Dream Of My Dreams

di samy_97_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione. ***
Capitolo 2: *** Surprise. ***
Capitolo 3: *** Games. ***
Capitolo 4: *** Colors. ***
Capitolo 5: *** Accidents. ***
Capitolo 6: *** Conversations. ***
Capitolo 7: *** Desperation. ***
Capitolo 8: *** Magic. ***
Capitolo 9: *** Confessions. ***
Capitolo 10: *** Angry. ***
Capitolo 11: *** Ties. ***
Capitolo 12: *** Pain. ***
Capitolo 13: *** Truly. ***
Capitolo 14: *** Kisses. ***
Capitolo 15: *** Spell. ***
Capitolo 16: *** Proposal. ***
Capitolo 17: *** Drinks. ***
Capitolo 18: *** Meeting. ***
Capitolo 19: *** Together. ***



Capitolo 1
*** Prefazione. ***


DREAM OF MY DREAMS

 

 

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PREFAZIONE.

 

 

Correva.

Correva e i polmoni le scoppiavano.

Correva, i polmoni le scoppiavano e la strada per il bosco non le era mai sembrata così lunga.

Voleva che quelle persone smettessero di inseguirla armate di pietre, voleva che smettessero di urlarle “strega” e “mostro” ad ogni passo.

Lei non aveva fatto niente.

Aveva solamente seguito il suo istinto e, ora, il bambino che abitava nella capanna vicino alla sua respirava ancora.

Non aveva fatto nulla di male, ma nessuno prima di lei era riuscito a curarlo. E l’avevano accusata di stregoneria.

E la magia, in quel periodo, faceva paura, perché attirava i guai più disparati.

Inciampò. E praticamente immediatamente sentì le prime pietre colpirle la schiena, poi alcune braccia robuste la fecero alzare, stringendole il braccio talmente forte da farla gemere.

 

* * *

 

Non era una buona idea, Gabrielle Chease lo sapeva bene.

Lei era stata chiarissima sul fatto che non voleva che si avvicinasse più a suo figlio eppure, quando aveva scoperto che andava da Granny tutte le mattine assieme alla sua vera mamma, non poteva fare a meno di andarlo a trovare. Si raccoglieva i capelli rossi e si metteva un cappuccio che nascondeva in parte la sua identità.

Quella mattina, si sedette al suo solito tavolo, quello più vicino alla porta e che dava sulle vetrate, e ordinò a Ruby una cioccolata calda, ideale durante quel freddo.

La cameriera le sorrise e sparì dietro al bancone.

Gabrielle era uscita un paio di volte con Ruby, Mary Margaret e Ashley e le aveva trovate davvero molto simpatiche e divertenti. Sfortunatamente, lei abitava dall’altra parte della città e la gestione della sua erboristeria la costringeva a ore ed ore di duro lavoro e pochissimo svago.

Lei non aveva molte amiche e sicuramente non ne aveva di vere.

Guardò il bambino da dietro un giornale.

Dio, si sentiva così tanto una stalker, ma proprio non riusciva a separarsi da quel bambino, così dolce e intelligente, saggio e maturo; era come una reminescenza, un altro bambino con gli stessi occhi scuri, in un’altra vita.

Gabrielle scosse la testa e cacciò dalla sua mente quel deja-vù con forza: ci mancava solo la pazzia, aggiunta a tutte le sue strane qualità, non ultima quella di tenere il cappuccio in un luogo chiuso.

Bevve la sua cioccolata calda lentamente, stando attenta a non scottarsi la lingua, pensando che no, non si sarebbe dovuta trovare lì. Se lei l’avesse saputo…

Fece un sospiro e guardò l’orologio: era tardi, doveva andare ad aprire l’erboristeria. Si alzò e lasciò i soldi sul tavolino, sapendo che Ruby li avrebbe visti e presi.

Diede un’ultima occhiata ad Henry, prima di avviarsi verso l’uscita.

Stava aprendo la porta quando la voce la fermò.

-Gabrielle!-

 

 

 

Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Ciao a tutti, conoscenti e non. Dunque, questa volta sono qui con una long che, spero, non sarà nemmeno l’ultima. Come avrete sicuramente capito, le parti a inizio capitolo in corsivo sono i flashback, mentre quelle a carattere normale sono ambientate a Storybrooke.

Questa storiellina è nata così, senza un perché: tuttavia, dato che adoro stravolgere le storie originali e aggiungere nuovi personaggi, ho provato questo piccolo esperimento.

Insomma, ora come ora più di tanto non posso rivelare dato che siamo solo al prologo, ma spero seguirete la mia storia e mi diciate la vostra opinione!

A proposito: io sono un’amante delle immagini a inizio capitolo, quindi ve ne ritroverete parecchie ;) In questa fic, l’attrice che “interpreta” Gabrielle è Molly Quinn, Alexis Castle, per chi conoscesse la serie.

Un bacione,

°°Sami°°


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Capitolo 2
*** Surprise. ***


DREAM OF MY DREAMS





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1. Surprise.

Pregava quell’uomo di non farle male. Lo pregava di lasciarla andare, perché lei non aveva fatto nulla.

Ma lui non sentiva ragioni, e le gridava in faccia quanto l’avessero sempre ritenuta strana, con i suoi occhi azzurri e i capelli rossi.

Lei piangeva, cercando di divincolarsi e cercando di proteggersi dalle pietre che continuavano a colpirla senza pietà. Sapeva che stava per morire, che quegli uomini non l’avrebbero mai lasciata andare.

-Non è il modo di trattare una signorina, non trovate?-

Alzò lo sguardo.

Un uomo con abiti eleganti stava fermo in mezzo alla strada e guardava quel tumulto con un sorriso di scherno sul volto scuro e rugoso.

Iniziò a tremare più violentemente.

Non sapeva per quale motivo quell’uomo -quella cosa- fosse lì, ma il suo istinto le urlava di stargli lontano, di scappare da quella creatura mostruosa.

L’uomo si avvicinò lentamente, con quel sorrisino stampato sul viso, e, come di riflesso, i suoi aguzzini smisero di colpirla e la lasciarono andare.

Cadde a terra, tra la sabbia e la polvere e rimase immobile, finché l’uomo non le arrivò a un palmo dal viso e rise, di una risata acuta e pazza.

-Facciamo un accordo, dearie?- le domandò, senza smettere di ridere, come se trovasse la situazione divertente.

Lei rimase ferma immobile, senza osare nemmeno respirare.

-Io ti salvo la vita e, in cambio, tu mi dovrai, diciamo, un piccolo favore.-

Il viso dell’uomo trasmetteva solo un vivo divertimento e lei non capiva cosa ci fosse di tanto esilarante nella sua situazione o nella sua figura.

-Allora, dearie? Non ho tutto il giorno!-

Lei annuì. Non aveva altra scelta e non voleva morire in quel posto, nella strada su cui aveva giocato da bambina e per mano delle persone che conosceva da sempre.

Non voleva morire e basta.

-Ottima scelta, dearie. Saluta i tuoi amici.- disse, prima che una nebbia grigia li avvolgesse.

Quando riaprì gli occhi, si ritrovò in un bosco, in cima a quella che doveva essere una piccola collinetta, formatasi nei secoli.

Alle sue spalle svettava una casetta, che aveva tutta l’aria di essere stata costruita da poco.

-Allora, dearie, da oggi in poi sarai la nostra cameriera!-

L’uomo la guardò ghignando felice, e le indicò con un esagerato gesto delle mani la casa, che lei aveva notato già da un pezzo. Però, non appena aguzzò la vista, vide un bambino fermo sulla porta di casa, che guardava verso di loro piuttosto confuso.

Lei non poté fare a meno di sorridergli, tranquillizzante. Chissà se quel mostro aveva portato lì anche lui, rendendolo preda di un accordo.

-Lui è mio figlio. Bae, vieni a conoscere la nostra nuova cameriera.-

Il bambino si avvicinò e le porse la mano, cortese.

-Sono Baelfire. Qual è il tuo nome?-

-Elise. Mi chiamo Elise.-

 

* * *

 

-Gabrielle!-

La ragazza si girò e guardò sorpresa Henry, mentre le correva incontro e le abbracciava le gambe.

-Henry, tesoro, ciao.-

Il bambino alzò la testa e, nel suo sguardo, Gabrielle vide felicità e un pizzico di rimprovero. -Perché non sei più venuta a trovarmi?-

Gabrielle si inginocchiò alla sua altezza, lasciando che il cappuccio le scivolasse dalla testa. -Mi dispiace, Henry. Non ho potuto. Io… avevo da fare.-

Il bambino fece un passo indietro e crucciò la fronte, in un’espressione che alla ragazza sembrò troppo matura per un bambino della sua età.

-E’ stata mia madre, vero? A lei non sei mai stata simpatica: non le piaceva quando passavi del tempo con me…-

La ragazza sorrise ad Henry, sorprendendosi non poco per la sua acutezza ed intelligenza.

-Mi scusi, lei è…?-

Gabrielle si alzò in piedi davanti ad Emma Swan e ai suoi capelli incredibilmente biondi.

-Sono Gabrielle Chease. Un anno fa ero la babysitter di Henry.-

-Fino a che mia madre non l’ha licenziata!- si intromise il bambino, incrociando le braccia e avvicinandosi di più alla sua mamma.

Gabrielle scosse le spalle e sorrise mesta.

-Le ha proibito di vederlo?- le domandò Emma, prendendola di sorpresa.

-Si.-

-Certo. E’ un cliché, la capisco. E sappia che, se Henry tiene a lei, potrà vederlo tutte le volte che vorrà. Per lo meno quando è con me.-

La ragazza non sapeva se Emma gliel’avesse detto solamente perché voleva fare un dispetto al sindaco, ma era sicura che volesse veramente bene ad Henry e avrebbe fatto di tutto pur di farlo felice.

-Grazie.- sussurrò, sorridendole radiosa, tanto che Emma non poté fare a meno di ricambiare.

-Dove abiti, Gabrielle?-

-Dall’altra parte della città. Non vengo qui molto spesso, perché…- la ragazza si bloccò, pensandoci un attimo. -Non so perché.- concluse, scuotendo le spalle.

-Beh, in ogni caso ci troverai sempre nei paraggi.-

-Grazie Emma, grazie davvero.- disse, stringendole le mani. -Ora devo proprio andare ad aprire il negozio.-

Gabrielle diede un sonoro bacio ad Henry, che ridacchiò, e uscì dal locale salutando Ruby da dietro i vetri.

Svoltato l’incrocio, si mise a correre come se non ci fosse un domani. Era tremendamente in ritardo, e solo il Cielo sapeva quanto si sarebbero lamentate le clienti che quasi ogni mattina passavano da lei a prendere il solito sacchetto di erbe diuretiche.

La ragazza ridacchiò e si passò un mano sul viso distrattamente. Fu proprio in quel momento che, girato un angolo, diede una spallata ad un uomo, perdendo l’equilibrio e cadendo rovinosamente a terra.

-Mi scusi, mi scusi, sono così sbadata…- disse, alzando la testa. Rimase allibita quando incontrò gli occhi scuri del signor Gold, che la guardava dall’alto della sua potenza con uno sguardo che avrebbe riservato solo al più misero degli insetti. Per lo meno finché non mise a fuoco il suo viso.

Gabrielle si alzò in fretta, spolverandosi i jeans. -Mi scusi. Non l’avevo vista.- disse, fredda.

Il signor Gold non le era mai andato molto a genio.

Lei viveva in uno dei pochi edifici della città che non gli appartenevano, quindi non aveva mai avuto modo di parlarci, ma dai resoconti dei suoi conoscenti era un vero mostro.

-Non si preoccupi. Non è successo niente. Lei, piuttosto, sta bene?-

Gabrielle alzò un sopracciglio, ma gelò quando sentì, in lontananza, il campanile suonare le otto.

-Non… non esattamente. Devo andare, arrivederci.-

Si voltò e riprese a correre. Le sembrava di non aver fatto altro per tutta la vita. E la strada non le era mai sembrata così lunga.

 

-Si signora Smith, è mezzo etto preciso. Si, e mi scusi per il ritardo, ho avuto un piccolo disguido per strada. Arrivo, signora Collins. Si, è proprio dietro quello scaffale, come ieri mattina.-

Gabrielle si chiedeva come riusciva a resistere fino a fine giornata. Era tutto un correre avanti e indietro, impacchettare erbe, ascoltare gli ultimi pettegolezzi, correre a prendere una data pianta, spiegare la sua funzione, impacchettarla e ascoltare pettegolezzi. Così, come un circolo vizioso fino alle quattro del pomeriggio. E senza pausa pranzo.

Poi chiudeva il negozio, mangiava un panino al volo e correva verso la casa della signora Violet Grayne, per prendere il figlio Christopher, portarlo a casa sua e fargli fare i compiti.

La signora Grayne era anziana per avere un figlioletto così piccolo e per mantenere la famiglia doveva stare a lavoro fino a tardi, come il marito: per questo avevano bisogno di una babysitter che si prendesse cura del piccolo Christopher, un bambino incredibilmente minuto per i suoi otto anni, ma vispo e intelligente.

-Chris! Sono qui! Forza, forza pigrone!- esclamò, entrando in casa grazie alle chiavi che aveva da tempo immemorabile.

Il bambino scese rumorosamente le scale e la abbracciò di slancio, correndo a prendere il suo zaino sul divano e mettendoselo in spalla, come di routine.

Gabrielle fece capolino in cucina e saluto la signora Grayne, che le rivolse un dolce e stanco sorriso di gratitudine. Chris era la luce della sua vita, ma si vedeva lontano un miglio che non riusciva a badare a lui come avrebbe voluto, e non perché fosse una madre poco affettuosa.

-Elle, cosa facciamo oggi?- le domandò il bambino, mentre si dirigevano verso casa, facendo dondolare le loro mani avanti e indietro.

-Prima di tutto devi fare tutti i compiti di matematica e geografia. Poi, se farai il bravo, ti porto a prendere qualcosa da Granny.-

-Una cioccolata calda con panna?- domandò lui, speranzoso.

Gabrielle sorrise. Una volta, in piena estate, Christopher aveva chiesto a Ruby una cioccolata calda che lei, ovviamente, gli aveva rifiutato. Ci era rimasto talmente male che Gabrielle era andata al supermercato a comprargliela e lui l’aveva bevuta tutta, sebbene facesse un caldo del demonio.

Anche in quel momento, anche se si stava avvicinando la primavera, il bambino aveva una voglia pazza di cioccolata calda che, Gabrielle lo sapeva, non avrebbe mai avuto cuore di negargli: adorava quel ragazzino.

Non ci misero molto a terminare i compiti. Da che ricordava, la maestra dava solo il minimo indispensabile ai suoi alunni, proprio per non rovinare loro i pomeriggi.

-Andiamo da Granny a prendere la cioccolata, eh Gabrielle?-

-Si, certo Chris. Mettiti il cappotto, mi raccomando!-

Uscirono di casa che il cielo era quasi del tutto buio, ma Gabrielle rinunciò subito a tenere Christopher vicino a sé: al bambino piaceva correre avanti e indietro sul marciapiede, salutando chiunque incontrasse sul suo cammino e si fermava solamente quando arrivavano a destinazione.

-Ciao Ruby!- esclamò, entrando come un tornado nella tavola calda.

La diretta interessata si girò verso di loro e li accolse con un ampio sorriso, reso ancora più smagliante dal rossetto rosso che portava.

-Ciao ragazzi! Cosa posso portarvi?-

-Due cioccolate calde con la panna e il cacao!- esclamò il bambino, precedendo Gabrielle, che si limitò ad annuire sorridente.

La ragazza si sedette davanti al bambino, che stava semplicemente sfogliando il menù.

Gabrielle chiuse gli occhi e prese un paio di profondi sospiri, cercando di placare il forte mal di testa che non la lasciava libera da quella mattina.

Sentiva, nel profondo del suo cuore, che tutto ciò era estremamente sbagliato. Era come se ci fosse un tassello di un puzzle che doveva riuscire a mettere al suo posto per avere una visione completa. Di cosa, non lo sapeva.

Scosse la testa e bevve lentamente la sua cioccolata, sentendosi immediatamente appagata da quella dose di zucchero.

Rimasero nel locale qualche altro minuto poi, come di consueto quando Christopher si iniziava ad annoiare, pagarono in tutta fretta e uscirono nuovamente all’aria frizzantina di quella serata quasi primaverile.

Gabrielle sistemò la sciarpa al collo del bambino perché non prendesse freddo, poi afferrò la sua mano e si avviò verso il parco cittadino, sicura che quella fosse la loro meta.

-Dove vai, Elle?-

-Al parco. Non era lì che volevi andare?-

Con sua somma sorpresa, Christopher scosse la testa. Gabrielle si stava iniziando a chiedere cosa fosse preso al bambino, quando egli le sorrise malandrino.

-Prova a prendermi, se ci riesci!- esclamò, voltandosi e iniziando a correre.

La ragazza restò un attimo ferma, per dargli il tempo di guadagnare un po’ di terreno e poi si gettò al suo inseguimento.

Ogni tanto il bambino si girava per vedere se lei ci fosse ancora e, quando la vedeva troppo vicina, faceva un’ulteriore sforzo e correva più veloce.

Gabrielle non aveva la più pallida idea di che percorso stessero seguendo, ma sembrava che nella mente del bambino fosse più che chiaro.

Girarono l’ennesimo angolo e corsero fino alla fine della via, dove Christopher entrò dentro un negozio.

-Chris, no!-

Troppo tardi. Gabrielle si fermò a pochi passi dalla porta e, dopo un profondo respiro, la spinse.

Un cartello azzurro recitava: Aperto.





Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Salve a tutti =) Perdonate il ritardo, ma in questi giorni ho avuto parecchio da fare. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che, magari, vi abbia chiarito un poco la situazione. In realtà, questi primi capitoli sono un po' di introduzione e ammetto di essermi divertita molto di più a scrivere i successivi, ma questi sono essenziali per capire bene la storia e io ho cercato di fare del mio meglio =)

L'immagine a inizio capitolo l'ho modificata io con Gimp e, successivamente, con picmonkey: spero di aver fatto un buon lavoro ;)

Un bacione e aspetto con ansia le vostre opinioni ;)

°°Sami°°




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Capitolo 3
*** Games. ***


DREAM OF MY DREAMS





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2. Games.

Uscì dalla casa con un cesto di biancheria da stendere talmente grande e zeppo che le copriva quasi la vista.

Appese la biancheria sul retro della casa e si passò una mano sulla fronte.

Era abituata al lavoro e il futuro al servizio di Rumpelstiltskin e suo figlio non la spaventava: era semplicemente felice di essere lontana mille miglia dal villaggio in cui era cresciuta.

Socchiuse gli occhi alla vista di un puntino bianco e nero poco distante.

Si avvicinò lentamente. -Baelfire, cosa fai qui da solo?-

Il ragazzino alzò lo sguardo e fece spallucce.

-Nulla.-

-Non sei a giocare con gli altri bambini del villaggio?-

Alzò nuovamente le spalle. -Loro non vogliono giocare con me.-

A quel punto lei si sedette sul tronco vicino a Bae.

-E’ per via di tuo padre? Perché è il Signore Oscuro?-

Lui annuì.

-Beh, non so che problemi abbiano loro, ma io ho finito i mestieri. Giochiamo insieme?-

Baelfire alzò di scatto la testa, per poi rabbuiarsi.

-Non devi sentirti in obbligo.-

-Io non mi sento in obbligo. Mi piace l’idea!- esclamò, saltando in piedi. -Allora, cosa mi proponi?-

Il ragazzino si alzò e le porse un bastone di legno. -Spade?- chiese, speranzoso.

-Vada per le spade!-

Baelfire attaccò immediatamente, e lei fu obbligata a parare un paio di colpi, che la fecero arretrare. Scoppiò a ridere e colpì a sua volta, beandosi del “toc, toc” del legno che si scontrava.

Ad un tratto Baelfire cadde all’indietro.

-Ti sei fatto male?- gli chiese la ragazza, piegandosi sulle ginocchia e tendendogli la mano.

Lui la afferrò, ma, invece che alzarsi, tirò Elise per terra insieme a lui, scoppiando a ridere.

Lei rimase allibita per qualche secondo, poi lo seguì nella risata.

Il Signore Oscuro li trovò così: distesi a terra e ridenti.

-Cosa succede qui?-

Elise si bloccò immediatamente, il riso ancora sulle labbra. Entrambi si alzarono in piedi di scatto, nascondendo, come in un tacito accordo, le spade dietro la schiena.

-Niente.- disse Elise.

-Niente.- concordò Bae, facendo spallucce.

Il Signore Oscuro passò lo sguardo su entrambi, alzando un sopracciglio.

-Si, ehm… io torno a… fare quello che devo fare.- disse, dando il pezzo di legno al ragazzino e correndo sul retro della casa.

Da quando era arrivata, aveva sentito parecchie cose dagli abitanti del villaggio. In particolar modo, questi si erano premurati di avvertirla che fine facevano le persone che sfioravano il figlio del Signore Oscuro.

 

* * *

 

-E’ permesso?-

-E’ un negozio, dearie, non una proprietà privata.-

Gabrielle si girò di scatto, spaventata da quella voce di cui non vedeva il proprietario.

Il signor Gold si premurò di comparire da dietro una mensola dopo qualche secondo.

-Stava cercando qualcosa?-

Lei scosse la testa. -A dire il vero… qualcuno.-

L’uomo aggrottò elegantemente le sopracciglia. -Non c’è nessuno tranne me e lei, qui dentro.-

-Ma io ho visto che…- Gabrielle si bloccò, alla vista del sorrisetto ironico di Gold. A quel punto sorrise.

-D’accordo. In questo caso, vado a fare un giretto.-

Gold le fece un ampio gesto con la mano e lei si avviò verso la direzione indicata, cercando di fare più piano possibile.

Quando si ritrovò alle spalle del bambino accovacciato a terra, prese un bel respiro e sussurrò “Bu!” vicino alle sue orecchie.

Un grido si diffuse per il negozio di pegni, seguito da una sonora risata.

-Così impari a scappare, Chris!-

Il bambino, che era scattato in piedi, si diresse verso il proprietario. -Non prendertela con il signor Gold, Chris: non mi ha detto lui dove ti trovavi.-

Il bambino si bloccò. -E come hai fatto?- chiese, curioso.

-Sesto senso.- rispose lei, scuotendo le spalle.

Lui mise il broncio e incrociò le braccine. -Uffa però!-

Gabrielle rise, scompigliandogli i capelli. -Vuoi guardare un po’ in giro?-

Christopher annuì e trotterellò via.

-Signor Gold?- chiamò la ragazza, attirando l’attenzione dell’uomo. -Grazie per non averlo mandato via.-

Lui scosse le spalle e le sorrise leggermente. -Non c’è problema. Mi piacciono i bambini.-

Gabrielle rimase molto sorpresa da questa affermazione: intanto, non credeva che al signor Gold potesse piacere qualcuno, poi non credeva che potesse essere così… gentile.

-Oh!-

-Noto della meraviglia nella sua voce, signorina.-

-Oh… io… solo che, da come gli altri parlano di lei… beh, non mi sarei mai immaginata…-

Gold aggrottò le sopracciglia, mantenendo quel sorriso cortese e, a tratti, divertito.

-Cosa, signorina?-

-Che lei fosse così gentile.- concluse, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato.

Il sorriso dell’uomo si fece ironico. -Nessuno oltre a lei mi aveva mai affiancato questo genere di aggettivi, dearie.-

Gabrielle sorrise, intenerita. -E a me nessuno ha mai chiamato dearie. Direi che siamo pari.-

-Direi di si, dearie.-

-A proposito, mi scusi ancora per questa mattina: ero così di fretta che non stavo guardando dove andavo.-

-Non si preoccupi: non mi ha fatto nulla.-

La ragazza sorrise nuovamente e si voltò, alla ricerca di Christopher, il quale li stava pacificamente guardando da dietro uno scaffale.

-Andiamo Chris. La tua mamma ci starà aspettando da un po’.-

Il bambino annuì e la prese per mano, conducendola verso l’uscita.

-Non ho capito qual è il suo nome.-

Gabrielle si voltò. -Perché non gliel’ho detto.-

-Dunque?- la esortò, conservando il suo sorriso.

-E’ così importante per lei saperlo?- gli chiese, confusa.

-Lei non ha idea, signorina, di quanto potere ci sia in un nome.-

-William Shakespeare ha detto: Cosa c'è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo. Personalmente, sono d’accordo con lui.- gli sorrise un’ultima volta e uscì dal negozio.

Camminarono per pochi minuti, prima che Chris le tirasse una manica del giubbotto.

-Tu e il signor Gold siete amici?- le chiese, con quel suo visino innocente.

-No. E’ la prima volta che ci parliamo. Anzi, la seconda.- disse, ripensando allo scontro di quella mattina.

Il bambino alzò le spalle e continuò a camminare in silenzio. Per qualche altro metro.

-Ma siete diventati amici?-

-Non… non credo, Chris.-

-Mamma dice che non è una brava persona. Lui è cattivo.-

Gabrielle si fermò e si inginocchiò davanti al bambino. -Quello che so io Chris, è che nessuno uomo o donna è mai totalmente cattivo. Le persone che si comportano male con gli altri, hanno vuoto e sofferenza dentro di loro.-

Il bambino aggrottò le sopracciglia, confuso.

-Capirai quando sarai più grande.- disse Gabrielle, sorridendo e dandogli un bacino sulla fronte.

-Forza adesso. La tua mamma sarà in pensiero, e che non sia mai che ti faccia andare a letto senza cena!- disse, scherzando.

Christopher scoppiò a ridere ed, entrambi, aumentarono il passo, diretti verso casa Grayne.

 

-No, signora Grayne, non si preocc…-

-Insisto!-

-Dai Elle: mamma insiste!-

-Sei così magra, mia cara Gabrielle! Un po’ di pastasciutta non può farti che bene! E lo sai che io sono famosa per il mio pomodoro!-

Gabrielle guardò i due, mamma e figlio, schierati davanti alla porta. Non aveva scampo: era costretta ad accettare.

-D’accordo. Ma- aggiunse, vedendo i sorrisi soddisfatti che erano comparsi nei loro visi. -pretendo di aiutare ad apparecchiare.-

La signora Grayne rise e la prese sotto braccio, conducendola in cucina.

A Gabrielle, sebbene evitasse di accettare troppo spesso quegli inviti, piaceva stare con loro: quella famiglia, sebbene così piccola e umile, era il suo prototipo di amore.

Tutti e tre si aiutavano l’uno con l’altro e, anche se la loro situazione non era delle più rosee, nessuno si lamentava mai e continuava per la propria strada, stringendo i denti e facendo del suo meglio.

La signora Grayne si era vista costretta ad assumere una baby-sitter ma, Gabrielle lo vedeva, cercava di approfittare di ogni momento possibile per stare assieme al suo bambino.

Da quel che la ragazza sapeva, quei due non avevano litigato una sola volta nella loro vita.

E, in ogni caso, su un’altra cosa la signora Grayne era fantastica: nel preparare il pomodoro.

 

* * *

 

Gabrielle, quel giorno, era stanchissima.

Le sembrava di avere fatto tutte le dodici fatiche di Ercole nel giro di un paio d’ore.

Sbadigliò per l’ennesima volta e mescolò distrattamente la sua tazzina di camomilla serale, senza la quale non sarebbe mai riuscita a fare sonni tranquilli.

Scese al piano di sotto per controllare se aveva chiuso bene l’erboristeria, poi, finalmente, salì nella sua camera e si accoccolò sotto le coperte.

Non capiva il motivo della sua stanchezza, dato che non aveva fatto nulla di nuovo tranne, forse, entrare in quel tenebroso negozio di pegni.

Le erano venuti i brividi: sentiva traspirare da quel posto una tale desolazione da farle rimpiangere il municipio. Ok, forse quello no.

In ogni caso, credeva fermamente che a quel posto mancasse un po’ di colore e di luce. Soprattutto luce. Tanta luce.

Era ovvio, però, che non poteva andare dal signor Gold e pretendere di fare il bello e il cattivo tempo.

Ed ecco un’altra questione: il signor Gold.

Sempre così misterioso, la gente si teneva ben alla larga da lui. Tranne, forse, la signora Collins, ma lei aveva una cotta stratosferica per lui. Povero signor Gold.

Ma era un altro discorso.

Comunque, stava di fatto che le era sembrato così gentile, certo, un po’ strano e inquietante, ma sempre gentile.

E triste. Sembrava così triste, perfettamente inserito nell’ambiente in cui si trovava.

Era così monotono quel negozio.

Quando lo avrebbe rivisto, forse, gli avrebbe consigliato di mettere delle tende meno pesanti alle finestre…




Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Buona sera a tutti -o buongiorno, dipende-, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ecco. Scommetto che ad ogni capitolo avete le idee un po' più chiare, vero?

Ditemi: che ne pensate del personaggio Elise/Gabrielle? Sinceramente, quando inserisco nuovi personaggi nella trama sono sempre un po' titubante e mi fa davvero piacere se mi diceste se ho toppato oppure no!

Inoltre, ringrazio tantissimo i lettori silenziosi, gli ha inserito questa storia in una lista e, infine, gli angeli che mi hanno lasciato una recensione. Grazie a tutti, di cuore!!!

Al prossimo capitolo,

°°Sami°°


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Capitolo 4
*** Colors. ***


DREAM OF MY DREAMS



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3. Colors.

Elise sapeva cosa stava per fare. O meglio: non lo sapeva con certezza, ma ci aveva pensato su per parecchio.

Dopotutto, poteva sentirsi rincuorata dal fatto che non la avesse uccisa dopo averla trovata con Baelfire. O che non l’avesse rimandata da dov’era venuta. Che sarebbe stato peggio.

-Mia cara, devi rivedere le tue priorità.- sussurrò a sé stessa, mentre si dirigeva nella stanza dove, era sicura, si trovasse il Signore Oscuro.

-Scusatemi?- disse, aspettando che egli alzasse la testa dal arcolaio, dove era solito a passare buona parte delle sue giornate.

Gli occhi del Signore Oscuro erano neri come l’onice quando li posò sui suoi.

-Dimmi, dearie. Sono tutt’orecchi.-

Lei prese a tormentarsi le mani. -Ecco, mi chiedevo se potevate prestarmi una delle vostre casacche. Solo per un po’.-

L’espressione che assunse successivamente, Elise se la sarebbe ricordata per tutta la sua vita.

