The blooding city: ogni morte ha il proprio colore.

di DonnaInRosso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1: LEGAMI DI SANGUE (ROSSO) ***
Capitolo 2: *** #2: L’ALTRA FACCIA DELL’INNOCENZA (NERO) ***
Capitolo 3: *** MEMORIE DAL PASSATO (GIALLO) ***



Capitolo 1
*** #1: LEGAMI DI SANGUE (ROSSO) ***


1
<< Se cerchi di urlare o di scappare, ammazzo tua sorella intesi? Anche tu, se non fai la brava dovrò ammazzarla. Ok? Adesso andiamo a fare un giro nel bosco... >>
 
Siamo mano nella mano, perché solo così possiamo farci coraggio a vicenda. Lo seguiamo senza fiatare, ci ricatta, non possiamo difenderci. Abbiamo tanta paura, lui non ci perde d’occhio un solo istante. È riuscito ad entrare in casa perché papà aveva ancora una volta dimenticato di risistemare la vecchia serratura della porta di legno e perché lui può avvicinarsi a casa nostra quando e come vuole senza che nessuno gli dia peso.
 
Lui lavora per papà. Lo aiuta nella gestione della fattoria, mamma gli prepara sempre cose buone e, quando ci riuniamo a tavola tutti insieme, ci prendiamo per mano e recitiamo la preghiera di ringraziamento.
Oggi è venuto a ritinteggiare il tetto della stalla e quando ha finito, papà gli ha dato una pacca sulla spalla, insieme hanno sorriso e hanno bevuto una bottiglia di birra fresca a testa.
Quel pomeriggio è venuto a giocare con me e mia sorella Stella, ha preso il tè con le nostre bambole di pezza e con dei fili di lana colorata e delle perline abbiamo creato delle bellissime collanine.
 
Quando è venuto a prenderci di notte, indossava ancora il bracciale speciale fatto apposta per lui, con la pasta cruda e la vernice spray blu.
 
Ha un coltello affilato con sé e lo punta al collo di Stella, ma io non urlo, anzi non emetto alcun suono; se cerco di svegliare papà lui la ucciderà e poi ammazzerà anche me e dopo salirà per le vecchie scale di legno cigolanti ed entrerà in camera di mamma e papà e li massacrerà senza pietà.
 
È così che ha detto che farà se non ubbidiamo.
 
Siamo arrivati allo stagno delle ninfe fatate, ma di notte quel posto non è così bello come quando ci veniamo con la mamma. Mamma ci racconta sempre belle storie su quel posto e sugli abitanti segreti che vi abitano. Dice che le ninfe fatate appaiono solo di notte, quando nessuno può vederle e far loro del male, ma adesso ci siamo solo noi.
Lui si gira verso di me e mi ordina di sedermi ai piedi dell’albero secolare, quello dove papà aveva promesso a me e a Stella di costruire il nostro forzino segreto, con ponti e funi annodate per arrampicarsi.
Poi prende per mano mia sorella e la porta lontana da me. Le toglie il pigiamino  degli orsetti e lo getta nel fango, Stella ne è triste: quello è il suo pigiama preferito. Poi le sfila le mutandine e comincia ad accarezzarle il visino spaventato.
 Io la guardo ma non posso fare nulla per aiutarla.
 Fa freddo, fa tanto freddo e Stella trema tutta, comincia a piangere e a chiamare la mamma.
Lui le dice di stare zitta, zitta e buona ma Stella ha paura e ho tanta paura anch’io.
Lui le mette una mano davanti alla bocca, ma il faccino di Stella e così piccolo sotto la forza di quella mano gigante e dopo un po’ Stella ha smesso di divincolarsi dalla sua stretta. Non piange né trema più, e lui comincia ad agitarsi. Mi guarda e non sa cosa fare, si arrabbia e dice cose che non ho mai sentito pronunciare e parole che non capisco perché ho solo 6 anni.
Mi raggomitolo e mi schiaccio contro il tronco di quell’albero millenario, ma non sono ancora invisibile ai suoi occhi. Lui prende il corpo di Stella tra le braccia e poi lo adagia sul pelo dell’acqua. Quasi subito la vedo sprofondare giù e scompare sotto i miei occhi.
Lui sembra essersi dimenticato di me, comincia a piangere e a disperarsi e a maledirsi. Anche lui sembra un bambino adesso, anche se ha già 17 anni.
 
Vorrei scappare, tornare a casa, ma credo di essermi persa, non so più come tornare indietro, e poi non posso lasciare Stella da sola nel bosco, quando ritornerà su a galla si spaventerà un sacco e si arrabbierà con me per averla abbandonata.
Lui d’improvviso si gira verso di me e si avvicina furibondo.
Prende il suo coltello e mi fa un taglio sul braccio. Brucia, brucia un sacco, ma continuo a non fare rumore, anche se mi fa male e il sangue comincia a macchiare il mio pigiama.
 
<< Se dici a qualcuno quello che hai visto, verrò di nuovo a casa tua e fredderò te e la tua famiglia, hai capito? >>
 
Gli faccio cenno di sì con la testa e lui mi ordina di andare via e allora scappo nel bosco buio e cerco la via di casa. Cado più volte nell’erba alta e bagnata, gli alberi coprono la luce della luna, mi sbuccio le ginocchia e mi graffio il viso.
Mamma si arrabbierà molto quando vedrà come sono ridotta, ma adesso non importa, devo tornare a casa, lui me lo ha ordinato. Giro in tondo quasi tutta la notte, ma poi da lontano vedo la mia vecchia casetta di legno bianca e rossa e corro dritta in camera mia.
Domani io la mamma e il papà andremo a riprendere Stella nel bosco.
Le piccole ninfe fatate la terranno compagnia per stanotte.
 
 
Mi sveglio in preda al panico, la fronte madida di sudore. Sempre lo stesso maledettissimo sogno, mi tormenta ormai da 19 lunghissimi anni.
Guardo la sveglia, sono le 3:48. Merda. Se non riesco a recuperare qualche ora di sonno, domattina sarò uno straccio a lavoro. Poggio i piedi sul marmo ghiacciato, ma non ho bisogno di quel freddo contatto per svegliarmi dal torpore del sonno. Anche per stanotte Morfeo è andato a farsi fottere.
Vado in bagno e la mia faccia allo specchio mi fa rabbrividire.
 
Cavolo, queste brutte occhiaie non sparirebbero nemmeno se Michelangelo in persona venisse a farmi il più grande lavoro di restauro.
 
Apro l’armadietto pieno zeppo di farmaci e tranquillanti e ne tiro fuori il solito flaconcino arancione di sonniferi che abbatterebbero un cavallo puro sangue, ma non me.
 
Magari ha effetto solo sugli animali, Isabel, la prossima volta rivolgiti ad un vero medico e non ad un veterinario.
Sarà per il sonno perso, ma certo che ne sparo di stronzate.
 
Ho davvero necessità di dormire.
Ritorno a letto, sul comodino mi aspetta la mia vecchia amica, una seducente bottiglia di gin. Prendo una dose standard di pillole, ad occhio e croce sembrerebbero una mezza dozzina, e le butto gli d’un fiato con un sorso di gin. Per un po’ riposerò senza fare brutti sogni.
 
Domattina sarà un’altra giornata di merda.
Il cielo notturno è plumbeo, di sicuro domani pioverà. E quando piove le notizie sono ancora più brutte del solito. Un’ultima occhiata al cuscino per vedere se la Glock è ancora al suo posto, poi sprofondo in un sonno senza luce.
 
 
Lunedì, 10 marzo ore 6.20
 
Driiiinnn!!!!
Dove sei maledetta... *crash*
Apro un occhio solo e...
Oh Cristo! Sarà la ventesima sveglia a cui faccio il funerale solo in quest’ultimo mese.
È ora di alzarsi.
Guardo fuori dalla finestra e il cielo è più scuro e opprimente che mai. Perfetto. Avrò bisogno di una doppia razione di cioccolato a colazione e caffè ristretto, meglio se amaro.
Il mio monolocale è un casino assoluto, sembra ci sia passato dentro l’uragano Katrina.
Cerco tra le lenzuola la T-shirt grigia e i leggins bucherellati neri. Sotto il letto trovo uno stivaletto in pelle e il reggiseno di pizzo. Biancheria piuttosto raffinata per una donna sola come me. Rubo al volo una mela dal centro tavola e mi fiondo in bagno a lavarmi i denti. Trovo anche l’altro stivaletto desaparecidos e mi siedo alla toletta per darmi una sistemata.
 
<< Ci credo che sei sola da una vita Isabel, guarda che faccia ti ritrovi. Non è per gli spiriti che ti porti dietro, la colpa è tutta di questa faccia da spaventapasseri e delle tette inesistenti che ti ritrovi, se sei pronta a far parte del prestigioso club delle “zitelle svitate”. >>
 
Ma tu guarda se mi tocca armeggiare con trucchi e parrucchi di prima mattina per apparire accettabile. Certo che se non lo facessi, in ufficio scapperebbero tutti urlando come forsennati al solo intravedermi da lontano.
 
Uso uno degli elastici che tengo al polso a mo di  braccialetto, mi lego i capelli in una sorta di coda ordinata e sono pronta per andare. Prendo la Glock e la infilo nella sua elegante custodia che tengo stretta alla cintura e prima di uscire sfilo lesta la giacca di pelle dall’appendiabiti.
Scendo in strada e il tram tram giornaliero mi perfora i timpani. Sono le 6.42 e già sono tutti di corsa. Dai tombini fuoriescono pennacchi di fumo nero e con questo tempaccio in arrivo, la città sembra essere calata in un film degli anni trenta. Tutto sembra ridotto al bianco e al nero, perfino i volti dei passanti. Fermo un taxi con un gesto della mano e dal finestrino del guidatore spunta la testa di un tipetto simpatico sulla cinquantina, capelli brizzolati e faccia tutta rughe.
<< Buongiorno brigadiere!! Come vanno le cose in centrale? Si lavora? >>
<< Sono un agente non un brigadiere e poi lo sa che non posso parlare del mio lavoro Scott! Comunque buongiorno anche a lei, ammesso che di buongiorno si possa parlare. >>
<< Eh, brutto tempo vero? Ma che ci vuol fare, non siamo mica a Napoli, dove brilla sempre il sole. Questa è la città dello smog perenne, signorì. >>
<< Deve essere davvero bella questa Napoli, ne parla continuamente. >>
<< Ah, bella assai. Peccato per tutta quella delinquenza. Dovrebbero esserci più commissari come voi lì, allora le cose andrebbero meglio. >>
<< Agente. >>
<< Si, si quello insomma. Eccoci arrivati dottoressa. Sono 20$ >>
<< Grazie Scott. Tenga il resto. >>
<< Gentilissima come sempre, alla prossima. >>
Lo saluto con la mano, brav’uomo questo Scott. È dovuto andar via dalla sua città per lavoro, ma non l’ha mai dimenticata, la porta sempre nel cuore.
 
Eccoci arrivati al dipartimento federale della città di Constantine e più precisamente al distretto dei casi irrisolti, dove lavoro da quasi un anno.
Mi chiamo Isabella Fitzgerard, ho 25 anni e sono single.
Il mio compito qui al distretto consiste nell’analizzare vecchi reperti, ricostruire scene del crimine e cercare di mettere a tacere più anime possibili, sperando un giorno di poter ripagare all’errore commesso anni fa.
 
<< Ehi Fitzgerard ben arrivata. Sulla scrivania c’è un caffè fumante tutto per te. >>
<< E scommetto anche un bel fascicolo ammuffito. >>
<< Perspicace. >>
 
Alan Moore, 30 anni, collega di muffa in questo edificio allo scatafascio. Si occupa di catalogare tutti i casi irrisolti secondo un ordine magistralmente creato dalla sua mente contorta. Occhialuto, ma affascinante, siamo usciti insieme qualche volta, ma la mia straordinaria capacità di mandare tutto a monte ha prevalso ancora una volta. Ciò nonostante Alan è sempre galante con me e non mi fa pesare la mia freddezza nei rapporti umani in generale e il mio rifiuto cronico verso tutte quelle attività che potrebbero anche solo lontanamente concedermi un attimo di stabilità interiore.
 
<< Allora cosa abbiamo di bello oggi? >>
<< Statale 124, aprile di 2 anni fa. Un tizio è stato ritrovato carbonizzato nella sua auto. Dalle indagini si stabilì che la macchina era stata manomessa e quindi è stato escluso il suicidio dalla lista dei “sospetti”. Tutto il resto è rimasto un mistero. >>
<< Prove rinvenute, analisi effettuate, controlli incrociati? >>
<< È  tutto nella scatola giù in archivio, numero 3953. >>
<< Ok. Mettiamoci al lavoro. >>
 
Vado giù e accendo le luci dell’archivio dei “senza traccia”.
La vita di tantissime persone si è interrotta qui, il più delle volte senza un’apparente motivo, ed ora è racchiusa in queste scatole identiche tra loro, impilate le une sulle altre, in attesa che arrivi anche il loro turno di essere rispolverate. Mi fermo sempre un attimo su  queste scale di ferro a contemplare questo cimitero di vite spezzate, prima di immergermi a capofitto in un'altra indagine e intanto spero sempre di aggiungere un tassello in più al quadro completo.
A volte le cose girano dalla nostra e la fortuna ci sorride. Per altre storie, invece, il mistero si infittisce e la cassetta torna a ricoprirsi di polvere su uno di questi innumerevoli mensole.
 
Avvicino uno sgabello al casellario che mi interessa ed estraggo fuori dal ripiano il caso n°3953. Il fianco della scatola riporta la data dell’accaduto e il nome L. Castiel.
Le luci del soffitto sono usurate  e così sporche che la luce non riesce a filtrare del tutto dalle plafoniere di plastica.
Questo posto mi mette i brividi. Meglio risalire di sopra.
<< Già a lavoro Isabel? Vuoi una mano? >>
<< Magari Maggie, grazie. Vediamo cosa abbiamo qui. >>
 
Maggie Lancaster, 55 anni, divorziata, ma sposata da una vita con il suo lavoro.
Questo posto le piace così tanto che qualche anno fa ha deciso di vendere la sua casetta in campagna e adesso vive qui nel suo ufficio. Dorme su un vecchio divano sgangherato, mangia cheeseburger e beve caffè tutti i giorni, temendo il giorno della tanto agognata (per molti ma non per lei) pensione.
Mette l’anima in tutto quello che fa ed è molto caparbia e capace. Le sue intuizioni in alcuni casi ci sono stati preziosi per la svolta nelle indagini.
 
Nel contenitore c’è un misero fascicoletto, alcune foto della scena del crimine, il documento dell’autopsia e la targa dell’auto. Il fascicolo in allegato riporta nome e cognome della vittima, l’indirizzo di casa sua e una lista di sospettati, primo fra tutti una certa Melinda Golden, moglie della vittima.
<< Beh all’epoca la pista dei sospetti si concentrò su un probabile omicidio premeditato dalla moglie di Louis Castiel, per una questione di assicurazioni e polizze sulla vita. >>
<< È sempre una questione di soldi o di corna. >> esordisce Maggie.
<< Le accuse contro la donna sono decadute improvvisamente per assenza di prove sufficienti. Poco dopo si è trasferita a Lotzwood, nel Sunnyside. Dobbiamo fare una chiacchierata con lei, nell’assolata città del sud. >>
<< Prenoto subito un volo. >>
<< Alan, prepara i bagagli, tu vieni con me. E  tu Maggie prova a contattare il medico legale che si occupò dell’autopsia e lo sfasciacarrozze che demolì l’automobile. >>
<< Agli ordini, capo. >>
<< Fatto, il check-in è tra due ore. >>
<< Perfetto. Prendi la macchina e passiamo da casa mia. Infilo qualcosa nel borsone e andiamo. >>
<< Isabel, dove credi di andare? >>
Un enorme energumeno pelato altro quasi due metri mi si piazza di fronte.
 
