But that was when I ruled the world

di _Trixie_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Theon ***
Capitolo 2: *** Cersei ***
Capitolo 3: *** Eddard ***
Capitolo 4: *** Daenerys ***
Capitolo 5: *** Aerys II ***



Capitolo 1
*** Theon ***


Autore: Trixie
Rating: Arancione
Genere: angst, sentimentale, malinconico
Lunghezza storia: Raccolta diOne-shot
Tipo di Coppia: Het
Personaggi: Theon Greyjoy, Yara Greyjoy, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Eddard Stark, Lyanna Stark, Daenerys Targaryen, Viserys Targaryen, Khal Drogo, Aerys II Targaryen, Rhaella Targaryen
Contesto:Prima dell’inizio, più stagioni
Note: -
Avvertimenti:Incest, tematiche delicate.
Introduzione: Una shot ciascuno per cinque personaggi, Thoen, Cersei, Eddard, Daenerys e Aerys, sulle note delle strofe di Viva la Vida dei Coldplay.
Il titolo e le citazioni all’inizio di ogni storia sono tratte dalla canzone.
 

A K., che ha letto la mia raccolta senza conoscere il Fandom.
Pregate con me gli dei, Vecchi e Nuovi, perché si converta al più presto!

 

 
 

Theon

 
 

I used to rule the world 
Seas would rise when I gave the word 
Now in the morning I sleep alone 
Sweep the streets that I used to own 
 

 
 
 
Ricordo che da bambino percorrevo le strade acciottolate correndo, con Yara alle calcagna. Mi sembrava di volare, lanciato lungo la discesa che dal castello di Pyke, curvando, arriva fino al mare.
«Nostro» dicevo a mia sorella, indicando con un ampio gesto del braccio il mare, le cui onde si infrangevano lungo la spiaggia. «Tutto questo è nostro, Yara, l’ha detto papà».
La vedevo muovere qualche passo verso il mare, voltarsi verso di me, la sua minuta e esile figura stagliata contro il cielo grigio come i suoi occhi, gli occhi dei Greyjoy, i miei occhi.
L’acqua fredda le lambiva i piedi, bagnando i calzoni maschili che da sempre portava. Era l’unica figlia femmina tra tre maschi, ma nessuno sembrava essersene accorto, forse a causa dei capelli troppo corti per una bambina e l’abbigliamento rigorosamente maschile. O forse perché alle bambole di pezza preferiva le spade di legno.
Rideva, Yara, di quella risata cristallina, quella risata che apparteneva al mare salato e che per un Greyjoy non poteva che essere il miglior inno alla vita che mai avrebbe udito.
Era una melodia antica, quella risata di sale, che portava in sé tutta la potenza del mare e raccoglieva l’orgoglio di una famiglia nata per regnare, e che solo un Greyjoy avrebbe saputo suonare.
«Prendimi, Theon» urlava Yara, correndo verso gli abissi e tuffandosi in questi. Il mare era la nostra casa, il mare non ci avrebbe mai fatto del male.
Io scuotevo la testa, sorridevo e mi tuffavo con lei.
Eravamo a casa e credevo che il mare non mi avrebbe mai tradito.
 
L’ultima persona che vidi prima che Eddard Stark mi scortasse come prigioniero, fu mia sorella Yara con i segni del lutto dipinti in faccia. Il Lord di Grande Inverno si era preso due dei suoi fratelli e ora si stava portando via anche il terzo.
Quel giorno Yara fece un passo verso di me e tese una mano, nulla più.
«Prendimi, Theon» disse, muovendo la labbra, ma impedendo a qualsiasi suono di uscire dalla sua bocca.
Io scossi la testa.
Lei doveva rimanere a casa, dove il mare non l’avrebbe mai tradita, perché lei aveva quella sua risata di sale.
 
