Tre metri sotto terra

di Shizuru117
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Regolamento ***
Capitolo 2: *** Io e il mio ciclomotore ***
Capitolo 3: *** Un difficile parcheggio ***



Capitolo 1
*** Regolamento ***


Allora, vi spiego come funziona questa fic in due parole. E' nata come un esperimento che, da quel che ho visto, è stato ben accetto. Chiunque di voi voglia inserire un capitolo, potrà farlo.

Questo esperimento è nato così. Chiunque vorrà, potrà inserire una storia attraverso la quale racconterà una storia assurda che gli è successa nel corso della sua vita(logicamente che avrà come protagonista LA SFIGA PIU' ASSOLUTA^^). E' preferibile che la storia sia divertente, almeno riusciremo ad attirare su di noi la pietà dei lettori!^^

All'inizio di ogni capitolo dovrà essere scritto il nome dell'autore, possibilmente con un link che lo richiami al suo profilo su EFP. Se non siete capaci, fa niente!^^ Chi vuole, saprà trovarvi. I nomi dei protagonisti potrenno essere fittizi o reali, o voi la scelta.

Detto questo...buona lettura e, speriamo, buona scrittura!

Shi*

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Capitolo 2
*** Io e il mio ciclomotore ***


Io e il mio ciclomotore

Scritto da: Shizuru117

 

Io e il mio ciclomotore.

 

Purtroppo, io non ho mai avuto un buon rapporto con il mio ciclomotore o, che dir si voglia, motorino. Già la prima volta che lo vidi non mi aveva fatto una buonissima impressione.

Mio padre è sempre stato un gran taccagno, devo ammetterlo. Per fargli sganciare due soldi devi sempre ronzargli intorno almeno tre o quattro volte…l’ora. Perciò vi potete benissimo immaginare cosa rispose a questa semplice domanda:

-Papo, me lo compri uno scooter nuovo?- Chiesi io con tutto il savoir faire di cui ero capace.

-Te lo puoi pure scordare- Mi rispose secco lui.

Così dovetti ripiegare su un Bali, vecchio stronco, che potevo ricevere gratis da un suo amico.

Per chi non l’ha mai visto, cercherò di stilare una descrizione esauriente.

Dunque…i miei amici lo chiamavano SQUALO, perciò vi potete pure immaginare la sua stazza imponente. Ogni volta che andavo a fare benzina, il benzinaio mi diceva:

-Guarda che i 125 non li puoi guidare-

E ogni volta lì a spiegargli come stavano le cose.

Era di colore nero, con delle parti grigie, un sellino lungo più o meno una decina di metri, degli specchietti orrendi e piccolissimi, la batteria fusa (ergo, l’accensione non funzionava e, come minimo, devi darci con la levetta almeno una cinquantina di volte per farlo partire), una freccia che non funzionava, l’olio che finiva sistematicamente ogni santissima settimana. Senza contare che, per incavalettarlo, ci voleva una gru.

Ora, una povera ragazzetta di quattordici anni, come può dire di no ad un gioiellino simile? (Specie se il padre ti guarda con occhi assassini se non lo prendi).

Così, in un freddo pomeriggio di settembre cominciò il mio rapporto con il mio primo motorino.

 

Ricordo ancora quando fu la mia prima, tragica caduta…

La mia classe era appena tornata da un’interessantissima visita ad una discarica (immaginatevi quanto il mio nasino malato si sia divertito!) e, siccome io e un’altra mia amica eravamo in motorino, la prof. di scienze si è spontaneamente offerta di riportarci al cortile della scuola. Ora, siccome ci voleva tanto bene, esce con una frase simile a questa:

-Mi raccomando ragazze, ricordatevi di stare attente che potreste cadere.- Disse lei, tranquilla e placida.

Se fossi stata un uomo mi sarei data la cosiddetta “toccata ai gioielli di famiglia” ma poi, siccome sono una ragazza ottimista, ho fatto finta di non sentire (in quel momento, quella frase mi era sembrata simile a questa: “Ricordati che devi morire”).

Arrivata al bivio per andare a casa mia, saluto la mia compagna con un colpo di clacson. Ora, mentre mi apprestavo a curvare, sento qualcosa che non va. Mi accorgo di aver preso la curva un po’ troppo larga e…BLAM! Vado a sbattere contro il marciapiede e mi ritrovo a guardare il cielo attraverso la visiera del casco. Rotolo all’incirca tre o quattro volte poi trovo la forza morale di alzarmi. Rialzo gentilmente il motorino e mi appresto a ripartire quando non da segni di vita. Prova uno, prova due, prova tre, decido di tornare a casa trascinandolo. Intanto, mi ero messa ad imprecare come una turca (sia al ciclomotore che a quel gufo della prof.) tanto che, chi mi scorgeva dalla strada, pensava fossi uscita da una casa di cura. In ogni caso, i danni non erano poi tanto evidenti…a parte che il nero della sua “carrozzeria” aveva assunto, per magia, un colore tendente al bianco sporco…chissà come mai!

