Dream Of My Dreams di samy_97_ (/viewuser.php?uid=43613)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione. ***
Capitolo 2: *** Surprise. ***
Capitolo 3: *** Games. ***
Capitolo 4: *** Colors. ***
Capitolo 5: *** Accidents. ***
Capitolo 6: *** Conversations. ***
Capitolo 7: *** Desperation. ***
Capitolo 8: *** Magic. ***
Capitolo 9: *** Confessions. ***
Capitolo 10: *** Angry. ***
Capitolo 11: *** Ties. ***
Capitolo 12: *** Pain. ***
Capitolo 13: *** Truly. ***
Capitolo 14: *** Kisses. ***
Capitolo 15: *** Spell. ***
Capitolo 16: *** Proposal. ***
Capitolo 17: *** Drinks. ***
Capitolo 18: *** Meeting. ***
Capitolo 19: *** Together. ***
Capitolo 1 *** Prefazione. ***
DREAM
OF MY DREAMS
PREFAZIONE.
Correva.
Correva e i polmoni le
scoppiavano.
Correva, i polmoni le
scoppiavano e la strada per il bosco non le era mai sembrata così
lunga.
Voleva che quelle persone
smettessero di inseguirla armate di pietre, voleva che smettessero di
urlarle “strega” e “mostro” ad ogni passo.
Lei non aveva fatto niente.
Aveva solamente seguito il suo
istinto e, ora, il bambino che abitava nella capanna vicino alla sua
respirava ancora.
Non aveva fatto nulla di male,
ma nessuno prima di lei era riuscito a curarlo. E l’avevano
accusata di stregoneria.
E la magia, in quel periodo,
faceva paura, perché attirava i guai più disparati.
Inciampò. E praticamente
immediatamente sentì le prime pietre colpirle la schiena, poi
alcune braccia robuste la fecero alzare, stringendole il braccio
talmente forte da farla gemere.
* * *
Non era una buona idea, Gabrielle Chease lo
sapeva bene.
Lei era stata
chiarissima sul fatto che non voleva che si avvicinasse più a
suo figlio eppure, quando aveva scoperto che andava da Granny tutte
le mattine assieme alla sua vera mamma, non poteva fare a meno di
andarlo a trovare. Si raccoglieva i capelli rossi e si metteva un
cappuccio che nascondeva in parte la sua identità.
Quella mattina, si sedette al suo solito
tavolo, quello più vicino alla porta e che dava sulle vetrate,
e ordinò a Ruby una cioccolata calda, ideale durante quel
freddo.
La cameriera le sorrise e sparì dietro
al bancone.
Gabrielle era uscita un paio di volte con Ruby,
Mary Margaret e Ashley e le aveva trovate davvero molto simpatiche e
divertenti. Sfortunatamente, lei abitava dall’altra parte della
città e la gestione della sua erboristeria la costringeva a
ore ed ore di duro lavoro e pochissimo svago.
Lei non aveva molte amiche e sicuramente non ne
aveva di vere.
Guardò il bambino da dietro un giornale.
Dio, si sentiva così tanto una stalker,
ma proprio non riusciva a separarsi da quel bambino, così
dolce e intelligente, saggio e maturo; era come una reminescenza, un
altro bambino con gli stessi occhi scuri, in un’altra vita.
Gabrielle scosse la testa e cacciò dalla
sua mente quel deja-vù con forza: ci mancava solo la pazzia,
aggiunta a tutte le sue strane qualità, non ultima quella di
tenere il cappuccio in un luogo chiuso.
Bevve la sua cioccolata calda lentamente,
stando attenta a non scottarsi la lingua, pensando che no, non si
sarebbe dovuta trovare lì. Se lei l’avesse
saputo…
Fece un sospiro e guardò l’orologio:
era tardi, doveva andare ad aprire l’erboristeria. Si alzò
e lasciò i soldi sul tavolino, sapendo che Ruby li avrebbe
visti e presi.
Diede un’ultima occhiata ad Henry, prima
di avviarsi verso l’uscita.
Stava aprendo la porta quando la voce la fermò.
-Gabrielle!-
Angolino
dell'autrice: Ciao a tutti,
conoscenti e non. Dunque, questa volta sono qui con una long che,
spero, non sarà nemmeno l’ultima. Come avrete
sicuramente capito, le parti a inizio capitolo in corsivo sono i
flashback, mentre quelle a carattere normale sono ambientate a
Storybrooke.
Questa storiellina è nata così,
senza un perché: tuttavia, dato che adoro stravolgere le
storie originali e aggiungere nuovi personaggi, ho provato questo
piccolo esperimento.
Insomma, ora come ora più di tanto non
posso rivelare dato che siamo solo al prologo, ma spero seguirete la
mia storia e mi diciate la vostra opinione!
A proposito: io sono un’amante delle
immagini a inizio capitolo, quindi ve ne ritroverete parecchie ;) In
questa fic, l’attrice che “interpreta” Gabrielle è
Molly Quinn, Alexis Castle, per chi conoscesse la serie.
Un bacione,
°°Sami°°
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Capitolo 2 *** Surprise. ***
DREAM
OF MY DREAMS
1. Surprise.
Pregava quell’uomo di non
farle male. Lo pregava di lasciarla andare, perché lei non
aveva fatto nulla.
Ma lui non sentiva ragioni, e
le gridava in faccia quanto l’avessero sempre ritenuta strana,
con i suoi occhi azzurri e i capelli rossi.
Lei piangeva, cercando di
divincolarsi e cercando di proteggersi dalle pietre che continuavano
a colpirla senza pietà. Sapeva che stava per morire, che
quegli uomini non l’avrebbero mai lasciata andare.
-Non è il modo di
trattare una signorina, non trovate?-
Alzò lo sguardo.
Un uomo con abiti eleganti
stava fermo in mezzo alla strada e guardava quel tumulto con un
sorriso di scherno sul volto scuro e rugoso.
Iniziò a tremare più
violentemente.
Non sapeva per quale motivo
quell’uomo -quella cosa- fosse lì, ma il suo istinto le
urlava di stargli lontano, di scappare da quella creatura mostruosa.
L’uomo si avvicinò
lentamente, con quel sorrisino stampato sul viso, e, come di
riflesso, i suoi aguzzini smisero di colpirla e la lasciarono andare.
Cadde a terra, tra la sabbia e
la polvere e rimase immobile, finché l’uomo non le
arrivò a un palmo dal viso e rise, di una risata acuta e
pazza.
-Facciamo un accordo, dearie?-
le domandò, senza smettere di ridere, come se trovasse la
situazione divertente.
Lei rimase ferma immobile,
senza osare nemmeno respirare.
-Io ti salvo la vita e, in
cambio, tu mi dovrai, diciamo, un piccolo favore.-
Il viso dell’uomo
trasmetteva solo un vivo divertimento e lei non capiva cosa ci fosse
di tanto esilarante nella sua situazione o nella sua figura.
-Allora, dearie? Non ho tutto
il giorno!-
Lei annuì. Non aveva
altra scelta e non voleva morire in quel posto, nella strada su cui
aveva giocato da bambina e per mano delle persone che conosceva da
sempre.
Non voleva morire e basta.
-Ottima scelta, dearie. Saluta
i tuoi amici.- disse, prima che una nebbia grigia li avvolgesse.
Quando riaprì gli occhi,
si ritrovò in un bosco, in cima a quella che doveva essere una
piccola collinetta, formatasi nei secoli.
Alle sue spalle svettava una
casetta, che aveva tutta l’aria di essere stata costruita da
poco.
-Allora, dearie, da oggi in poi
sarai la nostra cameriera!-
L’uomo la guardò
ghignando felice, e le indicò con un esagerato gesto delle
mani la casa, che lei aveva notato già da un pezzo. Però,
non appena aguzzò la vista, vide un bambino fermo sulla porta
di casa, che guardava verso di loro piuttosto confuso.
Lei non poté fare a meno
di sorridergli, tranquillizzante. Chissà se quel mostro aveva
portato lì anche lui, rendendolo preda di un accordo.
-Lui è mio figlio. Bae,
vieni a conoscere la nostra nuova cameriera.-
Il bambino si avvicinò e
le porse la mano, cortese.
-Sono Baelfire. Qual è
il tuo nome?-
-Elise. Mi chiamo Elise.-
* * *
-Gabrielle!-
La ragazza si girò e guardò
sorpresa Henry, mentre le correva incontro e le abbracciava le gambe.
-Henry, tesoro, ciao.-
Il bambino alzò la testa e, nel suo
sguardo, Gabrielle vide felicità e un pizzico di rimprovero.
-Perché non sei più venuta a trovarmi?-
Gabrielle si inginocchiò alla sua
altezza, lasciando che il cappuccio le scivolasse dalla testa. -Mi
dispiace, Henry. Non ho potuto. Io… avevo da fare.-
Il bambino fece un passo indietro e crucciò
la fronte, in un’espressione che alla ragazza sembrò
troppo matura per un bambino della sua età.
-E’ stata mia madre, vero? A lei non sei
mai stata simpatica: non le piaceva quando passavi del tempo con me…-
La ragazza sorrise ad Henry, sorprendendosi non
poco per la sua acutezza ed intelligenza.
-Mi scusi, lei è…?-
Gabrielle si alzò in piedi davanti ad
Emma Swan e ai suoi capelli incredibilmente biondi.
-Sono Gabrielle Chease. Un anno fa ero la
babysitter di Henry.-
-Fino a che mia madre non l’ha
licenziata!- si intromise il bambino, incrociando le braccia e
avvicinandosi di più alla sua mamma.
Gabrielle scosse le spalle e sorrise mesta.
-Le ha proibito di vederlo?- le domandò
Emma, prendendola di sorpresa.
-Si.-
-Certo. E’ un cliché, la capisco.
E sappia che, se Henry tiene a lei, potrà vederlo tutte le
volte che vorrà. Per lo meno quando è con me.-
La ragazza non sapeva se Emma gliel’avesse
detto solamente perché voleva fare un dispetto al sindaco, ma
era sicura che volesse veramente bene ad Henry e avrebbe fatto di
tutto pur di farlo felice.
-Grazie.- sussurrò, sorridendole
radiosa, tanto che Emma non poté fare a meno di ricambiare.
-Dove abiti, Gabrielle?-
-Dall’altra parte della città. Non
vengo qui molto spesso, perché…- la ragazza si bloccò,
pensandoci un attimo. -Non so perché.- concluse, scuotendo le
spalle.
-Beh, in ogni caso ci troverai sempre nei
paraggi.-
-Grazie Emma, grazie davvero.- disse,
stringendole le mani. -Ora devo proprio andare ad aprire il negozio.-
Gabrielle diede un sonoro bacio ad Henry, che
ridacchiò, e uscì dal locale salutando Ruby da dietro i
vetri.
Svoltato l’incrocio, si mise a correre
come se non ci fosse un domani. Era tremendamente in ritardo, e solo
il Cielo sapeva quanto si sarebbero lamentate le clienti che quasi
ogni mattina passavano da lei a prendere il solito sacchetto di erbe
diuretiche.
La ragazza ridacchiò e si passò
un mano sul viso distrattamente. Fu proprio in quel momento che,
girato un angolo, diede una spallata ad un uomo, perdendo
l’equilibrio e cadendo rovinosamente a terra.
-Mi scusi, mi scusi, sono così sbadata…-
disse, alzando la testa. Rimase allibita quando incontrò gli
occhi scuri del signor Gold, che la guardava dall’alto della
sua potenza con uno sguardo che avrebbe riservato solo al più
misero degli insetti. Per lo meno finché non mise a fuoco il
suo viso.
Gabrielle si alzò in fretta,
spolverandosi i jeans. -Mi scusi. Non l’avevo vista.- disse,
fredda.
Il signor Gold non le era mai andato molto a
genio.
Lei viveva in uno dei pochi edifici della città
che non gli appartenevano, quindi non aveva mai avuto modo di
parlarci, ma dai resoconti dei suoi conoscenti era un vero mostro.
-Non si preoccupi. Non è successo
niente. Lei, piuttosto, sta bene?-
Gabrielle alzò un sopracciglio, ma gelò
quando sentì, in lontananza, il campanile suonare le otto.
-Non… non esattamente. Devo andare,
arrivederci.-
Si voltò e riprese a correre. Le
sembrava di non aver fatto altro per tutta la vita. E la strada non
le era mai sembrata così lunga.
-Si signora Smith, è mezzo etto preciso.
Si, e mi scusi per il ritardo, ho avuto un piccolo disguido per
strada. Arrivo, signora Collins. Si, è proprio dietro quello
scaffale, come ieri mattina.-
Gabrielle si chiedeva come riusciva a resistere
fino a fine giornata. Era tutto un correre avanti e indietro,
impacchettare erbe, ascoltare gli ultimi pettegolezzi, correre a
prendere una data pianta, spiegare la sua funzione, impacchettarla e
ascoltare pettegolezzi. Così, come un circolo vizioso fino
alle quattro del pomeriggio. E senza pausa pranzo.
Poi chiudeva il negozio, mangiava un panino al
volo e correva verso la casa della signora Violet Grayne, per
prendere il figlio Christopher, portarlo a casa sua e fargli fare i
compiti.
La signora Grayne era anziana per avere un
figlioletto così piccolo e per mantenere la famiglia doveva
stare a lavoro fino a tardi, come il marito: per questo avevano
bisogno di una babysitter che si prendesse cura del piccolo
Christopher, un bambino incredibilmente minuto per i suoi otto anni,
ma vispo e intelligente.
-Chris! Sono qui! Forza, forza pigrone!-
esclamò, entrando in casa grazie alle chiavi che aveva da
tempo immemorabile.
Il bambino scese rumorosamente le scale e la
abbracciò di slancio, correndo a prendere il suo zaino sul
divano e mettendoselo in spalla, come di routine.
Gabrielle fece capolino in cucina e saluto la
signora Grayne, che le rivolse un dolce e stanco sorriso di
gratitudine. Chris era la luce della sua vita, ma si vedeva lontano
un miglio che non riusciva a badare a lui come avrebbe voluto, e non
perché fosse una madre poco affettuosa.
-Elle, cosa facciamo oggi?- le domandò
il bambino, mentre si dirigevano verso casa, facendo dondolare le
loro mani avanti e indietro.
-Prima di tutto devi fare tutti i compiti di
matematica e geografia. Poi, se farai il bravo, ti porto a prendere
qualcosa da Granny.-
-Una cioccolata calda con panna?- domandò
lui, speranzoso.
Gabrielle sorrise. Una volta, in piena estate,
Christopher aveva chiesto a Ruby una cioccolata calda che lei,
ovviamente, gli aveva rifiutato. Ci era rimasto talmente male che
Gabrielle era andata al supermercato a comprargliela e lui l’aveva
bevuta tutta, sebbene facesse un caldo del demonio.
Anche in quel momento, anche se si stava
avvicinando la primavera, il bambino aveva una voglia pazza di
cioccolata calda che, Gabrielle lo sapeva, non avrebbe mai avuto
cuore di negargli: adorava quel ragazzino.
Non ci misero molto a terminare i compiti. Da
che ricordava, la maestra dava solo il minimo indispensabile ai suoi
alunni, proprio per non rovinare loro i pomeriggi.
-Andiamo da Granny a prendere la cioccolata, eh
Gabrielle?-
-Si, certo Chris. Mettiti il cappotto, mi
raccomando!-
Uscirono di casa che il cielo era quasi del
tutto buio, ma Gabrielle rinunciò subito a tenere Christopher
vicino a sé: al bambino piaceva correre avanti e indietro sul
marciapiede, salutando chiunque incontrasse sul suo cammino e si
fermava solamente quando arrivavano a destinazione.
-Ciao Ruby!- esclamò, entrando come un
tornado nella tavola calda.
La diretta interessata si girò verso di
loro e li accolse con un ampio sorriso, reso ancora più
smagliante dal rossetto rosso che portava.
-Ciao ragazzi! Cosa posso portarvi?-
-Due cioccolate calde con la panna e il cacao!-
esclamò il bambino, precedendo Gabrielle, che si limitò
ad annuire sorridente.
La ragazza si sedette davanti al bambino, che
stava semplicemente sfogliando il menù.
Gabrielle chiuse gli occhi e prese un paio di
profondi sospiri, cercando di placare il forte mal di testa che non
la lasciava libera da quella mattina.
Sentiva, nel profondo del suo cuore, che tutto
ciò era estremamente sbagliato. Era come se ci fosse un
tassello di un puzzle che doveva riuscire a mettere al suo posto per
avere una visione completa. Di cosa, non lo sapeva.
Scosse la testa e bevve lentamente la sua
cioccolata, sentendosi immediatamente appagata da quella dose di
zucchero.
Rimasero nel locale qualche altro minuto poi,
come di consueto quando Christopher si iniziava ad annoiare, pagarono
in tutta fretta e uscirono nuovamente all’aria frizzantina di
quella serata quasi primaverile.
Gabrielle sistemò la sciarpa al collo
del bambino perché non prendesse freddo, poi afferrò la
sua mano e si avviò verso il parco cittadino, sicura che
quella fosse la loro meta.
-Dove vai, Elle?-
-Al parco. Non era lì che volevi
andare?-
Con sua somma sorpresa, Christopher scosse la
testa. Gabrielle si stava iniziando a chiedere cosa fosse preso al
bambino, quando egli le sorrise malandrino.
-Prova a prendermi, se ci riesci!- esclamò,
voltandosi e iniziando a correre.
La ragazza restò un attimo ferma, per
dargli il tempo di guadagnare un po’ di terreno e poi si gettò
al suo inseguimento.
Ogni tanto il bambino si girava per vedere se
lei ci fosse ancora e, quando la vedeva troppo vicina, faceva
un’ulteriore sforzo e correva più veloce.
Gabrielle non aveva la più pallida idea
di che percorso stessero seguendo, ma sembrava che nella mente del
bambino fosse più che chiaro.
Girarono l’ennesimo angolo e corsero fino
alla fine della via, dove Christopher entrò dentro un negozio.
-Chris, no!-
Troppo tardi. Gabrielle si fermò a pochi
passi dalla porta e, dopo un profondo respiro, la spinse.
Un cartello azzurro recitava: Aperto.
Angolino dell'autrice: Salve
a tutti =) Perdonate il ritardo, ma in questi giorni ho avuto
parecchio da fare. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che,
magari, vi abbia chiarito un poco la situazione. In realtà,
questi primi capitoli sono un po' di introduzione e ammetto di
essermi divertita molto di più a scrivere i successivi, ma
questi sono essenziali per capire bene la storia e io ho cercato di
fare del mio meglio =)
L'immagine
a inizio capitolo l'ho modificata io con Gimp e, successivamente, con
picmonkey: spero di aver fatto un buon lavoro ;)
Un
bacione e aspetto con ansia le vostre opinioni ;)
°°Sami°°
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Capitolo 3 *** Games. ***
DREAM
OF MY DREAMS
2. Games.
Uscì dalla casa con un
cesto di biancheria da stendere talmente grande e zeppo che le
copriva quasi la vista.
Appese la biancheria sul retro
della casa e si passò una mano sulla fronte.
Era abituata al lavoro e il
futuro al servizio di Rumpelstiltskin e suo figlio non la spaventava:
era semplicemente felice di essere lontana mille miglia dal villaggio
in cui era cresciuta.
Socchiuse gli occhi alla vista
di un puntino bianco e nero poco distante.
Si avvicinò lentamente.
-Baelfire, cosa fai qui da solo?-
Il ragazzino alzò lo
sguardo e fece spallucce.
-Nulla.-
-Non sei a giocare con gli
altri bambini del villaggio?-
Alzò nuovamente le
spalle. -Loro non vogliono giocare con me.-
A quel punto lei si sedette sul
tronco vicino a Bae.
-E’ per via di tuo padre?
Perché è il Signore Oscuro?-
Lui annuì.
-Beh, non so che problemi
abbiano loro, ma io ho finito i mestieri. Giochiamo insieme?-
Baelfire alzò di scatto
la testa, per poi rabbuiarsi.
-Non devi sentirti in obbligo.-
-Io non mi sento in obbligo. Mi
piace l’idea!- esclamò, saltando in piedi. -Allora, cosa
mi proponi?-
Il ragazzino si alzò e
le porse un bastone di legno. -Spade?- chiese, speranzoso.
-Vada per le spade!-
Baelfire attaccò
immediatamente, e lei fu obbligata a parare un paio di colpi, che la
fecero arretrare. Scoppiò a ridere e colpì a sua volta,
beandosi del “toc, toc” del legno che si scontrava.
Ad un tratto Baelfire cadde
all’indietro.
-Ti sei fatto male?- gli chiese
la ragazza, piegandosi sulle ginocchia e tendendogli la mano.
Lui la afferrò, ma,
invece che alzarsi, tirò Elise per terra insieme a lui,
scoppiando a ridere.
Lei rimase allibita per qualche
secondo, poi lo seguì nella risata.
Il Signore Oscuro li trovò
così: distesi a terra e ridenti.
-Cosa succede qui?-
Elise si bloccò
immediatamente, il riso ancora sulle labbra. Entrambi si alzarono in
piedi di scatto, nascondendo, come in un tacito accordo, le spade
dietro la schiena.
-Niente.- disse Elise.
-Niente.- concordò Bae,
facendo spallucce.
Il Signore Oscuro passò
lo sguardo su entrambi, alzando un sopracciglio.
-Si, ehm… io torno a…
fare quello che devo fare.- disse, dando il pezzo di legno al
ragazzino e correndo sul retro della casa.
Da quando era arrivata, aveva
sentito parecchie cose dagli abitanti del villaggio. In particolar
modo, questi si erano premurati di avvertirla che fine facevano le
persone che sfioravano il figlio del Signore Oscuro.
* * *
-E’ permesso?-
-E’ un negozio, dearie, non una proprietà
privata.-
Gabrielle si girò di scatto, spaventata
da quella voce di cui non vedeva il proprietario.
Il signor Gold si premurò di comparire
da dietro una mensola dopo qualche secondo.
-Stava cercando qualcosa?-
Lei scosse la testa. -A dire il vero…
qualcuno.-
L’uomo aggrottò elegantemente le
sopracciglia. -Non c’è nessuno tranne me e lei, qui
dentro.-
-Ma io ho visto che…- Gabrielle si
bloccò, alla vista del sorrisetto ironico di Gold. A quel
punto sorrise.
-D’accordo. In questo caso, vado a fare
un giretto.-
Gold le fece un ampio gesto con la mano e lei
si avviò verso la direzione indicata, cercando di fare più
piano possibile.
Quando si ritrovò alle spalle del
bambino accovacciato a terra, prese un bel respiro e sussurrò
“Bu!” vicino alle sue orecchie.
Un grido si diffuse per il negozio di pegni,
seguito da una sonora risata.
-Così impari a scappare, Chris!-
Il bambino, che era scattato in piedi, si
diresse verso il proprietario. -Non prendertela con il signor Gold,
Chris: non mi ha detto lui dove ti trovavi.-
Il bambino si bloccò. -E come hai
fatto?- chiese, curioso.
-Sesto senso.- rispose lei, scuotendo le
spalle.
Lui mise il broncio e incrociò le
braccine. -Uffa però!-
Gabrielle rise, scompigliandogli i capelli.
-Vuoi guardare un po’ in giro?-
Christopher annuì e trotterellò
via.
-Signor Gold?- chiamò la ragazza,
attirando l’attenzione dell’uomo. -Grazie per non averlo
mandato via.-
Lui scosse le spalle e le sorrise leggermente.
-Non c’è problema. Mi piacciono i bambini.-
Gabrielle rimase molto sorpresa da questa
affermazione: intanto, non credeva che al signor Gold potesse piacere
qualcuno, poi non credeva che potesse essere così…
gentile.
-Oh!-
-Noto della meraviglia nella sua voce,
signorina.-
-Oh… io… solo che, da come gli
altri parlano di lei… beh, non mi sarei mai immaginata…-
Gold aggrottò le sopracciglia,
mantenendo quel sorriso cortese e, a tratti, divertito.
-Cosa, signorina?-
-Che lei fosse così gentile.- concluse,
temendo di aver detto qualcosa di sbagliato.
Il sorriso dell’uomo si fece ironico.
-Nessuno oltre a lei mi aveva mai affiancato questo genere di
aggettivi, dearie.-
Gabrielle sorrise, intenerita. -E a me nessuno
ha mai chiamato dearie. Direi che siamo pari.-
-Direi di si, dearie.-
-A proposito, mi scusi ancora per questa
mattina: ero così di fretta che non stavo guardando dove
andavo.-
-Non si preoccupi: non mi ha fatto nulla.-
La ragazza sorrise nuovamente e si voltò,
alla ricerca di Christopher, il quale li stava pacificamente
guardando da dietro uno scaffale.
-Andiamo Chris. La tua mamma ci starà
aspettando da un po’.-
Il bambino annuì e la prese per mano,
conducendola verso l’uscita.
-Non ho capito qual è il suo nome.-
Gabrielle si voltò. -Perché non
gliel’ho detto.-
-Dunque?- la esortò, conservando il suo
sorriso.
-E’ così importante per lei
saperlo?- gli chiese, confusa.
-Lei non ha idea, signorina, di quanto potere
ci sia in un nome.-
-William Shakespeare ha detto: Cosa c'è
in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome
conserva sempre il suo profumo. Personalmente, sono d’accordo
con lui.- gli sorrise un’ultima volta e uscì dal
negozio.
Camminarono per pochi minuti, prima che Chris
le tirasse una manica del giubbotto.
-Tu e il signor Gold siete amici?- le chiese,
con quel suo visino innocente.
-No. E’ la prima volta che ci parliamo.
Anzi, la seconda.- disse, ripensando allo scontro di quella mattina.
Il bambino alzò le spalle e continuò
a camminare in silenzio. Per qualche altro metro.
-Ma siete diventati amici?-
-Non… non credo, Chris.-
-Mamma dice che non è una brava persona.
Lui è cattivo.-
Gabrielle si fermò e si inginocchiò
davanti al bambino. -Quello che so io Chris, è che nessuno
uomo o donna è mai totalmente cattivo. Le persone che si
comportano male con gli altri, hanno vuoto e sofferenza dentro di
loro.-
Il bambino aggrottò le sopracciglia,
confuso.
-Capirai quando sarai più grande.- disse
Gabrielle, sorridendo e dandogli un bacino sulla fronte.
-Forza adesso. La tua mamma sarà in
pensiero, e che non sia mai che ti faccia andare a letto senza cena!-
disse, scherzando.
Christopher scoppiò a ridere ed,
entrambi, aumentarono il passo, diretti verso casa Grayne.
-No, signora Grayne, non si preocc…-
-Insisto!-
-Dai Elle: mamma insiste!-
-Sei così magra, mia cara Gabrielle! Un
po’ di pastasciutta non può farti che bene! E lo sai che
io sono famosa per il mio pomodoro!-
Gabrielle guardò i due, mamma e figlio,
schierati davanti alla porta. Non aveva scampo: era costretta ad
accettare.
-D’accordo. Ma- aggiunse, vedendo i
sorrisi soddisfatti che erano comparsi nei loro visi. -pretendo di
aiutare ad apparecchiare.-
La signora Grayne rise e la prese sotto
braccio, conducendola in cucina.
A Gabrielle, sebbene evitasse di accettare
troppo spesso quegli inviti, piaceva stare con loro: quella famiglia,
sebbene così piccola e umile, era il suo prototipo di amore.
Tutti e tre si aiutavano l’uno con
l’altro e, anche se la loro situazione non era delle più
rosee, nessuno si lamentava mai e continuava per la propria strada,
stringendo i denti e facendo del suo meglio.
La signora Grayne si era vista costretta ad
assumere una baby-sitter ma, Gabrielle lo vedeva, cercava di
approfittare di ogni momento possibile per stare assieme al suo
bambino.
Da quel che la ragazza sapeva, quei due non
avevano litigato una sola volta nella loro vita.
E, in ogni caso, su un’altra cosa la
signora Grayne era fantastica: nel preparare il pomodoro.
* * *
Gabrielle, quel giorno, era stanchissima.
Le sembrava di avere fatto tutte le dodici
fatiche di Ercole nel giro di un paio d’ore.
Sbadigliò per l’ennesima volta e
mescolò distrattamente la sua tazzina di camomilla serale,
senza la quale non sarebbe mai riuscita a fare sonni tranquilli.
Scese al piano di sotto per controllare se
aveva chiuso bene l’erboristeria, poi, finalmente, salì
nella sua camera e si accoccolò sotto le coperte.
Non capiva il motivo della sua stanchezza, dato
che non aveva fatto nulla di nuovo tranne, forse, entrare in quel
tenebroso negozio di pegni.
Le erano venuti i brividi: sentiva traspirare
da quel posto una tale desolazione da farle rimpiangere il municipio.
Ok, forse quello no.
In ogni caso, credeva fermamente che a quel
posto mancasse un po’ di colore e di luce. Soprattutto luce.
Tanta luce.
Era ovvio, però, che non poteva andare
dal signor Gold e pretendere di fare il bello e il cattivo tempo.
Ed ecco un’altra questione: il signor
Gold.
Sempre così misterioso, la gente si
teneva ben alla larga da lui. Tranne, forse, la signora Collins, ma
lei aveva una cotta stratosferica per lui. Povero signor Gold.
Ma era un altro discorso.
Comunque, stava di fatto che le era sembrato
così gentile, certo, un po’ strano e inquietante,
ma sempre gentile.
E triste. Sembrava così triste,
perfettamente inserito nell’ambiente in cui si trovava.
Era così monotono quel negozio.
Quando lo avrebbe rivisto, forse, gli avrebbe
consigliato di mettere delle tende meno pesanti alle finestre…
Angolino dell'autrice: Buona
sera a tutti -o buongiorno, dipende-, spero che questo capitolo vi
sia piaciuto, ecco. Scommetto che ad ogni capitolo avete le idee un
po' più chiare, vero?
Ditemi:
che ne pensate del personaggio Elise/Gabrielle? Sinceramente, quando
inserisco nuovi personaggi nella trama sono sempre un po' titubante e
mi fa davvero piacere se mi diceste se ho toppato oppure no!
Inoltre,
ringrazio tantissimo i lettori silenziosi, gli ha inserito questa
storia in una lista e, infine, gli angeli che mi hanno lasciato una
recensione. Grazie a tutti, di cuore!!!
Al
prossimo capitolo,
°°Sami°°
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Capitolo 4 *** Colors. ***
DREAM
OF MY DREAMS
3. Colors.
Elise sapeva cosa stava per
fare. O meglio: non lo sapeva con certezza, ma ci aveva pensato su
per parecchio.
Dopotutto, poteva sentirsi
rincuorata dal fatto che non la avesse uccisa dopo averla trovata con
Baelfire. O che non l’avesse rimandata da dov’era venuta.
Che sarebbe stato peggio.
-Mia cara, devi rivedere le tue
priorità.- sussurrò a sé stessa, mentre si
dirigeva nella stanza dove, era sicura, si trovasse il Signore
Oscuro.
-Scusatemi?- disse, aspettando
che egli alzasse la testa dal arcolaio, dove era solito a passare
buona parte delle sue giornate.
Gli occhi del Signore Oscuro
erano neri come l’onice quando li posò sui suoi.
-Dimmi, dearie. Sono
tutt’orecchi.-
Lei prese a tormentarsi le
mani. -Ecco, mi chiedevo se potevate prestarmi una delle vostre
casacche. Solo per un po’.-
L’espressione che assunse
successivamente, Elise se la sarebbe ricordata per tutta la sua vita.
-E perché mai, dearie?-
-Dovrei cambiarmi.- spiegò
lei, trattenendo un sorriso -L’altro giorno mi sono sporcata di
erba e terra e vorrei lavare questo vestito…-
Il Signore Oscuro le girò
un paio di volte intorno, squadrandola per bene, poi si fermò
davanti a lei.