Ho dimenticato quel suono, ho dimenticato quell’inno alla vita che da bambino amavo. E l’ha dimenticato anche lei.
Credo che nemmeno Yara ricordi più come si suoni, quella risata di sale.
Ripercorro la strada curva che porta al mare, dopo essere uscito dal castello di Pyke, frustrato, sempre più frustrato, nel rendermi conto di essere trattato come un perfetto sconosciuto, alla stregua di un ospite indesiderato.
Sono un Greyjoy, mi ripeto, quando arrivo di fronte al mare. Un onda giunge a riva, minaccia di lambirmi i piedi e io faccio un passo indietro.
«Temi il mare, Theon Greyjoy?» dice una voce dietro di me, facendomi sobbalzare, sottolineando il mio cognome con una strana intonazione.
«Yara» dico, voltandomi. Gli occhi sono gli stessi, come il cielo sotto il quale splendono è lo stesso. Hanno lo stesso colore, il colore degli occhi di Yara e il cielo di Pyke, sono grigi, sono tempesta.
Lei non risponde, si dirige verso il mare e mi supera di un paio di passi, corre, corre a casa, tra le onde, fino a quando l’acqua fredda e salata non le cinge la vita e si tuffa, riemergendo dopo qualche secondo.
«Prendimi, Theon» mi urla, come se, con quelle parole, potesse strappare il passato dagli abissi e farlo diventare presente, come se potessimo tornare bambini, come se potessimo tornare fratelli e non perfetti sconosciuti.
Perché io non ricordo più il mare, non ricordo il suo sapore, né il suo profumo, non ricordo mia sorella. E loro non ricordano me.
Così volto le spalla a Yara e al mare, cammino nella direzione opposta e mi fermo solo un secondo, nell’udire la risata di mia sorella e, in questo, l’eco della risata di sale.
Nella sua voce la potenza del mare è sconvolgente, nella sua voce l’orgoglio della nostra famiglia è stato calpestato e vuole rimediare all’onta subita.
Non è più solo un inno alla vita, è un inno alla vendetta. 



NdA

Iniziamo con Theon Greyjoy, uno dei personaggi che più ho odiato in tutta la serie. Eppure in un certo senso provo compassione per lui, perciò diciamo che il mio odio viene mitigato da questo :) 
Spero che la storia non vi abbia annoiato! 
Al prossimo aggiornamento con Cersei Lannister e una nuova strofa della canzone, 
Trixie <3

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Capitolo 2
*** Cersei ***


Autore: Trixie
Rating: Arancione
Genere: angst, sentimentale, malinconico
Lunghezza storia: Raccolta diOne-shot
Tipo di Coppia: Het
Personaggi: Theon Greyjoy, Yara Greyjoy, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Eddard Stark, Lyanna Stark, Daenerys Targaryen, Viserys Targaryen, Khal Drogo, Aerys II Targaryen, Rhaella Targaryen
Contesto:Prima dell’inizio, più stagioni
Note: -
Avvertimenti: Incest, tematiche delicate.
Introduzione: Una shot ciascuno per cinque personaggi, Thoen, Cersei, Eddard, Daenerys e Aerys, sulle note delle strofe di Viva la Vida dei Coldplay.
Il titolo e le citazioni all’inizio di ogni storia sono tratte dalla canzone. 



          

 

Cersei

 

I used to roll the dice 
Feel the fear in my enemy's eyes 
Listen as the crowd would sing: 
"Now the old king is dead! 
Long live the king!" 

 
 