-E perché mai, dearie?-

-Dovrei cambiarmi.- spiegò lei, trattenendo un sorriso -L’altro giorno mi sono sporcata di erba e terra e vorrei lavare questo vestito…-

Il Signore Oscuro le girò un paio di volte intorno, squadrandola per bene, poi si fermò davanti a lei.

Elise piegò leggermente la testa di lato.

-Questo vestito è orribile, dearie- constatò.

-E’ anche l’unico che ho.-

Lui la guardò dritta negli occhi per qualche secondo, ridacchiando. Poi alzò la mano e la puntò verso di lei, che era sempre più confusa.

Bastò un piccolo movimento perché il vestito vecchio e scuro di Elise svanisse e al suo posto ne apparisse uno verde, con le maniche larghe e talmente delicato che la gonna si sollevava leggermente a causa della brezza che entrava dalla finestra spalancata.

-Oh!-

-Noto della sorpresa nella tua voce, dearie.-

-E’ che, ecco, non mi aspettavo che voi foste così… così…-

-Così…?- la spronò lui, con un’occhiata.

-Così gentile. Grazie infinite, Rumpelstiltskin.-

-Non c’è di che.-

Rimasero a guardarsi qualche istante, senza sapere cosa dirsi. Poi lui le fece uno scherzoso inchino, che la fece avvampare, e tornò a filare senza dire una parola.

-Papà, Elise, sono torn… Che bello quel vestito!-

Elise sorrise a Baelfire che era appena entrato dalla porta e fece una piroetta su sé stessa. -Me l’ha regalato tuo padre.- disse, prima di avvicinarsi a lui e prendergli il mantello.

-Ti sta benissimo!-

-Grazie, Bae.- gli rispose, dandogli un bacino sulla guancia.

Il ragazzino arrossì di botto, sotto lo sguardo dei due adulti. Elise ridacchiò.

-Hai questa reazione anche con  Morraine?-

-No, lei non… E tu come fai a sapere di Morraine?-

Elise scosse le spalle, sorridendo furbetta. -Diciamo che un paio di volte vi ho visti parlare fitto fitto.-

Bae restò in silenzio, imbarazzato.

-Non… non dirlo a nessuno, va bene?- sussurrò.

-No, figurati. Rimarrà un segreto tra me e te. E tuo padre.- disse, divertita, indicandogli con un dito la porta dell’altra stanza aperta, proprio dove Rumpelstiltskin li fissava con curiosità.

-Oh.- Bae arrossì di nuovo.

-Suvvia: non c’è nulla di male ad essere innamorati!-

-Non sono innamorato!- esclamò lui, facendo il broncio.

-No, certo che no.-

Elise rise e diede un buffetto al ragazzino, prima di prendere la scopa e mettersi a lavorare. Seriamente.

 

* * *

 

-Non è possibile che sia in ritardo anche stamattina! Non è possibile!-

Gabrielle correva verso il negozio, maledicendosi per essersi trattenuta con Henry più del dovuto. Ma lui ci teneva così tanto a farle vedere quel libro, che ne lei ne la madre avevano avuto cuore di riprenderlo.

Svoltò un angolo e, finalmente, la sua erboristeria apparve all’orizzonte.

Si bloccò a pochi metri, sorpresa: come mai c’era tutta quella folla davanti all’entrata?

-Scusate… scusate… cosa è successo?- chiese, guardandosi intorno e, contemporaneamente, cercando le chiavi nelle tasche.

-Qualcuno ha lasciato questa per te, davanti alla porta.- la signora Collins si fece avanti e le porse una bellissima rosa rossa. -Non sappiamo chi sia stato a portarla, ma sicuramente hai un ammiratore, mia cara. Anche a me, quando ero giovane, portavano le rose rosse…-

Gabrielle si rigirò il fiore tra le mani e vide che c’era attaccato un biglietto.

Nomen omen, c’era scritto, il nome è destino. Non c’era la firma, ma pensando al connubio nome-rosa, Gabrielle era abbastanza certa di chi fosse stato a mandargliela.

Ma era meglio non dirlo alla signora Collins.

-Non so chi sia stato.- disse semplicemente, infilando la chiave nella toppa e aprendo il negozio.

Le signore si guardarono l’una con l’altra, probabilmente dispiaciute di avere poco o niente su cui spettegolare nei giorni successivi.

Fosse matta se avrebbe dato loro una simile soddisfazione, dopo tutto ciò che le facevano patire ogni mattina!

Mentre loro si disperdevano nel negozio, lei prese la rosa e la mise in un vaso, così che non si sciupasse subito. Accarezzò leggermente i petali, pensierosa.

Se le aveva mandato la rosa, sicuramente aveva scoperto il suo nome, oltre che il posto dove abitava. Fantastico: stava fraternizzando con il signor Gold. Sicuramente le sue amiche l’avrebbero guardata come un’appestata.

Un attimo: lei non aveva amiche.

Forse è il caso di iniziare ad espandere le mie conoscenze.

-Gabrielle! Mi stai ascoltando?-

Gabrielle si voltò di scatto, trovandosi davanti il viso contrariato e rugoso -gli dei mi perdonino!- della signora Collins.

-Mi scusi. Stava dicendo?-

-Stavo dicendo, mia cara, che vorrei il mio mezzo etto di erbe settimanali.-

-Si, signora Collins.- disse lei, cercando di trattenere un sospiro. Tutte quelle signore che avevano problemi di vescica chiedevano ogni settimana mezzo etto di erbe diuretiche, che lei preparava la sera prima mettendole nei sacchettini.

Passò alla signora Collins il suo e lei, come al solito, si sentì in dovere di raccontarle le sue ultime scoperte.

Gabrielle si ritrovò ad annuire fingendosi interessata.

-… e oggi il signor Gold verrà a riscuotere il mio affitto. Ho intenzione di preparargli il the più buono del mondo.- poi ci ripensò. -Hai, per caso, qualche filtro d’amore, mia cara?- chiese a bassa voce, avvicinandosi a lei perché le altre signore non sentissero.

Gabrielle represse una risata. -No, mi dispiace. Però ho un paio di erbe afrodisiache, se vuole.-

Non voleva essere così cattiva, davvero, ma era tremendamente curiosa di sapere -direttamente da Gold o indirettamente dalla signora Collins- come sarebbe andato quell’incontro. E, beh, la tisana di erbe afrodisiache era troppo tentatrice per poterla nasconderla alla signora.

Le preparò mezzo etto anche di semi di Cardamomo -non si sa mai, le aveva detto- non vedendo l’ora di sentire quella storia. Perché, presto o tardi, l’avrebbe sentita, oh si!

E solo gli dei sapevano quanto avrebbe riso.

 

Si trascinò da Granny che era stanca morta. Aveva riportato Chris a casa da poco, ed era sicuramente reduce da un pomeriggio straziante.

-Ehi, Gabrielle! Stai bene?-

La ragazza scosse la testa, sorridendo leggermente a Ruby.

-No. Sono sfinita. Completamente.-

La cameriera si sedette davanti a lei, incrociando le braccia sopra al tavolo. -Come mai?-

-Christopher! Quel bambino mi farà impazzire, prima o poi. Ha voluto giocare ai pirati: non so se hai presente cosa vuol dire.-

Ruby scosse la testa, allibita.

-Cerca le bende, cerca le spade e vestiti come un pirata! Poi sali su una nave -che, tra l’altro, era il mio divano e dico era perché orami è distrutto.- e combatti, fai gli assalti, razzie e trova il tesoro! E sai perché?- chiese, andando incontro a una crisi isterica.

Ruby scosse la testa, nuovamente.

-Perché oggi Mary Margaret ha fatto guardare Peter Pan in classe! E figuriamoci se a Christopher piacciono i Bambini Sperduti! No, a lui piace Capitan Uncino!-

Gabrielle finì il resoconto che aveva il fiatone. Alzò lo sguardo su Ruby e vide che era completamente allibita.

-Scusa. Avevo bisogno di sfogarmi.- disse, facendole un sorriso di scuse.

La cameriera, quando si riprese minimamente, ricambiò il sorriso. -Facciamo qualcosa per il nervosismo, cosa dici?- le sussurrò, facendole l’occhiolino.

Gabrielle aggrottò le sopracciglia, chiedendosi che cosa intendesse.

Ruby si alzò e andò dietro al bancone, trafficando con i bicchieri finché non ritornò al tavolo con due bicchieri di the freddo. Poi si avvicinò alla radio e cambiò stazione finché non trovò una canzone che le piaceva. Infine si sedette nuovamente davanti a Gabrielle.

Questa volta fu lei che guardò Ruby allibita.

-Ecco fatto. Dovrebbe funzionare.-

Gabrielle ridacchiò, grata. -Grazie Ruby, grazie mille!-

Lei le fece nuovamente l’occhiolino. -E’ questo che fanno le amiche, no?-

La ragazza rimase un attimo interdetta, poi annuì e sorrise alla sua amica. -Certo.-

Chiuse un attimo gli occhi, ascoltando la canzone.

 

I shot for the sky

I'm stuck on the ground

So why do I try,

I know I'm gonna to fall down

I thought I could fly, so why did I drown?

Never know why it's coming down, down, down.

Oh I am going down, down, down

Can't find another way around

And I don't want to hear the sound, of losing what I never found.”

 

Vorrei scagliarmi contro il cielo

ma sono bloccato qui sulla terra

quindi perché dovrei provare?

So che sto per cadere giù

Pensavo di poter volare, quindi perché sono annegato?

Non saprò mai perché è crollato tutto giù, giù, giù.

oh sto andando giù, giù, giù

non riesco a trovare un'altra strada

e non voglio sentire il suono della perdita di quel che non ho mai trovato.”

 

-Allora, Gabrielle, raccontami di… Oh no!- sussurrò, guardando alle sue spalle.

Gabrielle si girò, aspettandosi di trovare chissà che cosa, mentre vide solamente il signor Gold appoggiare il cappotto all’appendiabiti e guardarsi un po’ in giro, in cerca di un posto dove sedere.

Si rigirò verso la sua amica, che si stava alzando con uno sbuffo.

-Che succede?- chiese, confusa.

-Non è mai venuto qui, se non per l’affitto. Cosa diavolo vuole?-

-Forse un caffè.-

Ruby la guardò con un sopracciglio alzato, poi ridacchiò.

-Dovresti vedere la tua faccia, Elle!- esclamò, prima di dirigersi verso il bancone.

Gabrielle scosse la testa divertita e bevve un sorso di the.

-La trovo anche qui, a quanto pare.-

La ragazza per poco non si strozzò. Incominciò a tossire, cercando di riprendere aria.

-Mi ha fatto paura, signor Gold!- disse, una volta che la tosse si calmò.

-Mi spiace. Non volevo di certo che si strozzasse. Posso?- chiese indicando il posto libero di fronte a lei.

Gabrielle annuì, incontrando per un attimo lo sguardo di Ruby che la guardava con gli occhi spalancati.

-Quindi… sa dove abito.- iniziò lei, giusto per non piombare nel silenzio assoluto.

Gold sorrise sghembo. -Potrebbe essere.-

-E, di conseguenza, sa anche il mio nome.-

-No, dearie.-

Gabrielle spalancò gli occhi. -Come fa a sapere dove abito se non sa chi cercare?-

-Lei probabilmente non se ne rende conto, ma ovunque vada si porta dietro un profumo di spezie ed erbe non indifferente. E’ stato facile fare due più due.-

La ragazza spalancò gli occhi, tentata di annusarsi i capelli per sentire se davvero odorassero di erbe.

-Perché non ha guardato come mi chiamo?-

Gold si sporse verso di lei, dall’altro lato del tavolo. -Perché sono più che sicuro che lo scoprirò.-

Gabrielle ridacchiò. -Lei ha un ego enorme, signor Gold.-

Lui sorrise nuovamente, come a darle ragione.

-Lei non mi teme.- constatò ad un tratto.

-Probabilmente perché so che non ha la possibilità di sfrattarmi al primo passo falso.- gli rispose la ragazza, facendo spallucce.

-Dimenticavo che l’erboristeria è di sua proprietà.-

-Per l’appunto.- concluse, con un sorriso soddisfatto.

Rimasero zitti per qualche minuto, durante i quali Gabrielle finì il suo the e, giusto per fare venire Ruby vicino a loro, ne ordinò un altro.

-Lei. Vuole qualcosa?- Ruby apostrofò Gold, facendogli intendere che si sarebbe buttata nel fuoco piuttosto che fargli una gentilezza.

-Un the freddo anche io, grazie.-

Mentre stava andando via, Ruby lanciò un’occhiata interrogativa a Gabrielle e lei alzò le spalle.

Che uomo strano sei, Gold.





Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Salve a tutti! Spero siate soddisfatti del nuovo capitolo: è stato decisamente uno dei più divertenti da scrivere.

A proposito: chiedo perdono per il ritardo, ma con la scusa delle vacanze sono un po' presa con le bombe. In realtà, pensavo di aggiornare una volta a settimana, magari il sabato che è un giorno comodo anche in vista dell'inizio della scuola. Ditemi se anche per voi è una buona idea ;)

Vi ringrazio per le recensioni (siete dei tesori, davvero!), ringrazio chi ha inserito la storia in una delle liste e anche i lettori silenziosi, che invito a recensire!

Un bacione e alla prossima ;)

°°Sami°°




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Capitolo 5
*** Accidents. ***


DREAM OF MY DREAMS



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4. Accidents.

-Elise? Mi passi quelle, per favore?-

-Si, certo!-

-Ma perché non stanno attaccate?-

-Non ne ho idea, Bae! Al villaggio mi avevano assicurato che era la colla migliore del paese. Mi era sembrata un po’ esagerata come affermazione…-

-Dobbiamo sbrigarci! Lui sarà qui tra poco!-

-Lo so, lo so! Prova a mettere quello lì!-

-D’accordo. Sta venendo abbastanza bene, no?-

-Certo! Sono sicurissima che gli piacerà tantissimo! Anche se non ho ancora capito a che cosa potrebbe mai servirgli.-

Bae alzò gli occhi dal lavoretto.

-Meglio che resti nell’ignoranza.- disse, facendo spallucce.

Elise lo guardò interrogativo, la curiosità che già serpeggiava nelle sue vene.

-Va bene.- sussurrò, distogliendo gli occhi dal volto del ragazzino. Lui alzò nuovamente la testa verso di lei.

-E’ per la tua sicurezza, Elise. Non voglio che ti accada qualcosa.-

Elise gli sorrise semplicemente, confusa.

Dopo un paio di minuti sentirono dei passi fuori dalla casa e, quasi contemporaneamente, una voce che annunciava il suo ritorno.

Elise e Baelfire si guardarono.

-Oh, no, no, no! E’ in anticipo!-

-Molto in anticipo!-

-Troppo in anticipo!- esclamarono insieme.

-Troppo in anticipo per cosa?-

Entrambi si girarono in contemporanea, cercando di nascondere, con i loro corpi, la scatolina poggiata sul tavolo dietro di loro.

-Niente.- disse il ragazzino. -Giusto, Elise?-

-Giustissimo.-

Rumpelstiltskin li guardò sorpreso e guardingo.

-Ti do cinque minuti.- sussurrò Elise. Bae annuì.

-Andiamo a fare una passeggiata?- disse sorridendo, prendendo Rumpelstiltskin per un braccio e trascinandolo verso l’uscita.

-Dearie, che vi prende?-

-E’ una sorpresa! Fidatevi di me.-

L’uomo non disse più nulla e la seguì accondiscendente. Elise lo portò un po’ più lontano dalla casa, in modo che non vedesse il figlio nemmeno dalla finestra.

-Non vi ho ancora ringraziato a dovere per il vestito. E’ bellissimo e comodissimo.- esclamò ad un tratto, voltandosi verso di lui.

-Dovere.-

-No, non è vero. Avreste potuto tranquillamente farne a meno e nessuno vi avrebbe biasimato.-

Rumpelstiltskin alzò lo sguardo su di lei. -Perché mi dici questo, dearie?-

Elise fece spallucce. -Perché mi avete salvato la vita senza una ragione apparente. Perché mi fate vivere a casa vostra. Perché siete stato davvero gentile con me, Rumpelstiltskin.-

Lui aggrottò le sopracciglia. -Mi serviva una cameriera dearie.-

-Perché avete scelto proprio me?-

Lui le si avvicinò. -Perché sei più di quello che credi.-

-Cosa sono?- chiese Elise, ipnotizzata.

-Una ninfa, dearie.-

-Una ninfa?-

-Papà, Elise, venite, ho finito!-

Rumpelstiltskin le rivolse un sorriso sghembo, prima di voltarle le spalle e entrare in casa.

-Buon compleanno, papà! Io e Elise ci abbiamo messo tutta la mattina per prepararlo!-

Elise sorrise davanti alla felicità di Bae e al sorriso dell’uomo, che prese la scatolina e se la rigirò tra le mani.

-Buon compleanno, Rumpelstiltskin.- sussurrò Elise, sicura che lui l’avesse sentita.

 

* * *

 

Febbre. Si era presa la febbre.

Un bel 38 tondo tondo svettava sul termometro.

Sospirò un paio di volte, cercando di contrastare l’emicrania, e prese il telefono. Le dispiaceva dover dire alla signora Grayne che quel pomeriggio non poteva stare con Christopher, ma non poteva di certo rischiare di passargli la febbre.

-…si, si, mi spiace. No, credo di aprire il negozio stamattina… Prenderò una pastiglia, signora, non si preoccupi. Va bene, arrivederci. Grazie.-

Chiuse la conversazione e si lasciò cadere sul letto. Aveva una nausea terribile e le girava la testa, ma si fece forza e prese una pastiglia prima di scendere ad aprire il negozio.

Come ogni mattina da due settimane a quella parte, guardò se ci fosse una rosa e un biglietto scritto con un’elegante calligrafia, ma, come ogni mattina da due settimane a quella parte, non trovò nulla.

Non sapeva perché sentisse quella nota di delusione ogni volta e, di certo, quello non era esattamente il momento di sondare la sua anima. Non quando i primi -anzi, le prime- clienti stavano entrando e pretendevano che lei li seguisse.

Oh, quanto avrebbe voluto essere sotto le coperte, in quel momento!

 

Erano circa le undici quando Gabrielle sentì il bisogno di un’altra pastiglia, dato che quella precedente aveva allegramente finito il suo effetto.

Il medicinale fece effetto dopo qualche minuto, ma la ragazza si sentiva decisamente spossata, così, approfittando alla mancanza di clienti, accese la radio sperando che la aiutasse a riprendere contatto con la realtà.

Si sedette dietro il bancone, rinunciando a lavorare, e posò la testa sulle sue braccia, alzandola di scatto quando sentì qualcuno entrare.

Sbuffò piano, maledicendo chiunque fosse per l’interruzione del suo riposo, ma spalancò gli occhi quando vide che si trattava del signor Gold.

-Salve, signor Gold.-

-Buongiorno a lei.-

-Cosa ci fa qui?- gli chiese, sempre più sorpresa, dandosi della stupida poco dopo: che cosa poteva andare a fare in un negozio?

Gold le sorrise ironico. -Vorrei qualcosa per combattere l’insonnia.-

-Lei soffre d’insonnia?-

-Direi di si, dearie, altrimenti non sarei qui a chiederle qualcosa contro di essa.-

Gabrielle scosse la testa. -Si giusto. Uhm… dunque, oltre alla camomilla le consiglierei la Valeriana o la Passiflora, sono ottime per calmare il nervosismo dovuto a stress lavorativo o di qualsiasi altro genere. Può prendere degli infusi, pastiglie oppure mettere alcune gocce in una tazza di acqua calda prima di andare a dormire.-

Gold la guardò qualche secondo, come per soppesare le sue parole. -Proviamo con il fiore della passione, dearie.-

Gabrielle arrossì senza saperne il motivo e gli porse un flaconcino con delle capsule. -E’ il modo più facile per prenderla.- spiegò -Ne prenda una prima di andare a dormire e, se non funziona, aumenti un po’ alla volta. Però non esageri, altrimenti può causare allucinazioni.-

Gold la stette ad ascoltare in silenzio, per poi prendere il flaconcino.

-Grazie.-

-Non c’è di che.- gli rispose lei, con un sorriso stanco.

Gold aggrottò le sopracciglia. -Lei non sta bene, non è vero?-

Gabrielle arrossì. -Ho qualche linea di febbre, a dire il vero, ma niente di preoccupante.-

L’uomo rimase a osservarla, concentrato per qualche secondo. Era piantato con i piedi a terra e tra le mani stringeva il suo bastone dal pomello d’argento; sembrava rigido e teso, come se si stesse trattenendo dal fare qualcosa che Gabrielle non riusciva a capire.

Le vennero i brividi lungo la spina dorsale.

-D’accordo. Si riguardi.-

Gabrielle lo guardò andare via in silenzio, poi si lasciò cadere nuovamente sulla sedia.

Aveva parlato con il signor Gold tre volte e le era pure piaciuto.

Il signor Gold, accidenti! Colui che teneva in pugno l’intera città e che poteva permettersi di fare il bello e il cattivo tempo ovunque, senza conseguenze.

Tuttavia, si rendeva conto che lui non era capace di provocare in lei quel timore o quell’antipatia -quell’odio- che spesso vedeva in Ruby o nelle altre persone -esclusa la signora Collins, ovviamente- quando parlavano di lui.

E, che cavolo, lui era gentile con lei! Era gentile! Non doppiogiochista, approfittatore, stronzo, ipocrita o qualsiasi altra cosa: solo gentile.

Gli aveva parlato tre volte e aveva cambiato radicalmente l’opinione che aveva di lui.

Scosse con forza la testa. Era sicuramente la febbre a farle fare certi pensieri: quando ci avrebbe ragionato lucidamente, sarebbe riuscita a trovare una soluzione coerente.

Fece un paio di respiri profondi, poi si alzò, barcollante, e prese le chiavi del negozio.

Diede una distratta controllata in giro e, infine, chiuse la porta a chiave, abbassando le serrande. Salì al piano di sopra, dove c’era la sua casa, e si avviò nella camera da letto, passando per il bagno a prendere il termometro che aveva riposto nell’armadietto dei medicinali proprio quella mattina.

Si tolse le scarpe e si gettò sopra il letto completamente vestita.

Chissà che una buona dormita non l’avrebbe fatta rinascere.

 

* * *

 

-Ok, ok, ok. Rilassati Gabrielle, non è la fine del mondo. No, non lo è.- sussurrò, guardando il termometro: 38 e mezzo.

Avrebbe dovuto saltare un altro giorno di lavoro, ma non le dispiaceva. Piuttosto, si chiedeva come avrebbe fatto ad alzarsi per andare in bagno con la testa che le pulsava a quel modo.

Si girò dall’altra parte, decisa a riprendere sonno, quando suonò il cellulare.

Ci mise qualche secondo per rendersi conto di che cosa produceva quel fastidioso rumore, poi, non senza fatica, si allungò per prendere il telefono dal comodino.

-‘Onto?-

-Gabrielle? Sei tu o stiamo parlando con il tuo clone alieno?-

-Sono io Ruby, con la febbre a trentotto e mezzo.-

-Accidenti!- esclamò l’altra, seguita da un’altra voce.

-Io e Mary Margaret volevamo chiederti se stasera uscivi con noi, ma a quanto pare…-

Gabrielle sospirò, irritata per dover rinunciare ad una serata tra amiche.

-Mi dispiace. Semmai questo pomeriggio chiamami, così vedo come sto.- disse, sforzando la voce. Ora che ci faceva caso, anche la gola le faceva un male tremendo.

-D’accordo! Mary Margaret dice di non sforzarti troppo!- le rispose l’amica, sorridendo all’altro capo del telefono.

-D’accordo, grazie. A dopo, Ruby.-

-Ciao, ciao!-

La ragazza fece un profondo respiro e posò il cellulare nuovamente sul comodino: quasi quasi l’avrebbe spento, ma sapeva che le sarebbe servito per ogni evenienza così, per paura di non sentirlo, alzò ancora di più la suoneria.

Non era sicura di riuscire a farsi scendere la febbre per quella sera, anzi sicuramente le sarebbe salita e avrebbe dovuto rinunciare a quell’uscita.

Chiuse gli occhi e cercò di ignorare il dolore alla testa: forse, in quel modo, sarebbe riuscita a prendere sonno.

 

Si svegliò dopo, probabilmente, qualche ora, anche se non le sembrava di avere dormito per nulla, tanto si sentiva intontita.

Si alzò lentamente a sedere chiudendo gli occhi per i troppi capogiri, ma cercando in ogni caso di farli passare per scendere a prendere una pastiglia per la febbre.

Provò a misurarla e, con una smorfia, mise via il termometro che segnava trentotto e quattro. Cercò di alzarsi lentamente, e si avviò verso la cucina tenendosi al muro: non aveva per nulla voglia di fare un volo a terra.

Riempì un bicchiere d’acqua e prese una pastiglia per fare scendere la febbre e combattere il dolore. Mai più che in quel momento avrebbe voluto avere un coinquilino che si prendesse cura di lei.

Si ridiresse verso la camera a passi misurati e fermandosi ogni tanto per far placare i giramenti di testa.

Ci mancava solo quello: come se non avesse già abbastanza a cui pensare quotidianamente e abbastanza da fare tra il negozio e Chris.

E inoltre doveva pure rinunciare ad una serata con Ruby e Mary Margaret, a cui aveva una voglia matta di partecipare, giusto per allargare il cerchio delle sue conoscenze e fare nuove amicizie.

Prese un nuovo respiro, ma non si ritrovò preparata quando, in mezzo al corridoio, la colse un tremendo capogiro.

Cercò di aggrapparsi al muro, ma le sue mani vagarono a vuoto: perse l’equilibrio e cadde, sbattendo la testa. L’ultima cosa che vide, furono migliaia di stelline che vagavano intorno a lei.



Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Salve a tutti, lettori! Allora, cercherò di ignorare di qui ai prossimi 17 giorni che sta per iniziare la scuola. L'unica nota positiva è che a fine settembre comincerà di nuovo anche OUAT!! Chi di voi non vede l'ora di vedere Trilli? **

Comunque, torniamo al capitolo: come vi è sembrato? Avete notato errori? Ripropongo l'idea dell'aggiornamento settimanale. Ditemi che ne pensate! Inoltre, come al solito, invito anche i lettori silenziosi a recensire: non vi mangio mica!!!

Un bacione e al prossimo capitolo!

°°Sami°°


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Capitolo 6
*** Conversations. ***


DREAM OF MY DREAMS





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5. Conversations.

Elise quella mattina, stava raccogliendo nel bosco alcune erbe.

Baelfire aveva il raffreddore e, sebbene non fosse nulla di grave, sentiva che durante la notte dormiva male poiché faceva fatica a respirare e lei era sicura che esistesse una pianta capace di ovviare a questo problema.

Doveva solo capire quale.

-E così sei una ninfa dei boschi, dearie.-

Elise si girò di scatto, incontrando gli occhi scuri di Rumpelstiltskin.

Gli sorrise. -Davvero?-

Aveva digerito l’idea di non essere una semplice umana, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiedere ancora spiegazioni all’uomo.

Lui annuì. -Ovviamente, dearie: altrimenti come credi che si spiegherebbe questo legame con la natura?-

Lei scosse la testa, facendo spallucce.

-A che cosa ti servono?- la riprese, quando vide che non le rispondeva.

-Bae ha il raffreddore, sto cercando qualcosa che lo aiuti a guarire.- disse, continuando a raccogliere erbe: il ragazzino si rifiutava categoricamente di farsi guarire dalla magia del padre. Una volta glielo aveva confessato: voleva che tutto tornasse come una volta e stava cercando un modo perché la maledizione si spezzasse.

Dopo qualche secondo in cui non ottenne risposta, Elise alzò lo sguardo per vedere se Rumpelstiltskin fosse ancora lì.

Incrociò il suo sguardo sorpreso.

 -Qualcosa non va?- gli domandò, aggrottando le sopracciglia e guardandolo dalla sua posizione inginocchiata.

L’uomo si inginocchiò finché non raggiunse la sua altezza e poi avvicinò il volto al suo.

La ragazza si ritrovò ad arrossire imbarazzata.

-Io non te l’ho chiesto. Perché lo stai facendo?-

Elise boccheggiò qualche secondo. -Io... voglio bene a Baelfire e... non voglio che stia male...- soffiò, con il cuore che batteva a mille.

Rumpelstiltskin non si allontanava e la guardava così intensamente che lei non aveva il coraggio -la forza- di distogliere lo sguardo dal suo. Si sentiva come in un mondo parallelo, in un sogno, in una visione, ma non avrebbe mai voluto essere da nessun’ altra parte.

I loro respiri si infrangevano nel volto dell’altro, i loro nasi e i loro corpi si sfioravano e, Elise ne era certa, quell’uomo l’aveva stregata senza magia.

Rumpelstiltskin si stava avvicinando ulteriormente, facendo saettare lo sguardo dagli occhi di Elise alle sue labbra. Poi Baelfire li chiamò e la visione svanì.

-Elise! Papà! Dove siete?-

L’Oscuro si alzò di scatto, evitando di incontrare lo sguardo della ragazza e lei si premurò di fare altrettanto.

-Oh, eccovi qui: perché non rispondevate?-

Rimasero in silenzio per qualche secondo, mentre il ragazzino guardava prima uno e poi l’altra.

-Stavamo rientrando.- disse Elise, sorprendendosi che la sua voce risultasse così acuta.

Bae li guardò ancora titubante, poi fece spallucce e si avviò nuovamente verso casa. Quella sera Elise si sentì chiedere proprio dal ragazzino se le piaceva suo padre. Non poté fare altro che arrossire e voltare lo sguardo, davanti a quegli occhi penetranti, così simili a quelli di lui.

 

* * *

 

Gabrielle riprese contatto con la realtà lentamente e con fatica.

Non ricordava dove si trovasse e rimase molto sorpresa quando, alle sue narici, arrivò l’odore di antisettico e medicinali, tipico degli ospedali.

Aprì gli occhi, sicura di sbagliarsi, e invece vide chiaramente che si trovava in una stanza d’ospedale.

La domanda era: come ci era arrivata?

Si portò una mano alla fronte, toccandosi leggermente un punto sopra l’orecchio che le fece strizzare gli occhi.

-Non glielo consiglio, signorina: ha un bel bernoccolo.-

Gabrielle spalancò gli occhi, con il cuore che iniziava a batterle furiosamente. -Cosa… cosa è successo?-

-E’ caduta nella sua casa ed è svenuta. Le sue amiche l’hanno portata qui ieri sera.-

La ragazza ci mise qualche minuto per assimilare l’informazione. Ricordava vagamente di essersi alzata per prendere un’aspirina e di avere avuto un capogiro nel bel mezzo del corridoio. Probabilmente era stato in quel momento che aveva perso i sensi.

