Una nuova possibilità

di Lui_LucyHP
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una storia diversa ***
Capitolo 3: *** Il destino di una spia ***
Capitolo 4: *** Incontri ***
Capitolo 5: *** Bravi ragazzi ***
Capitolo 6: *** Una lunga chiacchierata - parte 1 ***
Capitolo 7: *** Una lunga chiacchierata - parte 2 ***
Capitolo 8: *** La riunione ***
Capitolo 9: *** La Tana ***
Capitolo 10: *** Prime confessioni ***
Capitolo 11: *** L'anello di Gaunt ***
Capitolo 12: *** Harry James Potter ***
Capitolo 13: *** Prigionieri ***
Capitolo 14: *** Libertà ***
Capitolo 15: *** 31 Luglio 1998 ***
Capitolo 16: *** Ultimi preparativi ***
Capitolo 17: *** Il Piano di Silente ***
Capitolo 18: *** Di nuovo il trio ***
Capitolo 19: *** Mal di testa e piani B ***
Capitolo 20: *** Di nuovo mortale ***
Capitolo 21: *** Avada Kedavra ***
Capitolo 22: *** La fine di un incubo ***
Capitolo 23: *** La festa ***
Capitolo 24: *** Diagon Alley ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Harry si guardò intorno, ancora incredulo.
Poco lontano da lui, con gli occhi rossi spalancati a fissare il nulla, si trovava il corpo senza vita di Voldemort. La battaglia era stata lunga: per quasi un mese l'Ordine e i Mangiamorte avevano lottato all'interno dei confini di Hogwarts, ma alla fine il bene aveva vinto.
Il ragazzo non si sentiva proprio di essere felice, poiché con la mente continuava a ricordare tutte le vittime di quella inutile guerra. Troppe persone avevano perso la vita per garantire a lui di portare a termine il suo compito; molti suoi amici, purtroppo, non ce l'avevano fatta. Ron non era sopravvissuto al mese di prigionia a Villa Malfoy, Hermione era morta il terzo giorno di battaglia a Hogwarts dopo che, per la sesta volta, Harry aveva ignorato l'invito di Voldemort a consegnarsi. Non riuscì a trattenere le lacrime quando pensò a Ginny, la sua ragazza, che era morta solo poche ore prima, per mano di Bellatrix Lestrange.
Nel buio della notte che lo avvolgeva, non si preoccupò di nascondere le lacrime dato che non lo avrebbe visto nessuno.
All'interno del Castello distingueva dei lampi di luce, segno che i Mangiamorte e l'Ordine stavano ancora combattendo, ignari della morte di Voldemort.
A fatica si costrinse a camminare verso il Portone d'Ingresso, per annunciare la sconfitta del Mago che aveva rovinato la loro vita per molti anni. Superò molti cadaveri, alcuni visi erano familiari, ma si costrinse ad andare avanti. Dentro il castello c'era ancora qualcuno che combatteva, rischiando di morire per una Guerra che era appena finita; non poteva permettere che altri morissero a causa sua.
Aveva appena superato l'alto portone di quercia, quando un lampo verde passò proprio di fronte a lui e il corpo di Bellatrix Lestrange cadde con  un tonfo, a pochi passi da lui.
«Potter!» esclamò stupita la professoressa McGranitt quando lo vide. «Tutto bene?»
Harry annuì lentamente poi, senza nemmeno sapere come, trovò la forza per indirizzare all'anziana donna un leggero sorriso.
«Voldemort è morto, l'ho ucciso» disse semplicemente.
«Da-davvero? Quindi, è finita?» chiese la McGranitt, incredula.
Harry non era sorpreso; nonostante avesse visto con i suoi occhi la morte di Voldemort, stentava ancora a credere che fosse vero. Il Mago oscuro aveva tormentato per così tanti anni la sua vita, che ormai era abituato alla sua presenza. Non aveva la minima idea di cosa significasse vivere senza di Voldemort, anche se ci aveva pensato spesso, ma non così. Nei suoi pensieri, Ginny e i suoi amici erano vivi e felici, accanto a lui e alle rispettive famiglie. Invece erano tutti morti, e lui era di nuovo solo.
«Sì, è finita, finalmente» rispose.
«Minerva!» esclamò Lumacorno, correndo verso la donna, con i baffi che svolazzavano da tutte le parti. «Abbiamo catturato i Mangiamorte ancora vivi, non erano molti... Harry! Oh, caro ragazzo...»
«Horace» lo interruppe la McGranitt. «Tu-sai-chi è morto, Harry lo ha sconfitto»
Lumacorno si aprì in un sorriso, nonostante l'evidente incredulità.
«Ho sentito bene?» esordì una voce profonda poco lontano da loro. «È davvero finita?»
Dopo qualche istante, il terzetto fu raggiunto da Kingsley.
Harry annuì, di nuovo incapace di parlare, a causa di una lotta interiore; voleva sapere, ma allo stesso tempo aveva paura di chiedere. Infine, prese un bel respiro e fece la tanto temuta domanda.
«Quanti sono sopravvissuti?»
Kingsley e la McGranitt si scambiarono una breve occhiata, che non sfuggì a Harry.
La professoressa sospirò tristemente, prima di rispondere: «Pochi, molto pochi. Arthur Weasley e il figlio Percy stanno bene, mentre Bill è in Infermeria, ma si riprenderà. Poi ci sono Hestia Jones e Dedalus Lux, che si stanno prendendo cura egregiamente dei tuoi zii... Vediamo, sì ecco, escludendo i professori di Hogwarts, direi che è tutto».
Harry si sentì morire. Non era rimasto nessuno, praticamente, e lui si sentiva colpevole come non mai. Se solo si fosse consegnato a Voldemort, la Guerra sarebbe finita molto prima e molte vite sarebbero state risparmiate.
«Professoressa» disse Harry, interrompendo il discorso sulla ricostruzione della scuola che gli altri avevano cominciato. «Per lei va bene se vado a Grimmauld Place, per riposare un po'? Domani mattina, tornerò qui per dare una mano, qualsiasi cosa ci sia da fare, contate su di me».
La McGranitt lo osservò a lungo e Harry temette che non lo avrebbe lasciato andare. Sapeva che probabilmente altri Mangiamorte lo aspettavano ovunque, sicuramente qualcuno di loro era riuscito a scappare da Hogwarts, e che era pericoloso lasciare il castello, ma aveva davvero bisogno di stare solo.
«D'accordo, Harry, ma avvisa quando sei arrivato e anche quando partirai domani mattina. Così sapremo che tutto va bene» disse infine la donna.
Harry raccolse il moccolo di una candela da terra, poco lontano da loro.
«Va bene se uso una Passaporta?» chiese a Kingsley.
L'uomo annuì e fece per prendere la candela, ma Harry lo impedì.
«Hermione ha obbligato me e Ron a imparare come creare una Passaporta, lo riteneva utile» spiegò. Poteva farcela da solo.
I tre allora salutarono Harry e uscirono nel parco, per recuperare il corpo di Voldemort e di tutte le altre vittime. Il ragazzo recuperò il Mantello dell'Invisibilità, la Mappa del Malandrino e le poche cose che aveva portato con sé durante la ricerca degli Horcrux.
Riparò con la Bacchetta di Sambuco la sua, che tornò a posto. Si avvicinò alla tomba di Silente, ancora rotta e aperta da quando Voldemort l'aveva profanata. Depositò la Bacchetta di Sambuco al suo interno, poi risistemò il marmo bianco. Sembrava che non fosse mai successo niente.
Puntò la bacchetta sul pezzo di candela e mormorò: «Portus», pensando il più possibile al numero dodici di Grimmauld Place. Ma il suo ultimo pensiero,
poco prima di pronunciare la formula, corse ai suoi genitori, alla famiglia che non aveva potuto conoscere. Lo sguardo di Harry era perso tra le rovine di Hogwarts, così non si accorse che, nel momento in cui la Passaporta era stata creata, l'oggetto si era illuminato di una intensa luce rossa, invece che della consueta luce azzurra.
Capì che qualcosa non andava solo nel momento in cui la Passaporta si attivò. Lo strappo dietro all'ombelico fu più violento del solito e, invece di un veloce vorticare di colore, si trovò immerso nel buio più fitto, fino a quando non si ritrovò a posare i piedi su qualcosa di duro. Poco dopo, Harry era a terra, disteso su un freddo pavimento di pietra, molto vicino a dare di stomaco.
«E tu chi sei?» chiese una voce familiare, una voce che Harry non credeva di poter sentire di nuovo.
Lentamente si alzò in piedi, cercando di non dare di stomaco, e si guardò attorno. Si trovava in un ufficio molto familiare, di forma circolare con numerosi ritratti sulle pareti; su alcuni tavolini e mensole erano appoggiati numerosi strumenti in argento.
Il cuore di Harry mancò un battito quando, girandosi verso la grande scrivania dell'ufficio, si trovò a fissare un paio di occhi azzurri, dietro a delle lenti a mezzaluna.

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Ciao a tutti,

questa è la prima storia che pubblico, spero che possa piacere a qualcun altro, oltre che a me.              
Fatemi sapere se vi piace e se notate errori, o avete consigli, non fatevi alcuno scrupolo e ditelo! ^_^         
Al momento ho scritto solo qualche capitolo, quindi credo di aggiornare una volta alla settimana.     
Se poi vedo che scrivo abbastanza in fretta, penso di aumentare a due aggiornamenti alla settimana.

Baci Lucy

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Capitolo 2
*** Una storia diversa ***


Il primo pensiero che attraversò la mente di Harry, fu  di essere caduto in una qualche trappola dei Mangiamorte. La tentazione di estrarre la bacchetta e puntarla contro l'uomo era forte, ma alla fine uno sprazzo di lucidità ebbe la meglio.
Silente gli aveva chiesto chi era, una domanda che nessun Mangiamorte gli avrebbe rivolto, ma nemmeno il Silente che conosceva lui.
Come poteva, il Preside, non riconoscerlo? In quale guaio era riuscito a infilarsi, ancora, nel tentativo di tornare a casa sua?
«Allora?» insisté Silente, che continuava a fissarlo. «Non vorrei sembrare scortese, ma non è certo un bel periodo per vedersi piovere ragazzi nell'ufficio. Quindi, ripeterò la domanda: chi sei?»
Harry non aveva la minima idea di cosa dire. L'unica cosa che poteva fare era tenere lo sguardo ben piantato per terra, per evitare che Silente leggesse la sua mente e perché non notasse la sua somiglianza con due suoi ex studenti. Era la fotocopia del padre, con gli occhi di Lily, cosa che gli avevano ripetuto tutti fino allo sfinimento e, ovunque fosse finito, era meglio per lui non attirare troppo l'attenzione. Decise quindi di inventare una nuova identità e un nuovo passato, in attesa di capire in che guaio era riuscito a capitare questa volta.
«Mi chiamo Barry, Barry Evans» inventò, usando il cognome della madre, che era abbastanza comune tra i Babbani. «Ero in fuga, dopo che i Mangiamorte avevano scoperto e ucciso i miei genitori; ci rifugiavamo in Francia, ma ci hanno trovati. Avevo attivato una Passaporta per tornare in Cornovaglia, dove vivevamo prima, ma devo aver sbagliato qualcosa».
Harry sentì lo sguardo di Silente su di sé e si concentrò ancora di più su una piccola crepa poco lontano da una delle gambe della cattedra. Sperava che Silente credesse alla storia, o che almeno non lo ritenesse pericoloso, per questo aveva detto che era scappato dai Mangiamorte; il Preside avrebbe potuto pensare che almeno non era dalla parte di Voldemort.
«Non mi pare di ricordare un Barry Evans tra gli studenti, anche se sembri molto giovane. Dopotutto, a causa di Voldemort molti genitori hanno istruito a casa i propri figli, nel timore che capitasse loro qualcosa a scuola» disse Silente, in tono affranto. «E come dar loro torto? Sono più di vent'anni ormai che siamo in Guerra e non sembra esserci una fine. Non vicina, almeno».
Harry registrò lentamente le parole di Silente. Se erano più di vent'anni che Voldemort era presente, voleva dire che non era tornato nel passato. Ma allora, dove diavolo era finito?
«Ehm... mi scusi, ma forse ho perso un po' il conto a causa della fuga... che giorno è oggi?» chiese Harry, non trovando scusa migliore per chiedere la data.
Aveva bisogno di più informazioni possibile, per capire dove si trovava esattamente.
«Oggi è sabato, tre giugno del 1998» rispose Silente.
Chissà se avrò mai un attimo di pace, si chiese Harry, cercando di trattenere un sospiro di disperazione. Era esattamente il giorno che stava sorgendo quando aveva sconfitto Voldemort. Dopo appena poche ore dalla morte del Mago Oscuro che gli aveva rovinato la vita, si trovava da qualche parte dove, non solo Voldemort era ancora vivo, ma non era mai caduto a causa di Harry. Mentalmente si maledisse per non aver lasciato a Kingsley il compito di creare la Passaporta, o di non aver pensato di farsi portare da Kreacher. In quel momento si sarebbe trovato sicuramente a Grimmauld Place, magari a dormire, invece che perso chissà dove, in mezzo ad un'altra lotta contro Voldemort e i suoi Mangiamorte.
Stava per aprire bocca e ringraziare quando, dopo uno scalpitio di passi, la porta dell'ufficio si spalancò e una trafelata Minerva McGranitt fece il suo ingresso.
«Attacco a Hogsmeade! C'è anche Tu-sai-chi in persona... avevo detto di cancellare la gita al villaggio...» disse, senza notare Harry, ancora davanti alla cattedra del Preside.
Silente si alzò di scatto, con la bacchetta in mano e gli occhi che lampeggiavano.
«Andiamo! Non c'è un minuto da perdere. Hai avvertito l'Ordine?» chiese, raggiungendo velocemente la porta. «Signor Evans, aspettami qui, non abbiamo ancora finito» aggiunse, prima di sparire per le scale, seguito dalla McGranitt.
Harry non poteva sperare in un'occasione migliore per andarsene. Indossò il Mantello dell'Invisibilità, raccolse la candela e controllò che non ci fossero altre cose sue per terra, poi fece per aprire la porta dell'ufficio, che rimase chiusa.
«Alohomora» sussurrò Harry, ma l'incantesimo non funzionò. Accidenti! Mi ha chiuso dentro... pensò, quasi disperato. Devono essere proprio brutti tempi.
Non aveva la minima idea di come fare ad uscire, ma doveva farlo. Se Silente lo avesse guardato meglio, avrebbe notato la sua somiglianza con qualcuno che aveva conosciuto, sempre che i suoi genitori fossero esistiti. Se le cose erano andate in un altro modo con Voldemort, non poteva escludere che ci fossero altri cambiamenti, rispetto alla storia che conosceva lui.
Anche per questo era necessario uscire dall'ufficio; doveva assolutamente scoprire cosa stava succedendo da quelle parti, come mai Voldemort non era caduto anni prima e, soprattutto, capire se poteva tornare indietro.
Chissà se Kingsley o la McGranitt noteranno la mia assenza, si chiese Harry.
Oltre al fatto che non sapeva ancora cosa fosse successo, non sapeva nemmeno se poteva contattarli in qualche modo.
Si avvicinò alla finestra, valutando se poteva saltare giù da lì, ma era al secondo piano e non era certo di potersi lanciare senza rimetterci qualche osso.
Stava per gettare la spugna e rassegnarsi ad un interrogatorio con Silente quando, dal trespolo sull'angolo, si alzò un fischio, basso e dolce.
«Fanny!» esclamò, riconoscendo la Fenice rossa e oro del Preside. La Fenice ricambiava il suo sguardo, senza smettere di cantare e Harry credette che fosse una sorta di richiamo per lui. Si avvicinò e tese una mano per accarezzarla, ma come ebbe appoggiato la mano sul piumaggio scarlatto, si sentì Smaterializzare. Un attimo dopo, si trovò in un vicolo buio, vicino a quella che sperava essere Diagon Alley, con in mano una piuma rossa.
Che Fanny lo avesse riconosciuto? Le Fenici erano animali molto potenti e misteriosi; Silente stesso gli aveva raccontato che nessuno sapeva esattamente tutte le cose che una Fenice era in grado di fare. Controllò di essere sempre ben nascosto dal Mantello dell'Invisibilità e uscì dal vicolo.
Come aveva sperato, si trovava a Diagon Alley. La strada appariva quasi deserta; erano davvero poche le persone presenti e tutte raccolte in piccoli gruppi.
Nell'estate prima di cominciare il terzo anno a Hogwarts, aveva passato così tanto tempo in giro per quella strada, che conosceva ogni singolo negozio, il proprietario e tutto quello che conteneva.
Sapeva che dietro alla libreria il Ghirigoro c'era una piccola biblioteca, con una sezione dedicata ai vecchi numeri di quotidiani; era un ottimo punto da cui iniziare a scoprire qualcosa. Il suo aspetto però rimaneva un problema: oltre al fatto che fosse la copia del padre, si rese conto che, venendo da una battaglia, doveva essere sicuramente sporco e, probabilmente, anche insanguinato.
«Gratta e netta» borbottò, volgendo la bacchetta contro se stesso. Non aveva uno specchio con cui controllare, ma i suoi vestiti erano un po' meno sporchi di prima e poteva sperare che fosse lo stesso per il viso. Con la Trasfigurazione Umana non era molto bravo, anche perché l'aveva studiata solo per un anno, ma doveva fare qualcosa per il suo aspetto. Si rifugiò nel vicolo in cui si trovava la biblioteca e si sfilò il Mantello. Controllò che non ci fosse nessuno attorno, poi usò la vetrina del negozio come specchio. L'incantesimo sembrava aver fatto, almeno in parte, il suo dovere: il viso mostrava appena qualche ombra di sporco.Puntò la bacchetta sui capelli, cercando di non pensare al guaio che aveva combinato con la Passaporta, e modificò il suo aspetto.
I capelli diventarono ordinati, più lunghi di qualche centimetro e castani. Dopo un respiro profondo, puntò la bacchetta agli occhi e mormorò l'incantesimo: da verdi, diventarono azzurri. Guardò il risultato finale, soddisfatto. I capelli più lunghi nascondevano la cicatrice sulla fronte, altra caratteristica che avrebbe attirato domande indesiderate. Hermione una volta aveva parlato di un incantesimo per correggere la vista: sarebbe stato utile, per non dover usare gli occhiali, ma evitò di provare. Si riteneva fortunato a non essersi accecato quando aveva cambiato il colore e, almeno per il momento, preferiva limitare i rischi al minimo.
Nascose il Mantello nella borsa ed entrò nella piccola biblioteca.
«Buongiorno» disse, rivolgendosi all'anziano proprietario, seduto curvo dietro al bancone. L'uomo lo guardò sospettoso; di quei tempi, non erano molte le persone che giravano da sole per Diagon Alley, men che meno ragazzi in età scolastica.
«Vorrei vedere le vecchie edizioni della Gazzetta del Profeta... Ottobre e Novembre del 1981, se possibile».
L'anziano uomo si diresse verso uno scaffale poco lontano dal bancone, dove si trovavano numerosi quotidiani impolverati. Tornò poco dopo con alcuni numeri che depositò sul bancone.
«Ecco» fece, con voce rauca. «Non sono molti, purtroppo. Qualche anno fa i Mangiamorte hanno messo a ferro e fuoco la via, distruggendo quasi tutto. Ottobre e qualche numero di Novembre, non mi è rimasto altro. Lì, oltre la sezione di Storia, trovi un tavolino su cui puoi appoggiarti».
Harry ringraziò, prese le vecchie copie del giornale e sedette al tavolo. Il luogo era completamente ricoperto di polvere, e alcune pareti erano crepate e bruciate. Probabilmente, l'anziano proprietario non era riuscito a sistemare il posto, dopo l'attacco di cui aveva parlato prima.
Controllò le date sui giornali, che erano davvero pochi, e cominciò a sfogliarli. L'edizione del venti Ottobre riferiva di un feroce attacco al villaggio di Hogsmeade, proprio nel giorno in cui era prevista una gita degli studenti di Hogwarts. Lo scontro era durato tutto il pomeriggio, provocando numerosi morti, tra cui alcuni studenti.
La copia del trentun Ottobre riferiva che il Ministro della Magia, Millicent Bagnold, era rimasta coinvolta in un attentato al Ministero e che era stata ricoverata al San Mungo in gravi condizioni.
Del mese di Novembre, c'erano solo due copie. La prima era del primo Novembre, copia che interessava molto Harry: se fosse successo qualcosa la sera, la notizia sarebbe stata nel giornale del giorno seguente.
Non dovette cercare a lungo, poiché la notizia era in prima pagina ed ampiamente trattata nelle pagine interne del quotidiano.

 

Bambino rapito nella notte:

il colpevole è il migliore amico dei genitori.

 

Harry Potter, di poco più di un anno di età, è stato prelevato ieri sera dalla casa dei genitori da Peter Minus, uno dei migliori amici dei genitori, Lily e James Potter. Sembrava una serata tranquilla in famiglia, quando Minus si è presentato a casa dei coniugi, per fare un saluto, come capitava spesso. Poco dopo la cena, Minus si è proposto di portare a letto il bambino. I signori Potter hanno sentito un rumore di finestre rotte e sono corsi al piano superiore, in tempo per vedere l'uomo saltare giù, con il piccolo in braccio, e Smaterializzarsi. Subito sono stati contattati gli Auror e lo stesso Albus Silente, Preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts è arrivato sul posto. Sono scattate le ricerche in tutto il territorio  nazionale e James Potter si è detto pronto a pagare qualsiasi cifra per riavere il figlio.

 Harry proseguì nella lettura, con un nodo alla gola. Non riusciva nemmeno a immaginare cosa avessero provato i due ragazzi nel vedersi portar via il figlio da uno dei migliori amici, ma sapeva benissimo cosa si provava a crescere senza i genitori, per colpa di uno di loro.
Il giornale proseguiva narrando i fatti scolastici dei Malandrini e conteneva interviste a molte persone che li avevano conosciuti. Tutti si dicevano increduli e sconvolti dal fatto, nessuno poteva sospettare che Peter Minus, in più tranquillo dei tre, potesse aver fatto una cosa simile.
Alla copia del tre novembre, Harry credette di svenire. Il giornale mostrava in prima pagina la facciata della casa di Godric's Hollow, dove Lily e James piangevano abbracciati. L'articolo spiegava che Harry Potter era stato ucciso da Voldemort in persona e il corpicino era stato lasciato davanti alla casa dei Potter, assieme ad un misterioso biglietto che recitava: 'Voi sapete perché l'ho fatto'. Era stato trovato la mattina da Sirius Black, descritto come un altro amico di famiglia, che si recava in visita alla coppia.
Per quel poco che aveva potuto conoscere Sirius, Harry sapeva che trovare il corpo del figlio dei suoi migliori amici davanti alla loro porta di casa, lo aveva certamente segnato più di qualsiasi altra cosa. Sicuramente, più della morte di Lily e James che aveva vissuto il Sirius che aveva conosciuto lui.
Ignorò le altre due copie del giornale, troppo sconvolto da quello che aveva scoperto.
Voldemort non era caduto perché Lily non si era sacrificata per Harry. Le cose qui, sembravano essere andate molto diversamente da come le conosceva lui.
Non era tornato nel passato, non era però nemmeno nel suo presente o nel futuro. Possibile che fosse finito in una specie di mondo diverso? Silente avrebbe avuto sicuramente una spiegazione per tutto, ma Harry non era certo di come poter fare la domanda senza sembrare ridicolo, o impazzito.
Salve, mi chiamo Harry James Potter, avevo appena sconfitto Voldemort, quando ho creato una Passaporta che evidentemente non ha funzionato come doveva e sono finito qui... Aveva solo una possibilità: aspettare il momento giusto in cui fare la domanda.
Con la falsa identità che aveva creato, si sentiva abbastanza sicuro, almeno finché la cicatrice fosse rimasta ben nascosta. Aspettare, tuttavia, comportava alcuni problemi di non poca importanza. Non aveva molti soldi, qualche Galeone in tasca, che non lo avrebbero portato molto lontano. Doveva trovare un posto dove stare e magari un lavoro, per poter sopravvivere. Prese le copie del Profeta e le riportò al bancone. Il vecchio lo guardò sospettoso, esattamente come prima.
«Grazie, mi sono state molto utili» disse, sorridendo all'uomo. Esitò un attimo, poi prese coraggio e fece la domanda che gli premeva. «Mi scusi, lei sa se per caso qui intorno qualcuno cerca un impiegato?»
L'uomo lo squadrò ancora, prima di rispondere: «Mio figlio, al Ghirigoro, cerca qualcuno che tenga un elenco con le copie di libri vendute che devono essere rimpiazzate. Sta diventando vecchio e non riesce a star dietro a tutto».
Harry lo guardò, grato. «Grazie, lo trovo dentro al negozio?»
Il vecchio annuì e Harry lasciò la piccola biblioteca. Tornò nella via principale ed entrò al Ghirigoro, dove un gruppo di streghe stava facendo alcuni acquisti. Il proprietario era seduto vicino ad uno scaffale, con il naso sepolto in un grosso volume, ma alzò lo sguardo sentendo la porta aprirsi, guardando Harry con ansia.
«Posso aiutarla?» chiese, con voce incerta.
«Credo di sì. Sono stato in biblioteca e suo padre mi ha detto che cerca un aiutante; io sarei disponibile, anche se non ho esperienza» spiegò.
L'uomo lo guardò sospettoso, proprio come il padre. Il passato attacco a Diagon Alley doveva essere stato davvero devastante, se tutti i negozianti erano così ansiosi e preoccupati.
«Sei solo? Perché non sei a scuola?» chiese, continuando a fissarlo.
«Io e i miei genitori eravamo scappati in Francia, ma i Mangiamorte ci hanno trovato e li hanno uccisi. Io sono riuscito a scappare per miracolo e sono tornato in Inghilterra, per cercare di ricominciare».
L'uomo lo guardò a lungo, mentre Harry teneva le dita incrociate, sperando che accettasse. Non aveva altre idee su come guadagnare un po', sarebbe stato davvero nei guai se il proprietario si fosse rifiutato; lui lì non conosceva nessuno, tecnicamente.
«D'accordo, diciamo che ti credo» disse infine, l'uomo. «Sono due orette alla sera, dopo l'orario di chiusura, dal lunedì al venerdì. Dovrai controllare l'elenco dei libri venduti e rifornire gli scaffali. Ti pagherò un Galeone al giorno. Dove alloggi?»
Harry si trattenne a stento dal mettersi a ballare; finalmente una cosa andava per il verso giusto. Sembrava tutto più semplice, ora che aveva un lavoro.
«Starò al Paiolo Magico» rispose, senza pensare. Con un Galeone al giorno poteva pagare benissimo una camera lì, e dubitava che avrebbe faticato a trovarne una libera, se i tempi erano davvero così bui come tutti ripetevano.
«Molto bene. Ti aspetto lunedì alle sette di sera» lo congedò il proprietario.
Harry salutò e uscì dal Ghirigoro, per dirigersi poi verso il Paiolo Magico. Chissà se anche qui il proprietario è Tom, si domandò.
Aprì la porta del piccolo locale ed entrò, trovandolo deserto, proprio come aveva immaginato.
«Arrivo!» esclamò una voce di donna, che proveniva da una porta aperta, dietro il bancone.
Harry rimase deluso nel non vedere Tom dietro al banco, ma si sorprese non poco,  quando vide la donna che uscì dalla porta: era Andromeda Tonks.
Come la prima volta che l'aveva vista, credette che si trattasse della sorella, Bellatrix. Ma osservandola meglio, era evidente che si trovava davanti Andromeda: l'espressione cordiale e il caldo sorriso non sarebbero mai comparsi sul viso della Mangiamorte.
«Buongiorno. Posso fare qualcosa per lei?» chiese la donna, gentile.
«Sì, grazie. Vorrei alloggiare da voi, non so ancora per  quanto tempo mi fermerò».
Andromeda lo fissò, sospettosa e preoccupata allo stesso tempo. Harry cominciava già a non poterne più di quegli sguardi, che non erano poi tanto diversi da quelli che, in passato, erano rivolti alla cicatrice sulla fronte. Ci aveva fatto l'abitudine, con il tempo, ma non lo aveva mai sopportato.
«Certo... vediamo un po'...» disse, prendendo un quaderno rosso, una piuma e una boccetta d'inchiostro. «Sei da solo? Quanti anni hai? Come ti chiami?»
«Barry Evans, ho diciassette anni e sì, sono solo».
«D'accordo» fece Andromeda, scrivendo qualcosa sul quaderno. «Ted! Puoi venire?»
Dopo qualche minuto, dalla stessa porta dietro al bancone, comparve Ted Tonks, il marito di Andromeda.
«Sì?»
«Il signor Barry Evans alloggerà da noi per un po', puoi accompagnarlo nella camera tre? È una delle più grandi, starai più comodo, visto che ti fermerai un po'. Sono tre Galeoni alla settimana, comprensivi di alloggio e tre pasti al giorno» aggiunse poi, rivolgendosi a Harry.
«Va benissimo, grazie».
«Bene, allora seguimi, ragazzo» disse il signor Tonks.
Harry lo seguì su per le scale che portavano al piano superiore.
Il corridoio era polveroso e numerose assi del pavimento e dei muri erano rotte.
«Qualche anno fa c'è stato un attacco di Mangiamorte a Diagon Alley e l'intera via è stata quasi distrutta» disse l'uomo, notando lo sguardo di Harry. «Tom, il precedente proprietario, è rimasto ucciso nella lotta. Adorava questo posto e l'ha difeso con tutte le sue forze. Ecco la tua camera».
Harry aprì la porta e prese la chiave che il signor Tonks gli porgeva.
La stanza ospitava un letto matrimoniale, un armadio e una scrivania, tutto in legno d'ebano. Appeso al muro, vicino alla porta c'era un piccolo orologio a muro e due alte finestre, che davano su Diagon Alley, illuminavano tutto l'ambiente.
«Non è un granché» disse Ted. «Purtroppo, i lavori per rimettere tutto a posto sono molto costosi e in questi anni i clienti scarseggiano».
«È perfetta, davvero».
Harry aveva ancora in mente gli anni passati nel ripostiglio di casa Dursley, durante la sua infanzia. Quella camera, seppur impersonale e quasi spoglia, era più di quanto potesse sperare al momento.
«Allora ti lascio solo; il pranzo sarà servito alle dodici e trenta».
Quando il signor Tonks chiuse la porta, Harry si distese sul letto, a riflettere su cosa fare. Aveva bisogno di vestiti, sia da mago che da Babbano; doveva prendere anche qualche libro di Incantesimi e di Difesa, non poteva fare sempre affidamento all'Expelliarmus, ma doveva fare attenzione ai soldi, che non erano molti.
Svuotò le tasche dei pantaloni e tutto il contenuto della borsa sul letto: il Mantello dell'Invisibilità, la Mappa del Malandrino, il Boccino che gli aveva lasciato Silente, il piccolo sacchetto di Mokessino che gli aveva regalato Hagrid e il pezzo di candela che avrebbe dovuto portarlo a Grimmauld Place.
Nel taschino della borsa trovò un paio di Galeoni e qualche Zellino, che unì ai pochi che aveva trovato nei pantaloni. In tutto aveva sei Galeoni, tredici Falci e venti Zellini.
Non era molto, ma si sarebbe dovuto accontentare: non aveva alternative.
Si sentiva strano a dover contare ogni singolo Zellino che aveva; una volta non ci aveva mai badato, dato che i suoi genitori gli avevano lasciato una più che generosa eredità.
In quel momento, si sentiva più vicino che mai alla famiglia Weasley, abituata a campare con pochi soldi, in nove persone.
Trovò alcuni fogli di pergamena, una penna d'oca e una boccetta di inchiostro, in un cassetto della scrivania . Hermione scriverebbe una lista delle cose necessarie, pensò Harry, rattristato dal ricordo dell'amica morta e, più per ricordarla che per reale necessità, cominciò a scrivere.

Abiti da Mago e da Babbano
Abbonamento alla Gazzetta del Profeta
Penne, inchiostro e pergamene
Libri di Incantesimi e Difesa
Un Gufo

 Le cose da prendere non erano tante, ma alcune, come un Gufo, erano molto costose.
Strappò un piccolo pezzo di pergamena e scrisse un messaggio per il Profeta, in cui richiedeva l'abbonamento. Mise il foglio in tasca e si segnò mentalmente di chiedere ai signori Tonks se avevano un Gufo da prestargli, almeno per un viaggio.
Rimise tutto nella borsa, tranne il Mokessino, dentro cui mise i soldi.
I venti Zellini gli avrebbero garantito qualche giorno di abbonamento al Profeta, poi avrebbe cominciato a lavorare e guadagnare.
Chiuse la borsa nell'armadio, poi guardò l'orologio sul muro. Erano da poco passate le dieci e poteva dormire almeno un paio d'ore prima di pranzo.
La stanchezza accumulata nel mese di battaglia, dove dormivano poche ore a turno per essere certi che nessuno venisse ucciso nel sonno, si stava facendo sentire e si addormentò non appena appoggiò la testa sul cuscino.

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Ciao!

Ho deciso di aggiornare prima, perché il capitolo era pronto e ho già finito anche
quello successivo, che arriverà Domenica pomeriggio-sera!
Ora passo alla parte più importante!! Grazie, grazie e grazie, a tutti quelli che hanno recensito il prologo (ben 8 persone!), a quelli che hanno letto in silenzio, a quelli che l'hanno messa tra le preferite (5), tra le seguite (17) e le ricordate (1)!
Sono davvero commossa (ho la lacrima facile, confesso), non pensavo che potesse
piacere così, non me lo aspettavo proprio! ^__^
Con questo capitolo, spero di non aver deluso o annoiato... in ogni caso, fatemi sapere cosa pensate!
Baci,
Lucy

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Il destino di una spia ***


Quando Harry si svegliò, erano da poco passate le dodici. Nonostante avesse dormito solo due ore, si sentiva mentalmente riposato; il suo corpo, invece, avrebbe avuto bisogno di qualche giorno per riprendersi del tutto. Mise al collo il sacchetto di Mokessino e lo nascose sotto la felpa, controllando che non si vedesse nulla. Alle dodici e trenta in punto, Andromeda bussò alla porta e Harry la seguì nella sala da pranzo al piano terra, dove c'era un singolo tavolo circolare, preparato per cinque persone.
«Spero non ti dispiaccia, Barry, ma siamo solo in cinque, contando anche mia figlia e un suo amico, ad alloggiare qui.».
«Nessun problema» fece Harry, felice vedere qualcun altro che aveva conosciuto nella  sua realtà. Anche se non era la Ninfadora Tonks che ricordava lui, era felice di incontrare un altro viso familiare. Dopo qualche minuto, nel camino della sala comparvero alte fiamme verdi e due persone ne uscirono, spazzolando via la polvere dai mantelli. Harry dovette faticare parecchio per impedirsi di correre ad abbracciare l'uomo che era uscito dal camino assieme a Tonks: Remus Lupin. L'ultimo ricordo che aveva di lui era la sua morte, avvenuta uno dei primi giorni di battaglia a Hogwarts. Dopo quel giorno,
Tonks si era trasformata: non aveva quasi più parlato, si era limitata a combattere senza sosta fino a quando, stremata, era morta.
«Sedetevi» disse il signor Tonks, prima di presentare Harry ai due arrivati.
Durante il pranzo fu tempestato di domande, in particolare da parte di Tonks, il cui colore di capelli cambiava ad ogni boccone. Harry raccontò la storia che ormai aveva imparato a ripetere, arricchendola di qualche particolare, per cercare di renderla più convincente. Ancora dubitava che Silente si fosse bevuto quello che si era inventato, anche perché, una volta tornato da Hogsmeade, avrebbe scoperto che non era più nel suo ufficio. La cosa avrebbe sollevato sicuramente qualche sospetto: una persona non aveva alcun motivo per lasciare un posto sicuro, a meno che non avesse qualcosa da nascondere. E questo era proprio il caso di Harry.
Tonks parve accettare abbastanza facilmente la sua storia, mostrandosi davvero dispiaciuta per la sorte dei suoi genitori. Remus invece, continuava a lanciargli occhiate sospettose, ma rimase in silenzio, come se la sua mente fosse da tutt'altra parte.
«Andromeda, posso chiederti se hai un Gufo da prestarmi?» chiese Harry, in un attimo di pausa tra la prima e la seconda portata. «Vorrei abbonarmi alla Gazzetta del Profeta».
«Ma certo! Ti presto Goul molto volentieri» rispose la donna. «Anche se dovrai attendere questa sera, perché al momento è fuori per una consegna».
«Va benissimo, grazie infinite».
Alla fine del pranzo, Harry ringraziò Andromeda, che aveva preparato ogni piatto, ed entrò nella via di Diagon Alley, pronto per i suoi acquisti.
Harry notò qualcosa che la mattina gli era sfuggito: tra le poche persone che passeggiavano per la via, due coppie si aggiravano furtive, con una mano nascosta nel mantello e uno sguardo attento, pronto a cogliere ogni cosa.
Non potevano essere Mangiamorte, perché avevano il volto scoperto. Per mantenere segrete le loro identità, in modo da infiltrarsi senza problemi nella comunità magica, i seguaci di Voldemort erano sempre incappucciati.
Forse sono Auror di guardia, pensò Harry, frenando l'istinto di portare la mano alla bacchetta. Dopo solo poche ore lì, aveva sentito più di una volta la storia del passato attacco dei Mangiamorte che aveva quasi raso al suolo la via, provocando anche la morte di molte persone. Probabilmente, dopo l'accaduto, il Ministero aveva  aumentato la sicurezza dei luoghi più frequentati, come Diagon Alley.
Passò davanti all'Emporio del Gufo e si fermò a guardare la vetrina. Al momento non aveva i soldi per comperare un animale, ma poteva farsi un'idea sul prezzo, per capire quanti Galeoni avrebbe dovuto mettere da parte.
In vetrina c'erano numerosi gufi e civette, tutti con un colore tra il marrone scuro e il beige, tranne una, che dormiva con la testa sotto l'ala. Era candida come la neve, e ad Harry, era molto familiare.
«Edvige!» esclamò, senza curarsi delle occhiate che gli lanciò un gruppo di maghi e streghe che passava in quel momento. Guardò il prezzo sul cartellino legato alla gabbia: sedici Galeoni, che comprendevano anche un sacchetto di mangime.
Il prezzo era alto per le sue tasche, ma dopo averla vista da sola e in vetrina, decise che l'avrebbe comprata. Tra qualche mese, forse, ma l'avrebbe fatto.
Superò il negozio ed entrò nella bottega di Madama McClan, dove comprò due completi da mago, per cinque Galeoni e otto Falci.
Non gli rimanevano più molti soldi, quindi rimandò gli altri acquisti alle settimane successive. Per i libri non aveva problemi: avrebbe lavorato al Ghirigoro, poteva vedere tutti i titoli che erano disponibili e comprarne qualcuno, un po' alla volta.
Rientrò al Paiolo Magico prima del previsto. Andromeda era seduta dietro al bancone, intenta a chiacchierare con Remus. Quando lo vide, gli sorrise con fare materno.
«Oh, Barry, il gufo è tornato. Stasera potrà portare la tua lettera alla sede del Profeta».
«Grazie, Andromeda. Quando scendo per cena, porterò anche il messaggio». 
Salì le scale ed entrò nella sua stanza. Mise gli abiti nell'armadio, assieme alla borsa con tutti i suoi averi. Se all'esterno il mobile era pulito e integro, all'interno era l'esatto opposto: i rivestimenti interni erano strappati e avevano vari segni di bruciature; due dei cassetti erano senza maniglia e su una delle tre ante si trovava uno specchio a figura intera, rotto in più punti. Poco sotto il ferro arrugginito su cui si trovavano tre piccoli appendini, era attaccato un mazzo di stelle alpine, che serviva a profumare l'ambiente. I fiori però non riuscivano a coprire del tutto la puzza di bruciato e di stantio che proveniva dall'armadio. Decise di lasciarlo aperto, per far circolare l'aria che entrava dalle finestre; l'ultima cosa che voleva, era che i suoi abiti puzzassero di vecchio e di muffa. Dopo aver sistemato tutto, pensò di scendere al bar per bere qualcosa, ma fu attirato alla finestra da una serie di urla spaventate. Guardò in basso, verso la via principale, che però era invisibile. Eppure le persone che si trovavano lì, stavano davvero urlando. Poi, tra tutte le grida, sentì distintamente un incantesimo.
«Avada Kedavra!»
Poco dopo, Andromeda fece irruzione nella sua camera, con la bacchetta in mano e l'aria preoccupata.
«C'è un attacco dei Mangiamorte! Pensare che ce n'è uno anche a Hogsmeade... Non uscire dalla camera per nessun motivo!» disse, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Harry non perse nemmeno un attimo. Estrasse il Mantello dell'Invisibilità dalla borsa e lo indossò: nessuno poteva vederlo e, per lui, era un ottimo vantaggio.
Uscì dalla camera e velocemente raggiunse Diagon Alley, dove regnava il caos.
Una decina di figure vestite di nero e incappucciate, erano impegnate a combattere contro gli Auror di guardia, che erano in netto svantaggio. Uno di quelli che aveva visto quando era uscito per comperare gli abiti, giaceva a terra, morto. I pochi passanti presenti avevano trovato rifugio nei negozi e osservavano la scena dalle vetrine, visibilmente scossi e spaventati.
Dove sono Andromeda e gli altri? Si chiese Harry, guardandosi intorno. A combattere i Mangiamorte erano solo i tre Auror; eppure, quando gli aveva detto di rimanere in camera, la donna aveva la bacchetta in mano.
Nascosto alla vista, passò per alcune vie laterali e giunse alle spalle dei Mangiamorte. Sapeva che non era corretto attaccare alle spalle, ma i seguaci di Voldemort erano i primi a combattere slealmente e non si sarebbero fatti alcuno scrupolo a colpire. Per sicurezza, si mise all'inizio di un vicolo, pronto a correre via, nel caso in cui qualcuno avesse iniziato ad avvicinarsi dalla sua parte.
«Stupeficium» disse, puntando la bacchetta verso la schiena del Mangiamorte più vicino a lui, che cadde a terra svenuto. Nessuno vi fece troppo caso, forse troppo concentrati a combattere, così Harry continuò.
«Stupeficium» ripeté, colpendone un altro.
Dopo aver steso altri due Mangiamorte, stava quasi per cantare vittoria. Dal nulla però, comparvero all'improvviso un'altra decina di Mangiamorte e lo stesso Voldemort. Gli Auror erano sempre in netto svantaggio, ma poco dopo comparvero Andromeda, Tonks, Remus, Malocchio Moody, Kingsley, Sirius e due uomini che Harry non conosceva. Harry osservò il suo padrino con un nodo alla gola. Non lo vedeva da così tanto e lo aveva avuto accanto per troppo poco tempo. Di tutte le morti che aveva vissuto, quella di Sirius era senza dubbio la peggiore, perché era stata anche colpa sua. Se avesse ascoltato Hermione, o meglio, se si fosse impegnato maggiormente nelle lezioni di Occlumanzia, non sarebbe mai andato al Ministero quella sera, e Sirius non sarebbe caduto oltre il Velo.
Il combattimento tra i Mangiamorte, gli Auror e gli altri, che Harry sospettava appartenere all'Ordine della Fenice, ricominciò. Voldemort non era ancora intervenuto, ma osservava lo scontro, come se fosse in attesa di qualcosa.
Harry sapeva di dover tornare subito al Paiolo Magico, anche perché non poteva continuare a colpire i Mangiamorte come prima; lui sicuramente lo avrebbe notato. Il suo istinto però gli diceva di restare, che qualcosa di grosso stava per accadere.
Lo scontro proseguì e, mente lo seguiva attentamente, Harry capì quello che stava facendo Voldemort: non aspettava qualcosa, ma osservava attentamente uno dei suoi Mangiamorte. Seguendo il suo sguardo, fissò anche lui la figura incappucciata che tanto interessava al mago. Dopo qualche minuto di osservazione, ad Harry fu chiaro cosa volesse Voldemort. Il Mangiamorte che osservava, infatti, anche se lanciava incantesimi contro gli Auror e i membri dell'Ordine, non colpiva mai a morte, né con maledizioni davvero pericolose. Anche Andromeda, Sirius e gli altri, non lo colpivano mai direttamente. Era chiaro che, chiunque fosse quella persona, era una spia di Silente. Una spia che era stata scoperta e, sicuramente, avrebbe pagato con la vita quel tradimento. Uno degli incantesimi lanciati da Kingsley passò vicino al volto del Mangiamorte, a cui cadde il cappuccio dalla testa. Nonostante l'uomo fosse di spalle, Harry lo riconobbe immediatamente: gli unticci capelli neri, lunghi fino alle spalle erano inconfondibili.
Doveva molto a Severus Piton, anche se non era riuscito a fare niente per sdebitarsi. Non aveva nemmeno potuto ringraziarlo, dato che era già morto quando aveva scoperto la verità. La logica gli diceva di non fare nulla, anzi, di tornare nella sua camera al Paiolo Magico, dove sarebbe dovuto stare fin dall'inizio. Ma l'idea che forse avrebbe potuto fare qualcosa per lui lo teneva inchiodato lì, a pochi passi dalla morte. Se avesse aiutato questo Piton, avrebbe restituito il favore che gli aveva fatto quello che aveva conosciuto lui.
Un'idea gli balenò in mente, un'idea folle quasi quanto quella che aveva usato Hermione per farli uscire vivi dalla Gringott. Non era certo che avrebbe funzionato, dato che non aveva mai dovuto fare una cosa simile prima. Era quasi tentato di lasciar perdere, quando vide Voldemort alzare la bacchetta e puntarla alla schiena dell'uomo.
Senza pensarci due volte, alzò anche lui la sua e si concentrò con tutte le sue forze.
«Accio» disse, mentre tendeva il braccio sinistro avanti, quasi parallelo al destro che reggeva la bacchetta. Piton si sollevò di pochi centimetri da terra e, prima che qualcuno potesse capire cosa stava succedendo, fu attirato nel vicolo.
Non appena la mano di Harry trovò la schiena dell'uomo, si Smaterializzò. Comparve nella Stamberga Strillante, assieme a Piton, visibilmente spaventato.
«Ma che diavolo...» fece l'uomo, guardandosi attorno.
«Percorra il tunnel che inizia di fianco a quella cassa messa di traverso» disse Harry, rimanendo ben nascosto sotto al Mantello dell'Invisibilità. «Sbucherà davanti al Platano Picchiatore; sarà dentro ai confini di Hogwarts, al sicuro».
Piton fissò per un attimo l'ingresso del tunnel, poi si girò.
«Chi sei? E perché mi hai portato qui?» disse, fissando il vuoto, con la bacchetta alzata.
«Voldemort voleva ucciderla, lo sapeva?» chiese Harry, ignorando di proposito la prima domanda che gli era stata rivolta.
«Sì, lo avevo già capito da qualche giorno. Non va affatto bene; ora non abbiamo più alcuna spia utile».
«È ancora vivo. Sono certo che troverà un altro modo per rendersi utile. Arrivederci, forse» disse Harry, prima di Smaterializzarsi.
Uscì dal vicolo cieco in cui era comparso e raggiunse in fretta l'ingresso del Paiolo Magico. Non era stato via molto, ma poteva essere successo di tutto. Se Andromeda o qualcun altro lo avesse cercato in camera, non lo avrebbe trovato e si sarebbe trovato  certamente nei guai. Entrò nel locale, che era vuoto, e corse per le scale, fino a raggiungere la sua camera.
Chiuse la porta giusto in tempo. Dal corridoio arrivò la voce ansiosa di Andromeda.
«Portatelo su, presto! Dobbiamo metterlo a letto, la camera quattro andrà bene».
«Mamma, i feriti più lievi sono giù. Abbiamo chiamato Ross, arriverà tra poco a sistemarli» disse la voce di Tonks. «Io torno giù, cercherò di fare...»
Le parole seguenti furono coperte da un rumore di qualcosa che si strappava e poi un tonfo.
«Dora, per Merlino, fai attenzione!»
«Dannato Salazar! Da quando ci sono queste tende in corridoio?»     
«Da quando siamo arrivati qui quattro anni fa, cara».
Harry sentì Tonks alzarsi e borbottare qualcosa contro le tende omicide, per poi scendere al piano di sotto. Il ragazzo non perse occasione e aprì la porta.
Vide due uomini trasportare un terzo, incosciente, nella stanza accanto alla sua, mentre Andromeda teneva la porta aperta.
«Barry! Vedo che mi hai dato retta e sei rimasto in camera, bene. I Mangiamorte se ne sono andati, apparentemente non miravano a noi. Giù ci sono alcuni feriti lievi, dovrai aspettare ancora un po' per scendere, se non ti dispiace».
«Non preoccuparti, scenderò per l'ora di cena» disse Harry, prima di richiudere la porta.

 

***

Albus Silente era appena ritornato dallo strano attacco che c'era stato a Hogsmeade.
Il fatto che lo lasciava più perplesso, era che Voldemort, appena lo aveva visto, si era Smaterializzato, con un'espressione soddisfatta sul volto.
Da quel momento, i Mangiamorte avevano cominciato a scagliare incantesimi senza preoccuparsi di chi o che cosa colpissero. Era evidente, almeno per lui, che stavano facendo tutto quello solo per far perdere tempo. Tempo che, evidentemente serviva al loro padrone per fare qualcos'altro. Ma cosa?
Salì le scale di pietra che portavano al suo ufficio e sciolse l'incantesimo che aveva lanciato alla porta, per impedire a Barry di uscire. Quando vi entrò, però, scoprì che non c'era più nessuno dentro, eccetto la sua Fenice.
L'incantesimo sulla porta non era stato toccato e nemmeno l'accesso al camino, anch'esso bloccato. Come aveva fatto il ragazzo ad uscire?
Controllò una per una le alte finestre che davano sul parco, ma nessuna era stata toccata.
A causa di Voldemort, aveva aumentato la protezione della scuola e c'era bisogno di un'autorizzazione sua e del Ministro della Magia anche per creare una Passaporta che portasse a Hogwarts.
Eppure il ragazzo dice di essere arrivato qui con una Passaporta, pensò, ricordando i particolari dell'incontro che aveva fatto qualche ora prima.
Un forte bussare alla porta, lo riscosse dai suoi pensieri.
«Avanti!» disse, accomodandosi sulla poltrona dietro la scrivania.
Severus Piton fece il suo ingresso nell'ufficio, con la lunga veste nera completamente ricoperta di polvere e strappata in alcuni punti.
«Severus! Che cosa è successo?» chiese, preoccupato nel vedersi davanti il professore di Pozioni in quelle condizioni.
«Voldemort ha deciso di attaccare Diagon Alley» cominciò a spiegare Severus. «Circa un'ora fa ha mandato alcuni Mangiamorte, che poi ha raggiunto assieme ad altri, compreso me».
«Non è la prima volta che partecipi ad uno scontro come Mangiamorte» disse Silente, per cercare di rassicurarlo. Piton, infatti, sembrava molto preoccupato.
«Questa volta era diverso, era per me. Ha capito che facevo la spia, voleva uccidermi».
Silente comprese in quel momento il significato dell'attacco a Hogsmeade. Il solo scopo dei Mangiamorte al villaggio, era quello di tenerlo lontano dal castello, dove sarebbe stato subito avvisato del fatto. Non lo volevano a Diagon Alley perché sapevano che avrebbe cercato in tutti i modi di difendere Severus.
«Come hai fatto a tornare qui?» chiese, ben consapevole che, se Voldemort programmava la morte di qualcuno, era impossibile sfuggirgli.
Severus scosse il capo. «Un ragazzo, non l'ho visto perché era invisibile. Ha usato l'incantesimo di Appello per attirarmi da lui, poi ci siamo Smaterializzati. Siamo comparsi nella Stamberga Strillante, dove sono strisciato fuori attraverso il tunnel».
«Un ragazzo hai detto? Non l'hai proprio visto?»
«No, credo fosse nascosto da un Mantello dell'Invisibilità, come quello di James Potter. Quando mi ha preso la spalla, ho sentito che la mano era coperta da qualcosa» spiegò Severus. «Ora come faremo? Non abbiamo più una spia, non potremo più cercare di anticipare le sue mosse, perché non sapremo quali sono».
«Non preoccuparti, Severus. Sono felice che tu sia ancora vivo, la tua perdita sarebbe stata terribile, per tutti noi».
«C'è anche un'altra questione. Chiunque fosse il ragazzo, sapeva che ero dalla tua parte e ha fatto in modo che tornassi a Hogwarts» notò Severus.
«Direi che è strano, molto strano. Puoi andare ora Severus, grazie».
Silente osservò il professore uscire dallo studio, poi si girò verso Fanny. Non aveva dimenticato affatto la questione del ragazzo che era riuscito a scappare, e aveva un sospetto. La Fenice ricambiava lo sguardo con due occhi luminosi e vivaci; sembrava quasi che lo stesse prendendo in giro.
«Fanny, non è che per caso tu centri qualcosa?»
Come risposta, emise un breve e acuto fischio, prima girarsi e mostrare la coda al suo padrone, evidentemente seccata per l'insinuazione.
«Credo che lo prenderò per un sì».          

 

***

Andromeda congedò anche l'ultimo dei feriti, poi chiuse la porta e la sigillò con un incantesimo. Non poteva tenere lontano i Mangiamorte, ma sarebbe stato un piccolo ostacolo in più sul loro cammino, se avessero tentato di entrare al Paiolo Magico. Prese cinque Burrobirre da dietro il bancone del bar e andò a sedersi al tavolo insieme alle quattro persone rimaste.
«Grazie, Andromeda» dissero Sirius e Remus in coro.
«Grazie, Meda» mormorò Ross, una ragazza dai corti capelli biondi che lavorava al San Mungo.
«Ma figuratevi, ne abbiamo bisogno tutti».
«Un altro attacco a Diagon Alley» commentò Ross, tra un sorso e l'altro. «Quattro anni dopo quello che ha quasi distrutto tutto».
«Già, ma questa volta avevamo le persone giuste al posto giusto» disse Andromeda. «È per quello che io, Ted e Dora siamo qui. Teniamo d'occhio la via e, in caso di bisogno, le camere al piano superiore possono ospitare i feriti».
Rimasero qualche minuto in silenzio, a sorseggiare le Burrobirre, ognuno immerso nei propri pensieri.
«Secondo voi Piton è stato scoperto?» chiese Ted, tornando dal piano superiore dove avevano portato Fabian Prewett, che aveva riportato ferite più gravi rispetto agli altri.
«Io ho paura di sì» rispose Ross. «Non c'ero, ma da quello che mi hanno raccontato Sirius e Remus, Voldemort se n'è andato quasi subito dopo che Severus è stato portato via. Mi sembra chiaro che, qualsiasi cosa volesse, riguardava lui».
Remus annuì con convinzione. «Per noi questo è un bel guaio però».
Andromeda era perfettamente d'accordo con lui. Severus Piton era una preziosa spia da quasi vent'anni, che aveva fatto molto per l'Ordine. Grazie a lui erano informati in anticipo di quasi tutti i piani di Voldemort, avevano anticipato le sue mosse e rovinato i suoi piani molte volte. Ora avrebbero avuto ancora più difficoltà nel contrastarlo.
«Il problema non è solo questo però» intervenne Sirius, che fino a quel momento si era limitato ad ascoltare. «Severus conosce quasi tutte le identità dei Mangiamorte e potrebbe rivelarle al Ministro della Magia. Quante persone rischierebbero il posto al Ministero, dato che molti di loro sono infiltrati là dentro? Sfrutteranno ogni occasione possibile per farlo fuori».
«Solo a Hogwarts sarà veramente al sicuro» concordò Andromeda.
«Sono certa che Silente convocherà presto una riunione, anche perché dovremo capire chi è stato a portarlo via dalla battaglia» disse Ross, alzandosi. «Grazie per la Burrobirra, ma ora devo andare al San Mungo, ho il turno di notte. Magari passo domani mattina per la colazione».  
Dopo qualche ora, anche Sirius salutò e se ne andò.
«Io devo andare da Silente, mi ha scritto prima dicendo che voleva parlarmi prima di cena» disse Ted, prima di prendere una manciata di Polvere Volante e sparire nel camino.
«Io vado a preparare la tavola per la cena. Vieni con me, Remus?» chiese Tonks, arrossendo leggermente e distogliendo lo sguardo dall'uomo.
Remus annuì e seguì la ragazza oltre la porta dietro al bancone. Andromeda prese le bottiglie di Burrobirra, ormai vuote, e le gettò nella spazzatura.
Stava per andare in cucina a preparare da mangiare, quando la porta del locale si aprì.
Sapevo che quell'incantesimo non avrebbe fatto molto, pensò.
«Buonasera, Andromeda» disse una fredda voce di donna. Un brivido le percorse la schiena, perché conosceva benissimo quella voce. Prese la bacchetta e si girò, pronta ad ogni evenienza, a fissare i gelidi occhi azzurri di sua sorella Narcissa.

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Ciao a tutti!
Aggiorno con ben due giorni di anticipo; sono piacevolmente avanti sulla tabella di marcia che mi ero fatta!! ^__^
Spero che il terzo capitolo vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato. Come sempre, fatemi notare se ci sono errori di qualsiasi tipo! Il quarto capitolo, arriverà entro martedì sera.
Un grazie a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo e chi ha letto in silenzio. Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite(9), le seguite(24) e le ricordate(1). Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo! ^__^
Baci,
Lucy
              

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Incontri ***


La mano che reggeva la bacchetta tremava visibilmente, ma Andromeda non la abbassò.
Non riusciva a capire come mai Narcissa fosse lì. La sorella che le aveva ripetuto per anni che le voleva bene, ma che non ci aveva pensato due volte a voltarle le spalle, assieme a tutta la sua famiglia, quando aveva deciso di sposare Ted. Quella sorella che aveva sposato Lucius Malfoy, come la sua famiglia le aveva ordinato, solo per provare a tutti che era migliore di lei. Andromeda sapeva che Lucius era uno dei Mangiamorte più vicini a Voldemort, esattamente come Bellatrix, l'altra sua sorella.
«Puoi abbassare la bacchetta» disse Narcissa, alzando le mani per mostrare che non era armata. «Non sono sola» aggiunse, spostandosi di lato. Di fianco a lei, con l'aria spaventata, c'era Draco, il figlio di Narcissa. Suo nipote. Ora che la osservava meglio, poteva vedere che anche la sorella era agitata e preoccupata.
«Che cosa ci fai qui?»
«Draco, non potevo permettere... Volevano marchiarlo! Non ha ancora diciotto anni, non potevo... Sono scappata, Lucius non sa niente. Speravo che Silente potesse aiutarci e sono venuta qui».
Andromeda abbassò la bacchetta. Sapeva che per sua sorella il figlio contava più di qualsiasi altra cosa e che era disposta a tutto pur di proteggerlo; anche rischiare la propria vita mettendosi contro Voldemort. Tuttavia non riusciva a fidarsi ciecamente.
Narcissa aveva passato più di vent'anni nelle file dei Mangiamorte; per quanto ne sapeva, poteva trattarsi di una trappola. Pensò a Ted, che era andato da Silente. Forse, se lo avesse contattato, avrebbe potuto avvisare il Preside. Solo a lui spettava la decisione finale.
«Non mandarci via, ti prego» aggiunse Narcissa, che sembrava prossima alle lacrime.
Andromeda, alla fine, cedette. 
«Posso darvi una sola camera, non ne ho altre di libere o intatte, al momento».
La sorella si aprì in un sorriso sincero.
«Andrà benissimo, grazie».
«Seguitemi».   