 
Rubai uno stiletto. All’età di sette anni mi introdussi nell’armeria del castello insieme a Jaime e ne rubai uno. Lui aveva già le sue armi, fatte su misura per il primogenito maschio del potente Lord Tywin, mentre io, in quanto femmina, non avevo nulla. La reputavo un’ingiustizia bella e buona. In quanto gemelli, credevo, avremmo trascorso la vita insieme, inseparabili, a fare le stesse cose. Ci saremmo sposati e avremmo governato Castel Granito, uniti, come è naturale che due Lannister come noi dovessero essere. Erano questi i miei sogni da bambina e sono sicura che, se anche Jaime non lo dava a vedere, la pensava esattamente come me.
Per questo motivo mi serviva uno stiletto, perché lui aveva delle armi, e io no, ma noi dovevamo essere uguali. Quello che trovai era ancora in buono stato, anche se la lama non veniva lucidata da settimane. Decisi che, per il momento, poteva fare da surrogato di una spada e lo nascosi sotto al vestito, tra le numerose sottogonne che ero costretta a indossare e nascondendolo ogni sera nella mia camera, perché nessuno potesse venirne a conoscenza.
Non lo volevo usare e nessuno mi aveva mai insegnato a maneggiare un’arma, nemmeno quello che era poco più che un coltello.
Eppure lo feci, in un caldo pomeriggio, in uno dei giardini del Castello.
Ero in compagnia di Jaime e i figli di qualche altro nobile che mio padre aveva convocato per discutere non so quali importanti nuove tasse. Odiavo condividere Jaime con altre persone, che fossero i nostri genitori, i parenti, altri bambini con cui giocare, odiavo che le sue attenzioni venissero reclamate da qualcuno che non fossi io.
Quel pomeriggio c’era una bambina in particolare, di cui nemmeno ricordo il nome, dalle trecce bionde e gli occhi castani, la cui famiglia probabilmente si arrogava il diritto di dirsi legata a noi dal sangue. Non toglieva gli occhi di dosso a Jaime, cercava in continuazione la sua compagnia, si insinuava tra me e lui, facendo gli occhi dolci a mio fratello. Giocando, sfogai la mia rabbia tirandole i capelli e pizzicandola, fingendo poi di non essere stata io. Chi mai avrebbe avuto il coraggio di contraddire la capricciosa figlia di Lord Tywin?
Fu quando ci sedemmo, sul fare della sera, intorno a una fontana a riposare che la rabbia prese il sopravvento. Lei si sedette tra me e Jaime e si accasciò sulla spalla di mio fratello, lamentandosi dei segni rossi che i miei pizzicotti le avevano lasciato e azzardando lasciare un bacio sulla guancia di mio fratello. Mi alzai di scatto, recuperando lo stiletto tra le gonne prima che qualcuno potesse intuire le mie intenzione e poi mi avventai su di lei, con l’arma in mano. Le sfregia il volto, un taglio poco profondo, ma netto, che correva dall’angolo della bocca alla tempia. A causa della forza con la quale mi lanciai contro di lei, quell’insulsa bambina perse l’equilibrio e cadde all’indietro, nella fontana. L’acqua si colorò di un tenue rosa, a causa del sangue che uscì dalla ferita e io, pensando di averla uccisa, scappai a gambe levate stringendo in mano lo stiletto dalla punta insanguinata.
Nelle mie stanze, pulii lo stiletto e lo nascosi, poi mi raggomitolai tra le lenzuola. Non ero pentita del mio gesto, quella stupida oca se l’era meritato, sorridevo nel rivedere nella mia mente lo sguardo terrorizzato dei suoi occhi alla vista dello stiletto tra le mia mani e me ne compiacevo, perché quella bambina mi aveva temuto, continuava a temermi e, sono sicura, chiunque dei presenti mi avrebbe ricordata con terrore e rispetto: mai, mai calpestare i piedi a un Lannister, nemmeno se è una bambina di sette anni.  
Quella sera mi rifiutai di presentarmi a cena, asserendo un forte mal di testa, ma nella notte Jaime si introdusse di soppiatto nelle mie stanze, raccontandomi di come aveva convinto quella ragazzina a tenere la bocca chiusa e a dare la colpa ad un nostro coetaneo.
Ci addormentammo insieme e gli baciai la fronte prima di scivolare nel sonno. Lui mi aveva protetto, come io avevo protetto lui, è così che fanno i leoni, proteggono l’oggetto del loro amore, ad ogni costo.
 