Elise piegò leggermente
la testa di lato.
-Questo vestito è
orribile, dearie- constatò.
-E’ anche l’unico
che ho.-
Lui la guardò dritta
negli occhi per qualche secondo, ridacchiando. Poi alzò la
mano e la puntò verso di lei, che era sempre più
confusa.
Bastò un piccolo
movimento perché il vestito vecchio e scuro di Elise svanisse
e al suo posto ne apparisse uno verde, con le maniche larghe e
talmente delicato che la gonna si sollevava leggermente a causa della
brezza che entrava dalla finestra spalancata.
-Oh!-
-Noto della sorpresa nella tua
voce, dearie.-
-E’ che, ecco, non mi
aspettavo che voi foste così… così…-
-Così…?- la
spronò lui, con un’occhiata.
-Così gentile. Grazie
infinite, Rumpelstiltskin.-
-Non c’è di che.-
Rimasero a guardarsi qualche
istante, senza sapere cosa dirsi. Poi lui le fece uno scherzoso
inchino, che la fece avvampare, e tornò a filare senza dire
una parola.
-Papà, Elise, sono torn…
Che bello quel vestito!-
Elise sorrise a Baelfire che
era appena entrato dalla porta e fece una piroetta su sé
stessa. -Me l’ha regalato tuo padre.- disse, prima di
avvicinarsi a lui e prendergli il mantello.
-Ti sta benissimo!-
-Grazie, Bae.- gli rispose,
dandogli un bacino sulla guancia.
Il ragazzino arrossì di
botto, sotto lo sguardo dei due adulti. Elise ridacchiò.
-Hai questa reazione anche con
Morraine?-
-No, lei non… E tu come
fai a sapere di Morraine?-
Elise scosse le spalle,
sorridendo furbetta. -Diciamo che un paio di volte vi ho visti
parlare fitto fitto.-
Bae restò in silenzio,
imbarazzato.
-Non… non dirlo a
nessuno, va bene?- sussurrò.
-No, figurati. Rimarrà
un segreto tra me e te. E tuo padre.- disse, divertita, indicandogli
con un dito la porta dell’altra stanza aperta, proprio dove
Rumpelstiltskin li fissava con curiosità.
-Oh.- Bae arrossì di
nuovo.
-Suvvia: non c’è
nulla di male ad essere innamorati!-
-Non sono innamorato!- esclamò
lui, facendo il broncio.
-No, certo che no.-
Elise rise e diede un buffetto
al ragazzino, prima di prendere la scopa e mettersi a lavorare.
Seriamente.
* * *
-Non è possibile che sia in ritardo
anche stamattina! Non è possibile!-
Gabrielle correva verso il negozio,
maledicendosi per essersi trattenuta con Henry più del dovuto.
Ma lui ci teneva così tanto a farle vedere quel libro, che ne
lei ne la madre avevano avuto cuore di riprenderlo.
Svoltò un angolo e, finalmente, la sua
erboristeria apparve all’orizzonte.
Si bloccò a pochi metri, sorpresa: come
mai c’era tutta quella folla davanti all’entrata?
-Scusate… scusate… cosa è
successo?- chiese, guardandosi intorno e, contemporaneamente,
cercando le chiavi nelle tasche.
-Qualcuno ha lasciato questa per te, davanti
alla porta.- la signora Collins si fece avanti e le porse una
bellissima rosa rossa. -Non sappiamo chi sia stato a portarla, ma
sicuramente hai un ammiratore, mia cara. Anche a me, quando ero
giovane, portavano le rose rosse…-
Gabrielle si rigirò il fiore tra le mani
e vide che c’era attaccato un biglietto.
Nomen omen,
c’era scritto, il nome è
destino. Non c’era la firma, ma
pensando al connubio nome-rosa, Gabrielle era abbastanza certa di chi
fosse stato a mandargliela.
Ma era meglio non dirlo alla signora Collins.
-Non so chi sia stato.- disse semplicemente,
infilando la chiave nella toppa e aprendo il negozio.
Le signore si guardarono l’una con
l’altra, probabilmente dispiaciute di avere poco o niente su
cui spettegolare nei giorni successivi.
Fosse matta se avrebbe dato loro una simile
soddisfazione, dopo tutto ciò che le facevano patire ogni
mattina!
Mentre loro si disperdevano nel negozio, lei
prese la rosa e la mise in un vaso, così che non si sciupasse
subito. Accarezzò leggermente i petali, pensierosa.
Se le aveva mandato la rosa, sicuramente aveva
scoperto il suo nome, oltre che il posto dove abitava. Fantastico:
stava fraternizzando con il signor Gold. Sicuramente le sue amiche
l’avrebbero guardata come un’appestata.
Un attimo: lei non aveva amiche.
Forse è il caso di iniziare ad
espandere le mie conoscenze.
-Gabrielle! Mi stai ascoltando?-
Gabrielle si voltò di scatto, trovandosi
davanti il viso contrariato e rugoso -gli dei mi perdonino!-
della signora Collins.
-Mi scusi. Stava dicendo?-
-Stavo dicendo, mia cara, che vorrei il
mio mezzo etto di erbe settimanali.-
-Si, signora Collins.- disse lei, cercando di
trattenere un sospiro. Tutte quelle signore che avevano problemi di
vescica chiedevano ogni settimana mezzo etto di erbe diuretiche, che
lei preparava la sera prima mettendole nei sacchettini.
Passò alla signora Collins il suo e lei,
come al solito, si sentì in dovere di raccontarle le sue
ultime scoperte.
Gabrielle si ritrovò ad annuire
fingendosi interessata.
-… e oggi il signor Gold verrà a
riscuotere il mio affitto. Ho intenzione di preparargli il the più
buono del mondo.- poi ci ripensò. -Hai, per caso, qualche
filtro d’amore, mia cara?- chiese a bassa voce, avvicinandosi a
lei perché le altre signore non sentissero.
Gabrielle represse una risata. -No, mi
dispiace. Però ho un paio di erbe afrodisiache, se vuole.-
Non voleva essere così cattiva, davvero,
ma era tremendamente curiosa di sapere -direttamente da Gold o
indirettamente dalla signora Collins- come sarebbe andato
quell’incontro. E, beh, la tisana di erbe afrodisiache era
troppo tentatrice per poterla nasconderla alla signora.
Le preparò mezzo etto anche di semi di
Cardamomo -non si sa mai, le aveva detto- non vedendo l’ora di
sentire quella storia. Perché, presto o tardi, l’avrebbe
sentita, oh si!
E solo gli dei sapevano quanto avrebbe riso.
Si trascinò da Granny che era stanca
morta. Aveva riportato Chris a casa da poco, ed era sicuramente
reduce da un pomeriggio straziante.
-Ehi, Gabrielle! Stai bene?-
La ragazza scosse la testa, sorridendo
leggermente a Ruby.
-No. Sono sfinita. Completamente.-
La cameriera si sedette davanti a lei,
incrociando le braccia sopra al tavolo. -Come mai?-
-Christopher! Quel bambino mi farà
impazzire, prima o poi. Ha voluto giocare ai pirati: non so se hai
presente cosa vuol dire.-
Ruby scosse la testa, allibita.
-Cerca le bende, cerca le spade e vestiti come
un pirata! Poi sali su una nave -che, tra l’altro, era il mio
divano e dico era perché orami è distrutto.- e
combatti, fai gli assalti, razzie e trova il tesoro! E sai perché?-
chiese, andando incontro a una crisi isterica.
Ruby scosse la testa, nuovamente.
-Perché oggi Mary Margaret ha fatto
guardare Peter Pan in classe! E figuriamoci se a Christopher
piacciono i Bambini Sperduti! No, a lui piace Capitan Uncino!-
Gabrielle finì il resoconto che aveva il
fiatone. Alzò lo sguardo su Ruby e vide che era completamente
allibita.
-Scusa. Avevo bisogno di sfogarmi.- disse,
facendole un sorriso di scuse.
La cameriera, quando si riprese minimamente,
ricambiò il sorriso. -Facciamo qualcosa per il nervosismo,
cosa dici?- le sussurrò, facendole l’occhiolino.
Gabrielle aggrottò le sopracciglia,
chiedendosi che cosa intendesse.
Ruby si alzò e andò dietro al
bancone, trafficando con i bicchieri finché non ritornò
al tavolo con due bicchieri di the freddo. Poi si avvicinò
alla radio e cambiò stazione finché non trovò
una canzone che le piaceva. Infine si sedette nuovamente davanti a
Gabrielle.
Questa volta fu lei che guardò Ruby
allibita.
-Ecco fatto. Dovrebbe funzionare.-
Gabrielle ridacchiò, grata. -Grazie
Ruby, grazie mille!-
Lei le fece nuovamente l’occhiolino. -E’
questo che fanno le amiche, no?-
La ragazza rimase un attimo interdetta, poi
annuì e sorrise alla sua amica. -Certo.-
Chiuse un attimo gli occhi, ascoltando la
canzone.
“I shot
for the sky
I'm stuck on the
ground
So why do I try,
I know I'm gonna to
fall down
I thought I could
fly, so why did I drown?
Never know why it's
coming down, down, down.
Oh I am going down,
down, down
Can't find another
way around
And I don't want to
hear the sound, of losing what I never found.”
“Vorrei scagliarmi contro il
cielo
ma sono bloccato qui sulla terra
quindi perché dovrei
provare?
So che sto per cadere giù
Pensavo di poter volare, quindi
perché sono annegato?
Non saprò mai perché
è crollato tutto giù, giù, giù.
oh sto andando giù, giù,
giù
non riesco a trovare un'altra
strada
e non voglio sentire il suono
della perdita di quel che non ho mai trovato.”
-Allora, Gabrielle, raccontami di… Oh
no!- sussurrò, guardando alle sue spalle.
Gabrielle si girò, aspettandosi di
trovare chissà che cosa, mentre vide solamente il signor Gold
appoggiare il cappotto all’appendiabiti e guardarsi un po’
in giro, in cerca di un posto dove sedere.
Si rigirò verso la sua amica, che si
stava alzando con uno sbuffo.
-Che succede?- chiese, confusa.
-Non è mai venuto qui, se non per
l’affitto. Cosa diavolo vuole?-
-Forse un caffè.-
Ruby la guardò con un sopracciglio
alzato, poi ridacchiò.
-Dovresti vedere la tua faccia, Elle!- esclamò,
prima di dirigersi verso il bancone.
Gabrielle scosse la testa divertita e bevve un
sorso di the.
-La trovo anche qui, a quanto pare.-
La ragazza per poco non si strozzò.
Incominciò a tossire, cercando di riprendere aria.
-Mi ha fatto paura, signor Gold!- disse, una
volta che la tosse si calmò.
-Mi spiace. Non volevo di certo che si
strozzasse. Posso?- chiese indicando il posto libero di fronte a lei.
Gabrielle annuì, incontrando per un
attimo lo sguardo di Ruby che la guardava con gli occhi spalancati.
-Quindi… sa dove abito.- iniziò
lei, giusto per non piombare nel silenzio assoluto.
Gold sorrise sghembo. -Potrebbe essere.-
-E, di conseguenza, sa anche il mio nome.-
-No, dearie.-
Gabrielle spalancò gli occhi. -Come fa a
sapere dove abito se non sa chi cercare?-
-Lei probabilmente non se ne rende conto, ma
ovunque vada si porta dietro un profumo di spezie ed erbe non
indifferente. E’ stato facile fare due più due.-
La ragazza spalancò gli occhi, tentata
di annusarsi i capelli per sentire se davvero odorassero di erbe.
-Perché non ha guardato come mi chiamo?-
Gold si sporse verso di lei, dall’altro
lato del tavolo. -Perché sono più che sicuro che lo
scoprirò.-
Gabrielle ridacchiò. -Lei ha un ego
enorme, signor Gold.-
Lui sorrise nuovamente, come a darle ragione.
-Lei non mi teme.- constatò ad un
tratto.
-Probabilmente perché so che non ha la
possibilità di sfrattarmi al primo passo falso.- gli rispose
la ragazza, facendo spallucce.
-Dimenticavo che l’erboristeria è
di sua proprietà.-
-Per l’appunto.- concluse, con un sorriso
soddisfatto.
Rimasero zitti per qualche minuto, durante i
quali Gabrielle finì il suo the e, giusto per fare venire Ruby
vicino a loro, ne ordinò un altro.
-Lei. Vuole qualcosa?- Ruby apostrofò
Gold, facendogli intendere che si sarebbe buttata nel fuoco piuttosto
che fargli una gentilezza.
-Un the freddo anche io, grazie.-
Mentre stava andando via, Ruby lanciò
un’occhiata interrogativa a Gabrielle e lei alzò le
spalle.
Che uomo strano sei, Gold.
Angolino dell'autrice: Salve
a tutti! Spero siate soddisfatti del nuovo capitolo: è stato
decisamente uno dei più divertenti da scrivere.
A
proposito: chiedo perdono per il ritardo, ma con la scusa delle
vacanze sono un po' presa con le bombe. In realtà, pensavo di
aggiornare una volta a settimana, magari il sabato che è un
giorno comodo anche in vista dell'inizio della scuola. Ditemi se
anche per voi è una buona idea ;)
Vi
ringrazio per le recensioni (siete dei tesori, davvero!), ringrazio
chi ha inserito la storia in una delle liste e anche i lettori
silenziosi, che invito a recensire!
Un
bacione e alla prossima ;)
°°Sami°°
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Capitolo 5 *** Accidents. ***
DREAM
OF MY DREAMS
4. Accidents.
-Elise? Mi passi quelle, per
favore?-
-Si, certo!-
-Ma perché non stanno
attaccate?-
-Non ne ho idea, Bae! Al
villaggio mi avevano assicurato che era la colla migliore del paese.
Mi era sembrata un po’ esagerata come affermazione…-
-Dobbiamo sbrigarci! Lui
sarà qui tra poco!-
-Lo so, lo so! Prova a mettere
quello lì!-
-D’accordo. Sta venendo
abbastanza bene, no?-
-Certo! Sono sicurissima che
gli piacerà tantissimo! Anche se non ho ancora capito a che
cosa potrebbe mai servirgli.-
Bae alzò gli occhi dal
lavoretto.
-Meglio che resti
nell’ignoranza.- disse, facendo spallucce.
Elise lo guardò
interrogativo, la curiosità che già serpeggiava nelle
sue vene.
-Va bene.- sussurrò,
distogliendo gli occhi dal volto del ragazzino. Lui alzò
nuovamente la testa verso di lei.
-E’ per la tua sicurezza,
Elise. Non voglio che ti accada qualcosa.-
Elise gli sorrise
semplicemente, confusa.
Dopo un paio di minuti
sentirono dei passi fuori dalla casa e, quasi contemporaneamente, una
voce che annunciava il suo ritorno.
Elise e Baelfire si guardarono.
-Oh, no, no, no! E’ in
anticipo!-
-Molto in anticipo!-
-Troppo in anticipo!-
esclamarono insieme.
-Troppo in anticipo per cosa?-
Entrambi si girarono in
contemporanea, cercando di nascondere, con i loro corpi, la scatolina
poggiata sul tavolo dietro di loro.
-Niente.- disse il ragazzino.
-Giusto, Elise?-
-Giustissimo.-
Rumpelstiltskin li guardò
sorpreso e guardingo.
-Ti do cinque minuti.- sussurrò
Elise. Bae annuì.
-Andiamo a fare una
passeggiata?- disse sorridendo, prendendo Rumpelstiltskin per un
braccio e trascinandolo verso l’uscita.
-Dearie, che vi prende?-
-E’ una sorpresa!
Fidatevi di me.-
L’uomo non disse più
nulla e la seguì accondiscendente. Elise lo portò un
po’ più lontano dalla casa, in modo che non vedesse il
figlio nemmeno dalla finestra.
-Non vi ho ancora ringraziato a
dovere per il vestito. E’ bellissimo e comodissimo.- esclamò
ad un tratto, voltandosi verso di lui.
-Dovere.-
-No, non è vero. Avreste
potuto tranquillamente farne a meno e nessuno vi avrebbe biasimato.-
Rumpelstiltskin alzò lo
sguardo su di lei. -Perché mi dici questo, dearie?-
Elise fece spallucce. -Perché
mi avete salvato la vita senza una ragione apparente. Perché
mi fate vivere a casa vostra. Perché siete stato davvero
gentile con me, Rumpelstiltskin.-
Lui aggrottò le
sopracciglia. -Mi serviva una cameriera dearie.-
-Perché avete scelto
proprio me?-
Lui le si avvicinò.
-Perché sei più di quello che credi.-
-Cosa sono?- chiese Elise,
ipnotizzata.
-Una ninfa, dearie.-
-Una ninfa?-
-Papà, Elise, venite, ho
finito!-
Rumpelstiltskin le rivolse un
sorriso sghembo, prima di voltarle le spalle e entrare in casa.
-Buon compleanno, papà!
Io e Elise ci abbiamo messo tutta la mattina per prepararlo!-
Elise sorrise davanti alla
felicità di Bae e al sorriso dell’uomo, che prese la
scatolina e se la rigirò tra le mani.
-Buon compleanno,
Rumpelstiltskin.- sussurrò Elise, sicura che lui l’avesse
sentita.
* * *
Febbre. Si era presa la febbre.
Un bel 38 tondo tondo svettava sul termometro.
Sospirò un paio di volte, cercando di
contrastare l’emicrania, e prese il telefono. Le dispiaceva
dover dire alla signora Grayne che quel pomeriggio non poteva stare
con Christopher, ma non poteva di certo rischiare di passargli la
febbre.
-…si, si, mi spiace. No, credo di aprire
il negozio stamattina… Prenderò una pastiglia, signora,
non si preoccupi. Va bene, arrivederci. Grazie.-
Chiuse la conversazione e si lasciò
cadere sul letto. Aveva una nausea terribile e le girava la testa, ma
si fece forza e prese una pastiglia prima di scendere ad aprire il
negozio.
Come ogni mattina da due settimane a quella
parte, guardò se ci fosse una rosa e un biglietto scritto con
un’elegante calligrafia, ma, come ogni mattina da due settimane
a quella parte, non trovò nulla.
Non sapeva perché sentisse quella nota
di delusione ogni volta e, di certo, quello non era esattamente il
momento di sondare la sua anima. Non quando i primi -anzi, le prime-
clienti stavano entrando e pretendevano che lei li seguisse.
Oh, quanto avrebbe voluto essere sotto le
coperte, in quel momento!
Erano circa le undici quando Gabrielle sentì
il bisogno di un’altra pastiglia, dato che quella precedente
aveva allegramente finito il suo effetto.
Il medicinale fece effetto dopo qualche minuto,
ma la ragazza si sentiva decisamente spossata, così,
approfittando alla mancanza di clienti, accese la radio sperando che
la aiutasse a riprendere contatto con la realtà.
Si sedette dietro il bancone, rinunciando a
lavorare, e posò la testa sulle sue braccia, alzandola di
scatto quando sentì qualcuno entrare.
Sbuffò piano, maledicendo chiunque fosse
per l’interruzione del suo riposo, ma spalancò gli occhi
quando vide che si trattava del signor Gold.
-Salve, signor Gold.-
-Buongiorno a lei.-
-Cosa ci fa qui?- gli chiese, sempre più
sorpresa, dandosi della stupida poco dopo: che cosa poteva andare a
fare in un negozio?
Gold le sorrise ironico. -Vorrei qualcosa per
combattere l’insonnia.-
-Lei soffre d’insonnia?-
-Direi di si, dearie, altrimenti non sarei qui
a chiederle qualcosa contro di essa.-
Gabrielle scosse la testa. -Si giusto. Uhm…
dunque, oltre alla camomilla le consiglierei la Valeriana o la
Passiflora, sono ottime per calmare il nervosismo dovuto a stress
lavorativo o di qualsiasi altro genere. Può prendere degli
infusi, pastiglie oppure mettere alcune gocce in una tazza di acqua
calda prima di andare a dormire.-
Gold la guardò qualche secondo, come per
soppesare le sue parole. -Proviamo con il fiore della passione,
dearie.-
Gabrielle arrossì senza saperne il
motivo e gli porse un flaconcino con delle capsule. -E’ il modo
più facile per prenderla.- spiegò -Ne prenda una prima
di andare a dormire e, se non funziona, aumenti un po’ alla
volta. Però non esageri, altrimenti può causare
allucinazioni.-
Gold la stette ad ascoltare in silenzio, per
poi prendere il flaconcino.
-Grazie.-
-Non c’è di che.- gli rispose lei,
con un sorriso stanco.
Gold aggrottò le sopracciglia. -Lei non
sta bene, non è vero?-
Gabrielle arrossì. -Ho qualche linea di
febbre, a dire il vero, ma niente di preoccupante.-
L’uomo rimase a osservarla, concentrato
per qualche secondo. Era piantato con i piedi a terra e tra le mani
stringeva il suo bastone dal pomello d’argento; sembrava rigido
e teso, come se si stesse trattenendo dal fare qualcosa che Gabrielle
non riusciva a capire.
Le vennero i brividi lungo la spina dorsale.
-D’accordo. Si riguardi.-
Gabrielle lo guardò andare via in
silenzio, poi si lasciò cadere nuovamente sulla sedia.
Aveva parlato con il signor Gold tre volte e le
era pure piaciuto.
Il signor Gold, accidenti! Colui che teneva in
pugno l’intera città e che poteva permettersi di fare il
bello e il cattivo tempo ovunque, senza conseguenze.
Tuttavia, si rendeva conto che lui non era
capace di provocare in lei quel timore o quell’antipatia
-quell’odio- che spesso vedeva in Ruby o nelle altre persone
-esclusa la signora Collins, ovviamente- quando parlavano di lui.
E, che cavolo, lui era gentile con lei! Era
gentile! Non doppiogiochista, approfittatore, stronzo,
ipocrita o qualsiasi altra cosa: solo gentile.
Gli aveva parlato tre volte e aveva cambiato
radicalmente l’opinione che aveva di lui.
Scosse con forza la testa. Era sicuramente la
febbre a farle fare certi pensieri: quando ci avrebbe ragionato
lucidamente, sarebbe riuscita a trovare una soluzione coerente.
Fece un paio di respiri profondi, poi si alzò,
barcollante, e prese le chiavi del negozio.
Diede una distratta controllata in giro e,
infine, chiuse la porta a chiave, abbassando le serrande. Salì
al piano di sopra, dove c’era la sua casa, e si avviò
nella camera da letto, passando per il bagno a prendere il termometro
che aveva riposto nell’armadietto dei medicinali proprio quella
mattina.
Si tolse le scarpe e si gettò sopra il
letto completamente vestita.
Chissà che una buona dormita non
l’avrebbe fatta rinascere.
* * *
-Ok, ok, ok. Rilassati Gabrielle, non è
la fine del mondo. No, non lo è.- sussurrò, guardando
il termometro: 38 e mezzo.
Avrebbe dovuto saltare un altro giorno di
lavoro, ma non le dispiaceva. Piuttosto, si chiedeva come avrebbe
fatto ad alzarsi per andare in bagno con la testa che le pulsava a
quel modo.
Si girò dall’altra parte, decisa a
riprendere sonno, quando suonò il cellulare.
Ci mise qualche secondo per rendersi conto di
che cosa produceva quel fastidioso rumore, poi, non senza fatica, si
allungò per prendere il telefono dal comodino.
-‘Onto?-
-Gabrielle? Sei tu o stiamo parlando con il tuo
clone alieno?-
-Sono io Ruby, con la febbre a trentotto e
mezzo.-
-Accidenti!- esclamò l’altra,
seguita da un’altra voce.
-Io e Mary Margaret volevamo chiederti se
stasera uscivi con noi, ma a quanto pare…-
Gabrielle sospirò, irritata per dover
rinunciare ad una serata tra amiche.
-Mi dispiace. Semmai questo pomeriggio
chiamami, così vedo come sto.- disse, sforzando la voce. Ora
che ci faceva caso, anche la gola le faceva un male tremendo.
-D’accordo! Mary Margaret dice di non
sforzarti troppo!- le rispose l’amica, sorridendo all’altro
capo del telefono.
-D’accordo, grazie. A dopo, Ruby.-
-Ciao, ciao!-
La ragazza fece un profondo respiro e posò
il cellulare nuovamente sul comodino: quasi quasi l’avrebbe
spento, ma sapeva che le sarebbe servito per ogni evenienza così,
per paura di non sentirlo, alzò ancora di più la
suoneria.
Non era sicura di riuscire a farsi scendere la
febbre per quella sera, anzi sicuramente le sarebbe salita e avrebbe
dovuto rinunciare a quell’uscita.
Chiuse gli occhi e cercò di ignorare il
dolore alla testa: forse, in quel modo, sarebbe riuscita a prendere
sonno.
Si svegliò dopo, probabilmente, qualche
ora, anche se non le sembrava di avere dormito per nulla, tanto si
sentiva intontita.
Si alzò lentamente a sedere chiudendo
gli occhi per i troppi capogiri, ma cercando in ogni caso di farli
passare per scendere a prendere una pastiglia per la febbre.
Provò a misurarla e, con una smorfia,
mise via il termometro che segnava trentotto e quattro. Cercò
di alzarsi lentamente, e si avviò verso la cucina tenendosi al
muro: non aveva per nulla voglia di fare un volo a terra.
Riempì un bicchiere d’acqua e
prese una pastiglia per fare scendere la febbre e combattere il
dolore. Mai più che in quel momento avrebbe voluto avere un
coinquilino che si prendesse cura di lei.
Si ridiresse verso la camera a passi misurati e
fermandosi ogni tanto per far placare i giramenti di testa.
Ci mancava solo quello: come se non avesse già
abbastanza a cui pensare quotidianamente e abbastanza da fare tra il
negozio e Chris.
E inoltre doveva pure rinunciare ad una serata
con Ruby e Mary Margaret, a cui aveva una voglia matta di
partecipare, giusto per allargare il cerchio delle sue conoscenze e
fare nuove amicizie.
Prese un nuovo respiro, ma non si ritrovò
preparata quando, in mezzo al corridoio, la colse un tremendo
capogiro.
Cercò di aggrapparsi al muro, ma le sue
mani vagarono a vuoto: perse l’equilibrio e cadde, sbattendo la
testa. L’ultima cosa che vide, furono migliaia di stelline che
vagavano intorno a lei.
Angolino dell'autrice: Salve
a tutti, lettori! Allora, cercherò di ignorare di qui ai
prossimi 17 giorni che sta per iniziare la scuola. L'unica nota
positiva è che a fine settembre comincerà di nuovo
anche OUAT!! Chi di voi non vede l'ora di vedere Trilli? **
Comunque,
torniamo al capitolo: come vi è sembrato? Avete notato errori?
Ripropongo l'idea dell'aggiornamento settimanale. Ditemi che ne
pensate! Inoltre, come al solito, invito anche i lettori silenziosi a
recensire: non vi mangio mica!!!
Un
bacione e al prossimo capitolo!
°°Sami°°
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Capitolo 6 *** Conversations. ***
DREAM
OF MY DREAMS
5. Conversations.
Elise quella mattina, stava
raccogliendo nel bosco alcune erbe.
Baelfire aveva il raffreddore
e, sebbene non fosse nulla di grave, sentiva che durante la notte
dormiva male poiché faceva fatica a respirare e lei era sicura
che esistesse una pianta capace di ovviare a questo problema.
Doveva solo capire quale.
-E così sei una ninfa
dei boschi, dearie.-
Elise si girò di scatto,
incontrando gli occhi scuri di Rumpelstiltskin.
Gli sorrise. -Davvero?-
Aveva digerito l’idea di
non essere una semplice umana, ma non aveva mai avuto il coraggio di
chiedere ancora spiegazioni all’uomo.
Lui annuì. -Ovviamente,
dearie: altrimenti come credi che si spiegherebbe questo legame con
la natura?-
Lei scosse la testa, facendo
spallucce.
-A che cosa ti servono?- la
riprese, quando vide che non le rispondeva.
-Bae ha il raffreddore, sto
cercando qualcosa che lo aiuti a guarire.- disse, continuando a
raccogliere erbe: il ragazzino si rifiutava categoricamente di farsi
guarire dalla magia del padre. Una volta glielo aveva confessato:
voleva che tutto tornasse come una volta e stava cercando un modo
perché la maledizione si spezzasse.
Dopo qualche secondo in cui non
ottenne risposta, Elise alzò lo sguardo per vedere se
Rumpelstiltskin fosse ancora lì.
Incrociò il suo sguardo
sorpreso.
-Qualcosa non va?- gli
domandò, aggrottando le sopracciglia e guardandolo dalla sua
posizione inginocchiata.
L’uomo si inginocchiò
finché non raggiunse la sua altezza e poi avvicinò il
volto al suo.
La ragazza si ritrovò ad
arrossire imbarazzata.
-Io non te l’ho chiesto.
Perché lo stai facendo?-
Elise boccheggiò qualche
secondo. -Io... voglio bene a Baelfire e... non voglio che stia
male...- soffiò, con il cuore che batteva a mille.
Rumpelstiltskin non si
allontanava e la guardava così intensamente che lei non aveva
il coraggio -la forza- di distogliere lo sguardo dal suo. Si sentiva
come in un mondo parallelo, in un sogno, in una visione, ma non
avrebbe mai voluto essere da nessun’ altra parte.
I loro respiri si infrangevano
nel volto dell’altro, i loro nasi e i loro corpi si sfioravano
e, Elise ne era certa, quell’uomo l’aveva stregata senza
magia.
Rumpelstiltskin si stava
avvicinando ulteriormente, facendo saettare lo sguardo dagli occhi di
Elise alle sue labbra. Poi Baelfire li chiamò e la visione
svanì.
-Elise! Papà! Dove
siete?-
L’Oscuro si alzò
di scatto, evitando di incontrare lo sguardo della ragazza e lei si
premurò di fare altrettanto.
-Oh, eccovi qui: perché
non rispondevate?-
Rimasero in silenzio per
qualche secondo, mentre il ragazzino guardava prima uno e poi
l’altra.
-Stavamo rientrando.- disse
Elise, sorprendendosi che la sua voce risultasse così acuta.
Bae li guardò ancora
titubante, poi fece spallucce e si avviò nuovamente verso
casa. Quella sera Elise si sentì chiedere proprio dal
ragazzino se le piaceva suo padre. Non poté fare altro che
arrossire e voltare lo sguardo, davanti a quegli occhi penetranti,
così simili a quelli di lui.
* * *
Gabrielle riprese contatto con la realtà
lentamente e con fatica.
Non ricordava dove si trovasse e rimase molto
sorpresa quando, alle sue narici, arrivò l’odore di
antisettico e medicinali, tipico degli ospedali.
Aprì gli occhi, sicura di sbagliarsi, e
invece vide chiaramente che si trovava in una stanza d’ospedale.
La domanda era: come ci era arrivata?
Si portò una mano alla fronte,
toccandosi leggermente un punto sopra l’orecchio che le fece
strizzare gli occhi.
-Non glielo consiglio, signorina: ha un bel
bernoccolo.-
Gabrielle spalancò gli occhi, con il
cuore che iniziava a batterle furiosamente. -Cosa… cosa è
successo?-
-E’ caduta nella sua casa ed è
svenuta. Le sue amiche l’hanno portata qui ieri sera.-
La ragazza ci mise qualche minuto per
assimilare l’informazione. Ricordava vagamente di essersi
alzata per prendere un’aspirina e di avere avuto un capogiro
nel bel mezzo del corridoio. Probabilmente era stato in quel momento
che aveva perso i sensi.
