I'll paint your blue eyes.

di itsteddysheeran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La macchia blu. ***
Capitolo 2: *** L'altra macchia blu. ***
Capitolo 3: *** I disegni di Dean. ***
Capitolo 4: *** "Andrà tutto bene." ***
Capitolo 5: *** I love you, Dean Winchester. ***
Capitolo 6: *** Visite. ***
Capitolo 7: *** Something not right. ***
Capitolo 8: *** New York. ***
Capitolo 9: *** Bugie e promesse. ***
Capitolo 10: *** Decisioni. ***
Capitolo 11: *** Ricordi. ***
Capitolo 12: *** Il futuro. ***



Capitolo 1
*** La macchia blu. ***


Dean posò l’ultimo tocco di pittura azzurra sulla tela, per poi pulirsi il viso dalle tracce di azzurro con il palmo della mano.
Era soddisfatto del suo ultimo dipinto, soprattutto perché l’aveva completato in fretta ed era a riuscito a dipingere proprio quel che aveva in mente.
Dean Winchester era un artista, un pittore. Aveva iniziato a dipingere quando aveva quindici anni, così per caso e, da quel giorno, non aveva più smesso. A volte, era riuscito perfino a vendere i suoi dipinti ai passanti e ne ricavava abbastanza, decisamente.
Aveva deciso di conservare tutto quel denaro per affittare un locale dove avrebbe potuto dipingere in santa pace senza sporcare i libri di Sam e, magari, vendere i suoi dipinti. Aveva cinquecento dollari messi da parte fino ad allora e gli mancava ancora tanto per realizzare uno dei suoi sogni più grandi o addirittura il più grande.

Quella mattina, come faceva quasi sempre, si alzò prestissimo, perfino prima di Sam, e mise nell’Impala una tela e i suoi acquerelli, più i suoi amati pennelli. Si diresse abbastanza lontano da casa. Decise di andare sul pontile dove suo padre lo portava da piccolo a pescare, vicino al lago.
Appena arrivato, posò cavalletto e tela, successivamente recuperò i pennelli e i colori dai sedili posteriori e iniziò a riprodurre il paesaggio che aveva davanti.
Si soffermò sulla forma delle nuvole a lungo e le rese il più possibile realistiche.
Solo verso le due riuscì a staccarsi dalla tela, terribilmente affamato e assetato. Si avviò al chiosco che c’era lì vicino, allora.
L’uomo che si trovava dietro al bancone gli mostrò un gran sorriso. Un sorriso che Dean subito ricambiò, posando la mano sporca sul bordo del bancone, colorando di blu quel bianco così candido.
“Ehi, il bancone!” Dean si accorse ben presto della macchia lasciata e si affrettò ad allontanare la mano dal banco, già continuando a lasciare tracce di blu.
“Oh, mi scusi. Non volevo.”
“Non lo noterà nessuno. Prende qualcosa?” Dean alzò gli occhi e incrociò quelli del cameriere: azzurri, maledettamente azzurri. Cristallini. Dean si rese conto di non aver mai visto qualcosa di così bello e azzurro in vita sua. Probabilmente, quegli occhi sarebbero stati la prossima cosa che avrebbe dipinto, ne era quasi sicuro.
“S- sì. Vorrei un cheeseburger e una birra, grazie.”
“Lo mangia qui o preferisce portarlo?”
“Lo mangio qui, grazie.” Rispose sicuro, annuendo.
Il ragazzo dagli occhi azzurri tornò dopo pochi attimi, con il cheeseburger su un piatto e la birra nella mano sinistra. Dean catturò velocemente il suo nome sulla targhetta che teneva sulla polo blu: Castiel. Lo ripeté più volte, in mente, poi gli scappò dalle labbra senza volerlo e Castiel si voltò subito, piegando la testa di lato. Dean non disse nulla e si limitò ad abbassare lo sguardo, mordendo il cheeseburger.
Non aveva nemmeno tanta fame, ma voleva guardare ancora un po’ quel ragazzo dietro il bancone. 
Quando finì finalmente quel cheeseburger, notò che il chiosco era ancora vuoto ed erano passati più di venti minuti. Quando si voltò per dare uno sguardo alla tela, Castiel si voltò con lui, ammirando il paesaggio riprodotto così bene.
“L’hai fatto tu?” Domandò Castiel mentre Dean sorseggiava l’ultimo goccio di birra.
“Sì, è quasi finito fortunatamente. ”
“Be’, complimenti. Trovo che sia davvero bello.”
“Oh, grazie.” Dean posò dieci dollari sul bancone, poi andò via, lasciando Castiel al suo lavoro.
Sarebbe tornato lì appena avrebbe potuto, aveva deciso in fretta.
Voleva dipingere gli occhi di Castiel, aveva deciso, ma non avrebbe azzardato di certo a chiederglielo. Li avrebbe dipinti di nascosto, senza farsi notare.

Quando finì la tela, prima di andar via, si voltò un’ultima volta verso il bancone e Castiel non c’era più. C’era una ragazzina bassa e mora al suo posto, che aspettava qualche cliente, ascoltando la radio ad alto volume. Dean entrò nell’Impala, allora, pronto ad andare a casa.
Quando vi arrivò finalmente, trovò Sam sulla soglia della porta, furioso.
“Dean!”
“Ehi, fratellino!” Lo salutò altrettanto, posando la borsa con dentro il tutto sulla scrivania.
“Ti ho chiamato, perché non mi hai risposto?!” Dean si portò una mano sulla tasca destra della giacca e notò che il cellulare non c’era. Sbuffò, togliendosi la giacca che, sbadatamente, aveva sporcato quella mattina.
“L’ho perso. Domani vado a recuperarlo.”
“Volevo dirti che vado da Jessica. Torno lunedì o domani sera tardi.”
“Divertiti, Sammy.” Mormorò, sciogliendo i lacci delle scarpe per poi sfilarle dai piedi e buttarle in un angolo della stanza.
Dean era stanco e voleva solamente dormire.
Anzi, voleva disegnare lo sguardo cristallino di Castiel, così non l’avrebbe mai dimenticato. Avevano una bellezza propria, quegli occhi.
Dean dormì a lungo quella notte, consapevole che avrebbe scontrato quello sguardo la mattina successiva.

Dean si svegliò dopo un sonno senza sogni – e se aveva sognato, non ricordava nulla – e si affrettò a lavarsi e a vestirsi lasciando perdere la colazione, già pronto ad andare via. Non portò né tela né altro quella mattina, in fondo andava lì per recuperare il suo cellulare, non per dipingere.
Arrivò lì quando erano le dieci e dieci.
Per fortuna, Castiel era dietro al bancone quella mattina. Appena si videro, entrambi sorrisero: Castiel sembrava aspettarsi quella visita; Dean era abbastanza imbarazzato in quel momento, anche perché sarebbe dovuto andar via subito dopo aver preso il cellulare, non aveva un’altra scusa per rimanere lì.
Quando si avvicinò al bancone, Castiel gli sorrise, alzando lo sguardo. E quando lo fece, il sole gli illuminò il volto, facendo brillare i suoi occhi.
“Credo tu sia qui per questo.” Mormorò, posando il cellulare sul bancone.
“Sì, grazie. L’ho perso ieri.”
“Lo so. Oggi non dipingi nulla?”
“Avevo una mezza idea ma no, non dipingo nulla oggi.” Castiel annuì, guardando in direzione della macchia azzurra.
Stranamente, non era riuscito a toglierla e si era arreso ben presto, lasciandola lì, sperando che Dean la notasse.
“Se ti va, conosco bei posti dove potresti trovare qualcosa di carino da dipingere.”
“Tipo?”
“Da casa mia c’è una vista eccezionale. Penso ti potrebbe piacere.”
“Perfetto. Dove a-?” Dean perse le parole dalla bocca quando Castiel gli sfilò il cellulare dalle mani per digitare qualcosa. Quando glielo diede di nuovo, vide il nome del ragazzo dagli occhi cristallini nella sua rubrica. Gli scappò un sorriso che, però, nascose all’istante.
“Ti chiamerò in settimana, Dean.
“Non so nemmeno se mi piacerà il posto, Castiel.
“Credimi, ti piacerà eccome, ne sono sicuro. È molto meglio di qualche albero e un laghetto.” Gli disse, sicuro di sé.
Castiel ne era sicuro, sapeva che il paesaggio che gli offriva la veranda di casa sua sarebbe piaciuto sicuramente al pittore. Era il suo posto preferito della sua casa dopo il giardino e sapeva che Dean lo avrebbe apprezzato almeno un. E in più, Castiel decise che avrebbe comprato quel dipinto, appendendolo in camera sua.
“Allora ci vediamo questa settimana?”
“Io non ho un lavoro, mi andrebbe bene anche, uhm, domani?”
“Io ne ho uno, Dean. Ti chiamo appena posso e ci organizziamo, va bene?”
“Certo.” Rispose, annuendo.
Dean voleva vedere casa di Castiel e sperava solamente di andarlo a trovare presto. Non voleva aspettare il weekend, soprattutto se Sam e Jessica fossero rimasti a casa per cena o per pranzo come facevano almeno una volta al mese.
Poteva dire di andare in giro a dipingere ma sarebbe dovuto ritornare a casa presto dato che, di domenica, non rimaneva mai tutto il giorno fuori, soprattutto perché era stanco già a metà giornata. Quindi sarebbe dovuto tornare a casa in tutti i casi.
Dean non vedeva l’ora, era sincero, anche perché dipingere qualcosa di nuovo non gli avrebbe fatto di sicuro male. Adorava dipingere cose nuove e, sicuramente, avrebbe adorato dipingere anche il volto di Castiel.


note.
è la prima destiel che pubblico e, boh sì, spero vi piaccia çwç
non ho nulla da dire,  spero solo vi piaccia come inizio.
accetto consigli e critiche e qualunque cosa abbiate da dirmi lol

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Capitolo 2
*** L'altra macchia blu. ***


Dean e Castiel non si sentirono fino al venerdì della settimana successiva.
Il pittore aveva aspettato una chiamata che, però, non era arrivata fino alle undici di quella mattina.
Aveva lasciato squillare il telefono due volte e, solamente dopo, aveva risposto.
Castiel gli diede l’indirizzo di casa sua e disse a Dean che non sarebbe potuto andarlo a prendere perché, per l’orario che avevano stabilito, lui tornava appena da lavoro e quindi gli sarebbe toccato trovar casa sua da solo. Eppure non gli dispiaceva avere quella visita nonostante fosse dopo le sette, siccome adorava rilassarsi dopo tutte quelle ore di lavoro che gli toccavano ogni secondo venerdì del mese. Sapeva che guardare Dean dipingere sarebbe stato allo stesso tempo rilassante.

E Castiel gli aprì la porta di casa alle sette, aiutandolo a portare tela e cavalletto dentro.
Dean rimase a bocca aperta quando entrò dentro casa di Cas: il salone, composto anche da una piccola cucina in un angolo, era grande,  tutta dipinto di bianco e decisamente, immensamente, luminoso. Le pareti del salone erano tappezzate di quadri vari, che gli piacquero molto. Lui non aveva mai tenuto quadri in casa, ripensandoci. Notò solo dopo i due corridoi alla sua destra e si chiese quanto grande ancora fosse quella casa.
Castiel lo osservò mentre squadrava il salotto da capo a piedi. Appena lo vide voltarsi verso di lui, gli indicò la veranda con un cenno con la testa.
Dean rimase colpito appena si avvicinò al vetro: il paesaggio era davvero meraviglioso, forse uno dei più belli che aveva mai deciso di dipingere in vita sua.
E il tramonto sarebbe stato ancor più bello da dipingere, pensò. Quindi sarebbe potuto ritornare e passare un pomeriggio con Cas.
“Allora, avevo ragione? Ti piace?”
“ È bellissimo qui.”
“Lo so. Comunque, vuoi qualcosa da bere?” Dean non sembrò sentirlo perché si affrettò a posare il cavalletto e posizionarvi la tela candida per bene. Non pensò ad altro e iniziò subito a dipingere, sporcando la tela del colore di uno dei palazzi, un blu tendente al nero. Castiel, allora, si sedette su una delle poltrone in veranda e lo guardò dipingere.  
E fu abbastanza strano.
Si aspettava che Dean esitasse, che si fermasse un attimo per voltarsi a guardarlo o per riposare la mano destra e, invece, fu perfettamente tranquillo e preciso in tutto ciò che rappresentò e a Cas piacque ancora di più quel particolare. Dean era proprio bello con il chiarore della luna che gli accarezzava il viso e anche a lui sarebbe piaciuto accarezzare quel viso, si rese conto mentre lo guardava.
Quel ragazzo gli piaceva, e anche un bel po’, era abbastanza chiaro. Era terribilmente bello e, per quanto poco lo conoscesse, sembrava anche interessante e pieno di sorprese.
E pensò a lui ancora e ancora, a quanto sarebbe potuto essere bello starci insieme, a quanto avrebbe voluto starci insieme per tutto il tempo, fin quando non si addormentò, talmente stanco che era.
Castiel dormiva ancora quando Dean stabilì che il suo dipinto era ormai completato. Sorrise, soddisfatto di sé, voltandosi e vedendo il ragazzo dormire, con la guancia destra posata sul palmo della mano. Dean pensò bene di afferrare l’album dei disegni e qualche matita per immortalare quel momento e fu quel che fece, sedendosi proprio di fronte a tale bellezza.
Non ci mise molto e il risultato fu abbastanza soddisfacente.
Quant’era bello il suo Cas?, pensò tra sé e sé.
Facendo finta di nulla, il Winchester infilò l’album nella sua borsa e continuò ad osservare quel ragazzo che somigliava tanto ad un angelo.
Era impossibile non sorridere guardandolo, impossibile.
Un attimo dopo l’ennesimo sorriso, l’attenzione di Dean fu catturata dal suo cellulare che vibrava. Un messaggio.

Sto tornando a casa. Birra e pizza?

Dean controllò l’orologio: erano le undici e trenta. Erano passate tutte quelle ore e non se n’era nemmeno accorto.
Non avrebbe avuto scuse per un orario del genere e sapeva che Sam si sarebbe piuttosto arrabbiato se non l’avesse trovato a casa al suo ritorno.
“Merda!” Mugugnò, alzandosi di scatto dalla poltrona, facendo svegliare Castiel senza volere.
“Dean?” Sussurrò Castiel e lui si voltò subito, sobbalzando.
“Oh, non volevo svegliarti.”
“Che succede?” Domandò, alzandosi per stiracchiarsi per bene.
“Sono le undici, Sam sta tornando a casa.”
“Il tuo baby-sitter?”
“No, certo che no!”
“Quindi è …?” Dean fulminò Castiel con lo sguardo, aggrottando la fronte.
“Mio fratello!” Castiel sospirò di sollievo, nonostante fosse un po’ a disagio. Per un attimo, aveva pensato che Sam fosse qualcosa di più, in fondo non conosceva né Dean né qualcosa della sua vita privata.
Rimase immobile mentre Dean sistemava tutte le sue cose. Cercò di fare un passo in avanti, ma era imbarazzato. E quando Castiel era imbarazzato non sapeva mai cosa fare. Diventava impacciato in un istante e, qualunque cosa facesse, sembrava solamente peggiorare le cose. Quindi decise di rimaner fermo, con le mani poggiate sui fianchi, aspettando che fosse l’altro a dir qualcosa.
Dopo aver caricato le ultime cose nel bagagliaio dell’Impala, Dean tornò dentro, fissando prima lui e poi la tela. Era venuta proprio bene, doveva ammetterlo. Si fece avanti per prenderla, convinto, però, quando  vi posò la mano per toglierla dal cavalletto, Castiel lo fermò, posando la sua mano su quella di lui.
“Puoi lasciarla qui.”
“Cosa?”
“Sì, a me piace tantissimo. Voglio che rimanga qui.”
“Va bene, allora.” E rimasero immobili: Castiel con la propria mano stretta su quella dell’altro; Dean che lo guardava negli occhi, ammirando quell’azzurro che subito l’aveva colpito. Non gli sarebbe dispiaciuto lasciare la tela lì, almeno sarebbe potuto tornare in quella casa, o meglio da Castiel, un’altra volta.
“Buonanotte.”
“Buonanotte, Cas.” Mormorò, scostando la mano e portandosela nella tasca della giacca. Andò via senza voltarsi in dietro, con le guance che  gli andavano letteralmente a fuoco.
Dean era scosso.
Quella giornata era stata stupenda e aveva voglia di passarne un’altra così, magari anche un’altra ancora e poi un’altra e un’altra e un’altra. Voleva passare più tempo con Cas e voleva riprodurre ogni sorriso, ogni sguardo, ogni risata, ogni momento sul suo blocco o su una tela.
Voleva di più, esattamente.
E Castiel, probabilmente, voleva lo stesso. Gli sarebbero bastati i sorrisi di Dean, vedere la luce illuminargli il viso mentre disegnava, oppure passare giornate intere con lui, senza dire o fare qualcosa di speciale. Semplicemente, voleva di più.

