Lucciole e lacrime

di sterne
(/viewuser.php?uid=125113)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 3° Capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"Lucciole e lacrime"

 Image and video hosting by TinyPic  

I'm so tired of being here
Suppressed by all my childish fears
And if you have to leave
I wish that you would just leave
'Cause your presence still lingers here
And it won't leave me alone

These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that
time cannot erase

 
But you still have
All of me

 
- “Si chiamano Belle di notte”
Il brusio della folla viene coperto da quella voce così familiare. Gli anni di lontananza non hanno sopito il dolore e non hanno cancellato i ricordi. Ogni volta che ne sento il suono è inevitabile tremare. Lo sento avvicinarsi e prego il cielo che non mi sfiori, il mio cuore potrebbe non riuscire a trattenere tutte le emozioni che provo. Allunga il braccio per toccare i fiori che fanno da bordura di fronte a noi. Tanti fiori gialli e fucsia guardano fieri il cielo stellato. Una lucciola vi si posa sopra pochi istanti dopo.
- “La luna li ha creati per esaudire il desiderio di Lumil, principe delle lucciole.” Continua e non ho la forza di parlare. Ogni volta la sua voce mi destabilizza, il suo profumo mi stordisce, taccio e reprimo l’urlo di dolore che vorrebbe uscir fuori dal mio petto. “Le lucciole erano condannate a vagare senza meta per tutta l’estate in cerca di un fiore su cui posarsi. Ma di notte non c’erano fiori dischiusi. Il desiderio di Lumil, era trovare un fiore dove riposare, la luna un giorno esaudì il suo desiderio e creò le Belle di notte. Tutti i sogni prima o poi si realizzano.”
-“Tutti tranne il mio…” Sospiro senza nemmeno rendermene conto. Di tutto ciò che potevo dire ho detto ciò che non dovevo.
La sua mano adesso sfiora il mio braccio e la pelle sembra ustionarsi sotto il suo tocco. Mi allontano cercando di andare via.
- “Veronica ti prego rimani. Voglio parlare un po’.” Mi fermo senza volerlo realmente.
- “Per quale ragione? Non abbiamo nulla da dirci io e te, non più.” trattengo le lacrime quando immagini di noi si susseguono nella mia mente come flashback.
- “Veronica per favore, sono venuto per te. Lo sapevo che la mostra era la tua, volevo vederti.”
- “Appunto, la mostra è la mia. I mie ospiti mi attendono devo tornare dentro.” Rimango immobile senza girarmi nemmeno, cerco di mantenere il tono più freddo possibile ma la mia voce traditrice trema ugualmente. Sento i suoi passi alle mie spalle e prego con tutta me stessa che si fermi.
- “Veronica…” stringe la mia mano costringendomi a girarmi e guardarlo negli occhi. Quegli occhi  blu come il mare. Quel colore così particolare che cambia quando è felice o quando è triste. Quel colore così diverso dal mio, ma, che ricordo giorno dopo giorno. I suoi capelli neri e ribelli contornano il viso perfetto. “per favore, vieni via come me. Sono tornato per te in città, mi sono reso conto di amarti ancora. Lo so, ho sbagliato non dovevo lasciarti così, però sono successe tante cose in quel periodo, noi eravamo solo due ragazzini…”
- “Andrea mi hai lasciata da sola, quando avevo più bisogno di te. Ti prego va' via.”
- “No! Non me ne vado.Veronica, lo vedo nei tuoi occhi, lo vedo da come tremi, lo vedo che anche tu mi ami ancora come ti amo io.” Guardo i suoi occhi e tremo, pentendomi delle mie scelte passate e maledicendomi per avergli nascosto la verità e avere dato tutta la colpa a lui. Eravamo giovani è vero, ma ci amavamo e l’amore supera ogni cosa. Noi invece ci siamo detti addio senza nemmeno pensarci due volte, il suo lavoro l’ha allontanato da me e i cambiamenti che stavano succedendo a me, mi allontanarono da lui.
- “Andrea io sono sposata. Mi sono sposata un anno dopo che te ne sei andato tu. Ed ho una bambina di tre anni, Andrea mi dispiace. Come vedi non tutti i sogni si realizzano nella vita. Il mio eri tu...”
Lo lascio lì senza aggiungere altro con la morte nel cuore e piango perché è vero che lo amo ancora come quattro anni fa.
Entro nella sala dove sono esposti i miei quadri. La gente parla come se niente fosse, non si è nemmeno accorta della mia assenza.
-“Mammina, mammina.” La mia principessa corre verso di me. La prendo tra le braccia cullandola e guardo i suoi occhi blu come il mare, sorride e con le manine sposta dalla sua fronte un ricciolo nero ribelle.
-“Perché piangi mammina?” mi chiede con la voce tremante.
-“Non piango bambina mia, è colpa dei fiori che ci sono là fuori.”
 