-Le mie amiche… Ruby?-
L’infermiere annuì, sedendosi
nella sedia che si trovava a fianco del suo letto. -E Mary Margaret
Blanchard. La signorina Lucas ha detto, testuale, che può fare
a meno di riprendersi dato che, quando verrà a trovarla, la
ucciderà lei stessa.-
Lui lo disse sinceramente divertito, ma
Gabrielle ebbe un brivido. -Ho qualche speranza di andare a casa
prima che questo fantomatico incontro avvenga?-
L’infermiere la guardò curioso.
-La dimetteremo questo pomeriggio e le sue amiche si sono offerte di
passarla a prendere dopo il lavoro. Quindi ne dubito, signorina.-
Gabrielle si passò stancamente una mano
sul viso, pensando all’incontro di quel pomeriggio: chissà
quanto avrebbe gridato Ruby! Aveva un caratterino, quella ragazza...
-Comunque, nel caso volesse saperlo, la sua
febbre è scesa a trentasette e mezzo, ma conto che per questo
pomeriggio si abbassi ulteriormente.-
Gabrielle lo guardò alzarsi e posare la
cartellina sul suo comodino. -E non ha avuto nessun tipo di trauma
cranico.-
-Beh, in ogni caso entro questa sera sarò
morta!- rispose lei, facendo spallucce.
L’infermiere scoppiò a ridere,
scuotendo la testa bionda.
Gabrielle si accorse solo in quel momento di
quanto fosse giovane e carino, con quegli occhioni verdi verdi. Le
veniva voglia di rimpinzarlo di latte e biscotti!
-Ehm, siamo sicuri che non ci sia nessun trauma
cranico?-
Lui aggrottò le sopracciglia. -Certo.
Perché me lo chiede?-
Gabrielle fece spallucce, divertita. -Così.
Grazie signor…-
-Spencer.- disse lui, porgendole la mano.
-Gabrielle.-
-Si, lo sapevo. Allora ciao, Gabrielle.- la
salutò, prima di uscire dalla stanza e lasciarla sola.
Lei fece un sospiro e strizzò gli occhi,
a causa del mal di testa che le stava nuovamente salendo. Si girò
in un fianco e chiuse gli occhi.
Camminava in mezzo ai rovi, cercava di
procedere sebbene le spine le graffiassero le braccia e le gambe e le
strappassero il vestito a cui teneva di più.
Sapeva che era successo qualcosa di grave e
per questo procedeva ancora più in fretta.
Sbucò in una piccola radura e quello
che vide la fece tremare d’orrore: una buca profondissima si
apriva al centro della radura e, vicino a essa, un uomo stava in
ginocchio, le mani strette ad un coltello con la punta verso terra.
Quando l’uomo si accorse di lei, alzò
la testa di scatto e la guardò perduto e spaurito.
Immediatamente, lei cercò di avvicinarsi ma lui si alzò
di scatto e il suo sguardo si trasformò in puro odio, che la
colpì al cuore come una lama.
Le parole “E’ colpa tua!”
iniziarono a risuonarle nella testa.
Gabrielle spalancò gli occhi di scatto,
spaventata e scossa per quell’incubo.
Ci mise un po’ a rendersi conto delle
voci che parlavano coincise in un angolo della stanza.
-Finalmente la Bella Addormentata si è
svegliata!-
Gabrielle si voltò verso la voce e vide
Ruby in piedi vicino a Mary Margaret.
-Ciao...- sussurrò, sorridendo e
cercando di svegliarsi fuori.
-Ciao? Tu sei finita all’ospedale e mi
dici solo “ciao”?-
Fantastico, è iniziata la
ramanzina... pensò la ragazza,
trattenendo uno sbadiglio e guardando, ormai completamente sveglia,
la sua amica che stava in piedi davanti a lei con le braccia
incrociate sotto al seno e un’espressione incazzata.
-Mi spiace di avervi fatte preoccupare,
Ruby...-
-Certo che ti dispiace! Ti immagini che paura
abbiamo preso quando non hai risposto alle nostre undici
chiamate e quando, una volta arrivata a casa tua, abbiamo trovato la
porta aperta?-
Gabrielle spalancò gli occhi. -C’era
la porta aperta?-
-Si, testa di cocomero! Pensavamo ti avessero
rapinata e uccisa!-
Addirittura?
-Devo averla lasciata aperta per sbaglio…-
sussurrò lei, pensierosa.
-… e poi ti abbiamo trovata svenuta in
corridoio!- continuò lei come se non l’avesse sentita.
Gabrielle si morse il labbro inferiore,
estremamente dispiaciuta.
-Scusatemi. Davvero: non avevo intenzione di
farvi preoccupare.-
-Certo che no. Ruby, non credi di stare un po’
esagerando?- intervenne Mary Margaret, cercando di calmare la
ragazza, a cui sembrava stessero per uscire i fumi dalle orecchie.
Ruby sbuffò e si sedette con un tonfo
sul letto di Gabrielle, facendola sobbalzare.
Prese un paio di respiri. -Forza Elle, alzati e
vestiti: tra poco andiamo a casa.-
Gabrielle annuì e si alzò,
piacevolmente stupita dal fatto di non avere più capogiri: la
febbre si era abbassata veramente.
Si vestì con calma e prese il cellulare
che Ruby le porgeva, mettendoselo in tasca.
-Spencer!- chiamò a gran voce
l’infermiere che stava passando davanti alla sua camera.
-Gabrielle! Te ne stai andando?- le domandò
lui, fermandosi di fianco alla camera e guardando le ragazze uscire.
-Già, finalmente! E’ uno strazio
questo posto. Senz’offesa!-
Spencer fece spallucce. -Nessuna offesa: ne
sono fermamente convinto.-
La ragazza ridacchiò e salutò
l’amico con la mano, avviandosi verso la reception dove le
avrebbero finalmente fatto firmare la carta per farla uscire di lì.
-Chi è Spencer?- le chiese Ruby,
guardandola fintamente contrariata. In realtà, Gabrielle
vedeva lontano un miglio il suo divertimento.
-E’... un infermiere.- rispose,
titubante.
Ruby e Mary Margaret si guardarono. -Si,
l’abbiamo notato.-
-E quindi...?-
-E’ carino...- buttò lì
Ruby, facendo sembrare il suo tono casuale.
L’amica la guardò sconcertata.
-Cosa cavolo dici?- chiese, mentre firmava il foglio e si avviava
verso l’uscita dell’edificio.
La ragazza alzò le mani. -Nulla, nulla.
Solo che è carino.-
Gabrielle la guardò con un sopracciglio
alzato.
-Forza ragazze, dobbiamo andare.-
-Giusto. Gabrielle, porta la tua personcina
tremendamente delicata sul sedile posteriore della mia auto.-
-E’ un modo incazzoso per dirmi che mi
date un passaggio?-
-Esatto.-
Gabrielle sorrise e, insieme, si diressero
verso la macchina rossa di Ruby che le portò davanti
all’erboristeria in poco più di dieci minuti.
Mary Margaret aprì addirittura la porta
a Gabrielle, che non si sentì in forze per rifiutare quella
gentilezza, dato che sentiva di nuovo la testa dolorante.
-Ma dimmi te: una vita di monotonia e nel giro
di qualche giorno prendo un febbrone dal cavallo, finisco
all’ospedale e faccio am…- si bloccò,
ammutolendo.
Cosa cavolo stava dicendo?
Probabilmente se lo chiesero anche le due
ragazze, perché la guardarono interrogative.
-Fai am…?-
Gabrielle scosse le spalle, imbarazzata.
-Nulla, nulla. Ora sono stanca, vado a letto. Grazie mille di tutto!-
Diede ad entrambe un bacio sulla guancia e si
dileguò nella sua stanza, cercando di dare meno nell’occhio
possibile. Anche se era possibile che non ci fosse riuscita. Anzi, ne
era certa.
* * *
La mattina dopo, Gabrielle si sentiva come
nuova. La febbre le era scesa del tutto e aveva una voglia pazzesca
di uscire all’aria aperta e godersi un po’ la vita.
Si fece una doccia veloce, si pettinò,
mise i vestiti più comodi che aveva -ovvero un paio di jeans e
una maglietta a maniche lunghe.-, prese le chiavi di casa e la borsa
e, snobbando altamente l’erboristeria, si diresse per le strade
di Storybrooke.
Aveva tutta l’intenzione di andare a
salutare Ruby alla tavola calda e, magari, prendere una cioccolata o
un the caldo, ma non resistette all’impulso di sedersi in una
panchina al parco e chiudere gli occhi.
Le capitava, ogni tanto, di sentire il bisogno
di staccare la spina e il posto migliore di tutti era sicuramente il
parco cittadino. Ricordava che una volta ci era andata con Henry ed
era talmente stremata che aveva preso sonno sulla panchina:
probabilmente era stato in quel momento che Regina aveva deciso che
non era troppo brava per badare a suo figlio e aveva preferito che se
la cavasse da solo.
Non l’avrebbe mai capita quella donna.
-Buongiorno.-
Gabrielle sobbalzò leggermente, ma,
prima di aprire gli occhi, aveva già capito chi si sarebbe
trovata davanti.
-Salve, signor Gold. Qual buon vento?-
-Affitti.- rispose lui semplicemente, facendo
alzare gli occhi al cielo a Gabrielle.
-Ovviamente. Come ho fatto a non pensarci: esce
fuori da quel tetro negozio solo per riscuotere gli affitti!- ribatté
la ragazza, ironica.
-Trova che il mio negozio sia tetro?-
Lui le sorrise divertito e Gabrielle non poté
fare a meno di arrossire.
-Non intendevo offenderla. Però si: è
buio e triste.- sussurrò, alzando le spalle.
Gold la guardò con un sopracciglio
alzato e, lentamente, si sedette accanto a lei.
-Parlando di consigli, signorina, ho saputo che
lei non ha seguito il mio.- la riprese, contrariato.
Lei alzò un sopracciglio, confusa.
-Quello di riguardarsi, signorina. La signora
Collins, stamattina, è stata così gentile da
venire nel mio negozio per informarmi del suo incidente.-
Gabrielle, dopo un attimo di incredulità,
iniziò a ridacchiare.
-La diverto, dearie?-
Lei scosse la testa, cercando di calmarsi:
l’immagine della signora Collins che spasimava per lui era
decisamente troppo divertente per non ridere.
-A proposito della signora Collins... qualche
settimana fa è andato a ritirare il suo affitto, vero?-
Fu il turno di Gold di assumere un’espressione
confusa. -Certo.-
-E lei le ha… offerto il the?-
-Come fa a saperlo?-
Lei scosse la testa. -Era buono?-
-Discreto, dearie. Ora vuole dirmi il motivo di
tutte queste domande?-
-Un attimo. Per caso, dopo che l’ha
bevuto si è sentito strano? Non so, colpi di calore o, uhm,
iperattività?-
Gold la guardò qualche secondo,
terribilmente serio e sospettoso, per poi ghignare. La ragazza sentì
uno strano senso di deja-vù.
-Cosa c’era in quella bevanda, dearie?-
Gabrielle scoppiò a ridere come una
pazza, senza riuscire a fermarsi.
-Mi aveva chiesto...- si bloccò, colta
da un altro attacco di risa. -delle erbe… afrodisiache!-
esclamò alla fine, portandosi una mano sulla bocca e alzando
lo sguardo verso l’uomo di fronte a lei.
Il volto di Gold era una maschera si pietra, le
labbra strette e gli occhi spalancati.
-Sta bene, signor Gold?-
-Lei mi sta dicendo che quella donna ha tentato
di… di…- non trovava le parole, e a Gabrielle in quel
momento fece decisamente tenerezza. Probabilmente non aveva molto
spesso a che fare con pretendenti così coraggiose. Con
pretendenti e basta.
-Di sedurla.- concluse la ragazza per lui.
-E lei ha contribuito parecchio.-
Gabrielle soppresse un risolino. -Non se la
prenda con me: io ho solo soddisfatto una cliente.-
-E soddisferà anche il prossimo verrà
a chiederle del veleno, immagino. Anzi, si adopererà a
dargliene uno piuttosto forte.-
Gabrielle strinse i denti: stava dicendo che
voleva ucciderlo? -Non dica sciocchezze, lei! Pensa che la
voglia morto?-
-Come tutti in questa città, dearie.- le
rispose lui, con un sorriso malinconico.
La ragazza si alzò di scatto in piedi.
Si sentiva delusa dal suo comportamento: non le
sembrava di avergli dato quell’impressione, dato che mai e poi
mai un simile pensiero le era passato per la mente. Non a lei.
-Dato che ha quest’opinione di me, me ne
vado. E, giusto perché lei lo sappia, la verità è
che lei mi piace.- poi gli voltò le spalle, lasciandolo seduto
sulla panchina e allontanandosi di gran carriera.
Certo che, nella mente di quell’uomo,
passavano davvero dei bei pensieri! Capiva che, magari, la gente in
città lo considerava un bastardo, ma da questo a volerlo morto
ne passava di acqua sotto i ponti!
Camminò spedita fino a casa sua, tanto
che le venne addirittura il fiatone. Ma era così arrabbiata!
Come poteva lui pensare una cosa del genere? Come poteva
credere che volesse il suo male, dopo che...
Dopo che cosa? Dopo che gli aveva detto
che le piaceva?
Oddio, cosa le era saltato in mente? Era
talmente tanto arrabbiata che le erano sfuggite quelle parole, senza
che lei potesse fare nulla per fermarle.
Però... non erano una bugia. Il signor
Gold le piaceva davvero.
Quel suo intrigante modo di fare, di stare al
gioco, di guardarla, soprattutto di guardarla, con quegli occhi scuri
così profondi.
Le venne un brivido.
Doveva assolutamente parlarne con un’amica.
Al più presto.
Angolino dell'autrice: Buon
2 settembre, gente!!! Come state? Finiti i compiti per le vacanze?
Pronti per il ritorno a scuola? Io no :3
Comunque:
che ne pensate del capitolo? Le cose si stanno un po' evolvendo, sia
nel mondo delle fiabe che a Storybrooke, ma non crediate che sarà
sempre tutto rose e fiori, nono.
Allora,
ho deciso che aggiornerò il sabato, tuttavia dovrò
saltare l'aggiornamento della prossima settimana, poiché sono
tutto il giorno a Gardeland. Se riesco, aggiornerò di venerdì
o domenica, ma non vi garantisco nulla.
Ringrazio
le buone anime che hanno recensito, chi ha inserito la storia in una
delle sue liste e, infine, invito i lettori silenziosi a lasciarmi un
commentino.
Un
bacione e alla prossima =)
°°Sami°°
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Capitolo 7 *** Desperation. ***
DREAM
OF MY DREAMS
6. Desperation.
Elise era partita per quel
viaggio estremamente tranquilla, dato che era stato addirittura
Rumpelstiltskin a proporglielo, facendo finta che fosse nei suoi
interessi, anziché in quelli di lei.
Elise aveva una voglia pazzesca
di affinare le sue tecniche, sia in campo medicinale che su cosa
comportava essere una ninfa e cosa avrebbe comportato per chi le
stava attorno. Certo, Bae aveva detto più volte che se
riusciva a convivere con la magia oscura di suo padre, sarebbe
riuscito tranquillamente a vivere con la sua, ma Elise voleva esserne
sicura e, fatalità, Rumpelstiltskin, poco tempo prima, aveva
scoperto che poco distante da lì c’era un villaggio di
ninfe dell’acqua. Forse non erano come lei, ma le erano più
vicine loro di qualsiasi alto essere o persona che aveva mai
conosciuto.
Quella mattina, Elise aveva
salutato Bae con un abbraccio e un bacio sulla guancia e
Rumpelstiltskin con un sorriso, sebbene avesse tutt’altro
desiderio.
Camminò per il bosco
quasi un giorno intero, fermandosi solo lo stretto indispensabile, ma
alla fine, arrivò a destinazione.
In effetti, il viaggio fu
proficuo: conobbe Flynn, un elfo che, al contrario di quanto credeva,
era un po’ una ninfa al maschile. Lui le descrisse le diverse
tipologie di ninfe, le insegnò tutte le cose più
importanti e rispose a tutti i suoi perché.
Così scoprì di
essere un po’ magica, ma di una magia buona e pura.
Visitò pianure e corsi
d’acqua, prati fioriti e laghetti e Flynn le aveva spiegato
tante di quelle cose che Elise stentò a credere che tutto
potesse entrarle in mente.
Un mondo nuovo si era aperto
davanti a lei e stentava a credere di farne veramente parte. Inoltre
non vedeva l’ora di raccontare tutto a Bae e a Rumpelstiliskin:
voleva renderli orgogliosi di lei, voleva dimostrare loro che poteva
fare di più che pulire il pavimento o spolverare una credenza.
Ci mise un giorno e mezzo a
ritornare, ma si godette la natura come mai prima di allora.
Fu quando arrivò nei
pressi della casa di Rumpelstiltskin che l’idillio si
interruppe. La foresta era agitata e lei lo sentiva: sembrava che i
rovi e le spine le si attaccassero addosso come per fermarla, per
tenerla lontana dall’orrore che di li a poco avrebbe visto e
avrebbe vissuto.
Ma lei camminava più
veloce, sopportando le spine e i rovi che la graffiavano e le
strappavano il suo vestito preferito, quello che le aveva regalato
Rumpelstiltskin.
Ad un tratto sbucò in
una radura e quello che vide la fece raggelare sul posto: una buca
grandissima si stagliava in mezzo ad essa e un uomo era inginocchiato
sul bordo con la testa china e un pugnale in mano, con la punta
appuntita rivolta verso il basso.
Elise rimase in silenzio alcuni
minuti, scioccata. Poi lui alzò lo sguardo, vuoto, disperato e
sconvolto.
-Rumpelstiltskin.- sussurrò
lei, avvicinandosi lentamente, disperata, la foresta che le
stava sussurrando il dolore.
-Dov’è Baelfire,
Rumpelstiltskin?- domandò, terrorizzata dalla risposta.
-Se ne è andato. Mio
figlio se ne è andato!- gridò lui, il volto tramutato
in una maschera di odio e di dolore che Elise non riusciva a
decifrare.
-Dove?-
-In un altro mondo. E noi non
possiamo più raggiungerlo!-
A Elise sembrò di
svenire.
-Se tu ci fossi stata,
l’avresti visto con i tuoi occhi! Insieme potevamo
salvarlo! E’ colpa tua!-
Lei era distrutta dal dolore,
il vento soffiava e le cime degli alberi si inarcavano verso di lei,
cercando di afferrarla per portarla via.
-Lui voleva trovare un modo per
spezzare la vostra maledizione, Rumpelstiltskin! Avrebbe fatto
qualsiasi cosa per potervi riavere. Non è di certo mia la
colpa se lui… se lui se ne è andato per sempre.- Elise
stava piangendo disperata e gridava, cercando di asciugarsi le
lacrime con il dorso della mano. Non era nella natura delle ninfe la
rabbia. Ma lei era cresciuta tra gli umani ed era stata contaminata
dalla loro malvagità.
Quello che aveva di fronte era
solo un’ombra di quello che era stato il Rumpelstiltskin che
lei aveva conosciuto, quello che l’aveva quasi baciata in un
prato. E lo dimostrava chiaro l’odio per sé stesso che
cercava di riversare su di lei.
-Vattene. Non voglio più
vederti. Vattene, Elise!-
- Sei un codardo,
Rumpelstiltskin, e hai sprecato l’ultima briciola di amore e
umanità che ti rimaneva!- gli rispose lei, il cuore che si
spezzava sotto il suono di quelle parole, perché le ninfe non
avrebbero dovuto essere capaci di provare rabbia, delusione, un
dolore così perforante.
Voltò le spalle al
Signore Oscuro -niente era rimasto del suo Rumpelstiltskin- e, con il
dolore che le spezzava il cuore, disse addio a tutto ciò che
le rimaneva della sua famiglia.
Questa volta, tuttavia, i
rami si spostarono per farle strada e la condussero nuovamente verso
il suo mondo, verso Flynn, a cui lei non sentiva di appartenere.
* * *
Gabrielle sorrise all’amica, rigirando
pigramente la cannuccia dentro al bicchiere.
-Elle, non avere paura: posso averne le
sembianze, ma non sono un lupo e non ho intenzione di mangiarti!-
Gabrielle rise forzatamente, ammettendo che
Ruby aveva centrato il punto.
-Sono… confusa, Ruby. Anzi, credo di
essere totalmente impazzita.-
La ragazza arricciò le labbra rosse e la
guardò interrogativa.
-Vedi, c’è questa persona, ecco…
Non so cosa mi stia succedendo. Non so nemmeno da dove iniziare.-
esclamò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli rossi.
Ruby le sorrise, comprensiva, poggiando una
mano sulla sua. -Dal principio. Inizia dal principio.-
Gabrielle fece un respiro profondo. -Non è
una brava persona. Non lo è, accidenti e io non capisco per
quale accidentissimo di motivo stia così bene in sua
compagnia, mi piaccia così tanto parlare con lui e perché
lo trovi così intrigante!-
-Ehi, frena, frena, non ci sto capendo un bel
niente!-
-L’ho incontrato quattro volte, in tutto.
Se non si conta la prima, in cui ci siamo scontrati, ma non ha
importanza. Abbiamo parlato, scherzato e lui è stato così
gentile, Ruby, capisci? Gentile!-
La ragazza aggrottò le sopracciglia. -E’
normale che la gente sia gentile.-
-Lui no!-
-Aspetta… di chi stiamo parlando?-
Gabrielle sentì le lacrime salirle agli
occhi.
-Oh.Mio.Dio. E’ Gold?- Ruby era
esterrefatta. -Ti sei presa una cotta per Gold?-
-Sono un mostro Ruby. Sono un mostro, orribile,
completamente pazza!- disse, nascondendo la testa tra le braccia. Le
veniva da piangere, da disperarsi e da urlare.
-E... il biondino dell’ospedale?- tentò
Ruby.
Gabrielle alzò la testa solo per
fulminarla con lo sguardo. -Mi sei molto d’aiuto!-
-D’accordo. Esprimiti, sfogati!
Arriveremo a capo di questa situazione!-
La ragazza fece un grande sospiro. -La verità
è che a detta di tutti quell’uomo è un
grandissimo bastardo, che non fa altro se non alzare l’affitto
e poi se la ride alle spalle della povera gente che fatica per
arrivare a fine mese, a contrario di lui che naviga nell’oro…-
-Elle…-
Lei non le diede ascolto. -… un usuraio,
che ha poteri illimitati e che li usa per fare del male agli altri,
solamente per il suo tornaconto. Un mostro, insomma!- Gabrielle prese
un respiro.
-Elle…- sussurrò Ruby, allibita.
-Ma io non la penso così, capisci? Io in
lui non vedo tutto questo male e…-
-Gabrielle!-
La ragazza si fermò di scatto,
rendendosi conto solo in quel momento dello sguardo stravolto che la
sua amica aveva assunto.
Ella indicò un punto dietro le spalle di
Gabrielle e lei, dopo qualche secondo si voltò. Ma non ebbe
bisogno di guardare dietro di lei, perché la persona che Ruby
aveva indicato camminava dietro le vetrate, alla sua sinistra.
Gabrielle inorridì: il signor Gold si
stava allontanando frettolosamente dal negozio, la sua figura rigida,
le labbra serrate e la mano che non reggeva il bastone stretta a
pugno.
-Ha… ha sentito tutto.-
-Tranne la parte finale.-
Lei si sentì morire.
-Scusa Ruby, arrivo subito.- disse, alzandosi
di scatto e correndo fuori dal negozio, sperando di riuscire a
fermare Gold prima che se ne andasse.
-Signor Gold, signor Gold,
aspetti!-
Lui, con somma sorpresa di Gabrielle, si fermò.
-Signor Gold, ascolti…-
-Mi sembra di avere già ascoltato
abbastanza.- disse velenoso, girandosi e guardandola con odio.
A Gabrielle si mozzò il respiro e ebbe
un giramento di testa, come se quella scena, quello sguardo
terribilmente doloroso, fossero già marchiati a fuoco nella
sua mente.
-Lasci che…-
-Che inventi patetiche scuse? No, ho già
capito tutto. Vorrei solo sapere una cosa: che interesse aveva a fare
finta che le piacessi? Soldi? Voleva avere qualche ascendente sul
mostro della città? Ti dirò una cosa, dearie: io
non piaccio a nessuno.- le gridò contro, sul viso una
smorfia di pura rabbia.
Lei rimase pietrificata davanti a quella
sfuriata, incapace di dire nulla. Il signor Gold le voltò le
spalle e si incamminò di fretta, mettendo più
marciapiede possibile tra di loro, lasciandola immobile.
Ruby si affrettò a raggiungerla e ad
abbracciarla stretta.
-Lui… lui…-
-Shhh. Ho sentito tutto.-
Gabrielle scoppiò a piangere disperata,
il volto poggiato sulla spalla della sua amica.
Rimasero abbracciate per qualche minuto, finché
il suo pianto non si placò un poco. Poi, Ruby la condusse
verso la sua macchina e la accompagnò a casa, come due giorni
prima al ritorno dall’ospedale.
Non parlarono per tutto il viaggio. A Gabrielle
ogni tanto sfuggiva un singhiozzo, ma cercava di trattenere il pianto
disperato a cui avrebbe voluto dare sfogo per rispetto verso la sua
amica. E la sua macchina.
Ruby fu così gentile da accompagnarla
anche in casa e Gabrielle le fu talmente grata che le veniva da
piangere anche per quel motivo.
-Elle... io davvero non capisco, mi dispiace.-
Lei alzò lo sguardo dalla punta delle
sue scarpe, confusa.
-Non capisco tutta questa disperazione.-
spiegò, buttandosi di peso sul divano. -Non capisco nemmeno
come tu abbia fatto a prenderti una… sbandata del genere per
Gold, ma immagino che sia una questione di punti di vista.-
-Io... non lo so. E’ qualcosa di arcano.
Come se fosse stato dentro di me tutto questo tempo e che sia uscito
adesso, come se, conoscendolo, avessi rotto il sigillo che lo teneva
imprigionato. E mi fa una paura terribile, Ruby.- sussurrò,
prima che altre lacrime le solcassero il viso.
Ruby la abbracciò di slancio,
stringendola forte a sé. -Vedrai che andrà tutto bene.
Aspetta che la rabbia gli passi, poi vagli a parlare: vedrai che ti
ascolterà.-
Lei annuì, grata alla sua amica, anche
se sapeva -entrambe sapevano- che non sarebbe stato così
facile.
-Grazie di sostenermi Ruby. Lo so che tu lo
odi.-
-Mi fido anche del tuo giudizio: forse non è
così bastardo come sembra se a te piace così tanto. Ma
sappi che io non ci voglio avere nulla a che fare!-
Gabrielle ridacchiò, un po’ più
serena.
Forse, in qualche modo, sarebbe riuscita ad
andare a capo di quella situazione.
Ringraziò Ruby e la accompagnò
alla porta, augurandole una buona notte che, ne era certa, per lei
sarebbe stata un tormento. Non vedeva che fosse il giorno dopo per
andare ad aprire il negozio e distrarsi un pochino.
Ok. Forse distrarsi aprendo il negozio non era
stata una buona idea. Anzi, era stata pessima.
Si era addirittura presa parole da un gruppetto
di vecchiette con problemi intestinali che le avevano detto che, ai
loro tempi, le signorine non vivevano da sole come prostitute e che,
alla sua età, erano già tutte sposate e con almeno un
figlio.
Ovviamente, non si riferivano di certo a lei.
In ogni caso cercò di ignorarle il più
possibile e ad essere educata, proprio come fece quel pomeriggio con
la signora Grayne, che non faceva altro che dimostrarle la sua
infinita e inutile preoccupazione.
Se non altro, quel giorno era riuscita a
distrarsi e andò a letto più morta che viva.
Sfortunatamente, alle sei e mezzo di mattina,
il suo sonno venne interrotto da una telefonata di Mary Margaret che
le spiegò, in fretta e maldestramente, che quella notte Emma
aveva cercato di portare via Henry scappando da Storybrooke. Le aveva
chiesto se quella mattina poteva passare a prendere qualcosa per i
nervi, ma Gabrielle era convinta che avesse più che altro
voglia di sfogarsi con qualcuno e non si sentì in vena di
dirle di no, anche se aveva ben altri problemi a cui pensare.
Ma, dopotutto, era quello che facevano le
amiche, no?
Aveva aperto il negozio da mezz’ora,
quando le mancò l’aria.
Angolino dell'autrice: Salve
a tutti, gente!!! Come statee? Io benissimo e, anche se so che non ve
ne frega nulla, vi comunico che mi sono divertita da morire a
Gardaland! Decisamente la
giornata più bella di sempre e
sono sicura che molti di voi avranno capito da dove è tratta
questa frase ;)
Comunque,
che ne pensate di questo capitolo? Ve gusta? Vi aspettavate che le
cose prendessero questa piega??? Susu, non siate timidi: ditemi cosa
ne pensate!
Ringrazio
tantissimo chi ha recensito (siete degli ammmori!! ;) ), chi ha
inserito questa storia in una delle liste e chi solamente legge! Vi
adoro tutti quanti!
Un
bacione e arrivederci a sabato prossimo!!!
°°Sami°°
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Capitolo 8 *** Magic. ***
DREAM
OF MY DREAMS
7. Magic.
-Flynn! Flynn!-
-Elise, cosa è
successo?-
Elise arrivò trafelata
dal ragazzo, cadendogli in braccio e guardandolo con occhi
terrorizzati.
-Ho appena visto Red: mi ha
detto che sta arrivando! Il sortilegio sta arrivando!- disse, con le
lacrime agli occhi.
Flynn la abbracciò,
stringendola forte.
-Ci sarò anche io, di
là. Staremo insieme, in un modo o nell’altro.-
-Come fai ad esserne certo?-
singhiozzò lei, staccandosi dalla stretta e guardandolo
intensamente negli occhi.
-Io... non lo so, ma lo spero
tanto, Elise.-
Lei scoppiò nuovamente a
piangere. -Non voglio dimenticare, Flynn.-
-Lo so. Lo so, Elise. Andrà
tutto bene, te lo prometto. I ventotto anni passeranno e noi
ricorderemo di nuovo.-
Elise annuì e cercò
di asciugarsi le lacrime con il dorso della mano. Doveva essere
forte, per Flynn, per sé stessa: non poteva cedere e cadere
mai più.
Quando videro la nube
all’orizzonte che inghiottiva foreste intere, Elise sentì
la paura avvilupparle il cuore e si strinse a Flynn. Lui la abbracciò
forte, come se potesse proteggerla da tutto l’orrore che stava
per sommergerli senza che avessero nessuno scampo.
Elise strinse gli occhi ed
espresse il suo ultimo desiderio.
-Spero solo di rivederti,
Rumpelstiltskin.-
* * *
Qualcosa doveva essere successo in quell’esatto
momento, alle otto e un quarto del mattino, qualcosa di
straordinario, perché in quel momento Gabrielle capì di
aver vissuto nella menzogna per ventotto anni.
-Sono Baelfire. Qual è
il tuo nome?-
-Elise. Mi chiamo Elise.-
Capì che l’intera sua vita era una
montatura, che non apparteneva al mondo in cui viveva. Che perfino il
suo nome era fasullo.
-Baelfire, cosa fai qui da
solo?-
Il ragazzino alzò lo
sguardo e fece spallucce.
-Nulla.-
-Non sei a giocare con gli
altri bambini del villaggio?-
Alzò nuovamente le
spalle. -Loro non vogliono giocare con me.-
-E’ per via di tuo padre?
Perché è il Signore Oscuro?-
Lui annuì.
Seppe che c’era un passato che meritava
di essere ricordato, sebbene il suo finale non fosse per nulla lieto.