-Le mie amiche… Ruby?-

L’infermiere annuì, sedendosi nella sedia che si trovava a fianco del suo letto. -E Mary Margaret Blanchard. La signorina Lucas ha detto, testuale, che può fare a meno di riprendersi dato che, quando verrà a trovarla, la ucciderà lei stessa.-

Lui lo disse sinceramente divertito, ma Gabrielle ebbe un brivido. -Ho qualche speranza di andare a casa prima che questo fantomatico incontro avvenga?-

L’infermiere la guardò curioso. -La dimetteremo questo pomeriggio e le sue amiche si sono offerte di passarla a prendere dopo il lavoro. Quindi ne dubito, signorina.-

Gabrielle si passò stancamente una mano sul viso, pensando all’incontro di quel pomeriggio: chissà quanto avrebbe gridato Ruby! Aveva un caratterino, quella ragazza...

-Comunque, nel caso volesse saperlo, la sua febbre è scesa a trentasette e mezzo, ma conto che per questo pomeriggio si abbassi ulteriormente.-

Gabrielle lo guardò alzarsi e posare la cartellina sul suo comodino. -E non ha avuto nessun tipo di trauma cranico.-

-Beh, in ogni caso entro questa sera sarò morta!- rispose lei, facendo spallucce.

L’infermiere scoppiò a ridere, scuotendo la testa bionda.

Gabrielle si accorse solo in quel momento di quanto fosse giovane e carino, con quegli occhioni verdi verdi. Le veniva voglia di rimpinzarlo di latte e biscotti!

-Ehm, siamo sicuri che non ci sia nessun trauma cranico?-

Lui aggrottò le sopracciglia. -Certo. Perché me lo chiede?-

Gabrielle fece spallucce, divertita. -Così. Grazie signor…-

-Spencer.- disse lui, porgendole la mano.

-Gabrielle.-

-Si, lo sapevo. Allora ciao, Gabrielle.- la salutò, prima di uscire dalla stanza e lasciarla sola.

Lei fece un sospiro e strizzò gli occhi, a causa del mal di testa che le stava nuovamente salendo. Si girò in un fianco e chiuse gli occhi.

 

Camminava in mezzo ai rovi, cercava di procedere sebbene le spine le graffiassero le braccia e le gambe e le strappassero il vestito a cui teneva di più.

Sapeva che era successo qualcosa di grave e per questo procedeva ancora più in fretta.

Sbucò in una piccola radura e quello che vide la fece tremare d’orrore: una buca profondissima si apriva al centro della radura e, vicino a essa, un uomo stava in ginocchio, le mani strette ad un coltello con la punta verso terra.

Quando l’uomo si accorse di lei, alzò la testa di scatto e la guardò perduto e spaurito. Immediatamente, lei cercò di avvicinarsi ma lui si alzò di scatto e il suo sguardo si trasformò in puro odio, che la colpì al cuore come una lama.

Le parole “E’ colpa tua!” iniziarono a risuonarle nella testa.

 

Gabrielle spalancò gli occhi di scatto, spaventata e scossa per quell’incubo.

Ci mise un po’ a rendersi conto delle voci che parlavano coincise in un angolo della stanza.

-Finalmente la Bella Addormentata si è svegliata!-

Gabrielle si voltò verso la voce e vide Ruby in piedi vicino a Mary Margaret.

-Ciao...- sussurrò, sorridendo e cercando di svegliarsi fuori.

-Ciao? Tu sei finita all’ospedale e mi dici solo “ciao”?-

Fantastico, è iniziata la ramanzina... pensò la ragazza, trattenendo uno sbadiglio e guardando, ormai completamente sveglia, la sua amica che stava in piedi davanti a lei con le braccia incrociate sotto al seno e un’espressione incazzata.

-Mi spiace di avervi fatte preoccupare, Ruby...-

-Certo che ti dispiace! Ti immagini che paura abbiamo preso quando non hai risposto alle nostre undici chiamate e quando, una volta arrivata a casa tua, abbiamo trovato la porta aperta?-

Gabrielle spalancò gli occhi. -C’era la porta aperta?-

-Si, testa di cocomero! Pensavamo ti avessero rapinata e uccisa!-

Addirittura?

-Devo averla lasciata aperta per sbaglio…- sussurrò lei, pensierosa.

-… e poi ti abbiamo trovata svenuta in corridoio!- continuò lei come se non l’avesse sentita.

Gabrielle si morse il labbro inferiore, estremamente dispiaciuta.

-Scusatemi. Davvero: non avevo intenzione di farvi preoccupare.-

-Certo che no. Ruby, non credi di stare un po’ esagerando?- intervenne Mary Margaret, cercando di calmare la ragazza, a cui sembrava stessero per uscire i fumi dalle orecchie.

Ruby sbuffò e si sedette con un tonfo sul letto di Gabrielle, facendola sobbalzare.

Prese un paio di respiri. -Forza Elle, alzati e vestiti: tra poco andiamo a casa.-

Gabrielle annuì e si alzò, piacevolmente stupita dal fatto di non avere più capogiri: la febbre si era abbassata veramente.

Si vestì con calma e prese il cellulare che Ruby le porgeva, mettendoselo in tasca.

-Spencer!- chiamò a gran voce l’infermiere che stava passando davanti alla sua camera.

-Gabrielle! Te ne stai andando?- le domandò lui, fermandosi di fianco alla camera e guardando le ragazze uscire.

-Già, finalmente! E’ uno strazio questo posto. Senz’offesa!-

Spencer fece spallucce. -Nessuna offesa: ne sono fermamente convinto.-

La ragazza ridacchiò e salutò l’amico con la mano, avviandosi verso la reception dove le avrebbero finalmente fatto firmare la carta per farla uscire di lì.

-Chi è Spencer?- le chiese Ruby, guardandola fintamente contrariata. In realtà, Gabrielle vedeva lontano un miglio il suo divertimento.

-E’... un infermiere.- rispose, titubante.

Ruby e Mary Margaret si guardarono. -Si, l’abbiamo notato.-

-E quindi...?-

-E’ carino...- buttò lì Ruby, facendo sembrare il suo tono casuale.

L’amica la guardò sconcertata. -Cosa cavolo dici?- chiese, mentre firmava il foglio e si avviava verso l’uscita dell’edificio.

La ragazza alzò le mani. -Nulla, nulla. Solo che è carino.-

Gabrielle la guardò con un sopracciglio alzato.

-Forza ragazze, dobbiamo andare.-

-Giusto. Gabrielle, porta la tua personcina tremendamente delicata sul sedile posteriore della mia auto.-

-E’ un modo incazzoso per dirmi che mi date un passaggio?-

-Esatto.-

Gabrielle sorrise e, insieme, si diressero verso la macchina rossa di Ruby che le portò davanti all’erboristeria in poco più di dieci minuti.

Mary Margaret aprì addirittura la porta a Gabrielle, che non si sentì in forze per rifiutare quella gentilezza, dato che sentiva di nuovo la testa dolorante.

-Ma dimmi te: una vita di monotonia e nel giro di qualche giorno prendo un febbrone dal cavallo, finisco all’ospedale e faccio am…- si bloccò, ammutolendo.

Cosa cavolo stava dicendo?

Probabilmente se lo chiesero anche le due ragazze, perché la guardarono interrogative.

-Fai am…?-

Gabrielle scosse le spalle, imbarazzata. -Nulla, nulla. Ora sono stanca, vado a letto. Grazie mille di tutto!-

Diede ad entrambe un bacio sulla guancia e si dileguò nella sua stanza, cercando di dare meno nell’occhio possibile. Anche se era possibile che non ci fosse riuscita. Anzi, ne era certa.

 

* * *

 

La mattina dopo, Gabrielle si sentiva come nuova. La febbre le era scesa del tutto e aveva una voglia pazzesca di uscire all’aria aperta e godersi un po’ la vita.

Si fece una doccia veloce, si pettinò, mise i vestiti più comodi che aveva -ovvero un paio di jeans e una maglietta a maniche lunghe.-, prese le chiavi di casa e la borsa e, snobbando altamente l’erboristeria, si diresse per le strade di Storybrooke.

Aveva tutta l’intenzione di andare a salutare Ruby alla tavola calda e, magari, prendere una cioccolata o un the caldo, ma non resistette all’impulso di sedersi in una panchina al parco e chiudere gli occhi.

Le capitava, ogni tanto, di sentire il bisogno di staccare la spina e il posto migliore di tutti era sicuramente il parco cittadino. Ricordava che una volta ci era andata con Henry ed era talmente stremata che aveva preso sonno sulla panchina: probabilmente era stato in quel momento che Regina aveva deciso che non era troppo brava per badare a suo figlio e aveva preferito che se la cavasse da solo.

Non l’avrebbe mai capita quella donna.

-Buongiorno.-

Gabrielle sobbalzò leggermente, ma, prima di aprire gli occhi, aveva già capito chi si sarebbe trovata davanti.

-Salve, signor Gold. Qual buon vento?-

-Affitti.- rispose lui semplicemente, facendo alzare gli occhi al cielo a Gabrielle.

-Ovviamente. Come ho fatto a non pensarci: esce fuori da quel tetro negozio solo per riscuotere gli affitti!- ribatté la ragazza, ironica.

-Trova che il mio negozio sia tetro?-

Lui le sorrise divertito e Gabrielle non poté fare a meno di arrossire.

-Non intendevo offenderla. Però si: è buio e triste.- sussurrò, alzando le spalle.

Gold la guardò con un sopracciglio alzato e, lentamente, si sedette accanto a lei.

-Parlando di consigli, signorina, ho saputo che lei non ha seguito il mio.- la riprese, contrariato.

Lei alzò un sopracciglio, confusa.

-Quello di riguardarsi, signorina. La signora Collins, stamattina, è stata così gentile da venire nel mio negozio per informarmi del suo incidente.-

Gabrielle, dopo un attimo di incredulità, iniziò a ridacchiare.

-La diverto, dearie?-

Lei scosse la testa, cercando di calmarsi: l’immagine della signora Collins che spasimava per lui era decisamente troppo divertente per non ridere.

-A proposito della signora Collins... qualche settimana fa è andato a ritirare il suo affitto, vero?-

Fu il turno di Gold di assumere un’espressione confusa. -Certo.-

-E lei le ha… offerto il the?-

-Come fa a saperlo?-

Lei scosse la testa. -Era buono?-

-Discreto, dearie. Ora vuole dirmi il motivo di tutte queste domande?-

-Un attimo. Per caso, dopo che l’ha bevuto si è sentito strano? Non so, colpi di calore o, uhm, iperattività?-

Gold la guardò qualche secondo, terribilmente serio e sospettoso, per poi ghignare. La ragazza sentì uno strano senso di deja-vù.

-Cosa c’era in quella bevanda, dearie?-

Gabrielle scoppiò a ridere come una pazza, senza riuscire a fermarsi.

-Mi aveva chiesto...- si bloccò, colta da un altro attacco di risa. -delle erbe… afrodisiache!- esclamò alla fine, portandosi una mano sulla bocca e alzando lo sguardo verso l’uomo di fronte a lei.

Il volto di Gold era una maschera si pietra, le labbra strette e gli occhi spalancati.

-Sta bene, signor Gold?-

-Lei mi sta dicendo che quella donna ha tentato di… di…- non trovava le parole, e a Gabrielle in quel momento fece decisamente tenerezza. Probabilmente non aveva molto spesso a che fare con pretendenti così coraggiose. Con pretendenti e basta.

-Di sedurla.- concluse la ragazza per lui.

-E lei ha contribuito parecchio.-

Gabrielle soppresse un risolino. -Non se la prenda con me: io ho solo soddisfatto una cliente.-

-E soddisferà anche il prossimo verrà a chiederle del veleno, immagino. Anzi, si adopererà a dargliene uno piuttosto forte.-

Gabrielle strinse i denti: stava dicendo che voleva ucciderlo? -Non dica sciocchezze, lei! Pensa che la voglia morto?-

-Come tutti in questa città, dearie.- le rispose lui, con un sorriso malinconico.

La ragazza si alzò di scatto in piedi.

Si sentiva delusa dal suo comportamento: non le sembrava di avergli dato quell’impressione, dato che mai e poi mai un simile pensiero le era passato per la mente. Non a lei.

-Dato che ha quest’opinione di me, me ne vado. E, giusto perché lei lo sappia, la verità è che lei mi piace.- poi gli voltò le spalle, lasciandolo seduto sulla panchina e allontanandosi di gran carriera.

Certo che, nella mente di quell’uomo, passavano davvero dei bei pensieri! Capiva che, magari, la gente in città lo considerava un bastardo, ma da questo a volerlo morto ne passava di acqua sotto i ponti!

Camminò spedita fino a casa sua, tanto che le venne addirittura il fiatone. Ma era così arrabbiata! Come poteva lui pensare una cosa del genere? Come poteva credere che volesse il suo male, dopo che...

Dopo che cosa? Dopo che gli aveva detto che le piaceva?

Oddio, cosa le era saltato in mente? Era talmente tanto arrabbiata che le erano sfuggite quelle parole, senza che lei potesse fare nulla per fermarle.

Però... non erano una bugia. Il signor Gold le piaceva davvero.

Quel suo intrigante modo di fare, di stare al gioco, di guardarla, soprattutto di guardarla, con quegli occhi scuri così profondi.

Le venne un brivido.

Doveva assolutamente parlarne con un’amica. Al più presto.





Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Buon 2 settembre, gente!!! Come state? Finiti i compiti per le vacanze? Pronti per il ritorno a scuola? Io no :3

Comunque: che ne pensate del capitolo? Le cose si stanno un po' evolvendo, sia nel mondo delle fiabe che a Storybrooke, ma non crediate che sarà sempre tutto rose e fiori, nono.

Allora, ho deciso che aggiornerò il sabato, tuttavia dovrò saltare l'aggiornamento della prossima settimana, poiché sono tutto il giorno a Gardeland. Se riesco, aggiornerò di venerdì o domenica, ma non vi garantisco nulla.

Ringrazio le buone anime che hanno recensito, chi ha inserito la storia in una delle sue liste e, infine, invito i lettori silenziosi a lasciarmi un commentino.

Un bacione e alla prossima =)

°°Sami°°




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Capitolo 7
*** Desperation. ***


DREAM OF MY DREAMS





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6. Desperation.

Elise era partita per quel viaggio estremamente tranquilla, dato che era stato addirittura Rumpelstiltskin a proporglielo, facendo finta che fosse nei suoi interessi, anziché in quelli di lei.

Elise aveva una voglia pazzesca di affinare le sue tecniche, sia in campo medicinale che su cosa comportava essere una ninfa e cosa avrebbe comportato per chi le stava attorno. Certo, Bae aveva detto più volte che se riusciva a convivere con la magia oscura di suo padre, sarebbe riuscito tranquillamente a vivere con la sua, ma Elise voleva esserne sicura e, fatalità, Rumpelstiltskin, poco tempo prima, aveva scoperto che poco distante da lì c’era un villaggio di ninfe dell’acqua. Forse non erano come lei, ma le erano più vicine loro di qualsiasi alto essere o persona che aveva mai conosciuto.

Quella mattina, Elise aveva salutato Bae con un abbraccio e un bacio sulla guancia e Rumpelstiltskin con un sorriso, sebbene avesse tutt’altro desiderio.

Camminò per il bosco quasi un giorno intero, fermandosi solo lo stretto indispensabile, ma alla fine, arrivò a destinazione.

In effetti, il viaggio fu proficuo: conobbe Flynn, un elfo che, al contrario di quanto credeva, era un po’ una ninfa al maschile. Lui le descrisse le diverse tipologie di ninfe, le insegnò tutte le cose più importanti e rispose a tutti i suoi perché.

Così scoprì di essere un po’ magica, ma di una magia buona e pura. 

Visitò pianure e corsi d’acqua, prati fioriti e laghetti e Flynn le aveva spiegato tante di quelle cose che Elise stentò a credere che tutto potesse entrarle in mente.

Un mondo nuovo si era aperto davanti a lei e stentava a credere di farne veramente parte. Inoltre non vedeva l’ora di raccontare tutto a Bae e a Rumpelstiliskin: voleva renderli orgogliosi di lei, voleva dimostrare loro che poteva fare di più che pulire il pavimento o spolverare una credenza.

Ci mise un giorno e mezzo a ritornare, ma si godette la natura come mai prima di allora.

Fu quando arrivò nei pressi della casa di Rumpelstiltskin che l’idillio si interruppe. La foresta era agitata e lei lo sentiva: sembrava che i rovi e le spine le si attaccassero addosso come per fermarla, per tenerla lontana dall’orrore che di li a poco avrebbe visto e avrebbe vissuto.

Ma lei camminava più veloce, sopportando le spine e i rovi che la graffiavano e le strappavano il suo vestito preferito, quello che le aveva regalato Rumpelstiltskin.

Ad un tratto sbucò in una radura e quello che vide la fece raggelare sul posto: una buca grandissima si stagliava in mezzo ad essa e un uomo era inginocchiato sul bordo con la testa china e un pugnale in mano, con la punta appuntita rivolta verso il basso.

Elise rimase in silenzio alcuni minuti, scioccata. Poi lui alzò lo sguardo, vuoto, disperato e sconvolto.

-Rumpelstiltskin.- sussurrò lei, avvicinandosi lentamente, disperata,  la foresta che le stava sussurrando il dolore.

-Dov’è Baelfire, Rumpelstiltskin?- domandò, terrorizzata dalla risposta.

-Se ne è andato. Mio figlio se ne è andato!- gridò lui, il volto tramutato in una maschera di odio e di dolore che Elise non riusciva a decifrare.

-Dove?-

-In un altro mondo. E noi non possiamo più raggiungerlo!-

A Elise sembrò di svenire.

-Se tu ci fossi stata, l’avresti visto con i tuoi occhi! Insieme potevamo salvarlo! E’ colpa tua!-

Lei era distrutta dal dolore, il vento soffiava e le cime degli alberi si inarcavano verso di lei, cercando di afferrarla per portarla via.

-Lui voleva trovare un modo per spezzare la vostra maledizione, Rumpelstiltskin! Avrebbe fatto qualsiasi cosa per potervi riavere. Non è di certo mia la colpa se lui… se lui se ne è andato per sempre.- Elise stava piangendo disperata e gridava, cercando di asciugarsi le lacrime con il dorso della mano. Non era nella natura delle ninfe la rabbia. Ma lei era cresciuta tra gli umani ed era stata contaminata dalla loro malvagità.

Quello che aveva di fronte era solo un’ombra di quello che era stato il Rumpelstiltskin che lei aveva conosciuto, quello che l’aveva quasi baciata in un prato. E lo dimostrava chiaro l’odio per sé stesso che cercava di riversare su di lei.

-Vattene. Non voglio più vederti. Vattene, Elise!-

- Sei un codardo, Rumpelstiltskin, e hai sprecato l’ultima briciola di amore e umanità che ti rimaneva!- gli rispose lei, il cuore che si spezzava sotto il suono di quelle parole, perché le ninfe non avrebbero dovuto essere capaci di provare rabbia, delusione, un dolore così perforante.

Voltò le spalle al Signore Oscuro -niente era rimasto del suo Rumpelstiltskin- e, con il dolore che le spezzava il cuore, disse addio a tutto ciò che le rimaneva della sua famiglia.

 Questa volta, tuttavia, i rami si spostarono per farle strada e la condussero nuovamente verso il suo mondo, verso Flynn, a cui lei non sentiva di appartenere.

 

* * *

 

Gabrielle sorrise all’amica, rigirando pigramente la cannuccia dentro al bicchiere.

-Elle, non avere paura: posso averne le sembianze, ma non sono un lupo e non ho intenzione di mangiarti!-

Gabrielle rise forzatamente, ammettendo che Ruby aveva centrato il punto.

-Sono… confusa, Ruby. Anzi, credo di essere totalmente impazzita.-

La ragazza arricciò le labbra rosse e la guardò interrogativa.

-Vedi, c’è questa persona, ecco… Non so cosa mi stia succedendo. Non so nemmeno da dove iniziare.- esclamò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli rossi.

Ruby le sorrise, comprensiva, poggiando una mano sulla sua. -Dal principio. Inizia dal principio.-

Gabrielle fece un respiro profondo. -Non è una brava persona. Non lo è, accidenti e io non capisco per quale accidentissimo di motivo stia così bene in sua compagnia, mi piaccia così tanto parlare con lui e perché lo trovi così intrigante!-

-Ehi, frena, frena, non ci sto capendo un bel niente!-

-L’ho incontrato quattro volte, in tutto. Se non si conta la prima, in cui ci siamo scontrati, ma non ha importanza. Abbiamo parlato, scherzato e lui è stato così gentile, Ruby, capisci? Gentile!-

La ragazza aggrottò le sopracciglia. -E’ normale che la gente sia gentile.-

-Lui no!-

-Aspetta… di chi stiamo parlando?-

Gabrielle sentì le lacrime salirle agli occhi.

-Oh.Mio.Dio. E’ Gold?- Ruby era esterrefatta. -Ti sei presa una cotta per Gold?-

-Sono un mostro Ruby. Sono un mostro, orribile, completamente pazza!- disse, nascondendo la testa tra le braccia. Le veniva da piangere, da disperarsi e da urlare.

-E... il biondino dell’ospedale?- tentò Ruby.

Gabrielle alzò la testa solo per fulminarla con lo sguardo. -Mi sei molto d’aiuto!-

-D’accordo. Esprimiti, sfogati! Arriveremo a capo di questa situazione!-

La ragazza fece un grande sospiro. -La verità è che a detta di tutti quell’uomo è un grandissimo bastardo, che non fa altro se non alzare l’affitto e poi se la ride alle spalle della povera gente che fatica per arrivare a fine mese, a contrario di lui che naviga nell’oro…-

-Elle…-

Lei non le diede ascolto. -… un usuraio, che ha poteri illimitati e che li usa per fare del male agli altri, solamente per il suo tornaconto. Un mostro, insomma!- Gabrielle prese un respiro.

-Elle…- sussurrò Ruby, allibita.

-Ma io non la penso così, capisci? Io in lui non vedo tutto questo male e…-

-Gabrielle!-

La ragazza si fermò di scatto, rendendosi conto solo in quel momento dello sguardo stravolto che la sua amica aveva assunto.

Ella indicò un punto dietro le spalle di Gabrielle e lei, dopo qualche secondo si voltò. Ma non ebbe bisogno di guardare dietro di lei, perché la persona che Ruby aveva indicato camminava dietro le vetrate, alla sua sinistra.

Gabrielle inorridì: il signor Gold si stava allontanando frettolosamente dal negozio, la sua figura rigida, le labbra serrate e la mano che non reggeva il bastone stretta a pugno.

-Ha… ha sentito tutto.-

-Tranne la parte finale.-

Lei si sentì morire.

-Scusa Ruby, arrivo subito.- disse, alzandosi di scatto e correndo fuori dal negozio, sperando di riuscire a fermare Gold prima che se ne andasse.

-Signor Gold, signor Gold, aspetti!-

Lui, con somma sorpresa di Gabrielle, si fermò.

-Signor Gold, ascolti…-

-Mi sembra di avere già ascoltato abbastanza.- disse velenoso, girandosi e guardandola con odio.

A Gabrielle si mozzò il respiro e ebbe un giramento di testa, come se quella scena, quello sguardo terribilmente doloroso, fossero già marchiati a fuoco nella sua mente.

-Lasci che…-

-Che inventi patetiche scuse? No, ho già capito tutto. Vorrei solo sapere una cosa: che interesse aveva a fare finta che le piacessi? Soldi? Voleva avere qualche ascendente sul mostro della città? Ti dirò una cosa, dearie: io non piaccio a nessuno.- le gridò contro, sul viso una smorfia di pura rabbia.

Lei rimase pietrificata davanti a quella sfuriata, incapace di dire nulla. Il signor Gold le voltò le spalle e si incamminò di fretta, mettendo più marciapiede possibile tra di loro, lasciandola immobile.

Ruby si affrettò a raggiungerla e ad abbracciarla stretta.

-Lui… lui…-

-Shhh. Ho sentito tutto.-

Gabrielle scoppiò a piangere disperata, il volto poggiato sulla spalla della sua amica.

Rimasero abbracciate per qualche minuto, finché il suo pianto non si placò un poco. Poi, Ruby la condusse verso la sua macchina e la accompagnò a casa, come due giorni prima al ritorno dall’ospedale.

Non parlarono per tutto il viaggio. A Gabrielle ogni tanto sfuggiva un singhiozzo, ma cercava di trattenere il pianto disperato a cui avrebbe voluto dare sfogo per rispetto verso la sua amica. E la sua macchina.

Ruby fu così gentile da accompagnarla anche in casa e Gabrielle le fu talmente grata che le veniva da piangere anche per quel motivo.

-Elle... io davvero non capisco, mi dispiace.-

Lei alzò lo sguardo dalla punta delle sue scarpe, confusa.

-Non capisco tutta questa disperazione.- spiegò, buttandosi di peso sul divano. -Non capisco nemmeno come tu abbia fatto a prenderti una… sbandata del genere per Gold, ma immagino che sia una questione di punti di vista.-

-Io... non lo so. E’ qualcosa di arcano. Come se fosse stato dentro di me tutto questo tempo e che sia uscito adesso, come se, conoscendolo, avessi rotto il sigillo che lo teneva imprigionato. E mi fa una paura terribile, Ruby.-  sussurrò, prima che altre lacrime le solcassero il viso.

Ruby la abbracciò di slancio, stringendola forte a sé. -Vedrai che andrà tutto bene. Aspetta che la rabbia gli passi, poi vagli a parlare: vedrai che ti ascolterà.-

Lei annuì, grata alla sua amica, anche se sapeva -entrambe sapevano- che non sarebbe stato così facile.

-Grazie di sostenermi Ruby. Lo so che tu lo odi.-

-Mi fido anche del tuo giudizio: forse non è così bastardo come sembra se a te piace così tanto. Ma sappi che io non ci voglio avere nulla a che fare!-

Gabrielle ridacchiò, un po’ più serena.

Forse, in qualche modo, sarebbe riuscita ad andare a capo di quella situazione.

Ringraziò Ruby e la accompagnò alla porta, augurandole una buona notte che, ne era certa, per lei sarebbe stata un tormento. Non vedeva che fosse il giorno dopo per andare ad aprire il negozio e distrarsi un pochino.

 

Ok. Forse distrarsi aprendo il negozio non era stata una buona idea. Anzi, era stata pessima.

Si era addirittura presa parole da un gruppetto di vecchiette con problemi intestinali che le avevano detto che, ai loro tempi, le signorine non vivevano da sole come prostitute e che, alla sua età, erano già tutte sposate e con almeno un figlio.

Ovviamente, non si riferivano di certo a lei. 

In ogni caso cercò di ignorarle il più possibile e ad essere educata, proprio come fece quel pomeriggio con la signora Grayne, che non faceva altro che dimostrarle la sua infinita e inutile preoccupazione.

Se non altro, quel giorno era riuscita a distrarsi e andò a letto più morta che viva.

Sfortunatamente, alle sei e mezzo di mattina, il suo sonno venne interrotto da una telefonata di Mary Margaret che le spiegò, in fretta e maldestramente, che quella notte Emma aveva cercato di portare via Henry scappando da Storybrooke. Le aveva chiesto se quella mattina poteva passare a prendere qualcosa per i nervi, ma Gabrielle era convinta che avesse più che altro voglia di sfogarsi con qualcuno e non si sentì in vena di dirle di no, anche se aveva ben altri problemi a cui pensare.

Ma, dopotutto, era quello che facevano le amiche, no?

Aveva aperto il negozio da mezz’ora, quando le mancò l’aria.





Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Salve a tutti, gente!!! Come statee? Io benissimo e, anche se so che non ve ne frega nulla, vi comunico che mi sono divertita da morire a Gardaland! Decisamente la giornata più bella di sempre e sono sicura che molti di voi avranno capito da dove è tratta questa frase ;)

Comunque, che ne pensate di questo capitolo? Ve gusta? Vi aspettavate che le cose prendessero questa piega??? Susu, non siate timidi: ditemi cosa ne pensate!

Ringrazio tantissimo chi ha recensito (siete degli ammmori!! ;) ), chi ha inserito questa storia in una delle liste e chi solamente legge! Vi adoro tutti quanti!

Un bacione e arrivederci a sabato prossimo!!!

°°Sami°°




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Capitolo 8
*** Magic. ***


DREAM OF MY DREAMS



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7. Magic.

-Flynn! Flynn!-

-Elise, cosa è successo?-

Elise arrivò trafelata dal ragazzo, cadendogli in braccio e guardandolo con occhi terrorizzati.

-Ho appena visto Red: mi ha detto che sta arrivando! Il sortilegio sta arrivando!- disse, con le lacrime agli occhi.

Flynn la abbracciò, stringendola forte.

-Ci sarò anche io, di là. Staremo insieme, in un modo o nell’altro.-

-Come fai ad esserne certo?- singhiozzò lei, staccandosi dalla stretta e guardandolo intensamente negli occhi.

-Io... non lo so, ma lo spero tanto, Elise.-

Lei scoppiò nuovamente a piangere. -Non voglio dimenticare, Flynn.-

-Lo so. Lo so, Elise. Andrà tutto bene, te lo prometto. I ventotto anni passeranno e noi ricorderemo di nuovo.-

Elise annuì e cercò di asciugarsi le lacrime con il dorso della mano. Doveva essere forte, per Flynn, per sé stessa: non poteva cedere e cadere mai più.

Quando videro la nube all’orizzonte che inghiottiva foreste intere, Elise sentì la paura avvilupparle il cuore e si strinse a Flynn. Lui la abbracciò forte, come se potesse proteggerla da tutto l’orrore che stava per sommergerli senza che avessero nessuno scampo.

Elise strinse gli occhi ed espresse il suo ultimo desiderio.

-Spero solo di rivederti, Rumpelstiltskin.-

 

* * *

 

Qualcosa doveva essere successo in quell’esatto momento, alle otto e un quarto del mattino, qualcosa di straordinario, perché in quel momento Gabrielle capì di aver vissuto nella menzogna per ventotto anni.

 

-Sono Baelfire. Qual è il tuo nome?-

-Elise. Mi chiamo Elise.-

 

Capì che l’intera sua vita era una montatura, che non apparteneva al mondo in cui viveva. Che perfino il suo nome era fasullo.

 

-Baelfire, cosa fai qui da solo?-

Il ragazzino alzò lo sguardo e fece spallucce.

