partorito.. e tra poco mia madre farà altrettanto. Come dovrei reagire secondo te?”.
“vorrei, solo, sapere cosa ti aspettavi” disse. “hai preso in braccio Angelica per allontanarla, significa che sapevi che non era una visita di cortesia”.
“lo immaginavo.. conoscendola”. Feci un sorriso amaro e lui mi tirò a se. Mi diede un bacio sulla fronte e mi coccolò qualche istante.
“dovresti aiutarli”.
“no”.
“dimostragli di essere migliore di loro.. dimostragli di essere in grado di arrivare dove loro non arrivano”.
Mi lasciai sfuggire una lacrima.
“e se non ne fossi in grado?”
“se tu non fossi in grado di risolvere tutte le situazioni, anche le peggiori, in modo ottimale oggi non saremmo qui con Angelica e Benedetta.. sei in grado di farlo, devi solo volerlo..

*Luca*

La vidi guardare male sua madre e mi frapposi tra loro.
“credo che sia un’ottima idea” mentii, guardando Gabriele.
Lo vidi fissare Ronny contento.
“andrò al mare con mia figlia.. di nuovo..”. Era commosso, e si vedeva perfettamente.
Presi in braccio Federica e la misi sul suo seggiolone, poi feci altrettanto con Benedetta.
Tre mesi..
Tra loro c’erano solo tre mesi di differenza..
Caricai in macchina Angelica e feci salire, con la forza, Ronny.
“non sarà così male” dissi, partendo. Mi guardò malissimo.
“non sono la loro baby-sitter.. loro non hanno aiutato noi e io non aiuterò loro” sbottò.
Ci aspettavano tre ore di viaggio.. se partivamo così iniziavamo proprio bene..

*Ronny*

Passai Benedetta a Luca, esasperata, e presi in braccio mia sorella..
Sorella..
Che strano effetto che mi faceva..
Era più piccola di mia figlia eppure era mia sorella..
Mi alzai e iniziai a cullarla, facendola smettere di piangere..
La vidi portarsi l’intera mano in bocca e mi risedetti..
“mi dai l’omogeneizzato?” chiesi, guardando mia madre.
“non ce l’ho” disse. “non le do mai da mangiare io” aggiunse.
Mi morsi la lingua, impedendomi di risponderle in modo non del tutto cortese, e frugai nella mia borsa.
Presi un barattolino di Benedetta e lo aprii, facendo mangiare mia sorella..
Fortuna che ho sempre qualche barattolino in più..
Le feci mangiare tutto poi la ripassai a mio padre. Mi risedetti e presi in braccio mia figlia, facendo mangiare anche a lei l’omogeneizzato.
Avevo partorito.. e a distanza di tre mesi mia madre aveva fatto altrettanto.
Mi ero ripromessa di non aiutarla.. eppure non ce la facevo..
Appena Federica piangeva, io scattavo..
Mia madre se ne infischiava totalmente di lei.. e io ero troppo buona per lasciare mia sorella.
Ancora non riuscivo a credere a quello che era successo..
Mia figlia era più grande di sua zia..
Entrambe le mie figlie erano più grandi..
Era assurdo..
Inconcepibile..
Eppure era reale.
Avrei dovuto farci l’abitudine..
Avrei dovuto imparare a conviverci..
Avrei dovuto accettare la situazione..
Ma non ce la facevo..
“perché continua a piangere ora?” chiese mia madre, scorbutica.
“perché non provi a prendertene un po’ cura?” chiesi, nello stesso modo.
“fallo tu io non ne ho voglia” disse.
“è tua figlia.. non mia, ok? Benny è mia figlia ma Federica è tua.. tu te ne prendi cura, non io.. ti ho aiutata anche abbastanza, ora ti muovi tu” sbottai, alzandomi. Presi per mano Angelica e mi incamminai, tornando in albergo.
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
manca sempre meno alla fine..
Cosa ne pensate?

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Capitolo 38
*** Avevo sperato… ***


