La luce nelle tenebre di Rupertinasora2 (/viewuser.php?uid=122891)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un patto resta sempre un patto ***
Capitolo 2: *** Difficile dirsi addio ***
Capitolo 3: *** Uno sguardo, una parola ***
Capitolo 4: *** Un incontro inaspettato ***
Capitolo 5: *** Il giorno dopo ***
Capitolo 6: *** Una scoperta incredibile ***
Capitolo 7: *** Confusione ***
Capitolo 8: *** Una notte insonne per Hogwarts ***
Capitolo 9: *** Il pre-partita ***
Capitolo 10: *** La partita e il filtro ***
Capitolo 1 *** Un patto resta sempre un patto ***
1.
Un patto resta
sempre un patto
Era
notte fonda, e un ragazzo guardava il paesaggio di cui poteva godere
stando in
alto, sulla torre del castello. L’enorme distesa verde sotto di lui era
coperta
da un manto così scuro che, se non ci fosse stata la luna quella notte,
non
avrebbe saputo distinguere il limitare tra il parco del castello e la
Foresta
Proibita, e non avrebbe saputo dire dove finiva la distesa di alberi e
iniziava
il cielo.
I suoi
capelli biondi parevano neri quella sera, ma gli occhi color del
ghiaccio non
potevano essere confusi con quelli di nessun altro. Dietro
quell’iceberg si
nascondeva un segreto che il ragazzo mai avrebbe voluto far conoscere a
nessuno. E se si pensava che lui e la sua famiglia fossero i più
cattivi del
mondo magico, ci si sbagliava. Aveva imparato il significato della
pietà e
della compassione. Aveva imparato cosa significava essere un emarginato.
Fece un
fischio, cercando di non pensare al suo passato.
Un gufo
nero, con delle piume bianche, planò sul braccio che aveva alzato a mò
di
sostegno. Sul suo viso si dipinse un piccolo sorriso, che in realtà era
una
specie di ghigno triste. Guardò negli occhi quel gufo così mansueto,
che gli
ricambiò uno sguardo silenzioso e pieno di significato con quegli occhi
azzurri
che gli ricordavano la mamma.
- Non
preoccuparti, Oberon. Tutto andrà bene. –
Il gufo
bubolò. Si strinse a lui, quasi come se volesse abbracciarlo, e
strofinò il
volto sul collo di Scorpius. Si scambiarono un ultimo sguardo, mentre a
Scorpius si stringeva la gola per l’apprensione verso quel gufo, che,
dopo aver
aperto le ali, spiccò il volo, andando
incontro alla notte.
Il
biondino stette ad osservarlo ancora un po’, poi si chiuse nel
mantello.
Insieme al corpo voleva nascondere quelle cicatrici sul suo corpo,
nascondendo
così anche il suo segreto.
Chiunque
avrebbe dato qualsiasi cosa per scoprire il segreto di Scorpius
Hyperion
Malfoy. Nessuno ci sarebbe riuscito.
Almeno
per ora.
Scorpius
sospirò, gettò un ultimo sguardo al silenzio e alla pace che si stava
lasciando
alle spalle, e a quel gufo che ormai non si vedeva più all’orizzonte.
Inspirò
a fondo l’aria gelida della notte, e si tuffò ancora una volta nel
castello, la
sua prigione.
Un
rumore fastidioso, ma così fastidioso che non riusciva a smettere
neanche
quando James si coprì le orecchie con il cuscino su cui aveva dormito
quella
notte, lo costrinse ad aprire gli occhi.
- Ma che
palle!- sbottò lui, cercando tastoni la sveglia. Con un gesto brusco
non la
prese, ma la lasciò cadere per sbaglio a terra. Imprecò per l’ennesima
volta.
Si mise
a sedere e si scompigliò i capelli che già erano ribelli. Sbadigliò, e
non si
premurò di mettere la mano davanti alla bocca.
Il guaio
era serio. Aveva preso in mano le redini di una squadra che non aveva
più vinto
costantemente a Quidditch, lasciando il merito e la gloria ai
Serpeverde. Non
si poteva assolutamente sentire. Nonostante fosse entrato in squadra al
suo
secondo anno, e come Cercatore era stato il migliore degli ultimi
vent’anni, e
avesse preso più boccini di quanto i cercatori di Serpeverde avessero
fatto, la
squadra perdeva in mancanza di buoni Portieri e Cacciatori. Era stanco
di
vedersi sfilare per un soffio la Coppa di Quidditch dalle mani, così
aveva
costretto la squadra a riunirsi per l’allenamento fin dalle cinque del
mattino,
e l’avrebbe fatto almeno due volte a settimana, costringendoli negli
altri
giorni ad allenarsi fino a mezzanotte e, perché no, anche dopo. Peccato
che
neanche lui avesse così tanta voglia di alzarsi presto o finire tardi
con tutte
quelle sedute di allenamento.
L’unico
motivo per cui aveva deciso di non scaraventare la sveglia dalla
finestra della
stanzetta era la sua mania di competizione, e la sua smania di gloria.
Non
avrebbe lasciato che qualche altra Casa gli avesse soffiato la Coppa
ancora una
volta, quindi gli sarebbe servita ancora per un bel po’.
Lento
come un bradipo, forse anche di più, si alzò dal letto, accompagnando
quel
gesto con un altro sbadiglio. Non avrebbe dovuto restare sveglio fino a
tardi
la sera prima a fare baldoria, ma, ehi! lui era fatto così. Peccato
solo che la
sua bella ragazza corvonero, Angel Portbell, non fosse lì in quel
momento. A
lui però non era dispiaciuto, dal momento che aveva ottenuto delle
attenzioni
interessanti da un’altra ragazza niente male. Ora che ci ripensava, non
poteva
fare a meno di pensare che Isabella Serinda Malfoy fosse la ragazza più
attraente che avesse mai visto. Era perfetta, con il suo viso ovale,
gli occhi
così chiari da sembrare ghiacciati, le labbra carnose e il naso
leggermente
all’insù. Una massa di capelli morbidi e neri le ricadeva sulle spalle,
che
erano il preludio a un corpo da paura, tanto era magra e, sebbene non
fosse poi
così alta, aveva un portamento che avrebbe fatto invidia a chiunque.
Scosse
la testa. Doveva liberare la mente da quei pensieri. Lui aveva già
Angel, e
l’amava. Senza contare che ad Angel serviva protezione.
Sospirò
e si andò a fare una doccia gelata nel bagno.
Sotto il
getto d’acqua che gli massaggiava la pelle ripensò ad ogni momento
passato con
Angel, a come l’aveva conosciuta, a come era riuscita a rinnegare ogni
cosa pur
di stare con lui.
Sorrise
felice. Ben presto sarebbe riuscita a farla parlare, e così non sarebbe
stata
più schiva, neanche con lui. Il suo sorriso si allargò mentre
rimuginava su
quel piccolo particolare: sarebbe stata sua.
James
uscì dal bagno e indossò la divisa dai colori rosso e oro dei
Grifondoro.
Quanti
ricordi erano legati a quella divisa. Sospirò e uscì dalla stanza.
Scese nel
silenzio le scale che lo portavano alla sala comune, attento a non fare
rumore
per non far svegliare i compagni di Casa.
Quando
mise piede in sala comune, si stupì di trovare Isabella già pronta con
la
divisa , gli stupendi e morbidi capelli neri legati dietro la testa in
un
elegante chignon. Anche vestita sportiva aveva quel non so che di
elegante che
nessuna sarebbe riuscita ad eguagliare. Forse era tutto merito di
quegli occhi
di ghiaccio che anche il cugino aveva ereditato dal padre.
- Come
mai sei già qui?- le chiese.
Isabella
si alzò dal divano, sul quale era seduta, e gli si avvicinò. I colori
dei
Grifondoro erano perfetti su quel corpo snello e atletico tipico dei
Malfoy.
- Potrei
fare a te la stessa domanda, capitano-. Lasciò del tempo prima di
riprendere,
che riempì avvicinandosi a James per dargli un amichevole bacio sulla
guancia.
Accadeva di rado che lei si mostrasse così gentile con uno come lui,
con un
Potter, ma glielo doveva in fondo: era stato lui a volerla in squadra,
in
cambio delle sue prestazioni scolastiche. – E poi, dobbiamo parlare di
quella
pozioncina carina carina…-
- Sono
tutto orecchi- affermò James, posandole una mano su un fianco. La sua
natura di
galantuomo faceva si che non poteva resistere al fascino di una bella
donna.
- E’
quasi pronta, ma manca ancora un ingrediente-
James si
adombrò. – Cosa manca ancora? Ti ho preso tutto quello che serve!-.
Come
dimenticare quelle sere in cui l’adrenalina gli era arrivata fino ai
capelli,
il cuore in gola, e sotto i vestiti tutti gli ingredienti “presi in
prestito”
dal magazzino di pozioni.
Isabella
allargò il sorriso sghembo, così simile a quello di Scorpius da fargli
prudere
le mani. Odiava quando faceva così la saputella.
- Mancano
dei peli…pubici- aggiunse in un sussurro.
- Di
chi?- Quella faccenda iniziava a non piacergli.
- James
Sirius Potter, non essere sciocco! Ovviamente sto parlando di Wilde,
Eric
Wilde, l’ex di tua sorella Lily, o già te ne sei dimenticato?-
James
alzò gli occhi al cielo, contrariato ancora una volta da quella
pozione.
Avrebbe potuto fare una fattura a Wilde, e invece no! Aveva fatto un
patto non
con una Malfoy, ma con un diavolo.
Sospirò.
– Vedrò cosa posso fare…-
Isabella
ridacchiò. – Se riesci a convincermi, potrei provvedere io stessa-
disse,
lasciando intendere malizia nelle sue intenzioni.
James,
se fosse stato più ingenuo, sarebbe arrossito, invece ricambiò lo
stesso
sorrisetto alla fanciulla. – Non provocarmi, Malfoy, potrei non
disporre delle
mie azioni..- le sussurrò pericolosamente, afferrandole i fianchi e
avvicinandola a sé.
Isabella
lo lasciò fare, tenendo mollemente le braccia lungo i fianchi.
- E
allora vedi di procurarmi ciò che mi serve. In fondo, sto facendo un
piacere a
te-
Con
un’espressione trionfante, si voltò e si allontanò dal ragazzo,
precedendolo
verso il buco del ritratto.
- Forza,
capitano. Non vorrai mica fare tardi il tuo primo giorno di lavoro di
quest’anno-
Alchimia.
Ecco la parola che incessantemente vagava per la testa di James Hammer
in quel
momento. Sfogliava svogliatamente un libro di Storia della Magia preso
in
prestito dalla biblioteca il giorno prima, ma in quel momento non gli
interessava molto.
Alzò il
volto a guardare la candela di cera che illuminava il suo letto. Sopra
lo
spartano comodino vicino al letto c’era una foto dei ragazzi del suo
anno di
Corvonero, la sua Casa, che lo salutavano e si facevano i dispetti. Ai
piedi di
questo, una pila di libri della biblioteca di Storia della Magia
minacciava di
cadere per il poco equilibrio. Tutt’attorno al suo letto c’erano quelli
di
altri quattro ragazzi che dormivano beatamente ormai da ore. Era
rimasto il
solo a essere rimasto sveglio in quella notte.
Ciò che
aveva scoperto quell’estate era tutto per lui, come una rivelazione.
Era stato
come aver scoperto per la prima volta di essere un mago, aveva avuto le
stesse
sensazioni. Era riuscito a trasmutare delle cose con il solo volere e
il tocco
della mano. Ricordava solo di essere stato molto arrabbiato quando quel
potere
nuovo si era manifestato.
Si
guardò ancora una volta la mano destra, come ormai faceva già da più di
un
mese.
Sospirò,
chiedendosi se quel babbano si fosse ripreso. E, stranamente, il
Ministero non
era intervenuto, come invece credeva.
Tornò a
sfogliare il libro, cercando di allontanare i pensieri che non voleva
che gli
tornassero alla memoria, cercando accanitamente quel nome. Il nome del
Master.
Chi era quel Master? E dove poteva mai trovarsi? Era inevitabile che
iniziasse
a farsi delle domande. Fino a quel momento, aveva scoperto che i libri
parlavano di un solo alchimista: Nicolas Flames, ovviamente morto da
qualche
decennio, con la distruzione della pietra filosofale per opera di Harry
Potter.
In quel momento ringraziò il Capo Auror con parole un po’ colorite. Se
fosse
stato Flamel il Master, allora era nei guai. Avrebbe dovuto imparare
tutto ciò
che serviva da solo.
La sua
attenzione fu colta da una frase interessante: “Coloro che
di magia non dispongono, non si disperino giacchè neppure
il mago dei maghi ne conosceva l’esistenza. Il Master è colui che può
capire,
colui che può insegnare, colui che può guidare.”
Ancora
una volta, il Master era nominato in un altro libro di Storia della
Magia. Ma
chi mai poteva essere quel Master?
Chiuse
il libro e lesse l’autore. Era intenzionato a mandare un gufo a
chiunque avesse
anche solo accennato il Master nei propri libri. Il nome che lesse lo
colpì:
John Patrick Mason. Aveva già sentito quel nome, ma non ricordava dove.
All’improvviso
sbadigliò. Guardò l’orologio, stropicciandosi un occhio. Erano le
cinque.
Chiuse il libro e spense la luce.
E’ meglio dormire un po’.
Tra
qualche ora ho lezione con i Serpeverde, si disse. Non potè far altro che
sghignazzare. Adorava
battibeccare con Scorpius, e sapeva che anche per il biondino era lo
stesso.
Ora come non mai sentiva di essere molto simile al rampollo di casa
Malfoy.
Entrambi custodivano un segreto. Chissà se anche Scorpius avesse
scoperto di
possedere poteri non comuni neanche per i maghi.
Si
rigirò nel letto, cercando di prendere sonno, ma l’agitazione era
tanta. Era
sicuro che quei poteri fossero quelli di puri alchimisti.
Era
deciso a trovare questo Master, e per quello avrebbe mandato l’indomani
una
lettera a Mason. Se questi non gli avesse risposto, avrebbe continuato.
Eppure,
aveva già sentito questo nome.
Mentre
rimuginava a dove avesse potuto sentire quel nome, scivolò in un sonno
leggero
ma tranquillo.
Stesso
nella torre di Corvonero, mentre c’era qualcuno che si addormentava,
c’era
qualcuno che si svegliava di soprassalto.
Emma si
tirò a sedere, con il volto imperlato di sudore, muovendo a destra e a
manca lo
sguardo, in cerca di qualcosa di sbagliato in tutta quella faccenda.
Allungò
una mano e trovò il corpo di Murtagh profondamente addormentato.
Ancora
ansimante per il sonno di prima, Emma si accucciò vicino a Murtagh,
tenendosi
stretta a lui. Nel sonno Murtagh si mosse e le si allontanò.
Così
Emma, per non soffrire per quel gesto, si voltò dall’altra parte.
Inconsciamente Murtagh poteva essersi allontanato da lei, ma scacciò
via quel
pensiero, sperando che si stesse sbagliando. Murtagh non poteva
abbandonarla. Sapeva
che il suo Corvonero, in quel tempo, era molto irrequieto. Venire a
sapere che
sua sorella, Angel, era fidanzata da ormai un anno con James Potter era
stato
un duro colpo. In realtà, Murtagh non aveva mai pensato che Potter
fosse un
vero e proprio rivale, una spina nel fianco, ma erano distanti anni
luce per
“schieramento politico”, diciamo così.
Emma
chiuse gli occhi, e ripensò a tutto quello che fino a quel momento era
successo. Ripensò a quella splendida serata, in cui il cielo limpido
lasciava
guardare chiaramente tutte le stelle, che brillavano in cielo. Ripensò
a quel
bacio sognato, agognato, con Murtagh. Si rivide mentre ricambiava il
suo
sguardo fermo e deciso, e innamorato. E poi ripensò a quella volta in
cui aveva
capito il significato di tutti quei segreti da parte di lui. Era
accaduto tutto
in uno stupido Luna Park, quando ci fu un attentato da parte dei
Resistenti. Le
sembrò di rivivere quei momenti.
Il calore era tanto, e le
fiamme
mangiavano quei muri fatti di cartone. Da qualche parte fuori da quella
stupida
casa dei fantasmi, qualcuno urlava e scappava. Sopra le urla si
sentivano
incantesimi e grida straziate di chi avrebbe voluto che quell’incubo
finisse.
Lei era rinchiusa in una
stanza,
l’aria le mancava, ormai le fiamme ben presto sarebbero avvampate anche
in
quell’unica stanzetta al secondo o terzo piano. Era salita come una
matta su
tutte le scale, dato che non poteva scendere. Aveva pregato solo perché
in quel
momento credette che qualcosa o qualcuno potesse arrivare per aiutarla.
In quella stanza non era
sola. Un
uomo incappucciato, con un mantello nero, sembrava aspettarla. Era
immobile,
incurante del fumo e delle fiamme che stavano arrivando. Era come una
statua.
Emma si soffermò, tossì.
Cercava
aria, ma non la trovava. Si mise la mano sulla bocca, mentre con
l’altra
cercava tremante la bacchetta. Imprecò mentalmente perché non riusciva
a
trovarla.
L’uomo fece un passo in
avanti.
Le si rizzarono tutti i peli
dietro la nuca, mentre un brivido le percorse tutta la schiena. Si
mosse
all’indietro, ma inciampò in qualcosa e cadde.
Il legno sotto ai suoi piedi
cedette, e quella sensazione di vuoto le mise tanta di quell’adrenalina
addosso
che non riuscì a non urlare.
L’uomo si mosse repentino e
la
prese giusto in tempo. La tirò su e la strinse con forza.
Emma ormai era confusa. Era
stata
salvata da chi avrebbe volentieri ucciso gente come lei, e ora lui la
stava
stringendo come se fosse stata la cosa più preziosa e aveva rischiato
di
perderla.
Lo sentì piangere, e
all’improvviso sbiancò più di quanto non avesse fatto prima. Con una
mano alzò
lentamente il cappuccio all’uomo. Rimase paralizzata nel vedere Murtagh.
-
Tu…-. Non aveva neanche la voce per esprimere i suoi pensieri.
Era
rimasta traumatizzata.
Murtagh era un Resistente.
Prima che potesse dire
altro, o
che lui potesse aggiungere qualcosa, un altro essere incappucciato
arrivò a
cavallo di una scopa, tenendone un’altra in mano.
- Cammina, Murtagh! Dobbiamo
andare, qui crolla tutto. Abbiamo vinto! Ora dobbiamo scappare!-
Era la voce di donna, ed
Emma
immaginava chi fosse. Quando la nuova arrivata di fermò dietro Murtagh
e riuscì
a vedere, incrontrò gli occhi e lo sguardo di Emma.
Emma la sentì sospirare.
- Questa non piacerà a lui, spera che la Tassorosso
abbia abbastanza buon senso da fare quello
che le chiederà-
Detto questo, Murtagh la
fece
salire sulla scopa.
Proprio in quel momento si
sentì
un boato dietro di loro. Le fiamme avevano raggiunto il posto dove si
trovavano.
Emma tossì, e aggrappandosi a Murtagh volò con lui e la sorella Angel
fuori da
quell’inferno.
Emma
scosse la testa, allontanando quei ricordi dolorosi, e si rigirò verso
Murtagh.
Aveva un viso molto dolce quando dormiva. Sorrise piano.
Murtagh
mugulò e aprì piano gli occhi.
- Già
sveglia?- le chiese, con la voce impastata di sonno.
Emma gli
sorrise piano e scosse la testa. – Starei a dormire se non fosse che un
brutto
sogno mi ha svegliato-
Sul
voltò di Murtagh lampeggiò un’espressione preoccupata. – E‘ successo
qualcosa?-
Lei
scosse la testa. – Niente, solo un brutto sogno-. Si accucciò accanto a
lui, e
chiuse gli occhi, mentre lui la cingeva con un braccio e la tirava a sé.
La
bionda sentì il respiro di Murtagh diventare sempre più pesante. Capì
che si
era riaddormentato. Appoggiò la testa sul suo petto, e alzò lo sguardo
per
guardarlo meglio. I capelli un po’ lunghetti gli ricadevano sul
cuscino, e le
labbra carnose erano leggermente socchiuse. Il naso era perfetto in
quel viso
stupendo.
Lei
chiuse gli occhi e si crogiolò nei ricordi di lei e Murtagh fino a che
non si
addormentò.
L’ultimo
suo pensiero fu che, se non fosse stato con Murtagh quella volta in cui
lui la
salvò dalle fiamme, se non fosse stata innamorata di lui, in quel
momento non
sarebbe stata nel suo letto a riposare, ma in una tomba a dormire per
sempre.
Guardando
quei ragazzi che si destreggiavano sulle scope come caproni in mezzo a
un prato
per mangiare, James si infuriò. Sentì la rabbia crescere in lui fino a
che,
stanco di quello che aveva visto, urlò alla squadra di planare e starlo
ad
ascoltare.
Un
Cacciatore del terzo anno, un bimbetto un po’ grassoccio, quando
atterrò quasi
cadde dalla scopa. James fece finta di non vedere, chiudendo gli occhi
e tirando
un profondo respiro, per calmarsi.
- E’
chiaro che tutta l’estate, sicuri di essere in squadra, nessuno di voi
si è
dato da fare per migliorare-. Iniziò a camminare su e giù per il campo
davanti
ai suoi giocatori, osservandoli uno a uno e soffermandosi su ognuno di
loro. –
Non credete che abbia scelto voi perché facevate parte della squadra,
ma perché
nessun altro alle selezioni è stato più bravo. Spero solo che stiate
stanchi
perché è presto e il sole non è ancora alto in cielo, ma se adesso non salite in cielo e non date il meglio di
voi, giuro su quant’è vero che Voldemort è morto ucciso da papà, che vi
farò
allenare in tutte le ore in cui non state seguendo i corsi. Non vi
lascerò
nemmeno dormire se necessario!-. Fece una pausa e guardò negli occhi
uno per
uno i suoi giocatori. Uno di loro aveva fatto un passo in avanti, e
vedendo chi
fosse, un ghigno si dipinse sul suo volto. – Sì, Malfoy?-
La
ragazza allargò le labbra in un sorriso perfetto e talmente bianco che
la luce
pareva non provenire dai faretti che correvano tutt’intorno al campo,
bensì da
lei.
-
Capitano, credo che in questo modo non farai altro che mettere
sottopressione i
giocatori. Suggerisco una manovra più soft-
La
ragazza si avvicinò al capitano e si voltò a guardare gli altri. Era
l’unica
donna nella squadra, e lei sapeva anche bene perché. E allora era il
caso di
dare un incentivo a quella squadra.
- Bene,
ragazzi. Avete sentito il capitano, e io aggiungo che se non darete il
meglio
non vi lascerò assistere a me che faccio la doccia-
Il
livello di attenzione aumentò, e come dei fulmini, i ragazzi salirono
in cielo
e ripresero a giocare.
James si
voltò verso di lei, guardandola dritto negli occhi. – Stai dicendo sul
serio?-
chiese, sospettoso.
La
Grifondoro gettò la testa all’indietro e rise. – Certo che no, però
guarda
l’effetto che ha sortito la mia proposta.-
James
guardò verso il campo e vide che realmente i ragazzi si stavano
allenando come
erano soliti fare. Scosse il capo e si voltò di nuovo verso la ragazza.
- Non so
se pentirmi o meno di averti fatto entrare in squadra-
- Beh, è
il minimo che tu possa fare, visto che ho quasi preparato gratis
la pozione verso Wilde. Mi dovevi un favore, e mi hai
pagato. E poiché adoro chi comanda, ti do una mano-
Detto
questo, Bella fece un occhiolino mentre saliva sulla scopa, e dandosi
una
spinta coi piedi, planò con lo sguardo dritto sulla pluffa.
James
scosse la testa. Bella era ciò che si poteva definire una donna decisa,
che sa
cosa vuole. Un po’ invidiava chi stava con lei, anche se, a quanto
aveva
capito, in quel momento non stava con nessuno. Pareva che avesse avuto
una
storia con Edward Greengrass, un ragazzone del loro stesso anno di
Serpeverde.
Avrebbe dovuto farsi spiegare meglio.
-
Capitano, devi allenarti pure tu. La proposta vale anche per te!- gli
urlò
contro Bella, riscuotendolo dai suoi pensieri.
-
Arrivo!- le gridò di rimando, inforcando la scopa e alzandosi piano. Si
disse
che non poteva farsi distrarre così da Bella. Lui stava con Angel.
Scosse
la testa, divertito. Quella ragazza era un genio, ma non avrebbe mai
permesso a
nessuna donna di far parte della sua squadra. Era entrata solo a causa
del
patto. Sospirò tra sé. Un patto resta
sempre un patto.
~
Rupi
Spazio riservato all'autrice:
Questo capitolo nacque qualche settimana
fa, e solo dopo numerose revisioni ha visto la pubblicazione. Già vi
avviso, cari lettori, ci sto mettendo davvero molto in questa storia,
quindi non aspettatevi i capitoli molto presto dalla pubblicazione di
questo, dal momento che devono essere molto curati.
Detto ciò, vi assicuro che cercherò di abbreviare quanto più possibile
i tempi.
Fatemi sapere ciò che pensate, recensite tutti!
Un bacio.
|
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Capitolo 2 *** Difficile dirsi addio ***
2.
Difficile dirsi addio
Piove. E' uno stillicidio
senza tonfi
di motorette o strilli di bambini.
[..]
Quel giorno imperversava una tempesta, che batteva sui
muri di Hogwarts.
Era una tempesta così forte che, per coloro che stavano in Sala Grande,
pareva
che stesse cadendo il soffitto sulle teste.
Sebbene fosse prima mattina, quando Scorpius alzò lo
sguardo in cerca di
quella luce settembrina, debole ma piena di speranza, non riuscì a
rallegrarsi.
Stare già tutto il giorno nei sotterranei per lui era
uno strazio, e quel
cielo nero e scuro lo faceva persino andare più in depressione. Spostò
lo
sguardo dal soffitto, in cerca di qualcosa che potesse essere luce per
lui, e
finalmente la vide. Una massa di capelli rossi che guardava in giro,
spaesata,
in cerca dei suoi fratelli e cugini. Rose Weasley. Era una delle
creature più belle
che Scorpius avesse mai visto, ma che non poteva avvicinare. Questo suo
limite
era capace di prendergli nel cuore, e farlo smettere di battere. Una
fitta al
fianco lo costrinse a distogliere lo sguardo e inspirare con forza.
Vide che accanto a lui, Michelle McCartney lo stava
osservando
attentamente. Scorpius fece finta di niente e tornò a mangiare il suo
pudding
con meno voglia di quanta ne avesse prima.
- Ti vedo pensieroso, Scorpius. E’ successo qualcosa?-
gli sussurrò lei
nell’orecchio.
- No, tutto a posto- cercò di chiudere il discorso lì.
Michelle non
obiettò.
Scorpius amava quella ragazza, come amica ovviamente,
perché riusciva a
percepire ogni minimo cambiamento nel suo umore. C’era quasi stato
feeling a
prima vista tra loro, e sarebbe stata la ragazza perfetta. Era alta,
magra, con
il viso un po’ ovale, i tratti leggermente orientali, con un paio di
occhi che
erano un misto tra il verde e il castano, e lunghi capelli castani. Li
pettinava sempre lisci, ma Scorpius adorava quando li tirava su, e
lasciava
cadere quelle ciocche, buttate lì ma studiate, sul viso. Era
bellissima, ma la
cosa che più l’addolorava era che per lei non provava niente.
Dire che non provava niente era proprio dire quello che
Scorpius provava.
Quando gli si avvicinava con quel corpo snello e flessuoso, quelle
curve
perfette sul suo corpo, non piccole né esuberanti, Scorpius non provava
niente.
Spesso la sua mascolinità era messa in dubbio da qualche amico più
stretto, ma
a Scorpius non toccavano le loro provocazioni. Non avrebbero mai capito
quello
che provava dentro, ogni volta.
Non doveva provare forti sensazioni. Non poteva
permetterselo. E il perché
sarebbe rimasto per sempre dentro di lui, nascosto nel suo dolore. Quel
dolore
nacque all’età di sette anni, e si è prolungato ancora nel tempo, senza
accennare a smettere.
Sentiva ancora lo sguardo addosso di Michelle, così si
soffermò a
guardarla, alzando teatralmente un sopracciglio.
- La smetti di guardarmi? Così rischi di consumarmi- la
prese in giro.
Michelle fece a sua volta una smorfia di disgusto. –
Figurati, non ci tengo
a farti credere che ti consumerei volentieri- rispose a sua volta.
Era il loro modo di essere amici, quello. Era uno
scambio di battute, ma
dietro quelle battute Scorpius sapeva che Michelle aveva intuito
qualcosa, ma aveva
la giusta sensibilità per non dire nulla.
- E comunque, quello che sta consumando qualcuno sei tu,
Scorp-. Vedendo lo
sguardo interrogativo di Scorpius, Michelle riprese. – Ho visto chi
stavi
osservando prima, e posso dirti che puoi avere di meglio-
Scorpius vide la ragazza sporgersi verso di lui, con la
camicetta
volutamente sbottonata quel tanto in più da fargli notare il merletto
della
biancheria intima.
Normalmente, a quella vista avrebbe dovuto sentire delle
scosse al basso
ventre, e tutto poi sarebbe lasciato al caso. Lui non provava niente,
anche se
era sicuro che qualcosa si era rigonfiato nei suoi pantaloni. Scosse la
testa e
ghignò divertito. In fondo, anche se non riusciva a sentirsi attratto
dalla
ragazza, non voleva dire che non avrebbe potuto prenderla in giro.
- Andiamo, McC, non mettere in mostra le tue forme,
perché è come guardare
un maschio-
Non seppe se quelle parole erano state troppo forti, ma
Michelle si ritirò
subito e lo guardò di sbieco, tornando al suo pudding.
- Credo sia meglio andare- disse piano. Aveva paura di
un qualche scatto
della Serpeverde.
- E vattene- rispose lei, chiaramente offesa.
Scorpius sospirò. Portò una gamba dall’altro lato della
panca e si avvicinò
a Michelle, posandole una mano sulla schiena e le sussurrò
all’orecchio. –
Vorrei che mi raggiungessi al più presto- Aveva usato una voce
sensuale, di
quelle che sapeva che le piacevano, ma non avrebbe capito mai le
sensazioni che
riusciva a regalarle quel modo di parlarle, di toccarla.
Michelle non rispose, così Scorpius si alzò e si diresse
verso i
sotterranei. Quello era il secondo anno che andavano a Hogsmeade, e
ogni volta
era la volta buona per farsi due chiacchiere tra amici e passeggiare
all’aperto, anche se, con quella pioggia che batteva violenta, la loro
gita era
chiaramente in bilico.
Mentre camminava e usciva dalla sala grande, Scorpius
stava ripensando a
Michelle. Forse aveva un po’ esagerato. Nessun ragazzo riusciva ad
esserle
impassibile, e non capiva perché si fosse incaponita a cercare di
sedurlo.
***
La pioggia li colse all’improvviso.
James e la sua squadra si ritirarono negli spogliatoi,
zuppi fin dentro le
ossa, sebbene avessero impiegato pochi minuti per finire l’allenamento.
C’era già odore di pelle bagnata, un chiacchiericcio
eccitato. Avevano
finito l’allenamento, ora potevano tranquillamente andare a riposare.
- Ehi, Malfoy! Allora, la tua promessa?- chiese un
ragazzo, avvicinandosi a
Bella a torso nudo, intento ad asciugare i capelli con un asciugamano.
James si voltò a guardare, curioso di sapere come
sarebbe finita.
Bella alzò lo sguardo verso il ragazzo, disgustata quasi
dal fatto che il
ragazzo gliel’avesse ricordato. Eppure, come diceva sempre James, un
patto era
un patto. Doveva trovare un modo per evitare di fare la doccia davanti
a tutti.
Un’idea le attraversò la mente, e ghignò fiduciosa di sé.
- La mia promessa? Io avevo detto che dovevate fare del
vostro meglio. Se
il capitano dice che è stato così, allora mi atterrò ai fatti-
Bella voltò lo sguardo dritto negli occhi di James,
trasmettendogli quasi
una sfida, arrivati a quel punto. Quasi si aspettava la risposta del
ragazzo.
Era sicura di quello che avesse voluto vedere James, e fargli vedere
per
l’ennesima volta che lei non era una tipa che si tirava indietro.
Isabella
Serinda Malfoy non si dava mai per vinta, e manteneva tutte le promesse
che
faceva.
Tutti, seguendo l’esempio di Bella, si voltarono a
guardare James. Il
capitano, intanto, si era spogliato quasi del tutto. Aspettava che
l’unica
ragazza usufruisse dei camerini per cambiarsi, per poi potersi togliere
anche
il pantalone, talmente zuppo che era attaccato ormai alla pelle.
Osservava
attentamente Bella, facendo scivolare il suo sguardo lungo il suo corpo
snello
ed elegante, sulla sua maglietta bagnata che aderiva ai suoi seni sodi,
disegnandoli e facendoli apparire forse più grandi di quello che erano
per
davvero. Le gocce di pioggia che cadevano dai capelli legati sul collo
e sul
viso andavano tuffandosi in posti che non aveva ancora esplorato, su
quella pelle
del colore della luna.
Seguì la ragazza mentre si alzava e portava il peso
tutto su una
gamba, poggiava le mani sui fianchi
snelli e provocanti.
Era sicuro di quello che avrebbe detto. Proprio in quel
momento sentì la
porta degli spogliatoi aprirsi.
- James…- disse una voce che conosceva sin troppo bene.
Il sorriso malizioso che era nato sul viso di James
scomparve in un batter
d’occhio, mentre si voltava a guardare la figura che si stagliava
vicino alla
porta. Angel Jane Portbell. Gli bastò uno sguardo per capire che non
era
affatto sicura di come sei giocatori su sette avessero reagito alla
presenza di
una donna (il settimo giocatore era proprio la donna), ed era venuta lì
per
controllare lui.
Angel aveva una bellezza diversa da Bella, più
mediterranea. Era più bassa
di Bella di qualche centimetro, aveva i capelli e gli occhi castani, la
sua
pelle non era bianca, ma tendeva a una tonalità tra il rosa e l’ambra.
Le sue
curve erano decisamente più prosperose e i suoi modi non erano di certo
raffinati
come quelli della Malfoy. E poi, dopotutto, Angel era una ragazza con
tanto
bisogno di coccole e cure, dal momento che aveva rinnegato tutti i suoi
credo e
i suoi legami pur di stare con lui. Quasi si sentiva male, come se la
stesse
sfruttando. Eppure, James sapeva che una volta l’aveva amata con tutto
se
stesso. In quei giorni, però, non capiva cosa gli stesse accadendo.
C’era
qualcosa che lo bloccava quando era in presenza della Corvonero.
- Angel, come mai qui?- chiese.
La ragazza si strinse a lui, e meccanicamente James la
strinse a sé. In
quell’abbraccio, James percepì qualcosa in più del semplice bisogno di
stringersi a lui.
- Una ragazza deve avere un motivo per voler vedere il
suo fidanzato?-
chiese, guardandolo con quegli occhi grandi che aveva. Il suo viso era
tondo,
con un nasino grazioso all’insù, le labbra carnose, e due occhi che
parevano
riempirle tutto il viso. Era stupenda. James sorrise di rimando.
- Certo che no. Sei scorretta, però-
- Perché mai?-. Angel piegò la testa di lato, e quando
faceva così,
appariva tremendamente fragile.
- Hai risposto alla mia domanda con un’altra domanda- le
fece notare lui.
Angel si limitò a sorridere e a scrollarsi di dosso la
questione allo
stesso modo con cui si strinse nelle spalle.
Quel momento pareva così intimo che tutti gli altri
ragazzi si diedero da
fare e, uno alla volta, andarono via. Rimasero nello spogliatoio solo
James,
Angel e Bella. Il ragazzo che aveva parlato prima con Bella, Mark
Winchester,
andò via per ultimo. James vide con la coda dell’occhio che lanciava a
Bella
uno sguardo molto virile, e la cosa lo fece andare quasi fuori dalle
staffe.
Sentì l’abbraccio sempre più forte di Angel, e le
rivolse un sorriso. Prima
che potesse dire qualcosa, si voltò verso Bella e le rivolse la parola.
Era
raro che le due ragazze parlassero, ma James non aveva mai capito
perché Angel
fosse così gelosa della sua nuova compagna di squadra.
- Io e James abbiamo da parlare, puoi andartene?- la
voce con cui pronunciò
la frase era dolce, James sapeva che stava sorridendo, ma a quanto pare
l’espressione del viso lasciava trasparire qualcosa che diede fastidio
a Bella.
La Grifondoro alzò le mani, come in segno di resa, e la
schernì con un
sorrisetto beffardo.
- Ehi, non ti scaldare. Non ho proprio voglia, né
intenzione, di starmene
qui a godere del vostro amoreggiamento-. Iniziò a recuperare la voglia.
– Anche
se l’unica a doversene andare qui sei tu, dato che non fai parte della
squadra-
Angel fece finta di non aver per nulla udito ciò che la
ragazza le aveva
detto, ignorandola grandemente. James incrociò lo sguardo di Angel, e
la
ragazza vi leggeva del rimprovero, ma non parve darci peso.
- E’ tutta l’estate che non stiamo un po’ da soli,
Jamie. – gli sussurrò,
come per dirgli che non doveva scusarsi perché aveva chiesto alla
Grifondoro di
andare via.
Prima di lasciare lo spogliatoio, Bella richiamò la loro
attenzione con un
colpo di tosse.
- Capitano, non dimenticare che dobbiamo andare a
Hogsmeade tutti insieme…-
gli ricordò Bella, con un sorrisetto compiaciuto sul viso. Era la sua
piccola
rivincita. Bella non avrebbe lasciato James per nulla al mondo con
Angel prima
di averle dato un’altra zeppata. Prima
che James potesse dire qualcosa, Bella andò via.
- Come?- Angel lo guardò, facendo un passo indietro.
Era nei guai. Avrebbe dovuto arrostire Isabella quando
ne ebbe l’occasione,
perché ora sarebbe stato un problema arrestare l’uragano Angel.
- Niente. Piuttosto, dicevamo?-
Con un sorrisetto divertito, avvicinò di nuovo a sé la
ragazza. In quel
momento aveva molto bisogno di sentire la vicinanza di Angel, di
stringerla a
sé, di avvertire la loro pelle sfiorare l’una contro l’altra. Avvicinò le labbra a quelle della corvonero,
pronto a baciarla con passione.
Angel gli posò una mano sulle labbra.
- James! Sii serio per una volta, riesci ad esserlo?-
Dall’espressione di Angel, capì che non aveva gradito il
suo modo di alzare
gli occhi, cosa che faceva quando si trovava in una situazione di
imbarazzo
come quella. Era inutile nascondere i fatti, era stato colto in
flagrante.
Sospirò e andò a sedersi su una delle panchine, di fronte agli
armadietti.
- Sì, ci riesco. La squadra mi ha fatto promettere che
saremmo andati tutti
insieme a Hogsmeade per comprare tutti insieme il nuovo occorrente per
il
Quidditch di quest’anno: guanti, mazze, e cose così- dovette ammettere,
ma non
disse che era stata Bella a strappare la promessa a tutta la squadra.
Lo sguardo che gli fece Angel non lasciò dubbi: stavano
per litigare.
A dispetto di ciò che si era aspettato James, Angel
sospirò, lasciando
cadere le braccia contro il corpo, quasi inerti.
Tra di loro c’era ormai un burrone. Ad ogni sguardo si
separavano sempre di
più. La loro unione era la paura di confrontarsi con un mondo che nel
frattempo
era cambiato. James afferrò Angel per le braccia e l’attrasse a sé.
Non poteva lasciarla con quello sguardo ferito, non
poteva allontanarsi da
lei. Non ancora, non più. Voleva sapersi ancora al sicuro come quando i
loro
corpi si sfioravano, come quando si stringevano come se non esistesse
nulla. E
la paura di perdersi ora era tangibile tra di loro.
Tentò di allontanare quella paura baciandola con forza
sulle labbra. La
strinse a sé, così come fece lei a sua volta. Il piccolo corpo di
Angel, che
quasi scompariva nei suoi abbracci, si aggrappò al suo. James capì che
la
ragazza era scossa da un brivido. Capì in breve che quel brivido era un
singhiozzo ingoiato a metà.
- Non piangere, Angel. Non ti lascerò mai…- le sussurrò
alle orecchie,
tenendo a freno le lacrime che gli bruciavano dietro le palpebre.
***
Dei
ragazzi stavano facendo già un gran baccano quando James Hammer aprì
gli occhi
e si guardò attorno.
-
Insomma!- sbottò, assonnato. Guardò con gli occhi ancora chiusi
l’orologio.
Vedendo l’ora saltò su come se l’avessero colpito con una fattura
salterina. –
Cazzo! E’ tardi! Il professore mi ucciderà!-
Un
ragazzo smise di ridere per la battuta di uno e guardò Hammer come se
avesse
detto qualcosa di davvero stupido.
-
Ma di’, sei scemo o cosa? Oggi non c’è lezione. Andiamo a Hogsmeade-
l’avvertì.
James
si bloccò all’istante, con il pigiama mezzo tolto nella furia di
doversi
preparare. Sbattè le palpebre come instupidito.
-
Prego?-
Il
suo interlocutore alzò gli occhi al cielo.
-
Per Merlino, Hammer! Non puoi fare sul serio. Giuro, non ho mai capito
come tu
faccia a volere di andare a lezione.
-
Dato che me l’hai chiesto, Portbell, ti faccio presente che se non
studiamo non
possiamo essere buoni maghi-
Murtagh
Portbell ghignò. Era appena tornato dalla sua stanza privata
(privilegio di chi
era prefetto), ed era andato dai propri compagni a svegliarli per
organizzare
qualche bella bravata e attacco a qualche ragazzina del terzo anno
facilmente
impressionabile.
-
Io sono già un buon mago. E, mio malgrado, anche tu lo sei Hammer-
Dicendo
questo, Murtagh lanciò un jeans a James. – Alzati e vestiti, bello mio.
Sai, ho
notato come guardavi quella Monaghan, di Serpeverde. E’ per questo che
non vedi
l’ora di andare a lezione con i Serpeverde, eh?- Lo prese in giro
chiaramente.
James
avrebbe tanto voluto dargli un pugno in pieno viso per togliergli
quell’espressione compiaciuta e superiore che aveva sul viso. Sospirò
per
calmarsi. Sebbene i primi anni lui e Murtagh avessero litigato spesso,
e
altrettanto spesso erano arrivati a indirizzarsi subdoli incantesimi,
si era
ripromesso che questo sarebbe stato l’anno in cui avrebbe smesso di
picchiare
tutti. Eppure la furia della rabbia ribolliva sotto la sua pelle.
