Understanding(wash it all away) di FallenAngelsGoToHell (/viewuser.php?uid=494886)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Someday ***
Capitolo 2: *** Long road ***
Capitolo 3: *** Savin me ***
Capitolo 4: *** All the right reasons ***
Capitolo 1 *** Someday ***
Tears andd rain
Quanti giorni erano? Due, tre...forse quattro...o cinque? Non lo
sapeva. Sapeva solo che un velo di stanchezza si era posata su di lei.
E lei stoicamente resisteva. Non avrebbe ceduto nemmeno un istante, non
si sarebbe mostrata debole, perchè non lo era. Ma qualcosa
la
turbava. Erano solo sensazioni e per il momento era così,
ma...
-Basta Orube smettila.-pensò. Si guardò le mani
sulle
ginocchia per qualche istante e poi alzò lo sguardo.
Ovviamente
era ancora li. Dove pensava fosse andato? A trovare sua nonna?
Che razza di pensieri le affollavano la mente! Cedric stava
leggendo un libro, Orube non riusciva a vedere quale, e non
si
era accorto del suo sguardo. Bene. Molto bene, così lei
poteva
continuare a fissarlo. C'era sempre qualcosa di lui che sfuggiva
all'occhio attento di lei. Un particolare modo di tenere il libro, la
posizione sulla sedia, le rughe che si formavano sulla fronte per la
concentrazione. Si sentì scema a starsene li imbambolata.
Sì, una scema perfetta.
-Cosa leggi?- chiese improvvisamente. Lui alzò lentamente lo
sguardo dal libro. -L'ultimo giorno di un condannato-
-Bello?- chiese lei cercando di fare un qualche straccio di
conversazione. -Molto-rispose. Orube sospirò. Delle volte
era
davvero difficile fare un discorso con lui. C'erano dei giorni in cui
non diceva assolutamente niente. Niente! Un ragazzo lunatico. Come
dire, continuamente mestruato.
Soddisfatta di aver trovato la giusta definizione alla parola "Cedric"
sul dizionario, si alzò. La testa le faceva male, ma lei non
l'ascoltò. Non aveva molto da dire quel giorno. Sentiva solo
una
gran tristezza addosso e sapeva perchè. La maggior parte
delle
persone avrebbe detto con sufficenza: "ma è ovvio, sei
chiusa
qua dentro da giorni con l'ex luogotenente del tiranno di Meridian e
non hai un momento di riposo perchè devi tenere sotto
controllo
lui e il suo stramaledetto libro... ecc, ecc.", ma non era
così
per lei. Lei non era "la maggior parte delle persone". Non trovava
irritante la compagnia di Cedric. Alla fine si era abituata a lui.. Per
amore o per forza, ma lo aveva fatto.
-Perchè non vai a dormire un po'?- le chiese. Lei
sobbalzò. La voce del ragazzo l'aveva bruscamente riportata
alla
realtà. -Io devo stare qui. Devo controllare il libro e
anche te
caro, non pensare di imbrogliarmi- rispose con diastacco lei. -Oh come
siamo diffidenti oggi- le disse in modo canzonatorio. - Faccio bene il
mio lavoro- si giustificò. -Guarda che
non devi
prenderti una vacanza, solo finirai per non averne più per
nessuno se continui così. E poi a me piace la tua
compagnia, quindi non lo dico per farti andare via-.Continuò
con
noncuranza a leggere senza degnarla di uno sguardo, apparentemente
troppo preso dal libro. Non che, a suo parere, le dovesse
più
attenzioni. A lui sembrava una conversazione normale in un
momento normale. A lei no. Lei sapeva che le rimanevano solo i ricordi.
La sua breve infanzia prima di essere catapultata in un mondo
cattivo, dove la sopravvivenza era la lotta. Unica figura umana, quasi
materna , era stata Luba. L'adorava. Aveva odiato le guardiane per la
sua morte, ritenendole colpevoli di tutto ciò che le era
capitato. Era stata il suo appiglio nei momenti di disperazione,
sofferenza, sconforto. Ma questa volta non poteva contare su di lei.
Erano passati solo pochi mesi da quando aaveva appreso della morte di
suo padre. Mai una lacrima aveva solcato il suo viso. Voleva
dimostrarsi combattiva anche in quel momento. Voleva che lui fosse
orgoglioso di lei anche nella morte. Ma ora quando tutti i suoi
ricordi, per un motivo o per un altro convergevano li si sentiva
perduta. Sola come mai le era capitato prima. Pioveva fuori.
-Ovviamente- pensò - mai che le disgrazie vengano una alla
volta-. -Mi faccio un bagno- dichiarò alla fine. -Be,
potresti
andare a fare una passeggiata allora- disse Cedric con un sorriso. Lei
sorrise a sua volta e si avviò. -E fai attenzione alla
doccia-le
urlò di rimando. Orube si ritrovò a sorridere. La
storia
della doccia era stata davvero forte. Siccome lei usava il getto fisso
posizionato proprio sopra la testa non si era minimamente preoccupata
di verificare che l'ultimo che aveva fatto la doccia l'avesse pensata
come lei e non avesse aperto invece la doccia mobile, cosa che invece
Cedric aveva fatto. Bene, quando era andata per farsi un bagno la
doccia mobile era proprio puntata verso la sua faccia e non appena la
ragazza aprì l'acqua un potente getto la investì,
inondando il bagno. Ci misero due ore a pulire tutto ridendo come dei
deficenti. Cedric non si era minimamente arrabbiato anche se adesso
ogni scusa era buona per rinfacciarle la disavventura. Questa volta si
ricordò di controllare per poi infilarsi sotto il getto
d'acqua.
