You could be Happy

di ChocoCat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E tutto finì con un bacio ***
Capitolo 2: *** You’d sell your soul to be another, when love pollution’s setting in ***
Capitolo 3: *** Silent Cry ***
Capitolo 4: *** I guess that’s how I know you ***
Capitolo 5: *** Sure I can accept that we’re going nowhere, but one last time let’s go there ***
Capitolo 6: *** You can't play on broken strings ***
Capitolo 7: *** And so they must depart, Two many more broken hearts ***



Capitolo 1
*** E tutto finì con un bacio ***


Voglio essere sincera con il lettore.

Questa Ginny sono io, quest Harry è l’uomo della mia vita, e questo Michael… beh lui, è quanto di più vicino a un amico io abbia mai avuto accanto.

 

Aggiornerò spesso, ancor più se sollecitata da richieste.

 

Sappiate che il tono cambierà nel tempo, che la storia nasconde bivi impercorribili, che i protagonisti non avranno mai detto l’ultima parola…

Chiudo l’introduzione qui e vi lascio alla lettura.

 

PS: consiglio vivamente di far partire la canzone... e iniziare a leggere! You could be happy - Snow Patrol: https://www.youtube.com/watch?v=76Mbnuwk2d4 (Link Cit.)

 

.ChocoCat.

 

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Do the things that you always wanted to
Without me there to hold you back, don't think, just do

More than anything I want to see you go
Take a glorious bite out of the whole world

Snow Patrol

 

 

 

 

 

A Michael: il mio amico, il mio cuore, le mie fibre e i miei nervi vitali, cui ho sempre negato tutto pur donandogli interamente me stessa.

 

 

 

 

 

 

I

 

 

 

 

Ho deciso –deciso?-, parlerò con te attraverso queste pagine.

L’HTML mi pare buono, lo stile è di mio gradimento, non credo ti dispiacerebbe. Se non sbaglio, avevi una malata passione per il Comic Sans; e io che l’ho sempre odiato!

Forse dovrei ingrandire le lettere, i tuoi occhi non son mai stati buoni al computer.

 

Non ho molta scelta, nevvero? Tu hai ricucito le tue cicatrici, hai leccato ogni ferita e te la sei data a gambe.

Avrei dovuto fare lo stesso, invece mentre tu ti voltavi e correvi verso il futuro te, io sono rimasta a guardare la tua schiena, sperando che ti voltassi.

Non ti sei mai più voltato, mai più.

 

Vorrei tanto che tu potessi leggermi, vorrei tanto spiegarti cosa sia andato a rotoli.

Ma tu mi hai cancellata e scacciata via dalla tua vita, e io per te non sono più niente.

Come spiegarsi perché siamo arrivati a tanto?

Eravamo amici, nemmeno amanti.

Due ragazzini di sedici, diciassette anni appena, con l’intero mondo davanti e un’irrefrenabile voglia di mettersi alla prova.

 

Avrei voluto che tu mi vedessi crescere dopo la scuola.

Avrei voluto averti accanto, a volte; mi sono abituata a non averti più.span>

 

Ricordo l’ebbrezza che provavo in ogni attimo passato vicino a quei tuoi occhi luminosi, il tuo sorriso non sbiadisce nei miei pensieri, mi galleggia davanti invitante, e il mio cuore fa male e si arrotola palpitante su se stesso come un riccio.

Mi capita ancora di sognarti di tanto in tanto.

Mi sveglio nel cuore della notte con le lacrime agli occhi; il mattino è rabbuiato e mi alzo con l’impressione che la giornata sia già morta.

 

Se durante i miei sogni avessi davvero potuto chiarire i nostri problemi con te come desideravo ardentemente fare, ora sarei un’altra persona, e tu non mi faresti così male.

 

Invece sei ancora qui, una ferita bruciante nella carne.

Rivedo i tuoi occhi, no, non sono più gli stessi; sono quelli di quando già ti allontanavi da me.

La consapevolezza di sapere che ti stavo perdendo mi uccideva, eppure tu non te ne accorgevi, il tuo volto cercava ancora di essermi caro.

Ragazzo ingenuo sorridevi, e mi dicevi “ci rivediamo a settembre”.

L’avevo sentito, io, invece, che quell’estate ti avrebbe cambiato, e che ti avrebbe portato via da me per sempre.

 

È da circa un anno che ho smesso di sognarti regolarmente, ogni tanto spunti fra i miei pensieri o in una conversazione e mi catapulti in un mondo grigio che non mi appartiene.

Mi sento persa ogni volta e ogni volta e mi fai vergognare, perché il mio cuore si era aperto per te e tu hai voltato lo sguardo altrove.

Io lo sapevo che mentivi, e tu vedevi il mondo attraverso i miei occhi, eri a conoscenza di tutto, anche tu. Ero bugiarda perfino con me stessa. E tu, che non sei mai stato bravo a mentire, negavi tutto.

Perché non abbiamo parlato prima, non abbiamo agito, prima?

 

Solo adesso so cosa eravamo, tu ed io. Quel “tu ed io” che tanto ti ha fatto crucciare e che ci ha separati in un attimo, cancellando il passato così morbido e ricco, così familiare.

Come un fuoco d’artificio abbiamo bruciato tutto attorno a noi e nell’arco di poco tempo non è rimasto più nulla. Si sa che le scintille non hanno vita lunga. Così come abbiamo squarciato il cielo, splendenti di luce propria, siamo ricaduti sull’asfalto. E già non eravamo che polvere.

 

Speravo di spiegarmi con te faccia a faccia, rivolevo quella luce nel tuo sguardo, la desideravo con ogni cellula del mio corpo, volevo che m’illuminasse di nuovo. Che brillasse per me come aveva già fatto. Non posso; mi fai troppa paura.

Non reggerei il confronto, so che cercherei le tue mani che non mi spettano più, e leggerei nei tuoi occhi quel buio che vi ho letto mesi addietro, dopo che tutto era già finito.

Finito come? Con un bacio.

 

 

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Capitolo 2
*** You’d sell your soul to be another, when love pollution’s setting in ***


PS: di nuovo consiglio vivamente di ascoltare la canzone riportata, qui si tratta di Love Pollution, dei Feeder: https://www.youtube.com/watch?v=AVkzZr30voA

Ecco, come promesso, il secondo capitolo di questa prima settimana.

 

 

Spero che qualcuno di voi apprezzerà questa storia.

Spero di esprimere sotto la sua “cuticola”, che sa di vecchi amici (per voi che amate HP) e magia, quanto ci sia di vero.

In ogni parola scritta c’è tutto il mio cuore, tutto il mio rimpianto.

 

 

Non esitate a darmi il vostro parere.

 

Con affetto,

 

.ChocoCat.

 

 

 

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Crossing bridges over water

A new reflection creeping in

 

Got your head so full of traffic

The love pollution's setting in

FEEDER

 

 

 

 

 

 

 

 

 

II

 

 

Sono sempre stata fedele a me stessa. Una persona con idee semplici, chiare. Crescendo poi ho capito quanto quello che dicevo suonasse stupido nelle orecchie degli altri.

