Scritto da: Shizuru117
Io e il mio
ciclomotore.
Purtroppo, io
non ho mai avuto un buon rapporto con il mio ciclomotore o, che dir si voglia,
motorino. Già la
prima volta che lo vidi non mi aveva fatto una
buonissima impressione.
Mio padre
è sempre stato un gran taccagno, devo ammetterlo. Per
fargli sganciare due soldi devi sempre ronzargli
intorno almeno tre o quattro volte…l’ora. Perciò vi
potete benissimo immaginare cosa rispose a questa semplice
domanda:
-Papo, me lo
compri uno scooter nuovo?- Chiesi io con tutto il
savoir faire di cui ero capace.
-Te lo puoi
pure scordare- Mi rispose secco
lui.
Così dovetti
ripiegare su un Bali, vecchio stronco, che potevo ricevere gratis da un suo
amico.
Per chi non
l’ha mai visto, cercherò di stilare una descrizione
esauriente.
Dunque…i miei amici
lo chiamavano SQUALO, perciò vi potete pure immaginare la sua stazza imponente.
Ogni volta che andavo a fare benzina, il benzinaio mi
diceva:
-Guarda che i
125 non li puoi guidare-
E ogni volta
lì a spiegargli come stavano le cose.
Era di colore
nero, con delle parti grigie, un sellino lungo più o
meno una decina di metri, degli specchietti orrendi e piccolissimi, la
batteria fusa (ergo, l’accensione non funzionava e, come minimo, devi darci con
la levetta almeno una cinquantina di volte per farlo partire), una freccia che
non funzionava, l’olio che finiva sistematicamente ogni santissima settimana.
Senza contare che, per incavalettarlo, ci voleva una gru.
Ora, una
povera ragazzetta di quattordici anni, come può dire di no ad un gioiellino
simile? (Specie se il padre ti guarda con occhi
assassini se non lo prendi).
Così, in un
freddo pomeriggio di settembre cominciò il mio rapporto con il mio primo motorino.
Ricordo
ancora quando fu la mia prima, tragica caduta…
La mia classe
era appena tornata da un’interessantissima visita ad una discarica (immaginatevi
quanto il mio nasino malato si sia divertito!) e, siccome io e un’altra mia
amica eravamo in motorino, la prof. di scienze si è
spontaneamente offerta di riportarci al cortile della scuola. Ora, siccome ci
voleva tanto bene, esce con una frase simile a questa:
-Mi
raccomando ragazze, ricordatevi di stare attente che potreste cadere.- Disse lei, tranquilla e placida.
Se fossi
stata un uomo mi sarei data la cosiddetta “toccata ai
gioielli di famiglia” ma poi, siccome sono una ragazza ottimista, ho fatto finta
di non sentire (in quel momento, quella frase mi era sembrata simile a questa:
“Ricordati che devi morire”).
Arrivata al
bivio per andare a casa mia, saluto la mia compagna con
un colpo di clacson. Ora, mentre mi apprestavo a curvare, sento qualcosa che non
va. Mi accorgo di aver preso la curva un po’ troppo
larga e…BLAM! Vado a sbattere contro il marciapiede e mi ritrovo a guardare il
cielo attraverso la visiera del casco. Rotolo all’incirca tre o quattro volte
poi trovo la forza morale di alzarmi. Rialzo
gentilmente il motorino e mi appresto a ripartire quando non da segni di vita.
Prova uno, prova due, prova tre, decido di tornare a
casa trascinandolo. Intanto, mi ero messa ad imprecare come una turca (sia al
ciclomotore che a quel gufo della prof.) tanto che, chi
mi scorgeva dalla strada, pensava fossi uscita da una casa di cura. In ogni
caso, i danni non erano poi tanto evidenti…a parte che il nero della sua
“carrozzeria” aveva assunto, per magia, un colore tendente al bianco
sporco…chissà come mai!
