Le cose che non ti ho detto.

di Misaki Kudo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Il ritorno di Shinichi(?) ***
Capitolo 3: *** Passioni nuove. ***
Capitolo 4: *** Complicazioni. ***
Capitolo 5: *** Preparativi. ***
Capitolo 6: *** Gelosia, portami via! ***
Capitolo 7: *** Misteri e Comprensioni. ***
Capitolo 8: *** Amare Verità. ***
Capitolo 9: *** Prima o poi. ***
Capitolo 10: *** Nessuna ragione, a costo di tutto. ***
Capitolo 11: *** Resta con me ***
Capitolo 12: *** Certezze incerte. ***
Capitolo 13: *** Punto e a capo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

 

Prologo

L'odore del caffè appena pronto riuscì a svegliarlo, quell'aroma cominciò ad espandersi nella stanza dando quel tocco amaro e pungente all'aria viziata che si era accumulata. I raggi del sole sbucavano curiosi dalle tende appena spostate, andando a colpire con la loro luce fastidiosa gli occhi blu ancora socchiusi. Alzò un braccio al cielo, stirando tutte le parti di esso in modo che si destassero da quella posizione. La mano andò a spostare i ribelli ciuffi corvini, che ricadevano sulla fronte, spettinati e selvaggi. Rimase un po' immobile a fissare il soffitto, uno sguardo che andava dallo spento all'assonnato.
Era passato tanto di quel tempo ormai, cinque anni erano volati via come se nulla fossero, ogni anno sempre peggio.
Lui era sempre lo stesso, ma non il suo vero se stesso. Era ancora Conan Edogawa, età: undici anni*.
Qualcosa però, nella sua vita era già cambiata. Lontani sembravano i giorni passati a rincorrere i corvi neri dell'agenzia, quei tali che riuscivano ad apparire e scomparire con una velocità fulminea, quasi fossero dei lampi.
Sembravano giorni lontani, eppure era passato appena un giorno
Erano stati sconfitti quella notte stessa, la loro malefica associazione a delinquere era stata sterminata da quello stesso ragazzino che cinque anni prima credevano di aver ucciso con l'APTX. Indimenticabile era stato lo scontro con il Boss.
Quello stesso ragazzino che la voglia e la grinta di tornare se stesso non l'aveva persa mai, mai.
Da sempre aveva rischiato la vita per riuscire a fronteggiare una situazione più grande di quanto potesse mai immaginare.
Da sempre non si era arreso, anche davanti alle difficoltà che si presentavano sul suo cammino,
doveva proteggere se stesso e gli altri.
Gli altri, già.
I suoi amici, i suoi genitori. Ran.

Proprio lei. Quanto era stato ingiusto con quella povera ragazza?
Da sempre le aveva mentito, vivendo costantemente sotto il suo stesso tetto e vedendola piangere quasi ogni notte.
La causa era sempre la stessa, la colpa solamente di un individuo. Shinichi Kudo.
Shinichi Kudo che la illudeva, che le chiedeva di aspettare da sempre.
Shinichi Kudo che appariva per una decina di ore per poi scomparire nuovamente, come se fosse stato catturato dalle tenebre. Shinichi Kudo che non dava mai una spiegazione.
Anche adesso che l'organizzazione era stata sconfitta non poteva tornare nel suo corpo, Haibara doveva ancora approfondire gli studi, ritrovando all'interno della formula dell'apotoxina quell'elemento che riuscisse ad alterare la formula chimica.
Quel benedetto elemeno che avrebbe riportato in vita Shinichi Kudo. Che gli avrebbe riportato la sua vera identità.


“Conan-kun sei sveglio?...”
La voce flebile di Ran arrivò alle orecchie del ragazzo, carica di angoscia mascherata da un sorriso. Anche quella notte aveva pianto, piangeva sempre ultimamente. Si rinchiudeva in camera fissando la foto sul suo comidino, quella stessa foto che li ritraeva felici al Tropical Land. Lei e Lui. Il vero lui.
Senza agitarsi troppo, il ragazzino cominciò ad alzarsi, senza prendere gli occhiali si avviò verso il tavolo dove la ragazza era appoggiata, gli occhi fissi sul suo viso da ventenne, quel viso che aveva visto maturare senza mai poterlo accarezzare.
I suoi occhi avevano assunto dei lineamenti più adulti, la sua voce un tono da donna. Le sue labbra non erano più quelle di una volta, apparivano più sfilate e sottili ma allo stesso tempo sembravano essere candide come la neve.
Sembravano essere, per l'appunto. Da sempre le bramava, desiderando che fossero sue e di nessun altro. Ma mai le aveva sfiorate, non poteva permettersi di illuderla fino a questo punto. Aveva già fatto abbastanza.

“Ran...neechan”
La osservò profondamente, pronunciando con difficoltà quell'appellativo. Desiderava che per lui fosse solo Ran, e anche se da tanto tempo utilizzava quell'appellativo, non ci avrebbe mai preso nè gusto, nè tantomeno abitudine.
“Non guardarmi così, il tuo sguardo serio...mi incute un senso di tristezza..
Cercava di trattenere le lacrime osservando l'immensità di quegli occhi blu, troppo simili a quelli di...
“..Scusami Conan-kun, in fondo tu non c'entri..”
La karateka poso le braccia sulle spalle del "ragazzino" e osservandolo con grande malinconia gli sorrise forzata.
Ogni giorno che passava era sempre più simile a lui. I suoi occhi, i suoi capelli, i suoi gesti.
come se fossero due gocce d'acqua, era come se fossero la stessa persona...

Forse era solo la sua stupida mania e ossessione di voler vedere Shinichi. Di volerlo toccare, di volerlo abbracciare, di volerlo baciare. Quel sentimento che da sempre portava dentro, adesso fuoriusciva sempre più con facilità. Era maturato, era stato messo a dura prova ma mai era stato danneggiato. In una folla di gente, in una città intera. Lei avrebbe sempre ricercato il suo modo di camminare che amava tanto, i suoi saluti sinceri, il suo sguardo che riusciva a spiazzarla. Quegli occhi di un blu così intenso che facevano invidia al cielo. Quel senso di pace che solo lui riusciva a procurarle. Una strana sensazione che ultimamente, provava anche quando era con Conan. O semplicemente la provava da sempre, cercava solo di ignorarla.
Proprio perché Conan e Shinichi non erano, ma soprattutto non potevano essere, la stessa persona.
No?

“Ran-neechan devo andare, farò tardi! A dopo...”
La voce da bambino non c'era più e il suo stupido tono infantile era stato sostituito da una voce più sicura.
Si precipitò fuori dalla stanza e poi giù per le scale, non sopportava vederla piangere. Ultimamente tanta era la voglia di riverarle tutto, che non poteva stare nella stessa stanza con lei per più di cinque minuti. Ma non poteva ancora permettersi di confessare. Di rivelare cinque anni di bugie. Doveva prima avere la sicurezza di poter riavere il suo corpo.
La speranza di tornare Shinichi Kudo non poteva morire, non poteva essere solo un sogno.
Ne era sicuro, da sempre.

Improvvisamente il suo telefono squillò, era Haibara.

“Pronto, Kudo-kun...ho delle notizie per te. Si tratta dell'antidoto definitivo. Credo...beh insomma...credo che sia pronto.”
Gli occhi blu si spalancarono. Sembrava che stessero per uscire dalle orbite. Le braccia caddero pesanti, come il telefono.
“Kudo-kun? Ci sei ancora?!...”
Peccato che quello fosse già dietro la porta del Dottor Agasa.

 



 

*Ho contato undici anni per Conan perché ho considerato che questi partissero dall'inizio della serie quando ha 6 anni.
Stessa cosa per Ran dove 'aspetto da ventenne' è sempre in generale, anche se ha 21 anni.

____________________________
Saaaaaalve! *sbuca da un angolino* 
Sono sempre io, sì. Quella fissata con Shinichi e Ran, quella che recita la parte della fanwriter,
quella che non sa recitare. Per l'appunto tutto quello che scrivo fa sempre abbastanza pena maaaaaaaaa,
questa volta ho voluto mettermi alla prova! Sì sì.
Ho intenzione di iniziare questa long, che ho già bene in testa! Non sarà una long eccessivamente long (AHAH che spiritosa :'D), tutto dipende dal metodo di impostazione dei capitoli, non so nemmeno se arriverò a cinque xD Beeeeeeeh vediamo cosa mi invento! Credo che la situazione sia abbastanza chiara, sono passati 5 anni e Shinichi è conosciuto ancora come Conan Edogawa! Ha da poco (appena un giorno u.u) sconfitto l'organizzazione e vive nella speranza di poter tornare nel suo corpo. Spero che la trama vi piaccia, vi avviso fin da adesso che non tutto filerà liscio e che il nostro caro detective ne vedrà delle belle u.u
Beh, fatemi sapere! Ultima cosa: Aggiornerò più o meno ogni settimana, scuola permettendo! Il secondo capitolo arriverà non appena tornerò dalla gita (cioè tra più o meno 5 giorni o 6 u.u)
Aspetto dei pareri e soprattutto dei consigli!


Misa

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Capitolo 2
*** Il ritorno di Shinichi(?) ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

1.
Il ritorno di Shinichi(?)

Correva a perdifiato, senza sentire la stanchezza affaticargli i muscoli già doloranti. Lo scontro della sera prima si faceva sentire, evidenti erano i tagli e le bruciature che il ragazzino aveva sulle gambe. Ma in quel momento non poteva permettersi di rallentare, non poteva perdere altro tempo prezioso, sarebbe tornato alla sua vita. Voleva passare più tempo come Shinichi e dimenticare quello passato da Conan, doveva correre.
Passò diversi semafori rossi, non gli importava di niente e nessuno. La vita di Conan non era la sua, non l'aveva mai sentita sua. Era come se fosse intrappolato in un corpo che non voleva, che respingeva con tutto se stesso ma con cui doveva convivere. Alcuni ciuffi corvini ricadevano appiccicati sulla fronte sudata, altri si liberavano nel vento mentre cercava con tutta l'anima quel senso di libertà lontano.


«Ehi ma quello non è..sì! CONAN-KUN!»
La voce femminile risuonò forte e chiara, una ragazzina con i capelli corti fino alla spalla cominciò ad agitare forte il fragile braccio, accompagnata da altri due ragazzi che sembravano farle da guardie del corpo. Il primo era abbastanza mingherlino e pieno di lentiggini, aveva un'aria molto intelligente. L'altro al contrario era di grande stazza e con un faccione abbastanza buffo.
«Oh...ragazzi! Che ci fate qui?»
Non appena ebbe focalizzato i tre individui che lo bloccavano, pensò immediatamente che forse li avrebbe visti lì per l'ultima volta. Non sarebbe più tornato ad essere Conan, ne era certo. Gli sarebbero mancati un po' quei ragazzini scalmanati. Tra le poche cose, c'erano sicuramente loro. E i/le pranzi/cene di Ran, certo.
«Siamo stati dal Dottor Agasa! Haibara-san ci ha detto che ti stava aspettando per parlare di qualcosa...non ci ha voluto spiegare! Conan-kun, beh spero che tu non faccia niente di male ad Haibara-san, perché io ci resterei..insomma..molto male..». 
La voce di Mitsuhiko era anch'essa più adulta, ma il tono con cui parlava della piccola scienziata era sempre lo stesso. Provava quella sorta di affetto particolare nei suoi confronti, che col tempo cresceva e maturava sempre più.
 
«Ma cosa vai dicendo! Sciocchezze, devo solo parlare con il Professore..
..scusate ragazzi devo muovermi! Beh...è stato bello!
» Li salutò con la mano rivolgendo loro un sorriso accennato, quasi malinconico. Sapeva che lui li avrebbe certamente rivisti, ma sotto le spoglie di Shinichi Kudo, quel grande detective che con loro non aveva niente da condividere. 
«..Ehi Genta-kun..? Perché ci ha salutati come se fosse l'ultima volta?...»
La voce della piccola Ayumi non ricevette alcuna risposta, solo gli sguardi tristi di entrambi i suoi amici.

Continuava correre, nella mente un unico pensiero.
Immediatamente raggiunse il cancello di Villa Kudo, vi entrò fulmineo per poter riprendersi la sua identità, ma pensò che forse aveva bisogno di un cambio di vestiti da...ventenne.
Quella grande casa era sempre la stessa, la raggiungeva di tanto in tanto per raccogliere qualche informazione tra gli infiniti libri gialli di suo padre, o semplicemente quando era sopraffatto dalla nostalgia. Rivolse un ultimo sorriso da Conan ed uscì.
Non appena arrivato davanti il portone della casa del suo caro vicino, il Professor Agasa, inspirò profondamente come per incoraggiarsi ed entrò, più veloce della luce.

«Mmh, hai fatto presto.» Il sorriso sadico della scienziata accolse il giovane detective, anche lei era abbastanza cresciuta. Il suo sguardo freddo era molto più sfilato e il suo portamento ancora più femminile e riservato. Diciamo che non era poi tanto cambiata.

«Forza Haibara, non perdiamo altro tempo..devo andare da Ran e..», allungò il braccio verso di lei.
«Non così in fretta Kudo-kun, so che non vedi l'ora di precipitarti dalla tua bella ragazza dell'agenzia che sta lì da..quanto? Oh, più o meno cinque anni! Che testa dura!», continuava a sorridere sadica.
«Qui c'è l'antidoto, lascia che ti spieghi alcune cose», divenne improvvisamente seria, lo sguardo puntato su di lui, tra le mani una piccola capsula. Una meta di essa era rossa, l'altra metà era gialla. 
«Ho fatto diverse prove. Sono arrivata alla conclusione che tutto si basa su un particolare composto chimico, il suo nome è Cloruro di Sodio», il viso della ragazza cominciò a curvare un sorriso.
«Cosa..?! Cloruro di sod...cioè IL SALE DA CUCINA? Tu mi stai dicendo che siamo stati cinque anni per cercare un composto che aveva come base il sale da cucina?!», il tono del ragazzo si fece sempre più aggressivo. «Già, il cloruro di sodio è il sale dell'acido cloridrico, a temperatura ambiente si presenta come un solido cristallino incolore, il solito sapore aspro e pungente. I suoi cristalli però, hanno un reticolo cubico ai cui vertici si alternano ioni di sodio e di cloro. Questi ioni in soluzione acquosa oppure fuso, conducono l'energia elettrica. Questo principio combinato con molti altri composti scatena il restringimento dell'organismo. Più grande è l'ampiezza dell'onda elettrica, più alto sarà il rischio di restringersi. Fino a scomparire completamente, ovvio», il suo sangue freddo continuava a prevalere sempre su tutto.
«Okay, okay. Insomma in parole povere questo antidoto è definitivo, no?», la pazienza del detective ormai non c'era più. Voleva solo lasciare tutto alle spalle.
«Diciamo che dovrebbe essere, non è ancora stato provato, dovremmo vedere i suoi effetti e registrare i tuoi cambiamenti, la formula chimica è stata contrastata con la giusta dose di cloruro di sodio unito all'azoto che avevamo scoperto in precedenza. Se questo antidoto non funziona è davvero finita, credi di farcela?», si voltò verso lui con tono di aperta sfida, come se lei fosse estranea dalla vicenda, come se non le interessasse nulla. 
«Devo farcela.» Quello sguardo determinato la piccola Haibara lo conosceva bene, lo guardò silenziosa per poi consegnarli tra le mani quella piccola e, apparentemente, insignificante capsula. Ma che in realtà al suo interno racchiudeva una vita, una vita di tristezze e perdite.
Shinichi, ancora nel corpo di Conan, la guardò inizialmente senza proferir parola, subito dopo senza indugiare ulteriormente la ingerì, mandandola giù con un unico sorso d'acqua. Gli affanni non si fecero aspettare, dopo appena dieci secondi cominciarono ad arrivare le prime fitte lancinanti.
Il dolore questa volta era diverso, era pari a diecimila, se non più, lame affilate. E lui di lame affilate ne aveva provate diverse, ma mai diecimila. Si accorse di non riuscire a sopportare più quel dolore e piano piano comincio a piegarsi sulle ginocchia, fino a rannicchiarsi a terra svenuto.
L'ultima cosa che vide fu lo sguardo di Haibara. Sembrava essere stranamente preoccupata, non era da lei.

Da quell'istante in poi il buio più assoluto. Si ritrovò all'interno di un enorme buco nero, il nulla si presentava sia alla sua destra che alla sua sinistra. Dopo un po' comincio a scorgere visi familiari. Dai Detective Boys al Dottor Agasa, poi ancora Heiji e Kazuha, sua madre e suo padre, Kogoro con Ran ed Eri. 
Poi ancora gli amici del FBI che l'avevano aiutato a sconfiggere i MIB poco tempo prima, quello scontro cominciò a prendere pian piano forma davanti ai suoi occhi blu. Si era ritrovato faccia a faccia con Gin, poco prima di avere il suo ultimo scontro con il loro capo. Lo sguardo gelido del suo 'assassino' lo osservava da una nuova prospettiva, quella della vittima. Esalava respiri affannosi, mentre contorcendosi si teneva il fianco ferito. Una mano insanguinata che sgorgava di sangue, un sangue che non meritava affatto di portare linfa vitale, quello di uno spietato omicida che non conosce il significato di vita, o semplicemente lo ignora.

«Tutta colpa di un moccioso...», lo sguardo gelido continuava a perforare l'anima del detective, anche essendo in fin di vita la sua tenacia continuava a resistere.
Lo trascinò verso l'auto per portarlo alla centrale, non avrebbe mai permesso che morisse.
«Provo ribrezzo ad essere salvato da un moccioso tanto presuntuoso, ribrezzo.» Gin non osava guardarlo, lo sguardo fisso sul pavimento torbido di sangue, aveva ancora la forza per controbattere.
«Non auguro la morte a nessuno, chiunque deve pagare i propri mali. Anche un lurido verme come te, deve passare il resto dei suoi giorni in cella, a piangere le sue stolte colpe. Non meriti di morire», l'aveva liquidato così, proseguendo il suo cammino che l'avrebbe portato verso l'ultima tappa.
Quell'ultima tappa che gli sembrava appannata, quasi offuscata. Non ricordava niente del suo ultimo scontro nè tanto meno chi fosse questo fantomatico capo dei MIB, era come se una parte della sua memoria fosse andata persa chissà dove, insieme alla sua esistenza forse, in quel nulla che lo circondava.
«KUDO-KUN! Svegliati!», la voce di Ai riportò il detective alla normalità.

Aprì pian piano gli occhi blu che sembravano voler restare socchiusi in eterno, lentamente si portò un braccio sul viso. Cominciò a focalizzare la sua mano, per poter constatare timoroso la sua grandezza. 
Balzò improvvisamente dal divano in direzione dello specchio, inciampando più volte. Troppa era la foga per prestare attenzione a tutto quello che gli stava davanti. Vide lo specchio appeso sul muro, proprio di fronte a lui e vi si specchiò. L'immagine che vide riflessa fu quella di un uomo, ormai più che ventenne. La barba leggera ornava la parte inferiore del mento, i lineamenti del viso più spigolosi e pronunciati, lo sguardo sottile e penetrante. Un'unica cosa sembrava essere la stessa, il colore di quei suoi occhi blu che non si erano spenti, sembravano essere anzi, più accesi di prima. Come se una nuova luce li avesse conquistati, illuminandoli di nuovo come non accadeva più da anni. Spostò lo sguardo verso le sue gambe, alte snelle e allenate. I muscoli erano sempre quelli del solito ragazzino, che passava i pomeriggi nel fango a giocare a calcio, quando tra un'indagine ed un'altra cercava un po' di sfogo personale, rincorrendo un pallone a perdifiato. 
Con l'altra mano, incredulo, si sfregò la faccia per poi emettere uno strano suono con un tono di voce adulta, tanto bassa quanto sensuale e profonda. Non poteva credere ai suoi occhi, sembrava essere un sogno.

«Bentornato, Kudo-kun...», disse la scienziata con uno sguardo che andava dal soddisfatto al malinconico.
Proprio così, Shinichi Kudo sembrava essere tornato.

Rimase ancora qualche minuto a fissare lo specchio, incredulo. Erano anni che non tornava nel suo vero corpo, aveva paura che le strane comparse e scomparse di Shinichi Kudo portassero problemi a chi gli stava intorno. Per questo motivo da più o meno cinque anni non prendeva più antidoti sperimentali. Da più o meno cinque anni non vedeva Shinichi, quello vero. Da più o meno cinque anni non vedeva Ran, davvero.

«RAN!», gli occhi gli si spalancarono improvvisamente, cominciò a correre, senza proferir parola verso la porta in direzione dell'agenzia investigativa Mouri.
Ai rimase immobile, lo sguardo impassibile ma velato da un senso di tristezza nostalgica, cercava di non trasmettere emozioni ma in quei momenti le risultava difficile farlo.

«Così finalmente potrai dirle tutto, potrai stare con lei...», era difficile, perfino per se stessa, capire il suo stato d'animo.

Continuava a correre a perdifiato, pensandoci non faceva altro da tutto il giorno. Questa volta però era tutto diverso, non solo il suo corpo era più agile e allenato ma anche il suo animo era rinvigorito.
Il suo unico pensiero fisso era Ran, l'avrebbe finalmente rivista davvero dopo tanto tempo, adesso non doveva più aver timore di rivelarle tutto, perché non sarebbe più andato via, non l'avrebbe lasciata sola incontro al suo destino. Giusto?
-Diciamo che dovrebbe essere definitivo ma non è ancora stato provato, dovremmo vedere i suoi effetti e registrare i tuoi cambiamenti, meglio non correre troppo Kudo-kun...-*
Si bloccò improvvisamente, quelle parole gli risuonarono forti e insistenti, quasi a volerlo frenare ancora una volta. Cosa era giusto fare? Aspettare ancora e continuare a mentire? Non aveva più alcun senso. L'Organizzazione era stata sconfitta, nessuno avrebbe più ostacolato la vita e la felicità di Ran.
La felicità di Ran.
Forse per quella non poteva ancora cantar vittoria. Haibara era stata abbastanza chiara e anche se non sembrava, lui aveva ascoltato ogni singola parola del suo discorso, compresa quella parte che parlava del non ritorno. Quello era l'ultimo antidoto, se fosse tornato ad essere Conan, lo sarebbe stato per sempre.
E Ran? Cosa poteva fare Ran? Lui la conosceva, forse troppo bene. Sapeva benissimo che sarebbe rimasta con lui anche in quelle condizioni, che si sarebbe privata della sua felicità per poter stare con qualcuno che non le avrebbe potuto dare niente, nessuna forma di affetto. Shinichi non poteva farlo, non sotto forma di Conan. Prese quindi un'altra decisione, forse la seconda più dura di tutta la sua vita.

Mentirle ancora, forse per un'ultima volta.

Si fece coraggio e bussò alla porta dell'agenzia, sentiva i passi chiari di Ran. Il suo passo lento si apprestava a raggiungerlo, non sapeva come l'avrebbe accolto. Conoscendola le possibilità erano due, poteva scoppiare a piangere a dirotto o semplicemente stenderlo con un colpo di karate. Non riusciva a decidere quale preferisse tra le due, erano le due cose che più odiava al mondo, difficile ammetterlo. Si sfregò i ciuffi corvini velocemente, un'ultima volta prima di abbassare lo sguardo per prendere coraggio.
La porta si aprì lentamente. 

«Ciao Ran, sono tornato...»
Gli occhi blu-indaco della ragazza si spalancarono, ogni forma di senso si spense, la voce flebile non trovava il coraggio di uscire e anche se in realtà avrebbe voluto gridare, quello che ne uscì fu un sussurro leggero.
«Shi....Shinichi.»


 
 



 
 

 

*Le parti in grassetto e corsivo insieme sono dei pensieri del protagonista rguardo flashback sui dialoghi vari. 
Il corsivo soltanto sottolinea le parole chiave e i pensieri.

 

____________________________


Salve a tuttiiiiiii! :D Sono da poco tornata dalla gita e come promesso ecco a voi il primo vero capitolo,
lo so che fin qui sembra tutto normale e che può risultare anche abbastanza noioso ma vi assicuro che ci saranno parecchi colpi di scena!
Mi diverto un sacco a creare queste situazioni impossibili, mi devo mantenere un tantino xD
Comuuuuuuuunque che ne pensate? Spero di aver caratterizzato tutto al meglio, so che sono parecchio Angst ma adoro questo genere u.u
Vi ringrazio tantissimo per aver recensito così numerosi e per aver inserito la storia nelle seguite/ricordate!
Grazie anche a chi legge soltanto! :D
Al prossimo aggiornamento :*

Misa

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Capitolo 3
*** Passioni nuove. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

2.
Passioni nuove.

Non riusciva a credere ai suoi occhi, sbattè le palpebre un numero ripetuto di volte che le parsero infinite.
Ma lui era e continuava ad essere lì, non era uno di quei sogni che faceva tutte le notti. Non scompariva non appena si dava un pizzicotto sul braccio. Quello era Shinichi, difficile a credere ma era proprio lui.
Le gambe le divennero improvvisamente pesanti, il fiato le si spezzò in gola. Il cuore dopo aver perso un battito cominciò ad accelerare fulmineo, spinto da un sentimento che era cresciuto davvero tanto.
Cinque anni. Questo era il tempo che quel cuore aveva passato senza il suo sangue. Cinque lunghi anni in cui si trovava in una gabbia, privo di quel solo ossigeno che fosse in grado di renderlo vivo. 

«Shinichi...», lo sguardo ancora perso nel vuoto, ripeteva senza accorgersene quel nome, quasi a voler sentire la sua stessa voce rimbombarle nelle orecchie.
«Shinichi...Shinichi...Shi-Shinichi!», la voce dapprima forte e sicura venne spezzata dal pianto.
Ma non un pianto qualsiasi, uno di quelli assordanti che ti lacerano il cuore e l'anima. Si sentiva scavare dentro da un'infinità di lame, come se un dolore lancinante continuasse a colpirla ripetutamente. 
Shinichi osservò la scena con la testa bassa, lo sguardo cupo e malinconico non riusciva più a trattenere quella visione, erano due le cose che più odiava al mondo e in quel momento le stava facendo entrambe.
Mentire e osservare Ran piangere, impotente.
Allungò una mano per accarezzarle il volto, l'unica cosa che voleva fare era rassicurarla ma quella prontamente scansò la mano con il braccio, in modo aggressivo.

«Dove...da quanto tempo, io non ti..», le lacrime continuavano a scendere veloci, le rigavano il viso senza che la ragazza se ne accorgesse, silenziose e fulminee scendevano senza sosta. La voce morta in gola.
«Tu-tutto questo tempo, ti rendi conto?», il detective spostò lo sguardo a destra.
«Cinque anni..SONO CINQUE ANNI CHE NON TI VEDO SHINICHI! Non rispondevi al telefono, alle mie e-mail, ho addirittura pensato che fossi morto!», afferrò prontamente la giacca del ragazzo per scontrare i suoi occhi indaco con quelli blu intenso di lui. Aveva solo bisogno di spiegazioni, di leggere nel suo sguardo che c'era una spiegazione a tutto questo. Il sentimento per averlo rivisto era più forte di ogni cosa, sempre.
«Io sono stato nei gua-», si arrestò improvvisamente quando quel pensiero gli ritornò in mente.
-Diciamo che dovrebbe essere definitivo ma non è ancora stato provato, dovremmo vedere i suoi effetti e registrare i tuoi cambiamenti, meglio non correre troppo Kudo-kun...-
«Ho avuto un problema Ran..non posso ancora dirti, non è ancora sicuro. Ti prometto che non appena ne avrò la sicurezza ti racconterò tutto, ti giuro», mentirle ancora. Riusciva sempre a farlo.
«Ti prometto...ti prometto! SONO STUFA DELLE TUE STUPIDE PROMESSE! Quante volte l'hai fatto? Quante altre volte non le hai mantenute? Se io in questo momento mi girassi, subito dopo non ti rivedrei più. Non voglio girarmi, Shinichi. Non voglio.» Le urla le restarono morte in gola, lo afferrò per la camicia.
«Siamo sempre stati amici! Perché non mi hai detto che avevi bisogno di aiuto? Perchè Shinichi...FAI SEMPRE TUTTO DA SOLO...perché?», sprecò anche l'ultima quantità di fiato che aveva in gola.
«Non era niente di grave Ran, un caso complesso in America, lì c'è una diversa gerarchia di cose riguardo ai vari casi, per questo non posso ancora dirti. Non sapevo quanto tempo mi ci volesse, pensavo che tu sentendo la mia voce al telefono...», assottigliò lo sguardo.
«...stessi peggio? E' questo che pensavi, vero? Beh non hai tutti i torti, ma neanche non avere tue notizie da cinque anni mi fa stare meglio, sai? Andare da Hattori che mi dice 'Kudo sta bene, tornerà presto', e non vederti per altri anni non mi fa affatto bene Shinichi. Ma è inutile, tu non capisci. Non hai mai capito.»
Le lacrime. Non le asciugò nemmeno questa volta, non le importava più nulla. Non avrebbe capito.