Porca tro... ci mancava solo lui.
 
<< Procuratore. Un caso è stato riaperto e l’unica pista da seguire al momento è quella di un delitto di interessi. Noi stavamo... >>
<< Signorina Fitzgerard quante volte devo ripeterle che in questo posto COMANDO IO! >>
<< Ha ragione signore, ma vede lei non era ancora arrivato in ufficio e noi volevamo subito metterci a lavoro. >>
<< Mmm. >>
Quando si passa la manona nella folta barba le cose non vanno mai bene. Devo prepararmi all’ennesima lavata di capo.
<< Signore, vede... >>
<< La smetta di farneticare e si sbrighi o rischierà di perdere l’aereo. >>
<< Certo signore, vado! >>
 
Procuratore Thompson, anni sconosciuti. Se malauguratamente vi capitasse di incontrarlo in giro, specie di notte, è meglio per voi cambiare al più presto direzione. Il solo aspetto incute terrore, ma credo si sia abituato al fatto che sono una testa dura e che faccio sempre come voglio. Il più delle volte rischio di essere radiata dall’albo, ma alla fine tutto va per il meglio.
 
 << Ce la siamo vista brutta. >>
<< Pensavo peggio. Sembra che Thompson si stia ammorbidendo con l’avanzare dell’età. >>
<< Forse. O forse ha una cotta per te, Isabel. >>
<< Certo come no. Se potesse mi strozzerebbe con le sue stesse mani. >>
<< Con quelle che si ritrova sarebbe un giochetto da ragazzi soffocarti. Ahaha. >>
 
La sua mano sul suo viso e Stella non si agita più...
 
<< Isabel, Isabel! Tutto bene? >>
<< Eh? Cosa? Si, si sto bene tranquillo. Presto saliamo in macchina. >>
Usciamo a tutto gas dal parcheggio ma già siamo imbottigliati nel traffico mattutino. Alan cerca come può di destreggiarsi tra l’infinita fila di auto in cui ci siamo imboccati e appena può, inverte e si infila in un vicolo stretto. I gatti che rovistano nelle pattumiere miagolano e arruffano il pelo appena sentono il rombo del motore, poi sgattaiolano via. Un’altra curva all’ombra dei grandi grattacieli, e ci ritroviamo su una strada secondaria semi deserta.
<< Sai che potresti anche perdere la tua preziosa patente se continui a guidare in questo modo? >>
<<  E tu sai che così rischiamo invece di perdere l’aereo? >>
<< Melinda Golden non sa neppure del nostro arrivo, dove credi che possa scappare. >>
<< Oh, ma io non parlo di lei. E che questa è la mia occasione di stare un po’ con te. L’ultima volta mi hai dato un bel due di picche, ma sai bene che io non demordo. >>
<< Alan sai bene che i tipi precisini come te mi fanno venire il mal di mare. Vedessi il mio appartamento come è ridotto. Di sicuro sverresti per il troppo disordine. >>
<< Possiamo sempre migliorarti. E poi io ti faccio ridere, il che è un grosso punto a mio favore. Devi ammettere che so essere simpatico quando voglio. >>
<< Più simpatico dei tuoi preziosi fascicoli stantii sicuramente! >>
<< Questo è un colpo basso, signorina Fitzgerard! >>
Lui sorride e gli sorrido anch’io.
Forse questo viaggio farà bene ad entrambi.
 
<< Torno subito! >>
<< Fa presto. >>
Salgo di corsa le scale, apro la porta e mi ritrovo a guardare l’abissale accumulo di vestiti ammassati sulle sedie, sul divano, tra le coperte...
 
Dio che macello!
 
Ok non ho tempo di scegliere cosa portare.
Apro il borsone da ginnastica e ci infilo dentro quello che mi capita tra le mani. Vado in bagno e prendo lo spazzolino da denti, la spazzola e pezzi scoordinati di biancheria. Passo per la toletta ed infilo in borsa correttore, eye-liner Smoky e rossetto rosso scarlatto, giusto per non far morire di infarto Alan appena si sveglia. Richiudo la porta e mi lascio alle spalle lo scempio che io stessa ho creato. Forse Alan ha ragione; sarà pure un maniaco dell’ordine ma nemmeno essere una strafottente come me aiuta molto.
 
<< Fatto! Nuovo record. >>
<< Bene. Prossima fermata, Constantine Airport, gate 5. >>
<< E la tua roba? >>
<< Ho chiamato Katerine e le ho detto di prepararmi la valigia. Ci aspetta all’ingresso dell’aeroporto. >>
<< E chi è Katerine? >>
<< Sei gelosa per caso? >>
<< Chi io?!? Sei impazzito? Chiedevo per dire. >>
<< Ah beh allora... >> e sogghigna.
Maledetto. Io gelosa di lui. Assurdo.
Ma allora perché ho una voglia matta di strappargli quell’informazione dalla bocca?
 
Perché sei una ficcanaso, ecco perché.
Giusta osservazione, posso accettarlo.
 
Dieci minuti dopo siamo nel parcheggio dell’aeroporto di Constantine.
Ho proprio voglia di vedere chi è questa Katerine.
 
Prendo il mio bagaglio a mano dal portabagagli e ci avviamo al gate, quando alle nostre spalle arriva una ragazza allampanata coi capelli biondo platino e orecchini grandi come cerchioni di una Harley Davidson.
<< Ecco a te Alan, la tua valigia. C’ho messo dentro un paio di camicie pulite e un vestito elegante, nel caso tu debba incontrare qualcuno di importante. Nella tasca interiore c’è la biancheria e un paio di cravatte. >>
<< Grazie Katerine sei stata molto gentile. Queste sono le chiavi della mia auto, riportala a casa e già che ci sei puoi rimanere da me a dormire in mia assenza. Così puoi anche controllare la posta. >>
<< Certamente Alan. Buon lavoro. >>
E poi si volta e se ne va’.
<< Carina la tua nuova fiamma, peccato sia così maleducata. Poteva almeno presentarsi. >>
<< Presentarsi con Isabel Fitzgerard? La persona più acida e cinica che io conosca? >>
<< Così mi ferisci Alan. >>
<< Al contrario, ti lusingo. E ora sbrighiamoci o perderemo il volo. >>
 
Un’ora dopo
 
Signori e signore, ladies and gentlemen, benvenuti a bordo della Fly Airlines. Mettetevi comodi ai vostri posti, allacciate le cinture di sicurezza e godetevi il viaggio. Grazie.
 
<< Il viaggio durerà due ore, sarà meglio far come dice e riposare un po’ >>
<< Si hai ragione. Ho proprio bisogno di ricaricare le batterie. >>
 
Guardo dall’oblò dell’aereo, il tempo non è migliorato per niente. Grossi nuvoloni incombono sulla città. Manca poco e presto arriverà un terribile acquazzone. Ma quando tra due ore riapriremo gli occhi, ad accoglierci ci sarà un caldo asfissiante.
 
Prendo dalla borsa le mie pillole “ristora sonno” e ne mando giù tre tutto di un fiato. Spengo le luci, abbasso la tendina all’oblò e cerco di riposare come posso.
 
<< David! David svegliati, qualcuno stanotte è entrato in casa nostra! >>
<< Cosa stai dicendo Tamara. >>
<< Ti dico che è così. La porta è aperta e l’intelaiatura è stata tagliata. >>
<< Oh mio Dio le bambine! Presto corri in camera. >>
<< STELLA! ISABELLA! RISPONDETE!! Isabella dov’è tua sorella? Parlami Isa, rispondimi >>
<< Lui ci ha portate nel bosco stanotte. Stella è rimasta a dormire con le ninfe fatate mamma. Io ho avuto paura, ma adesso c’è il sole e insieme possiamo andare a riprenderla. >>
<< Oh, mio Dio il letto è tutto sporco di sangue! AH!! >>
<< Cara cosa succede, oh Cielo. >>
<< Papà perché la mamma piange? Papà? Papà?? >>
 
<< Isabel? Sveglia siamo arrivati. >>
Sunnyside. Un nome, una promessa. Il sole prilla alto nel cielo e il caldo è soffocante.
Non appena mettiamo piede a terra ricevo una chiamata da Maggie.
<< Pronto? Oh, bene mettici in comunicazione. Dottor Lee, sono l’agente Fitzgerard e stiamo indagando al caso Castiel. Per caso ricorda qualche particolare rinvenuto nell’autopsia fatta da lei due anni fa? >>
<< Salve agente. Si, in effetti lo ricordo bene. Poverino, lo abbiamo identificato da un calco dentale, perché il poveretto era completamente ustionato. La cosa strana è che l’autopsia ha riscontrato una causa del decesso diversa da quella che ci si può aspettare in questi casi. Il signor Castiel non è morto durante l’incendio della macchina, bensì a causa del cianuro. Il suo stomaco ne era pieno. >>
<< Un momento. Sta dicendo che Castiel... >>
<< Era già morto, quando è salito su quell’auto. >>
<< La ringrazio, c’è stato di grande aiuto. >>
<< Prego, arrivederci. >>
Alan getta via il mozzicone di sigaretta e mi guarda curioso.
<< Novità? >>
<< La tesi dell’omicidio è avvalorata! Il tizio si è scolato una tanica di cianuro prima di sedersi comodamente alla guida della sua Chevrolet. >>
<< Interessante. Direi che è giunto il momento di incontrare la povera vedova Castiel. >>
<< Già. Lo credo anch’io. >>
 
 
Stesso giorno, Casa Golden ore 13,53
 
<< L’indirizzo è questo. Carina! >>
<< La modestia non è una sua virtù. >>
Non era una semplice casa. Era una villetta a due piani, con piscina annessa sul retro e cagnolino scodinzolante in giardino.
Bussiamo alla porta con due rintocchi al batacchio e viene ad accoglierci una donna sui 35 anni, capelli castani, grandi occhi verdi.
<< Si? >>
<< Lei è la signora Melinda Golden? >>
<< Chi la desidera? >>
<< Dipartimento casi irrisolti di Constantine. Agenti Moore e Fitzgerard. Siamo qui per la morte di suo marito Louis Castiel. Possiamo entrare? >>
I suoi grandi occhi si illuminano e si riempiono di lacrime, ma poco dopo si scosta dall’ingresso e ci fa segno di entrare. L’interno della casa è ancora più sfarzoso, con un enorme camino elettrico al centro della stanza, parquet su l’intera superficie e suppellettili di ogni genere, forma e colore. Sembra che interi negozi di hobbistica, artigianato, bricolage e interi centri commerciali siano stati svuotati di tutta la merce per riempire ogni angolo possibile di questa casa. E poi ci sono quadri raffiguranti figure sacre, statuette di santi e ovunque sparsi ceri e candele accesi.
Ci accomodiamo sul divano al di sotto di un enorme lampadario di cristallo.
<< Signora Castiel... >>
<< La prego mi chiami Melinda. >>
<< Melinda, siamo qui perché il caso di suo marito non è stato ancora risolto e abbiamo bisogno di farle alcune domande. >>
<< Chi ha riaperto il caso? >>
<< La scientifica. È stato recapitato un messaggio anonimo ai nostri distretti, chiedendoci di riaprire il caso. Il biglietto citava le parole “scavate a fondo.” Credevamo che fosse stata lei, visto l’interesse che avrebbe nel far risolvere il caso, per dar pace all’anima di suo marito. >>
Ad ogni mia parola questa donna è sempre più sconvolta e stringe tra le mani il crocifisso d’oro che porta al collo.
<< Cosa volete sapere? Ho già raccontato tutto quello che sapevo agli agenti che si occuparono del caso 2 anni fa. >>
<< Allora non avrà problemi a ripetere le stesse cose anche a noi. Si ricorda dove si trovava il giorno dell’incidente? >>
<< Ero a casa. Da sola. >>
<< Quindi nessuno può confermare il suo alibi? >>
<< Alibi? Il caso è stato archiviato per mancanza di prove contro di me. >>
<< Ha ereditato una fortuna dalla morte di suo marito Melinda, ed è proprio grazie a quella somma di denaro che adesso vive in questa casa di lusso lontana dalla sua città natale. >>
<< Queste sono sporche insinuazioni! Non vi permetto di accusarmi così in casa mia! Andate fuori! >>
<< Ce ne andremo subito dopo aver finito le nostre domande, adesso si sieda per favore. >>
Alan fa sempre la parte dell’agente cattivo. “Fa uno strano effetto” dice sempre, ed è vero. Chi se lo aspetterebbe da un tipo come lui?
Meglio intervenire, per calmare le acque.
<< Melinda qui nessuno vuole puntarle il dito contro, stiamo solo facendo il nostro lavoro. Mi dica lei guida? >>
<< Si, ho preso la patente un anno fa. Ho dovuto per necessità. Se volessi arrivare in centro coi mezzi pubblici ci metterei un’eternità. >>
<< È un maschio o una femmina? >>
<< Come scusi? >>
<< Sotto il divano. C’è un giocattolo per bambini. E su una delle mensole del camino c’è una sua foto col pancione. >>
<< E... e una femmina. Si chiama Dorothy. >>
<< E dov’è adesso? >>
<< È malata. >>
<< La ringrazio per la sua disponibilità Melinda. Adesso andiamo via, ma ci rifaremo sentire in questi giorni va bene? >>
Ci fa cenno di si con la testa e ci accompagna all’ingresso. Mentre usciamo dal vialetto, sento i suoi occhi fissi su di noi.
<< Quella lì puzza di colpevolezza da chilometri di distanza. Mancanza di prove. Dico ma stiamo scherzando? >>
<< C’è qualcosa che ci tiene nascosto. Dobbiamo scavare a fondo, proprio come dice il biglietto. Ora però andiamo in albergo, ho bisogno di una doccia. >>
 
 
Quella sera, Motel Moonlight ore 19,30
 
Mi ci voleva proprio un bel bagno rigenerante. Il letto non è comodissimo, ma almeno c’è l’acqua calda e gli asciugamani sono puliti.
*vrooom*
Il display del cellulare si illumina. Nuovo messaggio, è Alan.
 
Text:
“Ti aspetto giù nella hall. Andiamo a cena.”
Alan.
 
 Apro il borsone è con me ho solo robaccia. Prendo un reggiseno verde petrolio senza spalline e gli slip neri, poi tiro fuori dal groviglio di panni il vestitino scollato blu cobalto. Mi tiro su i capelli in uno chignon e metto due gocce di profumo ai lati del collo. Un filo di eye-liner e sono pronta. Ultimo tocco: due pizzicotti sulle gote per un po’ di rossore naturale, così sembro meno cadaverica. Metto la Glock in borsetta e scendo nella hall.
 
Alan cammina frenetico avanti e indietro. È buffo quando si agita, ma e anche carino. Indossa una camicia bianca e una giacca in gessato blu. Ha i capelli scompigliati e umidi e i suoi soliti occhialetti tondi. Si volta verso di me e la sua espressione mi provoca ilarità.
<< Lo so, lo stile femminile non mi dona granché, ma non ho avuto modo di scegliere cosa portare. >>
<< Sei bellissima. >> dice e mi porge il suo braccio.
Arrossisco leggermente e scosto lo sguardo da lui.
<< Non dovevi indossare la giacca per le occasioni importanti? >>
<< Ma questa è un’occasione importante. >>
 
 
Più tardi, Ristorante “Le Tronfie” ore 21.00
 
<< Allora mi dici che cos’è che non ti convince? A me il caso sembra fin troppo semplice. >>
<< È  proprio questo quello che non mi convince. Se il caso è così semplice per quale motivo è stato archiviato come caso non risolto?  Quando le ho chiesto di sua figlia è sbiancata. >>
<< Buonasera signori, cosa vi porto? >>
<< Per me il piatto della casa e una porzione di gamberi, grazie. >>
<< Faccia due piatti della casa e un tris di carne per me. >>
<< Da bere? >>
<< Per i vini ci affidiamo a lei, visto che abbiamo preso sia carne che pesce. >>
<< Come desidera signore. >>
Aspettiamo che il cameriere si allontani, poi Alan riprende:
<< E come intendi procedere? >>
<< Dobbiamo indagare sul passato dei due. E qui entra in gioco Maggie. Louis Castiel è stato ucciso e poi qualcuno ha cercato di farlo sembrare un incidente stradale. Dobbiamo scoprire perché. >>
Arrivano i primi piatti e cominciamo a sferruzzare con le posate.
<< Allora, da quanto frequenti Katerine? >>
 
*cof* *cof*
 
Alan si sta quasi strozzando con il boccone di cibo.
 