Vidi Luca seguirci fino in camera.
Mi buttai sul letto dopo aver appoggiato Benedetta accanto ad Angelica.
“Angy, prendi il pacchettino che ti ha dato papà” disse Luca, prendendo in braccio Benedetta.
Mi si avvicinò e mi tirò un braccio facendomi alzare.
“cosa c’è?” chiesi, contrariata.
“obbedisci” disse, tranquillo, sedendosi accanto a me. Prese in braccio anche Angelica e li vidi fissarmi entrambi in modo strano.. “daglielo” sussurrò Luca.
Come se stessero aspettando solo quell’ordine le braccia di Angelica si tesero verso di me, mostrando un pacchettino.
Lo guardai bene..
Io quel pacchettino lo conosco..
Cercai di  fare mente locale su dove io potessi averlo visto, poi mi ricordai..
“ma è quello che mi stavate dando quando siamo uscite dall’ospedale..” dissi, riferendomi a me e Benedetta.
“si.. aprilo” disse, contenta, Angelica.
Lo presi e obbedii.
Tolsi il piccolo nastrino e subito dopo tolsi anche la carta.
Cercai di capire cosa potesse esserci dentro ma non ci riuscii, così mi arresi e aprii.
Carta..
Dei fogli di giornale appallottolati riempivano l’intera visuale.
Infilai la mano e trovai subito l’oggetto nascosto.
Lo tirai fuori e vidi che era una piccola custodia..
Mi bloccai..
È uno scherzo?
Non può essere..
Aprii il cofanetto di velluto con estrema lentezza.
Mi preparai mentalmente per non fingere tristezza quando avrei visto il contenuto e realizzato che avevo frainteso tutto..
Presi un respiro profondo.
E aprii gli ultimi centimetri di botto.
Rimasi immobile..
Incredula..
Non dissi nulla..
Avevo sperato per anni che si presentasse con un anello davanti a me..
Avevo sperato per anni che cambiasse idea su di noi..
Avevo sperato per anni che smettesse di illudermi..
E lo aveva finalmente fatto..
Lui, fermamente convinto che il matrimonio fosse solo uno spreco di danaro per mettere delle firme su un pezzo di carta, mi aveva appena regalato un anello..
L’anello di per se non mi importava..
Era il piccolo fogliettino attaccato sopra la cosa realmente importante..
Rilessi, nuovamente, quelle tre parole..
                        Vuoi sposarmi? ..
                                    .. sposarci ..
Risi, lasciandomi sfuggire una lacrima..
“la mamma è contenta” sussurrò, sorridente, Angelica.
“la mamma è molto contenta” disse Luca, sorridendole a sua volta.
“la mamma può sperare di sentirselo chiedere anche a voce?”  chiesi. “nello stesso modo in cui è scritto..” specificai..
Vidi Luca guardare Angelica e li vidi borbottare tra di loro qualcosa..
Si voltarono entrambi, nuovamente, verso di me e annuirono.
“vuoi sposarmi?” chiese Luca.
“sposarci..” lo corresse Angelica.
Annuii, prendendo in braccio Angelica, e diedi un bacio a Luca..
“vi sposo.. tutti e tre” dissi, contenta..
Guardai nuovamente quella scritta..
Angelica doveva aver ricalcato quello che Luca le aveva scritto a matita sotto.. era troppo piccola per saper scrivere da sola.. ma aveva contribuito anche lei.. era tutto, semplicemente, stupendo..
Presi il fogliettino e lo infilai, con cura, nel mio portafoglio prima che potesse essere perso o rovinato, poi mi risedetti accanto a loro.
Ripresi Angelica in braccio e la coccolai, contenta..
“chi le mette l’anello?” chiese Luca, guardandola..
“insieme..” risposi, contenta, anticipando Angelica.
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
taglio temporale.. tra poco la storia finirà..
Cosa vi aspettate che succeda?

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Capitolo 39
*** La cosa migliore, eppure.. ***


Scesi dalla macchina e chiusi la portiera con forza.
“dove vai?” chiese Daniele.
Guardai il cugino di Luca mentre mi afferrò il braccio.
“non ho intenzione di aspettare oltre, senza fare nulla” dissi, liberandomi dalla sua pressa ferrea.
Mi voltai e cominciai a correre come meglio riuscivo.
Non sarei rimasta ferma, immobile, chiusa nella macchina, in attesa che il traffico si sciogliesse.
Non mi sarei arresa.
Dovevo fare in fretta, sperando che lui non si arrendesse prima di me..
Liberai la mente dai pensieri e mi concentrai solo sulla strada.
Avrei dovuto prestare la massima attenzione a ogni minimo movimento o avrei rischiato di rovinare il vestito o l’acconciatura.

