I promise: I will heal you

di Stria93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Something there ***
Capitolo 2: *** Snowstorm ***
Capitolo 3: *** Illness ***
Capitolo 4: *** Agrabah ***
Capitolo 5: *** Night ***
Capitolo 6: *** Temptations ***
Capitolo 7: *** Epilogo: 28 years later ***



Capitolo 1
*** Prologo: Something there ***


prologo

Da Stria93:Ciao a tutti! Rieccomi con un'altra ff a più capitoli!
Anche stavolta non sarà lunghissima, ma vi garantisco un'overdose di fluff e feels, anzi spero proprio di non essermi lasciata prendere la mano dalla dolcezza dei Rumbelle. <3
Recensioni sempre graditissime e tenute in grande considerazione.
Grazie a tutti e buona lettura. :)
Stria93



Erano ormai trascorsi due mesi da quando Rumpelstiltskin si era presentato al suo castello e aveva stipulato l'accordo che l'avrebbe sottratta alla sua famiglia e alla sua vita per sempre, in cambio della vittoria nella guerra contro gli orchi e della salvezza della sua città.
Nonostante i primi giorni, lontana da casa, rinchiusa in quel freddo castello isolato tra le montagne, in compagnia di quello strano essere, fossero stati difficili, Belle si era pian piano abituata alla sua nuova vita come domestica del Signore Oscuro.
La ragazza si dava da fare: puliva il castello da cima a fondo, serviva i pasti al suo padrone, ne lavava le vesti e spolverava la sua numerosa collezione di oggetti curiosi e bizzarri; spesso si era chiesta da dove provenissero, ma non era certa di volere sapere la risposta: in effetti c'era qualcosa di oscuro e inquietante in quel luogo e in tutto ciò che vi apparteneva, incluso lo stesso signore del castello.
Alcuni oggetti si trovavano chiusi in piccole vetrine, altri (probabilmente i più preziosi e importanti) erano appoggiati su dei piedistalli finemente lavorati nella stanza principale del castello, nella quale era collocato anche l'arcolaio che Rumpelstiltskin utilizzava per filare la paglia e tramutarla in oro con la magia.


Da qualche tempo, Belle aveva iniziato a vedere il Signore Oscuro con occhi diversi.
All'inizio ne era intimidita, lo considerava solo il suo carceriere, la causa della sua prigionia in quel luogo lontano da tutto e dalla vita che conosceva; ma con il passare del tempo, aveva imparato a conoscerlo, a capire quando faceva sul serio e quando invece tentava di suonare spietato e minaccioso solo per spaventarla, ottenendo in realtà il risultato opposto.
La ragazza aveva cominciato ad intuire che l'aura di malvagità e la pessima fama che Rumpelstiltskin aveva costruito intorno a sé, erano in realtà un mascheramento, una montatura per celare il vero se stesso agli occhi del mondo.
Belle sapeva perfettamente che spesso l'apparenza inganna, e ciò che si crede di vedere non corrisponde a ciò che è in realtà.
Ovviamente non si poteva negare che il Signore Oscuro avesse compiuto atti deplorevoli, ingannato i più saggi regnanti e distrutto molte vite in nome della sete di potere; eppure Belle era sempre più convinta che, dietro a queste azioni, Rumpelstiltskin nascondesse qualcosa di gran lunga più importante.
All'improvviso voleva sapere di più del suo passato, e molte domande iniziarono a farsi strada nella sua mente: com'era arrivato ad essere il Signore Oscuro? Chi era prima? Aveva una famiglia? Se sì, cosa ne era stato?
Un giorno, durante l'ormai consueto rito del tè del pomeriggio, Belle si era fatta coraggio e aveva cercato di sondare le tenebre nelle quali era avvolta la vita del Signore Oscuro.
Non aveva ottenuto molte informazioni in realtà; aveva scoperto solo che, un tempo, Rumpelstiltskin era stato un povero filatore che viveva con la moglie e il figlio, ma quando gli aveva domandato cosa fosse accaduto, l'uomo aveva risposto nel suo solito modo laconico e criptico, affermando di aver perso entrambi.
Non si era dilungato più di tanto, ma ciò che più colpì la ragazza, furono l'espressione triste del suo viso, e il lampo di dolore che gli attraversò gli occhi da rettile, venati di striature dorate.
In quel momento le era parso più umano del solito, e molto più vulnerabile.


I giorni al castello trascorrevano veloci e l'inverno stava ormai lasciando il posto alla primavera; il paesaggio fuori dalle finestre stava mutando lentamente, e la neve iniziava a sciogliersi, sebbene il Castello Oscuro si trovasse tra le vette più alte di quel regno.
Belle poteva sentire i sentimenti per Rumpelstiltskin che ogni giorno crescevano dentro di lei.
Le piaceva guardarlo mentre lavorava all'arcolaio; un giorno gli aveva chiesto perchè filasse tanto, nonostante non sapesse poi come utilizzare l'oro che fabbricava; lui le aveva risposto che gli piaceva guardare la ruota, che lo aiutava a dimenticare, ma subito dopo aveva liquidato la questione con una battuta e una delle sue risatine vagamente folli e isteriche.
Quando l'uomo si sedeva e iniziava a filare la paglia per trasformarla in sottili fili dorati, il suo volto assumeva un'espressione malinconica, quasi nostalgica, e per un attimo Belle poteva scorgere l'ombra del Rumpelstiltskin uomo anziché Signore Oscuro.


Dal canto suo Rumpelstiltskin si era ormai abituato alla presenza della ragazza in giro per le ampie stanze del castello; era rimasto solo per così tanto tempo, circondato solo dai trofei della sua collezione e in compagnia dei fantasmi del suo passato, che ora vedere Belle aggirarsi per la sua dimora, con i suoi occhi dolci, il suo buon umore e il bellissimo sorriso che era sempre pronta a donargli, gli faceva provare un calore nell'anima che aveva ormai dimenticato da molto tempo e non pensava di poter sentire di nuovo.
Ultimamente la ragazza aveva preso l'abitudine di canticchiare mentre sbrigava le faccende.
Rumpelstiltskin adorava ascoltarla mentre filava e, anche se non l'avrebbe mai ammesso con nessuno e tantomeno con se stesso, era felice che lei fosse arrivata a riempire, almeno in parte, quel vuoto che da molto tempo abitava il suo cuore.
Tuttavia non riusciva a capire come Belle potesse essere felice di stare rinchiusa in quel posto con lui: un mostro, un essere senza speranza che aveva provocato dolore a così tante persone solo per interessi personali.
Ogni notte questi pensieri tornavano a perseguitarlo: la perdita di suo figlio Baelfire era avvenuta per colpa sua e mai avrebbe potuto riparare a quell'errore.
Eppure Belle sembrava davvero serena, si era adattata perfettamente alla sua nuova vita al Castello Oscuro; Rumpelstiltskin si era aspettato di vederla triste, rassegnata, astiosa nei suoi confronti, invece eccola lì che ogni volta che incrociava il suo sguardo sorrideva timidamente, e le guance le si coloravano di un rossore innocente: era così bella quando arrossiva.
Già, lei era così bella mentre lui era...una bestia:non trovava altro termine per definire se stesso.

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Capitolo 2
*** Snowstorm ***


cap.2

Da Stria93: Ecco il secondo capitolo, dal quale comincia effettivamente la storia.
Ringrazio infinitamente chi l'ha inserita tra le seguite e le preferite, chi ha recensito e tutti i lettori silenziosi.
Baci a tutti e buona lettura! :)


Verso l'inizio di marzo svanì improvvisamente ogni accenno di primavera.
Le giornate si fecero di nuovo buie e fredde e la neve tornò a imbiancare il paesaggio intorno al castello.

Una sera Belle si accoccolò accanto al camino a leggere, godendo del piacevole tepore che le fiamme spandevano tutto intorno; Rumpelstiltskin filava come suo solito mentre i fiocchi di neve si posavano pigramente sul davanzale della finestra, creando un'atmosfera ovattata e surreale, come se l'intero luogo fosse sotto l'effetto di un incantesimo silenzioso.
Ad un tratto la ragazza alzò gli occhi dal libro, colta da una curiosità improvvisa, e si rivolse al folletto senza preamboli: - Voi siete in grado di modificare il clima con la magia? -
Lui smise di filare e la guardò un po' accigliato: - Perchè me lo chiedi, dearie? -
Belle fece spallucce: - Non c'è un motivo particolare. Sono solo curiosa. -
- Attenta, dearie: farsi guidare dalla curiosità può condurre su strade pericolose. - Ghignò.
- Sarà come dite, ma non avete risposto alla mia domanda. - Gli fece notare la giovane con un sorrisetto.
Rumpelstiltskin alzò gli occhi al cielo, esasperato: la caparbietà della sua domestica era davvero notevole, specialmente quando si trattava di soddisfare la sua sete di sapere.
Sospirò: - Sì dearie, potrei farlo. Ma la magia ha sempre un prezzo e usarla per cambiare il corso della natura ne richiederebbe uno molto alto. -
- Ad esempio? - Insistette la ragazza.
- Ti consiglio di non indugiare su questo genere di cose, dearie. La magia è molto complicata e coloro che la praticano sanno perfettamente che anch'essa ha i suoi limiti e le sue regole. Torna al tuo libro e non preoccuparti di questioni che non ti riguardano. -
Il Signore Oscuro non aggiunse parola e tornò al lavoro, chiudendo definitivamente la questione.
Belle capì che non avrebbe ottenuto altre risposte, inoltre Rumpelstiltskin probabilmente aveva ragione: la magia era complessa e pericolosa, non era qualcosa a cui approcciarsi con leggerezza, e in ogni caso il folletto aveva risposto alla sua domanda quindi non c'era motivo di approfondire ulteriormente l'argomento che, a dirla tutta, le metteva sempre i brividi.
Abbassò di nuovo lo sguardo sulle pagine ingiallite del romanzo e tornò ad immergersi nella lettura.

Marzo passò velocemente, ma il tempo peggiorò sempre di più, come se la natura avesse deciso di spostare indietro l'orologio fino a tornare nel pieno dell'inverno anziché proseguire verso la bella stagione primaverile.
Quel giorno Belle era dovuta andare nel bosco per procurarsi legna da ardere per alimentare il fuoco dei camini e riscaldare le grandi sale del Castello Oscuro.
Rumpelstiltskin le aveva ordinato di rientrare subito nel caso il tempo fosse peggiorato, ma per il momento sembrava che il cielo stesse concedendo una tregua dopo la copiosa nevicata della notte e della mattinata.
La ragazza aveva fatto una bella scorta di ceppi di legno ed era pronta per tornare al castello, quando alcuni fiocchi di neve grandi come confetti ricominciarono a cadere sul bosco.
Belle aumentò il passo, sperando di raggiungere la sua meta prima che la situazione precipitasse; ma purtroppo, come se gli dèi si volessero prendere gioco di questa sua speranza, presto si scatenò una tormenta vera e propria.
Il vento gelido le sferzava gli abiti senza pietà, e i fiocchi di neve le pungevano il volto come tanti piccoli spilli ghiacciati.
Nonostante lei si stringesse nel mantello, il gelo le mozzava il fiato, s'insinuava sempre di più sotto i vestiti, oltrepassava la pelle e arrivava fin nelle ossa.
Inoltre ogni passo era reso difficoltoso dalla neve fresca, nella quale gli stivali di Belle affondavano fino alle ginocchia, inzuppandole i pantaloni.

Rumpelstiltskin stava filando, quando alzò lo sguardo verso la finestra e si accorse che il tempo era peggiorato.
Subito una sgradevole sensazione di allarme gli attanagliò lo stomaco: Belle era là fuori, in balia di quella tormenta.
Le aveva detto di tornare al castello se avesse ricominciato a nevicare, ma la violenza e la velocità con cui si era scatenata quella bufera dovevano averla colta di sorpresa, inoltre stava iniziando a farsi buio.
Il folletto si alzò e guardò fuori dalla vetrata: i rami spogli degli alberi erano scossi furiosamente dal vento, che ululava minaccioso, e la neve turbinava fitta.
Si stava preoccupando sul serio per quella ragazza, che non era abituata al clima di montagna e di certo in vita sua non aveva mai dovuto andare a far legna nel bosco.
Stava per prendere il mantello per uscire a cercarla, quando intravide una figura minuta dirigersi a fatica verso l'ingresso del castello, arrancando nella neve, con una bisaccia in spalla piena di legna.
Rumpelstiltskin si precipitò ad aprire il pesante portone, e la fece entrare: Belle era ricoperta di neve dalla testa ai piedi e sembrava sul punto di crollare a terra da un momento all'altro.
Il folletto la raggiunse con un movimento rapido e le passò un braccio intorno alla vita per sorreggerla, poi la condusse davanti al camino, dove ardeva un bel fuoco.
La ragazza tremava violentemente e aveva il respiro affannato; il Signore Oscuro le tolse dalle spalle lo zaino e il mantello, ormai fradicio, e la fece sedere sulla poltrona di pelle nera.
- Non ti avevo detto di rientrare se il tempo fosse peggiorato?! - la sua voce, incrinata dall'apprensione, suonò più dura di quanto volesse.
Belle annuì debolmente, battendo i denti e continuando a stringersi nelle spalle, tentando di placare i brividi.
- è s-successo all'imp-p-provviso! Ho c-cercato di rient-trare il p-prima p-possibile. -
Rumpelstiltskin scosse la testa e tornò all'arcolaio, lasciando la ragazza da sola, davanti al camino.
Nessuno dei due parlò per i minuti che seguirono, e gli unici rumori provenivano dal crepitio del fuoco, dal cigolio della ruota e dal ruggito del vento che ancora infuriava intorno al Castello Oscuro.
Il folletto lanciava continuamente occhiate preoccupate verso la ragazza, le cui piccole spalle erano scosse da tremiti incontrollabili.
Si sentiva preda di un turbine di emozioni che non riusciva a controllare, e che si erano abbattute su di lui con una forza inaudita e senza preavviso: la preoccupazione di sapere Belle sola fuori nel bosco mentre infuriava quella bufera, il sollievo di quando l'aveva vista arrivare al castello infreddolita e tremante ma illesa, ma sopra a tutto ciò, prevaleva un bruciante senso di colpa per averla esposta ad un tale rischio, e per cosa? Per qualche ceppo di legna da gettare nel camino quando lui avrebbe benissimo potuto evocare le fiamme con un unico schiocco di dita.
Quando finalmente Belle smise di tremare e si fu un po' scaldata, si alzò e raggiunse Rumpelstiltskin, che continuò a filare come se niente fosse: non voleva mostrarsi in pensiero per lei e cercava di comportarsi nel modo più normale possibile, ma gli risultava incredibilmente difficile.
- è tardi, vai a riposare. Domani mattina metterai a posto la legna. -
Non alzò lo sguardo dall'arcolaio, fingendosi concentrato nella filatura; il tono della voce era piatto e non tradiva alcuna emozione.
Belle era talmente stanca che non ci fece caso, voleva solo farsi un bagno caldo e andare a letto; lo salutò con un gesto del capo e si diresse verso la sua stanza.