-
Forse sei più intelligente di quanto non sembri, Portbell- lo
punzecchiò.
Vide
che una vena sulla fronte di Murtagh aveva preso a pulsare
pericolosamente.
Decise di sorridere alzando le mani. – Sto scherzando- dichiarò.
Murtagh
parve perdere tutti gli interessi verso di lui e tornò a ridacchiare
con altri
ragazzi in modo molto mascolino, come i commenti verso le altre ragazze.
James
iniziò a vestirsi. Controllò intorno, ma non vide lettere di risposta
da parte
di Mason. Dato che quel giorno avrebbe potuto allontanarsi da Hogwarts,
allora
era deciso a saperne di più persino riguardo a Mason. Guardò fuori, e
la pioggia
che cadeva incessante sui prati di Hogwarts e il vento che piegava le
fronde
dei secolari alberi lo convinsero ancora di più che aveva avuto una
bella
pensata a restare a scuola.
Avrebbe
ancora fatto delle ricerche sul Master,
e su Mason.
Si
chiedeva come mai quel nome lo attirasse così tanto. Il suo istinto
pareva
dirgli che Mason aveva la chiave, che Mason era la chiave delle
risposte a
tutte le sue domande.
Un
gorgoglio proveniente dalla sua pancia gli ricordò che doveva mangiare.
Salutò
gli altri, che ancora si stavano preparando per una giornata alla
pioggia, e
uscì dalla torre dei Corvonero.
Un
pensiero andò anche a Crystin. L’ultima volta era andata via
lasciandosi dietro
quella scia di mistero che l’attirava più di ogni altra cosa.
Prima
di rifugiarsi in biblioteca, come faceva ormai da quando era tornato a
Hogwarts, e pure prima di andare a fare colazione, James Hammer si
disse che un
giro per i sotterranei era d’obbligo. In fondo, non poteva lasciare che
Crystin andasse a Hogsmeade senza neanche
un suo
saluto.
~ Rupi
Spazio riservato all'autrice: Sapete, oggi qui piove davvero molto. C'è chi
dice che la pioggia è triste, che sarebbe meglio che fosse sempre una
bella giornata, con il sole che ti riscalda nelle ossa. Sebbene le mie
ossa anelino il sole tutti i giorni (sembra che sono una vecchietta
XD), il mio animo, mai più come oggi, guarda la pioggia con il sorriso
sulle labbra. Insomma, è bella l'atmosfera che sa creare la pioggia.
Talvolta crea situazioni romantiche, altre invece confonde e copre
tutti i rumori, lasciandoti a fare i conti con il tuo stesso animo. Che
male c'è? Talvolta la solitudine è una benedizione. Se solo ce ne
rendessimo conto...
|
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Capitolo 3 *** Uno sguardo, una parola ***
3.
Uno sguardo, una parola
[..]
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze
quella solitudine immensa
d'amarti solo io.
- Andiamo, Angel! Devi
lasciarti alle spalle Potter, come devo fartelo capire?-
Una ragazza bionda
camminava a braccetto con una ragazzina bassa e magra dai capelli
bruni, che
cercava di confondersi con il suo giubbino, cercando di ripararsi dalla
pioggia
sotto quell’ombrello dall’aspetto così fragile che pareva piegarsi ad
ogni
folata di vento.
- Emma, ti sbagli. James
ha detto che mi ama. Non è come credi tu. Anche oggi, quando sono
andata negli
spogliatoi di Grifondoro ha voluto ricordarmelo- rispose, con lo
sguardo un po’
perso nei ricordi.
- Hai la vista offuscata
dall’amore, e spero che quest’ultimo non ti ferisca più di quanto sono
sicura
che accadrà- disse a sua volta la bionda.
Emma la fece entrare
quasi di forza ai Tre Manici di Scopa, che fortunatamente non era
affollato
come ci si sarebbe aspettato, dato che la pioggia aveva iniziato a
cadere
sempre più forte.
All’interno del pub c’era
un buon odore di cioccolato, e il caldo quasi riuscì a entrare nelle
ossa delle
due ragazze. Il chiacchiericcio le avvolse come l’abbraccio di una
madre
amorosa.
Si rifugiarono al loro
posto preferito, in fondo alla sala, al riparo da occhi indiscreti.
Solo chi le
conosceva e le avesse cercato, avrebbe saputo dove trovarle.
Emma si sedette di fronte
a Angel, con le spalle al muro, accanto alla finestra. Davanti
all’ampia
vetrata c’era una tenda semitrasparente color arancio, che dava una
perfetta
atmosfera a tutta la sala dei Tre Manici di Scopa.
- Quindi, ricapitolando.
Dopo esservi sentiti molto sporadicamente per tutta l’estate, hai
notato un
certo attaccamento di James Potter e Isabella Malfoy. Sei sicura che
non si
siano visti?-
Angel annuì con la testa.
Emma si portò la mano
sotto il mento, perdendo lo sguardo in lontananza. Era però uno sguardo
vuoto.
In realtà, stava pensando già a come agire.
- Ma di questo non hai
ovviamente prove. E se l’uno stesse facendo un piacere all’altra o
viceversa?-
ipotizzò ad alta voce, ma l’idea che un Potter e una Malfoy
collaborassero era
così assurda, che si convinse a scartare questa ipotesi. Era, però,
comunque
effettivamente vero che i due stessero facendo amicizia più del
necessario.
Scrollò le spalle, non riuscendo a capire cosa ci fosse dietro. –
Davvero,
Angel. Questo è un bel problema. James non è mai stato un tipo da
frequentare
una Malfoy, e la Malfoy, a sua volta, non ha mai frequentato i
Grifondoro. E
poi, all’improvviso, ecco che entra addirittura a fare parte della
squadra di
Quidditch, come aveva sempre desiderato. L’unica ragazza ammessa nella
squadra
da quando James Sirius Potter ne è diventato il capitano, ovvero
l’unica
ragazza ammessa da quattro anni a questa parte. Hai provato a parlare
con
Eliza?-
Eliza era una ragazza
purosangue, altezzosa quanto l’amica, ma di vedute molto più ristrette,
proprio
come il fratello di Isabella, Blaise Malfoy. A quanto pareva, tra loro
c’era
qualcosa di concreto, ma i due erano davvero molto circospetti, e così
non
c’erano prove di un’effettiva relazione tra il Serpeverde e la
Corvonero. Si
diceva, però, che il fratello di lei, Edward, si frequentasse con una
professoressa. Delazioni, quelle, che facevano comprendere il carattere
perverso che potevano avere quei giovani Resistenti. Ed Emma, essendo a
sua
volta una Resistente, dovrebbe avere in teoria la strada spianata nel
cercare
di scoprire qualcosa. Eppure doveva essere cauta. Isabella Malfoy non
si era
mai schierata espressamente come il fratello, lei non era mai stata
marchiata,
o comunque toccata in alcun modo, e il solo fatto di insinuare che lei
e un
Potter avevano una relazione, avrebbe messo in pericolo Blaise, Edward
ed
Eliza.
Era un bel rompicapo,
soprattutto perché vedeva protagonista la Strega
di Ghiaccio, come si soleva chiamare Isabella, dopo che aveva
congelato un
ragazzo che aveva osato provare a sfiorarla con attenzioni poco
pudiche.
L’immagine che le
suggeriva l’amica Angel su Isabella, le lasciava intendere che la
Grifondoro
era avvezza a certi marchingegni e sotterfugi, cosa che, come sapevano
tutti,
aveva invece sempre odiato.
Cosa si celava, dunque,
dietro il rapporto tra James Potter e Isabella Malfoy?
Mentre si perdeva in quei
pensieri, non si era accorta che era arrivato il cameriere a chiedere
loro
- Un breakfast tea-
chiese con un bel sorriso, portando dietro le orecchie quei numerosi
riccioli
d’oro che le ricadevano scomposti sulle spalle, nonostante i suoi
sforzi di
renderli almeno un po’ meno ribelli.
Il cameriere se ne andò,
e l’attenzione di Emma fu tutta su Angel, che aveva davvero un’aria
depressa.
Si allungò verso di lei e le prese una mano. Non riuscì a dirle nulla,
perché
proprio in quel momento sbucò Murtagh che, prepotentemente, si sedette
accanto
a Emma e l’afferrò per darle un bacio passionale.
La biondina si divincolò.
- Insomma, non hai un po’
di tatto! Non vedi tua sorella come sta giù?- lo rimproverò con un filo
di
voce, indicandole con lo sguardo Angel, che iniziava a guardarsi
intorno con
aria preoccupata e ansiosa.
La reazione di Murtagh fu
quella di scrollare le spalle.
- Gliel’avevo detto che
Potter le avrebbe causato solo un mucchio di problemi. Fatti suoi-
disse alla
fine, senza curarsi del fatto che Angel la stesse ascoltando.
Emma lo fulminò con lo
sguardo, e tornò a ignorarlo, come a volte doveva fare per evitare che
i suoi
nervi sensibili non saltassero in un attimo.
- Dove sei stato finora?-
chiese Angel a Murtagh, dopo l’iniziale silenzio. La brunetta si stava
arricciando sulle dita una ciocca ci capelli castani e corti.
Ancora una volta, Murtagh
scrollò le spalle. – Un po’ qua, un po’ là- rispose, - ma sto cercando
di
divertirmi un po’. Lo conosci Mike Felder, quello del secondo anno di
Corvonero? Quello che va dietro a quella ragazzina riccia del suo anno,
quella
bellina bassina ma con curve alquanto notevoli…- sentì l’occhiataccia
di Emma
su di sé, ma la ignorò, e continuò a raccontare dopo che Angel aveva
annuito
per fargli capire che aveva inteso di chi parlasse. – Ecco, io e gli
altri del
mio anno, escluso Hammer ovviamente, gli abbiamo teso un agguato, e per
“sbaglio”, diciamo così, è finito steso nel fango ai piedi della
ragazza.
Dovevate vedere come biascicava con la lingua che non gli funzionava
per la
fattura!-
Murtagh scoppiò in così
grasse risate che si tenne la pancia.
Emma sorrise divertita,
ma scosse la testa. – Ma certo che siete proprio stupidi!-. Murtagh
rise ancora
più forte, abbandonandosi sul tavolo.
Quella scena riuscì a far
sorridere anche Angel, che in quei giorni proprio non riusciva a capire
dove
sbagliasse con James, continuava a chiedersi cosa avrebbe dovuto mai
fare.
All’improvviso la porta
del pub si aprì di nuovo, e un vento gelido portò loro delle risate sin
troppo
familiari per Angel. Seduta com’era in disparte ma in un posto davvero
strategico, le bastò una fugace occhiata per vedere la squadra di
Quidditch di
Grinfondoro al completo.
Erano tutti lindi e
pinti, merito delle docce fatte dopo l’allenamento. Ognuno aveva
lasciato a
scuola le divise ed erano vestiti in modo casual. In quegli anni la
moda di
vestire babbana era entrata e si era radicata persino nel mondo magico.
Con la
morte di Voldemort, maghi e babbani si erano quasi del tutto integrati
tra
loro, o forse sarebbe stato più giusto affermare che i maghi, per
evitare
qualsiasi coinvolgimento dei babbani, avevano fatti propri mezzi
all’avanguardia. Moto, macchine e biciclette erano entrate nell’uso
comune dei
maghi (se si trattava di viaggi non molto lunghi), che a volte
preferivano
questi mezzi alle scomode scope o all’imprevedibile e pericoloso
nottetempo; i
telefoni ormai si erano diffusi in quasi tutte le case, lasciando quasi
al
verde tutte le poste comunali, che mettevano a disposizione i gufi, i
quali
erano contenti di poter fare un giretto senza dover fare commissioni
qua e là
per il mondo; infine, le vecchie toghe che fino a qualche anno fa erano
di gran
moda erano diventate quasi inutilizzate in incontri non formali.
Insomma, il
mondo babbano aveva messo radici anche in quello dei maghi.
Mentre da una parte Angel
ne era contenta, dall’altra non lo era, soprattutto quando vide
Isabella
Serinda Malfoy con una minigonna così corta che era quasi scandalosa.
Eppure,
Angel non poteva dire che le stesse male, dato che da sotto quel
minuscolo
pezzo di stoffa uscivano due gambe lunghe ed affusolate, fasciate in
quasi
coprenti collant, ai piedi stivali neri che le arrivavano al ginocchio
e,
nonostante tutto, non l’attozzivano per niente. Era davvero il sogno di
ogni
ragazzo perché, con tutto rispetto, se lo poteva permettere. Ed Angel
l’ammirava tanto, se non fosse per il fatto che le dava fastidio
vederla spesso
insieme a James. Un mostro chiamato invidia la possedeva ogni volta che
li
vedeva ridere così naturalmente insieme.
Stava per alzarsi e
raggiungerli, quando Murtagh le afferrò con violenza un braccio.
- Dove credi di andare?-
chiese, con voce atona.
- Da James, ovviamente-
Angel sapeva che Murtagh
non approvava per niente la sua storia con il rampollo di casa Potter,
ma c’era
qualcos’altro che lesse nella sua espressione, ma non riusciva a
decifrare.
- Ovviamente. E perché
vorresti andare da lui?-
- Forse perché è il mio
ragazzo?- rispose acida lei.
- Angel, hai appena detto
che James ti ha dato buca per uscire con i suoi compagni di Quidditch!-
esclamò
Emma, con gli occhi sgranati per quello che la ragazza aveva affermato.
- E allora?-
Emma e Murtagh si scambiarono
un’occhiata. Sapevano che Angel fosse ancora piccola per certe cose, e
non
poteva arrivare a quelle macchinazioni che erano abituati a fare loro
due, ed
era per questo che c’erano loro a guidare le sue mosse.
- Potter non ti aveva mai
dato buca, fino a quest’anno-, cercò di farle notare Emma.
Angel scosse la testa.
- James esce con la
squadra almeno una volta ogni tre mesi, quasi come se prendesse
pillole-.
- E’ la prima volta che
potete uscire insieme da quando siete tornati dalle vacanze e lui che
fa? Non
esce con te, ma preferisce loro. E’ successo l’anno scorso?-
Angel ci pensò su.
- No- si limitò ad
ammettere.
- E come mai proprio
quest’anno ha deciso di uscire prima con la squadra?- continuò a
chiedere Emma.
Angel si strinse nelle
spalle.
- Te lo dico io,
sorellina. Perché quest’anno c’è la Malfoy-. Murtagh non aveva mai
adorato i
Malfoy, né tantomeno li odiava, ma stava iniziando davvero a farlo.
Angel guardò i due
ragazzi come se avessero appena detto eresie.
- Secondo me è una
coincidenza-. Non riusciva a non difendere James, talmente era abituata
a
farlo. Da che ricordava, Emma e Murtagh erano sempre stati insieme, e
quando si
mettevano d’impegno, riuscivano ad essere davvero pericolosi.
Il tarlo del dubbio si
insinuò dentro i pensieri di Angel, che si limitò a guardare i ragazzi
del
Grifondoro, che avevano ormai preso posto ad un tavolo lungo ottenuto
unendo
più di un tavolino. James era seduto a capotavola, e Bella alla sua
destra.
Alla sua sinistra, malgrado non facesse parte della squadra, c’era
anche Albus.
Winchester era seduto accanto a Bella, e tutto il resto della squadra,
era
distribuita attorno al tavolo.
Angel non era mai stata
invitata a quegli incontri, mentre Albus poteva andarci perché era
fratello del
capitano, e perché “erano tutti ragazzi”. Quest’anno, invece, c’era
anche
Bella. Allora perché l’idea di invitarla a sua volta non aveva sfiorato
la
mente di James?
Si voltò dall’altro lato,
ma era forse il momento sbagliato per parlare con Murtagh ed Emma, dato
che
avevano preso a baciarsi con passione e poca pudicizia. Angel di certo
non
spiccava di verecondia, ma trovava davvero esagerato quel modo di
esprimersi in
pubblico. Così, per evitare di sentirsi in imbarazzo, tornò a guardare
dietro
di lei.
Ciò che vide la fece
arrossire di rabbia e vergogna. James si era appena avvicinato a Bella
e le
stava sussurrando qualcosa all’orecchio. Si scambiarono uno sguardo
intenso e
pieno di significato.
Non poteva essere vero,
di sicuro c’era una spiegazione, e tutto quello era un qui
pro quo. James Potter aveva sempre odiato tutti i Malfoy, a
detta sua. A detta sua. Eppure, da come si comportavano i fratelli
Potter con
la Malfoy, non sembrava che li odiassero.
Le lacrime le riempirono
gli occhi. Non voleva vedere, eppure non riusciva a smettere di
osservarli.
Winchester aveva cinto la vita della ragazza, ma James lo aveva
fulminato con
lo sguardo.
Non ti permettere, Mark. Non la toccare, riuscì a leggere sul labiale di James.
- ..gel… Angel!-
Il suo nome esclamato dal
fratello, la mano di lui che le aveva scrollato violentemente il
braccio, la
fecero girare. Murtagh era accigliato tanto quanto Emma, che ancora
stava
osservando la scena dei Grifondoro.
- Vieni, Angie. Andiamo
in bagno- disse lei con forza, respirando profondo. – E tu, vedi di non
cercare
rogne. Più stiamo in disparte e facciamo i discreti, più sapremo fin
dove hanno
il coraggio di arrivare quei due- aggiunse in direzione di Murtagh, che
aveva
tutta l’intenzione di non starsene seduto a guardare.
Angie seguì Emma senza
aggiungere alcuna parola. Ripensando a quanto successo qualche ora
prima, non
credeva James possibile di tanta falsità. Le aveva detto di amarla, e
lo aveva
visto provarci con un’altra. Chiunque ella fosse stata, ad Angel non
importava.
La cosa che più lo feriva era vederlo legato ad un’altra.
C’era però, nella sua
mente, una piccola vocina chiamata speranza, la quale le diceva di non
disperare, perché James avrebbe sicuramente avuto modo di darle una
spiegazione
più che plausibile per quel comportamento.
Chiuse in bagno, Emma le
poggiò entrambe le mani sulle spalle.
- Ehi, Angie! Fatti
forza! Non devi lasciare che Ja mes vinca! Non puoi lasciarti andar
così. Dagli
pan per focaccia. Un vecchio detto babbano dice “occhio per occhio,
dente per
dente”. Se lui si comporta così con qualcun’altra, e non si fa scrupoli
a farsi
vedere in pubblico, devi anche tu fare lo stesso. E sta sicuro che, per
essersi
comportato così, di sicuro c’è stato qualcosa che tu non sai tra loro
due. Sicuramente
una storia fugace d’estate, senza tener conto che i sentimenti, con la
vicinanza, aumentano sempre di più il desiderio-
Quel discorso mandava ad
Angel continue fitte al petto, tanto che si appoggiò alla sua amica per
non
cadere. Si aggrappò a lei con tutte le forze, e pianse. Le lacrime le
portarono
via con forza tutto il dispiacere che provava in quei mesi e che si era
trascinata dietro sin da allora. Diede la colpa delle poche visite tra
i due a
Murtagh e ad Albus, i quali si odiavano a pelle, e odiavano anche i
rispettivi
fratelli. Se solo avesse potuto vedere James tutto il tempo che voleva,
magari
questa situazione si sarebbe potuta evitare.
- Angie, Angie. Sapevi
sin dall’inizio che James Potter era un tipo del genere, che va là dove
lo
portano i testicoli, e non dove lo porta il cuore. Potrà dirti mille
volte che
ti ama, ma facendo così non te lo dimostra. Per quanto altro tempo
ancora
vorrai farti mettere i piedi in testa?- rincarò la dose la bionda
Tassorosso.
Angel era stremata. Non
aveva alcuna altra lacrima da versare. Sapeva com’era il suo volto in
quel
momento, tutta l’estate non aveva fatto altro che specchiarsi dopo aver
pianto,
cercando la forza di non essere così debole, e ogni volta vedeva un
viso
pallido, le gote arrossate e gli occhi gonfi, sebbene non rossi di
pianto.
Pareva malata. Malata, sì, di pene d’amore.
Un rumore oltre la porta
le fece scattare la testa.
- Cos’è stato?- chiese
alla bionda, conoscendone già la risposta.
- Murtagh- sibilò Emma,
prima di fiondarsi là dove la porta le divideva dalla sala principale.
Angel rimase ancora un po’
a guardare imbambolata le porte che sbattevano. Prese una bella boccata
d’aria,
e uscì dal bagno.
Nella sala tutti
mantenevano un rigoroso silenzio, e ciò che vide Angel fu sono
l’immagine di
suo fratello e James che si minacciavano con le bacchette al petto. Le
punte di
entrambe le bacchette parevano voler trapassare da parte a parte
l’avversario.
Albus aveva sotto
bacchetta Emma, la quale aveva piegato un braccio dietro la schiena a
Bella,
prima che potesse prendere alcuna bacchetta, dato che era disarmata, e
le
puntava con forza la bacchetta sulla gola.
I camerieri non osavano
muoversi, neanche per prendere la bacchetta e porre fine ai litiganti.
Dietro
James c’era tutta la squadra di Quidditch con le armi alzate, così come
dietro
Murtagh c’erano i suoi fedelissimi compari.
La tensione era
palpabile. C’era così silenzio, che Angel potè ascoltare i battiti
accelerati
del suo cuore.
- No..- disse, con un fil
di voce. – No, no. No!- continuava ad esclamare. Sentì le gambe sotto
il suo
peso, che la portarono tra il fratello e il ragazzo. Poggiò ad entrambi
le mani
sul petto, cercando di dividerli. – Smettetela ora! Non è questo un
luogo
adatto per battersi, e né c’è bisogno che vi battiate!- li rimproverò.
James ebbe un fremito, e
spostò lo sguardo per qualche attimo su Angel. Alla Corvonero quello
sguardo
bastò a farle capire che il Grifondoro era pronto ad abbassare la
bacchetta, se
solo Murtagh l’avesse fatto contemporaneamente. Così Angel portò anche
l’altra
mano sul petto del fratello.
- Ti prego, Murtagh.
Smettila.-
Fece forza con entrambe
le mani. Murtagh era irremovibile. Qualcosa però guizzò nei suoi occhi,
e fece
qualche passo all’indietro.
Angel sospirò. Il peggio
era passato. Tutti abbassarono piano la guardia, e con essa la
bacchetta.
Persino Emma allontanò la punta della bacchetta dal collo di Bella.
Angel era
sollevata. Ora Emma avrebbe lasciato stare Bella. Il chiacchiericcio
era
tornato a regnare sulla sala, evidentemente senza più interesse su
quella contesa.
Fu un attimo, e ad Angel
girò la testa. Fu spinta di lato, colluttò contro una sedia, sbattè il
mento, e
si ritrovò di schiena per terra. Lo sguardo era rivolto verso James,
che veniva
investito da un incantesimo in pieno petto. Albus lanciò a sua volta un
incantesimo, ed Emma non ebbe scrupoli a farsi da scudo con il corpo di
Bella,
che urlò di dolore. Dietro di lei, la bionda lanciò un incantesimo
dietro l’altro
al secondogenito dei Potter, il quale con grande abilità li stava
scansando
tutti, o quasi. Uno lo colpì la braccio, lasciandogli una brutta ferita
che gli
strappò persino la manica.
Il chiacchiericcio nella
sala era diventato un coro di grida e urla, e gente che scappava di qua
e di
là, nascondendosi sotto i tavoli o dietro incantesimi di protezione.
Urlò, cercando di muoversi,
ma non ci riusciva per niente. Urlò quando vide il corpo di James
contorcersi
per terra, e Murtagh sovrastarlo. Sopra di lei sentiva il sibilare
degli
incantesimi tra la squadra di Quidditch e gli scagnozzi di Murtagh.
Qualcuno
cadde a terra ferito, qualcun altro resisteva.
- Quiescebatis!- qualcuno urlò. Il
terreno fremette sotto di loro, e
tutti caddero per terra, addormentati. Persino Angel fu sopraffatta
quasi
subito.
Vide un tipo
incappucciato che trascinava con forza i ragazzi di Hogwarts gli uni
vicini
agli altri. Era affiancato dalla professoressa Sullivan, quella di
incantesimi,
la quale aveva creato un velo di color azzurrino opaco, che calò su
chiunque
stava ai Tre Manici di Scopa che non facesse parte di loro.
Vide i piedi dell’uomo
incappucciato avvicinarsi. Si fermarono proprio vicino a lei. Le posò
una mano
sulla spalla. Si scambiarono giusto uno sguardo rapido, e Angel non
ebbe neanche
il tempo di pensare se le desse la sensazione di esserle amico o meno,
che il
sonno la pervase.
L’ultima cosa che pensò
fu che gli occhi dell’incappucciato fossero di un nero così intenso e
profondo
che pareva risucchiarla.
ueQueQuella
~ Rupi
Spazio
riservato all'autrice: Mi sono detta: "Questa storia sta diventando davvero
smielata, tra amori e tradimenti. Una buona lotta è l'ideale", e
così ne ho approfittato per introdurre qualche personaggio nuovo, ma
che ben presto si rivelerà (forse) un personaggio chiave (?). Non so
ancora neanche io chi è l'incappucciato, ma un'idea ce l'avrei.
Vi anticipo che, con molta probabilità, la storia di questo capitolo
proseguirà qualche capitolo più in là. Quindi, se volete conoscere come
va a finire, continuate a seguirmi!
Bacini. La vostra prima fan.
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Capitolo 4 *** Un incontro inaspettato ***
4.
Un incontro
inaspettato
Era appena pomeriggio
quando James Hammer venne a sapere ciò che era
successo poche ore prima a Hogsmeade. Non gli ci volle molto a capire
che
dietro tutto quello c’era Murtagh Portbell, quello scapestrato del suo
anno.
Girava voce che Murtagh, insieme alla ragazza, fosse un Resistente.
Baggianate, secondo James. E lo disse anche alla sua
cara amica Evelyn.
- Non saprei, James-, rispose lei, - di questi tempi non
si può essere
sicuri al cento per cento di chi ci sta di fronte. Chi mi assicura che
tu non
sia a tua volta un Resistente?-.
James annuì. La ragazza aveva ragione, ma lui aveva una
ragione migliore.
- Se si decide di essere Resistente, non ci si può
tirare indietro, pena la
vita. Chi scambierebbe la libertà e la propria vita per perseguire
un’utopia e
diventare lo schiavo di qualcuno?-
La bella ragazza mosse i capelli bruni. Stava per dire
qualcosa, ma si
bloccò.
Qualcuno veniva verso di loro, ed entrambi lo
conoscevano bene. Era una di
quelle persone per cui in quel momento sarebbe stato appropriato il
detto lupus in fabula.
Scorpius Hyperion Malfoy.
Scorpius era il tipico ragazzo che, secondo James,
poteva ottenere tutto
nella vita. Era l’ultimo rampollo di casa Malfoy, adottato alla morte
misteriosa dei genitori dagli zii paterni, crescendo insieme a Blaise e
Isabella, i suoi cugini. Girava voce che tra Scorpius e Isabella ci
fosse una
storia, ma anche su quello James nutriva forti dubbi, soprattutto
perché il
Serpeverde lanciava occhiate di fuoco sia alla sua compagna di casa
Michelle
McCartney, della quale Scorpius soleva dirsi amico, che alla grifondoro
Rose
Weasley. Ovviamente dell’ultima si trattava di una sua proverbiale
speculazione. Avrebbe messo la mano sul fuoco sul fatto che Scorpius
fosse
attratto da Rose.
Insomma, la vita del Malfoy più chiacchierato era sempre
sulla bocca di
tutte, soprattutto di tutte quelle che farebbero carte false per
andarci a
letto. Eppure, Scorpius era talmente freddo dentro che quando passava
anche il
tempo pareva fermarsi.
- Malfoy- lo salutò lui.
Scorpius parve cadere dalle nuvole, ma si fermò ed
accennò un debole e
svogliato sorriso di circostanza.
- Hammer-
Si strinsero la mano, quasi come vecchi compari. Tra
loro c’era sempre
stata una rivalità, ma entrambi portavano rispetto dell’altro. Poi
Scorpius si
voltò verso Evelyn e strinse anche a lei la mano, senza però sorridere.
Se la
cugina Isabella era chiamata Strega di
Ghiaccio, James avrebbe dato anche a Scorpius un appellativo
simile, anche
se per ragioni diverse.
- Qual buon vento ti porta via dal tuo regno muschiato?-
lo esortò a
parlare. James sperava di spingerlo a difendersi, dato che si diceva
che odiava
essere chiamato “il re dei sotterranei”.
Scorpius non si degnò neanche di scoccargli
un’occhiataccia.
Apatico.
- C’è stata una rissa ad Hogsmeade-, lo informò.
Ovviamente James era al
corrente di tutto, ma aveva voluto evitare di parlarne con l’amica,
poiché era
facilmente impressionabile.
Evelyn subito si portò una mano sulle labbra.
- Oddio, si è fatto male qualcuno?-
- A quanto pare no. Dicono che sia intervenuto un tizio
che con un gesto
della mano e una formula magica sussurrata tra i denti abbia fatto
addormentare
tutti-
- Chi era impegnato nella rissa?- volle sapere. Per lui
era solo una
conferma di ciò che aveva saputo.
- La squadra di Quidditch dei Grifondoro e certi tipi
del Corvonero, alcuni
del tuo anno, Hammer-.
- Potter avrà una squalifica! Si sa chi ha scatenato la
rissa?-
Scorpius si strinse nelle spalle.
- Non ho nessuna idea. I professori stanno cercando di
capire l’accaduto ma
pare che tutto sia avvenuto per gelosia-
A quell’affermazione, James vide Scorpius essere un po’
a disagio. Forse
era successo qualcosa anche alla cugina. Non riuscì ad aggiungere altro
che
Evelyn sospirò agitata.
- Oh, vi prego! Accompagnatemi lì! Devo assolutamente
capire se posso dare
una mano-
Evelyn l’afferrò per un braccio e quasi iniziò a
strattonarlo, insistendo
rumorosamente. Scorpius si mise due dita sugli occhi, e se li premette.
- Se permetti, Baxter, preferisco tornarmene nel mio
“regno muschiato”- e
scoccò un’occhiata quasi divertita a James. Forse gli era piaciuta la
battuta.
– Tra l’altro devo avvisare Blaise che è coinvolta anche Bella-
A quella notizia, Evelyn quasi divenne insopportabile.
Era talmente
insistente nella richiesta di raggiungere l’infermeria, che trascinò
con forza
James, senza riuscire a fargli salutare il suo miglior nemico.
Lasciandosi così il Malfoy alle spalle, che tornò a
camminare in silenzio
verso i sotterranei, non sollevando neanche il rumore dei passi per
terra,
James e Evelyn cercarono di raggiungere il più in fretta possibile
l’infermeria.
Evelyn continuava a parlare, a muoversi preoccupata,
arrivando persino a
strattonarlo certe volte. Invece, James, più che dall’accaduto,
ripensava a
quanto aveva detto loro Scorpius. Un uomo che con il tocco della mano e
una
formula sussurrata era riuscito a far smettere il litigio, e a portare
addirittura tutti in infermeria. Sembrava che chiunque potesse
riuscirci, ma
lui sapeva bene che quando Portbell si metteva in testa di rompere le
scatole,
lo faceva per bene, senza contare poi che Potter aveva un bel
caratterino. Come
un lampo ricordò che Potter se la faceva con Angel Portbell, quella
ragazzina
carina ma senza troppo carattere, che gli stava dietro dal primo giorno
di
scuola ma voleva darsi tante arie passando da un letto a un altro. Una
volta
finita nel letto “giusto”, c’era rimasta. Nonostante Potter dicesse che
l’amava, gli si leggeva chiaro in faccia che mentiva, e di certo non
gli è
sfuggito questo particolare a Murtagh. Bene, ora aveva il pretesto. La
gelosia
di Angel era solo una scusa, in realtà Murtagh non vedeva l’ora di far
lasciare
i due ragazzi. Non credeva, però, che Angel l’avesse capito.
Povera sciocca ragazzina, non tutti
i problemi si risolvono andando a letto con chi ti piace.
Se, però, Murtagh aveva scatenato una rissa, ed era
stata coinvolta
l’intera squadra di Quidditch e il manipolo di ragazzi che vedevano in
Murtagh
il capo della banda, come aveva potuto un solo uomo, con un solo tocco
della
mano, a mettere fine alla rissa? Era questo che non riusciva a capire.
- James, ma mi stai ascoltando?- sbottò all’improvviso
Evelyn,
strattonandolo, ma senza rallentare.
- Mmmh, si, certo- disse, non troppo convinto.
Evelyn lo guardò con gli occhi ridotti a fessure. – Io
ti ho fatto una
domanda, però…-
- Oh… credo mi sia sfuggita- ammise, un po’ imbarazzato.
Evelyn sospirò e scosse la testa. – Ti ho chiesto come
mai secondo te fosse
coinvolta Bella-
James la guardò stupito. – No, davvero me lo stai
chiedendo?-
- Sì, perché? Cosa c’è di tanto strano?-
James ridacchiò tra sé divertito.
- Hai sentito Scorpius. Gelosia. Essendo Bella l’unica
donna della squadra,
non credi che Angel abbia pensato che James l’abbia fatta entrare
perché è
successo qualcosa tra loro due? Angel l’ha detto al fratello, e il
danno è
fatto.-
- Sì, ma perché proprio Bella.-
James la guardò interrogativo.
- Cosa stai dicendo? Non ti seguo- dovette ammettere.
- La Strega di Ghiaccio non si è mai fatta toccare da
nessuno, e contando
che è una Malfoy, escluderei una possibile relazione tra Bella e James.
Inoltre,
Angel sta sempre così attaccata a James che non gli lascia un attimo di
respiro. Non credo che James abbia fatto entrare Bella così in squadra.
No, c’è
un altro motivo che c’è sotto. Quello di Angel è un pretesto. Ma cosa
c’è
dietro?-
James sorrise. – E’ quello che mi chiedo anche io-. Si
sentì sollevato per
il fatto che non fosse l’unico a pensarlo.
***
La testa gli doleva come non mai. Era come se un tamburo
continuasse a
suonargli nelle orecchie. Anche con gli occhi chiusi, Murtagh non
riusciva ad
allontanare quella sensazione di nausea che pareva averlo preso.
Provò ad aprire gli occhi, ma tutto era offuscato. Battè
le palpebre e
cercò di mettere a fuoco.
Da quello che riusciva ad intravedere, tutt’intorno a
lui era completamente
bianco. Era in infermeria a quanto pareva.
Un improvviso lampo di luce aumentò la sua nausea. Serrò
gli occhi e la
mascella. Inspirò a fondo cercando di calmarsi. Non riusciva a capire
cosa gli
stesse succedendo, non aveva affatto controllo sul suo corpo, e questo
non gli
piaceva. Una rabbia d’impotenza lo pervase. Stringere con forza ogni
suo membro
era come darsi mille pugni nello stomaco.
Sapeva di dover stare calmo, e così respirò a fondo.
I suoi pensieri vagarono debolmente sui ricordi di
qualche ora prima. Tutto
era terribilmente confuso. Da quanto era
lì? Da quanto tempo era svenuto? C’era solo lui, o c’erano anche tutti
gli
altri?
- …non è nulla- sentì debolmente.
La voce era chiaramente una voce profonda, saggia,
anziana. Di un uomo. Non
pareva nessuna voce di qualcuno che conosceva. Non era uno dei
professori della
scuola, come invece era quella che sentì dopo.
- Ti prego di non starci troppo a pensare, John. Sai che
i ragazzi sono esuberanti-
L’uomo, che a quanto pareva era proprio questo John, si
mise a ridere.
- Mia cara Evanna, dimentichi forse che ragazzo fui a
mio tempo?-
La professoressa Evanna Bones stette in silenzio per un
po’. Forse aveva
sorriso a John.
- No, non l’ho dimenticato-
Murtagh si chiese chi fosse l’uomo che conosceva la
professoressa Bones.
Cercò di voltare la testa in direzione delle voci, ma un conato subito
gli salì
alla bocca, lasciandola amara.
Sentì dei passi avvicinarsi. Qualcuno si fermò accanto a
lui.
- I segni sulla pelle di alcuni ragazzi mi lasciano da
pensare, Evanna.
Molto da pensare-
La professoressa respirò a fondo.
- Questi sono tempi in cui chi non è ben consapevole
delle conseguenze
delle scelte che fa, spesso sbaglia strada.- Una mano gli accarezzò la
fronte.
Era la mano morbida e calda, piena di rughe, della professoressa. La
riconobbe,
perché era molto simile a quella della nonna, prima che morisse. Quel
contatto
non fece altro che alleviargli il dolore alla testa. Respirò a fondo,
riuscendo
finalmente a calmarsi.
- Il nostro compito, però, è non demordere, e spiegare
loro la differenza
tra ciò che rispetta i diritti degli altri, e ciò che non lo fa-
- Talvolta, però, è solo tempo perso-. John pareva
chiaramente dubbioso
sulla riuscita dei progetti della donna.
- Talvolta, semplicemente, non si vuole ammettere di
aver compiuto uno
sbaglio-.
Le parole della Bones parevano celare molto più di
quanto riuscisse a
capire Murtagh. Il silenzio che era sceso era quasi tangibile, un
silenzio teso
che si attaccava alla pelle.
Murtagh provò ad aprire gli occhi. Non voleva sentire
altro, cercando di
far capire agli anziani che lui era lì, sveglio, e riusciva a sentire.
Una risata fu tutto ciò che riuscì a sentire prima che
ripiombasse
nell’oscurità.
***
Evelyn, appena arrivò in infermeria, andò a molestare la
guaritrice Eleanor
Lancaster, la nuova guaritrice dell’infermeria, chiedendole se potesse
fare
qualcosa per aiutarla. In fondo, più di dieci ragazzi da accudire
contemporaneamente poteva essere oneroso per lei sola.
James approfittò della distrazione di Eleanor Lancaster
per sgattaiolare in
corsia. C’erano varie tende tirate, che probabilmente nascondevano
degli
studenti, forse a riposo. Continuò a camminare, cercando l’unico che
potesse
spiegargli meglio qualcosa.
Quando lo trovò, James Potter era seduto sulla brandina,
un libro sul
quidditch aperto sulle gambe, e lo sguardo perso nel vuoto.
Evidentemente sentì
i suoi passi avvicinarsi, e si voltò verso di lui.
- Ehi, tutto a posto?- gli chiese Hammer.
James Potter annuì debolmente con la testa.
- Sono un po’ intontito, in verità, ma sto bene. Niente
di rotto e nessuna
fattura-, l’informò.
James Hammer gli si avvicinò e si sedette sulla sedia
abbandonata vicino
alla brandina.
- Ma cos’è successo?- chiese subito, senza preamboli.
Era un tipo a cui non
piacevano inutili giri di parole.
Il grifondoro si strinse nelle spalle.
- A dire la verità, Hammer, non sono ben sicuro di aver
capito cosa sia
successo. Ricordo solo che Portbell…che Murtagh- si corresse quasi
subito, - ha
cercato un pretesto per rompere le scatole, come al solito. Solo che a
un certo
punto tutto si è fermato, ed è diventato tutto nero-.
Quelle parole lo fecero ancora più insospettire, ma non
riuscì a chiedergli
altro.
- Hammer, insomma! Che ci fai qui? Nessuno poteva
entrare, Madama Lancaster…-
Hammer si voltò di scatto e iniziò a scusarsi con la
professoressa Bones.
- Professoressa, mi scusi. In realtà è tutta colpa mia,
ho approfittato di
un attimo di distrazione della Lancaster e sono venuto a trovare James-
Lo sguardo penetrante della Bones lo scrutava, ma James
non si lasciava
spaventare. C’era un autore, non ricordava bene chi, che disse che il
fine
giustificava i mezzi. Ecco, lui diceva la verità, ma solo in parte.
Dietro la professoressa scorse un individuo. Un’occhiata
migliore e quasi
ne fu stupito.
- Ma lei…lei è il dottor Mason? L’autore del libro
sull’alchimia?- chiese,
superando senza troppi preamboli la professoressa. Era eccitato oltre
ogni
dire. Solo quella mattina gli aveva inviato un gufo, ed ora lo aveva
proprio di
fronte. Come si diceva, il caso è strano.
L’uomo sorrise sotto la barbetta brizzolata che gli
copriva il mento e le
guance. Gli occhi neri dell’uomo lo guardarono a fondo, uno sguardo che
conosceva sin troppo bene, e che gli ricordava come lo guardava Evelyn.
Il
volto era pieno di rughe, alcune del tempo, altre delle esperienze. Era
un uomo
piacente, nel complesso, e che stranamente gli regalava una strana
sensazione.
- Sì, sono proprio io. Con chi ho il piacere di
parlare?- chiese,
incrociando le braccia.
- James Hammer. Le ho mandato una lettera proprio in
mattinata-
John Mason si lasciò sfuggire un sorrisetto.
- Hammer, eh? Chi l’avrebbe detto che ti avrei
conosciuto?- chiese,
allungandogli una mano. James gliela strinse, e fu strattonato verso il
vecchio.
– Fai domande pericolose per essere solo un curioso- gli sussurrò
all’orecchio.
James non rispose, serrando la mascella. Allora aveva
letto la sua lettera,
ma non gli aveva risposto ancora.
- Lo scusi, professoressa. I giovani d’oggi non
conoscono le buone maniere-
intervenne, a difesa del ragazzo.
La professoressa bonariamente sorrise. Incitò tutti e
due a lasciare “il
signor Potter” a riposare, e li scortò fuori quanto prima possibile.
Andando
verso la porta vide che la distrazione della Lancaster ancora la
importunava,
così tirò via anche Evelyn, lasciando alle sole cure dell’infermiera i
suoi
pazienti.
James aveva voglia di parlare con John Mason. Era colui
che aveva scritto
del Master, era colui che pareva il più preparato sull’argomento
dell’alchimia.
Finalmente, con lui sentiva che avrebbe avuto tante risposte, tutte
quelle che
gli sarebbero servite. Il cuore gli batteva forte, allo stesso modo di
quando
aveva un incontro galante con chi gli piaceva per davvero. Pensò per un
attimo
a Crystin. Dopo, non ebbe che occhi e orecchie per il vecchio scrittore.
Mason parve accorgersi dello sguardo interessato di
James. Gli mise una
mano sulla spalla.
- Dai tempo al tempo, ragazzo. Saprai ciò che vuoi
sapere con il tempo- gli
disse, prima di voltarsi e incamminarsi insieme alla professoressa
verso la
fine del corridoio. Svoltarono a sinistra e sparirono dalla sua vista.
