Iron & Darkness

di margotj
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.1 Origins ***
Capitolo 2: *** 1.2 The Dark Knight ***
Capitolo 3: *** 1.3 One Love, One Blood ***
Capitolo 4: *** 1.4 Broken ***
Capitolo 5: *** 1.5 Sanctuary ***
Capitolo 6: *** 1.6 Iron Man ***
Capitolo 7: *** 1.7 Mouse's Trap ***
Capitolo 8: *** 1.8 Soul's Fall ***
Capitolo 9: *** 1.9 Danger or Danger ***
Capitolo 10: *** 1.10 My Dark My Light ***
Capitolo 11: *** 1.11 Hope, present and past ***
Capitolo 12: *** 1.12 Battle, Today and Tomorrow (part1) ***
Capitolo 13: *** 1.13 Battle, Today and Tomorrow (part2) ***



Capitolo 1
*** 1.1 Origins ***


Iron & Darkness

(acciaio e oscurità)

Di MargotJ

Questa Fanfiction è disponibile solo su EFP,
sul mio Blog http://readyforthedragon.wordpress.com/ 

Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers

Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel

Rating: AU Angst, Dark, Friendship...

Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

PREMESSA ALLA STORIA: si tratta di un ALTERNATIVE UNIVERSE: con gran raccapriccio dei puristi, in questa storia Dc incontra Marvel: il presupposto? Bruce Wayne e Tony Stark si conoscevano, ben prima di divenire rispettivamente Batman e IronMan. Tutto ciò che viene visto nei film è quindi modificato opportunamente (stravolto, oserei dire, valgono le immagini più delle trame) per raccontare la storia della loro amicizia e dell'inizio della loro leggenda.

NOTE & LICENZE 'POETICHE': in corsivo le parti dei dialoghi trascritte, i flashback o alcune frasi originali che ho voluto enfatizzare. Mi sono permessa di intendere 'iron' come acciaio al posto che ferro per supportare alcune allusioni nella storia narrata. Inoltre, non ho rispettato la collocazione classica di Gotham City restando sul vago per motivi narrativi.

Nota dell’autrice: un paio di anni fa, in preda alla classica nullafacenza da raffreddore, ho investito una domenica pomeriggio a smontare i quattro film sopracitati per ottenere tredici video musicali episodici (chiamati ai tempi Iron/Dark) che raccontassero una storia. Mi domando perché l'ho fatto e, comunque, pur senza trovare risposta, me ne rallegro: tanto mi son divertita a montarli, tanto me li godo ancora oggi. Adesso, ho deciso di scrivere i tredici episodi ( http://www.youtube.com/playlist?list=PLB1F21203D1E4126E ) .

Mi scuso per ogni possibile refuso non visto in fase di rilettura. Buona visione e, spero, buona lettura. MJ

EPISODIO 1/13 (spoiler alla lettura) - http://www.youtube.com/watch?v=zTNhGHtzHSI

_____________

Prologo

Sii sincera, mi hai visto fare cose peggiori.” (Iron Man I)

 

C'era voluto un po' ma, finalmente, quella mattina, Pepper si era presentata con l'informazione richiesta.

“Il veliero è attraccato al largo delle Antille. Ho parlato stam...”

“Quali Antille?” - la interruppe Tony, continuando a trafficare con un apparecchio di natura ignota che richiedeva molti bulloni - “Grandi? Piccole?”

“Io...” - Pepper sfogliò gli appunti e tirò fuori una cartolina con mappa degli arcipelaghi - “Piccole, è vicino ad Antigua. Stavo dicendo, stamatt...”

“Bella Antigua. Non come Nevis, ma bella. Ci sono stato, l'anno passato. ” - la interruppe di nuovo. Poi si voltò, sollecito - “Lei è venuta?”

“No, per questo mi ha mandato la cartolina.” - sottolineò Pepper, sventolando il cartoncino.

“Sono stato gentile.” - Tony sembrava sorpreso di potersi apprezzare tanto e poco colpito che la donna avesse l'immagine nell'agenda - “Dovrebbe proprio andarci. Si prenda un paio di giorni.”

“No, per il momento no, grazie.” - Pepper si tirò indietro una ciocca di capelli e consultò un altro appunto - “Stamattina, stavo dicendo, via radio, ho fatto avvertire il signor Wayne della sua intenzione di parlargli. Il maggiordomo, Alfred...”

“Alfred, ecco come si chiamava. Gran brava persona...”

“Sì, certo. Il signor Alfred, dicevo, mi ha garantito che non mancherà di riferire al signor Wayne il messaggio, di modo da fissare un appuntamento al suo rientro.”

Tony la ascoltò, pulendosi un dito per volta nello straccio. C'erano impronte d'olio dappertutto, persino sulle scarpe di Pepper.

“Antille.” - commentò soltanto, con lo sguardo vuoto. Poi tornò a fissare la propria segretaria - “Ha detto Piccole?”

“Piccole. Antigua.”

“Bene.” - lo straccio volò sul tavolo e planò tra i bulloni - “Allora andiamo.”

“Com...”

“Su, signorina Potts, non perda tempo. Avverta l'aeroporto, partiamo.”

“Partiamo? Lei non può partire, ha una conferenza. È appena tornato, non è bene che...”

“Sono già per strada.”

“Tony, ragioni!”

“Sto ragionando.” - ribattè lui, sentendo i tacchi di lei corrergli dietro su dalle scale - “Non vedo perché attendere di fissare un appuntamento, visto che sappiamo dove si trova. Sono certo che mi concederà un paio di minuti.”

“Su questo ho i miei dubbi, a dire il vero. Il signor Wayne non è famoso per la sua dedizione al lavoro...”

“E chi ha detto che vado per lavoro!” - fu l'allegra risposta, mentre le porte dei garages si aprivano magicamente - “Jarvis, torno in serata, non aspettarmi alzato. Allora, signorina Potts, si sbriga o devo portarla in braccio?”

 

***

 

Tony Stark era un animale sociale di ben strana natura. Chi lo conosceva, ed erano ben pochi che potevano affermarlo, lo trovava incredibile nell'eccedere, spudorato al limite dell'offensivo, geniale ed egocentrico oltre ogni misura.

Definire Tony Stark una persona piacevole o un amico fidato era quasi impossibile: Tony Stark aveva donne, alleati, pretendenti, un certo qual seguito di fan, ma non amici.

Né famiglia.

Viveva tra i suoi simili, ritenendoli raramente dei pari, per poi tornare sempre, in maniera enigmatica, a vivere tra i propri robot, in ville enormi e vuote.

La casa sulla scogliera, a Malibu, era la sua tana prediletta. Ma non era raro vederlo bazzicare nelle varie StarkTowers sparse per il paese: New York, L.A., Boston, Gotham... incapace di stare fermo, difficile da seguire nei suoi spostamenti, era facile vederlo apparire alle feste più in del paese, alle serate più costose e negli ambienti più raffinati in generale.

Da quando era tornato, dopo i 'terribili eventi', questa realtà di fatto non sembrava essere mutata di una virgola: c'erano le serate, gli eccessi, le battute mordaci e gratuite e, a seguire, la solitudine nei propri possedimenti. Se qualcuno si stava sconvolgendo per l'accaduto e per il suo modo di gestirlo, non lo dava a vedere.

Sì, c'era l'assurda decisione di cessare la produzione bellica ma... ma che importava se lo champagne continuava a scorrere?

Eppure, Pepper sapeva che qualcosa stava cambiando. Obadiah, certo, Obadiah doveva esserne al corrente... ma Pepper aveva l'impressione di essere la sola ad aver capito.

Tony non era sereno come voleva far credere. Tony aveva fatto un passo così folle senza alcuna follia, senza essere vittima di un trauma. Tony, forse, cominciava a sapere cosa voleva.

Ed era per questo che Pepper, segretaria a tempo pieno dal cuore confuso, iniziava ad aver paura.

Perché, da tre settimane, Tony aveva smesso di produrre armi, prima a parole e poi a fatti.

E, champagne o no, questo faceva di lui, al di là di ogni ideologia, un indifeso.

 

***

 

Il veliero era un magnifico brigantino bianco e verde. Come predetto da Pepper, era ormeggiato non troppo lontano da una delle baie più belle del mondo e, con le vele ammainate, dava l'impressione di voler restare in quel posto ancora a lungo.

Quando il piccolo aereo da turismo gli atterrò a meno di qualche centinaia di metri, sollevando un discreto numero di spruzzi, Alfred, da sotto un vecchio cappello di paglia, si fermò, in attesa.

Il ghiaccio nella caraffa del the, per l'escursione termica, scricchiolò e si spezzò, senza tuttavia interrompere le riflessioni dell'anziano maggiordomo.

Stark, recitava la scritta sul lato dell'aereo.

Guai, leggeva Alfred.

Guai, a lettere cubitali.

Si riscosse, salendo i due gradini in legno fino al ponte.

“Signore...” - mormorò, cerimonioso. Il signor Wayne, da sopra il giornale, fissava il veicolo con espressione indecifrabile - “Credo che sia per lei...”

“Credevo avessi detto che avrebbe fissato un appuntamento.” - commentò l'uomo, bevendo l'ultimo sorso dal bicchiere e posandolo sul tavolino.

“E' quello che ho detto, signore. La signorina Potts ha concordato così, stamattina.”

“Immagino che lui non fosse d'accordo.” - dice Bruce, alzandosi e infilando le mani nelle tasche dei pantaloni di lino chiaro.

Il portello del velivolo era aperto, sul pelo dell'acqua.

Una figura scura, non troppo alta, si stagliava, immobile, incorniciata dalla carlinga.

“Non penso che potremo fingerci impegnati...” - mormorò Alfred, in piedi un passo dietro di lui, come sempre rispettosamente di guardia.

“Non è un tipo disposto ad accettare un no molto serenamente.” - sospirò Bruce, senza comunque muoversi - “Alfred, credo che avrò bisogno qualche effetto personale. Sto per fare un giro in aereo.”

 

***

 

A nuoto!

Pepper osservava Bruce Wayne nuotare verso l'aliscafo e non aveva parole.

Veniva verso di loro a nuoto, con una sacca in spalla, senza che ci fosse stata alcuna comunicazione via radio o cellulare!

Dopo settimane passate a cercarlo, mentre sembrava svanito dalla terra... a nuoto!

Decisamente non si capacitava. E non è che fosse una sprovveduta, nella vita: lavorava con Tony Stark, era stata in trincea molte volte e, in un paio di casi, nemmeno per metafora; aveva sopportato le settimane del sequestro fronteggiando qualunque minaccia e ora... ora un uomo, un uomo solo, solo perché si tuffava e nuotava verso di lei...

Su, Virginia, si disse, decisa. Riprenditi!

Prova a pensare che sia un miliardario tra tanti anche se sai che non è così!

Convinta di poter riuscire, Pepper si stampò un diplomatico sorriso in faccia e tese la mano all'uomo che, bagnato e con bagaglio, si stava issando sul predellino.

“Signor Wayne!” - salutò, smagliante, ricambiando la stretta e porgendo quasi contemporaneamente un asciugamano - “Benvenuto!”

La signorina Potts, immagino, replicò lui, guardandola dritta negli occhi.

Virginia, per l'amor di dio, disse la coscienza, non sbavare!

Bruce Wayne, l'eccentrico dio di Gotham City.

Aveva un tono di voce impostato, pacatissimo e occhi di un colore indefinibile. Dovevano essere castani ma, sotto quella luce, sembravano dorati, come quelli di un predatore notturno.

Era un bell'uomo, a conti fatti: alto, non troppo muscoloso, non troppo magro... era ossuto in viso, come se la pelle fosse troppo sottile e si tendesse eccessivamente sul teschio.

Bello. Non il suo tipo ma bello. Enigmatico e con la nomea di non essere molto equilibrato, eufemismo di sbandato... con il pedigree, certo, ma pur sempre uno sbandato in grado di sparire degli anni, essere dichiarato morto e riapparire per poi sparire ancora.

Restava da scoprire cosa avessero in comune questo miliardario, signore delle fughe e delle azioni irrisolte, ed il suo capo, il genio più che compreso del MIT e del mondo intero.

Troppa differenza di età per essersi conosciuti a scuola.

Troppa differenza di gestione patrimoniale per avere affari in comune.

Troppa vita disastrata a testa per potersi manifestare empatia.

Eppure...

Eppure, pensò Pepper, guardandoli stringersi la mano, questi due uomini si conoscono.

E si conoscono bene.

 

***

 

“Allora, a cosa devo il piacere?” - fu l'esordio di Tony, da amabile padrone di casa, invitandolo a sedersi e offrendogli un bicchiere per un brindisi.

“Veramente questa domanda dovrei farla io...” - ribattè Bruce, accomodandosi. Aveva una voce roca, inconfondibile. Al solo sentirla, i dubbi di Tony (quelli inascoltati delle ultime settimane) si dissolsero del tutto.

Tu! Decisamente tu, piccolo bast...

“Passavo di qui per caso.” - rispose, facendo sparire con un calcio le congetture sotto al letto del cervello - “Ho pensato di farti un'improvvisata. Contento?”

“Molto.”

“Bene. Quindi, se tu sei contento e io sono contento, saltiamo i preamboli. Cosa cazzo ti è saltato in mente di tornare in quel posto?”

“Tony...”

“Chiudi il becco, Junior.” - lo zittì l'altro, deciso. Aveva cambiato tono, era duro, univoco - “Non ti ho aiutato a scappare perché tu facessi quello che hai fatto, io...”

“Io ho fatto quello che andava fatto.” - rispose, piatto, Bruce Wayne. Poi bevve un sorso - “E quello che mi hai detto di fare.”

Tony aprì la bocca. Poi la richiuse. E poi la riaprì.

Ne uscì solo uno sbuffo contrariato.

Ci siamo, pensò Bruce, fissandolo. Ha finito di caricare i dati. Tale e quale suo padre.

 

1.1 Origins: Your life, Our life

 

Someone told me that love would all save us.

But how can that be?

Look what love gave us.

A world full of killing, and blood-spilling, that

world never came.

(Chad Kroeger - Hero)

 

Qualcuno mi ha detto che l'amore ci salverà ma come può essere, guarda cosa ci ha dato l'amore. Un mondo pieno di uccisioni,

di sangue che scorre, quel mondo non è mai arrivato

 

I ricordi d'infanzia che Bruce Wayne aveva deciso di conservare non erano molti. La maggior parte, ormai, era sepolta sotto una spessa coltre di insofferenza e ostinazione che lo difendevano dal dolore e dalla solitudine.

Eppure, per quanto avesse fatto per dimenticare, esistevano frammenti di immagini più acuminati di altri e, talvolta, Bruce assisteva, dentro agli occhi, nella propria mente, a scene di una vita che rinnegava come propria e vissuta.

Si trattava di piccoli particolari, volti, luoghi. Poteva succedere ovunque eppure sempre con la stessa dinamica: un lampo di luce, un suono, un movimento. Occorreva una chiave di ricerca per ritrovare il vissuto perduto, una chiave che Bruce sperava soltanto di perdere definitivamente e che, con ossessiva puntualità, continuava a riapparire.

Non importava quanto si fosse allontanato da se stesso, quanto avesse corso, quanto mondo avesse posto tra sé e Gotham... i ricordi tornavano, mutili e taglienti.

Eppure, Bruce non smetteva di sperare e, puntualmente, restare deluso.

Così era stato, sei mesi prima, nel campo di prigionia al confine tra la Cina e l'Afghanistan, quando, in piena luce e in malo modo, il miliziano aveva strappato il cappuccio di testa al nuovo prigioniero.

“Howie.” - aveva solo pensato Bruce, restando imbambolato, nel mezzo di una rissa e ricevendosi il pugno fino a quel punto evitato.

Howie, aveva ripetuto la voce di suo padre, nella sua testa, mentre finiva con la faccia nel fango.

Andiamo, Howie, non dirmi che non lo trovi un progetto affascinante!”

Un torre che rifornisca di energia una città? Non è affascinante, Tom, è dispendioso e impossibile.”

Dici impossibile solo per soddisfare il tuo ego, Howie! Ora che lo hai fatto, fammi aveva un progetto! Non dici sempre che i limiti esistono per essere superati?”

Howie beveva Brandy, rammentò a se stesso Bruce, alzando un braccio per ripararsi e rifilando un calcio all'aggressore più vicino.

Howie beveva brandy con papà. Papà offriva brandy solo agli amici...

A casa la bottiglia si impolvera, da quasi vent'anni...

Altro pugno. Altro calcio. La mente si era chiusa, con lo scatto del lucchetto.

Bruce aveva sentito il manganello delle guardie e, poco dopo, il pavimento di terra della cella di isolamento.

 

***

 

Il fango gli si era incrostato addosso, nel buio della grotta. Le voci degli altri prigionieri attraversavano l'umidità fredda rimbalzando sulle pareti di roccia, cullandolo, in lontananza.

Howie. Howie S...Stark?

Stark ha detto che potremo alimentare anche un sistema metropolitano dalla Tower, Lucius. E non c'è motivo di fermare lì la faccenda. Perché non l'acqua? Serve acqua per produrre energia, no? Perché non costruire un acquedotto, a quel punto? Pensa, Lucius...”

I grandi sogni sono per grandi uomini, Thomas. Ed io sono solo un piccolo scienziato...”

Un piccolo scienziato con grandi uomini a disposizione, allora...”

Lucius... si, il terzo uomo si chiamava Lucius. Un uomo sorridente, che amava restare in piedi persino nello studio di suo padre... o forse doveva farlo, perché Howie, da solo, occupava tutto il divano.

Howie... Howie si piegava sempre per vederlo, nascosto sotto la scrivania e strizzargli l'occhio.

Howie faceva le smorfie per farlo ridere e aveva le tasche piene di dolciumi.

Howie... Howard...

Howie, lo zucchero fa cariare i denti ai bambini...”

Tutte frottole di voi medici: guarda la bocca di Anthony, Thomas. Dieci anni di GummyBear e denti perfetti.”

Anthony.

Bruce ci sedette, nel buio. Il fango, divenendo polvere, si sgretolò dal viso, dalle palpebre, dai vestiti, come il buio della memoria. Non Howie. Non Howie.

 

***

 

Quando si era risvegliato, Tony Stark aveva prontamente maledetto la propria passione per gli alcolici consumati non in ordine alfabetico.

Doveva veramente aver bevuto di tutto, per essere in quello stato, in quel posto e in quel... no, decisamente no.

Indubbiamente, non era in un letto o sul pavimento di una limousine o in qualunque altro posto di solito si svegliasse. Il fondo del furgone era fatto di assi sconnesse, il cappuccio sulla testa non... bhe, si, in certe occasioni gli piaceva ma di solito era di seta!