 

A quindici anni ero una ragazza piuttosto serena, spesso mi instillavo coraggio da sola per l’inspiegabile paura che mi faceva il mondo.
Volevo fare così tante cose che mi perdevo nei miei pensieri e finivo per lasciarmi scoraggiare, schiacciata dalla mia incapacità di scegliere.
Tu eri come me.

 

Eravamo a scuola insieme da qualche anno, non ti avevo notato. Si, certo, ti conoscevo.

Ragazzo scalmanato, facevi parte di quella fetta di Hogwarts che vive per creare caos.

Ti trovavi bene con i miei fratelli, infatti; io avevo Luna, la mia più grande amica.

 

Eri bello già allora, ma io non ti guardavo.

La tua pelle, tesa sullo zigomo chiaro e vellutato, una pelle di bambino, non chiamava il palmo della mia mano, e no… il tuo sorriso non mi faceva stringere il cuore.

Non ancora.

È con orrore che mi chiedo come reagiresti sapendo queste cose.

Se solo tu potessi leggermi…

 

Era appena finito il quarto anno, quando ci siamo avvicinati. È stato per caso.

Non ricordo con precisione quando ho cominciato a pensare che tu potessi essere un amico per me, un amico speciale.

 

Forse era una gita a Hogsmeade, ai Tre Manici di Scopa, in cui gli amici in comune ci hanno trainato senza troppi complimenti.

Tu eri là, brillavi della tua luce, e solo standoti vicino mi sono accorta di quanto ogni tua parola fosse giusta, succosa, interessante.

 

Abbiamo cominciato a parlare fra noi; per un paio di giorni, quando passavamo del tempo con gli amici –ora riuniti in un unico gruppo-, io e te ci siamo accostati impercettibilmente e abbiamo imparato a conoscerci.

Eri un ragazzo pieno d’ideali, mi sembravi un pacco da scartare, ma ancora non ti prestavo abbastanza interesse per capire chi tu fossi veramente.

 

Caspita, è simpatico, però. Così mi dicevo, quando la sera andavo a dormire e tra le coperte ripensavo alle giornate appena trascorse con te.

E subito m’invadeva quella sensazione di essere su una nuvola, neanche fossi la persona più potente del mondo.

Parlare con te… mi dava le ali per viaggiare al di là dei muri. Ogni mattone di ogni muro, un briciolo di paura che con orrore scompare dalla mia mente e la lascia libera.

 

Tu questo eri per me; prima ancora di conoscerti bene, prima di capirti.

 

Come ero io?

 

A quindici anni avevo un fisico snello e fine, sapevo che i ragazzi si giravano per guardarmi, ogni tanto.

Io arrossivo ma facevo sempre finta di essere una dura, una di quelle che uccidono con lo sguardo.

Niente di più falso, ma questo già lo sai.

Ero una ragazza con dei capelli luminosi che danzavano sulle spalle, il sorriso spontaneo che si arricciava sulle labbra come una molla senza nessun ritegno; due ciocche sempre davanti agli occhi, uno sguardo timido ma pulito e sincero. Lo stesso sguardo che ti ha fatto scappare via da me. Mi odio, mi odiavo; non me lo perdono ancora adesso.

 

Tu avevi quei capelli che andavano in tutti i sensi, color cioccolato al latte; sembravi un istrice, qualsiasi cosa cercassi di fare per metterli a posto.

Non lo sapevo, ma eri un fascio di muscoli per il Quidditch sotto quelle vesti scure, quella camicia, quella cravatta.

Mi pare ancora di sentire il tuo profumo. Fa male.

Lo sentivo anche solo a stare seduta accanto a te per chiacchierare fra una lezione e l’altra.

Avevi sempre un maglione di troppo e le tue braccia erano calde, quanto fredde erano invece le tue mani.

Arrossivi facilmente senza perdere il buon umore e senza nasconderti.

Cominciavi a balbettare, se imbarazzato, e cambiavi discorso con quell’espressione strana e ridicola che mi viene in mente ora.

Gli occhi ridevano e le guance erano rosse e tirate; le labbra di sbieco sui denti piccoli e regolari –miseriaccia, io ho dovuto mettere l’apparecchio per ottenere un fac simile del tuo sorriso!-.

 

Anche tu non risparmiavi i sorrisi, anzi ogni parola l’accompagnavi così.

Gesticoli ancora come allora?

Era una cosa terribilmente divertente vedere nei tuoi occhi quello che non riuscivi ad esprimere a parole e che cercavi invano di far intendere a gesti.

Sì, mi sono affezionata a ogni dettaglio; a distanza di anni me ne ricordo ancora.

 

Non ti vergogni, Gin! Così mi diresti, se solo…

Se solo io non avessi rovinato tutto in partenza.

 

Così, tutto questo, io lo leggevo noi tuoi occhi.

Sei stato il mio primo specchio umano: in te c’erano i miei sogni e le mie paure, in me i tuoi.

Non passava giorno senza che provassi brividi nel sapere che avrei fatto una passeggiata con te e avrei potuto parlarti.

Era quello che sapevamo fare meglio!

Chi siamo? Da dove veniamo? Cosa faremo più tardi? Ne vale la pena? È giusto? È sbagliato? Mi piace… no, questo no.

Era come gridare in una stanza vuota e sentire l’eco. Nelle stanze l’eco non esiste. Nella tua sì.

Esisteva.

 

Ero stupita dal nostro affiatamento. Mi sei piaciuto subito; eri così interessante.

Ti ricordi quel giorno che siamo finiti in punizione perché Macmillan ha fatto finta di non sapere dove fossimo quando la prof l’ha mandato a chiamarci?

Mi bolle ancora il sangue! Una bella fattura non gliela toglie nessuno, se me lo trovo davanti adesso.


Io avevo degli ottimi voti, ma non parlavo mai in classe.

Tu invece accantonavi una pila di Deludente e Troll sul fondo del baule, ma chiedevano sempre a te di leggere i testi ad alta voce.

Adoravo ascoltarti leggere ad alta voce; intonavi ogni parola con la giusta rapidità e modulavi la voce con sorprendente maestria.

Ti ammiravo, e ti invidiavo.

Io leggevo bene solo per me stessa, nel mio letto caldo, alla luce di una lampada soffusa nel cuore della notte.

Ci piaceva anche parlare di libri, tu mi parlavi di Tolkien e io di Pullman.

 

Ci siamo scoperti a vicenda ed eravamo colmi di gioia, di aspettative.

“Un amico, un amico vero!“ Gridava il mio cuore cercando di scoppiarmi in petto.

Poi è venuta l’estate.

L’ho passata a casa con la mia famiglia, ero felice, ero eccitata.

Mille promesse nella mia testa.

 

Con lei arrivò il mio compleanno.

Era attorno al 10 settembre, se non sbaglio. Una domenica.

L’abbiamo festeggiato tutti insieme, mi ricordo di essermi emozionata molto.

Gli amici erano tanti, il buon cibo abbondante e i giochi divertenti.

Poi, durante l’ennesima pellicola di film babbano trito e ritrito –illegale, a scuola, e fornito dai miei fratelli- io ho continuato a fare come se tu non ci fossi.

