Quel matto sono io di Aura (/viewuser.php?uid=1032)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Lui, Lei. - ***
Capitolo 2: *** Dracones, Draconum, Draconibus. ***
Capitolo 3: *** Battaglie, riconoscimenti e una strana pazzia ***
Capitolo 4: *** Dubbi ***
Capitolo 1 *** Prologo - Lui, Lei. - ***
quel matto 1
Ho sentito dire che c'è un
matto in giro
con le tasche piene di parole
e sogni che nessuno
ha realizzato,
e non sa coltivare, se non
dentro la sua testa vuota
e dentro le speranze di chi
non ha mai deciso niente.
Sono ancora avvolti in
cellophane e carta d'alluminio,
e pesano di tutti quei
rimpianti che ogni uomo ha dentro
e pensano che siano ottimi
rimedi contro il tempo,
perché possa un giorno
muoversi in un altro senso.
(Quel matto sono io, Negramaro)
LUI.
E così mi sono innamorato di
lei: come il peggiore degli stupidi, innamorato della ragazza di mio
fratello.
Sciocco, da parte mia, perché si sa: Hermione
apparterrà sempre a Ron, non c'è dubbio; eppure sono finito in
questa situazione, e mi rendo conto solo ora che dovevo scappare,
finché ero in tempo.
Perché non è successo in un lampo, di
avvisaglie ce ne sono state, ma forse all'inizio sono caduto nel
tranello più ovvio del mondo: non ci credevo, era impossibile.
Ma
allora era una cosa difficilmente catalogabile anche come
infatuazione, per cui rimanevo forte della mia teoria, e non davo
peso al fatto che qualcosa smuovesse il mio stomaco quando lei era
nelle vicinanze; qualcosa che mi spingeva a considerarla
interessante, nonostante fosse solo una ragazzina saputella.
In
fondo ai tempi l'avrò vista una volta o due; poi ci fu il matrimonio
di Bill, e in quell'occasione mi trovai a pensare pericolosamente che
tutto sommato era carina, a modo suo. No, quel giorno era decisamente
carina, ma non avrei dovuto pensarlo, non avrei dovuto ricordarlo, in
seguito. Doveva essere più il genere di pensiero: “Oh, sono fiero
che il mio fratellino si sia trovato una bella ragazza”; e invece
no, guardandola, quella sera, avevo capito che quella leggera stretta
allo stomaco che percepivo era sintomo d'interesse: dovetti sedermi,
per frenare l'impulso di avvicinarmi a lei; ma continuai a guardarla,
consapevole del mio errore.
Ignaro che Hermione mi avrebbe dato
mille altri motivi per continuare ad accorgermi di lei, sono stato
stolto a non pensare che avrei raggiunto il punto di non ritorno.
Durante la battaglia, quasi un anno dopo, c'era ben poco da
pensare a queste cose, chiaro; ma pur con il cervello impegnato dalle
strategie, il fisico dagli scontri e il cuore dai lutti che
aumentavano sempre di più, una parte latente di me la notava:
l'ammiravo, era forte, intelligente, era impossibile non rendermene
conto.
E poi, quando pensammo di aver finalmente raggiunto la
meritata pace, ci fu l'altra faccenda...
Sono solo un
matto.
Erano passati sei mesi dalla sconfitta di Voldemort, il
mondo magico si stava rialzando dalle sue ceneri ricostruendo ciò
che era stato distrutto, asciugandosi le lacrime per coloro che aveva
perso, e io, dopo un periodo a casa, ero tornato in Romania.
Anche
così lontano trovai incredibile come ciò che era accaduto a
Hogwarts fosse risuonato in tutto il mondo, e di come tutti, ognuno a
modo proprio, vi avessero partecipato.
La vita era ripartita, la
solita routine aveva iniziato ad inanellarsi un giorno dopo l'altro,
persino per me, che la monotonia non sapevo nemmeno dove stesse di
casa. Era quello che mi aveva sempre affascinato dei draghi: erano
esseri imprevedibili, stare con loro era una lotta continua, la loro
fiducia era qualcosa di incredibilmente sfuggente ma altrettanto
prezioso, perché quando riuscivi a conquistarla era impareggiabile.
E stare lì mi aiutava a distaccarmi dal mondo che avevo lasciato,
dalla famiglia che si ricuciva le ferite, dal pensiero che ormai ero
partito di testa per la ragazza di mio fratello; fino a che arrivò
un emissario del ministero. Non un gufo.
La mia capanna era
molto spartana, ci feci caso per la prima volta quando feci entrare
Amadeus Parker; quello strano omucolo fece qualche passo sulle tavole
traballanti del pavimento e si guardò intorno, spaesato. Dopo aver
ottenuto il consenso dagli altri della mia squadra mi aveva seguito,
per strappare anche il mio, che ero rimasto titubante: non capivo il
perché di tutta quella segretezza, quale questione poteva essere
così urgente da richiedere la nostra immediata presenza a Londra?
-
Signor Weasley, la prego, il Ministro ha insistito perché vi
portassi tutti con me: non posso dirvi niente, ma è una questione di
sicurezza mondiale. - disse, particolarmente cauto, come per giustificare la sua
insistenza. Ero incuriosito e allo stesso tempo seccato: partire
senza sapere niente, scommettevo che nemmeno questo Parker fosse a
conoscenza del motivo per cui era lì; inoltre ero appena tornato, e
l'idea di rifarmi il viaggio fino in Inghilterra non mi attraeva
particolarmente.
Però c'era la questione della curiosità: c'era
qualcosa sotto, ne ero certo.
- Sta scherzando! - Non mi
trattenni dall'esclamare, quando Shacklebolt finì di parlare.
I
miei compagni iniziarono a mostrarsi inquieti, la faccenda si stava
rivelando pericolosa, e tutti sapevamo che non potevamo tirarci
indietro.
Il Ministro era serio, ci guardò tutti negli occhi, ad
uno ad uno,
- Purtroppo no. Ma non è finita.
Mentre continuava
a parlare feci scorrere il mio sguardo tra gli Auror presenti alla
riunione, impotenti davanti a quello che stava succedendo; e noi che
pensavamo che dopo aver sconfitto il più grande mago oscuro di tutti
i tempi ci spettasse un po' di pace.
E invece, per tutto quel
tempo, anzi, da prima, un esercito si stava formando proprio sotto ai
nostri piedi.
LEI.
Buio
e silenzio, incoscienza, prima che qualche immagine sconnessa
riaffiorasse tra i miei ricordi.
