DMC: Echoes of time.

di Dave1994
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cenetta romantica,senza lume di candela. ***
Capitolo 2: *** Guida al perfetto cittadino newyorkese. ***
Capitolo 3: *** Riunione di famiglia. ***



Capitolo 1
*** Cenetta romantica,senza lume di candela. ***


 Gestalt inspirò a pieni polmoni quell'aria così densa e satura di smog, per poi trarne una smorfia e finire di scartare il panino che reggeva tra le mani: un denso rivo di salsa ne fuoriuscì vagabondo, serpeggiando tra il formaggio e la carne andandosi a schiantare infine sul parapetto di pietra fredda sul quale era seduto. Il gargoyle poco sotto di lui mantenne la stessa, gelida espressione di sempre senza tradire nemmeno un accenno di appetito.

- Che palle. - mormorò frustrato, poi si guardò attorno e non vedendo nessuno fece scivolare un indice colpevole lungo la superficie di lisciviatissimo marmo e se lo portò alla bocca.

Il sapore dell'interessante combinazione di ketchup e salsa greca gli esplose in bocca, solleticandogli le papille gustative e preparando il suo stomaco ad accogliere la cena. L'uomo sentì la salivazione salire di colpo e, proclamandosi favorevole alla mozione, la sua pancia brontolò decisa.

Con pazienza certosina rimosse gli ultimi resti dell'incartamento attentamente, senza sprecare altra preziosa e gustosa materia prima. Gli succedeva tutte le volte di lasciar cadere gocce di salsa o pezzi di carne per terra e ogni volta si infuriava con se stesso per essersi scordato della promessa che si era fatto in quei momenti.

Dio, Gestalt, cerca di stare un po' più attento.

- Finalmente. - concluse, reggendo tra le mani la tanto amata porcheria che i comuni mortali chiamano “kebab”, e ne addentò un pezzo con voracità.

Non era tanto male, diamine.

E poi aveva una fame da lupi.

Passarono alcuni minuti, durante i quali gli unici suoni udibili da orecchio umano rientravano nella media categoria urbana di ogni giorno: tubi di scappamento, macchine che sgommano, passanti frettolosi e il solito vociare confuso che accompagna fedelmente qualsiasi notte metropolitana. Tuttavia uno in particolare risuono più convinto di altri, quello di mascelle al lavoro e della masticazione attenta e doverosa. Se qualcuno avesse dovuto piazzare un cartello davanti a Gestalt in quel preciso momento questo avrebbe recitato più o meno “Man at work, be careful”.

- Pensavo cercassi compagnia. - disse una voce e chiunque, anche soltanto sentendo quelle parole, avrebbe scommesso almeno un quarto di dollaro che chi le aveva pronunciate stava decisamente sghignazzando di gusto. E per quanto femminile potesse essere la vicinanza di quella presenza al contempo così silenziosa eppur roboante, Gestalt rifletté sul fatto che raramente aveva conosciuto qualcuno più irruente e indiscreto di Trisha.

- Pensavi male. - rispose, masticando il suo panino. Senza fare nulla per scacciare la nuova arrivata.

- Bugiardo, so bene che in realtà sono l'unica degna di considerazione per te tra i Nightingale – rispose la donna, prendendo forma accanto all'uomo i cui capelli brizzolati assomigliavano quanto mai ad una spazzola per scarpe. Cosplay ne rise davvero di gusto.

- O c'è forse qualche nuova matricola che ti attizza? -

- Mhhh. -

- Che mangi? -

- Non lo so. -

- Qualunque cosa sia, dubito sia davvero salutare – affermò lei con l'espressione di chi la sa lunga in fatto di alimentazione. Poi estrasse qualcosa dalla tasca e lo porse al suo compagno.

Capperi sotto aceto? -

- Dio, e sarebbe salutare QUELLO? -

- Sicuramente più del tuo kebab. Comunque sia, meglio per me – ribatté Trisha, svitando il barattolo che aveva tra le mani e pescandone qualcosa di piccolo e luccicante al fievole lucore dei lampioni lontani – ne avrò di più. -

Gestalt non rispose, continuando a divorare imperterrito il suo panino. Effettivamente ora cominciava a pesargli un po', ma non ci fece troppo caso e strappò un grosso lembo di carne sugosa e saporita dalla sua cena.

- Mi ha chiamato Eric, dice che c'è stato un altro tre-quattro-otto giù al fiume. Hanno trovato un barbone sbranato per metà, una cosa davvero disgustosa. Scusa, ti sto rovinando l'appetito? -

- Affatto. Va' avanti, è affascinante sentirti parlare di cadaveri e demoni putrefatti mentre sono seduto a tavola. - rispose Gestalt, scrutando lontano verso l'orizzonte senza scorgere niente altro che quella dannata foschia. Andava avanti così da mesi, ormai.

C'era sempre stata quella nebbia grigia e pallida, dall'aspetto lugubre e per nulla estiva?

Prima che potesse cercare una risposta, Cosplay andò avanti a parlare non interpellata.

- Tavola è una parola grossa, siamo seduti sul cornicione di una chiesa. Ma non fa nulla, lo sai cos'è un tre-quattro-otto, vero? Non te lo sei scordato in tutti questi anni? -

Gestalt sospirò, esasperato.