Come se fossi solo uno fra i tanti.

Non ho fatto nessun calcolo pensando a te.

Non ho fatto nessun calcolo pensando a lui; forse, invece, pensando a lui ne ho fatti troppi.

Ho baciato Dean Thomas.

E tu sei diventato il mio migliore amico.

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Capitolo 3
*** Silent Cry ***


Link Cit., al solito! Qui si tratta di Silent Cry, dei Feeder: https://www.youtube.com/watch?v=sP_9TX78iT4

 

 

Mi scuso per il ritardo, se mai qualcuno sia intento a leggere questa storia sconclusionata e intrisa di scempiaggine adolescenziale.

Ho deciso, contro la mia idea iniziale, di dare a Michael una seconda chance. Una volta sola, ma succederà più in là.

Mentre nella vita le cose non le scriviamo noi, ma forse qualcuno di più forte, qui, in questo mondo speciale, possiamo darci una nuova possibilità.

 

Non è giusto che se a Choco è stato spezzato il cuore senza possibilità di ricucire, debba essere stato così anche per Ginny.

Glielo devo, e lo devo a voi lettori!

 

Con affetto,

 

.ChocoCat.

 

 

 

_____________________________________________________________

 

 

 

 

 

I was so blind, I should've seen it

Notice the life, my life

I had to climb, stepping up further

To find the divide in me

Feeder

 

 

 

 

 

 

 

 

III

 

 

Come avrei potuto saperlo? Dimmelo.
Forse dal tuo sguardo? Dal tuo sorriso, quello che rivolgevi sempre a me, solo a me?

Perdonami.

Ma cosa diamine sto dicendo?

Non sei tu che sei sparito con una voragine al posto del cuore.

Tu sei sparito, e basta.

Non sei tu quello che ancora non ci dorme la notte.

Io so cosa fai di notte: sogni.

Oppure vai a ballare, adesso, da quando hai scoperto quanto ti piace la musica moderna… o meglio, da quando i tuoi nuovi amici te l’hanno fatta scoprire.

Quello che sogna del passato, come se il tempo di mezzo, quello che ci separa adesso, non esistesse affatto, non sei tu.

Quasi fosse tutto come prima... quella sono io.

Forse più che a te dovrei chiederlo a me stessa. Ginny, perdonati per le stronzate che hai fatto. Per gli errori che hai commesso. Per le persone che hai scelto, per le situazioni che hai compromesso.

 

Ti odio.

 

Si, ho baciato Dean quella sera.

Stupido. Disgraziato.

È-colpa-tua!

No, anche mia… anche mia, è vero. Soprattutto mia.

Dannazione!

 

Ci siamo ritrovati vicini, erano mesi che mi stava accanto, è con leggerezza che mi sono sciolta fra le sue braccia, senza pensarci un attimo.

Immagino che mi piacesse davvero, in un qualche modo, quel ragazzo.

Era molto alto, e molto attraente. Trovavo confortante il calore della sua pelle e della sua anima vicino alla mia.

Sorrideva sempre, all’inizio, mi sembrava un’ottima isola per il mio naufragio personale.

È durata troppo, tra me e lui, perché ero incapace di chiudere la storia.

Accantonavo scuse su scuse.

Ma niente.

Era di coccio, di legno, di ardesia. E io invece ero di aria, e tu eri come me.

Ero incapace di ammettere che stavo con lui per comodità, per parlare di qualcosa, per non starmene sola.

Non lo amavo, e lui non amava nessuno al di fuori di se stesso.

 

Eppure avevo te!

Come ho fatto a non notare subito la differenza?

Quella tra lui e te?

Ci ho messo un anno, ad accorgermene.

Ti ricordi? Ci siamo avvicinati ancora di più, con la scusa che entrambi eravamo innamorati.

Parlavamo sempre di loro, quando mettevamo un freno ai nostri bellissimi, rammaricati viaggi mentali.

Tra due pensieri puri, ci ficcavamo loro.

 

Tu eri, testuali parole, pazzo di Calì Patil, una ragazza dell’anno di Harry e Ron.

Io ero, testuali parole, davvero innamorata di Dean Thomas.

Ci divertivamo a trovare in loro cose che non c’erano.

Lei era perfetta ai tuoi occhi, ma nonostante le tue mille avances non ti ha mai degnato di uno sguardo.

Lui era l’uomo della mia vita, ma non abbiamo mai scambiato più di due parole; eravamo su due pianeti lontani anni luce.

 

E senza accorgercene, io e te eravamo così vicini.

Parlavamo piano, accoccolati ai bordi del Lago, su una panchina, sugli scalini del Castello, in un pub malfamato di Hogsmeade.

Su di un prato, le teste vicine, sussurravamo strappando steli d’erba per solleticarci il naso a vicenda, come due bambini.

Ridevamo, scherzavamo sempre, eravamo poi seri, ci guardavamo negli occhi qualche istante.

Tu arrossivi; io non avevo il coraggio di guardarti più di quel poco tempo che mi accordavano i tuoi occhi.

 

Avevo paura.

Di cosa? Di innamorarmi di te?

 

Adoravo ascoltarti quando partivi in quarta in uno di quei tuoi discorsi strambi sulla politica, quelli che riservavi ai nostri momenti perché nessun altro ti ascoltava mai come me.

Sapevo che avevi, in un modo un po’ contorto, bisogno di me per questo motivo.

Io ti ascoltavo e ti rispondevo.

Era piacevole come scambio.

Nessuno era così disposto a starti accanto come me.

 

Spesso ti davo anche consigli su come avvicinarti a Calì.

Tu volevi sempre fare di testa tua e finiva sempre che tornavi da me deluso e mi raccontavi tutto quanto come se il mondo intero ti fosse crollato addosso.

Avevo capito da tempo che lei non voleva stare con te, nonostante non ti rifiutasse apertamente.

Me lo chiedevo anch’io, come faceva a non vedere quanto vali (valevi?).

Tu per me eri divino.

Un buon amico, sicuramente un buon amante.

Ti trovavo bello, interessante, pieno di risorse, così luminoso.

 

Perché lei non vedeva la tua luce? Non sono riuscita a impedirmi di odiarla, per questo.

Semplicemente, invece, non eravate fatti per stare insieme.

Eppure avevo paura di dirtelo, come se facendo così potessi scoprirmi troppo, aprirmi troppo.

Sapevo anche che tu probabilmente non l’avresti accettato e avresti fatto finta di non sentirmi.

C’erano certi tipi di discorsi che non potevamo affrontare, nonostante tutto.

 

Nel frattempo, quando Dean tornava a casa per le vacanze e noi invece restavamo a Hogwarts… e Calì non si sa bene dove fosse andata a finire… ecco che abbiamo avuto tutto lo spazio e il tempo necessario per avvicinarci.

Era arrivato il culmine della nostra amicizia…

Ci siamo dati spazio, quel poco che bastava per farci cozzare come sassi nello spazio e creare scintille sempiterne.

Non siamo mai stati così vicini, come durante quelle vacanze.

Restavamo sempre soli, passavamo un sacco di tempo insieme.