Sempre il solito tempismo Isabel.
 
<< Forza bevici su! >> ma non riesco ad essere seriamente preoccupata per lui, la sua espressione è troppo buffa e adesso è diventato rosso come un peperone e continua a tossire.
 
<< Maledetta! Vuoi farmi morire! >>
Ma poi scoppia a ridere anche lui. Che coppia mal assortita che siamo!
<< Dai, sarà meglio pagare e andare a dormire. Domani ci aspetta un’altra giornata di fuoco. Letteralmente. >>
<< Si, ma stasera offro io, anche se volevi ammazzarmi, sono sempre un galantuomo. >>
<< Non insisto solo perché stavo per ucciderti e non hai le forze per contrattaccare. Non sarebbe una sfida ad armi pari. >>
<< Menomale. Le tue battaglie personali a volte sono senza fondamento alcuno. >>
Alan paga lasciando anche una cospicua mancia al cameriere che ringrazia animatamente. Poi saliamo in macchina diretti al motel.
<< Stanotte sei sicura di voler dormire da sola? >>
<< Alan! Certo che sono sicura! Mi piacevi di più quando eri un nerd impacciato. >>
<< Ma cosa hai capito? Io avrei dormito sulla poltrona... e poi che significa “nerd impacciato”? Comunque te l’ho detto perché ho notato che sei un po’ strana, hai il sonno agitato. In aereo hai più volte urlato il nome di una donna e ti sei agitava parecchio. Da quanto è che non dormi come Dio comanda? >>
Da 22 anni, da quando ho visto mia sorella venire uccisa da quello che i miei consideravano “uno di famiglia.”
<< Davvero? Devo aver fatto un brutto sogno per via delle turbolenze e della posizione scomoda, tutto qui. Ti ringrazio per l’interessamento, ma va tutto bene. >>
La conversazione si è stroncata qui, Alan sa quando è meglio non insistere, anche se la mia versione non lo ha convinto per nulla, il che significa che domani ripartirà di nuovo all’attacco. Ma almeno per stasera posso star tranquilla.
 
<< Allora buonanotte, Fitzgerard. >>
<< Buonanotte Moore. Ci vediamo a colazione domani mattina. Sii puntuale e non parlare troppo al telefono con Katerine. >>
<< Ancora? L’ho capito che sei gelosa, non c’è bisogno di sottolinearlo ulteriormente. >>
<< Io lo dico per te. Le onde elettromagnetiche del cellulare ti faranno venire il cancro al cervello. >>
<< Quanto sei perfida. Mi piace! >>
<< Malato! Vai adesso, ‘notte, >>
<< Sogni d’oro. >>
 
Spiritoso.
 
Dicono che un bel bagno caldo sia l’ideale per conciliare il sonno.
Riempio la vasca con acqua bollente, mi spoglio e mi immergo in quell’oasi di pace.
Aggiungo oli profumati e essenza di garofani e sambuco bianco e mi rilasso cercando di scacciare via la brutta sensazione che mi assale di notte. Gli aromi mi inebriano e lentamente scivolo in un tiepido sonno.
 
<< Isabella! Questa è la terza volta in una settimana che fai pipì a letto. Stanotte dormirai con le ginocchia sui ceci. Vediamo se impari. >>
<< La prego priora, voglio vedere i miei genitori, la prego, li chiami! >>
<< Rinchiuderti in questo istituto è stata una loro volontà. Quando decideranno di portarti via, allora li rivedrai. Fino ad allora però dovrai sottostare alle mie regole! >>
 
Oggi è il mio compleanno, ho compiuto 12 anni. Mi alzo e sto per rassettarmi il letto come tutti i giorni, quando vedo tra le lenzuola delle grandi macchie rosse.
Sangue, sangue dappertutto! Devo pulire, o sarò punita. Devo pulire, devo pulire ma non si smacchia, non va via! Urlo e piango e mi dispero.
<< Isabella calmati! Sta’ ferma, Isabella! Non è nulla, sei solo diventata grande. >>
<< Suor Gertrude, non è colpa mia! Non è colpa mia! >>
 
Apro gli occhi e mi ritrovo sommersa. Mi dimeno nell’acqua schiumosa della vasca quasi fosse profondissima. Riesco finalmente ad uscire e cerco di respirare a pieni polmoni e sputo via residui di sapone che mi corrodono la gola. Gli occhi mi bruciano e per un attimo non so più dove mi trovo.
Sento bussare forte alla mia porta, qualcuno urla il mio nome con tono allarmato. È Alan, sembra molto preoccupato, ma non posso andare ad aprire. Provo a raccogliere i pensieri e riesco ad urlare:
<< Moore, che succede? >>
<< Isabel, finalmente! Apri questa porta. >>
Mi avvolgo alla meglio in un asciugamano mini e vado ad aprire sporgendomi solo con la testa.
<< Moore perché urli come un forsennato? Stavo facendo il bagno per questo non ti rispondevo. >>
<< Oh, beh.. io... avevo sentito dei suoni strani provenire da camera tua e mi sono spaventato. Sembrava stessi soffocando. >>
<< Beh sto bene. E adesso torna a dormire prima che qualcuno ci sbatta fuori per schiamazzi. Buonanotte. >>
<< Notte >>
 
Fiuu!
C’è mancato poco. Credo sia andato via solo perché mi ha visto mezza nuda e non voleva mettermi ulteriormente in imbarazzo. Sono così stanca che non ho nemmeno la forza di infilarmi qualcosa di asciutto. Mi poggio sul letto e sprofondo beatamente.
 
 
Vrooom – vroooomm - vroo *click*
<< P-pronto? Cosa? Sono già le 7?? Oh cacchio! Arrivo! >>
 
 
Martedì, 11 marzo ore 7,14
 
<< Eccomi! >>
<< Ben alzata, miss puntualità. Ti ho preso un succo alla papaia e un croissant al cioccolato. >>
<< Molto gentile, grazie. >>
<< Ho delle novità. >>
<< Spara. >>
<< Prima una domanda: ti sei data un’occhiata allo specchio prima di uscire? >>
<< Perché? >>
Indosso una bandana nera con disegni bianchi tra i capelli, una canotta attillata rossa, un pantaloncino a vita alta di jeans, stivaletti neri e giacca di pelle nera borchiata. Un tocco di stile: un rossetto rosso fuoco in tinta con tutto il resto.
<< Così nessuno penserà che sono uno sbirro, a differenza tua. >>
<< Poco ma sicuro. >>
Gli lancio un’occhiataccia e lui ritorna serio.
<< Mentre tu sonnecchiavi tranquillamente, io ho cominciato a lavorare. Ho chiamato Maggie che mi ha dato notizie davvero interessanti. >>
<< Sono tutta orecchi. >>
<< La bambina della Golden è affetta da una rara e acuta forma di sindrome di Down congenita. È stata ricoverata al Saint Mary Ospital dalla nascita fino ai primi tre mesi di vita, poi la madre ha creato una struttura attrezzata a casa sua, comprando tutti i macchinari necessari con la polizza assicurativa del defunto maritino, assumendo un’infermiera giorno e notte, che si occupi della bambina costantemente. >>
<< Beh questo non spiega comunque perché doveva uccidere suo marito. I soldi sarebbero comunque stati usati per curare la piccola. >>
<< Forse il padre non voleva che questa creatura venisse al mondo. Maggie ha scavato a fondo e ha trovato dei documenti medici in cui la bella Melinda aveva dato il consenso per un aborto assistito. Una settimana prima dell’intervento però a ritirato l’autorizzazione. Due giorni dopo il marito è saltato in aria nel deserto. >>
<< Adesso si che le cose si fanno interessanti. >>
Pronta per il secondo round? >>
<< Prontissima! >>
<
Casa Golden, ore 10,00
 
<< Melanie, sappiamo della polizza sulla vita di tuo marito e del ricovero di tua figlia. Perché non ci racconti come sono andate le cose? >>
<< Voi non sapete nulla! Io non ho fatto niente a Louis. >>
<< Non hai fatto niente da sola. Facciamo così: io comincio a raccontare quello che secondo me è successo 2 anni fa e, se qualcosa non combacia, tu mi correggi, ok?
Dunque: tu e Louis vi sposate e le cose sembrano andare a gonfie vele. Fino a quando tu Melanie, non rimani incinta. Durante una visita di routine, scopri che la bambina che porti in grembo è malata, ma a te non importa. È un dono di Dio e decidi comunque di continuare la gravidanza. Ma Louis non la pensa allo stesso modo. Vuole che tu ti sottoponga ad un aborto, e alla fine riesce anche a convincerti, ma all’ultimo momento ti tiri indietro. Torni a casa e dici a Louis che l’intervento è avvenuto con successo, poi aspetti che si addormenti e gli fai scivolare in gola un bel quantitativo di cianuro. Louis muore nel giro di pochi minuti. Poi Louis viene caricato nella sua auto e portato sulla statale 124, dove accidentalmente salta in aria facendo un gran botto. >>
<< Vede Melanie fin qui tutto sembra rientrare a pennello, ma ci sono dei punti ancora oscuri. Sappiamo che non ha fatto tutto da sola, qualcuno deve averla aiutata. >>
<< No! Ho fatto tutto da sola. Sono stata io sola ha progettare tutto. >>
<< Può darsi, ma vede lei stessa ieri mi ha detto che ha preso la patente solo un anno fa. Inoltre Louis era molto più robusto e alto di lei. È impossibile che da sola abbia potuto trascinare il suo corpo e caricarlo in macchina. >>
Melanie scoppia in un pianto sommesso, singhiozza e comincia a sbiascicare frasi sconnesse.
<< Lui era un mostro! Meritava di finire nel modo in cui è morto! >>
<< Ci racconti cosa è successo. >>
<< Golden non è il mio vero nome. L’ho cambiato all’anagrafe quando ho compiuto 18 anni, un mese prima di sposare Louis. Il mio nome è Melanie Castiel. Io e Louis eravamo fratello e sorella. >>
<< Oh, mio Dio! >>
Io e Alan siamo scioccati all’udire tali parole.
<< Quando sono rimasta incinta di Dorothy, sapevo che Louis avrebbe cercato di liberarsi di lei in qualche modo, ma non credevo che arrivasse a pensare all’aborto. Pensavo che mi avrebbe fatto continuare la gravidanza e che appena nata si sarebbe attivato per farmela dare via abbandonandola in un orfanotrofio. Invece lui diceva che dentro di me c’era un mostro, il figlio di Satana, che avrei dovuto ucciderlo se volevo fare un favore ad entrambi. Mi rivolsi ad un agente di polizia e gli raccontai tutta la verità. Lui mi disse che la legge non poteva aiutarmi, ma che avrei potuto sbarazzarmi di Louis uccidendolo e che in cambio di denaro lui avrebbe insabbiato la questione. Io l’ho avvelenato, poi l’ho chiamato e lui ha fatto il resto, compreso l’insabbiamento di prove. Ma subito dopo l’accaduto ho preso Dorothy e sono scappata qui, perché non avevo i soldi che lui mi aveva cercato.
Quello che Louis mi ha fatto è abominevole! Ho scoperto della polizza sulla vita solo dopo l’arrivo del primo assegno. Ho cercato di fornire le migliori cure possibili alla mia bambina e ho provato a voltare pagina. Per la legge sono da punire? Adesso mi arresterete? >>
Non so cosa rispondere. Sono disgustata da tutta questa storia mostruosa, ho voglia di vomitare l’anima.
<< Mi dispiace Melanie, ma dobbiamo farlo. È probabile che si possa ricorrere ad eventuali attenuanti. Racconteremo l’intera storia e chiederemo alla Corte una sentenza di grazia. >> interviene Alan.
<< Che ne sarà della mia bambina? Lei non è in grado di autogestirsi. Ha bisogno di me. >>
<< Verrà trasferita in un centro specializzato e riceverà le cure migliori. >>
<< D’accordo allora. Andiamo. >>
 
 
Partimmo il giorno stesso per Constantine dove Melanie fu processata ricevendo il minimo della pena. Probabilmente ad inviarci quel biglietto anonimo era stato proprio l’agente che aveva aiutato Melanie nell’assassinio del fratello.
Dorothy venne trasferita in una clinica privata dove i medici migliori del paese si presero cura di lei.
Una settimana dopo il processo ricevemmo l’avviso dal penitenziario della morte di Melanie Castiel; si era impiccata nella sua cella d’isolamento con le lenzuola della brandina. Col suo sangue aveva lasciato un messaggio sulla parete della cella:
“In questo mondo non c’è giustizia né pace. Torno a te, Padre mio.”
Il giorno stesso anche il cuore della piccola Dorothy si arrestò.
 
Noi tornammo alla nostra vita di sempre, tra scartoffie e porte aperte sul passato, ma la storia di Melanie ci è rimasta nel cuore.
L’uomo può essere capace di barbarie riprovevoli e purtroppo nessun pensiero umano può essere anticipato o prevenuto. Mentre qui il mondo continua come sempre, dietro l’angolo migliaia di persone continuano a morire, a sparire, ad aggiungersi sui nostri scaffali stracolmi chiedendo solo giustizia.
Così, quando ho scritto col pennarello “CASO CHIUSO” per il fascicolo n°3953, non c’ho fatto molto caso, poiché esso si è perso nelle altre centinaia scatole identiche tra loro dei “senza traccia”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
FINE 1° EPISODIO.

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Capitolo 2
*** #2: L’ALTRA FACCIA DELL’INNOCENZA (NERO) ***


Constantine News

(Servizio a cura di Shimon Tau)

 
Catturato finalmente il famelico serial killer denominato dai media “ il Tagliagole” per il suo modus operandi, una settimana fa dagli agenti del dipartimento federale della città. Il procuratore J. T. Thompson ha così parlato della conclusione del caso: “... sarà mio interesse assicurare questo mostro alla giustizia e farò in modo che non possa appellarsi a nessun cavillo burocratico, di modo da poter ricevere il massimo della pena possibile.”
La cittadina di Constantine è dunque libera dalle grinfie del temibile assassino che in questi mesi aveva terrorizzato l’intera popolazione. Grazie all’intervento della polizia locale, il Tagliagole ha finalmente un nome e un volto: si tratta di Eric Ford, 26 anni, secondogenito del milionario chirurgo di fama mondiale Victor Ford. La famiglia non rilascia interviste sull’intera vicenda preferendo il silenzio stampa. Il colpevole, intanto, è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Jackland, sull’isola di Or, in attesa di un ordinario processo. Nei prossimi giorni è prevista una visita psichiatra per affermare con certezza la capacità di intendere e di volere del colpevole.

 
(In foto: il procuratore Thompson, gli agenti Moore e Fitzgerard e, in manette, il pluriomicida Eric Ford.)
 
