Crescere un re

di Rosebud_secret
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un salto indietro ***
Capitolo 2: *** Le prime discrepanze ***
Capitolo 3: *** Lontano dalla corte ***
Capitolo 4: *** Compromessi e menzogne ***
Capitolo 5: *** La giusta motivazione ***
Capitolo 6: *** Preoccupazione ***
Capitolo 7: *** Corri via! ***
Capitolo 8: *** Sarebbe stato il giorno ***
Capitolo 9: *** Sorella del freddo ***
Capitolo 10: *** Con le spalle al muro ***
Capitolo 11: *** Fino all'ultimo respiro ***
Capitolo 12: *** Il mondo è crudele ***
Capitolo 13: *** Io sono Fenrir ***



Capitolo 1
*** Un salto indietro ***


Growing a King
Cambiare ogni cosa, era stato quello il suo intento.
Attraversare gli eoni del tempo, rompere i sigilli e tornare indietro, infrangendo le leggi fisiche e piegandole al proprio volere.
Impedire che Odino trovasse il se stesso bambino era stato semplice, uno scherzo, ma ora, dentro quella gelida grotta di Jotunheim non sapeva che fare. Il piccolo sé gli piangeva tra le braccia, disperato, solo ed affamato.
La prova che lui, adulto, fosse ancora lì e non fosse in qualche modo cambiato, gli confermò l'ipotesi di trovarsi non nel suo vero passato, ma in una copia dimensionale alternativa, forse, creata proprio da lui stesso.
Abbassò gli occhi verdi, guardando il volto di quello che, un domani lontano millenni, sarebbe stato lui.
Provò un moto di disgusto e repulsione. Strinse tra le mani quel piccolo corpo, frantumando le sue ossa. Il bambino pianse disperato e Loki lo scaraventò contro la nuda roccia, sfondandogli la testa e abbandonandolo nella neve. Vedere il bianco sciogliersi in un rigagnolo di caldo sangue rosso gli fece increspare le labbra in sorriso.
Non provava vergogna per quel che aveva fatto e neanche raccapriccio. Quel bambino non era niente e valeva ancora meno.
Si ripulì le mani nella neve e si rialzò, indeciso su come muoversi. Viaggiare nel tempo richiedeva cautela ed attenzione, non si poteva prendere la cosa alla leggera. Non era ancora del tutto certo di trovarsi all'interno di una realtà alternativa, ma il fatto di non essere svanito con la morte del bambino lo rassicurò. Ucciderlo era stato un gesto di istinto, non dettato dalla prudenza.
Quale che fosse la reale situazione, si concentrò nuovamente, trasportandosi nel futuro, lungo quella stessa linea temporale. Non di molto, solo qualche secolo. Viaggiò anche nello spazio, ricomparendo di fronte ai cancelli di Asgard.
Rivedere la città scintillante gli provocò un dolore al petto, sordo e con il retrogusto di rabbia, ma decise di non darvi peso. Solcò le porte d'oro, senza preoccuparsi di celare il suo volto.
Lì nessuno lo conosceva, lì non era neanche mai esistito.
Avanzò a testa alta lungo le vie, beandosi del chiacchiericcio della gente che, per una volta, non lo guardava intimorita e non borbottava preghiere al suo passaggio. Era una strana sensazione. Si era sempre crogiolato nella paura che il popolo nutriva nei suoi confronti: lui era lo stregone, il serpente, il lupo; quindi quell'indifferenza gli risultava quasi piacevole, dopo un'intera vita passata ad ignorare gli insulti del prossimo. Riflettendo raggiunse la consapevolezza di esser sempre stato visto come un mostro, anche prima che i suoi veri natali venissero resi noti. E, sì, questo fece male.
Intravide una nutrita folla di fronte all'ingresso principale della reggia e si incuriosì, avvicinandosi alla guardia.

- Che sta succedendo? -, gli chiese.

L'armigere lo scrutò con attenzione, esaminando l'armatura che l'altro indossava, il suo elmo cornuto e l'alabarda che stringeva in mano. - Il divino Odino sta cercando un nuovo precettore per il principe Thor. Da dove venite? -.

Loki sorrise, - Dal Nord, amico mio, dal Nord. -.

- Siete un mago? -, gli occhi della guardia si fecero attenti e sospettosi.

- Qualcosa del genere, sì. ma soprattutto sono uno studioso. Ditemi, è ancora possibile prendere parte alle convocazioni per l'impiego?  L'inverno è ormai prossimo e non mi dispiacerebbe affatto passarlo al riparo, per una volta. -.

Quella era davvero un'occasione inaspettata che non si sarebbe lasciato sfuggire. Aveva già ideato diversi piani per avvicinarsi alla famiglia reale, ma erano tutti di indice probabilistico insoddisfacente.

- Consegnate la vostra arma all'ingresso, comunicate il vostro nome allo scrivano e mettetevi in coda con gli altri. -, rispose la guardia.

- Vi ringrazio infinitamente. -.

Loki chinò il capo con deferenza e fece come gli era stato indicato.
Esaminò gli altri uomini: erano tutti anziani, i classici parrucconi che a Thor non erano mai piaciuti. Conoscendo il fratello (che, stando ai suoi calcoli, doveva essere appena più che adolescente) e ben conscio della sua scarsa propensione allo studio, si disse che, se si fosse dimostrato affabile a sufficienza, quel posto sarebbe stato suo.
A quel punto si sarebbe insediato a corte, si sarebbe fatto degli alleati. Solo a quel punto avrebbe ucciso Odino, il giovane Thor, persino Frigga e si sarebbe preso il regno che gli spettava di diritto. Un piano semplice, quasi elementare.
Quando fu il suo turno due guardie lo scortarono sino al salone del trono. L'interno del palazzo era uguale a come lo ricordava, nulla sembrava esser mutato a causa del suo viaggio temporale.

-Loki, dalle Terre del Nord.-, lo introdusse la guardia.

Tolto l'elmo, lo strinse sotto braccio, si inginocchiò ai piedi di Odino e rimase in silenzio, seguendo il protocollo: solo il re poteva parlare per primo.

Il Padre di tutti gli dei si alzò e scese i gradini che li separavano. - Siete giovane. Loki e poi? -, lo interrogò.

- Loki e basta, mio signore. -.

- Nessun patronimico? -.

- Sono orfano, non ho mai avuto modo di conoscere i miei veri genitori e coloro che mi hanno cresciuto preferisco dimenticarli. -.

Odino incrociò le braccia al petto. - Non ci si può fidare di un uomo senza storia. -

- Il fatto che non abbia genitori non significa che non abbia una storia! -, Thor sgusciò fuori dalla tenda dietro cui si era nascosto e, suo malgrado, Loki si ritrovò a sorridere.

Era giovane, il dio del tuono, poco più di un ragazzo adolescente, benché avesse già diversi secoli alle spalle. Non portava ancora la barba e i lunghi capelli biondi gli conferivano un aspetto vagamente femmineo. L'ultima reminiscenza di una fanciullezza prossima a scorparire nel corpo di un uomo.
Avanzò verso il padre, sfrontato com'era solito conoscerlo, ma c'era qualcosa di diverso nel suo sguardo, qualcosa che Loki non riuscì a decifrare.

- Voglio questo. -, sentenziò il ragazzino.

- Non mi pare che tu abbia ricevuto il permesso di presenziare a questi incontri, figlio. -, ribatté Odino con severità.

Il giovane sorrise. - Allora, forse, ricordate male. Voglio questo, vi dico, o giuro sul mio onore che il prossimo precettore sarà fuori dalla porta ancor prima di entrarci. -.

Loki inarcò un sopracciglio, incuriosito e divertito. Il Thor che conosceva non era mai stato particolarmente diplomatico nella sua vita, ma mai si sarebbe sognato neanche da lontano di minacciare Odino.
Vista la situazione, temette il peggio, ma, contro ogni previsione, il re tornò a sedersi. - Ho la tua parola che gli permetterai di insegnarti qualcosa? -.

Il ragazzo scrollò le spalle con non curanza. - C'è questa possibilità, se saprà meritarlo. -.

- Lasciaci. -.

Thor uscì dalla stanza e qualcosa disse a Loki che le cose non sarebbero andate esattamente lisce come aveva pianificato. Deglutì, guardando Odino.

- Alloggerete nel castello, vicino alle stanze di mio figlio e i vostri compiti saranno molteplici. Dovrete, per prima cosa, educarlo e con questo intendo: educarlo nel vero senso del termine. Thor non rispetta nessuno, non sa comportarsi ed è totalmente ignaro dell'elementare concetto di disciplina. Questo è il motivo per cui i precettori non mantengono il loro incarico per più di una stagione, qui alla reggia. -

Loki pensò un: "confortante", ma, ovviamente lo tenne per sé.

- Sarà vostro compito anche controllarlo e assicurarvi che non si faccia del male. -.

"Sempre meglio...", fu il pensiero di Loki, vedendo allontanarsi la prospettiva di un insediamento senza intoppi in quell'Asgard alternativa. Sospirò, chiedendosi perché il destino ce l'avesse tanto con lui, ma non seppe rispondersi.
Ascoltò le infinite raccomandazioni di Odino con lo stesso spirito di quando le aveva ascoltate da adolescente: "Loki, tu che sei assennato, insegna un po' di buon senso a Thor! Loki, perché non sei venuto a riferirmi che Thor voleva e bla bla bla bla!".
Al termine del discorso si rialzò e prese commiato. La sua alabarda gli venne riconsegnata e, in silenzio, si fece condurre alle stanze di Thor.

Appena vi mise piede provò un senso di smarrimento: erano vuote, del tutto impersonali. Non v'era traccia della collezione di armi che il fratello che conosceva aveva messo a punto sin dalla prima infanzia, né poteva vedere le mappe militari (unica cosa che Thor era in grado di leggere senza problemi).
C'era solo il ragazzo, seduto alla finestra con aria annoiata.
Si schiarì la voce per palesare la propria presenza e tramutò l'alabarda in un bastone da passaggio.
Questo risvegliò un poco l'attenzione dell'apatico Thor.

- Sei un mago? -.

- Sì, principe. -, Loki chinò il capo, mentre l'antica rabbia tornava a prendere il sopravvento sulla sorpresa di quelle discrepanze temporali.

- Ah, niente principe e se mi dai del voi sappi che mi girerò a vedere se c'è qualcun altro. -.

- E quindi come devo chiamarti? Fischiando come si fa con i cani? -.

Il ragazzo gli scoccò un'occhiata divertita. - Sei sempre così irriverente? -.

- Faccio del mio peggio. Un po' come te, a quanto mi è parso di capire. -, Loki si sedette sulla scrivania, completamente sgombra e continuò a tenerlo sott'occhio.

- Puoi chiamarmi "Thor", è il mio nome, genio. -.

Il dio dell'inganno si sentì quasi schiaffeggiato da quella mancanza di rispetto. Corrugò le sopracciglia, confuso. - Molto bene, Thor. Vuoi illustrarmi il percorso che ha seguito il tuo ultimo precettore? -, domandò.

Thor si avvicinò alla porta, - No. -, rispose, poi uscì, chiudendosi l'uscio alle spalle.

Loki rimase impietrito e, sotto sotto, divertito da quella situazione assurda.
Possibile che un Thor cresciuto senza di lui, fosse destinato ad essere un così irrimediabile..? Non gli veniva neanche un termine per definirlo, ma dovette riconoscere che, forse, lo trovava persino più simpatico.



N.d.A.: Ok, oggi avevo voglia di scrivere una Thorki, quindi ho fatto un sondaggino su FB per avere delle colonne sonore. L'idea per questa mi è venuta dalla canzone Dark Shines dei Muse, consigliatami da Lara. Come? Perché? Non lo chiedete a me, non lo so XD.
Che dire? Non sono convintissima del risultato, spero solo di avervi incuriositi, come sempre ogni commento, critica, lista della spesa, messaggio alieno da decodificare ecc. è ben accetto ^^.
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 2
*** Le prime discrepanze ***



Rimasto solo, Loki, approfittò della situazione per ispezionare le stanze di Thor. Lasciò perdere la libreria e gli scaffali, desolantemente vuoti e si avvicinò con passo sicuro al letto. Abbandonò l'elmo sopra il comodino, si inginocchiò a terra e sollevò le coperte, infilandosi sotto con non poca fatica. Quando era ragazzino e, soprattutto, non portava addosso un'armatura,  era molto più semplice insinuarsi nei pertugi. In quell'occasione, invece, sibilò diverse imprecazioni a bassa voce, fino a quando non trovò quel che stava cercando: una piccola botola nel pavimento, quasi invisibile.
Il Thor che conosceva l'aveva costruita per nascondervi dentro piccole armi che non era ancora stato autorizzato a portare e qualche manufatto trafugato dalla biblioteca, sempre di ambito militare. Non era mai stato particolarmente originale nei suoi interessi e neanche nei suoi segreti. Sollevò il filo, fece scorrere l'apertura e si sorprese nel trovare un libricino mal rilegato dalla copertina spoglia.
Ancora semisdraiato sotto il letto, slegò i lacci che lo chiudevano: era un diario, il diario di Thor.
Ne rimase quasi sconcertato: non aveva mai visto Thor della sua realtà buttar giù neanche una riga, considerato anche il fatto che i compiti per il loro preccettore li aveva sempre svolti lui per entrambi.
Lo sfogliò, solo per rendersi conto che non aveva scritto altro che poche pagine. Tutto sommato, molto più dell'originale.

- Ti farò tagliare le mani per questo! -.

L'urlò di Thor lo fece sussultare, con il rusultato ovvio di beccarsi una craniata micidiale contro la struttura del letto. Scivolò indietro e si rialzò, stringendo il diario nella destra e massaggiandosi la nuca con la sinistra.
Il ragazzo lo guardava con occhi torvi, tremante di rabbia.

- Oh, sì, certo, potresti denunciarmi a tuo padre, tuttavia, non credo che lo farai. -, mormorò Loki con un ghigno soddisfatto. - Era ben nascosto e qualcosa mi suggerisce che tu non voglia che capiti in mano ad altri. -.

Fece vibrare le pagine con il pollice e schivò un maldestro affondo di Thor.

- Ridammelo! -.

- Mi hai scambiato per uno stupido, per caso?  Questo... - e picchiettò leggermente la copertina del libretto, - E' la garanzia che, d'ora in avanti, farai tutto quello che ti dico, non senza discutere, mi piacciono le discussioni, ma alla fine dovrai cedere. -.

- E se ti rispondessi di andare a farti fottere? -.

Loki si illuminò in un sorriso. - Come ho appena detto: mi piacciono le discussioni, ragazzo. Bhe, potrei sempre portare questo diario al re. La sala del trono è di strada per arrivare dal boia, ma temo sarebbe controproducente per entrambi. -, ruotò appena il polso e il diario sparì nel nulla. - Ora è in un posto davvero sicuro. -.

- Quel che c'è dentro è personale! -.

-Oh, non ne dubito. -.

Thor gli si fermò di fronte e l'altro si domandò quanto ci avrebbe messo prima di decidersi a spaccargli la faccia. Certo, era un Thor giovane, ma  non per questo meno temibile. Era già alto quanto lui e più massiccio, con un colpo ben assestato avrebbe persino potuto stenderlo.
Il ragazzo non lo toccò neppure, lasciandolo sorpreso per l'ennesima volta e, forse, anche un tantino insoddisfatto.
A che pro litigare con lui, se non per sfociare in una lotta?

- Quando te ne andrai, perché tu te ne andrai, esigo di riaverlo. -.

- Se e quando sarà, non vedo perché dovrei tenermelo. Senza offesa, ma dubito che il tuo diario sia un capolavoro letterario da conservare con amore per i posteri. -.

Thor imporporò di vergogna e frustrazione. - Tu, lurido pezzo di... -.

Loki lo schiaffeggiò sulla bocca con un manrovescio. Fu un gesto secco e improvviso, ma non gli fece davvero male. - Ti concedo di mandarmi a farmi fottere, non di insultarmi, ragazzino. Che non ricapiti. -, sorrise, prima di ritrarsi. -Allora, dicevamo: vuoi illustrarmi il percorso che ha seguito il tuo ultimo precettore? -, domandò, accomodandosi alla scrivania.

L'altro cominciò a fare avanti e indietro per la stanza come un leone in gabbia.  - Non credo abbia molta importanza, tutto quel che mi ha detto da un orecchio è entrato e dall'altro è uscito.-, sentenziò, -Quindi fa' conto di poter partire da zero. -.

- Bhe, almeno so che sai scrivere e, con tutta probabilità, anche leggere. Non è molto, ma è qualcosa. -, Loki si guardò le unghie distrattamente.

Thor si fece scivolare addosso la provocazione e sollevò l'elmo dal cuscino, esaminandolo con occhi attenti. - Perché mai un precettore dovrebbe andare in giro in armatura ? -

- La vita, fuori da Asgard, non è così tranquilla, soprattutto se si viene dal Nord. Suppongo tu lo sappia, avrai sicuramente compiuto molte imprese nobili, data la tua età. -.

- Non sono mai uscito dalla città, la vita del condottiero avventuroso non mi interessa affatto. -.

- Cosa..? -, di tutte le rispose, quella era davvero l'ultima che si sarebbe aspettato. - Come passi il tuo tempo, allora? -.

Thor gli posò l'elmo di fronte, accanto al bastone e incrociò le braccia al petto. - Sono oltremodo certo che questo non ti riguardi, precettore. Non comportarti come se mi conoscessi, perché così non è. -.

E gli dei lo sapevano quanto era vero, constatò Loki.
Decise di procrastinare la risoluzione di quel mistero e lo guardò. - Sei solito vestirti sempre come l'ultimo degli sguatteri, principe? -.

Thor guardò la sua giubba marrone, in cuoio grezzo e i pantaloni di tela sfilacciati, ben lontani dall'immagine canonica del dio del Tuono, con la sua armatura e il pomposo mantello rosso. - Gli abiti sono solo abiti. Devono essere comodi. I miei lo sono, dubito si possa dire lo stesso dei tuoi. -.

Loki tacque, confuso. Il Thor che conosceva aveva sempre posto quasi una maniacale attenzione per il proprio aspetto: un eroe doveva sempre apparire al meglio, tranne che dopo una battaglia gloriosa, solo in quel caso le sue ferite e le sue vesti trasandate sarebbero andate a a sottolineare la sua forza.
Niente da dire, lui e questo Thor non sembravano neanche lontani parenti.
Fece brillare il proprio corpo, tramutando l'armatura nella sua normale tenuta.  - Quindi, niente spedizioni e nessuna propensione per la decenza... Dimmi, c'è qualcosa che ti piace fare? -.

Thor voltò la faccia, affatto intenzionato ad essere collaborativo. Cambiò discorso rapidamente: - Allora, con cosa hai intenzione di tediarmi? Da che vuoi cominciare? Dalla storia di Asgard? Dal maledetto albero genealogico? Dall'astronomia? -.

Loki si alzò, girandogli intorno come un falco.
Si massaggiò il mento, riflettendo. - Uhm, dalla postura. Sei il principe più bifolco che mi sia capitato di incontrare. Persino i nani si muovono in modo più aggraziato di te e quei capelli sembrano un nido di corvi. -.

- Oh, certo, la leccata di mucca che hai tu è molto, molto meglio, vero? -.

- Prego? -, Loki si stizzì oltremisura, alzandosi addirittura in piedi. Non era pronto ad affrontare un Thor che, invece di alzare le mani, gli rispondeva a tono. Provò il desiderio di strangolarlo, ma placò l'incauto istinto. Sarebbe giunto il momento in cui avrebbe potuto squarciargli la gola con una lama, ma non ancora.
Sorrise. - Sono consoni alla mia posizione e tanto basta. Va' a fare amicizia con una spazzola, prima di presentarti a cena. -.  Detto questo recuperò l'elmo e il bastone, prima di avvicinarsi alla porta.

- Non consumo i miei pasti con la corte. -.

Il dio dell'inganno indugiò. - E perché mai? Ti senti troppo superiore agli altri? -.

Negli occhi del ragazzo passò un ombra di tristezza. -No. Sono loro a non volermi. -.

Loki si irrigidì, perdendosi in un vortice di ricordi dolorosi: troppe volte, infatti, era stato allontanato da cene e simposi. Gli Asi avevano sempre dato la colpa alla sua malalingua, ma la verità era che non c'era mai stato posto per lui ad Asgard. - Per quale motivo? -.

- Ho litigato troppe volte con la regina. Che questa risposta ti basti. -.

- Vostra madre? -.

Thor lo guardò e scosse la testa. - E' evidente che sei un forestiero: mia madre è morta. -.

L'altro fece un passo indietro, riuscendo a stento a nascondere il proprio turbamento. Frigga, morta? Com'era accaduto?
Era vero che era entrato alla reggia con l'intento di impadronirsi del trono con l'omicidio, ma venir a sapere del trapasso della madre fu come una sorda coltellata al petto.
In fin dei conti Frigga non gli aveva mai fatto nulla di male. L'aveva cresciuto come un figlio, benché non l'avesse partorito dal suo grembo e questo, nonostante tutto, era difficile da dimenticare.

- Le mie condoglianze, principe. - e chinò il capo in modo sentito, per una volta.

- Sono passati decenni, ormai e, comunque, piangere i morti non è d'aiuto a nessuno. -.

- Quindi il re, vostro padre, si è risposato? -.

- Sei abile con le domande retoriche. -.

Una guardia entrò nella stanza e Loki si voltò, profondamente irritato dall'interruzione. - Hai dimenticato come bussare? -, sibilò.

Il nuovo venuto raddrizzò la schiena. - Il divino Odino ha ordinato di non mostrare rispetto al principe, sino a quando il principe stesso non avrà imparato a mostrarlo per primo. -.

- Ridicolo! -, sentenziò il dio dell'inganno.

-Gli ordini sono ordini, signore. -.

-E allora io ti ordino di... -

- Tu ordini? -, lo interruppe Thor con una risata di scherno. - Chi ti credi di essere, maestro? Un principe? Non conti niente, non sopravvalutare il tuo impiego. -.

Loki ammutolì.
Era vero, maledizione. Si rivolse di nuovo alla guardia. - Ebbene? -.

Quello lo guardò con rimprovero. - Cercavo voi, signore. Se vorrete seguirmi, vi condurrò al salone. -.

Il dio dell'inganno lanciò uno sguardo a Thor e, che fosse maledetto, si sentì a disagio per quella situazione. Lo vide tornare al davanzale e lì sedersi, muto e pensieroso e si convinse in modo definitivo che no, quel ragazzino non c'entrava proprio niente con il Thor che lui conosceva.

- Chiedo il permesso di congedarmi. -, mormorò con deferenza.

Thor gli scoccò un'occhiata sorpresa. Non si aspettava di certo che qualcuno chiedesse proprio a lui il permesso di alcunché. - Concesso. -, disse, poi.

A quel punto Loki seguì la guardia lungo i corridoi del palazzo sino alla sala da pranzo. Scrutò la lunga tavolata con gli occhi verdi, riconoscendo i volti di molti dei consiglieri. Prese posto e attese l'entrata della famiglia reale.
Il suono di un corno annunciò l'arrivo di Odino e tutti si alzarono per rendergli omaggio. Loki osservò con estrema attenzione la dea al suo fianco, giovane e bella con quei lunghi capelli corvini, ma dall'aspetto arcigno e malevolo. Il suo volto non gli diceva nulla, non la conosceva.
La regina teneva per mano un bambino dai folti riccioli scuri e gli occhi di ghiaccio, unica eredità del padre.

- Odino, Padre di tutti gli dei, la regina Rindr e il principe ereditario Vàli. -, li introdusse l'araldo.

"Cosa?", pensò Loki, esterrefatto. Quel bambino era l'erede al trono? Che ne era stato del diritto di primogenitura di Thor?
Odino doveva essere impazzito, quella era l'unica soluzione logica.

Il piccolo principe superò il suo posto senza sedersi e gli si fermò di fronte, guardandolo con astio. - Madre! Perché Thor ha un nuovo precettore e io no?! -, urlò, capriccioso.

- I precettori non sono giocattoli, sono... -, gli fece notare Loki.

- Taci! Non ti ho dato il permesso di parlare, cane! -.

Loki sollevò un sopracciglio e lanciò uno sguardo ad Odino, chiedendogli implicitamente di zittire quel piccolo impertinente.

Il padre di tutti gli dei si sedette. - Se lo vorrai, Vàli, Loki potrà insegnare anche a te. -.

"Ma anche no. Una palla al piede basta e avanza.", pensò il dio dell'inganno.

- Perché mai dovrei volere un rifiuto del genere? Tutto ciò che spetta a Thor è sterco. Voglio un mio altro precettore. -, ringhiò il bambino. - Madre, lo avrò, vero? -.

- Ma certo. -, rispose lei. - Ora vieni a mangiare e lascia perdere quello straccione del Nord. -.

Vàli obbedì e andò a sedersi al fianco della madre, lanciando un ultimo sguardo pregno di disgusto a Loki, l'unico ancora in piedi.

Il dio dell'inganno si schiarì la voce e si rivolse al re. - Chiedo il permesso di ritirarmi nelle mie stanze, ho affrontato un lungo viaggio e non ho molto appetito, mio signore. -.

- Concesso. -, rispose distrattamente il re.

E Loki si allontanò a grandi passi, furibondo.
Si chiuse nelle proprie stanze, incapace di accettare ciò che aveva dovuto sopportare. Quel bambino era odioso tanto quanto la madre ed erano entrambi un pericolo per Asgard. 
Prima di uccidere tutta la famiglia reale avrebbe reso Thor il miglior principe che i Nove Regni avessero mai visto, ne andava del suo onore!



N.d.A.:  Eccomi qui, già aggiorno, ma non abituatevi troppo bene, non sarò sempre così rapida, purtroppo la real life è tiranna (in questo periodo particolarmente). Specifiche del caso: Vàli e sua madre Rindr non me li sono inventati io. Chi già segue la mia Frostiron sa già che mi diletto molto a intrecciare il filone Marvel con quello mitologico. Trattandosi questa storia di un lapalissiano AU, ho preso una delle scappatelle di Odino (che sono state parecchie) e l'ho piegata al mio volere di trama, sperando di non aver fatto uno scempio, che gli dei mi perdonino. Come nel capitolo precedente: spero di avervi incuriositi e non annoiati, se lo vorrete, fatemi sapere ^^.
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 3
*** Lontano dalla corte ***



La mattina dopo, alle prime luci dell'alba, Loki uscì dalla biblioteca. Non aveva chiuso occhio e ora, finalmente, sapeva tutto quel che c'era da sapere su quella nuova Asgard alternativa.
Le dinamiche generali non erano affatto differenti, con l'unica eccezione che la guerra contro i Vanir sembrava non essere mai finita del tutto. Focolai di schermaglie e di dissensi politici si riaccendevano ogni dieci/vent'anni di media.
Frigga era morta tragicamente, dopo che Odino l'aveva ripudiata in favore di Rindr. Della nuova regina si sapeva molto poco. Le uniche vaghe notizie su di lei riferivano che Odino l'avesse incontrata durante una spedizione verso Est. Al ritorno aveva allontanato Frigga che, per la disperazione, si era gettata dalle mura di Asgard.
Questo era ciò che i resoconti dicevano in merito, ma Loki non credeva a quella versione dei fatti. Conosceva la tempra di Frigga e mai si sarebbe suicidata per una faccenda tanto frivola, lasciando, tra le altre cose, il suo unico figlio al suo destino.
Dalle carte non traspariva se qualcuno avesse sospettato, come lui, che la morte della regina non fosse stata un suicidio, ma contava che qualsiasi asgardiano con un minimo di raziocinio l'avesse quanto meno ipotizzato.
Mentre avanzava lungo il corridoio, si fece riapparire in mano il diario di Thor e lo aprì.

"Non so perché mi sono deciso a scrivere, forse quanto dirò non servirà a nulla, ma dovevo fare un tentativo...