Mangiavo in fretta per venire a trovarti; ci davamo appuntamento nei luoghi più disparati.

Solo per stare vicini, solo per chiacchierare, per sentirsi come accarezzati dall’aura che l’altro emanava e per l’effetto benefico che ne ricavavamo entrambi… un tepore piacevole che distendeva le pieghe del cuore.

Ho cominciato ad allontanare Thomas per i suoi comportamenti sempre più equivoci ed aggressivi, tu invece, forse per l’aria di vacanza che tirava, non parlavi più tanto di Calì.

 

Siamo andati a una festa in maschera insieme, ti ricordi?

Ti eri travestito da me e io avevo addosso la tua divisa di Quidditch!

Io facevo le tue smorfie strambe e tu continuavi ad andare in giro gridando: “io sono Ginny, io sono Ginny! Guardate che so fare! La secchioncella s’arrabbia facilmente, attenti a voi o vi scateno contro l’inferno con una fattura orcovolante da brivido!”

Facevi quella voce strana e acidula, così orribilmente femminile, e sghignazzavano tutti.

Eri l’anima della festa.

Io invece stavo in disparte, come al solito.

Ti guardavo da lontano, sorridendo, sentendo quel calore all’anima che infuriava ogni volta che mi lanciavi uno di quegli sguardi rapidi e carichi di affetto tra una battuta e l’altra, dall’angolo opposto della stanza.

Così lontani, così vicini…

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** I guess that’s how I know you ***


Cit. Link, Kiss me di Ed Sheeran: https://www.youtube.com/watch?v=kFfKb_WEkCE&list=RDkFfKb_WEkCE

Ecco il nuovo capitolo.

Mi volevo scusare per non averlo postato la settimana scorsa, per cui eccomi qui con due capitoli in un giorno!

 

Il cuore di Ginny vacilla di rimpianto.

Che sia il primo di una lunga serie? Staremo a vedere.

 

Buona lettura!

 

Con affetto,

 

.ChocoCat.

 

 

 

_____________________________________________________________

 

 

 

 

 

I’ve fallen for your eyes

But they don’t know me yet

And the feeling I forget

I’m in love now

Ed Sheeran

 

 

 

IV

 

 

Alla fine delle vacanze eravamo più uniti che mai.

Improvvisamente gli altri amici sono passati in secondo piano. Ogni attimo che non passavo con te era un attimo perso.

Quando mi eri lontano mi mancava il respiro e ti cercavo con gli occhi.

Cercavo la tua mano e tu me la concedevi, apertamente, davanti a tutti.

Perché? Perché eravamo amici, di quelli veri, di quelli che farebbero di tutto l’uno per l’altro.

Era così chiaro per noi, nessun sentimento equivoco.

Quando la persona accanto a te brilla di ogni luce e tu ne rimani abbagliato, cosa puoi fare?

Quando una calamita vi costringe a stare pelle contro pelle, come se ogni attimo fosse l’ultimo, cosa puoi fare?

 

Mi riservavi sempre quello sguardo affettuoso, quell’abbraccio stretto ogni mattina per salutarmi, e il mio cuore scoppiava di gioia.

È il mio amico.

Mio.

Mio?

 

Mi ricordo di un giorno, in quel periodo bellissimo, uno fra tanti, uno fra molti. Un giorno che ho custodito a lungo e protetto nel groviglio della mia mente.

Ero seduta in biblioteca con Luna, Neville e qualcun altro.

Tu sei arrivato dietro di me e mi hai coperto gli occhi con le mani.

Le ho riconosciute subito: fredde, secche, ruvide. Profumate di te. Un odore così familiare da farmi girare la testa, da provocare un enorme moto di affetto nei tuoi confronti. Non me l’aspettavo. Ho perso un battito. Il mio cuore è inciampato.

Un bacio sulla fronte.

Il mio cuore è rimasto a terra, incapace di continuare la corsa. Ora palpita sconcertato, incapace di stare al passo con i miei sentimenti.

Ho avvertito chiaramente un senso di svenimento, come quelle dame del passato che avevano bisogno di essere rinsavite con i sali. Una cosa così ridicola.

Luna, Neville, gli altri. Tutti mi hanno guardata. Ho letto nei loro occhi la verità.

Adesso sì, c’era qualcosa di equivoco.

 

Ma né io né te volevamo vederlo.

Abbiamo continuato così per settimane, come se fossimo irraggiungibili, come se la nostra amicizia non potesse mai avere una fine.

Sei diventato sempre più necessario, sempre più vitale.

Cercavo la sicurezza nei tuoi occhi. E tu non ti sei mai tirato indietro.

Era doloroso. Era bellissimo.

 

Poi un giorno…

“Sai, Gin. Al tuo compleanno, quando hai baciato Dean Thomas.”

“Mh, che cosa?” Giocavo con i tuoi riccioli, quelli sulla nuca, più tondi, più a molla.

Parlavamo del tempo che avevamo trascorso insieme, ripercorrevamo i sentieri, le scelte, il passato, alla ricerca di non si sa bene cosa.

Era piacevole passare il tempo così.

Eravamo sdraiati in riva al lago, sul lato della Foresta, in modo da non avere seccature. Ci piaceva parlare, ma ci piaceva anche ascoltare il silenzio della natura. Così quello era il nostro covo segreto, il nostro posto preferito a Hogwarts.

“Sai, quando ho visto che l’hai baciato non ti ho detto niente; riesco a dirtelo solo adesso, perché sai… adesso non provo più la stessa cosa, siamo amici. Adesso è diverso”

“Cosa è diverso?”

“…”

“Eddai! Non puoi pretendere che io non insista… non dopo quello che mi hai detto!”

“…”

“Miki?”

“Ero pazzo di te, Gin.”
“Wow, queste sono notizie” ho ridacchiato, me lo ricordo, mentre il cuore ha accelerato, allora inspiegabilmente.

Qualcosa in me si era destato, qualcosa di sconcertante e forte.

“Non fare la stronza” si è subito offeso lui, rosso in viso e imbronciato per la mia reazione.

“Miki, perché ti piacevo?”

“Beh, eri… forse era l’estate, non so, comunque i tuoi capelli erano assurdi, chiarissimi, e ti ho trovata stupenda. Appena ti ho rivista mi sei piaciuta da matti. Per giorni e notti non ho smesso di pensarti… fino al tuo compleanno…”

Sul tuo viso crucciato l’ombra del ricordo di ciò che hai provato per me, in quelle giornate tiepide di settembre.

Rivivo ancora l’entusiasmo nei tuoi occhi e l’aria disinteressata con cui mi hai detto che era solo acqua passata.

“Però sono contento che tu sia con lui, alla fine. Altrimenti non saremmo mai diventati amici”

“Già.”

Qualcosa mi si era spezzato dentro, ma non lo sapevo in quel momento, non l’avevo riconosciuto. Come una cuticola squarciata dentro alla quale si nascondeva chissà che. Qualcosa di piccolo, con un gran potere, che se n’è rapidamente tornato nel suo rifugio dopo essere stato preso a bastonate.