Piangevo spesso, nelle settimane che seguirono il mio matrimonio con Robert Baratheon. Lui era il Re, lui era l’uomo che aveva sconfitto i Targaryen e credevo che mi avesse scelta come sua Regina per le mie doti, non per i soldi di mio padre. Ero giovane e avevo da poco accettato l’idea che io e Jaime non avremmo governato Castel Granito da marito e moglie.
Ed ero anche ingenua, credendo che avrei potuto cancellare il nome di Leanna dal cuore di Robert. Io, sul mio, avevo tirato un riga, cancellando il nome di Jaime e cercando di correggerlo in quello di mio marito.
Sfortunatamente, lui non sembrava disposto a fare lo stesso.
Capii di non potermi imporre chi amare una notte, mentre lui era fuori a caccia e Jaime bussò alle mie stanze. A lui donai il mio primo sorriso dopo settimane di incredibile tristezza e lascia che lenisse le ferite che avevo inferto a me stessa, con quei baci dolci che solo lui sapeva regalarmi, con quelle carezze che solo a lui erano permesse, mostrandogli quella debolezza che solo a lui era conosciuta.
Mi lasciai amare e lui mi amò a sua volta.
I leoni non sono fatti per amare i cervi, ma per cacciarli.
 
Sono passati anni da quella notte. Fu la notte in cui concepii Joffrey e cambiai per sempre. Non sono più una ragazzina ingenua che crede alla Giustizia del Re, sono una donna, sono una leonessa che ha imparato a difendersi, con le unghie e con i denti. E anche con il veleno, all’occorrenza.
Robert è fuori a caccia, ma questa volta sarà l’ultima e se non basterà la sua ingordigia a metterlo fuori gioco, mi occuperò personalmente di lui.
Accarezzo i capelli di Joffrey, ancora ignaro del fatto che, di lì a pochi giorni, secondo i miei piani, siederà sul trono di spade quale legittimo Re.
Il vecchio Re è morto, griderà la folla in festa, lunga vita al nuovo Re!
Un Re Leone, un Re nato per governare e cacciare, un Re Lannister in tutto e per tutto, un Baratheon solo di nome.
In fondo, è curioso come i miei desideri di bambina si siano avverati nonostante tutto, in maniera insospettabile.
Io e Jaime governiamo sui Sette Regni, insieme, uniti, nel nome di Joffrey Baratheon.
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Eddard ***


Autore: Trixie
Rating: Arancione
Genere: angst, sentimentale, malinconico
Lunghezza storia: Raccolta diOne-shot
Tipo di Coppia: Het
Personaggi: Theon Greyjoy, Yara Greyjoy, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Eddard Stark, Lyanna Stark, Daenerys Targaryen, Viserys Targaryen, Khal Drogo, Aerys II Targaryen, Rhaella Targaryen
Contesto:Prima dell’inizio, più stagioni
Note: -
Avvertimenti:Incest, tematiche delicate.
Introduzione: Una shot ciascuno per cinque personaggi, Thoen, Cersei, Eddard, Daenerys e Aerys, sulle note delle strofe di Viva la Vida dei Coldplay.
Il titolo e le citazioni all’inizio di ogni storia sono tratte dalla canzone. 




Eddard

 

One minute I held the key 
Next the walls were closed on me 
And I discovered that my castles stand 
Upon pillars of salt and pillars of sand 

 
 
