KHR! 11^ Famiglia (Extra and Special Stories)

di Lushia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Extra Story 1 – I guardiani e gli elementi ***
Capitolo 2: *** Extra Story 2 - Insane Backstage ***
Capitolo 3: *** Extra Story 3 - Una giornata insensata al museo ***
Capitolo 4: *** Extra Story 4 - Sorrisi ***
Capitolo 5: *** Extra Story 5 - Quella mano che non lascerò mai più ***
Capitolo 6: *** Extra Story 6 - Martedì Game ***
Capitolo 7: *** Extra Story 7 - Nel Laboratorio ***
Capitolo 8: *** Extra Story 8 - Il figlio del pasticciere ***
Capitolo 9: *** Extra Story 9 - Il veggente ***
Capitolo 10: *** Extra Story 10 - Verso la melodia perfetta ***



Capitolo 1
*** Extra Story 1 – I guardiani e gli elementi ***


Extra Story 1 – I guardiani e gli elementi




In una tranquillissima e assolutamente inutile giornata a Namimori, le persone saltellavano allegre per strada, gli animali trotterellavano senza pensieri e amoreggiavano tra di loro, gli studenti si scatafasciavano sui banchi per la noia, i pasticceri trollavano i clienti con dolci squisiti a prezzi esorbitanti, i poliziotti giravano con la sirena accesa perchè faceva tanto film americano, nonna Nana stendeva il bucato aiutata da Arina e Luca bestemmiava contro il boss del terzo livello di Legend of Flaming Heroes.
Tra i gatti che miagolavano arzilli e le farfalle che svolazzavano con nonchalance, una certa ragazzina bassina dai capelli castani zompettava euforicamente per i prati albini assieme ad un biondino tutto pepe che urlava divertito come uno psicopatico.
Ma quelli che dovevano essere prati albini in realtà era solo il giardino verde di casa Sawada e i due zompettanti giovani stavano allegramente saltellando avanti e indietro sotto gli occhi di Arashi che intanto prendeva il tè delle cinque alle undici e mezza del mattino mentre Haname le porgeva i biscottini inglesi che aveva preparato.
Perchè fossero inglesi nessuno lo sapeva.
Il grande illusionista e prestigiatore Kimitaka Shinji, colui che se si fosse trovato davanti a Merlino lo avrebbe fatto divorare dai suoi fedelissimi cani-zombie-scheletrici che creava in stile horror game, era steso in costume da bagno e sdraiato su una sedia a sdraio per prendere un po' di sole.
Kaito: LucaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaH, scendi e vieni a giocare!
Urlò il giovane biondino sotto la finestra della camera del ragazzo.
Dopo pochi istanti la voce del fulmine giunse in giardino.
Luca: No, fa troppo caldo.
Haname: Ma dai, si sta bene.
Shinji: Se non facesse troppo caldo non starei qui a prendere il sole.
Luca: Non ho intenzione di prendermi un Kaito.
Kaito: Chi? Cosa? Mi volete rapire?
Nozomi si avvicinò al ragazzo, osservandolo con curiosità.
Nozomi: in effetti fa abbastanza caldo... Kaito, ti puoi allontanare un po'?
Il biondino fece qualche passo indietro ma la ragazzina scosse il capo.
Nozomi: ...fa ancora troppo caldo.
Arashi: Ehi Hana, fai venire un po' a piovere per favore.
Il brunetto si alzò dalla sdraio, preoccupato.
Shinji: Ehi, no! Se viene a piovere la mia abbronzatura va a farsi friggere!
Kaito: Meglio, falla con le patatine così è più buona.
Shinji:
Haname: Ad ogni modo non ho idea di come far piovere.
Arashi: Ma che cazzo di pioggia sei se non sai come far piovere?
Il giovane fulmine si affacciò alla finestra, osservando i presenti in giardino.
Luca: Provate a fare la danza della pioggia.
Nozomi: … del tipo... mettiamo Haname qui al centro su una roccia e noi le balliamo attorno?
Kaito: Sì, giusto, tipo statua indiana.
Haname: chiamasi totem... e comunque perchè dovrei far piovere se mi ballate attorno?
Arashi: Hana è tipo la dea della pioggia? Figo.
Shinji: Mah, magari provate a farla bere, così fa piovere da qualche altra parte.
La nebbia si sdraiò nuovamente sulla sdraio, incrociando le braccia dietro la testa.
Haname: … solo io ho pensato davvero MOLTO male, in questo momento?
La brunetta, il biondino, la rossa e il tipo affacciato alla finestra fissarono Haname alquanto perplessi.
Nozomi: anche io ho pensato male.
Kaito: anche io!
Luca:
Arashi: siamo deviati, diciamocelo.
Shinji: in realtà io intendevo proprio quello.
Calò un silenzio alquanto imbarazzante finchè il gruppetto non scoppiò a ridere.
La bionda gemella di Luca si affacciò nel giardinetto e fissò il gruppo con curiosità.
Arina: Cosa succede qui? Vi si sente da laggiù!
Kaito: Ehi Arina! Tu sai come si fa piovere?
Arina: Come si fa piovere...?
Kaito: Sì... tipo... cosa succede?
Arina: uhm... dunque...
La tutrice portò un dito sotto il mento e sembrò pensarci un po' su.
Arina: Allora. Il caldo assorbe l'acqua che evapora per poi diventare nuvola... le nuvole piene di acqua si scontrano, sai, quando ci sono i fulmini... sono le nuvole che si sono scontrate. Infine... viene a piovere perchè le nuvole si “rompono”.
Kaito:
Arina: capito?
Kaito: sì...
Perplessa, la bionda si voltò e si allontanò, tornando ad aiutare nonna Nana.
Il sole, intanto, si voltò verso il gruppetto con sguardo confuso.
Nozomi: … hai capito, no?
Kaito: … beh, si... cioè...
Nozomi: allora. Prima arrivi tu che ti fai Haname, poi Cloud se la prende e se la mette dentro un qualcosa finchè arriva Luca e gli dà un calcio e Haname cade.
Shinji: … in tutto questo io e Arashi siamo esonerati, vero?
Haname: no, aspetta... perchè io e Kaito dovremmo... E POI DOVE MI DOVREBBE METTERE CLOUD?
Kaito: ma io non la assorbivo o qualcosa così?
Arashi: No! Tu la fai evaporare... quindi Kaito dice qualcosa di carino e Haname arrossisce, poi lei sale in cielo e Cloud la piglia e la mette...
Nozomi: E lo mette...
Luca: … Juuichidaime... ti prego... niente volgarità.
Nozomi: … mi è venuto dal cuore.
Kaito: ah, ecco. Quindi è Cloud che lo fa con lei, non io!
Haname: MA COSAAAAAA.
La pioggia si voltò, imbarazzata.
Luca: E comunque Arashi ci sta nella descrizione. Se io do un calcio troppo forte a Cloud, lui fa cadere Haname e arriva anche Arashi a far casino.
Shinji: Io sono l'unico che non centra una mazza con la storia, yeee!
Nozomi: Te sei quello che si alza al mattino.
Arashi: Manca solo che dopo che Haname è caduta passano gli Arcobaleno in cielo e stiamo a posto.
Nozomi: … ma il cielo non sono io?
Arashi:
Kaito:
Luca: Te infatti sorvegli che tutti facciano il loro dovere, sei tipo l'angelo.
Nozomi: occheffigo sono divina.
Kaito: Ma se tutto il casino avviene in cielo, boss non è continuamente violentata?
Shinji: Eh si, dopotutto tutte le condizioni atmosferiche passano per il cielo.
La brunetta si voltò e si sedette sul muretto, sconvolta.
Nozomi: Voi. Voi volete stuprarmi, ammettetelo.
Arashi: io sì.
Haname: io sì.
Kaito: ...ma cosa.
Shinji:
Luca: uh...
Nozomi: … DITELO, BASTARDI! Ho dei guardiani che abusano di me …
Singhiozza.
Luca: ma noo!
Kaito: E' Cloud che aveva detto che siamo il tuo harem o sbaglio?
Arashi: ad ogni modo fa ancora troppo caldo.
Shinji: Haname, fai il tuo dovere e fa piovere.
Il sole si avvicinò alla ragazza dai capelli corvini e la osservò.
Haname: … cosa c'è?
Kaito: uhm... sei carina...
Haname: … ma...
Luca: CHE COS'ERA QUELLA?
Shinji: Dichiarazione?
Arashi:
Kaito: ehi. Adesso deve andare a farsi Cloud.
Luca: … non ci posso credere.
Nozomi: … è Cloud che deve farsi lei.
Shinji: Sono fiero di non far parte di questa congiura.
Arashi: Ma che congiura, sembriamo più che altro una setta.
Luca: ASPETTATE, mi state dicendo che dopo che Haname e Cloud hanno fatto quel che devono, io posso prenderlo a calci?
Haname: EHI FERMI, SONO CONTRARIA A TUTTO CIO'!
Arashi: CAZZO SI'! E prendilo a calci in modo potente così arrivo anche io far casino!
Kaito: E poi alla fine viene un po' di pioggia!
La povera Haname si alzò dalla veranda e raggiunse Nozomi, sedendosi sul muretto accanto a lei.
Haname: … vogliono stuprare anche me, adesso.
Nozomi: Ma no, devi farlo solo con Cloud.
Haname: Non voglio!!!
Kaito: Dai, sempre meglio dei miei alpaca!
Arashi: Chi vorrebbe farsi i tuoi alpaca?
Shinji: Qualche zoofilo qui intorno?
Haname: Ad ogni modo... potremmo anche far nascondere un po' il sole dietro le nuvole, così non farebbe poi tutto sto caldo.
Nozomi: E' vero!
Arashi: GIUSTO!
Kaito: NO.
La brunetta, Haname e Arashi presero il giovane biondino e lo trascinarono lentamente fuori dal giardino dell'abitazione Sawada quando, casualmente, incontrarono proprio Cloud.
Haname: … ma che strana coincidenza, tu qui.
Cloud: uh? Che succede qui? Vi siete riuniti a non far niente, come al solito?
Nozomi: In realtà facciamo qualcosa: passiamo il tempo.
Cloud: Interessante. E perchè trascinate il potente guerriero in quel modo?
Arashi: Ma tu che ci fai qui in giro?
Cloud: passavo di qui, è stato un caso.
Arashi: un caso.
Cloud: … un caso.
Haname: un caso.
Cloud: … va beh, in realtà venivo a controllare cosa stavate combinando.
Nozomi: In realtà venivi a controllare se ti avevo recuperato il cd che mi avevi chiesto settimana scorsa.
Cloud: ...sei una fottuta troia, lo sai, vero?
Nozomi: ne sono conscia, si.
Cloud: … dov'è?
Nozomi: Portati via sto caldo e te lo do.
Arashi: gli dai cosa?
Nozomi: il Cd, ovviamente. Mica sono un maschio.
Kaito: … infatti doveva essere tipo “te la do”.
Arashi: … perchè finiamo sempre a parlare di questo?
Haname: ricordi gli ormoni che saltellano?
Arashi: ah, giusto.
Cloud: … posso avere dei chiarimenti?
Nozomi: in merito a cosa?
Cloud: … portarmi via il caldo? Cosa dovrebbe significare?
Arashi: Ok, hai due alternative: o ti nascondi Kaito o ti fai Haname.
La pioggia si voltò, avvampando, fuggì dentro l'abitazione.
Nozomi: … ok, hai una chance: nascondi Kaito.
Cloud:
All'improvviso il forte chiarore di tutto ciò che era visibile iniziò a farsi sempre più opaco: una grande nuvola biancastra aveva oscurato il sole e il calore era diminuito.
La brunetta osservò la rossa che osservò il biondino che osservò l'occhialuto.
Nozomi:
Arashi:
Kaito:
Cloud: … io non ho fatto nulla.
Nozomi: … grazie lo stesso.
I tre si infilarono nuovamente nel giardino e Cloud allungò il collo per vedere cosa stava accadendo poco più in là.
Luca: … come diavolo ci siete realmente riusciti?
Arashi: Abbiamo detto a Cloud di nascondere Kaito, non l'ha fatto però.
Kaito: … però veramente è successo con la nuvola e il sole.
Nozomi: … CAZZO SE MI SENTO POTENTE.
Shinji: … per qual motivo?
Nozomi: I MIEI GUARDIANI FUNZIONANO!