Castiel passò il resto della serata a fissare la tela con una tazza bollente di tè in mano e, solo prima di abbandonare il salotto per andare a letto , notò una macchia di colore sul braccio della poltrona. Non si arrabbiò e fu abbastanza strano dato che odiava perfino se stesso quando sporcava qualcosa. Il bianco candido della sua casa doveva rimanere bianco, aveva deciso quando era entrato in quella casa, eppure Dean aveva sporcato quel bianco con del blu e a lui non aveva dato affatto fastidio. Anzi, ne era contento. Gli ricordava costantemente che Dean era stato lì, seduto su quella poltrona, dopo lunghe ore a lavoro su quella dannata ma stupenda tela.
Forse era quello il compito di Dean e, forse, perciò gli piaceva così tanto: quel ragazzo stava colorando un po’ della sua vita, magari avrebbe perfino eliminato quel dannato bianco semplice dopo tutti quegli anni.
Era Dean, era quel poco di colore che c’era nella sua vita in quel momento.
E Castiel ne era felice. Quel poco, per allora, gli bastava decisamente. 



note.
come promesso, ho pubblicato presto dato che non mi piace far aspettare chi legge lol
Volevo ringraziare chi ha recensito e messo tra i seguiti la mia storia, mi fate felice boh ahahah
Penso di pubblicare sicuramente anche il terzo capitolo in settimana
~
Spero vi piaccia questo capitolo, ci ho messo un bel po' per scriverlo e ho cambiato un sacco di cose e spero di non deludervi çwç

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Capitolo 3
*** I disegni di Dean. ***


Dean e Castiel non si erano visti per più di un mese: il primo si era trovato catapultato nel troppo lavoro improvvisamente; l’altro se n’era andato in giro a disegnare e, a volte, era passato per fuori casa di Castiel cercando di vederlo, invano.
Per giorni, Dean aveva fissato il disegno che aveva fatto a Cas mentre dormiva e, puntualmente ogni giorno, ne perfezionava qualcosa.
Ma, pur perfezionandolo ogni giorno, non era paragonabile alla bellezza così semplice di quel viso. A Dean quel disegno non sembrava assolutamente racchiudere nulla che assomigliasse lontanamente a quella bellezza.
A volte, aveva perfino provato a rappresentare il volto di quel ragazzo che l’aveva e lo stava incantando con i suoi sorrisi e i suoi occhi.
Lo aveva anche sognato una volta: un Castiel che dormiva sul divano di casa Winchester. Era un Castiel bellissimo, non quanto il reale, ma pur sempre bellissimo.
Dopo quel sogno, Dean si diresse subito al lago con l’intenzione di vederlo ma lui non c’era quel giorno, stranamente. Non chiese nulla però. Semplicemente rimase lì per un po’, guardando le persone andare e venire, sperando che, tra tutti loro, vedesse anche lui.
Ma non lo vide quel giorno e nemmeno nei giorni successivi.
Gli mancava, a dire il vero.

Era un sabato e Dean era a casa sua, seduto comodamente sul divano, quando decise di chiamarlo dopo tanti ripensamenti. Ci aveva pensato anche nei giorni precedenti, ma non ci era mai riuscito, pur volendo sentir la sua voce così tanto.
Sì?
“Ciao, Castiel.” Lo salutò, prendendo fiato.
Oh, Dean, ciao. Tutto bene?
“Sì, tu? Non ci siamo più visti.” Dean lo disse con un nodo in gola, quasi balbettò.
Non molto, ma si va avanti.
“Be’, ovvio.” Dean non seppe cosa dire in quel momento e i sospiri di Castiel lo resero ansioso. Sembrava annoiarlo in quel momento o, come minimo, disturbarlo. Pensò di chiudere la chiamata senza dire altro, ma sembrava che entrambi avessero ancora qualcosa da dirsi.
Infatti, fu Castiel a parlare un attimo dopo.
Senti, ti va di passare qui in questi giorni? Sai, c’è la tua tela qui.
“Ah, sì, me ne ricordo. Posso passare già stasera se non è un problema.”
Certo. Porta qualcosa per disegnare, per favore.” E, un attimo dopo, Dean sentì un vuoto al petto.
Però avrebbe visto Castiel quella sera, finalmente. Era un mese che non si vedevano.
Era un mese che pensava solamente a lui.
Sorrise pensandoci, e si alzò, già pronto ad andare via. Prese solamente il suo blocco e poche matite, poi partì subito. Non voleva aspettare ancora.
Ci mise trenta minuti per arrivare a destinazione e non ci pensò più di una volta quando dovette bussare alla porta. Era esaltato, ansioso di vederlo, voglioso di abbracciarlo e, magari, di baciarlo anche.
Quando la porta finalmente si aprì, Dean vide un uomo stanco, con le occhiaie, la barba non fatta da chissà quanto e con l’espressione di qualcuno che non dormiva da fin troppo tempo. Castiel lo fissò per un po’, strofinandosi l’occhio destro con una mano.
“Ehi, amico, non sembri molto in forma.” Se ne uscì Dean, dandogli una pacca sulla spalla. Castiel quasi cadde e si dovette sorreggere sul mobile accanto la porta. Si rialzò in fretta, allora, chiudendo la porta di casa.
“Dean, siediti.” E lui così fece, sedendosi e posando i piedi sul tavolino. Castiel non trovò nemmeno le forze per dirgli che non era corretto tenere i piedi lì, che adorava il suo tavolino e che non voleva si danneggiasse, ma sapeva che, pur avendole  avute, non gli avrebbe mai detto nulla.
“Cas, da quant’è che non dormi?”
“Un bel po’.”
“Che succede?”
“Troppi pensieri. Mi hanno licenziato una settimana fa e  mi sono rinchiuso qui.”
“Cas …” Iniziò lui, ma Castiel lo fermò, sedendosi sul divano bianco. Si stese su un fianco dopo essersi tolto le ciabatte blu e, infine, guardò l’altro sorridendo.
Quel sorriso.
Dean capì che era solo e soltanto per lui. Era un sorriso così bello, pensò.
“Puoi disegnare? Così riesco ad addormentarmi. Mi piace vederti disegnare, sei così attento e deciso in tutto quel che fai. Mi fai pensare a cose belle.” Mormorò, sistemando il cuscino. Dean ridacchiò e fece un cenno con la testa, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Iniziò a disegnare un volto familiare, che però non apparteneva a nessuno di preciso. Tanti particolari messi insieme che formavano un bel ritratto, pieno di particolari.
Finito il primo, iniziò il secondo: lui e Castiel al chiosco, come quando si erano incontrati. E quel momento lo riprodusse proprio bene, con tanto di cartellino sul petto di Cas e aggiungendo perfino la macchia che aveva lasciato sul bancone. Rise sottovoce quando terminò anche quello.
Erano le undici quando alzò lo sguardo dal blocco dei disegni e Castiel dormiva beato, sorridente, con il viso affondato nel cuscino, anch’esso bianco.
Quando si alzò per “esplorare” la casa, lo fece lentamente, attento a non far cadere o urtare nulla. Si avviò verso il primo corridoio, dove c’era solamente una porta nera sulla sinistra. Pensò bene di entrare, ma non voleva invadere troppo la privacy di Cas.
Dopo aver esplorato anche l’altro corridoio, dove non aveva trovato nulla se non un’altra porta nera, tornò in salotto.
Castiel non c’era.
Dean aggrottò la fronte, guardandosi intorno. E, quando sentì una porta sbattere alle sue spalle, sobbalzò, voltandosi: Castiel tornava da quello che doveva essere il bagno. Differentemente da quel pomeriggio, in quel momento, era sbarbato, con i capelli spettinati e umidi e un adorabile pigiama blu con le righe bianche. Era adorabile quell’uomo, come sempre tra l’altro.
E, in più, aveva un aspetto decisamente migliore da quello avente quando il pittore era arrivato lì.
A Dean piacque pensare che quello era tutto merito suo e quel pensiero lo fece sorridere e arrossire allo stesso momento.
Castiel gli sorrise, avviandosi verso i fornelli. Era quasi passata un’ora da quando aveva finito di disegnare ed era ancora lì, in quella casa, senza preoccuparsi di dover tornare dato che Sam era a casa di Jessica e non sarebbe tornato prima della mattina successiva.
Dean lo vide cacciar fuori dal frigorifero alcune cose e poi lo vide riempire una pentola con dell’acqua.
“Cas, che stai facendo?”
“Be’, tu sei venuto qui e non ti ho offerto nemmeno qualcosa da mangiare. Provvedo ora.”
“Non ce n’è bisogno.” Ma lui lo ammonì con lo guardo mentre prendeva una confezione di pasta dal mobiletto.
Vedere Castiel cucinare fu un piacere indescrivibile per Dean: un piccolo uomo che si muoveva velocemente ai fornelli, versando pasta, sale e quanto altro servisse per far sì che quel cibo fosse mangiabile.
Non si dissero nulla, un po’ perché entrambi non sapevano cosa dire; un po’ perché, effettivamente, non avevano niente da dirsi per il momento.
Quando Dean lo vide avvicinarsi verso la veranda, si alzò senza chiedere nulla e lo seguì, prendendo il suo piatto di pasta ricoperto di sugo fresco.
Castiel poggiò una scatola con del formaggio grattugiato sul tavolino vicino la finestra e, poco dopo, tornò con due lattine di birra. Dean gli sorrise, per poi addentare un paio di maccheroni ricoperti di sugo.
“Allora, dimmi qualcosa, Dean. Che hai fatto in questo mese?”
“Ho pensato ad alcune cose e fatto alcuni disegni, un bel po’ forse.” Castiel si alzò, afferrando velocemente il blocco dei disegni dal tavolino vicino alle poltrone, e poi tornò indietro, con gli occhi fissi sui disegni.
Notò che nella maggior parte era raffigurato lui; Dean catturò subito la sua espressione confusa su quel volto e deglutì, posando il piatto alla sua destra, sul davanzale della finestra.
“Sono io, giusto?”
“Ehm, Cas …” Dean cercò di scappare via da quel momento imbarazzante, invano.
“Rispondi, per favore.”
“Sì, sei tu.”
“Sono carino nei tuoi disegni.” Dean iniziò a boccheggiare, senza riuscir a dire nulla. Era paralizzato e vedere Castiel continuare a fissare il suo volto rappresentato  su quei fogli gli diede una strana sensazione. Si sentiva obbligato a dover dir qualcosa per forza, perché gli doveva delle spiegazioni, se le meritava tutte.
“Mi piacciono. Quando li hai fatti?”
“La maggior parte in quest’ultimo mese.” Disse finalmente, prendendo fiato. Castiel ridacchiò, arrossendo. Era la prima volta che qualcuno faceva qualcosa del genere per lui ed era anche la prima volta che qualcuno si comportava in quella maniera a causa sua.
Dopo aver posato il blocco, sorrise per un’ennesima volta, sbarazzandosi dei due piatti ormai vuoti.
“Dean, tutto bene?” Lui annuì, sospirando. Per sua fortuna, Castiel non poté vedere la sua espressione in volto e questo lo mise decisamente più ad agio. Aveva paura di aver rovinato tutto dopo quella sera ma Castiel sembrava così calmo, come se a lui non fregasse di quei disegni.
E forse era così, ma Dean cosa ne poteva sapere dato che non aveva il coraggio di chiederglielo? Avrebbe combinato solo casini, lo sapeva, lo sentiva. Andava a finire sempre così quando provava a chiarire le cose con qualcuno.
Decise di andarsene da un momento all’altro, afferrando lo zainetto con dentro solamente un altro quaderno completamente vuoto. Cercò di scappare quando Castiel non c’era, lasciando i suoi disegni lì.
Ci mise fin troppo a trovare tutte le sue matite sparse in giro e, proprio quando posò la mano sulla maniglia della porta, si rese conto di aver Castiel dietro di sé.
“Dove vai?”
“A casa.”
“No. Perché? Che succede? Ho fatto qualcosa di male, per caso?” Domandò, avvicinandosi alla porta e chiudendola.
“Capisco se non vorrai più parlarmi o vedermi. Lo capisco, sul serio.”
“Perché lo dici? Che diamine succede?”
“I disegni su di te, li hai visti ormai, no?”
“Sì, e allora?”
“Allora?!” Dean sbottò, aggrottando la fronte. Non capiva, veramente. Castiel ormai sapeva dei disegni ed c’era solamente una spiegazione, eppure sembrava non capire nemmeno lui, oppure non voleva capire. Gli andava bene così, pensò Dean, magari sarebbero stati amici in tutti i casi perché altro non potevano essere.
“Mi vedi turbato?”
“No.”
“E perché scappi, allora?”
“Pensavo che -”
“Non pensavi nulla. Volevi solo scappare perché avevi paura che non fossi interessato a te. Invece lo sono, tanto quanto tu lo sei a me, forse anche di più.” Dean sorrise e tutto il suo viso sembrò rilassarsi in un secondo solamente. E anche un sorriso comparve sul suo viso un istante dopo. Un sorriso che non si preoccupò di nascondere. Castiel sorrise e poi si alzò sulla punta dei piedi per baciargli l’angolo delle labbra, posandole lì per un po’.
Solamente quando lui si staccò, Dean sorrise, sfiorandosi l’angolo destro delle sue labbra con il pollice. Aspettò un istante che sembrò durare tanto, troppo, poi lo baciò di nuovo, accarezzandogli la guancia sinistra.
Sembrava tutto così bello, così bello da renderlo felice da morire.
E lo era veramente, quella sera. E lo sarebbero state anche le sere successive, quelle che avrebbero passato insieme, baciandosi e stringendosi l’un l’altro.


