My life's a mess.

di highfivekeats
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***
Capitolo 17: *** XVII ***
Capitolo 18: *** XVIII ***
Capitolo 19: *** XIX ***
Capitolo 20: *** XX ***
Capitolo 21: *** XXI ***
Capitolo 22: *** XXII ***
Capitolo 23: *** XXIII ***
Capitolo 24: *** XXIV ***
Capitolo 25: *** XXV ***
Capitolo 26: *** XXVI ***
Capitolo 27: *** XXVII ***
Capitolo 28: *** XXVIII ***
Capitolo 29: *** XXIX ***
Capitolo 30: *** XXX ***
Capitolo 31: *** XXXI - ultimo capitolo ***



Capitolo 1
*** I ***



Staccai la sveglia, scesi piano dal letto.
Mi diressi in cucina, trovai mamma. Mi porse la tazza con i cereali.
«Buongiorno, Cate.» disse, baciandomi la guancia.
«Che ci fai ancora qui? Di solito alle sette sei già al lavoro.» mi domandai stranita, sedendomi a tavola.
Mamma fece una risata. «Oggi è il mio giorno libero, ricordi?»
«Oggi è venerdi?!» sbottai, battendomi una mano sulla fronte.
«Sei distratta ultimamente. Potrebbe centrare un ragazzo?» mi chiese mamma, maliziosamente.
Nonostante lavori per la polizia, alcune cose non le intuisce nemmeno.
«Sei fuori strada – le risposi, con il sorriso sulle labbra – Ben è già a scuola?» chiesi poi, prendendo una cucchiaiata di cereali.
«Si.»
Il mio patrigno, Ben, lavora come insegnante nella mia scuola. Fortunatamente lo vedo poco in giro per i corridoi, dato che allena solo la squadra di basket. Una volta mi suggerì di fare la cheerleader, così che potessi stare con lui dopo l’orario di lezione. Beh, se lo scorda! Non farò mai la cheerleader. Non perché sono tutte delle troie – almeno la maggior parte non lo sono – ma perché non mi troverei a mio agio a saltellare in un abitino succinto, mentre tutti i ragazzi della squadra di basket – e della scuola – mi fissano. Sarebbe imbarazzante…
 
Arrivai a scuola, raggiunsi rapidamente il mio armadietto. Macie mi aspettava lì.
«Buongiorno!» mi salutò, allegramente.
La abbracciai. «Sei di buon’umore, oggi.»
Macie annuì, aprì il suo armadietto. «Oggi vado a fare un tatuaggio.»
«Un altro?» chiesi, scocciata.
Macie fece spallucce. «È l’ultimo… mamma me li ha vietati per sempre.»
Stavo per chiederle il perché, ma fui interrotta da Ray, Jenni e Cole che si avvicinarono a noi.
«Ehi ragazze, stasera venite alla festa sul molo?» ci chiese Ray, sorridendo.
«Come possiamo mancare a una festa?» disse Macie, che intanto stava mangiando Cole con gli occhi. Lui… ricambiava le occhiate.
«Allora ci vediamo lì.» disse Cole, fissando Macie intensamente.
Cavolo, per una volta non guardava il seno di una ragazza!
«Ehm… Weber, torna fra noi.» disse Jenni ridendo, mentre sventolava una mano davanti agli occhi di Cole.
«Oh, si.»
Si allontanarono.
«Qualcuno stava flirtando.» notai divertita.
«No, ma che dici…»
«Vi stavate solo mangiando con gli occhi.»
«Non è vero!» protestò Macie.
«Hai la capacità di farti guardare negli occhi da Cole Weber, notevole.»
«Forse perché mi ha già visto nuda…»
«COSA? Perché non me l’hai detto?!»
«Stavo per dirtelo! È successo sabato sera, quando tu, Mike e Tom eravate andati via dalla festa. Io non mi sono sentita bene e lui mi ha accompagnata a casa. Beh, i miei non c’erano e Mike era a casa di Tom, quindi… ho approfittato della situazione. Non posso resistere ai riccioli di Cole, sono stupendi. E poi quegli occhi cavolo… ti intrappolano.» disse lei, con espressione sognante.
«Fammi indovinare… ti sei innamorata di Cole.»
«Forse.»
«Ne rimarrai scottata, ragazza. Sai che Cole è… un puttaniere, vero?
»
«Certo, ma è stato così dolce sabato… dopo averlo fatto non se n’è andato e mi ha baciato tutta la notte… ho dovuto farlo uscire dalla finestra per non farlo scoprire a Mike.»
Macie rise come un’ebete.
«Ne rimarrai scottata.» dissi io, chiudendo l’armadietto.
Ci dirigemmo in classe.
 
Era sera; ero pronta per la festa.
Avevo indossato un vestitino blu notte, ma dato che era un po’ troppo corto avevo anche dei leggins neri. Ai piedi avevo un paio di tacchi blu.
«Mamma, Ben, io vado. Non aspettatemi se faccio tardi, ok?» annunciai, prendendo le chiavi.
«Divertiti. E sta attenta, mi raccomando.» disse Ben, prima che potessi uscire.
Uscii da casa, Macie mi aspettava fuori dalla macchina di Mike.
«Sei uno schianto!» disse Macie.
Indossava un vestito verde che le arrivava ai piedi e un paio di tacchi bianchi.
«Perché sei vestita come una che deve andare in spiaggia?»
«Perché la festa è sulla spiaggia, ricordi?»
«Comunque sei stupenda anche tu.» dissi, sorridendole.
Entrammo in macchina.
 
Arrivammo alla festa; c’era un sacco di gente, forse tutta la scuola.
Cole aveva una decina di ragazze attorno, ma parve ignorarle quando incrociò lo sguardo di Macie; i due si scambiarono delle occhiate veloci poi allontanarono gli occhi.
«Che cazzo te lo flirti a fare da lontano. Va da lui e parlargli!» dissi, pizzicando il braccio a Macie.
«Ho paura.»
«Macie Payne, la ragazza che a 12 anni ha fatto il suo primo tatuaggio ha paura? Ma per favore!»
«E va bene! Ci vado, ok?»
Macie si allontanò.
«Ma dove cazzo va?» mi chiese Mike, cercando di arrivare alla sorella.
«Da Cole.»
«NO!»
«Ehi, calmati.»
«Non voglio che soffra.»
Cercò di nuovo di allontanarsi, ma lo bloccai per un braccio. «Lasciala fare i suoi errori.»
Intanto, Macie aveva raggiunto Cole, e lui sembrava aver dimenticato le dieci ragazze che fino a poco fa si strusciavano su di lui.
Parlava con Macie, sorrideva e arrossiva.
«Credo che a Cole piaccia tua sorella.» notò Tom.
«No. Vuole solo portarsela a letto.» disse Mike, secco.
«Già fatto.»
«COSA?!»
«Non ho detto niente, ok? Andate a ballare.»
«IO LO AMMAZZO A QUELLO Lì!»
«Tom, portalo via per favore.»
Tom annuì, trascinò Mike per un braccio.
Cercai di raggiungere il tavolo dei drink, dato che avevo voglia di una coca cola, constatai che era impossibile senza beccarsi tantissime gomitate nello stomaco.
Ce l’avevo quasi fatta, quando un ragazzo inciampò davanti a me, versandomi il contenuto del suo bicchiere addosso.
«Guarda dove metti i piedi!» sbuffai.
«Scusa, ho visto una stella davanti a me che mi ha accecato.» disse lui, alzandosi.
Sgranai gli occhi, quando capii di chi si trattava: Justin Bieber.
Il puttaniere della scuola, insieme a Cole. Uno di quei ragazzi che fanno tutti i dolci per rimorchiare, poi dopo che hanno ottenuto quello che volevano ti lasciavano raccogliere i pezzi del tuo cuore spezzato. Non che io ci fossi passata; sapevo quelle cose grazie a metà scuola.
E sapevo che era meglio stargli alla larga il più a lungo possibile, per non cadere nella sua trappola.
«Sta più attento la prossima volta che cammini nella folla con un bicchiere in mano, ok?»
«Certo, bellissima. Non ti ho mai visto finora… ma hai una faccia familiare.» disse, grattandosi il mento.
«Sono Cate Sturridge, Bieber. Facciamo il corso di biologia e quello di matematica insieme.» dissi io, alzando gli occhi al cielo.
Justin mi fece un sorrisetto malizioso. «Sturridge. Sapevo che c’eravamo già incontrati, io e te – disse, mordendosi un labbro – Sei molto carina… perché non mi sono accorto di te, finora?»
«Credimi, è meglio così – ridacchiai, allontanandomi – Le tue frasi non fanno effetto su di me.»
«Non ancora!» mi gridò lui, di rimando.
Risi tra me e me, poi raggiunsi Macie, per dirle che andavo a casa. Non avevo voglia di stare lì, e il fatto che il mio vestito si fosse rovinato era solo l’input per andarmene.
Macie stava ancora parlando con Cole, mi chiedevo quando cavolo si sarebbe incollata alle sue labbra.
«Ehm… Macie, io vado a casa.» le dissi, facendola voltare.
Macie mi guardò stranita. «Perché?»
Indicai il mio vestito. «Quel cretino di Bieber mi ha rovesciato non so cosa addosso.»
«E vai a piedi?»
«Mi faranno bene quattro passi.»
Diedi un bacio sulla guancia a Macie, salutai Cole con un cenno della mano e mi allontanai.
 
Camminavo senza una meta precisa.
Non sapevo dov’ero, e poco mi importava; se mi fossi persa avrei chiamato mamma o Ben e mi sarei fatta venire a prendere.
All’improvviso sentii un braccio trascinarmi nell’oscurità e sbattermi ad un muro.
«Chi… chi cazzo sei?» chiesi, impaurita.
«Shh… sta zitta – disse il ragazzo, baciandomi il collo. Mi stringeva i polsi con forza – Io e te ci divertiremo, adesso. Vedrai, ti piacerà.»
Chiusi gli occhi, aspettando la fine. Opporsi era inutile, e io lo sapevo benissimo…
All’improvviso il ragazzo si allontanò bruscamente.
Uscii da quel vicolo; finalmente un po’ di luce!
Vidi Justin picchiare quel ragazzo. Aspetta… Justin? Justin Bieber?
Il tipo si allontanò.
«Ecco bravo, scappa. Codardo – disse, poi si avvicinò a me – Stai bene? Ti ha fatto qualcosa?»
Scossi la testa, ancora confusa.
«Ti porto all’ospedale?»
«No, non preoccuparti. Sto benone.»
«Dalla tua faccia non si direbbe.»
«È solo lo shock del momento, tra un po’ starò meglio.»
Justin prese la mia mano. «Vieni, ti accompagno a casa – mi disse, cercando un contatto con i miei occhi. Scossi la testa, titubante – Tranquilla, non ti mangio!» continuò, ridendo della mia reazione.
 
C’era silenzio. Un silenzio che non era per niente piacevole.
Insomma, sono in auto con un puttaniere di prima categoria che prima ci ha provato con me e poi mi ha salvata da un probabile stupro, come devo comportarmi? Cosa devo dire?
«Grazie.» dissi, grattandomi la guancia.
«Di niente – rispose Justin, tenendo lo sguardo sulla strada. Mi guardò velocemente, si morse un labbro – Sembri triste. Va tutto bene?»
«Si, si. Sono solo confusa.»
 
Arrivammo davanti a casa.
«Beh… ci si vede.» dissi, aprendo la portiera. Justin mi bloccò per un polso.
«Che vuoi ora?»
«Mi devi un favore.» disse, ammiccando.
«Fottiti.» replicai, fredda.
Uscii dall’auto, percorsi in fretta il vialetto.
«Già tornata? Sono solo le nove e mezza.» notò mamma, sorpresa.
«Non mi sento molto bene… – dissi. Notai che era vestita in modo elegante – Dove vai?»
«A cena con Ben, se si sbriga!» mi rispose, voltando la testa verso il corridoio.
«Ho quasi finito!» sbottò Ben, dal bagno.
«Se vuoi, possiamo restre qui a farti compagnia.»
«No, andate e divertitevi. Me la caverò…» dissi, correndo in camera mia.


 

*



Buonsalve.
Non so cosa scrivere, come tutte le volte che scrivo il primo spazio autrice di una storia lol
Quindi... niente, questa è la mia seconda storia su Justin, e spero vi piaccia.
Per i personaggi, dato che a me piace dargli un volto per poterli immaginare meglio (?), Cate ha il volto di
Britt Robertson (è un'attrice, recitava in The Secret Circle e io la adoro *w*), Macie ha il volto di Phoebe Tonkin (se ve la ricordate, era Cleo in H2O), Ray, Cole, Mike e Tom hanno il volto di Zayn Malik, Harry Styles, Niall Horan e Liam Payne dei One Direction e Jenni ha il volto di Perrie Edwards delle Little Mix, una girlband inglese che ha vinto xfactor UK l'anno scorso. A mio parere, sono bravissime (le Little Mix, ovvio lol). *w*
Spero vi piaccia.
A presssto (?)

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Capitolo 2
*** II ***



Non ho chiuso occhio tutta la notte; sono stata assillata dai dubbi.
Perché Justin mi ha salvata? Ma soprattutto, come faceva a sapere dov’ero e cosa mi stava succedendo?
Due domande apparentemente semplici, che però mi hanno assillato per tutta la notte.
Presi il cellulare, composi il numero di Macie.
«Pronto?»
«Macie, sono io.»
«Ehi Cate. Che succede?»
«Ho un problema.»
«Dimmi tutto.»
«Ieri, quando me ne sono andata dalla festa, ho incontrato un ragazzo… ubriaco.» rabbrividii.
«Stai bene?»
«Si, grazie a Justin.»
«Aspetta… Justin? Quel Justin?»
«Si. Justin Bieber.»
«E come…?»
«Non lo so! Ma ora basta con i miei problemi. Com’è andata con Cole?»
«Benissimo, è qui accanto a me ora.»
«Senti, ieri… non l’ho fatto apposta, ma ho detto a Mike… che tu e lui avete, ecco…»
«Catherine Renèe Sturridge, cosa hai fatto?!»
«Non l’ho fatto apposta!»
«Perfetto, ora Mike ucciderà sia me che Cole.»
«Perché Mike ucciderà sia te che me?»
«Perché Cate gli ha detto di noi.»
«Oh cazzo.»
«Ehm… Cate, ti posso chiamare dopo?»
«Ok. Dopo però mi racconti tutto.» dissi ridendo, poi staccai.
Sentii bussare alla porta. «Avanti.»
«Non sapevo che eri la figlia del coach Miller.» disse Justin, entrando. Si sedette accanto a me.
Lo guardai a occhi sgranati. «Sono la sua figliastra… comunque, che ci fai qui?»
«Volevo sapere come stavi.»
«Più o meno come ieri…» dissi vaga.
«Passato lo shock?»
«Certo – mi morsi un labbro – Io devo chiederti una cosa.»
«Certo, sono libero stasera.»
Scossi la testa; gli diedi uno schiaffo sul braccio. «Perché l’hai fatto?»
«Fatto cosa?»
«Salvarmi... insomma, io e te non ci conosciamo, ci siamo parlati per davvero solo ieri... mi sembra strano, ecco tutto.»
Justin fece spallucce. «Solo perché non ti conosco bene dovevo lasciarti lì, in balia di quel tipo? Sei strana, Sturridge.»
«Devo chiederti ancora un’altra cosa. Posso?»
«Certo.»
«Come facevi a sapere che ero lì?»
«Ti ho vista allontanarti e… volevo scusarmi per come mi ero comportato con te.»
Justin Bieber che si scusa? Non ci credo.
«È la verità?»
«Si, credimi – si alzò – Allora… ci vediamo in giro.»
«Va bene.»
Lo salutai con un cenno della mano.
No, era troppo strano.
Mi vestii di corsa, e mi fiondai a casa di Macie.
 
Bussai.
«Buongiorno Cate.» mi salutò Mandy, la madre di Macie, facendomi entrare in casa.
«Buongiorno, Mandy.» dissi, seguendola in cucina.
Vidi delle pancake in un piatto; il mio stomaco brontolò per ricordarmi che non avevo fatto colazione.
Aspetta… Macie dov’era?
«Fammi indovinare… Macie ha dimenticato il ricambio a casa.»
«Sì – mentii, maledicendo Macie mentalmente – Gli ho detto che poteva mettere i miei vestiti ma dice che si sente più a suo agio con i suoi.»
Salii di sopra. Entrai in camera di Macie, Mike era seduto sul letto della sorella con le mani nei capelli. Mi sedetti accanto a lui.
«Non è tornata a casa stanotte.»
«Lo so.» dissi, accarezzandogli le spalle.
«Come puoi stare calma?!»
«Io mi fido di lei.»
«Ma ti fidi di Cole?»
«Se lei si fida…»
«Non mi interessa se lei si fida o no. La farà soffrire, e io non voglio vedere mia sorella soffrire.»
«Mike, ora ascoltami ok? Macie è una ragazza forte.»
«Sarà anche una ragazza forte, ma nessuno sopravvive alle delusioni d’amore.»
Abbracciai Mike. «Noi la faremo sopravvivere.»
Mi alzai, cercai i vestiti di Macie.
 
Andai a casa di Cole.
Conoscevo bene la via dove abitava; mia madre è amica di sua madre, e qualche volta siamo andati a casa loro.
Bussai; venni aperta da Cole, indossava solo dei boxer.
«Ahm… ciao Cole. Macie?»
«Di sopra.»
Salii di sopra, entrai in camera di Cole.
Macie era mezza nuda, seduta sul letto con le gambe incrociate.
«Ti ho portato dei vestiti.» dissi, lanciandogli gli abiti che avevo preso a casa sua. Macie si vestì in fretta.
«Ho bisogno di parlarti, Cate.»
«Dimmi pure.»
«Ho paura.»
«E di cosa?»
«Di essere solo uno svago per Cole. Credevo che sarei stata capace di non mischiare il sesso con l’amore, perché con Cole non si sa mai, ma stanotte… è cambiato tutto.»
«Ti sei innamorata di Cole, vero?»
«Sì – disse, appoggiando la testa sulla mia spalla – E ho paura di essere solo il suo giocattolino.»
«Se ti tratta male, gli infilo la testa nel water – dissi, accarezzandole i capelli. Macie rise – Comunque, anch’io ho bisogno di parlarti.»
«Dimmi.»
«Si tratta di Justin… dice che mi ha vista perché mi stava seguendo, voleva scusarsi per come si era comportato. Ma io non ci credo per niente.»
«Sai che ti dico? Non ci credo nemmeno io.»
 
Tornai a casa, un buonissimo odore di bacon e uova mi riempì le narici.
Mi diressi in cucina, trovai Ben ad armeggiare con le pentole.
«Sto cucinando.» mi disse, come se non l’avessi capito.
Feci una risata, mi sedetti a tavola. «Lo vedo.»
«Dove sei stata?»
«Da Macie.» risposi semplicemente, facendo spallucce.
«Prima è passato Justin... non pensavo foste amici.»
Alzai lo sguardo verso Ben. «Infatti non lo siamo.»
«Meglio così – disse, porgendomi il piatto – Quel ragazzo non ha una bella reputazione.»
«Come fai a sapere...?»
«Lavoro a scuola, o no? – disse, ridendo. Risi anch’io – È un vero peccato, perché in fin dei conti è un ragazzo a posto.»
«Beh, se non fosse così donnaiolo...» dissi vaga.
«Io posso capirlo – sospirò. Lo guardai stranita – Ero anch’io come lui, ai tempi del liceo.»
«Uh, credo che lo dirò a mamma questo.»
«Diglielo pure. Io e lei andavamo a scuola insieme.»
«Davvero? – chiesi, stupita. Ben annuì – E quindi conoscevi anche...»
«Si, Cate. Conoscevo tuo padre. E posso dirti che era esattamente uguale a come lo ricordi tu.»
Mi rabbuiai; abbassai lo sguardo. «Non voglio parlare di John.» dissi soltanto, sentendo la rabbia riaffiorare.
Non mi piaceva parlare dell’uomo che mi aveva messa al mondo, comunemente noto come John Brunswick. Non riuscivo neanche a chiamarlo papà...
«Scusa.» disse Ben, accarezzandomi la testa.
«Non preoccuparti.» risposi, sorridendogli.

 

*


Hello.
Avevo in mente di postare domenica, ma ho cambiato idea perché avevo già il capitolo pronto, quindi... ecco il capitolo.
A me non fa impazzire ed è di passaggio, ma... dal prossimo capitolo si entra nella storia.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. :3
A pressto (?)

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Capitolo 3
*** III ***



«Cate, mi sembri strana. Mi dici cosa succede?» mi chiese Tom, mentre camminavamo nel corridoio affollato della scuola.
«Ok, a te posso dire tutto vero? – presi un respiro, e raccontai a Tom quello che era successo alla festa – …E ora sia io sia Macie crediamo che stia mentendo. Tu che ne dici?»
«È ovvio che mente! Da quando Justin Bieber chiede scusa?»
«Devo scoprire la verità.»
Entrai nella classe di Biologia, ero in ritardo. L’unico posto libero era… accanto a Justin. Bene.
«Signorina Sturridge, è la sesta volta in due settimane che arriva tardi. Cerchi di non perdere tempo, la prossima volta.» mi rimproverò il signor Montgomery, segnando il ritardo sul registro.
«Scusi, signor Montgomery.» dissi, andandomi a sedere accanto a Justin.
«Ciao.» disse, allungando una mano verso la mia.
«Ehi.» dissi disinteressata, mentre ascoltavo la lezione. Decisi di prendere qualche appunto.
Dato che sono all’ultimo anno, devo impegnarmi il triplo per essere ammessa a Yale. È sempre stata il mio sogno, da quando ero piccola. Forse sono stata influenzata da ‘Una mamma per amica’… fatto sta che devo stare attenta durante le lezioni e studiare sempre.
Il prof andò a fare delle fotocopie, approfittai della sua assenza per parlare con Justin.
«Senti, Bieber, io non ti credo. Non credo che tu sia corso dietro di me per chiedermi scusa, visto e considerato che tu non chiedi scusa a nessuno.»
«Magari sono cambiato.»
Di tutta risposta feci una risata. «Tu non cambieresti neanche se ti puntassero una pistola alla testa.»
Justin mi afferrò per il collo della maglia, mi avvicinò al suo viso. I suoi occhi non lasciavano trasparire alcuna emozione. Notai solo in quel momento che erano davvero belli.
«Solo perché sono conosciuto come uno strafottente e montato puttaniere, non vuol dire che lo sia per davvero. Non credi?»
«Tu sei uno strafottente e montato puttaniere.» dissi, prima di togliere le sue mani dal collo della mia maglia.
 
Quel pomeriggio, usciti da scuola, andai con Macie al centro commerciale; le serviva un vestito per il matrimonio di sua madre.
La madre e il padre di Macie non s’erano ancora sposati, nonostante si conoscessero da quasi vent’anni e avessero avuto Macie e Mike quando erano appena diciottenni.
Macie non vuole pensare al fatto che i suoi genitori hanno esattamente il doppio della sua età. L’ultima volta che le è capitato di pensarci ha dato di matto...
«Che ne dici di questo?» disse, guardandosi allo specchio. Aveva scelto un vestito blu, le arrivava al ginocchio.
«Ti sta un incanto. A Cole piacerà un sacco...» dissi, sorridendole.
Macie mi guardò confusa. «Credo che non lo inviterò, il matrimonio è di mia madre... non pensi che le darà fastidio se invito il mio... diamine, non so neanche se stiamo insieme.»
«Fidati, state insieme. Hai visto come ti guarda? E poi a tua madre può fare solo piacere che inviti il tuo ragazzo al suo matrimonio.»
Macie scosse la testa. «Non verrebbe di sicuro.»
«Ah si? Ora glielo chiedo io.» dissi, notando Cole davanti alla vetrina del negozio opposto a quello dove stavamo noi.
Mi alzai, mi diressi fuori dal negozio nonostante le proteste di Macie.
«Cole!»
Cole si girò, mi sorrise. «Ehi Cate. Sei con... Macie?» mi chiese, arrossendo.
Cavolo, è proprio cotto!
Mi voltai, Macie era sparita. Forse era nel camerino.
«No... però voglio parlarti di lei.»
«Dimmi.»
«Tra un mese sua madre si sposa, e... Macie si stava chiedendo se a te farebbe piacere... andare con lei, ecco.»
Il volto di Cole si illuminò. «Come amici o... più che amici?» mi chiese, speranzoso.
«Decisamente più che amici.» dissi vaga, baciandogli una guancia.
Rientrai nel negozio, Macie mi guardava male.
«Cosa gli hai detto?»
«Niente, solo... se gli piacerebbe di venire al matrimonio di tua madre con te. E lui mi ha detto sì.»
Macie sorrise. «Davvero?»
«Oui, ma cherie.» risposi, prendendola sotto braccio. Uscimmo dal negozio.
«Che faccia ha fatto quando gliel’hai chiesto?»
«Oh... sembrava felice. Molto.»
Continuammo a camminare; all’improvviso Macie si fermò di scatto facendo una smorfia.
«Che c’è?»
«Anderson e Bieber a ore due.»
«E allora?»
«Niente, solo... quei due mi fanno schifo. Sono così finti.»
Justin e Charlie sono la tipica coppia da telefilm: lei, capitana delle cheerleader e troia che si è scopata mezza squadra di basket; lui, capitano della squadra di basket che si è scopato quasi tutte le troie della scuola.
Nessuno ha mai capito il motivo che li ha spinti a stare insieme, visto e considerato che si cornificano da mattina a sera...
Ci passarono accanto; Justin mi guardò con la coda dell’occhio.
«Oh, oh. Qualcuno qui ha attirato le attenzioni di Bieber.» disse Macie, dandomi una gomitata sul fianco.
«Guarda una miriade di ragazze al giorno.» replicai, seccata.
Stavo per andare avanti, ma Macie mi fermò per un braccio. «Allora non hai visto lo sguardo con cui ti ha guardata.»
«Con che sguardo può avermi guardata?»
«Con lo sguardo alla ‘prima o poi me la faccio questa qui’. E quello sguardo non lo riserva mica a tutte… Sei la sua prossima vittima, mh mh.»
«Non sono la sua prossima vittima!» sbottai, continuando a camminare.
«Ma pensaci per un attimo, Cate. È possibile che sia così. Insomma, il fatto che voleva chiederti scusa, che si sia preoccupato per te… non ti dice niente di sospetto?»
«Sinceramente, a me non dice niente.»
«Questo perché non te ne intendi di ragazzi.» disse Macie, ridacchiando.
 
Andammo a casa sua.
«Dovrei chiederlo a mamma?» mi chiese Macie, torturandosi le mani.
«È ovvio.» dissi io, trascinandola in cucina.
«Ciao, ragazze.» ci salutò Mandy, intenta a sfogliare un giornale di arredamento.
La madre di Macie sembrava più giovane, rispetto alla sua età. I lunghi capelli biondi sempre portati sciolti sulle spalle, i vestiti eccentrici e le mechès colorate la facevano sembrare una della nostra età, che una donna di trentaquattro anni con due figli diciottenni che a breve si sarebbe sposata.
Macie odiava quel lato di sua madre, voleva che somigliasse a una donna adulta, più che a una sua coetanea.
«Ciao mà. Io… dovrei chiederti una cosa.» balbettò Macie, guardandosi la punta delle scarpe.
«Dimmi.» la incitò sua madre, alzando lo sguardo verso di lei.
«Io… uhm… potrei invitare un mio amico al tuo matrimonio?»
Sospirai. Quando si sarebbe decisa a dire il mio ragazzo?
«Certo.» rispose Mandy, tornando con lo sguardo alla rivista.
Macie sorrise, poi mi trascinò di sopra con lei.
«Che dici, lo chiamo ora?» mi chiese, afferrando il cellulare dalla borsa.
«Certo, idiota!»
 
-Justin’s Pov.
 
«Possiamo fare una pausa? Sono esausto.» ansimò Ray, sedendosi.
Gli lanciai una bottiglietta d’acqua. «Ok, sfaticato.»
Ray mi fece un’occhiataccia. «Scusa, se sono umano e mi stanco facilmente. Tu sembri un robot.»
Mi sedetti sullo spalto dietro al suo. «Semplicemente, perché amo il basket. E poi, se voglio quella borsa di studio per la California University dovrò impegnarmi.» dissi, passandomi l’asciugamano sulla fronte.
Di solito, nel tardo pomeriggio, usavamo la palestra della scuola per allenarci. Avevo le chiavi, dato che ero il capitano della squadra, e dato che il coach Miller mi aveva dato il permesso di usarla quando volevo… tanto valeva approfittarne.
Pensare al coach Miller mi fece venire in mente Cate. Quella ragazza mi sta facendo impazzire. Perché non cade ai miei piedi come le altre?
«A cosa stai pensando?» mi chiese Ray, distraendomi.
«A Cate.» ammisi, facendo spallucce.
«Vedo che quella ragazza ti ha preso più delle altre.» notò, acido.
Ray odiava come mi comportavo con le ragazze; questo ci aveva messo spesso in conflitto e non mi aveva ancora perdonato per averci provato con Jenni…
«È più di una ragazza da portarsi a letto – dissi, passandomi una mano sui capelli – Mi affascina. E mi attrae. Forse, perché non è caduta subito ai miei piedi.»
«Sai, Bieber, non tutte le ragazze sono uguali – sbottò Ray – Non puoi pretendere che ti muoiano tutte dietro come delle stupide.»
«So che ti riferisci a Jenni. Ti giuro che non volevo. Non sapevo che tu e lei stavate insieme, all’epoca…» mi difesi, beccandomi una sua occhiataccia.
«Ragazzi! – ci voltammo verso l’entrata e vedemmo Cole correre verso di noi – Indovinate cos’è appena successo.»
«Hai trovato il kinder bueno vincente e finalmente cambierai motorino?» chiesi, retorico.
Cole rise. Aveva gli occhi che luccicavano come non so cosa. «Meglio. E comunque la mia moto non va cambiata.»
«Questo lo dici tu.» dissi, ridacchiando.
«Puoi non interrompermi, per favore? – mi chiese. Annuii – Macie mi ha invitato al matrimonio di sua madre.»
«Oh, bello.» dissi, indifferentemente.
«Non ti ho mai visto così felice, Cole.» notò Ray, sorseggiando un po’ d’acqua.
Cole scosse la testa per sistemarsi la rafia che aveva al posto dei capelli, più comunemente nota comericci, e sorrise. «È l’amore.»
«Quella tipa ti ha infinocchiato per bene, altro che amore – dissi sarcastico, rubando una sigaretta dal pacchetto di Ray – Un altro po’ e verrai da noi dicendoci che hai deciso di sposartela.»
«Dici così solo perché non puoi capire. Prova ad innamorarti.»
Soffiai una nuvola di fumo e feci una risata.«Innamorarmi? Io? Non succederà neanche in un’altra vita.»
«Ah sì? – disse Cole, ridacchiando malefico – E cosa mi dici di Cate Sturridge?»
«È solo un’altra delle ragazze che voglio farmi.»
«Questo lo dici tu. Ho visto come la guardi…»
«Io non la guardo in nessun modo.» mi difesi.
Cole scosse la testa, poi divenne pensieroso e infine sorrise malefico. «Ti va una scommessa?»
Rizzai le orecchie. «Spara.»
«Ti innamorerai di Cate prima di portartela a letto.»
«Ci sto – dissi, stringendo la mano a Cole – Tanto, è risaputo che vincerò io.»

 

*
 

Buenos dias.
Sì lo so, è sabato e ho aggiornato dopotre giorni, ma avevo il capitolo già pronto (beh, diciamo che io ho altri due capitoli già scritti lol) quindi, rieccomi.
Questo è il mio capitolo preferito, finora. Qui comincia la storia vera e propria e abbiamo un nuovo personaggio,
Charlie. Vi dico già che renderà la vita di Cate un inferno senza precedenti :D
Credo che nel corso della storia compariranno altri personaggi perché a me piace aggiungere personaggi lol
Vorrei sapere cosa ne pensate :3
A presssto (?)

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Capitolo 4
*** IV ***



Come ogni mattina, prima di andare a scuola passavo al negozio di dischi del signor Graham, per salutarlo. Quell’uomo è stato come un padre per me.
Entrai nel negozio, stupendomi di trovarlo deserto.
«Signor Graham?» chiesi, sentendomi una scema per aver parlato a vuoto.
«Non c’è, al momento – rispose una voce maschile, dal deposito dietro la cassa – Passi più tardi.»
Il ragazzo sbucò dalla porta del deposito, facendomi sgranare gli occhi.
«Justin?» chiesi, incredula.
Justin mi sorrise, si avvicinò al bancone della cassa. «In carne ed ossa. Cosa ti serve?»
«Oh, niente... ero passata a salutare il signor Graham – dissi, facendo spallucce – Tu, piuttosto, che ci fai qui?»
«Facevo l’inventario – mi rispose, chiudendo la porta a chiave – Gil non c’è oggi e consegnavano della merce, quindi...»
«Lavori qui?»
«No, Gil è il mio patrigno.»
«Cosa?» sbottai, incredula.
«Non lo sapevi?» mi chiese lui, ridendo.
«No... cioè, sapevo che si era sposato, ma... non sapevo che sua moglie avesse un figlio.»
«Beh, ora lo sai. Stavi andando a scuola? – mi chiese. Annuii – Che ne dici se ci andiamo insieme?»
«Oh, ok...» dissi, stranita.
Da quando Justin Bieber mi chiedeva di andare a scuola con lui?
Forse perché, semplicemente, non vuole farsi la strada da solo, mi ha trovato qui e me l’ha chiesto. Perché devo essere sempre così paranoica?
Usciti, aspettai che Justin avesse chiuso il negozio e ci incamminammo verso la scuola.
Mi strofinai le mani, che ormai erano congelate, e guardai avanti a me nervosamente, come per cercare qualcosa da dire.
«Fa freddo, per essere fine settembre, non credi?» disse Justin, come per trovare un argomento di conversazione.
Annuii. Boston era sempre imprevedibile, per quanto riguardava la temperatura; poteva cominciare a fare un freddo invernale già da ottobre.
«Che possiamo farci se viviamo a Boston?» chiesi, ridacchiando.
Una folata di vento freddo mi fece rabbrividire, portai le mani nelle tasche della giacca.
Justin sembrò notare il fatto che avevo un freddo cane. «Cate, stai tremando.» disse, fermandomi.
«Sto bene.» mentii, maledicendomi mentalmente per essermi vestita troppo leggera.
«Hai le labbra viola. Mh, forse potrei riscaldartele.» mormorò malizioso, soffiandoci sopra.
Il suo alito mi disgustò. «Non sapevo fumassi.» sbottai, allontanandomi e continuando a camminare.
«Non credo sia una cosa tanto eclatante, no? Un sacco di ragazzi fumano.»
«Lo so, lo so. Anche mio padre fumava.»
«Fumava? È... morto, per caso?» mi chiese, con tono mortificato.
Scossi la testa. Magari lo fosse, pensai. «No, purtroppo.»
Justin mi guardò stranito. «Wow, non puoi odiare tuo padre così tanto da desiderare che sia morto.»
«Fidati, posso. Allora, vogliamo andare? Stiamo facendo tardi.»
 
«Che ci facevi con Bieber?» mi chiese Macie, quando la raggiunsi agli armadietti.
«L’ho trovato che veniva a scuola e, dato che stavamo facendo entrambi la stessa strada, abbiamo deciso di farla insieme. Tutto qui.» dissi, facendo spallucce.
Aprii l’armadietto e ci riposi i libri dentro, poi presi quello di matematica.
«A proposito di matematica, cervellona, ho bisogno di una mano.»
Sbuffai. «Che ti serve?»
«Niente, solo una mano!» sbraitò Macie, notando la mia espressione scocciata.
Quella conversazione con Justin mi aveva messa a disagio. Il punto è che odio quando si tira fuori l’argomento papà, e, quando sento odore di fumo o vedo sigarette in giro, pensarci è inevitabile.
«Certo, dimmi quando sei libera così vieni a casa e ti do una mano.» dissi sovrappensiero, incamminandomi verso l’aula di matematica.
Questa volta non avrei fatto tardi, così non avrei dovuto sedermi accanto a Justin e non avrei dovuto parlare più di John.
Entrai in classe, mi sedetti al banco dell’ultima fila, e aspettai l’arrivo della signora Murs.
Vidi Justin entrare e prendere posto accanto a Charlie, poi tornai con la testa sul quaderno.
Sentii la porta sbattersi, segno che la prof era entrata e non era per niente di buon’umore. I compiti erano andati sicuramente male.
«Ho corretto i vostri compiti – cominciò, posando il suo cappotto grigio cenere sulla spalliera della sedia – E, fanno pena. Soprattutto il tuo, Bieber.»
Si alzò e ci consegnò i compiti; non fui sorpresa nel vedere la mia A-.
Matematica è sempre stata la mia materia preferita, a volte non riuscivo a capire come facessero tutti quanti a prendere voti inferiori alla C.
«Come dicevo, Bieber – disse, consegnando il compito a Justin – Il tuo compito è stato il peggiore.»
«F?! – sbottò lui, mettendosi le mani nei capelli – Ma... io ho studiato giorno e notte!»
«Mi dispiace, è andata così. Ovviamente, mi aspetto un miglioramento.»
Riconsegnai il compito alla prof, lei mi sorrise. «Il compito migliore, Sturridge. Non mi sorprende affatto.»
«Grazie, signora Murs.» le risposi timidamente, per poi tornare al mio banco.
Sentii una mano toccarmi il braccio, mi voltai. Justin mi porse un bigliettino, lo presi alzando gli occhi al cielo.
Tornata al mio banco, aprii il foglietto.
 
Dopo resta in aula, devo parlarti.
 
Deglutii, alzai lo sguardo dal foglietto e incrociai quello assassino di Charlie. Chissà cosa le passava per la testa...
 