Non sarò mai un re.
L'ho capito da quando Rindr ha messo piende nella reggia per la prima volta.
Oh, madre, madre mia... perché?
Non bramo la corona adesso più di quanto non la bramassi prima, ma tutta questa indifferenza fa male. Non vedo l'ora in cui, finalmente adulto, potrò andarmene da questo posto, libero dai vincoli della fanciullezza. Non parlo con nessuno e a stento Padre posa gli occhi su di me, troppo confuso dietro ai capricci di Vàli.
E dire che ero così felice quando avevo appreso che, presto, avrei avuto un fratello! Che sciocco sono stato. Avevo davvero sperato che mi permettessero di trascorrere del tempo in sua compagnia, cosicché potessimo giocare insieme, cosicché avessi di nuovo qualcuno a cui voler bene, dopo la morte di mia Madre, ma così non è stato. Mi ero solo illuso. Non ho mai visto mio fratello per più di pochi minuti e mai siamo rimasti soli. Che la gente creda quel che più la aggrada, ma io amo mio fratello. Non ha colpe per ciò che sta diventando, la responsabilità è tutta di sua madre, quella lurida scrofa Jotun!"

Loki sussultò e si fermò in mezzo al corridoio. Rindr era una Jotun? Odino aveva davvero sposato una Gigantessa di Ghiaccio?! E, per di più, voleva mettere un bastardo mezzosangue sul trono di Asgard?! Bhe, non era un bastardo, era più che legittimo, ma faticava ad immaginare una regina diversa da Frigga.
Sì, il Padre di tutti gli dei era definitivamente impazzito.

Gli tornarono in mente le parole del suo di padre: "Avevo sperato che tu potessi riunire i nostri regni, un giorno.".  Si coprì la bocca, - Oh, per gli dei... -, mormorò, appoggiando le spalle alla parete, - Cosa stai facendo, stupido vecchio? -.

Chiuse gli occhi e scosse la testa, poi proseguì la lettura.

"E' lei che lo sta rovinando.
Io so, infatti che Rindr sta riempiendo la testa di Vàli di odio verso Asgard! Quanto vorrei poterlo provare. Quella puttana vuole radere al suolo la nostra patria, Padre è stato ingannato da Laufey. Solo uno stolto avrebbe preso in moglie la figlia di un re sconfitto, illudendosi così di sancire una pace perpetua.".

Loki fu costretto a fermarsi di nuovo: la regina era sua sorella.
La situazione si stava rapidamente trasformando da brutta a pessima in quella realtà. Stupido lui che aveva creduto che, una volta insediatosi alla reggia, avrebbe trovato la strada tutta in discesa.
Una sorella. Davvero fantastico...
Non era sorpreso che i trattati ufficiali non facessero cenno al fatto che Rindr fosse la figlia di Laufey, signore di Jotunheim. Con tutta probabilità Odino stava attendendo che il principe Vàli raggiungesse l'età per salire sul trono, prima di rendere noto il fatto compiuto.
Una scelta rischiosa...

"Una volta l'ho sentita parlare con Vàli, mi ero nascosto dietro alle tende delle sue stanze.
Non volevo fargli nulla di male, solo donargli la fionda che avevo costruito per lui, mentre passeggiavo per i giardini, ma quando lo vidi entrare con lei, seguii il mio istinto e mi nascosi. Rindr gli disse che, un giorno, lui avrebbe regnato su Asgard e che avrebbe schiacciato sotto il suo giogo il popolo di cani che li stava ospitando, vendicando così la sua stessa madre per esser stata costretta a sposare un tale porco. Gli disse anche che doveva vendicare il suo vero popolo, ridotto alla povertà più estrema da un re crudele come Odino. Attesi a lungo che se ne andassero e corsi da mio padre.
Gli riferii tutto, ma lui non mi credette.
Troppo accecato dall'amore per Rindr mi apostrofò con parole come meschino e bugiardo, mi accusò di non volere altro che il trono e di essere egoista e infantile. Mi fece frustare sotto gli occhi della regina che, armata di finta pietà, interruppe il mio supplizio a tre quarti.
Io so qual'è il suo vero volto, ma chi mai potrebbe credermi?
Fintanto che resterò alla reggia, fino a quando le malelingue cortigiane penseranno che io voglia diventare re, nessuno sarà mai in grado di accettare le mie parole come del tutto disinteressate.
E' per questo che sto scrivendo queste poche righe. La mia vita ha ben poco d'interessante e scriverne sarebbe solo uno spreco di pagine e inchiostro.
Asgard non merita questo, anche se, di cuore, sono il primo a detestare il mio stesso popolo.
Come si può essere tanto votati alla guerra? Che senso ha combattere se non si ha nulla da vendicare, o nulla da proteggere? Questo eterno litigio con il popolo Vanir non è altro che un'insulsa lotta fratricida, ma qualsiasi asgardiano che si rispetti ne è felice e orgoglioso.
Sono il principe reietto di un popolo che non ricerca altro che sangue e gloria, per questo non sono addolorato all'idea di non sedere mai sul trono. Ciò nonostante almeno la responsabilità di apporre un monito sulle azioni scellerate di Rindr è un mio preciso dovere, nonostante confidi che, una volta cresciuto, Vàli impari a ragionare con la propria testa e si renda conto che Asgard, per lui, non ha fatto altro che bene."

- Continua pure a sognare, ragazzo... -, mormorò Loki.

- Qualche problema, signore? -, una guardia lo raggiunse, guardandolo incuriosito. - Non avete una bella cera. -.

Loki sorrise, chiudendo il diario. - Sono solo stanco. Ho trascorso la notte ad aggiornarmi sulla vostra storia recente, così da poter svolgere al meglio il mio compito. -.

- Siete molto scrupoloso, ma è tutta fatica sprecata, se mi permettete un consiglio. Il principe Thor non è fatto per lo studio. -.

L'altro gli diede una pacca sullo spallaccio. - Questo è da vedere, amico. -.

Si allontanò nel corridoio attiguo e riprese la lettura delle ultime righe del diario.

"Lascerò questo libro in un posto dove i consiglieri lo possano trovare e pregherò gli antenati perché qualcuno possa dare peso alle mie parole. Anche solo un alleato, anche solo un amico. E' forse chiedere troppo?
Non so come sarà la mia vita, una volta fuggito da qui, ma sono convinto che in nessun modo potrà mai essere peggiore di questa.
Queste sono le ultime parole che io, Thor, figlio della regina Frigga, rivolgerò mai al popolo di Asgard.".

Non c'era altro.
Loki scorse anche le altre pagine, giusto per esserne sicuro, poi raggiunse le stanze di Thor. Prima bussò, ma non ottenne risposta. Armato del tacito assenso entrò, per scoprire che, come prevedibile, Thor dormiva ancora.
La tenda, appena scostata, faceva entrare uno spiraglio della luce rosata dell'alba, permettendogli di vedere il ragazzo con chiarezza. Dormiva prono con i lunghi capelli intrigati sparsi sul cuscino. Abbandonato accanto al volto c'era un libro sulle leggende di Midgard.
Che fosse proprio quella la meta che Thor ambiva di raggiungere? Non ne era sorpreso, anche il Thor della sua dimensione era sempre stato affascinato da quel piccolo mondo abitato da mortali. Forse, in tal senso, non erano così distanti.
Loki, raggiunta la finestra, spalancò le tende con uno strattone.

- In piedi! -, esclamò.

Thor si lasciò sfuggire un grugnito e affossò la faccia nel cuscino.

Il dio dell'Inganno sbuffò, spazientito e con uno strattone gli levò le coperte di dosso, lasciandolo nudo.

- MA MALEDIZIONE! -, urlò Thor, rigirandosi. - E' appena l'alba! -.

- Un detto midgardiano dice: il mattino ha l'oro in bocca, Thor. -, sorrise Loki, - E' una supposizione, ma penso che Midgard ti piaccia. -.

Il ragazzo si ricordò del libro e impallidì, ficcandolo sotto il cuscino.
L'altro si lasciò sfuggire una risata.

- E' un po' tardi per nasconderlo, non credi? -. Si avvicinò al camino e ravvivò le braci con l'attizzatoio, poi tirò fuori il diario dalla tasca. - Guardalo bene, perché è l'ultima volta che lo vedrai. -, disse, prima di buttarlo nel fuoco.

Thor balzò in piedi, ma Loki si frappose tra lui e il camino, spingendolo indietro.

- Perché?! Perché lo hai fatto?! -, sembrava più scosso che infuriato.

Loki lo osservò con attenzione.
Ora che ce l'aveva di fronte, nudo, constatò che la situazione fosse davvero tragica. Pur essendo un ragazzo massiccio, i suoi muscoli erano appena accennati. In lui non c'era nulla del mitico guerriero delle leggende della sua dimensione.
Con tutta probabilità quel ragazzo non aveva mai preso in mano una spada in tutta la vita.
Distolse lo sguardo, sospirando teatralmente. - Perché sei un idiota. -, gli rispose.

Thor fece un passo indietro. - Io pensavo di aver fatto qualcosa di giusto... -.

-Oh, perché la tua testa finisse su una picca il percorso era giustissimo, ma credo che il tuo intento fosse un altro. -.

- Io... -.

Loki sentì un battito d'ali e lo zittì con un cenno, quando vide un passero posarsi sul davanzale. - Vestiti. Ieri ti ho sentito lamentarti del tuo popolo, è tempo che tu lo conosca. - e gli lanciò un'occhiata eloquente.

Il ragazzo corrugò le sopracciglia, confuso, ma fece come gli era stato detto. Scomparve per qualche minuto nella stanza attigua e ricomparì vestito e con il volto fradicio. Loki gli porse un mantello di lana scura con un ampio cappuccio.

- Copriti e seguimi. -, con un gesto mutò anche i suoi abiti, rendendoli niente più di una corazza di cuoio e pantaloni di tela.

Condusse Thor lungo i corridoio di Asgard e si insinuò ben presto nei settori riservati alla servitù. Lì il traffico era frenetico, camerieri, servi, lacché facevano avanti e indietro per apportare i preparativi per far risultare la reggia perfetta all'inizio del nuovo giorno.

- Perché stiamo passando..? -.

- Taci. -.

Proseguirono attraverso le cucine, dove il cuoco stava sbraitando ordini ai suoi sguatteri e poi, uscirono fuori, alle stalle.  Thor storse il naso per il tanfo dello sterco dei maiali e indugiò sulla soglia, restio a passare in mezzo agli animali.
Loki lo afferrò per un polso e lo trascinò di malagrazia. Sorpassarono i maiali e scesero lungo uno stretto sentiero scosceso che costeggiava il muro Ovest del castello.

Thor si divincolò dalla sua stretta e si fermò. - Vuoi spiegarmi, maledizione?! Cos'aveva la porta principale di tanto fastidioso? -, sbottò, cercando di pulirsi gli stivali nell'erba.

Il dio dell'inganno si guardò intorno con circospezione. Forse era solo paranoico. Forse quel passero alla finestra era davvero solo un passero, ma la prudenza non era mai troppa. L'aveva imparato con il tempo.
L'aria era tersa quella mattina, frizzante del fresco dell'autunno inoltrato.
L'avrebbe ammirata se non si fosse sentito tanto teso.

- Chiedevi che qualcuno ti credesse, Thor. Ebbene, io ti credo. -, gli disse a bassa voce.

Gli occhi del ragazzo si illuminarono da sotto l'ampio cappuccio.

- Frena il tuo entusiasmo. Non sono un tuo alleato e non lo sarò fino a quando non sarò completamente sicuro che non farai rischiare il collo ad entrambi. -.

Thor avanzò, afferrandogli le braccia con impeto.
Il volto, completamente scoperto, non celava affatto la sua felicità. - Mi stai aiutando a fuggire? -.

- Non essere stupido. Non sopravviveresti cinque minuti là fuori. Sono stato incaricato di insegnarti la disciplina, ma l'unica cosa che imparerai da me sarà come vivere. Ora come ora sei solo un bambino piagnucoloso che tenta a tutti i costi di fuggire le proprie responsabilità. E' questo quello che traspariva dalle pagine che ho distrutto. Se davvero vuoi salvare il tuo popolo sono le tue spalle che devono farsene carico, non quelle di un consigliere con in mano lo scritto di un giovane codardo. -, si aspettò una risposta sprezzante, ma tutto quel che ottenne fu di far indietreggiare Thor.

Il ragazzo chinò il capo. - La crudeltà è proprio necessaria? Non ti pare di essere meschino?  No, no, lascia perdere quello che ho detto. Forse me la merito... -, sollevò i tristi occhi azzurri, - La verità è che non so cosa fare. Sono solo, maestro. Sono sempre stato solo. -.

Loki sollevò il mento e assottigliò le labbra. - Ora non lo sei più. -, gli voltò le spalle e riprese a scendere.

- Questo significa che posso considerarti un amico? -.

- Non ti allargare, puoi non considerarmi un nemico. -.

Thor lo seguì, stando attento a non scivolare e rotolare giù per il pendio. - Perché lo fai? -.

Quella sì che era una bella domanda. Perché si era messo in testa di risollevare Thor? A che pro? Che vantaggi avrebbe ottenuto da questo?
Non seppe rispondersi.
- Perché sono un cretino. -, sentenziò.

- Oh, bhe, confortante... -.

Scesero ancora, spingendosi più lontano di dove Thor fosse mai  andato.
Dall'alto poté osservare un distretto della città di cui ignorava del tutto l'esistenza. Era enorme e frenetico. Le case non somigliavano affatto a quelle sfarzose del livello superiore, erano, al contrario, di mattoni grezzi, con tetti in paglia per lo più fatiscenti.
Le strade erano ricoperte dal fango e dallo sterco dei cavalli che nessuno si premurava di pulire.
Il ragazzo ne rimase sconvolto, tanto che, una volta in mezzo a tutte quelle persone, si fermò in mezzo alla carreggiata per guardarsi intorno.

Un tizio a cavallo quasi lo travolse. - E spostati, imbecille! -, gli berciò contro, superandolo.

Thor balzò di lato e si guardò intorno, perso in tutto quel via-vai. Dov'era finito Loki? Perché era stato tanto stupido da perderlo di vista?

-Alle tue spalle, idiota. -.

- Oh, grazie agli dei! Perché siamo qui? -.

Loki sorrise, sistemandosi meglio l'alabarda che portava fissata dietro la schiena. - Perché tu possa toccare con mano il popolo che non ricerca altro che sangue e gloria, parole tue. Seguimi e cerca di starmi vicino, non ho voglia di recuperati a un angolo di strada, malmenato e derubato anche degli stivali. -.

Proseguirono lungo la strada principale e il dio dell'inganno fu costretto a fermarsi più volte per aspettare Thor che non faceva altro che indugiare, osservando quello strano mondo di cui ignorava l'esistenza.
L'altra faccia della medaglia della città d'oro lo disgustava e, parimenti, lo intristiva. Perché tutti non potevano avere lo stile di vita che lui conosceva? D'improvviso si sentì in colpa e molto meno sfortunato di quanto credesse.
Loki, di per sé, dovette riconoscere che il distretto popolare fosse incredibilmente peggiore rispetto a quello della sua dimensione. Le strade erano più sporche, le persone più magre, più indurite dagli stenti e più cattive.
Indugiò lo sguardo su un uomo che stava frustando una bambina. La sua colpa? Aver rovesciato una cesta per il bucato troppo pesante per lei.
Per puro istinto sollevò il braccio sinistro, bloccando Thor al primo passo.

- Sei un osservatore. Nulla più. -, lo ammonì.

- Ma è una bambina! -, ringhiò il principe.

- Tu anche. Sai a stento vestirti da solo ed io non ho la minima intenzione di scatenare uno scontro che andrebbe solo a discapito della creatura che vuoi proteggere. Verrebbe massacrata stasera, o domani, quando né tu, né io saremo qui per difenderla. Andiamo. -.

Thor lo seguì, continuando a lanciarsi sguardi alle spalle anche quando non poté più vedere la piccola. - Tutto questo è mostruoso. -.

Loki scrollò le spalle. - Tutto questo è reale. -, lo corresse.

- Vuoi dire che non ti sdegna? -.

- Quello che penso io non è rilevante. -.

- Perché Padre non fa nulla per... per questo?! -.

L'altro rise. - Non so se trovo più patetica la tua ignoranza, o la tua furia. Queste persone non conosco neanche il volto del re. Il cappuccio che ti ho fatto mettere è una precauzione esagerata, anche se lo levassi in te non vedrebbero altro che un altro popolano come loro. -.

- COME PUOI CONSIDERARE QUESTO NORMALE?! -.

- Abbassa la voce. Non è il caso di attirare l'attenzione. -, Loki rispose con leggerezza. - Ad ogni modo, Thor, ho una mente più aperta della tua e riesco ad accettare realtà diversificate. Posso vivere a corte, così come posso vivere qui. Si chiama "adattamento", un concetto che tu ignori. Se le condizioni del popolo mi piacciano o meno, come ho detto: è del tutto irrilevante; non dovrebbe importare neanche a te, dato che vuoi solo andartene. -.

Il ragazzo deglutì e abbassò lo sguardo, a corto di parole e continuò a fiancheggiare l'altro in silenzio.
Raggiunsero un piccolo gruppo di persone, riunite attorno a un palchetto. Tre ragazzini cenciosi e due donne erano incatenati al centro, poco dietro ad un banditore che sperticava le loro doti, cercando di ottenere un pagamento migliore.

- Schiavi. -, Loki anticipò la domanda di Thor e osservò perplesso la cosa.
Nell'Asgard da cui proveniva la schiavitù era stata abolita centinaia di anni prima che lui e Thor vedessero la luce. Le reminiscenze storiche gli vennero in soccorso: la schiavitù era stata abolita poco dobo l'armistizio con i Vanir, ma in quel mondo la guerra non era mai finita e, di conseguenza, neanche la schiavitù. - I ragazzi sono disertori. Le donne prigioniere di guerra. Spose e madri strappate alle braccia dei loro cari, stuprate dai soldati e poi, una volta venute a noia, vendute in cambio di provviste ai mercanti di schiavi. -.

Thor non rispose, si voltò e si allontanò, celandosi ancor più il volto sotto il cappuccio.
Loki lo seguì e gli bastò notare i sussulti del suo petto per capire che stava piangendo. Un lato di lui lo trovò patetico. Cosa si aspettava di trovare al di fuori dei distretti della nobiltà? Qualche idilliaco quadro bucolico con allegre pastorelle?
L'altro lato di lui, invece, ne fu quasi commosso e intenerito. Thor era un ragazzino, in fin dei conti e non aveva colpe, se non quella dell'ignoranza. Nonostante questo, non lo consolò, sarebbe stato controproducente per i suoi piani e avvilente per il suo amor proprio.
Detestava sentirsi come se dovesse mostrargli dell'empatia, come se la cosa giusta da fare fosse stringere tra le braccia quel ragazzino e rassicurarlo, dirgli che non era colpa sua e che, alla fin fine, il mondo non faceva solo schifo, ma che c'erano anche cose giuste e buone.
Su quest'ultimo punto sentiva di non avere certezze, ma in cuor suo ci sperava.
In fin dei conti l'inganno era il solo punto fermo della sua intera esistenza e cosa gli impediva di mentire anche a se stesso?

- Ricomponiti. Non abbiamo ancora finito. -. Gli disse, dopo qualche secondo.

- Mi dispiace... -.

Loki sospirò e addolcì lo sguardo, nonostante le proprie reticenze. - Non devi dispiacerti. Devi aprire gli occhi. -. Riprese a camminare e Thor lo seguì in silenzio.

Si fecero strada a spintoni tra gli affollati vicoli del bazar, fino a che il dio dell'inganno non si avvicinò a un banco d'armi. Il mercante, un ometto rinsecchito dagli occhi attenti, prestò attenzione ad ogni sua mossa, prima di farsi avanti.

- Una spada per il nobile mago? -. domandò, mostrando il sorriso sdentato.

Loki sollevò uno spadone a due mani, ma lo risbatté sul piano con malagrazia. - E' mal bilanciato. -, proseguì l'ispezione sino a trovare un'ascia a una mano. La sollevò, esaminandola con cura. La fattura non era straordinaria, ma come prima arma era più che sufficiente. - Quanto? -, chiese al vecchio.

- Cinque pezzi d'argento. -.

- Due. -.

Il vecchio lo guardò spiazzato e fece per allungare le mani per riprendersi l'arma.

- Due o informerò le guardie che vendi merce scadente. -.

- Che gli Inferi vi portino! Due e spero che qualcuno ve la ficchi tra capo e collo! -.

Loki sorrise e pagò, prima di raggiungere Thor che, come prevedibile, non aveva prestato alcuna attenzione ai suoi movimenti. - Avresti dovuto osservare come si mercanteggia. -, lo rimproverò.

- Cos'è quello? -. il ragazzo lo ignorò di sana pianta.

- Sai leggere: è un editto reale che impone che tutti gli uomini in età per le armi si presentino per la leva obbligatoria. -.

- E che succede a quelli che non si presentano? -.

- Vengono presi con la forza, o giustiziati per codardia. A discapito di ciò che pensi, nessuno vuole mai davvero andare in guerra, Thor. -.


Una volta sulla via del ritorno, Loki porse al suo giovane allievo l'ascia. - Questa è tua. -.

- Non voglio un'arma. -.

- Prendila e basta e scegli, Thor. Se procederai a sud, attraverso il bosco, troverai l'uscita della città e sarai libero di andare. -, gli mise in mano anche un sacchetto pieno di monete. - Altrimenti, se ciò che hai visto oggi ha lasciato il segno dentro di te, spingendoti a maturare e a desiderare di cambiare davvero le cose, potrai raggiungermi nelle tue stanze, dove ti attenderò. In entrambi i casi ti servirà un'arma, ma solo nel secondo ti insegnerò ad usarla. -.

Thor osservò gli oggetti, - Loki, io... -, ma quando risollevò lo sguardo si rese conto di essere solo, Loki, sembrava essere svanito nel nulla.



N.d.A.:  Terzo capitolo, 'tacci mia, l'ho appena cominciata e non riesco a staccarmene. Che dire? Spero che continui a piacervi, è la prima volta che mi cimento con una strana sorta di fantasy-epico e spero di star facendo bene, ma, come ho detto: non è che sia propriamente il mio campo.
Vi ringrazio per essere arrivate sino a qui ^^ e ringrazio anche chi ha recensito e recensirà.
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 4
*** Compromessi e menzogne ***


- Sei tornato. -, Loki non sollevò neanche lo sguardo dal libro sulle leggende di Midgard.

Thor mosse passo dentro le proprie stanze. - Non sembri sorpreso. -, gli disse.

L'altro chiuse il tomo e si alzò dalla scrivania. - Non lo sono, infatti. -.

- Non sono qui per il motivo che pensi. Hai detto che non sono pronto a vivere fuori dalla reggia e reputo tu abbia ragione. Voglio che mi mostri come fare. -.

- Oh, capisco. -, Loki sollevvò il mento, scrutando il ragazzo con una mal celata aria di superiorità. -E del popolo che mi dici? Lo lascerai al proprio destino? -.

Thor distolse lo sguardo. - Non sarei in grado di porre rimedio a quanto ho visto. Conosco i miei limiti. -.

- Non hai idea di chi tu sia, o di cosa tu sia in grado di fare, come puoi pretendere di conoscere i tuoi limiti? -.

- E tu lo sai, vero? -.

- Ma certo. -.

Il ragazzo incrociò le braccia al petto e lo guardò con palese irritazione. Detestava quel bellimbusto che, disgraziatamente, aveva scelto come precettore, ma doveva anche ammettere che Loki avesse uno strano fascino. Riusciva ad intuire con una certa chiarezza che, al di là di quel viso dagli zigomi appuntiti e i profondi occhi verdi, si celasse un'essenza melliflua e pericolosa.
Era difficile non rimanerne irretiti ed era consapevole di non essere sempre in grado di riuscire nell'impresa, ma non quella volta.

- Sei solo uno spocchioso pieno di boria e preconcetti. Non mi conosci affatto. -.

Loki sorrise. - Vorrei proprio che tu mi spiegassi come vedere in te accezioni positive possa rivelarsi un preconcetto, ma non fa nul...-.

Thor lo interruppe a metà.
- Un preconcetto è un'opinione costituita su presupposti privi di validi elementi di giudizio, o per "partito preso", se preferisci. Non sta scritto da nessuna parte che il termine "preconcetto" debba per forza avere una connotazione negativa. Controlla meglio il dizionario, precettore. -.

L'altro corrugò le sopracciglia, temporaneamente zittito per l'ennesima volta.
- Non sono del tutto persuaso dalla tua tesi, ma forse è il caso di lasciar perdere la semantica e concentrarci su questioni più importanti. -.

Thor rise e si sedette al davanzale.
- Lo dici solo perché non hai argomentazioni per smentirmi. Non scomodarti a farmi i complimenti, la tua faccia mi è bastata. Per quel che riguarda le questioni più importanti, voglio subito mettere in chiaro le cose: io non voglio diventare re. Ciò che mi hai mostrato mi rattrista immensamente, ma non è e non sarà mai una mia responsabilità. -.

Loki lo guardò con severità ed irritazione. - Sei infantile e stupido! Tu farai quel che ti dico e basta! -, tuonò.

- E come intendi costringermi? Il diario lo hai bruciato questa mattina, non hai più alcuna prova. -.

- Sei giovane ed ingenuo. A volte non servono prove schiaccianti. Basta anche un solo sussurro alle orecchie giuste. Pensi davvero che sarebbe difficile per la regina aprire le gambe per indurre il re, tuo padre, a rinchiuderti in una cella e buttar via la chiave per cospirazione contro il regno? -

- E cosa ne penserebbe la stessa regina della frase che hai appena detto? -. Thor non si fece intimorire.

- Oh, mi beccherei qualche frustata. Nulla di trascendentale e non sarebbero neanche le prime della mia perigliosa vita. Per tua informazione, non ho mai scritto neanche una riga in merito, io. Non come te, che hai sentito il bisogno di piagnucolare su quel diario. -.

Questo fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Il ragazzo si slanciò in avanti, più che intenzionato a tappargli la bocca con un maldestro pugno. Loki si limitò a spostarsi di lato e a distendere distrattamente un piede in uno sgambetto.
Thor crollò sul pavimento sbattendo dritto di faccia e lì rimase, lamentandosi del naso rotto.

- Ti avrei dato cinque minuti al di fuori delle mura del palazzo. Ora come ora sono convinto che inciamperesti ancor prima di raggiungere le porte... -

L'altro si sistemò seduto, cercando di tamponare il sangue. - Io ti odio... - Ringhiò.

Il viso di Loki si illuminò in un sorriso radioso. - Splendido! Non devi amarmi, ragazzino, anche perché sarebbe del tutto controproducente. Facciamo così, ti propongo un patto... -.

- Va' a farti fottere! -

Il dio dell'Inganno si incamminò verso la porta, dandogli le spalle. - Come preferisci. Non ti dispiacerà se, lungo la strada, andrò a parlare con la regina, suppongo. Dì pure addio ai tuoi sogni di libertà. -.

Thor gridò di rabbia e furia. Senza riflettere staccò l'accetta dalla cintura e gliela scagliò contro.
Loki fu fulmineo: con un colpo secco deviò la traiettoria dell'arma con lo scettro, facendo conficcare l'ascia nel legno massiccio dell'armadio, poi scomparve e riapparve di fronte al ragazzo, ancora accucciato.
Lo stese con un calcio in faccia e gli puntò la punta acuminata dello scettro contro il collo.

- Prova a colpirmi un'altra volta alle spalle, codardo e, principe o non principe, ti farò pentire di essere nato! -, sibilò con gli occhi verdi accesi d'ira e sdegno.