Note.
Non volevo pubblicare oggi ma, siccome ci tengo a questo capitolo, ho deciso di pubblicare.
Mi piacerebbe sapere che ne pensate, ho cambiato parecchie cose rispetto a quello che avevo scritto inizialmente çWç
Ringrazio sempre chi recensisce e mette le storia tra le seguite (:

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Capitolo 4
*** "Andrà tutto bene." ***


Quella mattina Castiel si era svegliato con il sorriso stampato sul volto. Si era alzato, era filato dritto in bagno e poi sotto la doccia, si era infilato una maglia e dei jeans puliti ed era corso in soggiorno.
Lì aveva trovato Dean, che ancora dormiva sul divano. Erano sempre così le mattinate domenicali: Dean che si addormentava quasi sempre sul divano e Castiel che aspettava il suo risveglio cucinando pancakes, uova fritte e bacon.
Dopo quei quattro mesi, si era quasi abituato alla presenza di Dean a casa sua durante i week-end. Sam non sapeva nulla della loro cosiddetta “relazione”. Entrambi avevano preferito non dirgli nulla e continuare a vedersi come avevano fatto in quei mesi: durante tutti i week-end e una o, raramente, due volte durante la settimana. E si divertivano insieme: Dean che rappresentava Castiel in ogni sua espressione possibile e immaginaria e l’altro che rideva mangiando delle fragole o dei semplici biscotti al cioccolato.
Ormai, Dean aveva imparato a cucinare alla perfezione i biscotti al cioccolato, i preferiti del suo Cas. Glieli cucinava ogni volta che uscivano insieme, oppure comprava delle fragole e gliele portava.
Quando invece pioveva, rimanevano a casa Novak, guardando un film e mangiando pop-corn fino a scoppiare. E Dean si addormentava sempre quando guardavano un film e finiva per passare la nottata sul divano e non nel letto matrimoniale di Cas. E a quest’ultimo dispiaceva.
Dormire con Dean e sentire le sue dita carezzargli il braccio sinistro lo aiutavano ad addormentarsi prima del solito. Avevano dormito un paio di volte insieme ed erano stati più che bene, decisamente.
E il risveglio era stato altrettanto piacevole.
Castiel aveva imparato a svegliarsi sempre presto, sempre prima del risveglio dell’altro, solo per avere il piacere di vederlo svegliarsi e rimpinzarsi di cibo fino a non finire tutto ciò che era stato cucinato.

Quella mattina, il suo Dean si svegliò quando erano le nove. Non pioveva quella mattina, quindi sarebbero usciti probabilmente. Magari sarebbero potuti andare in giro o andare a pranzare fuori, cosa che entrambi adoravano. Si stuzzicavano più che mai quando andavano a pranzo fuori e l’uno rubava le patatine o qualcos’altro dal piatto dell’altro. E poi finivano per ridere fino alle lacrime, facendosi notare da tutti i presenti. Però si divertivano, contava quello.
“Buongiorno, Cas.” Mormorò appena sveglio, strofinandosi gli occhi per bene prima di aprirli per una seconda volta. Vide Castiel appena li aprì, con i suoi occhi blu ad un passo dal proprio viso. E c’era da dire che Dean non aveva smesso di amare quegli occhi nemmeno per un momento.
Erano meravigliosi, proprio come il suo Cas.
“Oggi è martedì, lo sai? Mi andava di dormire con te dato che ci rivedremo solo tra due settimane, te l‘avevo detto.”
“Merda, Cas, l’ho dimenticato.”
“Immaginavo.” E si alzò, senza dargli nemmeno un bacio. Dean si alzò dopo di lui, stiracchiandosi e sbadigliando continuamente.
Avrebbe rivisto Castiel solamente dopo due settimane per via del matrimonio di un’amica, Anna, dove si sarebbe fermato fino alla domenica successiva per la cena con tutti i suoi vecchi amici e per aiutarla con gli ultimi preparativi e, infine, per assistere al suo matrimonio il venerdì seguente; Dean, invece, era occupato con Sam e Jessica il week-end successivo e anche quello dopo. I due l’avevano incastrato obbligandolo ad uscire con loro perché l’avevano trovato abbastanza lontano da casa in quegli ultimi mesi e Sam, da buon fratello, si preoccupava. Non aveva idea di cosa facesse suo fratello e coinvolgerlo in qualche attività familiare non sarebbe stato così male dopotutto.
E due settimane senza il suo Novak erano tante, forse troppe, lo sapeva.
L’avrebbe potuto sentire solamente attraverso un telefono e questo non bastava ad entrambi.
“Lì c’è la colazione. Io vado a far la spesa.”
“Cas, scusami. Mi dispiace. È questo che vuoi sentirti dire?”
“Dean, due settimane senza vederci! Ti sembrano poche?!” Urlò Castiel, lasciando cadere il trench sul pavimento. Sembrava arrabbiato, come se quella fosse la prima volta che Dean dimenticava qualcosa.
Dean aggrottò la fronte, scuotendo la testa.
Non capiva, come spesso capitava. Non capiva Castiel e i suoi comportamenti da bambino.
“Non è la prima volta che non ci vediamo per un po’.”
“Due settimane non sono un po’, Dean.”
“Cas, perdonami. Posso restare stanotte, non ho problemi a restare, lo sai.” Dean gli strinse la mano dolcemente, cercando di guardarlo negli occhi.
“Tu ti perdoneresti? Hai dimenticato anche che domenica sono stati i nostri quattro mesi insieme.” Sibilò Castiel con le lacrime agli occhi. Era la prima volta che piangeva davanti a qualcuno, che piangeva davanti a Dean. Aveva tenuto per sé quelle lacrime, perché sapeva che “andrà tutto bene” sarebbe stata la sua risposta, ormai aveva imparato a memoria quei comportamenti monotoni. “Dean, stiamo da cinque mesi insieme e non mi hai mai presentato a Sam o a Jessica! Hai dormito con me pochissime volte e non sai quanto mi mancavi.
E io? Ti sono mai mancato? Tu me l’hai mai chiesto se mi eri mancato? Io l’ho fatto.”
“Ma ti amo, non conta questo?”
“Mi ami? Mi ami?! Dean, lo dici ora, ora che è tutto così complicato da risolvere per te?!” Castiel era furibondo. Non riusciva a calmarsi, nella sua testa l’unico desiderio era quello di far capire a Dean quanto ci tenesse, quanto volesse che le cose fossero più da adulti, quanto desiderasse passare una settimana intera in sua compagnia, potendolo stringere ogni notte a sé.
“Lo dico ora, Cas, sì. Tu nemmeno me l’hai mai detto.”
“Eri sveglio quando io passavo le notti in soggiorno a guardarti dormire? Eri sveglio quando te lo sussurravo?!” Dean arrossì di colpo, deglutendo. Non era sveglio, ovviamente. Dormiva, perché quella era l’unica cosa che gli usciva nel migliore dei modi. Dormiva e si svegliava tardi, con la colazione già pronta, preparata da Castiel. E lui nemmeno l’aveva mai ringraziato o gli aveva chiesto di prepararla per lui.
Si era semplicemente servito,  dandogli un bacio dopo aver mangiato quasi tutto.
“Perché vuoi litigare con me?”
“Dean, conto qualcosa? Sul serio, voglio dire. A me non sembra.” Castiel aveva il viso stravolto dalle lacrime e Dean lo guardava accigliato, con il labbro inferiore tremolante.
Nella sua vita non aveva mai trovato una persona a cui teneva così tanto e la paura di perderlo era enorme. Non sarebbe riuscito ad abituarsi ad una vita senza lui. Aveva deciso, quindi, già da molto prima, di non abituarsi troppo a Castiel nel suo letto, a Castiel che gironzolava in casa Winchester, a Castiel che cucinava per lui, solo per lui, o a Castiel a pranzo a casa Winchester con Sam e Jessica.
Già solo passare i weekend con lui e svegliarsi con quella meravigliosa colazione sempre preparata dal suo Cas per lui era ormai diventata un’abitudine che non avrebbe mai voluto abbandonare, perché lo rendeva felice.
Ma Dean non poteva dirgli qualcosa del genere, perché la paura di perderlo sarebbe diventata qualcosa di incontrollabile, secondo lui.
“Vuoi che ci lasciamo, allora?” Mormorò, poggiandosi al bordo del divano rosso.
In quei mesi, nel soggiorno erano cambiate alcune cose: le poltrone bianche erano state spostate in garage e alcune nuove di zecca, di colore rosso, erano state messe al loro posto; e il tavolino nero era stato sostituito con un tavolino di legno, che Dean aveva trovato nel garage di casa sua. E Castiel era stato contento di quei cambiamenti, decisamente contento.
“Allora è questo che pensi? Che io ti voglia lasciare?”
“Sì, me lo merito, no?” Dean sentì le dita di Castiel spostare il suo viso con un sonoro schiaffo. Era pieno di rabbia, lacrime.
Quello era stato il loro primo litigio ed era finito con uno schiaffo. Non sarebbe andato avanti, non quel giorno, non ce n’era bisogno ed entrambi lo sapevano.
Sapevano che era inutile litigare, che era inutile continuare a discutere senza dirsi qualcosa di veramente sensato o senza comportarsi da adulti.
“No, ma ti meritavi questo.”
“Be’, sì, mi merito anche quello.”
“Ma ti meriti anche tanti di questi.” Castiel si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò a fior di labbra, strofinando il suo naso contro quello di Dean. Gli accarezzò il punto dove l’aveva schiaffeggiato un attimo prima e poi scoppiò a ridere contro la sua guancia. Tutte le lacrime che aveva versato si trasformarono ben presto i sorrisi enormi, che partivano da un orecchio e finivano all’altro.
Era stato stupido, si disse tra sé e sé.
“Mi prometti che non litigheremo mai più, Dean?”
“Te lo prometto. Te lo giuro. Mai più.” E si baciarono, si baciarono a lungo, fin quando vollero. Avevano già perso fin troppo tempo a litigare e avevano due lunghe settimane davanti a sé, settimane che avrebbero dovuto passare da soli, l’uno senza l‘altro.
E quando si sarebbero rivisiti, sarebbe stato tutto come un nuovo inizio.



Note.
sì, pubblico anche oggi lol
non ho molto da dire, come al solito vi ringrazio per le recensioni e per chi segue la storia.
fatemi sapere se vi è piaciuto il capitolo, se vi va, ci tengo a sapere che ne pensate çç



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Capitolo 5
*** I love you, Dean Winchester. ***


Una settimana dopo.

Dean e Castiel si erano tenuti in contatto per tutta la settimana che li aveva separati e, tra chiamate e messaggi scambiati, non avevano sentito poi così tanto la mancanza l’uno dell’altro.
Sam e Jessica avevano cercato di passare la maggior parte del tempo con Dean, cercando di farlo divertire, sperando che il ragazzo si staccasse per un attimo dal proprio telefono.
Nonostante tutto, si erano divertiti quella domenica: Sam aveva portato Dean a fare colazione fuori, dove andavano sempre quand’erano piccoli. Dean prendeva sempre i pancakes e Sam, invece, prendeva sempre del bacon con delle uova fritte. Infatti presero proprio ciò che erano abituati a mangiare anni prima.
Si sedettero perfino allo stesso posto: ultimo tavolo sulla sinistra, proprio vicino la finestra.
Sam sorrise di cuore quando pensò alle loro mattinate lì, era da tanto, decisamente tanto, che non passava un po’ di tempo con suo fratello.
“Tu pancakes e io il mio bacon, è assurdo!” Dean rise, scuotendo la testa. Erano stati bei momenti quelli passati lì. Lui, suo fratello e John, tutti insieme senza preoccupazioni.
“Già, non è cambiato niente, eh?” Sam diventò serio in quel momento.
“Be’, qualcosa è cambiato, Dean.”
“No, ovvio che no. Mi vedi cambiato? A parte l’aspetto fisico, ovvio, ma siamo sempre io e te.” Mormorò Dean, tagliando un pezzo di pancake. Sam lo guardò, quasi divertito.
“Dean, in questi ultimi mesi sei stato via più del solito. L’ho notato, sai? Tutti i week-end passati chissà dove, chissà con chi. E quel tuo sorriso smagliante quando ti squilla il cellulare? Pensi che non l’abbia notato? Pensi che non l’abbia capito che c’è qualcosa sotto?”
“Sì, sono felice, e allora?”
“Perché non me l’hai detto? Chi è lei?” Dean deglutì, abbassando lo sguardo.
Era inutile continuare a nascondere il suo Castiel, del tutto inutile. Era felice grazie a lui, i suoi sorrisi erano causati solo e solamente dal suo Cas.
“Dean?”
“Sì?”
“Allora? Chi è lei? È carina?”
“Sì, è veramente bellissima, un angelo. Voglio presentartela, Sam! Andiamo a casa, prendiamo Jessica e andiamo a conoscerla.”