Finita l’ora, mi sedetti sul banco e aspettai che se ne fossero andati tutti, prof compresa.
Di Justin non c’era manco l’ombra, quindi, scocciata di aspettare, uscii dall’aula. Mi recai al mio armadietto, presi l’occorrente per la lezione di letteratura e mi incamminai verso l’aula.
«Cate! – sentii una voce chiamarmi , mi voltai. Era Justin – Scusa se ti ho fatto aspettare...» disse, grattandosi imbarazzato la nuca.
Aveva un segno rosso sul collo; feci un sorriso forzato. «Qualsiasi cosa tu voglia dirmi, puoi dirmela dopo a pranzo. Ora non ho tempo.»
«Ti prego, ascoltami almeno – disse, afferrandomi per un braccio – Volevo solo chiederti se ti... andava di spiegarmi matematica. Io non ci capisco niente, a quanto pare...»
Lo guardai perplessa per un attimo, la sua faccia da cane bastonato mi convinse. «Ok. Quando puoi...?»
«Anche domani, se per te va bene – disse, baciandomi la guancia. Sgranai gli occhi – Grazie, sei un angelo.» disse poi, andandosene.
Tastai con le dita la mia pelle, trovandola di fuoco. Mi aveva preso alla sprovvista, con quel bacio...
«Vi ho visti.» ridacchiò Mike, attirando la mia attenzione.
«Era un innocente bacio sulla guancia.» dissi, incamminandomi verso l’aula con lui.
«A volte mi chiedo cosa avete nella testa voi ragazze – biascicò, per non farsi sentire – Dite sempre che volete il principe azzurro, e poi vi scegliete i peggiori puttanieri.»
Arrossii violentemente alla sua affermazione. «Io non mi sono scelta nessun peggior puttaniere. Justin mi ha solo chiesto un favore.» dissi ferma, aprendo il libro.
«Ah sì? E quale sarebbe?»
«Sono cavoli tuoi?»
Vidi Charlie entrare in aula, mi fulminò con lo sguardo. La guardai stranita.
«Che vuole quella da me?» mi lamentai, quando si fu allontanata.
«Le stai rubando il ragazzo, Cate.»
«Io non le sto rubando nessun ragazzo! A lei, poi, di sicuro non importa niente di Justin, dato che lo cornifica con metà scuola.»
«Comunque sia, è il suo giocattolo. Davvero credi che se lo lasci scappare così facilmente?»
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. «Io non voglio rubarle nessun giocattolo. Ok?!»
Mi accorsi di aver alzato troppo la voce, quando la prof mi richiamò. «Signorina Sturridge, c’è qualcosa che vuole condividere con noi?»
Scossi la testa. «No, signora Melina.» dissi, abbassando lo sguardo.
Charlie si incamminò verso la prof, lasciò un bigliettino sul mio banco poi uscì, forse per andare in bagno.
Aprii il bigliettino.
 
Esci.
 
«Oh, oh, a quanto pare l’ape regina vuole parlarti.» commentò Mike, ironico.
Scossi la testa, e mi alzai. Tanto valeva vedere cosa voleva, altrimenti me la sarei portata avanti per tutto l’anno.
Dopo aver avuto il permesso dalla prof, uscii. Charlie mi aspettava fuori dall’aula.
«Facciamo in fretta. Cosa vuoi?»
Charlie scosse la testa, mi afferrò per il collo. «Sta. Lontana. Dal mio. Justin. Hai capito?» mi disse, con tono minaccioso.
«Io non voglio niente dal ‘tuo Justin’ – dissi, con il poco fiato che mi era rimasto – È lui che mi ronza attorno. Ora, ti dispiacerebbe lasciarmi? Sto soffocando.»
Charlie mollò la presa, mi allontanai da lei. «Questo è un avvertimento – disse, mentre mi allontanavo – Se ti vedo un’altra volta con lui te la faccio pagare cara. Hai capito?»
Mi voltai, la fissai con tono di sfida. «Sai che non sono l’unica, vero? Justin si è fatto - e continua a farsi - mezza scuola! Perché prendertela proprio con me?»
Charlie sgranò gli occhi, balbettò qualcosa ma poi stette zitta.
Sorrisi, e rientrai in aula.

 

*


Sono di nuovo qua, eh già. Avevo già il capitolo pronto, quindi ho pensato di postare. :3
Questo capitolo non ha senZo, lo so. Serve solo da anticipazione a ciò che succederà nel prossimo, lol.
Vorrei sapere cosa ne pensate.
A presssto (?)

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Capitolo 5
*** V ***



 

Don’t look at me
You’ve got a girl at home
And everybody knows that

 
«Cate, mi sembri nervosa. È successo qualcosa?»
Mi voltai, Ben mi guardava con sguardo interrogativo.
«Non è successo niente. Solo... oggi viene Justin a studiare qui.» risposi, arrossendo.
Mi ci era voluto poco a capire perché quel ragazzo mi ronzava attorno come non so cosa. Sapevo benissimo cosa voleva da me, e io non gliel’avrei dato così facilmente... non ero decisamente quel tipo di ragazza, no.
«Mi avevi detto che non siete amici.» disse Ben, sedendosi accanto a me.
«Infatti, non lo siamo – ribadii sovrappensiero, mentre sottolineavo a casaccio il paragrafo di storia che avevo in arretrato – Lui ha bisogno di una mano in matematica, e dato che sono la più brava della classe...»
«Non farti abbindolare da lui, ok?»
«Ben! Credi davvero che io... insomma... no!» balbettai impacciata, con le guance in fiamme.
Ben rise. «Sì, hai ragione. Va beh, sarà meglio che vada, altrimenti Chalmers mi uccide – disse, alzandosi e baciandomi la fronte – Ho il cellulare spento, quindi non stupirti se non ti rispondo, ok?»
«Ok. Divertiti al collegio docenti.» dissi, tornando concentrata al capitolo.
Appena sentii la porta di ingresso chiudersi, chiusi il libro. Sentivo gli occhi pesanti, segno che le ore di sonno perse a studiare e parlare a telefono con Macie si stavano facendo sentire.
Decisi di andare a riposare. Tanto, Justin non sarebbe di certo venuto alle quattro e mezza di pomeriggio, no?
Ma, appena mi distesi sul letto, sentii bussare. Sbuffai, andai ad aprire trovandomi il sorriso caloroso di Justin avanti.
«Justin? – dissi, stropicciandomi gli occhi – Che ci fai qui a quest’ora?»
Justin, di tutta risposta, rise. «Mi hai detto tu di venire alle quattro e mezza, no?»
«Ah, giusto. Me ne ero dimenticata... entra.» dissi, facendolo entrare e chiudendo la porta d’ingresso. Justin posò il suo cappotto nero sull’attaccapanni, mi seguì in cucina.
Ci sedemmo al tavolo, aprii il libro di matematica. «Da cosa vuoi cominciare?» chiesi, facendomi scappare uno sbadiglio.
Justin rise. «Hai sonno?»
«Un po’.» ammisi, abbassando lo sguardo.
«Se vuoi posso venire anche un altro giorno.» mi suggerì, facendomi alzare lo sguardo. Rischiai di perdermi nei suoi occhi color miele, scossi la testa per ricordarmi di non affogarci dentro.
«No, ormai sei qui, ti rimando a casa senza aver ripetuto niente? E poi, sto bene. Non ho così tanto sonno...» mentii, sentendo i miei occhi farsi sempre più pesanti.
Sarei crollata da un momento all’altro... ma ora dovevo restare in forze.
«Ti va un po’ di caffè?» chiesi di scatto, alzandomi. Justin annuii, confuso.
Presi l’occorrente per fare il caffè, riempii la macchinetta e accesi il gas. La caffeina era il modo migliore per combattere il sonno, diceva sempre mia madre. Era proprio ciò di cui avevo bisogno in quel momento...
«Allora, da cosa vuoi iniziare?» chiesi di nuovo, sedendomi sul bancone.
Justin mi squadrò attentamente. «Uhm... diciamo, praticamente, che non so fare niente. Mi mancano le basi.»
«Bene – dissi, scendendo dal bancone e sedendomi accanto a lui – Allora cominceremo dalle basi. Fai questo.»
Gli indicai un esercizio; Justin lo guardò attentamente per poi ricopiare la traccia sul quaderno. Gli spiegai lo svolgimento, fortunatamente capì tutto subito.
Passammo ad esercizi più difficili; questa volta Justin volle farli senza che glieli spiegassi. Lo osservai attentamente, mentre ne svolgeva uno. Aveva la fronte corrucciata, le labbra contratte.
Era così bello... oh, Cate, ma cosa vai a pensare? Però è vero, Justin è davvero bello.
Mi appoggiai su un gomito, sbadigliai. Mi sentivo come se stessi per addormentarmi da un momento all’altro. No, Cate, Non cedere. Non cedere, non cedere, non cedere...
«Cate?» mi chiese Justin, accarezzandomi la spalla. La sua voce mi sembrava così lontana...
 
Quando aprii gli occhi, mi stupii di trovarmi sul mio letto e non in cucina. Justin era accanto a me, sorrise appena si accorse che ero sveglia.
«Finalmente ti sei svegliata, bella addormentata.» disse, sistemandomi i capelli.
«Quanto ho dormito?» gli chiesi, guardandomi in giro.
«Sono le otto e mezza.» mi rispose Justin, guardando il suo orologio.
«Le otto e mezza?! Ho dormito cinque ore?! – sbottai, volgendo lo sguardo verso Justin – E tu sei rimasto qui tutto questo tempo qui a guardarmi dormire?»
Justin rise, indicò la mia scrivania dove c’erano un libro e un quaderno aperti. «In verità, ho fatto degli esercizi. Grazie a te li ho capiti.» disse, sorridendomi.
«Ah... lieta di esserti stata d’aiuto.» dissi, ricambiando il sorriso.
Justin si sedette accanto a me. «Anche se... mi sarebbe piaciuto guardarti dormire. Sei così bella...» disse vago, scostandomi una ciocca di capelli dalla faccia.
Non mi accorsi di nulla, finchè non mi ritrovai il suo volto a due centimetri di distanza.
«Fermo – dissi, allontanandolo da me – Hai una ragazza.»
«E allora?» disse, come se non avesse capito.
«Hai una ragazza! Pr quanto possa starmi antipatica, Charlie merita rispetto. Quindi no, non ti bacerò.» dissi ferma, incrociando le braccia al petto.
«Non sarà di certo la prima volta che tradisco Charlie, perché proprio tu dovresti farmi l’esame di coscienza?»
«Perché... oh, ma che ci ho provato a fare? Tu non cambieresti mai.»
«Ah sì? – mi chiese, affilando lo sguardo – Ne sei proprio sicura?»
«Sicurissima.»
«Allora vedrai – disse, baciandomi una guancia – Ti stupirò, Cate Sturridge.»
«Non ci conto.» dissi, guardandolo preparare la borsa.
«Ci si vede.» disse, prima di sparire da camera mia.
Feci un sospiro, e sprofondai nel letto.
 


*
 

Hey (?)
Volevo aspettare che arrivasse almeno una recensione, ma non ce la facevo a non postare.
Questo capitolo è nato dal nulla mentre ascoltavo 'Girl At Home' di Taylor Swift (amo quella canzone, e amo quella ragazza *w*).
Comunque, dato che ora ho poco tempo, sarò breve u.u
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, davvero :3 e vi anticipo che nel prossimo capitolo si saprà qualcosa del passato di Cate.
A pressto (?)

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Capitolo 6
*** VI ***



«Ci rinuncio – dissi a Cole, nascondendo la bocca dietro alla lattina di coca cola – Quella ragazza è una frigida.»
Cole rise. «Appunto per questo ho scommesso. Non riuscirai mai a vincere.»
«E se io volessi ritirarmi?» dissi, sapendo che sarebbe stato comunque inutile.
Le scommesse con Cole Weber non potevano essere né ritrattate né annullate. Una volta scommesso, non potevi tirarti indietro: o vincevi tu, o lui. E lui ora aveva tutte le possibilità a favore.
«Non puoi, mi dispiace.»
Come non detto.
Jenni ci fece un’occhiataccia. «Siete due esseri spregevoli. Perché far del male a quella povera ragazza? Ne ha passate così tante... e poi, Cole, credevo fossi cambiato, ora che ti sei innamorato di Macie...»
«Ne ha passate così tante in che senso?» chiesi a Jenni, non curandomi del fatto che stesse concludendo la frase.
«Non lo sai? – disse Jenni. Scossi la testa – Forse non dovrei dirtelo... ma se te lo dicessi forse cambieresti idea. Sapete che la madre di Cate prima di sposare il coach aveva un fidanzato, vero?»
«Io non sapevo neanche che fosse la figliastra del coach...» dissi, grattandomi la nuca.
Jenni scosse la testa. «Il solito. Comunque, quest’uomo è il padre di Cate e di suo fratello Brad. Una volta, ho sentito la signora Braun - sapete, quella donna è una pettegola nata! - dire a mia madre che lui e la madre di Cate s’erano lasciati perché lui... era un po’ violento.»
«In che senso, violento?» chiesi, rizzando le orecchie. La faccenda si stava facendo interessante...
«Nel senso che aveva problemi di alcool. Vi lascio immaginare...»
«Picchiava Cate?» chiesi, rabbuiandomi.
«Peggio.» disse Jenni, facendomi accapponare la pelle.
Peggio. Ora, questo peggio, cosa voleva dire esattamente?
Sapevo che Cate non me l’avrebbe mai detto, quindi... dovevo indagare per conto mio.
 
«Mamma, posso chiederti una cosa?» chiesi, mentre porgevo a mia madre le stoviglie da asciugare.
Quella sera era compito mio lavare i piatti... che seccatura.
«Certo, Justin.» mi rispose.
«Si tratta di Cate Sturridge. Tu sai cosa è successo a suo padre? Che fine ha fatto?»
Mamma si fece pensierosa. «So solo che aveva problemi di alcool e che Georgia, quando stava con lui, non aveva una bella cera...»
«Tu lavori con lei, giusto?»
«Sì – disse, annuendo – Ma non ha mai voluto parlarmene. A quanto pare, era una faccenda piuttosto delicata.»
Quanto delicata? Perché nessuno voleva dirmi niente?
Sentii la porta d’ingresso aprirsi, il volto di mamma si illuminò.
Da quando si era sposata con Gil, la sua vita era cambiata. Anche lei era cambiata. La vedevo più solare, meno preoccupata del solito. E non era solo perché Gil era un uomo stabile economicamente. La rendeva felice, in tutto e per tutto.
Mi faceva piacere vedere mia madre così, anche se, dovevo ammettere, in un primo tempo Gil non mi era stato poi così simpatico.
«Buonasera – ci salutò, baciandomi la fronte e stampando un bacio sulle labbra a mamma – Com’è andata la giornata?»
«Bene.» rispose mamma, senza staccare gli occhi dai suoi.
Mi sentivo il terzo incomodo, quindi decisi di uscire di scena. Andai in camera mia, mi gettai a peso morto sul letto e presi a fissare il soffitto, non avendo niente di meglio da fare.
Ad un tratto, mi squillò il cellulare. Controllai il numero sul display, era Cole.
«Pronto?»
«Ehi Justin, ci sono novità?»
«No – risposi, sospirando – A quanto pare, sono gente di poche parole.»
«Beh, allora ti dico che ho novità interessanti.»
Mi misi a sedere sul letto. «Dimmi tutto.»
«Non dovrei dirtelo, poiché Macie me l’ha detto in confidenza, ma dato che lo vuoi sapere... a quanto pare, John - che sarebbe il padre di Cate, ovvio - odiava sia Georgia che i suoi figli. Pensa che non ha voluto neanche che avessero il suo cognome!»
«Questo non mi interessa! Vai al nocciolo.»
«Ecco, era un uomo violento, con problemi di alcool e droga... Cate è stata quella che ha sofferto di più per colpa sua, a detta di Macie. Le urlava contro le peggiori cose, e la picchiava... l’ha anche stuprata, o almeno, così mi ha detto Macie.»
Sgranai gli occhi, lasciai cadere il cellulare sul letto.
«Justin?»
Ecco perché mi sembrava così scossa la sera della festa. Ecco perché ogni volta che la toccavo arrossiva e rabbrividiva. Aveva paura.
Presi il cellulare. «Non... non lo sapevo.»
«Nessuno lo sa. Oh, devo andare, Macie starà pensando che mi sono bloccato in bagno...»
«Divertiti.»
«Lo farò.» disse ridendo, poi staccò.
Mi alzai dal letto, infilai le scarpe e mi diressi in salotto.
«Mamma, Gil, esco a fare quattro passi.» annunciai, prendendo il cappotto.
«Dove vai, a quest’ora?» mi chiese mamma, con un tono tra il curioso e il preoccupato.
«Ho dimenticato una cosa da Cole – mentii, grattandomi la nuca – Torno subito.»
Ma, appena uscii, mi trovai davanti la persona che meno volevo vedere in quel momento: Charlie.
Charlie ed io... beh, cos’eravamo? Non lo sapevo bene neanche io. Lei è presa, presissima da me. Io... non lo sono.
«Dove stavi andando?» mi chiese, spingendomi contro il muro di casa mia.
«Ehm... da Cole.» mentii, stampandole un bacio sulle labbra.
Non dovrei trattarla così... ma quella ragazza è perfida. Ucciderebbe per ottenere ciò che vuole. Preferisco non evitare guai.
«Beh, ora non andrai da nessuna parte.» disse, trascinandomi dentro casa.
Mamma ci guardò stranita. «Ma non dovevi andare da Cole?» mi chiese, fulminando Charlie con lo sguardo.
Persino mamma non la sopportava... d’altronde, chi lo faceva?
«Posso andarci anche domani.» dissi, prima di sparire in camera mia con Charlie al mio seguito.

 

*


Sciao belle.
È passata una settimana dal precedente aggiornamento, ciò vuol dire che sono puntuale (?) *si applaude*
lol ok, avevo già il capitolo pronto :3
Comunque, non ho molto da dire su questo capitolo, solo che mi è piaciuto molto scriverlo c:
Vorrei sapere cosa ne pensate :3
A presssto. (?)
PS: volevo ringraziare voi che avete la mia storia nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate. Vi amo. Significa molto per me che a voi piaccia C:

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Capitolo 7
*** VII ***



«Sei stato fantastico – commentò Charlie, vestendosi – Come sempre, d’altronde.»
Mi sforzai di sorriderle, e mi appoggiai con la schiena alla staffa del letto. «Mai quanto te.»
Charlie rise, e mi stampò un bacio sulle labbra. «Ci vediamo domani a scuola.» disse, prima di andarsene.
«A domani.» dissi, sospirando di sollievo appena se ne fu andata.
Mi alzai, andai a fare una doccia veloce. Misi il pigiama e andai in salotto, dato che alle dieci e mezza di sera non potevo andare da nessuna parte. Avrei parlato con Cate domani, o appena mi si sarebbe presentata l’occasione.
Mentre mi dirigevo in salotto, sentii mamma sospirare dalla sua camera. Quando sospira non è buono per niente.
Mi avvicinai alla porta, intento ad ascoltare la conversazione.
«Vedrai che si sistemerà tutto. È solo un ragazzino, sta sperimentando cose nuove.» le disse Gil, come per rassicurarla.
Beh, diciamo che aveva ragione...
«Crede che non sappia che fuma...»
Oh Dio. Sapevo che l’avrebbe scoperto, in un modo o nell’altro. Mamma ha sempre detestato il fumo, e ora viene a sapere che suo figlio fuma...
Sei un figlio di merda, Justin, fattelo dire.
«Mi fa male vederlo così, non sai quanto – continuò, con tono malinconico – Vorrei solo che capisse che sta prendendo la strada sbagliata.»
Mi faceva male sentirla parlare così di me. Mi faceva capire quanto l’avessi delusa.
«Sta tranquilla. Lo capirà da solo.»
«Lo so, Gil, lo so. Spero solo che lo capisca prima di cacciarsi in guai seri.»
In quali guai potrei cacciarmi? Sono un bravo ragazzo, dopotutto. Certo, ho un carattere di merda e bla bla bla, ma tutto sommato, sono un ragazzo a posto... c’è chi fa di peggio!
 
-Cate’s Pov.
 
«Quindi, fammi capire – disse Brad, grattandosi la nuca – Questo ragazzo prima non ti considera nemmeno, poi comincia a ronzarti attorno?»
«Sì.» risposi, appollaiandomi sul letto.
Mio fratello Brad era di tre anni più grande di me, e andava al college. Nonostante Harvard fosse poco lontana da Boston, mi mancava tantissimo. Appena aveva tempo, facevamo videochiamate e parlavamo per ore, spesso di cazzate. Quella sera, però, stavamo affrontando un argomento abbastanza serio, almeno per me.
«Vuole che tu gliela dia.» concluse.
«Non c’ero arrivata proprio Brad.» dissi sarcastica, volgendo il mio sguardo alla porta-finestra.
Era la prima volta che un ragazzo mi dedicava così tante attenzioni e, per quanto ne fossi lusingata, avevo comunque il sospetto che ci fosse qualcosa sotto. Con Justin Bieber, non puoi mai saperlo.
Brad rise del mio tono. «Basta che tu non ti faccia prendere in giro. Poi, puoi fare quello che vuoi della tua vita.»
Sentii bussare. «Oh, devo andare. Ci sei domani?»
«No, domani ho un esame – disse, intristito – Ci sentiamo domenica?»
«Ok, allora a domenica.» dissi, staccando la videochiamata.
«Avanti.»
Fui sorpresa nel vedere Charlie. Cosa voleva ancora da me? Di certo, non era di me che doveva preoccuparsi...
«So che l’altro giorno Justin è venuto qui – cominciò, gesticolando nervosamente – E che avete fatto matematica insieme.»
«E allora...? Ora non posso più aiutare gli altri solo perché sei gelosa?»
«No! Devi smetterla di ronzargli attorno! Lui non ti vuole, lui vuole me.»
Alzai gli occhi al cielo, e risi dell’espressione sconvolta della mora. «Allora, iniziamo dal fatto che non sono io a ronzargli attorno, ma è lui a ronzare attorno a me. Poi, mi ha solo chiesto una mano in matematica, mica un pompino... tanto ci sei tu a farglieli. E, infine, non mi interessa proprio che lui vuole te e non me, ammesso e non concesso che lui ti voglia per davvero... ti sei mai chiesta cosa fa mentre tu non sei con lui? Di certo non va in chiesa a pregare.» finii, sentendomi soddisfatta del discorso che avevo appena partorito. Le parole erano state sempre la mia specialità.
Charlie mi guardò a occhi sgranati, era rossa come un pomodoro. «Mi stai dando della puttana, per caso?!» sbraitò, alzando la voce più del normale.
«Sei tu che trai conclusioni affrettate. E ora sparisci, non mi va di stare a sentire le tue minacce.»
Charlie, prima di andarsene, si voltò. «Sei una stronza, Cate Sturridge. Me la pagherai cara!»
«Sto tremando!» dissi, sarcastica.
Appena se ne fu andata, mi distesi sul letto e composi il numero di Macie al cellulare. Non rispondeva, quindi provai con Mike.
«Pronto?»
«Non la sopporto!» sbottai, alzando la voce.
«Chi?»
«Charlie! Viene qui a farmi la predica, come se poi Justin mi interessasse così tanto...»
«Forse ha già capito quello che tu non vuoi ammettere.»
«E cioè?»
«Che forse, Justin ti piace.»
«Non mi piace! – dissi nervosa – Cioè, sì, è carino... ma non mi piace in quel senso
«Oh, smettila di recitare. Ti piace, questo è certo.»
«Uffa. Ammetto che, forse, potrebbe interessarmi... ma sappiamo tutti cosa vuole per davvero.»
«Sta attenta, quella è una stronza.»
«Credi che viva su un altro pianeta?»
Charlie era sempre stata una di quelle ragazze da cui devi stare alla larga, a meno che tu non sia un ragazzo abbastanza carino e popolare o una delle sue amiche puttanelle.
Non dimenticherò mai quel giorno quando prese a calci una di prima perché aveva messo gli occhi addosso a Justin... ho paura di fare la stessa fine.
«Immagina se lui si innamorasse di te. Le salterebbero i pochi neuroni che ha e comincerebbe a dimenarsi come un gorilla in astinenza da banane.»
Risi alla battuta di Mike. «Già, sarebbe fico. Ma Justin Bieber non si innamorerà mai, né di me, né di nessun’altra.»
«Questo lo dici tu, mia bella biondina. Non conosci i complessi meccanismi dei sentimenti umani.»
«Mh, bella teoria, signor Freud.»
Mike rise. «Frequenterò psicologia per un motivo, no? Comunque, dico sul serio. Solo perché lo conosciamo tutti come un puttaniere, non vuol dire che non possa cambiare. Guarda Cole, ad esempio... Per quanto mi dia fastidio, devo ammettere che è cambiato davvero.»
«Cole è diverso. Insomma, è palese che sarebbe cambiato, perché ha comunque un briciolo di sentimenti... Justin ha un cuore di pietra.»
«Come ti ho detto prima, non puoi saperlo. A meno che tu non gli abbia fatto una radiografia.»
«Ma tutte quelle ragazze...»
«Oh, andiamo, davvero credi alle malelingue? Dovresti non dar retta a tutto ciò che dicono gli altri e cominciare a vedere le persone in modo più obiettivo.»
«Ma tu non eri quello che fino a qualche giorno fa odiava sia Cole sia Justin? Dov’è finito il Mike Payne che conoscevo? L’hanno rapito gli alieni?»
«Sto solo dicendo la verità, Cate.»

 

*
 

Ehilà!
Scusate se non ho postato ieri, non sono stata a casa tutto il giorno (non ho potuto neanche fare i compiti çç).
Comunque, questo capitolo è alquanto inutile. Volevo inserire il discorso di Cate già dal rimo capitolo, mi serviva solo un'occasione per farlo lol
Vorrei sapere cosa ne pensate :3
A presssto (?)

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Capitolo 8
*** VIII ***



Mi svegliai, quella mattina, con la voglia di andare a scuola sotto lo zero. Mi rigirai nel piumone, guardai il soffitto mentre elaboravo il pensiero di dovermi alzare.
«Cate... sta diluviando, non mi fido a mandarti a scuola con questo tempo. Tu cosa vuoi fare?» mi chiese mamma, sedendosi sul letto.
«Mh... oggi non ho niente da fare a scuola. Ma è meglio che ci vada.» dissi, alzandomi.
Andai a fare colazione, poi mi vestii. Lavai i denti e presi la borsa, poi indossai la giacca e presi le chiavi dell’auto e l’ombrello.
Quando entrai in macchina ero già fradicia. Stupendo... la giornata iniziava bene.
Accesi il riscaldamento dell’auto, sbuffai quando trovai traffico. Volsi lo sguardo fuori al finestrino, vidi Justin sotto la pioggia. Era bagnato fradicio, si copriva la testa con la borsa.
Risi a quella scena, poi abbassai il finestrino.
«Vuoi un passaggio?» gli chiesi, soffocando l’ennesima risata.
Justin sorrise, fece il giro dell’auto ed entrò. «Buongiorno, e grazie.» disse, togliendosi il cappotto.
«Di niente. Hai dimenticato l’ombrello a casa?» chiesi, come se non fosse stato ovvio.
«Avevo la testa altrove, stamattina... pensavo ad una cosa.»
«Justin Bieber che pensa, questa mi è nuova.» mugugnai, ridacchiando.
Justin mi fece un’occhiataccia. «Ehi, io sono uno che pensa molto! Comunque, stavo pensando che io e te ci conosciamo, almeno di vista, da parecchio, le nostre madri sono amiche, ma io non so niente di te e viceversa.»
Inarcai un sopracciglio. «Cosa vuoi sapere di me?» chiesi, guardinga.
«Oh non so, passato, presente, piani per il futuro...»
Scossi la testa. Perché voleva sapere qualcosa su di me? Stavo seriamente cominciando ad avere paura.
«Uhm... sono nata il quindici ottobre qui a Boston, mia madre mi ha cresciuta a pane e letteratura, sono piuttosto brava a scuola, ho un fratello, Brad, che studia ad Harvard; ho tre amici e sono single - e vorrei restare tale, anche - e in futuro mi piacerebbe frequentare Yale e diventare scrittrice.»
«E... cosa mi dici della tua famiglia? Tuo padre, ad esempio...» mi chiese, curioso.
No, ora stavamo andando troppo oltre. Non gli avrei detto un bel niente di mio padre.
«Non voglio parlarne.» dissi secca, volgendo lo sguardo alla strada.
«E perché? Andiamo, qualsiasi cosa sia, non mi scandalizza.»
«Non voglio dirtelo, ok?! È un argomento di cui fatico a parlare persino con mia madre, perché dovrei dirlo a te?! Noi siamo neanche amici!»
Sbottai, alzando la voce. Mi accorsi di star tremando, e non per il freddo.
«Calmati, calmati... se non vuoi parlarmene fa niente.»
«Piuttosto, dimmi tu qualcosa su di te.»
«Oh, beh... sono nato il primo marzo a Stratford, in Canada, mia madre mi ha cresciuto da sola e non eravamo molto stabili economicamente... poi, quando ci siamo trasferiti qui, le cose hanno cominciato ad andar bene. In teoria sarei single, ma Charlie mi perseguita e... tanto è una bella ragazza, accontentiamola. Ho un fratellastro e una sorellastra, i figli di mio padre biologico, e ho una sorellastra, la figlia di Gil, che studia alla Brown; i miei due migliori amici sono Ray e Cole. In futuro... mi piacerebbe giocare a basket a livello professionale.» concluse, con un sorriso.
«Wow, sei molto più interessante di quanto pensassi.»
«Sai, Cate, le persone possono stupirti, se impari a conoscerle nonostante le malelingue.» disse, ammiccando.
Ci furono minuti interi di silenzio, interrotti solo dalla pioggia che batteva senza sosta sui finestrini e dai miei continui sbuffi per via del traffico.
Odiavo essere in ritardo, anche di pochi minuti.
«Senti – attaccò Justin, all’improvviso – Forse è meglio non andare, oggi. Sta diluviando, c’è un traffico pazzesco e sono già le otto e mezza e io ho una verifica di geografia per cui non ho studiato per niente... che ne dici di andare a fare un giro?»
«Con questa pioggia?» gli feci notare, inarcando un sopracciglio.
«Potremmo... andare a pattinare.»
«Eh?»
«Sì! Al Garden.»
«Vuoi andare a pattinare in uno stadio da hockey?»
Justin sbuffò. «Dove, se no? Di solito, di mattina si ci può pattinare.»
«Ma io non so pattinare.»
«E allora? Al massimo puoi cadere col culo per terra! Ti prego. Pattinare è comunque più divertente di stare a scuola e sorbirsi ore di spiegazioni, non credi?»
«E va bene, mi hai convinto.» dissi, strappandogli un sorriso.
«Fantastico.»
 
Arrivammo al West End alle nove e mezza, per via del traffico. Nel frattempo, aveva finito di piovere, e io e Justin c’eravamo asciugati.
Entrammo nello stadio, arrivammo nell’ala dove c’era il campo da hockey dopo esserci persi.
«Io te l’avevo detto che era a destra.» si lamentò Justin, infilandosi i pattini.
«Scusa, pensavo fosse a sinistra.» mi giustificai, alzandomi. Barcollai per un secondo a causa dei pattini, dovetti appoggiarmi alla parete divisoria per non cadere.
«Sai quante volte ci sono stato qui? Ormai questa è come se fosse casa mia!» sbraitò, allargando le braccia.
Entrammo nella pista; Justin mi prese per mano, facendomi rabbrividire.
«Mi piace il fatto che rabbrividisci sempre quando ti tocco.» commentò, trascinandomi con lui.
Dopo un’iniziale instabilità, mi abituai ai pattini.
«Credimi, se sapessi perché rabbrividisco, non ti piacerebbe.» commentai sottovoce, abbassando lo sguardo.
Improvvisamente Justin si fermò, facendomi prima sbattere contro la sua schiena, poi cadere rovinosamente a terra, trascinandolo con me.
«Lo sapevo!» strillai.
«Scusa, è colpa mia. Avrei dovuto dirtelo che mi ero fermato...» disse, guardandomi negli occhi.
Il suo sguardo divenne malizioso all’improvviso, forse perché era addosso a me. Avvicinò le sue labbra alle mie, ma lo fermai prima che avesse potuto baciarmi.
«Levati.» mi lamentai, spingendolo via. Mi alzai, strofinai le mani sui pantaloni e ripresi a pattinare.
«Perché non mi piacerebbe?» mi chiese, mentre pattinavo lontana da lui.
«Cosa?» chiesi, fingendo di non capire.
«Il perché tu rabbrividisci.» mi rispose, fermandomi.
«Non voglio dirtelo – dissi secca, rivolgendo lo sguardo al suolo – Non puoi farti i fatti tuoi?»
Justin mi costrinse ad alzare lo sguardo. «Scusa. È solo che... sei strana, Cate. Sembri così misteriosa, e fredda... mi piace, questa cosa.»
«Oh, evviva!» squittii sarcastica, facendolo ridere.
«Dico sul serio.» si lamentò, quando mi allontanai.
 
«Che ore sono?» mi chiese Justin, mentre masticava una patatina fritta.
«Uhm... le cinque – dissi, sgranando gli occhi – Non pensavo fosse così tardi! Dici che è ora di tornare a casa?»
Avevo perso la cognizione del tempo, con Justin. Dovevo ammettere che era un tipo simpatico, era piacevole stare in sua compagnia... anche se mangiava come un maiale, e si lamentava delle partite di NBA appena gli si presentava l’occasione.
«Forse è meglio andare.» asserì Justin, a bocca piena.
Aspettai che avesse finito il suo panino, poi uscimmo dal Mc Donald’s.
Salimmo in macchina, misi in moto e partimmo.
«Tuo padre dove vive?» gli chiesi, per perdere tempo.
«Atlanta – rispose lui, fissando fuori al finestrino – Ogni tanto però viene a Boston per lavoro.»
«Non lo vedi spesso, quindi.»
«Due, tre volte l’anno. Però quando è qui ci divertiamo... e tu? Che rapporto hai con tuo padre?»
«Inesistente.» risposi evasiva.
«Sto ancora cercando di capire perché lo odi così tanto.»
«Non sforzarti, non vorrei che ragionassi troppo. Potresti avere una morte cerebrale per troppo uso in una volta sola.» dissi, ridacchiando.
Justin mi fece un’occhiataccia. «Sta zitta – all’improvviso gli squillò il telefono. Lo sguardo per un attimo, poi sbuffò – Che palle.»
«Che c’è?»
«Niente, mamma non viene a casa per cena e Gil è a New York per lavoro... ora come faccio?»
«Vieni a cena da me.» dissi, pentendomene subito.
Davvero lo stavo invitando a cena da me?
«Mh... non vorrei essere di disturbo.»
«Ma non preoccuparti!»
No, Cate, digli che ha ragione, su.
«Ok, mi hai convinto.» disse, sorridendomi.
Fantastico. Mi so sempre rovinare.
 
Dopo un po’, arrivammo a casa. Non potei parcheggiare nel vialetto, poiché c’era una Range Rover nera che ostruiva il passaggio. Di chi era?
Scesi dall’auto, dopo averla parcheggiata in garage, e mi diressi dentro con Justin.
«Mamma? Ben?»
Dalla cucina spuntò un uomo che non avevo intenzione di vedere.
Il mio cuore prese a battere frenetico dalla paura, avvertii un senso di angoscia dentro di me. Volevo scappare, ma i miei piedi erano incollati al suolo e mi impedivano di fare un passo.
«John.» riuscii a dire, con voce fievole.

 

*
 

Hey girls.
Eccomi qui, puntuale come un orologio svizzero (?)
no, ok, perdonate la mia demenza da studio (sono stata con la testa sui libri fino ad ora x_x)
Devo dire che questo, finora, è il mio capitolo preferito. Amo Cate e Justin insieme *w* (?)
E... niente, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate C:
A presssto (?)

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Capitolo 9
*** IX ***



John ridacchiò, si avvicinò a me. «Cate, ti trovo bene.» commentò, guardandomi da capo a piedi.
Strinsi la mano di Justin, per sentirmi meglio. «Cosa ci fai qui?» lo attaccai subito, intimorita.
«Ero semplicemente di passaggio – mi rispose lui, sorridendo beffardo – E ho pensato di venire a trovare la mia famiglia.»
«Noi non siamo la tua famiglia. Ci hai odiato per anni, perché cazzo ti fai vivo proprio ora?! Vattene!» sbottai, correndo in camera mia trascinandomi Justin dietro.
Entrammo in camera, chiusi la porta a chiave.
«Puoi spiegarmi cos’è successo?» mi chiese Justin, confuso.
«Lui è qui – dissi, fissando il vuoto – Lui è qui!»
«Certo, ho capito, ma chi è lui
«Lui è... lui è mio padre.» dissi, sentendomi mancare il respiro.
Non potevo credere che fosse qui. Dopo tutti quegli anni di soprusi, insulti, botte... dopo tutto il tempo che non si era fatto vivo, facendomi credere di essere passata sopra a tutto ciò che mi aveva fatto, eccolo che tornava a ricordarmi il passato.
«E perché stai come se avessi visto un fantasma?» mi chiese, afferrandomi un braccio per farmi voltare.
«Perché...»
Non riuscii a finire la frase, dato che scoppiai a piangere. Justin mi abbracciò, riempii di lacrime la sua felpa scura.
«Calmati, dai – mi consolò, inutilmente – Ci sono io qui.»
«Non sei d’aiuto.» singhiozzai, facendolo ridere.
Justin mi fece alzare lo sguardo, mi asciugò le guance. «Ti va di raccontarmi cosa ti ha fatto?»
Annuii, e mi sedetti sul letto. Gli feci cenno di sedersi accanto a me.
«Mio padre non mi ha mai amata. Non ha mai amato nessuno di noi, a dire il vero – dissi, gesticolando nervosamente – Non ha voluto registrare me e Brad con il suo cognome, a cominciare. Ci considerava degli errori, dei preservativi rotti... almeno questo è ciò che ricordo ci diceva. Ricordo di quando tornava a casa ubriaco, tutte quelle botte... e Brad che le prendeva al posto mio. Questo non potrò mai dimenticarlo. Comunque, io ero quella che odiava di più. Ho perso il conto di tutte le volte in cui mi ha chiamata puttana, e... una volta... lui...»
Justin mi bloccò, ormai era in lacrime anche lui. «Ho capito, non preoccuparti.»
Mi abbracciò, non riuscii a trattenere altre lacrime. «Non puoi capire come ci si sente ad essere trattati così dalla persona che dovrebbe amarti più di chiunque altro.»
Justin mi accarezzò la schiena, stringendomi ancora di più a sé. «Certo, non lo capisco. Ma so come ci si sente a crescere senza un padre.»
«Comunque avevi la certezza che ti voleva bene, e che l’avresti visto ogni tanto. E tuo padre non ti ha violentato – mi lamentai, staccandomi – Posso farti vedere una cosa?»
«Oh... ok.»
«Promettimi di non pensare che sono una psicopatica.»
«Lo prometto. Ora, cosa vuoi farmi vedere?»
«Queste.» dissi, alzando la manica del maglione. Portai il braccio sotto la lampada del comodino ed accesi la luce, così che le cicatrici, ormai biancastre e quasi invisibili a occhio nudo, si potessero vedere. Justin strabuzzò gli occhi, mi prese la mano ed esaminò le cicatrici.
«Oh Dio.» commentò, accarezzandomi il polso.
«Lo so – dissi, mantenendo lo sguardo basso – Sei l’unico che le ha viste, finora... non lo sa neanche Macie.»
Non sapevo perché mi stessi fidando a tal punto da mostrargli le cicatrici.
«Mh, ti fidi di me. Mi piace.» disse, sorridendo sghembo.
Gli diedi uno schiaffetto sulla testa. «Non esaltarti.»
Justin mi accarezzò la guancia. «Sai, Cate, nel poco tempo in cui siamo stati insieme, ho capito che sei una persona speciale. E... vorrei esserti amico.» disse, sorridendomi.
Rimasi stupita da quel lato di Justin. Era un lato che non avevo mai visto finora, e scoprirlo mi aveva fatto piacere.
«Beh, devo ammettere che sei simpatico.»
«Quindi... è un sì?»
«A meno che non tu stia fingendo, sì.» dissi, stampandogli un bacio sulla guancia.
 