 

***  

Harry sistemò le ultime copie di Kylie Johan, diario di una strega viaggiatrice sullo scaffale più in vista del locale. Il romanzo era appena uscito, ma il proprietario aveva assicurato che sarebbe stato un enorme successo. A quanto aveva capito Harry, Kylie Johan era una strega di origini australiane che viaggiava in tutto il mondo e annotava ogni cosa su un piccolo quaderno, che poi faceva pubblicare. I primi due libri avevano venduto più di dieci milioni di copie, secondo quanto riportava la copertina del terzo. Il ragazzo dubitava che il giorno successivo ci sarebbe stata la coda per comperare il libro, dopo l'ultimo attacco infatti, i clienti scarseggiavano. Il proprietario aveva insistito perché fossero esposte il maggior numero di copie possibili ed Harry non aveva sollevato obiezioni, si era limitato a posizionare le copie, in silenzio. Quando anche l'ultimo libro fu al suo posto, riportò gli scatoloni nel retro bottega.
«Signore, c'è altro che posso fare?» chiese.
L'uomo sollevò lo sguardo dal registratore di cassa.
«No, Barry, vai pure. Tieni il Galeone. Ci vediamo domani».
Harry salutò e uscì dal negozio. Anche il secondo giorno di lavoro era terminato senza problemi. Non era particolarmente divertente spostare scatoloni e riempire scaffali, ma non poteva lamentarsi; in qualche modo doveva pur guadagnarsi da vivere.
Immerso nei suoi pensieri, mentre percorreva la via guardandosi distrattamente attorno, ci mise un po' a mettere a fuoco il volto di uno degli Auror di guardia. Era ormai così abituato agli sguardi sospettosi che lanciavano ad ogni passante, con una mano nascosta nel mantello a stringere la bacchetta, che per lui erano diventati parte integrante dell'architettura di Diagon Alley. Ma quella sera, quando il suo sguardo incrociò quello di uno degli Auror, il cuore prese a battere impazzito, mentre le gambe cominciarono a tremare, rischiando di farlo cadere. Harry non riusciva a togliere lo sguardo dall'uomo, che aveva cominciato a fissarlo a sua volta. Si fermò davanti alla Farmacia e appoggiò una mano sul muro, cercando di riprendere il controllo, senza molto successo.
L'uomo si avvicinò, preoccupato.
«Stai bene, ragazzo?»
Harry avrebbe voluto rispondere, ma la gola si era seccata nell'esatto istante in cui aveva udito la sua voce. L'uomo, che era poco più alto di lui, aveva una chioma di ribelli capelli neri e un paio di occhi nocciola che lo fissavano da dietro un paio di occhiali rettangolari. Non poteva crederci! James Potter, suo padre, era lì davanti a lui, vivo come non lo aveva mai visto.
«S-sì, grazie» si costrinse a rispondere. «È stato solo un giramento di testa, ma ora va meglio».
James Potter lo fissò un istante, forse per assicurarsi che fosse davvero tutto passato.
«Come ti chiami? Sei da solo? Dove stai andando?»
«Io sono Barry, sto andando al Paiolo Magico, alloggio lì».
«Allora vai. Non è prudente stare troppo fuori da soli» disse James, appoggiandogli una mano sulla spalla.
«Grazie, ora mi muovo».
Harry sia allontanò velocemente, ma non poteva fare a meno di continuare a voltarsi per guardare suo padre. No, pensò. Lui non è mio padre. Era James Potter, certo, ed era identico a lui, tuttavia non era il James Potter che aveva contribuito a dargli la vita. Come lui non era l'Harry Potter che apparteneva a quella realtà. Qui i coniugi Potter avevano seppellito il figlio quando aveva poco più di un anno; come avrebbero reagito vedendosi comparire davanti un Harry di quasi diciotto anni? Non era sicuro che lo avrebbero accettato.
Quando rientrò al Paiolo Magico, il cuore aveva ripreso il ritmo naturale, ma le gambe avevano ancora la consistenza della gelatina.
«Tutto bene, Barry?» gli chiese Narcissa, mentre ripuliva due bicchieri dietro al bancone del locale. «Sembri aver visto un Inferius!»
«Sto bene, grazie. Solo che non mi piace molto percorrere Diagon Alley in questo periodo» inventò Harry.
«È naturale, ne parlerò con Andromeda. Troveremo una soluzione» continuò la donna, sovrappensiero. «La cena sarà servita alle sei, come sempre. Puoi andare in camera a rinfrescarti un po', mentre aspetti».
Harry salì in camera e fece come aveva suggerito Narcissa. Ricordava ancora la domenica mattina quando, dopo essere sceso per fare colazione, si era trovato davanti Draco Malfoy e la madre. Non era riuscito a nascondere la sorpresa e anche un po' di timore, per il sospetto che fossero Mangiamorte. Poi Andromeda gli aveva spiegato che la sorella era scappata di casa con il figlio, perché il marito Mangiamorte, voleva far marchiare anche il ragazzo. La donna però si era opposta e la sera, mentre Lucius Malfoy era fuori casa, aveva deciso di andarsene con il figlio. Harry era contento di sapere che fosse riuscita a salvare il figlio, cosa che nella sua realtà era andata diversamente. In più, aveva scoperto che Draco non era nemmeno troppo antipatico. Aveva sempre i suoi modi altezzosi, la sua parlata strascicata e si rifiutava di dare una mano al locale perché, come lo aveva sentito urlare a Narcissa: «Non era uno schifoso Elfo Domestico». Ma non lo guardava male né lo trattava come il Draco che aveva conosciuto; la sera prima avevano giocato a Gobbiglie e avevano chiacchierato tranquillamente, come due persone che cercavano di conoscersi.
Quando uscì dalla doccia, si sentiva meglio, anche se nuove riflessioni avevano cominciato a prendere forma nella sua testa. Se Voldemort aveva ucciso Harry Potter, voleva dire che aveva scelto ancora lui come suo eguale, secondo quanto diceva la Profezia. Era ancora una volta il solo a poter sconfiggere il mago? Aveva creato anche qui gli Horcrux? Ed erano quelli che conosceva già, oppure aveva scelto altri oggetti?
Ricordava che Silente aveva avuto conferma degli Horcrux grazie al diario di Tom Riddle che Harry aveva distrutto al secondo anno. Da quello che poteva dedurre, qui nessuno lo aveva distrutto, perché Voldemort non aveva dovuto usare il diario per cercare di risorgere. Come avrebbe dovuto muoversi per sapere qualcosa? Non poteva presentarsi da Silente e dirgli tutto quello che sapeva senza sollevare sospetti. Poteva affidare un messaggio a Fanny, ma sarebbe venuta da lui, se l'avesse chiamata? E se Silente avesse coinvolto altri, e qualcuno fosse morto? Erano già morte troppe persone per colpa sua, non poteva lasciare che succedesse un'altra volta. Qui erano vivi, forse non felici a causa della Guerra che sembrava infinita, ma vivi. Tutti. Avrebbe dovuto fare da solo, non poteva permettere che altri rischiassero la vita. Lì nessuno lo conosceva, nessuno avrebbe pianto la sua morte se qualcosa fosse andato storto. Ripassò mentalmente tutti gli Horcrux che aveva creato il Voldemort che aveva conosciuto. Se voleva verificare che fossero gli stessi, doveva cominciare da quello più vicino a lui e, allo stesso tempo, il più facile da prendere: il medaglione di Salazar Serpeverde. Doveva solo informarsi sui membri della famiglia Black ancora in vita, per sapere se la casa al numero dodici di Grimmauld Place era vuota. Decise che il giorno seguente avrebbe cominciato a cercare informazioni su Regulus Black. Se era morto verso la fine degli anni Settanta, voleva dire che il medaglione, o qualche altro oggetto a lui collegato era a Grimmauld Place; se il fratello di Sirius era ancora vivo, voleva dire che l'Horcrux era ancora nella caverna e lui sarebbe stato nei guai. Quando era andato con Silente la prima volta, si erano Smaterializzati; non aveva la minima idea di dove fosse il posto. È inutile pensarci adesso, pensò. Domani comincerò a cercare qualche risposta; solo allora potrò iniziare a preoccuparmi.

 

***

Albus Silente non amava particolarmente la professoressa Cooman, l'insegnante di Divinazione. Se quel giorno, durante il colloquio, non avesse predetto la Profezia sulla nascita dell'unico in grado di sconfiggere Voldemort, avrebbe cancellato la materia dal programma della scuola e avrebbe rimandato a casa la donna. Ma la Profezia era stata pronunciata e lui si era sentito in dovere di ospitare la donna al castello, unico posto davvero sicuro in tutta la Gran Bretagna. Ultimamente Sibilla aveva rinunciato alla pulizia del suo Occhio Interiore e all'isolamento sulla sua torre, per passare più tempo in Sala Grande. La cosa provocava lo scontento di molti altri professori, Minerva in testa, anche se nessuno aveva il buon cuore di farle notare quanto inutili ritenessero le sue fantasticherie sul futuro. 
«Minerva, non negare, ne sono certa ormai. Presto la Guerra finirà, è arrivata la risposta a tutti i nostri problemi» stava dicendo la Cooman, seduta tra Minerva e Severus, ripetendo per la millesima volta la storia che, a detta di tutti, si era inventata quattro giorni prima. «Ve l'ho detto, le carte non mentono: il bambino è tornato».
Il Preside scosse la testa, sconsolato. Per quanto sperasse che la donna avesse ragione, non le avrebbe creduto, a meno che non fosse caduta nello stesso stato di trance che l'aveva colpita quando aveva pronunciato la Profezia.
«Albus, ti prego» disse Severus, che sembrava sul punto di esplodere. «Qualsiasi cosa, ma se continua a ripetere questa storia, mi licenzio».
Silente trattenne a stento una risata. «E cosa faresti, Severus? So che in fondo ti piace insegnare... Molto in fondo».
«Allora cambia argomento!»
«Comincia tu una conversazione, se proprio non la sopporti».
Severus lo fulminò con lo sguardo. «Nemmeno tu la sopporti, lo so per certo».
Silente sospirò, poi decise di fare il suo dovere di Preside.
«Ehm, Sibilla. Mi domandavo se hai saputo del furto di sfere di cristallo in Francia...»

 

***

«Lily, sono tornato!»
«James, stai bene!» esclamò una donna dai folti capelli rossi, correndo incontro al marito. «Non mi piace quando vai fuori in missione per il Ministero».
«E a me non piace quando tu vai in missione per l'Ordine» la rimbeccò lui, dandole un leggero bacio sulle labbra.
«Tra dieci minuti è pronta la cena» disse Lily, prima di ricambiare il bacio.
James appese il mantello nell'ingresso e lasciò le scarpe poco lontano. Ignorò le orribili ciabatte viola con pois verdi che Sirius gli aveva regalato per il compleanno e si avviò in salotto. I suoi piedi, stanchi per le ore di lavoro prima in ufficio e poi in strada per la ronda, trovarono un po' di sollievo nella morbida moquette beige del salotto. Si lasciò cadere esausto sul divano di pelle e prese in mano la cornice che era appoggiata sul tavolino. Un paio di occhi, verdi come quelli di Lily, lo osservavano divertiti da sotto un ciuffo di ribelli capelli neri, proprio come i suoi. Il bambino, che aveva appena un anno, sorrideva e cercava di salutare con la manina, riuscendo solo a produrre qualche gesto scoordinato.
«Mi manchi, cucciolo».
Non aveva più trovato pace dopo la morte del figlio e nemmeno Lily. Di notte sognava ancora l'urlo straziato di Sirius, quando aveva trovato il corpo senza vita del bambino, davanti alla porta della loro casa. Lily si era sentita male ed era stata ricoverata quasi due settimane al San Mungo. Quel giorno aveva giurato morte a Voldemort, ma dopo quasi diciotto anni non era ancora riuscito ad eliminare il mostro.
Ripensò al ragazzo che aveva visto a Diagon Alley. Si era accorto che lo guardava in un modo strano, come se non credesse a quello che vedeva. Barry, così aveva detto di chiamarsi, sembrava conoscerlo, o almeno, sembrava sapere chi fosse. Lui era certo di non aver mai visto quel ragazzo, eppure quando aveva incrociato i suoi occhi, aveva provato una strana sensazione di calore, vicino al cuore. Probabilmente era perché aveva più o meno l'età che avrebbe avuto il suo Harry, se non fosse morto. Quel ragazzo gli era sembrato terribilmente triste e solo. Per tutto il resto della ronda non aveva pensato ad altro. Immerso com'era nei suoi pensieri, non sentì la voce di Lily che lo chiamava e, quando la moglie posò una mano sulla sua spalla, sussultò.
«James, è la quarta volta che ti chiamo» disse Lily.
«Scusami, ero perso nei miei pensieri».
Appoggiò la cornice sul tavolino e seguì Lily in cucina. C'era un buon profumo di arrosto appena cotto, ma James non aveva più molta fame. A volte si illudeva di aver superato la morte del figlio, ma era soltanto un'illusione. Bastava una foto o un ricordo e tutto il dolore che aveva provato quel giorno tornava più forte che mai.
«Riusciremo mai a superarlo?» chiese, sapendo che Lily provava la stessa cosa.
«No, James. Non ce la faremo mai, ma dobbiamo andare avanti; dobbiamo continuare a combattere anche per lui».
«Non credo di avere più la forza necessaria per farlo».

 ______________________

Ciao a tutti! Ecco a voi il quarto capitolo della storia. Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!! ^__^ Grazie a tutti quelli che continuano a leggere e recensire e a quanti continuano solo a leggere (fatevi sentire anche voi, non mangio nessuno!!)
Grazie a quelli che l'hanno inserita tra le preferite(12), le seguite(31) e le ricordate(1).
Il prossimo capitolo arriverà  martedì o mercoledì! :)
Baci,
Lucy

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Capitolo 5
*** Bravi ragazzi ***


La nuvola di polvere che si era sollevata quando aveva estratto le vecchie copie del Profeta, fecero starnutire Harry. A quel rumore, un signore seduto poco lontano nella piccola biblioteca, gli lanciò un'occhiataccia. Harry lo ignorò e controllò le date dei quotidiani. Sfortunatamente non ce n'era nessuna della fine degli anni settanta, periodo in cui doveva essere morto il fratello di Sirius. Rimase quasi due ore a leggere tutti i giornali che aveva recuperato, ma l'unica informazione utile che trovò erano due righe in una copia di due anni prima.

 Si è spenta ieri sera nella dimora di famiglia ,Walburga Black, della nobile e antichissima casata risalente al Medioevo. Pochi sono i membri della famiglia ancora in vita: Sirius, figlio della donna e le nipoti Bellatrix, Andromeda e Narcissa.

Harry non era particolarmente soddisfatto, ma tutte le altre copie erano andate distrutte quattro anni prima; non aveva alcuna speranza di trovare notizie sulla morte di Regulus Black, ma almeno era certo che fosse morto. Questo voleva dire che la casa di Grimmauld Place era vuota, perché sapeva che Sirius non ci sarebbe mai andato ad abitare, L'unico essere vivente che avrebbe potuto trovare in quella casa era Kreacher, l'Elfo Domestico della famiglia Black.
Uscì dalla Biblioteca e sollevò il cappuccio del mantello. Mancavano pochi giorni all'arrivo dell'estate, ma quel sabato mattina le nuvole avevano ricoperto il cielo di Londra portando una leggera pioggerellina. Arrivò in Grimmauld Place senza troppi problemi, anche se non era certo di poter trovare la casa. Se fosse stata posta sotto l'Incanto Fidelius, per esempio, non aveva alcuna possibilità di entrare. Quando si fermò tra i numeri undici e tredici, pensò attentamente al numero dodici. Lentamente le due case si separarono, mentre una terza cominciava a comparire davanti ai suoi occhi; non poteva credere di essere stato tanto fortunato. Eppure la casa che aveva davanti era proprio quella che cercava, aveva davvero funzionato.
Aprì il cancello e il portone della casa, facendo attenzione che nessuno lo vedesse, ma la strada era deserta. La casa era come la ricordava: buia, polverosa e piena di teste di Elfi Domestici appese alle pareti. Si mosse, cercando di fare meno rumore possibile, e raggiunse il salotto dove aveva visto il medaglione per la prima volta. Ignorò il pensiero che, se Voldemort aveva usato altri oggetti come Horcrux, non aveva alcuna speranza di trovarne uno in casa Black, dato l'alto numero di cose oscure presenti. Girò qualche minuto per il salotto, osservando attentamente le mensole colme di oggetti di ogni forma e colore. Infine, quando stava cominciando a perdere la speranza, lo vide. Il medaglione era appoggiato in una delle mensole dietro al divano sfondato. Quando lo prese in mano, sentì distintamente il ticchettio che proveniva dal suo interno, segno che c'era qualcosa di vivo. Stava per metterlo in tasca, quando una voce lo bloccò.
«Chi è lei? Che cosa ci fa nella casa della Padrona?»
Harry si girò e si trovò di fronte l'unico abitante della casa.
«Ciao Kreacher».
«Il ragazzo conosce Kreacher?»
Harry rimase un attimo in silenzio, non sapendo cosa rispondere. Si era appena accorto che il suo piano aveva una piccola, pericolosa pecca: lui non era il padrone di Kreacher. Non poteva proibirgli di raccontare che era stato in quella casa e questo era un bel problema. Come membro della famiglia Black, anche Bellatrix aveva potere sull'Elfo; se la notizia della sua visita fosse giunta alle orecchie della Mangiamorte?
Decise infine di raccontare la verità, o almeno, i fatti che erano accaduti nella sua realtà.
«So che Regulus ti aveva affidato il compito di distruggere questo medaglione» spiegò, facendo dondolare l'oggetto che aveva in mano.
«Kreacher non ce l'ha fatta, ha fallito» disse l'Elfo, cominciando a torcersi le orecchie come punizione. «Kreacher ha disobbedito agli ordini, ha fallito».
«Io so come distruggere il medaglione, posso portare a termine il compito che ti aveva affidato Regulus».
Il viso dell'Elfo si illuminò. «Davvero? Il ragazzo può farlo?»
Harry annuì. «Ho bisogno di portarlo con me, però».
«Ma certo, certo. Kreacher è contento perché il padroncino Regulus sarebbe contento».
«Come... come stai?» chiese, preoccupato. Ricordava benissimo il cambiamento che aveva avuto l'Elfo, una volta che si erano dimostrati gentili nei suoi confronti. Gli dispiaceva di saperlo lì da solo, a parlare con il ritratto della madre di Sirius e nessun altro.
«Il ragazzo chiede a Kreacher come sta?»
Gli occhi della creatura erano talmente sgranati, che non riusciva a sbattere le palpebre.
«Il ragazzo si preoccupa per Kreacher?»
Sì, io volevo sapere se andava tutto bene qui. Se tu, magari, potessi aver bisogno di qualcosa...»
«Oh, Kreacher sta bene, non ha bisogno di nulla, grazie».   
«Kreacher, so che non sono il tuo padrone, ma vorrei che non dicessi a nessuno che sono stato qui».
Il piccolo Elfo annuì ed Harry lasciò la casa un po' più sollevato. Sapeva che, dietro un esplicito ordine dei suoi padroni, Kreacher avrebbe dovuto rispondere, ma almeno non avrebbe rivelato niente di sua spontanea volontà. Con non poca fatica riuscì a far entrare il medaglione nel sacchetto di Mokessino; di indossarlo, non aveva proprio voglia. Aver trovato un Horcrux non lo faceva stare meglio. Sapeva come distruggerlo, ma non aveva niente per farlo. Avrebbe potuto chiedere la spada di Grifondoro al Cappello Parlante, ma sarebbe stato inutile; nessuno l'aveva usata per uccidere un Basilisco, quindi non era intrisa del veleno che poteva distruggere gli Horcrux. L'unica altra arma che conosceva, era l'Ardemonio. Ma, oltre al fatto che non aveva la minima idea di come si evocasse, non era nemmeno sicuro di poterlo controllare. Aveva ancora in mente il disastro che Tiger aveva combinato nella Stanza delle Necessità e, nonostante il bisogno di distruggere gli Horcrux, non era davvero così disperato da rischiare di mandare a fuoco un intero edificio.
Forse devo riconsiderare l'idea di chiedere aiuto a qualcuno; non ho alcuna possibilità di farcela da solo.

 

***

Erano da poco passate le nove di sera, quando Silente lasciò il suo ufficio per dirigersi alla Testa di Porco. Sarebbe arrivato tardi alla riunione dell'Ordine, ma poco gli importava. Oltre al fatto che lui era a capo del gruppo e che quindi le riunioni non iniziavano mai prima del suo arrivo, la sua mente era ancora presa dal messaggio che Fanny gli aveva portato nel primo pomeriggio. Era un biglietto anonimo, di qualcuno che chiedeva di poter leggere un libro che era presente nella biblioteca di Hogwarts; o meglio, che era stato presente fino a quando lui non era diventato Preside e lo aveva tolto, assieme ad altri, pericolosi volumi. Segreti dell'Arte Più Oscura era un libro che conosceva bene, dato che lo aveva letto da studente, e si era sempre chiesto cosa ci facesse nella biblioteca di una scuola. Le magie e gli incantesimi presenti erano talmente oscuri che lo stesso Voldemort, ne era certo, avrebbe potuto imparare qualcosa. Non aveva la minima idea di quali informazioni preziose, così diceva la lettera, poteva contenere il libro; secondo lui erano un mucchio di incantesimi pericolosi, anche se nelle mani delle persone giuste. Per non parlare del fatto che, molto probabilmente, era l'unico libro contenente informazioni dettagliate su come creare un Horcrux. E certi argomenti, almeno per lui, era meglio fossero trattati da maghi adulti e, possibilmente, responsabili.
Come aveva previsto, quando arrivò alla Testa di Porco tutti i membri dell'Ordine erano presenti. 
«Buona sera a tutti, scusate il ritardo. Possiamo cominciare».
Prese posto vicino a Severus e cominciò ad elencare i punti della riunione.
«Bene, come forse avrete notato, da oggi abbiamo ufficialmente due membri in più nell'Ordine» disse, indicando Narcissa e Draco, seduti vicino ad Andromeda e Sirius.
«Purtroppo, come ormai saprete tutti, Severus non potrà più proseguire nel suo ruolo di spia. Questo ci mette in una posizione di netto svantaggio, ma dobbiamo continuare a combattere. Io e Malocchio stiamo cercando un'alternativa a Severus come spia, ma servirà del tempo. Non ho altro da dire; chi deve parlare, a turno chieda la parola».
Malocchio Moody batté alcuni colpi con il bastone, per attirare l'attenzione. Ad un cenno affermativo di Silente, cominciò a parlare.
«Dal Ministero arrivano cattive notizie. Wallis, uno degli Auror della scorta del Ministro è stato quasi sicuramente posto sotto Maledizione Imperius. Voldemort sta venendo sempre più allo scoperto ultimamente, potrebbe tentare di uccidere il Primo Ministro».
«Grazie, Alastor, avviserò io stesso Cornelius appena terminata la riunione. Riusciremo a farlo tornare in sé prima che combini troppi guai, mi auguro».
Draco Malfoy alzò una mano tremante, come se avesse paura di parlare davanti a tutte quelle persone.
«Draco, parla pure».
Il ragazzo prese un lungo respiro e cominciò a dire la sua, mentre la madre gli posava una mano sulla spalla, per incoraggiarlo.
«Ho fatto come mi ha chiesto, Signore. Sto tenendo d'occhio Barry Evans e posso dire che questa mattina ha visitato un luogo strano».
«In che senso, strano?» chiese Silente.
«Nel senso che non dovrebbe conoscerlo e non dovrebbe nemmeno essere in grado di entrarci: era nella dimora dei Black al numero dodici di Grimmauld Place».
«Cosa?» fece Sirius, scattando in piedi, sorpreso. «Non può essere. In quella casa possono entrare solo quelli che sono a conoscenza dell'esatta ubicazione». 
Silente gli fece cenno di sedersi e di lasciar parlare Draco. Sapeva che Barry aveva qualcosa da nascondere, dato che aveva lasciato il suo ufficio nonostante l'ordine di rimanere ad attenderlo. Aveva bisogno di sapere il più possibile su quel ragazzo e aveva lasciato Narcissa e il figlio al Paiolo Magico proprio per poterlo controllare meglio.
«Non l'ho seguito dentro, per paura che mi sentisse» riprese Draco. «Ma quando è uscito, ho visto chiaramente che nascondeva qualcosa in un sacchetto e poi è tornato a Diagon Alley. Allora sono entrato e ho chiesto allo stupido Elfo che c'era in casa se avesse visto qualcosa, ma non mi ha voluto dire niente. Quell'essere ha detto che, anche se in parte ero un Black, non ero abbastanza importante secondo lui, per essere incluso tra le persone a cui deve obbedienza. Ridicolo!»
«Non è un problema» intervenne Sirius. «A me lo dirà. Ci andrò subito appena terminata la riunione».
«Se non ti dispiace, vengo con te» disse Silente. Voleva assolutamente capirci di più in quella faccenda. Che un Elfo Domestico si rifiutasse di rispondere ad un membro, seppur lontano, della famiglia, era un fatto molto strano. Non riconoscevano membri più o meno lontani; tutti quelli che facevano parte della famiglia erano i loro padroni a tutti gli effetti. Barry doveva aver chiesto o detto qualcosa per convincere l'Elfo a non parlare, ma perché gli aveva dato retta? 
«Nessun problema».
«Bene, ci sono altre persone che vogliono parlare?»
Molly Weasley lanciò un'occhiata infuriata al marito, poi alzò la mano.
«Albus, so che mio figlio Ron, mia figlia Ginny ed Hermione Granger ti hanno chiesto di entrare nell'Ordine. Io non credo sia una buona idea, sono troppo piccoli».
Silente sospirò, sapendo che Molly era un vero osso duro, tanto che perfino il marito si chiamava fuori in molte discussioni. Lui non aveva niente in contrario nell'ammettere i ragazzi, tranne Ginny Weasley, che non aveva ancora raggiunto la maggior età.
«Sì, sono venuti a parlare nel mio ufficio. Per quanto riguarda Ginny, le ho già fatto notare che deve avere almeno diciassette anni e, possibilmente, aver superato i MAGO. Per quanto riguarda Ron e la signorina Granger, non vedo perché negar loro questa possibilità. In più, vorrei farti notare che tutti i tuoi altri figli fanno parte dell'Ordine»  aggiunse, indicando la schiera di ragazzi dai capelli rossi seduti poco lontano da lei.
La donna non sembrava per niente convinta e aveva aperto bocca per ribattere, ma il marito la precedette.
«Molly, Ron ed Hermione sono maggiorenni e possono scegliere da soli quello che vogliono o non vogliono fare. Nemmeno io sono felice della cosa, ma è inutile non coinvolgerli, quando comunque finiranno in mezzo a questa guerra una volta terminata la scuola».
Dopo qualche minuto di discussione, Molly cedette e accettò la presenza dei due ragazzi nell'Ordine, una volta che avessero finito la scuola.
«Bene, se nessuno ha altre questioni, terminerei qui la riunione. La prossima sarà tra una settimana, al Paiolo Magico. Buonanotte a tutti».

 

***               

Sirius aveva sempre detestato quella casa. Rappresentava tutto quello che la sua famiglia adorava: ricchezza, potere e magia oscura. L'unico ricordo che aveva di quella casa, era la madre che gli urlava contro quanto lui fosse inadeguato, la 'più grande vergogna per la famiglia', come lo chiamava sempre. Il padre non l'aveva mai aiutato, nonostante fosse stato un po' più elastico di Walburga. Il fatto che ad Hogwarts fosse stato smistato a Grifondoro, non aveva migliorato le cose. Da quel giorno anche il suo fratello minore Regulus, che prima lo prendeva ad esempio, aveva cominciato ad essere distaccato con lui, felice di fare tutto il possibile per mettersi in buona luce davanti ai genitori. A lui questo però non era mai importato, dato che a scuola aveva conosciuto James e Remus, i migliori amici che una persona poteva desiderare. Erano diventati la sua famiglia assieme a Peter, che nessuno nominava più dal giorno in cui aveva tradito tutti loro.
«Però, è davvero ben protetta» commentò Silente, mentre il numero dodici compariva davanti ai loro occhi.
«È per quello che non capisco come abbia fatto ad entrare quel Barry».
Quando entrarono nella casa, Sirius notò che non era cambiata affatto. Era buia e piena di oggetti oscuri; l'unica differenza, erano i segni della mancanza di abitanti. Polvere e ragnatele ricoprivano la maggior parte dei mobili e degli oggetti presenti. Per sbaglio urtò un orrendo vaso con dei serpenti neri che si frantumò al suolo, provocando un gran fracasso. Delle tende nell'ingresso si aprirono e una orrenda donna cominciò ad urlare.
«TU! Traditore, feccia! Fuori da casa mia, non hai il diritto di stare qui!»
Sirius rivolse una linguaccia al ritratto della madre, prima di richiudere le tende con un colpo di bacchetta.
«Vedo che la cara Walburga non ha voluto lasciare questa casa» disse Silente.
«No, purtroppo. Dov'è quel maledetto Elfo? Kreacher!»
Dopo qualche istante, un vecchio Elfo vestito con uno straccio lurido, che probabilmente non cambiava da anni, li raggiunse nell'ingresso.
«Cosa ci fa il padroncino nella vecchia casa della madre? Lui odia questo posto».
Sirius ignorò il commento, consapevole di non essere mai piaciuto alla creatura; naturalmente la cosa era reciproca. Detestava la casa e anche quell'inutile Elfo che adorava così tanto Walburga, da rifiutarsi di lasciare la casa anche dopo la sua morte. Sirius sapeva che passava il suo tempo a parlare con il ritratto della donna, cosa che doveva aver contribuito a peggiorare di molto la condizione mentale di Kreacher.
«So che questa mattina qualcuno è entrato in questa casa; che cosa si è portato via?»
L'Elfo prese a torcersi le orecchie, rifiutandosi di rivelare quello che era successo.
«Kreacher non vuole dire, lui è stato gentile con il vecchio Kreacher».
Sirius sbuffò spazientito. Non aveva tempo per gli stupidi scherzetti dell'Elfo.
«Kreacher! Ti ordino di dirmi quello che è successo questa mattina» disse, riformulando la domanda. Era un ordine e l'Elfo non poteva rifiutarsi, lo sapeva bene.
«Kreacher ha promesso al ragazzo buono che non avrebbe parlato, ma Kreacher è obbligato dal padrone... Il ragazzo ha preso il medaglione che il padroncino Regulus aveva affidato a Kreacher prima di morire. Kreacher doveva distruggerlo, ma non ce l'ha fatta, ha disobbedito...»
Sirius guardò l'Elfo, curioso. Perché  Regulus gli aveva affidato un compito del genere, prima di morire? Sapeva che sarebbe morto? Lui aveva sentito voci anni prima, secondo cui il fratello aveva deciso di lasciare i Mangiamorte, voltare le spalle a Voldemort e, proprio per questo, aveva pagato con la vita. E se fosse andata diversamente?
«Kreacher, com'è morto mio fratello?»
Di nuovo, l'Elfo prese a torcersi le orecchie, preferendo punirsi piuttosto che rispondere alla domanda.
«Kreacher, ti ordino di...»
«Aspetta» lo interruppe Silente. «Kreacher chiama Barry 'il ragazzo buono', sai perché?»
Sirius negò con la testa; non aveva la minima idea e, a dirla tutta, non era affatto interessato alla follia dell'Elfo.
«Io credo che Barry sia stato gentile con lui, vero?» continuò il Preside.
«Il ragazzo buono sapeva tutto, della morte del padroncino Regulus, tutto. Anche la missione che il padroncino aveva ordinato a Kreacher».
«Ehm, Kreacher... potresti essere così... gentile, da spiegarci com'è morto Regulus?»  chiese Sirius, sforzandosi di trattare bene l'Elfo.
«Padroncino Regulus aveva solo sedici anni quando si è unito al Signore Oscuro, l'orgoglio di tutta la famiglia. Dopo un anno, ha preso Kreacher e lo ha portato dal suo Signore, perché aveva bisogno di un Elfo. Padroncino ha ordinato di fare tutto quello che il Signore diceva e poi, tornare qui, a Grimmauld Place».
L'Elfo si interruppe, prendendo fiato, mentre il piccolo corpicino iniziava a tremare.
«Il Signore Oscuro ha portato Kreacher in una caverna e lo ha costretto a bere una pozione che era dentro un bacile... Kreacher stava tanto male, ma l'ha bevuta tutta. Poi, quando il bacile era vuoto, il Signore Oscuro ha messo un medaglione dentro e se n'è andato. Kreacher stava male, e ha bevuto l'acqua che c'era attorno al bacile... tante mani lo prendevano, lo tiravano giù... ma gli avevano ordinato di tornare, quindi è tornato qui»
«Hai raccontato a Regulus quello che era successo?»
Kreacher annuì. «Il padroncino era molto preoccupato e dispiaciuto per Kreacher. Un po' di tempo dopo, padroncino chiede a Kreacher di portarlo nella caverna. Ha dato a Kreacher un altro medaglione... che Kreacher doveva cambiare, poi doveva tornare a casa, senza... Padroncino ha bevuto la pozione, ed è stato trascinato in acqua... Kreacher ha scambiato i medaglioni e poi è tornato a casa... Non poteva dire a nessuno quello che aveva fatto, padroncino aveva ordinato...»
Sirius era scioccato. In tutti quegli anni aveva pensato che il fratello avesse voluto abbandonare Voldemort per paura, invece non era andata affatto così. Perché quel medaglione era importante? Che cosa aveva scoperto suo fratello di così grande, da spingerlo a fare qualcosa contro il suo Signore?
«Hai... Hai distrutto il medaglione?»
«No. Kreacher ha provato tutto, ma non ce l'ha fatta... Oggi, è arrivato il ragazzo buono e ha detto che lui sapeva come fare per distruggerlo, ma che doveva portarlo con sé... Kreacher lo ha lasciato andare...»
«Hai fatto bene, Kreacher, molto bene» lo rassicurò Sirius, che non aveva la minima idea di che altro dire.
«Sirius, devi chiedergli di non dire niente a nessuno di quello che ha visto oggi, né quanto successo anni fa» disse Silente, preoccupato.
«Come mai? Cos'ha quel medaglione?»
«Stiamo parlando di Voldemort; potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa».

______________________  

Ciao a tutti!!
ecco il quinto capitolo della storia. Spero vi sia piaciuto; fatemi sapere cosa ne pensate! E, come sempre, fatemi notare senza paura eventuali
errori di qualsiasi tipo!! Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e a chi continua a leggere in silenzio.
Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite(12), le seguite(38) e le ricordate(4).
Il prossimo capitolo arriverà venerdì,
baci
Lucy                     

 

 

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Capitolo 6
*** Una lunga chiacchierata - parte 1 ***


Harry rilesse per l'ennesima volta la risposta che gli aveva inviato Silente qualche giorno prima, deluso e divertito al tempo stesso.

Signor Barry Evans,
sì, sono certo che il messaggio anonimo arrivasse da lei. Ho il vago sospetto che la mia Fenice la trovi simpatico e degno di fiducia, vista la sua disponibilità nell'aiutare qualcuno che non è il suo padrone. Sono disposto a darle il libro che desidera, ma solo di persona. Preferirei essere sicuro che non cada nelle mani sbagliate. Se per lei va bene, la attendo martedì alle dieci di mattina davanti ai cancelli di Hogwarts.

Albus Silente.

 

Sapeva che il Preside non avrebbe ceduto facilmente, infatti non aveva davvero sperato che gli inviasse il libro, quando gli aveva mandato quel messaggio anonimo tramite Fanny. Probabilmente aveva sbagliato a chiamare la Fenice, ma non aveva ancora abbastanza soldi per comperare Edvige e gli dispiaceva disturbare troppo Andromeda. Non poteva presentarsi da Silente e rivelargli tutto quello che sapeva. Come avrebbe potuto spiegare la provenienza di quelle informazioni? Forse avrebbe potuto dire la verità, almeno al Preside. Sapeva che non si sarebbe tirato indietro e lo avrebbe aiutato, quindi meritava di sapere la sua storia. In quel modo avrebbe anche potuto capire come aveva fatto a finire in quel posto; Silente aveva sempre una risposta a tutto, anche se non sempre erano chiare. Guardò l'orologio appeso nella stanza e vide che mancavano pochi minuti alle dieci. Indossò il mantello e uscì dalla camera. Il Paiolo Magico era deserto quella mattina; l'unica persona presente era Narcissa, che leggeva una copia di Trasfigurazione Oggi, seduta dietro al bancone. Sapeva
che Andromeda e Remus erano di turno da qualche parte per l'Ordine, mentre Tonks era al Ministero. Ted, invece, era uscito assieme ad un seccato
Draco, per delle commissioni.
«Barry, non sapevo che dovessi uscire oggi» disse Narcissa, lanciandogli un'occhiata preoccupata, quando lo vide passare davanti a lei. Harry non capiva tutta la preoccupazione di Narcissa, dato che usciva quasi tutte le mattine per i fatti suoi. Perché quel giorno doveva essere diverso?
«Mi è arrivato un messaggio da Albus Silente, sto andando a Hogwarts per parlargli».
«Ah... bene, bene» fece la donna, sollevata, prima di immergersi nuovamente nella rivista.
Harry ignorò lo strano comportamento della donna, nonostante fosse insospettito, e si infilò nel primo vicolo che trovò; non aveva mai fatto l'esame di Materializzazione, ma era certo che sparire nel mezzo di una strada piena di Babbani costituisse una violazione dello Statuto di Segretezza. Arrivò proprio davanti all'alto cancello di ferro che costituiva l'ingresso principale di Hogwarts. Silente era già arrivato e lo aspettava pochi passi più in là, in una veste viola e nera che accompagnava un cappello a punta, con gli stessi colori.
«Buongiorno, professor Silente».
«Buongiorno, Barry Evans. Vogliamo andare nel mio ufficio?»
Mentre percorrevano i prati che circondavano il castello, Harry non poté fare a meno di guardarsi attorno, contento. Hogwarts era casa sua, aveva conosciuto molte persone fantastiche, pronte ad essergli amico non solo perché il suo nome era Harry Potter.
Nonostante alcuni ricordi, come la morte di Silente e il mese di battaglia che aveva preceduto la morte di Voldemort, poteva vantare solo momenti felici lì dentro. In compagnia di chi gli voleva bene e, soprattutto, lontano dagli zii e dal cugino che lo tormentavano per il suo essere 'anormale'.
«La sua espressione è davvero curiosa, signor Evans» disse Silente, che non aveva smesso di osservarlo da quando era arrivato.
«Credo di non capire».
«Nemmeno io, ma forse vorrà spiegarmelo lei» continuò Silente. «Una persona che vede Hogwarts la prima volta, tende a rimanere stupito della grandezza, del paesaggio e molte altre cose. La sua espressione, invece, mostra gioia e affetto, come una persona che torna in un posto che ha amato».
Non gli sfugge mai niente, pensò Harry.
«Effettivamente ha ragione, professore. Prima di parlare di questo, gradirei farle una domanda».
«Cosa ti fa credere che io abbia la risposta?»
«Ne sono certo. Professore, lei sa qualcosa a proposito di realtà diverse? Non saprei bene come chiamarle».
Silente lo osservò curioso, prima di parlare.
«Realtà diverse? Come dei fatti che coinvolgono le stesse persone, ma che si sono svolti in due modi diversi?»
«Suppongo di sì. Per esempio, da una parte due persone muoiono e una sopravvive, mentre dall'altra, di quelle stesse persone, una muore e due sopravvivono».
«Capisco. Sì, alcune persone parlano di Dimensioni Parallele, indipendenti tra loro ma in qualche modo collegate. Una squadra di Indicibili dell'Ufficio Misteri sta studiando la cosa, anche se con qualche problema» spiegò Silente.
«Quali problemi?» chiese Harry.
«Per prima cosa, non tutti quelli che hanno provato a cambiare Dimensione sono riusciti; inoltre, i due Indicibili che apparentemente sono riusciti a passare, non sono mai tornati indietro. Come mai tutto questo interesse per l'argomento?»
Avevano ormai raggiunto il Salone d'Ingresso del castello, che era deserto. Superarono vari corridoi, tutti deserti, come il Salone. Harry si guardò intorno, sorpreso. Giugno non era ancora finito, mancavano ancora alcuni giorni alla fine della scuola; dov'erano gli studenti?
«Gli allievi del settimo anno stanno sostenendo gli esami in Sala Grande» disse Silente, intuendo i pensieri di Harry. «Gli studenti del quinto anno, li hanno terminati la settimana scorsa e sono già tornati a casa; lo stesso vale per tutti gli altri anni».
«A causa di Voldemort?»
«Proprio così. Comunque, non hai risposto alla domanda. Come mai sei interessato alle Dimensioni Parallele?»
Avevano raggiunto il gargoyle di pietra davanti all'ingresso dell'Ufficio del Preside e, dopo che Silente pronunciò la parola d'ordine, salirono gli scalini di pietra e raggiunsero la stanza circolare. Il Preside prese posto dietro la scrivania e indicò ad Harry una sedia, di fronte a lui.
«Credo di essere finito in una Dimensione Parallela alla mia» disse Harry, rispondendo alla domanda di Silente. «Per questo mi interessa l'argomento, purtroppo i libri non mi sono stati d'aiuto».
Da quando era arrivato lì, aveva passato un sacco di tempo nella piccola biblioteca di Diagon Alley, alla ricerca di informazioni in proposito, senza alcun risultato.
«Non mi stupisce che tu non abbia trovato quello che cercavi nei libri. È un argomento piuttosto recente» spiegò il Preside. «Cosa ti fa credere di essere finito in un'altra Dimensione?»
«Beh, da dove vengo, lei è morto un anno fa».
Un lampo divertito passò negli occhi del Preside. Non ci trovo niente di divertente, pensò Harry, che alla morte dell'uomo si era sentito smarrito, senza una guida.
«Davvero?» chiese Silente, incuriosito. «Vorrei tanto sapere come sono morto, ma può aspettare, per il momento. Ci sono altri fatti che sono andati in un altro modo?»
Harry prese fiato, prima di sganciare la bomba.
«Direi proprio di sì, professore. Barry Evans non esiste. Il mio vero nome è Harry James Potter».
Harry osservò attentamente il viso di Silente, impassibile, come se fosse naturale che il figlio di Lily e James si trovasse lì, davanti a lui.
«Non assomigli per niente ai tuoi genitori, se sei veramente chi dici di essere» constatò il Preside.
Harry si ricordò che aveva trasfigurato il suo viso, per fare in modo che nessuno notasse la somiglianza con Lily e James.
«Quando sono venuto qui, ho modificato il mio aspetto, per essere meno riconoscibile. Potrebbe fare lei il contro incantesimo, così sarà sicuro che non ho imbrogliato» disse Harry, che in realtà non ricordava come fare per riprendere il suo solito aspetto.
Avrei dovuto impegnarmi di più durante le lezioni di Trasfigurazione, pensò.
Silente prese la bacchetta e fece un rapido movimento di polso. Harry sentì un tocco leggero, come un alito di vento, passare attraverso il suo corpo. L'espressione del Preside, prima impassibile, divenne di pura sorpresa; chiaramente aveva visto il suo vero aspetto e, di conseguenza, la somiglianza con Lily e James.
«Non c'è alcun dubbio su chi siano i tuoi genitori».
«Direi proprio di no».
Dopo la rivelazione, il silenzio calò nella stanza. Harry non aveva la minima idea di cosa dire o, meglio, aveva talmente tante cose da raccontare che non sapeva come cominciare. Sarebbe stato tutto più semplice se Silente gli avesse fatto qualche domanda, invece di continuare a fissarlo in silenzio.
«È una cicatrice strana» disse infine il Preside, indicando la fronte di Harry.
Devo raccontargli tutto, non posso limitarmi agli Horcrux, pensò il ragazzo. Se voglio che mi aiuti, devo fidarmi di lui come mi fidavo del Silente che ho conosciuto io.
«È una storia lunga».
Silente sorrise. Poi, con un colpo di bacchetta, fece comparire due tazze di the fumanti e un vassoio di pasticcini.
«Meglio mettersi comodi allora».
Harry prese la tazza e, dopo aver bevuto un sorso, cominciò a parlare.
«Quando avevo poco più di un anno, Voldemort uccise i miei genitori, poi cercò di uccidere me. Il suo piano però non funzionò, perché mia madre, che si era sacrificata per me, mi garantì una protezione. Così Voldemort quella notte scomparve, lasciandomi questa cicatrice come ricordo. Divenni famoso come Il bambino Sopravvissuto, colui che aveva sconfitto il più potente mago oscuro di tutti i tempi, senza nemmeno sapere come. Fui affidato alla sorella Babbana di mia madre, dove sarei stato protetto fino ai diciassette anni. Silente decise così, perché sapeva che Voldemort non era morto, era solo sparito. Arrivai al mio undicesimo compleanno senza sapere niente del mio passato, dei miei genitori o di Hogwarts. Le lettere che la scuola mandava vennero bruciate o strappate, così dovettero mandare qualcuno a parlarmi. Quando Hagrid mi rivelò quello che ero veramente, fu il giorno più bello della mia vita; sarei andato via dai miei zii Babbani, almeno per un bel po' di mesi».
«Fammi capire bene, stai dicendo che Voldemort è scomparso per un po'? Quindi, la guerra che era in corso, si è fermata» fece Silente, interrompendolo.
Harry annuì. «Sì, per un po' non ci furono notizie su di lui. Molti credevano fosse morto, ma fin dal mio primo anno a Hogwarts, fu chiaro che era ancora in circolazione. Silente aveva nascosto nella scuola la Pietra Filosofale, su richiesta del suo amico Nicolas Flamel, certo che qualcuno volesse rubarla. Ma nemmeno a scuola la pietra era al sicuro. Uno dei professori della scuola era posseduto da Voldemort e tentò di rubarla, verso la fine dell'anno, ma io lo impedii. Il secondo anno, la Camera dei Segreti venne aperta e cominciò una serie di attentati ai danni di studenti, che fortunatamente rimasero solo pietrificati».
«Questo mi ricorda un fatto di quando ero insegnante e Voldemort era a scuola» disse Silente, sovrappensiero. «La Camera venne aperta e una studentessa morì. Ricordo di aver cercato per anni il posto, aiutato da altri professori, ma senza successo».
«Io la trovai» continuò Harry. «Era un altro tentativo di Voldemort di riprendere il proprio corpo. Aveva posseduto una ragazza, grazie ad un diario in cui aveva racchiuso dei ricordi, diciamo, di sé. Ho ucciso il mostro che si trovava nella Camera, grazie anche a Fanny, e distrutto il diario, impedendo a Voldemort di tornare».
Harry si fermò, non sapendo bene come continuare il racconto. Voleva parlare di Sirius ma, oltre al fatto che la riteneva una questione più personale e che il solo pensiero del suo padrino morto lo faceva sentire malissimo, sapeva che era più importante parlare di Voldemort. Approfittò della pausa per prendere un pasticcino al cioccolato, che scoprì contenere un morbido ripieno di crema di vaniglia. Non ricordava di aver mai mangiato dei pasticcini così buoni a Hogwarts.
«Sono i miei preferiti» disse Silente, indicando il vassoio. «Gli Elfi sono sempre molto disponibili, ma torniamo a noi. Qual è il mostro che si trova nella Camera?»
Harry ingoiò il pezzo di pasticcino che stava masticando.
«Un Basilisco» rispose, prima di bere un sorso di the, che continuava a fumare come se fosse appena fatto.
«Ma certo, stiamo parlando del mostro di Salazar Serpeverde. Poi, che cosa è successo?»
«Alla fine del mio quarto anno, Voldemort riuscì a tornare, grazie all'osso di suo padre, la mano di Peter Minus e il mio sangue. Purtroppo però nessuno credette a me, tranne Silente e i miei amici, perché Voldemort rimase nascosto, si rivelò solamente ai Mangiamorte. Il Ministro della Magia faceva di tutto per screditare me e Silente, ma alla fine dovette ricredersi, perché lui stesso vide Voldemort al Ministero».
«Che cosa ci faceva Voldemort al Ministero della Magia?»
«Cercava la Profezia che ci riguardava, quella che Sibilla Cooman aveva pronunciato davanti a Silente, di cui Voldemort conosceva solo una parte. È stata anche colpa mia, sono stato uno stupido. Ho passato un anno a fare sogni strani, che si rivelarono essere visioni della mente di Voldemort; in qualche modo eravamo legati. Silente ordinò a Piton di darmi lezioni di Occlumanzia, ma non mi sono mai applicato molto, anche perché il professore non si sforzava di nascondere l'odio per mio padre e per me. Non ci siamo mai sopportati molto. Voldemort usò il collegamento per attirarmi al Ministero, mi fece credere di aver rapito il mio padrino, Sirius, e di averlo portato all'Ufficio Misteri. Era una trappola e ci sono caduto, come uno stupido. Alcuni membri dell'Ordine sono arrivati e hanno lottato contro i Mangiamorte, ma Sirius è morto».
«Capisco, quindi sapevi della Profezia?»
«No, Silente me lo disse solo dopo la morte di Sirius. Anche lui si sentiva responsabile, in parte, perché avrebbe potuto rivelarmi prima la verità e io non sarei mai andato al Ministero. Dopo quel momento, tutti seppero che Voldemort era veramente tornato, anche se lui rimase sempre nascosto, non agiva mai direttamente».
«Nemmeno qui lo fa; agire direttamente non è nel suo stile».
«Durante il sesto anno, Silente cominciò a darmi lezioni private. Mi mostrava ricordi del passato di Voldemort, mi ha insegnato tutto quello che aveva portato Voldemort a fare quello che ha fatto; lo abbiamo, studiato e, infine, mi ha rivelato quello che aveva fatto per rimanere in vita».
«Quindi Voldemort era diventato immortale?» chiese Silente. «Come aveva fatto?»
«Horcrux».                       

____________________________

Ciao a tutti!!
Ho dovuto interrompere qui il capitolo e fare due parti, o sarebbe stato troppo lungo. La seconda parte arriverà DOMANI, dato che è stata scritta assieme a questa. Devo solo controllarla. :)
Grazie a tutti quelli che hanno recensito e a coloro che continuano a leggere in silenzio. Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite(13),
le seguite(46) e le ricordate(6).
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Qualcuno, forse, aspettava questa parte, spero di non aver deluso eventuali aspettative. 
A domani,
Lucy

  

 

 

 

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Capitolo 7
*** Una lunga chiacchierata - parte 2 ***


«Horcrux» ripeté Silente, orripilato. «Solo Voldemort poteva pensare ad una cosa del genere. Ora si spiegano molte cose, come il perché tu volessi il libro Segreti dell'Arte Più Oscura».
«Vede, nella mia Dimensione, ho usato una spada per uccidere il Basilisco, che così si è impregnata del veleno...» spiegò Harry.  
«... una delle poche sostanze in grado di distruggere un Horcrux» concluse il Preside.
«Quindi, hai usato quella per distruggere tutti gli Horcrux, è corretto?»
Harry annuì, anche se non era esattamente così; avevano usato anche una delle zanne del Basilisco e l'Ardemonio, ma erano dettagli che poteva risparmiare.
«Non sono molte le sostanze che ci possono essere utili » continuò Silente. «L'Ardemonio può essere molto pericoloso e lo userei solo in casi estremi».
«E l'Anatema che Uccide?» chiese Harry, dato che era stata quella maledizione a distruggere il pezzo di anima che si trovava nel suo corpo.
«Gli oggetti non hanno vita, quindi non possono morire» rispose Silente. «Certo,  l'Horcrux racchiude un pezzo di anima, ma questa non dà vita all'oggetto, quindi quell'incantesimo è inutile. Comunque, hai detto che hai già distrutto una volta gli Horcrux, quindi sai cosa sono, giusto?»
«Sì. Il Medaglione di Salazar Serpeverde, la Coppa di Tosca Tassorosso, il Diadema di Priscilla Corvonero, l'anello di Orvoloson Gaunt, il Diario di Tom Riddle e Nagini» elencò Harry, contandoli sulle dita, per essere certo di non dimenticarne nessuno.
«Chi è Nagini?»
«Il serpente di Voldemort» spiegò Harry.
«Voldemort non ha alcun serpente» disse Silente.
«Come?» chiese Harry, sorpreso. Ricordava perfettamente l'enorme serpente che aveva incontrato fin troppe volte nella sua vita; perché in questa Dimensione non c'era? Che cosa c'era di diverso?
«Professore, potrebbe prestarmi il Pensatoio?»
«Ma certo!» esclamò Silente. «Vedere un ricordo da fuori è molto utile, lo faccio spesso anche io. Aiuta a notare particolari che tendono a sfuggirmi, magari per la scarsa attenzione o, almeno da parte mia, anche l'età avanzata, perché no...»   
Si alzò e si avvicinò ad un alto armadio semiaperto, da cui estrasse un grosso bacile di pietra. Tornò alla scrivania e vi posò il Pensatoio.
Harry non aveva mai estratto un ricordo, ma lo aveva visto fare spesso, era quasi certo di poterlo fare senza problemi. Portò la bacchetta vicino alla tempia e pensò intensamente al ricordo che gli serviva, alle parole, la stanza, quello che aveva visto...
Lentamente un filo argenteo cominciò ad uscire dalla sua testa e lo depositò nel bacile.
«Posso venire anche io?» chiese Silente.
«Certamente, professore».
Si tuffarono nel Pensatoio e si trovarono all'interno dello stesso ufficio che avevano lasciato, con le stesse due persone al suo interno.

«Non credo» stava dicendo Silente. «Penso di sapere che cos'è il sesto Horcrux. Cosa dici se ti confesso che è da un po' che mi incuriosisce il comportamento del Serpente, Nagini?»
«Il serpente?» chiese Harry. «Si possono usare gli animali come Horcrux?»
«Beh, non è consigliabile, perché affidare una parte della propria anima a qualcosa che può pensare e muoversi autonomamente è molto rischioso. Tuttavia, se i miei calcoli sono corretti, a Voldemort mancava ancora un Horcrux quando entrò nella casa dei tuoi genitori con l'intenzione di ucciderti. Pare che abbia associato la creazione degli Horcrux a morti particolarmente significative. La tua certo lo sarebbe stata. Era convinto che uccidendo te avrebbe distrutto il pericolo annunciato dalla Profezia. Credeva di rendersi invincibile. Sono sicuro che intendeva creare il suo ultimo Horcrux con la tua morte. Come sappiamo, fallì. Dopo un intervallo di alcuni anni, però, usò Nagini per uccidere un vecchio Babbano, e può darsi che gli sia venuto in mente allora di trasformarla nel suo ultimo Horcrux. Lei sottolinea il legame coi Serpeverde, ciò che alimenta la mistica di Lord Voldemort. Credo che le sia più affezionato che a qualsiasi altra cosa; di sicuro ama averla vicina e sembra esercitare su di lei un controllo insolito, persino per un Rettilofono».    

 

Il ricordo terminò ed Harry e Silente si ritrovarono nell'ufficio del Preside. Era stato davvero strano guardarsi dentro ad un ricordo, almeno per Harry.
«Che cosa cercavi esattamente in quel ricordo?» chiese Silente, riprendendo posto dietro la scrivania.
«Un indizio per capire come mai Voldemort non abbia un serpente in questa Dimensione» rispose Harry.
«Solo tu puoi capirlo, ragazzo mio. Io non sono lo stesso Silente che hai conosciuto tu» disse Silente. «Rifletti: che cosa è cambiato qui?»
Harry continuò a pensare a quello che aveva visto nel Pensatoio, a quello che era successo nella sua Dimensione e a quello che era successo in quella in cui si trovava. Poi, come un fulmine che illumina il cielo nero nel mezzo di un temporale, la risposta arrivò, chiarendo tutto.
«Qui Voldemort non è mai caduto».
«E questo come si colloca nella faccenda del serpente?» chiese Silente.
«Ho dato per scontato che Nagini fosse sempre stata con Voldemort, che l'avesse trovata nei suoi viaggi durante la creazione degli Horcrux» spiegò Harry. «Ma Silente non ha detto con esattezza da quanto il serpente fosse con Voldemort. So per certo che l'ha usata per uccidere quel Babbano. Era l'estate prima del mio quarto anno, dopo che Peter Minus lo aveva raggiunto nella foresta in Albania, dove si nascondeva quando non aveva un corpo».
«Molto bene» disse Silente. «Potrebbe aver trovato allora il serpente e qui, come sappiamo bene, Voldemort non è mai caduto. Non si è rifugiato in Albania, quindi non ha incontrato questa Nagini».
Harry non era del tutto convinto. Voldemort aveva presto il Diadema di Corvonero proprio nella stessa foresta dell'Albania in cui si era successivamente nascosto. Poteva benissimo aver trovato Nagini in quel periodo. Oppure, non era ancora nata?
«È proprio sicuro che non ci sia alcun serpente? Magari non lo ha mai portato con sé» insisté Harry, non ancora convinto della teoria che avevano appena elaborato. Oltre a questo, c'era anche il pensiero che, se Voldemort non aveva Nagini, avrebbe dovuto scoprire quale altro oggetto conteneva il sesto Horcrux.
«Ne sono sicuro» ripeté Silente. «Ma se proprio vuoi, possiamo chiedere a Severus, che fino a pochi giorni fa era più vicino a Voldemort di qualsiasi altro Mangiamorte».
Si alzò e accarezzò delicatamente il dorso della Fenice che era appollaiata sul trespolo nell'angolo. «Vai a chiamare Severus».
Fanny alzò leggermente la testa, poi sparì con una fiammata.
«Professore!» disse Harry, allarmato. «Piton non può vedermi così».
«Hai ragione. Non vorrei che la tua identità arrivasse a orecchie indiscrete; Voldemort deve continuare a credere di essere al sicuro».
Con un colpo di bacchetta, il Preside trasfigurò il viso di Harry, che riprese l'aspetto che ormai apparteneva a Barry Evans.
Non dovettero attendere molto, che Severus Piton fece il suo ingresso nell'ufficio, assieme a Fanny.
«Volevi vedermi, Albus?»
«Sì, Severus. Il signor Evans ed io stavamo avendo una piacevole chiacchierata e avevamo bisogno del tuo aiuto. Per caso, Voldemort ha un serpente?»
«Non ho mai visto serpenti vicino al Signore Oscuro, né ho mai sentito discorsi in proposito» rispose Piton.
«Nemmeno riguardo ad altri animali o qualche oggetto cui teneva particolarmente?» chiese Harry, ormai sull'orlo della disperazione. La sua speranza di distruggere gli Horcrux in breve tempo sembrava ormai sfumata.
«No, nulla di simile. Come mai tutto questo interesse?»
«Oh, semplice curiosità» rispose Silente. «Grazie, Severus, puoi andare».
«Questo è un problema» disse Harry, non appena Piton lasciò la stanza.
«Al momento, concentriamoci sugli Horcrux che conosci».
«Molto bene. Voldemort aveva diviso la sua anima in sette parti: sei racchiuse negli Horcrux, mentre la settima parte era dentro al suo corpo» spiegò Harry. «I sei Horcrux erano: il medaglione di Serpeverde, la coppa di Tassorosso, il diadema di Corvonero, un diario che Tom Riddle aveva a scuola, l'anello di Orvoloson Gaunt e Nagini».
«Bene, molto bene. Direi che possiamo cominciare la ricerca tra una settimana, quando saranno finiti gli esami dei ragazzi del settimo anno... A meno che tu non sappia già dove sono».
Harry annuì. «Il medaglione è già in mio possesso; era a Grimmauld Place, lo aveva preso Regulus Black».
«Sì, Kreacher ha raccontato a me e Sirius tutta la storia. E gli altri?»
«Il diadema di Corvonero non sarà un problema, è a Hogwarts» continuò Harry. «Mentre l'anello di Gaunt è in una catapecchia a Little Hangleton, vicino alla dimora dei Riddle. Per il diario e la coppa sarà più complicato. Il diario dovrebbe essere a casa di Lucius Malfoy, mentre la coppa si dovrebbe trovare alla Gringott, nella camera blindata dei Lestrange».
«Gli ultimi due sono decisamente un problema, ma troveremo una soluzione» lo rassicurò Silente. «Dovremo muoverci con cautela e, possibilmente, di notte».
«Ha intenzione di aiutarmi?» chiese Harry.
«Ma certo, mio caro ragazzo. Hai già affrontato tutto questo da solo una volta; sarebbe davvero troppo farti fare tutto da solo un'altra volta».
«Non ero solo, avevo i miei amici» precisò Harry. «E sono più che sicuro che, se non fosse morto, Silente sarebbe stato con me, per non dire che avrebbe fatto tutto lui».
«Molto gentile da parte tua, ti ringrazio» disse Silente, sorridendo. «Dovremmo anche pensare ad un modo per procurarci veleno di Basilisco. Hai detto di sapere dov'è la Camera dei Segreti, giusto?»
«Esattamente. Si entra passando per un bagno al secondo piano e...» le parole gli morirono in gola, quando si rese conto di aver sollevato un altro, enorme problema.
«Harry, tutto bene?»
«No, accidenti!» esclamò, maledicendosi. «Per entrare nella Camera dei Segreti, bisogna parlare Serpentese».
«Poco fa hai detto di essere entrato nella Camera al tuo secondo anno».
«Io... Ho omesso una cosa, prima: anche io ero un Horcrux. Avevo un pezzo dell'anima di Voldemort dentro al mio corpo, che mi dava la capacità di parlare Serpentese. Una volta distrutto il pezzo di anima, credo di non esserne più capace».
Attimi di silenzio seguirono le parole di Harry.
«Va bene» disse infine Silente. «Al momento preoccupiamoci di recuperare tutti gli Horcrux senza sollevare sospetti. Poi potremo pensare a come distruggerli».