«Sei un detective, ma non sei mai riuscito a leggere nel mio cuore, non è la prima volta che te lo dico. Ma chissà.. magari tu non ricordi nemmeno di quell'episodio.»* 
Pianse. I suoi occhi si inumidirono non appena ebbero visto quel viso, quei capelli, quello sguardo. Continuarono a farlo per tutto quel tempo, continuavano a correre infinite. E chissà per quanto altro tempo ancora lo avrebbero fatto. 
«Ran io...lo ricordo. Ricordo tutto quello che ho detto, tutto quello che ho fatt-»
«Hai una bella faccia tosta a dirlo. Ne sei consapevole vero?», ringhiò lei senza permettergli di terminare.
Pensava di essere tornata ai vecchi tempi, quando chissà come e chissà quando tutto era cambiato. Non erano più Ran e Shinichi, gli amici d'infanzia che si punzecchiavano per tutto ma che facevano sempre la pace.
Erano Ran e Shinichi, e amici non era la parola giusta per descriverli. Ran aspettava Shinichi, Shinichi se ne andava e poi ricompariva per poi andarsene nuovamente. Era tutto così ormai. 

«Sono sempre consapevole di quello che faccio», affermò sicuro innalzando lo sguardo, sentiva di non riuscire più a trattenersi oltre. «No Shinichi, se tu fossi stato consapevole quel giorno non mi avresti detto c-»

Ma non riuscì a completare la frase, due labbra umide premevano contro le sue. Quel tocco così morbido e caldo riuscì a mozzarle il fiato. Le sembrava di vivere un sogno, troppe volte lo aveva già sognato. Le sue labbra da sempre vergini aspettavano solo lui. Non sarebbero potute appartenere a nessun altro, mai.
Si sentì svenire quando il ragazzo le cinse i fianchi con le forti braccia, pregò tutti i Kami dell'universo che non si accorgesse del suo cuore palpitante ed irrequieto nello sterno. Rimase immobile con le palpebre spalancate,
le lacrime si erano arrestate d'improvviso, bloccate a mezz'aria. Non riusciva a muoversi,
ma non appena sentì le loro lingue, ancora più calde, scontrarsi nelle loro bocche riuscì a calmarsi. Era come se tutto fosse entrato in uno strano universo. Dove c'erano solo loro e le loro sensazioni.
Shinichi cercava Ran. Ran cercava Shinichi. 
Le braccia del detective stringevano forte il corpo esile della ragazza, mentre le mani premevano con forza sui suoi fianchi morbidi. Per quanto tempo aveva bramato quelle labbra? Sperato che fossero sue e di nessun altro, insieme al suo corpo che da sempre lo aspettava. Continuò a baciarla con passione, le mani salirono sui suoi capelli morbidi e andarono ad accarezzare la guancia ancora bagnata. Nessuno dei due voleva mettere fine a quella magia, erano spinti da forze che riuscivano a convergere insieme. 
Come se la loro passione e il loro amore fosse più importante di tutto il resto, più importante di quel tempo che avevano perduto, più importante di quelle promesse che erano state infrante, più importante di quelle bugie che erano state pronunciate. Il loro amore vinceva su tutto, sempre.

Si staccarono da quella presa che sembrava essere infinita, anche se in realtà nessuno dei due lo voleva davvero. In particolare Ran involontariamente portò il capo contro il petto del detective e si aggrappò con forza alla sua camicia, lo sguardo fisso sul pavimento. 
«Perché...perché tu sempr-»
«Ti amo», due parole, cinque semplici lettere. Gli occhi blu-indaco di Ran si spalancarono, nuovamente.
«Te l'ho già detto Ran, non sono in grado di leggere nel cuore della donna che amo, non potrei mai esserne capace. Posso solo comprendere quello che c'è nel mio, di cuore», le alzò il capo con la mano. I loro sguardi si scontrarono senza proferir parola. Non potrei mai dimenticare quel giorno...
«Ma allora tu..non hai...STUPIDO!», neanche il tempo di poter reagire che il detective si ritrovo cinque dita stampate sul viso. «Perché mi sono innamorata di uno stupido?», esordì la karateka fissando il basso.
«Beh dire che me la sono meritato è poco, lo so», sospirò sorridendo massaggiandosi la guancia.
«Però...BARO! Mi hai fatto male!», gli sembrava di essere tornato ai vecchi tempi, si sbagliava.
Per un attimo ci fu il silenzio, i loro volti ancora fiammanti, le loro mani tremanti e le loro pupille guizzanti. Cercavano in ogni modo di evitare l'uno lo sguardo dell'altra. Stranamente però, Ran si prese di coraggio.

«Rimani?», lo disse con voce flebile, lo sguardo ancora fisso sul pavimento.
Una miriade di pensieri e conversazioni presero vita dentro la testa di Shinichi, avrebbe potuto dirle tutto non appena fosse stato sicuro del funzionamento dell'antidoto. Ma se non avesse funzionato? L'avrebbe illusa nuovamente? Da sempre aveva cercato di proteggerla, di tenerla fuori da tutto. Preferiva allontanarla e vederla soffrire per la sua assenza, piuttosto che metterla in pericolo. Aveva sempre pensato questo, ignorando quello che il cuore gli dettava. Di starle vicino davvero, di dirle tutto davvero.
Per una volta decise di essere egoista e di ascoltare quel cuore che pulsava come non mai, avrebbe giocato il tutto per tutto. Sarebbe rimasto al suo fianco, fiducioso dell'antidoto di Haibara.

«Sì...sono qui con te.» Le prese il viso con entrambe le mani e lentamente lo portò verso le sue labbra che per lui ormai, rappresentavano una droga. Una dose di droga giornaliera. Di quelle che appena le provi non puoi più farne a meno, di quelle di cui prendi il vizio. Si sfiorarono lentamente e successivamente con più foga.
Ma qualcuno fu più svelto di loro, la porta si spalancò sorprendendoli ancora in quella posizione.
«Pa-pà?!», lo sguardo smarrito di Ran, quello terrorizzato di Shinichi.
Forse lo zietto non l'aveva presa bene o almeno il suo strano colorito sembrava voler dire ciò...




 
 



 
 

 

*'London ARC, Volume 72-file 1. 

 

____________________________
Salve a tuttiiiiiii! :D Rieccomi qui dopo una settimana con il nuovo capitolo! So che non aspettavate altro! *Sente i grilli cantare*
Che dire, non sono molto soddisfatta sinceramente, queste scene non mi riescono mai bene,
sarà che è difficile trattare Shinichi innamorato oppure non so, fatto sta che non mi convince molto xD
Cioè sicuramente sarà OOC però cercate di capirmi, ha 21 anni 'sto ragazzo, da cinque anni non vede quella stupida e adorabile karateka!
Capitelo e capitemi! AHAHHAAHAH. L'ho fatto trattenere anzi, vediamola così xD va be', abbiamo il nostro Kudo che dopo aver pensato a quale balla utilizzare questa volta non riesce più a trattenersi e da sfogo alle sue passioni tenute nascoste LOL, fa un'altra dichiarazione, quest volta un po' più adulta.
Ran al solito piange (io la amo, è la sensibilità fatta ragazza*-*), lo sgrida, lo schiaffeggia, cerca di allontanarlo maaaaaa..
...non ci riesce. E' inutile Ran. Nell'ultima parte Shinichi decide di essere un po' egoista per una volta e alla domanda 'Rimani?' risponde in modo affermativo u.u Vedremo che succederà prossimamente! Immaginatevi tutti la faccia di Kogoro daaaaaaaaaai ahahha
Fatemi sapere quanto schifo vi ha fatto da uno a dieci eeeeeeee alla prossima :*


Misa

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Capitolo 4
*** Complicazioni. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

3.
Complicazioni.

•••

«Ehm, c-ciao papà!», strabuzzò le palpebre, terrorizzata.
«Occha- ehm, signor Mouri! Qual buon vento!», affermo allegro Shinichi correggendosi all'ultimo momento. La forza dell'abitudine l'avrebbe tradito prima o poi, ne era certo.
«Noi possiamo spiegarti tu-»
«SOTTOSPECIE DI DETECTIVE STA LONTANO DA MIA FIGLIA!», Kogoro impugnava minaccioso una penna, rivolta con la punta verso Shinichi come se fosse un'arma, lo sguardo furioso e una vena che pulsava lungo la tempia.
«Sei sempre fuori e quando torni...CERCHI SEMPRE DI SEDURLA! Ma io non te lo permetterò!», lo aveva alzato per il colletto guardandolo fisso negli occhi, lo sguardo di Shinichi andò dal preoccupato al rassegnato. Come al solito lo zietto era ubriaco fradicio.
«Papà! Smettila, non sono più una bambina! Shinichi si è dovuto occupare di un caso molto pericoloso che ora mi spiegherà, quindi scusaci», affermò convinta afferrando il detective più giovane per il braccio e trascinandolo via con sè fuori dall'agenzia. Il povero Kogoro rimase con la penna a mezz'aria, fissando il vuoto depresso. Tutti lentamente lo stavano abbandonando, prima Eri, poi Yoko e adesso anche Ran...

Corsero a perdifiato per una via conosciuta ad entrambi, la strada che portava a Villa Kudo. Shinichi c'era stato da poco e pregava mentalmente di non aver lasciato sulla scena del crimine, indizi che avrebbero potuto smascherarlo.
Entrarono silenziosi senza scambiarsi neanche uno sguardo, la mano di Ran continuava a stringere quella del detective. Le capitava di fare sempre così in quelle situazioni, quando le capitava di non vederlo per mesi, per anni. Poteva solo tenergli forte la mano, come se grazie alla sua presa sarebbe riuscita a trattenerlo per sempre con lei, ma qualcosa anche quella volta, le diceva che si sbagliava.
«Eccoci! E' passata un'infinità di tempo dall'ultima volta che siamo stati insieme qui! E dire che da bambini non facevamo altro che rovistare tra questi libri, sempre alla ricerca di nuove avventure...», disse la karateka guardando nostalgica l'enorme libreria dei Kudo.
«Mi ricordo quella volta che cercando di prendere un libro dallo scaffale più alto, sei scivolata giù picchiando la testa sul tappeto, hai fringnato talmente tanto che per calmarti ti ho dovuto dare due porzioni di torta! E dire che in realtà quello che si è fatto davvero male sono stato io, che con il mio peso ho cercato di bloccare la tua caduta! Sei sempre stata maldestra, baro!», 
il detective spostò lo sguardo a sinistra sbuffando seccato.
«Non è stata colpa mia! Dovevi farti perdonare per non aver tenuto bene la scala! Eri talmente disperato che non sapevi come fermare il mio pianto, lo ricordo benissimo, continuavi a farfugliare parole incomprensibili!», la karateka rise portando una mano alla bocca.
«Ti odiavo perché mi facevi sempre i dispetti e mi chiamavi piagnucolona, ma allo stesso tempo ero felice ogni qualvolta che cercavi, a modo tuo e con i tuoi strani metodi, di fermare il mio pianto. Mi faceva sempre piacere, anche se non lo ammettevo!», affermò sicura alzando il capo.
«Cos'è? Momento di confessioni? Evito di parlare di tutte quelle volte che cercavi di capire un caso, con scarsi risultati», il ragazzo questa volta si lasciò andare ad una fragorosa risata. «Certo. Certo. Scusi signor DetectiveIoSonoTroppoIntelligentePerIComuniMortali ma non sono una fanatica di gialli come lei, io non scompaio anni e anni per risolvere casi impossibili!»,lo sguardo di Ran passò dallo scherzoso al malinconico.
Shinichi spostò lo sguardo distaccato, una miriade di pensieri cominciarono a prendere posto nella sua mente. Quei pensieri che ormai lo attanagliavano da anni, e soprattutto in quegli ultimi giorni. Tutto gli passò davanti. La sua infanzia, la sua vita felice da detective liceale, Ran.
Poi erano arrivati loro e avevano distrutto tutto. Avevano frantumato ogni speranza nella sua vita e in quella delle persone a lui care.
«Io...non volevo Ran, davvero...Io-», cercò di esprimersi ma le parole di Haibara continuavano a rimbombargli in testa.
«Lascia stare il passato, l'importante che ora tu sei qui, che siamo insieme. Che stiamo recuperando gli anni persi.»
Shinichi si limitò ad annuire con il capo, guardava fisso il cellulare di Ran sul davanzale come se aspettasse la chiamata di qualcuno. 
Come per magia il telefono squillò. La ragazza si apprestò a rispondere preoccupata.
«Pronto? Eh? Co-Conan-kun?! Cosa ti è successo?! CHE COSA?! Cosa ci fai all'aereoporto?! I tuoi genitori sono tornati e stai andando per un po' da loro? Ma...potevi almeno salutarmi! Ti raggiungo all'aereoporto, aspettami lì! Che non pu-», la chiamata si interruppe bruscamente.
La ragazza fissò il vuoto per una manciata di secondi finché Shinichi le posò delicatamente la mano sulla spalla, conosceva bene il contenuto di quella telefonata, lui stesso aveva chiesto a sua madre di farla, utilizzando il farfallino cambia voce inventato dal Dottor Agasa.
«Non capisco...ogni qualvolta che posso essere felice per il tuo ritorno, immediatamente Conan sparisce e cambia atteggiamento nei miei confronti! Sembra quasi che gli dia fastidio...ma lui è solo un ragazzino!», affermò sincera la ragazza, osservando tristemente il soffitto.
«Non sai quante volte ho creduto che in realtà Conan fossi tu! Siete due gocce d'acqua, adesso ha lo stesso aspetto che avevi tu quando andavamo alle medie. Poi quel suo modo di essere così protettivo nei miei confronti, molto spesso, in particolare ultimamente, mi faceva pensare che lui non mi vedesse come una sorella...»
Shinichi deglutì rumorosamente.
«...vedendoti qui invece, capisco che mi sono da sempre sbagliata!», affermò sorridendo soddisfatta.
Shinichi sembrò tirare un sospiro di sollievo, gli occhi ridotti a puntini. L'ingenuità di Ran molto spesso lo sorprendeva, riusciva a crearsi nella mente situazioni strane e contorte. Riusciva ad arrivare sempre alla verità, ma il suo buonsenso e la sua bontà d'animo la portavano sempre nell'errore. Non sarai mai una buona detective, Ran-neechan! 
«Ma no dai, è pur sempre un ragazzino! Sarà stata una cosa improvvisa, vedrai che tornerà».
Anche se preferisco che non lo faccia davvero, mai più...

«Sembra che sia inutile che io continui a pensarci, veniamo a noi...», lo sguardo di Ran si fece dolce ma allo stesso tempo ammiccante. 
Shinichi deglutì. Quello sguardo riusciva sempre ad intimorirlo.
«Hai detto che non puoi ancora spiegarmi le dinamiche di questo fantomatico caso, ma non appena tutto sarà finito esigo che tu lo faccia! E poi voglio anche sapere dove sei stato tutto questo tempo, quante persone hai conosciuto, se stavi bene e non ti sei ammalato troppe volte, sei sempre uno sconsiderato del resto lo so, se hai continuato a chiamare i tuoi genitori e se...», si bloccò a mezz'aria quando due braccia forti l'attirarono a sè stringendola sempre di più, con una forza che a Ran trasmetteva un senso di protezione. Si sentiva cullata da quel profumo.
«...mi sei mancato tanto, stupido fanatico di gialli». Strinse forte la camicia del detective affondando il viso nell'incavatura della sua spalla. 
Shinichi non rispose, si limitò a stringere di più e portando due dita sotto il mento della ragazza fece per far scontrare le loro labbra. Si fermò ad un millimetro dal suo viso, osservando i suoi lineamenti perfetti. 
«Ran io, non voglio andarmene. Non voglio». Lo disse come se fosse una cosa che non poteva decidere di sua spontanea volontà, cosa effettivamente vera. «E allora non farlo». La karateka perse un battito.
Il detective non riusciva a pensare nel modo giusto, da una parte aveva il pensiero fisso dell'antidoto che continuava a martellargli il cervello, dall'altra parte il suo autocontrollo che oramai era inesistente. Non poteva ancora raccontare tutto a Ran, non poteva farlo per il suo bene perché se mai fosse ritornato ad essere Conan...sarebbe stato per sempre. Allo stesso tempo però voleva costruire insieme a lei dei ricordi, ricordi che non fossero legati alla sua infanzia, a quella che era stata la loro vita da bambini insieme. Voleva dei ricordi che non avrebbe mai rimosso, che sarebbero stati con lui in ogni momento, nel bene e nel male. Per una volta doveva essere egoista con se stesso.
La baciò dolcemente, un contatto delicato che lentamente cominciò a diventare più profondo. Un bacio che voleva essere di più, da troppo tempo. Le loro lingue continuarono a cercarsi senza sosta, i loro respiri affannati si scontrarono diventando un tutt'uno. Il detective spinse la ragazza verso il divano continuando a baciarla senza mai fermarsi. Il palmo della mano di Ran stringeva forte i capelli del ragazzo accarezzandoli con un movimento continuo. Continuarono così per diversi minuti, finché il braccio di Shinichi scivolò sulla gonna stretta di lei, cercandola. Il tocco ancora inesperto di un ragazzo che sì, aveva già vent'anni passati, ma che non aveva mai avuto nessuna esperienza.
Stessa cosa per quanto riguarda Ran, che seppur timorosa sapeva di potersi fidare, era lui, poteva essere solo lui. 
Era come se durante tutto questo tempo non avessero fatto altro che aspettarsi, con la speranza che sarebbero potuti essere qualcosa, che il destino non sarebbe stato loro per sempre contro.
Ran era solo per Shinichi. Shinichi era solo per Ran.
Lentamente il ragazzo si disfò della camicia mentre con l'altra mano continuava ad accarezzare la coscia morbida della ragazza. Ran dal canto suo non opponeva nessun tipo di resistenza, neanche un attimo di esitazione. Si ritrovarono intrecciati l'uno all'altra, quasi a voler recuperare il tempo perso. Il detective delicatamente allungò la mano verso il primo bottone della camicia di lei, quando improvvisamente un urlo li bloccò.

«KUDOOOOOOOOOOO! Amico mi-», lo sguardo del detective di Osaka si bloccò, terrorizzato.
 «Heiji! SEI UNO STUPIDO! Ti ho detto di non entrare, su torna qui…SCUSATE! », una ragazza dalla coda di cavallo lo trascinò fuori per la stanza dal colletto della camicia. Due ragazzi appena ventenni, fuggirono da quella che era una situazione troppo imbarazzante.
Erano proprio Heiji e Kazuha, gli anni erano passati anche per loro, ma la situazione era sempre la stessa. Entrambi non ammettevano i sentimenti che provavano l’uno per l’altra. Si limitavano a qualche gesto d’affetto di tanto in tanto, era come se fossero rimasti due adolescenti alle prese con la prima cotta. In quel momento il detective di Osaka però, l’aveva fatta davvero grossa.
Shinichi imbarazzato prese la camicia, Ran dal canto suo si limitò a sistemarsi le pieghe del vestito e pettinarsi un po' i capelli con le mani.
I loro volti erano ancora arrossati, le pupille guizzanti, incerti i sorrisi. Si scambiarono uno sguardo d'intesa che andava dall'imbarazzato al comprensivo, del resto si trovavano nella stessa medesima situazione da film.


«Haaaaaaaaaaaaaattori! Qual buon vento ti porta qui?», chiese ironico Shinichi mentre un tic nervoso cominciò a impossessarsi del suo sopracciglio destro. Heiji deglutì a fatica.
«V-volevo parlarti di una questione eh eh, poi c'è anche un caso di mezzo, eh eh», cercò di giustificarsi quello ridendo nervoso, cercava di utilizzare tutti i mezzi che aveva a disposizione per coinvolgere l'amico detective. I risultati furono scarsi. L'aveva fatta grossa.
I due giovani continuarono a parlare per frecciatine, mentre Ran e Kazuha decisero di andare nell'altra stanza a parlare un po'.
«RAAAN-CHAAAN! Devi raccontarmi tutto! Quando è tornato? Cosa ti ha detto? Vi siete messi insieme?», la giovane Kazuha cominciò a chiedere senza sosta, spinta dalla curiosità. Era sempre la solita ragazza impulsiva, lo sguardo era più adulto e maturo, il profilo più snello e modellato ma restava pur sempre la ragazza un po' mascolina di Osaka, quella che non riusciva a trattenersi di fronte alle novità.
«Ehy calmati Kazuha-chan! E' tornato questa mattina, ero sola a casa e mio padre non era ancora tornato e..», imbarazzata, Ran cercò di trovare le parole, ma la scena precedente all'arrivo di Kazuha ed Heiji continuava a martellarle il cervello.
«..vi siete messi insieme! Oh, almeno voi! Finalmente! E quanto ha intenzione di restare questa volta? Dopo la sua assenza di cinque anni farà bene a non lasciarti mai più! In caso contrario dimmi, che lo sistemo per le feste!», un'aura infuocata prese possesso della giovane di Osaka.
«Mi ha detto che ha avuto un caso importante in America, non può ancora spiegarmi i dettagli ma...dice che questa volta non se ne andrà», affermò Ran contenta ma allo stesso tempo non credendo alle sue stesse parole.
«Ma dimmi Kazuha-chan, è un po' che non venite a trovarci saranno sette mesi ormai! Novità con Hattori-kun?», chiese Ran speranzosa di conoscere nuovi aspetti della storia dell'amica. «Niente di niente, sta lì bloccato! Credo che non provi niente per me...mi vede solo come una sorella...», rispose malinconica Kazuha osservando la karateka.

Intanto in biblioteca i due detective continuavano a dialogare tra loro.
«CHE COSAAAAAAAAAAA?? Non hai ancora detto niente a Ran? E quando hai intenzione di farlo imbecille?», urlò Heiji noncurante del fatto che Ran fosse nella stanza accanto. «Hattori sei impazzito?! Potrebbe sentirci! Non posso ancora dirle la verità, l'antidoto è definitivo sì, ma non ho la certezza che funzioni e non voglio illuderla nuovamente!», si giustificò il detective dell'Est.
«Certo, certo. Tu non vuoi illuderla eh, Kudo? Cosa stavi facendo allora quando ho aperto la porta? Eh eh, bravo non pensavo fossi così diretto e spontaneo, sembravi quasi esperto!», lo schernì il detective dell'Ovest ammiccando.
«Poi qualcuno ha deciso di aprire la porta senza bussare. Ma dimmi. PERCHE' SEI QUI? Si può sapere?!», chiese nuovamente spazientito.
«Ah quasi dimenticavo! E' terribile Kudo! Volevo farti leggere questa cosa che mi hanno spedito per te, quando l'ho letta non riuscivo a credere ai miei occhi..», rispose Heiji porgendo una busta completamente bianca all'amico. Il giovane cominciò a leggerne il contenuto.

Good evening, my dear Silver Bullet!
I am sending this message to invite you and Angel to a party,
where there will be a competition between all the best detective in the world!
Sarei davvero felice di averti con me, consideralo come un gran Galà!
Chissà che riesca a decidere chi tra voi è il miglior detective.
Appuntamento al Royal City Hotel di Tokyo.
I hope that you will accept my invitation, Silver Bullet!

xoxo,
Vermouth.
 

Ps: Anche se con il suo sorriso lei illumina,
più di come fa la luna nel cielo, che deve sforzarsi per essere notata
allontanare ciò che conta può essere sbagliato.  Saggio è colui
che sa di non sapere.
Remember my dear, I know everything of you!

 


 

«Ch-che cosa? Vermouth?! Ma io pensavo che fosse uscita di scena! E' l'unica che non siamo riusciti a prendere quando l'Organizzazione è stata sterminata! Come può apparire così dal nulla? C'è sotto qualcosa...», affermò sicuro Shinichi.
«La cosa strana è che questo invito è stato inviato a molti detective, ma nessuno è firmato. Solo quello indirizzato a te. Chissà magari Vermouth vuole che sia tu a trovarla, chissà cosa sta architettando.
Ci andremo, non è vero Kudo?», chiese il giovane di Osaka speranzoso. L'idea di un nuovo caso da risolvere lo rendeva eccitato come non mai.
Shinichi non rispose, si limitò a sorridere. Ma non un sorriso qualsiasi, quel sorriso che stava a significare solo una cosa.
Shinichi Kudo era tornato. E questa volta avrebbe fatto chiarezza una volta per tutte.






 
 



 
 
 

•••


 
____________________________♥
Ciaaaaaaaaao! Eccomi qua con il quarto capitolo! Vi avviso già che al solito non sono per niente soddisfatta! xD
Sapete perché Il fatto è che mi viene difficile scrivere i capitoli di transizione,quelli dove non ci sono delle svolte fondamentali diciamo ahahahah 
Va be', diciamo che Shinichi e Ran sono fuggiti dall'Occhan che era in preda all'alcool e si sono rifugiati a Villa Kudo. Qui hanno cominciato a parlare del più e del meno e alla fine sono riusciti in un certo modo a liberare tutti i sentimenti nascosti! L'unico che naturalmente non sembra molto convinto è Shinichi, sappiamo tutti perché! xD
Mi sono divertita molto a descrivere l'entrata in scena di Hattori che rovina tutto, ho intenzione di mettere anche alcuni momenti KazuHei in questa long! :D Abbiamo alla fine un messaggio da parte di Vermouth! Eh giàààà! Ho parlato del fatto che l'Organizzazione sia stata sconfitta, maaaa Vermouth? Lei era uscita di scena e adesso rieccola qui! Cosa vorrà da Shinichi? Rappresenterà un pericolo? Vuole metterlo in guardia? E cosa rappresenta lo strano messaggio che gli ha mandato? A cosa si riferisce? u.u
Fate i bravi detective! AHAHAHHAHA Spero che il capitolo non vi abbia fatto troppo schifo! Alla prossima :*


Misa

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Capitolo 5
*** Preparativi. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

4.
Preparativi.

•••

«Saggio è colui che sa di non sapere», ripeté il detective di Osaka a voce bassa.
«Socrate. A quanto pare Vermouth, oltre ad essere un'attrice trasformista, è anche una fanatica di filosofia, interessante», sentenziò Shinichi con un sorriso beffardo sul volto. «Quello che non mi convince è questo fantomatico "Gran Galà", è ovvio che c'è sotto qualcosa!», rispose l'amico.
«Per non parlare di quella frase, non è da Vermoth essere così diretta, sapeva che l'avrei notat..», ma non ebbe il tempo di finire la frase. Ran e Kazuha avevano aperto la porta e fissavano curiose i due detective. «O-oh Ran! Ehm che ne dici di andare ad un ballo?», chiese il detective dell'Est diretto, senza pensare al vero signifiato della sua richiesta, ma tanto per evitare domande sulla questione 'Vermouth'.
Ran ovviamente colse il primo significato della domanda, "l'appuntamento". Il primo appuntamento che avrebbero avuto da fidanzati.
La ragazza arrossì violentemente per la richiesta, portando lo sguardo verso Kazuha che la incoraggiava con il braccio.

«Eh-m l'invito è stato mandato anche a me, quindi anche io verrò con Kazuha!», affermò sorridente Heiji rivolto a Ran, grattandosi il capo con la mano destra, com'era tipico fare nei momenti d'imbarazzo.
«Eh?!», la giovane Kazuha ebbe un sussulto. «Tu non mi avevi detto niente di questa festa, Heiji!»
«L'ho fatto adesso, aho!», disse imbarazzato l'amico d'infanzia. L'atmosfera si era colorata di uno strano imbarazzo, le due ragazze con gli occhi spalancati guardavano fisse i loro cavalieri che, invece non riuscivano a sostenere il loro sguardo.
«Okay, è deciso! Passiamo a prendervi alle otto sotto l'agenzia, vedete di farvi trovare pronte, capito?», sbuffò Shinichi.
«Ecco infatti, adesso dobbiamo andare, io e Kudo abbiamo tanto da raccontarci, casi su casi, omicidi e colpevoli da stanare, ci vediamo», concluse Heiji trascinando Shinichi per un braccio. «Aspetta Hattori! Questa è casa m-», ma non ebbe il tempo di concludere la frase che era già fuori.