 
 
SPAZIO PER ME
 
Buon pomeriggio fanciulle mie. Questa os nasce da una notte insonne, so che potrebbe non avere né capo né coda ma spero che vi abbia emozionato almeno un pochino. Io praticamente sono una valle di lacrime ahhaha.
La storia che ho citato è la leggenda delle lucciole e la canzone citata è “My immortal”.
Grazie mille in anticipo a chi la leggerà e lascerà un segno.
Un grazie enorme va a Chiara e Giulia che mi ascoltano e mi consolano quando sono in crisi esistenziale.
Grazie di cuore alla meravigliosa Delena85 per il banner. Non è stupendo? Questo è il mio gruppo storie Tra incanto e disincanto
Clara
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1° Capitolo ***


"Lucciole e lacrime"


1° Capitolo


Image and video hosting by TinyPic
 
- “Gaia, vieni qua lavati le mani. Certo non si può dire che non sei figlia di tua madre.” Ginevra scuote il capo divertita e va incontro alla sua piccola nipotina per girarle i polsini del grembiule rosa e aiutarla a lavarsi le mani.
- “Nonna, la mamma dice che quando un pittore dipinge la sua anima si libera attraverso le sue dita” Gaia guarda sua nonna con aria dubbiosa.
- “E` una cosa bella questa, bambina mia.”
- “Allora la mia anima è in giro adesso?” fa il broncio mentre sale sullo sgabello di fronte al lavandino. “E se si è persa e non sa come tornare da me?”
- “Ma no tesoro mio, la tua anima rimane sempre vicino a te. Tranquilla non si perde. Lava per bene.” la rimbecca dopo averla tranquillizzata. Mentre esamina con cura le macchie di acquerelli che ha sul grembiule. “Brava e ora fila in cucina che ti aspetta la merenda. Io nel frattempo mi asciugo le mani.”
Il suono del campanello le fa sobbalzare per la sorpresa.
- “Va’ in cucina, io vado a vedere chi è alla porta.” Ginevra si asciuga in fretta le mani e si dirige verso la porta d'ingresso. “Arrivo.”

- “Andrea?” lo stupore negli occhi di Ginevra equivale alla tensione nel cuore di Andrea.
- “Scusami Ginevra, lo so che sono passati tanti anni dall'ultima volta che sono entrato in questa casa e che la situazione era diversa, ma, ho bisogno del tuo aiuto. Sei la mia unica speranza.” Il cuore di Ginevra sussulta, non è lei l'ultima speranza, ma la bambina che è a pochi passi da loro. Con gli occhi che pizzicano per le lacrime che minacciano di uscire, la donna annuisce facendo spazio a quel giovane ragazzo disperato e ancora perdutamente innamorato. In cuor suo sa che è questa la cosa giusta. L'amore vero merita, sempre, una seconda possibilità, in special modo se quell'amore porta un nome e quel nome è Gaia. Sa anche però che Veronica, sua figlia, se fosse lì in questo momento farebbe di tutto per chiudere la porta al destino e zittire quel cuore disperato che da quattro anni bisbiglia il nome di quel uomo come una nenia.
- “Entra pure”.
Ginevra accompagna Andrea nel salotto, non può rischiare che veda Gaia adesso, avrebbe troppo poco tempo per le spiegazioni e poi prima vuole che la piccola sia pronta per questo evento e deve trovare il modo per parlare con sua figlia.
- “Accomodati.” Ma per convincere Veronica, deve prima capire le reali intenzioni dell’uomo che ha di fronte.
- “Ecco, Ginevra… Io sono ancora innamorato di Veronica. E so che anche lei lo è. L’ho visto l’altra sera alla mostra di pittura, l'ho visto nei suoi occhi e da come torturava le sue mani.
Veronica mi ha detto che si è sposata. E’ vero?” All’inizio il suo sguardo è triste e speranzoso, ma, al suono di quella domanda il suo sguardo diventa tormentato. E’ come se solo in quel preciso istante sia scattato l’allarme nella sua mente. E’ come se in quel momento nella sua testa quella domanda detta ad alta voce ne abbia generata un’altra silenziosa… E se Veronica si fosse sposata davvero, ed adesso è felice? Ginevra legge la disperazione in quello sguardo e questo le stringe ancora di più la morsa che ha nel petto. E ripensa a quella povera bambina, che in cucina è del tutto ignara del fatto che suo padre è a pochi passi da lei. Ripensa a Veronica a tutte le volte che deve mentire a sua figlia, a tutte le volte che la vede piangere e non può fare altro che abbracciarla e consolarla in silenzio come solo una madre può fare anche se in realtà vorrebbe alzare la cornetta e chiamare l’unica persona che può cambiare le cose. Ora quella persona è lì davanti a lei…
- “Sì, si è sposata un anno dopo che sei partito.” Non può mentirgli anche se sa che questa risposta non è quella che cerca Andrea.
- “E’ Felice?” Eccola La domanda. E’ questo che vuole sapere. E siccome il destino deve sempre fare la sua parte, il telefono squilla e Ginevra lascia cadere la domanda nel vuoto.
- “Era Veronica, sta venendo qui. Devi andare Andrea.” Negli occhi di Andrea ormai la luce di speranza comincia ad affievolirsi e Ginevra sa che deve fare qualcosa.
- “Domani mattina devo andare in centro a sbrigare delle faccende, ci vediamo al parco delle lucciole verso le undici. Andrea cercherò di rispondere a tutte le domande che vorrai.” Nel viso di Andrea finalmente torna un po’ di serenità.
- “Grazie Ginevra, non so come farei senza di te.”
- “ Non ringraziarmi, lo faccio per mia ni… figlia.” C’è mancato poco, Andrea per fortuna è troppo euforico per notare l’incertezza di Ginevra. Ha capito però che se lo fa per Veronica, magari, c'è una possibilità.
 