-Nulla.-

-Non sei a giocare con gli altri bambini del villaggio?-

Alzò nuovamente le spalle. -Loro non vogliono giocare con me.-

-E’ per via di tuo padre? Perché è il Signore Oscuro?-

Lui annuì.

 

Seppe che c’era un passato che meritava di essere ricordato, sebbene il suo finale non fosse per nulla lieto. Ma dopotutto, quello di nessuno lo era stato, altrimenti non si ritroverebbero tutti in quel mondo straniero.

 

-Io non te l’ho chiesto. Perché l’hai fatto?-

Elise boccheggiò qualche secondo. -Io... voglio bene a Baelfire e... non voglio che stia male...- soffiò, con il cuore che batteva a mille.

 

Che c’era qualcuno che meritava di essere ricordato e che amava con tutto il suo cuore, il quale, sfortunatamente, era stato spezzato proprio da lui. Lui che l’aveva mandata via, accusandola di una colpa che non aveva e che non riusciva a sostenere da solo.

E allora le pesò sul cuore la consapevolezza di averlo lasciato solo, di averlo fatto soffrire con le sue parole involontarie, di non averlo sostenuto nel momento del bisogno.

Stava per uscire, incurante del negozio che sarebbe rimasto incustodito, quando una nube viola la inghiottì.

Tuttavia Elise non ebbe paura come l’ultima volta, perché quella nube le fece immediatamente battere il cuore: era Vero Amore.

Anche se non capiva come aveva potuto manifestarsi sotto quell’aspetto.

Fece spallucce e corse per le strade della città, cercandolo, cercando il suo grande amore. La prima persona che riuscì a riconoscere tra tutte le figure che si abbracciavano e piangevano fu Red, che le corse incontro coinvolgendola in una stretta spezza ossa.

-Elise!- sussurrò con le lacrime agli occhi. -La maledizione è spazzata, ce l’ha fatta!-

Lei annuì. -Emma è stata grande. Bravissima!-

Elise abbracciò anche Granny, Snow e suo marito James, lasciandoli subito dopo e correndo verso il negozio di pegni dove sperava di trovare Rumpelstiltskin. Voleva vederlo e parlargli ad ogni costo e voleva scusarsi con Gold per le cattiverie che aveva detto.

Non che l’avesse fatto apposta, ma si sentiva uno schifo lo stesso all’idea di averlo fatto soffrire.

Non che lui si fosse comportato tanto meglio con lei...

Elise scosse con fermezza la testa, decisa a trovarlo e a instaurare un minimo di conversazione tra di loro. Come quando erano solo Gold e Gabrielle.

Le mancava poco meno di un isolato per arrivare al negozio, quando si sentì chiamare per nome.

Si girò a destra e a sinistra, esterrefatta: oltre a qualche minimo contatto quali Snow, Red e Cinderella, aveva sempre vissuto nella foresta e non conosceva nessun’altro degli abitanti della Fairytale Land.

-Elise!-

Quando si girò dalla parte giusta si sentì pervadere dalla felicità.

-Spencer! Flynn!- esclamò, fiondandosi tra le sue braccia. Lui la prese per i fianchi e la fece roteare in aria, ridendo.

-Te l’avevo detto Elise, te l’avevo detto che ce l’avremmo fatta!-

Lei rise tra le braccia del suo migliore amico di sempre, sentendosi nuovamente accettata da qualcuno che era come lei.

La abbracciò e lei si strinse a lui, poggiando il mento sulla sua spalla. Poi inorridì: Rumpelstiltskin stava passando, proprio in quel momento, vicino a loro e, prima di voltare l’angolo, si fermò qualche secondo a guardarla.

Quando i loro sguardi si incontrarono, Elise sentì le sue pulsazioni aumentare in maniera pazzesca e correre da lui era un impulso che non riuscì a trattenere per più di tre secondi. Il tempo per Rumpelstiltskin di voltare l’angolo, grazie al suo passo veloce e non più zoppo.

-Aspetta!- esclamò, staccandosi dall’amico e correndo verso di lui.

Tuttavia, egli era già sparito.

-Chi stavi chiamando?- le domandò Flynn, affiancandola e guardando nella sua stessa direzione.

-Nessuno.- rispose lei, scuotendo le spalle avvilita. Era ovvio che lui la stava evitando, ma sicuramente non avrebbe potuto mandarla fuori dal suo negozio nel caso ci fosse andata. Ed era proprio quello che intendeva fare quel pomeriggio.

Non le piaceva come si erano risolte le cose tra di loro: nella Fairytale Land credeva che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per pensare a cosa dirgli, per sbollire la rabbia e l’umiliazione e per fare pace. Sperava che, magari, avesse potuto aiutarlo a trovare un modo per ritrovare Bae, il loro piccolo Bae.

E il tempo nel bosco con le altre ninfe era passato veloce e, quando aveva deciso di ritornare alla civiltà, aveva scoperto che tutto era cambiato e aveva conosciuto Red Riding Hood che le aveva raccontato le dicerie su Rumpelstiltskin. Poi era diventata la sua più cara amica: Elise le raccontava la vita nel bosco, le mostrava la sua magia regalandole fiori di tutti i tipi, mentre Red le parlava di Snow, della vita di corte e della luna piena. Entrambe erano sole a modo loro e avevano trovato nell’altra un’amica fidata e preziosa con cui condividere le proprie esperienze.

Era così che Elise era venuta a sapere della maledizione che li avrebbe colpiti tutti.

-Elise, che hai? Mi sembri assente.-

Lei scosse la testa. -E’ tutto ok. Sono solo un po’ confusa: credo di dovere fare un po’ di ordine nei miei pensieri.-

Lui annuì solamente e le sorrise. Per Elise quel sorriso era talmente familiare che per un momento le venne una grandissima nostalgia del loro mondo. Scosse la testa e cercò di cacciarla: temeva che non ci sarebbero ritornati mai più.

Seguì distrattamente Flynn che la conduceva in giro per la città, guardandosi intorno come se fosse la prima volta che vedeva le case e i negozi.

Con un po’ di attenzione, anche Elise provò questa sensazione: per Gabrielle era tutto normale, il cemento, la forma delle abitazioni e i vestiti erano proprio come avrebbero dovuto essere, ma per Elise era tutto strano, come fuori posto. Regina doveva essere proprio arrabbiata se aveva fatto a tutti loro una cosa del genere, condannandoli ad una realtà e ad un mondo che non apparteneva a nessun abitante della Fairytale Land.

-Allora, come va il bernoccolo?- le domandò ad un tratto Flynn, sfiorandole con una mano la testa.

Elise fece spallucce. -E’ tutto ok. E’ passata anche la febbre: sto benissimo!- gli rispose, con un sorriso.

Lui annuì. -Che lavoro fai in questo mondo, Elise?-

-Sono un’erborista. Sto in mezzo alle piante tutto il giorno. Mi… mi hanno detto che mi porto addirittura l’odore del negozio dappertutto!-

Flynn scoppiò a ridere. -Certo, non c’era impiego più azzeccato!-

-Beh, anche il tuo: dopotutto ti è sempre piaciuto aiutare la gente, no?- sussurrò, guardandolo interessata.

Flynn, come al suo solito, ridacchiò imbarazzato, prima di portarsi una mano dietro alla testa. Un gesto che faceva in continuazione.

Ad un tratto tornò serio.

-Mi dispiace, Elise.-

Lei aggrottò le sopracciglia. Di cosa stava parlando, adesso?

-Di non essere riuscito a proteggerti.- si affrettò a spiegare. -Credevo che in questo mondo saremmo stati insieme, in qualche modo, ma a quanto pare avevo fatto male i miei calcoli. Credevo che mi sarei ricordato di te, invece ho dovuto aspettare ventotto anni in cui ti sarebbe potuto succedere di tutto…-

-Flynn.- lo interruppe lei. -Sei un amico prezioso e sai bene che contro la maledizione nessuno ha potuto fare nulla se non Emma, la Salvatrice. Non sentirti in colpa per colpe che non hai. Me la sono cavata benissimo da sola, in questi anni.-

Flynn la guardò rammaricato, mentre un microscopico sorrisino gli spuntava sul volto.

-Hai sempre la capacità di minimizzare tutto. Vedo che non sei cambiata per nulla.-

Elise ridacchiò, felice di avere recuperato la memoria e, soprattutto, di avere avuto una conversazione con qualcuno con cui avrebbe potuto condividere quel pesante fardello delle due identità. Si sentiva molto meno confusa, sotto quel punto di vista.

Poi, però, le ritornò in mente l’espressione di Rumpelstiltskin e sospirò avvilita.

-Ehm… ora dovrei andare, Flynn. Ho bisogno di riordinare un po’ le mie cose.- disse, sapendo bene che la sua era una scusa piuttosto debole. Ma Flynn sembrò non farci caso: le diede un bacio sulla guancia e la lasciò andare via, dandole solamente il suo indirizzo e il suo numero, che finirono sulla tasca destra dei jeans di Elise.

Durante il ritorno notò che i gruppetti in strada erano spariti quasi del tutto e immaginò che si fossero rintanati in casa o da Granny per recuperare il tempo perduto.

Per qualche secondo ebbe la tentazione di andarci anche lei, ma poi ci ripensò: cosa avrebbe potuto dire? “Red, sono in crisi perché Rumpelstiltskin il Signore Oscuro oggi non mi ha calcolata nemmeno mezzo secondo?”

Così tutti l’avrebbero guardata come un’appestata e l’avrebbero evitata a vita, più di come avevano fatto durante quegli anni di prigionia. E, come se non fosse bastato, sarebbe sembrata una sedicenne alla prima cotta. Diamine, era una persona adulta e seria, lei!

Arrivata a casa si buttò sul divano e strinse gli occhi: sentiva le palpebre pesanti e i nervi alle stelle e non aveva idea di come placare questi due mali se non con un sonnellino mattutino.




Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Ben trovati! Come state? Ragazzi, due settimane e OUAT rincomincerà: sto contando i secondi, e voi???

Allora, come vi è sembrato questo capitolo? Personalmente, l'ho trovato molto difficile da scrivere e non ne sono per niente soddisfatta: ho scritto parecchie parti per più volte, ma il prodotto finale non mi sembra per niente un granché. Voi che ne dite? C'è qualcosa che dovrei cambiare?

Volevo ricordare che le immagini ad inizio capitolo le ho modificate io, ma i “pasticci” li ho combinati grazie alle numerose immagini di Rumpel e della grande Alexis Castle trovate su internet.

Prima di salutarvi, ringrazio le gentili anime che hanno messo questa storia in una delle loro liste e anche chi legge solamente: siete degli angeli!

Un bacione e alla settimana prossima!

°°Sami°°


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Capitolo 9
*** Confessions. ***


DREAM OF MY DREAMS





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8. Confessions.

Era una notte di plenilunio ed Elise stava vagando sola per la foresta, alla ricerca di un raro fiore che si apriva solo quando la luna si stagliava nel cielo in tutta la sua grandezza. Ormai, poteva dire di conoscere quei boschi come le sue tasche: non aveva idea di quanti anni fossero passati da quando ci era entrata e non ci era più uscita, ma sicuramente erano parecchi. E lei non era invecchiata di un giorno. Aveva scoperto da Flynn che le ninfe avevano una vita millenaria e, sebbene all’inizio la cosa l’avesse spaventata, alla fine ci aveva fatto l’abitudine.

Camminava a piedi nudi sull’erba, e si beava del profumo e del rumore del bosco addormentato. Finché non sentì dei passi dietro di lei.

Sapeva benissimo che in quella zona non c’erano lupi o bestie feroci di alcun genere, per cui rimase allibita quando se ne trovò uno davanti, con tanto di zanne snudate.

Elise tremò, terrorizzata e arretrò di qualche passo, dimentica ormai del suo fiore lunare: le importava sicuramente molto di più la sua vita ed incolumità.

Il lupo le si avvicinò ancora di qualche passo ed Elise pensò che fosse indeciso se mangiarla oppure no. Magari la riteneva troppo magra e l’avrebbe lasciata stare.

Quando quello di avvicinò ancora, lei si chiese se doveva scappare o se doveva fingere di essere morta; sfortunatamente Flynn non le aveva mai insegnato tecniche di difesa da ninfa. Sempre che esistessero.

Indietreggiò piano, attenta a non fare movimenti bruschi che avrebbero attirato ancora di più l’attenzione del lupo su di lei. Sfortunatamente, ad un certo punto, Elise si ritrovò con la schiena poggiata al tronco di un albero, che le impediva la fuga.

Chiuse gli occhi, aspettando con il battito del cuore accelerato l’arrivo del lupo. Quello, al contrario di tutte le sue previsioni, si sedette sulle zampe proprio davanti a lei e iniziò a fissarla inclinando la testa da un lato.

Elise iniziò a guardarlo, curiosa a sua volta, notando l’immensa intelligenza che traspirava da quegli occhi canini. Non aveva mai visto un lupo nella sua vita, ma era sicura che non si fermassero a fissare mansueti una preda.

-Ciao.- sussurrò piano, avvicinando lentamente la mano all’animale. Quello non rispose, come era ovvio, ma si fece accarezzare il muso senza opporsi o mostrare reazioni pericolose di alcun tipo.

Dopo qualche minuto, durante i quali Elise si era divertita parecchio, il lupo le indicò un punto alle sue spalle. Lei si voltò notando, poco distante, una macchia rossa a cui non aveva fatto caso prima che arrivasse il lupo. Si avvicinò e, presa in mano la macchia di colore, capì che era una specie di mantello si stoffa.

-Cosa vuoi che ci faccia?- domandò, quasi stupidamente, all’animale che la guardava pieno di aspettativa. Quello indicò con il muso il mantello e poi la sua schiena.

La ninfa aggrottò le sopracciglia, ma poi fece come le aveva detto il lupo: posò il mantello rosso sopra il suo pelo. Quasi subito, il mantello si illuminò e, da sotto, spuntò una mano pallida e, infine, una testa mora.

-Grazie. Era incastrato tra i rovi e avevo paura di strapparlo.- disse la ragazza, allacciandosi il mantello sul collo.

-Sono Red Riding Hood, ma tu puoi chiamarmi Red. Mi dispiace di averti spaventata. Tu sei una ninfa, vero?-

Elise annuì, allibita. -Elise.- sussurrò, presentandosi.

La ragazza le sorrise, riconoscente. -Si, sapevo che non eri un essere umano: loro non sono così… disponibili verso quelli come me.-

Elise annuì. -Sei un licantropo.-

Red annuì. -Questo mantello mi permette di restare umana nei giorni di luna piena.-

-E’ più utile di quello che sembra, allora.-

Lei rise. -E’ un regalo della mia nonnina.-

-Non sei con il tuo branco?-

-Non ho più un branco.- rispose lei, abbassando la testa. -E’, beh, una storia lunga. E tu?-

Elise fece spallucce. -Avevo una famiglia, una volta. Umani. Poi è successa una disgrazia e sono stata cacciata via. Ma non mi sono mai trovata completamente a mio agio tra i miei simili: sono così felici, sembra che nulla possa distoglierli dalle loro attività. E così sereni. Il mio amico Flynn dice che non riesco a lasciarmi tutto alle spalle perché sono cresciuta tra gli umani e ho preso da loro tutte le caratteristiche peggiori. Così ogni tanto me ne vado e sto per conto mio; stasera stavo cercando un fiore lunare.- Elise prese un respiro e analizzò l’espressione di Red. -Scusa. Credo… avevo bisogno di dirlo a qualcuno. Mi dispiace, a volte non so frenare la lingua.- sussurrò, abbassando lo sguardo e arrossendo.

Red rise. -Non ti preoccupare. Anzi, sai che ti dico? Ti aiuto a cercare il fiore.- esclamò, prendendola per mano. - Intanto, potresti raccontarmi se tutte le storie che ho sentito sulle ninfe sono vere. Parlate veramente con gli alberi?-

 

* * *

 

Elise si svegliò dal suo sonnellino giust’appunto per il pranzo, che fu il più veloce di tutta la sua vita. Cioè: non che uno yogurt e un paio di pomodori conditi si potessero considerare un pranzo, ma sfortunatamente aveva solo quello a casa. Doveva anche andare a fare la spesa, se non voleva morire di fame.

Scosse la testa e si diresse in camera, decisa a scegliere il vestito più bello che aveva per fare una più bella figura con Rumpelstiltskin e, magari, convincerlo a perdonarla; ma sapeva che sarebbe dovuta essere piuttosto brava con le parole: Rumpel non era una persona che si fidava facilmente, soprattutto dopo quello che credeva pensasse di lui.

Scosse la testa e decise che non ci avrebbe pensato finché non si fosse ritrovata davanti a lui.

Prese la borsa e la giacca e uscì, con il cuore che batteva a mille. Durante la strada si immaginò una decina di versioni dell’incontro, una più romantica dell’altra e arrivò in prossimità del negozio di pegni che era rossa come un pomodoro, sebbene non fosse ancora successo nulla.

Si fermò giusto il tempo di ritornare ad una colorazione normale e poi fece per entrare. Per fortuna di fermò prima di aprire la porta e far suonare la campanella perché, alzato lo sguardo verso l’interno del negozio, vide una scena che la fece fermare di botto, con la mano ancora sulla maniglia: Rumpelstiltskin parlava con una ragazza che Elise aveva visto solo un paio di volte, Isabella French, la figlia del fioraio che lavorava al Game of Thorns. Sembravano nel bel mezzo di una conversazione piuttosto piacevole, anche se parlava quasi solamente la ragazza. Ad un certo punto, lei gli disse qualcosa che Elise non riuscì a capire, ma che probabilmente fece molto piacere all’uomo, perché le sorrise e, passandole le braccia sui fianchi, la stinse a sé.

Elise tirò indietro la mano dalla porta come se si fosse scottata, si girò e scappò via, correndo più forte che poteva con addosso le ballerine.

Era come rivivere una scena già vista: Rumpelstiltskin che la feriva e lei che scappava via, con il cuore a pezzi.

Erano solamente cambiati i mezzi.

Come per istinto si diresse verso il bosco, dove vagò per ore come una disperata. Non riusciva a pensare a nulla se non al suo folletto che abbracciava un’altra donna, e non aveva idea di che cosa avessero fatto quando lei se ne era andata.

Lei aveva creduto veramente che tutto si sarebbe potuto sistemare. Quando aveva deciso di andare al negozio era convinta che, grazie ai suoi ricordi e alla loro forza, sarebbe riuscita a sistemare tutto, in un modo o nell’altro. Aveva creduto -sperato- che Rumpelstiltskin l’avesse cacciata perché sopraffatto dal dolore e che poi non fosse più riuscito a trovarla a causa della protezione che la foresta assicurava alla sua specie; mai aveva pensato che si fosse innamorato di un’altra donna e, soprattutto, che questa donna l’avesse capito e conosciuto come aveva fatto lei mentre vivevano insieme.

Quando iniziò a fare buio, gli alberi presero a guidarla gentilmente verso il centro abitato: loro sapevano sempre cos’era giusto per lei.

Elise si ritrovò in strada, i lampioni già accesi, e si diresse alla tavola calda. Aveva bisogno che qualcuno le dicesse che andava tutto bene, che non sarebbe rimasta schiacciata sotto a tutta quella delusione e quel dolore.

Arrivò davanti al locale, ma vide che era inevitabilmente chiuso. Stava per sedersi sulle scale davanti alla porta, sconfitta, quando Ruby si avvicinò al vetro e la salutò con la mano. Probabilmente stava facendo pulizie.

Le aprì immediatamente e la tirò dentro. Non appena vide la sua faccia, le rivolse uno sguardo preoccupatissimo. -Che hai, Elle? E’ successo qualcosa?-

Lei annuì e abbassò la testa. Si era appena ricordata come si facesse a piangere.

-Elise, ehi, ehi… vieni, siediti.- le sussurrò, accompagnandola al bancone e facendola sedere su uno degli alti sgabelli.

-Lui…- sussurrò Elise, quasi soffocata dalle sue stesse lacrime.

Red alzò gli occhi al cielo e picchiò un pugno sul bancone. -Che ha fatto, sta volta?-

-Sono… sono andata al negozio per domandargli scusa. Quando sono arrivata… c’era Isabella French, quella del negozio di fiori. Stavano parlando e… ad un tratto lui l’ha abbracciata…- Elise scoppiò di nuovo a piangere. -Io credevo che… la rosa…-

Red le posò una mano sul braccio.

-Credevo di piacergli almeno un poco, Red! Credevo che la rosa che mi regalato durante la maledizione significasse qualcosa, anche se non ricordavamo la nostra vera identità.- Elise alzò lo sguardo sull’amica. -Lo amo così tanto, Red…-

Lei fece un sorriso dolce. -Lo so. E so anche che lui tiene parecchio a te.-

Elise scosse la testa, abbattuta.

-No, non è vero, Red. Non...- scosse la testa nuovamente.

La sua amica rimase zitta qualche secondo.

-Sai cosa ti dico?- esclamò ad un tratto. -Ci serve qualcosa per tirarci su il morale. E cosa c’è di meglio se non un bel drink?-

Elise annuì e si asciugò le lacrime. Non aveva mai bevuto in vita sua, ma non c’era momento migliore per cominciare.

-Cosa devo fare, Red? Non sono per nulla pratica di queste cose…-

Red ci pensò un attimo, mentre sorseggiava il suo scotch. Poi sorrise.

-Devi renderti desiderabile, in qualche modo.-

La ragazza spalancò gli occhi, scioccata. -Cosa?-

Red posò il mento sulla mano e guardò l’amica ghignando. -Certo. E’ un uomo e, da che mondo è mondo, gli uomini hanno bisogno di essere conquistati. E se poi, come credo sia il tuo caso, si è già avvantaggiati in partenza… bisogna far capire a questi tali che non possono fare a meno di noi.-

Elise rimase basita e arrossì di botto: non aveva mai e poi mai considerato l’alternativa di Red, ne in questa ne nell’altra vita.

Guardò la cameriera che, persa nelle sue elucubrazioni, si limitava a rigirarsi il bicchiere tra le dita. Elise temeva l’idea che, di lì a poco, sarebbe uscita da quella sua testina.

-Dovrai farlo ingelosire!- esclamò ad un tratto, facendo andare lo scotch di traverso ad Elise.

-Stai scherzando, vero? E come dovrei fare?-

Red scosse le spalle. -Ci sono tante maniere; se fossi in te, mi troverei un ragazzo con cui farmi vedere in giro, magari in atteggiamenti un po’…- e qui si bloccò, vedendo il viso stravolto di Elise. -Ma potresti ovviare con quel tuo amico. Com’è che si chiama?-

-Flynn?- sussurrò l’altra, stringendo la presa sul bicchiere.

-Ecco. Flynn. Fatti vedere davanti al suo negozio o alla sua casa con lui, fallo ingelosire. Vedrai che sarà lui a venire da te.-

-Non sarebbe meglio cercare di parlargli e domandargli scusa?-

L’amica roteò gli occhi. -Quello verrà dopo.- disse, con aria di sufficienza.

Elise fece spallucce, non del tutto convinta. Accidenti, proprio non era da lei ideare piani così contorti e, a suo parere, subdoli. Ma conosceva Red da così tanto tempo che sapeva di non poter più sorprendersi della sua mente contorta e soprattutto della malizia che metteva sempre in situazioni come quella.

-Senti, Elise: tu sai che io odio quell’uomo e, ora che so chi è in realtà, lo odio ancora di più e non concepisco nemmeno l’idea di come tu ti sia potuta innamorare di lui. Però, come ti ho detto tempo fa, mi fido di te e del tuo giudizio e questo non è cambiato da quando il sortilegio è stato spezzato. E, tra l’altro, odio ancora di più vederti così, per cui, se lui è l’unico a renderti felice, ti aiuterò. E’ questo che fanno le amiche, no?-

Elise si gettò verso l’amica e l’abbracciò forte. -Grazie Red. Grazie di cuore.-

-E’ tutto ok. Non sarai più sola, Elise. Te lo prometto.-

Lei annuì e strinse l’amica più forte.

-Dai, ti accompagno a casa.- disse dopo qualche minuto, mettendo i bicchieri vuoti sul lavello.

-Sai, Red, mi è venuto un mal di testa terribile. Ho tanta voglia di andare a letto.-

Red ridacchiò. -Credo che avremmo dovuto iniziare con qualcosa di più leggero!-

Elise fece spallucce, gli occhi pesanti e ancora gonfi dal pianto.

Se non altro, grazie al drink, quella notte Elise dormì profondamente.



Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Salve gente!!! Allora, prima che mi dimentichi: visto che, a quanto pare, il sabato è un pochino complicato aggiornare, spostiamo l'aggiornamento a “un momento nel week end”, così posso giostrarmi meglio. Capitemi: il sabato pomeriggio è l'unico momento della settimana in cui posso uscire.

Comunque: che dite del capitolo? E' stato svelato come Red ed Elise si sono conosciute. E che ne pensate della piega che hanno preso gli avvenimenti con Rumpel?

Ditemi cosa ne pensate!

Un bacione,

°°Sami°°


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Capitolo 10
*** Angry. ***


DREAM OF MY DREAMS



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9. Angry.


-Elise! Cosa ci fa qui? Non dovevi tornare a casa?-

Elise si fermò di botto e si girò verso la voce che aveva interrotto la sua corsa disperata.

Flynn la guardava con un sorriso, che sparì immediatamente quando vide il suo volto rigato di lacrime.

-Cosa ti è successo?-

Lei singhiozzò e cercò di asciugarsi le lacrime con il palmo della mano. -Mi ha mandata via.- sussurrò, troppo piano perché Flynn la sentisse.

Lui si avvicinò e le chiese di ripetere. -Rumpelstiltskin mi ha mandata via!- esclamò, prima di gettarsi sul ragazzo e farsi abbracciare.

Flynn rimase a cullarla dolcemente per ore, finché il suo pianto non si calmò e il suo corpo non smise di tremare.

Poi la prese per mano e la guidò nuovamente alla radura, dove le altre sue simili la accolsero con grida di gioia e la riempirono di corone di fiori dalla dolce fragranza.

Elise rimase inebetita per qualche minuto, chiedendosi da dove venisse tutta quell’allegria e felicità.

-Ti hanno riconosciuta come loro sorella.- le sussurrò all’orecchio Flynn, conducendola lentamente in mezzo a tutta quella folla di ninfe e elfi che la salutavano.

Elise sorrise leggermente davanti a tutto quel giubilo, anche se il suo desiderio era andarsene più lontano possibile da lì.


* * *


Elise stava passeggiando pigramente per la cittadina di Storybrooke. Era contenta di rivedere, finalmente dopo tre giorni, le insegne dei negozi luminose e le serrande alzate. Proprio quella mattina, Charming o, meglio, David aveva detto che la vita sarebbe dovuta continuare come prima della rottura del sortilegio e che sarebbe stato lui a vegliare su di loro. Lei non aveva assistito al discorso ma l’aveva sentito da Henry, che era corso a dirglielo quella mattina dopo scuola, ed era rimasta piacevolmente sorpresa: non credeva che quell’uomo sarebbe stato capace di placare una cittadina intera.

In ogni caso, quel pomeriggio aveva dovuto rincominciare ad occuparsi di Chris -il quale non aveva esitato a svelarle di chiamarsi Pollicino- e l’aveva riportato a casa pochi minuti prima.

Aveva voglia di stare un po’ sola, per pensare a quello che le aveva detto Red qualche giorno prima, ma Flynn la fermò in prossimità del supermercato.

-Elise! Pensavo mi avresti chiamato!-

Lei si schiaffò una mano sulla fronte. -Accidenti Flynn: mi sono proprio dimenticata!-

-Non importa. Mi ero semplicemente preoccupato.- le rispose, alzando le spalle.

Elise fece un sospiro di sollievo, contenta che l’amico non si fosse arrabbiato con lei. Dopotutto, aveva talmente tante cose a cui pensare e doveva pur rimettere la sua vita di nuovo in carreggiata in qualche modo. E sicuramente tutte quelle novità non aiutavano.

Passeggiarono qualche minuto in silenzio, godendosi solamente la brezza serale e il rumore delle auto che passavano loro a fianco.

-E’ molto bello qui, vero?- disse sovrappensiero.

Si rimproverò immediatamente per quelle parole: sapeva bene quanto Flynn si rabbuiasse a quei discorsi e in che modo asfissiante iniziasse a parlarle della diversità che c’era tra loro e gli umani.

Come previsto, l’elfo si girò e la guardò con un sopracciglio alzato. –L’Enchanted Forest era la nostra casa. Io mi sentivo decisamente molto più a mio agio lì.-

Elise si irritò leggermente: capiva che, ormai, Flynn la considerava una sua pari a tutti gli effetti, ma lei sentiva di non appartenere a quel posto. Lei apparteneva ad una casetta in cima a una collina in mezzo al bosco, ad un bambino che giocava con le spade di legno e a un folletto che faceva magie. Ma Flynn non aveva mai voluto accettarlo, e lei non aveva mai insistito: credeva che non avrebbe mai potuto rimediare e pensarci le aveva sempre causato troppo dolore.

-Ti ho intristita, Elise, mi dispiace.-

Lei fece spallucce e gli sorrise mesta. Di certo non poteva dirgli quale fosse il motivo reale della sua infelicità. Però poteva fare in modo che non fosse infelice anche lui.

-Ti ricordi quando passavamo ore ed ore a rincorrerci, Flynn?- lui annuì. -Ecco, allora chiudi gli occhi. Immagina che la natura ci circondi, immagina di sentire il vento tra i capelli, le fronde degli alberi che si muovono lentamente e… adesso prova a prendermi!- esclamò, prima di scattare verso il Granny’s a tutta velocità.

Sentì chiaramente che Flynn le era a pochi centimetri per tutto il percorso, ma lei riusciva sempre a evitare la sua mano, come ai vecchi tempi.

Arrivarono al Granny’s con il fiatone. Elise fece le scale a due a due, spalancò la porta e la richiuse con forza prima che Flynn riuscisse a passare.

-Elise?-

Lei fece un cenno con la mano a Ruby e si diresse verso di lei, ansimando.

-Ma che… cosa state combinando?- esclamò quella, con in mano un vassoio, spostando lo sguardo da lei a Flynn, entrato a sua volta, che si stava massaggiando il naso.

Elise fece spallucce. -Nulla di che. Era una specie di… gara.- concluse, facendo un gran sorriso e sedendosi su uno sgabello vicino al bancone, iniziando a far dondolare le gambe come i bambini.

-Alla faccia della gara! Mi hai rotto il naso!- esclamò il ragazzo, guardando l’amica con un’espressione offesa.