Quando la ragazza scomparve dalla sua vista, Rumpeltiltskin si alzò e si lasciò cadere su una sedia con un sospiro, accanto al lungo tavolo di legno.
Non riusciva a smettere di pensare al fatto di aver mandato Belle da sola nel bosco con quel tempo pessimo, a svolgere un lavoro pesante al quale non era abituata.
Come aveva potuto essere così stupido e sconsiderato?!
Quando si era accorto della tormenta e non l'aveva vista tornare si era davvero spaventato.
Era da molto tempo che non temeva per la sorte di qualcuno.
Si passò una mano sul viso, massaggiandosi le tempie.
Il Signore Oscuro non era solito avere quei momenti di debolezza, di umanità; era l'uomo più temuto e potente di tutti i reami dopotutto:  non era da lui preoccuparsi per una ragazzina.
Cosa gli stava succedendo? Come poteva quella principessina avere un tale effetto su di lui?

Belle entrò nella sua stanza dove, ringraziando il cielo, ardeva un bel fuoco scoppiettante nel camino.
Si sentiva indolenzita e letteralmente a pezzi, così quando varcò la soglia ringraziò di non essere più costretta a passare le notti nella fredda e umida cella sotterranea che Rumpelstiltskin le aveva offerto come alloggio nei suoi primi tempi al Castello Oscuro. Quella camera tutta per lei era stato un “dono” del signore del castello:

Una sera di qualche settimana prima Belle stava per ritirarsi nella segreta, preparandosi a passare l'ennesima notte al freddo, sdraiata sul duro pagliericcio, quando Rumpelstiltskin le si era avvicinato:
- Vieni dearie, ti mostro la tua stanza. -
Belle era rimasta interdetta: – C-cosa? La mia stanza?Ma pensavo che... -
Il folletto aveva alzato un sopracciglio e si era esibito in uno dei suoi ghigni perfidi e beffardi.
- Se vuoi rimanere nelle segrete, dearie... -

- Oh no! Solo...non me l'aspettavo. Tutto qui. - Aveva risposto lei, arrossendo.
Già, neanche lui se l'aspettava.
Aveva giustificato questo suo moto di “carità” nei confronti della ragazza dicendosi che gli pareva che ella fosse troppo gracile per sopportare il freddo di quella cella, e una governante malata non gli serviva a nulla e sarebbe stato solo un fastidio.
Belle l'aveva seguito attraverso i corridoi del castello, finchè non erano giunti ad una porta di legno, finemente intagliata, che Rumpelstiltskin aveva aperto con un piccola chiave d'argento.
Quando avevano varcato la soglia, si erano ritrovati in una camera da letto grande e ariosa.
C'erano un grande letto a baldacchino, un camino di pietra, due alte finestre, un armadio, un tavolo rotondo sul quale era appoggiato un vaso di fiori, e perfino una piccola zona-bagno con una vasca d'avorio.
La ragazza era rimasta incantata  incantata dalla bellezza di quella stanza, così diversa dagli altri ambienti cupi e bui del Castello Oscuro; le ricordava la sua camera al palazzo reale di Avonlea: casa sua.
Si era voltata verso Rumpelstiltskin, che osservava attentamente la sua reazione.
- è magnifica! Èd è tutta per me? -
A quel punto, il Signore Oscuro si era rilassato, impercettibilmente: - Certo dearie, ma solo perchè ora hai un letto più comodo non significa che puoi permetterti di fare tardi. Questa stanza è un privilegio che ti ho concesso, ma posso revocarlo in ogni momento se mai dovessi accorgermi che stai battendo la fiacca, intesi?! -
Aveva cercato di suonare più minaccioso possibile.
Belle aveva sorriso: - Non preoccupatevi, non succederà! Grazie! Grazie! -
La gioia della ragazza aveva sorpreso Rumpelstiltskin, che, sorridendo tra sé, aveva appoggiato la chiavetta argentata sul tavolo con i fiori e stava per andarsene.
- Perchè fate questo per me? - Aveva domandato lei ad un tratto, incapace di trattenersi.
Il folletto si era bloccato sulla soglia della porta:
ma perchè la sua domestica doveva sempre essere così curiosa?! Già per lui era inusuale comportarsi in quel modo, ma doversi giustificare davanti a lei...assolutamente no! In fondo aveva una reputazione da difendere.
- Ci vediamo domani mattina dearie, puntuale! - Si era raccomandato, senza voltarsi, e prima che Belle potesse aggiungere altro si era già materializzato al piano di sotto.

Belle mise a scaldare una bacinella d'acqua sul fuoco e si spogliò: fu un sollievo potersi finalmente togliere di dosso gli abiti freddi e bagnati che indossava.
Quando l'acqua fu abbastanza calda, la ragazza la riversò nella vasca, dalla quale si sollevò una densa nuvola di vapore caldo, poi vi entrò e si immerse con un mugolio di piacere.
La sensazione dell'acqua calda che le scioglieva i muscoli tesi e intirizziti, e che scacciava, poco a poco, il gelo che le si era insinuato nelle ossa, era semplicemente divina.
Chiuse gli occhi godendosi quel meraviglioso tepore e pensò che sarebbe volentieri rimasta a mollo in eterno, ma presto il sonno minacciò di prendere il sopravvento su di lei.
A malincuore uscì dalla vasca, indossò una candida e profumata camicia da notte che aveva trovato nell'armadio e si mise a letto, avvolgendosi nelle coperte più che potè.
Si addormentò immediatamente, mentre fuori dalla finestra la bufera di neve imperversava ancora.


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Capitolo 3
*** Illness ***


Belle dormì malissimo.
Il suo corpo minuto era scosso da brividi incontrollabili, nonostante il letto e la stanza fossero abbastanza caldi; si sentiva ardere in fronte e sudava in continuazione.
Le coperte erano pesanti ma sembravano totalmente incapaci di lenire la sensazione di gelo che la attanagliava.
Il mattino dopo si svegliò con la sensazione di essere stata presa a bastonate per tutta la notte: le doleva ogni singola parte del corpo e le girava tremendamente la testa.
Fuori dalle finestre la neve continuava a turbinare vorticosamente, sospinta dal vento che ancora imprigionava il Castello Oscuro nella morsa del gelo.
Per un attimo la ragazza prese in considerazione l'idea di restare a letto, ma non aveva intenzione di dare ulteriori grattacapi al suo padrone, che in quei giorni sembrava già particolarmente irritabile senza che ci si mettesse anche una domestica malata.
Si alzò, si diede una rapida rinfrescata e indossò il semplice abito celeste che il Signore Oscuro le aveva donato nei suoi primi giorni al castello per sostituire l'assai più vistoso abito dorato da principessa, decisamente poco adatto ai lavori domestici.
Impiegò molto più tempo del solito a vestirsi e non si curò nemmeno di rifare il letto: si sentiva frastornata e anche i gesti più semplici le risultavano incredibilmente faticosi.

Quando raggiunse Rumpelstiltskin al piano di sotto, lo trovò che stava già lavorando all'arcolaio con la solita espressione assorta che lo caratterizzava ogni volta che si dedicava a quell'occupazione.
Quando la vide, lui capì immediatamente che qualcosa non andava: la ragazza infatti teneva molto al suo aspetto e le piaceva presentarsi a lui sempre in ordine; quella mattina invece i capelli erano scarmigliati e acconciati in una sbrigativa e maldestra coda che le ricadeva floscia sulla spalla, anche il corsetto del vestito sembrava essere stato allacciato ad occhi chiusi e la gonna era spiegazzata.
- Sei in ritardo, dearie. - La rimproverò lievemente, quasi volesse testare la sua reazione.
Belle abbozzò distrattamente qualche parola di scuse, poi prese uno straccio e si mise a spolverare la superficie di vetro di una cristalliera.
Il folletto aggrottò le sopracciglia: la risposta della ragazza era stata fin troppo arrendevole e laconica, non era da lei.

 Rumpelstiltskin la teneva d'occhio mentre filava: c'era decisamente qualcosa di strano.
Quel giorno la sua domestica era molto diversa dalla persona allegra e pimpante alla quale era abituato.
All'inizio temette che potesse avercela con lui per i suoi modi un po' freddi e bruschi della sera prima: in effetti, forse era stato un po' troppo duro con lei; ma Belle non era proprio il tipo da tenere il broncio per certe sciocchezze.
No, doveva esserci un altro motivo per quel suo comportamento assente e apatico.

 La giovane stava spolverando una piccola teca ormai da mezz'ora, pareva isolata da tutto ciò che la circondava, così Rumpelstiltskin interruppe il suo lavoro, si alzò lentamente e la raggiunse alle spalle.
- Belle? - La chiamò piano.
Lei non diede segno di averlo sentito, così la prese delicatamente per le spalle e la fece voltare verso di lui.
Notò subito che il suo viso era molto pallido e aveva ombre scure sotto gli occhi azzurri, particolarmente lucidi quella mattina.
- Mi fa piacere che tu sia tanto ligia nello svolgere le tue faccende, dearie, ma di questo passo ci metterai un secolo a pulire tutto il castello. - Disse il folletto con un ghigno, cercando di mascherare la sua preoccupazione dietro l'atteggiamento ironico.
Lei sembrò riscuotersi: - Oh che stupida! Sono mortificata...-
- Sicura di sentirti bene, dearie? Hai una pessima cera. -
Rumpelstiltskin iniziava a preoccuparsi sul serio: la soppesava attentamente con lo sguardo, come se la ragazza avesse potuto sgretolarsi tra le sue mani da un momento all'altro.
- Sì, io...sto bene...davvero. - Tentò di rassicurarlo lei, senza molto successo.
Il folletto assunse un'espressione scettica, poi le posò delicatamente una mano sulla fronte.
Alla giovane parve la sensazione più gradevole del mondo: la pelle ruvida e squamosa di Rumpelstiltskin risultava infatti incredibilmente fresca sulla sua fronte ardente e la fece sospirare di sollievo. Avrebbe voluto che quel contatto non s'interrompesse mai.
Quando lui ritrasse la mano, la guardò severamente: - Hai la febbre alta, dearie; torna subito a letto. -
Il suo tono era gentile ma fermo.
Belle tentò comunque di replicare: - No, davvero...sto bene...non c'è bisogno di.... -
Ma non riuscì a terminare la frase che la stanza prese a girarle intorno vorticosamente e le sue gambe cedettero.
Rumpelstiltskin la sostenne appena in tempo, impedendole di cadere, scosse la testa e la sollevò tra le sue braccia; lei, troppo debole per opporsi, si abbandonò con il capo contro la sua spalla, socchiudendo gli occhi per cercare di placare i capogiri e la forte sensazione di nausea che le opprimeva lo stomaco.
Benchè di corporatura abbastanza minuta, il Signore Oscuro era davvero forte: l'aveva sollevata senza alcuna fatica e le sue mani ruvide dalle dita affusolate la tenevano saldamente; probabilmente anche quell'inusuale forza fisica era frutto della magia che scorreva in lui.
Improvvisamente la ragazza si sentì al sicuro come non mai, sentiva che nulla avrebbe potuto farle del male finchè fosse rimasta tra le braccia di Rumpelstiltskin.
Inspirò profondamente e l'odore della pelle del folletto le riempì le narici: era un profumo strano, speziato e seducente con una punta di amaro; a Belle sembrò l'aroma più gradevole che avesse mai sentito.
Completamente ignaro di questi suoi pensieri, lui avanzava velocemente e con sicurezza tra i corridoi del castello, scoccandole qualche sguardo preoccupato di tanto in tanto.
Nonostante fosse sul punto di svenire, la ragazza capì che si stavano dirigendo verso la sua stanza.
Infatti in pochi minuti raggiunsero la porta di legno, che si spalancò immediatamente davanti a loro.
Il folletto entrò e l'adagiò delicatamente sul letto, ancora sfatto, avvolgendola con cura nelle coperte.
Lei lo vide aggirarsi per la camera in cerca di qualcosa, poi non riuscì più a resistere: chiuse gli occhi e perse conoscenza.

 Rumpelstiltskin aprì l'armadio, prese un panno di stoffa morbida e una bacinella, che riempì con dell'acqua fresca, dopodichè afferrò una sedia e si sedette accanto al letto.
Immerse il panno nella bacinella e lo passò sulla fronte e sul viso tremendamente pallido della giovane che dormiva un sonno agitato, respirando affannosamente.
Il Signore Oscuro si sentì stringere il cuore nel vederla così debole e sofferente: una sensazione che non gli era affatto famigliare.
Continuò a detergerle il viso e la fronte fin quando l'espressione sul suo viso si fece più distesa e rilassata e il respiro più regolare; allora si alzò e, prima di uscire dalla camera, andò alla finestra e chiuse le tende di velluto, schermando la luce del giorno che, forte del riflesso della neve, penetrava prepotentemente nella stanza.
Rumpelstiltskin si stupì di se stesso: quei gesti premurosi, quelle attenzioni speciali che riservava a Belle non erano da lui. Cosa lo spingeva a comportarsi in quel modo?
Da un po' di tempo si sentiva strano, come se un altro se stesso, che da molti anni riposava sopito nel profondo del suo animo, si fosse improvvisamente risvegliato e stesse lottando con tutte le sue forze per riemergere dall'abisso di oscurità.
Lanciò un'ultima occhiata alla ragazza distesa nel letto e chiuse la porta della camera.

