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di Shadowhunter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Livelli Superiori ***
Capitolo 2: *** Il Test Attitudinale ***
Capitolo 3: *** La Cerimonia della Scelta ***
Capitolo 4: *** Il salto ***
Capitolo 5: *** Aula B16 ***



Capitolo 1
*** I Livelli Superiori ***


I Livelli Superiori
David

 


Mancano due ore e quarantasette minuti al test attitudinale. Dovrei aver paura del risultato, ma non ne ho. Dovrei riflettere sulla scelta della fazione, ma non lo faccio. Dovrei essere un normale ragazzo di sedici anni che deve compiere la decisione più importante della sua vita, ma non lo sono.
Indosso i pantaloni neri e una maglia a maniche corte bianca, vestiti tipici dei Candidi. Mia sorella Anne li ha rubati la scorsa settimana. Mi ha raccontato che impossessarsene è stato un gioco da ragazzi, giacché il Candido era un idiota patentato. Secondo mia sorella, tutti i ragazzi sono degli idioti patentati. Non ho ancora capito se io sono l’eccezione alla regola oppure l’esempio principale.
Infilo il coltello di famiglia dentro la tasca segreta dei pantaloni e mi reco nella stanza accanto.
“Oddio, Ryan. Sembri proprio un Candido” afferma Anne, venendomi incontro.
Ha i capelli neri come l’inchiostro che le arrivano fino alle spalle, gli occhi azzurri che brillano come gemme e la corporatura alta. Indossa una maglia e un paio di pantaloni grigi di una taglia più grande della sua, un regalo da parte di un’Abnegante. Intorno alla vita porta una pistola e un ricetrasmettitore.
“È un complimento?” chiedo.
“No.” Sorride. “Comunque, voglio verificare se hai anche l’atteggiamento da Candido.”
“Va bene.”
Diamo il via all’interrogatorio.
“Come ti chiami?”
“Ryan Stone. Dovresti saperlo, sorellona.”
“Non mi riferivo al tuo vero nome, ma al tuo nome di copertura.” Anne sbuffa. “Ricominciamo. Qual è il tuo nome?”
“David Morgan.”
“Quanti anni hai?”
“Sedici anni.”
“Di che fazione fai parte?”
“Dei Candidi. Non si vede?” Indico i miei indumenti. Mia sorella scuote la testa e mi guarda come se volesse uccidermi.
“I Candidi non fanno battute sarcastiche. Mai.”
“Allora sono proprio delle persone noiose. Perché non hai potuto rubare i vestiti a un Pacifico o a un Intrepido? Almeno da loro è concesso essere spiritosi.”
“Te l’ho detto cinquemila volte. I Candidi, essendo onesti, credono che tutti gli dicano la verità, quindi si bevono tutto quello che gli dici. Per questo è stato facile ingannare un Candido e impossessarsi dei suoi vestiti e della sua identità. Capito?”
Annuisco con la testa. Odio quando Anne fa la sapientona, però questa volta ha pienamente ragione.
“Continuiamo. Hai una ragazza?”
“Che cosa c’entra?” chiedo seccato.
Non voglio che Anne si intrometti nella mia vita privata. Io non le chiedo mai dove esce di notte oppure chi frequenta e lei dovrebbe fare lo stesso con me.
“Niente. Volevo vedere se eri completamente onesto con me. Allora, hai una ragazza sì o no?”
“No. La mia vita sociale, se non ti ricordi, è pari a zero.”
“Mi piace sentirtelo dire.”
Scuoto la testa, cercando di non pensare ai modi per ucciderla. Certe volte è proprio insopportabile e crede di potermi comandare a bacchetta solamente perché ha tre anni più di me.
“Posso andare? L’autobus parte fra poco” affermo, passandomi una mano fra i capelli dal nervosismo.
Nella storia non è mai successo che un Escluso si intrufolasse dentro la sede dei Livelli Superiori, quindi non so cosa potranno farmi se scoprono chi sono veramente. Non so se mi porteranno nella sede degli Intrepidi e lì mi uccideranno. Non so se verrò imprigionato nella sede degli Eruditi per ricavare informazioni sugli Esclusi. L’unica cosa che so è che non possono esiliarmi, perché sono già un Escluso.
“Certo, però prima ti devo dare una cosa.” Anne diventa improvvisamente seria e cerca qualcosa nella tasca dei suoi pantaloni grigi. Tira fuori un orologio. “Tienilo. Era di nostro padre. Mamma me l’aveva dato prima di morire quando tu eri molto piccolo. Voleva che lo tenessi io, invece lo do a te perché sono sicura che lo meriti più di me".
Afferro l’orologio e lo guardo. Ha il cinturino di pelle nero e il quadrante argentato. Le lancette si muovono ed indicano le dodici e ventotto.
“Devo scappare. Fra due minuti devo prendere l’autobus” dico, correndo fuori dall’edificio.
Dietro di me sento la voce di mia sorella che dice: “Buona fortuna”.
Sono sicuro che ne avrò assoluto bisogno.
~
Nell’autobus un ragazzo Abnegante mi cede il suo posto. Lo ringrazio e lui dice che è il suo dovere.
Tipica risposta da Abnegante.
Durante il tragitto verso la scuola non riesco a non pensare agli Esclusi: per tutta la mia vita sono stati la mia famiglia e la mia casa e, abbandonandoli in questo modo, sento di tradirli. Devo ammettere che penso anche a Anne, la mia sorellona insopportabile che sa essere dolce e premurosa nei momenti giusti, e al fatto che probabilmente non la rivedrò mai più.
Dopo un paio di fermate, scendo dall’autobus e mi trovo davanti alla sede dei Livelli Superiori. L’edificio è fatto di grandi vetrate contornate di metallo e davanti ad esso c’è un’enorme statua di metallo che rappresenta una donna con una bilancia in mano. Un’Esclusa mi ha raccontato che gli Intrepidi sono soliti ad arrampicarsi sulla scultura e a fare gare a chi arriva prima. Oggi non ci sono, probabilmente perché sono già dentro il palazzo.