Come aveva fatto quell’uomo a indovinare quello che
pensava? Tutti i
pensieri di James gli turbinavano senza sosta in testa. Voleva sapere,
voleva
conoscere, voleva chiarimenti. Voleva sapere perché riusciva a
“imporre” ciò
che voleva attraverso il semplice tocco della mano.
L’uomo di cui si parlava era un tipo che non era mai
stato visto da quelle
parti, e aveva toccato qualcosa, sussurrato qualcosa, e chi voleva era
caduto
inerte per terra. L’unico uomo sconosciuto era proprio Mason.
Possibile che James e Mason fossero entrambi degli alchimisti?
~ Rupi
Spazio
riservato all'autrice:
Talvolta le famiglie sono divise per così
tanto tempo, che si fa fatica a riconoscersi. Eppure, quando vedo mia
sorella che gioca a playstation mi chiedo come faccia a riconoscere in
quell'oggetto un qualcuno più importante di sua sorella.
Mah.
Anche questo capitolo è andato. James Hammer non è certo il personaggio
che più adoro, anzi a volte mi sta simpatico. Mi sa che dopo mi dedico
a un capitolo su un personaggio più simpatico: Scorpius o James Potter.
Se vi state chiedendo perchè abbia chiamato Hammer con lo stesso nome
di Potter, vi rispondo che è stata una semplice coincidenza. Credo che
il nome James stia bene sia con Potter che con Hammer nel dirlo, non
trovate?
Ringrazio chi ha recensito sinora, e spero che continuiate a farlo.
Bacioni.
|
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Capitolo 5 *** Il giorno dopo ***
5.
Il giorno
dopo.
Se io potrò impedire ad un
cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
[E. Dickinson]
Teneva le coperte fin sopra la fronte,
accucciandosi
teneramente in quel lettino scomodo. Se non fosse per una coperta un
po’ più
pesante, avrebbe dovuto coprirsi con il solo lenzuolo bianco, quindi
non si
sarebbe coperta che per freddo.
In quel modo, Bella cercava invece di
tenersi compagnia
in qualche modo. Non aveva ancora voglia di vedere gli altri, il
braccio le
doleva come non mai. Emma aveva esagerato con quella stretta, per poco
non
sentiva le ossa del polso scricchiolare, e con la bacchetta puntata
alla gola
si era vista chiaramente passare la sua vita davanti. Quella ragazza
era quasi
priva di umanità, come il suo ragazzo. Odiava Portbell. Odiava i Portbell talmente tanto e tanto
incondizionatamente che ogni tanto si chiedeva che cosa le avessero
fatto mai.
Angel la odiava per quel suo fare da gatta morta, strisciante e subdola.
Ripensò al loro ultimo e spiacevole
incontro, negli
spogliatoi di Grifondoro, dove normalmente non le sarebbe stato
permesso
accedere. Eppure, a quanto pare, essere la ragazza del capitano della
squadra
ti concedeva un pass ogni volta che giocavano. Era la prima volta che
Bella si
trovava negli spogliatoi della squadra. Non che questo fatto le
causasse
problemi, perché fino a poco tempo prima, capitava che a casa sua si
riunissero
tutti i giovani Malfoy, e Edward. Edward e Blaise, suo fratello, erano
grandi
amici, e capitava che passassero insieme del tempo a casa sua. Quando
poi
veniva anche il cugino Scorpius, allora il tasso di mascolinità
cresceva.
Era abituata a trattare con i ragazzi,
ma non con le
ragazze. A parte la sua migliore amica Eliza, non riusciva a stare
tranquilla.
Aveva sempre paura di deludere.
Fu scossa dai suoi pensieri quando
qualcuno tossì.
- Sei sveglia?- sussurrò quel qualcuno.
Sotto le coperte la voce le arrivò
attutita, e non
riusciva a capire chi fosse. Sentì un sospiro che non era il suo. Era
restia a
cacciare fuori la testa, a far vedere che fosse sveglia.
Ci furono un fruscio e dei passi, e un
ombra si stanziò
di fronte a lei.
Timidamente aprì gli occhi e guardò in
un piccolo
spiraglio. Nel buio della notte, la poca luce proveniente dalla luna,
tonda e
grande nel cielo, le fece distinguere i tratti di James Potter.
Il suo cuore ebbe un tuffo. Forse era
proprio a causa sua
che tutto quello era successo. Tirò su con il naso, e sospirò. Voleva
fargli
così capire che era sveglia ma non aveva voglia di parlare.
- Vorrei parlarti di una cosa, però
stesso io non ne sono
certo. Posso chiederti un parere?- le chiese, sempre a bassa voce, per
paura
che qualcuno sentisse.
La ragazza capì che non l’avrebbe
mandato via tanto
facilmente, e che se ne fregava del suo silenzio. Con gesti lenti, si
mise a
sedere, aggiustò con qualche pacca il cuscino, che mise dietro la
schiena, si
appoggiò allo schienale. Non tirò le coperte ancora una volta sul
corpo, perché
non faceva ancora tanto freddo.
Scambiò uno sguardo con James. In quel
momento sembrava
vederlo per la prima volta. Aveva un’espressione afflitta in viso, era
chiaramente triste. I capelli neri erano scomposti più del solito. Gli
occhi
castani erano spenti.
Si era sempre chiesta da chi avesse
preso gli occhi
castani. I suoi avevano gli occhi verdi, così come i fratelli. Lui
perché?
Ancora non aveva ricevuto risposta.
La voce di James la distolse dalla sua
stupida
riflessione sui suoi occhi.
- Come stai?- chiese poi, con le sue
labbra carnose, che
protendeva in un broncio malinconico.
Bella non poteva fare a meno di pensare
che James Potter
fosse molto attraente in quel momento.
Provò a parlare, ma doveva prima
schiarirsi la voce.
Nonostante tutto, il suono le uscì roco e le fece male alla gola.
- Va meglio-, rispose brevemente.
James sospirò. Era un sospiro nervoso,
Bella lo capì
subito. Aveva infilato le mani nelle tasche della divisa, e stava
osservando un
imprecisato punto a terra. Muoveva ritmicamente il piede, in un gesto
che gli
fece tremare l’intera gamba.
Quella vista intenerì molto Bella, che
sorrise suo
malgrado.
- Davvero, stai tranquillo, James. Sto
meglio- gli ripetè
con voce flebile e roca.
- Sto pensando di lasciare Angel- disse
tutto d’un fiato
alzando lo sguardo su di lei.
Bella rimase frastornata da quella
affermazione. Mentre
il suo io interiore iniziava a fare festa, e nello stomaco sentiva
tantissime
farfalle che iniziavano a muoversi , sentì una tristezza assurda. James
era una
di quelle persone solari e allegre, e vederlo così abbattuto quasi la
feriva.
Non seppe che rispondere. Aprì le
labbra, ma non le
venivano le parole giuste per confortarlo. In fondo, però, a
ripensarci, lui
non aveva ancora lasciato Angel, ma aveva pensato di farlo.
Bella portò i capelli scuri dietro la
testa.
- Perché vorresti lasciarla?-
Evidentemente
James aveva messo in conto che lei avesse potuto fargli quella
domanda,
ma sperava che non gliela facesse. Storse la bocca.
- E’ un po’ che ci sto pensando. Credo
che non la ami più
come prima-
Bella rimase pensierosa su
quell’affermazione. Passò un
po’ di tempo prima che gli chiedesse altro.
- Non è che non l’hai mai amata, James?-
Il ragazzo si lasciò andare a un
sospiro. Si portò
entrambe le mani tra i capelli. Si abbassò con il busto in avanti e
poggiò i
gomiti sul letto dove riposava la ragazza. Bella si tirò un po’
indietro,
sperando che lui non avesse visto quel suo movimento spaventato. Per un
po’, la
ragazza non voleva essere toccata da nessuno. Era persino sbiancata
credendo
che quando James si era avvicinato era stato per toccarla.
- Non lo so. Sono molto confuso. Io sto
bene con lei, ma
lei trova sempre il pelo nell’uovo. Non le va mai bene niente, si sente
sempre
trascurata, vorrebbe che passassi tutto il suo tempo con lei. Io non ce
la
faccio, a volte mi sento talmente oppresso che vorrei fuggire da lei
piuttosto
che continuare a starle vicino-.
James si tirò indietro e si alzò dallo
sgabello.
- Scusa, forse non dovevo… forse tu
neanche lo vuoi
sapere-
- No!- esclamò Bella. Sentì il calore
arrossarle le
guance, ma sapeva che la pelle era talmente pallida che non si sarebbe
mai
colorata abbastanza. Tossicchiò. Emma prima della fine della rissa le
aveva
chiaramente fatto un’orribile fattura. Non riusciva ancora a parlare
bene. – Cioè,
no. Non preoccuparti, James-.
Rimase a guardare il ragazzo, che
continuava a muoversi
nervoso sul posto. Sembrava che davvero stesse mettendo in conto la
possibilità
di chiudere davvero con Angel.
Da quanto ricordava, James Potter aveva
sempre detto di
amare Angel, nonostante Bella non gli credesse sul serio. Per un po’ li
aveva
osservati, e conosceva benissimo l’espressione di James in quel
periodo. Era
convinto che fosse il padrone del mondo, era felice di stare con lei, e
non
faceva che trovare scuse per marinare le lezioni per correre dalla sua
Corvonero.
Bella era sicura che James amasse
davvero Angel. E allora
cos’era che gli faceva dire di volerla lasciare?
Avrebbe voluto chiederglielo, ma
l’espressione di James
era tanto tetra che il suo istinto le suggerì di non chiederglielo, per
evitare
di farlo soffrire ancora di più.
- Ma cos’è che mi devi chiedere per un
parere?- chiese,
ricordando il pretesto con il quale era venuto a trovarla, e vedendo
che non
diceva altro. Stava in silenzio come un condannato prima di andare al
patibolo.
James si sedette di nuovo. Allungò una
mano verso il suo
viso.
Bella deglutì silenziosamente, mentre
faceva forza contro
se stessa. Non voleva sottrarsi alla mano di James, sapeva che lui non
le
avrebbe fatto alcun male. Chiuse gli occhi, ma sentì solo le sue dita
che le
sfiorarono la guancia, per metterle una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
Si rilassò al contatto dolce della sua
mano nei suoi
capelli.
- Ti volevo chiedere cosa ne pensassi se
lasciassi Angel-
disse tetro. Si percepiva chiaramente l’ansia nella sua voce.
Bella socchiuse piano piano gli occhi.
Cosa ne pensava?
Aveva sempre pensato che Angel non fosse al suo stesso livello, e che
quando
James decise di mettersi con lei si stava sottovalutando. Nonostante
questo, i
Portbell erano una famiglia famosa e potente, quasi al pari dei Potter
(non dei
Malfoy, ovviamente); magari Murtagh incarnava tutto di loro: la
determinazione,
la superbia, il loro incessante credo dell’essere sempre nel giusto.
Angel era
solo una ragazzina che viveva all’ombra del fratello.
- Direi che devi pensarci molto, James.
Angel è stata
capace di renderti felice come faceva all’inizio, o come ti saresti
aspettato?
E’ cambiato qualcosa nel suo modo di porsi a te, o nel tuo modo di
porti nei
confronti di Angel? Ti vedi ancora affianco ad Angel nel caso dovesse
succedere
qualcosa? Sei così sicuro che i tuoi sentimenti siano simili ai suoi?
Queste
sono solo poche domande rispetto a quelle che devi porti per prendere
questa
decisione- gli rispose, fermandosi più volte per calmare il fuoco che
sentiva
nella gola.
James la guardò addolorato.
- Credo che questa situazione sia solo
colpa mia, e della
mia indecisione di fare una scelta una volta per tutte- disse asciutto,
alzandosi dalla sedia. – Torna a dormire, Bella. Riposati. Il sonno
porterà a
me consigli e a te sollievo. Scusa-
Come aveva creduto sin dall’inizio, sin
da quando erano
arrivati in infermeria, James si stava addossando una colpa che in
realtà non
era sua. Non riuscì a dirgli che non accettava le sue scuse, che lui
non era la
causa di niente.
Si passò le mani sul viso, e poi le
infilò tra i capelli,
portandoli tutti dietro. Sospirò e tornò a stendersi sotto le coperte
che
coprivano la brandina.
Scivolò pian piano in un sonno agitato,
sognando ancora
una volta Emma che la affatturava, Murtagh che la molestava, e James
che la
difendeva. La figura di Angel incombeva nei suoi sogni come un uccello
del
malaugurio.
***
Emma impilò tutti i libri che le
sarebbero serviti quel
giorno, e poi li infilò nella borsa. Guardò il suo orologio, annoiata.
L’ora della colazione era passata da un
pezzo, e non le
importava molto.
Ancora non aveva avuto modo di poter
andare a trovare
Murtagh, dopo che erano stati tutti dimessi, fino a qualche ora prima.
L’aveva
trovato bello e pimpante, con il solito sorriso superbo dipinto in
viso. Non
c’era nulla da fare, Murtagh era capace di farti vedere il mondo solo
dalla
perfetta prospettiva con cui vederlo.
- Non vai a lezione?- ricordò di avergli
chiesto.
- Non mi va. Perché non mi fai
compagnia?- le aveva
chiesto, con un sorriso malandrino e un ghignetto divertito, mentre,
seduto sul
letto, le faceva segno di avvicinarsi.
Aveva detto di no, che doveva andare a
lezione, e che lui
stava sbagliando a non andarci. Ovviamente aveva fatto in modo che
prima che
andasse via si ricordasse di lui.
Ricordò piacevolmente le prime volte che
conobbe il
Corvonero. Era uno di quei tipi che normalmente avrebbe mandato via, e
l’aveva
fatto, se non fosse stato per la determinazione di Murtagh. Lui l’aveva
adocchiata, e voleva solo lei.
Quei pensieri la fecero sorridere.
Murtagh era sempre stato un sognatore,
uno di quelli con
la testa sulle spalle ma con la mente proiettata in un futuro perfetto,
dove
ogni cosa deve andare al posto giusto. Non aveva mai superato il
divorzio dei
suoi, la perdita del padre che fu allontanato dalla madre quando aveva
circa
sette anni e Angel poco meno. In quel periodo la madre era incinta di
un terzo
figlio dal signor Lysander Portbell, ma al tempo del divorzio non lo
sapeva.
Quando partorì, la madre dopo poco morì, e questo segnò una ferita
incredibile
nell’animo di Murtagh. Non ne parlava mai. Emma ne era venuta a
conoscenza
quando andò una volta a casa di Murtagh. Ormai erano tornati a vivere
tutti e
tre i figli a casa del signor Portbell. Di questa triste storia gliene
parlò il
piccolo Sam.
La cosa che l’attirò dopo aver saputo
questa storia, fu
il sorriso di invincibilità di Murtagh. Forse non aveva mai superato la
perdita
della mamma, alla quale era molto legato, ed era per questo che lui
volesse il
mondo perfetto come lui lo voleva.
E c’era stato un altro mago che la
vedeva come Murtagh:
Belial.
Proprio al pensiero di Belial, il
marchio dietro la
spalla sinistra le iniziò a pizzicare.
Camminando sovrappensiero, si accorse
quando fu sbalzata
all’indietro che era andata a scontrarsi con qualcuno.
Si massaggiò il sedere, lamentandosi
della botta
ricevuta, e alzò lo sguardo. Il fiato le si mozzò.
- Scusa, Paxton- disse gelido Albus.
L’ultima volta che si erano visti era
stato quando,
bacchette alla mano, si erano fronteggiati ai Tre manici di Scopa
(dove,
ovviamente, per un po’ non potevano più farsi vedere).
- Non preoccuparti- rispose gelida lei.
Prima di alzarsi, lui le tese una mano.
Emma la guardò
sospettosa, e poi alzò lo stesso sguardo su di lui.
- Tranquilla, non mordo- la prese in
giro.
La riccia e bionda Tassorosso si alzò,
rifiutando il suo
aiuto.
- Ma io sì- rispose a tono.
Per un attimo tra loro ci fu silenzio,
riempito dal
rumore pesante dei loro sguardi accusatori. Albus aveva spifferato che
era
stato Murtagh a iniziare, ed Emma invece sosteneva il contrario, che
Murtagh
avesse sì stuzzicato James, ma che fosse stato quest’ultimo a iniziare.
Emma
sapeva benissimo che aveva iniziato Murtagh, lo conosceva sin troppo
bene, ma
non l’avrebbe mai ammesso davanti agli altri.
- Hai finito di guardarmi?- sbottò poi
Emma.
Prima che Albus potesse rispondere,
giunse in suo aiuto
uno dei cugini, Hugo.
- Ehi, Al! Serve una mano?- chiese Hugo,
con la faccia di
chi vuole rendersi ultile.
Emma lo guardò. Era più piccolo di lei,
ma già era alto
quanto lei stessa. Le venne da ridere che un tipetto, magro come una
mazza di
scopa, chiedesse ad Albus se aveva bisogno che lo spalleggiasse contro
una
ragazza. Era proprio un tipo strano.
Albus si limitò a scuotere la testa.
- No, Hugo. Tranquillo, ho tutto sotto
controllo-
Emma ghignò. Tutto sotto controllo.
Certo, come no.
- Beh, io ti saluto, Potter. Ho di
meglio da fare che
ammirare le tue gesta eroiche- lo canzonò.
Albus le scoccò un’occhiataccia.
- Vai a fare per caso la sgualdrina con
Portbell?-
Quel termine la innervosì molto. Ma come
si permetteva
quel pallone gonfiato?
- E pure se fosse, sono fatti miei.- Gli
si avvicinò d’un
passo, sfiorandogli il mento con il naso, e guardandolo dritto negli
occhi. –
Meglio sgualdrina di uno che adora gente dello stesso sesso, non credi?-
Un sorriso malefico le si dipinse in
volto. Da quando
stava a scuola, Albus Potter non aveva mai avuto la ragazza. Si
vociferava che
fosse omosessuale.
Albus strinse la mascella, e la guardò
con odio mal
celato.
- Che succede qui?- chiese il professore
di Lingue non
Umane, Milo Cloud. Aveva un’aria minacciosa che incombeva sui due
alunni.
- Niente, professore. Rispondevo solo a
una provocazione-
ammise lei.
- Guarda che hai iniziato tu!- sbottò
Albus.
Emma si voltò con scatto felino verso il
Grifondoro.
- Sei un bugiardo, Potter. Lo sei sempre
stato!-
- Ah sì? A me risulta il contrario-
- Basta così!- esclamò il professore,
strattonando
entrambi per le braccia, per dividerli. – 50 punti in meno a
Grifondoro, e 50
punti in meno a Tassorosso. In più stasera in punizione!-
- Ma professore…- iniziò Emma, usando
tutto il suo sex
appeal, mettendo un po’ di broncio e facendo gli occhi dolci.
- Niente ma-, il professore li guardò
severo. – Fatevi
trovare alla fine delle lezioni fuori al mio studio. Ed ora andate in
classe!-
ordinò.
Emma, che doveva studiare proprio Lingue
Non Umane,
sbuffò e andò in classe, sedendosi controvoglia su uno dei banchi
all’ultima
fila. Il professore la seguì quasi subito.
- Paxton, vieni avanti- le intimò lui,
mostrandole un
posto al primo banco. Emma provò a protestare, ma il professore ebbe la
meglio
dopo aver tolto altri 10 punti al Tassorosso.
Senza altre lamentele, si sedette al
primo banco. Da lì
poteva ammirare meglio quel professore, che non a poche ragazze
piaceva. Era un
tipo strano, un nuovo acquisto del corpo docenti da un paio di anni, o
forse
qualcosa in più. Di lui si dicevano tante cose, e c’è stato chi
procedeva per
illazione e diceva che fosse un licantropo, c’era chi diceva che avesse
una
relazione con la seducente guaritrice dell’infermeria Eleanor Lancaster.
Emma era una sostenitrice di coloro che
pensavano avesse
una relazione segreta con la Lancaster. In fondo erano entrambi molto
belli.
Il professore Milo Cloud era uno di
quegli uomini di
circa quarant’anni che parevano essere dei giovanotti di appena
trent’anni.
Aveva capelli corti e castani (dopo che li tagliò con grande dispiacere
delle
ragazze), un sorriso perfetto e bianco, la carnagione chiara, e
profondi occhi
castani, senza contare del suo corpo da urlo. Era una bellezza
mediterranea, di
quella bellezza che, però, rimani senza fiato.
Eleanor Lancaster, l’infermiera, aveva
anche lei capelli
e occhi castani, la carnagione un po’ più pallida del professore, ma
era molto
elegante. Era una delle donne più influenti all’interno dell’alta
società
magica. I genitori la volevano semmai Medimaga, ma lei era fermamente
convinta
della sua scelta, anche perché voleva stare vicino ai ragazzi.
Poco dopo che arrivò lei, arrivò anche
il professore
Cloud. Emma credeva che quella non fosse per niente una coincidenza.
Non
esistevano coincidenze. Era convinta che i due stessero insieme prima
di venire
entrambi ad Hogwarts.
- Paxton, hai la testa tra le nuvole!-
la rimproverò il
professore. – Vedi di stare più attenta-.
Il professore continuò la lezione e lei
continuò a
prendere svogliatamente gli appunti.
Non riusciva che a pensare a quella
sera, quando avrebbe
dovuto scontare la punizione con uno dei ragazzi più odiosi della
scuola.
***
Scorpius guardava l’orologio. Era
bloccato lì da un
pezzo, in attesa dei cugini.
La sala comune dei Serpeverde era
talmente affollata che
aveva deciso che avrebbe parlato con i due in biblioteca. Ovviamente
non
avrebbero potuto parlare apertamente, ma con una scusa e un’altra era
riuscito
a far allontanare la bibliotecaria. Peccato che lei non la pensasse
allo stesso
modo, e qualche ossa in meno non era l’ideale di passare la nottata che
avrebbe
passato in infermeria.
La biblioteca era stata chiusa fino a
che proprio lui si
era offerto di badare ad essa.
Sbuffò, i due erano in ritardo. Avrebbe
dovuto riprenderli
anche per quello. Qualcuno bussò alla porta della biblioteca.
- E’ chiuso- rispose con voce atona.
La porta si aprì lo stesso ed entrò, suo
malgrado,
Michelle McCartney.
- Wow, allora è vero quello che si dice
in giro. Il
grande Scorpius Malfoy che fa il bibliotecario. Chi l’avrebbe mai
detto…- lo
canzonò, avvicinandoglisi.
Scorpius era seduto su uno dei grandi
tavoli, con un
piede sulla sedia. Da lì potè notare come la ragazza tendesse a mettere
in
mostra il suo corpo, muovendolo armoniosamente.
- McC, che vuoi?-
La ragazza gli si avvicinò e si sedette
anche lei sul
tavolo.
- Non solo ti becchi i soldi, ma pure
non segui le
lezioni. Chi hai corrotto, Malfoy?-
Scorpius ghignò.
- Dettagli insignificanti, McC- rispose
lui, lasciandola
a bocca asciutta. Qualche maledizione imperio era bastata, ma era
meglio che
non si sapesse in giro. Avrebbero potuto espellerlo e spezzargli la
bacchetta.
Michelle lo guardò con sguardo complice.
- E se ti dicessi che voglio prendere un
libro nella
sezione proibita, altrimenti spiattello tutto a tutti?-
Il biondino fece una smorfia.
- Ti direi che non ho le chiavi della
sezione proibita,
quindi la tua minaccia non mi tocca-
- Cosa?- esclamò la bruna, saltando su,
quasi indignata.
– E perché mai? Cioè, tu sei praticamente un angioletto, perché non ti
hanno
dato le chiavi? Per caso non hanno fiducia in te?-
Scorpius sbuffò, e scese dal tavolo.
- Non m’importa. Mi serviva un posto
tranquillo dove
pensare-
Michelle dietro di lui ridacchiò
divertita. Scese dal
tavolo e lo abbracciò sensuale sui fianchi.
- Certo… dillo che tra poco ti raggiunge
una delle tue
amanti…-
Scorpius scosse la testa, e sorrise
divertito.
- No, per niente, McC-.
Michelle sbuffò, e gli si parò di fronte.
- Andiamo, Scorpius! Così mi fai cadere
le braccia! Tu
non sei mica uno di quegli scialbi Grifondoro, che ti comporti così!-
Scorpius la strinse per le braccia, e la
guardò per un
po’.
- No, le tue braccia stanno a posto. Non
ti sono cadute-
la prese in giro.
Michelle gonfiò le guance, ma poi
scoppiò a ridere.
- Sei uno stupido-
- Buono a sapersi- fece lui, guardando
l’orologio. Non
voleva che Michelle fosse presente qualora i cugini arrivassero, anche
se così
facendo avrebbe dato scacco matto a Blaise, che insinuava che fosse
strano,
proprio perché non amava troppo restare con le ragazze.
Ovviamente, Blaise sapeva perché,
ma era tutta la scuola che era meglio che non sapesse,
compreso Michelle.
La ragazza bruna si muoveva per la
biblioteca, cercando
di attirare l’attenzione di Scorpius. E l’aveva. Era un peccato che
Scorpius
non potesse regalarle le attenzioni che avrebbe voluto regalarle.
Sovrappensiero, non si era accorto che
Michelle l’aveva
avvicinato ancora, di nuovo pericolosamente. Lo schiacciò contro il
tavolo,
premendogli il corpo sul suo.
- Non è che stai aspettando qualcuna?-
Scorpius sbattè le palpebre. Le curve
morbide della
ragazza lo distraevano dalle sue parole. Eppure, non sentiva niente.
Dentro di
lui c’era il buio più totale. La ragazza era stupenda, e l’attirava
anche e
soprattutto per il suo modo di fare e di pensare. Era sempre più
convinto che
fosse Michelle l’unica che avrebbe potuto spezzare il suo digiuno, ma
aveva
paura di farle del male.
- No- rispose lui, tranquillo.
- Non me la conti giusta-. Michelle si
allontanò un po’
da lui, sospirò e si lasciò cadere sulla sedia accanto a lui. Scorpius
non potè
fare a meno di pensare che lei non riuscisse a stare ferma in un solo
posto.
- So benissimo che ti piacciono le
ragazze, eppure non ne
hai mai presa nessuna nel tuo letto. Nonostante questo, dicono che sei
stupendo
a letto. Ma cosa c’è dietro? Cosa nascondi?-
Michelle era terribilmente seria, quando
gli scoccò
un’occhiata curiosa e fredda, calcolatrice.
A salvarlo furono proprio Blaise e
Bella, che entrarono
in biblioteca senza neanche bussare.
- Oh, non sapevo che avessi visite,
cugino. Se vuoi ci
vediamo più tardi- fece con un ghignetto tipico dei Malfoy sul volto.
Bella si
nascondeva quasi dietro il corpo del fratello, come se avesse paura di
qualcosa. Sbucò fuori solo per salutare il cugino e la ragazza che gli
faceva
compagnia.
La Serpeverde si alzò e raggiunse
Blaise, con fare
spavaldo.
- Se vuoi accomodarti, lo lascio tutto a
te- disse
scherzosa, facendole l’occhiolino. Senza aspettare una risposta, lo
sorpassò,
salutò con un cenno del capo Bella, che ricambiò il saluto con un
sorriso, e
raggiunse la porta della biblioteca. Si voltò indietro e si rivolse a
Scorpius.
– Quando hai finito, vorrei che continuassimo la nostra discussione-.
Gli fece
l’occhiolino e scomparve dietro la porta.
Blaise alzò un sopracciglio.
- Quella te la sta sbattendo in faccia…-
constatò.
- Già- rispose Scorpius con un sospirò,
e poggiò la testa
sullo schienale della poltrona.
Bella si sedette sulla sedia di fronte a
quella di
Scorpius. Il cugino si riprese, e si sedette composto. Blaise incombeva
sui
due, curioso di sapere come si sarebbe svolta la discussione.
La Grifondoro e il cugino Serpeverde si
scambiarono uno
sguardo intenso.
- Bene, e ora raccontaci tutto. Voglio
sapere esattamente
come si sono svolte le cose. Se deve cadere qualche testa, facciamo
cadere
quella giusta-, affermò Scorpius.
~ Rupi
Spazio riservato all'autrice: Questo capitolo è giunto come
un'ispirazione, si legge già una certa tensione (o almeno questo ho
cercato di trasmettere), come un altro capitolo di transito. Credo che
ogni capitolo ormai sarà di transito per la fine, dove finalmente si
capirà tutto.
Grazie per le recensioni.
Baci.
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Capitolo 6 *** Una scoperta incredibile ***
6.
Una scoperta
incredibile
Love
hurts
but sometimes it's a good hurt
and it feels like I'm alive.
Love sings
when it transcends the bad things
have a heart and try me
'cause without love I won't survive
[Incubus, Love hurts]
Quella sera, James Potter non riusciva a smettere di
rigirarsi nel letto. Da
quando era stato dimesso, sembrava che a Hogwarts ancora non avessero
smesso di
parlare di lui e di quanto successo a Hogsmeade. Era come una gioia
febbrile
che prendeva tutti, li scuoteva dalla monotonia.
Si chiese quando sarebbe finito tutto.
Per l’ennesima volta si voltò nel letto, e stavolta tirò
così forte con uno
strattone le coperte che sentì il freddo avvolgergli i piedi nudi.
Sbuffò, e si
mise a sedere. Decise che quella notte non avrebbe cercato più di
dormire.
Stare immobile ad aspettare il sonno lo innervosiva ancora di più,
senza
contare il fatto che avrebbe rivisto l’intera squadra a distanza di
poche ore
per il primo allenamento dopo l’incidente.
Poggiò i piedi per terra, e il freddo gli regalò
fastidiosi brividi che gli
fecero accapponare la pelle.
Si passò una mano sul volto. Sperò che Angel non lo
raggiungeva
all’allenamento. Era come convinto che tutto quello che era successo
era colpa
della ragazza, perché era stato il fratello a stuzzicarlo.
Infilò i piedi nelle pantofole, e scese in sala comune.
Ottobre aveva bussato alle porte della scuola, lasciando
infiltrare già il
gelo tra le fessure del castello, ricordando che il bel tempo e la
bella
stagione sarebbero stati ricordi lontani, così come le lunghe giornate.
Avrebbe voluto trovare il camino acceso, ma sapeva che a
quell’ora di
notte, in qualsiasi stagione, avrebbe trovato solo muto silenzio. Le
fiamme
anche d’inverno avrebbero smesso di attanagliare i pezzi di legno che
gli elfi
diligentemente mettevano nel camino senza farsi vedere dagli umani.
Sentì degli altri passi, e voltò la testa verso
l’ingresso. Vide Albus, con
il volto annoiato e quasi furente, cereo, gli occhi arrossati e
infossati. Non
aveva per niente un bell’aspetto come suo solito.
- Ehi, come mai ancora sveglio?- gli chiese lui, felice
di vedere una
persona a lui familiare che non gli avesse chiesto ancora
dell’incidente, anche
perché Albus era lì quando era successo.
- Cloud mi ha dato una punizione-.
Albus imprecò tra i denti, stropicciò gli occhi, e si
sedette sulla prima
poltrona. Sospirò a fondo, e gettò la testa all’indietro.
James parve stupito nel sentire quella notizia. Albus
era sempre stato
attento a non cacciarsi nei guai, era bravo a scuola, ed era il pupillo
del
padre. Sapeva che tra i due il padre preferiva lui, perché non faceva
che
ripetere che era molto simile a lui. James a volte si sentiva
frustrato, ma si
buttava tutto alle spalle. Non poteva voler male al fratello per pura
gelosia.
I genitori non avevano dato loro quell’insegnamento.
- Come mai?- chiese, senza celare la sorpresa.
Albus lo guardò per un attimo, prima di togliersi le
scarpe.
- Mi ha beccato a litigare con Paxton-
- Che cosa?- esclamò una terza voce dietro di loro.
Entrambi i fratelli si voltarono per cercare di capire
da dove venisse
quella voce. Una ragazzina dai capelli rossi li guardava, avvolta in
una
vestaglia degli stessi colori del Grifondoro e i piedi in pantofole con
la
criniera di leone. Stava in piedi sul pianerottolo delle scale, e si
precipitò
quasi subito dai fratelli. Lily guardò preoccupata Albus con i suoi
grandi
occhi azzurri.
- Che cosa ti ha fatto quella cattiva?-
James non riuscì a trattenere un sorriso, e neanche
Albus, che alla
preoccupazione della sorella le strofinò i capelli.
- Niente di grave-. Alzò lo sguardo sui fratelli,
perplesso. – Ma mi
stavate entrambi aspettando? Che carini…- li prese in giro.
James e Lily farneticarono alcune scuse, che furono
accolte da una risata
spensierata da parte di Albus.
- Ad ogni modo, non sapete che cosa ho scoperto!-
esclamò, soprattutto in
direzione di James.
Il primogenito dei Potter era già tutto orecchi, disteso
sul divano,
intento a non perdere alcuna parola sussurrata da Albus.
Alcune ore prima
Albus stava camminando, per niente felice di dover
andare a scontare la sua
punizione, che non ci sarebbe dovuta essere se quel professore da
strapazzo non
avesse sorpreso lui ed Emma Paxton a parlare animatamente per i
corridoi.
Il Grifondoro aveva sempre pensato che Emma fosse una
ragazza carina e
dolce, ma si era dovuto ricredere quando Murtagh aveva ufficializzato
il suo
fidanzamento con la ragazza, quasi marcandola come un animale,
minacciando
chiunque le si sarebbe avvicinato. Un vizio di famiglia, aveva pensato
all’epoca, dato che anche Angel aveva fatto una cosa simile quando si
era messa
con James. Si era sempre chiesto come facesse James a sopportare una
situazione
simile. Forse all’inizio era la novità, ma già notava il fratello che
aveva
iniziato a scalciare, senza contare che l’unica presenza femminile
nella
squadra era rappresentata da Bella Malfoy, una ragazza che Albus sapeva
che non
sarebbe stata per niente indifferente al fratello.
L’anno prima aveva escogitato un astuto modo per farla
entrare in squadra,
rompendo un tabù che James aveva fatto sin da quando era diventato
capitano
(una regola che Albus aveva sempre sospettato che avesse importo Angel
a
James). La presenza di Bella aveva destabilizzato quanto bastava il
rapporto
tra la Portbell e il fratellone. Ovviamente, però, la corvonero non si
era
ancora arresa all’evidente fine del rapporto tra loro due, forse
sfogandosi con
il fratello Murtagh.
Murtagh. Solo il nome gli faceva ribollire il sangue
nelle vene. Quello
schifoso. Era sicuro che avesse corrotto la Paxton in qualche modo. Da
quando
la ricordava (lui e Emma avevano la stessa età), Emma era sempre stata
una
ragazzina impaurita, che piano piano ha acquistato una certa
consapevolezza di
sé, sempre attenta al prossimo. Ora sembra che scavalchi il prossimo
per puro
piacere, un piacere che poteva rivedere chiaramente amplificato in
Murtagh
Portbell.
Il pensiero che il destino di James fosse in qualche
modo collegato a
quello del corvonero non gli piaceva per niente.
In breve, senza neanche che lui se ne accorgesse, era
arrivato allo studio
del professor Cloud.
Bussò una volta, e la porta si aprì. Il professore lo
stava chiaramente
aspettando, perché gli rivolse un sorriso compiaciuto.
- Bene, vedo che almeno tu sei puntuale- disse,
alzandosi dalla poltrona
facendogli segno di avvicinarsi. Con un incantesimo lasciò che la porta
si
chiudesse dietro Albus, mentre lui si avvicinava quietamente, come gli
aveva
detto il professore. Dopo qualche attimo qualcun altro bussò alla
porta, e ne
fece capolino la grande chioma bionda e riccioluta della Tassorosso.
Cloud fu piuttosto compiaciuto nel fatto che i due
fossero stati puntuali,
e rovistò ancora un po’ in una panca. Tirò fuori una balestra, più
frecce, un
paio di archi e qualche stiletto affilato e appuntito.
Albus sentì accapponarsi la pelle. Il professore aveva
intenzione di
punirli corporalmente? Era una cosa che ormai non si usava da tempo a
Hogwarts.
Avrebbe fatto appello alle regole della scuola per opporsi vibratamente.
Si scambiò un’occhiata fugace con Emma, e intravvide nel
suo sguardo lo
stesso sgomento che sapeva che mostrava il suo.
- Ora che siete qui, è bene che sappiate che quello che
farò non deve per
nulla al mondo essere divulgato in giro. Potrei essere cacciato via dal
corpo
insegnanti- affermò il professore con aria seria.
I due ragazzi stentavano anche a respirare, preoccupati,
anzi terrorizzati
dal fatto che anche un solo passo falso sarebbe bastato per farli
uccidere. Con
tutte quelle armi di tortura, Albus sperava di ricevere una morte
veloce e
senza dolore o torture.
Le orecchie gli ronzavano, e il sangue gli era affluito
al cervello così in
fretta che gli girava la testa.
Il professore intercettò le loro espressioni e scoppiò a
ridere.
Confusi, i due ragazzi si scambiarono ancora una volta
uno sguardo
preoccupato.
- Non abbiate paura. Stasera andiamo solo a caccia-
Cloud sorrise, lasciando intravedere i denti bianchi e
perfettamente
curati.
Albus non riusciva a tranquillizzarsi, mentre sentiva
Emma tirare un
sospiro di sollievo. Non lasciava scivolare gli occhi lontano dalle
frecce
appuntite neanche per un secondo.
- Ci sono state morti strane, che richiedono la mia
attenzione. So che non
è una vera punizione, ma potete accompagnarmi, se volete- aggiunse il
professore. Si avvicinò sicuro al ragazzo e gli offrì un arco con un
paio di
frecce di legno, e un coltello.
Solo in quel momento Albus alzò lo sguardo sul viso del
professore. Era
serio e scuro in volto, con un’espressione tirata che dava da pensare.
Un brivido corse lungo la schiena del ragazzo. Se quello
significava pagare
la sua punizione, ne sarebbe stato all’altezza. E che Emma non dica che
uno dei
fratelli Potter fosse un codardo!
In men che non si dica, raggiunsero la foresta armati di
tutto punto. Nella
destra, nonostante le armi, teneva stretta la bacchetta, l’unica vera
arma che
gli sarebbe stata d’aiuto. Si addentrarono presto nella foresta, mentre
i gufi
bubbolavano contro il cielo notturno, scuro, illuminato dalla pallida
luce
delle stelle, in quella notte senza luna.
E poi tutto si fece silenzioso. Il sentiero che si
perdeva nel fondo della
foresta era sempre più buio se le loro bacchette non avessero
illuminato il
percorso. Emma rischiò di cadere un paio di volte, ma il professore
riuscì ad
afferrarla in tempo.
Per un attimo Albus credette di scorgere
nell’espressione dell’alunna un
qualcosa che andava oltre il semplice ringraziamento, ma forse si era
semplicemente sbagliato, anche se aveva sempre pensato che Emma si
sarebbe
volentieri persa nella foresta accompagnata solo dal magnifico
professor Cloud.
Imprecò in mente a sé, sapendo che dovevano essere tutti quei muscoli a
fare
gola alle ragazze. E lui di muscoli non ne aveva poi molti. Si
manteneva in
allenamento ma era più un tipo da cervello più che corpo.
Seguì il suggerimento di Cloud di restare tutti uniti
fino a che non potè
che fermarsi. Emma aveva respirato forte e si era portata una mano alla
bocca.
Albus si sporse oltre la sua testa e rimase scioccato tanto quanto la
ragazza.
Un corpo umano, talmente cereo da sembrare morto da
tanto, era steso in una
posa scomposta ed innaturale. La bocca era aperta in quello che era
sembrata la
sua ultima espressione, e gli occhi spalancati erano completamente
bianchi.
Un conato gli salì dallo stomaco. Si voltò e vomitò
tutto ciò che aveva
dentro, anche l’anima se possibile. Sentì che accanto a lui anche Emma
vomitava.
- Non vi muovete..- sussurrò il professore ai due,
porgendo loro dei
fazzoletti. – Siate forti, passerà-
Gli battè una mano sulla spalla e si piegò di nuovo sul
cadavere.
Albus notò subito che il cadavere non puzzava. Provò a
voltarsi, e vide un
particolare che prima non aveva visto. Sotto la pelle erano visibili le
vene.
Lunghi e intricati canali color verde muschio. E la parte di sotto del
corpo
era stato martoriato talmente che era quasi indistinguibile. Sul fianco
nudo
c’era un morso.
Un altro conato lo costrinse a voltarsi ancora una volta
dall’altro lato.
Cloud sospirò, come se non ci fosse nulla da fare.
- E’ un bel problema-, lo sentì mormorare prima che
desse fuoco al
cadavere.
- No!- urlò Emma, aggrappandosi al braccio del
professore. – Non può
ucciderlo! Non così! I genitori devono sapere di lui, devono…- Tremò.
Il professore l’afferrò per le spalle e la scosse.
- Lascia stare-
Albus, nel frattempo, aveva afferrato la bacchetta.
Cloud intercettò il
gesto e gliela tolse di mano con un semplice incantesimo.
- Andiamo, vi spiegherò tutto…-
- Cosa c’è da spiegare? Non vi seguirò da nessuna parte,
professore! Siete
un assassino! O peggio, un complice! – sbottò Albus, non riuscendo a
sopportare
l’idea di quel che stava succedendo. Sembrava che non era neanche lui a
parlare. Afferrò Emma per un braccio e la sottrasse con forza al
professore.
Ignorò del tutto il suo grido di dolore. – Non ci sto! Denuncerò il
tutto al
Preside, che provvederà sicuramente a cacciarla dalla scuola-
La testa gli girava, ogni fibra del suo corpo tremava,
le gambe quasi erano
inutilizzabili, ma tutto era meglio che restare ancora un secondo col
professore.
Peccato che la bacchetta l’aveva presa lui.
- Il Preside sa tutto- disse Cloud.
- Ma non dica scemenze!- sbottò. – Come può il Preside
permettere questo?-
- Sei cieco, ragazzo mio. Era un vampiro quello che
avete visto!- sbottò.
Si fece da parte e mostrò il corpo. Al suo posto c’era
solo cenere, e
nient’altro s’era bruciato oltre il corpo, e per di più si era bruciato
in un
tempo davvero breve.
Il petto di Albus si alzava e abbassava furiosamente. Se
quello che il
professore diceva era vero, allora Hogwarts era infestata da vampiri. E
chi
avrebbe potuto uccidere un vampiro in quel modo, fare della sua carne
un
ammasso putrido e senza sangue?
Lo chiese con forza al professore.
- Nessuno può uccidere un vampiro a quel modo! Sta
mentendo, professore!-
- Io non mento, Potter! Ciò che dico è la verità. Forse
è stato uno sbaglio
portarvi con me, ma non pensavo che avreste potuto incappare in… in
quello che
avete visto!-
- Evidentemente si è sbagliato, come sono sicuro che si
sbaglia sul fatto
che quello sia un vampiro!- continuò Albus.