I due giovani detective cominciarono ad affrettarsi verso la casa del Dottor Agasa, serviva un posto dove potevano parlare in tutta tranquillità, senza donne tra i piedi, s'intende. «E la piccola Eistein come sta? E' molto che non la vedo! Perché non si decide a prendere anche lei quel dannato antidoto?», sentenziò ironico Heiji. «Ma chi Haibara? Non lo farà mai! Ha me come cavia da laboratorio, a cosa le serve provare su di lei esponedendosi ai rischi che comprende l'antidoto!», rispose Shinichi suonando il campanello. «Kudo sai una cosa? Secondo me quella lì, oltre ad essere un po' fuori di testa ovviamente, nasconde qualcosa. Cioè i suoi gesti, i suoi modi di osservarti. Sembra che sia come ossessionata da t-», spalancò gli occhi di fronte alla figura che gli si parò d'innanzi. Una donna vestita di un camice bianco, i capelli biondo ramato, lo sguardo profondo e penetrante. Hattori deglutì con gli occhi spalancati, Shinichi era sorpreso. « Evita di continuare a guardarmi così, potresti diventare cieco», sentenziò quella sarcastica, ma allo stesso tempo indifferente. «Ha-Haibara, ti sei decisa a prendere l'antidoto?»

•••

Intanto Kazuha e Ran, avviandosi verso l'agenzia, continuavano a domandarsi il motivo di tutto quel mistero, ma soprattutto di quello strano invito. «Ero talmente imbarazzata che non sono riuscita a controbattere..», ammise la karateka avvilita. «Immagina me, Ran-chan! Quell'imbecille mi offende ogni giorno, non fa altro che prendermi in giro, poi di tanto in tanto se ne esce con sparate del tipo 'ti proteggerò io', oppure 'non ti allontanare da me', e un attimo dopo ricomincia ad insultarmi. Adesso addirittura mi invita ad un ballo, non so cosa aspettarmi!», spiegò Kazuha. «Beh, sta di fatto che siamo insieme, amica mia, dobbiamo riuscire a superare questa situazione!», affermò Ran con gli occhi lucidi. Le due ragazze cominciarono a tenersi per mano incoraggiandosi l'un l'altra.
«Non avete speranza ragazze mie! Ma adesso c'è qui la zia che vi aiuterà a vincere!», una voce di sottofondo si unì al duo.
«S-SONOKO!», esclamarono insieme le due ragazze. «Hai sentito tutto?»
«Diciamo più o meno, ma ho comunque capito una cosa: invito, ragazzi e ballo significa solo..», rispose l'ereditiera convinta.
«..solo?», chiesero le ragazze all'unisono cercando di immaginare.
«Vi servono degli abiti da sera!», concluse quella, mentre le ragazze la fissavano con gli occhi ridotti a puntini. 
«Andiamo su! Non fate le timide vi aiuterà la zia Sonoko, ad essere irresistibili per i vostri fanatici di gialli!», detto questo trascinò le due ragazze verso il più duro e sfrenato pomeriggio di shopping mai visto prima. 
Passarono tre ore girando negozi su negozi, ma di abiti neanche l'ombra. Tutti quelli che aveva proposto Sonoko erano stati bocciati, poiché ogni qualvolta erano troppo scollati, corti, trasparenti e altri aggettivi poco consoni a ragazze com Ran e Kazuha.  

«Suvvia Sonoko! Ho tanti vestiti, presterò io qualcosa a Kazuha, non vedo perché tu debb-», ma quella non la fece terminare.
«Tu non capisci Ran! Le feste tra ragazzi portano tutti ad una conclusione! Suvvia abbiamo ventanni ormai, non siamo più delle ragazzine alle prese con la prima cottarella. Voi andate con Kudo e l'altro detective strafigo alla festa, ballate un po' con il vostro vestitino scintillante e poi all'unisono i vostri cavalieri diranno "sono stanco, andiamo a vedere se troviamo un posto tranquillo" e lì...BUM!», esordì Sonoko con gli occhi pieni di sentimento. «B-bum?...», chiese timorosa Kazuha. «Sì, bum. Saranno dei tonni entrambi, ma sono pur sempre dei ragazzi. E si sa che i ragazzi in mente, oltre ai casi da risolvere nel loro caso, hanno anche altro», lo sguardo di Sonoko divenne ammiccante.
«Ahh! Ma tu stai parlando di Ran! E' ovvio. Beh lei sicuramente, visto che quando sono andata a trovarla l'ho interrotta proprio in quel momento...mi dispiace ancora, Ran-chan!», ammise innocentemente la ragazza di Osaka. L'ereditiera dapprima spalancò gli occhi, sbiancando. Improvvisamente, poco dopo, si accese di una luce nuova ed intensa. Ran desiderava sprofondare.
«CHE COOOOOOOSA?! Ran, t-tu e Kudo avete f-?! Co-cosa? P-perché io non so niente? Voglio i dettagli, ESIGO AVERLI!», affermò infuocata.
«..Ehm è successo poco fa. Per questo motivo non ti avevo ancora detto niente. Comunque ci s-siamo, emh baciati e poi...», pronunciò quella frase molto lentamente e con grande difficoltà. «..poi lui mi ha trascianto su-sul di-divano e..», continuò completamente paonazza in viso.
Sonoko pendeva dalle sue labbra con gli occhi spalancati, aspettando il seguito. «E poi? Che Cosa? E' successo? Sì, vero?»
«..e poi sono arrivata io, o più precisamente Heiji», concluse Kazuha dispiaciuta.
Sonoko sembrò infuocarsi ancora di più, portò le mani al viso e cominciò a grattarsi nervosamente la testa. Sembrava essere in preda ad una crisi nervosa, finché il suo sguardo si concentrò su due abiti esposti in vetrina che sembrarono riportarla alla calma. «Oh cielo! Li ho trovati, con questi riuscirete finalmente a svegliare gli ormoni di quei due imbecilli detective!», affermò saltellando allegra. 
Kazuha e Ran, stranamente, sembravano apprezzare i rispettivi vestiti che l'ereditiera aveva notato. Uno era senza spalline e corto appena sopra il ginocchio, sembrava essere molto leggero. Era di un semplice colore azzurro cielo, ornato da dei piccoli brillantini che lo facevano risplendere. Ran pensò che fosse fatto apposta per lei. L'altro vestito invece era sempre unica tinta, ma questa volta aveva la schiena scoperta e ricadeva fino ai piedi, di un verde acceso. Inutile dire che Kazuha lo apprezzò molto. Dovevano ammettere che sembravano essere fatti apposta per loro.
«Benissimo, ha inizio il piano: Stendi il detective», affermò Sonoko convinta.
 

•••

«Qu-questo è il tu-tuo vero aspetto?», chiese Heiji stupito. «Sì, problemi?», rispose la scienziata contrariata.
Il detective di Osaka sembrò ritornare alla normalità, dopotutto era pur sempre la solita scienziata antipatica. 
«Come mai questa improvvisa decisione Haibara?», chiese Shinichi osservandola serio. 
«Mmh, diciamo che volevo far colpo su di te», rispose quella altrettanto seria osservandolo. Shinichi inizialmente non riuscì a comprendere, poco dopo assunse uno sguardo interrogativo fissando la ragazza spaventato. «Sei un idiota Kudo-kun. Perché mai dovrei prendere un antidoto? Per tornare nel mio vecchio corpo, no? Ah già. Dimenticavo che tu lo fai solo per la tua dolce metà, quindi non puoi capire», rispose quella acida.
«Ah ecco, per un attimo ci avevo creduto. Pensandoci anche se la statura cambia l'anima resta sempre quella, vero Haibara?», chiese quello con uno sguardo rassegnato. «Boh, può anche darsi, maaaaa qual buon vento vi porta qui? Hai già finito con la tua bella?», chiese Haibara cercando di punzecchiarlo ulteriormente. «E' arrivato un messaggio di Vermouth», affermò Shinichi serio in volto. Haibara, o per meglio dire, Shiho si terrorizzò improvvisamente. «Pe-perché que-quella donna..?»
«Non lo so. Ha mandato un invito ad una festa per noi detective, dov'è il Dottor Agasa? Ho bisogno che faccia un ricerca», chiese il giovane Kudo.
Tutti insieme, cominciarono a cercare notizie recenti riguardanti Chris Vineyard alias Vermouth. La donna ultimamente era come scomparsa dagli schermi, Shinichi e gli altri pensarono che in seguito alla sconfitta dell'Organizzazione l'attrice avesse pensato di fuggire all'estero ma a quanto pare non era affatto così. Cosa mai poteva volere quella donna? 
«Shinichi è meglio che tu non vada a quella festa», sentenziò il Professor Agasa. «Potrebbe trattarsi di una trappola».
«Dottore ma come? Ancora non lo conosce bene quel sorriso? Il nostro detective qui non vede l'ora di sapere cosa c'è sotto, sente già la mancanza dei corvi anche se sono passati solo quattro giorni», rispose sarcastica Ai. «Ma questa volta io verrò con te», concluse.
«C-cosa? Ma tu hai sempre avuto il terrore dell'Organizzazione e poi adesso che sei nel tuo vecchio aspetto, non puoi proprio-», cercò di bloccarla Shinichi serio in volto ma allo stesso tempo preoccupato. «Il boss è stato sconfitto e tutti sono stati catturati, l'unica a mancare all'appello era lei e adesso l'abbiamo trovata. Tu sai benissimo che da sola non rappresenta poi questo grande pericolo, cos'è non vuoi che io venga come tua damigella?», chiese la scienziata ironica ma mantenendo la solita compostezza. «Ha già invitato la Mouri», rispose Heiji con uno sguardo soddisfatto. «Ah vero, non avevo dubbi! Ma io verrò lo stesso mi dispiace. Non voglio che tu ti esponga sempre in prima persona contro quei tizi, la responsabile di tutto sono io», affermò sicura.
«Uh uh come siamo diventate coraggiose Sherry, non hai paura che quella donna possa ucciderti?», chiese Shinichi per farla spaventare, ma quella sembrava non cambiare idea anche se era evidente il fatto che quella donna la terrorizzasse. «Ha solo paura di perdere la sua cavia da laboratorio», esclamò Heiji sbuffando. «Comunque ormai è deciso, andremo tutti alla festa», conclusero i due detective sorridendo.
Urgeva conoscere la verità.

 

•••

Dal suo studio una donna dai lunghi capelli dorati continuava ad osservare l'intera scena, ghignando soddisfatta.
«Uhm, bentornata anche a te, mia cara Sherry. Il tuo ritorno non poteva trovare momento migliore, sarò davvero felice di avervi tutti con me, sarà come una vecchia rimpatriata. Angel, Sherry e Silver Bullet non potevo chiedere altro», ammise tra sè e sè rivoltando nelle mani un piccolo registratore con all'interno un audiocassetta. Detto questo si riempì un un bicchiere di Martini, che mandò giù velocemente premendo contemporaneamente il tasto play del registratore, dalla quale partì una voce sconosciuta.
Martini, l'unione del Vermouth con il Gin.

*E' per questo che il farmaco miracoloso deve essere portato a termine, mi capisci?*
Gin.
*E' un farmaco capace di resuscitare i morti*.
Lui sarebbe stato davvero felice di questa rimpatriata, forse avrei dovuto mandargli una cartolina, pensò la donna togliendo la cassetta dal registratore. La ripose all'interno di una busta bianca che marchiò con il suo rossetto e richiuse accuratamente.

Che peccato Gin, per una volta sarò io a divertirmi con la tua piccola Sherry. Le darò una lezione che non dimenticherà mai, riuscirò ad avere un posto importante all'interno della sua vita, detto questo spense la sigaretta soddisfatta.
 

•••

 

 

 

 

 

 


 
____________________________♥
Eeeeeeeeeeeee rieccomi! Al solito ho scritto un capitolo schifoso x'D Diciamo che la storia ce l'ho in mente dal punto di vista romantico, ma per quanto riguarda il caso ogni volta lo cambio perché ho paura di cadere nel banale! AHAHHAHAHAHA Sono una frana x'D Diciamo che comunque mi sono divertita molto a scriverlo, in particolare nella parte con Shiho e le sue frecciatine a Shinichi, per non parlare dell'entrata in scena della grande Sonoko Suzuki! AHHAHAHAHA Come poteva mancare?
Che dire, Shinichi sembra aver capito il significato del messaggio ma è abbastanza scettico perché conosce Vermouth, abbiamo le ragazza alla ricerca dei vestiti e Vermouth che ascolta una misteriosa audiocassetta. Vediamo cosa partorirà la mia mente subdola! AHHAHAHA Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, mi scuso per non aver aggiornato prima ma la scuola mi distrugge, dopo il dodici sarò tutta dedita alla scrittura u.u 
Alla prossima :*

Misa

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Capitolo 6
*** Gelosia, portami via! ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

5.
Gelosia, portami via!

•••
 

Erano le diciannove di sera, nell'agenzia Mouri si respirava un clima piuttosto agitato.
Ran e Kazuha cercavano disperatamente di prepararsi, da lì ad un'ora i loro cavalieri sarebbero arrivati a prenderle.

Sonoko dal canto suo cercava di aiutarle, in modo matto e disperato, rincorrendole per tutta l'agenzia con trucchi e spillette per capelli, al seguito. Dovevano essere perfette. «Ran, cerca di stare ferma! I tuoi capelli sono proprio ribelli oggi ma che gli prende?», urlò l'ereditiera puntando minacciosa una piastra nera per capelli contro la povera Ran.
«Sonoko forse stai esagerando, va bene così, è solo un ballo..», rispose prontamente quella, ma non riuscì a finire la frase, che l'ereditiera la fulminò con lo sguardo. «..Okay, okay è anche il mio primo appuntamento con Shinichi e bla bla, devo fare colpo bla bla, non sfigurare di fronte a lui bla bla..», continuò come da copione. Sonoko ripeteva le stesse cose più o meno da tre ore e la ragazza non ne poteva proprio più.
«Signorina Kudo, le voglio ricordare che fino ad un momento fa stava per svenire dall'emozione, cos'è tutta questa tranquillità adesso? Se poi quell'imbecille di un detective durante la festa vede una bella bionda e si innamora di lei, poi che fai?», la stuzzicò l'amica con sguardo provocatorio e ammiccante allo stesso tempo.
Ran si fermò una attimo a pensare, in effetti Shinichi era davvero un bellissimo ragazzo, da sempre corteggiato da centinaia di ragazze fin dai tempi immemori delle elementari. Ultimamente poi, dopo la sua assenza durata cinque anni era diventato ancora più bello, non era difficile credere che qualcuna avrebbe cercato di portarglielo via, chissà magari proprio quella stessa sera. Lo sguardo di Ran divenne infuocato. «Sonoko.........prendi la trousse», comandò.
«C-cosa? H-ho sentito bene?», chiese incerta la migliore amica.
Ran confermò con sicurezza, mentre nella sua mente prendeva forma l'immagine di Shinichi che faceva la corte ad una bionda stangona,lo sguardo le si accendeva di un ardore nascosto, sotto quello incerto ma allo stesso tempo commosso, dell'ereditiera. La Mouri era famosa per essere una delle ragazze più corteggiate ai tempi del liceo, che però odiava truccarsi o fare la qualunque cosa che avrebbe modificato il suo aspetto. Deve essere davvero innamorata di Kudo, realizzò Sonoko.
«Ehm scusate ragazze, così va bene?», esordì Kazuha uscendo dal bagno con il suo vestito.
«Oh, Kazuha-chan!Ti sta benissimo! Vedrai che figurone!», risposerò le amiche sincere mentre Kazuha arrossiva leggermente.

•••


Anche in casa del Dottor Agasa c'era aria di preparativi, leggermente diversi da quelli delle ragazze.
«Kudo sei proprio sicuro che Ran non corra qualche rischio? Vermouth faceva parte dell'Organizzazione, dopotutto», chiese timoroso il detective di Osaka.
«Ran non corre alcun rischio, ne sono sicurissimo! Vermouth non farebbe mai del male né a me, né tanto meno a Ran, c'è sotto qualcosa. Ho come l'impressione che voglia mettermi alla prova, c'è solo un particolare che mi sfugge..», rispose il detective dell'Est sicuro di se stesso, non avrebbe mai portato Ran verso il pericolo.
«Ragazzi io sono preoccupato per Ai, ha preso troppo a cuore questa situazione, non vorrei che corra qualche rischio», esordì il Dottor Agasa sistemando alcune sue invenzioni.
«La piccola scienziata pazza è andata addirittura dal parrucchiere per sistemarsi i capelli, altro che terrorizzata, le mancavano tutti questi comportamenti da donna!», specificò Heiji con gli occhi ridotti a puntini.
«L'ha fatto per evitare di essere riconosciuta da Vermouth», rispose prontamente il Professore, era davvero affezionato a quella ragazzina, quasi come se fosse una figlia.
«Questo è quello che vuole farci credere, secondo me sfrutterà l'occasione per far colpo su un detective di mia conoscenza...», commentò ironico Heiji, con uno sguardo ammiccante rivolto verso Shinichi.
«U-un detective? E chi sarebbe?», chiese quello innocentemente, non capendo l'antifona.
Sei senza speranza amico mio, pensò il detective dell'Ovest puntando gli occhi al cielo, facendo così incontrare il suo sguardo con l'orologio che era attaccato alla parete, segnava le venti e dieci. «Oh maledizione! Siamo in ritardo Kudo, quelle due ci ammazzeranno!», esordì infine mentre Shinichi si risvegliava dal suo stato di pensiero e si affrettava a vestirsi per la serata. Quello sarebbe stato il primo vero appuntamento che lui e Ran avrebbero avuto come coppia.

•••


-Ore venti e trenta, agenzia investigativa Mouri-
I due detective arrivarono all'appuntamento con un leggero ritardo, per l'occasione avevano noleggiato una macchina d'epoca, una Chevrlolet degli anni '60, ovviamente utilizzando i soldi dei genitori di Shinichi.
«S-scusami infinitamente R-ran, è solo che insomma...Heiji, il vestito, il dottor Agasa e...e...Ai con la feb-», il detective cercava inutilmente di inventare scuse poco credibili, finché il suo sguardo non si posò su quello della karateka e più precisamente, sulle curve della karateka, che erano ben risaltate da quel vestito azzurro.
«Kudo non cominciare a sbavare da adesso che siamo ancora all'inizio, bene adesso ci siamo tutti, possiamo andare!», esordì Heiji lanciando uno sguardo ammiccante all'amico che arrossì inevitabilmente.
«CI SIAMO TUTTI? Spero che tu stia scherzando, Hattori», rispose Kazuha aprendo la porta e sottolineando il cognome dell'amico d'infanzia.
«Ka-kazuha?! O-ovvio che sc-cherzavo, eh eh co-come posso dimenticarmi di te, non lo farei mai per nessuna co-cosa al mondo!», rispose Heiji arrossendo di botto e spostando lo sguardo al pavimento.
Kazuha ebbe come un sussulto e gli occhi le si illuminarono di gioia. «Dopotutto sei la mia assistente, un mio sottoposto, no?», concluse quello riprendendosi dall'imbarazzo. Kazuha aveva gli occhi ridotti a puntini, la magia era durata appena cinque secondi.
I quattro ragazzi entrarono in macchina e cominciarono ad avviarsi verso il Royal City Hotel di Tokyo, sotto lo sguardo burbero di Kogoro che era intento a scolarsi una birra.

•••


Arrivarono al Gran Galà alle 21:00, l'atmosfera era davvero fiabesca. La sala era tutta addobbata per l'occasione con palloncini rossi e dorati, un'enorme scalinata coperta da un tappeto rosso, coronava l'enorme sala. 
Ran e Shinichi seguiti da Heiji e Kazuha percorsero la scalinata, alle ragazze sembrava essere in una fiaba, come quando le principesse scendevano accompagnate dai loro cavalieri con cui avrebbero ballato per tutta la serata. La magia, venne però interrotta da un sonoro starnuto di Heiji, che riportò tutto alla normalità.
«Benvenuti a questa grande festa, detective e poliziotti di tutto il Giappone! Vi prego di rilassarvi un po', più tardi inizierà il fantomatico gioco del 'Cristallo di Luna', partecipate numerosi!», una voce di sala dava il benvenuto a tutti, Shinichi non aveva dubbi, doveva trattarsi di lei. «'Cristallo di Luna', eh?», un sorriso si delineo sul suo volto.
Erano tutti impegnati a bere e ballare quando improvvisamente, dalla scalinata, comparve un donna bellissima, lunghi capelli lisci di un colore che andava dal biondo al ramato. Occhi di un azzurro penetrante, risaltato da una linea nera di matita che li contornava. La ragazza in questione, indossava un tubino strettissimo rosso, con una grande spacca laterale che faceva fuoriuscire la gamba destra, lunga e snella. Tutti i presenti si voltarono a fissarla stupiti, sembrava una straniera, un'americana, molto probabilmente.
«Ku-kudo qu-quella è-è?...», chiese timoroso Heiji spalancando le palpebre. Shinichi non rispose, si limitò ad annuire leggermente stupito. «Alla faccia di quella che doveva passare inosservata, avevo ragione io!», concluse il detective di Osaka a voce bassa.
«Tsk, questi uomini! Guarda, tutta la sala si è voltata per osservare quella tizia!», esordì Kazuha lievemente irritata. Ran non rispose, era persa nei suoi pensieri. Rifletteva sul fatto che quella ragazza era davvero molto bella, sembrava una dea. Le ricordava molto la descrizione che Sonoko le aveva fatto poco tempo prima, riguardo un'ipotetica ragazza che avrebbe fatto perdere la testa a Shinichi. La karateka scosse violentemente il capo, stava solo vaneggiando, era impossibile che Shinichi si dimenticasse di lei per andare dietro ad una che non conosceva nemmeno, no?
La ragazza stranamente si stava dirigendo proprio verso di loro, aveva uno sguardo molto serio, quasi glaciale.
«Oh eccovi qui, con le mogliettine al completo vedo», esordì quella, ironica.
«Ha-haibara! Sei impazzita?! Così Vermouth si accorgerà subito di te, okay avrai i capelli leggermente diversi, ma quella non è mica stupida!», affermò Shinichi evidentemente preoccupato.
«E' proprio quello che voglio, lo so che quella donna nasconde qualcosa, devo scoprirlo! Mi sono sempre tirata indietro, sono sempre stata dietro la tua schiena a nascondermi, ma questa volta no, devo lottare», affermò la scienziata con grande coraggio e determinazione. I due continuarono a discutere.
«R-ran-chan?! M-ma quei due, la conoscono?!», chiese Kazuha all'amica, questa volta letteralmente furiosa.
Ran non rispose, era paralizzata dalla situazione. Percepiva i nervi pulsarle sulla tempia, un senso nervoso si stava espandendo in tutto il suo corpo. «SHINICHI. Che fai? Non mi presenti la tua "amica"?!», chiese Ran, con un evidente sorriso nervoso stampato sul volto.
Shinichi spalancò gli occhi, quella volta era davvero in trappola. «E-e lei è...Shi..Shizuko! Shizuko Miyards, è per metà americana, l'ho incontrata durante il mio soggiorno negli Stati Uniti, eh eh è una parente di Haibara!», si giustificò portando un braccio dietro la testa e con un grande sorriso da ebete stampato sul volto.
«Ah, l'hai incontrata in America, è così? Mmh bene! Piacere, io sono Ran, non so se Shinichi ti ha mai parlato di me», affermò la karateka porgendo la mano a Shiho, quella annuì, forzando un lieve sorriso.
«Kudo-kun, c'è anche il Professore in sala, vado a cercarlo sennò comincia a mangiare e non finisce più, a dopo», si congedò quella, rivolgendo uno sguardo a tutti i presenti.
Kudo-kun? Ma sentitela, questa mi da proprio sui nervi, per non parlare di quel detective stacanovista dei miei stivali, pensò Ran mentre un'aura fiammeggiante prendeva possesso del suo corpo.
«Ran-chan?....Stai bene?», chiese inutilmente Kazuha.

•••

La festa continuò con un grande banchetto, Shinichi ed Heiji se ne stavano in disparte a parlare, gettando di tanto in tanto un'occhiata vigile verso Haibara, quella ragazza attirava troppo l'attenzione, si sarebbe cacciata in qualche guaio.
Dall'altra parte della sala, Ran e Kazuha osservavano i rispettivi cavalieri con uno sguardo assassino, non capendo la situazione e fraintendendo qualunque gesto i due detective facessero. «Quell'Heiji, mi fa una rabbia! Sono due perfetti imbecilli! Aveva ragione Sonoko, non è vero Ran-chan?!», chiese la ragazza di Osaka, ma non ebbe risposta.
«Ran...chan?», chiese nuovamente. La karateka aveva lo sguardo rivolto verso il basso, gli occhi color indaco leggermente umidi.
«E' uno stupido! Manca per cinque anni, ritorna all'improvviso, mi racconta di nuovo un sacco di bugie e poi al nostro primo appuntamento se ne sta lì, a parlare con Hattori fissando una tizia che ha conosciuto in America. Lo odio, Kazuha-chan e odio anche me stessa per il fatto che non riesco mai, mai ad odiarlo davvero!», si sfogò la ragazza piangendo senza farsi notare troppo.
«Hai proprio ragione Ran-chan! Siamo delle stupide! Dobbiamo fargliela pagare a quei fanatici di gialli!», rispose con grande ardore Kazuha.Neanche a dirlo, due ragazzi sulla ventina si avvicinarono alle due ragazze in questione, provandoci in modo spudorato.
«Salve ragazze! Siete sole? Io e il mio amico Rito vorremmo invitarvi a passare la serata con noi, sempre che non vi dispiaccia!», chiese quello più alto, con sguardo ammiccante.
«Veramente noi saremm-», rispose Ran ma Kazuha non le diede il tempo di finire la frase. 
«Siamo liberissime! Andiamo pure!», detto questo la ragazza si volto verso Heiji e Shinichi i quali non si erano accorti della situazione.
Al diavolo, peggio per loro, pensò. 

Le due ragazze seguite dai loro nuovi cavalieri, si avviarono verso il balcone dell'Hotel, un posto che i due avevano definito 'più appartato'. Ran era leggermente timorosa, Kazuha sembrava non pensare a niente, voleva solo vendicarsi di quello stupido detective che la considerava un suo sottoposto, così come se nulla fosse. 
Tutti e quattro si appoggiarono alla ringhiera, cominciando a parlare del più e del meno. I due ragazzi si chiamavano Yuri e Rito, erano entrambi degli apprendisti poliziotti che lavoravano nella frazione di Gunma, quella che aveva come ispettore Yamamura. Ran sorrise al pensiero di tutti i casi che aveva risolto lì con suo padre e Conan...già. Chissà cosa stava facendo Conan, chissà se l'avrebbe rivisto mai, il suo adorato fratellino, in quelle occasioni le mancava tantissimo. Passarono diversi minuti, i ragazzi sembravano essersi presi di maggior confidenza.
«Voi come mai siete tutte sole? Siete delle ragazze bellissime!», chiese Rito a Ran sorridendo.
«Non tutti riescono a notare la nostra bellezza!», esordì Kazuha incrociando le braccia, il pensiero sempre fisso su di Heiji.
«Kazuha-chan, non esagerare! Diciamo che abbiamo avuto qualche problema, eh eh», si giustificò Ran sorridendo.
«QUALCHE PROBLEMA? Tu hai mai definito una ragazza il tuo ehm, sottoposto?», chiese Kazuha rivolta a Yuri, il ragazzo sorrise negando.
«Ecco. Ma almeno voi-», continuò quella, ma non ebbe il tempo di finire che il ragazzo l'attirò violentemente a sé baciandola con passione.

