Autogrill dell'assurdo

di Rinalamisteriosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prima parte [Temari POV] ***
Capitolo 2: *** seconda parte [Kankuro POV] + scene finali ***



Capitolo 1
*** prima parte [Temari POV] ***


Premessa: Questa è la prima parte di una fanfiction AU che avevo scritto per un contest, rispettando gli obblighi del pacchetto capitatomi, e che era arrivata seconda. Riporterò le note complete nell'ultima parte, che pubblicherò dopo averla riguardata a dovere e allungata un altro poco. Eh, ancora non mi convince in pieno ^^’

 

Ovviamente i personaggi citati non mi appartengono e non ho scritto a scopo di lucro.

 

Buona lettura! ^_^

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Che palle.

È un’ora che aspetto che Kankuro si sbrighi, non capisco se sia ancora chiuso in bagno a fare pipì e a dare di stomaco oppure se, nel tornare, abbia preso la direzione della porta a vetri scorrevoli dell’autogrill in cui abbiamo momentaneamente sostato.

Soffre il mal d’auto, ma se si fosse offerto di guidare invece di lasciare il volante nelle mie mani... beh, non saremmo di certo qui.

In questa macchina stridente come una vecchia porta, in questo stupido, sgangherato primo modello della Nissan inizia a mancare l’aria.

Voglio scendere subito, anzi, devo scendere subito.

Se potessi abbassare il finestrino forse cambierei idea, ma sfortunatamente le chiavi si trovano nella tasca del pantalone della tuta di mio fratello, lento peggio di una lumaca.

Ha insistito per portarle con sé. Temeva che per dispetto lo avrei abbandonato?

Apro la portiera, scendo, mi detergo il sudore della fronte con un fazzoletto strausato per lo stesso motivo e sbatto la portiera con grazia elefantesca.

Con questo sole che picchia forte in testa, mi pare di essere dentro a un forno, a una sauna, alle terme. Non c’è un soffio di vento: sembra che sia stato risucchiato da un aspirapolvere dispettoso come polvere inutile.

Questo insopportabile caldo farebbe impazzire persino i monaci buddisti, oh!

Uno sbuffo d’irritazione e via, a passo marziale raggiungo l’autogrill: se lui non è al suo interno, dedurrò che si è addormentato sopra la tavoletta del water.

L’idea mi fa ribrezzo, chissà se qui puliscono oppure no.

Scorgo il suo profilo familiare e con sollievo mi dico che no, fortunatamente non devo raggiungerlo al cesso e trascinarlo via, lontano da questo schifo di posto.

Poi ritorno sui miei passi, sbatto le palpebre perplessa, vado avanti, stropiccio gli occhi certa di avere davanti un’allucinazione dovuta al caldo asfissiante e resto a bocca aperta.

Scaffali vuoti.

Cassa vuota.

In questo posto non c’è nessuno e non c'è niente da acquistare.

Assolutamente nulla.

Né riviste, né ventagli. Non ci sono neppure caramelle, gomme da masticare, pacchetti di patatine, bottiglie d’acqua, gelati, roba da mangiare.

C’è però un tappeto carino, di un bel rosso fiammante.

Una banale sedia al centro.

Una misera lampadina che pende dal soffitto.

Molto interessante, davvero.

Mio fratello scoppia improvvisamente a ridere, così, di punto in bianco, senza un apparente motivo preciso. Tra l’altro guarda verso un comune muro grigio. Cosa c’è di divertente, a fissare un comune muro grigio? Ma è impazzito?

Un cane bianco senza padrone, di media statura, aggira la cassa, si avvicina scodinzolando a me, si allontana solo quando riceve una carezza per poi saltare con un balzo elegante sulla sedia al centro, accucciandosi.

E salutando. Dicendo proprio “ciao” con voce umana.

Se fosse possibile, se sapessi come fare, a questo punto mi uscirebbero gli occhi fuori dalle orbite.

Non ci sarebbe niente di male, ma accidenti, siamo nella realtà, non in una fantasia da quattro soldi dove gli animali parlano!

Mi accosto a Kankuro, che continua a ridere imperterrito.

Vuole affogare nella sua stessa saliva, per caso?

“Ehi!” esclamo contrariata, mollandogli una pacca con la borsa che mi sono ricordata di avere a tracolla. L’ho sfilata e gli ho assestato un colpo deciso.

“Si può sapere che cavolo ti è preso?” domando, alzando il tono della voce per farmi sentire.

“Sapere che preso!” ripete l’animale, guadagnandosi un’altra occhiata stupita da parte mia.