*Luca*

Iniziai a camminare ansioso per tutta la navata..
Era in ritardo.. terribilmente.
Si sa, le spose si fanno sempre desiderare ma lei ci stava tenendo tutti sulle spine.
Un’ora..
“ancora nulla?” chiese suo padre, dietro di me.
Chiusi la chiamata e negai con il viso..
“non risponde” dissi.
Non è da lei.. dev’essere successo qualcosa..
Uscii dalla chiesa e ricomposi il numero del suo cellulare mentre mi voltai a guardarmi intorno.
Fui investito dalle occhiatacce di tutti i presenti.
Gli ignorai e mi concentrai sulla chiamata..
Segreteria.
Quella voce metallica stavo iniziando ad odiarla.
Dove diavolo è finita?! Doveva essere qui più di un’ora fa..
Mi voltai, intento a cercare una scusa da rifilare a tutti i presenti, ma mi bloccai vedendola..
Stava correndo verso la chiesa, reggendo il velo con la stessa mano con cui reggeva il bouquet mentre con l’altra teneva il vestito alzato per essere più libera.
Le andai incontro e la vidi fermarsi stremata.
“sei ancora qui” sussurrò, senza fiato, mentre si reggeva a me.
“cos’è successo?” chiesi, togliendole un po’ di sudore da dosso con il tovagliolo del mio taschino.
“incidente.. non chiedermi chi e come ma hanno bloccato la strada. Me la sono fatta tutta di corsa” disse.
Tutta di corsa.. ecco perché ci aveva messo così tanto tempo ad arrivare.
“bevi un po’” disse mia mamma, porgendole l’acqua di Benedetta.
La prese, senza pensarci su due volte, e la bevve tutta d’un sorso.
Mi sporsi verso il suo bouquet e presi una rosa cercando di non rovinare la composizione. L’appuntai nel taschino, al posto del fazzoletto e mi concentrai nuovamente su Ronny.
Rimanemmo fuori ancora qualche minuto, dandole il tempo di riprendersi, poi rientrai lasciando a mia madre il compito di aggiustarle il vestito.
Andai dritto verso l’altare e dissi al prete che era, finalmente, arrivata.
Vidi tutti riprendere posto pian piano e sentii l’organo partire.
Mi concentrai sulla sua figura e ammirai tutto quello che prima non avevo notato.
Il vestito era bianco, ampio e con il corpetto in pizzo.
Il velo le copriva il volto ma mi permetteva di ammirare, ugualmente, il collo avvolto dai lunghi capelli che, per l’occasione, erano stati arricciati e semi raccolti.
Le mani, inguantate di seta, reggevano un bouquet di rose blu.
E davanti a lei Angelica portava il cuscinetto con le fedi.
La fissai camminare timida, in un vestito che sarebbe rimasto bianco e composto ancora per pochi minuti.
Le sorrisi e mi chinai verso di lei. Mi allungò il cuscinetto e la ringraziai mentre corse da mia madre.
Passai il cuscinetto al prete e mi rivoltai per prendere la mano di Ronny.
Vidi suo padre tirarle indietro il velo e notai, solo in quel momento, che non portava gli occhiali.
Erano giorni che in casa usava le lenti a contatto perché le era più semplice visti i danni che Benedetta combinava alle prese con le prime pappine ma non mi sarei aspettato che le avesse utilizzate anche in quel giorno.. non lei che li definiva il suo scudo.. non lei che ne aveva una collezione intera: uno per ogni stato d’animo, diceva..
Le afferrai la mano e le sorrisi..
Potevo, finalmente, ammirare i suoi occhi senza che i riflessi delle luci nelle lenti ne falsificassero le sfaccettature.
Arrossì mentre mi diede un leggero pizzicotto alla mano.
La ignorai e continuai a fissarla fino a quando non fu il momento di prestare attenzione al prete..
Già, alla fine aveva vinto lei.. su tutti i fronti..
Avevo sempre detto che non mi sarei mai sposato..
Eppure eccomi qua.
Avevo detto, una volta infranto i miei canoni, che mi sarei sposato in comune..
Eppure eccomi qua.
Avevo solo vent’anni, eppure sapevo che era la cosa giusta da fare.. la migliore per me..
Per lei..
Per le nostre figlie..
La migliore per tutti noi..
 
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
eccovi a voi l’ultimo capitolo vero e proprio..
Il prossimo (già pronto per essere letto) saranno solo alcune righe di conclusione..
Spero che la storia vi sia piaciuta :)

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Capitolo 40
*** Epilogo. ***


Sarei mai stata felice?
Mi rifeci la stessa domanda a cui da piccolina, molte volte avevo risposto di no.
Non riuscii a rispondere.
La domanda era inesatta.. mi sarei dovuta chiedere se ero felice.
Sono felice?
Mi chiesi, modificando la domanda.
Si. Indubbiamente si..
Avevo un marito splendido e due figlie fantastiche.. avevo raggiunto tutto nell’ordine sbagliato ma non me ne pentivo..
Ero ancora una donna acerba, con i miei ventisei anni non mi potevo certamente definire una donna vissuta ma ero felice..
Ero felice di tutto quello che avevo..
Felice di quella strana realtà che mi aveva reso la vita perfetta..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
fine..
Sono pronta a tutti i giudizi.. positivi o meno..
Siate schietti e brutali..





Grazie a tutti i lettori e grazie a chi ha recensito, seguito, preferito e ricordato questa storia…
 
rosaRosa
Cassandra_01
Mery K
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errewaylove4ever9
Fraa1994
roncatella
ale250

 
E grazie anche a te, che leggi la mia storia ma fai finta di nulla.. le 100 e passa visualizzazioni a capitolo mi fanno capire che sei passato anche tu!

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