Dopo la confusione generale i ragazzi tornarono a fare quel che gli riusciva meglio: nulla.
Nonostante passarono giorni e mesi da questo strano evento che sembrava più essere una combinazione assurda del momento, la folle undicesima continuò comunque a credere che i suoi guardiani funzionassero come l'atmosfera.
Ma dato che la signorina era talmente stramba e aveva talmente tante particolarità assurde... nessuno ci diede un gran peso e tutto continuò ad andare avanti come al solito per l'undicesima famiglia Vongola.

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Capitolo 2
*** Extra Story 2 - Insane Backstage ***


Extra Story 2 - Insane Backstage





L'intervistatore dall'umorismo improbabile continuava a fare domande assurde alla povera donna dalla bionda chioma che non sapeva quasi più rispondere in modo serio e professionale, per cui ridacchiava ogni due per tre ed era ormai entrata nello spirito della famiglia di cui lei stessa faceva parte.
Intervistatore: E sentiamo... cosa ne pensate di questi “Number XI” alquanto scalmanati?
Arina: Ma che dovrei pensare... sono pazzi, a volte infantili, ma nella loro vivacità risiede la loro singolarità.
Intervistatore: Infatti è proprio questo che ha conquistato il pubblico, no? Amano il loro modo di essere e di porsi.
Arina: E sono anche abbastanza appariscenti, non passano inosservati... il che mi fa pensare a quanto siano diversi dalla generazione precedente... o forse no.
Intervistatore: Parlaci un po' del più grande, quel Cloud Velvet. Cosa ci puoi dire di lui?
Arina: Cloud? E' una nuvola asociale... come lo chiamano gli altri, insomma. Però, nonostante all'apparenza sembri asociale, in realtà è abbastanza presente e fa anche pessimi scherzi.
Intervistatore: E dell'uomo della nebbia cosa ci dici?
Arina: Shinji... è timido, molto. Ride ogni tanto ma se gli fai uno scherzo resta lì impalato senza far nulla... cioè, è smorto. Dovrebbe muoversi di più. Per fortuna, quando si organizzano le cose assieme, pare partecipare con abbastanza entusiasmo... a modo suo.
Intervistatore: Passiamo all'italiano, quel Luca. E' un bell'omone alto, tuo fratello!
Arina: Sì, abbastanza alto. E anche a volte scemo, devo dirlo... quando si fissa con le ragazze è davvero insopportabile però è anche molto dolce e altruista. Il suo altruismo è ciò che lo caratterizza... ma non ha proprio tatto, davvero.
Intervistatore: D'accordo, passiamo a qualcuno di più... “solare”.
Arina: Kaito, eh? E' la pazzia fatta a persona, devo ancora capire come e quando è nata la storia degli alpaca perchè davvero non l'ho capita... ma ormai sono diventati un simbolo, così come il suo gameboy rosso che tanto ama.
Senza di lui la famiglia sarebbe alquanto spenta.
Intervistatore: Cosa puoi dirci riguardo la dolce fanciulla del gruppo?
Arina: Dolce... fanciulla... sicuramente stai parlando di Haname. Ha una creatività mostruosa, i suoi disegni sono stupendi così come le sue idee. E' sempre cordiale con tutti, ma non fatela arrabbiare!
Intervistatore: E qui direi di passare al famigerato braccio destro dell'Undicesimo boss... chi è questa... Arashi?
Arina: Arashi è... presente, attiva, sempre lì nel momento del bisogno, un vulcano attivo che sprizza energia ovunque, anche se a volte l'energia non è tanto positiva... se fosse meno permalosa e istintiva sarebbe anche meglio, ad ogni modo so che possiamo contare su di lei. Dopotutto è quella che ha più feeling con il “boss”.
Intervistatore: Il boss... Vongola Undicesimo.
Arina: no, per favore! Non chiamarla così che ti spacca una sedia in testa, davvero!
Intervistatore: … beh, per quale motivo? Dopotutto ogni boss è sempre stato chiamato con un titolo simile...
Arina: Si ma non al maschile. Anche se il titolo riguarda la parola maschile “boss”, lei non riesce proprio a sopportare che la si chiami con un titolo al maschile.
Intervistatore: allora devo chiamarla... Undicesima?
Arina: Siì, è meglio. Ormai tutti la conoscono così.
Intervistatore: Bene, parlaci un po' di questa signorina.
Arina: Beh, è parecchio strana... cioè, io la conosco da quando è nata e l'ho vista crescere: è sempre sicura di sé stessa ma a volte nasconde altro. Tuttavia è energica, altruista, ha voglia di proteggere tutto e tutti e spesso si carica di troppo lavoro sulle sue sole spalle... ha tanti difetti quanti pregi, ma questo è perchè è ancora piccola. Credo che da grande potrà essere un buon boss...
Intervistatore: E di te, invece, cosa pensi?
La donna parve perplessa.
Arina: Di me? ….uhm... io sono io, non c'è altro che potrei dire.
L'uomo ridacchiò.
Intervistatore: Beh, grazie per il tuo tempo! L'intervista finisce qui, alla prossima!