Ma dopotutto, quello di nessuno lo era stato, altrimenti non si
ritroverebbero tutti in quel mondo straniero.
-Io non te l’ho chiesto.
Perché l’hai fatto?-
Elise boccheggiò qualche
secondo. -Io... voglio bene a Baelfire e... non voglio che stia
male...- soffiò, con il cuore che batteva a mille.
Che c’era qualcuno che meritava di
essere ricordato e che amava con tutto il suo cuore, il quale,
sfortunatamente, era stato spezzato proprio da lui. Lui che l’aveva
mandata via, accusandola di una colpa che non aveva e che non
riusciva a sostenere da solo.
E allora le pesò sul cuore la
consapevolezza di averlo lasciato solo, di averlo fatto soffrire con
le sue parole involontarie, di non averlo sostenuto nel momento del
bisogno.
Stava per uscire, incurante del negozio che
sarebbe rimasto incustodito, quando una nube viola la inghiottì.
Tuttavia Elise non ebbe paura come l’ultima
volta, perché quella nube le fece immediatamente battere il
cuore: era Vero Amore.
Anche se non capiva come aveva potuto
manifestarsi sotto quell’aspetto.
Fece spallucce e corse per le strade della
città, cercandolo, cercando il suo grande amore. La prima
persona che riuscì a riconoscere tra tutte le figure che si
abbracciavano e piangevano fu Red, che le corse incontro
coinvolgendola in una stretta spezza ossa.
-Elise!- sussurrò con le lacrime agli
occhi. -La maledizione è spazzata, ce l’ha fatta!-
Lei annuì. -Emma è stata grande.
Bravissima!-
Elise abbracciò anche Granny, Snow e suo
marito James, lasciandoli subito dopo e correndo verso il negozio di
pegni dove sperava di trovare Rumpelstiltskin. Voleva vederlo e
parlargli ad ogni costo e voleva scusarsi con Gold per le cattiverie
che aveva detto.
Non che l’avesse fatto apposta, ma si
sentiva uno schifo lo stesso all’idea di averlo fatto soffrire.
Non che lui si fosse comportato tanto meglio
con lei...
Elise scosse con fermezza la testa, decisa a
trovarlo e a instaurare un minimo di conversazione tra di loro. Come
quando erano solo Gold e Gabrielle.
Le mancava poco meno di un isolato per arrivare
al negozio, quando si sentì chiamare per nome.
Si girò a destra e a sinistra,
esterrefatta: oltre a qualche minimo contatto quali Snow, Red e
Cinderella, aveva sempre vissuto nella foresta e non conosceva
nessun’altro degli abitanti della Fairytale Land.
-Elise!-
Quando si girò dalla parte giusta si
sentì pervadere dalla felicità.
-Spencer! Flynn!- esclamò, fiondandosi
tra le sue braccia. Lui la prese per i fianchi e la fece roteare in
aria, ridendo.
-Te l’avevo detto Elise, te l’avevo
detto che ce l’avremmo fatta!-
Lei rise tra le braccia del suo migliore amico
di sempre, sentendosi nuovamente accettata da qualcuno che era come
lei.
La abbracciò e lei si strinse a lui,
poggiando il mento sulla sua spalla. Poi inorridì:
Rumpelstiltskin stava passando, proprio in quel momento, vicino a
loro e, prima di voltare l’angolo, si fermò qualche
secondo a guardarla.
Quando i loro sguardi si incontrarono, Elise
sentì le sue pulsazioni aumentare in maniera pazzesca e
correre da lui era un impulso che non riuscì a trattenere per
più di tre secondi. Il tempo per Rumpelstiltskin di voltare
l’angolo, grazie al suo passo veloce e non più zoppo.
-Aspetta!- esclamò, staccandosi
dall’amico e correndo verso di lui.
Tuttavia, egli era già sparito.
-Chi stavi chiamando?- le domandò Flynn,
affiancandola e guardando nella sua stessa direzione.
-Nessuno.- rispose lei, scuotendo le spalle
avvilita. Era ovvio che lui la stava evitando, ma sicuramente non
avrebbe potuto mandarla fuori dal suo negozio nel caso ci fosse
andata. Ed era proprio quello che intendeva fare quel pomeriggio.
Non le piaceva come si erano risolte le cose
tra di loro: nella Fairytale Land credeva che avrebbe avuto tutto il
tempo del mondo per pensare a cosa dirgli, per sbollire la rabbia e
l’umiliazione e per fare pace. Sperava che, magari, avesse
potuto aiutarlo a trovare un modo per ritrovare Bae, il loro piccolo
Bae.
E il tempo nel bosco con le altre ninfe era
passato veloce e, quando aveva deciso di ritornare alla civiltà,
aveva scoperto che tutto era cambiato e aveva conosciuto Red Riding
Hood che le aveva raccontato le dicerie su Rumpelstiltskin. Poi era
diventata la sua più cara amica: Elise le raccontava la vita
nel bosco, le mostrava la sua magia regalandole fiori di tutti i
tipi, mentre Red le parlava di Snow, della vita di corte e della luna
piena. Entrambe erano sole a modo loro e avevano trovato nell’altra
un’amica fidata e preziosa con cui condividere le proprie
esperienze.
Era così che Elise era venuta a sapere
della maledizione che li avrebbe colpiti tutti.
-Elise, che hai? Mi sembri assente.-
Lei scosse la testa. -E’ tutto ok. Sono
solo un po’ confusa: credo di dovere fare un po’ di
ordine nei miei pensieri.-
Lui annuì solamente e le sorrise. Per
Elise quel sorriso era talmente familiare che per un momento le venne
una grandissima nostalgia del loro mondo. Scosse la testa e cercò
di cacciarla: temeva che non ci sarebbero ritornati mai più.
Seguì distrattamente Flynn che la
conduceva in giro per la città, guardandosi intorno come se
fosse la prima volta che vedeva le case e i negozi.
Con un po’ di attenzione, anche Elise
provò questa sensazione: per Gabrielle era tutto normale, il
cemento, la forma delle abitazioni e i vestiti erano proprio come
avrebbero dovuto essere, ma per Elise era tutto strano, come fuori
posto. Regina doveva essere proprio arrabbiata se aveva fatto a tutti
loro una cosa del genere, condannandoli ad una realtà e ad un
mondo che non apparteneva a nessun abitante della Fairytale Land.
-Allora, come va il bernoccolo?- le domandò
ad un tratto Flynn, sfiorandole con una mano la testa.
Elise fece spallucce. -E’ tutto ok. E’
passata anche la febbre: sto benissimo!- gli rispose, con un sorriso.
Lui annuì. -Che lavoro fai in questo
mondo, Elise?-
-Sono un’erborista. Sto in mezzo alle
piante tutto il giorno. Mi… mi hanno detto che mi porto
addirittura l’odore del negozio dappertutto!-
Flynn scoppiò a ridere. -Certo, non
c’era impiego più azzeccato!-
-Beh, anche il tuo: dopotutto ti è
sempre piaciuto aiutare la gente, no?- sussurrò, guardandolo
interessata.
Flynn, come al suo solito, ridacchiò
imbarazzato, prima di portarsi una mano dietro alla testa. Un gesto
che faceva in continuazione.
Ad un tratto tornò serio.
-Mi dispiace, Elise.-
Lei aggrottò le sopracciglia. Di cosa
stava parlando, adesso?
-Di non essere riuscito a proteggerti.- si
affrettò a spiegare. -Credevo che in questo mondo saremmo
stati insieme, in qualche modo, ma a quanto pare avevo fatto male i
miei calcoli. Credevo che mi sarei ricordato di te, invece ho dovuto
aspettare ventotto anni in cui ti sarebbe potuto succedere di tutto…-
-Flynn.- lo interruppe lei. -Sei un amico
prezioso e sai bene che contro la maledizione nessuno ha potuto fare
nulla se non Emma, la Salvatrice. Non sentirti in colpa per colpe che
non hai. Me la sono cavata benissimo da sola, in questi anni.-
Flynn la guardò rammaricato, mentre un
microscopico sorrisino gli spuntava sul volto.
-Hai sempre la capacità di minimizzare
tutto. Vedo che non sei cambiata per nulla.-
Elise ridacchiò, felice di avere
recuperato la memoria e, soprattutto, di avere avuto una
conversazione con qualcuno con cui avrebbe potuto condividere quel
pesante fardello delle due identità. Si sentiva molto meno
confusa, sotto quel punto di vista.
Poi, però, le ritornò in mente
l’espressione di Rumpelstiltskin e sospirò avvilita.
-Ehm… ora dovrei andare, Flynn. Ho
bisogno di riordinare un po’ le mie cose.- disse, sapendo bene
che la sua era una scusa piuttosto debole. Ma Flynn sembrò non
farci caso: le diede un bacio sulla guancia e la lasciò andare
via, dandole solamente il suo indirizzo e il suo numero, che finirono
sulla tasca destra dei jeans di Elise.
Durante il ritorno notò che i gruppetti
in strada erano spariti quasi del tutto e immaginò che si
fossero rintanati in casa o da Granny per recuperare il tempo
perduto.
Per qualche secondo ebbe la tentazione di
andarci anche lei, ma poi ci ripensò: cosa avrebbe potuto
dire? “Red, sono in crisi perché Rumpelstiltskin il
Signore Oscuro oggi non mi ha calcolata nemmeno mezzo secondo?”
Così tutti l’avrebbero guardata
come un’appestata e l’avrebbero evitata a vita, più
di come avevano fatto durante quegli anni di prigionia. E, come se
non fosse bastato, sarebbe sembrata una sedicenne alla prima cotta.
Diamine, era una persona adulta e seria, lei!
Arrivata a casa si buttò sul divano e
strinse gli occhi: sentiva le palpebre pesanti e i nervi alle stelle
e non aveva idea di come placare questi due mali se non con un
sonnellino mattutino.
Angolino dell'autrice: Ben
trovati! Come state? Ragazzi, due settimane e OUAT rincomincerà:
sto contando i secondi, e voi???
Allora,
come vi è sembrato questo capitolo? Personalmente, l'ho
trovato molto difficile da scrivere e non ne sono per niente
soddisfatta: ho scritto parecchie parti per più volte, ma il
prodotto finale non mi sembra per niente un granché. Voi che
ne dite? C'è qualcosa che dovrei cambiare?
Volevo
ricordare che le immagini ad inizio capitolo le ho modificate io, ma
i “pasticci” li ho combinati grazie alle numerose
immagini di Rumpel e della grande Alexis Castle trovate su internet.
Prima
di salutarvi, ringrazio le gentili anime che hanno messo questa
storia in una delle loro liste e anche chi legge solamente: siete
degli angeli!
Un
bacione e alla settimana prossima!
°°Sami°°
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Capitolo 9 *** Confessions. ***
DREAM
OF MY DREAMS
8. Confessions.
Era una notte di plenilunio ed
Elise stava vagando sola per la foresta, alla ricerca di un raro
fiore che si apriva solo quando la luna si stagliava nel cielo in
tutta la sua grandezza. Ormai, poteva dire di conoscere quei boschi
come le sue tasche: non aveva idea di quanti anni fossero passati da
quando ci era entrata e non ci era più uscita, ma sicuramente
erano parecchi. E lei non era invecchiata di un giorno. Aveva
scoperto da Flynn che le ninfe avevano una vita millenaria e, sebbene
all’inizio la cosa l’avesse spaventata, alla fine ci
aveva fatto l’abitudine.
Camminava a piedi nudi
sull’erba, e si beava del profumo e del rumore del bosco
addormentato. Finché non sentì dei passi dietro di lei.
Sapeva benissimo che in quella
zona non c’erano lupi o bestie feroci di alcun genere, per cui
rimase allibita quando se ne trovò uno davanti, con tanto di
zanne snudate.
Elise tremò,
terrorizzata e arretrò di qualche passo, dimentica ormai del
suo fiore lunare: le importava sicuramente molto di più la sua
vita ed incolumità.
Il lupo le si avvicinò
ancora di qualche passo ed Elise pensò che fosse indeciso se
mangiarla oppure no. Magari la riteneva troppo magra e l’avrebbe
lasciata stare.
Quando quello di avvicinò
ancora, lei si chiese se doveva scappare o se doveva fingere di
essere morta; sfortunatamente Flynn non le aveva mai insegnato
tecniche di difesa da ninfa. Sempre che esistessero.
Indietreggiò piano,
attenta a non fare movimenti bruschi che avrebbero attirato ancora di
più l’attenzione del lupo su di lei. Sfortunatamente, ad
un certo punto, Elise si ritrovò con la schiena poggiata al
tronco di un albero, che le impediva la fuga.
Chiuse gli occhi, aspettando
con il battito del cuore accelerato l’arrivo del lupo. Quello,
al contrario di tutte le sue previsioni, si sedette sulle zampe
proprio davanti a lei e iniziò a fissarla inclinando la testa
da un lato.
Elise iniziò a
guardarlo, curiosa a sua volta, notando l’immensa intelligenza
che traspirava da quegli occhi canini. Non aveva mai visto un lupo
nella sua vita, ma era sicura che non si fermassero a fissare
mansueti una preda.
-Ciao.- sussurrò piano,
avvicinando lentamente la mano all’animale. Quello non rispose,
come era ovvio, ma si fece accarezzare il muso senza opporsi o
mostrare reazioni pericolose di alcun tipo.
Dopo qualche minuto, durante i
quali Elise si era divertita parecchio, il lupo le indicò un
punto alle sue spalle. Lei si voltò notando, poco distante,
una macchia rossa a cui non aveva fatto caso prima che arrivasse il
lupo. Si avvicinò e, presa in mano la macchia di colore, capì
che era una specie di mantello si stoffa.
-Cosa vuoi che ci faccia?-
domandò, quasi stupidamente, all’animale che la guardava
pieno di aspettativa. Quello indicò con il muso il mantello e
poi la sua schiena.
La ninfa aggrottò le
sopracciglia, ma poi fece come le aveva detto il lupo: posò il
mantello rosso sopra il suo pelo. Quasi subito, il mantello si
illuminò e, da sotto, spuntò una mano pallida e,
infine, una testa mora.
-Grazie. Era incastrato tra i
rovi e avevo paura di strapparlo.- disse la ragazza, allacciandosi il
mantello sul collo.
-Sono Red Riding Hood, ma tu
puoi chiamarmi Red. Mi dispiace di averti spaventata. Tu sei una
ninfa, vero?-
Elise annuì, allibita.
-Elise.- sussurrò, presentandosi.
La ragazza le sorrise,
riconoscente. -Si, sapevo che non eri un essere umano: loro non sono
così… disponibili verso quelli come me.-
Elise annuì. -Sei un
licantropo.-
Red annuì. -Questo
mantello mi permette di restare umana nei giorni di luna piena.-
-E’ più utile di
quello che sembra, allora.-
Lei rise. -E’ un regalo
della mia nonnina.-
-Non sei con il tuo branco?-
-Non ho più un branco.-
rispose lei, abbassando la testa. -E’, beh, una storia lunga. E
tu?-
Elise fece spallucce. -Avevo
una famiglia, una volta. Umani. Poi è successa una disgrazia e
sono stata cacciata via. Ma non mi sono mai trovata completamente a
mio agio tra i miei simili: sono così felici, sembra che nulla
possa distoglierli dalle loro attività. E così sereni.
Il mio amico Flynn dice che non riesco a lasciarmi tutto alle spalle
perché sono cresciuta tra gli umani e ho preso da loro tutte
le caratteristiche peggiori. Così ogni tanto me ne vado e sto
per conto mio; stasera stavo cercando un fiore lunare.- Elise prese
un respiro e analizzò l’espressione di Red. -Scusa.
Credo… avevo bisogno di dirlo a qualcuno. Mi dispiace, a volte
non so frenare la lingua.- sussurrò, abbassando lo sguardo e
arrossendo.
Red rise. -Non ti preoccupare.
Anzi, sai che ti dico? Ti aiuto a cercare il fiore.- esclamò,
prendendola per mano. - Intanto, potresti raccontarmi se tutte le
storie che ho sentito sulle ninfe sono vere. Parlate veramente con
gli alberi?-
* * *
Elise si svegliò dal suo sonnellino
giust’appunto per il pranzo, che fu il più veloce di
tutta la sua vita. Cioè: non che uno yogurt e un paio di
pomodori conditi si potessero considerare un pranzo, ma
sfortunatamente aveva solo quello a casa. Doveva anche andare a fare
la spesa, se non voleva morire di fame.
Scosse la testa e si diresse in camera, decisa
a scegliere il vestito più bello che aveva per fare una più
bella figura con Rumpelstiltskin e, magari, convincerlo a perdonarla;
ma sapeva che sarebbe dovuta essere piuttosto brava con le parole:
Rumpel non era una persona che si fidava facilmente, soprattutto dopo
quello che credeva pensasse di lui.
Scosse la testa e decise che non ci avrebbe
pensato finché non si fosse ritrovata davanti a lui.
Prese la borsa e la giacca e uscì, con
il cuore che batteva a mille. Durante la strada si immaginò
una decina di versioni dell’incontro, una più romantica
dell’altra e arrivò in prossimità del negozio di
pegni che era rossa come un pomodoro, sebbene non fosse ancora
successo nulla.
Si fermò giusto il tempo di ritornare ad
una colorazione normale e poi fece per entrare. Per fortuna di fermò
prima di aprire la porta e far suonare la campanella perché,
alzato lo sguardo verso l’interno del negozio, vide una scena
che la fece fermare di botto, con la mano ancora sulla maniglia:
Rumpelstiltskin parlava con una ragazza che Elise aveva visto solo un
paio di volte, Isabella French, la figlia del fioraio che lavorava al
Game of Thorns. Sembravano nel bel mezzo di una conversazione
piuttosto piacevole, anche se parlava quasi solamente la ragazza. Ad
un certo punto, lei gli disse qualcosa che Elise non riuscì a
capire, ma che probabilmente fece molto piacere all’uomo,
perché le sorrise e, passandole le braccia sui fianchi, la
stinse a sé.
Elise tirò indietro la mano dalla porta
come se si fosse scottata, si girò e scappò via,
correndo più forte che poteva con addosso le ballerine.
Era come rivivere una scena già vista:
Rumpelstiltskin che la feriva e lei che scappava via, con il cuore a
pezzi.
Erano solamente cambiati i mezzi.
Come per istinto si diresse verso il bosco,
dove vagò per ore come una disperata. Non riusciva a pensare a
nulla se non al suo folletto che abbracciava un’altra donna, e
non aveva idea di che cosa avessero fatto quando lei se ne era
andata.
Lei aveva creduto veramente che tutto si
sarebbe potuto sistemare. Quando aveva deciso di andare al negozio
era convinta che, grazie ai suoi ricordi e alla loro forza, sarebbe
riuscita a sistemare tutto, in un modo o nell’altro. Aveva
creduto -sperato- che Rumpelstiltskin l’avesse cacciata perché
sopraffatto dal dolore e che poi non fosse più riuscito a
trovarla a causa della protezione che la foresta assicurava alla sua
specie; mai aveva pensato che si fosse innamorato di un’altra
donna e, soprattutto, che questa donna l’avesse capito e
conosciuto come aveva fatto lei mentre vivevano insieme.
Quando iniziò a fare buio, gli alberi
presero a guidarla gentilmente verso il centro abitato: loro sapevano
sempre cos’era giusto per lei.
Elise si ritrovò in strada, i lampioni
già accesi, e si diresse alla tavola calda. Aveva bisogno che
qualcuno le dicesse che andava tutto bene, che non sarebbe rimasta
schiacciata sotto a tutta quella delusione e quel dolore.
Arrivò davanti al locale, ma vide che
era inevitabilmente chiuso. Stava per sedersi sulle scale davanti
alla porta, sconfitta, quando Ruby si avvicinò al vetro e la
salutò con la mano. Probabilmente stava facendo pulizie.
Le aprì immediatamente e la tirò
dentro. Non appena vide la sua faccia, le rivolse uno sguardo
preoccupatissimo. -Che hai, Elle? E’ successo qualcosa?-
Lei annuì e abbassò la testa. Si
era appena ricordata come si facesse a piangere.
-Elise, ehi, ehi… vieni, siediti.- le
sussurrò, accompagnandola al bancone e facendola sedere su uno
degli alti sgabelli.
-Lui…- sussurrò Elise, quasi
soffocata dalle sue stesse lacrime.
Red alzò gli occhi al cielo e picchiò
un pugno sul bancone. -Che ha fatto, sta volta?-
-Sono… sono andata al negozio per
domandargli scusa. Quando sono arrivata… c’era Isabella
French, quella del negozio di fiori. Stavano parlando e… ad un
tratto lui l’ha abbracciata…- Elise scoppiò di
nuovo a piangere. -Io credevo che… la rosa…-
Red le posò una mano sul braccio.
-Credevo di piacergli almeno un poco, Red!
Credevo che la rosa che mi regalato durante la maledizione
significasse qualcosa, anche se non ricordavamo la nostra vera
identità.- Elise alzò lo sguardo sull’amica. -Lo
amo così tanto, Red…-
Lei fece un sorriso dolce. -Lo so. E so anche
che lui tiene parecchio a te.-
Elise scosse la testa, abbattuta.
-No, non è vero, Red. Non...- scosse la
testa nuovamente.
La sua amica rimase zitta qualche secondo.
-Sai cosa ti dico?- esclamò ad un
tratto. -Ci serve qualcosa per tirarci su il morale. E cosa c’è
di meglio se non un bel drink?-
Elise annuì e si asciugò le
lacrime. Non aveva mai bevuto in vita sua, ma non c’era momento
migliore per cominciare.
-Cosa devo fare, Red? Non sono per nulla
pratica di queste cose…-
Red ci pensò un attimo, mentre
sorseggiava il suo scotch. Poi sorrise.
-Devi renderti desiderabile, in qualche modo.-
La ragazza spalancò gli occhi,
scioccata. -Cosa?-
Red posò il mento sulla mano e guardò
l’amica ghignando. -Certo. E’ un uomo e, da che mondo è
mondo, gli uomini hanno bisogno di essere conquistati. E se poi, come
credo sia il tuo caso, si è già avvantaggiati in
partenza… bisogna far capire a questi tali che non
possono fare a meno di noi.-
Elise rimase basita e arrossì di botto:
non aveva mai e poi mai considerato l’alternativa di Red, ne in
questa ne nell’altra vita.
Guardò la cameriera che, persa nelle sue
elucubrazioni, si limitava a rigirarsi il bicchiere tra le dita.
Elise temeva l’idea che, di lì a poco, sarebbe uscita da
quella sua testina.
-Dovrai farlo ingelosire!- esclamò ad un
tratto, facendo andare lo scotch di traverso ad Elise.
-Stai scherzando, vero? E come dovrei fare?-
Red scosse le spalle. -Ci sono tante maniere;
se fossi in te, mi troverei un ragazzo con cui farmi vedere in giro,
magari in atteggiamenti un po’…- e qui si bloccò,
vedendo il viso stravolto di Elise. -Ma potresti ovviare con quel tuo
amico. Com’è che si chiama?-
-Flynn?- sussurrò l’altra,
stringendo la presa sul bicchiere.
-Ecco. Flynn. Fatti vedere davanti al suo
negozio o alla sua casa con lui, fallo ingelosire. Vedrai che sarà
lui a venire da te.-
-Non sarebbe meglio cercare di parlargli e
domandargli scusa?-
L’amica roteò gli occhi. -Quello
verrà dopo.- disse, con aria di sufficienza.
Elise fece spallucce, non del tutto convinta.
Accidenti, proprio non era da lei ideare piani così contorti
e, a suo parere, subdoli. Ma conosceva Red da così tanto tempo
che sapeva di non poter più sorprendersi della sua mente
contorta e soprattutto della malizia che metteva sempre in situazioni
come quella.
-Senti, Elise: tu sai che io odio quell’uomo
e, ora che so chi è in realtà, lo odio ancora di più
e non concepisco nemmeno l’idea di come tu ti sia potuta
innamorare di lui. Però, come ti ho detto tempo fa, mi fido di
te e del tuo giudizio e questo non è cambiato da quando il
sortilegio è stato spezzato. E, tra l’altro, odio ancora
di più vederti così, per cui, se lui è l’unico
a renderti felice, ti aiuterò. E’ questo che fanno le
amiche, no?-
Elise si gettò verso l’amica e
l’abbracciò forte. -Grazie Red. Grazie di cuore.-
-E’ tutto ok. Non sarai più sola,
Elise. Te lo prometto.-
Lei annuì e strinse l’amica più
forte.
-Dai, ti accompagno a casa.- disse dopo qualche
minuto, mettendo i bicchieri vuoti sul lavello.
-Sai, Red, mi è venuto un mal di testa
terribile. Ho tanta voglia di andare a letto.-
Red ridacchiò. -Credo che avremmo dovuto
iniziare con qualcosa di più leggero!-
Elise fece spallucce, gli occhi pesanti e
ancora gonfi dal pianto.
Se non altro, grazie al drink, quella notte
Elise dormì profondamente.
Angolino dell'autrice: Salve
gente!!! Allora, prima che mi dimentichi: visto che, a quanto pare,
il sabato è un pochino complicato aggiornare, spostiamo
l'aggiornamento a “un momento nel week end”, così
posso giostrarmi meglio. Capitemi: il sabato pomeriggio è
l'unico momento della settimana in cui posso uscire.
Comunque:
che dite del capitolo? E' stato svelato come Red ed Elise si sono
conosciute. E che ne pensate della piega che hanno preso gli
avvenimenti con Rumpel?
Ditemi
cosa ne pensate!
Un
bacione,
°°Sami°°
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Capitolo 10 *** Angry. ***
DREAM
OF MY DREAMS
9.
Angry.
-Elise!
Cosa ci fa qui? Non dovevi tornare a casa?-
Elise
si fermò di botto e si girò verso la voce che aveva
interrotto la sua corsa disperata.
Flynn
la guardava con un sorriso, che sparì immediatamente quando
vide il suo volto rigato di lacrime.
-Cosa
ti è successo?-
Lei
singhiozzò e cercò di asciugarsi le lacrime con il
palmo della mano. -Mi ha mandata via.- sussurrò, troppo piano
perché Flynn la sentisse.
Lui
si avvicinò e le chiese di ripetere. -Rumpelstiltskin mi ha
mandata via!- esclamò, prima di gettarsi sul ragazzo e farsi
abbracciare.
Flynn
rimase a cullarla dolcemente per ore, finché il suo pianto non
si calmò e il suo corpo non smise di tremare.
Poi
la prese per mano e la guidò nuovamente alla radura, dove le
altre sue simili la accolsero con grida di gioia e la riempirono di
corone di fiori dalla dolce fragranza.
Elise
rimase inebetita per qualche minuto, chiedendosi da dove venisse
tutta quell’allegria e felicità.
-Ti
hanno riconosciuta come loro sorella.- le sussurrò
all’orecchio Flynn, conducendola lentamente in mezzo a tutta
quella folla di ninfe e elfi che la salutavano.
Elise
sorrise leggermente davanti a tutto quel giubilo, anche se il suo
desiderio era andarsene più lontano possibile da lì.
*
* *
Elise
stava passeggiando pigramente per la cittadina di Storybrooke. Era
contenta di rivedere, finalmente dopo tre giorni, le insegne dei
negozi luminose e le serrande alzate. Proprio quella mattina,
Charming o, meglio, David aveva detto che la vita sarebbe dovuta
continuare come prima della rottura del sortilegio e che sarebbe
stato lui a vegliare su di loro. Lei non aveva assistito al discorso
ma l’aveva sentito da Henry, che era corso a dirglielo quella
mattina dopo scuola, ed era rimasta piacevolmente sorpresa: non
credeva che quell’uomo sarebbe stato capace di placare una
cittadina intera.
In ogni
caso, quel pomeriggio aveva dovuto rincominciare ad occuparsi di
Chris -il quale non aveva esitato a svelarle di chiamarsi Pollicino-
e l’aveva riportato a casa pochi minuti prima.
Aveva
voglia di stare un po’ sola, per pensare a quello che le aveva
detto Red qualche giorno prima, ma Flynn la fermò in
prossimità del supermercato.
-Elise!
Pensavo mi avresti chiamato!-
Lei si
schiaffò una mano sulla fronte. -Accidenti Flynn: mi sono
proprio dimenticata!-
-Non
importa. Mi ero semplicemente preoccupato.- le rispose, alzando le
spalle.
Elise
fece un sospiro di sollievo, contenta che l’amico non si fosse
arrabbiato con lei. Dopotutto, aveva talmente tante cose a cui
pensare e doveva pur rimettere la sua vita di nuovo in carreggiata in
qualche modo. E sicuramente tutte quelle novità non aiutavano.
Passeggiarono
qualche minuto in silenzio, godendosi solamente la brezza serale e il
rumore delle auto che passavano loro a fianco.
-E’
molto bello qui, vero?- disse sovrappensiero.
Si
rimproverò immediatamente per quelle parole: sapeva bene
quanto Flynn si rabbuiasse a quei discorsi e in che modo asfissiante
iniziasse a parlarle della diversità che c’era tra loro
e gli umani.
Come
previsto, l’elfo si girò e la guardò con un
sopracciglio alzato. –L’Enchanted Forest era la nostra
casa. Io mi sentivo decisamente molto più a mio agio lì.-
Elise si
irritò leggermente: capiva che, ormai, Flynn la considerava
una sua pari a tutti gli effetti, ma lei sentiva di non appartenere a
quel posto. Lei apparteneva ad una casetta in cima a una collina in
mezzo al bosco, ad un bambino che giocava con le spade di legno e a
un folletto che faceva magie. Ma Flynn non aveva mai voluto
accettarlo, e lei non aveva mai insistito: credeva che non avrebbe
mai potuto rimediare e pensarci le aveva sempre causato troppo
dolore.
-Ti ho
intristita, Elise, mi dispiace.-
Lei fece
spallucce e gli sorrise mesta. Di certo non poteva dirgli quale fosse
il motivo reale della sua infelicità. Però poteva fare
in modo che non fosse infelice anche lui.
-Ti
ricordi quando passavamo ore ed ore a rincorrerci, Flynn?- lui annuì.
-Ecco, allora chiudi gli occhi. Immagina che la natura ci circondi,
immagina di sentire il vento tra i capelli, le fronde degli alberi
che si muovono lentamente e… adesso prova a prendermi!-
esclamò, prima di scattare verso il Granny’s a tutta
velocità.
Sentì
chiaramente che Flynn le era a pochi centimetri per tutto il
percorso, ma lei riusciva sempre a evitare la sua mano, come ai
vecchi tempi.
Arrivarono
al Granny’s con il fiatone. Elise fece le scale a due a due,
spalancò la porta e la richiuse con forza prima che Flynn
riuscisse a passare.
-Elise?-
Lei fece
un cenno con la mano a Ruby e si diresse verso di lei, ansimando.
-Ma che…
cosa state combinando?- esclamò quella, con in mano un
vassoio, spostando lo sguardo da lei a Flynn, entrato a sua volta,
che si stava massaggiando il naso.
Elise
fece spallucce. -Nulla di che. Era una specie di… gara.-
concluse, facendo un gran sorriso e sedendosi su uno sgabello vicino
al bancone, iniziando a far dondolare le gambe come i bambini.
-Alla
faccia della gara! Mi hai rotto il naso!- esclamò il ragazzo,
guardando l’amica con un’espressione offesa.
Elise
congiunse le mani, divertita. -Scuuuusa! Non l’ho fatto
apposta: è stato un tragico incidente…- disse, con un
po’ troppa enfasi.
-Ehi!
Non sono mica morto!-
Lei
ridacchiò. -Eh, no. Purtroppo.- aggiunse a bassa voce.