Nonostante tutto però, quella ragazza le piaceva. Non tanto nel senso fisico – in fin dei conti, Trisha era identica a qualsiasi altra ventiduenne bionda e con un passato nel Nord Europa, quindi capace di far perdere la testa a qualsiasi distratto newyorkese – quanto nella personalità: era spigliata, schietta ed ironica. Che era la qualità che più apprezzava in una persona, in una donna poi faceva quasi letteralmente scintille.

Sulla base di questi pensieri tenne per sé le cento e uno rispostacce che aveva in serbo per domande stupide di questo genere e disse semplicemente: - Certo che lo so, Trisha. Quant'è vero che gli orsi cagano nel bosco. -

Cosplay lo osservò spiazzata, per poi limitarsi ad una smorfia confusa.

- Un attacco di natura soprannaturale, amico mio. C'erano tracce di solfuro di iodio ovunque ed una puzza di zolfo incredibile. -

- E quindi? Sai che novità, con quello che circola nelle fogne di questa città non mi stupirei nemmeno se ci fosse dell'uranio in questo stesso panino. -

Poi, subito dopo aver pronunciato tali parole, osservò di sottecchi il suo pasto e lo lanciò davanti a sé con forza, trasformandolo in una vera e propria stella cadente di carne e formaggio per gli animali randagi accucciati ai piedi della chiesa, che accolsero quel dono da cielo con lingue penzolanti, occhi da cane pazzo e artigli felini sfoderati per difendere il bottino di guerra.

- Beh – continuò Cosplay, osservandosi le unghie – non pensi alla prova più evidente. -

- Che sarebbe? -

- Metà del marciapiede è ridotto ad una massa fusa e senza forma... -

- … -

- ...e cinque metri buoni di acqua sembra siano ghiacciati nell'arco di due secondi. Ti sembra normale, questo? -

Gestalt estrasse un fazzoletto dalla tasca e si pulì la bocca con disinvoltura, senza risparmiare le interminabili volute del suo folto pizzetto. Solo dopo che ebbe portato avanti un'accurata bonifica delle sopracitate zone, si voltò verso Trisha osservandola con un misto di curiosità e facezia.

- Dubito che un poltergeist abbia deciso all'improvviso di andarsene a spasso, divorando barboni e scombinando i quattro elementi. Da come la metti giù, sembra grave. -

- E lo è, cazzo! - proruppe la donna, alzandosi in piedi – ma come al solito, i Nightshade se ne sbattono animatamente. Pensando solo alle stronzate che ci propinano tutti i giorni... -

- Non essere così volgare... -

- Me ne frego della volgarità, Gestalt! Qua è in gioco la vita di innocenti ignari e non sopporto che chi può effettivamente fare qualcosa volti la testa dall'altra parte facendo finta di niente. Sono talmente abituati ad avere a che fare con demoni minori e spiritelli da non accorgersi di quando ne arriva uno potente. -

L'uomo si passò una mano tra i capelli, solleticandosi le punte e congiungendo infine le dita di entrambe le mani davanti al naso. Faceva sempre così, quando pensava ad una strategia.

- Credi che sia così grave? -

- L'hai detto tu, amico. Un poltergeist non fa queste cose e i fantasmi neanche ci pensano sopra. Loro amano apparire davanti alle persone assumendo le forme dei loro cari e spaventandole a morte, tutto qui. Non hanno mai ucciso nessuno, al massimo avrà causato due svenimento e forse mezzo infarto. - concluse Trisha, voltandosi di spalle e salendo sul cornicione davanti a Gestalt. Da là sopra una caduta sarebbe stata fatale, ma l'uomo era convinto che la sua compagna cadendo sarebbe stata capace di trarsene in salvo in almeno quindici modi diversi.

Aveva la stoffa, quella donna.

- Là fuori – pronunciò Cosplay con il tono solenne di una sentenza – c'è qualcosa di pericoloso, molto pericoloso, in grado di alterare la realtà attorno a lui e sciogliere marciapiedi. E ghiacciare fiumi. E probabilmente far cadere vecchiette che attraversano la strada, per Dio. -

- Da come la metti giù mi demoralizzi tutto il discorso serio che hai appena fatto. - sbuffò Gestalt con una smorfia, trattenendo un accesso di riso. Queste uscite del tutto fuori luogo lo facevano morire ogni volta, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti a Trisha. Si sarebbe gonfiata come un pallone.

- Era per sdrammatizzare. La verità è che abbiamo a che fare con un demone di quelli cattivi e potenti, da libro dell'orrore. Aspettati corna, zoccoli e fauci infuocate in stile Signore degli Anelli. -

- Se lo dici tu. - rispose l'uomo. Poi guardò l'orologio e vedendo l'ora tarda decise che forse la solita capatina serale al quartier generale gli avrebbe risparmiato un brutto quarto d'ora e una lavata di capo dai suoi superiori.

- Andiamo, Cosplay. Provo io a parlarci con i pezzi grossi. -

- Grazie. - disse lei, indietreggiando lentamente fino a confondersi con le ombre circostanti. Una volta svanita del tutto, Gestalt optò per un'uscita di scena molto meno teatrale e d'impatto.

Le scale antincendio.

Amava sembrare in tutto e per tutto un comunissimo ometto. Gli faceva apparire la sua vita molto più normale.

