One step closer

di esse198
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The coffee girl ***
Capitolo 2: *** Victoria Sandwich ***
Capitolo 3: *** About you, about me ***
Capitolo 4: *** The girl who cried ***
Capitolo 5: *** Writing to you ***
Capitolo 6: *** Lunch ***
Capitolo 7: *** Waiting for... ***
Capitolo 8: *** Dinner ***
Capitolo 9: *** Messages ***
Capitolo 10: *** To Detroit ***
Capitolo 11: *** Jealousy ***
Capitolo 12: *** Streets of an Old City ***
Capitolo 13: *** On the road ***
Capitolo 14: *** Children's Home ***
Capitolo 15: *** Orange Sky ***
Capitolo 16: *** Breakfast ***
Capitolo 17: *** Reading ***
Capitolo 18: *** The Last Day ***
Capitolo 19: *** The great Pumpkin ***



Capitolo 1
*** The coffee girl ***



 

The coffee girl

Era diventata famosa per essere la ragazza del caffè.
- Ti ha soppiantata, Jenna – commentò ironico verso la sua collega di lavoro, famosa per essere la ragazza dei soufflé.
Non sapeva il suo nome, aveva assaggiato il suo caffè italiano e l’aveva trovato strepitoso. Poi un giorno era andato a conoscerla.
Era Anya, tuttofare, ma soprattutto abile nel fare il caffè.
Era una ragazza minuta, più bassa di Jenna e corporatura esile, capelli scuri e mossi e occhi grandi e scuri.
La videocamera del Confidential lo aveva seguito e Matt aveva eseguito la sua pantomima presentando la povera Anya, timida e impacciata, all’obiettivo e chiedendole di mostrare come faceva il suo portentoso caffè. Matt non la tirò molto a lungo, vedendo il disagio della ragazza, ma l’aveva ringraziata molto per la sua bevanda meravigliosa.
Così, ogni tanto, la notava tra gli altri sfrecciare veloce da una parte all’altra degli studi.
- Guarda come corre su quei trampoli! Come fa? – Jenna aveva notato le sue scarpe sempre alte, per compensare un po’ alla bassa statura, su cui Anya andava sempre con la massima naturalezza.
- Potrebbe fare la modella con quella sua andatura perfetta! – aggiungeva.
Matt ascoltava i suoi commenti divertito, soprattutto quando la vedeva perdere la testa per qualche modello che a lei piaceva più degli altri. Jenna l’aveva anche fermata una volta, per complimentarsi sul suo impeccabile gusto in fatto di scarpe.
Anya faceva il suo lavoro con passione nonostante questo consistesse nel correre da una parte all’altra per recuperare e procurare tutto quello che serviva. Una passione dettata dalla stessa, e immensa, passione per lo show “Doctor Who”. Aveva desiderato tanto varcare gli studi dove giravano la serie e dopo aver tentato tanto, era riuscita a farsi assumere come tuttofare, una specie di ultima ruota del carro. Anya però era una che si rimboccava le maniche e non temeva la fatica, lavorava con precisione e attenzione, inoltre era un tipo che non prevaricava nessuno, anche perché non le interessava fare carriera in quel settore. Le importava solo esserci, per quelle quattro ore al giorno.
Poter assistere, in parte, alla realizzazione del suo show preferito e intravedere, spesso da lontano, il suo Dottore preferito la ripagava di tutti i sacrifici.
Per fortuna le giornate non erano tutte frenetiche. Ce n’erano anche di più tranquille, giornate in cui poteva permettersi di guardarsi attorno, osservare il lavoro degli altri e assistere dal vivo alle riprese di alcune scene.
 
Un giorno Matt la vide piangere.
Stava seduto, in una pausa, e Jenna non era con lui.
La vide parlare al telefono. Sembrava preoccupata, sconvolta. Dopo aver chiuso la chiamata avvisò la collega che si sarebbe allontanata, la vide correre via e quando la rivide in giro, notò gli occhi rossi e lo sguardo provato.
Lo colpì tanta discrezione e forza di volontà. E provò anche una strana tenerezza.
Per quello la sera stessa, alla fine delle riprese, si recò a casa sua.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Victoria Sandwich ***



 

Victoria Sandwich

Avere il suo indirizzo non era stato difficile, era bastato chiederlo ad una delle sue colleghe. Sapeva che qualcuno avrebbe iniziato a chiacchierare, ma non gli importava, non gli era mai importato tanto.
Quando Anya andò a vedere chi era alla porta rimase di sasso, non poteva credere che fosse proprio lui.
Aprì e continuò a dubitare dei suoi occhi.
- Ciao! – aveva esordito lui, alzando il braccio per far penzolare davanti alla ragazza il pacchetto che aveva con sé. Anya non sapeva cosa dire, anche solo “Ciao” le sembrava fuori luogo, come poteva esserci Matt Smith davanti alla sua porta? Che ci faceva lì?
- È successo qualcosa? – le venne da chiedere. Sapeva che se anche fosse successo qualcosa non avrebbero mandato lui, non era lui l’addetto a recare messaggi. Ma non le venne in mente nient’altro da dirgli.
- No, è tutto ok! Ho solo pensato che tu sei stata così gentile a offrire caffè per tutti e così mi chiedevo se qualcuno avesse già ricambiato tanta gentilezza.
Anya continuava a non crederci e lasciava il povero Matt sulla porta. Quest’ultimo infine chiese:
- Non mi fai entrare?
- Si! Certo! Scusa! – la ragazza si scostò e le sembrò ancora più assurdo avere Matt dentro casa, tra le cose della sua normale e intima quotidianità.
Stava in mezzo alla cucina, in tutta la sua altezza ad attendere il permesso di lei a sedersi e intanto aveva poggiato il pacchetto sul tavolo.
Anya pensò che quello doveva essere un sogno e che presto si sarebbe svegliata e sicuramente sul più bello, come quasi sempre le accedeva con i suoi sogni. Quasi sempre.
- Quello cos’è? – chiese, vedendo quanto il ragazzo avesse focalizzato la sua attenzione sul pacchetto.
- Aprilo.
Anya lo invitò a sedersi e, di fronte a lui, all’altro lato del tavolo, iniziò ad aprire la scatola bassa e rettangolare. Ne uscì una torta.
- La Victoria Sandwich – la presentò Matt. – Uno dei dolci tipici inglesi. Dovrebbe essere buonissima: l’ho presa in una delle migliori pasticcerie di Londra.
La ragazza si sentì quasi commossa. Era così bella che sembrava un peccato doverla mangiare.
- Grazie. – disse, sollevata anche di non avervi trovato una portata di bastoncini di pesce con la crema pasticcera, vista la strana aria da Dottore che emanava quella sera. Quindi apparecchiò, prese piattini e forchette. Fu lui a tagliarla e infine la mangiarono.
Matt osservava attentamente la ragazza: non aveva gli occhi rossi, segno che non aveva più pianto di recente, era evidentemente spaesata per la sua presenza, adesso, e, in effetti, la sua motivazione non doveva essere stata molto convincente, ma non voleva essere invadente.
Quando infornò il primo boccone, le si illuminò lo sguardo, iniziò a roteare la mano che teneva la forchetta in segno di apprezzamento ed emise il suo verdetto finale:
- È divina!

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Capitolo 3
*** About you, about me ***


 
                          



About you, about me

 
- Ho una confessione da farti: io sono una tua fan sfegatata. Quindi se dovessi avere una crisi isterica, che stranamente non ho ancora avuto, ti prego di perdonarmi.
Dopo il primo pezzo di dolce, Anya aveva riacquistato lucidità e consapevolezza, almeno un po’. E finalmente emerse quella sua leggera vena ironica che la aiutava a mascherare e combattere tanta timidezza.

Anya non era il tipo di ragazza che sa sempre il fatto suo e sicura di sé, spesso le conferme la lusingavano, ma lei riusciva comunque a mettersi in discussione e a dubitare di sé.
Dicono che la timidezza è un aspetto affascinante nelle persone e forse fu proprio questo a colpire Matt.
C’era un misto di dolcezza e timidezza, di calma e malinconia in Anya.
- Di dove sei? – chiese Matt.
- Italia. – aveva risposto la ragazza.
- Certo, questo lo sapevo… più precisamente?
- Sicilia.
Matt aveva rotto il ghiaccio e iniziarono a parlare ognuno delle proprie origini. Anya parlò della sua città sul mare che definì “Come una bella donna che non cura per nulla il suo aspetto, eppure si vede che è bella.”

Matt in realtà non parlava molto, sembrava molto interessato a quel che aveva da dire la ragazza. Lei non si dilungava troppo per paura di annoiarlo, ma presto le parole si fecero strada tra i due mettendo a confronto percorsi e stili di vita differenti che si incontravano tra un tavolo e una Victoria Sandwich. Un confronto di esperienze che diventava condivisione nei loro racconti.
Anya era cresciuta nella sua città, completando le scuole senza troppe difficoltà, aveva lasciato l’università dopo due anni e aveva iniziato a lavorare. Aveva fatto la commessa, la babysitter, aiutato i suoi genitori nelle loro attività.
- Come mai sei qui, a Londra? -  aveva chiesto Matt.
- Il sogno di una vita. Ho sempre desiderato venire qui. Sono venuta in vacanza e poi sono tornata per restarci. Non ho ambizioni, farei qualunque cosa, anche portare il caffè, come sto facendo adesso. Spero solo di riuscire ad andare avanti senza troppi problemi.
- Dev’essere stato difficile…
- All’inizio molto. Soprattutto per la lingua, tante volte ho pensato di mollare, ma poi piano piano le cose sono andate sempre un po’ meglio. Adesso sto bene.
Matt sorrise. Anya aveva un modo molto semplice e limpido di esporsi, non se la tirava e nelle sue parole traspariva solo molta passione ed entusiasmo. Come quando raccontò delle sue escursioni in giro per Londra appena aveva del tempo libero.

Lui invece era un pò schivo, posato, ma lentamente si sciolse e si mise a scherzare raccontando di sé, facendo le sue facce buffe e muovendo tanto le sue mani. Tutto ciò divertiva Anya e si lasciava andare in leggere risate che contagiavano anche lui.
A un certo punto Matt parlò della sua scuola maschile e delle stupidate fatte a quell’età.
- Eravate tutti maschi? – chiese Anya.
- Si.
- Oh, anch’io ero in una classe di sole femmine! Quante litigate!
Il tono acuto che usò fece ridere Matt:

- Anche tu hai frequentato una scuola di genere?
- No, in realtà no, ma l’indirizzo pedagogico interessava quasi solo ragazze. In tutta la scuola c’erano solo quattro ragazzi.
- Beati loro!
- O poveri loro! – esclamò divertita lei.
La scuola fece ricordare loro le imbarazzanti avventure adolescenziali, i primi amori e le grandi amicizie, si raccontarono storie che a tratti facevano male e altre di cui risero di gusto.

La serata trascorse veloce e quando Matt vide l’ora dovette a malincuore congedarsi. Ma era sollevato per l’umore della ragazza.
Si alzò e si diresse verso l’uscita, accompagnato da Anya.
- Io non ho davvero capito perché sei qui. Non è nemmeno il mio compleanno… però è stato un regalo meraviglioso. Si, lo prendo come un regalo. Ti ringrazio tanto.
Matt strinse gli occhi e distese le labbra sottili in un sorriso.

E se ne andò.

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Capitolo 4
*** The girl who cried ***




The girl who cried
 
- Le voci girano e i pettegolezzi aumentano. – Aveva esordito Jenna sedendosi sulla sedia, accanto a quella di Matt, in un momento di pausa.
- Sento che vuoi dirmi qualcosa, ma non ci arrivo… - rispose Matt. Jenna aveva sorriso vedendo come il suo amico si teneva sulla difensiva.
- Si dice che tu frequenti la casa della ragazza del caffè…
- Sono andato solo una volta. – si lasciò scappare il ragazzo.
- Sul serio? – Jenna scattò in avanti – c’è del vero in queste voci?
Matt scivolò sulla sedia, allungando le gambe in avanti, come a sdraiarsi e stringendosi nelle spalle.

- Allora? Racconta! Perché sei andato? È successo qualcosa che è meglio che io non sappia?
- No! – stavolta scattò lui.
Ci fu una pausa, in cui lei aspettava piena di curiosità e lui guardava dritto davanti a sé, pensando a cosa dire e a come spiegarsi.

- L’ho vista piangere. -  disse alla fine e Jenna pensò che avrebbe continuato, ma sembrava che lui avesse già finito il suo racconto.
- E quindi? La gente piange, ride, si arrabbia, si deprime, si rallegra. E allora? – insisteva.
- Allora lei piangeva da sola, nell’ombra, senza che nessuno le rivolgesse una parola o un gesto di conforto.
- Sei andato tu?
- No. Sarebbe stato innaturale e poi sembrava volesse restare sola.
- Quindi è stato naturale andare a casa sua? Ma l’avevi avvisata?
Matt cercò di spiegare e rispondere alle domande dell’amica, raccontò com’era andata, del dolce e della piacevole chiacchierata.

- E hai scoperto cosa le era successo?
- No, non gliel’ho chiesto, ho visto che stava meglio, abbiamo anche riso e scherzato. Andava bene così.
Jenna non capiva. Davvero non capiva. E alla fine si arrese. Non fece più domande.