<< Bel colpo per quella pellaccia di Thompson, questo arresto gli sarà valso un bonus sulla pensione. Magari una targhetta d’oro. >> dico rivolgendomi ad Alan che, come al solito, mugugna anziché rispondere davvero, perché troppo impegnato ad armeggiare con uno dei suoi soliti “lavori cibernetici”.
<< Alan mi ascolti? >>
<< Certo zuccherino, dammi solo un minuto e finisco questo aggiornamento del software di protezione che ho personalmente ideato. >>
<< Chiamami di nuovo zuccherino e giuro che... >>
<< Alt, alt, ALT! Chiedo venia. Ti offro la colazione per farmi perdonare. >>
<< Non te la caverai tanto facilmente. >> e lo fulmino con uno sguardo truce.
<< Buongiorno ragazzi. >> Ci saluta dolcemente Maggie che stringe tra le mani un hot dog con senape e un tazzone di caffè nero.
<< Buongiorno a lei, oh mia milady. >>
<< Ehi con chi credi di parlare, con tua nonna? E poi mi spiace Alan, ma non sei il mio tipo. >>
<< Bella questa Maggie! >> e nell’aria schiocca un sonoro *snap* come segno d’intesa e di approvazione.
Alan si passa le mani tra i capelli con aria rassegnata.
<< Oggi non è la mia giornata. Ehi, attenzione, arriva il boss. >>
 
Thompson spalanca la porta dell’ufficio, ma il nostro “Buongiorno capo” rimane strozzato a mezz’aria.
L’aria da sbruffone che aveva ostentato fino al giorno prima, era improvvisamente svanita e al suo posto si era insinuata un’espressione accigliata e preoccupata.
Al suo seguito si materializzano due tizi dall’aspetto da spaventapasseri: il primo è alto e spaventosamente magro, l’altra invece è bassa e tarchiata.
<< Ehi Alan, hai visto il triste mietitore e la vedova allegra sgusciare nell’ufficio del boss? La cosa puzza parecchio. >>
 << Già: qui gatta nera ci cova. >>
<< Tira brutta aria. Sarà meglio non rimanere nei pareggi quando si scatenerà la bufera. Se mi volete sono nel mio bugigattolo. Non sopporto quando l’abominevole Yeti comincia a sbraitare. >> ci dice Maggie ritirandosi nel suo ufficio e sorseggiando la sua tazza di caffè nero.
 
Chissà cosa si staranno dicendo quei tre lì dentro. Quei tipi sono davvero inquietanti.
 
<< Stanno uscendo! Presto facciamo qualcosa! >>
Isabel, svelta! Fiondati in postazione di Alan e cerca di essere ESTREMAMENTE interessata a quei numerini che corrono sullo schermo.
 
<< Arrivederci Theodore. Teniamoci in contatto. >>
Theodore? Chi può essere così vicino al capo da potersi permettere il lusso di rivolgersi a lui col proprio nome di battesimo?
O sono molto amici, oppure quella tappetta si trova su un gradino molto più alto di quello di Thompson.
 
<< C-certo Cordelia. >>
<< Stammi bene Thompson. >>
<< Anche tu Pascal. >>
E così dicendo le due sagome cadaveriche si congedano.
 
Fiuu. Per un pelo!
<< Isabel... alzati mi stai schiacciando! >>
<< Eh, come osi! Io sono un peso piuma! >>
<< Ed io in realtà sono James Bond. Dai non fare quella faccia, sto scherzando. >>
<< Non sei per niente divertente. Comunque hai visto quei tipi? Mancava solo zio Fester e la famiglia Adams era al completo. >>
<< C’è poco da fare battutine Fitzgerard. Riunitevi tutti nel mio ufficio tra dieci minuti. >>
Tuona la voce di Thompson alle nostre spalle.
<< Andiamo bene. >>
Alan si accende una Lucky Strike.
<< Si prospetta una pessima giornata per tutti noi. >>
 
 
Ufficio del procuratore, ore 9.40
 
Ci accomodiamo nell’ufficio del procuratore attorno al tavolo ovale di cristallo; di fronte ad ognuno di noi vi è una cartellina denominata: CASO “TAGLIAGOLE”. La cosa si fa preoccupante.
Alan mi lancia occhiate furtive dall’altro lato del tavolo e Maggie comincia a tremare tutta e a pregare concitatamente.
<< Credevo che il caso fosse stato risolto. Procuratore chi erano quei tali che erano con lei nel suo ufficio. >>
<< Gli agenti speciali Cordelia Malone e Orazio Pascal. Sono stati inviati qui dal Governo perché ai piani alti sono convinti che quello che abbiamo arrestato come il Tagliagole, in realtà sia innocente. >>
 
Cosa cosa?! Quei due sono agenti speciali?
 
<< Questo è impossibile! Il ragazzo è reo confesso! Abbiamo già tra le mani una testimonianza firmata! >> scalpita Alan.
<< Che potrebbe essere carta straccia dopo la visita psichiatrica. Ma c’è dell’altro: sembra che mentre il nostro colpevole fosse rinchiuso in quello che è considerata la prigione più sorvegliata del continente, ci sia stato un altro omicidio qui in città attribuito proprio al Tagliagole. >>
Stavolta è Maggie ad intervenire.
<< Come sarebbe? E come sanno che è stata la stessa mano omicida? >>
<< La donna corrisponde alle altre vittime per le stesse caratteristiche fisiche. Ha la gola tagliata di netto, da destra verso sinistra e sul corpo della vittima è stata ritrovata anche la sua firma; si è portato a casa un altro souvenir. >>
<< Maledizione! Però potrebbe trattarsi di un emulatore. >>
<< È impossibile. Le notizie sul Tagliagole non sono state divulgate alla stampa. Nessun emulatore poteva sapere che il vero Tagliagole lascia nella gola delle sue vittime un “ricordino” >>
<< E in quest’omicidio invece... >>
<< Guardate voi stessi. >> dice Thompson indicando le cartelline.
Avvicino quella rivolta verso di me e la apro lentamente. Dentro ci sono le foto di tre donne, le vittime del Tagliagole. Hanno dai 18 ai 22 anni, tutte more con occhi verdi.
Nello squarcio alla gola l’anatomopatologo ha estratto un frammento plastificato di un biglietto. È un messaggio per la polizia, un puzzle da risolvere. Ma per ogni pezzo aggiunto, un’altra ragazza innocente muore.
Non possiamo proteggere tutte le donne della città, dobbiamo fermare questo pazzo psicopatico, e credevamo di esserci finalmente riusciti, invece....
 
<< Fermo dove sei! Mani in alto o giuro che ti pianto una pallottola dritta nella fronte, brutto figlio di puttana! >>
Aveva le mani sporche di sangue e rideva, rideva come un pazzo. Alan gli ha messo le manette e l’abbiamo spintonato fino alla macchina della polizia, ma lui non ha fatto resistenza. L’unica cosa che ricordo di quella notte è la sua risata isterica e il suo sguardo fuori dalle orbite.
 
<< Se voltate pagina, potrete vedere le foto scattate a quella che sembrerebbe la quarta vittima del nostro S.I. La donna è Corinne Collins, 21 anni, commessa al Market Center. Il posto di lavoro è la prima pista da seguire, per vedere se qualcuno ha visto movimenti sospetti nella zona. La foto successiva mostra la scena del delitto. Il corpo è stato ritrovato in un vicolo poco distante dal Market, riverso a faccia in giù, annegata nel suo stesso sangue. Come sempre l’ha spogliata completamente ma l’autopsia ha stabilito che non c’è stato rapporto sessuale, né prima né dopo l’assassinio. La ragazza non mostra segni di colluttazione tranne che per una ferita alla testa, presumibilmente è stata stordita dal suo carnefice che l’ha aggredita di schiena. >>
<< Come sappiamo che non è stata presa in un altro posto e poi portata in quel vicolo? >>
<< La foto successiva è un particolare dei talloni della vittima. Mostrano chiaramente segni di trascinamento, per cui non può aver percorso molta strada. Inoltre la Collins ha staccato il suo turno alle 21.00 e l’autopsia ha fissato l’ora del decesso intorno alle 10 e le 12 ore fa, in altre parole verso le 22,00 di ieri sera. >>
<< Ha detto che anche questa volta il killer ha lasciato un indizio. Possiamo esaminarlo? >>
<< C’è uno zoom del frammento nelle vostre cartelline. Il pezzo originale è ancora all’obitorio. Dovreste portarlo alla scientifica per altre informazioni. >>
La foto mostra il frammento rinvenuto dalla gola della vittima. Nello scatto si vede chiaramente la lettera R.
<< Bene ragazzi questo è tutto quello che sappiamo al momento. Mettetevi al lavoro, il caso Tagliagole è ufficialmente riaperto. >>
 
Usciti dall’ufficio...
<< Povera ragazza! Che cosa ha fatto di male per meritare una morte così atroce! >>
 
Cara Maggie, fai questo lavoro da tutta una vita e ancora non ti sei abituata alla morte e all’atrocità che l’uomo può commettere. Sei davvero un’ingenua a credere ancora nell’innocenza e nell’amore. Il mondo è stato inghiottito da Satana in persona e tutti noi vaghiamo nelle sue oscure budella, come pinocchio nel ventre della balena.
 
<< Su, Maggie non disperiamo. Mettiamoci all’opera per acciuffare questo degenerato. >>
<< Hai ragione Isabel, mettiamo questo delinquente dietro le sbarre! >>
<< Forza ragazze, sbrighiamoci. Maggie, contatta il capo del Market Center e chiedigli di venire qui con le registrazioni delle telecamere di sicurezza. Tu ed io, Isabel, andremo all’obitorio e al laboratorio. >>
<< Prendo la Glock e ti raggiungo, tu riscalda il motore. >>
 
 
Medical Institute of Constantine, ore 11,20
 
<< Salve agenti, ho appena ricevuto i genitori della Collins per il riconoscimento. Qual buon vento vi porta da queste parti? >>
 
Dottor Gregory Fox, illustre luminare e conoscente di famiglia. Ha esaminato il corpo di mia sorella Stella, durante le indagini del suo caso. Collabora spesso col nostro dipartimento distrettuale su casi particolarmente delicati come questo.
 
<< Dottor Fox, volevamo saperne di più sullo squarcio al collo della vittima. Lei è assolutamente certo che sia la stessa mano che ha commesso gli altri tre omicidi? >>
<< Signorina Isabella, sta forse mettendo in dubbio il modo in cui svolgo il mio lavoro? Un po’ impertinente da parte sua, non trova? >>
<< Non volevo intendere questo. Ma chi ha commesso quelli omicidi sta già scontando la sua pena. >>
<< Lei fa il suo lavoro, io svolgo il mio. E dalle analisi che ho compiuto sul corpo della giovane Collins, posso affermare con estrema sicurezza che è stata uccisa dalla stessa mano omicida delle altre tre vittime. Il Tagliagole, signorina, è ancora a piede libero. >>
 
Al sol pensiero mi si accappona la pelle.
 
<< Dottore, potremmo esaminare il frammento trovato nella gola di Corinne? >>
<< Certo. Capire cosa significa è compito vostro. >>
E ci consegna la prova in una bustina sigillata.
<< Causa del decesso? >>
<< Recessione dell’arteria Aorta. La perdita di sangue è stata copiosa, ma il modo in cui è stata posta la vittima è alquanto singolare. L’assassino voleva simulare un annegamento nel suo stesso sangue. A un che di artistico, bisogna ammetterlo. >>
<< È un tipo meticoloso, attento. Quando uccide, lo fa con freddezza e lucidità, prendendosi tutto il tempo necessario. >>
<< Esatto, signorina Isabella, proprio così. Solo un freddo calcolatore può far ciò. Ecco perché escludo categoricamente quel ragazzo dalla lista dei sospetti. Quell’Eric Ford che avete acciuffato è mentalmente instabile, irrequieto e anche abbastanza ignorante. Non dico che non sarebbe in grado di uccidere, ma di sicuro rientrerebbe nella categoria degli omicidi passionali, dove l’efferatezza dei colpi e la rapidità del delitto la fanno da padrone. >>
<< Grazie per l’analisi forense, dottore. >>
<< Un’ultima cosa agenti: dalla ragazza ha preso l’anulare sinistro. Glielo ha staccato di netto, con un seghetto o una tenaglia. La parte monca del dito è stata cauterizzata per cui è impossibile capire che strumento abbia utilizzato. >>
<< Arrivederci dottore. Vieni Isabel andiamo. >>
<< Si fa chiamare ancora così signorina Isabella? Perché inglesizzare il suo bel nome. Sembra voglia quasi cancellare il suo passato, quando invece dovrebbe affrontarlo. >>
 
Non mi volto per rispondere, lascio che le sue parole mi scivolino addosso, sperando che Alan non ficchi il naso in faccende che non gli riguardano.
Cala un silenzio imbarazzante che nessuno dei due vuole spezzare, poi finalmente mi volto verso Alan e gli chiedo di cambiare i nostri piani per la mattinata.
<< Facciamo una piccola inversione di marcia. Andiamo prima sulla scena del crimine e poi al laboratorio. >>
<< D’accordo. >>
 
 
Un vicolo cieco, 27a strada, ore 12.09
 
La zona e sigillata dai nastri gialli della polizia che comunicano ai curiosi di girare a largo da lì. Nell’ombra della viuzza risalta la sagoma della vittima disegnata col gessetto.
Mi abbasso e supero il “DO NO CROSS” e analizzo la scena del crimine aiutandomi con le foto scattate durante il ritrovamento del cadavere.
 
 
È buio, mi nascondo qui in modo da non esser visto da nessuno, e parallelamente la osservo. Chiude la cassa, trascrive nel registro l’ammontare del profitto giornaliero, prende il soprabito nero ed esce nella fredda notte. Il respiro mi si fa affannoso, l’adrenalina scorre nelle mie vene. Accarezzo la dolce lama nascosta nella mia tasca. Sono pronto ad uccidere.
Sta per allontanarsi, allora le arrivo da dietro, furtivamente, e la colpisco forte alla nuca. Lei sviene. Mi guardo intorno, non c’è nessuno. La trascino nel vicolo dove prima ero acquattato e la adagio sull’asfalto granitico. La denudo in modo che la sua pelle candida risalti sul nero della strada. Comincia a rinvenire, devo sbrigarmi. Sono sopra di lei, estraggo la mia fedele amica e le taglio la gola da parte a parte, il suo urlo soffoca e si spegne. La rivolto a faccia in giù e il sangue rosso vivo è un tutt’uno con il bianco e col nero. È una festa di colori ed io ne sono estasiato. Resto fermo a contemplare la mia opera d’arte, tengo per me un souvenir e lascio la zona indisturbato.
Per ora la mia fame è placata.
 
 
<< Era nascosto qui, dietro questo cassonetto dell’immondizia, mentre aspettava che Corinne uscisse dal negozio. È stato qui al freddo molte notti, ha studiato i suoi movimenti, i suoi orari di lavoro. Non si fa mai prendere dagli istinti. È scrupoloso, attento e paziente. L’ha tramortita con un colpo alla testa, più o meno all’altezza dell’incrocio della strada opposta, dove ha perso uno dei sandali, poi l’ha trascinata a mano qui dietro, in modo da poter lavorare indisturbato. Si gode il momento, senza fretta, ma assaporando ogni gesto. Enfatizza il suo lavoro come fosse un’artista con la sua creazione. Quando ha finito, si è fermato a contemplare l’opera conclusa, poi è tornato a casa sua in tutta calma. >>
<< A volte mi fai paura Isabel. Hai una predisposizione naturale per entrare nella mente dei serial killer. >>
<< Non ha l’aspetto di un disagiato. La mattina vive la sua vita come tutti. Forse è anche stimato da chi lo conosce. Ma di notte si trasforma. >>
<< È un po’ come dottor Jekyll e mister Hyde? Perfetto, il cerchio si restringe. >> ironizza Alan.
<< Qui abbiamo finito Moore. Andiamo al laboratorio. >>
 
 
Laboratori scientifici della Police of Constantine, ore 12,55
 
<< Ehi ragazzi, ciambella? >>
<< Ti ringrazio Jack, ma passo. >> declina Alan.
<< Io accetto volentieri invece. Ho bisogno di zuccheri. >>
<< Prendi quella con la glassa al cioccolato e i canditi. È una vera bomba! >>
 
Jack Castagni, 37 anni, nonostante la giovane età e già a capo di questo istituto. Un tipo davvero in gamba nel suo campo anche se un po’ svalvolato.
 