«Tu sei pazza. E incoerente.» mi accusò Tom, quando il giorno dopo gli raccontai l’accaduto.
«Solo perché ho deciso di dargli una possibilità?» mi difesi, alzando le mani.
«Non eri tu quella che fino a qualche giorno fa diceva che Justin Bieber non sarebbe mai cambiato?»
Gli feci un’occhiataccia. «Non ci stiamo mica per sposare... siamo solo amici, Tom. Da quando sei così geloso?»
«Io non sono geloso! – protestò, alzando la voce. Intravidi un leggero rossore sulle sue guance – Sono solo preoccupato per la mia migliore amica, tutto qui.»
«Non devi esserlo. Te l’ho detto, io e Justin siamo solo amici, io non mi aspetto nulla da lui e lui non si aspetta nulla da me.» dissi, baciandogli una guancia.
Mi allontanai, incrociai Charlie che mi fulminò con lo sguardo e si allontanò.
 
-Justin’s Pov.
 
«Tu non mi hai ancora detto com’è andata con Cate l’altro ieri.» disse Cole, riponendo il suo libro di trigonometria nell’armadietto.
«L’avrei fatto, ma ormai sei così preso da Macie che hai dimenticato di avere degli amici! – lo attaccai, dandogli una leggera spinta – Comunque, è andata piuttosto bene... devo raccontarti cos’è successo o lasciamo stare?»
«Ovvio che devi.»
«Uffa.» sospirai, poi gi raccontai per filo e per segno tutto ciò che era successo, da quando Cate mi aveva trovato sotto la pioggia a quando mi aveva raccontato della sua infanzia infernale.
Il padre di Cate mi era sembrato un uomo strano, sulle prime. Aveva una scintilla di odio negli occhi che mi faceva rabbrividire.
«Mi stai dicendo che ti ha fatto vedere dei tagli di cui nessuno conosce l’esistenza?» mi chiese Cole, incredulo.
«Beh, sì – risposi semplicemente, appoggiandomi con la schiena all’armadietto – Ciò vuol dire che si fida di me, e ciò sta a significare che presto si fiderà di me a tal punto da pormela su un piatto d’argento, il che vuol dire che io vincerò la scommessa e tu perderai.»
«E cosa mi dice che prima che accadrà tu ti innamorerai di lei? – mi punzecchiò, ridacchiando – Ti ricordo che Cate è stata violentata, non penso che te la darà così facilmente.»
«Te l’ho detto, si fida di me.»
Cole stava per ribattere, ma la sua voce fu coperta dal suono della campanella.
Scappai verso l’aula di storia, delle voci provenienti dal bagno delle ragazze attirò la mia attenzione. Non è educato origliare le conversazioni altrui, ma la mia curiosità cronica mi spinse a farlo comunque.
«Cosa vuoi da me?» disse una voce maschile, scatenando le risate di una ragazza.
«Niente che implichi un rapporto sessuale, tranquillo – disse la ragazza, tornando seria – Non sei per niente il mio tipo. Voglio solo parlare con te.»
A sentirla meglio, mi parve di riconoscere la voce di Charlie.
«E sentiamo, di cosa vorresti parlare?»
«Di Cate Sturridge – ammise, con astio – Quella puttanella ronza attorno al mio Justin da parecchio tempo, e questo mi da fastidio. Ho bisogno del tuo aiuto.»
Il modo in cui parlò di Cate mi infastidì a tal punto che ebbi voglia di entrare in bagno e dirgliene quattro. Chi era lei per dare della puttana ad una ragazza che, in sostanza, non le aveva fatto niente? E poi, da quando io sarei suo? Ma per favore.
«Cate non è una puttana. E poi, è la loro vita, che facciano ciò che vogliono fare!»
«Oh, andiamo Tom, davvero vuoi arrenderti così? So che ami Cate da quando eri in fasce, davvero vuoi vederla tra le braccia di un altro?»
Che a Tom piaceva Cate non era un segreto. Cioè, si sapeva, ma nessuno ha mai messo la voce in giro (per sua fortuna). E comunque si capisce. Troppo geloso per provare solo sentimenti di amicizia e amore fraterno.
«Io e Cate siamo solo amici. Mi sta bene così.» si difese Tom, poco convinto.
Charlie rise. «Sei trasparente, Tom. Si vede lontano un miglio che solo il pensiero ti infastidisce. Andiamo, pensaci bene... sai cosa vuole Justin da lei, no? La farà solo soffrire... vuoi davvero vedere la ragazza che ami soffrire?»
Ci furono istanti di silenzio.
«Ci sto.» disse infine Tom.
«Fantastico – disse Charlie, indietreggiando. Il rumore dei suoi tacchi dodici, troppo appariscenti per essere portati a scuola, riecheggiò nel corridoio – Ti aspetto al bar di fronte alla scuola oggi pomeriggio, ok? Ti conviene non darmi buca.»
Mi nascosi dietro una colonna portante, prima che Tom e Charlie uscissero dal bagno.
Fantastico, ora ci si mettono pure ‘sti due...

 

*
 

Hello.
Avrei postato oggi pomeriggio, ma sono appena tornata (ora starete sicuramente pensando 'che ce ne fotte a noi?' Ma va beh, fa niente).
Eeeeeeeeecco il capitolo. Vi piace? A me no, come sempre del resto cwc
E con questo ho finito i capitoli che avevo già scritto. Ora viene il bello (?) sto già scrivendo il prossimo, e spero di finirlo presto perché ho già in mente quello dopo, e penso che sarà una bomba (?)
Va beh, vi lascio. 'Sto coso sta diventando più lungo del capitolo lol
A presssto. (?)

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Capitolo 10
*** X ***



Quella mattina fui svegliata da un messaggio della mia migliore amica, che mi fece ricordare che oggi era il quindici ottobre, cioè il giorno del mio compleanno.
Mi alzai, e mi trascinai in cucina con le poche forze che avevo. Una scatola di ciambelle al cioccolato attirò la mia attenzione. Presi una ciambella e l’addentai, le mie papille gustative fecero dieci capriole all’indietro. Da quanto tempo era che non mangiavo una ciambella? Dio...
Accanto alla scatola c’era un bigliettino, lo presi. Era di mamma.
 
Scusa se non ci sono, tesoro... ma sono al lavoro, lo sai.
Comunque, buon compleanno! Spero che le ciambelle ti piacciano.
 
«Mi piacciono eccome.» bofonchiai a bocca piena, sporcando il bigliettino di cioccolata. Risi, poi andai a vestirmi.
Prima di uscire da casa, presi delle ciambelle e le riposi in un sacchetto, con l’intento di mangiarle durante la pausa pranzo. Ovviamente, ne mangiai due ancor prima di entrare a scuola.
«Buon compleanno, splendore! – mi salutò Macie, abbracciandomi – Hai la bocca sporca.»
Sgranai gli occhi, ripensando a tutte le persone che avevo incrociato finora. Che figura...
Mi pulii la bocca, poi aprii l’armadietto. «Direi che la giornata comincia bene.»
«Dai, chi vuoi che se ne sia accorto... – Macie si bloccò, la vidi sorridere come un’ebete con la coda dell’occhio – Ciao Cole.»
Mi voltai, sorrisi a Cole e Justin.
«Un uccellino mi ha detto che oggi compi gli anni – disse Cole, abbracciandomi – Auguri.»
«Grazie... credo di sapere chi è l’uccellino che te l’ha detto.» risi, volgendo lo sguardo a Macie.
«In realtà, sono stato io – disse Justin, sostituendosi a Cole. Mi baciò una guancia – Buon compleanno, Cate.»
«Te ne sei ricordato?» gli chiesi, meravigliata.
«Sono uno che non dimentica.» ammiccò, allontanandosi e trascinando Cole per un braccio.
«Sei arrossita.» notò Macie, ridacchiando.
«Non è vero...» mugugnai, fissandomi allo specchietto che avevo appeso alla porta dell’armadietto. Per mia sorpresa, ero arrossita davvero. Mi toccai la pelle con le dita, trovandola incandescente.
«Non puoi negarlo, ti piace.»
Sobbalzai, al sentire la voce di Mike dietro di me. Mi voltai, lo fulminai con lo sguardo. «Non mi piace.»
«Perché non la finite di sfracassarle i coglioni?» si lamentò Tom, con un tono di voce che rasentava l’isteria. Non avevo mai sentito Tom parlare con quel tono di voce...
«Sei troppo geloso, Tom – sbraitò Macie, alzando gli occhi al cielo – È solo la tua migliore amica, mica la tua fidanzata!»
«La smettete di parlare di me come se non ci fossi?» sbottai, infastidita.
«Ok... comunque, auguri.»
 
Mi diressi a passo spedito verso l’auto, sollevata che anche questa giornata di scuola fosse finita. Mi ero trattenuta dentro più del dovuto, a causa di un guasto all’armadietto. Nessuno riusciva ad aprirlo, hanno dovuto rompere il lucchetto con le pinze... è strano.
Entrai in auto, misi in moto, non partiva. Riprovai, niente da fare.
Eppure non è in riserva... che cazzo succede?
Uscii dall’auto, controllai le gomme. Come avevo previsto, due erano bucate.
Fantastico, ora come faccio? Ho solo una ruota di scorta! E, anche se ne avessi due, non so cambiarle...
«Hai bisogno di una mano?»
Mi voltai, inclinai la testa davanti all’espressione divertita di Justin. «Come fai a sapere che ho le gomme a terra?»
«Si vede – disse, avvicinandosi – Ho lavorato in un’officina due anni fa, se vuoi una mano ti conviene approfittare.»
«Ho solo una ruota.»
«E io ne ho un’altra.» rise lui.
«Va bene.»
«Andiamo, non fare quella faccia, sei stata fortunata che io non me sia andato... altrimenti ora ti staresti ancora domandando come fare.» disse, mettendosi all’opera.
«Sto cominciando a pensare che me l’hai bucate tu per flirtare con me.»
«Mi sto solo rendendo utile, Cate, non essere così paranoica!»
«Non sono paranoica, sono realista.»
«Secondo me sei paranoica.»
Ci furono instanti di imbarazzante silenzio, rotto solo dal rumore dei bulloni che ogni tanto cadevano per terra. Mi guardavo i piedi, in cerca di qualcosa di interessante da dire. Stare in silenzio non è mai stato un peso per me, eppure, con Justin, qualcosa mi diceva di riempire il silenzio.
«Comunque, ho finito – disse Justin, alzandosi – Mi devi un favore. Anzi, due.»
«Uno solo... il primo te l’ho ripagato aiutandoti con la matematica.» dissi, cercando di salire in auto.
Justin mi bloccò per un polso. «Esci con me.»
«Cosa?»
«Non far finta di non aver capito. Esci con me. Per ripagarmi il favore.»
«Oh... non lo so.»
«Come non lo sai? O è no, o è sì.»
«Allora no.»
«Credi che mi arrenda al primo no? – ridacchiò, mentre salivo in auto – Continuerò a chiedertelo finchè non accetterai, sappilo.»
 
-Justin’s Pov.
 
La guardai allontanarsi con l’auto, sentii il cellulare vibrare nella tasca dei jeans. Lo presi, sbuffai quando notai il numero di Charlie sul display.
«Pronto?»
«Si può sapere dove sei?!»
«Oh, Charlie... ho avuto un contrattempo a scuola.» dissi, appoggiandomi con la schiena all’auto.
Odiavo Charlie, quando esercitava quella specie di controllo maniacale su di me. Sono un uomo libero, non posso mica legarmi ad una sola donna...
«Che genere di contrattempo?!»
«Di certo non quello che stai pensando tu.»
«Ah no?! Credi che non sappia di tutte le ragazze che ti scopi alle mie spalle?!»
«Ma perché ti comporti come una fidanzatina gelosa?! Noi non siamo neanche fidanzati!»
«Perché io... beh io...»
«Beh tu niente. Io e te non siamo niente. Solo perché con te ci ho scopato più di una volta, non vuol mica dire che siamo prossimi al matrimonio!»
«Sei un porco!»
«Ah, si, sono un porco? Bene, il porco non te lo darà più, né ora né mai.»
«Sai che me ne faccio io del tuo pene!» strillò, staccando.
 
«Però, che caratterino – commentò Cole, quando quella sera gli raccontai tutto – Cos’hai intenzione di fare?»
«Con cosa?» gli chiesi, inclinando la testa.
Cole rise. «Con Charlie, idiota.»
«Oh, niente. Ha detto che del mio pene non sa che farsene, quindi...»
«Così, hai perso la tua scopamica.»
«Beh, meglio così, posso concentrarmi su come conquistare Cate...»
«Ancora non ci sei riuscito?»
Scossi la testa. «Credo che sarà più difficile di quanto credevo.»
«Te l’ho detto, Cate non è una ragazza facile... devi andare per gradi.»
«Lo so... di solito non sono uno che va per gradi.»
«Appunto per questo ho scommesso.» disse, ridendo.
«Sarà la prima scommessa che perderai, Cole Weber, stanne certo.»
«Io non ne sarei così sicuro – disse Cole, poi si bloccò – Oh, oh. Pantera nera a ore due.»
Mi voltai, vidi Charlie camminare verso di noi stretta nel suo cappotto nero. «Noi due dobbiamo parlare.» disse, indicandomi.
Mi alzai, e la seguii fuori dal locale.
«Cosa vuoi?» le chiesi, curioso di sapere cosa le frullava in mente.
«Mi dispiace, per come mi sono comportata – cominciò, cercando un contatto con i miei occhi – Non volevo essere così... pesante. È solo che... tu mi avevi dato appuntamento alle tre e mezza, sono stata come una cretina ad aspettarti al bar per un’ora intera... come ti sentiresti se ti dessero buca?»
«Mi dispiace non averti avvertito, allora – dissi, appoggiandomi al muro – Comunque, dovevo solo dirti una cosa, oggi pomeriggio.»
«Cosa?»
«Che... è meglio che io e te la smettiamo di essere scopamici.»
«Intendi che... dovremmo essere qualcosa di più?»
«No – dissi, lasciandola a bocca aperta – Solo amici.»
«Ma io credevo che...» balbettò, insicura.
«Te l’avevo detto o no che non dovevi fidarti di me?» ridacchiai, allontanandomi.
«Sei uno stronzo – mi urlò contro – Spero che rimarrai solo per il resto della tua vita.»
Mi voltai, le feci un occhiolino. «Sai che sarà così.»
«No, no... ti innamorerai, un giorno. Non puoi non farlo!»
«Beh, quando mi innamorerò - e se, mi innamorerò - sta certa che non sarà di te.»
«E chi ti vuole – sputò – Ah, dimenticavo... a Sturridge è piaciuta la mia sorpresina?»
Mi voltai verso di lei, la guardai allibito. Charlie si avvicinò a me, mi mordicchiò il labbro inferiore. «Te l’avevo detto o no che non ti conveniva metterti contro di me?» disse, allontanandosi.

 

*
 

Hola.
Ecco il capitolo, puntuale come sempre (mi sento realizzata, davvero lol).
Coooomunque, questo capitolo non mi piace poi così tanto. A parte l'ultima parte (?), lo trovo piuttosto scarno. Voi che ne pensate?
Ah, vi anticipo che nel prossimo capitolo ci sarà una festa e succederanno tante belle cose (?) :3
A presssto. :3

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Capitolo 11
*** XI ***



«Cate! – mi voltai, trovandomi il volto trafelato di Macie davanti – Stasera c’è la festa di Halloween.»
«Lo so.» dissi, riponendo il libro di letteratura nell’armadietto.
«E allora? Non sei neanche un po’ emozionata?» mi chiese, delusa.
«No. Perché dovrei? È solo una festa come le altre.»
«Non è una festa come le altre – sbuffò, appoggiandosi con la schiena all’armadietto – È la festa.»
«È solo una festa di Halloween... non credo che verrò.»
«No, cara mia, tu devi venire. Te lo ordino.»
«Non ho un costume.»
«E allora? Te lo procuro io!»
«Ho già paura.»
«Ma dai! I miei costumi di Halloween non sono così strani.»
«Vogliamo parlare del costume da clown sexy dell’anno scorso, allora?»
Macie deglutì. «Ok, questa volta ti do ragione.»
Feci una risata, poi mi incamminai con lei verso l’aula di storia.
«Ehi, ragazze! – ci chiamò Cole – Stasera ci siete alla festa, vero?»
Stavo per parlare, ma Macie mi interruppe. «Certo che ci saremo.»
Cole sorrise. «Bene... uhm, Macie, hai un minuto? Vorrei parlarti.»
«In verità, stavamo andando...»
La interruppi. «Certo che ha un minuto! – dissi a Cole, poi mi voltai verso Macie – Sta tranquilla, ti copro io.» le sussurrai in un orecchio.
«Allora... ok.»
Macie si allontanò con Cole, sorrisi e proseguii verso l’aula finchè non sentii una mano afferrarmi il braccio.
Mi voltai. «Justin... sto facendo tardi.»
«Non mi interessa – disse secco – Stasera vai alla festa di Halloween, vero?»
«Non vorrei, ma... Macie mi ha costretto. Perché me lo chiedi?»
«Oh... niente, volevo solo sapere se ti andasse di venirci con me.» disse, sorridendomi.
Rimasi a bocca aperta davanti a quel sorriso, il cosiddetto “sorriso trappola”. Era quel sorriso che Justin usava per catturare le sue prede, e non avrei mai pensato che fosse davvero così bello...
«Stai bene?» mi chiese, sventolandomi una mano davanti agli occhi.
Scossi la testa, più per scacciare quel sorriso dalla mia mente che per dargli una risposta, e sorrisi. «Beh, Macie ci andrà sicuramente con Cole, quindi... ok.»
Non sapevo perché stessi accettando. Forse ero stata destabilizzata da quel fottutissimo sorriso, oppure non avevo voglia di restare con Tom e Mike per tutta la sera... o forse per levarmelo di torno. Sono due settimane che continua a chiedermi di uscire, se gli do ciò che - in parte - vuole, magari me lo levo dai piedi.
«Fantastico – disse, baciandomi una guancia – Passo a prenderti io alle otto, va bene?»
«Più che bene – risposi, guardandolo allontanarsi – A stasera!»
Justin si voltò, mi sorrise e continuò a camminare.
 
«Terra chiama Cate, terra chiama Cate!»
Mi voltai, trattenni il fiato dallo spavento. «Tom, mi hai spaventata.»
«Scusa. Allora, ho sentito che stasera vai alla festa di Halloween con Bieber – disse. Io annuii, tornando con la testa al libro che stavo leggendo – Sei sicura di volerlo fare?»
«In che senso?»
«Sei sicura di voler andare alla festa di Halloween con Justin Bieber?»
«Certo. Perché non dovrei esserlo? – Tom alzò gli occhi al cielo, facendomi capire cosa intendeva con le sue parole – Mio Dio Tom, ci andiamo come amici! La smetti di fare il geloso?»
«Ti ho già detto che non sono geloso! Sono solo preoccupato per la mia amica.»
«Ti ho già detto che non devi esserlo. Credi davvero che cederei alle sue avances?»
«No, ma... lo sai.»
«Cosa so?»
«La maledizione della festa di Halloween, andiamo!»
«Quale maledizione?»
«Le ragazze che vanno alla festa di Halloween con Justin finiscono sempre a letto con lui, che lo vogliano o no. Sempre.»
«Sono solo stupide voci – dissi, alzandomi da terra – Non andrò a letto con Justin, ok? Sta tranquillo.»
Uscii dalla biblioteca della scuola, il corridoio era gremito di gente. Era strano, dato che erano le tre e mezza... ok, non così strano alla vigilia della festa di Halloween della scuola.
Mi sporsi verso l’entrata della palestra, vidi Charlie che posava dei bicchieri sul tavolo. Parlava con la sua migliore amica/perfida tirapiedi Sarah.
«Giuro che non la sopporto – riuscii a sentire del discorso – Quella troia, fa tanto l’innocente e poi... insomma, guarda cos’è successo fra me e Justin per colpa sua!»
«Che ne sai che è davvero colpa sua? Magari Justin si è semplicemente stancato di te.» sbuffò la bionda, scrivendo delle cose su un foglio.
Allora non è così perfida come pensavo...
Charlie poggiò la pila di bicchieri sul tavolo con uno scatto secco. «Nessuno può stancarsi di me!» sbraitò, quasi strillando.
Sarah rise. «Questo lo dici tu.»
Charlie diede un ultimo sguardo alla sua amica, poi tornò a sistemare i bicchieri sul tavolo.
«Gliela farò pagare. Se l’ultima volta le ho bloccato l’armadietto e bucato le ruote, stavolta farò qualcosa che non potrà dimenticare.»
«Ehm... Charlie, ti ricordo che Cate è la figliastra del coach.»
«E chi se ne frega! Deve pagarla, non mi importa di chi è figlia.»
 
Finito di truccarmi, posai la trousse nel bagno dove la tenevo sempre.
Mi riguardai allo specchio, feci un respiro profondo. Tutto sommato, non ero così male. Un po’ pallida, ma se devo essere una vampira...
Sentii il telefono squillare, corsi in camera mia.
«Pronto?»
«Sono fuori casa tua. Risparmiami la figura di merda di entrare, per favore. Vorrei evitare le domande del coach...»
Feci una risata, mentre mi incamminavo verso la porta. «Guarda che Ben non c’è, è a scuola.»
«Non me la posso scampare, vero?»
«No.»
Staccai ed uscii fuori.
«Cate... oh mio Dio. Sei uno schianto!» commentò, squadrandomi da capo a piedi.
Arrossii. «Grazie, scheletro.» dissi, notando il suo costume.
«Ti piace? Ci sono volute ore per truccarmi in questo modo.»
Mi porse la mano. La afferrai, sentendo i brividi percorrere la mia schiena.
«Sei un po’ troppo scheletrico per i miei gusti, ma sei carino.»
«Oh, grazie succhiasangue.»
Entrai in auto, seguita da Justin che prese posto al sedile di guida.
«Sei sicura che il coach è a scuola?»
«Sì. Non preoccuparti, con tutte le cose che deve sorvegliare non farà caso al fatto che siamo insieme.»
«Questo lo dici tu... non sai che occhiate mi fa agli allenamenti. Mi guarda come se avessi ucciso qualcuno. E poi ricordi tutte le domande che mi ha fatto quando ho cenato da te?»
«È solo iperprotettivo. Sa cosa ho passato, e... non vuole che mi ricapiti.»
«Sei legata a lui, vero?»
«Molto – dissi, volgendo lo sguardo al finestrino – Fa stare bene mia madre, ed è un tipo simpatico... è un po’ il padre che non ho mai avuto. Uh... possiamo parlare di altro?»
«Certo... lo sai che ho mollato Charlie?»
«Sì, lo so. So anche che è stata lei a bucarmi le ruote.»
«Come l’hai saputo?»
«L’ho sentita parlare con Sarah... quella ragazza è leggermente psicopatica.»
«Lo so – asserì, ridacchiando – Siamo arrivati.»
Scendemmo dall’auto, furono tutti sorpresi di vedermi con Justin. Li sentivo mormorare mentre passavamo accanto a loro, dicevano cose tipo “Oh mio Dio, non è con Charlie”, “Si è portato Sturridge”, “Chissà come finirà”.
«Ma dico io, cos’hanno da mormorare?» mi lamentai, con un filo di voce.
«È così ad ogni Halloween – sospirò Justin – Quest’anno è ancora peggio, dato che sanno tutti che io e Charlie non ci frequentiamo più.»
«Frequentarvi, poi... sapevano tutti che vi cornificavate.»
«Appunto! Non capisco perché debbano interessarsi così tanto, poi.»
«Sono solo pettegoli.»
Arrivammo da Cole e Macie; Cole era vestito da Joker con tanto di capelli verdi, Macie da Wonder Woman. Non so cosa centrasse Joker con Wonder Woman, ma... erano troppo belli insieme.
«Buonasera – disse Justin, scambiando un pugno a pugno con Cole – Quando ho visto i capelli verdi ho ipotizzato che ti fossi vestito da albero.» concluse, facendo scoppiare a ridere me e Macie.
«Non sei divertente, scheletro – sbottò Cole – Però, Cate, sei uno schianto.»
«Non sono così bella quanto la tua ragazza.» dissi io, facendo arrossire entrambi.
«Ehm... Justin, ti dispiace se rubo la tua bellissima accompagnatrice per un attimo? Devo parlare.» disse Macie, afferrandomi per un braccio.
«Fa pure.»
Macie mi trascinò in disparte, dove nessuno poteva sentirci. «Non hai idea di cosa sto per raccontarti.»
«Spara.»
«Ho sentito Tom parlare con Charlie, oggi pomeriggio.»
Sgranai gli occhi. Tom e Charlie? Cosa poteva volere Tom da Charlie? O Charlie da Tom?
«Parlavano di te
«Perché?»
«Non lo so, ho solo sentito l’arpia dire a Tom che doveva aiutarla a fartela pagare, hanno in mente qualcosa... non so cosa. Tu non allontanarti da Justin per nessun motivo al mondo, sta sempre con lui e non avvicinarti a Tom, capito?»
Annuii, come inebetita, e seguii Macie.
Ok, va bene Charlie, ma... Tom? Per anni, Tom era stata la mia unica ancora di salvezza, un punto di riferimento e ora mi stava tradendo per aiutare Charlie. Per fare cosa, poi? Vendicarmi di me che non avevo fatto niente.
Mi sentivo tradita, mi sentivo illusa. Mi sentivo uno schifo, soprattutto.
Mentre camminavo senza capire più niente, mi scontrai con un ragazzo che mi rovesciò il contenuto del suo bicchiere addosso.
«Cazzo. Non di nuovo! – sbraitai, alzando lo sguardo – Chi poteva essere stato, se non tu?»
«Scusa, Cate... non ti ho vista. Vieni con me, ti do una mano.»
«Tranquillo, faccio da sola.» sbottai, dirigendomi nel bagno delle ragazze.
Entrata in bagno, presi della carta igienica e cominciai a picchiettare violentemente sul tessuto bagnato. Avevo la vista appannata, per via delle lacrime che tra non molto avrebbero rigato il mio viso.
Delle mani, coperte per metà da dei guanti neri, si sostituirono alle mie.
«Te l’ho rovinato io il vestito, lascia fare a me – disse Justin, mentre picchiettava delicatamente il pezzo di carta sul vestito – Mi sembri troppo scontrosa, si capisce che non è per il vestito. Dimmi cosa sta succedendo.»
«Che te lo dico a fare?»
«Tu dimmelo e basta... sfogarsi fa bene.»
«Ok – sentii un nodo stritolarmi la gola – C’è che questa serata era cominciata per il verso giusto, potevo anche divertirmi ma ho scoperto che il mio migliore amico complotta contro di me e tu hai versato il tuo punch su un vestito che non è neanche mio, mia madre mi metterà in punizione a vita dopo aver scoperto che ho preso in prestito il suo vestito preferito senza chiederglielo e ora sto piangendo come una cogliona sbavando tutta la matita e il mascara che...»
Fui interrotta da Justin che posò le sue labbra sulle mie. Sgranai gli occhi, non sapendo cosa fare. Dovevo ricambiare o era meglio cercare di allontanarlo da me e scappare via?
Una parte molto, ma molto irrazionale di me, decise di ricambiare quel bacio. Sentii Justin sorridere sulle mie labbra, quando si accorse che non gli avrei tirato un calcio nelle palle. Poggiò le mani sul mio viso, attirandomi ancora di più a sé.
Il mio cuore prese a battere furiosamente nella mia cassa toracica, quando le nostre lingue si intrecciarono. Sentivo le farfalle nello stomaco e mi tremavano le ginocchia come non so cosa. Non dovrei sentirmi così, eppure mi sento così.
«Parli troppo – disse Justin, staccandosi – Che ne dici di tornare in palestra?» mi chiese poi, pulendomi le guance che erano sicuramente rigate di nero.
Annuii, e presi la sua mano.

 

*
 

Hello.
Cominciamo dal fatto che sono soddisfatta di questo capitolo. *alleluja*
Mi sembrava giusto che, dopo undici fottuti capitoli, Cate e Justin si baciassero ewe
Ovviamente, adesso Justin penserà di essere a buon punto con la scommessa, e Cate si sentirà confusa (?)
Ora non so come scrivere il prossimo capitolo. Avevo già un'idea, ma ripensandoci non mi piace poi molto çwç va beh, vedrò cosa partorirà questa volta la mia testa.
A presssto.
Ps: avete partecipato al #doyoubelieve? Io no, purtroppo çç

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Capitolo 12
*** XII ***



«Non. È. Vero.» esclamò Macie meravigliata, stringendosi il cuscino al petto.
«Purtroppo lo è.» mugugnai io, mordendomi il labbro inferiore.
Erano passate poche ore da quando io e Justin c’eravamo baciati, e potevo ancora sentire il sapore delle sue labbra sulle mie e le farfalle che non volevano decidersi a lasciare in pace il mio povero stomaco.
E il peggio era che più cercavo di non pensarci più ci pensavo.
«Come purtroppo? Hai fatto cadere ai tuoi piedi uno dei ragazzi più belli di tutta la scuola, io al posto tuo farei i salti di gioia.»
«Non l’ho fatto cadere ai miei piedi... ci siamo solo baciati. Non è stato neanche un atto voluto, secondo me. Probabilmente mi aveva vista sconvolta e... voleva consolarmi.» dissi, poco convinta delle mie parole.
«Se un ragazzo vuole consolarti al massimo ti da una pacca sulla spalla, mica ti infila la sua lingua in bocca!»
«Dimentichi che quel ragazzo è Justin Bieber. Quante ragazze avrà baciato, usando questa tattica?»
«Uffa – Macie alzò gli occhi al cielo – Perché sei così di coccio? Justin non flirta mai con la stessa ragazza per più di una settimana. Mi pare di avertelo già detto...»
«Forse perché le altre ragazze gliela danno subito?» ipotizzai, gesticolando nervosamente. Il pensiero che forse sarei stata un’altra delle tante invase la mia testa, facendomi rabbrividire.
Non si poteva negare, io tenevo a Justin. Non come Macie teneva a Cole, ma neanche come tenevo a Tom o a Mike... tenevo a lui in un modo particolare, che non riuscivo a spiegarmi. Sapevo di non essere innamorata di lui, ma sapevo anche che, se fosse successo, non me ne sarei lamentata affatto...
«Perché non vuoi ammettere che forse Justin è davvero interessato a te e non la vede come un gioco?» mi chiese Macie, interrompendo i miei pensieri.
«Perché... non lo so neanche io, il perché. Forse ho paura di cadere ulteriormente nella sua rete... o di illudermi soltanto. Non lo so.»
«Va bene... cambiamo argomento – disse, facendomi sospirare di sollievo – Con Tom cosa vuoi fare?»
«Non possiamo parlare di qualcos’altro?» mi lamentai, facendola ridere.
«No, cara mia, è uno degli argomenti clou. Non possiamo non parlarne.»
«Ma potremmo parlare di... che ne so, di te.»
«Ora quello che succede a me non è importante come quello che sta succedendo a te! Devi affrontare questa cosa, Cate. So che vuoi bene a Tom, ma... credo che tu debba chiarire con lui.»
«Domani lo farò.»
«No, devi farlo adesso... è con mio fratello.»
«Intendi che... è qui?»
«Sì, intelligentona – si lamentò Macie – Va a parlare con lui.»
«Va bene...» dissi, titubante.
Mi alzai, e avanzai a passo incerto verso camera di Mike. Stavo per entrare, quando mi accorsi che i due stavano parlando di me.
Mi sporsi in avanti, intenta ad ascoltare la loro conversazione.
«Ma dico io, ti è andato di volta il cervello? Cate si fida di te!» disse Mike, la voce più alta di un’ottava. Lo immaginai mentre puntava il dito contro Tom, come faceva sempre quando accusava qualcuno, e mi scappò una risata.
«Sta zitto! – lo rimproverò Tom – Vuoi che Cate ti senta? E comunque, lo faccio solo per il suo bene.»
«E da quando tu puoi decidere cos’è per il suo bene e cosa no? – disse Mike, il suo tono di voce ora era sarcastico – Ascoltami, Tom, so che sei innamorato di lei da una vita, ma... devi lasciarla compiere le sue scelte. E lei, a quanto pare, ha scelto Justin... prova a conviverci.»
Sgranai gli occhi, cercando di elaborare quel pensiero.
Avevo sospettato molte volte che Tom provasse qualcosa per me, ma non avevo deciso di indagare... avevo paura che fosse davvero così. E sapere che era per davvero così mi faceva accapponare la pelle. E il peggio era che avrei dovuto spezzare il cuore del mio migliore amico, dato che non ricambiavo ciò che provavo per lui, e forse lo stavo già facendo.
Trattenni un gemito di sofferenza, quando mi resi conto che l’avevo fatto soffrire più di una volta.
«Mike, io non voglio conviverci. Ok? Cate soffrirà soltanto a causa sua, e io non voglio vederla soffrire... o peggio, tra le sue braccia. Se non posso averla io, non deve averla nessuno.» le sue parole suonavano come una minaccia.
«Se sei davvero innamorato di lei, dovrai farlo. Sai come dice il detto, no? “Se ami qualcuno, lascialo andare”
«I detti non mi interessano – sbottò Tom, secco – Non mi interessa cosa pensi di me, io continuerò a intralciarle la strada.»
«E non pensi che lei soffrirà a causa tua?»
Indietreggiai, tornando in camera di Macie.
«Allora, hai parlato con lui? – mi chiese, distogliendo lo sguardo dal cellulare per fissarlo su di me. Scossi la testa, sentendomi incapace di parlare – Oh Dio, Cate, pare che hai visto un fantasma.»
«Peggio.» dissi, sedendomi sul letto.
 
-Justin’s Pov.
 
«Non ci credo che l’hai baciata per davvero.» disse Cole, fissandomi preoccupato.
Sorrisi compiaciuto, mi passai la lingua sul labbro inferiore. «Sono vicino al traguardo, Weber. Ti consiglio di cominciare a preoccuparti.»
«Non cantare già vittoria – mi frenò Cole, mentre afferrava il suo cellulare dal comodino – L’hai solo baciata, tutto qui.»
«Credi che Cate si sarebbe fatta baciare così facilmente?»
«Beh, era un momento di debolezza, era nervosa... quando qualcuno è nervoso può combinare le cose peggiori.»
«Sarà stata pure nervosa e bla, bla, bla, ma io so che lo voleva.»
Ripensare a quel bacio mi faceva sentire un po’ strano, a dire il vero. Non avevo pianificato niente, l’avevo fatto e basta. Senza pensarci due volte. Mi aspettavo di non essere ricambiato, di essere subito respinto, e invece Cate ha fatto l’esatto contrario.
«Stai pensando a lei ora, vero?» mi chiese Cole, mentre componeva un messaggio al cellulare.
Annuii, arrossendo leggermente. «È stato strano. In senso positivo, ovvio. Ma strano.»
«Da come parli ti è piaciuto parecchio.»
«Non mi sono mai sentito così bene baciando una ragazza.»
«Uhm... qualcosa mi dice che Bieber si sta innamorando!»
Sgranai gli occhi, appena realizzai cosa avevo detto. «Ma... ma... non è vero... io non mi sto innamorando, lo giuro.» balbettai, insicuro delle mie parole. E se mi stessi innamorando per davvero? Non potevo saperlo, dato che non lo ero mai stato...
No. Tu non sei innamorato, Bieber. Non lo sei. Tu devi vincere questa fottutissima scommessa. Altrimenti sai cosa succederà... vuoi che torni tutto come quattro anni fa?
«Oh Dio.» esclamò Cole, facendomi uscire dal vortice di pensieri in cui ero entrato.
«Che succede?» gli chiesi, alzando la testa.
«Sto parlando con Macie.» disse lui, indicando il suo cellulare.
«E allora?»
«Dice che Cate si sta disperando perché ha scoperto che Tom è innamorato di lei.»
«Non è vero.» dissi, incredulo.
Cole mi passò il cellulare, così che potessi leggere la conversazione.
«Adesso hai un nemico, Justin. Questa scommessa sarà la migliore della mia vita.» disse Cole fra sé e sé, ridacchiando.
 