Mia madre diceva sempre che le cripte non erano il luogo adatto a noi bambini, per questo erano state chiuse a chiave, per evitare che noi ci intrufolassimo all’interno. Mio padre non era entusiasta della cosa: lì sotto giaceva la storia di Grande Inverno e degli Stark, era giusto che noi ci potessimo entrare senza problemi, perché capissimo che nella vita non ci sono solo i giochi, i banchetti e la pace, ma esistono anche la brutalità, l’agonia, la morte.
Mio padre era un uomo buono e comprensivo, amava sua moglie e i suoi figli, così, per non farle torto, acconsentì a fare mettere una serratura sulla porta, per tenerci alla larga. Se Lady Stark desiderava che rimanessimo nell’ignoranza del mondo ancora per qualche anno, allora era giusto che così fosse: una madre agisce sempre per il bene dei propri figli.
Credo che mio padre non fosse del tutto convinto dalle argomentazioni sfoderate dalla moglie a riguardo e che per questo, un giorno, lasciò la chiave delle cripte in bella vista sulla mensola del cammino, ammiccando nella mia direzione. Io mi guardai intorno, rendendomi conto che, a parte noi, non c’era nessun altro. Quando lui se ne andò, io allungai la mano e la presi, infilandola in tasca.
Corsi a perdifiato attraverso il castello, fino all’entrata della cripta. Inserii la chiave nella toppa e girai. Non dimenticherò mai lo scatto metallico che fece la porta quando si aprì, né il cigolio dei suoi cardini.
Con attenzione, reggendo una torcia trovata accesa all’entrata, scesi gli stretti scalini e osservai con attenzione il volto di tutti gli Stark che mi avevano preceduto, cercando la somiglianza di quei volti di pietra con il mio, quello dei miei fratelli e di mio padre. Conoscevo la storia di tutti gli Stark che erano stati lì sepolti, ma mai come allora ricordarne le gesta mi fece sentire più fiero del mio nome.
Erano morti, ma nella memoria dei posteri sarebbero vissuti per sempre e desiderai ardentemente che anche i miei figli, i miei nipoti, quelli che un giorno avrei avuto, si ricordassero di me.
«Eddard, come hai fatto a entrare? Sei solo?»
Il suono di quella voce mi fece sobbalzare e per poco la torcia non mi cadde dalle mani.
Lyanna si accostò a me, mi prese sottobraccio e attese la mia risposta.
«Papà ha lasciato la chiave sul camino, così l’ho presa. Mi hai seguito?»
«No, passavo di qui e ho visto la porta socchiusa. Ho pensato di sgattaiolare dentro per dare una sbirciatina. Secondo te perché mamma non vuole che entriamo qui? È così ricco di storia» disse mia sorella, alzando il viso elegante e guardandosi intorno. Aveva la pelle di porcellana tipica delle donne Stark, bianca e liscia come seta, nonostante fosse poco più che una bambina.
«Perché queste sono tombe, Lyanna. E un giorno accoglieranno anche tutti noi. Non è un bel posto per i bambini, è tetro, devi ammetterlo».
«Tutto ciò che è vecchio lo è, Ned».
«Già, forse ora è meglio tornare indietro, prima che inizino a cercarci» concluse Eddard, rifiutandosi di illuminare con la torcia oltre il luogo dove giacevano i loro nonni e le tombe aperte attendevano i loro nomi. Aveva un brutto presentimento a riguardo, che Lyanna intuì.
«Passeranno tanti anni, Ned, lo sai» disse lei, mentre lui la conduceva fuori dalle cripte.
 
Anche quel giorno avrebbe voluto condurla fuori dalle cripte, ma non sarebbe servito a nulla. Lyanna era fredda, Lyanna era morta, Lyanna era ghiaccio e avrebbe riposato per sempre a Grande Inverno, al posto che la aspettava in quanto Stark.
Aveva detto che sarebbero passati tanti anni, prima che uno di loro entrasse nelle cripte per non uscirne mai più, ma a Eddard una decina d’anni sembravano davvero un soffio.
Il suo cuore si era congelato insieme alla sorella e ad ogni nuova preghiera, ad ogni nuova condoglianza, ad ogni accenno a Lyanna, quel cuore giovane si crepava.
Prima o poi si sarebbe frantumato in mille, piccoli pezzi.
Aveva già sentito quello di Robert Baratheon esplodere, ma non poteva permettersi questo lusso: lui aveva una moglie e un figlio da proteggere. Anzi, aveva due figli di cui farsi carico, non uno. E le ultime parole di Lyanna da nascondere al mondo, parole che non avrebbe mai pronunciato ad anima viva, per nessun motivo al mondo.
Lui aveva delle creature da proteggere, mentre Robert non aveva altro che l’amore per Lyanna e il sogno di un futuro con lei, che si era infranto. Robert non aveva più niente e aveva bisogno di possedere qualcosa.
Sfortunatamente la sua scelta cadde sui Sette Regni.
 