-Scusa?-
-Niente,
niente. Muta come una tomba! Ooops!-
Ruby
continuava a guardarli scioccata e anche un altro paio di clienti si
erano girati ad assistere a quell’insolito teatrino.
-Voi
siete una banda di matti. Io mi taglio fuori.- esclamò la
cameriera, andando verso un tavolo con le sue ordinazioni.
-Secondo
te siamo veramente matti?- sussurrò Elise, avvicinandosi
all’amico, che alzò le spalle.
-Vado in
bagno a controllarmi il naso. Non vorrei che fosse veramente rotto.-
Lei
roteò gli occhi e aspettò il ritorno di Ruby, la quale,
al contrario delle sue aspettative, le rivolse un sorriso
soddisfatto.
-Proprio
questo intendevo!-
-Scusa?-
Ruby
alzò un sopracciglio. -L’altra sera, quando abbiamo
parlato di quella cosa:
ti ricordi cosa ti ho detto?-
-Si,
certo. Ma cosa c’entra?-
Ruby le
fece un cenno con la testa verso uno dei tavoli. Elise girò la
testa e si sentì morire: Rumpelstiltskin e Isabella erano
seduti l’una di fronte all’altro e chiacchieravano
sottovoce.
-Non…
non me ero accorta.- sussurrò, distogliendo in fretta lo
sguardo.
-Comunque,
vi hanno fissati per tutto il tempo.-
-Come la
maggior parte delle persone qui dentro.-
-Loro
con particolare interesse!-
Elise
fece cadere la conversazione, sospirando. Aveva una sfortuna
sfacciata: tra tutti i momenti che poteva scegliere per andare dalla
sua amica, doveva capitare proprio quando quei due stavano tubando
come delle cocorite.
-E’
a posto.- asserì Flynn, sedendosi a fianco a lei.
-Bene.-
Lui la
guardò stranito. -Va tutto bene?-
-Scoppio
di gioia.- gli rispose, con una smorfia.
-Wow,
ragazzi. Occhio, che con tutta quest’allegria mi contagi!-
…
-Elise?-
-Mmm?-
Flynn
sospirò. -D’accordo, lasciamo perdere.-
Elise
annuì, segretamente soddisfatta, e si rivolse a Ruby. -Mi
daresti uno di quei cosi dell’altra sera?-
Lei tirò
fuori la bottiglia di scotch e glielo versò sul bicchiere.
-Ci
siamo affezionate ai drink serali, eh?- le disse, strizzandole
l’occhio e facendola ridacchiare.
-Da
quando bevi?- le chiese Flynn scioccato, osservandola portarsi alle
labbra il bicchiere.
-Da
quando l’ho scoperto.-
-Da tre
giorni fa.- intervenne l’amica, sospirando. -E’
depressa.-
-Ruby!-
Lei alzò
le spalle. -Ho detto la verità.-
Elise
sbuffò e finì il drink in un sorso, trattenendosi dallo
scoppiare a tossire. Sperava di fare un’altra dormita profonda,
quella notte.
-Me ne
daresti un altro?-
Ruby la
guardò stranita. -Vuoi ubriacarti, per caso?-
Lei fece
spallucce, senza rispondere e bevve in un sorso il liquido nel
bicchiere.
-Non te
ne do un altro!-
-Non
importa. L’importante è che facciano effetto questi.-
disse, guardando leggermente divertita la faccia schifata di Flynn.
-Sono cresciuta tra gli umani, ricordi?-
Lui
cambiò subito espressione. -Fosse solo quello.-
-Ti
prego, Flynn. Non rincominciamo, va bene?-
Flynn
sbuffò, ma la accontentò.
Rimasero
zitti qualche minuto e Elise cercò, con la coda dell’occhio,
di capire di cosa stessero parlando quei due. Santo cielo, cosa
dovevano dirsi? Altro che ventotto anni, sembrava avessero da
raccontarsi almeno un secolo.
Ok,
Elise: sei terribilmente gelosa,
pensò, sospirando avvilita.
In ogni
caso, credeva di avere decisamente più argomenti di cui
parlare con lui: dopotutto, era lei che conosceva Baelfire, lei che
aveva giocato con lui, lei che c’era la notte in cui era
scomparso.
Ed era
lei che era mezza ubriaca e che faceva pensieri terribili.
Sospirò
di nuovo e si passò una mano sul viso.
-Me ne
vado a casa. Non è proprio serata.- disse, saltando giù
dallo sgabello di legno e mettendo i soldi sul bancone. Ruby le
sorrise, sapendo bene che, non appena avesse messo piede a casa, le
avrebbe telefonato.
Fece per
avviarsi verso la porta, quando uno sgabello di legno quasi dotato di
vita propria le si parò davanti.
-Non mi
aspetti, dearie?-
chiese Flynn, ironico.
A Elise
vennero i nervi; prese lo sgabello tra le mani e lo poggiò
davanti al suo amico con forza, guardandolo con l'espressione più
arrabbiata di cui era capace.
-No,
non ti aspetto, Flynn. E non
mi chiamare mai più in quel modo.-
gli sussurrò, prima di girare i tacchi e uscire dal locale
come una furia, ignorando il saluto allegro di Isabella.
-Red, ti
prego: non darle più da bere! La fa diventare un fascio di
nervi!- fu l'ultima cosa che sentì dire dall’elfo prima
di chiudersi la porta alle spalle.
Si
sentiva così arrabbiata!
Non riusciva a scacciare quella nebbia dalla mente che non la faceva
pensare lucidamente. Riusciva solo a rivedersi davanti agli occhi
Isabella che chiacchierava pacificamente con Rumpelstiltskin, come se
fosse la cosa più semplice del mondo. Beh, anche per loro due
lo era stata, prima che lui le desse dell'approfittatrice bugiarda e
che le rammentasse, nuovamente, l’enorme distanza che doveva
esserci tra loro.
Dannazione,
l’unica cosa che voleva era fare pace, ma a quanto pare c’erano
forze maggiori che lo impedivano. E tali forze avevano un nome:
Isabella French, che, tra l’altro, non sopportava. No, era una
bugia: non la sopportava quando stava vicina all’uomo che
amava, quando gli sorrideva, quando parlava con lui, ma credeva fosse
anche abbastanza normale. E Isabella non era una cattiva ragazza.
Tuttavia,
non aveva idea di come comportarsi: non credeva di avere il coraggio
di rimettersi in gioco di nuovo, lasciando che le spezzasse
nuovamente il cuore. Non sapeva se sarebbe riuscita a raccoglierne
nuovamente i pezzi.
Sospirò
e mise le mani in tasca. Da una parte, sperava che fosse
Rumpelstiltskin a farsi avanti, per quella volta, ma l’altra le
diceva chiaro e tondo che era impossibile che una cosa del genere
accadesse. Dopotutto, il suo orgoglio era un dato di fatto.
Ma ciò
non toglieva che vederlo così felice
in compagnia di un’altra
donna le facesse male da morire.
Il
sabato successivo, Elise aveva aperto il negozio con meno voglia del
solito; da quando il sortilegio era stato spezzato, si era resa conto
di quanto le pesasse quella routine quotidiana e aveva solamente
voglia di uscire dagli schemi.
Per cui,
per ovviare, quella mattina aveva deciso di accendere la radio e fare
le pulizie a ritmo di musica: dopotutto, sicuramente la gente avrebbe
avuto di meglio da fare che entrare in un’erboristeria.
Quella
teoria rimase in voga fino a tarda mattinata quando, a sorpresa, il
campanello trillò. Elise alzò la testa sorpresa,
chiedendosi chi potesse essere a quell’ora, dato che le sue
clienti abituali passavano la mattina presto. Spalancò
terribilmente gli occhi quando vide che si trattava di Isabella, la
quale aveva iniziato immediatamente a guardarsi intorno curiosa. Come
se non avesse mai visto un’erboristeria tra l’altro.
E lei
che cosa ci fa qui?
Angolino
dell'autrice: Salve
a tutti! Chiedo immensamente scusa per le due settimane di immenso
ritardo. So che è estremamente odioso: io sono la prima a
irritarmi quando qualcuno non rispetta i tempi, ma purtroppo il mio
computer è partito per la tangente e, anche adesso che è
tornato dalla riparazione, faccio fatica a collegarmi a internet.
Comunque,
spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso e che abbia, almeno
in minima parte, compensato il ritardo.
Allora,
che ne pensate delle nuove puntate di Once? ** Io amo questa serie,
non c’è niente da aggiungere **
Vi
mando un bacione grande come una casa e ringrazio tutti quelli che
leggono e recensiscono: vi amo!
°°Sami°°
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Capitolo 11 *** Ties. ***
DREAM
OF MY DREAMS
10. Ties.
Elise non aveva mai
saputo di avere una sorella, fino a che non aveva iniziato a
viaggiare con Flynn, il quale voleva mostrarle le meraviglie del loro
mondo.
Christal era bella
e delicata, come il suo nome; aveva i capelli rosso fuoco -così
simili ai suoi- e gli occhi di un profondo azzurro. Ma Elise la
vedeva mille volte più eterea di lei.
Il giorno in cui la
conobbe stava visitando con Flynn un altro raduno di ninfe; era
passato un po’ di tempo da quando aveva lasciato
Rumpelstiltskin e aveva imparato a nascondere bene il dolore, per
quanto la tormentasse, giorno e notte.
Christal l’aveva
riconosciuta subito; Elise non seppe mai come, ma sentiva che tra
loro c’era un legame di sangue.
Ma la sorella era
tanto bella quanto cosciente della propria bellezza. Sin da subito,
aveva iniziato a criticare Elise, parlando con disgusto degli umani e
descrivendo con aggettivi sin troppo esagerati la superiorità
della loro razza, la bellezza della loro magia e l’armonia
delle loro danze e delle loro canzoni. Per quel poco tempo in cui lei
e Flynn erano stati in quella radura, Elise aveva capito che non
aveva nulla da spartire con quella ninfa, ancora meno che con Flynn o
qualsiasi altro componente della sua razza.
Tuttavia, aveva ben
presto scoperto che il legame che intercorreva tra di loro era
considerato sacro e lei non voleva di certo essere colei che avrebbe
interrotto quella tradizione millenaria, per cui cercò sempre
di non dare a vedere quanto la sua compagnia la mettesse a disagio e,
a volte, le desse fastidio.
In ogni caso,
quando lei e Flynn se ne andarono, Elise non chiese mai di poter
avere un secondo incontro con la sorella appena conosciuta, ma ancora
sconosciuta.
E Flynn non
insistette mai.
* * *
Elise guardò curiosa la
ragazza che stava in piedi senza fare nulla, chiedendosi per quale
motivo fosse andata nel suo negozio. Sicuramente non si trattava di
una coincidenza.
-Posso aiutarti?- disse,
guardandola con un sopracciglio alzato.
-Oh. Oh, a dire il vero… si,
grazie.- sussurrò, sorridendo mesta.
L’espressione stupefatta di
Elise si accentuò ancora di più. -Dunque?-
-Io vorrei… uhm…
dell’incenso.-
Elise indicò con un cenno
della mano uno scaffale poco distante dal bancone, dove svettavano
chiaramente parecchi bastoncini di incenso, dalle diverse fragranze.
Isabella, prima di dirigersi lì,
si avvicinò a lei e le tese la mano.
-Ad ogni modo, sono Belle.- disse,
rendendola finalmente partecipe della sua vera identità. Elise
fece per un attimo mente locale, ma non le venne in mente nessuno che
potesse avere quel nome, nella Fairytale Land. Alzò le spalle.
-Elise.- le rispose titubante,
stringendole a sua volta la mano.
Belle le sorrise, poi si avvicinò
allo scaffale ed iniziò a guardare distrattamente i bastoncini
di incenso.
-Allora… Rumpel mi ha detto
che vi conoscevate, nella Fairytale Land.- buttò lì,
quasi senza un motivo.
Ahah! Allora era di questo che
volevi parlare!, pensò,
notando con disappunto il nomignolo con cui l’aveva chiamato.
-Già. Poi ci siamo persi di
vista.- rispose. Di certo non si sarebbe messa a parlare dei suoi
problemi con una perfetta sconosciuta, per quanto dolce e sincera
potesse sembrarle.
Mah, probabilmente la gelosia non
era una prerogativa dell’alcool.
-Mi dispiace.-
-Cose che capitano.- cercò
di buttare lì Elise, sperando che la conversazione fosse
finita.
-Ma a te dispiace?- le domandò
Belle, decisa a non lasciare cadere la conversazione, prima di
arrivare al punto.
Testarda, la ragazza…
Lei aggrottò le
sopracciglia. -Beh… si.- rispose, non capendo dove volesse
andare a parare quella ragazza così loquace. Anche troppo.
-Sai…- iniziò,
passando le dita tra l’incenso profumato -Rumpelstiltskin ed io
ci siamo conosciuti attraverso un accordo: lui promise di salvare il
mio popolo ed io, in cambio, sarei diventata la sua cameriera. Poi mi
sono innamorata di lui.- disse cristallina, alzando lo sguardo su di
lei. Elise strinse i pugni e distolse gli occhi da quelli di lei:
aveva terrore che potesse leggerle i sentimenti solo guardandola.
-Un giorno l’ho baciato.
Credevo di poter spezzare la sua maledizione grazie al bacio del Vero
Amore, ma non ha funzionato.- fece una pausa -Lui non mi ama, Elise.
Non è mai stato innamorato di me, ed io sono sicura che ci sia
qualche altra ragazza che possiede il suo cuore. Ma non mi da
fastidio, perché so che mi vuole bene e tanto mi basta.-
concluse, alzando le spalle e appoggiando sul bancone una stecca di
incenso al profumo di vaniglia.
Ad Elise mancò un battito.
-Perché mi dici questo,
Belle?- le domandò, avvolgendo il bastoncino in una carta
rigida affinché non si spezzasse.
-Perché volevo che lo
sapessi. Grazie della chiacchierata Elise, ci vediamo!- esclamò,
prima di salutarla con la mano e uscire dal negozio, come se niente
fosse.
Elise si ritrovò a guardarla
andare via con un sorriso enorme. Ci mancava poco che si mettesse a
ballare intorno al bancone del negozio, cantando a squarciagola come
una psicopatica.
Era elettrizzata al massimo e
felice come non mai e proprio non ce la fece a non chiamare Red.
-Ruby! Oddio, non ci crederai mai…-
-Cosa è successo?-
-E’ appena passata in negozio
Belle… cioè, Isabella French. Mi ha raccontato di
Rumpelstiltskin!-
-Vai avanti, forza, prima che mia
nonna inizi a chiamarmi.-
-Ha detto che nella Fairytale Land
lei era la sua cameriera e si è innamorata di lui; l’ha
baciato per spezzare la sua maledizione, ma non ha funzionato!
Capisci cosa vuol dire, Red?!?- Elise prese un profondo respiro,
riempiendosi, finalmente, i polmoni d’aria.
-Che non era un bacio del Vero
Amore…-
-Esattamente!!!- esclamò
l’altra, mettendosi a saltellare in giro per il negozio, questa
volta senza alcun tipo di freno. Dopotutto, se Red era giunta alle
sue stesse conclusioni voleva dire che dovevano essere vere.
Elise non la poteva vedere, ma era
sicura che, dall’altra parte dell’apparecchio, l’amica
avesse sorriso.
-Te l’avevo detto, testona di
una ninfa, ero… si nonnina! Vado subito! … ero
sicurissima che il vostro legame non potesse essere spezzato in
questa maniera irragionevole! Dopotutto, se veramente il vostro è
Vero Amore, ha superato i secoli e il tempo, facendovi rincontrare in
un’altra vita, cosicché possiate avere una seconda
possibilità e coronare il vostro sogno, vivendo così
per sempre felici e contenti!-
Elise rimase allibita per qualche
secondo, prima di scoppiare a ridere argentina. -Non conoscevo questo
tuo lato estremamente romantico, Red!-
-Tsk! Non mi prendere in giro,
adesso!- rispose l’altra seccata, schioccando la lingua.
-Non ti sto prendendo in giro, Red!
Hai detto cose bellissime!- le rispose Elise, sorridendo in pace con
il mondo. -E questo pomeriggio, quando avrò riportato a casa
Chris, voglio andargli a parlare e esigo chiarire questa situazione,
una volta per tutte!-
-Brava così, Elise! Fagli
vedere chi sei! Si, nonnina! Devo andare, ma questa sera
discutiamo meglio di tutto. Anzi, domani: immagino che stasera tu
abbia qualcos’altro da fare.-
-Red!- esclamò lei, rossa
come un peperone per l’allusione che aveva fatto.
Red ridacchiò. -Divertiti!-
le disse, prima di chiudere la conversazione.
Elise sorrise infilando il
cellulare nella tasca dei jeans, con la felicità che
raggiungeva le stelle.
Fece un paio di respiri profondi,
cercando di immagazzinare tutte le informazioni che aveva ricevuto
nel giro di un quarto d’ora, che, tra l’altro, le
sembravano troppo belle per essere vere.
Era estremamente convinta che
Rumpelstiltskin fosse innamorato di quella ragazza, ma aveva preso un
granchio enorme e, in quel momento, sperava con tutta sé
stessa che la ragazza che possedeva il cuore di Rumpel -come
aveva detto poco prima Belle- fosse lei.
-Vedo che continui a relazionarti
con gli umani.-
Elise, al suono di quella voce, si
girò di scatto verso la porta.
-Christal.-
-Ciao, sorella.
E’ da un po’
che non ci vediamo, vero?- le domandò, retorica, entrando nel
negozio e guardandola con sufficienza.
-Parecchi decenni, in effetti.-
rispose Elise, sentendosi immediatamente in soggezione davanti a
quella figura. Anche stando solo in piedi, ferma, Christal dimostrava
una sicurezza e una spavalderia che Elise si poteva solo sognare.
-Direi che è il caso di
recuperare il tempo perduto, non credi?- disse, muovendo la mano
perfetta per aria. Elise
vide che aveva
addirittura le
unghie
perfettamente laccate.
-Usciamo.
Andiamo a fare un giro
nel bosco.-
Elise si ritrovò a seguirla,
un poco sorpresa da quel tono imperioso che aveva utilizzato per
chiederle -o meglio, ordinarle- di seguirla.
Christal prese a camminare verso il
bosco tanto velocemente che Elise, pur di starle dietro, lasciò
il negozio aperto. Beh, cosa avrebbero potuto rubarle, se non qualche
dollaro dalla cassa?
Durante la camminata -perché
di passeggiata proprio non si poteva parlare- la ragazza notò
che la sorella sembrava irrequieta, nervosa, quasi impacciata nel suo
stesso corpo, ed era una situazione parecchio strana per Christal, di
solito così audace.
La portò nel bosco, ma, al
contrario di come aveva creduto Elise, non si limitò a
superare le prima file di alberi secolari: camminò finché
non arrivarono nel folto della foresta, dove la luce arrivava a
fatica e le circondava un silenzio di tomba.
Alla ragazza vennero i brividi:
sembrava che la natura si fosse messa in ascolto e perfino gli
uccellini avevano smesso di cantare. Sempre che ce ne fossero mai
stati, in quel posto. Ora che ci pensava, in effetti, non si era mai
spinta così in là, all’interno del bosco di
Storybrooke e, anche se avesse voluto farlo, gli alberi l’avrebbero
sempre riportata indietro, in un modo o nell’altro.
Scosse la testa e si impose di
tranquillizzarsi: dopotutto si trattava sempre di sua sorella.
La suddetta, si fermò
proprio in prossimità di un precipizio; non era un burrone di
per sé, ma Elise era sicura che se qualcuno, malauguratamente,
fosse caduto, si sarebbe fatto parecchio male. Sempre se non si fosse
rotto l’osso del collo, ovviamente.
-Christal? Per quale motivo mi hai
portata qui per parlare?- chiese, cercando di soffocare l’angoscia.
-Non credo di averti mai raccontato
la storia della nostra famiglia, Elise.- le rispose lei, ignorando la
sua domanda, con gli occhi puntati lontano, verso un altro tempo.
-Io e te siamo sorelle solo da
parte di padre.- cominciò, sempre evitando di guardarla. -Per
ironia della sorte, entrambe abbiamo preso le sue caratteristiche e,
come puoi ben vedere, ci assomigliamo parecchio. Nostro padre era il
compagno di mia madre, prima di conoscere la tua, di cui si innamorò
perdutamente.-
Elise ascoltò con il fiato
sospeso, sorpresa da quelle rivelazioni.
-Suppongo che tu conosca tutta la
storia, secondo la quale non si può sfuggire al Vero Amore.
Beh, tua madre e mio padre si frequentarono per un po’ di tempo
all’insaputa di tutti, finché tua madre non rimase
incinta di te.- a quel punto, Christal alzò gli occhi carichi
di odio e rancore verso la sorella -Lui abbandonò mia madre,
che si fece morire, piuttosto che vivere senza l’amore della
sua vita, senza il padre di sua figlia. Mi abbandonò, perché
troppo sopraffatta dal dolore. E tutto per colpa di quella puttana di
tua madre, che si è divertita a rovinare la nostra famiglia.-
fece una pausa, mentre nelle sue labbra si delineava il sorriso più
pazzo che Elise avesse mai visto. -Ma mi sono vendicata: quando sei
nata, ti ho presa dalla culla e ti ho abbandonata al primo villaggio
di umani che ho trovato. A mio padre ho detto che eri misteriosamente
sparita, e che nessuno era riuscito a trovarti.-
Elise era pietrificata. Quella
donna covava così tanto rancore dentro di sé, che lei
stentava a crederci. Però cominciava a capire perché
l’avesse portata in quel posto, così lontano da
qualsiasi altra forma di vita che non fosse la foresta.
-Perché… perché
la prima volta che mi hai vista non mi hai raccontato tutto questo?-
-Perché credevo che ormai
non avesse più nessuna importanza. Ma, durante questi anni, ho
potuto confutare la mia tesi: vivere in mezzo agli umani è
dannoso, rovina per sempre l’animo di una ninfa. Lo corrompe
con sentimenti sporchi, e nessuno può farci nulla. Nemmeno
io.- sussurrò, prima di avvicinarsi ad Elise, prenderla per il
polso e, con un ennesimo ghigno, spingerla verso il precipizio.
Angolino dell'autrice: Ehi
ragazzi! Come avete passato questo fine settimana? Io chiusa in casa
a studiare, sebbene, qui da me, il tempo non sia proprio dei
peggiori. Ad ogni modo, questa settimana sono stata puntuale ;)
Che ne
pensate del capitolo? Questo e il prossimo sono i miei preferiti, in
assoluto: mi è piaciuto davvero molto scriverli.
Ringrazio,
come sempre, chi ha inserito questa storia in una delle proprie
liste, chi recensisce e chi legge solamente: siete voi che mi date la
forza di continuare a scrivere, sempre!
Un
bacione,
°°Sami°°
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Capitolo 12 *** Pain. ***
DREAM
OF MY DREAMS
11. Pain.
Elise cadde. Cadde per metri e
metri, urlando a squarciagola e urtando tutte le rocce e le pietre
che si trovavano nei paraggi. Si fermò dopo quelle che le
parvero ore, ma non si azzardò a muoversi, prima di aver fatto
un controllo mentale delle condizioni -probabilmente pietose- del suo
corpo: la testa le faceva un male terribile ed era sicura che le
uscisse sangue, dato che sentiva qualcosa di viscido e caldo colarle
su una tempia; inoltre, le doleva un fianco e non credeva che sarebbe
riuscita a muovere il braccio sinistro, probabilmente rotto. In ogni
caso poteva andare peggio: sarebbe potuta morire e, dato che la morte
era l’ultimo dei suoi desideri, cercò cautamente di
alzarsi.
Sapeva che Christal la stava
raggiungendo e sapeva anche che aveva pochi secondi per riuscire ad
alzarsi in piedi e scappare via.
Contò fino a tre, strinse i
denti e si mise in posizione eretta, tenendosi il braccio sinistro
che, come previsto, era fratturato. Si girò verso il
precipizio e, con una fitta di terrore, vide che la sorella era già
a metà della discesa e si avvicinava a vista d’occhio.
Si girò dalla parte opposta
e prese a correre. Ad ogni passo la testa le lanciava fitte tremende
che le annebbiavano la vista, ma non poteva fermarsi, non poteva
arrendersi: sarebbe stato come accettare la morte senza lottare.
Elise correva con disperazione,
ignorando tutto il dolore che sentiva, ma Christal le era sempre più
vicina. Poi inciampò e andò a finire contro un albero,
non riuscendo a muoversi per parecchi secondi. Tempo che bastò
all’altra per raggiungerla.
Lei alzò lo sguardo,
strizzando gli occhi a causa del terribile dolore alla testa.
-Cosa… cosa vuoi fare?-
-Morirai di una morte lenta e
dolorosa, come mia madre. E io starò qui a guardare.-
le sussurrò la sorella, inginocchiandosi davanti a lei.
Poteva una persona essere così
malvagia? Divertirsi a procurare dolore a una sua simile, a sua
sorella?
-Christal, ascolta, io non c’entro
con questa storia! Capisco il tuo dolore, ma…-
-TU NON PUOI CAPIRE!- esclamò
lei, perdendo per la prima volta la calma.
Elise stava per ribattere, quando
sentì un bruciore allucinante al fianco. -Cosa… cosa…?-
sussurrò, portandosi la mano nel punto che le faceva male. La
rialzò che era rossa di sangue.
Christal ghignò e le mostrò
il coltello con cui l’aveva pugnalata. Ad Elise scesero le
lacrime, sino ad allora trattenute e dovette chiudere gli occhi per
l’ennesimo giramento di testa. In quel momento seppe che non
sarebbe sopravissuta.
Sarebbe morta. Morta per la sua
stupidità, senza aver mai detto a Rumpelstiltskin che lo amava
più di ogni altra cosa e che amava allo stesso modo Baelfire,
come se fosse stato suo figlio. Con tutto il tempo che aveva avuto,
non gli aveva mai detto che il breve periodo passato con loro era
stato il più bello e dolce della sua vita. Non gli aveva mai
detto che lei riusciva a vedere chiaramente l’umanità
che era rimasta in lui, che non era altro che l’amore verso il
figlio perduto e la sua volontà di ritrovarlo.
Non gli aveva mai detto nulla di
tutto questo, e non lo avrebbe fatto mai più.
-Rumpelstiltskin.- sussurrò,
chiudendo gli occhi e abbandonando la testa sulla spalla. Se doveva
morire, tanto valeva farlo con l’immagine dell’uomo che
amava nella mente.
Sentì distrattamente
Christal dire qualcosa, un tonfo davanti a lei e una voce preoccupata
che la chiamava.
-Elise, Elise!
Apri gli occhi, dannazione!-
Ma Elise non aveva voglia di aprire
gli occhi. Voleva solo che il suo corpo smettesse di farle male e che
la testa smettesse di girarle.
Tuttavia, la voce continuava a
chiamarla ed Elise, stremata, cercò di aprire gli occhi solo
per farla smettere. Quando riuscì a mettere a fuoco, credette
di star sognando: il volto che si trovò davanti fu quello
terribilmente preoccupato di Rumpelstiltskin, il quale la scuoteva
leggermente, per farla rinsavire.
-Elise! Respira,
Elise. Ci penserò io a farti stare
meglio.- le sussurrò all’orecchio, prima di posarle un
bacio sulla fronte.
-Rumpel…- sussurrò,
cercando di dirgli tutto quello che avrebbe voluto che lui già
sapesse.
-Shhh. Non
sforzarti.- la zittì, iniziando a percorrerla con lo sguardo.
Le passò una mano sul braccio, che smise immediatamente di
farle male, poi fece altrettanto con la testa.
Elise sospirò di sollievo,
riuscendo a mettere meglio a fuoco la figura dell’uomo. La sua
fronte era aggrottata e concentrata per capire dove doveva guarirla;
quando notò che lo stava fissando, le rivolse un sorriso che
fece accelerare il cuore di Elise.
-Andrà
tutto bene, Elise. Te lo prometto.-
Lei annuì, abbandonandosi
totalmente fiduciosa tra le sue braccia.
Rumpelstiltskin accostò la
sua mano al fianco, da dove sgorgava un enorme quantità di
sangue. Lei sentì subito sollievo, e per un attimo pensò
che lui fosse riuscita a guarirla; poi il dolore arrivò più
forte e capì che la ferita si era riaperta dalla maledizione
che Rumpel disse sottovoce. Riprovò a guarirla nuovamente, ma,
come la prima volta, la ferita si riaprì praticamente subito.
Elise chiuse gli occhi, per evitare
che le lacrime riprendessero a scendere.
-Miei dei. No…- sussurrò
Rumpelstiltskin, provando nuovamente a guarirla, di nuovo senza
risultati.
-E’ inutile… deve
avere messo qualcosa sulla lama che impedisce la guarigione…-
sussurrò Elise, arrivando a quella conclusione quasi di getto.
Lui borbottò un’altra
maledizione. -Premi questo sulla ferita: ti porto in ospedale.- le
disse, strappandole un lembo della maglietta e appoggiandoglielo
sulla ferita.
La prese in braccio ed Elise, da
dietro le palpebre semi-chiuse, vide una nebbiolina grigia
avvolgerli, prima che al naso le arrivasse un intenso odore di
ospedale.
Elise perse parzialmente contatto
con la realtà. Seppe solo che qualcuno la stava togliendo
dalle braccia di Rumpelstiltskin e che lei mugugnava, stringendo la
sua camicia.
Riuscì a riaprire gli occhi
solamente tempo dopo, e capì che si trovava in un lettino.
Cercò tra le facce che le stavano attorno quella familiare di
Rumpel, ma non la trovò.
-No!- esclamò, terrorizzata.
-No! Dove… dove…-
Qualcuno le accarezzò i
capelli e le sussurrò che andava tutto bene, che adesso era al
sicuro.
Lei scosse la testa. -No…
Rumpelstiltskin…-
-Non ti sfiorerà mai più…-
sussurrò la voce, mettendole una mascherina sul naso.
Elise spalancò gli occhi
terrorizzata, ma non riuscì a dire altro e cadde in un sonno
profondo.
Il primo rumore che sentì
quando riprese conoscenza, fu un fastidioso bip-bip-bip. Non
era sicura di cosa fosse, ma immaginava provenisse
dall’elettrocardiografo. Ed era tremendamente irritante.
Aprì gli occhi con fatica e
ringraziò che la luce del sole non entrasse dalla finestra.
La prima cosa che pensò, fu
che detestava l’odore degli ospedali; la seconda, che doveva
esserle successo qualcosa di davvero grave se era necessario che le
misurassero i battiti del cuore.
Fece un paio di respiri profondi e
si guardò in giro: oltre alla macchina per misurare i battiti
del cuore, al suo braccio era attaccata anche una flebo, dentro la
quale scorreva un liquido rosso scuro e denso.
Le venne un capogiro e, come
conseguenza, l’irritante bip-bip-bip accelerò:
ricordava per quale motivo era finita in ospedale e sapeva perché
le stavano facendo trasfusioni di sangue.
Fece un sospiro: non credeva che
sarebbe sopravissuta così tanto -fino a notte in effetti: per
quello la luce del sole non entrava dalle finestre-, ma a quanto
pareva, quella volta la scienza aveva vinto la magia.
Fece in tempo a chiedersi,
preoccupata, dove fosse Rumpelstiltskin e perché l’avesse
lasciata sola, che la porta si spalancò.
-Oh mio dio, Elise!-
Flynn entrò come una furia,
controllando la macchina frettolosamente e pigiando un paio di
pulsanti.
-Cosa… cosa mi avete fatto?-
disse lei con voce debole, cercando di attirare la sua attenzione e
capendo che faceva fatica anche a parlare.
Flynn si girò verso di lei,
il viso malinconico e rabbioso, e le accarezzò una guancia,
delicatamente.