“Sono sicuro che insieme non saremmo durati più di due mesi”

“Davvero?” Ti ho chiesto io, convinta del contrario. Non me lo spiegavo quel nostro rapporto ambiguo, così altalenante, così esclusivo.
Eppure non escludevo che, se fossimo stati innamorati uno dell’altra, e insistevo bene sul SE, nella mia mente, beh non avremmo avuto difficoltà.

Sarebbe stato un gioco da ragazzi andare d’accordo. Solo immaginare di baciarti, però, mi faceva girare la testa per l’imbarazzo.

No, non ero innamorata di te, mi dicevo. Impossibile, eri come un fratello, come un cugino, come un amico. Eppure…

 

Ovviamente… avevi ragione tu.

 

“Mh-mh, si, certo.” Hai annuito sicuro, come a voler dare conferma a me e anche a te stesso “Non siamo mai d’accordo su niente!”

“Ma cosa dici, Miki! Abbiamo solo argomentazioni diverse. Tendiamo sempre alla stessa direzione. Pensavo che fossimo amici, proprio per questo… non ho mai potuto dialogare e imparare così tanto con un’altra persona. Lo sai.”
“E anch’io, Gin. Certo che siamo amici per questo, perché ci piace parlare. Ci piace molto! Ma le nostre idee sono sempre diverse” Hai sostenuto tu, con determinazione. Ti vedevo autoconvincerti e ciò non ha fatto che confermare il contrario in cuor mio, ma la bestiolina nel mio petto non accennava a tornare fuori, era terrorizzata.

 

Mi hai sconquassato l’anima quel giorno, angustiato di dubbi, con le tue affermazioni hai fatto nascere in me un sentimento nuovo.

La paura di perderti.

 

Eri ostinato a strapparmi il cuore dal petto il giorno stesso.

Non ti avevo mai chiesto nulla di più della nostra amicizia. Non avevo mai preteso niente di più.

Mi bastava quello che avevo.

A te no?

Tu ci hai portati in questo discorso, quel pomeriggio di maggio! E hai battuto tu la terra per il bivio che ci ha costretti a prendere due strade parallele ma distanti.

 

Siamo tornati al Castello vicini ma distanti. Stavolta erano le nostre menti ad essersi allontanate. Quella notizia mi aveva elettrizzata. Una scossa mortale da diecimila volt.

Se io non avessi baciato Dean, Michael si sarebbe fatto avanti.

Saremmo stati insieme? Cosa saremmo stati?

Due amanti? Un amore da adolescenti? Un amore da adulti? O due innamorati?

L’avrei amato?

L’avrei respinto?

Ci saremmo lasciati dopo due mesi, come diceva lui?

 

Una cosa era sicura.

 

Se l’avessi saputo, quel 10 settembre, che tu eri pazzo di me, non avrei mai baciato Dean Thomas.

E tu non saresti mai stato il mio migliore amico.

 

 



 

 

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Capitolo 5
*** Sure I can accept that we’re going nowhere, but one last time let’s go there ***


Cit. Link, Last Request di Paolo Nutini: https://www.youtube.com/watch?v=AN6n-lJyv-A

 

 

Non so chi stia realmente leggendo questa storia, per ora nessuno la sta seguendo! Chissà, forse più in la…

Ci tengo comunque a mandare un saluto a chi abbia deciso di leggere fin qui.

 

Con affetto,

 

.ChocoCat.

 

 

 

_____________________________________________________________

 

 

Oh, I’ve found, that I’m bound
To wander down that one way road

And I realize all about your lies
But I’m no wiser than the fool that I was before
Paolo Nutini

 

 

 

 

 

 

 

V

 

 

Era l’inizio della fine.

Hai cominciato a passare sempre più tempo con i ragazzi del Quidditch, con Finnigan, i gemelli, Jordan, perfino con Macmillan, che per altro prima odiavi con tutto te stesso.

Perfino con Dean Thomas, quando c’era anche lui nel gruppo.

Ci eravamo lasciati da poco, e lui se l’era presa tantissimo. A me non importava, era fuori discussione passare un altro giorno con lui, con la tempesta che avevo in cuore.

 

È andata così. Vero? La tua versione quale sarebbe? Chissà, non mi hai dato l’occasione di ascoltarla…

Ci siamo allontanati un po’ alla volta.

Non importa, mi dicevo. Non ha niente a che fare con quella discussione. Assolutamente, categoricamente NO.

Invece sì.
Io ho cominciato a uscire spesso con Luna nei week end, senza più parlare di te. Lei non ha commentato, mi è stata accanto e si è comportata come se quei mesi che ci avevano allontanate non ci fossero mai stati.

Mi ha aiutata a distrarmi con ogni sorta di cose, tra cui creature che non esistono e sette macabre di cui erano zeppi gli articoli del Cavillo.

Nel frattempo, ci vedevamo ogni tanto, io e te. Sempre di meno da soli, sempre di più con i tuoi amici.
Avevo deciso che anche a me andava bene così, che non soffrivo senza averti accanto.

Non capivo un accidente di quello che mi succedeva e le mie reazioni alle tue parole erano assurde, sconclusionate.

 

Una delle ultime uscite è stata con Padma, la gemella di Calì. Ci stava spiegando la rava e la fava sull’amore e sul sesso, mentre io e te sorseggiavamo Burrobirra come due abituati. Te lo ricordi? Ci siamo dovuti legare la lingua per non risponderle, con quell’aria da saputella!

Ci ha detto che si vedeva dalle nostre facce che eravamo ancora “piccoli” per quel genere di cose. “Obbiettivamente, eh” ha aggiunto poi, per non sembrare troppo scortese.

Io e te evitavamo di guardarci, altrimenti Pad avrebbe capito che la stavamo deliberatamente prendendo in giro.

A sedici anni appena compiuti raccontava di quanto fosse diventata esperta, lei, con il suo ragazzo – un mago straniero di cui non abbiamo mai ben capito l’origine-.

Appena se n’è andata e io e te siamo andati a farci una passeggiata veloce al Lago, abbiamo sputato fuori ogni pensiero che ci era venuto in mente poco prima e che abbiamo dovuto trattenere per non insultare il suo orgoglio.

“Io voglio stare solo con quello che sarà mio marito”

“Credo che hai ragione. Allo stesso tempo, però, penso che l’esperienza sia importante.”

“Nessuna esperienza, solo amore. Non credo che il sesso sia quel genere di rapporto che ha bisogno di esperienze diverse.”

“Mh” hai risposto tu, guardando le stelle, con lo sguardo perso di quando pensi intensamente e chiudi il mondo fuori.

“Dai, andiamo. Si fa tardi, se ci beccano sono guai”

 

Poi, un giorno, ti ho visto uscire dalla sala degli esami per ultimo: nessuno dei tuoi amici ti aveva aspettato. Io ero rimasta dietro la porta, indecisa, obbligando Luna ad aspettarti con me. Quella gente non ti era amica, e l’idea che tu volessi sostituirmi con loro m’infuocava. Ti odiavo per la tua testardaggine, volevi sempre vedere il meglio delle persone.

Io, delusa, maturata ancora acerba, avevo già capito che non bisogna pretendere più di quanto gli altri possano dare.