 

 

 

 

Brooklyn. In un districarsi di viottoli densi di vita sociale e attività commerciali, fra ristorantini italiani, sconnessi fast food bisognosi solo di saziare appetiti insoddisfatti e improbabili negozietti di antiquariato e abbigliamento, nessuno si stupirebbe di veder spuntare fuori dal nulla locali e uffici con nomi alquanto improbabili: l'inarrestabile curiosità del cittadino medio-borghese, o anche solo del professionista perditempo, non risparmia nessuno di questi posti e bene o male, prima o poi, tutti vengono sottoposti ed esaminati con cura in base alla loro stravaganza e a ciò che si vende. Proprio per questo è impossibile trovare un newyorkese sprovvisto di contanti, quando va a passeggio per la sua amata città. Non si può mai sapere quali rarità possono aspettarlo qua o là dietro l'angolo, ovunque egli si trovi.

- Ehi, Dexter, secondo te quanto possiamo tirare su fra la quarta e la quinta oggi? Scippare questi umani è dannatamente remunerativo, oltre che divertente – sibilò una vocina squillante da sotto l'impermeabile, la voce smorzata dalla stoffa e dal calore infernale che si sentiva là dentro. Vi fu un movimento improvviso e lunghissime grinfie presero vita all'interno delle maniche, mostrando alla loro estremità propaggini di colore nero sottili ma dall'aspetto incredibilmente forte e flessibili come tralicci.

- Lo sai che non so contare, sei tu quello bravo in matematica. -

- Scusa. Tra Kissington e Flatbush, volevo dire. -

- A quest'ora? Direi abbastanza da permetterci un secondo cheeseburger al doppio bacon – rispose la seconda delle voci, più densa e vicina a quella di un essere umano medio sui ventotto anni – toglimi gli occhiali, non ci vedo un accidente così. -

- Ma così ci vedranno! -

- Se tiro il cappello all'ingiù no, e poi ho gambe veloci. Vorrei che mamma mi avesse dato un paio di braccia belle come le tue, invece di queste qua... - e a quelle parole qualcosa di molto piccolo si mosse ai lati del colletto, ondeggiando docilmente sotto lo strato dell'abito. Quell'improbabile replica di un essere umano si mosse dapprima goffamente, poi sempre con più sicurezza barcollando qua e là lungo il marciapiede imbrattato di escrementi, mozziconi e cicche.

Poi, pochi metri più avanti, una donna attraversò la strada e l'elevata professionalità dei due poltergeist scippatori ricordò loro di esaminare con attenzione la borsetta che questa portava a tracolla lungo il braccio destro. Era piccola e poco spaziosa, ma dalla qualità indiscutibilmente buona e inoltre una ventata proveniente da quella direzione segnalò loro la composizione dell'oggetto: pelle sopraffina di superba fattura, forse di coccodrillo. Fix, da essere del Limbo molto pratico e preparato alla dura vita del vagabondo sulla Terra, stimò il suo valore intorno ai tre zeri e sentì l'impulso di comunicarlo immediatamente al fratello più grande.

- Dexter, altro che cheeseburger col doppio bacon, se riusciamo a rivendere quella a qualche ricettatore possiamo spassarcela nel lusso per almeno tre mesi. -

- Andiamo, allora. - rispose Dexter, aumentando il passo senza tuttavia destare l'attenzione della donna. Attraversò la strada con tutta calma, passando davanti ad un insegna luminescente al neon e due o tre uffici amministrativi, quando qualcosa lo bloccò di colpo facendo quasi strillare Fix dallo spavento. Lo stop improvviso fu tanto brusco da far cadere alla creatura umanoide il cappello a tesa larga che portava sulla testa, che finì direttamente in una pozzanghera inzaccherandosi d'acqua e fango. Dexter non ci fece caso, per quanto fosse affezionato a quell'oggetto morbido e così signorile.

- Che diavolo ti prende?! Dexter! - sussurrò il piccolo poltergeist, ma fu del tutto inutile: la mente conscia di suo fratello era rapita da uno di quei locali che avevano appena oltrepassato. L'uomo dall'impermeabile color cachi era immobile sul marciapiede e oramai quella donna sembrava essere sparita nel nulla, allontanatasi in quell'interminabile cunicolo di strade e viottoli.

Poi, esasperato, Fix aprì la giacca sbottonandone i lembi e mise la sua testolina screziata di blu fuori all'aria aperta, cercando con lo sguardo l'oggetto di tanta attenzione da parte di Dexter.

E poi lo vide.

- Fix... -

- Dexter... -

A entrambi i fratelli vennero i brividi e per poco non se la fecero sotto. Anche perché il minore non lo avrebbe affatto gradito.

L'insegna del locale ardeva di rosso, il neon sfrigolante all'aria serale e pigra della mezzanotte.

Su di questa vi erano scritte soltanto tre parole, che tuttavia ebbero più effetto sulle menti dei due di un'intera biblioteca ricolma di libri e volumi mastodontici.

Fix e Dexter videro chiaramente con le loro demoniache pupille la scritta:

Devil May Cry.