•••

Poco tempo prima, qualche secondo dopo l'uscita delle ragazze, Shinichi si era improvvisamente allarmato non vedendo più Ran da nessuna parte. Insieme all'amico cominciarono a cercare le due ragazze per tutto l'Hotel, finché non incontrarono Takagi e Sato, anche loro invitati della festa. «Cercate Ran e la sua amica di Osaka? Erano con due ragazzi, sono uscite in balcone. Cosa avete combinato? Vi siete fatti soffiare le fidanzate?», commentò l'agente Sato sorridendo ironica.
Shinichi ed Heiji vennero assaliti da uno strano senso di gelosia mista a rabbia, se c'era una cosa che entrambi non sopportavano, era vedere le rispettive amiche d'infanzia in compagnia di altri ragazzi. Solo che entrambi i detective non riuscivano a spiegarsi molto bene il motivo di questa particolare gelosia, soprattutto Heiji.
Si precipitarono in balcone e quello che videro, non fu un bello spettacolo. Ran appoggiata alla ringhiera, cercava di divincolarsi da un tizio che le stava di fronte, sembrava che stesse per caricare uno dei suoi micidiali colpi di karate ma Shinichi non le diede il tempo di agire. Bloccò il braccio di Rito e lo sollevò per il colletto. Contemporaneamente Heiji sembrava essere come paralizzato, in mente aveva solo la scena di Kazuha labbra contro labbra con un ragazzo. Un ragazzo che non era lui.
Si sveglio da quello stato e si affrettò a raggiungerla, afferrandola per il braccio e tirandola a sé.
Rito e Yuri si scusarono, visibilmente scossi e impauriti, giustificandosi dicendo che le ragazze avevano specificato di essere sole, senza nessuno che le accompagnasse. Detto questo si affrettarono a lasciare il balcone.
Shinichi trascinò violentemente Ran per il braccio, portandola dietro l'impalcatura per far sì che restassero soli. Heiji e Kazuha invece, non osavano minimamente guardarsi, entrambi scossi da quanto accaduto. Heiji aveva ancora presente l'immagine, un turbine di emozioni lo avvolgevano e non sembravano volerlo abbandonare, non riusciva nemmeno ad osservarla. Lentamente si avviò verso la sala lasciandola indietro, mentra la ragazza inutilmente pensava di fermarlo, senza riuscirci nemmeno.

«COSA SEI IMPAZZITA? Non fai altro che parlare dei tuoi micidiali colpi di karate e poi rimani imbambolata come una stupida! Ti piace essere corteggiata da due tizi farfalloni, vero?», chiese Shinichi afferrando Ran per le spalle e gridandole contro. La ragazza non rimase certo indietro.
«Non mi hai dato il tempo, stavo per farlo! E tu, invece? Ti piace guardare le Americane, vero?», rispose prontamente quella divincolandosi dalla presa.
«Sciocca! Shio-Shizuko è un scienziata, più tardi ti spiegherò ma non è assolutamente come pensi!», si giustificò il detective.
«Ti ascolterò?! Credi che mi metterò a sentire altre delle tue bugie? Sei uno stupido Shinichi, perché sei venuto a prendermi? Non preferivi forse continuare a fare i tuoi comodi con amici e scienziate?!», chiese quella non riuscendo a trattenere le lacrime.
«Perché?! Stai ancora qui, a chiedermi il perché? Sei tu la stupida che non ha ancora capito! Perché pensi che sia tornato, dopo cinque anni?! Perché pensi che abbia corso mille pericoli per tenerti fuori da tutto?! Perché pensi che mi sia mancato l'ossigeno nei polmoni non vedendoti più nella sala?! Perché il sangue ha cominciato a ribollirmi nelle vene, non appena ho sentito che eri con un altro?!», continuò senza prendere un attimo di pausa, voleva andare fino in fondo. Era furioso dalla rabbia, dalla gelosia.
«...Perché ti amo, stupida», concluse guardandola negli occhi e spostando subito dopo lo sguardo al pavimento.
Passarono cinque secondi, cinque interminabili secondi. Il detective allungò un braccio, circondato completamente la karateka e stringendola a sé, forte. Quasi come se non volesse farla fuggire via, quasi a proteggerla facendole da scudo con il corpo. Rimasero così per altri interminabili secondi, c'erano solo loro e le lacrime rimaste a mezz'aria di Ran.
Loro, lontani dal resto del mondo che stava a guardarli, loro e il sentimento che li univa, duro, testardo, profondo e senza fine.





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Perdonate il mio ritardo! Ma per problemi tecnico/scolastici non ho potuto aggiornare prima! Spero di essermi rifatta con questo capitolo tutto incentrato sui sentimenti, eheh! Quanto mi piace creare triangoli di gelosia che poi diventano quadrati, rettangoli e ottagoni regolari nmsowdjeoidje *-* Per una volta posso dire che il capitolo mi piace! (Molto probabilmente invece, a voi farà schifo LOL). Abbiamo la nostra Shiho che ha fatto la sua comparsa, più coraggiosa che mai! Vuole propio farsi notare da Vermouth, chissà come mai D: Che ci nasconda qualcosa? u.u Abbiamo le nostre due tonne che non capiscono e vengono rapite dalla gelosia! Abbiamo altri due individui che le rapiscono eeeeee..colpo di scena D: Abbiamo il bacio di Kazuha con un tizio che non è Heiji! Cavolo, chissà come finirà tra questi due u.u La situazione scotta un po'! (Parlo come se fossi estranea al tutto lalalalala)
Poi per non parlare del dolcissimo dialogo tra Ran e Shin alla fine, eheh quanto li amo? <3 Scusate se qualche personaggio non sembra IC, ma suvvia hanno ventanni non possono sempre trattenersi u.u Per quanto riguarda il personaggio che si avvinghia a Kazuha, magari vi potrà sembrare troppo diretto, ma vi assicuro che la situazione l'ho presa da una mia recente festa (precisamente il Gran Galà di fine anno scolastico, LOL), quando un tizio ha fatto la stessa cosa con me, con la sola differenza che sono riuscita a schivarlo e a mollargli un colpo, LOL
Va be', fatemi sapere che ne pensate! Il prossimo capitolo sarà quello centrale tutto incentrato su azione e mistero u.u Grazie a tutti voi, che recensite così numerosi!
Alla prossima!  :*

Misa

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Capitolo 7
*** Misteri e Comprensioni. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

6.
Misteri e Comprensioni. 

•••

 

La voce che inizialmente aveva annunciato l'entrata dei partecipanti, ricominciò a tuonare leggiadra per la sala, interrompendo quel momento senza fine. 
«Poliziotti e Detective di tutto il Giappone, ha inizio il fantomatico gioco del 'Cristallo di Luna', siete pregati di raggiungere l'atrio centrale, grazie», era lei, la sua voce, non potevano esserci dubbi.
Shinichi e Ran si sciolsero da quell'abbraccio, mentre il detective con il polso, cercava di asciugare le lacrime della fidanzata, entrambi si scambiarono un sorriso affettuoso. 

«Andiamo, mia karateka dalla velocità di una lumaca?», chiese ironico quello lludendo al precedente e spiacevole incontro con i due ragazzi poliziotti, Ran annuì con una smorfia.
La pace sembrava essere tornata per quanto riguarda i due amici d'infanzia di Tokyo, non si poteva dire lo stesso per i giovani di Osaka.
Kazuha aveva sbagliato, e anche troppo. Aveva giocato con il fuoco e si era scottata, lo sapeva benissimo. Anche Heiji lo sapeva e per questo non riusciva più a guardarla, non riusciva a perdonarle quel gesto.

«Heiji...ascoltami, ti prego», chiese con un filo di voce, quasi implorando.
«Dobbiamo andare, devo partecipare insieme agli altri, non ho tempo di ascoltarti», rispose quello, freddo come il ghiaccio, non guardandola neanche in faccia.
Quello stesso ghiaccio che riuscì a congelare il cuore della povera Kazuha.
Ran lasciò per un attimo Shinichi, per andare a consolare la migliore amica, odiava vederla in quelle condizioni. Solo lei sapeva la verità su quello che era accaduto e lei era certa che, Kazuha non volesse baciare quel tipo, anzi era certa che Kazuha volesse baciare un'unica persona al mondo.

«Ehy Hattori! Aspettami, che ti prende?», chiese Shinichi bloccando l'amico per la camicia.
«Che mi prende?! Ma l'hai vista a quella? Dico io, la lascio un attimo sola e la ritrovo a slinguazzare con uno sconosciuto, è una stupida!», tuonò il detective di Osaka, senza neanche pensare alle parole appena pronunciate. Nella mente aveva solo quell'immagine che lo rendeva vuoto, come non mai.
«Tu stai avendo questa reazione perché uno sconosciuto ha baciato quella che definisci la tua sottoposto, o perché questa cosa, ti da fastido?», chiese Shinichi con il suo tipico sguardo penetrante, stendendo il detective di Osaka, il quale si limitò a spalancare gli occhi.

•••

«Benvenuti miei cari detective, nice to meet you! I wish you could appreciate this amazing play!», intervenne quella voce, che Shinichi conosceva benissimo. «This game, quello del 'Cristallo di Luna', è un gioco che deve essere fatto a coppie! Nell'invito, è stata espressa la volontà di avere the presence of a lady! Vi prego quindi di mettervi in fila, vi verrà consegnato dallo staff un cristallo», continuò la donna in nero con il volto invisibile. Quelle frasi pronunciate a metà, quel modo di parlare, solo lei. «Tra questi cristalli che vi consegnerò, c'è il fantomatico true and only cristal. Tutti gli altri sono solo dei falsi! Chi riuscirà a conquistare the true jewel vincerà il premio! Il problema è, che solo il vero cristallo risplende at the light of the moon, quindi tutte le coppie dovranno avanzare per questi tre piani dell'albergo e arrivare fino in cima alla terrazza, dove finalmente riusciranno a capire se quello che possiedono it's a true or a false! Per ogni piano ci sarà un mistero da risolvere, solo i più astuti detective riusciranno a passare!
So, I hope you enjoy it! Good luck, my dear!», concluse infine.
Shinichi ed Heiji si guardarono confusi ma allo stesso tempo, determinati. Questa sarebbe stata l'ennesima sfida tra Kudo dell'Est ed Hattori dell'Ovest e, anche se entrambi sapevano benissimo che Vermouth aveva architettato qualcosa, adesso che erano in ballo dovevano ballare!

«Quindi io e Ran, e tu e...Kazuha?», chiese Shinichi interrogativo, osservando Heiji.
«No, io vado con Shizuko», rispose secco Heiji non degnando Kazuha di uno sguardo. La ragazza sentì il cuore andarle a pezzi, l'aveva trafitto come se avesse avuto mille pugnali. La odiava davvero, l'aveva sostituita.
«Ma così Kazuha-chan non potra partecipare! Ragiona un po', Hattori-kun!», implorò Ran.
«La sua presenza è solo inutile, mi rallenterebbe. Andiamo, iniziamo subito che è meglio», concluse il ragazzo di Osaka. Shiho si avvicinò e lo squadrò fredda, da capo a piedi. Dopodiché tutti i partecipanti cominciarono ad incamminarsi verso quello che rappresentava 'Il primo piano del mistero', tutti tranne Kazuha.

•••

«Ran vieni dietro di me, non so perché è richiesta la presenza della ragazza ma credo che lo capiremo immediatamente», sogghignò Shinichi, osservando l'uomo di fronte la porta.
«Benvenuti, entrerete adesso in due porte separate, uomini da una parte e le donne dall'altra!», esordì l'uomo, spiegando in cosa consisteva il gioco. «Se entrambi gli appartenenti alla coppia riusciranno a risolvere l'indovinello, la coppia potrà passare al piano superiore, se solo uno dei due componenti non ce la farà la coppia verrà squalificata», concluse poi.
Shinichi fece un'espressione contrariata osservando la karateka, la quale colse immediatamente il significato di quello sguardo. 
«Ehy! Credi che io non ne sia capace? Vedrai! Sono solo degli stupidi indovinelli!», esordì quella, sbuffando.
Tutti i partecipanti entrarono all'interno delle porte, venendo indirizzati verso direzioni opposte per fare in modo che ognuno avesse un quesito diverso dall'altro.
Shinichi entrò in una stanza buia, con una piccola luce che illuminava un podio, vi salì e vì trovo un foglietto. Lo lesse:

"Tanti anni fa, un re emanò una legge che avrebbe avuto effetto immediato su tutti i suoi sudditi. Secondo le nuove disposizioni ogni persona si sarebbe dovuta presentare presso il re e avrebbe dovuto enunciare una frase. Se la frase fosse stata falsa le guardie del re l'avrebbero fucilata. Qualora la frase fosse stata vera, invece, le guardie avrebbero impiccato la persona in questione.
Per salvarsi, dunque, bisognava enunciare una frase con questi due caratteristiche:
-Non poteva essere vera
-Non poteva essere falsa.
Secondo la leggenda solo una persona si salvò, quale fu la frase da questa enunciata?"

Shinichi sorrise soddisfatto, rimase anzi un po' deluso, pensava che la donna in nero avesse escogitato qualche trucco più difficile, non un banalissimo gioco da quinta elementare. Si rassicurò pensando che anche Ran, avrebbe potuto risolvere una cosa del genere, o almeno sperava.
«La risposta è: "Io morirò fucilato". Se fosse vera, mi impiccherebbero e la fucilata diventerebbe una menzogna, ma se fosse falsa, in quanto io non morirò fucilato, mi fucilerebbero. Si creano così delle incongruenze e si finisce con il negare la tesi, che diventa quindi impossibile. In questo modo sarei salvo», concluse con grande fierezza osservando con il suo sguardo profondo lo schermo della soluzione.
La porta si aprì, mentre Shinichi cominciò ad avviarsi verso l'atrio superiore, chissà come se la cavava Ran?
Contemporaneamente la karateka era alle prese con un altro indovinello logico, cercava con tutta se stessa di capire il trucco, doveva esserci un trucco.
"Huston vi propone un'alternativa: o rimanere sul pianeta Venere per un giorno, dietro compenso di 1.000.000.000 yen, oppure rimanerci un anno sempre per 1.000.000.000 yen. Voi scegliete la seconda, in quanto si tratta della più conveniente, perché?"
Continuava a pensarci e ripensarci, ma niente, vuoto totale. In situazioni come quelle non poteva far altro che pensare a Shinichi, al suo detective che in quel momento avrebbe già risolto quella sciocchezza. Ripensò che se lei non ce l'avesse fatta, anche Shinichi sarebbe stato eliminato. Non poteva permetterlo! Doveva dimostrare a se stessa, ma soprattutto a lui che anche lei, riusciva ad utilizzare la logica. In quel momento le tornò in mente un vecchio discorso, proprio con l'amico d'infanzia.
-Flashback-

«Sai una cosa Ran? Vorrei vivere su Venere per poter leggere tutti i libri che voglio!», uno Shinichi delle medie, continuava a passeggiare tenendo le mani dietro le spalle, fissando il cielo sorridente.
«Perché proprio Venere, scusa?», aveva chiesto interrogativa la giovane Ran.
«Perché tutte le volte che arriva la sera, e finisce il giorno, sono costretto a rimandare la lettura al giorno successivo! Odio doverlo fare, soprattutto quando si tratta dei romanzi di Doyle, il caso è così avvincente che vorrei saper leggere alla velocità della luce! Su Venere però, sarebbe diverso!», concluse quello con la più grande naturalezza di tutto il mondo, rivolgendo uno sguardo sicuro all'amica.
«Continuo a non capirti, Shinichi», la karateka aveva gli occhi ridotti a puntini.
«Su Venere un giorno dura ben 243 giorni terrestri, mentre un anno solo 225. Capito, adesso?», concluse sorridendole sincero.
-Fine Flashback-

«Ma certo! Un anno dura molto di meno, quindi conviene!», esordì Ran al settimo cielo. Lo schermo si illuminò, segno che la risposta era esatta, e la karateka potè avviarsi verso il suo amato detective.

•••

Contemporaneamente, Kazuha continuava a pensare a quel bacio, allo sguardo spento di Heiji e alla sua strana reazione. Sei uno stupido Heiji, dovevi essere tu, aho! Imbecille che non sei altro...
lacrime sottili cominciarono a sgorgare dai suoi occhi verde smeraldo. Ripensò a lui che la scherniva, che la sostituiva con quella bionda tutta curve, quella che sembrava avere almeno venticinque anni, quella Shizuko.

«Io non sono il sottoposto di nessuno, gli dimostrerò che non sono inutile!», esordì lanciandosi all'inseguimento dell'amico d'infanzia. Percorse la strada dal retro, quella addetta alle guardie. Stranamente la trovò deserta, pensò che magari tutti erano occupati con il gioco e non guardassero più di tanto quella parte. Poteva approfittarne per raggiungere il terrazzo e vedere se il gioiello attraversato dai raggi lunari era il suo, ma soprattutto doveva arrivare lì prima di Heiji e la sua nuova amichetta.

Dall'alto del palazzo una donna dai lunghi capelli dorati, gettava a terra una sigaretta spegnendola con la punta del tacco. Sembrava comunicare con i suoi sottoposti, dava loro delle precise indicazioni. Improvvisamente sorrise divertita, dalla sua bocca uscì una frase, naturalmente in inglese.

«The real game starts now...Sherry!», concluse e scomparve nell'ombra.

 

•••

«Non pensavo che riuscissi a completare quel quesito con tale velocità, mi hai sorpreso!», esordì Shinichi realmente colpito, rivolgendo a Ran un dolce sorriso.
«Diciamo che ho avuto un aiutino, eh eh», rispose ammiccante la karateka.
«Che fai giochi sporco? E io che ti avevo fatto i complimenti, baro!», la schernì Shinichi con lo sguardo deluso.
«Ce la finite di fare i piccioncini, siete fastidiosi!», concluse Heiji leggermente irritato.
«Che c'è Hattori? Brucia la ferita nel tuo povero cuore? Ammettilo!», lo punzecchiò ulteriormente Shinichi. Il detective di Osaka divenne completamente rosso, il suo colorito scuro era adesso di uno strano mogano.
«Siamo arrivati, dobbiamo entrare in queste due stanze separate», disse Shiho fredda come sempre.
I due detective attraversarono la porta, quella che li avrebbe condotti all'ultimo piano. Quello che si presentava loro, era un tipico 'Omicidio a stanza chiusa'.
I due detective con un sorprendente gioco di squadra, riuscirono a raccogliere tutte le prove: la colpevole aveva utilizzato un veleno molto potente per uccidere la vittima, dopodiché era uscita, riuscendo a chiudere in modo ermetico la stanza con lo scotch dall'interno e, facendo credere che la vittima in questione si fosse suicidata tramite l'utilizzo di una stufa a carbone, per eccessivo accumularsi di ossido di carbonio.
Shinichi aveva risolto moltissimi casi di quel genere, durante i quali l'omicida sfonda la porta con il peso, facendo finta di dover rimuovere lo scotch, che in realta è solo appoggiato.
I due detective erano cresciuti, certo la solita rivalità riusciva sempre ad essere percepita, ma entrambi erano maturati moltissimo grazie a tutti i casi che avevano risolto insieme, erano diventati un invicibile duo.
Contemporaneamente anche a Ran e Shiho venne presentato un simile omicidio, caso che venne brillantemente risolto dalla scienziata, sotto lo sguardo sorpreso di Ran che non riusciva a reggere il confronto. Forse per questo quei due non le toglievano gli occhi di dosso, ne era certa.
Quando tutti e quattro ebbero risolto il caso, proseguirono attraverso la fessura del condotto di aereazione, Ran cercava faticosamente di procedere a gattoni, inciampando ripetutamente nel vestito.
Sembrava procedere tutto per il meglio, quando improvvisamente ci fu una fortissima esplosione.
Parte del condotto cadde e solo una piccola parte di alluminio teneva in piedi tutto il condotto, compreso i quattro partecipanti al gioco che si trovavano nelle vicinanze: Shiho, Shinichi, Ran ed Heiji.

•••

«RAGAZZE STATE BENE?», la voce preoccupata di Shinichi si diffuse in tutto il condotto.
«Sì tranquillo, c'è Heiji qua dietro di me! Ma non so perché, ho come uno strano presentimento!», rispose Ran preoccupata. Improvvisamente lo sguardo color indaco si spostò verso il basso e lì le sembrò che il cuore non le funzionasse più, si ritrovò sospesa per un attimo tra la vita e la morte.
«KAZUHAAAAAAAAAAAAAA! C'è Kazuha là sotto! E' svenuta tra le macerie, è lei ne sono certa!», urlò la karateka terrorizzata da quel che i suoi occhi vedevano.
«Cosa?! KAZUHA? Cosa ci fa quella stupida qui?! Le avevo detto di aspettare nell'atrio!», rispose Heiji con il cuore in gola, osservando l'esile figura travolta dai canali e dal fumo. «Io non posso aspettare altro tempo, andate avanti senza di me, muovetevi!», detto questo il detective dell'Ovest saltò nel vuoto, arrivando ad aggrapparsi ad una sporgenza del canale che si trovava vicino al corpo della ragazza.
«HATTORI! Sei impazzito? Non riuscirai più a risalire da lì!», esordì Shinichi con lo sguardo smarrito ma allo stesso tempo duro.
«Io...non la lascerò morire! Io sopravviverò, di certo!», rispose convinto Heiji, dopodiché rivolse uno sguardo sicuro a Shinichi. «Ci vediamo dopo, Kudo!», concluse mentre l'ultima trave che reggeva il condotto crollava sotto lo sguardo terrorizzato di Shinichi.
Mi fido di te, Hattori. Resisti e salvala, tornerò a riprendervi immediatamente.
«Ragazze procedete dietro di me, arriveremo all'uscita d'emergenza da qui, muovetevi!», disse incitando Shiho e Ran a seguirlo. Nello stesso istante Heiji si affrettava a rimuovere le piccole travi che coprivano il corpo della ragazza, il suo cuore era sospeso tra vita e morte, non riusciva più a controllare i suoi movimenti. Vedeva solo lei, lei immobile, lei che non respirava più. Riuscì a liberare il corpo dal peso delle travi e si spostò un po' sulla destra, in una zona che sembrava essere apparentemente più sicura.
«Questo...questo è perchè non mi ascolti mai, stupida!», urlò con tutto il fiato che aveva in corpo contro il viso inerme della ragazza tra le sue braccia. Ma nulla, non ebbe nessuna risposta.
«Ti sto insultando Kazuha! Devi rispondermi! DEVI!», continuò impotente, appoggiando il capo sul ventre di lei. Sbattè i pugni un numero illimitato di volte, fino a procurarsi profonde ferite sui polsi. Il sangue sgorgava veloce lungo le condotture, ma lui non lo sentiva. Un dolore più grande, lo straziava nel profondo.
«Dovevo essere io! DOVEVO ESSERE IO KAZUHA! Per questo ero arrabbiato, non perché tu fossi una mia sottoposto! Proprio per niente! Ma perché eri tu e non ero io», continuò, con tutta la rabbia repressa che aveva dentro. «Non potevo accettare che fosse qualcun altro! NON LO ACCETTO PROPRIO! Perché io ti amo, aho! TI AMO! Ma tu non mi senti...KAZUHA!», l'urlo disperato del detective si propagò per tutta la stanza. Continuò ad osservare quel corpo esile, lo sguardo ormai vuoto.
Si avvicinò lentamente al suo viso candido, posando le sue labbra scure, contro quelle chiare e morbide di lei. Si allontanò nuovamente, e una nuova speranza si riaccese nel suo cuore quando la sentì tremare.

«Heiji...s-sapevo ch-che saresti st-stato tu. Potevi essere so-solo tu», disse la ragazza di Osaka con un filo di voce, accennando un leggero sorriso che risvegliò il coraggio e la forza vitale del Detective.
«Hai sentito quello che ti ho detto prima? Beh se non l'hai sentito, ti prometto che te lo ripeterò fino allo stremo una volta che saremo usciti da qui, questa volta veramente!», disse pieno di vitalità e forza.
«Resisti insieme a me, Kazuha!», si scambiarono uno sguardo sincero, avrebbero lottato insieme.

•••

Shinichi aiutò Ran a scendere dall'impalcatura. Erano sani e salvi a terra, non gli sembrava vero. Il loro primo pensiero andò ad Heiji e Kazuha, Shinichi era pronto a rientrare all'interno dell'edificio finché i suoi occhi andarono a scontrarsi con il cielo.
Un enorme paracadute stava lentamente riportando due persone a terra, la speranza che fossero loro era immensa, speranza che divenne certezza non appena i loro sguardi si incontrarono.

«HATTORI! Ce l'hai fatta!», disse Shinichi al settimo cielo.
«Avevi forse dei dubbi, Kudo?», rispose vantandosi quello, tra le sue braccia la povera Kazuha che era svenuta nuovamente. «Non preoccupatevi, è solo svenuta ho trovato per fortuna questo paracadute nelle vicinanze, non riesco a capire cosa ci facesse lì», li rassicurò Heiji. «Maaaa, la piccola Eistein?», chiese.
Lo sguardo di Ran e Shinichi mutò completamente. 
«Era dietro di me nel condotto!», esordì Ran preoccupata. «Non mi accorgevo della sua presenza perché non parlava mai, ma ero convinta che fosse ancora lì...!», si giustificò spaventata. Shinichi abbassò lo sguardo.
«Ho capito tutto...sono stato un sciocco, non avevo considerato quel particolare», disse Shinichi con lo sguardo basso. «Vado a riprederla, aspettatemi qui!», concluse correndo il più velocemente possibile.
Ran lo vide allontanarsi, era tutto come quella volta, quel maledetto giorno al Tropical Land.

•••

Un enorme cappa di fumo si espanse per tutta la terrazza, la Luna illuminava la zona circostante con la sua luce riflessa, pura e cristallina. Una figura nera si ergeva sullo sfondo, lo sguardo profondo velato da uno strano senso di soddisfazione.
«Welcome, Sherry! I've been waiting you...», sorrise rivolgendo uno sguardo sicuro che si scontrò con quello terrorizzato della scienziata. «This Moon is beautiful! Illumina il tuo viso, tanto uguale al suo...», concluse.

 







____________________________♥
Saaaaaaalve ragazzi! Tanto per cambiare sono di frettissima! Ecco qua finalmente il capitolo!
Il mio computer è guarito e posso tornare alla carica qui su Efp! Che vene pare di questo capitolo? Vi avevo promesso del mistero maaaaaaaa sono costretta a rimandare al prossimo capitolo, in quanto sennò sarebbe stato troppo lungo!
Vi piacciono gli indovinelli? AHAHHAHAHA Faccio schifo, è difficile per me architettare certe cose xD
Che ve ne pare della parte con Heiji e Kazuha? u.u Io per autovalutazione faccio schifo, quindi non so se questo capitolo mi convince o meno! A voi i pareri, allora! Lasciatemi tante recensioni con tutte le vostre idee! :D
Cosa vorra Vermouth da Shiho?
Di che particolare parla Shinichi?
Come andrà avanti la storia?
Il prossimo aggiornamento sarà molto più veloce u.u Alla prossima :*


Misa

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Capitolo 8
*** Amare Verità. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

7.
Amare Verità. 

•••

 

Un enorme cappa di fumo si espanse per tutta la terrazza, la Luna illuminava la zona circostante con la sua luce riflessa, pura e cristallina. Una figura nera si ergeva sullo sfondo, lo sguardo profondo velato da uno strano senso di soddisfazione.
«Welcome, Sherry! I've been waiting you...», sorrise rivolgendo uno sguardo sicuro che si scontrò con quello terrorizzato della scienziata. «This Moon is beautiful! Illumina il tuo viso, tanto uguale al suo...», concluse.


«Dovevo aspettarmelo da tanto, giusto?», chiese la giovane scienziata cercando di mantenere il controllo, il suo intero corpo in realtà tremava d'innanzi quell'angelica, ma allo stesso tempo diabolica, figura.
«Uhm, yes my darling! Avevi già capito? Ma che brava! Very good little Sherry...», rispose quella, mantenendo il suo solito comportamento altezzoso e signorile.
«Quelle parole tra le righe...erano per me? Cosa vuoi da me, strega? Vuoi uccidermi? Fallo pure!», esordì coraggiosa Shiho, sapeva benissimo che il suo destino era quello di morire, lo sapeva da sempre.
Se solo quello stupido non si fosse immischiato, è riuscito a diventare così presente, mi ha fatto sentire così...protetta! Mi hai proprio viziata, Kudo-kun!
Pensava a lui, quell'unica persona che condivideva il suo stesso destino, che l'aveva sempre aiutata ad andare avanti e che l'aveva protetta come si fa con una sorella, un triste sorriso si delineò sul suo volto.

«Oh, so great! Have you just understand everything?», chiese beffarda la donna in nero.
«Dannata...», fu l'unica cosa che riuscì a pronunciare, l'unica sua consolazione era morire nel suo vero corpo, non avrebbe mai perdonato a se stessa, di morire sottoforma di bambina.
Improvvisamente però, qualcosa non andò come Shiho si aspettava, Vermouth iniziò a parlare.

