Miami Mafia

di Wei
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Un tranquillo sabato pomeriggio estivo, ultimo giorno lavorativo della settimana. Stasera il bordello avrebbe chiuso un po' prima, le mie ragazze si meritavano una serata libera; anche solo per gestirsi i loro clienti preferiti senza dover dare una parte del guadagno a me. Stavo buttata sul letto a leggere un giornale molto vecchio, quasi quattro anni che lo tenevo.

Trovato morto un uomo sulla sessantina in Little Haiti. Capelli rasati, barba e baffi bianchi. Non abbiamo ancora il nome.

“Il vecchio Garrison”, pensai, “è strano che non sia stata io a farlo fuori.”
Dopo tutto, però, era solo grazie a lui che incominciai la mia fantastica carriera. Parliamo di 2 anni e mezzo prima della sua morte, quando i miei genitori vennero uccisi. Mio padre era uno spacciatore, collega e grande amico di Garry, il giorno prima dell’omicidio mi disse di andare in una casa abbandonata dietro alla Calle Ocho in Little Havana, andare nel bagno, aprire il mobiletto con la chiave che mi diede, prendere tutti i soldi che potevo e poi di correre subito a casa di Garry in Little Haiti. Avevo solo 16 anni, non capii cosa stava per accadere, feci quel che mi disse e basta.
Il primo anno e metà del secondo li passai decentemente, alla fine io vivevo per conto mio e lui per conto suo, semplicemente condividevamo la casa -anche se non mancava mai l’occasione per chiedermi di scopare-. Poi iniziai a farmi progetti per il futuro…
«Voglio aprire un bordello.»
«Non dire minchiate, ragazzina.»
«Ascoltami, Garry. Tra 5 mesi compio 18 anni, voglio iniziare a fare i soldi da sola senza dover essere dipendente da te. Facciamo così, tu mi trovi solo un posto dove aprire il locale, qualcosa per l’arredamento e mi dai un po’ di liquidi. Per il primo periodo, faremo metà e metà degli incassi. Ovviamente però più prenderà piede l’attività e meno ti darò. Se fallirò, invece, ti darò quel che hai sempre voluto.»
Accettò. Mi trovò un locale in Liberty City, non prometteva per niente bene. Avevo già il terrore di quel che sarebbe potuto succedere, mi aspettavo il fallimento in poco tempo… ma in circa 4 mesi mi ritrovai con i dollari che mi uscivano dalle orecchie. Dopo neanche 6 mesi di attività mi comprai un villino nelle vicinanze per iniziare a vivere davvero da sola, per iniziare ad essere davvero indipendente. Tagliai completamente i rapporti con Garrison. Poi, dopo quattro mesi che non lo sentivo più lessi che era morto; sinceramente non mi fece né caldo né freddo.
Guardai l’ora. 18.30, era ora di andare ad aprire il bordello.