Arina, stanca per tutto il tempo passato a rispondere alle domande, salutò l'uomo e si alzò, diretta all'uscita che dava sul corridoio.
Si pettinò i capelli con le dita, cercando di riordinarli e camminò fino all'ingresso dei camerini dove i “suoi” ragazzi stavano facendo confusione.
Arina: Undicesima! Arashi! Cosa succede qui?
Arashi: Nulla, stavano sfogando i loro bollenti spiriti.
Arashi fissò Nozomi sottecchi.
Nozomi: ehi, sono ore che facciamo ste sessioni di foto a caso, sono anche stanca!
Arashi: Se sei stanca perchè corri come una psicopatica?
Nozomi: Perchè quando sono stanca sono esaurita.
Arina: Oddio... Calmati o non avrai abbastanza forze per domani.
Jun prende la videocamera e inizia a riprendere sedendosi dietro un bancone.
Nozomi e Kaito si avvicinano al bancone e fissano la telecamera con curiosità.
Kaito: Ciao a tutti gli alpaca in mio ascolto!
Arashi: E' solo uno, ed è anche brutto.
Jun arrossisce.
Haname: Ops, Arashi sei crudele.
Arashi: E' nel mio dna essere crudeli.
Kaito: Ciao alpaca, amatemi! Io sono colui che creerà una nuova politica alpacosa, seguitemi, anzi, votatemi per un futuro pieno di alpaca!
Nozomi: E fu così che Kaito fondò il partito: gli alpaca del futuro.
Arina si accomodò accanto all'albino che stava riprendendo quella situazione stramba.
Nozomi: Or duuunque. Saaaalve, io sono Noooooozomi...
Arashi: perchè parli cooooooooosì?
Haname: E' un nuovo modo di parlare, molto nozomoso.
Arashi: nozo-che?
Kaito: Ehi, i termini assurdi sono miei!
Nozomi: Ehi, fetenti, fatemi finire la presentazione!
Arashi: Ehi, fetente, non metterti troppo in mostra.
La brunetta si volta verso la rossa con sguardo deciso.
Nozomi: Ehi, vuoi botte? No, dico, vuoi botte?
La rossa ricambia lo sguardo.
Arashi: Ehi, vuoi essere alpacata a sangue?
Kaito: Ehi, lasciate in pace i miei poveri alpaca!
Un Luca selvatico apparve dietro il gruppetto.
Luca: Ehilà gente, come va?
Haname: Stanchi, tu hai già finito?
Luca: YEEEEEEP, ho la chitarra elettrica che emana vapore.
Arina: Magari è in fumo?
Kaito: Sta andando a fuoco!
Nozomi: FUOCO, DOVE?
Arashi: NON HO FATTO NIENTE!
Haname: Non usatemi come idrante.
Kaito: Chi ha fatto nulla!
Luca: … no, fermi, cos'è che va a fuoco?
Arashi: La tua chitarra!
Luca: la mia... COSA?
Il biondo si voltò, sbattendo contro uno scaffale a caso per poi sparire nel suo camerino urlando in modo patetico.
Kaito: … ma chi aveva appiccato il fuoco alla sua chitarra?
Nozomi: io no di certo.
Arashi: Io sono innocente.
Haname: … ma c'è davvero una chitarra che va a fuoco da qualche parte?
Shinji: Boh.
Il gruppo sussultò, quasi come se avessero avuto un infarto.
Nozomi: PORCO DAEMON CHE CAZZO DI PAURA.
Kaito: TU, BRUTTO FIGLIO DI MCOLMDVOHBM
Arashi: MI HAI FATTO MORIRE, QUASI.
Haname: … Shinji, da quando eri qui?
Shinji: … un paio di minuti, circa.
Arashi: La prossima volta, almeno, suona il campanello.
Shinji: quale campanello?
Arashi: Uno a caso.
Kaito: o almeno fatti annunciare.
Shinji: Da chi?
Kaito: Dagli alpaca, ovviamente!
Arina: Kaito... per favore, fra poco non riuscirai più a fare una frase di senso compiuto che non abbia la parola “alpaca” ogni due per tre.
Kaito: E alpacando gli alpaca alpacati, alpacammo alpacante alpaco alpachevolmente.
Nozomi: una frase molto profonda.
Arashi: Ma ce l'ha un senso, sta roba?
Shinji: I miei tarocchi dicono che ha detto parole a caso.
Arashi: no, guarda, non pensavo che i tuoi tarocchi fossero così intelligenti.
Shinji: Tu sottovaluti i miei tarocchi.
Arashi: Ma anche no, era ironia, caro. Volevo dire che tutti l'avevamo capito, non solo i tuoi tarocchi.
Haname: Attenta che i suoi tarocchi potrebbero prendere vita e sculacciarci tutti.
Arina: Haname... ma come mai queste pensate?
Haname: Beh, stiamo parlando di un nebbioso.
Arashi: I nebbiosi sono pericolosi.
Nozomi: Porco Daemon.
Kaito: Il guardiano nebbioso della prima famiglia?
Nozomi: Sì, sai quanto lo odio. E' divertente prenderlo per il culo.
Arina: Spera che non appaia all'istante e ti sculacci lui.
Nozomi: OHMYGOD NO. Che orribile sensazione di disgusto. Se fosse stato Giotto-sama, però un pensierino me lo sarei anche fatto...
Arashi: Ma che pensierino e pensierino, se era Primo-sama ti lasciavi anche portare a spasso al guinzaglio, depravata che non sei altro.
Nozomi: senti, troia, che cazzo vuoi? E' da prima che mi scatafasci i coglioni, la pianti?
La brunetta si mise nuovamente davanti alla rossa, fissandola negli occhi.
Arashi: Ehi, modera il linguaggio, zoccola.
Kaito: Stupro tra tre, due, uno...
Arashi salta addosso a Nozomi e cadono a terra.
Haname: gentili telespettatori, da adesso in poi la commedia sarà censurata per via di scene non adatte ai minori.
Intanto le due, stese a terra come delle sceme, ridevano.
Kaito: Allora, quando iniziamo a girare il porno?
Haname: Di certo non qui.
Kaito: Ok, dove andiamo a girare sto porno?
Arina: Ragazze, alzatevi ed evitiamo sceneggiate... è un corridoio dopotutto.
Intanto Jun continuava a riprendere.
Kaito: bravo Jun, crea le prove. Dopo passi tutto e ne facciamo mille copie.
Le due sclerotiche si erano rialzate e si stavano fissando come delle sceme.
Nozomi: ahhh~ proprio bello è stato.
Arashi: eh, vedi che devo sempre comandare io?
Nozomi: … stai dicendo che sono uke?
Arashi: si che sei uke.
Kaito: Certo che sei uke!
Haname: piccola ukettina!
Arina: … questo linguaggio giovanile non lo conosco... Jun, cosa stanno dicendo?
Jun: ehm... nulla...
L'albino avvampò, mordendosi le labbra.
Nozomi: … ma che gentili.
Arashi: Senti, io sono la tua seme e tu sei la mia uke, chiaro?
Nozomi: Abbiamo davvero una relazione complicata.
Haname: Tutti abbiamo una relazione complicata con te.
Kaito: ciò significa che prima o poi finirà molto male.
I tre guardiani si guardarono tra di loro, ridacchiando. La brunetta li fissò allontanandosi lentamente.
Nozomi: Complottano. Complottano contro di me.
Si avvicinò alla videocamera di Jun mentre gli altri si erano riuniti e bisbigliavano qualcosa.
Jun: Vuoi dire qualcosa alla videocamera, Sawada-san?
Nozomi: Sì. Se adesso sparisco, sapete di chi è la colpa. Salvatemi, sto per morire!
Arina: Suvvia, non è così drammatico.
La brunetta la fissò sconcertata e delusa, scuotendo il capo in segno di disapprovazione.
Nozomi: anche la mia tutrice è insensibile. Sono tutti contro di me, sono sola al mondo. Giotto-sama, proteggetemi voi dall'alto dei cieli Vongolosi.
Portò le mani in alto, supplichevole.
Nozomi: Io, Vongola Undicesima...
Cloud: Undicesimo.
La nuvola passò rapidamente dietro il gruppetto e accelerò il passo quando la brunetta aveva sentito la sua voce e si era voltata verso di lui.
Nozomi: TORNA INDIETRO CHE TI FICCO UN PALO DELLA LUCE SU PER IL...
La tempesta si avvicinò al bancone, curiosa.
Arashi: Ma cosa è successo?
Arina: E' passato Cloud.
Arashi: ah, adesso si spiega tutto... posso fare tiro al bersaglio?
Haname: Ma dai... ma cos'ha detto che non ho sentito?
Jun: L'ha chiamata “Undicesimo”...
Kaito: Oh, il solito trollatore.
Arashi: finirà all'inferno.
La brunetta si era voltata e stava nuovamente parlando alla telecamera, ignorando i guardiani alla sua sinistra che avevano smesso di complottare e la stavano guardando.
Nozomi: Dicevo, prima che qualche nuvola inutile passasse di qui e mi rovinasse la scena epica: Io, Vongola Undices-
Cloud: Undicesimo.
La nuvola fuggì via mentre Nozomi si era voltata verso di lui e aveva iniziato ad inseguirlo per il corridoio, urlando.
Nozomi: BRUTTA TESTA DI KAITO VIENI QUI CHE TI FICCO IN GOLA I TUOI CD!
Jun seguì la scena registrandola con la telecamera mentre Arina scuoteva il capo, perplessa, sospirando.
Arina: Dovrebbe calmare un po' i suoi bollenti spiriti... tutto il contrario di suo padre.
Arashi: Te l'ha detto che è esaurita.
Kaito: E' da stamattina che siamo agli studi a girare il video e a fare foto e interviste qua e là.
Haname: E' il prezzo della notorietà.
Intanto, Nozomi si era tolta una scarpa e l'aveva lanciata contro l'uomo occhialuto che l'aveva prontamente evitata ed era scomparso per il corridoio.
Dopo essere corsa a riprendersela, controllandosi attorno che la nuvola non fosse nei paraggi, tornò indietro e raggiunse il gruppetto.
Arashi: … calmata?
Nozomi: Nah, mi sarei calmata se lo avessi colpito in testa, ma è stato veloce l'infingardo.
Kaito: Ignoralo, vuole rompere come al solito.
Nozomi: Ma dico io, non potrebbe fare l'asociale e basta? Ma anche Hibari-san mi andava bene purchè non facesse scherzi da Kaito.
Kaito: Ehi, io non faccio scherzi!
Haname: Ma non avevi paura di Hibari-san?
Nozomi: Era un modo di dire, intendo che almeno Hibari-san è solo asociale... e qualche volta morde a morte.
Arashi: Come vorrei farmi mordere a morte da lui~
Arina: … sei macabra, lo sai?
Haname: Mah, è solo innamorata.
Kaito: Ad ogni modo si sta facendo tardi, no?
Arashi: Te l'hanno detto i tuoi alpaca?
Kaito: no, me lo sta dicendo Shinji con i segnali di fumo.
Nozomi: fumo?? E' la chitarra di Luca che sta bruciando!
Haname: No, è Shinji che fa i segnali dal divano laggiù.
Arina: … quando ci è andato laggiù?
Arashi: Che te ne frega, tanto è una fottuta nebbia che sparisce e appare a caso.
Nozomi: EEEEEEEEEEEE dunque. Miei cari pampini, questa trasmissione finisce qui.
La brunetta si stava agitando davanti alla telecamera di Jun.
Nozomi: arrivederci e grazie!
La rossa si avvicinò e coprì Nozomi, mettendosi davanti l'obiettivo.
Arashi: Questo programma è stato presentato da: Vongola Undicesima Famiglia, l'unica famiglia che ti armonizza la giornata!

 

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Capitolo 3
*** Extra Story 3 - Una giornata insensata al museo ***


Extra Story 3 – Una giornata insensata al museo
scritto in collaborazione con Fox Folgaria





Il gruppetto di psicopatici varcò la soglia di un famosissimo museo con fare interessato e pieno di curiosità.
L'edificio si trovava in pieno centro ed era molto grande, pieno zeppo di turisti e bambini in gita.
La brunetta iniziò a saltellare allegramente all'ingresso, osservando i presenti con occhi sbrilluccicosi e invitandoli a muoversi perchè era ansiosa di visitare l'intero edificio.
Nozomi: Forza, forza!
La ragazzina tirò a sé Arashi e avanzò rapidamente, infilandosi nella sala preistorica osservandosi attorno e divorando ogni cosa con gli occhi.
Arashi: uh, desideravi proprio venire qui, vero?
Nozomi: Mi piace molto guardare cose antiche! Guarda! Ci sono fossili di migliaia di anni fa!
Arashi: Sembra così assurdo che il mondo esiste da così tanto tempo e noi siamo su questo pianeta da tipo quindici anni...
Nozomi: Già, è come un millesimo di secondo rispetto a miliardi di anni...
Le due avanzarono, tenendosi per mano e osservandosi attorno incuriosite finchè la Vongola non si voltò, notando che le due erano completamente da sole.
Nozomi: … ma... dove sono gli altri?
Arashi:

Il sole avanzava lentamente nella sala dedicata agli animali di tutte le specie, osservando con curiosità le riproduzioni fedeli e tenendo l'indice sotto le labbra con fare incredulo.
Dietro di lui, la nuvola lo seguiva riluttante, chiedendosi perchè si trovava in quella situazione e con il più scemo della combriccola.
Ad un certo punto, Kaito lanciò un urlo: aveva avvistato il pupazzo di un alpaca a grandezza naturale e gli corse sopra ignorando staccionata in ferro e avvisi vari, ponendosi in groppa e indicando dinanzi a sé.
Kaito: Vai, cavalca! Andiamo a conquistare il mondo alpacoso!
Nel mentre, rideva come uno psicopatico e si agitava continuamente, il tutto sotto gli occhi sconcertati di Cloud che provava un enorme disappunto per tutto ciò.
Cloud: … Kaito... vorrei renderti intelligente per due secondi solo per farti capire quanto sei stupido.

I gemelli Luccini, intanto, erano usciti dal museo pensando di ritrovare l'allegra combriccola ma si resero conto che tutti erano ancora dispersi al suo interno.
Luca, grattandosi il capo, notò che accanto al museo c'era una grandissima sala giochi e ci si catapultò, seguito dalla sospirante Arina che decise di lasciare che il gruppetto se la cavasse da solo e raggiunse il fratello all'entrata della sala.
Luca: Ma porca, non c'ho più un centesimo!
Arina: Allora andiamo, non possiamo far nulla.
Luca: Ehi, chi l'ha detto? Entriamo dalla finestra!
Arina: … sei serio?
Luca: Ehi, nee-chan... vuoi entrare anche tu, no?
Arina: Beh... però non è molto carino...
Luca: Cerca di svagarti un po', non essere troppo attaccata a queste cose!
Il ragazzo arruffò i capelli della sorella che, dopo un attimo di imbarazzo, sorrise.
Arina: … d'accordo, una volta tanto non fa male, giusto?
I due si infiltrarono dalla finestra e così facendo evitarono di pagare la quota d'entrata che permetteva loro di usufruire dei giochi che desideravano fare.

Nello stesso istante Arashi e Nozomi stavano nuovamente percorrendo lo stesso corridoio, rendendosi conto di aver fatto il giro della sala.
Nozomi: Ma da dove cavolo si esce?!
La rossa, affamata come non mai, iniziò ad avere le traveggole e, alzando il capo, notò lo scheletro di un dinosauro fatto praticamente, e ovviamente, di ossa.
Osservò le ossa sbavando, immaginando della carne che le ricopriva e lei che la strappava con i denti stile cartone animato. La giovane tempesta si gettò sulla povera ricostruzione dell'animale preistorico e addentò un osso, tirandolo via dalla composizione che crollò all'istante sotto gli occhi attoniti delle due.
Ma Arashi non vi ci fece caso, continuò a mordicchiare l'osso mentre un custode si avvicinò rapidamente e osservò lo scempio, per poi posare l'attenzione sulla giovane affamata.
Custode: Ma cosa stai facendo?!!
La rossa si voltò verso l'uomo con l'osso in bocca.
Arashi: ...bau.