Sapevo di essere stata colta di
sorpresa, e di aver provato a difendermi, a lottare, mentre l'attacco
rendeva sempre più chiaro che ogni colpo era inutile: dovevo
scappare, ma ormai le forze mi stavano abbandonando.
Aprii gli
occhi, notando di essere riuscita nel mio intento; no, non ce l'avevo
fatta da sola, un Auror si era materializzato accanto a me e aveva
portato via entrambi.
Cos'era quella Cosa
che mi aveva attaccato? Ci pensai ancora prima di provare a capire
dov'ero, cercai di riportare alla memoria quell'essere, quella
creatura sulla quale ogni incantesimo era inutile. Deglutii, sapevo
cos'era, quello che non capivo era perché si trovasse lì.
Mi
guardai intorno, il San Mungo. Le pozioni che mi avevano dato stavano
iniziando a fare effetto, ma lì dove si erano rotte le ossa sentivo
ancora dei dolori lancinanti; provai a chiamare qualcuno, ma dalla
mia gola secca uscì solo un debole rantolio. Una Medimaga che non
avevo notato, all'angolo della stanza, si mosse rapidamente verso di
me, causandomi un forte giramento di testa; parlava con qualcuno, ma
non riuscivo a distinguere le parole. Entrarono altre persone nella
stanza, forse una, forse due, ma a me sembravano mille; mi ritrovai a
implorare con lo sguardo la Medimaga di qualcosa che non sapevo
nemmeno io, fu allora che tutto si calmò e divenne immobile. Prese
un'ampolla, che avvicinò alle mie labbra:
- Beva questo, Granger.
- disse, lentamente, in modo che io potessi afferrarne il
significato. E subito tutto divenne buio di nuovo.
Al nuovo
risveglio percepii immediatamente una nuova forza in me, il dolore
era passato, persino quello al braccio, che era stato calpestato
dalla creatura; aprii gli occhi e mi alzai un poco sul cuscino, certa
di trovare accanto a me qualcuno che avrebbe potuto spiegarmi cosa
era successo. Non mi sbagliavo: un uomo, un Auror, scattò in piedi
come una molla, corse verso la porta che aprì appena e lo sentii
chiaramente dire:
- È sveglia, sembra lucida.
Vidi entrare
Shacklebolt, e capii che il mio attacco non era una coincidenza,
sotto doveva esserci qualcosa di grosso.
- Ministro, - lo salutai,
facendo forza sui gomiti per mettermi a sedere. La Medimaga mi
raggiunse, aiutandomi a mettere il cuscino dietro alla schiena e
porgendomi poi un bicchiere d'acqua, a sollievo della mia gola secca.
- mi dica tutto. - lo invitai, liberata dalla voce impastata, - Cosa
ci faceva una Manticora in Inghilterra?
Shacklebolt aggrottò la
fronte, lasciò che il silenzio facesse risuonare la mia domanda tra
le mura della stanza e galleggiare per qualche istante tra di noi,
prima di dirmi che mi avrebbe risposto in un altro momento, non
appena la mia guarigione fosse stata completa, al Ministero.
La
sua espressione mi indusse a non insistere, come se mi comunicasse
silenziosamente che quello che potevo immaginare era solo la punta di
un iceberg pericoloso e ostile, di cui lui era a conoscenza.
Perché
era lì, allora, se non voleva darmi delle risposte?
Non capivo, e
nonostante accettassi il suo voler rimandare le spiegazioni la mia
mano strinse nervosa il lenzuolo, insoddisfatta, e gli spiegai come
ero stata attaccata.
Capii ancora una volta, dalle espressioni del
ministro e del Auror accanto a lui, che il mio non era un caso
isolato.
Nda:
Ho iniziato a scriverla a settembre, questa storia mi è balenata
in mente non appena mi sono iscritta al contest "Everybody loves
Hermione", con cui poi ho partecipato con Brown Eyed Girl. Non con
questa, perché sapevo che per la storia che avevo in mente non
sarei riuscita a rispettare la scadenza, non perché avessi
progettato millemila capitoli, ma perché è il genere di
storia che richiede tempo.
È la mia prima esperienza con la narrazione in prima persona, ho
voluto togliermi lo sfizio di provare a usarla. Ringrazio per
l'ispirazione i Negramaro con "Quel matto sono io" a cui questa storia
deve gran parte delle citazioni, anche future, e il titolo, ma
soprattutto i Radiohead con "Creep", che prima o poi salterà
fuori, che è la vera colonna sonora di Charlie.
Spero che vi piaccia, alla prossima!
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Capitolo 2 *** Dracones, Draconum, Draconibus. ***
quel matto 1
Ho
sentito dire che quel matto è ancora in giro adesso,
e vomita
parole da un megafono che resta spento;
e non si da mai pace fino
a quando ogni sguardo è appeso
alle sue tasche ancora troppo
piene di conigli e fiori.
(Quel matto sono io, Negramaro)
LEI.
Istintivamente
afferrai i braccioli della sedia, come se il pavimento dell'ufficio
di Shacklebolt avesse potuto cedere sotto di me, preparandomi alla
caduta.
La premessa che mi aveva fatto non era per niente
rassicurante, mentre mi diceva che alla fine della spiegazione, se lo
avessi voluto, avrei potuto essere Oblivata; e qualcosa di molto
simile alla paura mi strinse la gola: a nemmeno due anni dalla
sconfitta di Voldemort nessuno si aspettava che delle altre forze
oscure mettessero in pericolo il nostro mondo.
- È ormai da mesi
che ne siamo a conoscenza, - continuò, - e data la situazione, in
cui la maggior parte di noi è impotente, abbiamo preferito mantenere
la cosa segreta al Mondo Magico: solo pochi ne sono al corrente, chi
come te ha subito un attacco e chi può combattere. Una squadra
speciale di Auror ha fatto delle ricerche: con la nuova ascesa di
Voldemort hanno iniziato a smuoversi le acque e delle creature
magiche si sono sentite in pericolo, hanno iniziato a formare un
esercito per difendersi. Con la sua sconfitta poi le cose sono
peggiorate: il loro intento è cambiato, usano soldati contro cui la
magia è inutile, la verità è che vogliono decimare i maghi, in
quanto credono che prima o poi nascerà un nuovo Voldemort che li
metterà nuovamente in pericolo. Vogliono eliminarci, o ridurre il
nostro numero fino a renderci inoffensivi.