-Ti abbiamo messo dei punti alla
ferita, ma non ne vuole sapere di iniziare a cicatrizzarsi: continui
a sanguinare e abbiamo dovuto farti parecchi trasfusioni di sangue.-
La ragazza annuì. Dopotutto,
se l’era immaginato.
-Cosa diavolo ti ha fatto, quel
mostro?- le chiese lui, smettendo di accarezzarla e stringendo i
pugni.
-Non è stato
Rumpelstiltskin.- sussurrò lei, scuotendo la testa -Lui mi ha
salvato la vita. E’ stata Chirstal a farmi questo.-
L’elfo trattenne il fiato e
spalancò gli occhi, agghiacciato. -Non… non può
essere. Lei non può avere fatto una cosa simile a te, a sua
sorella.-
Lei alzò mollemente le
spalle, cercando di rassicurarlo con un sorriso. -Siamo sorelle da
parte di padre. E dice di essere diventata così stando in
mezzo agli umani.-
Flynn si passò stancamente
una mano sulla faccia e ad Elise si strinse il cuore, pensando a
tutto quello che stava facendo patire a quel povero ragazzo.
-Forza.- le sussurrò,
dolcemente. -Ti cambiò la fasciatura.-
Elise annuì e si tirò
su la maglietta, lasciando scoperta una benda che, ormai, era
completamente rossa. Girò la testa verso la finestra,
strizzando gli occhi quando Flynn le faceva troppo male.
-Perché non si cicatrizza?-
domandò lui, probabilmente più a sé stesso che
ad Elise.
-Credo che abbia
messo qualche… cosa nel coltello. Nemmeno Rumpel ci è
riuscito con la magia.- gli disse, cercando di rassicurarlo, per quel
poco che poteva fare.
-Non morirai, Elise.- le sussurrò,
guardandola un tale dolore che Elise stette male per lui.
-Flynn… ti prego, non fare
così. Sai bene che per me non c’è speranza, a
meno che non scopriamo l’antidoto a quella pianta e, anche in
quel caso, non ci sarebbe abbastanza tempo. Quanti
giorni mi dai? Uno? Due? Non basteranno.-
-Troverò
un modo! Qualsiasi modo, dannazione!- prese ad urlare lui
-Anche a costo di chiedere scorte di sangue A positivo per tutto lo
stato!-
-Non posso andare in giro con una
sacca di sangue, Flynn. E non voglio passare il resto della mia vita
qui.-
Lui si alzò di scatto.
-Riposati. Troveremo il modo. A proposito: Red è passata un
paio di ore fa e ha detto che tornerà domattina. Buonanotte.-
-Notte.-
Elise non aveva mai visto Flynn più
arrabbiato e nervoso di così e le dispiaceva da morire pensare
di lasciarlo, ma sapeva di non avere scelta. Lei non voleva
andarsene, non quando aveva la possibilità di avere il suo
lieto fine; ma non poteva farci proprio nulla.
Voleva solo dire a Rumpelstiltskin
quello che provava, dirgli che lo amava.
Doveva assolutamente pregarlo di
trovare Baelfire e dirgli che le dispiaceva averli lasciati soli,
quel giorno.
Non voleva di certo morire piena di
rimpianti.
Iniziarono a scenderle le lacrime.
Non voleva morire e basta. Non era pronta per lasciare il mondo, per
smettere di respirare, per smettere di vedere e sentire.
Fece un respiro tremolante e si
impose di riposare un po’.
Angolino dell'autrice: Buona
domenica sera, gente! Come state? Qui tutto bene, anche se diluvia e
ci sono di quei tuoni... O.O
Comunque,
una cosa la devo dire: quanto bella è stata la puntata di
domenica scorsa di Once? E aspetto con ansia quella di stanotte per
vedere il nostro caro Rumpel... e voi?
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto e spero commenterete in tanti ;) Il
prossimo capitolo sarà pieno di fluff e immagino che tutti
abbiate capito tra chi ;)
Un
bacione e alla settimana prossima ;)
PS.
Non riesco a inserire l'immagine: non appena Tinypic torna a
funzionare, modificherò il capitolo.
°°Sami°°
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Capitolo 13 *** Truly. ***
DREAM
OF MY DREAMS
12. Truly.
Elise si svegliò a causa di
un brivido di freddo.
Aprì piano gli occhi e si
rese conto, distrattamente, che era ancora notte. La luce della luna
entrava delicata dalla finestra semichiusa e illuminava i pochi
oggetti presenti nella stanza.
Però… le sembrava ci
fosse qualcosa che non andava. Socchiuse gli occhi e, tra le ombre,
riuscì a distinguere una figura seduta e voltata nella sua
direzione.
Aprì la bocca per un paio di
volte, ma non riuscì a parlare a causa della gola troppo
secca. La figura dovette capirlo, perché prese un bicchiere
dal comodino e glielo avvicinò alle labbra. Elise ci mise un
millesimo di secondo a capire chi era.
-Rumpel. Sei
qui.- sussurrò, una volta che ebbe svuotato il contenuto del
bicchiere.
Ora, che le si era avvicinato,
poteva vedere chiaramente il suo volto. -Non ti lascerò più
andare via.- disse, sorridendole dolcemente.
Elise chiuse gli occhi e sospirò,
conscia della bugia e conscia che anche lui sapeva quello che sarebbe
accaduto di lì a pochi giorni. Ma il suo cuore non poté
fare a meno di mettersi a battere all’impazzata e il
bip-bip-bip della macchina divenne parecchio imbarazzante.
-Potresti… potresti
spegnerlo per un attimo?-
Rumpelstiltskin ridacchiò
nervosamente e, con un cenno della mano, spense il maledetto
apparecchio. Elise fece un sospiro di sollievo per il tanto ricercato
silenzio.
-Grazie.-
-Sistemeremo tutto, te lo
prometto.- le disse lui, accarezzandole la guancia.
Elise si ritrovò con le
lacrime agli occhi. -Non è vero, Rumpel. Non
lo vedi?
Sto morendo.
Mi indebolisco ogni secondo di più
e prima o poi morirò dissanguata.- sussurrò,
intrecciando le sue dita a quelle del suo folletto. -E mi dispiace
così tanto. Mi dispiace, Rumpel, ma non posso andarmene così…-
-Elise, ti prego…- sussurrò
lui, passandosi una mano sul volto.
-Ti amo, Rumpelstiltskin, e avrei
dovuto dirtelo molto prima. Ti amo con tutto il mio cuore, da
sempre.-
Lui gemette, sottraendo la mano
dalla sua stretta e portandola sul viso. Elise si rese conto che
stava piangendo.
-Va tutto bene, Rumpel…-
-NO! No,
non va tutto bene! Tu te ne andrai e mi lascerai qui. Solo.
Dovevamo trovare Bae
insieme, Elise, dovevamo tornare ad essere una famiglia.-
Elise sentì le lacrime che
le correvano sulle guance. -Il periodo passato con voi è stato
il più bello della mia vita. Trova tuo figlio, Rumpel, ti
prego. Digli che gli voglio un mondo di bene.- disse, tendendo una
mano verso di lui e tirandolo a sé.
Un bacio. Voleva solo un bacio e
non avrebbe avuto più rimpianti.
Rumpelstiltskin sembrò
capire perché avvicinò il volto al suo e, lentamente,
poggiò le labbra sulle sue.
Elise chiuse gli occhi e si
abbandonò a quel bacio, cercando di imprimerselo nella
memoria, sperando di poterlo portare con sé ovunque sarebbe
stata destinata ad andare.
-Ti amo, Elise.- le sussurrò,
poggiando la fronte sulla sua.
Elise sorrise. -Speravo me lo
dicessi.-
Rumpelstiltskin ricambiò
mollemente il suo sorriso ed Elise gli carezzò una guancia.
-Resti qui con me, Rumpel?-
-Si, certo, amore mio.-
Elise si spostò un po’
sul fianco, lasciando un po’ di posto all’uomo, che si
stese di fianco a lei. Cadde nell’oblio pochi minuti dopo,
stremata, ma sentendosi tremendamente al sicuro tra le braccia
dell’uomo che amava.
Aveva semplicemente voglia di
alzarsi e prendere a calci nel sedere chiunque stesse gridando a
mezzo metro da lei.
Insomma, un po’ di rispetto
per i malati, no, eh?
Aprì piano gli occhi,
cercando di distinguere le due figure opache che si agitavano in
mezzo alla stanza.
Si rese conto praticamente subito
della figura di Flynn, dato che vedeva chiaramente i lineamenti del
suo volto, ma ci mise un po’ di più prima di riconoscere
quella di Rumpelstiltskin, girato di spalle.
A quel punto, l’elettrocardiografo
mise al corrente tutti del cambiamento del suo battito cardiaco.
Si voltarono entrambi verso Elise,
la quale si premurò di investirli subito con un sorriso
sornione. -Fate con calma, per carità. Avvertitemi quando
avete finito, intanto mi limiterò a contare le crepe sul
soffitto.- disse, ironicamente.
I due la fissarono per qualche
secondo, sorpresi, poi esclamarono -Elise!- in contemporanea,
avvicinandosi al suo capezzale.
La investirono di domande, che
ebbero come unico risultato quello di mandare la povera ragazza in
confusione.
-Direi che è il caso di
cambiare la fasciatura.- asserì ad un tratto Flynn, tirandole
su la maglietta e iniziando a sciogliere la benda. Elise sorrise a
Rumpel, che guardava con odio l’infermiere sfiorarla con così
tanta familiarità.
-Non ci posso credere…-
sussurrò ad un tratto Flynn, alzando lo sguardo sorpreso su
Elise.
-Che succede?-
-La ferita… si sta
rimarginando.-
Elise, dopo un attimo di sorpresa,
scoppiò a ridere, felice, e si abbandonò sui cuscini
con un sorriso.
-Fatti da parte, elfo.- ordinò
Rumpelstiltskin, spingendo Flynn da parte e passando una mano sopra
la ferita che si richiuse in un batter d’occhio, preceduta dal
familiare caldo formicolio.
-Avrei potuto farlo anche io.-
sussurrò con rabbia Flynn.
-Con un grande dispendio di tempo
ed energie. Tutto ciò che non possiamo permetterci.-
Stavano lottando per vedere chi
era il maschio alfa? Ma per favore!
-Vi prego… non litigate.-
sussurrò Elise, debolmente, cercando di mettersi seduta. Come
c’era da aspettarsi, i due non le diedero retta e continuarono
a battibeccare, finché la porta non si spalancò di
colpo, andando a sbattere contro il muro.
Tutti e tre si girarono di colpo
verso la porta, mentre la figura di Red ricambiava i loro sguardi
sorpresa.
-Red!-
-Elise!-
Red si lanciò verso l’amica,
scansando i due uomini, che la guardavano sorpresi, e abbracciandola
stretta.
-Che diavolo è successo,
Elise? Mi sono stancata di venirti a trovare all’ospedale,
sciocchina.-
Elise ridacchiò con il viso
sepolto tra i capelli dell’amica. -Nulla. Sto bene Red,
davvero.-
Lei storse il naso e la guardò
con un sopracciglio alzato, per poi spostare lo sguardo sul suo
avambraccio scoperto e, infine, sulla sacca di sangue appena vicino
al letto.
-Certo.
Da quando
in qua si
fanno trasfusioni
di sangue
a chi sta
“bene,
davvero”?-
Elise ridacchiò,
imbarazzata.
-Sto
bene,
veramente.-
sussurrò,
gettando un’occhiatina
nervosa alle
figure di
Rumpelstiltskin e
Flynn, i quali
facevano di
tutto per
non far sfiorare
nemmeno le
loro aure.
-Elise?-
Lei riportò lo sguardo su
Red, mentre si sedeva sul letto vicino a lei.
-Si, ehm…
Mia sorella, lei...-
-L’ha buttata giù da
un crepaccio nel bosco e l’ha pugnalata sperando che morisse
dissanguata. E’ stata così intelligentemente maligna,
che ha messo nella lama del coltello un’erba che ha impedito la
cicatrizzazione. Se non l’avessi odiata a morte, potrei anche
dire di ammirare la sua inventiva.-
Red guardò Rumpelstiltskin
con gli occhi spalancati, lo stesso identico sguardo che aveva Flynn,
che si sedette su una sedia prendendosi la testa tra le mani.
Elise lo guardò intristita:
di certo per lui doveva essere terribile pensare che una sua simile
potesse avere fatto un tale orrore. Era estremamente convinto che
fossero solo gli umani che uccidevano i loro simili, ed era sempre
stato parecchio categorico su quell’argomento.
-E’ perduta…-
sussurrò.
-Oh, no, no, no, non è:
era.- disse Rumpelstiltskin, alzando il dito indice e
scuotendolo, con aria teatrale, davanti a Flynn.
-In che senso, era,
Rumpelstiltskin? Cosa… cosa lei hai fatto?- sussurrò
Elise, capendo immediatamente il vero senso di quelle parole.
-Le ho strappato il cuore e l’ho
ridotto in cenere.- sussurrò, guardando la negli occhi, con
sfida.
Flyn si alzò di scatto dalla
sedia, parandosi davanti al folletto, senza paura. -Sei un
mostro!- esclamò velenoso, guardandolo con tutto l’odio
di cui era capace.
A quel punto, era chiaro come il
sole che Rumpelstiltskin si stava scagliando contro di lui per fargli
fare la stessa fine di Christal, ma Red fu più veloce: tolse
Flynn dalla traiettoria del folletto, dando uno spintone a
quest’ultimo e parandosi tra di loro.
Elise, intanto, si era strappata
l’ago dal braccio e si era alzata in piedi, sorreggendosi al
letto e combattendo contro i capogiri. -Volete smetterla, voi due?-
esclamò, con l’irritazione che cresceva ogni secondo di
più.
-E’ un mostro, Elise! Come
puoi solo sopportare l’idea di stargli vicino?-
Red lo guardò con rabbia.
-Elle, lo picchi tu o lo picchio io?-
Elise scosse la testa. -Ne abbiamo
già parlato moltissime volte, Flynn! Tu non puoi capire se ti
rifiuti di metterti nei miei panni e se rifiuti di cercare di capire
cosa provo io.-
Il ragazzo la guardò con
rabbia, incapace di capire il suo punto di vista. Elise, tuttavia,
non ne era sorpresa: Flynn non aveva mai avuto una mentalità
larga e non avrebbe cambiato idea solo perché Rumpelstiltskin
si era dato tanto da fare per aiutarla.
Lo guardò uscire dalla
stanza, sbattendo con forza la porta, sotto lo sguardo estremamente
divertito del suo folletto.
-Non riuscite proprio ad andare
d’accordo, Rumpel?- sussurrò, accasciandosi nuovamente
sul letto, di fianco a Red.
-No, dearie. Essenzialmente
vogliamo la stessa cosa e questo non ci esorta di certo ad andare
d’accordo.-
Elise aggrottò le
sopracciglia, confusa. Di cosa stava parlando?
Stava per domandarglielo, quando la
precedette. -Immagino che vogliate farvi una bella chiacchierata. Vi
lascio sole.-
-Tornerai, vero?- sussurrò
Elise, con una nota di preoccupazione nella voce.
-Ovviamente,
dearie. Tra qualche ora:
adesso ho un paio di faccende da sbrigare.-
Rumpelstiltskin scomparve in una
nuvola di fumo, che fece spalancare leggermente gli occhi a Red,
rimasta zitta fino a quel momento.
-E’ tutto palco, Red.- la
assicurò Elise, facendole l’occhiolino, divertita.
L’amica le sorrise complice.
-Hai un paio di cose da raccontarmi, no Elle?-
Elise arrossì e annuì.
Si sarebbe prospettata una lunga mattinata.
Angolino dell'autrice: Buonasera
gente! Ragazzi, non so voi, ma io sono distrutta T_T
Allora,
vi ringrazio tanto per le bellissime e dolcissime recensioni: mi
riempite le giornate di gioia! Ringrazio tantissimo chi ha letto e
chi ha inserito questa storia in una delle sue liste. Lo so che sono
ripetitiva, ma vi adoro <3
Spero
che questo capitolo vi piacerà altrettanto!
Un
bacione,
°°Sami°°
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Capitolo 14 *** Kisses. ***
DREAM
OF MY DREAMS
13. Kisses.
Elise era fermamente convinta di
avere, essenzialmente, visto tutto nella sua vita, o almeno una buona
parte del tutto. Tuttavia, non aveva mai fatto i conti con
l’espressione sorpresa di Ruby, o meglio Red, in quel momento:
non credeva di avere mai visto occhi più spalancati e sorpresi
di quelli.
-E quindi come hai fatto a
guarire?-
Elise alzò le spalle. -Io
non…-
Poi le venne in mente ciò
che era successo la sera prima: Rumpelstiltskin l’aveva
baciata. Poteva essere stato il Vero Amore a guarire la sua ferita?
-… non
lo so.- terminò, sorridendo felice.
Red scosse la testa e scoppiò
a ridere, per niente incline a credere alle sue parole.
La risata di Ruby era musica per le
sue orecchie: la ragazza, sia come Elise che come Gabrielle, era
rimasta sola per molto tempo, più per scelta che per reale
necessità. Ma dopo aver trovato Red e Ruby, si era resa conto
che avere il sostegno di un’amica le risultava indispensabile
e, ora, non avrebbe mai rinunciato a quella ragazza.
-Non ridere di me, Red!-
Lei non le diede ascolto. -E
pensare che ti sei disperata per giorni interi e, alla fine, non
avevi nulla di cui preoccuparti.-
Elise scosse le spalle, sorridendo.
-Hai ragione, Red. Non hai idea di quanto sia felice.-
-Oh, si che ce l’ho.- le
sussurrò, prendendole le mani tra le sue. -E ti consiglio
vivamente di non fartelo scappare. Il Vero Amore è tutto ciò
che serve per sopravvivere.-
Elise le sorrise e la strinse
forte.
-Tra quanto ti mandano a casa?-
-Non lo so,- rispose Elise
scuotendo la testa -ma spero il più presto possibile. E’
straziante stare qui.- sussurrò, spostandosi una ciocca di
capelli rossi dietro l’orecchio.
-Se non ci avessi appena litigato,
direi che sei fortunata ad avere Flynn qui con te.-
Elise annuì, rattristandosi.
-Non ci posso fare nulla. E’ talmente ostinato…-
-Oh, ma mai come il tuo amico
Signore Oscuro…- Red le rivolse uno sguardo malizioso, poi
fece cadere l’occhio sull’orologio appeso alla parete.
-E’ tardissimo, Elise! Mia
nonna mi starà rimproverando in turco!-
La ragazza annuì, salutò
la sua amica e la guardò uscire dalla stanza, sentendosi
immediatamente sola.
Fece un respiro profondo e si alzò,
dirigendosi verso il bagno: aveva una voglia pazzesca di lavarsi, ma
purtroppo in quel cavolo di bagno c’era solamente un
microscopico lavandino.
Sbuffò e si sciacquò
le braccia e il viso, per poi ritornare a letto: magari avrebbe
recuperato tutte le sue forze e forse già quella sera sarebbe
potuta tornare a casa.
Ad Elise, ormai, sembrava di non
fare altro che dormire e dormire ancora. Ma non era mai stata così
tanto felice come in quel momento di poter aprire gli occhi e
rendersi conto di essere viva.
Prese un bel respiro e mise seduta,
rendendosi immediatamente conto che il dolore al fianco era
praticamente sparito. Successivamente, notò con sollievo che
qualche buona anima le aveva portato dei vestiti puliti, che Elise
sostituì immediatamente a quell’orribile camice da
ospedale.
Sospirò: Rumpelstiltskin
aveva detto che sarebbe tornato e, quando sarebbe accaduto, lei aveva
tutta l’intenzione di pregarlo di portarla a casa.
Si sedette mollemente sul letto e
si guardò un po’ intorno: a meno che non desiderasse
incontrare da qualche parte Flynn, doveva accontentarsi della
compagnia dell’unica radiolina poggiata sul comodino.
La accese e cambiò stazione,
finché non ne trovò una di musica.
“Oh
I beg you, can I follow?
Oh I
ask you, why not always?
Be the
ocean where unravel
Be my
only, be the water and waiting
You're
my river running high,
run
deep run wild
I, I
follow, I follow you deep sea baby
I
follow you,
I, I
follow you, dark boom honey
I
follow you
He's a
message, I'm the runner
He's
the rebel, I'm the daughter
waiting
for you
You're
my river running high,
run
deep run wild
I, I
follow, I follow you deep sea baby
I
follow you,
I, I
follow, I follow you dark boom honey
I
follow you
oh,
oh...”
Si mise a canticchiare, chiudendo
gli occhi e assaporando quel momento.
-Non pensavo ti piacesse questa
musica, dearie.-
Elise sorrise: non aveva bisogno di
aprire gli occhi per capire chi avesse detto quella frase.
-Mi piace molto in realtà.-
sussurrò, spalancando gli occhi azzurri e incontrando quelli
scuri e profondi di Rumpelstiltskin. -Però, effettivamente, tu
non sai parecchie cose di me.-
L’uomo fece una risatina. -So
con certezza che vuoi uscire da quest’ospedale e tornartene a
casa. Sbaglio dearie?-
Elise spalancò gli occhi
sorpresa. -Si! Si, ti prego, portami via di qui! Io detesto gli
ospedali!-
-Ho già fatto tutto, dearie.
Mi ci è voluto del tempo per convincere gli infermieri a
firmare le carte per la dimissione, però posso vantarmi di
essere una persona parecchio persuasiva.- disse, mostrandole un plico
di fogli che Elise guardò con gli occhi che scintillavano.
La ragazza tese la mano verso di
lui, ma Rumpel nascose i fogli dietro la schiena.
-Lo sai che non faccio mai nulla
per nulla.-
Elise incrociò le braccia e
fece il broncio. -Cosa vuoi?- disse, probabilmente più piccata
di quello che voleva apparire.
-Un bacio,
dearie. Voglio un bacio.- sussurrò l’uomo,
avvicinandosi lentamente a lei.
-D’accordo, un
bacio. Ora passami quei fogli, per piacere!-
Rumpelstiltskin rise, quella risata
che ad Elise piaceva tanto, e le passò i fogli, che lei si
affrettò a firmare.
-Fatto.- sospirò soddisfatta
alzandosi dal letto. -Andiamo?-
Rumpelstiltskin le porse la mano e
la attirò a sé, stringendola per i fianchi. -Voglio la
mia ricompensa, adesso.-
Elise divenne rossa come i suoi
capelli e abbassò la testa, incominciando a giocare con i
risvolti della camicia di Rumpelstiltskin.
-Andiamo, dearie, non sarai mica
imbarazzata! E’ solo un bacetto!- le disse, alzandole il volto.
-Beh, non che sia una grande
esperta: non ho mai baciato nessuno, oltre te.-
-Oh, tutta casa e chiesa, eh?-
sussurrò lui, avvicinandosi al volto di Elise finché
non posò le labbra sulle sue. Alla ragazza iniziò a
battere fortissimo il cuore, tanto che per un attimo temette che lui
lo sentisse, poi, quando iniziò a prendere un po’ di più
sicurezza, si alzò sulle punte per approfondire quel bacio che
aveva un ché di magico.
-Ehi, calma dearie, abbiamo tutto
il tempo che vogliamo.- sussurrò Rumpel, ed Elise abbassò
la testa con una risatina.
Un attimo dopo, la familiare
nebbiolina la avvolse e, in un batter d’occhio, si ritrovarono
nel salotto di casa sua.
-Ti diverte proprio spostarti in
questo modo, vero?- chiese Elise, lasciando andare la giacca di
Rumpelstiltskin che aveva stretto fino a quel momento.
Lui rise. -Era l’unico modo
per non incontrare il tuo amico elfo che camminava per il corridoio
come un’anima in pena.-
Elise si morse le labbra: sapeva
benissimo che doveva chiarire in qualche modo con Flynn, ma non aveva
idea sul come. Era terribilmente difficile far ragionare quel
testone, specialmente su un argomento come quello, soprattutto perché
non era capace di accettare una realtà diversa da quella che
considerava normale.
Scosse la testa: ci avrebbe pensato
più avanti, in quel momento voleva semplicemente godersi la
sua ritrovata felicità.
-Rumpel, mi aspetti cinque minuti?
Vorrei andarmi a fare una doccia…-
-Certo dearie: fai con calma, io ti
aspetto qui.-
Lei annuì e lasciò
l’uomo con un sorriso, dirigendosi in camera sua. Scelse un
paio di pantaloni comodi e un maglioncino bianco, poi portò
tutto nel bagno adiacente; in mezzo minuto era sotto il getto
dell’acqua calda.
Sospirò estasiata: sapere
che Rumpelstiltskin era nell’altra stanza e l’aspettava,
dopo aver sofferto per decenni e decenni la sua mancanza, la faceva
sentire rinata.
Le venne immediatamente voglia di
un suo abbraccio, così si velocizzò e in men che non si
dica si avvolse nell’accappatoio, asciugandosi e frizionando i
capelli.
Sorrise raggiante al suo riflesso
allo specchio, notando le guance arrossate dal calore dell’ambiente
e gli occhi luminosi.
Si vestì in fretta e
spalancò la porta del bagno, uscendo quasi di corsa con
l’asciugamano ancora tra le mani. Come sperava, Rumpelstiltskin
era seduto sul divano e stava tranquillamente facendo zapping con il
telecomando tra le mani.
-Ho finito!- esclamò,
avvicinandosi lentamente a lui. Rumpel alzò lo sguardo e la
squadrò per qualche interminabile secondo, per poi sorridere.
Elise ricambiò e si sedette
a fianco a lui, accolta subito tra le sue braccia che la strinsero
possessivamente.
-E’ la seconda volta che mi
salvi la vita, Rumpel.- gli sussurrò.
-Tu me la salvi ogni giorno.-
La ragazza sorrise di contentezza e
seppellì il viso nell’incavo del suo collo.
Rimasero così minuti interi,
senza dire nulla e godendo semplicemente della presenza dell’altro.
-Ti devo chiudere scusa, Rumpel.-
sussurrò Elise. -Per quello che hai sentito quella sera da
Granny.-
-Non ha importanza Elise: non avevi
la tua memoria, era ovvio che la pensassi a questo modo.-
-No. Quando ti ho detto che mi
piacevi ero sincera. Quella sera stavo solamente… analizzando
tutta la situazione con Ruby: non avevo idea di cosa mi stesse
succedendo. In ogni caso, non avevi sentito l’ultima parte del
discorso.-
-E qual era?- le sussurrò
Rumpelstiltskin all’orecchio, prima di baciarle il collo.
-Che non vedevo tutta questa
malvagità in te. Mi fai ridere, sto bene in tua compagnia, mi
fai sentire protetta. Ti amo, Rumpelstiltskin.-
Lui la guardò per qualche
secondo, con uno sguardo serio e penetrante che fece accapponare la
pelle ad Elise, poi la baciò con talmente tanto ardore che la
fece rimanere immediatamente senza fiato.
La spinse dolcemente all’indietro
sul divano e si stese sopra di lei, iniziando a darle piccoli bacetti
su tutto il viso. Elise ridacchiò portando le sue mani tra i
capelli di Rumpelstiltskin.
-Se ogni volta che ti dico che ti
amo inizi a baciarmi in questo modo, cercherò di farlo molto
più spesso.- sussurrò tra un sospiro e l’altro.
Rumpelstiltskin ridacchiò ed
Elise trattenne il respiro quando sentì le sue mani gelide
infilarsi sotto la sua maglietta.
-Basta chiedere,
dearie, basta chiedere.- le sussurrò, prima di baciarla
nuovamente.
Angolino
dell'autrice: Buona sera a tutti! Vi
ringrazio se siete arrivati fino alla fine di questo capitolo e spero
che vi sia piaciuto. Mi scuso se stasera sono così spicciola,
ma devo andare a dormire perché domani ho una verifica stra
importante. Auguratemi in bocca al lupo!
Vi ringrazio
tantissimo per le recensioni e per leggere semplicemente questa
storia!
Un bacione,
°°Sami°°
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Capitolo 15 *** Spell. ***
DREAM
OF MY DREAMS
14.
Spell.
-Rumpelstiltskin!-
-Si, dearie?-
-Ti rendi conto che noi siamo qui a
gingillarci, mentre avremmo qualcosa di molto più importante
da fare?-
-E cosa, dearie?- le sussurrò
lui, passandole pigramente un dito sul braccio coperto solamente
dalla sua camicia.
-Come cosa?- esclamò lei,
oltraggiata. -Dobbiamo cercare tuo figlio, no?-
Immediatamente, l’espressione
di Rumpelstiltskin si fece più seria. -Non possiamo uscire da
Storybrooke, ma sto ideando una pozione per ovviare a questo
problema.-
Elise rimase in silenzio qualche
secondo. -E perché dovremmo uscire noi? Portiamo lui qui!-
-Come?- chiese l’uomo,
aggrottando le sopracciglia.
-Con la magia.
Rumpel, ti ho
intontito?- rise la ragazza, stampandogli un bacio sulla guancia.
-Conosco un incantesimo che può spingere
una persona verso un luogo
specifico. E’ qualcosa di molto sottile, tuttavia, e non è
detto che funzioni sempre… Potremmo provare finché tu
non avrai completato la tua pozione.-
L’uomo rimase qualche secondo
a soppesare le sue parole, poi le rivolse un sorriso. -D’accordo.
Proviamoci, dearie.-
Elise annuì contenta, poi
cercò di saltare giù dal letto.
-Ferma, ferma, Elise: dove credi di
andare?-
-A prendere l’occorrente…-
sussurrò la ragazza, senza opporre resistenza e lasciandosi
trascinare da Rumpelstiltskin nuovamente sopra al letto.
-Chi ti dice che ti lascerò
andare?-
Elise alzò scherzosamente
gli occhi al cielo.
-Dai, Rumpel!- disse, dandogli un
bacio sulle labbra -Lasciami andare! Vuoi che ritroviamo tuo figlio,
si o no?-
-Questo è quel che si dice
un ricatto, dearie.- disse lui, con un mezzo sorriso, lasciandola
andare.
-Questo è quel che si dice
un compromesso, amore.-
Rumpelstiltskin ridacchiò e
afferrò al volo i pantaloni che Elise gli lanciò.
-Mi servono delle candele, un
oggetto di Baelfire, possibilmente un indumento o un mantello, e
alcune erbe che tengo in erboristeria.- chiarì la ragazza,
perfettamente vestita.
-Per l’oggetto ci penso io:
lo tengo nella cassaforte del negozio. In quanto alle candele,
sfortunatamente sono un’amante della luce artificiale.-
Elise ridacchiò. -Non ti
preoccupare, quelle le ho io.-
L’uomo annuì e, dopo
un cenno con la mano, scomparve in una nuvola di fumo.
Elise sospirò:
Rumpelstiltskin non riusciva a vivere senza magia, e se voleva
riappacificarsi con suo figlio avrebbe di certo dovuto cambiare le
sue abitudini.
Però, si disse, in quel
momento avevano fretta: di certo non sarebbe andata a fargli la
paternale proprio in quell’occasione.
Scosse la testa e scese le scale,
dirigendosi in cucina. Se non ricordava male, era nella credenza che
dovevano esserci una decina di candele, per i casi di emergenza.
Le afferrò e le pose sopra
al tavolo della cucina, mettendole accuratamente in cerchio.
Poi, prese le chiavi
dell’erboristeria e scese in negozio, cercando di ricordare
quali fossero le erbe giuste. Dopotutto, era passato parecchio tempo
da quando aveva fatto un incantesimo del genere.
Quando risalì in casa, vide
che Rumpelstiltskin era già tornato e che la aspettava
comodamente seduto sul tavolo della cucina con un vecchio mantello di
Baelfire stretto tra le mani.