E non avrebbe potuto perché in quel momento si avvicinava Anya con un vassoietto recante due fette di ciambellone che aveva portato per tutti.
- Sono le ultime rimaste. Mi sembrava doveroso riservarle ai protagonisti.
- Oh, grazie! – esclamò Jenna, che aveva molto apprezzato il sapore dolce dell’arancia del ciambellone.
- Scommetto che l’hai fatto tu. – disse Matt.
Anya annuì, sorrise e stava per andare, ma Jenna la fermò.

- Tu lavori all’Addison Library, vero?
- Si.
- Oh, ci andavo spesso da piccola con mio padre. È una biblioteca piccola, ma molto bella. – disse l’attrice e rivolgendosi  a Matt continuò:
- E c’è una sezione con libri antichi dalle rilegature particolari. Mio padre va matto per queste cose e mi trascinava con sé. Dovrei tornarci. Magari ci vediamo. – concluse voltandosi verso Anya.
Quest’ultima annuiva e cercava di afferrare tutte le parole di quel monologo veloce. Poi fece per andare e stavolta fu Matt a fermarla per ringraziarla del dolce.

- Grazie a te. – rispose lei.
E lo disse con un tono serio, guardandolo bene negli occhi, non a lungo, ma abbastanza da far venire il dubbio a Matt che forse li aveva sentiti prima, quando parlavano di lei. 

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Capitolo 5
*** Writing to you ***


piccola premessa: ci sono delle semplici frasi in inglese, la cui traduzione è stata messa alla fine. forse non era necessaria, ma meglio non dare tutto per scontato^^




Writing to you

- Ciao! 
Ritto, davanti a sé, come spuntato dal nulla.
Di nuovo lui, di nuovo Matt.
- Che ci fai qui?
- È bello qui. Proprio bello, non ero mai venuto in questa biblioteca.
Continuò a guardarlo sorpresa e con aria interrogativa.
- Posso? – chiese, indicando la sedia di fronte a lei, che stava seduta al tavolo grande della biblioteca, alle prese con la compilazione di alcune schede sul pc.
Lei annuì e lui si sedette.
E non diceva niente. Allora Anya prese un foglio e scrisse:
“I didn’t cry, today”[1]
Lo capovolse e glielo fece leggere. Lui lesse e poi alzò lo sguardo su di lei, che lo aspettava timidamente ammiccante.
Matt prese la penna e scrisse:
“You’ve heard us, haven’t you?”[2]
“Thank you”[3] rispose lei  e disegnò una faccia sorridente che non avrebbe mai potuto competere con la dolcezza dell’originale. Si riferiva, naturalmente, al pensiero che aveva avuto lui ad interessarsi di lei, quella sera.
“Why are you writing to me?”[4] chiese Matt.
“’Cause I can’t talk to stranges men…” [5]
Matt sbuffò in un sorriso, socchiudendo le labbra e storcendo gli occhi.
“When do you finish the job?”[6] chiese dopo un pò. Lei guardò l’orologio e scrisse:
“20 minutes”[7]. Ci pensò un po’ su e tornò sul foglio:
“Why are you here?[8]
“For a lunch”[9]
Anya non resistette:
“With…?[10]
“You”[11]
Alzò gli occhi su di lui, si puntò le dita addosso, indicandosi e chiedendo conferma. Lui annuiva divertito.
Lei prese il foglio, lo piegò e lo infilò nella borsa, assieme a tutte le altre sue cose che aveva raccolto, si alzò e si avviò verso il corridoio che portava all’uscita.
Matt, preso alla sprovvista, si alzò anche lui e la seguì.
- Non dovevi finire tra venti minuti?
- Li recupero domani. – disse camminando, poi si fermò di colpo, si voltò verso Matt e chiese:
- Dici sul serio?
- Si.
- Perché?
- Perché è domenica, è una bella giornata, ho del tempo libero e ci sono ancora molte cose che non so di te.
- Tipo?
- C’è un bel ristorante qui vicino, niente di lussuoso, so che ti agiteresti. Ci si arriva tranquillamente a piedi.
- A piedi? Ma non verrai fermato da chiunque?
- No, sai, andando da solo in giro, normalmente, nessuno si accorge di me.
- Tu, il Dottore, a Londra, la domenica a mezzogiorno, che passi inosservato?
- Certamente! – concluse e si avviò verso l’uscita.
Velocemente imboccò il primo vicolo, a cui sarebbero seguiti altri. Anya, che lo seguiva sconcertata, alla fine sbottò:
- Che sbruffone sei! Qui non passa anima viva! – e scoppiò in una risata liberatoria.
 
[1] “Non ho pianto oggi”
[2] “Ci hai sentiti, vero?”
[3] “Grazie”
[4] “Perché mi stai scrivendo?”
[5] “Perché non posso parlare con gli estranei… (o uomini strani)”
[6] “Quando finisci il lavoro?”
[7] “Tra venti minuti”
[8] “Perché sei qui?”
[9] “Per un pranzo”
[10] “Con…”
[11] “Te”

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Capitolo 6
*** Lunch ***





Lunch
 
Erano passati dei mesi dalla fine delle riprese, presto le nuove puntate sarebbero andate in onda. Anya non lavorava più sul set, naturalmente, ed era tornata ad avere solo il part-time in biblioteca, che non era molto, ma per ora era sufficiente.
Per la seconda volta Matt era apparso nella sua vita senza un motivo apparente. Anche se la motivazione per la volta precedente era stata la compassione, restava comunque un vero mistero il motivo di tanto interessamento. Non lo aveva più rivisto. Fino a quella domenica mattina. Quell’episodio era rimasto isolato, come una bolla di sapone sospesa nell’aria, senza alcun senso, ma pur sempre il ricordo di un momento bellissimo e che avrebbe conservato come il miglior vanto della sua vita.
Il ristorante in cui erano entrati era molto intimo e familiare, ma non era grande e lo stile era molto naif: tavoli rotondi e non molto grandi, sedie color panna dalle forme tondeggianti, pareti e tovagliato dai colori tenui e delicati. Su ogni tavolo c’era un piccolo centrotavola di fiori rosa, spruzzati di verde.
Anya era agitata e nervosa, e non per il posto, che invece era molto accogliente, ma per quella situazione inaspettata.
- Ti piace?
- Si. – Anya si sentiva a disagio e cominciava ad avvertire un forte mal di testa:
- Perché mi hai invitata qui?
- Non era stato programmato. Mi trovavo da queste parti e quando ho visto la biblioteca mi sei venuta in mente, così ho pensato di vedere se c’eri. E infatti ti ho travata!
- Ok, ma invitarmi anche a pranzo…
- Oggi sono solo e tu mi sembri una buona compagnia. – era tranquillo, rilassato, sicuro di sé.
- Ci sono dei paparazzi?
- Cosa?
- Hai bisogno di procurargli qualche scoop?
- No! – disse lui, come fosse un’assurdità quel che diceva la ragazza.
Ne seguì un silenzio imbarazzante, sintomo di una tensione implicita.

Anya si alzò e disse che sarebbe andata in bagno. Matt cercò di fermarla, ma lei assicurò di tornare.
Arrivata in bagno tirò dei profondi respiri, cercò di calmarsi. Guardandosi allo specchio, notò che il trucco non era più perfetto come al mattino. Prese un analgesico contro il mal di testa, scacciò i cattivi pensieri e i timori e decise di tornare.
Matt cercò di scusarsi e di spiegarsi, ma Anya fece un sorriso e propose di ordinare. Sì, il sorriso forse era stato un po’ forzato e tra i due continuò ad esserci del distacco. Poi però, nel consultarsi su cosa prendere, l’atmosfera iniziò lentamente a distendersi.
Dopo aver ordinato presero a parlare di cibo, della differenza tra i sapori inglesi e quelli italiani, Anya accennò alla bravura della madre in cucina proprio quando le squillò il telefono. Chiese scusa e rispose.
Matt si trovò ad ascoltare una breve conversazione in una lingua che proprio non capiva.
- Scusa, di solito mia madre non chiama mai se sa che sono impegnata. Ma stavolta non lo sapevo nemmeno io, di essere impegnata. – disse tornando a sedersi.
- Tutto bene? – chiese Matt avvertendo un’aria tesa che non capiva se era dovuta alla tensione che c’era stata prima o alla recente telefonata.
- Si, tutto ok.
- No, è che mi è tornata in mente quella volta che ti ho visto triste, al telefono…
Anya assicurò che andava tutto bene, ma stavolta Matt volle sapere cosa era successo quella volta, sapeva che non erano fatti suoi, ma non aveva saputo frenarsi dal chiederglielo. Lei esitò un attimo e lui pensò che aveva decisamente scelto l’argomento più sbagliato per sciogliere la tensione e così provò a ritirare la domanda, ma lei iniziò. Aveva il capo chino, le braccia sul tavolo e le mani che giochicchiavano con le posate:
- In realtà non riguardava me. Vedi, a volte succedono delle cose brutte, a persone che conosci. Ci sono cose brutte che un po’ ti aspetti e poi ci sono quelle che non ti aspetti, quelle che accadono all’improvviso. Mi dispiace, mi dispiace per queste persone, penso a come si possano sentire, qualcosa di così terribile che non riesco nemmeno a immaginare, non voglio immaginarlo. E se mi dispiace per loro, poi, egoisticamente, penso a me, alla mia famiglia. Penso che siamo sempre convinti che a noi non può succedere nulla di brutto, che accadono agli altri, eppure “altri” così vicini a noi. Mi assale la paura e un capriccioso risentimento verso una sorta di destino ingiusto, se così vogliamo chiamarlo. – Anya si era lasciata andare in quella sua riflessione intima che la scuoteva e la irrigidiva ogni volta che ci pensava, quando sentì gli occhi inumidirsi, si scosse:
- Scusa! Mi sono messa a parlare di cose tristi. È uno dei miei difetti, parlo di cose tristi e metto in imbarazzo le persone. Scusa! Non si dovrebbe mai parlare di cose tristi. Non è giusto.
- Sono stato io a chiedertelo…
Matt avrebbe voluto muovere un gesto d’affetto, ma sentiva che lei non si fidava troppo di lui, forse la avrebbe infastidita. Così si limitò a guardarla con comprensione e poi decise di cambiare discorso. Le raccontò del suo tour promozionale, delle cose buffe che gli erano capitate, così lei iniziò a distendere lo sguardo e rise di gusto ai suoi racconti. Dagli aneddoti più recenti passò a quelli più datati, finendo per parlare di Karen. Gli occhi gli si illuminarono e l’allegria provata con la sua amica e collega riaffiorò nei suoi ricordi.
- È vero che siete segretamente sposati? – chiese all’improvviso Anya, interrompendolo anche.Lui fece la faccia di chi cadeva dalle nuvole che provocò l’ilarità di Anya.
- Beh, in giro ci sono diverse teorie su di voi, quella più bella è che siete segretamente sposati. Ma ci sono almeno altre tre possibilità, secondo me. – spiegò la ragazza.
- Ah si? E quali? – chiese curioso Matt. Il tono di Anya era giocoso, non c’era morbosità o invadenza. Per quello le diede corda. Anya cominciò a elencare:
- State insieme, ma non volete dirlo a nessuno. Siete stati insieme, ma ora è finita e siete rimasti comunque grandi amici. Non siete mai stati insieme.
Lui la guardava divertito, e forse leggermente imbarazzato.

- Ah! Ce n’è una quarta!
- Cioè?
- Che tu eri innamorato di lei, ma lei ti ha rifiutato.
- E perché non il contrario?
- Perché lei non ti guardava come la guardavi tu…
Stavolta il ragazzo era davvero imbarazzato, possibile che avesse colto nel segno? Anya cercò di rimediare buttandola sul professionale:

- Beh, voi ci avete marciato tanto…
- Noi stavamo davvero bene insieme. – disse lui, interrompendola – ci siamo divertiti tantissimo e tutte quelle dichiarazioni d’affetto non erano solo un gioco, c’era del vero. Ma non c’è stato mai nulla oltre l’amicizia.
Anya non sembrava del tutto convinta, ma non indagò più.

- Eravamo come due compagni di scuola che erano stati nello stesso banco per cinque anni. Avevamo la stupidera tipica dei ragazzini, c’era molta sintonia, per quello si sono creati questi equivoci. Provavamo una bellissima leggerezza alimentata anche dalla presenza di Arthur. Eravamo tre stupidi che facevano gli scemi, pensa com’eravamo messi! – e rise.
- Beh, è una gran fortuna ritrovare questa leggerezza a trent’anni. – commentò Anya, invidiando le sensazioni che aveva provato Matt.
- E tu? Non hai amori nascosti? – chiese il ragazzo spostando adesso l’attenzione su di lei. – O persone di cui ti sei innamorata ma che ti hanno rifiutato… - si vendicò subito con un’espressione dispettosa. Lei rise e concluse:
- A me è sempre andata così! – di nuovo quella sua autoironia che a volte finiva per screditarla completamente.
Matt non ci aveva creduto. Anya era una ragazza carina, sul suo viso si potevano apprezzare i lineamenti morbidi e, a tratti, infantili: nelle guance rotonde e soffici, negli occhi grandi, contornati da ciglia nere, nelle labbra carnose. E poi era una ragazza molto dolce e gentile. Non la conosceva molto, ma era questo ciò che avvertiva. Ed era anche divertente. Rise molto quando lei gli raccontò di uno dei suoi primi amori con un ragazzo eternamente indeciso che si faceva avanti con lei e poi ci ripensava, fino a che, dopo mesi, si misero insieme.