La bocca impastata e amara e le mani legate gli avevano detto il resto. Rapimento. Rapimento tornando indietro dalla dimostrazione missilistica nel deserto.

Si mosse e il calcio nel fianco, accompagnato da un paio di commenti, gli disse altro della propria situazione. Miliziani. Almeno tre.

Dopo il calcio, aveva preferito restare immobile. Gli prudeva un gomito, ma non poteva farci niente. Contò i secondi, cercò di capire, voltando impercettibilmente la testa ed esplorando la trama del cappuccio, che ore fossero, dove stessero andando, da quanto potessero essere in viaggio. Il camion sobbalzava, ma in maniera diversa rispetto ai mezzi con cui si erano mossi nel deserto.

Montagne? Si era chiesto, mentre sobbalzavano e il mezzo sembrava inclinarsi, ondeggiare a destra e sinistra.

Andiamo in un rifugio? Hanno detto qualcosa sulle montagne, all'ultima riunione e io... io ho detto...

Se le montagne disturbano possiamo sempre raderle al suolo con gli UP4Stark. Una cima alla volta o tutta la catena?

Avesse potuto farlo senza prendersi un altro calcio, si sarebbe fatto una risata!

Poi, finalmente, si erano fermati.

Prima ancora di realizzare di essere in ginocchio, con le ginocchia su rocce e sabbia, qualcuno gli aveva strappato il cappuccio di testa. E il sole gli aveva fatto male come un colpo al viso.

 

***

 

Quando Carmine Falcone lo aveva messo di fronte all'impossibilità di avere vendetta senza seminare altra morte, Bruce aveva compreso che la crudeltà della vita si annidava nel credere di poter avere uno scopo senza pagarne il prezzo: suo padre aveva inseguito la speranza ed il mondo gli aveva strappato la vita, sua madre aveva scelto l'amore e quindi il destino del marito. Alfred aveva dedicato al sua vita ad un ragazzo e un castello vuoto, senza averne nulla in cambio e Rachel... Rachel aveva scelto la giustizia in un mondo che si preparava a ripagarla con la moneta dell'impotenza.

Ogni scopo un prezzo, ogni scelta una sconfitta.

Bruce sapeva di aver pagato la propria paura con la morte. E il dolore della perdita, con il rimorso.

I chilometri, fuggendo da Gotham, non avevano portato pace. I paesi visitati non erano stati rifugio, solo prigione. La prima volta che aveva rubato, per non morire di fame, aveva perso molta della supponenza legata al semplicistico concetto di giusto o sbagliato. E viaggiando, aveva imparato a conoscere la paura e brivido del successo che la accompagnava ma... ma nulla aveva calmato la propria tensione.

Correva, fuggiva... ma non inseguiva nulla.

Aveva provato ad afferrare qualcosa ma nulla era ciò che desiderava, nulla era tale da essere scopo.

Era sempre soltanto fuga, senza traguardo. Anni passati senza contare i giorni, fino a finire nel nulla, sul confine di due paesi, in un posto in cui il tempo si scandiva sul tramonto, sulle preghiere recitate battendosi il petto, sulla campana stridula che lo comprimeva in una fila sconnessa, tra tanti altri senza volto, con le mani tese verso il rancio.

Anni, anni senza voltarsi indietro, cacciando a calci i ricordi, affogando nel senso di inutilità e, ora... alzò la testa dalla tazza sbeccata piena di brodaglia che gli ustionava le dita. Dove era? Dove potevano averlo relegato? Sapevano chi era?

Bruce percorse con lo sguardo le teste degli uomini impegnati a sfamarsi: crani rasati, turbanti, capelli lunghi, unti... eccolo.

Cappello di maglia, barba incolta... si alzò, zoppicando. Calpestò alcune mani, ignorò le imprecazioni come se non capisse la lingua e percorse la fila, fino a fermarsi davanti all'uomo.

 

***

 

Quando l'uomo mise in ombra le sue mani e la sua testa, dandogli per un attimo l'illusione di provare sollievo, Tony alzò la testa, stringendo gli occhi.

Non riusciva a vederlo bene in viso. Aveva il sole alle spalle e la luce, eccessiva, rendeva taglienti le linee del volto.

L'uomo sembrò intuire la difficoltà dalla sua espressione. Si mosse, spinse un poco più in là il tizio che Tony aveva a fianco e si sedette, a gambe incrociate, riprendendo a mangiare.

Tony si voltò, studiandolo: aveva la barba e i capelli lunghi, l'aspetto incolto, addirittura del fango sul viso.

Ma non era arabo. Si confondeva tra di loro per la pelle bruciata dal sole ma non lo era.

Abbassò gli occhi, fissando il modo in cui teneva il cucchiaio: poteva avere le unghie nere e mangiate, mani screpolate e arse ma...

“Sei americano?” - domandò, alzando gli occhi verso il profilo dello sconosciuto.

Naso diritto, ciglia lunghe, zigomi magri...

“Perchè so tenere in mano coltello e forchetta?” - chiese l'uomo, senza il minimo accento, senza voltarsi verso di lui - “Presuntuoso come presupposto...”

“Bella risposta.” - commentò Stark, piegando la testa per vederlo in viso - “Sicuramente americano.”

Un accenno di sorriso balenò sotto la barba lunga. Poi scomparve, in un guizzo di linee che nemmeno la pelliccia riusciva a nascondere.

Lo sconosciuto si voltò, guardandolo dritto in faccia. Aveva occhi di un colore indefinibile.

“Mi chiamo Bruce.” - sussurrò, tendendogli la mano.

E Tony ebbe l'impressione che non lo dicesse a nessuno da molto tempo.

 

***

 

La prigionia non era uno scherzo. Ma essere un prigioniero da riscatto aveva i suoi vantaggi: Tony godeva di meno occasioni per socializzare ma di un mestolo di zuppa in più. Gli avevano dato alcuni vestiti per resistere meglio al freddo della notte e non veniva invitato all'adunata con il calcio del fucile.

Ma Bruce... il suo amico... ragazzi, quello sì che se l'andava a cercare! Risse, sommosse, ancora risse... ormai Tony aveva l'impressione che lo mettessero in isolamento per proteggere gli altri.

Poi, quando finalmente gli permettevano di riemergere dalle profondità della montagna, di tornare a scavare insieme agli altri schiavi... tutto ricominciava. E Tony, che usava il piccone quasi per finta, certo che gli avrebbero detto poco, si sedeva e guardava.

C'era qualcosa nel modo di combattere di Bruce... nel modo di alzare il braccio e tirare il primo pugno... si inarcava indietro, incurante del fatto di esporre il viso ai colpi ma, quando lo faceva... il suo avversario arretrava.

Gli occhi. Gli occhi di Bruce facevano paura più del pugno levato.

Tony lo osservò, piegando la testa. Non sapeva molto di lui, non parlavano molto. Sedevano vicino durante i pasti, in silenzio. Tony, ogni tanto, diceva una battuta, come se gettasse un sasso nello stagno. Bruce increspava un sorriso enigmatico e non rispondeva.

Ma quando combatteva... quando combatteva era come se gridasse.

Da cosa stai fuggendo? Si domandò Tony, ancora una volta, socchiudendo le palpebre, mentre Bruce ruzzolava a terra assieme ad altri due ceffi del suo calibro. Come puoi essere finito qui e, soprattutto... perché resti qui?

Altro bel quesito. Tony si domandò se ci fosse modo di smontare Bruce e cavarne fuori qualche chip con verità annessa. Se solo fosse stato un computer... avrebbe avuto le sue risposte in un attimo ma, con un essere umano... era tutto un altro elaborar di dati!

Del resto... perché interessarsi tanto a quel delinquente? Perché?

Fu in quel momento che Bruce finì il tappeto.

E Tony, quando vide quel bestione alzare la pietra per schiacciargli la testa, non capì più niente.

 

***

 

Pipistrelli. La luce, in cima al pozzo, era irraggiungibile.

Pipistrelli.

Ma c'era un uomo tra di loro. E quell'uomo portava la speranza.

Tese le dita, sperando di arrivare ad afferrare le sue.

“Papà.” - mormorò Bruce, senza aprire gli occhi.

Tony non commentò. In fondo, cosa puoi dire se un perfetto sconosciuto invoca il padre in una grotta afghana? Di certo, nessuna battuta che funzioni a Las Vegas.

Si trattenne dal sospirare, ma alzò gli occhi al cielo.

“E' perché sono ricco, bello e intelligente?” - domandò, al soffitto della grotta - “Per questo mi hai fatto sequestrare e adesso mi obblighi ad adottare un reietto? Mi stai dicendo che non sono un bravo ragazzo?”

Si interruppe, ragionando.

“Ma che diamine, io non sono un bravo ragazzo e ne vado fiero.” - puntualizzò, nel suo dialogo con l'ignoto. E strinse un poco di più quelle di due dita di Bruce che aveva afferrato senza pensare.

 

***

 

Sei settimane. I suo carcerieri avevano cambiato idea: visto che si trattava di attendere che il suo beneamato e paterno Obadiah staccasse un assegno tale da permettere a tutti loro di rifarsi l'arsenale presso le StarkIndustries, il signor Stark poteva ottimizzare il tempo libero costruendo armi artigianali.

Perché sprecare il potenziale di Tony lasciandolo libero di farsi amici, fare a botte e finire in isolamento?

“Insomma, sto frequentando brutte compagnie e tu mi metti in castigo.” - replicò, impassibile, al miliziano che gli sventolava il mitra sotto il naso spiegandosi in due o tre lingue differenti - “Vuoi chiedermi se mi lavo i denti la sera, visto che ci siamo?”

No, non gli interessava. Non all'uomo. Ma al calcio del mitra non dispiacque verificare di persona.

A quel punto, finì la spiegazione del suo nuovo compito. E Bruce, comparso da chissà dove, si sentì in dovere di difenderlo.

 

***

 

“Resta immobile.”

“Perchè, credi che riesca a muovermi?” - bofonchiò Bruce, senza aprire gli occhi.

“Non credevo nemmeno sapessi fare una battuta...” - scherzò Tony, avvicinandosi alla branda dove lo avevano scaricato senza tanti complimenti - “Sono davvero colpito.”

Questa volta Bruce non sorrise. Aprì gli occhi e tirò su la testa.

“Immobile è una parola semplice.” - commentò Tony, posandogli un dito al centro della fronte e premendo - “La accosterò ad una altrettanto melodiosa: Sdraiato.”

“Hai ragione... suona bene.” - borbottò quell'altro, con la vaga sensazione che le ossa fossero irrimediabilmente mescolate - “Dove siamo?”

“Nella tua suite.”

“In isolamento non ci sono le brande.”

“No, di solito no. Adesso sì, però.”

“E perché abbiamo una branda?”

“Perchè hanno questa strana idea di dovermi restituire il più intero possibile.” - sospirò Tony, sedendosi per terra a gambe incrociate, i polsi sulle ginocchia. Era intero ma... che livido su quella faccia da schiaffi! - “Mi picchiano ma ho diritto ad una branda.”

A questo punto, Bruce voltò la testa e lo fissò.

“E perché io...”

“Perchè mi sono svegliato prima io.” - fu la risposta.

Si fissarono.

Poi, per una volta, fu Tony a sorridere.

La faccia di Bruce era meglio di qualsiasi battuta di Las Vegas.

 

***

 

Rottami, laboratorio e uno scienziato un poco strano ma decisamente preparato. Insomma, un luna park per la rockstar del campo.

Bruce non commentava e non perdeva un movimento. L'assenza di pagamento del riscatto cominciava a rendere tutti nervosi, si stava palesemente cercando un piano di riserva. Cosa fare del genio bellico americano se gli americani non se lo riprendevano?

Una traduzione quasi letteraria delle urla rabbiose dei soldati in consiglio di guerra.

Bruce abbassava la testa e picconava, concedendosi uno strano periodo di latitanza dalle risse. Attaccare briga non era utile quanto avere informazioni riguardo il destino di Tony.

Quanto spazio stava tra una pallottola e il suo cranio? E perché poi gli sarebbe dovuto importare così tanto? Per un dannato ricordo che aveva cercato di rimuovere?

E poi, per giunta, Tony se la stava spassando meglio di chiunque altro. Bruce si passò una mano sul viso, asciugando il sudore. Poi si piegò di nuovo a lavorare.

Si fermò di nuovo. La nausea era troppo forte, la testa girava... di nuovo, si pulì la faccia, trascinando qualche granello di sabbia dentro agli occhi.

Imprecò piano, strofinandoseli.

Vedi? Così puoi alimentare tutta la città: acqua, luce...”

Meno male che era impossibile, Howie.”

Che vuoi che ti dica, Thomas... Lucius sa il fatto suo. Sicuro che non vuoi licenziarlo? Lo assumo io. E non chiamarmi Howie. Non in pubblico.”

Non se ne parla! Lucius ed io faremo grandi cose, nei prossimi anni. Tu pensa al tuo reattore e non rubare le nostre idee... Howie.”

Le vostre? Amico mio, io riempirò il mondo di palazzi di questo genere. E li chiamerò StarkTower di modo che non ci siano dubbi su chi le ha volute!”

Bruce riaprì gli occhi, sbattendo le palpebre, innervosito. I 'prossimi anni' non c'erano stati, per nessuno di loro. Erano morti tutti, a diciotto mesi di distanza uno dall'altro. E Lucius... chissà dov'era finito quel Lucius...

C'era tramestio, sulla porta della grotta-laboratorio. Casse in entrata e in uscita. Bruce lasciò cadere il piccone, raddrizzandosi e fissando la confusione. Una guardia gli urlò qualcosa, ma non valeva la pena di ascoltarla.

Niente, non riusciva a capire.

La guardia ora gli premeva il fucile addosso, urlando.

Tanto valeva disarmarlo e sfogare la tensione.

 

***

 

“Sei un vero attaccabrighe.” - commentò Tony, quella sera, sedendosi dall'altro parte del fuoco. Indossava di nuovo il cappello di maglia, una giacca pesante che Bruce comprese all'istante di invidiargli.

“Uno fa ciò che può per scaldarsi.” - replicò, battendo i denti. Non era solo il freddo, era... paura?

Tony lo fissò, poi abbassò gli occhi. Le fiamme erano calde, rosse. Da quanto non vedeva un fuoco vero, nel suo mondo incantato di miliardario? Da quanto non sentiva profumo di legna?

Da quanto non gli importava nulla dell'odore di bruciato?

“Hanno le armi.” - comunicò, piatto - “Era per quello il trambusto che non riuscivi a capire, oggi, all'ingresso della grotta. Hanno le armi della StarkIndustries.”

Si interruppe. Il fuoco danzava. Rosso e oro... rosso e oro...

Dicono che la migliore arma sia quella che non si deve usare mai… Con rispetto io non concordo. Io preferisco l'arma che si deve usare solo una volta. È così che faceva mio padre, è così che fa l'America e finora ha funzionato piuttosto bene.” - mormorò, senza staccare gli occhi da quel movimento di scintille che si spegnevano nella notte - “Deve essere l'ultima frase che ho detto prima di finire qui.”

Finora ha funzionato bene. Finora...

“Ma niente riscatto.” - stava dicendo Bruce.

“No. Ma non importa. Io da qui me ne vado comunque.”

Bruce rimase zitto. Il freddo, ora, era incontrollabile. Si strofinò le braccia, sperando funzionasse.

“Sono le armi che...” - Tony si interruppe, lasciando che il silenzio cadesse nuovamente. Poi cambiò idea... sapeva cosa fare delle armi, non sapeva cosa fare con lui - “Bruce, credo sia ora che tu torni a casa. A Gotham.

 

***

 

Il freddo ora era fatto di buio. Gotham.

A casa.

Era come cadere nuovamente in fondo al pozzo.

“Credo che tu abbia un compito da portare avanti.” - aggiunse Tony, alzando lo sguardo e incontrando il suo - “E che sia ora che te ne occupi, visto che tuo padre non può più farlo.”

“Tu non sai niente di mio padre e di me.”

Ero sul fondo del pozzo. E lui mi ha salvato.

Ora, per quanto faccia, non riesco più a raggiungerne il fondo e perdermi del tutto.

Mio padre mi ha salvato... e questo mi riempie di collera.

“Hai ragione. Mi son servite parecchie settimane a capire. Sono anche un po' seccato di aver impiegato così tanto ma... pazienza. Non sono al mio meglio in questo periodo. Ora, però, sono sicuro. Forse non sei un filantropo da Nobel, ma ti serve uno scopo. Vai a casa e parti da ciò che hai.”

“Tony...”

“Tu non sei il tipo da finire la sua vita sulla strada, senza meta. E' per questo che ami combattere e provi rabbia quando lo fai. Sai di essere inutile. Sei un guerriero senza guerra. E' ora di scegliere.”

Abbassò gli occhi sulle fiamme.

“Conoscevo tuo padre. E tu il mio. Forse, ne hai addirittura un ricordo migliore di quello che posso avere io. Ma anche questo non ha importanza. Ciò che conta è che almeno uno di noi sappia dove sta andando.”

Si alzò, avvicinandosi. Sovrastandolo.

Pensi davvero di non aver niente da perdere?” - domandò, senza pietà - “Hai fatto male i tuoi conti. E' ora che di uscire dal dannato buco nero in cui ti sei cacciato.”

Bruce non rispose. Non lo aveva mai fatto del tutto, in quelle settimane, per cui Tony non se ne ebbe a male.

Bruce lo ascoltava. Non aveva importanza se preferiva tacere.

“Vieni con me.” - disse, tendendogli la mano, nel buio - “Ora ti spiego come ce ne andiamo da qui.”

 

***

 

Un piano perfetto. Fino all'ultimo particolare. Bruce stava già salutando Alfred nel piccolo aeroporto oltre il confine, quando Tony incontrò il proprio personale intoppo.

Mina.

L'impatto con il terreno gli aveva compresso la cassa toracica, levandogli il fiato.

Aveva voltato la testa, annaspando, mettendo a fuoco con difficoltà un rottame metallico conficcato poco lontano dalla sua testa.

Stark, aveva letto, mentre ancora tentava disperatamente di trovare ossigeno nell'atmosfera.

StarkIndustries, come le casse di armi e munizioni sotto la montagna.

L'orrore lo aveva investito, ancora una volta. Un funzionamento perfetto, si era sorpreso a valutare.

Pronti, ammirate, fuoco!” - avrebbe detto Obadiah, fiero del proprio operato. Forse, anche suo padre... Poi fu il momento di rendersi conto della macchia di sangue che si andava allargando sul suo petto.

E fu nero.

Nero e freddo.