La sua voce, la sua
espressione, mi suggerirono che il pericolo era più vicino di quanto
pensassi.
- E nessuno sa niente? - chiesi, incredula.
- Per il
momento gli attacchi sono ancora abbastanza sporadici, se la notizia
trapelasse si creerebbe il panico, un panico inutile dal momento che
non è una battaglia che siamo nati per combattere. Come sai la magia
è inutile contro le Manticore, che rappresentano il loro contingente
d'attacco, e non sappiamo con precisione quali altre creature abbiano
assoldato. Abbiamo radunato delle squadre in grado di respingerli
fisicamente, ma come puoi immaginare sono in pochi ad avere delle
armi utili a contrastarli.
Mentre la notizia si depositava, e
mille domande si formavano alla rinfusa nella mia mente, Shacklebolt
prese la bacchetta,
- La cosa più sicura per te è dimenticare. -
mi disse, cercando di tranquillizzarmi.
Dentro di me sentivo una
piccola lotta, sapevo quello che dovevo e volevo fare, ma la
tentazione di rannicchiarmi nell'incoscienza e per una volta lasciare
che ci pensassero gli altri mi colse impreparata. Ma non vinse.
-
Un attimo, - chiesi, - ha detto che chi è stato attaccato è a
conoscenza di questo esercito, perché vuole cancellarmi la memoria?
- Lo provocai.
La sua fronte si corrugò, seria,
- Se non fai
parte dell'operazione è più sicuro che tu non sappia niente, e non
è mia intenzione chiederti di combattere: al momento, non sapendo
contro cosa, sarebbe una richiesta di suicidio, e non posso farlo,
non fino a quando non sapremo di più sull'entità di questa
minaccia.
Accanto a Harry avevo combattuto in prima fila contro
Voldemort, perché questa volta non poteva essere qualcun altro a
lottare per difendermi? Aveva ragione Shacklebolt, era un suicidio
arruolarmi se la mia bacchetta era probabilmente inutile in questa
guerra.
Dopo quella lotta intestina la parte più forte di me prese il
sopravvento e decisi di non essere Oblivata, candidandomi al campo
di battaglia; ma il Ministro aveva temporaneamente rifiutato la mia
disponibilità, chiedendomi di pensarci sopra un giorno,
facendomi
promettere che nel frattempo avrei mantenuto il segreto.
Non
capivo questa ossessione nel non fare trapelare niente, ma
Shacklebolt era fermamente convinto che era inutile al momento
spargere la voce, dichiarando che avrebbe solo scatenato il panico.
Su quello non aveva tutti i torti, ma secondo me ognuno aveva il
diritto di sapere. Le ventiquattr'ore che mi aveva dato per rivedere
la mia decisione, immaginando cosa mi sarebbe aspettato, le impiegai
per fare in modo che la mia assenza non avesse destato
preoccupazioni: chiusi il piccolo appartamento vicino al Ministero
che avevo affittato, salutai i miei genitori, e infine trovai una
scusa abbastanza convincente per Ron, per giustificare la mia
partenza improvvisa. Avevo cercato di mostrarmi rassicurante, mi ero
inventata una ricerca da fare per conto del Ministero, dal momento
lui e Harry non erano nella squadra che era a conoscenza
dell'Esercito Segreto. Non avevo dubbi che anche il Ministero avrebbe
coperto la mia assenza.
Imbarcarmi in questa cosa senza Harry e
Ron mi sembrava assurdo e sbagliato, d'altra parte immaginavo che non
sarebbe passato troppo tempo prima che anche loro venissero
arruolati, e tenendoli all'oscuro ancora per un po' avevo la
sensazione di proteggerli. Nonostante una piccola parte di me sapesse
che quel saluto avrebbe potuto anche essere un addio, cercai di
sembrare impaziente e serena, mentre lasciavo Ron. Il mio Ron,
l'altra metà di me.
Seguii il Ministro per un lungo
corridoio, diretti verso la Passaporta che ci avrebbe condotti dai
miei nuovi compagni.
Mi disse che non ero la prima vittima a
volersi arruolare, e come loro anche altri Auror erano stati
affiancati ai membri della Squadra Speciale, formando delle piccole
unità. La vera speranza di vittoria per questa operazione erano
loro, ma noi avremmo potuto aiutarli.
Mi disse che aveva trovato
un ottimo compagno a cui affidarmi, e mi augurò buona fortuna prima
che la Passaporta conducesse entrambi all'accampamento.
Un luogo
isolato su delle montagne che non riconobbi, quando arrivammo
procedemmo in silenzio addentrandoci in una foresta, verso dei rumori
che si facevano sempre più forti. Erano ruggiti, potenti e vigorosi,
e mi chiesi che tipo di creatura avessero scelto per combattere. Poi,
raggiunta una radura nella quale sorgeva un accampamento, mentre i
miei occhi mi davano la risposta, la mia ragione si oppose con forza,
chiedendomi in che razza di pazzia ero entrata. Era impossibile
addestrare dei draghi, era un assioma.
Shacklebolt ignorò la mia
reticenza, cercando quello che sarebbe stato il mio compagno.
-
Buongiorno Ministro. - Lo salutò un uomo alto quasi quanto Hagrid,
talmente imponente da far sembrare Shacklebolt un esserino. Mi guardò
per un'istante, interrogativo e sospettoso, poi scrutò il cielo. -
Il nostro uomo sta facendo un giro di perlustrazione, sarà qui a
momenti. - disse poi, decidendo di ignorarmi.
Come richiamato da
quelle parole, una creatura, che avevo imparato a classificare come
Vipertooth
Peruviano, si avvicinò planando verso di noi; istintivamente feci
qualche passo indietro: c'erano altri draghi come quello nella
radura, ma erano tutti lontani; quello in volo stava puntando proprio
noi.
Quando atterrò fui così sbalordita e incredula dal vedere
che una persona lo stava montando che non feci caso a chi fosse, fu
quello strano cavaliere a riportarmi alla realtà, facendo un balzo a
terra.
- Hermione Granger, - mi chiamò, con il tipico tono
scanzonato peculiare della mia seconda famiglia, - e così da oggi
siamo una squadra, eh?
Era Charlie Weasley.
Charlie si
dimostrò particolarmente paziente, quel pomeriggio, continuando a
rassicurarmi che quello che vedevo aveva un senso.