 

La seconda volta fu un tantino meno traumatica

Avevo deciso di andare a trovare una mia amica che abita a otto chilometri da casa mia. Così, in una calda mattina di luglio, mi accingo a partire con il mio fido (?!) motorino. Sembra andare per il meglio, troppo per il meglio. Non me la sentivo di passare per la strada nazionale, così passo per la campagna, dove trafficano meno persone. Andando ai 50 Km\h (ed andavo a manetta), noto dietro di me una macchina che si avvicina un po’ troppo velocemente. Siccome la strada è piccola, cerco di accostarmi a destra e, per frenare un po’, mi trovo nella ghiaia. Io, che in fondo ero una ragazza ingenua, freno solamente con il freno anteriore…inutile dirvi cosa successe. La ruota di dietro comincia a sguillare e mi trovo riversa per terra, con il mio motorino addosso. Cercando di mantenere la calma, mi rialzo e vedo se è tutto a posto. Sto per partire quando noto che qualcosa è rimasto per terra…lo specchietto! Ecco, da lì ho cominciato ad imprecare perché, non solo si era staccato di netto, ma anche perché era quello di destra, cioè quello obbligatorio. Tentai inutilmente di chiedere a mio padre il risarcimento dei danni…quando il Bali è andato in pensione aveva sempre e solo lo specchietto di sinistra. Beh, sempre meglio di niente.

 

La terza volta è quella più recente e richiede un’analisi un po’ più approfondita.

Siccome il mio primo motorino cominciava a dare segni di cedimento (li dava anche da nuovo, suppongo), decisi di cambiarlo. Provai solo a guardare papà dolcemente per rivolgergli la fatidica domanda…mi fulminò senza darmi il tempo di aprire bocca. Dovetti ripiegare di nuovo su qualcosa di usato.

Avete presente i SI? Quei catorci che assomigliano vagamente a delle biciclette mal riuscite? Ecco, proprio quello. Color rosso fiammante (per non dire rosso sbiadito) e, rullo di tamburi, la velocità massima è 30 Km/h. Credo di aver toccato l’apice del ridicolo.

Successe la volta in cui tre amici ed io avevamo deciso di mangiare del buon cibo cinese. Nella nostra piccola cittadina c’è un localino dove ti possono dare roba d’asporto…è facile immaginare il nostro grado di contentezza. Decidemmo così di andare tutti e tre, loro con i loro scattanti scooter ed io con il mio piccolo catorcio. Eravamo sotto casa di Felipe quando, per avvantaggiarmi, ero arrivata sino alla curva. Ero intenzionata a partire quando ho sentito che mi avevano chiamata. Così mi sono girata ed ho avuto una piccola discussione, per capire qual era la strada più breve. Senza rendermi conto do il gas e, logicamente, avevo una ruota girata quasi a 90°. In men che non si dica, dopo un brevissimo testacoda, mi ritrovo con la faccia per terra e il motorino che si era gentilmente adagiato sopra il mio corpo (se fosse stato il Bali, mi avrebbe sicuramente rotto qualche costola). Per un momento rimango lì, come se stessi per tuffarmi da un trampolino da un momento all’altro, quando d’improvviso mi metto a ridere come una cretina. Potete benissimo immaginare le varie ed eventuali prese per i fondelli. In fondo il mio ciclomotore stava bene…ero io quella che era sbucciata da testa a piedi. Avevo un gomito praticamente ricoperto di tagli, un ginocchio ferito (i pantaloni lunghi sono rimasti misteriosamente intatti), il pancino tagliuzzato e la maglietta, che prima era bianca e nera, adesso tendeva al grigio asfalto.

 

Bisogna ammettere, comunque, che sbagliando si impara! Cadendo, ho fatto tesoro di tre semplici regole:

  1. Mai prendere le curve troppo larghe, rischieresti di trovarti addosso al marciapiedi o, nel peggiore dei casi, addosso ad un ignaro passante.
  2. Bisogna SEMPRE frenare con entrambi i freni.
  3. Se qualcuno ti chiama mentre stai per curvare…NON FERMARTI E CONTINUA, SEMPRE E COMUNQUE, A FARTI GLI AFFARI TUOI.

 

_Shi_

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Capitolo 3
*** Un difficile parcheggio ***


Un parcheggio difficile

Scritto da: Shizuru117

 

Un parcheggio difficile…

 

Io non sono mai stata una persona molto pratica. Anzi, devo dire che, da questo punto di vista, sono piuttosto tarda. Più che svogliatezza, è pigrizia, una pigrizia incredibile. Ma vi chiederete cosa c’entra tutto questo con il titolo e la storia…beh, diciamo che ho voluto fare questo preambolo per farvi capire un po’ meglio l’intera situazione.