Il professore scosse la testa.
- Potter, stà a sentire. Non fare la femminuccia- lo
rimproverò il
professore.
Albus si sentì colto nel vivo, e tenne chiusa la bocca.
Nessuno poteva
dargli della femminuccia. Evidentemente rilassato, il professore
continuò. –
Anche io credevo che i vampiri non potessero morire. Non così, almeno.
E ora la
domanda è: chi è stato? O meglio, cosa è stato? Sono davvero
dispiaciuto che
voi l’abbiate saputo in questo modo. Nessuno degli studenti doveva
esserne a
conoscenza. Andate a riposarvi e cercate di dimenticare tutto quello
che avete
visto-.
Prima di arrivare a scuola, Emma costrinse Albus a
fermarsi.
- I-io… non credo di farcela Potter-
Si piegò a metà e vomitò ancora una volta. Era la terza
volta che lo faceva
lungo il tragitto per tornare. Avevano lasciato Cloud al limitare della
foresta, e probabilmente li stava ancora osservando. Ma che importava
ormai?
Albus la sollevò con premura per le spalle.
- Dai, altri pochi passi e entriamo nel castello. Vuoi
che ti accompagni in
infermeria?-
La ragazza annuì piano. Si abbandonò tra le braccia
forti del Grifondoro che
la sostenevano con fermezza, e per quella volta entrambi decisero di
sotterrare
le spade del loro reciproco dissenso su ciò che era e faceva l’altro.
Per
quella sera buia e fredda non c’era nessun altro che avrebbe potuto
capire ciò
che stavano passando.
La vista di quel ragazzo, o vampiro, ancora tornava a
loro nella mente, ed
ognuno si ripeteva di essere forte, di non pensarci. Eppure, i pensieri
tutti
correvano a quegli interminabili minuti, al ricordo delle fiamme che
lambivano
le membra senza vita del corpo straziato a terra, e quell’urlo
silenzioso e muto
che si innalzava al cielo come quello di un disperato che nessuno
avrebbe
potuto più salvare, quell’urlo che nessuno aveva sentito, ma tutti
avevano
percepito.
Albus strinse la ragazza, facendole passare un braccio
attorno alle spalle.
Cercò di accelerare il passo.
- Paura, Potter?- disse con un mezzo sorriso di scherno
la ragazza.
- Solo uno stolto non ne avrebbe. Qualcuno ha ucciso
quel ragazzo, vampiro,
o che so io. E quel qualcuno, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere
qui da
qualche parte- ammise lui, scuro in volto, attraversando l’entrata
della sicura
dimora in cui vivevano per la maggior parte dell’anno.
Emma si strinse a lui.
- Hai ragione. Anche io ne ho tanta, ma credo che il
professore se la
caverà-, rispose alle sue paure.
Infine il silenzio calò ancora una volta sui due,
dividendoli di nuovo.
Albus era certo che se il giorno dopo Cloud si sarebbe presentato a
colazione
al tavolo degli insegnanti o era stato bravo a non farsi fare la pelle,
o
potrebbe essere stato lui a uccidere il ragazzo.
La notte era talmente silenziosa che i loro passi che
rimbombavano per i
corridoi parevano tuoni di un vicino temporale, i loro respiri sibili
di
serpenti, il loro cuore che batteva forte un tamburo potente di una
battaglia
imminente. Arrivarono in infermeria, dove trovarono la guaritrice ad
attenderli.
L’infermeria era vuota e silenziosa. Albus aiutò Emma a
distendersi su un
letto lì vicino.
- Aspettatemi qui. Vado a preparare una tisana che
scioglierà i nervi a
entrambi- sussurrò piano, come se avesse paura di svegliare entrambi.
Albus stava per replicare, ma la donna era già quasi
scomparsa dietro ad
una porta. Sospirò e si guardò attorno. Intravide delle tende tirate
attorno a
un letto nella corsia. Non erano i soli, e forse per questo la nuova
infermiera
parlava piano.
Fu richiamato all’attenzione dalla mano di Emma che gli
sfiorava il collo
appena sopra la spalla.
- Potter, ti ringrazio-
- Di cosa?- domandò Albus, che era tutto assorto nei
suoi pensieri.
- Per avermi accompagnata qui-
Il Grinfondoro si strinse le spalle. Osservò gli occhi
di lei abbassarsi
sui suoi piedi, le labbra tremare incerte. Era quasi carina quando si
portava
una ciocca di capelli riccioluti dietro l’orecchio, e si mordeva un
angolo del
labbro inferiore.
- Io direi che è meglio se non diciamo niente a
nessuno-. I loro occhi si
incrociarono. – Sarebbe strano spiegare quello che è successo, non
credi?-
La ragazza annuì. Stava per replicare, ma si fermò
quando Eleanor Lancaster
li raggiunse con due tazze calde di qualcosa che profumava di gelsomino
e
giglio.
- Ragazzi, bevete velocemente. Non dovete lasciare che
si raffreddi,
altrimenti avrà l’effetto contrario- li ammonì.
Fece loro compagnia, offrì un letto anche ad Albus,
perché aveva una faccia
bianca e malata, ma questi declinò cortesemente l’offerta, asserendo di
stare
bene. Una volta finita la tisana, Albus ringraziò la donna, salutò con
un cenno
del capo la Tassorosso, e raggiunse con calma la sala comune dei
Grifondoro,
con l’unico pensiero di infilarsi sotto le coperte e dormire.
***
La notte proseguiva, fino a che non iniziò a schiarirsi
sulla linea dell’orizzonte,
dividendo quel che era il cielo e quello che era la infinita distesa di
alberi
dalle chiome scure della foresta di Hogwarts.
I ragazzi erano calmi, e dormivano beatamente. La
preoccupava una ragazza,
arrivata la sera prima, e un ragazzo. Il ragazzo non aveva voluto
fermarsi.
Voltò lo sguardo pensieroso dall’orizzonte alle tende
tirate del paziente
ricoverato. Era stato grave quella sera, quando la cacciatrice l’aveva
portato,
sporco di sangue, e al limite della follia. Aveva ferite profonde, e se
non
fosse stato per quella ragazza, sarebbe morto di sicuro. Aveva capito
di chi
era stata la colpa, ma non l’aveva detto a Milo. Conoscendolo, sarebbe
corso a
vedere cosa non andava, avrebbe cercato il colpevole. Eppure il
colpevole era
già stato ucciso.
Nella notte, guardando fuori, aveva visto uno strano
fumo innalzarsi dalla
foresta, ma forse era stata solo suggestione. Non aveva visto nessuno,
quindi
aveva creduto di essersi sbagliata.
Tornò a guardare fuori. Gli occhi minacciavano di
chiudersi, ma non poteva.
D’un tratto, dei passi riempirono la stanza. Erano passi
leggeri ma
pesanti, passi di un uomo che camminava felpato. In cuor suo sapeva
bene chi
fosse.
Si sentì cingere i fianchi. Chiuse gli occhi e si lasciò
andare a quell’abbraccio.
Fu voltata e assaporò ancora una volta quelle labbra sottili ma
soffici, calde.
Ricambiò il bacio con lo stesso calore che l’altro ci stava mettendo.
Ed infine aprì gli occhi, e si ritrovò quelli
grigio-castani dell’uomo che
la guardavano allo stesso modo con cui lei lo stava guardando.
- Eleanor…- sussurrò piano, stringendola ancora a sé.
Lei ancora non parlò. Si limitò a sorridere.
- Mi sei mancata oggi. E’ stata una giornata stancante..-
Gli posò una mano sulla guancia ruvida per la barba.
- Vuoi parlarmene?- sussurrò a sua volta la guaritrice.
L’uomo si voltò per sedersi, ma la sua attenzione fu
catturata da alcune
tende tirate attorno a un letto. C’era anche una ragazza che riposava,
ma non
erano tirate le sue tende.
- Chi c’è lì?- il suo tono si fece un po’ più feroce.
Eleanor non riuscì a dire niente che lui in pochi passi
aveva raggiunto il letto
e aveva tirato un angolo di tenda. La sua mano ebbe uno spasmo, e i
suoi
muscoli visibilmente si contrassero.
- Da quanto è qui?- sussurrò, chiudendo ancora una volta
la tenda e
voltandosi verso Eleanor. La donna non parlava, si limitò a guardare le
sue
scarpe. Sapeva che l’uomo avrebbe scoperto tutto, che si sarebbe
arrabbiato
molto.
L’afferrò per le spalle, scuotendola piano, cercando il
suo sguardo con il
proprio. Eleanor cercava di non farsi catturare lo sguardo dai suoi
occhi
magnetici, ma non ci riuscì.
- Da quanto, Eleanor?-
Alla fine, la sua volontà cadde in pezzi. Non poteva
continuare a celare
ciò che c’era di visibile.
- Verso sera. La cacciatrice me l’ha portata dicendo di
aver dovuto per
forza uccidere il colpevole. Mi ha assicurato che non era contro le
regole, ma
che ci sarebbe stata presto una rivolta, e di avvisarti-
- Perché non l’hai fatto subito, Eleanor?-
La donna serrò le labbra carnose.
- Perché?- ripetè lui.
- Volevo aspettare il giorno dopo, la mattina dopo, così
da farti riposare
tranquillamente. Io..-
Inutili furono le scuse, perché l’uomo con grandi
falcate raggiunse la
porta. Eleanor lo raggiunse correndo, ma non riuscì ad essere
abbastanza
veloce. Quando raggiunse la porta, lui era già fuori pronto a correre.
- Milo!- lo chiamò infine, cercando di farlo girare.
Il professore si voltò verso di lei, la raggiunse e le
lasciò un bacio
intenso.
- Non mi aspettare oggi. Avvisa i professori che io e la
cacciatrice stiamo
cercando di sedare una possibile rivolta. Mi aspetto che stavolta non
aspetterai il giorno-, aggiunse, indicandole la finestra, - perché il
giorno è
già arrivato-
Le lasciò un altro bacio e corse per il corridoio,
sparendo dietro l’angolo
quando svoltò.
Eleanor sospirò, mentre le lacrime le bruciavano gli
occhi. Chiuse la porta
dell’infermeria e si andò a chiudere nel suo piccolo studio, piangendo
silenziosamente per quella strana sensazione che sentiva. Aveva come
l’impressione
che quella volta Milo non sarebbe tornato indenne, e questo
probabilmente ne
avrebbe causato la morte.
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Capitolo 7 *** Confusione ***
Capitolo
7
Confusione
Se uccidere è un dovere, perché non
farlo senza odio?
[Avner]
Quella mattina il vento era già
freddo, un segnale che quell’Ottobre sarebbe stato il preludio ad uno
degli inverni più duri a cui Hogwarts era andata incontro, e non solo
per il freddo. Nell’aria si respirava qualcosa di indecifrabile, ma
capace di accapponare la pelle anche allo studente più scavezzacollo.
In tutte le case si cercava di capire chi quell’anno avrebbe vinto la
Coppa di Quidditch, chi la Coppa delle Case, ma c’era anche chi cercava
di capire cosa stesse succedendo a tutti quanti, e cosa significavano
certi cambiamenti nel corpo insegnanti.
Uno tra questi era James Hammer. Il Corvonero non faceva che cercare di
capire come mai il migliore degli alchimisti era entrato al posto del
vecchio professore di Antiche Rune, ma soprattutto come mai Mason si
trovava lì. Di certo, non avrebbe creduto alla storia che il professore
stava male, perché c’era chi sosteneva addirittura che il professore
fosse stato brutalmente assassinato, ma erano solo delle supposizione,
macabre supposizioni. No, Mason era lì per qualcos’altro. E lui avrebbe
scoperto perché.
Lasciò la Sala Grande dopo aver fatto la sua sostanziosa colazione, ma
soprattutto dopo che quasi tutti i professori ebbero lasciato il loro
posti scuri in volto. Cercando di non dare nell’occhio, li seguì.
La professoressa Sullivan camminava spedita. Aveva i lunghi capelli
castani legati in uno chignon perfetto, che le teneva in ordine tutti i
capelli. Indossava una lunga tunica, che di certo non le metteva in
risalto le belle forme. Parlava fitto fitto e a bassa voce con il
professor Chase. La professoressa allungò una mano verso di lui,
titubante, gli sfiorò il braccio ma poi si ritrasse verso di sé.
- Rose, non è possibile. E’ incredibile quello che mi hai detto-
bisbigliò il professore.
La Sullivan sospirò, stringendosi nelle spalle.
- Credici, Will. E’ quello che mi ha detto John-
- Già inizio a odiarlo, quel pomposo. Vorrei proprio saperlo a lui chi
l’ha detto- fece Chase, con una smorfia.
La Sullivan sorrise e scosse piano la testa.
- John è un grande mago, e sai bene come stanno le cose. Semplicemente
dobbiamo capire come abbia potuto tutto sfuggirci di mano- rispose lei,
con aria grave.
- Rose, andiamo. Quando mai abbiamo avuto le cose sotto controllo? E’
tutto inutile, quello che cerchiamo di fare. Avremmo dovuto negare il
loro ingresso sin dall’inizio. Ecco perché cercai di oppormi con tutto
me stesso, ma mi avete messo con le spalle al muro. Ora potrei sentirmi
onorato solo dicendovi che avevo ragione, ma non c’è successo per aver
previsto la disgrazia che sta succedendo-
Stettero in silenzio, continuando a camminare. Svoltarono in un
corridoio poco distante. James si avvicinò al muro, e allungò le
orecchie. Sentì il rumore di un tocco sulla porta.
Sentì la necessità di entrare. Lui doveva farcela. Che cos’era quella
frase enigmatica del professor Chase, e cos’è che stava succedendo ad
Hogwarts?
Agì d’istinto, unendo le mani, e poi imponendo su di sé una delle due.
Si sentì un po’ frastornato, ma si guardò una mano. Fu contento di non
vederla.
La porta si aprì. Ne era certo poiché ne sentì il cigolio dei cardini.
Si tuffò nel corridoio e riuscì a entrare nella stanza prima che la
porta si chiudesse dietro i due professori.
La Sullivan rabbrividì.
- Tutto bene?- chiese Chase, preoccupato.
- Sì, ho solo sentito…- guardò in direzione di James, e lui stette
immobile, senza neanche respirare. – Mi sarò sbagliata. Sarà questa
assurda situazione. Ho paura, Will-
- E dobbiamo averne!- s’intromise una terza voce.
James si voltò verso il punto da cui era uscita la voce. Lì, seduto su
una poltrona c’era Mason. Il volto era segnato da molte rughe, e sia la
barba che i capelli erano completamente bianchi. Sarebbe sembrato un
vecchio lasciato ammuffire lì, che aspettava che la vita lo
abbandonasse, facendosela scivolare addosso, se non fosse stato per
quegli occhi che brillavano e esplodevano di vitalità, di avventura.
Erano degli occhi che a James ricordarono la sua amica Evelyn, ma non
riuscì a capire perché.
Il volto dell’uomo era illuminato dalla luce del mattino che entrava
dalle finestre alte fino al soffitto della stanza. C’era un grande
tavolo al centro della sala, era un tavolo ovale che occupava la
maggior parte della sala, attorno al quale c’erano più sedie di quanti
fossero i professori nella grande sala. Mason era seduto su una sedia
ricoperta dal velluto rosso in quello che, se fosse stato rettangolare,
sarebbe stato il capotavola. Aveva tra le labbra un grosso sigaro, uno
di quelli per cui James andava pazzo, ma che tutti gli dicevano che
puzzava, una mano era stretta in pugno sul bracciolo in legno di
pioppo, mentre con l’altra tamburellava sull’antico tavolo dello stesso
tipo di legno.
In effetti, a guardarsi intorno, tutta la stanza era arredata con
mobili in legno massiccio. Gli enormi scaffali che si susseguivano su
un’intera parete contenevano numerosi volumi, alcuni che parevano più
vecchi di quelli della biblioteca.
Ovunque si guardasse intorno, James aveva l’impressione che quella era
una stanza per delle discussioni importanti. Ottimo, così era sicuro
che sarebbe stato più che interessante il discorso a cui stava per
assistere.
Infine, entrò una ragazza dai capelli biondi, bassina ma magra, con dei
grandi occhi castani che sembravano riempirle tutto il volto. Il naso
era piccolo e con la punta un po’ all’insù, il labbro inferiore era più
carnoso di quello superiore. I capelli erano legati in una coda che la
sveltiva molto, ma quello che attirò di più James era il suo
abbigliamento.
Indossava una tuta in pelle bordeaux, con stretta in vita una cinta, e
sui fianchi pendevano i foderi decorati di alcuni pugnali, c’era anche
qualche sacca legata, che conteneva qualcosa di strano. Da una spalla
s’intravedeva l’elsa di una spada; riuscì a capire che l’impugnatura
era forse d’osso, ricoperta da cuoio ormai consunto, nel pomolo era
incastonata una pietra, era d’un materiale che non riuscì a
capire, forse metallo. Era una spada semplice, ma che si sfilava
facilmente da dietro la schiena. Dai polsi della tunica in pelle
uscivano delle specie di guanti, ma non riuscì a capire a che
servissero, e gli stivali che le arrivavano al ginocchio erano bassi e
comodi, probabilmente in cuoio.
Aveva un aspetto molto minaccioso, eppure aveva qualcosa di conosciuto.
Era possibile che conosceva quella ragazza che pareva portatrice di
morte?
Dietro di lei c’era la possente figura di Cloud. Entrarono e Cloud
chiuse la porta dietro di loro, sedendosi in silenzio, come seguendo un
muto ordine da parte di Mason.
Tutti quelli che erano in piedi si sedettero, e per qualche secondo non
si sentì che il rumore delle sedie attraverso la sala. Al lato
diametralmente opposto a Mason si sedette il preside di Hogwarts, che a
occhio e croce doveva avere la stessa età del nuovo professore.
Ed infine il silenzio discese, rotto quasi subito dal vecchio Mason.
- Sapete bene tutti quello che è successo, ma sarebbe meglio conoscere
l’intera vicenda. I protagonisti qui presenti della vicenda sono due, e
vorrei ascoltare entrambi. Signorina Fowl?- invitò la ragazza a parlare.
James trattenne il fiato. Non ci credeva. Ecco chi era: Karin Fowl, del
Tassorosso. Se non sbagliava stava al sesto o settimo anno, e l’aveva
vista crescere. Era una ragazzina taciturna, sempre chiusa in se
stessa, con l’aria assonnata, perennemente stanca, che di tanto in
tanto si addormentava a lezione ma nessuno le diceva niente, e James
non riusciva a capire come, ma andava bene in molte materie, e se la
cavava nelle altre.
Ed ora, veniva a scoprire che Karin Fowl era una bomba sexy in quella
tuta di pelle, armata fino ai denti. Ma il punto era: perché era
vestita a quel modo?
- Successe tutto ieri, e tutto molto in fretta, devo ammettere-, esordì
la cacciatrice. – Ero a fare la solita ronda, quella che mi permette di
controllare che anche di notte non succeda niente. Questa sera toccava
a me, e non agli altri. E così mi diedi da fare. Il perimetro da
perlustrare è grande, e facilmente avrei potuto non vedere qualcuno che
si infiltrava nei boschi. E alla fine, ho sentito un urlo. Era
chiaramente un urlo di ragazza. Sono accorsa velocemente, il più
velocemente possibile, e sono riuscita a salvare la ragazza in
questione. Poiché le regole di Hogwarts sono chiare su questo punto,
non ho potuto fare a meno di uccidere la vampira-, concluse spiccia,
come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Il silenzio calò su di loro. Ancora una volta fu Mason a interromperlo,
chiedendo al professor Cloud di raccontare il ritrovamento del vampiro,
e della sua uccisione, avvenuta mentre Karin stava accompagnando la
ferita in infermeria. Cloud avvisò che due alunni avevano assistito, e
disse chi erano.
La mente di James lavorava freneticamente su ciò che aveva intuito: ad
Hogwarts c’erano i vampiri. D’accordo, la nuova politica elastica del
Ministero, e quindi delle scuole, prevedeva anche l’insegnamento ad
esseri non propriamente umani, come licantropi e vampiri, ma quello non
era previsto. Un vampiro che attaccava. Chi era la ragazza? E come
stava ora? Ma soprattutto, chi erano i vampiri? E come mai Mason aveva
l’aria di chi la sapeva lunga ed era lì non solo per insegnare Antiche
Rune?
Voleva presto dare una risposta a quelle sue domande, ma per il momento
non poteva far altro che aspettare che Cloud finisse di parlare.
- La cosa strana, professore, è che nessun vampiro ha fatto alcuna
mossa-, concluse Cloud.
Prima che chiunque altro potesse intervenire, Karin aggiunse: - I
vampiri sono esseri dotati di molta pazienza, la stessa che li aiutati
a sopravvivere nei secoli, con rancori millenari e odii altrettanto
antichi. La vera domanda non è perché nessuno ha ancora agito, la
domanda vera è cosa ha spinto Anne Hudgens ad attaccare la studentessa?
Per un torto, o c’è qualcosa di peggio sotto?-
- I suoi compari che hanno detto?- chiese Mason atono.
- Ho parlato con Chris Watrin. Lui ha ammesso di non saperne niente-.
Chris e Anne erano due studenti di Hogwarts. Uno faceva parte dei
Serpeverde, e l’altra se non sbagliava era una Grifondoro. Entrambi si
isolavano spesso, e avevano pochi contatti con gli altri studenti di
Hogwarts, per non dire rari.
E così, aveva scoperto che loro erano vampiri. Chiunque altro stava con
loro, allora, era un vampiro? Probabilmente.
Vampiri e cacciatori. Ad Hogwarts. E senza che nessuno lo sapesse.
Quello era un vero scoop, che avrebbe fatto rivoltare tutti i genitori,
costringendoli a ritirare i ragazzi da scuola, come ai tempi di
Voldemort. Chissà che ne avrebbe pensato Silente, il vecchio preside di
Hogwarts; probabilmente si sarebbe rivoltato anche lui nella tomba.
James aveva sempre pensato che la nuova politica adottata dal Ministero
era assurda. A suo non molto modesto parere era stata una follia, come
mettere in una stessa gabbia galline e lupi. Acconsentire l’entrata
anche dei vampiri, ad ogni modo, era stata una mossa molto sospetta da
parte del Ministero. C’era in giro anche chi diceva che non era un’idea
propria del Ministro.
- Ma allora, chi può aver costretto Anne a fare una cosa del genere? Io
la conosco bene, essendo direttore della casa dei Grifondoro. Era
sempre stata una ragazzina sulle sue, che non eccelleva in nessuna
materia, eppure non mi sembrava una di quelle che assaliva gli umani
per saziarsi-, espose il professor Chase, riscuotendo James dai suoi
pensieri.
- Le regole di Hogwarts sono chiare in proposito, William- rispose
piano l’anziano preside, - scegliamo tra i vampiri con molta
accuratezza, e solo chi ha dato prova di enorme fermezza, e prova che
non assaggiava sangue umano da secoli. Ovviamente, però, se metti un
cioccolatino davanti a un bambino e gli dici di non mangiarlo,
difficilmente il bambino riuscirà a non mangiarlo. E’ per questo che
abbiamo chiesto ai cacciatori di inviarci i loro ragazzi migliori: per
dissuadere i vampiri a fare mosse azzardate e sciocche. Se non fosse
stato per la signorina Fowl, probabilmente a quest’ora la vittima
sarebbe morta.-
- Ritorniamo quindi al punto di partenza. Anne Hudgens ha agito da
sola, o è stata persuasa ad attaccare? Non possiamo neanche prendere
sotto gamba le piccole faide tra i ragazzi della scuola-, continuò
Mason. Aveva l’aria di chi ne sapeva di più di quanto ne volesse dare a
vedere. – Non dimentichiamoci che sono intervenuto per puro caso, e per
fortuna aggiungerei, a sedare una di quelle brutte risse da bar-. Si
lasciò sfuggire un sorriso, lo stesso di chi la sapeva lunga, e James
ci avrebbe scommesso che a suo tempo il mago era stato parte attiva
nelle sue “risse da bar”.
- Staresti quindi insinuando che qualcuno abbia chiesto alla vampira di
agire come per regolare i conti?- chiese stupita la professoressa
Sullivan, sbattendo le lunghe ciglia su quei suoi grandi occhi color
nocciola. Nonostante le rughe che tradivano che la donna stesse oltre
la quarantina, restava sempre una bella donna.
Mason si piegò in avanti, e tutti parerono imitarlo.
- Al bar c’erano i Portbell, la Paxton, i Potter, l’intera squadra di
Quidditch del Grifondoro, e Isabella Serinda Malfoy- asserì, contando i
nomi sulle dita. – Cosa sappiamo noi professori degli intrighi amorosi
degli alunni? E se anche quella rissa fosse una conseguenza di qualcosa
avvenuto ancora prima? Ci metterei la mano sul fuoco sul fatto che
dietro questa storia ci sono i ragazzi più influenti e scapestrati che
abbia mai avuto tutti insieme Hogwarts!- esclamò infine, battendo il
palmo sul tavolo.
Tutti trasalirono e si rizzarono.
- Ma noi cosa possiamo fare?- chiese Chase. Dall’aria sembrava che
voleva piangere perché si era trovato tra capo e collo in una di quelle
situazioni scomode che avrebbe volentieri evitato.
Mason si lasciò sfuggire un sorriso pieno di soddisfazione verso se
stesso.
- Ho pensato anche a questo. Se dietro la Hudgens c’era qualcuno che
non è un vampiro, allora dovrà solo aspettare di conoscere i fatti. E
allora attenti, miei cari colleghi, perché tutti saremo in pericolo-
- Chi è stata ferita a morte?- chiese con una vocina sottile e
stentorea la professoressa Sullivan.
Il silenzio dopo la domanda si fece teso, l’aria così densa che pareva
tangibile. Tutti parevano conoscerne la risposta, ma James no, ed era
molto curioso di conoscerne la risposta.
- La signorina Portbell- rispose piano Eleanor Lancaster, che era
rimasta tutto il tempo nell’ombra.
James non riuscì a non trattenere rumorosamente il fiato. Tutti si
voltarono verso di lui. James stette immobile, incrociando però lo
sguardo di Mason.
- Mi chiedevo quando ti saresti fatto avanti, alchimista- affermò con
una voce divertita. Si alzò e lo raggiunse. Impose la sua mano su
James, come prima James aveva fatto con se stesso. Si sentì passare
addosso un bel po’ d’acqua gelida, ma in realtà era completamente
asciutto. Asciutto e visibile.
Sorrise imbarazzato, sotto lo sguardo di disappunto dei suoi
professori. Intravide la Fowl serrare la mascella. Probabilmente non
avrebbe gradito che qualcun altro conoscesse il suo vero ruolo nella
scuola.
Mason gli fece segno di sedersi, e lo accompagnò alla sua sedia. Tornò
poi a sedersi.
- Bene. Ora che siamo tutti in grado di vedere chi parla e ascolta,
vuoi per caso illuminarci sulle vicende che coinvolgono i tuoi
compagni?- chiese Mason, non riuscendo a reprimere un accenno di riso.
James prese un bel respiro. Non aveva alcuna intenzione di farsi
intimorire da un paio di mummie stantie che erano abituate a stare solo
dietro la loro scrivania.
- Per quello che so io, e credetemi, so davvero poco, Angel Portbell e
James Potter stanno insieme. Probabilmente è tutta una messa in scena
da parte del fratello di lei, Murtagh, che conosco personalmente. E’
una persona che, a mio parere, non proprio modesto, fa pena. E’ un tipo
che se può ignorare le regole, lo fa; se può prendere in giro qualcuno
calandogli le mutande in mezzo ai corridoi, lo fa; se può dare cazzotti
a destra e a manca, beh, non si lascerà di certo sfuggire l’occasione.-
- Stai per caso suggerendo che c’è lui dietro ciò che è accaduto a sua
sorella?- domandò il preside, assottigliando lo sguardo. James si disse
che non capiva una parola di quello che voleva dire.
- No.- Prese un respiro profondo, e poi ci riprovò. – Murtagh Portbell
è una testa calda, è vero, ma ha il “culto” della famiglia, diciamo.
Credo che sia molto legato a lei, e quando lei gli disse che stava con
Potter, lui andò così sulle furie che ho temuto un duello di magia. Ma,
no. Non è stato lui a far ferire la ragazza da una vampira.-
Rose Sullivan aggrottò le sopracciglia.
- Un attimo. Credo di essermi persa. Stai dicendo che poteva essere lo
stesso Murtagh Portbell a far ferire la sorella ma che in realtà non lo
è?-
James la guardò. Probabilmente aveva capito, ma non voleva accettare
ciò che James suggeriva.
- No, ma pensateci. Murtagh non sopporta l’attuale ragazzo della
sorella, e credetemi, quando è così, non ci penserei due volte a dire
che anche da parte di Potter c’è poca simpatia per Murtagh Portbell.-
- Quindi dev’essere stato il signor Potter?- chiese Cloud, anche lui
perplesso.
- No-, intervenne la Fowl. Aveva una voce piatta, gelida, così come il
suo sguardo. – E’ stato qualcuno che odia sia Potter che Portbell-
- Bingo!- esclamò James Hammer, saltando quasi sulla sedia e battendo
il palmo sul tavolo.
Mason lo osservava attentamente, massaggiandosi la barbetta bianca che
gli copriva il mento, e sorridendo divertito sotto i baffi. James lo
ignorò, anche se gli dava fastidio tutto quel suo divertimento.
James, però, non aggiunse altro, e la stanza ricadde per l’ennesima
volta nel silenzio.
Mason prese un profondo e rumoroso respiro.
- Mi dispiace avvisarvi, professori, che il signor Hammer ci ha appena
dato i compiti a casa!- rise di gusto, gettando la testa all’indietro.
Tutti, compresi la cacciatrice e l’alchimista, si guardarono l’un
l’altro. – Beh, che aspettate?- esplose poi Mason, - i ragazzi
aspettano i loro insegnanti per le lezioni-
Si alzò come per dare il buon esempio.
Tutti titubanti si alzarono e uscirono uno alla volta. Mason chiamò la
cacciatrice e Cloud, e chiese loro di restare ancora, così come per
Hammer e il preside.
Una volta che loro cinque furono soli, Mason tornò con aria grave.
- La situazione non è ancora disperata, ma dobbiamo evitare il peggio.
Milo, ti consiglio di aiutare la signorina Fowl a sedare qualsiasi
protesta da parte dei vampiri, anche se probabilmente tutti ignoreranno
per il momento l’accaduto. E date un’occhiata anche ai licantropi,
sapete, per evitare che si ripeta l’accaduto-
I due annuirono e poi uscirono dalla stanza.
Restarono solo loro tre, e James iniziò a pensare che Mason si era
dimenticato che gli aveva chiesto di restare.
- William-, fece Mason al preside, - non credi bisogna prendere dei
provvedimenti?-
Il preside, che per tutto quel tempo, era rimasto pressoché silenzioso
e pensoso, annuì.
- John, non ho proprio idea di come le cose stiano. Se il signor …
Hammer ha ragione, si tratta di espulsione, e anche di accusare un
minorenne di un’azione deplorevole che gli cambierà per sempre la vita-.
- Non penso che sia stato un qualcosa venuto da fuori- disse Mason a
bassa voce, anche lui scuro in volto.
James guardò entrambi, a turno, ma quelli non aggiunsero altro.
- Un attimo, che significa da fuori?- chiese loro.
Mason alzò lo sguardo.
- Hammer!- esclamò con la sua voce burbera. – Che ci fai ancora qui?
Vai, su. Vai a lezione-.
James si alzò controvoglia e si avvicinò alla porta.
- Ah, Hammer. Stasera sei in punizione, e tutte le sere per un mese.
Sono escluse anche le visite a Hogsmeade-. James aprì la bocca per
replicare. – La prossima volta ti fai i fatti tuoi e vai a lezione
anziché seguire i professori e renderti invisibile con un banale e mal
riuscito trucco di alchimia-
James lo guardò annoiato e si chiuse la porta dietro.
Battè più volte gli occhi. Merlino, quella giornata era iniziata
davvero bene.
Proprio in quel momento passò di lì Crystin Monaghan, probabilmente
diretta a Erbologia. Con la scusa che doveva andare anche lui lì, la
chiamò.
Lei si voltò, e gli sorrise. James non potè fare a meno di pensare che
fosse la ragazza più carina che avesse mai visto.
Ci ripensò. La giornata era iniziata bene, e stava per migliorare.
***
- James! James!- urlò trafelata la voce di un ragazzo.
James Potter planò e parlò con quella persona. Bella ancora giocava, ma
tenne d’occhio il capitano. Quella distrazione le costò l’errore di
farsi togliere la pluffa almeno un paio di volte.
Planò anche lei quando vide James correre verso la scuola.
- Ehi!- chiamò l’attenzione del ragazzo. Da vicino vide i colori della
casa di Tassorosso. – Ehi, che è successo?- chiese, curiosa di sapere
il motivo per cui James stava correndo verso la scuola.
- Emma mi ha incrociato nei corridoi. Ha detto che non ce la faceva ad
avvertire James, per cui l’ha lasciato detto a me-
Bella annuì, e capì che c’era qualcosa sotto. Emma era la ragazza di
Murtagh, che odiava a morte James perché era il ragazzo di Angel.
- Potrei sapere che gli hai detto?-
Il ragazzo si strinse nelle spalle. – E a te che importa?-
Bella si sentì il sangue salirle fino al cervello. Era sicura che
qualche vena pulsante era visibile sulla sua fronte.
- M’importa, sì, perché il mio capitano, nonché migliore amico, ha
appena lasciato di corsa il campo da Quidditch, cosa che non fa mai.
Quindi, o parli, o ti affatturo-, replicò con un tono minaccioso che
non ammetteva repliche.
Il ragazzo fece un passo indietro. In quel momento Bella era tanto
carina quanto pericolosa.
- Emma mi ha detto che qualcuno caro a James era finito in infermeria,
ed era molto grave-.
Bella sbiancò. Nemmeno ringraziò il ragazzo, e subito si fiondò sulla
scia di James. Era allenata nelle lunghe corse, perché ogni mattina
(tempo permettendo) correva lungo buona parte del perimetro del grande
castello.
Nella sua mente credé di vedere in quel bianco letto dell’infermeria,
adagiato e cereo in volto, Albus, e poi la piccola Lily. Scacciò via
quei pensieri, raggiungendo trafelata l’infermeria.
Entrò. Era mattina presto, e nella scuola non c’era nessuno, o meglio,
tutti andavano a fare colazione, e nessuno aveva saputo niente.
La sala era vuota. Qualcuno però piangeva.
Si avvicinò alla persona nascosta che piangeva. Raggiunse un letto
quasi in fondo alla corsia. Trattenne il fiato, vedendo James
inginocchiato per terra.
- James!- esclamò con un filo di voce. Per un attimo rivide le sue
paure più grandi. Uno dei Potter non poteva finire in un letto
d’ospedale, con ferite gravi. Nella sua mente, le immagini più brutte e
le situazioni più irrecuperabili si susseguirono, facendole perdere
quasi tutte le forze.
Si avvicinò a lui e gli sfiorò la spalla.
Solo allora James si accorse di lei. Cercò di parlare, ma non ci
riuscì. Aveva la bocca impastata dalle lacrime, le guance rosse e
bagnate, gli occhi gonfi. Per un attimo credé che quel ragazzo non era
lui.
- E’…è tutta colpa mia, Bella..- sussurrò tra un singhiozzo e l’altro.
Non seppe dove, ma Bella riuscì ad abbracciarlo, a stringerlo a sé in
quello struggente attimo in cui ogni parte del corpo di James urlava e
chiedeva aiuto.
Lo strinse forte, sentendo le spalle tremare sotto il peso di quel
pianto, le membra che andavano stancandosi. Posò il volto sul suo
petto. Bella non lo rimproverò, ma al contrario lo lasciò sfogare. Gli
accarezzò i capelli, e trattenne le lacrime d’emozione nel vederlo
piegato a quel modo. Chi c’era stato su quel letto? Chi adesso era
stato portato da qualche altra parte.
- Chi..?- domandò lei, ma non ebbe il coraggio di continuare.
Come avrebbe dovuto continuare? Cosa avrebbe potuto domandargli?
- E’ colpa mia, Bella. Tutta colpa mia!-
L’attirò a sé, stringendole forte le braccia, tanto da farle male. Ma
ancora non gli disse niente.
Sentì dietro di lei dei passi svelti.
- Cos’è successo?-
Bella alzò lo sguardo verso chi aveva parlato. Aveva una voce troppo
uguale a quella di Albus. Quindi era Lily a stare male?
Si voltò, e sbiancò quando vide entrambi i fratelli di James sani e in
piedi, preoccupati.
Bella stava per replicare, quando James guardò Albus.
- E’ colpa mia. Le avevo detto che era finita, le avevo detto che non
potevo continuare. Al, Angel ha tentato il suicidio!-
Albus sbiancò, e si dovette sedere. Si guardò intorno, e parve
riconoscere il posto dove si trovavano.
Per un attimo, il silenzio era rotto solo dal pianto interrotto di
James.
- Bella, riesci ad aiutarmi a portare James di sopra? Credo che abbia
bisogno di riposo. Non ha dormito per niente stanotte-.
Bella non replicò, né rispose. Annuì con le testa.
Albus l’aiutò a liberarsi dalla feroce stretta di James, ed insieme lo
sollevarono. Lily gli asciugò con un fazzolettino il viso e tutti e
quattro raggiunsero la sala comune dei Grifondoro. Prima di entrare
attesero che la maggior parte uscisse per poi entrare e fare come se
nulla fosse.
Bella adagiò con cura James sul letto, che subito si raggomitolò e
scivolò pian piano nel sonno quando fu stanco di piangere.
- Accidenti, credo sia meglio andare a seguire le lezioni, o si
chiederanno che è successo- fece Albus, aggiustandosi gli occhiali sul
naso. – Vieni Lily. Bella, tu resti con lui?-
Bella fu scossa dai suoi pensieri. Lo guardò e annuì piano.
- Sì. Quando hai un po’ di tempo, poi, dammi il cambio. Non ce la
faccio a lasciarlo solo, non in queste condizioni-, si ritrovò ad
ammettere.
Lily si piegò e lasciò un bacio sulla guancia del fratello.
- James, andrà tutto bene. Se è al San Mungo, se la caverà sicuramente-
cercò di rincuorarlo.
James, però, riposava placidamente. Bella non era neanche sicura che
l’avesse sentita.
Lily seguì Albus, e chiuse la porta dietro di sè.
Bella rimase così sola nella stanza di James. C’erano solo loro due, e
si sentì andare le gote in fiamme. Eppure, quella situazione era ancora
più imbarazzante, soprattutto dal momento che James piangeva e si
disperava per Angel.
Fino a quel momento non aveva avuto il tempo di pensare a quello che
James le aveva confessato, ed ora aveva paura di illudersi, di
infondere in se stessa false speranze. Con la rottura del fidanzamento
con Angel, James sarebbe stato assaltato da quelle che scherzosamente
lei e la sorella definivano sue “fan”. Dentro di lei sentì salire un
moto di ribrezzo verso tutte quelle che avrebbero gioito del dolore di
James. Lei sola poteva sapere cosa James stesse provando, lei sola gli
stava accanto, e non voleva che finisse tra le braccia sbagliate.
Passò un po’ di tempo prima che James si svegliasse. Si guardò intorno,
e notò la figura snella di Bella appoggiata alla parete accanto alla
finestra, che guardava silenziosa il paesaggio fuori. Il cielo si era
coperto di plumbee nubi, che minacciavano di pioggia.
- Bella…- la chiamò mettendosi a sedere.
Bella trasalì, e si voltò. Era pensierosa e scura in volto, ma subito
il suo volto si illuminò quando gli sorrise.
- Sei sveglio. Non me n’ero accorta-
James sospirò, e le fece segno di sedersi accanto a lui.
Bella si avvicinò con calma, e si sedette su un angolino del letto. Non
voleva approfittarne. Gli prese una mano e la strinse tra le sue,
iniziando a carezzarla dolcemente.
- Sei più calmo ora? Mi hai fatto spaventare prima-.
- Mi dispiace-, rispose lui, abbassando lo sguardo.
Da ché si era svegliato, non aveva ancora sorriso. Per quanto
conoscesse James, seppur da poco, non l’aveva mai visto così avvilito.
- Non dispiacerti per me. Piuttosto, dimmi tu. Come ti senti?- chiese,
allungando una mano verso il suo viso. Dolcemente lo voltò per il
mento, costringendolo a guardarla negli occhi.
- Male, Bella. Mi sento molto male. Io..-
Serrò la mascella, e strinse la mano che ancora teneva stretta alla sua.
- Mi sento terribilmente in colpa.- Sembrava che volesse piangere, ma
non lo faceva. – Sai, quando hanno iniziato a minacciarti…a minacciare
te, mio fratello e tutta la squadra di Quidditch, pensavo che Portbell
non facesse sul serio. Probabilmente ora sarà ancora più furioso, ma
almeno sarà felice che non mi avvicino più a sua sorella-
Bella aggrottò la fronte.
- Che stai dicendo, James?-
Gli passò la mano dal mento alla fronte, preoccupata che stesse
delirando per la febbre. Lui la allontanò stizzito.
- Sto dicendo che ho lasciato Angel perché non potevo continuare a
vivere nel terrore che il fratello potesse far del male a qualcuno a me
vicino. Murtagh è un pazzoide, un tipo pericoloso, un folle. E guai a
chi gli tocca la sorella se non era stato da lui deciso. Inoltre, tra
me e Angel già non funzionava più da un po’-. Stette in silenzio per un
po’, in attesa che Bella chiedesse o dicesse qualcosa. Poiché la
ragazza non parlava, continuò. – Proprio ieri sera ci siamo dati
appuntamento, approfittando del fatto che non ero più costretto a
rimanere rinchiuso in infermeria. Lei era già pallida, come se
s’aspettasse un discorso come quello che le ho fatto-. Sospirò a fondo,
e rise per allentare la tensione. – Ma perché parlartene, magari ti sto
annoiando! Sono uno sciocco, scusa-.
Bella scosse la testa.
- Oh, no James. Ti prego, continua. Se può farti stare meglio, ti
prego, preferisco che ne parli con me piuttosto che con chi potrebbe
non capirti-.
James scosse la testa.
- Capirmi? Come puoi capirmi?- chiese, un po’ maldestro.
Bella si sentì il cuore balzarle nel petto. Strinse le labbra, e
inspirò a fondo.
- Ti capisco, James, perché anche io sono stata tanto innamorata di una
persona, ma non è andata avanti perché non poteva continuare, perché ci
siamo accorti che, crescendo, non eravamo fatti per stare insieme ma
per essere solo amici-, replicò all’accusa di James.
Il ragazzo si scusò piano.