- Non durò molto. Quel poco che è durato è stato tutto molto bello, ma alla mia prima crisi deve essersi spaventato e dopo qualche giorno è sparito.
- Ti ha lasciato e non te l’ha mai detto?
- Esatto! Tecnicamente starei ancora con lui. – concluse in un sorriso.
Il tempo era trascorso veloce. Si erano fermati al ristorante anche un bel po’ di tempo dopo aver finito di pranzare. Ma Matt si ricordò che doveva partire per Northampton, a trovare la sua famiglia. Si era offerto di accompagnarla, ma lei declinò. Prima di separarsi però Anya volle fargli una proposta:

- Ti andrebbe di venire a cena da me?
- Adesso?
- No! Una sera che non hai impegni. Così ricambio il dolce e il pranzo. So di correre un rischio, potrei fare una pessima figura cucinando, ma voglio osare!
- Ok!
A quel punto le chiese il numero di telefono con la promessa che la avrebbe chiamata appena si sarebbe liberato degli impegni.

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Capitolo 7
*** Waiting for... ***



Waiting for…
 
Erano passati altri mesi. Anya non aveva mai dimenticato quel pranzo iniziato un po’ male, ma recuperato in corso d’opera. Si era concluso con una promessa che, secondo Anya, non sarebbe stata mantenuta. Però Matt si servì del suo numero per mandarle qualche messaggio. Questi erano sporadici, ma ad Anya facevano sempre piacere. Per quanto cercasse di rimanere lucida e razionale era ormai in balìa di Matt, dei suoi messaggi e delle sue attenzioni. Allo stesso tempo era abbastanza pessimista da smettere di sperare nella realizzazione della cena.
 
“Gotcha!” fu il primo messaggio che ricevette un pomeriggio che si trovava in giro per negozi con un’amica.
 
“Sei in giro a fare shopping con un’amica!” fu la seconda parte.
 
“Allora non sei solo un topo di biblioteca!” concluse il terzo messaggio.
 
Anya entrò in agitazione. La stava vedendo, lui era in zona e lei non lo vedeva. Così lo chiamò:
- Dove sei?
- Ciao! Come stai?
- Dove sei? – insisteva lei.
- Sono in macchina. Il mio cocchiere mi sta riportando nella mia umile dimora. – aveva voglia di scherzare.
- Credevo fossi qui da qualche parte a spiarmi.
- Ero fermo al semaforo e ti ho visto. – fece una pausa e poi aggiunse:
- Non ho dimenticato la cena.
- Sembrava di sì… - le scappò da dire con un tono leggermente sconsolato.
- Ci sono buone speranze. Settimana prossima penso di liberarmi. Tu hai degli impegni?
- Devo controllare l’agenda… Sì, credo di potermi liberare. – disse in tono fintamente snob.Lui rise e promise di farsi sentire presto per un ulteriore conferma.
Conferma che arrivò con qualche giorno di ritardo, ma arrivò.

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Capitolo 8
*** Dinner ***




 
Dinner
 
- Hello!
- Ciao! – e la sua bocca si spalancò in un’espressione di sorpresa.
Non era tanto la bellezza, che già le mozzava il fiato senza che lui si mettesse in tiro e la camicia chiara con il collo sbottonato aumentava il suo fascino, senza contare la curva perfetta del suo meraviglioso ciuffo. La meraviglia era dovuta a un bellissimo bouquet di fiori, che non era eccessivamente vistoso, ma era pieno di colori e lei non era abituata a ricevere fiori. Troneggiava giusto appena sotto il faccione di Matt.
- Sembra che tu non abbia mai ricevuto dei fiori…
- Da un attore mai… -  disse Anya prendendo titubante i fiori, come se non le spettassero.
- Ma da un regista sì, in effetti… - si ricordò la ragazza, voltando le spalle a Matt e andando a cercare il posto giusto per quel dono inaspettato.
- Come da un regista? – si accese la curiosità dell’attore.
- È una lunga storia. Te la racconterò durante la cena.
La tavola era perfettamente apparecchiata. Al centro aveva messo anche dei fiori, ma quelli di Matt erano decisamente più belli. Era tutto perfetto: la casa era in ordine, l’antipasto in frigo, il pasticcio in forno e un odore di buono si diffondeva in tutta la casa.
- Hai proprio pensato a tutto. Anche ai fiori! – disse Matt.
- I tuoi sono più belli.
Matt sorrise e notò che per l’occasione Anya aveva indossato un abitino corto, attillato sul busto e dalla gonna leggermente svasata ai fianchi, che dondolava sensualmente al movimento del bacino. Ai piedi le immancabili scarpe alte. I capelli erano stati in parte raccolti indietro, con una pinza a forma di fiore, il trucco leggero attorno agli occhi ne risaltava la profondità, mentre il lucidalabbra evidenziava, senza accentuarla, la carnosità della bocca. Ebbe un attimo di smarrimento, poi recuperò il controllo di sé stesso e andò a sbirciare in cucina.
- Allora! Cos’hai preparato di buono? – chiese sfregandosi le mani.
Lei lo raggiunse, dopo aver sistemato i fiori, e illustrò il menù:
- Antipasto di mare, pasticcio di lasagne, dolce a sorpresa e l’immancabile caffè!
- Uhm… so già che mi scoppierà la pancia!
- Prima dobbiamo verificare se è venuto tutto buono… - disse preoccupata Anya.
- Sono sicuro che lo sarà!
Aveva deciso per una cena all’italiana perché lui aveva insistito tanto, ma temeva che quei sapori così diversi da quelli a cui era abituato, non li avrebbe potuto apprezzare.
Durante l’aperitivo parlarono del tour promozionale. Matt disse che si sentiva un po’ stanco, ma era comunque molto divertente. Quando si misero a tavola e Anya sfoderò i piatti con l’antipasto, Matt andò in visibilio. Spazzolò tutto quanto. Anche il pasticcio ebbe la stessa accoglienza e la stessa sorte. Prima del dolce decisero di fare una pausa. Fu allora che Matt si sporse in avanti e chiese:
- Allora! Com’era la storia del regista?
Anya rise e poi iniziò:
- Ero piccola, avrò avuto nove o dieci anni. Mio padre ha sempre avuto il pallino del mondo dello spettacolo e qualche volta mi faceva fare dei provini. Un giorno venimmo a sapere di un ragazzo che stava provinando delle persone per la realizzazione di un corto, per raccontare le festività tipiche della nostra città. Fu una cosa discreta, un semplice passaparola. Feci il provino e fui presa. Nel video cantavo una canzoncina, niente di più. Il giorno della festa della donna, dopo mesi da quel giorno di riprese, mi arrivò a casa un mazzo di mimose e altri fiori, che non ricordo più. E un biglietto dove mi ringraziava per la disponibilità.
- È stato un pensiero gentile.
- Si, molto. Infatti lo ricordo con molta tenerezza.
- Quindi eri una piccola star!
- Già, come no! – rise Anya.
- Scommetto che se tuo padre aveva questo pallino, non hai fatto solo quel corto, vero?
Anya non avrebbe voluto raccontare delle stupidate che aveva fatto per conto di suo padre… Matt era un vero attore e ciò che aveva fatto lei erano poco più che delle recite… ma alla fine cedette. Raccontò della sua modestissima esperienza fino all’età dei diciassette anni, spinta dal padre che era a capo di una compagnia teatrale amatoriale.
- E non ti manca il palcoscenico? – la canzonava bonariamente Matt.
- No, per nulla. Gli unici momenti in cui mi sono davvero divertita è stato quando mi sono dedicata al lavoro dietro le quinte: andare e venire dal fonico, controllare che i ragazzi fossero pronti a entrare in scena, occuparmi degli oggetti di scena. Era un’attività pratica, ma molto divertente!
- A te non piace proprio attirare l’attenzione! – concluse il ragazzo.
- Beh, non di molti, ma di pochi.
- Pochi, ma buoni. – Completò Matt guardando fisso negli occhi la ragazza.
- Beh! Adesso che ti ho raccontato la mia carriera teatrale possiamo prendere il dolce.
Lo aveva fatto di nuovo. Ogni volta che si creava un’atmosfera particolare, una certa tensione, lei finiva per smorzarla. In realtà era terrorizzata. Se ci pensava, quella era la terza volta che aveva un contatto ravvicinato con “l’attore Matt Smith”. Era come se la sua migliore amica diventasse amica di Raoul Bova. Una cosa completamente assurda. E se aggiungeva il fatto che lui era molto gentile con lei, osava pensare che fosse quasi interessato, sentiva che poteva impazzire. Così, per paura di cadere in qualcosa di troppo grande per lei, finiva per minimizzare ogni cosa. Cercava di non dare alcuna importanza a quel che le stava succedendo. Ed era una gran fatica.
Matt ritornò allora sull’argomento:
- Saresti potuta diventare una grande attrice.
Ad Anya venne da ridere. Non se l’era cavata male, ma di certo non poteva definirsi attrice.
- Sul serio! Magari se avessi continuato, se avessi studiato.
- Certo, ma non mi interessava più.
In realtà ciò che aveva fatto mollare Anya era l’aria di importanza che si davano le persone intorno a lei. Sì, c’era un clima giocoso durante le prove, ma c’era anche chi credeva di essere già una star hollywoodiana. E lei proprio non soffriva chi si dava tante arie.
- E fino a quando hai recitato? – chiese Matt.
- Fino a diciassette anni, circa.
- Curioso… a quell’età nemmeno a me interessava recitare. Anzi, credo di aver pensato che era l’ultima cosa che avrei fatto nella mia vita. – fece una pausa, lesse negli occhi di Anya molto interesse, e continuò:
- Io volevo diventare un calciatore. Era l’unico scopo nella mia vita, ma purtroppo ho avuto un incidente che mi ha costretto a lasciare il calcio. Una mia insegnante, dopo qualche tempo, mi ha praticamente costretto a prendere parte ad uno spettacolo teatrale, diceva che ero bravo, che avrei dovuto studiare recitazione, ma io non volevo saperne nulla. Ero tutto concentrato sulla perdita che avevo subito, sull’enorme rinuncia che avevo dovuto fare. Ma lei era molto ostinata e alla fine ho ceduto. Non la ringrazierò mai abbastanza.
Anya sapeva del suo passato da calciatore e della sua passione per questo sport, ma non sapeva che il passaggio dall’uno all’altro era stato lento e travagliato.
- Avremmo potuto recitare insieme in un film! – non riusciva a togliersi quell’idea dalla testa.
Ciò che aveva appena scoperto lo divertiva molto, ma soprattutto sembrava che lo avvicinasse sempre un po’ di più alla ragazza, come un sottilissimo filo del destino che si annodava lentamente al suo.
La serata trascorse tranquilla, chiacchierando e raccontandosi aneddoti più o meno curiosi o divertenti. Si respirava un’atmosfera molto rilassata, quasi familiare. Anya si sentiva quasi completamente a suo agio, solo ogni tanto perdeva un po’ di sicurezza, quando si rendeva conto che Matt era non più solo il suo attore preferito, ma una persona così simpatica, disponibile e talentuosa, modesta e appassionata che stava trasformando quella sua iniziale ammirazione in qualcosa di diverso, qualcosa su cui lei evitava puntualmente di soffermarsi. Una sensazione di benessere, un tepore così avvolgente che non provava davvero da molto tempo.
Prima di separarsi, Matt le comunicò che la settimana dopo sarebbe partito per l’America, destinazione Detroit, per girare un film. Propose di sentirsi per telefono.
 
 
 

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Capitolo 9
*** Messages ***


Messages
 
Se c’era una cosa che adorava in Anya era la sua totale discrezione e la sua capacità a interessarsi a lui in un modo tutto suo. Lui non la aggiornava mai sulle novità della sua carriera, su quelle su Doctor Who, non le anticipava niente, lasciava che lei andasse a spulciare internet per poi poter ricevere i suoi commenti in  divertenti sms.
 
“Cosa hai fatto ai tuoi meravigliosi capelli?!” era stata la reazione alle prime foto circolate col suo nuovo look.
 
Lui l’aveva chiamata dopo un po’.
- Non ho l’aria da duro?
- Ma i tuoi capelli erano bellissimi… - si lamentava la ragazza inconsolabile.
- Beh, ricresceranno.
Matt ogni tanto la chiamava con il pretesto di commentare le sue reazioni e finivano per aggiornarsi reciprocamente sulle rispettive vite.
Ma quando Anya lesse la notizia della dipartita dell’Undicesimo Dottore fu un duro colpo per lei. Mandò subito un messaggio a Matt:
 
“Ho letto che lascerai la serie, è vero?”.
 
Il messaggio di conferma di Matt stavolta arrivò subito con un sintetico
 
“Sì”
 
Anya rimase a pensarci su per un po’. Non riusciva a capacitarsi, era stato detto che era confermato per l’ottava stagione e invece il suo Dottore preferito se ne sarebbe andato a Natale.
 
“Mi mancherà tantissimo il tuo meraviglioso Dottore.”
 
Lui rispose con un semplice
 
“Grazie”
 
Stavolta lui non chiamò. Si sentirono giorni dopo.
 