<< Jack ti ringraziamo per l’ospitalità ma andiamo di fretta. Dovresti passare allo scanner questo reperto e spedirlo al nostro dipartimento. E che la cosa resti tra noi. >>
<< Oh, OH! Certo ragazzi, farò in un lampo. >>
<< Grazie mille Jack. >> cerco di esser gentile io.
<< Di nulla. Magari uno di questi giorni andiamo a cena fuori, che ne dici? >>
Alan tossisce rumorosamente, con palese finzione, interrompendo la conversazione.
<< Ehi Moore, un bicchiere d’acqua? >>
<< Ti ringrazio ma preferirei che facessi quello che ti abbiamo chiesto, cortesemente. >>
<< Hai ragione. Faccio in un lampo, aspettate qui! >>
E si eclissa in uno dei tanti reparti di analisi.
<< Hai avuto un improvviso attacco di tosse cronica? Tutto bene? Non vorrei ti venisse un coccolone per qualche innocente avance. >>
<< No, credo di essermi preso l’influenza. Sarà la tua gelida vicinanza a farmi male >>
<< Stupido! >>
<< Dai non te la prendere. Se vuoi, puoi sempre farmi da infermierina. >>
<< Non verrei mai e poi mai a fare la tua badante! >>
<< Veramente io... >>
<< Ecco a voi ragazzi. Il file è arrivato a destinazione. >>
<< Gentilissimo Jack, il nostro distretto ti deve un favore. >>
<< Domenica prossima al “Linko” danno il karaoke. Potremmo andare lì, giusto per ripagare al favore fatto. >>
Sto per rispondere che sono impegnata, ma Alan mi batte sul tempo.
<< Certo Jack, Isabel ed io verremo sicuramente, porta anche tu qualcuna ok? >>
<< Ah, sicuro... contaci. Facciamo che vi aggiorno meglio in settimana. Mi sono ricordato che ho del lavoro arretrato da recuperare e... >>
<< Come vuoi Jack, aspettiamo conferma. >>
<< Ci vediamo Jack. >>
<< Si, ciao, ciao. >>
 
<< Povero Jack, adesso non dormirà più la notte. >>
<< Solo perché gli hai rifilato un due di picche? Ma dai! >>
<< Io non gli ho rifilato un bel niente, la colpa è tua. E comunque mi riferivo al fatto che adesso è convinto che tu ed io stiamo insieme. È una cosa da incubo, non credi? >>
<< Davvero spiritosa. >>
 
Vroom-vroooom*click*
<< Maggie? Arriviamo. >>
<< Novità? >>
<< È arrivato il responsabile del Market Center, il capo della Collins, con i video della sorveglianza dell’altra notte. Dobbiamo tornare alla base. >>
<< Agli ordini. >>
 
 
Sala interrogatori, ore 13,35
 
<< Lei è il signor Tommasi, gestore del Market Center sulla 27a giusto? >>
<< Si sono io. Una vostra collega al telefono mi ha detto dell’accaduto. Mio Dio sono sconvolto! Chi ha mai potuto far questo a quell’angelo di Corinne! >>
<< Lei è qui per aiutarci a scoprirlo signor Tommasi. Ha con lei i video della sorveglianza della scorsa notte? >>
<< Si certo li ho già consegnati alla vostra collega. >>
<< Molto bene. Allora, mi parli di Corinne. In questi giorni l’ha vista preoccupata, oppure si è comportata normalmente? Ha notato qualche comportamento insolito? >>
<< Oh, no Corinne era sempre sorridente e piena di vitalità. Lavorare da noi non era la sua massima aspettativa, ma le servivano soldi per andare all’Accademia delle Belle Arti. Avrebbe voluto fare la stilista... – voce rotta dal pianto - ... povera ragazza. >>
Mi avvicino a lui e gli tengo strette le mani nelle mie. << Si faccia coraggio. >>
<< Io... io ho sentito dire che quello lì che avete arrestato non è l’uomo giusto. È così? >>
<< Ci è stato di grande aiuto, signor Tommasi, resti in città nel caso avessimo bisogno di farle altre domande. >>
<>
<< Stiamo facendo tutto il possibile. Le assicuro che fermeremo colui che sta facendo tutto questo, e che pagherà. Glielo prometto. >>
 
Lasciata la sala interrogatori, mi sono avviata verso la scrivania di Alan, intento nel visionare i nastri.
<< Allora trovato nulla? >>
<< Si e no. Avevi ragione tu, Corinne è uscita dal negozio alle 21.05 e si è diretta verso l’incrocio della strada. Quando Corinne scompare dall’inquadratura, si vede chiaramente una sagoma scura che corre nella stessa direzione. E alle 21.38, ricompare Corinne, trascinata dall’uomo in nero. Poi più nulla. Ho già rivisto il video 20 volte, non si vede più niente fino alle 7.30 del mattino, quando Tommasi riapre bottega. >>
<< Hai provato ad ingrandire l’immagine dell’aggressore? >>
<< Certo. Ma il volto è completamente coperto. >>
<< Devo liberare il mio ufficio, mi aiuti? >>
<< Cosa? >>
 
Tiriamo fuori la vecchia scrivania di legno rinfoderata con finto cuoio, la sedia girevole, due schedari e la pianta grassa. Questo è tutto quello che si trova nel mio ufficio.
Poi io ed Alan preleviamo due manichini dal distretto di balistica accanto al nostro e cominciamo a lavorare.
 
<< Ok. Corinne era alta 170 cm >>
<< E con questo? >>
<< Voglio dimostrare l’innocenza di Ford. >>
 
A quelle parole, io stessa sono sconvolta.
 
<< Ma aveva sulle mani il sangue di Sarah Ferguson, l’ultima delle vittime ritrovate e... >>
<< E abbiamo anche una sua confessione. Lo so, Alan. Ma Sarah, cosi come Angela Miller e Christina Benton, erano più alte del nostro uomo. In tutti quei casi Eric Ford non poteva immobilizzare la sua vittima senza aver alcun problema, visto che lui misura solo 172 centimetri. Sono tutte troppo alte. Guarda. >>
E regolo le altezze dei due manichini, avvicinandoli come a rappresentare l’aggressore e la vittima uno alle spalle dell’altro.
<< Ma questo è ovvio. Non poteva essere stato Ford ad uccidere Corinne Collins. Quando è avvenuto il delitto, Eric Ford era già in prigione. >>
<< E se non avesse ucciso nemmeno le altre tre vittime? Se fosse stato usato come una marionetta dal vero S.I.? >>
<< E come? >>
<< Ha ragione il dottor Fox. Il vero Tagliagole è scrupoloso, pignolo, freddo e calcolatore. Eric Ford non rientra in nessuno di questi canoni. Non sarebbe in grado di procurare alle sue vittime quei tagli così precisi, senza sbavature. Non ha una mano tanto ferma! >>
<< Magari... >>
Ma i nostri discorsi vengono interrotti dalla tonante voce di Thompson.
<< Mentre voi due giocate a fare gli arredatori, è arrivata una notifica dal carcere dove era rinchiuso Ford. >>
 
Era...?
 
<< La visita psichiatrica ha rilevato un grave disturbo mentale. Il ragazzo ha grossi problemi psicologici, non è mai uscito da casa sua e fa uso di antidepressivi. È stato dichiarato incapace di intendere e di volere, per cui tutte le accuse a suo carico sono decadute. Ora è a casa sua, a Villa Euganea. >>
<< E la psichiatra ha anche dato una spiegazione per il sangue ritrovato sui suoi vestiti e sulle sue mani?? Oh Cristo Santo! >>
<< Agente Moore, cerchi di contenersi. E rimettete tutto in ordine qui. Per colpa vostra l’intero corridoio è bloccato da inutili cianfrusaglie. >>
<< Agli ordini signore. >>
 
 
<< Signorsì signora! >>
<< Isabella smettila di fare la stupida, non lo capisci che i tuoi genitori ti hanno rinchiusa qui proprio per il tuo modo di fare? Sei indisponente e soprattutto sei una cattiva ragazza. Lo sei sempre stata. La madre superiora mi ha informato di tutte le marachelle che combini e dei tuoi miseri tentativi di fuga.  >>
 
I miei genitori sono degli stronzi colossali e questo posto fa schifo...

<< Loro mi hanno rinchiusa qui perché mi incolpano di quello che è successo a Stella, ma io ero solo una bambina!! Potevo morire anche io quella notte nel bosco! Perché invece di pregare per la salvezza di almeno una delle loro bambine, hanno cacciato via anche me? >>
<< Forse non volevano che ha salvarti fossi tu. Forse avrebbero voluto perdere te anziché Stella. Almeno questo è come la penso io.  D’altronde Stella è sempre stata molto più buona e rispettosa di te. Tu, invece, non facevi altro che far disperare la tua povera mamma, ti sporcavi di continuo, distruggevi la casa correndo come un’ossessa a destra e a sinistra. >>
<< Ero solo una bimba. Ero solo vivace, ero viva!!! >>
 
La sua faccia tutta raggrinzita, al suono di quelle parole, divenne una maschera orripilante...
 
<< Anche tua sorella lo era, ma non per questo si comportava come te. Sembrava avessi il diavolo in corpo. E forse è davvero così. Non volevi mai andare in chiesa la domenica, non aiutavi nelle faccende domestiche, facevi dispetti a chiunque, anche a quel ragazzo che vi aiutava in fattoria. Ecco perché è venuto a prendervi quella sera, perché era stanco dei tuoi soprusi. E per colpa tua a rimetterci è stata la piccola Stella. Avrebbe dovuto prendersela con te, non con lei. Povero angioletto. Adesso sei un posto migliore.>>
 
E piangeva.
 
Io ho passato metà della mia vita qui dentro e non ho più nemmeno la forza di piangere, mi hanno tolto anche questo privilegio...
 
<< Io amavo mia sorella. Eravamo gemelle. Se lei si faceva male, io piangevo, se lei cominciava una frase, io la concludevo; quando a lei regalavate il gioco più bello, io ero felice per lei. Non le avrei mai fatto del male né sono mai stata cattiva nei suoi confronti. Io le volevo bene; fin dal concepimento siamo state insieme, legate allo stesso cordone ombelicale. Stella era tutto per me!! La mia confidente, la mia migliore amica, l’altra mia metà. Se non avessi avuto Stella al mio fianco, la mia infanzia sarebbe stata un inferno! E mia madre non mi ha mai trattato come se fossi sua figlia!! Eppure mi ha partorita lei, no? Avrà provato un po’ di dolore nel mettermi al mondo. Allora perché non ha fatto altro che rovinarmi l’esistenza? Stella era la mia ancora di salvezza. Come puoi pensare mostruosità del genere? Avrei fatto qualsiasi cosa per lei! >>
<< Perché, semplicemente, è la verità. Hai dato problemi sin dalla nascita. Per colpa del tuo parto difficile, tua madre non ha potuto avere altri bambini. Stella era la metà buona, la metà perfetta. Tu sei la parte sbagliata e purtroppo Nostro Signore ha scelto di richiamare a sé il fiore più bello. >>
 
Perché sei qui, maledetta, perché continuate a rovinarmi la vita? Quello che mi avete fatto non basta? Sto pagando per una colpa non commessa e voi siete ancora qui a torturarmi...
 
<< Nonna perché sei venuta a trovarmi? >>
<< Non è ceto una visita di cortesia. Domani compi 18 anni. Significa che uscirai da qui, ma non puoi tornare a casa dei tuoi genitori. Loro non ti vogliono, e nemmeno io. Quando domani te ne andrai da qui dentro, sarai completamente sola, per cui cercati un lavoro ed uno scantinato dove vivere e non venire a rovinare le nostre vite come tuo solito. >>
<< Sono sempre stata sola. >>
<< Non capisco come questo posto non ti abbia piegata, non ti vedevo da 12 anni eppure sei la stessa di allora. Continui ad essere la solita sfrontata di sempre. >>
<< Perché io so di essere innocente. >>
<< Tu non sei mai stata una bambina innocente. >>
 
Arriva la Priora...
 
<< Signora Carbone, l’orario di visita è terminato. La prego di accomodarsi fuori. >>
<< Addio, Isabella. >>
 
Addio maledetta strega! Spero possa venirti un infarto! Crepa maledetta, crepa.
 
<< Ah, un’ultima cosa. I tuoi genitori hanno espresso la chiara volontà di spodestarti, non vogliono che la memoria della loro piccola bambina e il buon nome della famiglia venga infangato da una pecora nera come te. Da questo momento in poi non sarai più Isabella Carbone. L’avvocato Hank verrà nel pomeriggio per farti firmare la dovuta documentazione. Domani sarai grande ed entrerai a far parte della società, cerca di non recar danno a nessun altro. >>
 
<< Isabel, non stare lì impalata, aiutami a portare dentro i mobili, poi ci fiondiamo a casa di quel degenerato. >>
<< Si scusa, arrivo >>
 
 
Villa Euganea, ore 15.00
 
Villa Euganea, la residenza del chirurgo più famoso e in voga di Constantine. Ad accoglierci ci sono enormi statue di leoni alati, fontane zampillanti, creazioni di esseri fantastici intagliati nelle siepi dell’immenso prato frontale e meraviglie che sono alla portata di gente come Victor Ford e la sua famiglia. Peccato che i soldi non possano comprare tutto. Possono nascondere grossi scheletri nell’armadio, possono anche ripulirti la fedina penale se sai a chi rivolgerti, ma non possono eliminare ciò che sei, né renderti un uomo  migliore solo nascondendo la verità. Bussiamo al grande batacchio posto sul portone e ad accoglierci troviamo il maggiordomo. Ci dice di accomodarci in salone e di attendere ‘ il signore ’. Poco dopo arrivano biscottini e tè verde. Il ticchettio meccanico del grosso pendolo posto all’entrata diventa nella mia testa un opprimente martello pneumatico pronto a perforarmi il cranio.
D’un tratto ecco comparire sulla soglia una tetra figura.
<< Finalmente. >> dice e si accomoda sulla poltrona di fronte a noi.
<< Dottor Ford, siamo gli agenti.. >>
<< So chi siete e conosco il motivo della vostra visita. Al momento mio figlio sta riposando e non può rispondere alle vostre domande. Tuttavia credo che abbiate appreso la notizia: mio figlio è stato dichiarato incapace di intendere e di volere, per cui è ovvio che non possa essere il vostro assassino. >>
<< Questo è ancora tutto da vedere. Suo figlio è stato arrestato mentre aveva ancora sulle mani il sangue di una delle vittime, come lo spiega que... >>
È vero. Suo figlio non ha commesso quegli omicidi, men che meno l’ultimo. >> intervengo io interrompendo il flusso di pensieri di Alan, che mi guarda sconcertato.
<< Lei agente sembra molto più comprensiva del suo collega. Credo che risponderò soltanto a lei. Il suo collega può anche lasciare la mia umile dimora. George, per favore accompagna l’agente Moore alla porta. >>
<< Ma... cosa fai tu, toglimi le mani di dosso! Isabel, alzati vieni con me! Ci ripresenteremo con un mandato! >> scalpita Alan.
<< Ti raggiungo in centrale più tardi Alan. >>
<< COSA!?! È pericoloso! Isabel. ISABEL!! >>
 
<< Allora, Isabel, mi è concesso di darti del tu vero? Qual è la tua teoria a riguardo di questo caso? >>
<< Suo figlio non può aver commesso nessuno di quegli omicidi, questa è una certezza. Le altezze non corrispondono così come la precisione del taglio. Inoltre c’è un particolare davvero interessante; suo figlio è mancino. Non poteva provocare quelli squarci alla gola delle sue vittime con un taglio da destra verso sinistra. Se la mano omicida fosse stata la sua, la ferita sarebbe stata esattamente al contrario. >>
<< Davvero un’ottima osservatrice. Sei sprecata per quello che fai. Voglio farti vedere una cosa, vieni. >>
 
Mentre mi alzo, il cellulare nella mia tasca vibra e premo il tasto di risposta senza che il dottore mi noti.
 