Bella attese che continuasse, ma James non aggiunse altro. Quel ragazzo
saggiava duramente la sua pazienza. Anche se voleva che James si
sfogasse con lei, ora lui l’aveva lasciato con tanta curiosità, e lei
voleva solo conoscere tutti i fatti, sapere i particolari per filo e
per segno. Non voleva, però, costringerlo a parlare di qualcosa che
magari non voleva.
Sussultò quando James si sporse verso di lei, le loro labbra talmente
vicine che nella mentre di Bella risuonava solo il desiderio che lui la
baciasse.
- Mi dispiace averti detto che non potevi capirmi. Angel è stata la
prima persona che sono riuscito ad amare veramente, la prima persona
che è riuscita a comprendermi, e a darmi molto più di quanto le avessi
mai chiesto. Le cose, però, sono degenerate. Da un po’ sentivo che il
suo attaccamento non era sincero, era un attaccamento morboso, e la
nostra relazione è presto andata a gambe all’aria. Stavamo insieme solo
perché nessuno dei due voleva ferire l’altro-.
James si passò entrambe le mani nei capelli neri e arruffati.
- Sapevo di farle del male a prendere in mano la situazione, anche a me
ha fatto male dover ammettere che le cose non funzionavano più, ma non
credevo che sarebbe stata così disperata da tentare addirittura il…- si
morse il labbro inferiore scuotendo la testa. – E’ tutta colpa mia,
Bella. Non me lo perdonerò mai-
Bella ebbe un tuffo al cuore, gli afferrò con vigore le spalle e lo
scosse.
- No, James! Non è per niente colpa tua se Angel non vuole aprire gli
occhi e ammettere che tutto quello che le hai detto è vero! Non metto
in dubbio che tu l’amavi, né che lei ti amava, ma se tra voi non c’era
più l’attrazione di prima, James, allora il vostro non era quell’amore
capace di legare per sempre due persone. E se lei non ha capito quello
che hai fatto, ovvero che le hai reso un favore lasciandola libera di
cercare chi è capace di renderla felice non uno, due o tre giorni, ma
per tutti i giorni della sua vita, allora è lei che non ha capito
niente! James, renditi conto che non è colpa tua se Angel ha tentato il
suicidio. Non capisci che è disperata quanto te? Magari ama le azioni
eclatanti, magari è il suo modo di chiedersi se è ancora capace di
provare qualcosa dopo di te. Il problema è suo, James, non tuo. Non
puoi ammalarti per la sua incapacità di andare avanti!-
Bella sputò tutto quello che aveva dentro, cercando di scuotere James
da quel torpore in cui era caduto, da quell’ipocondria di cui era
diventato vittima. James, semplicemente, non vedeva con occhi chiari e
mente lucida quanto Angel fosse melodrammatica, e lei voleva farglielo
capire.
James la allontanò con uno strattone così forte da farle perdere
l’equilibrio e finire seduta al centro del grande letto dalla trapunta
rossa.
- Come puoi essere così insensibile? Bella, mi hai completamente
deluso!- esclamò James alzandosi.
Bella rimase a bocc’asciutta, senza capire di cosa la stesse accusando.
- Non puoi dire questo di Angel. Tu non hai idea di ciò che abbiamo
passato insieme. Tu non puoi parlare!-
- James, lo so che non sono stata una presenza nella tua vita…-
- Tu non lo sei mai stata!- esclamò lui, interrompendola. – Tu non sai
niente di me, Bella. Avevi detto che capivi quello che provavo, e
invece sei insensibile, arida, come tutti i membri della tua famiglia!
Voi non sapete cos’è davvero l’amore! Amore? Tu dici di aver amato
qualcuno? Credo piuttosto che tu abbia amato solo la sua posizione
sociale e i suoi soldi, è questo che sei in grado di fare. Sei una
fottuta aristocratica!-
Bella si sentì rivolgere addosso tutte quelle accuse, vomitate con una
veemenza e una forza tale da riuscire a spezzarle il cuore. E quando
James mise in dubbio i sentimenti che lei sapeva di provare, le lacrime
raggiunsero i suoi profondi occhi blu.
Si alzò dal letto e raggiunse in fretta la porta.
- Vai a quel paese, James Sirius Potter. Sei tu quello che non ha
capito niente di me. Sei confuso, e perciò ti perdono tutto quello che
hai detto: che non provo niente. Parli e sputi sentenze sulla mia
famiglia, ma tu non conosci la mia famiglia. Chi te ne dà il diritto di
giudicare? Prima di parlare, apri gli occhi, smettila di piangerti
addosso, e capisci che tra me e te, in questo momento, sono io quella
ferita-.
Senza dargli tempo di replicare, sbatté la porta dietro di sé e corse
verso il dormitorio delle ragazze. Si chiuse la porta dietro di sé, e
si abbandonò ad un pianto ferito, stringendo il suo cuscino, e
piangendo per tutto il sentimento che provava per James. Se non
l’avesse voluto così bene, probabilmente se ne sarebbe infischiata
delle sue accuse, ma per ora non riusciva a perdonarlo. Gli aveva detto
di averlo fatto, ma dentro di sé sapeva che sarebbe stato difficile
farlo per il momento.
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Capitolo 8 *** Una notte insonne per Hogwarts ***
8.
Una
notte insonne per Hogwarts
A tutti è dovuto il mattino,
ad alcuni la notte.
A solo pochi eletti la luce dell'aurora.
[E. Dickinson]
.
Le nuvole
ormai avevano lasciato Hogwarts, regalando una notte insolitamente
limpida e
stellata per essere ottobre. Non era, però, il cielo a preoccupare
Scorpius,
bensì quello che il buio nascondeva.
Erano i sotterfugi, i marchingegni, gli inganni che facevano tremare i
nervi
deboli di Scorpius.
Alzò gli
occhi al cielo, e non vide nessuna luna che spuntava in cielo. Era una
di
quelle notti di novilunio. Dei passi dietro di lui lo costrinsero a
voltarsi.
Un ragazzo, alto quanto lui, con gli occhi blu della sua stessa forma,
lo
stesso mento e lo stesso naso, lo guardava fiero. Aveva i capelli neri
che gli
arrivavano lunghi quasi alle spalle, e il torso era nudo.
- Oberon -,
lo salutò Scorpius, lanciandogli un maglione, che il ragazzo si
affrettò a
mettere. – Vedo che continuiamo a portare la stessa taglia- aggiunse il
biondo,
quasi compiaciuto.
Il ragazzo
annuì.
- Già, una
bella fortuna. Peccato per me che posso vestire questi panni solo per
poche ore
al mese-.
Scorpius
sospirò, incapace di rincuorarlo.
- Papà
sbagliò su tutta la linea con te- ammise.
- E con la
mamma-, aggiunse il ragazzo, incolpando Draco per tutto quello che gli
era
successo. – E’ stato inutilmente brutale, un animale. Lui…-
- Oberon,
basta-, intimò Scorpius. – Quello che è successo, è successo. Ora
dobbiamo
vedere come rimediare-
Prima che
Oberon potesse rispondere, entrambi sentirono dei passi.
- Presto
nasconditi!- sussurrò Scorpius al bruno. Aspettavano qualcuno, ma
conosceva
molto bene quei passi, e non erano della persona che stavano attendendo.
- Non ci
penso neanche. Già lo faccio per ventinove giorni al mese, e poi credo
di aver
aspettato sin troppo-.
Entrambi non
ebbero tempo di fare niente, che sbucò dalla porta una ragazza, dai
lunghi capelli
neri.
- Scorpius!-
chiamò lei, riconoscendo il biondo.
Il
Serpeverde le sorrise.
- Michelle,
che ci fai qui?-
- Sempre
molto simpatico, Malfoy-
Si fermò
accanto a lui, con il suo commento sarcastico che ancora aleggiava
nell’aria, e
osservò attentamente il ragazzo bruno che stava parlando con Scorpius.
Il suo
volto riuscì a non tradire alcuna emozione, se non un po’ di
perplessità prima
di nascondersi dietro la sua maschera di freddezza.
- Non credo
di averti mai visto ad Hogwarts-, disse rivolgendosi al ragazzo.
- Non credo
che a quest’ora dovresti essere qui-, rispose lui con lo stesso tono,
lasciandosi sfuggire lo stesso sorrisetto di Scorpius.
- Non credo
che siano affari tuoi, questi- replicò Michelle, divertita, poggiando
una mano
su un fianco, e l’altra al braccio di Scorpius.
- Touchè-
capitolò infine il suo
interlocutore, alzando le mani in segno di resa.
Scorpius
sospirò rumorosamente.
- Michelle,
lui è Oberon. Oberon, lei è Michelle, la mia compagna di Casa-, li
presentò.
Michelle lo
guardò sorpresa.
- Piacere
mio, Oberon-, ammise, stringendogli la mano. Oberon fece lo stesso. –
Scorpius,
dovrei parlarti in privato, ti dispiace venire con me?- chiese poi.
Scorpius la
guardò attentamente. Nei suoi occhi leggeva una certa impazienza, come
di
qualcosa che la preoccupava, e premeva parlargliene. Il biondo sospirò,
sapendo
che non avrebbe saputo dire di no a quelle due perle verdi che
brillavano in
quella notte senza luna. Adorava perdersi in quegli occhi, anche se
sapeva di
non poterle dare di più.
- D’accordo.
Aspettami in sala comune, va bene?- le propose.
Michelle
stava per replicare, ma alla fine annuì. Gli disse di non fare tardi, e
di
nuovo sparì dentro il castello. Scorpius tornò a dedicarsi di nuovo ad
Oberon.
- Credi che
sospetti qualcosa?- chiese il bruno dagli occhi blu.
- E’
probabile. Michelle non è mai stata una stupida, ma non credo che abbia
capito-
I due
ragazzi si guardarono, e in quello sguardo intenso si dissero molto più
di
quanto sarebbero riusciti a fare con le parole.
- Andrai da
lei?- chiese Scorpius. Oberon annuì, e lui gli posò una mano sulla
spalla. – Un
altro po’ di pazienza, e tutto per voi si renderà normale. La tua
maledizione
svanirà-
Scorpius
cadde in un profondo stato di depressione dovuto al pensiero di quello
che
invece lui avrebbe dovuto passare per tutta la vita. Oberon parve
accorgersene,
e quindi gli battè una mano sul viso.
- Sei sempre
stato più bravo di me a trattenerti, e forse potresti fare più di
quanto tu
stesso possa ammettere. Lasciati andare un po’ di più, e magari capirai
che
questa tua “maledizione” in realtà è solo un dono-.
I due si
scambiarono l’ennesimo sguardo, penetrando l’uno nell’anima dell’altro,
e
rispondendo a domande mute, e discutendo con la sola forza dei
sentimenti che
in quel momento provavano.
- Se fosse
così semplice…-
- Lo è,
Scorpius. Sei tu che ti lamenti più di quanto dovresti fare in realtà-
- E tu
allora?-
Oberon gli
scoccò uno sguardo pieno d’ira.
- La mia è
una realtà, la tua una possibile realtà. Sai controllare ciò che sei,
puoi
farlo. Io sono condannato. Hai sempre avuto un’abilità speciale a
piangerti
addosso, ma è ora che ti scuoti un po’. Guarda me, non mi sono lasciato
scoraggiare. Tu lo fai ogni volta che apri gli occhi dopo una lunga
nottata di
sonno. Lo vedo, Scorpius. Vorrei parlarti, e non sono in queste notti,
ma sai
bene che non posso. Tu puoi vivere convivendo, io devo aspettare-.
Il
rimprovero del ragazzo diede da pensare a Scorpius, il quale scrollò le
spalle.
Stava per replicare quando udirono di nuovo dei passi, stavolta più
leggeri e
titubanti. Qualcuno bussò alla porta per uscire.
Era il
segnale.
Il volto di
Oberon si illuminò. Scorpius comprese che il momento della discussione
era
finita. Si avvicinò alla porta e aprì.
La ragazza
che stava dietro la porta aveva dei lunghi e morbidi capelli rosso
fuoco che le
ricadevano sulla schiena, sciolti, e un paio di occhi castani che
aspettavano
ansiosi che Scorpius parlasse o dicesse qualcosa. Rose Weasley. Lo
sguardo di
Scorpius si addolcì nei confronti di quella ragazza. Adorava il suo
sguardo
perso e incerto quando si scambiavano gli sguardi.
- E’ qui?-
chiese lei, a bassa voce, come se avesse paura di essere sentita, come
se
temesse una probabile negazione.
- E’ qui-,
confermò lui.
Senza
indulgere oltre, Scorpius la scavalcò e si allontanò velocemente dalla
torre di
astronomia, lasciandosi dietro tutto ciò che al mondo amava, o credeva
di
amare. Era di fronte a lui il suo futuro, ma si sentiva così solo e
incerto che
ne aveva paura. Per un attimo lo sguardo di Rose balenò nella sua
mente, puro
ed innocente. Si chiese come mai lui non potesse essere così, come mai
il
destino aveva scelto per lui una strada persino più tortuosa di quella
che
Draco aveva scelto per Oberon.
***
Michelle
scese nei dormitori di Serpeverde, la sua Casa da ormai cinque anni.
Conosceva
e sapeva il nome di chiunque stesse lì, chi a leggere la gazzetta, chi
invece a
parlottare. Nessuno, in quel momento, era degno della sua attenzione.
Senza altri
indugi, quindi, salì le scale a chiocciola che l’avrebbero portata al
bivio: da
una parte i dormitori dei ragazzi, dall’altra quella delle ragazze. Le
finestre
filtravano la luce verde attraverso le acque del lago. Adorava quella
sensazione che la prendeva quando guardava attraverso i vetri. Era come
se si
trovasse d’improvviso in mezzo alle acque, in balia della corrente,
eppure
perfettamente immobile, e l’unica in grado di respirare.
Paradossalmente,
quella sensazione di poter respirare la costringeva a trattenere il
fiato.
Per un
attimo i pensieri che le affollavano la mente si zittirono, incantati
anche
loro dall’acqua calma del lago.
Solo in
quella calma, e in quel silenzio, sentì delle voci ovattate parlare
concitatamente. Incuriosita, si sporse verso i dormitori dei ragazzi,
ma le
parole non erano chiare. Aveva la sensazione, tuttavia, di conoscere le
persone
che stavano parlando. Mosse qualche passo verso il lungo corridoio
illuminato
dalla pallida e debole luce delle candele che aleggiavano a mezz’aria,
dando
un’aria malata a coloro che venivano illuminati nel piccolo cono di
luce.
Proseguì, il rumore dei passi attutito dal lungo tappeto dai toni verdi
e
argentati. Si appostò alla porta da cui provenivano le parole
indistinte.
- quindi non
c’è nulla da fare, Blaise?! – chiese una vocetta stridula piagnucolante.
- Quante
volte te lo devo dire? E’ finito. E’ tutto finito- rispose il ragazzo.
Pareva
calmo e risoluto in quello che diceva o faceva.
Michelle
subito pensò che fosse una delle tante ragazzine innamorate di Blaise,
che lui
stava lasciando. Stranamente, volle continuare ad ascoltare.
- Non ci
posso credere. Eppure me l’avevi promesso- esclamò la ragazza.
- Mi
dispiace, ma sai bene come la penso-
- Come la
pensi! Ti fai semplicemente influenzare. Io ti conosco bene, e posso
dirlo-
- Ora
basta!- sentenziò Blaise alzando la voce.
Il silenzio
calò, e Michelle sentì un brivido lungo la schiena. Le molle del letto
si
lamentarono. Qualcuno singhiozzò, probabilmente la ragazza.
Avrebbe dato
di tutto per cercare di capire o vedere cosa stesse succedendo. Chi
stava
insieme a Blaise? E perché aveva l’impressione che conoscesse la
ragazza?
Si sentì
gelare quando una mano le si posò calma sulla schiena. Saltò su,
voltandosi di
scatto. Stava per parlare, ma appena vide chi aveva di fronte si zittì,
e tutti
i pensieri che aveva dimenticato erano tornati come un’onda a
stravolgerle la
calma.
Scorpius
sorrise. Era un sorriso stirato.
- Non
dovresti essere qui- disse con calma.
Michelle
farfugliò qualcosa di incomprensibile. Non capiva come mai riuscisse
sempre a
sconvolgerla in quel modo. Il ragazzo le rivolse un sorriso
compiaciuto, e lei
si infuriò. Stava per lamentarsi, ma in qualche modo non riuscì a
trasformare
le sue emozioni in una frase di senso compiuto. Abbassò le spalle, in
segno di
una resa temporanea.
Senza
aggiungere altro, Scorpius bussò alla porta.
Si sentirono
dei passi raggiungere l’uscio, e la porta si spalancò.
- Era ora,
Scorp! Ti stavamo aspettando-, fece Blaise. Non si accorse di Michelle,
che
venne coperta dal biondo quando oltrepassò l’uscio. Non appena anche
Michelle
ebbe messo piede nella stanza, Blaise grugnì, ma non aggiunse altro, e
chiuse
la porta dietro entrambi.
Michelle si
guardò attorno. Non era mai stata in una stanza come quella. Ovunque
c’erano
foto di famiglia, articoli di giornali che parlavano della famiglia
Malfoy, che
li vedeva al centro della situazione. Gli scaffali erano pieni di
trofei, coppe
di Quidditch che avevano vinto i Serpeverde, e coppe delle case. Solo
in quel
momento capì dove erano posizionati i trofei: era la stanza del
Caposcuola.
Blaise
Malfoy era il Caposcuola dei Serpeverde, e quella era chiaramente la
stanza
perfetta per un Malfoy, dove ogni cosa urlava con una gran voce
silenziosa la superiorità
di se stesso.
Una grande
finestra dava il colorito verdognolo ad ogni cosa e persona che si
trovava
nella stanza. Fu allora che si accorse di Bella. La ragazza era seduta
sul
letto, con una mano a coprirle la bocca, e i capelli portati avanti a
coprire
il resto del viso. Michelle aveva sempre pensato che Isabella non fosse
per
niente una Malfoy, e che non era neanche in grado di portare quel nome.
D’altro
canto, lei stessa aveva sempre dichiarato di non essere d’accordo con
quasi
tutte le convinzioni dei Malfoy.
Michelle era
rimasta sbalordita quando la ragazza era stata assegnata a Grifondoro,
ma col
tempo aveva capito perché il Cappello Parlante avesse trovato quella
Casa più
consona alla ragazza.
Scorpius la
riscosse dai suoi pensieri, parlando a Blaise. Non riuscì a capire cosa
gli
chiese, perché le sfuggì la domanda.
- Non ha
capito niente-, fu la secca risposta di Blaise, che prese una sedia e
si mise a
cavalcioni. Unì le braccia sullo schienale, poggiandovi il mento, e
aspettò che
Scorpius continuasse.
Il biondo
sospirò e si avvicinò a Bella, sfiorandole delicatamente la schiena con
la
punta delle dita. Michelle guardò tanto intensamente quel tocco che
riuscì ad
immaginare che Scorpius stesse sfiorando lei a quel modo, e questo le
provocò
un lungo brivido.
- Bella…che
cosa ti turba?- le chiese dolcemente.
Non aveva
mai visto Scorpius comportarsi così, ma evidentemente aveva un debole
per
l’unica donna di casa Malfoy. Si percepiva che provava qualcosa di
profondo per
lei, e Michelle ebbe un moto di gelosia, che non avrebbe ammesso mai di
aver
avuto. Scorpius la attraeva intensamente, ma era troppo cupo e
misterioso per i
suoi gusti. Non voleva vivere con una persona che viveva di segreti.
- Tutto,
Scorpius.
Mi chiedo se ci poteva essere un’altra conclusione, se tutto questo si
sarebbe
potuto evitare. Io..- si morse il labbro inferiore. Le guance rosse, e
gli
occhi azzurri e grandi le donavano una sensualità unica, una sensualità
che
avrebbe fatto cadere ai suoi piedi una parte dei ragazzi di Hogwarts.
L’altra
parte già era ai piedi della stessa Michelle, dopotutto.
- Shh… non
piangere, Bella. Non è successo niente.-
- Niente?
Tu, come puoi dire proprio tu una cosa del genere! Scorp, tu e Blaise
mi avevate
promesso che non muovevate un dito, e invece non l’avete fatto!- sbottò
lei,
scoppiando ancora una volta in lacrime.
- Oh,
andiamo Bella! Non abbiamo effettivamente mosso un dito, e comunque
mica è
morto qualcuno!- sbottò Blaise.
- Ah, no? E
di Anne che mi dici? Lei non la conti come morta perché, essendo
vampiro, era
già morta?- urlò la ragazza verso il fratello.
Michelle
sentì il pavimento allontanarsi da sotto i piedi, e le gambe
estremamente
molli. Di che cosa si stava discutendo in quella camera? Di assassinio?
Sbiancò
involontariamente. L’ultima cosa che ricordò prima di cadere nel buio
erano gli
occhi glaciali di Scorpius fermi su di lei.
- Potevi
evitare di portartela dietro, mio caro-
- L’ho
trovata comunque qui-
- Oh, zitti
tutti e due! Lasciatela respirare…- esclamò una voce di donna.
Quando
Michelle riprese i sensi, si ritrovò tre paia di occhi che la
guardavano
attentamente.
Si mise a
sedere faticosamente, e bevve l’acqua che le porse Bella. Subito si
sentì meglio,
ma aveva una gran confusione in testa.
- Voglio
sapere che succede- biascicò.
I tre
ragazzi si guardarono intensamente, Blaise scosse la testa. Scorpius
stava per
replicare, ma Bella precedette tutti.
- Mettiti a
sedere, Michelle. La storia non è lunga, e credo che comunque tu debba
conoscere la verità-
In quel
momento era Bella che teneva le redini della situazione, e per un
attimo
riconobbe il carattere austero e autoritario di Scorpius. In fondo, era
pur
sempre una Malfoy.
- Io non
credo che debba sapere- ribattè
Blaise.
- E invece
sì. E seppur non fosse stata amica di Scorpius, non la si deve lasciar
credere
una cosa che non è vera-, fu la risposta di Bella. Era come se stessero
parlando di lei come se lei stessa non fosse in quella camera.
Non sapendo
cosa dire, o fare, si mise seduta, accorgendosi solo in quel momento
che era
stata adagiata sul letto. Appoggiò con cura la schiena su un cuscino e
guardò a
turno i tre cugini.
Scorpius
abbassò lo sguardo, e si allontanò dal letto, fermandosi accanto alla
grande
finestra, assorto nei suoi pensieri. Blaise mise una mano in tasca e ne
estrasse un pacchetto di sigarette. Se ne accese una. Solo Bella era
rimasta
sul letto, a guardarla intensamente con gli stessi occhi grigio azzurri
di
Scorpius.
- E’ una storia
che ti lascerà perplessa, ma è meglio che tu sappia. Non voglio che tu
pensi
che mio fratello e mio cugino siano degli assassini-. Quella parola
fece
rabbrividire Michelle, che sentì subito la gola troppo arida per
urlare. – Loro,
però, ci hanno messo lo zampino, nonostante abbiano agito contro il mio
volere.
L’hanno fatto solo per me. Mio malgrado, lo devo ammettere.-
Michelle
aggrottò la fronte.
- Continuo a
non capire- affermò.
La
grifondoro sorrise sommessamente.
- Ricordi
quello che è successo a Mielandia? Ricordi che sono finita in
infermeria?- le
chiese.
Michelle
annuì senza aggiungere altro.
- Credo che
è stato perché Angel ha visto me e James che scherzavamo e ridevamo-
C’era
qualcosa che a Michelle sfuggiva, e che Bella sapeva. Le sorrise piano.
- Angel ha
paura che io sia l’amante di James-
Michelle
sgranò gli occhi. – Oh-, fu l’unica cosa che riuscì a dire, ma si mise
meglio a
sedere. La storia poteva non essere lunga, ma pareva interessante.
- Quando
Angel ci ha visto, deve essersi comportata da sciocca, e Murtagh, per
ricucire
la ferita causata dallo “sgarro” di James nei confronti dell’onore
della
sorella, ha messo su una rissa. Da lì sono uscita indenne, cosa che non
credo
che fosse stato nei programmi di Murtagh. Angel non si è data per
vinta, e non
ha permesso a James di lasciarla-
- Stop,
ferma qui. Quand’è che James ha lasciato Angel?-
Bella perse
il sorriso, e i suoi occhi si riempirono di lacrime. – Quando più o
meno ha
capito che non provava più niente per lei. Angel però è legata
morbosamente a
James. Credo che abbia chiesto aiuto a Murtagh-
Una lacrima
le scese lungo la guancia.
- Perché
piangi?- le chiese Michelle con voce tirata.
- Perché è
tutta colpa mia, Michelle. Ho spinto io James a lasciare Angel-.
Michelle
scosse la testa.
- Ancora non
capisco-
- Murtagh è
un pazzo, è uno di quelli da cui è meglio stare alla larga- intervenne
Scorpius, in aiuto della cugina, che per trattenere le lacrime non
riusciva a
chiarire il punto della situazione. – Era convinto che Bella era la
causa per
cui James ha deciso di lasciare Angel, cosa che invece non è- ci tenne
a
precisare, nonostante le parole di Bella. – Se ho ben capito questa
parte della
storia, James ha chiesto consiglio a Bella, e lei le ha suggerito di
fare
quello che si sente di fare, e non di lasciare Angel, cosa che invece
lei
continua a ripetere. Se Potter ha deciso di lasciare la Portbell, è
stato un
suo pensiero, e non tuo-, precisò ancora una volta, stavolta rivolto
alla cugina.
-Ma a quanto pare, Murtagh è riuscito a convincere persino Bella che
James
voleva lasciare Angel a causa sua- continuò guardando Michelle dritto
negli
occhi.
- Quindi,
fammi capire. James non ama più Angel, decide di lasciarla…e Murtagh
dice che è
stata Bella a convincerlo di ciò? Perché mai?- chiese, sempre più
perplessa.
- Perché è
convinto che Bella sia innamorata di James- fu la secca risposta di
Scorpius,
come se volesse chiudere lì il discorso.
- Bagginate!
Mia sorella non può innamorarsi mica di un Potter!- sbottò Blaise,
accendendosi
la sua seconda sigaretta. Era parecchio nervoso.
Bella
abbassò lo sguardo.
- E non è
tutto. Quella del bar non è stato l’unico tentativo del ragazzo di
allontanare
Bella da James, ma ci ha provato in tutti i modi, a volte usando anche
la
sorella, senza che Angel se ne accorgesse a sua volta-.
- E come?-
- Emma.
Angel ascolta moltissimo Emma, che è pericolosa quando Murtagh. E’
stata lei
infatti a ferire Bella nella lotta al bar-, rispose Scorpius.
- Non mi ha
ferita!- esclamò Bella, volendo puntualizzare.
Scorpius
decise di ignorarla completamente.
- Emma è la
ragazza di Murtagh, giusto? A quanto ne so io, è innocua- obiettò
Michelle, che
ogni tanto aveva avuto qualche discussione con la ragazza di Tassorosso.
- Per niente.
Credo che a muovere Murtagh è stesso Emma, che è più furba di lui. Ad
ogni
modo, non voglio entrare in certi dettagli oscuri anche a me- concluse
Scorpius.
Michelle
ebbe la sgradevole sensazione di essere più confusa di prima.
- Ma cosa
c’entra tutto questo con…quello che stavate dicendo prima?-. Non aveva
avuto il
coraggio di dire la parola “assassinio”.
- Per
proteggere mia sorella, le abbiamo messo alle calcagna un vampiro- fece
Blaise,
la cui faccia sembrava galleggiare nell’alone di fumo che lo avvolgeva.
- Alle
calcagna di chi?-
- Di Bella,
ovviamente. Anne Hudgens aveva il preciso compito di sorvegliare Bella-
Michelle
sgranò gli occhi.
- Anne
Hudgens era la guardia del corpo di Bella?- chiese incredula.
- Io non ne
avevo idea, e né ne sapevo niente!- precisò Bella, che sembrava volersi
difendere così.
- E certo,
perché altrimenti non avresti mai accettato!-
A Michelle
tornò a girare la testa. Scorpius se ne accorse e le prese la mano.
- Blaise,
controllati.- lo rimproverò.
Il ragazzo
sbuffò, tagliò l’aria attorno a lui e a grandi passi uscì dalla stanza,
chiudendosi la porta dietro con forza. Scorpius guardò la porta come a
volerla
sostenere per evitare che cadesse per la forza con cui era stata
sbattuta.
Bella tirò
su col naso e si asciugò le guance con le mani.
- Non avrei
mai accettato perché non credo sia giusto che qualcuno mi protegga fino
a
morire, come ha fatto Anne-, disse piano la ragazza.
- Anne
voleva proteggerti da un eventuale attacco da parte di Murtagh?-
Entrambi i
cugini annuirono. Erano fisicamente diversi, ma in quel momento le loro
espressioni erano uguali.
- Solo che
fu Angel ad attaccarmi. Ero andata a chiedere aiuto quando sono stata
attaccata. Anne intervenne e mi protesse fino all’ultimo incantesimo,
mentre io
correvo a chiedere aiuto. Incontrai la cacciatrice, la Fowl, ma lei era
convinta che stavo farneticando e che Anne avesse attaccato me ed
Angel. Il
resto lo sai-
Michelle
aggrottò la fronte.
- L’hai
detto a Potter?- fu l’unica cosa che riuscì a chiederle. Angel Portbell
era
davvero una pazza come diceva Bella? O era tutta una storia inventata
da lei
per coprire qualcun altro?
Bella scosse
la testa.
- Ho
provato, ma James non ha alcuna intenzione di darmi ascolto. Ha offeso
la mia
famiglia, ha detto che noi eravamo gli
stolti che non capivamo, e che Angel avesse “ingaggiato” Anne per
ucciderla, ma
che la cacciatrice fosse intervenuta appena in tempo-.
Michelle
aggrottò la fronte.
- Allora è
proprio scemo!-
Scorpius
trattenne a stento le risate, mentre Bella lo fulminò con lo sguardo.
- No. La
pensa così perché non sa la verità. Nessuno deve sapere la verità, o
Murtagh e
Angel verranno espulsi da scuola. E non mi va-
Michelle la
guardò incredula, spalancando la bocca.
- No? Allora
scusa, ma la scema sei tu! Hai la possibilità di buttare fuori a calci
Murtagh
e Angel, e di fargliela pagare per quello che stai vivendo!-
Bella
abbassò lo sguardo, e scosse la testa.
- Michelle,
io vado a cercare Blaise. Vedi se riesci a far ragionare tu questa
sciocchina-
affermò Scorpius. Arruffò amorosamente i capelli scuri di Bella, e si
allontanò, chiudendosi dietro le spalle la porta con classe ed eleganza.
Michelle
temette di arrossire, e non riusciva a capire perché. Eppure, in
qualche modo
capiva Bella.
- Ti piace
James?- le chiese a bruciapelo.
Bella
arrossì. Incredibile. La Regina di Ghiaccio stava arrossendo. Forse la
situazione
era più grave di quel che pensava.
- No- fu la
breve risposta di lei.
La
serpeverde allungò una mano verso di lei, e le sfiorò la spalla.
- Ti giuro
che non ti capisco per niente, Bella. Tu sei bella, splendente, e
potresti
avere tutta la scuola ai tuoi piedi se solo lo volessi. Ti potresti
innamorare
di chiunque, e scegli proprio la persona che tuo fratello disprezza di
più al
mondo. Eppure, nonostante tutto, hai la possibilità di eliminare da
davanti a
te le uniche persone che ti remano contro, cioè i Portbell, e hai così
la
possibilità di far aprire finalmente gli occhi a Potter, e non fai
niente?
Perché?-
Bella fiondò
i suoi profondi occhi chiari nei suoi scuri, e Michelle vi lesse
un’innocenza
ben preservata, nonostante le macchinazioni di Blaise, Scorpius,
Murtagh ed
Emma che vedevano lei al centro. Provò una profonda invidia per
quell’innocenza.
- Perché non
riuscirei mai a ferire James- rispose piano.
Michelle
rimase spiazzata da quella risposta. Le chiese ulteriori spiegazioni.
- Hai
ragione quando dici che provo qualcosa di più della semplice simpatia
nei
confronti di James, eppure come potrei far soffrire James dicendogli
cose così
brutte? Preferisco che pensi male di me, piuttosto che soffra per chi
ama-.
- Se James
non ha capito questo, Bella, o è profondamente stupido perché non ha
capito
quello che provi, o non ti ama quanto te. O entrambe-.
Bella si
strinse nelle spalle.
- Mi basta
sapere che è felice per essere felice-
Ancora una
volta, Bella riuscì a spiazzarla. Era la prima volta che si trovava di
fronte a
un amore profondo, vero e puro come quello della ragazza.
Non poterono
continuare la discussione perché Scorpius e Blaise erano tornati. Con
lo
sguardo, Bella la supplicava di qualcosa, probabilmente le stava
chiedendo di
non dire niente agli altri Malfoy. Lei le strinse la mano, per dirle
che non ne
avrebbe fatto parola con nessuno. Bella le ispirava una tenerezza
infinita. Era
come una bambina, che non si era ancora accorta di quanto il mondo
fosse
marcio.
Scorpius
rimase sulla porta.
- Vieni,
Michelle. Andiamo. Lasciamo soli Bella e Blaise, hanno tanto di cui
discutere-
Scorpius
lasciò intendere quello che tutti sapevano. Pareva che solo James non
si fosse
accorto della verità.
***
Quella
stessa sera, James Hammer era andato nello studio del professor Mason
per la
punizione che avrebbe dovuto svolgere. Era pieno di sé, perché era
convinto che
avrebbe potuto estorcere qualche informazione utile sull’alchimia e sul
Libro
Mastro di cui aveva tanto sentito parlare. Ed inoltre voleva chiarire
il perché
di quei poteri, e perché Mason fosse in grado di contrastarli. A quanto
pareva,
anche lui era un alchimista.
Arrivò con
qualche minuto d’anticipo, ma non se ne preoccupò. Bussò alla porta ed
attese
che Mason lo invitasse ad entrare.
La porta si
aprì bruscamente, e comparì l’uomo alto, robusto e con la barba bianca
che
James aveva visto tante volte dietro quella copertina del libro che
aveva letto
e riletto fino ad impararlo a memoria.
- Sei già
qui. Entra- disse burbero l’uomo.
James non se
lo fece ripetere due volte ed entrò. Rimase per un po’ a guardarsi
attorno.
Sperava che ogni cosa trasudasse alchimia, ed invece era un semplice
studio. C’era
una scrivania di legno dall’aria pesante vicino a una finestra, una
sedia dallo
schienale anch’esso di legno e alto che dava le spalle alla finestra e
due
altre sedie più moderne dall’altro lato della scrivania. Le pareti
erano
coperte da scaffali colmi di libri sulle antiche rune. C’era anche
qualche
volume di trasfigurazione sul tavolo pieno di carte, ma di studi
alchemici
neanche l’ombra.
Mason prese
a sedersi sulla sedia. Con un gesto della bacchetta accese tutte le
altre
candele presenti nella stanza, e fu come se qualcuno avesse acceso per
la prima
volta la luce nel buio di quella notte senza luna.
- Siedi,
Hammer- gli intimò, mostrandogli le sedie di fronte a lui.
James non se
lo fece ripetere due volte.
Notò sulla
scrivania una ceneriera, e un sigaro appoggiato lì, come dimenticato,
che
emanava un odore pungente. Era un odore che aveva già sentito una
volta, molto
tempo prima, ma non riusciva a ricordare quando di preciso.
- Bene,
bene. E’ ora che qualcuno ti insegni le buone maniere, eh?- ridacchiò
Mason,
appoggiandosi allo schienale come se fosse molto comodo.
James fu
riscosso dai suoi pensieri.
- In che
senso?- chiese perplesso.
- Nel senso
che non è bene origliare le conversazioni altrui-
Il Corvonero
si sedette meglio sulla sedia. Era stato colto il punto della
situazione.
- Professore,
come ha fatto a capire che ero lì?- chiese, avvicinandosi di più.
Il
professore unì le dita tra loro, e sorrise sotto i baffi bianchi.
- Ah,
Hammer. Hai ancora molto da imparare. Ti dirò poche cose, ma voglio che
tu ci
rifletta molto bene. L’alchimia non è altro che un ramo della magia,
che si
fonda su alcuni concetti che la magia di per sé non accetta. La Pietra
Filosofale: la vita eterna; la Trasmutazione dei metalli vili in oro;
l’onniscienza. Finora solo uno è riuscito a creare la Pietra
Filosofale, ma è stata
distrutta. Nicholas Flamel-.
Era tutto
magnifico, ma lui queste cose le conosceva già. Stava per dirglielo, ma
il
professore non lo lasciò parlare.
- Come ben
sai, Nicholas Flamel è morto da un pezzo, e con lui il segreto della
vita
eterna. Ma Flamel aveva creato una copia della pietra filosofale. La
vera
pietra è ancora oggetto di molti studi. Per quanto riguarda la
trasmutazione,
che per certi versi ha le stesse basi della trasfigurazione, credo che
sia la
tua arte più consona, non credi? Sei capace di trasmutare le cose a tuo
piacimento, non è vero?-
Hammer era
senza parole, e si limitò ad annuire. Quello che stava dicendo il
vecchio era
quasi senza senso.
Mason
sospirò.
- Ma, al
contrario della magia, l’alchimia richiede un prezzo, e non tutti sono
disposti
a pagarlo. E’ per questo che la tua arte deve essere fermata, ponderata
in
qualche modo, Hammer. Tu hai delle doti innate, e come te ce ne sono
altri di
alchimisti. Ma devi stare attento. L’alchimia lascia sempre un segno
dietro di
sé-.
Mason aveva
lasciato James Hammer a bocca asciutta. Non sapeva che dire. Il suo
cervello
funzionava velocemente, cercando di recepire al meglio tutto quello che
stava
dicendo il professore. Forse era stata proprio quella “traccia” che
lasciava
l’alchimia a far capire a Mason che c’era anche lui in quella stanza,
dopotutto.
-
Professore, mi scusi. Cos’è che esattamente chiede l’alchimia?-
Mason lo
guardò attentamente, con quei suoi occhi scuri capaci di scrutargli
l’animo.
Aveva l’impressione che a guardarlo fosse la sua amica Evelyn quando
voleva
dirgli che aveva colto il punto della situazione ma che non c’era molto
da
fare.
- Un prezzo
equivalente. Se chiedi la luce, vuole le tenebre, se chiedi la felicità
vuole
tristezza, che chiedi il sole vuole la luna. E’ il principio di
equivalenza che
è alla base dell’alchimia- gli rispose.
James stava
per chiedergli come avrebbe potuto pagare il prezzo all’alchimia, ma
Mason si
alzò e gli diede le spalle, guardando fuori dalla finestra.
- Buffo,
questo tempo. Lì c’è qualcuno che chiede oscurità, e qui qualcuno che
chiede
l’esatto opposto. Ma c’è anche chi non chiede niente, ed è costretto a
farlo-.
Allungò una mano sullo schienale e lo strinse forte. Le nocche
sbiancarono. –
Non fermarti alle apparenze, James Hammer. Un giorno capirai le mie
parole, ma
per ora non badarci. Sono semplici farneticazioni di un vecchio.- Lo
guardò con
quel suo sguardo profondo e tagliente.- Ma adesso pensiamo alla tua
punizione!-
esclamò allegramente.
James rimase
a bocca aperta.
- Ma credevo
che fosse tutta una scusa per parlarmi!-
Il vecchio
gettò la testa all’indietro e si mise a ridere.
- Dopotutto
sono un professore, Hammer. Non posso non darti la punizione quando
penso che
lo meriti, non trovi?-
James
sbuffò. Aveva pensato di passarla liscia, e invece per quella sera
avrebbe
dovuto rimandare l’incontro che aveva in mente.
***
Un leone.
Ecco cosa pensava Emma di Murtagh in quel momento. Il ragazzo copriva
la
distanza tra una parete e l’altra nella stanza a grandi passi come un
leone
furioso. Aveva ancora il mantello poggiato sulle spalle, bagnato della
pioggia
che c’era a Londra. Era appena tornato dal San Mungo, dove aveva
passato tutta
la giornata, in attesa che Angel fosse fuori pericolo. Se in quel
momento era
lì, significava che il peggio era passato. Eppure, Emma aveva visto il
corpo
straziato della sorella del suo ragazzo, e sapeva che Murtagh non
l’avrebbe
facilmente dimenticato, e che sarebbe andato a capo di tutta la storia.
- Qualcuno la
pagherà. E se non è stasera, sarà molto presto!- digrignò rabbioso tra
i denti.
- Murtagh,
ora devi solo ringraziare Merlino che tua sorella se la sia cavata-
disse Emma
a bassa voce. Anche lei talvolta aveva timore della furia incontrollata
del
ragazzo.
Murtagh
diede un pugno al muro con forza, facendo rimbombare il suono nella
stanza.
- Mia
sorella se l’è cavata, sì, ma a che prezzo? Resteranno le cicatrici, è
stata
sfregiata permanentemente. Tutta colpa di quella vampira! Ma io se la
prendo…-
- La vampira
è morta, Murt-, gli ricordò Emma a bassa voce. Non voleva contraddirlo,
ma non
voleva che andasse oltre. In quel momento aveva la pelle d’oca, e non
era solo
per l’aria gelida e umida di quella sera.
Murtagh
pareva incontrollabile, come se fosse fatto di pura rabbia e terrore.
Aveva il
viso distorto dall’ira in una smorfia che incuteva più timore delle sue
minacce, le quali, Emma ne era certa, non sarebbero state fatte a vuoto.
- Ah già. La
cacciatrice mi ha preceduto. Peccato. Avrei voluto sentire urlare e
supplicare
quella puttana succhiasangue-
Digrignò i
denti. Sembrò che ringhiasse. Emma trasalì. Con lentezza, Emma scivolò
dalla
sedia su cui era seduta e si avvicinò piano a lui, cercando di non fare
passi
falsi, come se avesse di fronte un toro inferocito.
- Murtagh-,
gli sfiorò il braccio titubante. Il ragazzo voltò con uno scatto felino
il viso
verso di lei.
Emma sentì
il sangue gelarsi nelle vene. – Va tutto bene, per fortuna…La vampira è
morta.
In qualche modo hai avuto la tua vendetta, no?-
Lui
l’afferrò per le spalle con forza, facendole male.
- Vendetta?
No, quella mi è stata preclusa. Ma riuscirò a salire in fondo a questa
faccenda, Emma. Stanne certa!-
La vista le
si annebbiò, e sbattè velocemente le palpebre, cercando di rimettere a
fuoco il
viso pericolosamente vicino del ragazzo.
- Murtagh,
ora devi solo calmarti, amore mio…-
-
Calmarmi? Come posso farlo sapendo mia
sorella in ospedale? Dimmi, Emma, come?- le urlò in viso.