Elise congiunse le mani, divertita. -Scuuuusa! Non l’ho fatto apposta: è stato un tragico incidente…- disse, con un po’ troppa enfasi.

-Ehi! Non sono mica morto!-

Lei ridacchiò. -Eh, no. Purtroppo.- aggiunse a bassa voce.

-Scusa?-

-Niente, niente. Muta come una tomba! Ooops!-

Ruby continuava a guardarli scioccata e anche un altro paio di clienti si erano girati ad assistere a quell’insolito teatrino.

-Voi siete una banda di matti. Io mi taglio fuori.- esclamò la cameriera, andando verso un tavolo con le sue ordinazioni.

-Secondo te siamo veramente matti?- sussurrò Elise, avvicinandosi all’amico, che alzò le spalle.

-Vado in bagno a controllarmi il naso. Non vorrei che fosse veramente rotto.-

Lei roteò gli occhi e aspettò il ritorno di Ruby, la quale, al contrario delle sue aspettative, le rivolse un sorriso soddisfatto.

-Proprio questo intendevo!-

-Scusa?-

Ruby alzò un sopracciglio. -L’altra sera, quando abbiamo parlato di quella cosa: ti ricordi cosa ti ho detto?-

-Si, certo. Ma cosa c’entra?-

Ruby le fece un cenno con la testa verso uno dei tavoli. Elise girò la testa e si sentì morire: Rumpelstiltskin e Isabella erano seduti l’una di fronte all’altro e chiacchieravano sottovoce.

-Non… non me ero accorta.- sussurrò, distogliendo in fretta lo sguardo.

-Comunque, vi hanno fissati per tutto il tempo.-

-Come la maggior parte delle persone qui dentro.-

-Loro con particolare interesse!-

Elise fece cadere la conversazione, sospirando. Aveva una sfortuna sfacciata: tra tutti i momenti che poteva scegliere per andare dalla sua amica, doveva capitare proprio quando quei due stavano tubando come delle cocorite.

-E’ a posto.- asserì Flynn, sedendosi a fianco a lei.

-Bene.-

Lui la guardò stranito. -Va tutto bene?-

-Scoppio di gioia.- gli rispose, con una smorfia.

-Wow, ragazzi. Occhio, che con tutta quest’allegria mi contagi!-

-Elise?-

-Mmm?-

Flynn sospirò. -D’accordo, lasciamo perdere.-

Elise annuì, segretamente soddisfatta, e si rivolse a Ruby. -Mi daresti uno di quei cosi dell’altra sera?-

Lei tirò fuori la bottiglia di scotch e glielo versò sul bicchiere.

-Ci siamo affezionate ai drink serali, eh?- le disse, strizzandole l’occhio e facendola ridacchiare.

-Da quando bevi?- le chiese Flynn scioccato, osservandola portarsi alle labbra il bicchiere.

-Da quando l’ho scoperto.-

-Da tre giorni fa.- intervenne l’amica, sospirando. -E’ depressa.-

-Ruby!-

Lei alzò le spalle. -Ho detto la verità.-

Elise sbuffò e finì il drink in un sorso, trattenendosi dallo scoppiare a tossire. Sperava di fare un’altra dormita profonda, quella notte.

-Me ne daresti un altro?-

Ruby la guardò stranita. -Vuoi ubriacarti, per caso?-

Lei fece spallucce, senza rispondere e bevve in un sorso il liquido nel bicchiere.

-Non te ne do un altro!-

-Non importa. L’importante è che facciano effetto questi.- disse, guardando leggermente divertita la faccia schifata di Flynn. -Sono cresciuta tra gli umani, ricordi?-

Lui cambiò subito espressione. -Fosse solo quello.-

-Ti prego, Flynn. Non rincominciamo, va bene?-

Flynn sbuffò, ma la accontentò.

Rimasero zitti qualche minuto e Elise cercò, con la coda dell’occhio, di capire di cosa stessero parlando quei due. Santo cielo, cosa dovevano dirsi? Altro che ventotto anni, sembrava avessero da raccontarsi almeno un secolo.

Ok, Elise: sei terribilmente gelosa, pensò, sospirando avvilita.

In ogni caso, credeva di avere decisamente più argomenti di cui parlare con lui: dopotutto, era lei che conosceva Baelfire, lei che aveva giocato con lui, lei che c’era la notte in cui era scomparso.

Ed era lei che era mezza ubriaca e che faceva pensieri terribili.

Sospirò di nuovo e si passò una mano sul viso.

-Me ne vado a casa. Non è proprio serata.- disse, saltando giù dallo sgabello di legno e mettendo i soldi sul bancone. Ruby le sorrise, sapendo bene che, non appena avesse messo piede a casa, le avrebbe telefonato.

Fece per avviarsi verso la porta, quando uno sgabello di legno quasi dotato di vita propria le si parò davanti.

-Non mi aspetti, dearie?- chiese Flynn, ironico.

A Elise vennero i nervi; prese lo sgabello tra le mani e lo poggiò davanti al suo amico con forza, guardandolo con l'espressione più arrabbiata di cui era capace.

-No, non ti aspetto, Flynn. E non mi chiamare mai più in quel modo.- gli sussurrò, prima di girare i tacchi e uscire dal locale come una furia, ignorando il saluto allegro di Isabella.

-Red, ti prego: non darle più da bere! La fa diventare un fascio di nervi!- fu l'ultima cosa che sentì dire dall’elfo prima di chiudersi la porta alle spalle.

Si sentiva così arrabbiata! Non riusciva a scacciare quella nebbia dalla mente che non la faceva pensare lucidamente. Riusciva solo a rivedersi davanti agli occhi Isabella che chiacchierava pacificamente con Rumpelstiltskin, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Beh, anche per loro due lo era stata, prima che lui le desse dell'approfittatrice bugiarda e che le rammentasse, nuovamente, l’enorme distanza che doveva esserci tra loro.

Dannazione, l’unica cosa che voleva era fare pace, ma a quanto pare c’erano forze maggiori che lo impedivano. E tali forze avevano un nome: Isabella French, che, tra l’altro, non sopportava. No, era una bugia: non la sopportava quando stava vicina all’uomo che amava, quando gli sorrideva, quando parlava con lui, ma credeva fosse anche abbastanza normale. E Isabella non era una cattiva ragazza.

Tuttavia, non aveva idea di come comportarsi: non credeva di avere il coraggio di rimettersi in gioco di nuovo, lasciando che le spezzasse nuovamente il cuore. Non sapeva se sarebbe riuscita a raccoglierne nuovamente i pezzi.

Sospirò e mise le mani in tasca. Da una parte, sperava che fosse Rumpelstiltskin a farsi avanti, per quella volta, ma l’altra le diceva chiaro e tondo che era impossibile che una cosa del genere accadesse. Dopotutto, il suo orgoglio era un dato di fatto.

Ma ciò non toglieva che vederlo così felice in compagnia di un’altra donna le facesse male da morire.


Il sabato successivo, Elise aveva aperto il negozio con meno voglia del solito; da quando il sortilegio era stato spezzato, si era resa conto di quanto le pesasse quella routine quotidiana e aveva solamente voglia di uscire dagli schemi.

Per cui, per ovviare, quella mattina aveva deciso di accendere la radio e fare le pulizie a ritmo di musica: dopotutto, sicuramente la gente avrebbe avuto di meglio da fare che entrare in un’erboristeria.

Quella teoria rimase in voga fino a tarda mattinata quando, a sorpresa, il campanello trillò. Elise alzò la testa sorpresa, chiedendosi chi potesse essere a quell’ora, dato che le sue clienti abituali passavano la mattina presto. Spalancò terribilmente gli occhi quando vide che si trattava di Isabella, la quale aveva iniziato immediatamente a guardarsi intorno curiosa. Come se non avesse mai visto un’erboristeria tra l’altro.

E lei che cosa ci fa qui?



Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Salve a tutti! Chiedo immensamente scusa per le due settimane di immenso ritardo. So che è estremamente odioso: io sono la prima a irritarmi quando qualcuno non rispetta i tempi, ma purtroppo il mio computer è partito per la tangente e, anche adesso che è tornato dalla riparazione, faccio fatica a collegarmi a internet.

Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso e che abbia, almeno in minima parte, compensato il ritardo.

Allora, che ne pensate delle nuove puntate di Once? ** Io amo questa serie, non c’è niente da aggiungere **

Vi mando un bacione grande come una casa e ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono: vi amo!

°°Sami°°

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Capitolo 11
*** Ties. ***


DREAM OF MY DREAMS





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10. Ties.

Elise non aveva mai saputo di avere una sorella, fino a che non aveva iniziato a viaggiare con Flynn, il quale voleva mostrarle le meraviglie del loro mondo.

Christal era bella e delicata, come il suo nome; aveva i capelli rosso fuoco -così simili ai suoi- e gli occhi di un profondo azzurro. Ma Elise la vedeva mille volte più eterea di lei.

Il giorno in cui la conobbe stava visitando con Flynn un altro raduno di ninfe; era passato un po’ di tempo da quando aveva lasciato Rumpelstiltskin e aveva imparato a nascondere bene il dolore, per quanto la tormentasse, giorno e notte.

Christal l’aveva riconosciuta subito; Elise non seppe mai come, ma sentiva che tra loro c’era un legame di sangue.

Ma la sorella era tanto bella quanto cosciente della propria bellezza. Sin da subito, aveva iniziato a criticare Elise, parlando con disgusto degli umani e descrivendo con aggettivi sin troppo esagerati la superiorità della loro razza, la bellezza della loro magia e l’armonia delle loro danze e delle loro canzoni. Per quel poco tempo in cui lei e Flynn erano stati in quella radura, Elise aveva capito che non aveva nulla da spartire con quella ninfa, ancora meno che con Flynn o qualsiasi altro componente della sua razza.

Tuttavia, aveva ben presto scoperto che il legame che intercorreva tra di loro era considerato sacro e lei non voleva di certo essere colei che avrebbe interrotto quella tradizione millenaria, per cui cercò sempre di non dare a vedere quanto la sua compagnia la mettesse a disagio e, a volte, le desse fastidio.

In ogni caso, quando lei e Flynn se ne andarono, Elise non chiese mai di poter avere un secondo incontro con la sorella appena conosciuta, ma ancora sconosciuta.

E Flynn non insistette mai.

 

* * *

 

Elise guardò curiosa la ragazza che stava in piedi senza fare nulla, chiedendosi per quale motivo fosse andata nel suo negozio. Sicuramente non si trattava di una coincidenza.

-Posso aiutarti?- disse, guardandola con un sopracciglio alzato.

-Oh. Oh, a dire il vero… si, grazie.- sussurrò, sorridendo mesta.

L’espressione stupefatta di Elise si accentuò ancora di più. -Dunque?-

-Io vorrei… uhm… dell’incenso.-

Elise indicò con un cenno della mano uno scaffale poco distante dal bancone, dove svettavano chiaramente parecchi bastoncini di incenso, dalle diverse fragranze.

Isabella, prima di dirigersi lì, si avvicinò a lei e le tese la mano.

-Ad ogni modo, sono Belle.- disse, rendendola finalmente partecipe della sua vera identità. Elise fece per un attimo mente locale, ma non le venne in mente nessuno che potesse avere quel nome, nella Fairytale Land. Alzò le spalle.

-Elise.- le rispose titubante, stringendole a sua volta la mano.

Belle le sorrise, poi si avvicinò allo scaffale ed iniziò a guardare distrattamente i bastoncini di incenso.

-Allora… Rumpel mi ha detto che vi conoscevate, nella Fairytale Land.- buttò lì, quasi senza un motivo.

Ahah! Allora era di questo che volevi parlare!, pensò, notando con disappunto il nomignolo con cui l’aveva chiamato.

-Già. Poi ci siamo persi di vista.- rispose. Di certo non si sarebbe messa a parlare dei suoi problemi con una perfetta sconosciuta, per quanto dolce e sincera potesse sembrarle.

Mah, probabilmente la gelosia non era una prerogativa dell’alcool.

-Mi dispiace.-

-Cose che capitano.- cercò di buttare lì Elise, sperando che la conversazione fosse finita.

-Ma a te dispiace?- le domandò Belle, decisa a non lasciare cadere la conversazione, prima di arrivare al punto.

Testarda, la ragazza…

Lei aggrottò le sopracciglia. -Beh… si.- rispose, non capendo dove volesse andare a parare quella ragazza così loquace. Anche troppo.

-Sai…- iniziò, passando le dita tra l’incenso profumato -Rumpelstiltskin ed io ci siamo conosciuti attraverso un accordo: lui promise di salvare il mio popolo ed io, in cambio, sarei diventata la sua cameriera. Poi mi sono innamorata di lui.- disse cristallina, alzando lo sguardo su di lei. Elise strinse i pugni e distolse gli occhi da quelli di lei: aveva terrore che potesse leggerle i sentimenti solo guardandola.

-Un giorno l’ho baciato. Credevo di poter spezzare la sua maledizione grazie al bacio del Vero Amore, ma non ha funzionato.- fece una pausa -Lui non mi ama, Elise. Non è mai stato innamorato di me, ed io sono sicura che ci sia qualche altra ragazza che possiede il suo cuore. Ma non mi da fastidio, perché so che mi vuole bene e tanto mi basta.- concluse, alzando le spalle e appoggiando sul bancone una stecca di incenso al profumo di vaniglia.

Ad Elise mancò un battito.

-Perché mi dici questo, Belle?- le domandò, avvolgendo il bastoncino in una carta rigida affinché non si spezzasse.

-Perché volevo che lo sapessi. Grazie della chiacchierata Elise, ci vediamo!- esclamò, prima di salutarla con la mano e uscire dal negozio, come se niente fosse.

Elise si ritrovò a guardarla andare via con un sorriso enorme. Ci mancava poco che si mettesse a ballare intorno al bancone del negozio, cantando a squarciagola come una psicopatica.

Era elettrizzata al massimo e felice come non mai e proprio non ce la fece a non chiamare Red.

-Ruby! Oddio, non ci crederai mai…-

-Cosa è successo?-

-E’ appena passata in negozio Belle… cioè, Isabella French. Mi ha raccontato di Rumpelstiltskin!-

-Vai avanti, forza, prima che mia nonna inizi a chiamarmi.-

-Ha detto che nella Fairytale Land lei era la sua cameriera e si è innamorata di lui; l’ha baciato per spezzare la sua maledizione, ma non ha funzionato! Capisci cosa vuol dire, Red?!?- Elise prese un profondo respiro, riempiendosi, finalmente, i polmoni d’aria.

-Che non era un bacio del Vero Amore…-

-Esattamente!!!- esclamò l’altra, mettendosi a saltellare in giro per il negozio, questa volta senza alcun tipo di freno. Dopotutto, se Red era giunta alle sue stesse conclusioni voleva dire che dovevano essere vere.

Elise non la poteva vedere, ma era sicura che, dall’altra parte dell’apparecchio, l’amica avesse sorriso.

-Te l’avevo detto, testona di una ninfa, ero… si nonnina! Vado subito! … ero sicurissima che il vostro legame non potesse essere spezzato in questa maniera irragionevole! Dopotutto, se veramente il vostro è Vero Amore, ha superato i secoli e il tempo, facendovi rincontrare in un’altra vita, cosicché possiate avere una seconda possibilità e coronare il vostro sogno, vivendo così per sempre felici e contenti!-

Elise rimase allibita per qualche secondo, prima di scoppiare a ridere argentina. -Non conoscevo questo tuo lato estremamente romantico, Red!-

-Tsk! Non mi prendere in giro, adesso!- rispose l’altra seccata, schioccando la lingua.

-Non ti sto prendendo in giro, Red! Hai detto cose bellissime!- le rispose Elise, sorridendo in pace con il mondo. -E questo pomeriggio, quando avrò riportato a casa Chris, voglio andargli a parlare e esigo chiarire questa situazione, una volta per tutte!-

-Brava così, Elise! Fagli vedere chi sei! Si, nonnina! Devo andare, ma questa sera discutiamo meglio di tutto. Anzi, domani: immagino che stasera tu abbia qualcos’altro da fare.-

-Red!- esclamò lei, rossa come un peperone per l’allusione che aveva fatto.

Red ridacchiò. -Divertiti!- le disse, prima di chiudere la conversazione.

Elise sorrise infilando il cellulare nella tasca dei jeans, con la felicità che raggiungeva le stelle.

Fece un paio di respiri profondi, cercando di immagazzinare tutte le informazioni che aveva ricevuto nel giro di un quarto d’ora, che, tra l’altro, le sembravano troppo belle per essere vere.

Era estremamente convinta che Rumpelstiltskin fosse innamorato di quella ragazza, ma aveva preso un granchio enorme e, in quel momento, sperava con tutta sé stessa che la ragazza che possedeva il cuore di Rumpel -come aveva detto poco prima Belle- fosse lei.

-Vedo che continui a relazionarti con gli umani.-

Elise, al suono di quella voce, si girò di scatto verso la porta.

-Christal.-

-Ciao, sorella. E’ da un po’ che non ci vediamo, vero?- le domandò, retorica, entrando nel negozio e guardandola con sufficienza.

-Parecchi decenni, in effetti.- rispose Elise, sentendosi immediatamente in soggezione davanti a quella figura. Anche stando solo in piedi, ferma, Christal dimostrava una sicurezza e una spavalderia che Elise si poteva solo sognare.

-Direi che è il caso di recuperare il tempo perduto, non credi?- disse, muovendo la mano perfetta per aria. Elise vide che aveva addirittura le unghie perfettamente laccate.

-Usciamo. Andiamo a fare un giro nel bosco.-

Elise si ritrovò a seguirla, un poco sorpresa da quel tono imperioso che aveva utilizzato per chiederle -o meglio, ordinarle- di seguirla.

Christal prese a camminare verso il bosco tanto velocemente che Elise, pur di starle dietro, lasciò il negozio aperto. Beh, cosa avrebbero potuto rubarle, se non qualche dollaro dalla cassa?

Durante la camminata -perché di passeggiata proprio non si poteva parlare- la ragazza notò che la sorella sembrava irrequieta, nervosa, quasi impacciata nel suo stesso corpo, ed era una situazione parecchio strana per Christal, di solito così audace.

La portò nel bosco, ma, al contrario di come aveva creduto Elise, non si limitò a superare le prima file di alberi secolari: camminò finché non arrivarono nel folto della foresta, dove la luce arrivava a fatica e le circondava un silenzio di tomba.

Alla ragazza vennero i brividi: sembrava che la natura si fosse messa in ascolto e perfino gli uccellini avevano smesso di cantare. Sempre che ce ne fossero mai stati, in quel posto. Ora che ci pensava, in effetti, non si era mai spinta così in là, all’interno del bosco di Storybrooke e, anche se avesse voluto farlo, gli alberi l’avrebbero sempre riportata indietro, in un modo o nell’altro.

Scosse la testa e si impose di tranquillizzarsi: dopotutto si trattava sempre di sua sorella.

La suddetta, si fermò proprio in prossimità di un precipizio; non era un burrone di per sé, ma Elise era sicura che se qualcuno, malauguratamente, fosse caduto, si sarebbe fatto parecchio male. Sempre se non si fosse rotto l’osso del collo, ovviamente.

-Christal? Per quale motivo mi hai portata qui per parlare?- chiese, cercando di soffocare l’angoscia.

-Non credo di averti mai raccontato la storia della nostra famiglia, Elise.- le rispose lei, ignorando la sua domanda, con gli occhi puntati lontano, verso un altro tempo.

-Io e te siamo sorelle solo da parte di padre.- cominciò, sempre evitando di guardarla. -Per ironia della sorte, entrambe abbiamo preso le sue caratteristiche e, come puoi ben vedere, ci assomigliamo parecchio. Nostro padre era il compagno di mia madre, prima di conoscere la tua, di cui si innamorò perdutamente.-

Elise ascoltò con il fiato sospeso, sorpresa da quelle rivelazioni.

-Suppongo che tu conosca tutta la storia, secondo la quale non si può sfuggire al Vero Amore. Beh, tua madre e mio padre si frequentarono per un po’ di tempo all’insaputa di tutti, finché tua madre non rimase incinta di te.- a quel punto, Christal alzò gli occhi carichi di odio e rancore verso la sorella -Lui abbandonò mia madre, che si fece morire, piuttosto che vivere senza l’amore della sua vita, senza il padre di sua figlia. Mi abbandonò, perché troppo sopraffatta dal dolore. E tutto per colpa di quella puttana di tua madre, che si è divertita a rovinare la nostra famiglia.- fece una pausa, mentre nelle sue labbra si delineava il sorriso più pazzo che Elise avesse mai visto. -Ma mi sono vendicata: quando sei nata, ti ho presa dalla culla e ti ho abbandonata al primo villaggio di umani che ho trovato. A mio padre ho detto che eri misteriosamente sparita, e che nessuno era riuscito a trovarti.-

Elise era pietrificata. Quella donna covava così tanto rancore dentro di sé, che lei stentava a crederci. Però cominciava a capire perché l’avesse portata in quel posto, così lontano da qualsiasi altra forma di vita che non fosse la foresta.

-Perché… perché la prima volta che mi hai vista non mi hai raccontato tutto questo?-

-Perché credevo che ormai non avesse più nessuna importanza. Ma, durante questi anni, ho potuto confutare la mia tesi: vivere in mezzo agli umani è dannoso, rovina per sempre l’animo di una ninfa. Lo corrompe con sentimenti sporchi, e nessuno può farci nulla. Nemmeno io.- sussurrò, prima di avvicinarsi ad Elise, prenderla per il polso e, con un ennesimo ghigno, spingerla verso il precipizio.



Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Ehi ragazzi! Come avete passato questo fine settimana? Io chiusa in casa a studiare, sebbene, qui da me, il tempo non sia proprio dei peggiori. Ad ogni modo, questa settimana sono stata puntuale ;)

Che ne pensate del capitolo? Questo e il prossimo sono i miei preferiti, in assoluto: mi è piaciuto davvero molto scriverli.

Ringrazio, come sempre, chi ha inserito questa storia in una delle proprie liste, chi recensisce e chi legge solamente: siete voi che mi date la forza di continuare a scrivere, sempre!

Un bacione,

°°Sami°°

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Capitolo 12
*** Pain. ***


DREAM OF MY DREAMS



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11. Pain.

Elise cadde. Cadde per metri e metri, urlando a squarciagola e urtando tutte le rocce e le pietre che si trovavano nei paraggi. Si fermò dopo quelle che le parvero ore, ma non si azzardò a muoversi, prima di aver fatto un controllo mentale delle condizioni -probabilmente pietose- del suo corpo: la testa le faceva un male terribile ed era sicura che le uscisse sangue, dato che sentiva qualcosa di viscido e caldo colarle su una tempia; inoltre, le doleva un fianco e non credeva che sarebbe riuscita a muovere il braccio sinistro, probabilmente rotto. In ogni caso poteva andare peggio: sarebbe potuta morire e, dato che la morte era l’ultimo dei suoi desideri, cercò cautamente di alzarsi.

Sapeva che Christal la stava raggiungendo e sapeva anche che aveva pochi secondi per riuscire ad alzarsi in piedi e scappare via.

Contò fino a tre, strinse i denti e si mise in posizione eretta, tenendosi il braccio sinistro che, come previsto, era fratturato. Si girò verso il precipizio e, con una fitta di terrore, vide che la sorella era già a metà della discesa e si avvicinava a vista d’occhio.

Si girò dalla parte opposta e prese a correre. Ad ogni passo la testa le lanciava fitte tremende che le annebbiavano la vista, ma non poteva fermarsi, non poteva arrendersi: sarebbe stato come accettare la morte senza lottare.

Elise correva con disperazione, ignorando tutto il dolore che sentiva, ma Christal le era sempre più vicina. Poi inciampò e andò a finire contro un albero, non riuscendo a muoversi per parecchi secondi. Tempo che bastò all’altra per raggiungerla.

Lei alzò lo sguardo, strizzando gli occhi a causa del terribile dolore alla testa.

-Cosa… cosa vuoi fare?-

-Morirai di una morte lenta e dolorosa, come mia madre. E io starò qui a guardare.- le sussurrò la sorella, inginocchiandosi davanti a lei.

Poteva una persona essere così malvagia? Divertirsi a procurare dolore a una sua simile, a sua sorella?

-Christal, ascolta, io non c’entro con questa storia! Capisco il tuo dolore, ma…-

-TU NON PUOI CAPIRE!- esclamò lei, perdendo per la prima volta la calma.

Elise stava per ribattere, quando sentì un bruciore allucinante al fianco. -Cosa… cosa…?- sussurrò, portandosi la mano nel punto che le faceva male. La rialzò che era rossa di sangue.

Christal ghignò e le mostrò il coltello con cui l’aveva pugnalata. Ad Elise scesero le lacrime, sino ad allora trattenute e dovette chiudere gli occhi per l’ennesimo giramento di testa. In quel momento seppe che non sarebbe sopravissuta.

Sarebbe morta. Morta per la sua stupidità, senza aver mai detto a Rumpelstiltskin che lo amava più di ogni altra cosa e che amava allo stesso modo Baelfire, come se fosse stato suo figlio. Con tutto il tempo che aveva avuto, non gli aveva mai detto che il breve periodo passato con loro era stato il più bello e dolce della sua vita. Non gli aveva mai detto che lei riusciva a vedere chiaramente l’umanità che era rimasta in lui, che non era altro che l’amore verso il figlio perduto e la sua volontà di ritrovarlo.

Non gli aveva mai detto nulla di tutto questo, e non lo avrebbe fatto mai più.

-Rumpelstiltskin.- sussurrò, chiudendo gli occhi e abbandonando la testa sulla spalla. Se doveva morire, tanto valeva farlo con l’immagine dell’uomo che amava nella mente.

Sentì distrattamente Christal dire qualcosa, un tonfo davanti a lei e una voce preoccupata che la chiamava.

-Elise, Elise! Apri gli occhi, dannazione!-

Ma Elise non aveva voglia di aprire gli occhi. Voleva solo che il suo corpo smettesse di farle male e che la testa smettesse di girarle.

Tuttavia, la voce continuava a chiamarla ed Elise, stremata, cercò di aprire gli occhi solo per farla smettere. Quando riuscì a mettere a fuoco, credette di star sognando: il volto che si trovò davanti fu quello terribilmente preoccupato di Rumpelstiltskin, il quale la scuoteva leggermente, per farla rinsavire.

-Elise! Respira, Elise. Ci penserò io a farti stare meglio.- le sussurrò all’orecchio, prima di posarle un bacio sulla fronte.

-Rumpel…- sussurrò, cercando di dirgli tutto quello che avrebbe voluto che lui già sapesse.

-Shhh. Non sforzarti.- la zittì, iniziando a percorrerla con lo sguardo. Le passò una mano sul braccio, che smise immediatamente di farle male, poi fece altrettanto con la testa.

Elise sospirò di sollievo, riuscendo a mettere meglio a fuoco la figura dell’uomo. La sua fronte era aggrottata e concentrata per capire dove doveva guarirla; quando notò che lo stava fissando, le rivolse un sorriso che fece accelerare il cuore di Elise.

-Andrà tutto bene, Elise. Te lo prometto.-

Lei annuì, abbandonandosi totalmente fiduciosa tra le sue braccia.

Rumpelstiltskin accostò la sua mano al fianco, da dove sgorgava un enorme quantità di sangue. Lei sentì subito sollievo, e per un attimo pensò che lui fosse riuscita a guarirla; poi il dolore arrivò più forte e capì che la ferita si era riaperta dalla maledizione che Rumpel disse sottovoce. Riprovò a guarirla nuovamente, ma, come la prima volta, la ferita si riaprì praticamente subito.

Elise chiuse gli occhi, per evitare che le lacrime riprendessero a scendere.

-Miei dei. No…- sussurrò Rumpelstiltskin, provando nuovamente a guarirla, di nuovo senza risultati.

-E’ inutile… deve avere messo qualcosa sulla lama che impedisce la guarigione…- sussurrò Elise, arrivando a quella conclusione quasi di getto.

Lui borbottò un’altra maledizione. -Premi questo sulla ferita: ti porto in ospedale.- le disse, strappandole un lembo della maglietta e appoggiandoglielo sulla ferita.

La prese in braccio ed Elise, da dietro le palpebre semi-chiuse, vide una nebbiolina grigia avvolgerli, prima che al naso le arrivasse un intenso odore di ospedale.

Elise perse parzialmente contatto con la realtà. Seppe solo che qualcuno la stava togliendo dalle braccia di Rumpelstiltskin e che lei mugugnava, stringendo la sua camicia.

Riuscì a riaprire gli occhi solamente tempo dopo, e capì che si trovava in un lettino. Cercò tra le facce che le stavano attorno quella familiare di Rumpel, ma non la trovò.

-No!- esclamò, terrorizzata. -No! Dove… dove…-

Qualcuno le accarezzò i capelli e le sussurrò che andava tutto bene, che adesso era al sicuro.

Lei scosse la testa. -No… Rumpelstiltskin…-

-Non ti sfiorerà mai più…- sussurrò la voce, mettendole una mascherina sul naso.

Elise spalancò gli occhi terrorizzata, ma non riuscì a dire altro e cadde in un sonno profondo.

 

Il primo rumore che sentì quando riprese conoscenza, fu un fastidioso bip-bip-bip. Non era sicura di cosa fosse, ma immaginava provenisse dall’elettrocardiografo. Ed era tremendamente irritante.

Aprì gli occhi con fatica e ringraziò che la luce del sole non entrasse dalla finestra.

La prima cosa che pensò, fu che detestava l’odore degli ospedali; la seconda, che doveva esserle successo qualcosa di davvero grave se era necessario che le misurassero i battiti del cuore.

Fece un paio di respiri profondi e si guardò in giro: oltre alla macchina per misurare i battiti del cuore, al suo braccio era attaccata anche una flebo, dentro la quale scorreva un liquido rosso scuro e denso.

Le venne un capogiro e, come conseguenza, l’irritante bip-bip-bip accelerò: ricordava per quale motivo era finita in ospedale e sapeva perché le stavano facendo trasfusioni di sangue.

Fece un sospiro: non credeva che sarebbe sopravissuta così tanto -fino a notte in effetti: per quello la luce del sole non entrava dalle finestre-, ma a quanto pareva, quella volta la scienza aveva vinto la magia.

Fece in tempo a chiedersi, preoccupata, dove fosse Rumpelstiltskin e perché l’avesse lasciata sola, che la porta si spalancò.

-Oh mio dio, Elise!-

Flynn entrò come una furia, controllando la macchina frettolosamente e pigiando un paio di pulsanti.