Guardo l’orologio e noto che fra meno di un quarto d’ora cominciano i test attitudinali.
Attraverso l’ingresso della scuola e inizio a camminare lungo i corridoi. Nessuno si è accorto della mia entrata, perché tutti sono troppo indaffarati a preoccuparsi del test imminente, tranne forse gli Intrepidi che sembrano essere sicuri di sé e pronti al verdetto.
Mi appoggio al muro con la spalla destra e l’unica cosa che riesco a pensare è: “Ce l’ho fatta.”
“Mi stanno bene i capelli così?” mi chiede un’Erudita. Riesco a riconoscere la sua fazione di provenienza grazie ai suoi vestiti blu e ai suoi occhiali. “Sai, in questo momento posso solo fidarmi del parere di un Candido.”
Un Candido? Ah, già. Sono io.
La guardo attentamente. I suoi capelli hanno lo stesso colore del miele e le scendono lungo la schiena. Attraverso le lenti degli occhiali riesco a vedere i suoi occhi: sono di uno strano grigio acquoso e brillante. È più bassa di me di una spanna buona e indossa un vestito scollato e delle ballerine blu.
“Sì, ti stanno bene” rispondo, spostando lo sguardo da lei al pavimento.
“Come ti chiami? Non ti ho mai visto da queste parti” mi chiede.
Faccio per risponderle Ryan, ma mi trattengo. “David. E tu?”
“Io sono Jeanine. Piacere di conoscerti, David” afferma, allontanandosi con delle Erudite. Prima di uscire completamente dalla mia visuale, si gira, nota che la sto ancora guardando e comincia a ridere con le sue amiche.
“Ti avverto che Jeanine Matthews è una serpe in piena regola. Sta’ alla larga da lei” dice una ragazza, comparendo di fronte a me.
Non l’avevo vista arrivare. Indossa un completo da Pacifica, maglia a maniche lunghe giallo piscio e un paio di pantaloni rossi. Ha la pelle bronzea e ai piedi porta delle scarpe da ginnastica rosse. Intorno al collo porta una catenella raffigurante i simbolo dei Pacifici, un albero pieno di foglie. Ha i capelli castani raccolti in una crocchia, dalla quale sono scappate due ciocche che le incorniciano il volto. Ha gli occhi verdi che mi ricordano il colore dell’erba e le ciglia lunghe.
“Perché dici così?” le chiedo, curioso.
Jeanine mi aveva fatto subito una buona impressione. Mi è bastato guardarla negli occhi e notare che brillavano di intelligenza e astuzia, due caratteristiche che mi incuriosiscono molto.
“Soltanto in questo mese è stata con tre ragazzi e a tutti e tre ha spaccato il cuore in mille pezzi. Vuoi essere il prossimo della lista? Se hai un po’ di saggezza dentro la tua testolina mora, penso di no” dice con il tono di voce aspro.
“Non credevo che i Pacifici avessero la lingua avvelenata. Pensavo che fossero tutti calmi, gentili e pacifici, per l’appunto.”
“Non tutto è come sembra.”
La campanella suona. Tutti cominciano a entrare in mensa. Gli Abneganti tengono le porte aperte, lasciando passare tutti gli altri, mentre gli Intrepidi si fanno largo tra la folla a gomitate.
“Vuoi sederti a tavola con me?” mi chiede la Pacifica, guardandomi dritto negli occhi.
Il colore delle sue pupille mi sta dando alla testa.
Accetto. Devo sembrare un ragazzo normale e questa è la situazione perfetta per dimostrarlo di fronte a tutti. Entriamo spalla contro spalla nella mensa e ci sediamo in un tavolo libero in fondo alla sala. In questa posizione riesco a vedere tutta la città fuori dalle vetrate.
Dei volontari Abneganti cominciano a chiamare dieci nomi per volta e le persone escono man mano dalla mensa. Io e la Pacifica, invece, ci guardiamo senza dire una parola.
“Sei nervosa?” domando.
“Sei nervoso” mi chiede nello stesso momento.
Faccio una risatina imbarazzata e mi giro verso gli altri ragazzi. Tre tavoli dal nostro c’è Jeanine che mi sta fissando con un’intensità che mi fa paura. Le sorrido leggermente, deglutisco e mi giro verso la Pacifica.
“Allora, sei nervosa?” le chiedo.
“Non molto. Ho le idee molto chiare su quale fazione scegliere, quindi il test attitudinale sarà solo la conferma della mia scelta.”
“Cioè? Che fazione sceglierai?”
“Non te lo dico. Lo scoprirai alla Cerimonia della Scelta come tutti gli altri. Tu, invece?”
La domanda mi spiazza. Anne e gli altri Esclusi hanno detto che posso scegliere fra i Pacifici e gli Abneganti, perché sono le uniche fazioni in cui non darei tanto nell’occhio, però sinceramente non sceglierei nessuna di queste due. Forse sceglierei i Pacifici se ci sarà anche la ragazza, così conoscerei almeno qualcuno e lei potrebbe aiutarmi durante l’iniziazione.
“Non lo so ancora. L’unica cosa di cui sono sicuro è che non voglio rimanere fra i Candidi. Odio essere onesto in ogni situazione” mento.
“Immagino. Mi sono sempre chiesta come dovrebbe essere vivere come un Candido, sempre a dire la verità, e credo che non faccia per me…”
All’improvviso un volontario Abnegante pronuncia il mio nome. Devo andare, ma non voglio. Voglio rimanere seduto qui a chiacchierare con la Pacifica. Voglio chiederle come si chiama. Voglio chiederle cosa pensa degli Esclusi. L’unica cosa che faccio, invece, è alzarmi e andare verso la porta.
Sento la Pacifica dietro di me che urla: “Buona fortuna”.
Anche questa volta sono sicuro che ne avrò assoluto bisogno.