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Capitolo 2
*** Guida al perfetto cittadino newyorkese. ***


C'era odore di fumo nell'aria, in quell'ufficio dall'aspetto così striminzita e disordinata. Sebbene Gestalt distogliesse di rado il suo sguardo da quello del suo superiore referente, il tristemente famigerato Tickles, aveva modo di tanto in tanto di notare come un tocco femminile avrebbe soltanto restituito a quel posto la dignità che si meritava. Ma del resto, era di Eugenias Tickles che stava parlando: un tipetto tutto formalità e ordini, fin troppo spesso abbaiati sgraziatamente al poveraccio di turno.

Che tanto per cambiare era lui, questa volta. Gestalt si augurò che fosse una cosa breve, perché sentiva enormemente il bisogno di una doccia.

- Mi stai ascoltando, Gestalt? - latrò una voce malauguratamente familiare e l'interpellato si ridestò dai suoi pensieri, indeciso se quell'uomo meritasse o meno la sua attenzione. Alla fine ne convenì che finché era sotto il suo diretto comando, tanto valeva chinare il capo e tacere ogni eventuale ed indesiderata parola di troppo.

- Sì, capo. Perché vuole convocare anche gli altri a questo colloquio? -

- Veramente li ho già convocati. - disse Tickles e con un cenno della mano invitò qualcuno all'esterno dell'ufficio ad entrare. Seguì uno scalpiccio confuso e tre persone fecero il loro ingresso, tutte abbigliate con lo stesso modello di giubbotto nero di pelle e pantaloni abbinati in tessuto composito, lo standard ultraleggero ed autoriparante fornito in dotazione ai Nightingale; uno di loro, tuttavia, si distingueva dagli altri per un'aria spaesata e decisamente fuori luogo.

- Da quando fate fare il nostro lavoro anche alle reclute? - chiese Gestalt, con la punta di un sorriso. Una delle persone nella stanza sbuffò nel tentativo di mascherare una risata clandestina e l'uomo si chiese fino a che punto Trisha sapesse a cosa mirasse esattamente Tickles, convocando tutte quelle persone a sorpresa.

- Modera i toni. Cesare sarà anche un Nightsaber, ma ti assicuro che è molto più promettente di te rispetto a quanto tu lo fossi un tempo. -

- Non ne dubito – rispose Gestalt sorridendo, alzando un dito accusatorio verso il ragazzo a fianco di Trisha e quarto uomo in ordine presente in quella stanza – io mi riferivo a... -

- Chiudi la bocca. - ribatté l'interpellato, stringendo i denti. Il suo colorito incredibilmente pallido sfumava sgradevolmente alla luce delle lampade, dandogli l'aspetto di un albino con evidenti problemi di fegato.

- Andiamo, Eric, perché devi essere sempre così... -

- Fate silenzio. - intervenne Tickles, abbassando il tono della voce. Era il campanello d'allarme di ogni scoppio d'ira cui erano abituati tutti loro e Gestalt avrebbe voluto evitare in maniera assoluta di doversi trattenere oltre al quartier generale per aver fatto incazzare il capo. Perciò tacque e sfoggiò ai presenti la sua aria più curiosa e interessata.

- Ottimo. Immagino che Eric vi abbia avvertito del casino che è successo giù al fiume. -

- Quale dei tanti? - chiese Trisha, sornione – c'è l'Hudson, L'East River... -

- La parte dell'East River sopra Grand Street – la interruppe Eric, lanciandole un'occhiataccia – con rispetto, signore. -

- Grazie, ragazzo. Non vi nasconderò che mi preoccupa sia un tre-quattro-otto tanto eclatante, di solito il magnifico stato di New York non ha fra le sue attrattive lo spettacolo di ignari senzatetto sbranati per metà e oltre cinquanta metri di devastazione e squilibrio naturale. Sapete cosa vuol dire, no? -

Che la fine del mondo è arrivata, restate calmi e trascorrete in perfetta serenità i vostri ultimi istanti” pensò Gestalt, per poi rispondere: - Sì, signore. C'è un demone a piede libero. -

- Oh, e chi ha parlato di un demone? -

La domanda di Tickles lo spiazzò completamente. Che diavolo era stato secondo lui, un tifoso esagitato dei Lakers?

- Signore, con tutto rispetto...dubito sia il nuovo modus operandi di un poltergeist o anche solo di qualche folletto troppo esuberante. Se le informazioni in mio possesso sono esatte... -

- E lo sono – intervenne Trisha – l'ho informato io. -

- Aspetta un attimo, Cosplay. Sta parlando lui – disse Tickles, senza staccare gli occhi da quelli di Gestalt – continua pure. -

- Beh, ecco...ci sono i segni di un'alterazione naturale dei quattro elementi, quindi possiamo tranquillamente escludere la maggior parte della gamma di clandestini soprannaturali che transitano per New York e dintorni. Senza contare che proprio questi cercano di creare meno disastri che possono per espatriare senza essere notati. Sono sicuro che... -

- Signore, non abbiamo le prove per... -

- Taci, Eric. Gestalt, se non ti dispiace... -

- Abbiamo a che fare con un demone dei peggiori, probabilmente di terzo grado. Se siamo fortunati, eh. Non voglio immaginare qualcosa di più grave a piede libero, là fuori. - concluse Gestalt, fulminando con lo sguardo il suo diretto superiore che senza essere per nulla intimorito gli rispose per le rime, dal fondo delle sue iridi blu oltremare. In fin dei conti Tickles non era neanche un uomo tanto brutto – se si escludeva la massa incolta e disordinata di peli che gli cresceva sul petto, intravista di tanto in tanto negli spogliatoi del quartier generale – e forse, in via molto remota, c'era la possibilità che il suo modo di fare in azione, sul campo, fosse totalmente diverso e molto più affabile come ci si augura da ogni buon camerata costretto come tutti i suoi colleghi sotto le armi.