Feci un respiro profondo, mentre raccoglievo il coraggio necessario per bussare alla porta di Ray. Ero nervoso, non perché avrei dovuto vedere uno dei miei migliori amici, ma per quello che avrei dovuto chiedergli.
«Justin? Che ci fai davanti alla mia porta?»
Mi voltai, sorrisi a Ray. «Stavo per bussare... hai un minuto? Devo chiederti una cosa.»
«Certo.»
Raggiunsi Ray alla fine del vialetto. «Ehm... tu... come ti sei accorto di essere innamorato di Jenni?» chiesi, sentendomi morire dentro. Avrei mai pensato di dover chiedere a un mio amico come ci si sentiva ad essere innamorati?
«Oh... perché me lo chiedi?»
«Ieri sera ho baciato Cate. Mi sono sentito... strano.»
«Esattamente quanto strano?»
«Non lo so... mi sentivo in un modo diverso rispetto a quando bacio altre ragazze. Mi sentivo... bene, in un certo senso.»
«Uhm, interessante.»
«Stai dicendo che sono innamorato di Cate? Santo Cielo no, ho perso la scommessa. Ho perso la scommessa e mi sono innamorato! Può andarmi peggio di così?»
Ray rise. «Frena! Non ho mica detto che ti sei innamorato di lei... anzi, non ho detto proprio niente. Comunque, sta tranquillo, non sei ancora innamorato di lei. Solo... provi qualcosa.»
«Esattamente cosa provo?» chiesi, sull’orlo della disperazione.
«Tieni a lei... ma non abbastanza per essere innamorato.»
«Ah, grazie a Dio – dissi, alzando le mani al cielo – Cosa ci facevi qua fuori?»
«Oh, sto aiutando la famiglia che si è trasferita qui con i traslochi. Si sono trasferiti dal Canada.»
«Oh, bello, connazionali – dissi, senza interesse nella voce – Hanno figli?»
«Sì... un ragazzo, si chiama Ryan.»
«Oh... peccato.»

 

*
 

Ehilà.
Eccomi with the chapter (?). In realtà non succede niente di che, eppure questo capitolo mi piace... strano.
Comunque quel Ryan è Ryan, Ryan Butler uwu vi anticipo che dal prossimo capitolo entrerà già in scena e ci saranno alcune rivelazioni sul passato di Justin.
So, cosa ne pensate? :3
A presssto.

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Capitolo 13
*** XIII ***



Sono passate due settimane, dalla festa di Halloween. Tra me e Justin non è cambiato niente, e nessuno dei due ha più tirato fuori l’argomento bacio. Vorrei farlo io, ma non ho il coraggio di affrontarlo. In più, i miei sentimenti sono confusi più che mai, nei suoi confronti. Non so neanche io cosa provare.
In quanto a Tom, non gli ho detto niente. Né del bacio, né del fatto che sapevo tutto. Continuavo a dire che volevo aspettare il momento giusto per farlo, ma la realtà è che non riuscirei a sopportare la sua mancanza in caso di litigio. Tradimento o meno, Tom è il mio migliore amico da quando sono nata, non ce la faccio ad essere arrabbiata con lui.
«Buongiorno – disse una voce alle mie spalle, facendomi sobbalzare – Credevo mi aspettassi, stamattina.»
Mi voltai, sorrisi a Justin. «Fa un freddo cane, ho preferito usare la macchina anziché venire a piedi – dissi, voltandomi di nuovo verso l’armadietto – Non pensavo tenessi così tanto a me da preoccuparti se non vengo a scuola con te.»
Justin rise, si appoggiò con la schiena all’armadietto di Macie. «Mi scoccio di farmela a piedi da solo, ho bisogno di qualcuno con cui chiacchierare.»
«Oh, beh, allora scusami.»
«Cos’hai? Mi sembri strana.»
Mi voltai verso di lui, trovando i suoi brillanti occhi color caramello fissarmi in attesa che parlassi.
«Si tratta di Tom – sospirai, abbassando lo sguardo – Mercoledì l’ho sentito dire a Mike che è innamorato di me e io... ho paura.»
«E di cosa?» mi chiese, facendo una risata.
«Di ferirlo, idiota. Insomma, Tom è il mio migliore amico da quando ero in fasce, non posso guardarlo diversamente... Dio, impazzirò.»
Justin rise. «Vedrai che si sistemerà tutto.»
Scossi la testa. «Non credo proprio. Hai già incontrato il ragazzo nuovo?» gli chiesi, per cambiare discorso.
«No – disse, facendo spallucce – Ray mi ha detto che è canadese.»
«Ho sentito che è di Stratford – dissi, alzando lo sguardo verso di lui – Magari lo conosci.»
Lo sguardo di Justin era vacuo, perso nel vuoto. Notai che il suo labbro tremava e i suoi occhi erano grandi come palline da golf.
«Ryan.» balbettò, con voce tremolante.
Mi voltai nella direzione indicata dai suoi occhi, e vidi un ragazzo biondo, con gli occhi azzurri e piuttosto alto. Guardava Justin con un ghigno divertito stampato in volto.
«Esatto, Bieber, sono proprio io. Sorpreso di vedermi?»
«Sapevo che vi conoscevate già – dissi, sorridendo. Stampai un bacio sulla guancia a Justin – Vado a lezione, altrimenti la Gilmore mi uccide.»
«A dopo.» disse Justin, con voce flebile, mentre mi allontanavo.
 
-Justin’s Pov.
 
Continuavo a guardare Ryan, che ora camminava per raggiungermi.
Non era cambiato molto dall’ultima volta che l’avevo visto, come non erano cambiate le mie sensazioni riguardo a lui. In un attimo, tutto ciò che avevo passato a causa sua e dei suoi amici mi passò in testa come succede nei film, quando qualcuno fa un incidente e rivive la sua vita in un flash.
«Bieber, sei cambiato – commentò, quando fu il più possibile vicino a me – Quella è la tua ragazza? Piuttosto carina, per uno sfigato come te.»
«Non sono più uno sfigato. Sai, Butler, le cose sono cambiate da quattro anni a questa parte. Non sono più il ragazzino fragile che ti piaceva tanto picchiare e prendere in giro.»
Ryan rise, per niente intimidito dal mio discorso. «Sarai pure cambiato di aspetto, ma nel profondo sei ancora quello sfigato che cantava davanti a un teatro per racimolare qualche spicciolo. Dimmi, scrivi ancora canzoni?»
«Non sono cose che ti riguardano – dissi, prendendolo per il colletto della maglia e inchiodandolo all’armadietto – Ricordi come a Stratford non ero nessuno? Bene, dimentica tutto questo. Qui comando io, e non ci metterei niente a schiacciarti. Chiaro?»
Ok, non era del tutto vero, ma ero comunque uno dei più popolari, a scuola.  Non mi ci sarebbe voluto poi molto a mettergli tutta la squadra di basket contro...
«Sì, certo – disse, allontanandomi con uno strattone – Ci vediamo agli allenamenti, Bieber.»
«Cosa?»
Ryan si voltò, mi sorrise beffardo. «Non lo sapevi?» mi chiese ridacchiando, poi si allontanò.
Scivolai per terra, mi appoggiai con la schiena contro l’armadietto mentre il mio cuore batteva all’impazzata nella cassa toracica.
 
Passai le restanti ore di lezione a prepararmi mentalmente per quando, all’allenamento di basket, avrei dovuto incontrare Ryan e comportarmi come se la cosa non mi facesse venire voglia di piangere. Avevo evitato chiunque e durante l’ora di pranzo mi ero chiuso nel ripostiglio delle scope aspettando la campanella, e questo mi faceva sentire come se fossi ritornato lo sfigato di Stratford.
Feci un respiro profondo, prima di entrare in palestra. Notai Cate, Macie e Cole sugli spalti, deglutii ricordandomi che avevo promesso a quest’ultimo di pranzare con lui.
Entrai nello spogliatoio in fretta e furia, mi cambiai velocemente e quando uscii vidi Ray entrare in palestra seguito da Ryan. Mi si bloccò il cuore in gola, le mie mani presero a tremare.
«Wow, hai fatto presto oggi – commentò Ray ad alta voce, mentre si avvicinavano – Di solito arrivi dopo mezz’ora.»
Gli sorrisi in risposta, non avendo la forza di parlare.
«Conosci già Ryan?» mi chiese, quando si furono avvicinati.
«Sì – risposi con voce monocorde – Da anni.»
Ray mi guardò con espressione interrogativa.
«Eravamo molto amici a Stratford – mentì Ryan – Vero, Justin?»
No, no, no no e no.
«Sì.» mentii, sapendo che Ray non mi avrebbe creduto se avessi detto la verità. Andiamo, chi crederebbe che Justin Bieber soffriva di atti di bullismo? Sembra una cosa impossibile persino a me.
Negli anni, avevo cercato di nascondere il più possibile quel periodo della mia vita, e ad assumere una maschera. La cosa aveva funzionato a tal punto da farmi diventare un ragazzo abbastanza popolare, e quantomeno intoccabile. Ho fatto in modo che la gente mi rispettasse, e ciò aveva comportato abbandonare il canto anche se era un’attività che amavo, perché si sa, un ragazzo che canta non è mai ben accetto. Io l’avevo capito a mie spese...
 
«Mi sembri strano.» notò Cate, mentre uscivamo dalla palestra.
«Sto bene, lo giuro.» mentii, cercando di non guardarla in faccia.
Avevo dimenticato che Cate era una buona osservatrice... che tu sia maledetto, Cole Weber, per avermi lasciato da solo con lei.
«Non è vero. Andiamo, puoi dirmelo se c’è qualcosa che non va.»
«Ti ho detto che sto bene! Perché continui a chiedermi cosa c’è che non va? Sto fottutamente bene.» sbraitai, con la voce più alta di un’ottava.
«Va bene... non scaldarti tanto.»
«Scusa, è che... sono un po’ stressato per via della scuola.» dissi, sedendomi su di una panchina.
Cate si sedette accanto a me, mi costrinse a guardarla negli occhi. «Non centra niente Ryan, vero?»
Il mio cuore sembrò bloccarsi per poi ripartire a battere furioso, mentre gli occhi verdi di Cate mi scrutavano interrogativi.
Scossi la testa, cercai di scacciare il groppo che si era formato nella mia gola. «No... non centra niente.» mentii, nonostante la mia testa mi stesse dicendo di raccontare la verità a Cate. In fondo, sapevo di potermi fidare di lei, come lei si era fidata di me...
«Eppure quando l’hai visto mi sembravi così strano... come se avessi avuto paura di lui.»
«È stata solo una tua impressione, allora – dissi, alzandomi – Ci si vede, Cate.»
Cate si alzò con me, mi prese la mano. «Ehm... senti, Justin... riguardo al bacio della festa di Halloween io... non potremmo far finta che non sia mai successo?»
Scossi la testa, mi avvicinai lentamente al suo viso. «A me è piaciuto.» dissi, vicinissimo alle sue labbra.
Cate stava per allontanarmi, ma ormai le mie labbra erano già sulle sue.
 
-Cate’s Pov.
 
Le farfalle invasero il mio stomaco per l’ennesima volta, mentre le labbra di Justin accarezzavano lentamente le mie.
Era sbagliato, sbagliatissimo, ma non riuscivo ad allontanarlo. Ero come bloccata, come se i pochi neuroni che mi funzionavano ancora avessero smesso di lavorare.
Ripresi a respirare solo quando si staccò, fissandomi divertito.
«Quindi no, non voglio fare finta che non sia successo – disse, allontanandosi – A domani, Cate!»
Lo salutai con un timido cenno della mano; mi portai un dito sulle labbra come a cercare di cancellare ciò che era appena accaduto. Beh, era impossibile.
«Perché l’hai fatto?»
Mi voltai, trattenni il respiro.

 

*
 

Sciao bele.
Allora, partiamo dal fatto che sono in ritardo. Venerdì non ho avuto tempo, ieri non avevo voglia - ero depressa per il concerto, dato che non sono potuta andare - e quindi la cosa si è ridotta a domenica. Scusatemi.
Comunque, ecco il capitolo. Cosa ne pensate? c:
E volevo ringraziarvi, perché la storia è arrivata a 30 seguite e 31 ricordate. Davvero, grazie di cuore.
Va beh, ora vi lascio con il capitolo c:
A presssto.
PS: voi siete andate al concerto? Com'era? *tosse* Justin si è tolto la maglietta? AHAHAH *tosse*

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Capitolo 14
*** XIV ***



Tom mi guardava, il suo sguardo era arrabbiato. Vedevo i suoi occhi farsi sempre più lucidi, mentre pensavo a cosa rispondere.
«Che c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua, Sturridge? Dimmi perché hai baciato Bieber!» disse, stizzito.
Feci un respiro profondo. «Io... non lo so – ammisi, facendo spallucce – E poi, a te che importa?»
Tom alzò gli occhi al cielo. «Ma non capisci che quel ragazzo vuole solo una cosa da te?! Perché non apri gli occhi?!» sbraitò, stringendo le mani a pugno.
Io sapevo perché gli importava così tanto, e non era di certo perché si preoccupava per me...
«L’ho solo baciato, Tom, non ci sono andata a letto!»
«Accadrà comunque, prima o poi... accade sempre. E il tuo cuore sarà spezzato.»
«Cazzi miei se il mio cuore sarà spezzato – sputai, noncurante del fatto che Tom stesse per cominciare un’altra frase – Devi smetterla di essere così opprimente, Tom. Perché ti importa così tanto della mia vita sentimentale?»
«Perché sono tuo amico – mentì – Mi preoccupo per te, Cate.»
«Se fossi davvero mio amico non ti saresti coalizzato con Charlie per rovinare la mia vita...» dissi, sentendo la mia voce tremare.
Era arrivato il momento che tanto avevo temuto in queste due settimane: affrontare Tom.
«Ma cosa stai dicendo?» chiese, fingendo di non sapere ciò che avevo appena detto.
«Non fare il finto tonto, Tom – dissi, avvicinandomi a lui – So tutto del tuo complotto con Charlie... credevo fossimo amici, io e te.»
«Era solo per il tuo bene.»
«Non sei nessuno per decidere cos’è per il mio bene e cosa no! È la mia vita, posso farne ciò che voglio.»
Tom deglutì, ovviamente offeso dal mio tono di voce e dalle cose che gli avevo detto. Si avvicinò ancora di più a me, e prima che potessi dire altro, mi baciò.
Sgranai gli occhi, cercando di allontanarlo da me. Le sue labbra premevano insistenti contro le mie, la sua lingua cercava di forzare le mie labbra.
Riuscii finalmente ad allontanarlo, lo fissai ad occhi sgranati. «Perché... perché l’hai fatto?» chiesi, senza fiato.
Avevo sperato a lungo che quello che avevo sentito a casa di Macie fosse solo una battuta, e invece... era la pura verità.
«Sono innamorato di te, Cate. Da quando ti ho conosciuta. Capisci perché sono così opprimente? Voglio solo la tua felicità. E vorrei essere la tua felicità... potrei esserlo, ma quel canadese del cazzo si è messo in mezzo.» sputò quelle parole con rabbia, guardandomi negli occhi.
Distolsi lo sguardo e deglutii per scacciare il groppo in gola che si era formato. Stavo per spezzare il cuore del mio migliore amico ulteriormente, con le parole che stavo per dirgli, e ciò mi faceva sentire uno schifo totale.
«Tom, sai che non posso vederti diversamente da un amico... lo sai. Non mettere Justin in mezzo, per favore, perché sai che anche se lui non ci fosse io... io non riuscirei a stare con te. Perché ti conosco da quando sono nata, sei come un fratello, e... mi sentirei strana.»
«Ne sei davvero sicura?» sbottò freddo, allontanandosi. Lo guardai mentre saliva sulla sua auto e andava via con le lacrime agli occhi, mi sedetti sulla panchina e scoppiai a piangere. Mi rannicchiai su me stessa, affondai la faccia nelle ginocchia. Restai così per una buona manciata di minuti, fino a quando non cominciai a sentire freddo e mi diressi alla mia auto, camminando a testa bassa. Misi in moto e guidai velocemente verso casa, rischiando vari tamponamenti e ricevendo insulti e lamentele dalle persone a cui tagliavo la strada.
Ero triste, nervosa e arrabbiata, e quando lo ero o guidavo male, o piangevo. In quel frangente stavo facendo tutte e due le cose contemporaneamente. Avevo perso il mio migliore amico, era più che normale che stessi così.
Entrai in casa, sbattendomi la porta alle spalle. Non c’era nessuno, così potevo sfogarmi quanto volevo. Mi diressi in cucina, presi un barattolo di gelato dal freezer e ci affondai il cucchiaio dentro. Avevo bisogno di annegare la mia tristezza nel cibo, in quel momento; era l’unica cosa che mi avrebbe fatto stare bene.
Sentii il mio cellulare vibrarmi in tasca, lo presi. «Pronto?» risposi, a bocca piena.
«Cos’è successo con Tom? – mi chiese Macie, preoccupata – L’ho visto venire qui piangendo...»
«Niente, solo... abbiamo litigato.» dissi, prendendo un’altra cucchiaiata di gelato.
«E questo lo chiami niente?»
«Cerco di minimizzare, Macie – dissi, deglutendo – Se penso a quanto è davvero grave rischio di impazzire.»
«Sono sicura che si sistemerà tutto, tranquilla – cercò di rassicurarmi – Lascialo sbollire.»
«Secondo me non si sistemerà proprio niente... fantastico, ho perso il mio migliore amico – borbottai. Sentii bussare alla porta – Oh, ti chiamo domani Macie.»
«Ok... cercherò di parlare con Tom, ok?»
«Ok. A domani.» dissi, poi staccai.
Andai ad aprire, mi ritrovai davanti il ragazzo nuovo, Ryan.
«Ehm... abita qui Ben Miller?» mi chiese, mostrandomi un sorriso timido.
«Sì, sono la sua figliastra... che ti serve?»
«Oh, niente, solo... il coach ha dimenticato questo in palestra, ci tenevo a ridarglielo – disse, porgendomi il portafogli – E così, tu sei la figliastra del coach?»
Annuii. «Non mi sembra una cosa tanto eclatante.»
«Lo è, se sei la fidanzata del capitano della squadra.»
Arrossii, appena capii che si riferiva a Justin. «Io e Justin... io e Justin non stiamo insieme.» balbettai, mordicchiandomi il labbro inferiore.
«Ah, sì... so della sua reputazione – ridacchiò – Non farti abbindolare da lui.»
Se ne andò, lasciandomi con un enorme punto interrogativo stampato in faccia.
 
Quando mi svegliai, quella mattina, la prima cosa che mi venne in mente di fare era cercare di chiarire con Tom, e di cercare di capire perché Ryan mi aveva messo in guardia su Justin e perché quest’ultimo sembrasse così terrorizzato dal ragazzo nuovo. Durante la notte ci avevo riflettuto molto, senza mai arrivare ad una conclusione convincente. Sapevo che Justin non me l’avrebbe mai detto, quindi mi conveniva scoprirlo da sola.
Mi alzai e mi vestii in fretta, senza neanche fare colazione. Non avevo molta fame, dopo aver mangiato un intero barattolo di gelato alla fragola.
«Dove vai?» mi chiese Ben, prima che uscissi di casa.
«A fare un giro – dissi vaga – Torno per pranzo.»
Uscii di casa, e salii sulla mia auto diretta a casa di Tom.
Arrivai dopo una mezz’oretta; bussai, sperando fosse in casa.
«Ciao, Cate – mi salutò Karen, sua madre – Cerchi Tom?»
«Sì – dissi – È in casa?»
«No, è uscito presto... forse è in biblioteca.»
«Grazie, Karen.»
Dopo averla salutata, salii di nuovo in auto e mi diressi in biblioteca. Tom andava spesso lì, quando era nervoso o triste per qualcosa. Potevo pensarci prima ad andare lì...
Arrivata alla biblioteca, parcheggiai l’auto di fronte ed entrai.
Era semi deserta, se non per un ragazzo che leggeva, chino su sé stesso. Mi avvicinai a lui, lo guardai mentre leggeva cercando di trovare il coraggio di dirgli qualcosa.
«È un bel libro.» dissi, maledicendomi per non aver chiuso la bocca.
Tom non mi degnò di uno sguardo, rimase concentrato sulle parole stampate sulla carta.
«Hai già letto l’ultimo?» gli chiesi, ottenendo il medesimo risultato.
Ok, ora mi stavo arrabbiando sul serio.
«E che cazzo, Tom – sbottai, togliendogli il libro da mano – Non puoi non rivolgermi la parola solo perché ti ho rifiutato! Cosa dovrei dire io? Tu hai complottato contro di me per settimane e io ti sono rimasta amica anche quando ormai lo sapevo! Smettila di comportarti come un bambino e fa pace con me, altrimenti non avrai neppure come amica!»
Tom ridacchiò. «Davvero litigheresti con me solo perché non ti parlo?»
«Sì! Me lo chiedi pure?!»
Restai a bocca aperta, quando Tom mi abbracciò. Decisi di ricambiare l’abbraccio, lo strinsi a me.
«Mi dispiace – disse Tom, sulla mia spalla – È solo che... sono innamorato di te da quando sono nato, non potevo accettare di perderti e di vederti con un altro... specie se quell’altro è Justin Bieber.»
«Io non starò mai con Justin – dissi flebilmente – E poi, tu non mi perderai mai. Sei il mio migliore amico, non staremo insieme sentimentalmente ma comunque farai parte della mia vita per sempre. Anche più di un fidanzato.»
Risolto il casino con Tom, ora mi restava solo scoprire perché Justin era così terrorizzato da Ryan.

 

*
 

Hey babess.
Mi dispiace se non ho postato ieri, lo giuro. Questo capitolo è stato una spina nel fianco, lo scrivevo e riscrivevo e non mi piaceva mai (e, a dire il vero, non mi piace neanche adesso çç).
Comunque vi anticipo che i problemi per Cate e Justin non sono per niente finiti. Certo, Tom ha fatto pace con Cate e probabilmente non complotterà più contro di lei, ma ci sono ancora Charlie, che vuole vendicarsi, e Ryan ewe
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :3
A pressssto.
Ps: non siate timide, recensite vi preego *mani giunte a mo' di preghiera*

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Capitolo 15
*** XV ***



«Ciao, Cate – mi salutò Pattie – Entra. Justin è in camera sua.»
Entrai in casa, mi diressi nel corridoio dopo che Pattie mi ebbe indicato la camera di Justin. Stavo per entrare, ma rimasi bloccata davanti alla porta quando sentii la melodia di una chitarra e una voce soave che intonava le parole di una canzone a me sconosciuta.
Quando finì di cantare, bussai.
«Avanti.»
Entrai. «Buonasera – dissi timidamente – Disturbo?»
Justin sorrise. «Non disturbi mai.» disse, facendomi cenno di sedermi accanto a lui.
Mi sedetti sul letto, Justin posò la chitarra per terra. «Cosa stavi suonando?» gli chiesi, cercando un contatto con i suoi occhi.
Justin abbassò lo sguardo. «Oh... una canzone scritta da me.» rispose, arrossendo.
«Scrivi canzoni?» continuai a chiedergli, curiosa di scoprire un altro lato di Justin probabilmente nascosto quasi a tutti.
«Beh... a volte, quando non ho niente da fare. Non sono niente di che, davvero.»
«Quella che stavi cantando prima mi piaceva – dissi sorridendogli – Hai una bellissima voce. Hai mai pensato di fare il cantante?»
Justin alzò la testa. «Oh, no... cioè, cantare è solo una passione, non l’ho mai visto come qualcosa di più...»
«Dovresti pensarci, allora – gli consigliai – Io comprerei un tuo cd.»
«Sì, certo – rise – Allora, di cosa volevi parlarmi? Non sarai mica venuta qui per convincermi a prendere la strada del canto....»
«Ah, giusto... volevo parlarti di Ryan.»
Justin sgranò gli occhi impercettibilmente. «Ryan...? Cos’ha fatto?»
«Niente, solo... ieri sera è passato da me per dare a Ben il portafogli, l’aveva lasciato in palestra – spiegai – E... mi ha messo in guardia su di te.»
«In che senso?»
«Mi ha solo detto ‘non farti abbindolare da lui’. Ciò mi ha fatto pensare che... mi nascondi qualcosa, riguardo al rapporto che avevi con Ryan quando abitavi a Stratford.»
«Io non nascondo niente, lo giuro.» disse, deglutendo.
«Non me la bevo, lo sai. Sei sempre strano quando c’è lui o quando si parla di lui... come se ne avessi paura – dissi, accarezzandogli una guancia – Justin... se c’è qualcosa che ti turba, sai che con me puoi parlarne...»
«Non te ne parlo perché non ho niente da dire – mi interruppe, secco – Ryan non mi ha fatto niente e io non ho fatto niente a lui. Chiaro?»
«Cristallino – dissi sarcastica, alzandomi – Ci vediamo lunedì.»
«A lunedì.» disse, prima che uscissi.
Ovviamente, non gli credevo. Era impossibile che non fosse successo niente... ma chi poteva confermare le mie teorie, se il diretto interessato continuava a negare?
«Te ne vai già?»
Ma certo... Pattie. Ci altro poteva parlarmi del passato di Justin meglio di sua madre?
«Ben mi aspetta a casa – dissi – Ma... credo di potermi trattenere ancora qualche minuto e aiutarti a lavare le stoviglie.»
Pattie mi sorrise. «Mi farebbe piacere.»
Mi avvicinai a lei e presi ad asciugare le stoviglie che Pattie mi porgeva, rivolgendomi un timido sorriso di tanto in tanto.
«Vedo che tu e Justin state diventando molto legati.» disse poi, per spezzare il silenzio.
«È simpatico.» dissi, sorridendo.
«Mi fa piacere che vi stiate frequentando – mugugnò – Di solito le ragazze che Justin frequenta non sono mai così... normali.»
Arrossii. «Io e Justin non ci frequentiamo.» balbettai, abbassando lo sguardo sul bicchiere che stavo asciugando.
Pattie rise. «Intendevo come amici, piccola – disse, mentre tornava seria – Sono felice che Justin abbia trovato degli amici, qui a Boston... a Stratford non ne aveva molti.»
«In che senso?» le chiesi, rizzando le orecchie.
«Oh, beh, Justin non è sempre stato come lo conosci tu ora – iniziò – Era molto timido e faceva fatica a relazionarsi agli altri... gli piaceva molto cantare in pubblico, cosa che ora non fa da... molto. Canta solo sotto la doccia, o in camera sua.»
«È davvero bravo.»
«Lo so – sorrise Pattie – Chiunque lo ascolti dice che ha un dono. Purtroppo lui dice che non vuole cantare davanti a qualcuno... vorrei capire il perché.»
 
«Quindi tu hai cercato di estorcere informazioni da Pattie senza ottenere niente?» mi chiese Macie, mentre si portava la cannuccia alla bocca.
Sospirai. «Purtroppo è così.»
La conversazione con Pattie non mi aveva portato da nessuna parte, purtroppo. L’unica cosa che sapevo del passato di Justin era che cantava in pubblico, cosa che ora non faceva più. Poteva collegarsi in un qualsiasi modo a Ryan? Forse. Se almeno trovassi un collegamento...
«Ma sei pazzo?!» sbottò qualcuno all’improvviso, rompendo il brusìo che faceva da padrone in mensa.
Mi voltai, vidi Ray seguito da un Justin mortificato, con un occhi contornato di rosso che probabilmente sarebbe diventato nero.
«È stato lui a cominciare!» si difese, alzando le mani.
Ero più che sicura che si riferiva a Ryan...
«Non mi interessa chi è stato a cominciare, sei il capitano della squadra, l’elemento più forte e vai a fare a botte con Ryan?! Vuoi mandare tutto a puttane proprio all’inizio della stagione?!»
Come non detto, centrava Ryan.
Intanto, dall’allegra combriccola di ragazzi che si era formata intorno a Ray e Justin spuntarono il preside Chalmers, seguito da Ben e Ryan; quest’ultimo si massaggiava l’occhio destro, conciato più o meno come quello di Justin.
«Cos’è successo, signor Sutherland?» chiese il preside, fissando il moro che abbassò la testa.
«C’è stata una rissa tra Ryan e Justin, signor Chalmers – disse – Non so chi dei due sia stato a cominciare.»
«Bene – disse il preside – Butler, Bieber, venite con me. In quanto a voi, tornate a fare ciò che stavate facendo. Non c’è niente da vedere qui.»
Il preside si allontanò con Ben, Justin e Ryan, e nella mensa tornò tutto come prima, tranne che per la presenza di Ray, che restava in piedi nel punto in cui si era fermato quando era entrato in mensa, lo sguardo fisso verso la porta.
Mi alzai. «Io vado a vedere cosa succede.»
«Veniamo con te?» mi chiese Tom.
«Meglio che vada da sola – dissi, allontanandomi – Poi vi racconto!»
Uscii nel cortile, entrai dalla porta di fronte a quella della mensa ritrovandomi subito nel corridoio della presidenza. Ah, le scorciatoie...
La porta era chiusa, ma le voci erano abbastanza chiare e si potevano ascoltare.
«Una rissa all’ultimo anno è un rischio, lo sapete ragazzi?» chiese il preside a Ryan e Justin.
«Sì, signor Chalmers.» dissero i due, all’unisono.
«Ovviamente mi aspetto che lei prenda provvedimenti, professor Miller.»
«Certo – disse Ben – Da oggi, entrambi i ragazzi sono sospesi dagli allenamenti e dalle partite fino al nuovo anno.»
«Cosa?! – sbottò Justin – Ma in questo periodo ci sono gli osservatori delle università e delle squadre e...»
Ben lo interruppe. «Mi dispiace, Justin, ma ciò che avete fatto è imperdonabile, non posso farvela passare liscia.»
«In quanto alla punizione da darvi, ho deciso di non sospendervi. Deciderò domani la punizione adatta.»
«Come se questa non fosse già una punizione.» borbottò Justin.
Sentii un rumore di sedie che scricchiolavano contro il pavimento, dopo un po’ la porta si aprì. Mi nascosi dietro lo scaffale dei trofei, intenta ad ascoltare la conversazione tra Ryan e Justin.
«Beh, almeno non siamo stati sospesi.» mugugnò Ryan.
Justin lo prese per il colletto della camicia, lo sbatté contro il muro. «Sei impazzito?! Potevi farci sospendere! – sbraitò – Hai mandato a puttane la stagione e una mia possibile futura carriera, probabilmente non avrò una cazzo di borsa di studio e adesso la squadra mi odia! Posso sapere perché ti piace così tanto rovinarmi la vita?!»
«Semplice: rovinarti la vita è uno spasso – ridacchiò Ryan – Che c’è, sei turbato perché adesso non potrai andare al college? Beh, potresti sempre cantare davanti a un teatro per pagarti la retta del retta del college come facevi per i vestiti, sfigato! Oppure quelli te li pagava tua madre con i soldi che otteneva dal suo lavoro da marciapiede?»
Justin suonò un pugno sul naso a Ryan. «Non ti permetto di parlare così di mia madre!»
Sbucai dal mio nascondiglio e separai i due, prima che le cose potessero mettersi peggio. «Ryan, vattene.» lo implorai, ferma.
Ryan guardò Justin sprezzante. «Bravo, fatti difendere dalle ragazze – disse, rivolto a Justin – Sei uno sfigato, Bieber!»
Quando si fu allontanato, fissai Justin. «Posso sapere cosa ti prende?» gli chiesi, sfiorandogli la zona intorno all’occhio.
Justin si liberò dalla mia presa, si allontanò da me. «Non mi prende niente.» disse, mentre camminava a passo lento.
Lo raggiunsi ed afferrai il suo braccio. «Ti conviene dirmi cosa succede, Justin. Io sono stata sincera con te, mi sono aperta mostrandoti cose che neanche la mia migliore amica sa di me, perché non provi a fare lo stesso?!»
Justin si voltò, notai che i suoi occhi erano arrossati e da essi scorrevano lacrime; il suo petto era scosso dai singhiozzi e il suo labbro inferiore tremava. «Vuoi sapere cosa succede? Te lo dico subito. Succede che sono uno sfigato, Cate. Un povero sfigato perseguitato dal bullo che lo tartassa da ormai sei anni solo perché non sa difendersi. Lo vedi tutto questo, tutto ciò che mi sono costruito attorno? È tutta una fottuta menzogna. Io non sono forte, non lo sono per niente. Tutte le cose che si dicono su di me, tutte le ragazze che mi sono fatto... tutte cazzate. Secondo te io voglio comportarmi così? Certo che no. È solo una maschera, Cate. Neanche i miei migliori amici conoscono il vero me...»
Stava per dire altro, ma lo interruppi abbracciandolo. Justin rimase fermo per una manciata di secondi, prima di ricambiare l’abbraccio e stringermi a sé. Sentii i suoi singhiozzi vibrargli nel petto, le sue lacrime calde bagnare calde il tessuto del mio maglione.
«Calmati, Justin – lo tranquillizzai, accarezzandogli la schiena – Non sei solo. Ci sono io. Sta tranquillo.»
Justin sembrò calmarsi un po’; sciolse l’abbraccio e si asciugò le guance. «Scusa – disse, con la voce incrinata dal pianto – È la prima volta che dico queste cose a qualcuno e... sfogarsi fa uno strano effetto.»
«Non devi scusarti di niente, Justin – lo ammonii, afferrando la sua mano – Ti va di camminare un po’?»
Justin annuì, strinse saldamente la mia mano e mi trascinò via dal corridoio che l’aveva visto crollare. Camminammo in silenzio, entrambi assorti nei pensieri.
Volevo chiedergli di raccontarmi del suo passato, ma sentivo che non era il momento adatto. Dovevo lasciare che si fidasse completamente di me.
«Vuoi chiedermi qualcosa?» domandò lui all’improvviso, spezzando quel piacevole silenzio che si era creato fra di noi.
«In verità, sì – dissi, arrossendo – Ma non credo sia il caso.»
«Tu chiedi pure, deciderò io se è il caso o no di risponderti.»
«E va bene – mi arresi – Volevo sapere qualcosa in più sul tuo passato.»

 

*
 

Hello.
Ecco il capitolo, questa volta puntuale (#alleluja). Era già pronto da una settimana, quindi...
Ho amato scrivere questo capitolo, lo giuro. Ho amato praticamente tutto, dalla conversazione tra Cate e Pattie allo sfogo di Justin (che, per la cronaca, ho scritto alle tre di notte mentre ascoltavo Ed Sheeran uu).
Vorrei sapere cosa ne pensate :3
A pressssssto.

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Capitolo 16
*** XVI ***



Justin si fece pensieroso per un attimo, si mordicchiò il labbro inferiore poi sorrise. «Vieni con me.» disse, conducendomi verso le scale.
Salimmo tutte le rampe, fino ad arrivare al tetto.
«Perché mi hai portata sul tetto?» gli chiesi, quando arrivammo.
«Così possiamo stare da soli.» rispose, mentre apriva la porta da poco laccata di un brillante rosso fuoco.
«Non vuoi mettermi le mani addosso, vero?» gli chiesi di nuovo, mentre mi appoggiavo sul muretto, cercando di riprendere fiato.
Justin rise. «Tranquilla, non ti toccherò neanche – disse, fra le risate – Sta per suonare la campanella e... ho bisogno che nessun’altro ascolti ciò che sto per dirti. Ci tengo alla mia reputazione.»
Annuii, alzando gli occhi al cielo.
Justin rise, aspettò di riprendere fiato per parlare. «Ricordi quando quella volta in macchina ti dissi che la mia situazione non era delle migliori, quando stavo a Stratford? – annuii – Ecco, non mento quando dico che era davvero disastrosa. Mia madre svolgeva due lavori per poter pagare l’appartamento in cui vivevamo. Non avevo molti amici, anzi, ero solo come un cane. Tutta colpa di Ryan... non so perché mi odi così tanto, non sono mai riuscito a spiegarmelo... mi odia e basta. Ma ora torniamo alla storia... quindi, mia madre svolgeva due lavori per riuscire ad arrivare a fine mese. Così, decisi di darle una mano. Non c’era molto che un dodicenne poteva fare, ma comunque mi venne un’idea. Siccome mi piaceva cantare ­ e, a detta di mamma, ero piuttosto bravo ­ e sapevo suonare la chitarra, mi armai di coraggio e andai a fare il busker davanti al teatro della mia città, nella speranza di racimolare qualche spicciolo...»
Lo interruppi. «Busker?» gli chiesi, incuriosita da quel termine che fino ad ora non avevo mai sentito.
«Una persona che suona in luoghi pubblici per racimolare soldi – mi spiegò brevemente – Comunque, funzionava e alla gente piacevo... riuscivo a portare a casa fino a duecento dollari al giorno! Ho continuato a fare il busker finchè... finchè Ryan non l’ha scoperto e l’ha sbandierato ai quattro venti. Non avevo idea di come avesse fatto a scoprirlo, dato che il teatro era in una via poco frequentata dai miei coetanei... in ogni caso, lo scoprì. I giorni seguenti furono un inferno, per me. Cominciarono tutti a prendermi in giro e si sparsero voci assurde... sono stato tartassato finchè non ci siamo trasferiti qui a Boston. Quando siamo arrivati qui ho promesso a me stesso che nessuno mi avrebbe trattato più in quel modo... e sono diventato ciò che conosci ora. Ma adesso la mia reputazione è di nuovo a rischio, per colpa di quel pezzo di merda di Butler.» concluse, a denti stretti.
Risi della sua espressione corrucciata; avvicinai il mio viso al suo finchè le nostre labbra non si toccarono. Justin ricambiò il bacio dopo un attimo di esitazione, poggiò le mani sui miei fianchi per attrarre il mio corpo al suo. Intrecciai le dita ai suoi capelli, facendolo sorridere sulle mie labbra. Justin portò una mano sul mio viso e mi accarezzò una guancia, fredda a causa del vento gelido che spirava quella mattina.
Non sapevo perché lo stessi baciando. Forse volevo solo dargli conforto, come lui aveva fatto con me la sera di Halloween. O forse, volevo solo sfiorare quelle labbra rosee e morbide, che quel giorno non avevano quel fastidioso sapore di tabacco.
«Perché mi stai baciando?» mi chiese, all’improvviso.
«Non lo so – ammisi – Mi piace baciarti.»
Justin ridacchiò. «A tutte piace baciarmi, piccola.»
«Smettila di fare l’esaltato.» sbottai, tirandogli uno schiaffo sulla nuca.
«Scusa, ma ho ragione – disse, staccandosi da me – Credo ci convenga scendere... la campanella sarà suonata da una buona mezz’ora.»
«Sì.» dissi, intrecciando le mie dita alle sue.
 