Mi raccontò
che persino lui, un anno prima, era incredulo sulla fattibilità di
quell'operazione, quando il Ministero concepì il grande piano
suicida secondo al quale l'unico modo di contrastare l'Esercito
Segreto era combattere con i draghi, la creatura che per antonomasia
era inaddomesticabile. Eppure quasi tutti i membri della squadra che
erano stati scelti ce l'avevano fatta, sebbene il percorso tortuoso
fosse visibile dalle cicatrici sulla pelle di tutti loro. Ora Charlie
mi spiegava tutte quelle cose accanto al drago che chiamava Moskosky,
mentre incredula lo guardavo dare delle piccole pacche sul suo dorso,
come se si trattasse di un buon cavallo cresciuto un po' troppo.
-
È anche il tuo drago ora, - mi disse, notando la mia reticenza, - e
non hai molto tempo per abituarti all'idea. Ho già parlato con
Moskosky, e lui ha accettato il cambio di compagno, o saresti già
stata incenerita.
Non molto consolante. Riflettei sulle sue
parole,
- Un cambio di compagno? - chiesi.
Charlie ridacchiò,
ma colsi dell'amaro nella sua voce:
- Non sono stato entusiasta,
stamattina, quando mi hanno detto che entravi nella squadra. E di
certo non potevo lasciarti in un'unità che non fosse la mia, devo
tenerti d'occhio.
Quelle parole di Charlie mi ricordarono gli
affetti che avevamo in comune, attribuendole a loro.
- Immagino
che nessuno della tua famiglia sappia che cosa fai.
Si rabbuiò,
- E nessuno lo deve sapere. Quello che facciamo è pericoloso,
Hermione, ma siamo gli unici che possiamo farlo, e lo facciamo per
difenderli, per difendere tutti. Per quanto riguarda te, non ti
preoccupare: farò quanto posso perché tu non debba mai essere in
pericolo.
Dopo quelle parole, per la prima volta da che era
iniziato tutto, mi sentii protetta.
LUI.
Non
che pensassi che Hermione fosse una damigella in cerca d'aiuto,
sapevo bene che era forte, anzi, era una delle cose che mi piacevano
più di lei; eppure conoscevo l'entità e i pericoli di quella
guerra, e promisi a me stesso che non avrei lasciato che le accadesse
niente di male.
La mia prima reazione, quando mi comunicarono il
nuovo acquisto, fu quasi di rabbia: da quando in qua lasciavamo
arruolare dei ragazzini?
Come il Ministro non chiedeva a nessuno
di unirsi alla causa così non impediva a nessuno di farlo, ma
lasciare che Hermione Granger si unisse a noi era da pazzi.
Una
parte di me mi costrinse a riflettere sul fatto che effettivamente
non sarebbe stata d'intralcio, anzi, probabilmente sarebbe stato
molto utile averla schierata con noi: Hermione era sveglia,
coraggiosa, un pozzo di conoscenze e riusciva sempre a trarne
vantaggio, era un'ottima stratega. Eppure sapere del suo arrivo mi
faceva infuriare.
Parlai con Albert, il mio compagno, e con Igor,
il cavaliere a cui sarebbe stata affidata, proponendo uno scambio:
almeno dovevo avere la certezza di averla sempre a vista d'occhio.
In
nome di mio fratello, mi auto-convinsi. Quando arrivò il gufo di
Shacklebolt, che si dichiarava d'accordo a quello scambio, anzi,
reputandola un'ottima idea dal momento che Hermione già mi
conosceva, ignorai il senso di colpa, sapendo benissimo che non era
per Ron che volevo averla con me.
La guardai fissare Moskosky
quasi inorridita dall'impossibilità di quello che stavamo per fare,
quando le dissi che avremmo fatto un giro di prova, e cercai di non
sorridere. Ormai quella per me era diventata la normalità. Lui capì
che avevano una novellina a bordo, perché si comportò
incredibilmente bene, rendendo il giro quasi panoramico; piano piano
iniziai a sentire le mani di Hermione, artigliate alla mia schiena,
farsi via via più sicure. Sapevo che stava lottando contro sé
stessa e le sue paure, in silenzio, e comprendendolo non potevo fare
a meno di ammirarla ancora di più.
Virando verso l'accampamento
vidi Gerard e il suo drago sfrecciarmi accanto, e capii
immediatamente cosa stava succedendo: con un brusco movimento
cambiammo rotta, affiancandoci a loro.
- Ci prepariamo ad
attaccare? - gridai per farmi sentire.
Gerard sembrava inseguito
dalle furie, tanto andava veloce.
- Esatto, ce ne sono tre
dall'altra parte della montagna, vogliono attaccare in gruppo. Stai
indietro, tu: hai una novellina a bordo.
Girai la testa,
guardando Hermione sopra alla mia spalla. Il suo volto non esprimeva
certo voglia di scendere in campo, ma d'altra parte non si sarebbe
mai tirata indietro; e io non potevo lasciare i miei compagni da
soli. L'avrei tenuta al sicuro, ma ciò non voleva dire che non
saremmo mai andati in battaglia.
Nda:
Ecco il secondo capitolo, grazie mille ha chi ha recensito e a chi la sta leggendo, mettendo la storia tra le seguite.
Scusate se è passato più del previsto per
l'aggiornamento, ma il tempo mi è proprio volato, ultimamente
sono sempre di corsa!
Non temete comunque, dopo ormai nove mesi che ho questa storia in
cantiere l'ultimo pensiero che ho è quello di abbandonarla ;-)
e presto riprenderò in mano anche Gli Ostacoli del Cuore, per chi la stesse aspettando :-) alla prossima!
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Capitolo 3 *** Battaglie, riconoscimenti e una strana pazzia ***
quel matto 1
E
solo adesso me rendo conto, che non c'è nessuno in giro,
e che è
soltanto quel che penso,
mentre poi mi guardo intorno ciò che
vedo è il mio riflesso
su uno specchio,
troppo stanco di
morirmi sempre addosso.
(Quel matto sono io, Negramaro)
LUI.
-
È in gamba, ce la possiamo fare: tre Manticore sono tante, Gerard,
non possiamo rischiare che quegli scherzi della natura feriscano
qualcuno.
Mi allontanai, prima che potesse dire altro, prendendo
il mio posto in formazione.
- Non abbiamo parlato di quale
sarebbe il mio compito. - Si fece sentire lei, dopo qualche
istante.
- Cercare di non cadere. - La liquidai semplicemente. Mi
strattonò i fianchi,
- Piantala, Charlie: dico sul
serio.