 Rumpelstiltskin filava ormai da più di mezz'ora, cercando di concentrarsi sul lento girare della ruota, ma i suoi pensieri continuavano irrimediabilmente a correre alla stanza al piano di sopra, in cui si trovava Belle.
Il folletto sospirò rassegnato e abbandonò l'arcolaio; in ogni caso non sarebbe riuscito a lavorare bene in quelle condizioni.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare era lei: in quel momento non c'era spazio per nient'altro nella sua mente tormentata.
All'improvviso, si sentì animato da una volontà ferrea e nuova, forte quanto la sua determinazione a ritrovare suo figlio: Belle aveva bisogno di lui in quel momento, e lui si sarebbe preso cura di lei così come quella ragazza aveva fatto da quando era entrata nella sua vita.
Te lo prometto, Belle: ti farò guarire, ti farò stare bene.

Molto probabilmente la ragazza si era ammalata il giorno prima, quando era andata nel bosco a far legna ed era stata sorpresa dalla tormenta di neve.
Di nuovo avvertì la morsa del senso di colpa, ma tentò di non badarci: aveva cose molto più importanti a cui pensare in quel momento piuttosto che rimuginare sulle sue azioni.
Quasi senza pensarci, salì le scale di pietra ogni tre gradini e ad un suo gesto la porta di legno nero e lucido, che conduceva al suo laboratorio, in cima alla torre più alta del Castello Oscuro, si aprì di scatto.
La stanza era perfettamente circolare, dalla finestra filtrava un unico cono di luce che illuminava un tavolo di legno cosparso di fogli di pergamena, e scaffali, sui quali erano sistemate ampolle di diverse dimensioni: ciascuna di esse conteneva liquidi e fluidi più o meno luminescenti e di diversi colori, e ognuna era etichettata con un simbolo che serviva al Signore Oscuro per riconoscerle immediatamente e non fare confusione.
Rumpelstiltskin passò in rassegna tutte le miscele ma, incredibilmente, non trovò nulla che potesse fare al caso suo.
C'erano pozioni in grado di sterminare un'intera armata in pochi secondi, altre che avrebbero potuto far cadere un intero regno in meno di tre giorni, altre ancora potevano corrompere il più puro dei cuori e trasformare anche la persona più mite in uno spietato assassino.
Ma di tutti i filtri che aveva creato e riposto in quella stanza, non ce n'era neppure uno che servisse a curare una semplice febbre.
In tutti quegli anni era stato troppo impegnato ad accrescere il suo potere per preoccuparsi di faccende umane di così poco conto.
Inoltre non gli piaceva per niente l'idea di usare la magia su Belle, infatti nessuno meglio di lui sapeva che essa porta sempre con sè un prezzo, e non voleva che questo gravasse sulla giovane.
Una volta che la magia invadeva la vita di una persona, questa vi sarebbe rimasta legata per sempre, nel bene o, molto più spesso, nel male: non voleva assolutamente che questo capitasse anche a Belle, non se lo meritava.
No, avrebbe dovuto guarirla alla vecchia maniera...senza magia.
All'improvviso si ricordò di una volta in cui Baelfire, all'età di dieci anni, era stato costretto a letto per giorni da un brutto malanno; allora lui era solo un povero filatore e non possedeva poteri magici, ma era riuscito comunque a guarire suo figlio grazie ad un infuso di erbe medicinali che gli erano state vendute da un vecchio ambulante di passaggio in cambio di qualche provvista e un po' di lana.
Non aveva mai più rivisto quell'uomo e, in ogni caso, erano trascorsi due secoli da allora quindi le possibilità che egli fosse ancora in vita erano decisamente nulle.
Fortunatamente però, Rumpelstiltskin aveva trascritto su una pergamena i nomi e le dosi delle erbe, con le fasi di preparazione dell’infuso.
Doveva recuperarla al più presto, anche se ciò avrebbe significato rimettere piede là dentro.

 Scese le scale fino ad arrivare nei sotterranei del castello, poi imboccò un lungo corridoio fiocamente illuminato da alcune torce che gettavano una luce tremolante tutto intorno, creando ombre spettrali sui muri di pietra e conferendo al luogo un aspetto ancora più cupo di quanto non fosse in realtà.
Non andava mai laggiù: i ragni avevano ormai tessuto le loro tele argentate ovunque e uno spesso strato di polvere ricopriva il pavimento, sollevandosi in nuvolette compatte al suo passaggio, mentre il rumore dei suoi passi veloci risuonava in modo sinistro.
In men che non si dica, Rumpelstiltskin si ritrovò davanti all'ultima porta.
Rimase ad osservare l'uscio per un attimo, poi sospirò, si fece coraggio e fece scattare la serratura con un gesto secco della mano.
La stanza era esattamente come se la ricordava, a parte il forte odore di muffa che impregnava l'aria: era una cella piccola, senza finestre, piena di oggetti accatastati in disordine.
Accese una torcia, la cui luce tremula illuminò un paio di mantelli, piccoli monili, vecchie bisacce, sacche da viaggio, un bastone di legno, che un tempo egli utilizzava come appoggio per camminare, umili abiti da donna, e vesti di taglia più piccola: vesti da bambino, le vesti di suo figlio Bae.
In quella stanza il Signore Oscuro aveva relegato tutto ciò che apparteneva alla sua vita passata, quando la magia non aveva ancora corrotto la sua anima.
Era accaduto poco dopo che suo figlio se n'era andato: non poteva più vivere nella sua vecchia casa, avrebbe cercato un luogo tranquillo ed isolato per potersi dedicare interamente alla sua missione e al suo piano per ritrovarlo.
Quando si era trasferito in quel castello, che aveva poi ribattezzato il Castello Oscuro, aveva deciso di lasciarsi definitivamente alle spalle il passato e la sua vita prima di diventare il Signore Oscuro, tuttavia non era riuscito a disfarsi di quegli oggetti e così li aveva rinchiusi in quella cella, con la promessa di non varcarne mai più la soglia.
Ma si trattava di Belle, si trattava di farla guarire, e quella era l'unica cosa importante in quel momento, molto più di qualunque promessa egli potesse aver fatto in passato.
Sapeva dove cercare la pergamena con la ricetta dell’infuso: l’aveva riposta in una delle sacche di cuoio insieme ad altri appunti sulla tosatura, sulla cura delle pecore e su come trattare la lana.
Frugò nella sacca, cercando di non soffermarsi sugli oggetti che lo circondavano: ciascuno di essi gli riportava alla mente pensieri spiacevoli, ciascuno gli ricordava le persone che amava e che aveva perso.
Suo figlio, il suo adorato Bae, era finito solo e perso in un altro mondo perchè lui non aveva avuto il fegato di seguirlo, scegliendo il potere anziché la persona più importante della sua vita e che amava più di chiunque altro; sua moglie Milah l'aveva lasciato per fuggire con un giovane pirata, abbandonando il suo stesso figlio ancora bambino.
All'improvviso avvertì una tremenda sensazione di soffocamento: doveva uscire da quella maledetta stanza il prima possibile.
Finalmente trovò la vecchia pergamena ormai rovinata dal tempo e dall’umidità, fortunatamente però le parole si leggevano ancora.
Tirò un sospiro di sollievo, poi si affrettò a richiudere la porta e ad allontanarsi il più possibile da quel luogo saturo di ricordi troppo dolorosi da sopportare.

 Prima di dedicarsi alla preparazione dell'infuso, volle passare a verificare le condizioni di Belle.
Socchiuse delicatamente la porta della camera e sbirciò dentro, trovando la ragazza profondamente addormentata nel letto: il suo petto si alzava e si abbassava lentamente, ad un ritmo regolare.
Sembrava tranquilla, così decise di lasciarla riposare e di tornare più tardi.
Presto starai bene, Belle. pensò mentre richiudeva piano l'uscio dietro di sé.

Tornò al laboratorio e lesse attentamente la pergamena.
Non era una ricetta complicata, inoltre le sue abilità di pozionista erano notevolmente migliorate da quando era divenuto il Signore Oscuro: preparare un semplice infuso di erbe medicinali sarebbe stato un gioco da ragazzi per lui.
Occorrevano quattro varietà di foglie: verbena, assenzio selvatico, nocciolo e....ortica di Agrabah.
Le prime tre erano piante abbastanza comuni e Rumpelstiltskin era certo di averne una discreta quantità al castello, ma per l'ortica di Agrabah era tutta un'altra storia.
Si trattava infatti di una varietà di ortica molto rara che cresceva solo in quella lontana terra; per procurarsela avrebbe dovuto stare via tutto il giorno come minimo: non poteva perdere tempo, si sarebbe messo subito in viaggio.

Rumpelstiltskin tornò nella camera di Belle con un calice d'acqua fresca, un piatto d'oro vuoto e un paio di libri presi dalla biblioteca del castello, e si sedette accanto al letto.
La ragazza giaceva sulla schiena, respirando piano.
- Belle... - Chiamò il suo nome dolcemente, quasi sussurrandolo.
Lei socchiuse appena gli occhi, e gli sorrise debolmente quando lo vide accanto a sè.
Il folletto appoggiò il piatto e i libri sul comodino e le porse il calice; la ragazza si puntellò a fatica sui gomiti e bevve qualche sorso, ringraziandolo con voce flebile.
- Belle, devo allontanarmi per un po'. So come preparare un rimedio che ti farà stare bene ma mi occorre un ingrediente particolare che non si trova nelle vicinanze, devo andare a procurarmelo. Non starò via molto, te lo prometto. - Le parlò con dolcezza, poi proseguì, - Se ti viene fame, basta che tu dica a questo piatto incantato cosa vuoi mangiare, e lui farà il resto. Ti ho portato anche dei libri. -
Belle annuì: - Va bene, vi ringrazio....ma tornate presto, vi prego. -
Si sentì incredibilmente infantile nel pronunciare quelle parole, ma non voleva che lui se ne andasse, non ora.
Rumpelstiltskin sogghignò: - Sarò di ritorno prima di quanto immagini dearie. Chissà come ridurresti il mio castello se ti lasciassi qui da sola per troppo tempo. -
Cercò di suonare spavaldo, ma in realtà non gli piaceva affatto l’idea di lasciare la ragazza da sola in quelle condizioni; eppure non aveva scelta, perchè se voleva farla guarire aveva bisogno di quella pianta e ne aveva bisogno subito.


 

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Capitolo 4
*** Agrabah ***


Il sole aveva lasciato da poco lo zenit quando Rumpelstiltskin raggiunse il confine della mistica terra di Agrabah.
Uno dei vantaggi dell'essere il Signore Oscuro era il fatto di poter, grazie alla magia, coprire enormi distanze in brevissimo tempo; infatti nel giro di circa tre ore aveva attraversato reami, laghi, valli e colline ed era giunto a destinazione.
Agrabah era una terra separata dagli altri regni da un vasto deserto, che aveva mietuto molte vittime tra gli sventurati che avevano tentato di attraversarlo.
Era una regione dal clima arido e secco, con giornate lunghe, assolate e roventi.
Si trattava di un luogo semisconosciuto ai più, ma circondato da un'aura di mistero, timore e fascino.
Molte leggende erano sorte a proposito di Agrabah e dei suoi abitanti, alcune più veritiere di altre; ma una cosa si sapeva per certo: in quella terra la magia era praticata e studiata molto più che negli altri reami, si poteva quasi avvertirla aleggiare nell'aria.
La capitale, in cui risiedeva il sultano con la sua corte, era la città più importante e fiorente di quella terra e il suo mercato era famoso in tutti i regni.
Le strade brulicavano di gente di ogni tipo, età e razza; l'aria era impregnata dell'odore delle spezie e le strade risuonavano delle voci dei mercanti che reclamizzavano le loro merci, contrattavano sul prezzo e invitavano la folla ad avvicinarsi per ammirare la mercanzia esposta.
Ma il Signore Oscuro non amava affatto tutta quella confusione e decise che avrebbe trovato altrove ciò che gli occorreva.
Proprio in quel momento venne urtato accidentalmente da un ragazzo che correva a più non posso, inseguito da un manipolo di guardie del sultano.
Il giovane era vestito poveramente e aveva i piedi scalzi, stringeva in mano una pagnotta, probabilmente rubata, e cercava disperatamente una via di fuga dai suoi inseguitori: uomini robusti e nerboruti, dall'aria feroce e minacciosa, tutti rigorosamente armati di scimitarra.
La strada terminava in un vicolo cieco e presto il ragazzo si sarebbe trovato in trappola, circondato e senza alcuna via di fuga.
Rumpelstiltskin decise allora di fare ciò che gli riusciva meglio e di sfruttare a proprio vantaggio quella situazione: forse quel ladruncolo avrebbe potuto essergli utile per trovare l'ortica.
Schioccò le dita e le guardie vennero avvolte da una densa nube violacea; scorse le loro espressioni spaventate e sorprese appena prima di essere trasformati in lumache.
Il ladro, che ad un tratto non sentiva più i passi e le voci delle guardie alle calcagna, smise di correre e si voltò ansimando, cercando con lo sguardo il gruppo di uomini che si era misteriosamente volatilizzato: la confusione sul suo bel viso olivastro era evidente e comprensibile.
Il folletto gli si avvicinò, senza curarsi di non calpestare le bestioline; i loro gusci si spezzavano con un sonoro e sgradevole “crack” sotto i suoi stivali.
- Be', sembra proprio che tu mi debba un favore, ragazzo. -
L'altro spalancò gli occhi neri alla vista della sua pelle squamosa che catturava la luce del sole e dei suoi occhi che così poco avevano di umano, poi spostò lo sguardo dalle lumache allo sconosciuto e un lampo di comprensione gli attraversò il viso: - Siete stato voi? -
Sul volto di Rumpelstiltskin comparve un ghigno compiaciuto che lasciò scoperti i suoi denti aguzzi: - Proprio così, dearie. Ma ora sei in debito con me e si dà il caso che io abbia già in mente un pagamento adeguato. -
Il giovane, ancora sbigottito da quanto era accaduto, si stupì ancora di più: - Ma cosa potreste mai volere da un povero straccione come me? Non ho denaro e possiedo a malapena di che sopravvivere...-
Il folletto lanciò una risatina acuta e fece un gesto d'impazienza con la mano: - Oh dearie, non m'importa della tua estrazione sociale e le ricchezze non mi mancano di certo. -
Il ragazzo rabbrividì al suono di quella voce fredda e venata di follia: quello straniero non gli piaceva per niente ma l'aveva salvato dalle guardie del sultano ed era un fatto che non poteva ignorare, gli era debitore.
Eppure non riusciva proprio a capire cosa egli potesse volere da un poveraccio come lui, sempre in fuga dalle guardie e a lottare ogni giorno per poter mangiare e tirare avanti.
Prese coraggio, cercando di nascondere il timore che quell'essere gli incuteva: - E allora cosa volete da me? -
Qualcosa lampeggiò negli occhi penetranti di Rumpelstiltskin: - Voglio solo che mi indichi dove posso trovare dell'ortica di Agrabah il più in fretta possibile. -
Il ragazzo sbattè le palpebre, spiazzato: era una richiesta davvero singolare, ma almeno era certo di poterla esaudire.
- Ehm...c'è un cespuglio che cresce fuori città, poco distante da qui. Venite, vi mostro la strada. -