Mentre accadeva tutto ciò, il rimbombo del dinosauro, caduto sotto i morsi della fame della tempesta, si sentì per le sale adiacenti fin dove la nebbia e la pioggia si trovavano, persi nella loro ricerca del gruppo e perplessi al contempo.
Haname: Dovremmo trovare l'uscita, forse gli altri sono già là.
Shinji: Uhm, ci penso io.
Il giovane dai capelli castani si accovacciò per terra e tirò fuori il suo fidatissimo mazzo di tarocchi che iniziò a consultare con serietà a concentrazione mentre la pioggia si accomodò accanto a lui e osservò il suo operato con curiosità.

Il biondino, che si trovava ancora in groppa all'alpaca, decise di scendere poiché si era seccato di giocare ma, scendendo, inciampò e si scatafasciò contro il povero Cloud che stava intanto giochicchiando con il suo cellulare.
A causa della caduta, gli occhiali della nuvola vennero scaraventati a terra così come le altre tre paia di riserva che teneva conservati nella giacca.
Osservando quel disastro con enorme disappunto e furia omicida, la nuvola si voltò verso il giovane e iniziò a stritolarlo per alcuni istanti nonostante non si fosse ancora accorto che stava soffocando un turista a caso e che Kaito si trovava pochi metri più in là, poiché aveva preso la rincorsa impaurito dalla furia del ragazzo.
Alla vista della scena, Kaito scoppiò in una sonora risata.

Dopo che il custode era riuscito, chissà con quale miracolo, a togliere l'osso dalle grinfie della tempesta, l'uomo impietosito decise di lanciare alla giovane affamata un biscotto il quale roteò in aria e venne prontamente afferrato dai denti della rossa che atterrò con la grazia e l'eleganza di una ginnasta.
Custode: Ecco a te, e fai la brava!
Disse, estraendo un altro biscotto dalla scatola e osservando la giovane che, dopo aver divorato il primo, si avvicinò all'uomo in attesa dell'altro.
L'uomo lanciò il secondo biscotto e Arashi, dopo averlo afferrato, si avvicinò a lui con fare lesto e gli rubò direttamente la scatola di biscotti per poi afferrare Nozomi, la quale stava osservando divertita la scena, scappando inseguite dal custode che urlava dietro come un ossesso.

Mentre avveniva tutto questo ambaradan di cazzate, Shinji e Haname si trovavano ancora seduti nel bel mezzo di una sala a caso consultando i tarocchi e cercando di capire come uscire fuori da quel luogo molesto e pieno di rumori ambigui che arrivavano da chissà dove.

La nuvola infuriata, accorgendosi pochi istanti dopo che l'uomo che stava picchiando indossava degli occhiali e di certo non era il maniaco psicopatico degli alpaca, gli sfilò rapidamente le lenti e se le infilò, aggiustandoseli sopra il naso per controllare che vedesse meglio di prima.
Dopo qualche secondo si voltò in direzione del sole che si stava ancora sganasciando dalle risate.
Visibilmente furioso, Cloud scattò verso di lui e il biondo, calmatosi e avendo notato il pericolo incombente, partì in quarta verso il corridoio seguito a distanza ravvicinata dallo psicotico che lo stava inseguendo emettendo energia nefasta in giro per il museo.
Kaito: NOOOOOOO VAI VIAAAAAAAAAAAAAA
Quasi come fosse un serpente sulla sua preda, la nuvola sembrò brillare di una luce oscura che si avvicinava via via sopra la povera vittima che sarebbe morta di lì a poco, mentre lo inseguiva e mentre Kaito fuggiva a più non posso, il biondino si scontrò violentemente contro le due fuggitive e ladre di biscotti, rotolando per qualche chilometro per poi fermarsi proprio dinanzi alla nebbia e alla pioggia che stavano ancora leggendo i tarocchi e si accorsero della palla umana che si era splattata a terra lì davanti.
Cloud si avvicinò al gruppetto, osservando la preda e le due mocciosette per terra che avevano quasi perso i sensi per via della botta, sospirando e decidendo di lasciarlo perdere.
Shinji, che finalmente aveva capito perchè i suoi tarocchi stavano temporeggiando senza rivelargli dove dovevano andare, poggiò una carta sopra le altre già posizionate a terra e capì finalmente dov'era l'uscita.
Dopo che le due biscottare e il maniaco degli alpaca avevano finalmente ripreso completamente i sensi, uscirono tutti dal museo, tramite l'uscita trovata grazie a Shinji, chiedendosi dove fossero finiti Luca e Arina.
Poco più in là, i due gemelli venivano cacciati dalla sala giochi a calci nel sedere e quando il gruppetto notò i due disgraziati, il custode della sala giochi si avvicinò a loro.
Custode: Li conoscete?
Nozomi: ...ehm...
Arashi: uhm...
Haname: ...err...
Shinji:
Cloud: ...tsk
Kaito: Ma certo, sono nostri amici!
Dopo aver fissato quell'imbecille del sole con uno sguardo omicida più pericoloso di quello di Cloud, il gruppetto venne assalito dalle urla del custode, furioso per la scappatella dei due, per poi ricevere il conto di tutti i giochi fatti dai gemelli senza pagare.
La multa era alquanto salata, ovviamente, poiché vi erano anche i danni psicologici del custode stesso.
La Vongola, che essendo il boss doveva essere lei a pagare di tasca sua, prese la ricevuta e urlò.
Così si concluse la giornata insensata dei nostri alpacosi eroi.

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Capitolo 4
*** Extra Story 4 - Sorrisi ***


Extra Story 4 - Sorrisi




Come ogni sabato, la bambina si apprestava a comprare gli oggetti che la madre aveva appuntato sulla lista della spesa.
Il bigliettino era davvero pieno e la lista sembrava essere infinita, dopotutto doveva essere sicura che ogni cosa sarebbe durata almeno fino al sabato successivo.
Durante la settimana andava a scuola mentre il mercoledì e il venerdì aveva il corso di fioretto con un insegnante che conosceva bene sua madre e aveva conosciuto bene anche suo padre, che se n'era andato ormai da molto tempo.
Poggiò nel carrellino una bottiglia di olio extravergine di oliva, un paio di lattine di pomodori pelati, due confezioni di wurstel e qualche confezione di ramen precotto, avviandosi verso il bancone delle uova per poi dirigersi alla cassa.
Il carrello era ormai traboccante e come al solito avrebbe dovuto fare due viaggi per riuscire a portare tutto a casa, qualcosa di molto faticoso per una bambina di appena undici anni.
La piccola dalla chioma corvina iniziò a porre i prodotti sul rullo della cassa mentre la cassiera dal sorriso smagliante li lasciava scivolare alla sua sinistra infilandoli uno ad uno in alcuni sacchetti di plastica.
Aprì il borsellino e pagò, avvicinandosi alle buste e prendendone un paio.
"Lascia le altre qui dietro." disse la commessa, aiutando a poggiare le buste dietro il bancone.
La piccola annuì e si avvicinò all'uscita, sospirando.
Sua madre lavorava tutto il giorno, tutti i giorni. Sapeva quanto si desse da fare per lei e per assicurarle una vita discreta, ma la piccola non voleva darle questo peso né voleva che si sacrificasse interamente per lei.
Voleva esserle di aiuto.
Per questo motivo non aveva mai avuto il tempo di fare amicizia con nessuno dei suoi compagni di classe anche se in aula era socievole con tutti.
Non partecipava alle feste né alle uscite, non andava al parco né al karaoke: stava sempre a casa a studiare o a pulire, altrimenti era a fare la spesa o ai corsi di fioretto, un hobby che amava molto così come lo amavano suo padre e sua madre, che si erano conosciuti proprio a dei corsi di spada.
La piccola aveva deciso che per il momento era meglio aiutare sua madre e così, sicura di sé stessa, varcò la porta del supermercato con le buste piene di acquisti e si voltò sospirando, centrando in pieno qualcuno che le era venuto addosso.
Quando si rialzò, dolorante, notò che due bambine erano cadute a terra, proprio davanti a lei. Si apprestò ad aiutarle notando che sembravano avere più o meno la sua età.
Una delle due, la bambina dai capelli castani, si scusò rapidamente per poi preoccuparsi, indicando le buste della spesa a terra.
La piccola si voltò a sua volta, notando che le uova si erano sfracellate al suolo.
Nonostante l'ansia delle altre due, la giovane undicenne, con calma e tranquillità, controllò se tutti gli altri prodotti fossero a posto notando che solo le uova si erano rotte.
Le due si avvicinarono a lei e la bruna sparì nel negozio mentre l'altra bambina, che aveva dei bellissimi capelli rossi che le incorniciavano il viso, cercò di aiutarla a pulire.
Dopo pochi istanti la piccola brunetta uscì dal negozio con due confezioni di uova e gliele porse, con un sorriso raggiante.
“Grazie” disse, imbarazzata e stupita da quel gesto “non dovevi!”.
“Non fa nulla, è stata colpa mia!” insistette la bruna, infilandole le uova nella busta di plastica.
“Il mio nome è Nozomi, lei si chiama Arashi... e tu? Come ti chiami?”
Dopo qualche secondo di stupore, la piccola rispose con dolcezza.
“Mi chiamo Haname e ho undici anni.”
“Noi ne abbiamo dieci, siamo quasi con la stessa età!” intervenne la rossa, ridacchiando.
Entrambe le sorrisero.
Anche Haname sorrise, pensando a come sarebbe bello avere due amiche così. Non aveva mai avuto amiche, si era data così tante responsabilità che non era riuscita a creare delle amicizie.
Si meravigliò della spontaneità dei suoi pensieri e non obiettò quando le ragazzine chiesero di accompagnarla a casa per scusarsi del disastro di poco prima.
Dopo aver saputo delle altre buste ne presero due a testa e nel giro di dieci minuti furono all'abitazione di Haname.
“Abiti vicino a me!” disse la bruna, Nozomi.
Le sorrideva in modo molto raggiante, sembrava volesse aiutarla in qualsiasi modo.
Sembrava volesse aiutare la gente in qualsiasi modo.
Le piaceva, anche lei amava aiutare la gente, era sempre da sola proprio perchè aveva pensato più ad aiutare sua madre che a sé stessa.
Si ritrovò a parlare con le due bambine appena conosciute e a sorridere con loro.
Aveva trovato due amiche? Sicuramente avrebbe voluto rivederle.
Avevano entrambe un sorriso che non riusciva a dimenticare, qualcosa che le scaldava il cuore.
Sì, aveva trovato due amiche.

Davanti al treno chiassoso, la ragazzina fissò negli occhi sua madre, la quale ricambiò lo sguardo con un velo di tristezza.
“Haname” disse, semplicemente.
Scosse il capo, aveva già deciso e ripose a terra le valige, sicura di sé stessa.
“Ho deciso, mamma. Io resto.”
La donna sospirò.
“E il tuo futuro? Cosa ne sarà di te?”
Arashi l'affiancò, stringendole la mano, cosa che la costrinse a voltarsi verso di lei e a osservarla.
“A casa c'è abbastanza spazio anche per te.”
Sorrisero entrambe, e la ragazza dai capelli corvini si voltò verso la madre quando ormai il treno era pronto alla partenza.
“Il mio futuro... è con loro.”
Quella donna conosceva bene sua figlia, sapeva che niente l'avrebbe distolta dalla sua decisione.
Scese dal treno, le baciò una guancia e le giurò che l'avrebbe chiamata ogni giorno.
“Buona fortuna.” aggiunse, voltandosi e salendo sul treno.
Haname sorrise, una lacrima le rigò il viso quando le porte si chiusero e il treno partì.
“Il mio futuro è dove ci sono i sorrisi raggianti che quel giorno mi hanno resa felice.”