Raccolsi le idee: le unità erano molto eterogenee, il
compagno del cavaliere non aveva un ruolo prestabilito, i due
trovavano l'intesa giusta dopo scontri e allenamenti in maniera
naturale, in base alle predisposizioni di ognuno.
Albert, il mio
vecchio compagno, faceva da diversivo, ma mai avrei suggerito a
Hermione una cosa simile.
- Mi fido di te, non devi fare niente di
speciale.
Mi abbassai sulla schiena di Moskosky, preparandomi
alla planata decisa, e lei mi imitò.
La formazione si divise,
seguii Igor, la prima ala, e puntammo su una Manticora, lui a destra
e io a sinistra. Quell'esemplare era parecchio più grosso di quelle
che avevo visto fino a quel momento, la sua coda in particolare era
più lunga e non ci permetteva di avvicinarci troppo, se non volevamo
essere colpiti. Era in posizione di attacco, pronta a lanciarci
addosso i dardi che come pungiglioni generava dalla punta della sua
estremità, e sapevamo entrambi per esperienza che il fuoco dei
nostri draghi a quella distanza avrebbe solo scaldato la spessa
crosta di pelle.
Guardai Igor con la coda dell'occhio,
velocemente, riportando subito lo sguardo sulla coda della Manticora:
anche lui stava pensando a un modo per avvicinarsi, rimanendo sempre
in movimento affinché lei non potesse colpirci con i suoi aculei.
-
Che succede? - La sua voce mi colse di sorpresa, mi ero già
dimenticato di averla dietro di me.
- Dobbiamo avvicinarci per
attaccarla, ma se ci colpisce con i suoi aculei siamo andati. Non
cercherà di combattere, è pronta per spararli.
- Questo lo vedo.
- Mi rispose, con un tono di voce vagamente petulante, che nella
confusione del momento mi portò a chiedermi perché me lo avesse
chiesto, allora. - Ho un'idea, fai dei cerchi attorno a lei, in modo
che possa puntare la bacchetta.
- Gli incantesimi non... -
iniziai, ma subito mi zittì:
- Lo so benissimo, ho un'idea:
tieniti pronto ad attaccare, non riuscirò a distrarla a lungo.
Avevo
detto che mi sarei fidato, ma non mi aspettavo che partecipasse
attivamente; eppure il segreto del successo delle unità era proprio
quello, la collaborazione dei compagni che li portava a combattere
all'unisono, e se lei era la mia compagna ero in qualche modo
costretto ad accettare il suo contributo, o non ce l'avrei fatta.
Iniziai a fare quello che mi aveva detto, ci piegammo sul fianco
destro e le volammo attorno, mentre Igor e Albert si tiravano al di
fuori della nostra traiettoria, capendo che avevamo qualcosa in
mente. La sentii sporgersi con cautela, dietro di me, per avere più
libertà di movimento, e se da un lato iniziavo ad avere dei dubbi
sulla sua proverbiale intelligenza, non del tutto sicuro di quello
che stava facendo, d'altra parte ero curioso di scoprire cosa aveva
pensato.
- Confringo!-
disse,
sicura, provocando un terremoto.
Non aspettai di vedere la
Manticora disorientarsi, con il terreno che le franava sotto alle
zampe, non appena captai l'incantesimo ne approfittai per
avvicinarmi con una rapida inversione di marcia, e così fece
Igor.
La infiammammo a una distanza tale da tramortirla, e
Moskosky, che amava fare le cose per bene, le planò addosso,
infilzandola da parte a parte con le sue zanne velenose. Gli scivolai
sul fianco, tenendomi grazie a una specie di briglia, e mozzai la
coda alla bestia con la spada, per evitare che in un'ultima
esalazione o movimento involontario lo colpisse.
Moskosky sputò
il cadavere a terra, trovandolo probabilmente ripugnante, e riprese
quota, pensando forse di essere stato l'eroe di quello scontro; gli
diedi qualche pacca bonaria sul dorso, e mi girai leggermente verso
Hermione.
Il vento del volo le aveva scompigliato i capelli,
liberando ciocche di ricci che le sbattevano alla rinfusa davanti
agli occhi: assomigliava ben poco alla ragazza che avevo notato al
matrimonio di Bill, eppure in quel momento seppi che se non poteva
essere lei l'altra metà di me, non avrebbe potuto esserlo
nessun'altra.
Non era tanto la sua abilità a colpirmi, quanto la
sua determinazione, la forza che faceva su sé stessa per combattere
anche in un momento che per lei era tutto fuorché naturale, come
essere in groppa a un drago in volo. Non ci potevo fare niente,
quella cosa per me era letale.
Diedi un'occhiata verso le altre
unità, impegnate in scontri a prima vista più semplici, e Igor e
Albert mi volarono accanto.
- La novellina ha fatto la sua parte,
tornate all'accampamento. - disse, e nell'appellativo sentii una nota
di cameratismo nella voce. Hermione aveva fugato ogni dubbio che era
passato nella testa di tanti, al suo arrivo, e avrei scommesso che
Igor non pensava più che lo scambio era stato così spudoratamente
in suo favore.
Annuii, e virammo verso la base: Igor sarebbe
andato in aiuto della squadra più in difficoltà, ma a occhio e
croce era tutto sotto controllo.
Sentii lo stomaco di Hermione
rilassarsi contro la mia schiena, a quelle parole, ma non disse
niente: un altro punto a suo favore.
Una volta arrivati scesi per
primo, aiutandola poi a fare lo stesso. Hermione scivolò con poca
grazia lungo il fianco di Moskosky e poi mi caracollò addosso,
momentaneamente senza equilibrio; trattenendo una risata mi misi
accanto a lei, sull'erba. Presto sarebbe scesa la sera, gli altri
cavalieri sarebbero tornati, ero contento di avere un momento solo
con lei. Dovevo ancora dirle che era stata brava.
- Ci possiamo
spostare? - ruppe il silenzio, incerta. La guardai interrogativo, -
Non sono ancora del tutto a mio agio a stare così vicino a lui. -
disse poi, indicando il drago.
Risi,
- Ma se ci eri a bordo
fino a poco fa!
Aggrottò la fronte,
- Mi sono impegnata, - si
giustificò, - ma non è facile.
Per me era ormai facile
dimenticarmi che quegli esemplari erano classificati, fino a un anno
prima, come quadrupla x, totalmente inaddomesticabili.
Sospirai
platealmente, per mascherare quanto la sua incertezza mi inteneriva,
e ci spostammo verso le tende, lontane dalle zone dove lasciavamo i
draghi.