A Londra era l’una di notte, quando scoppiò un forte temporale. Anya si era addormentata da circa un’ora e si svegliò per il rumore quasi assordante dei tuoni. Allora andò a controllare se il cellulare fosse spento, pensò che era meglio spegnerlo con quel brutto tempo. Si alzò assonnata e si accorse che in mezzo ai rumori dell’acqua e dei tuoni poteva distinguerne un altro: il suo cellulare che squillava. Il nome sul display le appariva sfuocato così cercò di leggere meglio, ma niente, quello continuava ad insistere a dirgli che era Matt la persona che stava chiamando. Rispose incerta.
La voce del ragazzo fu l’incredibile conferma.
- Ti ho svegliata? Aspetta, ma che ore sono lì?
Matt si scusò, disse che era stata una giornata particolarmente impegnativa, che aveva finito da poco e siccome non aveva ricevuto più suoi messaggi l’aveva chiamata senza pensare al problema del fuso orario.
Anya lo rassicurò: era stato il temporale a svegliarla e non lui.
- Sembra proprio un brutto temporale… non hai paura? – chiese Matt.
- Non molto. – rispose Anya e aggiunse: - Ho visto il video che hai realizzato per ringraziare i fan… è stato molto generoso da parte tua.
Matt le raccontò di aver letto in giro le reazioni dei fan su internet.
- Sono rimasto colpito da tanto affetto ed è stato il minimo che potessi fare.
- Comunque sei davvero strano rapato a zero. – gli disse ridendo.
Matt rise di rimando.
- Immagino che mancherà molto anche a te il Dottore. – aggiunse la ragazza.
- Sì, molto.
Forse non aveva voglia di parlarne così gli chiese del film, come andavano le riprese e com’era Detroit.
Parlarono a lungo, come due vecchi amici, con lo scroscio della pioggia in sottofondo, ognuno dalla propria stanza, nella solitudine della notte. Due voci sommesse in mezzo a mille altre voci nel mondo, due voci che si incontravano e si raccontavano.
- Quanto ancora dovrai rimanere lì? – chiese Anya, non che sperasse di rivederlo presto, una volta tornato a Londra, ma doveva ammettere che desiderava tanto poterlo rivedere.
- Cinque settimane… - il silenzio di lei fece nascere una folle idea nella mente di Matt:
- Perché non vieni a trovarmi, qui, a Detroit? 

Anya non dormì più per tutta la notte.
 
 
 

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Capitolo 10
*** To Detroit ***




To Detroit
 
La proposta di Matt era stata buttata lì, dall’istinto, ma poi il ragazzo aveva iniziato a parlare di voli, di prenotazioni, pensò che a breve avrebbe avuto dei giorni liberi da poter dedicare ad Anya. Piano piano l’idea folle prese corpo e Anya si ritrovò completamente coinvolta in quel suo entusiasmo dilagante. Mai avrebbe pensato di prendere delle ferie e ritrovarsi su un volo intercontinentale nel giro di pochi giorni.
Di sicuro c’era dell’avventatezza. Eppure era stato così facile organizzare tutto, anche perché il volo e la stanza in albergo, lo stesso di Matt, erano stati prenotati dall’agente di quest’ultimo. Le sembrava di vivere in un sogno dove le cose dette diventavano fatte nel fotogramma successivo.
Anya provava da un lato una profonda ansia, combatteva duramente con quella parte di sé che tendeva a illudersi. Temeva una tremenda delusione, ma d’altra parte non aveva saputo dirgli di no, ancora una volta. Aveva vinto ogni sua naturale pigrizia e in pochi giorni era riuscita ad organizzarsi. Per troppa voglia di vederlo. Ansia e preoccupazione, ma anche una forte emozione. Ovviamente si era chiesta più volte perché lui l’avesse invitata, cosa nascondeva tanta attenzione e tanto interesse. La sua migliore amica, a cui aveva finalmente parlato di Matt, era molto ottimista, a lei sembrava abbastanza chiaro il motivo recondito, ma Anya preferiva davvero non illudersi. Avrebbe trascorso del tempo con lui, più delle solite due ore dei pasti che avevano piacevolmente condiviso, ciò le avrebbe permesso di farsi un’idea più chiara.
Il volo fu lungo, anche un po’ estenuante. Incontrò diverse persone tra cui un tizio che la ammorbò con la storia della sua vita, vantandosi soprattutto della sua carriera, dei suoi successi lavorativi, del suo talento di imprenditore. Quando si alzò per allontanarsi da questo suo vicino borioso, incrociò lo sguardo di una ragazza che invece aveva colto la situazione drammatica di Anya e la stava compatendo. Le si avvicinò incoraggiata da quello scambio di complicità. Il suo incontro compensò notevolmente quello precedente. Anya trascorse piacevolmente del tempo a chiacchierare con questa ragazza molto affabile, sveglia ed estroversa.  Approfittò delle lunghe ore di volo per recuperare letture arretrate e per rilassarsi un po’ ascoltando musica.
Quando arrivò, in quella calda giornata di luglio, era sollevata e agitata. Mandò un messaggio a Matt per avvisarlo del suo arrivo. Lui la richiamò dopo pochi minuti.
- Ciao! Com’è andata? Tutto bene?
- Si… - rispose appena Anya, e Matt di fretta continuò:
- Ascolta, scusami, ma non posso venire a prenderti io… ho mandato Tom, il mio agente, dovrebbe essere già lì e dovresti riconoscerlo, giusto?
- Si, mi ricordo di lui. – confermò la ragazza ricordandosi dell’uomo, avendolo visto spesso sul set di Doctor Who, occuparsi di Matt.
- Ti porterà in albergo, io ne avrò ancora per un paio d’ore, quindi fai con calma, rilassati e quando mi libero decidiamo cosa fare, ok?Anya ripensò a quella parola che aveva usato, “decidiamo”, ed ebbe la netta sensazione di non aver deciso proprio nulla da quando lo aveva conosciuto e questo la faceva sentire un po’ a disagio.
Tom fu gentilissimo e cordiale, la accompagnò in hotel, le mostrò la stanza, le disse che quella di Matt era proprio accanto e poi la salutò.
 
Stava giusto uscendo dalla doccia quando sentì bussare alla porta ripetutamente, quasi con insistenza, così infilò veloce l’accappatoio e andò ad aprire. Matt aveva sfoderato il suo “Hello!” più entusiasta e spalancato le braccia come per abbracciarla, ma quando la vide in accappatoio, con i capelli gocciolanti, che cercava di coprirsi alla meglio, ebbe un attimo di smarrimento e si bloccò. Anya ricambiò il saluto e mentre lui cercava di scusarsi lei chiese qualche minuto per darsi una sistemata. Prese al volo i vestiti che aveva, per fortuna, precedentemente preparato sul letto e scappò in bagno. Il cuore le batteva a mille. Si vestì e, passata velocemente la schiuma ai capelli, tornò in camera. Trovò Matt affacciato al balcone, ma tornò subito dentro appena la vide.
- Potevi asciugare i capelli, non ho fretta. – esordì notando i capelli bagnati della ragazza.
- Con questo caldo si asciugheranno da soli. – gli rispose andandogli incontro.
- Benvenuta a Detroit! – concluse Matt e i due scoppiarono a ridere.Di quella risata un po’ isterica che servì a sciogliere la tensione e l’imbarazzo, come due stupidi ragazzini al primo appuntamento.
 
Decisero di uscire. La prima tappa fu inevitabilmente al centro di Detroit, tra i suoi vertiginosi grattacieli. Era la prima volta che se ne andavano in giro tranquillamente tra la gente, senza il timore di essere assaliti dai fan. Lì Matt non era molto conosciuto. Le strade erano affollate di gente del posto, ma anche di turisti, come Anya. Quest’ultima tirò fuori la sua fotocamera digitale e fece qualche scatto a quei luoghi così diversi a quelli a cui lei era abituata. Ogni tanto Matt se ne appropriava per immortalarla in scatti quasi artistici. Era bravo anche con le foto. A volte Anya non sopportava tanta perfezione, sembrava essere bravissimo in tutto: adorava il suo modo di recitare, era molto professionale e se la tirava quanto bastava, sapeva suonare la chitarra, era gentile, spiritoso e bellissimo. Temeva i più orribili difetti, che però non aveva ancora scoperto. E disponibile con i fan. Ne ebbe prova proprio quel pomeriggio, quando adocchiarono una bimba assieme ai suoi genitori con una inconfondibile maglia. Fu Anya ad accorgersi per prima della piccola fan, ma prima ancora di segnalarla a Matt la famigliola scorse il Dottore e si avvicinarono quasi timidamente. La bambina lo guardò con sorpresa ed era senza parole. Matt si chinò alla sua altezza, la salutò:
- Bella la tua maglia! – commentò puntandole veloce il dito sull’enorme DW stampato sul petto della bimba.
- Ti abbiamo cercato sul set, ma ci hanno detto che eri andato via… e invece ti abbiamo incontrato qui. – disse il padre.
- Si vede che era destino. – sorrise Matt. – Come ti chiami? – chiese alla bimba che non poteva avere più di sei anni e aveva due occhi di un bellissimo azzurro che si abbinavano perfettamente ai chiarissimi capelli biondi. Non sembrava nemmeno reale.
- Kristen. – rispose la piccola.Poi chiesero di fare una foto. Dapprima solo con la bimba, poi Anya propose di farne una anche con i genitori. L’avrebbe scattata lei.
Quando andarono via, Matt continuava a salutare con la mano la bimba che ogni tanto si girava a guardare indietro verso il Dottore.
- Ti guardava come se non fossi reale e poi ti ha anche toccato per accertarsi meglio. – commentava divertita e intenerita Anya.E il suo sguardo si perse a fissarlo. Ogni tanto anche a lei non sembrava vero di stare con lui.
 
La passeggiata fu lunga e approdarono al lungofiume. Anya con un balzo si sedette sul muretto, per Matt fu più facile.
Anya gli stava raccontando del volo e del pallosissimo compagno di viaggio che le era capitato.
- Forse ci stava provando…
- Con la noia? – lo disse strabuzzando gli occhi e Matt scoppiò a ridere.Lei arrossì leggermente e poi continuò:
- Per fortuna ho conosciuto anche una ragazza molto interessante. E fa il lavoro più bello del mondo!
- Cioè?
- Gira gli alberghi in incognito per poi recensirli. Non è meraviglioso? – negli occhi di Anya si accese l’entusiasmo.
- Potresti farlo anche tu. – suggerì Matt.Già, avrebbe potuto. La verità era che a ventisei anni Anya non sapeva ancora cosa voleva fare nella vita. Il lavoro in biblioteca le piaceva e anche quello rientrava nei suoi sogni. Le piaceva leggere e aveva sempre desiderato lavorare in un posto circondata dall’odore così antico di carta e inchiostro. Qualche volta si chiedeva se era quello che voleva fare per tutta la vita, d’altra parte non aveva molta altra scelta e comunque quel lavoro le garantiva una certa stabilità economica e ciò le bastava.
- Ah! Non ti ho detto di stasera! – si ricordò Matt.
- Cosa?
- C’è in programma una cena tra colleghi e amici, non saremo in tanti. Se n’era parlato settimana scorsa ed io avevo detto sì, ma se vuoi posso disdire.
- No, va bene. Non ci sono problemi.In realtà era un grosso problema! Per Anya il gruppo era sempre stato una difficoltà e poi si presentava con lui… Era un’uscita pubblica, la prima uscita, e questo la preoccupava abbastanza. Gli altri avrebbero fatto domande? Come l’avrebbero guardata? E Matt, come l’avrebbe presentata?  Gli chiese invece come avrebbe dovuto vestirsi. Lui disse che era una cosa molto informale e andava bene qualsiasi cosa. Il che non l’aiutò per nulla.
Aveva portato un vestitino, non troppo elegante, ma arricchito con i giusti accessori avrebbe fatto la sua discreta figura. Optò per quello.
Uscì dalla stanza nello stesso momento in cui stava uscendo anche Matt.
- Sei super veloce! Tu non sei normale! – disse sconcertato.
- E stai molto bene. – aggiunse ammirato. 
Al locale il primo impatto non fu traumatico. Uno dopo l’altro arrivarono tutti, una dozzina di persone, tutte molto giovani, a parte un paio di coppie più mature.
La batosta sopraggiunse quando vide arrivare lei: alta, splendidamente affascinante, con quel suo portamento da modella, i capelli lunghi e rossi e gli occhi verdi.
Avanzava sorridente verso Matt.
- Kaz! – esclamò lui e allargò le braccia per abbracciarla.Dopo i primi saluti, convenevoli e presentazioni, anche Karen Gillan si sedette al tavolo con loro.
 
Un leggero mal di testa iniziò a martellare la povera Anya.
 
 
 
eccomi qui: mancano pochi capitoli alla conclusione... credo... cmq per una settimana non potrò aggiornare.
quindi pazientate.
grazie a tutti quelli che stanno leggendo questa fanfiction.
(ho aggiunto le immagini a tutti i capitoli!^^)
a settimana prossima!
ciao!