«Signorina Sturridge, è in ritardo.» mi ammonì la signora Monahan, quando entrai in classe.
«Mi scusi – dissi mortificata – Ho avuto... un problema con l’armadietto.» balbettai, insicura. Mi avrebbe creduto?
«Per questa volta sei perdonata – disse lei – Ma la prossima volta rischi un richiamo, sappilo.»
Annuii, e mi andai a sedere accanto a Macie, che mi fissò confusa. «Dove sei stata?» mi chiese, sussurrando per non farsi sentire.
«Sul tetto... con Justin.» ammisi, sentendomi le guance colorarsi di rosso.
«Mh, mh – ridacchiò Macie – Di solito Justin usa il ripostiglio delle scope per le sveltine.»
Sgranai gli occhi. «Macie! – protestai debolmente – Io e Justin non abbiamo fatto niente... certo, ci siamo baciati ma...»
«Cosa? – mi interruppe – Vi siete baciati? Tu hai baciato lui o lui ha baciato te?»
«Io... io ho baciato lui.»
«Ma guarda un po’ la mia amica intraprendente! – rise Macie – Cosa ci facevate sul tetto?»
«Ehm... niente – mentii – Justin voleva... calmarsi dopo il casino che è successo con Ryan. L’ho visto molto scosso, quindi... ho cercato di consolarlo.»
Non potevo dirle quello che Justin mi aveva confidato. Lui si fidava di me, non potevo tradire la sua fiducia in quel modo.
«Consolarlo infilandogli la lingua in gola? – chiese Macie retorica, inarcando un sopracciglio – Comunque, eravate da soli, sul tetto... potevate darvi alla pazza gioia.»
«No.» dissi secca, arrossendo.
«Sai che non andrà avanti a baci e carezze per sempre.»
«Non succederà.»
«Va bene, come dici tu – disse Macie, volgendo il suo sguardo alla prof – Poi quando succederà non lamentarti se ti dirò che te l’avevo detto.»
 
«Buongiorno, bellissime – ci salutò Cole, baciando me sulla guancia e Macie sulle labbra – Vogliamo andare, principessa?» chiese a Macie, prendendola per mano.
«Ma certo – disse Macie a Cole, poi si voltò verso di me – Ti chiamo stasera!» gridò, mentre Cole la trascinava via.
«Volevo chiederti una cosa.» disse Justin, grattandosi la nuca.
«Chiedi pure.»
«Ehm... ti va di uscire con me, venerdì prossimo?»
«Oh – dissi, sentendo il cuore prendere a battere furioso nella mia cassa toracica – Non lo so...»
«Come non lo sai? – mi chiese, indispettito – O è sì, o è no.»
Ok. Cosa dovevo fare, ora? Accettare o dirgli un secco no?
Beh, non sarebbe male uscire con lui... in fondo, non era una un’uscita impegnativa e mi sarei divertita a stare con Justin. Non vedevo contro evidenti.
«Oh, beh... ok.» dissi, sorridendogli.
«Perfetto – disse lui, baciandomi una guancia – Fatti sentire in questi giorni, così ci organizziamo meglio!» mi gridò, mentre si allontanava.
«Ok!»
Lo guardai allontanarsi mentre un sorriso aleggiava sulle mie labbra.

 

*
 

Hello.
Questa settimana posto in anticipo, yeah. Non so neanche il perché ma... va bene così. (?)
Anyway, volevo ringraziarvi perché questa storia ha raggiunto le 40 preferite e le 40 seguite. Grazie, grazie davvero.
Comunque, ora parliamo del capitolo. E' corto, lo so, ma non ho potuto allungare il brodo in nessun modo (fa anche rima, lol). La parte che ho amato di più scrivere è stata quella in cui Justin parla del suo passato, devo ammetterlo. Come avete notato, non è molto differente dalla realtà...
Credo che nei prossimi capitoli ci saranno altre rivelazioni (?) sul passato di Justin. Chissà... non ne ho la più pallida idea lol.
A presssssto (?)

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Capitolo 17
*** XVII ***



«Ti ha chiesto di uscire e poi non si è fatto sentire più?» mi chiese Brad, mentre masticava con foga un marshmallow.
Brad era tornato a casa per il weekend del Ringraziamento, non potevo esserne più che felice. Anche se continuava a riempirmi di domande su Justin da quando era arrivato.
A proposito di Justin... quel coglione, dopo avermi chiesto di uscire, mi ha totalmente ignorata. Va bene che era in punizione, sia a scuola che a casa (Pattie aveva subito scoperto cos’era successo, dato il richiamo del preside, e a detta di Justin era stato fortunato ad avere solo una misera punizione), ma poteva comunque farsi sentire, in qualche modo...
«Cate?» mi richiamò Brad, sventolandomi una mano in faccia e ridendo.
«Eh?» dissi, riportando l’attenzione su di lui.
«Ti squilla il telefono.»
Afferrai il cellulare, quando notai il nome di Justin che lampeggiava sul display il mio cuore perse un battito.
«È Justin – mormorai – Che devo fare?»
«Ehm... rispondere? – chiese Brad, sarcastico – Metti il vivavoce, voglio farmi i cazzi vostri.»
Scossi la testa e premetti la cornetta verde. «Pronto?»
«Ehi, Cate, sono Justin.»
«Come hai fatto a chiamarmi se non hai il cellulare?» gli chiesi subito, ricordandomi che Pattie gli aveva sequestrato il cellulare per un mese.
«Non importa – rise – Volevo solo chiederti se... l’uscita è ancora valida. So di non averti cagato di striscio in questi giorni, ma... con la punizione a scuola e a casa sono stato occupatissimo.»
«Immagino – mi morsi un labbro e guardai Brad, che mi fece cenno di continuare a parlare – Ehm... certo che l’uscita è ancora valida.»
Brad alzò il pollice sorridendo, mi trattenni dal ridere della sua espressione buffa.
«Fantastico! Che ne dici di venerdì?»
Stavo per dire che mi andava più che bene, quando mi resi conto di quanto venerdì fosse vicino e che quindi non avrei avuto tempo per prepararmi psicologicamente alla cosa. «Venerdì? Ma venerdì è...»
Justin mi interruppe. «Dopodomani, lo so. Ma posso solo di venerdì.»
«Va bene – sospirai rassegnata – Allora... a venerdì.»
«Passo a prenderti alle otto!» disse, prima di staccare.
«La mia sorellina avrà il suo primo appuntamento! – esultò Brad, con la voce più alta di un’ottava – Non sei emozionata?»
«No – mugugnai, portandomi le mani in faccia – E adesso cosa faccio?»
 
«Allora, sai già cosa mettere?» mi chiese Macie, mentre rovistavo disperata nell’armadio in cerca di qualcosa di decente.
«Se lo sapessi, secondo te, starei mettendo sottosopra l’armadio? – le chiesi, sarcastica – Non ho idea di dove mi porterà, quindi non so se mettere i soliti vestiti o qualcosa di più carino... Dio, impazzirò.»
Macie rise. «Non devi andare di certo ad una serata di gala – disse, alzandosi – Lascia fare a me.»
Mi sedetti sul letto, osservai Macie mentre guardava i capi appesi alle grucce, li tirava fuori dall’armadio e – se le piacevano – li metteva sul letto. Prese tutte le mie scarpe, sparpagliandole a terra; scandagliò attentamente i vari braccialetti e le collane che avevo. Alla fine, scelse una maglia larga bianca e nera, dei leggins neri e un paio di stivaletti dello stesso colore.
«Carino, ma non troppo elegante – disse, porgendomi i vestiti – Non aspettarti che ti porti in un posto costoso, conoscendolo ti porterà direttamente a casa sua.»
Scossi la testa, alzandomi ed avviandomi in bagno. «Ah, Macie – la chiamai, facendola voltare – Questo casino lo metti a posto tu.»
Macie mi fece un’occhiataccia che mi fece ridere.
 
«Divertiti, piccola – disse Macie – E sta attenta...»
Le tirai uno schiaffo in testa. «Smettila di insinuare che andrò a letto con lui.» biascicai.
«Io volevo dire sta attenta che paghi tutto lui, sei tu che pensi sempre male – rise, stampandomi un bacio sulla guancia – Poi domani mi racconti tutto.»
«Contaci.»
Chiusi la porta; mi stavo dirigendo verso il corridoio per prendere il cappotto e la borsa da camera mia quando mi scontrai con Ben.
«Ma come siamo carine, stasera – commentò, squadrandomi da capo a piedi – Con chi esci?»
deglutii. Potevo dirglielo? Ma sì, tanto...
«Con Justin.» mugugnai, arrossendo leggermente.
«Justin...? Avevi detto che non eravate neanche amici.»
«Oh... le cose sono cambiate.»
«Sai cosa si dice riguardo a lui, giusto?»
«Sì – dissi, alzando gli occhi al cielo – Forse sono solo voci.»
Stavo per entrare in camera mia quando Ben mi interruppe, bloccandomi per un braccio. «Cate, quel ragazzo non è affidabile. Certo, forse quelle che girano a scuola sono solo voci, ma... sai cos’è successo con Ryan, vero?»
«Ryan se l’è cercata – sputai – L’aveva provocato.»
«È stato Justin a cominciare – mi corresse Ben – Ho sentito dei ragazzi dire che...»
Lo interruppi. «Davvero credi a cosa dicono? Justin è il ragazzo più popolare della scuola, farebbero di tutto per buttarlo giù. E poi, perché avrebbe dovuto cominciare lui? Non aveva nessun motivo, e lo sai.»
«Neanche Ryan aveva motivi per cominciare, non credi?»
Scossi la testa. I motivi per cominciare, Ryan, ce l’aveva eccome... peccato che lo sapessimo solo io e Justin.
«Perché stai cercando di non farmi uscire con Justin?» gli chiesi all’improvviso, meravigliandomi della velocità con cui l’avevo detto. Non l’avevo neanche pensato...
«È per il tuo bene, Cate.»
Scossi la testa. «Tu non sei mio padre. Non puoi decidere cos’è per il mio bene e cosa no!»
Sgranai gli occhi, appena mi accorsi di ciò che avevo appena detto. Ma perché non penso due volte prima di parlare, quando sono nervosa?
Ben mi lasciò il braccio, sorpreso. Ci era rimasto male, si vedeva da un miglio di distanza.
«Scusa.» balbettai, correndo in camera mia.
Dopo aver preso la borsa e il cappotto uscii di casa, trovando Justin appoggiato al fianco della sua auto. Mi sorrise, quando mi avvicinai a lui.
«Buonasera.» mi salutò, baciandomi la guancia.
«Buonasera – dissi, sorridendogli – Andiamo?»
«Ehi, ehi, calma – rise – Vai di fretta?»
Scossi la testa, rendendomi conto di aver parlato con un tono di voce un tantino frettoloso. La conversazione con Ben mi aveva innervosita non poco, dovevo ammetterlo. Non avevo mai discusso con lui prima d’ora, e averlo fatto... mi faceva sentire strana.
«Scusa, stavo pensando ad altro. Andiamo?»
«Va bene, dai.»
Entrammo in macchina, Justin mise in moto e partimmo.
Nell’auto aleggiava un silenzio abbastanza imbarazzante; volevo parlare ma non riuscivo a trovare un argomento di conversazione adatto. Justin, dal canto suo, era assorto nei suoi pensieri e non mi sembrava molto disposto a parlare. Mi chiesi molte volte a cosa stesse pensando.
«Mi sembri... taciturna, stasera. Di solito parli sempre.» disse Justin all’improvviso, rompendo quell’aria di tensione che si era creata fra di noi.
«È... successa una cosa strana, prima.»
«Ti va di parlarmene?» mi chiese, rivolgendomi un breve sorriso prima di tornare concentrato alla strada.
«Non voglio annoiarti... hai già i tuoi problemi a cui pensare – liquidai il discorso – A proposito, come mai sei riuscito ad uscire stasera?»
«Mamma è in Canada dai nonni – sorrise malefico – E sono riuscito a convincere Gil a farmi uscire... a costo di aiutarlo in negozio per la prossima settimana.»
«Quindi sei un evaso... fico.»
Justin rise. «Non molto, dal mio punto di vista – sospirò – Ora vuoi parlarmi di cosa è successo?»
«Non mi va di pensarci.» ammisi, sprofondando nel sedile di pelle scura.
«Sfogarsi fa bene, non lo sai?»
Feci un lungo sospiro, prima di parlare. «Ho litigato con Ben perché non voleva che uscissi con te – dissi, tutto d’un fiato – Dice che non hai una bella reputazione, che sei poco affidabile... e il peggio è ch crede che tu abbia attaccato Ryan senza motivo.»
«Beh, tutti credono che io abbia attaccato Ryan senza motivo – ridacchiò amaramente – E la mia reputazione non è delle migliori, lo ammetto.»
«Ma io so cosa c’è dietro la tua reputazione, quindi mi da fastidio che me lo dica. Tu sei più del puttaniere più popolare della scuola, Justin.»
Justin arrossì. «Nessuno me l’ha mai detto, prima – balbettò – Grazie.»
«E di che? Ho solo detto la verità.»
 
«Beh... grazie per la bella serata.» dissi a Justin, quando arrivammo a casa.
«Di niente – rise Justin – Ci vediamo lunedì a scuola?»
«A lunedì.» gli baciai la guancia, prima di scendere dall’auto.
Stavo per entrare in casa, quando sentii un dito picchiettare sulla mia spalla.
«Justin...? Che c’è?» chiesi, stranita.
Justin si mordicchiò il labbro. «Ho dimenticato di fare una cosa importante.» disse, prima di premere le sue labbra sulle mie.
Restai perplessa per qualche secondo, per poi ricambiare il bacio. I brividi percorrevano la mia spina dorsale, mi sembrava di essere su un altro pianeta. In quel momento c’eravamo solo io e Justin. Nessun altro.
«Ti va di entrare?» gli chiesi all’improvviso, senza fiato, sulle sue labbra.
Cosa? L’avevo detto davvero? Ero stata io a parlare?
Per quanto impossibile mi poteva sembrare, l’avevo davvero detto. Avevo invitato Justin dentro. Sapevamo entrambi come sarebbe andata a finire.
Porca troia. Sono fottuta...
Justin rise. «Non vuoi davvero che entri, piccola – disse, staccandosi – E poi devo andare a casa... sono le undici e mezza, ho già sforato il coprifuoco di mezz’ora.»
«Oh – sospirai sollevata – Ci vediamo lunedì, allora.» dissi, nervosa.
Stavo per entrare, ma Justin mi bloccò per un braccio e mi stampò un altro bacio sulle labbra. «Ma... potremmo rimediare quando non sarò più in punizione, piccola.» mormorò maliziosamente sulle mie labbra.
Arrossii, appena le parole di Justin mi arrivarono al cervello. Mi ritrovai ad immaginare come sarebbe stato, sentendomi sporca. Poi mi accorsi di star pensando quelle cose su Justin e mi sentii ancora peggio. Avevo detto che non sarei stata una delle sue vittime... invece sto cedendo proprio come tutte le altre. E beh, questo sarei stata per lui. Una delle sue tante conquiste.
«Cate? Stai bene?» mi chiese Justin, ridendo.
La sua voce mi riportò alla realtà. «Oh... sì, sto benissimo – mentii, deglutendo – Ci vediamo lunedì.»
Justin mi stampò un bacio sulla guancia, poi si allontanò. «A lunedì, Cate!» mi salutò, prima di entrare in macchina.
Lo salutai con un timido cenno della mano, poi entrai in casa. Corsi in camera mia di fretta, digitai il numero di Macie sul cellulare. Avevo bisogno di schiarirmi le idee, e Brad non mi sembrava la persona adatta. Dovevo parlarne con la mia migliore amica, altrimenti sarei soltanto impazzita.
 
“Ciao, sono Macie. In questo momento sono occupata, lascia un messaggio e ti richiamo.”
 
«Vaffanculo!» sbottai, al sentire la voce della segreteria. Posai il cellulare sul comodino con uno scatto secco e mi gettai a peso morto sul letto, addormentandomi subito dopo.

 

*


Hey.
Questa settimana posto di mercoledì perché domani e dopodomani sono impegnata e sabato parto, vado in gita, quindi... ci tenevo a farvi avere il capitolo.
Cosa ne penZate? A me piace solo l'ultima parte, trolol.
Beh, sono passati diciassette capitoli, era più che normale che Cate volesse una cosa del genere uwu (anche se, in realtà, non vuole... ok, basta, sto divagando).
Ho già pronto il prossimo e devo rivederlo, ma credo che sarà comunque incentrato sulle riflessioni dei due su ciò che è successo (?).
A presssto.
Ps: chi di voi andrà a vedere Conor Maynard a Roma domani? *alza la mano* Sssssssono così emozionata adsgarfb *w*

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Capitolo 18
*** XVIII ***



«Com’è andato l’appuntamento?» mi chiese Ben, la mattina dopo.
Fissai la tazza con i cereali, non sapendo cosa dire. Ero ancora un po’ impacciata dopo il nostro litigio, non sapevo come comportarmi. Quello che gli avevo detto era stato piuttosto pesante, almeno ai miei occhi.
«Normale.» dissi infine, senza alzare lo sguardo.
Ci fu un silenzio imbarazzante, che fu interrotto dopo qualche minuto dallo squillo del mio cellulare. Fuggii in camera mia, appena vidi il nome di Macie sul display tirai un sospiro di sollievo.
«Pronto?» risposi.
«Scusa se non ho risposto ieri, ero... impegnata – si scusò Macie – Cos’è successo?»
Il mio cuore perse un battito, ripensando all’ultima parte dell’appuntamento. Non riuscivo ancora a credere di aver “fatto delle avances” a Justin, per quanto celate fossero. Ero stata fortunata che non si fosse fermato a casa, altrimenti... non avevo idea di cosa sarebbe potuto succedere.
Sospirai. «Devi venire subito a casa, non posso raccontartelo dal cellulare.»
«Mh, deve essere una cosa grave... ha a che fare con Justin, vero?»
«Esattamente.»
«Sarò da te il più velocemente possibile.»
«Meglio che venga io da te – dissi prima di staccare – Non voglio che Ben ci senta.»
«Perché?»
«Poi ti racconto.»
 
Arrivai a casa di Macie in meno di mezz’ora; la ragazza mi aspettava sulla soglia della porta.
«Cos’è successo?» mi chiese, appena la raggiunsi.
«Possiamo entrare, prima?»
«Certo.»
Entrammo in casa, salutai Mike che stava seduto sul divano a giocare con la playstation e salimmo di sopra. Entrammo in camera di Macie, chiusi la porta alle mie spalle e mi sedetti sul letto.
«Ti ha messo le mani addosso? Devo preoccuparmi?» mi chiese, preoccupata.
«No! È solo una cosa molto... imbarazzante – sospirai – Ieri sera, come già sai, sono uscita con Justin e...»
«E?»
«Quando mi ha accompagnata a casa mi ha baciata e io... io gli ho chiesto di entrare. Non so cosa mi sia successo, non so neanche perché l’abbia fatto... per fortuna non è entrato, altrimenti non so cosa sarebbe potuto succedere – Macie mi guardò accigliata – Perché mi guardi così?» le chiesi, affilando lo sguardo.
«Non è mica una cosa così imbarazzante, dal tuo tono di voce mi aspettavo di peggio.»
«Per me è molto, moltissimo imbarazzante.»
Macie scosse la testa. «Sono sicura che lui non ci ha fatto neanche caso... oh santo cielo.»
«Che c’è?»
«Lui non è entrato – mugugnò, guardandosi le dita – Non è entrato... ti ha rifiutata, Cate.»
«È così strano?» le chiesi, guardandola perplessa.
«Per Justin Bieber? Stranissimo. E se fosse innamorato di te?»
«Non credo proprio.»
Macie scosse la testa. «Rifletti, Cate. Ti fa il filo da più di un mese, è uscito con te senza portarti a casa sua e quando gli hai offerto una scopata ti ha rifiutata... non credo che un puttaniere faccia queste cose.»
«Non credo sia innamorato di me. insomma, sa cosa ho passato... forse sapeva che non era il momento adatto.»
«Secondo te se ne sarebbe importato?» rise lei, davanti a ciò che avevo appena detto.
Beh, in effetti... la sua reputazione avrebbe fatto dedurre a tutti che non se ne sarebbe importato più di tanto.
«Sai che si comporta in modo strano, con me.»
«Lo so, lo so – disse, schioccando improvvisamente le dita – Potresti chiedere a Cole!»
«Cosa dovrei chiedere a Cole?»
Macie alzò gli occhi al cielo. «Se Justin si comporta così con tutte, scema. Insomma, Cole è il suo migliore amico, mi sembra naturale che lo sappia.»
«Non lo so – ammisi perplessa – E se poi glielo dicesse?»
«Non credo proprio.»
 
Mi guardai intorno nervosamente, il mio sguardo si soffermava spesso su Cole che stava parlando con Macie seduto sul davanzale della finestra. Deglutii rumorosamente, in cerca del coraggio necessario per parlargli. Mi sentivo come se avessi dovuto commettere un omicidio, quando poi tutto ciò che avrei dovuto fare era chiedere al riccio se Justin provava qualcosa per me o ero solo una delle tante ragazze che voleva portarsi a letto.
Camminai con lentezza tra la folla di studenti, raggiungendo i due dopo essermi beccata qualche gomitata nello stomaco.
«Ehm... Cole, posso parlarti un attimo?» chiesi, attirando l’attenzione su di me.
Macie mi guardò, avendo capito cosa intendevo fare, e si voltò verso Cole. «Vado a cercare Mike – disse, baciando una guancia al ragazzo – Non consumarmelo.» disse poi ironica, rivolta a me.
Ridacchiai, guardando Macie allontanarsi.
«Di cosa vuoi parlarmi?»
Mi voltai di nuovo verso Cole; feci un respiro profondo prima di parlare. «Si tratta di Justin.»
Cole si sporse in avanti. «Dimmi tutto.»
«Ehm... volevo solo sapere se... come dire... ti ha mai parlato di me, o cose del genere...» balbettai insicura, maledicendomi per ciò che avevo appena detto. Ora di sicuro penserà che gliel’ho chiesto perché sono interessata a lui...
«In che senso parlare di te?»
«Se parla di me... in generale.»
«Stai cercando di chiedermi se è interessato a te?»
Arrossii, sgranando gli occhi. «Come... come hai fatto ad indovinare?» gli chiesi, mordicchiandomi il labbro inferiore.
Cole rise. «Macie me ne ha parlato poco fa – disse, tornando serio – Comunque... no, non credo sia interessato a te in quel senso. Se lo fosse, credimi, sarei il primo a saperlo...» fece un occhiolino.
Inclinai la testa di lato, confusa dalla sua frase vaga. Prima che potessi chiedergli altro, sentii delle labbra premere sulla mia guancia. Mi voltai, trovandomi il caramello caldo degli occhi di Justin davanti. Sbattei le palpebre dalla sorpresa, sentii il cuore battere più veloce del solito nella mia cassa toracica.
«Buongiorno, piccola.» mi salutò, a pochi centimetri dalle mie labbra. Quando stava per annullare completamente la distanza fra di noi lo allontanai repentinamente, poggiandomi con il sedere sul davanzale della finestra.
«Va beh, vi lascio soli... Ray mi starà sicuramente aspettando.» disse Cole velocemente, sparendo.
Justin lo guardò allontanarsi, ridendo, poi si piazzò davanti a me. «Di cosa parlavate?» mi chiese, afferrando le mie mani.
Guardai le nostre dita intrecciate, sentii le mie guance arrossarsi. «Ehm... di Macie.» mentii, sentendomi incapace di dire la verità.
«Ne sei proprio sicura?» mi chiese, avvicinando di nuovo il suo viso al mio.
Indietreggiai, finendo con la testa sul vetro. «Sicurissima.» deglutii, di fronte alle sue labbra ormai a pochissimi centimetri dalle mie. Prima che potesse unirle, però, spostai la testa di lato facendogli incontrare la mia guancia.
«Perché non vuoi che io ti baci?» mi chiese, cercando di spostare la mia testa.
«Semplicemente perché noi due non stiamo insieme – spiegai – Di solito gli amici non si baciano sulle labbra.»
Justin schioccò la lingua contro al palato. «Sei proprio all’antica, tu – obiettò – Io e Charlie non eravamo neanche amici e lei me la dava ogni volta che volevo.»
«Charlie è una troia, io non lo sono. E non sono all’antica, nessuno bacia in bocca i propri amici!» mi lamentai, incrociando le braccia al petto.
«Quindi, per baciarti dovrei essere il tuo ragazzo?»
«Sì.»
«Uhm... allora da oggi sono il tuo ragazzo.» disse, sorridendo.
Sgranai gli occhi, il mio cuore aumentò di velocità. «Stai scherzando, spero.» balbettai, cercando di respirare regolarmente.
«Se è ciò che serve per baciarti, allora sarò il tuo ragazzo.»
«Non mi hai chiesto se a me va bene.»
«Perché? Rifiuteresti?» disse, inarcando un sopracciglio.
Ok... non avrei rifiutato per niente. Anche se era una cosa stupida e sapevamo entrambi che non era niente di serio – almeno, così credevo io.
«Chi tace acconsente.» disse, abbassando la testa.
Gliela feci alzare di nuovo, fissando il mio sguardo nel suo. «No, non rifiuterei – ammisi, mordicchiandomi il labbro inferiore – Ma... mi sembra una cosa un po’ stupida, ecco.»
Justin mi schioccò un bacio sulla guancia. «Se serve per baciarti allora non è una cosa stupida – sbuffò – Posso avere l’onore...?»
Alzai gli occhi al cielo, prima di premere le mie labbra sulle sue. Justin ricambiò il bacio con prontezza, sorridendo compiaciuto sulle mie labbra.
«Quindi da oggi sono il tuo ragazzo... fico.» mormorò, tra un bacio e l’altro.
Sospirai, scuotendo la testa.

 

*
 

Buonasssera. (?)
Scusate se posto così tardi, ma non riuscivo a partorire 'sto capitolo in nessun modo (e questo non mi convince neanche, tra l'altro).
Anyway, cosa ne pensate? Io non lo trovo tutto 'sto granché, tranne per la parte finale u.u
Ora, non so come scrivere il prossimo capitolo, il che è un bel guaio. Spero mi venga in mente qualcosa in questa settimana çç
Va beh, vi lascio :3
A pressssssssssssssssssssto (con tante s perché sì :3)

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Capitolo 19
*** XIX ***



Strimpellavo la mia chitarra sovrappensiero, sospirando, mentre riuscivo a pensare solo al fatto che mi ero cacciato in un bel guaio. Ma perché non penso prima di parlare?
Essere il ragazzo di Cate era un’idea che mi spaventava da morire. Non che non mi piacesse la cosa, Cate era adorabile e in più stando molto tempo con lei avevo più probabilità di vincere la scommessa, ma era una cosa spaventosa sotto molti aspetti. Non avevo idea di come si comportasse un fidanzato, dato che non ho mai avuto l’occasione di esserlo. L’idea di comprare fiori, essere sdolcinato e cose del genere mi faceva raggelare il sangue nelle vene e non avevo idea di cosa fare. Potevo anche ritirarmi, pensandoci bene... ma non potevo, ormai c’ero dentro fino al collo. Avrei dovuto fare il ragazzo dolce e gentile, e, cosa più importante, cercare di non perdere quella dannata scommessa. Scommessa che, più passavo tempo con Cate, più mi sembrava persa. Quella ragazza era... incredibile. Era stata l’unica, finora, a voler capire il perché dei miei comportamenti, l’unica che era interessata a me e non solo ai miei attributi. L’unica che sembrava sapere che dietro la facciata da stronzo c’era un ragazzo ferito, con dei sentimenti come chiunque. Nessuno sembrava farci caso tranne lei.
Sentii bussare alla porta, misi via la chitarra. «Avanti.»
Tirai un sospiro di sollievo nel vedere Ray e non Cole. Se avessi provato a spiegargli ciò che era successo con Cate negli ultimi giorni dal mio punto di vista – perché a saperlo lo sapeva sicuramente – lui avrebbe subito detto che aveva vinto la scommessa. No, non l’aveva vinta ancora. Fino a prova contraria, io non ero innamorato di Cate. Mi piaceva, certo, ma non ero innamorato di lei.
«Non dovresti essere agli allenamenti?» gli chiesi, confuso.
«Il coach ci ha dato giornata libera – rispose – Da quando suoni la chitarra?» mi chiese poi, ancora sulla soglia.
«Ehm... non lo so – feci spallucce – Entra.»
Ray entrò, si sedette sulla sedia girevole. «Ho saputo di te e Cate.»
Sospirai. «Non ricordarmelo.»
«Perché? È carino che voi due stiate insieme.»
«No, è un casino – mugugnai disperato, portandomi le mani in faccia – Io non posso stare con lei, non posso.»
«E sentiamo, perché non potresti?» mi chiese, acido.
Ray non era un grande fan di quella scommessa, essendo un tipo che crede nell’amore e bla, bla, bla. Io e lui siamo il completo opposto, e forse è stato proprio questo a farci diventare amici. All’inizio ci odiavamo a morte: Ray era il capitano della squadra, poi sono arrivato io e gli ho rubato il titolo. Ma non è mica colpa mia, se sono bravo a giocare a basket! Comunque, Ray ce l’aveva con me perché gli avevo rubato il posto di capitano e per averci provato con la sua Jenni, anche se non sapevo che stavano insieme, all’epoca... ma che potevo farci? Jenni è stupenda.
Siamo diventati amici per puro caso, durante gli allenamenti. Il coach diceva che dovevamo cooperare per il bene della squadra, e così... Ray mise da parte l’orgoglio.
«Per la scommessa, lo sai.» dissi, facendo spallucce.
«Ma perché non metti da parte questa fottuta scommessa e passi del tempo con lei senza pensare di dover vincere?»
«Perché non posso! Ho già perso troppe scommesse, non posso assolutamente perdere questa.»
Ray scosse la testa. «Non dovresti permettere a questa scommessa di illudere Cate. Forse ti sembrerà assurdo ma far male anche a te, credimi.»
Lo fissai, scettico. Stavo per ribattere, ma il suono di nocche che picchiavano contro la porta mi interruppe. Ci voltammo, trovando Cate sulla soglia. Sorrideva timidamente, le sue guance erano arrossate.
«Cate... ciao.» la salutai, sorridendole.
Ray si alzò. «Uh... devo andare a casa – disse velocemente – Ci vediamo domani, Justin. Ricordati di quella cosa che ti ho detto, ok? Ciao Cate.» concluse, andandosene a passo spedito.
Cate entrò nella stanza, si sedette accanto a me. «Cosa devi ricordare?» mi chiese, incuriosita.
Feci spallucce. «Niente – dissi, vagamente – Qual buon vento ti porta qui?»
Cate rise. «Mi sono messa a pensare a... te – disse, arrossendo – E mi sono accorta che non so un bel niente di te.»
«Sai già fin troppe cose.»
«Non intendo il tuo passato, idiota – spiegò – Intendo... cosa fai nel tempo libero, le cose che ti piacciono... insomma, dovremmo essere fidanzati, come possiamo esserlo se non sappiamo niente l’uno dell’altro?»
«Vorresti... conoscermi meglio?» le chiesi, mentre un sorriso sincero si spiegava sul mio volto.
Cate arrossì per la seconda volta da quando era arrivata. «Sì. È così strano?»
«No... è solo che nessuna ragazza ha mai voluto farlo, prima. Di solito vogliono scopare e basta.»
Cate mi sorrise. «Credevo sapessi che non sono come le altre.»
Ci furono istanti di silenzio; stavo pensando a cosa dire.
«Beh... come sai già, mi piace suonare la chitarra, cantare e scrivere canzoni – iniziai – Poi... mi piace guardare le partite di basket con mio padre e mi piacciono i pranzi della domenica, in cui stiamo tutti insieme.»
«Interessante – disse, sincera – E... qual è il tuo colore preferito?»
«Oh... il viola – Cate mi fissò perplessa – Cos’hai?»
«Credevo che il tuo colore preferito fosse più... un colore freddo.»
«No, mi piace il viola – feci spallucce – Poi... mi piacciono le ragazze bionde.» dissi, calcando la voce su bionde.
Cate arrossì, distolse lo sguardo. La feci voltare posando un dito sul suo mento, avvicinai il mio viso al suo. Premetti le mie labbra sulle sue, senza lasciare la presa sul suo mento. Cate dischiuse le sue labbra, permettendo alla mia lingua di esplorare la sua bocca. Feci scivolare le mani sui suoi fianchi; attirai il suo corpo al mio facendole intendere che volevo di più.
Avevo deciso che era ora di vincere quella dannata scommessa, tanto per togliersi Cole dalle palle e poter stare con Cate in santa pace, senza pensare a dover vincere... tanto avevo già vinto.
No, non l’avrei lasciata dopo averlo fatto. Avrebbe sofferto troppo, e... non volevo lasciarla, a dire il vero. Avrei continuato a stare con lei finchè non si fosse stancata di me.
Cate infilò le dita nei miei capelli, ansimai sulle sue labbra provocando un suo fremito. Sorrisi compiaciuto e le sollevai di poco la maglietta, tastando la sua pelle scoperta con le dita mentre mi dedicavo a baciarle il collo. Sentivo il suo corpo tremare sotto il mio tocco; non mi ci volle poi molto a capire che tremava non di piacere, ma di paura.
Mi staccai subito da lei, la fissai mortificato. «Oh Dio – balbettai – Scusa, non so cosa mi sia preso... scusa.» mi affrettai a dire, sistemandole la maglietta.
Cate si mordicchiò il labbro inferiore, che tremava. «Non... non preoccuparti.»
Scossi la testa, davanti alle sue false rassicurazioni. Avevo visto la paura nei suoi occhi, quando mi ero staccato da lei. Beh, era più che ovvio, sapendo cosa aveva passato...
Sapere che aveva avuto paura di me mi lacerò dentro.
«Io mi preoccupo eccome, invece. Stai tremando.»
«È solo che...» si bloccò, scossa da un singhiozzo. Vidi i suoi occhi inumidirsi, delle lacrime scendere sulla sua pelle arrossata.
Fu questione di secondi, prima che la abbracciai. La cullai sul mio petto, mentre lei sfogava la sua tristezza piangendo sulla mia maglia.
«Calmati, piccola – la consolai, accarezzandole la testa – Non sono lui. Non ti farò del male. Te lo prometto.»
Cate sembrò calmarsi alle mie parole; alzò la sua testa verso di me. «So che non sei lui. È solo che... non sono riuscita a non ricordare le sue mani su di me, e... ho avuto paura proprio come quella volta.»
«Non hai bisogno di spiegare ulteriormente, ti capisco – le baciai una guancia – Prenditi tutto il tempo che vuoi.»
Cate mi guardò, sbalordita. «Mi aspetteresti?»
«Certo – feci spallucce – Dovremmo essere fidanzati, o no?»
Cate sorrise, mi diede un altro bacio e si accoccolò di nuovo sul mio petto. «Beh, grazie – disse – Hai davvero tantissima pazienza.»
Risi. «Non me l’hanno mai detto prima, lo sai?»

 

*
 

Hello.
Ed ecco a voi, con un giorno d'anticipo, IL CAPITOLO! uwu
Oggi è una bella giornata per me, ragazzuole :3 mia madre è passata a scuola a prendere la pagella di metà semestre (dopo due settimane, trolol) e non ho neanche un'insufficienza *w* non immaginate quanto io sia felice per questo :3
Il nocciolo della questione è che ero talmente felice che ho deciso di postare in anticipo, quindi... mi sono messa a scrivere. Ed ecco il capitolo 19 *-* non avrei mai pensato, quando ho iniziato a scrivere questa ff, che sarei arrivata addirittura al capitolo 19. E di raggiungere le 60 seguite, le 11 ricordate e le 56 preferite! Non pensavo potesse piacere a così tante persone...
Ma ora basta, parliamo del capitolo. Stranamente, mi piace uu finalmente un po' di azione lol
Immaginavo questa scena da quando ho cominciato a scrivere questa ff, e averla finalmente messa mi rende soddisfatta di me stessa (per una volta!). Mi piace il fatto che Justin mostri il suo lato tenero, con Cate, e che ammetta che tiene a lei a tal punto da non lasciarla dopo che quel che doveva succedere sarà successo. Ci vorranno secoli per fargli ammettere che è innamorato di lei... ma credo che siamo sulla buona strada ;3
Ok, ora vi lascio, sta iniziando Glee *w*
A pressssssssssto.