Non voleva nient'altro, solo starsene li sotto per sempre. Il suo per
sempre però durò circa quindici minuti. Una volra
fuori
sperò di sentirsi meglio, ma non fu proprio così.
Era
come se fosse stata invasa da un'ondata di tristezza liberatoria, di
quelle che non ti danno depressione, ma ti fanno piangere. Si
guardò allo specchio, si asciugò alla meglio e
fissò i suoi occhi in quelli dell'immagine riflessa. Non vi
scorgeva nulla. Voleva piangere. E allora pianse. Sperò che
Cedric non la sentisse. Sperò anche di fermarsi presto.
Purtroppo nulla di tutto ciò accadde. Si era vestita
piangendo,
quasi arrabbiata per quello che stava acccadendo, quando lo
sentì bussare. Nello stesso istante si sentì
mancare. Fra
il turbinio di pensieri che affollavano la sua mente uno si fece
immediatamente strada verso di lei -Cazzo!- pensò. -Orube va
tutto bene?- chiese Cedric nel tono più naturale possibile.
-Sì, sì- si affrettò a rispondere lei
-è
solo che...-. Non riuscì a finire la frase che
scoppiò in
singhiozzi. Allora lui entrò. Rimase interdetto da
ciò
che vide. Non appena lo sentì entrare si voltò a
fissarlo
con gli occhi pieni di lacrime. -Accidenti ma perchè tutte a
me
devono capitare!- pensò. Improvvisamente un'ondata di
malessere
la invase e la costrinse ad accasciarsi a terra. Scoppiò di
nuovo a piangere sotto gli occhi attoniti di lui. Cedric le si
avvicinò. Allungò una mano per sfiorarla,
calmarla. A
quel tocco quel briciolo di autocontrollo e di dignità che
la
ragazza credeva di aver rimasto sparirono del tutto. Si
aggrappò
immediatamente alla camicia di lui. Lui la strinse con il cuore che
batteva a mille. Rimasero così per un tempo indefinito. Poi
lei,
dopo avergli inzuppato a dovere la camicia di lacrime, si
addormentò. -Finalmente, non credevo fosse possibile-
pensò Cedric. La portò nella sua stanza e la
stese sul
letto. Era sfinita. La osservò per un po'. Poi
immediatamente si
riscosse da quella situazione ridicola. -Ma come cavolo sono
inquadrato?!- si chiese. La lasciò li e decise si tornare
alle
sue occupazioni.
Fuori pioveva. Piangeva anche il cielo.
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Capitolo 2 *** Long road ***
Capitolo 2 tears and rain
Dovevano essere le sei. Ma non di mattino di pomeriggio.
La luce che filtrava dalle tende non perfettamente chiuse aveva lievi
sfumature rossastre. Il vento fresco dalla finestra andava a tormentare
i suoi capelli, portando con sè l'aroma della terra bagnata
mista a foglie
secche. Doveva aver piovuto fino a pochi istanti prima. Accorgendosi di
starsi svegliando, strinse maggiormente il cuscino e
contemporaneamente anche gli occhi.
-Non adesso per favore. Ancora un attimo, solo un...-
Un rumore
secco. Passi vicino a lei. Si alzò a sedere di scatto,
ricettiva
nonostante il mal di testa, che ancora percepiva vivo e pulsante. Non
appena gettò una veloce acchiata alla stanza
sentì i
muscoli irrigidirsi: non la riconosceva. -Ma dove accidenti...-. Poi
ricordò tutto. Suo padre, Luba, la doccia, Cedric, le
lacrime e
... Cedric? Rivolse alla sua immagine riflessa nello specchio
dell'armadio a muro uno sguardo contrariato.
-Accidenti!-
pensò,-con che faccia lo guarderò d'ora in
avanti?
L'integerrima Orube, che si assume la responsabilità, il
dovere
di conrollarlo, alla fine scoppia a piangere davanti a lui e si ritrova
a dormire nel suo letto... Ma poi come ci sono finita qui?
Ricordo che piangevo, poi è arrivato lui e io... mi sono
addormentata... - I suoi pensieri
vennero interrotti da una maniglia che si apriva.
-Temevo che non ti svegliassi più-disse la
figura dalla lunga chioma bionda.
-E invece...-rispose lei con ostentata indifferenza.
-Be meno male, perchè io non ce la facevo più a
intrattenerla da solo- affermò con sguardo esasperato. Le
fece
cenno di alzarsi con una mano, mentre con l'altra le tenne
aperta
la porta. La ragazza cercò di mettersi in piedi, ma un
violento
giramento di testa le fece perdere l'equilibrio e rischiare di cadere a
terra.
Cedric volle avvicinarsi, ma lei gli fece segno di starsene li.
L'ultima
cosa che voleva era andare di la aggrappata a lui. Si rimise in
piedi e con passo orgoglioso, sebbene malfermo, raggiunse la stretta
stanza dove si era incastrato il libro magico.
-Orube!Ma...come stai? Che ti è successo?-. La detentrice
del
cuore di Kandrakar le mostrò un volto preoccupato. Non
riusciva
a ricordare se l'avesse mai vista così debilitata, forse
proprio
perchè non era mai successo.
-Non è nulla ho avuto... un leggero mal di testa tutto
qui...-.
Ad ogni parola cercava di mantenersi sicura di sè e dar
prova di
stare perfettamente bene. Ma soprattutto evitava come la peste lo
sguardo di Cedric. Si sentiva troppo imbarazzata e altrettanto debole
per riuscire a puntare i suoi occhi in quelli del ragazzo o anche solo
scambiare due parole con lui. Una parte di sè stava
ancora
dormendo, un'altra era sprofondata dalla vergogna... sì, si
può affermare con certezza che Orube era nettamente
distratta,
tanto che cercando di concentrarsi sull'obbiettivo "risultare normale",
non stava minimamente ascoltando Will.