LEI.
Mi
seccava fare la parte della fifona, ma non ero per niente tranquilla
accanto a Moskosky, per quanto durante il volo mi avesse dimostrato
di essere un essere senziente e tutto sommato in armonia con Charlie.
Lui mi mostrò l'accampamento, e la tenda dove avrei dormito; in
qualche modo rimasi insoddisfatta del fatto che lui avesse fatto
nessun accenno a come erano andate le cose contro la Manticora. Non
che pretendessi di sentirmi dire: “wow,
Hermione, sei bravissima!”, ma
lui non aveva detto proprio nulla. Almeno qualcosa mi aspettavo.
-
Domani partiamo. - Mi disse, distogliendomi dai miei pensieri.
-
Per dove? - Cercai di non dare a vedere che attendevo un
riconoscimento, in fondo era una cosa così infantile. Charlie
proseguì a spiegarmi:
-
In realtà ci incontriamo qui solo una volta ogni due settimane, la
maggior parte del tempo andiamo in avanscoperta: le Manticore non si
trovano in una zona precisa, se un'unità trova qualcosa lo comunica
agli altri.
Effettivamente era un buon piano.
Gli altri suoi
compagni non furono così parchi di complimenti come lui, e non mi
offesi troppo, quando arrivarono alla spicciolata come di ritorno da
una scampagnata, a sentirli dichiarare che avevano tutti pensato che
la mia presenza sarebbe stata più un peso che altro, ma che avevo
disatteso il loro pregiudizio.
Charlie ribatté, senza troppa
convinzione, che era perfettamente al corrente delle mie abilità, e
che il Ministro stesso non mi avrebbe mai permesso di unirmi
all'operazione se avessi potuto essere d'intralcio.
Dopo
la serata di festeggiamenti post battaglia intorno al fuoco, sebbene
la giornata fosse stata densa di avvenimenti, non riuscii a prendere
sonno facilmente.
Illuminai la mia stanza della tenda che dividevo
con Charlie, e non sapendo che altro fare iniziai a scrivere una
lettera a Ron.
Gettai alcune pergamene iniziate, accorgendomi che
senza volere avevo fatto riferimenti a draghi, manticore o al fatto
che fossi con suo fratello; e quando finalmente arrivai alla fine,
rileggendo le righe che avevo scritto, sentii la freddezza delle
parole vaghe, degli eventi costruiti su supposizioni di quello che
avrei dovuto fare stando a quanto gli avevo raccontato. Ron, dopo un
giorno mi mancava così tanto, ma più che il poco tempo dall'ultima
volta che lo avevo visto era proprio il fatto che non potevo
condividere quello che vivevo con lui. Avrei voluto che mi fosse
accanto, eppure per via della promessa che avevo fatto al Ministro, e
per il desiderio di proteggerlo, lo avevo lasciato fuori.
Mi ero
avvicinata all'ingresso della tenda, per permettere al gufo di volare
via e andare a consegnare il mio messaggio, quando la voce severa di
Charlie mi colse alla sprovvista.
- Che fai?
Sussultai,
-
Mi hai spaventato. - dissi, richiudendo la tenda dietro di me.
-
Non è il caso di fare passeggiatine al chiaro di luna: ti dimentichi
che qua fuori è pieno di draghi? Ognuno di loro rispetta solo il
proprio cavaliere, alcuni mostrano tolleranza anche per il compagno,
ma ti assicuro che non si farebbero molti problemi a utilizzarti come
dessert. - Mi rimproverò, aspro.
- Non era mia intenzione,
uscire. - Mi giustificai, mettendomi sulla difensiva. - E poi,
Charlie Weasley, so badare a me stessa, anche se tu non te ne sei
accorto.
Sì, era infantile ma mi pungeva il fatto che, proprio
quello che avrebbe dovuto essere il mio compagno, non sembrava
essersi accorto che ero in grado di affiancarlo e combattere come
tutti gli altri. Il suo volto si incupì:
- Vuoi sentirti dire che
sei stata brava? Sì, sei stata brava, non sarà una passeggiata ma
tu sei in gamba, l'ho sempre saputo. Ma ti ho promesso di
proteggerti, e questo vuol dire che non posso considerarti come mia
pari, fine della discussione.
Le parole gli erano uscite
stridenti, sputate, nervose: rimasi sbalordita da quella
dichiarazione che non capivo.
Non aspettò che potessi ribattere,
e si ritirò nella sua zona, spegnendo la lanterna.
La luce
mi colpì gli occhi, prepotentemente, mi rigirai: avevo la sensazione
di essermi addormentata da non più di qualche minuto.
- Forza,
Hermione, - mi pungolò la voce di Charlie, - dobbiamo partire, ora.
Ho già preparato tutto, vai a lavarti la faccia che richiudo la
tenda.
Mi misi a sedere, crucciata,
- Non mi devi trattare come
una bambina. - Lo rimproverai.
Di umore migliore rispetto a quella
notte, Charlie rise:
- Come una bambina? Mi hanno insegnato che il
lavoro sporco spetta ai maschi, per galanteria: dimmi un po', non
dirmi che facevi la schiavetta a mio fratello e Potter?
- No. -
Borbottai, stranita nel vedere che effettivamente la tenda era stata
sgombrata da tutto, fuorché i miei oggetti personali.
Nda:
Ecco il terzo capitolo, dove, nell'ultimo pezzo, la parola "matto" legata a Charlie inizia ad avere più significato.
Scusate se gli aggiornamenti non sono così veloci, ma spero che
l'evoluzione, per quanto lenta, della trama possa compensare.
Spero che stiate continuando a leggerla, fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima, grazie mille per chi ha recensito lo scorso capitolo!
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Capitolo 4 *** Dubbi ***
quel matto 1
Quel matto sono io
che vorrebbe un cappello più grande
ed un paio di mani più attente
che nascondan bene perfino alla gente
il segreto di quel che son io
(Quel matto sono io, Negramaro)
LUI.
E
comunque io le ragazze non le capivo per niente: se ce n'era una che
pensavo non fosse bisognosa di gratificazioni era proprio Hermione, e
invece sembrava proprio che mi avesse messo il muso perché non le
avevo detto che aveva svolto bene il suo lavoro, il compito per cui
era lì.
Sì, tra me e me lo sapevo, era stata brava; era riuscita
a mettersi in gioco al suo primissimo scontro, dopo poco più di
ventiquattr'ore che sapeva dell'Esercito, si era comportata in un
modo fenomenale.