 

***

 

Bill Earle non era stato sereno e felice come Alfred, nel rivederlo. Quando Bruce, come il figliol prodigo, era apparso alla WayneEnterprises, quel mattino, mentre se ne decideva il destino societario, molti azionisti avrebbero dato per scontato che avesse un infarto.

Paonazzo in viso e con il respiro concitato, Earle aveva permesso a Bruce di entrare in sala riunioni, di esibire i sorrisi più affabili e distribuire le più calde strette di mano senza, tuttavia, riuscire a dire qualcosa di memorabile.

Poi, a porte chiuse, forse rasserenato dall'apparente espressione svagata del rampollo di casa Wayne, aveva sfoderato una diplomazia migliore e più fruttuosa.

Forse Bruce poteva vantare il nome e il pedigree opportuni, ma avrebbe davvero voluto seppellirsi sotto tonnellate di scartoffie?

No, non sembrava.

Non per il momento, almeno.

Anzi.

Quel piccolo redivivo stava giusto chiedendo di un pezzo da museo come Lucius Fox.

 

***

 

Era bastato un telegiornale per sapere come Tony non avesse mai raggiunto il rendez-vous e di come il suo amico ufficiale, Jim Rhodes, fosse ancora sulle sue tracce.

Bruce, fresco di doccia e rasato di fresco, era rimasto in piedi a lungo, gocciolando sul parquet e passando con meticolosità da un canale all'altro in cerca di un'edizione speciale che gridasse ai quattro venti il suo ritrovamento.

Nulla.

Alfred lo aveva trovato ancora così, un'ora dopo, salendo a portargli la cena: avvolto in un asciugamano e impegnato a percorrere a lunghi passi la camera padronale, con il telecomando stretto nella destra e la sinistra tra i capelli appena tagliati.

“Alfred.” - era stato l'esordio, vedendolo apparire sulla porta - “Ho due domande da farti.”

“Spero di avere entrambe le risposte.” - sospirò l'uomo, posando il vassoio e preparandosi, tristemente a riportarlo indietro, intonso, come il precedente.

“Ho bisogno un alleato fidato e in grado di mettere mano su un enorme quantitativo di dati sensibili. Una torre di controllo, qualcuno che possa fornirmi tempestivamente informazioni di ogni genere e che sappia farlo con enorme discrezione.”

“In tal caso, penso di poter consigliare solo una persona: si tratta del vecchio consigliere di vostro padre, il professor Lucius Fox.”

Bruce, per la prima volta, interruppe il nervoso camminare avanti e indietro. Si voltò, marciò fino al maggiordomo e afferrò una mela dalla coppa di frutta che troneggiava sul tavolo.

“Alfred.” - comunicò, masticando, scotendo il telecomando, mangiando e sorridendo, per la prima volta da molto tempo - “Sei riuscito con una sola risposta a liquidare entrambe le mie domande.”

“Fare il doppio delle cose in metà tempo, signor Wayne, è una delle mie principali doti.” - replicò il maggiordomo, solenne, porgendogli un bicchiere di latte in cui si sarebbe potuto affogare un procione - “Felice di averla aiutata. E, ora, vuole raccontarmi in quali guai si sta cacciando?”

 

***

 

Lucius Fox non sarebbe stato facile da trovare senza un poco di aiuto. Earle lo aveva seppellito nello scantinato, ritirato in magazzino assieme a tonnellate di scatoloni di varia natura. Sua l'azione, suo il percorso per ritrovare lo scienziato.

Così, Bruce, dopo l'improvvisata ai piani alti e gli inevitabili convenevoli, aveva strappato le coordinate al finanziere in cambio della promessa di non ripresentarsi molto presto e, dopo, si era incamminato per i lunghi corridoi illuminati a giorno, alcune decine di metri sotto il manto stradale.

Lucius Fox gli era venuto incontro sorridendo.

E Bruce, per una volta, aveva accolto il ricordo che aveva di lui con piacere.

Sai, Thomas, questo bambino potrebbe avere di meglio da fare che restare qui a sentire le nostre farneticazioni.”

Giusto, Lucius, priviamolo fin da piccolo del vero sapere... alla sua età ho regalato a Anthony un pupazzo di Capitan America. Ne era talmente succube da farmi ritenere che non avrebbe mai trovato il tempo per imparare a leggere.”

Io penso che Bruce sappia scegliere. Può restare o può andare, basta che faccia ciò che ritiene giusto.”

Ci sto provando, papà, pensò Bruce, stringendo la mano al Dottor Fox.

Credimi, ci sto davvero provando.

 

***

 

Lucius aveva capito la situazione molto chiaramente e con uno spreco minimo di parole. I monitor si erano illuminati tutti insieme e i dati avevano preso a scorrere. Bruce ne aveva approfittato per perlustrare alcuni dei settori del magazzino, come se fosse a caccia di idee.

Lucius ne aveva seguito i movimenti, osservando il riflesso della figura alta e snella sugli schermi.

Bruce Wayne aveva tutti i segni, nel fisico, dell'uomo che ha abusato di se stesso. Forse un osservatore meno attento si sarebbe fatto abbagliare dalla rasatura perfetta e dal completo su misura, ma Lucius vedeva in lui una tensione che gli rendeva le spalle troppo rigide, il portamento troppo marziale.

Quel ragazzo aveva qualcosa in mente. Ed il fatto che la ricerca girasse tutta attorno a due parole chiave, 'Tony' e 'Stark', non lasciava presagire niente di buono.

Per il poco che Lucius poteva ricordare, i ragazzi non si potevano conoscere. Stark doveva avere almeno sette anni più di Bruce o, a se la memoria non lo ingannava, forse addirittura nove.

Ma Lucius conosceva Tony solo di nome e, da qualche anno, di nomea: Howard non era mai stato tipo da 'porta con te il figliolo in viaggio'.

Howard si presentava da solo alla WayneEnterprises, l'anno dei lavori alla Tower: nominava poco il ragazzo e, il più delle volte, con aneddoti allegri ma stranamente distaccati, sarcastici, difficili da interpretare.

Era Bruce il bambino sempre tra i loro piedi, non Tony.

Eppure, ora, come in un grande ritorno della storia, i due percorrevano la strada dell'amicizia dei loro genitori.

Lucius avrebbe voluto saperne di più. Ma non era tipo da chiedere. Provava solo una punta di nostalgia, per quei tempi andati, per le battute, le conversazioni e per quel Brandy che Thomas Wayne riservava solo agli amici più cari.

 

***

 

“Credo di averlo trovato.”

“Ne è sicuro?” - chiese Bruce, appoggiandosi il telefono alla spalla e cercando, contemporaneamente, di infilarsi una camicia senza sgualcirla.

“Ho avuto il dubbio che potesse essere lui già ieri pomeriggio, ma ora ne sono certo. La aspetto, c'è una cosa che deve vedere.”

“Arrivo subito.” - Bruce staccò la chiamata e lanciò il telefono sul letto. Alfred lo prese e lo ripose sulla base.

“Notizie del signor Stark, immagino.” - commentò, mentre i vestiti volavano fuori dalla cabina armadio. Decisamente, anni senza un guardaroba, lo avevano inselvatichito.

Bruce, a caccia di un paio di calzini, non rispose.

Due settimane. Quasi due settimane prima di sapere se fosse vivo o morto.

Ma, se Lucius era certo...

“Sta cercando questi?” - domandò il maggiordomo, porgendogli il richiesto.

“Alfred, ci siamo.” - commentò, saltellando su un piede e poi sull'altro - “Vado a prenderlo. E dobbiamo inventarci una scusa a riguardo.”

“Non sarebbe meglio avere più dettagli prima di cominciare a mentire?” - domandò il maggiordomo, seguendolo come un'ombra. Bruce camminava su una quantità improponibile di fogli, disegni, appunti e planimetrie, abbandonati sul tappeto.

A quanto sembrava, si era perduto, in quegli anni, anche il concetto di 'tavolo e sedia': a gambe incrociate, sul tappeto, non faceva altro che scrivere, per ore ed ore.

“Un volo aereo non passa inosservato.” - replicò, riapparendo dal bagno, finalmente vestito e pettinato - “Prendo la Lamborghini.”

“Che, giustamente, passa inosservata, signore.”

 

***

 

La ripresa era sfocata, monocromatica. Le due figure erano quasi irriconoscibili e Lucius aveva faticato a metterle a fuoco, persino con la tecnologia evoluta a disposizione.

Tempo sprecato, si era detto Bruce, osservando lo schermo.

Se mi avesse fatto vedere il nastro, gli avrei detto io che era Tony, senza possibilità di sbaglio ma...

“E' questo che mi preoccupa.” - stava dicendo Lucius,indicando con una penna la luce sul petto di Tony - “Non so a cosa serva ma sono convinto che sia stato impiantato nel petto.”

“Allora ce ne occuperemo quando ne sapremo di più. Adesso occupiamoci di portarlo indietro.”

“Come richiesto, mi sono messo in contatto per il riscatto ma...”- Lucius sfogliò alcuni fogli, prelevandoli da un fax - “... ho scoperto una cosa interessante: sono il primo a farlo.”

Bruce smise di fissare il fermo-immagine e si voltò, aggrottando la fronte.

“E le StarkIndustries?”

“Nulla. Non hanno mai risposto. Le richieste e le trattative che hanno raccontato a mezzo stampa sembrano non esserci mai state.” - commentò Lucius. Poi chiuse la pratica - “Tuttavia, anche di questo possiamo occuparci a tempo debito. Ora riportiamolo a casa.”

“Sto partendo.”

Adesso era il turno di Lucius voltarsi, sorpreso.

“Lei?” - chiese, con quel sorriso gentile che era suo tipico - “Sicuro di volersi buttare in quell'inferno?”

“Ho un vantaggio che non tutti hanno...” - replicò l'uomo, allungando le dita e sfiorando lo schermo nel punto in cui si intravvedeva l'immagine di Tony - “Io conosco quell'inferno... e conosco la strada per tornarci.”

 

***

 

Tu sei un uomo che ha tutto... e niente.” - aveva detto Yinsen, prima che gli piantassero una pallottola nel petto... una pallottola firmata Stark.

Firmata Stark come ogni arma nel raggio di duecento miglia.

Yinsen, che gli aveva salvato la vita, lo aveva ringraziato per la propria morte.

Stark, il nome della morte. Una morte che, ora, cominciava ad avere un viso e una voce.

Ma Tony non era uomo da abbattersi. Non aveva disciplina personale, forse, ma aveva intelligenza e comprensione degli eventi complessi, troppa, per non cogliere la necessità di un disegno dietro l'accaduto.

Quando si era risvegliato, dopo l'esplosione, nuovamente al campo di prigionia e nuovamente con dei miliziani attorno, aveva compreso, con inequivocabile certezza, di avere una sola realtà a cui appigliarsi.

Sarebbe morto.

Sarebbe morto perché così accadeva con le armi della Stark, le armi che bastava usare una volta sola.

Le armi senza seconda occasione e senza scampo.

Le schegge che gli erano penetrate nel petto, come radiocomandate, lo stavano uccidendo, attaccando i tessuti molli e risalendo nel torace. Nessuno scampo, perché così aveva detto la mattina della consegna del progetto alla sezione 'rifornimenti e munizioni' delle StarkIndustries.

“Fateli bene, non voglio avere reclami.” - si era raccomandato, sventolando la memoria usb a forma di T, placcata oro, che conteneva il progetto - “Non vogliamo che i nostri soldati debbano perdere tempo prezioso per ricaricare, vero?”

Un colpo, un morto.

Un morto come un milione.

Ma pur sempre un morto, che non si lamenta e non querela nessuno.

Tutto. O niente.

Ora, quel morto era lui. Peccato che... che fosse ancora vivo. E che ci fosse quell'affare, quell'ammasso di ferraglia laddove Tony avrebbe tanto voluto avere un cuore.

 

***

 

Essere operati e rattoppati nel deserto significa sabbia ovunque. Tony, nelle prime ore del risveglio, incerto se scusarsi con il mondo per il proprio prematuro e superfluo commiato, aveva avuto l'impressione di essere ruvido, dentro e fuori.

Granelli di sabbia, o forse si senso di colpa e costernazione, liberi di rotolare in ogni cellula.

Yinsen gli aveva spiegato che, alla base di quell'orrore inserito nel petto, c'era la conoscenza delle regole dell'elettromagnetismo, unica soluzione per contrastare l'avanzata delle schegge verso il muscolo cardiaco.

Le schegge, come la sabbia, si agitavano nei tessuti ad ogni minimo movimento.

“Smetteranno.” - aveva detto Yinsen, con sguardo premuroso dietro le lenti rotonde, finendo di sistemare i morsetti della batteria da camion a cui lo aveva attaccato.

Peccato che non smettessero.

E peccato che la sabbia ci fosse davvero, tra un circuito e l'altro.

 

***

 

Non lo avevano riconosciuto. Lo avevano accolto e avevano preso i soldi.

Non avevano pensato di fermarlo, visto che avanzava con un esercito mercenario armato di Uzi e lanciagranate di ultima generazione e parlava la lingua come se avesse vissuto tra loro.

Il capo dei miliziani era stato persino ossequioso, nel riceverlo. Bruce aveva pensato a come il calcio del suo fucile fosse stato per lui la miglior soluzione alla disperazione, in un anno di prigionia, e si era trattenuto dal sorridergli, per provocarlo.

Chissà se lo avrebbe preso a calci, ora, mentre tendeva la mano per afferrare le mazzette che Bruce impilava sul tavolino sconnesso sotto la tenda.

“Il prezzo è sceso.” - aveva detto, ad un tratto, interrompendo quella cascata d'oro - “Lui è ferito.”

“Riparato.” - aveva farneticato l'uomo, in inglese gutturale, mostrando denti gialli, neri e sconnessi - “Riparato.”

Riparato... a quanto sembrava, il miliziano non conosceva altro termine per definire cosa gli avessero fatto per salvarlo. Riparato. Forse non esisteva altro termine per spiegarsi... Ma Bruce lo comprese solo quando vide Tony, gettato sulla branda come un sacco.

 

***

 

Tony aveva tentato di nuovo di fuggire. Lo scienziato, che gli aveva impiantato quel 'coso' nel petto, era morto durante il tentativo. Tony, troppo debole, non era andato oltre il perimetro del campo.

Ora delirava, sdraiato in un punto riparato dell'accampamento, con il torace fasciato e una coperta a coprirlo malamente.

Di certo, i suoi ripetuti tentativi di fuga avevano peggiorato il trattamento riservatogli dapprincipio: aveva la barba lunga, colpi sul viso e sulle braccia, segni di malnutrizione e febbre alta.

Si era rifiutato di produrre armi.

Si era rifiutato di rivelare segreti.

Aveva smontato i loro missili, rendendoli inefficienti e facendo sparire il palladio che contenevano. E, al momento, a quanto sembrava, si stava rifiutando di sopravvivere, portando al centro del petto il più grande segreto tecnologico del loro tempo.

Bruce si piegò, posando a terra un ginocchio, nella polvere e afferrandogli una mano.

“Tony.” - lo chiamò, sottovoce - “Riesci a sentirmi? Ti porto a casa.”

Ti porto via con me.

La mano, nella sua, si strinse. Delirava, probabilmente non lo ascoltava realmente ma... ma non cedeva. Tenace, come l'acciaio con cui forgiava le sue visionarie idee.

Sei fatto di acciaio, pensò Bruce, quanto io di oscurità.

Si piegò su di lui, sussurrandogli ad un orecchio.

“Ho trovato il mio scopo e la mia guerra, Tony.” - mormorò, a fior di labbra - “Ora, vattene a casa e fai altrettanto.”

“Andiamo.” - sussurrò ancora, alzando la testa verso il medico travestito da mercenario e parlandogli in mandarino - “Visitatelo e stabilizzatelo. Voglio partire il prima possibile.”

 

***

 

“Io ho fatto quello che andava fatto.” - rispose, piatto, Bruce Wayne. Poi bevve un sorso - “E quello che mi hai detto di fare.”

Tony aprì la bocca. Poi la richiuse. E poi la riaprì.

Ne uscì solo uno sbuffo contrariato.

Pepper, seduta discretamente ad un estremo dell'aereo, sbirciò l'alternarsi di espressioni sulla faccia del capo. Ma di cosa stavano parlando?

“Senza contare che tu hai fatto fuggire me ed io te. Siamo pari. Non ami l'idea di non dovermi niente?” - aggiunse, posando il bicchiere semipieno sul tavolino tra loro e intrecciando le dita sullo stomaco - “Tony, andiamo, non sei tipo da perderti nei particolari... il riscatto è stato pagato e ti hanno lasciato andare. Fine della storia.”

“Ed io mi sono svegliato in ospedale dopo essere stato ritrovato, in pieno deserto, da un convoglio americano capitanato, guarda caso, da Rhodes.”

“Uomo simpatico.” - commentò Bruce, per niente colpito, guardando fuori dal finestrino - “Quindi tutto è bene ciò che finisce bene.”

“Se vuoi definire così il fatto che fossi pieno di antibiotici comprati al mercato nero e rattoppato come un tacchino...”

“Tony, vai al punto. Cosa vuoi?”

“Voglio che tu mi dica perché lo hai fatto. Non mi dovevi nulla, non siamo mai stati nemmeno ad una festa assieme, figuriamoci se siamo amici.”

“Però abbiamo fatto a botte assieme.” - sorrise Bruce.

E Tony, preso in contropiede, dovette fare altrettanto.

Bruce era... diverso. Non erano la mancanza di barba o la rabbia, stranamente sotto controllo. Non era sereno, forse non lo sarebbe mai stato ma...

Ma esisteva un 'ma'.

“Insieme...” - lo contraddisse - “Tu ne hai prese per entrambi. Io guardavo.”

“E' lo stesso. Vorrà dire che la prossima volta combatteremo insieme.

“La prossima volta?”

“La prossima volta.” - confermò Bruce, piegando appena l'angolo della bocca, come uno che ha un segreto che ancora non può svelare.

Rimasero in silenzio, fissando il tramonto dai finestrini dell'aereo. Ma Tony non era un contemplativo ed ora, adrenalina in corpo, aveva la percezione di un futuro vasto, costruito su traguardi irraggiungibili, per entrambi.

“Sembri uno con dei progetti...” - commentò, asciutto, versandogli di nuovo da bere per dare poco peso all'eccitazione che iniziava a provare - “E ci sarà anche una ragazza, immagino.”

“C'è sempre una ragazza...” - la ragazza di sempre...

“Hai scelto per cosa combattere, quindi.” - lo tentò, sperando di raccogliere altre informazioni.

“Alcuni dettagli sono ancora confusi ma...” - Bruce seguitava a guardare lontano, un punto indefinibile - “Credo di sì... Del resto, mio padre aveva un amico che diceva che i limiti esistono per essere superati...”