-Scusa come?-chiese. Mentalmente si diede dell'imbecille.
-Ho detto che Kandrakar mi ha contattato. Hanno bisogno di te.
L'oracolo non mi ha voluto spiegare la situazione, ma ci dovrebbero
essere dei problemini per quanto riguarda la sicurezza
all'esterno della fortezza o
una cosa del genere-. Poi rivolta verso Cedric-I tiranni purtroppo
proliferano in parecchi mondi-
Il ragazzo le rivolse uno sguardo, che
lasciava trasparire superiorità mista a
indifferenza, come
se non si sentisse minimamente toccato dalle sue parole.
-Va bene, ma perchè l'oracolo non ha contattato me
mentalmente,
piuttosto che servirsi di te?- chiese cercando di interrompere quella
serie di sguardi assassini.
-Penso che, essendo i tuoi poteri psichici deboli, non abbia voluto
forzarti- rispose la rossa soprapensiero.
-Risposta ragionevole-pensò Orube, anche
se lei avrebbe velocemente obbiettato che non c'era bisogno di
preoccuparsi tanto per la sua salute, ma detto in quella situazione
sarebbe sembrato paradossale, perciò rimase in silenzio.
-Ma io devo rimanere...- provò a spiegare, ma Will la
interruppe.
-Non devi assolutamente preoccuparti. Assieme a
questo
viscido essere rimarrò io per tutto il tempo necessario. Mia
madre è fuori per lavoro e Dean non ha il compito di
sorvegliarmi, perciò posso timbrare io il cartellino per
te!- le
rispose con un gran sorriso.
-Oh be... grazie...- e improvvisamente si sentì davvero
rinfrancata. Era trascorso molto tempo da quando non aveva
più
lavorato direttamente per Kandrakar e questo le provocò una
scarica di adrenalina. Sentì quanto le mancasse
la lotta a mani nude, l'azione sul campo e la bellezza dei mondi
extraterrestri. Non che la Terra non fosse affascinante, ma i luoghi
della sua gioventù erano tutt'altro. Comunque qualsiasi
cosa piuttosto che rimanere da sola con Cedric e in balia dei suoi
pensieri.
Kandrakar
Il passaggio da un mondo all'altro durò qualche breve
istante.
In un attimo una luce rosa si sprigionò dal monile che la
guardiana custodiva gelosamente dentro di sè e
risucchiò
la giovane guerriera. L'imponente costruzione che si stagliava al
centro dell'infinito indicò la fine del viaggio.
Le bianche mura e le scintillanti vette che risplendevano al sole
ricordarono a Orube i momenti passati li dentro a combattere, a lottare
per la difesa di quel luogo sacro o semplicemente a trovare conforto.
L'oracolo poteva essere un alleato prezioso nei momenti più
difficili. La telepatia era molto utile per capire fin nel
profondo le persone e soprattutto aiutarle a dar sfogo ad ogni pensiero.
Tante volte Orube aveva sentito il bisogno di rifugiarsi all'interno di
quel palazzo e camminare per ore e ore con Himerish, sempre disponibile
a passare del tempo assieme a lei.
Conosceva quella ragazza e sapeva che se chiedeva consiglio era per
questioni importanti riguardanti lei o l'universo.
Non averla più al suo fianco, molte volte gli
velava gli
occhi di tristezza. Aveva svolto altri compiti per lui, si era
sempre
dimostrata obbediente, sebbene avesse opposto resistenza alla sua nuova
vita terrestre, e non aveva mai mancato di dargli soddisfazione.
Pensava che un ritorno alla sua terra sarebbe stato un giusto premio
per lei, dopotutto le WITCH erano in cinque e sorvegliare
Cedric
era un compito a cui potevano assolvere da sole.
Una volta assunto il suo normale aspetto, che culminava con delle
particolari orecchie a punta, Orube si diresse lentamente verso la sala
che accoglieva il triumvirato. Nulla era cambiato in quel
posto millenario, abitato sempre dalle stesse persone, le quali, con
lui formavano un'unità indissolubile. Le venne da chedersi
per
quale motivo era così urgente la sua presenza. Riconosceva,
con
una punta di orgoglio, di essere la migliore guerrira, che avesse mai
prestato sevizio a Kandrakar. Certo Basiliade aveva sempre messo a
disposizione i suoi uomini per la difesa del luogo più
importante dell'universo, ma in pochi avevano deciso, prima di lei, di
essere al suo totale servizio. Molti rimasero ad insegnare ai
giardini di addestramento, ebberouna famiglia o semplicemente si
occuparono di problemi riguardanti il mantenimento dell'ordine in altri
mondi. Tutte cose che garantivano più libertà,
meno
restrizioni, soprattutto per chi aveva dei figli. Il lavoro era
comunque duro e pericoloso, ma non comportava l'accettazione di
particolari regole da rispettare e sballottamenti da un posto
all'altro.
-Invece io ormai non ho più nessun legame...-
pensò con amarezza, ma si riebbe immediatamente.
-Accidenti Orube. L'oracolo ha chiesto il tuo aiuto, non quello di una
piagnona, perciò muoviti e concentrati... e non pensare- si
disse mentalmente.
Varcata la soglia i tre saggi le si fecero incontro con un pacato, ma
estremamente cortese sorriso di benvenuto.
-Orube, mia cara amica!- la salutò con calore
l'oracolo-deisderavo immensamente rivederti!-
-Siamo davvero felici di poterti riavere qui fra noi, almeno per il
breve periodo del tuo incarico-le disse Yan-Lin con calore.