Belle aprì gli occhi molto lentamente. Avvertiva le palpebre incredibilmente pesanti, ma doveva svegliarsi perchè l'arsura era diventata insopportabile e il suo corpo chiedeva disperatamente dell'acqua.
Le sembrava di sprofondare nel materasso, di annegare tra le coperte che erano diventate una trappola di calore che la faceva sudare a più non posso.
Le pareva inoltre che la camera nella quale si trovava continuasse a girare attorno a lei senza tregua, confondendo colori e forme di ogni cosa.
Cercando di non cedere alla nausea che l'attanagliava, la ragazza si puntellò sui gomiti e riuscì a mettersi seduta.
Sul comodino c'erano una bacinella, un panno di stoffa inumidito, il piatto dorato, i libri e il calice pieno d'acqua.
Belle ringraziò mentalmente il Signore Oscuro per averglielo portato e bevve con avidità, svuotandolo completamente e godendo della straordinaria sensazione del liquido fresco che scivolava nella sua gola secca e bruciante.
Appena ebbe consumato l'ultima goccia ed ebbe rimesso la coppa al suo posto, questa si riempì magicamente una seconda volta fino all'orlo.
Lei sorrise: Rumpelstiltskin aveva pensato proprio a tutto, era una delle caratteristiche che più amava di lui.
Amava? Evidentemente si trattava del delirio della febbre che offuscava la sua ragione e inibiva la sua capacità di pensare razionalmente.
La ragazza si portò una mano alla fronte e la sentì scottare esattamente come ogni centimetro di pelle del suo corpo.
Si accorse di avere ancora addosso il vestito celeste che usava per lavorare.
Il corsetto, sebbene si limitasse ad avvolgerle il busto senza stringere eccessivamente, le dava parecchio fastidio, così si alzò cautamente appoggiandosi alla testata del letto e si svestì, per poi indossare la camicia da notte, decisamente più comoda e fresca.
Non fu un'operazione facile perchè la testa le girava terribilmente e le gambe minacciavano di cedere sotto il suo peso da un momento all'altro.
Alla fine crollò di nuovo sul letto e si distese, facendo grandi respiri e cercando di alleviare la nausea.
Improvvisamente si trovò a pensare a Rumpelstiltskin e a desiderare di averlo al suo fianco in quel momento.
Ripensò a quando, poco prima, lui le aveva deterso gentilmente il viso e al modo in cui il tono della sua voce si era fatto incredibilmente dolce, così diverso dal solito.
Quanto avrebbe voluto che fosse lì accanto a lei.
Ma lui era lontano chissà dove, a cercare quel misterioso ingrediente che gli occorreva per preparare un rimedio alla sua febbre.
Aveva promesso che avrebbe fatto più velocemente possibile e sarebbe stato di ritorno al castello prima di quanto pensasse, ma le mancava...ad un tratto le mancava terribilmente.
Avvertì un groppo in gola ma subito ricacciò indietro le lacrime che si stavano già affacciando ai suoi occhi celesti: doveva essere forte, lui avrebbe mantenuto la promessa, sarebbe tornato di lì a poco e l'avrebbe fatta stare bene, non c'era ragione perchè si comportasse come una bambina piagnucolona, non lo era mai stata.
Decise che si sentiva abbastanza in forze per leggere: in questo modo il tempo sarebbe passato più velocemente, rendendo più sopportabile quell'attesa.
Afferrò uno dei libri che il folletto le aveva portato (uno dei suoi preferiti), sistemò meglio i cuscini dietro la schiena e s'immerse nella lettura.

Rumpelstiltskin seguì il giovane fuori dalla città caotica e rumorosa.
Man mano che proseguivano il cammino, le case si facevano sempre più rare, e le strade polverose e meno affollate.
Era evidente che stavano attraversando i quartieri più poveri e malfamati della capitale: i classici luoghi che, al calare della notte, brulicavano di tagliagole, assassini, criminali e donne in cerca di clienti a cui concedersi in cambio di pochi soldi o di qualcosa da mangiare.
La povertà e la miseria regnavano incontrastate e offrivano uno spettacolo ben diverso da quello che si poteva scorgere nei pressi del palazzo del sultano, dove ovunque si posasse lo sguardo si potevano ammirare ogni genere di ricchezze e lusso sfrenato.
Camminavano ormai da un'ora, senza proferire parola: Rumpelstiltskin pensava continuamente a Belle, sola al castello, e sperava con tutto il cuore di trovare presto quella maledetta pianta per poter tornare da lei e curarla con l'infuso.
Il giovane si muoveva agilmente e con molta sicurezza tra i vicoli della periferia, era chiaro che conosceva alla perfezione quelle zone e, a giudicare dagli stracci che indossava e dal suo fisico magro, faceva parte anch'egli di quella vasta categoria di persone per le quali la vita ad Agrabah era una continua lotta per la sopravvivenza.
Il folletto lo seguiva da vicino, senza mai perderlo di vista; ma cominciava davvero a spazientirsi.
- Ti avverto ragazzo, ho una certa fretta e se mi stai mentendo subirai un destino ben peggiore di quello dei tuoi inseguitori! - Sibilò minacciosamente.
Lui trasalì e il suo volto si fece improvvisamente più pallido: - No, non temete...ci siamo quasi. Conosco bene queste zone. Fidatevi, arriveremo a ciò che cercate in meno di mezz'ora. - Rispose con voce spaventata, poi proseguì sui suoi passi.
Rumpelstiltskin sbuffò e continuò a seguirlo: iniziava a perdere la pazienza; ogni minuto era prezioso e non poteva permettersi contrattempi.
- A cosa vi serve l'ortica? - Chiese ad un tratto il giovane, sopraffatto dalla curiosità.
Il folletto fece una smorfia: - Questo non fa parte del nostro accordo, dearie. Ho le mie motivazioni per volere quella pianta, ti basti sapere questo. -
L'altro non indagò oltre.

Finalmente i due giunsero ad una piccola oasi, poco fuori dalle mura della città, al confine con il grande deserto che separava Agrabah dalle altre terre.
Quel piccolo angolo fertile e rigoglioso si stagliava come una minuscola macchia verde a metà tra l'azzurro limpido e intenso del cielo e l'oceano di sabbia rovente che lo circondava: una piccola esplosione di vita in mezzo alla desolazione circostante.
C'era un piccolo bacino d'acqua che affiorava dalle profondità della terra, alcune palme che si innalzavano verso il cielo e molte altre specie di piante e fiori grandi e carnosi, dai colori sgargianti, totalmente sconosciuti a chi viveva oltre il grande deserto.
Il Signore Oscuro riconobbe immediatamente un paio di cespugli della pianta che stava cercando: il giovane ladro gli aveva detto la verità.
- Bene ragazzo, hai tenuto fede alla tua parola; ora puoi andare. -
L'altro si dondolò sui piedi e si morse il labbro esitante, ma non si mosse.
Alla fine decise di dare voce al pensiero che si era insinuato nella sua mente durante tutto il tragitto: - Voi...voi potete usare la magia. -
Rumpelstiltskin si voltò verso di lui con un ghigno: - Davvero perspicace, dearie. - Lo prese in giro.
Il giovane ignorò la frecciatina; sebbene quell'essere gli facesse tremare le gambe, quella poteva essere la sua unica occasione di dare una svolta alla sua vita, così fece appello a tutto il coraggio che possedeva e continuò: - Potreste usare i vostri poteri per trasformarmi in un principe? -
Gli occhi del folletto lampeggiarono pericolosamente: come osava quel ragazzino rivolgersi in quel modo al Signore Oscuro?! L'aveva forse preso per una di quelle petulanti e odiose fate madrine per caso?!
Nonostante l'indignazione non potè trattenere una risata davanti a tanta ingenuità e sfacciataggine: - Oh, dearie...credi davvero che la magia possa essere usata così alla leggera per fare ciò che si vuole? Per esaudire i desideri? Be', sappi che non è affatto così. La magia ha sempre un prezzo e se la si usa nel modo sbagliato possono capitare cose molto spiacevoli. Dammi retta, torna alla tua vita e ringrazia la tua buona stella di avere una vita a cui poter tornare. -
Il ragazzo trasalì ma tentò ugualmente di replicare: - La mia vita è un disastro...ma se solo voi poteste aiutarmi... -
S'interruppe bruscamente quando gli occhi di Rumpelstiltskin persero ogni traccia di divertimento e si fecero duri e glaciali: - Attento ragazzo, non hai la minima idea di con chi hai a che fare. Adesso vattene se non vuoi finire come quelle guardie che ti stavano inseguendo poco fa. -
La voce acuta del folletto si era ridotta ad un sibilo minaccioso e il giovane capì di essersi spinto troppo oltre, così abbassò lo sguardo, rassegnato, e girò sui tacchi, allontanandosi di nuovo verso la città.

Belle rilesse per la decima volta la stessa riga: le parole si erano fatte improvvisamente offuscate e le lettere sembravano vorticare e roteare confusamente sulla pagina, mescolandosi tra loro.
Chiuse il libro e lo ripose sul comodino con un sospiro stanco e frustrato.
Sentiva che le poche forze che aveva riacquistato durante il sonno la stavano abbandonando; la febbre doveva essere salita di nuovo.
Non aveva mangiato nulla ma la sola idea di toccare cibo le provocava delle potenti e sgradevoli fitte di nausea allo stomaco.
Gettò un'occhiata alla finestra coperta dalla tenda, chiedendosi se il sole fosse già tramontato oppure no; si sentiva troppo debole per alzarsi e guardare fuori.
Aveva completamente perso la cognizione del tempo e non aveva la minima idea di quante ore fossero trascorse da quando Rumpelstiltskin aveva lasciato il Castello Oscuro, a lei sembrava trascorsa un'eternità.
Non voleva trascorrere la notte da sola: fino a quel momento si era fatta forza, ma quella prospettiva era davvero più di quanto potesse sopportare.
Si abbandonò contro i cuscini chiudendo gli occhi e cercando di controllare il respiro per calmarsi.
Dove sei, Rumpel?

Rumpelstiltskin osservò per un attimo il ragazzo che si dirigeva a passo mesto verso la città, poi, rimasto solo, s'inginocchiò vicino al cespuglio di ortica e ne esaminò le foglie color verde brillante che emanavano uno sgradevole e penetrante odore dolciastro, quasi rancido.
L'ortica di Agrabah risultava incredibilmente velenosa se posta a contatto con la pelle, invece una volta bollita poteva essere ingerita senza conseguenze dannose, anzi, sprigionava le sue enormi proprietà curative.
Il folletto s'infilò un paio di spessi guanti di pelle e raccolse una buona manciata di foglie che ripose con cura in una boccetta di cristallo: finalmente avrebbe potuto preparare il rimedio per guarire Belle.
Prima di ripartire alla volta del Castello Oscuro, si chinò sul laghetto, ed estrasse da sotto il mantello una piccola fiala contenente un liquido blu cangiante, che riversò nell'acqua.
- Mostrami Belle. - Ordinò.
La superficie cristallina iniziò ad incresparsi e a vorticare, finchè apparve un'immagine confusa e sfocata.
Il folletto avvertiva l'ansia crescere sempre di più e gli parve che fosse trascorso un secolo prima che la scena diventasse abbastanza nitida da distinguere la camera della ragazza.
Avvicinò il volto per vedere meglio, fin quasi a sfiorare l'immagine con la punta del naso: lei giaceva nel letto con gli occhi chiusi, in un groviglio di coperte e lenzuola, i capelli avevano un colorito spento e la pelle del volto era lucida e pallidissima, le guance arrossate erano l'unica nota di colore sul suo viso madido di sudore; le sue labbra secche si muovevano piano in un movimento sempre uguale, come se stesse ripetendo la stessa parola in continuazione...questa assomigliava tremendamente a “Rumpel.”
Sto arrivando Belle, resisti!

Il viaggio di ritorno occupò gran parte del pomeriggio e, forse per l'ansia e la fretta di giungere a destinazione, sembrò durare molto più a lungo rispetto a quello di andata.
Quando finalmente Rumpelstiltskin raggiunse il portone d'ingresso del castello il sole era ormai tramontato e aveva ripreso a nevicare copiosamente: niente a che vedere con la calda e assolata Agrabah, dove nessuno aveva la minima idea di cosa fossero la neve, il ghiaccio o il freddo.
Il folletto non badò nemmeno a togliersi il mantello da viaggio e si precipitò subito da Belle, salendo le scale ogni tre gradini come una furia.
Spalancò la porta della camera e trovò la ragazza sdraiata nel letto, scossa dai brividi, il viso cereo e madido di sudore proprio come nell'immagine apparsa nell'acqua, o forse perfino peggio.
Dalla sua bocca uscivano lamenti deboli e sommessi mentre si agitava nel sonno.
Sulle guance aveva i segni inconfondibili di chi aveva pianto.
Rumpelstiltskin le fu accanto in men che non si dica, le posò una mano sulla fronte e sentì che bruciava: la febbre era salita rispetto a quella mattina.
Si sentì stringere lo stomaco in una morsa per averla lasciata sola in quelle condizioni, ma non poteva fare altrimenti se voleva trovare l'ultimo ingrediente per guarirla.
Prese il panno di stoffa dalla bacinella e le rinfrescò il viso.
Lei socchiuse gli occhi a quel tocco e prese a cercarlo con lo sguardo; quando lo trovò accanto a sé cercò di parlare ma si scoprì incapace di emettere una sola parola.
Rumpelstiltskin capì e le premette delicatamente un dito sulle labbra screpolate: - Shhh, sono qui, Belle. Tra poco ti porterò l'infuso e starai meglio. Andrà tutto bene. -
La ragazza annuì debolmente poi scivolò di nuovo nell'incoscienza.