Sam e Jessica parlarono per tutto il viaggio, facendo domande, a cui Dean non rispose se non annuendo o scuotendo la testa, e spettegolando su varie cose.
Dean ricordava bene il posto in cui si sarebbe tenuta la cerimonia del matrimonio di Anna, distava solamente a quattro ore di macchina da casa sua. Quindi sarebbe bastato solamente rintracciare Castiel, magari chiamandolo, e spiegargli la situazione, per poi presentarlo a suo fratello e a Jessica.
“Dean, fermiamoci, c’è un fioraio lì. Perché non prendi dei fiori per lei?”
“Sì, è un’ottima idea! Ti aiuto a sceglierli io, dai.” Squittì Jessica, eccitata. Dean non si oppose e seguì Jessica a ruota, entrando nel negozio. Non aveva mai regalato dei fiori a Cas, non sapeva nemmeno se gli piacevano o meno dato che non gliel’aveva mai chiesto.
“Allora, andiamo su qualcosa di classico. Rose?”
“Uhm, sì.” Approvò lui, annuendo convinto e seguendola ovunque andasse.
“Queste vanno bene? Secondo me, le piaceranno! Sam anche mi ha regalato delle rose tempo fa, mi ricordo che poi mi ha portato a cena fuori e ci siamo divertiti da morire.”
“Posso immaginare cosa sia successo dopo. Comunque, queste sono perfette.”
“Allora prendiamo queste.” Dean non ebbe idea di quante rose fossero quelle che avevano comprato. Erano tante sicuramente e, probabilmente, a Cas non sarebbero nemmeno piaciute. Non si erano mai scambiati mazzi di fiori, perché allora aveva approvato quella stupida idea?
Era un nuovo inizio, certo, ma a Dean non piacevano troppe smancerie e avrebbe preferito regalargli un dipinto invece di uno stupido mazzo di fiori.
Per il resto del viaggio, pensò a quale sarebbe stata l’espressione di Castiel quando l’avrebbe visto lì, con quel mazzo di rose rosse in mano e un sorriso spuntò sul suo viso senza volerlo.
Accelerò, allora, pensando a quanto volesse vederlo.
“Dean, hai avvisato la tua ragazza?”
“No, pensavo fosse una sorpresa.”
“Sì, Sam, è una sorpresa! Pensò sarà felicissima!” Dean frenò di getto, aprendo la portiera e scendendo. Erano arrivati, finalmente.
Sam e Jessica scesero un attimo dopo ed entrarono nell’hotel insieme a Dean che, intanto, si era già avvicinato alla reception.
“Mi scusi, Castiel Novak sta soggiornando qui. Potrebbe dirmi il numero della sua stanza?”
“Stanza numero 12, secondo piano.”
“Grazie.” Dean si allontanò, avviandosi verso l’ascensore, convinto che Sam e Jessica l’avrebbero seguito subito. E così fu: lo seguirono a ruota e continuarono a parlare, facendo scommesse sull’aspetto della ragazza: secondo Sam, avrebbe avuto i capelli scuri, come Lisa, con gli occhi verdi, magra e bassa; secondo Jessica, era bionda, con un fisico perfetto, e gli occhi azzurri. Dean pensò che entrambi avevano ragione, perché Castiel era abbastanza basso, con i capelli scuri e gli occhi azzurri.
“Andiamo.”
Non ci misero molto a trovare la stanza numero 12. Era alla loro destra, nel corridoio a sinistra. Dean ci mise un po’ per trovare il coraggio di bussare e, quando alla fine ci riuscì, batté due colpi secchi, continuando a guardarsi intorno.
Ad aprirgli la porta fu un uomo, un uomo che non era Castiel. Gli sorrise, nonostante il pittore non l’avesse mai visto in vita sua.
“Oh, tu dovresti essere Dean, Cas ti ha descritto proprio bene. Io sono Balthazar.”
“Quindi si chiama Cas. Cas per cosa? Cassie?” Mormorò Jessica, ridacchiando silenziosamente con Sam.
“Per favore, entrate. Cas è andato nella stanza qui di fronte, arriverà subito.” I tre entrarono uno dopo l’altro, sedendosi sul divano mentre Balthazar rimase in piedi, accanto al frigorifero.
“Volete qualcosa?”
“No, grazie.” Rispose Dean, sbuffando.
Era nervoso, nervoso perché non si aspettava quel Balthazar lì, nella camera del suo fidanzato. Ed era anche geloso, dannatamente geloso.
Balthazar non disse nulla, si limitò a fissare il viso di Dean, sorseggiando del whiskey in un bicchiere di vetro.
“Balthazar, ma che diamine-” Urlò quasi Castiel, entrando furiosamente in camera. Si fermò di colpo quando entrò, vedendo Dean e il suo mazzo di rose, Sam e Jessica. Rimase con la bocca spalancata per un po’, facendo cadere una busta contenente qualcosa.
Balthe ridacchiò, catturando le espressioni sul viso di quelli che per lui erano il ragazzo alto e la bionda.
Dean boccheggiò, alzandosi in piedi. Doveva dire qualcosa, assolutamente.
“Ciao.” Lo salutò, allora, avvicinandosi di pochi passi. Castiel abbassò gli occhi sul mazzo di rose e, in un attimo, sentì le lacrime pronte a venir fuori. Si dovette trattenere, però, e si costrinse ad alzare lo sguardo sul viso di Dean.
“Ciao.” Sorrise, grattandosi la testa nervosamente.
“Volevo farti una sorpresa.”
“Be’, lo noto. Queste rose?”
“Sono per te.” E gliele posò tra le mani, guardandolo negli occhi. Alle sue spalle, Sam guardava la scena con la bocca spalancata, del tutto sconvolto; Jessica, invece, era altrettanto sorpresa ma non così tanto. In qualche maniera, si aspettava una “sorpresa” del genere, ma non sapeva spiegarsi il perché.
“Loro sono Sam e Jessica.”
“Ah, tuo fratello e la ragazza di tuo fratello.” Castiel si avvicinò, posando le rose sul tavolo per stringere la mano ad entrambi. Sorrise, cercando di sembrare calmo, mentre non lo era affatto.
Non sapeva se arrabbiarsi con Dean per non avergli detto nulla o baciarlo e dirgli quanto gli era mancato. Nel dubbio, rimase dov’era, nel bel mezzo del salotto.
“Dean, potresti spiegarmi? Senza offesa, Cas.”
“Be’, tu avevi detto che avrebbe avuto i capelli scuri, Jessica ha detto che avrebbe avuto gli occhi azzurri. Avete vinto entrambi la scommessa, no?” Balthazar ridacchiò, uscendo dalla stanza senza avvisare nessuno. Era divertito e Dean gli era sembrata una bella persona.
Quando Castiel si voltò verso Dean, lo vide abbastanza sereno e non turbato come quando era entrato nella stanza quasi urlando.
“Dean, è il tuo ragazzo?”
“Sì, si chiama Castiel. Non è adorabile?”
“Dean!”
“Sam, tu hai una ragazza, io ho un ragazzo. Non mi sembra così grave.”
“Non mi hai detto nulla. Non ci hai detto nulla!”
“E allora? Non sareste venuti.” Castiel iniziava a sentirsi a disagio lì in mezzo senza dire o fare nulla, ma non poteva muoversi, non gli sarebbe piaciuto avere gli occhi di Sam puntati su di sé in quel momento. Quindi rimase lì, aspettando che la conversazione finisse.
“Ora è tardi, io non ho voglia di litigare. Io e Jessica prendiamo una stanza, tu rimani qui, presumo.”
“Sì, rimango qui.” Affermò, fiero, per poi vedere suo fratello e Jessica andar via.
Aspettò che fossero andati via, poi chiuse a chiave la porta, si avvicinò a Castiel e lo abbracciò, stringendolo più forte che poté.
Gli era mancato da morire quel piccolo ragazzo così somigliante ad un angelo. Gli era mancato e non gli sarebbe bastato solamente un weekend insieme.         Forse nemmeno una settimana insieme.
“Tu sei pazzo. Sam era furioso.”
“Be’, penso che mi sarebbe piaciuto di più vedere la sua faccia se avessi aperto tu la porta.” Castiel rise, baciandolo dolcemente.
“Mi mancavi da morire.”
“Immagina tu. Ho portato qui mio fratello e Jessica pur di vederti.” Dean lo baciò di nuovo, mordendogli il labbro inferiore. Castiel rise ancora, allora, allontanandosi abbastanza tanto da guardarlo negli occhi.
Quant’era bello il suo Dean? Ed era suo, tutto suo, nessuno poteva portarglielo via.
Nonostante il loro litigio, nonostante avesse preferito dormire più volte accoccolato al suo pittore preferito, nonostante Dean odiasse il bianco della sua casa, Castiel lo amava.
Da morire.
E avrebbe passato tutta la sua vita con lui se il pittore fosse stato d’accordo.
“Dean, ti amo.” Quella fu la prima volta che Castiel glielo disse mentre Dean era sveglio. Fu la prima volta che sentì quelle parole uscire da quella bocca e le gambe gli tremarono quasi, come una gelatina o forse peggio.
Riuscì solamente a sorridere come un ebete per un attimo.
“Ti amo anche io, Cas, nemmeno immagini quanto.”
“Quanto torneremo a casa, voglio che mi aiuti a sistemare la mia camera.”
“Perché? Cosa c’è che non va?” La camera di Castiel era grande, decisamente grande. Era grande e poco arredata, soprattutto. C’era un letto matrimoniale che non era poi così grande e decisamente scomodo, un armadio, una finestra e una lampada accanto al letto.
Era dipinta di bianco, ma l’armadio era nero, stranamente.
“Be’, voglio comprare un letto più grande per noi e dobbiamo dipingerla.”
“Mmh, bene. Sai già il colore?”
“Blu.” Dean sorrise, ripensando a tutte le macchie di blu che aveva lasciato nella vita di Castiel: quella al chiosco, quella sulla poltrona e quella sullo specchio del bagno, che aveva distrattamente lasciato cercando di togliere delle goccioline d’acqua.
“Perfetto. Che blu sia, occhi blu.” Castiel sorrise, poi si baciarono di nuovo, quella volta più a lungo.
E ne ebbe la conferma in quel giorno: Dean era decisamente il blu che colorava la sua vita.

note.
holaaaa
~
oggi mi andava di pubblicare siccome il quinto capitolo è il mio preferito.
quindi ci terrei se mi diceste cosa ne pensate (:

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Capitolo 6
*** Visite. ***


Dopo il matrimonio di Anna, erano tutti tornati insieme a casa  con l’Impala di Dean. C’era stato un silenzio tombale per quelle quattro ore di viaggio e Sam era arrabbiato, assolutamente. Non per i gusti di Dean, quelli li avrebbe anche accettati col tempo, lo sapeva, ma perché era stato preso in giro, perché suo fratello gli aveva nascosto la sua relazione senza dirgli nulla in quei mesi, nemmeno che il suo lui non era una lei come si aspettava.
Prima di partire per tornare a casa, infatti, aveva detto a suo fratello che sarebbe stato meglio se non si fossero visti per un po’, magari Dean sarebbe potuto andare da Castiel oppure se ne sarebbe andato lui a casa di Jessica per un po’, fin quando avrebbe voluto. Dean aveva deciso la prima opzione, d’altronde casa Novak era decisamente più grande e poi c’era il suo Castiel lì.
Una volta lasciati Sam e Jessica a casa Winchester, la tensione non ci fu più.  
“Ancora devi dirmi chi è quel Balthazar.” Disse Dean ad un tratto, voltandosi verso Cas.
“Te l’ho già detto al ricevimento di Anna, è solo un amico di vecchia data. Ha vari locali che non usa, suo padre era molto ricco, e ne abbiamo parlato. Avevo pensato di comprarne uno per te, avrei preferito fosse una sorpresa.”
“Cosa?! Non ti lascerò da solo a casa.”
“Non sarò solo. Anzi, non sarò a casa, Dean. Il proprietario del chiosco era nella camera di fronte alla mia, è un amico di Anna, si chiama Chuck, e da settimana prossima torno lì. Èquasi estate e guadagnerò un bel po’. L’anno scorso gli affari sono andati bene, anzi, benissimo.” Dean sospirò, per poi annuire. I suoi affari non erano andati poi così bene dato che non aveva venduto più di tre dipinti, guadagnando davvero poco. E iniziare con aprire un negozio tutto suo, dove avrebbe potuto vendere i suoi dipinti e disegni, sarebbe stato perfetto. Era il suo sogno più grande dopo diventare un pittore conosciuto.
“In questi giorni possiamo chiamarlo. Mi ha lasciato il suo numero. Tu puoi andare con lui e vedere i locali, poi pagherò io.”
“Ne parliamo a casa, Cas?” Castiel annuì, poi si avvicinò a Dean per baciargli la guancia, sorridendo. Sapeva che aiutare Dean con il suo sogno era giusto, perché l’avrebbe visto ancor più felice e vederlo così rendeva felice anche se stesso.

Arrivarono a casa dopo poco per fortuna. Dean portò i bagagli di Castiel dentro e poi si spaparanzò sul divano, assonnato come non mai. Castiel si sedette accanto a lui un attimo dopo, stringendogli la mano. Entrambi sorrisero, guardandosi negli occhi.
“Che succede?”
“Non so, Cas. L’idea di realizzare il mio sogno mi entusiasma, ma non vorrei trascurarti. Sarò occupato con i dipinti, tornerò a casa sfinito e staremo insieme poco tempo.” Cas si rese conto che c’era altro che Dean non sapeva, ma preferì star zitto e far finta di non saper nulla, sperando che fosse Balthazar a dirglielo.
“Abbiamo una vita davanti se per te non ci sono problemi. Io ti amo da morire, tu mi ami, andrà bene. Saremo felici.” Dean annuì, incredulo da come Castiel riuscisse a calmarlo con così poche parole. Lo baciò e cercò di liberare la mente da tutti quei cattivi pensieri. E Castiel gli accarezzò il viso, per poi tornargli a stringere la mano.
Dean era forse la cosa più bella che gli fosse capitata. Era arrivato nella sua vita e lui lo aveva lasciato entrar subito, accogliendola nel migliore dei modi. Voleva passare la sua vita con lui e condividere ogni momento, bello o brutto che fosse. E sapeva che Dean non si sarebbe tirato indietro, non in quel momento, tanto felice che era.
“Chiamo Balthe allora?”
“Sì, chiama Balthe.”
“Va bene. Gli dico di venire appena può.” Castiel sorrise, baciandolo a stampo per  un’ennesima volta. Si alzò e scomparve nel corridoio che portava al bagno un attimo dopo.
E rimase lì per un bel po’, sotto il getto di acqua bollente, pensando a tutto ciò che sarebbe successo quando Dean avrebbe scoperto la verità.
                                                              
                                                                      ***
Castiel chiamò Balthazar solamente una settimana dopo e si diedero appuntamento a casa Novak il sabato sera, dove avrebbero parlato dei locali di cui disponeva Balthazar davanti ad una pizza fumante.
Dean, in quei giorni, fu nervoso più del solito e passò ore e ore con la matita nella mano destra e il blocco dei disegni davanti: era bloccato, completamente bloccato. Non sapeva cosa rappresentare e nemmeno il volto di Castiel gli sembrava una buona idea dopo tutti i disegni che gli aveva fatto.
Si rinchiuse in camera di Castiel, che era diventata anche camera sua, e passò la maggior parte delle giornate lì, aspettando il sabato. Nemmeno Castiel, a volte, riuscì a calmarlo in quei giorni: entrava in camera, poggiava il viso sulla sua spalla e Dean faceva finta che non esistesse, tamburellando le dita sulla scrivania nuova di zecca. E lui se ne andava subito, lasciandolo in pace. Sapeva che era solo una fase, che Dean sarebbe stato pieno di idee in pochissimi giorni. Era solo teso, ma andava tutto bene. E Castiel lo sapeva perfettamente, nonostante Dean non ci credesse più di tanto.

Quel venerdì mattina, stranamente, Castiel si svegliò tardi e vide Dean già a lavoro alla scrivania. Quella volta, però, stava disegnando qualcosa. Sorrise, liberandosi dalla coperta di lino e avvicinandosi per abbracciarlo.
“Buongiorno.” Dean sobbalzò, voltandosi un attimo dopo verso Cas. Gli sorrise, alzandosi in piedi per baciarlo.
“Buongiorno!”
“Di nuovo all’opera? Che stai disegnando?”
“Sono vari scarabocchi, ma sono meglio di niente.” Rispose mentre Castiel osservava i vari fogli ammassati in un angolo della scrivania. In alcuni disegni era stato raffigurato lui, in altri Sam e Jessica e, nell’ultimo che vide, un paesaggio. Erano belli, però, ed erano un buon nuovo inizio.
“Vado a preparare la colazione, va bene?” Castiel annuì, baciò per un’ennesima volta Dean e lui andò via, sbadigliando mentre percorreva il corridoio. Si sentiva meglio quella mattina, ne era sicuro, ed era anche merito degli incoraggiamenti del suo Castiel.
“Cas!” Lo chiamò Dean dalla cucina, fissando la persona seduta in soggiorno.
“Sì?”
“Abbiamo delle visite.”



note.
Scusate il ritardo, ma ho avuto un blocco e avevo perfino pensato di eliminare la storia çWç
In questo capitolo non accade molto, infatti il settimo sarà il continuo. 
Quindi nulla, spero vi piaccia e ringrazio chi recensisce e legge çWç

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Capitolo 7
*** Something not right. ***