- MI SONO GIA' PENTITO DI ESSERE NATO! -, urlò il ragazzo, spingendo via lo scettro con un cenno della mano. - E NON HO BISOGNO DI UNO COME TE PER SENTIRMI PEGGIO DI QUANTO NON MI SENTA DI NATURA! -. Gli occhi gli si inumidirono, ma scacciò via le lacrime con un gesto brusco.
Prese un respiro profondo, sollevandosi a sedere.
- Non ho bisogno delle illusioni che vuoi darmi! Credi, forse, che cambierebbe qualcosa se diventassi un buon combattente? Se mi comportassi come un principe? Padre mi amerebbe? NO! No a tutte queste fottute domande! L'erede al trono è Vàli, a lui spettano tutti gli onori, quindi che vadano a lui anche le responsabilità! Non so da dove provenga il tuo sfacciato idealismo, Loki, ma tu non hai mai vissuto in una corte e mai sei stato screditato al punto di finire con il credere tu stesso di non essere altro che sterco! -, si alzò bruscamente e si chiuse in bagno, sbattendosi la porta alle spalle.

Loki sospirò e si sedette sul letto, rigirandosi lo scettro tra le mani e guardando distrattamente la sua gemma azzurra.
Le parole di Thor gli avevano fatto più male di quanto avesse preventivato. Quelle erano le lacrime di un ragazzino in collera. Nient'altro che un adolescente turbato dalla crudeltà di una famiglia che l'aveva messo da parte, quando, invece, avrebbe dovuto amarlo. A conti fatti se la stava passando peggio di quanto non avesse fatto lui in passato, benché le sensazioni fossero più o meno le stesse.
Aveva calcato troppo la mano, se ne rese conto, alla fine. Il Thor che conosceva mai avrebbe attaccato qualcuno alle spalle, ma quel ragazzo non era il Thor che conosceva e non era neanche un codardo. Era solo spaventato e depresso.
Si rialzò, abbandonando lo scettro sul letto ed entrò nel bagno.
L'altro era chino sull'acquaio, non piangeva, ma la sua espressione era tetra. Loki guardò distrattamente le gocce del suo sangue andare a disperdersi nell'acqua e provò qualcosa di molto simile al senso di colpa.
Gli si avvicinò e lo indusse a sollevare il viso con un gesto brusco. Thor gemette di dolore e fece per allontanarlo con uno spintone a cui Loki fece resistenza. 
Il dio dell'Inganno osservò il suo setto, storto per la caduta sul pavimento o forse per il suo calcio.

- Questo farà male. -, non gli diede ulteriore preavviso e, rapido, strinse tra le dita il naso di Thor, rimettendogli a posto l'osso.

Il ragazzo gridò, poi lo colpì in piena faccia con un pugno, mandandolo gambe all'aria.
Loki cominciò a ridere ancor prima di sentire dolore.
Si rialzò.

- Bravo, è così che voglio che tu reagisca! -, si complimentò e sorrise, ma l'altro non lo stava ascoltando. Stava accucciato e bestemmiava confusamente gli dei, mentre il suo naso spruzzava fuori sangue come una fontana.

- Tamponalo con questo. Un uomo non è un uomo se non si è rotto il naso almeno una volta. Benvenuto nel mondo degli adulti, Thor. -.

- Crepa..! -.

Loki sorrise, intenerito.
Aspettò che si calmasse un poco e che smettesse di perdere sangue, prima di aiutarlo ad alzarsi e farlo sedere sul bordo della vasca.

- Vado a cercare qualcuno che possa insegnarti a combattere in modo decente. Tu cerca di sistemare questo macello e di studiare qualcosa per conto tuo. -. Si rialzò e raggiunse la porta.

- Ma sei tu il mio dannato precettore! -, gli urlò dietro il ragazzo.

Loki gli scoccò un'occhiata divertita. - Sì, ma sai leggere e sei più saccente di quanto occorra. Non perderò il mio tempo a farti memorizzare nozioni inutili come tutti i parenti presenti e passati, non quando puoi farlo benissimo da solo. -.

- E il combattimento? -.

- Sono il peggior guerriero dei Nove Regni nel corpo a corpo e questo la dice lunga sulle tue capacità. Non potrei insegnarti proprio nulla in tal senso... -, aprì la porta. - Ci vediamo dopo. - e si chiuse l'uscio alle spalle.

- Ma guarda questo! -, esclamò il povero principe.



Loki uscì dal palazzo e si diresse senza troppe speranze al quartier generale delle Guardie del Palazzo. Con una guerra in corso dubitava fortemente di riuscire a trovare un mastro d'armi in grado di addestrare Thor in tempi relativamente brevi.
La sorte fu  benevola con lui, una volta tanto e quasi provo l'istinto di abbracciare Volstagg, Hogun e Fandral quando li vide al di là della staccionata del cortile d'addestramento.
Non li aveva mai potuti tollerare in tutta la vita, ma in quella circostanza gli apparvero come un'oasi nel deserto di Muspelheim.
Si avvicinò ed ascoltò in silenzio i loro pavoneggiamenti di fronte alle reclute, venendo così a scoprire che i Tre Guerrieri si trovavano ad Asgard per una licenza di un mese dal fronte Est.
Una volta che ebbero finito si avvicinò loro.

- Posso scambiare una parola con voi, o nobili guerrieri? -, domandò, inchinandosi con deferenza.

- Ma certo, villico, ti ascolteremo più che volentieri. -, sorrise Fandral.

Loki provò il desiderio di fargli ingoiare tutti i denti del suo smagliante sorriso, ma trattenne l'istinto e si risollevò.
In fin dei conti era davvero vestito come un villico per la gita di poche ore prima nei distretti del popolo.

- Io però ho fame, quindi datti una mossa. -, Volstagg gli mise fretta.

Il dio dell'Inganno assunse un'aria seria e contrita. - Ho sentito, miei signori che mai avete rifiutato di offrire aiuto a chi si trovasse in difficoltà, anche di fronte ad imprese impossibili e che richiedessero discrezione... -, disse.

- Ma certo e, ti dirò di più: non abbiamo mai fallito alcuna missione! -. Volstagg diede una sonora pacca sulla spalla di Fandral, mentre Hogun osservava Loki con sospetto.

Quest'ultimo diede loro le spalle e chinò il capo.
- Purtroppo penso che questa sia superiore anche alle vostre capacità. Perdonate la mia invadenza... -, mormorò, facendo brillare gli occhi di finte lacrime.

Fandral avanzò.

- Aspetta, non... -, tentò Hogun.

Ma l'amico non lo ascoltò e cominciò a parlare.
- Sul nostro onore, villico, noi ti aiuteremo e se vorrai discrezione, noi ti daremo discrezione. -.

Loki trattenne un ghigno: riuscire a far promettere quegli idioti che parlavano come un sol uomo era stato un gioco da bambini. Non c'era niente di più importante dell'onore per loro, il che significava che l'addestramento di Thor e la riservatezza in merito erano garantiti. 
Si voltò lentamente, sempre con gli occhi lucidi.
Hogun, l'unico dotato di cervello, scuoteva la testa, maledendo la sua propensione a stare quasi sempre in silenzio.

- Ciò significa che mi aiuterete? -, chiese il dio dell'Inganno.

- Ma certo! Indirizzaci verso il mostro e noi lo uccideremo per te! -, sorrise ancora Fandral.

A quel punto anche Loki sorrise. - Mostro? Chi mai ha parlato di un mostro? Incontriamoci nel primo meriggio, vicino al Sokkvabekkr. Condurrò da voi il giovane che dovrete addestrare. Vi sarò per sempre incredibilmente grato. -.

E con questo si defilò suo malgrado. Gli sarebbe davvero piaciuto assistere alla loro litigata, ma doveva occuparsi di Thor.
Rientrò a palazzo e passò per le cucine per dare alcune disposizioni, prima di recarsi da Thor.
Rimase piacevolmente sorpreso nel trovare le stanze pulite e in ordine come gli aveva detto di fare. L'unica nota stonata era l'ascia, ancora conficcata nell'anta dell'armadio.

- Non sono riuscito a toglierla... -, gli comunicò il ragazzo con tono lugubre e astioso.

Loki provò a sua volta.
Una, due, tre volte, ma quell'ascia non voleva saperne di scastrarsi. Assottigliò le labbra e recuperò lo scettro dal letto, dove l'aveva lasciato.
- Senti, ti piace il tuo armadio? -, chiese.

- E' solo un armadio. -.

- Perfetto. -, sollevò l'arma e con un fascio di energia polverizzò il malcapitato pezzo di mobilio. - Oh, ora mi sento meglio e tu? -.

Thor si alzò dalla scrivania, allibito. - L'hai distrutto! Ma come ti è venuto in mente?! Ma sei stupido?! Come lo spiego?! -.

- Tanto era pieno di vestiti inutili. Il tuo guardaroba cambierà drasticamente, d'ora in avanti. -, il dio dell'Inganno scrollò le spalle e raccolse l'ascia, per posarla poi sul letto. - Dopo pranzo comincerai il tuo addestramento. -.

- Non voglio. -.

Loki provò il desiderio di conficcargliela tra gli occhi quell'ascia, ma decise di essere paziente. - Facciamo così: seguirai gli insegnamenti che ho intenzione di importi e che ti renderanno adatto alla sopravvivenza. Una volta terminato sarai libero di decidere di andartene o di restare. -.

Thor gli si avvicinò. Aveva il naso gonfio per la frattura e uno zigomo tutto livido. - Senza inganni? -.

- Ti sembro un bugiardo? -.

Il ragazzo prese un respiro profondo. Certo che gli sembrava un bugiardo! Uno di quelli della peggior specie per giunta!
- No. Non mi sembri un bugiardo. -, mentì a sua volta.

A Loki sfuggì un sogghigno, ma passò sopra a quella palese bugia. Gli porse la mano. - Amici? -

Thor la strinse e abbozzò appena un sorriso. - Amici. -.

- Molto bene. Ora cerchiamo di renderti decentemente presentabile. Siediti. -.

Il dio dell'Inganno lo fece accomodare di fronte allo specchio, poi andò a recuperare una spazzola. Gli bastò uno sguardo ai capelli intrigatissimi del ragazzo per rendersi conto che sarebbe stata assolutamente inutile.
Gliela fece cadere di fronte e si sfilò uno stiletto dalla cinta. Solo per un istante si concesse il brivido di immaginare di recidergli la gola e far scorrere il suo sangue tutt'intorno, poi con l'altra mano gli raccolse i capelli.

- Ehi, che fai?! -.
Thor cercò di spostarsi ma non fu abbastanza rapido. Loki gli recise la coda con un gesto brusco, lasciandolo con una zazzera di scompigliati capelli biondi che al limite gli sfiorava il collo.

Fece un passo indietro. - E ora pettinati. -, gli ordinò, lasciando cadere a terra le lunghe ciocche d'oro che stringeva nella mano sinistra.

- I miei capelli! -, obbiettò il ragazzo, sconvolto.

- Ricresceranno, non farne un dramma. -.

- I miei... ah, che tu sia maledetto per l'eternità! -. Thor si alzò, ignorando la spazzola. - Prima mi spacchi il naso, poi mi prendi a calci, ora questo..! -

 

-Non abbiamo fatto amicizia esattamente due minuti fa? -.

L'unica risposta che ottenne fu un ringhio gutturale.

- Ora pranzeremo, insieme. Consumeremo i pasti insieme. -.

- Ma che bella notizia... -, bofonchiò Thor, toccandosi i capelli corti e guardando con nostalgia quelli abbandonati sul pavimento. - Senti, chi è che ha spaccato il tuo di naso, quando eri ragazzo? Sto pensando di glorificarlo... -.

Loki sorrise. - Mio fratello, Thor. E' stato mio fratello. -.

- Allora l'essere stronzi dev'essere una caratteristica di famiglia! -. Voleva insultarlo, ma ciò che ottenne fu di scatenare un'incontrollabile risata nel suo precettore.



N.d.A.: Ecco il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto ^^.
Grazie a tutti, come sempre!
Un bacione,
Ros.

 
 

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Capitolo 5
*** La giusta motivazione ***


- E' chi penso che sia?-, domandò Volstagg, tirando di gomito a Fandral, mentre Loki e un reticente Thor uscivano dal bosco, costeggiando le acque cristalline del laghetto.

- Bhe, senza ombra di dubbio lo sembra.-, rispose l'altro.

- Siete ancora tanto fieri della vostra idea? Non oso neanche immaginare in quale guaio ci siamo cacciati!-, il silenzioso Hogun diede libero sfogo ai suoi pensieri un attimo prima che i due li raggiungessero.

Loki si inchinò appena.
- Questi, principe, sono i Tre Guerrieri...-

- So contare da solo, grazie.-, lo interruppe il ragazzo, incrociando le braccia al petto.

Il dio dell'Inganno roteò gli occhi, snervato e si rivolse ai tre. - Lui...-

- E' il principe Thor.-, concluse Fandral.

- Esatto.-
Loki spinse in avanti il ragazzo che gli scoccò un'occhiataccia. - Dovrete insegnargli a combattere in modo consono al suo lignaggio.-

Volstagg avanzò e afferrò Thor sotto il mento.
- Mmmh, vedo che qualcuno ti ha già sistemato per benino. Chi è stato? Un qualche servetto indisciplinato? O, magari, il tuo amorevole padre?-, premette il pollice sul suo naso gonfio e Thor gridò di dolore, indietreggiando.

Fandral rise. - Oh, abbiamo una vera damina qui! -, lo schernì, chinandosi e osando addirittura fargli il baciamano.

Il ragazzo si divincolò, sdegnato. - Se pensate che starò qui a farmi prendere per i fondelli vi sbagliate di grosso tutti e quattro!-.

Fece per andarsene, ma Fandral parlò ancora: - Che ne dici, allora, di difendere il tuo onore? O devo forse pensare che tu non ne abbia?-

Thor si voltò, guardandolo astioso.
- Se per voi l'onore è solo agitare in aria il ridicolo ago che portate appeso al fianco, signore, allora non abbiamo nulla a che spartire.-

Volstagg esplose in una risata baritonale, vedendo l'amico imporporare di sdegno.

- Ago?!-.
Sguainò il fioretto e glielo puntò alla gola. - Coraggio, ragazzino. Ti darò una lezione da non dimenticare!-

Loki allontanò la punta dell'arma con un colpo secco della sua alabarda e si frappose tra Thor e quell'imbecille di Fandral.

- Che onore trovereste nel ferire un ragazzino che non sa neanche impugnare una spada? Sono il suo precettore e il diretto responsabile delle sue azioni. Sfiderete me, se lo vorrete. Me o nessun altro.-

- Così sia.-

- Molto bene.-

Il dio dell'Inganno strinse le dita sull'impugnatura e, con un guizzo dorato, l'alabarda si tramutò in una spada a una mano.
Si spostò, quindi, verso la riva del lago, facendo cenno a Fandral di seguirlo. Hogun li raggiunse per far loro da giudice.

Thor impallidì, preoccupato.

- Non gli farà del male, vero?-, chiese, rivolgendosi a Volstagg.

Il corpulento guerriero rise, dandogli una pacca sulla schiena.
- Tranquillo. Non andranno oltre al primo sangue.-

- Primo sangue?! Cosa vuol dire "primo sangue"?!-, ma non ascoltò la risposta e avanzò di qualche passo, osservando l'inizio dello scontro.

Loki era rapido, si muoveva con destrezza, parando le stoccate dell'avversario. Per un istante al ragazzo tornò in mente il serpente danzante che aveva visto, da bambino, in uno degli spettacoli organizzati a palazzo. 
Il suo precettore era magnetico, catalizzava l'attenzione. O, quanto meno, catalizzava la sua con quegli ipnotici passi sinuosi.
Fandral, tuttavia, non era affatto rapito, anzi, sorrideva.

- Non male per un precettore, ma non abbastanza.-

Balzò in avanti, più rapido di un gatto e colpì in modo repentino. Loki respinse la stoccata all'ultimo secondo, ma si sbilanciò indietro, cadendo nell'acqua. L'altro non ebbe pietà, né esitazioni e continuò a lanciare stoccate che l'altro riuscì a respingere per miracolo e con sempre meno efficacia.

Fandral avrebbe potuto porre fine allo scontro in qualsiasi momento, ma si stava divertendo.

Thor afferrò Volstagg per un braccio, allarmato dall'espressione affaticata del suo maestro.
- Fateli fermare! Vi prego!-

Il guerriero sorrise. - Fandral, dacci un taglio!-, urlò, subito dopo. - Il principino è impressionabile!-

Una minima distrazione dell'avversario fu sufficiente per Loki. Si rialzò e con un affondo riuscì ad aprire un taglio sulla mano dell'incauto spadaccino.
Aveva vinto la sfida.

Prima di poter esser tacciato di viltà si affrettò a parlare:
- La guerra non è un duello, tenetelo a mente, Fandral. Una disattenzione di questo genere potrebbe esservi fatale. Non è opportuno peccare di superbia di fronte a nessun avversario, anche se dimostra doti inferiori alle vostre.-

- Ben detto.-, annuì Hogun.

Il dio dell'Inganno tirò indietro i capelli fradici e raggiunse Thor, mentre la spada che stringeva tornava ad essere un'alabarda.

Il ragazzo era ancora bianco in volto.

- Stai bene?-

Loki sorrise, sotto sotto intenerito da quell'involontaria dimostrazione di affetto e, forse, anche di responsabilità. Gli posò una mano sulla spalla.
- Ho affrontato di peggio che uno smargiasso con un ago.-

- Attento, potrei decidere di tagliare quella tua lingua lunga, precettore!-, lo ammonì Fandral, ma senza severità.
Anzi, sembrava divertito dalla piega degli eventi.

L'altro lo ignorò e si avvicinò ulteriormente a Thor, fermando le labbra vicino al suo orecchio.
-Verrà un giorno in cui tu sarai in grado di batterli tutti, mio principe...-, mormorò con voce vellutata. - Ho cieca fiducia nelle tue capacità, è solo questione di tempo. Ignora i loro insulti e sopporta i loro colpi. Non arrenderti, non farlo MAI. Decidi per cosa combattere e avanza a testa alta di fronte ad ogni avversità. Non dimenticare: ancor prima di essere un principe, tu sei Thor ed è tutto quel che conta per me. Conferisci al tuo nome l'importanza che merita. Cessa di trastullarti in giochi da fanciulli e diventa un uomo, trasformati in ciò che sei destinato ad essere.-.

Si allontanò, rapido come si era avvicinato, facendo sì che le loro spalle si sfiorassero appena e lasciando il ragazzo preda di un profondo turbamento.
Non erano state le parole a sconvolgerlo, ma il suono della voce: più dolce del miele e, al tempo stesso, più insidiosa del veleno.

- Per gli dei, che gli hai detto? E' arrossito di botto, neanche avesse ricevuto le lusinghe della più bella tra le dee!-, Volstagg esplose in un'altra grassa risata.

Thor abbassò lo sguardo, vergognandosi.

- Nulla di importante. -, Loki intervenne in suo soccorso. - Direi che è tempo che voi cominciate ad insegnargli qualcosa. Ora è pronto per apprendere.-
Si avvicinò al sentiero.

- Non resti..?-, la voce del ragazzo uscì leggermente strozzata dalla tensione.

L'altro si fermò senza voltarsi.
- Non sarò sempre al tuo fianco per tenerti la mano, ragazzino. La vita è un luogo orrendo dove vivere e tu devi imparare a cavartela da solo.-

-...-, Thor tacque, intristito. - Per favore...-

Loki chinò il capo, combattuto.
Il fanciullo che era in lui gridava a squarciagola di non fare un altro passo e di rimanere al fianco di quel principino fino a quando non fosse stato in grado di badare a se stesso. Parimenti la razionalità gli diceva che, se gli avesse mosso troppe premure, Thor non si sarebbe mai alzato in piedi.
D'improvviso ripensò al suo intendimento di poco prima, quando, tagliandogli i capelli, aveva immaginato di sgozzarlo. Provò raccapriccio e, di nuovo, quella soffocante sensazione di colpevolezza opprimente. Thor non era solamente innocente: era una vittima come lo era stato lui per tutta la vita.Sbatté le palpebre, a disagio, poi si voltò e si sforzò di apparire sereno.

- Va bene.-

Il viso di Thor si distese e il ragazzo donò al suo maestro uno splendido sorriso.

- Muoviti, tra poco avrai ben poco da ridere.-
Fandral recuperò due bastoni da terra e gliene porse uno.
- Coraggio, attaccami.-

Il ragazzo lo fece, slanciandosi in avanti. Loki non riuscì a quantificare quanto poco tempo ci avesse messo Fandral a, in quest'ordine: disarmarlo, bastonarlo spietatamente tra le gambe, farlo crollare in ginocchio con un colpo ben mirato dietro la gamba e, infine, ad abbatterlo con un calcio in culo.

-Uh, deve aver fatto male...-, mormorò diverito.

Si sfilò la giubba e la maglia, mettendoli ad asciugare al sole e continuò ad osservare il procedere dell'addestramento, fino a che Volstagg non gli si sedette accanto.

- E' stato il re a decidere che dovesse essere addestrato?-, domandò.

Loki incrociò le braccia sul petto nudo e sospirò, di fronte all'ennesimo schianto del giovane.
- No. E' stata una mia iniziativa, per questo vi ho chiesto discrezione.-

- L'avrai, precettore, ma fidati se ti dico che quel ragazzo è fatto per combattere tanto quanto io sono fatto per mettermi a dieta.-

L'altro si lasciò sfuggire una breve risata. - Mio nobile amico, fidatevi se vi dico che Thor deve solo trovare la giusta motivazione. Si sta ponendo contro voglia a questo addestramento e la sta anche pagando, a quanto vedo. Non appena troverà la sua ragione, la situazione cambierà. Immagino che Fandral saprà avere la giusta intuizione.-

- Sarà... vorrei avere il tuo ottimismo. Ad ogni modo basta con questo "voi", sono grosso, è vero, ma pur sempre uno.-
Volstagg gli diede una pacca sulla schiena e Loki gemette, sentendo la spina dorsale scricchiolare.

Thor era un vero impedito: un imbranato costretto in un corpo massiccio che non sapeva gestire. Molte volte finì con il perdere l'equilibrio da solo e schiantarsi a terra. Per tutte le altre fu l'attenta premura di Fandral a fargli mangiare la polvere.
Fino a quando, dopo circa due ore di botte ininterrotte, Thor decise arbitrariamente di rimanere sdraiato, prono, sull'erba, affannato, umiliato e dolorante.
Non era riuscito a sfiorare Fandral neanche una volta.

- In piedi!-, lo spronò lo spietato spadaccino, accucciandoglisi accanto.

- Basta, non ce la faccio più...-

L'altro gli afferrò i corti capelli e gli tirò indietro la testa con uno strattone.
- Ti racconterò uno spaccato della vita delle truppe, principessina: a volte, quando non ci sono donne per lunghi periodi di tempo, sai che fine fanno i deboli come te?  Diventano il trastullo degli uomini, così da rendersi utili almeno in questo e compensare la loro manchevolezza in battaglia. Tuttavia, ora non siamo in guerra e tu sei di alto lignaggio, potrei sempre decidere di far scontare la tua viltà al tuo zelante maestrino...-

Fu come appiccare un incendio in un campo di sterpaglie secche. Thor fece leva sulle braccia e colpì Fandral con una gomitata in pieno volto. Fu fulmineo e furioso: si avventò su di lui, costringendolo a terra sotto il suo corpo e cominciò a colpirlo con ferocia, un pugno dopo l'altro.
Loki scattò a sedere, allarmato, da quell'inaspettato cambio di registro.

- PROVA A RIPETERLO!-, urlava Thor.

Fandral se lo levò di dosso con uno spintone e rise. - Wow, complimenti a me, sono riuscito a smuoverti, finalmente!-

Il dio dell'Inganno accorse.
- Che cosa gli hai detto?-, domandò al guerriero.

- Niente!-, ringhiò Thor, rialzandosi. - Per oggi abbiamo finito, voglio tornare a palazzo.-
Non attese una risposta e si allontanò lungo il sentiero.

Loki lanciò uno sguardo a Fandral che, sempre sorridendo, si tamponava la bocca sanguinante.
- Vi ringrazio per il vostro tempo, ci vediamo domani alla stessa ora.-
Si inchinò appena e, recuperate le vesti lasciate ad asciugare, raggiunse Thor. Alla fin fine non gli importava granché di sapere cosa si fossero detti.

I Tre Guerrieri li osservarono allontanarsi.

- Il principino è un invertito, anche se forse non se n'è neanche reso conto, ancora.-, notificò Fandral senza colpo ferire.

Hogun si limitò ad inarcare un sopracciglio, mentre Volstagg si fece l'ennesima grassa risata.
- Tu sei sempre pronto a vedere perversioni ovunque!-

- E, di norma, ci prendo tutte le volte.-

- La cosa potrebbe crearci problemi?-, chiese il silenzioso Hogun.

- Non vedo perché dovrebbe. Se è davvero un invertito, quando diventerà un guerriero forte e valoroso ci saranno più donne per noi ai simposi dopo le battaglie.-, ribatté Fandral con naturalezza.

Hogun sospirò, Volstagg, invece, propose di andare prima alla taverna e poi al bordello.



Thor rimase in silenzio fino a che non furono di nuovo nelle sue stanze.

- Quel tizio non mi piace, è meschino e...-

- E finiscila. Ha solo trovato il perno giusto per spronarti.-
Loki posò lo scettro contro la parete e guardò il proprio riflesso allo specchio. Aveva un aspetto davvero pietoso con la casacca ancora umidiccia e i pantaloni lordi di fango.

- Questo vuol dire che non faceva sul serio?-

- No, non faceva sul serio. Senti, vado a ripulirmi, ci vediamo tra poco per la cena.-

Loki uscì dalla stanza, tutto sommato piuttosto soddisfatto della piega che aveva preso la giornata. Sapeva che Fandral sarebbe riuscito a spronare Thor: aveva una personalità tanto fastidiosa che non era proprio possibile non perdere le staffe in sua compagnia. Ora era solo questione di tempo, prima che Thor stesso scoprisse le sue naturali doti per il combattimento.
Aveva appena raggiunto la soglia della sua camera, quando una voce lo chiamò:

- Precettore!-

Si voltò lentamente, i nervi tesi, pronti a reagire. Tuttavia sorrise e si inchinò con deferenza. - Mia regina.-, mormorò, posando il ginocchio a terra.

Lei lo guardò con aria di superiorità.
- La situazione procede bene con il principe Thor?-, domandò.

- Nel migliore dei modi, signora.-

- Uhm... questo è strano. Solitamente i precettori fuggono ancor prima di aver trascorso anche una sola ora con quel piccolo bifolco.-

- Vengo dal Nord, so trattare con i giovani. Confido che riuscirò ad ottenere grandi cose dal principe Thor.-

L'espressione di Rindr si fece gelida.
- Molto bene.-, rispose, secca. - Il divino Odino ne sarà compiaciuto.-

Detto questo se ne andò, silenziosa, seguita da un paio di guardie.
Loki si rialzò.
Certo, Odino ne sarebbe stato compiaciuto, ma lei non lo era, questo era ovvio.
Si cambiò velocemente e ritornò dal ragazzo.

- Thor...-

Ammutolì quando lo vide disteso sul letto, profondamente addormentato con la faccia affossata nel cuscino. Aveva fatto in tempo a levarsi la giubba e a sganciare l'ascia dalla cintura, prima di crollare nel sonno.
Loki si ritrovò a sorridere quasi inconsapevolmente.
Recuperò una coperta dal baule a fondo letto e gliela stese addosso, poi gli si sedette accanto e, con delicatezza gli ruotò appena il capo, facendogli posare una guancia sul cuscino, cosicché respirasse più comodamente e non schiacciasse il naso già rotto. Giocò con le sue corte ciocche bionde per qualche istante, prima di affondare le dita tra i suoi capelli folti.

- Riposa, te lo sei meritato. Sei stato bravo.-, gli disse, prima di rialzarsi e andare a chiudere le tende, occultando le ultime luci del tramonto.