 


Da Stria93: Ok, probabilmente starete pensando: “dopo 20 giorni questo è il massimo che sei riuscita a fare?!” e avreste anche ragione perchè capisco che si tratti di un capitolo corto, un po' noioso e piatto (con i Rumbelle separati per di più, tanto per cambiare), ma è stato davvero un periodaccio con gli esami e l'ispirazione e il tempo erano decisamente contro di me: insomma, capitolo pubblicato con un milione di dubbi e pare mentali.
Dal prossimo però garantisco che mi farò perdonare inserendo molti più momenti Rumbelle! ;-)
Ho preso in prestito alcune battute di Ella e Rumpel della 1x04 perchè mi sembrava che calzassero bene con la situazione.
Grazie infinite a chi continua a seguire questa storia e a chi ha la pazienza di recensire ogni capitolo sostenendomi e consigliandomi, vi adoro. <3
Bacioni!

 

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Capitolo 5
*** Night ***


Da Stria93: Ed ecco il capitolo fluffoso che vi avevo promesso.
Spero vi piaccia! 3...2...1...Vai col miele!!! :)

 


Rumpelstiltskin si rinchiuse nel suo laboratorio e ci mise poco più di un paio d'ore per preparare il rimedio di erbe medicinali.
L'odore emanato dal risultato finale era decisamente sgradevole e il folletto si ricordò dell’espressione contrariata e disgustata del piccolo Bae quando, molti anni prima, dovette berlo.
Quell'immagine lo trafisse come una lama, in quel momento però non poteva lasciarsi travolgere dai sentimenti legati al passato, la cosa importante era Belle e solo lei: farla guarire e alleviarle il più possibile la sofferenza causatale dalla febbre.
Versò l'infuso in una coppa d'argento poi tornò nella camera della ragazza.
Lei era immobile, distesa di schiena sul materasso come pietrificata, non tremava più e il biancore del suo viso si era accentuato.
Rumpelstiltskin venne colto da un improvviso senso di orrore e la paura si avvolse sempre più stretta intorno a lui con le sue gelide spire.
Si sedette sul bordo del letto e avvicinò una mano alle labbra dischiuse di lei: il suo respiro era appena percepibile.
Le strinse una mano tra le sue e la trovò gelida come il marmo; il battito del polso era debole e pareva quasi assente.
Allora i peggiori pensieri iniziarono ad affiorare nella mente del folletto e il panico minacciò di travolgerlo mentre cingeva le spalle della ragazza e l'attirava a sé.
No. Non poteva essere troppo tardi! Non era possibile! L'avrebbe salvata; gliel'aveva promesso!

Belle si guardò intorno ma non vide altro che oscurità, un'oscurità densa e calda che si avvolgeva morbidamente intorno al suo corpo come una coperta.
Quel luogo era silenzioso e pacifico, le tenebre che la circondavano non le facevano paura, anzi, le pareva che fossero accoglienti e protettive.
Si sentiva trascinare inesorabilmente verso il basso, ma non aveva né la forza né la volontà di opporsi; voleva solo abbandonarsi, lasciarsi andare e riposare: si sentiva stanchissima.
Ad un tratto però il silenzio e la quiete furono spezzati da una voce concitata che sembrava provenire da molto lontano e la chiamava insistentemente: “Belle! Forza dearie, svegliati! Apri gli occhi! BELLE! -
Svegliarsi? Aprire gli occhi? E perchè mai avrebbe dovuto farlo? Voleva dormire e basta, era troppo stanca.
Cercò di ignorarla, ma la voce misteriosa si fece ancora più incalzante e urgente: “Coraggio Belle, lo so che mi senti. Devi svegliarti! Devi combattere! -
Quella seconda volta però, alla ragazza parve di conoscerla. Ma certo, l'aveva già sentita molte altre volte, ne era certa.
- Reagisci, Belle! Fallo per me, ti prego! -
A quel terzo richiamo, finalmente la riconobbe: era Rumpelstiltskin! Era lui che la stava chiamando.
Sembrava preoccupato e agitato, evidentemente era davvero importante che lei si destasse; così, con un grande sforzo, decise di abbandonare quel luogo oscuro e tranquillo.
Dovette lottare contro quella forza misteriosa che sembrava volerla trattenere laggiù, ma alla fine socchiuse appena le palpebre e scorse il volto del folletto a pochi centimetri dal suo, fiocamente illuminato dalla luce tremula delle candele.
L'espressione di lui tradiva tutta la paura di quegli istanti e il sollievo nel vederla di nuovo cosciente anche se molto debole.
Le aveva circondato le spalle con un braccio per aiutarla a stare seduta.
Prese la coppa e gliela portò vicino alle labbra.
- Ecco, bevi a piccoli sorsi, dearie. Ti farà bene. -
Belle arricciò il naso in un'espressione di disgusto appena avvertì l'odore penetrante del rimedio pungerle le narici, in ogni caso annuì e cercò di prendere la coppa, ma le mani le tremavano troppo e sentiva che in quel momento le sue dita non sarebbero state in grado di reggere neanche una piuma. In quel modo rischiava di versare tutto il liquido bollente e ustionarsi.
- Aspetta dearie, lascia fare a me. - E così dicendo Rumpelstiltskin le fece inclinare gentilmente la testa e le versò in bocca un po' del liquido caldo.
Ogni sorso provocava a Belle un forte moto di nausea e le faceva rizzare i capelli dal disgusto.
La ragazza pregò che quella tortura finisse in fretta mentre il folletto la rassicurava dolcemente: - Brava dearie, così...piano... -
Continuò pazientemente a farla bere, finchè lei non ebbe svuotato completamente la coppa e si abbandonò con il capo contro la sua spalla, esausta.
Lui avvertì la sua pelle ancora molto calda contro di sé, ma sapeva che presto l'infuso avrebbe fatto il suo effetto e lei sarebbe stata bene.
Ripose la coppa vuota sul comodino e prese ad accarezzarle i capelli e a cullarla tra le sue braccia.
Rimasero così per un po', finchè la giovane non si assopì.
Rumpelstiltskin la fece sdraiare delicatamente e le scostò un ricciolo castano dal viso pallido e tirato.
- Riposati, Belle. Ora andrà tutto bene. - Sussurrò.
Stava per per alzarsi e andarsene, quando una debole stretta lo trattenne per il polso.
- Non andate via. Restate con me, vi prego. - Mormorò Belle con un filo di voce, socchiudendo appena gli occhi.
Lei non sembrava minimamente intenzionata a voler lasciare la presa sulla sua mano e il folletto si sentì pervadere da un sentimento che lo riempì in ogni fibra del corpo: la tenerezza per quella giovane sembrò per un momento allontanare l’oscurità che aveva corrotto la sua anima.
Le sue labbra sottili s'incurvarono in un sorriso molto diverso dal ghigno che era solito esibire, e annuì: - Va bene dearie: stanotte rimarrò qui con te, ma adesso devi riposare. -
Solo a quelle parole Belle lasciò la presa e sorrise a sua volta, richiudendo gli occhi.
Rumpelstiltskin scoccò un'occhiata dubbiosa e colma di desiderio all'altro lato del materasso: in fondo era abbastanza grande per ospitarli entrambi, che male ci sarebbe stato se lui....
Ma scacciò all'istante questo pensiero e fece apparire accanto al letto la sua poltrona preferita, che solitamente si trovava al piano di sotto, davanti al camino.
Si sedette con un sospiro di piacere, abbandonandosi contro lo schienale, e solo allora si rese conto di quanto si sentisse stanco.
Si accomodò meglio, in modo da essere più vicino possibile a Belle ed essere così pronto a cogliere il minimo segnale che qualcosa non andava; fortunatamente però, la ragazza continuò a dormire tranquilla e serena.

Rumpelstiltskin rimase a vegliarla per buona parte della sera, contemplando ogni più piccolo dettaglio del suo viso terreo e lucido a causa della febbre, ma pur sempre bellissimo.
Le ciglia lunghe e ricurve, le labbra carnose, l'espressione dolce che manteneva perfino nel sonno...il folletto pensò che non si sarebbe mai stancato di osservarla.
Ad un tratto si accorse di trovarsi ad un soffio da lei: si era avvicinato piano piano senza nemmeno accorgersene e ora gli sarebbe bastato un niente per sfiorarla.
Per un breve, folle momento fu tentato di posarle una leggera carezza sulla guancia, ma non voleva rischiare di svegliarla o spaventarla; in fondo quale donna non sarebbe stata terrorizzata a morte svegliandosi e trovandosi a pochi centimetri da un mostro come lui?
Ritirò la mano e si affrettò a rimettere la giusta distanza tra loro.

Passò qualche ora: ormai era notte inoltrata e Rumpelstiltskin non poteva più resistere alla stanchezza.
Non era più abituato a tutti quei sentimenti e a quelle emozioni: la paura di perdere Belle, il dolore provato nel vederla soffrire, la determinazione a guarirla, il viaggio fino ad Agrabah, la ricerca dell'ortica…era stata una giornata lunga e pesante, e lui aveva decisamente bisogno di dormire e ritemprarsi.
Scoccò un'ultima occhiata alla giovane e si sporse verso di lei posandole delicatamente un mano sulla fronte: ormai sembrava tranquilla, i brividi erano cessati, il respiro era tornato regolare e la pelle non bruciava più come poche ore prima, sebbene fosse ancora molto calda.
Rumpelstiltskin decise che la situazione era sotto controllo e qualche ora di sonno gli avrebbe giovato.
Prima però aprì le tende della finestra e spense con un soffio le tre candele che illuminavano la camera, lasciando che l’unica fonte di luce rimanesse l’alone argenteo della luna piena che si levava alta sui picchi innevati ed era visibile dalla grande vetrata come una presenza rassicurante che vegliava sul Castello Oscuro e sul sonno dei suoi due abitanti.

Belle si svegliò e aprì gli occhi a malincuore, di nuovo costretta dall'arsura che le opprimeva la gola.
La camera era avvolta nella semi-oscurità, ma i contorni degli oggetti erano ben visibili grazie alla luce lunare.
Bevve qualche sorso d'acqua fresca dal calice, poi il suo sguardo si posò sulla poltrona accanto al letto, occupata dal Signore Oscuro, immerso in un sonno profondo.
Belle si stupì: non aveva mai visto Rumpelstiltskin dormire e per qualche strana ragione aveva finito per pensare che non ne avesse bisogno.
Lo studiò attentamente, quasi intimorita che l'intensità del suo sguardo finisse per svegliarlo: le gambe, fasciate nei soliti pantaloni di pelle nera, erano distese in avanti, le braccia abbandonate sui braccioli e la testa reclinata leggermente di lato; la sua pelle squamosa catturava i raggi argentati, conferendogli un aspetto ancora meno umano del solito, quasi iridescente, come un miraggio.
Le sue labbra sottili erano dischiuse leggermente e una ciocca di capelli mossi gli ricadeva sul volto, che manteneva l'espressione tormentata e triste perfino nel sonno anzi, pareva quasi essersi accentuata.
Il suo petto si alzava e abbassava seguendo il ritmo del suo respiro calmo e, ad un tratto, Belle desiderò accoccolarsi in braccio a lui e addormentarsi cullata dai battiti del suo cuore.
Osservò il lato vuoto del letto, desiderando di avere Rumpelstiltskin disteso accanto a sé.
L'impulso di alzarsi, avvicinarsi alla poltrona, accarezzargli il viso e intrecciare le dita ai suoi capelli era molto forte, ma il timore di svegliarlo ed essere colta in flagrante la fece desistere.
Si ridistese tra i cuscini e scivolò di nuovo nel sonno, con un sorriso sereno sulle labbra e quel desiderio segreto nel cuore.

 

                                                                                                                    ***


- No! Non andartene! -
Belle è davanti al portone principale del Castello Oscuro e lo guarda con disgusto.
- Non andartene! - Ripete lui.
La ragazza scuote la testa: - Non resterò qui un minuto di più! Sei un mostro! Una bestia! Non meriti l’amore di nessuno! Nessuno potrà mai amarti! -
Poi il viso di Belle si trasforma in quello di sua moglie Milah: - Sei un codardo, Rumpel! Sei fuggito dal fronte perchè avevi paura! Killian non l'avrebbe mai fatto, lui sì che è un uomo! Non meriti di stare con me! -
- Ma cos'altro potevo fare?! -
Gli occhi gelidi di lei lo trafiggono: - Potevi combattere! Potevi morire! -
La donna si volta ed esce dal castello richiudendosi il pesante portone alle spalle.
Rumpelstiltskin rimane nell'ingresso, paralizzato da quelle parole così cariche di disprezzo.
Ad un tratto però ode un terribile urlo che proviene da fuori, dove la donna è appena uscita: l’urlo di un ragazzino.
Lui spalanca il portone e vede suo figlio Bae che sta per essere risucchiato in un vortice magico verde e luminoso, apertosi all'improvviso nel terreno.
Cerca di afferrare la mano tesa del ragazzo per attirarlo lontano da lì.
- Me l’avevi promesso! Vieni con me! - Supplica suo figlio.
Rumpelstiltskin scuote la testa: - Non posso Bae! Non posso! -
Bae lo guarda con espressione addolorata e lascia la mano del padre, scomparendo nel vortice magico che si richiude immediatamente, lasciandolo solo davanti al suo castello.