Il rumore della porta della cella mi ricorda le cripte di Grande Inverno e quella stupida serratura che mia madre volle mettervi. Capisco di essere un uomo morto.
Scoprire il segreto di Cersei e non poterlo rivelare, sapere la verità e non poterla urlare al mondo, è il più grande rimpianto della mia vita. Spero solo che qualcun altro segua la pista tracciata con tanta fatica e irrigata con tanto sangue da me e Jon Arryn. E che sia più furbo di noi, stupidi vecchi uomini d’onore.
Prego perché gli Dei, chiunque essi siano, proteggano i miei figli e mia moglie, ma non temo la mia morte. Diventerò freddo, diventerò ghiaccio, tornerò a Grande Inverno, tra le mura a me conosciute, e giacerò per sempre accanto a Lyanna, in attesa che altri Stark si uniscano a noi e sperando sempre che quel momento tardi ad arrivare, così che abbiano una vita lunga e felice.
Avevo la chiave, avevo la risposta alla morte di Jon Arryn, alla morte di Robert, una chiave che mi sta costando la vita e che mi aprirà le porte della cripta. Ma ormai una sola cosa importa: che questa chiave non apra la cripta anche ai miei figli, che questa chiave non sia stata da me dimenticata su una mensola.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Daenerys ***


Autore: Trixie
Rating: Arancione
Genere: angst, sentimentale, malinconico
Lunghezza storia: Raccolta di One-shot
Tipo di Coppia: Het
Personaggi: Theon Greyjoy, Yara Greyjoy, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Eddard Stark, Lyanna Stark, Daenerys Targaryen, Viserys Targaryen, Khal Drogo, Aerys II Targaryen, Rhaella Targaryen
Contesto:Prima dell’inizio, più stagioni
Note: -
Avvertimenti:Incest, tematiche delicate.
Introduzione: Una shot ciascuno per cinque personaggi, Thoen, Cersei, Eddard, Daenerys e Aerys, sulle note delle strofe di Viva la Vida dei Coldplay. Il titolo e le citazioni all’inizio di ogni storia sono tratte dalla canzone.




 

 

Daenerys

 

It was the wicked and wild wind 
Blew down the doors to let me in 
Shattered windows and the sound of drums 
People couldn't believe what I'd become 

 
 
Ogni volta che a Bravoos si scatenava una tempesta, io aspettavo l’arrivo di Viserys nella mia camera, perché mi raccontasse la storia della mia nascita e la passata gloria dei Targaryen.
«Non dormi, Deanerys Nata dalla Tempesta?» chiedeva mio fratello, avvicinandosi al mio letto. In quei frangenti non temevo i suoi scatti d’ira, non temevo di risvegliare il Dragp, perché sapevo che sarebbe stato quieto e avrei trascorso un raro, rarissimo momento in compagnia di un fratello gentile e premuroso, nel quale non sarei riuscita a individuare alcuna traccia di violenza.
Quella notte il vento inclinava la pioggia, facendo sbattere le gocce di pioggia sui vetri delle mie finestre. Ogni tanto i fulmini illuminavano il viso di Viserys, il cui sguardo vedeva fasti a me sconosciuti, di una casata andata in rovina e che aveva in noi i suoi unici eredi.
«La gente dei Sette Regni invoca ancora il nostro nome, aspetta il ritorno dei Targaryen e noi un giorno torneremo, alla testa di un esercito così potente che l’Usurpatore si arrenderà senza combattere e io e te governeremo di nuovo, come è giusto che sia, Daenerys. Da fratello e sorella, da marito e moglie».
Era la prima volte che mi definiva moglie, non sono sorella e ne rimasi sconvolta. Avrei dovuto sposarlo? Nella mia testa da bambina, dopo un momento di riflessione, lo reputai un fatto naturale. I nostri antenati si era sposati tra fratello e sorella per secoli, perché noi no?
Così sgusciai fuori dalle coperte e mi misi seduta accanto a Viserys, mi allungai, sporgendomi verso di lui e lo colsi di sorpresa con un bacio sulla bocca. Perché è così che fanno marito e moglie, pensavo.
La reazioni di mio fratello fu istantanea e non vidi nemmeno arrivare lo schiaffo che mi colpì, ne sentì solo il bruciore sulle guance, che già si stavano rigando di lacrime.
«Cosa ti è passato per la mente, piccola puttana?» lo sentì urlare, prima che la porta della mia camera venisse sbattuta con forza.
Non capivo dove avessi sbagliato, non capivo cosa, nel mio comportamento avesse risvegliato il drago. Ma sapevo di non dover piangere, sapevo che un Targaryen deve essere forte, sempre.
Così mi alzai dal letto e raggiunsi la finestra.
La spalancai e lasciai che la pioggia mi sferzasse il viso, così da nascondere le lacrime.
Io ero Daenerys Targaryen, Nata dalla Tempesta, quella pioggia era mia alleata.
 