Quando Andrea esce da quella casa non è l’unico ad avere la testa piena di domande. Tra poco Veronica verrà a prendere sua figlia e Ginevra vorrebbe metterla con le spalle al muro e farle prendere la giusta decisione. Vorrebbe dirle che Andrea è stato lì, vorrebbe persino dirle che ha visto la bambina e che ora sa tutto, magari, questo smuoverebbe un po’ le cose, ma così facendo si giocherebbe l’incontro di domattina. Ha poco tempo per riflettere e deve farlo per bene, ne va del futuro di Gaia.
 
-“Mammina, mammina. Com’è andata a lavoro?” Gaia allaccia le sue esili braccia al collo di madre schioccandole un dolcissimo bacio sulla guancia.
- “Bene principessa, la nonna?”
- “Sta sfornando i biscotti” saltella Gaia tirandosi dietro una Veronica un po’ perplessa. Quando Ginevra fa i biscotti vuol dire che è nervosa.
-  “Nonna, la mamma vuole un biscotto. E anche Matisse ne vuole assaggiare uno. Posso portaglielo?” Matisse è la gatta della vicina che però sta sempre a casa di Ginevra.
- “Certo piccola mia, prendine uno anche per te e va in giardino da Matisse. A Mamma lo do io.” Ginevra sorride amorevole alla piccola birbante che salta giù dallo sgabello, che ha avvicinato alla tavola per arrivare a prendere i biscotti, e scappa via. Ma prima di andare da uno sguardo veloce alle due donne, è una bambina sveglia sa che quando lei sarà uscita dalla stanza cominceranno a parlare e che sua nonna l’ha assecondata, dandole il biscotto per Matisse, proprio per farla allontanare.
 
- “Allora?” Veronica si appoggia al piano cottura e prende un biscotto dal vassoio mentre cerca con lo sguardo quello sfuggevole di sua madre.
- “Allora nulla… Gaia è stata tranquilla tutto il pomeriggio, ha colorato un disegno con gli acquerelli.”
- “Tale madre tale figlia…” scherza Veronica.
- “Dovresti vedere il disegno che ha fatto, piuttosto che scherzare e prendere le cose alla leggera. Come fai da troppi anni ormai.” La guarda negli occhi ed è seria, terribilmente seria.
Veronica sa già cosa ha disegnato sua figlia. È sempre lo stesso disegno. Un uomo alto con gli occhi blu che tiene per mano una bambina. La prima volta che l’ha disegnato, Veronica non ha fatto che piangere per una notte intera.
- “Mamma non sono affari che ti riguardano.” Il biscotto che ha appena ingurgitato sembra essersi trasformato in veleno.
- “Veronica, non devi dirmi niente?”
- “A cosa ti riferisci?” questa volta è lei che evita lo sguardo di sua madre.
- “Mi riferisco ad Andrea. E’ in città. Per te.” Gli occhi di Veronica si riempiono di lacrime adesso.
- “Come lo sai?” un singhiozzo, e lo sguardo corre alla porta del giardino. Gaia non deve vederla piangere.
- “E’ stato qua, oggi pomeriggio.” Finalmente i loro sguardi s’incontrano e quello di Veronica è sconvolto, sorpreso e terrorizzato. “tranquilla, non l’ha vista.” Se l’avesse vista avrebbe capito immediatamente che Gaia è sua figlia. Sono due gocce d’acqua.
- “Che vuole?” dopo pochi istanti Veronica prende fiato e riesce a formulare una domanda.
- “Te.” Una semplice sillaba basta. È sufficiente per racchiudere la conversazione avvenuta tra Ginevra e Andrea. Ed è sufficiente a far crollare Veronica.
Ginevra per la prima volta in quel pomeriggio abbraccia sua figlia, cullandola quasi, per trasmetterle tutto l’amore di madre. Ma la giovane donna deve riprendere in fretta il controllo di sé, se non vuole che la piccola Gaia si accorga del momento di tristezza.
 