“Ahi! Tem, mi hai fatto male. Comunque stanno accadendo cose strane qui dentro, meglio andarcene prima di essere ulteriormente coinvolti…” replica, massaggiandosi la nuca.

“Ma non mi dire! Non l’avevo notato”, ironizzo, venendo subito dopo trascinata fuori, mentre mi spiega cos’è successo prima del mio arrivo.

“Il bagno sembra tutto fuorché un bagno, dicasi lo stesso per l’autogrill. Non è un vero autogrill, credo. Ho cercato qualcuno che potesse darmi delle spiegazioni in merito, ma non ho trovato nessuno. Inoltre c'era un fantasma, uno spettro vero! E quel cane-”.

“Quel cane è in realtà un pappagallo scoordinato, sì”, interrompo la concitata spiegazione, alzando gli occhi al cielo. “È il caldo, Kankuro. Prendiamo la tua stupenda macchinina simile a un treno rapido e fuggiamo verso il Monte Fuji. Sul serio, non ne posso più! Non vedo l’ora che la bruci per sempre, allora ne compreremo una qualsiasi con il climatizzatore!” esclamo.

“Sicura che non vuoi sapere del fantasma e del cane? Era in bagno ti dico! E una volta dentro l'autogrill, l'ho visto attraversare la parete e fermarsi levitando accanto alla sedia!” prosegue come se non avessi aperto bocca, convinto di ciò che dice.

“Ti prego, non dire assurdità…” sospiro, stanca e accaldata.

“Oh no!” sbotta di colpo, arrestandosi. A momenti gli finisco addosso, fortunatamente ho i riflessi pronti.

“Cosa c'è? Un'altra stranezza?” domando, sbirciando di lato, notando il posteggio vuoto. Non faccio in tempo ad infierire con altra ironia, che il suono di un clacson alle nostre spalle ci fa voltare contemporaneamente, e nello stesso momento siamo costretti ad allontanarci per non essere investiti.

Rimango senza parole.

Alla guida della nostra Nissan sgangherata dal cofano fumante c'è... proprio una figura evanescente. Tuttavia, la cosa che più mi stupisce non è tanto l’apparizione in sé e nemmeno che il fantasma sia seduto compostamente senza le mani sul volante, quanto la sua espressione.

Assolutamente pacata, tranquilla, rassicurante. Non fa per niente paura.

“Io te l'avevo detto, sorella!” esclama Kankuro, mentre ci scambiamo due sguardi diversi: io esterrefatto, lui imbronciato.

Mai più.

Non mi fermerò mai più in un autogrill assurdo come questo, parola mia.

Mai più cadere vittima di una simile assurdità.

Poi avvertiamo un fracasso: non ho bisogno di guardare, per capire che l’auto si è schiantata contro un albero e che non ripartirà tanto facilmente.

Sospiro di nuovo.

E rassegnandomi a fare l'autostop, seguita da un fratello che inizia a lamentarsi per il danno subìto, mi avvio verso il guard rail.

 

 

Continua…

 

 

 

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Capitolo 2
*** seconda parte [Kankuro POV] + scene finali ***


“Io te l'avevo detto, sorella!” esclamo subito, dopo essermi accorto che anche lei aveva intravisto il fantasma.

Io non sono ammattito. Non dico mica le bugie, e figuriamoci se con questo dannato caldo sono in vena di prenderla in giro, su un fatto del genere poi!

Allora avvertiamo un fracasso: i miei occhi si sgranano alla vista della cara Nissan schiantata senza pietà contro il tronco robusto di un albero.

Rimango paralizzato, forse per il dispiacere, per il rimpianto di non aver fatto nulla per impedire che il cofano della macchina si sfondasse, mentre Temari sospira.

“Andiamocene”, dice, dirigendosi verso il guard rail.

“Come? A piedi?” le chiedo, ancora scosso.

“No. A elemosinare un passaggio”.

“A-aspetta! E se…” esito, perché procede come se mi stesse ignorando.

“E se provassi ad aggiustarla?” la informo, alzando il tono della voce.

“Dai, Tem, permettimi di fare almeno un tentativo!” affermo, anche se più che un’affermazione la mia sembra la lamentela di un bambino rivolta a una madre indifferente. Il massimo che ottengo è un’occhiata di sbieco.

“Mi stai ignorando? Ok. Non importa, io vado lo stesso. Tu però avvisa se si ferma qualcuno”, le dico.

Amareggiato, nonché armato di tutte le migliori intenzioni per porre rimedio alla situazione assurda in cui siamo incappati e uscirne fuori indenni, faccio dietrofront e marcio dritto verso il problema.