Elise lo prese dolcemente,
impedendo alla sua mente di correre ai bei tempi andati, e lo stese
sul tavolo, in modo che toccasse, con un lembo, tutte le dieci
candele, precedentemente accese da Rumpelstiltskin con un cenno della
mano.
Successivamente, Elise inserì
uno spillo a metà delle candele -L’incantesimo sarà
terminato quando le candele si consumeranno fino a quel punto.-
spiegò, e mise una ciottolina piena d’acqua al centro
del tavolo.
-Ok.- sussurrò, prendendo le
erbe, sotto lo sguardo attento di Rumpelstiltskin.
-Baelfire, vieni
subito a me,
tre volte
invocato dal mio incantesimo,
tre volte
tormentato dal mio fuoco.
Vieni a me
senza indugio.-
recitò per tre volte, lentamente, e a ogni verso mise un
pizzico di erbe dentro la ciottola.
Aspettarono
in silenzio che tutte le candele si consumassero e, alla fine,
sparecchiarono senza dire una parola. Elise emise un sospiro tremulo.
-Tutto bene,
dearie?- le domandò Rumpelstiltskin, carezzandole dolcemente
il viso.
-Si, certo.
E’ che non sono più abituata ed è stato un po’
difficoltoso.-
Lui la prese
per mano e la condusse sul divano. -Hai fame?-
Lei scosse la
testa. -No. Voglio solamente stare qui con te.-
Rumpelstiltskin
le fece appoggiare la testa sulla sua spalla e Elise si addormentò
con la mano stretta alla sua, cullata dal suo respiro regolare.
* * *
-It’s raining man,
hallelujah, it’s raining man!-
-Ti piace parecchio, questa
canzone.- le disse il suo accompagnatore, avvicinandosi leggermente e
prendendole la mano.
Elise ridacchiò.
-Da morire. Mi riempie di energia! A te no?-
Rumpelstiltskin fece una risatina
acuta e un paio di passanti si girarono a guardarli intimoriti.
-Sai che da quando usciamo insieme
le visite al mio negozio sono dimezzate?- disse Elise, facendo
allegramente dondolare le loro mani intrecciate. -Specialmente la
signora Collins: credo sia gelosa.-
Rumpelstiltskin alzò gli
occhi al cielo, divertito. -Dammi nomi e cognomi, dearie: posso
minacciare tutti gli ex-clienti che desideri.-
Elise rise. Non era la prima volta
che affrontavano quel discorso e, sebbene ad Elise ci fosse voluto
tempo per far capire all’uomo che non le importava niente dei
clienti, la ragazza si divertiva tantissimo a provocarlo con quel
genere di discorsi.
-Rumpelstiltskin! Non puoi fare ad
una ragazza innocente questo genere di proposte così
allettanti!-
-Ragazza innocente? Dearie, sei
tutto fuorché innocente, come ben sappiamo.-
Elise spalancò
scherzosamente la bocca. -E’ così che la pensi, quindi?-
chiese, retoricamente. -Perfetto: vorrà dire che mi riterrò
offesa.- esclamò, girando la testa dalla parte opposta e
incrociando le braccia al petto.
-Ohoh, non resisterai per molto,
Elise!-
E, in effetti, aveva proprio
ragione: tempo di arrivare da Granny ed Elise era di nuovo
abbracciata a Rumpel, come se non fosse successo nulla.
-Ho davvero poca tenacia, quando si
tratta di te.- affermò, spingendo la porta della tavola calda.
-Dovrò allenarmi.-
Rumpelstiltskin sorrise ironico, ma
non rispose.
Elise salutò Red e si
sedette con Rumpelstiltskin al solito tavolo doppio, quello vicino
alla finestra. Red, pochi minuti dopo, passò da loro a
prendere le ordinazioni.
-Elise, sai la novità?- le
domandò, indugiando vicino al tavolo con il blocchetto in
mano, sebbene sapesse benissimo che cosa volessero entrambi.
-No. Cosa è successo?-
rispose la ragazza, aggrottando le sopracciglia.
-Ieri sera è arrivato in
città il padre di Henry. Me l’è venuto a dire
proprio lui questa mattina: dovessi vederlo, sprizzava gioia da tutti
i pori!-
Elise spalancò occhi e
bocca. -Ed Emma?-
-Non lo so.- rispose la ragazza,
scuotendo le spalle. -Però, conoscendo il suo carattere,
presumo sia un bene che riescano a parlare civilmente.-
Elise seguì lo sguardo
dell’amica e, effettivamente, notò che Emma e suo figlio
erano seduti ad un tavolo insieme ad un uomo che Elise non credeva di
avere mai visto. A dire il vero era un po’ difficile dirlo,
dato che quello dava le spalle al locale e, dalla loro postazione,
Elise e Rumpelstiltskin potevano vedere solamente il viso di Emma, la
quale stava parlando proprio con l’uomo misterioso.
-Ti ha detto come si chiama?-
-Neal. Neal
Cassidy.- disse Red, facendole l’occhiolino e andando a
prendere le loro cioccolate calde, una con la panna e l’altra
senza.
Elise si morse il labbro. Chissà
cosa avrebbe fatto Emma, d’ora in avanti. Non le sembrava molto
propensa a trovarsi un uomo e, da come parlava a Neal, non sembrava
molto propensa nemmeno a volergli dare qualche genere di possibilità.
-Almeno Henry può conoscere
il suo papà…- sussurrò Elise, mettendo in bocca
una cucchiaiata di cioccolata. -Scusa, Rumpel.- aggiunse, alzando lo
sguardo sull’uomo di fronte a lei.
Rumpelstiltskin scosse
semplicemente le spalle.
-Lo troveremo, amore mio.- sussurrò
Elise, prendendogli una mano e intrecciando le dita alle sue.
Lui ricambiò la stretta. -Lo
so.-
Elise sorrise leggermente, prima di
essere interrotta da un gridolino eccitato di Red.
-Elle, guarda!- esclamò,
rivolgendo la sua attenzione ad un piccolo televisore infisso ad una
parete.
“It’s
not a journey. Every journey ends, but we go on. The world turns, and
we turn with it. Plans disappear; dreams take over. But wherever I
go, there you are. My luck; my fate; my fortune. Chanel N° 5:
inevitable.”
-Chi è?- chiese la ragazza,
alzando un sopracciglio.
-Come chi è?- Red era
scandalizzata. -E’ Brad Pitt!-
Elise la guardò, ancora più
scioccata di prima. -E dovrei sapere chi è?- esclamò,
sapendo che l’amica l’avrebbe sentita anche da lontano.
-Elise!- la guardò,
accusandola con lo sguardo -Non sai chi è Brad Pitt?!-
esclamò, talmente forte che la maggior parte dei clienti si
girarono verso di lei.
-No!- rispose, alzando le spalle,
ovvia.
Red roteò gli occhi, ormai
arresasi alla terribile ingenuità della sua amica. Elise
ridacchiò e si voltò nuovamente verso Rumpelstiltskin,
per spostare nuovamente lo sguardo quando il piccolo Henry la chiamò.
-Elle!-
-Ehi, Henry!- esclamò,
spalancando le braccia, mentre il bambino le si fiondava tra le
braccia e la abbracciava. -Come stai?-
-Bene, Elle! Sai, ho conosciuto il
mio papà!- disse il bambino, con un sorriso talmente luminoso
che Elise non poté fare a meno di ricambiare.
Gettò uno sguardo al tavolo
da dove era venuto Henry e notò che entrambi i genitori del
ragazzino erano voltati verso di loro; Emma le fece un cenno, ma
tutta l’attenzione di Elise era rivolta a Neal. I loro sguardi
si incrociarono e la ragazza rimase incantata da due occhi scuri e
profondi, che la fecero rimanere interdetta per qualche secondo.
-Elise? Cosa c’è?- le
domandò Rumpelstiltskin, fissandola con guardo preoccupato.
-Nulla, nulla. Stavo solo pensando…
che tuo padre ti assomiglia moltissimo, Henry.- disse, riportando lo
sguardo sul bambino e sorridendo.
Il sorriso del bambino di allargò
ancora di più e, immediatamente, si propose di far conoscere
il suo papà ad Elise.
Angolino
dell'autrice: Buona
sera a tutti gente! Scusate per il ritardo, ma ho avuto un paio di
imprevisti.
Allora,
che ne pensate del capitolo? Amo le scenette fluff tra Rumpel ed
Elise e, sicuramente, in questi ultimi capitoli ne avranno parecchie.
Che ci volete fare? E' mancanza di Rumbelle xD
Vi
ringrazio tantissimo per le recensioni e vi prometto che inizierò
a rispondere a tutti, con un po' di calma.
Un
bacione e alla settimana prossima!
°°Sami°°
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Capitolo 16 *** Proposal. ***
DREAM
OF MY DREAMS
15. Proposal.
Elise si sentiva strana.
Era come se ci fosse qualcosa che
le comprimeva il petto, senza sosta. E no, non stava parlando del
braccio di Rumpelstiltskin appoggiato mollemente sul suo addome.
Si voltò verso di lui,
pacificamente addormentato al suo fianco. Sorrise: sembrava un
bambino mentre dormiva, ed era tenerissimo.
Passò un dito sulle sue
labbra semichiuse e ridacchiò sottovoce quando vide che le
increspava nel sonno.
Rimase qualche minuto immobile, a
fissare Rumpelstiltskin, finché non si accorse che si stava
per svegliare.
-Rumpel, amore?- chiamò
piano, passandogli una mano sul viso.
-Mmm.- mugugnò lui, aprendo
piano gli occhi. -E’ dal molto che sei sveglia, dearie?-
-Una decina di minuti.- rispose
lei, dandogli un bacio a fior di labbra e alzandosi per andare a
vestirsi. -E li ho passati a guardarti, nel caso fossi in procinto di
chiedermelo.-
Rumpelstiltskin alzò un
sopracciglio. -Sono così interessante?-
-Sei tenerissimo mentre dormi!-
-Continui ad affiancarmi aggettivi
piuttosto strani, dearie.- disse, scoppiando a ridere.
-Non è vero: semplicemente
io vedo al di là del modo in cui ti presenti agli altri.- gli
rispose, avvicinandosi e sedendosi a fianco a lui.
Rumpelstiltskin le carezzò
una guancia. -Ti amo.-
-Anche io.- sussurrò,
sorridendo e sgusciando via dalla sua stretta. Si chiuse in bagno e
andò immediatamente sotto la doccia, dandosi una sciacquata
veloce, pensando a Henry e a Neal: quando il bambino glielo aveva
presentato, l’uomo aveva fatto di tutto per non incontrare il
suo sguardo per più di qualche secondo, ma, in compenso, le
aveva stretto la mano per più tempo del necessario.
Poi, Rumpelstiltskin era andato
vicino a loro e, con gentilezza, le aveva messo un braccio
intorno alla vita e l’aveva condotta via.
Emma e Henry li avevano guardati
andare via con una faccia stravolta, mentre, in lontananza, Ruby
rideva a crepapelle.
Elise si era stretta a
Rumpelstiltskin ed aveva sorriso, pensando quanto fosse dolce il
fatto che fosse geloso di lei.
-Elise? Sei affogata, dearie?-
Elise si riscosse dai suoi pensieri
e si affrettò ad uscire dalla doccia. -No, no. Adesso mi vesto
ed esco. Faccio in un attimo.-
Lo sentì ridacchiare e
allontanarsi dalla porta, probabilmente per vestirsi a sua volta. La
ragazza si abbottonò la camicia e infilò i pantaloni,
finendo il tutto con un po’ di matita e di ombretto sugli
occhi: purtroppo, quella mattina, doveva riprendere a lavorare. Per
quanto amasse passare le giornate con Rumpelstiltskin, non poteva di
certo farsi mantenere da lui per sempre e, dopotutto, le mancava il
suo negozio.
Andò in cucina e, con sua
somma sorpresa, vide la tavola colma di tazze, vasetti di marmellata
e brioche.
-Oh, Rumpelstiltskin.- sussurrò
estasiata, rimanendo immobile davanti a quello spettacolo di
leccornie. -Come…?-
-Non è tutto merito mio,
dearie. E’ stata la tua amica Ruby a suggerirmi cosa
preparare.-
Elise spalancò gli occhi.
-Tu e Red avete avuto una conversazione?-
-Solo un paio di parole, dearie,
nulla di così impressionante.-
Elise scoppiò a ridere. -Sei
stato un tesoro!- esclamò, avvicinandosi a lui e baciandolo.
Rumpel la trattenne qualche secondo, poi le spostò la sedia e
la invitò a sedersi, facendole un leggero inchino e strizzando
l’occhio.
Elise si gettò sul cibo,
trovandolo ancora più buono proprio perché era stato
Rumpelstiltskin a prepararglielo e si ingozzò finché
non credette che non avrebbe più mangiato in vita sua.
-Devo andare ad aprire il negozio…-
sussurrò la ragazza, senza nessunissima voglia di alzarsi
dalla sedia.
Rumpelstiltskin dovette capirlo,
perché le sorrise sghembo. -Vorrà dire che questa sera
ti verrò a prendere alla chiusura, dearie.-
Elise per poco non gli saltò
in braccio, rendendosi conto che si stava innamorando di lui ogni
giorno di più.
Chissà perché, ma
ho come la sensazione che accadrà qualcosa.
Elise chiuse gli occhi e sospirò:
era da quando era entrata in negozio che aveva questa sensazione, un
fremito di impazienza che non la lasciava in pace.
Un paio di volte aveva avuto la
tentazione di chiamare Rumpelstiltskin, ma poi aveva cacciato dalla
mente quell’idea: era inutile preoccuparlo per nulla.
In ogni caso, sapeva che non poteva
starsene con le mani in mano tutto il giorno, così prese lo
straccio e iniziò a spolverare le mensole, cosa che fece
alzare una quantità industriale di polvere.
-Meraviglioso.- sussurrò,
dopo uno starnuto. -Bellissimo inizio di giornata lavorativa.-
sussurrò, iniziando a lavorare di buona lena.
A metà del lavoro, tuttavia,
dovette fermarsi ed aprire la porta del negozio, per non morire
asfissiata dagli acari. Respirò un po’ di aria pulita e
ritornò al suo lavoro sospirando.
Fu proprio per questo che non si
rese conto che qualcuno era entrato nel suo negozio e prese un enorme
spavento quando si sentì sfiorare una spalla.
Si girò di scatto e sospirò
quando vide che si trattava solamente di Flynn.
-Flynn!- disse, alzandosi e
allontanandosi di un passo. -Mi hai spaventata! Cosa ci fai qui?-
aggiunse, quando si rese conto dell’espressione grave nel viso
dell’elfo.
-Devo parlarti.- le rispose,
continuando a rimanere maledettamente serio.
Elise, a quel punto, iniziò
a preoccuparsi seriamente. Innanzitutto perché, solitamente,
Flynn non le diceva che doveva parlarle, ma si limitava a investirla
di parole, che la facevano scoppiare a ridere senza ritegno. Secondo,
non aveva mai avuto un’espressione così grave e così
preoccupante e, terzo, non le aveva mai preso le mani con così
tanta enfasi.
-Che succede, Flynn?- domandò,
temendo, però, la sua risposta.
-Devi sapere, Elise. Devi sapere
che puoi scegliere. Devi sapere che non sei costretta a stare con
quel mostro. Devi sapere che ti amo, Elise e che voglio che tu scelga
me e non lui.- Elise trattenne il fiato. -Sposami.-
La ragazza spalancò gli
occhi, scioccata da quella richiesta inaspettata. Non le era mai
passato nemmeno per l’anticamera del cervello che Flynn
provasse qualcosa per lei: l’aveva sempre visto solamente come
un amico su cui fare affidamento ed era certa che per lui fosse lo
stesso.
-Flynn…- sussurrò,
con la voce rauca, cercando un modo per misurare le parole. -Flynn,
io non posso. Non posso sposarti, perché non ti amo. Amo
Rumpelstiltskin, l’ho sempre amato e lo amerò per
sempre. E non c’è nulla che tu, che nessuno possa fare
per cambiare questo.- rispose, sfilando lentamente le mani dalle sue.
Flynn strinse le mascelle, mentre i
suoi occhi si riempivano di rabbia repressa. -Come puoi sopportare di
strare con un mostro del genere? Ha ucciso centinaia di persone,
distrutto famiglie e fatto ignobili sortilegi!-
Elise, a quel punto, decise che
poteva fare a meno di misurare le parole. Come si permetteva lui
di offendere Rumpelstiltskin?
-Non chiamarlo mostro! Non osare,
Flynn! Lui è molto più di quello che credi, è
molto più di quello che credete tutti! Voi non lo conoscete,
quindi non osate giudicare!- gli urlò la ragazza,
trattenendosi dal mollargli uno schiaffo in piena faccia.
Flynn la prese per le spalle e la
scrollò forte, facendole male. -Io sono mille volte meglio di
lui, Elise! Potremmo vivere come nell’altro mondo, potremmo
tornare ad essere noi stessi!-
-Tu continui a non capire un
accidenti! Non faccio parte della tua gente, Flynn! Il mio posto è
qui, accanto a lui!- prese fiato. -Mi dispiace Flynn, davvero,
ma non posso.-
Il ragazzo la guardò per
qualche secondo, addolorato ed Elise fece di tutto per sostenere il
suo sguardo e non cedere. Poi se ne andò.
Elise chiuse gli occhi e fece un
paio di respiri profondi, arretrando finché non andò a
sbattere ad una mensola e, alla fine, si lasciò scivolare a
terra, prendendosi la testa tra le mani.
Aveva perso il suo migliore amico
nel giro di tre minuti netti e l’aveva fatto soffrire.
Fantastico. Proprio una bella giornata.
Sospirò nuovamente, indecisa
su cosa fare.
Alla fine si rialzò, e prese
le chiavi del negozio, chiudendolo. In ogni caso, era sicura che quel
giorno non sarebbe entrato nessun’altro.
Si incamminò per le vie
della città, sperando che l’aria fresca l’avrebbe
aiutata a rimettere a posto l’immensa confusione che aveva
dentro.
Non sapeva come fare per fare pace
con Flynn e aveva anche in mente di ritrovare Baelfire.
Scosse la testa: a quanto pareva,
il suo incantesimo non aveva funzionato. Probabilmente il fatto che
ci fosse ancora una maledizione all’interno della città
impediva alla sua magia di uscire dai confini.
Però non impediva alla
gente comune di entrare. Aggrottò
le sopracciglia a quel pensiero. Non era possibile, non poteva essere
una cosa unidirezionale: se qualcosa poteva entrare, doveva anche
potere uscire, proprio come succedeva agli abitanti di Storybrooke,
anche se essi perdevano la memoria.
Quindi il suo incantesimo doveva
aver funzionato. E se aveva
funzionato…
-Accidenti, accidentaccio a me!-
sussurrò, schiaffandosi una mano sulla fronte. -Come ho fatto
a non capirlo prima? Come?-
Quanto era stata stupida! E pensare
che era una coincidenza troppo sciocca per essere tale!
-Gabrielle!-
La ragazza si girò di scatto
al suono di quella voce e sorrise, impacciata. Emma si avvicinò
a lei con passo spedito, prima di fermarsi e sorriderle, imbarazzata
anche lei.
-Come stai?-
-Bene Emma, tu?-
-Bene.-
Le due ragazze si guardarono per
qualche secondo, mentre Elise si chiedeva per quale motivo Emma
l’avesse fermata nel bel mezzo della strada.
-Ti va… ti va di fare una
passeggiata?- le domandò, alzando un sopracciglio come se si
aspettasse che Elise rifiutasse l’offerta. La ragazza annuì
e seguì Emma verso il molo.
-Allora… è da molto
che conosci Neal?- le chiese, dopo qualche minuto.
Elise la guardò con gli
occhi spalancati. -Non ho mai visto Neal prima, Emma. Per quale
motivo credi sia il contrario?-
Era sorpresa: Emma doveva ben
sapere che lei non era mai uscita da Storybrooke e di conseguenza non
le era mai stato possibile conoscere persone che non abitavano nella
cittadina.
-Mi sembrava…- alzò
le spalle. -Mi sembrava vi conosceste. Tutto qui.-
Elise aggrottò le
sopracciglia e scosse la testa, giusto per ribadire il concetto.
-Sono sempre stata a Storybrooke in questi anni: come potrei
conoscerlo?-
L’amica non le rispose e ad
Elise mancò un battito. -C’è qualcosa che non so,
Emma?- le domandò, prendendola per il braccio e facendola
girare verso di lei.
Lei la fissò per qualche
secondo, prima di distogliere lo sguardo e scuotere la testa. -No.-
disse, dandole le spalle e riprendendo a camminare.
-Grazie della chiacchierata, Elise.
Devo tornare da Henry, ora.-
Elise annuì, ancora confusa.
-Certo. Salutamelo.-
Emma fece un cenno con la testa ed
Elise la guardò tornare da dove erano venute, il passo svelto
e le mani sepolte nelle tasche.
Angolino
dell'autrice: Ehi!!!
Buon week end a tutti, gente! Vi ringrazio di essere arrivati fino a
qui e di aver letto il capitolo: vi è piaciuto?
Vi
invito a lasciare una recensione e a dirmi cosa ne pensate!
Ringrazio
tutti per aver letto e per aver inserito questa storia in una delle
vostre liste! Siete dei tesori!
Un
bacione.
°°Sami°°
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Capitolo 17 *** Drinks. ***
DREAM
OF MY DREAMS
16. Drinks.
-Chris! Tesoro, torna qui!-
Elise non sapeva, esattamente, se
in quei giorni le erano veramente mancate le corse pazze dietro a
quel bambino.
-Prendimi, Elle! Prendimi!- esclamò
lui, scoppiando a ridere e facendo un ulteriore sforzo.
Elise non poté fare a meno
di farlo arrivare indenne da Granny, anche se sapeva che, di
conseguenza, l’avrebbe dovuto fare entrare e offrirgli la
merenda. Beh, poco importava: adorava quel bambino ed era incapace di
negargli qualcosa.
Spinse l’entrata del locale e
il bambino la precedette passando sotto il suo braccio e correndo
verso il tavolo che condividevano di solito.
Elise lo seguì, loquace, ben
sapendo cosa sarebbe accaduto da lì a pochi minuti: e infatti,
Chris prese il menù, lo fissò per qualche tempo, poi
chiamò Ruby e ordinò due cioccolate calde con la panna,
ben sapendo che Elise sarebbe stata d’accordo.
La ragazza rise, notando solo in
quel momento che, da quando il tempo a Storybrooke era rincominciato
a scorrere, c’erano piccoli cambiamenti che si potevano
facilmente notare nell’atteggiamento e nel corpo di Chris:
finalmente quel bambino stava crescendo.
Le si strinse un po’ il
cuore, pensando che avrebbe voluto vedere crescere anche un altro
bambino, che sperava di rivedere, prima o poi.
-Elise?-
-Si, tesoro?-
-Quindi, tu e Rumps… Rampel…
il signor Gold vi volete bene?-
Elise ridacchiò, intenerita.
-Si, tesoro, ci vogliamo tanto bene.-
-Come la mamma e il papà?-
-Si.- sussurrò lei,
sorridendo dolcemente. A volte, Chris la spiazzava con la sua
dolcezza.
-Quindi tu non credi che sia
cattivo?- le domandò, guardandola con una sguardo talmente
intenso e maturo, da costringerla a rispondergli con assoluta
serietà, come se stesse parlando con un adulto.
-No, Chris. Credo che abbia
sbagliato, come ogni persona, ma che abbia capito i suoi errori e che
stia cercando di rimediare. E’ un uomo buono, in realtà,
anche se non tutti sono capaci di vedere il buono che c’è
in lui.-
Il bambino annuì e prese a
guardare concentrato la tazza vuota, pensando a chissà che
cosa. Elise alzò lo sguardo verso Ruby e si accorse solo in
quel momento degli sguardi preoccupati che le stava lanciando, così
aggrottò le sopracciglia, confusa. Ruby le fece un cenno con
la testa verso la parte sinistra del bancone e, con estremo
raccapriccio, Elise si accorse che Flynn era seduto su uno sgabello e
che stava versandosi su un bicchiere l’ultimo goccio di liquido
dorato da una bottiglia. Inorridì.
-Santo cielo, non ci posso
credere…- sussurrò, tenendo lo sguardo fisso su quella
scena: Flynn non aveva mai bevuto e, così ad un primo impatto,
quel liquido sembrava altamente alcolico. E il suo amico doveva
essere del tutto ubriaco, stando da come continuava a scuotere la
bottiglia cercando di far uscire ancora qualche altra goccia.
-Elle, che c’è?- le
domandò Christopher, guardandola preoccupato.
-Niente tesoro, è tutto ok.-
Elise si morse il labbro e pensò
il da farsi: di certo non poteva lasciare Flynn lì, solo e
ubriaco, ma non poteva neppure far assistere Chris a quella che
sarebbe stata una scena piuttosto imbarazzante: aveva la
responsabilità di far tornare a casa quel bambino senza alcun
genere di shock psicologico.
Forse poteva chiamare
Rumpelstiltskin…
-Va tutto bene?-
Elise sobbalzò e si girò
di scatto, incontrando lo sguardo cortese di Neal Cassidy, il quale
era seduto proprio dietro di lei. Gli sorrise titubante.
-Non… non ne sono molto
sicura…- sussurrò, girandosi di scatto quando si rese
conto che Flynn aveva iniziato a parlare con Ruby a voce troppo
alta.
-Ti dirò una cosa, Red!
L’amore fa schifo! Schifo! Tu sei mai stata innamorata, Red? Io
si e, ti dico, che è stato il periodo più bello di
tutta la mia vita, ho quasi trecento anni, sai Red? I miei genitori
abitavano nella Foresta Incantata da generazioni e… Oh! Ma
questo non è importante. Dicevo: è stato il periodo più
bello di tutta la mia vita, prima che lei mi dicesse che ama un
altro! Ma fosse un altro qualunque, Red! No! E’ un mostro, e di
quelli della peggior specie! Anzi, ti dirò di più: il
mostro più… mostro di tutti!-
Elise strinse i pugni, poi si alzò
di scatto, con tutta l’intenzione di picchiare quell’idiota
che stava dando nuovamente del mostro al suo amore.
Red che, probabilmente, la stava
tenendo d’occhio, le andò incontro e la fermò,
prima che arrivasse a Flynn.
-Elise, non fare sciocchezze!-
-Lasciami, Red!- sussurrò,
cercando di spingerla via. -Voglio spaccargli la faccia!-
-E’ ubriaco, Elise! Non sa
quello che dice.-
-Non hai mai sentito il detto: In
vino veritas? Quell’idiota pensa veramente tutte quelle
cose!-
-Certo che le pensa!- sbottò
l’altra stringendo la stretta sugli avambracci dell’amica
e cercando di farla arretrare.
Elise le lanciò
un’occhiataccia.
-Non in quel senso! Santo cielo,
Elise: gli hai spezzato il cuore!- esclamò, tentando
nuovamente di allontanarla dall’oggetto della sua rabbia, il
quale non aveva ancora smesso di parlare, sebbene non ci fosse
nessuno accanto a lui.
-Capisci perché sono così
disperato, lo capisci Red? Io le ho chiesto di sposarmi e lei mi ha
rifiutato! Capisci, Red?-
Elise boccheggiò a quelle
parole e smise subito di opporre resistenza, alzando gli occhi su
Red, la quale stava ricambiando il suo sguardo sorpreso.
-Cos’è che ha fatto
lui?-
La ragazza boccheggiò
nuovamente. -Ripensandoci… credo che porterò a casa
Chris.- sussurrò, facendo dietro front e tornando barcollante
al suo posto. Arrossì, quando si accorse che Neal e
Christopher stavano entrambi guardando la scena scioccati.
-No, no, aspetta.- esclamò
Red, attirandola nuovamente vicino a lei e iniziando a parlarle
nell’orecchio. -L’hai detto a Rumpelstiltskin?-
Elise scosse la testa, inorridita.
-Sei matta? Vuoi che uccida prima lui e poi me, e poi ci faccia
tornare in vita entrambi per poi ucciderci di nuovo?- esclamò,
alzando un po’ troppo il tono della voce.
Red, dopo averla guardata qualche
secondo in silenzio, scoppiò a ridere e le fece l’occhiolino.
-Non ne dubito. Ci penserò io al tuo amico dal cuore spezzato,
d’accordo?- disse, con un sorriso che le arrivava fino agli
occhi.
-Grazie, grazie mille Red: sei la
mia eroina!-
Lei rise. -Mi hai scambiata per un
Principe, Elle?-
Elise ricambiò il sorriso e
si diresse verso Chris, che continuava a guardarla con un misto di
confusione e curiosità.
-Cosa è successo, Elle?-
-Niente di interessante, tesoro.
Andiamo a casa, che cosa ne dici?- disse, facendo un sorisino a Neal
che, pure lui, stava continuando a seguire ciò stava
succedendo.
Il bambino annuì solamente e
fece per prendere le sue cose, poi però richiamò Elise
e le indicò un punto dietro le sue spalle.
Lei si girò e, con suo sommo
terrore, vide la figura di Rumpelstiltskin guardarla da fuori il
locale. Le fece un gesto di saluto ed Elise, prima che gli venisse in
mente di entrare, si fiondò verso l’uscita, dicendo a
Chris che l’avrebbe aspettato fuori.
-Ciao, sweetheart. A cosa devo
tutto questo impeto?- le domandò lui, non appena lei gli si
buttò tra le braccia.
-Niente. Avevo solo voglia di
vederti.-
Rumpelstiltskin alzò un
sopracciglio e la guardò dubbioso. -E hai lasciato il
ragazzino da solo, solamente per venirmi a salutare?-
-Si, ehm… Chris è
abbastanza grande da vestirsi e uscire da solo.- disse a mo’ di
spiegazione. Di certo, non poteva rivelargli così su due piedi
tutto quello che era successo in quella giornata, altrimenti la vita
di Flynn sarebbe stata senza dubbio in guai seri. E dubitava che a
Ruby facesse piacere avere il muro macchiato di sangue.
-Salve, signor Gold.- salutò
il bambino, uscendo dal locale davanti a Neal Cassidy, che si limitò
a lanciare un’occhiata a Elise e a fermarsi poco distante,
iniziando ad armeggiare con il cellulare.
-Ciao.- Elise diede una gomitata a
Rumpelstiltskin: insomma, se voleva ritrovare suo figlio, doveva
avere qualche genere di rapporto amichevole con la gente. -Come
stai?- gli chiese, finalmente.
Christopher lo guardò un po’
sorpreso, ma poi sorrise. -Bene e lei?-
-Molto bene grazie.-
Poi, scese il silenzio. Elise alzò
gli occhi al cielo, ma doveva ammettere che era più di quanto
si era aspettata.
-Allora, Chris, ti accompagniamo a
casa. Così, ne approfittiamo per farci una passeggiata al
chiaro di luna.-
-A dire la verità, oggi è
la notte di Novilunio: la luna, stasera, è completamente
assente.-
Elise si girò
automaticamente verso Neal, per poi alzare lo sguardo verso il cielo
e constatare che, davvero, la luna non si vedeva da nessuna parte.
-Oh.- sussurrò, delusa.
-Vorrà dire che faremo la passeggiata alla luce dei lampioni.
Per quanto sia decisamente poco fiabesco.- disse, sorridendo a Neal
che ricambiò immediatamente.
-Vuoi unirti a noi, Neal?-
-Oh, ehm… A dire il vero
sono di fretta.- rispose lui, distogliendo lo sguardo e puntandolo
lontano, come se stesse pensando a quello che doveva andare a fare.