Nota dell'autrice:
Questa è la prima volta che provo a scrivere una fanfiction, quindi spero di non deludere nessun amante di Divergent come la sottoscritta.
Se vi è piaciuta la mia storia, se vi intriga oppure se vi ripugna e volete dirmelo, lasciate una recensione. Accetto anche le critiche negative.

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Capitolo 2
*** Il Test Attitudinale ***


Il Test Attitudinale
David


 

Entro nella saletta numero tre, dove mi aspetta un Erudito. Avrà all’incirca la mia età e indossa degli occhiali con la montatura rotonda e i soliti indumenti blu della sua fazione. Ha i capelli dello stesso colore di una carota e la faccia piena di lentiggini come se si sia spruzzato di vernice rossa sulla faccia.
Dietro di lui c’è un enorme specchio che ricopre tutta la parete, nel quale vedo il mio riflesso: i vestiti bianchi e neri da Candido, i capelli spettinati, la piccola cicatrice sul mento che mi sono fatto un paio di anni fa e gli occhi così scuri che non riesco a distinguere l’iride dalla pupilla.
Mi siedo sulla poltrona reclinabile color crema al centro della stanza e fisso il macchinario di fronte a me pieno di cavi con il terrore che, essendo un Escluso, il siero della simulazione non funzioni come dovrebbe.
“Mi sembri teso. Rilassati” afferma l’Erudito, lavorando con dei fili. “Io sono Cameron, uno dei cinque capifazione degli Eruditi. Il testa attitudinale comincerà fra poco.”
Cameron collega i cavi al macchinario, a lui e infine a me e mi porge una fiala con un liquido trasparente che sembra acqua.
“Ti consiglio di berlo tutto ad un fiato. Il siero non ha un gusto molto piacevole” afferma, accennando un piccolo sorriso.
Afferro la fiala e bevo il suo contenuto. Improvvisamente gli occhi mi si chiudono contro la mia volontà, non riesco a muovere un muscolo del mio corpo e il mondo diventa completamente nero.
~
Spalanco gli occhi e mi trovo nella mensa. Di fronte a me ci sono due cestini posati su un tavolo vuoto. Mi guardo intorno e noto che sono l’unica persona nella stanza. Mi avvicino al tavolo e vedo che in un cesto c’è un pezzo di formaggio, mentre nell’altro c’è un coltello.
È lo stesso scenario che mi aveva descritto un Escluso prima che io sia partito per svolgere la mia missione. Lui mi aveva consigliato di scegliere il formaggio, perché non avrei dato troppo nell’occhio.
Una voce fuoriesce da un altoparlante e dice: “Scegli”.
Guardo i due cesti. Faccio per prendere il pezzo di formaggio quando mi blocco e mi giro per guardare il coltello. La lama argentata brilla sotto la luce al neon della mensa e mi invita ad afferrarla.
Scuoto la testa. Ripeto le parole dell’Escluso nella mia mente: “Devi prendere il formaggio, sennò la tua copertura salterà e verrai giustiziato. Lascerai tua sorella sola, senza nessun parente al suo fianco e lo sforzo che abbiamo fatto per mandarti in missione sarà sprecato”.
Non so come, ma alla fine mi ritrovo con il pezzo di formaggio nella mano sinistra e il coltello nella destra. In quel momento sento una porta cigolare dietro le mie spalle, mi volto e mi trovo faccia a faccia con un cane dal pelo nero affamato e rabbioso.
Spero che non voglia convertirmi nel suo pranzo.
Gli porgo il pezzo di formaggio, anche se so che i latticini non sono gli alimenti preferiti dai cani. Lui fa per addentarlo quando si ferma e nota il coltello nella mia mano. Nel giro di nemmeno un secondo il cane mi attacca e io, difendendomi, gli amputo una zampa. Del sangue sgorga fuori dalla ferita e tinge di rosso la mia maglia bianca. Il cane cade a terra, contorcendosi dal dolore, però non smette di ringhiarmi contro e mi morde la mano sinistra.
Un dolore acuto mi attraversa il braccio, ma non ci faccio tanto caso. Afferro saldamente il coltello e affondo la lama nel collo del cane, uccidendolo all’istante.
Grazie al cielo che i cani non sono i miei animali preferiti.
All’improvviso una bambina entra nella stanza dalla stessa porta in cui è passato il cane e sposta lo sguardo dall’animale morto sul pavimento al coltello grondante di sangue nella mia mano.
“Chi ha ucciso il mio cagnolino?” chiede fra i singhiozzi. “Sei stato tu?”
Non rispondo.
“Allora, sei stato tu sì o no?” urla la bambina, lacrimando e puntandomi il dito contro.
Scuoto la testa. “Non so chi sia stato, ma ti aiuterò a trovarlo. Promesso”.
All’improvviso la mensa scompare di fronte ai miei occhi e mi ritrovo in una stanza dalle pareti bianche come il latte. Sono seduto su una sedia e di fronte a me c’è un banco di scuola con sopra una penna e un foglio.
Sono solo.
“Scrivi tutto” mi ordina una voce femminile proveniente da un altoparlante posizionato in un angolo della stanza.
“In che senso tutto?” chiedo, confuso.
“Scrivi tutto”.
Afferro la matita e fisso il foglio bianco. Cosa intende per tutto? Devo scrivere tutto quello che so? Devo scrivere tutta la mia storia? Devo scrivere tutto quello che mi passa per la testa? All’improvviso mi viene un lampo di genio.
“Perché dovrei farlo?” domando al nulla.
“Scrivi tutto”.
Mi alzo dalla sedia, spazientito. “Chi sei tu per dirmi cosa fare? Tutti sono capaci di scrivere la parola tutto su un foglio” urlo contro i muri bianchi.
La stanza si sgretola di fronte ai miei occhi e apro le palpebre. Mi ritrovo a fissare la faccia sorpresa di Cameron, che mi sta fissando come se fossi un essere proveniente da un altro pianeta.
“Cosa ho fatto?” chiedo. Comincio a tremare dal terrore che la mia copertura sia saltata e mi viene la pelle d’oca lungo le braccia.
“Hai scelto tutti e due gli oggetti, non uno soltanto. Non è mai successo in tutta la storia. Tu sei l’eccezione alla regola” afferma, scuotendo il capo come se avesse appena assistito a una scoperta scientifica.
“È un bene o un male?”
Cameron inizia a staccare lentamente i fili dal macchinario e non mi risponde.
Non dovevo prendere il coltello.
“Qual è il risultato del test?”
“Cosa preferisci: gli Intrepidi o gli Eruditi?” mi domanda, fissando il pavimento. Dalla mia posizione riesco a sentire gli ingranaggi del suo cervello muoversi a un ritmo disumano.
“Che c’entra? Non dovresti dirmi il risultato? È il motivo per cui sei qui, in fin dei conti” affermo, seccato e preoccupato allo stesso tempo.
“Sei a metà fra un Intrepido e un Erudito. Le tue caratteristiche ti permettono di far parte di entrambe le fazioni. Come ti ho detto prima, non è mai successo”. Deglutisce. “Quindi io non so cosa scrivere nella tua scheda sotto la voce Risultato del test attitudinale. Tu cosa preferisci essere? Un Intrepido o un Erudito? Oppure vuoi continuare a far parte dei Candidi anche se non hai l’atteggiamento necessario? A te la scelta”.
All’improvviso ho la gola completamente secca e il cuore mi batte così forte nel petto che ho paura che esploda da un momento all’altro. Le mani mi tremano di nuovo, come se fossi in preda a degli spasmi. La ferita sul braccio è sparita, però sento ancora la pressione dei denti del cane contro la mia pelle.
“Come posso avere una scelta? Non dovrei avere una predisposizione per una sola fazione?”
“È quello che ti sto dicendo. Quando hai ucciso il cane con il coltello hai dimostrato una predisposizione per gli Intrepidi, mentre quando hai preso il formaggio e hai risposto giustamente alla domanda nella sala bianca hai dimostrato una caratteristica tipica degli Eruditi”. Cameron sospira e mi fissa. “Allora, cosa scegli?”
Non so cosa rispondergli. Non so cosa voglio. Speravo che il test attitudinale mi desse la risposta che avrebbe deciso la mia vita fuori dalla sede degli Esclusi, invece adesso devo decidere. Il peso di questa scelta mi pesa sul cuore come mai nella mia vita.
“Non so cosa risponderti. Scrivi quello che vuoi e facciamola finita con questa storia.”
Cameron mi studia per un tempo che mi sembra infinito, socchiudendo gli occhi dietro le lenti e piegando la testa verso la spalla destra. Dopo un po’ prende un foglio, presumibilmente la scheda di David Morgan, e vi scrive sopra qualcosa.
“Che cosa hai scritto?”
“Adesso puoi uscire” afferma Cameron, fissando il pavimento di nuovo ed evitando di rispondere alla mia domanda.
Capisco che non mi darà mai quella risposta, per questo mi alzo dalla poltrona ed esco dalla saletta. Fuori dalla porta trovo i ragazzi del mio gruppo che si recano in mensa. Certi hanno una faccia sollevata, mentre altri sono bianchi come dei fantasmi. Non so che faccia io abbia, però spero che la mia preoccupazione non sia troppo evidente. Decido di seguirli.
Vado verso il tavolo dove prima mi ero seduto con la Pacifica, ma lei non c’è. In cambio, la ragazza ha lasciato un bigliettino spiegazzato su cui c’è scritto:
Spero di rivederti presto”.

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Capitolo 3
*** La Cerimonia della Scelta ***


Nota dell'Autrice:
Prima di leggere il capitolo, volevo avvisarvi che è sotto il punto di vista della Pacifica che Ryan/David incontra nei Livelli Superiori.
Grazie per le recensioni :)

Shadowhunter
 

La Cerimonia della Scelta
Becca

 