 

***

Era da poco passato mezzogiorno quando Andromeda e Tonks tornarono dalla missione per l'Ordine. Narcissa, che aveva passato tutta la mattina da sola al Paiolo Magico, si stava davvero annoiando.
«Ted e Draco?» chiese Tonks, notando la mancanza di vita nel locale.
«Fuori per delle commissioni, avevano detto» spiegò Narcissa. «Anche se mi sembra strano che non siano ancora tornati».
«Sono certa che stanno bene» disse Andromeda, senza però riuscire a nascondere la sua preoccupazione. «Piuttosto, dov'è Barry?»
«È andato a Hogwarts a parlare con Silente».
«E tu gli hai creduto?» chiese Tonks. «Silente ci aveva detto di non perderlo mai di vista. Se Draco è con mio padre, chi ha seguito Barry?»
Narcissa sospirò. Anche lei aveva avuto dei sospetti quando Barry le aveva detto che sarebbe uscito, dato che Draco non era al locale e non avrebbe potuto seguirlo. Tuttavia, non poteva fare a meno di pensare che Silente esagerasse nel tenere d'occhio il ragazzo; aveva l'età di Draco, che cosa mai avrebbe potuto fare di male? Sapeva che il Signore Oscuro aveva molte persone al suo servizio, tra cui molti ragazzi. Ma non riusciva proprio ad immaginare che quel ragazzo potesse avere a che fare con lui.
«Non avevo alternative» si difese. «Lo avrei seguito io, ma non potevo abbandonare il locale. Tu e Andromeda eravate in missione per l'Ordine, Ted e Draco erano fuori e Remus era a casa di Sirius. Che avrei dovuto fare?»
Tonks aprì bocca per ribattere, ma la madre la precedette.
«Ora basta! È andata così ormai, non possiamo farci niente. Andate di là e cominciate a preparare la tavola; tra poco si mangia».

 

***         

Lily girovagava per casa, in ansia. James era uscito con Frank Paciock, per una missione dell'Ordine. Non riusciva a stare tranquilla, era preoccupata che qualcosa potesse andare male. Ogni volta che lo vedeva uscire di casa e lei si rimaneva da sola, passava ore con la paura di non vederlo mai tornare. Di solito cercava di distrarsi leggendo, preparando pozioni o guardando la televisione che James aveva tanto voluto quando aspettavano Harry.
«Così potrà guardare i Cartoni Armati» aveva spiegato James, mentre cercava di avvitare due pezzi usando un metro di legno.
«Cartoni Animati, James, Animati!» lo aveva corretto lei, passandogli un cacciavite.
Purtroppo, nessun cartone animato era passato per quella televisione, dato che il loro bambino era morto poco dopo aver cominciato a pronunciare le prime paroline. Andò in cucina e si preparò una camomilla, per cercare di tranquillizzarsi. Stava soffiando sul liquido bollente, per farlo raffreddare, quando Fanny portò un messaggio di Silente.

Riunione straordinaria a Hogwarts, tra dieci minuti.

 La tazza cadde, frantumandosi al suolo. Il liquido, ancora caldo, andò a sporcare il pavimento di marmo bianco della cucina. L'unico motivo per cui Silente convocava una riunione straordinaria dell'Ordine, era per annunciare la morte di qualche membro, durante una missione.
L'ultimo pensiero che passò per la testa di Lily mentre usciva di casa, fu che gli unici due membri in missione erano James e Frank.        _____________________           

Ciao a tutti!
Come avevo detto, ecco la seconda parte del capitolo.
Spero che vi sia piaciuto e, anche qui, di non aver deluso eventuali aspettative.
Grazie a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo e a quanti continuano a leggere in silenzio. Grazie ai 16 che hanno messo la storia tra le preferite, i 49  che l'hanno messa tra le seguite e i 9 che l'hanno inserita tra le ricordate.
La parte del pensatoio, scritta in corsivo, l'ho presa dal sesto libro di Harry Potter.
Il prossimo capitolo arriverà martedì!
Baci,
Lucy                     

 

 

     

 

 

  

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Capitolo 8
*** La riunione ***


Harry aveva seguito Silente fuori da Hogwarts, fino alla Testa di Porco, dove avevano preso il passaggio che portava alla Stanza delle Necessità.
«Di solito non teniamo riunioni al castello, quando ci sono gli studenti» gli aveva spiegato Silente. «Ma sono in pochi e usando questo passaggio, non dovrebbero notare niente di strano».
«Dove si tengono le riunioni, di solito?»
«Oh, un po' qui e un po' lì, ma mai due volte di seguito nello stesso posto».
Quando Silente aprì la porta che si trovava alla fine del passaggio, si trovò in una perfetta sala riunioni. Alcune file di sedie rosse e oro ricoprivano metà della superficie della stanza, mentre di fronte si trovava un'unica poltrona, posta su una pedana di legno scuro.
«Questa Stanza non finirà mai di stupirmi» commentò Silente. «Accomodati pure, gli altri arriveranno a breve. Non ti ho ancora detto... ci saranno anche Lily e James alla riunione. Non ci sono problemi, vero?»
«Va bene, poi ho già incontrato mio... James, una sera che era di turno a Diagon Alley. È andata bene».
Tralasciando il fatto che sono quasi svenuto per l'emozione, pensò poi. Cosa mi succederà quando avrò davanti Lily?
Si sedette in uno dei primi posti della seconda fila, mentre Silente aspettava gli altri dalla porta. Non aveva idea di che cosa sarebbe successo durante la riunione; sapeva solo che Silente lo avrebbe ufficialmente presentato come un nuovo membro dell'Ordine e che c'erano alcune questioni da chiarire, secondo quello che gli aveva detto il Preside. Ora che sapeva che avrebbe rivisto Lily però, si sentiva strano. Al solo ricordo dell'incontro con James, gli tornava il cuore in gola.
Quasi non si accorse dell'ingresso della McGranitt e di Piton, che lo salutarono con un veloce cenno del capo, prima di sedersi nella fila davanti. Poi arrivò lei; sentì la sua presenza ancora prima di vederla.
«Albus! Dove sono James e Frank? Stanno tutti bene?» chiese una voce angosciata di donna, una voce che aveva imparato a conoscere a causa dei Dissennatori. Ringraziò il cielo di essere seduto perché, proprio come era successo con James, le gambe avevano la consistenza di un budino, quasi non se le sentiva più. Le mani, che erano appoggiate sopra le ginocchia, cominciarono a tremare visibilmente, come se il loro proprietario fosse in preda alle convulsioni. Per paura che qualcuno lo notasse, incrociò le braccia al petto e nascose le mani sotto le ascelle. Ora poteva sentire benissimo il battito accelerato del cuore. Sembrava sul punto di scoppiare.
«Lily, calmati» disse la voce di Piton, che giunse ovattata alle orecchie di Harry. «Potter e Paciock sono usciti per ordine di Silente; non è per loro che c'è la riunione».
«Oh, sia ringraziato Merlino» sospirò la donna, sedendosi accanto al professore, che le gettò un braccio attorno alle spalle.
Harry si ritrovò così ad osservare la folta chioma rosso scuro della madre, mentre il suo naso coglieva un delicato profumo di rose, che gli sembrava molto familiare. Era sicuro di averlo già sentito, molto tempo fa. L'odore gli portò alla mente una sensazione di sicurezza, come un bambino cullato tra le braccia della madre, che aspetta solo di addormentarsi. Chissà com'era stato bello, quando i suoi genitori lo tenevano in braccio per farlo dormire, o per dargli da mangiare. Gli cantavano la ninna nanna? E le altre canzoncine per bambini, magari mentre gli cambiavano il pannolino?
Lui, purtroppo, non ricordava nulla di quell'anno, poteva solo usare l'immaginazione.
«Tutto bene, Barry?» chiese Silente, appoggiandogli una mano sulla spalla.
«I-io... sì, tutto bene» rispose, senza alzare lo sguardo, mentre una lacrima andava a bagnare la veste nera che indossava.
Un po' alla volta, mentre la stanza si riempiva, il cuore si calmò e le mani smisero di tremare; ma non aveva la minima idea di cosa sarebbe potuto succedere se la donna si fosse girata a guardarlo. Le sole due volte in cui aveva visto la madre, lei era solo un filo   di fumo chiamato ricordo.
«Bene, posso avere la vostra attenzione?» chiese Silente. Non dovette faticare troppo per ottenere silenzio; la preoccupazione che Lily aveva mostrato per la riunione straordinaria, sembrava aver colpito la maggior parte delle persone presenti.
«Ci sono quattro sedie vuote» notò il professor Vitius. «Ma mancano solo James e Frank».
«Arriveranno altre due persone con loro» disse Silente. «Ora vi spiegherò tutto. Per prima cosa, vi voglio presentare Barry Evans, un nuovo membro dell'Ordine».
Harry alzò la mano per salutare, mentre guardava fisso Silente, consapevole che tutti nella stanza stavano guardando lui. Tutti, compresa Lily.
«Albus, dopo che hai accettato Ron e Hermione, anche lui?» fece Molly Weasley, alzandosi in piedi. «Non ti sembra di aver reclutato troppi ragazzi?»
«Abbiamo bisogno di ragazzi, Molly. Credimi, quando ti dico che sono pieni di risorse che noi nemmeno immaginiamo; Barry si è meritato il posto nell'Ordine, e anche Ron e Hermione, come ti ho già detto, hanno diritto a questa possibilità».
«Ora basta» intervenne Malocchio, quando Molly aprì la bocca per parlare di nuovo. «Ci sono questioni importanti di cui discutere! Dove sono quei due Auror da strapazzo di Potter e Paciock?»
Molly si sedette, non prima di aver fulminato con lo sguardo un po' di persone.
«Grazie, Alastor. Ora, vorrei mettervi a conoscenza di alcune recenti scoperte che ho fatto, anche grazie a Barry, a proposito di Lord Voldemort. Qualcuno di voi ricorda quello che è successo il trentun Ottobre di diciassette anni fa?»
«E come dimenticarlo?» borbottò Sirius. «Peter Minus è ancora vivo, non sono ancora riuscito a spezzargli un osso alla volta, come avevo promesso».
«Come tutti ricorderete, un bambino fu rapito e poi ucciso a causa di una Profezia» disse Silente, facendo finta di non aver sentito quello che aveva detto Sirius. «E, dato che poteva riferirsi ad un altro bambino, Neville Paciock, ricorderete anche che per sicurezza nascosi lui e la madre, in un posto sicuro, di cui solo io e Frank siamo a conoscenza. Non è più necessario che stia nascosto, poiché ho il sospetto che la Profezia non si sia ancora avverata».
Harry guardò Silente, sorpreso. A lui non aveva detto niente in proposito. Perché? Aveva passato un'intera mattina nel suo ufficio a parlare di Horcrux e Silente non si degnava di informarlo di quel piccolo particolare?
«Non l'ho detto a nessuno prima, perché non ne sono del  tutto sicuro e vorrei sentire le vostre opinioni sulla mia teoria. La Profezia parlava di un bambino, nato a fine luglio, da genitori che avevano sfidato tre volte Voldemort. Continuava poi dicendo che l'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale. Io credevo che la morte di uno dei due bambini volesse dire che avesse designato l'altro come suo eguale, ma mi sbagliavo. Sono venuto a conoscenza di alcuni fatti che possono essere ricondotti alla corretta interpretazione della Profezia; fatti che qui non si sono verificati. Alla luce di ciò, mi sento abbastanza sicuro nell'affermare che la Profezia non si stia compiendo, a causa della morte di Harry Potter».
Harry non aveva capito nulla di quello che voleva dire Silente, o almeno, aveva capito molto poco. Dagli sguardi confusi che si scambiarono gli altri, poté giurare di non essere l'unico.
«Albus, potresti essere un po' più chiaro?» chiese la McGranitt.
«Io forse ho capito» intervenne Harry, questa volta alzandosi in piedi. «Io non c'ero diciassette anni fa, quindi so solo quello che ho sentito oggi. Se non ho capito male, lei vuol dire che tutti possono uccidere Voldemort».
«Esattamente» disse Silente. «Motivo per cui, appena saputa la cosa, ho mandato Frank e James a prendere Alice e Neville. Sono stati lontani da casa anche troppo tempo. Speravo riuscissero a tornare per la riunione, ma evidentemente ci hanno impiegato più del previsto».
«Albus, ma se tutti posso uccidere Tu-sai-chi, perché nessuno c'è ancora riuscito?» chiese Vitius.
«Al momento Voldemort è immortale, ma conto che questa condizione cambi il prima possibile».
«Come sarebbe a dire?» chiese Severus. «Una persona o è immortale o non lo è».
«L'immortalità è una condizione che dipende da sostanze, come l'Elisir di Lunga Vita che deve essere assunta frequentemente, o altre cose, che permettono di mantenere perennemente la condizione».
«E che cosa rende immortale Voldemort?» chiese Lily.
«Questo, almeno per il momento, preferirei non rivelarlo. Beh, ho detto tutto, credo. La riunione è tolta, potete andare. La prossima sarà a Godric's Hollow, a casa dei Potter».
Harry si alzò, cercando di farsi notare il meno possibile, e si avviò verso la porta che conduceva al passaggio per la Testa di Porco. Sperava di non incrociare Lily, dato che era bastato vedere la sua schiena e respirare il suo profumo per stare male. Non avrebbe retto ad un incontro faccia a faccia. Almeno, non in quel momento.
«Hei, Barry!» lo chiamò una voce familiare.
Si girò e si trovò di fronte a due ragazzi, identici e con i capelli rossi. Da quanto non vedeva i gemelli Weasley vivi, insieme e sorridenti?
«Salve» li salutò lui.
«Noi siamo Fred e George Weasley. Nostra madre ci ha chiesto di invitarti a casa nostra sabato sera. Faremo una festa per il nostro fratellino Ron e la sua ragazza, Hermione, che avranno terminato i MAGO».
Harry non sapeva cosa dire. Aveva una gran voglia di rivedere tutti loro, ma sapeva che non sarebbe stato lo stesso. Li conosceva benissimo, ma al tempo stesso, non li conosceva affatto.
«Non lo so...» tentennò, sperando che qualcuno, anche se non aveva la minima idea di chi, lo salvasse. «Non vorrei essere di troppo, poi non conosco nessuno».
«Sciocchezze!» esclamò Fred. «Prima di tutto, conosci noi; secondo, scoprirai presto che nessuno è mai di troppo a casa Weasley».
«Oh, ma...»
«Perfetto, ti aspettiamo per le cinque» disse George, trascinandosi dietro il fratello.
Harry lasciò in fretta la stanza, con il pensiero che, dopo soli pochi giorni, si sarebbe trovato di nuovo alla Tana, dove avrebbe rivisto Ron ed Hermione.
E Ginny.

 

***

Quando Lily tornò a casa, trovò James addormentato sul divano. Una gamba pendeva di lato, mettendo in bella vista lo strappo che c'era sul vecchio paio di jeans che indossava. Un braccio era appoggiato sopra agli occhi, mentre l'altro era andato a coprire il pezzo di pelle dell'addome che era rimasto scoperto, dato che la maglietta si era alzata, lasciando intravvedere la pancetta che cominciava a crescere.
Continuò a fissarlo per qualche minuto, poi si decise a svegliarlo. Quella che aveva assunto, non era certo la posizione più comoda per dormire.
«James, sono tornata» disse, scuotendo piano l'uomo, che aprì lentamente gli occhi.
«Lily... Mi sono addormentato sul divano».
«L'ho notato. La riunione è finita poco fa, pensavo che vi fosse successo qualcosa».
«Sto bene Lily, e anche Alice e Neville» disse, abbracciandola. «Vedessi com'è cresciuto! Mi sono trovato davanti un uomo; è alto quasi quanto me. È un peccato che Frank l'abbia visto così poco; anche lui era sorpreso quando se l'è trovato davanti».
«Almeno loro ce l'hanno ancora un figlio» mormorò Lily, senza riuscire a fermare una lacrima. «Darei qualsiasi cosa per aprire la porta di casa e trovarmi davanti un Harry diciottenne».
«È impossibile, Lily, lo sai» disse James. «Lo abbiamo seppellito, non ce lo troveremo mai diciottenne davanti alla porta di casa».

 

***

Silente era immerso nella lettura, seduto dietro la sua scrivania, quando la porta dell'ufficio si spalancò con violenza. Alzò lo sguardo dal libro e si trovò ad osservare il professore di Pozioni.
«Prego Severus, sai che non è necessario bussare prima di entrare nel mio ufficio».
«Stavo riflettendo su quello che mi hai chiesto questa mattina, a proposito del Signore Oscuro» disse Piton, ignorando il commento del Preside.
«Ti sei ricordato di aver visto un serpente a qualche riunione?»
«No, ma il ragazzo parlava anche di qualche oggetto che portava con sé, qualcosa di importante».
«Ebbene?» chiese Silente. Dovevano ancora scoprire cosa fosse uno degli Horcrux; qualsiasi informazione sarebbe stata preziosa.
«Ti ricordi, vero, che ero presente quando ha ucciso Harry Potter?»
«Sì, me lo ricordo. Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a una cosa simile, ma continua...»
«Mi è venuta in mente una cosa: il bambino aveva un braccialetto d'oro al polso» spiegò Piton. «Avery aveva proposto di prenderglielo e venderlo per prendere qualche Galeone, ma il Signore Oscuro aveva detto che aveva un altro piano per quel braccialetto. Sono sicuro che, dopo la morte del bambino, abbia preso quel braccialetto con sé. Poi, quando ha detto a Bellatrix di lasciare il corpo del bambino davanti alla casa dei Potter, si è raccomandato che il braccialetto ci fosse, dicendo qualcosa come: 'crederanno di conservare solo un ricordo del figlio'... Non so cosa volesse dire, ma sembra che quel braccialetto abbia importanza per lui».
«Grazie, Severus. Come sempre ti riveli prezioso per noi».
Silente rifletté rapidamente, mentre il professore di Pozioni lasciava l'ufficio.
Da quanto aveva appreso grazie a Harry, tutti gli Horcrux di Voldemort erano oggetti con un particolare significato, nascosti in luoghi altrettanto importanti per lui. Il braccialetto costituiva senza dubbio un oggetto molto importante, dato che apparteneva all'unica persona che, secondo lui, aveva il potere di sconfiggerlo. Inoltre, credeva di aver capito perché lo aveva voluto rimettere sul bambino. Sicuramente Lily e James lo avrebbero conservato come ricordo di Harry, non se ne sarebbero mai separati. Ed era proprio questo il problema; non avrebbero mai consegnato quel braccialetto, sapendo che sarebbe stato distrutto. Scrisse un veloce messaggio per Harry, che affidò a Fanny.
Poteva solo sperare che non fosse quello l'oggetto che cercavano.

______________________

Ciao a tutti!!

Ecco un altro capitolo della storia dove, finalmente, c'è un piccolo incontro tra Lily ed Harry. Spero vi sia piaciuto e, come sempre, fatemi notare se ci sono errori di qualsiasi tipo. In questo capitolo c'è un pezzettino dedicato al mio argomento preferito, l'immortalità, cui sto dedicando un'altra storia che scrivo da un po', ma che pubblicherò più avanti perché è troppo importante.
Ringrazio tanto tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente (7 persone!! vi adoro) e tutti quelli che continuano a leggere in silenzio, quelli che hanno messo la storia tra le preferite(18), le seguite(58) e le ricordate(12).
Il prossimo capitolo, venerdì! :)

Baci,
Lucy

 

 

 

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Capitolo 9
*** La Tana ***


Harry si preparò davanti al camino del Paiolo Magico e sospirò sonoramente, prima di afferrare una manciata di Polvere Volante. Detestava viaggiare con la Metropolvere, ma non aveva alternative. I signori Weasley erano stati più che disponibili ad aprire il loro camino per permettergli di arrivare a casa loro, poiché lui, teoricamente, non sapeva dove fosse la Tana, né come arrivarci. Il pensiero della festa lo aveva tormentato per tutti i giorni precedenti; non perché avrebbe rivisto Ron, Hermione e Ginny, ma perché avrebbe dovuto passare ore fingendo di non conoscerli. Non sarebbe stato affatto semplice.
«Ecco il segnale» disse Andromeda, che guardava fuori dalla finestra. «Scintille bianche, il collegamento è fatto».
«Ci vediamo al ritorno» salutò Harry, prima di gettare la Polvere Volante nel camino e sparire tra le fiamme.
In un attimo, si trovò a vorticare tra numerosi camini, scorgendo a tratti immagini di stanze e mobili delle varie case. Non sapeva quanto tempo ci avrebbe impiegato, ma sembrava infinito; un senso di nausea cominciò a farsi strada e chiuse immediatamente gli occhi. Dopo quelli che parvero secoli, si sentì rallentare e riaprì gli occhi in tempo per vedere un pavimento di pietra grigio avvicinarsi pericolosamente al suo viso. Non fece in tempo a mettere le mani avanti e atterrò con uno schianto sul pavimento della Tana. Un rumore di vetro infranto annunciò che gli occhiali si erano rotti. Non potevo sperare in un ingresso migliore, pensò imbarazzato, mentre si rialzava dal pavimento.
«Oh, Barry, sei arrivato!» esclamò la signora Weasley, alzando il naso da un lungo foglio di pergamena appoggiato sul tavolo della cucina. «Io sono Molly Weasley. Hermione, sii gentile, accompagnalo in salotto».
«Certamente. Vieni, Barry» disse una ragazza che era appena entrata nella stanza, con un grosso vassoio in mano. «Io sono Hermione Granger, un'amica di Ron, uno dei figli dei Weasley... ma che cosa è successo ai tuoi occhiali?»
«Ehm, problemi con la Metropolvere» rispose.
Non poteva crederci, Hermione era proprio lì, davanti a lui. Era esattamente come la ricordava: non c'era un singolo particolare fuori posto.
«Dammi, ci penso io» disse lei, prendendo in mano gli occhiali. «Reparo».
«Grazie».
Arrivarono in salotto, dove erano radunati tutti gli altri Weasley.
Su un piccolo tavolino traballante erano stati appoggiati alcuni bicchieri e una caraffa di Idromele.
«Oh, ciao Barry!» esclamò il signor Weasley, alzandosi da una delle poltrone, cui mancava parte dell'imbottitura. «Ci siamo intravisti alla riunione martedì. Io sono Arthur Weasley».
«Ehm... Barry Evans, piacere» disse, stringendo la mano che l'uomo stava porgendo.
«Loro invece sono i miei figli: Bill, Charlie, Percy, Fred e George...»
«George e Fred» esclamò il primo dei due gemelli, seduto sul bracciolo del divano, di fianco al fratello.
«... scusate, vi ho confusi di nuovo... Lui è Ron, mentre lei è Ginny, la piccola di casa».
«Piacere di conoscervi, io sono Barry».
Era davvero strano, presentarsi a persone che lui conosceva più che bene. Anche Ron era esattamente come lo ricordava: con gli occhi azzurri e un sacco di lentiggini, né una di più né una di meno. La stessa cosa valeva per Ginny. Harry non riusciva a smettere di guardarla; era davvero bella con un vestito beige, con le maniche corte.
«Ehm... serviti pure, Barry» disse Ron, notando che il ragazzo continuava a fissare la sorella. «Fa come se fossi a casa tua».
«Oh Ronald, non essere maleducato» fece Ginny, alzandosi. «Barry è un ospite!»
Prese la caraffa di Idromele e riempì un bicchiere. Poi, lo  porse a Harry.
«Ecco, tieni».
«Grazie».
Rimase in silenzio, a bere il suo Idromele. Era felice di vederli lì, tutti vivi e sereni, per quanto potevano essere sereni nel bel mezzo di una Guerra, ma non sapeva cosa dire.
Aveva paura di tradirsi parlando di qualche cosa che aveva vissuto con loro nella sua Dimensione. Ascoltò per lo più le chiacchiere tra i fratelli ed Hermione, intervenendo so quando gli rivolgevano qualche domanda. Fu con immenso sollievo che accolse la voce della signora Weasley, quando annunciò che la cena era pronta. I complimenti per il buon cibo sarebbero stati un argomento neutro, che avrebbe potuto affrontare senza troppe preoccupazioni.

 

***

Silente era fermo ormai da più di venti minuti davanti alla casa dei Potter, a Godric's Hollow. Detestava doverlo fare, ma era assolutamente necessario capire se il braccialetto di cui aveva parlato Severus fosse l'ultimo degli Horcrux che stavano cercando. Una parte di lui sperava vivamente che fosse quello, poiché avrebbe significato essere ancora più vicini alla fine di Voldemort, ma un'altra parte sperava che non lo fosse, perché non aveva la minima idea di come spiegare ai Potter che avrebbe dovuto distruggere uno dei pochi ricordi che avevano del figlio.
Alla fine si decise a suonare il campanello e rimase in attesa. Sapeva che erano entrambi in casa, poiché quel sabato James era di riposo. Dopo pochi minuti, il cancello si aprì e la testa di James comparve sulla porta.
«Albus, che sorpresa! Non ti aspettavamo».
«Scusate l'intrusione, ma avevo urgente bisogno di parlare con voi» disse, entrando in casa. «Buonasera Lily».
«Accomodati pure in salotto; porto qualcosa da bere».
Seguì James oltre la prima porta a destra dell'ingresso e si accomodò su una delle poltrone in pelle.
«Allora, di che cosa dovevi parlarci con urgenza?» chiese James, quando Lily entrò nella stanza con dei bicchieri di Idromele.
«Qualcuno mi ha parlato di un braccialetto che apparteneva ad Harry. Esiste davvero?» chiese, evitando tutti i giri di parole che provava da giorni nel suo ufficio. Per quanto avrebbe potuto girarci attorno, non poteva evitare di parlare del bambino, anche se sapeva che non era facile per Lily e James.
«Sì, Harry aveva un braccialetto, gliel'aveva regalato Sirius per il primo compleanno, oltre alla scopa giocattolo» rispose James. «Come mai lo chiedi?»
«Potrei vederlo?»     
«D'accordo, vado a prenderlo» disse Lily, prima di alzarsi e uscire dalla stanza.
«Albus, si può sapere che succede? Sai che non è un argomento facile per noi».
«James, non preoccuparti. Devo solo controllare una cosa».
Lily tornò nel salotto con una piccola scatolina rossa e oro in mano. La aprì e tirò fuori   un sottile braccialetto d'oro, da cui pendeva un piccolo Boccino.
«Sirius aveva già iniziato a corromperlo sulla via del Quidditch» disse Silente, per alleggerire la tensione. Sapeva che i due stavano aspettando di sapere
perché aveva voluto vedere il braccialetto, ma non poteva rivelare tutto nei minimi particolari. Meno persone venivano a conoscenza degli Horcrux
meglio era.
«Posso prenderlo un attimo?»
Lily gli porse il braccialetto, senza riuscire a nascondere un po' di esitazione.
Era molto leggero ed era caldo, dato che Lily lo aveva tenuto in mano. Harry gli aveva mostrato il medaglione di Serpeverde, che per quanto fosse tenuto al caldo, rimaneva gelido, a causa del pezzo di anima che proteggeva.
«Sirius ha davvero buon gusto, è molto bello».
Lo studiò ancora per qualche minuto e, proprio quando stava per riconsegnarlo a Lily,  le sue dita si fermarono sul pendente a forma di Boccino. Al contrario del resto del bracciale, era freddo. Avrebbe dovuto portarlo nel suo studio per controllare con alcuni incantesimi se si trattava veramente di un Horcrux; non poteva farlo davanti a Lily e James.
«C'è qualcosa che non va?» chiese James, preoccupato.
«Io, temo di aver bisogno di questo braccialetto per qualche giorno. Dovrei portarlo nel mio ufficio...»
«No!» esclamò James, strappandogli di mano l'oggetto. «Non se ne parla; è una delle poche cose che abbiamo di Harry».
«Vi capisco, ma potrebbe essere importante per sconfiggere Voldemort».
«Come può un braccialetto d'oro avere a che fare con Voldemort?» chiese Lily. «Mi dispiace, Albus, ma non possiamo aiutarti».
Silente sospirò. Non si era aspettato niente di diverso, anche se aveva sperato che si mostrassero disponibili a discuterne.
«Almeno pensateci, per cortesia» disse infine, alzandosi dal divano. «Ci vediamo mercoledì, alla riunione dell'Ordine».
Uscito dalla casa, si Smaterializzò e arrivò davanti ai cancelli di Hogwarts. Ora doveva concentrarsi su come recuperare il diario e la coppa di Tassorosso, che costituivano il maggior problema.

 

***

La festa a casa Weasley era durata fino a tarda notte e la madre di Ron aveva insistito perché Harry dormisse a casa loro. Così, dopo aver avvisato Andromeda e Narcissa perché non si preoccupassero, era salito in camera di Ron, con cui aveva diviso la stanza. Esattamente com'era successo nella sua Dimensione, i Weasley lo avevano accolto a braccia aperte. Durante la cena aveva trovato il coraggio di aprirsi un po' di più, anche se aveva sempre il terrore di dire qualcosa di sbagliato. Erano rimasti tutti molto dispiaciuti quando avevano saputo la storia che aveva inventato sui genitori, e si sentiva ancora male al pensiero di aver mentito proprio a loro. Aveva avuto l'occasione di scoprire com'erano andate le cose in quella dimensione. Ron e Hermione erano stati due Grifondoro, anche se solo Hermione era stata un Prefetto.
«Gli studenti sono talmente pochi, che ci sarebbero stati più Prefetti che altro» aveva commentato lei, tristemente. «Per colpa di Tu-sai-chi, molti genitori preferiscono far studiare i figli a casa».
Bill lavorava alla Gringott, ma non era sposato con Fleur e, probabilmente, nemmeno conosceva la ragazza. Harry dubitava che ci fosse stato il Torneo Tremaghi a Hogwarts, sempre per colpa di Voldemort. Charlie aveva lavorato in Romania per un po' di anni, ma era tornato in Inghilterra per stare più vicino alla famiglia e lavorava al Ministero, nell'ufficio di Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Anche Percy lavorava al Ministero, nell'ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale.
Fred e George invece vendevano i prodotti Tiri Vispi Weasley per corrispondenza, mentre aspettavano di avere abbastanza soldi per comperare un negozio tutto loro. Ron, ora che aveva finito la scuola, voleva cominciare il corso per diventare Auror ed era in attesa di un colloquio al Ministero; da quello sarebbe dipeso il suo ingresso nel corso. Hermione, invece, era ancora abbastanza indecisa, ma intanto aveva accetta to un'offerta di lavoro alla Gringott.
Era quasi mezzogiorno, quando Harry si svegliò, nella camera di Ron. Sembrava di essere tornato alla sua vita di sempre, ma sapeva che non era così. Per quanto si fosse trovato bene la sera prima, non sentiva il diritto di stare lì. Lui non apparteneva a quella Dimensione, era un estraneo, qualcuno che non ci sarebbe dovuto essere. Si alzò dal letto e si vestì, cercando di fare poco rumore per non svegliare Ron, che russava sonoramente. Scese in cucina dove trovò Hermione e la signora Weasley.
«Oh, Barry, ti sei svegliato» disse la donna, scattando in piedi. «Siediti, ti scaldo subito un po' di colazione».
«Grazie, signora Weasley».
Quando il suo stomaco fu pieno di uova, salsicce e pancetta, si alzò da tavola.
«Grazie mille, ma ora devo andare. Silente mi sta aspettando a Hogwarts».
«Silente ti sta dando troppe responsabilità per i miei gusti» borbottò, mentre gli apriva la porta della cucina. «Ammettere te, Ron e Hermione nell'Ordine è stato sbagliato; siete troppo piccoli».
«Ciao Hermione. Arrivederci, Signora Weasley, mi saluti gli altri, quando si alzeranno».
Uscì dal giardino della Tana e si Smaterializzò a Hogsmeade, di fronte alla Testa di Porco. Lui e Silente avevano concordato nell'usare quel passaggio per non destare troppi sospetti. Nonostante la scuola fosse terminata e non ci fossero più gli studenti, rimanevano alcuni insegnanti. Usando l'ingresso della Testa di Porco, poteva entrare e uscire da Hogwarts senza farsi vedere. Quando uscì dalla Stanza delle Necessità, trovò Silente ad attenderlo.
«Buongiorno, Harry. Spero tu abbia passato una bella serata ieri».
«Non è stata male, grazie».
«Da quanto mi hai detto, il diadema di Corvonero è in questa stanza» disse Silente, osservando il muro che avevano davanti.
«Esatto».
Si mise a camminare su e giù, chiedendo di vedere il posto dove tutti nascondevano qualcosa. Al terzo passaggio, comparve una porta di legno. Harry la aprì e lui e Silente si trovarono in un'enorme stanza, piena zeppa di oggetti di ogni tipo.
«Beh, non che mi aspettassi di trovare il diadema su un piedistallo in bella vista, ma qui potremmo impiegarci settimane a trovare l'Horcrux».
Harry ricordava con precisione il mezzobusto di pietra con la parrucca su cui si trovava il diadema, ma non era detto che in questa Dimensione fosse lo stesso; potevano essere esistite persone diverse che avevano lasciato oggetti diversi.                              
«Abbiamo tempo» disse Harry. «Se poi non troviamo nulla, possiamo chiedere aiuto a qualcuno. Basterà dire cosa cerchiamo, non sarà necessario dire che è un Horcrux».
«Dividiamoci» ordinò Silente. «Abbiamo un intero pomeriggio di ricerche davanti».

___________________________   

Ciao a tutti!

Ecco il nono capitolo di questa storia. Come sempre, spero vi sia piaciuto e che non vi abbia annoiato;
fatemi sapere se notate errori di qualsiasi tipo! :)
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente e anche chi continua a leggere in silenzio.
Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite(20), le seguite(64) e le ricordate(14).
Il capitolo dieci arriverà Lunedì! :)

Baci,
Lucy

  

    

 

  

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Capitolo 10
*** Prime confessioni ***


Erano passati due giorni da quando Harry e Silente avevano cominciato a cercare il diadema di Corvonero, ma erano ben lontani dal trovarlo. L'entusiasmo del giorno prima, dovuto al fatto che Harry aveva trovato il luogo in cui aveva preso l'Horcrux nella sua Dimensione, si era esaurito nel giro di qualche ora. Non c'era il mezzobusto di pietra e nemmeno la parrucca verde, ma avevano sperato che il diadema fosse nelle vicinanze. Dopo un'intera mattina a setacciare da cima a fondo quella zona, senza alcun risultato, si erano dati per vinti.
«Beh, ora sappiamo dove non guardare» aveva cercato di sdrammatizzare Silente, con scarso successo. Sapevano entrambi quanto fosse importante trovare tutti gli Horcrux il prima possibile, senza dare il tempo a Voldemort di capire quello che stava succedendo.
Harry arrivò alla Testa di Porco verso le dieci, come al solito e prese il passaggio che portava a Hogwarts. Una volta uscito dalla Stanza però, si accorse che Silente non lo stava aspettando nel corridoio. Dev'essere successo qualcosa, pensò Harry. Silente non si dimentica mai dei suoi appuntamenti.
Come se non bastasse, proprio mentre stava per entrare nella Stanza delle Necessità da solo, una voce fredda lo chiamò.
«Signor Evans, come mai da queste parti?»
Harry si girò e si trovò davanti Severus Piton, avvolto nei consueti abiti neri.
«Io... avevo appuntamento con il professor Silente» rispose, sperando che l'uomo non facesse troppe domande e se ne andasse il prima possibile. Piton gli
lanciò una lunga occhiata, come per sincerarsi della veridicità di quelle parole, ed Harry abbassò in fretta lo sguardo, consapevole delle sue inesistenti capacità di Occlumante.
«Il Preside al momento è impegnato con l'Ordine» spiegò Piton. «Ci sono in corso tre diversi attacchi da parte dei Mangiamorte».
A quelle parole, Harry sentì il sangue gelarsi nelle vene. Negli ultimi giorni si erano intensificati parecchio gli attacchi dei seguaci di Voldemort, ma non era ancora successo che ci fossero più attacchi contemporaneamente. Di solito, terminato uno scontro in un posto, ne cominciava un secondo in un altro. Come mai tutti questi attacchi improvvisi? Quanti membri dell'Ordine erano impegnati a combattere in quel momento? E, soprattutto, perché Silente non lo aveva avvisato? Inizialmente aveva voluto rimanere in disparte, lontano da un'altra guerra, ma non era durato a lungo; non era da lui starsene buono ad aspettare che qualcuno sistemasse le cose. Aveva sempre cercato di cavarsela da solo, anche se molte volte era riuscito solo a peggiorare la situazione. Era anche entrato ufficialmente nell'Ordine, ormai, quindi perché non chiamarlo? Perché non poteva combattere anche lui?
«Credi di essere in grado di batterti con i Mangiamorte?» chiese Piton, beffardo.
Harry riemerse dai suoi pensieri e si accorse di fissare negli occhi il professore, che aveva senza dubbio usato le sue capacità per esplorare la sua mente.
«Non ha il diritto di leggere la mia mente!» esclamò, indignato, senza riuscire a trattenersi. Pochi istanti dopo, notando lo sguardo perplesso di Piton, capì di essersi appena tradito.
«Come fai a sapere che sono un Legilimens?»
Harry cercò di distogliere lo sguardo dagli occhi dell'uomo, senza successo. Cercò di pensare a qualsiasi cosa, tranne alle disastrose lezioni di Occlumanzia che Piton gli aveva dato, ma non ci riuscì. Non poté impedire all'uomo di vedere l'immagine di un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi in piedi nel suo ufficio.
«Chi sei?» chiese Piton, interrompendo il contatto visivo.
«Barry Evans» rispose Harry, felice di essere tornato in pieno possesso della sua mente.
«Allora chi era il ragazzo...»
«Har... Ehm, Barry, sei qui!» disse Silente, appena arrivato al settimo piano. «Severus, come mai così in alto?»
«Avevo voglia di fare quattro passi e mi sono imbattuto nel signor Evans. Sono terminati gli attacchi?»
«Al momento sì, ma credo che ce ne saranno sempre più spesso. Voldemort ti vuole morto, Severus, devi fare molta attenzione» disse Silente, preoccupato.
«Non metto piede fuori dal castello da giorni, visto che qualcuno mi ha proibito anche di uscire nel parco di Hogwarts» borbottò Piton. «Ringraziando Merlino, oggi pomeriggio la riunione dell'Ordine è dai Potter, vedrò quattro mura diverse, finalmente».
«Sai che è per il tuo bene».
«Sì, lo so. Lily ha passato tre ore a ripetere lo stesso concetto dopo l'ultima riunione dell'Ordine; temevo mi facesse stringere un Voto Infrangibile. Beh, io me ne vado in biblioteca, magari trovo qualche libro che non ho ancora letto almeno tre volte».
«Il Reparto di Divinazione non l'hai mai toccato» notò Silente, divertito.
Piton lo fulminò con lo sguardo.
«Preferirei morire di noia che leggere quelle stupidaggini» borbottò, allontanandosi dal corridoio. «Ah, e se fossi in te, terrei d'occhio il signor Evans. Sono sicuro che non sia chi dice di essere».
Quando il professore non fu più in vista, Harry e Silente entrarono nella Stanza delle Necessità.
«Come mai Severus sospetta della tua identità?»
Harry sospirò, maledicendosi ancora una volta per non essersi impegnato di più durante le lezioni di Occlumanzia.
«Ho detto alcune cose sbagliate, mentre lei non c'era. Piton mi ha letto nella mente e ha visto qualcosa che non doveva vedere».
«Niente di grave, spero» disse Silente.
«Beh, quanto può essere grave vedere se stessi nella testa di una persona che non si conosce?»
«Sai, Harry, non credo ti faccia bene tenere tutto dentro; io non avrei nulla in contrario se decidessi di rivelare la tua identità a Ron, Hermione o Severus... a chi vuoi, insomma».       
«Io non sono ancora sicuro» fece Harry, pensieroso. Aveva pensato, ultimamente, di poter rivelare la sua identità a qualcuno, ma non aveva ancora deciso nulla. La sua paura più grande era quella di non essere accettato, oltre a quello che avrebbero potuto passare Lily e James. Avevano perso un figlio di appena un anno; come si sarebbero sentiti nel trovarsi davanti ad un Harry Potter di quasi diciotto anni?
«È una scelta che spetta solo a te, ma ti appoggerò in qualsiasi caso».
«Grazie, professore».
«Avanti, ora. Non possiamo certo aspettare che l'Horcrux si metta a ballare per farsi trovare».

 

***

Quando Harry e Silente si Materializzarono a Godric's Hollow, erano molto soddisfatti. Avevano trovato il diadema di Corvonero sopra ad un vecchio scrittoio cui mancava una gamba. Anche se erano lontani da trovare un modo per distruggere gli Horcrux che non coinvolgesse l'Ardemonio, ce n'era sempre uno in meno da trovare. Nonostante la soddisfazione che provava, Harry trattenne a stento un conato. La Materializzazione non era il suo mezzo di trasporto preferito, anche se non aveva alternative. Non aveva una scopa e, anche se avesse potuto comprarne un'altra, era molto poco saggio di quei tempi passare ore allo scoperto per spostarsi in viaggio con quella. La Metropolvere era chiusa ormai da anni, come gli aveva spiegato Silente, perché troppo spesso in questo modo i Mangiamorte si erano introdotti nelle case delle persone. I rari passaggi che venivano aperti tra i camini erano brevi e strettamente controllati, com'era successo il sabato prima per permettere ad Harry di arrivare alla Tana.
«Come ti senti a dover entrare in quella che sarebbe potuta essere casa tua?» gli chiese Silente.
«Strano».
Non aveva altre parole per descrivere il suo stato d'animo in quel momento. L'unica volta che era stato a Godric's Hollow, la casa era distrutta. Quella, invece, sarebbe stata completamente a posto, avrebbe portato i segni di un luogo abitato, calore, non la polvere e la desolazione dei luoghi abbandonati. C'erano le prove che Lily e James erano andati avanti con la loro vita, nonostante la morte del figlio, e che la sua presenza lì poteva essere di troppo. Almeno, se si fosse presentato come Harry Potter.
«Ti capisco» disse Silente, mentre raggiungevano la casa dei Potter.
Come Harry aveva immaginato, la casa era ben tenuta e il giardino curato a tal punto che avrebbe fatto invidia a suo zio Vernon. In uno angolo recintato si trovavano varie piante, tra cui Harry ne riconobbe alcune che aveva usato a Pozioni; probabilmente era Lily ad occuparsi di quell'angolo di giardino.
Silente colpì il cancello con la bacchetta tre volte, e quello si aprì.
Tutto qui? Si chiese Harry, sorpreso per la poca sicurezza.
«Il cancello ha un incantesimo speciale» spiegò Silente, cogliendo lo sguardo stupito del ragazzo. «Ogni membro dell'Ordine ha un numero preciso di colpi collegato alla sua bacchetta. Se i colpi sono sbagliati o la bacchetta non viene riconosciuta, scatta l'incanto Gnaulante all'interno della casa».  
«Non ho mai sentito nulla di simile».
«Una brillante invenzione di tre dei migliori studenti che Hogwarts abbia mai visto, almeno da quando sono il Preside» disse Silente, visibilmente compiaciuto. «Anche se ne hanno combinate di tutti i colori. Comunque, è una precauzione che prendiamo solo per le riunioni. Per il resto del tempo è un cancello normale, almeno quello di James; quello di Sirius credo ruggisca».
Entrarono nella casa e furono accolti da un Sirius piuttosto scarmigliato.
«Oh, siete in leggero anticipo, mi avete svegliato».
«E come mai dormivi dai Potter?» chiese Silente, entrando.            
«Me lo domando anche io» rispose James, facendo capolino dalla cucina. «Ciao, Barry. Non ci siamo presentati come si deve, a Diagon Alley» disse, porgendo la mano a Harry, che la strinse, sperando che nessuno notasse quanto tremava la sua.
«Già».
«Albus, accomodati pure in sala da pranzo, Lily ha preparato dei dolcetti deliziosi».
«Ecco che cos'era quel buon profumo... Albus, ti accompagno» disse Sirius, trascinando il Preside oltre la prima porta a sinistra.
«Sirius, dove hai lasciato tua moglie?» chiese Silente.
«Di turno al San Mungo, arriverà tra poco».
Harry, che aveva seguito i due in cucina e poi in sala da pranzo, rimase sorpreso.
Da quando Sirius era sposato? Quello che aveva conosciuto lui non aveva mai nemmeno nominato qualche ragazza. Certo, magari non ne aveva parlato con il figlioccio quattordicenne, ma poteva benissimo aver avuto le sue storie, almeno prima di essere stato condannato e poi latitante.
«Oh, Barry, Albus, ben arrivati!» esclamò Lily, entrando in sala da pranzo con un vassoio pieno di dolcetti al cioccolato.
Harry si accomodò in una delle tante sedie poste attorno al tavolo di legno e si guardò attorno. Era una normale sala da pranzo, con un camino spento, data la stagione e alcune cristalliere colme di piatti, tazze e bicchieri. Ma in ogni singolo spazio del muro bianco, privo di mobili o mensole, c'erano molte foto che ritraevano un bambino dai capelli neri e gli occhi verdi. In alcune era da solo, in altre in braccio a qualcuno, ma era sempre presente in ogni foto.
«Lui è Harry, nostro figlio» disse James, rattristandosi. «Nostro figlio, è morto quando aveva poco più di un anno».
«Mi dispiace molto».
Era strano dispiacersi per la propria morte, ma non gli veniva in mente altro di sensato da dire.
Un po' alla volta la casa dei Potter si riempì e Silente cominciò la riunione.
«Bene, ci siamo tutti, tranne Malocchio, Molly e Gideon che sono di pattuglia a Diagon Alley. Prima di tutto, vorrei presentarvi Ronald Weasley ed Hermione Granger, due nuovi membri dell'Ordine».
«Per fortuna mamma non è qui» disse Bill. «Non ha ancora accettato del tutto la cosa».
«In secondo luogo, vorrei ringraziare tutti quelli che questa mattina hanno contribuito a sconfiggere i Mangiamorte durante gli attacchi; teniamo duro, perché temo che non si fermeranno qui».
«Si sa il perché di tutti questi attacchi?» chiese Arthur. «Insomma, non si sono mai verificati tre attacchi contemporaneamente».
«Sì, sospetto che Voldemort stia cercando di stanare Severus» spiegò Silente. «Hogwarts è un posto sicuro e impenetrabile, quindi non può fargli niente fino a che Severus ci rimane. Credo che con tutti questi attacchi voglia costringermi ad usare sempre più persone, fino a quando non sarò costretto a mandare Severus a combattere».
«Il Signore Oscuro è sempre stato molto vendicativo, specialmente quando si tratta di qualcuno che lo ha tradito» disse Severus.
«Basterà che tu non esca dal castello. Noi resisteremo anche giorno e notte se necessario»  esclamò Lily, seduta di fronte a lui, mentre Remus, annuiva convinto.
«Molto bene» disse Silente. «L'ultima cosa che mi premeva dirvi è che siamo un passo più vicini alla sconfitta di Voldemort. Poco fa sono entrato in possesso di un oggetto che sarà molto utile per toglierlo di mezzo una volta per tutte».
«Che cos'è?» chiese Sirius.
«Preferisco non parlarne fino a quando non sarà tutto concluso» rispose Silente. «Io avrei finito. Qualcuno deve dire qualcosa?»
Tonks alzò la mano. «Ultimamente Lucius Malfoy gira spesso per il Ministero, anche se fin'ora non ha mai avuto contatti con nessuno. Temo però che stiano architettando qualcosa, perché i Mangiamorte che conosciamo per certo e che lavorano al Ministero si muovono sempre in coppia».
«Bene, Tonks. Grazie per essere sempre così attenta, farò una visita a Cornelius, uno di questi giorni».
Silente attese in silenzio qualche minuto, ma nessun altro prese parola.
«Dichiaro conclusa la riunione. La prossima sarà tra una settimana a casa di Malocchio».

 

***

La settimana seguente Harry si recò a Hogwarts per parlare con Silente. Il giorno dopo avevano in programma di andare a Little Hangleton a prendere l'anello di Gaunt e dovevano definire gli ultimi dettagli del piano. Arrivò con largo anticipo apposta per poter fare quello che aveva deciso da qualche
giorno. Scese nei sotterranei, sperando che Piton fosse nel suo ufficio, e bussò alla porta.
«Avanti».
Harry entrò e vide Piton seduto dietro la scrivania, impegnato nella lettura di un grosso libro dalla copertina viola e verde.
«Buongiorno, professore».
Piton appoggiò il libro sulla scrivania e lo chiuse.
«Cosa ti porta da queste parti, signor Evans?»
«Volevo parlarle e fortunatamente l'ho trovata nel suo ufficio».
Piton gli fece segno di accomodarsi ed Harry si sedette in una sedia davanti la scrivania.
«Come facevi a sapere dov'è il mio ufficio?»
«So molte cose».
«Il tuo modo di parlare e di muoverti mi ricorda molto James Potter» disse Piton, squadrandolo.
«Deve essere un tratto ereditario, dato che James Potter è mio padre».
«Prego?» fece Piton, osservandolo con occhi sgranati. «Lily e Potter avevano un solo figlio, che è morto».
«È una lunga storia» disse Harry. «Ma so che ha tutto il tempo di ascoltare. Preferirei che ascoltasse senza interrompermi».
«Sono tutt'orecchi».
«Io vengo da un'altra Dimensione, parallela a questa, in cui i miei genitori sono morti, mentre io sono sopravvissuto. Quella notte, anche Voldemort perse il
suo corpo e passò anni nascosto ad attendere il momento di tornare. Fui affidato alla sorella di mia madre, Petunia, perché il sacrificio di Lily mi garantiva protezione. Passai gli anni peggiori della mia vita, maltrattato dai miei zii e picchiato regolarmente da mio cugino e i suoi amici, senza sapere niente della mia storia. A Hogwarts ho passato i mesi più belli, era casa mia, avevo degli amici e persone che mi volevano bene. L'unica persona a cui non andavo a genio, per non dire che mi detestava, era il professore di Pozioni, Severus Piton. Questo professore però mi ha sempre protetto e aiutato in ricordo di mia madre, anche se non ho mai potuto ringraziarlo, perché è morto durante la seconda guerra, prima che io scoprissi la verità».
Quando finì di parlare, il silenzio scese nell'ufficio; Piton era intento a fissarlo intensamente senza sbattere le palpebre, tanto che a Harry tornò in mente quando, al suo primo anno, Raptor aveva cercato di fargli il malocchio e lui aveva sospettato di Piton.  
«Io... sei stato tu, quindi, a salvarmi a Diagon Alley, quando il Signore Oscuro voleva uccidermi».
«Sì. Mi sembrava di doverglielo, in un certo modo, dopo tutte le volte che il Severus Piton che ho conosciuto io mi ha aiutato».
«Sei davvero Harry Potter?»
«Silente mi ha Trasfigurato capelli e occhi, molto meglio del lavoro iniziale che avevo fatto io» rispose Harry. «Può controllare, se vuole».
«Non adesso, ma devi dirlo a Lily, ha il diritto di sapere che sei vivo!»
«No, invece. Perché io non sono il figlio che hanno avuto, lui è morto. Come sono morti i genitori che hanno avuto me».
«Credi che faccia differenza per Lily?»
«Non lo so, dato che io mia madre non l'ho mai conosciuta!» 
«Hai ragione, scusa».
Harry lo guardò, sorpreso. Severus Piton gli chiedeva scusa? Quanto diverso era il professore che aveva davanti da quello della sua Dimensione? Forse, il fatto che Lily fosse viva, era servito a qualcosa.
«Posso chiederle una cosa?»
«Solo se poi risponderai alle mie domande» rispose Piton.
«Bene, una domanda a testa, allora».
«Molto da James Potter, non credo di avere più dubbi su chi sia tuo padre. Va bene, una domanda a testa».
«Lei e Lily sembrate di nuovo amici; sapevo che avevate litigato alla fine dei GUFO».
Piton annuì, mentre lo sguardo si faceva più scuro.
«È così, e non me lo sono ancora perdonato del tutto. Sono arrivato perfino ad odiarla, quando ha cominciato ad uscire con Potter, ma non potevo farci niente. Quando Harry è morto, io ero presente e mi sono sentito in colpa, perché era anche colpa mia; avevo rivelato io la Profezia al Signore Oscuro. Sapevo che Lily sarebbe stata distrutta per quello che era successo, così andai da loro, dopo il funerale e confessai tutto. Io e Potter abbiamo fatto a pugni, nessuno di noi due ha pensato di tirare fuori la bacchetta dalla tasca. Lily ci ha fermati, ci ha medicati e abbiamo chiarito; dissero entrambi che mi avevano perdonato, ma Potter non credo lo pensasse veramente».
«Quindi, con il tempo avete ritrovato un rapporto di amicizia?»
«Sì, e questa è la seconda domanda. Ora me ne devi due» disse Piton.
Bastardo, pensò Harry.
«Come hai fatto a finire in un'altra Dimensione?»
«Questa è proprio una bella domanda. La guerra era appena finita e Voldemort era morto, assieme a molti altri che erano dalla mia parte. Volevo andare nella casa che mi aveva lasciato Sirius, per riposare un po', quindi ho fatto una Passaporta, ma ho sbagliato qualcosa. Mi sono ritrovato nell'ufficio di Silente, che nella mia Dimensione era morto un anno prima, senza nemmeno sapere bene come».
«Capisco. Seconda domanda: che cos'era il ricordo che ho visto nella tua mente una settimana fa?»
«Una delle tante disastrose lezioni di Occlumanzia che dovevo fare con lei. Voldemort poteva entrare facilmente nella mia testa e Silente voleva che imparassi a proteggermi. Come lei stesso ha potuto notare la settimana scorsa, sono state totalmente inutili».
Piton fece per aprire bocca, ma Harry lo precedette.
«Sarebbe il mio turno, adesso. Ma che ne dice di fare una passeggiata per i giardini di Hogwarts?».
Il professore sbuffò. «Non posso uscire dal castello tranne che per le riunioni dell'Ordine, anche se non ho ancora capito a cosa serva la mia presenza».
«Potrei avere quello che fa al caso suo» disse Harry, estraendo dalla tasca interna della lunga veste il Mantello dell'Invisibilità.
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Ciao a tutti!

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato. Quindi, il diadema l'hanno preso e presto, forse, avranno anche l'anello di
Gaunt. Grazie a quelli che hanno recensito lo scorso capitolo e chi ha letto in silenzio. Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite(21),
le seguite(67) e le ricordate(14).
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!!
Il prossimo arriverà giovedì o venerdì,
baci,

Lucy                          

           

                     

 

 

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Capitolo 11
*** L'anello di Gaunt ***


Ciao a tutti!

Scusate per il ritardo nel pubblicare il capitolo, ma ho avuto qualche problema con il computer, che spero di aver risolto definitivamente,
nonostante le mie inesistenti capacità informatiche! :)
Grazie a tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente e chi ha letto in silenzio. Grazie a tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite(23), le seguite(74) e le ricordate(14). Spero che questo capitolo vi piaccia.
Il prossimo arriverà entro giovedì.
Buon Natale a tutti!
Lucy

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La vecchia catapecchia di legno, in cui la famiglia Gaunt aveva vissuto per molti anni, sorgeva sul lato opposto della collina che dominava
Little Hangleton ed era nascosta alla vista dall'immensa casa padronale. Il sole non era ancora sorto e le strade erano deserte. L'unico rumore era quello degli alberi, i cui rami erano mossi da un forte vento che da qualche ora aveva cominciato a soffiare, annunciando l'arrivo di un temporale estivo.
«Coraggio, Harry, non dobbiamo farci vedere» disse Silente, aumentando il passo verso il piccolo edificio in legno poco lontano da loro. «Prima che sorga il sole, dobbiamo tornare indietro».
Anche se cercava di non darlo a vedere, Harry era agitato per quella missione, poiché non sapeva cosa aspettarsi. Nella sua Dimensione era stato Silente a recuperare l'anello, senza di lui; sapeva solo cosa fosse nascosto nella casetta, ma non sapeva dove e nemmeno quali incantesimi e maledizioni erano stati posti a difesa dell'Horcrux. Giunti davanti alla porta, i due sentirono il terreno scricchiolare sonoramente sotto i loro piedi. Harry abbassò lo sguardo e vide delle ossa bianche, alcune larghe e piatte, altre lunghe e sottili, che ricoprivano il terreno intorno. Gli tornò alla mente uno dei ricordi che aveva visto con Silente; Orfin Gaunt aveva l'abitudine di inchiodare serpenti alla porta di casa. Probabilmente l'ultimo si era decomposto e le ossa dello scheletro erano cadute, poiché non c'era più la carne a tenerle ferme.
«Harry, entra, veloce!» esclamò Silente, che aveva già cominciato ad esplorare la stanza.
Seguì il Preside all'interno e vide che ogni cosa presente era ricoperta da uno spesso strato di polvere. Silente stava controllando il camino e i mobili attorno, quindi Harry cominciò a controllare il lato opposto. Il lavello era pieno di stoviglie incrostate di cibo marcio, dove numerosi insetti avevano trovato il luogo perfetto per i loro nidi. Controllò dentro alle credenze e nel mobiletto sotto al lavello, ma trovò solo altre stoviglie sporche e un nido di grossi scarafaggi vicino al tubo del rubinetto.
«Harry, credo di aver trovato qualcosa».
Chiuse l'anta del mobiletto e si girò a guardare verso Silente, che era impegnato a tirare fuori qualcosa dal camino.
«Ecco» disse, mostrando una piccola scatola nera, con un lucchetto d'argento.
Harry la guardò da vicino, sembrava una normale scatola porta oggetti ma il suo sguardo cadde sulla serratura del lucchetto; non ne aveva mai vista una simile. Al posto della classica fessura per inserire la chiave, c'era un cerchio, perfettamente intagliato nel metallo.
«Il cerchio ha la dimensione di una goccia di sangue» notò Harry, schifato.
«Oh, sì, hai proprio ragione» disse Silente. «Reggila».
Harry prese la scatola e guardò Silente portare la bacchetta verso l'indice. Un attimo dopo, un taglio si formò sulla punta del dito e una goccia di sangue cadde dentro al cerchio. Il lucchetto sparì e la scatola si aprì da sola.
«Ora capisco perché l'altro me è stato tentato e ha indossato l'anello; sembra che sia l'unico modo per prenderlo».
Harry guardò dentro la scatola e vide un anello con una pietra nera sospeso nel nulla. Da quanto poteva ricordare, Silente era stato tentato perché aveva riconosciuto la Pietra della Resurrezione, che aveva tentato di usare per vedere la sorella.
«Professore, perché? Non c'è niente attorno all'anello, si può prendere con una mano, senza indossarlo».
«Harry, il fatto che noi non vediamo niente non vuol dire che non ci sia niente» rispose Silente. Evocò un piccolo rametto di legno e lo appoggiò nel nulla che circondava l'anello: aveva appena sfiorato la superficie, quando prese fuoco.
«Accidenti!» esclamò Harry. «Come diavolo lo prendiamo l'Horcrux?»
«Pazienza, Harry e un po' di astuzia. Tu più di tutti dovresti sapere che sono due aspetti fondamentali per sconfiggere Voldemort».
Harry avrebbe voluto ribattere, ma rimase in silenzio, colpito da quelle parole. Il Silente che aveva davanti non gli era mai sembrato così simile a quello
che aveva conosciuto lui, come in quel momento.
Il Preside evocò un secondo rametto e lo infilò nell'anello.
«Engorgio» disse, e il rametto si allargò, fino a combaciare perfettamente con il cerchio di metallo. «Ecco fatto».
L'anello uscì senza resistenza dalla scatola ed Harry porse il sacchetto di Mokessino a Silente che vi lasciò cadere dentro l'Horcrux.
«Ed ora, via di qua» disse, uscendo dalla catapecchia.
Stavano raggiungendo il confine del terreno per Smaterializzarsi, quando furono raggiunti da un Cervo d'argento.
«Mangiamorte a Diagon Alley, abbiamo bisogno di aiuto».
Era stata la voce di James Potter a parlare e Harry sentì il sangue abbandonare il suo viso; Ron e Hermione avevano il loro primo turno di pattuglia proprio a Diagon Alley.
«Harry, Smaterializzati nella Stamberga Strillante e raggiungi Hogwarts, controlla che Severus sia ancora al castello e poi raggiungimi...»
Le parole di Silente si interruppero all'arrivo di un secondo Patronus a forma di gatto, che parlò con la voce della professoressa McGranitt.
«Mangiamorte a Hogsmeade, cercano di entrare a Hogwarts».
«Professore, Severus Piton! Se i Mangiamorte entrano nel castello lo uccideranno!»
«Harry, vai a Diagon Alley senza di me e fai il possibile. Usa il Mantello dell'Invisibilità che hai tu, se necessario. Non badare a cosa è corretto o scorretto, i Mangiamorte non lo fanno».
Silente si Smaterializzò subito, diretto a Hogsmeade.
Harry estrasse dalla tasca della veste il Mantello dell'Invisibilità, lo indossò, poi si Smaterializzò.