Castiel si diresse in salotto mentre infilava una maglia bianca a mezze maniche. Erano le nove e trenta, chi diamine poteva andargli a far visita a quell’orario se non qualche vicino che aveva bisogno di qualcosa?
Una volta uscito dal corridoio, vide Dean e Balthazar seduti a tavola. Sbuffò, fermandosi ad un passo da loro.
“Balthazar, che ci fai qui?”
“Buongiorno, Cas. Passavo di qui e ho pensato di fare una visita. Sai, domani ho degli impegni, quindi perché non parlarne ora?” Castiel annuì, sedendosi accanto a Dean.
“Non mi offri nemmeno del caffè?”
“No.” Dean ridacchiò alla risposta di Cas, voltandosi verso Balthazar.
“Allora, Cas mi ha detto che hai bisogno di un locale.”
“Sì, è vero.” Confermò Dean, teso. Si poggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia. Con la coda dell’occhio, vide che Cas fissava Balthazar per chissà quale ragione.
“Ti ho portato alcune foto del locale che vorrei venderti. È grande, luminoso, e c’è una sala dove potresti fare i tuoi disegni. Potresti affittare un appartamento lì vicino, ce ne sono parecchi.” Dean aggrottò la fronte, alzando lo sguardo dalle foto verso Balthe.
Castiel si coprì il viso con entrambi le mani, sospirando un attimo dopo. Lui sapeva, sapeva tutto, ma non gli aveva detto niente, non ci era riuscito.
“Appartamenti?”
“Sì, certo, il locale di cui ti sto parlando è a New York.”
“Non hai qualche locale qui vicino?”
“Quello di New York è il più vicino. Cas, non gli hai detto nulla?” Castiel scosse la testa, alzandosi e avviandosi alla cucina sotto lo sguardo confuso di Dean. Preparò del caffè, cercando di non ascoltare la conversazione. Non voleva litigare di nuovo con Dean e non voleva nemmeno perderlo, ma New York era lontana, troppo lontana.
“Mio padre viaggiava molto, Dean. Ha locali a New York, Seattle, in Canada e alcuni anche in Europa, esattamente in Italia. E tu hai un talento fantastico, lo penso sia io che un mio amico che sarebbe  disposto a prenderti in affari con lui. Ti conoscerebbero tutti.” Dean immaginò il tutto per un momento: andare a New York, aprire un suo negozio finalmente e diventare ricco. Era quello che aveva sempre sognato, sin da bambino. Ma era entrato Castiel nella sua vita e non poteva certamente lasciarlo lì da solo in quella casa così grande. Non aveva senso realizzare il suo sogno e poi perdere il suo Cas. Non sarebbe mai stato felice così.
“Pensaci bene. Hai due settimane di tempo, poi lo venderò ad un’altra persona.”
“Sì, ci penserò. Grazie, Balthazar.” Balthazar gli sorrise, soddisfatto. Si alzò, allora, e andò via dopo aver salutato entrambi con la mano.
Castiel e Dean rimasero in silenzio: uno voltato verso la finestra della veranda, l’altro ancora seduto a tavola, con gli occhi lucidi. Non si dissero nulla, non ebbero nemmeno il coraggio di guardarsi negli occhi. Castiel sapeva che non poteva impedire che quel sogno diventasse realtà dopo tutti quegli anni, si sarebbe sentito in colpa se solo ci avesse provato. E vedere la persona che amava dover rinunciare al proprio sogno per colpa sua gli avrebbe fatto male, l’avrebbe costretto ad allontanarsi e scappar via; Dean, invece, avrebbe dovuto scegliere: Castiel o New York. Loro lì erano felici, Cas aveva un lavoro, guadagnava abbastanza, aveva un tetto sopra la testa ma non c’era niente lì per lui se non Cas, Sam e Jessica. E il suo sogno era a New York, così lontana dalla vita di tutti i giorni.
“Cas, vieni qui, per favore” Lui fece come detto, camminando a sguardo basso fino alla sedia dove era seduto Balthazar.
“Dean, va’ a New York. Fallo per me, ti prego. È il tuo sogno.”
“Posso provare, vedere come va il lavoro, poi tornerò. Starò via per un mese, ma tornerò. Tornerò, Cas.” Gli sussurrò, prendendogli il viso tra le mani dopo essersi alzato. Anche Castiel stava per piangere e avrebbe voluto solamente chiudersi in camera sua e spaccare tutto in quel momento.
“E se gli affari vanno bene? Se l’amico di Balthazar ti offrirà di più?”
“Verrai a New York con me, compreremo una casa lì.”
“Ma la mia casa è qui, Dean. Il tuo sogno è a New York. Sii felice, fallo per me. Tornerai, no? Poi decideremo cosa fare. Pensaci, ma fa’ quel che è giusto per te e non per me o per noi due.” Castiel si alzò e andò via, chiudendosi in bagno, lasciando affondare i pensieri nella vasca da bagno.
Vedere Dean felice avrebbe reso felice anche lui, anche se non fossero stati nella stessa casa per un po’. Si sarebbero telefonati, si sarebbero scambiati messaggi e non avrebbero sentito la mancanza l’uno dell’altro. Sarebbe andato tutto bene, disse a se stesso, anche se non ne era pienamente convinto. Sapeva solamente che Dean meritava la felicità che gli avevano offerto su un piatto d’argento.
Un mese non sarebbe stato poi così tanto, un mese passava in fretta.
“Cas?” Lo chiamò Dean bussando alla porta.
“Tutto bene?” Domandò ancora, provando ad aprire la porta del bagno, invano.
“Dean, lasciami in pace.”
“Volevo dirti che vado da Sam, vorrei parlargliene.
“Okay.”
“Allora io vado. Ci vediamo stasera.” Castiel aspettò di sentire la porta di casa sua chiudersi, poi uscì dalla vasca da bagno e si asciugò per bene. Indossò il pigiama, decidendo che non sarebbe uscito da casa quel giorno.
Si diresse in veranda appena fuori dal bagno, guardando tutte le tele di Dean che erano state posate sul pavimento con cura, una vicina all’altra. Castiel sorrise, abbassandosi per prenderne una tra le mani. Non sapeva cosa rappresentava esattamente, ma ricordava che Dean l’aveva fatta dopo il loro litigio e che aveva gettato la pittura con rabbia sulla tela. Gli cadde dalle mani senza volerlo e lui decise di lasciarla lì senza sistemarla.
Era quasi strano pensare che, dalla settimana successiva, non avrebbe avuto più quei quadri in casa, di cui Dean si prendeva altamente cura. Stava attento a non rovinarli, a tenerli in ordine, li trattava come figli, e un Dean versione padre fece sorridere immensamente Castiel. Un sorriso che si trasformò in lacrime un attimo dopo.
Da quando l’aveva incontrato, non aveva mai immaginato un futuro senza il suo amato pittore nella sua vita. Forse, senza di lui, non avrebbe avuto mai un futuro. Se ne sarebbe stato chiuso in casa tutto il giorno, magari leggendo oppure avrebbe passato le giornate lavorando al chiosco, cercando di cancellare la macchia blu e così il ricordo di un Dean troppo lontano.
Non era giusto, si disse.
Non era giusto, non lo era affatto, non lo era per lui. Non era giusto trovare l’amore della sua vita e poi vederlo dover scegliere tra lui e il suo sogno più grande. Chiunque avrebbe scelto la seconda, pensò, e quindi anche Dean se ne sarebbe andato, lasciandosi tutta la loro storia alle spalle. Sarebbe andata così, e non si sarebbero più visti.
Ridacchiò, isterico, per poi calciare la tela davanti ai suoi piedi. Ne cadde un’altra, allora, e Castiel calciò anche quella, per poi crollare a terra, sulle sue ginocchia.
Pianse, allora, guardando il guaio che aveva combinato. Dean si sarebbe arrabbiato, lo sapeva, ma a chi importava? Dean gli perdonava sempre tutto. L’avrebbe abbracciato come al solito e poi si sarebbero baciati. Andava sempre così, lui lo sapeva.
“Non è giusto.” Sibilò, stendendosi sul parquet e fissando il soffitto. Pianse, ancora, pianse fin quando non iniziò a sentirsi meglio, più leggero. 
Pensò alle fragole, allora, ai biscotti al cioccolato e ai pancakes. Era da tanto che non andavano al parco e che non mangiava le fragole. Era da tanto che non si divertivano da morire ed era da fin troppo che Dean non gli preparava i suoi biscotti al cioccolato dove metteva sempre troppo sale e lui gli diceva che erano perfetti, mangiandoli uno dopo l’altro fino a finirli.
“Non è giusto!” Urlò Castiel, piangendo ancora di più, consapevole che il suo pittore sarebbe volato a New York per un mese o anche di più.
Pianse, pianse, pianse e poi si addormentò tra le tele di Dean.
Probabilmente, dormì fino a quella sera. Ricordava che qualcuno l’aveva sollevato per poi portarlo in camera sua, posandolo sul letto. Erano state delle mani forti, mani che gli avevano accarezzato il viso tante volte, quelle che avrebbe riconosciuto sempre. Sorrise, bisbigliando il nome di Dean mentre lui lo sistemava sotto le coperte.


note. 
penso che mi odierete dopo questo capitolo, a meno che non lo facciate già
~
scrivere di Cas che piange ed è triste mi spezza il cuore, me lo immagino come un pulcino che cerca la mamma e non la trova çWç
spero vi piaccia, nonostante sia di una tristezza unica.
ne approfitto per fare gli auguri alla Wary siccome oggi è il suo compleanno

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Capitolo 8
*** New York. ***



Quando Castiel si svegliò quella mattina, Dean non c’era.
Era da tre giorni che non tornava a casa. Castiel l’aveva capito, però. Era giusto stargli lontano, così avrebbe capito come sarebbero stati i giorni successivi, le settimane successive.
Era giusto fargli capire come sarebbe stato in quel mese.
Si alzò, allora, trascinandosi in cucina controvoglia. Aprì il frigorifero e tirò fuori la confezione di latte, poi ne verso un po’ in un bicchiere. Lo bevve tutto in un sorso, poi gettò il bicchiere nel lavandino. Era sveglio da poco meno di cinque minuti ed era già stanco.
Ormai faceva tutto controvoglia. Ma sapeva che gli sarebbe bastato vedere Dean per una volta, salutarlo e dirgli quanto lo amava, poi si sarebbe messo l’animo in pace.
Sbuffò, pensando a quanto fosse inutile senza Dean.
Accese il cellulare, sperando che ci fossero messaggi. Ve ne trovò uno, da parte di Dean. Quello sul suo viso sembrò quasi un sorriso, anche se abbastanza forzato.

Ehi, Cas. Dobbiamo parlare, è urgente. Verrò domattina.

E proprio quando finì di leggere il messaggio, qualcuno bussò alla porta, due volte, proprio come il suo Winchester usava di solito fare.
Castiel andò ad aprire, trovando Dean e due valigie. Rimase a guardarle per un po’, poi prese a fissar Dean senza sorridere o  dirgli nulla. Quelle valigie dicevano già tutto, a meno che Dean non avesse deciso di portare il restante della sua roba a casa Novak. Castiel non era arrabbiato con lui, non lo sarebbe mai potuto essere, era semplicemente stanco.
Stanco di trovare persone speciali che in qualche modo perdeva o che si stancavano di lui.
“Ehi.” Lo salutò Dean, entrando dentro insieme alle sue due valigie.
“Ciao.” Castiel glielo disse mentre si sedeva sul divano, cercando di non guardarlo negli occhi. Solo allora notò che le tele sul pavimento erano sparite, non ne era rimasta nemmeno una. C’erano dei fiori al loro posto, dei grandi vasi pieni di stupidi e inutili fiori.
“Ho pensato di doverti parlare.”
“Oh, davvero? Volevi anche andartene senza dire nulla?”
“Non era quello che intendevo, Cas.” Rispose Dean, sedendosi sull’altra poltrona, di fronte a lui. “Io ho parlato con Balthazar.”
“Lo so, ero lì.”
“Non intendevo venerdì mattina. Abbiamo parlato di nuovo, a proposito del mio lavoro.” Castiel si voltò di scatto verso Dean, ormai con gli occhi lucidi. Non voleva piangere, era da bambini e lui ormai non lo era più.
“E allora?” Mormorò, abbassando gli occhi sull’orlo della maglietta del pigiama.
“Un mese, Cas. Un mese e torno, che gli affari vadano bene o male.”
“Dean, io starò bene. Guardarmi ora: sto benissimo! Me la caverò.” Dean rise pur di non piangere, per poi alzarsi e sedersi accanto a Castiel, stringendolo a sé. Era lui a mentirgli in quel momento.
Una bugia per farlo sentir meglio, era quella la cosa giusta.
Lo strinse ancora più forte pensando a ciò che stava per fare, mentre Castiel rimase immobile, con le braccia lungo i fianchi. Non aveva la forza necessaria per stringerlo a sé e poi lasciarlo andare senza poterlo abbracciare la sera dopo.
“Cas, guardami negli occhi.” Dean si allontanò abbastanza per guardare quel viso.
Il suo Castiel.
Era suo e lo stava lasciando lì, senza nessuno, con il cuore spezzato. Era crudele come cosa.
Lo stava lasciando andare e non poteva più tornare indietro, Balthazar era stato chiaro.
“Ti prego, guardami.” Castiel così fece, alzando lo sguardo per poi incrociare quello di Dean. Gli si strinse lo stomaco in quel momento. Dean stava piangendo davanti a lui. E stava per partire per New York.
“Dean?”
“Sì? Dimmi tutto, parlami.” Castiel prese fiato, cercando di parlare. Ma tutto ciò che voleva dirgli rimase bloccato sulla punta della lingua, senza riuscire ad uscir fuori. Stava mostrando solo la sua debolezza in quella maniera, ma era fatto così, cosa poteva fare?
Era sempre stato così: lui che si affezionava e che poi veniva travolto da tanti addii.
“Forse è meglio che tu vada.” Dean annuì, coprendosi il viso con le mani. Si alzò un attimo dopo, pronto ad andar via.
Il suo volo partiva alle due, aveva ancora un sacco di tempo, tempo che avrebbe potuto passare a casa Novak invece che in aeroporto a leggere giornali a cui non era perfettamente interessato.
Poi sarebbe arrivato a New York, avrebbe conosciuto l’amico di Balthazar, Crowley, e avrebbero parlato di affari. Balthazar gli aveva chiaramente detto che un mese non sarebbe bastato, che i contratti che faceva Crowley duravano un anno come minimo.
Dean sospirò pensandoci, poi si alzò, pronto ad andar via. Restare lì avrebbe solamente peggiorato le cose, quindi era inutile restare.
“Posso chiamarti quando arrivo, vero?”
“Certo.” Castiel si alzò, abbracciando Dean.  “So che è banale, ma mi mancherai.”
“Però torno … torno presto.” Dean lo strinse più forte, respirando il suo profumo. Un anno anche passava presto dopotutto. E poi non si sarebbero lasciati, quindi perché esser tristi? Si sarebbero tenuti in contatto, magari si sarebbero anche visti qualche volta.
Castiel sciolse l’abbraccio un attimo dopo e guardò  Dean negli occhi.
Era così bello. Dannatamente bello.
Non l’avrebbe perso, l’avrebbe aspettato e sarebbe andato al chiosco di nuovo, avrebbe guadagnato tanto e poi avrebbe comprato dei mobili nuovi, tutti colorati, senza un minimo di bianco, proprio come sarebbero piaciuti al suo pittore.
“Cas, io ti amo. E tornerò, tornerò e saremo felici insieme. Andrà tutto bene.”
“Sì, Dean, andrà tutto bene. Anche io ti amo.” Dean si avvicinò per poggiare le labbra su quelle di Cas, poi si allontanò subito, sorridendo. Restare l’avrebbe fatto sentir peggio.
Gli stava mentendo, ma sarebbe andato tutto bene.
Castiel si sarebbe arrabbiato, ma sarebbe andato tutto bene come sempre.
“Allora io vado.”
“Sì, altrimenti perdi il volo.” Dean rise, poi andò via senza voltarsi.
Salì sul taxi, diretto all’aeroporto.
Pensò a Castiel per tutto il tragitto, pensò a come gli avrebbe detto che non sarebbe tornato dopo trenta giorni, nemmeno dopo trentuno. Sarebbe stato via trecentosessantacinque giorni esatti e poi, forse, sarebbe tornato.
Puoi tornare a Natale, a Capodanno”, gli aveva detto Balthazar quando si erano visti. Ma tornare per poi dover andar via di nuovo sarebbe stato ancora più duro ma  avrebbe potuto provarci. Avrebbe veramente reso se  stesso e Castiel dannatamente felici, così tanto che forse sarebbe perfino rimasto lì senza più tornare a New York da Crowley.