Emma tremò
di paura, e gli occhi le si inumidirono. Lei sapeva cosa stava
succedendo, ma
aveva paura a parlarne con Murtagh. Eppure, doveva farlo. In un modo o
nell’altro doveva pur riuscire a calmarlo.
- Murtagh,
siediti. Devo dirti alcune cose, e non ti piaceranno-
Murtagh
irrigidì tutti i muscoli, rafforzando la presa sulle sue braccia. Emma
non
riuscì a trattenere un lamento, e fu forse quello a farlo tornare in
sé. La
lasciò andare e si sedette sulla sedia, come se si fosse seduto su un
letto di
spine.
- Sto
aspettando-, la incitò.
Emma prese
un profondo respiro, e si tenne a debita distanza da Murtagh.
- Prima che
succedesse l’incidente di Angel, Potter è andata a trovarla.- Aspettò
qualche
secondo, nel quale l’espressione di Murtagh mutò improvvisamente dal
rabbioso
al furioso, ma non parlava aspettando che lei continuasse. Così Emma
decise di
andare avanti. – Potter le disse che era meglio se si fossero lasciati,
perché
non poteva continuare a dover combattere con te, e perché non era
sicuro dei
suoi sentimenti verso Angel. Dovevano
chiarirsi, andare avanti, ma non insieme-
- Saggio,
Potter, a lasciar stare mia sorella. Non è abbastanza per lui-
Emma annuì
piano.
- E’ quello
che Angel mi ha detto che le ha detto. Ma tua sorella, come ben sai,
non riesce
più ad essere lucida. Ama te, ma ama anche lui. Era convinta che Potter
non
avesse parlato con lucidità con lei-
Murtagh
aggrottò la fronte, improvvisamente preoccupato.
- Che cosa
intendi dire?- le domandò.
Emma si
strinse forte nelle spalle. – Era convinta che Potter fosse stato
manipolato da
qualcuno della sua famiglia. Era convinta che Potter non intendesse
veramente
lasciarla. Era andata a parlargli, quando è successo il fatto. Voleva
convincerlo che non era un bene stare lontani-
- Sciocca!-
esclamò Murtagh, battendo con forza il pugno sul tavolo vicino a lui. –
Più gli
sta vicino, più si farà del male! Questa è la dimostrazione!-
Emma provò
ad avvicinarsi piano a lui.
- Amore mio…
non ti sembra strano che abbia incontrato la vampira? Non ti sembra
strano che
la Hudgens sia intervenuta proprio quando Angel voleva tornare con
Potter?-
Murtagh
assottigliò lo sguardo.
- Stai
dicendo che era una specie di trappola?-
- Sto
dicendo che qualcuno è intervenuto prima che Angel raggiungesse James-.
- Ma chi? E’
possibile Albus Potter?-
Emma scosse
la testa. – No. Ero con Albus quando abbiamo scoperto il corpo della
vampira.
E’ rimasto scosso quanto me-.
- La
sorella?- provò allora Murtagh.
Ancora Emma
scosse la testa. – Lily Potter è innocua. Non riuscirebbe a far del
male a una
mosca, figurarsi a Angel, quando, dopo tutto, non le dispiaceva neanche
che suo
fratello la frequentasse-.
Murtagh si
toccò la fronte, perplesso e confuso.
- Chi,
allora?-
Emma si
avvicinò di più a lui, si accoccolò davanti ai suoi piedi, e appoggiò
le mani
sulle sue ginocchia.
- Isabella
Malfoy- sussurrò lei con odio.
- La Regina
di Ghiaccio?- esclamò incredulo Murtagh, non credendo a quelle parole.
- Sì,
Murtagh. Pensaci. Quand’è iniziato tutto? Quando la Malfoy è entrata a
far
parte della squadra di Quidditch! Sta sempre azzeccata a James, e
questo ha
sempre fatto soffrire Angel. E’ stata lei a insinuare in James il
pensiero che
Angel non va bene per lui-
- Almeno lei
ha capito qualcosa!- sembrò difenderla lui.
- Ma non
capisci, Murt? Quando lei ha saputo che Angel voleva tornare da James,
ha scagliato
la vampira, sua amica, contro tua sorella!-
Murtagh
sbiancò. Finalmente aveva compreso tutta la faccenda.
- I Malfoy…-
Murtagh si
alzò di scattò e tornò a girare in tondo per la stanza.
- Metterci
contro i Malfoy non è saggio, Emma-
La bionda
annuì, e il silenzio calò su di loro. Qualsiasi cosa avrebbero deciso,
non
sarebbe stato facile.
Murtagh
prese il mento di Emma tra le dita e le alzò il viso.
- Per prima
cosa, mia cara, dobbiamo accertarci che i Malfoy ci hanno messo lo
zampino in
questa storia. E poi ci regoleremo di conseguenza. Se sono stati loro,
saggio o
meno, dovranno pagare. E se non vogliamo inimicarci Scorpius e Blaise,
ci
converrà fargli aprire gli occhi sul carattere debole e infetto della
piccola
Malfoy, non trovi?-. Un ghigno malefico si dipinse sul suo volto.
Emma sentì
lo stomaco stringersi, e non riuscì a trattenere anch’ella lo stesso
ghigno
sadico.
- Nessuno
può far male alla tua famiglia senza nuocere anche me. Sai bene che
puoi
contare su di me-
- Alzati- le
ordinò Murtagh.
Emma si
alzò, e gli sfiorò la mano che teneva sul suo viso con una sua. Bastò
uno
sguardo per capire che erano sempre stati fatti l’un per l’altra.
La bionda
Tassorosso si avvicinò al ragazzo e si lasciò andare in un bacio che
suggellava
così la loro promessa di farla pagare ai Malfoy.
***
Anche nella
Torre dei Grifondoro, però, c’era chi faceva fatica ad addormentarsi.
La piccola
Lily sorseggiava tranquillamente il suo tè, mentre sedeva tranquilla
sul letto
accanto al fratello maggiore. Albus, invece, era seduto ai piedi del
letto, con
la schiena appoggiata ad uno dei pali del letto a cui erano poggiate le
tende.
Entrambi
sorvegliavano il sonno di James, che dopo tanto sbattersi, aveva finito
le
energie ed era crollato in un sonno senza sogni.
- E’
incredibile quanto riesca a dormire bene James quando è stanco- fece
allegramente la ragazzina, portandosi dietro un orecchio una ciocca di
capelli
rosso fuoco.
- Già, è
quello che stavo pensando anche io-, ammise il secondogenito di casa
Potter,
guardando il fratello con i suoi occhi preoccupati.
- Non so che
pensare di tutta questa storia, Al. Sembra un brutto sogno. Vorrei
svegliarmi
domani e sapere che nulla è cambiato-, ammise Lily affranta,
appoggiando la
tazza sulle ginocchia. Il tè era ancora bollente.
Albus
osservò attentamente quella ragazzina che stava crescendo a poco a
poco. Per
lui era sempre una bambina, nonostante iniziasse a capire che il mondo
era
tutt’altro che felice.
- L’anno è
appena cominciato, Lily. Tutto si sistemerà-.
- A me Angel
è sempre piaciuta. Mi dispiace così tanto che sta male, e per di più si
è
lasciata con James. E’ un periodaccio per lei. Spero che non sia stata
ferita
in modo molto grave-
Albus
ricordò l’immagine della vampira.
- C’è chi
non tornerà più. Le passerà-
- Ma come
puoi essere così freddo?- chiese incredula, sgranando gli occhi. Si
passò una
mano tra i capelli rossi. – Angel ha sempre amato James, e sono sicura
che
anche James la ama!-
Albus la
guardò con tenerezza.
- Non dirlo
a James, Lily. Sono tuoi pensieri. Devi lasciare che trovino da soli la
loro
strada-,ribattè il fratello, per niente convinto di quanto la ragazza
dicesse.
Lily si
accorse che il fratello non la pensava come lei.
- Albus,
vorrei proprio sapere chi ha messo in testa a James certe sciocchezze-
Si zittirono
entrambi quando James si mosse sotto le coperte. I voltò dall’altro
lato e
continuò a dormire.
Lily gli
sfiorò i capelli. Sbadigliò, mettendo una mano davanti alla bocca.
- Spero che
capisca che non gli fa bene allontanarsi da Angel-
- Da quando Angel
è entrata nella sua vita, James non è mai stato tranquillo. Vuoi questo
per
lui, per il suo futuro?- la rimproverò il fratello sveglio.
- Angel l’ha
reso felice-
- Per un po’
di tempo, è vero. Ma ora non hai notato quanto James sia nervoso quando
deve
stare con lei? Non hai notato che non le parla volentieri? Che riempie
le sue
giornate sempre di più pur di starle lontano? Non hai notato tutto
questo,
Lily?-
La ragazzina
strinse le labbra, e afferrò con più forza la tazza. Si alzò dal letto.
- Credo che
andrò a dormire-, sentenziò, allontanandosi a grandi passi dalla
stanza,
lasciando dietro di sé la porta aperta.
Così Albus
fu lasciato solo a sorvegliare la notte di James. Aveva tanta voglia di
dormire, eppure non voleva che James si svegliasse nella notte e
sgattaiolasse
via da Hogwarts fino al San Mungo.
Rimasto
solo, rimase a pensare a quello che stava succedendo nella vita del
fratello in
tutto quel tempo.
Da un po’ di
tempo si era accorto che il cuore di James aveva cambiato direzione, e
lui solo
da poco si era accorto in che direzione andasse. James è sempre stato
una di
quelle teste calde che segue ciò che gli dice il corpo, e non la mente
o il
cuore. E’ sempre stato uno spirito libero, fino a che non aveva
incontrato
Angel.
La ragazza
era bella, ed era molto simile a James caratterialmente. Dietro il suo
sguardo
si nascondeva la conoscenza di qualcuno di più adulto e maturo, e
quella stessa
conoscenza non doveva celarsi in lei. Quell’incontro con James le ha
fatto
perdere la strada. Entrambi l’hanno persa. Hanno incontrato il proprio
ego,
amandosi e odiandosi. Era un’unione voluta da loro due soli. Fino a che
James
non ebbe incontrato qualcuno che gli aveva lanciato inconsciamente una
sfida, e
lui, sempre inconsciamente, l’aveva accettata.
La Regina di
Ghiaccio. Isabella Malfoy. La bella di casa Malfoy, la cugina del suo
più
odiato “nemico”. James si era sentito subito attratto da quella
bellezza
glaciale, quasi eterea. E quella corazza fredda e indifferente a tutti
e tutto
aveva sfidato a gran voce il fratello, sempre in cerca di nuove sfide,
facendogli dimenticare tutto quello che credeva di provare per Angel.
Dal canto
suo, non credeva che Isabella si lasciasse comunque avvicinare da
James, anche
se aveva espresso interesse per il fratello. Forse ella stessa non se
n’era
accorta, ma ad Albus, attento osservatore, non era sfuggito niente.
Come se
avesse indovinato, sentì bussare alla porta aperta. Quando alzò lo
sguardo,
Albus si trovò di fronte Bella.
- Posso
entrare?- chiese lei, piano.
- Certo-. Le
lasciò fare qualche passo, la osservò attentamente. – Credevo non
saresti
venuta-
Bella stava
guardando James con un’aria afflitta. Sembrava divisa e incerta sul da
farsi.
- Non volevo
venire, infatti-, convenne lei. – Ma sulle scale ho incrociato Lily. Mi
ha
detto che James, dopo una brutta serata, finalmente si è addormentato.
Mi ha
chiesto di fare a cambio con te, così da lasciarti dormire-.
Albus scosse
la testa. Nonostante quello che Lily diceva, pareva che i suoi gesti
riflettessero quello che Albus pensava: anche la sorellina più piccola
aveva
intuito che la “migliore amica di James”, come chiamava Bella, aveva
molto a
cuore il fratello.
- Non
preoccuparti, Bella. Ho sonno, ma ce la posso fare- ammise. Voleva
vedere dove
Bella potesse arrivare.
La ragazza
scrollò le spalle.
- Come vuoi.
Tanto non credo che riuscirò comunque a dormire questa sera-.
Osservandola
attentamente, Albus notò quanto fosse pallida, con gli occhi cerchiati
come se
avesse pianto, e le labbra rosse come se le avesse truccate. I suoi
occhi
azzurro ghiaccio erano fermi su James, ma non osava avvicinarsi più di
tanto a
lui.
- Hai l’aria
stanca, invece-
Bella spostò
lo sguardo su Albus. Aveva le labbra serrate come se si trattenesse dal
piangere. Pensava che non gli rispondesse, e invece lo fece.
- Sì, sono
stanca. Ma non ho sonno-, ribattè. – Te l’ho detto: se vuoi resto io
con
James-.
Albus
comprese che era ciò che voleva lei. Così annuì e si alzò dal letto.
- Bene.
Allora vado a dormire, così domani non sono costretto a saltare altre
lezioni.
Buonanotte, Bella-
- Buonanotte
Albus-.
Bella lo
seguì con lo sguardo fino a che non rimase sola con James. Si coprì il
viso con
le mani, cadde in ginocchio, e tornò a piangere.
***
Michelle si
rigirava nel suo letto, ma ancora non riusciva a dormire. Quello che
aveva
scoperto quella sera era stato più di quanto avesse mai immaginato.
C’era una
macchinazione dietro ogni mossa di Scorpius che la turbava. E, tra
l’altro, non
aveva neanche dimenticato quel ragazzo sconosciuto con cui il suo
compagno di
Casa stava parlando sulla torre.
Stanca di
stare stesa, in attesa che il sonno la vincesse, scese da letto.
Non appena
mise piede sulle gelide mattonelle, rabbrividì. Cercò le pantofole e le
infilò.
Prese la bacchetta, si avvolse nella vestaglia e si avviò verso il
dormitorio
dei ragazzi, cercando di fare meno rumore possibile.
Passò oltre
la porta della stanza di Blaise, fino a che non giunse in quella di
Scorpius.
- Alohomora-
sussurrò. La porta si aprì docilmente, e lei sgattaiolò all’interno
della
stanza. Senza sorpresa, vide che Scorpius dormiva placidamente e solo
nella
stanza. Non si chiese dove fossero finiti gli altri, immaginando già la
risposta.
Coprì
velocemente la distanza che la separava da Scorpius.
- Ehi,
Scorp. Sveglia!- disse, scuotendolo piano ad una spalla.
Il biondo si
svegliò di soprassalto.
- Cos…che
succede? Un assalto?- chiese lui. Le coperte gli scivolarono di dosso,
cadendogli sul grembo.
Lo sguardo
di Michelle cadde sulla pelle diafana del ragazzo dal collo fino a che
non si
andava a nascondere sotto la camicia abbottonata del pigiama. Si
riscosse in
fretta, senza perdere eccessivamente il controllo. Era lì per avere
delle
spiegazioni, e non per altro. Così prese l’espressione altezzosa e
sprezzante
di sempre.
- Non mi piace
come ti stai muovendo, Scorpius. Odio che hai segreti anche con me-
ammise.
Scorpius
sbattè più volte le palpebre, per riuscire a mettere a fuoco la
ragazza. Si
stropicciò gli occhi e fece un lamento.
-
Michelle…ma lo sai che ore sono? Domani avrò una giornata pesante, da
passare
tutta dietro i libri, e tu mi svegli per queste sciocchezze?-
- Non sono
sciocchezze, Scorp!-
Il ragazzo
grugnì qualcosa in risposta, e tornò a stendersi. Michelle rimase
seduta sul
letto accanto a lui.
- Senti,
parliamoci chiaro, Malfoy. Io ho accettato di essere tua amica, ma
voglio che
tu sia sincero con me-
-
Accettato?- chiese incredulo lui, strabuzzando gli occhi. – Scusami, ma
nessuno
te l’ha chiesto…bel culetto- ghignò infine.
Michelle si
sentì travolgere. Aveva sempre odiato quell’appellativo che le diede
lui tempo
prima, ma in quel momento le regalò la strana sensazione di essere a
casa.
Strano a dirsi, ma le era mancato che lui la chiamasse così.
- Smettila,
Malfoy. Lo so che ho un bel fondoschiena, ma di certo non voglio che
sottolinei
la cosa-
Michelle
guardò il ragazzo sbuffare, come annoiato, ma non rispose. Così
approfittò del
silenzio del ragazzo per chiedergli tutto quello che le passava per la
testa.
- Chi era il
tipo sulla Torre?-
- Sulla
Torre?- ripetè lui, come se scendesse dalle nuvole.
- Ma sì,
Scorp. Quel tipo che mi hai presentato oggi!-
- Ah..-
sembrava a disagio. – Te l’ho presentato, quindi sai chi è-
- No,
Scorpius. Voglio che mi dici la verità. Chi è quel ragazzo? E perché
non l’ho
mai visto prima?-
Scorpius si
voltò dall’altro lato, tirandosi le coperte sulla testa, rischiando di
farla
cadere.
- Ma che
vuoi da me a quest’ora, McC? Tornatene a dormire- le intimò.
Michelle
gonfiò le guance. Certe volte Scorpius si comportava da insopportabile
Serpeverde,
per l’appunto. Non le dava soddisfazione proprio di nulla. Così decise
di
sfoderare le sue migliori arti di seduzione, alle quali nessun ragazzo
era
riuscito ancora a dire di no.
Iniziò a
sfiorare con le dita quei soffici capelli biondi di Scorpius, fino a
scendere
piano sul collo, premendo dolcemente con i polpastrelli. Si avvicinò un
po’ di
più al ragazzo in modo che il suo respiro gli accarezzasse la pelle.
- Rispondi a
queste poche domande, Scorpius, e ti lascerò in pace per tutta la
notte- promise,
abbassando la voce.
Scorpius
sembrò ignorarla, e lei gli si strinse un po’ di più. Più che
lusingato, il
ragazzo pareva ancora più a disagio di prima. Intuendolo, Michelle si
ritrasse
un po’. Si chiese come mai Scorpius era a disagio con lei che tentava
di
sedurlo, e le balenò nella mente uno strano pensiero, che scacciò sin
da
subito. No, Scorpius non poteva per niente essere omosessuale! Era
contro tutte
le logiche, e sarebbe stato davvero uno scherzo della natura veder
sprecato
tutta quella classe innata.
- Michelle,
per piacere. Non ho voglia di rispondere a queste domande ora-
Michelle si
snervò per quell’ennesimo rifiuto, e mandò all’aria anche le tecniche
di
seduzione. Gli si sedette a cavalcioni, e si piegò in avanti per
costringerlo a
guardarla.
- Scorpius
Hyperion Malfoy, io ti sono amica, ti sono vicina, ma voglio da parte
tua un
po’ di collaborazione! Devi essere sincero con me, ed evitare tutti
questi
segreti. Io sono tua amica, e sta’ sicuro che non andrò a spifferare
niente a
nessuno!- sbottò, spazientita.
Il biondo la
guardò attentamente, e la ragazza vide varie espressioni passargli
davanti agli
occhi. E poi tornò lo Scorpius di sempre, quello che tendeva a
reprimere ogni
emozione.
- Io mi fido
di te, Michelle, ma non sono ancora pronto a parlartene-.
Quelle
parole ferirono Michelle più di quanto lei stessa avrebbe mai ammesso.
- Scorpius,
credimi, se davvero tu ti fidassi di me, già me ne avresti parlato. E
invece
no, anche questa volta tu ignori le mie domande, ignori ciò che faccio,
e non
ce la faccio ad andare avanti così. Saremo anche amici da quando
abbiamo messo
piede ad Hogwarts, ma anche nel nostro rapporto di amicizia io voglio
sincerità, Scorpius! Lo capisci?-. Sentì gli occhi bruciarle, ignorò il
fastidio. – Sei sempre più riservato, ed ora inizi anche a parlare con
persone
che non sapevo neanche che esistessero! Parli più con loro che con me,
e tu non
vuoi capire che mi dispiace, Scorpius! Io sono sincera con te, perché
tu non
puoi esserlo con me?-
Prima che
finisse di urlargli contro l’ultima frase, il serpeverde la prese per
le spalle
e la scosse piano. Aveva gli occhi ridotti a fessure e le labbra
sottili e
stirate.
- Non posso
parlartene perché tu scapperai via da me- sibilò.
Michelle lo
guardò incredula. – Andare via da te? Ancora credi che possa scappare
via,
Scorpius?-
- Non sei
pronta!-
- E invece
sì. Credimi, sono più pronta di quanto tu stesso voglia ammettere. Chi
è quel
ragazzo? E perché ho sempre l’impressione che tu non ti sia mai
completamente
aperto con me?-, tornò ad attaccarlo.
Lui la
spinse via in malo modo.
- Va’ via,
Michelle. Per piacere, vai via!- suggerì con voce sforzata. Stringeva
talmente
con forza il lenzuolo che le nocche gli divennero bianche, e il volto
sembrava
sempre più cadaverico. Quella trasformazione preoccupò Michelle, che
sentì il
cuore batterle in gola.
- Scorpius…-
- Vai via!-
le urlò contro per la prima volta da quando lo conosceva. In men che
non si
dica, Scorpius la raggiunse, e la afferrò per un braccio. Michelle era
incapace
di muoversi. Era terrorizzata da quegli occhi sempre più bianchi, dal
sangue
che sembrava non affluirgli più al viso.
Lui la
sbattè con forza contro il muro, e le si avvicinò ringhiando.
- Devi stare
lontana da me!-
Michelle era
terrorizzata. Voleva parlare, dire qualcosa, ma le parole le morirono
sulle
labbra. Perché Scorpius si era arrabbiato a quel modo? Che cosa aveva
mai
potuto dirgli?
Osservava
con paura e disgusto la saliva che si era addensata vicino ai denti e
ai lati
della bocca di Scorpius.
La stretta
sul suo braccio divenne troppo forte e insopportabile, e piagnucolò.
- Mi fai
male, Scorpius! Lasciami!-
Ogni parola
che pronunciava tremava, incerta.
Scorpius
iniziò a inspirare a fondo, e troppo velocemente. Un sordo ringhio gli
riaffiorò dalla gola. Le narici si dilatavano sempre di più.
Gli occhi
terrorizzati di Michelle si erano ormai persi in quelli dell’amico. Era
la
prima volta che Scorpius la trattava a quel modo, era la prima volta
che vedeva
Scorpius trattare qualcuno a quel modo. In quel momento non riusciva a
dispiacersene, troppo preoccupata a capire perché la pelle le si era
accapponata.
Scorpius le
girò il braccio.
- Va’…via!-
le urlò contro, e lei non riuscì a trattenere un grido spaventato.
- Va-vado
via.. lasciami… mi fai male, Scorpius- gemette.
Sentì da
lontano una porta sbattere con forza.
- Scorpius!
No!- urlò qualcuno.
La vista di
Michelle si annebbiò per il dolore dello strattone di Scorpius, che la
stringeva sempre di più al muro. Altre mani cercarono di staccarla, e
solo dopo
vari tentativi riuscirono a liberarla.
La ragazza
cadde a terra, disorientata, cercando di capire cosa stesse succedendo.
A
liberarla era stato il ragazzo dai capelli bruni che, ne era certa,
aveva
incontrato sulla torre.
- Scorpius,
calmati. Respira. Michelle sta andando via. Stai calmo, Scorpius. Non
mandare
all’aria quello per cui hai sempre combattuto!- gli ripeteva.
Scorpius si
piegò in avanti. Michelle sobbalzò, credendo che volesse afferrarla.
Invece il
ragazzo respirava con forza, tenendo gli occhi chiusi con forza, e
trattenendosi ad Oberon.
Con uno
sforzo incredibile, Oberon trascinò nella stanza Scorpius. Prima di
chiudere la
stanza con un incantesimo, si voltò verso Michelle, guardandola
intensamente.
- Vattene, e
non tornare. Non dire niente a nessuno. Ma vattene, e subito- le ordinò.
Michelle
sobbalzò quando sentì la porta sbattere.
Il corridoio
cadde in un silenzio tombale. Solo allora si accorse che aveva
trattenuto il
fiato per tutto il tempo, e aveva gli occhi sbarrati. Ancora nelle
orecchie
aveva l’eco dei ringhi e dei gemiti di Scorpius, e ancora aveva la
sensazione
di quello sguardo candido che la osservava famelico.
Michelle
chiamò a raccolta tutte le sue forze, e cercò di alzarsi. Le sue gambe
tremarono. Si appoggiò con la schiena al muro, chiuse gli occhi e
inspirò a
fondo cercando di calmarsi.
Era tutto
finito. Tutto.
Si ripromise
che avrebbe chiesto a Scorpius anche il perché di quel suo
comportamento.
Impaurita,
ma testarda, radunò tutto il suo orgoglio e, stringendo i denti, tornò
al suo
dormitorio. Cercò di fare il minor rumore possibile, per non svegliare
nessuno,
e scivolò sotto le coperte.
Ancora
tremava per lo spavento che si era presa. Maledetto Scorpius, questa
non
gliel’avrebbe perdonato. Avrebbe avuto bisogno di un bicchiere d’acqua,
ma non
riusciva più a muovere un muscolo. Chiuse gli occhi, cercando di
rilassarsi, e
pian piano scivolò in un sonno non poco agitato.
Spazio riservato all'autrice:
Con questo capitolo credo
di essere giunta a una svolta: o essere chiara, o non essere chiara. Mi
sembra che da questo capitolo, apparentemente "statico" (come direbbe
qualcuno), dovesse svilupparsi più di quanto non si sia sviluppato
finora.
E' la storia che mi parla, e mi chiede una decisione. La mia decisione
verrà nel capitolo 9, che posterò a breve perchè già lo sto scrivendo.
Ringrazio le vostre recensioni, continuate a scrivermi! Un bacio.
|
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Capitolo 9 *** Il pre-partita ***
9.
Il pre-partita
Anch'io
vi saluto, rosso-alabardati,
[...]
Trepido seguo il vostro gioco.
Ignari
esprimete con quello antiche cose
meravigliose
sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari
soli d'inverno.
[...]
[U. Saba]
Sebbene
Michelle
fosse riuscita a riposare, e quindi a
non pensare a quanto successo con Scorpius la sera prima, le era
difficile
dimenticare. Come poteva riuscirci se, ogni volta che chiudeva gli
occhi da
quella mattina, immaginava quello sguardo glaciale di lui, la sua
espressione
furibonda, la sua rabbia non repressa. Ne era così impaurita che il
solo
pensiero le chiudeva lo stomaco, un brivido le attraversava la schiena.
Avrebbe
tanto
voluto non pensarci e impegnarsi ad
ascoltare ciò che dicevano i professori, ma quel giorno non c’erano
lezioni.
Era una giornata stranamente soleggiata per essere ottobre, ma il vento
era
sempre più duro e tagliente, e purtroppo era domenica, e questo
significava
solo una cosa per la maggior parte degli studenti: Quidditch.
In quei
giorni il
freddo aveva attanagliato l’antico
castello di Hogwarts, costringendo tutti ad incappucciarsi con abiti
più
pesanti di quelli che fino a quel momento avevano indossato. Settembre,
infatti, era andato via da un pezzo, e con esso pareva essere scivolato
da
sotto le mani degli studenti anche il mese di ottobre.
La maggior
parte
degli studenti parlottava e faceva
scommesse sulla partita che si sarebbe giocata quel giorno, e a detta
di tutti
era una di quelle partite che non bisognava perdere.
Quella
domenica
mattina si sarebbe giocato Serpeverde
contro Grifondoro.
Quando
Michelle
entrò nella sala Grande per poter fare
colazione, c’era un gran baccano. Gente che si alzava di qua, che
urlava di là,
e già si iniziavano a cantare più cori.
I Grifondoro
erano sicuramente i più chiassosi. James,
che a quanto pare aveva deciso di non lasciarsi scoraggiare dagli
eventi che lo
avevano visto quasi protagonista, era in piedi sulla grande panca e,
con un
bicchiere di succo di zucca in mano, si agitava e cantava a
squarciagola,
seguito da tutti i suoi compagni di squadra. Anche Bella, che restava
in
disparte e non partecipava a quelle manifestazioni euforiche
pre-partita,
sorrideva mentre guardava attentamente il capitano. Michelle si chiese
come
nessuno riuscisse a vedere quello che, ormai, per lei era chiaro come
il sole.
Al tavolo
dei
Serpeverde anche si intonavano cori contro
i Grifondoro, e a quanto pare si portava il motto “Potter
sei una schiappa, fai una virata e cadi su una chiappa”.
Scosse la testa e si sedette accanto ad un completamente su di giri
Blaise
Malfoy.
- Questa
volta li
facciamo neri!!- urlava il Caposcuola,
nonché Capitano dei Serpeverde. – Voglio vederli piangere!-
Un boato di
approvazione si levò dai compagni di squadra.
Michelle
cercò
con lo sguardo Scorpius, o Oberon, ma di
nessuno dei due c’era alcuna traccia quella mattina. Si chiese dove
stavano, ma
i Serpeverde erano così numerosi che, alla fine, dimenticò di
preoccuparsi di
quei due.
Blaise si
sedette
e addentò un pezzo di bacon.
- Ehi,
Michelle!
Sarai dei nostri oggi?- le chiese, con
il sorriso sulle labbra. Era come se se ne fregasse altamente del fatto
che
Michelle avesse scoperto il segreto dei cugini Malfoy.
Michelle
annuì.
-
Ovviamente. Il
Quidditch è di sicuro un gioco che non
amo praticare, ma non me lo perderei per nulla al mondo-.
- Ottimo,
perché
dopo la vittoria abbiamo bisogno di più
gente che c’è per entrare negli spogliatoi dei Grifondoro e umiliarli
un po’-,
aggiunse sottovoce. Michelle quasi fece fatica ad ascoltarlo.
- Ma non si
può!-
esclamò, quasi indignata, ma con il
sorriso sulle labbra.
Blaise si
limitò
a stringersi nelle spalle. – Non vedo
perché no. Non sta scritto da nessuna parte che è vietato, se non
rompiamo
troppa roba-, concluse sghignazzando.
Michelle
rise,
portandosi i capelli indietro in un gesto
fatto senza accorgersene.
- Ne sai una
più
del Diavolo!-
- Non lo so.
So
solo che sono una gran canaglia-
- Una
fottutissima gran canaglia!- lo corresse Edward
Greengrass, il Cercatore dei Serpeverde. – Talmente grande che farai un
incantesimo confundus a Potter così
potente che non si accorgerà neanche che avrò preso io il boccino, non
è vero
amico mio?-
Michelle
alzò un
sopracciglio. Era in disaccordo con chi
faceva incantesimi confundus, ma se questo poteva portarli alla
vittoria, forse
poteva anche chiudere un occhio. Di certo non avrebbe venduto i suoi
compagni
di Casa ai professori: avrebbe preferito morire più che fare la spia. E
poi,
non si faceva la spia contro Blaise, né contro Edward Greengrass.
Edward
Greengrass
era il primogenito di Paul Greengrass,
uno dei discendenti della famiglia Greengrass, ovviamente quindi di
stirpe
Purosangue. E, così come i Malfoy, era orgoglioso di esserlo, con i
suoi
muscoli avvenenti, lo sguardo profondo degli occhi verdi e il naso
dritto, che
ben si adattava al suo viso, leggermente tondo e dalla mascella
squadrata. E se
Michelle odiava quei gradassi dei fratelli Greengrass, non poteva non
amare
quella capigliatura castana e lunga da divo di Hollywood, soprattutto
quando
volava sulla scopa. I suoi capelli erano una tale massa morbida e
fluente che,
a ogni mossa del capo, qualche ragazza (ne era certa) sveniva. Era per
questo
che Michelle era solito chiamarlo “Belli
Capelli”.
Blaise e
Edward
erano da sempre amici. Erano come due
gemelli separati alla nascita. Facevano le stesse cazzate e si
ritrovavano
negli stessi guai. E, neanche a farlo apposta, erano nella stessa Casa.
Blaise gli
diede
una forte pacca sulla scapola.
- Ovviamente
no,
non ci tengo a farmi espellere dalla
squadra al mio ultimo anno, e non dovresti volerlo neppure tu-, gli
rispose il
biondo. – Ecco perché ci penserà la nostra McC, non è vero cara?-
Michelle li
guardò di sbieco.
- Certo che
non
ci penso neanche! Neanche sotto tortura
potrei voler farmi beccare a confondere i giocatori delle altre
squadre-
replicò.
Blaise piegò
leggermente la testa di lato, socchiuse gli
occhi e stese le labbra in un sorriso sghembo.
- Neanche se
ti
chiamo “bel
culetto”?-
Michelle
quasi
rischiò di avvampare, ma il succo di zucca
che stava bevendo le andò di traverso.
- Ma sei
scemo?!-
sbottò, assicurandosi che non si fosse
sporcata con il succo, mentre i due ragazzi ridevano divertiti, dandosi
pacche
l’uno con l’altro.
La
Serpeverde
alzò gli occhi al cielo.
- Ragazzi…-
si
ritrovò a dire tra sé.
-
Smettetela.
Solo io posso chiamarla così!-
Michelle si
voltò
di scatto verso la figura che si era
avvicinata senza che lei stessa se ne accorgesse. Scorpius, dal canto
suo
apparentemente molto tranquillo, si sedette accanto alla ragazza.
Blaise alzò
le
mani.
- Oooh,
scusami,
mio Principe
delle Serpi- lo prese in giro il cugino,
- ma in tua assenza volevamo convincerla. A quanto pare, resiste solo
al tuo
fascino-
Scorpius
scrollò
le spalle.
- E’ ovvio.
Voi
due siete due zoticoni. Non sapete come
si trattano le donne, né tantomeno la mia
McC-, disse lui, guardandola con un ghigno e facendole un
occhiolino.
Michelle
strinse
le labbra e trattenne il fiato. Non
sapeva come replicare a Scorpius, non dopo quello che era successo la
sera
scorsa. Era assurdo che ora facesse come se nulla fosse successo.
- Hai
sentito,
Blaise? La sua McC..- fece Edward ridacchiando.
- Ah, questo
è
proprio amore!-
- Oh, amore,
proteggimi tu… Questi due zoticoni mi hanno
fatto bagnare con il succo di zucca-
Scoppiarono
a
ridere senza senso.
- Oh
Merlino!
L’abbiamo fatta bagnare- continuava a
ridere Blaise.
- Poverina.
Ma
Scorpius di certo saprà come pulirla, non
è vero?-
Michelle
avvampò
sul serio, ma tentava di ignorarli.
Cercava di non perdere le staffe, ma quando Blaise e Edward si
mettevano
insieme e iniziavano a prendere in giro, niente li riusciva a fermare.
Si voltò di
scatto, fulminandoli con lo sguardo.
- Per vostra
informazione, non sono bagnata. E mi
dispiace dovervelo dire, ma non credo che siate capaci di far mai bagnare una donna, così come pensate
voi-, rispose a tono.
Sospirò
alzando
lo sguardo e fece in modo di ignorarli.
Si alzavano degli “ooh” di finto stupore e risate. Le dispiaceva per i
Serpeverde, ma sperava davvero che perdessero quei due. In quel gran
baccano
che stavano facendo, non riusciva a sentire neanche i suoi pensieri. Si
era
quasi dimenticata di Scorpius, quando lo sentì parlare.
- Di certo,
questo non è il miglior modo per farvi notare
da lei. In fondo, mi avete detto che eravate molto attratti da lei-, li
prese
in giro Scorpius.
Per un
attimo i
due rimasero a bocca aperta, ma alla fine
iniziarono a scambiarsi battute tra di loro e iniziarono a molestare un
tipo
del primo anno di Tassorosso che camminava intimidito davanti a loro
per
raggiungere quelli del suo tavolo.
Non più
sotto le
attenzioni di Edward e Blaise, Michelle
si sentì libera di mangiare e bere tranquillamente. E in più poteva
parlare con
Scorpius senza destare ancora la loro attenzione.
- Mi devi
parlare
di ieri- gli disse, senza mezzi
termini, continuando a guardare il piatto di fronte a lei.
Scorpius
fece
finta di non capire. Michelle alzò un
sopracciglio.
- Scorpius,
sto
parlando di Oberon. E della tua reazione
di ieri-.
- Ero
stanco, e
mi hai svegliato. Non sai che non si
sveglia la gente nel cuore della notte?- rispose lui, fingendo che era
tutta
ordinaria amministrazione.
Michelle,
impaziente e annoiata da quello stupido gioco
che Scorpius faceva con lei, si voltò verso di lui.
- Adesso
basta
prendermi per i fondelli, Scorpius!- lo
rimproverò.
Lui la
guardò e
si lasciò sfuggire un sorriso.
- E ora che
c’è?-
sbottò Michelle.
Scorpius
piegò la
testa di lato. – Peccato, perché mi
sarebbe davvero piaciuto-
Michelle,
indignata, si alzò dalla panca. – Ora mi avete
scocciato. Sei uno stupido come tuo cugino. Ti odio!- dichiarò infine,
prima di
voltarsi e raggiungere a grandi passi il cortile, per poi dirigersi
verso il
campo da Quidditch, rimuginando ancora su Scorpius e su tutti i suoi
segreti.
***
James lasciò
la
squadra a scherzare ancora un po’ in Sala
Grande, affrettandosi a raggiungere il campo di Quidditch. Prima di
ogni
partita lui era solito andare al campo e guardare il cielo, inspirare
l’aria
che si respirava, toccare l’erba morbida che avrebbe attutito il colpo
di chi
sarebbe caduto dalla scopa. Sapeva bene per esperienza che, quando si
giocava
contro i Serpeverde, cadeva puntualmente qualche giocatore, che finiva
inevitabilmente in infermeria.
Ricordava
come se
fosse ieri la sua prima partita di
Quidditch, ormai cinque anni prima, in cui aveva giocato per la prima
volta con
Isabella Malfoy come compagna. Lei era stupenda, e anche lui era stato
ammaliato da quei lineamenti ancora da bambina. Quello sguardo vispo
non era
mai riuscito a dimenticarlo. Anche lui allora era un bambino di dodici
anni, e
era rapito da come Bella affrontava tutti, soprattutto il fratello più
grande e
il suo amico. Si diceva che Edward e Bella avessero una storiella, di
quelle
che hanno i bambini. James sorrise al ricordo di quanto era invidioso e
geloso
di Edward. Pareva una scheggia impazzita. Eppure, essendo lei una
Malfoy, non
poteva accettare il fatto di essersene invaghito.
Dopo cinque
anni
durante i quali era accaduto di tutto,
James si rese conto che solo una cosa gli era veramente mancato: volare
e
giocare insieme a Bella. Già da quando avevano dodici anni si erano
resi conto
che si capivano al volo, e coppia migliore di loro non c’era. Il primo
anno in
cui James giocò in squadra, erano al primo posto. Almeno, fino alla
bravata di
Bella, che le è costato l’appellativo di Regina di Ghiaccio.
Nel silenzio
che
ancora avvolgeva il campo di Quidditch,
sentì una voce chiamarlo.
Per un
attimo,
sperò di voltarsi e vedere lunghi capelli
corvini legati in quella splendida coda di cavallo che facevano
risaltare gli
zigomi alti e gli occhi da felino di Bella. Di fronte, invece, c’era la
sua
cara e dolce sorellina Lily, piccola e aggraziata, con i rossi capelli
sciolti e
talmente lunghi che le arrivavano quasi ai fianchi.
- Ehi, tutto
bene?- chiese lei.
James annuì,
senza dire molto, e senza neanche stare
troppo a rimuginare sul pensiero di Bella. Aveva desiderato che fosse
lei
perché la stava pensando, ma ciò non toglieva che avevano litigato. In
realtà,
neanche ricordava per quale motivo avessero litigato. Ricordava solo
che era
stata una vera e brutta discussione. Tutta quella situazione di Angel
lo
metteva a disagio e lo rendeva nervoso.
- Non ti ho
visto
più e mi sono preoccupata-, disse Lily.
- Sto bene-,
tagliò corto, tornando a guardare di fronte
a lui tutti gli spalti.
Lily sospirò
e
gli si avvicinò, appoggiando una piccola
mano al suo braccio. – Non hai mangiato molto a colazione-
- Non avevo
molta
fame- fu la sua rapida risposta, che a
Lily non piacque.
- Non hai
mangiato molto neanche ieri. Che cos’hai?-
- Ah,
insomma,
Lily! Va tutto bene. E’ la nostra prima
partita, e la prima che Bella gioca dal suo secondo anno. Sono un po’
preoccupato perché, tu forse non lo ricordi, l’ultima volta che Bella
ha
giocato, ha letteralmente congelato una persona! Se lo dovesse fare di
nuovo…-
sospirò scuotendo la testa – beh, verrebbe squalificata e noi
resteremmo con un
validissimo Cacciatore in meno-
Lily lo
ascoltò
attentamente. Sorrise e piegò la testa di
lato, guardandolo con i suoi brillanti occhi castani.
- Sei
davvero
sicuro che sia per quello?-
James
corrugò la
fronte, non riuscendo a capire dove
volesse arrivare. Lily portò i pugni sui fianchi, come di solito faceva
la madre
quando voleva sgridarlo.
- Io invece
penso
che ti senti ancora in colpa per
Angel-, sentenziò.
James si
passò
una mano tra i capelli neri e
scarmigliati, non riuscendo a celare la verità dietro un finto sorriso.
- Io mi
sentirò
sempre in colpa per quello che ha tentato
di fare Angel-
- E invece
io
credo che tu debba lasciarti alle spalle
questa storia. Non è un segreto che Angel mi piaccia, ma odio vedere
chi toglie
il sorriso al mio fratellone. Non posso permetterlo. Capito?-
Vedendo Lily
così
furibonda, con le gote arrossate e il
dito puntato verso di lui, James trattenne a stento una risata.
Guardare
l’espressione della sorella lo fece subito rallegrare. Alla fine
scoppiò in una
risata, sperando di lasciarsi alle spalle tutti i suoi pensieri su
Angel
Portbell e, soprattutto, quelli su Isabella Serinda Malfoy.
L’abbracciò
e le
frizionò i capelli rossi con le nocche.
- La mia
sorellina è gelosa-, la prese in giro.
- Sì, molto-.
Lily si
lasciò
travolgere dalle risate di James. Per un
po’, i problemi non dovevano contare. James doveva solo fare del suo
meglio per
vincere quella partita.
Piegati in
due
dalle risate, i due fratelli Potter non
sentirono arrivare nessuno alle loro spalle.
- Guarda
guarda-,
fece Edward.
L’intera
squadra
di Quidditch dei Serpeverde seguiva il capitano
Blaise Malfoy e la sua serpica spalla, Edward Greengrass. – Che bella
scenetta.
Potrei mettermi a piangere-
Tutti i
Serpeverde iniziarono a ridere.
L’umore di
James
si incrinò, di nuovo.