Quando comparve nella strada principale, vide una decina di figure incappucciate impegnate a lottare contro alcuni membri dell'Ordine. Ma Gideon Prewett era chino su un corpo nascosto dietro a dei bidoni della spazzatura; Harry non riusciva a capire chi fosse, ma vide distintamente una massa di capelli rossi.
Sicuramente era uno dei Weasley ed Harry sperò che fosse solo svenuto. Muoversi nella via sotto il Mantello dell'Invisibilità non era affatto semplice: doveva fare attenzione a non scontrarsi con qualcuno, a non farsi sentire mentre pronunciava qualche incantesimo e, in fine, ad evitare gli incantesimi che rimbalzavano da tutte le parti.
«Avada Kedavra» urlò una delle figure incappucciate, puntando la bacchetta contro James. L'uomo riuscì a ripararsi all'ultimo in una stradina secondaria.
«Stupeficium» disse Harry, sfruttando il rumore di un bidone che esplodeva per coprire la sua voce. Il Mangiamorte non riuscì ad evitare l'incantesimo, che lo fece sbattere violentemente contro un muro; si accasciò a terra, con la testa ciondoloni, mentre un rivolo di sangue cominciava a bagnare la strada.
Gideon si alzò dal corpo che stava esaminando borbottando: «È solo svenuto, per fortuna», prima di voltarsi e ricominciare la lotta con i Mangiamorte.    
Harry continuò a schiantare qualche Mangiamorte, fino a quando ne rimasero solo tre.
«Sei Barry?» chiese James Potter, facendo sussultare Harry. Non si era accorto che l'uomo si era avvicinato a lui, mentre continuava a lottare. «Silente aveva detto che avevi un Mantello dell'Invisibilità e che avresti potuto usarlo».
«Sì, sono Barry» rispose.
«Bene, qui ci pensiamo noi. Vai avanti, dalle parti della Gringott dovresti trovare Lily, Hermione e Malocchio; anche loro erano impegnati contro una decina di Mangiamorte».
«D'accordo, vado».
Senza aspettare altro, Harry si mise a correre verso la banca, con il cuore in gola. Malocchio era uno dei migliori Auror, sapeva il fatto suo e immaginava che anche Lily, dopo tutti gli anni passati a combattere fosse in grado di cavarsela. Ma Hermione era alla sua prima ronda e, quasi sicuramente, alla sua prima battaglia. Era certo che la ragazza avesse imparato numerosi incantesimi difensivi e offensivi, ne avevano parlato alla Tana, durante la festa per il loro diploma, ma mettere in pratica le conoscenze era tutta un'altra cosa. Si tolse il Mantello dell'Invisibilità, per potersi muovere meglio, e raggiunse la banca.
Due Mangiamorte erano distesi in mezzo alla strada, morti; ma non c'era nessun altro. Harry vide alcuni lampi di luce provenire da una stradina laterale, poi delle urla. Continuò a correre verso la fonte del rumore e trovò il luogo in cui doveva essersi spostata la battaglia. Lily ed Hermione avevano cercato rifugio spostandosi in una stradina laterale, ma senza rendersene conto, si erano infilate in un vicolo cieco ed erano con le spalle al muro. Malocchio non si vedeva da nessuna parte.
«Allora, volete dirci dove si nasconde il Traditore?» chiese una delle figure incappucciate, che Harry riconobbe dalla voce: era Bellatrix Lestrange.
«Non ve lo diremo mai!»
«Crucio» disse un altro Mangiamorte, ed Hermione cominciò ad urlare e contorcersi, in preda al dolore.
«Stupeficium» esclamò Harry, colpendo in pieno la schiena del Mangiamorte. La maledizione cessò e la ragazza si rimise in piedi, tenendo la bacchetta ben salda in mano. Alcuni Mangiamorte si erano voltati verso Harry, per capire chi avesse lanciato l'incantesimo, e Lily ed Hermione ne approfittarono. Senza pensarci due volte, schiantarono tre Mangiamorte; ne rimanevano solo quattro. Tre di loro ricominciarono la lotta, mentre Bellatrix continuava a fissare Harry.
«Una nuova leva di Silente, suppongo» disse, sorridendo malevola. «Peccato, sai. Vedo carattere in te, saresti un ottimo alleato per la nostra causa; pensaci, è un'offerta che non ho mai fatto a nessuno».
«Non mi unirò mai a Voldemort!»
«Non osare pronunciare il suo nome. Crucio!»
Harry cercò di evitare la maledizione, ma non ci riuscì. Sentì come se mille aghi gli venissero conficcati nella pelle, fino alle ossa. Si sentiva tremare, in preda a convulsioni, ma riuscì a trattenersi dal gridare.
«Vedi?» disse Bellatrix, interrompendo la maledizione. «Non hai nemmeno urlato. Sei sicuro di non volerti unire a noi? Impareresti molte cose».
«Non c'è niente che io possa imparare da gente come voi» disse, cercando di fermare il tremore delle braccia, per riuscire a puntare la bacchetta.
«No? Forse dovrei provare in un altro modo. Imperio!»     
Si sentì completamente svuotato da tutti i pensieri; la stanchezza che cominciava a provare per essersi alzato presto e per la lotta, svanì.
Ora ti unirai a noi e ci aiuterai ad uccidere queste due Sanguesporco.
Harry scoprì di riuscire a muovere le braccia senza alcuna difficoltà e puntò la bacchetta contro Lily.
Bravo. Ora ripeti quello che ti dico: «Avada Kedavra».
«Avada Keda...» Che cosa sto facendo?
Continua, avanti, non ti fermare.
No... io sono più forte, ho imparato anni fa a contrastare questa maledizione.
«No! Non lo farò».
Il sorriso si spense dal viso di Bellatrix, mentre Harry puntava la bacchetta contro di lei.
«Non è possibile! Crucio!»
Il dolore ricominciò, molto più forte di prima. La Mangiamorte era davvero arrabbiata per aver fallito nel suo tentativo di portarlo dalla loro parte. Poi, all'improvviso il dolore cessò, ed Harry fu di nuovo padrone del suo corpo. Bellatrix si era portata la mano all'avambraccio sinistro. «Andiamo, Travers.
Il Signore Oscuro ci richiama a sé».
Harry fece qualche passo verso Hermione e Lily, ma si sentiva stanco e pesante. Ogni movimento gli costava immensa fatica; anche solo tenere gli occhi aperti lo faceva stancare.
«Barry! Stai bene? Sei bianco come un cadavere!» esclamò Lily, correndogli incontro.
«Sto bene, davvero. Io...»
Le parole gli mancarono e tutto si fece nero. L'ultima cosa che sentì, prima di perdere conoscenza, fu l'urlo di Lily.
«James, aiutami!».

 

***    

Arrivato a Hogsmeade, Silente si trovò davanti ad una scena che non vedeva da quattro anni, quando Diagon Alley era stata quasi distrutta. La maggior parte dei negozi del villaggio erano incendiati, le vetrine distrutte e la merce rovinata; tra le macerie vide i cadaveri di alcuni commercianti e i clienti della varie attività. Lo scontro vero e proprio era proprio davanti ai cancelli di Hogwarts; i Mangiamorte stavano facendo di tutto per entrare al castello.
«Albus! Finalmente sei qui» disse Minerva, sollevata del suo arrivo.
«Oh, ma guarda, è arrivato Silente» scimmiottò uno dei Mangiamorte.
«Che cosa volete, Lucius?» chiese, riconoscendo l'uomo per la voce fredda e strascicata.
«Il Traditore, Silente. Dobbiamo portarlo al nostro signore, che lo ucciderà personalmente».
Intorno a lui gli altri Mangiamorte continuavano a lottare, ma Minerva, Kingsley e il professor Vitius riuscivano a tenerli a bada.
«Credo, che non lo porterete da nessuna parte. Non riuscirete mai ad entrare al castello fino a quando io sarò Preside».
«Ah, ma a questo si può porre rimedio subito» disse Malfoy, alzando la bacchetta.
Ma prima che potesse anche solo aprire bocca, era già per terra, schiantato e disarmato.
Povero Lucius, pensò Silente. Con questa salgono a tre le sue missioni fallite. Credo che saluterà questo mondo molto prima di quando lo farò io.
Alzò la bacchetta, ma vide che gli altri Mangiamorte si stavano Smaterializzando, probabilmente richiamati dal loro padrone.
«Ci rivedremo presto» disse uno di loro, prima di sparire. «Non puoi nasconderlo per sempre!»
Silente si guardò attorno, pensando a cosa fare, mentre gli altri membri dell'Ordine lo raggiungevano.
«Controllate ogni negozio e ogni casa distrutta. Portate i feriti in Infermeria a Hogwarts, mentre i morti nella Sala Grande» ordinò. «Dovremo contattare tutti i parenti delle vittime e organizzare la ricostruzione del villaggio. Probabilmente oggi pomeriggio ci sarà una riunione straordinaria».
Aveva appena finito di parlare, quando numerosi crac risuonarono nell'aria e vide le persone che erano di guardia a Diagon Alley, comparire davanti a sé.
«Albus, presto! Ron è svenuto a causa di un incantesimo e ha sbattuto contro il muro» disse Gideon, disperato. «Non riusciamo a svegliarlo. Molly mi ucciderà, ne sono certo».
«Anche Barry è svenuto, Albus» disse James, indicando una seconda barella, su cui era adagiato il corpo del ragazzo.
«Portateli in Infermeria, ci penserà Poppy e avviserò Rossana. Quando avrà finito il turno al San Mungo, verrà anche lei».   
«Io sto bene, professore» fece Hermione. «Potrei stare qui e dare una mano con il villaggio».
Silente la guardò e non vide segni che facessero pensare a qualche ferita. Negli occhi castani della ragazza brillava una forte determinazione.
«Vai anche tu da Madama Chips e fatti controllare. Poi potrai tornare qui, d'accordo?»
Si avvicinò alla barella su cui era disteso Harry, prese il sacchetto di Mokessino che era al collo del ragazzo e, per sicurezza, anche il Mantelli dell'Invisibilità; non poteva rischiare che James vedesse che era uguale al suo.   

 

***            

Erano passati ormai due giorni da quando Harry era nell'infermeria di Hogwarts, sotto lo stretto controllo di Madama Chips. La diagnosi era stata stanchezza accumulata nel tempo che lo aveva reso più vulnerabile agli effetti della Maledizione Cruciatus. Nonostante si fosse rimesso quasi subito, la donna lo aveva obbligato a rimanere qualche giorno lì, per sicurezza. L'unica cosa positiva era che aveva il permesso di girare per il castello e per il parco. Il giorno prima aveva passato un intero pomeriggio nella casetta di legno di Hagrid e, anche se aveva brutti ricordi della cucina del Guardiacaccia, era talmente felice di rivederlo, che aveva accettato tutto quello che gli era stato offerto.
La mattina del terzo giorno si alzò dal letto e, come al solito, si trovò davanti la stessa scena: Molly Weasley sedeva in una sedia di fianco al letto del figlio Ron, che non si era ancora svegliato dallo scontro. Madama Chips aveva detto che la maledizione che lo aveva colpito non era grave, ma che aveva preso un brutto colpo quando aveva sbattuto la testa sul muro. Stava bene, anche se era in coma, e si sarebbe svegliato da solo.
«Buongiorno, Barry» disse la donna, sorridendogli. «Come ti senti?»
«Bene, come sempre» rispose. «Anche se devo stare ancora qui. Ron, come sta?»
La donna sospirò, ricominciando a guardare il figlio.
«Un po' meglio. Poco fa mi ha stretto la mano, quando gli ho parlato. Madama Chips dice che è un buon segno».
Harry si sentì sollevato nel sapere che Ron aveva dato segni di vita. Era la prova che stava davvero bene, anche se in coma, e che di lì a poco si sarebbe potuto svegliare.
«Io vado a fare una passeggiata per il castello, ho bisogno di muovere un po' le gambe».
Uscì dall'infermeria e cominciò a vagare per i corridoi del castello, sentendosi di nuovo a casa. Visitò tutte le aule in cui aveva fatto lezione, quelle in cui si erano nascosti lui e Ginny durante il suo sesto anno, quando volevano stare soli e il tempo non permetteva di uscire nel parco. Arrivò fino al settimo piano, di fronte al ritratto della Signora Grassa, che si trovava all'ingresso della Sala Comune di Grifondoro.
«Dovresti stare attento quando giri per il castello» disse una voce dietro di lui.
«Professor Piton, mi ha spaventato».
L'uomo alzò gli occhi al cielo. «Ti ho già detto di non chiamarmi professore, dato che io non ti ho insegnato niente. Anche se, a giudicare dalle tue scarse capacità in Occlumanzia e Pozioni, direi che nemmeno l'altro me sia riuscito ad insegnarti molto».

«Grazie tante».

«Hai voglia di prendere un the? Potrei avere degli appunti interessanti da darti».
Harry seguì Piton nei sotterranei, dove si rintanarono nell'ufficio dell'uomo.
«Tornando a quanto dicevo prima, comunque, fai attenzione quando giri a Hogwarts, Harry» disse, facendo comparire due tazze fumanti. «Qualcuno ha notato che ti muovi sicuro in questo posto, che Barry Evans non dovrebbe conoscere».
«Accidenti, non ci avevo pensato!»
«No, certo. Sei proprio il degno figlio di James Potter».
«Va bene, farò più attenzione. Sei contento adesso?»
«Per il momento sì. Riguardo agli appunti, me li ha portati Bode, lavora all'Ufficio Misteri e fa parte dell'Ordine. È uno del gruppo che studia le Dimensioni Parallele, pensavo ti potesse interessare».
«Mi interessa molto, dato che non ho ancora capito come ho fatto a finire in un'altra Dimensione» rispose Harry, prendendo gli appunti che Piton gli porgeva.Continuarono a parlare, bevendo il the. Era chiaro che Severus non sopportava di stare sempre chiuso al castello, anche se ne andava della sua sicurezza.
«Ma è per il tuo bene! Solo pochi giorni fa i Mangiamorte erano al villaggio che cercavano un modo per entrare a Hogwarts».
«Lo so, Harry, ma non ne posso più. Ho preparato tutte le pozioni che possono essere utili per l'Ordine, ho riempito tutte le scorte che avevo esaurito e ho cominciato a rileggere per l'ennesima volta i libri della biblioteca. È frustrante».
«Capisco come ti senti, ma non durerà ancora per molto. Siamo sempre più vicini alla sconfitta di Voldemort» lo rassicurò Harry, che capiva benissimo come si sentiva. Durante le estati era sempre costretto a stare dai Dursley e, anche se girava per le strade attorno a Privet Drive, non era mai davvero libero di fare quello che voleva.  
«Davvero? Quindi, quello che tu e Silente state combinando in questo periodo riguarda il Signore Oscuro?».
«Non posso dirle niente di più, se è quello che vuole sapere» rispose Harry.
«Harry, cerca di capirmi...»
La porta dell'ufficio di Piton si aprì di colpo e andò a sbattere contro la parete. Sulla soglia, una Lily fuori di sé osservava alternativamente le due persone
nella stanza. Gli occhi verdi mandavano lampi.
«Lily, che cosa succede?» chiese Severus, avanzando verso l'amica.
«Lo hai chiamato Harry!»
«Come? No...» borbottò Severus, mentre Harry malediva mentalmente l'uomo e se stesso. Erano stati due idioti a non badare a quel piccolo particolare. Piton aveva preso l'abitudine, come Silente, di chiamarlo con il suo vero nome; e a lui non dispiaceva. Si sentiva veramente se stesso, quando lo chiamavano Harry, anche se era ancora strano sentirsi chiamare per nome da Severus Piton.
«Non mentirmi! Sono passata per salutarti, prima di dare una mano al villaggio. Lo hai chiamato Harry, ho sentito!» continuò Lily.
«Ehm, è il mio secondo nome» inventò Harry, al momento.
«Ma davvero? Quindi, i tuoi genitori ti avrebbero chiamato Barry Harry?» chiese la donna, inarcando un sopracciglio.
Con orrore si rese conto che i due nomi erano ridicoli uno dopo l'altro.
«Beh, ecco...»
«E comunque, ho sentito Severus che diceva qualcosa come: 'sei proprio il degno figlio di James Potter'».
Harry si sentì impallidire, mentre Piton gli lanciava uno sguardo preoccupato.
Che cosa devo fare adesso?

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Capitolo 12
*** Harry James Potter ***


Harry teneva lo sguardo fisso a terra. Il semplice pavimento di pietra scura che si trovava nell'ufficio di Piton non gli era mai sembrato tanto interessante come in quel momento. L'alternativa era guardare gli occhi verdi di Lily, ancora furiosi per la conversazione che aveva origliato.
«Allora?» chiese Lily, con le braccia conserte e il piede sinistro che batteva ritmicamente il pavimento. «Uno di voi due si decide a parlare, o devo ricorrere alle scorte di Veritaserum dell'Ordine?»
«Non lo faresti veramente!» esclamò Harry, terrorizzato per quello che avrebbe potuto rivelare sotto gli effetti della pozione della verità.
«Oh, lo farebbe eccome» disse Piton, con un tono a metà tra il preoccupato e il divertito. «In realtà lo ha già fatto, tre o quattro anni fa, giusto? Non ne hai fatto bere un'intera fiala a tuo marito, dopo l'arrivo di una nuova Auror al Ministero?»
«Non cambiare argomento, Severus. Voglio sapere perché lo hai definito il degno figlio di James Potter, e perché lo chiami Harry».
Harry sospirò, certo ormai di non avere alcuna possibilità se non quella di rivelare la sua vera identità, almeno a Lily e James.
«D'accordo, Lily» disse. «Dirò la verità, ma dovrà essere presente anche James».
«Bene, vado a chiamarlo subito. È nell'ufficio di Silente a parlare dei prossimi turni di guardia dell'Ordine. Che nessuno di voi due tenti la fuga» li ammonì, prima di uscire. Harry ricominciò a respirare normalmente, cosa che non era stato possibile fare mentre Lily era nella stanza.
«Cos'hai intenzione di fare?» gli chiese Severus.
«Non posso nascondermi per sempre» rispose Harry. Era da quando era svenuto dopo la battaglia a Diagon Alley che ci pensava; dopotutto, Lily e James avevano il diritto di sapere che un Harry Potter era vivo, anche se proveniente da un'altra Dimensione. Lui sapeva la verità e poteva scegliere se rimanere da solo o tentare di costruire una famiglia con loro; Lily e James avevano lo stesso diritto.
«Non sembri molto convinto» notò Severus, osservandolo attentamente.
«Non so cosa potrà succedere una volta che avrò detto la verità».
«Non lo sa nessuno, Harry. Lo scoprirai solo una volta che avrai spiegato tutto».

 Dopo qualche minuto, Lily fu di ritorno nell'ufficio, assieme al marito e a Silente.
«Bene, James è qui. Ora, vorrei sentire quello che hai da dire».
«Severus, che ne diresti di fare un giro per Hogsmeade? Ti mostro come procedono i lavori» chiese il Preside. «Abbiamo aggiunto alcuni incantesimi di protezione per non avere problemi nella ricostruzione; non c'è alcun pericolo».
Harry rimase da solo, a vedersela con Lily e James.
«Ora vorrei che ascoltaste quello che vi dirò senza interruzioni» disse. «Le domande o qualsiasi altra osservazione, alla fine».
I due annuirono e si accomodarono su due sedie che James aveva evocato.
«Il mio vero nome è Harry James Potter, compirò diciotto anni tra due giorni, il trentuno di Luglio. Provengo da una Dimensione parallela a questa dove, quando avevo poco più di un anno, i miei genitori, Lily e James Potter, morirono per mano di Voldemort. Il sacrificio di mia madre impedì a Voldemort di uccidermi, anzi, lui stesso quella notte perse il suo corpo e sparì per alcuni anni. Silente mi affidò alla sorella di mia madre, che non mi raccontò nulla della magia o di quanto successe quella sera. Il giorno del mio undicesimo compleanno, Hagrid venne a prendermi e mi disse tutta la verità. Durante gli anni che ho trascorso a Hogwarts, Voldemort ha cercato in tutti i modi di riacquistare il suo corpo e, purtroppo, alla fine del mio quarto anno, ci riuscì. Da lì cominciò la seconda guerra magica, che terminò un mese e mezzo fa, quando uccisi Voldemort definitivamente, ma molte persone morirono durante la battaglia di Hogwarts. Terminata la battaglia volevo tornare a casa mia, stare un po' da solo, a riflettere, ma la Passaporta che avevo creato mi ha portato qui, in questa Dimensione».
Lily e James si tenevano per mano e lo guardavano con occhi sgranati; nessuno dei due sembrava in grado di articolare qualche parola. Il silenzio si fece sempre più pesante ed Harry distolse lo sguardo dalla coppia, puntandolo sulla scrivania colma di fogli di pergamena e libri che aveva di fronte.
«Stai... ehm... Stai dicendo la verità?» chiese infine James, con voce roca. I suoi occhi erano lucidi, come se stesse trattenendo le lacrime.
«Perché dovrei mentire?»
Non mi credono, pensò, rattristato. Per un attimo, mentre parlava, aveva accarezzato l'idea di poter vivere con loro e creare una famiglia; la stessa che, in un modo o nell'altro, era stata negata a tutti e tre.
«Ci sono alcune cose che non mi tornano» disse Lily. «Una più di tutte: perché Silente ti avrebbe affidato a mia sorella Petunia?»
«Perché il mio padrino, Sirius Black, fu incastrato dall'amico che aveva tradito i miei genitori. Nessuno sapeva che il Custode Segreto era Peter Minus, avevano sparso la voce che fosse Sirius, per essere più sicuri» spiegò Harry. «Così, quando i miei genitori morirono, Sirius fu creduto un traditore da tutti e, come se non bastasse, fu spedito ad Azkaban per un pluriomicidio che non aveva commesso».
«Sirius... ad Azkaban?» fece James, sconvolto.
«Già».
Il silenzio calò di nuovo nella stanza ed Harry cominciò a pensare di aver commesso un errore nel raccontare tutto. Non si era aspettato di essere accolto subito a braccia aperte, anche perché la situazione era difficile per loro quanto lo era per lui. Tutto quel silenzio lo faceva stare in ansia, come in attesa di qualcosa; avrebbe preferito che lo riempissero di domande, come avevano fatto Silente e Severus.
«Beh, questa è una rivelazione un po'... sconvolgente» disse James, con voce tremante. «Credo di aver bisogno di un po' di tempo per riflettere».
«Certo, capisco benissimo» mormorò Harry, che in realtà non capiva affatto.

 

***

A Severus non sembrava vero di poter camminare liberamente per il villaggio di Hogsmeade, dopo tutti i giorni che aveva passato nel castello. Gli edifici portavano ancora i segni della battaglia passata, anche se membri dell'Ordine e abitanti lavoravano senza sosta per riportare tutto alla normalità. All'interno dei Tre Manici di Scopa, Madama Rosmerta stava controllando attentamente il gruppo di persone impegnato a risistemare i mobili all'interno del locale. Poco distante, davanti alla vetrina di Zonko, i gemelli Weasley stavano riordinando tutti i prodotti del negozio, separandoli e impacchettandoli nuovamente.
«... insieme. Severus... Mi stai ascoltando?»
«Scusa, ma era da troppi giorni che non mettevo piede fuori dalle mura di Hogwarts. Stavi dicendo?»
«Mi domandavo se avessi notato Fred e George davanti a Zonko. Sai che stanno progettando un negozio di scherzi?»
Severus sbuffò sonoramente. «Non lo sapevo, ma dopo anni passati a visionare in anteprima tutta la gamma di quelli che chiamano Tiri Vispi Weasley, aver messo in punizione loro e tutti quelli che li usavano, temevo che la cosa non sarebbe finita una volta terminati i loro sette anni di istruzione».      
«Stanno organizzando un servizio di spedizione con la Gazzetta del Profeta, se tutto va bene, cominceranno da metà Agosto» continuò Silente.
«Magnifico» borbottò, sarcastico. «Il prossimo anno scolastico sarà movimentato come quando quei due erano a Hogwarts. Ci sono notizie di Malocchio Moody?» chiese, cambiando argomento. Non avevano più notizie dell'Auror da qualche giorno, quando era sparito nel nulla durante l'attacco a Diagon Alley.
«Brutte, temo» disse Silente, rammaricato. «Percy Weasley ha sentito Lucius Malfoy parlare al Ministero a proposito di un prigioniero problematico».
«Credi che lo abbiano rapito? Perché non ne hai parlato all'ultima riunione?»
«Sono quasi certo che lo abbiano rapito per chiedere uno scambio».
Severus si sentì gelare. Il Signore Oscuro era disposto a tutto pur di vendicare un tradimento, anche rapire qualcuno da scambiare; ma non avrebbe mai lasciato in vita nessuno. Malocchio sarebbe morto comunque.
«Cosa pensi di fare?»
«Riportarlo tra noi, vivo» rispose Silente. «Non appena scopriremo dove lo tengono, una squadra andrà a liberarlo».
«Potrebbero volerci settimane, mesi» esclamò, agitato. Perché Silente era sempre tranquillo? «Per quanto ne sappiamo potrebbe già essere morto!»
Silente sospirò. «Non credo che lo uccideranno tanto presto, è pur sempre un membro dell'Ordine; può fornire molte informazioni su di noi».
«Malocchio è uno dei migliori Auror di sempre, ci sono minime possibilità che parli».
«Sì, lo so. E sarà proprio quello che lo terrà in vita a lungo».

 

***           

Erano passate più due ore da quando erano tornati da Hogwarts, ma nessuno dei due aveva detto una sola parola. Nonostante fossero a pochi metri di distanza, sembravano lontani chilometri; ognuno immerso nei propri pensieri, intento ad elaborare la notizia a modo proprio. Lily si era rintanata nella piccola cantina e aveva cominciato a preparare pozioni. James, dopo aver vagato per la casa spostando tutti gli oggetti che gli capitavano a tiro, si era chiuso nella cameretta che per poco più di un anno aveva ospitato il figlio. Al centro della stanza c'era ancora il lettino in noce con le lenzuola azzurre dove ogni sera aveva dormito Harry. Non avevano toccato nulla, ogni mobile era ancora al suo posto: il grande armadio addossato alla parete, le mensole con i numerosi peluche e il tappeto bianco che occupava quasi tutto il pavimento. Il tempo sembrava essersi fermato a quando il loro bambino era morto. Erano passati quasi diciassette anni da quel giorno, ed ora era spuntato un ragazzo che affermava di essere Harry Potter e provenire da un'altra Dimensione. Non aveva mai sentito nulla di simile e il ragazzo non assomigliava né a lui né a Lily, anche se i lineamenti del viso gli erano familiari.
«James, che cosa stai facendo?»
Lily era entrata nella stanza senza fare rumore. Il vestito che indossava, quello che usava sempre quando preparava pozioni, era coperto di macchie. A giudicare dall'odore che emanavano, la pozione non era venuta perfetta, cosa che succedeva raramente.
«Pensavo. Tu?»
«Ho confuso alcuni ingredienti di una pozione e il calderone si è fuso. Stavo pensando a quel ragazzo; ti somiglia molto. I tratti del viso sono gli stessi, ne sono sicura».
«Non so, a me risultano solo molto familiari. E se ci fosse rimasto male per come abbiamo reagito?» chiese, preoccupato.
«Pensavo... Potremmo invitarlo a cena qui, una sera. Parlare ancora, ci sono molte altre domande che mi sono venute in mente. Come ha passato indenne tutti quegli anni con mia sorella? In che casa era a Hogwarts? Come ha fatto a uccidere Voldemort? Ha mai...»
«Lily, basta! Ho capito, va bene. Potremmo invitarlo per domani sera e...»
Si interruppe quando, con una fiammata, Fanny lasciò un messaggio di Silente.

Severus è scomparso, riunione a Hogwarts.

______________________

Ciao a tutti!
Scusate il ritardo, ma queste vacanze mi hanno impegnata più del previsto, e non ho trovato molto tempo per scrivere! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se io non ne sono proprio soddisfatta!
Grazie alle 8 persone che hanno recensito lo scorso capitolo e a quanti continuano anche solo a leggere la storia.
Grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite(28), le seguite(82) e le ricordate(14).
Il prossimo capitolo, purtroppo, arriverà venerdì 4 Gennaio; un'amica partirà per due mesi all'estero, quindi passeremo un bel po' di tempo
assieme e non sono sicura di riuscire a scrivere molto velocemente!
Spero passiate bene l'ultimo giorno dell'anno! ^__^
Baci,
Lucy       

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Capitolo 13
*** Prigionieri ***


Oggi, 13 Aprile 1996, la squadra Sei dell'Ufficio Misteri ha cominciato il progetto di studi
delle Dimensioni Parallele, fenomeno portato alla luce nei giorni scorsi dalla signora Jessica
Williams. La donna ha rivelato di essere un'Indicibile proveniente da quella che lei stessa ha
definito "Realtà alternativa" o, appunto, Dimensione Parallela.
Le prime ricerche sulla donna hanno mostrato che non solo non è una dipendente del Ministero
della Magia, ma che non esiste nessuna strega con quel nome.
Un interrogatorio eseguito sotto Veritaserum ha confermato le parole della donna, che è quindi
stata aggiunta alla squadra che segue il progetto.
Il progetto, come stabilito dal Caposezione Morrison, si compone di tre fasi:

 - Nella prima fase la squadra, aiutata dalla signora Williams, troverà il modo per collegare
  
due Dimensioni tra loro e capire come può avvenire il passaggio Inter-dimensionale.

 - Nella seconda fase, alcuni membri della squadra viaggeranno in un'altra Dimensione, per capire
  
differenze, caratteristiche o altro che possano definire meglio il fenomeno.

 - Nella terza e ultima fase, la squadra cercherà di catalogare le diverse dimensioni, attribuendo 
  
un codice identificativo a ciascuna e, possibilmente, cercherà di isolare la Dimensione Originaria.

Per il momento, non esiste una data massima entro cui il progetto debba essere concluso.
Questo studio, per la sua importanza, può richiedere molti anni e, di conseguenza,
saranno varie le persone che faranno parte di questa squadra.
Il vice caposquadra, Broderick Bode, è incaricato di tenere un aggiornato documento dei progressi fatti
nelle varie fasi del progetto.

 

Harry aveva finalmente avuto il permesso di Madama Chips di lasciare l'Infermeria del castello ed era tornato al Paiolo Magico. Dopo qualche veloce
chiacchiera con Andromeda e Narcissa, che non aveva visto per qualche giorno, si era rifugiato nella sua camera per leggere gli appunti che gli aveva passato Severus. Non sapeva esattamente cosa cercare in quei fogli, ma aveva cominciato a leggere, certo che prima o poi qualcosa di utile sarebbe venuta fuori. In più, avere qualcosa da fare lo distraeva dal pensiero di Lily e James. L'incontro in cui aveva rivelato la sua vera identità non era andato esattamente come sperava. Forse la sua spiegazione non era stata delle migliori, c'erano molte altre cose che avrebbe potuto dire, ma non lo aveva fatto. Non aveva neanche parlato del Mantello dell'Invisibilità; perché non l'aveva fatto? Quello sarebbe andato sicuramente a suo vantaggio, dato che era sicuramente identico al Mantello che James Potter aveva ereditato dal padre. Probabilmente l'accoglienza sarebbe stata meglio di quella che aveva ricevuto, sempre che si potesse considerare accoglienza un “ho bisogno di un po' di tempo”. Decisamente non era andato come voleva. Sperava di poter rimediare alla cena cui era stato invitato, ma aveva qualche dubbio. Si sentiva strano e imbarazzato al pensiero di mangiare con loro e non aveva la minima idea di come comportarsi. Che cosa avrebbe potuto dire? Di che cosa avrebbero mai parlato, durante la cena? Dubitava di poter chiacchierare del più e del meno, non dopo aver rivelato la sua vera identità. Era davvero tentato di farsi prestare il gufo di Andromeda per inviare un messaggio di scuse a Lily e James e rinunciare all'invito.
Sì, è la cosa migliore che posso fare.
Nascose accuratamente gli appunti e uscì dalla camera, diretto al piano terra, dove Andromeda e Narcissa stavano sicuramente sistemando la sala da pranzo.
A metà scale quasi si scontrò con Tonks, che stava correndo nella direzione opposta.
«Oh, Barry, stavo cercando proprio te» disse la ragazza, aggrappandosi al corrimano per non cadere. «È arrivato un messaggio di Silente, piuttosto urgente. Il professor Piton è scomparso; c'è una riunione straordinaria a Hogwarts».
Harry seguì Tonks nella sala da pranzo del Paiolo Magico, dove gli altri aspettavano radunati attorno ad una teiera arrugginita. Non aveva idea di cosa fosse successo a Severus, ma si sentiva in parte responsabile. Durante i giorni che aveva passato in Infermeria, aveva lasciato il Mantello dell'Invisibilità all'uomo, così che potesse almeno uscire nel parco di Hogwarts per qualche minuto. Quella mattina, prima di tornare al Paiolo Magico, aveva lasciato il Mantello a Severus. Sapeva che, sia che l'uomo fosse stato rapito, sia che si fosse allontanato volontariamente, il Mantello c'entrava qualcosa. Se gli fosse capitato qualcosa, lui era responsabile quanto il professore di Pozioni; non se lo sarebbe mai perdonato.
«Barry, tocca la teiera» esortò Narcissa. «La Passaporta si attiverà tra poco».
Harry si avvicinò al gruppo e, dopo essersi infilato tra Remus e Draco, posò l'indice sul beccuccio arrugginito. Non gli piaceva molto l'idea di viaggiare con la Passaporta, ricordava fin troppo bene quello che era successo l'ultima volta.
Ma questa volta non l'ho fatta io, pensò. Andrà tutto bene.
Dopo pochi istanti, la teiera si illuminò di una vivida luce azzurra e, dopo il consueto strappo dietro l'ombelico, Harry si trovò catapultato in un vortice di colori, prima di atterrare su qualcosa di duro. Riuscì a rimanere in piedi, ma non per molto. Remus, di fianco a lui, traballò vistosamente e si aggrappò al suo braccio, trascinandolo per terra.
«Dora, per Merlino, fai attenzione!» esclamò Andromeda, esasperata, distesa a terra tra la figlia e Remus. «Hai fatto cadere metà persone».
«Scusate» borbottò Tonks, con le guance in fiamme, mentre aiutava la madre a rialzarsi. Harry si tirò in piedi e si guardò attorno. Erano al settimo piano di Hogwarts, davanti ad un muro che già mostrava la porta che conduceva alla Stanza delle Necessità.
Seguì gli altri all'interno e vide che molte persone erano già sedute. Silente era in un angolo, impegnato a parlare con la professoressa McGranitt, il professor Vitius e la professoressa Sprite, ma alzò uno sguardo verso l'ingresso quando entrarono. Il suo viso appariva molto preoccupato; Harry non ricordava di aver mai visto Silente così; non quello che aveva conosciuto nella sua dimensione, almeno. La situazione doveva essere davvero seria. Cercò una sedia libera e incrociò lo sguardo di James Potter, che gli indicò il posto vuoto accanto a lui. Dall'altra parte, una Lily molto preoccupata stringeva una mano al marito, mentre parlava con una donna dai corti capelli biondi. Con un piccolo sorriso, poco adatto all'atmosfera della riunione, si avvicinò alla sedia vuota e si sedette accanto al padre, che gli strinse brevemente la spalla. Il suo cuore mancò un battito, per quel piccolo gesto che per lui voleva dire molto. Lily si girò e gli rivolse un piccolo sorriso, ma il suo sguardo era triste. Non sapeva molto del suo rapporto con Severus, se non il fatto che erano tornati amici. Poteva capire in parte il suo dolore: lui non aveva mai vissuto il rapimento dei suoi migliori amici, ma li aveva visti morire tutti e due. Quanto poteva essere diverso?
«Bene» disse Silente, prendendo posto a sua volta. «Sapete tutti perché ho convocato questa riunione straordinaria, purtroppo. Come sapete, Malocchio Moody è da qualche giorno prigioniero di Voldemort e dei suoi Mangiamorte. Avevo il sospetto che potessero usarlo come scambio per avere Severus, e ho commesso l'errore di confidarmi con lui. Non so se si sia allontanato volontariamente o se sia stato rapito, ma Severus è scomparso e temo che sia già nelle mani dei Mangiamorte. Inutile dire, che mi sento in parte responsabile e che, al momento, non ho la minima idea di che cosa fare».
Harry guardò Silente, scioccato. Non poteva aver detto veramente quelle parole, perché Silente sapeva sempre cosa fare. Era lui che pensava a tutto, non poteva essere a corto di idee, soprattutto in quel momento così delicato. Molti dei Mangiamorte provenivano da antiche e ricche famiglie magiche, che voleva dire decine e decine di abitazioni; i due potevano essere ovunque.
«Professore, è anche colpa mia se Severus si è allontanato» confessò, alzando la mano per attirare l'attenzione del Preside. In un attimo si ritrovò tutti gli occhi puntati su di sé.
«Perché mai?» chiese Silente. «E perché dici che si è allontanato? Credi lo abbia fatto volontariamente?»
«Ne sono quasi certo» mormorò, lugubre. «Gli avevo lasciato il mio Mantello dell'Invisibilità perché potesse uscire dal castello almeno per qualche minuto ogni tanto. Probabilmente ne ha approfittato per allontanarsi senza essere visto».
«Tu hai un Mantello dell'Invisibilità?» chiese la professoressa McGranitt, guardandolo con occhi sgranati. «Sono molto rari».
«L'ho ereditato da mio padre» rispose, guardando la donna. Sapeva che Lily e James avrebbero colto un altro significato dietro a quelle parole e non aveva il coraggio di girarsi dalla loro parte.
«Questo non ha importanza al momento» intervenne Silente. «Dobbiamo scoprire dove tengono Malocchio e capire se Severus sia finito in mano loro. Kingsley organizzerà delle squadre per controllare le abitazioni dei Mangiamorte, andate da lui. Barry, tu vieni con me».
Mentre gli altri si dirigevano verso Kingsley, che si trovava davanti al ritratto di Ariana Silente, Harry percorse la direzione opposta e raggiunse il Preside, che stava già uscendo dalla Stanza.
«Vieni, Harry, dobbiamo fare presto» lo esortò, mentre scendeva velocemente le scale. «Ti spiegherò una volta arrivati».
Arrivati dove? , avrebbe voluto chiedere, ma Silente sembrava poco propenso al dialogo e Harry stava quasi correndo per riuscire a tenere il passo.
In pochi minuti si trovò nell'ufficio del Preside.
«A Severus penseranno gli altri, noi abbiamo altro da fare» rivelò Silente, cominciando a rovistare nel grosso armadio di legno in cui si trovava il Pensatoio. «Ti spiegherò tutto nei dettagli quando saremo arrivati sul posto».
Dopo qualche minuto riemerse dall'armadio con in mano un vecchio candelabro in ottone, a cui mancavano parecchi bracci. 
«Portus» mormorò Silente, colpendo l'oggetto con la bacchetta.
«Non un'altra Passaporta!» esclamò Harry, atterrito all'idea di dover viaggiare ancora con quel mezzo.
«Non ci sono alternative» spiegò Silente. «A Hogwarts e Hogsmeade non ci si può Materializzare o Smaterializzare; la Metropolvere non è più attiva, come sai, e con le scope ci vorrebbe troppo tempo».
Silente gli porse il candelabro senza nascondere un sorriso.
Sbuffando sonoramente, Harry appoggiò un dito sul braccio rimasto.
Un attimo dopo si ritrovò disteso su un vialetto di ghiaia. Chiudere gli occhi per non vedere tutte le luci vorticare non era stata una grande idea.
«Tutto bene, Harry?» chiese Silente, aiutandolo a rialzarsi.
Come no, ho la nausea.
«Sì, grazie».
Si guardò attorno e il luogo gli risultò fin troppo familiare. Le siepi che circondavano il vialetto di ghiaia e i pavoni che ci passeggiavano sopra erano inconfondibili, anche se quando ci aveva messo piede la prima volta era più impegnato a capire come uscire di lì. A Villa Malfoy, Ron era morto per difendere lui e Hermione.
«Vieni, Harry» esortò Silente, nascondendosi dietro ai rami più alti della siepe. «Mentre aspettiamo il via libera, ti spiego tutto».
Harry seguì il Preside, giusto in tempo prima dell'arrivo di un gruppo di persone che appartenevano all'Ordine. Riconobbe Narcissa e Draco, assieme ad altre tre persone che conosceva solo di vista: Broderick Bode, l'Indicibile che lavorava sulle Dimensioni Parallele, Gideon Prewett, il fratello di Molly Weasley e una donna dai corti capelli biondi, Rossana Wilson, che lavorava al San Mungo ed era la moglie di Sirius.  
«Bene, mentre aspettiamo che escano, ti spiego che cosa faremo» cominciò Silente, quando il gruppo fu scomparso all'interno della Villa. «Vedi, Severus era amico di Lucius Malfoy ai tempi in cui era anche lui un Mangiamorte. In questo periodo sappiamo che come servo di Voldemort non se la passa troppo bene, a causa di ripetuti fallimenti, e quando hai detto che avevi lasciato il tuo Mantello a Severus, ho fatto due più due».
«Lei pensa che Severus sia andato da Lucius Malfoy volontariamente, in modo che quest'ultimo potesse portarlo da Voldemort e trarne beneficio?»
«Esattamente» rispose Silente. «Quale miglior modo per tornare ad avere importanza agli occhi del proprio Signore, se non consegnando personalmente il traditore che cerca da settimane?»
Harry cominciò a preoccuparsi seriamente per le sorti di Severus. Quante possibilità c'erano che riuscisse a sopravvivere in mano ad un gruppo di persone che lo volevano morto?
«Severus ha un gran cuore» continuò Silente. «Anche se non lo ammetterà mai».
«È vero. Ma noi che cosa ci facciamo qui? Pensa che Severus si trovi a Villa Malfoy?»
«No, sono certo che non sia qui. Voldemort ama passare il suo tempo nelle case di servitori fedeli e capaci; ultimamente Lucius non è tra questi. Noi siamo qui per prendere il Diario di Tom Riddle».

     

***

Si sentiva pesante, la testa pulsava dolorosamente e respirava a fatica.
Era completamente immerso nel buio, non vedeva niente. Gli ci vollero un paio di minuti per rendersi conto che aveva gli occhi chiusi; voleva aprirli,
ma più ci provava, più gli doleva la testa.
Provò allora a muovere un braccio, ma non ci riuscì. Fece un secondo tentativo con una gamba, sempre senza successo. Ogni singola parte del suo corpo sembrava essere diventata di piombo e non rispondeva ai comandi del cervello.
«Severus... sei sveglio?» chiese una voce familiare, simile a un ringhio.
Con molta fatica riuscì ad aprire gli occhi e si trovò a fissare il pavimento polveroso di una cella sotterranea; sicuramente si trovava all'interno della dimora di uno dei Mangiamorte del Signore Oscuro. Si mise a sedere lentamente, con la testa che continuava a pulsare; probabilmente l'aveva sbattuta sul pavimento quando lo avevano portato lì. La cella era immersa nell'oscurità, fatta eccezione per uno spiraglio di sole che entrava da una minuscola finestrella rotonda, posta vicino al soffitto, che non riusciva a illuminare a dovere l'ambiente. Cercando di limitare il pulsare della testa, voltò lo sguardo verso l'angolo da cui proveniva la voce che aveva sentito. Con la schiena appoggiata al muro, semi disteso nell'ombra, Malocchio Moody lo guardava preoccupato.
«Alastor!» esclamò, sollevato nel vedere che stava bene o, per lo meno, che era ancora vivo.
«Stai bene, ragazzo?» borbottò l'uomo, continuando a osservarlo con un occhio solo. L' altra orbita, in cui solitamente vorticava un lucente, finto occhio blu elettrico, era vuota. Probabilmente era la prima cosa che avevano tolto a Malocchio, per impedirgli di tenerli sotto controllo attraverso l'occhio magico.
«Credo di sì, solo un forte mal di testa».
«Lo credo» commentò Malocchio. «Non ti hanno adagiato come una principessa su quel pavimento; ti ci hanno lanciato come un sacco di patate».
Severus non nutriva alcun dubbio in proposito dato che, in passato, era stato più volte dal lato opposto della cella e sapeva fin troppo bene quello che succedeva. Lo avrebbero torturato per ore, per cercare di cavargli qualche informazione con la forza; il Signore Oscuro in persona e i suoi Mangiamorte più fedeli si sarebbero divertiti per giorni, forse mesi, con lui. Non lo avrebbero mai ucciso subito, con l'Anatema che uccide. Avrebbero aspettato che morisse da solo, di stenti e torture; nessuna grazia, nessuna pietà. Non c'era pace per i traditori.
«Sai a quale Mangiamorte appartiene la casa?» domandò, cercando di non pensare a quello che sarebbe successo in futuro.
«Speravo potessi rispondere tu a questa domanda» fece Malocchio, cercando di sorridere, senza successo. «Erano amici tuoi, un tempo».
Severus si guardò attorno, ma la cella sembrava vuota. Vedeva solo quattro pareti, una porta di ferro davanti a lui e la finestrella in cima al muro opposto. In quel momento non aveva le forze necessarie per alzarsi e controllare ogni millimetro di spazio e la poca luce presente non aiutava molto.
«Forse quando apriranno la porta riuscirò a vedere qualcosa fuori, riconoscere qualche particolare».
Come se non aspettasse altro, nell'esatto istante in cui pronunciò quelle parole, la porta si aprì e un mago dal volto serpentino entrò nella stanza.
«Severus, finalmente ci rivediamo» sibilò, rigirandosi la bacchetta tra le mani.
_____________________

Ciao a tutti!!
Ecco il capitolo 13 (finalmente!!!)
Spero che vi sia piaciuto, ma in ogni caso, fatemi sapere cosa ne pensate!
Il pezzo iniziale, se non è chiaro, sono gli appunti che Piton ha dato ad Harry.
All'inizio non dovevano esserci nella storia, li avevo scritti solo per avere qualche punto fisso nella mia idea di Dimensione Parallela e non perdermi durante i vari capitoli della storia, ma mi è piaciuto talmente tanto che ho detto: perché no?? ^__^
Come sempre ringrazio tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente, anche dispensando consigli utili per migliorarmi, che spero di riuscire a mettere in pratica!! Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite(33), le seguite(91) e le ricordate(16). E grazie anche a tutti quelli che leggono in silenzio.
Da oggi non sarò più in grado di dirvi ogni quanto aggiornerò, perché tra poco inizia la sessione di esami all'università e devo anche lavorare alla tesi, ma cercherò di farlo frequentemente, un capitolo a settimana, spero.
Dato che questo è il primo capitolo dell'anno, ne approfitto:

Buon anno nuovo a tutti!! ^__^

Alla prossima,
Lucy

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Capitolo 14
*** Libertà ***


Harry e Silente non dovettero aspettare molto, nascosti dietro una delle siepi del giardino di Villa Malfoy. Poco dopo essere entrata nella dimora, la squadra tornò all'aperto, annunciando il via libera che stavano aspettando.
«Non c'è nessuno all'interno, a parte gli Elfi Domestici» rassicurò Narcissa. «Venite, vi accompagno nello studio di Lucius».
La prima volta che era stato in quella casa, Harry era troppo preoccupato per la sua sopravvivenza e non aveva notato gli arredi e i decori che erano presenti. Mentre attraversava il pavimento di marmo nero dell'atrio, non poté fare a meno di notare che ogni centimetro di quel posto mostrava ricchezza, potere e nobiltà. Le enormi vetrate delle finestre erano decorate con finissimi ricami, sicuramente d'argento; le lunghe tende verdi, raccolte di lato ad ogni finestra, erano di seta. Alle pareti erano appesi numerosi ritratti, che continuavano a fissarli da quando erano entrati. Ritraevano vari membri della famiglia Malfoy in epoche diverse, alcuni fin dal più lontano Medioevo, a giudicare dai vestiti ritratti. Lo sguardo di Harry si fissò sulla spessa ringhiera che accompagnava la scalinata di marmo beige, con venature nere: il colore splendente era inconfondibile...
«Oro puro» confermò Draco, visibilmente compiaciuto dall'espressione stupita di Harry. «Uno degli arredi che più preferisco della Villa; mi ricorda quanto ricca e importante è la mia famiglia».
«Ma dai? Non l'avrei mai immaginato» borbottò, sarcastico. Draco rimaneva sempre Draco. Non c'era l'odio nei suoi confronti che aveva sempre contraddistinto gli anni a Hogwarts nella sua Dimensione, ma tranne qualche parola e qualche partita a scacchi o a carte, non si consideravano poi molto. Draco Malfoy era comunque il ragazzo viziato e strafottente che conosceva, con le sue stupide idee sul sangue puro.
«I Malfoy sono una delle famiglie più antiche, ricche e influenti del mondo Magico» spiegò Draco, indicando i numerosi ritratti appesi alle pareti. «Intorno al Sedicesimo e Diciassettesimo secolo, alcuni Malfoy hanno fatto parte della Corte Reale; prima che entrasse in vigore lo stupido Statuto di Segretezza».
«Draco, spiegami una cosa... Se sei convinto che i Purosangue siano una razza superiore e che i Sanguesporco, come li chiami tu, siano indegni, perché non sei con tuo padre al fianco di Voldemort?»
Draco lo squadrò a lungo, prima di rispondere, con la solita voce strascicata: «Perché, come mi ha fatto notare mia madre, sono persone. Non le considero alla mia altezza, ma non è necessario ucciderle; ignorarle è sufficiente».
Accelerò il passo, seguendo la madre lungo un corridoio scuro, ed Harry dovette quasi correre per non rimanere indietro.
«Eccoci arrivati nello studio di Lucius» disse Narcissa, aprendo una porta nera.
La stanza era piccola e stipata di mobiletti e tavolini, molti dall'aria antica, carichi di fogli di pergamena e libri. «Che cosa cerchiamo esattamente?»
«Un piccolo quaderno nero» rispose Harry. «Sulla copertina c'è scritto Riddle».     
«Madre, c'è anche la biblioteca».
«A quella ci penseremo dopo» decise Narcissa, dopo una pausa di riflessione. «Le cose più importanti le tiene qui, nel suo studio».

 

***

Non gli avevano dato un attimo di tregua. Da quando il Signore Oscuro era entrato nella cella, seguito dalla fedele Bellatrix, lo avevano torturato senza pietà; non gli avevano risparmiato nulla. Il suo corpo, steso sul freddo pavimento di pietra, era preda a continui spasmi, provocati dalle lunghe Cruciatus a cui era stato sottoposto. Non aveva aperto bocca, non si era lamentato; non avrebbe mai dato loro quella soddisfazione.
«Allora, Severus» sibilò la fredda voce del Signore Oscuro. «Hai qualcosa da dire?»
«No».
Strinse i denti per trattenere l'ennesimo gemito di dolore, mentre veniva colpito nuovamente dalla Maledizione Cruciatus. Si costrinse a tenere gli occhi aperti e fissò le crepe sul pavimento e lo sporco che si era depositato negli anni, o nei secoli. Sicuramente si trovavano in una delle dimore dei Mangiamorte più fidati, che provenivano tutti da nobili e antiche famiglie Magiche; chissà quanti prigionieri avevano visto quelle celle nei secoli precedenti.
Quante persone sono morte qui dentro?
Non poté fare a meno di pensarci, cosa che non aveva mai fatto quando era dalla loro parte, perché non era necessario. Rischiare di fare la stessa fine dei loro prigionieri non era neanche tra i pensieri dei Mangiamorte; l'unica preoccupazione era compiacere il loro Signore in modo da trarne i maggiori benefici possibili. Erano convinti di poter vincere contro Silente, l'unico che si opponeva con fermezza alle loro idee, e regnare incontrastati su tutta la popolazione, magica e non.
«Ripeterò la domanda, Severus. Hai qualcosa da dire?»
La voce del Signore Oscuro lo riportò alla realtà di dolore, fisico e mentale, che per un po' era riuscito a diminuire. La testa gli pulsava peggio di prima e non era in grado di muovere alcun muscolo; provò a sollevarsi da terra, ma non ci riuscì.
«No, non ho niente da dire».
«Allora lasceremo che la tua mente parli per te».
Chiamò due Mangiamorte, che si trovavano fuori della porta.
«Voi due, tiratelo su e tenetelo fermo».
I due entrarono nella cella e, senza tante cerimonie, presero Severus per le braccia e lo misero seduto. Gli alzarono la testa e lo costrinsero a guardare negli occhi il loro Padrone. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato; dopo le numerose torture fisiche, era tempo per quelle mentali. Il Signore Oscuro conosceva fin troppo bene le sue ottime capacità di Occlumante, dato che era stato ingannato per anni. Sicuramente sperava di essere riuscito ad indebolirlo con le diverse Maledizioni che gli aveva lanciato e, purtroppo, un po' ci era riuscito. Severus non si sentiva affatto bene e non riusciva a concentrarsi a sufficienza per tenerlo fuori dalla sua mente; doveva almeno tentare di non fargli vedere cose importanti, come le riunioni dell'Ordine, o Harry Potter. Sarebbe stato un terribile guaio se il Signore Oscuro fosse venuto a conoscenza di un particolare così delicato. Prese fiato e cercò di nascondere quei pensieri dietro ad altri più innocui. Si concentrò in particolar modo su se stesso e a tutte le volte che aveva mentito e ingannato l'uomo che si trovava di fronte. Percepì distintamente l'attimo in cui il mago penetrò la sua mente, poteva sentire la sua presenza vagare tra i numerosi ricordi di riunioni di Mangiamorte e battaglie. Poteva percepire anche la rabbia del mago che scopriva ogni singolo episodio in cui era stato tradito. Sapeva che si sarebbe infuriato e che le maledizioni che avrebbero seguito quell'assalto mentale sarebbero state certamente più forti e pericolose, ma ne andava dell'intero mondo, magico e non. La sua vita era facilmente sacrificabile, forse non sarebbe stato neanche male, dopotutto; non aveva motivi per vivere. Nonostante Lily fosse tornata ad essergli amica, per lui non era abbastanza; l'amava in un modo che andava ben oltre la semplice amicizia, ma non poteva fare nulla.
Sentiva la testa pulsare sempre più dolorosamente, anche a causa dell'invasione che stava subendo dal Signore Oscuro. Doveva resistere, perché sapeva che il viaggio che il mago aveva intrapreso nella sua mente sarebbe stato molto lungo. Invece, contrariamente a quanto si aspettasse, il Signore Oscuro uscì dalla sua testa poco dopo, visibilmente seccato. L'espressione calmò un po' Severus, che aveva avuto paura di essersi lasciato sfuggire qualche informazione importante. Poi capì perché il mago era uscito dalla sua mente così in fretta e come mai appariva seccato; era una cosa che non aveva nulla a che fare con lui. Dal piano superiore della Villa proveniva un gran trambusto: scoppi e vetri in frantumi.
«Mio Signore... L'Ordine è qui!» esclamò un Mangiamorte, entrando di corsa nella cella.
«Ma com'è possibile?» quasi urlò Voldemort, voltandosi verso Bellatrix, furioso. «Esigo una spiegazione, questa è anche casa tua!»
Bellatrix parve rimpicciolire sotto lo sguardo del mago e fissò il pavimento, visibilmente rossa in viso, mentre balbettava scuse.
«N-non lo so, mio Signore... Incantesimi di Difesa... Antichi e potenti...»
«Taci» sibilò il Signore Oscuro. «Voi due, rimanete qui a controllare i prigionieri. Tu, Bellatrix, con me. Spero almeno che ti renderai utile nel cacciare la feccia dalla tua casa».
Forse siamo salvi, pensò Severus, mentre Bellatrix e Il Signore Oscuro lasciavano la cella buia. I due Mangiamorte mollarono la presa sul suo corpo e Severus riuscì ad appoggiarsi con la schiena al muro, evitando l'ennesimo schianto sul pavimento di pietra. Le bacchette dei due uomini erano puntate contro di lui; Malocchio Moody era rannicchiato poco lontano e non dava segni di vita.

 

***

«Barry, può essere questo?» chiese Narcissa, mostrando un grosso volume antico con la copertina nera.
«No» rispose Harry, che aveva alzato la testa dall'ennesimo cassetto, speranzoso. «Quello che cerchiamo è più piccolo, come un libricino...»
Tornò a concentrarsi sui fogli di pergamena presenti nel cassetto che stava controllando. Li sollevò uno a uno, controllando che non ci fosse alcun diario nero in mezzo. Alcuni dei fogli recavano i sigilli ministeriali, altri sembravano più appunti e liste di proprietà e beni della famiglia; di quello che cercava non c'era traccia.
E se il diario non fosse qui? Fece una vocina nella sua testa, rivelando quello che era il pensiero che aveva cominciato a tormentare Harry da un po'. Sarebbe stato proprio un disastro: energie e tempo perso. Tempo che avevano regalato in più a Voldemort, senza  contare il rischio che stavano correndo gli altri membri dell'Ordine, mentre controllavano le altre case dei Mangiamorte, alla ricerca di Severus e Malocchio.
«Ehi, Barry!» chiamò Draco, con la testa china in una scatola ricoperta di velluto verde. «Hai detto che c'è scritto Riddle? Ehm... T.O. Riddle?»
«Sì!» esclamò Harry, correndo verso il ragazzo, che sventolava un piccolo quaderno nero, nella mano sinistra. «Sono sicuro, è questo!»
«Molto bene» fece Silente, chiudendo l'anta del mobiletto che stava controllando. «Andiamo via di qui, prima che arrivi qualcuno».
«Voi andate avanti» disse Narcissa, prendendo piuma e pergamena. «Io vi raggiungo tra un attimo».