-Cosa… cosa mi avete fatto?- disse lei con voce debole, cercando di attirare la sua attenzione e capendo che faceva fatica anche a parlare.

Flynn si girò verso di lei, il viso malinconico e rabbioso, e le accarezzò una guancia, delicatamente.

-Ti abbiamo messo dei punti alla ferita, ma non ne vuole sapere di iniziare a cicatrizzarsi: continui a sanguinare e abbiamo dovuto farti parecchi trasfusioni di sangue.-

La ragazza annuì. Dopotutto, se l’era immaginato.

-Cosa diavolo ti ha fatto, quel mostro?- le chiese lui, smettendo di accarezzarla e stringendo i pugni.

-Non è stato Rumpelstiltskin.- sussurrò lei, scuotendo la testa -Lui mi ha salvato la vita. E’ stata Chirstal a farmi questo.-

L’elfo trattenne il fiato e spalancò gli occhi, agghiacciato. -Non… non può essere. Lei non può avere fatto una cosa simile a te, a sua sorella.-

Lei alzò mollemente le spalle, cercando di rassicurarlo con un sorriso. -Siamo sorelle da parte di padre. E dice di essere diventata così stando in mezzo agli umani.-

Flynn si passò stancamente una mano sulla faccia e ad Elise si strinse il cuore, pensando a tutto quello che stava facendo patire a quel povero ragazzo.

-Forza.- le sussurrò, dolcemente. -Ti cambiò la fasciatura.-

Elise annuì e si tirò su la maglietta, lasciando scoperta una benda che, ormai, era completamente rossa. Girò la testa verso la finestra, strizzando gli occhi quando Flynn le faceva troppo male.

-Perché non si cicatrizza?- domandò lui, probabilmente più a sé stesso che ad Elise.

-Credo che abbia messo qualche… cosa nel coltello. Nemmeno Rumpel ci è riuscito con la magia.- gli disse, cercando di rassicurarlo, per quel poco che poteva fare.

-Non morirai, Elise.- le sussurrò, guardandola un tale dolore che Elise stette male per lui.

-Flynn… ti prego, non fare così. Sai bene che per me non c’è speranza, a meno che non scopriamo l’antidoto a quella pianta e, anche in quel caso, non ci sarebbe abbastanza tempo. Quanti giorni mi dai? Uno? Due? Non basteranno.-

-Troverò un modo! Qualsiasi modo, dannazione!- prese ad urlare lui -Anche a costo di chiedere scorte di sangue A positivo per tutto lo stato!-

-Non posso andare in giro con una sacca di sangue, Flynn. E non voglio passare il resto della mia vita qui.-

Lui si alzò di scatto. -Riposati. Troveremo il modo. A proposito: Red è passata un paio di ore fa e ha detto che tornerà domattina. Buonanotte.-

-Notte.-

Elise non aveva mai visto Flynn più arrabbiato e nervoso di così e le dispiaceva da morire pensare di lasciarlo, ma sapeva di non avere scelta. Lei non voleva andarsene, non quando aveva la possibilità di avere il suo lieto fine; ma non poteva farci proprio nulla.

Voleva solo dire a Rumpelstiltskin quello che provava, dirgli che lo amava.

Doveva assolutamente pregarlo di trovare Baelfire e dirgli che le dispiaceva averli lasciati soli, quel giorno.

Non voleva di certo morire piena di rimpianti.

Iniziarono a scenderle le lacrime. Non voleva morire e basta. Non era pronta per lasciare il mondo, per smettere di respirare, per smettere di vedere e sentire.

Fece un respiro tremolante e si impose di riposare un po’.


Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Buona domenica sera, gente! Come state? Qui tutto bene, anche se diluvia e ci sono di quei tuoni... O.O

Comunque, una cosa la devo dire: quanto bella è stata la puntata di domenica scorsa di Once? E aspetto con ansia quella di stanotte per vedere il nostro caro Rumpel... e voi?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero commenterete in tanti ;) Il prossimo capitolo sarà pieno di fluff e immagino che tutti abbiate capito tra chi ;)

Un bacione e alla settimana prossima ;)

PS. Non riesco a inserire l'immagine: non appena Tinypic torna a funzionare, modificherò il capitolo.

°°Sami°°

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Capitolo 13
*** Truly. ***


DREAM OF MY DREAMS





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12. Truly.

Elise si svegliò a causa di un brivido di freddo.

Aprì piano gli occhi e si rese conto, distrattamente, che era ancora notte. La luce della luna entrava delicata dalla finestra semichiusa e illuminava i pochi oggetti presenti nella stanza.

Però… le sembrava ci fosse qualcosa che non andava. Socchiuse gli occhi e, tra le ombre, riuscì a distinguere una figura seduta e voltata nella sua direzione.

Aprì la bocca per un paio di volte, ma non riuscì a parlare a causa della gola troppo secca. La figura dovette capirlo, perché prese un bicchiere dal comodino e glielo avvicinò alle labbra. Elise ci mise un millesimo di secondo a capire chi era.

-Rumpel. Sei qui.- sussurrò, una volta che ebbe svuotato il contenuto del bicchiere.

Ora, che le si era avvicinato, poteva vedere chiaramente il suo volto. -Non ti lascerò più andare via.- disse, sorridendole dolcemente.

Elise chiuse gli occhi e sospirò, conscia della bugia e conscia che anche lui sapeva quello che sarebbe accaduto di lì a pochi giorni. Ma il suo cuore non poté fare a meno di mettersi a battere all’impazzata e il bip-bip-bip della macchina divenne parecchio imbarazzante.

-Potresti… potresti spegnerlo per un attimo?-

Rumpelstiltskin ridacchiò nervosamente e, con un cenno della mano, spense il maledetto apparecchio. Elise fece un sospiro di sollievo per il tanto ricercato silenzio.

-Grazie.-

-Sistemeremo tutto, te lo prometto.- le disse lui, accarezzandole la guancia.

Elise si ritrovò con le lacrime agli occhi. -Non è vero, Rumpel. Non lo vedi? Sto morendo.

Mi indebolisco ogni secondo di più e prima o poi morirò dissanguata.- sussurrò, intrecciando le sue dita a quelle del suo folletto. -E mi dispiace così tanto. Mi dispiace, Rumpel, ma non posso andarmene così…-

-Elise, ti prego…- sussurrò lui, passandosi una mano sul volto.

-Ti amo, Rumpelstiltskin, e avrei dovuto dirtelo molto prima. Ti amo con tutto il mio cuore, da sempre.-

Lui gemette, sottraendo la mano dalla sua stretta e portandola sul viso. Elise si rese conto che stava piangendo.

-Va tutto bene, Rumpel…-

-NO! No, non va tutto bene! Tu te ne andrai e mi lascerai qui. Solo. Dovevamo trovare Bae insieme, Elise, dovevamo tornare ad essere una famiglia.-

Elise sentì le lacrime che le correvano sulle guance. -Il periodo passato con voi è stato il più bello della mia vita. Trova tuo figlio, Rumpel, ti prego. Digli che gli voglio un mondo di bene.- disse, tendendo una mano verso di lui e tirandolo a sé.

Un bacio. Voleva solo un bacio e non avrebbe avuto più rimpianti.

Rumpelstiltskin sembrò capire perché avvicinò il volto al suo e, lentamente, poggiò le labbra sulle sue.

Elise chiuse gli occhi e si abbandonò a quel bacio, cercando di imprimerselo nella memoria, sperando di poterlo portare con sé ovunque sarebbe stata destinata ad andare.

-Ti amo, Elise.- le sussurrò, poggiando la fronte sulla sua.

Elise sorrise. -Speravo me lo dicessi.-

Rumpelstiltskin ricambiò mollemente il suo sorriso ed Elise gli carezzò una guancia.

-Resti qui con me, Rumpel?-

-Si, certo, amore mio.-

Elise si spostò un po’ sul fianco, lasciando un po’ di posto all’uomo, che si stese di fianco a lei. Cadde nell’oblio pochi minuti dopo, stremata, ma sentendosi tremendamente al sicuro tra le braccia dell’uomo che amava.

 

Aveva semplicemente voglia di alzarsi e prendere a calci nel sedere chiunque stesse gridando a mezzo metro da lei.

Insomma, un po’ di rispetto per i malati, no, eh?

Aprì piano gli occhi, cercando di distinguere le due figure opache che si agitavano in mezzo alla stanza.

Si rese conto praticamente subito della figura di Flynn, dato che vedeva chiaramente i lineamenti del suo volto, ma ci mise un po’ di più prima di riconoscere quella di Rumpelstiltskin, girato di spalle.

A quel punto, l’elettrocardiografo mise al corrente tutti del cambiamento del suo battito cardiaco.

Si voltarono entrambi verso Elise, la quale si premurò di investirli subito con un sorriso sornione. -Fate con calma, per carità. Avvertitemi quando avete finito, intanto mi limiterò a contare le crepe sul soffitto.- disse, ironicamente.

I due la fissarono per qualche secondo, sorpresi, poi esclamarono -Elise!- in contemporanea, avvicinandosi al suo capezzale.

La investirono di domande, che ebbero come unico risultato quello di mandare la povera ragazza in confusione.

-Direi che è il caso di cambiare la fasciatura.- asserì ad un tratto Flynn, tirandole su la maglietta e iniziando a sciogliere la benda. Elise sorrise a Rumpel, che guardava con odio l’infermiere sfiorarla con così tanta familiarità.

-Non ci posso credere…- sussurrò ad un tratto Flynn, alzando lo sguardo sorpreso su Elise.

-Che succede?-

-La ferita… si sta rimarginando.-

Elise, dopo un attimo di sorpresa, scoppiò a ridere, felice, e si abbandonò sui cuscini con un sorriso.

-Fatti da parte, elfo.- ordinò Rumpelstiltskin, spingendo Flynn da parte e passando una mano sopra la ferita che si richiuse in un batter d’occhio, preceduta dal familiare caldo formicolio.

-Avrei potuto farlo anche io.- sussurrò con rabbia Flynn.

-Con un grande dispendio di tempo ed energie. Tutto ciò che non possiamo permetterci.-

Stavano lottando per vedere chi era il maschio alfa? Ma per favore!

-Vi prego… non litigate.- sussurrò Elise, debolmente, cercando di mettersi seduta. Come c’era da aspettarsi, i due non le diedero retta e continuarono a battibeccare, finché la porta non si spalancò di colpo, andando a sbattere contro il muro.

Tutti e tre si girarono di colpo verso la porta, mentre la figura di Red ricambiava i loro sguardi sorpresa.

-Red!-

-Elise!-

Red si lanciò verso l’amica, scansando i due uomini, che la guardavano sorpresi, e abbracciandola stretta.

-Che diavolo è successo, Elise? Mi sono stancata di venirti a trovare all’ospedale, sciocchina.-

Elise ridacchiò con il viso sepolto tra i capelli dell’amica. -Nulla. Sto bene Red, davvero.-

Lei storse il naso e la guardò con un sopracciglio alzato, per poi spostare lo sguardo sul suo avambraccio scoperto e, infine, sulla sacca di sangue appena vicino al letto.

-Certo. Da quando in qua si fanno trasfusioni di sangue a chi stabene, davvero?-

Elise ridacchiò, imbarazzata.

-Sto bene, veramente.- sussurrò, gettando un’occhiatina nervosa alle figure di Rumpelstiltskin e Flynn, i quali facevano di tutto per non far sfiorare nemmeno le loro aure.

-Elise?-

Lei riportò lo sguardo su Red, mentre si sedeva sul letto vicino a lei.

-Si, ehmMia sorella, lei...-

-L’ha buttata giù da un crepaccio nel bosco e l’ha pugnalata sperando che morisse dissanguata. E’ stata così intelligentemente maligna, che ha messo nella lama del coltello un’erba che ha impedito la cicatrizzazione. Se non l’avessi odiata a morte, potrei anche dire di ammirare la sua inventiva.-

Red guardò Rumpelstiltskin con gli occhi spalancati, lo stesso identico sguardo che aveva Flynn, che si sedette su una sedia prendendosi la testa tra le mani.

Elise lo guardò intristita: di certo per lui doveva essere terribile pensare che una sua simile potesse avere fatto un tale orrore. Era estremamente convinto che fossero solo gli umani che uccidevano i loro simili, ed era sempre stato parecchio categorico su quell’argomento.

-E’ perduta…- sussurrò.

-Oh, no, no, no, non è: era.- disse Rumpelstiltskin, alzando il dito indice e scuotendolo, con aria teatrale, davanti a Flynn.

-In che senso, era, Rumpelstiltskin? Cosa… cosa lei hai fatto?- sussurrò Elise, capendo immediatamente il vero senso di quelle parole.

-Le ho strappato il cuore e l’ho ridotto in cenere.- sussurrò, guardando la negli occhi, con sfida.

Flyn si alzò di scatto dalla sedia, parandosi davanti al folletto, senza paura. -Sei un mostro!- esclamò velenoso, guardandolo con tutto l’odio di cui era capace.

A quel punto, era chiaro come il sole che Rumpelstiltskin si stava scagliando contro di lui per fargli fare la stessa fine di Christal, ma Red fu più veloce: tolse Flynn dalla traiettoria del folletto, dando uno spintone a quest’ultimo e parandosi tra di loro.

Elise, intanto, si era strappata l’ago dal braccio e si era alzata in piedi, sorreggendosi al letto e combattendo contro i capogiri. -Volete smetterla, voi due?- esclamò, con l’irritazione che cresceva ogni secondo di più.

-E’ un mostro, Elise! Come puoi solo sopportare l’idea di stargli vicino?-

Red lo guardò con rabbia. -Elle, lo picchi tu o lo picchio io?-

Elise scosse la testa. -Ne abbiamo già parlato moltissime volte, Flynn! Tu non puoi capire se ti rifiuti di metterti nei miei panni e se rifiuti di cercare di capire cosa provo io.-

Il ragazzo la guardò con rabbia, incapace di capire il suo punto di vista. Elise, tuttavia, non ne era sorpresa: Flynn non aveva mai avuto una mentalità larga e non avrebbe cambiato idea solo perché Rumpelstiltskin si era dato tanto da fare per aiutarla.

Lo guardò uscire dalla stanza, sbattendo con forza la porta, sotto lo sguardo estremamente divertito del suo folletto.

-Non riuscite proprio ad andare d’accordo, Rumpel?- sussurrò, accasciandosi nuovamente sul letto, di fianco a Red.

-No, dearie. Essenzialmente vogliamo la stessa cosa e questo non ci esorta di certo ad andare d’accordo.-

Elise aggrottò le sopracciglia, confusa. Di cosa stava parlando?

Stava per domandarglielo, quando la precedette. -Immagino che vogliate farvi una bella chiacchierata. Vi lascio sole.-

-Tornerai, vero?- sussurrò Elise, con una nota di preoccupazione nella voce.

-Ovviamente, dearie. Tra qualche ora: adesso ho un paio di faccende da sbrigare.-

Rumpelstiltskin scomparve in una nuvola di fumo, che fece spalancare leggermente gli occhi a Red, rimasta zitta fino a quel momento.

-E’ tutto palco, Red.- la assicurò Elise, facendole l’occhiolino, divertita.

L’amica le sorrise complice. -Hai un paio di cose da raccontarmi, no Elle?-

Elise arrossì e annuì. Si sarebbe prospettata una lunga mattinata.




Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Buonasera gente! Ragazzi, non so voi, ma io sono distrutta T_T

Allora, vi ringrazio tanto per le bellissime e dolcissime recensioni: mi riempite le giornate di gioia! Ringrazio tantissimo chi ha letto e chi ha inserito questa storia in una delle sue liste. Lo so che sono ripetitiva, ma vi adoro <3

Spero che questo capitolo vi piacerà altrettanto!

Un bacione,

°°Sami°°

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Capitolo 14
*** Kisses. ***


DREAM OF MY DREAMS



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13. Kisses.

Elise era fermamente convinta di avere, essenzialmente, visto tutto nella sua vita, o almeno una buona parte del tutto. Tuttavia, non aveva mai fatto i conti con l’espressione sorpresa di Ruby, o meglio Red, in quel momento: non credeva di avere mai visto occhi più spalancati e sorpresi di quelli.

-E quindi come hai fatto a guarire?-

Elise alzò le spalle. -Io non…-

Poi le venne in mente ciò che era successo la sera prima: Rumpelstiltskin l’aveva baciata. Poteva essere stato il Vero Amore a guarire la sua ferita?

-… non lo so.- terminò, sorridendo felice.

Red scosse la testa e scoppiò a ridere, per niente incline a credere alle sue parole.

La risata di Ruby era musica per le sue orecchie: la ragazza, sia come Elise che come Gabrielle, era rimasta sola per molto tempo, più per scelta che per reale necessità. Ma dopo aver trovato Red e Ruby, si era resa conto che avere il sostegno di un’amica le risultava indispensabile e, ora, non avrebbe mai rinunciato a quella ragazza.

-Non ridere di me, Red!-

Lei non le diede ascolto. -E pensare che ti sei disperata per giorni interi e, alla fine, non avevi nulla di cui preoccuparti.-

Elise scosse le spalle, sorridendo. -Hai ragione, Red. Non hai idea di quanto sia felice.-

-Oh, si che ce l’ho.- le sussurrò, prendendole le mani tra le sue. -E ti consiglio vivamente di non fartelo scappare. Il Vero Amore è tutto ciò che serve per sopravvivere.-

Elise le sorrise e la strinse forte.

-Tra quanto ti mandano a casa?-

-Non lo so,- rispose Elise scuotendo la testa -ma spero il più presto possibile. E’ straziante stare qui.- sussurrò, spostandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio.

-Se non ci avessi appena litigato, direi che sei fortunata ad avere Flynn qui con te.-

Elise annuì, rattristandosi. -Non ci posso fare nulla. E’ talmente ostinato…-

-Oh, ma mai come il tuo amico Signore Oscuro…- Red le rivolse uno sguardo malizioso, poi fece cadere l’occhio sull’orologio appeso alla parete.

-E’ tardissimo, Elise! Mia nonna mi starà rimproverando in turco!-

La ragazza annuì, salutò la sua amica e la guardò uscire dalla stanza, sentendosi immediatamente sola.

Fece un respiro profondo e si alzò, dirigendosi verso il bagno: aveva una voglia pazzesca di lavarsi, ma purtroppo in quel cavolo di bagno c’era solamente un microscopico lavandino.

Sbuffò e si sciacquò le braccia e il viso, per poi ritornare a letto: magari avrebbe recuperato tutte le sue forze e forse già quella sera sarebbe potuta tornare a casa.

 

Ad Elise, ormai, sembrava di non fare altro che dormire e dormire ancora. Ma non era mai stata così tanto felice come in quel momento di poter aprire gli occhi e rendersi conto di essere viva.

Prese un bel respiro e mise seduta, rendendosi immediatamente conto che il dolore al fianco era praticamente sparito. Successivamente, notò con sollievo che qualche buona anima le aveva portato dei vestiti puliti, che Elise sostituì immediatamente a quell’orribile camice da ospedale.

Sospirò: Rumpelstiltskin aveva detto che sarebbe tornato e, quando sarebbe accaduto, lei aveva tutta l’intenzione di pregarlo di portarla a casa.

Si sedette mollemente sul letto e si guardò un po’ intorno: a meno che non desiderasse incontrare da qualche parte Flynn, doveva accontentarsi della compagnia dell’unica radiolina poggiata sul comodino.

La accese e cambiò stazione, finché non ne trovò una di musica.

 

Oh I beg you, can I follow?

Oh I ask you, why not always?

Be the ocean where unravel

Be my only, be the water and waiting

 

You're my river running high,

run deep run wild

 

I, I follow, I follow you deep sea baby

I follow you,

I, I follow you, dark boom honey

I follow you

 

He's a message, I'm the runner

He's the rebel, I'm the daughter

waiting for you

You're my river running high,

run deep run wild

 

I, I follow, I follow you deep sea baby

I follow you,

I, I follow, I follow you dark boom honey

I follow you

 

oh, oh...”

 

Si mise a canticchiare, chiudendo gli occhi e assaporando quel momento.

-Non pensavo ti piacesse questa musica, dearie.-

Elise sorrise: non aveva bisogno di aprire gli occhi per capire chi avesse detto quella frase.

-Mi piace molto in realtà.- sussurrò, spalancando gli occhi azzurri e incontrando quelli scuri e profondi di Rumpelstiltskin. -Però, effettivamente, tu non sai parecchie cose di me.-

L’uomo fece una risatina. -So con certezza che vuoi uscire da quest’ospedale e tornartene a casa. Sbaglio dearie?-

Elise spalancò gli occhi sorpresa. -Si! Si, ti prego, portami via di qui! Io detesto gli ospedali!-

-Ho già fatto tutto, dearie. Mi ci è voluto del tempo per convincere gli infermieri a firmare le carte per la dimissione, però posso vantarmi di essere una persona parecchio persuasiva.- disse, mostrandole un plico di fogli che Elise guardò con gli occhi che scintillavano.

La ragazza tese la mano verso di lui, ma Rumpel nascose i fogli dietro la schiena.

-Lo sai che non faccio mai nulla per nulla.-

Elise incrociò le braccia e fece il broncio. -Cosa vuoi?- disse, probabilmente più piccata di quello che voleva apparire.

-Un bacio, dearie. Voglio un bacio.- sussurrò l’uomo, avvicinandosi lentamente a lei.

-D’accordo, un bacio. Ora passami quei fogli, per piacere!-

Rumpelstiltskin rise, quella risata che ad Elise piaceva tanto, e le passò i fogli, che lei si affrettò a firmare.

-Fatto.- sospirò soddisfatta alzandosi dal letto. -Andiamo?-

Rumpelstiltskin le porse la mano e la attirò a sé, stringendola per i fianchi. -Voglio la mia ricompensa, adesso.-

Elise divenne rossa come i suoi capelli e abbassò la testa, incominciando a giocare con i risvolti della camicia di Rumpelstiltskin.

-Andiamo, dearie, non sarai mica imbarazzata! E’ solo un bacetto!- le disse, alzandole il volto.

-Beh, non che sia una grande esperta: non ho mai baciato nessuno, oltre te.-

-Oh, tutta casa e chiesa, eh?- sussurrò lui, avvicinandosi al volto di Elise finché non posò le labbra sulle sue. Alla ragazza iniziò a battere fortissimo il cuore, tanto che per un attimo temette che lui lo sentisse, poi, quando iniziò a prendere un po’ di più sicurezza, si alzò sulle punte per approfondire quel bacio che aveva un ché di magico.

-Ehi, calma dearie, abbiamo tutto il tempo che vogliamo.- sussurrò Rumpel, ed Elise abbassò la testa con una risatina.

Un attimo dopo, la familiare nebbiolina la avvolse e, in un batter d’occhio, si ritrovarono nel salotto di casa sua.

-Ti diverte proprio spostarti in questo modo, vero?- chiese Elise, lasciando andare la giacca di Rumpelstiltskin che aveva stretto fino a quel momento.

Lui rise. -Era l’unico modo per non incontrare il tuo amico elfo che camminava per il corridoio come un’anima in pena.-

Elise si morse le labbra: sapeva benissimo che doveva chiarire in qualche modo con Flynn, ma non aveva idea sul come. Era terribilmente difficile far ragionare quel testone, specialmente su un argomento come quello, soprattutto perché non era capace di accettare una realtà diversa da quella che considerava normale.

Scosse la testa: ci avrebbe pensato più avanti, in quel momento voleva semplicemente godersi la sua ritrovata felicità.

-Rumpel, mi aspetti cinque minuti? Vorrei andarmi a fare una doccia…-

-Certo dearie: fai con calma, io ti aspetto qui.-

Lei annuì e lasciò l’uomo con un sorriso, dirigendosi in camera sua. Scelse un paio di pantaloni comodi e un maglioncino bianco, poi portò tutto nel bagno adiacente; in mezzo minuto era sotto il getto dell’acqua calda.

Sospirò estasiata: sapere che  Rumpelstiltskin era nell’altra stanza e l’aspettava, dopo aver sofferto per decenni e decenni la sua mancanza, la faceva sentire rinata.

Le venne immediatamente voglia di un suo abbraccio, così si velocizzò e in men che non si dica si avvolse nell’accappatoio, asciugandosi e frizionando i capelli.

Sorrise raggiante al suo riflesso allo specchio, notando le guance arrossate dal calore dell’ambiente e gli occhi luminosi.

Si vestì in fretta e spalancò la porta del bagno, uscendo quasi di corsa con l’asciugamano ancora tra le mani. Come sperava, Rumpelstiltskin era seduto sul divano e stava tranquillamente facendo zapping con il telecomando tra le mani.

-Ho finito!- esclamò, avvicinandosi lentamente a lui. Rumpel alzò lo sguardo e la squadrò per qualche interminabile secondo, per poi sorridere.

Elise ricambiò e si sedette a fianco a lui, accolta subito tra le sue braccia che la strinsero possessivamente.

-E’ la seconda volta che mi salvi la vita, Rumpel.- gli sussurrò.

-Tu me la salvi ogni giorno.-

La ragazza sorrise di contentezza e seppellì il viso nell’incavo del suo collo.

Rimasero così minuti interi, senza dire nulla e godendo semplicemente della presenza dell’altro.

-Ti devo chiudere scusa, Rumpel.- sussurrò Elise. -Per quello che hai sentito quella sera da Granny.-

-Non ha importanza Elise: non avevi la tua memoria, era ovvio che la pensassi a questo modo.-

-No. Quando ti ho detto che mi piacevi ero sincera. Quella sera stavo solamente… analizzando tutta la situazione con Ruby: non avevo idea di cosa mi stesse succedendo. In ogni caso, non avevi sentito l’ultima parte del discorso.-

-E qual era?- le sussurrò Rumpelstiltskin all’orecchio, prima di baciarle il collo.

-Che non vedevo tutta questa malvagità in te. Mi fai ridere, sto bene in tua compagnia, mi fai sentire protetta. Ti amo, Rumpelstiltskin.-

Lui la guardò per qualche secondo, con uno sguardo serio e penetrante che fece accapponare la pelle ad Elise, poi la baciò con talmente tanto ardore che la fece rimanere immediatamente senza fiato.

La spinse dolcemente all’indietro sul divano e si stese sopra di lei, iniziando a darle piccoli bacetti su tutto il viso. Elise ridacchiò portando le sue mani tra i capelli di Rumpelstiltskin.

-Se ogni volta che ti dico che ti amo inizi a baciarmi in questo modo, cercherò di farlo molto più spesso.- sussurrò tra un sospiro e l’altro.

Rumpelstiltskin ridacchiò ed Elise trattenne il respiro quando sentì le sue mani gelide infilarsi sotto la sua maglietta.

-Basta chiedere, dearie, basta chiedere.- le sussurrò, prima di baciarla nuovamente.





Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Buona sera a tutti! Vi ringrazio se siete arrivati fino alla fine di questo capitolo e spero che vi sia piaciuto. Mi scuso se stasera sono così spicciola, ma devo andare a dormire perché domani ho una verifica stra importante. Auguratemi in bocca al lupo!

Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per leggere semplicemente questa storia!

Un bacione,

°°Sami°°

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Capitolo 15
*** Spell. ***


DREAM OF MY DREAMS





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14. Spell.

-Rumpelstiltskin!-

-Si, dearie?-

-Ti rendi conto che noi siamo qui a gingillarci, mentre avremmo qualcosa di molto più importante da fare?-

-E cosa, dearie?- le sussurrò lui, passandole pigramente un dito sul braccio coperto solamente dalla sua camicia.

-Come cosa?- esclamò lei, oltraggiata. -Dobbiamo cercare tuo figlio, no?-

Immediatamente, l’espressione di Rumpelstiltskin si fece più seria. -Non possiamo uscire da Storybrooke, ma sto ideando una pozione per ovviare a questo problema.-

Elise rimase in silenzio qualche secondo. -E perché dovremmo uscire noi? Portiamo lui qui!-

-Come?- chiese l’uomo, aggrottando le sopracciglia.

-Con la magia. Rumpel, ti ho intontito?- rise la ragazza, stampandogli un bacio sulla guancia. -Conosco un incantesimo che può spingere una persona verso un luogo specifico. E’ qualcosa di molto sottile, tuttavia, e non è detto che funzioni sempre… Potremmo provare finché tu non avrai completato la tua pozione.-

L’uomo rimase qualche secondo a soppesare le sue parole, poi le rivolse un sorriso. -D’accordo. Proviamoci, dearie.-

Elise annuì contenta, poi cercò di saltare giù dal letto.

-Ferma, ferma, Elise: dove credi di andare?-

-A prendere l’occorrente…- sussurrò la ragazza, senza opporre resistenza e lasciandosi trascinare da Rumpelstiltskin nuovamente sopra al letto.

-Chi ti dice che ti lascerò andare?-

Elise alzò scherzosamente gli occhi al cielo.

-Dai, Rumpel!- disse, dandogli un bacio sulle labbra -Lasciami andare! Vuoi che ritroviamo tuo figlio, si o no?-

-Questo è quel che si dice un ricatto, dearie.- disse lui, con un mezzo sorriso, lasciandola andare.

-Questo è quel che si dice un compromesso, amore.-

Rumpelstiltskin ridacchiò e afferrò al volo i pantaloni che Elise gli lanciò.

-Mi servono delle candele, un oggetto di Baelfire, possibilmente un indumento o un mantello, e alcune erbe che tengo in erboristeria.- chiarì la ragazza, perfettamente vestita.

-Per l’oggetto ci penso io: lo tengo nella cassaforte del negozio. In quanto alle candele, sfortunatamente sono un’amante della luce artificiale.-

Elise ridacchiò. -Non ti preoccupare, quelle le ho io.-

L’uomo annuì e, dopo un cenno con la mano, scomparve in una nuvola di fumo.

Elise sospirò: Rumpelstiltskin non riusciva a vivere senza magia, e se voleva riappacificarsi con suo figlio avrebbe di certo dovuto cambiare le sue abitudini.

Però, si disse, in quel momento avevano fretta: di certo non sarebbe andata a fargli la paternale proprio in quell’occasione.

Scosse la testa e scese le scale, dirigendosi in cucina. Se non ricordava male, era nella credenza che dovevano esserci una decina di candele, per i casi di emergenza.

Le afferrò e le pose sopra al tavolo della cucina, mettendole accuratamente in cerchio.

Poi, prese le chiavi dell’erboristeria e scese in negozio, cercando di ricordare quali fossero le erbe giuste. Dopotutto, era passato parecchio tempo da quando aveva fatto un incantesimo del genere.