- Fatti gli
affari tuoi. Nessuno ti ha chiesto di
commentare-, rispose acido.
- Oh, aiuto.
Potter ha tentato di minacciarmi-. Edward
finse di essere una ragazzina che aveva paura. I Serpeverde risero.
Lily si mise
davanti al fratello con fare materno.
- Ridi
quanto
vuoi, Greengrass, ma mio fratello non ha
bisogno di minacciarti. Lui è centomila volte meglio di te!-
Blaise si
portò
le mani alle labbra e fece un verso di
sorpresa. Si piegò in avanti per portare il viso davanti a quello della
ragazzina.
- Senti,
senti.
Signorina, i tuoi fratelli non ti hanno
insegnato a non insultare un Serpeverde?-
- Non ho
paura di
te- digrignò lei tra i denti. James la
strattonò con un braccio, allontanandola il più possibile da Blaise e
Edward.
Il capitano
dei
Serpeverde si drizzò e guardò i compagni
di squadra, allargando le braccia in un gesto teatrale.
- Avete
sentito
la piccola Potter? Mi sa che il buon caro
vecchio Harry ha dato le palle al figlio sbagliato!-
Per la
rabbia, a
James si appannò la vista.
- Brutto..-
iniziò, ma prima che James potesse saltargli
addosso, Bella si intromise tra i due ragazzi.
Se ne stava
lì,
tra i due, come se nulla fosse. La sua
figura si innalzava snella e longilinea. Il suo portamento era fiero e
austero,
e nei suoi occhi lampeggiava un fulmine di rimprovero.
- Blaise,
smettila. E tu, non lo provocare-.
Bella
rivolse il
suo sguardo duro a James, che rimase a
bocca aperta.
- Ehi, ehi.
Sono
stati loro a cominciare-, si difese
Edward, alzando le mani come se non avesse colpa.
La bella
ragazza
lo guardò di sbieco, ma gli sorrise,
scuotendo la testa.
- Non ci
credo
neanche se me lo giurassi, Ed-, rispose
lei, spostando il peso da una gamba all’altra.
James non si
perse neanche una mossa della ragazza, che
aveva ancora i capelli sciolti. Quei lunghi capelli lisci e corvini che
le
arrivavano a metà schiena gli permisero di accarezzarle con lo sguardo
la curva
della schiena, fino un po’ più giù. Si passò una mano sugli occhi per
qualche
secondo. Non doveva neanche pensarci a lei, o, con gli animi bollenti,
se
Blaise se ne fosse accorto, gli sarebbe saltato addosso, rimprovero di
Bella o
meno.
Prese un
profondo
respiro e si drizzò ancora di più.
- Vedremo in
campo chi ha veramente le palle, Malfoy-, lo
sfidò.
Blaise non
potè
fare a meno di ghignare.
- Con vero
piacere, Potter-. Con un cenno del capo,
Blaise si avviò verso gli spogliatoi dei Serpeverde, senza aggiungere
altro.
Sia James
che
Lily sospirarono. Non si erano neanche
accorti del fatto che stessero trattenendo il fiato.
Lily guardò
di
sbieco Bella, e poi si voltò verso James.
- Non mi
piace
come ti trattano-
Il ragazzo
si
strinse nelle spalle. – Non posso certo
giocarmi la prima partita di campionato finendo in infermeria per una
zuffa nel
pre-partita!-
- No, non
puoi-,
intervenne Bella. Era scura in volto, e
ancora guardava il fratello che si allontanava. – Odio quando fa il
gradasso.
Dobbiamo batterlo. Assolutamente-, aggiunse, stringendo un pugno.
- Allora ti
dovrai impegnare più di tutti, dato che lei
l’unica donna in squadra-, le suggerì Lily con un tono leggermente
acido e
piccato.
I due
ragazzi più
grandi la guardarono interrogativi.
-
Ovviamente…-
rispose piano Bella, un po’ sorpresa dalla
reazione di Lily. Si morse il labbro sovrappensiero, e poi si strinse
nelle
spalle. – Vado a prepararmi-, avvisò e li scavalcò senza aggiungere
altro.
James la
osservò
andare via, e con uno scatto si voltò
verso Lily.
- Ma che ti
è
preso?- le sussurrò arrabbiato. – E’ la
migliore in campo, non puoi mettermela storta! Se lei non è dell’umore
adatto, potremmo
davvero vincere contro i Serpeverde.-
Lily fece
finta
di non aver attaccato verbalmente la
ragazza.
- Non so di
che
parli. E poi stai tranquillo, vincerete.
Dato che nessun Serpeverde vuole inimicarsi i Malfoy e Greengrass, non
credo
che verrà disarcionata dalla scopa. E se lei è davvero la migliore in
campo,
allora non devi neanche preoccuparti del suo umore. La capacità di
essere la
migliore è una caratteristica estrinseca all’umore-.
James alzò
un
sopracciglio, certo di non aver capito una
sola parola di quello che aveva appena detto la sorella. Si grattò il
capo.
- Secondo
me,
devi smetterla di fartela con Albus. Stai
iniziando a parlare come lui-, l’ammonì.
Lily rise e
abbracciò il fratello, dandogli un bacio
sulla guancia.
- Forse hai
ragione tu. E comunque, in campo Bella non è
la migliore. Lo sei tu-
James
sorrise e
le lasciò un dolce bacio sulla fronte.
- Grazie.
Voglio
vederti fare il tifo per me, mi
raccomando-.
- Come
sempre-
I due
fratelli si
salutarono, e si separarono. Lily tornò
al castello per raggiungere Albus e gli altri, e James raggiunse Bella
negli
spogliatoi.
Prima di
attraversare la porta, si guardò attorno. Nella
notte aveva piovuto, e il cielo era limpido, senza neanche una nuvola,
sebbene
comunque facesse un gran freddo. Si sentiva quell’odore pungente di
erba
bagnata che lo riportava con i ricordi a quando tutti si riunivano alla
Tana
per festeggiare. In lontananza, già si
sentiva il brusio dei cori, e la prima gente che andava ad accaparrarsi
i posti
migliori sugli spalti.
Stette
ancora un
po’ sulla porta. Se entrava adesso,
sarebbero stati solo lui e Bella. Il cuore iniziò a martellargli in
petto. Si
chiese cosa avrebbe potuto dire Angel di tutta questa sua emozione.
Avrebbe mai
capito che il suo cuore andava da un’altra parte? Allo stesso tempo, si
sentiva
un verme. Non poteva abbandonare Angel ora, nel momento in cui lei
stessa aveva
più bisogno. Sarebbe stato un uomo senza scrupoli.
Con quella
grande
confusione nella testa, seguì il corpo
che premeva per entrare e approfittare di quei pochi minuti da soli.
Non appena
entrò,
il suo cuore iniziò a battergli sempre
più forte, sperando quasi di poter osservare quel corpo flessuoso non
nascosto
dai vestiti. Cercò di scacciare quei pensieri.
In effetti,
Bella
si trovava seduta sulla panca, sola, ad
aspettare tutti gli altri, ma era vestita già. Cercò di nascondere
dietro un
sorriso la sua delusione. La osservò attentamente, e vide che
l’espressione sul
viso era triste. Non lo aveva sentito entrare.
- Ehi-, la
chiamò, riscuotendola dai pensieri.
Bella si
voltò
verso di lui e gli sorrise piano.
- Ehi-,
rispose.
- Mi
dispiace per
quello che ha detto mia sorella. Non
voleva-
La ragazza
si
strinse nelle spalle, si alzò e si avvicinò
a uno specchio, guardandolo attraverso l’immagine riflessa.
- Non
importa.
Sono abituata a essere trattata male dalle
ragazze-.
Raccolse i
capelli in una coda, che fermò con un
elastico. Era un’operazione che catturò quasi del tutto l’attenzione di
James.
- E poi, la
capisco. Anche io sono gelosa di qualsiasi
persona che si avvicina a mio fratello. Se potessi, strapperei loro
tutti i
capelli-. Rise.
James si
lasciò
trascinare da quella situazione,
rilassandosi. Neanche si era accorto di stare così teso.
- Beh, non
credo
che sia gelosa di te. Credo che sia
gelosa del fatto che tu stia in squadra-
Bella alzò
gli
occhi al cielo, come stufa di quella
frase.
- James, io
e te
sappiamo perché sono in squadra-. Si
guardò le mani, prese un respiro e si girò. – Se io non dovessi essere
la
migliore, ti prego, ripensaci. Ti avrei fatto quella pozione anche se
non mi
avresti proposto un posto nella squadra. Non voglio farti fare brutta
figura-
James fu
sorpreso
nel sentire quelle parole. Mai e poi
mai avrebbe pensato che Bella potesse essere così fragile. E
quell’espressione
addolorata sul suo viso ovale era dannatamente attraente.
In un attimo
le
fu di fronte e le prese le mani,
stringendole forte. Erano snelle, lisce e insolitamente fredde.
- Bella, non
te
l’avrei proposto se non avessi saputo che
tu avresti potuto fare la differenza. E poi, con te in squadra, di
sicuro
riusciamo a restare con un Cacciatore in squadra fino alla fine della
partita-.
Sorrise per incoraggiarla.
Il suo viso
si
illuminò di ilarità.
- Ah, quindi
è
per questo che mi hai voluto in squadra!
Perché sono la sorella di Blaise!-
- No, no.-
saltò
su James. Non voleva offenderla. Non era
per quello, ma perché pensava che potesse fare davvero la differenza. –
Io non
ti ho preso perché sei una Malfoy. Io..-
Bella rise
divertita.
-
Tranquillo,
capitano. Potrai essere fiero di me, oggi.
E poi, anche io mi devo prendere la mia rivincita su chi pensa che
vengo a
letto con te e non perché sia brava-
Gli
accarezzò una
guancia con i polpastrelli freddi,
lasciandogli una scia di insoddisfazione. Voleva che quelle dita
continuassero
a sfiorargli il volto. Schiuse le labbra, guardandola dritto negli
occhi, in
quelle iridi azzurre e profonde come il cielo.
Si fermarono
lì,
tutti e due, in mezzo alla stanza. Solo
loro due. L’unico tempo che passava e percepivano era quello scandito
dai
battiti dei loro cuori. I respiri si fecero profondi. Entrambi
sentivano
palpabile quella attrazione tra di loro.
Quell’attimo,
però, non era destinato a durare di più.
I
chiacchiericcio
dei compagni si avvicinava. Avevano
sempre meno tempo per parlare, per nascondere ciò che in un momento
avevano
percepito e non volevano ammettere.
James non
poteva
ammettere di aver visto la stessa
attrazione negli occhi di Bella. Non poteva lasciarsi andare. Non
voleva usarla
per un attimo di insoddisfazione carnale.
- Promettimi
di
non congelare nessuno alla partita-
L’espressione
tesa di Bella si sciolse in un sorriso
sincero.
- Cercherò
di
fare del mio meglio-.
James fece
un
passo indietro, annuendo.
Ebbe appena
il
tempo di prendere un profondo respiro per
scuotere il cervello da quella sensazione di torpore che lo aveva preso.
Il resto
della
squadra irruppe nello spogliatoio nel
momento in cui Bella si girò verso lo specchio e James verso la porta.
Non potevano
stare insieme. Entrambi lo sapevano.
James era
ancora
legato ad Angel.
***
Mentre tutti
raggiungevano il campo di Quidditch, Murtagh
camminava avanti e indietro per la sala comune dei Corvonero, stretto
in un
mantello scuro con gli interni foderati con una fodera blu cobalto.
Rimuginava
su ogni cosa che era successa in quei soli due mesi. Pareva un leone in
gabbia.
Le mani
erano
strette dietro la schiena, lo sguardo
abbassato davanti ai suoi piedi, e borbottava tra sé tutte le
imprecazioni che
nei suoi diciassette anni di vita aveva imparato.
Su un divano
di
pelle blu era seduta tranquilla Emma, con
un braccio appoggiato ad un bracciolo, e la testa ciondolante sulla
spalla. I
capelli ricci e biondi erano lasciati ricadere sulla sua schiena. Le
gambe
accavallate e affusolate erano appoggiate ad un poggiapiedi rivestito
di
tessuto blu con ricami color bronzo.
- Smettila
di
pensarci, Murtagh-
- Quella
grande
beota di mia sorella! Ma cosa le è
saltato in mente? Emma, quando ho saputo quello che ha tentato di fare…-
La rabbia lo
assalì come un’onda, e non riuscì ad
aggiungere altro.
Era
furibondo.
Chiunque ne avrebbe avuto paura, ma Emma
sapeva che era quasi innocuo. D’altronde, can che abbaia, non morde.
-
L’importante è
che non sia morta!-
- Quei
Malfoy…me
la pagheranno!- sbottò, avvicinandosi al
camino e guardandolo intensamente. Probabilmente pensava di poter
appiccare il
fuoco con la forza del pensiero.
Emma scosse
la
testa.
- Murtagh,
che
cosa c’entrano i Malfoy?-
- Se non
avessero
messo una guardia del corpo a Bella…-.
Strinse un pugno.
Emma saltò
su,
stanca di quei discorsi.
- Cosa?
Avresti
preferito che tua sorella finisse ad
Azkaban come assassina, o, peggio ancora, al San Mungo dopo essere
stata
etichettata come pazza?-
Murtagh si
voltò
di scatto verso di lei. Gli occhi
ridotti a fessure.
- Almeno
avrebbe
avuto la sua vendetta-
Emma gettò
la
testa all’indietro, incurante del pericolo,
ridendo.
- Per
piacere,
Murtagh. Quale vendetta avrebbe dovuto
avere quella ragazza?- Scosse la testa e si grattò la fronte.
Murtagh non
le
rispose, limitandosi a osservarla. Le
narici erano dilatate per poter inspirare più a fondo.
- Non ti
capisco.
Hai fatto la guerra quando hai saputo
che stava con Potter. E ora che lui l’ha scaricata, ti dispiace?-
Murtagh
corrugò
la fronte, e si passò una mano sul viso.
- Odio
vederla
soffrire. Odio quando la fanno soffrire-
- Ma quando
le
hai fatto guerra contro Potter, sei tu che
la facevi soffrire. In quel periodo ti odiavi?- continuò. Pur cercando
di
fargli aprire gli occhi, restò a debita distanza. Murtagh era
imprevedibile,
forse per colpa di quella ossessione sua e della famiglia sui
Purosangue che li
portava a sposarsi tra cugini, rendendo il potere instabile e
incontrollabile.
Emma pensava
che
lei potrebbe essere la cura per Murtagh,
il cui potere era davvero grande.
- E’
diverso-.
- No, è lo
stesso, Murtagh. E ora calmati. Dobbiamo far
capire a tua sorella che sta sbagliando su tutta la linea. Che se vuole
riconquistare James deve giocare la carta dell’indifferenza, e se deve
togliere
di mezzo un rivale, ci vuole un complice-
Emma si
lasciò
sfuggire un ghigno. Murtagh se ne accorse,
e parve rilassarsi. Bastava parlare di piani e di vendetta, e lui era
calmo e
tutto orecchi.
La
Tassorosso
sapeva come trattare Murtagh, era come
rubare caramelle a un bambino.
Emma infilò
una
mano nella tasca della gonna e ne
estrasse una boccetta piccola e di cristallo con un liquido leggermente
rosa.
- Sai cos’è
questo?- gli chiese.
Murtagh
osservò
attentamente quella boccetta dall’aria
fragile nella sua mano. Negò con la testa.
- E’ un
potentissimo quanto mai raro filtro d’amore, ed è
quasi pronto. Mi serve solo che tu mi procuri un capello di Edward
Greengrass-.
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Capitolo 10 *** La partita e il filtro ***
10.
La partita e il filtro
Angel camminava tranquillamente per i corridoi di Hogwarts, seguendo una silenziosa professoressa Anderson. Finalmente era tornata, ed era grata per il fatto che fosse tornata proprio durante lo svolgimento di una partita che vedeva come protagonisti due delle più potenti Case di Hogwarts, nonché quelle storicamente più in competizione tra loro.
Durante il suo lungo, solitario, soggiorno al San Mungo, circondata dall’odore di sangue e pozioni amare, da mura bianche e grigie e da persone messe peggio di lei, si era interrogata sul suo rapporto con James, e finalmente era riuscita ad ammettere che tutta quella situazione che si era creata non era colpa di James, né di Bella, né tantomeno la sua. Semplicemente, tra lei e James c’erano troppi dissidi, troppa lontananza di opinioni, troppa divergenza. La prima, e forse più importante, era che lei era una Resistente.
I Resistenti sono i seguaci di Belial, uno stregone senza molti scrupoli, con un passato oscuro e sconosciuto, che aveva messo insieme alcune delle migliori teste del Mondo Magico per impadronirsi di un segreto antico come la magia. Era un segreto che aveva promesso di rivelare solo ai Resistenti. Per fare ciò, doveva sovvertire il Ministero, ormai corrotto da filobabbani e mezzosangue.
Angel non era mai stata una persona interessata a questi disegni, ma Murtagh sì. Murtagh, il suo amato fratello, si metteva spesso nei guai, seguito a ruota da Emma, alla quale Angel stessa era legata. La Corvonero pensava che sarebbe occorso a Murtagh e Emma più tempo di quello effettivamente impiegato per decidere se diventare o meno Resistenti. Per amore del fratello, Angel l’aveva seguito, diventando anche lei Resistente.
Dopo quello che aveva tentato di fare a Bella, era stata la cosa meno sensata e più stupida che avesse mai fatto.
Guardò di sottecchi la donna che la stava accompagnando nella sala delle riunioni di tutti i professori. Non ricordava di averla mai vista. Aveva un’espressione dura, ma non cattiva. Era seria, ma non le sembrava di quella serietà triste. Era come se si impegnasse con tutta se stessa per qualcosa in cui credeva. A primo impatto pareva una brava professoressa, pensò Angel, ma era quasi sicura fosse la prima volta che si incrociavano.
Tentò di farle qualche domanda, ma la professoressa Anderson non le rispose, limitandosi a guardarla. Alla fine Angel capì che dalla donna non avrebbe avuto risposta, e così si limitò a camminarle al fianco, fino a destinazione.
Entrarono in una stanza nascosta accanto al gargoyle che portava allo studio del preside, il professor Dumbledore.
Non ricordava di essere mai entrata in quell’aula. Era tutta in pietra, con delle bifore lungo le pareti che davano all’esterno, con qualche candelabro tra esse. Un paio di armature in ferro erano appoggiate agli stipiti della porta interna, e osservavano silenziosamente il lungo tavolo in legno scuro che attraversava la stanza.
A capotavola c’era il professor Dumbledore. Aveva un’aria molto più stanca di quanto ricordasse. Vicino a lui sedevano due professori, sicuramente nuovi nel corpo docenti, e in silenzio nell’ombra, dietro di loro, c’era un uomo con un’espressione truce, quasi diabolica, nella sua serietà.
La professoressa Anderson si andò a sedere accanto ad uno dei nuovi professori. Vedendoli vicini, Angel capì che erano fratelli. I fratelli Anderson. No, decisamente erano arrivati da poco.
Vedendo tutti quei volti nuovi, non potè fare a meno di pensare che erano cambiate molte cose a Hogwarts durante la sua permanenza di due mesi circa al San Mungo.
L’uomo in piedi dietro il preside fece un passo avanti e assottigliò lo sguardo. Sì, era decisamente pericoloso. Angel si sentì giudicata sotto il suo sguardo, e molto a disagio. Cercò di non pensarci. Spostò il peso da un piede all’altro e salutò con un timido “buongiorno”. Qualche professore le rispose, qualcuno no.
Tutti si voltarono a guardare il preside Dumbledore, che allungò una mano.
- Vieni qui, cara. Raggiungimi e fatti osservare meglio-, le disse.
In silenzio, e a disagio sotto lo sguardo attento dei professori, Angel si spostò dalla porta e si avvicinò al vecchio preside. Facendo questo, sentì lo sguardo penetrante dell’uomo alle sue spalle su di lei, cosa che la rese più nervosa di quanto già non fosse.
Quegli sguardi le suggerivano che stavano pensando tutti “sappiamo cosa sei, sappiamo che sei una Resistente”. Era assurdo. Non potevano di certo sapere cosa fosse per davvero. Aveva il marchio, ma non era visibile se non quando bruciava per la chiamata di Belial.
Ricordava bene quanto le fu imposto. Una croce rovesciata a cui era avvinghiato un serpente dalle spire verdi. Le entrò nella pelle dietro la spalla sinistra, scomparendo. Più volte l’aveva cercato, ma non l’aveva trovato. Belial aveva detto ai Resistenti che sarebbe affiorato in superficie e sarebbe stato visibile solo nel caso in cui egli stesso li avrebbe chiamati a sé.
Quelle parole la fecero sentire meglio. I professori non potevano sapere. Loro la guardavano a causa del vampiro Anne, ne era certa.
Arrivò accanto al professore, che le prese il mento con dolcezza e iniziò a guardarla attentamente. Visto così da vicino, Angel non potè fare a meno di pensare a quanto fosse vecchio, con il viso pieno di rughe profonde ben visibili. Gli occhi, sebbene fossero scuri, erano spenti. Era come se qualcosa lo stesse divorando dall’interno.
- Stai bene, mia cara?- le domandò con il respiro pensante.
- Sì, professore. Sto bene. Ho ricevuto ottime cure al San Mungo-
- Mi fa piacere…- annuì lui. – Sono dispiaciuto tantissimo per quello che è successo. Lo dico a te ora, che sei stata assente per molto tempo. Dopo il tuo incidente, ho deciso di incrementare la sicurezza. Loro sono i professori Anderson, Saphira e William-, la donna che l’aveva accompagnata e il fratello annuirono, - e lui è Christopher Bloodworth-, l’uomo dietro di lui si impettì e la guardò dall’alto in basso. Nonostante il disgusto che trapelava dal suo sguardo grigio, era un bell’uomo. – Sono dei Cacciatori, persone addestrate sin da bambini a combattere licantropi e vampiri.-, spiegò subito il professore.
- Spero che con loro nessuno verrà ferito come è successo a me-, mentì.
Di certo, non voleva che si sapesse che voleva andare a fare del male a Bella Malfoy. Quando ne aveva parlato con Murtagh, avevano convenuto di dire a tutti di essere stata ferita.
- Non capiterà-, assicurò con fermezza William Anderson. A prima vista, Angel pensò che avesse una quarantina di anni. I muscoli forti le suggerivano che non aveva mai lasciato la palestra, e che si allenasse anche più di un’ora al giorno, senza sosta. Da seduto, non pareva molto alto. O almeno, non era alto quanto Christopher Bloodworth, che sicuramente superava il metro e ottanta.
Angel era sicura che aggiungesse altro, ma non lo fece, e gliene fu grata. Era un uomo di poche parole, e questo l’apprezzava.
Si voltò alla sua sinistra, e osservò l’altro professore che aveva notato.
- Anche lei è un cacciatore?- chiese innocentemente all’uomo.
Il professore si voltò a guardarla, poi guardò Christopher Bloodworth di sfuggita, per poi tornare a guardarla. Non era un uomo di quelli che a prima vista ci lasciano folgorati. Aveva un naso dritto che spiccava dal viso ovale, i capelli neri e ricci, corti, e le labbra talmente sottili che pareva che il sorriso fosse tagliato nel viso. Nonostante tutto, aveva dei profondi occhi azzurro-verdi da cui trapelava una dolcezza infinita, e tanto dolore antico. Angel non sapeva come avesse capito che era un uomo che aveva sofferto e soffriva ancora, ma era stata questa la sua prima impressione. Quando le sorrise, delle piccole e poco profonde rughe si formarono attorno agli occhi. Con dolcezza infinita e una voce bassa e profonda, che le fece vibrare il cuore, le parlò. – No, io non sono un cacciatore. Sono solo il professore di Astronomia, il professore Aleck Wilson-
Il sorriso del professore la indusse a sorridergli. Già gli stava simpatico, e già pregustava le lezioni di Astronomia.
- Signorina Portbell-, la richiamò all’attenzione il preside. – Noi tutti abbiamo bisogno di capire meglio cosa sia successo quel giorno-.
- Già-, lo interruppe il professor Mason. – Davvero, mi sembra strano che un vampiro che abbia accettato di non fare alcun male ad un essere umano della scuola, improvvisamente si metta a mordere qua e là la gente. Scusa, ma di certo non penso che tu ci abbia detto tutto. Né tu, né tuo fratello-.
- John!- esclamò scandalizzata la professoressa Rose Sullivan. – La ragazza non ha ancora parlato!-
Angel guardò di sbieco il professor Mason, senza celare il suo disprezzo per quell’uomo senza scrupoli. Non le era mai piaciuto. Era troppo sicuro di sé, in un modo così scostante che volentieri Angel avrebbe afferrato la bacchetta e l’avrebbe fatto fuori. Ma non poteva. Non davanti a tanti testimoni almeno.
- Mi associo con la professoressa Sullivan. Professor Mason, le assicuro che non sono una persona che va in cerca dei guai…-
- Non credo. Soprattutto con il fratello che ti ritrovi. Spiegaci, cosa ci facevi la sera fuori dalle mura di Hogwarts? Non rispettavi il coprifuoco-.
- Ha ragione, non lo rispettavo, ma di certo non sono andata a cercare i vampiri, se è questo che sta insinuando-, si scaldò. – Ero fuori per prendere una boccata d’aria. Avevo dei problemi, e di questo non voglio parlarne. Avevo bisogno di camminare, e l’ho fatto. Mi può biasimare per questo?-
- Suvvia, signorina Portbell, non credo che il professor Mason la stia biasimando-, cercò di calmare gli animi il preside, ma per quanto ci provasse, per calmare di nuovo Angel avrebbe dovuto cacciare da lì Mason. – Qui tutti la crediamo. Continui a raccontare, si senta libera di raccontare la sua versione-.
Angel tirò un sospiro, cercando di calmarsi. Doveva solo ignorare Mason.
- Stiamo aspettando con grande curiosità-, fece Mason.
Angel strinse un pugno, sognando a occhi aperti di tirarglielo dritto sul naso.
- Bene, come stavo dicendo, per problemi di…beh, problemi di cuore, professor Dumbledore, ho cercato il sonno stancandomi con una lunga e sfiancante passeggiata nel cortile. Purtroppo era molto buio e non potevo vedere molto. Non sapevo che qualche vampiro fosse in giro per il cortile. Ero sicura che seguissero le regole della scuola, e che le stessi infrangendo solo io. Se avessi saputo che i vampiri potessero girovagare la notte per l’esterno di Hogwarts, avrei fatto molta più attenzione-
- I vampiri hanno bisogno di bere, e glielo permettiamo solo la notte, in modo da non spaventare nessuno studente, e glielo permettiamo solo entro un certo terreno nella foresta-, spiegò con calma il preside.
- Con questo ancora non ci hai detto come ha provocato la vampira, Portbell-, ricordò Mason.
Il preside gli fece un segno con la mano, e lui non aggiunse altro, restando però piegato in avanti a guardare la ragazza.
- Beh, tornando sono inciampata. Come ho detto, era buio e non vedevo bene. Cadendo, mi sono graffiata ed è iniziato a uscire del sangue. Credo che sia stato allora che sono stata attaccata. Ho cercato di proteggermi, ma non ero né abbastanza forte, né abbastanza veloce. Ma per fortuna, sono stata soccorsa in tempo-.
Il preside annuì. Sospirò guardando per un attimo gli altri professori. Il professor Wilson annuì impercettibilmente.
- Signorina Portbell, sono molto contento che non sia successo nulla di irreparabile, e sono contento anche per il tuo ritorno a scuola. Purtroppo, però, sono costretto ad ammonirti. Hai sbagliato ad uscire di notte da scuola, qualsiasi motivo non era valido per indurti a non seguire le regole. Sono costretto, quindi, a metterti in punizione. Il professor..-
- William-, lo interruppe per l’ennesima volta il professor Mason. – Se proprio devi, mandala da me in punizione-
Angel sbiancò. Avrebbe sopportato pazientemente la punizione con chiunque, tranne che con il professor Mason. Se avesse potuto, avrebbe gridato “no” con tutto il fiato che aveva in gola, ma non pensava che sarebbe servito. Probabilmente, l’avrebbero rispedita di nuovo al San Mungo per farla curare per pazzia.
- Mi dispiace, John, ma già avevo chiesto al professor Wilson di provvedere. Ma se il professore accetta, posso esaudire la tua richiesta-.
Tutti si voltarono verso il professore, che lanciò per un attimo lo sguardo ad Angel. La ragazza ne approfittò per guardarlo supplicando silenziosamente, negando impercettibilmente con la testa.
No, ti prego. Ti prego, no.
Quando parlò, il cuore di Angel fece un balzo. La speranza ancora la accompagnava.
- Essendosi presentata questa eventualità, signor preside, penso che il professor Mason sia più adatto conoscendo da più tempo la ragazza. Sono sicuro che sia la soluzione migliore-
Il professore poi guardò Angel e corrugò la fronte, guardando i suoi occhi quasi in lacrime.
- Benissimo!-, tuonò l’anziano professore, con un sorriso di trionfo sul viso. – Portbell, ci vediamo domani sera nel mio ufficio dopo le lezioni. Mi raccomando, sii puntuale.-
Angel ingoiò l’amarezza e l’odio verso il professor Wilson che non aveva pressato il preside per tenerla con sé per la punizione, ignorando la proposta di Mason. La ragazza guardò Mason con disprezzo.
- E ora, andiamo tutti alla partita. Tra poco inizia-, esclamò il professore Dumbledore, come se ritenesse chiusa per il meglio la questione.
Tutti i professori si alzarono e iniziarono a chiacchierare allegramente tra loro, dimenticandosi improvvisamente che lei era lì.
Angel stava per precedere tutti verso la porta, quando il professor Wilson catturò la sua attenzione.
- Mi dispiace tantissimo-, ammise, con lo sguardo triste.
La ragazza lo guardò con aria interrogativa.
- Per cosa?- chiese, confusa.
- Per quello che ti è successo. Io non ero ancora arrivato e quando ho saputo…- si adombrò per un attimo. – E mi dispiace anche di non averti potuto salvare da Mason-
Angel sospirò, stringendosi nelle spalle.
- Già. Avevo sperato che combattesse un po’ di più per me-
Il professore si guardò intorno e si abbassò un po’ di più su di lei.
- Ti prego, chiamami Aleck. Mi fai sentire tremendamente vecchio- le bisbigliò.
Nonostante tutto, Angel non potè non sorridere a quel professore così strano.
- D’accordo, Aleck.- Il suo cuore palpitò. Forse si era innamorato a prima vista di lei, per quello le chiedeva di chiamarlo con il suo nome.
- Ehi, Aleck-, lo chiamò la professoressa Anderson. Le speranza di Angel si sgretolarono. Era stata una sciocca a pensare che un professore si innamorasse di lei, una semplice studentessa. A prima vista, tra l’altro. – Vieni anche tu a vedere la partita?-
- No, grazie, Saphira. Anche stavolta passo-.
La professoressa li raggiunse, seguita dal fratello e da Christopher Bloodworth, che li osservava con talmente tanta forza che gli occhi si erano ridotti quasi a fessura.
- Bene. E tu, signorina? Vieni?- chiese, voltandosi verso di lei. Angel annuì. E così, si ritrovò a seguire i tre cacciatori, lasciandosi alle spalle il misterioso e affascinante professor Wilson.
***
Il vento gli tagliava la faccia, e ormai James Sirius Potter non aveva più sensibilità alle dita dei piedi. Sua madre, in fondo, glielo diceva sempre, e non faceva altro che ricordarglielo. Metti sempre qualcosa per riscaldarti i piedi, soprattutto dopo una giornata piovosa quasi invernale, o dovranno tagliarti i piedi!, gli ripeteva sempre. James, però, come qualsiasi ragazzo della sua età, non dava molto peso ai consigli dei genitori.
La mascherina gli permetteva di vedere senza fastidio agli occhi, ma era scomoda. Non riusciva ad avere l’intera visuale del campo.
Riuscì a vedere, o meglio, a sentire il sibilo di un bolide diretto verso di lui, e riuscì a schivarlo. Trovava difficile anche sentire qualsiasi cosa gli si avvicinasse con la folla urlante e delirante tutt’intorno, che riusciva quasi a coprire i rumori più forti, come quello di un bolide che spacca qualche scopa.
Osservava dall’alto la partita, e non riusciva a fare a meno di urlare a destra e a manca ordini e a ricordare ai suoi giocatori gli schemi.
- Winchester, vuoi per favore buttare giù qualche Serpeverde? Di questo passo finiremo senza giocatori!- gli urlò contro, schivando un battitore avversario che si avvicinava ostilmente. Diede un calcio alla scopa, e quello si ritrovò a piroettare per tutto il campo.
Si sentì una “ola” dalla curva dei Grifondoro.
- Sei l’unico battitore rimastoci. Vedi di essere utile!- gli ringhiò contro.
Winchester lo guardò di sbieco e si fiondò verso il primo bolide intercettato.
Lo sguardo di James fu catturato da una bellissima azione di un loro Cacciatore. La ragazza volteggiava nell’aria come se quello fosse il vero posto dove dovesse essere. Era il suo elemento. Era una giocatrice perfetta. Non si accorse che una giocatrice avversaria la stava raggiungendo.
- Forza Bella, forza. Segna per me, Bella-, si ritrovò a sussurrare. Guardava con forza la compagna di squadra, come se volesse darle più velocità.
Bella riuscì a schivare un battitore avversario. Qualcuno le tagliò la strada. Dovette sterzare di lato, planò, aggirando l’avversario volandogli sotto, e impennò. La cacciatrice e l’altro giocatore Serpeverde finirono uno addosso all’altro, quasi raggiungendo pericolosamente Bella.
La Grifondoro si guardò un attimo indietro.
- No no no no! Guarda avanti!- le urlava James, non consapevole del fatto che Bella non riuscisse a sentirlo più.
Si voltò giusto in tempo per individuare almeno una porta e lasciare che la pluffa la oltrepassasse.
In tribuna, insieme ai professori, un eccitatissimo ragazzo del terzo anno faceva la cronaca, commentando il meno possibile, anche per paura di una possibile punizione con il professor Cloud, che aveva fama di essere sin troppo severo. Era un ragazzetto bassino, un po’ tarchiato e con le guance perennemente rosse, come se fosse sempre imbarazzato.
- …e altri 10 punti a Grifondoro! Sono inarrestabili quest’anno. Isabella Malfoy, sulla sua windjet 400, è stata la miglior entrata di quest’anno. Speriamo solo che non congeli nessuno come nella sua prima partita. Ma ecco che la pluffa viene recuperata da Bass…oooh, quel bolide deve aver fatto male! Ehi, ma quello…Ecco James Potter che insegue il boccino! E ovviamente Edward Greengrass lo segue a ruota! La lotta è spietata, ragazzi. Greengrass ha quasi raggiunto Potter…-
James si abbassò contro la scopa, doveva arrivare quanto prima possibile al boccino, prima di Edward.
Sentì un ululato venire dal pubblico, come se insieme stessero urlando contro di lui.
Non doveva distrarsi, doveva andare avanti. Quella piccola pallina dorata con le ali era quanto di più infimo ci potesse essere. Scartava a destra, tornava indietro costringendolo a effettuare un giro della morte. Sentiva i commenti di Edward Greengrass giungergli alle orecchie, ma cercò di non pensare al fatto che lui lo aveva praticamente raggiunto. Cercò di piegarsi in avanti ancora di più. Cercò di allungare la mano per afferrare il boccino, ma era ancora troppo lontano. Perse per qualche secondo l’equilibrio perché si era sbilanciato troppo in avanti.
- Ehi, femminuccia, non mi cadere dalla scopa- rise Edward.
- E tu stai attento a non farti soffiare il boccino, Greengrass- ribatté James. Non voleva rispondergli, ma era più forte di lui. Odiava quel modo di fare di Edward, quel suo sentirsi superiore a tutto e tutti. Una cosa però di buono ce l’aveva: la cugina, Bella.
A quel pensiero, James non riuscì a trattenere un ghigno e si lanciò in avanti, oltre la scopa, cercando di afferrare il boccino.
James iniziò a cadere non appena si lanciò dalla scopa. Il Serpeverde rimase a guardarlo a bocca aperta, senza riuscire a fare niente.
- Potter sta cadendo! Potter si è lanciato dalla scopa e sta cadendo!- ripeteva il ragazzo che commentava la partita.
Dalla folla si levarono ora grida di spavento. A James pareva di sentire le urla di Albus e Lily che fuoriuscivano da quel boato spaventoso. E poi le grida diventarono il lamento del vento e dell’aria che stava tagliando, acquistando sempre più velocità. I colori e i contorni di ogni cosa divennero indistinti, e i polmoni erano schiacciati. Iniziò a boccheggiare.
Sentì uno strattone e iniziò a non cadere più, qualcosa gli faceva male sotto lo stomaco. Aveva gli occhi chiusi. Ecco. Era caduto. Stava per morire. Ma almeno, dentro la mano, qualcosa si agitava.
- James, James!- lo chiamava qualcuno. Non voleva aprire gli occhi per rispondere. Aveva paura che fosse la nonna. Quella bella e armoniosa voce che lo chiamava era qualcosa di soprannaturale.
- Per la barba di Merlino, James! Apri gli occhi!- continuava a dire quella dolce voce. Era un balsamo per le sue orecchie.
E poi iniziò a sentire grida su grida, che rischiavano di coprire quella voce.
Aprì piano un occhio e fu sorpreso di vedere che il prato sotto di lui era sempre più vicino. Eppure sapeva di non star cadendo. Pensava che fosse morto, perché quella sensazione allo stomaco non smetteva.
Così si guardò la pancia e vide che gli faceva male lo stomaco a causa di un manico di scopa.
- James!-
Si voltò verso la voce. Sgranò gli occhi.
Bella.
Quella voce eterea era di Isabella Malfoy.
Il viso magro e allungato di Bella gli era vicino. Poteva distinguere i riflessi del sole in quelle iridi azzurre. Gli zigomi alti donavano altezzosità a quel viso altrimenti troppo comune. In fondo, Bella Malfoy non poteva essere comune.
Si riscosse velocemente da quei pensieri, soprattutto quando pensò che Angel, la sua ragazza, era ricoverata al San Mungo. Come poteva lasciarsi andare a quei pensieri? Era un farabutto.
- Ma che ti è saltato in mente? Buttarti dalla scopa… Stupido!-
Solo in quel momento vide che il volto di Bella era contratto dalla rabbia.
Non appena a terra, con un gesto stizzito, la ragazza lo fece scivolare fuori dalla scopa. James ebbe le vertigini e cadde per terra.
- Rialzati. La partita non è finita- lo ammonì lei. – E se non riesci a recuperare la scopa, mi sa che perdiamo-. Gli diede le spalle, e partì di nuovo alla volta dei giocatori.
Sopra di lui tutti continuavano a giocare come se nulla fosse.
Qualcosa si muoveva nella sua mano. La aprì e vide la pallina dorata che dibatteva freneticamente le ali.
Il boccino d’oro. Alla fine, l’aveva preso.
Non potè fare a meno di sorridere, compiaciuto di sé. Riuscì ad alzarsi in piedi, nonostante il forte dolore allo stomaco, e alzò entrambe le braccia in segno di vittoria.
Da dentro gli uscì un urlo di felicità. Lasciò che tutti vedessero che aveva preso il boccino.
Il fischio della professoressa di volo segnò la fine della partita, decretando i Grifondoro vincitori.
I suoi compagni di squadra lo raggiunsero e gli assestarono numerose pacche sulla schiena, rischiando di farlo cadere di nuovo. Tutti lo avevano accerchiato, e gli facevano i complimenti. Chi lo tirava a destra, chi gli dava i pugni, chi lo abbracciava.
James rideva, felice anche del fatto che per un soffio non era finito in infermeria con il cranio spaccato, e tutto grazie a Bella. La cercò con lo sguardo, ma non la trovò a festeggiare in campo. Notò solo che qualcuno del Grifondoro stava raggiungendo un Serpeverde. Sicuro era Bella che si avvicinava a Blaise. Erano lontani e non riusciva a vedere bene. Si accorse che aveva ancora la mascherina, e diede a quella la colpa del fatto che non riuscisse a vedere in lontananza. Se la tolse con un gesto arrabbiato.
Lasciò cadere a terra la mascherina, ma non potè fare altro sentendosi strattonare.
- Potter! Potter, devi venire in infermeria!-
Si voltò e vide la signorina Lancaster che lo tirava per un braccio. Aveva un’espressione preoccupata.
- Sto bene, sto bene. Mi lasci andare- rispose, cercando di liberarsi dalla stretta.
- No che non lo sei. Sei caduto da trenta metri finendo piegato a metà su un manico di scopa. Devo visitarti!-
Iniziò a non vedere più bene. Il mondo si riempiva di pallini rossi, come se avesse la varicella.
- Sto bene- continuava.
Eleanor Lancaster continuava a strattonarlo e a ripetere che non stava bene, e lui le diceva che si stava sbagliando, fino a che sentì le gambe cedergli e finire a terra.
Tutt’intorno a lui si fece sempre più scuro, e alla fine si lasciò avvolgere dal torpore.
Per l’ennesima volta dopo una partita di Quidditch, James si svegliò in infermeria. Aveva la testa che gli doleva e lo stomaco che lo costringeva a restare disteso.
- Ehi, fratellone. Finalmente ti sei svegliato…-
La voce di Lily era sollevata. Voltò lo sguardo verso di lei e fu come se la vedesse per la prima volta. Era diventata una graziosa ragazza dai capelli rossi e lisci, tutta sorrisi e allegria, con un corpo snello e alto come quello della madre. I suoi occhi castani lo scrutavano con apprensione.
Dietro di lei si ergeva, austero e apparentemente indifferente, Albus, con quel suo viso volutamente inespressivo. James si era sempre chiesto come riuscisse ad apparire così distante pur non essendolo. Gli occhi verdi, però, parlavano più di quanto egli stesso soleva fare.
- Ci hai fatto venire un colpo quando ti abbiamo visto saltare dalla scopa. Sapevamo fossi matto, ma non fino a questo punto- disse Albus aggirando la sorella e sedendosi sul letto accanto a lui.
James tentò di alzarsi, ma Lily gli mise una mano sulla spalla.
- No, James. Madama Lancaster ci ha raccomandati di non farti sedere ancora per un po’-
- Quanto ho dormito?- chiese.
- Più o meno cinque minuti. Il tempo di farti trasportare qui e farti curare-, gli rispose Albus.
- Quella scema di Bella poteva anche evitare di farti male con la scopa-, si lamentò Lily imbronciata.
- Se quella scema di Bella non ci fosse stata, con tutta probabilità James ora sarebbe al San Mungo- commentò una voce dietro di loro.
I tre fratelli Potter si voltarono e videro proprio Bella che, ancora con la divisa della squadra di quidditch, si stava avvicinando.