Rumpelstiltskin si svegliò di soprassalto ansante, con il cuore che martellava furiosamente contro il suo petto e la fronte imperlata di sudore freddo.
Si guardò intorno per un attimo, disorientato, poi ricordò di trovarsi nella stanza di Belle.
Belle!
Alzò lo sguardo verso il letto e vide la ragazza che dormiva serenamente su un fianco.
Sospirò di sollievo: era stato solo un incubo, eppure gli era parso così reale, così maledettamente vivido.
Guardò fuori dalla finestra: era notte fonda e la luna si levava ancora alta nel cielo, evidentemente non doveva aver dormito più di un’ora o due al massimo.
Aveva bisogno di un po’ d’aria fresca, aveva bisogno di muoversi, di risvegliare i sensi ancora prigionieri di quell'orribile sogno.
Si alzò lentamente, cercando di non svegliare la giovane, quindi chiuse piano la porta della camera e scese le scale che portavano al piano di sotto.
Passò davanti alla sala dell'arcolaio e si soffermò per un attimo a guardare lo strumento: solitamente gli faceva bene filare quando era turbato, ma quella notte decise di adottare una soluzione diversa, così prese il suo mantello pesante e uscì dal portone d'ingresso.
Varcare quella soglia gli rese ancora più concreto e terribile il ricordo di ciò che aveva appena sognato.
Fuori dal castello regnava una quiete insolita, tutto taceva. Finalmente aveva smesso di nevicare e nel cielo notturno era visibile perfino qualche stella che brillava flebilmente in quell'oceano nero e sconfinato.
Il giardino che circondava il castello era completamente imbiancato, gli stivali del Signore Oscuro affondavano nella neve senza far rumore e lasciando profonde impronte; il suo fiato caldo si condensava all'istante in piccole nuvolette che si dissolvevano verso l'alto, l’aria gelida della notte gli pungeva il volto ma non gli dispiaceva, anzi, era esattamente ciò che gli serviva in quel momento: qualcosa che lo riscuotesse da quell’incubo, che lo riportasse alla realtà e al presente.
Camminava lentamente lungo i viali alberati, senza curarsi di dove effettivamente stesse andando o dei magnifici salici piangenti che lo circondavano.
In effetti non gli era mai importato molto della bellezza di quel luogo, in fondo non c'era mai stato nessuno con cui poterla condividere.
Quel castello era diventato la sua dimora da quando aveva stipulato un accordo con il vecchio re che vi abitava e che s’impegnava a cederglielo in cambio della sconfitta di un sovrano rivale. Rumpelstiltskin l’aveva scelto perché ben isolato, circondato dalle montagne, nel bel mezzo del nulla: un luogo dove nessuno avrebbe potuto disturbarlo.
Da allora aveva vissuto nel più completo isolamento, fino a quando non era arrivata Belle.
Già, Belle….Belle che nel sogno lo guardava con disprezzo e lo accusava di essere un mostro, Belle che se ne andava, che lo lasciava per sempre.
Scosse la testa per scacciare quei pensieri e rievocò l'immagine della ragazza che dormiva tranquillamente a pochi passi da lui.
No, lei non se ne sarebbe andata, non l'avrebbe persa come aveva fatto con tutte le persone importanti della sua vita.
Eppure un pensiero aveva iniziato a farsi strada nella sua mente negli ultimi tempi: non poteva sopportare che la ragazza rimanesse con lui al castello solo per tener fede al loro accordo, non voleva costringerla a rimanere se non era quello che desiderava: in fondo perché mai avrebbe dovuto desiderare di vivere lì con lui? L’aveva rapita con l’inganno, con il ricatto. Aveva accettato di venir via con lui solo per salvare il suo regno e la sua famiglia.
Non voleva che Belle soffrisse. Lei non era uno dei pezzi della sua collezione; non poteva e non voleva trattenerla contro la sua volontà.
Allora prese una decisione: quando la giovane si fosse ripresa del tutto, l'avrebbe mandata in città con una scusa, e allora avrebbe avuto la possibilità di andarsene; sarebbe spettato solo a lei decidere se fuggire o tornare da lui.
Sapeva che probabilmente non l’avrebbe mai più rivista, ma non poteva convivere con il sospetto che ella rimanesse solo per onorare la parola data.
Era una ragazza coraggiosa, Belle; non aveva mai mostrato alcun segno di paura nei suoi confronti anzi, durante i primi tempi avevano avuto degli scontri e ogni volta lei sosteneva il suo sguardo con fierezza e determinazione.
Rumpelstiltskin sapeva che una vita in gabbia non faceva per lei: quante volte l'aveva vista rifugiarsi nella lettura per evadere, almeno con la mente, dalle mura del Castello Oscuro, per vivere le avventure che aveva sempre sognato; si meritava di meglio di una vita da serva, serva di un mostro per di più.
Il Signore Oscuro alzò lo sguardo e si accorse che una sottile linea rosa pallido iniziava a colorare l’orizzonte, facendosi timidamente strada oltre il manto nero della notte: ormai stava albeggiando.
Non si era reso conto di quanto tempo avesse passato nel giardino ma evidentemente era molto più di quanto pensasse, così si avviò di nuovo verso il castello.

Il folletto spinse piano la porta della camera di Belle, cercando di non fare rumore.
La stanza, che dava sul lato ovest del Castello Oscuro, non era ancora stata raggiunta dai primi raggi del pallido sole che stava sorgendo oltre le montagne, ed era ancora immersa nella semioscurità.
Si avvicinò al letto e rimase per un po' in piedi a fissare la ragazza, che ancora dormiva profondamente.
Si era accorto da tempo che qualcosa dentro di lui stava cambiando e sapeva anche che ciò era dovuto alla presenza di Belle al castello, ma non avrebbe mai immaginato di poter provare una tale paura davanti alla prospettiva, anche solo remota, di poterla perdere.
D'altra parte la sua stessa vita sembrava essere destinata a veder scomparire le persone alle quali teneva di più, era successo con Milah, con Cora, con Bae e perfino con il suo stesso padre, che l'aveva abbandonato quando era solamente un bambino.
Si era ormai rassegnato ad un'esistenza di solitudine, emarginato, temuto e guardato con sospetto da tutti; era un prezzo inevitabile da pagare se eri il Signore Oscuro e lui aveva imparato a conviverci, ma da quando Belle era entrata nella sua vita, riportando luce e calore là dove da tempo regnavano solo tenebre e gelo, qualcosa si era improvvisamente ridestato nei meandri della sua anima oscura.
Non avrebbe sopportato di perdere anche lei.
Era così immerso in questi pensieri che non si era nemmeno reso conto che la ragazza si era svegliata e lo fissava con gli occhi ancora gonfi di sonno, l'aria interrogativa e vagamente divertita.
- Buongiorno. Siete mattiniero. - Sussurrò con voce assonnata.
Rumpelstiltskin sussultò: - Mi dispiace, dearie. Non volevo svegliarti. -
Ma Belle scosse la testa: - Non preoccupatevi, non mi avete svegliata. -
Calò un silenzio imbarazzato.
- Ehm....come ti senti, dearie? Va meglio? - Chiese il folletto.
Lei annuì: - Sì, credo che quel rimedio abbia fatto effetto. Be' era il minimo considerato il sapore nauseante. - Fece una smorfia di disgusto fin troppo esagerata e il Signore Oscuro inarcò le labbra in un sorrisetto: - Temo che dovrai berne ancora per assicurarti una completa guarigione. -
Belle gemette a quelle parole.
- è molto presto, dearie. Dovresti dormire ancora un po', ti farà bene. -
- Sì...a condizione che voi vi mettiate qui e restiate con me. - Disse indicando l'altro lato del letto. - Almeno finchè non mi sarò addormentata. - Aggiunse in fretta arrossendo.
- D'accordo, dearie. Come vuoi. -
Così dicendo Rumpelstiltskin si sedette con la schiena contro la testiera e le gambe distese sopra le coperte.
- Cerca di dormire. -

In realtà non passò molto tempo prima che Belle si riaddormentasse, ma il folletto non si mosse e continuò a farle compagnia, in fondo l'aveva lasciata sola tutto il giorno prima.
Ad un tratto sentì qualcosa di morbido e caldo sfiorargli le dita; abbassò lo sguardo e vide che, nel sonno, la ragazza aveva allungato una mano verso la sua.
Non solo, ora gliela stringeva piano, come a cercare la sua presenza, come se volesse accertarsi che fosse ancora effettivamente accanto a lei e volesse impedirgli di andarsene.
Rumpelstiltskin s'irrigidì appena ma non ritrasse la mano, anzi, chiuse delicatamente le sue dita su quelle sottili e affusolate di Belle.

 

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Capitolo 6
*** Temptations ***


Rumpelstiltskin aprì gli occhi, un po' frastornato, e si passò una mano sul viso; non si era nemmeno accorto di essersi assopito e, a giudicare dalla luce che entrava dalla finestra, doveva già essere mattina inoltrata.
Ad un tratto si accorse di un'insolita pressione contro il fianco sinistro, abbassò lo sguardo e trovò Belle che dormiva placidamente rannicchiata contro di lui, avvolta nelle coperte.
Istintivamente il folletto si scostò, forse in modo fin troppo brusco per la sorpresa, e per un attimo temette di averla svegliata, ma la ragazza si limitò a cambiare posizione e ad accomodarsi meglio contro il cuscino, di fianco a lui.
Rumpelstiltskin rimase immobile per qualche secondo che parve un'eternità e si concesse di riprendere a respirare solo quando fu effettivamente certo che la giovane fosse ancora profondamente immersa nel sonno: sarebbe stato alquanto imbarazzante per entrambi se si fosse destata proprio in quel momento e si fossero ritrovati così sconvenientemente vicini, inoltre non voleva che Belle scoprisse che le era rimasto accanto per tutto quel tempo.
Sapeva di dover andarsene, sapeva che c'era qualcosa di sbagliato in quella vicinanza, in quell'intimità, ma qualcosa glielo impediva. Era come se il suo corpo si rifiutasse di allontanarsi dalla giovane.
Ad un tratto avvertì una strana bramosia montare con forza dentro di lui, un bisogno impellente di toccarla, di sentire la morbidezza della pelle vellutata di lei sotto le sue dita ruvide, di accarezzare ogni centimetro del suo viso, di tracciare il contorno della sua bocca così maledettamente invitante.
Improvvisamente non era più il Signore Oscuro ma un affamato che si trovava ad un soffio dal cibo più delizioso del mondo, un assetato che aveva sotto gli occhi l'acqua più pura e fresca.
Non potè più resistere a quella tentazione: allungò una mano esitante e, dapprima le sfiorò delicatamente la fronte, ancora un po' più calda del normale, poi lasciò che le sue dita scivolassero piano fra i suoi capelli mossi, percorressero la curva del collo e risalissero verso le labbra socchiuse, indugiando su di esse.
Lo strano e insopprimibile desiderio di posarvi le proprie lo travolse all'improvviso, allora il folletto capì di essersi incautamente spinto oltre il confine invisibile che aveva sempre tracciato tra sé e qualunque altro essere umano da quando era diventato il Signore Oscuro.
Doveva assolutamente porre fine a quella situazione prima che essa degenerasse più di quanto era già accaduto.
Ritirò immediatamente la mano e si affrettò ad alzarsi dal letto e ad uscire dalla camera. Si precipitò giù dalle scale, desiderando di mettere quanta più distanza possibile tra lui e Belle, e si rifugiò nell'unica cosa che, sperava, lo avrebbe distolto dal pensiero della ragazza: l'arcolaio.

Per quanto provasse ad immergersi totalmente nella filatura, la concentrazione gli sfuggiva di continuo e la sua mente continuava a tornare ossessivamente, in modo quasi dispettoso e provocante, al momento in cui, poco prima, aveva visto Belle addormentata contro di lui: da quanto tempo i loro corpi erano così vicini?
Il Signore Oscuro ripensò alle occasioni in cui aveva dormito con una donna, condividendo lo stesso letto. C'erano state quelle poche e furtive volte insieme a Cora, prima che lei si strappasse il cuore, ma lui aveva sempre dovuto andarsene alla svelta per non essere scoperto nel letto della promessa sposa del principe. Forse era proprio quell'idea di trasgressione e segretezza che contribuiva ad alimentare ancora di più la bruciante passione tra loro: si trattava di incontri brevi e intensi che avvenivano sempre nel cuore più oscuro della notte, poco prima dell'alba, quando le tenebre sono così fitte che la luna e le stelle sembrano niente più che dei miseri puntini luminosi e sfocati, troppo lontani e flebili per squarciare il velo nero del cielo.
Prima ancora naturalmente c'era stata sua moglie Milah, allora era tutto diverso: erano marito e moglie e non dovevano preoccuparsi di tenere nascosta la loro unione a occhi indiscreti, anzi, spesso la donna si lamentava della riservatezza di Rumpelstiltskin che preferiva non manifestare in pubblico i suoi sentimenti per lei, come invece erano soliti fare altri mariti che, orgogliosi e soddisfatti, scambiavano effusioni e parole dolci con le proprie donne per le vie del villaggio.
Certo, tra lui e Belle non era successo nulla del genere, ma sentire il corpo di lei così vicino al suo, avvertire il calore della sua pelle, il suo respiro solleticargli il braccio e la massa morbida dei suoi capelli sparsi sul cuscino accanto a lui, avevano prepotentemente ridestato sensazioni e pensieri fin troppo...umani.
Pensò alla voglia improvvisa di chinarsi su di lei e baciarla: non poteva assolutamente permettersi di nuovo una tale debolezza, era già stato un rischioso azzardo acconsentire a stendersi nel letto accanto a lei, inoltre si era ripromesso di rimanerle accanto giusto il tempo necessario perchè ella si riaddormentasse, invece aveva finito per assopirsi a sua volta e così lui e Belle avevano involontariamente trascorso alcune ore stretti l'una all'altro.
Rumpelstiltskin era perfettamente conscio del fatto che il legame tra loro si stesse facendo sempre più forte, ma chiunque incrociava la strada del Signore Oscuro finiva inevitabilmente per farsi del male e l'ultima cosa che voleva era ferire Belle più di quanto avesse già fatto costringendola a lasciare la sua famiglia, inoltre aveva una missione ben precisa ed era ad un passo dal portarla a termine; non poteva concedersi il lusso di cedere alla tentazione che la ragazza rappresentava per lui.
Promise a se stesso che in futuro non si sarebbero più verificate situazioni del genere, per il bene di entrambi.
Sospirò e s'impose di concentrarsi solo ed esclusivamente sul movimento della ruota.