 

***

Severus poteva sentire gli incantesimi provenienti dal piano superiore e sperò vivamente che i membri dell'Ordine fossero in vantaggio; davvero poco prima aveva pensato che non gli sarebbe dispiaciuto morire? In quel momento, quando la possibilità di essere salvato era così vicina a lui, non poté fare a meno di darsi dello stupido. Dopotutto Lily gli voleva bene e nemmeno James Potter, Sirius Black e Remus Lupin erano poi troppo male. Certo, considerarli amici era una cosa lontana dalla realtà, ma da qualche anno riuscivano a parlare civilmente per più di un'ora, anche tutti assieme; e non lo prendevano più in giro da molto tempo.
Siamo cresciuti, Severus, più in fretta del previsto, gli aveva detto uno smunto James, pochi mesi dopo la morte del figlio, quando aveva scoperto che erano dalla stessa parte.
Forse è il momento di riconsiderare i miei rapporti con quei tre, pensò.
Di colpo scese il silenzio in tutta la villa. Avrebbe voluto muoversi, per capire cosa stesse succedendo, ma era ancora tenuto sotto tiro dai due Mangiamorte che il Signore Oscuro aveva lasciato di guardia. Non riusciva a capire cosa fosse successo: sicuramente nella villa erano presenti quasi tutti i seguaci dell'Oscuro e l'unico pensiero che gli attraversò la mente, fu che i membri dell'Ordine che stavano combattendo erano tutti morti.
Ad un tratto sentì dei passi rimbombare nelle segrete, sempre più vicini. Il cuore accelerò i battiti, mentre Severus si chiedeva chi fossero le persone che stavano arrivando. Anche i Mangiamorte davanti a lui si guardarono, indecisi su cosa fare; il loro Signore aveva ordinato di controllare i prigionieri, nient'altro. La cella si aprì di colpo e i due maghi furono schiantati prima ancora di potersi girare verso la porta.
«Severus, stai bene?» chiese James Potter, entrando nella cella, seguito da Arthur Weasley e due dei suoi figli.
«Non molto» ammise, mentre la voce faticava a uscire; si sentiva terribilmente stanco. «Malocchio?»
«Credo sia svenuto» rispose Arthur, che lo stava controllando.
«Torniamo a Hogwarts» disse James, mentre aiutava Severus ad alzarsi. «Dobbiamo aiutare anche gli altri feriti».
«Che cosa è successo su?»
«Una battaglia con i fiocchi, Severus» rispose James, divertito. «Voldemort e i Mangiamorte hanno battuto in ritirata; l'Ordine era al completo».
«Parleremo meglio a Hogwarts e quando vi sarete ripresi entrambi» tagliò corto Arthur Weasley, ansioso di lasciare quel posto.
Sì, è decisamente il caso di rivalutare i Malandrini, pensò Severus, mentre James si faceva passare un braccio attorno alle spalle e lo aiutava a camminare verso l'uscita.

 

***

Lucius Malfoy si aggirava per il Maniero di famiglia in uno stato di agitazione. La coda che di solito raccoglieva i lunghi capelli biondi era quasi sciolta e molte ciocche cadevano sparse attorno alle spalle. Con le mani tormentava un pezzo di pergamena, già strappato in più punti. Dopo l'incursione dell'Ordine nella villa dei Lestrange, avevano saputo che anche molte altre case di Mangiamorte erano state visitate. Il Signore Oscuro gli aveva ordinato di controllare che non mancasse nulla dal Maniero dei Malfoy; non aveva detto niente, ma Lucius sapeva che si riferiva al libricino nero che gli aveva affidato anni prima. Quel libricino che, ora ne era certo, era sparito dal suo studio. E lui sapeva bene chi l'aveva preso.
Non aveva la minima idea di che cosa fare. Non poteva certo dire al suo Signore che l'oggetto che gli era stato affidato, fatto che aveva orgogliosamente preso per un gesto di stima e fiducia, era sparito. Né poteva rivelare che lo aveva preso Narcissa, la moglie che settimane prima lo aveva lasciato quando aveva appreso che il loro figlio Draco sarebbe diventato un Mangiamorte.
Rilesse per l'ennesima volta il messaggio che aveva trovato nel suo studio; non c'era alcuna firma, ma la calligrafia era inequivocabilmente quella della moglie.

 Sono certa che avrai visto che manca qualcosa dal tuo studio.
Quando ti tormenterai sulla decisione da prendere, perché so che lo farai, spero terrai a mente di avere una moglie e un figlio di cui, come capofamiglia,
devi ancora occuparti. Così come spero ricorderai di un amico che, nel consegnarsi al Signore Oscuro tramite te, ti ha aiutato nonostante appartenga a
quello che tu consideri il nemico.
Sicuramente farai la scelta giusta, ho fiducia in te.

 

Sapeva qual'era la scelta giusta, ma non era la più facile e non ci era abituato. Si tolse dalla testa i pensieri di potere e gloria che avevano contraddistinto la sua scelta di schierarsi con il Signore Oscuro e prese la scelta per quello che era: non doveva scegliere tra lui e Silente, o tra bene e male.
Doveva scegliere tra se stesso e la sua famiglia.
E, in assoluto, la famiglia era la cosa più importante, come gli avevano insegnato fin da piccolo.
Tu sei il maschio, Lucius, e sarà compito tuo guidare la famiglia, gli ripeteva sempre il padre. Sarai la guida, l'esempio e colui che prenderà tutte le decisioni importanti; tua moglie e i tuoi figli dovranno sempre poter contare su di te.
Mise il biglietto in tasca, prese la bacchetta e uscì di casa.
Sapeva a chi chiedere aiuto.

 

***

Harry era tornato nella sua camera al Paiolo Magico, dopo una breve tappa a Hogwarts dove aveva lasciato il Diario, assieme agli altri Horcrux. Lui e Silente non avevano ancora trovato un modo per distruggerli e, anche se al momento si occupavano di trovarli tutti, prima o poi avrebbero dovuto eliminarli, altrimenti non sarebbero riusciti a sconfiggere Voldemort. Silente era tranquillo e sicuro di riuscire a trovare una valida alternativa all'Ardemonio, ma Harry non lo era affatto. L'unico pensiero che riusciva a tirarlo un po' su di morale, era che le conoscenze magiche del Preside erano di gran lunga superiori alle sue e, proprio per quello, forse aveva già qualche idea su come distruggere gli Horcrux, ma volesse tenerlo per sé. Non aveva mai sopportato di essere tenuto all'oscuro di qualcosa, ma se voleva dire poter distruggere Voldemort, se ne sarebbe fatto una ragione.
Un'altra cosa che lo stava preoccupando molto era la cena con Lily e James che lo aspettava. Sarebbe dovuta essere quella sera ma, dato che Severus era appena stato liberato, Lily voleva passare del tempo con lui, in Infermeria. L'appuntamento per la cena era stato rimandato al giorno seguente, quello del suo compleanno. Non sapeva davvero cosa aspettarsi da quella cena.
Continuare a pensarci non mi aiuterà affatto, pensò, alzandosi dal letto su cui era disteso. Meglio occupare il tempo facendo qualcosa di più utile, tipo leggendo gli appunti che mi ha dato Severus.
Si sedette alla scrivania e continuò a leggere gli appunti; dopo un po' diventava noioso, peggio di una lezione di Storia della Magia, ma continuava a ripetersi che era necessario per capire almeno come aveva fatto a finire in un'altra Dimensione.

 

20 Maggio 1996

 

A poco più di un mese, la squadra ha compiuto numerosi passi avanti per quanto riguarda la prima
fase del progetto. Con l'aiuto della signora Williams, è riuscita ad isolare una formula che
permette il collegamento tra due dimensioni, che è stata denominata Passaggio, vista la sua funzione.
E' stato compiuto un primo tentativo, senza successo, di attraversare il Passaggio da parte di due
membri della squadra. Purtroppo, il Passaggio si è richiuso poco dopo. Tra qualche tempo, la squadra
ne aprirà un altro, ma non è certa che si tratterà dello stesso che si è richiuso. Non è ancora chiaro
in che modo avvenga il viaggio tra due Dimensioni, ma la squadra pensa che sia un meccanismo
molto simile a quello delle Passaporte.

Uno degli Indicibili coinvolti ha cominciato ad indagare sulla signora Williams e su coloro che, almeno nella dimensione di provenienza, sono i suoi genitori. Sam e Martha Williams, sposati da quarantadue anni, hanno due figli maschi, di trenta e ventisei anni.
Jessica Williams ha riconosciuto il più giovane dei figli, esistente anche nella sua dimensione. L'altro ragazzo, invece, di un anno più grande della donna, non è stato riconosciuto.
Nei prossimi giorni, altri membri tenteranno di avvicinare la famiglia per capire se ci sia o se ci
sia stata in passato, una figlia.

 17 Luglio 1996

 

Oggi, dopo l'apertura di tre diversi Passaggi, l'Indicibile Daniel Thompson è riuscito ad attraversare
l'ultimo aperto. L'Indicibile Michelle Smith, al contrario, non è riuscita ad attraversare il Passaggio.Non è chiaro come mai solo uno dei due sia riuscito a passare e, almeno per il momento, la squadra non è in grado di indagare sul fatto.
Per quanto riguarda i coniugi Williams, si è scoperto che nell'anno successivo alla nascita del
primogenito, avevano avuto una bambina, nata morta, che avevano chiamato Jessica.
Questo fatto ha riportato alla mente della signora Jessica Williams un ricordo di quando era piccola, a proposito dei genitori. Da quanto si è capito, i genitori della donna hanno spesso parlato di un terzo fratello che, purtroppo, non è mai nato.
Dopo queste conoscenze, la squadra ha formulato una prima ipotesi a proposito delle Dimensioni Parallele:

 

- Ogni Dimensione presenta dei Punti, cioè i fatti che avvengono al suo interno. Esistono tante Dimensioni Parallele quante sono le diverse possibilità di sviluppo dei Punti, meno una.
(Quella che si sviluppa
nella Dimensione Originale).

_____________________

Ciao a tutti!!
Finalmente sono riuscita a pubblicare il nuovo capitolo! Scusate se ci metto molto,
ma la sessione di esami all'università è sempre più vicina e tra quello e la tesi, non ho molto tempo per continuare la storia;
ma l'università ha la precedenza.
Non so il prossimo capitolo quando arriverà, anche perché tra poco scade un contest a cui sono iscritta e devo scrivere
anche quella storia. Portate pazienza, a Marzo ricomincerò ad aggiornare con regolarità!
Ringrazio come sempre quelli che recensiscono e quelli che leggono in silenzio!
Chi ha messo la storia tra le Preferite(36), Seguite(110) e Ricordate(17).
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo!
Per chi volesse fare quattro chiacchiere su Facebook, quando ci sono, mi trova come: Lui Lucyhp Efp
Alla prossima,
Lucy
 
 
 

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Capitolo 15
*** 31 Luglio 1998 ***


Mancavano pochi minuti alle sei, l'orario della cena a casa Potter, quando Harry arrivò a Godric's Hollow.
Il cuore batteva talmente forte per l'emozione che faceva fatica a respirare. Anche se quelli non erano i suoi veri genitori, per la prima volta nella sua vita avrebbe passato il compleanno con Lily e James Potter.
Aumentò la stretta sulla bottiglia di Idromele, per paura che scivolasse a causa della mano sudata. Aveva passato l'intera mattinata a decidere cosa portare come ringraziamento per la cena e non era ancora sicuro di aver fatto la scelta giusta. In un altro momento avrebbe chiesto consiglio al suo padrino, ma il Sirius di quella dimensione aveva seppellito il figlioccio quasi diciassette anni prima, quindi aveva dovuto fare da solo.
Giunto davanti alla porta di casa Potter prese un lungo respiro, nel tentativo di calmarsi un po'. Aveva passato la notte quasi in bianco, svegliandosi spesso a metà di sogni improbabili. Durante il giorno non aveva toccato cibo, facendo preoccupare molto tutti quelli che risiedevano al Paiolo Magico. C'erano stati molti momenti della sua vita in cui era stato così agitato, ma aveva sempre avuto qualcuno accanto con cui confidarsi, cosa che aveva aiutato molto. In quella Dimensione poteva contare solo su Silente e Severus, che però quel giorno erano entrami introvabili.
«Stai tranquillo» lo avevano rassicurato alcuni membri dell'Ordine, quando Harry aveva espresso la sua preoccupazione nel pomeriggio. «Silente ha detto qualcosa a proposito di un piano e che sarebbe stato impegnato con Severus tutto il giorno».
Harry aveva pensato che stesse pensando a come recuperare gli ultimi Horcrux, così, dopo altre rassicurazioni, era tornato a preoccuparsi della cena che lo aspettava. Dopo un altro profondo respiro si decise e bussò alla porta di casa Potter.
Non dovette aspettare molto per sentire dei passi avvicinarsi e la porta si aprì rivelando un James Potter dal sorriso piuttosto tirato.
«Ciao, Barry... Ehm, cioè, Harry... cioè... Accomodati pure» balbettò l'uomo, facendosi di lato per lasciarlo entrare. Dalla cucina giungevano attutiti i rumori di pentole mosse e un delizioso profumo di arrosto riempiva la casa.
«Ciao, James» rispose Harry, piuttosto agitato. «Io ho portato una bottiglia di Idromele, come ringraziamento per l'invito. Non so se vi piace, ma non sapevo cosa portare e...»
Si interruppe, sentendosi davvero un idiota a giustificare il regalo che aveva scelto, ma era agitato e il cervello e la bocca sembravano non collaborare come facevano di solito.
«Non dovevi portare niente, ma grazie del pensiero» disse James, prendendo la bottiglia. «L'apriremo per cena. Vieni, accomodati in sala da pranzo, Lily ha quasi terminato tutte le pietanze... A proposito... Buon compleanno!»
«Grazie». 

***

Severus guardava dubbioso la fiala di Pozione Polisucco che teneva in mano; apparteneva alla scorta che Silente gli aveva chiesto di preparare per l'Ordine.
A volte vari membri la utilizzavano per nascondere la loro vera identità quando erano di pattuglia. Quando il Preside gli aveva chiesto di portarne una fiala nel suo studio, era certo che non serviva all'uomo per camuffarsi.
«Che cos'hai intenzione di farci?»
«Oh, non ne sono ancora del tutto sicuro» rispose Silente, anche se Severus era certo che stesse mentendo. «Qualcosa mi verrà in mente... Piuttosto, hai parlato con Narcissa?»
«Sì, pare che Lucius abbia deciso, anche se non ne sembra particolarmente contento».
«Capisco» fece Silente, pensieroso. «Possiamo solo sperare che ce la faccia».
Severus nutriva non pochi dubbi in proposito.
«Ci sono notizie a proposito di Ronald?» chiese Silente, riponendo la fiala in uno dei cassetti nella sua scrivania.
«Weasley?» chiese Severus. «Non si è ancora svegliato, ma Madama Chips è fiduciosa. Negli ultimi giorni ha mosso leggermente le mani, dice che è un buon segno. Harry è andato a trovarlo spesso, non credi che sia rischioso per lui? Solleverebbe non pochi dubbi».
«È rischioso, non dubito. Ma chi sono io per impedire ad Harry di vegliare un amico?»

 

***   

Molte volte, quando era ancora il bambino triste e chiuso nel sottoscala di casa Dursley, aveva fantasticato sulla madre, Lily. Una delle cose che aveva sempre pensato era che doveva essere una brava cuoca perché, secondo la sua logica di bambino, tutte le mamme erano brave in cucina. Dopo aver assaggiato le lasagne, il pollo arrosto, le patate e la torta con ricotta e cioccolato, poteva dire con certezza che la cucina di Lily non aveva niente da invidiare a Molly Weasley. Forse era un po' influenzato dal fatto che, tecnicamente, poteva considerare la cena come la prima preparata da sua madre, ma gli era sembrato tutto veramente squisito.
«Era davvero tutto ottimo, Lily grazie».
«Oh, ma figurati caro, mi piace cucinare... E a James piace mangiare» aggiunse, fulminando il marito che stava prendendo la terza fetta di torta.
«È colpa tua, hai fatto la mia torta preferita».
«Certo, naturalmente» disse Lily, facendo prontamente sparire il piatto con il dolce, impedendo a James di prendere una quarta fetta. «Qualsiasi cosa dolce è la tua preferita. Che ne dite di andare in salotto mentre io preparo il caffè? Così staremo più comodi anche per parlare».
Harry seguì James nel salotto di casa Potter, si accomodò in una delle morbide poltrone bianche e si ritrovò a fissare i suoi stessi occhi verdi dalla fotografia di un Harry bambino appoggiata sul tavolino. L'agitazione, che sembrava essersi calmata durante la cena, tornò all'improvviso, più forte di prima. Se prima gli argomenti di conversazione erano rimasti su un terreno neutro, come l'Ordine della Fenice o il suo soggiorno al Paiolo Magico, sapeva perfettamente che nel salotto sarebbe stata tutt'altra cosa.
Aveva paura delle domande che avrebbero potuto fargli Lily e James, e si domandava se non fosse il caso di prendere l'iniziativa e cominciare a raccontare, omettendo le parti di cui non voleva metterli al corrente.
Ma questo non impedirebbe loro di farti domande, sussurrò una vocina nella sua testa.
James, intanto continuava a fissarlo attentamente, in silenzio.
«Allora, Harry...» disse infine, mentre Lily entrava nella stanza con un vassoio. Lo appoggiò sul tavolino, porse una tazza fumante a ciascuno e aprì la scatola dei biscotti, che allontanò il più possibile da James. «Com'è stato crescere con la sorella di Lily?»
«Terribile, soprattutto fino a quando non ho compiuto undici anni. Dormivo nel ripostiglio del sottoscala e venivo punito duramente, specialmente quando succedeva qualcosa al di fuori dell'ordinario».
«Ti hanno fatto dormire nel sottoscala?!» esclamò Lily, furiosa e scandalizzata. «Mia sorella è veramente tremenda».
«Cosa intendi per, cose fuori dall'ordinario?» chiese James, che sembrava più propenso a saperne di più dei particolari della vita di Harry.
«Oh, beh, piccole magie. A sette anno ho fatto diventare blu la parrucca dell'insegnante, mentre a otto o nove anni, ho saltato i bidoni dell'immondizia per nascondermi e mi sono ritrovato sul tetto della scuola, non so come».
«Wow, il volo deve essere proprio una cosa di famiglia» commentò James. «A sei anni mi sono lanciato dal terzo piano della casa su un albero in giardino per scappare da mio padre; avevo finito tutte le sue caramelle».
«Non fatico a crederci» commentò Lily, sottovoce. «Comunque, Harry. Avremo un mucchio di tempo per parlare del tuo passato e noi del nostro... Io e James abbiamo pensato che potresti venire a casa nostra un paio di volte alla settimana, se ti fa piacere. All'inizio avevamo pensato che avresti potuto trasferirti qui, ma sembrerebbe troppo sospetto».
Harry sentì il cuore accelerare e il viso andare in fiamme. Da quando aveva rivelato la sua identità ai Potter aveva sperato di poterli vedere anche al di fuori delle riunioni dell'Ordine, ma era davvero combattuto. Da un lato non riusciva a non essere felice per questa nuova possibilità che aveva, di conoscere i genitori, stare con loro, Sirius e tutti gli altri. Dall'altro lato però non poteva dimenticare tutti quelli che erano rimasti nella sua Dimensione; erano preoccupati per lui? Lo stavano cercando?      
«Quindi, voi mi credete?» chiese, con cautela, osservando attentamente le loro reazioni.
«Certo che ti crediamo, Harry!»
«Come puoi pensare che non ti crediamo?»
«Beh, sarebbe perfettamente normale. Insomma, un ragazzo piove praticamente nell'ufficio di Silente, si inventa un nuovo nome e poi confessa di essere Harry Potter e provenire da un'altra Dimensione. Credo che nemmeno Il Cavillo accetterebbe una storia simile...»
Dopo queste parole il silenzio scese nel salotto. James fissava una frangia della coperta di pile che sporgeva dal divano, mentre Lily si torceva le mani, come se stesse cercando di trattenersi dal fare qualcosa.
«Al diavolo Silente e le sue raccomandazioni di cautela!» esclamò infine, gettando le braccia al collo di Harry e scoppiando in lacrime.
«Oh, non mi sembra vero di poter abbracciare mio figlio».
Dopo pochi secondi, Harry sentì James raggiungerli e non riuscì a trattenere le lacrime. Per la prima volta in vita sua, per quanto poteva ricordare, i suoi genitori lo stavano abbracciando. Poco importava che appartenessero a due Dimensioni diverse, in quel momento erano quello che erano: una famiglia riunita.        

***

Ron sentiva la voce della madre in lontananza, a tratti riusciva anche a capire quello che diceva. Avrebbe tanto voluto aprire gli occhi, alzarsi dal letto e dire «Ehi, mamma, sto bene», ma non aveva le forze. Appena cercava di aprire gli occhi, il buio che lo avvolgeva diventava sempre più fitto, come in quel momento. Poi, di colpo, una palla di luce comparve davanti ai suoi occhi. Non aveva mai visto nulla di simile prima d'ora, ma guardarla gli provocava una sensazione positiva; era certo che quella luce fosse una bella cosa. Cominciò a vibrare e a diventare più piccola.
Non andartene, pensò, preoccupato che potesse svanire nel nulla; poi capì. La luce non stava scomparendo, si stava allontanando nel buio. Senza pensarci due volte la seguì e si rese conto di riuscire a muoversi senza fatica, si sentiva leggero, quasi incorporeo. La luce continuava a muoversi sempre più veloce e lui accelerava con lei; non voleva affatto perderla di vista. Dopo un tempo che gli parve infinitamente lungo e breve al tempo stesso, il buio cominciò a dissolversi e la luce divenne un tutt'uno con un Patronus a forma di cerva che non aveva mai visto prima. Si muoveva in fretta, verso il buio degli alberi, ma non era sola; un ragazzo la seguiva, intimandole di fermarsi.
Ron cercò di correre per non perderli di vista, quel ragazzo aveva un aspetto molto familiare, e si ritrovò a fluttuare in alto, vicino ai rami innevati degli alberi. Guardò in basso, dove avrebbero dovuto trovarsi i suoi piedi; vide soltanto neve. Non aveva piedi, né gambe o braccia: non aveva alcun corpo.
Sono morto?
Non poteva essere morto, non voleva essere morto. Non aveva ancora potuto dire ad Hermione quello che provava per lei, cosa che rimandava dalla seconda gita ad Hogsmeade del terzo anno e c'erano ancora molti ragazzi da tenere alla larga da sua sorella. Piano piano, la paura per quello che era successo lasciò il posto alla curiosità.
Perché quella palla di luce lo aveva portato in quella foresta innevata? Quando era stato colpito nella battaglia era estate... Che fosse una sorta di luogo di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti? Sentiva di dover seguire quel ragazzo e la cerva; probabilmente erano la risposta a tutto.
Continuò a seguire il ragazzo, fluttuando nell'aria. Quando questi si fermò davanti ad un laghetto ghiacciato, la cerva scomparve e, da quello che poté capire lui, il ragazzo non era per niente contento.
Si avvicinò al ragazzo, intento a fissare qualcosa nella superficie ghiacciata, e trovò il coraggio di parlare. Ma quando aprì la bocca per dire qualcosa, si ricordò di non averne una. Le anime non parlano.
D'un tratto il ragazzo, che si era tolto i vestiti e aveva rotto la superficie ghiacciata con un incantesimo, si tuffò in acqua.
È impazzito! Si è appena tuffato in mutande in un lago gelato, in pieno inverno.
Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma non sapeva cosa; se avesse avuto un corpo, si sarebbe buttato lui per tirarlo fuori, perché il ragazzo era chiaramente in difficoltà. Sotto la superficie dell'acqua qualcosa lo stava trattenendo, nonostante gli sforzi per tornare su. Si guardò intorno, disperato, ma erano immersi nel nulla; il ragazzo sarebbe sicuramente morto.
Mentre girava su se stesso per l'ennesima volta, alla ricerca di qualcuno, vide un cespuglio muoversi e un ragazzo uscì di corsa, per tuffarsi ad aiutare il ragazzo.
Meno male, pensò Ron, prima di rendersi conto che il colore dei capelli del secondo ragazzo era identico al suo. Il suo cuore, se ancora ne aveva uno, mancò un battito quando vide i due uscire vivi dall'acqua.
«Ma... sei... scemo?»
Sentì la sua stessa voce parlare; era una cosa davvero strana. Lui non ricordava affatto quel momento, né il secondo ragazzo che era presente, eppure l'altro Ron sembrava conoscerlo piuttosto bene.
«Perché cavolo non ti sei tolto questa roba prima di tuffarti?»
Continuò l'altro Ron, sventolando un medaglione sotto il naso del ragazzo.
«Sei stato t-tu?»
«Beh, sì».
«Tu ha-hai evocato quella cerva?»
«Cosa? No, certo che no! Pensavo che fossi stato tu!»
«Il mio Patronus è un cervo. Maschio».
«Già. Mi pareva che fosse un po' diversa. Niente corna».
«Perché sei qui?»
«Beh, io sono... insomma... sono tornato. Se... insomma. Se mi vuoi ancora».
L'altro Ron appariva davvero in imbarazzo, nonostante i due sembrassero amici da tempo.
«Ah, già, l'ho presa. È per questa che ti sei buttato dentro, vero?»
«Sì. Ma non capisco. Come hai fatto ad arrivare qui? Come sei riuscito a trovarci?»
Ron fluttuò sempre più vicino all'altro ragazzo, perché alla luce della bacchetta aveva visto bene il viso; era identico a James Potter, ma non poteva essere lui, non era così giovane! Se il figlio Harry fosse stato ancora in vita, avrebbe avuto la stessa età sua, di Ron, Neville e tutti gli altri compagni di scuola.
I due ragazzi continuavano a parlare, ora erano impegnati a discutere di chi dovesse distruggere quel medaglione: sembrava una questione molto importante.
«Non posso, Harry, davvero... fallo tu...»
Ron non capiva più niente, anche se ormai era certo che quello non fosse il luogo di passaggio tra la vita e la morte. Ma allora, dov'era? E perché c'era un Ronald Weasley che vagava per foreste alla ricerca di quel ragazzo, che aveva appena chiamato Harry?
Vide se stesso prendere una grossa spada tempestata di pietre preziose e sollevarla contro il medaglione.
«Uno.... due... tre...»
L'ultima parola pronunciata dal ragazzo suonò come un sibilo rabbioso e del tutto incomprensibile; il medaglione si aprì e delle figure cominciarono a formarsi dalla grossa nuvola di fumo nero che era uscita. Non distingueva bene le figure, ma dall'espressione del viso dell'altro Ron, pareva che rappresentassero la sua più grande paura.
Le figure cominciarono a mormorare con una voce bassa e fredda che Ron aveva sentito poche volte in vita sua, ma che sapeva appartenere a Voldemort.
Sentiva l'altro ragazzo, Harry, esortare l'amico a colpire il medaglione e, finalmente, Ron reagì. Con uno scatto rapido, affondò la lama nel medaglione, da cui si levò un urlo agghiacciante.
Lentamente le figure cominciarono a rimpicciolirsi e l'urlo continuò a risuonare come una lontano eco. Di colpo Ron si ritrovò disteso in un letto morbido e caldo, la mano della madre che continuava a muoversi lungo la sua fronte. Aprì gli occhi.            
«Oh, RON!» urlò la madre. «Finalmente ti sei svegliato!»
Avrebbe voluto rassicurarla, dirle che stava bene, a meno che lei non lo soffocasse con i suoi soliti abbracci, ma in mente aveva una sola cosa: il ricordo di quello che aveva visto.
«Devo... Devo parlare con Silente, da solo».
Perché se c'era una cosa che aveva imparato in sette anni a Hogwarts, era che Silente aveva una spiegazione per ogni cosa.

_________________________          

Ciao a tutti!

Chiedo scusa per l'enorme, mostruoso e scandaloso ritardo e prometto che non accadrà più!! Tra gli esami, la tesi e il computer che
ha cominciato a rifiutarsi di partire, ho avuto veramente poco tempo!!
Con il computer ho risolto, colpa della batteria, con gli esami e la tesi non ancora, ma posso dedicare un'oretta al giorno alla storia.
Il prossimo capitolo è quasi pronto e arriverà giovedì-venerdì! Poi continuerò ad aggiornare regolarmente una volta alla settimana!
Come sempre, ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia, commentato e chi ha messo la storia tra le Preferite(49), le Seguite(140) e le Ricordate(21).
Entro oggi risponderò anche a tutte le recensioni arretrate!
Nel mio profilo troverete anche una nuova storia, completa, che è arrivata PRIMA (ancora non ci credo!!!)
al concorso - Can I have this dance? - di EmmaStarr
Dimenticavo, i dialoghi in corsivo sono presi dal settimo libro di Harry Potter!
Baci,
Lucy

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Capitolo 16
*** Ultimi preparativi ***


Lucius Malfoy sapeva di non essere il migliore Occlumante del mondo magico, ma non poteva permettersi di fallire. Narcissa lo aveva convinto,
per non dire che lo aveva fregato alla grande, a prendere il posto di Severus come spia dell'Ordine tra le file del Signore Oscuro. Non gli interessava minimamente la sorte di Silente e del suo gruppetto da quattro soldi, ma ora che anche Draco ne faceva ufficialmente parte doveva fare il possibile per proteggerlo e, se questo voleva dire far parte dell'Ordine, non aveva scelta; come Narcissa gli aveva ricordato, era sempre un padre e doveva fare tutto il possibile per il figlio, compreso mentire al Signore Oscuro guardandolo dritto in faccia.
Quando arrivò a casa Lestrange, il salone principale pullulava di Mangiamorte in ansia che camminavano su e giù gettando occhiate furtive alla porta chiusa della biblioteca.
«Vuole vederci uno a uno» disse uno di loro, che trasalì quando la porta si spalancò di colpo, lasciando uscire uno sventurato Mangiamorte, che sembrava essere stato torturato pesantemente, e Bellatrix.
«Ah, Lucius, sei arrivato» disse, notando la sua presenza. «Bene, entra pure, il Signore Oscuro ti stava aspettando».
Con il cuore in gola, entrò nella biblioteca della cognata e si inchinò velocemente al cospetto del suo Padrone, cercando di relegare l'incontro avuto con Silente in un angolo più che remoto della sua mente.
«Alzati Lucius e dimmi, hai controllato la casa, dopo la sgradita visita da parte dei nostri cari amici dell'Ordine?»
«Sì, mio Signore, ho controllato tutto da cima a fondo e non manca nulla» rispose, senza abbassare lo sguardo. Forse, se si fosse mostrato sicuro di quel che diceva, il Signore Oscuro non avrebbe fatto ricorso alla Legilimanzia.
«Davvero? Ne sei proprio sicuro, Lucius?» chiese ancora lui, in tono falsamente dolce.
«Sì, mio Signore, è come vi ho detto»
«Bugiardo!»
Una parola che fece tremare il sangue nelle vene di Lucius, anche se quello, fino a quel punto, era parte del piano di Silente.
«Perdonatemi, mio Signore, intendevo dire che non manca nulla di importante» si corresse. «Credo che mia moglie Narcissa facesse parte del gruppo che ha perquisito la mia dimora, perché qualcuno ha portato via i documenti del contratto di Matrimonio tra Draco e la figlia dei Greengrass, mio Signore. So per certo che cercherà un modo per impedire il matrimonio, se continuerò a stare dalla vostra parte».
«Il contratto con i Greengrass?» ripeté il Signore Oscuro. «Lucius, ti ricordi, vero, perché ti ho ordinato di far sposare tuo figlio con una delle figlie di quella famiglia?»
«Sì, mio Signore: occupano un posto influente nella comunità, ma si sono tenuti sempre al di sopra di tutti nella guerra; il matrimonio con il figlio di un Mangiamorte, secondo voi, può essere visto come uno spostamento di pensiero a nostro favore».
«Non puoi permettere che vada tutto a monte, chiaro? Ora, suppongo che se tu abbandonassi me e ti schierassi dalla parte di Silente, tua moglie non avrebbe più motivo per annullare il matrimonio del figlio, giusto?»   
«Io, credo di sì, mio Signore. Narcissa stessa mi ha detto che, se tornassimo a stare dalla stessa parte, non avrebbe motivo per mandare a monte il contratto; dopotutto le piace la famiglia Greengrass».
«Come a tutti, Lucius, come a tutti. Bene, so che cosa fare per sistemare il problema» disse il Signore Oscuro. «Da quando Severus si è rivelato essere un vile traditore, manca qualcuno all'interno dell'Ordine che spii Silente per me; sarai tu a farlo».
«Io, mio Signore?» chiese Lucius, fingendosi preoccupato.
«Sì, tu. Farai finta di aver cambiato idea e di essere dalla parte di Silente, così Narcissa non creerà più alcun problema con i Greengrass e io avrò di nuovo una spia all'interno dell'Ordine».
«D'accordo, ma se Silente non mi credesse?»
«E perché mai non dovrebbe farlo? Pentimenti, amore, redenzione... Sono tutte cose che Silente adora; vedrai, ti accoglierà a braccia aperte».
Lo ha già fatto, pensò mentre lasciava la casa dei Lestrange per tornare al Paiolo Magico, dove lo attendevano ansiosamente la moglie e il figlio.
Era andato tutto secondo i piani di Silente, almeno per il momento.

 

***      

Jeffrey Rensen è la quarta persona che non ha fatto ritorno dal viaggio interdimensionale, almeno secondo quanto riportato dagli appunti della squadra.
Non risulta nessun dipendente ministeriale con quel nome, né compare mai nei registri degli studenti di Hogwarts. Nessuno di noi serba alcun ricordo di questa persona, così come sono stati dimenticati anche gli altri tre membri che hanno compiuto il viaggio.
Da quanto appreso finora, possiamo con certezza affermare che, quando una persona cambia Dimensione, cessa di esistere nella precedente; è come se non fosse mai esistito.
Allo stesso modo però, Jessica Williams, la donna proveniente da un'altra Dimensione, ha cominciato a comparire nel passato di questa realtà.
Sono passati più di dieci mesi dal suo arrivo e il Ministero conserva gli esami attitudinali, risalenti a quasi otto anni fa, che la donna ha svolto per entrare nell'Ufficio Misteri. Ad Hogwarts il suo nome compare tra i Capiscuola della Casa di Corvonero e tra i migliori membri del Club degli Scacchi. I professori della scuola e la famiglia Williams conservano ricordi, seppur molto vaghi, del tempo che Jessica ha passato con loro.
Sembra che, più tempo una persona trascorra in una nuova Dimensione, più le due realtà, quella di provenienza e quella di arrivo, tendano a fondersi.

 Di comune accordo con il Ministro della Magia, la squadra sei dell'Ufficio Misteri provvederà alla distruzione di ogni materiale riguardante le Dimensioni Parallele.
Le ultime incursioni dei seguaci di Voldemort all'interno del Ministero e l'aumento costante del suo potere, rendono necessarie decisioni come queste. La pericolosità di queste informazioni, soprattutto in mano alle persone sbagliate, non lascia alcuna scelta. Voldemort potrebbe usare la Formula trovata per richiamare a sé ogni Mangiamorte deceduto in questa Dimensione e potrebbe farlo più e più volte, dotandosi di un esercito praticamente inesauribile. Ogni cosa riguardante le Dimensioni Parallele sparirà e tutto continuerà come se non fosse mai stato sollevato l'argomento.

 Gli appunti di Bode terminavano in un minuscolo messaggio, scritto in una pessima calligrafia, ai margini dell'ultima pagina.

 Questi appunti sono posti sotto Incanto Fidelius e contengono informazioni leggibili solamente dai Membri dell'Ordine della Fenice.

 

Terminata la lettura, Harry aveva molti più dubbi di quando aveva cominciato. Per prima cosa, non riusciva a capire il senso del messaggio lasciato da Bode, se quella era la sua scrittura, alla fine. Da quanto aveva potuto capire, la squadra aveva portato a termine la missione, scoprendo il modo per viaggiare tra le varie Dimensioni esistenti, ma il tutto era stato tenuto nascosto e poi cancellato in fretta e furia. Ma allora perché conservare quegli appunti solo per l'Ordine della Fenice? Avrebbe avuto senso lasciare una copia segretata al Ministero, nell'Ufficio Misteri forse, non all'Ordine.
La seconda cosa che lasciava perplesso Harry era la ragione che aveva spinto il Ministro e la squadra a smettere di studiare l'argomento e cancellare tutto. 'Voldemort potrebbe usare la Formula trovata per richiamare a sé ogni Mangiamorte deceduto in questa Dimensione e potrebbe farlo più e più volte, dotandosi di un esercito praticamente inesauribile'.
Aveva letto attentamente gli appunti da cima a fondo ed era sicuro che non fosse mai stata nominata una Formula in grado di richiamare volontariamente qualcuno da un'altra Dimensione. Eppure, era proprio quello il motivo principale che aveva determinato la cancellazione di tutto il lavoro, come se non fosse mai stato fatto. C'era qualcosa che non gli tornava e aveva la sensazione che fosse una cosa molto importante.
Era ancora immerso nei suoi pensieri quando bussarono alla porta. Non aspettava nessuno, dato che Remus e Narcissa erano fuori per faccende dell'Ordine, Lucius era stato chiamato nuovamente al cospetto di Voldemort e Andromeda e Ted erano impegnati al bar, in cui ogni tanto qualche mago in transito verso Diagon Alley dava loro un po' di lavoro.
«Chi è?»
«Sono James» rispose dal corridoio una voce molto simile alla sua.
Si alzò dal letto in cui era semidisteso il più velocemente possibile, con il cuore in gola. Avevano concordato di vedersi solo a casa Potter o in qualche luogo isolato, per non destare troppi sospetti, perciò immaginava che fosse successo qualcosa di grave.
«Ehi, come mai quella faccia?» chiese James, entrando.
«Sei venuto in uno dei luoghi non concordati, quindi è successo qualcosa? Sembri preoccupato».
«Stanno tutti bene, almeno l'ultima volta che ho visto tutti... Ho accompagnato Lily a Diagon Alley, doveva prendere non so quali ingredienti segreti per non so quale pozione segreta che lei e Severus devono preparare per Silente... e io ovviamente ero di troppo».
«Ah, capisco... Quindi sei preoccupato per il tempo che Lily e Severus passeranno assieme» disse Harry.
«No, affatto» lo contraddisse James. «Sono solo amici. Ormai ho quasi quarant'anni, sono maturato. Tu, piuttosto, hai l'aria davvero preoccupata».
Harry posò lo sguardo sugli appunti che aveva lasciato sul letto, dubbioso. Poteva fidarsi di James, era un membro dell'Ordine e sapeva già qualcosa a proposito di Dimensioni Parallele. Quante volte avrebbe voluto avere accanto il padre a cui chiedere consiglio? Eppure, ora che poteva dire di averne uno, era davvero difficile trovare il coraggio di confessare i suoi dubbi e i suoi timori. Aveva diciotto anni e non voleva dare l'impressione di essere debole chiedendo consiglio a qualcuno, specialmente se quel qualcuno era James Potter.
Prese fiato e, con un'ultima occhiata a James, si decise a parlare. Aveva la possibilità di chiedere qualcosa al padre e sapeva che a lui avrebbe fatto piacere sapere di essergli stato utile. Prese gli appunti da sopra il letto e li porse a James.
«Bode mi ha dato degli appunti a proposito delle Dimensioni Parallele, per aiutarmi a capire qualcosa di quanto mi sia successo» spiegò Harry, mentre James esaminava i fogli di pergamena tenuti insieme da uno spago rosso. «Non ho ancora capito come ho fatto a finire qui, né se posso tornare indietro e come, però so che quelli che ho lasciato nella vecchia Dimensione mi hanno dimenticato e che le persone di questa nuova, prima o poi cominceranno a ricordarsi di me, come se fossi sempre stato qui. Però ci sono alcune cose che non mi tornano e non riesco a fare a meno di pensarci...»
«Mancano dei fogli» lo interruppe James, che aveva smesso di leggere per esaminare la rilegatura di fortuna che teneva assieme le pagine. «Qui, vedi?»
Harry si aggiustò gli occhiali sul naso e avvicinò lo sguardo al dito indice di James, puntato tra due fogli. Vicino allo spago rosso, tra le pieghe delle pagine tenute insieme, si scorgevano dei pezzi di pergamena strappati.
«Anche qui» continuò James, girando le pagine. «Chiunque sia stato ha cercato di fare un buon lavoro, alcune pagine sono state sistemate con la magia, ma non è riuscito a sistemarle tutte; probabilmente era ansioso di nascondere qualcosa. Non avevi notato che le date del diario spesso saltano anche mesi?»
«Sì, ma avevo pensato che in quel periodo non ci fossero stati sviluppi nelle ricerche» si giustificò Harry.
«Probabilmente è vero, in alcuni casi» lo rassicurò James, porgendo i fogli che Harry nascose nuovamente all'interno dell'armadio. «Te li ha dati Bode gli appunti?»
Harry scosse il capo. Era stato Severus a darglieli, poco dopo che Harry gli aveva rivelato la sua vera identità, ma che interessi poteva avere nell'eliminare parte delle pagine del diario? Quali informazioni erano contenute in esse?
«È stato Severus a darmele, le ha chieste a Bode ad una riunione dell'Ordine verso metà giugno, credo. Non voglio pensare male di Severus, l'ho fatto fin troppo nell'altra Dimensione».
James era assorto nei suoi pensieri e pareva non aver sentito una parola di quanto detto da Harry.
«Sei sicuro che le abbia chieste a Bode dopo una riunione dell'Ordine?»
«Così mi ha detto, almeno credo» rispose Harry, che non riusciva a ricordare cosa avesse detto esattamente Severus quando gli aveva dato gli appunti.
«Bode è un Indicibile del Ministero e non partecipa a molte riunioni dell'Ordine proprio per tutti gli impegni che il suo ruolo comporta... l'ho visto a pochissime riunioni quest'anno e mi sembra improbabile che abbia potuto dare gli appunti a Severus».
«Io li ho ricevuti da lui gli appunti, ero nel suo ufficio!»
«Ti credo, Harry. La pazzia non fa parte dei geni Potter, né in quelli Evans per quanto Petunia mi abbia più volte creato qualche dubbio in proposito. Probabilmente Severus non ha ricevuto gli appunti da Bode, ma da qualcun altro che non voleva essere messo in mezzo...»
«Qualcuno che avrebbe potuto e voluto eliminare pagine scomode» concluse Harry, che però non aveva la minima idea di chi potesse essere. «Probabilmente qualcuno che sapeva già cosa c'era in quegli appunti e che vede Bode più spesso degli altri. Ma perché ha eliminato quelle pagine?»
«Secondo te, che cosa poteva esserci scritto sopra?» chiese James.
«Non ne ho la minima idea... Un momento!»
Harry corse davanti all'armadio e lo spalancò, rovistando furiosamente alla ricerca degli appunti che vi aveva nascosto poco prima.
«Ci stavo giusto pensando quando hai bussato...»
Aprì l'ultima pagina e indicò a James il punto in cui spiegava il motivo per cui lo studio veniva interrotto e il materiale eliminato.
«Mi sembra una giustificazione più che legittima» commentò James. «Non oso immaginare Voldemort con un esercito praticamente inesauribile di Mangiamorte...»
«Non è per quello» lo interruppe Harry, che aveva appena risolto parte dei pensieri che gli occupavano la mente. «Quando ho letto questo pezzo, l'unica cosa che mi è venuta in mente è che da nessuna parte si parla di richiamare le persone da un'altra Dimensione. Negli appunti nomina solo una Formula per aprire il passaggio tra due Dimensioni, nient'altro; avevo dato per scontato che il passaggio fosse solo una cosa volontaria».
«Questo potrebbe spiegare perché qualcuno avrebbe eliminato alcune pagine» convenne James. «Ma perché hai dato per scontato che si potesse compiere il passaggio volontariamente? Tu non l'hai fatto».
«Beh, onestamente ho pensato di aver commesso un errore nell'attivare la Passaporta e di essere finito qui».
«Un diciassettenne che per caso crea un passaggio verso un'altra Dimensione al posto di una Passaporta? Harry, insomma, sarebbe un evento più unico che raro... almeno secondo quanto ne so io».
Harry sospirò. «Il fatto è che, quando si tratta di me, i fatti più unici che rari tendono ad accadere fin troppo spesso».
«Un giorno, forse, mi racconterai tutto quello che hai passato?» chiese James, guardandolo preoccupato.
«Un giorno, forse, vi racconterò tutto» rispose Harry. «Al momento, preferirei concentrarmi su Voldemort. Oggi pomeriggio devo vedere Silente per le ultime cose; dovremmo essere vicini alla fine della Guerra».
«Da quando sei arrivato tu le cose stanno accelerando molto» notò James. «Due mesi fa Silente era esasperato dalla situazione e non sapeva che cosa fare, se non continuare a combattere. Ora invece siete in possesso di cinque... tu-sai-cosa e probabilmente a breve avrete anche l'ultimo. Sembra quasi impossibile».
Harry era stato costretto a raccontare a James e Lily degli Horcrux per convincerli a consegnargli il braccialetto del defunto Harry che Voldemort aveva trasformato in Horcrux. Ricordava ancora gli sguardi orripilati dei due, quando avevano saputo che Voldemort aveva diviso la sua anima e che un pezzo lo avevano custodito proprio loro per tutti quegli anni.
«Sapevo che con l'aiuto di Silente avrei avuto maggiori possibilità di riuscita; ha conoscenze ovunque e sa un sacco di cose, per non parlare del fatto che appartiene a questa dimensione».

 

***

Erano quasi le tre quando Harry si Smaterializzò dal Paiolo Magico dritto nella Stamberga Strillante. Gli ordini di Silente erano chiari: meno persone vedevano Barry Evans in giro nel mondo magico, meglio era. I membri dell'Ordine si erano abituati facilmente alla sua presenza, erano bastate le parole di Silente per mettere a tacere qualsiasi domanda, ma per il resto del mondo magico era un'altra storia. Si conoscevano quasi tutti, in un modo o in un altro, e un ragazzo solo che girovagava spesso in giro si faceva notare; soprattutto in tempi in cui era difficile fidarsi anche del proprio gatto di ritorno da una passeggiatina solitaria. I corridoi di Hogwarts erano deserti. Erano pochi i professori che non avevano lasciato il castello per le vacanze e facevano tutti parte dell'Ordine. A quell'ora del pomeriggio stavano sicuramente pattugliando le zone più frequentate dai maghi, per essere sicuri di limitare i danni nel caso di attacchi da parte dei Mangiamorte.
«Harry, puntuale come sempre» lo salutò Silente, quando fu entrato nello studio.
«Non ho molte occupazioni, professore» rispose Harry.
Le poche ore che passava al Ghirigoro contribuivano ben poco a distrarlo rispetto alle ore che era costretto a passare al Paiolo Magico. Silente non gli permetteva di prendere parte ai gruppi di pattuglia né a qualsiasi altra missione dell'Ordine che non riguardasse gli Horcrux.
«So a cosa stai pensando, Harry, ma lo faccio per il tuo bene» disse Silente, scrutandolo con i suoi penetranti occhi azzurri, com'era sua abitudine.
«Sì, professore».
Avrebbe voluto sfogarsi, urlare che era stanco che qualcuno si preoccupasse per il suo bene. Il Silente della sua dimensione lo aveva sempre fatto, fin troppo a volte, ed era stata una delle cause della morte di Sirius. Si sentiva ancora terribilmente in colpa per la sua morte perché sapeva che, alla pari di Silente, era anche colpa sua. Il Preside aveva taciuto troppo a proposito della Profezia e lui, oltre ad un maggiore impegno in Occlumanzia, avrebbe dovuto capire che la visione che aveva avuto era una trappola.
Ma il Silente che aveva davanti non poteva sapere i suoi sentimenti, perché non era lo stesso contro il quale aveva urlato la notte della morte del suo padrino. Abbassò lo sguardo, per impedire all'uomo di vedere in lui più di quanto fosse disposto a far sapere. Lo sguardo si fissò sulla stessa crepa che aveva usato come distrazione quando si era trovato nell'ufficio di Silente, poco lontano dalla gamba del tavolo dov'era caduto il moccolo della candela che aveva usato come Passaporta.
«Bene, Harry, perché non ti accomodi? Devo parlarti di quello che faremo domani mattina presto».
«Preferisco stare in piedi».
Aveva una strana sensazione, come se fosse vicino a capire qualcosa e allo stesso tempo gli mancasse qualche pezzo fondamentale per riuscirci. Era così da quella mattina, quando aveva finito di leggere gli appunti di Bode, ma dentro quel luogo la sensazione sembrava più opprimente. Che fosse la presenza di Silente? Aveva come il sentore che l'ufficio fosse la chiave di tutto, ma come?
«Sei sicuro di stare bene, Harry?»
«Certo, professore. Come ci organizziamo per domani?»
Avrebbe avuto tempo per preoccuparsi di tutto il resto una volta terminata la ricerca degli Horcrux; doveva rimanere concentrato sulla spiegazione di Silente o avrebbe rischiato di mandare all'aria tutto il piano.
«Allora, due giorni fa Narcissa ha acquistato da Olivander una bacchetta identica a quella di Bellatrix e questa sera Lucius dovrebbe riuscire a sostituire quella nuova con quella vecchia, oltre che a rubare un capello della cognata. Con la Pozione Polisucco che mi ha dato Severus, possiamo stare tranquilli. Purtroppo, Harry, sarai tu quello che dovrà prendere la pozione e diventare Bellatrix; tu sai esattamente qual è l'oggetto che cerchiamo e hai già visto anche l'interno della camera blindata. Meno tempo staremo lì dentro, meglio sarà». 
«Staremo?»
«Io sarò con te, invisibile. So che Voldemort ha più di qualche spia all'interno della Gringott, per questo l'ho lasciata per ultimo. Dopo quello che succederà domani mattina, quasi sicuramente verrà a sapere che qualcuno è alla ricerca degli Horcrux, ma non saprà chi».
«Invece sì, lo saprà... ho avuto un'idea!» esclamò Harry, la cui mente era completamente libera dai pensieri che l'avevano occupata fino a poco prima. «Quando Voldemort scoprirà che qualcuno ha preso la Coppa di Tassorosso vorrà controllare anche gli altri e allora scoprirà che sono tutti scomparsi. Scoprirà che Lucius Malfoy gli ha mentito e fa il doppio gioco. Uno degli Horcrux, poi, era a Hogwarts, quindi verrà qui... dobbiamo dargli un pensiero, una preoccupazione...»
«Qualcosa che lo tenga impegnato mentre noi dell'Ordine ci organizziamo all'interno del Castello, tendendo una sorta di trappola» lo interruppe Silente, che aveva capito le intenzioni di Harry.
«Esattamente. È estate, lui si aspetterà che la scuola sia quasi vuota e potrebbe portare con sé pochi Mangiamorte, ma dobbiamo essere pronti comunque a qualsiasi cosa. Tornerò dove abbiamo preso l'anello di Gaunt, nella vecchia catapecchia e gli lascerò un messaggio; un messaggio firmato Harry Potter».
Nella sua mente il piano era chiaro e semplice, ma mentre lo spiegava, sentiva che in sé era un'idea stupida. Voldemort avrebbe cominciato ad avere dei dubbi e avrebbe controllato personalmente, di questo era certo, la tomba di Harry Potter. Secondo quanto aveva capito dagli appunti di Bode, le due Dimensioni che erano entrate in contatto con il suo passaggio si stavano unendo e Harry stava entrando pienamente in quella nuova. Silente gli aveva parlato di uno strano sogno fatto da Ronald Weasley mentre era in coma e di come, da quando si era svegliato, continuasse a ricordare la vaga presenza di un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi. Secondo i suoi calcoli, quindi, la tomba di Harry Potter sarebbe stata vuota.
«E se Voldemort decidesse di creare un altro Horcrux? O altri?» chiese Harry, preoccupato da quel particolare; poteva solo immaginare che cosa avrebbe fatto Voldemort, ma non poteva esserne certo.
«Da quanto ho potuto vedere, tutti gli oggetti che ha scelto hanno un grande valore per lui. Credo, piuttosto, che cercherebbe prima di riprenderseli e, una volta appurato che sono stati distrutti e resi inutilizzabili, forse potrebbe decidere di crearne altri» rispose Silente.
«Se tutto andasse come penso, ci sarà un'altra grande battaglia a Hogwarts. L'Ordine è pronto a sopportarlo?»
«L'Ordine è pronto a tutto, Harry. La domanda giusta è: puoi tu sopportare una seconda battaglia, consapevole che potresti perdere nuovamente tutti quelli che ami?» 
A questo Harry non aveva affatto pensato. Durante la precedente battaglia molte persone erano già morte ed era stato il desiderio di vendetta a spingerlo a combattere senza sosta. Quella volta sarebbe stato diverso. Lily e James, Sirius, Remus e tutti gli altri sarebbero stati con lui fisicamente e tutti avrebbero rischiato di morire. Come sarebbe stato scendere nella battaglia consapevole di colpire non per vendetta, ma per proteggere gli altri?
Dovrò uccidere, pensò Harry. Ho sempre evitato di farlo, quando potevo, ma ora non ho scelta. Devo trovare il coraggio di uccidere e devo allenarmi a farlo.
«Sì, professore. Credo di essere pronto anche a questo; finirà bene questa volta, esattamente dove l'altra volta è finita male. Stesso posto, stesse persone: io e Voldemort».
Lo sguardo ammirato che gli lanciò Silente era identico a quello che aveva visto fin troppe volte nel vecchio volto del Preside, ma questa volta non
suscitarono in lui gli stessi sentimenti di orgoglio. Le parole che aveva pronunciato avevano risvegliato dei ricordi nella sua mente. Stesso posto...
Di colpo i pensieri che avevano occupato la sua mente per tutta la mattina ritornarono più pressanti che mai, ma questa volta aveva capito cosa gli mancava e non gli piaceva affatto. Alzò lo sguardo su Silente e lo fissò nei limpidi occhi azzurri. Lo sguardo ammirato del preside mutò in poco tempo dal sorpreso al colpevole. Aveva capito che Harry sapeva.
«È stato lei! Non sono arrivato in questa Dimensione per sbaglio... è stato lei!»

________________________

Ciao a tutti!!
Scusate questi giorni di ritardo, ma mentre scrivevo i capitoli successivi cercando un modo per risolvere una voragine nella trama
che stavo creando, ho avuto l'idea però mi è toccato cambiare metà di questo capitolo che era già pronto!
Come sempre, spero che vi sia piaciuto e vi invito a farmi sapere senza problemi la vostra opinione.
Grazie a quelli che hanno recensito il capitolo scorso e a tutti quelli che hanno solo letto. Grazie a chi ha messo la storia tra le Preferite(53),
le Seguite(150) e le Ricordate(24). Il prossimo capitolo, arriverà mercoledì 22.
Alla prossima,
Lucy   

                  

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Capitolo 17
*** Il Piano di Silente ***


Non riusciva a crederci, non voleva crederci, ma era certo di non sbagliarsi; non c'erano altre possibilità.
La mente gli mostrò nitidamente le parole contenute negli appunti di Bode che più gli avevano dato da pensare, e tutto acquistava un diverso significato.
' Jessica Williams è uscita da una delle stanze dell'Ufficio Misteri, la stessa in cui, secondo la donna, si trovava al momento del Passaggio dalla sua Dimensione... La squadra pensava si trattasse di un caso, ma si fa strada l'ipotesi che invece faccia parte dell'Incantesimo... Siamo ormai certi che il luogo in cui si apre il passaggio per partire, sia lo stesso di arrivo'.
Harry si trovava nel parco di Hogwarts quando aveva attivato, o cercato di attivare, la Passaporta, ed era lì che sarebbe dovuto arrivare, non nell'Ufficio del Preside.
«Harry, posso spiegarti...» disse Silente, che non tentò di difendersi dalle accuse.
«Credo che sarebbe il minimo, da parte sua».
Silente sospirò, appoggiò i gomiti sulla scrivania e giunse le mani sotto il mento, come se la sua testa in quel momento pesasse a tal punto che non era in grado di reggersi da sola. Fece vagare lo sguardo per la stanza così a lungo che Harry temette per un momento che stesse prendendo tempo per inventare qualcosa.
«Confesso, Harry, di essere molto stanco di questa situazione, di questa guerra che, prima del tuo arrivo, sembrava senza fine» disse, posando nuovamente lo sguardo sul ragazzo. «Tu non puoi immaginare cosa significhino più di vent'anni in lotta contro qualcuno che diventa sempre più forte, perdere continuamente amici, compagni. Vivere ogni attimo nel terrore che accada qualcosa di male a chi ci circonda per così tanto tempo, non puoi saperlo».
Su questo doveva dare ragione al Preside. Aveva poco più di un anno quando la prima guerra era finita e la seconda, fortunatamente, era durata poco meno di tre anni, anche se le perdite che avevano subito erano enormi. Per i primi due anni, poi, era a Hogwarts al sicuro e al riparo da quanto succedeva nel mondo al di fuori del castello.
«A volte non avevo nemmeno il coraggio di presentarmi alle riunioni dell'Ordine della Fenice... Dicevo sempre le stesse cose, 'Voldemort è sempre più forte, ci sono stati altri attacchi e altre sparizioni e morti...'» proseguì Silente, in tono affranto. «Non sapevo più cosa fare, ero disperato e l'unica persona che, secondo la Profezia, era in grado di sconfiggere Voldemort era morta. Un pomeriggio, circa sei mesi fa, Broderick Bode venne da me e mi parlò degli studi che avevano fatto dopo l'arrivo di quella donna da un'altra Dimensione. Mi spiegò tutto quello che avevano scoperto e di come, data la pericolosità di alcune informazioni, avevano deciso di interrompere tutto ed eliminare il materiale. Lo convinsi a consegnarmi una copia dei suoi appunti, quella che hai letto anche tu... L'ho data io a Severus, come avrai capito ormai. Una sera, mentre rileggevo quelle pagine, mi è venuta in mente l'idea, era così semplice. Vedi, le persone possono entrare in una Dimensione in cui o sono morti o non sono mai esistiti; non possono entrare in una dimensione in cui sono già presenti. Così, dato che Harry Potter era morto, decisi che ne avrei richiamato uno da un'altra Dimensione, in modo da realizzare la Profezia e finire Voldemort una volta per tutte».
«Ha detto circa sei mesi fa, ma io sono arrivato da appena due...»
«Bode non sapeva come funzionava esattamente, non avevano mai provato ad evocare nessuna persona da un'altra Dimensione, solo qualche vecchio animale domestico... Disse che a volte ci volevano ore, altre giorni, ma io ero disposto ad aspettare anche anni, pur di avere un altro Harry Potter qui, vivo.
«A volte mi sentivo in colpa per quello che avevo fatto, perché le Dimensioni sono talmente tante che non potevo sapere quale Harry Potter sarebbe venuto. Avevo il terrore di aver strappato un ragazzo felice ai suoi genitori, che si accingeva a terminare i suoi studi a Hogwarts come anche, al contrario, di ritrovarmi con un Harry Potter Babbano, senza alcun potere Magico...»
«E invece sono arrivato io» commentò Harry, amaro. «Harry Potter, che aveva appena sconfitto Voldemort una volta dopo averlo affrontato molte altre volte, che sapeva tutto degli Horcrux; deve essersi sentito felice come non mai... In un attimo aveva tra le mani la possibilità di porre fine alla Guerra. Eppure, quando sono piovuto nel suo ufficio, non sembrava avermi riconosciuto».
«Erano passati mesi da quando avevo pronunciato l'Incantesimo, ormai avevo perso le speranze e non immaginavo che saresti piovuto dentro dal nulla. Avevo dei sospetti, vana speranza, e ti ho fatto seguire da Draco. Quando alla fine mi hai confessato chi eri, mi hai raccontato la tua storia ho capito che era arrivata la svolta che stavo aspettando da tempo».
«Certo, perché una volta saputa la mia storia, sapeva anche che non mi sarei mai tirato indietro nella lotta contro Voldemort, che non ci avrei pensato due volte a cercare gli Horcrux e combattere, perché ancora una volta mi trovavo ad essere l'unico che poteva cambiare le cose».
Sentiva il suo corpo fremere da una rabbia crescente, mista anche a tutti quei sentimenti che aveva trattenuto da quando si trovava in quella Dimensione, per tutte le morti che non aveva avuto il tempo di piangere. Stava per esplodere, lo sentiva distintamente. Era molto più forte di quando aveva distrutto l'ufficio dopo la morte di Sirius al Ministero, dannatamente più forte. Ancora una volta qualcun altro aveva preso in mano i suoi fili e lo aveva controllato come una marionetta; ancora una volta quel qualcuno era Silente e lo aveva tenuto all'oscuro di tutto. Da un lato poteva capire quello che doveva aver passato il Preside e comprendeva, almeno in parte, i motivi che lo avevano spinto ad agire in quel modo, ma non accettava il fatto di essere tenuto all'oscuro di qualcosa.
«Perché quando le ho spiegato tutto, non mi ha detto la verità?» chiese, dopo aver preso fiato alcune volte, per cercare di calmarsi. Il tono aggressivo con cui uscì la domanda gli fece capire che non ci era riuscito.
«Non ero contento di quello che avevo fatto, Harry, e non ne vado ancora fiero» rispose Silente, affranto. «Eri convinto di essere arrivato qui per errore, perché smentirti e rischiare di ritrovarmi di nuovo solo? Sapevo che il tempo non era molto prima che le Dimensioni cominciassero a fondersi e sta cominciando. Ronald Weasley da quando si è svegliato dal coma ricorda vagamente di aver avuto quattro compagni Grifondoro, non come i tre di questa realtà e anche Severus mi ha confessato questa mattina di ricordare di aver messo più volte Harry Potter per aver combinato guai nelle ore di Pozioni. Sono i tuoi ricordi, Harry, che stanno entrando nella mente di tutte le persone con cui hai a che fare qui».
«È per questo che non mi ha mai permesso di partecipare alle ronde con gli altri Membri dell'Ordine!» esclamò Harry. «Sapeva che se avessi avuto qualche scontro con i Mangiamorte avrebbero cominciato a ricordare un Harry Potter vivo... Ma, se sono i miei ricordi che entrano nelle menti degli altri, cosa succederà quando Voldemort ricorderà di aver ucciso i miei genitori e di essere stato quasi sconfitto definitivamente da me bambino? Lily e James qui non sono morti... come si uniranno queste due realtà?»
«Non morirà nessuno, se è questo che ti preoccupa» disse Silente. «Purtroppo non so con certezza cosa accadrà, ma posso supporre che le due realtà cercheranno un compromesso. Per esempio, Voldemort potrebbe ricordare di aver visitato personalmente casa Potter quella sera e di aver fallito l'attacco per qualsiasi ragione».
«Capisco. È stato lei anche a eliminare alcune pagine del diario di Bode?» chiese Harry, anche se ormai sapeva già la risposta.
«Sì» rispose Silente. «Contenevano informazioni dettagliate sul Richiamo di una persona e tutti i meccanismi che si attivano una volta che le due Dimensioni cominciano a fondersi. Pensavo che se avessi letto quelle parti, avresti cominciato a capire che non eri arrivato qui per caso. Capisco la tua rabbia, Harry, e confesso di non essere fiero di quello che ho fatto: sono stato debole».
«No, professore, è stato umano» lo corresse Harry. «Non sono felice di trovarmi nuovamente in mezzo a una lotta contro Voldemort, ma se tutto finirà bene, avere i miei genitori vivi, Sirius e tutti gli altri potrebbe essere la migliore ricompensa».
«Direi che te la meriti veramente, ma sei sicuro di poter creare un rapporto con Lily e James? Per quanto tempo tu passi con loro, mi sembri sempre distaccato».
Silente, come al solito, sapeva tutto quello che succedeva attorno a lui, anche se non era presente. Ma Harry non si sentiva pronto a confessare tutto quello che aveva passato e quanto aveva sofferto per le continue perdite che aveva subito. E non poteva farlo finché Voldemort era vivo. In pochi giorni sarebbe stato di nuovo Harry Potter e tutti quelli che lo circondavano sarebbero stati più in pericolo che mai, senza nemmeno sapere bene perché, questa volta.
Come poteva spiegare quello che aveva provato nella sua Dimensione, quando era vicinissimo a rivivere tutto in quella?
«Credo che andrà meglio quando Voldemort sarà morto».
Se riusciremo a sconfiggerlo.