«Se hai capito, devi aver letto il messaggio tra le righe, no? Lei deve sapere*, ebbene sì, quel 'lei' sei proprio tu, my little! But..Are you not curious to know the truth? You should understand English, right? Little Elena..my 'Hell Angel'*», chiese ripetutamente Vermouth, osservando la sua preda con gli occhi gelidi.
«Sono sempre stata frenata nell'ucciderti, proprio perché in te coesistono entrambe le loro personalità, quella di quell'uomo e quella di quella sgualdrina!», concluse mentre il suo sguardo si riempiva di rancore.
«Tu...come fai...a c-conoscere mia m-madre?», chiese Haibara, completamente terrorizzata.
«Uh, are you surprised? Just listen to me, dear Sherry...», continuò la donna, impugnando saldamente una calibro #11 verso la povera scienziata.
 

•••

«Io e tuo padre, Atsushi, circa trentanni fa prima che tu e tua sorella nasceste, lavoramo insieme per l'Organizzazione. Allora non si sapeva di che tipo di organizzazione si trattasse, no one knew.
Lavoravamo nel campo della scientifica, il nostro scopo era quello di creare un farmaco speciale...», un sorriso diabolico si delineò sul suo volto, i suoi occhi di ghiaccio non facevano altro che penetrare nel profondo Shiho che osservava tremante, immaginando il continuo di quella frase.

«...un farmaco che facesse resuscitare i morti! It's name was: 'Silver Bullet', right? Lavorammo per anni a questo esprimento, trying over and over again, io e il caro Atsushi», continuò initerrottamente, non fermandosi un attimo, ma Shiho sembrò cogliere uno strano velo di malinconia nei suoi occhi e nella sua voce, con cui sicura, da degna attrice, cercava di riportare alla mente quelli che per lei erano, forse, tristi ricordi.
«Quell'uomo...era davvero insuperabile. Lavorava senza sosta e senza mai lamentarsi, riusciva allo stesso tempo a mostrarsi amichevole con tutti, senza far trasparire niente. Questa era una delle sue più grandi capacità, nascondeva tutto benissimo. Quando aveva qualche problema, he always shows a great smile, ma in quegli occhi blu like the sea, si leggeva benissimo ciò che provava realmente...like you my little!», concluse con un sorriso che sembrava essersi trasformato dal malvagio al triste.
«Ammiravo molto quell'uomo, You can not know how much, my dear...un giorno però tutto cambiò. L'Organizzazione cominciò a creare dei reparti tra i vari scienziati, vennimmo separati, e tuo padre mandato negli Stati Uniti. Lì conobbe tua madre, Elena.
Quella donna conosceva tutti i segreti della chimica, da lei il vero progetto ambito dall'Organizzazione riuscì a partire, venne nominata 'Hell Angel' per il suo aspetto angelico che nascondeva un'orrida assassina.
Insieme a tuo padre continuò a produrre un veleno potentissimo, la cosidetta 'droga dei sogni' che prese lo stesso nome del precedente farmaco, 'Silver Bullet'», si portò alla bocca una sigaretta, che accese molto silenziosamente, senza spezzare il suo discorso.

«M-mia m-madre era una brava persona, COSA NE VUOI SAPERE TU?!», tuonò Shiho piangendo disperata, avventandosi contro la donna. La ragazza era molto affezionata alla madre, la quale l'aveva sempre protetta, la quale si era sacrificata solo per proteggere lei e sua sorella Akemi.
Non poteva essere una cattiva persona, non avrebbe mai creduto alle parole di quella donna.

«Non tutto è come appare, my little! Do you know, how your parents died?», chiese maligna Vermouth. 
«...m-mi è sempre stato d-detto che sono morti in un incidente s-stradale», rispose con timore quella mentre l'ex attrice continuava a puntarle la pistola alla tempia.
«Uuh, this is a lie, you know? Per un breve periodo anche io tornai a lavorare con tuo padre, tutto come gli anni passati, se non fosse stato per quella lurida donna!», gli occhi di ghiaccio della donna divennero terrificanti. 
«Un giorno, tuo padre decise di provare su se stesso il 'Silver Bullet', non gli bastava la prova ottenuta sulle cavie da laboratorio, lui voleva sempre eccellere.
Perché funzionasse, quel dannato farmaco, doveva essere ingerito mentre il corpo della persona in questione stava per passare a miglior vita. In quel caso si innescava un particolare processo chimico che portava alla ricostruzione delle cellule...», continuò Chris seria.

«..l'esatto opposto dell'Apotoxina», Shiho non poteva far altro che gelare sotto il suo sguardo, mentre una miriade di emozioni si susseguivano nell sua testa.
«Tuo padre volle essere colpito da me, con un gesto quasi disperato, riuscì a perforargli il polmone destro», la donna continuò, mentre fissava negli occhi la sua debole preda.
«T-tu l-lurida as-assassina! SEI STATA TU!», scoppiò la scienziata, preda delle sue disperazioni.
«Not exactly», concluse quella.
 

•••

«In quel momento, mentre stavo per somministrare l'antidoto miracoloso a tuo padre, fu in quel momento..che arrivò tua madre», la donna con un gesto secco buttò a terra il mozzicone di sigaretta che riuscì a spegnere con la punta del tacco, come si fa con una vita che spira lontana.
«..quella donna fraintese tutto! Senza pensarci due volte mi sparò, colpendomi dritta al petto..inutile dire che morì sul colpo, but then...», continuò assumendo nuovamente quel sorriso maligno mentre la scienziata, che sembrava aver compreso tutto, poteva solo spalancare gli occhi e tenere le mani sulla testa.
«..tuo padre, con un disperato gesto mi somministrò l'unica dose dell'antidoto, mentre spirava lontano, per sempre», concluse la donna, osservando il cielo con un sorriso velatamente malinconico.
Shiho non riusciva ad emettere alcuna sillaba, la voce le era come morta in gola, desiderava ardemente piangere, urlare, gridare al mondo che tutto era sbagliato, tutto.
Si limitò a chinare il capo tenendo con forza il vestito rosso che pendeva da un lato della sua lunga coscia.

«Da allora in avanti, mantenni questo aspetto per altri ventanni e così farò, per il resto del tempo.
Questa è la famosa droga dei sogni, capace di riportare in vita i morti! Naturalmente dopo quell'episodio venni presa in custodia da quella persona, feci una sottospecie di patto con lei, impegnandomi a mantenere il segreto del 'Silver Bullet'», riprese la donna impugnando più saldamente la pistola.

«..tua madre venne isolata da tutti, allontanata dalle sue figlie e riprese lo studio che poi venne completato da te, la creazione dell'Apotoxina, una sostanza che aveva lo stesso principio del 'Silver Bullet' ma che agiva al contrario, o almeno sembrava dovesse agire così!», continuò la donna ripensando al fatto che sia Shinichi che Shiho erano solo rimpiccioliti, prendendo quel farmaco.
Shiho non poteva far altro che pensare, una miriade di ricordi cominciarono ad affollare i  suoi pensieri, tra quelli c'erano tutti i giorni passati per poter ultimare l'Apotoxina, ma ancora più importanti erano i ricordi legati a quelle audiocassette che la madre le aveva lasciato e che ascoltava nei momenti di tristezza.

«..poi un bel giorno, chissà come, la tua bella mammina fece la fine che le spettava, morì tutta bruciacchiata insieme al suo amato laboratorio, ahahahah!», concluse ridendo a gran voce Vermouth, facendo risuonare in quella sua risata tutto il suo odio e il suo rancore represso. 
Rancore che aveva da sempre portato con sè, insieme al ricordo di quell'uomo che l'aveva salvata dalla morte donandole la vita eterna, quell'uomo che amava e odiava allo stesso tempo.

 

•••

«P-perché?...P-erché nonostante questo tuo odio...hai deciso di aiutarci a sgominare l'Organizzazione, io proprio non capisco...», chiese sofferente la povera Sherry.
La donna in nero non rispose, spalancò le iridi azzurre mentre un'immagine prendeva forma nel suo cervello: quel ragazzo. Quel ragazzo tanto determinato, sempre pronto a scoprire la verità, tanto simile a lui per certe caratteristiche. Quel ragazzo era riuscito a far breccia nel suo cuore, a farle capire che per raggiugere la vittoria bisognava lottare, e lui l'aveva fatto.
«Motivi miei. Allo stesso tempo non riesco a sopportare il tuo bel faccino, you know? Sarà perché i tuoi lineamenti, la tua voce e il tuo atteggiamento, mi riportanto alla mente quella donna, ma allo stesso tempo l'intensità dei tuoi occhi mi ricorda tuo padre..», concluse la donna amareggiata.
Era proprio vero, da sempre era stata frenata da quel piccolo e apparentemente insignificante, particolare.
Quei suoi occhi riuscivano a penetrare nel profondo della sua anima, cosa davvero difficile proprio perché si trattava di lei, Chris Vineyard, attrice professionista come nessuna, maga del travestimento.
Chi poteva nascondere la realtà e i suoi veri pensieri come lei? Apparentemente nessuno.
Eppure davanti a quegli occhi diventava come un libro aperto, pronto a farsi leggere per compassione.

«..beh lasciando perdere questi sotto e fuggi, oggi è giunto il momento della mia vendetta definitiva», esordì la donna, riprendendosi da quei pensieri.
«La vedi quella bella luna piena? Beh non è un caso che l'atmosfera sia questa, sai?
Una stessa notte come questa, ventanni fa, un faccino tanto simile al tuo era illuminato da questa stessa luna. Faccino che cambiò immediatamente espressione non appena il proiettile d'argento l'ebbe penetrata nel profondo, così come lei aveva fatto con me», concluse la donna volgendosi alla luna.

«Ah già, ti avevo detto che il faccino in questione era andato perduto nelle fiamme, beh questo...accadde dopo. Ho avuto la soddisfazione di vederla tremare sotto il peso della mia pistola!
La stessa espressione che si evince nel tuo di faccino, my little Sherry!
Finally, GO TO HELL...and say hello to your mother!», concluse sparando secca un colpo di pistola.

 

•••

Non avvertiva niente, Shiho. Perché sì, in quel momento era solo Shiho, senza Haibara.
Era Shiho e il suo passato sconosciuto, era la scienziata dell'Organizzazione che doveva portare a termine il suo compito infernale, era quella ragazza che non aveva mai potuto godere della sua adolescenza.
Non sapeva cosa significasse soffrire per un brutto voto, per una falsa amicizia, per un amore mancato..
..o forse quello lo sapeva bene, già. Ma non lo ammetteva mai, neanche a se stessa.
Perché lui, lui che l'aveva protetta sempre, in quel momento non era lì con lei. Lui che non l'avrebbe mai ricambiato, lui innamorato della sua amica d'infanzia, lui che la considerava solo una compagna di sventura.
Era felice tutto sommato, perché era riuscita a vivere la sua infanzia come Ai Haibara. Era riuscita ad andare a scuola, ad avere degli amici, ad andare in campeggio. Ad Haibara non era andata tanto male.
Ma a Shiho? Cosa rimaneva a Shiho? Solo l'oblìo.
HAIBARA! Spostati da lì!
Sembrava come un sogno, adesso sentiva anche la sua voce? Ma spostati che?! Quell'imbecille non accettava mai una sconfitta, si buttava a capofitto davanti ai pericoli, non pensava mai davvero, quello stupido detective.
...SPOSTAAAAAAAATI!
Uno sparo riecheggiò nell'aria, squarciando il silenzio.

«..K-Kudo-kun?! KUDO-KUUUUUN!!», urlava forte Haibara, perché sì, adesso era Haibara ad urlare di dolore, mentre il sangue scorreva lento tra le sue braccia, sangue che però, non apparteneva a lei.
«S-Silver B-Bullet..? PERCHE'?! Perché ti sei messo in mezzo?», urlò con gli occhi sbarrati la donna.
«M-mi sembra d-di avertelo già d-detto u-una v-volta. P-perché la-lasciarsi a-andare a-ai ra-rancori?», emise un suono flebile il giovane Shinichi, mentre tossiva sputando sangue.
«S-Serve p-per forza u-una ragione? N-Non credo che q-quando u-una persona ne a-aiuta un'altra, s-sia mossa d-dalla razionalità*, imparerai m-mai V-Vermouth?», chiese con l'ultimo soffio vitale che aveva in corpo, dopodiché svenne in un sonno che pareva senza fine.

 

*Riferimento al secondo capitolo.
*Letteralmente 'L'angelo dell'inferno', nome in codice attribuito alla madre di Haibara.
*Riferimento al New York ARC, volume 33.





____________________________♥
*Fa capolino da dietro un cactus*
SAAAALVE! <3 Scusate il 'rotardo', se vogliamo definirlo tale, ma una serie di sfortunati eventi mi hanno portato a ritardare il tutto! Prima di tutto il mio wifi che ha deciso di abbandonarmi, il capitolo era bello pronto da una settimana circa ma niente, non riuscivo a postare.
Altra cosa, quando finalmente il wifi resuscita grazie al 'Silver Bullet' di Vermouth e co. come per magia il capitolo scompare o.o'
Non vi dico che disperazione, l'ho dovuto riscrivere tutto in un'ora! e vi assicuro che il risultato non mi convince per niente, perché il primo era molto, ma molto più bello T______T scusate anche se è abbastanza corto, m volevo evitare di confondervi oltre!
Ma niente, domani parto e volevo assolutamente postare prima! Che dire, vi spiego un po' di cose! 
Vermouth e il padre di Shiho lavoravano per questo fantomatico veleno miracoloso che resuscita i morti, vi ricordate nel secondo capitolo le cassette che ascoltava Vermouth? Bene, erano quelle registrate con il padre di Haibara.
Credo che la storia della madre di Shiho sia chiara, si è trattato di uno stupido malinteso, ma ahimé è andata così!
Altra cosa, vi ricordate il messaggio? Bene, il messaggio tra le righe era 'lei deve sapere' e non era rivolto a Ran, come molti di voi hanno pensato, ma bensì ad Haibara! Mentre l'intero messaggio poetico della luna credo sia chiaro, fa riferimento alla notte in cui Vermouth uccise Elena Miyano, la Hell Angel u.u
Che diiiiiiiir, ora mi odierete per la povera fine che sta facendo il nostro Shin-chan, vero? eheh 
Ecco le solite domande:
Che fine farà Shin-chan?*ebbeh*
Cosa farà Vermouth?
E Haibara?
Lo scoprirete giorno 11 Luglio, quando sarò di ritorno dalla mia vacanza a Rimini! :3
A presto :*


Misa

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Capitolo 9
*** Prima o poi. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

8.
Prima o poi. 

•••

 

«S-sei uno s-stupido, Kudo-kun..», la voce flebile della scienziata riusciva a far trasparire la sua preoccupazione. «Fai sempre di testa tua, non ascolti mai», sorrise lievemente.
Eppure mi aspettavo che venissi tu a salvarmi, lo aspetto sempre...

«S-Silver Bullet..», la donna in nero era come paralizzata, gli occhi di ghiaccio non lasciavano comprendere alcuna emozione o sensazione.
Osservava il corpo immobile del ragazzo, i ciuffi corvini misti in una miscela di sangue e sudore, il volto contratto che si muoveva in smorfie di dolore. Respirava profondamente, Shinichi, tossendo sangue e stringendo forte la parte inferiore dello sterno, lì dove Vermouth aveva piantato la pallottola.
La donna, che solitamente riusciva a mantenere un ottimo controllo di se stessa, in quel momento si trovava come paralizzata di fronte a quello che era diventato la sua vittima.
Una miriade di pensieri cominciarono ad affollarsi nella sua mente, si facevan spazio liberandosi dalla nebbia fitta dentro la quale erano persi da anni, emergendo infine e riportando alla verità quella che fu la realtà di ventanni prima, quando tutto era finito ma allo stesso tempo cominciato.
-Inizio Flashback-

«Siamo pronti per iniziare, dico bene Chris? O dovrei forse dire, Vermouth?»
«Suvvia Atsushi, lascia andare queste formalità, ci conosciamo da così tanto tempo, right?», il volto di una Vermouth del passato si apriva in un sorriso, un sorriso che appariva differente confrontato a quello del presente. Un sorriso dove era racchiuso un sentimento che la donna col passare del tempo aveva cancellato.
«Direi di sì, abbiamo dedicato anni per la riuscita di questo esperimento. Se tutto andrà per il meglio sarà solo merito nostro, eseguiamo, forza!», un uomo che poteva avere all'incirca venticinque anni accennava un sorriso di incoraggiamento, diventando serio un attimo dopo.
«E se qualcosa andasse storto e non funzionasse?...Non riuscirei mai a perdonarmelo, sappilo», il volto della donna, serio anch'esso, nascondeva una sincera preoccupazione.
«Dobbiamo avere fiducia Chris, ti chiedo un'unica cosa: se qualcosa nel peggiore delle ipotesi andasse storto, ti prego di prenderti cura delle mie figlie e di mia moglie. Sei l'unica a cui posso chiedere», aveva allungato una mano per stringere forte il polso della donna.
Dopo questo momento tutto era improvvisamente precipitato: la coltellata alla parte inferiore del polmone destro, il corpo dello scienzato che cade a terra ansimando quasi senza vita, l'entrata dell'Hell Angel e il successivo colpo di pistola verso quella che apparentemente era la carnefice del marito, lui che in un gesto disperato somministrava l'ultimo antidoto alla compagnia di laboratorio spirando lontano, un attimo dopo.
-Fine Flashback-
Quel momento le tornò alla mente, chiaro come non mai. Quello che però, la colpì ancor di più di quella pallottola, fu il ricordo di quella promessa, quella promessa che aveva già infranto in passato e che stava continuando ad infrangere. Se non ci fosse stato lui...
'Prenditi cura delle mie figlie, sei l'unica a cui posso chiedere'.
Cosa aveva fatto lei? Si era lasciata prendere dalla furia e dal rancore, da quel sentimento di odio per aver perso una figura che riteneva importante, una figura con la quale non si era mai aperta abbastanza.
Era stato un continua trascinarsi di sentimenti contrastanti che l'avevano trasformata in una codarda carnefice, tutto questo uccidere e vendicarsi che in realtà era soltanto un fuggire dal passato, dal suo passato che non voleva ricordare ma che improvvisamente era riemerso grazie a quel ragazzo.

«Che strana situazione...», sorrise leggermente, e in quell'espressione si poteva evincere la stessa di ventanni prima. «Sai una cosa, little Sherry? Your dad looked a lot, likes this detective..»
Proprio come lui, non ha seguito la razionalità lasciandosi prendere dall'affetto e dal sentimento.
La giovane Haibara spalancò le iridi azzurre, destandosi per un istante da quello stato confusionale, misto a preoccupazione con il quale stringeva forte il panno bagnato di sangue che aveva avvolto attorno allo sterno del ragazzo per fermare l'emorraggia, anche se tutto sembrava essere inutile.

«Do you remember this, my dear? This was a very important thing for the Organization!», chiese Vermouth mentre estraeva dalla tasca una piccola pillola, completamente gialla.
«Ma quello..l'ho creato io..», rispose Haibara.
«Sì, serve per fermare le emorraggie, anche di quelle più gravi. Fu grazie a questa sostanza che quella volta** riuscì a salvarmi. Peccato che tu non fossi ancora capace abbastanza quando tuo padre era in vita, per quanto geniale potesse essere non elaborò mai una cosa del genere», concluse la donna somministrando l'antidoto al giovane detective che sembrava riuscire a sopportare molto meglio il dolore. 
«Per me rimarrai sempre un mistero..», esordì Haibara osservando la donna.
«Diciamo che il sacrificio di questo moccioso mi ha riportato alla mente una certa cosa, but...a secret makes a woman, woman! Do you know, little Sherry?», rispose quella portando un indice alla bocca.
«KUDOO! COSA E' SUCCESSO?!», l'urlo in dialetto del Kansai di Heiji, rimbombò per tutta la terrazza.
«Oh ma guarda, il giovane di Osaka! Portate Silver Bullet in Ospedale, fate in fretta e si salverà», rispose tranquilla la donna, che sembrava aver riacquistato il suo sangue freddo.
«SEI STATA TU?! NON ME NE ANDRO' SE NON TI AVRO' CAT-»
«Lascia perdere Hattori-Kun! Dobbiamo salvare Kudo-Kun, per adesso è questa la prerogativa!», lo interrumpe la scienziata fermandolo per la camicia.
I due ragazzi si voltarono nella direzione di Vermouth, ma la donna sembrava essere misteriosamente scomparsa. Come se si fosse trattato di una sogno, di una nebbia spazzata via da quella brezza leggera.

•••

L'aveva visto andare via, Ran. Come accadeva sempre da anni oramai, fuggiva lontano come quella sera al Tropical Land e non si faceva sentire per mesi, anni. Tutto come le altre volte, oramai capiva l'antifona, o forse no. Quella volta era diverso. Era fuggito per salvare lei. Quella ragazza misteriosa.
Cosa aveva da sorprendersi? In fondo è sempre stato impulsivo, l'avrebbe fatto anche lei pur di salvare una vita umana. Ma adesso si trattava di quella vita umana e Ran lo sapeva, sentiva che c'era qualcosa sotto.
Provava un senso di profonda gelosia nei confronti di quella splendida ragazza, perché notava che nei loro discorsi alla cerimonia c'era un qualcosa di strano, un particolare feeling.
Per non parlare di quella donna, i suoi occhi le ricordavano qualcuno, ma quel nome: Shizuko Miyards?
Non le diceva assolutamente niente, anche se continuava a sforzarsi.
Qual era la verità? Quella che Shinichi le aveva promesso di raccontarle non appena fosse stato il momento? E quando sarebbe arrivato quel momento? Ne era sicura, avrebbe cercato dei chiarimenti non appena fosse stato possibile parlare con quel fanatico di gialli.
Persa ancora in questi pensieri, la giovane karateka non faceva altro che fare avanti e indietro davanti all'ingresso bloccato, cercando un modo per poter rendersi utile.
Conosceva quel sesto senso e non portava mai nulla di buono.
Improvvisamente sentì la voce di Hattori chiamare, ma non ebbe neanche il tempo di rispondere che il suo cuore perse un battito. Le iridi color indaco spalancate, il fiato sospeso nel vuoto, come se non volesse respirare più, mai più. A cosa sarebbe servito farlo, dopotutto?
Vide il suo corpo, quel corpo che aveva bramato, quel corpo che riusciva a suscitarle tali emozioni, quel viso sempre pronto a prenderla in giro ma che allo stesso tempo era capace di splendidi sorrisi, che riuscivano a stenderla di volta in volta. Quegli occhi azzurri nei quali si perdeva, adesso erano socchiusi e sofferenti.
Quello era il corpo inerme senza vita di Shinichi, del suo Shinichi.
Le lacrime cominciarono ad attraversarle le guance, veloci e silenziose senza fermarsi un attimo. 
La ragazza allungò un braccio verso il corpo inerme non riuscendo ad esprimersi, a far fuoriuscire parola. Qualunque cosa le rimaneva morta in gola, insieme a quella visione. 

«P-Perché?..», l'unica cosa che riuscì a pronunciare. Dopodiché innalzò lo sguardo verso la donna che accompagnava Hattori. Di nuovo lei, per colpa sua non avrebbe più avuto il suo Shinichi...
«E'..E' T-TUTTA COLPA TUA! NON E' VERO?! PERCHE' NON L'HAI FERMATO? QUELLO E' UN COLPO DI ARMA DA FUOCO, COSA GLI HAI FATTO?! PARLA!», si avventò sulla scienziata senza pensarci due volte, cominciò a scrollarla forte per le spalle, piangendo lacrime amare che non sembravano volersi fermare.
«Prima bisogna curarlo, dopo potrai anche uccidermi se vorrai», rispose secca Haibara.
Aveva detto curarlo? Ma allora c'era ancora una speranza. Lasciò perdere il rancore, la gelosia e la rabbia repressa, in quel momento l'unica cosa che contava davvero era rivedere il sorriso sul suo volto, quel sorriso che fin da bambina l'aveva fatta innamorare.
«Muoviamoci, forza! Non abbiamo tempo da perdere!», esordì Hattori mentre la macchina sfrecciava lontana, verso l'Ospedale Centrale di Beika.
Dall'alto del terrazzo una figura nera contemplava la scena, un sorriso malinconico le incorniciava il volto.
You're not like me, my Angel...tu sei forte, molto più forte.

•••

Arrivati all'Ospedale, il detective venne ricoverato d'urgenza. Aveva però perso troppo sangue, non sarebbe sopravvissuto senza un'abbondante trasfusione. Le provviste dell'Ospedale erano però scarse, la banca del sangue non avrebbe fatto in tempo, tutto sembrava perduto ma come quella volta*...
«Prendete il mio. Io e questo ragazzo abbiamo lo stesso gruppo sanguigno, potete prendere tutto il sangue che volete...basta che lo salviate», aveva affermato convinta, Ran ai dottori.
Tutto andò per il meglio e dopo circa tre ore, Shinichi si destò dal suo sonno che pareva eterno, i medici dissero che gli sarebbero bastati tre giorni di riposo. La cosa che colpì il detective però fu che, proprio come quella volta, trovo lei lì, addormentata accanto a lui.
Sei sempre la solita, anche quella volta avevi capito tutto e io come uno stupido ti ho ingannata nuovamente. Ti ho sempre trattata male, troppo male...ma tu non te ne sei mai andata, sei rimasta comunque al mio fianco trovando di volta in volta la forza di credermi ancora.
Dopo pochi istanti, anche Ran si destò dal suo sonno stroppiciandosi gli occhi color indaco, che un istante dopo si spalancarono dalla commozione e dalla gioia.

«Buongiorno, Principessa di cuori...ricordi?», l'aveva salutata con un sorriso il detective.
Ran pensò che per quel sorriso, avrebbe anche perso la vita. Per la sola gioia di vederlo un'ultima volta prima di lasciarlo per sempre. Per Shinichi avrebbe fatto di tutto, lo sapeva da tanto.

«Eccome se lo ricordo, una delle tue tante comparse e dei tuoi improvvisi addii..», affermò convinta la ragazza intristendosi. «Shinichi...ti chiedo solamente una cosa. Dimmi la verità, ti prego...qualunque essa sia, una volta per tutte», concluse.
Il ragazzo si trovò impreparato, anche se doveva aspettarselo. Cosa fare?
In realtà l'aveva già deciso nell'istante in cui si dirigeva verso la terrazza per salvare Haibara, aveva detto a se stesso 'Se riuscirò a tornare sano e salvo le dirò tutto'. E Shinichi mantiene le promesse, lo fa sempre anche se molto spesso viene frainteso, anche se molto spesso tutto gli è contro.

«Villa Kudo, giovedi alle venti e trenta», aveva affermato convinto con un mezzo sorriso. «I dottori hanno detto che mi rimetterano tra tre giorni, la ferita era solo superficiale. Ti chiedo di aspettare fino ad allora, dopodiché tutto ti sarà finalmente chiaro, ti prego...», cercò di concludere ma venne bloccato.
«Mi fido di te, Shinichi. L'ho sempre fatto, e ammetto che qualche volta me ne sono pentita, ma quando tu sei con me tutto va sempre per il verso giusto, so che riuscirei a vincere comunque perché tu...
...anche in caso di pericolo verresti a salvarmi», concluse per lui la karateka, con le lacrime agli occhi.
Il ragazzo, notevolmente colpito da quelle parole, abbassò il capo afferrando forte la mano della ragazza e attirandola a sè con una forte presa. 
«Baro, non devi dire così...», l'abbracciò forte.
Rimasero immobili a lungo, l'uno nelle braccia dell'altra. Era sempre così, quel contatto, quel calore, riuscivano sempre a rassenerarli, anche dopo aver affrontato mille pericoli.
I loro nasi si sfiorarono, le loro bocche accennarono un lieve sorriso prima di chiudersi in un tenero bacio. 

«Kuuuuuuuuuuuuuuudo! Vedo che ti sei ripreso subito, eh?», quel dialetto lo avrebbe riconosciuto tra mille.
I due amici d'infanzia si separarono di botto, arrossendo violentemente.