Era, ormai, sulla porta, quando Thor mormorò un confuso:
- Buonanotte... Loki...-

Il dio dell'Inganno sorrise di nuovo.
- Buonanotte a te...-



N.d.A.: Eccomi qui ^^, grazie a tutti per aver letto sino a questo punto, come sempre. Spero di non avervi annoiati!
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 6
*** Preoccupazione ***


Le settimane trascorsero rapide e in quel tempo Thor migliorò a vista d'occhio.
Proprio come il suo mentore aveva previsto, sembrava essere nato per combattere e, doveva ammettere, che gli piaceva anche farlo, se prendeva la cosa come un gioco, invece che come una preparazione ad un futuro fosco.

I Tre si divertivano molto con lui e Loki. Avevano creato un legame forte e stabile, un legame di cui il dio dell'Inganno ancora faticava a capacitarsi. Non aveva mai potuto sopportare Fandral, Volstagg e Hogun nella sua dimensione originaria. Ora, invece, gli apparivano diversi, più di aperte vedute. In quelle circostanze lui non era più il secondo genito imbranato, più abile con un libro che con una spada, ma un valido amico.
Aveva persino ceduto alle insistenti pressioni di Fandral che gli aveva testualmente detto: "Il tuo tirar di spada non fa poi così schifo, anche tu hai valide possibilità di diventare un guerriero." e aveva ripreso ad allenarsi a sua volta.
Certo, non con risultati rapidi come quelli del suo giovane discepolo, ma comunque accettabili. In linea di massima ora sapeva destreggiarsi anche nel corpo a corpo.
Ad ogni modo non presenziava sempre alle sessioni, molto spesso impiegava il tempo libero per parlare con i servitori di palazzo.

Non c'erano nei Nove Regni persone più pettegole e meglio informate dei servi.

Quello che apprese non gli piacque affato: al di là delle mere indiscrezioni sulla presunta infedeltà della regina che, comunque, non potevano essere comprovate, gli accenni davvero agghiaccianti erano quelli sulla guerra contro i Vanir i cui focolai si stavano riaccendendo rapidamente lungo tutti i confini del regno.

La leva obbligatoria era stata abbassata a livelli folli: tutti i ragazzi che erano in grado di impugnare una spada dovevano partire per il fronte. Poco importava che avessero solo pochi secoli di vita e non avessero neanche idea di cosa volesse dire combattere. Venivano spediti al macello contro soldati che, stando a quanto gli avevano detto, erano meglio equipaggiati e meglio addestrati.

Un'atrocità a cui nemmeno lui si sarebbe mai abbasato.

Ma i complessi etici occupavano una misera parte dei suoi pensieri.
Quel che non riusciva a capire era perché il re, Odino, invece di essere sul campo di battaglia a spronare quell'esercito di infanti, se ne stesse seduto con il suo flaccido culo sul trono di Asgard, mentre i suoi giovani venivano offerti alla "divina guerra" e il popolo languiva per i morsi della fame e delle privazioni.  
I commerci, infatti, erano quasi del tutto interrotti.
Erano pochi, ormai, i mercanti che osavano mettersi in viaggio. Troppe carovane erano state depredate da ambo gli eserciti, gli uomini uccisi, le donne stuprate e i bambini... meglio non pensarci.
No, solo i raminghi più selvatici e avidi osavano ancora attraversare le terre.

Il quadro generale era drammatico, solo il Distretto della Nobiltà sembrava non essere stato intaccato dalla guerra, ma Loki sapeva che, presto o tardi, la carenza di materie prime avrebbe cominciato a bussare anche alle porte d'oro della rocca.
Almeno il rischio di una rivoluzione interna era scongiurato.
Chi mai l'avrebbe mossa? Donne e bambini scheletrici per la fame?

Loki camminava proprio lungo il Distretto del Popolo quel pomeriggio.
Era deserto e desolato e non solo per la fredda morsa dell'inverno.
Le persone erano troppo spaventate per avventurarsi fuori dalle loro case, non che quelle mura fossero un rifugio sicuro, oh, no. Squadroni di soldati facevano frequenti ronde per strappare alle madri sino all'ultimo figlio maschio.
Lui stesso doveva portarsi dietro un documento con il sigillo reale per non essere reclutato con la forza.

Una folata di vento lo fece stringere nel mantello anche se, per sua stessa natura, non poteva sentire freddo. Era un gelo diverso quello che lo attanagliava, partiva da dentro di lui, da dentro un cuore che aveva creduto di non possedere più.
Da dove nasceva quel rinnovato amore per Asgard?
Fintanto che era rimasto nella sua dimensione neanche lui si era mai preoccupato dei bisogni del popolo, checché volesse dirne. La verità era che aveva solo voluto dimostrare di essere capace quanto e più di suo fratello, senza riuscirci, tra l'altro.
Con il senno di poi e di fronte a tutti i problemi di quella nuova Asgard si rendeva conto che, forse, era stato solo più stupido, il che era tutto dire.

Un uomo ammantato lo affiancò in modo furtivo.

- Vieni con me.-, gli disse con voce profonda.

Lo conosceva, lo conosceva più che bene, benché in quella realtà non gli fosse mai capitato di incrociarlo.
Non gli era mai piaciuto, tuttavia decise di seguirlo sino ad una fetida locanda infognata in un vicolo fatiscente.
Si sedettero in un angolo buio ed ordinarono della birra di discutibile qualità per non dare nell'occhio. Solo a quel punto Loki riuscì a scorgere il ben noto volto di Heimdall sotto il cappuccio di cuoio usurato.

- Che cosa vogliono da me gli Occhi di Asgard?-, bisbigliò Loki.

Il volto del possente guerriero d'ebano si fece sospettroso.
- Siete ben informato.-

- Faccio il possibile.-

Heimdall lo scrutò per qualche altro secondo.
- Quali sono le vostre intenzioni con il principe Thor? So cosa state facendo.-

L'altro sorrise appena.
- Davvero?-

- Niente giochetti, precettore!-

- Sto solo dando svago a un giovane che, troppo a lungo, è stato chiuso tra mura di pietra. Per quel che ne so, non è un crimine.-

Il dio dell'Inganno si alzò e fece per andarsene, ma Heimdall lo afferrò per un polso con impeto.

- E se vi dicessi che quel ragazzo è l'unica speranza per Asgard?-, gli chiese in un sussurro.

Loki si divincolò.
- Vi risponderei che state facendo dei discorsi pericolosi, signore. Discorsi che potrebbero costarvi il collo, se non starete attento.-

- Vi osservo da settimane, Loki. Potrei descrivere ogni smorfia di dolore comparsa sul vostro viso tutte le volte che avete messo piede in questo distretto. So che sapete cosa sta avvenendo e so che ne siete disgustato tanto quanto me.-

- Cosa mi state chiedendo, Heimdall?-

- Solo di poter servire un re degno.-

- Thor è solo un ragazzo. Non sa nulla di ciò che sta avvenendo...-

- E cos'aspettate a rivelarglielo?!-, lo interruppe bruscamente l'altro.

- E a che pro? Per buttare un micetto in una fossa di leoni affamati? Ammesso e non concesso che voglia entratci.-

- Il principe Thor non ha scelta. E' suo preciso dov...-

Loki sbatté una mano sul tavolo con violenza e si chinò minaccioso su Heimdall.
- Tutti hanno il diritto di poter scegliere!-, gli sibilò a un palmo dal volto. - E non permetterò né a voi, né a nessun altro di giocare con la sua vita!-

Quelle parole gli uscirono più rabbiose di quanto avesse davvero voluto.
La verità era che si affezionava di più a Thor ogni istante che passava, che lo volesse o meno.
I suoi propositi di conquistare il trono si stavano facendo man mano più labili, in virtù di un mondo più giusto. Paradossalmente il caos che c'era al di fuori di lui stava mitigando in fretta tutti gli spettri che gli avevano affollato la mente per una vita intera, trasformandolo in un uomo equilibrato e pieno di giudizio.
Stava crescendo e imparando.
Forse dipendeva dal fatto che, per la prima volta, sentiva che la sua esistenza aveva davvero uno scopo, o forse perché Thor era... così diverso, così intelligente e, in un certo senso, dolce in tutta la sua cocciutaggine e in tutte le sue ingenuità...
Alla fin fine, ciò che stava provando non sapeva spiegarlo neanche lui stesso.

- Questo discorso finisce qui.-, sbottò, allontanandosi.

- Continuerò ad osservarvi. Sappiate solo che non sono l'unico. Dovete stare attento.-, gli comunicò Heimdall un attimo prima che si chiudesse l'uscio della taverna alle spalle.

Una volta nel bosco Loki affrettò il passo per raggiungere il lago al più presto.
Il fatto che Heimdall fosse, apparentemente, dalla sua stessa parte era positivo, ma come poteva fidarsi di lui, che, a livello nominale, era quasi il braccio destro del re? Se quello non fosse stato altro che un test per saggiare il terreno?
Sentì un fruscio alle sue spalle e, ancor prima di venir sfiorato, colpì lo sconosciuto aggressore con una violenta bastonata, slanciandolo indietro.
Per la precisione: giù dal pendio.
Non riuscì ad identificarlo, scorse solo una figura indistinta rotolare sempre più velocemente verso la radura sottostante.
Con tutti i nervi tesi si preparò allo scontro.

- Ah! Ah! Ah!-, la risata di Fandral esplose fragorosa. - Glielo avevo detto di non farlo!-, disse, uscendo dalle frasche.

Loki sbatté le palpebre un paio di volte, confuso.
- Quello... era Thor?-

- Oh, si, lo era! Bel colpo, maestrino!-, ridacchiò l'altro.

- Che tu sia maledetto sino alla settima generazione per averglielo lasciato fare!-

Loki si slanciò giù per il pendio a rotta di collo, seguendo la scia lasciata nella neve dal corpo rotolante di quell'imbecille, ma, una volta giunto alla fine del pendio non lo trovò.
Si chinò a terra, affondando le dita in una piccola chiazza di sangue fresco.

- Thor, esci fuori! Non è divertente!-, urlò, rialzandosi e guardandosi intorno. - Sei ferito e devi...-

Una compatta palla di neve lo colpì in piena faccia, facendolo barcollare.
Sollevò lo sguardo solo per beccarsi un'altro spietato lancio e sentire la roca risata di Thor. Sorrise, divertito, poi con la base dell'alabarda colpì il terreno, scatenando una potente vibrazione. Il ragazzo venne travolto da tutta la neve addossata sui rami sopra la sua testa e crollò giù dall'albero con un tonfo ovattato.
Riemerse, tossicchiando.

- Usare la magia è scorretto!-, si lamentò, scrollandosi la neve di dosso come un cane.

Loki sorrise e gli si avvicinò, porgendogli la destra per aiutarlo ad alzarsi.
Notò troppo tardi il ghigno poco rassicurante di Thor che, un secondo dopo, l'aveva trascinato giù malamente, costretto faccia a terra con il proprio peso ed ora lo stava letteralmente seppellendo con la neve.
Rise, cercando di divincolarsi.

- Finiscila!-, gli urlò contro, tossendo.

Cercò di sollevarsi appena con il risultato che Thor, pur di tenerlo giù, gli si stese sopra.
- Ti ho battuto.-, gli sussurrò, affannato, stringendogli i capelli dietro la nuca in una debole morsa.

Nel farlo si ritrovò ad annusare il profumo del suo maestro e la cosa lo mise talmente tanto in imbarazzo che, confuso, si spostò al suo fianco, lasciandolo libero.
Loki si risollevò, massaggiandosi il costato.
- Sei un deficiente.-

Il ragazzo sorrise. - Attento, potrei sempre ricominciare.-

Fandrall e gli altri li raggiunsero.
- Aiutarmi no, vero?-, ironizzò il dio dell''Inganno.

- Non volevamo interrompere l'ampl... OUCH!-
Fandral si beccò una secca gomitata da Volstagg.

Loki lanciò ai due un'occhiata interrogativa, poi si concentrò di nuovo su Thor.
- Ho visto del sangue. Sei ferito?-

- Niente di serio, solo un graffio.-

- Fa' vedere.-

Il ragazzo sbuffò, poi gli mostrò l'avambraccio sinistro.

- Appena rientriamo ti faccio un bendaggio. Per oggi hai finito.-
Loki si rialzò, ripulendosi le vesti.
- Posso parlarvi in privato, più tardi?-, sussurrò, furtivo, agli altri.

- Certo, raggiungici alla taverna.-, rispose Fandral. - C'è qualcosa che non va?-, si premurò, poi.

Il dio dell'Inganno lanciò uno sguardo a Thor, che Volstagg stava intrattenendo per permetter loro di scambiarsi qualche parola.
- C'è qualcosa che mi preoccupa, sì...-, ammise, - Ma ne parleremo dopo.-, gli diede una pacca su un braccio, poi afferrò Thor per la collottola.
- Basta perdere tempo, andiamo!-

- E lasciami!-
Thor si divincolò, salutò gli amici e lo seguì sino al sentiero.

- Va tutto bene?-, gli chiese, - Sei silenzioso.-

Loki si sforzò di sorridere.
- Certo.-

- Se ci fosse qualcosa me lo diresti?-

- No.-

- Ecco... questo è uno di quei momenti in cui ti tirerei il collo come a un tacchino. Come faccio a sapere che non c'è davvero qualcosa che ti angustia se, per tua stessa ammissione, non me lo diresti?-

- Bhe, non puoi. Fattene una ragione.-.

Loki lo precedette nell'entrare nei reparti della servitù e si affrettò a salire per non esser tediato dalle sue domande. Thor lo rincorse, raggiungendolo sulla soglia delle proprie stanze.

- Tu ora mi dic...-, ma le parole gli si strozzarono in gola, quando, aperta la porta, si ritrovò di fronte il padre.

Anche Loki rimase paralizzato per il panico per una frazione di secondo, prima di inchinarsi. Il terrore che Heimdall potesse aver detto qualcosa al re gli strinse lo stomaco in una morsa e gli fece impallidire le guance.

Odino scrutò entrambi e vederli vestiti di stracci, per di più ricoperti di neve sciolta e fango lo indispose.
- So che mio figlio sta venendo addestrato, ma questo vestiario è proprio necessario? Sembrate due braccianti, al punto che mi chiedo chi stia influenzando chi, precettore.-

- No, padre, è... è colpa mia, io...-

- Fa' silenzio, Thor.-, lo zittì Loki. - Mi rincresce, mio signore, se avessi saputo che avevate intenzione di far visita a vostro figlio, io...-

- Taci. Ho perso fin troppo tempo ad attendervi. Ora, so che è vostra consuetudine consumare i pasti in solitudine, chi per costrizione...- e guardò Thor, - Chi per scelta.-, poi Loki.
- Come forse saprete, domani sera ho indetto un banchetto a cui presenzieranno le famiglie più potenti di Asgard e alcuni nobili guerrieri in lincenza dal fronte. So che conoscete già tre di loro. Voglio che mio figlio ci sia, precettore e tu con lui. Mi auguro che in questo tempo tu sia riuscito ad insegnargli un po' di educazione, in caso contrario, prenderò provvedimenti-, detto questo, il divino Odino, li superò a testa alta e li lasciò soli.

Loki si rialzò, ancora pallido e si coprì la faccia con una mano.
- Grandioso...-

- Non ci andrò.-, sibilò Thor, pieno di rancore. - Si è dimenticato di me per decenni, se ora pensa che...-

-TU CI ANDRAI! Dovessi trascinartici con la forza!-, Loki lo zittì in malo modo.

Avrebbe dovuto usare tatto
Avrebbe dovuto intuire che Thor era stato ferito da quell'improvviso capriccio del re.
Ma non lo fece e le insicurezze dell'altro gli fecero pagare quel suo errore subito dopo:

- Oh, certo! Sai, a volte me lo dimentico che tu non sei altro che un altro uomo al soldo di mio padre!-

- Cosa?-, esclamò Loki, perplesso.

- E' vero, sei a conoscenza di quel che avevo scritto in quel diario e, probabilmente non ne hai fatto parola, altrimenti le conseguenze sarebbero state spiacevoli. Ma chi mi assicura che non sia stato mio padre a voler che io imparassi a combattere, o a chiederti, che ne so? Di fare il carino solo per compiacermi? Magari sono solo uno stupido ragazzino che si era illuso di aver trovato un amico, quando invece non ha trovato altro che l'ultimo servo del re!-

- Thor...-

- Va' a farti fottere.-, il ragazzo gli chiuse la porta in faccia senza aggiungere altro.

Loki posò la fronte contro il legno e chiuse gli occhi, sospirando.
- Oh, per la miseria...-, gemette.



N.d.A.: Eccomi qui ^^ con questo nuovo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e, come sempre vi ringrazio infinitamente ^^!
Ah, sono già due capitoli che me lo scordo! Ho fatto un video di questa storia, a chi interessasse vederlo, è qui:
http://www.youtube.com/watch?v=Dxf7PazNbpM
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 7
*** Corri via! ***


 




Loki non ci provò neanche ad entrare in quella camera e, senza neanche cambiarsi gli abiti fradici, uscì dal palazzo per raggiungere i Tre alla taverna.
Fandral lo accolse con una pacca sulle spalle.

- Non ti aspettavamo tanto presto.-, gli disse Volstagg, facendo cenno all'oste di portare un altro boccale di idromele.
- Che faccia tetra... è successo qualcosa?-, domandò poi.

- Thor mi ha mandato a farmi fottere...-

- E con questo?-, si stupì Hogun, -Ti manda a farti fottere ogni volta che apre bocca.-

Loki tracannò un sorso dal boccale che l'oste gli aveva appena portato e storse il naso per la pessima qualità.
- Questa volta è diverso...-, raccontò loro del re e della sua imposizione.

- Quindi domani sera ci sarete anche voi?-

- Thor non ne vuole sapere. Gli ho detto una parola storta e si è chiuso in se stesso. Temo di aver perso ogni ascendente.-, con un secondo sorso buttò giù quanto rimasto della bevanda pessima e ne ordinò un altro boccale.
- Ora pensa che io non sia altro che uno degli uomini a servizio di suo padre! Io! Ma ve ne rendete conto?! Mi sbatto dall'alba a tarda notte per che cosa? Per essere mandato agli Inferi da un ragazzini viziato?! Cosa gli ho chiesto di tanto tremendo?! Di presenziare a una fottuta cena?!-

- Bevi e abbassa la voce. Non è il caso di dare spettacolo.-

Loki annuì.
- Hai ragione... e comunque non sono venuto qui per questo.-, ridusse la voce a un bisbiglio. - Heimdall è venuto a parlare con me, prima, nel distretto popolare.-, riassunse loro lo scambio che avevano avuto, poi bevve altro idromele.

Non era mai stato un gran bevitore, ma, considerato il fatto che da lì a due giorni avrebbe perso il suo posto di precettore, sarebbe stato cacciato fuori dal palazzo, molto probabilmente in guerra e tutto il suo piano sarebbe andato gloriosamente a meretrici, tanto valeva prendersi un pomeriggio di sbronza.

- Qualunque cosa succeda, Loki, noi saremo al fianco del principe e al tuo.-, lo rassicurò Hogun.

- Se Heimdall parla, sono finito. La mia testa finirà su una picca e Thor, se sarà fortunato, passerà il resto della sua vita dentro una fetida cella...-

Volstagg, notando due guardie entrare nella taverna, chiuse bruscamente il discorso:
- Ora come ora non possiamo fare niente, dobbiamo solo attendere.-

Dopo altri bicchieri e con l'alcool che già gli annebbiava la mente, Loki riprese l'argomento anche se in modo piuttosto confuso:

- Lui è così giovane e non ha la minima intenzione di mettersi quella fottuta corona sul capo e io...-, scosse la testa a disagio, sforzandosi di mantenere un filo logico. - Io non voglio costringerlo. Anche se mi fa infuriare, anche se vorrei strangolarlo in questo preciso istante, lo adoro... è così innocente, così onesto, così diverso da quello stronzo di mio fratello...-

Volstagg esplose in una fragorosa risata.
- Stai straparlando, maestrino!-, esclamò, cercando di togliergli l'idromele e lanciando uno sguardo preoccupato ai due armigeri che, per fortuna, erano piuttosto lontani dal loro tavolo.

- No!-, sbottò Loki, afferrando il boccale come se ne andasse della sua stessa vita.
- Dopodomani potrei essere in una fetida palude, sommerso di fango e merda di cavallo sino alle ginocchia, fammi almeno bere...-

Tracannò l'ultimo sorso dell'ennesimo boccale e poi si accasciò sul tavolo, tirando una sonora craniata al piano di legno.
- Perché?.. Perché la mia vita deve fare schifo ovunque io vada?.. Qualunque cosa faccia! Sono... così stanco... Perché non sono morto, precipitando giù dal Bifrost? Sarebbe stato tutto più semplice!-

I Tre si lanciarono uno sguardo d'intesa e si alzarono.
Volstagg afferrò Loki sotto le ascelle e per lui fu uno scherzo sollevarlo in piedi.

- Coraggio, ti serve un po' d'aria.-, gli disse, sorreggendolo e scortandolo sino alla porta, mentre Fandrall si premurava di pagare il conto.

L'aria frizzante di quel tardo pomeriggio invernale non fu di alcun giovamento alle condizioni di Loki che continuava a straparlare, raccontando confusi aneddoti su un fratello che gli aveva fatto cucire le labbra da un nano, su un padre che non l'aveva mai amato e che gli aveva mentito per tutta la vita e sul fatto che nessuno di loro aveva mai capito che lui aveva fatto quel che aveva fatto per proteggere Asgard.

- Mai più, ragazzi! Non invitiamolo MAI PIU' alla taverna!-, disse Hogun, divertito.

- Scherzi? E' uno spasso, è persino meglio di te, Volstagg!-, si accodò Fandrall, stringendosi nel mantello di pelliccia.

Quest'ultimo si distrasse per tirargli uno spintone e Loki sgusciò via dalla sua presa e barcollò indietro.
Si prese la fronte tra le dita della mano destra e provò a concentrarsi.
Doveva dire una cosa importante, ma trovare il modo per esprimerla in modo sensato gli sembrava uno scoglio insormontabile. Sollevò il mento nella vana ricerca di raddrizzarsi un poco e guardò i tre uomini di fronte a lui.

- Se dovesse succedermi qualcosa, qualsiasi cosa...-, cominciò a dire, - Voglio che mi promettiate che lo difenderete, che lo farete fuggire, che lo terrete al sicuro dalla regina, che tradirete il re stesso, pur di tenerlo al sicuro... Ve lo sto chiedendo con il cuore e armato della più somma delle verità...-

- Sì, quella dell'idromele. Andiamo, maestrino, ti riporto a palazzo.-

Volstagg fece per avvicinarlo, ma Loki indietreggiò e i suoi occhi si fecero lucidi.

- NON SCHERNIRMI! Forse sono ubriaco, ma non sono mai stato più sincero in tutta la mia vita, né ho mai provato sentimento più vero e profondo! Quel ragazzino idiota mi ha dato uno scopo, una direzione e voglio che sia al sicuro anche qualora io non potessi più occuparmi di lui, quindi, PROMETTETE!-

I Tre si guardarono l'un l'altro.
- Lo promettiamo.-, dissero, insieme.

- E ora che abbiamo garantito sul nostro onore che ci macchieremo di tradimento, fatti riportare a palazzo.-

Volstagg riuscì ad acciuffarlo, poi si rivolse ai due amici:
- Ci penso io a lui.-

Praticamente trascinandolo riuscì a portarlo sino a palazzo, dove chiese indicazioni per le sue stanze a un serva che, vedendo Loki, si fece sfuggire una risatina. Il precettore era sempre stato così altero e composto...

Una volta lì il guerriero non si stupì più di tanto nel trovare il giovane Thor ad attendere il suo maestro.

Non appena li vide, il ragazzo balzò in piedi, preoccupato.
- Che gli è successo?! Sta male?!-

Volstagg rise e, di peso, lanciò Loki sul letto.
- No, è solo sbronzo perso.-

- Sbronzo?-

Thor osservò il dio dell'Inganno bofonchiare qualcosa di sconnesso e poi chiudere gli occhi.

- Lo hai fatto avvilire molto con il tuo comportamento, ragazzo. Siedi, coraggio, devo farti un discorsetto.-, rispose l'altro, accomodandosi sullo scranno di fronte alla finestra.

- Non ho intenzione di andare a quella cena.-, chiarì subito Thor, sedendosi sul davanzale, imbronciato e con le ginocchia strette al petto.

- Vuoi perdere il tuo maestro per soddisfare uno sciocco puntiglio?-, gli domandò Volstagg.

- P-Perderlo? No... io non ho mai...-

- Gli hai rivolto parole dure, crudeli e insincere, Thor, quando l'uomo che vedi è disposto a qualsiasi azione, anche la più scellerata, pur di tenerti al sicuro. Cosa credi? Che lui faccia i salti di gioia all'idea di trascorrere una serata tra bugiardi e ipocriti? Te lo dico io: no. Quel che non capisci è che ti ha talmente tanto a cuore dal non volerti costringere a far nulla che non rispecchi i tuoi desideri, pur rischiando di perdere il suo posto di precettore. Se fossimo in tempo di pace ti direi di non preoccuparti, Loki è un tipo sveglio, saprebbe trovarsi un altro lavoro con uno schiocco di dita, ma siamo in guerra, ragazzino, immagino tu possa intuire cosa questo significhi.-

Il volto del principe si fece pallido, pregno di preoccupazione e di senso di colpa.

- Io non voglio questo... i-io...-, balbettò.

Volstagg si alzò e gli diede una leggera pacca sulle spalle.
- I piagnistei non servono a nessuno, rimedia e basta, Thor. Ci vediamo domani sera.- e, detto questo, lo lasciò solo.

Il ragazzo si alzò e si avvicinò lentamente al letto.
Loki dormiva un sonno agitato e continuava a mugolare frasi sconnesse, ricordando chissà quale momento doloroso della sua vita passata. Thor gli sfilò con lentezza i calzari, poi gli slacciò la giubba per farlo riposare più comodamente.

L'altro socchiuse gli occhi, confuso, appena lo mise a fuoco reagì nel peggiore dei modi:

- LEVAMI QUESTE FOTTUTE MANI DI DOSSO, FRATELLO!-, urlò, spingendolo lontano da sé.

Il ragazzo esitò, preso alla sprovvista.

- N-no, Loki, non sono tuo fratello... Sono io, sono Thor...-, mormorò.

Il dio dell'inganno si levò a sedere.

- Per i nove Regni, sono così confuso... ho bevuto troppo. Thor, certo... il giovane Thor.-, gli sfiorò il viso con la mano.

- Ti chiedo perdono.-

L'altro abbassò lo sguardo.

- No, no, sono io a dovermi scusare. Sono un tale stupido!..-, mormorò.

Loki lo strinse tra le braccia.

- Tu... sei la cosa migliore che mi sia mai capitata.-

A Thor sfuggì una breve risata imbarazzata.

- Puzzi più di una distilleria...-

- Lo so, e invero, non so quello che dico...-

Nell'abbraccio, la sua mano serpeggiò lungo la schiena dell'altro in un lento risalire, andando a torcere la stoffa della maglia.
Avvicinò le labbra al suo orecchio: - Corri via, ragazzino, prima che le mie idee ti prendano...-

Thor fremette e deglutì.

- C- che vuoi dire?..-, domandò, in un soffio flebile.

Loki tirò indietro il capo, abbastanza per poterlo guardare dritto negli occhi, come a voler ammonire il giovane interlocutore della minaccia di un desiderio diverso e folle, dovuto alle scarse inibizioni causate dall'ubriachezza.