È passato un giorno dal test attitudinale ed io, Rebecca Harris, sono pronta a prendere la decisione che designerà il resto della mia vita. Non sento la pressione della mia famiglia sulle spalle, perché so come renderli orgogliosi di me. Prima di lasciarlo, voglio dimostrare al mio fratellino Hanry che tutto è possibile se lo desideri.
Abbandonarlo è la parte peggiore, però devo farlo. Da oggi in poi non sarò più una Pacifica, quindi dovrò lasciare la mia fazione e la mia famiglia per sempre.
“Becca, sei pronta?” mi sussurra la mia migliore amica Ashley all’orecchio. “Non sono l’unica con i nervi a fior di pelle, vero?”
Scuoto la testa.
Ashley mi ha detto che ha intenzione di rimanere fra i Pacifici. Io avrei potuto scommetterlo, perché lei è lo stereotipo fatto persona della nostra fazione. Ha i capelli biondo miele che s’intonano perfettamente con la divisa rossa e gialla e ha sempre un sorriso dolce stampato sul volto. Inoltre, adora occuparsi del giardino dei suoi genitori.
Sono sicura che sarà una Pacifica da prendere come esempio.
“Non riesco ancora a credere che oggi tu lascerai la nostra fazione. Sappi che nel mio cuore rimarrà sempre un posto per la nostra amicizia. Inoltre, ti raccomando di rimanere con gli occhi aperti durante la tua iniziazione. Ho sentito dire che è una bella gatta da pelare.”
Annuisco lievemente e le faccio segno di stare in silenzio perché uno dei capifazione degli Eruditi ha appena preso la parola.
“Benvenuti alla Cerimonia della Scelta. Io sono Mark Matthews e presiederò questo evento. Di fronte a me ci sono sessanta ragazzi che oggi sceglieranno con saggezza la propria strada nella vita.”
Fa una breve pausa, mettendosi a posto gli occhiali, e comincia a descrivere la storia delle fazioni e le caratteristiche di ognuna. Rimango interessata soltanto da una fazione, quella in cui vivrò. Appena conclude il discorso, tutti applaudono e noi futuri iniziati sorridiamo nervosamente. Subito dopo vengono chiamati i primi nomi.
Seguo passivamente quello che succede in seguito, perché non m’interessano molto le decisioni degli altri. Nel momento in cui viene chiamato il nome di Ashley, sposto l’attenzione su di lei e vedo che il suo sangue cade nella coppa dei Pacifici.
Ovviamente.
“Rebecca Harris.”
Mark esclama il mio nome e un silenzio assoluto mi avvolge mentre cammino con passo sicuro verso le coppe. Nel gruppo dei Pacifici vedo Ashley con un sorriso d’incoraggiamento stampato sul volto e i miei famigliari mi fanno segno che va tutto bene. Henry, seduto sulle gambe di mio padre, mi saluta con la mano.
Impugno il coltello e sposto lo sguardo alle coppe. Appena vedo quella che m’interessa, passo il coltello sul braccio, provocandomi un taglio poco profondo, e vedo il mio sangue cadere a piccole gocce nel fuoco.
Sono appena diventata un’Intrepida.
Mentre prendo posto fra gli altri iniziati, vedo che la mia famiglia continua a sorridermi, anche se sono appena diventata una trasfazione. Loro sono fatti così, sempre contenti e orgogliosi di me.
Gli altri iniziati degli Intrepidi mi fissano ed io riesco a capire quello che gli frulla per la testa. Una Pacifica fra gli Intrepidi? Il mondo è diventato improvvisamente piatto? La faremo fuori subito.
Un nome mi distoglie dai miei pensieri, un nome che ho già sentito.
“David Morgan.”
Mi giro e vedo il Candido che ho conosciuto il giorno prima di dirigersi verso le coppe. I suoi capelli castano scuro viaggiano da tutte le parti e sotto quelle luci la sua cicatrice sul mento sembra più vivida di ieri. I suoi vestiti bianchi e neri sono sgualciti e le sue scarpe sono leggermente sporche di fango.
Mark gli consegna il coltello fra le mani e David si fa un taglio sul braccio. Il sangue esce dalla ferita e gocciola lentamente sul pavimento. Il Candido si gira verso di me ed io gli faccio un sorriso d’incoraggiamento.
Spero che scelga di diventare Intrepido.
Risponde al mio sorriso con un cenno del capo e, poco convinto, stende il braccio. Il suo sangue gocciola nell’acqua rossastra. Ha scelto gli Eruditi.
Rimango delusa dalla sua decisione, anche se non dovrei. Dovrei essere felice per lui, ma semplicemente non riesco a esserlo. Appena in quel momento mi rendo conto quanto volevo che lui scegliesse gli Intrepidi. Cerco di ripetermi che l’ho conosciuto appena ieri e che non posso in alcun modo essere triste della sua scelta, invece lo sono e non posso farci niente.
Osservo la sua schiena mentre si posiziona fra gli iniziati degli Eruditi che lo accolgono con un’alzata di spalle. Jeanine butta le braccia intorno al suo collo e, dietro le spalle di David, mi fissa con uno sguardo minaccioso. Sbuffo e mi giro dall’altra parte.
Mark Matthews, il padre di Jeanine, continua a chiamare i nomi degli altri ragazzi e tre Eruditi e due Candidi si uniscono al gruppo degli Intrepidi. Nella folla un figlio degli Intrepidi mi spinge e mi scontro contro uno dei tre ragazzi Eruditi, quasi finendo distesa sul pavimento.
“Sta attenta” esclama, sorreggendomi e aiutandomi a riposizionarmi in piedi.
Ha i capelli dello stesso colore della paglia e gli occhi azzurrissimi dietro le lenti degli occhiali. Le sue braccia sono calde e confortanti e il suo sorriso è terribilmente adorabile. Mentre lo osservo, noto che il blu della sua divisa risalta il colore dei suoi occhi.
“Scusami” dico.
Lui non riesce a sentire le mie scuse, perché degli Intrepidi che hanno deciso di rimanere nella loro fazione esultano ed escono dalla stanza. Decido di seguirli e nella confusione perdo di vista il ragazzo.
Scendiamo velocemente giù per le scale, spingendoci per vedere chi raggiunge per primo il piano terra. Le mie gambe battono contro gli scalini di cemento e i muscoli delle gambe cominciano a bruciarmi.
Solitamente i Pacifici hanno le braccia muscolose perché lavorano molto tempo in campagna, però non possono dire lo stesso delle gambe. Infatti, finisco con l’essere una delle ultime del gruppo insieme a un’Intrepida più bassa di me con i capelli rossi. Ha i capelli così ricci che le rimbalzano sulle spalle ogni volta che fa un passo.
“Come ti chiami?” mi chiede quando siamo fuori dall’edificio e ci dirigiamo verso i binari del treno.
“Rebecca, però puoi chiamarmi Becca.” Le parole mi escono difficilmente dalla bocca a causa del fiatone.
All’improvviso sentiamo il fischio del treno che si sta avvicinando. Ha i vagoni colorati di rosso e le porte sono spalancate affinché gli Intrepidi ci montino sopra. Le luci sui lati lampeggiano così forte che quasi mi accecano.
Delle macchioline nere mi vorticano intorno agli occhi e non riesco a mettere a fuoco quello che si trova di fronte a me. Sento vicino a me dei rumori di passi: probabilmente gli Intrepidi stanno montando sul treno. Il cuore comincia a battermi all’impazzata dal timore di non riprendere la vista in tempo per saltare e di diventare un’Esclusa.
Stupide luci.
“Afferra la mia mano” grida qualcuno, però non riesco a capire se si stia rivolgendo a me oppure a qualcun altro.
Comincio a correre alla cieca, sperando che la direzione che ho preso sia giusta, e sento una mano stringersi intorno alla mia spalla e a spingermi verso l’interno del vagone. Appena metto un piede sulla superficie di legno, cado distesa e faccio dei respiri profondi. Lentamente le macchioline nere scompaiono dalla mia visuale e mi giro verso la persona che mi sta ancora stringendo la spalla.
È il ragazzo biondo.
Sposta la mano dal mio corpo nel momento in cui vede la mia espressione confusa e si siede in fondo al vagone, il più possibile lontano da me. Non capisco perché abbia voluto salvarmi, però gli sono veramente debitrice.
Mi metto seduta vicino a un gruppetto di figli degli Intrepidi che stanno parlando fra loro e sorrido verso la sua direzione. Lui non mi vede, oppure non vuole vedermi, e continua a fissare il pavimento di quercia con un’espressione seria. Il vento gli scompiglia i capelli e sembra che lui abbia un’aureola intorno alla testa.
Il treno comincia a prendere velocità e un altro fischio fende l’aria, quasi distruggendomi i timpani. Attraverso le porte aperte, osservo la città in tutto il suo splendore. Il sole illumina gli alti palazzi di vetro e crea degli strani giochi di luce. Dietro gli edifici, riesco a vedere i grandi campi e gli alberi che mi hanno fatto da casa per sedici anni.
La sede dei Pacifici.
Penso ai miei genitori e all’espressione orgogliosa stampata sui loro volti quando ho deciso di diventare un’Intrepida. Probabilmente adesso stanno cercando di spiegare a Henry perché la sua sorellona non è tornata a casa insieme a loro. Spero con tutto il mio cuore che lui capisca e spero che loro siano fieri di avere una figlia come me.
Una figlia coraggiosa. Intrepida.