Furono tutti un po’ sorpresi di vederla lì. L’ultima volta che Bella e James avevano parlato in infermeria si erano feriti a vicenda, litigando di brutto. Nonostante quello che era successo nel pre-partita, James si riteneva ancora responsabile per ciò che era accaduto ad Angel, e Bella ancora non poteva ammetterlo. Lily e Albus cercavano di non entrare nei loro affari, ma un po’ tutti si erano resi conto che Bella era arrabbiata con James perché in fondo gli voleva bene.
- Pensavo stessi coi Serpeverde- fece James.
Bella si strinse nelle spalle. – A far cosa? Stanno tutti con i musi perché hanno perso-
- E che mi dici dei Grifondoro? Staranno sicuramente festeggiando…- fece notare Albus.
Ancora una volta, Bella si strinse nelle spalle. – Non penso che si possa festeggiare con un capitano in infermeria. soprattutto se quel pazzo del capitano ha rischiato di rompersi l’osso del collo pur di farci vincere-
Lo sguardo di Bella finì dritto per trafiggere gli occhi di James, che si sentì mancare il letto sotto di lui. Non voleva che lei lo vedesse steso come una mummia. Provò ad alzarsi, ma un dolore lancinante dallo stomaco gli fece girare la testa.
- Tranquillo, stai steso-, gli disse piano Bella, sorridendogli timidamente, e sfiorandogli appena la spalla.
James si sentì scoperto. Non voleva che i fratelli fossero lì, perché sapeva che quando stava con Bella non aveva più il controllo del suo corpo, che fremeva e arrossiva ad ogni contatto.
Lily sbuffò, mentre Albus stese le labbra sottili in un sorriso sogghignante, come se tutto questo lui l’avesse già calcolato.
- E così, si festeggia... Forse è per questo che i ragazzi non ti sono venuti ancora a trovare-, si intromise Albus, che parlava con James ma osservava ogni mossa di Bella.
- Avrebbero dovuto farlo prima di festeggiare-, si lamentò Lily fingendo che Bella non l’avesse sentita prima.
- Lasciali stare, se lo sono meritati. Ah come vorrei poter festeggiare anche io…- si lamentò James alzando gli occhi al cielo.
- Ma non puoi- gli rammentò Lily.
- No, non può. E comunque, James, mi hai fatto prendere un colpo. Ti prego, la prossima volta se ti trovi a dover scegliere tra sconfitta e la vita, scegli la vita. Non ti salverò di nuovo-, scherzò allegramente Bella.
Albus fu l’unico a ridere a ciò che aveva detto la ragazza.
- Già, James. Non morire per una stupida partita. Ci mancherai-. Albus diede volutamente più enfasi del dovuto sulle ultime parole.
Il capitano della squadra di quidditch dei Grifondoro sorrise mesto.
- Potevi pensare prima di farlo finire in infermeria- sibilò Lily in direzione dell’altra ragazza.
Bella sbattè le palpebre dalle lunghe ciglia nere.
- Non siamo dotati di bacchetta in campo. E proprio prima di entrare mi hanno perquisita. Che cosa avrei dovuto fare?- si strinse nelle spalle.
- Pensare?- ribattè acida Lily.
- L’ho fatto. Ho pensato che se non fossi intervenuta, sicuramente sarebbe caduto a terra. Preferisci un fratello in infermeria o uno morto?-
Lily serrò le labbra e i pugni. A quella domanda non trovò risposta adatta.
James grugnì nel suo letto, per attirare le attenzioni delle due ragazze. Si tirò a sedere con evidente sforzo.
- Non voglio che parliate tra voi come se io non ci fossi. Sono qui, e sarei più arrabbiato con Bella se non mi avesse afferrato al volo- aggiunse osservando di sbieco Lily.
La ragazzina si alzò, furibonda per il fatto che nessuno la appoggiasse.
- Bene. Benissimo. Avrei potuto fermare la tua caduta se questa qua non ci avesse pensato-, indicò Bella pur continuando a rivolgere il suo sguardo furioso a James. – Avevo la bacchetta in mano, e ti avevo sotto tiro. Ma no! Lei si è messa davanti e ha pensato…a cosa ha pensato? A non farti morire? Non è stata così intelligente come tu professi che sia. Avrebbe potuto pensare che con più di dieci professori e più di mille studenti, qualcuno avrebbe potuto farti un incantesimo. A questo non ci hai pensato?- sbottò rivolta a Bella, stavolta. – Ma no! Non importa! Facciamo l’eroina agli occhi di tutti, facciamo dimenticare che sono la Regina di Ghiaccio salvando James, vero? Facciamoci la bella faccia davanti a James, così si accorge di te, vero? Beh, ti do una notizia. James è innamorato di Angel, e lei è centomila volte migliore di te!-
Lily ansimava, rossa in viso per quella sfuriata addosso all’altra ragazza. Bella respirava a fatica, anche lei rossa in viso, ma per l’imbarazzo e per quelle parole che l’avevano colpita nel cuore.
Albus intervenne prima che Lily potesse dire altro.
- Basta così, Lily. Non è questo il luogo. Va’ nella sala comune, ti raggiungo subito-, le disse gelido.
- Ma…-
- Niente ma. Vai. E prima di farlo scusati con Bella-
Lily scoccò uno sguardo di odio verso Albus, si voltò di scatto verso Bella con un’espressione di disgusto dipinta chiaramente sul volto.
- Sappi che non mi scuserò mai-
Bella provò a dire qualcosa, ma non ci riuscì. Prese solo un gran respiro e la guardò con astio malcelato.
Prima che James o Albus potessero dire altro, Lily si allontanò a grandi passi, raggiungendo di gran carriera il corridoio, sbattendo la porta dietro di sé.
I due ragazzi si rivolsero alla Grifondoro rimasta con loro, che si era fatta piccola piccola e si era quasi appoggiata al muro. Le tremava il labbro.
- Bella, non ti curare di quello che ha detto Lily. E’ stata molto sgarbata, ma non ce l’aveva con te. Ce l’aveva con se stessa. Non faceva che ripetere che avrebbe dovuto salvare lei il fratello- cercò di rassicurarla Albus.
Bella si portò una tremante mano alle labbra.
- Io ho solo cercato…- si fermò e inspirò. Improvvisamente fu come se tutto l’orgoglio dei Malfoy ritornasse in superficie, e lei ritrovò se stessa. Scosse piano la testa. I capelli, ancor legati nella coda alta, le caddero sulla spalla. Lei li gettò dietro con un gesto meccanico. – Ho fatto del mio meglio. Non sapevo che stesse per fare un incantesimo. Se l’avesse fatto, forse sarebbe stato tanto meglio, così magari non finivi in infermeria-
- Basta! Non voglio più sentire se e ma!- sbottò infine James, battendo un pugno con forza sul letto, mentre con l’altra mano si teneva lo stomaco. – E’ solo una piccola botta, e sono sicuro che passerà in fretta. Non voglio più sentirvi litigare per questa scemenza!-
Albus annuì e fece segno a Bella di sedersi sulla sedia dove stava seduta Lily.
- Siediti. Assicurati tu che non faccia scemenze. Io vado a vedere che Lily non faccia scemenze- le raccomandò ridacchiando Albus, che salutò James con una pacca sulla spalla e uscì con molta calma dall’infermeria.
L’aria che si respirava tra i due ragazzi rimasti in infermeria era talmente densa che si poteva tagliare facilmente.
James ruppe il silenzio piegandosi in avanti e prendendo la mano di Bella nella sua. La ragazza alzò il viso su di lui, stupita da quel gesto. Era convinta che dopotutto al ragazzo sarebbe occorso un po’ più di tempo per sfiorarla di nuovo con quella naturalezza con cui lo stava facendo.
- Ehi, per essere stata la tua prima partita dopo quella volta, sei stata magnifica. Non ti ho perso neanche un attimo. Sono fiero di te-.
Bella allargò il suo sorriso, illuminandosi e dimenticando quasi del tutto il rimprovero di Lily.
- Più che guardare me, avresti fatto meglio a guardare il boccino, capitano-
Si scambiarono un sorriso d’intesa, prima che lei si alzasse e gli lasciasse un leggero bacio sulla fronte.
- Io vado da Blaise, che si starà sicuramente incazzando al massimo per aver perso. Vado a godermi la sua faccia anche per te-
- Oh, se solo potessi venire….-
- Se potessi farlo, non sarebbe molto saggio-, ridacchiò lei, allontanandosi e lasciandosi dietro il Grifondoro che tornava con i pensieri alla partita.
James Potter non aveva occhi che per lei, oramai, ma non avrebbe mai abbandonato Angel in un momento così delicato della sua vita.
***
L’atmosfera che si respirava nei dormitori dei Serpeverde era tutt’altro che serena e felice, e questo era facile comprenderlo. Per quanto si fossero impegnati, i Grifondoro avevano soffiato praticamente sotto il naso la vittoria ai Serpeverde. Murtagh sapeva bene che chi provocava in quelle occasioni avrebbe ottenuto una lite, ed era proprio ciò che voleva.
Per evitare di far soffrire sua sorella, aveva ammesso che aveva sbagliato ad allontanarla da James, e ora voleva rimediare al danno che aveva creduto di fare. Parlandone con Emma, erano giunti alla conclusione che avrebbe dovuto prendere un capello di Edward Greengrass.
Il piano era semplice. James era convinto che allontanarsi da Angel sarebbe stato dannoso, soprattutto dopo che si era sparsa in giro la voce che aveva tentato il suicidio a causa sua. James, però, era chiaramente attratto da Bella. Se Bella non avesse avuto occhi che per un altro, a lungo andare, James si sarebbe lasciato convincere che Angel era la sua unica e migliore soluzione. Dal momento, poi, che Bella e suo cugino Edward avevano avuto una storia d’amore, non sarebbe parso a nessuno strano che tornassero insieme.
Sarebbe stato sicuro che Bella, sotto le pressioni dell’amore di Edward, si gettasse ancora una volta tra le sue braccia? A quanto pareva, era stata lei a lasciarlo. Era a questo che serviva almeno un capello di Edward Greengrass. Ottenuto quello come ultimo ingrediente del filtro d’amore, ci avrebbe pensato Emma a somministrarlo a Bella.
I Serpeverde squadravano Murtagh con astio. Non era la prima volta che il Corvonero faceva irruzione nei loro dormitori, solitamente per parlare con Scorpius o Blaise, ma era la prima volta che lo faceva dopo che questi avessero perso una partita. La cosa che faceva rabbia a tutti era il sorriso soddisfatto di qualcuno che non riusciva a nascondere la propria felicità.
Tutti pensavano che era felice perché i Serpeverde avessero perso. Nessuno sapeva che Murtagh era felice perché tutto stava andando per il meglio.
Cercò Edward e lo trovò stravaccato su una poltrona, solitario, a guardare il fuoco che scoppiettava nel camino. Aveva un gomito poggiato sul bracciolo della poltrona in pelle nera, e il mento sulla mano.
- A che cosa stai pensando?- esordì.
Edward non diede segno di averlo sentito, così Murtagh gli si parò di fronte. Il Serpeverde non potè più ignorarlo e alzò gli occhi verdi su di lui.
- Portbell.-, lo salutò.
- Greengrass-, fece di rimando Murtagh, prendendo una sedia e spostandola, per poter stare vicino al Serpeverde e provocarlo. Vedendo che Edward non diceva altro, prese di nuovo a parlare. – Bella partita, quella di oggi. Meritavate di vincere…-
Murtagh meritò un’occhiata di sbieco dal Serpeverde.
- Già.-, rispose secco.
- Quel Potter. Chi se l’aspettava che si sarebbe buttato dalla scopa. Se non l’avesse fatto, di sicuro avreste vinto.-
- Potter è stato solo molto fortunato-
- Potter è stato molto salvato, direi. Se non ci fosse stata Isabella, probabilmente ora ne staremmo piangendo tutti le gesta-, sghignazzò.
Edward represse un sorriso con forza, stirando il viso. Murtagh sapeva che due erano gli argomenti intoccabili al momento, e lui li aveva toccati entrambi.
- Un vero peccato che Isabella non è tra i Serpeverde. La sua presenza avrebbe di sicuro sollevato i vostri animi, e i vostri Cacciatori. Ah, che punti che ha portato a casa! Un talento, davvero. E dire che l’ha quasi sprecato volando incontro a Potter.-, sospirò in maniera molto teatrale.
Edward ne approfittò per rizzarsi sulla poltrona e piegarsi verso il Corvonero.
- Bella non è tra i Serpeverde perché non possiede le nostre qualità-, sibilò.
- Oh, senza dubbio non ha il vostro caratteraccio. Non quando sta con Potter, almeno. Ho visto come era spaventata e si è lanciata a soccorrerlo. Oh, e la faccia di lui quando l’ha vista…ah, che spettacolo!-
Murtagh stava giocando davvero con il fuoco, e sperava di bruciarsi molto presto.
- Potter non meritava né il boccino, né di essere salvato-.
- Ma non puoi dire che, prendendo il boccino, non si sia guadagnato il rispetto di tua cugina. Ah, posso rivedere ancora ora la scena, quasi come se la rivedessi al rallenty.- Unì le mani davanti ai suoi occhi e le allargò, indicando un immaginario schermo. – Lui che si lancia, soffiandoti il boccino da sotto il naso, lei che lo vede, mette le mani sulla bocca, urla “James” con tutto il fiato in gola, si piega sulla scopa e cerca di raggiungerlo il prima possibile. Riesce a salvarlo. Ah, che sguardi che si sono scambiati. Davvero, se non sapessi che lei è una Malfoy, direi che si infilerebbe volentieri nel letto di Potter-
Fu un attimo, e fu la reazione che aveva sperato di ottenere.
Edward si alzò, afferrandolo per la collottola e alzandolo dalla sedia.
- Cerchi rogne, Portbell?- digrignò tra i denti.
- Mi stai intrigando…e se ti dicessi di si?-
- Beh, ci stai andando molto vicino-
I loro nasi ormai si sfioravano.
Murtagh continuò a fare finta di niente, sorridendo e scrollando le spalle.
- Fammi capire. Ti stai irritando perché Potter ti ha soffiato il boccino, o perché Isabella, che tanto ami, si scoperebbe alla grande Potter?-
Non riuscì neanche a finire alla frase che Edward gli assestò un pugno in pieno viso. Quacosa si ruppe in bocca e sputò sangue. Si pulì con il dorso della mano, e guardò il sangue su di essa. Rise.
- Ora capisco. Non ti va che Potter utilizzi i tuoi scarti, eh?-
Un altro pugno gli arrivò sotto il mento, facendolo barcollare.
- Smettila di dire stronzate! Bella non oserebbe mai fare una cosa del genere?-
- Dici davvero?-, rise Murtagh. – Ah, quello che ho intravisto in infermeria era un bacio, e passionale anche-
- Tu menti!- gli urlò contro Edward, avvicinandosi di nuovo a lui. – Non oserebbe-
- Oh, oserebbe, credimi-. Il muso tagliato di Murtagh si tirò in un gran sorriso.
Senza aggiungere altro, usò la testa, sbattendola contro il naso di Edward. Sotto la sua fronte, sentì le ossa spaccarsi.
Il Serpeverde urlò di dolore, portandosi entrambe le mani sul naso. Murtagh ne approfittò per tirargli i capelli e scoprirgli la gola.
- Sei patetico, Greengrass- gli disse piano all’orecchio. – Cos’è? Stai aspettando che Bella torni ad aprirti quelle sue belle gambine? -
Edward scattò subito verso di lui con un urlo rabbioso, ma Murtagh era pronto e scartò di lato, senza lasciare i capelli del ragazzo. Glieli tirò fino a che non ne sentì una ciocca staccarsi.
Con quei pochi capelli stretti in mano, scartò tra i tavolini, evitando Edward che lo rincorreva.
Sentiva distrattamente qualcuno urlare. Urtò contro qualcosa o qualcuno, ma levò l’ostacolo gettandolo di lato per terra e guadagnò la porta.
Nel corridoio corse a perdifiato fino a che non sentì Edward fermarsi e minacciarlo di fargli il resto non appena si fosse ripreso.
Murtagh, ormai, era troppo lontano. Rallentò fino a fermarsi. Aprì piano la mano, e vide una manciata di capelli. Richiuse la mano in pugno e scivolò lungo il muro, senza riuscire a smettere di ridere.
Quando si fu ripreso dalle risate, raggiunse il quadro poco distante dalle cucine, disse la parola d’ordine e il quadro si spostò, rivelando l’ingresso della sala comune dei Tassorosso. Entrò, salutò qualcuno e salì nella stanza di Emma. Entrò e si richiuse la porta alle spalle.
Emma era seduta davanti a uno specchio, intenta a intrecciarsi i capelli. Non appena sentì la porta richiudersi si voltò verso Murtagh.
- Allora?- chiese ansiosamente.
Murtagh sorrise, mostrandole i denti insanguinati, e allargò le braccia.
- Ce li ho!-
Emma lo guardò con rimprovero, scuotendo la testa.
- Non dirmi che avete litigato-
- Sì, ma lui sta peggio-. Con un movimento della mano mise da parte il discorso. – La cosa importante, amore mio, è che ti ho portato ciò che mi hai chiesto-. La raggiunse e le fece cadere nelle mani la ciocca di capelli.
Emma non disse niente, limitandosi a sospirare. Aprì un cassetto della toeletta e prese una boccetta, la stessa che gli aveva mostrato qualche giorno fa. L’aprì e la stanza fu invasa da un buon profumo di lavanda. Emma fece scivolare dentro la pozione i capelli, la richiuse accuratamente e la scosse. Poi si fermò a guardarla fino a che i capelli scomparvero.
Prese poi un’altra boccetta con dentro un liquido denso e blu notte e glielo mostrò.
- Questo è l’antidoto, nel caso servisse. Se vedi che parlo di Greengrass, dammelo subito, anche se ti dico che non mi serve, capito?-
Il Corvonero annuì.
Un sorriso sadico le illuminò il volto. Si alzò e diede un veloce bacio sulle labbra a Murtagh.
- Il tuo compito è finito. E ora tocca a me-
Murtagh si finse triste, lasciandosi cadere sul letto.
- Tutto qui? E’ così che mi ringrazi per aver preso un pugno in faccia pur di accontentarti?-
Emma lo guardò, sospirò e posò la boccetta sulla toeletta.
- Oh, povero cucciolo…-
Gli prese il volto tra le mani e lo costrinse ad alzare lo sguardo.
Un mostro iniziò a urlare dentro Murtagh, lanciandogli fitte nel basso ventre, che prontamente rispose.
Emma lo baciò con trasporto, mentre le mani di lui vagarono sulle sue gambe, coperte da leggere calze. Prima che potesse afferrarle le natiche, Emma si allontanò da lui e incrociò le braccia.
- Bene. Ora vai, mi devo cambiare-
- Mmh… se vuoi ti aiuto io a cambiarti- le propose lascivo il ragazzo, riafferrandola per i fianchi e avvicinandola a sé.
- No, no, no. Non puoi. E ora vai, o non farò in modo da avvicinare Bella e darle la pozione-
Con molte proteste Murtagh uscì dalla stanza.
***
Bella arrivò di fronte il ritratto della Signora Grassa, che la guardò con un sorriso.
- Ho saputo che hai fatto una buona partita. Complimenti-, le disse allegramente il ritratto.
La ragazza sorrise cordialmente, dimenticando per un attimo i suoi pensieri.
- Grazie mille, Signora. Ma il merito della vittoria va tutto a James-
- Ah, James.. è tutto suo nonno! Ricordo che anche lui era bello e attraente come il tuo James-, ridacchiò.
Bella sorrise imbarazzata, ma non aggiunse altro.
- E se te lo stai chiedendo, anche lui aveva un sacco di ammiratrici, ma a lui ne piaceva una, che non riusciva ad avere-, continuò.
- Ah, non credo che James abbia di questi problemi. Angel è una cara ragazza, e stanno così bene insieme-.
- Non prendermi in giro, piccola Malfoy. So quello che vedo, e vedo che tu gli vuoi bene-, insinuò.
Bella si drizzò con la schiena.
- Signora, cosa sta dicendo? E’ meglio che mi faccia entrare, o sarò costretta a farla spostare da qui-, dichiarò con il suo solito cipiglio testardo.
Capendo che non avrebbe dovuto aggiungere altro per evitare che Bella incendiasse la sua tela, la Signora si finse offesa, ma alla fine le chiese la parola d’ordine. Aspettò che la ragazza glielo dicesse, e la lasciò entrare.
Bella attraversò il buco dietro il ritratto con i pensieri così confusi che le ci volle qualche istante per trovare il filo della matassa e riordinarli. Entrando, notò che Lily stava sorseggiando dell’acqua davanti al camino, mentre svogliata girava delle pagine di un libro.
Il brutto litigio di poco prima la convinse che non era ancora il momento di parlarle.
Ancora arrabbiata per le parole che la ragazzina le aveva rivolto poco prima, salì le scale e entrò nella sua stanza.
Fu sorpresa nel vedere un ragazzo seduto ai piedi del letto. Non era difficile riconoscerlo. Aveva ordinati capelli neri, e stava seduto composto. Quando entrò, il ragazzo si alzò e le sorrise.
- Scusa, non voglio spaventarti-
- Non l’hai fatto-, lo rassicurò lei, chiudendo la porta alle spalle e raggiungendo il davanzale della finestra. Si sedette e lo guardò con un sorriso stanco.
Albus le sorrise e le venne vicino, appoggiandosi allo stipite della finestra.
- Tutto bene?-, le chiese premurosamente.
- Potrebbe andare meglio, in verità-.
- Ti riferisci a Lily?-, chiese, assottigliando lo sguardo.
Bella non riuscì a trattenere un profondo sospiro. Si passò una mano tra i capelli e sciolse la coda alta. Avrebbe tanto voluto mettersi comoda, spogliarsi e stendersi sul letto, per lasciarsi trasportare dalla stanchezza nel mondo dei sogni. Ma il letto doveva aspettare un altro po’, a quanto pareva.
- Mi riferisco a tante cose. Da cosa vuoi iniziare, Al? Da quel tuo dannato fratello testardo, o dal mio dannato fratello testardo, o da tua sorella che mi odia, o da quella stupida di Angel che tenta il suicidio?-
Appoggiò la testa al vetro della finestra, grata per il refrigerio datole dai vetri freddi.
La temperatura si stava abbassando, mentre Ottobre volava ormai via.
- Angel.. sai che è tornata dal San Mungo?- l’informò il ragazzo.
- Di già?- esclamò sorpresa Bella.
Albus annuì. – Sì, me l’ha detto Louis. L’ha vista passeggiare con la professoressa Anderson. Credo l’abbia portata dal preside-
Bella fece una smorfia e rammentò quello che era successo. Tutti erano convinti che Angel avesse tentato il suicidio, provocando Anne. A quanto pareva, era solo grazie alla cacciatrice Karin Fowl che non era morta, e al suo posto era morta la vampira. Bella, invece, sapeva la verità.
Si domandava se doveva dire almeno ad Albus la verità, quando il ragazzo la precedette.
- Ho saputo una cosa nuova. Pare che Angel non abbia tentato il suicidio-
Bella sbiancò e si drizzò per guardarlo. Cos’era quella storia? E James lo sapeva? Come si sapeva già in giro? Quali sarebbero state le conseguenze?
Era talmente preoccupata e stupita, che a stento riuscì a chiedergli niente.
- A quanto pare, o almeno così affermano lei e il fratello, Angel stava passeggiando, è caduta e Anne affamata l’ha attaccata-
Sì, certo, come no, pensò Bella. Quella ragazza e il fratello sarebbero stati i primi a screditare qualcuno che non si può difendere se quella situazione poteva volgere a loro favore. Se si fosse saputo in giro che Angel voleva attaccarla, probabilmente la ragazza sarebbe stata espulsa.
E ora si trovava ancora con Angel tra le scatole.
Non sapeva a cosa fosse dovuto tutto quel fastidio. Non sapeva se la innervosisse di più il suo attaccamento morboso a James, o il fatto che aveva tentato di ucciderla.
Quella di certo non era una buona notizia.
Decisamente, la giornata stava peggiorando.
- Ah, davvero? Mi sorprende-
Al la guardò con quello sguardo sospettoso che faceva sempre. Era timido, ma questo non gli impediva di essere cauto e, se necessario, calcolatore. In fondo, era stato lui a suggerire a James di chiederle aiuto, e Bella sospettava che l’avesse fatto per fare in modo che loro due finalmente legassero.
James e Bella non avevano mai parlato più di tanto prima della faccenda della pozione. Se non fosse stato per quello, si sarebbero salutati ancora ora come quasi due estranei.
La ragazza ricordava ancora la sua prima impressione nel vedere James. Lo trovò scostante e pieno di sé, troppo melodrammatico per i suoi gusti. Poi le cose erano migliorate, e aveva imparato a sopportarlo, poi ad accettare la sua presenza, e infine a non riuscire a fare a meno della sua amicizia. Nel frattempo, lei e Edward avevano avuto una storia, conclusasi per mancanza di amore da parte di lei, e aveva stretto amicizia molto con Albus negli ultimi anni, prima di innamorarsi perdutamente di James.
Non voleva ammetterlo, ma era quella la verità.
- Ti sorprende?- domandò Albus, sedendosi accanto a lei, e riscuotendola dai suoi pensieri.
Lei annuì. – Anne è sempre stata una brava vampira, e non le era mai accaduto-
- Non possiamo saperlo. Era comunque una vampira-, sospirò, stringendosi nelle spalle. – Ad ogni modo, Angel è tornata, prima del previsto direi. E’ stata quanto? Un mesetto? Credevo sarebbe rimasta di più.
- Proprio non la sopporti, eh?-
Albus la guardò e le sorrise amaramente. – No, non mi è simpatica. Né lei, né il fratello. Emma…no, lei non è male, ma non si può dire sia uno stinco di santo. Ad ogni modo, credo che la sua vicinanza a James non faccia bene a nessuno dei due. Lui deve ammettere di non amarla, e lei deve ammettere di essere ossessionata-
- Chissà, magari pensa di esserne davvero innamorata-
- Io dico che sa di non esserlo. Dico che le rode il fatto che tra te e mio fratello ci sia qualcosa-
Bella avvampò. Normalmente non l’avrebbe fatto, ma era la seconda volta nel giro di un quarto d’ora che qualcuno insinuasse una cosa del genere. – Tra me e James non c’è niente-
Il ragazzo le sorrise bonariamente e scosse la testa. – Non sto dicendo che abbiate una storia, ma solo che se vi metteste insieme, a nessuno dei due dispiacerebbe…-
- Basta così, Albus!- sbottò Bella, senza fargli finire il discorso. Si alzò di scatto e si allontanò, scuotendo con forza la testa. – James è ancora molto legato a Angel. Fattene una ragione. E tra l’altro, a me dispiacerebbe se mi mettessi con James, per non parlare di mio fratello, mio cugino Scorpius, Oberon, e Edward e..-
- Tutto qua? Quello che provi è davvero niente? Quello che senti per mio fratello non è tale da farti combattere contro la tua stessa famiglia?-
- La mia famiglia è tutto ciò che ho. Quando mi capita qualcosa, è da loro che corro a piangere. Ma se a piangere sarebbe James, non li avrò più-
Albus sorrise soddisfatto. Battè le mani e si alzò dal davanzale. – Quindi ammetti che ti piacerebbe-
Bella gonfiò le guance, adirata per quelle parole.
- Basta così. Non ti permetto di aggiungere altro. Tra me e James non c’è stato, non c’è e non ci sarà mai niente. Fattene una ragione!-
Al evidentemente capì che non era il momento per parlarne ancora, così annuì, si scusò e la lasciò sola.
Arrabbiata e frustrata, odiandosi per le lacrime che le bruciavano gli occhi, Bella imprecò e si gettò sotto la doccia, sperando che l’acqua fredda la calmasse. E invece, sotto il getto d’acqua che le bagnava il corpo, le lacrime scesero copiose, senza che se ne riuscisse a spiegare il motivo.
Decise, quindi, di andare a fare una lunga passeggiata nel cortile.
Dopo il pranzo della domenica, solitamente tutti andavano a Hogsmeade, per discutere ciò che era successo in campo. Avrebbe potuto andare a trovare James, come le aveva proposto la squadra, ma non se la sentiva. Aveva salutato James appena dopo la partita, e aveva voglia di prendere un po’ d’aria.
Per arrivare al cortile che serpeggiava tutt’attorno le mura esterne del castello, Bella doveva scendere tutti i sette piani che la dividevano dal portone d’ingresso, uscire sperando che nessuno studente la fermasse per chiederle un autografo o un appuntamento, e raggiungere le serre. Dopodichè avrebbe dovuto oltrepassare un piccolo muretto, seguire un sentiero sterrato e raggiungere una piccola radura circondata da un basso muretto il pietra, con qualche albero a fare ombra a un paio di panchine. Sperava non solo di non essere fermata, ma anche di non incontrare nessuno in quel piccolo posto dove amava stare sola e riservata.
A quanto pareva, però, quel giorno la sua buona stella l’aveva abbandonata appena dopo la partita, perché come giunse a piano terra, fu chiamata da Emma.
La Tassorosso le corse incontro, sorridendole e sbracciandosi. La salutò per non sembrare maleducata, ma la sua espressione secca e gelida avrebbe allontanato chiunque. A quanto pareva, però, Emma era di tutt’altro avviso, e non l’avrebbe lasciata andare tanto presto.
Così, insieme, si incamminarono verso il cortile.
Il pomeriggio era più freddo della mattina, e le nuvole in cielo minacciavano ancora pioggia. Il prato era già bagnato un po’, e di recente. Forse, durante il pranzo, aveva piovuto, con il risultato che le gocce non erano ancora evaporate dai fili d’erba, piegati sotto il loro peso.
- Mi chiedo con quale voglia i ragazzi hanno voglia di andare a Hogsmeade. Non gli è bastato il gelo di stamattina?- chiese Emma, cercando di cavarle qualcosa di bocca.
Bella, restia a parlare, e innervosita dalla sua prepotenza nell’accompagnarla, annuì in silenzio.
- Ah, a proposito. Che partita! Sei stata molto brava. Non ti ricordavo così dotata. I Grifondoro hanno acquistato un valido Cacciatore quest’anno. Era ora-
- Grazie-, ringraziò semplicemente.
- Mi dispiace solo per i Serpeverde. Anche loro meritavano di vincere-
Bella si strinse nelle spalle. Non riusciva a gioire di una vittoria se il fratello e i cugini erano tristi per aver perso.
- E’ solo un po’ di sano sport-
- Sano? Non direi, a giudicare dal lancio di Potter. Giuro, in quella famiglia tutto il buonsenso l’hanno dato ad Albus-
Bella tornò con la mente alla loro discussione di poco prima, e non poteva essere d’accordo.
- No, credo che nessuno abbia buonsenso, in quella famiglia, almeno. Se consideriamo anche i vari cugini, forse Rose ha questa qualità-
- Ah, Rose…ma Rose non è una Potter-, replicò allegramente Emma. – Ma sarebbe di sicuro una Potter validissima. Mi meraviglio di come, però, non parli più con Scorpius. Ricordi come erano amici? Tutti credevano si sarebbero messi insieme-.
Bella fece una smorfia.
- Per quanto Scorpius abbia voluto bene a Rose, non credo sia mai stato attirato da lei-
- Ne sei così convinta?-
- Potrei giurarci. Rose è stata un’ottima amica, ma credo che Michelle abbia catturato la sua attenzione-
- Ah…quindi non possiamo tifare nessuna coppia Malfoy-Potter, giusto?-
Bella sospirò, chiedendosi come mai tutta Hogwarts non faceva che ipotizzare una coppia del genere.
- Credimi quando ti dico che noi Malfoy siamo completamente diversi dai Potter. Non potremmo mai andare d’accordo, o, se lo facciamo, la cosa dura poco-
Emma la guardò di sbieco, ma non aggiunse altro, e Bella la ringraziò mentalmente per non aver insinuato che tra lei e James ci fosse qualcosa.
- Hai ragione. D’altronde, è quello che ripeto sempre a Murtagh. Ma anche lui è d’accordo. Anzi, credo che abbia sempre sostenuto il fatto che le vostre famiglie non potranno mai andare d’accordo. Però, sai, non posso fare a meno di pensare che tu sia costretta a fare amicizia con loro-
- Hai detto bene. Sono costretta-.
- E la costrizione non porta mai a nulla di buono-
Senza essersene rese conto, le due ragazze erano arrivate nel piccolo luogo che Bella considerava sacro, e si sedettero su una panchina. Rabbrividirono, e constatarono con disappunto che era bagnata, e che ora le loro divise sarebbero inzuppate.
- Avremmo dovuto prevederlo. Dopo la partita c’è stato quasi un acquazzone!-
- Davvero? Io ero troppo impegnata a portare il capitano dei Grifondoro in infermeria per accorgermene-
Emma era stupita sinceramente. I suoi occhi sgranati le strapparono un sorriso sincero.
- Quindi non hai festeggiato con i tuoi compagni la vittoria sulle Serpi?-
Bella negò. Era la prima partita a cui partecipava, e non aveva avuto l’occasione. Tra l’altro, pensò che i compagni erano troppo abituati a festeggiare solo tra maschi, che non avevano per niente sentito la sua mancanza.
- Ma è una notizia grandiosa!- esclamò Emma.
- Come?- domandò Bella, troppo confusa per pensare ad altro.
Emma tirò fuori una bottiglia e un paio di bicchieri dalla borsa che portava a tracolla.
- Stavo giusto cercando una buona compagnia per stappare questa bottiglia. Me l’ha regalata mia sorella, me l’ha portata dalla Francia, e mi ha assicurato che è il miglior rosè che si possa trovare in commercio-. Le mostrò la bottiglia con il liquido rosato all’interno.
- Non sapevo avessi una sorella-, riflettè Bella.
Emma scacciò quel dubbio con la mano. – Oh, non puoi conoscerla. E’ già sposata e con figli. Ha frequentato Hogwarts ma se n’è andata prima che la frequentassimo noi-
Mentre parlavano, si affrettò a riempirle un bicchiere e a porgerglielo, poi riempì il suo.
Bella non aveva mai assaggiato un rosè, anche se a casa spesso lo si beveva con ospiti. Non ricordava profumasse così di lavanda.
- Bene. Brindiamo al successo della tua prima partita, e a tutte quelle che seguiranno!- esclamò la bionda, senza perdere tempo.
Bella sorrise.
- E anche a noi donne, senza le quali i ragazzi non sarebbero in grado di fare nulla-, propose.
- Sì, brindiamo anche a noi donne!-
Le due lasciarono toccare i due bicchieri di plastica. Senza indugi, Bella buttò giù tutto il bicchiere in un sorso.
Sentì uno strano torpore percuoterle il corpo, facendola avvampare. Si leccò le labbra e guardò il bicchiere vuoto.
- Davvero. Non ne ho mai assaggiati di così buoni. Tu non bevi?- chiese alla ragazza, osservando il suo bicchiere ancora pieno.
Emma rise.
- Bevo a piccoli sorsi, o finirò per ubriacarmi-. Per dimostrarle che diceva la verità, portò il bicchiere alle labbra e ne bevve un sorso. Tossì e le cadde il liquido dalle labbra.
Allarmata, Bella si piegò su di lei, mentre tossiva.
- Ehi, Emma, tutto bene?-
Le sbattè le palpebre e scosse la testa.
- Maledizione. Temo di aver preso freddo-, sospirò triste.
- Allora è meglio se vai dentro. Vuoi che ti accompagni?-
- Non vorrei disturbarti…-
- No niente disturbo!- esclamò prontamente lei. Le prese il bicchiere e glielo svutò per terra. – Questo non fa bene se sei malata. Vogliamo andare in infermeria? Se vuoi ti accompagno..-
- Oh, no, tranquilla-, rispose Emma, prendendo la bottiglia e porgendogliela. – Se vuoi te lo regalo-.
Bella scosse la testa, e le girò un attimo. Nonostante le apparenze, quel liquido era forte. – No, tienilo tu. In fondo, tua sorella l’ha dato a te-
Emma si strinse nelle spalle. Insieme si incamminarono verso il castello. Lungo il tragitto, Bella insisteva ad andare in infermeria, ma alla fine Emma ammise di avere già una pozione, dato che non era la prima volta che le accadeva, e che non era niente.
Al contrario di quanto Emma sperasse, Bella insistè e alla fine non potè che capitolare.
Le due ragazze entrarono in infermeria, e madama Lancaster disse a Bella di aspettare mentre controllava Emma.
Bella, non sapendo che fare, decise che ne avrebbe approfittato per dare una sbirciatina a James. Sentì un gran trambusto, e vide attorno al suo letto un bel po’ di ragazzi che ridevano e scherzavano. Così ne approfittò per avvicinarsi a loro.
- Malfoy!- la salutò Winchester, mettendole una mano attorno alle spalle e stringendola a sé. La ragazza sorrise e non disse niente. Non le andava di litigare. Era decisamente allegra, e forse quell’allegria era dovuta al rosè che aveva assaggiato con Emma e bevuto tutto d’un sorso.
Sorrise ai ragazzi e poi sorrise anche a James, che la guardò preoccupato.
- Tutto bene?-
- Mai stata meglio, James- rise lei. Si strinse a Winchester e tutti la guardarono un po’ straniti. – Ma cosa sono quelle facce? Abbiamo vinto o no?-
A quella domanda, un boato riempì l’infermeria. Bella rise, mentre James sorrideva ma la guardava sospettoso.
- Chi sono i migliori?- chiese ancora.
- Grifondoro!- risposero tutti.
Bella ripetè la domanda ancora una volta, e gli altri le risposero, fino a che non furono sgridati da madama Chips. L’anziana signora mise i pugni in vita e li rimproverò, dicendo loro che c’erano altri malati.
- Oh, madama, andiamo! Tutti sono contenti di vedere i Serpeverde sconfitti, quindi a nessuno può mai dare fastidio la nostra felicità-, sindacalizzò Winchester.
- Non ai Serpeverde-, ribattè la guaritrice.
- Ah, davvero? Beh, mi spiace, ma non ci interessa-, fece Bella.
Tutti la guardarono come se avesse detto qualcosa di male. Lei si strinse nelle spalle. – Beh, che c’è? Abbiamo vinto no? Se non volevano sentirci, potevano vincere-
- Mi meraviglio di lei, signorina Malfoy. Suo cugino è qui e lei pensa a festeggiare?-
Bella si fermò e la guardò interrogativa.
- Scorpius?-
- Il signor Greengrass-.
Bella sbiancò e si zittì. Tutti si scusarono e la Chips li ammonì: se avessero fatto di nuovo troppo baccano, li avrebbe cacciati. Ma la Grifondoro non riusciva più a pensare ad altro che a Edward.
Cosa gli poteva essere successo? Doveva trovarlo, assicurarsi che non fosse nulla di grave.
Come in uno stato di trance, neanche salutò i Grifondoro, che la guardarono interrogativi, e si avviò per la corsia fermandosi solo quando lo vide.
Edward era seduto con le braccia in grembo che guardava fuori dalla finestra. Il suo sguardo era duro e lontano. Aveva un lungo taglio sul naso e del sangue raggrumato attorno alle labbra e ad una guancia. I lunghi capelli scuri erano tirati indietro, ed erano bagnati, forse per togliere le tracce di sangue.
- Edward- soffiò, avvicinandosi a lui. Poggiò le mani sul letto e lo guardò intensamente.
Il suo cuore fece un balzo quando la guardò. Era quasi un anno che non erano così vicini e che non parlavano da soli. In un attimo, tutto intorno a loro scomparve, e per Bella c’erano solo loro due.
Gli sfiorò con mano tremante la guancia malandata.
- Cosa ti è successo?-
Edward strinse le labbra e non le rispose. Lei insistè, prendendo una sedia e sedendosi accanto a lui. Fece per prendergli una mano tra le sue, ma il Serpeverde si allontanò.
- Cos’è, ora ti interessa di un Serpeverde? Non vuoi tornare insieme ai tuoi amici rompipalle?-
- Chi se ne frega. Tu sei più importante di ogni cosa-, rispose lei ansiosa con trasporto.
Edward la guardò come se quella che stesse parlando non fosse sua cugina.
- Non prendermi in giro. Ho smesso di essere importante per te già da un po’…-
Una fitta al cuore la colpì. Non riusciva a capire perché, ma le facevano male quelle parole.
- Io…sono stata una cieca, Ed. Sono stata talmente cieca da non capire che ti ho fatto soffrire. Tu si che sei importante, e io sono una stupida-.
Abbracciò con forza Edward, che era talmente stupito per riuscire a fare qualsiasi cosa.
Al di sopra della spalla della ragazza, guardò i Grifondoro, che li osservavano quasi a bocca aperta. Anche loro avevano saputo che Bella lo aveva lasciato perché non lo amava, e ora dichiarava il contrario. Guardò il viso di James, atterrito. Un sorriso sghembo gli attraversò il viso e abbracciò la ragazza.
Bella si sentì calma, finalmente a casa. Era come se finalmente avesse capito il suo posto. No, tutti sbagliavano su di lei. Lei non poteva provare niente per James, perché il suo cuore era sempre stato di Edward.
Lo guardò. I suoi occhi verdi continuavano a essere duri, ma il sorriso gli illuminava il volto.
Bella glielo prese tra le mani e lo baciò con passione.
Qualcuno alle loro spalle fischiò, seguito da una risata divertita. Bella si riscosse improvvisamente, cercando chi aveva rovinato quel momento magico. Se non fosse stata Emma, avrebbe già cacciato la bacchetta.
Si avvicinò serena e felice.
- Ecco perché dicevi che nessuna coppia Malfoy-Potter potesse esserci- ridacchiò.
- Già. Non te l’ho detto, ma solo ora l’ho capito. Il mio cuore è sempre stato di Edward. E lo amo. Lo amo. Ti amo tantissimo-, esclamò guardandolo.
Edward le sorrise e le prese una mano, se la portò alle labbra e la baciò.
- Non ho mai smesso di farlo…- le sussurrò.
Bella si sentì le farfalle nello stomaco, e prese un sospiro, guardandolo come in un sogno.
In quel momento, la Chips entrò per dire a tutti che l’orario delle visite era finito.
Bella, con disappunto, dovette lasciarlo andare.
- Tornerò il prima possibile- promise, e seguì Emma e i Grifondoro fuori dall’infermeria.
Spazio dell'autrice:
Prima di tutto, scusate l'imperdonabile ritardo per questo capitolo, ma l'università mi ha praticamente succhiato via il tempo. Spero che con questi avvenimenti mi sia fatta perdonare.
Ringrazio chi costantemente continua a seguirmi e recensirmi. Aspetto vostri commenti.
Baci,
Rupi
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