- Sei una creatura troppo pura. Sporcarti con la mia tenebra sarebbe un delitto che neanche io, dio degli Inganni, avrei cuore di commettere.-

- Tu...mi confondi.-, confessò l'altro, senza riuscire a staccare lo sguardo dalle sue labbra: così prossime, eppure così lontane. Lontane, per la sua normale inesperienza: doveva estinguere quella minimale distanza? Tutto questo era un sentiero totalmente nuovo ed ignoto per il principe.

- Al contrario...-

Loki avvicinò di nuovo le sue labbra all'orecchio dell'altro:  - Corri via!-, sussurrò, - Avvicinati a me solo quando sono totalmente padrone delle mie azioni!-

Senza pietà alcuna lo spinse indietro, buttandolo giù dal letto. Poi si abbandonò tra le lenzuola e rise di gelido isterismo.
Thor si rialzò, spaventato e intimidito da quel lato oscuro del maestro che tanto idolatrava.

- Corri via!!-, lo sentì ripetere. E a quel punto, Thor lo fece e scappò via dalla stanza.




N.d.A.:  Eccomi qui, capitolo leggermente più breve del solito, ma per ovvie ragioni, direi. Nota per gli eventuali segnalatori: questa scena e quelle che verranno NON VIOLANO il regolamento. Devo dire che l'idea di riuscire a trattare l'argomento senza esplicitarlo mi alletta, è una bella sfida e quindi, ora come ora, sono dell'idea di non farlo neanche sull'altra piattaforma dove sto postando questa storia. Perché può esserci eros anche senza erotismo. Lo so che potrà apparirvi strano, ma abbiate fiducia in me.
Un bacione e grazie a tutti, come sempre.
Ros.

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Capitolo 8
*** Sarebbe stato il giorno ***


 

Thor si svegliò molto presto la mattina seguente, ancor prima dell'alba.
Aveva dormito male.

Aprì la finestra e si sedette sul davanzale, lasciando che l'aria fredda di quel mattino invernale rischiarasse le sue idee confuse. Il marmo della balaustra, così freddo, gli portò involontariamente alla mente le mani di Loki. Le sue mani erano sempre così fredde...

Sospirò, guardando il confuso turbinio dei fiocchi di neve. Aveva già fin troppi problemi, per preoccuparsi anche di questo. La vicinanza alle altre persone non faceva troppo parte di lui, quindi non si era mai posto pensieri simili.

Si sentiva a disagio? Ma per cosa, poi? Niente, non era successo niente.

Si stropicciò gli occhi, stanco ed avvilito, preoccupandosi della cena imminente. Non sapeva come vestirsi, di cosa parlare, o come tapparsi la bocca di fronte alle prevedibili provocazioni della regina.

Loki lo avrebbe istruito, ma sarebbe bastato?

Loki.

Si strinse maggiormente nella coperta di pelliccia con cui si era avvolto, scendendo dal letto.
La frizione delle soffici setole sulla pelle nuda gli provocarono un brivido. Come quello di una carezza...

Una carezza.

Si lasciò sfuggire un sospiro, e tornò a preoccuparsi per la serata; solo per rendersi conto che aveva davvero troppe cose di cui curarsi, e nessuna soluzione soddisfacente.
E l'idea che il suo maestro potesse venir allontanato per colpa della sua incapacità di saper chinare il capo di fronte ai doveri di corte? E dire che, sino alla comparsa di suo padre, tutto stava andando per il meglio...o almeno, così credeva: ma lo sentiva, che Loki gli stava nascondendo qualcosa. Volstagg era stato più che chiaro con le sue allusioni alla guerra, e lui non era stupido.

Chiuse la finestra, lanciando un ultimo sguardo alla tormenta.
Non gli piaceva la neve, gli ricordava troppo la regina e, ancor di più, la terra natia di quella strega. Possibile che una Jotun potesse apparire tanto bella da stregare addirittura il re di Asgard? Qual era il suo vero volto?

Si stese prono sul letto e recuperò il libro sulle leggende di Midgard.
Era sempre stato oltremodo affascinato da quel piccolo mondo lontano, popolato da uomini e da strane creature che si facevano chiamare dei, ma evidentemente non lo erano. Gli asgardiani erano gli unici veri dei, per quel che ne sapeva e per quello che gli avevano sempre insegnato, quanto meno.
Accarezzò le pagine usurate dal tempo: quel trattato era davvero molto vecchio. Ricordò con nostalgia quando la madre gliel'aveva portato. Il suo ultimo dono.


Non pensava a Frigga tanto spesso. Si intristiva, e diventava anche inquieto.

Per scacciarne il ricordo, cominciò a rileggere il mito del diluvio.
Trovava davvero assurdo che un popolo come quello degli umani potesse esser stato tanto barbaro e sanguinario da meritarsi la punizione di una creatura a loro superiore. L'anonimo autore di quella raccolta era stato vago in merito all'identità di questa figura, talvolta la chiamava Zeus, talvolta con altri nomi, altre volte ancora Dio, generico, con la d maiuscola, come se fosse un nome, come a volerlo rendere unico: onnipotente e infallibile, oltre che creatore di tutto; un'altra assurdità. Nessuna creatura possedeva quell'unicità e poi, se era vero che era infallibile, perché aveva reso i midgardiani tanto soggettivamente fallaci?
Dovevano essere un popolo davvero interessante, date tutte le piaghe che gli erano state inflitte: diluvi, piogge di fuoco, continenti che sprofondavano nel nulla...eppure erano anche coriacei, perché in un modo o nell'altro erano ancora lì. Pensò distrattamente che dovessero essere un grande popolo.
Gli sfuggì un sorriso e un brivido di adrenalina. Per quanto aberrasse ogni forma di violenza ingiustificata, era affascinato da Midgard e non desiderava altro che scappare laggiù per poter, finalmente, vivere una vita piena.

Loki aveva garantito che non l'avrebbe obbligato a rimanere a corte, una volta terminato il suo addestramento, e aveva l'aria di conoscere Midgard molto bene...

 

Era in grado di portarlo là?
Sarebbe andato con lui?

Magari su Midgard le cose...chi lo sa, avrebbero potuto essere diverse. Non come lì. Lì erano...erano...non avrebbe neppure saputo dirlo con precisione. Rigide?...



...scorse altre pagine. Le parole serpeggiavano sotto i suoi occhi, ma erano distanti, portate via da una preponderante distrazione.
Passò oltre al mito di Atlantide, la misteriosa terra scomparsa nel nulla in tempi remoti. In passato aveva pensato di chiedere delucidazioni a suo padre: lui forse era sufficientemente antico da potersi ricordare se era esistita o meno una terra con quel nome; ma poi aveva rinunciato all'idea, reputando che sarebbe stato molto più eccitante scendere su Midgard e riscoprirla personalmente.

Voltò ancora una pagina e si soffermò a guardare la ricca illustrazione della pioggia di fuoco.
"La distruzione di Sodoma", diceva la didascalia, con la precisa descrizione di cosa la sodomia rappresentasse.

Sodomia...

Chiuse il libro con la voce di Loki che, imperativo, ripeteva quel "corri via!" che alle sue orecchie appariva sempre più come un invito, piuttosto che un ordine disperato.


Loki, da canto suo, si sarebbe svegliato molto più tardi, quando il sole fosse stato già alto nel cielo.

- Ah...la testa...-, avrebbe gemuto, massaggiandosi le tempie.

Mettendosi a sedere, avrebbe richiamato alla memoria i confusi ricordi della sera precedente: per prima cosa si era reso ridicolo di fronte a Volstagg, Fandral e Hogun, ma di questo poco gli importava; successivamente, con tutta probabilità, aveva traumatizzato il principe.
Se ne sarebbe crucciato per all'incirca tre secondi, prima di scrollare le spalle e alzarsi come se nulla fosse successo.

Si sarebbe poi fatto un rapido bagno cercando di ricomporre la propria immagine, prima di uscire dalle proprie stanze. Avrebbe lanciato uno sguardo all'uscio di quelle di Thor e si sarebbe fatto sfuggire un sogghigno, prima di proseguire lungo il corridoio.
Uscendo dalla reggia per recarsi alla sartoria, avrebbe pensato al fatto che fare un vestito su misura per il ragazzo sarebbe stato pura eresia: non ne avevano il tempo. Avrebbe quindi trascorso un paio d'ore a selezionare il meglio che potesse, per tornare poi a palazzo stracarico di vesti. Non gliele avrebbe fatte provare tutte: ma dei ricambi per il futuro gli sarebbero stati utili e poi, bhe, gli aveva giurato già da un mese che l'avrebbe costretto a smettere di vestirsi come uno zotico e il momento, volente o nolente, era finalmente giunto.
Con un'imprecazione soffocata sarebbe riuscito ad aprire la porta della sua stanza. L'altro, seduto al davanzale, avrebbe avuto un sussulto, vedendolo e avrebbe lasciato cadere a terra l'ascia che stava lucidando.
Loki avrebbe allora inarcato un sopracciglio, sorridendo, per poi dargli le spalle e rovesciare i vestiti sul letto sfatto.

- Buongiorno.-, gli avrebbe detto, cominciando a piegare i capi e a sistemarli con ordine.

Thor avrebbe guardato il suo profilo aguzzo e il corpo esile nascosto sotto l'elaborato vestiario di stoffa e metallo. Solo in seconda battuta avrebbe notato i vestiti.

- Non avrai intenzione di farmi provare tutta quella roba, spero!-, avrebbe esclamato, allarmato.

L'altro allora avrebbe riso, scoccandogli un'occhiata divertita.
- No, non sono un folle. Stando alla tua celerità nell'obbedirmi, saremmo pronti per la cena dell'anno prossimo se mi muovessi altrimenti.-

- E perché ne hai presi tanti, allora?-

- Lo sai, il perché.-

Il giovane avrebbe incrociato le braccia al petto, contrariato: - Non inizierò a vestirmi come un idiota!-

- Ma a comportartici ci riesci benissimo...-, avrebbe ribattuto distrattamente l'altro, provando diversi abbinamenti.

Il ragazzo a questo punto avrebbe abbassato lo sguardo, indeciso se chiedere spiegazioni su quanto avvenuto la sera precedente, oppure continuare a conservarsi il suo strano pensiero in silenzio dentro di sé.

- Loki...-

Al cosiddetto dio dell'Inganno sarebbe bastata solo l'inflessione della sua voce per capire dove voleva andare a parare: - Spogliati.-, gli avrebbe detto, senza nemmeno guardarlo.

A Thor sarebbe mancato un battito.

 

- C-Come?..-


Avrebbe dovuto riconoscere a se stesso di esser stato davvero meschino. Avrebbe contenuto il proprio divertimento inopportuno, cercando di placare la sua innata voglia di giocare con il topo.

 

Afferrando una casacca e un paio di pantaloni di uno scuro blu cobalto, glieli avrebbe porti, avvicinandosi:


- E provati questi.-

- Per gli Inferi! Sono orrendi!...-, si sarebbe lamentato il ragazzo con aria supplichevole.

L'adulto allora avrebbe afferrato il mento dell'altro, guardandolo dritto negli occhi, con sorriso da faina:


- Ritira quegli occhioni da cucciolo, con me non attacca.-, e poi: - Coraggio, ti spogli o vuoi che mi inginocchi di fronte a te?-

- Io...-, avrebbe esitato il biondo, prima di levarsi di dosso la giubba con un rapido strattone.

Il dio ingannevole gli avrebbe allora posato casacca e pantaloni sullo scrittoio, prima di andare a sedersi sul letto.
Si sarebbe fissato le unghie per lasciargli un minimo di pudica riservatezza, ma l'ovattato fruscio delle vesti sfilate sarebbe bastato a risvegliare in lui gli stessi pensieri che, sino alla sera prima, non lo avevano neanche mai sfiorato.


Ignaro del concetto stesso di vergogna, avrebbe risollevato lo sguardo, osservando l'esigua muscolatura, ancora nemmeno lontanamente acerba, del suo sfortunato allievo, alle prese con una battaglia all'ultimo sangue con i lacci dei pantaloni.


Si sarebbe alzato, allora, e sfiorandogli distrattamente (ma quanto?) il basso addome, avrebbe stretto ed annodato i due lembi di stoffa, lasciando all'altro i problemi con la vergogna che ciò che non poteva nascondere gli avrebbe provocato.

- C'è qualche problema, ragazzo?-, gli avrebbe chiesto con candida innocenza.

- No...no no, nessun problema.-, avrebbe risposto imbarazzato, dandogli le spalle, ed infilandosi la casacca.

 

Loki avrebbe appena sorriso, divertito dalla sua evidente voglia di reagire. Sarebbe poi tornato al suo sporco lavoro, decretando che il blu, tutto sommato, non era stata una scelta poi così malvagia. Avrebbe chiaramente preferito vestirlo come era solito ricordare il Thor della sua dimensione, ma si era presto reso conto che..no, sarebbe stato inappropriato: il rosso era il colore destinato ai re e, gli piacesse o meno, Thor non era l'erede al trono. Quindi non era consono farlo passare per tale.

- Questa giubba è stretta!-, avrebbe protestato il ragazzo, muovendo le spalle.

- Non è stretta, è aderente.-

 

Dopo questa affermazione sarebbe entrato nel bagno per recuperare la spazzola, acerrima nemica dei capelli del giovane.


- Ma per la miseria, cos'è questo caos?-

 

Vestiti sporchi sparsi ovunque, il pavimento simile ad un lago, la finestra spalancata dalla quale entravano mulinelli di neve...


- THOR!-

- Che c'è? Ho fatto un bagno...-, avrebbe detto il ragazzo facendo capolino.

- C'è stata una guerra qua dentro?!?-, ma poi, con un sospiro profondo: - Ne riparleremo, affrontiamo un problema alla volta...-


Avrebbe quindi scostato un cumulo di vestiti ammassati e recuperato la spazzola. Tornato dall'altro, con spietata rapidità gli avrebbe tirato indietro i capelli, facendo molta forza sui nodi. Il tatto non era il suo forte.

- Ahi!!!- avrebbe detto il ragazzo strappandogli la spazzola di mano - Faccio da solo, assassino!-

- Sarebbe meno doloroso se tu lo facessi con regolarità, femminuccia... e grezzo, anche.-, avrebbe bisbigliato l'altro passandogli accanto e tornando a sedersi sul letto.


- Ti serve un nuovo armadio...-

- Eh, chissà perché...-, gli avrebbe sbottato contro il ragazzo, finendo di pettinarsi.

Loki si sarebbe guardato attorno distrattamente, come se l'accusa non riguardasse affatto lui; poi avrebbe recuperato un mantello di qualche tono più scuro del completo che l'altro aveva già indosso e glielo avrebbe fissato sulle spalle.

- Anche il mantello?! Morirò di caldo e di scomodità...-

- E io di lamentele. Forza, guardati.-, spingendolo di fronte allo specchio con malagrazia: - Che ne pensi?-

Si sarebbe rimirato per qualche istante, sconfortato.

- Penso che sembro un cretino.-

 

In realtà si sarebbe piaciuto.

 

- Questa è una certezza, non un'ipotesi. Oltre ciò?-

- Ma la fai finita?!-, gli avrebbe urlato, tirandogli la spazzola addosso.

 

Incurante di ciò, questi avrebbe riso: - Io ti trovo molto appropriato. Quel colore non è proprio il tuo, ma è accettabile. Ora, veniamo alla parte difficile: ti ricordi il protocollo?-

- Suppergiù: quando si alza un membro della famiglia reale ci si alza; non si parla con loro se non si è stati interpellati, si tace se a parlare è il re, non si comincia a mangiare prima che il re abbia iniziato...-

- Thor, tu fai parte della famiglia reale e dovrai sedere con loro.-

Avrebbe visto comparire chiaramente il panico nei suoi occhi. Si sarebbe quindi sentito in dovere -e in piacere, perché no?- di alzarsi e poggiargli una mano rassicurante sulla spalla:

- Sarò a pochi metri da te per tutto il tempo. Non hai nulla da temere.-

A questo punto il ragazzo l'avrebbe stretto tra le braccia, abbandonandosi alla sua spalla.


- Non voglio che ti mandino via...-, avrebbe mormorato, aggrappandosi con forza alla sua casacca.

- Anche se ti do il tormento?-

- Soprattutto perché mi dai il tormento.-

Loki sarebbe quindi sgusciato via dal suo abbraccio, intenerito e a disagio.

- Andrà tutto bene, ne sono sicuro.-, l'avrebbe rassicurato.

- Cosa sai della guerra? Volstagg...-

- Volstagg dovrebbe imparare a tenere chiusa quella sua boccaccia inopportuna!-, l'avrebbe interrotto bruscamente.

- Ti prego, mettimi al corrente della situazione!- e poi, più duro: - Se non mi dirai qualcosa tu, lo scoprirò da solo!-

E questo, sfortunatamente, Loki sarebbe stato costretto ad ammettere, era vero. Si sarebbe quindi arreso:
- Stiamo perdendo, Thor. Tutti gli uomini...No!...tutti i bambini in grado di portare una spada sono stati inviati al fronte, ormai. Il popolo è alla fame e le merci iniziano a scarseggiare anche nel distretto della nobiltà. Questa è la situazione.- una pausa - Ora che la conosci ti senti meglio?-

- C'è qualcosa...che posso fare?-

Uno sbuffo dell'altro, divertito.
- Sai fare i miracoli, tu?-, uno scherno privo di tatto alcuno.

Non avrebbe atteso risposta ed avrebbe guadagnato l'uscita: - Vado a parlare con i servi per farti avere un armadio. Tu mangia qualcosa e cerca di non sporcarti le vesti. Ci vediamo dopo.-

 


Questo, a conti fatti, sarebbe stato il giorno, appena avesse preso il via. Non appena le situazioni ed i pensieri della notte avrebbero preso il volo e lasciato spazio ai momenti della giornata... agli sfioramenti della pelle, alle parole ed agli sguardi ravvicinati. Ai momenti di confusione, ed agli istanti -minimi istanti- di certezze, maledette certezze che non poteva prendere perché, ahimè, appena avvistate sarebbero già fuggite via, riprecipitandolo, o meglio, riprecipitandoli, alle loro confusioni.

 

Questo, e molto altro, sarebbe stato il giorno.

 

Ma ancora era notte, e il giovane biondo si alzò dal letto, lasciando che la coperta gli scivolasse via dal corpo nudo. Si era arreso ai suoi pensieri, e si accingeva a lasciarli scappare via in bagno, impetuosi come essi stessi erano. Non poteva più trattenerli. E forse non voleva.

 

 

N.d.A.: Capitolo strano, molto strano, spero che vi sia piaciuto ^^!
Un bacione,

Ros.

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Capitolo 9
*** Sorella del freddo ***






Camminava al suo fianco, ma voleva solo fuggire via.
Loki lo aveva preparato, gli aveva spiegato tutto con una precisione al limite dell'esasperazione, ma non era stato in grado di togliergli di dosso la paura. Si fermò a una finestra e scrutò di sotto. Nevicava ancora.

- Non possiamo arrivare tardi, Thor. Non questa volta.-

Il ragazzo sollevò lo sguardo e deglutì. Non si era mai reso conto di quanto fossero piacevoli le serate passate in camera sua con l'altro che gli raccontava della vita fuori da Asgard. Nella sua fanciullesca ignoranza considerava il sapere del suo maestro infinito.
Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter tornare indietro: la sola idea che quella sera potesse essere la loro ultima gli appesantiva il cuore.

- Dammi solo un secondo, per favore...-, mormorò.

Il maestro azzardò un sorriso e gli posò una mano sulla spalla.

Era preoccupato, non poteva negarlo; ma ciò che lo mandava davvero in confusione era il non riuscire a capire se fosse più demoralizzato dall'idea di veder definitivamente andare a monte il suo piano, oppure più addolorato dal dover lasciare il ragazzo al proprio destino.
Che volesse accettarlo o combatterlo, gli si era affezionato, molto più di quanto avesse voluto o preventivato.
Osservò il suo capo chinato e, miratosi attorno, si arrischiò a scompigliargli i capelli in gesto d'affetto.

- Ehi!-

- Comunque vada, voglio che tu sappia che non hai colpe.-, gli disse, chiudendo gli occhi.

Non sapeva neanche se poteva tornare indietro da quella realtà, ma la prospettiva di riprendere la sua vecchia vita, i suoi antichi piani, lo portò a un passo dalla disperazione, quindi allontanò il pensiero. In quel momento non poteva permetterselo.

Aveva delle responsabilità verso il giovane. Dipendeva ancora troppo da lui.

 - Non è vero che non sarà colpa mia.-, lo udì rispondere.

Sospirò.

Non poteva di certo dirgli che non sarebbe stata colpa sua perché l'arguzia della regina era tanto affinata da strappare in brandelli ogni suo fanciullesco tentativo di tenerle testa. Questo gli avrebbe fatto perdere del tutto quel poco amor proprio rimastogli.

- Non se farai del tuo meglio. Coraggio, raddrizzati e proseguiamo, principe.-

Si allontanò da lui e riprese a camminare, ma si fermò di nuovo, quando si accorse che l'altro non lo stava seguendo.

- Non sono il principe di nessuno, Loki.-, disse Thor, distaccandosi appena dalla finestra.

- Sei il mio; e che tanto ti basti.-

 Il dio dell'Inganno si sorprese delle parole che con tanta repentina spontaneità gli erano uscite dalla bocca. Se sino a qualche tempo prima gli avessero detto che sarebbe finito con il riconoscere Thor, un qualsiasi Thor, come suo principe e suo futuro re, avrebbe riso sino a morirne.

Il ragazzo abbozzò un sorriso triste.

- E sarà sufficiente?-

- Ne sono certo.-

Loki sussultò: quella menzogna gli era uscita male, malissimo, perché aveva paura lui stesso. Ciò nonostante, vide gli occhi del ragazzino brillare, un poco più vitali e positivi.

Gli diede le spalle e proseguì.

- Voglio che anche tu sappia delle cose, Loki...-, riprese Thor, seguendolo: - Nessuno si è mai prodigato tanto per me, prima di te e... non lo dimenticherò. Io, non so cosa sto dicendo, ma...-

L'altro si voltò di scatto e con uno sguardo severo gli bloccò in gola parole stupide, avventate e pericolose. Parole dettate dai sentimenti di un ragazzino triste.

- Non farlo suonare come un addio. Se parti con quest'animo, tanto vale che torni nelle tue stanze e io prepari i bagagli!-, gli sibilò con più durezza di quanta non fosse necessaria.

- E se non sai cosa stai dicendo, taci, è più opportuno.-, aggiunse, dandogli ancora una volta le spalle.

Che Thor fosse in confusione era comprensibile, naturale, in un certo qual modo. Che lo fosse anche lui, con tutti i millenni che si portava sulle spalle, era inammissibile.
Al di là del divertimento che trovava nel giocare con lui, la situazione lo metteva in tensione. Non si aspettava che quel ragazzino acerbo riuscisse a far breccia dentro di lui con tanta inconsapevole ferocia.
Lo adorava; e questo gli faceva male, perché, per quanto si sforzasse di aggrapparsi alla razionalità, il volto che vedeva era quello dello stesso fratello che gli aveva rovinato la vita. Ritrovarsi, d'improvviso, a provare sentimenti così diametrali, così profondi, pur essendo opposti all'odio originario, era destabilizzante.
Quel giovane Thor aveva raso al suolo le sue certezze, una dopo l'altra. Ne aveva anche fatte sorgere altre, certo, ma erano ancora troppo nuove, instabili, incerte, visto che l'indomani lui avrebbe potuto ritrovarsi cacciato da palazzo.

- M-mi dispiace...-

Udì appena le sue scuse, ma non vi diede ascolto.

Svoltò l'angolo e il suo stomaco si strinse in una morsa, quando la porta delle stanze di Odino furono in vista.
 Il re aveva ordinato che Thor venisse condotto lì, cosicché la famiglia reale potesse raggiungere il salone insieme. Loki aveva obbedito, ma, se fosse dipeso da lui, non si sarebbe distaccato dal giovane neanche per un istante, prima della cena.
Si voltò per accertarsi che l'altro lo stesse seguendo; si senti parzialmente sollevato nel vederlo avanzare a passo sicuro, con l'andatura che gli aveva insegnato a tenere.
I suoi occhi, tuttavia, lo tradivano: era nel panico. E se lui riusciva a capirlo, allora era chiaro che l'avrebbe colto anche Rindr... e questo era tutt'altro che bene.

Sospirò, celando la sua apprensione. Non aveva potuto fare di più e, tutto considerato, sarebbe stato impossibile insegnare a Thor a celare le proprie emozioni. Scorrevano limpide nei suoi occhi chiari. Questo, indipendentemente dalla realtà.

Riprese a camminare solo quando l'altro lo ebbe affiancato.

- Il principe Thor.-, lo annunciò alle guardie.

I due armigeri chinarono il capo e scrociarono le lance per aprirgli il passo.

Il giovane esitò, e lanciò un ultimo disperato sguardo al suo maestro, prima di muover passo dentro la stanza, senza rivolgergli neanche una parola di commiato perché le circostanze e l'etichetta non lo permettevano.

Quando l'uscio si chiuse alle sue spalle ebbe un sussulto.
Era solo, ora.

Si avvicinò al padre, ancora alle prese con la vestizione, e si inginocchiò, scostando indietro il mantello perché non lo intralciasse nei movimenti.

- Padre...-, mormorò, in segno di rispetto.

Odino lo studiò per lunghi istanti, prima di rivolgergli la parola.

- Alzati.-, gli ordinò.

Lo guardò in volto.

- Sei pallido. Stai per presenziare a una cena, non ad un'esecuzione.-, lo rimproverò con serverità.

Thor distolse gli occhi e sbatté le palpebre per cacciar via le lacrime della preoccupazione.

- Chiedo perdono. Sono solo... molto nervoso.-, ammise.

Il re si rivolse al servo, intento ad appuntargli il mantello vermiglio.

- Vuoi muoverti?!-, lo aggredì, prima di tornare a guardare il ragazzo.

Thor a quel punto abbandonò il sentiero tracciatogli da Loki e decise di affrontare apertamente il discorso:

 - F-Farò quanto in mio potere per comportarmi in modo appropriato, ma vi prego. Lo...il mio precettore...lui... non c'è bisogno che voi lo mandiate via! Se sbaglio, punitemi in altro modo...-

- Non indispormi con le tue lagne, ragazzino!-, gli abbaiò contro il padre, - Dovresti desiderare di comportarti opportunamente a prescindere, non solo perché temi di perdere il tuo maestro! Se ha saputo fare bene il suo lavoro, resterà...altrimenti lascerà la reggia prima ancora che faccia giorno! Non voglio sentire un'altra parola sull'argomento.-

Era stato un errore e Thor si stramaledì.
Aveva messo in dubbio Loki, preso l'iniziativa e indisposto suo padre. Come poteva esser stato tanto stupido?

La porta si aprì di nuovo, e Rindr avanzò nella stanza, seguita dal piccolo Vàli. Entrambi resero omaggio al re, poi la regina rivolse attenzione al giovane.
Piegò le labbra rosse in un sorriso affatto amichevole e i suoi occhi verdi guizzarono di divertimento.

- Thor...-, mormorò, girandogli intorno, predatrice. - A stento non ti riconoscevo. Devo ammettere che il migliormento è netto: se prima apparivi come un bracciante, ora puoi quasi esser scambiato per un paggio. Queste vesti sono un po' sciatte per un principe.-

 - Mi rincresce, ma con così poco preavviso...-, tentò di difendersi Thor.

Lei rise, spietata.

- Preavviso, Thor? Dobbiamo forse chiederti perdono per averti rubato alle tue importanti mansioni?-

- No. Certo che no.-, rispose lui, rancoroso. Ma prese un respiro profondo e placò il suo risentimento: - La prossima volta farò in modo di...-

- Sei presentabile a sufficienza.-, intervenne il padre, mettendo fine al battibecco con tono seccato.

La regina tacque, troppo astuta per inimicarsi il marito apertamente.
Vàli, invece, si avvicinò al fratellastro.

- E' vero che combatti?-, gli chiese, brusco.