 

Qualche settimana dopo gli esami di fine anno hai chiesto a un po’ di gente di venire alla Testa di Porco per festeggiare.

Eri incazzato nero: solo io ero disposta a venire. Ma non era abbastanza per te. Non era una bella occasione da passare insieme.

Per te, per la tua felicità, io non ero più abbastanza.

 

Si era fatto giugno, ed era il giorno della partenza. Sapevo già che non potevamo stare nello stesso vagone, tu avevi deciso di andare con quei tipi e Luna mi aveva chiesto di raggiungerla con qualche Corvonero.

Appena due mesi prima avremmo fatto di tutto per stare seduti assieme, isolati dagli altri, a mangiucchiare bastoncini di liquirizia e raccontarci storie stupide.

Invece non abbiamo fatto una piega. Oh, insomma. Tu non hai fatto una piega.

 

Poco prima di chiudere i bauli, quella mattina, mi hai dato appuntamento al Rifugio.
“Mi mancherai quest’estate”

“Anche tu, tantissimo, Gin”
“Non cambiare troppo Micki” dissi, con una punta d’ansia nella voce.

Sapevo che stavi cambiando, che stavi crescendo. Ti stavi definitivamente allontanando da me.

“Come?” hai detto tu, stranito, con un mezzo sorriso, come se scherzassi.

Era il mio addio, in un certo senso.
“Così. Me lo sento, mi fa paura. Non voglio perderti. Sei troppo prezioso.”

Ti ho stretto più forte fra le braccia e tu, basito, hai ricambiato. Mi hai accarezzato i capelli prima di allontanarmi con fermezza.

Sentivo le lacrime bruciare fra le palpebre ma le ho tenute ben strette. Se tu le avessi viste, sarebbe stata la fine quel giorno stesso.

 

Non allontanarti da me. Torna da me. Resta con me.

Ma tu non hai percepito la mia richiesta, il mio sussurro disperato. Mi hai salutato con un sorriso, entusiasta delle esperienze che avresti potuto intraprendere durante l’estate.

Eri curioso e spavaldo. Volevi conoscere il mondo.
Io avevo paura che questo ti portasse ad avere bisogno di spazi sempre più ampi, di legami meno stretti. Sapevo che eri un’anima libera, che non sopportavi catene, nemmeno fossero d’oro.



 

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Capitolo 6
*** You can't play on broken strings ***


You can’t play on broken strings

 

Eccomi con un nuovo capitolo!

 

Qualche consiglio da darmi? Sono aperta alle critiche! È sempre costruttivo.

 

Con affetto,

 

.ChocoCat.

 

 

 

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(Running back through the fire

When there’s nothing left to save

It’s like chasing the very last train

When it’s too late) too late

 

James Morrison

 

 

 

VI

 

 

 

Questione di nanosecondi. Di un attimo.

Cose che non durano. Cose che non hanno il tempo di succedere in questo insulso lasso di tempo. Un soffio, un respiro, un battito d’ali.

Poco o niente.

Eppure… come sarebbe potuta andare altrimenti?

Doveva succedere qualcosa, dovevamo spezzare il legame malsano che ci legava, ma nessuno dei due ne avrebbe avuto il coraggio.

Io desideravo il contrario, e tu non volevi ferirmi.

 

Alla fine è successo tutto molto in fretta, senza che potessimo controllarlo.

È stato come un impatto contro un muro di mattoni, tanto brusco da azzerare il mio impeto all’istante.

Mi sembrava che il mondo mi esplodesse intorno.

E poi lava ovunque, addosso a me, pronta a strapparmi tutto ciò che di prezioso possedevo.

 

Chiacchieravi con i ragazzi, c’era Luna accanto a te. L’ho abbracciata.

“Com’è andata l’estate ragazzi?”

“Avete sentito le notizie?”

“Oggi pomeriggio abbiamo…”

 

Ti ho visto, i tuoi occhi brillanti hanno cercato i miei, al solito. Hai sorriso, eri davvero contento di rivedermi.

“Ciao, Miki!”

Ginny, dio, quanto tempo!”

Con impeto ho voluto baciarti la guancia. Tu forse volevi guardarmi negli occhi un attimo in più.

 

Questione di nanosecondi.

Le tue labbra appoggiate alle mie.

Mi sei scivolato addosso come un nastro di seta, il tuo odore ha preso una nota diversa, attraente, e subitamente ho provato vergogna.

Perché reagisco in questo modo?

Siamo arrossiti, hai riso, nervoso, allontanandomi; ho letto la scossa nei tuoi occhi, la tua reazione negativa, quasi ti avessi scoperto a fare qualcosa che non dovevo vedere, e ho avvertito il gelo farsi strada dentro di me per poi congelarmi del tutto.

 

Si è fermata ogni cosa, qualcuno ha premuto il tasto pausa e ho visto la scena da fuori.

Era solo un errore, una stupidata, qualcosa di insignificante per due amici.

Con gli occhi socchiusi, però, in quell’attimo avevo potuto vedere ciò che invece non avevo notato per mesi.

Avevo la veste sottobraccio e indossavo un maglione di lana grossa rosa pallido, i jeans stringevano le mie cosce e su di esse tintinnava una catenella, quella sulla quale portavo la chiave del baule. Le mie mani strette delicatamente attorno al tuo viso raccoglievano quel sorriso ancora vivo, ancora mio; i miei pollici accarezzavano le tue tempie sfiorandole appena, le altre dita coprivano le tue orecchie scarlatte.

Mi sono avvicinata pericolosamente a te, alla tua guancia, assaporandone già la liscia tessitura, con un moto di affetto in gola che spingeva per non essere più represso.

Baciavo la tua guancia, ma tu inavvertitamente ti sei girato verso di me.

 

Come potevo fidarmi di me, di te, in quel momento?

Mi sembrava di avere la testa per terra e i piedi per aria.

Perché non ci siamo scostati e non ci abbiamo riso su?

Dev’essere stata colpa mia.

La tua pelle emanava calore, le tue labbra erano piacevoli, l’imbarazzo dovuto a chissà quale stratagemma inconscio per farmi sentire sempre come se la mia vita non mi appartenesse.

Non mi dispiacevi. Come se non bastasse, credo che durante il respiro seguente, appena ci siamo scostati con una rapidità inimmaginabile, il tuo sguardo mi abbia fulminata.

E mi sono scoperta vulnerabile alla tua persona, come avessi perso la mia conchiglia protettiva.

Niente più scudo, niente più amicizia.

 

È bastato un finto bacio per mettere a nudo i miei sentimenti.

Io ti desideravo.

Il mio corpo si ribellava alla mia mente.

Il tuo sguardo si rivoltava contro il mio.

Il mio cuore palpitava, piangeva, urlava, e il tuo si tappava le orecchie, abbassava lo sguardo, e si voltava definitivamente.

Tu hai percepito il fremito che mi animava, hai percepito ciò che la mia mente fantasticava, e ne sei rimasto vivacemente scottato.

 

 

Non era quello che volevi.

E, più di tutto, ti mandava in bestia il fatto che per me non fosse lo stesso.