Mi avvicino con una certa prudenza e scorgo del fumo grigio scuro che fuoriesce da ciò che rimane del ‘muso’ dell’automobile.

Di male in peggio. E chissà se il fantasma è ancora dentro l’abitacolo, o se si è spostato favorito dalla trasparenza del suo corpo, magari levitando come si vede nei film!

Purtroppo, tempo di arrivare a due metri di distanza, sento uno scoppio al motore e la mia macchina prende fuoco.

Allora mi blocco di nuovo, sgranando gli occhi per la sorpresa, anche se avrei dovuto prevedere che l’aria afosa avrebbe favorito, se non incrementato, la diffusione delle fiamme.

Poi ho un impulso improvviso e scatto comunque verso una portiera del sedile posteriore, per recuperare almeno le scorte d’acqua, le bottiglie che avevamo per il viaggio, ad eccezione di quelle vuote.

Piene sono soltanto tre.

“Tem!” la chiamo, alzando il tono della voce. “Ehi, Temari! Ho bisogno di un consiglio urgente!”

E io che pensavo di fare qualcosa di buono… adesso mi darà dell’idiota, perché non mi viene idea migliore che aprire una bottiglia e gettare acqua sul fuoco.

 

 

***

 

 

“Idiota! Sapevi che quella vecchia carretta non sarebbe durata tanto, eppure tu cosa fai? Cerchi di salvarla come se fosse un essere umano?” lo ammonisce, trascinando con sé il fratello per un braccio.

“Sei insensibile, Tem. Ci ero affezionato, lo sai bene!” le risponde con un broncio risentito, stringendo a sé, con il braccio libero dalle grinfie di una sorella senza cuore, l’unica bottiglia rimasta.

Lo porta dov’era appostata prima, in attesa del passaggio di un veicolo qualunque.

Mezz’ora più tardi, finalmente, i due Sabaku, annoiati e sudaticci, scorgono in lontananza un mezzo di trasporto. Si guardano e sperano di avere fortuna, perché la loro auto è ormai un ammasso informe di detriti carbonizzati, lamiere e legna bruciata. Perché la prima macchina che hanno visto li ha ignorati, mentre il secondo – un furgoncino bianco – era fin troppo pieno.

“Dai che questa è la volta buona, me lo sento”, afferma con ritrovato ottimismo Kankuro, che fino a cinque minuti prima continuava a lamentarsi di ogni cosa negativa capitatagli durante quel viaggio.

“Che lo sia davvero. Non mi sono mai stufata così tanto in vita mia. E in parte devo ringraziare te e i tuoi sproloqui senza senso”, gli fa sapere schiettamente.

Ora è Kankuro a ignorarla e a sorridere mentre si sbraccia per farsi vedere, per indurre chi sta alla guida a rallentare.

Temari sospira.

Caso vuole che, a fermarsi, sia una persona che entrambi conoscono bene.

Dentro una Toyota nera, infatti, c’è un amico del fratello.

Svolta verso il parcheggio solitario, si ferma e scende dalla macchina.

I due gli vanno incontro, uno con il sorriso, l’altra mantenendo un’espressione seria e controllata. 

“Inuzuka, eh?”.

“Ehilà, Kiba! È un po’ che non ci si vede, come stai?”.

Dopo i saluti e i convenevoli del caso, Kiba Inuzuka domanda: “Avete bisogno di un passaggio, vero? Salite su! Io arrivo subito”.

Detto questo, si allontana con andatura abbastanza tranquilla e disinvolta verso l’autogrill.

Kankuro annuisce.

“Credi che sia meglio avvisarlo?” sussurra poi all’orecchio della sorella, alludendo alle stranezze del posto.

“No, non serve”, replica lapidaria Temari. “Non ci tengo a essere presa per pazza: parlatene soltanto se nota qualcosa di strano anche lui”.

“Va bene, capo”.

Passa qualche minuto, prima che i due, mostrando un certo stupore, lo vedano ritornare con lo stesso cane bianco che si era fatto accarezzare e aveva salutato Temari.

“Perché quelle facce?” si chiede Kiba.

“È il cane parlante!” si lascia sfuggire Kankuro, beccandosi un’occhiata truce dalla sorella maggiore, che aveva subito mutato espressione.

“Parlante?” ripete Kiba, leggermente divertito per via dell’esclamazione concitata dell’amico.