Resta in linea Alan. Resta in linea...
 
Scendiamo nel seminterrato e il dottore mi mostra la ‘ camera delle torture ‘.
<< Vedi Isabel, il mio lavoro consiste nel salvare le vite di tante persone, ma per essere davvero bravi in quello che si fa, bisogna far pratica, molta pratica. >>
<< Dottor Ford, che posto è questo? >>
<< Oh, questo è solo il mio studio personale. Fa freddo non trovi? Serve per tenere i corpi freschi. Ma sfortunatamente l’effetto non dura a lungo, per questo ho bisogno continuamente di nuova carne. >>
E alle mie spalle sento un forte tonfo e una serratura che scatta. Sono in trappola. Nella tana del lupo.
<< Perché ha ucciso quelle donne, Ford? >>
<< Chiamami Victor. I miei piccoli puzzle non sono serviti a niente? Avanti Isabel, rifletti. So che puoi rispondere da sola a tale domanda. >>
 
Ultima vittima. Corinne Collins. Nella foto potete notare uno zoom del frammento ritrovato... lettera R.
Angela Miller, seconda vittima del tagliagole, nel frammento c’è la lettera M.
Prima vittima: Christina Benton: trovate le lettere ATE.
Terza vittima, Sarah Ferguson, la sillaba BI.
 
<< Non lo so! Sono solo lettere sconnesse! >>
<< Avanti! >>
<< Mater! Ok una parola potrebbe essere madre... ma BI non so a cosa collegarlo... >>
<< Beh, questo perché mi avete interrotto prima che potessi darvi tutti i pezzi. Ti do un aiutino. >>
E mi lancia una foto e un libro.
Nella foto ci sono Ford col figlio Eric e una donna dai folti capelli neri e gli occhi verdi. Sul retro è segnata una data e i nomi Victor, Daisy e Eric.
<< Chi è la donna nella foto? >>
Silenzio.
Quello che credevo fosse un libro in realtà è un fumetto in bianco e nero, ma guardando la copertina, mi sembra di riconoscerlo. Fa parte di una collana uscita in edicola un paio di mesi fa. Il titolo dell’albo è mater morbi.
 
Mater morbi, materi morbi... M-ATE-R M-o-R-BI!
 
<< “La madre di tutte le malattie”. Hai... hai ucciso tutte queste donne solo perché somigliavano a Daisy? >>
<< Conosci il latino, ammirevole. Daisy era mia figlia. Tutti i soldi e le conoscenze che ho non hanno potuto salvarla dal male che l’affliggeva. Si è spenta nel giro di pochi mesi a causa di un tumore alle corde vocali. La morte mi ha distrutto la vita! E poi l’ho vista. Era la nuova postina. Quando è venuta a bussare alla mia porta non ho potuto fare a meno di invitarla dentro. Era la fotocopia della mia piccola Daisy. Nei mesi a seguire le sue visite si sono fatte sempre più frequenti e credevo di aver avuto dalla vita una seconda opportunità. Potevo ancora restare accanto a Daisy, potevo ancora occuparmi di lei e vivere di quei piccoli momenti di gioia. Ormai ero completamente solo, visto il crollo mentale di Eric dopo aver visto l’agonia di sua sorella. Ero così disperato che un giorno le chiesi se voleva trasferirsi da me e le raccontai di mia figlia. Ma lei impazzì. Mi disse che dovevo essere uscito fuori di senno, che mia figlia era morta e che era stata ormai mangiata dai vermi. Che dovevo dimenticarla e lasciare in pace lei e la sua inutile vita. >>
<< Questo non giustifica le tue azioni! >>
<< IO potevo rendere la sua superflua e miserabile esistenza, qualcosa di sensato! Avrebbe potuto essere la regina di questa e tutto quello che le chiedevo in cambio erano un paio di chiacchiere in compagnia di un povero vecchio come me! Meritava di tacere per sempre! Proprio come era successo alla mia povera bambina. >>
<< Ma poi hai continuato ad uccidere. Perché? >>
<< Perché mi chiedi? Io mi sono chiesto perché la mia piccola mi sia stata strappata via, ma nessuno mi ha risposto. E se quel Dio di cui tutti parlano esiste davvero, allora doveva pagare per quello che aveva osato farmi. >>
<< Perché hai dato la colpa a Eric? >>
<< Si è incolpato da solo, quando mi ha disubbidito ed è venuto a curiosare qui giù. Quando l’ho colto in fragrante si è spaventato ed è corso via con le mani ancora sporche di sangue. >>
<< Lei signor Victor Ford, pagherà per quello che ha fatto a tutte quelle povere ragazze. >>
<< Sai avevo proprio bisogno di un corpo nuovo per i miei aggiornamenti. Mi spiace agente, ma non credo uscirà viva da qui! >>
E così dicendo cerca di afferrarmi, ma prontamente gli assesto un calcio negli stinchi e Ford cade di schiena lamentandosi e maledicendomi.
 
Un attimo dopo la porta si spalanca ed entrano Alan con una squadra di supporto.
 
<< Fermo dove sei Ford! La dichiaro in arresto per gli omicidi attribuiti al serial killer il Tagliagole. Tutto quello che dirà potrà essere usato contro di lei. Forza ragazzi ammanettate il mostro. >>
<< Non si muova... >>
<< Isabel, stai bene? Ho sentito tutto dal cellulare. È tutto finito, andiamo a casa. >>
 
 
<< Dottore, Stella è morta vero? Quando l’avete tirata fuori era diventata viola. >>
<< Signorina Isabella, dovreste tornare a casa, è tutto finito adesso, non c’è più nulla che io possa fare qui . >>
<<  È tutta colpa mia! Se non l’avessi lasciata da sola... adesso... adesso... >>
<< Isabella!! Smettila di infastidire tutti! Lascia in pace tua sorella e il dottore. Torna a casa, c’è la nonna che ti sta aspettando. >>
 
Da allora non ti ho più rivista Mamma.
 
<< Complimenti ragazzi, anche questo caso è stato archiviato e fortunatamente non ne siamo poi usciti così ammaccati. Victor Ford finirà il tempo che gli resta in una cella d’isolamento e suo figlio Eric è in una clinica psichiatrica. Oggi, grazie a voi, un altro mostro è stato rinchiuso in gabbia. Adesso andate a riposare, ci vediamo domani. >>
<< Per una volta sono d’accordo con Thompson. >>
<< Aveva perso sua figlia in modo atroce. Non voglio giustificare ciò che ha fatto, ma questa storia fa riflettere su quanto la mente umana possa essere fragile. Un uomo amato e stimato da tutti, un ottimo chirurgo, ricco di famiglia, all’apparenza poteva dirsi un uomo più che fortunato e certamente felice della propria vita. Ma anche i migliori hanno un lato oscuro, una faccia nera che non mostrano a nessuno. >>
<< Beh, a domani Isabel. Ehi per chi sono quelle rose bianche? >>  
DAYSY FORD 19xx-20xx
<< Queste sono per te. >>


 
FINE 2° EPISODIO

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Capitolo 3
*** MEMORIE DAL PASSATO (GIALLO) ***


I’ve been walking in the same way as I did / Missing out the cracks in the pavement / And tatting my heel and strutting my feet…
 
<< Tanti auguri Isabel…la. È così oggi sono 26. Cazzo, sto invecchiando. E per giunta da sola. Ho bisogno di un caffè doppio malto per calmarmi e affrontare un altro schifo di giornata. >>
 
“Is there anything I can do for you dear? / Is there anyone I could call?” / “No and thank you” / “please Madam.” / “I ain’t lost, just wandering.”
 
<< Ah! Cavolo la lingua! Scotta, scotta! Dov’è il limone? Credevo di averlo comprato l’ultima volta che sono andata dal fruttivendolo. Mmm, ah! Eccolo. >>
 
Round my hometown / Memories are fresh / Round my hometown / Ooh the people I’ve met...
 
<< Buono. Ok, mi ci vuole una doccia. Dio la testa, che male! >>
Poggio la tazza nel lavello e dribblo con passo di danza la bottiglia di gin ai piedi del divano; acchiappo un paio di slip puliti e una maglietta extra large gialla dal cassetto sgangherato e sono pronta per una super doccia rinfrescante.
 
È questa era “Hometown Glory” della magnifica Adele, tutta per voi. Qui è radio ZetaTetha sono le 5.15 di un altro favoloso mattino qui a Constantine City. Buongiorno mondo.
 
 
Driiin-driiiiin
 
<< Arrivo! >>
Apro la porta e chi mi trovo di fronte?
<< Alan! Che ci fai qui a quest’ora del mattino? Tra l’altro oggi non lavoro, Thompson mi ha concesso il giorno libero. >>
<< Ehm... Isabel, mi... mi spiace disturbarti. >>
<< Come se tu non fossi un fastidio continuo. Dai entra non rimanere impalato sulla soglia. Ti avverto che ieri sera ho finito la mia scorta di superalcolici per cui ho solo orzo e camomilla. Serviti pure da solo, io cerco di domare questa massa informe di capelli che mi ritrovo. >>
<< Si... Isab... >>
<< Non far caso al disordine, sposta quel che trovi e accomodati pure sul divano. >>
<< È un po’ difficile spostare i residui di patatine. Comunque... >>
<< Dimmi pure. Cazzo che male! Maledetti nodi! >>
<< Isabel potresti indossare qualcosa alle parti basse? Tipo un pantalone? >>
 
Cosa?
Abbasso lo sguardo e noto con orrore che indosso solo una T-shirt di Spongebob giallo fluo e un paio di slip viola.
Cazzo! Cazzo!!
<< Oh, Alan per la miseria! Sei tu che vieni a casa mia alle 5.30 del mattino. Potevi dirmelo prima almeno, no? >>
<< Beh, c’ho provato... >>
<< Copriti gli occhi! >>
<< Ahi! >>
<< Che succede adesso? >>
<< Ho battuto la testa! >>
<< Ci credo, cammini per casa come un imbecille con gli occhi bendati! >>
<< Ma tu hai detto... Ah! Lascia stare. >>
<< Dai siediti ti prendo del ghiaccio. >>
 
Recupero dei mini pantaloncini di jeans e un panno da cucina dal mucchio indistinto ai piedi del letto e vado in cucina. Alan è steso sul divano con gli occhi chiusi.
 
Che testa di...!
 
Prendo dei cubetti di ghiaccio e li avvolgo nel panno di cotone, poi ritorno nella stanza principale che funge da anticamera, sala relax e pseudo ufficio e poggio il fagotto sulla fronte del mio collega.
<< Oh, finalmente. >>
<< Ora mi dici perché mi sei piombato in casa? E questi cosa sono? >>
 
Ai piedi del divanetto giace un bel mazzo di girasoli freschi e mimose profumate.
<< Sono per te. Tanti auguri Isabel. >>
Sono senza parole.
<< Te ne sei ricordato. Grazie. >>
<< Grazie a te per il bernoccolo. Ne ho sempre desiderato uno. Che ne dici se oggi andiamo a mangiare una fetta di torta al limone da Carlo’s insieme ad un freddo bicchiere di latte? È ottimo per il post sbronza solitario. >>
 
Quant’è carino. È un imbranato colossale, un nerd sfegatato, ma con me è sempre gentile e soprattutto è tenace. Se gli ho concesso un paio di uscite è proprio per la sua testardaggine e la sua caparbietà.
Peccato che si sia preso una cotta per la persona sbagliata.
<< Il tuo disordine e la tua sciattezza mi fanno venire la nausea lo sai? >>
Ecco, appunto.
 
Avanti Isa, accetta l’invito e stacca la spina per un po’.
 
<< Mi piacerebbe venire a mangiare un boccone con te Alan ma oggi ho un appuntamento. E poi devo rassettare questo buco di casa. >>
 
Perché diavolo non mi do mai ascolto?
 
<< Per quello ti aiuto io. In due si fa prima. >>
<< E che ho da fare. >>
<< Isabel sono abituato ai tuoi due di picche. Tranquilla, ci andremo un’altra volta. Anche se il tuo compleanno arriva una volta sola in un anno intero. >>
Cerca di alzarsi dal divano, ma lo scatto repentino gli fa girare la testa e barcollando mi cade addosso e mi ritrovo bloccata al suolo dal peso del suo corpo.
I nostri occhi sono fissi in quelli dell’altro, le punte dei nostri nasi si sfiorano, posso sentire il suo respiro fresco sulle labbra.
<< Io.. io devo andare. Auguri Isabel. >>
 
Stupido, stupido, stupido! Ti prego non farti spaventare da me.
Forza Isa è sulla porta, sta per andare!
 
<< Aspetta! Se vuoi puoi restare. Voglio dire, ho proprio bisogno di una mano qui e tu sei così pignolo che forse questa volta riesco davvero a mettere tutto in ordine. Sempre se non hai niente di meglio da fare, si intende. >>
Alan mi sorride e mi porge il mazzo di fiori, un trionfo d’oro e di profumo.
<< Trova un vaso per questi, poi cominciamo. >>
 
<< Come fai a vivere da sola e avere tutto questo caos in giro? >>
<< Perché vivo sola. E poi questo posto è una topaia tanto è minuscolo. >>
<< Non è così male. Sembra piccolo perché non ci si può camminare liberamente visto i mucchi di vestiti sparsi per l’intera superficie calpestabile. >>
<< Sei il solito rompi. >>
<< Ehi questa sei tu? >>
Alan stringe tra le mani una vecchia foto incorniciata. Ci siamo io e Stella in primo piano e i nostri genitori sullo sfondo.
<< È una vecchia foto di famiglia. Non la trovavo più da un po’. >>
<< Era infilata sotto il divano. >>
<< Davvero? >>
<< Isabel, non parli mai della tua famiglia. >>
<< Perché non ho nulla da raccontare. >>
<< Non sapevo neppure avessi una gemella! >>
<< Perché non c’è nessuna gemella. >>
<< Ma è proprio qui nella foto! Siete identiche. >>
<< È MORTA, ALAN, OK? >>
Mi ritrovo in piedi, la foto stretta nella mano sinistra, pezzi di vetro rotto sotto i miei piedi.
<< Isabel stai... stai sanguinando. >>
<< Cosa? >>
Il vetro della cornice si è frantumato sotto la pressione delle mie dita e la foto sottostante si è macchiata di sangue.
<< Vieni, troviamo qualcosa per disinfettare il taglio e medicare la ferita. >>
Mi sento sopraffatta dalle emozioni, la stanza gira tutta e la vista comincia a diventare vacua e lattiginosa. Mi accascio sulle ginocchia e Alan è lì che mi stringe forte, senza parlare. Il suo buon profumo mi invade le narici e lo stringo più forte a me, soffocando sul suo collo i miei inarrestabili singhiozzi.
 