 

 

Non era quello che mi aspettavo.

E, più di tutto, desideravo che reagissi diversamente.

 

Me ne sono andata, con il cuore spezzato, senza spiccicare parola.

Tu non mi hai preso per mano, non mi hai fermata, e sei scappato via, lasciando gli amici ammutoliti dalla scena senza spiegazioni.

Non ci siamo più parlati per una settimana.

 

Tutt’ora ricordo di aver pianto a lungo, senza sapermi spiegare perché.

Non volevo capire i miei sentimenti.

Non potevo assecondarli.

Come potevo sentirmi rifiutata per un semplice sguardo, per una tua reazione muta e irrazionale?

 

Invece è andata così.

Esistono fiori, su questo pianeta, capaci di sbocciare e morire nell’arco di un giorno.

Ho scoperto di amarti allo stesso istante in cui ho capito che tu non mi amavi.

Di quel tipo di fiore era il nostro legame.

Avrei dovuto capirlo prima, ma… ero cieca. Non avevo visto arrivare nulla.

 

 

 



 

 



 

 

 

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Capitolo 7
*** And so they must depart, Two many more broken hearts ***


And so they must depart, Two many more broken hearts

 

 

Buona lettura!

 

Con affetto,

 

.ChocoCat.

 

 

 

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And they’ll meet one day far away
And say, “I wish I was something more.”

And they’ll meet one day far away

And say, “I wish I knew you, I wish I knew you before.”

 

Amy McDonald

 

 

 

VII

 

 

 

Ricordare o dimenticare.

Camminavo su un'arma a doppio taglio, incapace di scegliere una o l'altra strada, affranta dal tuo totale disinteresse.

Per non parlare della tua reazione. Ti eri arrabbiato.



Come hai potuto distruggermi così? Come hai potuto mandare all'aria tutto?

L'umiliazione brucia come acido sulle debolezze, e io ne sono tanto piena da friggere in ogni punto.

Ho creduto in noi, appena per un istante, e non avrei potuto fare niente di meglio per allontanarti.

Quando ci ripenso brucia ancora; tu improvvisamente, da amico, figura conosciuta che eri, sei diventato un ragazzo degno d'interesse.

Ho capito la passione che votavo alla nostra relazione; non solo mi piaceva parlarti, ascoltarti, condividere le risate con te, ma il tuo fisico atletico, il tuo viso a spigoli morbidi, perfino quei tuoi capelli da istrice mi piacevano.

Per non parlare dei tuoi occhi. Non avevo mai visto una sfumatura di cioccolata così perfetta. Gli aghi verdi che ne emergevano non facevano che abbellirli; un concentrato puro di seduzione dagli effetti devastanti su di me. Eppure la luce dei tuoi occhi non era data dalla loro bellezza; emanavano un calore e una passione che non avevo mai scorso in nessun altro. Tu mi piacevi per quello.

Parlavi con gli occhi, combattevi con gli occhi, seducevi con gli occhi.

Prima dell'impatto, senza accorgermene, ero stretta sempre più nelle spire di un'attrazione che non avrei mai avuto la forza di contrastare; avresti potuto fare di me quello che volevi.

Forse sono una persona troppo debole per starti accanto. Ero morbida nelle tue mani, duttile, aperta, pazza d'amore fino all'estremo, fino a non rendermene nemmeno conto, tanto i miei sentimenti patinavano ogni situazione della mia vita, attutendo e nascondendo le altre emozioni.

Ero carne tenera, e tu non te ne sei mai accorto. Quando anzi te ne sei accorto, troppo tardi, eri già un altro.



Per qualche settimana mi sono dannata a evitare ogni contatto con te. Avevo paura che mi dicessi che non sarebbe mai dovuto succedere, che ringraziavi ma rifiutavi l'offerta, che era una follia. La mia predizione dell'anno scorso prendeva forma in un modo più doloroso di quanto pensassi. Ero terrorizzata dalla tua reazione.

Invece tu ti ostinavi a fingere che non esistessi, quasi fosse la cosa più facile, e non ci siamo parlati per un sacco di tempo. Ricordo di essere dimagrita, di aver notevolmente aumentato la mia media scolastica; dev'essere stato tutto quel tempo da riempire.

La tua assenza mi inghiottiva sempre di più, non riuscivo più a sorridere. Eri terribilmente vitale per me. Soffocavo. Morivo dentro, e non potevo parlarne a nessuno; non c'eri più tu ad ascoltarmi.



Mi ero slogata la caviglia circa una settimana prima, quando ci siamo guardati negli occhi nuovamente dopo quello che era successo.

Padma ed io andavamo su per le scale, verso l'aula di Incantesimi, e tu avevi un'ora di buco, probabilmente, perchè ciondolavi nervosamente. Io non ero a mio agio, Luna era dispersa da qualche parte e mi aveva lasciata nelle mani di Pad. Insomma, PAD! Lei non perdeva mai occasione per mettermi in difficoltà, nel modo più naturale e incosciente del mondo. Difatti, nutrivo per lei un odio incondizionato, senza fine. Sia tu che Luna lo sapevate.

Pad, sei diventata un facchino?”

Hai sorriso, con una voce strana, rivolto alla mia sinistra, dove lei si destreggiava per mantenere l'equilibrio con le nostre borse ed i nostri pacchi di pergamene da mezza tonnellata. Molto gentilmente mi accompagnava a lezione e portava le mie cose per non affaticarmi. Non aveva ancora fatto la sua castroneria giornaliera per cui, nonostante tutto, in quel momento provavo per lei un inconfondibile moto d'affetto.

Tu, verme, non eri nemmeno venuto a chiedermi cosa mi fosse successo.

Nel caso in cui tu non te ne sia accorto, Ginevra ha una caviglia slogata e non riesce più a camminare decentemente. Certo, se tu non l'avessi ignorata in modo ignobile dall'inizio dei corsi ora lo sapresti e non faresti domande così stupide! Sei diventato un vero schiopodo da quando è succ...”

QUELLO CHE È SUCCESSO TRA ME E GINNY NON TI RIGUARDA, FATTI I CAVOLI TUOI”

Pietrificate, io e lei ci siamo lanciate un'occhiata rapida, e io ho sentito l'affanno crescermi in gola.

Sollievo, mi ha chiamata Ginny. Affanno, sembra ancora più nervoso di prima ed evita il mio sguardo.

Ma come ti permetti?! Abbassa la cresta.”

Tu non osare dirmi quello che devo fare! E poi, se proprio vuoi saperlo, è LEI che mi ignora da settimane!”

Sei scappato via a passi pesanti, quasi ti avessimo fatto il torto peggiore del mondo. Noi. Io.

Si, ho smesso di cercarti. Se tu però avessi fatto un singolo passo verso di me avrei preso la rincorsa e mi sarei buttata fra le tue braccia.

Non sopportavo più di non poter cercare il tuo sguardo per ogni cosa; mi ero accorta di quanto spazio occupassi nella mia mente.



Cosa mai ho potuto fare di così brutto, mi chiedevo? La risposta non tardò ad arrivare.