La seconda
volta fu un tantino meno
traumatica…
Avevo deciso
di andare a trovare una mia amica che abita a otto
chilometri da casa mia. Così, in una calda mattina di luglio, mi accingo a
partire con il mio fido (?!) motorino. Sembra andare
per il meglio, troppo per il meglio. Non me la sentivo
di passare per la strada nazionale, così passo per la campagna, dove trafficano meno persone. Andando ai 50 Km\h
(ed andavo a manetta), noto dietro di me una macchina che si avvicina un po’
troppo velocemente. Siccome la strada è piccola,
cerco di accostarmi a destra e, per frenare un po’, mi trovo nella ghiaia. Io, che in fondo ero una ragazza ingenua, freno solamente con il
freno anteriore…inutile dirvi cosa successe. La ruota di dietro comincia
a sguillare e mi trovo riversa per terra, con il mio motorino addosso. Cercando
di mantenere la calma, mi rialzo e vedo se è tutto a posto. Sto per partire quando noto che qualcosa è rimasto per terra…lo
specchietto! Ecco, da lì ho cominciato ad imprecare perché, non solo si era
staccato di netto, ma anche perché era quello di destra, cioè quello obbligatorio. Tentai inutilmente di chiedere a
mio padre il risarcimento dei danni…quando il Bali è
andato in pensione aveva sempre e solo lo specchietto di sinistra. Beh, sempre
meglio di niente.
La terza
volta è quella più recente e richiede un’analisi un po’ più
approfondita.
Siccome il
mio primo motorino cominciava a dare segni di cedimento (li dava anche da nuovo,
suppongo), decisi di cambiarlo. Provai solo a guardare papà dolcemente per rivolgergli la fatidica
domanda…mi fulminò senza darmi il tempo di aprire bocca. Dovetti
ripiegare di nuovo su qualcosa di usato.
Avete
presente i SI? Quei catorci che assomigliano vagamente
a delle biciclette mal riuscite? Ecco, proprio quello. Color rosso fiammante
(per non dire rosso sbiadito) e, rullo di tamburi, la
velocità massima è 30
Km/h. Credo di aver toccato l’apice del
ridicolo.
Successe la
volta in cui tre amici ed io avevamo deciso di mangiare
del buon cibo cinese. Nella nostra piccola cittadina c’è un localino dove ti
possono dare roba d’asporto…è facile immaginare il nostro grado di contentezza.
Decidemmo così di andare tutti e tre, loro con i loro scattanti scooter ed io con il mio piccolo catorcio. Eravamo sotto casa
di Felipe
quando, per avvantaggiarmi, ero arrivata sino alla curva. Ero
intenzionata a partire quando ho sentito che mi avevano
chiamata. Così mi sono girata ed ho avuto una piccola discussione, per capire
qual era la strada più breve. Senza rendermi conto do
il gas e, logicamente, avevo una ruota girata quasi a
90°. In men che non si dica,
dopo un brevissimo testacoda, mi ritrovo con la faccia per terra e il motorino
che si era gentilmente adagiato sopra il mio corpo (se fosse stato il Bali, mi
avrebbe sicuramente rotto qualche costola). Per un momento rimango lì, come se
stessi per tuffarmi da un trampolino da un momento all’altro, quando
d’improvviso mi metto a ridere come una cretina. Potete benissimo immaginare le
varie ed eventuali prese per i fondelli. In fondo il
mio ciclomotore stava bene…ero io quella che era sbucciata da testa a piedi.
Avevo un gomito praticamente ricoperto di tagli, un
ginocchio ferito (i pantaloni lunghi sono rimasti misteriosamente intatti), il
pancino tagliuzzato e la maglietta, che prima era
bianca e nera, adesso tendeva al grigio asfalto.
Bisogna
ammettere, comunque, che sbagliando si impara! Cadendo,
ho fatto tesoro di tre semplici regole:
- Mai prendere le curve
troppo larghe, rischieresti di trovarti addosso al
marciapiedi o, nel peggiore dei casi, addosso ad un ignaro
passante.
- Bisogna SEMPRE frenare
con entrambi i freni.
- Se qualcuno ti chiama mentre stai per curvare…NON FERMARTI E CONTINUA,
SEMPRE E COMUNQUE, A FARTI GLI AFFARI TUOI.
_Shi_