Però, se fossi stato nei suoi panni, e non
avessi saputo quanto poteva essere difficile per un novellino entrare
nel giro, non sarei stato così ansioso di ricevere complimenti,
tanto da mettere il broncio con chi non me ne faceva.
Ma io non
ero una ragazza, e non ci capivo niente di ragazze: pensavo che
almeno dopo averla fatta dormire il più possibile e aver preparato
io tutto per la partenza mi sarebbe stata riconoscente, e invece me
la vidi tornare dall'angolo bagno ancora silenziosa, limitando al
minimo ogni parola che mi rivolgeva.
Partimmo velocemente, lei fu
pronta in un lampo, e ci dirigemmo verso le coste dell'Irlanda, la
nostra zona di perlustrazione.
Non appena fummo in volo pensò
lei agli incantesimi di mimetizzazione, senza che glielo dovessi
dire, e per qualche motivo fui seccato dal fatto che era autonoma,
sembrava voler dimostrare che in fondo poteva cavarsela anche senza
la mia protezione.
Durante il viaggio, però, dovetti costringermi
a continuare a pensarla come una cosa fastidiosa, invece di
riflettere sul fatto che era proprio quello che mi piaceva di
lei.
Che mi tenesse pure il muso, ero strano e lo sapevo, Hermione
doveva focalizzare quello, per non accorgersi che i motivi della mia
stranezza erano i miei sentimenti per lei.
- Ha mangiato? - Mi
disse, a mattinata inoltrata; le prime parole che mi rivolgeva dopo
tante ore.
- Ah, non dormi? - constatai, ironico. Non prese bene
la mia battuta, perché non ribatté. Mi diedi mentalmente dello
stupido, prima di continuare, sperando che lei accettasse la mia muta
offerta di pace. - Cacciano durante la notte, quando siamo
all'accampamento per evitare che combattano tra di loro li liberiamo
uno alla volta, sta sempre uno di noi a fare da guardia. Penso che
anche queste bestie capiscano che c'è qualcosa per cui vale la pena
combattere, non si è mai sentito di Draghi che si comportano così.
-
Infatti, faccio ancora fatica a crederlo.
Le prime sere, una
volta arrivati, furono le più difficili, perché dovevamo ancora
abituarci l'uno all'altra: io, con Gerard, ero abituato a lunghi
momenti di silenzio dove ognuno di noi pensava ai fatti suoi, quasi
ignorandoci a vicenda, alternati a più leggere situazioni di
cameratismo, dove ridevamo fino a notte fonda raccontandoci aneddoti
come se la nostra fosse solo una scampagnata; non avevo previsto di
essere affiancato a una ragazza e non ero preparato, e il fatto che
fosse Hermione mi metteva ancora di più in difficoltà.
Faticavo
ad abituarmi alla sua presenza, che catalizzava la mia attenzione
ogni secondo, costringendomi a continuare ad essere conscio della sua
esistenza e al tempo stesso della mia pazzia, che mi aveva permesso
di provare qualcosa per lei.
Così alternavo momenti di cortesia,
in cui cercavo di metterla a suo agio, a improvvisi cambi di umore,
dove la trattavo quasi con freddezza, rabbia, perché era lei che
incarnava la mia follia, che con lei prendeva forma.
Poi mi
sentivo in colpa, e tornavo ad essere gentile, e guardandomi da una
prospettiva esterna mi accorgevo che stavo diventando sempre più
matto.
Avevamo acceso un fuoco, fuori dalla tenda, lei si era
seduta, con lo zaino a farle da cuscino e sulle ginocchia una lettera
da scrivere a mio fratello.
Volevo dirle qualcosa, di salutarmelo,
ma sapevo che quelle parole mi sarebbero uscite acide e lei non
avrebbe capito, così preferii lasciarle pensare che ero distratto
dai miei pensieri, come al solito un orso chiuso in sé stesso.
-
Vado a cacciare, non ti muovere da qui. - l'avvisai,
alzandomi.
Hermione sollevò lo sguardo dalla pergamena.
-
Perché dovresti cacciare? Non abbiamo finito le provviste, e mi
avevi detto che domani saremmo scesi in paese.
Indicai con la
testa Moskosky.
- Non per noi, per lui.
Probabilmente capì che
l'avrei lasciata sola con il drago, perché notai che si fece più
rigida.
- Perché non lo sleghi e lasci che ci pensi lui?
-
Hermione, se vuoi che un drago si comporti da animale addomesticato
lo devi trattare come tale, e non voglio correre il rischio che
qualche cosa risvegli il suo istinto selvatico. Senza contare che
vorrei evitare che venga visto in queste zone.
- Ma al campo base
avevi detto che li slegavate uno per volta. - ribatté.
- Quella è
un'altra situazione, la zona è perennemente sotto controllo, qui
siamo da soli e mi occupo io di lui. - Hermione era tornata a
dedicarsi alla sua lettera, mentre finii di prepararmi vedevo che di
tanto in tanto lanciava delle occhiate a Moskosky. Mi avvicinai a
lui. - Prenditi cura di Hermione finché non ci sono, va bene? Non
starò via per molto, la lascio nelle tue mani. - Lei sollevò lo
sguardo, ascoltando le mie parole, e la salutai strizzandole
l'occhio.
Sapevo che non si sentiva ancora del tutto al sicuro con
un drago accanto, e immaginavo che allontanandomi il disagio sarebbe
aumentato, ma io mi fidavo di entrambi, dovevo fidarmi, o la
battaglia era persa in partenza. E prima di allontanarmi mi sarei
assicurato di alzare abbastanza incantesimi di protezione, e
controllare che il perimetro fosse sicuro; anche se non lo avevo
specificato a Hermione: orgogliosa com'era sicuramente avrebbe
borbottato che poteva pensare da sola a delle cose tanto semplici, e
che era sopravvissuta fino a quel momento anche senza il mio
aiuto.
La caccia fu più breve del previsto, per fortuna il pasto
preferito del mio drago erano le vacche e a non molte miglia dal
nostro accampamento avevo trovato un pascolo.
Ritornando sui miei
passi però la sicurezza che mi ero imposto di avere, lasciandoli
soli, stava venendo intaccata da una strana sensazione, e così
accelerai.
LEI.