Ore 00.30, mancava mezz'ora alla chiusura.
«Dai, solo una botta e via…»
Quell’odore di alcool mi dava su i nervi, il profumo del mio sigaro non riusciva a coprirlo nemmeno parzialmente. Gli tirai un cazzotto dritto sul naso.
«PUTTANA!» urlò, cercando di tamponare il rivolo di sangue con la manica della maglia. «Tu dovresti stare con le altre a ciucciar cazzi, non a comandare; è un lavoro da uomo!»
Ci vidi rosso, mi alzai di scatto e sfilai il Revolver dalla fondina.
«Vuoi svuotarti i coglioni? Bene. Scegli una delle mie ragazze, paghi e non scassi il cazzo. In alternativa, te ne vai dal mio bordello…» aspettai un secondo prima di finire la frase, mi piace vedere il terrore negli occhi della gente «…o preferisci una pallottola piantata in mezzo agli occhi?»
Si alzò e se ne filò via correndo con la coda tra le gambe. Finalmente.
Iniziai ad intimare i clienti di sbrigarsi, anche io per una volta volevo passare una serata per fatti miei. Chiuso il bordello, decisi che mi sarei fatta un giro per Liberty City. Anche se ci abitavo ormai quasi quattro anni ancora non lo conoscevo bene come quartiere. Iniziai ad entrare nelle viottole più piccole, più buie, e alla fine scorsi un’insegna luminosa. “Miami Mafia”, così c’era scritto. Sembrava interessante, molto interessante. Entrai, la prima cosa che notai fu un ragazzo biondo indaffarato a spostare delle casse -di liquori, probabilmente-. Sembrava quasi ci fossimo messi d’accordo sul come vestirci; pantaloni neri a sigaretta, camicia bianca con qualche bottone aperto e scarpe lucide di cuoio nero. L’unica differenza sostanziale tra me e lui era che da sotto la sua camicia non si poteva scorgere una quarta di seno. E forse anche i tacchi; sì, direi di sì.
«Avete aperto da poco, eh?» i miei capelli nero corvino facevano da cornice ai miei occhi color smeraldo. Li ho sempre sfruttati per ammaliare le persone.
«Sì, da una settimana o poco più. Contiamo di iniziare ad avere un po’ di clienti tra un mesetto.»
Mi guardai intorno, era un locale davvero grande. Scorsi altre sale in fondo e la domanda uscì fuori dalla mia bocca da sola.
«Cosa pensate di fare nelle altre stanze?»
«Quali, quelle laggiù? Mah, per ora niente. Probabilmente le useremo come magazzino. Sono sprecate, lo so, ma non abbiamo altre idee.»
Mi si stampò un sorriso sul viso quasi inquietante. Finalmente avevo nuovo pane per i miei denti.
Intanto, il ragazzo biondo mi si avvicinò.
«Avete mai sentito parlare del RED?»
Si levò una voce dall’altra parte della sala «Certo! A quanto dicono i miei amici è il bordello migliore di tutta Miami. Tony, ti ricordi? Ce ne parlò anche Garrison!»
«Conoscevate anche voi Garry? Interessante, ma ora parliamo di cose serie. Il RED, modestamente, è mio. Detto francamente sarei interessata a una collaborazione. Trasferirei con piacere il mio bordello nelle stanze che voi non sapete come utilizzare; e questo sarebbe un vantaggio per tutti e due.» poi, rivolta al biondino, «Tu sei Tony, giusto?»
«Tony De Vito. E lei?»
«Emily, Emily Widson. E non darmi del lei, a 21 anni non si è poi così vecchi.»
«21 e già così tanta fama? Mi complimento. Allora, Emily, posso offrirti qualcosa? Con un bicchiere in mano si parla meglio di affari.»
«E anche con un buon sigaro! Un Whisky liscio, grazie.» Tirai fuori l’astuccio portasigari dalla mia borsa, ne presi  uno per me. «Vuoi?»
«Con piacere.»
Uscimmo fuori, si stava più che bene. Di certo due tipi loschi come noi non si potevano considerare schizzinosi, ci sedemmo tranquillamente per terra.
«Spiegami un po’ i vantaggi, sarei molto interessato. A 23 anni, a differenza tua, non sono riuscito ad andare molto avanti.»
«Semplice. Prima di tutto, come ha detto il tuo amico, il RED è il bordello più importante di Miami. Questo per voi significa tanti clienti e subito. Conoscendoli so che, dopo le mignotte, adorano sperperare i loro soldi in alcolici. Oltre a loro, poi, verrebbero anche i loro amici, quelli che di solito si fanno tanti problemi per concedersi un po’ di piacere. Parlando di soldi, ovviamente una percentuale di quel che guadagnerei andrebbe a voi.»
Ci guardammo, sorridemmo, scoppiammo a ridere senza un motivo. Agli occhi di un estraneo saremmo potuti sembrare amici di vecchia data. Alla fine passai lì la serata, a parlare con Tony di questo progetto, di Garrison -anche se sembrava spaventato, non so perché-, di come siamo finiti in questi giri. Scoprimmo che molte cose ci accomunavano, come per esempio la morte dei nostri genitori. Verso le 04.00 ci salutammo; io per andare a dormire e lui per continuare a mettere apposto il locale. Arrivata a casa mi buttai sul letto con un sorriso stampato in faccia. “Finalmente”, pensai, “una nuova avventura sta per iniziare. Finalmente interromperò la monotonia di questo periodo. Finalmente, poi, un ragazzo con i contro coglioni.”.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Lunedì, ore 19:30.