La porta rossa si chiuse di fronte a noi, quando Sir Willem Darry morì e i suoi servi decisero che proteggere gli ultimi Targaryen sarebbe stato un pericolo eccessivo. Viserys fu costretto a vendere tutto ciò che ci rimaneva, per ultima la corona di nostra madre e ogni volta che concludeva un affare il suo umore peggiorava e mio fratello diventava sempre più violento. Spesso, l’oggetto su cui sfogava la sua ira ero io e i pretesti erano i più banali che si possano immaginare. Ogni volta che mi picchiava, sentivo il sangue caldo scorrermi sul corpo, ma non piangevo. Mai.
Aspettavo che il rumore che il sangue faceva ribollendo nelle mie vene, come un ritmico battere di tamburi, smettesse di martellarmi le orecchie, prima di perdonarlo.
Lui era tutta la mia famiglia, lui era il Sangue di Drago, a lui dovevo il mio perdono, per qualsiasi cosa mi avesse fatto.
 
Capisco all’istante le intenzioni di Khal Drogo nei confronti di mio fratello, ma non lo fermo. Viserys sostiene di essere il Sangue di Drago, da sempre, e se questo è vero, il calore non lo danneggerà, così come non danneggia me.  
Ciò che, anzi, mi danneggia e che per me costituisce un pericolo dal quale non so difendermi fino in fondo, è lui stesso, è mio fratello Viserys Targaryen, terzo del suo nome. È una minaccia per mio figlio e questo non lo posso sopportare, così lascio che mio marito se ne occupi. Perché è questo che fanno i componenti di una famiglia, si proteggono l’un l’altro, si sostengono, si amano e imparano ad amarsi. All’inizio non è stato facile, amare Drogo e farmi amare da lui: culture diverse, lingue diverse, idee di giustizia diverse. Ma ci abbiamo lavorato e abbiamo capito come amarci, ho capito che lui altri non era che il mio Sole e Stelle, ed io la Luna della sua vita.
Avrebbe potuto farmi male molte volte, avrebbe potuto maltrattarmi, come faceva Viserys, invece mi ha amata, come mio fratello non aveva mai fatto nella sua vita.
Per questo continuo ad amare Drogo, mio Sole e Stelle e lo amo ancora di più, mentre rovescia il paiolo di oro fuso sulla testa di Viserys. Per proteggere me, la Luna della sua vita e suo figlio, lo Stallone che cavalcherà il mondo, per proteggere la famiglia che ama e dalla quale è amato.
Lei è una Dothraki, lei è una Khaleesi e la gente dei Sette Regni non crederà ai propri occhi quando la vedrà alla testa del suo esercito diretta alla conquista del Trono di Spade. 