Dean arrivò nel suo nuovo appartamento alle otto di sera. Era un bell’appartamento, eccetto per il fatto che fosse tutto bianco, proprio come quello di Castiel all’inizio. Vi trovò Balthazar e un uomo non molto alto, vestito elegantemente. Suppose dovesse trattarsi di Crowley.
Erano seduti a tavola, davanti a una bottiglia di whiskey.
“Oh, tu sei Dean.”
“Sì, sono io. Dean Winchester, piacere.” Dean allungò la mano verso quella di Crowley e sorrise, per poi sedersi sull’unica sedia libera.
“Inizi a lavorare domani. Niente scuse, per favore. Il tuo contratto durerà un anno, caro Dean, poi potrai tornartene dal tuo Castiel. Mi ha raccontato tutto Balthazar se ti interessa. E no, non posso renderlo ancora più breve di quanto sia. Ci siamo capiti?” Dean annuì, bevendo del whiskey in un bicchiere che gli porse Balthazar.
“Io ora vado. Ci vediamo domattina, alle sette in punto, Winchester.” Crowley andò via, allora.
Balthazar rise, per poi dare una pacca sulla spalla di Dean. Poi rise di nuovo, guardando l’espressione confusa e preoccupata del ragazzo.
Crowley non era così severo, lui lo conosceva, ma aveva voluto dar quell’impressione a Dean per qualche strano motivo. Smise di ridere solo dopo alcuni minuti, prendendo fiato.
“Allora, hai detto al piccolo Novak che non starai solamente un mese qui?”
“Balthazar, non ti riguarda.” Balthazar si avvicinò al viso di Dean, serio.
“Mi riguarda, caro Dean. Castiel è un mio caro e vecchio amico.”
“Se la metti così, no. Glielo dirò tra un po’, quando me la sentirò.”
“Io tornerò svariate volte a casa, posso salutarlo da parte tua.”
“Certo.” Dean si alzò e posò le due valigie in un angolo del salotto. Si avviò verso il corridoio ed entrò nella  prima stanza, quella che poi scoprì essere la sua camera. Si stese sul letto, sistemando per bene il cuscino sotto la testa come faceva ogni sera, poi sospirò. Quel letto non era comodo come quello di Castiel. Era scomodo, freddo, non sembrava nemmeno un letto a dire il vero. Assomigliava tanto al divano scomodo e vecchio che aveva a casa sua, quello dove aveva guardato con Sam centinaia di film in quegli anni.
Riuscì ad addormentarsi solamente dopo un bel po’, svegliandosi alle cinque in punto. Fu il cellulare a svegliarlo, una chiamata, precisamente.
“Chi diamine mi chiama alle cinque di mattina?!” Sbottò, abbastanza infastidito. Non sentiva nulla, solamente un respiro.
Ciao.
“Cas, ciao. Che succede? Stai bene?”
Volevo sapere se stavi bene, domani lavoro tutto il giorno e penso che anche tu lavorerai.
“Hai fatto bene, benissimo anzi. Tutto bene?”
Mi manchi. Tu stai bene?
“Si, però..” Castiel lo fermò con la sua risata isterica dall’altro capo del telefono. “Cas?”
Ti ho disturbato, sono sempre il solito. Scusa.” E poi il vuoto. Dean rimase a fissare il display del cellulare per un po’, con l’espressione confusa. Non gli dispiaceva essere svegliato così presto, anche se iniziava a lavorare alle sette, sopratutto se era Castiel a svegliarlo.
Non gli sarebbe mai dispiaciuto essere svegliato da lui, dalle sue carezze, dalla sua voce.
Sorrise pensando a quanto avrebbe dovuto aspettare per vederlo, poi posò il cellulare al suo fianco e sprofondò nel sonno un’altra volta, più stanco che mai.


spazio autrice.
Sì, lo so, sono una persona cattiva perché pubblico solamente ora, scusate!
Poi il capitolo è anche triste, quindi sono ancora più cattiva ;_;
Proverò a pubblicare presto, ma con il gattino che non mi da pace sarà difficile (SI CHIAMA MISHA ED E' STATA UN'IDEA DI MIA MADRE)
Ringranzio come sempre chi legge e recensisce, siete adorabili ;w;

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Capitolo 9
*** Bugie e promesse. ***


Il primo mese di lavoro era stato faticoso ma aveva dato gran risultati: Dean aveva venduto parecchi quadri e aveva guadagnato in un giorno l’intera somma del ricavo dei dipinti venduti negli anni scorsi. Ogni mattina iniziava alle sette, aveva una pausa pranzo alle tredici, e finiva di lavorare alle sei e trenta. Crowley l’aveva tenuto sott’occhio e aveva già iniziato a pensare di offrirgli un contratto con una durata maggiore, ma sapeva che sarebbe stato un buco nell’acqua.
Aveva notato che Dean dipingeva sempre imbronciato e, soprattutto, che sporcava tutto ciò che aveva attorno. La prima cosa che aveva sporcato era stato il muro che aveva di fronte, facendo schizzare la pittura per sbaglio, tanto nervoso che era. Si era scusato, ma Crowley aveva riso ed era tornato fuori, sedendosi sulla sua sedia rossa.
Dean e Castiel  si erano sentiti ogni sera. Alle nove e trenta, lui lo chiamava e gli raccontava la sua giornata di lavoro e gli diceva di tutti i dipinti che aveva fatto fino ad allora.
E i giorni erano trascorsi uno dopo l’altro, velocemente, forse troppo dato che Dean doveva dirgli ancora la verità. Non sapeva come dirgliela, non ci aveva nemmeno pensato, ma doveva essere sincero almeno con lui.
                                      
Castiel, quella mattina, si svegliò segnando l’ennesima linea rossa sul calendario: 30 luglio.
Sorrise, entusiasta. Si trascinò in cucina e preparò del caffè caldo. Lo bevve tutto d’un sorso come faceva al solito, quasi scottandosi la lingua. Mugugnò qualcosa, poi gettò la tazzina nel lavandino.
C’era il sole quel giorno e Dean sarebbe tornato, finalmente. L’avrebbe abbracciato, baciato, e avrebbe dormito con lui dopo tutto quel tempo. Gli avrebbe fatto una sorpresa: avrebbe cucinato qualcosa di buono, magari il suo piatto preferito, e l’avrebbe reso felice, mostrandogli tutti i nuovi mobili comprati. Non erano bianchi, bensì  di varie tonalità di blu.
Una volta controllato di aver tutto il necessario per la cena, corse al chiosco per lavorare. Arrivò e subito vide la macchia blu, sorridendo, e si ricordò per l’ennesima volta che l’aveva lasciata Dean. Ricordare ogni mattina il loro primo incontro lo metteva di buon’umore quasi sempre, era uno dei motivi che lo spingeva a non prendere un aereo per New York invece di aspettarlo lì.
Chuck lo aspettava sulla soglia della porta posteriore, con le braccia conserte e lo sguardo da cane bastonato. Non era in ritardo, ma lui aveva sempre qualcosa da dirgli.
“Novak, sei in orario stamattina. Bene!”
“Sono anche in anticipo, Chuck. Oggi finisco un’ora prima, ricordi?”
“Oretta che ti sottrarrò dallo stipendio.” Ridacchiò Chuck, per poi aprire la porta del chiosco. Lui e Castiel erano amici, non troppo, ma sapevano scherzare insieme e si divertivano anche. A Castiel non faceva male avere un amico in più a parte Sam e Jessica.
Da quando Dean era partito, lui e Sam avevano parlato e legato molto dopo davvero poco tempo. Ogni sabato sera, lui e Jessica andavano a trovarlo a casa e cenavano tutti insieme, magari davanti a un film, e a Castiel faceva più che bene essere amico della famiglia del suo ragazzo.
Gli faceva piacere e non aveva raccontato niente a Dean siccome volevano fargli una sorpresa.
Sarebbe rimasto a bocca aperta appena arrivato e Castiel sperava che ne sarebbe stato felice.
Controllò l’orario appena finito di pulire il bancone: erano le nove, quindi Dean doveva essere già sveglio. Lo chiamò, sorridendo come non faceva da tanto.
Pronto?
“Buongiorno, amore.”
Oh, Cas. Buongiorno.” Mormorò Dean, abbastanza assonnato come al solito.
“Oggi torni allora.”
Cas, io.. io non lo so. Ho litigato con Crowley, ha minacciato di non volermi pagare se non resto per una settimana ancora. Mi dispiace.” Il sorriso di Castiel diventò leggermente più triste, ma rimase comunque un sorriso. Era felice, Dean sarebbe tornato in pochi giorni, era quello l’importante.
Ho già prenotato il volo però. Arriverò all’aeroporto lunedì prossimo, a mezzogiorno.
“Ci vediamo lì, allora. Buona giornata, Dean.” Castiel infilò il cellulare nella tasca dei jeans e lucidò ancora il bancone, ponendo attenzione a non finire sulla macchia blu.
Erano solo sette giorni, poi sarebbe stato felice completamente di nuovo. Doveva sorridere solamente, perché sarebbe andato tutto bene, proprio come si dicevano sempre.

Castiel approfittò della pausa pranzo per allontanarsi dal chiosco e avvicinarsi al pontile dove aveva visto la prima volta Dean. Quella volta, differentemente, vi trovò un’altra persona. Vide Balthazar comodamente steso su una sdraio a righe colorate. Lo fissò per un po’ da lontano, poi gli si avvicinò e inclinò la testa di lato, osservando il viso rilassato dell’uomo. Lui si accorse della presenza di Castiel solamente dopo un po’ e sobbalzò quando lo vide mentre lo fissava.
“Oh, ciao Castiel!” Lo salutò, sfilandosi gli occhiali da sole dal viso.
“Ciao, Balthazar.”
“Cos’è quel broncio? Hai saputo di Dean?” Castiel sgranò gli occhi, avvicinandosi ancor di più.
“Cosa avrei dovuto sapere?”
“Ops, il piccolo pittore bastardo non ti ha detto nulla. Gli avevo detto di farlo già da un po’.” Balthazar si mise a sedere, prendendo della crema solare per poi spalmarla sul braccio destro. Castiel lo fissò e vederlo così calmo lo rese terribilmente ansioso.
“Balthazar, cos’è successo a Dean?”
“Non tornerà, Cas. Dean ha un contratto di un anno con Crowley e non tornerà oggi.” Castiel sgranò gli occhi, indietreggiando.
“Dean mi ha detto che tornerà lunedì prossimo.” Balthazar scoppiò a ridere. Dean era stato proprio bravo a mentirgli, pensò, ma tenne quel pensiero per sé.
“Oh, che cosa divertente! Lunedì prossimo hanno un incontro con dei tizi di Barcellona. Non illuderti, non tornerà.”
“Mi stai mentendo!”
“Credimi, ho le mie ragioni per dirti la verità.” In effetti, Balthazar le aveva. Dean gli aveva detto chiaramente che non avrebbe detto nulla a Castiel perché ne avrebbe sofferto troppo. Avrebbe inventato scuse su scuse e sarebbe tornato da Natale fino a Capodanno, era stata quella la sua decisione. E Balthazar, allora, si era precipitato lì, decidendo di andare a casa Novak per dirgli tutto, ma non aveva detto nulla né a Dean né a Crowley.
Castiel non si meritava quello che voleva fargli Dean, doveva sapere la verità e, da buon amico, lui gliel’aveva detta.
“Io non ti credo. Dean tornerà lunedì prossimo!” Castiel andò via a quel punto, marciando verso il chiosco, infuriato più che mai. Non ci credeva, sia perché non voleva, sia perché non pensava che Dean sarebbe arrivato a mentirgli riguardo una cosa a cui teneva così tanto. Non era un comportamento da Dean quello. Lui conosceva e sapeva che non si sarebbe mai comportato così, non era possibile, non poteva esserlo.
Castiel camminò fino a metà strada fino a casa, poi si rese conto che, in teoria, avrebbe dovuto ancora essere a lavoro e si fermò. Alzò lo sguardo e vide qualcuno dall’altra parte della strada, un qualcuno terribilmente somigliante al suo Dean. Gli si avvicinò, sorridendo di nuovo, ma dopo essersi avvicinato di poco si rese conto che dall’altra parte della strada non c’era nessuno. Aveva solamente immaginato Dean, non era reale e non lo sarebbe stato per il restante anno secondo quel che gli aveva detto Balthazar.
Fece un passo indietro, allora, e decise di proseguire verso casa.
Balthazar non gli aveva mai mentito e sapeva che non gli avrebbe mai detto qualcosa di falso su una questione così importante come quella riguardante Dean.
Non era il tipo, lui.
Castiel arrivò a casa quando ormai era in lacrime e l’unica cosa che riuscì a fare fu a crollare sul pavimento, con il viso inondato dalle lacrime.
Dean gli aveva mentito.
Due volte.

E Castiel odiava le bugie, soprattutto se dette da Dean. Si erano promessi di dirsi sempre la verità una volta. Era una domenica quel giorno. Si erano svegliati insieme quella mattina, e Dean gli aveva preparato il caffè, mettendo due zollette di zucchero e un filo di latte proprio come lo adorava Castiel. Avevano fatto colazione sull’altalena che si trovava nel giardino sul retro. Erano così felici quel giorno, avevano fatto l’amore per la prima volta e Castiel aveva un sorriso enorme stampato in volto e vedere Dean felice lo faceva sorridere ancora di più.
Era stato proprio Dean a chiedergli di essere sempre sinceri e Castiel, ovviamente, aveva risposto con un sì, perché non voleva mentirgli, non l’avrebbe mai voluto fare.
Si erano baciati dopo quella promessa e Castiel si era addormentato sulla spalla di Dean per un po’.
Quei ricordi fecero piangere maggiormente Castiel. Non era giusto, non se lo meritava. Perché mentirgli, poi? Era una persona comprensibile, lui. Lo avrebbe aspettato comunque, gliel’aveva fatto capire, quindi perché mentirgli?
Castiel ebbe l’idea di chiederlo proprio a Dean e infilò la mano nella tasca dei jeans, prendendo il cellulare e digitando il suo numero. Aspettò un po’, poi fece partire la chiamata.
Ci volle un po’, poi sentì la voce di Dean.
Cas?” Lo chiamò, pulendosi le mani con uno strofinaccio. Castiel ci mise un po’ per prendere fiato e riuscir a parlare. E sapeva che Dean se ne sarebbe accorto, che gli avrebbe fatto centinaia di domande e  che lui non avrebbe risposto nemmeno ad una di quelle.
Cas, tutto bene? Ci sei?
“Quindi stai via un anno. È così, no? Un anno intero.” Balbettò lui, con la voce tremolante.
Cosa? Certo che no! Torno lunedì prossimo, te l’ho detto.” Dean sentiva il cuore battergli talmente forte che fu costretto a respirare a fondo e a sedersi vicino la finestra, convinto che sarebbe potuto sentirsi male da un momento all’altro.
“Certo. Poi andrai via di nuovo. Dean, mi hai mentito. Perché? E la nostra promessa? Mi hai detto di amarmi, me l’hai dimostrato, perché mentirmi?”
Cas, non posso parlare ora. Ci sent – vediamo domani. Verrò da te, promesso.” Castiel scosse la testa e gettò il cellulare sul pavimento, asciugandosi il viso con il palmo della mano.
Si alzò e camminò lentamente fino alla finestra della veranda, guardando il paesaggio che Dean tanto amava. Rise, nonostante non fosse per nulla divertito, e decise di andare in camera sua, dove sarebbe rimasto fino al mattino successivo.
Non aveva fame, non aveva sete, non aveva nemmeno sonno. Gli sarebbe piaciuto riuscir a dormire, riuscire a mangiare o a bere, ma l’unica cosa che voleva era riuscire a chiarire con Dean, faccia a faccia. Non voleva dirgli addio, non in quella maniera, non per una bugia.


spazio autrice.
Ho pubblicato presto e so che mi odierete perché questo capitolo è ancora più triste.
Il prossimo lo sarà ancora di più probabilmente ;__; 
Sono una cattiva persona, lo so lol
Il capitolo è triste per colpa della 2x03 di Sherlock, l'ho rivista e ora ho solo voglia di piangere ugh


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Capitolo 10
*** Decisioni. ***