In
diciotto anni della mia vita non avevo mai visto una Manticora, e ora
in una manciata di giorni continuavano a spuntare come funghi:
l'ultima volta era andata bene, ma non ero sola; la volta che ne
avevo affrontato una da sola, quella no, non era andata bene.
Un
ruggito alle mie spalle sembrò volermi ricordare che c'era qualcuno con
me, ma non avevo ancora abbastanza confidenza con Moskosky perché la
cosa mi tranquillizzasse, anzi: mi sentivo tra due fuochi.
Serrai
la bacchetta tra le dita, cercando spasmodicamente di pensare a
qualcosa di utile, costringendomi a concentrarmi su qualcosa di
razionale, piuttosto che sul battito assordante del mio cuore.
Fu
improvviso, contemporaneamente vidi saltare giù da un albero una
macchia, in picchiata, e sentii passare accanto a me il drago, pronto
a finire la Manticora. La macchia era Charlie, spuntato da chissà
dove, era riuscito a mozzargli la coda.
L'adrenalina abbandonò di
colpo il mio corpo, le ginocchia si afflosciarono, toccando terra.
-
Stai bene? - Charlie corse verso di me, dopo essersi assicurato che
la bestia fosse effettivamente morta.
- Mi sento così stupida, e
inutile. - dissi, rivolta più a me stessa che a lui. - Ma cosa mi è
preso?
Charlie stava sorridendo. Sorridendo. Io ero arrabbiata e
spaventata, e lui sorrideva.
Forse capì che stavo iniziando ad
indispettirmi del suo atteggiamento, si accovacciò accanto a me,
puntellandosi sui talloni, e mi mise una mano sulla spalla.
-
Hermione, punto primo tu sei una strega straordinaria, ma non puoi
misurare le tue abilità con le Manticore. - disse, con voce calma. -
Punto secondo siamo una squadra: se vinciamo lo facciamo insieme.
Non
avevo mai conosciuto Charlie fuori dal contesto della sua famiglia, e
in quel periodo avevo scoperto che non lo conoscevo affatto: poteva
essere divertente, poi cambiare umore e diventare scontroso, poi
cambiarlo ancora e diventare gentile e premuroso. Facevo veramente
fatica a stargli dietro. Però, in quel momento, i nostri stati
d'animo erano in perfetto accordo, e guardandolo sentii il suo
rispetto, ma sentii anche che nonostante quello c'era qualcosa in lui
che lo spingeva a volermi proteggere. E in quel momento mi
tranquillizzò.
Per la prima volta, da quando eravamo partiti, mi
sentivo veramente bene, a mio agio.
Moskosky era poco lontano da
noi, a pasteggiare con la mucca che Charlie aveva portato, e noi
mangiammo accanto al fuoco, con una strana serenità e intimità che
aleggiava intorno a noi, a discapito dell'attacco che era appena
avvenuto.
- Grazie. - esordii, rendendomi conto che nonostante
fossimo parte di una squadra, e nonostante il fatto che era la
persona più lunatica che avevo mai incontrato, in fondo lui mi stava
aiutando, e non era tenuto a farlo. Sarebbe stato il mio unico
contatto umano per chissà quanto tempo, e se lui era strano quello
che potevo fare io era cercare di non prendermela troppo, quando ne
avevo la forza.
Charlie sollevò lo sguardo dalla scodella, e mi
strizzò semplicemente l'occhio. C'era qualcosa in lui che non avevo
ancora capito, lo sentivo.
La tenda era vuota, non c'era
traccia di Charlie, così mi azzardai a uscire, rabbrividendo
nell'umido freddo della notte irlandese. Lo trovai in piedi, la spada sfoderata in mano, un piede
appoggiato all'albero dietro di sé.
-
Cosa ci fai qui? - gli chiesi, chiudendo i lembi del maglione in modo
che aderisse meglio alla schiena, scaldandomi.
Quando mi guardò
per un attimo pensai che non mi vedesse davvero, tanto era
concentrato.
- Controllo che sia tutto in ordine, quella Manticora
oggi è riuscita a inoltrarsi fino a qui.
- Quindi da adesso in
poi rinuncerai a dormire? - gli chiesi, sarcastica.
Charlie
strinse la mascella, nervoso.
- Almeno fino a che non sentirò che
sei al sicuro. - disse, continuando a fissare un punto imprecisato
dritto davanti a sé. - Che fai? - mi chiese poi, quando mi sedetti
su una radice accanto a lui. - Torna dentro.
Alzai le spalle.
-
Tu mi vuoi proteggere e io voglio farti compagnia. - lo
liquidai.
Ignorai il suo sguardo severo, presi un rametto ai miei
piedi e iniziai a disegnare sul terreno dei ghirigori senza
significato.
Ero del tutto assorta nei miei pensieri, riflettevo
su come il suo umore fosse cambiato ancora una volta, stavo iniziando
a chiedermi se mi sarei mai abituata a lui, e al tempo stesso intuivo
che doveva esserci un motivo: nessuno della sua famiglia me ne lo aveva mai descritto così.
- Tanto non riuscivo a dormire comunque. - disse,
rompendo il silenzio.
Lo guardai meglio, si sentiva in colpa per
l'attacco, avvenuto proprio quando lui si era allontanato.
Mi
alzai in piedi, e racchiusi la sua mano tra le mie quasi senza
rendermene conto.
- Charlie, non è colpa tua, torna dentro:
Moskosky si è accorto in un nanosecondo della Manticora, e quando
ruggirà ti sveglierai. - cercai di rassicurarlo.
Mi guardò,
quasi sperduto, poi ritirò la mano dalle mie e acconsentì.
-
Torniamo dentro, se ti fa stare buona.
E lo disse come se volesse
offendermi intenzionalmente, scrollarmi via da lui.
Nda:
So di essere in ritardo, ma alcune novità nella vita di tutti
giorni, un contest concluso con dieci storie da valutare, e la mia
"paura" di scrivere questa storia hanno contribuito a rallentarmi.
Forse per me significa troppo, e mi frena: in fondo l'ho ideata ormai
un anno fa, e sono ancora qui, a trattarla con i guanti, guardandola
con timore.
Sapete quando avete in mente una cosa bella, ma poi scrivendola vi
rendete conto che non siete riusciti a trasmetterne l'essenza
principale?
Io vorrei che questa storia fosse bella, ma sono ancora un po' dubbiosa.
Probabimente nei prossimi mesi avrò più tempo per
continuarla e finirla, nel frattempo ascolto Creep, sperando di trovare
il momento adatto per fare dire a Charlie quelle parole.
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