***

Lord Voldemort sedeva inquieto nella solida poltrona nera che dominava la biblioteca di Villa Lestrange. Ancora una volta i suoi Mangiamorte erano stati fermati dall'Ordine della Fenice prima di poter colpire Hogsmeade. Le sue forze erano numericamente superiori a quelle del vecchio, ma sembrava non bastare. Silente ormai lo conosceva molto bene e intuiva i suoi piani nonostante Piton, la spia, non fosse più all'interno dei Mangiamorte.
Ormai Agosto era cominciato e, se avesse continuato a trovarsi membri dell'Ordine tra i piedi, il piano di conquistare Hogwarts prima dell'inizio del nuovo anno scolastico sarebbe andato a monte e la conquista di Hogsmeade era un passo fondamentale.
Conosceva la scuola meglio di chiunque altro, era stata la sua casa per sette anni, e lo sarebbe stata di nuovo, molto presto. Era il modo migliore per assicurarsi il controllo sull'intero mondo magico; per controllare i padri era necessario minacciare i  figli. Ogni mago sopra gli undici anni avrebbe dovuto frequentare obbligatoriamente Hogwarts, separandoli così dai genitori, che avrebbero dovuto obbedire a lui, per non veder morire i figli. Per fare questo però era necessario vincere la resistenza a Hogsmeade e uccidere Silente.
Un insistente bussare interruppe il filo dei suoi pensieri.
«Sì!» quasi urlò.
«Mio Signore...»
Un uomo alto , leggermente ricurvo, dai corti capelli castani entrò nella stanza e si inginocchiò ai suoi piedi. Poteva fiutare la paura che trapelava dal suo corpo, sicuramente doveva comunicare qualche brutta notizia e non sapeva se sarebbe uscito vivo da quella stanza.
«Smithson, il mio Mangiamorte della Gringott... Cosa ti porta qui?»
«C-cattive notizie, Signore. Pochi minuti fa Bellatrix Lestrange è uscita dalla banca dopo aver prelevato una cosa dalla sua camera blindata. Il fatto strano è che, quando l'ho fermata per chiederle cosa facesse lì, mi ha risposto male... Non che di solito risponda bene» aggiunse abbassando la voce, «piuttosto, sembrava non avermi riconosciuto, Signore, ed è impossibile...»
«Sei sicuro che fosse Bellatrix?» chiese, mentre dubbi e sospetti si insinuavano in lui.
«Bellatrix Lestrange è uno dei miei più fedeli Mangiamorte e fino a pochi minuti fa era con me a discutere di alcuni piani futuri».
«Mio Signore, nessuno l'ha fermata dopo i controlli, la bacchetta era quella di Bellatrix, ho controllato al banco dell'ingresso; chiunque fosse, era ben travestito».
Non nutriva alcun dubbio sulla lealtà di Bellatrix, era stata una delle prime ad unirsi a lui, e si era sempre limitata ad obbedire agli ordini, senza fare domande. In questo modo, poco alla volta, si era guadagnata il diritto di sedere vicino a lui e di conoscere in quasi ogni minimo dettaglio i suoi piani.
«Che cos'ha portato via questo impostore?»
«Non ho visto precisamente l'oggetto, ma ero sicuro che fosse una piccola Coppa d'oro».
«Che cosa?»
Si alzò di scatto dalla sedia, mentre una furia cieca lo invadeva, come non succedeva da molto tempo. L'ultima volta era stato quando Silente aveva tentato di ostacolare ogni suo tentativo di uccidere Harry Potter; ma alla fine aveva vinto lui.
Smithson, che aveva probabilmente colto la sua rabbia, tentò inutilmente di scappare. Nella stanza risuonarono le grida dell'uomo, mentre veniva colpito dalla Maledizione Cruciatus. La sua agonia però non fu lunga; non passarono più di pochi minuti prima che il corpo dell'uomo cadesse a terra, non prima di essere raggiunto da un lampo di luce verde.
Voldemort superò il cadavere senza osservarlo, con ben altre preoccupazioni per la testa. Se la persona che aveva rubato la Coppa conosceva il suo segreto, era probabile che avrebbe tentato di prendere anche gli altri, e lui doveva impedirlo. Non gli interessava più di tanto sapere chi fosse quella persona, che sarebbe morta in ogni caso. Probabilmente era qualcuno dell'Ordine della Fenice; non sarebbe stato affatto sorpreso se Silente avesse scoperto quello che aveva fatto.
«Chiamatemi Bellatrix» urlò ad un gruppo di Mangiamorte raggruppati nel salone.
Prima di controllare gli altri Horcrux, doveva capire come l'impostore fosse entrato in possesso della bacchetta di una sua Mangiamorte. Nella sua mente c'era solo una possibilità che si delineava chiaramente: c'era un'altra spia tra i suoi seguaci.

 

***

«James, potresti spiegarmi perché, mentre tutto l'Ordine è impegnato ad organizzare una battaglia a Hogwarts, noi ci teniamo fuori da tutto il divertimento inscatolando vecchie cose a casa tua?»
La voce di Sirius giunse attutita nella piccola soffitta in cui James si era inoltrato un'ora prima alla ricerca di della scopa giocattolo che Harry aveva ricevuto per il primo compleanno. Lily probabilmente lo avrebbe ucciso, se avesse saputo che aveva perso tutto quel tempo a cercare qualcosa che non sarebbe servito a nulla, ma la moglie non lo avrebbe mai scoperto. Nella casa c'erano solo lui e Sirius, e nessuno dei due avrebbe mai ammesso che c'era voluto così tanto.
«Te l'ho detto. Har... ehm, Silente crede che Voldemort abbia motivo per mettere piede qui e, anche se noi saremo al sicuro a Hogwarts, potrebbe sempre distruggere le casa. Mi ha dato il tempo di cercare le cose più importanti per non perdere tutto».
«Grandioso... Quindi tu stai perdendo ore alla ricerca di una stupida scopa giocattolo quando Voldemort potrebbe arrivare qui da un momento all'altro!» esclamò Sirius.
«Trovata!»
Sapeva che era inutile e che Harry non avrebbe potuto fare niente con quella scopa giocattolo, ma lui voleva comunque dargliela. Era un ricordo importante, uno dei pochi che conservava del figlio.
«Silente mi ha detto che saremmo stati in pericolo dalle dieci più o meno» aggiunse verso Sirius, che nel frattempo aveva estratto la bacchetta e si guardava
intorno. «Mancano ancora dieci minuti».
Speriamo che vada tutto bene e non capiti nulla a Harry.
«Come non detto».
Sirius ripose la bacchetta all'interno della veste e aiutò a raccogliere gli scatoloni, prima di spedirli a Hogwarts. James si guardò intorno, pensando a tutti gli anni che aveva passato in quella casa. Aveva passato solo anni di paura, dolore e tristezza, ma era sempre casa sua e avrebbe tanto voluto ritrovarla intera alla fine della guerra.
Se proprio sarà distrutta, avrò anche un figlio con cui ricostruirla, pensò mentre chiudeva la porta. Mise qualche incantesimo di protezione, per rallentare almeno di qualche minuto il lavoro di Voldemort, poi si smaterializzò con Sirius nella Stamberga Strillante.
«Silente è sempre più misterioso, non trovi?» chiese Sirius, mentre percorrevano i prati del castello.
«Dici?» fece James, cercando di non far capire che sapeva molto più di lui. Osservò distrattamente un gruppo di banchi che galoppava vicino alla capanna di Hagrid, dove alcuni membri dell'Ordine stavano organizzando la guardia degli ingressi di Hogwarts.
«Una settimana fa non faceva altro che dire le solite cose, sulle morti e quanto Voldemort stesse diventando sempre più forte, e oggi siamo qui a organizzare
una battaglia perché Voldemort è più vulnerabile».
«Sì... Sì, hai ragione, è strano! Ma, insomma, parliamo di Silente! È lui stesso un mistero il più delle volte».
«Sì, forse è così... In ogni caso, spero vada a finire bene».
Entrarono nel salone d'Ingresso, dove gran parte dell'Ordine era raggruppato accanto a Minerva McGranitt che dirigeva i lavori di organizzazione.

 

***

 

Al Signore Oscuro

So che avrò trovato la morte molto prima che tu legga queste parole

ma voglio che tu sappia che sono stato io ad aver scoperto il tuo segreto.

Ho rubato il vero Horcrux e intendo distruggerlo appena possibile.

Affronto la morte nella speranza che, quando incontrerai il tuo degno rivale,

sarai di nuovo mortale.

R.A.B.

 

L'urlo di rabbia che gli uscì dopo aver recuperato il finto medaglione risuonò a lungo nella buia caverna. Era convinto di aver fatto un ottimo lavoro nel creare e nascondere i suoi Horcrux, ma non lo aveva confidato a nessuno, nemmeno ai suoi Mangiamorte, nei minimi dettagli. Regulus Black, un altro seguace che lo aveva tradito... Era sicuro che quelle fossero le sue iniziali. Quanti altri lo avevano fatto? Di chi poteva ancora fidarsi veramente tra i suoi Mangiamorte?
Lucius Malfoy era la spia che aveva sostituito Severus per l'Ordine della Fenice, quando invece avrebbe dovuto spiare Silente per conto suo. Voldemort ne era certo; prima di recarsi nella caverna aveva visitato Villa Malfoy e non aveva trovato né il Diario né l'uomo a cui lo aveva affidato anni prima. Avrebbe potuto scappare in capo al mondo, ma non sarebbe scampato alla vendetta di Voldemort; avrebbe ucciso lui, non prima di averlo costretto a guardare la morte del figlio e della moglie che tanto amava, L'amore, quell'inutile, sciocco sentimento che Silente tanto decantava, altro non era che un'inutile perdita di tempo.
Probabilmente il Diario era già in mano di Silente, forse era già stato distrutto... Ma il Medaglione? Che cosa ne aveva fatto Regulus Black? Era riuscito a distruggerlo, oppure aveva fallito e l'Horcrux era ancora integro, in un altro posto?
Avrebbe potuto incaricare un paio di Mangiamorte di scoprire informazioni a proposito di Regulus e di quel Medaglione, al momento aveva ben altro
di cui preoccuparsi.
Doveva scoprire se gli altri Horcrux erano ancora al loro posto.
Prima di tutto avrebbe controllato la misera abitazione di Little Hangleton, dove aveva vissuto la madre prima di scappare con il Babbano che poi l'aveva abbandonata, poi avrebbe fatto visita ai Potter, per controllare che avessero ancora il braccialetto che aveva messo con il cadavere del figlio. In ogni caso, li avrebbe eliminati tutti e due, prima di raggiungere Hogwarts.
Appena mise piede nella vecchia catapecchia capì subito che non avrebbe trovato alcun Horcrux. La misera stanza era completamente sottosopra, ogni anta, cassetto e scatole spalancate e il contenuto riversato sul pavimento. Solo il minuscolo tavolo da pranzo era stato risparmiato dalla furia di chi aveva cercato l'anello che Voldemort credeva di aver nascosto in un luogo più che sicuro. Era certo che non fosse un caso.
Si avvicinò e vide due fotografie che gli raggelarono il sangue.
Non è possibile.
Una delle fotografie ritraeva un Harry Potter bambino, poco prima che lui lo uccidesse, mentre la seconda raffigurava un ragazzo che, tranne per l'età e una curiosa cicatrice sulla fronte, era del tutto identico al bambino.
Girò la foto.

 

Ci vedremo presto, Tom Riddle.

Harry Potter,

il bambino sopravvissuto.

 

«No!»
L'urlo di rabbia fu seguito da stormi di uccelli che si levarono in fuga da quel rumore che aveva disturbato i loro nidi. Qualche abitante delle case più vicine mise la testa fuori dalle finestre aperte e si guardò intorno, alla ricerca della fonte. Quello che videro fu solo una sottile colonna di fumo grigiastro che si levava dalla collina che dominava la città. Della vecchia catapecchia dei Gaunt non rimaneva altro che polvere.

__________________________

Ciao a tutti!!

Ecco il nuovo capitolo, che spero vi sia piaciuto!!
Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate, non fatevi alcun problema!
Il messaggio di Regulus, è preso pari pari dal sesto libro.
Grazie a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo e a chi ha solo letto.
Grazie a quelli che hanno la storia tra le Preferite(59), le Seguite(159) e le Ricordate(24).
Il prossimo capitolo arriverà mercoledì 29.
Alla prossima,
Lucy

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Capitolo 18
*** Di nuovo il trio ***


A Hogwarts tutti i membri dell'Ordine della Fenice erano impegnati nei compiti che aveva affidato loro Silente.
Un gruppo di persone guidate da Gazza e Fred e George Weasley – per la prima volta non impegnati a farsi guerra a vicenda – era impegnato da ore nella chiusura di tutti i passaggi segreti che portavano fuori dai confini sicuri del castello e all'organizzazione di turni di sorveglianza; non potevano essere del tutto sicuri che gli incantesimi di protezione avrebbero retto sotto la Magia Nera di Voldemort e i suoi seguaci.
Nel parco la professoressa McGranitt, a capo di un secondo gruppo, guidava l'organizzazione della protezione dei confini. Ogni oggetto inanimato di Hogwarts era stato animato; statue, armature, banchi, lavagne, tavoli, sedie e poltrone continuavano a sgambettare fuori da ogni porta e finestra, per raggiungere i loro compagni già appostati davanti ai cancelli e lungo il perimetro.
«Hagrid!» urlò la professoressa per sovrastare il rumore provocato dagli oggetti che si ammassavano. «L'ultimo gruppo ti seguirà nella Foresta Proibita! Vai!»
L'omone alzò la mano che reggeva un ombrello rosa e fece cenno di aver capito, prima di inoltrarsi nel buio degli alberi, seguito da una folta schiera di armature, statue e divani.
«Minerva, i confini Est e Nord sono coperti» disse Broderick Bode, raggiungendola di corsa assieme ad altri due uomini. «Grande idea, quella di usare gli oggetti per controllare i confini. Colpiranno all'impazzata ogni persona che tenterà di entrare; forse non li uccideranno, ma li rallenteranno non poco».
«Non solo li rallenteranno» spiegò la McGranitt, senza togliere gli occhi da James e Sirius, che stavano facendo una gara a chi sarebbe riuscito a stare più a lungo su un banco prima di venire disarcionato. «Servirà a contenerli per un certo tempo nello stesso posto... I Gemelli Weasley hanno modificato alcuni dei loro Fuochi d'Artificio che saranno in grado di provocare un bel po' di danni. I Babbani le chiamano bombe. Squadre di Tiratori Scelti del Ministero dalle finestre le lanceranno dritte su di loro».

 Nell'alto della Torre Nord, un gruppo composto dai più giovani membri dell'Ordine era impegnato a raccogliere tutte le sfere di cristallo della professoressa Cooman. La donna – che inizialmente si era offerta di predire i luoghi da cui avrebbero attaccato i Mangiamorte, senza essere considerata da qualcuno – aveva infine acconsentito che le sue sfere di cristallo fossero usati per scopi molto più pratici che la Divinazione. Nessuno aveva osato dirle che sarebbero state lanciate in testa ai Mangiamorte e che probabilmente sarebbero andate in pezzi tutte quante in poco tempo, ma lei non aveva fatto troppe domande. Alla frase: «Serviranno per sconfiggere Voldemort» si era limitata a farsi da parte, soddisfatta di avere un ruolo importante, almeno all'apparenza, nella guerra.
«Barry, credi che potremmo usare anche questi libri?» chiese Neville, indicando tre alte pile di grossi tomi verdi, Dizionario illustrato dei sogni, per studenti e Divinanti esperti. «Sono pesanti e se centrano in pieno la testa, non fanno meno danni di una sfera di cristallo».
«Sì, mi sembra un'ottima idea» constatò Harry.
Lui e Silente avevano discusso a lungo sulle correttezze e scorrettezze in una lotta e alla fine erano arrivati alla stessa conclusione, che il Preside stesso aveva espresso all'Ordine intero: «Quando comincerà lo scontro, non preoccupatevi di colpire un Mangiamorte perché vi da le spalle; loro non lo faranno e, mi duole dirlo, ma in questo momento non è il caso di guardare a cosa è corretto o non corretto fare in uno scontro. Se avete la possibilità di uccidere, fatelo. È la guerra».
«Bene» aggiunse Hermione, chiudendo la cerniera di un piccolo zaino giallo e blu in cui avevano fatto entrare una trentina di libri e altrettante sfere di cristallo. «Direi che qui abbiamo finito».
«Speriamo che Madama Pince non scopra che useremo dei libri per colpire i Mangiamorte, o dovremo temere più lei che loro» disse Ron, mentre scendevano la scala e tornavano verso il corridoio degli Incantesimi, dove uno dei Tiratori Scelti del Ministero prese in carico lo zaino e tutto il suo contenuto.
«Ehm, Barry, possiamo parlare un momento?» chiese Ron, fermando Harry mentre Neville e Hermione scendevano le scale diretti al Salone d'Ingresso.

 

***

Non c'era più nessuna tomba.
Aveva visitato quel cimitero per anni, si era fatto beffe del bambino che aveva ucciso in quanto l'unico che potesse sconfiggerlo. Sapeva esattamente dove si trovava la tomba, eppure era lì, nel solito spazio del cimitero pieno di tombe bianche dei bambini morti , a fissare l'erba giallastra, bruciata dal caldo sole estivo. L'ira che minacciava si esplodere dal suo corpo fece allontanare di alcuni passi Bellatrix, la fedele Mangiamorte che lo aveva accompagnato in quel viaggio. Lui stesso, se avesse potuto, si sarebbe allontanato da se stesso, in quel momento.
Aveva fallito. Il messaggio che Harry Potter gli aveva lasciato e la tomba che non c'era più erano un chiaro segno del suo fallimento. In qualche modo il bambino se l'era cavata, ma come?
Ricordava chiaramente di Minus, che si era offerto di rapire il bambino e portarglielo così da non incontrare alcuna resistenza da parte dei coniugi Potter. Altrettanto chiaramente ricordava di aver lanciato su Harry l'Anatema che Uccide... O forse no?
Quest'ultima cosa, effettivamente, nella sua mente non era limpida come le altre. Sembrava avvolta da una fitta nebbia che impediva ai ricordi di mostrarsi chiaramente, come se il proprietario degli eventi non fosse più certo di quanto accaduto in realtà.
«Dannazione!»
L'urlo uscì quasi senza controllo, diretto alla fitta erba che occupava il posto in cui, forse , un tempo si trovava una tomba bianca.
Bellatrix fece ancora qualche passo indietro, ma in quel momento Voldemort si girò.
«Andiamo!» ordinò alla donna, la mente già impegnata nell'organizzare la prossima mossa. «Raggiungeremo Hogwarts oggi stesso».
«Mio Signore... Non sarebbe meglio attenerci al piano e aspettare il giorno previsto? Se qualcuno ci stesse aspettando, non saremo abbastanza! Molti dei vostri servitori sono ancora impegnati all'estero per reclutare nuovi Mangiamorte, senza contare...»
«Taci!» sibilò, irato. Nessun servitore poteva permettersi di contraddirlo, nemmeno Bellatrix. Erano semplici pedine nelle sue mani e dovevano limitarsi ad obbedire. «Sono già sicuro che stiano organizzando qualcosa. Quando sono andato a casa Potter ieri non c'era nessuno e Wilkies ha tenuto d'occhio la casa fino a prima della nostra partenza; i coniugi Potter non sono mai tornati a casa. In ogni caso, non voglio attaccare... Non subito, almeno».
C'erano alcuni dubbi da chiarire e voleva vederci chiaro prima di fare qualsiasi cosa. Non pensava che un giorno avrebbe potuto tornare ad avere paura di qualcuno, ma in quel momento era esattamente quello che provava. Se Harry Potter era ancora vivo e aveva trovato e distrutto i suoi Horcrux, allora lui, Voldemort, era di nuovo mortale.
Dopo tutti gli anni che aveva impiegato per trovare i preziosi oggetti, degni di custodire i pezzi della sua anima, un ragazzino rischiava di mandare all'aria tutti i suoi piani. Un ragazzino che, per qualche strano motivo, non aveva mai considerato in tutti quegli anni. Eppure conosceva la Profezia... perché non aveva fatto nulla?
Fitte lancinanti alla testa lo costrinsero a chiudere gli occhi.
Che diavolo sta succedendo?

 

***     

«Da quando mi sono svegliato dal coma, continuo ad avere come dei flashback, ricordi del passato» disse Ron, dopo aver trascinato Harry in una stanza vuota. «Un passato che però non sono del tutto certo di aver vissuto... è un po' confusa la cosa».
«D'accordo... Perché lo dici a me?» chiese Harry, cominciando a preoccuparsi. Che Ron avesse scoperto qualcosa?
«Pensavo che tu potessi aiutarmi a capire» rispose lui.
Il tono di voce del ragazzo e l'espressione del suo viso, per Harry che lo conosceva fin troppo bene, dicevano tutto. Lo sguardo curioso che Ron gli rivolgeva, non era lo stesso delle settimane precedenti, quando voleva solo scoprire qualcosa in più a proposito di Barry Evans. Sicuramente Ron aveva cominciato a ricordarsi di Harry Potter, sapeva che prima o poi sarebbe successo. Anche James, il giorno prima aveva detto qualcosa a proposito della prima volta che aveva accompagnato Harry al Binario per prendere il treno.
«Non so in che modo potrei aiutarti» disse Harry, mentre un rivolo di sudore freddo correva lungo la sua schiena. Se Ron avesse scoperto tutto, che cosa avrebbe fatto? Lui non era pronto a togliere la maschera di Barry Evans, non lo aveva fatto ancora del tutto nemmeno con Lily e James.
«Hai la sua stessa voce, pensavo potessi essere tu» continuò Ron, questa volta in tono deluso. «Evidentemente sbagliavo...»
«Ho la stessa voce di chi?» chiese, curioso. Chi mai poteva avere la stessa voce?
«Harry Potter» rispose Ron, come se fosse la cosa più ovvia sulla faccia della terra. «Ho fatto uno strano sogno con lui, distruggevamo un medaglione in una foresta... Io sono certo di non aver mai fatto una cosa simile, ma più ci penso e più sono certo che questo Harry Potter ha studiato con me a Hogwarts. Neville mi crede pazzo, ma quando ne ho parlato ad Hermione, ha detto che da qualche giorno questo Harry si era in qualche modo inserito nei suoi ricordi... Credo che ora correrà in biblioteca a cercare qualche libro per capire qualcosa».
Harry lasciò andare il fiato che non si era accorto di aver trattenuto, mentre il cuore martellava nel petto. Ron e Hermione cominciavano a ricordarlo, in parte ne era felice, ma un'altra parte di sé continuava a ripetere che quelli non erano gli stessi che aveva conosciuto lui. Se avesse raccontato loro la verità, gli sarebbero rimasti accanto con tutti i rischi e pericoli conseguenti? Sarebbero stati disposti a seguirlo ciecamente, senza davvero conoscerlo?
C'era solo un modo per scoprirlo: prese fiato e cominciò a raccontare, dall'inizio.
Il viso di Ron, man mano che Harry proseguiva nel racconto, cambiò espressione almeno venti volte. Dallo scettico mentre veniva a conoscenza della Profezia e della prima scomparsa di Voldemort a opera di un Harry bambino, al sorpreso per il fatto che proprio lui, Ron, era il migliore amico del famoso Harry Potter, fino all'espressione fiera e orgogliosa quando scoprì della loro ricerca degli Horcrux e l'importante ruolo che aveva avuto, nonostante la morte, nella sconfitta del più temuto mago oscuro di tutti i tempi.
Quando Harry, ormai senza fiato e con la voce roca per il tanto parlare, concluse il suo racconto spiegando che ormai Voldemort era vicino alla sconfitta anche qui, l'unica parola che Ron fu in grado di dire fu: «Miseriaccia!»
Poi, un silenzio imbarazzato scese tra loro. Nessuno dei due sapeva cosa dire.
«Credo... Credo che dovremo dirlo anche a Hermione» borbottò infine Ron, guardandosi i piedi.
Harry avrebbe voluto dire molte altre cose, di quanto fosse contento di vederlo lì, ancora vivo, di quanto fosse felice di poter passare di nuovo del tempo con lui, ma annuì in silenzio e precedette Ron lungo la strada per la Biblioteca.

 

***

«Ross, per favore, sto parlando seriamente!» esclamò Sirius Black, lanciando un'occhiataccia alla moglie che stava ancora ridendo per quanto aveva detto lui prima.
«Andiamo, Sirius, non ricominciare con la storia del rapimento e della morte» disse la donna, quando si fu calmata. «Ricordo chiaramente la mattina in cui Harry è piombato a casa nostra perché il gufo di James era diventato rosso; era la sua prima magia!»
Sirius scosse la testa, sconsolato. Quella mattina la moglie era uscita presto per andare al San Mungo, come al solito e sembrava tutto normale. Quando era tornata a Hogwarts nel primo pomeriggio aveva cominciato a raccontare episodi, mai accaduti realmente, sull'infanzia di Harry, il figlio di Lily e James e figlioccio di Sirius.
«Ross, te l'ho detto, Harry è morto!» esclamò, seccato.
Stava cominciando a perdere la pazienza. Dopo tutti quegli anni si sentiva ancora in colpa per quello che era successo; se fosse stato lui il Custode Segreto, come avevano stabilito in precedenza, Peter Minus non avrebbe mai potuto rapire Harry, che sarebbe ancora vivo. Per anni non aveva avuto il coraggio di guardare James e Lily negli occhi, tanto era il suo senso di colpa. A nulla erano servite le parole di rassicurazione di James. «Ci fidavamo di Peter come di te e Remus; anche lui era un amico» aveva aggiunto Lily. «Nessuno di noi poteva immaginare che fosse lui la spia».
Dopo tutti quegli anni, Sirius desiderava ancora poter tornare indietro nel tempo e cambiare tutto.
«Oh, Sirius, sei un pessimo padrino» lo prese in giro Ross, anche se la sua espressione non era più sicura come qualche attimo prima. «O forse no».
«James! Lily!» esclamò sollevato, vedendo entrare in Sala Grande la coppia. Lily non si era vista per tutta la mattina, mentre lui e James erano stati separati qualche ora prima  da una irata Minerva McGranitt, dopo essere stati sorpresi a giocare con i banchi che avrebbero dovuto incantare per proteggere la scuola.
«Oh, ecco!» disse Ross, facendosi di lato per fare accomodare Lily accanto a lei. «So che non ne parli mai volentieri» aggiunse, assumendo il tono professionale da Medimaga che doveva comunicare una brutta notizia ad un paziente che Sirius detestava. «Ma, quanti anni sono passati dalla morte di Harry?»
Sirius si trattenne a stento dallo schiaffarsi la mano sulla fronte. In quanto a sensibilità, poteva dire di cavarsela meglio della moglie. Come poteva fare una domanda simile, quando tutti loro tenevano il conto da quella maledetta notte di fine Ottobre in cui Harry era sparito: allora nessuno aveva avuto il coraggio di dirlo apertamente, ma nessuno di loro aveva veramente sperato di ritrovarlo vivo.
«Sono quasi diciassette anni» rispose Lily, triste. «Perché lo chiedi?»
«Io, ecco... »
«Rossana è impazzita, grazie per avermene dato la conferma!» esclamò, cercando di buttare la faccenda sul ridere. «È convinta di ricordare un Harry bambino che ha fatto diventare rosso il gufo di James».
A Sirius non sfuggì lo sguardo stupito e allarmato che i suoi due migliori amici si erano scambiati, prima di scoppiare in una risata tanto falsa quanto le capacità divinatorie di Sibilla Cooman.
«Credo che sarei stato molto felice di vedere mio figlio far diventare rosso il povero Heart, ma non è così».
Sirius conosceva da anni James e capiva subito quando qualcosa non andava. E in quel momento, era più che certo che il suo migliore amico gli stesse nascondendo qualcosa.                

 

***  

«Hermione, ti prego... Sto soffocando!»
A fatica, Harry riuscì a pronunciare quelle poche parole stretto com'era nell'abbraccio della ragazza. Aveva appena terminato di raccontare tutta la sua storia anche ad Hermione e si era ritrovato con le braccia della ragazza strette attorno al collo.
«Oh, scusa, Harry!» disse, lasciandolo andare. Continuò a fissarlo ancora, con le lacrime agli occhi. «Quante ne hai passate! Non è giusto...»
Alla vista della ragazza in lacrime non riuscì più a trattenersi. Il nodo alla gola che ingoiava ogni volta che vedeva loro due, i suoi genitori e Sirius e Remus non riuscì più a scendere e le lacrime uscirono senza che lui potesse fare molto.
Non gli importava che qualcuno lo vedesse piangere e lo giudicasse un debole; lui sapeva che non era così. Ron e Hermione erano lì con lui, un'altra volta.
«Oh, insomma, cercate di trattenervi» borbottò Ron, con gli occhi azzurri lucidi e una guancia rigata da una lacrima che non era riuscito a trattenere.
«Ron, non cambierai mai!» esclamò Hermione. «Ma guardati» continuò, rivolta ad Harry, «sei identico a James, accidenti!»
Non appena aveva confessato chi era, Hermione non si era fatta alcuno scrupolo a puntargli la bacchetta al viso e a sciogliere la trasfigurazione che aveva fatto Silente per renderlo meno riconoscibile. Davanti ai due ora si trovava il vero Harry, con i capelli neri sparati in ogni direzione, gli occhi verdi e la cicatrice a forma di saetta sulla fronte.
«Lo so, ed è uno dei motivi che mi ha spinto a cambiare qualcosa. Era già difficile spiegare cosa ci faceva un ragazzo di neanche diciotto anni tutto solo, figurarsi un ragazzo che era la copia di James Potter».
«Comunque, ora ci siamo anche noi con te! Io non mi tiro indietro, nemmeno sta volta» disse Hermione. «Anche se l'altra volta non me la ricordo... A proposito, come funziona questa storia che noi dovremmo ricordarci di te come se fossi sempre stato qui?»
Harry stava per riferire tutto quello che aveva letto negli appunti di Bode e quanto gli aveva spiegato Silente, ma fu anticipato da una voce. La voce parlò attraverso i muri, amplificata perché fosse sentita nel Castello esattamente come Harry aveva già sentito fare al suo proprietario più di una volta.
«So che vi state preparando ad accogliermi, ma al momento non sono interessato alla lotta. Voglio solo Harry Potter, vivo! Se si farà avanti spontaneamente o lo porterà uno di voi altri, non mi interessa. Avete tempo fino alle otto di domani sera».
«Non ci pensare minimamente!» esclamarono Ron ed Hermione in coro, memori di quello che Harry aveva raccontato loro poco prima.

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Ciao a tutti!
Ecco il nuovo capitolo, fatemi sapere se vi è piaciuto o no, non fatevi scrupoli!
Grazie a tutti quelli che hanno letto e recensito il capitolo scorso e come sempre, grazie infinite a tutti quelli che hanno inserito la storia tra le Preferite, le Seguite e le Ricordate! :)
Ci vediamo mercoledì prossimo con il nuovo capitolo!
Per chi volesse, qui trovate il mio profilo facebook: https://www.facebook.com/lucy.novello?ref=tn_tnmn
Alla prossima,
Lucy

                   

     

 

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Capitolo 19
*** Mal di testa e piani B ***


«So che vi state preparando ad accogliermi, ma al momento non sono interessato alla lotta. Voglio solo Harry Potter, vivo!
Se si farà avanti spontaneamente o lo porterà uno di voi altri, non mi interessa. Avete tempo fino alle otto di domani sera».

A quelle parole, il succo di zucca che James stava bevendo gli andò di traverso e il volto sbiancò. Sirius gli diede qualche pacca sulla schiena, mentre si guardava attorno spaventato, per capire da che parte provenisse la voce.
Come diavolo aveva fatto Voldemort a scoprire di Harry?
Lanciò un'occhiata a Lily, anche lei pallida, e capì che stava pensando esattamente la stessa cosa.
Nella Sala Grande il volume della voce crebbe di colpo; tutti si facevano le stesse domande.
Perché Voldemort voleva Harry Potter?
Ma Harry Potter, non era morto?
Che storia era mai quella?
Con lo sguardo cercò Silente e vide che si stava avvicinando a loro con passo tranquillo, ignorando tutti quelli che cercavano di fermarlo. Contrariamente agli altri presenti in sala, non sembrava affatto toccato dalle parole di Voldemort; anzi, sembrava quasi che non avesse nemmeno sentito la voce del mago oscuro parlare attraverso i muri.
«Lily» disse, quando li raggiunse. «Dovresti tornare giù con Severus per sistemare le ultime cose, ormai ci siamo!»
James guardò il Preside con occhi sgranati; era abituato ad una certa dose di follia dell'uomo, ma la voce allegra e lo sguardo che aveva, come un bambino davanti ad una valanga di caramelle tutte per lui, gli sembravano troppo anche per uno come Silente.
«Certo, Albus, vado subito» rispose Lily, appena più tranquilla. Finì l'ultimo goccio di succo di zucca, poi riempì un piccolo vassoio con una brocca e alcuni tramezzini. «Non credo che Severus si sia fermato a mangiare... quando si mette a trafficare con qualche pozione dimentica tutto il resto».
Si allontanò velocemente oltre la porta della Sala Grande, diretta ai Sotterranei.
«Io vado nel mio ufficio; in caso di bisogno, conoscete la parola d'ordine» si congedò Silente, prima che qualcuno potesse fermarlo per fargli qualche domanda.
James, a cui non era sfuggito lo sguardo indagatore di Sirius, sospirò. Non poteva dire niente, lo aveva promesso a Harry; sarebbe stato lui, quando se la sarebbe sentita, a parlare con Sirius e Remus. Non sapeva perché, ma aveva la sensazione che il figlio stesse evitando il più possibile ogni contatto con Sirius.
«Tu sai qualcosa che io non so, confessa!» esclamò l'amico, non appena Silente sparì dalla loro vista.
«Sì, Sirius, so qualcosa che tu non sai».
«E...»
«E niente, almeno per il momento» fece James, allontanando il piatto quasi pieno di toast; la fame che gli era venuta dopo tutto il lavoro del pomeriggio era passata di colpo. Harry era in pericolo, tutti loro lo erano, con Voldemort in giro per Hogsmeade ad aspettare di cominciare la battaglia. Si sentiva impotente, esattamente come quando anni prima Silente aveva detto a lui e Lily della Profezia su Harry e Voldemort.
«Credi che Silente abbia qualcosa in mente?» chiese Ross, impedendo a Sirius di ribattere.
«Silente ha sempre qualcosa in mente» rispose James. «Il problema è capire cosa sia».

 

***

«Stai dicendo che fa tutto parte del piano?!»
L'esclamazione di Ron fu talmente forte che fece voltare due membri dell'Ordine che passavano poco lontano da loro, diretti nella Sala Grande. Fortunatamente, Hermione aveva trasfigurato il volto di Harry prima di uscire dall'aula in cui si erano rifugiati, altrimenti avrebbero avuto un altro
problema a cui far fronte.
«Sssh! Per amor del cielo, Ronald!» lo zittì la ragazza, fulminandolo con gli occhi.
«Scusate... Beh, allora?» fece, rivolto a Harry.
«Il piano prevedeva di attirare Voldemort a Hogwarts, distruggere gli Horcrux e poi ucciderlo. Le prime due, non necessariamente in quest'ordine.
Siamo alla fine della fase uno, direi».
«E stiamo andando nell'ufficio di Silente per...?»
«Controllare che la fase due sia terminata prima di cominciare la terza» spiegò Harry. «Di quello si è occupato lui, io non so nulla».
Giunsero davanti al gargoyle di pietra giusto in tempo per incrociare Lily e Severus che provenivano dai sotterranei. Avevano un'espressione scura in volto che non piacque per niente a Harry.
«Che cosa è successo?»
Nella sua mente cominciarono a delinearsi gli scenari più catastrofici, come un grave attacco dei Mangiamorte o di Voldemort stesso, nonostante il tempo che aveva dato per avere Harry. Non poteva essere successo qualcosa di orribile, non ora che erano ad un passo dalla fine di tutto.
«Niente di buono» rispose Severus, una volta entrati nell'ufficio del Preside. Silente era seduto dietro la scrivania, su cui erano appoggiati tutti e sei gli Horcrux. L'espressione allegra che tanto aveva scioccato James in Sala Grande sparì non appena vide quella di Lily e Severus.
«Che cosa è successo?» chiese anche lui, preoccupato.
«La pozione non ha fermentato nel modo giusto» spiegò Lily. «Non abbiamo la minima idea di come sia potuto succedere, ma non è come dicono le istruzioni; è inutile».
Dall'espressione di Silente, Harry capì che si trovavano davanti ad un grosso problema. Non aveva idea di che pozione si trattasse, ma avrebbe giurato che riguardava la seconda parte del piano che avevano ideato.
«Abbiamo altri ingredienti» rassicurò Severus. «Possiamo riprovare, sarà pronta tra tre giorni».
«Non abbiamo tre giorni» disse Silente. «Non importa, faremo in un altro modo. Potete andare» aggiunse, rivolto a Lily e Severus.    
«Che pozione era?» chiese Harry, quando i due ebbero lasciato l'ufficio.
«Una molto complicata. Un veleno potente, il cui antidoto contiene un ingrediente raro come la lacrima di Fenice» spiegò il Preside. «Qualcosa di così potente e raro da essere in grado di distruggere gli Horcrux».
D'un tratto, Harry ebbe l'impressione che una strage di Babbani sarebbe stato niente in confronto a quello. La seconda parte del piano era appena andata a farsi benedire e Voldemort, che aveva già raggiunto Hogsmeade, avrebbe aspettato solo poco più di ventiquattr'ore prima di fare una mossa.
«Oh, miseriaccia! E ora che facciamo?» chiese Ron, con un filo di voce.
«Si potrebbe usare l'Ardemonio, dato che non disponiamo di spade intrise di veleno di Basilisco, né di un esemplare morto a cui staccare le zanne» propose Hermione, che sembrava aver imparato a memoria il racconto di Harry come faceva con i libri di testo.
«Sì, signorina Granger, ci avevo pensato» disse Silente. «Ma l'Ardemonio è un fuoco difficile da controllare e, nonostante io sia un più che discreto mago e conosca il modo per fermarlo, non sarei sicuro di riuscire a domarlo prima che distrugga l'intero Castello».
«Si potrebbe usare la Stanza delle Necessità» continuò Hermione.
«Non è una buona idea» ribatté Silente. «La Stanza delle Necessità è una risorsa molto importante per noi. Se durante la battaglia ci trovassimo a corto di qualcosa, lì lo troveremmo. Per non parlare poi del fatto che potrebbe essere un ottimo rifugio nel caso in cui le cose si mettessero male».
«Forse conosco un posto che possiamo utilizzare senza preoccuparci che vada a fuoco, ma non sarà semplice entrarci» disse Harry, deciso più che mai a distruggere gli Horcrux prima che scadesse il tempo che Voldemort aveva dato loro. «La Camera dei Segreti».
«Harry, quando hai aperto la Camera nell'altra Dimensione parlavi Serpentese, cosa che, come tu stesso mi hai detto, non puoi più fare da quando non sei più un Horcrux».
«Ci potrà aiutare Ron, professore» disse Harry, convinto. «In un sogno che ha fatto in coma ha sentito me aprire il Medaglione, può riprodurre il sibilo...»
«Harry, io non credo che sia una buona idea» fece Ron, terrorizzato. «Ho sentito solo un sibilo, ci metterei una vita per riprodurlo».
«Francamente, mi sembra l'idea migliore che abbiamo e non correremo il rischio di dar fuoco alla... Ahia!»
Harry si portò una mano sulla nuca. Delle fitte avevano cominciato a trafiggere quella zona, provocando non poco dolore. Era abituato a sentirsi la testa spaccato in due quando gli faceva male la cicatrice, ma quella era tutta un'altra cosa.
La vista gli si annebbiò e lui strizzò gli occhi un paio di volte, per cercare di mettere a fuoco la stanza, senza successo.
«Harry, che cosa succede?»
La voce preoccupata di Hermione giunse da molto lontano.
Si sentiva malissimo, come se fosse sul punto di svenire, solo che non riusciva a svenire. Non si era mai sentito così.
Nella mente vide una scena strana per lui, una che non poteva aver vissuto, non era possibile.

 Un bambino di sette, otto anni aveva fatto irruzione in una cucina dove un giovane Sirius stava facendo colazione assieme ad una donna dai corti capelli biondi. Il bambino aveva occhi verdi e dei capelli neri, sparati in ogni direzione; era visibilmente compiaciuto per qualcosa.
«Sirius!» esclamò eccitato. «Ho fatto diventare rosso Heart!»
Dietro al bambino erano entrati Lily e James, sorridenti e felici nonostante la marachella combinata dal figlio.
La donna bionda scoppiò a ridere e lo stesso Sirius fece fatica a trattenersi.
«Ma davvero? Allora è ufficiale: abbiamo un maghetto in famiglia!» esclamò, allegramente. «Dobbiamo festeggiare, ma dimmi... come hai fatto?»
Caricò il bambino sulle sue ginocchia e imburrò una fetta di pane tostato.
La porse al bambino che cominciò a mangiarla, ancora più felice di prima.
«Harry, cosa si dice?»
«Grazie, Sirius! Non so come ho fatto» disse il bambino, dopo aver mandato giù il boccone. «Heart era arrivato con una lettera per papà, invece l'ho presa io. Lui mi ha beccato un dito e allora l'ho guardato male e... e poi gli sono venute le piume rosse!»

 
Così com'erano venute, le fitte alla nuca si calmarono di colpo e la vista tornò quella di sempre. Si ritrovò seduto davanti alla scrivania del Preside, che lo guardava preoccupato alla sua sinistra; doveva essersi alzato, ma Harry non se ne era accorto.
«Cos'è successo, Harry?»
«I-io... credo di aver ricordato di quando ero piccolo, con i miei genitori, ma non è possibile!» spiegò, ancora sconvolto per quello che aveva visto. Le mani tremavano al punto da fargli temere di essere vicino ad un attacco di qualche tipo. «Ho avuto una specie di visione, c'era un Harry bambino...»
«Esattamente come è successo a Ron!» esclamò Hermione. Nella sua voce si avvertiva chiaramente una nota di delusione. «Gli è già capitato due volte da quando si è ripreso dal coma, ed entrambe le volte ha ricordato un episodio...»
Harry spostò lo sguardo sull'amico, che si guardava i piedi, imbarazzato.
«Beh, ecco è vero... Alcune fitte alla nuca e ho ricordato alcune cose che riguardavano te, Harry... preferirei raccontartele in privato...» disse Ron, con le orecchie che avevano ormai raggiunto la tonalità dei capelli.
Silente tornò a sedersi dietro la scrivania, sollevato.
«Credo che dipenda dalle due Dimensioni che si stanno unendo» spiegò Silente. «L'ippocampo, la zona del cervello in cui risiede la memoria, si trova vicino alla nuca. Credo che i mal di testa siano così forti perché i ricordi che poi vi arrivano, non sono esattamente reali; la vostra mente cerca di ricordare avvenimenti che non ha mai vissuto. Temo che tra un po' toccherà anche a noi, signorina Granger».
«Professore, come funziona esattamente questa cosa dei ricordi?» chiese Harry. «Tutti cominceranno a ricordare così, con dei mal di testa?»
«Non ho la pretesa di sapere tutto, Harry» rispose Silente, «ma ho fatto un po' di chiacchiere con la signora Williams, dopo aver letto gli appunti di Bode. Secondo quanto dice lei, alcune persone hanno cominciato a ricordarla più seriamente, con questi ricordi che provocano dolore alla testa. Altri, invece, semplicemente hanno ricordato lei, molto meno chiaramente, ma come se fosse sempre stata presente. Da suo racconto ho dedotto che le persone che la ricordavano più chiaramente erano quelli a cui si era mostrata per quello che era veramente».
«Intende, che aveva rivelato di provenire da un'altra Dimensione?»
«No, Harry» rispose Silente. «Si era mostrata per quello che era veramente dentro, i suoi sentimenti».
«Non capisco, professore» disse Hermione, poco convinta dalla spiegazione. «Se questa storia dei ricordi comincia giorni dopo che Harry ha parlato dei suoi sentimenti con qualcuno... perché Ron ricorda già da giorni, quando Harry si è rivelato solo ora?»
«Sono andato a trovarlo quando era in coma, varie volte, ma una in particolare» spiegò Harry, che invece sembrava aver già accettato la spiegazione di Silente. «Una sera, dopo che ero uscito dall'ufficio di Silente, ho fatto una deviazione in Infermeria. Ho visto che non c'era nessuno e così mi sono avvicinato al letto di Ron. Gli ho detto che doveva riprendersi, che era il mio migliore amico e lo avevo già perso una volta; non potevo perderlo ancora».
Incrociò lo sguardo di Hermione e vide che aveva gli occhi lucidi; Ron, al contrario, aveva le orecchie di nuovo rosse. Harry si fissò le scarpe, cercando di nascondere che anche lui aveva gli occhi umidi. Avere Ron e Hermione lì, di nuovo al suo fianco era un'emozione indescrivibile. Aveva passato giorni terribili durante la battaglia, dopo che anche Hermione era morta, a pensare che non avrebbe mai più avuto i suoi migliori amici accanto. Invece ora erano lì; lui era lì, dove anche loro erano vivi.
«Beh, suppongo che anche Lily e James avranno cominciato a ricordare...»
Silente lasciò la frase a metà, mentre Harry scuoteva la testa.
«Non ho mai parlato a cuore aperto, con loro., né con Sirius e Remus, che non sanno ancora che sono qui. Volevo aspettare la morte di Voldemort, prima parlare anche con loro, nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto».
«Faremo in modo che niente vada storto!» esclamò Silente. «Allora, voi tre andate nel posto in cui si trova la Camera e cercate di aprirla; quando ci sarete riusciti, mandatemi un Patronus... qualcuno di voi sa come far parlare un Patronus?»
«Hermione lo sa» disse Ron, beccandosi un'occhiataccia dalla ragazza.
«Non è vero... ho letto solo una volta la teoria!» protestò.
«Sì, è per questo che lo sai fare. Leggere una sola volta la teoria e saper fare subito gli incantesimi, è roba da Hermione!» insisté Ron, leggermente imbarazzato. Hermione rimase in silenzio, ma le sue guance si colorarono di rosso; sembrava compiaciuta dalle parole di Ron.
«Bene» disse Silente, alzandosi. «Io devo controllare come proseguono i preparativi della difesa del castello. Quando avete fatto, avvisatemi».

 

***

 

«Lily e James ci stanno nascondendo qualcosa!» esclamò Ross, non appena lei e Sirius lasciarono la Sala Grande, per tornare ai loro compiti. La professoressa McGranitt aveva separato lui e James dopo che avevano distrutto alcuni oggetti in una lotta tra loro e poteva parlare liberamente con il marito. «Hai visto come hanno reagito quando ho detto di quello che mi ricordo?»
«L'ho visto e ammetto che non è normale» rispose Sirius. «Sono sembrati tranquilli e sereni, nonostante tu, con molto poco tatto, hai ricordato loro del figlio morto».
«Ehi, vacci piano Black! Se ho perso il mio tatto, è tutta colpa tua» rimbeccò lei. «Passo troppo tempo con te!»
«Non credo proprio!» fece Sirius, divertito. «Devo forse ricordarle, Medimaga Black, di come ci siamo conosciuti, dieci anni or sono? Se non vado errato, il sottoscritto era ricoverato da pochi giorni al San Mungo, dopo essere arrivato in fin di vita per un attacco dei Mangiamorte e quando ti ho gentilmente chiesto di aiutarmi ad alzare per andare in bagno, mi hai risposto: “Un uomo grande e grosso come lei non ha bisogno di alcun aiuto”» terminò, imitando il suo tono di voce. Ross si sentì le guance in fiamme, come succedeva ogni volta che il marito ricordava quell'episodio; ogni volta che ci pensava si sentiva in imbarazzo esattamente come dieci anni prima.
«Pensavo volessi provarci come la maggior parte degli... Ahia!»
Si portò una mano alla nuca. Esattamente come il giorno prima, forti fitte le trapassarono la testa e la vista si annebbiò. Era una Medimaga, sapeva tutto di anatomia e di mal di testa, ma questa era una cosa che non aveva mai studiato né incontrato in qualche modo nella sua carriera.      

 

Rossana era seduta al tavolo della cucina, davanti a enormi libri di Medimagia che sfogliava febbrilmente; ogni tanto si fermava e buttava giù qualche appunto in un foglio di pergamena. Di fianco a lei c'era un ragazzo che doveva avere circa dodici anni, chino su un volume di Pozioni. Aveva dei folti capelli ,neri e arruffati. Accanto al libro, un rotolo di pergamena lungo alcuni metri ospitava il titolo di quello che doveva essere un tema ma, a parte quello, il foglio era completamente bianco.
«Ross» chiamò il ragazzo a bassa voce, quasi avesse paura di disturbare. «Quando hai finito potresti darmi una mano con questo tema? I compiti di Piton sono impossibili!»
«Ma certo, Harry! Tra qualche minuto ho terminato, poi facciamo vedere noi a Piton chi comanda!»

 

«Ross, stai bene?» chiese Sirius, preoccupato. «È successo anche ieri! Perché non chiedi a qualche collega...»
«No! Sto bene».
La vista tornò come prima e le fitte scomparvero. Decise di non dire niente a Sirius di quello che aveva ricordato. Il giorno prima lo aveva fatto e avevano discusso per ore intere, prima di arrivare a Hogwarts. Quello che le stava succedendo non era normale, lo capiva perfettamente, nonostante non fosse la prima della classe né a Hogwarts né alla scuola di Medimagia, era abbastanza sveglia. Quei mal di testa assomigliassero molto a quelli che molti pazienti in stato di amnesia lamentavano quando cominciavano a ricordare; il problema era che lei non aveva subito alcun trauma che avrebbe potuto causarle delle amnesie.    

 

***

 

Atterrarono su un umido pavimento, completamente ricoperto di ossa di diverse dimensioni; tra esse, Harry ne distinse alcune che avevano dimensioni vagamente umane. Ci aveva impiegato quasi due ore, Ron, ad aprire il rubinetto del bagno, ma ce l'aveva fatta.
«Di qua!»
Harry fece segno verso un tunnel immerso nel buio e cominciarono ad avanzare; la luce delle quattro bacchette, tese davanti a loro, era appena sufficiente ad illuminare pochi centimetri davanti a loro. Le orecchie di tutti erano tese al massimo, pronte a cogliere il minimo rumore; sapevano di essere al sicuro, poiché Silente era con loro, ma l'abitudine a vedere il pericolo dietro ogni angolo li aveva resi piuttosto nervosi.
Giunsero davanti ad un muro con due serpenti attorcigliati.
«Coraggio, Ron!»
Questa volta il ragazzo fece solo tre tentativi, prima di riprodurre il sibilo esatto e il muro si aprì, rivelando una lunga stanza debolmente illuminata.
Cominciarono ad avanzare lungo il nero pavimento, i loro passi rimbombavano nella stanza vuota. Harry si guardava intorno, nervoso, memore di quanto aveva passato lì dentro la prima volta che ci era entrato. La luce della sua bacchetta colpì l'enorme statua di Salazar Serpeverde e si sentì ghiacciare il sangue nelle vene.
«Chiudete gli occhi, subito!» esclamò, fermandosi di colpo.
«Harry, che cosa c'è?» chiese Silente. Si fermò anche lui e chiuse gli occhi.
«La bocca della statua è aperta, il Basilisco è stato liberato». 

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Ciao a tutti!

Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere cosa ne pensate!!
Per quanto riguarda la questione dei mal di testa e amnesie, ho fatto appello ai miei appunti di anatomia e psicologia dell'università; l'ippocampo si trova nella regione temporale del cervello, più o meno all'altezza della nuca. Per quanto riguarda il mal di testa, negli appunti non è specificata quale zona faccia male, che sia la nuca l'ho inventato io perché volevo distinguerlo sia dai mal di testa classici, che da quello classico per Harry, cioè quello della cicatrice!
Anche il fatto che dopo il mal di testa le persone abbiano questi ricordi/visioni, è una mia invenzione. Che io sappia, nella realtà le cose non sono proprio strettamente correlate, anche se sono frequenti i mal di testa negli amnesici. Poi, io non sono né medico né psicologa o qualsiasi altro campo che studi specificatamente questo, nel caso in qualcuno abbia da fare correzioni, non si faccia alcun problema a farmelo notare! ^__^
Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono e recensiscono la storia!
Grazie a chi ha messo la storia tra le Preferite(64), le Seguite(171) e le Ricordate(24).
Il prossimo capitolo arriverà mercoledì 12, e vedremo dove il Basilisco avrà deciso di sgranchire le squame!
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Alla prossima,
Lucy

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Capitolo 20
*** Di nuovo mortale ***


I corridoi di Hogwarts erano silenziosi, nonostante il numero elevato di persone che si trovavano al suo interno in quel momento. Tutti erano impegnati nei loro compiti, tra turni di guardia e gruppi che controllavano e rafforzavano le distese del Castello, e nessuno sembrava desideroso di parlare. Nonostante fossero nel cuore della notte, nessuno dormiva. Nessuno aveva tempo per farlo.
Ginny Weasley si trovava al terzo piano, vicino alla statua di una strega orba assieme a Luna Lovegood, per controllare uno dei passaggi segreti che portava dritto a Hogsmeade. Quando era stato il momento di lasciare la Tana per Hogwarts, sua madre aveva pianto e urlato come non mai cercando di convincere Ginny a restare fuori dalla battaglia che inevitabilmente sarebbe scoppiata, ma lei era stata irremovibile. Aveva fatto notare alla madre che non sarebbe potuta restare a casa da sola, poiché i Mangiamorte sapevano dove si trovava la loro casa: se si fossero presentati mentre era sola, che cosa avrebbe fatto? In più, come aveva ripetuto fino a far esasperare tutta la famiglia, non potevano essere certi che lei, una volta rimasta sola, avrebbe obbedito agli ordini. Non aveva ancora fatto l'esame di Materializzazione, ma aveva frequentato le lezioni a scuola ed era riuscita a comparire in uno cerchio una decina di volte. Anche a costo di andare contro la legge, si sarebbe Materializzata a Hogsmeade; non aveva alcuna intenzione di mancare. Dopo tre giorni di discussioni, sua madre aveva ceduto. Ginny era arrivata a Hogwarts con tutti gli altri ed era stata messa a guardia di uno dei passaggi segreti assieme a Luna.
«Non ho mai fatto una cosa più noiosa di questa!» esclamò, lanciando l'ennesima occhiata alla statua della strega. «Perfino Ron sta facendo qualcosa di utile, con Silente!»
«Ron è maggiorenne, da più di un anno» disse Luna, che si guardava intorno con aria sognante. «Tu non hai ancora diciassette anni, per dirne una».
«Mancano solo due giorni... E tu li hai compiuti pochi mesi fa. Cos'ha detto tuo padre?»
«Oh, era un po' dispiaciuto e molto preoccupato, certo. Però mi conosce, sa che in questo momento non vorrei essere in nessun altro posto» rispose Luna. «C'è anche lui, sai? Alla fine l'ho convinto a venire e unirsi all'Ordine; l'unica cosa che voleva mio padre era poter continuare a stampare il suo giornale. Silente gli ha messo a disposizione un'aula dei Sotterranei; credo che ora stia preparando l'ultimo numero prima della battaglia, una sorta di 'bollettino della resistenza'».
Ginny scosse la testa, nel tentativo di non ridere. Non poteva certo nascondere che Luna non fosse un po' strana, con le sue creature magiche da nomi strambi e l'esistenza più che dubbia, ma era una brava persona e una buona amica. Anche lei l'aveva chiamata Lunatica i primi anni, ma poi, al terzo anno, si erano trovate nella stessa classe di Cura delle Creature Magiche. Luna aveva guardato oltre la sua divisa di seconda mano, dalla taglia sbagliata, ma l'unica che la sua famiglia poteva permettersi, e oltre ai libri tutti consunti che erano stati di suo fratello Charlie. Ginny aveva guardato oltre lo sguardo perso, gli strambi occhiali e orecchini che spesso indossava Luna, e aveva scoperto una ragazza forte e determinata almeno quanto lei. Avevano cominciato a studiare qualche ora assieme in biblioteca ed avevano finito col diventare amiche.
«Ehi, Ginny, ho avuto un'idea!»
«Cosa?»
«Tra poco verranno Fred e Gazza a darci il cambio. Potremmo approfittare per intrufolarci nel suo ufficio e riprenderci la Mappa che ha requisito a Ron a Maggio. Insomma, io spero che la battaglia vada bene e il prossimo anno scolastico sarebbe l'ultimo per noi; non possiamo stare tranquille».
«Luna, sei un genio!»