Endarno la osservava un po' più distante rispetto agli
altri, ma
nonostante il fiero portamento, anche lui, dentro di sè,
gioiva
nel saperela di nuovo li.
Era orgoglioso di quella ragazza sua
compatriota, che aveva dato lustro tante volte alla sua terra
d'origine grazie agli incarichi portati a termine con incredibile
bravura, che lasciavano il posto ad altri di maggiore fiducia. In
qualche modo l'aveva vista crescere sotto le cure e gli insegnamenti di
Luba, potendosi avvalere, qualche volta, del privilegio di farle lui
stesso da maestro. Conosceva la sua vita meglio di molti altri e le era
stato a fianco un paio di volte sul campo di battaglia, prima di far
parte dei saggi di Kandrakar.
Con una certa nostalgia, gli sovvenne il
violento scontro nel quale aveva dovuto affrontare i ribelli della
regina Miriadel nella lontana Decrinia. Si trovava li come
sovrintendente delle truppe reali e oltre a lui vennero
mandati altri tre guerrieri: Asber, un ragazzo molto giovane,
che
era stato decorato sul campo per importanti azioni militari, Lavinia,
esperta in arti magiche oltre che nel combattimento a mani nude, gli
era stata presentata come una risorsa preziosa, e infine Orube,
promettente guerriera, che aveva appena terminato la sua preparazione
nel giardino dei Due Soli. Di solito non vengono mandati ragazzi
così inesperti e anche Luba non si era dimostrata proprio
favorevole alla proposta che la sua allieva prediletta potesse finire
la sua cariera prima ancora di averla cominciata. Ma era stata la
stessa ragazza a desiderare di partecipare alla guerra e alla fine
ottenne ciò che voleva. Endarno capì subito che
non era
una guerriera qualunque: aveva una capacità di adattamento
non
indifferente, un acume e un'intellgenza invidiabili nell'elaborare
informazioni, ma soprattutto non discuteva mai gli ordini. Questa era
una dote molto apprezzata dal saggio e che sapeva le sarebbe tornata
molto utile.
Ma i suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dalle parole
dell'oracolo.
-Amica mia, sappiamo che tu come le tue giovani amiche state, secondo
un
mio preciso ordine, sorvegliando Cedric durante la sua riabilitazione
sulla Terra, ma ho bisogno di te. Disordini improvvisi stanno
minacciando da un po' di tempo il tranquillo popolo di Galanor. Su
questo pianeta, in una dimensione parallela alla nostra,
l'improvvisa morte della sovrana Karen ha portato velocemente al trono
l'unico parente a lei rimasto: suo cugino Adrian, importante
diplomatico del regno-
Così dicendo l'oracolo si spostò davanti ad una
enorme
finestra arcuata, perdendo lo sguardo fra le nuvole che
costeggiavano la fortezza. Con le mani iniziò a
modellare
una nuvola, che aveva fatto capolino da dietro a un pilastro.
Velocemente i soffici filamenti diedero forma ad un viso allungato,
decisamente piacente, ma incorniciato da minuscole squame.
-E' lui?- domandò la ragazza.
-Non credo che tu abbia mai avuto occasione di fare la sua conoscenza,
comunque non c'è molto da dire: più che un
diplomatico di
Galanor è un diplomatico di se stesso, ed ora è
re. La
situazione già instabile prima della morte della regina, a
causa
della mancanza di un erede diretto, si è fatta catastrofica.
Il
popolo è in continua sommossa: ritiene che Adrian non sia
altro
che un usurpatore indegno di sedere sul trono e lo accusano di aver
provocato lui stesso la morte della sovrana. Come se non
bastasse
sono sorti gruppi di fanatici che inneggiano al re, convinti che
questo servilismo permetterà loro di godere di
maggiori
privilegi.
Il compito che ti affido è recarti laggiù come
capitano
delle guardie e vedere di sedare le rivolte che stanno devastando
quella terra. Confido che lo farai nella maniera migliore possibile-.
Detto questo le rivolse un sincero sorriso. Yan-Lin e Endarno non
avevano proferito parola e questo disorientò non poco Orube.
Perchè non parlavano? Inoltre c'era qualcosa che non
quadrava
nell'incarico che le era appena stato affidato.
-Oracolo io non...- comiciò, ma venne bruscamente interrotta
da un saggio, che irruppe nella stanza.
-Oracolo l'ambasciatore di... Oh chiedo perdono, non volevo
interrompere nulla...-
-Non preoccuparti amico mio, avevamo appena terminato. Sì,
mi
aspettavo questa visita. Orube noi ci lasciamo qui per oggi. Sono
desolato di non poterti dedicare più tempo. Endarno credo
servirà anche la tua presenza-.
Detto questo si rivolge nuovamente alla ragazza-Ci rivedremo
prima della tua partenza- le disse sorridendo cortese. E i tre saggi
sparirono oltre il varco d'accesso.
Orube era basita. Non poteva credere di aver appena ricevuto un tale
incarico, proprio come ai vecchi tempi, ma soprattutto non capiva
l'atteggiamento quasi evasivo dell'oracolo.
-Piccola mia- cominciò Yan-Lin avvicinandosi -passeggiamo un
po' vuoi?-
Giardini di Kndrakar, centro della fortezza e dell'infinito
-Vedi, l'oracolo è molto occupato da un po' di giorni-
cercò di spiegarle Yan-Lin - e ha fatto tutto il possibile
per
organizzare il vostro incontro, ma non ha potuto trattenersi di
più-disse pazientemente. La ragazza l'ascoltava, saziandosi
della beata vista dei giardini in fiore di Kandrakar e fremendo di
avere le delucidazioni che desiderava sul suo compito.