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Capitolo 11
*** Jealousy ***





Jealousy
 
Karen rappresentava la classica amica di infanzia, la persona con cui il ragazzo che ti piace ha l’intesa perfetta, la persona che qualunque cosa tu faccia, comunque tu sia, ti metterà inevitabilmente in ombra. E se hai buon senso sai che non potrai farci nulla: è una battaglia persa in partenza. E infatti Anya non fece molto per farsi notare. Si limitava ad essere se stessa. E lei era sempre stata una di poche parole, il tipo che stava ad ascoltare e interveniva poco.
Al centro della serata furono Matt e Karen, con i loro racconti quasi recitati, con le loro smorfie, le loro risate contagiose. Accanto a Karen, Matt sembrava acquisire una luce diversa, sembrava completamente rilassato, non che con Anya non lo fosse, ma era una rilassatezza diversa, come se si sentisse a casa…. Sì, Matt con Karen era a casa. Anya non poteva fargliene una colpa, sapeva bene come ci si sentiva. Ma ciò rappresentava una chiara minaccia. Li osservava bene e sempre più prendeva coscienza di ciò che aveva appena constatato e faceva male. Aveva fatto così tanta strada per rendersi conto di essere davvero troppo poco per lui. Di essere stata lasciata indietro. Faceva male. E faceva male quell’insopportabile dolore alla testa.
- E tu? Come mai sei qui? – le aveva chiesto Karen.
Matt le aveva presentate con un certo entusiasmo, aveva parlato a Karen di Anya, di come l’aveva conosciuta, delle sue origini italiane e del suo buonissimo caffè. Karen non la si poteva odiare, era simpatica, cordiale e bellissima, tanta perfezione poteva forse irritare un po’, ma portare ad odiarla mai.
- Sono qui per lavoro. – aveva mentito Anya.
Si inventò una storia su un libro raro e importante da recuperare e riportare in biblioteca. Lo aveva fatto quasi di impulso, pur non essendo abituata alle bugie. Eppure le sembrò così innaturale confessare di essere stata invitata da Matt, pensò che anche quella sarebbe potuta sembrare una bugia.
In generale la serata non fu del tutto spiacevole, la compagnia era molto gradevole e a un certo punto si formarono due capannelli, di uomini e di donne. Anya seguì per un po’ i discorsi delle donne, poi il martellamento in testa aumentò ancora e dovette alzarsi per andare in bagno. Karen la vide alzarsi e la seguì.
Anya si chiuse in fretta in una delle cabine. Appoggiò le spalle ad una delle pareti di lato, chiuse gli occhi e sperò che il mal di testa le desse una tregua. Sentiva i tacchi di Karen spostarsi nella toilette. E poi non li sentì più. Sentì la sua voce.
- Tutto bene?
- Si, tutto ok… solo un po’ di mal di testa… sarà la stanchezza…
Di nuovo un breve silenzio, interrotto nuovamente da Karen:
- Tu di dove sei esattamente?
- Sicilia. – aveva risposto Anya.
- Davvero? Ci sono stata una volta da bambina, con i miei, in vacanza! È bellissima. Me la ricordo ancora bene!
Anya sorrise. Le piacque quel suo entusiasmo. Così decise di darle corda. Uscirono dal bagno insieme e tornarono chiacchierando appassionate, mettendo a confronto posti di due nazioni molto diverse eppure simili in certi aspetti.
A Matt fece uno strano effetto vederle insieme in quel modo. Così come aveva fatto un po’ effetto sentire la risposta di Anya alla domanda di Karen. Quella bugia buttata lì, che lui aveva colto seduto tra le due ragazze, lo aveva messo a disagio e percepì una sottile rottura tra lui e Anya. Nonostante cercasse di coinvolgerla, di comportarsi normalmente con lei, quest’ultima sembrava aver chiuso tutti gli accessi.
 


- Perché hai messo delle distanze tra noi, stasera?
Tornando in albergo Matt era stato molto silenzioso. Adesso, davanti alle rispettive porte delle stanze, lui aveva rotto il silenzio. Anya restò ferma a pensarci, non sapeva bene cosa rispondere, avrebbe voluto replicare che era stato lui a creare questa distanza.
- Perché hai detto a Karen che sei qui per lavoro? – incalzò il ragazzo.
- E tu perché non mi hai detto che ci sarebbe stata anche lei, stasera?
Matt ammutolì. Si prese del tempo. Poi rispose:
- Per farti una sorpresa. Visto che sei una grande fan di Doctor Who!
Nonostante fosse un grande attore non era stato abbastanza convincente. Non secondo Anya.
- Non mi hai risposto. – disse, dopo una breve pausa, Matt.
- Nemmeno tu. – le venne da dire. 
Lui si girò stizzito verso la porta della sua stanza. Lei restò ferma in mezzo al corridoio. Chinò il capo. Il sangue le pulsava in testa come un maledetto martello e faceva male.
Il click della chiave la scosse.
- Vuoi sapere perché ho raccontato una balla a cui probabilmente non avrà creduto? – era una domanda retorica, non si aspettava alcuna risposta. Però lui si fermò e restò sulla porta. Si  voltò verso di lei.
- Per tutelarmi. – fu la spiegazione della ragazza.
- Da cosa? – fece lui allontanandosi dalla porta e spostandosi verso di lei.
Lei alzò lo sguardo su di lui, ma lo distolse subito dopo.
- Da te. 
Matt non capiva.
- Da questa situazione assurda. – continuò lei.
Lui si avvicinò ancora di più a lei.
Ma lei fece un passo indietro.
- Da tempo ho smesso di vederti come il personaggio pubblico che sei, ma non posso ignorarlo. Non posso ignorare che tu sei una star ed io un umile topo di biblioteca, la cui massima aspirazione è quella di raggiungere una modesta tranquillità quotidiana. Tutto questo non era previsto, non era previsto che tu entrassi nella mia vita, non era previsto che io venissi fin qui per vederti e per accorgermi che c’entro ben poco con te e la tua vita. Non era previsto che mi innamorassi di te e che te lo dicessi in questo modo così sciocco e banale.
- Anya… - voleva calmarla, rassicurarla, ma lei era un fiume in piena.
- Era da questa confusione che volevo tutelarmi, volevo fare ancora finta di niente, ma è stato tutto inutile. Non sono riuscita a evitarlo.
Era una resa. E forse una sconfitta.
Matt non riusciva a spiccicare parola e quando lei infilò la porta della sua stanza, lui rimase spiazzato a guardare la porta e a non sapere cosa fare.
 
 








writer's corner: Ciao a tutti! finalmente sono tornata. scusate, ma ho avuto delle settimane impegnative e continueranno ad esserlo... ma completerò questa storia, tranquilli.
bene! spero vi piaccia come sta procedendo! grazie a tutti quelli che stanno seguendo e leggendo questa fanfiction!
baci
Esse

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Capitolo 12
*** Streets of an Old City ***




 

Streets of an Old City 
 

“Buongiorno! Dormito bene? Spero ti sia passato il mal di testa…. Dunque: mi dispiace, ma non possiamo fare colazione insieme, ho una prova sul set, non so quanto ci metteremo, spero non tanto. Appena mi libero ti chiamo. Tu intanto goditi Detroit e questa vacanza. A dopo!”
 
Il messaggio di Matt si confondeva tra quelli degli amici, del fratello e dei genitori. Lo aveva letto in mezzo a tutti gli altri, ma non per questo le fece uno strano effetto. La colpì il tono sereno e soprattutto il mancato accenno alla sera prima (solo al mal di testa), come se non fosse successo nulla. E le tornò in mente la figuraccia che aveva fatto, una delle sue crisi che la prendevano per sfinimento, per troppa pressione, per stanchezza. Stanchezza che, fortunatamente, era andata via dopo la profonda dormita. Aveva faticato ad addormentarsi, ma una volta caduta nelle grinfie di Morfeo era riuscita a non lasciarsi liberare troppo presto.
Perciò si sentiva fisicamente molto in forma: era passato il mal di testa e, nonostante il ricordo della sera prima, non si sentiva profondamente depressa come di solito si sarebbe sentita in situazioni simili. Inoltre quando aprì le tende e guardò fuori fu investita da una luce così calda e abbagliante che si sentì carica di energia.
Così indossò un paio di jeans, una canotta e, eccezionalmente, un paio di infradito. Decise di seguire il consiglio di Matt: si sarebbe goduta Detroit.
Se il giorno prima era stata nella City, quel giorno sarebbe andata in cerca della parte vecchia della città.
Anya aveva una predilezione per le parti antiche delle città. Non le piacevano i palazzoni e i grattacieli che ostentavano solo un’asettica imponenza. Preferiva le case, i palazzi e le chiese di pietra che potevano essere ancora più imponenti con il loro carico di storia e di arte. Si lasciò rapire dal fascino del quartiere vecchio cercando di ignorare quell’inquietudine annidata nel suo cuore che riguardava Matt. Chissà come aveva reagito lui. Chissà come sarebbero evolute le cose tra loro. Ovviamente temeva il peggio, nonostante il messaggio sereno e conciliante di lui.
Fece una lunga passeggiata lungo un viale costeggiato di case basse e punteggiato da negozietti, piccoli e familiari. Una sorta di serenità la invase e si sentì un po’ più leggera. Nuovi colori la circondavano, nuovi profumi la inebriavano, nuove sensazioni la avvolgevano.
Verso le undici del mattino decise di fare una sosta in un bar. Si sedette a un tavolo a gustare la sua fetta di dolce alla crema. Sola con se stessa si ritrovò a pensare agli ultimi mesi trascorsi, quella sua semplice normalità illuminata dagli incredibili incontri con Matt. A volte le sembrava davvero tutto impossibile, però avvertiva anche un dolce tepore che le rendeva tutto reale. La sera prima aveva detto a Matt di essersi innamorata di lui, forse “innamorata” era troppo, ma di certo era profondamente coinvolta. Le piaceva stare con lui, conoscerlo era stata un’incredibile sorpresa. Certo, c’erano molti punti a sfavore di questo suo “coinvolgimento”. Innanzitutto l’altezza: lui era decisamente troppo alto per lei; lui era brillante, lei un po’ musona; aveva una giusta dose di egocentrismo che contrastava con la sua naturale tendenza a non attirare l’attenzione. E infine due stili di vita davvero molto differenti. Pensò che se non aveva retto una semplice cena informale dove di vip ce n’erano solo due, come avrebbe potuto sostenere la pressione di certe serate ufficiali? Ma chiaramente stava correndo davvero troppo. La cosa che più la preoccupava in quel momento era la reazione di lui alla sua isteria, non sarebbe stata la prima volta che mostrava le proprie debolezze, le proprie insicurezze e qualche ragazzo si dileguasse….
Mentre era assorta in quei pensieri piuttosto deprimenti sentì delle voci sconosciute che pronunciavano delle parole molto familiari, suoni così belli che le si strinse lo stomaco dalla nostalgia. Due ragazzi e una ragazza seduti a un tavolo poco più in là battibeccavano animatamente in disaccordo sull’itinerario da percorrere. Un’animosità allegra, priva di ostilità, impreziosita da un accento meridionale, che non era il suo, che la fece sorridere. Uno dei tre colse quel sorriso e uno scambio veloce di sguardi tra tutt’e quattro rese chiara tutta la situazione. I tre si precipitarono da Anya alla ricerca disperata di un aiuto.  
 
Il trio era ben contento e sollevato, ma anche curioso di aver incontrato un’altra persona italiana. Erano in difficoltà perché non avevano ben capito le indicazione che avevano ricevuto. Parlavano l’inglese, ma molto poco e soprattutto avevano una gran difficoltà a capire gli americani. Così pensarono di chiedere indicazioni ad Anya, ma la ragazza dovette spiegare, un po’ dispiaciuta per loro, che non era del posto.
- Se volete posso chiedere io le indicazioni e vedere se ci capisco qualcosa io. – propose conciliante, come per farsi perdonare di non essere di Detroit o per dimostrare di potersi rendere utile.
Così fecero. La ragazza si rivolse ad un signore seduto ad un altro tavolo un po’ più in là e poi spiegò tutto quanto ai tre ragazzi. E mentre dibattevano sul da farsi, (uno dei tre insisteva per andare subito al museo di architettura che desiderava tanto vedere, gli altri due erano molto incerti perché la strada da fare era molto lunga e prevedeva l’uso di molti mezzi e quindi proponevano di partire l’indomani mattina con più calma) Anya ebbe modo di conoscere un po’ la loro storia.
Sara, Tommaso e Giorgio erano tre colleghi universitari che iniziavano quell’anno il primo anno fuori corso al corso di architettura e contavano di arrivare alla laurea proprio in quell’anno. Prima di ricominciare avevano deciso di partire per un viaggio che sarebbe servito anche per il loro percorso di studi.
- Anche tu sei in viaggio di piacere? – aveva chiesto Sara ad Anya.
- Sì, ma solo per pochissimi giorni.
Anya, di rimando, raccontò anche lei la sua storia, tra l’Italia, Londra e il suo lavoro in biblioteca e trascorse una mezz’ora con loro tra scenette divertenti e discorsi un po’ più seri. Sara, Tommaso e Giorgio erano molto legati tra loro:
- Ci siamo conosciuti durante la prima lezione al corso di Storia dell’arte Moderna. C’è stato uno scambio confuso di penne e fogli e alla fine ci siamo messi a ridere e da allora continuiamo a ridere e a fare confusione. – raccontò Tommaso, un ragazzo alto, moro e mingherlino.
- Andiamo tutt’e tre quasi di pari passo con gli esami, quella più avanti è lei. – aggiunse Giorgio, un tipetto più basso, con la testa piena di bellissimi riccioli rossi.
Quando suonò il cellulare era tutta presa dal racconto dei tre ragazzi.
Naturalmente era Matt.
 