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Capitolo 4
*** Il salto ***


Il salto
Becca



Dopo aver saltato da un treno in corsa, penso che le sorprese della giornata siano finite. Invece, una donna sulla ventina ci attende sul tetto della sede degli Intrepidi con uno strano sorrisetto sulle labbra. Ha i capelli rossi tirati in un’alta coda e una piccola stella tatuata sulla guancia destra. Indossa una maglietta e un paio di pantaloni larghi, tutto completamente nero, e intorno alla cintura ha una pistola.
“Benvenuti, iniziati! Io sono Sam e sono una dei capifazione degli Intrepidi. Vedendovi, noto che tutti sono riusciti a raggiungere questo punto del viaggio. Non è mai successo nella storia della nostra fazione, quindi ritenetevi un gruppo forte e agguerrito”.
“Dacci un taglio, sorellona” grida la ragazza bassa dai capelli rossi. I figli degli Intrepidi cominciano a ridere, mentre gli iniziati esterni si guardano imbarazzati. Mentre osservo i miei compagni di avventura, l’Erudito dai capelli biondi sposta il suo sguardo su di me, l’espressione inespressiva, e io mi giro dall’altra parte.
Prometto di ringraziarlo il più presto possibile per avermi aiutato a salire sul treno.
Sam fa finta di non sentirla e continua il suo discorso. “L’ultimo ostacolo che dovete superare per raggiungere la sede degli Intrepidi è saltare dal cornicione del tetto per raggiungere l’entrata del nostro complesso residenziale. Chi si rifiuta di farlo, diventa immediatamente un Escluso. I primi a saltare saranno i trasfazione. Buona fortuna!”
“Cosa?!” esclama un Candido, la bocca aperta dallo stupore. “Volete che moriamo?”
Gli iniziati esterni si guardano fra di loro, impauriti, mentre i figli degli Intrepidi ci osservano con aria di superiorità, probabilmente perché sapevano cosa sarebbe successo in questo punto del viaggio. Cerco di non badare agli altri e mi avvicino al bordo del tetto, guardando verso il basso.
Mossa sbagliata.
Ho un leggero capogiro, seguito da un attacco di nausea, mentre osservo che mi trovo così in alto rispetto al terreno che non riesco a vedere il fondo della voragine. Faccio un passo all’indietro, allontanandomi il più possibile dal cornicione. Pensare di saltare da questa altezza è off limits per me.
All’improvviso una mano si appoggia sopra la mia spalla. Sussulto al contatto e mi volto, ritrovandomi a fissare un paio di occhi azzurri come il cielo muniti di occhiali. “Sei pronta per saltare?” mi chiede l’Erudito dai capelli biondi. C’è una punta di divertimento e di malizia nel tono della sua voce e un angolo della sua bocca si alza per formare un mezzo sorriso.
“Non proprio” affermo, sperando che dal tono della mia voce non si noti che sto per vomitare da un momento all’altro.
“Perfetto. Allora tu salterai con me”.
Prima di riuscire a controbattere, mi trovo in piedi sul bordo del tetto e tengo la mano destra stretta intorno alla sua. Il vento soffia tra i miei capelli, che nel frattempo si sono liberati dallo chignon e mi cadono lungo le spalle. Mi giro verso il gruppo di iniziati e noto che ognuno di loro ci osserva in silenzio.
“Al mio tre” urla l’Erudito, guardando davanti a sé. Faccio per liberarmi dalla sua presa e dirgli che non salterò da quel tetto neppure morta, quando la sua mano stringe ancora più forte le mie dita e il sangue non riesce più a circolarmi nel braccio.
“Uno”.
Il cuore comincia a battermi all’impazzata e serro le palpebre, lasciando che l’oscurità mi circonda.
“Due”.
Provo a liberarmi dalla sua presa un’ultima disperata volta, senza nessun risultato.
“Tre”.
Si lancia in avanti, trascinandomi con lui, e insieme precipitiamo nel vuoto. La caduta sembra durare in eterno e ogni millesimo di secondo mi ripeto che morirò e che non potrò più rivedere i miei genitori e Henry.
All’improvviso il mio corpo smette di fluttuare ed entra in contatto con qualcosa di ruvido che blocca la mia caduta. L’impatto mi mozza il fiato e sento che mi sono ammaccata la spalla destra. Il bruciore mi invade il braccio e un gemito sfugge dalle mie labbra, però facendo dei respiri profondi il dolore lentamente svanisce. Spalanco le palpebre e vedo il sole tramontare sopra di me.
Non sono morta. Miracolosamente ho ancora tutte le ossa al loro posto e il cuore mi batte ancora nella gabbia toracica.
“Vuoi una mano?” mi chiede l’Erudito, posizionando il palmo della mano sulla schiena per sorreggermi. Prima che io risponda, mi passa un braccio sotto le ginocchia e uno sotto la schiena e mi prende in braccio. Da quella posizione riesco a sentire il battito regolare del suo cuore e noto che non indossa più gli occhiali. Così i suoi occhi sembrano più azzurri e più vivi di prima.
“Che cosa fai?” esclamo, sorpresa.
Lui mi risponde con un sorriso divertito e mi accompagna fino a una piattaforma dove ci aspettano due ragazzi uguali come due gocce d’acqua. Hanno i capelli ricci e castani, una spirale nera tatuata sul braccio e le orecchie piene di piercing. Ognuno di loro indossa una camicia e dalle tasche dei loro pantaloni spuntano dei manici di coltelli. I due ci guardano con un’espressione stupita sul volto.
“Due iniziati che saltano insieme?” dice il ragazzo alla destra con voce sprezzante.
“Non è mai successo prima d’ora” afferma l’altro. “Comunque, io sono Jack e lui è mio fratello gemello Martin. Noi ci occupiamo dell’allenamento degli iniziati, per questo ci vedrete molto spesso in giro. Come vi chiamate?”
“Ben” risponde l’Erudito, stringendo la presa intorno al mio corpo mentre io mi dimeno per liberarmi. Non voglio che i nostri nuovi allenatori mi vedano come una pappamolla che ha bisogno di aiuto per stare in piedi.
“Io sono Becca.” Riesco a liberare una gamba dal suo braccio e appoggio il palmo della mia mano sul suo torace per allontanarlo. Lui scuote la testa, però cede alle mie pressioni e in un movimento fluido mi appoggia sul pavimento di legno.
Dietro di noi sentiamo delle urla e ci giriamo, vedendo gli altri iniziati sbattere contro la rete e raggiungerci sulla piattaforma. Tra le facce noto la testa rossa piena di ricci dell’Intrepida; appena incrocio il suo sguardo, lei si gira dall’altra parte.
“Diamo l’annuncio?” chiede Martin.
“Certo!” risponde Jack, facendo un profondo respiro prima di urlare insieme a suo fratello. “Primi a saltare: Becca e Ben!”
 