-Lui doveva...-
-Venerabile Yan-Lin - la interruppe Orube un po' infastidita da tutte
quelle inutili spiegazioni- sono consapevole che il ruolo di oracolo
sia complicato e impegnativo, ma credo di meritare il privilegio di
fare qualche domanda!- proruppe, visibilmente infastidita dalla
situazione.
-Cosa desideri sapere?-
-Perchè avete mandato a chiamare me per questo incarico?
Sono
sulla Terra da molto tempo e ho già un compito, sorvegliare
Cedric. Ci sono tanti altri meritevoli guerrieri a Basiliade, che
potevano svolgerlo!-
Yan-Lin la guardò. Orube sembrava invecchiata di dieci anni
dall'ultima volta che l'aveva vista. Gli occhi erano segnati da pesanti
occhiaie, lo sguardo sembrava stanco, sebbene lei non lasciasse
trapelare alcun accenno di spossatezza e aveva perso tutta la
vitalità e la risolutezza, che ricordava essere sue
innate caratteristiche.
-L'oracolo è preoccupato per te- disse infine.
Orube strabuzzò gli occhi. Ma perchè tutti sono
così preoccupati per me? Sembro così da ricovero?
-Preoccupato? E di cosa? Non faccio bene il mio lavoro forse?- chiese
con stizza.
-Oh no, l'oracolo è sempre stato orgoglioso di te. Will gli
ha
riferito che tu addirittura sorvegli Cedric costantemente senza nemmeno
dormire-rispose tranquillamente Yan-Lin. -Ma considerando quello che ti
è successo mesi fa...-
-Yan-Lin, io non ho bisogno che qualcuno si preoccupi per me,
io...-
L'anziana donna si girò verso di lei posandole le mani sulle
braccia.
-So che tu sei una donna forte Orube. Ma il dolore non è
sconosciuto a nessuno ed è un sentimento molto paziente.
Corrode
lentamente. L'oracolo voleva solo che tu ritornassi quella di prima.
Tuo padre l'avrebbe voluto. Vai e cerca di portare un po' di giustizia
fra quella gente. Il tuo incarico inizia domani. Ritornerai fra una
settimana-.
Poi aggiunse serenamente, - Immagino che tu sia stanca di stare
costantemente in quella libreria in compagnia di Cedric-.
La ragazza, che fino ad un momento prima le sorrideva grata, ora fece
scivolare le sue labbra in una smorfia di indifferenza.
E stringendosi nelle spalle se ne andò nei propri
alloggi.
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Capitolo 3 *** Savin me ***
capitolo 3 tears and rain
Galanor, sede operativa della resistenza, settimo e ultimo giorno di
mandato.
-... e i prigionieri sono già stati trasferiti a Kandrakar
come
stabilito, senza alcun ritardo. I campi di raccolta civili numero 5 e 6
sono stati spostati verso Nord-Est, dove abbiamo ancora molti alleati e
buoni mezzi difensivi. I soldati che...-
-ACCIDENTI A QUESTO AFFARE!-proruppe Orube irritata. Da un quarto d'ora
cercava di bendarsi una ferita su un braccio, ma avendo a disposizione
solo una mano e i denti con cui stringerla, la difficolta
dell'operazione era palese.
-Lascia, faccio io- le disse Jirog. Lei per tutta risposta fece una
smorfia, scontenta di avere bisogno di aiuto, ma lo lasciò
fare.
Tanto non ci sarebbe riuscita da sola.
-Non è necessario che tu mi faccia rapporto anche di questo.
So
come sono state svolte le ultime operazioni e ... AHI!!!-
-Scusa, non volevo. Non credevo ti facesse ancora molto male- si
giustificò lui.
- Almeno ha smesso di sanguinare-
-Già, ma le ferite che hai aperto a quello sporco vigliacco
di
un Galariano, che ti ha aperto questo buco, non si rimargineranno
facilmente.- proruppe il ragazzo con una risata.
Orube lo fissò con rabbia. -Non permetterti mai
più di
dire una cosa del genere. Non si ride della morte. Noi non siamo qui
per ammazzare i sostenitori della tirannide. Noi siamo qui per evitare
disordini- gli rispose con freddezza.
-Chiedo scusa- disse tenendo gli occhi bassi, apparentemente molto
impegnato nel suo lavoro. -E comunque non staremo in questo accidenti
di posto ancora per molto. Vorrei ricordarti che fra due ore partiamo-
Si alzò da dove si era inginocchiato per bendarle il braccio
e
si stiracchiò felice.
-Lo so, lo so- rispose meditabonda.
Non era stanca di combattere a fianco di questa gente. Gli
scontri erano stati violenti, ormai aveva capito di cosa era capace
Adrian. Rappresaglie sui civili, torture insensate, bambini scomparsi
nel giro di una notte e ritrovati solo tempo dopo morti. Non era un
bello spettacolo, ma forse proprio questo la spingeva a restare. Lei,
scene del genere, le aveva già viste tante di quelle volte,
da
non farsi impressionare più. Ma lei era una guerriera. A
differenza sua, le persone normali non dovrebbero mai dovuto vedere
ciò che ha dominato le strade e le piazze della
città per
tutti quei giorni.
Jirog sembrava contento di partire. Non era colui che la gente
definisce "eroe", anzi meno guai c'erano, meglio era per lui.
Lui aveva una moglie e tre figlie.
-Tornerai su Aldesia dalla tua famiglia?- gli chiese.
-Assolutamente. Ho visto troppe morti in sette giorni. Adesso voglio
vedere un po' di vita- rispose seriamente. Aveva lo sguardo fisso nel
vuoto, come se tutte le immagini
raccolte sul campo quella settimana lo stessero tormentando. -E tu cosa
hai deciso di fare?-disse, riscossosi dai suoi pensieri.