Il parco delle lucciole è pressoché vuoto questa mattina, sarà che l’estate ormai sta per finire e le famiglie si godono gli ultimi giorni di mare. Nonostante siamo ormai a metà settembre, l’aria è afosa come fosse agosto. Una coppia di anziani passeggia a braccetto vicino alla fontana e Ginevra li guarda con ammirazione.
Gaia invece, gioca con un gruppo di bambine vicino allo scivolo e l’altalena.
- “Gaia attenta a non cadere, reggiti forte.” Sua nonna non le stacca gli occhi di dosso, nonostante sia preoccupata per l’incontro che avverrà da lì a poco.
- “Non ti preoccupare nonnina.” Gaia urla la risposta per farsi sentire e nel frattempo ride inseguendo una delle sue amichette.
 
- “Ginevra.” Andrea segue lo sguardo preoccupato della donna e guarda il gruppo di bambine. “Quale è?”. Proprio in quel momento Gaia alza gli occhi e corre verso sua nonna.
Andrea la guarda pietrificato e quando è a pochi passi da loro i due si studiano con curiosità ed esitazione.
Andrea guarda quella bambina così simile a lui e improvvisamente tutto si spiega. I malesseri di Veronica prima che tutto andasse a rotoli, il fatto che nei mesi successivi lei lo evitava come la peste. E poi la sera della mostra, quando Veronica si lasciò scappare, “Ho una bambina di tre anni Andrea” Ma certo ora tutto tornava, come ho potuto non farci caso.
E ora è sorpreso, sconvolto e anche infuriato. Gli ha nascosto la cosa più importante. Non gli ha solo negato il suo amore ma gli ha nascosto una figlia, il dono più grande.
E che ha detto a quella bambina? Sa che è lui suo padre? Le ha fatto vedere delle foto? Le ha parlato di lui? O le ha detto che suo marito è suo padre?
Mille domande gli investono la mente. Nessuna risposta è ancora giunta alle sue orecchie. Probabilmente anche quella bambina si sta chiedendo chi lui fosse, o magari anche lei guardando i suoi occhi ha capito.
Sono soli adesso, con un solo destino tra le mani. Il loro. Finalmente hanno loro la matita in mano, possono cominciare a scriverlo.
 
 
Spazio per me.
Ehm, ehm…
Eccomi qui. “Ma questa non doveva essere una OS?” Sì, però sapete come sono fatta, se mi annoio è la fine. Ed eccomi qui. l’OS diventa un prologo e nasce una nuova long xD
Sono stata brava? Ahahah
Vi avverto non è corretta. In realtà per pigrizia ahimè non l’ho nemmeno riletta, chiedo perdono in anticipo quindi.
Volevo dirvi un paio di cosette.
Intanto come avete notato il prologo è il prima persona e invece dal primo capitolo in poi sarà in terza persona. Credo che io mi stia scavando la fossa da sola. Devo prenderci la mano.
Poi, poi… il capitolo è VOLUTAMENTE lasciato a metà, perché è ovvio che non potevo svelarvi tutto ora.
Ah poi NON è un Giallo quindi non aspettatevi chissà quali colpi di scena. È una storia d’amore senza pretese.
Per il resto, OGNI RIFERIMENTO A FATTI PERSONE O COSE E’ PURAMENTE CASUALE.
Alla prossima
Clara.
 
PS se vi va su FB “Tra incanto e disincanto” è il mio gruppo storie.
 