Tickles rimase in silenzio per diversi secondi, lisciandosi il mento appuntito come riflettendo su un problema particolarmente complicato. D'impulso prese una cartelletta dal cumulo di scartoffie abbandonato sulla sua scrivania e con una grafia impeccabile e svolazzante scrisse qualcosa al lato del foglio.

- Illuminante, davvero. Dunque è deciso: sarai a capo di una task-force antidemone specializzata, con tutti i crismi che ne conseguono. E nel caso te lo stessi domandando, quelli dietro di te sono i tuoi uomini. -

- Cosa, signore? -

- Nessuna replica. Vi voglio in armeria massimo entro mezz'ora. - ribatté Tickles seccamente, alzandosi e uscendo dall'ufficio prima di essersi congedato informalmente con un cenno della mano. Come la porta si richiuse alle sue spalle, cadde un silenzio di gelo e imbarazzo nella stanza e Gestalt fu certo che affidargli quel compito era da sadici della risma del suo superiore, perfettamente conscio dell'astio presente tra lui, Trisha ed Eric.

- Se credi di potermi dare degli ordini, ti sbagli di grosso - sussurrò quest'ultimo, avendo cura di attendere che il suo superiore si fosse allontanato a distanza di sicurezza – d'altronde non vedo perché non dovrei essere io a capitanare quest'unità. -

- Eric, per favore... -

- Andiamo, boy-scout – proruppe Cosplay, battendo una mano sulla spalla del suo vicino – tu non sapresti nemmeno da dove incominciare. E' già un traguardo che abbia imparato ad allacciarti le scarpe, non avere così fretta! -

Eric non la prese bene. Di scatto le afferrò la mano e cercò di torcerla con l'intenzione di mettere Trisha al muro, ma un braccio sbucato dal nulla lo afferrò e lo respinse all'indietro con una forza sorprendente: l'uomo ringhiò dallo sforzo, cercando di opporsi a quella morsa, ma Trisha gli sfuggì dalle dita della mano come fumo.

- La disciplina è tutto, per un Cacciatore. Aggredire un proprio compagno è assai deplorevole. - sentenziò a bassa voce il ragazzo di nome Cesare ignorando la differenza di grado fra lui e l'uomo che ora tratteneva con la sola forza di un avambraccio, dopo aver ritrovato la sicurezza e sfoggiato una micidiale espressione da temibile garante della legge. Eric si dimenò senza successo per qualche secondo, poi il suo sottoposto lo lasciò e questo lo spintonò vistosamente uscendo dalla stanza.

- Ma va' al diavolo – fu l'ultima cosa che gli sentirono dire, quel giorno. Istintivamente Gestalt raccolse tutte le sue forze, la sua pazienza e la motivazione di cui era capace per prepararsi a sopportare il suo odioso nuovo compagno di brigata nelle settimane successive.

- Ti ringrazio, ma me la sarei cavata anche da sola. -

- E' una questione di principio. - rispose Cesare, rimanendo impassibile allo sguardo di Trisha. Poi si voltò dando loro le spalle e seguì Eric a ruota, allontanandosi lungo il corridoio grigio e dall'aspetto fortemente asettico.

Gestalt e Trisha si guardarono negli occhi, senza che l'uno dovesse dire assolutamente nulla per farsi capire dall'altro: era una qualità incredibile che possedevano, il sapersi comunicare il necessario con una sola occhiata. Talvolta il pensiero che la donna provasse verso di lui ben più che semplice amicizia s'insinuava nella mente dell'uomo, ma era ben conscio che con una vocazione come la loro era dannatamente pericoloso gettarsi in una relazione che andava oltre la semplice conoscenza.

- Fa venire i brividi il nuovo arrivato. -

- Così sembra. A me è sembrato simpatico, dopotutto. -

- Mhhh. Tickles ti ha messo alla prova poco fa, sai? -

- Lo so. -

- Ciò nonostante hai reagito bene, i miei complimenti. Fossi stato in te avrei perso molto prima la pazienza. -

Gestalt alzò di soppiatto la testa, guardandosi fuori dai vetri dell'ufficio di Tickles per controllare che non ci fosse nessuno attorno. Dopo aver avuto conferma di ciò, sbatté animatamente una mano sul tavolo pieno di stizza.

- Che porcata, darmi il comando con uno stronzo come Eric nel gruppo! Come se non sapesse benissimo che io e lui ci odiamo dal primo giorno che ho messo piede qua dentro! -

- Non puoi farci nulla – rispose Trisha, poggiandogli una mano sulla spalla in segno di compassione – gli ordini sono gli ordini, non puoi fare altro che guidarci. Capitano. -

- Non chiamarmi così, io agisco da solo. -

- Ma come, hai sentito Tickles...? -

- Sì, l'ho sentito benissimo. - sussurrò stizzito Gestalt, stringendosi le ginocchia tra i palmi delle mani. Stava cercando di pensare rapidamente ad una soluzione per evitare il fastidio cui il suo superiore l'aveva destinato senza possibilità di ribattere, ma non vide nessuna via d'uscita.