 
<< La teiera è sul fuoco, tra poco sarà pronta una buona tazza di camomilla calda. Ho trovato anche un goccio di miele nella credenza, ti aiuterà a eliminare il peso che hai sul petto. >>
<< Bastasse solo questo, sarei riuscita a conciliare il mio sonno molti anni fa. >>
<< Si chiama Stella vero? È il nome che ripetevi in aereo, durante il caso Castiel – Golden. >>
<< Si, il suo nome era Stella. >>
 
Fiuuu!
<< È pronto. Non muoverti arrivo subito. >>
 
Fiuuuu!
<< Guarda quanto è lungo! È come fischia! Mi senti papà? >>
<< Isabella non urlare per favore, ci guardano tutti. >>
<< Papà perché siamo alla stazione? Dove stiamo andando? >>
<< In un posto molto bello bambina mia. >>
<< E perché la mamma non è con noi? >>
<< La mamma è con la nonna adesso. Stanno organizzando il funerale di tua sorella. >>
<< Papà perché piangi? Padre Fernando ha detto che Stella adesso vive in cielo con gli angeli e dorme sulle nuvole. Si starà divertendo un mondo lassù. >>
<< Sta’ zitta Isa! >>
<< Papà, sei arrabbiato di nuovo con me? >>
Dal treno scende una donna vestita di nero che si avvicina a noi. Si inginocchia e mi guarda dritta negli occhi. Mi fa paura.
<< Questa deve essere Isabella. Molto bene, da questo momento la sua custodia è affidata a me. Potete venire a trovarla in qualsiasi momento con un dovuto preavviso di almeno 15 giorni e in occasioni particolari, potete portarla fuori dall’istituto per un massimo di 2 ore. >>
<< Né io né mia moglie siamo intenzionati a venire. >>
<< Capisco. Bene, allora direi che abbiamo finito. Forza Isabella, prendi la tua valigia e sali sul treno. In carrozza ti aspetta suor Gertrude. >>
<< Papà?? Tu vieni con me? >>
<< No Isabella. Questo è un addio. Questa donna si prenderà cura di te e farà in modo che tu possa crescere in modo retto e garbato. >>
<< Ma io voglio restare a casa! Non conosco questa signora ma sembra cattiva! >>
<< Isabella ora basta! Sii rispettosa. >>
E mi dà un forte ceffone sulla guancia.
<< Comportati da grande. Addio >>
<< Forza signorinella andiamo. E non piangere. Imparerai ad essere più educata, a sopportare il dolore e reprimere le tue emozioni. >>
<< È sbagliato piangere? >>
<< Mostrare le proprie emozioni non è utile. Non è la cosa giusta da fare, specie in pubblico. Forza asciuga quelle lacrimucce e vieni con me. >>
<< Signora che cos’è un addio? >>
<< È quello che succede quando si è cattivi come te. >>
Fiuuuuu...
 
 
<< Ecco, prendi. Attenta, è bollente. >>
<< Non piangevo così forte da quando ero solo una bambina. Credo mi si sia rotto qualcosa dentro al petto. Mi mancano le forze. >>
<< È la corazza che ti sei costruita. Ora si capiscono tante cose. >>
<< Quali cose? >>
<< Isabel sei una donna fantastica! Sei forte, intelligente e sicura di te, ma il tuo chiuderti a riccio nei confronti della vita, lo stare sempre sulla difensiva... non riuscivo a spiegarmi il perché del tuo comportamento. Ma adesso... >>
<< Adesso credi di conoscermi? Solo perché mi hai vista in un attimo di fragilità? >>
<< Ehi, mostrarsi vulnerabili a volte non è così brutto come credi. >>
<< Parla per te. >>
E butto giù una lunga sorsata di camomilla che mi riscalda il cuore.
<< È buono con il miele. >>
<< Lo so. >>
<< Ehi Alan, oggi non devi andare a lavoro? >>
<< Ho il cercapersone acceso, nel caso avessero bisogno di me. >>
 << Ti va di accompagnarmi in un posto? >>
<< Certo, dove vuoi andare? >>
<< A casa. >>
 
 
<< Isabel, dove vivevi coi tuoi? >>
<< Lo chiedi per sapere quanto manca? >>
<< Lo chiedo perché abbiamo già preso due tram, un taxi e adesso siamo in treno già da più di venti minuti e credo che la destinazione sia ancora lontana. >>
<< Avevamo una casa in campagna, molto fuori mano e dislocata dalla città o anche solo dal centro della piazza principale, dove ogni venerdì si faceva il mercato. Mio padre gestiva una fattoria proprio alle spalle della nostra abitazione, tutto quello che ci serviva era proprio lì, sotto il nostro naso. Non ci allontanavamo spesso da casa se non per qualche piccola gita nel bosco e qualche raro picnic. >>
<< E da quanto vivi in città? A quanti anni hai lasciato questo posto dimenticato da Dio? >>
<< Ho trovato casa a 18 anni. Ma ho lasciato casa mia quando ne avevo 6. Dopo la morte di Stella, i miei genitori mi hanno affidato ad un istituto gestito da suore. >>
<< Perché ti hanno fatto questo? Perdere una figlia non era abbastanza? >>
Bella domanda Alan.
<< Beh.. mia madre ha... ha avuto un crollo di nervi, ecco. Non riusciva a badare a me dopo il forte trauma subito. >>
<< E tua sorella, come... >>
<< Era malata di polmonite. Una forma molto acuta e violenta. >>
Mi affretto a dirgli e la conversazione si stronca lì.
Alan è intento a guardare gli alberi che sfrecciano veloci dal finestrino della nostra cabina e sembra assorto nei suoi pensieri.
<< A cosa pensi? >>
<< Al fatto che sei una pessima bugiarda. >>
<< Come? >>
<< Quando menti rotei gli occhi all’insù e scrolli le spalle con finta indifferenza. >>
<< Mi fai paura. >>
<< AhAhAh. Scusa! Hai ragione sono uno stolker! >>
<< Lo puoi ben dire. >>
<< E solo che ti osservo, tutto qui. >>
<< Ho notato! >>
 
<< Ancora mal di testa? >>
<< Un po’ >>
<< Vado nel vagone ristorante e ti prendo un caffè. >>
<< Sarebbe meglio un bicchierino di vodka. >>
<< Curi la sbornia bevendo cicchetti? >>
<< Mai stato ubriacato tu, vero? È la prima regola dell’alcolista: chiodo scaccia chiodo. >>
<< Si come vuoi, ma facciamo a modo mio ti va? >>
<< Ok, vada per il caffè, ma che sia bello forte. >>
 
Un’ora più tardi...
 
<< Eccoci arrivati. >>
Un cartello ci avverte che abbiamo messo piede ad “Halloween Town” come amo definire io questo posto, con una mastodontica avvertenza luminosa da sottotitolo:
“Attenti alle merde di vacca!”
 
Home sweet home.
 
<< Bene. Dove possiamo prendere un taxi? >>
<< Vedi Alan, da qui si estendono ettari ed ettari di campi coltivati e lunghe spighe di grano dorate che si stagliano in alto verso il cielo. E non c’è nemmeno l’ombra di un veicolo a quattro ruote che caga smog sulle loro preziose e vergini terre. >>
<< Quindi mi stai dicendo che dobbiamo incamminarci per sentieri sdrucciolosi e scalare colline per chissà quanti kilometri, il tutto sotto il sole cocente? >>
<< Comincia a buttar via la giacca e ad allentare il nodo alla cravatta! >>
 
 
 Hello darkness my old friend / I've come to talk with you again / Because a vision softly creeping / left it's seeds while I was sleeping / And the vision that was planted in my brain still remains / within the sounds of silence...
In restless dreams I walked alone / for narrow streets of cobblestone / 'neath the halo of a streetlamp / I turned my collar to the cold and damp / when my eyes were stabbed by the flash of a neon light / split the night and touched the sound of silence.
 
Camminiamo per ore sotto il sole, percorrendo sentieri solitari e alquanto instabili, incrociando mucche e pastori, vecchi e giovani, bambini che giocano con il fieno e coltivatori di terre intenti nella raccolta dei loro frutti.
 
And in the naked light I saw / ten thousand people maybe more / people talking without speaking / people hearing without listening / people writing songs that voices never share no one dare / disturb the sound of silence…
"Fools" said I "you do not know / silence like a cancer grows / hear my words that I might teach you / take my arms that I might reach you" / but my words like silent raindrops fell… / and echoed the will of silence.
 
Tutti ci guardano in cagnesco, perché in un posto come questo una faccia nuova la riconosci subito, e una faccia nuova non è mai ben accettata qui. Tutti si conoscono tra loro e nessuno vuole guai. Se ti ritrovi faccia a faccia con uno di città, la prima cosa che pensi è “buon Dio quel tizio vuole comprare la mia terra per costruirci sopra una superstrada!”
Ed eccoci qui, quelle facce silenziose e abbronzate per il sole preso a chiazze nei campi di lavoro durante il maggese, mi mettono ancora paura, come prima, come sempre.
 
And the people bowed and prayed / to the neon god they made / And the sign flashed out its warning / in the words that it was forming. / And the sign said, "The words of the prophets are written on the subway walls, and tenement halls" / and whisper the sound of silence.
 
<< Siamo arrivati. >>
In un campo di margherite appena fiorite, si staglia sovrana una lapide marmorea sulla quale si può leggere il nome “Stella” e vedere una sua fotografia. L’epitaffio recita:
“Ora dormi sulle nuvole bambina mia, coi tuoi angeli e le fate.”
 
<< Ciao Stella, quanto tempo. Questi sono per te, da parte del mio amico Alan. >>
<< Peccato si siano sciupati durante il tragitto. I girasoli hanno abbassato le loro teste. >>
<< Non importa, è il pensiero che conta. Tanti auguri sorellina. >>
<< Ehi, io vado a fare un giro per questo meraviglioso campo di margherite ok? >>
 << Alan, è un cimitero! Forza siediti qui con me. Anche se ti sembra assurdo, ho bisogno di parlare un po’ con mia sorella. Tra gemelle funziona così per tua informazione. >>
<< D’accordo. Piacere di conoscerti Stella, io sono Alan, il suo futuro marito. >>
<< COSA?!?! >>
<< Scherzavo!! >>
<< Torna subito qui!! ALAN!!! >>
 
 
<< Sono le 7 di sera, sarà meglio ritornare o perderemo l’ultimo treno che ci riporta in città e poi domani chi lo sente Thompson! >>
<< Visto che siamo qui, potresti fare un salto dai tuoi genitori, che ne pensi? >>
<< Penso che posso affrontare uno spirito alla volta. >>
<< Anche i tuoi genitori sono... beh ecco passati oltre? >>
<< Vuoi dire trapassati oltre?? Hahaha. Non intendevo dire questo. Mi riferivo ai miei spiriti passati. Magari un’altra volta. >>
<< Ok allora andiamo. >>
 
In treno...
 
<< Sai Alan, era davvero molto tempo che non facevo visita a mia sorella e per la prima volta dopo tanto, non mi sono sentita in colpa per quello che è successo. >>
<< E perché avresti dovuto sentirti in colpa. >>
<< Non lo so. È quello che mi hanno fatto credere i miei genitori e mia nonna. Io li detesto. >>
<< Probabilmente avevano solo bisogno di trovare qualcuno su cui accanirsi. Erano distrutti dal dolore e tu sei così simile a Stella. Probabilmente ogni volta che ti vedevano, gli saltava alla mente la figlia che gli era stata strappata via ingiustamente. >>
<< Questo non li giustifica affatto. >>
<< Certo che no. Ma almeno tu potresti sentirti apposto con te stessa e liberarti da questo senso di colpa che ti opprime l’animo. Credo che a Stella sarebbe piaciuto vederti vivere la tua vita appieno invece di sprecarla e buttarla via bevendo fino a stare male ed evitando ogni rapporto umano. >>
<< Ehi, a te do retta un pochino. Non evito tutti. >>
<< Ne sono onorato. >>
<< Sono stanca morta. >>
<< Anche io. Il viaggio è lungo, riposiamo un po’. >>
 
E quella volta, su quel treno, dormii senza fare incubi, con Alan al mio fianco.
 
Quando mettiamo piede a terra il cielo sopra di noi sembra volerci inghiottire. È tutto così buio e non si vede nemmeno una stella brillare nel firmamento. In compenso ci sono alti lampioni, cartelloni pubblicitari, semafori e insegne al neon di locali notturni.
<< Finalmente siamo tornati a casa. Caro vecchio smog, quanto mi sei mancato! >>
<< Smettila, dai. Ci siamo divertiti tutto sommato! >>
<< Ho bisogno di una doccia e del mio vecchio amico. >>
<< E chi sarebbe? >>
<< Linux. >>
<< Eh? >>
<< Lascia stare. >>
<< Ahahah. >>
<< E adesso perché ridi così? Stai soffocando. >>
Mi avvicino ad Alan e gli tolgo via dai capelli i residui di una spiga di grano.
<< Mio Dio quella cosa è stata sulla mia testa per tutto il tempo?? La mia reputazione da latin lover sta decisamente perdendo colpi con te al mio fianco. >>
Poi mi porge il suo braccio a cui aggrapparmi e ci avviamo verso il mio appartamento con l’aria più stanca che mai.
 
<< Beh allora buonanotte Isabel. Ci si vede domani a lavoro. >>
Si volta per andar via e con una mano levata verso il cielo blu notte ferma al volo un taxi.
Io sto lì sulla soglia di casa a ciondolare e giro e rigiro il mazzo di chiavi tra le dita che tintinna gaiamente.
 
Sbrigati fermalo!
 
<< EHI ALAN! >>
Si volta, lo sportello dell’auto già semiaperto.
 
Ok si è voltato. Ora invitalo dentro.
 
<< Vuoi venire a bere qualcosa? >>
 
Sorride e sbatte forte la portiera del taxi. Si china verso il conducente e gli dice qualcosa che somiglia ad uno “scusi”, poi si avvicina e mi dice:
<< Hai dimenticato che il tuo frigo è vuoto. Mi offri una tazza di orzo o di camomilla? >>
<< Non infierire, accetta l’invito e basta. >>
<< Opto per un bicchier d’acqua allora. >>
 
Entriamo in casa, Alan si siede sul divano ed io mi dirigo in cucina.
<< Ecco a te la tua acqua, ma non ho il ghiaccio, l’abbiamo utilizzato tutto stamattina. >>
<< Peccato, poteva passare benissimo per un bicchiere di gin con un paio di cubetti. >>
Mi siedo anch’io sul divano al suo fianco e raccolgo i pensieri per essere più chiara e concisa possibile.
<< Ok, sarò breve. >>
<< Ti ascolto. >>
<< Non interrompermi. >>
<< Muto come un pesce. >>
E con le mani finge di cucirsi la bocca.
<< Ti ringrazio per aver passato l’intera giornata con me. È stato il compleanno più bello che potessi mai desiderare ed in verità è il primo che festeggio da moltissimi anni. >>
Secondi di silenzio.
<< E ora puoi parlare! >>
 
Che stupidone.
Oddio! Perché sto pensando a lui con vezzeggiativi smielati?
 
<< Non devi ringraziarmi, sono stato davvero bene con te. >>
I suoi enormi occhi azzurri sono a meno di mezzo centimetro dalla mia faccia e non riesco a distogliere lo sguardo. Mi sento scuotere da forti brividi, ma non è come quando senti freddo. È qualcosa di stranamente piacevole. Sento il cuore battere forte e ho paura che possa esplodere da un momento all’altro. Strani crepitii partono dalla radio in cucina.
 
Ecco l’ultimo pezzo della giornata: Skyfall. Magnifica serata a voi, mondo!
This is the end / Hold your breath and count to ten / Feel the earth move and then / Hear my heart burst again…
For this is the end / I've drowned and dreamt this moment / So overdue I owe them / Swept away I'm stolen / Let the sky fall / When it crumbles We / will stand tall / Face it all Together…
 
<< Isabel? >>
<< Si? >>
<< Ho un regalo per te. >>
E poi le sue labbra sono sulle mie. E un bacio dolce, il più dolce del mondo. La sua lingua sfiora il contorno delle mie labbra delicatamente, quasi fosse un alito di vento. Un attimo dopo sono sopra di lui, le mie mani sotto la sua camicia, le sue dita tra i miei capelli.
Alan mi tiene stretta tra le sue braccia; è forte eppure allo stesso tempo la sua morsa mortale sembra un abbraccio pieno d’amore.
Mi ritrovo avvolta dalle fresche e candide lenzuola del mio letto vuoto da troppo tempo e sento il suo respiro affannoso sul mio collo.
La sua bocca corre lungo tutto il mio corpo, sfiorando appena la mia pelle diafana.
I nostri corpi sgusciano dai loro involucri, gli strappo di dosso la camicia, lui mi sfila gli slip così delicatamente che quasi non me ne accorgo.
Volano indumenti ovunque, la sua bocca corre sui miei seni piccoli e turgidi, i miei denti gli mordicchiano un lobo.
Mi tira su di lui, siamo seduti al centro del grande lettone e Alan mi stringe forte a sé; adesso siamo una cosa sola.
I nostri corpi si uniscono in un'unica meravigliosa cosa. Un calore indescrivibile m'avvolge e mi lascio inebriare dal profumo della sua pelle, senza che Alan se ne accorga.
Timidamente, scivolo sul suo petto, scoprendo il suo corpo palmo a palmo, ardendo di una passione inaspettata e violenta che mi spinge a chiedere ancora, insaziabile.
È muscoloso, quasi statuario, perfetto. I suoi capelli bruni sono una cascata di riccioli ribelli, le sue labbra carnose, sono il peccato capitale più dolce.
Le mie labbra baciano ogni lembo di carne che ricoprono il suo essere, bramose di quella amabile e allettante sensazione che mi colpisce alla testa, rendendo la mia vista acquosa.
Le sue mani si stringono più forte a me, mescolando dolcezza e vigore, alternando baci e dolci parole sussurrate al mio orecchio.
Sono sua tutta la notte e, avidamente, desidero esserlo per tutte le notti future.
Per tutte le notti del mondo.
Per sempre.
Non ho più voglia di dormire da sola, Alan. Ti prego resta con me.
 