 

 

 

“Ah, adesso capisco. Ma è ovvio, in realtà avete sentito parlare il fantasma. Peccato che io non abbia avuto la stessa fortuna, sarei veramente curioso di vederne uno”, dice lui, mettendo in moto la sua macchina, dopo aver ascoltato con vivo interesse le loro disavventure.

Anche se le sue passioni più grandi sono i cani e i motori, gli sono sempre piaciute le storie di fantasmi.

“Sì, proprio una fortuna…” replica ironica la donna seduta al suo fianco, pigiando il bottone per alzare il finestrino dal suo lato.

“Bene”, commenta con un sorrisetto, controllando nello specchietto retrovisore che non arrivino altre vetture e accelerando pian piano. “Volevi sapere come mai passavo da queste parti, amico?”.

Kankuro risponde di sì, mentre l’ospite canino si è acciambellato per dormire. Se non altro, non darà fastidio durante il viaggio, pretendendo attenzioni. Cosa strana è che sembra essersi particolarmente affezionato alla sorella, anche se lei non lo calcola più di tanto. Negli ultimi minuti prima di salire in macchina, si è solo limitata a dargli da mangiare.

“Ho ricevuto la segnalazione di un cane abbandonato da queste parti. E appena l’ho visto ho pensato che fosse lui. Il suo nome è Shikamaru”, spiega Kiba in poche parole.

“Ho capito. Allora alla fine abbiamo fatto una buona azione”, pensa ad alta voce l’altro, sollevato.

 

 

 

Durante il tragitto, a un certo punto Temari si volta verso il fratello, che le ha messo una mano sulla spalla sinistra.

“Cosa vuoi?” s’informa scocciata.

“Tem, io sto morendo di sete”, risponde lui.

“E allora?”.

“Sto morendo di sete!” ripete Kankuro, rivolto a entrambi.

“Sei grande e grosso, puoi benissimo resistere finché non arriviamo a destinazione!” replica piatta la sorella, senza lasciarsi impietosire dai suoi occhi imploranti.

“Potete bere dalla mia borraccia, se non vi fa schifo”, interviene ridacchiando Kiba.

Li trova proprio buffi, sono una l'opposto dell'altro, sono sempre stati così.

Come se non bastasse, ricorda che un tempo aveva una cotta pazzesca per la bionda seduta accanto a lui, al momento con le braccia incrociate al petto e un'espressione corrucciata sul volto.

I ciuffi biondi le si sono afflosciati lungo il viso per il sudore, ma è comunque bella e avvenente. 

Per una volta, può intraprendere il viaggio di ritorno a Konoha City in compagnia, la città dove loro due hanno intenzione di telefonare a Gaara, il fratello minore, e di avvisarlo affinché li venga a prendere.

E sorride, mentre la donna rimprovera il fratello che a parer suo, anziché bere compostamente, sta dando spettacolo.

“All’autogrill dell’assurdo, ormai, sembra che non ci pensino più”.

 

 

 

 

 

*-*-*-*

- Pacchetto Patatine [Raiting Giallo. Genere Sovrannaturale/Azione. Coppia con Temari. Contesto: AU.]

 

Note definitive: considero questa fanfiction un mero esperimento, grazie al quale mi sono messa alla prova.

Vi confesso che l’idea di base me l’ha data una professoressa, facendomi intuire che poteva essere interessante mischiare sovrannaturale e comico, che insieme mi sembra abbiano dato vita a una cosa assurda, misteriosa ma piacevole.

Protagonista della prima parte (tutta introspettiva e giustamente narrata al presente) è Temari, mentre la seconda parte è suddivisa tra il punto di vista di Kankuro e le tre scenette finali con narrazione in terza persona.

Credo di aver rispettato tutti gli elementi del pacchetto, eccetto forse uno, il genere “azione”… non so, mi sembra di averne messa pochissima e perciò non l'ho inserito nella presentazione ^^’

Ah, Temari è in coppia con fratello, non in senso romantico, ma per il fatto che lei si concentra più su di lui, mentre nella seconda parte ho aggiunto un accenno di KibaTema a senso unico.

Spero vi sia piaciuta ^^ ho voluto riscrivere quasi interamente la seconda parte perché non mi convinceva, l’ho allungata e resa più semplice e comprensibile, lasciando pochi interrogativi, almeno per me è così! *incrocia le dita*

 

Ringrazio nuovamente la giudicia del contest e le altre due partecipanti, sempre se si ricordano ancora di me =)

E infine ringrazio chiunque mi sproni a continuare a scrivere, soprattutto quando mi sento scoraggiata *__* grazie davvero!

 

Un bacione,

Rina

 

 

 

 

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