Ecco. Questa era una di quelle cose che coglievano Tony di sorpresa.

Era necessario correre ai ripari.

“Ho scelto la mia guerra, Tony. Non chiedere altro.” - mormorò Bruce, piegando la testa per guardarlo dritto negli occhi, finalmente - “Adesso, attendo di sapere quale sarà la tua.”

 

And they say that a hero can save us.

I'm not gonna stand here and wait.

I'll hold on to the wings of the eagles.

Watch as we all fly away.

(Chad Kroeger - Hero)

 

e loro dicono che un eroe può salvarci. Io non starò qui ad aspettare,
mi aggrapperò alle ali delle aquile e guarderò mentre voleranno tutte via

 

(29 giugno 2013)

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Capitolo 2
*** 1.2 The Dark Knight ***


1.2 The Dark Knight

 

Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnightqualche accenno agli Avengers

Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel

Rating: AU Angst, Dark, Friendship

EPISODIO 2/13 (spoiler alla lettura) - http://www.youtube.com/watch?v=Lt5RiMig6kk

Waves crash, baby, don't look back

I won't walk away again

(B. Carlisle - Circle in the Sand)

Onde si infrangono, baby, non guardare indietro/Non voglio andare via di nuovo

Tony Stark, visionario, genio, patriota americano. Anche in giovane età il figlio del leggendario creatore di armi Howard Stark, si è ritrovato alla ribalta grazie alla sua brillante e geniale mente. All'età di 4 anni costruì il suo primo circuito, all'età di 6 il suo primo motore, a 17 anni si è laureato al MIT con lode. Ma poi, il decesso di un titano. Obadiah Stane, alleato e amico di una vita di Howard Stark, si fa avanti per riempire il vuoto creato dal leggendario fondatore. Fino al ritorno a casa del figliol prodigo 21enne che viene consacrato amministratore del regno, e con il patrimonio spirituale del padre, Tony introduce una nuova era, creando armi intelligenti, robotica all'avanguardia, target satellitari. Oggi Tony Stark ha cambiato radicalmente il volto dell'industria bellica garantendo libertà e protezione ma soprattutto gli interessi dell'America in tutto il Mondo.”

Pretenzioso, a dire la verità. Ma Tony apprezzava comunque.

Peccato per il resto del servizio.

Dopo un traumatico sequestro di persona in Medio Oriente, Tony Stark torna cambiato, appannato dal peso della propria responsabilità...” - recitava, come una scolaretta, la cronista bionda. Tony sapeva di essersela scopata, ma non ricordava il nome - “Nove settimane fa, dopo una conferenza stampa a tratti commovente, a tratti ridicola, Tony Stark ha abdicato al proprio valore chiudendo la 'Divisione fabbricazione armi della StarkIndustries' inneggiando a un nuovo inizio e ad un cambiamento radicale di direzione che l'opinione pubblica attende orm...”

Clic. Un televisore spento è un televisore interessante. Tony si lasciò andare contro il sedile della Camaro e allungò un braccio, ragionando.

La sciacquetta bionda che, se ricordava bene, urlava con dizione migliore di quella con cui parlava, aveva colto nel segno: a nove settimane dalla propria riapparizione, le StarksInd erano ancora miseramente chiuse, impegnate solo a produrre gommini e guarnizioni, pezzi di ricambio per il già venduto che necessitava manutenzione.

In compenso, Tony, adesso, aveva tonnellate e tonnellate di leghe metalliche con cui giocare nello scantinato... altro che i ritagli e gli scarti che gli portava a casa suo padre il venerdì pomeriggio!

E, anche se il metallo gli faceva comodo, le persone che lo circondavano cominciavano a sembrare dei macigni: Pepper si salvava, a grandi linee, mentre filtrava le seccature... ma Obadiah... e Rhodes... nessuno dei due capiva né si sforzava di farlo.

Tony aveva abdicato, come un imperatore folle che sceglie un cavallo per senatore. Ancora una mossa e avrebbe appiccato fuoco alle loro conquiste senza pensarci troppo.

Alcuni azionisti si stavano ritirando e, benché Pepper dissimulasse, le telefonate alla sezione legale si erano triplicate. Tony era già stato in tribunale due volte, eppure doveva ancora deporre, per cose che non sapeva nemmeno come funzionassero. E poi rilasciare interviste per calmare le acque, oppure non rilasciarle affatto, per non dare soddisfazione a nessuno e chissà quanto altro. Ogni giorno la strategia cambiava, in base agli assalti.

Tony non si faceva grandi illusioni: il tradimento era alle porte.

Restava solo una domanda... tradimento in amicizia o in affari? Cosa sarebbe giunto prima?

Irritato dalla piega delle proprie riflessioni, si grattò il reattore, pensieroso.

Il piccolo insinuante bip, gli ricordò che aveva anche un altro problema... uno decisamente più grave.

No, questo può aspettare. No, inesatto, questo non può aspettare, ma aspetterà comunque.” - concordò, con se stesso, ad alta voce, scendendo dalla macchina e tornando alla scrivania.

E, come se non fosse abbastanza... cosa stava combinando Bruce?

***

Tony Stark, visionario, genio, patriota americano. Anche in giovane età il figlio del leggendario creatore di armi Howard Stark, si è ritrovato alla ribalta grazie alla sua brillante e geniale mente. All'età di 4 anni costruì il suo primo circuito, all'età di 6 il suo primo motore, a 17 anni si è laureato al MIT con lode. Ma poi, il decesso di un titano. Obadiah Stane, alleato e amico di una vita di Howard Stark, si fa avanti per riempire il vuoto creato dal leggendario fondatore. Fino al ritorno a casa del figliol prod...”

Clic.

Lo hai spento sul più bello.” - commentò Bruce, senza alzare la testa dagli appunti che stava scrivendo. Come suo solito, sedeva sul pavimento a gambe incrociate.

Decisamente, la vita civilizzata gli stava ancora dando dei problemi, valutò Tony, posando il telecomando e attraversando l'ampio salone in direzione della vetrata.

Si era distratto per un'ora alla sua postazione in laboratorio, tra alcuni progetti e qualche esperimento di elettromeccanica virtuale. Divertente, certo, ma fine a se stesso, almeno per il momento... almeno fino a quando la sua testa non avesse ricominciato a pensare in maniera lucida.

Jarvis gli aveva segnalato l'arrivo del signor Wayne, ma questo non aveva smosso minimamente Tony dalla sedia. Bruce poteva arrangiarsi.

Per sicurezza, aveva bloccato la porta di comunicazione e sganciato l'interfono.

Poi si era stancato. E aveva deciso che voleva una birra. E che, magari, serviva anche al miliardario seccatore che, sicuramente, guardava la televisione nel suo salotto.

Non l'avevi già visto?” - domandò dunque, posando una bottiglia fredda vicino a suoi piedi e una per sé sul tavolino di cristallo.

Non mi stanco mai.” - replicò l'uomo, segnando un altro appunto senza voltarsi. Poi gli tese un foglio - “Questo è giusto?”

Tony lo afferrò e si lasciò cadere sul divano, allungando le gambe e le braccia.

Per essere un analfabeta attaccabrighe, te la cavi bene...” - ammise, leggendo al sequenza. Poi fece dell'appunto un aeroplanino e rispedì il tutto al mittente - “Mi dici cosa stai combinando, Junior?”

Non chiamarmi Junior.”

Non in pubblico, promesso. Allora, Junior, cosa stiamo costruendo?”

Cestini per la merenda.”

In neoprene potenziato?”

La merenda è un bene prezioso, quando sei bambino.”

Giusto. Finchè non scopri le ragazze.” - concordò, accavallando le gambe e posandogli la punta del piede tra le scapole. Poi alzò la testa, rivolgendo un sorriso ammaliante alla ragazza che veniva loro incontro - “Signorina Potts, ma che piacere! Gradirebbe un vestito di neoprene potenziato?”

Temo di preferire la seta alle fibre sintetiche.” - fu l'impassibile risposta, porgendo una busta a Tony e un incartamento a Bruce - “Signor Wayne, ho trovato i progetti...”

Progetti di cosa?” - chiese l'alluce che continuava a spintonarlo e a fargli prudere il collo.

Progetti della WayneTower.” - rispose Bruce, aprendo il fascicolo e sfogliando - “Alcuni dei miei sono stranamente spariti dall'archivio della WayneEnterprises. Mi sono permesso di chiedere alla signorina Pepper di stamparne del copie dal vostro server.”

Male, molto male.” - commentò Tony, sporgendosi per leggere sopra la sua spalla - “Mai perdere i progetti. A noi non succede mai, vero, Pepper?”

Vero.” - sorrise la donne, riprendendogli la busta dalle mani, aprendola e riposandogliela tra le dita - “A me non succede mai.”

Per questo la pago tanto e la ammiro.” - fu la magnanima risposta. Poi abbassò gli occhi sull'invito - “Un party? Di nuovo?”

Perchè credi che sia di nuovo qui? C'è sempre un party.” - fece eco Bruce, posando il fascicolo e porgendogli un altro foglio - “E questa? È giusta?”

Facciamo a cambio: io ti dico se è giusta, tu mi cedi Lucius Fox.”

Io non cedo Lucius Fox a nessuno. Ma hai il permesso di invitarlo per un the. Allora, è giusto?”

E' giusto. Posso sapere cosa stai combinando?”

Dopo, dopo. E questo? Questo è giusto?”

***

Il signor Stark ha di nuovo corretto i suoi calcoli, noto.” - commentò Alfred, quel pomeriggio, trovando sul tavolo della suite di Malibu un certo qual numero di aeroplanini di carta - “Lo ha finalmente reso partecipe delle sue decisioni?”

Non ancora, credo abbia altro a cui pensare.” - rispose Bruce, abbassando il volume del grande televisore al plasma.

...con il patrimonio spirituale del padre, Tony introduce una nuova era... ”

Il servizio era lo stesso, di nuovo in replica: Tony che usciva da un tribunale, dopo un tentativo di ingiunzione per farlo fuori dal controllo della Stark

A tempo debito.”

A tempo debito potrebbe rivelarsi tardi, signore.” - rispose Alfred. Sullo schermo, Tony si stava levando gli occhiali da sole, con aria decisa.

Io non sono la mia società.” - stava dicendo, in un abbagliante pioggia di flash. Al suo fianco, Obadiah gli sussurrava qualcosa in un orecchio, senza smettere di sorridere - “E credo che scoprirete presto...”

L'immagine era cambiata, la frase si era perduta nella polemica preconfezionata all'affermazione appena udita.

Ma, signor Stark, se lei non è la sua società, allora che cosa è?” - recitava, come un grillo parlante, l'uomo sullo schermo.

Lo vogliono fare a pezzi.” - commentò Bruce, lasciando cadere il telecomando nella poltrona e voltandosi. Alfred lo prese e lo posò sul tavolino, seguendolo lungo il corridoio - “Ed il peggiore gli cammina a fianco.”

Non pensa di doverlo mettere il guardia?”

Da Obadiah Stane? Lo sa, credimi, lo sa. Hanno avuto una conversazione illuminante per via del reattore Arc che ha nel petto.” - rispose Bruce, cominciando a cambiarsi d'abito - “E, se Tony ha qualche dubbio, Pepper non ne ha affatto.”

La signorina Potts è molto in gamba.”

La signorina Potts è unica.” - fu la risposta. Poi Bruce riapparve dalla porta del bagno - “E Rachel? Rachel ha chiamato?”

***

Rachel Dawes, assistente del procuratore Dent, non era donna di poca volontà. E, prima ancora, non era stata una bambina indecisa. Forte, caparbia, irremovibile nelle sue scelte, era la causa di molte cadute di Bruce, a partire dal volo in quel pozzo che ancora tormentava i suoi incubi.

C'è sempre una donna.” - aveva detto a Tony, poche settimane prima, cercando di essere scherzoso. Ma, quando si trattava di Rachel, Bruce aveva poca voglia di ridere. Soprattutto da quando era tornato.

Sette anni prima, Rachel gli aveva chiesto di restare e Bruce non ne era stato in grado. Lo aveva preso a schiaffi, facendolo vergognare di se stesso, aveva cercato invano di trasmettergli quel senso innato di giustizia che le apparteneva sin dalla più tenera infanzia e lui, in cambio, si era preso tempo per comportarsi da delinquente.

Incompatibili.

Diversi in tutto.

Eppure ora, ora più che mai, Bruce desiderava averla a fianco.

Ti sta a cuore la giustizia? Guarda oltre il tuo dolore, Bruce. Questa città marcisce. Parlano di crisi economica inevitabile ma è voluta e va sempre peggio. Di brave persone che come i tuoi si oppongono alle ingiustizie non ce ne sono. Che speranze può avere Gotham se i buoni non fanno niente?”

Bruce non smetteva mai di ripetersi questa domanda. E, dentro, vi trovava la risposta per andare avanti, per continuare a pianificare, concepire, comprendere.... ma Rachel non c'era.

E raccontarle ciò che aveva deciso, il destino che si era scelto, significava metterla in pericolo. Per Bruce, peggio della lontananza.

Eppure, laddove la mente accettava, il cuore non ne era in grado.

Rachel... Rachel ha chiamato?

Non si vergognava di continuare a chiederlo.

Ma Rachel non chiamava... non abbastanza.

E, quel giorno...

Ho capito.” - commentò Bruce, quando Alfred decise di non rispondere senza smettere di fissarlo in faccia - “Grazie comunque. Vorrà dire che, per stasera, attuerò il piano B.”

***

Rachel Dawes...” - sospirò Tony, con l'aria di chi mangia un bastoncino di zucchero.

Una nuova fiamma?” - domandò Pepper, affiancandolo e affacciandosi nella hall dell'albergo.

Non la mia.”

Lo aveva detto in un tono godurioso, stranamente soddisfatto. Pepper, facendo sventolare la chioma rossa, gli squadrò il profilo.

Da quando siamo così pettegoli?” - domandò, in un sussurro, aggiustando la borsetta sotto il braccio e stringendo una mano con aria svanita.

Da quando non tutte le riviste scandalistiche si occupano di me. Mi annoia parlare di me stesso e dire cose scontate.” - fu la risposta.

In effetti, mentre Tony campeggiava glorioso in ogni testata finanziaria, spesso con un bersaglio disegnato sulla fronte, Bruce Wayne troneggiava sul meglio della carta patinata in fatto di gossip.

Modelle, macchine, palazzi... spendeva, vagava tra un casinò e un party... ripercorreva, in maniera del tutto personale, le glorie da cui, al momento, Tony Stark si stava astenendo, nel vano tentativo di rimettersi in carreggiata.

Ma quella sera... quella sera, per beneficenza o ipocrisia, il Palace Hotel sembrava una torre di cristallo pronta ad accoglierli tutti. E, tra i tutti che Pepper e Tony osservavano dalla balconata, c'erano il procuratore Dent e la sua accompagnatrice, Rachel Dawes.

Pepper abbassò gli occhi, studiandola. Sembrava una cerbiatta, con i capelli scuri gettati indietro, il vestito lungo e semplice, il modo garbato di sorridere ai fotografi, restando sempre un passo indietro rispetto al procuratore, per non lasciare dubbi.

Come la capisco, pensò, gettando un'occhiata alla propria croce, che si avviava al bar per avere un altro martini. Scegliersi un capo come vocazione di vita non è mai un buon progetto. E' come tenere sempre le scarpette di cristallo nei piedi con un principe azzurro che ti fa aspettare.

Però... Pepper piegò la testa, studiandola ancora. E Tony tornò al suo fianco.

E' perfetta per Bruce.” - commentò, sovrappensiero.

Per poco, Tony non si strozzò con l'oliva.

Lo chiama Bruce? E perché noi ci diamo del lei?”

Perchè lei è il mio capo.”

Risposta insindacabile. Pensa, Tony, tenta di nuovo. Più sottile.

Sì, mi sta bene ma... perché lo chiama Bruce e noi ci diamo del lei?”

Perchè lei è...” - Pepper si voltò, per rispondergli, poi cambiò idea - “Oh, Tony, lasci perdere. Lo chiamerò signor Wayne, contento?”

E magari Bruce in privato.”

Tony, lei lo chiama Junior.”

Qualcuno deve farlo, nella sua vita, non crede?” - borbottò, tra l'esasperato e il confuso, facendo sciabordare il martini.

Pepper si addolcì. E gli accarezzò un braccio.

Ma sì, forse su questo ha ragione.” - concesse, accarezzandogli un braccio.

E, in quel mentre, Junior il Terribile fece la sua trionfale entrata.

***

Rachel si voltò, giusto in tempo per vederlo scendere dalla Lamborghini. E per ammirare le gambe seducenti di due donne fare capolino dall'altra portiera.

Si fermò, dimenticando la buona abitudine a stare dritta, per portare tutto il peso su una gamba e incrociare le braccia, in segno di disapprovazione. Bruce Wayne, figliol prodigo redivivo, signore di tutte le perdite di tempo, pensò, stringendo gli occhi.

Almeno sappiamo che lei non gli indifferente.” - commentò Tony, abbandonando il Martini e partendo in quarta. Pepper si voltò di scatto.

Dove sta andando?” - strillò, afferrando lo strascico per corrergli dietro.

A fare un favore al suo nuovo migliore amico.” - fu la risposta, mentre trottava giù dallo scalone, inseguito da Happy e da una manciata di giornalisti.

Dritto contro Rachel, come un carro armato.

Mi perdoni, che mancanza di tatto, la mia!” - lo sentì dire Bruce, mentre Tony scendeva dal vestito di una donna bruna e la salutava con troppo calore - “Signorina...”

Dawes.” - disse la ragazza bruna, provocandogli quasi una sincope.

Rachel, al party! Di colpo, a braccetto con due modelle, si sentiva nudo... come quella volta a otto anni, in piscina, quando Rachel era spuntata da dietro un cespuglio.

Nudo, completamente. E, probabilmente, Tony sapeva della sua mancanza di vestiti perché stava tenendo Rachel saldamente voltata.

Liberati di quelle due, me le prendo io, sembrò dirgli la sua occhiataccia.

Troppo tardi. Bruce alzò la testa e marciò dritto verso di loro con la mercanzia su tacco.

Rachel!” - salutò. Poi sorrise a Tony, tendendogli la mano - “E Tony Stark! Che sorpresa! Tutti qui stasera!”

Concordo sulla sorpresa.” - rispose Tony, ricambiando la stretta di mano e fissandolo. Cosa stai combinando? - “Bruce, conosci questa magnifica ragazza? Le sono appena volato addosso...”

Rachel ed io siamo cresciuti insieme.” - rispose lui, sfoderando il suo miglior sorriso. Un sorriso triste, valutò Tony, che aveva imparato a decodificarli prima ancora che si tagliasse la barba.