Dean mantenne la promessa e il giorno dopo si precipitò a casa Novak. Aveva corso come mai in vita sua per arrivare a casa di Castiel e ce l’aveva fatta alla fine.
Era arrivato lì alle otto in punto e aveva usato la sua chiave per entrare dato che pensava che Castiel dormisse a quell’ora. Infatti aveva ragione. Castiel dormiva sempre a quell’ora.
Entrò dentro  silenziosamente, guardandosi attorno. Era tutto cambiato dall’ultima sua volta lì e il bianco era scomparso. Dean notò anche una cornice sul tavolino della stanza: nella foto c’erano Castiel, Sam e Jessica che si abbracciavano. A Dean venne da piangere in quel momento, ma preferì trattenersi. Non sapeva cosa sarebbe potuto succedere, avrebbe potuto piangere anche una volta andato via dal lì.
Si avviò verso camera di Castiel, allora. Una volta arrivato fuori la porta, prese un respiro profondo e la aprì leggermente. Castiel era lì, steso sul letto, che dormiva. Aveva una maglia grigia e Dean notò che era sua, l’aveva lasciata lì per sbaglio. A Dean non ci volle molto per notare che stava stringendo il suo cuscino in quel momento.
Gli venne da piangere ancora, ma si trattenne, entrando con passi silenziosi. Si sedette sul letto, accarezzando il viso di Castiel. Era da tanto che non lo faceva, da un mese e un giorno. Lo aveva lasciato lì tutto solo e non si era preoccupato di dirgli la verità. Era colpa sua e doveva assolutamente rimediare, perché così non era giusto. Non era giusto far star male il suo piccolo Castiel, il ragazzo che aveva incontrato grazie a quella macchia blu, quello che gli aveva fatto capire e imparare tante cose e lo stesso che gli aveva detto di amarlo alla follia. E Dean lo sapeva che il suo amore non era grande tanto come quello di Castiel nei suoi confronti, lui non amava mai al cento per cento, non ci riusciva. Detestava rimanere deluso e deludere le persone, quindi se ne stava sempre un passo indietro, così da poter dire che andava tutto bene per lui quando le cose andavano male. Aveva sempre fatto così, scappando da ciò che veramente provava. Era una cosa da bambini, quello lo sapeva, ma star male sarebbe stato peggio secondo lui.
“Cas, mi dispiace così tanto.” Castiel aprì gli occhi allora e quel blu riempì il cuore di Dean di felicità. L’unica cosa che riuscì a fare in quel momento fu sorridere come non faceva da un bel po’. Sorrise e accarezzò di nuovo il viso del suo amore, serrando le labbra tremolanti.
“Cas, mi dispiace. Ma sono qui, guardami.” Castiel strinse la mano di Dean e accennò un sorriso, mettendosi a sedere accanto a lui. Dean era lì, accanto a lui di nuovo, e sembrava quasi avere il cuore spezzato. Ma anche il suo lo era, quindi non voleva perdonarlo da un momento all’altro, voleva spiegazioni e le meritava decisamente.
Era sicuro che se non si fosse trattato di Dean, quasi sicuramente avrebbe lasciato perdere quella persona per sempre. Ma lì vicino a lui c’era Dean e così nella sua vita, non poteva semplicemente lasciarlo andare sapendo che lui continuava ad amarlo incondizionatamente. 
Sospirò allora, abbassando lo sguardo sul pavimento.
“Cas, parlami, ti prego.”
“Dean, io non lo so, va bene? Non so cosa dirti, so che potrei rovinare tutto e non voglio. Anzi, non posso. Perderti sarebbe qualcosa che mi porterebbe a rinchiudermi qui per sempre.”
“Non mi perderai. Mai. Ci ritroveremo sempre, te lo prometto.” Dean glielo disse tenendogli il viso  tra le mani.
Era serio quella volta, nessuna bugia. Avrebbe lavorato ma sarebbe tornato quando possibile, quella era stata la sua decisione.
Niente più bugie, niente più false promesse. Tutto vero, come lo era quasi sempre stato e come sempre sarebbe stato in futuro.
“Me ne hai già fatte di promesse. Ed eccoci qui.” Castiel si alzò, diretto in cucina. Si fidava di Dean, certo, ma non riusciva a credergli in quel momento, non dopo quel che era successo. Ma aveva ragione, anche Dean la pensava così, era stato lui quello a sbagliare e ne stava pagando le conseguenze. Non era Dean quello ad avere ragione, non quella volta.
Dean lo seguì a ruota e lo guardò mangiare alcuni biscotti prima di avvicinarsi di qualche passo. Era da così tanto che non vedeva Castiel svegliarsi per poi avviarsi in cucina e preparargli la colazione. E gli mancava tutto quello, forse anche troppo.
“E se ti promettessi qualcosa sul serio? Ti fideresti?”
“Dean, io mi fiderei sempre, anche se tu andassi via per mesi e mesi. Mi fiderei e ti aspetterei.”
“E  se facessimo così allora? Tu che ti fidi e io che ti dico la verità? Sono undici mesi.” Castiel si voltò lentamente, posando le mani sul tavolo.
Si fidava, gli aveva detto la verità, ma undici mesi senza il suo Dean erano così tanti, così troppi. Non sapeva se avrebbe potuto aspettarlo per tutto quel tempo. Non era il tipo a cui piaceva aspettare qualcosa o qualcuno, lui.
Ma Dean era qualche sorta di eccezione, quindi poteva provarci. Bastava concentrarsi sul lavoro e pensare che sarebbe andato tutto bene, essere positivi.
“Undici mesi sono tanti. Torneresti ogni tanto?” Dean si avvicinò e prese le mani di Castiel per stringerle nelle sue. Le baciò, guardandolo negli occhi. Finalmente riuscì a vedere un sorriso sul viso di Castiel e quel sorriso fu qualcosa di incredibilmente bello.
“Posso tornare se ti va. Oppure non tornerò e ci vedremo tra undici mesi e staremo insieme fin quando vorremo. Quindi per tanto tempo, secondo il mio punto di vista.” Castiel rise e abbracciò Dean forte, stringendolo per un momento che sembrò interminabile. Dean lo strinse a sua volta e gli carezzò la schiena, trattenendo le lacrime.
Castiel l’aveva perdonato anche quella volta. Lui lo perdonava sempre, era fatto così.
E Dean non era fatto così, ma era diventato debole davanti a Castiel e sapeva che gli avrebbe potuto concedere tutto, sempre, perché lo amava. Lo amava da morire e avrebbe dato qualsiasi cosa per non vederlo triste.
“Allora?” Chiese Castiel, posando la testa sul suo petto. Dean lo strinse ancora di più, carezzandogli i capelli scuri.
“Proviamo così. Undici mesi passano in fretta, no?” Castiel ridacchiò, poi annuì, allontanandosi per guardare negli occhi Dean.
Sembrava sincero e probabilmente lo era.
Castiel gli sorrise, annuendo ancora. Undici mesi sarebbero passati in fretta e loro sarebbero stati insieme ben presto. Se la sarebbero cavata, anche se tutto non sarebbe andato alla perfezione. Bastava fidarsi e aspettare.
“E adesso?”
“Andiamo a riposare un po’, ti va?” Dean annuì e seguì Castiel in camera da letto.
Castiel si addormentò sul suo petto, con le dita intrecciate con le sue. Dean non dormì, non ci riuscì. La sua mente era piena di pensieri riguardanti agli undici mesi che avrebbe avuto davanti. Era spaventato da morire. Spaventato di perdere Castiel, di perdere il lavoro e tornare alla solita vita di prima. Non che gli dispiacesse, ma il suo sogno si stava avverando giorno dopo giorno e buttare tutto all’aria sarebbe stato da pazzi a quel punto.
Ma lasciare Castiel lì e lasciar passare undici mesi senza poterlo vedere forse era ancor peggio. Gli mancavano le sue colazioni, le passeggiate al parco, i biscotti. Gli mancava tutto e non poteva tornare indietro nemmeno lì. Doveva aspettare semplicemente.
Dean continuò a pensarci fin quando non sentì le palpebre chiudersi. Si addormentò allora e sognò di non lasciar mai Castiel
.



spazio autrice.
Mi scuso da morire per il ritardo, davvero çwç
In teoria, avevo il capitolo pronto, ma non mi piacevano parecchie cose quindi l'ho letto varie volte e stasera ho riscritto la parte finale.
Se state pensando che è l'ultimo capitolo, no, non lo è. Ce ne sarà un altro  sicuramente, forse anche un secondo. 
Questo finale mi sarebbe piaciuto, sì, ma ho in mente qualcosa di diverso e mi farà del male solamente scriverlo Quindi sarei tanto curiosa di sapere come finirà questa storia secondo voi.
A presto, promesso
~

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Capitolo 11
*** Ricordi. ***


“Castiel, ti voglio b-bene.” 
“Te ne voglio anche io, Dean.” Rispose Castiel al piccolo pappagallo verde e giallo che gli aveva regalato Balthazar per il suo compleanno. Era stato lo stesso Balthazar a chiamarlo Dean e a Castiel non era dispiaciuto. Dean gli sembrava un bel nome, anche se non adatto a un pappagallo secondo lui. Era stato sempre Balthazar a insegnargli quella frase e Castiel era scoppiato a ridere quando l’aveva sentita. Non tutti gli dicevano che gli volevano bene. Anzi, nessuno lo faceva.
“Ora vado a lavoro. Ci vediamo stasera, Dean.” Lo salutò come faceva al solito, correndo al lavoro. Era venerdì, quindi avrebbe dovuto lavorare fino alle otto di sera. Gli affari al chiosco andavano più che bene stranamente e Chuck era diventato molto premuroso nei suoi confronti. Lo lasciava sempre andare a casa prima quando ne aveva bisogno e gli chiedeva sempre se aveva bisogno di qualcosa o di qualcuno. Ma Castiel rispondeva che andava tutto bene e continuava a pulire il bancone e a prendere ordini.
Arrivò alle nove quella mattina e si fiondò subito al bancone dopo aver salutato Chuck. Fissò la macchia blu e ammiccò un sorriso.
Non ci volle molto prima che Balthazar arrivasse. Ormai era un’abitudine a trovare Castiel al chiosco ogni mattina, raccontargli di New York e degli amici che aveva lì. A Castiel sembravano simpatici dalle descrizioni fatte da Balthazar.
Si accomodò sullo sgabello rosso come al solito e Castiel gli preparò un frullato alla fragola, il preferito del suo amico – o migliore amico, da quanto aveva capito.
“Cas, oggi un mio amico torna qui. Sai, è da tanto che lavora a New York. Lo porterò qui, verso mezzogiorno. Lo adorerai, è un ragazzo veramente simpatico!” Balthazar posò il bicchiere vuoto sul bancone e mostro un enorme sorriso a Castiel.
“Sì, va bene. Vi preparo qualcosa.”
“Grazie, sei gentile! Ci vediamo tra un po’, allora.” Balthazar andò via prima che Castiel avesse potuto rispondere.
Castiel non sapeva di quale degli amici di Balthazar si trattasse, ne aveva un paio lì a New York ma non ricordava i loro nomi. In realtà non gli interessavano, ma gli piaceva ascoltare le storie di Balthazar su New York. Lui non c’era mai andato lì,  in quella città così grande.

Castiel era in pausa quando sentì due mani coprirgli gli occhi. Sobbalzò allora, indietreggiando di un passo. Probabilmente era Chuck o Balthazar, anche se non era ancora mezzogiorno. Castiel toccò le mani che gli coprivano gli occhi e capì che erano mani di un uomo probabilmente.
“Chuck, sei tu?”
“Sbagliato!” Castiel non riconobbe quella voce. Era una voce che aveva già sentito, ma non ricordava né dove né a chi appartenesse precisamente.
“Balthe? Smettetela di farmi questi stupidi scherzi.”
“Okay, okay, la smetto.” Castiel sentì quelle mani abbandonare il suo viso, poi si voltò, trovandosi davanti a un perfetto sconosciuto. Era un ragazzo dalla pelle bronzea, con gli occhi di un verde pazzesco. Lui lo fissò per un po’ e Castiel avrebbe potuto scommettere che non esisteva un sorriso enorme come quello del ragazzo che aveva davanti.
Il ragazzo lo abbracciò un attimo dopo, stringendolo forte.
Castiel non capiva. Non capiva niente. Chi era quel ragazzo? E perché lo stava abbracciando?
Nonostante quella stretta fosse così familiare per lui, non capiva di chi si trattasse. Non aveva mai visto quel viso per quanto ricordava.
“Ti sono mancato,vero?” Castiel aggrottò la fronte, poi annuì.
“Cas, tutto bene? Sembri assente.”
“C- cosa? Assente? No, certo che no. Tu mi sei mancato, c – certo. Io non - ” Castiel svenne di colpo in quel momento.
Furono Balthazar e Chuck a portarlo a casa, ovviamente insieme al ragazzo. Chuck andò via subito e Balthazar gli disse che si sarebbe fatto sentire in giornata per dirgli come stava Castiel.
Chuck era diventato premuroso nei confronti di Castiel e lo trattava come un fratello minore, un fratello che non aveva mai avuto. Non gli dispiaceva prendersene cura, sapeva che Castiel era solo e che non aveva nessuno a parte Balthazar e forse qualcuno di cui non era a conoscenza.
Balthazar si allontanò dal divano e da Castiel per prendere due bicchieri e la bottiglia di whiskey. Porse uno dei bicchieri al suo amico, poi versò il whiskey.
“Che diamine sta succedendo, Balthazar?” Balthazar lo fulminò con lo sguardo, poi sospirò, deciso a dirgli tutta la verità.
“Dean, tu non lo sai. Tu non sai niente. Castiel non è più lo stesso.”
“Be’, me ne sono accorto. Ora, però, mi dici quello che diamine è successo. So che lo sai.” Balthazar posò il suo bicchiere sul tavolino, poi avvicinò una sedia e si sedette di fronte a Dean, seduto sulla sua poltrona preferita.
“Castiel ha, come dire, avuto un piccolo incidente.” Dean sgranò gli occhi, facendo cadere il bicchiere di vetro a terra e facendolo frantumare in tanti piccoli pezzetti.
Il suo Castiel.
“Cosa?! Piccolo cosa?!”
“Sì. Ha avuto un piccolissimo incidente, piccolo, te lo giuro.”
“E che diamine è successo?”
“Ora ha semplicemente perso la memoria, ma sarebbe potuta andar peggio. È stato fortunato.” Dean afferrò Balthazar per l’orlo della maglietta e lo sollevò di pochi centimetri dal pavimento senza nessuno sforzo. Balthazar si liberò in fretta dalla presa di Dean e si sistemò accuratamente la giacca nera appena comprata. Non voleva di certo rovinarla.
“Che diamine stai dicendo, Balthazar? Sai, non mi diverte questo scherzo. Non dirmi stronzate.”
“Oh, certo, Castiel ha fatto finta di non ricordarsi di te. Certo, Dean. Ed è svenuto per scherzare.” Dean abbassò lo sguardo su Castiel, sospirando. Non poteva essere.
Non era giusto, non era … nulla.
“Quindi?”
“Non ricorda te. Guarda, c’è il suo pappagallino lì. Si chiama Dean.” Balthazar rise.
“Cosa?! Un pappagallo?!”
“Dean, lui non sa nulla di te. Non sa che tu eri il suo ragazzo, che l’hai lasciato qui. Ricorda solo dell’incidente e alcune cose della sua infanzia. Il pappagallo è stato un mio regalo.”
“Sono ancora il suo ragazzo. Ora lasciami solo con lui, per favore.” Balthazar annuì, poi camminò fino alla porta e andò via, mostrando un enorme sorriso a Dean.
Dean si sedette accanto a Castiel, vicino al suo volto. Gli accarezzò la guancia destra mentre era in lacrime, per poi fissarlo a lungo. Il suo Castiel, quello con cui aveva passato tutte quelle belle cose, quello che lo amava e che amava. Non ricordava più nulla in quel momento, non sapeva nemmeno chi era, ecco il perché  del comportamento bizzarro che aveva avuto al chiosco.
Era perché Castiel non sapeva chi fosse Dean, non lo ricordava. E forse non l’avrebbe mai ricordato.
Dean si addormentò senza volerlo.