Ero in cortile con i ragazzi di Corvonero, tentavo di ridere insieme a loro, ancora abbattuta dalla tua reazione, quando sei arrivato.

Con un sorriso di plastica mi hai detto “Gin dobbiamo parlare”.



Ti ho seguito. Non sapevo dove intendessi andare, così sono passata davanti a te e ho scelto io la strada.

Tu continuavi ad avere quell'aria nervosa, ne ero terrorizzata.

Senza prenderti la mano, senza toccarti né guardarti ti ho portato dritto nella nostra radura segreta, ai margini della foresta.

Non ho avuto il coraggio di sorriderti. Che idiozia. Non sono mai stata capace di nasconderti niente.

Allora, cos'hai da dirmi?”

Cominciamo dall'inizio. Si può sapere perché mi eviti?”

Io non ti sto evitando” ma tu mi hai immediatamente aggredita, con una forza la cui origine non mi era chiara.

Si invece! Non mentirmi che mi manda in bestia.”

Ma chi ti mente, idiota! Mi sto solo comportando esattamente come fai tu di solito, ultimamente. Ti lascio i tuoi tanti amati spazi.”



Touché.



Così mi avevi detto quando, orripilato, ti eri reso conto che ero l'unica disponibile per le tue uscite strampalate; hai finto che fosse colpa mia.

Esco sempre e solo con te, io ho anche altri amici!” mi avevi urlato, quasi avessi organizzato un complotto per impedirti di vederli.

Va bene, è colpa mia. Un peso da niente per me, visti i miei sentimenti. Pestami pure in faccia, Michael. Sarà un piacere.

Avevi percepito la punta dell'iceberg dei miei sentimenti, e lo rimpiangevi con una rabbia tale da lasciarmi basita; non capivo quale fosse il problema; potevo continuare ad esserti amica per sempre, non m'importava che tu ricambiassi. Non mi sembrava un crimine.



Ma le cose sono andate così: io non volevo ammettere di provare qualcosa per te, non dopo aver visto la tua reazione; tu non li accettavi per chissà quale motivo. Forse non volevi che rovinassero l'amicizia; forse eri cambiato in un modo che non potevo capire.



Ogni volta che ti vedevo, poi, ripensavo alle tue labbra e arrossivo. Anche tu avevi reagito alla situazione in un modo equivoco, e la cosa mi turbava immensamente. Tutt'ora ripensare al tuo viso in quel momento mi provoca un'immediata sensazione di calore al viso.



Avrei dovuto intuire in quel momento che tu ed io stavamo prendendo una direzione sbagliata. Eravamo un vagone allo sbaraglio.

E quel giorno, ecco che mi sputavi in faccia parole con la stessa assonanza.

Non voglio che la prendi male, non so come affrontare il discorso, ma io non ne posso più. Tutto questo mi sta soffocando.”

Tutto questo cosa?” ho sussurrato io, sentendo gli occhi pizzicare.

Noi due, la nostra... amicizia. Non so perchè le cose siano diventate quello che sono, mi è sempre piaciuto un sacco parlare con te, ma ultimamente parlavamo sempre di cose tristi.”

Cose tristi? Ma...”

Si, tu sei pessimista e io vicino a te lo divento.”

Io non sono pessimista... è la vita, LA VITA, che ti rende pessimista! Possiamo parlare di quello che vuoi! Dimmi di cosa vuoi parlare, allora! Dimmi tu cosa vuoi fare. Io ti asseconderò, ma non dire più cose così stupide. Oppure se non ti va di starmi attorno dimmelo chiaro e tondo, invece di trovare espedienti.”

Io non trovo nessun espediente.”

Oh si invece, tiri fuori sempre la scusa degli altri amici che PER COLPA MIA non riesci mai a frequentare!”

Certo, se tu pretendi sempre che usciamo da soli! Non c'entra niente, e non è una scusa! Non ne posso più, ho anche altri amici, vuoi capirlo? Mi sembra di diventare pazzo vicino a te! Possibile che non capisci? Io voglio conoscere tanta gente, mi piace stare in compagnia, e sinceramente il nostro rapporto si sta stringendo un sacco. Mi manca l'aria; mi sta stretto, e tu sei molto elitaria. Io non ce la faccio ad essere così. E la nostra amicizia è... è malsana, ambigua; allora tu cosa decidi di fare?! Non mi parli più, quasi volessi punirmi. Guarda che noi non stiamo insieme, siamo solo amici. Mettitelo bene in testa.”

SO BENISSIMO CHE NOI NON STIAMO INSIEME” ho deglutito io, con più forza in petto di quanto credessi possibile, “E non mi interessa affatto punirti, anche perchè tu non sei il mio ragazzo né vorrei che tu lo sia! Se tu fossi stato più furbo te ne saresti accorto prima! Non ti chiedo di starmi sempre attorno, vorrei solo che quando ci vediamo tu la smettessi di lagnarti perchè gli altri non vengono... non sono elitaria, semplicemente ho pochi amici, me ne bastano due o tre...”

Infatti, io invece non sono così.”

Nessuno ti ha chiesto di essere diverso da quello che eri.”

Sei possessiva.”

Cosa c'entra adesso? E poi, io mi sono sempre comportata come tu mi hai lasciato comportare. Se non ti va bene quello che faccio, devi dirmelo! Ma non mandare tutto a farsi fottere solo perchè non sei capace di tirare fuori le palle e dirmi quando qualcosa non ti va bene. Stai parlando di un sacco di cose perfettamente risolvibili con il dialogo. Sei tu che sbagli a non parlarne con me.”

Tu hai cominciato da quando è successa quella cosa. Bella mossa, proprio.”

Non diciamo stronzate. Te l'ho già spiegato. Tu ti comporti esattamente così con me. Aspetti sempre che sia io a cercarti, da quando siamo tornati a Hogwarts; io non voglio più starti dietro come un cagnolino mentre tu mi ripeti che vuoi vedere gli altri e mi usi come tappabuchi!”

Io... non ti userei mai come tappabuchi! Come puoi dire una cosa del genere?”

Sono i fatti che parlano per te! E ora scusa, ma devo andare.”

Tranquilla, ho finito anch'io.”

Bene.”

Bene!”



Te lo ricordi, vero? Mi chiedo se tu abbia sofferto anche un soffio di quello che ho sofferto io.

La durezza delle tue parole era senza precedenti; non riuscivo più a deglutire per l'angoscia. Se solo tu mi avessi degnata di uno sguardo ti saresti reso conto di quello che provavo. Invece hai tenuto gli occhi bassi, tranne quando gridavi; e li ero io a non riuscire a mantenere il contatto visivo.



È terribile sentirsi traditi in questo modo. Tu non avevi idea di quello che mi avevi fatto; io lo sapevo, te lo leggevo in quella tua aria innocente e cocciuta. Così non ho mai detto quello che pensavo.

Fine dell'amicizia.

Nonostante svariate discussioni per metterci d'accordo, non siamo più riusciti a sentirci vicini come prima.

Tu credevi che io fossi cambiata; io stringevo i denti perchè sapevo che eri tu ad esser cambiato, così come sapevo che sarebbe successo.

Ho perso un amico; sono diventata più forte.

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