***

 
Noi trasfazione (in totale sette ragazzi fra i quali io e Ben) seguiamo Jack lungo uno stretto passaggio di pietra. Camminiamo nel buio in completo silenzio finché Jack non apre una doppia porta a spinta, molto simile a quelle antincendio.
“Questo è il Pozzo” afferma.
“Wow” esclama una Candida.
Guardo dietro di loro e vedo una grotta così grande che potrebbe contenere un palazzo a tre piani. Sulle pareti ci sono delle piccole caverne che sono collegate fra loro tramite corridoi e gradini scavati nella roccia. Non ci sono protezioni ai bordi, quindi non so come i bambini o gli anziani riescano a spostarsi da una parte all’altra. Il soffitto, invece, è fatto di vetro e riesco a scorgerci un pezzo di cielo. Il sole è tramontato da un pezzo e al suo posto c’è la luna che brilla nel cielo stellato.
“Chissà come sono riusciti a costruire un posto del genere” afferma Ben accanto a me.
Annuisco continuando a fissare i cunicoli e le pareti per non scordare niente di questo posto. In un angolo vedo un fiume che scorre rapidamente a un paio di metri sotto il pavimento della caverna e che provoca alti schizzi.
“Venite! Adesso è ora di cena!” esclama Jack mentre ci accompagna in una sala enorme con file e file di tavoli. Il luogo è gremito di Intrepidi che parlano e corrono da una parte all’altra della stanza e, appena ci vedono, sorridono e applaudono per accoglierci.
In questo momento il loro comportamento mi ricorda molto quello della mia fazione d’origine e mi sto chiedendo cosa stia facendo la mia famiglia in questo momento. Probabilmente i miei genitori stanno raccontando a Henry la sua favola della buonanotte preferita oppure gli stanno cantando la canzone della luna, una ninnanna molto conosciuta fra i Pacifici.
“Sedetevi dove volete. Dopo aver mangiato, vi accompagnerò ai vostri alloggi” afferma Jack.
“Secondo voi cosa mangeremo? Spero di non essere costretta a mangiare carne, perché io sono vegetariana. Riuscite a capire il mio disagio?” domanda una Candida dalla pelle olivastra e dai capelli scurissimi a me e a Ben mentre ci sediamo intorno al primo tavolo libero che vediamo. Ha parlato così velocemente che mi sorprendo di aver capito tutto quello che ha detto. Mi siedo accanto all’Erudito mentre la Candida si posiziona di fronte a noi.
Nel frattempo un’Intrepida piena di piercing sul naso e sulle labbra ci consegna un vassoio pieno di tramezzini di diversi tipi. Ne afferro uno e vedo che è fatto di formaggio cheddar, fette di pomodoro, tonno e maionese. Ne do un morso e il sapore di tutti quegli ingredienti fa ballare le mie papille gustative.
Quando facevo parte dei Pacifici, i nostri pasti consistevano spesso in pane, insalata, zuppa, macedonia di frutta e verdure bollite. Non potevamo mangiare la carne, il pesce e i derivati dagli animali e, per questo motivo, da piccola mi chiedevo spesso che gusto avessero.
“Allora, voi siete Ben e Becca. Quello che avete fatto, saltando dal tetto, è stato stupefacente” afferma la Candida, mangiucchiando il suo tramezzino con foglie di insalata, mais e maionese. “Io sono Margaret Reys e provengo dai Candidi, come potete capire dai miei vestiti neri e bianchi. Qui è molto diverso dalla mia vecchia fazione perché non abbiamo l’abitudine di…”
Non la sto ascoltando più perché un’idea passa attraverso la mia mente.
“Conosci forse un ragazzo chiamato David Morgan? Dovrebbe far parte della tua fazione” la interrompo, la curiosità di scoprire qualcosa su di lui che mi sta uccidendo.
“David Morgan, dici? Fammici pensare”. Margaret si porta una mano sotto il mento con fare intellettuale e chiude le palpebre per concentrarsi. Io la sto fissando con insistenza aspettando la sua risposta, mentre Ben mi lancia uno sguardo confuso. Quando la Candida riapre gli occhi, dal suo sguardo capisco che non ne sa niente. “Mi dispiace, ma non ho mai sentito questo nome. Siamo tanti fra i Candidi, quindi è molto difficile che tutti conoscano tutti”.
Annuisco con la testa, cercando di reprimere la tristezza che mi assale, e fisso le mie scarpe rosse.
“Comunque, quello che è successo sul tetto non è stato niente di ché” dice Ben accanto a me, appoggiando casualmente la mano sul mio braccio. Il suo palmo è caldo e confortante e mi ricorda i secondi passati sul bordo del cornicione prima di buttarci nel vuoto.
“No, niente di ché. Mi hai solo trascinato nel tuo piano suicida senza il mio permesso. Cose che mi succedono tutti i giorni, insomma” affermo con tono sarcastico.
Come risposta al mio commento, Ben mi sorride e i suoi occhi brillano.
“Riesci a vedere bene anche senza gli occhiali?” gli chiedo improvvisamente, non riuscendo a reprimere la mia curiosità.
L’Erudito si porta la mano che era appoggiata sul mio braccio verso la sua faccia come a verificare se avesse ancora gli occhiali e, rendendosi conto che non li ha addosso, fa spallucce. “Li portavo soltanto perché è una tradizione della mia vecchia fazione. In teoria, a me non servivano perché ho la vista perfetta”.
Margaret aggrotta le sopracciglia fa un’espressione sconcertata. “Allora perché te li facevano indossare? Se avessero costretto a me di portare gli occhiali, ci sarei montata sopra e gli avrei rotti in mille pezzi”.
Ben fa di nuovo spallucce e dà un morso al suo tramezzino. Anch’io riprendo a mangiare, mentre la Candida continua a blaterare: “Fino ad adesso non ho parlato con nessuno perché mi intimorisce parlare con i figli degli Intrepidi. Non avete anche voi la sensazione di non sapere niente di questa fazione in confronto a loro?”
“Beh, sicuramente loro sanno più cose di noi riguardo a questa iniziazione, però credo che certe parti siano oscure sia per loro che per noi” rispondo, girandomi verso gli iniziati interni che sono appena entrati nella mensa guidati dal loro mentore, Martin.
Appena lo faccio, noto che l’Intrepida dai capelli rossi si sta dirigendo verso il nostro tavolo e sta scherzando con due ragazzi accanto a lei. Mentre passa di fianco a noi, mi dà una spallata che mi fa cadere il tramezzino sul pavimento.
“Ops, scusa. Non ti avevo vista a causa di tutte quelle nullità sedute intorno al tuo tavolo. Ci vediamo” dice con un tono di voce pieno di falsa gentilezza. Vorrei darle un pugno in piena faccia, un’azione poco caratteristica dei Pacifici, però mi trattengo e decido di scrollare le spalle come se non mi importasse niente di quello che dice. Lei e i due ragazzi si allontanano e si siedono a un tavolo dall’altra parte della mensa e cominciano a chiacchierare con delle ragazze e dei ragazzi un po’ più vecchi, forse ventenni.
“Quella è un’antipatica di prima categoria” afferma Margaret, prendendo un altro tramezzino dal vassoio e ispezionandolo per cercare tracce di carne. Poi, non trovando niente, ne dà un piccolo morso.
Ben annuisce, però fissa il pavimento senza degnarci di uno sguardo.
“Fantastico. Non sono neanche un’ora nella sede degli Intrepidi e già qualcuno mi odia. Cosa potrebbe esserci di peggio?”
Ho parlato troppo presto.