 
 

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Capitolo 13
*** On the road ***




On the road 

Matt aveva appena finito le prove. Per la prima volta aveva provato un leggero disappunto per quella prova improvvisa. Per la prima volta avrebbe preferito essere altrove, con qualcun altro. Quando aveva controllato il cellulare e non aveva trovato chiamate o messaggi di Anya si preoccupò un po’.
Mentre raggiungeva la macchina la chiamò.
Il tono non era triste né distaccato. Avvertì un po’ della sua solita esitazione. Preferì non chiederle nulla. Voleva parlarle di presenza. Si limitò a chiedere dove fosse per poterla raggiungere.
Durante il tragitto in macchina pensò di nuovo alla sera prima. Gli era dispiaciuto per come erano andate le cose. Per la loro prima uscita pubblica sperava che andasse tutto bene. Anche se… non è che fosse andata proprio male: Anya aveva legato un po’ con tutti, persino con Karen da cui sembrava intimorita.
Ma poi c’era stato lo sfogo a fine serata, che non aveva previsto, e che, doveva ammetterlo, lo aveva confuso. Quasi spaventato. Era rimasto colpito da tanta confusione e da tanta irruenza. Anya non era il tipo da scenate, non per quanto la conosceva. E in effetti, si rese conto, non la conosceva abbastanza. Ma pensò anche che la ragazza aveva affrontato un lungo viaggio e forse era scoppiata anche per stanchezza.
Intanto era arrivato presso il locale che gli aveva indicato Anya. Il locale aveva delle grandi vetrate che lasciavano vedere dentro. E la vide seduta insieme ad altre tre persone. La vide sorridere e ridere, la vide a suo agio. Diversamente dalla sera prima. E d’istinto rimase un po’ fermo, ad osservarla da fuori. E ripensò a quel suo discorso sui “mondi diversi” e soprattutto si accorse di aver sempre pensato a lei come a una persona solitaria. Non sapeva bene il perché, forse perché lei gli aveva parlato molto della sua famiglia, degli amici in Italia e poco di chi aveva conosciuto a Londra. Aveva sempre avuto l’impressione che forse non si era del tutto integrata. Provò la stessa sorpresa di quando l’aveva vista in giro per Londra con un’amica a fare compre. E capì che quasi sicuramente si era sbagliato su di lei.
Quando entrò, le andò incontrò sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi. Lei, appena lo vide, si alzò e fece un passo per andargli incontro, ma si fermò e lasciò che fosse lui a raggiungerla. Si salutarono impacciati e infine Anya lo invitò a sedersi.
Dopo le prime presentazioni, Matt adocchiò il dolce di Anya:
- Sembra buono. Lo è? – le chiese.
- Sì, molto.
- È il secondo pezzo! – disse Giorgio in inglese.
- Allora dev’essere buonissimo. – concluse Matt facendo un cenno al cameriere per ordinare.
Dopo i primi convenevoli i ragazzi tornarono sulle loro mappe a confabulare in italiano. Intanto il dolce di Matt era già arrivato e mentre se lo gustava lentamente guardava i tre con curiosità e girava uno sguardo interrogativo ad Anya, come a chiedere delle spiegazioni. Lei allora gli fece un breve riassunto della situazione e di cosa stavano tanto discutendo da ore ormai, senza riuscire a prendere una decisione. Matt adocchiò il punto cerchiato sulla cartina e gli brillò una luce negli occhi, di chi ha appena avuto un’idea geniale.
- Vogliamo andare anche noi?
- Dove? Al museo di architettura? – aveva chiesto stranita Anya.
- Beh, non proprio al museo, ma in quella zona. Me ne hanno sempre parlato un gran bene. Ti va? Così facciamo anche la nostra buona azione quotidiana dando un passaggio a loro. Che dici?
- Dico che loro sarebbero entusiasti! – esclamò la ragazza contenta anche per i ragazzi.
- E tu?
Lei gli rivolse un sorriso aperto e complice.
Era strano ritrovarsi in gesti e cenni di complicità, in quel guardarsi e capirsi immediato. Nonostante l’imbarazzo e l’insicurezza sembravano aver ritrovato un terreno comune. Qualche minuto dopo uscirono dal locale tra l’entusiasmo e i ripetuti ringraziamenti dei tre ragazzi. Matt e Anya avanzavano verso l’auto, Matt aveva accelerato un po’ il passo per restare qualche attimo da solo con la ragazza.
- Com’è andata la mattinata? Cosa hai fatto di bello?
- Me ne sono andata in giro, un po’ a zonzo.
Le sorrise compiaciuto.
- Hai fatto shopping, vedo. – si riferiva ai due sacchetti di Anya. Quest’ultima annuì e Matt chiese cosa aveva comprato.
- Sciarpe… - rispose lei titubante, probabilmente perché sapeva cosa avrebbe commentato lui.
- A luglio? – disse infatti.
- Sono di cotone, fresche e morbide. Se la sera fa un po’ freschino sono perfette. – cercò di giustificarsi lei, in realtà aveva un’insana passione per le sciarpe. Dopo  qualche secondo di esitazione aggiunse: - Ne ho presa una anche per te.
Matt si voltò a guardarla perplesso:
- Per me?
Anya confermò con un cenno della testa.
- Non ho resistito. – aggiunse.
- In che senso?
La ragazza prese il sacchetto ed estrasse una lunga sciarpa con le tonalità del verde, dal più chiaro al più scuro in un effetto molto bello e rilassante.
- Verde… come i tuoi occhi. – disse timidamente.
Matt sorrise di nuovo, lievemente imbarazzato, colto di sorpresa da quella sua improvvisa svolta lusinghiera. Prese la sciarpa in mano:
- È molto bella. Grazie. – disse accarezzando a lungo il tessuto.
Erano arrivati alla macchina. Anya mise il sacchetto con la sua sciarpa nella sua borsa e salì accanto al posto di guida.
Il viaggio fu molto movimentato e divertente. Solo a tratti faticoso per Anya che a volte doveva fare le traduzioni dall’inglese all’italiano e viceversa. E fu faticoso rispondere alle domande di Sara che voleva sapere di Matt e, quindi, spiegare che Matt Smith era un attore famoso e affermato, anche se poco conosciuto in Italia. Fu faticoso perché spiegare il successo di Matt comportava raccontare la serie di cui era il protagonista e ciò comportava il rischio di mostrare il suo lato fanatico. Ma a quel punto intervenne anche Matt parlando lui stesso con entusiasmo dello show e dicendo che grazie ad esso era stato una volta in Italia.
- Dove? – aveva chiesto ancora Sara, sempre più curiosa e piena di domande. 
- Venezia. Ma solo per pochissimi giorni. Tu ci sei stata, a Venezia? – chiese ad Anya.
Era stata una delle prime città che aveva visitato appena aveva potuto viaggiare da sola o con gli amici. Era una delle sue mete preferite. E ci sarebbe tornata molto volentieri.
E fu divertente perché mentre Tommaso, Sara e Giorgio facevano degli strafalcioni con l’inglese, Matt tentava di imparare qualche parola in italiano, ma la sua pronuncia provocava sempre una certa ilarità.
Dopo un’ora e mezza di viaggio, trascorsa velocemente, arrivarono nei pressi del museo. Lasciarono i tre aspiranti architetti davanti l’entrata del museo, non prima di aver strappato la promessa di rivedersi. Si abbracciarono e si salutarono, strapazzarono un po’, affettuosamente, Anya, che a causa della sua corporatura minuta suscitava sempre una certa tenerezza.
Una volta rimasti soli, Anya e Matt andarono in esplorazione del nuovo posto.
 
 
 

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Capitolo 14
*** Children's Home ***




Children’s Home 

Anya e Matt si inoltrarono tra le vie larghe della zona, distante da Detroit un centinaio di chilometri. C’era molta gente, un gran movimento di turisti e gente del posto che viveva e lavorava lì. Lungo le vie si allineava una serie di negozi: si alternavano i megastore, quelli facenti parte a grandi catene, ma anche piccoli negozi, laboratori e atelier. Le vie si intrecciavano e i due ragazzi le percorrevano con curiosità, soffermandosi a guardare e ad ammirare alcune vetrine, raramente si decidevano a entrare. Così mentre Matt si lasciava rapire da un negozio di strumenti musicali e dalle vetrine di abbigliamento che rispecchiavano il suo stile, Anya si soffermava su qualche, rara, libreria, ma soprattutto sui negozi di accessori e oggettistica.
Nel negozio di strumenti musicali, però, fu d’obbligo la sosta. Matt girava entusiasta tra quegli oggetti che Anya guardava con ammirazione e timore, rammaricata dal non aver mai imparato a suonare uno strumento. Quando il ragazzo si fermò a parlare con il commesso, a cui fece una lunga serie di domande su alcune chitarre, Anya ne approfittò per andarsene in giro da sola per il negozio. Arrivata vicino all’uscita, aldiquà della vetrina, vide, sull’altro lato della strada, una strana libreria. Non era la solita libreria su cui campeggiava un nome altisonante di grandi catene, né la solita piccola libreria familiare e tradizionale. Era piena di colori e questo attirò la sua attenzione. Senza pensarci, senza nemmeno avvisare Matt, uscì dal negozio, attraversò la strada e raggiunse “Children’s Home”. La Casa dei Bambini. Era il nome del negozio e Anya rimase ferma a guardare quella specie di fantasia divenuta realtà.
Quando Matt la raggiunse la trovò con gli occhi sbarrati, totalmente presa come una bambina di fronte a Babbo Natale. Seguì la direzione del suo sguardo e incontrò la libreria. Non ci mise molto a capire, anche se non comprendeva a pieno tanta sorpresa, le prese lentamente la mano, come se temesse di svegliarla da quel sogno, spinse la porta ed entrarono.  
All’interno la moltitudine di colori li invase, insieme al profumo dei libri, ma soprattutto di tanti bambini e ragazzini. Nell’angolo sinistro del locale un grande tappeto colorato, su cui stava seduto un bel numero di ragazzini, più o meno attenti alla lettura di una donna che stava di fronte a loro leggermente sollevata su un cuscino. Era chiaramente una libreria esclusivamente per i più giovani: negli scaffali libri di fiabe, ma anche romanzi di avventure, dai più classici ai contemporanei. Un foglio sulla bacheca elencava gli orari delle letture ad alta voce, rivolte non solo ai piccoli, ma anche ai più grandi, fino ai ragazzini delle scuole medie.
Era quello che Anya avrebbe voluto fare nella sua vita: leggere delle storie a bambini e ragazzi, nell’intento di appassionarli a quel mondo meraviglioso della lettura.
Quel posto stava in effetti a metà tra negozio e ludoteca e si respirava una bellissima atmosfera familiare, di giochi e curiosità.
La lettura terminò pochi minuti dopo e la donna si alzò e andò incontro ai due nuovi arrivati. Aveva un’espressione gentile, ma anche curiosa. Anya si presentò e le fece mille complimenti per il suo negozio. Stavolta fu lei a fare un sacco di domande. Matt rimase per un po’ accanto a lei, poi si distrasse guardandosi intorno e alcuni bambini che sfogliavano dei libri con le loro mamme. C’era un ragazzino, poteva avere otto o nove anni, che sulle punte dei piedi cercava di allungarsi per prendere un volumetto messo troppo in alto per lui.
- È questo? – chiese Matt, indicando con un dito un libro dalla copertina azzurra.Il bambino fece sì con la testa e tese le mani verso Matt in attesa del libro. Il ragazzo invece se lo rigirò un po’ tra le mani, lo sfogliò, poi si accovacciò e glielo diede. Il piccolo quasi glielo strappò dalle mani e Matt indugiò ancora un po’ osservando le pagine che venivano sfogliate velocemente. Era un libro sui dinosauri e il piccolo lo sfogliò fino a trovare quello che cercava: il suo preferito. E lo mostrò a Matt tutto contento.
 
Quando uscirono dal negozio l’entusiasmo di Anya era all’apice. Matt l’ascoltava con interesse suggerendole di fare un tentativo per realizzare il suo sogno. Anya, come al solito, era piuttosto disfattista e pessimista. E per Matt non fu facile spronarla.
Ciononostante gli piaceva stare con lei. Lo realizzava ogni momento in più trascorso insieme. Anya era semplice e naturale, aveva le sue insicurezze e i suoi pessimismi, ma era un’entusiasta, proprio come lui. Lo stesso entusiasmo dei bambini e dei sognatori. D’un tratto ripensò alla sera prima e a ciò che Anya aveva detto.
- Ieri sera hai detto delle cose… - esordì all’improvviso Matt. Si era fermato e le parole erano uscite lentamente. La ragazza si bloccò anche lei.
- Oh, scusa! Ieri ho detto delle cose… - si accavallarono le sue parole a quelle di lui.
- Giuste. – concluse lui.
Anya restò di sasso. Lei pensava di aver detto un mucchio di sciocchezze, che sì, c’era un fondo di verità, ma aveva esagerato e che comunque non era così importante quel che aveva detto. Ma lui con quella risposta l’aveva spaventata.
- I nostri mondi sono molto diversi, in effetti. E mi rendo conto che non è semplice farli incontrare. Però io e te abbiamo una cosa molto importante in comune: a tutt’e due piace stare con le persone, ridere e scherzare e parlare. Forse dobbiamo solo imparare a farlo insieme. Perciò, la prossima volta che ti trovi in difficoltà, che non sai cosa dire, che non sai cosa fare, non chiuderti in te stessa, non allontanarmi da te. Anzi, fammi un cenno ed io verrò in tuo aiuto.
Non sapeva bene come gli era venuto in mente di fare quel discorso. Non l’aveva programmato, voleva parlarle, sì, ma aveva pensato ad altro. Forse si era soltanto accorto che in quel momento l’aveva sentita più vicina del solito e pensò che non avrebbe voluto altre distanze come la sera prima.
Anya, da parte sua, restò letteralmente senza parole, restò qualche minuto a fissarlo senza riuscire a dire niente. Sentì un improvviso e accogliente calore al cuore e un pericoloso inumidirsi degli occhi.
- Sai cos’altro c’è di bello in questo posto? – cambiò bruscamente discorso Matt.
La ragazza disorientata dal cambio di tono, lo interrogò con lo sguardo.
Matt lanciò un’occhiata alle indicazioni stradali.
- Per mostrartelo ho bisogno dell’auto. – e si avviò al parcheggio.