Thor guardò prima il padre e poi Rindr, come a voler chiedere il permesso di potergli rispondere. Per tutta la vita il fratellino gli era stato tenuto lontano ed ora non sapeva come comportarsi.

- Sei sordo? O forse solo stupido?-, lo provocò il bambino.

L'altro sorrise e si accucciò a terra, fissandolo. C'era qualcosa in Vàli che gli ricordava Loki, al di là degli occhi azzurri di Odino e i boccoli corvini, aveva i tratti aguzzi...

Ma decise di non darvi troppo peso. In fin dei conti, ultimamente, quasi ogni cosa lo faceva pensare all'altro.

 - No, ti ho sentito, scusa. Sì, mi alleno da un po', ormai.-

Vàli si voltò verso la regina.

- Madre, perché io non posso allenarmi?-, esclamò.

Lei stava per rispondere, ma Odino intervenne di nuovo:

- Perché sei ancora troppo giovane. Attendi almeno il mezzo secolo.-, tagliò corto.

Il bambino sbuffò.

- Padre... con il vostro permesso, sarei felice di mostrare qualche tiro di scherma a Vàli, dopo cena. Con spade di legno, s'intende. Non è mia intenzione nuocergli in alcun modo.-, propose Thor, rallegrandosi alla prospettiva di poter, finalmente, condividere qualcosa con il fratello.

- Ma non...-, cominciò Rindr.

- Hai il mio permesso.-, accordò il re. Poi, al servo: - Hai sentito mio figlio: fa' portare delle spade di legno per il termine della cena. Puoi andare.-

- Sì, mio signore.-, l'uomo si inchinò e lasciò la stanza.

- E adesso andiamo.-

Il re offrì il braccio alla regina ed entrambi li precedettero fuori dalle sontuose stanze.

- Ti batterò.-, sibilò Vàli.

Thor sorrise, paziente.

- Su questo non ho dubbi.-





- Sembra ti abbia morso una tarantola, Loki, per gli dei! Placati e tieni il culo appoggiato allo scranno!-

Volstagg, esasperato, lo afferrò per il verde mantello e lo strattonò verso il basso, obbligandolo forzatamente a sedersi.

L'aveva visto alzarsi per ben sette volte per sbirciare se la famiglia reale fosse in arrivo. Fandrall ridacchiò, lisciandosi i baffi.

- Qualcuno è in ansia...-, commentò, divertito. Gli spinse di fronte il bicchiere e la caraffa del vino.

- Bevi un po' per distendere i nervi.-

- No.-, sibilò il dio dell'Inganno.

Volstagg esplose in una risata: - Che è successo? Sei diventato improvvisamente astemio?-, lo schernì, ben ricordando i bagordi della sera precedente.

- Ma va' a farti fottere...-

Loki si alzò per l'ennesima volta. In quell'occasione per controllare la lunga tavolata: i posti più prossimi al tavolo rialzato della famiglia reale erano stati affidati ai generali. Scrutò le loro facce scure: era chiaro che portavano pessime notizie dal fronte di guerra. Odino avrebbe prestato loro ascolto? Ne dubitava.

Dopo di loro venivano i nobili, grassi, flaccidi, annoiati e ignari. In buona parte li conosceva dall'altra Asgard e, anche lì, gli erano sempre piaciuti molto poco.
Nel periodo trascorso alla reggia, oltre un mese, aveva cercato di capire quanti e quali fossero gli intrighi della corte per scoprire, con sconcerto, che non ve n'erano. I nobili prosperavano, sotto Odino. E fintanto che potevano arricchirsi, mangiare e lussureggiare con le loro ancelle indisturbati, non avrebbero mosso un dito: condannando così tutto il regno alla rovina.
Se solo avesse avuto qualcuno di quei nobili dalla sua parte, insediare Thor sul trono sarebbe stato semplice. Solo tre corpi delle loro guardie private e l'astensione di altre due casate avrebbero facilmente potuto sbaragliare la scarsa milizia rimasta alla reggia: ma nessuno appariva essere lungimirante a sufficienza in quella realtà.

Inoltre, i servi mormoravano e tremavano nell'ombra. Voci assurde erano giunte dai loro congiunti al fronte: parlavano di mostri e di morte.

Heimdall, seduto tra i nobili e i soldati subalterni, a qualche metro da lui, lo stava osservando.
Sentì quindi un brivido corrergli giù, lungo la spina dorsale. Ricambiò il suo sguardo per un breve istante, poi si risedette.

- Hai visto uno spettro?-, gli chiese Hogun, sorpreso.

- No. Peggio.-

- Morirai di preoccupazione, un giorno!-

Volstagg gli diede una pacca poderosa sulla schiena, facendolo gemere di disappunto. Ma non fece in tempo a dir nulla che il corno annunciò l'arrivo della famiglia reale. Si alzarono tutti per render loro omaggio.

Il re si sedette sullo scranno centrale del tavolo rialzato. Rindr sedeva alla sua sinistra, mentre i due principi, non istruiti sui loro posti, si guardarono restando immobili.

- Alla sinistra della regina, imbecille, te l'ho ripetuto infinite volte!..-, bisbigliò Loki, stringendo i pugni per la tensione e strappando un sorriso divertito ai Tre Guerrieri.

Thor, ovviamente, a più di dieci metri di distanza, non poté udirlo e rimase fermo, attendendo che Vàli prendesse la decisione.

- Volete entrambi consumare il pasto in piedi?!-, vociò loro contro Odino.

Entrambi i giovani ebbero il buon gusto di tacere, poi a Thor venne l'illuminazione e prese posto accanto alla regina. Il bambino, a quel punto, si affrettò a sedere alla destra del re, sullo scranno del principe ereditario, rosso in volto.

 Loki scosse la testa, coprendosi il volto con una mano.

- Cominciamo bene...-, commentò, accomodandosi con il resto degli ospiti.

Osservò con attenzione i generali borbottare infastiditi durante la prima portata. Per loro che venivano dal fronte, quella cena, ricca e sontuosa, era un autentico insulto, ma il re parve non curarsene affatto. Li zittì persino malamente, sottolineando che durante il pasto non voleva sentir parlare di morte. Preferì piuttosto ascoltare i menzogneri riscontri di bilancio del tesoriere: un bugiardo tale che Loki si sentì quasi di aver trovato un suo pari.

Thor stette sempre in silenzio, come il suo maestro gli aveva detto di fare. La fortuna nella sfortuna stava nel fatto che, con la presenza dei generali, la situazione era tanto tesa che persino Rindr era esitante.

Loki concentrò la sua attenzione su Odino, che ascoltava distratto i frivoli discorsi di un consigliere. Era stanco, il re; e sembrava più vecchio, ma fu quando scorse il tremito delle sue mani, che si sentì davvero perduto.

 Thor, dall'alto, a stento toglieva gli occhi di dosso al suo maestro. Notò il suo pallore e l'ansia di aver sbagliato qualcosa gli fece perdere la presa sulla posata che cadde rumorosamente sul piatto.

La regina non si fece sfuggire l'occasione:

- Non sai neanche mangiare da solo, Thor?-, lo provocò. Poi aggiunse: - Vuoi forse che chiami il tuo precettore, cosicché possa imboccarti?-

- Chiedo scusa.-, disse lui, ingoiando il rospo.

- Dovresti prestare attenzione al tuo mostrargli tanto affetto. La gente potrebbe parlare...-

La ignorò, e riprese a mangiare controvoglia. Ovviamente quell'allusione lo preoccupava. Non tanto per lo scandalo che sarebbe derivato da quelle insinuazioni, quanto per il fatto che, anche in quel caso, Loki sarebbe stato allontanato.

Tra i borbottii infastiditi dei generali e le chiacchiere frivole della corte, comunque la cena terminò senza altri intoppi. Loki tirò un sospiro di sollievo quando i piatti dell'ultima portata vennero portati via dalla servitù. Nonostante la partenza incerta, Thor se l'era cavata piuttosto bene. Gli rivolse un sorriso, il suo posto era ancora garantito. Non si prospettavano tempi facili, anzi, tutt'altro; ma preferiva concedersi qualche momento di tranquillità, prima di cominciare a preoccuparsi del prossimo futuro.

Sussultò, però, quando il re si rivolse ad entrambi i figli:

- Coraggio, cominciate.-

Cominciare cosa? Al dio dell'Inganno quasi prese un colpo, e senza riflettere si alzò di scatto. Fortunatamente Volstagg lo ritrascinò a sedere con la forza prima che qualcuno potesse accorgersene.

- E lasciami, imbecille!-, sibilò.

Thor sorrise al fratellino e si alzò, precedendolo. Con attenzione soppesò le due spade di legno, per affidare poi la più leggera a Vàli. Il bambino osservò prima l'arma, poi il fratello maggiore e un pallido lampo di paura attraversò i suoi occhi.
Loki lo notò e se ne sorprese. Perché Vàli aveva paura di Thor? Cosa gli aveva detto la madre?
Strinse i pugni, teso, e si chiese a chi diamine fosse venuta in mente l'idea di un duello; a qualcuno che gli voleva male, questo senza dubbio.

- Afferrala in questo modo, con entrambe le mani. Sei ancora troppo piccolo per poterla usare con una sola. Stringila bene, ma mantieni il polso morbido.-

- Vuoi stendergli anche il tappeto rosso?-, commentò Fandral, seccato da tutte le premure di Thor; - Quello è il metodo più corretto per non insegnargli un bel niente!-, aggiunse, tracannando un sorso di vino.

Loki scosse la testa, contrariato. Lo spadaccino aveva ragione, ma era convinto che se Thor avesse preso e sbattuto l'erede al trono per tutto il salone come un tappeto, questo non avrebbe troppo rallegrato il re né tantomeno la regina.

Osservò Thor dare altre spiegazioni al confuso fratellino; e fu travolto da antichi ricordi: a suo tempo, anche il SUO Thor aveva provato ad insegnare a lui a combattere... con scarsi risultati.

- E' un duello o una conferenza?-, sbottò, infastidito, uno dei generali che non attendeva altro che la fine di quella pagliacciata per riunirsi in consiglio con il re.

Vàli si stizzì, colto nell'orgoglio. Il suo disagio era evidente.

- E' sufficiente, Thor.-, disse.

- Bene, allora attaccami.-, lo spronò.

Il bimbo lo fece: sollevata la spada si slanciò in avanti; ma, incapace di indossarlo correttamente, inciampò sul suo stesso mantello, finendo a terra e scatenenando un moto di ilarità ai tavoli.

- E io che pensavo che Thor fosse un imbranato...!!-, commentò Volstagg ridacchiando.

Vàli guardò la madre con gli occhi pieni di vergogna: lei gli fece cenno di proseguire con spietata freddezza.

- Ti sei fatto male?-, gli chiese il fratello, accucciandoglisi accanto. Fece per aiutarlo ad alzarsi, ma l'altro si divincolò malamente.

- E lasciami!-, strillò. Poi, lanciata via la spada, corse via.

Thor lo guardò sparire oltre il colonnato, affranto. Poi si voltò verso il padre e chinò il capo.

- Mi dispiace...-, mormorò.

Odino si alzò.

- E di cosa? Hai solo mostrato a un moccioso che non è tempo per lui di imbracciare le armi.-

Si rivolse, poi a Rindr: - Va' da lui, donna.-, e infine, ai generali: - Ritiriamoci.-

I generali lo seguirono e i nobili si allontanarono. Loki stava per andare da Thor per complimentarsi, ma venne bloccato da Heimdall.

- Ho bisogno di conferire con te.-, gli disse.

Il dio sospirò, lanciando uno sguardo a Thor che, perso, lo cercava tra gli invitati.

- Adesso?-, chiese concentrandosi sul Guerriero d'Ebano.

- Il principe saprà trovare le sue stanze da solo.-

- Va bene...-

Loki lo seguì fuori dal salone e poi sin sui bastioni. Si appoggiò ad un merlo e guardò di sotto, mentre una folata di vento gli sollevava il mantello.

- Notte di tempesta...-, mormorò, indicando la neve che cadeva loro addosso.

- Quali sono le tue intenzioni... fratello della regina?-

Sussultò, preso alla sprovvista. Poi sospirò:

- Come l'hai capito?-

- Fisionomia. Se prima avevo dei dubbi, ora che vi ho visti nella stessa stanza, ne sono certo.-

- Rindr non sa dei miei natali, Heimdall. Venni abbandonato dal mostro che dovrei definire "padre" e crebbi lontano da Jotunheim. Ma dubito che la mia triste storia ti interessi e comunque è troppo lunga perché io abbia voglia di raccontarla.-

- Non ve n'è bisogno. So che vieni da molto lontano, straniero. Non dal Nord e nemmeno da Jotunheim. Sul tuo corpo sono palesi i riflessi di una dimensione distante nello spazio e nel tempo. Chi tu fossi prima, non m'importa. Ciò che mi preme è ciò che sei in questo luogo. Fratello o avversario?-

Loki gli scoccò un'occhiata divertita.

- Questo, dipende. Se sei al fianco del re... o meglio, della regina, allora nemico.-, rispose con sincerità. Date le circostanze, mentire non aveva alcun senso.

- Sai perché ho voluto parlarti.-


Il dio dell'Inganno annui: - Odino è prossimo a cadere nel suo sonno.-

- Sonno? Cosa intendi? Io sarei stato pronto a dire che il re è malato, ma tu sembri saperne di più.-

Loki non si curò più di tanto di essersi scoperto.

- Vuoi dire che Odino non ha mai riposato in questa realtà?!-, esclamò, colto dal terrore.

- Riposato?-, Heimdall era confuso, non sapeva di cosa stesse parlando.

- Oh, che siano maledetti tutti gli dei!-, imprecò Loki, passandosi una mano sul volto.

Prese un respiro profondo:

- Hai visto giusto, Occhio di Asgard, vengo da molto lontano, da una dimensione alternativa. Sono cresciuto alla corte di Odino e so per certo che, a intermittenza, egli necessita di cadere in un coma ristoratore che gli permetta di rimettersi in forze. Se la mia supposizione è esatta, il tuo re, corrispettivo dell'Odino che io ho conosciuto, non ha mai riposato... per gli dei!..-, imprecò di nuovo.

- E questo cosa comporterebbe?-

- Più Odino ritarda il suo sonno, più si indebolisce. Ciò significa che questo re, una volta caduto nell'oblio, potrebbe non risvegliarsi mai più... o, peggio! ...morire prima di addormentarsi. Senza Odino, le possibilità che Thor sopravviva si assottiglierebbero: la regina lo ucciderebbe alla prima occasione! Non attende altro da quando si è sposata con il re!-, spiegò, concitato.

- Abbassa la voce. Qui siamo al sicuro, ma non so per quanto. Quanto sei potente, straniero? Possono le tue arti contrastare con quelle della regina?-

- Posso celare Thor ai suoi occhi e alla sua mano, ma non chiedermi di più. La presa del trono è da escludere: non abbiamo forze, e Thor non è pronto.-

- L'affetto per quel fanciullo ottenebra il tuo giudizio, Loki; e questo condurrà Asgard alla rovina!-

Loki gli si avventò contro, mettendolo spalle al muro.

- Apri gli occhi, Heimdall! Asgard è già in rovina, e io non metterò a rischio la vita di Thor per salvare un regno già caduto in disgrazia!-

Il Guerriero d'Ebano chiuse gli occhi, accettando quella terribile verità.

- Allora prendi il tuo principe e portalo lontano da qui; e preghiamo gli Antenati che egli sia forte abbastanza da far risorgere Asgard dalle ceneri...-

- No, non dalle ceneri, Heimdall: dal ghiaccio e dalle tenebre...-, rispose, sparendo in mezzo alle ombre della reggia.





Thor, nelle sue stanze, attendeva in ansia.
La serata era andata bene, o tale gli era parsa; non aveva avuto l'impressione che suo padre volesse cacciare il suo maestro... ma allora perché era sparito? Aveva anche chiesto di lui a Volstagg, Fandral e Hogun, solo per sentirsi rispondere che nessuno l'aveva più visto. Era convinto si sarebbero incontrati non appena finita la cena; invece era passata già un'ora.

Si sfilò il mantello dalla giubba e lo lasciò scivolare a terra senza alcuna cura, poi andò alla finestra e maledì la neve.

Non si avvide della porta che veniva aperta, ma colse il rumore della serratura che scattava alla chiusura.
Si voltò quindi di scatto e sussultò nel vedere l'esile figura del maestro balenare alla luce delle fiamme del caminetto. Era pallido,  la neve l'aveva lasciato spettinato e fradicio.

- Sei uscito?-, gli chiese il ragazzo, sorpreso. Afferrata la coperta di pelliccia dal letto, gli si avvicino e gliel'avvolse attorno alle spalle con premura.

- E'...è andata bene, vero?-

Nel chiederlo esitò, troppo spaventato dall'idea di ricevere una replica negativa. Per tutta risposta, Loki lo strinse tra le braccia, poggiando il volto nell'incavo del suo collo, in un gesto di affetto fin troppo sottolineato.

- Sì, è andata bene...-, gli rispose in un sospiro, prima di risollevare il capo per guardarlo dritto negli occhi.

- Sei stato bravo, mio giovane principe, mio orgoglio...-, continuò, cingendogli il volto con entrambe le mani. Quando il ragazzo gli strinse la vita, ebbe un fremito. Avvertì con chiarezza il calore del suo corpo contro il proprio, gelido per natura. Ma, - Lasciami, adesso...-, sussurrò appena nel suo orecchio, mentre le sue dita, prive ormai di qualsivoglia controllo, giocavano con le sue ciocche bionde.

Si guardarono ancora a lungo negli occhi, accarezzandosi l'un l'altro i pensieri e le emozioni. I desideri erano uno, la forma delle volontà concentrate in un parallelo, i bisogni precisi e confusi al contempo. Erano talmente tanto vicini da sentire ognuno l'odore dell'alito dell'altro, da respirare il reciproco calore interno. E quel calore ora entrava, tramite la respirazione, nel circolo polmonare del contraltare, passando per la gola e scorrendo fluido.

Saranno stati un paio di sospiri, ma parvero un milione; e un milione di volte i pensieri fecero avanti e indietro, accompagnandosi ai sogni e alla realtà. Anch'essi, che volevano essere uno, ma non sarebbero stati.

- Non sono affato sicuro di volerti veder andar via.-, ammise infine Thor, respirando il suo profumo con il cuore che gli batteva forte nel petto.

Loki scrutò ancora più a fondo nei desideri del ragazzino.

- Ma io...si...-

Lo spinse indietro e si allontanò da lui, dandogli le spalle. Per un istante pensò di affrontare il discorso apertamente, ma poi non ne ebbe il coraggio. Gli scoccò un'ultima occhiata e si intenerì alla vista del suo volto abbattuto e triste.
Gli sorrise con dolcezza e raggiunse la porta.

- Sono fiero di te, ragazzino... Che i tuoi sogni ti diano il conforto che cerchi.-, gli disse, prima di uscire.

- E tanto facciano i miei...-, mormorò a se stesso, una volta solo.



N.d.A.: Ed eccoci qui. Chiedo scusa per il ritardo, ma questo capitolo mi è uscito orrendamente lungo e non potevo spezzarlo in alcun modo, inoltre, contemporaneamente sto lavorando a una shottina (seh, -ina) sul Dannato Stark che mi sta prendendo una marea sia in termini di tempo che di ispirazione, lo sapete quant'è bizzoso quel miliardario. Non vogliatemene, vi prego.
Ho una specifica da fare onde evitare intoppi di sorta: NON ho sbagliato fandom, questa fanfiction deve stare in quello di The Avengers, non in quello di Thor, il perché e il per come lo scoprire(mo)te solo vivendo.
Grazie infinite di tutto, come sempre!
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 10
*** Con le spalle al muro ***





Quella notte Loki non riuscì a chiudere occhio, quindi si alzò molto presto, ben prima dell'alba. Troppo afflitto dai suoi pensieri aveva passato ore a rigirarsi tra le lenzuola nella vana speranza di prender sonno. L'ansia era un sentimento che aveva provato poche volte nella vita e non sapeva come affrontarlo, né come porvi rimedio.
Proseguì per i corridoi, desolati a quell'ora della notte.

Heimdall sapeva tutto di lui, ma questo lo preoccupava marginalmente. In fin dei conti l'Occhio di Asgard avrebbe avuto ben altri elementi con cui costringerlo fuori dai giochi. Date le circostanze lo considerava più come uno scomodo alleato, piuttosto che un pericoloso avversario.
Il che era davvero ridicolo.

Entrò nel salone del ricevimento e scorse con lo sguardo i tavoli vuoti, ma sussultò quando sentì dei deboli colpi provenirne dal fondo. Con circospezione e passo felpato avanzò, sfruttando i tendaggi per restare inosservato. Si sorprese nel vedere il piccolo Vàli di fronte a una colonna, intento a tirare maldestri colpi di scherma.
Era rosso in volto e madido di sudore, entrambi segnali che era lì da parecchio tempo.

Lo osservò in silenzio per lunghissimi minuti, prima di decidersi a parlare.

- Ti farai male, se continui così.-, disse.

Avrebbe dovuto dargli del voi e mostrarsi più rispettoso, ma qualcosa gli suggerì di potersi muovere con meno cautela.

Il bambino balzò indietro, spaventato e perse la presa sulla sua spada giocattolo. Si guardò intorno, senza riuscire ad individuarlo.
Loki scrollò la tenda e avanzò con lentezza, il mento alzato e sul volto dipinto un sorriso pericoloso.

- Alla tua sinistra, fanciullo.-

Vàli lo guardò e con un maldestro tentativo cercò di riappropriarsi di un aria solenne.

- Tu non dovresti essere qui.-, sibilò.

Loki si sedette su uno dei tavoli e si guardò distrattamente le unghie.

- Neanche tu.-, ribatté.

- Portami rispetto, cane!-

Gli occhi di Loki brillarono di divertimento. Chinò il capo in segno di riverenza.

- Come preferite, principe. Cosa vi affligge nel cuore della notte?-

- Non sono affari che ti riguardino.-

Il piccolo recuperò la spada da terra e fece per andarsene.

- Avevo anche io un fratello, un tempo!-, esclamò l'adulto all'improvviso, - Ed anche lui era solito umiliarmi.-

Valì si fermò e chinò il capo.

- Thor non mi ha umiliato. Mi sono umiliato da solo e questo tu lo sai bene.-, sbottò.

Loki assottigliò gli occhi, incuriosito.

- Parole molto mature per un fanciullo della tua età.-, riprese, tornando a dargli del tu, - Quindi perché sei qui, se non è per una questione di rabbia?-

Il bambino gli scoccò un'occhiata persa, ma tenne duro:

- Te l'ho già detto: la faccenda non ti riguarda.-

L'altro si alzò e gli si avvicinò. Quando fu ad un passo da lui, Vàli si fece leggermente indietro.

- Non hai nulla da temere da me. Sono il detentore di molti segreti, piccolo. Se lo vorrai, ascolterò anche i tuoi.-

- T-tu sei dalla parte di Thor! Non potrai farmi altro che male!-, cedette il bambino.

- Del male, Vàli?-, sorrise, - Oh, no. Io non sono che un mero galoppino. Anche se il mio intendimento fosse quello, e non lo è, non potrei toccarti senza mettere a repentaglio la mia stessa vita. Non ho alcuna intenzione di morire stanotte e tu?-

- Io non sono sicuro di poter parlare con te...-

- Sei un principe e, a meno che tu non abbia ricevuto un espresso ordine dai tuoi genitori, puoi fare ciò che più preferisci.-

Vàli deglutì e distolse lo sguardo.

- E' ovvio che questo divieto non mi è stato posto.-

- Allora non stai facendo nulla di male.-

Loki gli posò una mano sull'avambraccio e lo strinse leggermente, come per confortarlo, ma il bambino si fece indietro con un gemito di dolore.

- Ti sei fatto male?-

L'altro esitò ancora.

- Sì... prima, nella mia stanza.-, rispose con voce incerta.

- Posso vedere la ferita? Sono anche un guaritore, oltre che un maestro. Tranquillo, non lo saprà nessuno.-

Gli prese la mano ancor prima di ottenere il suo permesso e gli sollevò la manica.
Sbatté le palpebre, confuso dalla propria certezza e chiese:

- Come te lo sei fatto?-

- Io... S-sono caduto e ho urtato l'attizzatoio del camino. L'avevo appena tolto e mi sono bruciato...-
Sapeva mentire bene, Vàli, ma non abbastanza e, ad ogni modo, sul suo braccio pallido si vedevano ancora con chiarezza i segni di una stretta. E, ovviamente, l'ustione era da gelo, non da fiamma.

Loki l'aveva capito subito, ma finse di credergli.

- Vuoi che ti curi? Ho degli unguenti nelle mie stanze che potrebbero darti sollievo.-

Il bambino si ritrasse.

- No! Cioè... volevo dire che... che posso attendere sino a domattina. Non dirlo a nessuno!..-, esclamò, nel panico.

Loki sorrise, rassicurante, - Ma certo.-, gli sussurrò.

- Ora io vado.-

Corse via, sparendo fuori dal salone.

- Pensavo rivolgeste la vostra rabbia solo contro Thor, regina, e che il sangue del vostro sangue potesse dirsi al sicuro...-, mormorò, il dio dell'Inganno d'improvviso.

Rindr scivolò fuori dai tendaggi con passo leggero.

- Non è da tutti percepire la mia presenza, uomo del Nord. Chi sei veramente? Me lo chiedo da tempo, senza riuscire a trovare una risposta soddisfacente.-

Loki si raddrizzò, voltando il capo per guardarla negli occhi.

- Non l'avrete.-, sorrise, - Fatevene una ragione.-

- Poco importa, Loki.-
La regina gli passò di fronte, spavalda , poi gli diede le spalle.
- Tu non sei una reale minaccia.-, aggiunse, prima di andarsene.

"Vorrei poter sostenere il contrario...", pensò il dio dell'Inganno, chinando il capo.

Non lo sorprendeva il fatto che Rindr non fosse una madre amorevole neanche con il suo figlio di sangue.
Ormai si era armato della convinzione che gli Jotun fossero tra i peggiori genitori del creato, a ben vedere.
Era evidente che la regina si fosse resa conto delle condizioni critiche di Odino. Non le serviva più un figlio a cui far prendere il trono, dal momento che l'avrebbe ottenuto lei stessa da lì a poco tempo.
Provò pena per Vàli, ma si fermò lì. Già faticava a trovare una soluzione per salvare la vita di Thor. Un altro principe da prendere sotto la propria ala andava al di sopra delle sue scarse possibilità.

Si allontanò a sua volta e si sorprese di trovare Thor nelle sue stanze.
Si ritrovò a chiedersi se qualcuno dormisse in quella dannata reggia.

- Che ci fai qui?-, gli chiese.

- Manca poco più di un ora all'alba. Andiamo a buttar giù dal letto gli altri.-

Loki si stropicciò il volto con le mani, esausto.

- Va' pure. Ti raggiungo più tardi.-, rispose, desideroso di prendersi un po' di tempo per pensare.

- Tu dov'eri?-

Thor ci aveva provato a porre la domanda con tono indifferente, ma non era in alcun modo riuscito a celare un'insidiosa gelosia.

Loki la colse e si mosse, nervoso, per la stanza. Aveva problemi ben maggiori del preoccuparsi delle bizze di un adolescente.
Non voleva dirgli di Vàli, perché conosceva Thor. Sarebbe corso in soccorso del povero fratellino su un cavallo bianco e questo non avrebbe fatto altro che intorbidire ancor di più le acque burrascose in cui tutti versavano.
Non aveva ripensamenti, Loki, lasciare indietro il piccolo e pedante erede al trono era necessario.
Non avrebbe pianto per la sua perdita.

- Non vedo in che modo la cosa ti riguardi.-, sibilò con schiettezza, passandogli accanto.

Il ragazzo lo afferrò con decisione per un polso e lo costrinse a voltarsi.