Baciuzzi.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2° Capitolo ***


Lucciole e lacrime

2° Capitolo



Image and video hosting by TinyPic

 
- “La mia mamma mi dice sempre che non devo parlare con gli estranei” Gaia diventa ancora più piccola a fianco alla possente figura di Andrea. Lo guarda con aria guardinga ma in fondo quel uomo le ispira fiducia, ha qualcosa di strano, quasi familiare azzarderebbe.
- “La tua mamma fa bene a dirtelo, anche io lo direi a mia figlia.” Il cuore di Andrea perde un colpo. A mia figlia.
Ginevra si è allontanata una decina di metri, giusto lo spazio per regalare un po’ di intimità ad Andrea e la piccola. Non è servito nessun cenno, nessun permesso né spiegazione. Quando gli occhi di Andrea hanno incrociato quelli di Gaia tutto è stato svelato, e come un fulmine a ciel sereno la verità si è palesata ai suoi occhi.
- “Tu la conosci la mia mamma?” con la manina sposta via dalla fronte una ciocca di capelli. Andrea segue ogni sua mossa, non vuole perdersi nessun dettaglio. Non più.
- “La conoscevo. Tanto tempo fa…”
- “E adesso cosa è successo? Perché non siete più amici?” Gaia insegue con lo sguardo una farfalla, si posa su un fiorellino lilla che è nato in mezzo ad un ciuffo d’erba sul bordo della fontana.
- “Sono dovuto partire per lavoro. E non l’ho più rivista.” Andrea la guarda attentamente, finché Gaia non alza gli occhi e li punta nei suoi. Rabbrividisce per l’intensità dello sguardo, anche il suo stomaco ha tremato.
- “Anche il mio papà è fuori città per lavoro.”
- “I-il tuo pa-pà?” balbetta Andrea.
- “Sì, il mio papà, io non lo conosco, perché è dovuto partire quando stavo per nascere. Però mamma dice che tornerà presto.”
Andrea cerca Ginevra con lo sguardo, lei oscilla il capo con fare interrogativo. Quando sta per fare un passo verso di loro, Andrea la ferma.
- “E tu l’hai mai visto?” Andrea sembra confuso, Gaia sa che l’uomo che Veronica ha sposato non è suo padre. Quella povera piccina è cresciuta più in fretta di quanto si possa immaginare.
- “No, mamma ha solo una foto sua, ma, si vedono solo le spalle. La mamma la tiene nascosta nel suo comodino, io però, la guardo tutte le mattine mentre lei mi prepara la colazione.” Si acciglia per un momento Gaia. E’ identica a sua madre. “Non glielo dirai vero?” chiede con apprensione. Andrea la osserva in silenzio, vorrebbe abbracciarla e stringerla a sé. Ma si trattiene.
- “Certo che no.” Promette.
 
Tutte le sere quando Veronica rimette piede dentro quella casa, l’unica cosa che sente è il gelo sulla propria pelle. Le arriva fino a toccare le sue ossa. L’unica cosa che riscalda il suo cuore e il sorriso di sua figlia. Tutte le volte che la guarda, però, il suo cuore perde un colpo. Quella povera creatura, così piccola ma così matura.
Si pente ogni giorno di più della scelta che ha fatto, ma ormai è troppo tardi. “Nulla è perduto.” Bisbiglia una vocina nella sua testa.
La sera, quando Gaia si addormenta, Veronica si chiude nel suo studio, accende lo stereo e ascolta Sinatra. Quando era bambina, la domenica mattina si svegliava con il profumo di caffè latte e una leggera musica di sottofondo. Una vecchia canzone di cui adesso non ricorda bene il titolo. Però ricorda perfettamente il giorno in cui scese in cucina ancora in pantofole e con Teddy, il suo orsacchiotto tra le braccia. Era una domenica di dicembre, fuori nevicava, Veronica amava la neve. Vide sua madre ai fornelli, intenta a preparare la colazione. Una folta chioma di riccioli color del grano, come i suoi, le sfiorava le spalle. Indossava una gonna a fantasia lunga fino a sotto il ginocchio, larga sui fianchi e stretta in vita da una cintola bianca e rossa. E sopra portava una blusa di lana bianca, che ora ogni tanto indossa lei. Era bellissima.
Suo padre, lentamente, si avvicinava alla donna e afferrandole la mano la  tirava a sé, e con le note di Sinatra le faceva fare una giravolta e un caschè tra le sue forti braccia. Quel che ricorda con impressionante precisione, e giurerebbe di sentirla ancora nelle sue orecchie, è la risata cristallina di sua madre. Veronica giurò a se stessa che era per questo genere di amore che avrebbe combattuto.
 
Un urlo la ridesta. Veronica si era appisolata tra i tubetti di colore, sparsi sul tavolo da lavoro, e i bozzetti.
Il destino si sa, si diverte con le nostre vite come un burattinaio e si fa beffa di noi. Il tema della sua prossima mostra di quadri infatti è proprio “L’amore ritrovato”.
- “Gaia!” la voce di Veronica tremante ed allarmata.
Si precipita nella stanza di sua figlia e la trova in lacrime in un bagno di sudore e scossa dai singulti.
Stretta, stretta a Teddy l’orsacchiotto che un tempo fu di Veronica. Sembra più piccola, se è possibile. “Ssh, tranquilla, va tutto bene. Era solo un brutto sogno. Ora c’è la mamma.”
- “Papà” singhiozza Gaia, è la prima volta che reclama la presenza di suo padre, Veronica la fissa pietrificata. Il sangue le si è gelato nelle vene.
L’unica cosa che riesce a fare e cullare sua figlia tra le amorevoli braccia materne, e piangere in silenzio, sperando di riuscire a calmare quel piccolo e fragile esserino e allo stesso tempo il suo cuore che irrefrenabile ha cominciato a pompare più veloce che può. Corre veloce, forse c’è una via d’uscita in questa scatola ormai gelida.
 