Belle aprì gli occhi, schermando con una mano un fastidioso raggio di sole che la colpiva dritta in viso.
Si tirò su a sedere, puntellandosi sui gomiti, e notò con grande sollievo che la testa non le girava più, la nausea si era molto attenuata e la fronte non ardeva più come il giorno prima.
Si sentiva straordinariamente riposata, poi ricordò di essersi assopita con Rumpelstiltskin sdraiato al suo fianco a farle compagnia; lanciò immediatamente un'occhiata all'altro lato del letto ma lo trovò vuoto.
Sospirò, un po' delusa, ma in fondo cosa poteva aspettarsi? Di trovarlo accanto a lei pronto a sorriderle e a darle il buongiorno?
La ragazza arrossì a quel pensiero: ma che le prendeva? Non era una ragazzina alla prima cotta!
Si alzò dal letto piano e con cautela, ma per fortuna la stanza rimase al suo posto e non cominciò a girarle intorno.
Scaldò l'acqua per il bagno e s'immerse completamente nella vasca, dalla quale si levavano nuvolette di vapore dense e profumate.
Prese una spugna e si lavò con cura, poi indossò una camicia da notte di cotone pulita e fresca, che le scivolò fluidamente lungo il corpo accarezzandole la pelle e avvolgendola nelle sue morbide spire.
S'infilò una vestaglia e uscì dalla camera, curandosi di spalancare la finestra per favorire il ricambio d'aria.

Quando entrò nella sala al piano di sotto rimase sorpresa e delusa di non trovarvi Rumpelstiltskin.
Per un momento temette che il folletto si fosse nuovamente allontanato dal Castello Oscuro, ma in tal caso gliel'avrebbe detto: l'avvisava sempre quando doveva assentarsi per qualche affare.
Inoltre era certa che lui non l'avrebbe lasciata sola di nuovo sapendo che non si era ancora ristabilita dalla malattia, forse si trattava solo di una speranza anche un po' infantile, ma Belle ne era più che convinta, anche se non avrebbe saputo dire il perchè.
Stava per sedersi davanti al fuoco ad aspettare il suo ritorno quando udì una voce alle sue spalle: - Belle! Che ci fai qui?! Dovresti essere a letto. -
Lei sobbalzò, si voltò di scatto e vide il Signore Oscuro che la guardava accigliato e con aria di rimprovero; tra le mani reggeva un vassoio sul quale erano posati il solito servizio da tè di porcellana decorato di blu e un piattino colmo di biscotti e dolcetti di ogni genere.
Lui colse il suo sguardo interrogativo: - Stavo per venire a svegliarti. Devi mangiare qualcosa, scommetto che ieri non hai toccato cibo mentre ero via, non è vero? -
Belle arrossì e si morse il labbro, assumendo un'espressione colpevole; lo sguardo severo di lui la faceva sempre sentire un po' come una bambina colta in flagrante durante una marachella.
Il folletto sospirò: - Lo immaginavo. -
Posò il vassoio sul tavolo, poi, senza aggiungere parola, tornò a filare.
La ragazza gli sorrise con gratitudine: - Siete gentile, vi ringrazio. -
Rumpelstiltskin alzò le spalle, senza smettere di far girare la ruota: - Mi serve che tu ti rimetta in forze il prima possibile. La polvere si è già depositata ovunque e l'argenteria dev'essere lucidata quanto prima. Appena sarai guarita avrai un bel po' di lavoro arretrato, dearie. -
La ragazza annuì e si versò il tè nella tazza, poi esaminò i dolcetti disposti con ordine sul piattino: - è un caso che i biscotti con gocce di cioccolato siano i miei preferiti? -
Il folletto fece finta di non aver udito le sue parole, ma Belle giurò di aver notato qualcosa di simile a un leggero rossore colorargli le gote squamose.

La giovane avvertì immediatamente i benefici di aver messo qualcosa sotto i denti e si sentì subito molto meglio.
Il Signore Oscuro la lasciò mangiare tranquilla e, quando ebbe finito, le si avvicinò, studiandola con sguardo serio: - Ora è meglio se torni di sopra, dearie. -
Ma Belle scosse la testa: - Ho passato fin troppo tempo sdraiata in quel letto. Prenderò un libro e resterò qui con voi, se la cosa non vi disturba. -
Rumpelstiltskin allargò le braccia in segno di resa e sospirò: - Come vuoi, dearie. Tanto immagino che sarebbe del tutto inutile cercare di convincerti a fare come ti ho detto, giusto? -
- Giusto. - Confermò lei sorridendo, con una punta di orgoglio nella voce.
Il folletto tornò all'arcolaio borbottando qualcosa sulla straordinaria testardaggine della sua governante, la ragazza invece andò in biblioteca e scelse un libro da uno scaffale, poi si accoccolò sulla poltrona davanti al fuoco e si gettò a capofitto nella lettura.

Capitava spesso che il Signore Oscuro e la sua domestica condividessero momenti simili, durante i quali ciascuno dei due svolgeva la propria attività nella stessa stanza, a pochi passi l'uno dall'altra, facendosi compagnia a vicenda pur senza pronunciare una sola parola.
Ogni tanto Rumpelstiltskin le lanciava occhiate furtive per assicurarsi che andasse tutto bene, poi tornava ad osservare la ruota e si dava dello stupido per quell'atteggiamento premuroso, così poco degno della sua fama di mostro abietto e senza scrupoli.
Dopo un po' la voce di Belle ruppe il silenzio che regnava nella stanza: - Rumpelstiltskin? -
- Sì, dearie? -
- Ieri siete stato via quasi tutto il giorno. Dove siete stato? -
Lui smise di filare e sospirò: - In un luogo molto lontano, dearie. Dubito che tu lo conosca. -
Belle sorrise con aria di sfida: - Mettetemi alla prova. Potrei sorprendervi, sapete. -
Il folletto alzò gli occhi al cielo, come se nel soffitto della sala avesse potuto trovare una soluzione all'incredibile curiosità e sete di sapere della sua domestica, alla fine però decise che l'unico modo per porre fine alle sue domande era risponderle: - E va bene. Sono stato ad Agrabah: mi serviva una varietà molto speciale di ortica che cresce solo in quella terra. -
A quelle parole gli occhi azzurri della ragazza presero a brillare e si fecero attenti, grandi di curiosità: - Dite davvero? Ho letto alcune storie a proposito di quel luogo così misterioso, sembra una terra magnifica. -
Rumpelstiltskin sorrise sarcastico davanti alla sua ingenuità: - Oh sì, dearie. Davvero magnifica, se trascuriamo il dettaglio delle giornate caldissime con il sole che ti acceca, del vento rovente che ti soffia la sabbia sul viso, dei serpenti più velenosi al mondo, sempre pronti a mordere chiunque abbia la sventura di capitargli a tiro, dei ladroni sanguinari e dei due terzi della popolazione che muore di fame e stenti proprio accanto al lussuoso palazzo del sultano e della sua corte, sempre intenti a dare feste e banchetti. -
Sotto il peso di quelle parole, Belle tacque per un attimo e un'ombra le attraversò il viso. Abbassò lo sguardo sul libro che aveva in grembo, senza in realtà vederlo, riflettendo su tutte quelle rivelazioni tutt'altro che piacevoli o rassicuranti; alla fine però riprese la solita espressione entusiasta: - Be', sembra comunque un luogo perfetto per vivere delle avventure grandiose. -
- Questo è sicuro, dearie. Il problema è uscirne vivi per poterle raccontare, solo in pochi sono riusciti nell'impresa ed è per questo che le storie che circolano su Agrabah sono abbastanza rare, molte di esse inoltre sono inventate di sana pianta e neanche lontanamente corrispondenti alla realtà. -
- E voi ne conoscete qualcuna? -
- Cosa? - Il folletto abbandonò il cipiglio scettico e sarcastico e osservò la giovane perplesso.
- Vi prego, raccontatemi qualcosa a proposito di Agrabah. Voi ci siete stato, conoscerete sicuramente qualche storia degna di essere raccontata. -
La richiesta della ragazza l'aveva colto di sorpresa, ad ogni modo Rumpelstiltskin corrugò la fronte e stette un po' a pensare, poi gli venne in mente la storia che poteva fare al caso suo: una storia di magia, di luoghi meravigliosi e avventure, proprio come piacevano a Belle.
L'aveva udita per caso e molti anni prima, l'ultima volta che si era recato ad Agrabah per stringere un accordo con il sultano dell'epoca.
- Molto bene, dearie. Conosci la vicenda del principe Ahmed e della fata Parì-Banù? -
Lei aggrottò le sopracciglia, scavando nella sua memoria tra le innumerevoli storie che aveva letto, poi scosse la testa: - No, credo di non averla mai sentita. Quindi me la racconterete voi? - Chiese, fremendo d' impazienza.
- Frena il tuo entusiasmo, dearie: c'è una condizione. - Aggiunse il Signore Oscuro sogghignando e alzando l'indice.
La ragazza sbuffò: - Avrei dovuto immaginarlo. C'è sempre una qualche condizione con voi. Cosa volete? Qual'è il prezzo questa volta? -
Rumpelstiltskin si avvicinò alla poltrona e la guardò dritta negli occhi: - Voglio che tu ti rimetta a letto. Subito. - Scandì bene l'ultima parola.
Belle fece per protestare, ma il folletto alzò una mano per interromperla: - Sei più pallida rispetto a prima e l'effetto dell'infuso che hai bevuto la notte scorsa si sta attenuando. Ti racconterò la storia che desideri tanto sentire solo se ora torni in camera. Questo è un ordine, dearie. -
La giovane si sentì in trappola davanti allo sguardo fermo e penetrante del Signore Oscuro: stavolta faceva sul serio e non era il caso di contraddirlo, anche se in realtà non aveva molta voglia di tornare a letto. Non le era mai piaciuto essere trattata da malata.
- D'accordo. Avete vinto, farò come dite. -
Così dicendo si alzò stringendosi nella vestaglia, e si diresse verso le scale, barcollando di tanto in tanto.
Rumpelstiltskin la seguì da vicino con nonchalance, ma pronto a sostenerla se vi fosse stata la necessità.

Una volta giunta in camera sua, Belle s'infilò nel letto e si tirò le coperte fino al mento: in effetti le era tornato il freddo e la testa aveva ripreso a girarle un po'. Forse, dopotutto, Rumpelstiltskin non aveva tutti i torti.
- E ora vorrei la storia che mi avete promesso, se non vi dispiace. -
Il folletto fece una smorfia beffarda: - Non sei un po' cresciuta per la favola della buonanotte, dearie? -
Belle lo guardò torva: - Avevamo un accordo e io ho rispettato la mia parte. Volete forse tirarvi indietro? -
Rumpelstiltskin fece finta di non capire: - Non sapevo che il nostro fosse un accordo, dearie. Il mio era un ordine e basta. -
- Non è vero. - Protestò la ragazza. - Mi avete promesso che mi avreste raccontato la storia se fossi tornata a letto. Be', ho fatto come mi avete chiesto e ora tocca a voi rispettare la vostra condizione. -
Il Signore Oscuro sospirò e si arrese davanti all'insistenza di lei, poi si sedette sul bordo del materasso, curandosi di tenere un'adeguata distanza tra lui e Belle: - E va bene, dearie. Dunque...suppongo che dovrei cominciare con il classico “c'era una volta”, in fondo tutte le storie che valgano la pena di essere raccontate iniziano così. Ebbene, c'era una volta... - E così cominciò il suo racconto.

Man mano che proseguiva nella narrazione, l'interesse di Belle, che pendeva totalmente dalle sue labbra, aumentava ad ogni parola, ma la giovane doveva anche combattere sempre di più contro la stanchezza e la voglia di dormire.
Ben presto le palpebre le si fecero pesanti e la camera da letto intorno a lei scomparve, sostituita dalle meravigliose e ricche sale del palazzo della fata Parì-Banù, costruito all'interno di una montagna.
La realtà si andò sempre più confondendo con il sogno e ben presto la ragazza si addormentò, cullata dalla voce di Rumpelstiltskin che si faceva sempre più lontana.

Il folletto addolcì un po' il tono e continuò a raccontare la storia fino a quando fu certo che la giovane si fosse addormentata, poi ridiscese le scale e tornò all'arcolaio, maledicendosi per non aver saputo mantenere la promessa che aveva fatto a se stesso solo poche ore prima.
C'era cascato ancora una volta: di nuovo aveva permesso che la sua parte umana, la sua parte sentimentale, prendesse il sopravvento su quella fredda e calcolatrice.
Inoltre non poteva negare di aver provato una vaga punta di piacere mentre narrava la storia alla ragazza. Gli era piaciuto vederla totalmente rapita dalla sua voce, concentrata solo ed esclusivamente su di lui, come se non esistesse altro al mondo. Gli era piaciuto osservarla mentre si arrendeva docilmente al sonno con quel sorriso sereno e appena accennato.
Anche Bae, quando era piccolo, si faceva raccontare spesso delle storie prima di dormire.
Milah trovava sempre qualche scusa per delegare quel compito al marito che, dal canto suo, si sedeva volentieri accanto al figlio e iniziava a sussurrare dolcemente quelle poche leggende che conosceva.
Erano sempre le stesse, ma Bae non se ne stancava mai e ogni notte scivolava nel sonno accompagnato dalla voce del padre, così com'era accaduto anche alla sua domestica poco prima.
Forse per troppo tempo si era privato della possibilità di sentire di nuovo quella dolce sensazione di calore che lo pervadeva durante quei momenti semplici e preziosi che trascorreva con la persona che più amava al mondo.
Forse il suo lato umano era rimasto soffocato nelle tenebre troppo a lungo.
Forse, forse...quanti forse si affollavano nella sua mente, ma la verità era che ogni volta che Rumpelstiltskin incrociava gli occhi di Belle, azzurri o blu a seconda della luce come pezzi di cielo strappati all'universo, il suo sguardo così sincero, così puro, trasparente e cristallino come l'acqua, era in grado di far venir meno tutti i propositi di freddezza, distacco e rigidità. In quei momenti sentiva qualcosa dentro di lui sciogliersi inesorabilmente come neve al sole.
No, in cuor suo sapeva bene che non sarebbe mai riuscito a mantenere quella promessa, per quanto si fosse sforzato.