Improvvisamente odiò con tutto se stesso quel maledetto posto e le persone che vi risiedevano; odiò la sua vita, che gli impediva di avere una vita normale e soprattutto odiò tutte le creature demoniache che gli era sempre stato ordinato di contenere e talvolta eliminare.

 

Operiamo nella notte, per il bene di chi vive alla luce del sole;

Viviamo una vita doppia, una vita dannata

solo per la consapevolezza

di aver preservato un giorno in più

l'innocenza e la salvaguardia della razza umana.

 

Ripensando al motto della sua unità Nightingale, Gestalt dubitò che la razza umana fosse davvero innocente. Se almeno la metà delle cose che vedeva ogni giorno e che sentiva nei notiziari significava qualcosa, allora vi erano casi e frangenti in cui avrebbe davvero voluto mettere a confronto la natura diabolica delle creature cui l'Organizzazione si era votata millenni prima a opprimere e quella delle persone che vedeva ogni singolo giorno.

Una pesante coltre di tedio gli cadde tutto d'un colpo sulle spalle e l'uomo ne fu oppresso, domandandosi per quanto ancora gli sarebbe toccato quel compito ingrato.

- Ehi, ci sei? - domandò la voce dell'amica, diventata all'improvviso appena insistente. Gestalt annuì e facendole un cenno si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza, ora con un fastidioso nodo allo stomaco e tanta voglia di fuggire via da qualche parte, in un luogo possibilmente lontano e sconosciuto a tutti.

 

 

- Dici che...? -

- Taci, Fix, taci. - lo implorò Dexter, ordinando alle proprie gambe di allontanarsi da quel luogo. E in quel momento ripensò alle voci, alle leggende e alle dicerie che giravano in ogni angolo della Terra e del Limbo, nei posti più remoti dove gli anziani ancora ricordano le gesta incredibili di grandi uomini passati trattandole con la giusta dose di venerazione. In particolare era stato uno spauracchio di bassissima categoria con una certa età a parlargli di quell'individuo il cui nome nessun demone aveva mai il coraggio di pronunciare.

“Perché non vai al confine della Crepa? A volte capita che si apra uno scorcio e qualcuno passi, la vita sulla Terra è molto più eccitante che da 'ste parti.” gli aveva detto una volta Dexter, guardandolo con un misto di saccenteria e derisione. Ma lo sguardo di Tonberry aveva messo a tacere in lui qualsiasi spacconeria e le sue parole lo avrebbero traumatizzato per gli anni a venire.

“Nessuno di noi vecchi ha più il coraggio di mettere piede lassù, dopo quello che è successo al'Esecrabile.“

Dexter era rimasto assai confuso, quando lo spauracchio dalla lunga barba aveva chiarito l'oscurità delle sue parole.

“Mundus, mio caro. Il re dei demoni. Non vi insegnano nulla a scuola?”

“E chi ci va a scuola? Siamo folletti, non poppanti!” era scoppiato a ridere il piccoletto, facendosene un baffo di formalità e rispetto davanti all'anziano. Ma questo si era mostrato impassibile e aveva continuato la sua storia:

“Fu ucciso da uno di quaggiù...e contemporaneamente anche di lassù. Un mezzosangue, un demone dalle fattezze di essere umano. Una creatura votata a distruggerci tutti, nessuno escluso.”

“E perché?”

“Nessuno di noi lo sa. Là sulla Terra le persone che hanno paura di noi lo contattano e lui...fa piazza pulita.”

“Ma è solo una leggenda...” aveva risposto Dexter, ma non ricordando il proseguimento della conversazione si vide costretto a ritornare alla realtà del presente, con quell'insegna da incubo davanti agli occhi e il sangue pulsante dietro l'unico occhio che possedeva.

- Fix, forse è meglio che... -

- Buonasera. -

I cuori dei due folletti gelarono all'istante, ritti sulla falsariga di ogni singola nota presente in quella voce. Una di quelle calde, che ti invitano ad entrare in una notte d'inverno e a riscaldarti per non morire di freddo. Oppure una di quelle che ti ipnotizzano, facendoti dimenticare perché sei lì, e intanto cerca di indovinare i mille modi con cui farti a pezzi.

Fix e Dexter non si voltarono, sebbene avessero da lungo compreso che lui era dietro di loro, sempre se era davvero di lui che si trattasse. Ma chissà come mai, avrebbero scommesso sulla base di quel presagio così nefasto tutta la fortuna che possedevano, derivante da innumerevoli rapine o scippi ai danni di ignari cittadini.

- Siamo chiusi, se proprio avete bisogno potete ripresentarvi domani. - pronunciò con cortesia la voce e solo allora i due folletti trovarono il coraggio di voltarsi, o meglio lo trovò di loro solo quello con le gambe, l'altro non sarebbe riuscito a muovere nemmeno un dito dalla gelida paura che ora gli stringeva il cuore come una morsa.

E perché diavolo quella presenza stava usando il plurale? Aveva forse già scoperto che il travestimento celava in realtà due esseri del Limbo? Stava forse per trafiggerli da un momento all'altro con la micidiale spada di cui narravano le leggende?