***

«È stata colpa mia, vero?» chiese Ron, con un filo di voce.
Harry, poco lontano da lui, poteva sentire chiaramente il respiro affannoso dell'amico, in preda al panico. Non che lui si sentisse molto tranquillo, ma con gli occhi ben chiusi era certo che il Basilisco non avrebbe potuto fare nulla.
Se è ancora nella Camera.
Rabbrividì al pensiero del Basilisco in giro per il Castello, con tutti quelli che si trovavano lì in quel momento.
«No, Ron» cercò di tranquillizzarlo, ma la voce gli tremava. «Dubito che nei tuoi sibilanti tentativi tu abbia dato il comando al serpente di uscire. Comunque, lui obbedisce solo all'Erede di Serpeverde; è stato Voldemort, di sicuro».
«Ma come ha fatto?» chiese Hermione, anche lei agitata. «Non può essere entrato a Hogwarts; tutti gli ingressi e i passaggi segreti sono controllati!»
«Sono certo che la Camera abbia un'altra via di accesso, Salazar Serpeverde era noto per cose simili: Camere Segrete, tiri mancini e scorrettezze nei duelli sono caratteristiche che lo hanno sempre contraddistinto... E il suo discendente ha ereditato anche questo».
Harry non poteva dargli torto, anzi, avrebbe dovuto immaginarlo. Nella sua Dimensione era successo esattamente lo stesso: nelle tregue date da Voldemort, il Signore Oscuro non era rimasto con le mani in mano. Aveva evitato lo scontro diretto, ma era andato avanti con altri piani.
Sapevo che il Basilisco era ancora vivo, pensò Harry. Avrei dovuto pensare prima a questa possibilità. 
Alla sua destra sentì Silente muoversi e avanzare di qualche passo.
«Professore, che cosa...»
«Che il Basilisco sia qui o no, dobbiamo proseguire» disse Silente.
Harry sentì il Preside posare a terra gli Horcrux, ma non osò aprire gli occhi per guardare. Dai movimenti lenti che sentiva, poteva giurare che nemmeno lui aveva osato farlo.
«Ora, indietro» disse Silente.
Un passo dopo l'altro, facendo attenzione a dove mettevano i piedi arrivarono al muro in cui si trovava l'ingresso; Ron riuscì ad aprirla al secondo tentativo.
Uscirono dalla Camera e finalmente aprirono gli occhi. Con un rapido gesto del braccio, Silente fece comparire dal nulla alte fiamme che avvolsero gli Horcrux, prima di cominciare ad espandersi in tutta la stanza. Poco prima che il muro si richiudesse, Harry vide un enorme drago di fuoco ingoiare il Diario di Tom Riddle, mentre una Chimera si sfamava con la Coppa di Tassorosso.
Gli altri quattro faranno la stessa fine, pensò. Avevano distrutto gli Horcrux e Voldemort era di nuovo mortale; la sua fine era vicina.
«Bene» disse Silente, visibilmente sollevato per la riuscita del piano. «Voi tre raggiungete la Sala Grande e vedete se c'è qualcosa che potete fare per la difesa della scuola; chiedete alla professoressa McGranitt o al professor Vitius, se ne stanno occupando loro».
Fece comparire due piccoli specchi davanti a sé e ne porse uno a Harry.
«Usatelo prima di voltare ogni angolo. Non credo che il Basilisco si aggiri per il Castello, credo che Voldemort abbia qualcosa in mente, comunque preferirei trovarvi pietrificati, piuttosto che morti».

Arrivarono nella Sala Grande senza problemi. Il soffitto rifletteva un cielo nero, trapunto di stelle; probabilmente era una delle notti più serene di tutta l'estate. Un continuo via vai di persone rendevano la sala piuttosto trafficata e rumorosa. Raggiunsero la professoressa McGranitt, che si trovava vicino al tavolo di Serpeverde, e attesero che finisse di parlare con Kingsley e Hagrid.
«Quindi i Centauri ci saranno?» stava chiedendo la donna.
«Non combatteranno per noi, dicono, ma sono pronti a difendere  il loro territorio» spiegò Kingsley.
«Silente li ha sempre trattati bene, come fa con tutti, qui» disse Hagrid. «Dicono che colpiranno tutti i Mangiamorte che si infileranno nella loro foresta».
«Molto bene, molto bene» commentò la McGranitt. «Hagrid, avvisa tutti quelli sulle Torri e finestre che danno sulla foresta di colpire sotto il Castello, in modo che gli alberi siano l'unico riparo possibile per i Mangiamorte. Kingsley, trovami Silente, per cortesia, devo comunicargli gli ultimi avvisi giunti dal Ministero».
«Crediamo sia andato nel suo ufficio» disse Harry, intromettendosi nella conversazione.
«Lo abbiamo lasciato vicino alle scale del secondo piano. Cosa possiamo fare per aiutare?»
Kingsley si allontanò verso il Salone d'Ingresso, mentre la McGranitt fissava i tre ragazzi che aveva davanti.
«Weasley, trova Fred e George e unisciti ad uno dei loro gruppi di sorveglianza dei passaggi segreti; tua madre mi renderebbe la vita un inferno se ti mettessi a fare altro. Signorina Granger, puoi raggiungere il Professor Piton e Madama Chips in Infermeria; stanno preparando scorte di Pozioni curative di ogni tipo... Signor Evans... Lei raggiunga Lily e James Potter alla Torre di Grifondoro, la parola d'ordine è 'Coraggio' . Stanno organizzando gli attacchi dall'alto assieme ad alcuni Tiratori Scelti del Ministero. Hanno chiesto espressamente di lei».          

***

Il mal di testa cominciò di nuovo, proprio come la prima volta, pochi giorni prima, alla Tana.
«Ginny!» esclamò Luna, avvicinandosi preoccupata, con un consunto foglio di pergamena in mano.
La vista le si annebbiò e si ritrovò a guardare se stessa, in un buio corridoio di Hogwarts.

Ginny era seminascosta da una grossa armatura che gettava ombra sull'angolo di un corridoio. Non era sola. Con lei c'era un ragazzo dai capelli neri, spettinato.
«Mi dispiace, Ginny, sono un idiota!» stava dicendo il ragazzo. «Avevo paura di quello che avrebbe potuto dire Ron; è il mio migliore amico e tuo fratello».
«Confermo, sei davvero un idiota!» disse Ginny, ma era divertita. «Mio fratello non può farci niente; decido io della mia vita».
I due si baciarono, seminascosti nell'oscurità di un corridoio...
«Harry... Ginny... Che... Che cosa... Miseriaccia!»

 
«Sto bene, Luna, grazie» disse, quando si fu ripresa.     
«Non stai bene! Sei quasi svenuta...»
«Non è niente, davvero» disse, riprendendo a camminare.
Che cosa le stava succedendo? Chi era questo Harry? Era per caso l'Harry Potter che Voldemort aveva detto di volere?
«Ginny» disse Luna in un tono serio che non le s'addiceva per niente. «Ti conosco da quattro anni e l'unica volta che sei svenuta, è stato quando ti è arrivato un Bolide in testa durante la partita contro Tassorosso due anni fa».
«Te lo ricordi ancora?» chiese Ginny, con un lamento. Oltre alla vergogna per essere caduta dalla scopa davanti a tutta la scuola, il risultato della partita era stato disastroso, per Grifondoro.
«Come dimenticarlo... La peggior sconfitta di Grifondoro di tutti i tempi; avete perso Cinquecentoventi a Duecento, solo perché Harry Potter è riuscito a prendere il Boccino». 
Ginny si fermò di colpo in mezzo al corridoio e Luna le andò addosso.
«Come, scusa? Harry Potter Cercatore?»
«Sì... Era il Cercatore di Grifondoro e Capitano della squadra... Vedi?» continuò Luna, guardandola. «Te l'ho detto che non stai bene»
Cominciò a frugare freneticamente nelle tasche della veste che indossava, infine tirò fuori un piccolo sasso ovale.
«Tieni, è un amuleto rarissimo che è in grado di prevenire qualsiasi dolore. Me lo ha dato mio padre, pensava che mi sarebbe stato utile in battaglia, ma tu ne hai più bisogno. Se uno di questi attacchi ti capitasse mentre combatti con un  Mangiamorte?»
Sarei morta in meno di un secondo.

          

***   

La Torre di Grifondoro e i dormitori erano esattamente come li ricordava: caldi e accoglienti nonostante i mobili fossero stati spostati. I letti erano stati addossati alle pareti e le finestre, spalancate, erano l'oggetto di discussione tra i presenti.
«È meglio che voi Tiratori Scelti stiate in quelle che danno sul parco; avrete più possibilità di eliminare i Mangiamorte» stava dicendo James ad un ragazzo magro, biondo che indossava una divisa verde chiaro con il simbolo del Ministero.
«Sono d'accordo» rispose lui. «Gli altri, cercheranno di spingere i Mangiamorte nel nostro campo d'azione, oppure dentro la Foresta. Ho sentito che i Centauri saranno pronti a colpire chiunque invada i loro territori».
«Sì, la McGranitt me l'ha detto» disse James, poi si accorse di Harry. «Sei qui finalmente! Allora?»
«Tutto distrutto» rispose.
«Benissimo! Vieni, andiamo a vedere nei dormitori femminili come se la sta cavando Lily».
«I maschi non possono salire in quelli femminili» gli fece notare Harry.
«Silente ha tolto l'incantesimo, fino a che non sarà tutto finito» spiegò James. Una luce malandrina gli illuminò gli occhi. «Vorrei aver pensato ad una battaglia simile quando ero studente... Sarei potuto entrare nel dormitorio di Lily più spesso e...»
«Stop! Fermo, non voglio sapere niente» lo interruppe Harry, con le guance in fiamme.  «Tecnicamente siete i miei genitori e, onestamente, i figli non dovrebbero venire a conoscenza di certi... fatti particolari!»
James scoppiò a ridere e non si fermò fino a quando non raggiunsero il dormitorio in cui si trovava Lily.
«Perché ridevi?» chiese, quando li vide entrare.
«Harry non vuole sentire fatti particolari riguardanti i suoi genitori».
Lily fulminò il marito con lo sguardo e sorrise a Harry.
Il primo sorriso che mi ricorderò di lei, pensò, con il cuore vicino ad esplodere di gioia.
«Sono perfettamente d'accordo con lui! Hai mai pensato ai tuoi genitori in certi momenti?»
«Oh, Merlino, no!» esclamò James, sconvolto. Ma si riprese quasi subito. «Come sta andando qui?»
«Tutto bene» rispose Lily. «Dalle finestre piccole in fondo si vede l'angolo delle mura del castello e c'è una sorta di vicolo cieco; una sola via per entrare e uscire, i Mangiamorte saranno in trappola. Le finestre sono piccole, però: ci saranno solo Tiratori Scelti».
«Perfetto!»
Poi la sua espressione si fece seria, scambiò uno sguardo d'intesa con Lily e guardò Harry.
«Dobbiamo parlarti di una cosa» disse, facendo cenno di seguirlo fuori dai dormitori.
La Sala Comune era l'unica stanza che non era stata toccata.
«Che cosa c'è?» chiese Harry, preoccupato, dopo che presero posto su tre comode poltrone, lontano da orecchie indiscrete.
«Ross sta cominciando a ricordarsi di te» esordì James. «Sirius comincia a sospettare qualcosa e mi parla a stento; non sono abituato a questo dal mio migliore amico».
«Chi è Ross?»
«Rossana, la moglie di Sirius, lavora al San Mungo... capelli corti e biondi» spiegò Lily.
«Oh, sì, ho capito» disse Harry. «È colpa mia, avrei dovuto stare zitto».
I due lo guardarono interrogativi. Harry sospirò.
«Alcuni giorni fa, uno degli ultimi che ho passato al Paiolo Magico, ero in giro a Diagon Alley la sera, per comperare alcune cose...»
«Ma come ti viene in mente di uscire la sera per Diagon Alley?!» esclamò Lily, interrompendolo. «Non potevi aspettare la mattina dopo?»
Harry si sentì arrossire, imbarazzato. Era abituato a qualche rimprovero della Signora Weasley, specialmente quando lui e Ron combinavano qualcosa, ma sentirlo dalla propria madre era tutta un'altra cosa.
«Mi dispiace» disse con un filo di voce. «Avevo fretta e non ci ho pensato... Comunque, è stato quella sera che ho incontrato Rossana, era di pattuglia assieme a Moody e non so chi altri. Quando mi ha visto, anche lei mi ha rimproverato e mi ha accompagnato al Paiolo Magico. Quando mi ha lasciato al locale, ha detto qualcosa come: “Ma i tuoi genitori non ti hanno insegnato un po' di buon senso”».
«Tipico di lei e di Sirius, parlare senza peli sulla lingua» commentò James. «Quei due si sono proprio trovati».
«Allora, le ho risposto che avrei voluto tanto che i miei genitori mi avessero insegnato il buon senso e anche tutto il resto, dato che erano morti quando ero piccolo» continuò Harry, come se James non avesse parlato. «Oggi mentre ero con Silente, mi è successa una cosa strana: ho avuto un forte mal di testa e ho avuto come un flash, un ricordo, diciamo, di quando ero piccolo, con voi».     
«Esattamente quello che mi ha descritto Ross» disse Lily. «Cosa intendi con 'un ricordo, diciamo'?»
«Silente ha detto che tra qualche mese sarà come se fossi sempre stato qui, in questa Dimensione, come se non fossi mai morto. Le persone avranno vaghi ricordi, falsi tra l'altro, di me. È un modo per giustificare la mia presenza, senza annunciare al mondo che sono arrivato da un'altra Dimensione. Però, le persone a cui rivelo la verità, sapranno da dove vengo e avranno ricordi più vividi perché sono più legate a me... è complicato da spiegare».
«Credo di aver capito» disse James. «Tu risulterai appartenere pienamente a questa Dimensione e tutti sapranno chi sei. Quelli che sanno la verità ti ricorderanno meglio di tutti gli altri, è naturale! Però, come io e Lily non ricordiamo nulla mentre Ross sì?»
«Silente lo ha chiamato 'aprire il mio cuore'... Ha detto che le persone cominciano a capire nel momento in cui rivelo il mio vero volto. Non importa che non sappiano che provengo da un'altra Dimensione».
Lily sospirò.
«Quindi, io e James non sapremo niente fino a quando non ti aprirai anche con noi» constatò, rassegnata e delusa. «Peccato, avevo sperato che, dopo Ross, avremmo cominciato a ricordare un po' tutti».
«Mi dispiace».
«Non mi piace l'idea che qualcuno si ricordi di te, mentre noi no. Non è giusto, noi siamo i tuoi genitori!» esclamò James. «E anche Sirius ha il diritto di sapere, è il tuo padrino! E Remus, anche lui deve sapere tutto».
«Dopo la battaglia, ve lo prometto, vi racconterò tutto» disse Harry. «Anche a Sirius, Remus e Rossana».
«Va bene, ma cosa farai se ti succede di ricordare di nuovo mentre lotti contro qualcuno?» chiese Lily, preoccupata. «Ross mi ha detto che quando le capita è come se fosse da un'altra parte e il suo corpo non risponde ai suoi comandi».
A questo Harry non aveva pensato. Correva un grosso rischio e non era il solo. Anche Ron e Hermione potevano ricordare qualcosa mentre lottavano e lo stesso valeva per Rossana e Silente; anche il preside avrebbe cominciato a ricordare presto e sarebbe stato più vulnerabile. Proprio come al sesto anno, quando era già debilitato dalla maledizione che lo aveva colpito; Voldemort ne aveva approfittato per eliminarlo e qui sarebbe stato lo stesso. In quel momento Harry si pentì di non essere rimasto in disparte, di non aver fatto maggior attenzione a quello che diceva e dove lo diceva. Lily e James avevano scoperto la sua vera identità origliando una conversazione tra lui e Severus. Se avesse fatto più attenzione ora non avrebbero saputo niente. Poteva leggere la preoccupazione nei loro volti. Lo avevano già accolto come il figlio che avevano; non avrebbero mai sopportato di vederlo morire di nuovo. E Ron e Hermione? Sarebbero morti anche loro, di nuovo, sempre per causa sua?
«Farò attenzione» promise. «Parlerò con Silente. Manca ancora qualche ora prima che scada il tempo a disposizione».

   

***

Il buio stava calando nuovamente su Hogwarts e i prati che lo circondavano. Il tempo che Voldemort aveva dato loro a disposizione era scaduto.
I corridoi del castello erano deserti. Ognuno era fermo nella propria posizione, chi nell'alto delle Torri, chi nel Salone d'Ingresso pronto a colpire i Mangiamorte che fossero riusciti a superare vivi tutti gli altri ostacoli.
Alle otto in punto una voce fredda risuonò ovunque, all'interno dei confini di Hogwarts.
«Avete avuto la possibilità di risparmiare una battaglia e numerose perdite. Potete ancora salvarvi, se consegnerete Harry Potter a me, subito».
Nessuno gli fece caso, si erano preparati bene. Erano certi di poter tenere a bada i Mangiamorte, mentre Voldemort sarebbe stata tutta un'altra cosa.
Le persone sulle Torri furono i primi a vederlo arrivare, dal cancello principale, seguito da tutti i suoi Mangiamorte, i Giganti e i Lupi Mannari.
Non appena superarono i confini della scuola, migliaia di banchi, sedie, cestini e lavagne comparvero dal nulla e cominciarono a colpire all'impazzata. Alcuni Mangiamorte più abili riuscirono a scansarli e distruggerli a colpi di bacchetta, altri, invece, furono centrati in pieno dagli oggetti incantati.
«Finite Incantatem!» urlò una voce dal nulla e tutti gli oggetti ricaddero al suolo di colpo, inutili.
Voldemort si fermò e lo stesso fece il suo seguito.
Dal Castello invece, cominciarono ad uscire numerose persone, che cercavano di capire cosa stesse succedendo. Erano certi che fosse stato uno di loro a fermare gli oggetti. Poi vicino a Voldemort comparve un ragazzo che lasciò cadere qualcosa di argenteo ai suoi piedi. Non aveva bisogno di incantesimi per far sì che tutti sentissero cosa diceva; il silenzio in quel momento era tale che si potevano percepire i respiri dei presenti.
«Sono qui» disse, mostrandosi a Voldemort. «Harry James Potter, quello che stai cercando. Se i tuoi seguaci usciranno dai confini del Castello, senza uccidere nessuno, ti seguirò senza opporre alcuna resistenza».
«No! HARRY!»
La voce di Lily era così forte che uno stormo di pipistrelli si levò da alcuni alberi della Foresta Proibita.
Harry si girò a guardarla e la vide impallidire. In quel momento lui era esattamente sé stesso, con gli occhi verdi identici a quelli della madre e la copia esatta del padre in tutto il resto.
«È così che deve andare, questa volta» disse, prima di rigirarsi verso Voldemort.
Il Signore Oscuro fece un cenno e tutto il suo seguito cominciò a tornare indietro, verso il villaggio di Hogsmeade.
Bellatrix Lestrange lanciò una lunga occhiata a Harry, sadica e divertita, prima di seguire gli altri.
I membri dell'Ordine e del Ministero sembravano troppo sconvolti per fare qualcosa. Erano tutti fermi, immobili, come pietrificati, mentre guardavano una copia di James Potter con gli occhi di Lily.
«James! JAMES! Fermalo, fa qualcosa, fate qualcosa!»
Lily alzò la sua bacchetta verso quei puntini ormai lontani, ma era troppo tardi.
Appena usciti dal cancello di Hogwarts, Voldemort afferrò un braccio di Harry e si Smaterializzò.
«NO! Il mio bambino! IL MIO BAMBINO!»
_____________________________

Ciao a tutti!
Ieri non sono riuscita a pubblicare il capitolo, scusate, ma la sessione di esami si avvicina inesorabilmente e lo studio non può aspettare!!
Non credo di poter riuscire ad aggiornare costantemente ogni mercoledì, ma cercherò di postare comunque un capitolo ogni settimana, giorno più giorno meno; anche perché alcuni pezzi sono già pronti nel computer e vanno solo riletti e risistemati! :)
Non ho intenzione di abbandonare la storia, nel mio computer è già pronto l'epilogo e poi, non mancano molti capitoli alla conclusione!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!
Grazie a tutti quelli che continuano a leggere e commentare la storia, e a chi legge e basta.
Grazie a quelli che hanno inserito la storia tra le Preferite(68), le Seguite(180) e le Ricordate(23).
Se volete passare, qui trovate un contest su Harry Potter che ho creato io
sul Forum di Efp: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10625737
Alla prossima,
Lucy

 

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Capitolo 21
*** Avada Kedavra ***


«James! L'hai lasciato andare via!»
Lily batteva violentemente i pugni sul petto del marito, mentre le lacrime uscivano copiosamente a rigarle le guance; negli occhi, l'espressione di una madre
che, per la seconda volta nella sua vita, si vede portare via il figlio e non può fare niente per riportarlo indietro.

James, al contrario, era rimasto pietrificato al suo posto, apparentemente incapace di dire o fare niente. La mano destra era chiusa sulla bacchetta, la stretta talmente forte che le nocche erano bianche. Lo sguardo era in allarme, come di qualcuno che aspetta qualcosa, e fisso sui Mangiamorte, i Giganti e i Licantropi che affollavano i confini del Castello.
All'improvviso ci fu un lampo di luce verde e sentì un corpo afflosciarsi alle sue spalle. Bellatrix Lestrange aveva colpito in pieno. Poi fu il caos.
«Presto! Dentro il Castello!» urlò qualcuno poco lontano da lui, mentre dall'alto cominciavano a piovere gli incantesimi dei Tiratori Scelti e di tutti quelli che si trovavano sulle Torri.
James afferrò la moglie per un polso, mentre lampi di vari colori illuminavano il cielo a giorno, e cominciò a correre verso il Portone d'Ingresso, lanciando incantesimi alle sue spalle.
Entrarono tutti nel Castello, giusto in tempo, prima che un Gigante si schiantasse sul Portone d'Ingresso che la professoressa Sprite si era chiusa alle spalle.
«Non reggerà molto!» urlò Silente, per sovrastare i boati provocati dai Giganti che cercavano di sfondare il Portone. «Torniamo al piano originale: gruppi di tre o quattro persone in vari punti del Castello. Entrate in aule, punti morti.. Qualsiasi posto in cui siate nascosti, ma possiate avere campo libero di colpire chi vi passa davanti!»
James avrebbe voluto fermarlo, chiedergli perché non aveva fatto niente per fermare Harry. Era poco lontano da lui, quando si trovavano all'esterno e non aveva detto una sola parola per fermare Harry, o Voldemort. Ma i colpi che provenivano dall'esterno, non gli lasciarono il tempo di fare nulla; il Portone stava per cedere.
Cominciò a correre su per le scale, sempre con Lily aggrappata al suo braccio.
«James! Io e Sirius stavamo pensando all'aula di Trasfigurazione» fece Ross, pochi scalini sopra di lui. Accanto a lei, Sirius aveva un'espressione scura in volto e James, che lo conosceva fin troppo bene, era pronto a giurare che non aveva niente a che vedere con la battaglia appena cominciata. «Ci devi passare davanti per forza per andare ai piani superiori... Potremmo far fuori un bel po' di Mangiamorte».
«Ottima idea» le rispose Lily, che sembrava essersi un po' calmata.
Poco dopo che ebbero varcato la porta dell'aula di Trasfigurazione un debole cigolio, seguito da un botto che fece tremare il Castello, annunciò a tutti che il Portone d'Ingresso aveva ceduto sotto i colpi dei Giganti.
«Bene» disse James seminascosto da un baule vuoto, – l'unico oggetto rimasto nella stanza – dopo averlo ingrandito con un incantesimo. Avevano un'ottima visuale sul corridoio del primo piano e subito videro le prime creature entrare nel loro campo visivo. Due Giganti, dagli occhi piccoli e le bocche storte, avevano appena messo piede nel corridoio, brandendo due enormi mazze con cui colpivano scale e mura, provocando non poche grida isteriche da parte degli abitanti dei quadri che vi erano appesi. Uno dei due stava cercando, con una mano sola, di togliersi di dosso il pezzo di un'armatura che doveva essersi incastrata sul suo braccio quando avevano varcato i confini di Hogwarts la prima volta.
«Al mio tre, tutti insieme colpiamo quello a destra» disse James, puntando la bacchetta contro il più grosso dei due e, apparentemente, il più sveglio. «Quello con l'armatura è distratto, non dovrebbe rendersi conto troppo in fretta di quello che succede... Uno... Due... Tre!»
«STUPEFICIUM!»
Quattro lampi di luce rossa centrarono in pieno il Gigante di destra che andò a schiantarsi contro una delle scalinate che portavano al secondo piano. Quella franò sotto il peso della creatura e la sommerse; si vedeva solo una gamba immobile e un pezzo della mazza che reggeva in mano. Il secondo Gigante, ancora intento con un braccio a togliere il pezzo di armatura, si girò lentamente, prima a guardare il compagno e poi verso la porta aperta da cui erano arrivati gli incantesimi. Cominciò ad avanzare, facendo roteare minacciosamente la mazza, distruggendo le cornici di alcuni quadri. Il ritratto di un monaco a cavallo galoppò velocemente in un'altra cornice, lontano dal pericolo.
«Di nuovo al mio tre...»
«STUPEFICIUM!»
Anche questa volta il colpo andò a segno. Il Gigante volò dall'altra parte del corridoio, travolse due figure nere che erano appena salite dal piano terra e si schiantò sul muro dal lato opposto, schiacciando i due individui tra sé e il muro, da cui caddero numerosi pezzi di intonaco. Dopo qualche tremito e un debole grugnito, non si mosse più.
Dagli altri piani provenivano urla e scalpiccii di numerose persone. Più di qualcuno era riuscito ad arrivare ai piani superiori passando da qualche altro corridoio; il Castello era così grande che ogni luogo era raggiungibile da più strade.
Dopo numerosi minuti di attesa, che passarono con le bacchette puntate verso le scale, i quattro si rilassarono appena, poiché nessuno sembra passare da quella parte.
Non è normale, si ritrovò a pensare James, mentre ovunque risuonavano urla e boati che facevano tremare l'intera Hogwarts. Che cosa sta succedendo?
La risposta giunse nell'urlo soffocato di Rossana, che si era avvicinata ad una delle finestre per controllare la situazione all'esterno.
«Per le mutande di Merlino! Quel serpente è enorme!»
 
***

Harry aveva sempre detestato la Materializzazione, specialmente quella Congiunta quando succedeva all'improvviso. Il fatto, poi, che fosse stato Voldemort a portarlo con sé non aiutava per niente.
Quando il senso di nausea si fu calmato, alzò lo sguardo da terra e si guardò intorno. Non aveva la minima idea di dove si trovava. Poteva solo vedere un'immensa distesa di erba davanti a lui e alla sua sinistra un lungo filare di alberi che sembrava proseguire all'infinito. Il luogo era immerso nel silenzio e poteva distinguere lo sciabordio dell'acqua di un fiume, ma non avrebbe saputo dire da dove provenisse esattamente il suono. A cosa sarebbe servito, comunque, sapere da che parte si trovava il corso d'acqua? Quel paesaggio non diceva nulla che potesse far capire dove si trovasse; era un ambiente comune in tutte le parti del mondo. Per quanto ne sapeva, poteva essere in Albania tanto quanto in America.
Voldemort lo fissava attentamente, a pochi passi di distanza, senza dire una parola.
Gli occhi rossi erano illuminati da una luce strana, a cui Harry non riusciva a dare un significato certo. Poteva distinguere un velo di rabbia, naturalmente, poiché il suo essere lì, vivo e vegeto, rappresentava un fallimento per il più potente mago oscuro di tutti i tempi. Ma c'era anche dell'altro: curiosità, forse?
«Harry Potter» sibilò infine, rompendo il suo silenzio. «Non pensavo che ti avrei rivisto, vivo. Anzi, non pensavo che ti avrei rivisto affatto».
«E invece eccomi qui, Tom Riddle, in carne e ossa» rispose, fissandolo dritto negli occhi. Che usasse pure le sue doti di Legilimens su di lui, non aveva niente da nascondere. Avrebbe visto tutte le volte che lui, Harry, lo aveva sconfitto nella Dimensione da cui era arrivato, tutti i fallimenti che aveva collezionato, fino alla sua morte. Una morte che, Harry sperava, avrebbe presto conosciuto anche in questa Dimensione, possibilmente senza tutti i morti che aveva visto in passato.
«Ti ho ucciso quando avevi poco più di un anno» continuò, senza togliergli gli occhi di dosso. «Ti ho lasciato personalmente davanti alla porta di casa di Lily e James Potter, coloro che avevano osato sfidarmi e rifiutarsi di allearsi con me più di una volta. Coloro che, come se non fosse già abbastanza, avevano osato mettere al mondo un figlio in grado di sconfiggermi! Io, il più potente Mago che il mondo magico abbia mai conosciuto. Io, che per sconfiggere la Morte mi sono spinto oltre confini che nessuno aveva mai osato varcare prima».
Il tono di voce del mago saliva di tono di parola in parola.
«Non solo i tuoi genitori hanno continuato a combattere al fianco di Silente» proseguì, quasi urlando «nonostante la perdita, quando io speravo che sparissero dalla circolazione una volta per tutte, ma ora mi ritrovo te, Harry Potter, davanti ai miei occhi e mi chiedo... È questo che significava la Profezia, quando diceva che eri il solo in grado di sconfiggermi? Intendeva che avrei trovato qualcuno, come me, in grado di vincere la Morte?»
Harry scosse la testa, anche se si era aspettato una reazione simile. Ormai, dopo tutti gli anni che aveva passato a guardarsi da Voldemort, poteva dire di conoscerlo meglio di chiunque altro, a parte Silente. Il potere era l'unica cosa che contava per lui e l'immortalità, secondo il suo pensiero, era l'unico modo per vincere la morte.
Quanto si sbagliava.
«No, la Profezia non si riferiva a questo» rispose. «Anche se, di noi due, solo io ho davvero sconfitto la Morte».
Aveva catturato in pieno la sua attenzione. Gli occhi rossi, che non si erano spostati di una virgola da quando si trovavano in mezzo al nulla, si spalancarono appena.
«Vedo, che hai sconfitto la Morte, sei qui davanti a me. Ma come hai fatto?»
«Semplicemente, accettando il fatto di essere mortale».
Dopo pochi istanti di silenzio, Voldemort scoppiò in una risata, bassa e fredda, che fece venire i brividi a Harry.
«Tu avresti sconfitto la Morte, solo perché accetti di morire? Falso! L'unico modo per vincere la Morte è diventare immortali».
«No, Tom. Morire è la conclusione del cerchio della vita, è sempre stato così» disse Harry. «La Morte, come tutti i tiranni, gode nel vedere le persone cercare di fermarla in qualche modo e, soprattutto, gode ancora di più nell'accogliere prima del previsto tutti quelli che falliscono nel tentativo. L'unico modo per vincere la Morte è vivere la propria vita appieno, senza dare alla Morte alcuna possibilità di prenderti, se non il più tardi possibile».
«Parli come Silente, povero illuso... No, Harry, la bacchetta non ti serve».
La mano, che si era appena stretta attorno alla bacchetta, si bloccò. Un attimo dopo, una forza invisibile lo costrinse a mollare la presa e il suo braccio ricadde lungo il corpo, come se fosse quello di una marionetta. La bacchetta, invece, rimase al suo posto, all'interno della tasca dell'abito.
Perché non mi ha disarmato?
«Perché non potrai fare nulla per impedirmi di fare quello che voglio fare» rispose Voldemort, che probabilmente aveva letto la domanda nella mente di Harry. « Silente ha scoperto dei miei Horcrux e li ha distrutti senza alcun problema... Ma farà lo stesso, quando scoprirà che il mio nuovo Horcrux sei tu?»
 
***

«Che cosa?!»
Sirius si precipitò accanto alla moglie, seguito a ruota da James e Lily.
Lungo l'erba che separava la linea dei Mangiamorte da quella delle mura del Castello, una lunga figura scura strisciava lentamente, seminando il panico anche tra i seguaci del Signore Oscuro, poco lontano dalla loro finestra.
«Ma che cosa...»
La domanda di James si interruppe quando videro una persona fissare il serpente e cadere un attimo dopo a terra, morta. Forse notando le ombre che si stagliavano alla luce della finestra, l'enorme creatura cominciò a girarsi verso di loro.
«Via!» urlò Lily, distogliendo lo sguardo dalla finestra e allontanandosi. «È un Basilisco, James. Ti ricordi cosa ci ha detto Harry, a proposito della Camera?»
James annuì, mentre Sirius sentiva nuovamente una rabbia cieca assalirlo. Ora aveva le prove che i due gli avevano nascosto qualcosa, qualcosa di molto importante.
Tornarono a nascondersi dietro il baule e osservarono la lunga figura passare oltre la loro finestra, probabilmente alla ricerca di altre persone da uccidere.
«Sirius, tutto bene?» chiese Ross, guardandolo preoccupata. «È un Basilisco, ma possiamo farcela, dobbiamo solo tenere gli occhi chiusi».
«Non c'entra quello, ma qualcosa che i miei migliori amici mi hanno nascosto. Ci hanno nascosto» rispose, fissando James negli occhi. «Sbaglio, oppure il mio figlioccio, che ho trovato morto davanti a casa vostra quando aveva un anno, poco fa era davanti a me, vivo e cresciuto?»
I due Potter si scambiarono uno sguardo prima di rispondergli.
«Sirius, ci dispiace di non averti detto niente» fece Lily, dolcemente. Sirius la fulminò; era il tono che assumeva Ross con i suoi pazienti e lui lo detestava da morire. Si sentiva uno stupido quando qualcuno si rivolgeva a lui in quel modo.
«Lo abbiamo scoperto non molti giorni fa e la storia ha dell'incredibile» continuò Lily, ignorando la sua occhiataccia. «Noi due stentiamo ancora a crederci e poi, lo abbiamo visto solo oggi con il suo vero aspetto... È così bello!»
«Certo, ha preso tutto da me... Ehm, ma ha i tuoi occhi, fortunatamente!» aggiunse James in fretta, mentre la moglie lo fissava in un modo non molto diverso da come avrebbe fatto un Basilisco. «Insomma, i miei occhi castani sono carini, ma i tuoi occhioni verdi sono infinitamente meglio...»
«Taci, James, se ci tieni alla vita» gli suggerì Ross, senza riuscire a trattenere un sorriso. «Comunque, vedi che non sono pazza, Sirius? Io cominciavo già a ricordarmi di Harry, anche se ricordo anche di averlo visto morto».
«Com'è possibile?» chiese Sirius. Cercò di calmarsi, ripetendosi che, alla fine, quello che contava era che Harry fosse vivo.
«Beh, lui te lo spiegherà meglio di noi quando tornerà indietro...»
«Se tornerà» sussurrò Sirius. Ma James proseguì come se non l'avesse sentito.
«... Comunque, è arrivato da un'altra Dimensione, dopo aver ucciso Voldemort in una battaglia a Hogwarts».
Sirius sbatté le palpebre un paio di volte, per essere sicuro che davanti c'era veramente James, il suo migliore amico e compagno di innumerevoli malefatte durante gli anni a Hogwarts. Era proprio lui, ma aveva davvero detto quello che aveva sentito?
Scosse la testa, incredulo. Un'altra Dimensione, che razza di storia era?
Aveva dubitato seriamente sulla sanità di James molte volte, specialmente quella volta al settimo anno in cui, dopo due ore particolarmente difficili di Pozioni, era entrato gongolante in Sala Comune urlando a gran voce di avere un appuntamento con Lily.
Ora però non aveva alcun dubbio. James Potter era completamente impazzito.
 
***

«Sono già stato un tuo Horcrux, Tom, e non intendo ripetere l'esperienza».
«Che cosa intendi dire, esattamente?»
«Quello che ho detto» rispose Harry. «Non ti interessa sapere come faccio ad essere qui, davanti a te, nonostante tu abbia ucciso Harry Potter quando aveva un anno?»
«No, per nulla» rispose il Signore Oscuro. «So già tutto quello che mi serve sapere, Harry. Silente non ti ucciderà mai, quindi sei l'Horcrux perfetto».
Questa volta, fu il turno di Harry di scoppiare a ridere.
«Cambiano le Dimensioni, ma tu sei sempre lo stesso e commetti sempre gli stessi errori» disse. « Ecco perché io sono qui e tu, tra poco, sarai morto».
«Dimensioni? Bene, Harry, ti ascolto. Ma sappi che, ogni minuto che perdiamo, è un minuto in più in cui, a Hogwarts i miei Mangiamorte combattono per conquistare il castello».
Devo fare in fretta, pensò.
Non si era veramente aspettato che Voldemort rispettasse il patto di lasciare in pace l'Ordine se lui si fosse consegnato, ma ora che aveva la conferma che stavano combattendo, doveva tornare indietro il prima possibile. Non sapeva niente di quello che stava succedendo a Hogwarts; potevano già essere morti tutti.
«Sì, Dimensioni» rispose. «Nella Dimensione in cui sono nato io, i miei genitori, Lily e James Potter furono uccisi da Voldemort che però perse il suo corpo nel tentativo di uccidere me. Vedi questa cicatrice?» chiese, sollevando il ciuffo di capelli che la copriva. «È il segno di quella notte. Fui mandato da Silente a vivere con i miei zii Babbani e non seppi nulla di tutto ciò fino al mio undicesimo compleanno. Andai a Hogwarts e ogni anno cercai in tutti i modi di impedire alla tua anima di riacquistare un corpo, ma fallii. Fortunatamente, però, Silente era già sulle tracce degli Horcrux e dopo neanche tre anni, riuscii ad ucciderti. Poi, mi sono ritrovato qui, richiamato da Silente, per sconfiggerti, ancora».
«Molto interessante, Harry, davvero» commentò Voldemort freddamente. «E tu, ti sei lasciato comandare da Silente? Sei un debole, come lui, d'altronde. Perché non ti unisci a me, Harry? Vedo nella tua mente quello che è successo e quello che desideri. Se ti unisci a me e accetti di diventare volontariamente un Horcrux, potrai vivere in pace con i tuoi genitori. Se, invece, non accetti, diventerai comunque un mio Horcrux e guarderai tutti quelli che ami morire, di nuovo».
Questa volta non te lo permetterò, pensò, impugnando la bacchetta per la seconda volta quella sera. A costo di essere io a morire.
Puntò la bacchetta contro Voldemort, mentre lui faceva altrettanto.
«No, Harry, non costringermi ad ucciderti. Avanti, metti giù la bacchetta».
«Prima tu» lo esortò Harry. «Se ti servo vivo, per creare un Horcrux, ora la bacchetta non ti serve. Devi prima uccidere qualcuno per farlo».
Nessuno dei due abbassò la bacchetta. Rimasero lì, nel mezzo del nulla, uno di fronte all'altro, con il braccio destro puntato davanti a loro, verso il petto dell'avversario.
Il silenzio attorno a loro non era mai stato così assordante. Lo sciabordio dell'acqua sembrava triplicato di volume e ora sembrava provenire direttamente da sotto i loro piedi, come se si trovassero sospesi sopra un fiume.
Non c'era un filo d'aria.
Il grido fu improvvisò e la sua eco risuonò a lungo, prima di spegnersi definitivamente.
«Avada Kedavra!»
Un lampo di luce verde e un corpo cadde a terra, senza alterare il silenzio di quel luogo. Come se non avesse dovuto essere lì. Come se non ci fosse mai stato davvero.
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Ciao a tutti!
Aggiorno molto prima del previsto... Solo perché più di metà del capitolo era già pronto!! :)
Come sempre ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono!
Grazie a tutti quelli che hanno messo le storie tra le Seguite, le Preferite e le Ricordate.
La Morte appare qui con la maiuscola, perché nel discorso la intendo personificata!
Ci vediamo presto, spero, al prossimo capitolo!
Alla prossima,
Lucy 

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Capitolo 22
*** La fine di un incubo ***


Grazie a tutti quelli che continuano a seguire la storia e a chiedere aggiornamenti!
Mi fa davvero piacere sapere che ci sono persone che seguono
così volentieri la storia! Questo capitolo è per tutti voi,

Lucy

 

James osservava Sirius, serio. Era certo che non avesse creduto a una sola parola di quello che lui e Lily gli avevano appena raccontato; glielo leggeva negli occhi. Rossana, al contrario, aveva gli occhi lucidi e sembrava molto più convinta. Probabilmente era dovuto ai ricordi che aveva cominciato a vedere nella sua mente; è molto più facile credere a qualcosa, quando la si vede.
«Oh, Lily! Siete veramente fortunati, lo sai?» commentò, con la voce rotta. «Non tutti possono avere una seconda possibilità come la vostra!»
«Lo so, Ross. Però ho un po' paura che...»
Un boato, proveniente dal Salone d'Ingresso coprì il resto della frase della donna. Urla spaventate cominciarono a sostituire incantesimi ed improperi di vario tipo che avevano sentito fino a poco prima. I quattro corsero fuori dall'aula con le bacchette puntate e si diressero verso la fonte del rumore. A metà del corridoio Severus Piton, che proveniva dalla direzione opposta, si parò davanti a loro, sbarrando la strada.
«Non di qui! Il Basilisco è entrato nel Castello... Indietro, presto!»
Corsero tutti e cinque nuovamente nell'aula di Trasfigurazione, l'unica in quel corridoio. Dietro di loro potevano avvertire chiaramente qualcosa strisciare sul pavimento nella loro stessa direzione. Si rifugiarono nella stanza e sbarrarono la porta, ma sapevano che non avrebbe retto i colpi del serpente. James aveva cominciato a sudare freddo. Non riusciva ad immaginare come avrebbero fatto ad uscire vivi da lì.
«Siamo solo al primo piano, ma non possiamo saltare!» esclamò Sirius, che era subito corso davanti ad una delle finestre. «Siamo ad almeno sette metri da terra».
«È un castello costruito nel Medioevo, Sirius. Che cosa ti aspettavi?» sbottò Ross, visibilmente agitata.  
«Non è questo il momento per discutere!» intervenne Lily, impedendo a Sirius di ribattere. L'uomo la guardò male, ma rimase in silenzio.
In quel momento, il serpente si schiantò con un boato sulla parete che separava l'aula dal corridoio e la porta si incrinò.
Lily e Rossana strillarono e osservarono la porta, spaventate. James, dopo aver controllato ogni angolo dell'aula con lo sguardo, senza trovare nulla a parte qualche quadro, spostò la sua attenzione su Severus Piton, che stava esaminando una spessa tenda rossa appesa ad una delle finestre.
«Trovato qualcosa di utile?» chiese, pensando di poter essere utile.
Un secondo colpo seguì il primo e alcune assi della porta cedettero. Da una delle fessure che si erano formate, si potevano distinguere le squame verdi del Basilisco.
«Sì» mormorò Severus, tirando giù la tenda. La colpì appena con la bacchetta e al suo posto comparve uno spesso tappeto persiano, dello stesso colore. Con un secondo colpo, il tappeto si sollevò di alcuni centimetri da terra e cominciò a vibrare.
«Presto, tutti su!»
Il tappeto era grande abbastanza per permettere a tutti e cinque di sedervisi, più o meno, comodamente.
«Tenetevi!»
James non aveva la minima idea di cosa usare come appiglio. Infine, optò per il bordo del tappeto e lo afferrò saldamente con la mano sinistra. L'unica cosa che riuscì a pensare mentre il Basilisco entrava nell'aula e loro si lanciavano all'esterno con il Tappeto, fu che, per la prima volta nella sua vita, stava facendo qualcosa di illegale per salvarsi la vita e non per puro divertimento.
«Beh, Mocc... Ehm, Piton, non pensavo sapessi guidare un Tappeto Volante!» esclamò Sirius, non riuscendo a mascherare completamente una nota di divertimento, nonostante il pericolo mortale che aveva appena corso.
«Infatti, non lo so guidare» rispose Severus, poco prima che il Tappeto, in caduta libera, si schiantasse sul terreno dei prati di Hogwarts.

 

***  

Harry teneva ancora la bacchetta sollevata davanti a sé, incredulo. Il corpo di Voldemort, il potente mago oscuro che, in quella Dimensione, aveva terrorizzato il mondo magico per più di vent'anni era morto. Il braccio con cui reggeva la bacchetta cominciò a tremare per lo sforzo nel restare in quella posizione. Lentamente, lo abbassò  e si avvicinò al corpo del mago. Osservando gli occhi rossi della persona che aveva rovinato tutte quelle vite, non poté fare a meno di provare un gran sollievo. In quella Dimensione avrebbe trovato qualcuno ad attenderlo, preoccupato per lui e quello che aveva passato; non soltanto amici, ma anche una famiglia. Doveva tornare a Hogwarts, il prima possibile. I Mangiamorte stavano ancora combattendo contro l'Ordine e il Ministero. Doveva portare con sé anche il corpo di Voldemort; i Mangiamorte non avrebbero mai smesso di combattere, se non avessero avuto la prova che il loro Padrone era morto.
Tentò di sollevare il corpo, ma era troppo pesante.
«Mobilicorpus» mormorò.
Il corpo di Voldemort si sollevò da terra e rimase sospeso a mezz'aria. Harry allora afferrò uno dei polsi, chiuse gli occhi e ruotò su se stesso, concentrandosi sul villaggio di Hogsmeade. Non successe nulla. Nessuna sensazione di costrizione, nessun fastidio, nulla. Quando riaprì gli occhi era ancora in mezzo alla radura buia, illuminata ormai solo dalla debole luce della luna. Ovunque si trovasse, la Materializzazione non era permessa. Si guardò attorno, alla disperata ricerca di qualcosa, qualunque cosa, che potesse essergli utile per creare una Passaporta. Poi, ripensando a quello che era successo l'ultima volta che ne aveva creato una, rinunciò. Anche se era stato Silente a richiamarlo in quella Dimensione, non poteva essere certo che non sarebbe potuto succedere di nuovo qualcosa di strano. Consapevole della sua capacità di attirare guai nello stesso modo in cui una calamita attira il ferro, era meglio trovare un'alternativa più sicura. Una fiammata illuminò per un attimo la radura e una Fenice dal pelo rado e l'aria piuttosto malandato andò a posarsi sopra il corpo di Voldemort.
«Fanny!» esclamò Harry, dopo che ebbe riconosciuto l'animale. L'aria triste e stanca della Fenice, tuttavia, lo rendevano dubbioso. Sarebbe stata in grado di portare lui e il cadavere a Hogwarts?
Ma non poteva aspettare ancora, doveva fermare la battaglia che si stava consumando dentro le mura del castello. Appoggiò la mano sulla testa della Fenice e un attimo dopo si trovò nel prato del castello, in tempo per vedere Silente e Hagrid infilzare con due spade il Basilisco. L'enorme serpente emise un forte sibilo e si trascino lentamente verso la foresta, ma fece poca strada, prima di cadere senza vita.
Nello stesso momento in cui tutti si accorsero del suo ritorno e videro il corpo di Voldemort a terra, Fanny prese fuoco. Dalle ceneri spuntò un piccolo uccello che raggiunse a fatica il suo padrone.
«Fanny, amica mia» disse Silente, accarezzando la testolina dell'animale. «Non potevi davvero scegliere notte migliore per rinascere. Oggi comincia un nuovo giorno per te, come per tutto il mondo magico».
I Mangiamorte, ormai senza più un padrone, si diedero alla fuga, inseguiti dai membri dell'Ordine e del Ministero. Mentre una Lily singhiozzante lo trascinava dentro il castello, al riparo dagli incantesimi che volavano da tutte le parti, scorse i cadaveri di numerosi Mangiamorte, tra cui riconobbe Bellatrix Lestrange, il marito Rodolphus e un mago che, nella sua Dimensione, era stato accusato di tradimento dal Ministero.
Scorse anche qualche corpo di uomini del Ministero e alcuni membri dell'Ordine, fortunatamente nessuno che conosceva personalmente. Pur sentendosi un po' in colpa, non poteva fare a meno di sentirsi sollevato: quella volta non era morto nessuno di importante per lui.
«Oh, ce l'hai fatta, ci sei riuscito!» continuava a ripetere Lily, tra le lacrime. Lo trascinò all'interno della Sala Grande, semi distrutta dalla battaglia, in un angolo vicino al tavolo dei professori. Dallo sguardo che gli lanciò Sirius, capì che Lily e James gli avevano raccontato qualcosa. Spostò lo sguardo, incapace di fissare gli occhi grigi della persona che tanto aveva significato per lui, e incontrò gli occhi sgranati di Remus Lupin, che non sembrava credere a quello che vedeva.
«Quando ti ho visto lì, davanti a Voldemort, mi sono sentito morire!» lo sgridò James, raggiungendoli poco dopo assieme a Severus e Rossana. La donna esibiva un grosso livido sotto l'occhio destro, mentre Severus aveva qualche graffio sulle mani. James, si stava massaggiando un polso, ma quando raggiunse il figlio, smise per poterlo abbracciare.
«Che cosa vi è successo?»
«Un incidente con un Tappeto Volante» borbottò Rossana, fulminando Severus con lo sguardo.
Harry avrebbe voluto sapere di più, ma fu anticipato da Lily.
«Avevi promesso che finito tutto ci avresti raccontato ogni cosa» disse.
«Lo so» sospirò. Non gli sembrava una buona idea, visto l'alto numero di Mangiamorte che erano riusciti a scappare, per non parlare del castello di Hogwarts che doveva essere ricostruito. Lo fece notare agli altri, cercando l'appoggio di Severus, che però lo deluse.
«Dei Mangiamorte si occuperanno le squadre del Ministero, Harry» disse. «In quanto al castello, può aspettare un po'. Silente sta avvisando tutti che cominceremo tra qualche giorno; credo abbia parlato anche di una festa. Vado a vedere se gli serve qualcosa».
Harry rimase da solo con i suoi genitori, Sirius, Remus e Rossana. Si sentiva in imbarazzo come mai prima d'ora; da dove cominciare? Da tutto quello che gli avevano fatto passare i Dursley, o di quando aveva salvato Sirius dai Dissennatori? Forse era meglio... Non sapeva proprio che cosa dire. Poi, ricordandosi che Sirius, Rossana e Remus non sapevano proprio nulla, cominciò dal principio.
«D'accordo, allora... Forse Lily e James vi hanno detto che provengo da un'altra Dimensione». I tre annuirono e Harry proseguì: «Poco prima della mia nascita, una profezia annunciò l'arrivo di un bambino, l'unica persona in grado di sconfiggere Voldemort. Il mago, dopo aver deciso che quel bambino ero io, cominciò a cercarmi e Lily a James si nascosero con l'Incanto Fidelius, fidandosi di uno dei loro migliori amici, Peter Minus. Ma l'amico li tradì e rivelò a Voldemort il luogo in cui si trovavano. La notte di Halloween, quando avevo poco più di un anno, Voldemort arrivò a Godric's Hollow e uccise i miei genitori. Cercò di uccidere anche me, ma non ci riuscì perché il sacrificio di mia madre mi diede una protezione; l'Anatema che Uccide gli rimbalzò addosso e lui rimase senza corpo. In un lampo, in tutto il mondo magico si sparse la notizia e divenni famoso come il Bambino Sopravvissuto. Silente mi affidò alla sorella Babbana di mia madre, pensando che sarebbe stato meglio per me crescere lontano dal nostro mondo e poi, il fatto che fosse legata a mia madre, mi garantiva protezione da Voldemort, perché Silente era certo che non fosse morto, come tutti, invece, credevano. Sirius Black, che tutti ritenevano il Custode Segreto e quindi il traditore, cercò Minus, il vero responsabile di tutto, ma quando lo trovò cadde in trappola. Minus fece saltare in aria una strada piena di Babbani, uccidendone dodici e lui stesso si tagliò un dito, prima di trasformarsi in topo e sparire nelle fogne. Sirius Black fu arrestato con l'accusa di aver ucciso i Babbani e Peter Minus; fu spedito ad Azkaban senza processo».
Tutti i presenti impallidirono, anche Lily e James, che già sapevano, a grandi linee, quello che era successo.
«S-Sirius... ad Azkaban?» balbettò Rossana, mentre il marito, di fianco a lei, prendeva posto su un grosso pezzo di muro, crollato dal soffitto.
«Sono morto dopo poco tempo, vero?» chiese, con un filo di voce. «Odio i Dissennatori, mi sarei ammazzato dopo poco tempo, ne sono certo».
«No, non sei morto, per fortuna, altrimenti non avrei mai potuto conoscerti! Con i Dursley ho passato un'infanzia terribile; dormivo nello sgabuzzino del sottoscala...»
«Che COSA?!» esclamò James, infuriato. «Dannato Vernon, non mi è mai piaciuto! Passi per Petunia, che è soltanto gelosa perché non ha alcun potere, ma Vernon...»
«James, lascialo continuare!»
«Già e non mi raccontarono nulla del mondo magico... addirittura mi nascosero le prime lettere che arrivarono da Hogwarts. Il giorno del mio undicesimo compleanno arrivò Hagrid che mi raccontò la verità. Credo di non aver mai sentito così tanto di appartenere a qualcosa come il mondo magico; per la prima volta in vita mia mi sentivo normale, uno come tanti. Ogni volta che combinavo qualcosa che odorava anche solo lontanamente di magia, gli zii mi punivano e mi sgridavano... dicevano che ero anormale. Invece, non era  vero! Non ero solo, c'erano tante altre persone come me... Il mio primo anno di scuola, conobbi i miei migliori amici, Ron e Hermione, ma non fu un anno normale. Voldemort aveva trovato un modo per riprendersi il corpo che gli era stato tolto. Silente aveva nascosto a Hogwarts la Pietra Filosofale, perché qualcuno era sulle sue tracce: uno dei professori di Hogwarts, che era posseduto da Voldemort. Io riuscii a fermarlo, prima che arrivasse alla Pietra. Il secondo anno non cominciò meglio del primo; io e Ron non riuscimmo a passare la barriera per il binario nove e tre quarti e arrivammo a scuola con una macchina volante, che rubammo al signor Weasley».
«Macchina volante! Altro che tappeti... » commentò James, divertito.
Lily, invece, sembrava molto contrariata. «Ma che cosa vi è passato per la testa? Non potevate avvertire qualcuno? O attendere che i Weasley tornassero all'auto?»
«È un po' tardi per sgridarmi, no? Comunque, le cose peggiorarono con il passare dei giorni. La Camera dei Segreti venne aperta e cominciarono ad esserci degli attentanti in cui i figli di Babbani rimasero pietrificati; fortunatamente non morì nessuno. Dietro a tutto c'era ancora lui, Voldemort. Aveva lasciato un Diario di quando era studente, una specie di ricordo, che sperava di utilizzare per avere di nuovo un corpo; riuscii a fermarlo anche quella volta. Durante l'estate nei notiziari Babbani comparve la foto di Sirius Black, noto pluriomicida evaso da un carcere di massima sicurezza; non avevo la minima idea che in realtà fosse un mago. Pochi giorni dopo arrivò zia Marge, in visita con uno dei suoi maledetti cani... L'ultima sera della sua vacanza insultò i miei genitori e mi arrabbiai, facendola gonfiare come un pallone».
James e Sirius scoppiarono a ridere e la stessa Lily non riuscì a nascondere un sorriso.
«Non l'ho mai sopportata» ammise. «E nemmeno Petunia».
«Sì, beh, comunque quella stessa sera scappai di casa, ero certo che sarei stato punito dal Ministero per quello che avevo fatto. Salii sul Nottetempo e arrivai al Paiolo Magico, dove il Ministro in persona mi stava aspettando. Rimasi sorpreso del fatto che si fosse interessato personalmente della mia fuga, per non parlare del fatto che non ci fu nessuna conseguenza per aver gonfiato zia Marge. Poi scoprii che Sirius Black stava cercando me, per uccidermi, secondo loro. Il nuovo anno cominciò con il terrore dei miei amici che Sirius mi trovasse e con Remus Lupin come professore di Difesa».
«Vedi, Remus, io e James te lo abbiamo detto un sacco di volte di parlare con Silente!» esclamò Sirius. «Scusa dell'interruzione, Harry. Continua, ti prego. Voglio sapere come finisce la storia di me evasore».
«Con il passare dei giorni scoprii la storia che tutti cercavano di tenermi nascosta: Sirius, il migliore amico dei miei genitori e mio padrino, li aveva traditi e venduti a Voldemort. Ero pronto ad affrontarlo e ad ucciderlo per vendicare i miei genitori, ma quando mi trovai davanti a lui, nella Stamberga Strillante con i miei amici, fummo interrotti da Remus Lupin, giunto in suo soccorso. Scoprimmo così la vera storia, quella che comincia con un ragazzino diventato Lupo Mannaro che, dopo aver tentato inutilmente di nascondere la cosa ai suoi amici, venne coinvolto in giri notturni durante la luna piena assieme ai suoi tre migliori amici Animagi illegali; ci raccontò della decisione di affidare a Peter il compito di Custode e far credere il contrario a tutti gli altri. Scoprii così che Peter era ancora vivo, il topo di compagnia del mio migliore amico Ron, per la precisione. Sirius era evaso perché aveva riconosciuto il topo in una foto della famiglia Weasley e sapeva che io avrei potuto essere in pericolo. Purtroppo però, Minus riuscì a scappare, dopo che fu smascherato e solo Silente credette a Sirius, condannato al bacio del Dissennatore. Io e Hermione tornammo indietro nel tempo e lo facemmo fuggire assieme ad un Ippogrifo di Hagrid, che era stato condannato a morte dal Ministero per aver colpito uno studente a lezione».
«Alla fine del mio quarto anno Voldemort riuscì a riprendersi il corpo, usando anche il mio sangue. Aveva escogitato un piano per arrivare a me sfruttando il Torneo Tremaghi che si teneva a Hogwarts quell'anno, facendomi gareggiare come quarto campione. I miei amici, Silente e le persone a lui più vicine furono gli unici a credermi. Il Ministero, invece, negò tutto e fece il possibile per screditare me e Silente agli occhi di tutti per rendere meno attendibile quello che dicevamo. Il quinto anno, come insegnante di Difesa arrivò il Sottosegretario del Ministro; tutti sapevamo che in realtà doveva tenere d'occhio la situazione. Alla fine dell'anno, dopo i GUFO, io... sono caduto in una trappola di Voldemort...»
Un nodo alla gola gli impedì di continuare, nonostante fossero passati ormai due anni. Parlare della morte di Sirius, davanti a quello di un'altra Dimensione, era ancora più difficile. Cercò in tutti i modi di non guardare verso il suo padrino, ma quegli occhi grigi lo attiravano come il miele le mosche. Sirius parve capire.
«Ha a che fare con me, vero?» chiese, poi proseguì, senza aspettare la risposta: « Avanti, qualsiasi cosa sia successa, sono qui, no? O, meglio, tu sei arrivato qui».
Sirius sembrava molto più maturo di quello che aveva conosciuto nella sua Dimensione e anche più sereno. Probabilmente, nonostante tutti gli anni della guerra, avere ancora James e Lily, vivi, aveva fatto la differenza. Anche James, dopotutto, sembrava più adulto di quello che gli avevano descritto tutti.
Sono cresciuti, pensò. Mi hanno sempre parlato di loro nel periodo scolastico, ma la scuola l'hanno finita da un pezzo.
Nessuno poteva sapere come sarebbero cambiati con il passare degli anni: Lily e James erano morti molto prima di poterlo mostrare e Sirius, rinchiuso ad Azkaban, non poteva aver certo passato dei bei momenti.
Non poteva rimpiangere il passato, Sirius aveva ragione: era qui, adesso. Aveva una seconda possibilità, tanto valeva sfruttarla al meglio.
«Voldemort stava cercando di impossessarsi della Profezia, per sentirla tutta. Mi fece credere di aver catturato Sirius e averlo portato nell'Ufficio Misteri in cui era riposta. Mi precipitai lì senza pensarci, neanche per un secondo, con alcuni amici che mi avevano seguito, mettendo in pericolo tutti. Trovammo dei Mangiamorte ad attenderci e cominciammo a lottare. Fummo raggiunti anche da alcuni membri dell'Ordine, tra cui Sirius, anche se sarebbe dovuto rimanere a casa sua. In uno scontro con Bellatrix fu colpito da un incantesimo e finì oltre il Velo che si trova in una delle stanze dell'Ufficio Misteri. Nessuno mi ha mai spiegato che cosa sia, ma credo si tratti del velo che separa la vita e la morte. Comunque, Sirius morì ed è stata tutta colpa mia».
James sembrava sul punto di intervenire, ma Lily gli fece cenno di tacere. Fu Sirius, invece a parlare. Il viso di James si scurì, un'espressione che non piacque per niente a Harry.
«Non credo sia tutta colpa tua. Da quanto hai detto io ero in fuga e Silente mi aveva ordinato di stare a casa. Ho disobbedito ai suoi ordini, anche se non capisco perché, quindi è stata anche colpa mia».
«Ti nascondevi a Grimmauld Place, che era diventato anche il Quartier Generale dell'Ordine della Fenice» spiegò Harry. «Non eri contento di dover stare rinchiuso lì...»
«Beh, lo immagino... Anche quella casa è stata una prigione per me, capisco perfettamente come si sentiva... come mi sentivo».
«L'unica cosa positiva, se così si può dire, fu che il Ministro in persona vide Voldemort al Ministero e dovette ricredersi su tutto. Ovviamente fu sostituito, ma le cose non cambiarono di molto. Cominciò a spargersi la voce che io fossi il Prescelto e il Ministero voleva sfruttarmi, facendo credere alla gente che io stessi dalla loro parte per acquisire maggior consenso. Fu al sesto anno che Silente, finalmente, mi rivelò degli Horcrux e tutte le supposizioni che aveva fatto in quegli anni. Ne trovò uno e mi portò con sé per recuperarlo. Quando tornammo indietro scoprimmo che i Mangiamorte erano entrati a Hogwarts. Silente era già debilitato da una Maledizione che lo aveva colpito in estate e da una Pozione che aveva bevuto quella sera. Piton lo uccise al posto di Draco Malfoy, che non riuscì a farlo. Credo di non aver mai odiato Piton come in quel momento, anche perché in seguito scoprii che il medaglione che avevamo preso quella sera era finto. Il vero Horcrux lo aveva preso Regulus anni prima. Il settimo anno non andai a Hogwarts; il Ministero era caduto in mano a Voldemort e non potevo tornare lì. Partii con Ron e Hermione alla ricerca degli altri Horcrux. Non fu facile, dato che eravamo in continuo movimento per nasconderci da tutti quelli che mi cercavano: ero l'Indesiderabile numero 1. Tra liti varie,  discussioni e morti, non passammo proprio dei bei momenti. Fummo catturati da un paio di Mangiamorte e fatti prigionieri a Villa Malfoy per quasi un mese; Ron morì dopo quasi due settimane di torture. Io e Hermione riuscimmo a fuggire, a trovare tutti gli Horcrux e distruggerli. A Hogwarts, stava per cominciare la Battaglia e Voldemort, uccise Piton perché era convinto, come me che avesse ucciso Silente e lui voleva la Bacchetta di Sambuco, nota anche come Stecca della Morte, che era appartenuta proprio a Silente.  Piton, in punto di morte, mi affidò i suoi ricordi. Scoprii tutta la verità: che lui e mia madre si conoscevano da bambini e che erano amici, fino a quando lui non la chiamò Sanguesporco. Piton si unì a Voldemort qualche anno dopo e fu lui stesso a riferire della Profezia a Voldemort. Supplicò Silente di nasconderli, ma fu inutile dato che Minus li tradì. Promise a Silente di aiutarlo a proteggermi, anche se alla fine scoprirono che anche io ero un Horcrux. Dovevo morire anche io, così, dopo che più volte avevo ignorato il suo ordine a consegnarmi a lui, mi diressi nella Foresta Proibita, dove si trovava Voldemort con i suoi Mangiamorte. Lo affrontai e lui mi scagliò l'Anatema che Uccide, ma ancora una volta aveva sottovalutato l'amore. Quando aveva usato il mio sangue per rigenerarsi, aveva preso anche la protezione di mia madre, e lui era diventato una sorta di mio Horcrux. Scampai alla morte ancora una volta e alla fine, nel bel mezzo del parco di Hogwarts, riuscii a batterlo. Purtroppo però erano quasi tutti morti».
Nessuno commentò quando terminò di raccontare. Lily singhiozzava su una spalla di James, che non riusciva a mascherare completamente il fastidio che provava verso qualcosa. Rossana stava facendo il possibile per non piangere, mentre dava qualche pacca di conforto a Remus che aveva cominciato a piangere poco prima.
«Ne hai passate anche troppe, Harry. Oltre a quello, hai combattuto di nuovo qui, per noi. Grazie» disse Sirius, commosso anche lui, ma non in lacrime. Si avvicinò a Harry e lo abbracciò stretto. Harry non si era mai sentito così bene tra le braccia di un adulto. Non poteva ricordare di quando aveva un anno e viveva con i suoi genitori, ma quell'abbraccio si Sirius, il suo padrino e la morte che più gli pesava sulla coscienza, era tutto quello di cui aveva bisogno in quel momento.