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Capitolo 20
*** XX ***



Io e Justin stavamo abbracciati, entrambi distesi sul letto. Non avevo la minima idea di che ora fosse; a giudicare dal colore del cielo doveva essere sera. Finchè fossi stata con lui, non me ne sarebbe importato.
La mia testa non riusciva a non dimenticare ciò che era successo prima. La sensazione delle sue dita sulla mia pelle, dovevo ammetterlo, in un primo momento era stata strana, inaspettata e piacevole. Poi, la mia mente è stata invasa dai ricordi sulla prima – ed unica – volta in cui qualcuno mi aveva toccata in quel modo, e non erano ricordi così piacevoli...
«Cate – mi chiamò Justin – Stai bene?»
Alzai gli occhi al cielo. «Smettila di chiedermelo... sto benissimo.»
«Scusa, volevo solo accertarmi che stessi bene per davvero.»
Alzai la testa, incontrando i suoi occhi caldi. «Per la centesima volta – dissi, avvicinando il mio viso al suo – Sto bene.» conclusi, sfiorando le sue labbra con le mie.
Justin mi accarezzò una guancia, stampandomi un altro bacio. «Se ogni volta che te lo chiedo mi dai un bacio allora continuerò a chiedertelo per sempre.» ridacchiò, continuando a baciarmi.
Mi staccai di malavoglia da quelle labbra morbide, tornando con la testa sul suo petto. Tracciai cerchi immaginari sul tessuto bianco della sua maglia, mentre ascoltavo il battito calmo del suo cuore.
«Vorrei portare via tutto il dolore che hai mai provato.» sospirò all’improvviso, mentre giocava con una ciocca dei miei capelli.
Sorrisi a trentadue denti alle sue parole, destabilizzata dalla sincerità e dalla dolcezza con cui le aveva dette.
«Nessuno ci riuscirebbe ma... apprezzerei il tentativo.»
«E chi te l’ha detto che non ci riuscirebbe nessuno? – mi chiese, facendomi alzare di nuovo la testa – Io potrei farcela... sono testardo, non lo sai? Se mi metto una cosa in testa non la smetto finchè non ho raggiunto il mio obiettivo.»
«Beh, allora provaci. Io non mi lamento.»
Justin sorrise. «Ci riuscirò, stanne certa.»
«Ci conto.»
Tra noi tornò il silenzio, rotto soltanto dal rumore delle lancette dell’orologio che scandivano i secondi che passavano, dai nostri respiri e dal cuore di Justin, che batteva calmo nel mio orecchio.
«Sei diversa.»
Alzai di nuovo la testa, fissando Justin confusa. «In che senso?»
Justin sorrise timidamente. «Sei diversa dalle altre ragazze con cui sono stato. Sei dolce, intelligente, timida... fino a qualche mese fa se mi avessero detto che mi sarei trovato bene con una tipa come te avrei riso.»
Il mio sguardo si accigliò. «Stai cercando di dirmi che i tipi come me non ti piacciono?»
«No, no – rise – Certo, a primo impatto sei una palla assurda, ma conoscendoti meglio ci si accorge che sei una ragazza interessante... e complicata.»
«Io sarei una palla assurda?» gli chiesi, puntandogli un dito sul petto.
«Non hai sentito la restante parte della frase? Ti ricordo che ti ho fatto dei complimenti.»
Scossi la testa, e, senza dire altro, afferrai il cuscino che giaceva ai piedi del letto. Colpii Justin al fianco, facendogli spalancare la bocca.
«Ah, così vuoi la guerra, Sturridge? – mi chiese, con tono di sfida – E guerra sia!» concluse, fiondandosi su di me e solleticandomi i fianchi.
«Justin, smettila.» ansimai, senza fiato per le risate.
Justin si fermò, avvicinò il suo viso al mio e poggiò le sue labbra sulle mie. «Ti voglio bene, Cate.» disse, quando ci staccammo.
Sospirai, accarezzandogli una guancia. «Ti voglio bene anch’io, Justin.»
 
«Dove sei stata? Sono le dieci e mezza di sera!» sbraitò Ben, quando entrai in salotto.
Mi guardai la punta delle scarpe, non sapendo se dire la verità o mentire. Non avrei potuto dire a Ben che ero stata da Justin, avrebbe subito pensato male e non mi andava di litigare un’altra volta con lui, soprattutto perché la nostra litigata di venerdì era ancora in sospeso.
«Sei stata da Justin, vero?»
Alzai la testa. «No! – mentii – Sono stata da Macie, ho cenato da lei.»
«Ne sei davvero sicura?»
«Sicurissima.»
«Allora perché Macie è venuta qui, mezz’ora fa, chiedendomi dov’eri perché al cellulare eri irraggiungibile?»
Deglutii, sapendo di essere in trappola. Maledii Macie mentalmente per non essersi fatta i fatti suoi. Con tutte le sere in cui poteva venire a cercarmi, proprio stasera doveva farlo?
«È inutile che menti, so che sei stata da Justin.»
«Ok, ok, sono stata da Justin! Contento ora?»
«Cate, ti...»
Lo interruppi. «Non abbiamo fatto niente di ciò che credi tu – iniziai, arrossendo leggermente – E non rifilarmi la solita storia della reputazione, per favore. So cosa si dice su Justin a scuola, e sai una cosa? Non mi interessa. Potrebbe anche essere un serial killer, non mi importerebbe perché io so cosa si cela dietro a quella maschera e io... credo di essere innamorata di lui. Ecco.»
Alla fine l’avevo detto a voce alta.
Non sapevo con certezza se ero innamorata di lui o no, ma sapevo che Justin mi aveva preso come nessun altro ragazzo prima d’ora aveva mai fatto. Sapeva cose di me che nessun altro sapeva, che neanche la mia migliore amica sapeva. E quello che aveva fatto qualche ora fa aveva solo aumentato i sentimenti che nutrivo per lui.
«Cioè, non ne sono proprio sicura al cento per cento... ma Justin mi piace.» mi affrettai a dire, davanti all’espressione sbigottita di Ben che si limitò ad annuire.
«Sì, certo... – disse, continuando a fissarmi sconvolto – Ora... va a dormire, domani hai scuola.» concluse, allontanandosi.
Lo guardai allontanarsi nel corridoio.

 

*
 

ASGDZDSDGFHXFDHFHGDHNFJNGFJMFVHF.
Va beh, buongiorno (?)
Scusate se non ho postato ieri, ma sono stata impegnatissimissima (?).
Cosa dire di questo capitolo? Non mi piace per niente, è corto ed abbastanza inutile, ma è tutto ciò che sono riuscita a scrivere e non sapevo come allungare il brodo. Perdonatemi.
Beh, però almeno Cate ha ammesso che è innamorata di Justin u.u
Non ho idea di come potrebbe essere il prossimo capitolo, e non so neanche se riuscirò a scriverlo, dato che la settimana prossima sono piena di compiti in classe ed interrogazioni e, dato che vado in seconda superiore, ho le prove invalsi e il mio prof di italiano la valuta come compito (brutto bastardo), quindi dovrò studiare come una matta.
Lasciamo stare cwc
A presssssto :3
PS: volevo ringraziarvi per le sei recensioni al capitolo precedente, grazie di cuore <3

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Capitolo 21
*** XXI ***



Sentii una mano battere sull’armadietto accanto al mio, mi voltai spaventato.
«Dio, Charlie, mi hai spaventato.» ansimai, portandomi una mano sul petto.
«Scusa, non era mia intenzione – ridacchiò – Ho sentito in giro che ti vedi con la bionda.»
La fissai accigliato prima di volgere lo sguardo al mio armadietto. «Sono cazzi tuoi?»
«Giusto, giusto, io e te non stiamo insieme, non siamo neanche amici – sospirò, fintamente rattristita – Dimmi, stai con lei perché l’hai messa incinta o perché aspetti che te la dia?»
Chiusi l’armadietto con uno scatto secco, tornando a guardare Charlie. «Ti ho già detto che non sono cazzi tuoi, o sbaglio?»
Charlie alzò gli occhi al cielo. «Perché non mi tratti più come mi trattavi un tempo? Sai, quando io e te...»
La interruppi. «Io non ti ho mai trattata in nessun modo speciale – sbottai seccato – Tu per me eri solo una scopata.»
Il volto di Charlie cambiò espressione, mi sembrava sul punto di mettersi ad urlare come una pazza. «Una scopata che ti piaceva molto, direi, dato che tornavi da me ogni volta che ne avevi voglia – disse, spingendomi di poco e allontanandosi – Ti farò pentire di avermi trattato in questo modo, Bieber. Stanne certo.»
Sentii la campanella suonare, mi diressi a passo pesante verso l’aula di economia. Mi sedetti accanto a Cole, che quella mattina mi sembrava strano. Si guardava intorno nervosamente, mordendosi il labbro in continuazione. I suoi occhi erano vitrei, spenti. Non l’avevo mai visto così...
«C’è qualcosa che non va, Cole?» gli chiesi, stando attento a non farmi sentire.
«Si tratta di Macie – mi rispose, volgendo il suo sguardo a me – È da un po’ di tempo che... è strana.»
«In che senso strana?»
«È sempre agitata, da di stomaco in continuazione... ed è nervosa.»
«Più o meno da quanto tempo è così?»
«Da... tre settimane, forse un mese – si mordicchiò il labbro inferiore – Ho paura che sia incinta.»
«Sei sicuro di aver usato... – Cole mi interruppe, annuendo – Allora non vedo di cosa dovresti preoccuparti. Avrà la luna storta.»
«Lo spero.»
Sentimmo bussare alla porta, ci voltammo tutti verso di essa.
«Avanti.» disse il signor Morris, sbuffando.
Il coach Miller fece capolino dalla porta, fissando prima il prof poi me. «Ho bisogno un attimo di Bieber – disse, schiarendosi la voce – Può uscire?»
«Va bene – disse il signor Morris – Ma cinque minuti, non di più.»
Mi alzai, titubante, ed uscii dall’aula sentendomi gli sguardi di tutti puntati addosso.
«Di cosa voleva parlarmi, coach?» gli chiesi, seguendolo.
«Di nessuna cosa che riguarda la squadra, non ho intenzione di reintegrarti – rispose, con voce monocorde – Devo parlarti di Cate.»
Mi bloccai. «Ehm... mi dica pure.»
Ben si voltò, facendo qualche passo avanti per avvicinarsi a me, dato che io non riuscivo più a muovermi. «Non ti chiederò di non frequentarla più, so che è impossibile e che non posso imporvi qualcosa di così drastico, ma... giuro che, se vengo a sapere che le hai torto un solo capello, non esiterò ad espellerti dalla squadra. Ci siamo intesi?»
Deglutii. «Certo, certo.»
Rientrai in classe, mi sedetti al mio banco cercando di non incrociare lo sguardo di Cole.
«Che ti ha detto?»
Oh, e che palle.
«Niente... solo che se viene a sapere che Cate soffre a causa mia mi espelle dalla squadra. Anche se sono il più forte.»
Cole ridacchiò. «Quindi... ho vinto la scommessa?»
«No! – sbottai – Non mi sono ancora innamorato di lei.»
«Hai avuto più di una occasione per farci sesso ma hai rifiutato perché “sapevi che non era pronta” – disse, facendomi il verso – Se non è amore, questo...»
«Scusa se la prima - ed ultima - volta che ci ho provato lei è scoppiata a piangere perché ha ricordato di quando era stata stuprata. Devo andarci piano, Cate è un caso complicato. Non lo sai?»
«Questo non me l’avevi detto.»
«Non credevo dovessi farlo.»
 
«Bene, Justin – disse Mamma, sistemandosi il cappotto – Io vado. Sei sicuro di riuscire a restare da solo...?»
Alzai gli occhi al cielo. «Mamma, ho diciott’anni! So cavarmela da solo, non sono più un bambino.»
«Manderai la cucina a fuoco.» piagnucolò, ridacchiando.
«Mangerò un panino tonno e maionese, se ti tranquillizza – dissi, spingendola verso il corridoio di ingresso – Ora vai e divertiti. Meriti una serata di svago, una volta tanto!»
Mamma sbuffò, prima di baciarmi una guancia. «Sta attento – mi guardò un attimo – In caso dovessi non trovare qualcosa chiamami, ok?»
«Ok! Ora vai.»
Aspettai che l’auto di Gil si fosse allontanata dal vialetto, prima di tirare un sospiro di sollievo e correre al frigo. Presi una birra, chiudendolo successivamente. Entrai in camera mia ed aprii il cassetto del comodino, prendendo il pacchetto di sigarette. Lo aprii, notando con disappunto che c’era un’ultima sigaretta rimasta. Va beh, avevo l’input per smettere.
Tornai in salotto, aprii la finestra per fare in modo che l’aria non si viziasse; mi sedetti sul divano e, dopo aver sintonizzato la tv sul canale dello sport, mi accesi la sigaretta. La fumai lentamente, come a non volerla finire. Stavo per stapparmi la birra quando bussarono alla porta. Mi alzai ed andai ad aprire, trovandomi Cate davanti.
«Ehi, Cate – la salutai, facendola entrare – Che ci fai qui?»
«Ci ho pensato a lungo – iniziò – Ho ancora qualche dubbio, ma... voglio fare l’amore con te, Justin.»

 

*
 

Hola.
Lo so, lo so, non posto da una settimana. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace T_T non ho avuto un momento libero in questa settimana e, come mio solito, ero a corto di ispirazione. Perciò questo capitolo mi fa schifo. A parte la parte finale non c'è niente di così emozionante (?) beh, ci sono degli input, ma... è fottutamente inutile D:
Ovviamente, il prossimo sarà migliore mlmlml
Va beh, vi lascio *si ritira nel suo angolino buio*
A pressssto (si spera, çwç)

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Capitolo 22
*** XXII ***



Justin mi fissò, stranito. «Cos’hai detto?»
«Non fingere di non aver sentito.» sbuffai.
Justin si avvicinò a me, afferrò la mia mano sinistra. «Ne sei proprio sicura?» mi chiese, analizzando il mio viso attentamente.
«Sì.» mentii.
In realtà, non lo ero per niente. Pensavo solo fosse la cosa più giusta da fare. Non mi sarei mai fidata ciecamente di lui se non gli avessi permesso di portare ciò che eravamo ad un livello più... intimo.
«Allora... come vuoi tu.» disse sorridendo, mentre chiudeva la porta. Afferrò nuovamente la mia mano e mi condusse esitante in camera sua, fissandomi di tanto in tanto.
Appena arrivammo in camera sua, cominciai a dubitare di ciò che stavamo per fare. Cosa sarebbe successo, dopo? Mi avrebbe lasciata, facendomi raccogliere i cocci del mio cuore? O mi avrebbe tenuta con sé, tenendo fede alla promessa che aveva fatto di non farmi del male?
«Hai paura?» mi chiese Justin, mentre chiudeva la porta a chiave.
Mi voltai verso di lui, deglutendo. «No.»
«Stai mentendo.» notò, ridendo.
«Ok, ok – ammisi – Ho paura, troppa paura.»
Justin si avvicinò a me. «Allora perché vuoi farlo?»
Cercai di guardarlo negli occhi. «Voglio togliermi questo peso dallo stomaco – dissi, mordendomi un labbro – Non voglio più avere paura.»
Justin mi baciò. «Beh... sappi che è un piacere essere il primo.» ridacchiò, mentre le sue dita sbottonavano il mio cappotto.
Alzai gli occhi al cielo, mentre cercavo di concentrarmi su altro e non sul fatto che Justin, a poco a poco, mi avrebbe spogliata completamente. Sentii il cappotto lasciare le mie spalle, un brivido percorse la mia schiena.
«Fa freddo qui.» mi lamentai, stringendomi nelle braccia.
Justin si allontanò per chiudere la finestra, che fino a quel momento era stata aperta. «Scusa, ho aperto tutte le finestre – mi informò – Volevo fumare e... non volevo farlo sapere a mamma.»
«Lo sai che si capisce comunque?»
«Certo, ma... a nessuno piace avere la casa impregnata di fumo.» disse, tornando vicino a me.
Le nostre labbra si unirono; cercai di uscire dalla timidezza in cui ero stata finora e sollevai l’estremità del maglione di Justin. Justin alzò le braccia e si staccò da me, permettendomi di sfilargli il maglione. Mi ritrovai a trattenere il fiato, mentre osservavo il suo petto e il suo addome. Chi l’avrebbe mai detto che un ragazzo all’apparenza così magrolino potesse essere così... muscoloso?
«Cate – mi richiamò Justin, ridendo – Stai bene?»
«Sì, sì – scossi la testa – Sei muscoloso.» dissi, arrossendo.
Justin sorrise. «Sei così carina quando arrossisci.» disse, facendomi cenno di alzare le braccia. Feci come mi disse, e in un attimo mi ritrovai in reggiseno davanti al suo sguardo compiaciuto.
Distolsi lo sguardo e coprii il mio petto con le braccia, togliendogli la visuale. «Non guardarmi così.» piagnucolai, con voce flebile e le guance che non credo sarebbero tornate più del loro colore naturale.
«Credimi, è positivo se ti guardo così.» rise lui, facendo forza sulle mie braccia per spostarle. Abbassai le braccia dichiarando bandiera bianca.
«Ho come l’impressione che tu non sappia di essere bella.» commentò lui, facendomi alzare lo sguardo.
«Nessuno me l’ha mai detto, a parte te.» confessai, sorridendo timidamente.
Justin ricambiò il sorriso, avvicinando le sue labbra alle mie. «È un vero peccato – disse, sulle mie labbra – Beh, almeno ora lo sai.»
Non mi ero accorta che le sue dita avevano sbottonato i miei jeans finchè lui non si chinò per abbassarli. Mi aiutò ad uscire da essi, fissandomi da capo a piedi compiaciuto.
«Smettila di guardarmi così.» lo ammonii una seconda volta.
«E se io non volessi smetterla?» mi sfidò lui, maliziosamente, mentre si sbottonava la cintura. Pensai che dovessi essere io a farlo, ma lasciai stare, sentendomi troppo timida. Ridacchiai, pensando che sarebbe stato per un’altra volta.
«Perché ridi?» mi chiese, avanzando verso di me.
«No... niente.» risposi, concedendomi un attimo per guardarlo. Studiai ogni minimo dettaglio del suo corpo perfetto, sentendomi davvero una puttana per le cose che passarono nella mia testa.
All’improvviso mi sentii stupida. Stupida ed inesperta, davanti alla sua esperienza. Per la prima volta nella mia vita non sapevo cosa fare e questa sensazione mi disorientava.
Mi sedetti sul letto, aspettando che Justin si sedesse accanto a me.
«Mi sembri nervosa.»
«Sono nervosa.» asserii, mettendomi a gambe incrociate.
Justin prese ad accarezzarmi le spalle. «Se non vuoi farlo...»
Lo interruppi. «Non è per quello – dissi secca – È... cioè, sì, è per quello, ma non per il motivo che pensi tu. Non ho idea di cosa fare.»
Justin rise. «Sai che non mi aspetto niente da te, vero?» mi chiese, incollando nuovamente le sue labbra alle mie. Mi fece distendere, mettendosi di peso su di me. Sentire la mia pelle a contatto con la sua provocò scosse di brividi lungo tutta la mia schiena.
Le labbra di Justin si spostarono sul mio collo, riempiendo la pelle di baci mentre le sue dita cercavano il gancetto del mio reggiseno. Lo sentii sorridere sulla mia pelle appena lo trovò; lo slacciò quasi subito. Cercai di pensare ad altro; tuttavia, mentre sentivo anche gli slip lasciare il mio corpo, desiderai di sprofondare, ritrovandomi completamente nuda di fronte a lui. Portai le mani sulla schiena di Justin, facendole scivolare fino all’elastico dei suoi boxer incontrando anche le sue mani. Le scostai leggermente, abbassando i boxer che successivamente Justin si sfilò.
Mi accorsi che ora non si poteva tornare indietro e, sebbene avessi paura di ricordare cose spiacevoli e di cosa poteva riservare il mio futuro con lui, che dovevo lasciare che accadesse.
«Sei pronta?» mi chiese Justin, in un sussurro.
Il suo fiato caldo nel mio orecchio mi fece rabbrividire. «Sì.» mormorai in risposta, mordicchiandomi il labbro inferiore.
Il corpo di Justin prese a muoversi lentamente sul mio, regalandomi sensazioni che mai avevo provato in vita mia. Cercavo di trattenere ogni singolo gemito, ma mi fu impossibile; Justin ridacchiava ogni volta che quel suono lasciava la mia bocca. Le sue labbra premevano spesso sulle mie, le sue mani percorrevano avide il mio corpo e racchiudevano ogni tanto le mie, strette a pugno sul materasso. Sarebbe stato stupido ammettere che non sapevo dove metterle. Non riuscivo a fronteggiare il suo sguardo, dato che mi sentivo sprofondare nei suoi occhi colmi di desiderio.
Desiderai ardentemente che tutto questo non finisse, di poter sentire il suo calore sul mio corpo per sempre; purtroppo, tutto ha una sua fine.
Justin si accasciò su di me, respirando affannato. Dopo poco si alzò e si diresse al cestino. Ne approfittai per mettermi sotto al piumone; rabbrividii pensando a quante ragazze potessero aver visitato il suo letto.
Le mie inquietanti riflessioni furono spazzate via dalle braccia muscolose di Justin che mi avvolgevano e mi attiravano al suo petto.
«A cosa stavi pensando?» mi chiese, facendomi alzare il viso verso il suo.
«A niente... non pensavo a niente.» mentii, deglutendo.
Lo sguardo di Justin si affilò. «Non puoi mentirmi... dimmi a cosa stavi pensando.»
Sospirai rassegnata. «Stavo pensando a quante ragazze hai... ospitato nel tuo letto.» mugugnai arrossendo.
Justin rise. «Sapevo che me l’avresti chiesto.» disse, senza smettere di ridere.
«E allora? Quante sono?» gli chiesi, curiosa ma al tempo stesso timorosa di sapere la risposta.
«Non voglio dirtelo – mi rispose, baciandomi – Anche perché non contano niente...»
«Per me contano eccome.» dissi accigliata, evitando le sue labbra che cercavano di catturare le mie.
«Beh, per me non contano... tu sei la prima.» disse in un sussurro, prima di mordicchiare il lobo del mio orecchio.
Ridacchiai malinconicamente, alle sue parole. «Ma non dire cazzate.»
Justin mi rivolse un’occhiataccia. «Non dico la prima con cui ho fatto sesso – spiegò – Intendo... la prima con cui ho fatto l’amore.»
Lo fissai meravigliata. «Stai dicendo sul serio?»
Justin premette le sue labbra sulle mie. «Serio serio – rise – Mi sono innamorato di te, Cate. Per quanto strano mi sembri dirlo... mi sono innamorato di te.» balbettò infine, imbarazzato.
Risi della sua improvvisa timidezza, ed incollai nuovamente le mie labbra alle sue. «Anch’io sono innamorata di te, Justin – mormorai, tra un bacio e l’altro – Non sai quanto.»
Ero più che sicura delle parole che avevo appena detto, ormai.

 

*
 

CIAOOOOOO.
Avrei voluto postare ieri, ma ho avuto dei problemi con l'editor che non si apriva. Avevo pensato di creare (?) il codice HTML da sola, ma ho mollato dopo due secondi constatando che era troppo difficile uu
Ma ora lasciamo stare, e parliamo del capitolo. Finalmente, dopo 22 - e dico ventidue! - capitoli, si sono dichiarati. Beh, mi pareva pure l'ora *w*
Confesso che questo capitolo è stato difficile, da scrivere. Non sono abituata a scrivere capitoli del genere, e temevo di risultare troppo volgare. Ma devo dire che sono piuttosto soddisfatta del risultato C:
Comunque, aspettate ancora a cantare vittoria, perché i problemi di Cate e Justin non sono ancora finiti. Sì, sono cattiva e non voglio che abbiano vita facile U.U
Ora vi lascio, devo studiare informatica per domani.
A pressssssto :3

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Capitolo 23
*** XXIII ***



«Hai fame?» mi chiese Justin, mormorando sulle mie labbra.
«No – mentii, tirando il suo labbro inferiore con i miei denti – L’unica cosa di cui ho bisogno adesso sono le tue labbra.»
Il mio stomaco brontolò, tradendomi. Feci un sorriso imbarazzato, mentre le mie guance si coloravano di rosso.
Justin rise, poggiando una mano sulla mia pancia. «Pomiceremo dopo, piccola, ora andiamo a mangiare.»
Sollevai il busto di malavoglia, rabbrividendo quando il freddo colpì la mia schiena. Justin si alzò prima di me, afferrò i suoi boxer e li infilò in fretta, non troppo perché io non potessi ammirare il suo corpo ancora una volta.
Justin si voltò, fissandomi. «Smettila di divorarmi con gli occhi e vestiti.» mi ammonì, sorridendo malizioso.
Alzai gli occhi al cielo, mentre lasciavo andare le coperte. Mi coprii il seno con il braccio destro, decisa più che mai a non dargli la soddisfazione di guardarmi, e mi alzai dal letto, poggiando il braccio sinistro sulla parte inferiore del mio corpo.
«Oh, andiamo, abbiamo appena fatto sesso, non credo dovresti essere così imbarazzata.» sospirò malinconico, sedendosi sul letto.
Afferrai gli slip da terra, infilandoli goffamente. «Scusa se sono timida – borbottai – Posso mettere il tuo maglione?»
Justin sorrise alla mia richiesta; i suoi occhi si illuminarono. «Certo che puoi, piccola.»
Afferrai il maglione di Justin da terra e me lo infilai; arrotolai le maniche, dato che erano più lunghe rispetto alle mie braccia.
Feci un giro su me stessa, permettendogli di darmi un’occhiata. «Come mi sta?»
Justin sorrise, mi prese per mano per attirarmi a sé. «Ti sta benissimo – disse, baciandomi la guancia – Lo sai, è la prima volta che una ragazza indossa una mia maglia.» aggiunse, facendomi sedere sulle sue gambe.
Affondai la testa nei suoi capelli, inspirando il loro profumo. «Sai che non ti credo.»
«Dico davvero – mugugnò, facendomi abbassare lo sguardo verso il suo – Di solito se ne vanno tutte dopo aver finito. Finora tu sei l’unica che è rimasta qui a coccolarmi...» concluse, premendo le sue labbra sulle mie.
Quel breve contatto divenne subito qualcosa di più intenso, a tal punto che mi ritrovai a desiderare di più, quando si staccò da me e si alzò, porgendomi una mano.
«Sei sicuro di voler andare a mangiare?» gli chiesi rassegnata, mentre mi alzavo dal letto.
Justin rise. «Sto morendo di fame – disse, afferrando la mia mano e dirigendosi in cucina – Ma... chi può dirlo, magari dopo ci sarà un secondo round.» sussurrò al mio orecchio, maliziosamente.
Ebbi un fremito alle sue parole. «Beh, in tal caso mi terrò pronta.»
Arrivammo in cucina; mi sedetti a tavola osservando Justin che si muoveva qua e là per trovare qualcosa da preparare. Prese degli hamburger dal congelatore, li mise a scongelare e si sedette accanto a me, facendomi cenno di poggiare la testa sulla sua spalla.
«Mi piace tutto questo.»
«Cosa?»
«Avere una ragazza. È divertente – lo vidi sorridere con la coda dell’occhio – Fino a qualche settimana fa non riuscivo a capire come facesse Cole...»
Al sentire il nome del suo migliore amico mi si accese una lampadina in testa. «A proposito di Cole – iniziai, alzando la testa – Ti ha parlato, per caso, di Macie?»
«In che senso?»
«Beh... riguardo a ciò che le succede. È da un po’ di tempo che è strana.»
«Sì, l’ha fatto. Crede che sia incinta.» disse, ridendo.
Quello che Cole non sapeva era che Macie era incinta per davvero. L’aveva scoperto due giorni fa, ed ero l’unica – a parte lei – che lo sapeva. Non sapeva come dirlo a Cole e aveva paura della reazione di sua madre...
«Cos’hai?»
La voce di Justin mi riportò alla realtà. «Niente. Perché me lo chiedi?»
«Avevi una faccia... pensierosa.»
Gli stampai un bacio sulle labbra. «È tutto a posto, sta tranquillo.»
«A me non sembra tutto a posto – ribatté, studiando la mia espressione – Vuoi dirmi cosa c’è che non va?»
«Non c’è niente che non va.»
«Sai che capisco quando menti.»
Sospirai, rassegnata. «Charlie.»
Justin si irrigidì. «Cosa ha fatto, stavolta?»
Deglutii. Era il caso di raccontarglielo?
«Stavo uscendo dal bagno, quando una delle sue amiche strane mi ha tirato di nuovo dentro... poi è arrivata lei e mi ha ‘minacciata’ di non frequentarti più altrimenti me l’avrebbe fatta pagare.»
«Non pensavo potesse essere talmente ossessionata. Eppure io e lei non eravamo niente...» mugugnò, pensieroso.
Scossi la testa. «Ma non capisci? È innamorata di te.»
Justin mi fissò inclinando la testa. «Cosa?»
«Non te ne sei mai accorto? – fece cenno di no con la testa – Sei così stupido.»
«Stupido, io?» chiese, indicandosi.
«Sì, tu. Come hai fatto a non accorgertene?»
«Non me l’ha mai fatto capire.»
 
-Justin’s POV.
 
«Non ci credo che l’avete fatto. No – mugugnò Cole – Non ci credo!»
«Non ho nessuna registrazione, devi fidarti della mia parola.» dissi, facendo l’occhiolino.
«Quindi ho perso.»
«Tecnicamente... non ha vinto nessuno – ammisi, arrossendo – Mi sono accorto di essermi innamorato di Cate, ieri sera.»
Cole si illuminò. «Quando?»
«Boh... non so dirtelo di preciso. Forse ne sono sempre stato al corrente ma l’ho capito solo ieri, non lo so.»
«Quindi, beh, ho vinto io!»
«Non credo – disse Ray, attirando la nostra attenzione su di sé – Non sai qual è l’istante preciso in cui ha capito di essersi innamorato.»
«Per me ha perso la scommessa e basta. Non doveva innamorarsi di lei, questi erano i termini. E beh, si è innamorato.» sbottò Cole, incrociando le braccia al petto.
Scossi la testa. «Sai una cosa? Non mi importa di aver perso la scommessa, ho trovato il pezzo mancante del mio puzzle grazie ad essa e credimi, sono addirittura felice di averla persa.» dissi, facendo spallucce.
Ray si portò una mano al petto. «Oh, il mio migliore amico si è innamorato! Fino a due mesi fa la consideravo una cosa impossibile.»
«Chi non la considerava impossibile? – ridacchiò Cole, alzandosi – Beh, meglio che vada... Macie vuole parlarmi di una cosa seria.»
«Mi sembri preoccupato.» notai.
«Aveva un tono di voce strano, prima.»
«Beh, buona fortuna.» disse Ray, prima che Cole se ne andasse.
«Credo che me ne andrò anch’io – annunciai – Chiudi tu?»
Ray rise. «Mi sembra piuttosto ovvio.»
Uscii dalla palestra della scuola diretto alla mia auto; all’improvviso fui fermato bruscamente per un braccio da una mano delicata, piccola e con una stretta poco forte, ma con delle unghie lunghe e affilate. Non era difficile dedurre che era una mano femminile... e forse sapevo anche a chi apparteneva.
«Charlie.» dissi, voltandomi.
La mora mi sorrise. «Vedo che riesci ancora a riconoscermi con poco.»
«Dimmi cosa vuoi e fa in fretta – dissi, incrociando le braccia al petto – Non ho tempo per starti a sentire.»
Charlie storse il labbro inferiore. «Devi andare dalla tua bella biondina? Ho saputo che te la sei ripassata, ieri sera.»
Roteai gli occhi. «E tu origli ancora le mie conversazioni perché...»
«Io non ho origliato niente – rise, sarcastica – Sei tu che parli di queste cose ai tuoi amici nei luoghi meno opportuni.»
«Touchè.»
«Comunque, ti è piaciuto o preferisci me?»
«Non dovrei dirtelo, ma... è stato mille volte meglio di farlo con te.» le dissi, rivolgendole il sorriso più irritato che avessi mai fatto in vita mia.
L’espressione di Charlie si indurì. «Certo – schioccò la lingua contro al palato – Comunque, non è questo ciò che volevo dirti... sai che l’altro giorno ho parlato con il tuo amico Ryan? Mi ha raccontato tante cose divertenti sul tuo passato... che credo al resto della scuola farebbe piacere sapere, se tu non lasciassi quella sgualdrina bionda.»
Mi irrigidii e il mio cuore prese a battere a doppia velocità nella cassa toracica, mentre riuscivo ad immaginare come sarebbe stato. Fantastico, quattro anni per costruirsi una reputazione e due secondi per distruggerla!
A meno che... ma certo!
Un sorriso soddisfatto comparve sulle mie labbra, mentre osservavo la ragazza che credeva di avermi in pugno. «Non lo faresti.»
Charlie mi interruppe. «Invece sì, che lo farei – ridacchiò malefica – Sai che non so tenere la bocca chiusa... era una delle caratteristiche che ti piacevano di più di me.»
«Non mi hai fatto finire la frase, tesoro – mi avvicinai a lei – Non lo faresti, perché... io so qualcosa di te che nessuno sa. E che, magari, potrei sbandierare ai quattro venti... se tu parlassi.»
Charlie rise. «Tu non sai niente di me.»
«Invece sì, che so qualcosa – ridacchiai – Tu sei innamorata di me.»
Charlie fece per dire qualcosa, ma si ammutolì subito. Ciò mi fece capire che ciò che Cate aveva dedotto era la pura verità.
«Sì, sei innamorata di me. Ecco perché ci tenevi così tanto a me, ed ecco perché vuoi così tanto che io lasci Cate... ma passiamo al nocciolo della questione, ora. Pensa solo cosa potrebbe succedere se si venisse a sapere in giro... non sarebbe una catastrofe, per te?»
«Non lo faresti.» balbettò, insicura.
Le lasciai un bacio al lato della bocca. «Tu lascia in pace me e Cate – le sussurrai in un orecchio – E io non dirò niente.» conclusi, allontanandomi.
«Sei uno stronzo!» mi urlò contro, mentre salivo in auto.
Le mandai un bacio.

 

*
 

Buoooooongiorno.
Allora, prima di cominciare a parlare di questo sgorbio qui sopra (?), volevo ringraziarvi perché la storia ha raggiunto le 81 preferite. Non ne ho mai avuti così tanti *w*
Bene, ora parliamo dello sgorbio. Non è un granché, però mi piace, devo ammetterlo. E beh, non so cos'altro dire ahaha
Chi se lo sarebbe mai aspettato che Charlie poteva essere innamorata di Justin? Penso chiunque lol, un po' si vede. Voi ve lo sareste aspettato?
Va behhhh, vi lascio.
A preessssssto :3

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Capitolo 24
*** XXIV ***



«E Cole cosa ti ha detto?» chiesi a Macie, mentre guardavamo la tv. Quella sera davano “Come farsi lasciare in dieci giorni”, uno dei miei film preferiti.
Macie sospirò. «Che ce ne occuperemo insieme – disse, guardandosi la pancia – Domani lo diremo ai miei... spero che non ci uccidano.»
La guardai di sottecchi. «Non ti uccideranno.»
«Dopo tutte le raccomandazioni che mi hanno fatto in tutti questi anni e i “non fate il nostro stesso errore”? Come minimo mi cacciano di casa.»
«Beh, se ti cacciano di casa, sappi che la mia porta è sempre aperta.» dissi, abbracciandola.
Macie si strinse a me. «Grazie.»
«E di cosa?»
 
Passai la cioccolata calda a Macie, prima di sedermi di fronte a lei. Mia madre, seduta accanto a Macie, le accarezzava la testa nel tentativo inutile di confortarla.
Come lei aveva predetto, i suoi genitori l’avevano cacciata di casa. E anche se se lo aspettava, per lei è stato comunque uno shock. Non le avevano dato il tempo di prendere niente; l’avevano cacciata e basta. Per non parlare di come avevano trattato Cole...
«Più tardi dovrebbe passare Mike con la mia roba.» sospirò Macie, afferrando la cioccolata calda.
«A proposito... lui come ha reagito?» le chiesi, pronta a pentirmene.
«Era un po’ scioccato, ma... almeno lui non mi ha dato della miserabile puttana.» mugugnò a denti stretti, riferendosi a suo padre.
«Non posso credere che l’abbia detto davvero. Mark sembra un tipo così calmo...» disse mia madre fra sé e sé, alzandosi e prendendo l’occorrente per prepararsi del caffè.
Macie alzò le spalle. «Quando si incazza sul serio perde le staffe.»
Mi squillò il cellulare; lo afferrai dal bancone. Sorrisi, vedendo il nome di Justin lampeggiare sul display.
«Pronto?» risposi, sedendomi sul bancone.
Mamma e Macie rivolsero lo sguardo verso di me; Macie mimò il nome di Justin a mia madre e lei annuì.
«Ehi, piccola – disse lui, facendomi sorridere – Tutto bene?»
«Justin, non ci vediamo da tipo mezz’ora!» gli ricordai, ridendo.
«Volevo sentire la tua voce, ti crea problemi? – mi chiese, fintamente offeso – Ok, in realtà ti volevo chiedere se ti farebbe piacere uscire con me, stasera. Non usciamo insieme da un bel po’...»
«Oh, mi piacerebbe ma... c’è Macie a casa, voglio stare un po’ con lei.»
«Ah, giusto. Cole me l’ha detto. Come sta?»
Alzai le spalle. «Non lo sa neanche lei.»
«Quindi... dovremmo rimandare. Che peccato, i miei stasera non ci sono a casa...»
«Justin!» arrossii.
«Ehi, che c’è? È la verità – ridacchiò – Scommetto che sei arrossita.»
«Ti piace vincere facile.»
«No, sei tu che sei prevedibile. Ci vediamo lunedì?»
«A lunedì.» dissi, prima di staccare.
«Che ha detto?» mi chiese Macie, sporgendosi in avanti.
«Niente, solo... che voleva uscire.»
«E tu l’hai scaricato dicendogli che volevi stare con me?» mi chiese ancora, accigliandosi.
«Che c’è di male? Voglio stare con la mia migliore amica - Macie si alzò, strappandomi il cellulare di mano – Ma che cazzo fai?»
«Mando un messaggio al tuo ragazzo in cui accetti l’appuntamento – spiegò – Non puoi bidonarlo solo perché vuoi stare con me, ci saranno altre occasioni.»
«Ma Macie...»
«Niente ma. Ah, Justin passa a prenderti alle otto e mezza, fatti trovare pronta.» mi interruppe, sorridendo.
 