 
Bip-bip-bip *click*
6.30 Un altro giorno.
Il sole non è ancora sbucato da dietro quelle grosse nuvole grigie. I vetri sono macchiati, forse stanotte ha piovuto. Cerco la mia amica di sempre sul comodino, ma non c’è. Né lei né le mie pillole scaccia sogni.
Guardo il mio corpo avvolto dalle lenzuola, sono ancora nuda, ma la mia maglietta di Spongebob è poggiata sullo sgabello ai piedi del letto.
 
Quindi è successo davvero.
 
Mi volto di scatto ma lui non c’è.
Il mio letto è ancora quello di una volta, sempre vuoto, sempre troppo grande per una persona
sola come me.
 
Porca puttana Isabel sei andata a letto col tuo collega di lavoro che è sgusciato via mentre tu dormivi candidamente come un ghiro in letargo. Sei la sensualità fatta persona, complimenti!
 
Ok. Tempo scaduto per l’autocommiserazione. In fondo sei sempre tu, la donna cinica e spietata che non si fa toccare da nulla. Ora ti vesti, vai in ufficio e lo affronti. Gli dici che è stato un momento di debolezza, che andava ad entrambi e che non ti mancheranno assolutamente le sue dolci mani sul tuo corpo e i suoi baci che rincorrono la tua schiena.
Si, più o meno così può andare.
 
*crash*
 
<< Che... >>
Chi diavolo c’è in cucina?
Prendo la Glock dal cassetto e mi avvicino furtivamente alla fonte del rumore.
Maledetto topo di fogna, chi sei un ladruncolo da quattro soldi? Sei nel posto sbagliato amico mio.
E ancora buio, ma riesco a distinguere una sagoma in piedi di fronte al frigo. Arrivo di spalle, non ha scampo. Miro alla spalla, sto per sparare quando la sagoma apre lo sportello del frigo illuminando il volto del mio intruso.
<< ALAN! >>
<< Oddio! Isabel, posa quella pistola! >>
<< Scusami avevo sentito un rumore. >>
<< Non pensavo che prepararti la colazione fosse un reato punibile con la morte! >>
<< Mi dispiace! E che casa mia è sempre vuota e... >>
<< E credevi che fossi sgattaiolato fuori dal tuo letto, appena ne avessi avuto l’opportunità vero? >>
Accidenti!
<< No! Beh, un pochino, ma solo per un istante! >>
<< Il tuo frigo è misero. Non dovresti sempre mangiar fuori nei fast food. Comunque ho trovato delle uova e del latte, ti preparo delle omelette, tu corri  a fare una doccia, Thompson ci distruggerà oggi. >>
<< Non darmi ordini. Sulla mia voglio lo sciroppo d’acero. >>
 
 
<< Perché siamo andati a lavoro insieme? >>
<< Perché mi fai questa domanda? >>
<< Beh sei tornato a casa tua per prendere dei vestiti puliti, non c’era bisogno di passare a prendermi. >>
<< Isabel? >>
<< Che c’è? >>
<< Stai rinnegando ciò che è successo stanotte? >>
<>
<< Signorina Isabel! Signorina Isabel! >>
<< Carlo! Buongiorno. >>
<< Buongiorno signorina Isabel. Agente Moore. Ho qui per lei quei fascicoli che mi aveva chiesto. >>
E mi porge un involucro giallo imbottito.
<< Grazie Carlo ti devo un favore. >>
<< Si figuri. Sempre al suo servizio. Buon lavoro. >>
<< Anche a te Carlo. >>
Mi volto e lo sguardo di Alan è sconvolto.
<< Che hai? >>
<< Perché Carlo si rivolge a me chiamandomi Agente e con te usa il tuo nome di battesimo? >>
<< Il mio nome di battesimo è Isabella. E poi non dirmi che sei geloso. Tra l’altro è un ragazzino. >>
<< Di questo ne riparleremo. Stai lavorando ad un caso indipendente? >>
<< Anche di questo ne riparleremo. Ora corriamo da Thompson. >>
 
Mi siedo alla mia scrivania e scarto il pacco che mi ha consegnato Carlo. Dentro c’è il fascicolo che riguarda il caso dell’omicidio di mia sorella e l’indirizzo del suo assassino. Bravo ragazzo.
Dall’ultima volta che l’ho visto, il tizio si è fatto una plastica facciale e a cambiato i suoi dati anagrafici, credendo così di rimanere nell’ombra, a quanto pare senza successo.
Dopo quella fatidica notte, venti anni fa, la notte dell’omicidio di Stella, ho rivisto il volto del suo assassino un’altra volta. E quella volta è stato per vendicarmi.
Ma purtroppo ho commesso un errore fatale e quel viscido è riuscito a farla franca. Ma questa volta non sbaglierò. Quando ci rincontreremo sarà l’ultima volta.
 
*toc-toc*
 
<< Isabel, scusa se ti disturbo, ma il vecchio sta facendo una bella strigliata ad Alan e il mio ufficio è troppo vicino all’area di guerra. Non è che posso rintanarmi qui fino a che la bufera non è passata? >>
<< Certo Maggie. Tu resta qui, io vado a vedere cosa succede. >>
 
Mi affaccio in corridoio e tutto quello che vedo è Davide che indietreggia di fronte la mostruosità di Golia.
 
<< Questo è un lavoro serio! Ieri avevo bisogno di te qui! Dove diavolo sei stato! Se proprio non ti va di venire in ufficio a lavorare, da oggi puoi continuare pure a poltrire a casa tua! Sei sospeso dal servizio a tempo indeterminato! Ed ora levati di torno! Ti voglio fuori da questo ufficio in meno di 2 minuti! >>
<< Come vuole Signore. Questo è il mio distintivo, il badge e la pistola. >>
<< Bene. E ora sparisci. >>
 
<< Alan che stai facendo, non puoi andartene! >>
<< Tranquilla posso lavorare anche da casa. >>
<< La colpa è solo mia! Ora vado in ufficio e gliene dico quattro! >>
<< Così uccideresti il mio orgoglio maschile, Isa. Va tutto bene, non metterti nei guai anche tu. Ci vediamo. >>
 
Gli volto le spalle senza controbattere e mi rintano nel mio ufficio. Lavoro senza sosta tutto il giorno, Thompson mi sta col fiato sul collo. Esamino prove balistiche in laboratorio, altri casi vengono riaperti, i centralini squillano all’impazzata, la pazienza del capo sembra dissolversi ogni 3 minuti, le scartoffie ricoprono l’intera scrivania. In un batter di ciglia, la giornata e letteralmente scivolata via e il mio fascicolo è sommerso da innumerevoli altri casi.
<< Isabel, il tuo lavoro per oggi qui è terminato. Torna a casa. Gli agenti stanchi sono agenti inutili. Ci si vede domani. >>
 
Prendo le mie cose e mi lascio alle spalle gli orrori che domani mi daranno il loro macabro buongiorno e controllo il cercapersone. Non ha fatto altro che vibrare tutto il giorno e sul cellulare ci sono numerose chiamate senza risposte. Sono tutte di Alan. Ora non ho tempo di pensare a lui, mi dico, fermo un taxi e torno a casa. La mia caccia all’uomo è appena cominciata.
 
 
Lunedì.
Sono passati diversi giorni dal mio compleanno e da quello che è successo in camera mia con Alan e le cose sembrano essere tornate quelle di sempre: nessuno ha mai un momento di riposo, le corse frenetiche per i vari dipartimenti sono sempre all’ordine del giorno e il boss non fa altro che farci ramanzine e strigliate di capo ogni volta che può. Già tutto sembra essere esser tornato al proprio posto tranne che per un particolare; Alan.
È rimasto a casa 2 giorni, nei quali ha provato invano di contattarmi.
Se cerco di avvicinarmi con una scusa, mi risponde che è oberato di lavoro e sparisce dietro i suoi schermi e i suoi numerini cibernetici. Non mi sforzo più di tanto di attaccar bottone; sembra che quello che è successo, sia stata solo una parentesi di vita ormai già dimenticata, e a me va bene così, o almeno cerco di convincermene.
La mia caccia all’uomo non prosegue come sperato. Il tizio è furbo, non ha carte di credito, cellulare o mobili e immobili di proprietà da cui un agente può risalire ai suoi spostamenti. Tutto quello che ho è una faccia su un tabellone.
 
Giovedì
L’aria in ufficio è diventata irrespirabile. La freddezza di Alan mi lascia senza parole. Non mi saluta e si rivolge a me solo se è strettamente necessario, sempre e solo per lavoro. Così non posso andare avanti...
 
Domenica
 
*toc-toc*
<< Ciao posso aiutarti? >>
Ad accogliermi sulla soglia di casa Moore c’è una donna su 30, la pelle rovinata da troppe lampade solari, rossetto rosa shocking, big babol coordinata tra i denti, capelli sfibrati da fin troppo finte tinte color biondo platino, occhi azzurri incorniciati da lunghissime ciglia ricurve, anch’esse rigorosamente made in china.
<< Cercavo Alan. È in casa? >>
Si aggiusta il mini top azzurro all’altezza del seno siliconato e con le sue unghia da Barbie smaltate di un giallo canarino si scosta una ciocca di capelli, sembrerebbero extention.
 C’è qualcosa di umano in questa donna?
<< Al momento è sotto la doccia, chi lo desidera prego? >>
<< Lasci perdere. Scusi il disturbo. >>
Mi volto per andar via quando il cyber alle mie spalle comincia a starnazzare come un’oca giuliva.
<< Aspetta, io ti ho già vista! Tu sei la collega di Alan giusto? Lavori con lui. ti ho vista all’aeroporto quando siete partiti per uno dei vostri casi. >>
Mi volto e la guardo meglio.
Massì ora ricordo chi sei: la groopy di un motociclista Harley Davidson!
<< Già ora ricordo. Tu sei Karoline giusto? >>
 
*Pof*
 
Una bolla grande quanto una casa le scoppia sul viso.
<< Katerine. >>
<< Katerine, bel nome. >>
<< Accomodati, Alan ha finito. >>
E fa un ampio gesto col braccio scheletrico invitandomi ad entrare.
<< Aspetta qui. >>
Mi indica il divano e si volatilizza in cucina. L’appartamento di Alan è davvero diverso dal mio. Tutto è in un ordine quasi maniacale, ogni ambiente della casa è ben collocato e diviso dagli altri  e una magnifica vista sulla città si staglia su un intero lato della casa.
La Barbie botulinica ritorna con un vassoio ricolmo di biscotti, caffè, latte e dolcificante.
<< Serviti pure. Quando vedi Alan digli che sono andata via e che ci vediamo domani mattina. Buona serata lavorativa. >>
L’ultima frase suona come una minaccia.
<< Riferirò. >>
E detto ciò si infila i lunghi e altissimi stivali neri di pelle nera lucida e una giacca leopardata ed esce dall’appartamento con la massima disinvoltura.
Subito dopo compare sulla soglia opposta una sagoma.
<< Isabel! Che ci fai qui? >>
Mi volto per dirgli qualcosa ma le parole mi si bloccano in gola. È quasi totalmente nudo se si esclude un mini asciugamano di cotone che gli cinge teneramente i fianchi. La sua pelle e ancora bagnata e accaldata dal getto bollente d’acqua. Piccole goccioline scendono giù dai suoi capelli bruni e corrono veloci lungo i suoi pettorali scolpiti.
Sembra notare il mio sguardo imbambolato e si affretta a dire:
<< Scusa l ‘aspetto. Non aspettavo nessuno. Vado ad indossare qualcosa di comodo e ti raggiungo. Suppongo che adesso siamo pari. >>
<< Va bene anche così! >>
Ma che ti salta in mente Isabel!!
<< Perché sei qui? >>
<< Ho bisogno del tuo aiuto per un caso. Sono una frana con i computer e devo trovare una persona. È importante. >>
<< E solo per questo che sei qui? >>
<< Si. >>
<< Beh Isabel, non ho voglia di aiutarti. >>
<< Perché mi tratti in modo diverso. In ufficio mi eviti come la peste. Cosa è cambiato tra di noi? >>
<< Cosa, dici? Isa siamo andati a letto una settimana fa! forse per te non significa nulla, ma scusami se mi sono sentito un emerito cretino a credere di piacerti davvero! Invece a quanto pare sono stato solo un giocattolino per te. Spero tu ti sia divertita. >>
<< Come osi dire questo. Sei un’idiota! >>
<< Oh si che lo sono! Dici che io ti ho evitato e tu invece? Ti ho chiamata cento volte e tu hai di proposito preferito non rispondere. >>
<< Sai una cosa, posso chiedere a Jack questo favore, di certo sarà molto più disposto di te ad offrirmi il suo aiuto senza dover pregare come ora sto facendo con te. >>
<< Certo, ammesso che te lo porti a letto. >>
 
*sbam*
 
Un sonoro schiocco scoppia nell’aria. La guancia di Alan si tinge di rosso.
E subito dopo i miei occhi si riempiono di lacrime.
<< Isabel... mi, mi dispiace, scusami. Non ho alcun diritto di parlarti così; se non vuoi creare qualcosa con me, non posso di certo fartene una colpa. >>
<< Sta’ zitto! Sei uno stupido! Pensi davvero che io vada a letto con il primo che capita? Che mi porti a casa tutti gli uomini che incontro per riempire una qualche carenza d’affetto? >>
<< No. >>
<< Sei un imbecille come tutti gli altri! >>
Corro verso l’uscita, ma Alan e più veloce di me e con un braccio blocca la porta impedendomi di andar via.
Nella foga il piccolo asciugamani vola via e giace a terra privo di vita dopo un debole vorticare a mezz’aria.
<< Sono un vero idiota, perdonami. La mia è solo gelosia. Non penso assolutamente tutto quello che ti ho detto. >>
<< Tu mi giudichi e pretendi di psicanalizzarmi, quando in realtà sei tu quello che tradisce la sua ragazza. >>
<< Cosa? Ma di che stai parlando? >>
<< Della sciacquetta bionda che mi ha aperto mentre eri sotto la doccia. >>
<< Katerine? Praticamente mi fa da mamma! Mette apposto casa, cucina e stira tutto qui! >>
E scoppia in una fragorosa risata.
<< A me piacciono le rosse lentigginose Isabel. >>
Tutto quello che ricordo dopo e la sua pelle umida sulla mia e la mia lingua strisciare nella sua bocca.
 
Un altro Lunedì.... alba
 
*brrrmm*
<< Il tuo stomaco brontola. Ho solo uno yogurt magro in frigo, ma non ho tazze, quindi dovrai mangiarlo dal mio stomaco. >>
<< È allettante, dico davvero, ma devo passare. Ho davvero bisogno del tuo aiuto per risolvere una volta e per tutte una questione in sospeso. >>
<< Cosa cerchi? >>
<< L’assassino di mia sorella. >>



FINE 3° EPISODIO

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