 

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Capitolo 15
*** Orange Sky ***



 

Orange Sky 

- Allora? – chiese Matt in attesa di vedere i suoi occhi sbarrati per la sorpresa.
- Il mare! – esclamò infatti lei.
- L’oceano! – rettificò lui. 

Per raggiungerlo era stato sufficiente uscire dal centro e avviarsi verso la costa, pochi minuti, il tempo di accostare l’auto, scendere e affacciarsi al muretto oltre il quale si estendeva la spiaggia. Il pomeriggio era trascorso veloce, le ore si erano susseguite quasi rincorrendosi fino ad arrivare all’ora del tramonto. Poche persone sulla spiaggia stavano già raccogliendo le loro cose per andar via. E il sole piccolo e lontano si confondeva tra le nuvole e si immergeva in mare.
 
Matt afferrò la mano di Anya e la trascinò di corsa giù per la spiaggia.
Si fermarono non lontani dal bagnasciuga.
- Facciamo il bagno? – le propose guardandola con sguardo pericoloso.
- Ma non ho il costume!
- Nemmeno io!
Le venne in mente la scena di quel film dove si spogliava di tutto davanti alla ragazza che gli piaceva e si buttava in acqua[1]. Sarebbe stato troppo imbarazzante.
Lo guardò con occhi terrorizzati.
- Hai la biancheria intima?
Anya sgranò gli occhi ancor di più.
- Certo!
- Beh, allora è lo stesso.
Pensò che non era proprio lo stesso e lui lo sapeva. Quel maledetto!
Aveva già iniziato a spogliarsi: via la maglia e poi i pantaloni. Tenne gli slip e si lanciò verso il mare.
Lei allora tolse i jeans, esitò sul top e lo sfilò via. Raggiunse l’acqua e constatò che era gelata. D’istinto si tirò indietro, ma lui sguazzava come un bambino. Si fece coraggio, prese una bella rincorsa e si tuffò.
L’impatto fu quasi traumatico, ma la piacevole sensazione dell’acqua che le accarezzava tutto il corpo vinse sull’algida temperatura. Si lasciò cullare e massaggiare, ritrovando un po’ di relax.
E fu allora che lui si avvicinò:
- Visto? Ce l’hai fatta anche tu.
Si era avvicinato tanto. Erano uno di fronte all’altra, dondolati dalle onde.
- Già! – era riuscita a dire lei quasi in un sussurro.
- È come ieri…
- Come?
- Con i capelli bagnati e scompigliati, appena uscita dalla doccia. – con una mano le carezzò i capelli.
Lei era ferma, immobile, tentata a spostarsi.
- Hai detto di essere innamorata di me, eppure ogni volta che io mi avvicino tu ti allontani… perché?
- Io… - era completamente paralizzata, come ipnotizzata dal suono della sua voce, dalla pericolosa vicinanza, da quei suoi occhi verdi che la stavano esplorando dentro.
- Io avrei voluto – continuò lui – ma nonostante ci siano state le occasioni, ho sempre esitato, forse per timore di un rifiuto.
- Di quali occasioni parli? – le voci erano sommesse, i sussurri  erano diventati sempre più lievi e le bocche erano sempre più pericolosamente vicine.
- Di occasioni come questa.
Il contatto labbra contro labbra fu dapprima molto lieve, ma bastevole a far provare ad Anya un brivido come una leggera scossa che la percorse lungo tutta la schiena.
Quando il contatto si fece più concreto, più coinvolto, fu un confondersi di sensazioni. C’era il gelo dell’acqua e il tocco delle sue mani, il calore provocato dall’abbraccio che ne seguì contrastò e si mescolò con il freddo del mare.
Ripresero fiato e si strinsero più forte, in un intreccio di labbra, di braccia e di gambe, una carezza lungo tutto il corpo.
Alla fine sorridevano, divertiti e lui non sembrava più così sicuro come lo era stato a Londra.
- Hai capito perché ti ho fatto venire fin qui?
- Per farmi morire assiderata?
Rise lui, rise di quella sua risata aperta, gettando il capo all’indietro. E lei era felice di farlo ridere.
Uscirono dall’acqua.
- Come ci asciughiamo adesso? – chiedeva lei battendo i denti.
Lui adocchiò il sacchetto con la sciarpa di Anya fuoriuscire dalla sua grande borsa. La prese e la spiegò.
- No, la sciarpa no! – ma lui gliel’aveva già poggiata addosso, constatando quanto fosse ampia.
- No, la sciarpa nuova! – protestava ancora lei.
- Che vuoi che facciano un po’ di acqua e sale? 
L’aveva avvolta e ora se la stringeva forte. E non mollava la presa. Aveva un buon profumo: di fiori, di vaniglia, un miscuglio di aromi dolci.
 
Tornarono verso la macchina mano nella mano, accompagnando i silenzi con scambi di sguardi complici.
Un pensiero però si insinuò nella mente di Anya, un interrogativo che non aveva trovato risposta e che minava la sua serenità.
- Perché non mi hai detto di Karen?
Matt fece una smorfia di fastidio. E le mani si sciolsero.
- Che importanza ha? – ribatté.
- Ha importanza invece! – insistette lei.
Matt prendeva del tempo. Sembrava contrariato, ma alla fine rispose:
- Me ne sono dimenticato, ok?
- Cosa? – chiese lei scettica.
- È così. Me l’hanno detto quando sono rientrato in stanza, quando sono uscito ti ho trovata lì pronta, in tutta la tua bellezza e mi è sfuggito… me ne sono ricordato quando siamo arrivati al ristorante, ma a quel punto era troppo tardi…
- Non è vero… - ribatté lei completamente diffidente.
Lui si fermò di fronte a lei con aria seria e decisa:
- Sai cosa c’è? Tu pensi che gli altri, tutti gli altri, siano migliori di te.
- Questo non è vero, sai bene che mi reputo migliore di certe persone…
- Si, ma poi ti confronti con il meglio e tu pensi di non essere mai abbastanza. Per questo tendi a nasconderti, a non attirare l’attenzione. Temi che mostrandoti verrebbe fuori solo il peggio. Il punto è che non c’è un meglio o un peggio. Il punto è che ci sei solo tu, Anya, con la tua affascinante timidezza, ma non metterla troppo in risalto o le persone non scopriranno mai cosa c’è dietro o penseranno che vuoi allontanarli. – Matt fece una pausa, poi le si avvicinò e le prese il viso tra le mani: - Tu mi piaci Anya, e ho una lunga serie di motivi validi a sostegno di questa mia attrazione – disse sorridendo – e potrei elencarteli tutti quanti, ma non servirà a convincerti della mia sincerità se non riesci a fidarti di me.
La guardava intensamente negli occhi, come a cercare di convincerla, come in attesa speranzosa di un suo cedimento. La ragazza sostenne per qualche secondo lo sguardo, colta completamente di sorpresa dalle parole di Matt, nemmeno lontanamente aveva pensato che lui avesse capito così a fondo le sue paure, nemmeno nelle sue più dorate fantasie aveva immaginato di vederlo così coinvolto, di potersi sentire così vicina a lui, ancor più di quella vicinanza fisica che c’era stata poco prima.
- Io mi fido di te. – disse infine Anya in un sussurro, dopo aver abbassato lo sguardo.
Lui allentò leggermente la presa, ma la attirò a sé, avvolgendola in un forte abbraccio dove lei si rifugiò e si rannicchiò, in una resa completa.
 
 
 
 
 
[1] Il film è Womb






corner:
bene! questo non è l'ultimo capitolo, ma per lungo tempo ho pensato lo fosse. mancano comunque pochi capitoli, credo...
voglio ringraziare tutti quelli che stanno leggendo questa storia un pò scema XD io però mi sto divertendo molto a scriverla e devo dire che dispiace un pò anche a me che stia finendo...
cmq il vero motivo del corner è questo: l'immagine di questo capitolo è una mia opera d'arte! XD
spero vi piaccia!
a presto e grazie a tutti in particolere a earth, sunset e shalycohen per avermi lasciato delle bellissime recensioni!
ciau!

esse



 

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Capitolo 16
*** Breakfast ***





Breakfast 

- Quanto ancora devi restare qui?
Colazione al bar dell’albergo. In una sala inondata di sole, Matt e Anya stavano seduti uno di fronte all’altra con l’aria rilassata, ma anche un po’ emozionata e felice, di chi sta assaggiando i primi momenti di qualcosa di molto bello.
- Ancora due settimane. – fu la risposta di Matt alla domanda pensierosa di Anya. – Quando torno mi aspetta il Comicon e poi potremo stare insieme tutto agosto. – concluse positivo e pieno di entusiasmo il ragazzo.
Anya non aveva la stessa espressione entusiasta.
- Ad agosto torno giù dai miei… - rivelò.
Anya l’aveva programmato molti mesi prima, e poi era quasi un classico per lei tornare a casa ad agosto e a Natale. Tra l’altro le uniche due volte all’anno che riusciva ad andare.
Matt piegò il capo bruscamente in avanti, con aria disperata.
- Ma vado solo per due settimane. – precisò la ragazza.
Matt tornò dritto, più speranzoso.
- Devi insegnarmi l’italiano. – disse dopo un po’ con aria perentoria. E allo sguardo interrogativo di Anya rispose:
- Per quando verrò giù anch’io!
Anya sorrise. Un po’ per tenerezza verso quella sua voglia di conoscere la famiglia, forse un po’ precoce, e un po’ perché si ricordò di quel che pensava la madre della faccia di Matt. E infatti al pensiero le venne da sorridere di più. Matt si accorse di quel suo risolino sotto i baffi.
- Cos’hai da ridere? – chiese incuriosito.
- Niente… stavo pensando… - una breve pausa precedette la confessione: - Temo che a mia madre non piacerai…Matt sbarrò gli occhi, sorpreso e preoccupato.
- Perché?
- Non so. Ogni volta che guardavo la serie mia madre diceva che non le piacevano quelle facce e io pensavo si riferisse ai mostri e agli alieni. Un giorno invece mi ha indicato proprio la tua faccia. – e scoppiò a ridere. Era divertente vederlo perdere sicurezza, così rincarò la dose: - D’altronde neanche a me ha convinto subito la tua faccia…
Lui cercò di ribattere, di capire, ma lei prese a canzonarlo per le sue sopracciglia invisibili, per quel suo viso così pallido, per quel suo naso importante. Lui era visibilmente sconcertato, lo stava prendendo in giro e non se l’aspettava, non da lei. Ed era spiazzato perché lei ne rideva, di quella sua risata leggera che tanto gli piaceva, eppure traspariva tanto affetto e ammirazione. Alla fine finse di offendersi, ma poi si crucciò seriamente:
- Non è incoraggiante iniziare con la mamma contro.Anya allora tornò un po’ più seria e lo rassicurò:
- Mamma è prudente, ma non ha pregiudizi, è aperta a tutti e generosa. La conquisterai subito, vedrai. 

Il pianoforte e i suoni elettronici dei Radiohead colmavano il silenzio dei due ragazzi. Avvolti da una strana malinconia, i due stavano assorti, ognuno nei propri pensieri. I Radiohead Anya non li conosceva molto, anzi, poteva dire di conoscerli davvero poco. Mentre per Matt erano una profonda passione. Anya scoprì di apprezzare quelle melodie nuove alle sue orecchie e si lasciò cullare guardando rapita il paesaggio fuori scorrere via. Il sole brillava forte e inondava le case e le strade che attraversavano. Ogni tanto si soffermava ad osservare Matt concentrato sulla musica e sulla guida, per scoprirlo sempre più affascinante. A volte lui sentiva i suoi occhi scuri su di sé, allora si voltava a guardarla, un sorriso, le stringeva la mano e la rassicurava. Era un silenzio condiviso. Un modo nuovo di stare insieme.
Un ultimo modo di stare insieme, prima di arrivare all’aeroporto.
 