«Sei bellissima.» mi disse Justin, attirandomi a sé per i fianchi.
«Grazie – dissi, arrossendo – Sei bellissimo anche tu.»
Justin sorrise, avvicinò il suo viso al mio fino a che le nostre labbra non si toccarono.
«Ah, Cate... oh cielo.»
Ci staccammo; mi voltai a fissare mia madre in totale imbarazzo. «Sì, mamma?»
«Non più tardi delle undici e mezza, ok?»
Alzai gli occhi al cielo. «Ok.»
Mamma rise. «Divertitevi.» disse, prima di rientrare.
Justin ridacchiò. «Beh, dobbiamo stare attenti quando ci baciamo fuori casa tua.» disse, prendendomi la mano.
Arrivammo alla sua auto; rimasi stupita quando Justin aprì la mia portiera, invitandomi salire.
«Ma che gentleman.» mi complimentai, facendo sorridere Justin.
«Sì, ci so fare.» ridacchiò, prima di fare il giro dell’auto per salire al suo posto. Chiusi la portiera.
«Dove mi porti?» gli chiesi, volgendo il mio sguardo verso di lui. Notai che era concentrato più delle altre volte sulla strada.
«TGI Fridays – rispose, semplicemente – Volevo portarti in un posto più romantico, ma...»
Lo interruppi. «Finchè stiamo insieme anche una campagna sperduta può essere un posto romantico.» dissi, poggiando la mia mano sulla sua.
Justin mi guardò brevemente, arrossendo. «Credo che tu abbia ragione.»
Il resto del viaggio fu abbastanza silenzioso; a differenza delle altre volte, però, era un silenzio piacevole. Non sentivo il bisogno di riempire il vuoto con delle chiacchiere inutili e mi sentivo a mio agio. È questo che si prova ad essere innamorati?
Arrivammo da TGI Fridays dopo un’ora e mezza di traffico; dopo aver preso la nostra roba ci sedemmo al primo tavolo che trovammo.
«Come mai hai cambiato idea?» mi chiese Justin, facendomi alzare lo sguardo.
«Oh... Macie ha detto che se la sarebbe cavata da sola. Non le credo molto, ma... mi andava di uscire con te.»
Justin sorrise a trentadue denti. Stava per dire qualcosa, ma si bloccò subito e cambiò espressione.
«Justin... stai bene?»
Justin scosse la testa. «Benissimo.» disse, deglutendo.
«A me non sembra – dissi, avvicinando il mio viso al suo – C’è Ryan, per caso?»
«No! Perché me lo chiedi?»
«Di solito hai quest’espressione quando c’è lui.»
«Non è niente, davvero. Stavo solo pensando ad una cosa.»
«A cosa?»
«Non voglio dirtelo.»
Sbuffai. «Come vuoi.» bofonchiai, tornando concentrata al mio piatto.
Non riuscivo a capire perché si comportava in quel modo così strano. Era da qualche giorno che andava avanti così: un attimo prima era la dolcezza fatta persona, quello dopo faceva quell’espressione e cominciava a comportarsi da cazzone. l’unica cosa che avevano in comune questi scatti era la presenza di Ryan, di Charlie o di entrambi. Con Ryan potevo capirlo, ma con Charlie... insomma, cosa potrebbe avere in sospeso con Charlie? Era sicuro che mi nascondeva qualcosa, a suo proposito. Qualcosa di cui io non avevo idea a riguardo.
Mi voltai, notando subito Charlie seduta al tavolo di fronte al nostro. Guardava in direzione di Justin, con un’espressione stranamente soddisfatta in viso.
Mi voltai di nuovo, fissando Justin con sguardo intimidatorio. «Perché Charlie ti fissa?»
Justin deglutì. «Charlie?»
«Non fare il finto tonto e rispondimi.»
«Non lo so perché mi fissa.» disse, abbassando lo sguardo.
Notai che si morse il labbro inferiore, segno che stava mentendo.
«Stai mentendo.» sbraitai, facendogli alzare lo sguardo.
«Non sto mentendo.» si difese, a denti stretti.
«Perché non vuoi dirmi cosa c’è che non va?»
«Perché non c’è niente che non va! Ok?»
«Ok.» dissi, alzandomi.
«Dove vai?» mi chiese subito, alzandosi e raggiungendomi.
«A casa mia – risposi, scrollandomi la sua mano di dosso – Perché devo restare qui con qualcuno che non si fida di me?»
Uscii dal ristorante; afferrai il cellulare dalla borsa per chiamare Ben e farmi venire a prendere; all’improvviso sentii una voce familiare chiamarmi. Alzai lo sguardo, trovandomi una Cadillac rossa davanti e Ryan al suo interno, che mi guardava con uno strano ghigno stampato in faccia.

 

*
 

Hola.
Sarò breve perché devo dare il pc a mia sorella: cominciamo col dire che mi dispiace aver postato così in ritardo, ma il capitolo non voleva uscire çç. E' stato un parto lungo e doloroso.
Ho creato un banner per la storia, come avrete notato. Non è un granché, ma è il primo banner che ho fatto e dato che sono poco esperta di gimp... è quantomeno decente.
La storia ha raggiunto le 89 preferite. DIO, SONO TANTISSIME! *w* grazie, grazie, grazie **
Ora, non so per certo quando posterò la prossima volta, poché la settimana prossima sarà mooolto impegnativa, per me.
Però, prometto di postare. Lo prometto! U.U
A pressssssto.
Ps: da voi sono usciti i quadri? Come è andata?
Da me non usciranno fino a sabato prossimo T__T

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Capitolo 25
*** XXV ***


«Che ci fai qui tutta sola?» mi chiese, sporgendosi in avanti.
Non avevo idea di cosa rispondere. Insomma, potevo fidarmi di lui? Da ciò che sapevo sul suo conto, no. Per niente.
«Niente, facevo un giro...» risposi, vaga.
«Hai bisogno di un passaggio a casa?»
Mi irrigidii. Davvero me lo stava chiedendo?
Per quanto mi sembrasse strano, assurdo e inverosimile che Ryan Butler mi stesse offrendo un passaggio a casa, stava succedendo davvero.
Il peggior nemico del mio ragazzo mi stava offrendo un passaggio a casa. Accettarlo sarebbe stato peggio di un tradimento fisico.
Ma se avessi chiamato Ben chiedendogli di venirmi a prendere, cosa avrebbe pensato? Di sicuro avrebbe subito capito che era successo qualcosa di negativo tra me e Justin. Non potevo far espellere definitivamente Justin dalla squadra solo per una piccola incomprensione, che si sarebbe sicuramente risolta lunedì mattina o anche prima.
Così, accettai il passaggio di Ryan, sentendomi uno schifoso verme. Mi accorsi che Justin mi stava fissando, quando volsi lo sguardo fuori al finestrino. Mimai uno “scusa” con le labbra, prima che l’auto sfrecciasse via.
Sentii Ryan ridacchiare. «Ah, quindi eri con Justin. Avete litigato?»
Mi voltai verso Ryan. «S-sì.» balbettai, consapevole che ormai non potevo più mentirgli.
«Mentirei se ti dicessi che mi dispiace.» disse Ryan, facendomi un occhiolino.
Quel gesto e quelle parole servirono per aumentare l’astio che provavo nei suoi confronti. «Da ciò che ho notato Justin non ti sta molto simpatico.» attaccai subito, tenendo lo sguardo fisso sul suo profilo.
Ryan sorrise. «La nostra è una lunga storia – ridacchiò – Scommetto che non te l’ha raccontata.»
«Beh, l’ha fatto. So di come l’hai trattato.»
Ryan volse il suo sguardo verso di me, guardandomi stupito. «Davvero credi a ciò che dice? Non ti facevo così stupida.»
Mi morsi il labbro, controllando l’istinto di prenderlo a parolacce. «Ho visto il suo sguardo impaurito quando ti ha visto nel corridoio. L’ho visto piangere per colpa tua. L’ho visto tremare mentre mi raccontava tutto ciò che gli hai fatto passare. Non sono brava a capire chi mente, a quando qualcuno è così scosso è più che ovvio che dice la verità.»
Le mie parole servirono a zittire Ryan per tutto il tragitto.
Quando arrivammo davanti a casa mia, prima che uscissi mi afferrò per un braccio, fissandomi attentamente. «Ricordati solo una cosa, biondina – cominciò, avvicinando il suo viso al mio – Non fidarti di Bieber.»
«E di chi dovrei fidarmi? Di te?» replicai fredda, uscendo dall’auto.
Appena sentii il motore dell’auto che rombava in lontananza, mi sentii meglio. Feci un respiro profondo, prima di entrare in casa.
«Cate! Che ci fai qui?» mi chiese Macie, voltandosi.
Mamma e Ben mi fissarono straniti.
«Uh... non mi sento molto bene – mentii, portandomi una mano sullo stomaco – Credo che andrò a riposare. Buonanotte.»
Mi diressi a passo svelto in camera mia, mi buttai sul letto a peso morto. Afferrai il cellulare dalla borsa, notando che c’era un messaggio non letto. Era di Justin.
 
-Dimmi perché cazzo sei salita sull’auto di Ryan.
 
Sbuffai, spegnendo il cellulare. Sapevo che mi avrebbe mandato altri messaggi simili.
«Vuoi dirmi cos’è successo?» mi chiese Macie, facendomi alzare lo sguardo verso di lei.
«Un casino, Macie – borbottai, sedendomi sul letto – Ho litigato con Justin.»
Macie si sedette accanto a me. «Raccontami tutto.»
Sospirai. «È che... niente, non si fida ancora di me. E poi è strano: un minuto prima è dolce, l’altro è un cazzone di prima categoria. E tutto ciò sempre quando ci sono Ryan o Charlie. Io non lo capisco. Perché non si fida di me?»
Macie si morse un labbro, pensierosa. «Evidentemente è successo qualcosa di davvero, davvero grave.»
«Quanto grave può essere?»
«Non lo so, non sono mica lui! Forse Cole lo sa, ma ne dubito fortemente.»
«No, non credo lo sappia. Devo costringerlo a dirmi la verità. E so anche come fare.»
Accesi il cellulare, composi un messaggio che inviai a Justin.
 
-Te lo dirò. Se tu mi dirai il motivo del tuo comportamento strano.
 
Dopo qualche minuto il cellulare squillò.
 
-Perfetto. Ci vediamo domani verso le undici alla caffetteria davanti alla scuola.
 
-Ok, ciao.
 
«Cos’hai intenzione di fare?» mi chiese Macie, quando posai il telefono sul comodino.
«Beh, parlargli.» risposi, facendo spallucce.
 
Quando arrivai, alle undici in punto, mi sorpresi di trovare Justin già seduto ad un tavolino. Mi sorrise stancamente, mentre mi avvicinavo a lui.
«Buongiorno.» dissi, con voce flebile.
«’Giorno.» mi rispose lui, con tono monocorde.
Sapevo che voleva ancora tenermi il muso perché ero andata via con Ryan.
«Sei arrabbiato?» gli chiesi subito, pentendomi di aver parlato.
Stupida, è ovvio che è arrabbiato! Come altro potrebbe essere?
«Non credo ti serva una risposta – disse secco – So di averti fatta arrabbiare, piccola, ma andare in auto con Ryan è meschino. Lo sai?»
«Certo che lo so, ma... dovevo.»
«Se ti serviva un passaggio a casa potevi benissimo chiamare Ben o chiedere a me!»
«Non ti avrei mai chiesto di riaccompagnarmi a casa, ieri sera. Soprattutto dopo come mi avevi trattata! E non potevo chiamare Ben. Avrebbe di sicuro capito qualcosa, non è mica stupido.»
Justin ci mise qualche secondo a capire di cosa parlavo. «Oh.»
«Di niente.» dissi, sarcastica.
«Potevi dirmelo, non me la sarei presa così tanto.»
«Beh, tu potresti dirmi perché quando ci sono quei due ti comporti così male con me, non credi?»
Justin si rabbuiò, abbassò lo sguardo. «Non posso dirtelo.»
«Qualsiasi cosa sia, non mi scandalizza più di tanto, e lo sai.»
«È stupido, a dire il vero – cominciò, cercando di non guardarmi negli occhi – Qualche giorno fa, nel parcheggio della scuola, Charlie... mi ha minacciato.»
Alzai un sopracciglio. «E hai paura di quella lì?» gli chiesi, quasi divertita.
«Ho paura di quello che può fare. Vedi, lei... potrebbe rivelare a tutta la scuola il mio passato se continuo a stare con te. Dice che sa tutto... Ryan gliel’ha detto. Ho lavorato duramente per cancellare l’immagine dello sfigato che mi portavo dietro... non posso permettermi di riacquistarla.»
«Quindi?»
«Ci ho pensato a lungo, stanotte, e credimi, non vorrei. Ma... io e te non possiamo più farci vedere insieme. Ne andrebbe della mia reputazione e...»
«Mi stai lasciando. Fantastico.» mormorai amareggiata, alzandomi.
Mi diressi fuori, cercando di trattenere le lacrime.
Avrei dovuto aspettarmelo che mi avrebbe fatto soffrire. Tanto ha ottenuto ciò che voleva, quindi poteva benissimo buttarmi. Pensavo fosse cambiato, beh, non lo era per niente.
«Cate.»
Mi voltai verso di lui, asciugando una lacrima che era sfuggita al mio controllo. «Non voglio saperne niente di te.»
«Io non...»
«Tu non cosa? Mi hai fatto capire benissimo che tieni alla tua preziosa reputazione più di me. Avrei dovuto capire le tue intenzioni prima che fosse stato troppo tardi. Quel che mi fa più male è che io ci ho creduto.»
«Non mentivo quando dicevo di essere innamorato di te. Non sono mai stato così sincero in vita mia. Chiedi a Cole, o a Ray, chiedi perfino a mia madre.»
Scossi la testa, scrollandomi la sua mano di dosso. «Se fossi davvero innamorato di me non mi metteresti al secondo posto.» dissi, allontanandomi.
Salii sulla mia auto e, dopo aver asciugato le mie lacrime, misi in moto e scappai il più lontano possibile da lui.

 

*
 

Ciao belas.
Allora, cominciamo dicendo che sono saltata sulla sedia vedendo il numero delle preferite. Non ne ho mai avuti così tanti, davvero *w* sono felicissima che questa storia piaccia a così tante persone, all'inizio pensavo che non avrei raggiunto le dieci u.u
Now parliamo del capitolo. L'ho finito di scrivere giusto ora, e odio me stessa per aver fatto litigare Cate e Justin. Ma io l'avevo detto che non gli avrei dato vita facile... ee
Va beeh, vi lascio.
A pressssssto. :3

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Capitolo 26
*** XXVI ***



I don’t care what they say
I’m in love with you

 
Anno nuovo vita nuova, mi ripetevo mentre camminavo nel corridoio dove era situato il mio armadietto. Sospirai, prima di aprirlo e afferrare le foto che ritraevano me e Justin insieme. Le osservai un’ultima volta, prima di strapparle e buttarle nel primo cestino che trovai in corridoio. Sorrisi a me stessa mentre ritornavo all’armadietto e prendevo il libro di biologia, riponendoci quelli delle restanti ore.
Camminai verso l’aula di biologia a passo veloce, sperando con tutto il mio cuore che ci fosse un posto che non fosse accanto a Justin. Ma, appena varcai la soglia dell’aula, le mie speranze crollarono. L’unico posto disponibile era accanto a Justin. Feci un respiro profondo, mentre mi sedevo accanto a lui.
«Ciao, Cate – mi salutò, tranquillo – Hai passato delle buone vacanze?»
Mi voltai verso di lui, trattenendo a stento uno sbuffo. «Ti aspetti che ti risponda come se niente fosse?»
«Beh, sì – rispose, facendo spallucce – Il fatto che ci siamo lasciati non vuol mica dire che non possiamo essere amici.»
«Beh, io non voglio essere tua amica. Mi farebbe stare da schifo esserlo.» ammisi, abbassando lo sguardo.
Per quanto mi ostinassi a negarlo, io provavo ancora qualcosa di forte per Justin. Non l’avrei mai dimenticato, questo era più che certo.
Avevo passato le due settimane delle vacanze natalizie a cercare di convincermi che di lui non mi importava più niente, consapevole che, per quanto ci provassi, era praticamente inutile.
Le mani di Justin che afferravano le mie mi riportarono alla realtà. «Allora perché non torni con me?»
«N-non posso tornare con te perché tu mi metteresti al secondo posto di nuovo.» balbettai, davanti ai suoi occhi lucidi.
«Mi credi così stupido da ripetere gli stessi errori?»
Il mio silenzio risuonò come una risposta positiva.
 
«Secondo me dovreste tornare insieme. Si vede che Justin è dispiaciuto.» disse Tom, mentre camminavamo per il corridoio in cerca di Mike.
Lo fissai, accigliata. «Ma non eri tu quello che si ostinava a dire che Justin non era un tipo affidabile? Cosa ti è successo, Tom?»
Tom alzò le spalle. «Come tuo migliore amico voglio solo la tua felicità.»
«Beh, io sono felice senza Justin.» mentii, mordendomi il labbro inferiore.
Tom rise. «Stai mentendo.»
«N-non è vero.» balbettai, arrossendo.
«Cate, ti conosco da una vita. È inutile che menti.»
«Uffa, va bene. Non sono per niente felice senza Justin.»
«E allora perché non tornate insieme?» chiese Tom, alzando gli occhi al cielo e sbuffando.
«Perché non posso. So già come andrà a finire.»
«Non sai come andrà a finire. Tu credi che andrà a finire in quel modo.»
Volsi il mio sguardo a Tom. «E se finisse davvero così?»
«Non puoi saperlo se non ci provi.»
Mi zittii, sapendo che Tom aveva ragione da vendere. Non avrei mai saputo come sarebbe andata a finire se non avessi concesso a Justin una seconda possibilità. Ma l’orgoglio e la mia fottuta paura di soffrire mi bloccavano.
«Di cosa parlate?» ci chiese Mike, raggiungendoci.
«Niente, non importa – tagliai corto – I tuoi...?»
Mike scosse la testa. «Non l’hanno ancora accettato. Mamma sembra più comprensiva, papà... no – disse rammaricato – Macie come sta?»
«Bene. Le mancate tantissimo.»
«Manca anche a me.»
«Oh, ehm... non vorrei rovinare questo momento così delicato, ma... è la giornata dei tacos e se non arriviamo in tempo finiscono.»
Ridemmo, mentre ci dirigevamo in mensa.
Fortunatamente, riuscimmo ad arrivare in tempo e Tom ebbe la sua razione di tacos. Ci sedemmo al nostro solito tavolo che, per mia sfortuna, stava proprio di fronte a quello delle cheerleader. Fissai Charlie con sguardo assassino, prima di volgere lo sguardo al tavolo dei giocatori di basket e notare l’assenza di Justin.
«Dov’è Justin?» mugugnai ad alta voce.
«Cate!»
Mi voltai, trovandolo davanti alla porta della mensa. Aveva una chitarra in mano, e un sorriso mortificato. Rimasi a bocca aperta mentre si avvicinava a me, cominciando a suonare e a cantare la mia canzone preferita: Bleeding Love, di Leona Lewis. Tutti i ragazzi in mensa sembravano scioccati, ma io non ci feci neanche caso, rapita dalla voce angelica di Justin. Lui aveva occhi solo per me.
«Cosa vuol dire tutto questo?» gli chiesi meravigliata, quando finì di suonare.
Justin poggiò la chitarra per terra, mi fece alzare e prese le mie mani. «È la tua canzone preferita – cominciò, puntando lo sguardo sul mio viso – Tom mi ha detto che ti sarebbe piaciuto che qualcuno te l’avesse cantata, e quindi...»
Mi voltai per un secondo, notando il sorriso di Tom.
«Te l’ho detto, io voglio la tua felicità – disse, facendo spallucce – Avevo un paio di cose da farmi perdonare.»
Gli sorrisi riconoscente.
Justin attirò di nuovo la mia attenzione. «So di averti ferita, ma... non ne avevo l’intenzione. Avevo così tanta paura di rivivere ciò che ho passato che ho permesso al mio passato di mettersi tra noi. Ma non accadrà di nuovo, se tu ritorni con me.»
Deglutii. «Justin, io... non lo so.»
«Oh, andiamo, come non lo sai?! Non essere stupida e ritorna con lui!» sbraitò Mike, facendomi voltare verso di lui. Mike mi fece una linguaccia, prima di fare cenno con la testa verso Justin.
Mi voltai di nuovo verso di lui, avvicinando il mio viso al suo. «Non permetterai più alla tua reputazione di mettersi tra di noi?»
Justin poggiò la sua fronte sulla mia. «Non me ne frega un cazzo della mia reputazione.» rise, prima di baciarmi.

 

*
 

Hola.
Non so cosa scrivere ahaha
Posso dire solo che è troppo, troppo corto. Mi dispiace avervi fatto aspettare una settimana intera per una cacchina così... :c il punto è che non sapevo cosa scriverci (come sempre, del resto). Non avevo idea di come allungare il brodo, quindi...
Beh, almeno li ho fatti tornare insieme :3
mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.
A pressssto.
Ps: mi dispiace comunicarvi (?) che la storia sta per giungere al termine cc cioè, non so bene quando finirà, ma credo molto probabilmente tra quattro capitoli o forse meno :(

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Capitolo 27
*** XXVII ***



 

«Justin, devo andare. Ben si starà preoccupando.» si lamentò Cate, cercando di allontanarmi.
Ridacchiai, inumidendomi le labbra. «Fallo preoccupare, allora.» sussurrai nel suo orecchio, stampando un bacio sulla zona sotto di esso. Lasciai una scia umida di baci sul suo collo, provocando i suoi fremiti. Risi compiaciuto, mentre mi spostavo con le labbra sul suo petto. Notai il piccolo segno che marcava la sua pelle diafana e sorrisi, stampandoci un bacio sopra. Mi piaceva pensare che quel succhiotto la legava a me.
«Justin – la voce di Cate ora era tremolante – Devo andare ora, davvero.»
«Oh, piccola... siamo appena tornati insieme, smettila di preoccuparti di Ben.»
«Sai che non vede di buon’occhio la nostra relazione.»
Alzai lo sguardo, incontrando i suoi occhi brillanti. «Voglio che tu resti qui con me.» dissi, baciando le sue labbra lentamente. Mi scontrai con i suoi denti quando sorrise, prima di ricambiare il bacio. La feci distendere sul letto, mettendomi di peso su di lei mentre le nostre labbra si accarezzavano.
«Ho freddo.» mormorò sulle mie labbra, stringendosi a me per cercare un po’ di calore.
Sorrisi maliziosamente. «Tranquilla, adesso ti riscaldo io.» mugolai, riprendendo a baciarle il collo. Cate strinse i miei capelli fra le dita, provocando un mio gemito che la fece ridere.
Alzai la testa verso di lei. «Perché ridi, piccola?»
Cate si morse il labbro inferiore. «Mi piace sentirti gemere.»
Aggrottai le sopracciglia, sorpreso da quel lato di Cate che non avevo mai visto. Non me la ricordavo così audace...
«Perché mi guardi così?»
«Niente, è solo... da quando sei così audace?»
Cate rise. «Ho solo detto che mi piace sentirti gemere. Che c’è di strano?»
«Niente, ma... non pensavo che tu me l’avresti mai detto.»
«Beh, mai dire mai.» disse, prima di baciarmi.
Feci scivolare le mie mani sul suo corpo, fermandomi alle sue ginocchia. «Ok, ora basta parlare.»
Sentii la porta di ingresso aprirsi, la voce di mia madre chiamare il mio nome. Cate sgranò gli occhi e divenne tutta rossa, mentre rotolavo di fianco a lei.
«Justin, dove sei?»
«Oh... in camera – urlai – Come mai siete qui?» le chiesi, mentre mi vestivo velocemente. Cate era andata in bagno, consapevole che ci avrebbe messo più tempo di me. Feci il letto in fretta; quando mamma aprì la porta mi trovò seduto a gambe incrociate sul letto, con in mano un libro a caso.
«Non mi sento molto bene, quindi abbiamo pensato di tornare qui – disse, squadrando la mia stanza attentamente – C’è qualcuno qui?»
Proprio nell’istante in cui me lo chiese, Cate fece capolino dalla porta del bagno. «Buonasera, Pattie.» la salutò, sorridendo.
Mamma mi guardò maliziosamente, prima di volgere il suo sguardo a Cate. «Buonasera, tesoro. Stavate studiando?»
Cate sbatté le palpebre velocemente. «Uhm... sì, sì.» mentì, mordendosi il labbro inferiore.
«Va bene – mamma sorrise – Ti va di restare a cena?»
«Oh, in verità devo andare a casa, Ben mi aspetta – disse, sedendosi sul letto per infilare le scarpe – Ci vediamo domani a scuola, Justin?»
Sorrisi, prima di stamparle un bacio sulla guancia. «A domani.»
Guardai mamma, in imbarazzo. «Che c’è?»
Mamma si sedette accanto a me, studiò la mia espressione. «Non prenderai in giro anche lei, vero?»
Scossi la testa. «Io... credo di provare qualcosa di forte, per Cate.» balbettai, arrossendo.
Non avrei mai pensato, in vita mia, di dire cose del genere a mia madre. Beh, l’amore fa davvero miracoli...
Mamma rise. «Sono contenta che tu abbia trovato lei. Cate è una ragazza così dolce e gentile...»
Sorrisi, mentre fissavo il vuoto. «Lo so.»
 
Quando arrivai a scuola, quella mattina, mi sembrò di essere invincibile: avevo sconfitto Ryan, era più che ovvio che mi sentissi in quel modo. Le persone, che ormai sapevano già tutto del mio passato, mi guardavano come avevano sempre fatto e questo mi faceva sentire ancora meglio. Per di più, la mia ‘fama’ di puttaniere senza cuore era morta e sepolta, dopo quello che avevo fatto per Cate. In pratica, avevo vinto... mi sembrava impossibile persino pensarci.
«Ciao, piccola.»
Cate sobbalzò, prima di voltarsi. «Dio, Justin... mi hai spaventata.»
Mi avvicinai premendo le mie labbra sulle sue. «Scusami, amore. Ti prometto che non lo farò più.»
«Sarà meglio per te – rise, prima di baciarmi – Ho parlato con Ben di noi due, ieri sera.»
Mi staccai da lei, prendendole le mani. «Cos’ha detto?»
«Niente... come al solito mi ha detto che non approva che io stia con te, ma... ha spezzato una lancia in tuo favore dicendo che quello che hai combinato in mensa l’altra volta gli ha fatto capire quanto tu tenga a me e che... l’importante è che io sia felice. E beh... con te lo sono.»
Sorrisi spontaneamente alle sue parole. «Davvero?»
Cate annuì, prima di avvicinarsi di nuovo a me. Premette le sue labbra sulle mie, tenendosi sulle punte. La feci indietreggiare verso gli armadietti, poggiando le mani sui suoi fianchi. Le mie dita strinsero la sua pelle quando i suoi denti mordicchiarono il mio labbro inferiore.
«Justin... ci stanno guardando tutti.» ridacchiò Cate in imbarazzo, mentre le mie labbra si spostavano sulla sua mascella.
«Tu mi fai perdere il controllo.» dissi, senza fiato.
«Ben potrebbe sbucare da un momento all’altro e vederci... – mi staccai immediatamente da lei, sistemandole la maglietta – Bravo ragazzo.» ridacchiò Cate, pizzicandomi una guancia.
Le feci un’occhiataccia, mentre prendeva un libro dall’armadietto. «Quando saremmo soli, piccola, non potrai scappare con la scusa di Ben.» le sussurrai in un orecchio, sensualmente.
Sentii Cate irrigidirsi. «C-certo – balbettò, con le guance in fiamme – Ci vediamo dopo, ok?»
Sorrisi, prima di baciarla. «Ok, piccola.»
La guardai allontanarsi, prima di dirigermi al mio armadietto.
«Justin!»
Mi voltai, trovandomi Charlie davanti. Studiai la sua espressione: mi sembrò più piatta del solito. «Che vuoi?»
Charlie si morse un labbro. «Volevo... scusarmi con te per come mi sono comportata – disse, tutto d’un fiato – È che... non sopportavo di vederti con un’altra. Non era mia intenzione dar stare male sia te che Cate, ho agito senza pensare alle conseguenze e mi dispiace. Puoi perdonarmi?»
«Non lo so – risposi, incrociando le braccia al petto – Cosa mi garantisce che posso fidarmi di te?»
Una cosa che ho imparato, frequentando Charlie, è che non devi assolutamente fidarti di lei. In nessun caso.
«Puoi chiedere alle mie amiche. Ti diranno tutte che ci sono stata male.»
«Non so se crederti o no, ma... ti perdono, se può farti stare meglio.»
Charlie sorrise. «Grazie. E... ti conviene stare attento a Ryan. Io potrò anche aver mollato, ma lui vuole ancora vincere. E credimi, non si fermerà.»
Le sue parole mi fecero rabbrividire. «In che senso?»
Charlie alzò gli occhi al cielo. «Nel senso che sta ancora cercando un modo per umiliarti e distruggerti la vita, stupido! Tieni gli occhi aperti, perché potrebbe colpire da un momento all’altro.» detto questo, mi baciò la guancia e se ne andò.

 

*
 

Buonaseeeeeeeeeera!
Questa settimana sono in anticipo, hell yeah.
Anche perché volevo ringraziarvi per aver raggiunto le 106 preferite! Stavo per piangere quando le ho viste, mi sono messa a saltare come una pazza e mia sorella mi guardava come se fossi scema (?).
Va beh, sarò veloce perché vado di fretta.
Non so voi, ma io trovo Cate e Justin carinissimi insieme *w* putroppo la storia sta per finire... eh sì, ragazze, la storia sta per giungere al termine. Mancano solo tre capitoli...
Ok, ora vi lascio lol
A pressssto.
Ps: ho postato una nuova storia, mi farebbe piacere se passaste: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1974471&i=1 :3

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Capitolo 28
*** XXVIII ***



«Come sta tua madre?» mi chiese Cate, stando attenta a non alzare la voce dato che eravamo in biblioteca.
«Ieri ha vomitato tutto il giorno – risposi, mordendomi il labbro inferiore – Credo... credo che sia incinta.»
Cate mi fissò, accigliata. «Non puoi dirlo.»
«Ha la nausea ogni mattina, mia madre non ha mai sofferto di nausea – spiegai – E per di più è iperagitata, alle tre di notte ci sveglia tutti perché vuole qualcosa da mangiare e... stamattina ho trovato la confezione di un test di gravidanza nel cestino dei rifiuti. Più ovvio di così si muore.»
«Che ne sai, magari è uscito negativo.»
«Non lo è di sicuro – borbottai – Però... la cosa positiva è che avrò un altro fratello o sorella. Mi piacciono i bambini.»
Cate sorrise. «Voglio conoscere i tuoi fratellini.»
«Quando papà verrà a Boston potrai conoscerli.»
Abbassai lo sguardo sul mio libro di storia, notando un volantino sotto di esso. Lo afferrai: era un volantino riguardante il ballo d’inverno. Avevo pensato di invitare Cate, senza però trovare il coraggio necessario per chiederglielo. Dovevo farlo prima che fosse stato troppo tardi... i biglietti del ballo d’inverno andavano a ruba e quelli dell’ultimo minuto costavano sempre il doppio.
«Ehm... Cate?»
Cate alzò lo sguardo, posandolo sul mio. «Dimmi.»
«Ehm... venerdì c’è il ballo d’inverno e... mi chiedevo se ti andava di venirci con me.»
«Mi stai invitando al ballo d’inverno?» mi chiese, sorridendo a trentadue denti.
«Beh... più o meno... sì, ti sto invitando al ballo.»
«Aspettavo solo che me lo chiedessi, lo sai?» disse, mentre le sue guance si coloravano di rosa.
Adoravo quando Cate arrossiva. Era così tenera.
«Sei bellissima.»
«Oh, smettila! Mi farai morire di imbarazzo – esclamò, ridendo. Guardò per un secondo l’ora sul suo cellulare – Devo andare... Macie ha la prima ecografia, ho promesso di esserci.»
Prima di andarsene si sedette sulle mie gambe. Presi a baciarla lentamente, assaporando le sue labbra che quel giorno avevano uno strano sapore di caffè.
«Vuoi davvero lasciarmi da solo con i problemi di geometria?» le chiesi dispiaciuto.
Cate mi accarezzò la nuca. «Saprai cavartela.»
«Io ne dubito.»
Cate rise, prima di stamparmi un ultimo bacio sulle labbra. «Ci vediamo domani?»
«Chiamami appena torni dalla visita.»
«Va bene.»
La guardai allontanarsi, prima di voltarmi verso i miei compiti di geometria. Afferrai la penna, cominciando a copiare i dati del problema.
«Ma quanto siete carini? Siete troppo, troppo dolci.»
Sgranai gli occhi, appena sentii quella voce accanto a me. «Ryan.» dissi, appena alzai lo sguardo.
Ryan era seduto nel posto precedentemente occupato da Cate, teneva una matita fra le mani. «Affermativo.»
«Che vuoi?»
«Oh, niente... volevo solo parlare con te.»
Aggrottai le sopracciglia. «Di cosa vorresti parlare con me?»
«Io alzo bandiera bianca. Mi arrendo. Hai vinto tu, Bieber.»
Per quanto aspettassi di sentire quelle parole, c’era qualcosa che mi diceva di non fidarmi di lui. Decisi di dar retta a quel qualcosa.
«Mh, prima Charlie poi te. qualcosa mi dice che mentite.»
Ryan sbuffò. «Non puoi credermi e basta?!»
«No, tu mi odi! Non ho mai neanche capito il perché, a dire il vero.»
Ryan fece un sorriso beffardo. «Davvero non lo sai? – scossi la testa – Ricordi Caitlin, giusto?»
«Caitlin... ma certo, Caitlin Beadles.»
«Esatto, Caitlin Beadles. Ergo quella che aveva una cotta per te. ma tu eri talmente stupido da non accorgertene...»
Quasi non mi strozzai con la mia saliva. Era impossibile che Caitlin Beadles, una delle ragazze più belle e desiderate della nostra scuola, avesse una cotta per me, lo sfigato straccione dell’Avon Theatre.
«Mi prendi per il culo?»
Ryan scosse la testa. «Vorrei, credimi. E comunque, lei aveva occhi solo per te. Mi domando come abbia fatto a non accorgertene... bah, oltre che sfigato sei anche un po’ tardo.»
«Smettila di insultarmi e spiegami come l’interesse di Caitlin nei miei confronti può giustificare tutto quest’odio che provi per me.»
«Ma allora sei proprio scemo – sbuffò, di nuovo – Ero innamorato di lei, idiota che non sei altro! E lei voleva solo te, lo sfigato straccione senza un soldo. Tu non avevi niente, eppure lei ti preferiva a chiunque... compreso me.»
«Questo non vuol dire che tu debba odiarmi! All’epoca eravamo tutti innamorati di Caitlin. Dovevano odiarmi tutti?»
Ryan si alzò. «Basta, questa conversazione mi ha rotto. Se vuoi credermi bene, altrimenti fa come cazzo vuoi tu.»
 
Durante tutta quella settimana fui tormentato dal sospetto che Ryan mi avesse mentito. Non credevo neanche un po’ a quella storia di Caitlin Beadles, e anche se fosse vera, questo non giustificherebbe di certo il fatto che lui mi odia. Tutto mi diceva che stava tramando contro di me. Non sapevo in che modo, ma sapevo che aveva qualcosa in serbo per me. Non pensavo che Charlie fosse coinvolta in quella situazione, dalle sue parole mi era sembrata abbastanza convincente. Il punto è che con Charlie Anderson non puoi mai fidarti.
«Justin, vuoi dirmi perché fissi Ryan in continuazione?» mi chiese Cole, piazzandosi davanti a me.
«E levati, stronzo! Devo tenerlo d’occhio.»
«Perché?»
«Ho paura che stia tramando qualcosa. Te l’ho detto che lunedì è venuto da me dicendo di voler dichiarare bandiera bianca, no? – Cole annuì – Beh, io non ci credo neanche un po’.»
Cole scosse la testa. «Qualsiasi cosa possa tramare, non penso che fissandolo per tutta la serata lo capirai.»
«Sto solo cercando di impedire che si avvicini a Cate. Charlie mi ha dato l’impressione di sapere di più sul... motivo che mi ha spinto ad avvicinarmi a lei.»
«Ma scusa, Charlie non ti ha chiesto scusa?»
«Potrebbe averglielo detto prima di redimersi.»
«Tu sei paranoico – disse Cole, prima di allontanarsi – Dì a Macie che mi trova con Ray e Jenni.»
Continuai a seguire Ryan con lo sguardo, notando che era fin troppo sorridente. Era successo qualcosa, questo era più che sicuro. Non poteva aver detto niente a Cate, non l’avevo persa di vista neanche per un secondo ed ora era in bagno con Macie. Eppure, quando la vidi entrare in palestra, mi sembrava più furiosa che mai. Sperai con tutto me stesso che avesse litigato con Ben o Macie, mentre si avvicinava a me.
«Io e te dobbiamo parlare.» disse fredda, afferrandomi per un polso. Mi trascinò fuori alla palestra, posizionandosi avanti a me. Estrasse il suo cellulare dalla borsa, porgendomelo.
«Leggi il messaggio.» disse, con tono monocorde.
«Mi spieghi cos’è successo?»
«Leggi il messaggio!»
Aprii la sezione dei messaggi ricevuti; l’ultimo era di un numero sconosciuto.
 