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Capitolo 5
*** Extra Story 5 - Quella mano che non lascerò mai più ***


Extra Story 5 - Quella mano che non lascerò mai più




Nya, Nya~
Imbucò rapidamente la lettera e saltò giù dal muretto, osservandosi intorno con fare incuriosito.
Nya, Nya~
Seguì perplessa il tenero miagolio finchè non si trovò di fronte ad un albero sulla cui cima faceva capolino un micetto bianco e nero.
Salì sul muretto e si aggrappò al tronco, scalando l'albero con rapidità e facilità, arrivando sul lungo ramo dove il gattino spaventato miagolava con insistenza.
Nya, Nya~
La bambina dai capelli rossicci si avvicinò lentamente e lo prese tra le braccia con delicatezza quando il ramo si spezzò e lei scivolò, riuscendo ad atterrare in piedi e senza farsi alcun graffio, continuando a stringere in braccio il gatto.
“Tranquillo, non è successo nulla!” ridacchiò coccolandolo “Cado spesso dagli alberi.”
Notò che il gattino si guardava intorno cercando qualcosa non smettendo di miagolare, iniziò a pensare che avesse un padrone e lo stesse cercando.
“Cerchi il tuo padroncino? Vuoi che andiamo a cercarlo?”
Si voltò verso la stradina che portava ad ovest e iniziò a camminare, sorridendo al gattino che iniziò a fare le fusa con fare insistente.
“Fortuna!”
Alzò il capo quando si vide arrivare di fronte una bambina alta quanto lei con due codine castane che le spuntavano dal capo. La piccola si avvicinò e guardò prima il gatto, poi la rossa.
“Fortuna!” disse nuovamente, aprendo le braccia.
Sotto lo sguardo perplesso della rossa, il gattino si lanciò dalle sue braccia e raggiunse la bruna, strusciandosi tra le sue gambe e lei si chinò per prenderlo in braccio.
Abbozzò un lieve sorriso, osservando e coccolando il gatto per poi rivolgere l'attenzione alla bambina che l'aveva trovata.
“Grazie.” disse, imbarazzata. “Lei... Fortuna.”
“Oh, è tuo? Si era perso sopra un albero!” disse la rossa, sorridendo. “Era laggiù vicino la posta!”
La brunetta osservò il punto indicato dalla rossa e annuì, balbettando un altro “grazie”.
“...va tutto bene?” chiese lei, osservandola con perplessità.
La piccola annuì, inchinandosi e indicando dietro di lei sotto lo sguardo curioso della rossa.
“Io... casa... là” disse.
La rossa parve capire e le si avvicinò.
“Sei straniera? Da dove vieni?”
“Io, Italia.”
Osservò il punto indicato dalla bambina e annuì.
“Anche io abito da quelle parti. Sei nuova?”
“Due giorni io qua arrivata.”
“Capisci bene il giapponese, non sei male a parlare!”
“Papa e Mama da Giappone, io Italia.” aveva lo sguardo abbastanza cupo.
“Ah, capito! Io comunque mi chiamo Arashi, Fukada Arashi!”
“Io Sawada Nozomi!”
“Allora, Sawada-san... devi andare di qua, vero? Anche io abito qui vicino, andiamo insieme?”
“Io... Nozomi! Nozomi!” ripeté nuovamente, sembrava quasi che volesse rimproverarla per averla chiamata per cognome. La rossa si portò una mano sulla bocca con fare ironico.
“Oh, capito, Nozomi!”
“Sì, di qua casa mia, di qua casa di … Arashi-chan?”
“Si, hai capito! Anche io abito di qua!”
Si avviarono verso il vialetto percorrendolo a ritroso quando la brunetta inciampò e cadde a terra, con la sua gatta Fortuna che scese rapidamente dalle sue braccia per osservarla perplessa a terra così come fece la rossa.
“Ehi, tutto a posto?”
La piccola si rialzò e con fare quasi meccanico si pulì il vestitino, prendendo nuovamente in braccio la micetta.
“Io bene... caduta...” arrossì.
“Devi stare attenta! Dammi la mano, così non cadrai!”
Prese la sua mano e la brunetta sembrò stupirsi da quel gesto.
Insieme percorsero la strada e Arashi mostrò a Nozomi la villa dove abitava, a pochi isolati di distanza dalla villa Sawada.
Era curiosa ma anche preoccupata che la bambina potesse nuovamente cadere, perciò le chiese di accompagnarla a casa.
“Quanti anni hai?” le chiese e la bruna contò i numeri fino ad arrivare ad otto. “Anche io ho otto anni!” esclamò la rossa, raggiante.
La accompagnò a casa, continuando a tenerla per mano.
Aveva paura che se gliela avesse lasciata, sarebbe caduta di nuovo, perciò aveva deciso che fosse stato meglio se continuava a tenerla stretta.
Così ha continuato a tenerle la mano, sempre, in ogni occasione: per evitare che cadesse, per evitare che si facesse male, per evitare che piangesse e per evitare che si allontanasse da lei.

Mai più le lasciò quella mano.

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Capitolo 6
*** Extra Story 6 - Martedì Game ***


Extra Story 6 - Martedì Game




Martedì.
Il Martedì è un giorno sacro poiché il gruppo di psicopatici membri dell'undicesima famiglia Vongola si riuniva a casa di Arashi, poiché era la più grande, per giocare davanti ad una delle più sofisticate e fighissime console dell'epoca.
Nemmeno il tempo di tornare da scuola che la porta del salotto per poco non venne buttata giù, mentre i sei guerrieri orgogliosi si posizionavano sul divano in pelle seduti uno vicino all'altro, fissando il maxi schermo in 3d con audio in dolby surround.
Luca inserì il dvd nella console proprio quando Arina era entrata con i vassoi di dolci, patatine, stuzzichini e, ovviamente, le bottiglie fredde di Cola.
Haname si avvicinò al balcone e vi mise sopra un lenzuolo scuro lasciando che la notte calasse in quella stanza, raggiungendo il gruppetto sul divano che osservava i loghi passare sullo schermo.
Arashi: Chi inizia?
Kaito: ioooooooooooooooo!
Il biondo afferrò i joypad che erano una sorta di guanti che si infilavano e seguivano il movimento delle mani e si posizionò davanti allo schermo saltellando come un alpaca in calore.
Luca: e dai, piantala di saltellare come uno psicotico e iniziamo il gioco.
Il gioco inizia in una stanza buia, con un protagonista invisibile, poiché è il giocatore stesso, che camminava in un lungo corridoio di un palazzo occidentale in stile barocco, tenendo in mano una lanterna.
(ogni riferimento a giochi esistenti è puramente casuale)
Il biondo, fiero della sua camminata sexy, giunse nella libreria del castello dove trovò tante statuette messe a caso sullo scaffale.
Kaito: Oh, quello sembra Bobbu!
Haname: ma è un cervo!
Kaito: Chi se ne frega sembra Bobbu comunque.
Il giovane prese la prima statua che gli capitò a tiro e la lanciò contro una porta chiusa.
Kaito: Muori, figlio di una meretriceeee
Continuò a lanciare statue a caso in modo convulso quando un groviglio di membra e pelle calante varcò la soglia della stanza.
Kaito: CHE CAZZO E' QUELLO.
La musica iniziò a farsi cupa e Kaito fuggì via correndo, sotto le urla dei ragazzi che gli ordinavano di muoversi e sembravano quasi più agitati di lui che stava giocando.
Luca: Che cazzo fai?!?! Se entri lì ti prende!!
Kaito: AHHHHH Bobbu!!! Aiutami tuuuuu
Haname: Scappa, presto!
Nozomi: CORRI TONINO!
Arashi: Buttati in acquaaaa
Arina: … buttati che è morbido.
Il biondo nuotò verso un cunicolo e la musica si fermò, segno che il mostro aveva smesso di inseguirlo.
Arashi: Che cazzo, ho perso 10 anni della mia vita.
Luca: Ma dai Ara, ti spaventi per nu- CHE CAZZO ERA?
Il biondo sobbalzò, voltandosi e notando ciò che aveva fatto spaventare Luca.
Kaito: E' un tizio morto a caso per terra.
Nozomi: Cadaveri a caso, un film di Bruno Liegibastonliegi.
Intanto il biondo si era diretto verso il secondo piano con un'ascensore che funzionava ad inerzia.
Arashi: Aspetta... un ascensore in un palazzo del 1800?
Haname: Si saranno aggiornati...
Luca: Sarà un'ascensore psitico.
Arina: Psichico.
Luca: Quella roba lì.
Arina: Ma al massimo è spiritato, eh.
Intanto il biondo aveva sorpassato una stanza delle torture ed era giunto davanti ad una vergine di ferro.
Kaito: Uh, sta tizia la conosco.
Arina: non è una tizia, è una vergine di ferro.
Kaito: … ho pensato male.
Nozomi: anche io.
Arashi: Anche io.
Luca: … e poi sarei io il depravato?
Haname: Voi pensate SEMPRE male.
Arina: Come siete osceni, bastava pensare ad una tizia nata a fine agosto che indossa un'armatura di ferro.
Kaito: Senti, dì quello che vuoi ma se dici vergine mi fai pensare ad una tizia che non ha mai concluso nulla.
Nozomi e Arashi si guardarono e per poco non scoppiarono a ridere.
Non fece nemmeno un passo che l'iron maiden si aprì di scatto e un mostro disgustoso non lo ammazzò all'istante.
Kaito: MA NOOOO.
Si gettò sul divano, offeso e con braccia conserte mentre Nozomi gli sfilava i guanti-joypad.
Nozomi: Ora tocca a me.
Arashi: e chi l'ha deciso?
Nozomi: Io, perchè sono il boss.
Arashi: Ah, si?
La rossa si alzò e si piazzò davanti alla ragazzina, osservandola dall'alto in basso.
Arashi: E io sono il tuo braccio destro. Come la mettiamo, eh? Eh?
Nozomi: Ehi, che vuoi? Vuoi botte? No, dico, vuoi botte?
Arashi: No, tu vuoi botte. Ti do tante di quelle manganellate che non potrai sederti per una settimana.
Nozomi: TU NON OSERAI.
Arashi: Cosa te lo fa pensare?
La pioggia si alzò e separò le due contendenti, osservandole mentre si fissavano con un'espressione che andava dall'offeso al malizioso.
Haname: calma, ragazze.
La rossa tornò a sedersi, ridendo sotto i baffi.
Arashi: Va bene, fai giocare pure lei, così mi divertirò a vederla morire.
La bruna fece un'espressione offesa-pucciosa.
Nozomi: vedrai che so giocare meglio di te.
Le fece la linguaccia e Arashi la imitò per poi scoppiare a ridere.
Arina: uff, fanno sempre così quelle due.
Nozomi continuò la partita in una sorta di stanza da lavoro, dove si mise alla ricerca di un'arma.
Nozomi: Kaito è morto perchè non aveva nulla in mano. Serve un'arma!
Kaito: Ehi, io avevo Bobbu!
Arashi: Ma se l'hai tirato dietro la porta?
Kaito: ...oh.
La bruna trovò una sedia e la prese.
Arina: … Undicesima, cos'è quella?
Nozomi: Arina, ok che è buio e tutto il resto ma mi sembra ovvio che sia una sedia.
Arina: … lo so che è una sedia, ma...
Nozomi: E ALLORA CHE CAZZO ME LO CHIEDI A FARE???
Arina: … volevo dire, perchè hai preso una sedia?
Nozomi: Ehi, senti, vuoi che ti prenda a sediate in faccia? Eh? Eh?
Arina:
Luca: Vuoi usarla come arma?
Haname: Ma no, è una sedia!
Kaito: Ci fa sedere i nemici.
Mentre la bruna avanzava con la sedia in mano, sentiva le risate dei ragazzi dietro di lei.
Nozomi: Oh, sentite, non sottovalutate il potere delle sedie.
Luca: Uh? Che ci fai?
Nozomi: Ehi, le sedie hanno un potere intrinseco gigantesco! Le puoi spaccare in testa ai mostri!
Arashi: Wow, che gran potere.
Kaito: Dai, boss, mi fate morire con quella sedia in mano. Ti manca solo lo scolapasta in testa e un alpaca da cavalcare!
Nozomi: Sentite, io ho una sedia come arma e ne vado fiera! Io sono il boss delle sedie!
Arina: Eh, il boss delle torte.
Nozomi: no, no. Volevo dire, io sono il boss con la sedia! Il Vongola boss, intendo.
Arashi: Ma è ridicolo!
Nozomi: Ehi senti se c'era il tizio con la forchetta io posso avere anche la sedia, chiaro?!
Luca: Il tizio con la forchetta?!
Arina: Parla di Vongola Quarto.
Luca: oh.
La ragazzina avanzò fiera verso la stanza adiacente quando la musica non cambiò e un mostro apparve sull'uscio.
I ragazzi, come ogni volta che appare qualcosa, iniziarono ad urlare.
Nozomi: CAZZO E' QUI!!! DOVE SEI FIGLIO DI DAEMOOOOON
Si avvicinò al mostro smembrato e gli spaccò la sedia di legno in testa, lasciandolo lievemente frastornato.
Haname: … non era poi un granchè come arma.
Arashi: Però, dai, l'ha confuso qualche secondo. Meglio di Kaito e Bobbu.
Kaito: Ehi, non offendete Bobbu!
La bruna corse nella stanza adiacente, decisamente più illuminata della prima, afferrando un'altra sedia e lanciandogliela contro.
Luca: Ma basta con ste sedie! Corri via!
La bruna fuggì verso uno sgabuzzino e si chiuse dentro, evitando il mostro che si allontanò e la musica scemò.
Nozomi: Ok, serve un'altra arma e qui non ci sono sedie.
Arashi: Stavolta vedi di trovare qualcosa che faccia male.
La bruna afferrò una scopa dallo sgabuzzino e uscì.
Kaito: … vuoi “scopare” i nemici?
Arashi: EHI! Nozomi è solo mia.
Haname: Stai tradendo Primo-sama?
Nozomi: Ma veramente volevo solo prenderli a mazzate, è l'unica “mazza” che ho trovato!
Arina: Undicesima, non avete mai detto così tanti doppisensi in una sola frase.
Kaito: Eh, l'ho detto io.
Luca: Ma come siamo perversi.
Arashi: Nozo, la prossima volta taci.
Nozomi: … voi mi odiate, ammettetelo!
Intanto, la ragazzina, raggiunse nuovamente la stanza illuminata di poco prima e si mise a frugare nei cassetti, ritrovando delle lettere importanti.
Haname: Ah, eccole! Ora possiamo tornare in biblioteca.
Prima che uscisse, però, beccò nuovamente il mostro davanti a sé e, dopo la solita musica inquietante e le solite urla dei ragazzi, la bruna iniziò a prenderlo a mazzate ma questi distrusse la scopa e la gettò via.
Nozomi: NO, LA MIA SCOPA!
Si voltò, afferrò nuovamente una sedia che si trovava vicino una delle scrivanie e corse verso la balconata della stanza mentre il mostro la inseguiva.
Kaito: Ma cosa, ti incastri così!
La bruna saltò sul cornicione del balcone con la sedia in mano e si gettò giù.
Nozomi: PER VONGOLA PRIMOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO
(ogni riferimento a parodie esistenti è puramente causale)
Arashi cadde dal divano in preda a risate convulse.
Luca: Ok, ti sei splattata al suolo.
La ragazzina si tolse i joypad e li diede ad Arashi.
Nozomi: La mia uscita di scena è stata epocale, ammettilo.
Arashi: … è stata una cazzata.
Haname: E' stata poco vongolosa...
Kaito: E' stata lol.
Luca: E' stata splattosa.
Arina: E' stata sciocca.
Shinji: ...è stata carina, dai.
Il guardiano silenzioso aveva parlato, lasciando tutti di stucco dato che non parlava mai e che era lì con loro da un'ora e non aveva ancora parlato.
Ma la bruna scosse il capo, offesa.
Nozomi: ...voi mi odiate.