Note dell'autrice:
Scusatemi per l'enorme ritardo, ma questo capitolo è stato un parto: l'ho riscritto tre volte e ancora non mi convince. Il prossimo capitolo, che dovrei pubblicare fra due settimane (sperando che non ci siano contrattempi), è sotto il punto di vista di David/Ryan.
Grazie a quelli che hanno messo la mia storia fra le preferite e le seguite. Significa tantissimo per me :)
Passo e chiudo.

Shadowhunter

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Capitolo 5
*** Aula B16 ***


Aula B16
David



Non so cosa mi sia passato per la testa quando ho deciso di far cadere il mio sangue nella coppa degli Eruditi. Credo di aver fatto lo sbaglio peggiore della mia vita, peggiore di quando ho deciso a undici anni di saltare sul treno degli Intrepidi. Quella volta la mia decisione mi è costata una caviglia slogata e un polso rotto, mentre adesso ho praticamente scritto da solo la mia condanna a morte.
Fortunato, eh?
“Buongiorno, iniziati. Questa mattina frequenterete la vostra prima lezione di chimica e stasera vi valuteremo singolarmente su quello che avete appreso durante la giornata. Essere un Erudito significa essere preparati a diffondere le proprie conoscenze nelle altre fazioni in qualunque momento, quindi vi potranno essere poste delle domande per tutto l’arco del giorno. Se non vi sentite in grado di ricoprire questo ruolo, siete pregati di andarvene” afferma con voce gelida Mark Matthews prima di uscire dalla Stanza delle Riunioni, luogo di incontro dove gli Eruditi chiacchierano e giocano a scacchi.
Nessuno degli iniziati (in totale diciannove fra figli degli Eruditi e trasfazione) ha il coraggio di aprire bocca, neppure Jeanine e il suo gruppo di amici. Tutti rimaniamo zitti e ci lanciamo occhiate preoccupate. Sappiamo con certezza che, nel momento in cui si risponde in modo sbagliato a una domanda, si ha grosse probabilità di essere cacciati e di diventare Esclusi.
Perché mi sono cacciato in questo posto? Mi è andato di volta il cervello?
“Seguitemi” afferma il nostro mentore, una vecchietta con i capelli bianchi e gli occhiali viola che le coprono tutta la faccia. Dobbiamo rigorosamente chiamarla professoressa Gibbins ed è un vero incubo: il primo giorno ha mandato a casa due Abneganti e un Pacifico perché non li riteneva degni di entrare nella sede degli Eruditi.
Usciamo silenziosamente dalla stanza, prendiamo l’ascensore di vetro e saliamo verso il settimo piano. Io sono incastrato tra Olive, un’Abnegante, e Cosmo, un Candido. Ieri quest’ultimo mi ha chiesto se ci siamo mai incontrati nella sede dei Candidi e io ho risposto facendo spallucce e nascondendo il viso dietro un libro affinché non continuasse a farmi domande.
Arrivati, imbocchiamo il corridoio alla nostra destra ed entriamo nell’aula B16. La stanza è enorme e ci sono file su file di sedie e banchi disposti ordinatamente. Di fronte alla lavagna nera si trova un ragazzo dai capelli rossi che ci dà le spalle e che sta scrivendo con il gesso svariati numeri e simboli chimici.
“Sedetevi” ci ordina, rivolgendoci ancora la schiena.
Tutti cominciano a prendere posto in silenzio, tranne la professoressa Gibbins che rimane in piedi accanto la porta e che ci osserva come un falco osserva le sue prede. Nel momento in cui posa lo sguardo su di me, sussulto e un brivido mi scorre lungo la spina dorsale.
Quella donna mi spaventa come nessuno al mondo.
“Pronto per la lezione di oggi, Dave?” mi chiede Jeanine, sedendosi a un banco in prima fila. Oggi indossa una gonna esageratamente corta e una blusa bianca semitrasparente. Quando faccio per risponderle con una scrollata di spalle, il ragazzo dai capelli rossi si gira.
È Cameron.
Appena mi nota, un’espressione preoccupata compare sul suo volto e mi fa un leggero cenno con la testa di sedermi insieme agli altri. In questo momento sembra più serio e severo rispetto alla prima volta che l’ho incontrato. Mi guardo intorno e prendo posto nel primo banco libero che vedo. Accanto a me Cosmo ha cominciato a scarabocchiare qualcosa sul banco con la penna, probabilmente alcune costellazioni: lo fa in qualunque momento libero.
Se il suo nome non fosse Cosmo, probabilmente sarei sorpreso da questa sua stranezza.
“Benvenuti alla vostra prima lezione di chimica. Io sono Cameron Blue e sono uno dei cinque capifazione degli Eruditi, oltre che il vostro insegnante durante tutto il periodo dell’iniziazione. Oggi partiremo con le basi e, chi riuscirà a superare il test di stasera, potrà approfondire le sue conoscenze nei prossimi giorni. Professoressa Gibbins, può distribuire i libri agli iniziati?” dice, indicando una pila di tomi sulla cattedra di fronte a lui.
La professoressa borbotta qualcosa a bassa voce e comincia a consegnarceli, mentre Cameron continua a scrivere la sua serie di numeri sulla lavagna. Appena ricevo il mio libro, lo apro sulla prima pagina e leggo:
Le equazioni chimiche rappresentano dal punto di vista qualitativo e quantitativo le trasformazioni chimiche.
Fisso la pagina con uno sguardo confuso e scrollo il capo.
Sarà più difficile di quello che pensavo.
 