-Io terminerò un compito sulla Terra, che ho lasciato in
sospeso-
-Che genere di compito?- Chiese lui intento a chiudere gli ultimi
bagagli.
Orube sospirò. -Sto sorvegliando uno, che si trova sulla
Terra in una fase di riabilitazione-
Detta così sembrava la descrizione di un'assistente sociale,
intenta ad occuparsi di uno malato di qualche strana malattia.
-E chi sarebbe sto tipo?-
Jirog era praticamente seduto su una valigia, che non voleva saperne di
chiudersi.
-Uhm... Lord Cedric-disse con noncuranza.
Lui si fermò un attimo. Improvvisamente un lampo di
consapevolezza gli illuminò il volto.
-So chi è! Ma sì, dai, il braccio destro di quel
tiranno
di Meridian, che aveva fatto un non so che alla sorella!-disse
soddisfatto. Sembrava quasi che lo volesse spiegare a lei, chi era che
stava sorvegliando.
-Un maledetto bastardo, uno così non trovi?-
buttò li il
giovane, contento di aver sitemato anche gli ultimi bagagli.
Bastardo. Indubbiamente era stato un bastardo. Ma lei non sopportava
giudizi del genere, da gente superficiale come Jirog. Lui non sapeva la
fatica che Cedric stava facendo sulla Terra e i progressi che,
indubbiamente, aveva fatto. Si agitò, stizzita.
-Considerata la tua ignoranza al riguardo ti proibisco di fare
commenti-rispose con rabbia.
Gli occhi del ragazzo furono attraversati da un lampo di stupore. Ai
suoi occhi era una reazione esagerata, soprattutto perchè,
da
quanto gli era stato detto, Cedric era un delinquente di prima
categoria. Ma non aveva voglia di rogne quella mattina,
così decise di starsene zitto.
-Credo che dovremmo andare nel punto indicato per la dislocazione-
Orube si guardò intorno un'ultima volta.
-Andiamo- disse.
Kandrakar, sala del triumvirato
Alle colline, rosseggianti per l'abbondanza di ferro, si sostituirono
le candide nuvole e le acuminate vette del centro dell'infinito.
Orube si sentì a casa. Tuttavia il motivo per cui si trovava
seduta li non le piaceva per niente, anzi le procurava un notevole
disagio. Si agitò sul suo posto cercando una posizione
migliore
e ottenendo da quella vecchia mummia che sedeva al suo fianco, uno
sguardo di rimprovero per il rumore che stava facendo.
Lei gli mostrò un nervoso sorriso di scuse e si decise ad
ascoltare le inutili ciance dell'oracolo, che ovviamente prima di
arrivare al sodo, ci metteva una vita.
-... inoltre vorrei ringraziare della loro presenza qui quest'oggi
anche...-
Endarno, cercando di mantenere la sua compostezza e senza lasciar
trapelare il fastidio per tutte quelle inutili chiacchere, che avevano
già annoiato tutti, diede una leggera gomitata all'oracolo,
il
quale arrestò il suo fiume di parole.
-... E infine il motivo per cui siete qui già lo sapete: il
generale Patrinov deve essere giudicato per tutto il suo operato al
servizio del tiranno Adrian. Che i giudici comincino a elencare i reati
da lui commessi-.
Per tutta la seguente mezz'ora Orube ascoltò cose che
conosceva
a memoria, anzi molte di esse le aveva scritte addirittura
lei.
Tuttavia non si annoiò. Non erano parole inutili queste: si
trattava di decidere della vita di un uomo, che aveva deciso della vita
di molti uomini.
Successivamente la discussione si fece concitata. I saggi, i giudici e
coloro che al pari di Orube erano stati chiamati a intervenire non
riuscivano a venire ad un accordo, riguardo alla pena da infliggere al
condannato. Orube si aspettava che da un momento all'altro Himerish
sarebbe intervenuto. Cosa che effettivamente accadde, ma non come lei
aveva previsto.
- Basta! Non è bene turbare un luogo di pace e armonia come
questo. Vista l'impossibilità di giungere a un accordo,
chiedo
che sia la guerriera Orube a dare un giudizio-
A queste parole tutti tacquero e si girarono verso la giovane, rimasta
come loro senza parole. Eh?? Ma era impazzito? Di solito in situazioni
del genere si dovrebbe far terminare l'assemblea e lasciare il posto al
verdetto dell'oracolo.
Qualcuno tra la folla, infatti non era molto d'accordo.
-Perchè dovremmo accettare il giudizio di questa ragazza
oracolo? Quali mezzi ha in più di noi per svolgere questo
compito?-disse una voce alterata dall'agitazione.
-Perchè, caro amico, lei era sul campo di battaglia, ha
combattuto contro di lui, sa ciò che ha fatto meglio di
tutti
voi e, infine, perchè io mi fido ciecamente del suo
giudizio-
rispose pacatamnete l'oracolo.
Orube si alzò e si avvicinò all'uomo incatenato
al centro
della stanza. Non aveva più in volto la spavalderia che gli
aveva visto in battaglia. Quasi tremava. Tuttavia il volto si mostrava
fiero e determinato a tutto.
La ragzza parlò:
-Io, in qualunque situazione, ho sempre sostenuto l'importanza della
rieducazione. Sarò bereve. Non credo che anni di carcere
insegnino qualcosa. Tutti coloro che vi sono stati non hanno ottenuto
nient'altro che disagio, malattia e morte, aumentando l'astio nei
confronti di ciò che noi chiamiamo giustizia. Io chiedo per
lui
la Torre delle Nebbie-.