E’ passata quasi un’ora Gaia si è riaddormenta già parecchi minuti fa, anche se ogni tanto sobbalza. Veronica non ha smesso nemmeno un istante di accarezzarle la mano o i capelli.
Sa che deve fare qualcosa, Gaia merita un po’ di serenità.
Senza nemmeno rendersene conto Veronica si ritrova in camera sua, apre il comodino, meccanicamente. Non sa nemmeno lei perché lo sta facendo, tira fuori la foto che ritrae lei ed Andrea.
 
- “Mettimi giù!”
- “Non se parla proprio. Hai voluto la guerra? E guerra sia”
Veronica di dimena mentre si trova a testa in giù e la pancia schiacciata sulla spalla di Andrea. Agita le gambe e batte i pugni sulla sua schiena. Cerca di mordergli perfino l’avambraccio, ma, dalla posizione in cui è non ci arriva.
- “Mettimi giù Andrè mi gira la testa.”
- “Chiedi scusa, per quel che hai detto.”
Andrea si fa beffa di lei.
- “E’ vero che sei permaloso, e questa ne è la dimostrazione. Inoltre ne stai dando la prova anche ai nostri amici.”
Andrea arreso mette giù Veronica, che non appena mette i piedi a terra afferra con forza la manica di Andrea. Tutto sembra girare intorno a loro. Chiude gli occhi e Andrea la guarda seriamente preoccupato.
- “Veronica, tutto ok?” Veronica non fa in tempo a rispondere, che sì, è tutto ok.
- “Ragazzi, vi ho fatto una foto, guardate.”
Sventola l’istantanea a mo’ di trofeo. Quando Veronica la prende tra le dita l’immagine non è ancora ben definita, ma dai contorni s’intravede già Andrea di spalle lei penzoloni in braccio a lui.
- “Guarda, c’è anche una prova visiva.” Veronica gli fa una linguaccia mentre gli da un buffetto sulla guancia. Andrea mette un finto broncio che rapidamente Veronica copre con le sue labbra.
 
Sotto la foto trova la scatola rossa, non la apre da diversi mesi ormai. Non nega che le mani le tremano e gli occhi le pungono. Sta per piangere, se lo sente. Tira il nastrino argentato che tiene chiusa la scotola e dopo aver tirato un lungo respiro, chiude gli occhi e la apre.
Un diario verde fa bella mostra di sé. E’ il diario della sua gravidanza. Scriveva giorno per giorno come si sentiva e quello che avrebbe voluto e tutto sommato dovuto dire ad Andrea. Non è questo che le interessa, però, in questo momento e nemmeno le innumerevoli foto e regali di Andrea, quello che le interessa è il post-it fucsia attaccato sul fondo della scatola rossa. Dieci cifre scritte in blu e una sola parola, ANDREA. Ecco cosa le serve.
 
 
 
 
 


Spazio per me:
Scusate l’enorme ritardo e scusate anche gli innumerevoli errori. Il capitolo è pronto da settimane ormai, mancava solo la fine.
Credo che il capitolo parli da sé. E’ tempo di Svolte.
Vi abbraccio forte, forte. Grazie mille per le recensioni e per le letture.
Clara
P.S. Se vi va mandatemi la richiesta d'amicizia o iscrivetevi nel mio gruppo. Trovate tutto nella mia pagina autore.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3° Capitolo ***


"Lucciole e lacrime."



3° Capitolo

 
I minuti passavano e Veronica non era ancora riuscita a prendere in mano quel piccolo aggeggio di plastica che probabilmente avrebbe cambiato definitivamente la sua vita e quella di Andrea.
Andrea, proprio lui l’aveva cercata per tutta la mattina e lei, aveva fatto di tutto per rinviare il momento della verità. Prende il test di gravidanza e con gli occhi chiusi lo getta nel cestino accanto al water. Troppo codarda per affrontare la verità.
Il suo telefono ricomincia a suonare, non ha bisogno nemmeno di guardarlo, sa già chi la sta chiamando.
Esce da quel piccolo bagno adiacente alla sua camera, sbattendo la porta e stanca si siede ai piedi del letto.
Per un momento il suo sguardo si posa sulla cassapanca di fronte a lei, precisamente sull’istantanea che un mese fa  i loro amici avevano scattato a lei e ad Andrea.
Erano felici quel giorno, ignari del fatto che la loro vita da lì a poco sarebbe completamente cambiata.
Vuole sapere Veronica, istintivamente porta la mano su quel ventre ancora piatto. Sono giovani, è vero, ma Veronica sa che l’amore supera ogni cosa.
Un sorriso le colora il viso, si precipita in bagno, recupera lo stick, chiude gli occhi, respira profondamente e li riapre.
 