- Ho il sinistro presentimento che invece mi riguardi!-, ringhiò.

E in quel momento il dio dell'Inganno tremò, riconoscendo in quel fanciullo la stessa cocciuta ostinazione del fratello che si era lasciato alle spalle.
Indietreggiò.

- Vattene.-, gli ordinò.

- E se non lo facessi?-

- Allora sarò io ad andarmene.-

Loki si divincolò e fece per avvicinarsi alla porta, ma venne afferrato di nuovo, più malamente. A quel punto reagì con violenza, armato di un antico spirito di autopreservazione: richiamò lo scettro e, senza rifletterci, mandò Thor gambe all'aria.
Gli premette la punta acuminata sul collo, aprendogli un leggero taglio.

- LEVAMI DI DOSSO QUELLE MANI! IO NON SONO UNA TUA PROPRIETA', FRATELLO!-

Quel fratello gli era scivolato via dalle labbra senza che se ne avvedesse.
Troppo tardi si rese conto del suo errore. Fece un passo indietro e lasciò lo scettro che si abbatté sui lastroni del pavimento con sordi tonfi metallici.

Il ragazzo si sollevò in piedi e gli scoccò un occhiata rancorosa.

- Fratello,-, ripeté, - è la seconda volta che ti rivolgi a me in certi termini. L'altra notte ho pensato ai vaneggiamenti di un ubriaco, ma in questo momento sei più che lucido. Esigo delle spiegazioni!-

Loki gli diede le spalle e si passò le mani tra i capelli, prima di appoggiarsi, sconfitto, al davanzale.

- Credimi se ti dico che no, non le vuoi affatto...- sospirò, lanciando uno sguardo all'alba grigia al di là delle vetrate.

- Sono abbastanza maturo da sapere che cosa voglio, Loki! E se non vuoi rispondere a me, dovrai rispettare l'ordine che ti impongo!-, tuonò il ragazzo, sbattendo sul piano della scrivania un pugno che rimbombò per tutta la stanza.

Il dio dell'Inganno si voltò, osando appena guardarlo.
Era pallido in viso e conscio di non avere nessuna carta da giocare in quella circostanza. Thor era sveglio, troppo sveglio. Lo aveva messo con le spalle al muro.
Sospirò e si sedette sul letto.

- Accomodati, allora. Non sarà una cosa semplice, né breve.-

Il giovane spostò la sedia e si pose di fronte a lui.

- Ti ascolto.-

Loki chiuse gli occhi, prima di risollevarli e puntarli in quelli dell'altro.

- Temo che questa sarà la nostra ultima conversazione, ragazzino...-

- E' così grave e me l'hai tenuto nascosto per tutto questo tempo?!-

Thor balzò in piedi, già furibondo nella sua ignoranza e questo mise l'altro sull'avviso, anche se, giunti a quel punto, non poteva più tirarsi indietro.
Si lasciò sfuggire un sorriso di nervosismo, cercando di aggrapparsi alla tragica ridicolezza di quella situazione.

- Che siano dannati gli Inferi! Che hai da ridere?!-

- Un detto midgardiano cita: rido per non piangere, Thor. In questa circostanza è più che appropriato. Ad ogni modo era necessario. Ti ho detto di sederti, a meno che tu non abbia cambiato idea.-

- No e preferisco stare in piedi.-, sbottò il ragazzo, guardandolo con astio.

- Bene...-, rispose l'altro, torcendo tra le mani un lembo della sua veste, - Comincio con il dire che non vengo dal Nord. Sono nato molto lontano e cresciuto ad Asgard: alla reggia...-



N.d.A.: Eccoci qui, scusate il ritardo, ma quello scorso è stato un periodo travagliato, tra esami e partenze non previste ^^! Ecco il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto, grazie a tutti, come sempre :*!
Un bacione,
Ros. 

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Capitolo 11
*** Fino all'ultimo respiro ***



Loki smise ben presto di guardarlo, mentre le parole uscivano rapide dalla sua bocca. Gli raccontò del suo passato, di come era cresciuto alla corte di Asgard, di come fosse giunto lì e, soprattutto, gli descrisse con estrema precisione i suoi primari intenti: insediarsi alla reggia, ottenere fiducia, eliminare la famiglia reale e impadronirsi del trono.

- Poi ti ho conosciuto e non immaginavo che la tua vita, senza di me, sarebbe stata così simile a quella che io avevo vissuto. Da principio mi hai fatto pena, poi tenerezza e alla fine è successo l'inevitabile: mi sono affezionato a te ben più di quanto avessi mai ritenuto possibile. Da quando ho appreso la verità ho cessato di considerare Thor, bhe, l'altro Thor, come un fratello e, men che meno, cosidero te tale. Ciò nonostante ho giurato a me stesso che ti avrei protetto e guidato per poter, un giorno, prendere il regno, ma la verità è che il tempo è poco e le prospettive sconfortanti.-

- Non mi importa un accidenti del trono!-, tuonò il ragazzo, facendolo sussultare.
- Tu! Tu sei la creatura più infame e meschina su cui abbia mai posato lo sguardo!-
Lo afferrò per il bavero della giubba verde e lo costrinse ad alzarsi.
- C'è mai stato qualcosa di vero in tutto quel che mi hai detto?! In tutto quel che hai fatto?!-, gli urlò a un palmo dal viso.

- Con te io sono sempre stato sincero.-, gli rispose il dio dell'Inganno.

Questa breve frase fu in grado di risvegliare gli istinti più primitivi del ragazzo che lo colpì al volto con violenza, prima di scaraventarlo sul pavimento. Tremava, il giovane Thor, di rabbia e di dolore. Si sentiva preso in giro e tradito nel profondo. I sentimenti che provava per Loki ora gli parevano addirittura amplificati e incontrastabili. Voleva vederlo soffrire, soffrire come stava soffrendo lui e, al tempo stesso, desiderava che Loki non gli avesse rivelato nulla.
Lo guardò con disgusto e strinse i pugni, trattenendosi a stento dal massacrarlo di botte.

Loki si risollevò con lentezza, consapevole, forse per la prima volta, di meritarsi quella punizione. Si tamponò il naso sanguinante con il dorso della manica e sospirò, chiudendo gli occhi.

- C'è dell'altro...-, mormorò.

- Oh, c'è addirittura dell'altro?!-, tuonò il giovane, - Cosa può mai esserci di peggio?!-

L'altro guardò il ricco pavimento, poi rialzò il mento di scatto. La sua pelle si tinse d'azzurro e i suoi occhi di rosso.
Vide l'orrore e il raccapriccio crescere nei limpidi occhi di Thor e ancora una volta si vergognò di se stesso.
Si alzò in piedi e avanzò di un passo.

- Lascia che ti spieghi...-

Il ragazzo lo respinse con uno spintone.

- STA' LONTANO DA ME, MOSTRO!-, gli urlò contro con quanto fiato aveva in gola.

E Loki si fermò. Chinò il capo e chiuse gli occhi, ferito.

- ... Non sono diverso dall'uomo che hai conosciuto...-, mormorò.

- Vattene e ringrazia che non ordini alle guardie di imprigionarti!-

Gli occhi di Loki tornarono verdi e la sua pelle rosea. Alzò gli occhi, lucidi di dolore e di vergogna.
- No, Thor. Dovrai fidarti di me ancora una volta. Solo una. Non chiedo altro. Voglio solo... solo salvarti la vita.-

- CHE VUOI CHE M'IMPORTI, GIUNTI A QUESTO PUNTO?! CHE VITA POTREI MAI AVERE, EH?!-

- Una vita lontana dalla reggia, quella che hai sempre desiderato. Prendi la mia mano...-, Loki tese il braccio verso di lui e aggiunse: - Ti prego...-

Thor esitò a lungo.

- Ormai è giorno. A breve la reggia si risveglierà, non abbiamo più molto tempo!-, gli mise fretta l'altro.

E alla fine la strinse.
Non era mai stato teletrasportato. La sensazione fu spiacevole e lo frastornò al punto che fu costretto ad appoggiarsi all'altro per potersi reggere in piedi. Chiuse gli occhi, inspirando quel profumo che tanto aveva bramato e che, sotto quintali di rabbia, desiderava ancora fare suo.
Sentì il corpo di Loki scuotersi in un singulto incontrollato, ma quando lo guardò, l'altro non stava piangendo.

- Che cosa temi?-, gli chiese, quindi.

- Il futuro.-, lo sentì rispondere in un sussurro.

Si guardò intorno e sussultò nel riconoscere la stanza delle reliquie. Vi era entrato solo una volta, da bambino, molto prima dell'arrivo di Vàli e Rindr.

- Perché siamo qui?-

Loki lo superò.

- Voglio che tu abbia ciò che è tuo di diritto, prima di andare.-, disse, fermandosi accanto all'incudine su cui era posato Mjolnir.
- Coraggio, prendilo.-

- Sarà senz'altro più efficace nelle tue mani che nelle mie.-, ribatté il ragazzo.

Al dio dell'Inganno sfuggì un sorriso triste.
- Questo è senz'altro vero, Thor, ma la verità è che non è mai stato destinato a me. Ora ascoltami con estrema attenzione: una volta che avrei preso il martello, rotealo con quanta forza hai e colpisci là, dove le mura sono più fragili. Vola via da qui...-

- E tu che farai?-, nonostante la rabbia e il cuore infranto Thor non riusciva a non preoccuparsi per l'altro.

Loki sorrise e spalancò le braccia. In un bagliore dorato la sua armatura lo vestì e nella sua mano destra si formò il lungo bastone gemmato.
- Io sono Loki, ragazzino, e se credi che abbia fatto tutta questa strada per morire, allora davvero non mi conosci affatto.-

- Perché mi stai aiutando se mi odi?-

- Non mi hai ascoltato: io non ho mai odiato te. E, forse, adesso, con il senno di poi, non odio più neanche lui. Semplicemente mi disgusta.-

Thor chinò il capo.

- E allora dimostramelo che non mi odi! Perché buttarmi là fuori, da solo, è quanto di più lontano da un gesto d'affetto! N-non so neanche più se posso fidarmi di te!..-

Loki gli si avvicinò con lentezza e si fermò ad un palmo dal suo viso.

- Tu potrai sempre fidarti di me e, ricorda: è un privilegio solo tuo...-, sussurrò.

Era talmente vicino che il ragazzo poté avvertire il calore del suo fiato sulla pelle.

- Per quanto ancora durerà il tuo "per sempre"?-, gemette.

Loki lo afferrò dietro la nuca con una stretta gentile.
- Per un respiro dopo l'altro, sino al mio ultimo.-, gli sussurrò all'orecchio.

- Perché mi hai fatto questo se sapevi che non poteva durare? Se... se sapevi di star mentendo?-

L'altro si fece appena indietro e sorrise.

- Io sono nato per soffrire e mentire è la mia ragione di vita.-

- Dimmi solo se ci rivedremo ancora...-

- Ma certo.-, gli rispose l'altro.
In realtà la risposta sincera sarebbe stata: "no"; ma sapeva con certezza che, in quel caso, Thor mai si sarebbe allontanato da lui. Si sfilò uno degli spallacci e lo appuntò sopra la sua casacca.
 - Tornerò a riprendermelo.-

- C'è un lupo inciso...-

- Si chiama Fenrir, ed è mio figlio.-

- Un lupo?!-, gli chiese il giovane, incredulo.

Loki arrossì appena e si grattò la nuca.
-Non credo di aver un modo rapido e semplice per spiegarti tutta la faccenda, al momento.-

- Va bene... ma questo vuol dire che?..-

-No. Non c'è nessuno ad aspettarmi dall'altra parte. Ci sei solo tu, ovunque io vada.-

Lo strinse in un abbraccio vigoroso e già nostalgico. Loki fece per ritrarsi ma, questa volta, l'altro  non  lo permise. Nella tristezza che solo un addio può contenere, e niente altro, Thor trovò il coraggio di prendere ciò che sentiva appartenergli. E l'altro, semplicemente, non glielo negò.

- Non voglio andar via...-

- Devi.-

Loki si allontanò da lui e si avvicinò nuovamente al Mjolnir.
- Coraggio, prendilo.-

Thor si avvicinò a passo lento e si fermò di fronte all'incudine.

- Che succede se non riesco a sollevarlo?-

- Ci riuscirai. Non ho dubbi su questo. Ti ricordi cosa devi fare?-

Il ragazzo annuì e strinse l'impugnatura con la mano destra. Si preparò allo sforzo, ma, con sua sorpresa, il Mjolnir si staccò dalla base leggero come una piuma.
La parete di fronte a lui scricchiolò in modo sinistro.

- VAI!-, gli urlò Loki.

- Ma...-

- VAI, TI DICO! ADESSO!-

E Thor, suo malgrado, obbedì all'ordine.
Si fissò il laccio intorno al polso e roteò il martello, prima di slanciarlo a piena potenza verso il punto che il suo maestro gli aveva indicato. Lo slancio lo trascinò via e, un secondo prima di sfondare il muro, si guardò indietro. La grata si era aperta quasi del tutto e un gigantesco golem d'acciaio vibrava di potenza. Scorse Loki porsi al centro della sala con lo scettro stretto in pugno, poi fu troppo lontano per vedere altro.
Terrorizzato pensò di tornare indietro, ma le sue speranze si smorzarono di botto quando un enorme fascio di energia sfondò l'intera parete.
Il martello lo trascinò al di sopra delle nuvole e intraprese la parabola di discesa a miglia di distanza dalla reggia. Precipitò nell'erba e rotolò per decine di metri, prima di fermarsi.
La città di Asgard era molto lontana, ormai e con essa Loki.

Il dio dell'Inganno giaceva sotto le macerie della stanza delle reliquie, il braccio destro spezzato in più punti, l'armatura ridotta ad un ammasso informe, il capo ricoperto di sangue fresco che, lento, colava sui lastroni del pavimento...




N.d.A.: Eccoci qui ^^. Dunque, capitolo un po' più breve del solito, ma ci tenevo a postarlo perché tra pochi giorni parto e non tornerò a casa sino ad oltre la seconda metà di Agosto. Questo per dire che, no, non sto mollando la storia, semplicemente non avrò modo di scrivere per un po'. E, sì, sono una vera merdaccia per come vi ho lasciati... che ci volete fare, il lupo perde il pelo...
Grazie infinite a tutti, come sempre!
Un bacione,
Ros.

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Capitolo 12
*** Il mondo è crudele ***


Morto.
Loki era sicuramente morto. Lo stomaco gli si strinse in una morsa di doloroso rimpianto. Gli aveva detto cose terribili, lo aveva addirittura definito mostro...
Si prese la testa tra le mani e si accucciò a terra, disperato. Non avrebbe mai dovuto dargli ascolto! Né credere alle sue ennesime parole menzognere. Aveva detto che si sarebbero rivisti solo perché eseguisse il suo ordine!
Pianse, il ragazzo.
Loki gli aveva salvato la vita ad un prezzo che lui non sarebbe mai stato pronto a pagare per la propria libertà. Non l'aveva interpellato. Ancora una volta aveva deciso senza soffermarsi a pensare al dolore che avrebbe causato.
Gridò, il giovane Thor, e, nel suo cuore pieno d'amore e di mancanza, provò un profondo odio per il maestro che lo aveva tradito nel più crudele dei modi. Guardò il martello, abbandonato a poca distanza da lui in una pozza di neve sciolta. Se avesse potuto avrebbe incenerito con lo sguardo quella preziosa quanto dannata arma.
Loki avrebbe potuto farlo fuggire senza. Sarebbe potuto andare con lui! Invece aveva preferito buttar via la propria vita per un pezzo di metallo.
Gridò ancora, maledicendo il cielo, il fato e gli antenati.

Cieco di rabbia si rialzò, abbandonando là il Mjolnir, l'ultima conquista di Loki...
A capo chino, avanzò nella vasta pianura innevata. Non aveva idea di dove dirigersi e non gli importava affatto. Era stato privato della sua casa, della sua vita, del suo maestro e della speranza. Persino i suoi sogni di illusoria libertà sembravano essere del tutto svaniti con la fanciullezza che si era lasciato alle spalle.
Raggiunto il confine della vallata guardò le tenebre del bosco che, minaccioso, lo fronteggiava, ma era troppo disperato persino per provare paura. Si strinse nel mantello, cercando di combattere un freddo che veniva da dentro di lui.

Senza alcun successo.

In breve tempo perse la cognizione del tempo e dello spazio. Non aveva la minima idea di dove si trovasse, né di come tornare sui propri passi, quindi continuò ad avanzare. Si guardò intorno. Nel buio di quella radura gli era persino difficile capire se fosse ancora giorno o se, invece, fosse sopraggiunta la notte.
Sussultò quando sentì il fragore degli alberi spezzati, ma non ebbe la prontezza di spostarsi in tempo. Non riuscì neanche a vedere chi o cosa lo avesse investito che si ritrovò sbalzato indietro. Precipitò malamente contro il duro tronco di un albero secolare e si afflosciò a terra, senza fiato, dopo aver sbattuto la nuca. Sollevò lo sguardo e spalancò gli occhi, atterrito dall'orrore: un enorme troll di montagna torreggiava su di lui. Era alto quasi quattro metri, massiccio, puzzolente e sbavante. Lo vide agitare il bastone acuminato che stringeva nella mano destra, senza riuscire a muovere un muscolo.
Tutto l'addestramento che aveva ricevuto sembrava essere scomparso in un soffio, trascinato via dal panico.
Quando il bastone lo colpì al volto, strillò di paura e di dolore come il ragazzino che era, abbattendosi a terra.
Lo squarcio era profondo, partiva dalla tempia sinistra e proseguiva sin quasi al mento. Solo per miracolo il suo occhio era salvo. Strisciò nella neve lorda del suo stesso sangue, poi un piede del mostro lo schiacciò con brutalità. Rantolò di dolore, sentendosi soffocare.
Era solo, abbandonato a se stesso... come aveva potuto credere di poter sopravvivere fuori dalla reggia per tutti quegli anni?
Loki gliel'aveva detto che non sarebbe durato un quarto d'ora, una volta fuori dai cancelli.

Loki...

Loki aveva dato la sua vita perché lui potesse fuggire e mettersi in salvo! Pensare al suo disappunto nel vederlo morto in così poco tempo per mano di uno stupido troll gli instillò coraggio e furia. Si puntellò a terra con le braccia e spinse con tutte le sue forze, riuscendo a risollevarsi. Lo sbalzo sbilanciò il mostro che indietreggiò di un paio di passi. Thor si mise faticosamente in piedi e indietreggiò, l'occhio sinistro cieco per il sangue che, copioso, gli scorreva via dalla bruciante ferita. Portò una mano alla cinta alla ricerca della sua ascia, ma ricordò con un istante di troppo di non averla portata con sé.
Si gettò di lato, schivando per un soffio l'affondo del suo avversario. Con una capriola finì con lo schiantarsi in modo maldestro contro un altro albero. Guardò di nuovo il troll che, a terra a sua volta, si stava rialzando.
Aveva meno di un istante per riuscire a salvarsi la vita.

Ed era disarmato.

Si sentì un idiota ad aver abbandonato così la sua arma. Aveva vanificato il sacrificio del suo maestro, della persona cha amava per una sciocca ripicca.

Ora l'avrebbe voluto quello stupido martello...

Un sibilo nell'aria e il Mjolnir gli si schiantò di fronte con un tonfo. Non si lasciò cogliere dalla sorpresa e con prontezza lo impugnò, sollevandolo. La potente arma si scontrò contro il grosso grugno del troll che volò gambe all'aria.
Thor non gli diede il tempo di rialzarsi. Gli si gettò addosso e su di lui sfogò tutta la sua ira e la sua frustrazione. Si fermò quando, ormai, del cranio del mostro non era rimasto altro che una putrida poltiglia nerastra nella neve.
Crollò a terra, ansimante e quando l'adrenalina della lotta fluì via dal suo corpo, percepì il dolore della ferita al volto. Strisciò nella neve, piangendo e gemendo di dolore per quello squarcio che, da lì in avanti, lo avrebbe sfregiato per il resto della sua vita.
Fino a quando, esausto, non crollò svenuto.

Si risvegliò ore dopo.
La ferita aveva smesso di sanguinare ma era gonfia e calda. Pulsava dolorosamente e lui ancora faticava a tenere l'occhio aperto. Si alzò lentamente, sfiancato da una fitta alla schiena. Aveva vinto lo scontro ed era sopravvissuto, ma in quelle condizioni non avrebbe potuto comunque andare lontano.
Ignorando lo strappo al braccio riuscì a legarsi il laccio del martello attorno al polso. Lo roteò e ne seguì la troiettoria verso il cielo. Come poté cercò di ripararsi il viso dai rami degli alberi, ma una volta fuori dal bosco, le sue forze vennero meno e perse un'altra volta i sensi, rimanendo agganciato al Mjolnir come una bambola di pezza.
Precipitò a miglia di distanza e cadde, a peso morto, ai piedi di un imponente crinale.




Un lamento gli sfuggì dalle labbra quando, finalmente, si risvegliò.
Fu sorpreso di essere ancora vivo.
Quando si era parato di fronte al Distruttore per coprire la fuga di Thor non aveva creduto possibile di poter riaprire gli occhi. Le sue ferite più gravi erano state curate, ma si sentiva comunque debole e dolorante. Si sfiorò il viso, per scoprire di aver la barba lunga di qualche giorno.
Lo avevano rinchiuso in una cella stretta e umida e abbandonato lì in attesa che si riprendesse.
Sospirò, divertito dalla mala sorte: era sopravvissuto al Distruttore solo per poter essere giustiziato su pubblica piazza. Era finito dalla padella alla brace. Si fece i complimenti e, con amara ironia, riconobbe di non esser stato neanche in grado di crepare come si converrebbe.

Si alzò in piedi con lentezza e raggiunse la massiccia porta di legno con passi malfermi.
In altre circostanze sarebbe stato semplice per lui oltrepassare quella barriera fisica e teletrasportarsi all'esterno, ma sentiva la testa pesante come un macigno. Persino uno stupido avrebbe capito di esser stato drogato proprio allo scopo di non farlo fuggire, e lui non lo era affatto.
Sospirò, aggrappandosi alla grata e si disse che, magari nella vita successiva, se mai ve ne fosse stata un'altra, avrebbe dovuto davvero fare qualcosa per sopperire alla sua malsana vocazione al suicidio.
Chiamò la guardia, tanto, a quel punto, vivere ancora qualche ora chiuso in una cella di un metro per due sarebbe stato inutile, oltre che stupido.
L'armigere non lo raggiunse, quindi si risedette e attese, paziente, che la porta venisse aperta. Non fu sorpreso di veder comparire il re in persona.

Non emise neanche un gemito quando lo colpì al volto con la base di Gungnir e lo fece schiantare contro la parete di nuda roccia.

- Dov'è?!-, lo sentì urlare.

Si sistemò a sedere e rise, divertito.

- Come pensi che possa saperlo? Ho coperto la sua fuga, non gli ho detto dove andare...-, mormorò in risposta.

Odino lo colpì una seconda volta, poi, provato dalla vecchiaia e dalla stanchezza, fu costretto a fermarsi.

- Posso parlare, mio re?-, sibilò Loki, sottolineando con disgusto il titolo di Odino.

- Troverò Thor e lo rinchiuderò qua sotto per la vita, con o senza il tuo aiuto, traditore!-

- Sarai morto ancor prima di aver diramato un comunicato, stupido vecchio manovrato da una baldracca jotun! Possibile che in ogni circostanza tu sia così cieco da non saper riconoscere quale sia il figlio degno?!-
C'era rancore, adesso, nelle parole del dio dell'Inganno, rancore dettato da un odio vecchio secoli e secoli.
Si rialzò in piedi e lo fronteggiò.
- Che le fiamme di Hel possano divorarti per l'eternità, distruttore di Asgard! Chiami me traditore perché sei incapace di vedere cos'hai fatto al tuo regno! Stiamo perdendo una guerra, i Vanir ci conquisteranno e tu, re dei re, sei stato il loro miglior alleato!-
Si fermò per riprendere fiato, prima di proseguire con un ghigno beffardo: - Ma una cosa mi rincuora, Odino: quella cagna di Rindr avrà un regno molto breve!-

Odino sollevò un braccio per colpirlo ancora, ma Loki lo spinse via, facendolo cadere al di là della soglia.

- Ma guardati: troppo debole persino per sferrare un ceffone! Sei patetico. Hai perso il tuo unico figlio fedele per concentrarti su un debole marmocchio! Mi rincresce solo che non vivrai abbastanza per godere dei frutti venefici che hai seminato!-

Il re si rialzò, tetro in volto.
- Chi sei tu per permetterti di parlarmi in questo modo?!-, tuonò.

- Nel mondo da cui provengo vengo chiamato Loki Odinson! Anche là tu mi tradisti! Ero giunto qui con l'intento di prendermi il trono che mi spettava di diritto, ma il tuo regno non lo voglio! Solo la tua vista mi fa ribrezzo, decadente pagliaccio!-
Gli occhi gli si inumidirono di lacrime.
- Sono arrivato al punto di favorire Thor! Questo universo è talmente malato da disgustare persino me, il dio di tutti gli Inganni! Volevo porgli la corona in capo, farlo trattare con i Vanir per sancire una pace duratura che, tu, nella tua arroganza, hai sempre rifiutato! Mio padre è una carogna e un bugiardo, ma al tuo confronto appare come il migliore dei padri e il più saggio dei re, cane! Sei talmente ottenebrato dalle cosce lorde della meretrice che definisci sposa da non vedere neanche che ella maltratta ed umilia persino il tuo bastardo erede al trono!-
Due lacrime gli colarono lungo le guance cineree. Loki era così rabbioso e sconvolto da non fare più alcuna distinzione tra l'Odino della sua dimensione d'origine e quello che gli stava di fronte.
- Non credevo possibile che tu mi deludessi più di quanto avessi già fatto, ma sono stato un illuso. Ho passato la mia intera esistenza a cercare di compiacerti, padre, senza ottenere nulla più che uno sguardo di tetra delusione e un "no, Loki...", quasi sussurrato sul bordo di un baratro! Mi sono gettato nel vuoto rischiando... NO! Pregando di morire e per cosa?! Per questo?!-
Gli diede le spalle e si coprì il volto, tremante di rabbia.
- Pronuncia la tua sentenza, mio re, e vattene. Prego solo che Thor sia abbastanza forte da sopravvivere da solo, là fuori. Non essere al suo fianco è il mio unico rimpianto.-

- Tu sei completamente folle, uomo del Nord! Hai plagiato mio figlio e l'hai indotto a tradire, indottrinandolo con le tue meschine menzogne! Prega i tuoi antenati, perché verrai giustiziato all'alba!-
Odino lo lasciò solo, chiudendosi alle spalle la porta della cella.

Loki si risedette a terra e si coprì il volto con le mani per celare la disperazione dovuta a quell'ennesima delusione.
Il padre che aveva idealizzato non esisteva in nessun luogo. Doveva farsene una ragione.

Stanco e confuso dalla droga finì con l'addormentarsi sul pavimento.
Non sentì la regina arrivare, se fosse rimasto vigile avrebbe, forse, potuto percepire il suo teletrasporto. Venne invece risvegliato da un suo calcio. Sussultò, sorpreso, ma, ancora intontito, non reagì. Rindr, con una forza che sarebbe risultata incredibile per qualsiasi donna asgardiana, lo afferrò per il collo e, sollevatolo, lo costrinse contro la parete. La sua pelle, ora, era screziata di azzurro e gli occhi verdi erano divenuti rossi.
Loki la fissò, inespressivo.

- Prenderò quel piccolo bastardo e gli strapperò il cuore. I tuoi sforzi sono stati inutili! Dimmi dov'è!-, gli urlò contro, ferina.

Lui rise di scherno.
- In questo momento sei molto, molto meno affascinante, sai?-

Lei guardò la propria mano e il suo collo. Si fece indietro di scatto.