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Capitolo 7
*** Extra Story 7 - Nel Laboratorio ***


Extra Story 7 - Nel laboratorio

 

Chiuse lentamente la porta in legno, varcando la soglia del laboratorio.
L'odore non era dei migliori, il tanfo di chiuso si mischiava a quello della ruggine, assieme al frastuono dei macchinari che lavoravano senza sosta.
Era lì che il giovane Fukada era chiuso, ormai da un paio di giorni. Sembrava non avesse la benché minima intenzione di uscire.

Voleva tanto sapere a cosa stava lavorando di così importante.

Nanjo si palesò davanti a lei, con un vassoio tra le mani e il volto rassegnato.
- Buona sera, Arina-san. - disse, cercando di rassicurare la donna con un sorriso.
La bionda ricambiò il saluto e osservò l'uomo svanire oltre l'uscio.
Il maggiordomo fidato era l'unica persona a cui era consentito l'accesso nel laboratorio sotterraneo.
Oltre ad Arashi, ovviament, ma lei non sarebbe mai entrata lì.

Scese le scale di metallo e si avvicinò ad un curioso macchinario che si allungava e si comprimeva in modo singolare, seguendo uno specifico ritmo.
Lanciò un'occhiata poco più in là, osservando il giovane appisolato sulla scrivania, disordinata come al solito.
Quanto aveva lavorato? Per quanto ancora lavorerà senza sosta?
Arina si avvicinò all'uomo a grandi passi, ascoltandone il respiro.
I suoi capelli rossastri erano slegati e scompigliati, gli occhiali erano riposti sul tavolo e qualche foglio era poggiato sulle sue ginocchia.

Arina si chinò, prese i fogli e li ordinò con cura, riponendoli sulla scrivania, mentre sottecchi osservava il bel addormentato.

Si chinò nuovamente, stavolta verso l'uomo, avvicinando il suo viso a quello di Masato.
- Quante volte ti dovrò dire che per dormire esiste il letto? -
L'uomo mugolò, non accennando però a svegliarsi.
- Ma guardalo. Non mi basta badare a quella peste di Undicesima, ti ci metti anche tu. -
La bionda si levò la giacca jeans, poggiandola sulle spalle dell'uomo.
Lanciò un'occhiata ai libri sulla scrivania e ai dati ancora visibili sul monitor del suo pc. Era tutto caotico, non riusciva davvero a capire come poteva vivere in quel tale disordine.

Abbozzò un sorriso.
Anche lui si dava da fare per la famiglia, dopotutto.
Decise che fosse meglio lasciarlo sonnecchiare in pace, non voleva disturbare le poche ore di sonno che si riusciva a concedere.
Si chinò nuovamente su di lui, stampandogli un leggero bacio sui capelli profumati.

Una mano giunse al suo viso e la donna sussultò. Incrociò un paio di occhi castani, erano pieni di stanchezza ma luccicavano.
Una luce che lei amava.
- … Dove vai? - chiese lui, con voce flebile.
- … Volevo lasciarti riposare. - rispose lei, sorridendogli teneramente.
- Allora resta qui. Con te riposerò meglio. -

La mano la tirò a lui, stringendola al suo corpo.
La donna alzò il capo e arrossì, osservandolo negli occhi.

L'uomo avvicinò il viso e unì le labbra a quelle della donna, che poteva sentire il respiro del rosso sulla sua pelle.
Le sue labbra erano morbide, i suoi occhi magnetici e il suo profumo inebriante.

Era quello l'amore?

Un solo sospiro alle sue orecchie, la voce stanca di un uomo poco più grande di lei.

- Ti amo, Arina. -

Si accoccolò teneramente al suo petto, lasciandosi stringere.
Lasciandosi proteggere.

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Capitolo 8
*** Extra Story 8 - Il figlio del pasticciere ***


Extra Story 8 – Il figlio del pasticciere




- Kaito! Vieni qui! - una graziosa e minuta donna dai tratti delicati stava impacchettando un dolce con attenzione.
Il bambino dalla bionda chioma si avvicinò alla madre, che gli porse il pacchetto.
- Per favore, porta questo al signor Shirosaki. - disse, dolcemente – Ricordi dov'è? E' a due passi dalla tua scuola. -
- Ma mamma! - il bambino prese il pacchetto e l'osservò con sguardo annoiato – Farò tardi a scuola! -
- Ma no, è proprio lì vicino. Se fai in fretta non tarderai. -
La madre tornò a sistemare i cupcake sopra uno scaffale, ignorando l'espressione imbronciata del figlio.
- Non può farlo papà? -
- Sta preparando una torta di compleanno e io devo restare in negozio. Vai tu, forza. - stavolta la voce della donna sembrava più severa.
Dopotutto, sua madre voleva che anche lui partecipasse attivamente al mantenimento della Yamasaki Sweets, che da oltre cinquant'anni sfornava i dolci più buoni della zona.
Era il suo futuro, dopotutto.
Ma il piccolo Kaito, un sognatore che amava le arti marziali, non era interessato nei dolci.

Il bambino si diresse a scuola con rapidità, svoltando verso l'abitazione dell'uomo a cui doveva lasciare la torta.
- Grazie, piccolo! - rispose l'anziano, sorridendogli.


Il ragazzino si stiracchiò e lasciò il vicolo, dirigendosi verso la strada principale. Non sarebbe arrivato tardi, sua madre aveva ragione.
Kaito amava i suoi genitori e ammirava suo padre, un pasticcere tra i migliori della città. Amava anche le torte e i dolci che cucinava, erano squisiti. Tuttavia c'era differenza tra cucinarli e mangiarli.

Lui preferiva mangiarli.
Non aveva intenzione di prendere il posto di suo padre, per lui si trattava di un lavoro abbastanza noioso. Non riusciva a sopportare l'idea di non poter scegliere da solo cosa fare in futuro.

Sentì un grido, un bambino era scoppiato a piangere.
Svoltò verso una stradina adiacente e si ritrovò davanti a tre ragazzacci, che stavano importunando un bambino più piccolo, inginocchiato a terra e in lacrime.
- Ehi! - urlò Kaito, avvicinandosi ai tre bambini più alti di lui. Probabilmente frequentavano la scuola media, forse avevano due o tre anni più di lui.
Ma a Kaito non interessava. Se qualcuno aveva bisogno di aiuto, non si tirava mai indietro.