- “Gaia, sei pronta? È tardi dobbiamo andare” urla Veronica guardando in cima alla rampa di scale. Sua figlia si affaccia dalla porta della sua camera con in mano una borsa piena di tutte le sue cianfrusaglie. Fermagli, lucida labbra, profumi e la sua Barbie preferita. Quando finalmente comincia a scendere il primo scalino, intenta a sistemarsi il colletto del cappottino che indossandolo ha coperto le piccole codine nere e ricciolute, si ferma all’improvviso.
- “Aspetta mammina, ho dimenticato Teddy.”
- “Gaia è tardi, lascialo a casa.” Non fa in tempo a finire la frase Gaia si è già precipitata in camera  sua. Pochi istanti dopo esce saltellando con in mano il piccolo orsacchiotto.
- “Mamma ci saranno anche Michele e Sofia?” Quel piccolo scricciolo saltella su un piede seguendo sua madre, che le stringe la mano libera per evitare che, perda l’equilibrio e cada rovinosamente sul parquet di casa.
- “Non lo so, oggi pomeriggio ha chiamato Giulia, ha detto che Michele fino a ieri mattina aveva qualche linea di febbre. E’ probabile che rimanga a casa dei nonni. Sofia però ci sarà sicuramente.”
Sofia e Michele sono i figli della migliore amica di Veronica. Hanno la stessa età di Gaia, sono due gemellini vispi e dolcissimi. Sofia va d’accordissimo con Gaia, anche se, a volte vorrebbe non doverla dividere col fratello, il quale ne è innamoratissimo.
- “Meglio.” Soffia Gaia tra un saltello e l’altro.
- “Come sarebbe a dire ‘meglio’? Gaia, non essere cattiva.” La rimbecca Veronica fermandosi e fermando anche lei e le sue piroette.
- “Ma mamma, vuole abbracciarmi sempre”  Protesta Gaia attaccandosi e dondolandosi sul braccio di sua madre. La quale non riesce a mantenere a lungo l’espressione corrucciata che aveva assunto tanto meno a nascondere un sorriso divertito. Quella piccola peste è così adorabile quando assume quel broncio, così identico a quello che aveva Veronica quando era spensierata come lei, che risulta impossibile rimanere seria e trattenersi dallo stringerla forte e riempirla di baci.
Insieme, Veronica e Gaia lasciano la loro casa per raggiungere presto la loro destinazione.
 
Veronica sorride, è felice. Una brezza leggera le scompiglia la bionda chioma. Afferra la bicicletta e dopo avere sistemato la tracolla della borsa, sferza per le strade della sua città, canticchiando un motivetto che non è sicura esista davvero o sia semplicemente dettato dal cuore.
Passando davanti una panetteria il profumo del pane appena sfornato le solletica le narici, facendole venire l’acquolina. Senza pensarci due volte, si ferma ed entra salutando gioiosamente la proprietaria.
Dopo due bocconi di quel pane profumato, Veronica si rimette in viaggio. Ha una notizia da dare. E deve farlo in un modo speciale. Decide così di fare un’altra piccola fermata. All’angolo, a poche centinaia di metri da casa di Andrea c’è un negozio di giocattoli.
 
Il ristorante è pieno di gente per fortuna, il loro tavolo è in una zona più riservata. Questo permette a Veronica e ad i suoi amici di cenare in tranquillità.
Gaia seduta in mezzo tra sua madre e Sofia, la sua amichetta. Come aveva previsto Veronica, Michele è rimasto a casa dei nonni.
-“Gaia lo sai, il mio papà mi ha promesso che quest’estate mi porta in vacanza a Disneyland.” Veronica a quelle parole scruta attentamente sua figlia. Ultimamente è un po’ sensibile al termine Papà.
-“Anche il mio papà mi ci porta.” Veronica si sbagliava sua figlia è una bambina forte. “Non è vero, mamma?” Sobbalza a quelle parole.
Guarda Giulia seduta accanto a sua figlia che le rivolge uno sguardo comprensivo ed interviene in suo soccorso.
-“Allora bambine, che ne dite se per voi ordiniamo delle pizza a forma di gattino?”
Gaia osserva ancora per un momento sua madre in attesa di risposta, ma presto, sorride e si unisce a Sofia in un urletto d’entusiasmo.
Veronica ringrazia, mentalmente, la sua amica che le sorride complice.
 