Il sorriso che si ha per le retromarce della vita che non si possono fare.

Strade diverse e diversi punti di vista.” - rispose lei, ricambiando il sorriso e infilando una stoccata - “Per questo eravamo inseparabili.”

Eravamo... Bruce abbassò gli occhi per un attimo, con autoderisione. Quando li rialzò, era di nuovo il magnifico miliardario senza cervello che, da qualche tempo, fingeva di essere.

Gli opposti sono le combinazioni migliori.” - rispose. Le due modelle, che davano l'impressione di non capire molto, sorridevano a Tony, associandolo al bel volto circondato dai numeri che si vedeva in televisione - “Ed ora, se volete scusarmi...”

Prego.” - replicò Tony, voltando la testa e guardandolo andarsene. Rachel, a modo suo, stava facendo la stessa cosa. Ma fu più rapida a voltare le spalle e disinteressarsi.

***

Le modelle si erano perse, tra i tavoli dei vip e le toilettes per signore.

Quando Bruce incontrò Tony, non lontano dal bar, era nuovamente solo.

Hai un modo strano di conquistare le donne.” - commentò Tony, vedendoselo apparire a fianco. Fissava la pista da ballo, dove Pepper si stava dedicando a un lento con un uomo che la stringeva troppo. Chissà se Happy poteva far qualcosa... gli fece un cenno, poi si voltò verso Bruce - “Stavo dicendo...”

Non l'avrei fatto avessi saputo che veniva.” - lo interruppe l'altro, prima che partisse un'altra smitragliata di battute - “L'ho invitata ma non ha risposto.”

Tu l'hai invitata?”

La cosa ti sorprende?”

Non più della tua inaspettata passione per il kevlar e le corazze. Mi domando solo che schema di gioco tu stia seguendo.”

Lo stesso tuo. Penso, aspetto i tempi maturi, mi rialzo.”

Alla tua lista manca un verbo. Mi rialzo, implica il cadere.”

Lo so. Solo così impariamo a rialzarci.

Una frase degna di tuo padre.” - commentò Tony.

Bruce si voltò, fissandolo. Tony guardava di nuovo la pista e beveva Martini, con aria assente.

Tony...”

Junior...”

Bruce trattenne a stento una risata. E Tony, con il naso nel bicchiere, si sentì soddisfatto dell'innata dote a sdrammatizzare di cui lo aveva fornito la natura.

Non ce la stiamo cavando molto bene, vero?”

Non molto.” - ammise il grande Stark. Posò il proprio Martini e ne ottenne uno nuovo - “Bruce, credo che sia giunto il momento di combattere insieme.”

Bruce non rispose. Lo fissò, soltanto, incerto. Incerto come nel giorno in cui si erano conosciuti, nel tendergli la mano con il dubbio di sbagliare.

Avevi paura di parlarmi perché sapevi chi ero. Avevi paura perché io avrei potuto sapere chi eri.

Ma, a quanto pare, Bruce... tu ami piegare le tue paure fino a spezzarle.

Ti stai cacciando in qualcosa di più grande di te.” - aggiunse, senza attendere risposta - “E io lo farò a breve. Inutile farlo separatamente, non credi?”

Penso che tu abbia ragione. Ma questo non è il posto dove parlarne.”

Ovvio.” - rispose Tony, tornando al suo tono più svagato e recuperando un nuovo Martini, anzi, due - “Qui, occupiamoci solo di cose consone. Ad esempio, ho fatto cambiare la disposizione dei tavoli per la cena. Vedrai che ti piacerà.”

***

Piacere... il concetto di piacere di Tony passava attraverso il masochismo.

Il tavolo per sei era terrificante: Rachel, che già sedeva, Dent in piedi alle sue spalle e impegnato a chiacchierare con un volto noto della politica, Tony, in avvicinamento con una modella russa di Bruce e due posti vuoti, vicini. Altro che affrontare le proprie paure... era un suicidio emotivo!

Pepper lo affiancò, timidamente.

Credo che Tony le abbia tirato un brutto scherzo...” - ammise, sottovoce. Poi rimase, incerta, la borsetta tra le mani - “Mi ha mandato a tenerle compagnia. E le manda questo.” - aggiunse, porgendogli un tovagliolino del bar.

Bruce lo spiegò, leggendo il breve messaggio, poi le sorrise.

Meglio una donna bella e intelligente che un cervello di gallina. Tatiana concederà le sue grazie a uno meno sprovveduto di te.” - rilesse, questa volta a voce alta, alzando il messaggio sotto la luce. Poi lo appallottolò, lo gettò in un posacenere e si voltò, offrendole il braccio - “Signorina Potts... Virginia...”

La donna sorrise, accettando il braccio.

Può chiamarmi Pepper anche nelle occasioni ufficiali.” - sussurrò, lasciando ricadere indietro i capelli rossi e ondulati - “Non mi offendo.”

Lei no... ma Tony...”

Già affrontato l'argomento, Bruce. Ha detto che gli sta bene.

***

Ma che magnifica coincidenza.” - stava trillando il genio dei computer, quando raggiunsero il tavolo - “E che magnifica compagnia!”

Due volte magnifico... magnifico!” - gli fece eco Pepper, accomodandosi nel posto che Bruce le offriva e partecipando allo scambio di presentazioni orchestrato dal suo capo - “Finalmente un'occasione per scambiare due parole di sostanza...”

La modella russa ne approfittò per ridere senza motivo. E il sorriso di gelo, eloquentissimo, che Pepper si stampò sulla faccia ebbe il merito di far sciogliere un poco Rachel.

Perfettamente d'accordo. Non si vive solo di marche di profumo.” - commentò, gettando una discreta frecciata all'aroma di tuberosa, ricercato e prepotente, che ormai li circondava - “Pepper, giusto?”

Esatto, piacere di conoscer... Obadiah!” - esclamò, vedendo l'uomo apparire alle spalle di Tony. Una visione terribile, come un'ombra su di lui.

A Bruce non sfuggì il cambio di voce della donna. Alzò la testa, in direzione dell'ex socio di Howard Stark, l'attuale di Tony, impegnato a posargli una mano sulla spalla.

Obadiah Stane... Obie...

Sei sicuro riguardo Obie, Howie? Non ti prenderai una coltellata nella schiena quando meno te l'aspetti?”

Non sono sicuro, ma ho bisogno di lui, Thomas. Ha i capitali, l'ambizione e la prepotenza che servono in questo momento. E posso tenerlo a bada.”

Stai attento, Howie. Stai davvero attento.”

Obadiah Stane, immagino.” - si intromise, d'istinto, tendendogli la mano - “Bruce Wayne.”

Almeno non hai scatenato una rissa, questa volta, considerò Tony, guardando Bruce mettere una distanza tra lui e il socio.

Stane, non meno di Earle, sapeva nascondere la doppia natura dietro ad un sorriso. Bruce si sentì subito a proprio agio, mentre Tony tornava a dedicarsi al parco femminile che sedeva adorante, chi più e chi meno, ai suoi piedi.

Parole di circostanza. E ci si sarebbe potuti accontentare, se non fosse stato per la terribile abitudine di Bruce di picchiare sempre per primo. Soprattutto un tizio grosso come un orso e cattivo come un rapace che, al momento, intonava un canto d'amore per il 'caro Tony'.

Deve essere stato terribile affrontare tutti quei mesi di sequestro.” - commentò, dunque - “Tutte quelle trattative.. non riesco a immaginare come abbia potuto resistere al desiderio di prendere un aereo ed andare a cercarlo invece di restare così fedele al proprio ruolo di amministratore delegato.”

Le StarkIndustries sono Tony. Non avrei mai potuto permettere che succedesse loro qualcosa.”

E immagino che non lo permetterà nemmeno ora.” - rispose Bruce, a bruciapelo.

Obadiah non permise alla sorpresa di sgretolargli il sorriso. Ma gli occhi gli brillarono, come innanzi ad un drappo rosso.

La mia fedeltà alle StarkInd...”

E' pari solo a quella per Tony.” - lo interruppe Bruce, deciso. Poi un sorriso rapido a svanire gli attraversò gli occhi - “Ne sono perfettamente consapevole.”

***

Quel pezzente... poteva avere un cognome potente e un'aura tragica da Amleto, ma non era altro che un insetto da schiacciare. Un insetto incapace di prendere decisioni. E lui, Obadiah, non permetteva ad esseri del genere di sfidarlo! Bruce Wayne voleva provare a seminare il dubbio? Aveva solo da accomodarsi... sarebbe comunque arrivato troppo tardi perché lui, Obadiah, non era inferiore a nessuno e sempre un passo avanti a tutti!

Ancora poche settimane e... ancora poche settimane, Obadiah.

Pazienta. Ormai tutto è deciso.

***

A tavola, come predetto da Pepper, la conversazione era stata brillante e raramente si erano vissuti attimi di imbarazzo. Tony ascoltava le parole di Rachel, penetrando poco a poco, nel mistero dell'infatuamento che Bruce aveva per lei.

Infatuamento... termine improprio: Bruce era 'andato' per quella donna, probabilmente dall'epoca dei brufoli e della musica Techno.

Rachel Dawes era ben più di un bel faccino: come Pepper, reggeva le sorti di una buona parte del successo di Dent e lo faceva con integrità e durezza, senza mai arretrare e senza paura apparente.

Bruce, nelle sue parole appassionate, sentiva ancora l'eco di quelle che si erano scambiati sette anni prima, in una macchina, davanti a uno dei locali di Falcone.

Quella di cui stiamo parlando non è giustizia, stiamo parlando di vendetta.”

Molto spesso coincidono.”

No, non sono mai la stessa cosa. La giustizia è armonia. La vendetta serve solo a farti stare meglio. Per questo abbiamo un sistema imparziale.”

No, è un sistema che non funziona.”

Un sistema che non funziona... l'armonia... in sette anni, Bruce aveva visto più esempi del primo fenomeno che del secondo, eppure Rachel non sbagliava a credere nella giustizia e nell'equilibrio.

Rachel, con la sua forza, rendeva tutto possibile, nei fatti come nelle parole.

Ascoltandola, Bruce si domandò se ne sarebbe stato all'altezza. Se la forza, quella forza di volontà che la donna andava predicando, fosse realmente presente in lui, come la bontà e il discernimento necessari a comprendere e scindere il giusto dallo sbagliato senza mai vacillare.

Implacabile. Eppure misericordioso.

Un equilibrio tale da imparare a volare nel buio senza perdere la rotta.” - commentò, dunque, al concludersi di un'ultima arringa.

Esatto.” - replicò lei, senza battere ciglio - “Come un pipistrello.”

Un pipistrello.” - ripetè Tony mentre, con un cenno, obbligava un cameriere a riempire nuovamente i bicchieri - “Scelta interessante. Un animale in grado di volare nell'oscurità senza farsi trarre in inganno dalla vista. In grado di sentire...”

Sì. E' questo che sto dicendo.” - confermò Rachel, girandosi verso Tony, come in attesa - “La giustizia non è fatta solo della capacità di vedere il crimine. La giustizia nasce dal sentire e dal prevedere l'ostacolo, senza per questo rallentare.”

Tony la fissò dritto negli occhi. E le sorrise, in un misto di ammirazione e dispiacere.

Non è così, ragazza mia. Non lo è, credimi.” - rispose - “La giustizia regge in mano una spada e una bilancia... ma la bilancia serve per pesare la polvere da sparo. È questo che crea la giustizia... la violenza.”

Rachel lo fissò. Dunque, quello era il grande Stark, il signore della guerra che non voleva più produrre armi. Rachel ebbe l'impressione che non credesse alle sue stesse parole, nel dirle.

La violenza non crea mai la giustizia. Crea solo il potere.”

Ma la giustizia è cieca, come la fortuna.” - sospirò, Bruce, intromettendosi quasi con rammarico - “Perchè dovrebbe funzionare con regole differenti?”

E, difatti, le loro regole non son diverse. La fortuna e la giustizia non guardano mai chi tu sia. Ma sei tu, uomo, con il tuo arbitrio a scegliere se rispettare i limiti e i doni che ti offrono.” - Rachel sorrise - “La fortuna e la giustizia possono permettersi il lusso di essere cieche... ma sta agli uomini aprire gli occhi.”

***

A fine cena, Tony era sparito con la modella. Poteva stimare le donne intelligenti, ma non aveva troppo interesse a spogliarle, a quanto sembrava. E fu Bruce a riaccompagnare Pepper alla macchina, ringraziandola per la serata.

Tornando indietro, si trovò faccia a faccia con Rachel. Aveva un cappotto da uomo sulle spalle e, palesemente, attendeva Dent, andato a recuperare la macchina.

Allora erano davvero venuti assieme... Si avvicinò, con calma, le mani in tasca. E lei piegò la testa, concedendogli un sorriso gentile.

Bruce...”

Rachel.” - gli piaceva dire il suo nome. Gli era sempre piaciuto - “Mi ha fatto piacere rivederti...”

Anche a me. Sul serio, Bruce. Anche a me.”

Si era voltata, come se la loro conversazione fosse finita. E Bruce aveva sentito le parole sfuggirgli di bocca.

Non puoi pensare di cambiare il mondo da sola.”

Rachel abbassò lo sguardo, continuando a girargli le spalle.

Ho forse altra scelta ? Tu sei troppo impegnato …” - mormorò, scrutando l'orizzonte. Ma dov'è Harvey...

Rachel, tutto… tutto questo, non c'entra con me… io dentro ho qualcosa… qualcosa di più.”

Bruce…” - aveva piegato la testa, sorridendogli, malinconica. Si era stretta di più in quel cappotto che aveva il profumo di un altro uomo - “Forse dentro di te sei rimasto lo stesso ragazzo di una volta... ma non è tanto chi sei, quanto quello che fai, che ti qualifica.”

Era stata la sua ultima frase. Poi, era bastata una portiera a separarli, a lasciarlo solo sul marciapiede, con le mani in tasca e l'aria spersa.

Non è tanto chi sei, quanto quello che fai, che ti qualifica.

Hai ragione, Rachel. Ma, in certi casi, fingere ciò che non sei aiuta ciò che fai.

***

Il palladio non era nato per la chirurgia ricostruttiva... figuriamoci per un impianto del genere.

Tony si succhiò ancora una volta il dito, fermando il sangue e riguardò la percentuale di tossicità sul mini schermo dell'apparecchio.

Era salita, ma si trovava ancora sotto la soglia di pericolo. Anzi, dopo il picco raggiunto nel pomeriggio, il valore sembrava essersi ridotto. Dopotutto, l'intruglio con cui si stava avvelenando anche per bocca cominciava a funzionare.

Il colore del sensore era ancora azzurro, quasi a significare che non si era ancora realmente entrata in fascia pericolo. Fino a quando quella dannata barra non avesse cambiato colore...

Perfetto. Vorrà dire che prima posso occuparmi di altro, si consolò.

Poi, come in preda ad un'improvvisa debolezza, Tony appoggiò le mani al lavandino e, piegata la testa, chiuse gli occhi. Di cosa ti sorprendi... lo sapevi prima ancora di inserirtelo nel petto... lo sai da quando hai costruito il primo missile radiocomandato di nuova generazione.

Il palladio uccide.

In ospedale non se ne sarebbero mai potuti accorgere. Poca dimestichezza con il materiale, senza le attrezzature necessarie... ma, a casa, con il tempo a disposizione e le proprie conoscenze, non ci era voluto molto per identificare la tossina.

Persino un cervello vuoto e metallico come Jarvis aveva saputo fare la diagnosi e, riguardo al tempo rimanente, una stima abbastanza precisa.

Non tragica, non confortante. Forse quanto bastava per aiutare Bruce a dedicarsi a quel qualcosa di più grande. E poi, a fine impegno... sarebbe andato a farsi un giro su un altro piano astrale.

In camera da letto, il telefono squillava senza sosta. Gli bastò dire 'pronto', sottovoce, per prendere la linea, in filodiffusione.

Sono Pepper. Volevo solo ringraziarla della serata. Magnifica, davvero magnifica.”

Tony, suo malgrado, sorrise. E si lasciò cadere sul letto.

Ha detto magnifica due volte... magnifico.” - rispose, con voce sommessa - “Voglio ringraziarla anche io, signorina Potts. Non molti sanno stare al gioco come lei.”

La sentì sorridere. Come un pipistrello, pensò, divertito, chiudendo gli occhi.

Cosa esiste, al mondo, di più giusto del sorriso di Pepper?

Tony, quando vuole lei tira fuori il meglio delle persone.”

Pepper, non mi lusinghi. Lei ci riesce sempre, anche quando non vuole.”

Al tavolo, Pepper era stata superba. La conversazione brillante che già normalmente era il suo forte, aveva raggiunto livelli tali da incantare anche Dent il giustiziere, il procuratore di integrità e durezza che, si vociferava, avrebbe cambiato il volto di Gotham.

Era stata perfetta per Bruce, sagace nel tenere testa alle battute di Tony, senza mai mancargli di rispetto. E l'aveva fatto per supportarlo, come sempre, senza giudizio né malizia.

Lei è una donna incredibile, Pepper.” - aggiunse - “Le auguro una notte piena di sogni. A domani.”

Schioccò le dita e la telefonata si interruppe, lasciandolo solo a sprofondare in un sonno buio e denso, fiocamente illuminato solo da ciò che si portava nel petto.

***

Sprofondato nella poltrona innanzi all'ampia vetrata, Bruce contemplava la notte piena di luce della costa, le miriadi di sfumature di Malibu. In lontananza, poteva anche scorgere l'incredibile villa di Tony. Gli piaceva, era meno grande di WayneManor, ma incredibilmente luminosa, scarna, moderna.

Non gli importava tanto della tecnologia con cui Tony l'aveva farcita e modificata. Ne invidiava solo la vista sul mare, la luce... la pace. Niente foto, niente quadri, niente ricordi... Tony si circondava soltanto di futuro.

Sospirò, abbracciando uno dei cuscini del divano e allungandosi, fino a sentirsi scivolare giù dal sedile. Non era stanco, non aveva sonno.

Aveva Rachel nel cuore e le sue parole nella testa.

La giustizia... la giustizia è come un pipistrello nella notte.

E Bruce sapeva di aver paura, da sempre, dei pipistrelli. Chiuse gli occhi e, come capitava sempre più spesso, ebbe l'impressione di sentire suo padre e le parole di quella notte in cui, come in tante altre, si era svegliato gridando per il terrore.

Di nuovo i pipistrelli? Ma lo sai perché ti hanno attaccato, vero? Avevano paura di te.”

Avevano paura di me?”

Tutte le creature hanno paura.”

Anche quelle che mettono paura?”

Certamente, soprattutto quelle.”