Dexter deglutì rumorosamente.

- O è uno di quei casi che proprio non può aspettare? Perché sennò dentro c'è sempre posto, posso offrirvi qualcosa da mangiare? Ho della pizza avanzata da qualche parte, spero non siate schizzinoso. -

I due tirarono un sospiro di sollievo e osservando l'uomo davanti a loro non avrebbero mai detto di avere di fronte il grande Dante, l'acchiappademoni per eccellenza. Più forte, veloce e glorioso di suo padre, dai capelli bianchi come la neve, il cuore e gli occhi di ghiaccio, dall'impermeabile rosso capace di incutere il terrore in ogni creatura originaria del Limbo, dai folletti ai demoni maggiori più feroci.

L'uomo davanti a loro aveva invece l'aspetto di un comunissimo uomo d'affari newyorkese, vestito in giacca e cravatta dall'aspetto incredibilmente costoso. Righe color oro solcavano quest'ultima periodicamente, mentre eleganti e splendenti gemelli rilucevano alle maniche della giacca.

L'occhio di Fix annusò un'aroma familiare, più dolce del cedro e degli aghi di pino in una foresta vergine situata accanto al fiume. Mocassini o Gucci? Il folletto non avrebbe proprio saputo dirlo.

E a confortarlo di più era soprattutto il colore dei capelli e degli occhi dell'individuo, di un delizioso nero e nocciola assolutamente comune e per nulla screziato di bianco.

- Fiù – sussurrarono all'unisono Fix e Dexter, senza accorgersene. Poi il secondo si concentrò per ottenere il tono di voce più neutrale e insospettabile che possedesse, sperando di andarsene da lì il più in fretta possibile per non incappare nel vero Dante.

L'insegna del negozio non mentiva, dopotutto.

- La ringrazio, ma stavo solo dando un'occhiata in giro.-

- La capisco, questa dopotutto è una splendida zona per quanto riguarda le attività commerciali. – rispose l'uomo, battendo poi affabilmente una pacca sul braccio di Fix – senza sapere che effettivamente era il braccio di un folletto – e facendo un passo verso il figuro in impermeabile e cappello.

- E soprattutto...è ottima per fare incontri, non trova? -

Dexter alzò un sopracciglio, sentendo un lungo brivido freddo scendergli lungo la schiena. C'era qualcosa che non lo convinceva per niente in quell'uomo...qualcosa di parecchio inquietante...

- ...si sente bene? -

- Comescusinonhocapito? - biascicò in fretta il folletto, annaspando nel tentativo di allontanarsi dal suo interlocutore che anzi lo incalzava ogni secondo di più, accorciando la distanza che li separava.

- Ho detto: si sente bene? Credo sia un po' troppo coperto per una notte afosa come questa. -

- Assolutamente no, sto bene. Ora devo proprio andare, mi scusi, la famiglia sa, immagino mi capirà... -

- Ma certo, ma certo, che sbadato. - sussurrò sorridendo l'uomo in giacca e cravatta, poi scrutò il proprio riflesso nel vetro del negozio davanti a lui e si lisciò i capelli neri orientandoli quasi tutti da un lato. Dexter notò un accenno di barba sul volto del tipo e finalmente fece per allontanarsi, quando l'altro lo fermò con un cenno della mano.

- Scusate, dimenticavo. Posso chiedervi un favore? -

- ...Guardi, sono proprio in ritardo... -

- E' solo una cosa da poco, vi prego. - sussurrò Dante, scivolando fino ai due folletti nel breve tempo di un battito di ciglia. Con una forza sorprendente afferrò il colletto dell'impermeabile e sollevò bruscamente i due senza nessuno sforzo, facendo cadere dal soprabito di Fix e Dexter una quantità incredibile di portafogli, borse, borsette, cellulari, anelli...

- Non voglio più rivedervi da queste parti, capito? -

...collane, bracciali, penne firmate, blocchi note da ufficio rilegati e smaltati in versione Extradeluxe...

- Altrimenti... -

Fix e Dexter ora strillavano a squarciagola con la loro vera voce, squillante e infiorettata di tanto in tanto di implorazioni e preghiere accorate riguardanti il non maciullare a colpi di spada e stendere la pelle scuoiata al sole per poi farne finimenti e portachiavi. Dante osservò con sufficienza la mercanzia a terra, lasciando crollare a terra i due mostriciattoli terrorizzati: un forte odore di cloro gli colpì le narici e giudicò che quello con le gambe dovesse essersela fatta addosso.

- Sparite. Subito. Sarà una rottura restituire tutta questa roba alle persone che avete derubato... -

Non finì nemmeno la frase che dei due folletti non c'era più traccia, scomparsi in una puzzolentissima nuvola di zolfo e ammonio; in realtà sapeva benissimo come fossero finiti poco distanti da lì, ma non aveva voglia di infierire ulteriormente.

Dante sollevò lo sguardo al cielo e sospirò, esausto. Era stata una dura giornata di lavoro e questo era l'ultimo dei modi che aveva in mente per concluderla.

Rovistò nella tasca della sua giacca e ne trasse fuori una minuscola chiave d'ottone, poi aprì le porte del Devil May Cry e una voce proveniente dall'interno lo esortò a darsi una mossa, accompagnata dall'inebriante profumo di pizza appena sfornata.