***

 
“David, posso parlarti per un momento?” mi domanda Cameron alla fine della lezione.
Mi fermo con un piede oltre l’uscio e mi giro, trovandomi di fronte lo sguardo serio del mio insegnante fisso su di me. Mentre mi dirigo verso la cattedra, la gola mi diventa improvvisamente secca e non riesco più a deglutire.
Non so perché, ma ho uno strano presentimento che questo discorso non mi piacerà per niente.
“Puoi chiudere la porta dietro di te?” mi chiede.
Faccio quello che mi è stato richiesto e prendo di nuovo posto di fronte a Cameron che, senza spostare lo sguardo dal plico di fogli di fronte a sé, inizia a parlare.
“Ti ricordi quello che ti ho detto quel giorno ai Livelli Superiori? Che hai una predisposizione sia per gli Intrepidi che per gli Eruditi? Che sei l’eccezione alla regola?” Non faccio in tempo ad aprire la bocca per formulare una risposta che lui ricomincia il discorso. “Cercando fra gli archivi segreti degli Eruditi, ho trovato delle informazioni che possono interessarti.”
Cameron estrae un fascicolo polveroso dal mucchio di fogli e me lo porge. Lo afferro, la mano che mi trema leggermente, e fisso il titolo scritto in blu sulla copertina.
Divergenza.
“Che significa?” chiedo, cominciando a tormentare il cinturino dell’orologio che mi ha regalato Anne prima che io partissi per i Livelli Superiori, un mio gesto nervoso.
Qualunque sia il significato di quella parola, sono sicuro che non porta nulla di buono.
Cameron fa un respiro profondo. “Essere divergenti significa avere la mente che si muove in diverse direzioni, che non si sofferma soltanto su un modo di vivere ma si estende verso diversi fronti. Essere divergenti praticamente ha lo stesso significato di essere liberi, di non poter essere controllati dalla società.”
“È un bene o un male?” domando, la gola che mi è diventata secca come un deserto.
“Dipende dai punti di vista. In certi sensi i divergenti sono una spanna più in alto rispetto agli abitanti delle fazioni. In altri sono un pericolo per la nostra società perché, come ti ho detto prima, non possono essere controllati in nessun modo.” Cameron sposta lo sguardo verso di me e il suo volto è inespressivo.
“Come mai credi che io sia un divergente?”
“Un divergente è una persona che è capace di far parte di più fazioni, non soltanto di una sola. Tu sei diviso fra gli Intrepidi e gli Eruditi, una caratteristica più unica che rara. Soltanto una persona era come te, un ragazzo proveniente dagli Abneganti.”
“Cos’è successo a lui?” Un migliaio di domande senza risposta mi stanno frullando nella mente e non riesco a trattenermi dal formularle.
Dal viso di Cameron capisco che la storia non va esattamente a finire bene. “Tre anni fa questo ragazzo ha fatto il Test Attitudinale e il suo risultato è stato incerto come il tuo, solo che lui aveva una predisposizione per tre diverse fazioni. Appena ha visto i risultati, la Candida che ha sorvegliato il suo test ha riferito immediatamente agli Eruditi ciò che è accaduto. Il ragazzo è stato portato qui, nella sede degli Eruditi, e in questo fascicolo sono descritti tutti i test che hanno fatto su di lui.”
“Che tipo di test?”
Il mio cuore ha saltato un paio di battiti.
“Test che mi fanno vergognare di essere un Erudito” risponde secco.
Un silenzio tombale inonda la stanza mentre ricomincio a tormentare il mio orologio e Cameron mette a posto i fogli sulla cattedra. Prima ero un Escluso, isolato dal resto del mondo, mentre adesso sono un divergente, uno scherzo della natura.
Perché non posso essere normale?
“Cosa mi succederà adesso? Diventerò anch’io una cavia da laboratorio?”
“Sinceramente? Non lo so. È la prima volta che non so che fare perché non voglio che facciano dei test su di te, anche se è l’unico modo per scoprire chi sei veramente. Nel fascicolo sono riportati alcuni risultati delle analisi che hanno fatto a quel ragazzo e certi dati sembrano preoccupanti. Dice persino che i divergenti non possono essere messi sotto nessun tipo di simulazione. E, se te lo stai chiedendo, è una cosa grave.”
“Quindi non andrai a dire a nessuno che sono un divergente?”
Cameron mi fissa negli occhi e noto che nel suo sguardo c'è una leggera traccia di preoccupazione. “Per il momento no. Non voglio affrontare subito questo argomento con il signor Matthews perché voglio capirci qualcosa di più da solo. Comunque, ti conviene andare perché la professoressa Gibbins ti starà sicuramente aspettando in mensa per il pranzo.”
Annuisco ed esco velocemente dall’aula B16, lasciandomi dietro Cameron e le sue parole.
 

***

 
“Bel orologio” afferma Jeanine sedendosi accanto a me nella Stanza delle Riunioni dopo pranzo insieme a una sua amica. Quest’ultima ha la pelle olivastra e sembra più giovane di noi di un paio di anni. Ha i capelli e gli occhi neri come l’inchiostro e la mascella pronunciata. Come gli altri Eruditi, indossa gli occhiali e un vestito di diverse tonalità di blu. “Comunque, lei è la mia amica Evelyn e il prossimo anno parteciperà alla Cerimonia della Scelta.”
Sposto lo sguardo dall’orologio, interrompendo i miei pensieri riguardanti la mia divergenza, e sorrido cortesemente nella direzione di Evelyn. “Piacere di conoscerti. Io sono David.”
“Lo so. Jeanine mi ha parlato spesso di te. Vuoi venire con noi all’Aula Multimediale? Andiamo a guardare un film tridimensionale che ha trovato Jeanine fra le cose di suo padre” mi invita.
Scrollo il capo e indico i libri di fronte a me. “Pensavo di ripassare gli argomenti di chimica prima del test di stasera, giusto per essere sicuro di ricordarmi tutto.”
“Sono convinta che tu sappia tutto alla perfezione. Dai, cosa ti costa venire con noi?” mi domanda Jeanine, sbattendo le ciglia incredibilmente lunghe dietro le lenti degli occhiali, e sposta i volumi lontano da me con un movimento brusco del braccio. I tomi finiscono sul pavimento, attirando l'attenzione di Cosmo e Olive. Il primo ha un’espressione confusa mentre la seconda lancia uno sguardo di puro disgusto verso Jeanine, ricordandomi la Pacifica che ho incontrato nei Livelli Superiori, Rebecca.
Non rispondendo all’invito, Jeanine ed Evelyn credono che il mio silenzio corrisponda a un sì e mi esortano ad alzarmi dalla sedia. Le seguo fuori dalla stanza contro la mia volontà e prendiamo l’ascensore. Appena raggiungiamo il terzo piano, ci dirigiamo verso una piccola stanza semioscura.
Evelyn comincia a maneggiare dei cavi collegati alla piattaforma grigia in mezzo alla sala e Jeanine ed io ci sediamo sulle sedie di fronte ad essa. Mentre aspettiamo che il film si avvii, mi sposto nervosamente sul posto mentre Jeanine mi lancia delle occhiate divertite e avvicina la sua sedia alla mia.
“Fatto!” urla Evelyn, sedendosi vicino alla sua amica mentre il film comincia.
La stanza viene inondata dalla musica e sopra la piattaforma compaiono i primi ologrammi. Questi ultimi hanno dei colori vivaci e rappresentano una foresta pluviale con delle specie di animali che non ho mai visto prima d’ora. Al solo sguardo rimango a bocca aperta.
Non ho mai sentito parlare di un film tridimensionale e avere la possibilità di guardarlo è un’esperienza incredibile.
“Di che cosa parla il film?” chiedo in un sussurro a nessuno in particolare mentre la voce del narratore fuoriesce dalle casse dietro e di fronte a noi e comincia a raccontare l’inizio della storia.
“Parla di un mondo fantastico abitato da una popolazione aliena dalla pelle blu e di un gruppo di militari che cercano di annientarli” mi risponde, gli occhi che non si spostano dagli ologrammi di fronte a noi.
Mentre guardiamo il film, Jeanine sposta la sedia sempre più vicino alla mia finché non è praticamente seduta sulle mie ginocchia. È così vicina che sento il suo respiro sul mio collo e, appena la guardo con la coda dell’occhio, noto che ha un sorriso malizioso stampato sul volto. Quando mi appoggia una mano sul braccio, mi sposto nervosamente sul posto e guardo l’orologio con la scusa di allontanarmi dalla sua presa.
Mancano due minuti all’inizio del test.
Sono fregato.


Nota dell'autrice:
Eccomi qui dopo due settimane esatte! Voglio ringraziare quelli che danno una possibilità a questa storia, recensendola e mettendola fra le preferite o le seguite. Cosa ne pensate dell'amicizia fra Jeanine Matthews ed Evelyn Johnson-Eaton? E il ritorno di Cameron?
Il prossimo aggiornamento è previsto fra due settimane.
Passo e chiudo.

Shadowhunter

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