Suo papà se ne era andato. Ed erano rimasti solo gli incubi, i pipistrelli che, nell'oscurità lo avvolgevano fino a soffocarlo, a ucciderlo. I pipistrelli che, nel buio, sapevano vedere comunque mentre Bruce, per quanto spalancasse gli occhi, non riusciva a scorgere nulla.

Strinse ancora di più il cuscino e chiuse gli occhi. Eccolo, nel buio. Il pipistrello, uno soltanto, che volava verso di lui. Lento, tanto da vedere ogni singolo battito d'ala.

Lento, fino a entrargli in petto, uccidendolo.

Si svegliò di soprassalto e, come sempre, sperò di non aver urlato. Perché, se lo avesse fatto, non sarebbe comunque giunto nessuno.

***

Tony Stark non era un estimatore del lunedì mattina. Riteneva che doversi alzare un lunedì mattina fosse un incidente di percorso in grado di demolire tutta la settimana.

Trattandosi poi della decima settimana di sospensione dei lavori alle StarkInd e del sessantesimo giorno del crollo in borsa, Tony avrebbe ritenuto opportuno saltare almeno fino al martedì.

Soprattutto perché, a quanto sembrava... era stato sfrattato.

Lo so.” - sospirò Pepper, fermandoglisi a fianco - “Avrei tanto voluto non lo scoprisse così...”

Quella è la mia roba?” - domandò Tony, guardando un imponente insieme di scatoloni, pannelli, quadri e mobili accatastato in un angolo - “Tutta?”

Tutta quella che il ministero della difesa ha giudicato inoffensiva.”

E da quando...”

Tre anni.”

Tre...

Tre anni? Mi avete estromesso da tre anni?” - ripetè, strabuzzando persino gli occhi - “Pepper, come è possibile che le sia sfuggito di mente?”

Lei non viene mai in ufficio, Tony.” - rispose lei, con candore e una leggera alzata di spalle - “Mi son dimenticata di dirle del rinnovo locali.”

Ma stamattina sono venuto...”

E, mi creda...” - rispose lei, spalancando gli occhi chiari - “Non me ne capacito proprio.”

Tony si trattenne dal risponderle in maniera poco consona. Si voltò, uscendo dal ripostiglio e tornando indietro per il corridoio.

Io mi presento al lavoro, puntuale e volonteroso e...” - borbottava - “E trovo la mia scrivania nel ripostiglio. Ma io sono il capo qui!”

Un capo che non può essere compresso tutto in un ufficio, no?”

Non posso essere compresso nemmeno in una tazza di caffè ma ho comunque diritto ad averne una, no?”

Certo, tutte le tazze che vuole.” - confermò lei, tallonandolo, mentre apriva tutte le porte e verificava tutte le targhette degli uffici - “Ma posso sapere cosa fa qui in un lunedì qualsiasi?”

Non esistono lunedì che siano speciali, signorina Pepper.” - porta aperta, porta chiusa, porta a aperta, porta chiusa - “I lunedì sono insignificanti e inutili sempre. Se lo segni.”

Ok. Posso sapere cosa fa qui in un lunedì insignificante e inutile?”

Ho un appuntamento. Stiamo per essere assorbiti.

La corsa dietro al capo si interruppe di botto.

Tony fu costretto a fermarsi e voltarsi.

Pepper?” - la chiamò - “Mi piaceva il suono dei suoi tacchi dietro di me, perché ha smesso?”

Noi stiamo per... cosa?”

Oh!” - le sorrise e le fece un cenno consolatorio prima di ricominciare a camminare - “Non si agiti, ci lasciamo assorbire solo un poco.”

Mi sento male.” - gemette la donna.

Su, Pepper, non è tragica come sembra. E poi, guardiamo il lato positivo delle cose.” - urlò, allegramente Tony, risalendo le scale verso la sala riunioni - “Dovrà ricominciare a dargli del lei e chiamarlo signor Wayne.”

***

Bruce Wayne non era uomo da arrivare in ritardo. Quando le berlina nera si fermò davanti all'ingresso principale, mancava un minuto alle dieci. Ovviamente, Tony era sparito ma Pepper, come sempre, attendeva sorridente al suo posto. E, di Obadiah, nemmeno l'ombra.

Signor Wayne...” - salutò, tendendogli la mano.

Puoi continuare a chiamarmi Bruce.” - replicò lui, sorridendo e ammirando la presa decisa della donna - “E non sono qui per tirare alcun colpo basso, Pepper. Vengo in pace.”

Le spalle di Virginia Potts sembrarono perdere una minima percentuale della loro rigidità. E Bruce pensò che non erano né Obie né Tony l'anima delle StarkInd.

Era lei. Era sempre stata lei.

Prego, da questa parte. Tony la aspetta in ufficio.” - rispose, indicandogli la direzione da prendere. Se ne sta scegliendo uno giusto ora...

***

Tony aveva scelto. Legno chiaro, rifiniture classiche, libri cartacei nelle librerie... palesemente, considerò Bruce, aveva rubato l'ufficio di un altro ma... ma andava bene.

Qui non ci disturberanno.” - commentò, versando da bere ad entrambi - “E' lunedì e siamo in un ufficio della sezione contabilità... non mi troveranno mai.”

Peccato che io sia entrato dal cancello principale.”

Più stai in vista, meno ti notano. Stanno cercando il marcio, Bruce, non di certo ciò che sta alla luce del sole.”

Probabilmente hai ragione.” - concesse Bruce. E si sedette, facendo scorrere verso di lui un plico - “La proposta d'accordo: entriamo in società per lo sviluppo di sistemi di utilizzo delle energie rinnovabili, la vostra tecnologia, il nostro capitale.”

Tony fissò il plico, pensieroso. Non è la prima volta che un Wayne dice una frase del genere, ricordò, roteando il bicchiere.

Guardò Bruce, per un attimo, serio in volto. Thomas, l'amico di suo padre, era più sorridente, meno affilato. Ma la cartellina era stata spinta sul tavolo con la stessa sicurezza.

Non se ne parla nemmeno... acqua, vento e sole mi annoiano.”

Howie, lascia perdere per un attimo i tuoi esplosivi. Se non ti occupi di questo problema prima che sia un problema, tuo figlio spalerà carbone per avviare il computer.”

Dirò a Pepper di leggerla.” - rispose Tony, afferrando il plico e scaraventandolo su una poltrona - “Ed ora, la proposta vera.”

Bruce mise una mano in tasca ed estrasse qualcosa, un piccolo oggetto metallico.

Quando lo posò sul tavolo, Tony rimase in silenzio, per un lungo istante.

Non era più grande di un pacchetto di sigarette. Non era più spesso di un cellulare di ultima generazione.

Eppure, in quel oggetto, c'era il potere della leggenda.

Indovina, indovinello...” - scandì, gli occhi ben fissi sulla lamina sagomata. Poi li piantò su Bruce - “Chi ha paura del pipistrello?”

***

E' questa la tua idea?” - domandò, poco dopo, afferrando l'oggetto. Un pipistrello, senza ombra di dubbio, stilizzato e affilato. Una lega metallica leggera, moderna e non particolarmente difficile da lavorare - “Un simbolo?”

Servono eventi drammatici per scuotere la gente dall'apatia.” - rispose Bruce, guardando Tony alzare il pipistrello per studiarlo meglio - “Ma io non posso farlo come Bruce Wayne. Come uomo di carne e ossa mi possono ignorare o schiacciare, ma come simbolo... come simbolo potrei essere incorruttibile. Potrei essere immortale.”

Un simbolo...” - ripetè ancora Tony, girando l'oggetto - “Qualcosa di... elementare... e insieme di terrificante.”

Un pipistrello, un animale in grado di volare nell'oscurità senza farsi trarre in inganno dalla vista. In grado di sentire...

...con un equilibrio tale da imparare a volare nel buio senza perdere la rotta.” - aggiunse, finendo di pensare ad alta voce - “Allora, a conti fatti, la signorina Dawes potrebbe aver ragione...”

La giustizia non è fatta solo della capacità di vedere il crimine. La giustizia nasce dal sentire e dal prevedere l'ostacolo, senza per questo rallentare.

La giustizia è armonia.” - mormorò Bruce, abbassando lo sguardo - “Rachel crede che bastino le persone buone per fermare le ingiustizie. E si sbaglia. Io non sono buono, non lo sono mai stato. Ma posso essere l'uomo adatto a salvare Gotham.”

Qualcosa di sbagliato nel posto giusto...”

Fu la morte di mio padre a cambiare le realtà di fatto. Non le sue azioni. La morte è stata un simbolo.” - Bruce si interruppe. Io ho provocato la sua morte. Io sono... - “La cosa sbagliata al momento giusto.”

Con lentezza, Tony gli porse il pipistrello d'acciaio.

Ora, per favore...” - disse, tendendoglielo - “...spiegami come vuoi agire.”

Bruce non se lo fece ripetere. E, una frazione di secondo dopo, Tony si ritrovò a guardare il pipistrello, conficcato per un'ala nel montante della libreria.

Un dito più in là del suo orecchio.

***

Suo padre, Howard, soleva sempre dire che i limiti esistono per essere superati. Tony, da quando poteva ricordare, non aveva fatto altro che ripetere e applicare questo dogma.

I limiti esistono per essere superati.

Peccato che, da qualche tempo, i limiti iniziassero a sembrare insormontabili.

Il mondo stesso stava divenendo un limite insormontabile. Tony aveva l'impressione di brancolare nel buio: il sequestro e il ritorno, Obie e Pepper, la luce e il buio, le armi e la pace, il mondo e... e Tony.

Tony Stark non conquista più il mondo.

Tony Stark non distrugge più il mondo.

Tony Stark, ora, non sa cosa farsene del mondo.

Seduto alla propria scrivania, sotto le stranianti luci artificiali del laboratorio, Tony tamburellava sul ripiano, senza che le sue dita raggiungessero proficuamente la tastiera. Era finito il tempo in cui gli appunti di Bruce divenivano aeroplanini in grado di volare. Ora, il problema, era far volare direttamente Bruce, capire fin dove spingersi, capire come agire, quando lasciarlo fare e non...

Ma chi prendeva in giro! Tony si passò una mano sul viso, esasperato: Bruce non aveva bisogno un'eminenza grigia, aveva camminato solo tutta la vita, non esisteva scelta che avesse compiuto con l'aiuto di qualcuno.

La sua necessità era di un alleato, qualcuno in grado di fornire un supporto tecnico e logistico.

Lucius ha materiale in abbondanza negli scantinati della Tower, a Gotham, materiale che vorrei tu vedessi.” - aveva detto Bruce, posando sul tavolo una memoria esterna - “Per questo è necessario un accodo societario, tra di noi. Darà forza alla Stark contribuendo a calmare le acque e mi permetterà di riprendere il controllo del consiglio alla WayneEnterprises. Renderà plausibile ogni nostro incontro e ogni trasferta da qui a Gotham e ritorno.”

Alla luce del sole...”

Alla luce di ogni lampadario di cristallo del Nord America.” - Bruce sorrise, divertito - “Il mondo ha bisogno un nuovo miliardario annoiato e festaiolo. Ci divideremo le modelle.”

E cosa mi dici dei rischi...”

I rischi... Tony si grattò la nuca, rifilando con l'altra mano un colpetto al sistema di avvio. I monitor si accesero, illuminandolo di azzurro.

I rischi erano parte del gioco e sarebbero venuti a galla solo a gioco iniziato. Bruce sapeva da chi e da cosa partire, per muovere le acque. Forse, con un margine di precisione, aveva previsto anche le reazioni, chi avrebbe preso parte e chi si sarebbe tirato indietro ma... ma i rischi erano come i nemici. Si sarebbero triplicati, man mano che Bruce... che Batman acquistava visibilità.

I processori ronzavano, impazienti che Tony cominciasse. Il sibilo sottile delle ventole era come una promessa. Tony digitò e inserì alcuni dati, collegando la memoria esterna avuta da Bruce. Disegni, progetti, planimetrie... per essere uno che scriveva solo seduto sul pavimento, Bruce svelava un certo qual numero di competenze scientifiche. Tony non ne era colpito, erano di un livello, per i suoi parametri, medio basso. Ma erano sempre meglio di niente e, con un poco di disciplina...

Tutto un altro paio di maniche la documentazione inoltrata da Fox. Se solo la WayneEnterprises lo avesse licenziato! C'era da andare in visibilio, suo padre sarebbe imp...

Alt. Tony si lasciò andare contro lo schienale della sedia.

Suo padre. Da quando pensava a cosa avrebbe detto o fatto suo padre? Howard Stark non era un padre da sfoggiare in occasioni normali: era un uomo da citare alle conferenze, celebrare alle premiazioni, osannare ai tributi. Non di certo un uomo da tener presente per la cottura della carne alla brace o in fatto di gusto nel vestire.

Suo padre era un retaggio. Non una persona. Qualcosa da lasciare ai posteri, per un futuro più roseo.

Bella questa riflessione... dovrò rivendermela in un discorso, prima o poi.

Prima o poi... e quanti prima o poi, negli ultimi tempi.

Si allungò, prelevando il misuratore di tossicità dal cassetto. Premette i polpastrello e lesse il numero. Stabile.

Ok, stavamo dicendo... sotto il misuratore, nel cassetto, c'erano dei fogli ingialliti.

Tony li prelevò, posandoli sul tavolo di cristallo. Carta ingiallita, leggera come un velo, bruciata dal sole e dall'aria del deserto. Li sovrappose, allineandoli e, con un leggero tamburellio, il piano in cristallo si illuminò dall'interno.

Dai fogli sovrapposti, fino a quel momento incomprensibili, emerse una figura massiccia, imponente. Un'armatura.

Tony la contemplò, in silenzio. Yinsen non aveva compreso la portata delle loro conversazioni, nelle settimane passate insieme. Tony, delirando per la ferita, con una mano stretta al reattore, aveva avuto visioni. Visioni tradotte su carta, poco alla volta.

Tony non era uno stupido. E il suo cervello, provato e confuso, aveva decodificato come meglio sapeva il disperato e umano impulso di trovare risposte in eventi assurdi.

Aveva elaborato emozioni, disperazione, necessità di proteggersi e di attaccare, aveva trasferito tutto in immagini. E, quando aveva desiderato volare via, il cervello aveva risposto anche a quell'esigenza.

Se fossi un uomo d'acciaio...” - aveva sussurrato, una notte, nel buio del deserto - “Se fossi un uomo d'acciaio, niente potrebbe toccarmi.”

Un uomo d'acciaio...

Tony gettò nuovamente i fogli nel cassetto, sopra quel piccolo sensore a percentuale che teneva il conto del tempo che gli restava. Chi ha tempo, non aspetti tempo. E, chi non ne ha...

Accarezzò il ripiano e la tastiera apparve, come evocata. Dal buio del primo file in fase di avvio stava già emergendo l'immagine di un Chiroptera, comunemente detto pipistrello.

Un'ultima cosa...” - aveva chiesto a Bruce, prima di separarsi - “Perché i pipistrelli?”

Me lo ha chiesto anche Alfred. E la risposta è semplice, Tony... Perché mi fanno paura. Che li temano anche i miei avversari.

***

Il ritorno a Gotham fu breve e silenzioso. Alfred guidava, senza dire nulla. Seduto dietro, con lo sguardo perso nel paesaggio, Bruce non era di certo di compagnia. Il maggiordomo, con il pretesto di controllare gli specchietti retrovisori, non lo perdeva di vista.

Non intendo fare nulla di sconvolgente, Alfred.” - disse Bruce, ad un tratto, senza nemmeno voltarsi - “Smetti di sorvegliarmi.”

Stavo pensando...” - esordì il maggiordomo, senza scomporsi per l'ammonimento - “.. che potrebbe aver ragione. Forse Gotham ha bisogno di Batman ma... ma quanto ne ha bisogno Bruce Wayne?”

Bruce non rispose. Il sole stava scendendo sul mare. Ed era uno splendido tramonto.

***

Tre settimane dopo, sbarcando davanti all'ingresso della WayneEnterprises e non trovandoci Bruce ma Bill Earle, Tony si domandò se non stessero un po' esagerando con il gioco 'alla luce del sole'.

Ufficialmente, era in visita per conoscere il consiglio d'amministrazione. Ufficiosamente, nella macchina che ora un galoppino stava parcheggiando per lui, aveva una saldatrice, una corazza in kevlar con cappuccio e due rampini di precisione da aggiungere ai pezzi che Bruce stava collezionando in quella che ormai veniva comunemente chiamata BatCaverna.

Del resto, da giorni non facevano altro: limare, molare, rifinire, rifilare... Tony aveva un bel lamentarsi del segno degli occhiali da saldatore sul viso, ma Bruce non demordeva.

Non vale la pena di iniziare, se non pensi di arrivare fino in fondo.” - recitava, come un grillo parlante, obbligando Alfred a ordinare per corrispondenza pezzi sempre più assurdi e Tony ad assecondarlo nei lavori manuali.

Secondo me, Junior, stiamo affrontando un tuo trauma infantile.” - lo aveva provocato, un giorno - “Parla al tuo vecchio Tony: non hai mai avuto un amichetto con cui giocare al meccano, vero?”

Vero.” - aveva ammesso Bruce, candidamente - “A Rachel piaceva il the con le bambole. Invitava sempre me ed i miei soldatini, per cui...”

Rachel... Rachel era un punto fisso nella sua testa. Tony, in certi momenti aveva cinicamente il dubbio che persino la sua fissazione per la giustizia fosse figlia di un the con le bambole di Rachel.

In effetti, Tony era quasi propenso a ritenere Bruce un uomo con la sindrome del principe azzurro più che del cavaliere.

Più tardi, invitato per un brunch a WayneManor, avrebbero avuto modo di parlarne ma, ora, a quanto sembrava, Bruce marcava visita e lo lasciava nelle mani del corrispettivo di Obie a giocare la carta del miliardario stupido.

Il signor Wayne si scusa ma...” - stava giusto dicendo l'altro, mentre Tony gli afferrava vigorosamente le mani.

Scuso tutto quello che il signor Wayne vuole.” - comunicò, allegramente, scrollando l'uomo. Earle aveva lo sguardo rapace di chi spera di mangiare un canarino e far sparire tutte le piume in un sol boccone.

Per ora in contratto con la StarkInd era in fase di valutazione ma, se solo si fosse riusciti a spingersi oltre... Stark continuava a perdere punti in borsa. Lo avrebbero rilevato per un pezzo di pane e avrebbero riaperto gli stabilimenti bellici prima ancora di imbiancare gli uffici di Malibu.

Che Stark andasse pure a fare il santone in Sudamerica, se aveva piacere. Per una volta, un capriccio finanziario di Bruce Wayne poteva tornare utile, dopotutto.