- Posso confessarti una cosa? – fece lei mentre stavano seduti all’aeroporto, ancora qualche minuto, prima di passare i controlli.
Il silenzio assenso di lui la fece continuare.
- Ho un po’ paura… non è che torno a Londra e finisce tutto? – anche se la domanda era da paranoia, il tono non era pesante, era come una di tante riflessioni ad alta voce.
Matt non rispose subito e questo preoccupò la ragazza.
- A Londra non sarà semplice come qui… lo sai? – era serio e preoccupato, ma sicuro e sincero. – E a parte Londra… avrò un sacco di impegni, poco tempo libero, non sarà facile stare con me.
Per com’era Anya sapeva di rischiare di provocarle un attacco di panico, ma preferiva mettere le cose in chiaro, anche se erano solo all’inizio. Anzi, forse proprio perché erano solo all’inizio.
Anche lei prolungò il suo silenzio, poi fece un profondo sospiro:
- Lo so. – disse lei con aria preoccupata.Poi però scosse il capo, come a scrollarsi di dosso ogni ansia e preoccupazione e alla fine gli fece un gran sorriso, fiduciosa che sarebbe andato tutto bene.
- Lo so. 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** Reading ***





Reading 

“Naturalmente, non era in casa. Toc, toc, toc, Julie? Julius il Cane è seduto, in attesa che apra. Ma la porta non si è aperta. Matita, pezzo di carta, la schiena di Julius come scrittoio. Ho riassunto tutto quel che ho detto sopra. Ho aggiunto ti amo, l’ho coniugato in tutti i tempi e in tutti i modi, e che restavo la sua porta-arei; e che poteva posarsi o decollare quando le pareva…. Erano le prime parole del nostro incontro “Vuoi essere la mia porta-arei, Benjamin? Verrò a posarmi di tanto in tanto, a fare il pieno di senso”, e io, tutto contento: “Posati, bella mia, e vola via tutte le volte che vuoi, ormai navigo nelle tue acque”.
Ho chiesto scusa per le carognate sul giornalismo delle “disgrazie in capo al mondo”, scusami, Julie, volevo solo farti male, scusa, scusa, e ho firmato.
E ho riflettuto.
Mancava qualcosa.
Una verità da non tenere nascosta.
Teston.
E ho confessato, in un Post Scriptum, che J.L.B. era il ministro Teston, proprio lui, Julie, ti rendi conto?
E mi sono fatto scivolare sotto la porta.”[1]

 


- Chi è questo qua? – le aveva strappato il libro di mano e sbirciava la copertina in cerca dell’autore.
Anya sbuffò infastidita.
- Lo stesso di ieri sera…. Sai, di solito un libro lo si continua e lo si finisce pure, soprattutto se è un bel libro. – il tono era polemico.
A volte era insopportabile, faceva un po’ come gli pareva e continuava a interromperla perché non capiva.
- Ma hanno litigato? Quando hanno litigato? – chiedeva Matt che non seguiva più bene la trama del libro.
Poi la guardò con un’occhiata accusatoria:
- Sei andata avanti senza di me!
- Ti sei addormentato!
Lui simulò sorpresa, ma sapeva benissimo che era lui nel torto. Cercò di giustificarsi dando la colpa alla stanchezza.
- Torna indietro, voglio sapere cos’è successo.
- No, che non torno indietro! Io voglio sapere come va avanti!
Si guardarono ancora un po’ con aria di sfida. Alla fine a cedere, come sempre, fu lei:
- Ti faccio un riassunto. 

Era così che trascorrevano certe serate, quando lui faceva tardi e si sentiva troppo stanco per uscire, quando preferivano starsene accoccolati sul divano mentre lei leggeva ad alta voce per tutt’e due e lui un po’ commentava, un po’ seguiva la lettura con gli occhi, un po’ si rilassava e qualche volta, raramente, si addormentava…. Perché in realtà trovava davvero rilassante la voce di Anya, con quel suo tono pacato e tranquillo, la voce calda. Il più delle volte finivano per battibeccare e allora Anya interrompeva la lettura e si dedicava a ben altre attività con lui.
Pantofolaia com’era, ad Anya non dispiaceva restarsene a casa. Però cercava anche di vincere la sua pigrizia e si concedeva delle uscite con Matt. Le aveva presentato i suoi amici e piano piano si stava integrando anche con loro.
D’altro canto per Matt casa di Anya era diventata una specie di rifugio dove approdare ogni volta che poteva, quando il lavoro non lo allontanava da Londra, quando non era troppo tardi per andare da lei, quando lei non aveva le sue cene con i colleghi o qualche amica da vedere. Era una piacevole certezza, una presenza al suo fianco nuova e che aveva trovato il suo spazio perfetto.
Non era passato molto tempo da Detroit, però avevano trovato lentamente il giusto equilibrio e le cose sembravano andare piuttosto bene.
 
- Mi stai ascoltando, Matt? – chiese lei, vedendo l’espressione assente del ragazzo.
Lui si scosse e chiese scusa, in un ‘espressione triste e sconsolata.
- Cosa c’è? – aveva chiesto ancora lei.
E lui scosse lentamente il capo, come a dire “Niente”.
- È per le riprese?
Il ragazzo appoggiò la schiena alla spalliera del divano, allungando le gambe in avanti.
- Stanno per finire…. Inesorabile si avvicina l’ultimo giorno. – disse in tono ironicamente teatrale, che serviva a mascherare tanta tristezza e malinconia.
Anya gli si avvicinò e gli si fece sempre più vicina, fino a trasmettergli il proprio calore. Gli girò un braccio attorno alla vita.
- Se ti va posso raggiungerti sul set, quel giorno, dopo che avrò staccato in biblioteca.
Lui le carezzò i capelli e ammise:
- Mi farebbe molto piacere. 
 
 
 
 
[1] “La prosivendola” di Daniel Pennac

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Capitolo 18
*** The Last Day ***






The last day 

Lo raggiunse in camerino. Fece “Toc toc” e aprì la porta. Si affacciò timidamente. Lui sembrò felice di vederla.
- Oh sei tu! Meno male che sei venuta adesso: ti sei risparmiata uno spettacolo pietoso.
- Ehm… in realtà non sono arrivata ora. Ho assistito alle riprese dell’ultima scena (e di come tu abbia cercato di allungare i tempi) – disse sorridendo – agli abbracci e ai saluti e ho partecipato alla commozione generale…
Matt fece un’espressione di imbarazzo e di sofferenza. Intanto stava togliendo la parrucca.
- Oh, mi piacciono tanto i tuoi capelli! – esclamò lei contenta di vedergli togliere quei capelli posticci e avvicinandosi a lui.
- Non dicevi che mi preferisci con i capelli lunghi?
- Io ti preferisco con i capelli veri!
Lui rise. Anya gli si sedette sulle gambe e lui la aiutava poggiandole una mano sulla coscia e tirandola verso di sé. Lei lo abbracciò. E lui ricambiò l’abbraccio, stringendola forte. Affondò il viso nella sua spalla e si lasciò sfuggire un profondo sospiro. Rimasero a lungo stretti, senza parlare, in quel rassicurante e avvolgente tepore.
- Ma secondo te è normale? – chiese all’improvviso Matt. La sua voce emergeva dalla spalla di Anya.
- Cosa?
- Mi sono preparato tanto a questo giorno, sapevo che non sarebbe stato facile, sapevo che ci sarebbe stato un ultimo giorno, eppure mi sono fatto prendere dalla tristezza.
- Oggi è un giorno importante, il giorno di un evento. È come un matrimonio, il giorno della laurea, anche se cerchi di prepararti psicologicamente le emozioni prendono il sopravvento. – lo rassicurò la ragazza. Qualche attimo dopo continuò:
- E comunque non è questo il tuo ultimo giorno!
- Ah no?
- No! Fino al 25 dicembre sarai il nostro Dottore!
- E poi? Non sarò più il tuo Dottore?
Lei gli avvolse di nuovo le braccia attorno al collo:
- Per quanto mi riguarda e per come stanno le cose adesso potresti esserlo per tutta la vita.
Lui sorrise sorpreso, ma anche compiaciuto.
Anya però fece uno scatto all’indietro e guardandolo gli chiese:
- Ho esagerato? – lui la guardava perplesso
- È troppo? – ma lui continuava a non seguirla. – Questa è una di quelle frasi che di solito spaventa le persone! Posso ridurre la scadenza se vuoi!
Matt allargò le labbra in un sorriso, lo divertiva vederla in panico.
- Mai avuto paura di te. – disse infine, sfiorandole le labbra e abbandonandosi in un bacio dolce. 


 
“A volte succede qualcosa di dolce e fatale
Come svegliarsi e trovare la neve
O come quel giorno che lei mi sorrise
Ma senza voltarsi fuggire
Vederla venirmi vicino fu quasi morire
Trovare per caso il destino
E non sapere che dire”

"L'autostrada" - Daniele Silvestri

 







Corner: Ed eccomi qui! per l'ultima volta... :( 
comunque! spero che questi tre ultimi brevi capitoli, come un trittico di drabble, non vi abbiano annoiato o deluso.
ho voluto mantenere la leggerezza di base della storia, ma ho voluto anche accennare come le cose siano leggermente cambiate tra i due, o soltanto solidificate. beh, volevo solo offrire un piccolo ritratto dei due insieme^^
ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno letto, seguito, messo tra le preferite e commentato questa fanfiction!
grazie mille!
baci
esse

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Capitolo 19
*** The great Pumpkin ***





The Great Pumpkin

Era notte quando si svegliò. Matt era accanto a lei, beatamente addormentato. Rimase a guardarlo un po’. Poi si alzò. Gironzolò un po’ per casa. Recuperò la sua fedele copertina in pile con su stampato il Grande Cocomero di Linus. Si accoccolò sul divano, accese la tv, mantenendola a un volume bassissimo per non svegliare Matt, e dopo aver fatto zapping tra vari canali beccò una delle repliche di Gilmore Girls. Beccò proprio la puntata finale di una delle stagioni, quella in cui Rory si diplomava e teneva il discorso davanti a tutti gli altri studenti e i professori. Quel discorso che ogni volta faceva commuovere inevitabilmente Anya, e anche quella volta calde lacrime scesero giù sovrapponendosi ai sorrisi che le suscitavano le reazioni di Lorelai e gli altri.
Matt la trovò proprio in quello stato emotivo decisamente contraddittorio.
Anya provava sempre un certo imbarazzo a mostrare le proprie lacrime. Le asciugò in fretta, mentre lui le si sedeva accanto e le rubava anche un po’ della sua copertina.
- Gilmore Girls? – esordì con tono lievemente disgustato.
- Mi fa piangere sempre.
- Gilmore Girls? – stavolta con aria incredula.
- Sì, e allora? – ribattè lei un po’ piccata e recuperò parte della copertina e del suo spazio sul divano.
- Non mi avevi detto di soffrire di insonnia. – disse Matt.
- Già. - Fu la laconica risposta di Anya.
- Tu non soffri di insonnia. – concluse Matt.
Anya lo guardò con aria interrogativa. Matt non era sicuro, ma aveva il sospetto, lo aveva da un po’, la sensazione che ci fosse del disagio da parte sua.
- Tu ti senti a disagio. – disse infatti il ragazzo.
Anya arrossì violentemente. Le capitava quando gli altri coglievano la verità imbarazzante. E quella conferma infastidì Matt.
- È una questione di spazio, di abitudine. – provò a spiegare lei, incespicando un po’ nelle parole.
- Ho sempre dormito da sola, a parte la convivenza con le mie amiche e qualche ex fidanzato. Ecco, non mi capitava da tanto di condividere il mio letto con qualcuno e mi devo riabituare alla tua presenza.
Matt non sembrava molto convinto. Anya allora dovette fare uno sforzo maggiore e confessare le sue sensazioni:
- Quando la notte mi sveglio e ti vedo lì accanto a me, meravigliosamente addormentato, io non riesco a riaddormentarmi, mi assale come una forte emozione, mi sembra sempre un po’ incredibile e resto a fissarti a lungo, percorrendo lentamente i tuoi lineamenti, alla ricerca del più piccolo dettaglio. Intanto mi è passato il sonno e allora mi alzo e vengo qui a ritrovare un po’ me stessa.
- Con le Gilmore Girls. – era tornato sul telefilm, ma stavolta con rassegnazione.
- A te non è mai capitato di provare un po’ di difficoltà ad abituarti a certe situazioni nuove? – gli aveva chiesto.
- Mmm… onestamente non ricordo…
- Beh, questo perché sei una persona sana ed equilibrata. – aveva concluso lei con tono ironico.
- Oh, andiamo! In realtà, se vogliamo, è una cosa terribilmente romantica. – le disse poggiandole una mano sui capelli e attirandola a sé.
- Ma c’è una cosa - continuò lui - a me piace svegliarmi al mattino accanto a te.
- Ok, allora. Tornerò a letto appena mi torna l’abbiocco.
Si scambiarono un sorriso complice, che concludeva un’altra questione risolta.
La mano di Matt continuava ad accarezzarle i capelli e un pensiero gli balenò nella mente:
- In alternativa… - sussurrò.
- Cosa?
- C’è il sesso. Vedo che ti sfinisce abbastanza da addormentarti presto.
Anya aveva sorriso. C’era del vero. E le piaceva molto fare l’amore con lui. Era un momento di annullamento di se stessa come una sorta di liberazione, di sollievo, di assenza. Un concentrato tale di sensazioni, di calore e piacere da annullare tutte le sue preoccupazioni, tutte le ansie.
C’era il suo corpo nudo e meraviglioso, il tocco delle sue mani sulla pelle, il movimento lento delle sue lunghe dita sui seni e sul sesso, c’erano le sue labbra affamate di baci, la sua lingua che assaggiava ogni angolo del suo corpo. C’era il suo respiro che si confondeva con quello di lei, gli ansimi che si alternavano e si incontravano all’apice del piacere.
Tutto ciò le percorse veloce la mente e una leggera eccitazione si fece strada nel suo corpo. Alzò il capo per incontrare le sue labbra e baciarlo, mentre una mano andò a sfioragli il sesso.
- Anya! – esclamò lui sorpreso e compiaciuto.
Lei lo zittì con un altro bacio, languido e appassionato, affondando la lingua nella sua bocca, senza quasi lasciarlo respirare. Si spostò a cavalcioni su di lui, fece scivolare via la copertina e infilò la mano negli slip. I gemiti di lui la convinsero a lasciarlo riprendere fiato, giusto il tempo di sfilargli la maglia. Lui la imitò per poi accarezzarle le spalle, i seni e le gambe.
Le mani di Anya indugiarono nell'incavo tra spalla e collo quando si lasciò penetrare. E fu l’ennesimo incontro di due corpi che si adoravano, si cercavano e si amavano.
 
La copertina tornò a coprire i due corpi nudi e ormai addormentati.






corner:
ok, sono tornata con questo nuovo capitolo che spero vi piaccia... se pensate sia troppo, che si combina poco con gli altri, se non rientra nel rating giallo, ditemelo pure!
e colgo l'occasione per farvi tanti auguri di buon natale e felice anno nuovo!

 

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