«Chissà perché, ogni qualvolta vieni sempre tu a rompere le scatole, ti pagano per questo, Hattori? Sei più fastidioso di una sanguisuga, lo sai?», chiese Shinichi con un filo di ironia misto a fastidio.
«Beh, io vado a vedere come sta Kazuha! E' qui nella stanza accanto vero? Beeeeene, a dopo!», si era liquidata così Ran, fuggendo in preda all'imbarazzo.
«Sembrate proprio una coppietta di sposini!», continuava a sogghignare Heiji.
«Tagliala Hattori, sbaglio o a quanto ho capito anche tu ti sei dichiarato?», chiese Shinichi assumendo un'espressione provocatoria.
«Cosa?! E tu come fai a saperlo!? Cioè, lei forse non mi ha sentito ma...», chiese stupefatto Heiji passando dal suo solito colorito scuro ad uno strano rosso mogano.
«Sei un libro aperto, baro! Ho azzardato un'affermazione e tu l'hai confermata!», rise fragorosamente il giovane detective dell'Est, sapeva proprio come incastrare il suo migliore amico. «Piuttosto, credo che Haibara sia rimasta scioccata dalla storia raccontatole da Vermouth, quel messaggio era rivolto a lei, come ho fatto ad accorgermene così tardi? Il color cenere si riferiva al nome Haibara, mentre quel 'lei deve sapere' era un riferimento fatto a lei...», concluse.
«Io sinceramente pensavo fosse qualcosa da ricondurre alla Mouri...», azzardò Heiji.
«Lo pensavo anche io, ma in un certo senso credo che Vermouth volesse spronarmi a raccontare tutto a Ran, per evitare di vivere nella menzogna come ha fatto lei in tutti questi anni...quella donna è un vero mistero», concluse Shinichi pensando a tutto quello che era accaduto.
«Sai Kudo, questa situazione mi ricorda tanto quella di dieci anni fa*, quando ti dissi di raccontarle tutto anche se lei aveva dei sospetti, proprio perché lei voleva sentire la verità dalla tua bocca...
...peccato che tu non ascolti mai il tuo unico migliore amico!», concluse Hattori con un espressione contrariata riportando alla mente il caso del 'Cavaliere Nero'.

«Questa volta non sarà così, fidati...ho deciso che le dirò tutto. In cambio però...
va a dire una volta per tutte quello che provi a Kazuha, baro!», concluse riducendo gli occhi a trattini.

Hattori ritornò al color rosso mogano, dopodiché si alzò di scatto dirigendosi verso la porta di uscita, prima di varcarne la soglia girò la visiera del cappello all'indietro, accennando un sorriso verso il suo migliore amico.

•••

«Ehm, posso entrare?», chiese il giovane di Osaka entrando a piccoli passi, osservò la figura che aveva di fornte che lo guardava con un dolce sorriso, dopodiché si sedette di fronte. «Non doveva esserci la Mouri?», chiese incerto roteando lo sguardo per tutta la stanza.
«Su padre era preoccupato e ha pensato di avvisarlo», concluse Kazuha.
«Ehm dunque, co-come ti senti?», chiese Heiji per parlare di qualcosa.
«Molto bene adesso, grazie all'intervento di uno stupido..», rispose quella per le rime.
«Aho! Sei sempre la solita! Non solo ti vengo a salvare dopo che vai a baciarti con un altro, questo è il ringrazia-», si bloccò improvvisamente, vinto dalla vergogna.
«Va be', a te il fatto che ha dato fastido è stato perché una tua sottoposto è stata baciata, no?», chiese puntigliosa e provocatoria la ragazza di Osaka, mettendo il dito nella piaga.
«E-emh beh, n-non es-esattamente..! In-insomma non..NON MI HAI SENTITO?», sbottò Hattori in preda alla disperazione cominciando a lamentarsi. «Ca-cavolo quando devi sentire, stai sempre a dormire! D-dico io..STUPIDA! Ci fo-fosse una volta che t-tu ca-», non riuscì a continuare che la ragazza lo attirò a sé, baciandolo con forza.
Il ragazzo di Osaka dapprima rimase sorpreso, gli occhi spalancati, le braccia verso l'alto. Dopo pochi secondi ricambiò la presa, le loro labbra andavano finalmente, dopo anni di incomprensioni e sbagli, a raggiungersi.
Una volta per tutte. Le loro lingue danzavano insieme, toccandosi ripetutamente in un giro senza fine.

«Ti avevo sentito aho, ero in uno stato di trance quella volta, pensavo di vivere un sogno, invece appena ho aperto gli occhi c'eri tu..e volevo dirti che..», esordì la ragazza staccandosi dalla presa.
«...Daisuki dayo», conclusero entrambi all'unisono, scambiandosi un dolce sorriso che fu l'inizio di qualcosa che sarebbe nato comunque, prima o poi.




**Riferimento al New York ARC, quando Vermouth inseguita dal FBI, incontra Ran e Shinichi.
*Riferimento al caso del 'Cavaliere Nero' volumi 25 e 26.





____________________________♥
Eccomi! Scusate il mio ritardo di un giorno ma, tanto per cambiare, anche questa volta il mio amato programma Nvu è andato in crash facendomi perdere il capitolo ç______ç Devo sempre riscrivere tutto, credo che ritornerò al vecchio e caro Word!
Coooooooomunque, che ve ne pare? Diciamo che si risolvono un po' di cose!
Ci sono un paio di riferimenti, Vermouth ricorda una famosa promessa, Shinichi si riprende grazie a Ran, Heiji e Kazuha finalmente si dichiarano dopo diecimila anni e tutto sembra andare per il meglio! Quel 'Mi fido di te, Shinichi' che sarebbe il 'I trust you, Shinichi', doveva essere il titolo iniziale della long, ma ormai c'è questo e non lo cambio. x'D
Nel prossimo capitolo si avrà la svolta, Shinichi e Ran a casa per un appuntamento galante, lui ha intezione di spifferare tutto, chissà come farà e quale metodo adopererà, chissà chissààààà! <3
Comunque spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, spero che continuiate a seguirmi!
Vi ringrazio per tutte le magnifiche recensioni e ringrazio anche tutti coloro hanno inserito nelle preferite/seguite/ricordate!
Arigatou Gozaimasu! 

Misa

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Capitolo 10
*** Nessuna ragione, a costo di tutto. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

 

09.
Nessuna ragione, a costo di tutto.


I tre fatidici giorni erano passati, Kazuha e Shinichi vennero dimessi dall'ospedale potendo tornare alla vita di tutti i giorni. La differenza però, consisteva nel fatto che entrambi avevano una sicurezza in più.
La ragazza di Osaka era riuscita, in una situazione impossibile, a dichiarare quello che sentiva, quelle stramaledette parole che da ventanni portava nel cuore, al suo unico tutto.
Quello che era stato fratello, compagno di giochi, compagno di sventure, amico, nemico e unico amore.
Shinichi, invece, aveva capito l'importanza che aveva per lui Ran, non che non l'avesse già capito in precedenza, ma comprese il rimorso che avrebbe avuto nel caso in cui non ce l'avesse fatta. Quel peso che lo attanagliava da cinque lunghi anni, quella verità che aveva nascosto alla sua unica ragione di vita.
Entrambi ringraziarono mentalmente quello strano 'incidente di percorso', che Shinichi sapeva benissimo essere opera di quell donna dai mille volti, donna che in realtà l'aveva aiutato molto.
L'unica che sembrò uscire sconfitta da questa strana storia fu Haibara, la quale aveva perso ogni tipo di collegamento con il mondo dopo tutte quelle strane scoperte.
I primi giorni non poté fare a meno di pensarci, riascoltò con cura tutte le cassette che la madre le aveva lasciato, tanto per imprimere ancora di più nel suo cuore la sua assenza, o per meglio dire, la sua totale mancanza di presenza. Non poteva accettare il fatto che sua madre fosse un'assassina, per di più l'assassina del suo stesso marito, di quell'unica persona che aveva voluto accanto per tutta la vita.
Non faceva altro che pensare, tanto che la sua mente non sembrava riuscire ad assopirsi neppur leggermente, vagava continuamente e incontrastata alla ricerca di una risposta.
Se davvero tutto aveva seguito questo filo logico, anche lei in fondo era un'assassina, no?
La creatrice dell'Apotoxina che aveva ucciso centinaia di persone e che continuava ad uccidere, quella sostanza che era stata la sua salvezza e la sua disgrazia allo stesso tempo. Un po' come lui per lei.
No, con lei non intendeva la sua stessa persona. Per niente.
Parlava di Ran Mouri, quella ragazza che continuava ad aspettare l'inutile ritorno del detective da strapazzo, quella ragazza tanto fragile quanto coraggiosa, capace di grandi risate ma anche di grandi pianti.
Quella ragazza che le ricordava tanto sua sorella, l'unica figura che aveva voluto proteggerla fino alla fine.
-Inizio Flashback-

«Shiho, ti prego! Devi solo stare al loro volere, ti prometto che usciremo da qui..», l'aveva pregata con le mani giunte una ragazza dai lunghi capelli corvini. Un sorriso smagliante, a tratti malinconico.
«Non fare così, pensa che una volta uscite vivremo come due sorelle vere, ti porterò a fare shopping, ti farò conoscere il mio fidanzato! Ci divertiremo sorellina! Vinceremo noi...», concluse la giovane Akemi stringendo forte la mano della sorella ancora scettica.
«Akemi-neechan...non so. Questo non farà di me un'assassina?», chiese quella più a se stessa che alla sorella, continuando a fissare il tavolo del bar.
«Shiho...devi sempre andare incontro al tuo destino, non sfuggire da esso. La mamma me lo ripeteva sempre, sai? Sei tu che costruisci il tuo futuro, fai vedere a tutti quello che vali», sorrise, questa volta in modo sincero.
-Fine Flashback-
Quelle parole le ricordarono tanto quelle che proprio lui, le aveva detto. Quella volta che c'era stato il caso del dirottamento dell'autobus, quella volta che era riuscito ad imprimere con la sua presenza un vuoto dentro lei, vuoto che solo lui riusciva a colmare con il suo essere se stesso.
'Non sfuggire dal tuo destino, Haibara', se non fosse stato per lui chissà come sarebbe andata.
Ma adesso che tutto sembrava essere finito, qual era il suo vero destino?

Era ancora presa in quei pensieri che la tormentavano da troppo, quando una presenza alle sue spalle non fece altro che aumentare il suo strano disagio.
«E' strano non vederti più con quello strano camice nel corpo di una bambina, sai?», chiese beffardo sorridendo appena, l'oggetto di tanto disagio.
«Non hai niente di meglio da fare Kudo-kun?», rispose con un'altra domanda la scienziata.
«Mi domandavo come stessi...sai, per tutto quello che è successo, intendo», esordì improvvisamente serio.
«Tra i due credevo che quello a stare nella situazione peggiore fossi tu, comunque tutto bene, grazie dell'interessamento, non sono tipo che si fa sorprendere», rispose secca Haibara.
«Sempre molto cordiale, eh? Comunque sei un tipo che sa fingere...», la punzecchiò malinconico Shinichi.
«Non sei nella posizione migliore per dire questo, lo sai vero? O devo ricordarti di tutti i 'Tornerò, aspettami', 'E' un caso difficile, mi tiene occupato, bla bla'», continuò quella, acida.
«Lo so benissimo, ho intenzione di rimediare. Anche tu dovresti farlo, sai? Rimediare a quello che in tutti questi anni hai fatto a te stessa», rispose il ragazzo più diretto che mai.
«Trova la tua felicità, ma soprattutto una cosa...custodisci il passato, ma vivi il presente», concluse quello dirigendosi verso l'uscita.
«Cos'è, d'improvviso hai cambiato professione? Da detective a filosofo?», rispose quella, seria come non mai non badando a quelle parole. Parole che in realtà le avevano perforato l'anima.
Aveva ragione lui, purtroppo. Ma c'era una cosa che non poteva cambiare e lo sapeva benissimo: lei aveva già vissuto. E con lei, intendeva Shiho Miyano. Sofferenze, attimi di disperazione, brevi spiragli di felicità, immensa malinconia. Aveva vissuto quel poco, ma aveva vissuto. 
Adesso toccava ad Haibara, ma Haibara dov'era in quel momento? Che fine aveva fatto?
Sparita per sempre.
E non sarebbe mai più tornata, giusto?

-Ore 20 e 30, Villa Kudo-
Arrivò puntuale Ran, non tardava mai gli appuntamenti, figuriamoci se c'era lui di mezzo.
Suonò il campanello, sistemandosi meglio la parte inferiore del vestito. Per quella sera aveva scelto un abito bianco che aveva una bellissima gonna con delle balze che tendevano al lilla, un colore adorava.
Dopo pochi istanti eccolo apparire davanti a lei, bello come non mai.

«Non si è fatta aspettare, eh?», chiese sorridento leggermente. «Entra su, non facciamo formalità, baro! Dopotutto ci sei cresciuta in questa casa!», continuò quello ridendo.
Ran si accomodò in salotto, sedendosi comoda su quelle enormi poltrone che amava tanto, si soffermò sull'immensa libreria per poi riportare il suo sguardo alla parte più bella della stanza.

«Mi basta pensare a tutte quelle volte che l'ho pulita durante la tua breve assenza! Sonoko non mi sopportava più, la costringevo sempre!», affermò quella, ripensando al sonoro sbuffare dell'amica.
«Baro! Nessuno ti aveva chiesto...quindi non lamentarti!», rispose quello fingendo un leggero fastidio.
«COSA? E' QUESTO IL RINGRAZIAMENTO? Perché credi che lo abbia fatto?!», rispose la ragazza non riuscendo a cogliere il sarcasmo del fidanzato.
«..perché mi ami», concluse il detective ammiccante.
«Beh, ecco sì! AAAAH..ee..c-cioè??! Ma da q-quando sei così d-d-iretto? T-Ti hanno dato qualcosa?», chiese quella spalancando le iridi color indaco, una tonalità piuttosto rosea le colorava il volto leggermente truccato.
«Noi detective agiamo su supposizioni, dovresti saperlo! Quella è una mia supposizione! Devo indagare per vedere se si tratta di verità!», continuò quello ancora più ammiccante, alzandosi dalla grossa poltrona e avanzando verso di lei, sicuro come non mai.
«..c-come h-hai intenzione di indagare?», rispose Ran cercando di apparire sicura, anche se in realtà si mostrava leggermente traballante.
Shinichi adorava anche questo suo aspetto, questo suo essere goffa ma anche sicura di se stessa.

«..ma con un bel libro, ovvio!», rispose Shinichi, curvando in un sorriso.
Ran ridusse gli occhi a puntini, mentre tutte le sue aspettative romantiche andavano verso un baratro senza fine. Era sempre lei quella che non capiva nulla? Si tratterà del solito giallo, lo sapeva benissimo.
«Questa volta quale hai scelto, mio caro Holmes? Uno studio in rosso? Il segno dei quattro?», chiese con voce seccata, certa che il fidanzato non avrebbe tardato a rispondere.
«Questa volta voglio andare con un classico! Che ne dici di Amleto?», chiese spostando lo sguardo.
«Eh..? La storia di quell'eroe valoroso che vede il fantasma di suo padre e cerca di vendicarne la morte?», chiese Ran rispolverando le sue conoscenze di letteratura Inglese, materia che non amava molto.
«Proprio lui. Sai che è un personaggio conosciuto per vari punti fondamentali, no?», chiese Shinichi, assumendo l'aria di un vero professore.
«Beh..se non ricordo male si tratta della gelosia, della vendetta, il rapporto con i genitori e..la menzogna!
Sì, ora ricordo! E' un personaggio innalzato da tutti, che però viene criticato per il fatto che fosse abile nel mentire! Come si dice...astuto e quindi diabolico», rispose la karateka, come se fosse davvero interrogata, non cogliendo il significato che c'era dietro quella domanda.

«Diciamo che questo suo aspetto viene criticato in modo superficiale...», iniziò il detective.
Ran sembrava capire dove quel discorso stesse andando a parare. Aveva intenzione di rivelarle la verità di quei cinque anni? Quel caso così importante? Menzogna? Allora aveva azzeccato tutto.

«..molti non sanno che lo fece per proteggere Ofelia, l'unico vero amore che ebbe. Amore che preferì abbandonare, amore che preferì allontanare per evitare che fosse inutilmente coinvolta in quell'assurda faccenda. Un sentimento che portò sempre con sè, insieme a quella finta verità», concluse fissandola serio.
«..è anche vero che però Ofelia si suicidò, per quell'amore che non ebbe. Quella menzogna aveva agito su di lei come un veleno, chissà come sarebbero andate le cose se lei avesse saputo. Magari avrebbe abbandonato suo fratello e suo padre per stare con il suo unico amore, magari tutto avrebbe preso una diversa piega...», continuò la karateka, certa del fatto che i due protagonisti in questione altro non erano che lei e Shinichi.
«Magari Amleto l'amava così tanto da sacrificare la sua stessa vita per lei. L'avrebbe tenuta lontana a costo della sua stessa vita, non gli importava cosa potesse pensare lei..perché proprio lei era al primo posto», si alzò di scatto Shinichi poggiando le mani sulle spalle di lei.
«COME POTEVA RITENERLA IMPORTANTE E MENTIRLE? Quando ami davvero una persona riusciresti a condividere tutto con lei! TUTTO!», rispose quella urlando, gli occhi lucidi, lo sguardo sprezzante.
Oramai non stavano più parlando per soprannomi, erano loro. Era diventata la loro storia, e qui non c'era nessun Amleto, nessuna Ofelia e nessun racconto. Erano Ran e Shinichi soltanto.

«Ran...io....», il detective cercava di spiegarsi ma sapeva benissimo, che qualunque cosa sarebbe stata inutile, Ran odiava le ingustizie ed i bugiardi, chissà magari stava già capendo, decise di farla sfogare.
La karateka pianse silenziosamente rivolgendo poi lo sguardo verso Shinichi, uno sguardo che voleva comunicare tutto, ma che non ci riusciva.
«Shin'ici...tu pensi che Amleto e Ofelia e-ebbero il l-loro m-momento?», chiese con gli occhi ancora bagnati, tremando appena e accarezzando la guancia dell'amico d'infanzia.
Shinichi sorrise malinconico per quell'affermazione, era tutto inutile. Qualunque cosa fosse successa Ran non srebbe mai riuscita a cancellarlo dal suo cuore, la stessa identica cosa che non poteva fare lui.
«Non ci è stato dato dall'autore..ma conoscendo Shakespeare credo che non abbia dato loro questo breve attimo di felicità...», concluse fissando il basso, tristemente.
Ran prima ancora di porre quella strana ed indiretta domanda in realtà, aveva già deciso da sempre. Aveva già deciso quando quella volta* lo rivide nel caso dello Shiragami, quando le chiese di aspettarlo per l'ennesima volta. Aveva già deciso a Londra, quando sotto il rintocco del Big Ben aveva pronunciato quelle parole che non avrebbe più cancellato dal suo cuore. Aveva deciso vedendolo morente appena quattro giorni prima, comprendendo che non ci sarebbe stata nessuna Ran Mouri senza Shinichi Kudo.
«..io qualunque cosa succeda...ti amo», pronunciò quelle due parole in modo sicuro, come non aveva fatto mai. Nè nel caso di Londra, nè quando lo aveva rivisto dopo cinque anni. 
Parole che forse risuonavano ovvie se dette da lei, lei che lo avrebbe aspettato all'infinito solo per credere alle sue bugie, parole che però riuscivano a turbare il cuore di Shinichi come nessune.
Il ragazzo allungò le braccia per accogliere la fidanzata, la strinse forte cominciando a baciarla con passione. Fu un attimo, breve e intenso. Le loro lingue giocavano insieme, si cercavano e si trovavano. Danzavano in un'armonia di sensazioni sempre nuove, ogni tocco, ogni carezza, ogni sospiro apriva un mondo nuovo, un universo che entrambi aspettavano da troppo tempo.
Si trascinarono nel letto, insieme ancora stretti l'uno nell'altra. Con un gesto elegante, Shinichi fece scivolare via il candido vestito bianco, liberandosi anch'egli del peso della sua camicia e dei pantaloni stretti.
Erano lì, l'uno di fronte all'altra. A nessuno importava quella strana situazione, quell'incontro e quello strano discorso che voleva rivelare molto di più. Entrambi non volevano rimpianti, almeno per una volta nella vita volevano sentirsi egoisti e pensare alla propria felicità, alla loro felicità.
Quando anche la biancheria intima divenne di troppo, i due amanti riuscirono finalmente ad unirsi in modo indissolubile, quel contatto che avevano tanto sospirato, quel tocco che avevano bramato.
Ran solo per Shinichi, Shinichi solo per Ran. Tutto era stato dimostrato, i gesti più nascosti erano stati compiuti, le voglie più remote colmate. Il sentimento di entrambi poteva manifestarsi nel più grande gesto che poteva esserci, essere il tutto, l'uno dell'altra.
Si addormentarono così, con un po' di stanchezza ma con una nuova consapevolezza: quella di essere l'uno, l'essenziale che serviva ad entrambi. Passarono le ore, e quel contatto li accompagnò fino all'alba.


«..stai dormendo? Sempre la solita», chiese teneramente Shinichi spostando un ciuffo di capelli ribelli dalla fronte della ragazza, che dormiva beata tra le sue braccia.
«Sei sempre la solita baro, non mi hai voluto ascoltare...hai rischiato il tutto per tutto, ma quali rimpianti, ma quali pentimenti..tu non ci hai proprio pensato, la razionalità non ti appartiene proprio, eh?», concluse rivolgendo il più dolce dei sorrisi alla karateka, nella speranza che questa potesse sentirlo.
«..ma ormai ho deciso. Anche se tu non vuoi conoscere la verità. Non appena ti sveglierai comincerò dal principio, anche a costo che tu mi possa uccidere nel momento in cui ti rivelerò che in realtà, il tuo amato fratellino Conan sono i-io...AAA-AAAH», non riuscì a concludere, una fitta riuscì a comprimergli il cuore.
Cominciò a sudare freddo, le iridi azzurre spalancate. Strinse la presa sulle candide lenzuola.

-Diciamo che dovrebbe essere definitivo ma non è ancora stato provato, dovremmo vedere i suoi effetti e registrare i tuoi cambiamenti. Ricorda che dopo questo, c'è il nulla. Se non funziona tornerai ad essere Conan, per sempre. Meglio non correre troppo Kudo-kun...-
Una fitta che purtroppo, conosceva benissimo. Forse, aveva davvero corso troppo.





 

 

____________________________
...non odiatemi, ddddai. Ve lo aspettavate tutti, no? Ebbeh.
Il capitolo non mi piace per niente, diciamo che inizialmente non dovevano arrivare a quuuueeeel punto eheh, però ho pensato che giunti proprio alla disperazione a Ran non importasse più nulla, dopotutto quella ragazza è stracotta, mi è sembrato un comportamento IC da parte sua.
Lo perdonerebbe sempre, comunque e in qualunque circostanza ç______ç Ma qui la cosa diventa seria x'D
Per una volta che il nostro Shinichi vuole parlare non gliene danno l'occasione, come può dire di no agli occh languidi di Ran? Eh eh.
Ma adesso cosa farà? Niente più antidoti, Haibara era stata chiara. 
Siamo arrivati nell'arco finale ragazzi, credo che ci saranno altri due capitoli e l'epilogo di questa strana storia AHAHAH u.u
Beh, ringrazio tutti quanti continuano a recensire e tutti quelli che hanno aggiunto ai preferiti/ricordate/seguite! Vi amo tutti!! :**
Alla prossima! :D

 


Misa

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Capitolo 11
*** Resta con me ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

10.
Resta con me.


Si rivestì in tutta fretta, evitando di produrre il più silenzioso tra i rumori.
Cosa avrebbe fatto se lei si fosse svegliata? Come le avrebbe spiegato tutto in una volta? 
Ma cosa stava andando a pensare. Non poteva più spiegarle niente, Haibara era stata chiara e ancora una volta lui era andato contro la sua parola, contro la sua razionalità. Solo per ascoltare il suo egoismo.
Solo per non vederla più soffrire, piangendo davanti alla loro foto come se fosse una lapide, un ricordo lontano. Aveva sbagliato fin dall'inizio, adesso era davvero arrivata la fine.

-Diciamo che dovrebbe essere definitivo ma non è ancora stato provato, dovremmo vedere i suoi effetti e registrare i tuoi cambiamenti. Ricorda che dopo questo, c'è il nulla. Se non funziona tornerai ad essere Conan, per sempre. Meglio non correre troppo Kudo-kun...-
Lasciò tutto lì com'era, contorcendosi ancora per il dolore lancinante che gli colpiva il petto. Un ultimo sguardo rivolto verso la ragazza, verso la sua Ran. Dormiva beata, cosa poteva saperne?
Aveva il volto sereno di chi finalmente aveva raggiunto la felicità, si fidava di lui al cento per cento, tanto da bloccarlo prima ancora che le dicesse tutto, solo per colmare il vuoto che sentiva nel cuore.
Cosa ne sarebbe stato della loro storia? Della vita insieme che da sempre sognavano? Un cumulo di ricordi.
L'accarezzò malinconicamente e dopodiché fuggì via, verso il laboratorio di Haibara.
Sentiva il vento che gli scompligliava i capelli, la brezza del mattino era sempre piacevole tranne che in quel caso. Si sentiva sudare come non mai, le ossa cominciarono a bruciargli nel corpo, come se volessero lentamente evaporare. Si sentiva uno stupido, un fallito.
Arrivò ansimando alla porta del dottor Agasa, bussò con violenza torcendosi su stesso, quella era una delle fitte finali, oramai le conosceva benissimo. Le odiava da sempre, perché ogni qualvolta rovinavano tutto.
Haibara aprì la porta spalancando gli occhi, non ebbe nemmeno il tempo di pensare che il detective le cadde tra le braccia ormai privo di forze, il suo presentimento si era avverato davvero.

Gli bastarono solo tre minuti per tornare quello di un tempo. E con quello di un tempo si parla sempre di lui, Conan Edogawa, ragazzino undicenne diventato ormai come una maledizione per Shinichi Kudo.
Colui che non riusciva a fargli vivere la sua vita, colui che aveva rovinato tutto con la sua comparsa.

«K-Kudo-kun...?», lo chiamò tentennando Shiho, convinta del fatto che tra un po' la stessa identica cosa sarebbe toccata anche a lei. Odiava ammetterlo, ma non le dispiaceva affatto.
«.....è finita», rispose la voce da ragazzino. 
«Io te l'avevo detto, non avevo la sicurezza...però forse..», continuò la scienziata seria, cercando di non essere troppo dura. Anche se in realtà sapeva benissimo che era tutto inutile.
«Nessun però, voglio solo una risposta. E' finita, si o no?», chiese serio il mini detective penetrando con gli occhi blu quelli speculari della ragazza che aveva di fronte.
«...Sì», rispose quella osservandolo per un istante, portando poi lo sguardo al soffitto.
Shinichi non rispose, spalancò le iridi portandosi le mani alla fronte. La testa bassa, i denti stretti in una morsa, il vuoto assoluto per una volta riusciva a colmare il suo cervello, la sua assoluta razionalità.
«Le tue cellule sono riuscite a produrre una difesa anche per l'antidoto definitivo, il tuo organismo si è ormai abituato alla presenza dell'apotoxina, diventata parte integrante del tuo corpo. Qualunque cosa che la contrasti viene ritenuta un batterio e lentamente viene eliminata, sempre più in fretta», concluse Shiho.
Quelle parole penetravano nella mente del detective, rimbombando con una forza ed un rumore assordante, rumore che riusciva a perforargli i timpani, rumore che non voleva sentire nemmeno.
Era come se il suo organismo fosse appeso ad un filo, soggetto a continue pulsazioni che continuavano a tenerlo in vita. E lui viveva sì, ma solo grazie a quelle pulsazioni.
Adesso era come se gli avessero tolto le fondamenta, e quel gran palazzo che prima riusciva ad essere così confortevole ed accogliente, adesso appariva come un cumulo di macerie.
Si avvicinò lentamente verso la scrivania, dopodiché aprì uno dei cassetti dove trovo i suoi occhiali da Conan. Li indossò silenzioso.
 «Bene, adesso scusami ma devo andare», rispose secco il ragazzino, alzandosi e dirigendosi verso l'uscita.
Haibara non provò nemmeno a fermarlo, lo osservò incamminarsi in lontananza silenzioso come un'anima morta.