Era riuscito ad attirare l'attenzione dei tre, abbastanza spaventosi a causa della loro altezza e consistenza fisica. Il biondino, in confronto, era un piccolo undicenne mingherlino, se non scheletrico.

- Fermatevi! -
Una voce femminile risuonò dall'altra parte del vicolo, Kaito allungò il collo e notò che altre persone si erano avvicinate.
Tre bambine.
- Ma chi diavolo sono tutti questi scocciatori? - chiese uno dei tre ragazzi, osservando in direzione delle bambine – Andate via, o faremo piangere anche voi. -
- Provaci. - la ragazzina dai capelli castani sembrava davvero sicura di sé, si lanciò verso colui che aveva appena parlato e lo colpì allo stomaco, facendolo arretrare con dolore.

“WOW! Che forza!”

Gli altri due erano perplessi, sembrava volessero scappare, ma Kaito non perse l'occasione di lanciarsi all'attacco e colpì uno dei due alle gambe, lasciandolo cadere all'indietro.
L'ultimo decise di fuggire, seguito con lentezza dagli altri due, doloranti e zoppicanti.

Il biondo non immaginava che una femmina potesse essere così forte e coraggiosa – Sei in gamba, per essere una bambina! - esclamò, aiutando il bambino maltrattato a rialzarsi.
- Io non sono una bambina. - la bruna scosse il capo, quasi offesa – Sono un vigilante! -
- Forte! Io sono Yamasaki Kaito! - si presentò, entusiasta.
- Io mi chiamo Nozomi. - disse la bambina. - Poi ci sono Arashi e Haname. -
- Ehilà. - la rossa salutò con noncuranza, mentre la più alta si limitò a sorridere con timidezza, aiutando il bambino più piccolo a rimettere a posto i quaderni nello zaino.
- Oh, ma tu... conosci la Yamasaki Sweets? - Haname si raddrizzò e incrociò lo sguardo del biondino.
- Sì, è di mio padre. - il biondo sospirò.
- Uh? Hai una pasticceria! Grandioso! - esclamò la brunetta prima di sentir suonare, in lontananza, la campanella di una scuola. - Oddio, dobbiamo sbrigarci! -
- Uh? Andate in quella scuola? Siete anche voi alle elementari? - chiese Kaito, perplesso.
- Sì, io e Arashi abbiamo nove anni, Hana-chan ne ha dieci. -
- E io undici! - il biondo ridacchiò – Beh, allora ci si vede! -

Mentre le tre fuggivano verso l'istituto, il biondo arruffò con dolcezza i capelli del piccolo, che gli sorrise.
- Sta più attento, cammina dove ci sono molte persone! -
- Sì.. grazie! - il bambino annuì e fece per andarsene, prima di tornare indietro e di prendere qualcosa dalla tasca. - Tieni! -
Kaito prese l'oggetto che il bambino gli aveva passato, era un portachiavi giallastro con uno strano animale batuffoloso.
- Oh... cos'è? - chiese, curioso.
- E' un alpaca. - disse il bambino, ridacchiando. - E' tipo... un lama o una pecora. Mio zio ha una fattoria e ne ha molti, io li adoro! -
- Ma... vuoi darlo a me? - il biondino era ancora più perplesso.
- Certo! Mi hai aiutato, sei molto gentile! - il piccolo esibì un sorriso smagliante, prima di fuggire via, oltre la stradina.
Kaito osservò il portachiavi, incuriosito.
- Un alpaca, eh? … -

 

Quel pomeriggio, il biondo si gettò sul letto a giocare con il suo Game Boy rosso che tanto amava. Gabo-chan, la sua mogliettina, aveva sempre creduto che fosse una femmina per via del colore.
Lui, invece, amava il giallo, come il portachiavi con l'alpaca che il bambino gli aveva regalato. Era davvero bello.

- Kaito! Ti cercano i tuoi amici! -
L'affermazione della madre lo lasciò perplesso. Si issò dal letto e raggiunse il locale, trovandosi di fronte alle tre bambine della mattina.
- Uh! Siete voi! - affermò il biondo, avvicinandosi alle tre.
- Ma quello...! - la bruna notò subito la console che il biondo teneva in mano – Sei un gamer? -
- Certo, questa è la mia adorata Gabo-chan! -
- Quindi ti piace giocare! Che giochi hai? - chiese lei, quasi assaltando il povero ragazzino. - Anche noi amiamo giocare! -
- Beh... allora facciamo una partita assieme? - chiese lui, ammiccando.

Sembravano simpatiche, erano forti e anche divertenti.
E lui amava le persone forti e divertenti.

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Capitolo 9
*** Extra Story 9 - Il veggente ***


Extra Story 9 - Il veggente




Ogni giorno era sempre uguale.
Stessa atmosfera, strade simili, persone che andavano nella stessa direzione, solite richieste.

- Voglio sapere se mi ama! - chiese una voce femminile.
Una delle tante, ponevano sempre le stesse domande.

Ragazzine innamorate, madri disperate per le malattie dei figli, squattrinati in cerca di fortuna.
In qualsiasi città andasse, in qualsiasi vicolo svoltasse, la situazione era sempre la stessa.

Alzò il capo, osservò la ragazzina trepidante e sospirò.
- ...Hai qualcosa di suo? - chiese.
La giovane gli porse una penna, le sue dita tremavano. Forse il freddo, o l'emozione.
- Me l'ha prestata questa mattina... - disse, imbarazzata.
Il bruno prese l'oggetto e lo appoggiò alla sua destra, estrasse il mazzo di tarocchi e iniziò a mescolarli, per poi posizionarli l'uno accanto all'altro.
Sospirò nuovamente.
Come poteva dirle la verità? Doveva forse ammettere che il suo lui era un donnaiolo e che non l'amava davvero?
Ma, in fin dei conti, cosa importava? A lui bastava dire ciò che era vero, non poteva perdersi in stupidi dettagli. L'importante era racimolare i soldi per la cena.
- Sì, gli piaci. - si limitò a dire.
La ragazzina esultò di gioia, recuperando la penna e lasciando il contante.
- E tu gli credi? - l'amica bionda sembrava molto scettica, la stava osservando con severità. Nemmeno quelle persone erano inusuali. - Dice così solo per farti felice. -
- Non è vero! - sbottò la bruna, alzandosi. - Nana è stata qui l'altro ieri e le ha detto che non c'erano speranze! - spiegò.
- Oh... - la bionda non seppe più cosa dire.

Era sempre così, ogni giorno, da quando aveva lasciato la sua abitazione a Nagano... o forse anche prima.
Suo padre si svegliava tutti i giorni alle cinque e mezza per andare a lavorare in una fabbrica. Sua madre, invece, si svegliava alle sette e un quarto, preparava la colazione per i figli e si recava al negozio di elettrodomestici, dove lavorava come commessa.
Shinji doveva occuparsi dei fratelli minori, due piccole e indomabili pesti. Doveva vestirli, dar loro da mangiare e accompagnarli a scuola.
Anche lui aveva frequentato una scuola, almeno fino a quando non aveva deciso di lasciare la sua abitazione.

Suo nonno gli diceva sempre di trovare ciò che gli mancava, di scoprire la “verità”. Il ragazzo sentiva di non sapere tutto sulle sue strane capacità, che aveva apparentemente ereditato da lui.
Il padre, invece, si rifiutava di dare ascolto a quel vecchio visionario. A lui non importava che fosse bravo a predire il futuro, né che facesse apparire e sparire oggetti. Lo trovava fastidioso e odiava che Shinji lo imitasse. Per quel motivo, i suoi genitori amavano di più i figli minori, che non avevano mai mostrato interesse per cose strane e fuori dal comune.
Per questo, quando lasciò la sua abitazione, a nessuno importò.
Suo nonno era morto troppo presto e Shinji aveva ancora molte domande. Decise quindi di cercarle in giro per il mondo.

Era passato un anno, ormai.

- Riuscirò ad avere il suo amore? Sarò mai felice? -
Una voce femminile, rotta dalle lacrime. Probabilmente lacrime d'amore.
Anche quella situazione non era inusuale, dopotutto.

Il ragazzo sospirò e prese il suo mazzo.
- Mi serve qualcosa che gli appartiene. - disse, mescolando i tarocchi.
La ragazza gli poggiò accanto una piccola fialetta, di quelle che si compravano in farmacia. Dentro c'era un liquido scarlatto.

“Sangue? ...Questo è inusuale.” pensò.

Prese la fiala e la portò alla sua destra, iniziò a posizionare i tarocchi e li lesse con attenzione, perplesso.
Alzò il capo qualche istante dopo, osservando gli occhi castani della giovane, lucidi a causa delle lacrime.
- … No. - rispose lui, confuso – Non puoi avere il suo amore... lui non c'è più. - disse, cercando di essere abbastanza delicato.
- Lo so. - disse lei, abbozzando un amaro sorriso – Ma non riesco a non pensarci. -
- Dovresti. - si azzardò a consigliare - Non puoi andare dietro a qualcuno... che ormai non fa più parte di questo mondo... - il suo pensiero volò a suo nonno, l'unico che lo capiva.
- Vorrei solo... essere felice... - disse lei, scuotendo il capo. - E' così... impossibile per me? -
- … Giusto, mi avevi posto un'altra domanda. - il ragazzo sembrò pensarci su per qualche istante.
Prese il mazzo, deciso a risponderle. Dopotutto, la prima predizione non era che una constatazione della verità, non era giusto farsi pagare per averle semplicemente detto ciò che era ovvio.
- Quindi? - chiese lei, inginocchiandosi davanti al bruno.
Il ragazzo osservò i tarocchi, perplesso, per poi rivolgere l'attenzione alla fanciulla bruna.
Non sapeva se credere o meno a ciò che aveva visto.
- … Sarai felice, sì. Ma devi impegnarti. - rispose lui, pensieroso. C'era dell'altro, qualcosa che lui non riusciva a comprendere.
- Capisco... - la giovane riprese la fiala, con mani tremanti.
- Quel sangue... è tuo? - chiese, curioso.
- Sì, è mio. -

“Quindi il suo amato era un suo parente.”
Non sapeva se sentirsi triste o reputarla ridicola.
Eppure, i sentimenti umani erano così complessi che non poteva fare a meno di provare pena per il suo dolore.

La brunetta gli lasciò dei soldi, una cifra maggiore rispetto al prezzo stabilito.
- Non c'è bisogno … - disse lui, incredulo.
- No, va bene così. Tu sei la prima persona che mi dice la verità. - disse lei, asciugandosi le lacrime con la manica. - tutti gli altri... mi hanno sempre detto che mi avrebbe amata, che sarei stata felice, che dovevo solo confessarmi... e cose così. -
Shinji osservò i suoi occhi, intristito. Sapeva che in giro c'erano molti truffatori e falsi veggenti, gente che diceva alle persone ciò che volevano sentirsi dire.
- Tu invece... tu sei diverso. Tu hai capito tutto, tu hai davvero un gran potere. - disse lei, sorridendo. - e quella lieve fiamma, quando leggi le carte... è una shinuki... -

Il bruno restò a bocca aperta, incredulo. Quella ragazzina conosceva qualcosa che solo suo nonno riusciva a comprendere. Voleva saperne di più, voleva porle molte altre domande.
Solo in quel momento capì il significato dei tarocchi, cosa gli avevano detto poco prima.
Sapeva cosa fare.