-Sapevi che il tuo grande amore Justin ti ha usata solo per vincere una scommessa? ;)
 
Fissai Cate, deglutendo.
«Allora, è vero? Sei stato con me solo per vincere una fottuta scommessa?»
Decisi che, ormai, non potevo più mentirle. Dovevo solo sperare che il suo amore nei miei confronti fosse abbastanza forte da passarci sopra.
«Inizialmente, sì... avevo scommesso con Cole che sarei riuscito a portarti a letto prima di innamorarmi di te. Ma sai una cosa? Ho perso la scommessa.»
Cate si avvicinò a me, impresse le cinque dita della sua mano sulla mia guancia. «Mi fai schifo.»
La raggiunsi prima che potesse uscire dalla scuola. «Cate! Non hai sentito la restante parte della frase? Mi sono innamorato di te! Tutto quello che ho detto, tutto ciò che ho fatto l’ho fatto perché sono innamorato di te. Io... io ti amo, Cate.»
L
’avevo detto. Finalmente avevo detto a Cate che l’amavo. Ma gliel’avevo detto troppo tardi, non avrebbe di certo sistemato le cose.
Cate si voltò, ormai era in lacrime. «Io mi sono fidata di te. Mi sono fidata a tal punto da fare l’amore con te. Amore, poi... sapevo che per te ero solo una delle tante scopate. Dovevo aspettarmelo, da uno come te. Tu non sarai mai in grado di amare! Mai! Tu ami solo te stesso.»
Scrollò la mia mano dal suo polso, prima di allontanarsi. Restai a fissarla finchè non sparì, con le lacrime che rigavano il mio volto e il mio cuore che lentamente si stava spezzando. Sapevo chi c’era dietro tutto questo...
Sentii delle mani battere dietro di me. «Davvero un bello spettacolo. Peccato che non l’abbia filmato.»
Mi voltai verso Ryan, stringendo i pugni. «Come hai potuto rovinare l’unica cosa bella della mia vita?» gli chiesi, con la voce incrinata.
«Ehi, è bello rovinarti la vita. Lo è sempre stato.»
A quel punto, non ci vedevo più dalla rabbia. Mi scagliai contro Ryan, tirandogli un pugno nello stomaco che lo fece cadere a terra. Il ragazzo si alzò subito, colpendomi alla mascella. Mandai pugni alla cieca, finchè non sentii qualcuno allontanarmi da lui. Sapevo che era Ray.
«No, lasciami andare! – sbottai, cercando di divincolarmi dalla sua presa – Io lo uccido!»
«Non ci riusciresti.» ridacchiò Ryan, facendomi ribollire il sangue nelle vene. Se l’avessi avuto sotto mano, in questo momento, l’avrei ucciso per davvero. Era quello che si meritava, per avermi rovinato la vita.
«Di nuovo voi due? – chiese il preside Chalmers all’improvviso – Chi è stato a cominciare, stavolta?»
«Sono stato io, preside Chalmers – dissi, abbassando lo sguardo – Ho tirato io il primo pugno.»
«Allora, farà meglio a venire con me. Venga anche lei, signor Butler.»
Mi liberai dalla presa di Ray con uno strattone e seguii il preside nel suo ufficio, pronto ad accettare le conseguenze.
Tanto, la mia vita era finita.

 

*
 

Hey girls.
Comincio con il dire che questo capitolo è stato una sofferenza. Non perché non lo sapessi scrivere, ma per cosa contiene: un po' perché era fin troppo prevedibile, un po' perché non volevo che Cate e Justin si lasciassero. Ma ormai avevo deciso così, quindi... Scommetto che voi ve lo aspettavate uwu
Ora mancano solo due capitoli. Nel prossimo... credo che cate e Justin avranno una bella chiacchierata. Credo.
Beh, ora vi lascio perché non so più cosa scrivere ahaha
a pressssto.

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Capitolo 29
*** XXIX ***



And you’ll add my name to your long list of traitors
Who don’t understand
And I’ll look back and regret
How I ignored when they said “run as fast as you can”

 

Entrai in casa correndo per evitare le domande di mia madre; chiusi la porta a chiave e mi buttai a peso morto sul letto, soffocando un urlo. Scoppiare a piangere fu inevitabile. Sentivo il cuore pesante, come un macigno nel mio petto. Più cercavo di dimenticare Justin, più la mia testa mi imponeva la sua immagine, senza via di scampo. La sua voce che mi urlava ‘ti amo’ risuonava come un eco nella mia testa, impedendomi quasi di respirare.
Non potevo credere a quello che mi aveva fatto. Avvicinarsi a me solo per vincere una scommessa... Con tutte le cose che credevo potesse fare, questa le superava tutte. Non pensavo potesse essere così meschino... Eppure me l’avevano detto. Me l’avevano detto che avrei sofferto, e io non li ho ascoltati. Come ho potuto pensare anche solo per un secondo che fosse cambiato? Che tutto ciò che mi aveva detto era reale? Che stupida. Sono una stupida.
Sentii bussare alla porta. «Non voglio vedere nessuno.» annunciai, singhiozzando.
«Cate è un’emergenza.» disse Macie, cercando di aprire la porta.
«Ho detto che non voglio vedere nessuno!»
«Hanno portato Justin in ospedale. Ryan l’ha... picchiato a sangue.»
Mi alzai di scatto, aprii la porta a Macie. Era insieme a Cole. Non potei evitare di storcere il labbro alla sua vista.
«Che cazzo vuol dire che Ryan l’ha picchiato a sangue?»
«È successo dopo che te ne sei andata. Ryan e Justin si sono presi a pugni, il preside li ha portati in presidenza. Quando sono usciti da lì Ryan ha attaccato Justin. Se non l’avessimo fermato... credo che l’avrebbe ucciso.» disse Cole, torturandosi le mani.
«Come sta?»
«È privo di sensi, ha perso molto sangue. Almeno, è ciò che sono riuscito a capire.»
 
Dopo mezz’ora eravamo tutti in ospedale. La situazione era questa: Justin aveva parecchie contusioni, un labbro spaccato e un braccio rotto. Ryan è stato interrogato dalla polizia per tentato omicidio; mi chiedo quale scusa si sarà inventato.
«È tutta colpa sua – sibilai, indicandolo con un cenno del capo – Quel bastardo. Cosa avrà detto ai poliziotti? Che l’ha picchiato perché gli piace farlo?»
Macie mi strinse la mano. «Non agitarti.»
«Sì che mi agito, Macie. Hai sentito Cole, no? Se non l’avessero fermato Ryan l’avrebbe ucciso. E altro che ospedale, l’avrebbero portato direttamente all’obitorio.»
Un infermiere uscì dalla stanza di Justin, ci fissò. «Il ragazzo s’è svegliato – disse, con voce sollevata – Chi vuole essere il primo a vederlo?»
Pattie mi guardò. «Vai tu, tesoro.»
«Ma tu sei...»
Mi interruppe. «Justin vorrebbe vedere te per prima, lo so.»
Annuii debolmente e mi alzai, entrando nella stanza. Justin mi guardava intensamente, mi sorrise. Il suo sorriso svanì appena capì che non l’avrei ricambiato.
«Questo non cambia niente – premisi, sedendomi accanto a lui – Sono venuta a trovarti perché mi preoccupavo.»
«Beh, ti preoccupi per me, è già un buon inizio.» disse, con voce stanca.
Strinsi la sua mano. «Perché tu e Ryan vi siete picchiati?»
«La prima volta perché è stato lui a mandarti il messaggio... la seconda volta gliel’ho chiesto io.»
Sgranai gli occhi. «Cosa?»
Justin alzò la testa verso il soffitto. «Tu mi hai lasciato, probabilmente ora mi odi... e quello che ho combinato porterà sicuramente alla mia espulsione da scuola e dalla squadra. Niente donna, niente college, niente futuro. Dimmi, cosa ne resta della mia vita? È finita.»
«Ti sei fatto pestare a morte da Ryan mettendo a rischio non solo la tua vita ma anche la sua -­ perché quello che ha fatto è tentato omicidio, non lo sai? -­ solo perché io ti ho lasciato? Ma sei pazzo o cosa?!»
«Come al solito non mi ascolti. La mia vita è finita, Cate. Non ho più niente. Niente! Morire sarebbe l’unica soluzione.»
«Non lo è! Come credi che starebbero i tuoi? E Gil? E Cole e Ray?»
«Gli passerebbe.»
«No, Justin, non gli passerebbe per niente. Sono i tuoi genitori, i tuoi migliori amici... credo che anche a me mancheresti, per quanto... tu mi abbia fatto male.»
Abbassai lo sguardo sulle mie mani; all’improvviso le mani di Justin si sovrapposero alle mie. «Non volevo che lo sapessi...»
Tutta la compassione che al momento provavo per lui fu spazzata via da quella frase.
«Certo, così avresti potuto scoparmi per ancora qualche mese per poi ridere alle mie spalle con i tuoi amici?»
Justin impallidì. «Credi che io non ti abbia mai amato? Che dicevo tutte quelle cose per vincere la scommessa? – si morse il labbro inferiore, mentre le lacrime scendevano dai suoi occhi – Io non ho mai finto con te. Mai. Quando stavo con te ero me stesso e stavo bene, più di quanto lo sia mai stato in vita mia! Perché non vuoi capirlo?»
«Perché ti sei dimostrato proprio quello che pensavo io. Un fottuto egoista. Vorrei non essermi mai innamorata di te...» sibilai, prima di uscire dalla stanza.
I presenti mi guardarono in tono interrogativo.
«Parlateci voi con lui – sbottai, dirigendomi verso l’uscita – È pazzo.»
Camminai verso il corridoio, piangendo silenziosamente. Non potevo credere che potesse attentare alla sua vita per motivi così futili. Voleva scappare invece di affrontare i problemi, come fanno di solito i ragazzi come lui. Ma cosa potevo sperare di trovare? La pentola d’oro in fondo all’arcobaleno? Che illusa. Justin è sempre stato una persona a cui importa solo di sé stesso e lo sarà sempre. Non cambierebbe neanche sotto tortura.
Mentre camminavo, con la vista appannata dalle lacrime, quasi non vidi il carrello che un’infermiera stava trascinando. Mi sarei scontrata con lei, se non fosse stato per un ragazzo che mi portò fuori dalla sua traiettoria.
«Sta attenta, la prossima volta potrei non esserci.» rise, facendomi un occhiolino.
mi soffermai a guardarlo, notando che era davvero bello: occhi e capelli color cioccolato, altezza nella norma e fisico asciutto. Davvero un bel ragazzo.
«Grazie.» dissi, ravviandomi i capelli con la mano destra.
«Di niente – mi sorrise, porgendomi una mano – Io mi chiamo Marco.»
Strinsi la sua mano, trovando la sua pelle calda. «Piacere di conoscerti, mi chiamo Cate.»

*
 

Hola.
Mi scuso per il ritardo, ma ieri non ho potuto proprio accendere il pc :c
Bueno, ora parliamo del capitolo. Per favore, ditemi che non vi sareste aspettate che Justin facesse una cosa simile, per favore ç_ç
Cate si è preoccupata, ovviamente, ma tutta la sua preoccupazione è andata a farsi fottere quando hanno tirato fuori il discorso della scommessa. E mentre se ne andava, ha incontrato questo Marco
- vi sembra strano che io aggiunga un personaggio quasi alla fine della storia, ma avevo in mente un personaggio del genere da quando ho iniziato a scrivere la ff, e ce lo volevo mettere. lol
Comunque, contrariamente a quanto pensavo, sono riuscita ad aggiungere un altro capitolo. Quindi, la storia finirà al capitolo 31 :3
Beh, ora vi lascio. A presssto :3
Ps: avete saputo di Cory Monteith? Io ci sono rimasta malissimo. Era uno dei miei attori preferiti, e Finn uno dei miei personaggi preferiti di Glee. Mi sento come se avessi perso un amico...

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Capitolo 30
*** XXX ***



Stavo riordinando i miei vestiti quando il mio cellulare squillò. Mi allungai pigramente per raggiungere il comodino, storcendo il labbro quando lessi il nome Cole lampeggiare sul display. Erano tipo sette mesi che non parlavo con quel bastardo. Era tutta colpa sua se mi ero avvicinato a... io-so-chi perdendo completamente la testa. Solo ed esclusivamente colpa sue e della sua inquietante passione per le scommesse.
«Che vuoi?» chiesi subito, scontroso.
«E ciao anche a te, Bieber – disse, sarcastico – Che c’è, oltre a dimenticare la mia esistenza hai dimenticato anche le buone maniere?»
«Sono sette mesi che non ci sentiamo e l’ultima volta ci siamo parlati ero stato abbastanza chiaro sul fatto che non volevo mai più vedere la tua faccia di cazzo. Diciamo che la tua chiamata non era molto attesa.»
«Lasciamo stare il passato, ok? – tagliò corto – Sono nella merda, Justin.»
Il suo tono di voce mi sembrò abbastanza agitato. «Che ti succede?»
«Non riguarda me, riguarda Macie – pronunciò il nome della sua dolce metà con dolcezza, facendomi contorcere le budella – Le si sono rotte le acque, ora è in travaglio e io ho paura.»
«Ci pensavi due volte a metterla incinta, amico – dissi amaramente – Non credo di poterti aiutare.»
Stavo per staccare ma Cole mi chiamò con un tono di voce talmente urgente che dovetti ascoltare ciò che aveva da dire. «Senti, Justin, so che ho sbagliato a tirare fuori quella scommessa del cazzo, ma potresti per favore mettere da parte il passato e aiutarmi? Sette mesi fa l’avresti fatto.»
Mi soffermai a pensare alle sue parole, sapendo che aveva ragione. Sette mesi fa non avrei esitato a mandare tutto a puttane per aiutare il mio migliore amico. Sto davvero buttando al vento un’amicizia secolare per colpa di una ragazza?
«Sarò da te il prima possibile.» dissi, prima di staccare.
 
Arrivai all’ospedale dopo mezz’ora di traffico; raggiunsi la stanza di Macie, che si trovava al quinto piano di quell’edificio. Una smorfia comparve sul mio volto, quando passai il terzo piano, dove si trovava la stanza in cui ero rimasto per una settimana dopo il mio folle tentativo di suicidio. Bah, mi domando cosa mi passava per la testa in quel momento.
Cole era fuori alla stanza, camminava avanti e indietro e si teneva le mani tra i capelli.
«Smettila di agitarti, non ti fa bene.» dissi, attirando l’attenzione su di me.
Cole alzò la testa, corse ad abbracciarmi. «Sono felice che tu sia qui.»
«Figurati! Sono cose che gli amici fanno.»
Ci sedemmo, parlando principalmente del travaglio di Macie. Cole non s’era mai perdonato la sua distrazione, avendo portato Macie a separarsi dai suoi genitori che, da quanto avevo capito, non erano lì neanche quel giorno. Si sentiva come se avesse portato solo sofferenze nella sua vita, e ora aveva paura di quello che gli aspettava. Io non potevo capirlo, non essendo - fortunatamente - nella sua situazione. Sapevo, però, come ci si sentiva ad essere spaventati riguardo al futuro.
«Sta tranquillo – lo rassicurai – Sarai un padre fantastico e vostro figlio avrà tutto ciò di cui ha bisogno.»
«E se non riuscissi a dargli ciò che gli serve? Che ne so io di bambini, dopotutto?»
«Imparerai sul campo. Credi che i nostri genitori sapessero cosa li aspettava?»
Cole scosse la testa; stava per parlare ma fu interrotto dalla porta che si apriva lentamente. Si voltò.
«Macie ti vuole vicino.»
Sgranai gli occhi, appena sentii quella voce. La voce dell’angelo che mi aveva rubato il cuore e che non me l’aveva più restituito. La voce della mia piccola Cate.
Alzai lo sguardo, fissandolo nei suoi occhi. Notai che lei era altrettanto sorpresa di vedermi.
«Cate, ciao.» la salutai, con un’inaspettata dolcezza nel mio tono di voce.
«C-ciao, Justin.» balbettò lei, distogliendo lo sguardo.
«Va bene... vado da Macie – disse Cole, alzandosi – Ehm... lasciamo stare.» concluse, entrando nella stanza.
Restammo in silenzio per una buona manciata di minuti; io osservavo il suo corpo perfetto, lei cercava di non guardarmi. Mi soffermai sul suo viso, notando che non era cambiato per niente dall’ultima volta che l’avevo osservata più a lungo. Mi era capitato di incrociarla spesso, dopo la nostra rottura. Era praticamente inevitabile, dato che avevamo il corso di matematica e quello di biologia insieme. Vederla mi faceva sempre un male cane; quel giorno il mio dolore sembrò intensificarsi. Tutto mi riportò con la mente a quel venerdì sera di gennaio, a quel bastardo di Ryan che mi rovinava la vita in ogni modo possibile e allo sguardo di Cate pieno di odio nei miei confronti, mentre mi urlava che non sarei mai stato capace di amare. Oh, se solo potesse sapere quanto ho pensato a lei in questi mesi... penso che si ricrederebbe.
«Non mi aspettavo di vederti qui – iniziò Cate, torturandosi le dita – Cole mi ha detto che ormai non vi parlate più...»
Mi alzai, avvicinandomi a lei. «Sono qui per il mio migliore amico come tu sei qui per la tua migliore amica.» dissi, facendo spallucce.
Cate rise. «Mi sembra ovvio – si passò una mano fra i capelli – Come te la passi? L’ultima volta che ti ho visto eri...»
«Un derelitto? – chiesi, facendo spallucce – Non mi offendo se dici che sembravo un cretino.»
«Non sembravi un cretino... almeno, non troppo.»
Ridacchiai, scuotendo la testa. «Comunque va alla grande. Un osservatore dei Miami Heat mi ha notato e... vuole che faccia un tentativo nella squadra.»
Il volto di Cate si illuminò. «Davvero?»
Annuii, sorridendo a trentadue denti. Cate mi sorprese, quando si aggrappò al mio collo in quello che sembrava un abbraccio. La strinsi a me, assaporando quel momento mentre il mio cuore batteva fortissimo nella cassa toracica, come non faceva più da tempo. Non ero sicuro di averlo neanche più, un cuore...
Cate si staccò da me, arrossendo. «Sono contenta per te, Justin.»
«Grazie, amor- Cate – mi corressi, mordicchiandomi un labbro – E a te com’è andata?»
«Oh, mi sono diplomata con il massimo dei voti e... sono stata ammessa a Yale.» sorrise, visibilmente contenta.
«Sapevo che ce l’avresti fatta, secchiona – la presi in giro, pizzicandole una guancia – E comunque... devo ringraziarti.»
«Per cosa?»
«Per aver convinto Ben a farmi restare in squadra, dopo... beh, tutto quel casino.»
Cate fece spallucce. «Gli ho solo fatto capire che quello che succedeva fra me e te non doveva interferire con la squadra.»
«Beh, per qualsiasi cosa tu l’abbia fatto, grazie. Non sarei stato notato da nessun osservatore, senza di te.»
«Figurati. Oh, e... già che ci siamo, anch’io dovrei ringraziarti.»
La fissai, stupito. «Per cosa?»
«Per... avermi aiutata a dimenticare. Certo, mi hai fatto soffrire e non poco, ma... grazie a te la ferita che mi ha lasciato John fa meno male. Mi hai aiutata molto, Justin. Quindi... grazie.»
In quel momento desiderai di baciarla. Sbatterla al muro e baciarla finchè non mi si fossero consumate le labbra. Baciarla finchè non mi fosse mancata l’aria. Baciarla fino a farla desiderare di più...
«Justin... perché ti sei avvicinato così tanto?»
Mi accorsi di essere a pochi millimetri dalle sue labbra. Mi allontanai con rammarico, fissandola imbarazzato. «Scusa, la forza dell’abitudine.»
Cate ridacchiò. «Sempre il solito dongiovanni, eh?»
Mi morsi il labbro inferiore. «In verità... sono mesi che non esco con una ragazza.» fui costretto ad ammettere, sentendomi un po’ stupido.
«Non ci credo – esclamò Cate, a bocca aperta – Stai scherzando, vero?»
«No! Non sono più un puttaniere, Cate. In quanto a te... ti vedi con qualcuno?» le chiesi, timoroso di scoprire la risposta.
«Oh... beh, io...»
Un ragazzo la prese fra le sue braccia improvvisamente, stampandole un bacio sulla testa. Indietreggiai, mentre sentivo i frammenti del mio cuore tornare a spezzarsi.
Mi aveva dimenticato. Cate mi aveva dimenticato e io ero lì, come un totale coglione, a sperare che il suo cuore non avesse dimenticato ciò che aveva provato per me, cosa che aveva fatto.
«Marco, lui è Justin. Justin, lui è Marco... il mio ragazzo.» disse Cate, imbarazzata.
Marco mi sorrise, prima di porgermi la mano. Gliela strinsi, sentendomi ancora più cretino.
«Ehm... io dovrei andare a casa. Mamma ha bisogno di una mano... è incinta, sai com’è.» dissi, cercando di tirarmi fuori da quella dolorosa ed imbarazzante situazione.
«Vuoi lasciare Cole da solo?» mi chiese lei, ridendo.
«Se la caverà benissimo. Digli che mi dispiace e che lo chiamerò domani mattina e che... passerò il prima possibile a trovare lui, Macie e il bambino ok?»
«Ok...»
«Fantastico. Ci si vede in giro, Cate. È stato un piacere... Marco.»
Appena lasciai l’ospedale, le lacrime rigarono senza sosta il mio volto; mi sembrò di crollare e mi sentii senza forze. Non potevo credere che Cate mi avesse rimpiazzato. E che io mi stessi piangendo addosso come un coglione.
Vorrei non aver mai cercato di rimorchiarla a quella festa. Vorrei non averla mai cercata per scusarmi di averle rovinato il vestito. Vorrei non aver mai accettato quella dannata scommessa. Vorrei non averla mai baciata. Vorrei non aver mai fatto l’amore con lei.
Vorrei non essermi mai innamorato di lei.


*
 

Hellooo.
Mi scuso per aver postato in ritardo, ma ieri sono stata da mio cugino e sono tornata giusto ora.
Come potete notare, è passato un po' di tempo da quando Cate e Justin si sono parlati l'ultima volta... e credo che di tempo ne passerà ancora, prima che si riincontrino. Ora non voglio anticiparvi niente, però u.u
Avreste mai pensato che Cate sarebbe andata avanti e Justin no? Ditemi di no, per favore çwç
Va bueno, ora vi lascio perché ho bisogno di una doccia.
A pressssssto :3
Ps: il prossimo capitolo è l'ultimo. T.T

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Capitolo 31
*** XXXI - ultimo capitolo ***



And after all this time
I’m still into you
 

Cinque anni dopo

 
“La star dei Miami Heat Justin Bieber e la cantante Selena Gomez si sono lasciati. A confermare la rottura è la stessa Gomez, che dichiara che si sono lasciati ‘di comune accordo’. A quanto pare, la relazione era diventata insostenibile a causa dei continui impegni di entrambi”
 
Macie chiuse il giornale che stavo leggendo, guardandomi male. «Smettila di autolesionarti guardando foto di quei due che pomiciano.»
«Ma io non sto guardando foto di Justin e Selena Gomez... stavo leggendo un articolo che parlava della loro rottura.»
Macie sgranò gli occhi. «No – disse, afferrando il giornale. Lesse l’articolo ad alta voce – Addirittura confermato da entrambi. Questa è una notizia grossa.»
«Lo so.»
«Mh... quindi adesso siete entrambi single.»
«Cosa cambia? Justin vive a Miami ora. E avrà sicuramente così tante ragazze attorno che non si ricorderà neanche di me...»
Erano passati cinque anni dall’ultima volta che avevo visto Justin. Ormai ero abituata a guardarlo nelle foto delle riviste e durante le partite che mi costringevo a guardare. Era cambiato così tanto... e aveva avuto anche parecchie ragazze. Ultima della lista: Selena Gomez. Una cosa che non era cambiata affatto era il suo fascino che ti intrappolava. Quel dannato fascino a cui non avevo resistito cinque anni prima...
«Buongiorno, bellissime.»
Ci voltammo, trovando Cole sulla soglia. Sorrideva stancamente, con la solita massa disordinata di riccioli in testa.
«Dov’è Elise?» chiese Macie, preoccupata.
«L’ho lasciata da mia madre, voleva stare un po’ con lei.»
«Non posso affidartela due minuti che subito la lasci da tua madre.»
Cole fece uno sguardo malizioso. «Così possiamo passare del tempo da soli... soli soletti.»
Macie si alzò. «Avresti potuto avvisarmi dei tuoi piani, stupido.»
«Ehm... io credo che andrò a casa.»
Cole si illuminò. «Ci vediamo domani, Cate.» disse frettoloso, prima di spingermi fuori dalla cucina.
«Capisco che sei in astinenza, ma diamine, un po’ di educazione!» esclamai, senza riuscire a trattenere una risata.
Cole fece capolino dalla porta. «Scusa, Cate. Lo sai che ti adoro ma... è da tanto che io e Macie non passiamo un po’ di tempo insieme.»
«Sta tranquillo, non me la sono presa – gli baciai la guancia – Divertitevi. E... state attenti.»
«Tanto io non gliela do. È quello che si merita per non avermi avvisato!» sbottò Macie, a voce alta.
Cole si voltò. «Andiamo, amore, non fare la difficile!»
Risi, prima di uscire da casa loro. Salii in auto, arrivando a casa dopo mezz’ora di traffico. Fui sorpresa di trovare una Ferrari bianca parcheggiata nel vialetto. Chi poteva avere una Ferrari bianca?
Entrai in casa, trovando Ben in salotto. Stava parlando con... Oddio. Stava parlando con Justin.
Ben si interruppe un attimo, mi sorrise. «Guarda chi è venuto a trovarci.»
Ben, nonostante ce l’avesse un po’ con Justin, era molto orgoglioso di lui per i progressi che aveva fatto. Lo considerava il ragazzo più in gamba che aveva mai allenato, e in un certo senso era così.
«Ciao, Cate.» mi salutò Justin, mordendosi un labbro.
Dannazione. Era così sexy...
«C-ciao – lo salutai, balbettante – Come mai sei qui?»
Justin fece spallucce. «Vacanze estive. Ho deciso di venire a trovare Ben e... te.» la sua voce si addolcì.
Il mio cuore sembrò battere più forte quando mi guardò con il suo solito sguardo intrappolatore. «Beh... mi fa piacere.»
«Uh... vi lascio soli.» disse Ben, scomparendo.
Oh no. E adesso?
«Come va con il college?» mi chiese, sedendosi sullo schienale del divano. Mi fece cenno di avvicinarmi a lui.
«Normale – risposi, dondolandomi sui talloni – E a te come va?»
«Bene.» sorrise.
Non mi sembrava neanche un po’ giù per la rottura con Selena.
«Ho saputo di...»
«Me e Selena? Oh, non ci amavamo più da tempo. A dire il vero... io non l’ho mai amata.»
Decisi di sedermi accanto a lui, per quanto lo trovassi rischioso. «E sei stato con lei perché...»
«Per dimenticare una ragazza che mi ha spezzato il cuore tempo fa.» confessò, distogliendo lo sguardo.
«Guarda che sei stato tu a spezzarmi il cuore. Io ho solo cercato di riprendermi.»
«Lo so, lo so – sospirò, rammaricato – Mi dispiace averti ferita in quel modo. Non lo meritavi.»
«Peccato che l’hai capito solo ora.»
Justin mi costrinse a fissare il mio sguardo nel suo. «L’ho capito molto tempo fa, a dire il vero.» disse con un filo di voce, avvicinando le sue labbra alle mie. Prima che potesse baciarmi, gli squillò il telefono. Sospirai di sollievo, mentre prendeva il suo iPhone dalla tasca. Fissò il messaggio, sospirando.
«Chi è?» azzardai a chiedere.
«Ray, vuole vedermi – sospirò, alzandosi – Ci vediamo in giro?»
«Ci vediamo in giro.»
Mi baciò la guancia e se ne andò. Lo guardai allontanarsi, sentendo il mio cuore battere fortissimo.
 
Il giorno dopo, ero di nuovo a casa di Macie. C’era la festa di compleanno di Elise, e volevo essere lì per dare una mano. Cole e Macie mi sembravano più rilassati del solito; merito di sicuro dell’assenza della figlia il giorno precedente.
«Elise ha già degli ammiratori, a quanto vedo.» notai, guardando la bambina dai capelli ricci giocare con due bambini che non le staccavano gli occhi di dosso.
«Ha preso tutto il fascino da suo padre.» si vantò Cole, sistemandosi il colletto della camicia.
Macie gli diede una leggera spinta. «Sta zitto.» disse ridendo, prima di baciarlo.
Decisi di allontanarmi, sapendo che la situazione sarebbe degenerata. Sentii bussare alla porta, andai ad aprire trovandomi avanti un bambino con gli occhi azzurri e i capelli castani, con la mano stretta in quella di... Justin.
«A quanto pare ci siamo rivisti piuttosto in fretta.» sorrise lui.
Mi grattai la guancia, in imbarazzo. «Come mai sei qui?»
«Ho accompagnato Jonah – indicò il bambino, che era appena entrato in casa correndo – Lui ed Elise sono compagni di scuola.»
«È davvero un bel bambino – dissi, sorridendo – Somiglia molto a tua madre.»
«Lo dicono tutti.»
Restammo avvolti in un imbarazzante silenzio finchè non raggiungemmo Cole e Macie.
«Wow, proprio come i vecchi tempi.» commentò il riccio, sistemandosi i capelli.
«Se togli che Mike si sta impiastricciando la faccia di trucchi per giocare alla principessa.» rise Macie, guardando suo fratello.
«Voi due dovete raccontarmi un po’ di cose. Sono rimasto indietro...» disse Justin, guardando i due.
«Uh... Cate, perché non gli racconti un po’ tu di cosa è successo in questi anni, mentre andate a prendere delle bibite?» propose Macie, sorridendo maliziosa.
«Perché noi?» chiesi, sgranando gli occhi.
«Perché io devo sorvegliare i bambini e Cole deve aprire la porta. Ti ricordo che Tom non è ancora arrivato.»
Trattenni uno sbuffo. «Ok. Vieni, Justin.»
Mi diressi nel corridoio silenzioso, seguita da Justin. Arrivammo al ripostiglio dove sapevo che Cole aveva le bibite; appena entrai, Justin si infilò dentro con me.
«Justin, non c’è bisogno che entri anche tu.» dissi, guardandomi intorno. Averlo a così pochi centimetri di distanza da me era così imbarazzante...
Justin mi spinse contro lo scaffale, facendo cadere la coca cola che avevo appena preso a terra. Cercai di divincolarmi dalla sua stretta, facendolo ridere.
«Non puoi uscire – cantilenò – Ho chiuso a chiave.»
«Dammi la chiave immediatamente.» lo minacciai, tenendo le mani sul suo petto per tenerlo ad una distanza di sicurezza.
«Oh, prendila tu – mi sfidò, sussurrando nel mio orecchio – È nelle mie mutande.»
«Sei pazzo?» gli chiesi, totalmente sconvolta dalle sue azioni. Solo cinque minuti fa era così calmo, e ora...
Ma perché mi meraviglio? È Justin Bieber. Non puoi mai sapere cosa farà.
«Sì, piccola, sono pazzo. Sono pazzo di te.» mormorò, prima di poggiare le sue labbra sulle mie. Sgranai gli occhi, cercando di tenere le mie labbra serrate. In assenza di risposte da parte mia, Justin strinse il mio sedere, facendomi gemere. Ovviamente, approfittò della situazione per insinuare la sua lingua nella mia bocca. Il mio cuore batteva sempre più velocemente, e a quel punto decisi di lasciarmi andare. In fondo, era ciò che volevo anch’io.
Justin sorrise maliziosamente, mi afferrò per i glutei facendomi allacciare le gambe al suo bacino. Sentii le sue mani infilarsi nel mio vestito, toccando il mio sedere.
«Dannazione – mugolò – Le cose che ti farei...»
Ebbi un fremito alle sue parole; strinsi i suoi capelli fra le dita. Justin abbassò i miei slip, tirandoli verso il basso. Mentre mi baciava il collo, presi coraggio e gli abbassai i pantaloni e i boxer, gemendo quando sentii la parte inferiore di Justin premere contro la mia. Sentii il rumore metallico della chiave che cadeva per terra, spalancai la bocca realizzando che ciò che aveva detto Justin era la verità.
Un gemito lasciò le nostre bocche, quando Justin si spinse dentro di me. Mi aggrappai a lui, mentre continuava a farmi sua. Sentivo il piacere scorrere nelle mie vene ogni volta che le labbra di Justin baciavano la mia pelle rovente. Le sue labbra scesero a baciare ciò che la scollatura del mio vestito lasciava scoperto, mandandomi completamente in estasi. Infilai le mani nella sua maglietta, percependo i suoi addominali scolpiti con le mie dita. Justin mormorò in apprezzamento al mio tocco, causando una mia risata.
Andammo avanti così finchè il piacere non ci sopraffece. Justin poggiò la testa sul mio petto, respirando affannato; accarezzai i suoi capelli in attesa che il mio respiro si calmasse.
«Oh mio Dio – ansimò Justin, ridendo – Era da così tanto tempo che non facevo del sesso così... sconvolgente.»
«Non dirlo a me.» concordai, arrossendo.
Justin alzò il viso verso di me. «Sei così bella.» mugugnò, baciandomi. Il nostro contatto durò per qualche minuto, prima che mi staccassi.
«Credo che... dovremmo tornare di là.»
Justin annuì, rammaricato. Uscimmo dal ripostiglio, mi diressi in bagno. Mi pettinai i capelli, cercando di sistemarli.
«Non vorrai tornare di là senza queste.» disse Justin, porgendomi gli slip. Li presi imbarazzata, infilandoli goffamente mentre Justin mi osservava.
«Sei ancora così impacciata?» mi chiese, ridendo.
«Certe cose non cambiano mai.» dissi, ormai rossa come un peperone.
«Come il mio amore per te – mugugnò lui, con un filo di voce – Non è divertente che dopo tutto questo tempo io sia ancora innamorato di te?»
«Suppongo di no.»
Justin sorrise amaramente. «Infatti non lo è. Per niente. È uno schifo.»
Mi sedetti accanto a lui, sul bordo della vasca. «Cosa intendi con questo?»
«Che essere innamorati e non ricambiati è uno schifo. Ovviamente tu non puoi capirmi, mi hai dimenticato così in fretta...»
«Io non ti ho mai dimenticato, Justin – ammisi, arrossendo – Eri e sei tutt’ora il mio pensiero fisso.»
«Ma allora, quel Marco...»
Lo interruppi, poggiando le mie labbra sulle sue. Justin rimase sorpreso, prima di ricambiare il bacio. Le nostre lingue si accarezzarono con foga.
«Marco era una distrazione – confessai – Io... io amo solo te.»
Justin mi fissò, sorpreso. «Cos’hai detto?»
Arrossii, mentre un largo sorriso compariva sul mio volto. «Che ti amo, Justin. Io ti amo.»
Justin mi baciò nuovamente. «Speravo che me lo dicessi, piccola. E... ti amo anch’io.»
 
«Non mi dirai mai cosa avete fatto tu e quell’altro nel ripostiglio, vero?» mi chiese Macie, imbronciata.
Feci spallucce, sorseggiando la mia coca cola. «Non l’hai ancora capito?» le chiesi, facendo un occhiolino.
Macie sorrise a trentadue denti. «È successo quello che sto pensando io?»
«Non posso sapere a cosa stai pensando!»
«Uffa, allora lo dico senza giri di parole. Tu e Justin...»
Macie si bloccò repentinamente, proprio quando io sentii delle braccia muscolose circondarmi la vita.
«Jonah si è addormentato – annunciò Justin – Devo andare a casa. Vieni con me?»
Mi voltai, sorridendogli. «Mi farebbe piacere.»
Justin strinse la mia mano, salutò Macie con un abbraccio e si diresse fuori dalla cucina, prendendo Jonah in braccio.
«Ah, Cate – mi chiamò Macie – Spero che siate stati attenti!»
Arrossii, sgranando gli occhi. Sentii le risate fragorose di Justin e Cole.
Dopo aver salutato i due per la centesima volta, io e Justin ci dirigemmo fuori.
«Sei con l’auto?» mi chiese Justin, mentre adagiava Jonah nei sedili posteriori.
«No, sono venuta qui con Mike.»
Justin sorrise. «Perfetto.»
Salii nella sua auto, aspettando che mettesse in moto.
«Avresti mai detto che avrei avuto una Ferrari, un giorno?» mi chiese Justin, ridacchiando.
«In verità, sì. Ho sempre creduto in te, Justin.» dissi, poggiando la mia mano sulla sua.
Justin mi guardò brevemente, sorrise. «Ho passato gli ultimi cinque anni della mia vita a corrodermi dentro perché ti avevo persa. Pensavo che tu mi avessi dimenticata.»
«Sai che pensavo lo stesso anch’io? Ti vedevo su quei giornali con tutte quelle modelle, e... credevo che mi avessi dimenticato. E alla fine me ne sono convinta.»
«Sai cosa dovremmo fare?»
«Cosa?»
«Ricominciare daccapo. Cancellare il passato fingendo che tutto quel casino non sia mai successo.»
«Mi sembra una buona idea.» dissi, sorridendo.
Se lo era davvero, non ne avevo idea. Ma sapevo che, ora che avevo ritrovato Justin, non l’avrei lasciato andare più per nessun motivo al mondo. Non mi importava che lui vivesse a Miami, che fosse impegnato per buona parte dell’anno e che io studiassi, volevo che questa cosa funzionasse. Ed ero certa che sarebbe funzionata. Perché io e Justin ci amavamo, ormai era più che ovvio. E l’amore è sempre quello che vince, alla fine.
«Ti amo, mia piccola Cate.» sussurrò Justin, come per non farsi sentire.
Sorrisi, sentendo il mio cuore accelerare e il sangue colorare le mie guance. «Ti amo anch’io, Justin.»


 

Fine.

*
 

Comincio con scusarmi per il ritardo che ho avuto nel postare questo capitolo, ma sabato e domenica non ho potuto toccare il pc (e, a dire il vero, non volevo postare l'ultimo capitolo così presto).
Non posso credere di essere arrivata all'ultimo capitolo. Mi viene da piangere ç__ç
Vorrei ringraziarvi per le 96 recensioni, e anche perché questa è la mia prima storia che ha raggiunto più di cento preferite e seguite. Davvero, grazie. Ero convinta che questa storia non sarebbe piaciuta a nessuno, e invece...
Vi amo, davvero.
E ora non so più cosa scrivere, come sempre del resto ahaha
Spero che la storia vi sia piaciuta com'è piaciuta a me.
Baci, Teresa :3
Ps: qui sotto c'è il banner della mia nuova storia, mi piacerebbe se passaste :3


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