Belle dormì poco più di tre ore e quando si svegliò era ormai tardo pomeriggio.
Indossò di nuovo la vestaglia e raggiunse Rumpelstiltskin al piano di sotto.
Nella sala penetrava la luce del tramonto, che colorava ogni cosa di tinte calde e rossastre; perfino la neve fuori dalle finestre pareva aver mutato il suo solito candore in un manto rosso scarlatto.
Quando il folletto la vide fece una smorfia ironica: - A quanto pare quella storia era davvero noiosa, dearie. -
La ragazza arrossì: - Mi dispiace, non sono riuscita a resistere al sonno e temo di essermi persa il finale. -
- Vorrà dire che te lo racconterò un'altra volta. -

Nei giorni seguenti le condizioni di Belle migliorarono rapidamente: il rimedio di erbe in effetti aveva funzionato alla perfezione e la ragazza riacquistava forze e vitalità a vista d'occhio.
Rumpelstiltskin, in cuor suo, avrebbe preferito che restasse a riposo ancora un po', ma lei volle a tutti i costi rimettersi al lavoro e lui non cercò di dissuaderla.
Ben presto la vita al Castello Oscuro riprese il suo scorrere regolare.
Ma qualcosa era cambiato in entrambi: quei pochi giorni di malattia della giovane li avevano avvicinati incredibilmente, ben oltre ciò che si sarebbero aspettati.
Belle ricordava fin troppo bene quanto la lontananza di Rumpelstiltskin l'avesse fatta soffrire, così come rammentava perfettamente il momento in cui lui l'aveva presa tra le sue braccia e l'aveva accudita: non si era mai sentita così al sicuro in vita sua, nemmeno con suo padre Maurice.
Era sempre stata convinta della bontà nascosta in fondo al cuore del Signore Oscuro, ma quella notte l'aveva vista chiaramente nella dolcezza della sua voce e nel modo in cui si era preso cura di lei.
Sapeva anche che Rumpelstiltskin era molto orgoglioso e di sicuro non gli avrebbe fatto piacere parlare di ciò che era accaduto tra loro, inoltre affrontare quell'argomento sarebbe stato decisamente imbarazzante anche per lei.
Tutti e due cercavano di comportarsi normalmente, come se nulla fosse successo, ma sia il folletto che la sua domestica erano ben consapevoli del fatto che qualcosa tra loro fosse cambiato per sempre.

 

 

 

Da Stria93: Ciao a tutti! E con questo capitolo direi che mi sono spinta pericolosamente vicino ai confini dell'OOC (sempre che non li abbia anche superati) ma vi prego, capitemi! Ho troppo bisogno di fluff!
Comunque siamo arrivati al penultimo capitolo di questa long.
Per quanto riguarda il prossimo posso dirvi che sarà una piccola quanto breve sorpresa: l'idea mi è venuta assolutamente per caso e all'inizio non avevo nemmeno intenzione di inserirlo, ma alla fine ho assecondato la mia mente rumbellizzata e...be', mi rimetterò umilmente ai vostri commenti. :)
La storia del principe Ahmed e della fata Parì-Banù è contenuta ne Le mille e una notte e fin da quando ero piccola è sempre stata tra le mie fiabe preferite, per chi volesse leggerla o saperne di più, questo è il link: http://it.wikipedia.org/wiki/Le_mille_e_una_notte#Il_principe_Ahmed_e_la_fata_Pari-Banu
Per i ringraziamenti ufficiali attenderò il prossimo ed ultimo capitolo, ma per ora sappiate che il sostegno che mi date è importantissimo e spero davvero di riuscire a farvi passare qualche minuto piacevole con le mie storie, è il minimo che possa fare. :)
Alla prossima e un bacio a tutti!

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Capitolo 7
*** Epilogo: 28 years later ***


Storybrooke, ventotto anni dopo...


Rumpelstiltskin entrò in camera con la solita andatura claudicante, reggendo una tazza fumante con una mano e appoggiandosi all'impugnatura del bastone con l'altra.
Belle, seduta a gambe incrociate sul letto, tra le coperte, alzò gli occhi dal libro che stava leggendo, ma il sorriso col quale era pronta ad accogliere l'uomo che amava svanì non appena le giunse alle narici un odore nauseante che difficilmente avrebbe potuto dimenticare.
Lui si sedette sul bordo del letto e le accarezzò una guancia calda e arrossata, sorridendole con dolcezza: - Come ti senti, dearie? -
- Potrei stare meglio, ma non mi sento così male da dover ingurgitare quella schifezza. - Rispose la ragazza indicando il contenuto della tazza.
Rumpelstilskin fece un sorrisetto malizioso: - Oh, andiamo tesoro. Non fare la bambina. Sai che ti farà guarire in men che non si dica. -
Belle incrociò le braccia al petto e mise il broncio: sapeva che l'uomo si stava divertendo un mondo, mentre lei era malata e ora le toccava anche mandare giù quell'intruglio disgustoso.
- Perché non posso prendere le medicine di questo mondo? - Pigolò - Alcune hanno un buon sapore di arancia, limone, miele e comunque sono certamente meglio di questo... -
- Ma sono decisamente meno efficaci, dearie. Con questo infuso invece ti rimetterai in meno di tre giorni, lo sai bene. - L'uomo sospirò paziente, come si fa quando si cerca di spiegare qualcosa ad un bambino cocciuto.
- E poi, quando ti sarà passata la febbre, potremo festeggiare la tua guarigione come si deve. - Aggiunse con una voce suadente e carica di promesse.
- So cosa stai cercando di fare, ruffiano di un folletto. Ma non berrò mai più quella roba. Non se ne parla. -
Gli occhi di lui brillarono di una luce furba e un po' maligna, mentre sul suo volto comparve il solito ghigno scaltro e divertito che tanto le era mancato: - E va bene, dearie. L'hai voluto tu. -
Così dicendo schioccò tranquillamente le dita e il libro che la giovane teneva aperto in grembo svanì all'improvviso in una nuvoletta violacea che si dissolse all'istante.
- Che cos'hai fatto?! - Esclamò lei indignata. - Mi piace moltissimo e per di più devo ancora finirlo! Ridammelo! -
Rumpelstiltskin sogghignò di nuovo: - Diciamo che ora il tuo prezioso romanzo è mio prigioniero, dearie. Lo potrai riavere solo quando avrai bevuto l'infuso fino all'ultima goccia. Abbiamo un accordo? -
Belle fece per protestare ancora, ma sapeva che insistere sarebbe stato completamente inutile, quindi sospirò rassegnata e fece una smorfia: - Ricattatore. - poi acconsentì a prendere la tazza dalle sue mani e a portarsela alle labbra di malavoglia.
Il sapore del rimedio era, se possibile, anche peggio di come lo ricordava.
Rabbrividiva dal disgusto ad ogni sorso ma cercò di trangugiare tutto il più in fretta possibile senza soffermarsi troppo sul pessimo sapore, finendo quasi per ustionarsi gola e lingua. Alla fine riuscì a svuotare completamente la tazza e la mostrò all'uomo, che osservava sorridendo le sue smorfie disgustate: - Visto? Ora posso riavere il mio libro? -
Lui annuì, sempre più divertito: - Un accordo è un accordo, dearie. -
Schioccò di nuovo le dita e il volume riapparve esattamente nel punto in cui era svanito poco prima, aperto alla stessa pagina.
- Grazie. - Borbottò Belle, ancora un po' stizzita. - Un giorno mi dirai quali ingredienti servono per creare qualcosa di tanto rivoltante. -
Rumpelstiltskin, che stava per andarsene, si bloccò sulla soglia della porta e si voltò di nuovo verso di lei con aria pensierosa: - Credo che sia colpa soprattutto del cuore di pipistrello...o forse dell'occhio di rana. -
La ragazza impallidì all'istante e lo guardò allibita.
L'uomo allora non potè trattenere una risata: - Oh dearie, sei sempre la solita credulona. Rilassati, sono solo innocue erbe medicinali anche se capisco che non abbiano proprio un buon sapore. -
A quel punto Belle afferrò un cuscino e lo scagliò nella sua direzione, mancandolo di molto.
Il sorrisetto di lui si allargò ancora di più: - Devi perfezionare la mira, tesoro. Torno più tardi a vedere come stai. Chiamami se hai bisogno di qualcosa. -
Lei annuì, poi tornò alle pagine del suo libro, sorridendo tra sé: era felice di vedere finalmente un po' di serenità negli occhi tormentati del suo amato.
I ventotto anni trascorsi sotto l'effetto del sortilegio avevano cambiato molto l'aspetto del Signore Oscuro che Belle aveva conosciuto nella Foresta Incantata: la pelle squamosa dai riflessi dorati era svanita, i capelli avevano perso quella piega ondulata e un po' ribelle, e il viso assomigliava molto di più a quello di un normale essere umano, ma quella vena malinconica e triste non l'aveva abbandonato e la giovane riusciva ancora a intravederla dietro le sue iridi color nocciola.

Quella sera Rumpelstiltskin si coricò accanto a Belle nel letto matrimoniale dell'elegante camera.
- Dovresti dormire, dearie. Ti farà bene e vedrai che domani mattina ti sentirai molto meglio. -
Lei sbadigliò e in effetti si rese conto che le palpebre si erano fatte pesanti come pietre e gli occhi le si chiudevano inesorabilmente, impedendole di continuare a leggere.
Richiuse il libro e lo posò sul comodino accanto al termometro, spense l'abat-jour poi si rannicchiò contro il fianco di lui, proprio come aveva fatto ventotto anni prima al Castello Oscuro.
Gli posò una mano sul ventre e l'uomo la strinse nella sua, mentre con l'altra sistemò meglio la coperta intorno alle spalle della ragazza e iniziò a giocherellare affettuosamente con i suoi capelli.
- Rumpel? -
- Sì, Belle? -
- Mi racconteresti di nuovo quella storia? -
- Quale storia? -
- Oh, non fare finta di non capire. Intendo quella che mi avevi raccontato al castello, quando ero malata. C'entravano un principe e una fata se non mi sbaglio... -
- Ah, vuoi dire quella del principe Ahmed e della fata Parì-Banù. -
Belle annuì: - Esatto. -
- E va bene, tesoro, ma tu cerca di dormire, ok? Allora... c'era una volta... -

L'uomo raccontò la storia esattamente come se non fosse trascorso un solo giorno da quel tempo lontano in cui la sua pelle era ricoperta di squame e si era seduto sul bordo del letto della camera della sua domestica a narrarle quella stessa favola. Non cambiò nemmeno una parola.
Rumpelstiltskin finì il racconto e stette per un po' sveglio a riflettere, accarezzando distrattamente i capelli della ragazza che respirava piano al suo fianco.
Ripensò a quella volta in cui si era preso cura di lei: gli tornarono alla mente la terribile sensazione di orrore e paura davanti al possibilità di poterla perdere, il dolore provato nel vederla sofferente e scossa dai brividi, la tenerezza che l'aveva travolto quando gli aveva chiesto con quel filo di voce di restare con lei per la notte.
All'epoca entrambi provavano già sentimenti forti l'uno per l'altra, ma erano troppo timidi, orgogliosi e timorosi di non essere ricambiati per farsi avanti, invece ora condividevano lo stesso letto senza più alcuna paura o imbarazzo, cercavano volontariamente il contatto tra i loro corpi e l'amore che li univa era più forte che mai e finalmente in grado di manifestarsi.
Rumpelstiltskin posò le proprie labbra sulla fronte calda della giovane, che inarcò le labbra in un sorriso sereno.
Non avrebbe saputo dire se si fosse già addormentata oppure no.
Una nuvola di passaggio nascose la luna piena per un attimo, gettando ombre scure sulle pareti della camera, per poi allontanarsi così com'era arrivata e lasciar filtrare dalla finestra la luce del globo argenteo che si stagliava alto contro il cielo, sovrastando i tetti di Storybrooke.
Pareva davvero lo stesso astro che splendeva fuori dalle vetrate del Castello Oscuro quella notte in cui Rumpelstiltskin era rimasto a vegliare sul sonno della sua domestica malata.
Ventotto anni erano passati da allora: ventotto interminabili anni durante i quali aveva creduto di aver perso per sempre il suo Vero Amore, e per di più se n'era sempre fatto una colpa, ma ora lei era lì, accanto a lui. Era reale. Era viva.
Era come se il sole fosse finalmente risorto dopo una notte lunga e buia, senza luna o stelle a rischiararla. Era come la fine di un inverno particolarmente rigido, quando il calore della primavera, trasformatosi ormai in uno sbiadito e dolce ricordo, scioglie la neve e risveglia la natura e ci si stupisce di aver quasi dimenticato quanto tutto questo possa essere meraviglioso e piacevole.
Da quando il sortilegio si era spezzato, Rumpelstiltskin aveva perso il conto di quante notti insonni avesse trascorso per paura di addormentarsi e, al risveglio, rendersi conto brutalmente che non si era trattato che di un bellissimo sogno.
Belle, come se avesse avvertito quei foschi pensieri, si strinse ancora di più a lui, affondando il viso nella morbida casacca di seta del suo pigiama.
L'uomo sorrise e riprese ad accarezzarle i capelli. Non l'avrebbe persa, non di nuovo. Sarebbero stati insieme per sempre e finalmente avrebbero avuto il lieto fine che per tanto tempo era stato loro negato.

 

 

 

 

Da Stria93: Sì, lieto fine....come no. -.-
Comunque, eccoci alla conclusione della storia con un brevissimo epilogo ambientato a Storybrooke dopo che il sortilegio è stato spezzato. Mi auguro che questo salto di tempo e spazio non sia risultato fuori luogo ma mi piaceva tanto l'idea e non sono riuscita a tenerla per me. Spero che questa sorpresina finale vi sia piaciuta. :)
E ora passiamo ai ringraziamenti ufficiali: ovviamente un grazie infinite a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le seguite e le preferite, specialmente a chi ha avuto la pazienza di leggere tutti i capitoli dall'inizio alla fine.
Grazie mille a tutti i lettori silenziosi e ancora di più a chi mi ha lasciato il proprio parere, ma in particolar modo grazie ad annachiara27, DreamWriten, Euridice100, gelb_augen, jarmione, Julie_Julia, Nimel17, Norma per le splendide recensioni che mi hanno accompagnata, consigliata e sostenuta nella stesura di questa breve long. :)
A presto e ancora grazie di cuore a tutti! <3

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