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Capitolo 5
*** Aerys II ***


Per la stesura di questo ultimo capitolo mi sono avvalsa, oltre che della mia memoria, di alcune informazioni trovate qui (per Aerys) e qui (per Rhaella). Alcuni dettagli potrebbero per ciò non essere mai stati menzionati nel telefilm (d’altro canto, comunque, non possono essere considerati spoiler).
In particolare, vorrei precisare che Aerys rimase prigioniero per un considerevole lasso di tempo nella sua giovinezza, e questo evento lo segnò profondamente, tanto da aggravarne vertiginosamente la pazzia.
Buona lettura, Trixie.

 
 
 
    

Aerys II

 
 

Revolutionaries wait 
For my head on a silver plate 
Just a puppet on a lonely string 
Oh who would ever want to be king? 
 
 
Odiavo Rhaella. L’avevo sempre odiata, ma solo durante la mia prigionia ne capii veramente il motivo. Non ero io il Sangue di Drago, ma lei.
Una volta libero, quella voce nella mia testa che era nata durante la reclusione, continuava a sussurrarmi cattiverie che riguardavano mia sorella, cattiverie che all’inizio non volevo ascoltare, ma che si palesavano in tutta la loro realtà nell’osservare mia moglie.
Lei ti ha rubato il Sangue del Drago, mi sussurrava la voce, e io la vedevo immergere le dita nel fuoco senza scottarsi, mentre io portavo ancora i segni della cera calda che mi era caduta sulla mano una sera.
Lei ti vuole allontanare dai vostri figli, mi ricordava poi, quando entravo in una stanza e la trovavo in compagnia di Rhaegar e il piccolo Viserys. Il sorriso scompariva dal suo volto e con un cenno faceva uscire i ragazzi dalla stanza.
Lei ti vuole uccidere e governare al tuo posto i Sette Regni, urlava in continuazione la voce nella mia testa, senza sosta, nella veglia e nel sonno. E io sapevo che Rhaella nascondeva un pugnale nel corpetto.
Falle vedere chi comanda, riprenditi il Sangue di Drago.
Ti vogliono uccidere, tutti quanti ti vogliono uccidere.
Io lo sapevo, sapevo che mi volevano morto: mia moglie, sangue del mio sangue, il mio Primo Cavaliere, invidioso della mia corona e pronto a tutto per indossarla e perfino i miei stessi figli, che mi temevano, credendomi pazzo.
Ma loro non sapevano che io vedevo più lontano di loro, loro non sapevano che sapevo tutto di loro, sapevo che mi volevano morto.
Mia moglie aveva persino preso l’abitudine di mettere del veleno nel mio piatto.
Questo no, è avvelenato, mi avvertiva la voce nella mia testa, e io capivo di non doverlo mangiare e leggevo l’espressione delusa negli occhi di Rhaella.
Il mio timore diventava allora di poter morire di fame, così iniziai anche a mangiare i suoi avanzi, almeno quelli non erano sicuramente avvelenati.
 
Lei sapeva, ogni volta che entravo nella sua camera, che avevo appena bruciato qualcuno.
Lo capiva dall’odore che avevo addosso e dal mio sguardo entusiasta, lo sapeva perché ora sarebbe toccato a lei bruciare, lei che mi aveva rubato il Sangue di Drago.
Rhaella provava a sfuggirmi, provava a scappare da me, ma io la prendevo sempre e la facevo mia, perché io sono un Targaryen, sono il Re dei Sette Regni e ogni donna è mia, dalla più infima puttana alla Regina, ai miei occhi non cambia nulla.
Ancora lei non aveva capito che urlare non sarebbe servito a niente, se non ad eccitarmi ancora di più.
 
Ti vogliono uccidere tutti.
Vogliono uccidere il loro re.
Distruggili, Aerys Targaryen, mostra loro la potenza del Sangue di Drago.
Fuoco e Sangue per i ribelli.

 
 
 
NdA:
Ultima storia e… bhè, grazie a tutti coloro che hanno recensito, in particolare funny1723, che non si è persa un solo capitolo.
Grazie anche ai lettori silenziosi e a chi ha inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite.
E infine grazie ai futuri lettori.
Spero che la raccolta sia piaciuta a tutti voi,
Trixie.  

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