-“Come sarebbe a dire, parto domani pomeriggio? E quando lo avresti deciso?” ormai non vi era più alcuna traccia di buon umore. La felicità di pocanzi era ormai un lontano ricordo.
Andrea le da le spalle, non ha nemmeno il coraggio di guardarla in faccia. E lei che era venuta qua con tutti i buoni propositi.
-“Veronica cerca di capirmi.”
-“Cercare di capire cosa? Mi stai lasciando? E’ così?” I suoi occhi pizzicano e si riempiono di lacrime. Ma non piangerà Veronica. Non lo farà lì, davanti a lui.”
-“Non ti sto lasciando, ti ho solo detto che parto per un paio di settimane. Mio padre è stato trasferito e vorrebbe che lavorassi con lui.”
-“ Andrea, non mi hai detto nulla. Ti rendi conto. Hai deciso per entrambi. Lo sai che non ti avrei mai intralciato la strada, ma almeno potevi rendermi partecipe.”
-“Veronica ho cercato di dirtelo in questi giorni, ma tu eri sempre strana. Oggi ti ho chiamata per tutta la mattina. Dove diavolo sei stata?
Veronica gli strattona il braccio finalmente lo guarda negli occhi, ma il suo sguardo è furente, non può scaricare le colpe su di lei adesso.
-“Oh no, non provare a dare la colpa a me. Ero strana? Non ti sei chiesto nemmeno il perché? Certo eri troppo preso da te stesso. E poi ammettilo, tuo padre non aspettava altro.”
-“Non è colpa di mio padre se tu ultimamente sembri entrata in menopausa.”
In menopausa? Questo era decisamente troppo. Veronica lascia la presa sul suo braccio, prende la borsa e esce da casa sua sbattendo la porta. Ottimo, due volte in un giorno solo. Ora è lei a non renderlo partecipe, è lei che sta decidendo per entrambi.
Adesso che è fuori da quella stanza, diventata improvvisamente troppo stretta,  può piangere Veronica. Di nuovo, come stamani,  porta la mano sul suo grembo e accarezzandolo dolcemente sussurra singhiozzando. “Tranquilla, si sistemerà tutto.”.
 
-“Allora Veronica che ci dici riguardo la tua prossima mostra? Manuel mi ha detto che hai prenotato il nostro locale per domenica sera.” Cristina, la donna ha appena interrotto la lunga serie di elucubrazioni mentali che Veronica stava riportando sul suo piatto, usufruendo di fagiolini e carote tagliate a Julienne  per sperimentare una nuova corrente artistica. Probabilmente sorella gemella o magari cugina della famosissima Art Nouveau. E’ la moglie di Manuel Riviera. Uno dei soci proprietari della Riviera’s, la più importante casa d’aste della città. Manuel inoltre è il padrino di Gaia e insieme a Marco il marito di Giulia, era uno dei migliori amici di Andrea.
All’epoca uscivano tutti e cinque insieme. Finché non conobbe Cristina e scappò con lei per sposarla in un agriturismo di campagna. La cerimonia, segretissima, vide la cameriera e il giardiniere, allora novelli sposi anche loro, come unici testimoni di nozze.
Inevitabilmente quell’estate Marco e Giulia diventarono intimi e spesso lasciavano soli Andrea e Veronica, i quali per nulla dispiaciuti trovarono subito un passatempo “Soddisfacente”. Che tutti sappiamo ebbe i suoi frutti. Tutti tranne Andrea. Almeno fino a qualche giorno fa.
 
Andrea si precipita fuori dal portone di casa, ma nel cortile non c’è più l’ombra di Veronica.
-“Idiota! Sono un idiota!” Imprecando e con le mani tra i capelli s’insulta per essere stato così superficiale. E così insensibile. “Sei un uomo” gli risponderebbe Veronica se fosse ancora lì.
Girandosi intorno alla ricerca di chissà quale segno divino, invece di correre per riprendersi la sua donna, Andrea nota un pupazzetto appoggiato sul vaso di terracotta, vicino ad uno dei portici del cortile. Ha una camicetta rossa con una scritta bianca. “Assomiglio a papà” cita. Andrea sorride, commosso. Sarà sicuramente di uno dei figli della vicina di casa. Pensa erroneamente.
Prende il telefono dalla tasca posteriore dei jeans e digita velocemente il numero di Veronica.
Ma anche questa volta, senza alcuna risposta.





Spazio per me

Non so più come chiedere scusa e davvero non posso dire nulla che possa giustificarmi. Spero che il calo d'interesse nei confronti delle mie storie non sia dovuto ai miei ritardi.
Mi dispiacerebbe moltissimo. Anche se a dire il vero mi dispiacerebbe di più se fosse a causa della storia in sè.
Comunque non credo sia necessario aggiungere nulla riguardo al capitolo. Abbiamo dato uno sguardo al passato e uno al presente. Veronica era andata da Andrea per dirglieLO ma arrivata là ha trovato la spiacevole sorpresa. le lascia il pupazzetto rivelatore in cortile, ma Andrea è un uomo e come ogni uomo non capisce un fico secco xD
Comunque ringrazio con tutto il cuore Dirce per il meraviglioso banner e tutte le ragazze che leggono e recensiscono.
Spero di ricevere tanti commenti =)
alla prossima volta.
Clara.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1032552