Castiel non svegliò Dean. Lo lasciò dormire e preparò dei pancakes siccome era parecchio affamato. Li mangiò mentre fissava Dean, cercando di ricordare, o almeno provando a capire chi fosse. Pensò che forse era un suo cugino, oppure un semplice amico che stava ritornando da qualche posto. Ma lui non ricordava in quel momento.
Dean si svegliò grazie alle risate di Castiel. Aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu Castiel giocare con il suo pappagallo, ridendo silenziosamente. Dean sorrise e Castiel si accorse che ormai era sveglio, smettendo di ridere.
Si avvicinò con piccoli al divano, poi gli si sedette accanto. Dean gli sorrise, sospirando.
Era passato un anno, ma lui era sempre bello e il blu dei suoi occhi era sempre così … blu.
“Allora, posso sapere chi sei? Sai, io non ricordo nulla, non so se te l’ha detto Balthazar.” Dean annuì e il sorriso sul suo viso scomparve un attimo dopo.
“Io sono Dean.”
“Anche il mio pappagallo si chiama così. Comunque, chi sei per me? Intendo, un amico, un parente o qualsiasi altra cosa.”
“Io e.. Io sono-” Dean si fermò quando vide Sam e Jessica entrar dentro. Rimase con la bocca aperta, gli occhi sgranati. Era da tanto che non vedeva suo fratello  e Jessica, non si era mai preoccupato di chiamarli. Aveva pensato solamente al lavoro, a tutti quei giorni che sarebbero passati senza il suo amore.
Sam avrebbe capito, si era detto una volta in viaggio per New York. Lui lo capiva sempre, anche se diventava furioso quando suo fratello non lo avvertiva su cose veramente importanti. Ma lo capiva e Dean capiva lui, sempre.
“Ciao, Sam! Jessica, da quanto tempo!” Castiel si alzò per abbracciar forte entrambi. Balthazar gli aveva detto che Sam e Jessica erano dei carissimi amici, ma non aveva mai menzionato Dean.
“Siamo venuti per invitarti al nostro matrimonio, Cas. Stiamo per partire e abbiamo pensato di passare.” Castiel mostrò un enorme sorriso, poi baciò entrambe le guance di Jessica e guardò stupefatto l’anello che  Sam le aveva regalato.
“Verrò sicuramente, lo prometto!” Sam lo abbracciò per un’ultima volta, poi i due andarono via. Castiel sembrava veramente contento e tutta quella felicità fece rendere conto a Dean che forse sarebbe stato meglio non dirgli nulla. Si alzò, allora, pronto ad andar via.
Si avvicinò a Castiel di pochi passi, poi l’abbracciò forte, chiudendo gli occhi e inspirando il suo profumo. Fu un abbraccio che durò a lungo, un abbraccio che Castiel non si aspettava per niente.
Gli sembrava tutto così nuovo, così strano e da scoprire.
“Non c’è bisogno che io ti dica chi ero nella tua vita. Tu ora sei felice e va bene così, Cas. Non ce n’è bisogno, te lo giuro. Non ero niente di speciale.”
“Sei sicuro? Se eri qualcosa per me, se lo sei ancora, puoi dirlo. Io lo accetterò.” Dean scosse la testa, asciugandosi le lacrime con la mano
“No, va bene così. Le cose cambiano, cambiano sempre.”
“Dean - ” Il Winchester scappò via a quel punto.
Andò via, lasciando la porta aperta e Castiel confuso. Doveva lasciargli vivere la sua vita, lasciarlo essere felice con chi voleva. Non c’era bisogno che tornasse nella sua vita di nuovo per poi andar via chissà quante volte.
Dean decise una cosa quel giorno: non avrebbe fatto più soffrire Castiel.


spazio autrice.
Penso mi odierete per questo capitolo, scriverlo mi ha distrutta ;_;
Però - eh eh, c'è un però! - la storia non è finita. Ho deciso di scrivere ancora un altro capitolo e penso sarà l'ultimo.
Qui trovate la mia altra destiel, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate (:
Grazie a chi recensisce sempre, a chi legge la storia e un grazie particolare va alla Sab. 
Se non fosse stato per lei penso che questa storia l'avrei già cancellata.
Quindi grazie a tutti e vi prometto che pubblicherò presto l'ultimo o, almeno, ci proverò (:

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Capitolo 12
*** Il futuro. ***


Alcuni mesi dopo.

Dean era diventato l’uomo solo che aveva visto sempre in se stesso.
Dopo essere scappato da casa Novak, si era fiondato a casa sua e aveva preso le uniche cose che aveva lasciato lì, le aveva messe in un borsone e poi era scappato via.
Si era nascosto nella casa al lago, quella dei genitori di sua mamma. Non aveva mai portato Cas lì, quella casa era piena di vecchi ricordi di una famiglia ormai scomparsa. Sapeva che superarli sarebbe stato un gran passo, un cambiamento troppo grande per quel tempo.
Ma lasciare Castiel era stato un passo ancora più grande, quindi doveva superar tutto una volte e per tutte.
Da casa sua poteva vedere perfettamente il chiosco e il pontile. Poteva vedere dove tutto era iniziato e ricordare ogni singolo giorno tutti i momenti passati con Castiel.
I giorni erano passati così lentamente che Dean pensò che davvero qualcosa sarebbe cambiato di nuovo.
Non era uscito di casa in quei giorni. Era Sam a lasciargli la spesa fuori la porta tre volte alla settimana ma senza mai fermarsi per chiedergli come stesse o per un saluto veloce. Lui si era creato una vita, aveva una famiglia – o quasi -  e Dean non pretese un bel nulla dal suo fratellino felice. Nonostante gli mancasse la vita di prima, decise che sarebbe andato avanti. Doveva farlo, sia per lui che per Castiel.
Dean ripeté nella sua mente che le persone si dimenticano prima o poi, che lui avrebbe dimenticato Cas prima o poi, nonostante non ci sperasse molto. Lui era stato l’unico a capirlo così bene, era stato l’unico ad aprirsi ed amarlo immensamente. Poi era tutto sparito senza nemmeno un avvertimento. Castiel aveva iniziato una nuova vita e merita di essere felice veramente, con una persona che sarebbe stata sempre al suo fianco, che l’avrebbe amato al cento per cento e che non si sarebbe mai tirato indietro quando i problemi si sarebbero presentati alla porta.

Quando Dean uscì di casa era il 12 gennaio. Faceva freddo, forse fin troppo, ma uscì lo stesso. Il chiosco era chiuso, quindi non si preoccupò di poter trovare Castiel o Chuck lì. Era da un bel po’ che non li vedeva, forse decisamente più di un bel po’.
Si avviò verso il pontile, allora. Ricordò quando aveva deciso di andar lì quel giorno, quel giorno in cui aveva incontrato Castiel per la prima volta. Sorrise a quel pensiero, malinconico.
Abbassò lo sguardo senza volerlo e vide una macchia blu. Iniziò a boccheggiare un attimo dopo e si chinò per sfiorarla. Assomigliava al blu degli occhi del suo Cas.
“Sai, Dean, mi hanno raccontato una storia su quella macchia blu.” Dean si voltò, sobbalzando. Vide Castiel: solito trench e un maglione grigio. Dean lo riconobbe subito quel maglione. Gliel’aveva regalato a Natale insieme ad alcuni libri.
“Raccontala anche a me.” Castiel si avvicinò a Dean lentamente mentre il vento soffiava contro il suo viso.
“Parla di due ragazzi: un pittore e un ragazzo normale, lui lavorava in un chiosco. Si innamorarono subito e il pittore lo amava da morire, solamente non riusciva a capire che quell’amore sarebbe stato troppo forte per tirarsi indietro. Il ragazzo normale lo amava a sua volta e sai cosa, Dean? Lui lo ama ancora oggi, penso. Si ameranno per sempre, anche se sono degli stupidi codardi.” Dean si ritrovò ad asciugarsi il viso dalle lacrime. Era così vera quella storia, soprattutto il fatto che lui era uno stupido codardo. Scappava sempre, nonostante non volesse, e il mondo, in qualche maniera, cercava di impedirglielo.
“È  una storia bella, davvero, complimenti.”
“Sì, hai ragione.” Castiel gli sorrise. Era un sorriso dolce, uno di quelli che gli mostrava quando si svegliavano insieme, nello stesso momento, e Dean apriva i suoi occhioni verdi e sorrideva. Così Castiel ricambiava il sorriso, si avvicinava e gli baciava le labbra dolcemente.
Era da tanto che non accadeva niente del genere, da più di un anno.
“Spero che siano felici adesso.”
“Dean – ”
“Scusa, Castiel, io dovrei andare via.” Mormorò Dean, abbassando lo sguardo e infilando le mani nelle tasche della giacca. Rivederlo era stato come aprire una ferita non ancora chiusa del tutto. Era stato forse peggio, secondo Dean.
Era stato quello che aveva evitato, che avrebbe preferito evitare per sempre.
Era stato semplicemente terribile, tanto da farlo piangere.
“Dean, io ti amo. Ti amo ancora.” Dean si fermò dopo aver fatto alcuni passi.
Deglutì, poi si voltò lentamente: Castiel lo stava guardando e sorrideva. Lo guardava dal pontile, così serena l’espressione sul suo viso.
“Cosa?”
“Tu hai sentito perfettamente. Ti amo, Dean.” Dean si avvicinò lentamente e man mano iniziò a camminare più velocemente. Una volta arrivato vicino al viso di Castiel, senza pensarci ancora una volta, lo baciò. Quel bacio durò minuti interi e Dean sentì dopo tanto un calore espandersi nel petto e diffondersi in tutto il corpo.
Lo strinse a sé una volta lasciate le sue labbra, affondando le dita nei suoi capelli e il viso nel suo collo. Era da fin troppo che non sentiva quella sensazione di protezione e amore.
“Cas, tu …?”
“Quando sei andato via da casa mia, io ero confuso. Ho chiamato Sam e lui mi ha detto delle cose, mi ha detto di noi. Ho ricordato tutto dopo un mese, forse due. Volevo cercarti, Dean, mi mancavi e sono venuto ogni giorno qui. Per te.” Dean scosse la testa, sorridendo, per poi prendere le mani di Castiel e stringerle tra le sue.
Si sentiva bene dopo tanto. Precisamente, si sentiva come una persona che pensa di aver perso e scopre che la vittoria è sua dopo un tempo che sembra interminabile. Era così che Dean si sentiva e Castiel era la vittoria, anzi il premio, migliore di tutti.
“Ti va se andiamo a casa mia? Qui si gela.” Castiel rise e annuì, poi afferrò forte la mano di Dean e si incamminarono insieme verso casa di Dean.
Quando Dean era scappato da casa sua, Castiel  non aveva capito. Ma quando aveva iniziato a ricordare tutto, si era reso conto che quella era stata una cosa abbastanza giusta vista la situazione. Gli aveva dato ragione, quindi, e lo aveva aspettato giorno per giorno.
Nonostante Dean non fosse mai andato al chiosco o a casa Novak, Castiel sapeva che sarebbe uscito da quella casa prima o poi. Lo sentiva, perché capiva perfettamente i modi di fare del suo Winchester. E li adorava, proprio come adorava lui.

Arrivarono in fretta a casa di Dean e Castiel si accomodò sul divano rosso, vicino al caminetto. Si scaldò le mani e Dean lo guardò divertito, così felice di avere di nuovo il suo Novak accanto, felice e sorridente. Gli si sedette accanto, un attimo dopo, mettendogli un braccio attorno le spalle. Castiel si strinse a lui più forte che mai e Dean gli baciò la fronte, per poi sorridere silenziosamente.
“Dean.”
“Ssh, Cas. È questo che avrei voluto fare in questi mese invece di scappare. Ma ora sono qui, siamo qui.”
“Veramente volevo chiederti una cosa.” Dean si allontanò da Castiel per guardarlo negli occhi. Sembrava felice come un bambino e quella felicità illuminò la giornata di Dean, scaldandogli ancor di più il petto. Annuì, allora, lasciandogli un lieve bacio sulle labbra.
“Ti andrebbe se io mi trasferissi qui? Non ora, non per forza. Quando vorrai.”
“Sei serio?” Castiel annuì, stringendosi ancora di più a Dean.
“Be’, puoi anche andare a prendere i tuoi bagagli allora.” Castiel rise e abbracciò forte Dean.
Era da così tanto che non rideva in quella maniera.
Da fin troppo.
Ma ora era felice. E lo sarebbe sempre stato con Dean. Sempre.
Perché Dean era il suo tutto, lo era diventato col tempo, con gli sbagli, con tutti quei baci, con quella macchia blu.
E per Dean era diventato lo stesso. Cas era diventato la ragione di ogni suo sorriso.
“Sai, c’è una cosa che non ho mai fatto.”
“Cosa?” Dean si alzò, si avvicinò al cassettone vicino al caminetto e aprì il primo cassetto. Sorrise nel vedere tutti i suoi disegni ancora lì. I suoi disegni di Castiel, ovviamente.
Prese il blocco dei disegni, alcune matite, e poi tornò a sederesti di fronte a Castiel.
Non disegnava da quando era scappato da casa Novak. Si era arreso all’idea di provare a far qualcosa che gli ricordasse Castiel. Non doveva ricordarlo, si era detto, doveva dimenticarlo per il loro bene.
“Non ho mai disegnato i tuoi occhi, Cas. È stata la prima cosa che ho pensato quando ti ho visto. Disegnarli, voglio dire.” Sul sorriso di Castiel apparve un sorriso enorme, un sorriso speciale.
“Be’, sono qui. Siamo qui.”
 
Dean ci mise un bel po’ per perfezionare ogni particolare dello sguardo di Castiel, il suo angelo. Tutto ciò che era accaduto negli ultimi tempi gli aveva completamente cambiato la vita.
Castiel gliel’aveva cambiata. Gli aveva imparato ad amare davvero, senza tirarsi indietro; e Dean aveva imparato tante cose a Castiel a sua volta.
Dean fu costretto ad asciugarsi le lacrime quando ci ripensò. Erano lacrime di felicità quella volta ma non voleva farsi prendere dal ricordo di tutte quelle cose. Era tutto passato, d’altronde. E Castiel era suo completamente.
Alzò lo sguardo appena finito il disegno e Castiel dormiva beato sotto una coperta azzurra, una di quelle che avevano riparato Dean dal freddo di New York.
Il pittore si alzò e gliela sistemò, sorridendo. Gli baciò la fronte subito dopo e gli accarezzò il viso.
Erano insieme, niente più contava.
Si amavano e lo sapevano.
Dean sorrise al pensiero di condividere il resto della sua vita con Castiel.
Ci pensò per un po’ e si rese conto che una vita piena di momenti meravigliosi era lì davanti ai loro occhi.


Spazio autrice.
Ed eccomi qui con l'ultimo capitolo. E' stato triste  scrivere l'ultimo capitolo perché ormai mi ero affezionata a questa storia ;w;
Comunque, voglio ringraziare.
 tutti, davvero. Grazie per aver letto questa storia, per le recensioni, per tutto insomma.
Grazie alla Sab in particolare!
Non ho altro da dire, quindi spero solamente che vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso questo finale.
Quindi grazie ancora e a presto, spero! :)

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