Improvvisamente gli occhi del condannato si puntarono nei suoi con
un'intensità tale, da trasmetterle tutto il suo terrore. Con
le
mani si aggrappò alle sue caviglie, implorando
pietà.
-No! Tutto, qualsiasi cosa, ma non questo! Vi prego!- gridò
in
preda alla disperazione più cieca. Ma non ci fu nulla da
fare.
Le guadie lo presero a forza e lo trascinarono via. Prima
però
che potesse scomparire, chiese drettamente alla giovane guerriera un
favore.
-Ti prego fai che mia moglie e i miei figli non sappiano mai cosa mi
è successo. Promettimelo!- le disse.
Orube era impietrita. Mai prima d'ora si era trovata in una situazione
simile. Non capiva. Tutto quello che sapeva era che nella Torre dele
Nebbie si cercava di piegare le menti verso il bene. Ma allora cosa
c'era di così terribile...
Alle parole del condannato annuì impercettibilmente, ma a
lui
bastò. Si lasciò trascinare via senza
più emettere
suono.
Quando la sala si svuotò, Himerish le si
avvicinò, vedendola scossa.
-Non devi lasciarti impressionare da ciò che hai sentito:
non
è la prima volta che si vedono comportamenti del genere. Hai
fatto la scelta che anche io ritengo più giusta e credo...-
-Oracolo...- lo interrupe Orube rimuginando su ciò che aveva
appena visto, - di preciso cosa c'è nella Torre delle
Nebbie?-
L'uomo la fissò attentamente. -Le persone vengono ricondotte
sulla retta via tramite delle illusioni. Questo è tutto
quello
che devi sapere e che sai già-
-Io ho condannato un uomo a qualcosa, che ha innescato in lui terrore.
E mi chiedevo se...-
-...se ti avessimo mai mentito, raccontandoti solo una parziale
verità, non è così?-
continuò l'oracolo.
Accorgendosi di essere troppo rigido con lei, distese le labbra in un
caldo sorriso.
- Questa Orube è la verità. Ma non sempre le
punizioni possono essere facili da sopportare- aggiunse.
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Capitolo 4 *** All the right reasons ***
capitolo 4 tears and rain
Era passata una settimana da quando aveva lasciato Kandrakar. Questo
voleva dire che era trascorso un mese dalla notizia della morte di suo
padre. Un tempo sufficiente a una guerriera di Basiliade per
riprendersi da un lutto.
Ma c'era dell'altro.
Non voleva ammetterlo, ma la condanna inflitta al generale Patrinov
l'aveva turbata più di quanto pensasse e tutto
questo non
le piaceva. Neanche un po'.
Un tempo non si sarebbe lasciata piegare così facilmente,
avrebbe sopportato a denti stretti se necessario e, fieramente, sarebbe
andata avanti.
Una guerriera. L'allieva prediletta di Luba.
Invece adesso cos'era dieventata?
Si ritrovò a pensare che forse Cedric aveva ragione. Forse
era
vero che questo pianeta aveva una cattiva influenza su chi, come lei,
era un alieno.
Forse era davvero diventata una sciocca, incapace di affronatre la
realtà da sola.
Stremato dai pensieri che le affolavano la mente, il suo corpo
decise di darle un po' di pace, cadendo nel dolce oblio del sonno.
Tump!
Si sollevò di scatto, mettendosi a sedere sul divano e
sgranando gli occhi per vedere meglio.
Cedric la guardò come se non avesse mai visto nulla di
più strano.
-Mi è solo caduto un libro. Mi dispiace di averti
svegliato-si scusò.
Lei guardò l'orologio sul cellulare: erano passate da poco
le
undici di notte. Aveva dormito quattro ore e sapeva che per quel giorno
non si sarebbe più addormentata.
Si mise a sedere con le ginocchia strette al petto e si
ritrovò a pensare:
-Tu Orube te ne starai qui buona buona a controllare lui e quel suo
stramaledetto libro e non lo farai. Eviterai discussioni inutili. E poi
alla fine che t'importa, la parola dell'oracolo è
più che
sufficiente per farti stare tranquilla no? No, dannazione, non
è
sufficiente... Stronzate, la verità è che, non
avendo
nulla da fare, ti perdi in pensieri idioti... Non sono idioti,
quell'uomo... Tu hai fatto il tuo lavoro, del resto non ti
devi
impicciare! E' così Orube che fanno i bravi soldati, se non
altro per dormire tranquilli, cosa che a te non capita da un po',
quindi se vuoi concentrarti di più sul tuo sonno invece che
...
-.
-Cedric...- chiese. -Imbecille- si disse mentalmente.
-Uh?...-
-Cosa c'è nella Torre delle Nebbie?-
Il libro gli cadde di mano. Lo sguardo si posò su di lei,
profondo, penetrante.
-Tu non lo vuoi sapere davvero -
Si alzò a racogliere il libro per poi sistemarlo al suo
posto.
-Io ho condannato un uomo alla Torre sette giorni fa, a Kandrakar-.
Poi
aggiunse- Lui aveva una famiglia-.
-Be allora la sua famiglia non ti manderà lettere di
ringraziamento!-
Si voltò di nuovo verso di lei. Spiegò:
-La tua mente viene piegata da illusioni;continue immagini,
suoni, voci affollano i tuoi pensieri. Non puoi divincolarti da essi,
non hai un minuto di pace. Credi di perdere definitivamente te stesso
in quel luogo, sfociare nella pazzia. Li dentro sono racchiusi i
più grandi orrori, che la mente possa partorire-.
Lei era come incapace di reagire alle sue parole. Non poteva essere
così terribile.