I raggi del sole filtravano nella stanza, illuminando il volto della giovane karateka. Adorava quel tiepore che sentiva al mattino sulla pelle, riusciva a portarle vigore dopo una lunga dormita.
Si stropicciò ripetutamente gli occhi, sorridendo beata. Poteva finalmente gridare al mondo tutta la sua felicità, non riusciva più a trattenersi, tanto il suo cuore stava scoppiando di gioia. Era come se dopo una vita intera i suoi sentimenti fossero arrivati dritti al cuore di Shinichi, nella loro più immensa purezza.
Sentiva un misto di sentimenti contorcerle il cuore, ansia e smarrimento avevano fatto posto ad un calore nuovo, ad una nuova esistenza con l'unica persona che per lei esisteva al mondo. 
Quella gioia però, riuscì a svanire in un istante, insieme all'oggetto dei suoi desideri che non era più accanto a lei. Uno strano presentimento le albergò in mente ma non ci fece caso, sentiva di potersi fidare al cento per cento di Shinichi, come di nessuna persona al mondo.
Tante volte aveva ripromesso a se stessa di non farlo, ma il più delle volte riusciva a rimanerci fregata, ingannata dal suo stesso cuore che le diceva di amarlo, facendole dimenticare ogni più remota forma di strana razionalità. I presentimenti sfuggirono quindi dai suoi pensieri, magari era solo in cucina no?
Lo chiamò a gran voce, avanzando a piccoli passi verso la stanza accanto. Una volta aperta la porta, il suo bel sorriso scomparve immediatamente dal candido volto: Shinichi non era nemmeno lì.
Decise di chiamarlo al cellulare, magari aveva avuto un contrattempo e non era riuscito ad avvisarla o più semplicemente, non le andava di svegliarla. Era una cosa che gli si addiceva.
Uno squillo, due squilli e poi niente. Il vuoto o meglio, la voce della segreteria che comunicava che il cellulare era appena stato spento. Che motivo aveva di spegnerle il telefono in faccia?
Magari era stato coinvolto in qualche caso e adesso si trovava sulla scena del crimine, era impensabile che le rispondesse. Doveva essere andata così, sicuramente.
Decise di non pensarci e tornare a casa, magari si sarebbe fatto risentire lui pomeriggio, senza bisogno che lei lo assillasse di continuo. Si sentiva una vera mogliettina e arrossiva al solo pensiero. Tanto era l'imbarazzo che si dimenticò di un piccolissimo particolare: suo padre l'aspettava a casa la sera prima e le avrebbe urlato contro non appena tornata. Aveva ventanni sì, ma per Kogoro era pur sempre la sua bambina e non era certo abituato a vederla dormire fuori la sera, figuriamoci con il suo amato Shinichi.
Chiuse la porta di fretta cominciando a correre verso l'agenzia che distava pochi isolati da Villa Kudo, nella mente cominciava già a creare tutto il discorso da dire al padre in segno di scuse.
Era talmente presa da quei ragionamenti che urtò senza accorgersene una piccola figura che camminava a testa bassa senza fissara la strada.

«Ehi piccolo devi stare attento qu-...eehh?! C-Conan-kun, sei tu?!», lo sguardo della ragazza si illuminò di immensa felicità. Se solo avesse saputo come stavano le cose in realtà...
«Oh, scusami Ran-neechan», rispose secco il "fratellino" cercando di mantenere il solito sorriso infantile.
«Qualcosa non va? Non dovresti essere con i tuoi a Los Angeles?», chiese la ragazza accarezzandogli il volto.
«Oh, siamo tornati qui per un po'..», rispose il ragazzino occhialuto.
«Ma che bello! Andiamo subito a dirlo a mio padre, sarà felice! Oh, Conan-kun non è che hai visto Shinichi vero?», chiese quella più diretta che mai.
Un colpo al cuore. Una lama nello stomaco. Un veleno in corpo.
«No, non lo vedrò più», rispose quello, serio come non mai curvando un sorriso malinconico. «Ehm, volevo dire che non lo vedo da un po' e che visto che non c'è mai forse io sarò già partito, quando lui sarà tornato», concluse cercando di essere più convincente che mai.
«Oh ecco, mi sembrava che tu stessi per andare non so dove adesso o che fosse successo qualcosa di brutto a lui, perché sai è tornato già da un po', anche se tu non hai avuto modo di vederlo», rispose quella sorridendo.
«Ah, bene allora forse potrò salutarlo», rispose quello continuando a recitare. «Comunque scusami Ran-neechan, ma devo andare ad avvisare Genta e gli altri che sono tornato, erano in pensiero», concluse.
«Va' pure, tranquillo! Stasera per festeggiare ti preparerò il tuo piatto preferito!», e si allontanò allegra.
Ran io non merito niente, non merito di starti accanto...perdonami se puoi...

Continuò ad avanzare a passo lento, era come se ogni parte di linfa vitale gli fosse stata asportata dal corpo. Tutto fino all'ultima goccia, si sentiva morire. In quel momento non poteva di certo andare dai giovani amici del club dei detective, non poteva proprio. In quel momento, erano tre le cose che avrebbero potuto risollevargli il morale: il suo aspetto da Shinichi, la compagni di Ran oppure...un incontro con il suo migliore amico di sempre, il detective dell'Ovest che non lo abbandonava mai.
Inutile dire che escludendo per forze maggiori le prime due possibilità, l'unica rimasta fu senza dubbio la terza. Telefonò quindi all'amico detective, scoprendo che in realtà quello si trovava a pochi isolati da lui.

«Ehi Kudo! Qual buon vento? Sai le coincidenze del destino, sono proprio sotto casa tua! Aspetta ma...questa v-voce...non dirmi che..», il ragazzo di Osaka non ebbe nemmeno il tempo di parlare che la voce del ragazzino confermò ogni suo sospetto. «Dimmi dove sei precisamente, arrivo subito», concluse.

Si videro dopo pochi minuti, i loro sguardi si incontrarono e parvero capirsi in un istante. Accadeva sempre così, in ogni momento e in ogni situazione. Che si parlasse di casi da risolvere o di scuse da inventare, riuscivano sempre ad essere i due lati opposti e identici di una stessa medaglia, le due facce complementari.

«..sei proprio sicuro che non c'è più niente da fare?», chiese malinconico Heiji.
«Il mio corpo si è abituato e ritiene normale la presenza dell'effetto apotoxina, di conseguenza il mio vero corpo per me è come se fosse un estraneo batterio..», rispose Shinichi, con un sorriso malinconico.
«Dannazione! Non è giusto Kudo...t-tu, tu non lo meriti affatto!», esordì l'amico di Osaka sbattendo ripetutamente il pugno contro il muro. 
«Hattori è tutto inutile...devo rassegnarmi», rispose quello.
«KUDO! Ma cosa cazzo ti succede?! Io non ti riconosco più, tu non sei quello che lotta fino alla fine per scoprire la verità? Quello che non si arrende mai, anche quando sembra arrivata la fine? Dov'è quello che considero il mio più degno rivale? Dov'è il mio migliore amico?», rispose secco Heiji, alzando leggermente il tono di voce. Conosceva bene l'amico, sapeva più di ogni altro che doveva riuscire a smuoverlo.
«Quello di cui parli è Shinichi Kudo, Hattori. Haibara mi ha chiaramente detto che non tornerà più», rispose.
«NON MI FARE INCAZZARE, KUDO! TU SEI TU E BASTA! DOVE LA METTI RAN? COSA LE RACCONTERAI?! NON PUOI ABBADONARLA DI NUOVO, VUOI FARLA SOFFRIRE?», chiese aggrassivo Heiji prendendo il ragazzino per il colletto e fissandolo negli occhi blu.
«Credi che io non ci pensi, Hattori? CREDI CHE IO NON PENSI A LEI? PROPRIO PER QUESTO ME NE ANDRO' PER SEMPRE, NON VOGLIO CHE RIMANGA ATTACCATA AD UN RICORDO PER L'ETERNITA', CAPISCI?!», si liberò dalla presa Shinichi, urlando contro al migliore amico e sbattendo forte i pugni sul suo petto. Aveva finalmente liberato tutto quello che sentiva, tutto quello che provava in quel preciso istante. Rabbia, dolore, malinconia e immensa tristezza. Un senso di impotenza che riusciva a sopprimerlo più di mille tonnellate, la consapevolezza di essere debole.
Rimasero così, immobili in quella posizione. Nessuno aveva il coraggio di osservare l'altro negli occhi, consapevole che in quel momento l'unica cosa che poteva aiutare era il silenzio.


«...cosa hai intenzione di dirle?», chiese Hattori rompendo la tensione.
Il detective dell'Est non rispose, si limitò a lanciare uno sguardo malinconico all'amico per poi curvare la sua attenzione sul muro che aveva di fronte.
«Hai due possibilità, lo sai: O le racconti tutta la verità, o sparisci per sempre dalla sua vita», concluse al posto suo Heiji. Inutile dirlo che anche l'amico detective conosceva la decisione di Shinichi.

-Ore 19:30, Agenzia Investigativa Mouri-
Ran si apprestava a preparare il riso al curry, uno dei piatti preferiti del fratellino. Non riusciva nemmeno a spiegare l'affetto che provava verso quel ragazzino, era un qualcosa di molto, molto speciale.
Forse le era subito entrato nel cuore per il suo modo di fare, quel suo atteggiamento così adulto, quelle sue passioni così strane, quelle movenze che riuscivano a colmare l'assenza di una parte che gli assomigliava molto: Shinichi. 
Rise a quello strano pensiero, come poteva un bambino colmare l'assenza della persona che ami? Eppure per lei in un certo senso era stato così, se non ci fosse stato Conan non sarebbe riuscita ad andare avanti tutto quel tempo senza Shinichi, gli doveva molto.
Era ancora presa in questi pensieri, quando il suo cellulare rosa squillò.

«Pronto?», rispose allegra senza poter immaginare il contenuto di quella telefonata.
«Ran, sono io», rispose la voce dall'altro lato della cornetta.
«Oh, Shinichi! Ma dove sei stato? Non sai che spavento mi sono pres-», non riuscì a continuare.
«Ti ricordi la cosa che dovevo dirti?», chiese diretto il detective.
«Ah sì, ma è meglio se ne parliamo di pres-»
«Ran, dimenticami», concluse secco, senza alcuna nota di emozione.
«..dicevo è meglio di pres-..cosa?», chiese timorosa la karateka sperando di aver capito male.
«La verità è che amo un'altra, Ran...mi dispiace», concluse quello.
«..A-ah?», fu l'unica cosa che uscì dalla bocca della ragazza. Inq uel momento l'unica cosa che deisderava era essere sorda, per non sentire nulla. Voleva vederlo, voleva osservare i suoi occhi mentre pronunciavano quelle due parole. No, non poteva crederci, non dopo quello che era successo. Avrebbe voluto urlargli contro, strozzarlo fino ad ucciderlo magari, sbatterlo contro il muro una volta per tutte ma...si sentiva come morta.
«Mi dispiace..», due parole rimbombarono nell'orecchio della karateka seguite da un sonoro 'tuu-tuu-tu'.
Il telefono rosa le cadde dalle mani precipitando sul pavimento in un rumore sordo. Sicuramente lo schermo si era scheggiato o addirittura spaccato. Ma a lei non importava nulla in quel momento. L'unico vuoto che sentiva era nel petto, altro che scheggiatura del vetro. Il suo cuore si era davvero rotto, in due parti.
Come se nulla avesse più senso, come se nulla avesse mai avuto senso davvero.
Lo sguardo fisso nel vuoto, incontrò per puro caso la figura di Conan che, con la testa bassa si apprestava a raggiungerla. Aveva da sempre avuto ragione, quel ragazzino riusciva ad assumere le stesse espressioni della sua anima, come se lui sapesse già tutto quello che era appena successo.

«...Conan-kun?», chiese timorosa osservando il ragazzino che rispose alzando il capo. «Ti prego Conan-kun...non...andare...via...», una richiesta lieve, uscì appena dalla sua bocca.
Si inginocchiò all'altezza del ragazzino, abbracciandolo forte con entrambe le braccia e piangendo. Piangendo tutte quelle lacrime che lui non meritava, tutte quelle lacrime che volevano lavare via tutto quel male, tutte quelle parole che aveva sentito. Volevano cancellarlo per sempre, ma non ci riuscivano.
«...ti prego, resta qui con me», un'ultima flebile richiesta, dopodiché solo il rumore straziante del pianto.






____________________________
AAAAAAAAALT!
Fermi con le pistoleee, feeeeeeeermi! Eh? E quello cos'è? NO, IL CIANURO NO! *fugge*
Eee-eemh. So benissimo che mi odiate e lasciatevi dire una cosa, mi odierete ancora di più. L'inevitabile è accaduto, tutti se lo aspettavano e se lo immaginavano! Ho mai detto che questa sarebbe stata un storia a lieto termine? No u.u
Ecco. Quindi che dire niente! Solo che dopo di questo ci sarà un altro capitolo bomba, e poi un altro finale, non so se ci infilo anche l'epilogo, bisogna vedere come riesco a strutturare il tutto!
Shinichi purtroppo ha perso ogni speranza, vi assicuro che non c'è più niente da fare e lui lo sa benissimo! Infatti non è da lui arrendersi maaaaaaaa 'una volta eliminato l'impossibile, quel che rimane per quanto improbabile, deve essere la verità', no? Ecco.
Nel prossimo capitolo tutto sarà spostato di altri cinque anni, giàààà giàà! Ci sarà una breve panoramica dei vari personaggi dopo tutto questo tempo e poi qualcos'altro! u.u Bene, adesso potete anche tirarmi i pomodori!
Grazie a tutti voi che continuate a recensire anche con questo caldo torrido eeeeeeeeeeeeeeeee...alla prossima! 

 

Misa

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Capitolo 12
*** Certezze incerte. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

11.
Certezze incerte.

•••

Cinque anni dopo, nulla sembrava cambiato, o quasi.
Ayumi e Genta si avviavano verso casa, la dolce ragazzina si era trasformata in una bellissima ragazza, i lineamenti più femminili e marcati, i portamenti signorili e aggraziati. «Genta-kun, perché Conan-kun non è tornato con noi? Ayumi è triste..», chiese col volto malinconico.
«Ayumi-chan non pensarci! Deve andare da Ran-neesan..sai...io l'ho sempre detto che lui, in fondo in fondo...», alluse Genta.
«Ma smettila, Genta-kun! Hanno dieci anni di differenza!», sbuffò contrariata. Genta preferì addentare un cornetto.
Qualche isolato più in là, una scienziata trafficava con delle boccette contenente uno strano liquido rossastro, un ragazzo abbastanza alto continuava a porgerle tutto ciò che le serviva. Quello oramai era il loro mondo, il loro rifugio dopo la scuola. 
Lei oramai era Haibara, e non le dispiaceva affatto.
«Haibara-san, le provette posso conservarle?», chiese quasi con timore il ragazzo diciassettenne.
«Fai pure», un leggero sorriso aveva preso forma sul viso dell'ex scienziata. «Puoi anche andare, abbiamo finito».
«E-Emh io...voglio aspettare te!», esordì sicuro di sé, con una consapevolezza nuova nel cuore.
Haibara spalancò appena gli occhi, per poi tornare alla sua solita espressione indifferente. «E sia, allora». 
Mitsuhiko sorrise, diciamo pure che spalancò ogni parte del suo viso, correndo felice verso la porta.
La scienziata si lasciò andare ad una tenera espressione, chissà quando sarebbe arrivato il momento, se sarebbe arrivato.
Le tue attenzioni per una che che è sempre stata sola, non dispiacciono sai? Proprio per niente, Mistuhiko-kun.

•••

Era decisamente un vestito meraviglioso. Di un bianco lucente, reso ancor più luminoso dalle miriadi di piccoli diamanti che ora risplendevano come stelle alla luce artificiale della lampada da tavolo. Ran allungò lentamente una mano e sfiorò leggermente il tessuto morbido del suo vestito. Non ne aveva mai visti, di così belli.
Il mio vestito da sposa…già.
Ripensò al vestito che aveva visto appena una settimana prima su di Kazuha, era davvero meravigliosa, così radiosa. Sembrava davvero una principessa, chi non sarebbe al settimo cielo sposando l’uomo che ama? Soprattutto dopo mille ostacoli e mille peripezie? Per Kazuha ed Heiji era andata proprio così, si meritavano davvero la felicità.
Percepì alcune voci provenienti dalla stanza da pranzo, più altro si trattava di urla. Sua madre, Eri, era tornata per il suo matrimonio, voleva essere vicina alla figlia in un momento tanto importante. Avrebbe anche cercato la pace con il marito. Peccato che tutto era già andato in fumo la sera prima quando Kogoro, ubriaco fradicio, ci aveva provato con la cameriera. Inutile spiegare la reazione di Eri...
Ran sospirò mentre con le dita sfiorava una delle piccole pietre preziose che ricoprivano quasi completamente l’abito.
Avrebbe voluto vederli andare d’amore e d’accordo almeno per una volta, prima della sua partenza.
… partenza …
Si accorse di vedere sfocato e si sfregò gli occhi con le mani. Le scoprì umide di lacrime.
Ma perché piango? Ho fatto una scelta ormai… non posso più tirarmi indietro. E il matrimonio è tra tre giorni…
Ricacciò indietro le lacrime e si mise seduta sul letto. Il suo sguardo vagò per la stanza come in cerca di qualcosa –qualunque cosa- che le donasse un po’ di conforto. Non trovò nulla e allora il suo sguardo ricadde nuovamente sul vestito da sposa accanto a lei, sul letto.
Ecco, su quello doveva concentrarsi! Sul fatto che era davvero fortunata a sposarsi con un abito simile -doveva essere costato una fortuna- , che con quel vestito avrebbe raggiunto all’altare una persona meravigliosa che l’amava.
E anch’io lo amo… giusto?

Giusto…?

Ran cercò di sorridere, di creare dentro di sé una certezza, qualcosa che la rendesse forte… qualcosa che le togliesse quel nodo dalla gola che minacciava di farla piangere.
«Sì, lo amo», sussurrò rivolta a se stessa, «Tomoaki è un ragazzo meraviglioso… dolce, sensibile, romantico…»
La sua voce si alzò e prese un ritmo veloce ed entusiasta, «E’ poi è anche bello e in gamba! Sonoko me lo invidia e mi dice sempre che sono stata fortunata. Non potrei desiderare niente di meglio!» Pronunciò allegramente queste ultime parole e si alzò, stiracchiandosi. 
L'aveva da sempre corteggiata, fin da quando era soltanto una liceale. Da allora erano passati dieci anni, aveva ventisei anni.
Era anche ora che si sposasse, vivendo la sua vita, con una persona che l'amasse, no? Sì, era sicuramente così.
Adesso si sentiva un po’ meglio. Almeno un po’. Anche se quello straziante nodo in gola era rimasto e lei sapeva per quale motivo era lì. Ma non voleva scioglierlo, quel nodo, perché piangere per una persona che non ti vuole… che ti ha abbandonato… che ti ha detto di non provare nulla per te con un tale freddo nella voce da gelare le ossa e il cuore… no, lui non meritava le sue lacrime.
Accigliata, i suoi occhi tornarono nuovamente al letto e all’abito bianco. Era ora che lo riponesse, al matrimonio mancavano ancora alcuni giorni, mica poteva tenerlo steso sul letto fino ad allora!
Ran si mosse e si chinò ad afferrare il vestito. Bianco come la neve. Sembrava ancora più candido in contrasto con il copriletto blu. Blu come il mare, profondo e incolmabile. Il colore che assume il cielo dopo il tramonto, quando il sole è svanito ma la notte non è ancora arrivata ad inghiottire forme e colori. L’orizzonte ha ancora il colore aranciato del tramonto ma basta alzare gli occhi al cielo ed ecco che la visuale viene sommersa da un blu cobalto, caldo e vibrante. Il blu dei suoi occhi…
Shinichi…
Senza rendersene conto aveva cominciato a piangere. Senza singhiozzi, solo lacrime che cadevano come perle sui diamanti del vestito, che splendevano ancor più di essi alla luce della lampada. E nella sua mente… frasi, parole… e freddo.
“Ran, mi dispiace”
Nessuna nota di dispiacere. Nessuna nota di un qualsiasi sentimento, in verità… voce atona, come quella di un automa.
“Il fatto è… che amo un’altra.”
Non avrebbe mai capito come fosse possibile sentirsi esattamente come se un proiettile ti avesse trapassato da parte a parte il cuore senza che fisicamente ti fosse accaduto nulla.
Silenzio dall’altro capo del filo. Poi un'unica frase, sbrigativa, gelida.
“Dimenticami, Ran”
…e la conversazione –se di conversazione si poteva trattare- finì così, senza che lei riuscisse a replicare…
ma cosa avrebbe potuto rispondere senza cedere ai singhiozzi, senza temere di ricevere di rimando una frase del tipo “Possiamo rimanere solo amici”, senza sputar fuori frasi che nel suo cuore martoriato si sarebbe rimangiata perché, dopo tutto, l’amore di una vita intera non si può cancellare così, come se niente fosse-
Non lo aveva più sentito dopo quel giorno anche se, nei momenti in cui la rabbia prendeva il sopravvento sul dolore, avrebbe voluto sentire il telefono squillare, alzare la cornetta e dirgli con la massima tranquillità che aveva trovato una persona che l’amava veramente, che si sposava… e sentire di nuovo il gelo nella sua voce… la durezza nelle sue parole… voleva avere di nuovo l’impressione di star parlando, non a carne e sangue, ma ad un essere di metallo e di pietra… per poterlo ricordare così, e non come il ragazzo allegro e a modo suo dolce con il quale era cresciuta. Il ragazzo che amava da sempre, il ragazzo che le aveva dato ricordi...passati?
I ricordi facevano male. Ran smise di piangere ma il corpo tremava, scosso da singhiozzi repressi.
Non voleva, non voleva più piangere per lui.
Traballando un poco, si mosse verso il comò e aprì un cassetto per cercare qualcosa con cui asciugarsi gli occhi. Prese in mano un fazzoletto e il suo sguardo cadde su un oggetto seminascosto dalla biancheria.
Un portafoto.
Quasi con terrore lo spinse rapidamente sotto uno dei suoi pigiami.
Strinse le labbra, nervosa. Era certa di aver buttato quella foto, perché era ancora lì? Ricordava bene quella foto, come se ce l’avesse avuta ancora di fronte. E come non ricordarla, dopo averla avuta sul comodino ogni giorno e ogni notte da quando, dieci anni prima, era stata scattata?
Ritraeva due adolescenti, entrambi in posa, con dei sorrisi allegri stampati in viso. Lei, Ran Mouri, 17 anni, leggermente chinata in avanti, con una mano su un ginocchio per tenersi in equilibrio e l’altra protesa dinanzi al lei con le dita che formavano una ‘v’; lui, Shinichi Kudo, stessa età, stessa ‘v’ di vittoria e un largo sorriso. Spesso, quando si era sentita giù, aveva amato guardare quella foto. Guardare lui soprattutto. Osservare quel suo sorriso disarmante le aveva sempre dato un senso di calda serenità, un tepore nel cuore che si manifestava con un sorriso dolce e involontario, come in risposta a quello di lui.
Anche in quel momento Ran sorrideva, mentre ripensava a quei momenti così dannatamente lontani. Spinta da chissà quale inconscio desiderio, la sua mano si mosse e raggiunse il freddo metallo del portafoto sotto il pigiama. Con un sospiro lo tirò fuori, i suoi occhi vagarono a lungo scrutando ognuno dei due visi della foto… prima i propri lineamenti delicati, gli occhi azzurri brillanti di felicità… poi passò al viso del ragazzo accanto a lei e al suo sorriso che le aveva sempre donato tanto tepore e… e non sentì nulla. Niente di niente. Guardava la foto con sguardo freddo, distaccato, probabilmente la stessa espressione che aveva avuto Shinichi mentre con poche, gelide parole faceva crollare le basi di tutto il suo mondo. E Ran ora si stupiva di riuscire a guardarlo, seppur solo in foto, e di non provare nulla. E neppure si voleva sforzare di farlo. Andava bene così, in fondo.
Persa nei propri pensieri percepì, più che sentire, un bussare alla porta e una voce che la chiamava. Quando riemerse e sentendo una presenza dietro di sè si girò, trovò Conan che la guardava perplesso.
Ran sussultò. Dopo aver rivisto Shinichi, anche se solo in fotografia, era impossibile non rimanere senza fiato di fronte alla somiglianza fra i due. Stesso viso, stessi occhi. Due gocce d’acqua. Meno male che in fondo non sono del tutto uguali, pensò Ran sorridendo ironicamente, Conan non mi avrebbe mai trattata con la freddezza con cui mi ha trattato Shinichi. Peccato che adesso, Conan Edogawa, aveva sedici anni e tra un po' ne avrebbe compiti diciassette. Inutile dire che sotto quegli occhiali non solo Ran ci vedeva il suo volto, inutile dire che aveva pensato alla pazzia in quei momenti, inutile dire che non era solo una sua osservazione.
«Ran nee-chan», cominciò il ragazzo, «mi hanno mandato a chiamarti. Il pranzo è pronto». L’ultima frase la disse con una faccia disgustata e talmente comica che Ran scoppiò a ridere.
«Su, dai! Prima o poi mia madre imparerà a cucinare. E’ solo che non è molto portata per fare la donna di casa». Disse Ran, sorridendo mentre Conan metteva il broncio.
«Bah, io e lo zio siamo già abituati al mal di stomaco», rispose il ragazzo, la voce tanto simile alla sua. Ran rise di nuovo e stava per replicare quando si accorse che Conan stava fissando la foto che teneva ancora tra le mani. I suoi occhi, specchio di quelli di lui, si spalancarono in un istante.
«Oh, questa», disse imbarazzata, e in un lampo la fece sparire di nuovo sotto il pigiama, «Devo proprio decidermi a buttarla una volta per tutte». Rise scioccamente, a disagio anche se non ne capiva il motivo.
Si voltò di nuovo verso il suo ‘fratellino’. Ora l’attenzione di Conan si era spostata verso l’abito bianco sul suo letto.
«Scusami se ti ho disturbata», disse il ragazzo, senza spostare lo sguardo dal vestito.
«Ah, non ti preoccupare», rispose Ran, notando che il viso di Conan si era rabbuiato alla vista di quell’abito. «Stavo solo dando un’occhiata al vestito. Ma adesso è meglio che lo metta nell’armadio se no si rovina.» E così dicendo si alzò e si diresse verso il letto. Mentre prendeva in braccio il vestito e lo appendeva ad una gruccia imbottita, continuava a chiacchierare, «Sai, sono talmente spaventata. Dicono che sia una cosa normale, tutti hanno una certa dose di paura prima di un matrimonio. Spero di essermi ricordata di spedire gli inviti a tutti i miei amici, non potrei perdonarmi di aver dimenticato qualcuno. Oh, a proposito…»
Ran interruppe il suo fiume di parole, si voltò nuovamente verso Conan e sentì qualcosa di opprimente nel petto quando vide –o credette di vedere- un lacerante dolore nei suoi occhi. Ma fu solo un attimo. Pochi istanti e il ragazzo riprese il suo usuale, amabile sorriso. «Sì? Cosa c’è, Ran nee-chan?»
Ran rimase interdetta per un’attimo. Poi continuò la frase lasciata in sospeso.
«Stavo pensando… non siamo parenti ma abbiamo vissuto per un bel po’ di anni sotto lo stesso tetto e quindi ormai ti considero come un fratello», Notò che Conan non la guardava ma teneva gli occhi fissi in un punto imprecisato del pavimento. Ran sospirò impercettibilmente e continuò, «E quindi ci terrei molto che tu fossi presente tra le file dei miei parenti, al matrimonio…insomma, che tu fossi accanto a me, insieme a mio padre e a mia madre, nel giorno più bello della mia vita.» Con un angolo della mente si chiese se lo sarebbe stato sul serio, il giorno più bello. Non fece in tempo a rimproverarsi per questi pensieri che la voce di Conan rubò la sua attenzione.
«Ma io… veramente… non credo che ci sarò, al tuo matrimonio.»
Ran spalancò gli occhi, sorpresa. «Come? Ma perché? Io non….»
«Il fatto è che…» la interruppe Conan, “sarò già partito per quella data. I miei genitori si vogliono trasferire definitivamente all’estero e così…», rispose il ragazzo. Sarebbe scomparso per sempre, questa volta.
«Vuoi dire… che non ci sarai davvero? », mormorò Ran con la voce spezzata.
Conan alzò gli occhi e la guardò, ma solo per un breve istante. Non riusciva a guardarla negli occhi e, notò Ran con doloroso stupore, con il viso serio e le guance leggermente imporporate aveva assunto involontariamente la stessa espressione tipica di Shinichi quando era imbarazzato.
Scosse la testa con rabbia, cercando, nel suo cuore, di lenire con il rancore quel dolore bruciante che le era sorto all’improvviso. In parte ci riuscì. Era meglio odiarlo, odiare il suo 'migliore amico', piuttosto che soffrire così. Odiare quello che era stato, l'amore di una vita. Già, era stato.
Sospirò. «Conan, mi dispiace così tanto. Ma non potete rimandare la partenza? »
Il ragazzo scosse la testa, ancora senza guardarla, ancora con i ciuffi di capelli castani e le lenti degli occhiali che nascondevano i suoi occhi dallo sguardo scrutatore di lei. Con quale faccia si sarebbe presentato in prima fila al suo matrimonio? Con quale faccia le avrebbe sentito pronunciare il tanto fantomatico ‘sì’. Lui non era forte come lei.
«Capisco», disse lei e l’istante dopo lo abbracciò, stringendolo forte. Lo sentì irrigidirsi tra le sue braccia e poi lentamente, molto lentamente, rilassarsi un poco emettendo un lieve, quasi impercettibile sospiro.
Caro, ‘piccolo’ Conan-kun. Mi mancherai da morire, pensò Ran. E stranamente le sembrò che al quel pensiero qualcosa nel suo cuore si spezzasse, qualche fibra si lacerasse. Faceva male. Faceva davvero male.
Lo strinse più forte, come se la sua semplice vicinanza potesse in qualche modo lenire il suo dolore e lo sentì tremare un poco. Sentirlo così fragile la intenerì, mentre con gli occhi della mente voleva ripercorrere gli avvenimenti accaduti dalla comparsa di quel ragazzino nella sua famiglia. Per non dimenticarne nemmeno uno. Ma non ci riuscì. Le immagini che vide non erano quelle che avrebbe voluto…
Conan che tornava a casa tardi, la sera dell’ultima telefonata di Shinichi, e che, senza salutarla né guardarla, andava a chiudersi in camera per poi riemergerne la mattina successiva con gli occhi gonfi e rossi; Conan che la guardava smarrito mentre Araide Tomoaki, figlio del loro medico di famiglia, annunciava il suo matrimonio con ‘Miss Mouri’; che con gli occhi che bruciavano di blu le chiedeva se fosse veramente innamorata di ‘quel tipo’… era rimasta quasi senza parole di fronte a quel… dolore… sì, era assolutamente dolore… più di tristezza… un cuore spezzato e ardente… e lei non era mai riuscita a darsi una spiegazione logica di quel suo comportamento. Perché una spiegazione l’aveva, ma non era assolutamente logica….
Una lacrima le sfuggì e cadde sulla spalla di Conan, mentre stringeva stretto quel corpo che le trasmetteva lo stesso impercettibile calore che cinque anni prima le aveva dato Shinichi. Prima di scomparire per sempre, senza più dare notizia. E adesso anche lui l’avrebbe abbandonata. Proprio come aveva fatto Shinichi.
Intanto le lacrime continuavano a cadere. Dicevano che era normale che la sposa piangesse prima del matrimonio…
«Conan-kun… Ti prego… Promettimi…» ,Cercò invano di respirare… c’era qualcosa che la opprimeva e che le impediva di immettere aria nei polmoni, «…promettimi che mi verrai a trovare… Quando sarai più grande»
Conan si staccò da lei di scatto, stupito, e la guardò. Ran ricambiava il suo sguardo con uno triste e affettuoso.
Forse lei aveva…?
Ran alzò una mano e gli scompigliò i capelli castani con affetto.
No… lo trattava ancora da bambino…. non l’aveva riconosciuto… per fortuna…
«Allora? Me lo prometti? »
Conan distolse di nuovo lo sguardo… non riusciva a mentire e guardarla contemporaneamente.
«Sì… te lo prometto»
Un’altra promessa che non avrebbe mantenuto. 