Earle sorrise ancora, smagliante. Tony ricambiò, senza sentirsi troppo in colpa nel pensare che, mentre Earle restava alla luce del sole con lui, Bruce, nel buio, preparava la propria mossa.

***

Pepper.” - salutò Bruce, levandosi il casco, sul grande spiazzo della StarkHouse, vedendola andargli incontro - “Tutto bene?”

Tony è a Gotham. Non sospetta nulla.” - rispose lei, decodificando la domanda vaga dell'uomo e guardandolo scendere dalla moto - “Hai avuto problemi?”

Nessuno.” - rispose lui, scuotendo la testa e posandole una mano sulla spalla per guidarla - “Andiamo, devo farti vedere qualcosa prima che torni.”

Il video era terrificante. Si vedeva Tony, incappucciato, le mani legate dietro la schiena.

Il miliziano elencava le proprie richieste, in una lingua sconosciuta. Forse Bruce capiva senza bisogno di supporti, ma a Pepper bastò un tasto per rendere la voce gutturale più metallica ma comprensibile.

La richiesta di riscatto. Ma non così come era stata diffusa dai loro uffici.

La richiesta era rivolta al mandante del rapimento, Obadiah Stane, perché tenesse fede alla parola data.

Dove lo hai trovato...” - disse, rendendosi a malapena conto di come la voce le stesse tremando - “Bruce, Obie non può...”

Può e lo ha fatto.” - rispose Bruce, in piedi dietro di lei. Girò attorno al divano, sedendosi sul tavolino, tra lei e lo schermo, uno schermo su cui Tony, pieno di contusioni, fissava senza paura la telecamera - “Pepper, Stane non ha mai nascosto le sue mire. Solo che, ora, è pronto a spingersi oltre.”

Oltre? Cosa può esserci oltre qu...”

Non ha mai pagato il riscatto, Pepper.” - la interruppe Bruce, con gentilezza - “Lo ha lasciato là, a marcire in attesa della morte. Aveva pagato per vederlo morto e non ha pagato ancora per accertarsi che lo fosse. Non gli importa nulla di Tony.”

Lui non può...” - il cervello di Pepper si rifiutava di pensarlo. Ma era il cuore, ora, a riempirle gli occhi di lacrime - “Bruce, ma lui è... Tony...”

Lo so.” - rispose Bruce. Gentilmente, le carezzò una guancia - “Per questo sono qui. Tony si sta occupando di salvare la StarkInd, noi preoccupiamoci di salvare lui. Dobbiamo fermare Obadiah prima che riesca nel suo intento.”

Si voltò, afferrando il telecomando e facendo partire un altro file.

Sta tramando altro. C'era questo nel suo computer, oltre al video.” - disse.

Sullo schermo, ora, sfilavano progetti su progetti di un'armatura. Pepper, avvezza al settore scientifico e alla vita con Tony, riconobbe i tratti distintivi delle progettazioni Stark e la mano pesante per i particolari di Obie.

Fino a un ultimo...

Ma quello...” - mormorò, indicando un progetto più preciso di altri, circondato da cifre. Un disco. Un disco o... si voltò, afferrando Bruce per mano - “Vieni con me.”

Bruce la seguì, scendendo per la prima volta le scale circolari che portavano al laboratorio di Tony. In fondo, davanti alla porta a vetri, era posata una scatola.

Dovrò rifare il pacchetto, sospirò Pepper, sedendosi sul gradino e strappando la carta. Bruce le si sedette a fianco, perplesso. Nella scatola c'era una teca in cristallo. All'interno, una scritta recitava 'la prova che Tony Stark ha un cuore' e, subito sotto...

E' uguale al progetto.” - mormorò Bruce, alzandolo e osservandolo meglio.

E' il reattore che Tony ha nel petto.” - rispose Pepper, facendolo sobbalzare - “Obie ne sta costruendo uno identico.”

Bruce fissò di nuovo l'oggetto, mentre i tasselli iniziavano ad andare al loro posto.

Obadiah aveva ragione: Tony era la StarkIndustries. Tecnologia e uomo fuse insieme, una sola risposta ai suoi problemi, un solo modo per impossessarsi di uno e uccidere l'altro.

Il reattore serve a tenere lontane alcune schegge dal cuore di Tony.” - stava spiegando la donna - “Ma è, allo stesso tempo, una fonte di energia pressochè infinita. Nelle mani sbagliate, sarebbe un'arma nucleare. È stato suo padre a concepirlo. Si chiama reattore Arc e nessuno sa come Tony sia riuscito a farlo funzionare, in una grotta e nel deserto. Nessuno ci è mai riuscito.”

Perchè lui vede cose che gli altri non vedono...” - sussurrò Bruce, rigirando l'oggetto tra le mani - “Questo oggetto è unico, perché...”

Tony lo ha sostituito tre giorni fa con uno nuovo. Non si è limitato a farlo funzionare, ha anche scoperto come potenziarlo.” - stava spiegando Pepper - “Dice che ha trovato modo di calibrarlo meglio... l'ho tenuto per prenderlo in giro ma... ma la verità è che, al momento, tu hai il mano il prototipo che cambierà il mondo.”

Il cuore di Tony può cambiare il mondo.

Ora resta da vedere chi sarà il primo a cercare di strapparglielo dal petto.

***

Tony era uscito dalla sala riunioni sorseggiando un drink. Earle, sconvolto ma soddisfatto, lo aveva seguito fino all'ingresso.

E' stato un vero piacere.” - disse Tony, mettendogli in mano un bicchiere vuoto, mentre la sua Audi R8 veniva parcheggiata in fondo alla scalinata - “Alla prossima occasione, Bill.”

Alla prossima... la prossima sarà una barzelletta più di questa. Verrò vestito da clown.

Tony fece manovra e uscì dal cancello principale. Dopo un centinaio di metri, svoltò a destra e ridiscese nuovamente verso un ingresso alla WayneTower, nelle profondità della terra.

In fondo al tunnel, dove si poteva distinguere una porta illuminata, c'era anche un uomo.

Il professor Lucius Fox, immagino.” - salutò, abbassando un finestrino e sorridendo al tizio dal cardigan sformato - “Sono venuto a prendere un the con lei.”

***

Obadiah Stane era scomparso. Lo avevano scoperto mentre Pepper bloccava i principali conti bancari e ordinava il blocco totale della produzione in ogni stabilimento. Il video portato da Bruce era già in viaggio, presto sarebbe stato in ogni posta elettronica di chi, di dovere, se ne potesse occupare.

Happy, spedito a gestire le ispezioni, avrebbe fatto saltare fuori gli scienziati e i prototipi di ciò che Obie stava costruendo. Era impossibile che, con progetti del genere, fosse ancora fermo ai lavori preparatori: da qualche parte, qualcuno stava assemblando, in nome di Stark, qualcosa di terribile.

E il reattore... né Bruce né Pepper avevano le competenze per capire se il progetto rispecchiasse la realtà di fatto del sistema ideato da Tony o se, come era più probabile, fosse solo una versione modificata degli originali, conservati sui server della StarkInd.

Il reattore Arc, sogno di Howard Stark, non aveva mai funzionato. Non aveva funzionato fino a quando non era servito a salvare la vita di suo figlio.

Tony, avvertito da Alfred, stava già tornando indietro, a tutta velocità, lungo la litoranea. Non avevano potuto spiegargli molto ma quanto bastava perché capisse la gravità della faccenda.

A casa di Obie, nulla diceva dove stesse andando o come stesse gestendo i fatti.

Né da dove venisse il progetto.

Tu non credi che sia opera sua?” - domandò Bruce, affiancando Pepper davanti al megaschermo, nel salone di Tony.

Non del tutto.” - rispose la donna. Rapidissime, sul monitor, sfilavano le immagini della corazza nominata Mark 1 - “Per certi particolari sembrerebbe... sembrerebbe disegnata da Tony.”

Non potrebbe trattarsi di un progetto di Howie... Howard?”

Il padre di Tony? No, non penso. È più una cosa da... da Tony.” - Pepper indicò alcune linee, come se, all'interno, ci fossero messaggi segreti visibili solo a lei - “Tony non è solo tecnica, quando progetta. Pensa a particolari, a linee che sembrano del tutto irrilevanti fino a quando il pezzo non è realizzato, è la sua firma. Non è perfezione, è... visione.”

Si interruppe.

Tony vede.” - ripetè, come rapita da quella consapevolezza - “Non è opera di Obadiah. Non del tutto.”

Bruce rimase in silenzio, lo sguardo fisso alla slide che continuava a ripetersi all'infinito. Sul tavolino, poco lontano, la teca del reattore obsoleto. Pepper lo aveva definito un prototipo... se solo avesse visto quello che aveva nel petto, quando lo aveva riportato alla truppa di Rhodes...

Questo accese in lui il dubbio. I progetti, i fogli...

Tony aveva dei disegni sotto i vestiti...” - ricordò. Il medico, travestito da mercenario, lo aveva spogliato per verificarne lo stato. Bruce li aveva visti, percepiti, cuciti tra due strati di tessuto, come era abitudine nel campo prigionieri. Non li aveva sottratti, ritenendo che Tony avesse un motivo per volerli nascondere.

Obie doveva averli trovati in ospedale. Ma, se anche così fosse stato... perché Tony non stava insistendo nel progetto? Cosa lo aveva fermato?

Ipotizziamo che siano davvero disegni di Tony...” - mormorò - “Perchè lui non ci sta lavorando?”

Perchè si tratta di un'arma che non vuole costruire?”

Plausibile. Oppure... Bruce esitò. Oppure sa che esiste un motivo per cui non funzionerebbe.

Un motivo... un motivo per cui non potrebbe funzionare...

In quel mentre, il computer di Pepper mandò un suono allarmante.

Obadiah era entrato alle StarkIndustries. O, almeno, ad una delle entrate era stato usato il suo pass.

Andiamo.” - disse Pepper, già correndo verso la porta.

***

Quando Tony aprì la porta di casa, non c'era nessuno.

In sala, sul tavolino, restavano solo alcuni fogli spiegazzati e una teca di cristallo.

Tony la sollevò, guardandone il contenuto.

Ecco la prova che Tony Stark ha un cuore. Un vecchio reattore, una nuova verità, sorrise, leggendo.

Solo Pepper avrebbe potuto pensarlo, e scriverlo, in maniera tanto garbata. Tony sorrise ancora, mettendoselo sotto il braccio.

Ho un cuore, che diamine, ce l'ho eccome!” - borbottò, più per scherzo che per convinzione.

Sacca in spalla e regalo in mano, discese le scale del laboratorio, digitò la password sulla porta a vetri ed entrò. Il laboratorio era silenzioso, in penombra. Qui e là, alcune spie brillavano, accompagnate dal ronzio del sistema in funzione.

Di Bruce e Pepper nemmeno l'ombra. Del resto, considerò, posando tutto sul ripiano, non era tanto semplice accedere alla sua StarkCaverna.

C'è nessuno?” - gridò, più per far confusione che per aver risposta. Risalì veloce le scale a caccia del telefono che stava suonando e, ad un passo dal divano, qualcuno lo colpì.

Un attimo dopo era a terra. Con la certezza, nel tastarsi la voragine nel petto, di stare per morire.

Pepper...

And you complete the heart of me

Our love is all we need

(B. Carlisle - Circle in the Sand)

E a completare il mio cuore/Il nostro amore è tutto ciò che serve

(30 giugno 2013)

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Capitolo 3
*** 1.3 One Love, One Blood ***


1.3 One love, one blood

 EPISODIO 3/13 (spoiler alla lettura) - http://www.youtube.com/watch?v=6_dGmqtf0DE

 

Just gonna stand there and watch me burn

but that’s all right because I like the way it hurts

just gonna stand there and hear me cry

but that’s all right because I love the way you lie

(Rhianna&Eminem - Love the way you lie)

Devi solo stare li e guardarmi bruciare Ma va bene perché mi piace questo tipo di dolore

Devi solo stare li e sentirmi piangere Ma va bene perché amo il modo in cui menti

Poche settimane prima, Tony gli aveva chiesto se si rendeva conto dei rischi a cui andavano incontro. Bruce aveva risposto che i rischi sarebbero divenuti evidenti a tempo debito, come i nemici.

Purtroppo, si era sbagliato.

Rischi e nemici erano emersi ben prima del 'tempo debito'.

E Tony, sdraiato sul divano, ipotermico ma vivo, era il simbolo del primo pericolo scampato.

***

Obadiah non era alle StarksInd. C'era solo il suo pass, appoggiato diligentemente sul divanetto dell'ingresso. Chiunque fosse entrato, lo aveva fatto per il puro gusto di provocare.

Quando Happy aveva lanciato l'allarme, la corsa di Bruce e Pepper aveva subito un brusco arresto e, nel tempo che era servito a lei per far manovra con la macchina, Bruce era arrivato ai cancelli spalancati della Villa di Tony.

Nel cortile, aveva assestato il primo pugno.

Nel corridoio dell'ingresso aveva sottratto un fucile a pompa ad un malcapitato, smontandolo con un unico movimento e picchiando, senza mai smettere di correre verso il salone centrale.

In un battito di ciglia, aveva avuto l'impressione di essere nuovamente nella grotta sotto WayneManor, circondato dai pipistrelli.

Occhi chiusi, mani spalancate, immobile.

Immobile, in un frullare di ali furiose.

Immobile, senza che nessuno lo ferisse.

I mercenari, sette, otto, in tutto, gli opposero poca resistenza. Fuggivano, Bruce ebbe la certezza che non ci fosse motivo per restare, che l'obbiettivo per cui erano venuti fosse stato raggiunto.

Vide Obadiah, oltre la vetrata, in piedi su un elicottero. Dietro di lui, un uomo vestito di scuro che gli sembrò familiare.

Ma non c'era tempo per realizzare ciò che accadeva al di là del vetro.

Perché da questa parte, in quella stanza... Tony stava morendo.

***

“E' salvo solo perché la porta del laboratorio è rimasta aperta e sono potuto entrare” - spiegò sottovoce a Pepper, mentre si inginocchiava a fianco del divano - “Se è vivo è perché tu hai occhio per i prototipi da conservare...”

Pepper sorrise, di sollievo, un po' ridacchiando e un po' piangendo. Il reattore obsoleto, che Bruce aveva prelevato dalla teca, brillava nel petto di Tony come una lampadina in procinto di bruciarsi. Ma era, pur sempre, acceso.

Gli accarezzò i capelli. Com'era ridotto... Bruce lo aveva avvolto in qualche coperta e, quando finalmente Pepper era giunta, superando i posti di blocco della polizia e l'onnipresente Shield, gli stava già applicando gli elettrodi di una delle apparecchiature del laboratorio per verificare il battito. E non importava che fosse grigio in faccia, sdraiato in mezzo alla distruzione, con la porta di casa sfondata o che Obie fosse un fuga con un reattore di potenza nucleare... no, il suono ritmico del cuore di Tony Stark, attualmente, era l'unica cosa di cui importasse ad entrambi.

Stupido, irresponsabile, insopportabile e narcisista di un...

Pepper si impose di non ricominciare a piangere e tirò su con il naso.

“Sta bene?” - domandò, voltandosi verso Bruce, in piedi dietro di lei.

“Sta bene. Sbattuto ma sta bene.” - confermò Bruce - “Ha già ripreso conoscenza, non si faccia imbrogliare dall'aria malaticcia.”

Era tornato a rivolgersi a Pepper dandole del lei. Questo fece sorgere nella ragazza un dubbio tale da voltarsi a fissare il moribondo.

Tony la fissava, un occhio chiuso l'altro aperto.

“Signorina Potts...” - lo sentì sussurrare - “...ma lo sa che è stata il mio ultimo pensiero prima di morire?”

Pepper trattenne il fiato. Poi divenne rossa.

Infine comprese di non poterlo picchiare e si alzò, di scatto, aggiustandosi la gonna.

“Vado a prenderle un bicchier d'acqua!” - comunicò, seccata, come se fosse una cosa indispensabile.

“Lo gradirei proprio...” - rispose lui, sornione, prima di richiudere gli occhi - “Pepper...”

***

Dopo, molte cose erano cambiate. Tony non aveva impiegato molto a riprendersi, né, tantomeno, a costruire un nuovo reattore.

Era stata la stessa Pepper, tra vari gemiti, a inserirglielo nel petto, circa una settimana dopo.

Mani piccole, aveva tuonato Tony, dall'interfono. Servono mani piccole.

Bruce le aveva aperto la porta, con aria conciliante.

Sdraiato sul lettino e seccato per i contrattempi, Tony la attendeva.

“Mani piccole...”- scimmiottò Bruce, sottovoce, tenendole la porta aperta - “Servono mani piccole...”

Pepper aveva sorriso e si era fermata a fianco del capo. Le sue mani piccole erano intrecciate dietro la schiena, dandole l'incredibile aspetto di una scolaretta davanti al preside.

“Come posso aiutarla?” - chiese, fissandolo con aria innocente mentre Bruce, con analoga espressione e un calcio, spediva un pezzo della propria armatura a nascondersi sotto una delle macchine.

Tony le porse un reattore.

“Via il vecchio e avanti il nuovo. Non tocchi le pareti, per favore.”

Pepper sbarrò gli occhi. Poi si voltò verso Bruce.

“Mani grandi.” - disse lui, sventolandone una e tenendo il prototipo di un guanto con l'altra, per nasconderlo - “Le mani grandi non vanno bene.”

“Ma l'altra volta ci sei riuscito!”

“L'altra volta...” - puntualizzò Stark, sentendosi chiamato in causa - “Non ha dovuto sfilare nulla e ha fatto un lavoro d'emergenza per cui si meriterebbe un ceffone. Non è il caso che lo faccia di nuovo.”

“Sì, ma...”

“Signorina Potts...” - la interruppe lui, fissandola dritta negli occhi - “Ma ci tiene davvero così tanto a piangere al mio funerale?”

“Fatto.” - disse, qualche minuto dopo, saltando giù da lettino e porgendo un asciugamano alla donna, palesemente disgustata - “C'era tanto da discutere?”

“La prego, non me la faccia fare mai più.”

“Tranquilla, Pepper. Una volta lei, una volta Junior.” - Tony si rifilò un colpetto sul reattore, assicurandosi che fosse ben agganciato e in sede - “A partire da adesso, me ne occuperò soltanto io.”

Pepper non commentò. Si pulì le dita, meticolosamente, piegò la salvietta e non rispose alla battuta.

“Io penso che dovrebbe riguardarsi.” - disse, appoggiando l'asciugamano sul ripiano - “E aumentare la sicurezza.”

“Obie ha avuto quello che voleva. Non tornerà.” - replicò Tony, infilandosi una maglietta - “Noi, ora che ci siamo liberati di lui, andiamo avanti.”