Stavo beatamente fumando una sigaretta difronte alla porta del RED, aspettavo Tony. Sarebbe rimasto tutta la serata per vedere come lavoro io e soprattutto come lavorano le ragazze, semplici affari. Mi guardai intorno e vidi spuntare da dietro l’angolo un ragazzo alto, magro, biondo e con una camminata inconfutabile. Sì, era lui. Ci salutammo con un semplice “ciao”; pensavo avrebbe provato a darmi un bacio sulla guancia o quelle robe lì, mi ero già preparata per sfuggirgli. Insomma, mi è sempre piaciuto passare per quella fredda e insensibile. Ma no, si limitò ad aprire la porta per far passare prima me, ci rimasi quasi male.
Gli presentai le ragazze, mi sedetti sulla mia poltrona -lui si appoggiò alla scrivania- e gli spiegai a grandi linee come di solito ci organizzavamo nel bordello e le idee che avevo per il Miami Mafia.
«Non possiamo permetterci perdite, di qualsiasi genere. Per quanto noi selezioniamo la clientela c’è sempre da star attenti. Oltre che i servizi nelle stanze che stanno qui, mandiamo ai clienti più stretti le ragazze a casa. Piccolo trucco, le facciamo sempre andare in autoreggenti; questo perché nell’elastico ci possono nascondere un piccolo coltellino da difesa. Vorrei che questa regola, in caso portassimo a termine il nostro progetto, venga mantenuta anche nel locale. Io qui ho il totale controllo; ma con musica a palla, gente ubriaca e strafatta di coca e sballottamenti vari non credo sia possibile garantire la sicurezza alle mie ragazze. Seconda cosa, pensavo al fatto che loro potrebbero anche essere usate come cameriere, per mettere in bella vista il bordello o per comunque ricevere qualche mancia in più. Che ne pensi?»
«Mi pare tutto perfetto.»
Sorrisi. «Ti vuoi fare un giro? Offre la casa.»
«No, grazie. Ho altri piani in mente.» mi guardò negli occhi, feci finta di niente.
Si erano fatte le 22:30, mi aspettavo succedesse qualcosa.
Non sbagliavo.
Sentii un tonfo, poi un forte odore di alcol. Sapevo chi era. Neanche il tempo di vederlo che già avevo estratto la pistola.
«Pensavo avessi capito.»
«Ascoltami, sgualdrina» ogni tre o quattro parole singhiozzava, era davvero ubriaco fradicio «qua sono io che comando, ora devi succhiarmelo.» e iniziò a slacciarsi i pantaloni.
Guardai Tony, sembrava imbambolato. Fissava il nulla… quando ad un tratto le pupille gli si dilatarono in maniera esponenziale, prese la sua amata mazza e si diresse verso il tipo. Non potevo neanche immaginare cosa stava per succedere.
Sbem, colpo dritto alle tempie.
L’ubriacone cadde a terra sbattendo, il sangue sgorgava dalla ferita come acqua limpida da una fontana. Questo, però, a Tony non bastava; era stato assalito da una rabbia cieca, sembrava che una qualche bestia satanica o stronzata simile si fosse impossessata di lui. Come se… prima di prendere la mazza, avesse visto qualcuno, qualcuno che gli abbia detto cosa fare. Gli montò su e iniziò a fracassargli le costole, probabilmente dopo poco si sbriciolarono, e a tirargli cazzotti dritti in bocca. Non ci mise molto a farlo fuori, il che non mi dispiacque per niente. Dopo un po’, però, lo bloccai. Non che mi desse fastidio la vista di quel corpo distrutto, ma semplicemente poteva arrivare un cliente da un momento all’altro e soprattutto mi dava altamente sul cazzo il fatto che avrei dovuto pulire. Neanche il tempo di trascinare via il cadavere che Tony si accasciò, per fortuna però non svenne. Gli portai un bicchiere d’acqua, intanto chiesi a una ragazza di prendere lo straccio e lo scopettone per togliere il lago di sangue che si era formato di fronte all’entrata. Quando si riprese del tutto gli tirai un pizzone in faccia, ogni tanto perdo il controllo.
«Ma che cazzo fai?»
Provò a bloccarmi il braccio ma riuscii a sfuggirgli e gli presi la faccia comprimendo le guance tra il pollice e le altre dita.
«Forse non hai capito che questo è territorio mio. Se qualcuno viene ammazzato è perché lo decido io e con le mie regole. Non è che il primo sbruffone che arriva si può sentir libero di fare come vuole.»
Lo guardai intensamente, poi lo lasciai andare con fare strafottente e mi diressi verso la porta  per controllare che non fossero rimasti schizzi di sangue. Devo ammettere che, in realtà, non ero per niente incazzata. Semplicemente quella “pazzia” mi aveva fatto scorrere un brivido di adrenalina nella spina dorsale, sensazione che non provavo da molto.
Verso le 04.00 chiudemmo, Tony si offrì per trovare un posto dove nascondere il cadavere. Rimasi comunque molto fredda, mi sentivo quasi soddisfatta, come se essere apatica mi facesse sembrare molto più interessante ai suoi occhi.  Cosa mi stava succedendo? Perché, per la prima volta in vita mia, mi interessava di come apparivo agli occhi di una persona? 

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