- Perché il mio tocco non ti ferisce? Chi sei, tu?-

Il dio si massaggiò il pomo d'Adamo e scrollò le spalle.
- Questa domanda è particolarmente frequente, oggi, ma a te non risponderò. E comunque non troverai Thor. Non sei in grado neanche di vederlo, ho provveduto a questo personalmente. Sei potente, donna, ma io lo sono più di te.-

- Lo eri, forse. Presto sarai morto!-

- Dovrei, forse, inginocchiarmi e chiederti clemenza? Credimi: non hai la più pallida idea di chi ti trovi di fronte. Il principe sopravviverà e fuggirà dal tuo breve regno di dolore e distruzione. Non è una minaccia per te.-

- Breve?-
Rindr rise, prima di scoccargli un'occhiata tagliente.
- Qualunque asgardiano è un nemico per me, uomo del Nord, e un principe che possa un giorno tentare di reclamare il trono è il primo della mia lista. Dopo di te. Thor non sarebbe stato in grado di muovere un passo, da solo. Tu sei il suo cervello, ma ti vedrò bruciare sulla pira tra poche ore, stregone, tu non sei più una minaccia. Ho distillato io stessa il composto che blocca i tuoi poteri, sai? Credi abbia fatto un buon lavoro? L'effetto avrebbe potuto rivelarsi permanente. Sei stato la mia prima cavia. Da questo punto di vista è quasi un peccato tu debba morire.-

- La morte non mi preoccupa. Puoi continuare a sbattermela in faccia quanto ti pare, ma questo non cambierà il fatto che avanzerò verso la pira a testa alta e con il sorriso sulle labbra. I martiri servono sempre a poco, ma magari qualcuno si ricorderà di me e, prima o dopo, farai la mia medesima fine.-

- Quando avrò trovato il tuo ragazzo mi premurerò di farlo soffrire nel peggiore dei modi. Griderà talmente forte che potrai sentirlo anche dai gironi di Hel. Questa è una promessa, Loki.-, detto questo Rindr scomparve, silenziosa com'era giunta.

Loki dormì ancora sino a quando la porta non venne di nuovo aperta. Si sarebbe aspettato di veder entrare le guardie, ma si sorprese quando una sagoma minuta ammantata sgusciò dentro la cella e accostò l'uscio per farlo apparire chiuso.

- Vàli?-, chiese, sorpreso.

Il giovane principe si levò il cappuccio. I suoi occhi azzurri erano colmi di lacrime; il viso pallido di sgomento.

- P-Padre si è sentito male, signore!-, singhiozzò, aggrappandosi alla sua casacca.

- E due...-, mormorò l'altro, voltando il capo.

Per quanto sentisse di odiare Odino con tutte le sue forze, saperlo di nuovo ad un passo dalla morte gli strinse il cuore in una morsa di tetra compassione.

- Non so cosa fare, ti prego aiutami!-, gemette di nuovo il bambino.

Gli accarezzò i mossi capelli scuri con dolcezza e lo fece sedere di fronte a lui.

- Come sei arrivato sin qui?-

Vàli arrossì di vergogna.

- Io... io so fare delle cose... io...-

- Sei uno stregone?-

A quella domanda il piccolo impallidì, ma annuì, confermandoglielo.
Loki sorrise.

- Posso fidarmi di te?-

- I-Io non voglio rimanere solo con mia madre! Posso farti uscire! Portami con te, ti prego! Sarò umile, farò tutto quel che mi dirai! Ti prego! Ti prego!-, si aggrappò di nuovo con forza alla sudicia casacca di lana grezza che avevano messo addosso al dio dell'Inganno.
- Hai aiutato Thor!..-
Tremava di terrore, Vàli e a stento riusciva a prender fiato a causa del panico che lo dominava.

- Calmati, ragazzo. Calmati...-
Loki lo abbracciò per cercare di placarlo e per ragionare in fretta.
Lo scostò.
- E sia. Prometti che non rivelerai mai a nessuno quanto sto per dirti.-

- Lo prometto.-

- Io sono tuo zio, Vàli. Sono il fratello maggiore di tua madre.-

L'altro si fece indietro, terrorizzato.
- Q-Quindi anche tu sei un mostro! Sono perduto!-, strillò.

- Shhh! Abbassa la voce, ti sentiranno. C'è...-, deglutì, -... c'è jotun e jotun. Non tutti sono come tua madre. Io non lo sono. Non in questo luogo e in questo tempo, almeno. Te l'ho rivelato perché non devi vergognarti delle tue capacità. E' nel mio sangue e in quello della regina, come nel tuo. Abbraccia il tuo potere, non respingerlo.-

- So... so che lei te l'ha tolto...-

- E' solo questione di tempo prima che possa riottenerlo. Non sono preoccupato. Tu puoi sopperire alla mia mancanza.-

- Ho addormentato le guardie... possiamo andare anche subito.-

Vàli raccolse il mantello e se lo avvolse addosso, prima di aprire la porta. Loki lo seguì con passo rapido ed erano quasi giunti all'uscita del corridoio quando Rindr ricomparve.
Fu fulminea e spietata.
Con la sua magia respinse l'inerme fratello dentro la cella, richiudendo la porta.

- Ma guarda, non posso neanche fidarmi del mio stesso sangue...-, mormorò, poi, rivolgendosi al figlio.
- Non mi sorprende, dal momento che provieni dal putrido seme di un asgardiano!-

Vàli arretrò, agghiacciato e non disse una parola.

- Credevi davvero di poter fare tutto quello che volevi, bambino? Che io non ti tenessi d'occhio?-, proseguì la madre.

Loki si schiantò contro la porta, tirando la maniglia nel vano tentativo di aprirla, ma non aveva modo di uscire, né di raggiungere Vàli.

- LASCIALO STARE! E' SOLO UN BAMBINO! E' CON ME CHE CE L'HAI!-, urlò.

Rindr si voltò verso la piccola inferiata che le permetteva di scorgere il prigioniero.
- Ma che cuore gentile e misericordioso...-, commentò con un ghigno sulle labbra rosse.
- Ad ogni modo, mio figlio deve imparare cosa significhi tradire una regina. Gliene leverò la voglia!-

Con un cenno sollevò il bambino che strillò e si dibatté, spaventato a morte.
Quando Rindr strinse il pugno i suoi occhi azzurri cominciarono a sanguinare copiosamente, rigando il suo giovane volto di lacrime di sangue.

- Vàli!!!-, lo chiamò Loki, sferrando un pugno contro il legno.

Un fiotto gli zampillò in faccia. Si coprì la bocca con una mano, orripilato.
Vàli si afflosciò a terra, svenuto, il volto rigato di lacrime, sangue e umor vitreo.

Sua madre lo aveva accecato per sempre.

- Così non vedrà più cose che lo possano tentare. Riguardo a te, precettore, morirai all'alba.-
Si voltò verso le guardie e le risvegliò con uno schiocco di dita.
- Guardate cos'ha fatto quel mostro a mio figlio mentre voi dormivate!-, strillò contrita e disperata.
- Spezzatelo! Che arrivi strisciando al patibolo!-

Loki arretrò e tacque, preparandosi a ricevere una punizione che non meritava. A nulla sarebbero valse le sue parole, contro quelle della regina.

Sarebbe morto nel dolore. Non c'era altra alternativa.

Guardò un'ultima volta il bambino e il suo volto sporco. Provò pena per il gesto di scellerata bontà che gli aveva mostrato, e rabbia nei confronti di quella madre degenere. La magia, evidentemente, non era l'unica cosa che avevano nel sangue, ma anche una folle e incontrollata crudeltà.
Quel bambino avrebbe vissuto cieco, d'ora in avanti. Una sorte persino peggiore della morte.

Poi le guardie entrarono e gli si avventarono addosso.




N.d.A.: Questo capitolo mi è girato male, nel senso che sono finita con il fare del male praticamente a tutti XD! Già mi immagino gli insulti che lancerete a Rindr, ma, in fin dei conti, come ho spesso detto: non è un personaggio nato per essere amato.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e grazie infinite, come sempre!
Un bacione,
Ros.

P.S.: se a qualcuno interessasse, ho cominciato una Loki/Jane nel fandom di Thor, la trovate qui:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2082763&i=1

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Capitolo 13
*** Io sono Fenrir ***


La pira bruciava e la regina fissava il fuoco con un ghigno di pura soddisfazione dipinto sul bel volto.
Lo scoppiettio delle fiamme la rassicurava. Il suo nemico più temibile stava ardendo su quel palo. E pensare che non era altro che un piccolo, stolto precettore che aveva fatto il passo più lungo della gamba...
Pericoloso, certo, perché intelligente, ma debole e adesso anche morto.
L'unica cosa di cui si doleva era il non aver potuto godere delle sue urla. Le guardie c'erano andate pesanti con Loki, al punto che avevano dovuto trascinarlo di peso sino alla pira. Il vedere il suo bel volto aggraziato livido e gonfio per le percosse le aveva fatto provare un brivido di malato piacere.
L'aveva visto bruciare e aveva goduto nel figurarsi anche il giovane Thor nell'abbraccio mortale delle fiamme, poi, silenziosa, si era ritirata. Era salita sino alla camera nuziale e con spietata freddezza aveva soffocato Odino, mettendo fine alla vita di quell'inutile, patetico porco.



- Svegliati!-

Due braccia forti lo scossero con violenza e Loki, finalmente, aprì gli occhi. Un gemito gli sfuggì dalle labbra tumefatte.

- E fa' piano, imbecille!-, urlò, scostando malamente Volstagg, una volta che lo ebbe riconosciuto.

Si sollevò a sedere, imprecando per le botte ricevute. Sentiva la faccia gonfia come una zampogna. Solo dopo qualche secondo si rese conto di non essere più in cella, ma bensì in una sudicia stalla, e che il sole era già alto nel cielo.

- C-cosa? Ma dove?..-

Volstagg gli si sedette accanto.

- Hai degli amici potenti.-, mormorò, indicando l'angolo buio della stalla con un cenno del capo.

Un uomo ammantato si fece avanti e si scoprì il volto solo di fronte a lui.

- Heimdall!-

- Abbassa la voce, uomo del Nord. Questo non è più un luogo sicuro dove parlare.-, lo ammonì l'Occhio di Asgard.

Loki lo afferrò per il mantello.

- Tu! Tu riesci a vederlo? Mi hanno privato dei miei poteri e...-

- E' celato ai miei occhi, come a quelli di chiunque altro. No. Non lo vedo. La stregoneria che hai compiuto, qualunque fosse, è ancora attiva anche se ora sei solo un uomo.-

- E' legata ad un oggetto. Un pezzo della mia armatura. Finché gli sarà prossimo, sarà al sicuro. L'avevo formulata in modo che sopravvivesse alla mia morte, ma... ti ringrazio per la tua conferma.-, chinò il capo, sollevato.
- Perché mi hai salvato la vita e come?-

- Quelle guardie erano sotto il mio comando. L'ordine della regina è stato provvidenziale nella sua tragicità. Ha sollevato i miei uomini dall'inventare una scomoda scusa per massacrarti.-

- Mi hanno picchiato, e allora?-, lo interruppe Loki.

Volstagg ridacchiò.
- E' un peccato che tu non possa specchiarti. Fidati, non ti riconoscerebbe neanche tua madre.-

- Quindi mi hai sostituito... un piano rischioso.-

Heimdall si ricoprì il volto.
- Il re è morto. Il mio è stato il gesto di un uomo che non ha più nulla da perdere. Non aspettarti altro aiuto da me, al tramonto giurerò fedeltà alla regina, come il mio ruolo mi impone.-

A Loki sfuggì un sorriso che lo fece gemere di dolore. Ricordò il giuramento che il suo Heimdall aveva fatto proprio a lui e, soprattutto, quanto poco ci avesse messo ad infrangerlo... Oh. se solo quei due Heimdall avessero potuto conoscersi, che incontro glorioso sarebbe stato!

- Non dimenticherò il tuo gesto, Occhio di Asgard. Ti sono debitore.-

- Allora sopravvivi alla guerra, trova Thor e fa' risorgere il regno dal ghiaccio. Solo allora saremo pari, uomo del Nord.-, con un cenno del capo prese commiato e abbandonò la stalla.

Fandral entrò e affinacò Volstagg.

- Così sei decisamente meno carino.-, ridacchiò alla vista dell'irriconoscibile dio dell'Inganno.
- Battute a parte, quel che hai fatto per Thor ha dell'incredibile. Dimmi: il Distruttore è così temibile come dicono?-

Loki ignorò la domanda, ci sarebbe stato tempo per perdersi in frivole chiacchiere.
- Ha parlato di guerra, che voleva dire?-, chiese, riferendosi alle ultime parole di Heimdall.

- L'uomo con cui sei stato sostituito era stato destinato alla milizia e tu prenderai il suo posto. Non era nulla più che un volgare ladro, ma, pace all'anima sua, che il Valhalla lo accolga! L'importante è che tu sia qui, amico mio.-, sorrise Volstagg.

- Sono senza i miei poteri! Non sopravviverò un giorno in battaglia!-

Fandral incrociò le braccia al petto.
- Combatti molto meglio di quanto pensi. Per il resto, moriresti di sicuro se disertassi. Ucciso dai Vanir, o, peggio, dagli squadroni di recupero. Credimi, ti conviene tenere un basso profilo e attendere che le tue capacità ritornino. A quel punto potrai andartene, silenzioso come sei solito fare, e trovare Thor.-

Loki, suo malgrado, annuì.
Non gli piaceva quell'eventualità, ma era l'unica possibile e doveva adeguarvisi.

Guardò i due amici scherzare tra di loro, pronti ad abbracciare la guerra come fosse una vecchia amante. Ringraziò gli antenati per la loro presenza, senza la quale, probabilmente, si sarebbe sentito perduto.
Si perse nel riflettere sui propri sentimenti. Al di là di quelli profondi che provava per il principe, c'erano anche quelli verso i suoi amici, ora compagni d'arme e fratelli. Nell'Asgard da cui proveniva non aveva mai provato simili sentimenti ed era persino giunto a detestare quei tre idioti...
Ma lì tutto era diverso...
O, forse, l'unico ad essere diverso era lui.
In quel luogo tenebroso non era più il più turpe dei vili in un mondo di virtuosi, ma, al contrario, un faro nell'oscurità. Un faro che persino Heimdall si era sentito in dovere di proteggere.

Proprio lui, l'uomo con cui, secondo le leggende, avrebbe dovuto scontrarsi sino alla morte, in un futuro lontano.

Si sollevò in piedi, ignorando il dolore delle percosse e sollevò il capo, fiero.
Aveva preso la sua decisione: non avrebbe salvato solo Thor, avrebbe salvato Asgard, la sua terra, e vendicato Vàli. Il come non era un problema, avrebbe inventato qualcosa.

- Conducetemi fuori, allora.-, sentenziò.

- Sicuro di non voler riposare ancora qualche ora? Marcerai a lungo e a piedi, insieme ai fanti.-, si premurò Fandral.

- Sono pronto.-, ribadì Loki.

I due non insistettero e lo scortarono sino all'accampamento dove decine e decine di uomini, sporchi, cenciosi e malridotti tanto quanto lui, attendevano in fila davanti al banchetto per l'arruolamento. Alcuni erano vecchi e Loki dubitava addirittura che potessero giungere al campo di battaglia, altri, invece, poco più che bambini.
Lo stomaco gli si strinse in una morsa di profondo disgusto e, nelle profondità del suo cuore nero, provò soddisfazione per la prematura morte del Padre di tutti gli dei.
Una ben magra consolazione, dal momento che la situazione stava vertendo a precipizio dal male al peggio.

- Noi non possiamo restare qui. Ci rivedremo quando monteremo il prossimo accampamento.-

C'era senso di colpa nella voce di Fandral e una cupa tristezza.
L'abile spadaccino avrebbe voluto Loki al suo fianco, lo riteneva più abile di molti sedicenti cavalieri, ma farne richiesta al generale avrebbe sollevato delle domande e Loki, per quanto possibile, doveva rimanere nell'ombra.
Vide un sorriso sghembo comparire su quel volto pesto ed invidiò il suo sangue freddo.
Loki era straordinario.

Volstagg, di solito capace di alleggerire anche i momenti più tesi, tacque, afflitto dagli stessi tetri pensieri dei fratelli d'arme.

- Ce la farai...-, mormorò, dando al maestro una gentile pacca su una spalla.

- Su questo puoi contarci.-

Salutò i due guerrieri e si pose in fila.

- Ti hanno conciato per bene, ragazzo.-, gli disse il vecchio prima di lui.

- Quel che succede quando ti colgono a rubare.-, ribatté, distratto.

- Rubare, eh? Avresti dovuto pensare a salvare la pelle, piuttosto che la saccoccia.-

- Non tutti nascono furbi...-

E lo sapevano gli antenati quanto questo fosse vero! Se pensava all'ultimo mese, Loki doveva riconoscere con tetra ironia di aver commesso un'idiozia dopo l'altra, ed ora si stava persino arruolando!

Un soldato sbatté malamente un ragazzino rachitico a terra e gli diede un calcio sulla schiena.
Il piccolo strisciò fino ad aggrapparsi alle caviglie del dio dell'Inganno.

- Vi prego! Vi prego, aiutatemi!-, strillò.

Loki, ancora scosso per quanto avvenuto a Vàli, decretò che un'idiozia in più non avrebbe fatto differenza. Scattò in avanti e con fermezza bloccò il braccio del soldato.

- E' sufficiente.-, sibilò.

L'altro, il doppio di lui e ricoperto da un'imponente armatura pesante, lo colpì in piena faccia, facendolo volare nella polvere.
Loki si ritrovò a sorridere con la stessa spocchia del fratello che aveva abbandonato.
Rise, rialzandosi.

- Ma quanto ardore, mio nobile cavaliere!-, lo schernì, inchinandosi in un sardonico salamelecco.
- Voi sì che siete un valoroso! Ditemi, vi scontrate anche con qualcuno che possegga una spada, o limitate la vostra infinita maestria solo ai poveracci?-

- Ti farò sparire quel sorriso dalla faccia, cane lebbroso!-, il cavaliere sfoderò la spada e stava per correre alla carica, quando una voce urlò:

- FERMO!-

Loki si voltò, notando un giovane a cavallo. Lo riconobbe era Tyr. Si stupì di vederlo già generale.
Si fece indietro quando avanzò.

- Gli uomini scarseggiano, idiota, che non ti veda ancora sfoderare la spada! Il tuo sciocco onore può attendere il termine della guerra!-, il generale apostrofò aspramente il cavaliere, poi si rivolse al dio dell'inganno: - E tu, giullare, spera che la tua spada sia affilata quanto la tua lingua, perché sarai in prima linea!-, detto questo si allontanò al galoppo.

Il guerriero scrutò Loki con astio, prima di sputare a terra.
- Non finisce qui.-, sibilò, prima di andarsene.

Il ragazzino si avvicinò.
- Non so come ringraziarvi, signore...-

- Io sì: non scocciarmi oltre.-, ribatté l'altro con freddezza, riprendendo il suo posto in fila.

- No. Decisamente non tutti nascono furbi.-, sentenziò l'uomo con cui aveva parlato poco prima.

Loki sospirò.
- Eh... mi sto scoprendo più simile a mio fratello di quanto non pensassi possibile. E' il gioco dei ruoli, lui non c'è... qualcuno deve pur prendere il suo posto e far parte dell'ordine universale...-

- Credo che le botte che hai ricevuto ti abbiano lasciato danni permanenti, sconosciuto.-, ridacchiò l'altro.

- Può darsi. Di colpi in testa ne ho presi molti nell'ultimo anno. Io sono Fenrir, comunque.-

- Mittdag.-



Fruscii lontani e borbottii in una lingua che non conosceva lo ridestarono. Thor cercò di mettersi seduto e vi riuscì solo al secondo tentativo. Qualcuno l'aveva spogliato e curato con approssimativa attenzione. Passò una mano sulla spessa fasciatura di lino con cui gli avevano stretto il costato. Provò ad alzarsi ma una fitta intensa e lo scoprire di avere la gamba sinistra bloccata da un bastone lo fecero ricadere, scomposto, su quella branda improvvisata. Il dolore fu talmente intenso da spezzargli il fiato.
Non riuscì più neanche a pensare.
Doveva avere delle costole rotte e la gamba fratturata in più punti. Con estrema fatica riuscì a trovare la forza di ridistendersi e, finalmente, riuscì a prendere un lungo e atroce respiro.
Anche il lato sinistro del suo volto era ricoperto da bende di lino, ma il bruciore dello squarcio era troppo labile al confronto del dolore osseo.

- Ehi!..-, provò ad urlare, ma dalla sua gola non uscì altro che un rantolo roco quasi inudibile.

Afferrò il telo di pelle che ricopriva la branda. Lo artigliò con le unghie, sforzandosi di respirare piano e brevemente. Ogni volta che il suo petto si alzava, trascinato dal normale moto della respirazione, si sentiva come sotto la morsa di una pressa. Una lacrima sfuggì alle ciglia del suo occhio scoperto e serpeggiò lungo il  viso, fino a perdersi nell'ispida barba, ormai lunga.
La sofferenza era insopportabile. Non riusciva a muoversi, né a dormire. Quando era caduto, trascinato dal Mjolnir, si era probabilmente rotto un numero considerevole di ossa.
Chiamò aiuto, rantolando, ma nessuno parve udirlo per lungo tempo.

Riuscì a guardarsi un poco intorno. Era in una tenda di pelli finemente intrecciate, sigillata per impedire la fuoriuscita del calore proveniente dall'ampio bracere posto al centro dell'ambiente circolare.
Fatta eccezione che per la sua branda e un piccolo tavolo di pali fissati con legature, la tenda era del tutto spoglia.
Rabbrividì alla vista degli oggetti sul tavolo, più simili a strumenti di tortura che di cura.

Era solo, in un luogo sconosciuto, in compagnia di qualcuno che non avrebbe saputo definire amico o nemico.

Man mano che il tempo passava il dolore diffuso sembrava acuirsi sempre più, al punto che il ragazzo desiderò di esser morto, pur di non avvertirlo ancora. Quando ormai credeva di aver raggiunto il livello massimo di disperazione sopportabile, un lembo della tenda venne scostato e due figure entrarono.
Dapprima Thor li vide confusamente. L'occhio sano, reso incerto dalla sofferenza, gli offriva una visione approssimativa.
Erano due uomini, o apparivano come tali. Uno indossava un'armatura leggera, fatta di pelle e piastre intagliate di un metallo chiaro, forse acciaio. L'altro era anziano e canuto, vestito di stracci e armato di un lungo bastone.
Parlavano una lingua antica che il ragazzo non seppe riconoscere. Quello in armatura sembrava nervoso e molto irritato.

Solo quando si fecero più vicini poté scorgere il loro innaturale pallore, i volti affilati con gli zigomi alti e le orecchie a punta.
Quelli che aveva di fronte erano elfi.

Aveva letto di loro, anche se le informazioni pervenutegli erano lacunose.
Sapeva solo della loro infida natura. Erano stregoni, metodici assassini, nemici di Asgard e della civiltà.
Erano molto lontani da Svartalfheim, il loro mondo d'origine.

"Perché?", si chiese.

Un doloroso singhiozzo gli scosse il petto. Nonostante la sofferenza fisica e la mancanza di Loki che si faceva ogni istante più opprimente, Thor non voleva morire.

Il vecchio elfo si avvicinò al tavolo, cominciando ad impastare un composto di erbe in un mortaio.
L'altro, il guerriero, si avvicinò alla branda.
Thor fissò con spaventato sospetto il volto granitico che lo sovrastava, ma quando il suo occhio incrociò lo sguardo ferino dell'altro, la sua fronte si imperlò di gelido sudore.

- S-Se... se devo morire... che il mio supplizio sia breve!..-, gemette, cercando di mantenere un barlume di fierezza.

Le labbra violacee dell'elfo si piegarono in una smorfia di fastidio. Non gli rispose, ma si rivolse ancora al vecchio in quella loro lingua. Questi si avvicinò, trasportando con cura una scodella.
Thor si agitò e sollevò le braccia nel blando tentativo di respingere il guerriero. Gli premette le mani sulla cotta che gli ricopriva il torace, ma fu più che semplice per l'elfo liberarsi della sua debole protesta.
Gli scostò via le braccia e lo afferrò dietro la nuca, stringendo i suoi sudici capelli biondi in una morsa. Con durezza gli sollevò il capo e, afferrata la ciotola, gliel'avvicinò alle labbra.

- Bevi. Non resistere, o ti costringerò.-, gli ordinò nella lingua di Asgard.

E il giovane obbedì.
Non avrebbe avuto senso cercare di resistere ancora. Il liquido era gelido, amaro, ma, una volta in gola bruciò più della morte stessa. Il suo corpo si scosse in convulsioni involontarie, straziandolo di dolore. Poi, rapidamente, tutto si fece ovattato, la sofferenza si affievolì e con essa le sue percezioni. Il volto dell'elfo si fece sfuocato alla vista, poi fu solo il buio.


Quando riprese conoscienza, non si trovava più nella tenda. La brillante luce del sole che filtrava tra le foglie lo accecò per qualche istante. Provava meno dolore, ma aveva freddo, nonostante le spesse coperte di pelliccia che gli avevano ammassato addosso.
Un ragazzino, un giovane elfo, era chino su di lui e lo scrutava con la curiosità dei bambini. Balzò indietro come un grillo, quado si rese conto che Thor era sveglio, e corse via.

- No! Torna qui!-, gli urlò dietro il giovane quasi del tutto afono.

Provò a sollevarsi, ma non vi riuscì. Questa volta le ferite non c'entravano. Si sentiva debole, sfiancato dalla febbre e dal digiuno prolungato. Dopo poco sopraggiunsero altri elfi, armati di archi, coltelli e sottili sciabole a una mano.
Riconobbe quello che apriva la fila: era lo stesso che lo aveva obbligato a bere quell'intruglio nella tenda. Per quel poco che poté si fece indietro, cadendo dalla lettiga e abbattendosi sulla neve con un tonfo ovattato.
Si sentì risollevare malamente, mentre gli spettatori si lasciavano andare a qualche commento per lui incomprensibile.

- Un cacciatore non fugge.-, lo rimproverò l'elfo, buttandolo sulla lettiga.

- Non sono un cacciatore. Non sono niente...-

L'elfo lo scrutò, corrugando le bianche sopracciglia.
- Ma hai avuto forza sufficiente per sopravvivere. Sei stato privo di un adeguato nutrimento per lungo tempo, ma ora puoi stare sveglio. Ti riprenderai. Qual'è il tuo nome?-

Thor ebbe sufficiente buon senso da mentire:
- Io sono Fenrir.-, rispose, usando il nome del figlio di Loki.
-Chi sei tu? E perché mi stai aiutando?-

- Il mio nome è Malekith, signore di Svartalfheim, Fenrir da Asgard. Per quel che ne concerne le mie motivazioni, invece, un giorno ne verrai messo a conoscenza. Ma quel giorno non è oggi.-, detto questo il re degli elfi si allontanò e, dopo aver gridato un ordine ai suoi sottoposti, scomparve fra gli alberi.



N.d.A.: Ed eccoci qui, in anticipo. Chi attende altre mie storie: vi prego, perdonatemi, ma questo capitolo si è imposto sugli altri. Qualcuno pensava forse che le cose si sarebbero risistemate? No, vero? Ormai mi conoscete XD! La prima metà della storia è andata e, con essa, la parte tranquilla. D'ora in avanti ci attendono solo guerra, desolazione, sangue e morte (che in certe circostanze non può mai mancare, giusto?). Ora che vi ho ben spaventati e che mi sono tirata addosso la mia dose giornaliera di maledizioni XD, vi ringrazio, come sempre della vostra infinita pazienza e della passione con cui seguite le peregrinazioni di quest'autrice crudele!
Un abbraccio,
Ros *che vi vuole bene!*

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