***                

Harry riuscì a liberarsi dell'ennesima persona che veniva a congratularsi con lui e si diresse verso il tavolo in cui erano state sistemate le bevande.
Stava cercando di decidere se prendere una Burrobirra o un bicchiere di Idromele, quando si sentì battere sulla spalla. Dopo un attimo, vide Sirius prendere un calice di Acquavite, un'espressione sul viso che s'addiceva più a un cane bastonato che al suo padrino.
«Tutto bene, Harry?» chiese, con un sorriso tirato. «Sei molto ricercato, vedo».
«Aver ucciso Voldemort mi ha messo di nuovo al centro dell'attenzione» borbottò, decidendo infine per un bicchiere di Idromele. Silente non aveva detto quanto sarebbe durata la festa, ma era certo che non sarebbe terminata in poco tempo e aveva bisogno di qualcosa per tirarsi su. Odiava essere al centro dell'attenzione.
«Non fare così, Harry, per noi sono stati più di vent'anni di terrore. Una cosa che spero di non dover vivere nuovamente. È il secondo bicchiere, quello?» chiese poi, indicando quello che Harry teneva in mano. Poco lontano da lui ce n'era un secondo, vuoto.
«Ho diciotto anni» si giustificò. E la giornata sarà molto lunga, aggiunse mentalmente.
«Oh, non preoccuparti. Non sarò di certo io a dirti di non bere» disse, facendo l'ennesimo sorriso tirato.
«Che cosa c'è che non va?»
«Niente, niente... Non preoccuparti» rispose Sirius, che stava guardando verso una delle alte finestre della Sala Grande. Harry seguì il suo sguardo e vide James, con il volto scuro e Lily, accanto a lui, che gli parlava animatamente; sembravano entrambi arrabbiati per qualcosa.
«C'entrano James e Lily?»
«Solo James» ammise Sirius, tornando a guardare verso Harry. «Credo sia geloso per il rapporto che si è creato in poche ore tra noi due. Non è colpa mia, credo. A me viene naturale stare con te e parlarti normalmente come se fossi sempre stato con me. So che non è così, anche perché non credo dimenticherò facilmente il cadavere del mio figlioccio davanti alla porta di James, ma ora sei qui. Io ero importante per te nella tua Dimensione, anche se per poco, e voglio che qui sia lo stesso, per te».
«Sì, ho capito» disse Harry. «Solo che mi sento più a mio agio quando parlo con te. Certo, non sei il Sirius che ho conosciuto nella mia Dimensione, lui non era così maturo, ma sei comunque tu; è lo stesso con Remus».
«Non preoccuparti, non mi terrà il muso a lungo, spero. Ehi, una signorina carina sta venendo dalla tua parte... Vado a cercare Ross, come moglie, ha il dovere di consolarmi».
Harry si girò e vide Ginny venire verso di lui; l'Idromele gli andò di traverso e si mise a tossire. Era davvero bella anche con la semplice veste di seconda mano che indossava.
«Ciao, Harry».
«Ciao, Ginny» rispose al saluto, quando riuscì a controllare i colpi di tosse.
«Allora, sei preoccupato per i risultati dei MAGO?»
«Come, scusa? I MAGO?» chiese Harry, non capendo cosa volesse dire Ginny. Lui non aveva frequentato il settimo anno e non aveva sostenuto gli esami.
«Lo sapevo che mio fratello stava mentendo, è una frana in queste cose; per fortuna non gli ho detto che avevo cominciato qualche giorno fa a ricordarmi di te».
«Tu... Tu ti ricordi di me? Com'è possibile?»
Come aveva fatto Ginny a ricordare? Le aveva parlato sono quel pomeriggio che aveva passato alla Tana, alla festa per la fine degli esami di Ron e Hermione. Era rimasto sul vago nel parlare di sé e, sicuramente, non aveva detto niente di così personale da poter provocare il meccanismo dei ricordi.
«Quando Ron era in coma, Barry Evans andava spesso a trovarlo e mi era sembrato strano, dato che si conoscevano da poco» spiegò Ginny. «Una sera, quando tutti erano andati via, Silente chiese di parlare con mio padre e, non potendo assistere, decisi di tornare da Ron, mentre lo aspettavo. Ma dentro c'era già qualcun altro, qualcuno disperato per le condizioni di Ron. Sono rimasta ad origliare dietro alla porta dell'Infermeria».
«Hai origliato una conversazione? Fa molto gemelli Weasley!»
«Ho imparato un po' da tutti, Potter. Ero l'unica figlia femmina e, come si dice, la necessità aguzza l'ingegno, no? Comunque, era un monologo, più che una conversazione; Ron era in coma. Barry Evans disse delle cose, sul fatto di amici passati, morte e poi, anche di me. Disse qualcosa come: “Mi dispiace di non essere riuscito a salvare almeno Ginny, l'amavo davvero; ma in questa Dimensione le cose saranno diverse, lo prometto”».
Harry si sentì arrossire e l'Idromele rischiò ancora una volta di farlo soffocare.
«Beh, questo Barry Evans deve...»
«Oh, per favore, Harry! Mio fratello è una frana a mentire così come a tenere qualcosa per sé. Mi ha praticamente confessato che Barry Evans era solo un finto nome che ti eri inventato per proteggerti da Voldemort... Ormai ho capito che tu non sei il vero Harry Potter... cioè, quello di qui, insomma! Sei arrivato da un qualche altro universo o simile... Sembra una cosa senza senso a dirla così...»
«Lo so, è strano... L'importante è che qui siano tutti vivi e, adesso, contenti per la fine della guerra».
«Sì, è vero» disse Ginny avvicinandosi pericolosamente a lui.
Harry sentì il cuore aumentare di colpo. Era passato quasi un anno da quando l'aveva baciata, il giorno del suo compleanno, alla Tana. Quando l'aveva rivista a Hogwarts, durante la battaglia, non aveva fatto in tempo.
«G-Ginny... che cos..»
«Harry, pensi di poter amare me come hai amato l'altra me?»
La sua bocca si stava avvicinando sempre di più.
No, pensò Harry disperato. Perché adesso, in mezzo a tutta questa gente? Non può baciarmi adesso...
«Io... sì, credo di sì» rispose, cercando di allontanarsi da lei. «Ci ho messo un bel po' a capire che eri più della sorellina del mio migliore amico e non ho avuto il tempo di stare con te quanto volevo».

«Bene. Perché ti conosco da poco, ma c'è qualcosa che mi attira verso di te. Allora, che ne dici di andare a fare un giro per le rovine del castello? Sai, non è da me baciare qualcuno davanti a tutta questa gente».         

                        

***

«James, che cosa c'è?» chiese Lily, coricandosi nel letto accanto a quello del marito nella Torre di Grifondoro, uno dei pochi luoghi di Hogwarts completamente intatti. Silente aveva insistito affinché tutti restassero lì a riposare qualche ora, la notte dopo l'intensa giornata di festa che avevano vissuto quel giorno; il primo, dopo più di vent'anni, senza Voldemort.
«Niente» rispose secco.
Lily sbuffò. «Avanti, James, ti conosco fin troppo bene. Durante la festa non hai mai rivolto la parola a Sirius e, l'unica volta in cui lui si è avvicinato,  lo hai cacciato malamente. Sembrava un cane bastonato, prima, quando l'ho salutato».
James non rispose, ma borbottò qualcosa che suonò come 'per essere un cane, è un cane'. Infine, si decise a confessare quello che Lily aveva già capito da un pezzo, ma che voleva sentir uscire dalla bocca dell'orgoglioso marito.
«Sono geloso, va bene?» sputò fuori. «Sirius in neanche un giorno ha creato con Harry un rapporto che con noi non ha, anche se lo conosciamo con la sua vera identità da più tempo. Non so come tu faccia a non essere gelosa!»
Io sono nata femmina e con un cervello, avrebbe voluto rispondere, ma si trattenne; James era già abbastanza abbattuto per conto suo.
«Harry ha conosciuto Sirius, nella sua Dimensione, anche se per appena due anni» rispose Lily. «È normale che stia bene con lui! Quando i suoi genitori sono morti, aveva solo un anno, non ricorda nulla; mentre quando Sirius è morto aveva quasi sedici anni. Gli fa bene stare con lui, qui, vedere che è vivo, sposato e felice. Dobbiamo solo fargli capire che può contare su di noi e, quando sarà pronto, verrà».
«Vorrei che ci lasciasse fare i genitori» sbuffò James.
«Ha diciotto anni, James. Non ha bisogno che gli si cambi il pannolino, gli si dia la pappa e tutto il resto. Anche a me fa male sapere tutto quello che abbiamo perso: le prime magie, la lettera per Hogwarts, gli acquisti a Diagon Alley... Sono tante cose, ma potremmo viverne altre».
«Sì, hai ragione. Però resta il fatto che vorrei che considerasse anche noi come considera Sirius; anche con Remus è più a suo agio!»
«Lo so, James, anche io lo vorrei; dobbiamo solo aspettare. Intanto, domani chiedi scusa a Sirius! È il tuo migliore amico non puoi tenergli il muso per una cosa del genere».
«Domani mattina gli parlerò. Silente ha detto niente sulla ricostruzione?» chiese, cambiando argomento.
«Cominceremo tra qualche giorno. Siamo in tanti e mancano ancora venti giorni all'inizio della scuola. La questione principale al momento è catturare tutti i Mangiamorte che sono riusciti a scappare».
La stanchezza accumulata durante la battaglia e poi alla festa li fece addormentare presto.
In tutto il mondo magico, per la prima volta dopo anni, potevano dormire tutti sonni tranquilli, senza tenere un orecchio sempre all'erta, pronto a cogliere ogni rumore. Nessun Mangiamorte o Signore Oscuro avrebbe più minacciato le loro vite.

_________________________________     

Ciao a tutti!!
Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto, io non sono del tutto soddisfatta; alcune parti le ho cambiate almeno tre volte e ancora non sono contenta. Fatemi sapere che cosa ne pensate! :) Come sempre, grazie a chi continua a leggere, recensire e a tutti quelli che hanno la storia tra le Preferite(70), le Seguite(196) e le Ricordate(25). Spero di riuscire ad aggiungere presto un altro capitolo... La storia si sta per concludere, purtroppo.
Alla prossima,
Lucy

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Capitolo 23
*** La festa ***


Il cortile della Tana era stato preparato alla perfezione per il diciassettesimo compleanno della piccola di casa. Nonostante il poco tempo, dato che la Guerra era finita solo la mattina precedente, tutti i fratelli di Ginny e alcuni membri dell'Ordine si erano dati da fare. L'erba era stata tagliata, le siepi dei confini tagliate e alcune aree del giardino erano state riempite di fiori colorati. Un grande gazebo rosa era stato installato per garantire un riparo dal caldo sole estivo, con grande orrore di Ginny, che detestava quel colore, e di Molly, che lo aveva ordinato bianco. I due maghi della ditta che lo aveva fornito si erano scusati infinitamente, prima di cambiare il colore della struttura in quello richiesto. Numerosi festoni colorati andavano dalla casa al tetto del gazebo, fino al suo interno.
Harry arrivò assieme ai suoi genitori un po' prima dell'inizio della festa; aveva un regalo per Ginny, ma non voleva che lo aprisse davanti a tutti.
«Ben arrivati!» salutò Ron, incastrato in un lungo festone viola che lui e George stavano cercando di appendere. «Mamma è in cucina che ricontrolla il cibo, per la millesima volta, mentre Ginny non so dove sia; forse è nella sua camera con Hermione».
«Milionesima, vorrai dire» lo corresse George, che dopo aver tentato inutilmente di liberare il fratello con la magia, aveva messo da parte la bacchetta e cominciato a farlo manualmente. «Povera Ginny che voleva una piccola festicciola in famiglia... Credo che papà abbia invitato mezzo Ministero».   
Harry entrò in casa e salutò la Signora Weasley, intenta ad osservare attentamente un vassoio di tartine.
«Oh, benvenuto, Harry caro» disse, alzandosi. «Ginny è in camera sua con Hermione, sali pure. Lily, potresti aiutarmi a portare fuori tutti i vassoi? E, tu James, aiuta Arthur, per cortesia. Si è messo in testa di attaccare delle luci Babbane per quando farà buio e credo che abbia più di qualche problema con le spine mi pare le abbia chiamate».
Harry salì le scale della Tana con il cuore che batteva forte. Era così agitato che il mazzo di fiori che aveva in mano tremava.
La porta della camera di Ginny era socchiusa e due voci provenivano dal suo interno.
«Quindi, mio fratello non ti ha ancora detto niente?» stava chiedendo Ginny.
«No» rispose Hermione. «A questo punto, mi sa che non dirà nulla».
«È un idiota» fece Ginny, in tono rassegnato. «Mi dispiace, Hermione, ma vedrai che prima o poi si sveglierà... Spero».
«Non lo so... Adesso ha anche Harry. Sono contenta per lui, dato che con Neville, Dean e Seamus non ha legato più di tanto a scuola; in Harry vede un migliore amico e anche io...»
«Però vorresti che si accorgesse che non ti basta più essergli amica».
«Tu ed Harry come avete fatto esattamente?»
Sentendosi chiamato in causa e volendo evitare di sentire commenti su di sé, Harry si schiarì la voce e busso alla porta; le due ragazze ammutolirono. Lo spiraglio della porta si aprì e Ginny comparve sulla soglia.
«Harry!» esclamò, con le guance rosse. «Quanto hai sentito esattamente?»
«Oh, nulla che non sapessi già sull'idiozia di tuo fratello» rispose con un gran sorriso. Poi le porse i fiori.
«Questi sono per te. Buon compleanno!»
Ginny prese il mazzo di rose bianche e blu e lasciò entrare Harry nella sua stanza.
«Ciao Harry!» lo salutò Hermione, seduta sul letto. In una mano reggeva un vasetto, mentre con l'altra spalmava una crema dal colore rossastro tra i capelli. Metà della sua testa era la solita cespugliosa capigliatura, ma l'altra metà era perfettamente liscia.
«Io e Hermione stavamo sistemando le ultime cose prima di scendere, ma siamo un po' in ritardo...» spiegò Ginny, correndo ad aiutare l'amica con la crema. I fiori li aveva posati sul comodino, dopo aver evocato un grande vaso bianco.
«Credo che siano in ritardo anche di sotto con i preparativi del giardino» disse Harry, prendendo posto in una sedia vicino al piccolo armadio. Sentiva la piccola scatola contenente il regalo premere dentro la tasca dei jeans, ma non lo tirò fuori; quando sarebbero stati solo loro due, glielo avrebbe dato.
«Io avevo detto a mamma di non strafare» borbottò, spalmando la crema su di una ciocca particolarmente ostinata a rimanere riccia. «Ma l'ultima figlia, unica femmina, deve avere la sua festa speciale, come ha detto lei, e il fatto che la Guerra sia finita non aiuta per niente; la voglia di festeggiare è raddoppiata in tutto il mondo magico».
«Non posso dar loro torto» disse Harry. «Più di vent'anni passati con Voldemort al potere, penso che anche Piton abbia voglia di festeggiare!»
Le due ragazze scoppiarono a ridere, ma durò poco. La risata di Ginny si trasformò quasi subito in una smorfia.
«Accidenti! Mamma ha invitato anche lui. Speravo che non venisse, invece ha confermato. Che cosa ci verrà a fare alla mia festa di compleanno?»
«Grazie, Ginny» disse Hermione, una volta che la sua capigliatura fu completamente liscia. «Io scendo a vedere se serve una mano».
Harry e Ginny rimasero soli nella stanza.
«Io... Ehm... Dovrei darti il mio regalo» disse Harry, sentendosi d'un tratto di nuovo agitato. Si alzò dalla sedia e si mosse verso la ragazza; si sentiva come un bambino che muoveva i primi passi. Le gambe sembravano di piombo mentre le braccia, incollate al busto potevano benissimo essere state sostituite da due stoccafissi. Fu con enorme fatica e dopo aver mancato la tasca dei pantaloni almeno un paio di volte, riuscì ad estrarre la scatolina di velluto verde che vi aveva inserito prima di partire. Aveva il timore che non le piacesse, anche se aveva chiesto aiuto alla madre, per comperarlo.
«Ma mi hai già portato i fiori!» esclamò Ginny, guardando il mazzo di rose. «Non pensavo che mi avessi preso altro, non serviva».
«Sono i tuoi diciassette anni; non è un compleanno qualunque» disse, porgendole la scatola. «Spero che ti piaccia».
«Oh, Harry! È bellissimo! Accidenti... Grazie!» balbettò Ginny, mentre osservava il braccialetto in argento che le aveva regalato: un Boccino e un manico di scopa in miniatura pendevano alternativamente per tutta la sua lunghezza.
In un attimo, Harry si trovò travolto dall'abbraccio della ragazza e, senza riuscire a resistere, la baciò.
Non si era mai sentito meglio di allora. Niente Voldemort da temere e una vita quasi normale davanti a sé.

 

***           

«Insomma, Stevenson!» urlò Malocchio Moody, giungendo in soccorso in uno degli Auror più giovani del Ministero. «Non così piano, sono Mangiamorte, dannazione!»
«Ne ho fermato uno laggiù, ma il secondo mi è sfuggito! Mi dispiace, Malocchio» borbottò il ragazzo, rimettendosi in piedi. Puntò la bacchetta sul Mangiamorte steso a terra poco lontano da lui e gli levò il cappuccio.
«Crouch junior!» esclamò contento. «Ho preso l'ultimo pezzo grosso rimasto!»
«Il pezzo grosso non canterà» sussurrò Crouch, mentre si dimenava invano per tentare di liberarsi.
«Poco importa» gracchiò Malocchio. «Lucius Malfoy ha fatto tutti i vostri nomi; ne mancano solo due all'appello e...»
Si interruppe quando vide una pioggia di scintille verdi nel cielo della sera.
«Mi correggo, ne manca solo uno».
Il ghigno sul volto di Bartemius Crouch junior sparì in un attimo.
Non solo il loro padrone era definitivamente morto, ma ora non sarebbe rimasto neanche uno dei suoi Mangiamorte a combattere per liberare il mondo da Sanguesporco e Mezzosangue.
«Sbrighiamoci a portarlo ad Azkaban; ho una festa di compleanno che mi aspetta... E Molly cucina dannatamente bene!»

 

***    

«Tu e Ginny state combinando qualcosa» disse James, servendosi di un canapè al salmone. Harry, fermo al tavolo delle bibite poco lontano fece spallucce.
La festa di compleanno era in pieno svolgimento e aveva notato che Harry e quella che ormai doveva considerare la sua ragazza non avevano smesso di tenere d'occhio Hermione e tutti gli invitati giovani, belli e scapoli. Da almeno un'ora buona avevano cominciato a presentarla a ognuno di loro, con cui stava ballando a turno. Ron, seduto in un divanetto ai lati del tendone, non la perdeva d'occhio; l'ultimo dei bignè salati che aveva preso poco prima, era stato stritolato dalle sue mani e ora riposava in pace sul pavimento.
«Non so di che cosa tu stia parlando».
James sbuffò divertito: suo figlio non gli assomigliava molto solo fisicamente.
«Oh, andiamo... Sono stato un Malandrino, ti ricordo; per certe cose ho ancora fiuto».
Harry non riuscì a trattenere un ghigno e anche James si aprì in un sorriso.
«A Hermione piace Ron e a Ron piace Hermione, solo che lui non si decide a fare la prima mossa; Hermione, invece, gli ha lanciato più di qualche segnale, senza successo. Così io e Ginny abbiamo deciso di dare una mano...»
«Harry, posso darti un consiglio?» chiese James, che proseguì senza attendere una risposta. «Rimani fuori dalle questioni di cuore dei tuoi amici, fidati, è meglio».
«Strano che tu lo dica. A sentire Sirius, tu hai mandato più di un mazzo di fiori a nome suo a Rossana, dopo che lo avevano dimesso dal San Mungo. Non si sarebbero mai più rivisti, se non fosse stato per te...»
Farò scodinzolare Sirius per il resto della sua vita, pensò. Nel libro di Trasfigurazione del settimo anno c'era l'incantesimo per rendere permanente la forma animale di un Animagus.
«A proposito, sei sicuro di voler andare a Hogwarts il prossimo anno?» chiese, cambiando argomento. «Silente ha detto che questa mattina sono arrivati anche i risultati M.A.G.O. a nome tuo».
«Sì, è per quella cosa della fusione delle due Dimensioni: quasi tutte le persone che conosco hanno cominciato a ricordarsi di me. Prima Severus ha detto che ricorda di avermi messo in punizione almeno dieci volte, ma è convinto che fossero molte di più... Comunque, ho cominciato a comparire anche nei documenti ufficiali, tra cui quelli scolastici. Silente questa mattina ha sistemato tutto, modificando la memoria di un bel po' di gente: sono tutti convinti che io abbia saltato un anno per scampare a Voldemort».
«Mi dispiace sapere che tra poco più di due settimane partirai e Lily è davvero giù».
«Lo immagino, ma finalmente potrò avere un anno normale a Hogwarts... E poi, ci tenevo a fare gli acquisti scolastici con voi due, almeno una volta».
«Oh!»
Non sapeva davvero che cosa dire; a quello non aveva proprio pensato. Si era concentrato solamente sul fatto che Harry sarebbe andato a Hogwarts, quando lui e Lily avrebbero solo voluto tenerlo a casa per coccolarlo e viziarlo, anche se aveva già diciotto anni. Quante volte aveva pensato alle famiglie felici che facevano gli acquisti scolastici, quando lui e Lily non avrebbero mai potuto?
«Già» fece Harry, imbarazzato. Poi spostò lo sguardo vicino all'ingresso, dove Ginny stava parlando con un bel ragazzo. «Ehi, quello non era nella lista di quelli da presentare a Hermione!» esclamò, prima di marciare verso la sua ragazza, pronto a difendere il territorio.
Lo sguardo di James incrociò Ron e Hermione intenti a chiacchierare poco lontano: entrambi avevano un sorrisino ebete stampato in faccia e ogni tanto lanciavano delle occhiate a Ginny e Harry, ridacchiando.
Ho l'impressione che qualcuno qui si sia appena vendicato.

 

***          

«Sirius, dai, sediamoci vicino a Remus e Tonks; sono stanca» disse Ross trascinando il marito lontano dalla pista da ballo, dove stava per cominciare l'ennesima canzone. «Ho fatto il doppio turno al San Mungo per star dietro a tutti i feriti della battaglia».
«Va bene, andiamo a sentire che cosa stanno combinando quei due... Tonks sembra felice».
Si avvicinarono alla coppia impegnata a gustare due grosse porzioni di lasagne in un tavolo non lontano dalla zona ballo. La ragazza non riusciva a smettere di sorridere e anche Remus sembrava contento per qualcosa.
«Indovinate un po'?» disse, tutta contenta Tonks, quando Sirius e Ross presero posto al tavolo. «Io e Remus stiamo ufficialmente insieme!» esclamò, quando nessuno dei due rispose alla sua domanda.
«È meraviglioso, congratulazioni!»
Rossana si sentiva al settimo cielo per loro. Conosceva Remus ormai da molto tempo e sapeva che aveva cercato in tutti i modi di vivere una vita normale, ma non sempre era stato possibile. Molto spesso, poi, era lui stesso che limitava questa possibilità. Tutti loro gli avevano sempre detto di trovarsi una ragazza, che ne aveva ogni diritto anche lui, ma erano sempre rimasti inascoltati. La testardaggine di Remus nel credere di essere un mostro e che nessuno sano di mente avrebbe mai voluto stare con un licantropo, aveva bisogno solo di una cosa: una persona più testarda di lui, o per niente sana di mente. E Tonks, anche se nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di dirglielo in faccia, era un po' tutte e due.
«Sono ancora dell'idea che stiamo facendo la cosa sbagliata, nonostante quello che mi ha detto Harry» borbottò Remus.
«Che cosa ti ha detto il mio figlioccio? Io non ne so niente».
«Ha detto che nella sua Dimensione io e Tonks ci eravamo sposati e avevamo avuto un figlio, rimasto orfano nella guerra, dato che siamo morti tutti e due... Ora Tonks si è messa in testa non solo di sposarmi, ma anche di avere un figlio!»
«Io mi ripeto» disse Ross. «È meraviglioso, tutto quanto! Inoltre, qui un eventuale bambino non correrebbe più il rischio di rimanere orfano; almeno, non per colpa di Voldemort. Già che ci siamo, anche noi potremmo...»
«No!» disse Sirius. «Noi non avremo figli».
Rossana si morse la lingua per impedirsi di rispondere al marito. Sapeva che non avrebbe mai superato il fatto di aver trovato il cadavere di Harry e, proprio per questo, non aveva voluto figli: la paura di poter trovarlo morto davanti alla porta di casa era troppo presente. Nonostante Voldemort fosse morto e non corressero più il rischio, Sirius ci avrebbe impiegato non poco tempo per capirlo e cambiare idea. Il guaio era che non aveva molto tempo. Quella mattina aveva scoperto di essere incinta di quasi due mesi e non poteva rischiare che la pancia diventasse visibile prima di averlo comunicato al marito. Non sapeva proprio come fare.

***

La festa era finita poco prima e Harry aveva seguito i suoi genitori a Godric's Hollow. Lily e James quella mattina erano tornati per controllare che fosse ancora in piedi e, tranne per la porta scardinata e qualche mobile distrutto, non avevano trovato danni ingenti. In poco meno di un'ora avevano sistemato tutto e la casa era di nuovo completamente abitabile.
«Vieni, Harry. Abbiamo una sorpresa per te» disse Lily, accompagnandolo al piano di sopra dove si trovava la zona notte.
Si fermarono davanti all'unica porta chiusa del piano, quella che Harry sapeva essere la sua camera, quella che aveva da bambino. Ma quando James la aprì, vide la camera da letto giusta per un ragazzo della sua età.
«Io avrei voluto farla tutta azzurra» disse Lily, «ma James mi ha fatto notare che sarebbe rimasta molto infantile. Alla fine l'ho lasciato fare e devo dire che non mi dispiace affatto».
Lo sguardo di Harry andava dal grosso letto matrimoniale in mezzo alla stanza, alla scrivania chiara sotto una delle finestre, cui erano appese delle tende. Era tutto nei colori di Grifondoro, tanto che sembrava di trovarsi a Hogwarts, nella Sala Comune.
«È bellissima, grazie!»
«Ho messo il letto matrimoniale, così Ginny può venire a dormire qui quando vuole...»
«James! Molly non approverebbe mai...»
Con un colpo di bacchetta, il letto matrimoniale si trasformò in due singoli.
«Insomma, mamma. Non è necessario dire alla signora Weasley che io e Ginny dividiamo lo stesso letto» disse Harry.
James gli fece l'occhiolino e fece ricomparire il letto matrimoniale.
«Oh, lasciamo perdere. Con voi è impossibile averla vinta!»
«Buonanotte» disse Harry, prima di entrare nella sua stanza.
«Buonanotte».
Si richiuse la porta alle spalle e respirò a pieni polmoni l'aria che emanava la sua camera: odore di nuovo e pulito, ma anche qualcosa di dolce.
Odore di casa e famiglia.

___________________________________

Ciao a tutti!
Ecco il nuovo capitolo, spero che vi sia piaciuto!
Grazie a tutti quelli che leggono e a tutti quelli che recensiscono.
Grazie a chi ha messo la storia tra le Preferite(77), le Seguite(205) e le Ricordate(27).
Purtroppo, il prossimo sarà l'ultimo capitolo e poi ci sarà l'epilogo.
Mi mancherà un sacco questa storia, ma ho già un'altra bella idea in mente che va
dai Fondatori a Harry e che spero di riuscire a pubblicare presto!
Qui trovate una mia One shot, partecipante ad un contest e che entrerà anche nell'idea
che sto sviluppando: Un rubinetto che non lava le mani
Alla prossima,
Lucy

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Capitolo 24
*** Diagon Alley ***


Erano ormai passati alcuni giorni dalla fine della Guerra e il mondo magico si stava lentamente riprendendo. Mancava ancora un Mangiamorte all'appello, ma tutti gli altri erano stati spediti ad Azkaban, senza alcun processo. La testimonianza di Lucius Malfoy, che aveva fatto i nomi di tutti i seguaci di Voldemort davanti all'intero Wizengamot, era stata più che sufficiente a garantire loro un soggiorno a vita nella prigione dei maghi. In cambio, aveva ottenuto un alleggerimento della sua pena; avrebbe passato i due anni successivi senza bacchetta e confinato a Villa Malfoy.
Nel castello di Hogwarts, l'Ordine della Fenice e i professori avevano cominciato a ricostruire quello che era andato distrutto. Lavoravano quasi senza sosta, per permettere di riprendere regolarmente i corsi per il primo di Settembre, che sarebbe arrivato in poco più di una settimana. Si muovevano in piccoli gruppi o a coppie, per sbrigare ogni compito nel minor tempo possibile. Quando ne avevano terminato uno, tornavano nella Sala Grande dove era stato affisso un grande foglio di pergamena con tutti i lavori necessari. Appena il tempo di eliminare quanto appena fatto e scegliere quale altro compito svolgere, prima di ripartire.
Le uniche persone che sembravano esenti da questo percorso erano James, Sirius e Remus; nessuno aveva idea di quello che stessero facendo. Li avevano visti entrare con tutti gli altri, ma erano spariti quasi subito, dopo qualche minuto di chiacchiere con Silente. Lily e Rossana temevano che stessero architettando qualche disastro come quando erano studenti; ora che Voldemort era morto, sembravano aver ritrovato la voglia di giocare e tirare scherzi, nonostante fossero vicini ai quarant'anni. Quello che nessuno poteva immaginare era che Silente, in gran segreto, aveva affidato loro un compito importante, 'questione della massima urgenza' come l'aveva definita lui stesso. Dovevano controllare tutti i passaggi segreti del Castello e assicurarsi che non fossero stati danneggiati. In tal caso, avrebbero dovuto risistemarli, in modo che potessero essere usati ancora da tutti gli studenti che li avessero scoperti.
«Ecco, questo era l'ultimo letto, mamma» disse Harry, osservando un paio di cuscini sistemarsi sopra ad un letto appena fatto. «Scendiamo a vedere che cosa manca?»
« Sì» rispose Lily dopo aver osservato attentamente ogni angolo del dormitorio. « È tutto in ordine. Vorrei proprio sapere che fine ha fatto tuo padre...»
«L'ho visto questa mattina tornare dalla Stamberga Strillante, ma non ho idea di che cosa ci facesse là».
«Forse è meglio non saperlo».
Raggiunsero la Sala Grande e si avvicinarono al grande foglio appeso davanti alle clessidre che, durante l'anno scolastico, tenevano i punti delle Case. Non rimanevano ormai molti compiti da svolgere.
«Potremmo andare in Biblioteca e aiutare Madama Pince a ricontrollare i libri».
«Mamma, stai scherzando, vero? Questo compito è stato già svolto almeno due volte, solo che a Madama Pince non va bene e quindi lo riscrive! Perché non andiamo ad aiutare Hagrid e la professoressa Sprite alle serre?»

 

***      

Caro Signor Potter,
Ci pregiamo di informarla che il nuovo anno scolastico comincerà regolarmente il primo settembre. L'Espresso di Hogwarts partirà dalla stazione di King's Cross, binario nove e tre quarti, alle undici in punto.
In allegato, la lista dei libri di testo per gli studenti del settimo anno.
Cordialmente,

Professoressa McGranitt,
Vicepreside

 

P.S. Nel''allegato ho aggiunto i libri di testo degli anni precedenti che saranno usati anche al settimo. Buone compere,

Albus Silente

 

«Era ora che arrivasse!» esclamò James, quando Harry ebbe terminato di leggere il messaggio. «Il primo di Settembre è tra due giorni, che cosa aspettavano?»
Sembrava quasi che fosse James ad aver ricevuto la lettera di Hogwarts.
«Abbiamo finito solo tre giorni fa di rimettere in piedi il Castello» disse Lily, appoggiando sul tavolo un piatto pieno di fette di pane tostato. James ne afferrò sei in un colpo solo, seguito a ruota da Harry, che cominciò ad imburrarle. L'imbarazzo della prima colazione fatta insieme, quando Lily era rimasta senza pane perché lui e James avevano finito tutte le fette, era ormai superato. Felice di avere nuovamente un figlio da sfamare, Lily aveva presto imparato ad aumentare la quantità di cibo ad ogni pasto. L'unico problema erano le taglie dei due maschi di casa che, già dopo pochi giorni avevano dato segno di essere in grave pericolo.
«Più tardi potremmo andare a Diagon Alley a prendere tutto l'occorrente» propose Lily, cominciando a mangiare a sua volta. «Ti serviranno anche piume, pergamene, la divisa... Credo che farò una lista».

 

***

«Sono incinta»
«Sei... cosa?!»
«Sono incinta, Sirius» ripeté Ross, allontanando la tazza di caffè che aveva cercato di bere. Era la sua bevanda preferita, ma a causa della gravidanza, l'odore le dava la nausea.
Guardò il marito, seduto di fronte a lei, abbassare in fretta la tazza che aveva in mano e un po' del contenuto ambrato si riversò sul tavolo. In condizioni normali, si sarebbe lamentata della pessima abitudine dell'uomo di riempire la tazza fino all'orlo, ma in quel momento aveva tutt'altro per la testa. La sua preoccupazione principale era la reazione del marito alla notizia e non stava andando affatto come aveva sperato.
Sirius rimase in silenzio, con le mani strette attorno alla tazza e lo sguardo perso a fissare la macchia che si era creata sulla tovaglia bianca.
«Potresti dire qualcosa, per favore?»
«Com'è successo?»
Rossana fissò il marito con gli occhi sgranati, sperando vivamente di aver interpretato male la domanda. Aveva quasi quarant'anni; doveva sapere come succedevano certe cose.
«Come sarebbe a dire?»
«Non in quel senso» rispose Sirius, capendo la confusione della moglie. «Intendo, abbiamo sempre usato precauzioni, no?»
«Suppongo che non abbiano funzionato... Può succedere. Allora, come ti senti?»
«Non lo so» rispose l'uomo. «Ho paura che prima o poi spunterà fuori un altro mago oscuro e non avremo un altro Harry che arriva da un'altra Dimensione ad aiutarci».
«Non succederà, Sirius» cercò di rassicurarlo. «Con tutte le misure che il Ministero sta prendendo in questo periodo, ci vorranno secoli prima che qualcuno abbia il coraggio di tentare una cosa simile».
«D'accordo... Beh, suppongo che dovrò rassegnarmi all'idea di diventare padre. Non credo di essere in grado; Orion non è certo stato certo un grande esempio di genitore per me».
Rossana mandò giù una fetta di pane tostato senza nulla sopra; dopo il primo giorno in cui aveva vomitato la sua marmellata preferita, aveva cominciato a cambiare le sue abitudini.
«Tu non sei tuo padre... Non sei come loro, ricordatelo!»
Sirius annuì e finì di bere il the che era rimasto nella tazza.
«Papà... Accidenti, non lo avrei mai creduto possibile!»

 

***

Quando raggiunsero Diagon Alley, la mattinata soleggiata in cui avevano sperato era sparita lasciando posto ad un cielo grigio che annunciava l'arrivo di un temporale estivo. La strada era gremita di maghi e streghe che facevano i loro acquisti. Nei negozi c'era un continuo viavai di gente e per la strada i conoscenti si fermavano volentieri a fare quattro chiacchiere. Erano già lontani i tempi in cui ci si muoveva solo il necessario e per il minor tempo possibile per non rischiare di fare qualche brutto incontro.
Davanti al negozio di Accessori di prima qualità per il Quidditch c'era la folla maggiore. Erano tutti accalcati davanti alla vetrina, intenti a fissare qualcosa esposto.
«Oggi esce la nuova Firebolt, versione due: maggiore stabilità e accelerazione al secondo» commentò James, tentanto di avvicinarsi alla vetrina, senza successo.
«James» lo redarguì Lily. «Siamo qui per gli acquisti di Harry...»
«Non importa» disse Harry. «Da Madama McClan posso andare da solo. Se vuoi aspettare papà, possiamo trovarci davanti al Ghirigoro».
Lily annuì e seguì il marito che cercava di farsi strada tra il gruppetto di curiosi che ammiravano la vetrina.
Harry era troppo contento di avere una famiglia per pensare al Quidditch e ai manici di scopa; era uno sport che gli piaceva, certo, ma poteva anche farne a meno. In quell'anno scolastico non avrebbe fatto parte della squadra di Grifondoro, lo aveva già deciso; doveva studiare seriamente, non solo per i M.A.G.O., ma anche per l'ammissione ai corsi per diventare Auror. Non ci sarebbe stata Hermione ad aiutarlo quindi doveva fare tutto da solo. 
Entrò nel negozio di Madama McClan, uno dei pochi ad essere quasi vuoto.
«Benvenuto, caro» lo accolse la donna. «Divisa per Hogwarts, eh?»
Lo fece salire su uno sgabello e cominciò a prendere misure, tagliare e cucire.
Una ventina di minuti più tardi, Harry uscì con un set di divise complete riposte accuratamente dentro un sacchetto. Stava raggiungendo il Ghirigoro, quando una figura incappucciata gli si parò davanti, con la bacchetta puntata.
«Bene, bene, bene... Harry Potter, ti ho trovato» disse l'uomo, con un ghigno.
A Harry tornarono in mente le parole che Malocchio Moody aveva detto qualche giorno prima a Hogwarts: 'Manca ancora un Mangiamorte, ma lo troveremo prima che abbia il tempo di fare qualcosa'.
Questa volta Malocchio si è sbagliato, pensò.
Si sentiva in trappola. La mano destra era impegnata a reggere il sacchetto con la divisa e non poteva muoversi; anche se avesse lasciato cadere il sacchetto per prendere la bacchetta, il Mangiamorte avrebbe sicuramente attaccato.
L'uomo cominciò ad avanzare, fino a quando la punta della bacchetta toccò la gola di Harry.
«I giornali, la radio... Tutti parlano di quanto Silente, ancora una volta, sia stato grande e abbia sconfitto anche il Signore Oscuro, ma si sbagliano. Io ero poco lontano da te quando sei tornato con il cadavere del mio signore, so che non è stato Silente. Ora, lo vendicherò uccidendo te».
La gente attorno a loro si era accorta di quello che stava succedendo e cominciò a scappare, urlando spaventata.
«Beh, davvero bravo, ma sei sicuro di riuscire a uccidermi, prima che lo faccia io?»
Stava parlando a caso, lo sapeva, ma aveva bisogno di tempo per pensare: doveva prendere la bacchetta per poter avere almeno una parità di armi.
Il Mangiamorte scoppiò a ridere, per nulla scosso dalle parole di Harry.
«Ehi, ragazzino, cosa credi di poter fare contro di me?»
Si stava avvicinando sempre di più e, quando la distanza fu sufficiente, Harry alzò il ginocchio e colpì l'uomo tra le gambe, con tutte le sue forze. Con un gemito, si accasciò a terra e la bacchetta dell'uomo si allontanò dalla sua gola. Harry lanciò di lato il sacchetto di Madama McClan ed estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni.
«Stupeficium!» urlò e il Mangiamorte andò a schiantarsi sul solido muro della Farmacia, da cui erano appena usciti i suoi genitori, attirati dalle grida della gente.
«Harry!» esclamò sua madre, preoccupata. «Stai bene?»
«Tutto a posto, Ha fatto in tempo solo a sparare un po' di cavolate...»
«E questo era l'ultimo» commentò James, facendo comparire delle funi, che legarono l'uomo. Poi puntò la bacchetta verso il cielo e sparò delle scintille rosse. «Tra poco arriverà qualcuno a prenderlo».

 Non dovettero aspettare molto. Kingsley e Tonks arrivarono assieme ad un altro paio di Auror del Ministero e lo presero in custodia.
Un altro che finirà in una cella di Azkaban a vita».
«Con tutti quelli che abbiamo messo dentro, mi chiedo se ci siano ancora celle libere» commentò Tonks. «A mezzogiorno finisco il turno» aggiunse. «Vi fermate al Paiolo Magico per pranzo con me e Remus?»  
Fecero velocemente gli acquisti che rimanevano e verso mezzogiorno si avviarono verso il Paiolo Magico. Stavano passando danti all'Emporio del Gufo, Harry si fermò a fissare uno degli animali esposti all'esterno: era una civetta bianca che fissava stizzita tutti i bambini che le giravano attorno.
«Fate attenzione! Tende a beccare chiunque le si avvicini» stava dicendo il proprietario, sconsolato. «Il peggiore acquisto che abbia mai fatto. Quasi sette anni che è qui...»
Harry incrociò lo sguardo con quello della civetta. Sembrava quasi che lo stesse chiamando.
Edvige, pensò. Devo assolutamente prenderla.
I suoi genitori lo seguirono verso il negozio, ben consapevoli che volesse quella civetta. Aveva raccontato loro di Edvige e sapevano quanto fosse stato legato a lei.
«La prendiamo noi» disse James al proprietario. Estrasse un piccolo sacchetto nero dalla tasca e diede alcune monete all'uomo.
«Oh, siete sicuri? È davvero inutile, dato che becca...»
Il proprietario ammutolì, quando vide la civetta farsi accarezzare senza alcun problema da Harry.
«Per tutti i completi intimi di Merlino... Questa poi!» esclamò.
Harry prese la gabbia con la sua nuova Edvige, salutò il proprietario e si diresse verso il Paiolo Magico assieme ai suoi genitori.
Aveva tutto quello che aveva sempre voluto, non sarebbe mai potuto essere più felice di così.
__________________________              

Ciao a tutti!
Ecco l'ultimo vero capitolo della storia, il prossimo sarà l'epilogo. Non dovrete aspettare molto, perché è praticamente già scritto, ma devo rileggerlo per controllare che sia a posto.
Grazie come sempre a chi legge, recensisce e a tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite (78), le seguite(211) e le ricordate(29).
Alla prossima,
Lucy

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


Epilogo

 

La mattina del primo Settembre era grigia e piovosa come le due giornate che l'avevano preceduta. All'esterno della stazione di King's Cross, tutti i passeggeri si affrettavano a riempire i carrelli con i bagagli e ad entrare al coperto, per ripararsi dalla pioggia.
Mancavano pochi minuti alle undici e lungo l'invisibile binario nove e tre quarti e gli studenti di Hogwarts si affrettavano verso le porte delle carrozze, creando dei veri e propri ingorghi che rallentavano la salita sull'Espresso per Hogwarts.
Alcuni studenti più grandi, tra cui Colin Canon che esibiva una splendente spilla da Caposcuola, tentavano di far valere i loro ruoli, indirizzando chi intasava le porte verso altre completamente vuote.
Harry, che si trovava poco lontano da una delle porte libere, si affrettò a salutare i genitori.
«Ci vediamo a Natale».
«Scrivi quando sei arrivato» si raccomandò Lily, preoccupata. «Non metterti nei guai, studia molto e comportati bene».
«Sì, mamma» borbottò Harry.
«Già, comportati bene e non metterti nei guai» ripeté James a voce alta. Poi, abbassando la voce perché Lily non sentisse, aggiunse: «Hai la Mappa e il Mantello, vero?»
«È tutto nel baule... Allora, ciao!»
Salì sulla carrozza vicino a quella dei Prefetti, dove uno sconsolato Colin si tamponava il naso sanguinante, probabilmente causato da qualche spintone ricevuto dagli altri studenti; non doveva essere facile dare ordini e farsi rispettare da qualcuno che, nonostante tre anni in meno, era più alto di lui di tutta la testa.
Harry afferrò il baule e la gabbia di Edvige, che suo padre aveva aiutato a portare nel treno, e cominciò a percorrere il corridoio alla ricerca di Ginny. Si erano accordati per trovarsi direttamente in uno degli scompartimenti delle carrozze di testa. Ogni tanto si fermò per salutare qualcuno che conosceva, tra cui Draco Malfoy, che non aveva terminato la scuola l'anno prima e avrebbe ripetuto il settimo e alcuni ragazzi che nella sua Dimensione avevano fatto parte dell'ES. Alla fine dell'ultima carrozza, vicino alla cabina del macchinista, vide una testa rossa sbucare da uno degli scompartimenti.
«Eccoti! Cominciavo a pensare che avresti perso il treno» disse Ginny, sorridendo. Gli prese la gabbia di Edvige e la issò sulla rastrelliera mentre Harry faceva lo stesso con il baule.
In quel momento, il treno cominciò a muoversi lungo il binario.
«L'ho temuto anche io» fece Harry, ansimante per lo sforzo. «Ci siamo svegliati tutti e tre dopo le dieci».
«Come mai?»  
«Mio padre ha voluto fare una festa per me, ieri sera» sospirò Harry. «Doveva essere una semplice cena tra noi, come lo aveva pregato mia madre...»
«Ma non è andata esattamente così».
Harry scosse la testa ed emise un leggero sbuffo, nel tentativo di non ridere.
«Non erano nemmeno le sei di sera quando sono arrivati Sirius, Rossana e Remus e Tonks, tutti pronti a festeggiare... Remus e mia madre hanno provato a
far finire presto la festa, ma non ce l'hanno fatta; Sirius è andato via dopo le due
».
«Accidenti... E Rossana come sta?»
«La pancia comincia a crescere e sanno già che è una femmina!»
«Sirius sarà al settimo cielo».
«È impazzito, invece» disse Harry. «L'altro ieri è tornato a casa con un sacco di completini di ogni tipo, compresa una mini divisa di Hogwarts e una da Quidditch, ovviamente con i colori di Grifondoro!»
«Rossana cos'ha detto?»
«Ha requisito la scopa giocattolo che era assieme alla mini divisa da Quidditch e messo via più di metà dei vestii: Sirius non ha guardato la taglia... alcuni le andranno bene tra un paio di anni, forse».
Ginny scoppiò a ridere, seguita a ruota da Harry.       
«Scusate» li interruppe Luna, infilando la testa bionda dentro lo scompartimento; aveva il fiato corto e le guance arrossate. «Posso sedermi con voi? Non ci sono altri posti liberi nel treno... non per me, almeno».
«Ma certo!» esclamò Ginny aprendo del tutto la porta per far entrare l'amica.
«Oh, grazie infinite!» li ringraziò Luna, lasciandosi cadere sul sedile di fronte. Estrasse una copia del Cavillo da una grande borsa di tela e cominciò a sfogliarla, mentre Ginny si sedette accanto a lei, per poter leggere la rivista con l'amica. Probabilmente, più che per interesse, era solo per avere qualche argomento di cui parlare con la ragazza. Harry si mise a fissare il paesaggio che scorreva velocemente fuori del treno.
La porta dello scompartimento si aprì nuovamente e Colin Canon entrò nello scompartimento reggendosi con una mano il naso, storto e insanguinato, mentre con l'altra trascinava il baule. Harry si alzò per dargli una mano e issò il bagaglio accanto al suo.
«Cos'è successo?» 
«I due nuovi Prefetti di Serpeverde sono degli idioti» borbottò in risposta, arrabbiato. «Mi scusi» aggiunse poi, a qualcuno alle sue spalle.
Poco dopo nello scompartimento entrò una donna giovane dai capelli castani e un lieve sorriso sul volto.
«Non scusarti» rispose lei. «I Serpeverde erano degli idioti anche ai miei tempi».
Puntò la bacchetta al naso di Colin e in un attimo fu tutto a posto.
«Ok, dovrebbe andare. Quando arriviamo a scuola passa un attimo da Madama Chips a farti controllare, per sicurezza».
«Sì, professoressa. Ora torno nella carrozza dei Prefetti per decidere i turni per pattugliare il corridoio, poi torno qui; se passa il carrello dei dolci, prendete qualcosa anche per me?»
«Certo, vai pure» rispose Ginny, che aveva smesso di leggere il Cavillo e osservava curiosa la donna. 
«Oh, io sono Annabeth MacLean, la nuova professoressa di Pozioni» disse, presentandosi. «Tu devi essere Harry Potter! Sei la copia di tuo padre, tranne gli occhi; quelli sono di Lily».  
«Sì, sono io... Conosce i miei genitori?»
«Ero al primo anno quando loro erano all'ultimo, ma tutti a Hogwarts li conoscevano!» rispose. «Probabilmente tra i migliori studenti della scuola e ottimi Capiscuola vista anche l'aria che tirava in quegli anni».
«Già».
«Ho anche lavorato qualche volta con tua madre, al Ministero; se le tue capacità in Pozioni sono come le sue, sarai il migliore studente di quest'anno».
«Purtroppo la sua materia non è il mio forte» rispose, pensando ai sei anni che aveva versato ingredienti a casaccio nel calderone; solo con il libro del Principe Mezzosangue era riuscito a combinare qualcosa.
«Oh, beh, sono certa che ti impegnerai al massimo... Ehi, quello è l'ultimo numero del Cavillo?» chiese notando la rivista tra le mani di Luna. «Come fai ad averla? Esce solo tra qualche giorno!»
«Io sono Luna Lovegood, mio padre è il direttore del giornale e mi ha dato una copia per il viaggio in treno».
«Oh, ma è meraviglioso! Ci sono novità sul Ricciocorno Schiattoso? Perché secondo gli ultimi articoli che ho letto, avrebbe proprietà curative e sarebbe un ottimo ingrediente per alcune pozioni che sto sperimentando...»
Ginny lasciò spazio alla donna accanto a Luna e tornò a sedersi accanto ad Harry, che era tornato a guardare fuori dal finestrino con la lingua tra i denti, per non ridere. Ma a Ginny non sfuggì la cosa.
«Perché ti viene da ridere? Oltre al fatto che crede a quelle cose...»          
Harry guardò davanti a sé e vide che la professoressa era assorta dalla conversazione con Luna e non li avrebbe sentiti parlare.
«Mia madre la conosce e quando le ho chiesto di parlarmi di lei, ha detto che era un'ottima candidata come compagna per Severus» rispose, abbassando comunque la voce per sicurezza.
«Piton?»
Harry annuì, morsicando nuovamente la lingua tra i denti.
A Ginny sfuggì un sorriso, ma riuscì a non ridere.
«Tua madre sa che crede a cose come il Ricciocorno Schiattoso?»
«Non ne sono sicuro, ma te la immagini con Severus?»
«Beh, potrebbe funzionare. Possono sempre parlare di Pozioni, no? Tu come stai?» chiese, cambiando argomento.
«Bene, anche se ammetto che non mi dispiacerebbe aver accettato quel diploma dei MAGO che era già pronto al Ministero. Avevo preso anche un Eccezionale in Pozioni, secondo i risultati che avevo ricevuto e adesso sarei già al corso per Auror».
«Oppure saresti a fare compagnia a Ron nel retrobottega del nuovo negozio di scherzi dei miei fratelli gemelli perché, come lui, non avresti passato i test per cominciare il corso».
Probabilmente Ginny aveva ragione; nessuno aveva avuto tempo di studiare durante la guerra e Ron non era riuscito a superare parte dei test di ammissione al corso; solo due persone ci erano riuscite quell'anno. Ora dava una mano a Fred e George a Diagon Alley che, dopo quasi due anni di vendite per corrispondenza dei loro articoli, erano riusciti a versare la caparra per un piccolo negozio nella via di Londra. Hermione era entrata senza alcuna difficoltà al Ministero, nell'ufficio di Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Non che fosse poi più così difficile entrare al Ministero poiché, dopo la caduta di Voldemort, erano stati talmente tanti i seguaci del mago scoperti tra i dipendenti che erano molti i posti rimasti liberi. Aveva cominciato a lavorare assieme a Remus, che aveva rinunciato al posto di insegnante di Difesa a Hogwarts, ad alcune leggi per migliorare la vita dei Licantropi. Una legge che favoriva l'assunzione in ogni ambito lavorativo era stata approvata alcuni giorni prima ed entro la fine della settimana una seconda legge sarebbe stata presentata all'apposita commissione del Ministero. In particolare era stato istituito un servizio a domicilio di Pozione Antilupo, gratuito per un certo periodo, per tutti coloro che ne facevano richiesta. Il registro su cui sarebbero stati segnati i nomi era strettamente riservato e solamente il pozionista del Ministero che si sarebbe occupato della distillazione e distribuzione ne sarebbe stato a conoscenza. Fino a quel momento si contavano solo tre persone iscritte, tra cui Remus, ma erano tutti fiduciosi. La stessa Hermione il giorno prima aveva scritto a Harry, spiegando come avessero ricevuto alcune lettere anonime che chiedevano maggiori informazioni sul servizio. Era certa che si trattasse di altri Licantropi e che presto si sarebbero fatti avanti per richiedere la Pozione. Silente stesso, inoltre, aveva cominciato a premere con il gruppo di lavoro affinché pensassero a delle norme per permettere ai Licantropi di studiare a Hogwarts.

Mentre si avvicinavano al castello, Harry pensava già a quanto diverso sarebbe stato quell'anno per lui. Alla mattina, tra tutti i gufi che portavano la posta avrebbe scorto Edvige più spesso di quanto non avesse mai fatto prima; i suoi genitori, Sirius e Remus avevano promesso di scrivergli ogni settimana e anche Hermione e Ron gli avevano detto che si sarebbero fatti sentire. Avrebbe avuto qualcuno a cui scrivere come stavano andando le cose, anche per comunicare un bel voto. (Quelli brutti non sarebbero mai giunti ai suoi genitori per mano sua). Inoltre, quando avrebbe preso il treno per tornare a casa, sarebbe andato dai suoi genitori e non dagli zii Babbani che lo consideravano un peso inutile.
Scendendo dal treno, mentre Hagrid radunava a gran voce quelli del primo anno, guardò la sagoma del castello in lontananza e si sentì pervadere da un senso di pace e felicità. Dopotutto, nonostante avesse ritrovato i suoi genitori, quella era e sarebbe sempre stata casa sua.

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Ciao a tutti!
Scusate il ritardo, ma tra la settimana di vacanza che abbiamo programmato all'ultimo e un mio contest che sta per scadere, il tempo di sistemare il capitolo era poco. Inoltre, lo avevo scritto mesi fa e alcune cose nel frattempo erano cambiate, quindi ho dovuto togliere ed aggiungere parti.
Grazie a tutti quelli che hanno seguito la storia, chi dall'inizio e a tutti quelli che si sono aggiunti per strada! Grazie a tutti quelli che hanno recensito (un po' alla volta passo a rispondere a quelle che mancano!!) e a tutti quelli che hanno inserito la storia tra le Preferite, Seguite e Ricordate.
Ho già cominciato a lavorare ad una nuova storia che conto di cominciare a pubblicare per fine Agosto/Settembre, magari ci sentiremo ancora!
Grazie ancora a tutti,
un bacio
Lucy

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