Quando risalì in casa, vide che Rumpelstiltskin era già tornato e che la aspettava comodamente seduto sul tavolo della cucina con un vecchio mantello di Baelfire stretto tra le mani.

Elise lo prese dolcemente, impedendo alla sua mente di correre ai bei tempi andati, e lo stese sul tavolo, in modo che toccasse, con un lembo, tutte le dieci candele, precedentemente accese da Rumpelstiltskin con un cenno della mano.

Successivamente, Elise inserì uno spillo a metà delle candele -L’incantesimo sarà terminato quando le candele si consumeranno fino a quel punto.- spiegò, e mise una ciottolina piena d’acqua al centro del tavolo.

-Ok.- sussurrò, prendendo le erbe, sotto lo sguardo attento di Rumpelstiltskin.

-Baelfire, vieni subito a me,

tre volte invocato dal mio incantesimo,

tre volte tormentato dal mio fuoco.

Vieni a me senza indugio.- recitò per tre volte, lentamente, e a ogni verso mise un pizzico di erbe dentro la ciottola.

Aspettarono in silenzio che tutte le candele si consumassero e, alla fine, sparecchiarono senza dire una parola. Elise emise un sospiro tremulo.

-Tutto bene, dearie?- le domandò Rumpelstiltskin, carezzandole dolcemente il viso.

-Si, certo. E’ che non sono più abituata ed è stato un po’ difficoltoso.-

Lui la prese per mano e la condusse sul divano. -Hai fame?-

Lei scosse la testa. -No. Voglio solamente stare qui con te.-

Rumpelstiltskin le fece appoggiare la testa sulla sua spalla e Elise si addormentò con la mano stretta alla sua, cullata dal suo respiro regolare.

 

* * *

 

-It’s raining man, hallelujah, it’s raining man!-

-Ti piace parecchio, questa canzone.- le disse il suo accompagnatore, avvicinandosi leggermente e prendendole la mano.

Elise ridacchiò. -Da morire. Mi riempie di energia! A te no?-

Rumpelstiltskin fece una risatina acuta e un paio di passanti si girarono a guardarli intimoriti.

-Sai che da quando usciamo insieme le visite al mio negozio sono dimezzate?- disse Elise, facendo allegramente dondolare le loro mani intrecciate. -Specialmente la signora Collins: credo sia gelosa.-

Rumpelstiltskin alzò gli occhi al cielo, divertito. -Dammi nomi e cognomi, dearie: posso minacciare tutti gli ex-clienti che desideri.-

Elise rise. Non era la prima volta che affrontavano quel discorso e, sebbene ad Elise ci fosse voluto tempo per far capire all’uomo che non le importava niente dei clienti, la ragazza si divertiva tantissimo a provocarlo con quel genere di discorsi.

-Rumpelstiltskin! Non puoi fare ad una ragazza innocente questo genere di proposte così allettanti!-

-Ragazza innocente? Dearie, sei tutto fuorché innocente, come ben sappiamo.-

Elise spalancò scherzosamente la bocca. -E’ così che la pensi, quindi?- chiese, retoricamente. -Perfetto: vorrà dire che mi riterrò offesa.- esclamò, girando la testa dalla parte opposta e incrociando le braccia al petto.

-Ohoh, non resisterai per molto, Elise!-

E, in effetti, aveva proprio ragione: tempo di arrivare da Granny ed Elise era di nuovo abbracciata a Rumpel, come se non fosse successo nulla.

-Ho davvero poca tenacia, quando si tratta di te.- affermò, spingendo la porta della tavola calda. -Dovrò allenarmi.-

Rumpelstiltskin sorrise ironico, ma non rispose.

Elise salutò Red e si sedette con Rumpelstiltskin al solito tavolo doppio, quello vicino alla finestra. Red, pochi minuti dopo, passò da loro a prendere le ordinazioni.

-Elise, sai la novità?- le domandò, indugiando vicino al tavolo con il blocchetto in mano, sebbene sapesse benissimo che cosa volessero entrambi.

-No. Cosa è successo?- rispose la ragazza, aggrottando le sopracciglia.

-Ieri sera è arrivato in città il padre di Henry. Me l’è venuto a dire proprio lui questa mattina: dovessi vederlo, sprizzava gioia da tutti i pori!-

Elise spalancò occhi e bocca. -Ed Emma?-

-Non lo so.- rispose la ragazza, scuotendo le spalle. -Però, conoscendo il suo carattere, presumo sia un bene che riescano a parlare civilmente.-

Elise seguì lo sguardo dell’amica e, effettivamente, notò che Emma e suo figlio erano seduti ad un tavolo insieme ad un uomo che Elise non credeva di avere mai visto. A dire il vero era un po’ difficile dirlo, dato che quello dava le spalle al locale e, dalla loro postazione, Elise e Rumpelstiltskin potevano vedere solamente il viso di Emma, la quale stava parlando proprio con l’uomo misterioso.

-Ti ha detto come si chiama?-

-Neal. Neal Cassidy.- disse Red, facendole l’occhiolino e andando a prendere le loro cioccolate calde, una con la panna e l’altra senza.

Elise si morse il labbro. Chissà cosa avrebbe fatto Emma, d’ora in avanti. Non le sembrava molto propensa a trovarsi un uomo e, da come parlava a Neal, non sembrava molto propensa nemmeno a volergli dare qualche genere di possibilità.

-Almeno Henry può conoscere il suo papà…- sussurrò Elise, mettendo in bocca una cucchiaiata di cioccolata. -Scusa, Rumpel.- aggiunse, alzando lo sguardo sull’uomo di fronte a lei.

Rumpelstiltskin scosse semplicemente le spalle.

-Lo troveremo, amore mio.- sussurrò Elise, prendendogli una mano e intrecciando le dita alle sue.

Lui ricambiò la stretta. -Lo so.-

Elise sorrise leggermente, prima di essere interrotta da un gridolino eccitato di Red.

-Elle, guarda!- esclamò, rivolgendo la sua attenzione ad un piccolo televisore infisso ad una parete.

It’s not a journey. Every journey ends, but we go on. The world turns, and we turn with it. Plans disappear; dreams take over. But wherever I go, there you are. My luck; my fate; my fortune. Chanel N° 5: inevitable.”

-Chi è?- chiese la ragazza, alzando un sopracciglio.

-Come chi è?- Red era scandalizzata. -E’ Brad Pitt!-

Elise la guardò, ancora più scioccata di prima. -E dovrei sapere chi è?- esclamò, sapendo che l’amica l’avrebbe sentita anche da lontano.

-Elise!- la guardò, accusandola con lo sguardo -Non sai chi è Brad Pitt?!- esclamò, talmente forte che la maggior parte dei clienti si girarono verso di lei.

-No!- rispose, alzando le spalle, ovvia.

Red roteò gli occhi, ormai arresasi alla terribile ingenuità della sua amica. Elise ridacchiò e si voltò nuovamente verso Rumpelstiltskin, per spostare nuovamente lo sguardo quando il piccolo Henry la chiamò.

-Elle!-

-Ehi, Henry!- esclamò, spalancando le braccia, mentre il bambino le si fiondava tra le braccia e la abbracciava. -Come stai?-

-Bene, Elle! Sai, ho conosciuto il mio papà!- disse il bambino, con un sorriso talmente luminoso che Elise non poté fare a meno di ricambiare.

Gettò uno sguardo al tavolo da dove era venuto Henry e notò che entrambi i genitori del ragazzino erano voltati verso di loro; Emma le fece un cenno, ma tutta l’attenzione di Elise era rivolta a Neal. I loro sguardi si incrociarono e la ragazza rimase incantata da due occhi scuri e profondi, che la fecero rimanere interdetta per qualche secondo.

-Elise? Cosa c’è?- le domandò Rumpelstiltskin, fissandola con guardo preoccupato.

-Nulla, nulla. Stavo solo pensando… che tuo padre ti assomiglia moltissimo, Henry.- disse, riportando lo sguardo sul bambino e sorridendo.

Il sorriso del bambino di allargò ancora di più e, immediatamente, si propose di far conoscere il suo papà ad Elise.



Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Buona sera a tutti gente! Scusate per il ritardo, ma ho avuto un paio di imprevisti.

Allora, che ne pensate del capitolo? Amo le scenette fluff tra Rumpel ed Elise e, sicuramente, in questi ultimi capitoli ne avranno parecchie. Che ci volete fare? E' mancanza di Rumbelle xD

Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e vi prometto che inizierò a rispondere a tutti, con un po' di calma.

Un bacione e alla settimana prossima!

°°Sami°°

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Capitolo 16
*** Proposal. ***


DREAM OF MY DREAMS





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15. Proposal.

Elise si sentiva strana.

Era come se ci fosse qualcosa che le comprimeva il petto, senza sosta. E no, non stava parlando del braccio di Rumpelstiltskin appoggiato mollemente sul suo addome.

Si voltò verso di lui, pacificamente addormentato al suo fianco. Sorrise: sembrava un bambino mentre dormiva, ed era tenerissimo.

Passò un dito sulle sue labbra semichiuse e ridacchiò sottovoce quando vide che le increspava nel sonno.

Rimase qualche minuto immobile, a fissare Rumpelstiltskin, finché non si accorse che si stava per svegliare.

-Rumpel, amore?- chiamò piano, passandogli una mano sul viso.

-Mmm.- mugugnò lui, aprendo piano gli occhi. -E’ dal molto che sei sveglia, dearie?-

-Una decina di minuti.- rispose lei, dandogli un bacio a fior di labbra e alzandosi per andare a vestirsi. -E li ho passati a guardarti, nel caso fossi in procinto di chiedermelo.-

Rumpelstiltskin alzò un sopracciglio. -Sono così interessante?-

-Sei tenerissimo mentre dormi!-

-Continui ad affiancarmi aggettivi piuttosto strani, dearie.- disse, scoppiando a ridere.

-Non è vero: semplicemente io vedo al di là del modo in cui ti presenti agli altri.- gli rispose, avvicinandosi e sedendosi a fianco a lui.

Rumpelstiltskin le carezzò una guancia. -Ti amo.-

-Anche io.- sussurrò, sorridendo e sgusciando via dalla sua stretta. Si chiuse in bagno e andò immediatamente sotto la doccia, dandosi una sciacquata veloce, pensando a Henry e a Neal: quando il bambino glielo aveva presentato, l’uomo aveva fatto di tutto per non incontrare il suo sguardo per più di qualche secondo, ma, in compenso, le aveva stretto la mano per più tempo del necessario.

Poi, Rumpelstiltskin era andato vicino a loro e, con gentilezza, le aveva messo un braccio intorno alla vita e l’aveva condotta via.

Emma e Henry li avevano guardati andare via con una faccia stravolta, mentre, in lontananza, Ruby rideva a crepapelle.

Elise si era stretta a Rumpelstiltskin ed aveva sorriso, pensando quanto fosse dolce il fatto che fosse geloso di lei.

-Elise? Sei affogata, dearie?-

Elise si riscosse dai suoi pensieri e si affrettò ad uscire dalla doccia. -No, no. Adesso mi vesto ed esco. Faccio in un attimo.-

Lo sentì ridacchiare e allontanarsi dalla porta, probabilmente per vestirsi a sua volta. La ragazza si abbottonò la camicia e infilò i pantaloni, finendo il tutto con un po’ di matita e di ombretto sugli occhi: purtroppo, quella mattina, doveva riprendere a lavorare. Per quanto amasse passare le giornate con Rumpelstiltskin, non poteva di certo farsi mantenere da lui per sempre e, dopotutto, le mancava il suo negozio.

Andò in cucina e, con sua somma sorpresa, vide la tavola colma di tazze, vasetti di marmellata e brioche.

-Oh, Rumpelstiltskin.- sussurrò estasiata, rimanendo immobile davanti a quello spettacolo di leccornie. -Come…?-

-Non è tutto merito mio, dearie. E’ stata la tua amica Ruby a suggerirmi cosa preparare.-

Elise spalancò gli occhi. -Tu e Red avete avuto una conversazione?-

-Solo un paio di parole, dearie, nulla di così impressionante.-

Elise scoppiò a ridere. -Sei stato un tesoro!- esclamò, avvicinandosi a lui e baciandolo. Rumpel la trattenne qualche secondo, poi le spostò la sedia e la invitò a sedersi, facendole un leggero inchino e strizzando l’occhio.

Elise si gettò sul cibo, trovandolo ancora più buono proprio perché era stato Rumpelstiltskin a prepararglielo e si ingozzò finché non credette che non avrebbe più mangiato in vita sua.

-Devo andare ad aprire il negozio…- sussurrò la ragazza, senza nessunissima voglia di alzarsi dalla sedia.

Rumpelstiltskin dovette capirlo, perché le sorrise sghembo. -Vorrà dire che questa sera ti verrò a prendere alla chiusura, dearie.-

Elise per poco non gli saltò in braccio, rendendosi conto che si stava innamorando di lui ogni giorno di più.

 

Chissà perché, ma ho come la sensazione che accadrà qualcosa.

Elise chiuse gli occhi e sospirò: era da quando era entrata in negozio che aveva questa sensazione, un fremito di impazienza che non la lasciava in pace.

Un paio di volte aveva avuto la tentazione di chiamare Rumpelstiltskin, ma poi aveva cacciato dalla mente quell’idea: era inutile preoccuparlo per nulla.

In ogni caso, sapeva che non poteva starsene con le mani in mano tutto il giorno, così prese lo straccio e iniziò a spolverare le mensole, cosa che fece alzare una quantità industriale di polvere.

-Meraviglioso.- sussurrò, dopo uno starnuto. -Bellissimo inizio di giornata lavorativa.- sussurrò, iniziando a lavorare di buona lena.

A metà del lavoro, tuttavia, dovette fermarsi ed aprire la porta del negozio, per non morire asfissiata dagli acari. Respirò un po’ di aria pulita e ritornò al suo lavoro sospirando.

Fu proprio per questo che non si rese conto che qualcuno era entrato nel suo negozio e prese un enorme spavento quando si sentì sfiorare una spalla.

Si girò di scatto e sospirò quando vide che si trattava solamente di Flynn.

-Flynn!- disse, alzandosi e allontanandosi di un passo. -Mi hai spaventata! Cosa ci fai qui?- aggiunse, quando si rese conto dell’espressione grave nel viso dell’elfo.

-Devo parlarti.- le rispose, continuando a rimanere maledettamente serio.

Elise, a quel punto, iniziò a preoccuparsi seriamente. Innanzitutto perché, solitamente, Flynn non le diceva che doveva parlarle, ma si limitava a investirla di parole, che la facevano scoppiare a ridere senza ritegno. Secondo, non aveva mai avuto un’espressione così grave e così preoccupante e, terzo, non le aveva mai preso le mani con così tanta enfasi.

-Che succede, Flynn?- domandò, temendo, però, la sua risposta.

-Devi sapere, Elise. Devi sapere che puoi scegliere. Devi sapere che non sei costretta a stare con quel mostro. Devi sapere che ti amo, Elise e che voglio che tu scelga me e non lui.- Elise trattenne il fiato. -Sposami.-

La ragazza spalancò gli occhi, scioccata da quella richiesta inaspettata. Non le era mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello che Flynn provasse qualcosa per lei: l’aveva sempre visto solamente come un amico su cui fare affidamento ed era certa che per lui fosse lo stesso.

-Flynn…- sussurrò, con la voce rauca, cercando un modo per misurare le parole. -Flynn, io non posso. Non posso sposarti, perché non ti amo. Amo Rumpelstiltskin, l’ho sempre amato e lo amerò per sempre. E non c’è nulla che tu, che nessuno possa fare per cambiare questo.- rispose, sfilando lentamente le mani dalle sue.

Flynn strinse le mascelle, mentre i suoi occhi si riempivano di rabbia repressa. -Come puoi sopportare di strare con un mostro del genere? Ha ucciso centinaia di persone, distrutto famiglie e fatto ignobili sortilegi!-

Elise, a quel punto, decise che poteva fare a meno di misurare le parole. Come si permetteva lui di offendere Rumpelstiltskin?

-Non chiamarlo mostro! Non osare, Flynn! Lui è molto più di quello che credi, è molto più di quello che credete tutti! Voi non lo conoscete, quindi non osate giudicare!- gli urlò la ragazza, trattenendosi dal mollargli uno schiaffo in piena faccia.

Flynn la prese per le spalle e la scrollò forte, facendole male. -Io sono mille volte meglio di lui, Elise! Potremmo vivere come nell’altro mondo, potremmo tornare ad essere noi stessi!-

-Tu continui a non capire un accidenti! Non faccio parte della tua gente, Flynn! Il mio posto è qui, accanto a lui!- prese fiato. -Mi dispiace Flynn, davvero, ma non posso.-

Il ragazzo la guardò per qualche secondo, addolorato ed Elise fece di tutto per sostenere il suo sguardo e non cedere. Poi se ne andò.

Elise chiuse gli occhi e fece un paio di respiri profondi, arretrando finché non andò a sbattere ad una mensola e, alla fine, si lasciò scivolare a terra, prendendosi la testa tra le mani.

Aveva perso il suo migliore amico nel giro di tre minuti netti e l’aveva fatto soffrire. Fantastico. Proprio una bella giornata.

Sospirò nuovamente, indecisa su cosa fare.

Alla fine si rialzò, e prese le chiavi del negozio, chiudendolo. In ogni caso, era sicura che quel giorno non sarebbe entrato nessun’altro.

Si incamminò per le vie della città, sperando che l’aria fresca l’avrebbe aiutata a rimettere a posto l’immensa confusione che aveva dentro.

Non sapeva come fare per fare pace con Flynn e aveva anche in mente di ritrovare Baelfire.

Scosse la testa: a quanto pareva, il suo incantesimo non aveva funzionato. Probabilmente il fatto che ci fosse ancora una maledizione all’interno della città impediva alla sua magia di uscire dai confini.

Però non impediva alla gente comune di entrare. Aggrottò le sopracciglia a quel pensiero. Non era possibile, non poteva essere una cosa unidirezionale: se qualcosa poteva entrare, doveva anche potere uscire, proprio come succedeva agli abitanti di Storybrooke, anche se essi perdevano la memoria.

Quindi il suo incantesimo doveva aver funzionato. E se aveva funzionato…

-Accidenti, accidentaccio a me!- sussurrò, schiaffandosi una mano sulla fronte. -Come ho fatto a non capirlo prima? Come?-

Quanto era stata stupida! E pensare che era una coincidenza troppo sciocca per essere tale!

-Gabrielle!-

La ragazza si girò di scatto al suono di quella voce e sorrise, impacciata. Emma si avvicinò a lei con passo spedito, prima di fermarsi e sorriderle, imbarazzata anche lei.

-Come stai?-

-Bene Emma, tu?-

-Bene.-

Le due ragazze si guardarono per qualche secondo, mentre Elise si chiedeva per quale motivo Emma l’avesse fermata nel bel mezzo della strada.

-Ti va… ti va di fare una passeggiata?- le domandò, alzando un sopracciglio come se si aspettasse che Elise rifiutasse l’offerta. La ragazza annuì e seguì Emma verso il molo.

-Allora… è da molto che conosci Neal?- le chiese, dopo qualche minuto.

Elise la guardò con gli occhi spalancati. -Non ho mai visto Neal prima, Emma. Per quale motivo credi sia il contrario?-

Era sorpresa: Emma doveva ben sapere che lei non era mai uscita da Storybrooke e di conseguenza non le era mai stato possibile conoscere persone che non abitavano nella cittadina.

-Mi sembrava…- alzò le spalle. -Mi sembrava vi conosceste. Tutto qui.-

Elise aggrottò le sopracciglia e scosse la testa, giusto per ribadire il concetto. -Sono sempre stata a Storybrooke in questi anni: come potrei conoscerlo?-

L’amica non le rispose e ad Elise mancò un battito. -C’è qualcosa che non so, Emma?- le domandò, prendendola per il braccio e facendola girare verso di lei.

Lei la fissò per qualche secondo, prima di distogliere lo sguardo e scuotere la testa. -No.- disse, dandole le spalle e riprendendo a camminare.

-Grazie della chiacchierata, Elise. Devo tornare da Henry, ora.-

Elise annuì, ancora confusa. -Certo. Salutamelo.-

Emma fece un cenno con la testa ed Elise la guardò tornare da dove erano venute, il passo svelto e le mani sepolte nelle tasche.





Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Ehi!!! Buon week end a tutti, gente! Vi ringrazio di essere arrivati fino a qui e di aver letto il capitolo: vi è piaciuto?

Vi invito a lasciare una recensione e a dirmi cosa ne pensate!

Ringrazio tutti per aver letto e per aver inserito questa storia in una delle vostre liste! Siete dei tesori!

Un bacione.

°°Sami°°




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Capitolo 17
*** Drinks. ***


DREAM OF MY DREAMS





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16. Drinks.

-Chris! Tesoro, torna qui!-

Elise non sapeva, esattamente, se in quei giorni le erano veramente mancate le corse pazze dietro a quel bambino.

-Prendimi, Elle! Prendimi!- esclamò lui, scoppiando a ridere e facendo un ulteriore sforzo.

Elise non poté fare a meno di farlo arrivare indenne da Granny, anche se sapeva che, di conseguenza, l’avrebbe dovuto fare entrare e offrirgli la merenda. Beh, poco importava: adorava quel bambino ed era incapace di negargli qualcosa.

Spinse l’entrata del locale e il bambino la precedette passando sotto il suo braccio e correndo verso il tavolo che condividevano di solito.

Elise lo seguì, loquace, ben sapendo cosa sarebbe accaduto da lì a pochi minuti: e infatti, Chris prese il menù, lo fissò per qualche tempo, poi chiamò Ruby e ordinò due cioccolate calde con la panna, ben sapendo che Elise sarebbe stata d’accordo.

La ragazza rise, notando solo in quel momento che, da quando il tempo a Storybrooke era rincominciato a scorrere, c’erano piccoli cambiamenti che si potevano facilmente notare nell’atteggiamento e nel corpo di Chris: finalmente quel bambino stava crescendo.

Le si strinse un po’ il cuore, pensando che avrebbe voluto vedere crescere anche un altro bambino, che sperava di rivedere, prima o poi.

-Elise?-

-Si, tesoro?-

-Quindi, tu e Rumps… Rampel… il signor Gold vi volete bene?-

Elise ridacchiò, intenerita. -Si, tesoro, ci vogliamo tanto bene.-

-Come la mamma e il papà?-

-Si.- sussurrò lei, sorridendo dolcemente. A volte, Chris la spiazzava con la sua dolcezza.

-Quindi tu non credi che sia cattivo?- le domandò, guardandola con una sguardo talmente intenso e maturo, da costringerla a rispondergli con assoluta serietà, come se stesse parlando con un adulto.

-No, Chris. Credo che abbia sbagliato, come ogni persona, ma che abbia capito i suoi errori e che stia cercando di rimediare. E’ un uomo buono, in realtà, anche se non tutti sono capaci di vedere il buono che c’è in lui.-

Il bambino annuì e prese a guardare concentrato la tazza vuota, pensando a chissà che cosa. Elise alzò lo sguardo verso Ruby e si accorse solo in quel momento degli sguardi preoccupati che le stava lanciando, così aggrottò le sopracciglia, confusa. Ruby le fece un cenno con la testa verso la parte sinistra del bancone e, con estremo raccapriccio, Elise si accorse che Flynn era seduto su uno sgabello e che stava versandosi su un bicchiere l’ultimo goccio di liquido dorato da una bottiglia. Inorridì.

-Santo cielo, non ci posso credere…- sussurrò, tenendo lo sguardo fisso su quella scena: Flynn non aveva mai bevuto e, così ad un primo impatto, quel liquido sembrava altamente alcolico. E il suo amico doveva essere del tutto ubriaco, stando da come continuava a scuotere la bottiglia cercando di far uscire ancora qualche altra goccia.

-Elle, che c’è?- le domandò Christopher, guardandola preoccupato.

-Niente tesoro, è tutto ok.-

Elise si morse il labbro e pensò il da farsi: di certo non poteva lasciare Flynn lì, solo e ubriaco, ma non poteva neppure far assistere Chris a quella che sarebbe stata una scena piuttosto imbarazzante: aveva la responsabilità di far tornare a casa quel bambino senza alcun genere di shock psicologico.

Forse poteva chiamare Rumpelstiltskin…

-Va tutto bene?-

Elise sobbalzò e si girò di scatto, incontrando lo sguardo cortese di Neal Cassidy, il quale era seduto proprio dietro di lei. Gli sorrise titubante.

-Non… non ne sono molto sicura…- sussurrò, girandosi di scatto quando si rese conto che Flynn aveva iniziato a parlare con Ruby a voce troppo alta.

-Ti dirò una cosa, Red! L’amore fa schifo! Schifo! Tu sei mai stata innamorata, Red? Io si e, ti dico, che è stato il periodo più bello di tutta la mia vita, ho quasi trecento anni, sai Red? I miei genitori abitavano nella Foresta Incantata da generazioni e… Oh! Ma questo non è importante. Dicevo: è stato il periodo più bello di tutta la mia vita, prima che lei mi dicesse che ama un altro! Ma fosse un altro qualunque, Red! No! E’ un mostro, e di quelli della peggior specie! Anzi, ti dirò di più: il mostro più… mostro di tutti!-

Elise strinse i pugni, poi si alzò di scatto, con tutta l’intenzione di picchiare quell’idiota che stava dando nuovamente del mostro al suo amore.

Red che, probabilmente, la stava tenendo d’occhio, le andò incontro e la fermò, prima che arrivasse a Flynn.

-Elise, non fare sciocchezze!-

-Lasciami, Red!- sussurrò, cercando di spingerla via. -Voglio spaccargli la faccia!-

-E’ ubriaco, Elise! Non sa quello che dice.-

-Non hai mai sentito il detto: In vino veritas? Quell’idiota pensa veramente tutte quelle cose!-

-Certo che le pensa!- sbottò l’altra stringendo la stretta sugli avambracci dell’amica e cercando di farla arretrare.

Elise le lanciò un’occhiataccia.

-Non in quel senso! Santo cielo, Elise: gli hai spezzato il cuore!- esclamò, tentando nuovamente di allontanarla dall’oggetto della sua rabbia, il quale non aveva ancora smesso di parlare, sebbene non ci fosse nessuno accanto a lui.

-Capisci perché sono così disperato, lo capisci Red? Io le ho chiesto di sposarmi e lei mi ha rifiutato! Capisci, Red?-

Elise boccheggiò a quelle parole e smise subito di opporre resistenza, alzando gli occhi su Red, la quale stava ricambiando il suo sguardo sorpreso.

-Cos’è che ha fatto lui?-

La ragazza boccheggiò nuovamente. -Ripensandoci… credo che porterò a casa Chris.- sussurrò, facendo dietro front e tornando barcollante al suo posto. Arrossì, quando si accorse che Neal e Christopher stavano entrambi guardando la scena scioccati.

-No, no, aspetta.- esclamò Red, attirandola nuovamente vicino a lei e iniziando a parlarle nell’orecchio. -L’hai detto a Rumpelstiltskin?-

Elise scosse la testa, inorridita. -Sei matta? Vuoi che uccida prima lui e poi me, e poi ci faccia tornare in vita entrambi per poi ucciderci di nuovo?- esclamò, alzando un po’ troppo il tono della voce.

Red, dopo averla guardata qualche secondo in silenzio, scoppiò a ridere e le fece l’occhiolino. -Non ne dubito. Ci penserò io al tuo amico dal cuore spezzato, d’accordo?- disse, con un sorriso che le arrivava fino agli occhi.

-Grazie, grazie mille Red: sei la mia eroina!-

Lei rise. -Mi hai scambiata per un Principe, Elle?-

Elise ricambiò il sorriso e si diresse verso Chris, che continuava a guardarla con un misto di confusione e curiosità.

-Cosa è successo, Elle?-

-Niente di interessante, tesoro. Andiamo a casa, che cosa ne dici?- disse, facendo un sorisino a Neal che, pure lui, stava continuando a seguire ciò stava succedendo.

Il bambino annuì solamente e fece per prendere le sue cose, poi però richiamò Elise e le indicò un punto dietro le sue spalle.

Lei si girò e, con suo sommo terrore, vide la figura di Rumpelstiltskin guardarla da fuori il locale. Le fece un gesto di saluto ed Elise, prima che gli venisse in mente di entrare, si fiondò verso l’uscita, dicendo a Chris che l’avrebbe aspettato fuori.

-Ciao, sweetheart. A cosa devo tutto questo impeto?- le domandò lui, non appena lei gli si buttò tra le braccia.

-Niente. Avevo solo voglia di vederti.-

Rumpelstiltskin alzò un sopracciglio e la guardò dubbioso. -E hai lasciato il ragazzino da solo, solamente per venirmi a salutare?-

-Si, ehm… Chris è abbastanza grande da vestirsi e uscire da solo.- disse a mo’ di spiegazione. Di certo, non poteva rivelargli così su due piedi tutto quello che era successo in quella giornata, altrimenti la vita di Flynn sarebbe stata senza dubbio in guai seri. E dubitava che a Ruby facesse piacere avere il muro macchiato di sangue.

-Salve, signor Gold.- salutò il bambino, uscendo dal locale davanti a Neal Cassidy, che si limitò a lanciare un’occhiata a Elise e a fermarsi poco distante, iniziando ad armeggiare con il cellulare.

-Ciao.- Elise diede una gomitata a Rumpelstiltskin: insomma, se voleva ritrovare suo figlio, doveva avere qualche genere di rapporto amichevole con la gente. -Come stai?- gli chiese, finalmente.

Christopher lo guardò un po’ sorpreso, ma poi sorrise. -Bene e lei?-

-Molto bene grazie.-

Poi, scese il silenzio. Elise alzò gli occhi al cielo, ma doveva ammettere che era più di quanto si era aspettata.

-Allora, Chris, ti accompagniamo a casa. Così, ne approfittiamo per farci una passeggiata al chiaro di luna.-

-A dire la verità, oggi è la notte di Novilunio: la luna, stasera, è completamente assente.-

Elise si girò automaticamente verso Neal, per poi alzare lo sguardo verso il cielo e constatare che, davvero, la luna non si vedeva da nessuna parte.

-Oh.- sussurrò, delusa. -Vorrà dire che faremo la passeggiata alla luce dei lampioni. Per quanto sia decisamente poco fiabesco.- disse, sorridendo a Neal che ricambiò immediatamente.

-Vuoi unirti a noi, Neal?-

-Oh, ehm… A dire il vero sono di fretta.- rispose lui, distogliendo lo sguardo e puntandolo lontano, come se stesse pensando a quello che doveva andare a fare.