-Ma lui ci è stato- le ricordò una voce nella sua
testa. -Lui ha provato tutto questo e ora lo sta provando un
altro-
Lei si alzò. Aveva bisogno di bagnarsi la faccia. Era come
se
avesse ricevuto due pugni alla bocca dello stomaco: uno per aver
condannato un uomo ad una tortura del genere e l'altro
perchè
sapeva che anche Cedric aveva vissuto tutto questo.
-Tuo padre non sarebbe fiero di te adesso- ripetè ancora la
stessa voce.
-Basta!- pensò con irritazione. Suo padre non era li adesso.
Lei
sì, e doveva fare i conti con la realtà.
-Non posso credere che una persona come te, tanto legata all'onore
abbia fatto una cosa così...- ma le parole del ragazzo
vennero
interrotte.
-Io non lo sapevo Cedric. Ti giuro che non lo sapevo. E poi non
accetterò rimproveri dall'ex servitore di un tiranno!- gli
disse
lei con rabbia.
Si rimise seduta, aveva bisogno di stabilità.
Lui la guardò. - Credi di non fallire mai tu? Di non fare
mai
uno sbaglio? Tu non ci sei stata li dentro, io sì!-.
Si sorprese arrabbiato con lei in quel momento. Ma cosa
credeva? Che solo lei poteva
permettersi di giudicare? Pensava di saperne piùdi lui,
anche su questo?
Ma osservandola di nuovo, così stanca e afflitta, si rese
conto che la rabbia era l'ultima cosa che provava.
Lo stesso sentimento che sette sere fa lo spinse a consolarla, ora lo
fece sedere vicino a lei. Sospirò.
Senza sapere il perchè, si ritrovò a pensare che
non voleva vederla così triste.
-Mi dispiace Cedric... - disse piano Orube.
Una lacrima cadde a terra. Una lacrima che lui non ignorò.
Le si avvicinò e la strinse a sè.
-Perchè da un po' di tempo sei così Orube? Cosa
ti succede?- pensò il ragazzo.
Lei si aggrappò letteralmente al suo collo, spinta da un
desiderio mai provato prima. Voleva dimenticare tutto. Voleva che
quelle lacrime lavassero via tutto lo sporco su di lei.
Respirò a pieni polmoni il suo profumo, abbandonandosi a un
pianto liberatorio. Sentì le sue mani nei suoi capelli e si
strinse ancora di più a lui.
Cedric avvertiva il battito irregolare della ragazza contro il suo
petto e le sue calde lacrime bagnargli il collo. Un misto di tristezza
e tenerezza lo inavase.
Si ritrovò a pensare che non l'avrebbe più
lasciata, che
sarebbe sempre rimasto con lei e, sebbene questi pensieri gli
sembrarono
sciocchi e ridicoli, non si sforzò di formularne altri.
Improvvisamente le sue labbra sfiorarono il collo della ragazza con un
bacio. Una volta, due volte e poi ancora e ancora, con sempre
più passione.
Non si rendevano conto, non volevano rendersi conto.
Sapevano
benissimo che tutto stava per sfuggire al loro controllo, ma
mentalmente si convincevano del contrario.
Lentamente i pensieri, che prima affollavano la mente di Orube,
lasciarono il posto alla beatitudine e lei si ritrovò, per
la
prima volta, a non pensare.
I loro sguardi si incrociarono, come a cercare negli occhi dell'altro
la certezza che fosse tutto vero.
Poi si incontrarono piano le loro bocche. Con calma, si impressero il
loro sapore l'una con l'altra per poi ricercarsi sempre di
più
con forza e necessità.
-Adesso mi fermo-continuavano a ripetersi mentalmente, ma ogni volta
rimandavano il momento all'istante successivo.
Cedric si alzò, portandola con se.
Quasi non percepivano l'affano dei loro respiri, tanto erano presi.
La bocca di lui raggiunse i suoi occhi, baciando i residui di lacrime
rimasti.
-Non deve piangere- pensò -non accadrà
più-
Si
osservarono per un attimo. Poi lei si ritrovò nuovamente
avvinghiata alle sue spalle e lo sentì sollevarla e
stringerla
contro il suo petto.
Percepì le mani di lui insinuarsi a toccare la sua pelle
più segreta, provocandole brividi in tutto il corpo. Non
avrebbe
mai pensato di poter vivere qualcosa tanto meravigliosa, tremenda,
giusta.
-Ma tutto questo non è giusto, e tu lo sai!- le
ricordò una voce nella sua testa.
Improvvisamente si bloccò. Era come se il suo cervello
avesse
deciso di prendersi qualche minuto di pausa per poi riaccendersi in
quel momento.
Cosa stava facendo? Cosa cazzo stava facendo?
L'aver pianto davanti a lui non era abbastanza, certo, allora
perchè non finire a letto con lui e distruggere
definitivamente
quel briciolo di dignità che le era rimasta?
No, non fino a questo punto.
Allontanò il viso dal suo e sciolse l'abbraccio.
Lui la guardò confuso. Pensava che fosse ancora scossa per
il
discorso di prima, così allungò una mano per
accarezzarla, ma lei si scostò da lui in fretta.
-Orube, cosa ... -
-Non dire niente. E' meglio che almeno uno di noi ritorni in
sè, non credi?-
-Mi dispiace Orube, io non ... -
-E' stato uno sbaglio, tutto qui. Io non voglio compromettere il mio
incarico. Non accadrà più-.
Cedric era senza parole. La vide scomparire in libreria e
improvvisamente si rese conto.
L'aveva perduta. Lui era solo un'altra pericolosa creatura da
controllare per lei, nulla di più.
Si accasciò a terra, nello stesso punto dove si era
sistemata
lei e lentamente lasciò che le lacrime solcassero il suo
viso
stanco e afflitto.
Poi si addormentò.
Poi incominciò a piovere.
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