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Capitolo 3
*** Riunione di famiglia. ***


La donna dai capelli corvini, adornata di uno splendido tailleur bianco, si voltò verso il nuovo arrivato e sorrise. Dante le ammiccò sornione sollevando stancamente una mano e afferrò con pigrizia la parrucca che portava alla testa, irta di capelli sottili e neri come spilli.

- Finalmente, non hai idea di che caldo faccia con questa – esclamò seccato, gettandola via sul divano dietro le sue spalle: socchiuse le palpebre e si passò una mano tra i suoi veri capelli, di un bianco cangiante ed etereo. Di molto sollevato nonostante l'inconsistente peso del suo travestimento completò l'opera rimuovendo le lenti a contatto che portava agli occhi e riponendole nella loro custodia, che portava sempre in tasca con sé.

- Sinceramente non capisco a che ti servano. -

- Troppe domande, lo sai – ribatté Dante, sedendosi finalmente a tavola e impugnando con foga una fetta di pizza margherita – e poi sono in incognito. -

- Ahhhh, questa è bella, proprio bella! In incognito tu?! - proruppe Lady scoppiando a ridere e con una leggera torsione del polso afferrò il telecomando e spense la TV che come sempre non riportava assolutamente niente di interessante.

Erano passati degli anni, pensò all'improvviso, ma quasi nulla era cambiato nel Devil May Cry. Trish era dovuta partire all'improvviso qualche settimana prima per ragioni improvvise ed ora si trovava in Europa: Dante e Lady erano riusciti a scucirle a malapena qualche straccio di spiegazione e le uniche informazioni che il demone aveva dato loro riguardavano uno “strano caso di possessione”. In fondo poteva occuparsene anche qualsiasi bravo esorcista, ma non avevano ribattuto e Trish li aveva lasciati nel profondo della notte scusandosi per la tanta fretta. Da allora si respirava un certo silenzio nel locale, colmato di tanto in tanto soltanto dagli accordi roboanti di Van Halen o dei Combichrist singhiozzati dal pezzo di ferraglia che avevano come jukebox; alle richieste di Dante riguardanti l'acquistarne uno nuovo, Lady lo aveva esortato a “pagarselo di tasca propria”.

E così aveva fatto Dante, con una leggera differenza. Si era trovato un posto da consulente immobiliare e con il primo stipendio aveva acquistato una mezza dozzina di Ipod, adducendo come scusa:

- Ascolto troppi generi diversi di musica perché una sola di queste diavolerie tecnologiche possa contenerli tutti. -

Ma non era questo il punto.

Lady se ne accorse ancora una volta, scrutando il volto tirato e stanco del suo compagno acchiappademoni. Ne fu nuovamente certa e istintivamente provò un moto di compassione verso di lui.

A Dante mancava l'azione. Oramai da quando Arius e l'Uroboros avevano tentato di impadronirsi dapprima del potere di Argosax e poi del mondo intero non c'era stato più nessun caso eclatante, nessuna minaccia alla razza umana da parte di demoni unti e nerboruti; fatta eccezione per quel fattaccio di Limbo City, naturalmente. I tre acchiappademoni, incredibilmente, avevano saputo dell'accaduto solo a cose fatte e a sorprenderli era stato venire a sapere che qualcuno si era perfino spacciato per Dante, risolvendo la situazione e mettendo a nanna un certo Mundus – ovviamente non quello vero, probabilmente era soltanto un pazzo esaltato dalle gesta del suo omonimo – nel giro di qualche giorno.

Dante non aveva mai scoperto chi avesse preso il suo posto in quell'occasione e a nulla erano valse le sue indagini. Ma se le voci erano vere...

Possibile che ci fossero altri mezzidemone in circolazione?

- Ehi, mi passi una fetta di tirolese? - domandò la donna, indicando un cartone ancora chiuso abbandonato orfano in un angolo del tavolo. L'acchiappademoni si ridestò dai suoi pensieri ed esaudì la sua richiesta, una strana espressione velata negli occhi.

- Sai, Lady, stavo ripensando a quello che è successo a Limbo City. -

- Davvero? Non ti ho più chiesto se... -

- No, non ho scoperto nulla di nuovo – la interruppe Dante, prevedendo già l'esito della sua frase – solo, perché diavolo qualcuno si dovrebbe spacciare per me? -

- Ne abbiamo già parlato. Probabilmente qualcuno che preferisce rimanere nell'anonimato senza che si debba pronunciare il suo nome con un misto di terrore e riverenza. -

- Davvero vanno così le cose, adesso? - chiese stupito Dante, strabuzzando gli occhi. Ripensò ai folletti di qualche minuto prima e scrollò le spalle, ingollando un'altra fetta di pizza nel giro di un nanosecondo.

- A proposito, c'erano visitatori poco fa qua fuori, sai? Due folletti, probabilmente poltergeist tontoloni. Avevano la refurtiva di almeno una settimana addosso! -

- E immagino che tu, da buon paladino della giustizia quale sei, l'abbia sottratta loro e riportata alla polizia, no? -

- Ehm... - fece per rispondere Dante, osservando con la coda dell'occhio rivolto fuori dalla finestra il cumulo di oggetti e preziosi appena fuori dalla porta d'ingresso – più o meno. -

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