-D’accordo. Ci vediamo, allora… Neal.- disse, sottolineando intenzionalmente il suo nome. Il ragazzo la guardò confuso, ma Chris la tirò per una manica e la costrinse a distogliere lo sguardo. -Elle?-

-Si, tesoro, adesso andiamo.- gli rispose, prendendolo per mano e iniziando a camminare. -Rumpel, vieni?-

Lui annuì e l’affiancò. Durante la passeggiata, Elise notò che Chris, ogni tanto, lanciava loro degli sguardi e ridacchiava.

Quando la signora Grayne vide che Chris era tornato a casa accompagnato anche dal Signore Oscuro, abbracciò il figlio e salutò entrambi con un sorriso, al contrario di quello che Elise si aspettava.

-Hai visto, Rumpel?- gli disse, una volta arrivati a casa. -La mamma di Chris non sembrava per niente contrariata dal fatto che ci fossi anche tu.-

-Quella donna non poteva avere figli e ha chiesto il mio aiuto per avere quel bambino. A quanto pare si sente ancora in debito.- le rispose lui, appoggiando la giacca sul divano di Elise.

-Oh, Rumpel! Christopher è un tesoro di bambino! Sai, mentre eravamo da Granny mi ha chiesto se noi due ci vogliamo bene come la sua mamma e il suo papà.- sussurrò la ragazza, ancora intenerita da quella domanda.

Rumpelstiltskin le sorrise, mesto.

-Amore, cos’hai?- gli domandò Elise.

Lui fece spallucce. -Credevo che oggi avrei terminato la pozione per uscire dalla città, invece è scoppiato tutto e sono costretto a rincominciare di nuovo daccapo.- le disse, stringendo i pugni. Elise lo abbracciò e gli fece appoggiare la testa sulla sua spalla.

Non aveva il coraggio di dirgli che, forse, il suo incantesimo aveva funzionato: sarebbe stata troppo grande la delusione se avessero scoperto che Neal era venuto a Storybrooke solo per rivedere Emma.






Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Ehi gente! Si, dopo un secolo sono tornata: siete pronti con ortaggi di tutti i tipi? Me li merito.

Ho approfittato della ritrovata calma delle vacanze di Natale per aggiornare ed ecco a voi un capitolo fresco fresco alla Vigilia! Spero davvero che vi piaccia e vi invito a lasciare una recensione: non vi mangio ;)

Prima di lasciarvi, vi auguro un bellissimo Natale e un Felice Anno Nuovo, anche se spero di rinnovarvi gli auguri domenica prossima se riesco ad essere puntuale!

Un bacione enorme a tutti,

°°Sami°°

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Capitolo 18
*** Meeting. ***


DREAM OF MY DREAMS



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17. Meeting.

Quella mattina di lavoro, Elise si era resa conto che le signore si erano stufate di fare le antipatiche con lei. O forse non se lo potevano più permettere: il loro intestino aveva bisogno delle erbe diuretiche.

-Va bene, Elise: calma e serenità. Non è detto che quella donna sia qui per una scenata di gelosia, giusto?- sussurrò a bassa voce, quando vide entrare la signora Collins.

Si preparò sul viso il sorriso più cortese che le uscì e la salutò. La vecchia signora fece come se non l’avesse sentita e si limitò a posarle davanti una banconota. -Il solito.- disse, glaciale.

Elise si voltò per prendere le erbe e ne approfittò per alzare gli occhi al cielo: per quella donna doveva essere stato un colpo all’orgoglio dover entrare nuovamente nel suo negozio.

-Ecco signora Collins. Buona giornata.- disse al nulla, dal momento che la signora Collins se ne andò imperterrita, dimenticandosi addirittura di prendersi il resto.

Elise sospirò e tornò a servire le clienti, che se ne andavano tutte di corsa, come se il pavimento di quel negozio avesse potuto inghiottirle da un momento all’altro. E pensare che Elise cercava anche di essere gentile.

Quando anche l’ultimo cliente uscì, Elise si permise di tirare un sospiro di sollievo, credendo di potersi godere una noiosissima e normalissima giornata di lavoro.

Si sbagliava: dopo un paio d’ore Neal Cassidy entrò titubante dall’ingresso e prese a guardarsi intorno come un uccellino in gabbia.

-L’incenso è da quella parte.- lo informò gentilmente.

-Come?-

-Beh, di solito la gente che viene qui solo per parlare con me, trova la scusa di volere dei bastoncini di incenso.- gli spiegò Elise, sorridendogli.

Neal si portò una mano dietro la nuca e ridacchiò, palesemente nervoso.

-Quindi, a cosa devo questa visita?-

Neal non rispose.

-Neal… per quale motivo sei venuto a Storybrooke?- gli domandò Elise, facendo il giro del bancone e avvicinandosi a lui. L’uomo aggrottò le sopracciglia, come a cercare di afferrare un ricordo lontano. -Io… non…-

Elise si avvicinò di più, mentre la speranza le cresceva nel cuore come un tornado.

-Sei… sei tu, non è vero?- sussurrò, sorridendo. Neal non rispose, ma le sorrise dolcemente, quel sorriso che Elise aveva visto mille volte nel viso infantile di Baelfire.

-Sei cresciuto così tanto, Bae…- gli sussurrò, prima di buttarsi tra le sue braccia e abbracciarlo più stretto che poté.

-Mi sei mancata tanto, Elise…- disse lui, affondando il viso tra i suoi capelli, mentre Elise cercava di soffocare le lacrime di gioia che premevano per uscire.

-Anche tu mi sei mancato, Bae. Tuo padre sarà così felice di vederti…-

Baelfire si staccò dalla sua stretta e la guardò, improvvisamente scuro in viso. -Non voglio vederlo. Non voglio vederlo mai più.-

-Bae, è normale che tu sia arrabbiato con lui, ma è cambiato da allora. E’ diverso, più umano e ha fatto di tutti per ritrovarti: non sarà così sciocco da rinunciare a te di nuovo.- gli sussurrò la ragazza, posandogli una mano sul braccio.

Baelfire distolse lo sguardo. -Dopo tutte le cose malvagie che ha fatto? Mio figlio mi ha fatto leggere il suo libro, Elise.-

-E’ tuo padre, Bae. Merita una seconda possibilità. Se non vuoi farlo per lui, fallo almeno per me.-

L’uomo la guardò intensamente, aggrottando le sopracciglia. -Lo ami molto, non è vero?-

Elise arrossì e annuì. -Si.- sussurrò, alzando lo sguardo e notando che Bae la stava guardando con un sorrisino soddisfatto.

-Quindi, avevo ragione quando ti ho chiesto se ti piaceva.-

Elise aprì la bocca per rispondere, ma proprio in quel momento il suo cellulare squillò.

-Rumpel?- domandò Elise stranita, rispondendo all’apparecchio.

-Elise. Hai qualcosa da dirmi?-

Elise impallidì. Come faceva lui a sapere che aveva trovato Baelfire, se in quel momento erano a chilometri di distanza?

-Come…?-

-Il tuo amico elfo è stato così carino da venirmi a fare visita, questa mattina. Al  momento, sta fluttuando a testa in giù al centro del mio negozio.-

Elise aprì e chiuse la bocca un paio di volte,alzando lo sguardo su Bae che la fissava con le sopracciglia aggrottate. -Fallo scendere, Rumpel!- esclamò, prendendo le chiavi del negozio e facendo cenno a Baelfire di uscire.

-Non te lo posso garantire, dearie: ha osato posare gli occhi su ciò che è mio.-

Elise sbuffò, chiudendo a chiave il negozio con una mano sola. -Non sono proprio di nessuno, Rumpelstiltskin! E non mi sembra di certo il momento per una scenata di gelosia.-

-Quando credevi di dirmi che ti aveva fatto una proposta di matrimonio?- le domandò ed Elise capì che stava perdendo la calma. Seriamente.

-Pensavo di dirtelo con calma, a dire la verità, dato che non ho dato a questo fatto tutta l’importanza che ci stai dando tu! Ad ogni modo, fai scendere Flynn dal soffitto: io sto arrivando.- chiuse la conversazione e si mise a camminare velocemente verso il negozio di pegni.

-Cos’è successo?- le domandò Baelfire, seguendola.

-Il ragazzo ubriaco che c’era l’altra sera da Granny, lo ricordi?, mi ha fatto una proposta di matrimonio e tuo padre lo è venuto a sapere da lui invece che da me.-

Bae spalancò gli occhi. -E ti ha fatto una scenata di gelosia?-

Elise grugnì. -Tutto ciò che volevo evitare.-

Il ragazzo la seguì senza dire altro ed Elise sperò che Rumpelstiltskin non decidesse di tirare fuori il suo lato peggiore proprio quando suo figlio sarebbe entrato nel negozio con lei. Sempre se il figlio in questione non avesse deciso fare un immediato dietro front.

-Credi veramente che sia cambiato?- le sussurrò, a pochi passi dal negozio di pegni.

Elise si fermò. -Si, lo credo. Ma credo anche che abbia bisogno di tempo e, soprattutto, d’amore.- disse, poi spinse la porta del negozio.

Alzò gli occhi: a quanto pareva, Rumpelstiltskin non le aveva dato ascolto, dato che Flynn stava ancora penzolando a testa in giù a due metri da terra.

-Rumpelstiltskin!- esclamò spalancando le braccia esasperata, rivolgendosi all’uomo che guardava lo spettacolo con un mezzo sorriso soddisfatto. Flynn gemette.

-Non lo trovi ispirante?- sussurrò, posando finalmente gli occhi su di lei.

Elise roteò gli occhi. -Mi dispiace di non avertene parlato prima, Rumpel, davvero. La verità è che non avevo la più pallida idea di come comportarmi.- lui le lanciò un’occhiata, che ad Elise sembrò sinceramente preoccupata. -Non fraintendermi: lo sai che io amo solo te. Solo che Flynn mi è stato vicino quando ero sola e la nostra amicizia non poteva finire in quella maniera. Volevo capire come potevamo tornare amici.- gli spiegò. -Ma forse semplicemente non potremmo più tornare come prima. E non per mia volontà.-concluse, alzando gli occhi al soffitto.

Flynn la stava fissando e, da quella posizione, Elise non riusciva a capire esattamente che espressione avesse, ma sicuramente era al limite della sopportazione.

-Ora fallo scendere, per cortesia.-

Rumpelstiltskin schioccò la lingua, ma la accontentò: Flynn piombò sul pavimento con un tonfo ed Elise gli corse accanto, terrorizzata che si fosse rotto l’osso del collo.

-Tutto bene?-

-Si, più o meno…- rispose lui, alzandosi faticosamente. -Grazie, Elise.-

Elise scosse la testa. -Sei proprio un testardo.- gli sussurrò, sorridendogli timidamente. -Ora è meglio che tu vada.-

Flynn annuì. -Grazie.- soffiò nuovamente tra i denti, voltandosi e uscendo dal negozio a passi incerti, superando Bae che li stava guardando come se fossero tutti impazziti. Elise si ritrovò a ridacchiare alla sua espressione sorpresa.

-E lui cosa ci fa qui?-

Elise trattenne il fiato e si girò verso Rumpelstiltskin, che stava guardando l’intruso con un sopracciglio alzato. Elise tornò a guardare Bae e gli mimò un -Forza- con le labbra.

-Allora?-

-Io… Ehm, io…-

Elise sospirò. No, quella di estraniare facilmente i propri sentimenti non era per nulla una qualità della famiglia di Rumpelstiltskin.

-Neal è venuto perché gliel’ho chiesto io.- disse Elise, avvicinandosi all’uomo. -Ti ricordi quell’incantesimo che abbiamo provato un po’ di tempo fa, Rumpel?-

-Certo.- le rispose lui, guardandola confuso.

-Noi credevamo non avesse funzionato. In realtà, la soluzione è sempre stata davanti ai nostri occhi.- gli sussurrò, trattenendo il fiato nell’aspettare la sua reazione.

Lo sguardo di Rumpelstiltskin saettò da Elise a Baelfire per qualche secondo.

-Bae?- sussurrò, con la voce rotta.

Il ragazzo annuì, serio e aspettò immobile che il padre si avvicinasse.

-Bae… perdonami, Bae.- gli sussurrò, con le lacrime agli occhi. Si sporse per abbracciarlo, ma Baelfire fece un passo indietro.

-Non ti posso perdonare. Non posso perdonare che tu abbia scelto tutta quella… magia anziché me.- alzò il braccio e indicò Elise con un cenno. -Io non so come abbia fatto lei, ma con me non basteranno delle semplici scuse.-

-Per favore, Bae, per favore. Resta, dammi una seconda possibilità. Ti prego.- gli sussurrò, cercando di accarezzare il braccio al figlio, che si tirò indietro nuovamente. Elise avrebbe voluto fargli capire che non era il caso di trattarlo così male, ma sapeva che anche lui aveva bisogno di tempo, proprio come Rumpel: dopotutto, era stato abbandonato quando era appena un ragazzino.

-Resterò, ma non per te: per mio figlio. Non lo abbandonerò come hai fatto tu.-

Elise, a questo punto, non poté fare a meno di lanciare a Baelfire un’occhiataccia, che fu altamente ignorata. La ragazza si chiedeva come poteva pretendere di essere un buon padre se prima non perdonava il suo. Scosse la testa: doveva cercare di non far annebbiare il suo giudizio dall’amore per Rumpelstiltskin.

-Bae…-

-Sono venuto qui perché Elise me l’ha chiesto, ma credo che abbiamo già parlato abbastanza. Non ho intenzione di mettere mai più piede qui dentro.- disse, aprendo la porta del negozio. Prima di uscire, si volse verso Elise e le fece un cenno con la testa.

La ragazza spalancò la bocca per salutarlo, ma Bae uscì talmente velocemente che non riuscì a spiccicare nemmeno mezza parola.

Il campanello annunciò la chiusura della porta del negozio di pegni e sia Elise che Rumpelstiltskin rimasero in silenzio per alcuni minuti, senza sapere come comportarsi, cosa fare, cosa dire e, forse, nemmeno cosa pensare.

Elise non avrebbe mai pensato che quell’incontro si sarebbe svolto a quella maniera. Lei aveva sempre immaginato abbracci, lacrime di felicità e la promessa che non si sarebbero lasciati mai più e, quando aveva capito che la loro famiglia era anche più grande di quello che pensavano, la sua speranza era perfino aumentata.

E invece aveva visto il loro futuro felice frantumarsi davanti ai suoi occhi in mezzo secondo netto.

-Dannazione!-

Elise alzò di scatto la testa. -Rumpel, no!-


Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Salve a tutti! Come state? Vedo che non commentate più (ringrazio tanto Nimel17 per le moltissime recensioni ai capitoli precedenti, a cui risponderò con calma), ma io continuo imperterrita ad aggiornare!

Domani inizia scuola e sono in fase depressiva, quindi vi saluto subito e vi invito a recensire. Ringrazio in ogni caso tutte le splendide, adorabili persone che hanno inserito la storia in una lista e/o che leggono il capitolo!!!

Un bacione,

°°Sami°°

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Capitolo 19
*** Together. ***


DREAM OF MY DREAMS





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18. Together.

Elise era allibita e terrorizzata.

Rumpelstiltskin stava distruggendo le teche del suo negozio, prendendole a pugni con tutte le sue forze. I vetri si rompevano come se fossero stati di carta e l’uomo non si fermava, colto da una rabbia improvvisa e totale.

Sembrava non sentisse nemmeno il dolore dovuto al vetro che si frantumava e alle schegge che lo graffiavano.

-Rumpel, fermati!- esclamò Elise, agghiacciata, quando vide le nocche e le mani del suo folletto iniziare a sanguinare copiosamente. -Rumpelstiltskin, basta!-

Ma lui non le dava retta, era come se non la sentisse. Elise, ad un certo punto, corse da lui e gli si parò davanti, prendendolo per le spalle e iniziando a scuoterlo con forza per farlo calmare.

-Smettila! Così non concluderai un bel niente!- gli urlò, continuando a stringergli forte le spalle, sperando che almeno quel dolore lo facesse tornare in sé.

L’uomo, dopo averla fissata per qualche secondo, sospirò e fece cadere le braccia lungo i fianchi, appoggiando la testa alla spalla di Elise e iniziando a singhiozzare disperato. Elise iniziò ad accarezzargli i capelli e, lentamente, lo condusse nel retrobottega dove c’era un piccolo lavandino.

-Vieni, amore. Ti lavo le ferite.- gli sussurrò, facendolo sedere su una sedia e guardandolo con dolore, mentre si appoggiava al muro, sfinito. Era come se non avesse la forza per rimanere seduto senza il sostegno del muro del suo negozio.

Elise gli prese delicatamente le mani, iniziando a passarle sotto l’acqua fredda, cercando di togliere tutte le schegge che gli erano entrate nella carne, anche se le sembrava una missione impossibile, tanto piccoli erano i pezzi di vetro.

-Rumpel… forza, guarisciti.- gli disse ad un certo punto, vedendo che l’acqua fredda non bastava a far fermare il sangue.

-No.- sussurrò lui, dalla sua postazione abbandonata addosso alla parete. -Non ne ho voglia.-

-Come non ne hai voglia, Rumpelstiltskin?!? Ti sembra il modo di abbatterti?-

-Mio figlio mi odia e il peggio è che ha perfettamente ragione. Tutto quello per cui ho combattuto non è servito a nulla. Non c’è lieto fine per me.- sussurrò, più sconsolato di come l’avesse mai visto Elise. Solitamente si arrabbiava, si irritava, ma non l’aveva mai visto così insicuro e abbattuto.

La ragazza rimase per un attimo senza parole.

-Il lieto fine non è mai facile, Rumpelstiltskin: bisogna lottare per ottenerlo e non bisogna arrendersi mai. E poi- sussurrò, accarezzandogli una guancia. -lo sai che puoi sempre contare su di me. Non ti lascerò mai più solo.-

Rumpelstiltskin la guardò per qualche secondo, poi annuì e si lasciò abbracciare nuovamente dalla ragazza, che lo strinse dolcemente.

-Avevo ragione quando dicevo che mi salvi ogni giorno.- le sussurrò all’orecchio. Elise sorrise, sentendosi andare in brodo di giuggiole, sebbene sapesse che quello non era il momento adatto per certi pensieri.

-Forza, adesso: guarisci quelle ferite.-

L’uomo fece come gli aveva detto, ed Elise vide i tagli chiudersi magicamente, finché le sue mani non tornarono pallide e pulite. Lei le strinse e intrecciò le dita con le sue.

-Dagli un po’ di tempo, Rumpel. Vedrai che si risolverà tutto.-

 

Oh, adesso mi sente, pensò Elise un paio di giorni dopo. Aveva cercato Bae durante le pause pranzo, ma sfortunatamente per lei e fortunatamente per lui, non le era mai capitato di incontrarlo. Almeno fino a quel momento.

Entrò da Granny e fece un cenno a Ruby con la mano, poi si diresse al tavolo dove Baelfire stava pranzando con Emma e Henry.

Una piccola parte del suo cervello pensò che, se quei tre consumavano i pasti insieme, significava che le cose tra i genitori di Henry si stavano aggiustando e Elise non poteva essere altro che immensamente felice per quel bambino.

In ogni caso, in quel momento non poteva pensare anche a quello: aveva ben altro da fare.

-Ehi.- esclamò, attirando immediatamente l’attenzione. Baelfire e Henry le sorrisero raggianti e solo in quel momento Elise si accorse di quanto sia assomigliassero quelle due espressioni. Si diede della sciocca per non aver mai collegato le due cose.

-Devo parlarti.- disse rivolta all’uomo, che la guardò con un’espressione interrogativa che, in altre occasioni, avrebbe l’avrebbe fatta ridacchiare. -Usciamo.- disse, indicando con un ampio gesto del braccio la porta, trattenendo a stento la rabbia che minacciava di farla esplodere. In quei due penosi giorni, il suo Rumpelstiltskin non era praticamente mai uscito di casa e non aveva fatto altro che fare spola tra il divano e il letto di casa sua, quando le cose andavano bene. Quando andavano male, prendeva tutti i bicchieri e i piatti che riusciva a trovare nella sua credenza e li lanciava contro il muro, fracassandoli con tutta la sua forza. Poi li riparava con la magia e rincominciava da capo.

Elise lo lasciava fare, finché non vedeva che la cosa degenerava e, allora, cercava di spingerlo nella direzione opposta che, a sua volta, degenerava e così via.

Per questo motivo la ragazza non riusciva più a sostenere quella situazione.

-Per quale motivo dovremmo uscire?- le domandò Baelfire, palesemente confuso.

-Lo dico per te: a me non fa differenza.-

-Dunque, dimmi pure tutto.- le disse, non muovendosi di un millimetro dalla sua posizione seduta.

Elise fece un sospiro profondo e gli puntò il dito sul petto, imponendosi di stare calma.

-Tu!- esclamò -Tu lo sai che io ti voglio un bene dell’anima, Baelfire, ma non ti permetto di far soffrire a quella maniera l’uomo che amo, sono stata abbastanza chiara?-

Bae aggrottò le sopracciglia, capendo dove voleva andare a parare la ragazza. -Mi ha abbandonato!- disse a denti stetti, guardando Elise con una determinazione così rabbiosa che la ragazza trasalì per un attimo.

Baelfire si stava aggrappando con le unghie e con i denti a quel motivo, nascondendosi dietro ad esso per cercare di soffocare il dolore immenso dell’abbandono. Elise capiva come quell’episodio l’avesse segnato così profondamente, tanto che se lo trascinava ancora dietro dopo anni e anni. Ma era anche convinta che, se gliene avesse dato la possibilità, Rumpelstiltskin sarebbe stato capace di cicatrizzare quella ferita, anche senza l’uso della magia.

-Anche tu l’hai fatto! Tu hai abbandonato Emma e tuo figlio che non era ancora nato e non me ne frega un tubo se dici che non lo sapevi!- Elise, a quel punto, iniziò a urlare, incurante di Henry ed Emma, che la guardavano scioccati. -Dovresti dimostrare gli anni che hai, invece dimostri solamente che tuo figlio è più maturo di te: lui ha dato una seconda possibilità ad entrambi i suoi genitori, sebbene non lo meritaste e lui non se ne è mai pentito!- fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. -Rumpelstiltskin ha rimpianto ogni giorno della sua vita di averti lasciato cadere in quella buca, Bae, e io rimpiango ogni giorno della mia vita di non essere stata lì con voi in quel momento, ma il passato non si può cambiare, il futuro si. Basta sofferenza, basta dolore. Prova a perdonarlo, provaci, e dagli la possibilità di mostrarti quant’è cambiato da allora.-

Alla fine del discorso, Elise prese un respiro profondo e chiuse gli occhi.

-Papà?- lo chiamò timidamente Henry, ad un tratto. -Elle ha ragione: dovresti dargli una seconda possibilità.-

Bae abbassò lo sguardo. -Io… non credo…-

-E’ pur sempre il tuo papà!- esclamò il ragazzino. Ad Elise si riempì il cuore di tenerezza e sorrise leggermente ad Henry, mimandogli un grazie con le labbra.

Alzò lo sguardo verso Emma e la vide fissare assorta Baelfire e il figlio, come a cercare di prevedere la loro prossima mossa; era talmente concentrata che si accorse dopo qualche secondo che Elise la stava fissando. A quel punto, anche lei sorrise leggermente. -Ha ragione, Neal.- disse.

Lui alzò di scatto la testa.

-Non credevo l’avrei mai detto, specialmente non su Gold, ma loro hanno ragione.-

Elise fece un sospiro di sollievo: forse, loro potevano cercare di farlo ragionare. La ragazza strinse una spalla a Bae e gli sorrise incoraggiante, poi salutò con un cenno del capo Emma ed Henry e se ne andò.

Appena fuori dal locale, il cuore iniziò a batterle fortissimo: doveva avere fatto la figura della pazza psicopatica lì dentro, ma se quell’attacco isterico sarebbe servito a sistemare le cose, ne sarebbe valsa la pena.

Era appena arrivata a casa, che le arrivò un sms da Red.

 

Cosa è successo? -R

Neal è Baelfire, il figlio di Rumpel. Hanno litigato e R sta malissimo. -E

Sei sempre la solita! Farti gli affari tuoi mai, eh? ;) -R

Mi conosci ormai :P E tu non hai visto in che stato è ridotto… dovevo cercare di fare qualcosa. -E

Mi racconterai meglio. -R

 

Elise ridacchiò: lei e Red avevano un’empatia che non aveva mai avuto con nessuno. E Elise l’adorava.

-Rumpel, sono tornata!- esclamò, dirigendosi a colpo sicuro verso il salotto.

-Ciao, dearie. Dove sei stata?- le domandò lui, continuando a fare noiosamente zapping con il telecomando.

-Un po’ qui, un po’ là… ho preso una decisione, comunque.- affermò, sedendosi accanto a lui e costringendolo a guardarla.

-Ovvero?-

-Ovvero: domani aprirai il negozio.-

Rumpelstiltskin roteò gli occhi e sbuffò.

-Non fare il bambino, Rumpel: ti sei già goduto abbastanza la tua casa. E’ ora di uscire un po’ all’aperto. Reagisci, accidenti! Non ti riconosco più!-

Con una mossa fulminea, l’uomo le si avvicinò, finché non le arrivò ad un palmo dal naso.

-Mi hai convinto, dearie. Ma direi di incominciare con qualcosa di più piacevole, non credi?- le sussurrò.

Elise rise e lo baciò di slancio, passandogli le braccia dietro al collo e stringendosi a lui.

 

-Su, su: non ci vuole una laura in ingegneria, non credi, dearie?-

Elise gli fece la linguaccia. -Non siamo tutti geni come te, Rumpel. Abituati a stare in mezzo alle persone comuni.-

Rumpelstiltskin rise e le si avvicinò, posandole un bacio sulla guancia. Poi le prese l’ago dalle mani e iniziò a cucire con delicatezza la copertina del libro.

-Sarai anche un po’ antipatico, ma come restauratore sei un genio!- esclamò la ragazza ridendo e abbracciando di slancio l’uomo, facendogli cadere di mano l’ago. Rumpelstiltskin sbuffò, poi ricambiò delicatamente l’abbraccio, iniziando a ridere sommessamente.

Ad un tratto, il campanellino del negozio suonò, così Rumpelstiltskin superò le spesse tende rosse ed Elise lo sentì salutare il presunto cliente.

Aguzzò l’udito, sperando di capire chi era senza dover fare la spia, ma per i successivi due minuti non sentì proprio nulla. Così, scostò leggermente le  tende rosse e diede un’occhiata.

Elise per poco non si strozzò con la sua stessa saliva: Bae e Rumpelstiltskin stavano parlando come due persone normali, senza gridare, senza darsi contro, senza accusarsi. La ragazza aveva la tentazione di uscire saltellando dal retrobottega e saltare addosso ai due uomini, ma si impose di aspettare che la conversazione finisse e che quei due si chiarissero per davvero. Una volta per tutte.

Rimase a spiocchiare per qualche altro minuto, indecisa se uscire allo scoperto oppure no, quando Rumpelstiltskin allargò le braccia e abbracciò il figlio, subito ricambiato.

La ragazza sentì le lacrime di gioia pizzicarle gli occhi e si slanciò verso di loro, non riuscendo a trattenersi ancora.

I due uomini furono sbilanciati per un attimo dal suo peso, ma poi l’avvolsero nell’abbraccio. Elise li strinse forte, ridendo, felice che quell’immagine rispecchiasse così bene i suoi desideri.

-Ero sicura che la mia sfuriata avrebbe avuto qualche effetto, Bae.- sussurrò Elise, schioccando un bacio sulla sua guancia.

-Che sfuriata?- domandò Rumpel, staccandosi leggermente da loro e aggrottando le sopracciglia.

Elise e Baelfire si guardarono e si sorrisero. -Nessuna sfuriata, papà. Tu hai parlato di sfuriata, Elise?- le domandò, ironico.

-No e tu?-

Lui scosse la testa, guardandola divertito.

-Cosa devo fare io con vuoi due?- sussurrò Rumpelstiltskin, posando un bacio tra i capelli di Elise. Loro, per tutta risposta, scoppiarono a ridere ed Elise sentì che, finalmente, erano tornati ad essere una famiglia.

 

-Rumpel? Sei felice?- domandò Elise, accoccolandosi di più addosso la lui e affondando la testa sul cuscino.

-Certo che lo sono, dearie.- le rispose lui, passandole una mano sui fianchi e facendola rabbrividire per il gelo delle sue mani. Elise ridacchiò.

-Anche io, sai?-

-Lo so, amore mio.- disse, prima di baciarla. A Elise piaceva molto il sapore delle labbra di Rumpelstiltskin: sarebbe rimasta a baciarlo per ore e ore, senza essere mai sazia di lui.

-Hai visto che avevo ragione?-

-Ragione su cosa, dearie?-

-Sul fatto che anche tu avresti avuto il tuo lieto fine.-

Rumpel ridacchiò. -Si, avevi ragione sweetheart. Ma adesso non montarti la testa per questo.-

Elise gli fece la linguaccia. -Cosa succederà adesso?- domandò poi, titubante. -Torneremo nel nostro mondo?-

L’uomo fece spallucce. -Non lo so, dearie. Staremo a vedere.-

La ragazza annuì e si strinse di più a lui. Dopotutto, non le importava: un mondo valeva l’altro. Le bastava solamente avere la sua famiglia al suo fianco.





Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Salve a tutti! Chiedo immensamente scusa per questo mio orribile, terribile e raccapricciante ritardo: purtroppo la scuola mi ha uccisa e, sebbene questo ultimo capitolo fosse finito da un pezzo, non ho mai avuto il tempo -ne la pazienza, lo ammetto.- di rivederlo, correggerlo e pubblicarlo. Ora mi sto godendo l'estate e mi sono messa di buona lena per farlo.

Insomma, spero che questo ultimo capitolo vi sia piaciuto almeno un pochetto e vi invito a recensire: risponderò sicuramente, questa volta, con tutta la calma che questa stagione può offrire.

Non posso dire di essere triste di aver pubblicato questo capitolo, dato che ho detto addio a Rumpel ed Elise parecchio tempo fa, ma devo ammettere che mi ha fatto un certo che rileggere il capitolo. Insomma: ho amato scrivere questa storia, ho amato sognare l'amore di questi due e, per quanto poco, immedesimarmi in loro. Spero con tutto il cuore che vi possa trasmettere qualcuna delle emozioni che ha trasmesso a me mentre lo scrivevo.

Vi mando un bacione e, per ora, vi auguro una buona estate: chissà che non ritorni con un'altra long o una shot.

Un bacione a tutti,

°°Sami°°


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