_________________________
Saaalve! Ecco che mi odiate ancora di più. Lo so.
Ma vi avevo avvertito! Questo capitolo è incentrato sui pensieri di Ran, nel prossimo, cioè l'ultimo, avremo quelli del nostro caro Shinichi che se ne torna dritto dritto negli States ç_ç
Lo so, sono crudele e vi avverto che il tutto sarà ancora più straziante, ma spero proprio che leggerete anche l'ultimo capitolo, tanto per poi sputarmi in un occhio con più foga, no? x'D
Vi ringrazio tutti per continuare ad essere ancora così assidui nella lettura e nelle recensioni, mi scuso anzi di non essere presente nelle storie che seguo, ma sono ancora fuori sede.
Vi confesso che tutta questa storia è nata da questo capitolo, si trattava di una shot che ho letto tantissimi anni fa, di un'autrice che non è più qui su Efp, da questa shot mi è venuta l'idea di tutta la storia. Ringrazio profondamente questa autrice, grazie davvero. Prometto che in settimana mi rifarò, rileggendo tutto ciò che mi son persa.
Alla prossima :* (per l'ultima volta)

Misaki.

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Capitolo 13
*** Punto e a capo. ***


;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

12.
Punto e a capo.

•••

Passarono tre giorni, diciamo pure che volarono. Era il tempo delle unioni, era il tempo degli addii. Inutile specificare quanto Ran abbia stretto a sé quello che considerava come "il fratellino", inutile dire come Conan non riuscì neanche, a guardarla dritto negli occhi.
Tutto gli sembrava incredibilmente ingiusto, non credeva al destino, non poteva farlo. Lui era il tipo razionale, quello che riesce a scovare sempre la verità, quello che non si arrendeva di fronte a nulla. Eppure lo sapeva benissimo, da sempre...
L'unica cosa, che può sembrare insignificante ma che per lui non lo era affatto, che da sempre criticava al suo amato Holmes era il cuore. 
Perché Holmes non lo seguiva, non lo percepiva minimamente. Mentre lui sì, e di questo ne era sempre stato fiero. Ma non in quel momento, in quel momento odiava con tutto se stesso quel particolare, tanto da preferire la perdita della memoria.
Erano già le 17:00, aveva ancora un paio di ore, il suo aereo, quello definitivo, avrebbe lasciato il suo amato Giappone alle 23:00. La sua amata Tokyo, il suo amato quartiere Beika, la sua amata villa con tutti i libri, la sua infanzia, la sua amata Ran.
Per quanto riuscisse a deviare i propri pensieri, il culmine di tutto aveva sempre quel nome, il suo. Chissà cosa stava facendo adesso? Sicuramente gli ultimi preparativi per le nozze, del resto mancavano solo tre ore ore al matrimonio. Poteva andarci benissimo, ma con quale faccia?
Quella di Shinichi Kudo? Inutile scherzare, il suo inutile cuore non avrebbe retto. Non era corazzato, non era pronto a questo. Lui non era forte come lei. Lui era da sempre quello che si faceva attendere, quello che illudeva, quello che imbrogliava.
Pensò che avrebbe potuto presentarsi come Conan Edogawa, del resto la stessa Ran aveva richiesto la sua presenza nella prima fila, quella della famiglia.
E forse era quello che lo turbava di più. Come poteva? Continuare a vivere in quella menzogna, continuare ad occupare un posto che non gli spettava più da anni, che non gli era mai spettato.
Osservarla da lontano? Avrebbe solo recato dolore, e di dolore ne aveva abbastanza.
Avanzò a piccoli passi sbattendo la porta della biblioteca. Si diresse verso il bagno, dove posò gli occhiali sul lavandino, fissando con sguardo indagatore la sua immagine riflessa nello specchio.
Era Shinichi Kudo, quello sedicenne. Quanto aveva desiderato rivedere quel volto? Quante notti passate a sperare? E adesso il nulla, quel volto non serviva a nulla.
Sistemò le ultime cose che aveva nei cassetti, portando le valige all'ingresso. Scavando in profondità tra i cassetti, urtò per sbaglio una superfice soffice e calda.
Allungò il braccio per estrarne il contenuto, un maglione rosso fiammante. Quel maglione.
Quello che non era mai riuscito mettere, quello che considerava uno dei suoi tesori.
Quel maglione che le aveva fatto Ran a Natale, prendendo come spunto quello di Araide. Quanto era stato in pensiero vedendo il feeling nascere tra i due, quanto si era sentito sollevato dopo aver scoperto la verità.
Scosse violentemente il capo, arrufandosi i ciuffi corvini. Ricordare non gli faceva bene, per niente. Doveva allontanare ogni frammento di quella memoria, lasciandosi tutto alle spalle.
Senza neanche accorgersene uscì fuori, più veloce che mai. La meta era chiara.

 
•••
Arrivò all'agenzia in cinque minuti circa. Inutile dire che si pentì un attimo dopo della sua scelta, ma una volta lì non sarebbe tornato indietro. Tanto nessuno si sarebbe accorto della sua presenza, a tre ore dal matrimonio sicuramente erano tutti in giro ad ultimare le spese. Lei era l'ultima persona che poteva trovare all'interno, quindi cosa gli importava?
Avanzò a piccoli passi, la porta era solo socchiusa. Ennesimo segno della più totale confusione in quella casa. Vi entrò silenziosamente e per suo stupore, non vi trovò alcuna presenza.
O per meglio dire, trovò l'unica persona che non aveva la forza di vedere.
Ran Mouri in abito da sposa, distesa sul divano addormentata, il volto sereno di una bambina che a tratti assumeva delle espressioni velatamente malinconiche. 
Conan si avvicinò lentamente, tenendo la testa bassa. Non aveva il coraggio di osservarla con quell'abito, sapeva che non era per lui. E lei riusciva ad essere stupenda sempre, anche con quell'espressione in volto. La colpa era solo sua, ovviamente. Decise di spostare lo sguardo, accanto al divano sul comodino, c'era un bigliettino giallo, lo lesse.
"Mi raccomando Ran, alle 19 fatti trovare pronta perché dobbiamo andare dalla parrucchiera per l'acconciatura. Abbiamo l'appuntamento, quindi non fare tardi!"
Quella calligrafia, doveva essere sicuramente di Eri. Sorrise leggermente Conan, riportando poi il suo sguardo verso Ran, ancora addormentata.
Si avvicinò a piccoli passi, osservandola ancora più da vicino. In fondo, gli anni passavano ma lei era sempre la stessa. Era sempre quella bambina pasticciona che aveva paura dei fantasmi, era sempre quella che nei momenti di debolezza si appoggiava su una spalla amica, quella capace di addormentarsi perfino nel bel mezzo di una festa.
Le accarezzò il viso, sorridendo appena e avvicinandosi sempre più. Voleva farsi male, tanto non sarebbe stato minimamente paragonabile a quello della ragazza. 
Posò le sue labbra su quelle di lei, un tocco leggero e quasi impercettibile. Sentì il suo tiepore.
Per un attimo gli sembrò di tornare indietro nel tempo, solo per un breve attimo s'intende. Si staccò dopo pochi secondi, voltando le spalle alla karateka e procedendo diretto verso la porta.
Stava quasi per dimenticare il motivo della sua visita, il maglione. Lo prese e lo ripose leggermente sul divano accanto alla porta d'ingresso, non riusciva a tenerlo con sè.
Fu un attimo, e decise di uscire per sempre da quella casa.

«...Shinichi», un sibilo quasi impercettibile, la voce spezzata.
Lo sguardo del detective si spalancò, e i suoi occhi seppur per un breve attimo, riusciro a brillare di una strana luce. Si voltò lentamente, stato d'animo confuso. Immensa malinconia che lo assalì, non appena ebbe constato che in realtà, la ragazza lo chiamava nel sonno.
Non merito le tue lacrime Ran, ti prego di non perdonarmi...
Corse veloce senza conoscere la meta, o forse in cuor suo sapeva benissimo dove andare.

 
•••

-Ore 19:50, nei pressi della Chiesa di Tokyo-
«La...la...m-mia bambina!», un Kogoro disperato piangeva aggrappato al braccio della figlia. «Io n-non p-posso crederci c-che mi l-lascerai c-cosi presto!», concluse singhiozzando.
«Suvvia papà, sono già emozionata! E poi non ti lascerò mica per sempre, ho già ventisei anni! Dai che manca poco, tra un po' dobbiamo entrare...», concluse per tranquillizzare il padre.
«R-Ran sei sicura, vero? Sappi che il tuo papà sarà sempre in qui, in caso ci ripensassi...», azzardò il detective fannullone.
«Papà, ma cosa dici! Certo che sono pronta...», rispose più a se stessa, che al padre.
Il rintocco delle campane segnò l'iniziò della cerimonia, la marcia nuziale accompagnava padre e figlia verso l'altare. Inutile sottolineare quanto Kogoro cercasse, senza riuscirci, di non piangere.
Tutti erano presenti in sala. Makoto e Sonoko, tutto il corpo di Polizia, i novelli sposi Heiji e Kazuha, tutto il Liceo Teitan al completo. Un vuoto nel cuore di Ran, non vedendo "il fratellino".
Mi aveva detto che non sarebbe venuto, eppure ci speravo...
Arrivati di fronte al prete e allo sposo, il Detective Mouri capì che in quel momento doveva uscire di scena, o perlomeno, la moglie riuscì a farglielo capire tirandolo per la manica.
Ran sorrise appena, osservando tutti i suoi amici seduti sui banconi, infine rivolse il su sguardo allo sposo, che le sorrise teneramente.
«Stai benissimo...», le disse il giovane dottore togliendole il velo dal viso. Ran rispose con un sorriso, mentre uno strano flashback l'avvolgeva. 
"Stavi benissimo...anche se avrei preferito qualche scollatura in più!", spalancò gli occhi appena, per poi ritornare alla sua serietà. Come poteva pensare a questo particolare in un momento come quello?
«Siamo qui riuniti oggi, per celebrare questa felice unione tra i qui presenti, Ran Mouri e Tomoaki Araide», esordì il prete, osservandoli.
Ran cominciò a tremare, fino a quel momento non era stata così tesa, adesso tutta quella strana sensazione le stava investendo tutto il corpo, non le dava pace.
«Ehi, ci sono io con te...tranquilla...», la tranquillizzò Tomoaki. Ma il suo viso non era chiaro...
"Ci sono io con te, Ran...non ti abbandonerò mai, resterò per sempre con te, quindi taglia quel filo....", eccone un altro. Un'altra volta lui.
Non era riuscita a tagliare quel filo rosso quella volta, come avrebbe potuto farlo? "Quella volta", si intende. Il passato è passato, doveva guardare avanti.
«In questa cerimonia dove amici e parenti si sono riuniti, per far sentire la loro gioia a questi due giovani, il cui cuore è stato unito fin dal passato, da sempre...», recitava il prete.
"E' u-una cosa che d-devo dirti da s-sempre, s-solo c-che", di nuovo il suo viso, l'uscita a cena dopo il caso del Cavaliere Nero, perché in quel momento?
«Stringetevi le mani in segno di unione e scambiatevi gli anelli, recitando la formula...»
Perché il calore di Tomoaki non è come il suo, perché forse...non è lui?
«Vuoi tu, Tomoaki Araide prendere la qui presente Ran Mouri come tua legittima sposa?», chiese il prete alzando il braccio come recitato fin dai tempi antichi. 
«Lo voglio!», rispose deciso Tomoaki, rivolgendosi sorridente verso Ran.
"Ci provo, ma non ci riesco...Lo vorrei, anzi Lo voglio! Ma...come posso riuscire a comprendere, il cuore della ragazza che amo?",quella volta a Londra..come dimenticarla? Eppure doveva farlo, non ce la faceva più, si sentiva morire.
«...e vuoi tu, Ran Mouri, prendere il qui presente Tomoaki Araide, come tuo legittimo sposo?», chiese nuovamente il prete, ripetendo le stesse movenze di qualche minuto prima.
Ran rimase immobile, troppi pensieri le assalivano la mente. Sapeva che doveva pronunciare quel sì, dopo quella fatidica parola tutto sarebbe cambiato. Doveva lasciare tutto alle spalle.
Ci provò, senza riuscirci. Quell'affermazione le rimase bloccata in gola.
Perché non voleva dimenticare? Perché quel peso non voleva andarsene? Perché...lui?
«E-ehi R-ran...perché p-piangi?», chiese il giovane Araide terrorizzato.
"Non piangere Ran, io non posso vederti piangere...davvero..."
«...I-Io...v-voi...S-Shinic-»,si toccò le labbra, percependo un tiepore familiare.
«SC-S-SCUSATEMI!», cominciò a correre fuori dalla chiesa, avanzando a falcate veloci, senza mai voltarsi neanche una volta. Ma cosa stava facendo? Dove poteva andare? Non lo sapeva. Voleva andare da lui. Solo questo sapeva, da sempre.
Gli avrebbe sparato contro tutto, tutto quello che non gli aveva potuto dire. Che lo odiava alla follia, e lo amava con tutta se stessa.  Il suo cuore la stava portando lì, senza che lei lo sapesse, dove tutto era iniziato: Il Tropical Land.

•••
Shinichi non riusciva nemmeno lontanamente, a spiegarsi il motivo di quel luogo. Perché le sue gambe l'avevano portato proprio lì? Non ci pensò molto su, da poco aveva compreso che certe cose non hanno una spiegazione razionale. Strano a dirsi.
Eppure quel luogo rappresentava da sempre, l'inizio e la fine. L'inizio di qualcosa di più con Ran, che non era riuscito a concretizzarsi mai sul serio. Perché più che l'inizio, era la conclusione
La fine di Shinichi Kudo e di tutta la sua vita. La fine del suo futuro.
Era lì, seduto in quella panchina a rigirarsi tra le mani quella pillola. Metà bianca e metà rossa, non sarebbe mai riuscito a dimenticarla. L'aveva presa di nascosto ad Haibara. Il perché non lo sapeva neanche lui. Forse per continuare a ricordarsi del suo strano destino.
Prese i grossi occhiali tondi che aveva ancora poggiati sul naso, li osservò attentamente. In un gesto fulmineo li gettò nel cestino, quasi a voler mettere un punto a tutto.
Un punto a Shinichi Kudo, e un altro a Conan Edogawa.
Chi sarebbe stato allora, da quel momento in poi?
Nessuno. Chi avrebbe dovuto essere, dopotutto lei non c'era. Non ci sarebbe stata, mai. Mai più.
E allora che senso aveva tutto? Non poteva farsi una nuova vita, non senza lei. Che debole.
Alzò il capo, spalancando gli occhi che bruciavano di blu.
«R-Ran...», sibilò appena omettendo il 'nee-chan', involontariamente.
La ragazza correva ancora a testa bassa, finché non la innalzò per scontarsi con quel blu. Quel blu che solo i suoi occhi avevano, quel blu che le trafiggeva il cuore.
«S-Shinichi..», affermò senza pensare un attimo.
Quel volto, quello era il suo Shinichi. Quello di cui si era innamorata. E non quello che l'aveva abbandonata. Quello che era sempre stato con lei. Non quello che le mentiva. 
Avanzò a piccoli passi, mentre il ragazzo, paralizzato da quella figura vestita di bianco, non riusciva a proferir parola. Perché era lì? Non doveva...sposarsi?
La ragazza lo scrutò con gli occhi attenti, avvicinando la sua mano a quella del detective e stringendola con forza. Riuscì a percepire quel calore...quel calore che non riusciva a sentire toccando la mano di Tomoaki, quel calore che solo il suo Shinichi le procurava.
Fissò ancora più profondamente i suoi occhi, come se fosse ipnotizzata da essi. Erano quelli, non potevano esserci dubbi, non aveva mai avuto dubbi...
«T-Tu...sei...», azzardò lievemente.
«Conan Edogawa», esordì il ragazzo sbloccandosi. «Ran....neechan. Mi spieghi cosa ci fai qui, dovresti essere in chiesa già da un pezzo!», concluse con il suo solito tono finto.
«...Basta. Non ce la faccio più. Non posso cadere di nuovo vittima del mio pensiero.», cominciò la ragazza piangendo lievemente. «Non posso proprio...perché il mio cuore mi dice una cosa, la mia testa invece ne dice un'altra», continuò.
«Ehi..ma cosa stai dicendo? Ran...», chiese il detective allungando una mano verso il suo viso.
«NON MI TOCCARE! T-tu...riesci a condizionare il mio cervello...ma non il mio corpo...q-questa s-sensazione...», esordì afferrando prontamente la mano del ragazzo. «Perché...anche se s-so b-benissimo che tu-tu n-non sei l-lui...perché..PERCHE' IL MIO CUORE BATTE COSI' FORTE?
PERCHE' E' COME SE FOSSE CONSTANTEMENTE LI' A DIRMI, 'LUI E' LI' CON TE'...
p-perché Shinichi...dimmi perché..», concluse affannandosi e crollando verso il basso.
Shinichi l'afferrò prontamente, lo sguardo preoccupato misto al terrore.
«Ran..neechan devi calmarti, io...», non riuscì a terminare.
«..E B-BASTA CON QUESTO RAN-NEECHAN! I-Io non ce la faccio, non posso credere ad una parola, non voglio crederci...tutto è troppo assurdo eppure, i-io lo so che lui, c-che tu...»
«Sono qui con te», esordì il ragazzo abbracciandola. Ran sussultò appena, non riusciva più a ragionare seriamente. Era forse impazzita? Per l'ennesima volta stava accusando Conan di essere Shinichi. L'aveva fatto in passato, lo faceva sempre.
Semplicemente, il suo cuore non riusciva ad accettare il fatto che lui, seppur così identico, non fosse lui. 
«Scusami Conan-kun...è solo che io, non posso.
Non posso sposarmi, perché continuerò sempre ad amare lui...non voglio andare avanti, non voglio dimenticare...», concluse, riacquistando il senno della ragione.


«E allora...», prese fiato, tanto fiato.
«...non andare da nessuna parte...stai qui, con me. Non sarò in grado di comprendere il cuore della donna che amo però, non posso fare a meno di starle vicino...», esordì sorridendo.
Ran spalancò le iridi color indaco. Piangeva senza riuscirsi a controllare. Quelle parole.
Conan non poteva...c'era un'unica spiegazione...
«...Perdonami», riuscì a pronunciare solo quella parola. «Anzi...odiami, che forse è meglio», concluse. Ran si asciugò le lacrime e lo abbracciò forte. Come non aveva fatto mai.
«Mi dispiace ma anche volendo, non posso farlo...», esordì. «Io l'ho sempre saputo, in cuor mio ne ero convinta fin dall'inizio solo che...perché?», chiese la ragazza.
Shinichi decise di raccontare, una volta per tutte le cose che non le aveva mai detto. Capì che non poteva andarsene lasciandola in quelle condizioni. Non gli era mai piaciuto fare le cose a metà.
Capì semplicemente che, per una volta, doveva ascoltare il cuore e non la ragione.

 
•••
 
«E così quell'organizzazione è la causa di tutto?...Quella sterminata da Jodie-sensei e tutti gli altri...», chiese Ran, cupa più che mai.
«La causa in realtà è quella pillola che hai tra le mani, una pillola che avrebbe dovuto uccidermi ma che non l'ha fatto...del tutto», concluse serio fissandola.
«...Io non riuscirò mai a perdonarti, lo sai vero? Perché...perché non mi hai detto niente, io non ti avrei abbandonato...», chiese la ragazza furiosa come non mai.
«Tutta quella messinscena di Conan, solo per nasconderti...e per ingannarmi...mentre tu eri lì, lì ad osservarmi mentre piangevo per te, lì senza dire niente...senza dire la verità...», continuò a sfogarsi con decisione non riuscendo a comprendere bene il suo stato d'animo.
«Ricordi la storia di Amleto?...Ti avrebbero uccisa. Immediatamente, senza pensarci. Come hanno fatto con tutti quelli che erano coinvolti nella storia. Io non potevo permetterlo...», si giustificò Shinichi a capo basso.
«..Okay, ma perché continuare fino a ora? Perché farmi stare ulteriormente male...», chiese malinconica. In diverse circostanze lo avrebbe ucciso, ne era certa. Con una o due mosse di karate. Ma quella circostanza era diversa. Tutto improvvisamente. Non ce la faceva più.
«Volevo che almeno tu riuscissi a farti una vita...non pensando che con me, in queste condizioni...», rispose Shinichi ma Ran lo colpì con un pugno.
«SEI UNO STUPIDO SHINICHI! IO RIFARMI UNA VITA? SENZA DI TE?! COME PUOI PENSARE UNA COSA DEL GENERE...Io...I-io a questo p-punto... », scoppiò senza pensarci. Ormai non aveva nessun tipo di connesione con il suo cervello. Osservò la pillola che aveva tra le mani e, senza ulteriore indugio sotto lo sguardo spento di Shinichi, la ingoiò.
«RANNNN! RAAAAN!
»
•••

Doveva trattarsi certamente di un sogno, ne era certa.
Eppure si sentiva bruciare le ossa, bruciare ogni parte del corpo. No, non poteva essere un sogno quel dolore così profondo. Quasi più forte di quello che le aveva procurato lui...
Non sapeva che pensare. L'aveva ingannata. E lei non poteva perdonarlo.
Allo stesso tempo però era da sempre con lei, pronto a proteggerla in ogni istante, in ogni momento. Proprio non riusciva a capire. Proprio non riusciva a svegliarsi.
Beh, forse era giusto così. Shinichi le aveva detto che era un veleno quello, lei lo sapeva.
E proprio come Ofelia voleva fare quella fine, voleva annegare. Annegare nelle sue colpe, annegare nel suo dolore, annegare perché non poteva portare tutto alla normalità.
Annegare perché Shinichi adesso aveva undici anni meno di lei, annegare perché tutto era sbagliato. Annegare perché...

«RANNNN! RAAAAN!»
O, rieccolo. Non riusciva proprio a cancellarlo dai suoi pensieri. Era come un'ossessione.
«RANNNN, Svegliati ti prego...»
Perché doveva svegliarsi? Non ci riusciva, era come oppressa.
«Shinichi.....sei pallido», la voce spezzata. Shinichi spalancò gli occhi incredulo, dopodiché riuscì a curvare un sorriso. Un sorriso che non aveva da troppo tempo ormai.
Ran si alzò lentamente. Aveva ancora addosso l'abito da sposa. Peccato che le andasse leggermente più largo, chissà come mai. Si osservò in giro, riconoscendo la stanza di Shinichi, a Villa Kudo. Si osservò nell'immenso specchio. Non credeva ai suoi occhi.
«Sono tornata....sedicenne....», sorrise commossa.
«Ma allora il rimpicciolimento è di dieci anni...! E'-E' incredibile..», esordì Shinichi.
Ran non ci pensò due volte e corse ad abbracciarlo. Lo strinse forte come a non volerlo lasciar andare via. Shinichi ricambiò la presa afferrandole il viso con decisione.
«Non sai che colpo mi hai fatto prendere...sei una stupida!», la sgridò, per poi baciarla con forza.
Erano lì, di nuovo. L'una con l'altro. Insieme com'era giusto che fosse, sempre.
«...Sappi che dovrai farti perdonare Shinichi», affermò la karateka mollandogli un pugno in pieno stomaco. «Sto cominciando a fare mente locale di tutte quelle volte che...»
«Giuro che riuscirò a farti innamorare ancora di me, riprendiamo tutto da dov'era in sospeso, ti va di andare al Tropical Land?», chiese imbarazzato abbracciandola.
«Cos'è...cerchi di cambiare discorso?...Ora che ci penso, abbiamo perfino f-fatto il b-bagno...», rispose Ran colta da un'improvvisa illuminazione. «T-TU! R-RAZZA DI PERVERTITO!
»
Tutto sembrava essere tornato alla normalità, come se quei dieci anni non fossero mai esistiti, o meglio come se non avessero fatto altro che ricucire ancora di più quel filo rosso.
Quel filo che non si sarebbe spezzato mai.
Perché loro erano così e sarebbero stati così per sempre.
Uniti e infiniti, allo stesso tempo.



 




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Vi confesso che ci sarebbe dovuto essere un altro capitolo, dove Ran scopriva tutto e Haibara le consigliava di prendere l'antidoto. Diciamo che avrei allungato ancora di due o tre capitoli, ma non posso proprio perché non avrei tempo...inoltre ho promesso di concludere entro Agosto e sono già in ritardo, non voglio infrangere una promessa. :) Ma la storia originale era così, quindi visto che tutto è partito dall'idea di Ran che non capendo più niente decide di seguire il cuore e si scaglia su Conan, ho deciso di finirla così.
Abbiamo una sorta di 'pazzia' della ragazza, che non è riuscendo a darsi pace, prende l'antidoto senza pensarci. Spero che questo finale vi abbia soddisfatti! Come molti avevano già previsto non potevo mica concludere con un finale tragico...diciamo solo che è leggermente aperto! Ran e Shinichi sono tornati ad essere sedicenni...rimarranno a Tokyo e spiegaranno a tutti l'accaduto o partiranno per gli States insieme, per rivivere la loro vita?
Boh, pensate quel che volete. Io non ho parole per ringraziarvi. Ringrazirvi di aver seguito questa storia fino alla fine.
Grazie davvero a tutti, senza di voi non ci sarei mai riuscita! Spero tanto di pubblicare in futuro un'altra long, e spero che abbia lo stesso successo che ha avuto questa! Un abbraccio! :*

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