-D’accordo. Ci vediamo,
allora… Neal.- disse, sottolineando intenzionalmente il
suo nome. Il ragazzo la guardò confuso, ma Chris la tirò
per una manica e la costrinse a distogliere lo sguardo. -Elle?-
-Si, tesoro, adesso andiamo.- gli
rispose, prendendolo per mano e iniziando a camminare. -Rumpel,
vieni?-
Lui annuì e l’affiancò.
Durante la passeggiata, Elise notò che Chris, ogni tanto,
lanciava loro degli sguardi e ridacchiava.
Quando la signora Grayne vide che
Chris era tornato a casa accompagnato anche dal Signore Oscuro,
abbracciò il figlio e salutò entrambi con un sorriso,
al contrario di quello che Elise si aspettava.
-Hai visto, Rumpel?- gli disse, una
volta arrivati a casa. -La mamma di Chris non sembrava per niente
contrariata dal fatto che ci fossi anche tu.-
-Quella donna non poteva avere
figli e ha chiesto il mio aiuto per avere quel bambino. A quanto pare
si sente ancora in debito.- le rispose lui, appoggiando la giacca sul
divano di Elise.
-Oh, Rumpel! Christopher è
un tesoro di bambino! Sai, mentre eravamo da Granny mi ha chiesto se
noi due ci vogliamo bene come la sua mamma e il suo papà.-
sussurrò la ragazza, ancora intenerita da quella domanda.
Rumpelstiltskin le sorrise, mesto.
-Amore, cos’hai?- gli domandò
Elise.
Lui fece spallucce. -Credevo che
oggi avrei terminato la pozione per uscire dalla città, invece
è scoppiato tutto e sono costretto a rincominciare di nuovo
daccapo.- le disse, stringendo i pugni. Elise lo abbracciò e
gli fece appoggiare la testa sulla sua spalla.
Non aveva il coraggio di dirgli
che, forse, il suo incantesimo aveva funzionato: sarebbe stata troppo
grande la delusione se avessero scoperto che Neal era venuto a
Storybrooke solo per rivedere Emma.
Angolino
dell'autrice: Ehi
gente! Si, dopo un secolo sono tornata: siete pronti con ortaggi di
tutti i tipi? Me li merito.
Ho
approfittato della ritrovata calma delle vacanze di Natale per
aggiornare ed ecco a voi un capitolo fresco fresco alla Vigilia!
Spero davvero che vi piaccia e vi invito a lasciare una recensione:
non vi mangio ;)
Prima
di lasciarvi, vi auguro un bellissimo Natale e un Felice Anno Nuovo,
anche se spero di rinnovarvi gli auguri domenica prossima se riesco
ad essere puntuale!
Un
bacione enorme a tutti,
°°Sami°°
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Capitolo 18 *** Meeting. ***
DREAM
OF MY DREAMS
17. Meeting.
Quella mattina di lavoro, Elise si
era resa conto che le signore si erano stufate di fare le antipatiche
con lei. O forse non se lo potevano più permettere: il loro
intestino aveva bisogno delle erbe diuretiche.
-Va bene, Elise: calma e serenità.
Non è detto che quella donna sia qui per una scenata di
gelosia, giusto?- sussurrò a bassa voce, quando vide entrare
la signora Collins.
Si preparò sul viso il
sorriso più cortese che le uscì e la salutò. La
vecchia signora fece come se non l’avesse sentita e si limitò
a posarle davanti una banconota. -Il solito.- disse, glaciale.
Elise si voltò per prendere
le erbe e ne approfittò per alzare gli occhi al cielo: per
quella donna doveva essere stato un colpo all’orgoglio dover
entrare nuovamente nel suo negozio.
-Ecco signora Collins. Buona
giornata.- disse al nulla, dal momento che la signora Collins se ne
andò imperterrita, dimenticandosi addirittura di prendersi il
resto.
Elise sospirò e tornò
a servire le clienti, che se ne andavano tutte di corsa, come se il
pavimento di quel negozio avesse potuto inghiottirle da un momento
all’altro. E pensare che Elise cercava anche di essere gentile.
Quando anche l’ultimo cliente
uscì, Elise si permise di tirare un sospiro di sollievo,
credendo di potersi godere una noiosissima e normalissima giornata di
lavoro.
Si sbagliava: dopo un paio d’ore
Neal Cassidy entrò titubante dall’ingresso e prese a
guardarsi intorno come un uccellino in gabbia.
-L’incenso è da quella
parte.- lo informò gentilmente.
-Come?-
-Beh, di solito la gente che viene
qui solo per parlare con me, trova la scusa di volere dei bastoncini
di incenso.- gli spiegò Elise, sorridendogli.
Neal si portò una mano
dietro la nuca e ridacchiò, palesemente nervoso.
-Quindi, a cosa devo questa
visita?-
Neal non rispose.
-Neal… per quale motivo sei
venuto a Storybrooke?- gli domandò Elise, facendo il giro del
bancone e avvicinandosi a lui. L’uomo aggrottò le
sopracciglia, come a cercare di afferrare un ricordo lontano. -Io…
non…-
Elise si avvicinò di più,
mentre la speranza le cresceva nel cuore come un tornado.
-Sei… sei tu, non è
vero?- sussurrò, sorridendo. Neal non rispose, ma le sorrise
dolcemente, quel sorriso che Elise aveva visto mille volte nel viso
infantile di Baelfire.
-Sei cresciuto così tanto,
Bae…- gli sussurrò, prima di buttarsi tra le sue
braccia e abbracciarlo più stretto che poté.
-Mi sei mancata tanto, Elise…-
disse lui, affondando il viso tra i suoi capelli, mentre Elise
cercava di soffocare le lacrime di gioia che premevano per uscire.
-Anche tu mi sei mancato, Bae. Tuo
padre sarà così felice di vederti…-
Baelfire si staccò dalla sua
stretta e la guardò, improvvisamente scuro in viso. -Non
voglio vederlo. Non voglio vederlo mai più.-
-Bae, è normale che tu sia
arrabbiato con lui, ma è cambiato da allora. E’ diverso,
più umano e ha fatto di tutti per ritrovarti: non sarà
così sciocco da rinunciare a te di nuovo.- gli sussurrò
la ragazza, posandogli una mano sul braccio.
Baelfire distolse lo sguardo. -Dopo
tutte le cose malvagie che ha fatto? Mio figlio mi ha fatto leggere
il suo libro, Elise.-
-E’ tuo padre, Bae. Merita
una seconda possibilità. Se non vuoi farlo per lui, fallo
almeno per me.-
L’uomo la guardò
intensamente, aggrottando le sopracciglia. -Lo ami molto, non è
vero?-
Elise arrossì e annuì.
-Si.- sussurrò, alzando lo sguardo e notando che Bae la stava
guardando con un sorrisino soddisfatto.
-Quindi, avevo ragione quando ti ho
chiesto se ti piaceva.-
Elise aprì la bocca per
rispondere, ma proprio in quel momento il suo cellulare squillò.
-Rumpel?- domandò Elise
stranita, rispondendo all’apparecchio.
-Elise. Hai qualcosa da dirmi?-
Elise impallidì. Come faceva
lui a sapere che aveva trovato Baelfire, se in quel momento erano a
chilometri di distanza?
-Come…?-
-Il tuo amico elfo è stato
così carino da venirmi a fare visita, questa mattina. Al
momento, sta fluttuando a testa in giù al centro del
mio negozio.-
Elise aprì e chiuse la bocca
un paio di volte,alzando lo sguardo su Bae che la fissava con le
sopracciglia aggrottate. -Fallo scendere, Rumpel!- esclamò,
prendendo le chiavi del negozio e facendo cenno a Baelfire di uscire.
-Non te lo posso garantire, dearie:
ha osato posare gli occhi su ciò che è mio.-
Elise sbuffò, chiudendo a
chiave il negozio con una mano sola. -Non sono proprio di nessuno,
Rumpelstiltskin! E non mi sembra di certo il momento per una scenata
di gelosia.-
-Quando credevi di dirmi che ti
aveva fatto una proposta di matrimonio?- le domandò ed Elise
capì che stava perdendo la calma. Seriamente.
-Pensavo di dirtelo con calma, a
dire la verità, dato che non ho dato a questo fatto tutta
l’importanza che ci stai dando tu! Ad ogni modo, fai scendere
Flynn dal soffitto: io sto arrivando.- chiuse la conversazione e si
mise a camminare velocemente verso il negozio di pegni.
-Cos’è successo?- le
domandò Baelfire, seguendola.
-Il ragazzo ubriaco che c’era
l’altra sera da Granny, lo ricordi?, mi ha fatto una proposta
di matrimonio e tuo padre lo è venuto a sapere da lui invece
che da me.-
Bae spalancò gli occhi. -E
ti ha fatto una scenata di gelosia?-
Elise grugnì. -Tutto ciò
che volevo evitare.-
Il ragazzo la seguì senza
dire altro ed Elise sperò che Rumpelstiltskin non decidesse di
tirare fuori il suo lato peggiore proprio quando suo figlio sarebbe
entrato nel negozio con lei. Sempre se il figlio in questione non
avesse deciso fare un immediato dietro front.
-Credi veramente che sia cambiato?-
le sussurrò, a pochi passi dal negozio di pegni.
Elise si fermò. -Si, lo
credo. Ma credo anche che abbia bisogno di tempo e, soprattutto,
d’amore.- disse, poi spinse la porta del negozio.
Alzò gli occhi: a quanto
pareva, Rumpelstiltskin non le aveva dato ascolto, dato che Flynn
stava ancora penzolando a testa in giù a due metri da terra.
-Rumpelstiltskin!- esclamò
spalancando le braccia esasperata, rivolgendosi all’uomo che
guardava lo spettacolo con un mezzo sorriso soddisfatto. Flynn
gemette.
-Non lo trovi ispirante?- sussurrò,
posando finalmente gli occhi su di lei.
Elise roteò gli occhi. -Mi
dispiace di non avertene parlato prima, Rumpel, davvero. La verità
è che non avevo la più pallida idea di come
comportarmi.- lui le lanciò un’occhiata, che ad Elise
sembrò sinceramente preoccupata. -Non fraintendermi: lo sai
che io amo solo te. Solo che Flynn mi è stato vicino quando
ero sola e la nostra amicizia non poteva finire in quella maniera.
Volevo capire come potevamo tornare amici.- gli spiegò. -Ma
forse semplicemente non potremmo più tornare come prima. E non
per mia volontà.-concluse, alzando gli occhi al soffitto.
Flynn la stava fissando e, da
quella posizione, Elise non riusciva a capire esattamente che
espressione avesse, ma sicuramente era al limite della sopportazione.
-Ora fallo scendere, per cortesia.-
Rumpelstiltskin schioccò la
lingua, ma la accontentò: Flynn piombò sul pavimento
con un tonfo ed Elise gli corse accanto, terrorizzata che si fosse
rotto l’osso del collo.
-Tutto bene?-
-Si, più o meno…-
rispose lui, alzandosi faticosamente. -Grazie, Elise.-
Elise scosse la testa. -Sei proprio
un testardo.- gli sussurrò, sorridendogli timidamente. -Ora è
meglio che tu vada.-
Flynn annuì. -Grazie.-
soffiò nuovamente tra i denti, voltandosi e uscendo dal
negozio a passi incerti, superando Bae che li stava guardando come se
fossero tutti impazziti. Elise si ritrovò a ridacchiare alla
sua espressione sorpresa.
-E lui cosa ci fa qui?-
Elise trattenne il fiato e si girò
verso Rumpelstiltskin, che stava guardando l’intruso con un
sopracciglio alzato. Elise tornò a guardare Bae e gli mimò
un -Forza- con le labbra.
-Allora?-
-Io… Ehm, io…-
Elise sospirò. No, quella di
estraniare facilmente i propri sentimenti non era per nulla una
qualità della famiglia di Rumpelstiltskin.
-Neal è venuto perché
gliel’ho chiesto io.- disse Elise, avvicinandosi all’uomo.
-Ti ricordi quell’incantesimo che abbiamo provato un po’
di tempo fa, Rumpel?-
-Certo.- le rispose lui,
guardandola confuso.
-Noi credevamo non avesse
funzionato. In realtà, la soluzione è sempre stata
davanti ai nostri occhi.- gli sussurrò, trattenendo il fiato
nell’aspettare la sua reazione.
Lo sguardo di Rumpelstiltskin
saettò da Elise a Baelfire per qualche secondo.
-Bae?- sussurrò, con la voce
rotta.
Il ragazzo annuì, serio e
aspettò immobile che il padre si avvicinasse.
-Bae… perdonami, Bae.- gli
sussurrò, con le lacrime agli occhi. Si sporse per
abbracciarlo, ma Baelfire fece un passo indietro.
-Non ti posso perdonare. Non posso
perdonare che tu abbia scelto tutta quella… magia anziché
me.- alzò il braccio e indicò Elise con un cenno. -Io
non so come abbia fatto lei, ma con me non basteranno delle semplici
scuse.-
-Per favore, Bae, per favore.
Resta, dammi una seconda possibilità. Ti prego.- gli sussurrò,
cercando di accarezzare il braccio al figlio, che si tirò
indietro nuovamente. Elise avrebbe voluto fargli capire che non era
il caso di trattarlo così male, ma sapeva che anche lui aveva
bisogno di tempo, proprio come Rumpel: dopotutto, era stato
abbandonato quando era appena un ragazzino.
-Resterò, ma non per te: per
mio figlio. Non lo abbandonerò come hai fatto tu.-
Elise, a questo punto, non poté
fare a meno di lanciare a Baelfire un’occhiataccia, che fu
altamente ignorata. La ragazza si chiedeva come poteva pretendere di
essere un buon padre se prima non perdonava il suo. Scosse la testa:
doveva cercare di non far annebbiare il suo giudizio dall’amore
per Rumpelstiltskin.
-Bae…-
-Sono venuto qui perché
Elise me l’ha chiesto, ma credo che abbiamo già parlato
abbastanza. Non ho intenzione di mettere mai più piede qui
dentro.- disse, aprendo la porta del negozio. Prima di uscire, si
volse verso Elise e le fece un cenno con la testa.
La ragazza spalancò la bocca
per salutarlo, ma Bae uscì talmente velocemente che non riuscì
a spiccicare nemmeno mezza parola.
Il campanello annunciò la
chiusura della porta del negozio di pegni e sia Elise che
Rumpelstiltskin rimasero in silenzio per alcuni minuti, senza sapere
come comportarsi, cosa fare, cosa dire e, forse, nemmeno cosa
pensare.
Elise non avrebbe mai pensato che
quell’incontro si sarebbe svolto a quella maniera. Lei aveva
sempre immaginato abbracci, lacrime di felicità e la promessa
che non si sarebbero lasciati mai più e, quando aveva capito
che la loro famiglia era anche più grande di quello che
pensavano, la sua speranza era perfino aumentata.
E invece aveva visto il loro futuro
felice frantumarsi davanti ai suoi occhi in mezzo secondo netto.
-Dannazione!-
Elise alzò di scatto la
testa. -Rumpel, no!-
Angolino
dell'autrice: Salve
a tutti! Come state? Vedo che non commentate più (ringrazio
tanto Nimel17 per le moltissime recensioni ai capitoli precedenti, a
cui risponderò con calma), ma io continuo imperterrita ad
aggiornare!
Domani
inizia scuola e sono in fase depressiva, quindi vi saluto subito e vi
invito a recensire. Ringrazio in ogni caso tutte le splendide,
adorabili persone che hanno inserito la storia in una lista e/o che
leggono il capitolo!!!
Un
bacione,
°°Sami°°
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Capitolo 19 *** Together. ***
DREAM
OF MY DREAMS
18. Together.
Elise era allibita e terrorizzata.
Rumpelstiltskin stava distruggendo
le teche del suo negozio, prendendole a pugni con tutte le sue forze.
I vetri si rompevano come se fossero stati di carta e l’uomo
non si fermava, colto da una rabbia improvvisa e totale.
Sembrava non sentisse nemmeno il
dolore dovuto al vetro che si frantumava e alle schegge che lo
graffiavano.
-Rumpel, fermati!- esclamò
Elise, agghiacciata, quando vide le nocche e le mani del suo folletto
iniziare a sanguinare copiosamente. -Rumpelstiltskin, basta!-
Ma lui non le dava retta, era come
se non la sentisse. Elise, ad un certo punto, corse da lui e gli si
parò davanti, prendendolo per le spalle e iniziando a
scuoterlo con forza per farlo calmare.
-Smettila! Così non
concluderai un bel niente!- gli urlò, continuando a
stringergli forte le spalle, sperando che almeno quel dolore lo
facesse tornare in sé.
L’uomo, dopo averla fissata
per qualche secondo, sospirò e fece cadere le braccia lungo i
fianchi, appoggiando la testa alla spalla di Elise e iniziando a
singhiozzare disperato. Elise iniziò ad accarezzargli i
capelli e, lentamente, lo condusse nel retrobottega dove c’era
un piccolo lavandino.
-Vieni, amore. Ti lavo le ferite.-
gli sussurrò, facendolo sedere su una sedia e guardandolo con
dolore, mentre si appoggiava al muro, sfinito. Era come se non avesse
la forza per rimanere seduto senza il sostegno del muro del suo
negozio.
Elise gli prese delicatamente le
mani, iniziando a passarle sotto l’acqua fredda, cercando di
togliere tutte le schegge che gli erano entrate nella carne, anche se
le sembrava una missione impossibile, tanto piccoli erano i pezzi di
vetro.
-Rumpel… forza, guarisciti.-
gli disse ad un certo punto, vedendo che l’acqua fredda non
bastava a far fermare il sangue.
-No.- sussurrò lui, dalla
sua postazione abbandonata addosso alla parete. -Non ne ho voglia.-
-Come non ne hai voglia,
Rumpelstiltskin?!? Ti sembra il modo di abbatterti?-
-Mio figlio mi odia e il peggio è
che ha perfettamente ragione. Tutto quello per cui ho combattuto non
è servito a nulla. Non c’è lieto fine per me.-
sussurrò, più sconsolato di come l’avesse mai
visto Elise. Solitamente si arrabbiava, si irritava, ma non l’aveva
mai visto così insicuro e abbattuto.
La ragazza rimase per un attimo
senza parole.
-Il lieto fine non è mai
facile, Rumpelstiltskin: bisogna lottare per ottenerlo e non bisogna
arrendersi mai. E poi- sussurrò, accarezzandogli una guancia.
-lo sai che puoi sempre contare su di me. Non ti lascerò mai
più solo.-
Rumpelstiltskin la guardò
per qualche secondo, poi annuì e si lasciò abbracciare
nuovamente dalla ragazza, che lo strinse dolcemente.
-Avevo ragione quando dicevo che mi
salvi ogni giorno.- le sussurrò all’orecchio. Elise
sorrise, sentendosi andare in brodo di giuggiole, sebbene sapesse che
quello non era il momento adatto per certi pensieri.
-Forza, adesso: guarisci quelle
ferite.-
L’uomo fece come gli aveva
detto, ed Elise vide i tagli chiudersi magicamente, finché le
sue mani non tornarono pallide e pulite. Lei le strinse e intrecciò
le dita con le sue.
-Dagli un po’ di tempo,
Rumpel. Vedrai che si risolverà tutto.-
Oh, adesso mi sente, pensò
Elise un paio di giorni dopo. Aveva cercato Bae durante le pause
pranzo, ma sfortunatamente per lei e fortunatamente per lui, non le
era mai capitato di incontrarlo. Almeno fino a quel momento.
Entrò da Granny e fece un
cenno a Ruby con la mano, poi si diresse al tavolo dove Baelfire
stava pranzando con Emma e Henry.
Una piccola parte del suo cervello
pensò che, se quei tre consumavano i pasti insieme,
significava che le cose tra i genitori di Henry si stavano
aggiustando e Elise non poteva essere altro che immensamente felice
per quel bambino.
In ogni caso, in quel momento non
poteva pensare anche a quello: aveva ben altro da fare.
-Ehi.- esclamò, attirando
immediatamente l’attenzione. Baelfire e Henry le sorrisero
raggianti e solo in quel momento Elise si accorse di quanto sia
assomigliassero quelle due espressioni. Si diede della sciocca per
non aver mai collegato le due cose.
-Devo parlarti.- disse rivolta
all’uomo, che la guardò con un’espressione
interrogativa che, in altre occasioni, avrebbe l’avrebbe fatta
ridacchiare. -Usciamo.- disse, indicando con un ampio gesto del
braccio la porta, trattenendo a stento la rabbia che minacciava di
farla esplodere. In quei due penosi giorni, il suo Rumpelstiltskin
non era praticamente mai uscito di casa e non aveva fatto altro che
fare spola tra il divano e il letto di casa sua, quando le cose
andavano bene. Quando andavano male, prendeva tutti i bicchieri e i
piatti che riusciva a trovare nella sua credenza e li lanciava contro
il muro, fracassandoli con tutta la sua forza. Poi li riparava con la
magia e rincominciava da capo.
Elise lo lasciava fare, finché
non vedeva che la cosa degenerava e, allora, cercava di spingerlo
nella direzione opposta che, a sua volta, degenerava e così
via.
Per questo motivo la ragazza non
riusciva più a sostenere quella situazione.
-Per quale motivo dovremmo uscire?-
le domandò Baelfire, palesemente confuso.
-Lo dico per te: a me non fa
differenza.-
-Dunque, dimmi pure tutto.- le
disse, non muovendosi di un millimetro dalla sua posizione seduta.
Elise fece un sospiro profondo e
gli puntò il dito sul petto, imponendosi di stare calma.
-Tu!- esclamò -Tu lo sai che
io ti voglio un bene dell’anima, Baelfire, ma non ti permetto
di far soffrire a quella maniera l’uomo che amo, sono stata
abbastanza chiara?-
Bae aggrottò le
sopracciglia, capendo dove voleva andare a parare la ragazza. -Mi ha
abbandonato!- disse a denti stetti, guardando Elise con una
determinazione così rabbiosa che la ragazza trasalì per
un attimo.
Baelfire si stava aggrappando con
le unghie e con i denti a quel motivo, nascondendosi dietro ad esso
per cercare di soffocare il dolore immenso dell’abbandono.
Elise capiva come quell’episodio l’avesse segnato così
profondamente, tanto che se lo trascinava ancora dietro dopo anni e
anni. Ma era anche convinta che, se gliene avesse dato la
possibilità, Rumpelstiltskin sarebbe stato capace di
cicatrizzare quella ferita, anche senza l’uso della magia.
-Anche tu l’hai fatto! Tu hai
abbandonato Emma e tuo figlio che non era ancora nato e non me ne
frega un tubo se dici che non lo sapevi!- Elise, a quel punto, iniziò
a urlare, incurante di Henry ed Emma, che la guardavano scioccati.
-Dovresti dimostrare gli anni che hai, invece dimostri solamente che
tuo figlio è più maturo di te: lui ha dato una seconda
possibilità ad entrambi i suoi genitori, sebbene non lo
meritaste e lui non se ne è mai pentito!- fece un respiro
profondo, cercando di calmarsi. -Rumpelstiltskin ha rimpianto ogni
giorno della sua vita di averti lasciato cadere in quella buca, Bae,
e io rimpiango ogni giorno della mia vita di non essere stata lì
con voi in quel momento, ma il passato non si può cambiare, il
futuro si. Basta sofferenza, basta dolore. Prova a perdonarlo,
provaci, e dagli la possibilità di mostrarti quant’è
cambiato da allora.-
Alla fine del discorso, Elise prese
un respiro profondo e chiuse gli occhi.
-Papà?- lo chiamò
timidamente Henry, ad un tratto. -Elle ha ragione: dovresti dargli
una seconda possibilità.-
Bae abbassò lo sguardo. -Io…
non credo…-
-E’ pur sempre il tuo papà!-
esclamò il ragazzino. Ad Elise si riempì il cuore di
tenerezza e sorrise leggermente ad Henry, mimandogli un grazie con le
labbra.
Alzò lo sguardo verso Emma e
la vide fissare assorta Baelfire e il figlio, come a cercare di
prevedere la loro prossima mossa; era talmente concentrata che si
accorse dopo qualche secondo che Elise la stava fissando. A quel
punto, anche lei sorrise leggermente. -Ha ragione, Neal.- disse.
Lui alzò di scatto la testa.
-Non credevo l’avrei mai
detto, specialmente non su Gold, ma loro hanno ragione.-
Elise fece un sospiro di sollievo:
forse, loro potevano cercare di farlo ragionare. La ragazza strinse
una spalla a Bae e gli sorrise incoraggiante, poi salutò con
un cenno del capo Emma ed Henry e se ne andò.
Appena fuori dal locale, il cuore
iniziò a batterle fortissimo: doveva avere fatto la figura
della pazza psicopatica lì dentro, ma se quell’attacco
isterico sarebbe servito a sistemare le cose, ne sarebbe valsa la
pena.
Era appena arrivata a casa, che le
arrivò un sms da Red.
Cosa è successo? -R
Neal è Baelfire, il
figlio di Rumpel. Hanno litigato e R sta malissimo. -E
Sei sempre la solita! Farti gli
affari tuoi mai, eh? ;) -R
Mi conosci ormai :P E tu non hai
visto in che stato è ridotto… dovevo cercare di fare
qualcosa. -E
Mi racconterai meglio. -R
Elise ridacchiò: lei e Red
avevano un’empatia che non aveva mai avuto con nessuno. E Elise
l’adorava.
-Rumpel, sono tornata!- esclamò,
dirigendosi a colpo sicuro verso il salotto.
-Ciao, dearie. Dove sei stata?- le
domandò lui, continuando a fare noiosamente zapping con il
telecomando.
-Un po’ qui, un po’ là…
ho preso una decisione, comunque.- affermò, sedendosi accanto
a lui e costringendolo a guardarla.
-Ovvero?-
-Ovvero: domani aprirai il
negozio.-
Rumpelstiltskin roteò gli
occhi e sbuffò.
-Non fare il bambino, Rumpel: ti
sei già goduto abbastanza la tua casa. E’ ora di uscire
un po’ all’aperto. Reagisci, accidenti! Non ti riconosco
più!-
Con una mossa fulminea, l’uomo
le si avvicinò, finché non le arrivò ad un palmo
dal naso.
-Mi hai convinto, dearie. Ma direi
di incominciare con qualcosa di più piacevole, non credi?- le
sussurrò.
Elise rise e lo baciò di
slancio, passandogli le braccia dietro al collo e stringendosi a lui.
-Su, su: non ci vuole una laura in
ingegneria, non credi, dearie?-
Elise gli fece la linguaccia. -Non
siamo tutti geni come te, Rumpel. Abituati a stare in mezzo alle
persone comuni.-
Rumpelstiltskin rise e le si
avvicinò, posandole un bacio sulla guancia. Poi le prese l’ago
dalle mani e iniziò a cucire con delicatezza la copertina del
libro.
-Sarai anche un po’
antipatico, ma come restauratore sei un genio!- esclamò la
ragazza ridendo e abbracciando di slancio l’uomo, facendogli
cadere di mano l’ago. Rumpelstiltskin sbuffò, poi
ricambiò delicatamente l’abbraccio, iniziando a ridere
sommessamente.
Ad un tratto, il campanellino del
negozio suonò, così Rumpelstiltskin superò le
spesse tende rosse ed Elise lo sentì salutare il presunto
cliente.
Aguzzò l’udito,
sperando di capire chi era senza dover fare la spia, ma per i
successivi due minuti non sentì proprio nulla. Così,
scostò leggermente le tende rosse e diede un’occhiata.
Elise per poco non si strozzò
con la sua stessa saliva: Bae e Rumpelstiltskin stavano parlando come
due persone normali, senza gridare, senza darsi contro, senza
accusarsi. La ragazza aveva la tentazione di uscire saltellando dal
retrobottega e saltare addosso ai due uomini, ma si impose di
aspettare che la conversazione finisse e che quei due si chiarissero
per davvero. Una volta per tutte.
Rimase a spiocchiare per qualche
altro minuto, indecisa se uscire allo scoperto oppure no, quando
Rumpelstiltskin allargò le braccia e abbracciò il
figlio, subito ricambiato.
La ragazza sentì le lacrime
di gioia pizzicarle gli occhi e si slanciò verso di loro, non
riuscendo a trattenersi ancora.
I due uomini furono sbilanciati per
un attimo dal suo peso, ma poi l’avvolsero nell’abbraccio.
Elise li strinse forte, ridendo, felice che quell’immagine
rispecchiasse così bene i suoi desideri.
-Ero sicura che la mia sfuriata
avrebbe avuto qualche effetto, Bae.- sussurrò Elise,
schioccando un bacio sulla sua guancia.
-Che sfuriata?- domandò
Rumpel, staccandosi leggermente da loro e aggrottando le
sopracciglia.
Elise e Baelfire si guardarono e si
sorrisero. -Nessuna sfuriata, papà. Tu hai parlato di
sfuriata, Elise?- le domandò, ironico.
-No e tu?-
Lui scosse la testa, guardandola
divertito.
-Cosa devo fare io con vuoi due?-
sussurrò Rumpelstiltskin, posando un bacio tra i capelli di
Elise. Loro, per tutta risposta, scoppiarono a ridere ed Elise sentì
che, finalmente, erano tornati ad essere una famiglia.
-Rumpel? Sei felice?- domandò
Elise, accoccolandosi di più addosso la lui e affondando la
testa sul cuscino.
-Certo che lo sono, dearie.- le
rispose lui, passandole una mano sui fianchi e facendola rabbrividire
per il gelo delle sue mani. Elise ridacchiò.
-Anche io, sai?-
-Lo so, amore mio.- disse, prima di
baciarla. A Elise piaceva molto il sapore delle labbra di
Rumpelstiltskin: sarebbe rimasta a baciarlo per ore e ore, senza
essere mai sazia di lui.
-Hai visto che avevo ragione?-
-Ragione su cosa, dearie?-
-Sul fatto che anche tu avresti
avuto il tuo lieto fine.-
Rumpel ridacchiò. -Si, avevi
ragione sweetheart. Ma adesso non montarti la testa per questo.-
Elise gli fece la linguaccia. -Cosa
succederà adesso?- domandò poi, titubante. -Torneremo
nel nostro mondo?-
L’uomo fece spallucce. -Non
lo so, dearie. Staremo a vedere.-
La ragazza annuì e si
strinse di più a lui. Dopotutto, non le importava: un mondo
valeva l’altro. Le bastava solamente avere la sua famiglia al
suo fianco.
Angolino dell'autrice:
Salve a tutti! Chiedo immensamente scusa per questo mio orribile,
terribile e raccapricciante ritardo: purtroppo la scuola mi ha uccisa
e, sebbene questo ultimo capitolo fosse finito da un pezzo, non ho
mai avuto il tempo -ne la pazienza, lo ammetto.- di rivederlo,
correggerlo e pubblicarlo. Ora mi sto godendo l'estate e mi sono
messa di buona lena per farlo.
Insomma, spero che questo ultimo
capitolo vi sia piaciuto almeno un pochetto e vi invito a recensire:
risponderò sicuramente, questa volta, con tutta la calma che
questa stagione può offrire.
Non posso dire di essere triste di
aver pubblicato questo capitolo, dato che ho detto addio a Rumpel ed
Elise parecchio tempo fa, ma devo ammettere che mi ha fatto un certo
che rileggere il capitolo. Insomma: ho amato scrivere questa storia,
ho amato sognare l'amore di questi due e, per quanto poco,
immedesimarmi in loro. Spero con tutto il cuore che vi possa
trasmettere qualcuna delle emozioni che ha trasmesso a me mentre lo
scrivevo.
Vi mando un bacione e, per ora, vi
auguro una buona estate: chissà che non ritorni con un'altra
long o una shot.
Un bacione a tutti,
°°Sami°°
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