La scuola è ormai cominciata da più di un mese e, inesorabilmente, con la scuola, c’è anche la lunghissima pizza di ordinare i libri scolastici. Visto e considerato che la Tramontana si è messa a stampare nuovamente il libro di matematica e di scienze delle finanze…siamo al 13 ottobre che non è ancora arrivato a nessuno. Ora, se la cosa finisse qui non ci sarebbero problemi, ma la inesorabile prof. di matematica brama, come un’orca assassina, di poter fare un compito in classe. Dopo preghiere e inginocchiamenti vari, ci siamo arrese all’evidenza. “Questo compito s’a da fare! Lo faremo il 14 ottobre”. Tanto per riprendere il caro (?!) e adorabile (?!) Manzoni.

Siccome oggi eravamo nella frenesia più totale, la mia amica Luisa si era gentilmente offerta di accompagnarmi alla COOP per vedere se i libri erano arrivati. Non vi dico il giro immenso che abbiamo dovuto fare per trovare un parcheggio all’aria aperta. Alla fine, tra bestemmie ed imprecazioni varie, abbiamo puntato sul parcheggio coperto. Quasi come una manna dal cielo, avevamo trovato un fantastico posto vicino alle scali mobili che ci portavano subito al centro commerciale. L’unico inconveniente era il biglietto che ci avevano dato all’entrata ma non sarebbe stato un problema. Dopotutto, cosa volete che sia?

Effettivamente sembrava andare tutto TROPPO per il verso giusto. Io, sfigata per natura, non riuscivo a credere a quello che vedevo. Ho subito pensato che non fosse arrivato alcun libri quando, allo sportello, mi dicono che sono arrivati entrambi. Gioia, gaudio e tripudio! Ci mancava altro che andassi al magazzino fischiettando e ballando. Ma, se la fortuna è bendata, la sfiga ci vede benissimo! Quando sto per prenderli mi accorgo di una cosa di fondamentale importanza…la scheda del socio COOP! E, senza quella, niente sconto del 15%. Ho guardato Luisa e ho cercato di mantenere la calma quando, dentro di me, pensavo esattamente questo:

 

“Mamma, ma sei una deficiente! Mi mandi a prendere i libri senza la scheda soci?! Ma quando torno a casa ti stronco le ossa a suon di testate!”

 

Ora, provate ad immaginare tutto questo quando fuori è un freddo polare…penso abbiate capito il mio stato d’animo. Rassegnata, esco e ci dirigiamo alla macchina di Luisa. Non vi dico gli immensi giri che abbiamo fatto dentro a quel c***o di parcheggio coperto! Sarà grande quanto una topaia e devi gironzolare come un’imbecille tre quarti d’ora prima di riuscire ad uscire. Seguendo i cartelli “uscita” può sembrare facile…vi ci porterei per farvi provare. Dopo dieci minuti vari di scoionamento, riusciamo a raggiungere la sbarra per uscire. Intanto, percorrendo tutta quella strada, sentivo dentro di me qualcosa che non andava. Era come se mi fossi dimenticata di qualcosa. Luisa fa per inserire il biglietto quando d’improvviso tutto mi è più chiaro! Ci eravamo dimenticate di pagarlo! Ora, stava facendo retromarcia quando ecco che arriva un’altra macchina che vuole uscire. Io e Luisa ci siamo guardate per un attimo, poi abbiamo compreso la gravità della situazione. Sono scesa e ho cominciato a correre come una forsennata per i lunghi e tortuosi corridoi, cercando in tutti i modi di ricordarmi dove cacchio fosse il posto dove pagare il biglietto. Dopo tanto girovagare, finalmente lo trovo. Torno indietro cercando di trascinare la mia borsa quando vedo un’immensa colonna dietro la macchina di Luisa. Ricordo solamente di aver sentito qualcuno che imprecava e qualcun altro che le dava dell’imbecille. Mi sarei volentieri scavata una fossa per rimanerci dentro tutta la vita. Entro con la testa bassa, seguita dai clacson delle altre macchine. Ho guardato Luisa e credo che lei mi avrebbe volentieri uccisa per quella figuraccia. Riaccompagnandomi a casa abbiamo pensato molto a questa faccenda…finché non siamo giunte alla conclusione di rendere anche gli altri partecipi di questo momento di sfiga. Ora, detta così sembrerebbe una cosa normale…però provateci voi ad entrare in macchina come un condannato andrebbe alla gogna! Quando l’avrete fatto, saprete dirmi!

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