- Ad ogni modo… grazie. - disse lei, rialzandosi proprio nell'istante in cui la neve iniziava a scendere, leggera.
La bruna osservò il giovane per qualche istante.
- Fa freddo, qui. Vuoi venire a casa mia a mangiare qualcosa di caldo? - chiese, con naturalezza – mia nonna non ha problemi se porto ospiti... - spiegò.
Il giovane si alzò, riponendo i soldi e il mazzo in tasca.
- Oh, quindi verrai? -
- Sì. - disse lui, sorridendo lievemente, imbarazzato. - … ho un po'... di fame... -
La ragazza gli sorrise e si voltò.

In realtà non avrebbe mai seguito un'estranea così, su due piedi.
Eppure, i tarocchi gli avevano detto che quella ragazza sarebbe stata felice, un giorno, se si fosse impegnata. Non sarebbe stata sola, avrebbe avuto una famiglia e tanti amici.

E, in quella famiglia, c'era anche lui.

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Capitolo 10
*** Extra Story 10 - Verso la melodia perfetta ***


Extra Story 10 - Verso la melodia perfetta

 

Una melodia nostalgica risuonava nella stanza. Un carillon, o forse le note di un vecchio pianoforte.

L'uomo dai capelli castani stringeva la moglie con sguardo malizioso.
E la melodia risuonava, ancora.

Quando la donna si chinava a baciargli la fronte, i suoi capelli corvini gli solleticavano il naso.
Aveva un bellissimo sorriso, una voce calda e armoniosa, così come le note che suonava al pianoforte.

Lei era bella, la più bella. Ammirata e amata.
Proveniva da una famiglia giapponese vecchio stampo, molto dedita alla famiglia.
Lui era svedese, molto simpatico e davvero talentuoso, ma con un carattere e delle idee assurde. Andava avanti e indietro, non amava sistemarsi e odiava avere un lavoro fisso. Era un violinista dalla vita squinternata, molto differente da quella della donna.

Forse era per quel motivo che lei l'aveva sposato, andando contro la sua stessa famiglia e i suoi genitori, una tipica coppia giapponese severa e attenta alle regole. Come potevano accettare un marito e padre così irresponsabile che non badava né alla famiglia né al figlio?
Sempre così freddi, sempre così poco melodiosi.
Sarà per quel motivo che, un giorno, la madre e il padre non erano più lì.
Spariti, fuggiti in America per realizzare i loro sogni infantili.

E Cloud, che aveva solo tre anni, era rimasto da solo.
Cresciuto dai severi nonni, educato alle buone maniere e alla musica.
Non era poi così male, dopotutto lui amava la musica.
Andava in conservatorio, voleva diventare un maestro e superare i suoi assurdi genitori.
Era vicino al suo sogno, i suoi voti superavano di gran lunga le aspettative dei suoi professori.
Andava tutto così bene.

Ma tornarono.

Una nota sbagliata, fuori tono. Lui odiava le cose fuori tono.
Riprese a suonare il piano, nascosto in una saletta del negozio di musica.
Era solo un inutile negozio.
Arredato bene, pieno di strumenti e ammirato dai clienti. Si guadagnava bene.
Ma si trattava pur sempre di un inutile negozio.

Quegli squilibrati dei suoi genitori, dopo dodici anni, erano tornati a prenderlo per portarlo via come un pacco. Volevano andare a Namimori, volevano aprire un negozio di musica.
A causa delle loro improvvise e malsane idee era stato costretto a lasciare il conservatorio e non ce n'erano altri in zona che potesse frequentare.

Quanto li odiava.
Ma, al contempo, li ammirava. Erano i migliori, erano così bravi, così armoniosi.
Scombussolati, sì, ma sincronizzati.
Non sapeva se perdonarli o bramare la loro morte. Era molto combattuto.

Sbagliò un'altra nota e imprecò, dando un colpo alla tastiera. Quei pensieri lo stavano distraendo dal componimento.

- Peccato, stavi andando bene! -
Una voce fastidiosa gli urtò l'udito, il giovane si voltò verso l'entrata della saletta.
- Questa è una zona privata. - rispose, osservando quello che sembrava un ragazzino dai capelli castani.
Non aveva idea del suo sesso, il suo aspetto era davvero ambiguo e il suo stile era molto sciatto e trasandato. Sembrava un maschio, ma anche una femmina.
Uno sguardo sul petto gli chiarì le idee. Non poteva che essere una femmina.

- Ops, mi dispiace. - disse lei, avvicinandosi comunque all'occhialuto – Sono stata attirata qui dalla tua bravura. Complimenti! - esclamò – Anche io amo la musica. -
Il giovane si sistemò gli occhiali, seccato, nell'istante in cui un'altra ragazzina varcava l'uscio e si avvicinava all'amica.
- Bene. Adesso puoi andare via. - disse lui, secco.
- Perchè? Non vuoi suonare qualcosa per noi? E' bello suonare per gli altri. - disse lei, sorridendo.
- Odio la gente e odio ancora di più le mocciose fastidiose. - disse lui, osservando lo spartito. - Altrimenti non sarei venuto qui a suonare. -
- Uh, sei davvero antipatico. - disse la rossa, incrociando le braccia. - E asociale. -
- Come ho già detto, odio la gente. Perciò mi va bene essere asociale. - fulminò la rossa con lo sguardo – Sparite, adesso. -
- Mah. Andiamo Nozo, questo tipo mi dà già sui nervi. - disse lei, cercando di smuovere l'amica.
- Ma dai, aspetta! Non hai sentito come suona bene? Voglio risentirlo! - disse lei, sognante – Adoro quell'armonia. -
- Non suonerà davanti a noi, è odioso e snervante. - la rossa sbuffò.
- Sentite, piantatela. - il ragazzo si voltò verso le due con sguardo severo. - Mi state disturbando, non riesco a comporre con voi due che parlate come delle oche. -
- MA COME- - la rossa sembrò infuriarsi ma la bruna si avvicinò alla tastiera e osservò lo spartito.
- Sei un compositore? Vuoi diventare un pianista? - chiese.
- No. Sto studiando per diventare un maestro. - rispose lui, secco. Non gli interessava né suonare il piano come sua madre né il violino come suo padre. Lui li avrebbe sorpassati, avrebbe diretto un'intera orchestra.
Lui era migliore.

- Direttore d'orchestra? Wow! E' il tuo sogno? - chiese lei, incredula – E' un sogno magnifico. Se vuoi, posso aiutarti a realizzarlo! -
Cloud si voltò verso di lei con uno sguardo alquanto scettico.

- Che stai dicendo, Nozo? - la rossa la guardò incredula – Perchè dovresti farlo?! -
- Asociale e bastardo... forse lui è la persona giusta! - esclamò Nozomi, voltandosi verso l'amica. - Hibari-san è asociale e bastardo! -
- Hibari-san è mille volte meglio che questo qui. Non vorrai davvero portarlo dentro? Non gli abbiamo manco fatto tutto il test! -
- Beh, per la nuvola funziona in modo un po'... diverso. Lui deve essere... così, insomma. Non possiamo fargli il solito test... -

Il moro non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere per il nervosismo.
Ci mancava solo la ragazzina fuori di testa che gli voleva rovinare la giornata.

Le due restarono immobili ad osservare la risata inquietante del futuro maestro.

- Io sono la figlia di un boss mafioso. - disse lei, cercando di spiegare – Perciò diventerò il futuro boss. - spiegò – Potrò aiutarti a realizzare il tuo sogno, se vuoi. -
Cloud la osservò confuso e incredulo. Non aveva mai sentito così tante sciocchezze in una sola volta.
I bambini di quell'epoca dovevano essere molto fantasiosi.
E fastidiosi.

- La famiglia Vongola è la più conosciuta al mondo. - concluse lei, soddisfatta.
- ...Vongola? - ripeté lui, incerto.
- Vongola... ovvero Asari in giapponese. - specificò Arashi.
- Asari... - ripeté lui, perplesso – Chi diavolo chiamerebbe in quel modo una famiglia mafiosa? -
Nozomi tossì.
- Sentite, non ho alcun interesse nelle persone, che siano molluschi, conchiglie o chicchessia. Alzate i tacchi e sparite dalla mia vista. -
Arashi tirò più volte la manica di Nozomi, ma la bruna sembrava decisa a non volersene andare.
- Io posso realizzare il tuo sogno. -
- Non mi interessa. - rispose lui, aggiustandosi gli occhiali.
- Non vuoi diventare un maestro? -
- Non ho bisogno di mocciose e famiglie mafiose per farlo. - odiava dipendere dagli altri e odiava ancor di più le persone insistenti.
- Possibile che non ci sia niente di cui tu abbia bisogno? - chiese lei, alzando la voce.
- Attualmente? - si voltò verso di lei, alquanto adirato. - Un fottutissimo settantotto giri del 1904, appartenuto ad un compositore polacco. - sbottò.

Non riusciva a credere che qualcuno fosse davvero riuscito a farlo arrabbiare in quel modo. Quella ragazzina doveva avere un talento naturale nell'arrecare fastidio.

- Dammi il nome del compositore e del disco. - chiese lei, annuendo.
Cloud scosse il capo, si alzò di scatto e stracciò un foglio di carta da un blocco notes, appuntò il nome con la penna e glielo diede.
Ne aveva avuto abbastanza di quella ragazzina, prima la mandava via e meglio sarebbe stato per lui.
- Toh. Tanto non riuscirai nemmeno a leggerlo correttamente. -
Dopotutto come poteva, una bambina giapponese, riuscire a leggere un nome in polacco?

Sospirò quando le due svanirono oltre l'uscio e tornò finalmente a concentrarsi sulle note della sua composizione.
Armoniosa, perfetta, sincronizzata.
Lui amava l'armonia e odiava tutto ciò che era fuori tono.

Ormai era finita, ogni nota era giunta al suo posto. L'aveva suonata tutta d'un fiato, perdendosi nel suo mondo musicale.
Quando aprì i suoi occhi, si ritrovò ad osservare un settantotto giri dall'aria antica e lo snervante sorriso della ragazzina di giorni prima.

Non seppe se essere felice o odiarla a morte.
Lo aveva cercato ovunque, per anni e anni, e una mocciosa era riuscita a trovarlo.

Si voltò verso di lei, sistemandosi gli occhiali e sospirando, cercando di non perdere la calma.
- Cosa vuoi. - chiese.
- Nulla di che. Basta che... se ho bisogno, tu sia in giro... Cloud Velvet – disse lei, dondolandosi.
Cloud la fulminò con lo sguardo, scrutandola da capo a piedi e incrociando le braccia.
- E sentiamo, quale sarebbe il nome di questa conchiglia che ho davanti? -
La ragazzina abbozzò un sorriso soddisfatto.
- Sawada Nozomi. E sono una Vongola, sai? -
- Vongole o conchiglie, non cambia nulla. -

La bruna si voltò e fece per andarsene, fermandosi di scatto sull'uscio.
- Oh. La melodia è bellissima, complimenti! - esclamò.
- Tsk. E' ovvio che sia bellissima, l'ho composta io. - lanciò un'occhiata alla ragazzina, era finalmente andata via.
Osservò il disco e sospirò nuovamente.

Famiglia mafiosa o meno, forse poteva tornargli utile.
Chissà che non fosse riuscita a rendere la sua vita meno stonata.

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