“Tony... lui non è inoffensivo.”

“Ne sono perfettamente consapevole.” - si allacciava le scarpe, per niente preoccupato.

“Ha progetti, ha la tecnologia, non...”

“Non riuscirà a far funzionare quell'armatura.”

“Ne sei sicuro?” - chiese Bruce, rimasto fino a quel momento in disparte.

“Abbastanza.” - replicò Tony, infilandosi la giacca di pelle - “Andiamo, ho voglia di fare un giro in macchina.”

“Stia attento.” - mormorò Pepper.

Ma Tony non le rispose.

***

“E' preoccupata per te. E lo sono anche io.” - commentò Bruce, poco dopo, mentre sfrecciavano sulla litoranea - “E ha ragione, non ci stiamo muovendo abbastanza in fretta.”

Di tutta risposta, Tony accelerò ancora.

“Non intendevo questo.”

“So benissimo cosa intendi ma non posso accontentarti.” - replicò Tony, da dietro gli occhiali scuri - “Obadiah si è rubato ciò che voleva e ha un alleato che non sappiamo chi sia. I miei satelliti e il tuo Fox non riescono a rintracciarlo e, nel frattempo, a Gotham sta andando tutto a rotoli.”

Accelerò ancora.

“Finiremo con il perdere tutto se non agiamo e non possiamo andare più veloci. Possiamo solo concentrarci di più.”

“Cosa consigli?”

“Tralasciamo i particolari, andiamo dritti al sodo. Un'unica regola: Pepper resta fuori dai nostri affari. E tu, amico mio, se è questo che davvero vuoi, preparati al debutto. Si va in scena. Ora.”

***

Si va in scena... la prima volta che aveva indossato l'armatura e si era coperto il volto, Bruce aveva compreso di essere giunto al punto di non ritorno.

Non era la maschera, no: da molto tempo ne indossava una e, ogni giorno che passava, si riconosceva sempre meno nello specchio, nel viso magro e negli occhi assorti.

No, non era la maschera, bensì la solitudine che portava con sé. In ultimo, coprendosi il viso, Bruce accettava il proprio destino. Solo, nel buio. Pronto a svanire dentro il proprio simbolo, dentro l'idea che gli abitanti di Gotham si sarebbero fatti di lui.

In piedi, in alto, sopra i grattacieli, aveva detto addio al proprio modo di vedere le cose, agli ultimi desideri che ancora aveva, alle persone che, suo malgrado, amava. La maschera calava un muro definitivo tra lui ed il resto del mondo.

Se solo Rachel... se solo avesse potuto dirle...

Ma, se così fosse stato... Rachel sarebbe stata il primo fiore reciso.

Quella notte, la notte del debutto, Batman vegliò su Gotham in piedi, così in alto da essere invisibile, così lontano da essere inafferrabile. E nessuno si accorse che, sotto la maschera, il bambino che era stato e l'uomo che avrebbe voluto essere piangevano la propria sconfitta.

***

Il primo punto della lista di Batman era stato il commissario Gordon. Informazioni. Appoggio. Poi, la caccia a un poliziotto corrotto, a un carico di merce rubata e ad una manciata di piccoli mafiosi locali.

Quindi, si era saliti di livello. E, dal punto di vista di Tony, si era accentuato il mistero di dove e come Bruce avesse imparato a muoversi in quel modo. Quando si erano incontrati, in prigione, gli era sembrato approssimativo e dozzinale nel combattere. Picchiava e picchiava duro ma, al di là di una certa capacità di sorprendere, non gli era sembrato particolarmente interessante. Ora, invece, si stava rivelando quasi un acrobata: Bruce Wayne era in grado di muoversi come un'ombra anche in piena luce. E, con queste doti, delinquente dopo delinquente, Batman aveva messo le mani sull'impero di Falcone. Adesso, aveva l'attenzione dei salotti più ricercati, degli ambienti politici, di quelli malavitosi e del dipartimento di polizia al gran completo.

Infine, nel gioco, era entrato anche Harvey Dent con processi a ripetizione, quasi fosse una mitragliatrice sempre pronta a sparare. A quel punto, Bruce si era concesso una breve pausa dalle strade e, con un colpo di mano, aveva estromesso Earle, riabilitato Lucius Fox, invertito alcune tendenze del proprio impero e organizzato qualche festa eclettica a cui Rachel si era rifiutata di presenziare, nonostante i ripetuti inviti.

In contemporanea, Tony Stark aveva rialzato le sorti della StarkInd, assestato una spallata al campo scientifico mondiale, comprato una scuderia di rally e baciato Pepper Potts a tradimento.

E, di tanti eventi gestiti in quei sei mesi, questo era stato una vera e propria tempesta.

***

“Era ora.” - commentò Bruce, versandogli uno scotch - “E deve essere stato un gran bacio, se sei arrivato fin qui.”

In effetti, trovare Tony seduto sul gradino di WayneManor era stata una vera sorpresa.

“Abbiamo ospiti.” - aveva commentato, impassibile, Alfred, scendendo dalla berlina e aprendogli al portiera - “Ritiene che il signor Stark si tratterrà per cena?”

“Dalla faccia che ha, direi come minimo tutta la settimana.” - sospirò Bruce - “Alfred, per favore, avverti Lucius che tarderò al nostro appuntamento. Di almeno un decennio.”

Dopo, lo aveva condotto in biblioteca, seduto e alcolizzato.

“Pepper è una donna magnifica, non credo sia il momento per farsi prendere dai ripensamenti.”

“Sono d'accordo ma... Bruce, lei è Pepper! E io sono io!

“Penso di aver capito il messaggio.” - rispose Bruce, cercando di non ridere - “Ma, essendo tu 'proprio tu'... dovresti sapere che prima o poi doveva succedere.”

Tony parve riprendersi.

“Questa è una sciocchezza.”

“Tony, non esiste un party in cui tu non abbia mandato Happy in pista a dire al suo cavaliere di prendere le distanze.”

“E' una donna che merita rispetto.”

“Non c'è stata una riunione in cui non hai fatto alzare il tuo azionista di maggioranza per farla sedere...”

“Se continua a sbagliare posto e mettersi alla mia destra...”

“Ed è la persona con cui dividi tutta la vita da tutta la vita.”

La bocca di Tony si aprì. Poi si richiuse.

“E' la persona con cui divido tutta la mia vita.” - ripetè, con aria perplessa.

Bruce ne approfittò per sfilargli il bicchiere di mano.

“Vai a casa.” - ordinò, calmissimo.

E Tony si mise in piedi.

“Vado a casa.” - comunicò. Poi lo fissò, aggrottando la fronte - “Bruce, lei è davvero la persona con cui divido la mia vita. Perché non me ne sono mai accorto?”

“Bhe, sono cose che succedono quando si è presi da altro...” - spiegò quell'altro, a metà tra il divertito e il sarcastico - “Voi geni... con le vostre idee... le vostre carriere...”

“Deve essere così. Non c'è altra spiegazione.”

“Lo penso anche io. Vai a casa, Tony.”

Bruce lo accompagnò alla porta. E lo guardò partire, sollevando un'onda di ghiaia.

“Oserei dire che il signor Stark è rimasto meno del decennio previsto.” - commentò Alfred, raggiungendolo sulla soglia.

“Bhe, Alfred, ti dirò...” - Bruce si mise le mani in tasca con aria soddisfatta - “...credo che abbia appena scoperto con chi vuole passarlo.”

***

Al primo bacio era seguito il primo litigio. Poi la prima occasione per fare pace e poi un altro litigio e, così, il primo regalo. Poi la prima uscita ufficiale e l'inevitabile terzo litigio. Altro regalo, altro litigio.

Così, Tony aveva scoperto che serviva dialogare... e, dopo tante modelle con cui era uscito e che non parlavano la sua lingua, questa era una bella novità.

Poi, Pepper gli aveva svelato l'arcano: discutere con una donna, specialmente con lei, non significava sempre litigare. E, così, avevano accettato di essere perfetti uno per l'altro.

Infine erano passati al complotto. E, una sera, in occasione di un party, avevano invitato Rachel, per metterla in contatto con alcuni uomini interessati a finanziare Harvey Dent e la sua corsa contro il crimine.

Non essendo perfettamente sincronizzati, avevano dimenticato di dirlo a Bruce.

E Bruce, con il tempismo che faceva di lui un mostro, si era presentato con due modelle.

***

“Deja-vu.”- scandì, prosaico, Tony, appoggiandosi al banco del bar.

“Oh, santo cielo, ma non è possibile!” - esclamò Pepper. Tony piegò la testa, sorpreso, guardandole l'orlo del vestito.

“Hai appena pestato i piedi?” - chiese, interessato - “Non ho mai visto nessuno farlo...”

“Oh, Tony, fai qualcosa! Tu lo sai che è perfetta per lui!” - insistette lei, voltandosi. Non solo pestava i piedi, ma stringeva pure i pugni! E Tony pensò che nessuno fosse tanto adorabile, sotto una frangia di quella portata.

“Pepper, devi rassegnarti ai nostri limiti: tu sei brava a gestire multinazionali ed io sono un genio... noi siamo incapaci a costruire storie d'amore.”

“Ma la nostra funziona.”

“La nostra funziona perché tu sei brava a gestire multinazionali ed io sono un genio.”

“Confortante.” - sospirò lei, imbronciandosi appena - “Niente romanticismo?”

“Niente romanticismo.” - confermò lui, baciandola e prendendola per mano - “Avanti, vieni a ballare.”

“Ma Bruce...”

“Per tua fortuna, io ho Happy che pensa a noi e alla nostra sicurezza. Lascia fare a lui... è un vero romantico.

***

Happy si era portato via le modelle per un accurato controllo dei documenti. Bruce aveva tenuto alta la sua nomea di eclettico con un imbarazzante discorso sull'amore e, dopo, si era scelto la terrazza come rifugio.

Rachel, finiti i preliminari con i finanziatori di Dent, lo aveva raggiunto.

Tony, da sopra la spalla di Pepper, come suo solito, non si era perso un solo particolare.

Compreso il fatto che Bruce zoppicasse.

***

“Dovevi proprio dire ciò che hai detto?” - lo aggredì Rachel, saltando tutti i preamboli.

“Non ho detto cose stupide. Amore, giustizia... tutte cose in cui credo.”

“Tutte cose in cui non ti applichi.” - ritorse lei, decisa.

E, di tutta risposta, Bruce si voltò verso di lei. Rachel perse tutta la bellicosità in quel singolo scambio di occhiate. Bruce era incredibilmente scavato in viso, stanco. Gli occhi stavano di nuovo cambiando colore, da scuri a verdi, come gli succedeva da bambino, sotto certe luci, in certi giorni più tristi di altri.

“Non sapevo che ci saresti stata.” - rispose soltanto, come se questo spiegasse tutto.

“Perchè, la mia presenza cambia ciò che sei?”

“La tua presenza cambia tutto, Rachel. Da sempre.” - rispose lui, in un soffio e con una tale intensità da farla vacillare.

Dov'era finito il miliardario festaiolo ritornato dall'aldilà? Dove era l'uomo a capo di un impero industriale, tanto forte da non piegarsi innanzi a nulla? Da dove veniva quella forza oscura e incontrollabile?

Io non ti conosco, si rese conto Rachel. Non ti conosco per niente.

“Io... io intendo sposare Harvey.” - disse, tutto di un fiato, come per arginare l'avanzata di Bruce verso di lei.

Ma Bruce non si fermò. Non si fermò finché non fu certo di baciarla.

“Sposa Harvey, Rachel.” - sussurrò, ansimando appena nell'interrompere il bacio - “Ma smettila di volermi cambiare. Io non sono ciò che credi.

***

Aveva abbandonato la festa. All'alba, Gordon si era trovato sullo zerbino un contabile della mafia, legato come un salame e disposto a collaborare.

Tony, rientrando all'appartamento che avevano in città, dopo aver lasciato Pepper a chiacchierare con un'amica nella hall, aveva trovato Bruce seduto in sala, vestito da Batman ma a volto scoperto.

Non gli aveva detto nulla, per la mancanza di discrezione o per il rischio che correva. Si era servito da bere e aveva ingoiato una sorsata di 'intruglio' per le radiazioni. Poi si era seduto, in attesa.

“Sono stanco, Tony.” - poco più di un sussurro - “Sono stanco...”

In meno di un anno, Bruce, da solo, aveva fatto più che tutta Gotham in venti. Tony aveva visto le ferite sul suo corpo, lo aveva visto tornare a casa sanguinando, lo aveva afferrato al volo ben più di una volta, per evitare di vederlo sbattere anche la testa al suolo.

Lo aveva suturato, lo aveva trasportato quasi di peso fino al primo letto disponibile. Si era seduto al suo fianco, attendendo che si riprendesse. Gli aveva urlato contro, perché una cosa era superare i propri limiti e un'altra era morire.

Lo aveva comunque aiutato a rimettersi l'armatura.

L'aveva perfezionata, per saperlo al sicuro. L'aveva alleggerita, perché non avesse la pessima idea di farlo lui stesso, per essere più veloce.

Aveva disegnato e concepito nuovi oggetti. Armi, santo cielo, aveva dato a Bruce le armi che ormai non dava più al mondo.

Aveva portato la propria parte di peso, nel restare un passo indietro, nell'ombra ad attenderlo. Aveva accettato di non poter essere in prima linea senza rovinare tutto, perché altri non avessero la pessima idea di imitarlo.

Ma mai, mai lo aveva sentito lamentarsi. Bruce non aveva mai detto cosa provava, cosa sentiva quando indossava la maschera, quando la toglieva.

Bruce, che ora stava seduto in un salotto, a fissare le orbite vuote dell'altro se stesso.

Non era la stanchezza del corpo a schiacciarlo. Non era la stanchezza della mente.

Era il peso dell'anima.

Tony bevette ancora un sorso di robaccia e si alzò, slacciandosi il papillon.

“Avanti...” - sussurrò, piegandosi su di lui - “Leviamo questa roba di dosso...”

***

Quando Pepper rientrò, circa un'ora dopo, la corazza di Batman giaceva già nel doppio fondo dell'armadio. Seduto in poltrona, ancora vestito ma a piedi scalzi, c'era Tony che beveva scotch.

Quando Pepper fece il suo ingresso, Tony smise di sostenersi la tempia con un dito e le fece segno di restare in silenzio. Pepper, che sapeva quando discutere e quando non farlo, si avvicinò piano, quasi in punta di piedi.

Bruce, sdraiato sul divano, dormiva profondamente. Era stranamente indifeso, stretto in una maglietta bianca, un braccio ripiegato sotto la testa come un cuscino. Aveva i bicipiti coperti di lividi, tagli, contusioni... persino il segno di un dente. Tony sapeva che a Pepper non sarebbero sfuggiti e già si domandava cosa inventarsi, quando la donna aprì bocca.

“Hai nascosto la corazza in un posto sicuro?” - domandò, fissandolo - “Lasci sempre tutto in giro...”

Tony rimase a bocca aperta. E fu la volta di Pepper per portarsi alle labbra un dito e indicargli l'altro estremo del loft.

Si spostarono, insieme. Quando Pepper si fu seduta, Tony le sfilò le scarpe, tenendole il piede tra le mani.

“Da quanto lo sai...” - sussurrò sottovoce.

“Non ti interessa di più sapere come l'ho scoperto?” - sorrise lei - “L'ho capito il giorno in cui mi hai baciato. Eri così sconvolto che hai detto: 'vado da Batman' al posto che 'vado da Bruce'.”

“Ti prego, dimmi che non l'ho fatto davvero.”

“Non l'hai fatto davvero.” - ammise lei, aspettando di vedere l'angoscia fuggirgli dai lineamenti.

Tony la fissò, del tutto stranito, poi scoppiò a ridere, rischiando di soffocarsi nel tentativo di non far confusione. Pepper si piegò su di lui, baciandolo.

“Lo so dalla prima immagine di Batman finita sui giornali.” - disse, divenendo seria - “C'erano particolari che potevi aver ideato soltanto tu. E c'era un solo uomo di cui potevi fidarti.”

“Oh, andiamo, non sono così prevedibile...”

“No. Ma, nella mia vita, sei ciò che conosco meglio. Per questo ti amo.”

“Ti amo anche io.” - concesse lui, tornando a massaggiarle un piede. Pepper sospirò e si voltò, affacciandosi sopra lo schienale del divano su cui sedevano e posando la tempia contro il pugno.

“Lui sta bene?”

“E' un rottame. Zoppicava già alla festa, non te ne sei accorta?”

“Per questo si sorreggeva a due modelle?”

“Non essere cattiva. E' rimasto in piedi dopo il passaggio di Rachel, dovresti essere fiera... è un ometto coraggioso...”

“Adesso sei tu ad essere cattivo...”

“Lo so. Mi capita quando mi preoccupo.” - ammise lui, lasciando perdere l'opera gentile e lasciandosi cadere indietro, sul divano - “Se solo avesse qualcuno con cui dividere tutto questo...”

“Lui ha te...”

“Non intendo uno come me... ma una come te.”

“Oh.” - annuì Pepper, meditabonda, insinuando una mano sotto l'orlo del pantalone di Tony - “La signorina Dawes...”

“Non necessariamente lei. Una più... come te.”

“Lo prendo come un complimento ma... ma a Bruce serve Rachel.”

“Lo so...” - sospirò, strofinandosi gli occhi con una mano.

“Tony...”

“Mmm?”

“Hai mai pensato di realizzare per lui un'armatura come quella di Obadiah?”

Lo strofinio si interruppe. E Tony fissò il soffitto.

“L'ho pensato. Ma non per lui.” - rispose, nel buio - “L'ho pensata per me.”

Quando lo disse, seppe di aver violato l'unica regola che aveva imposto a Bruce.

***

La settimana dopo, Rachel e Harvey avevano annunciato il loro fidanzamento. E, da quel momento, mettersi in contatto con Bruce era divenuto impossibile. Come regalo, aveva fatto avere a Dent tutto ciò che gli serviva per incriminare il successore di Falcone e far saltare così tante teste da passare alla storia. Le minacce di morte nei confronti del procuratore si erano triplicate e, quasi in sordina, una carta da gioco era apparsa sul parabrezza della sua macchina.

Un joker. Nulla, in confronto alle lettere, ai pacchi bomba e ai tentativi di sparatoria in aula.

Solo Tony sembrò notarlo, nel verificare alcuni video con Lucius Fox.

Un piccolo insignificante Joker iniziava ad apparire su troppe scene del crimine. E, presto, avrebbe cambiato tutto il loro mondo.

***

La notte era finita. Bruce si sfilò la corazza con lentezza, cercando di ridurre al minimo l'attrito con la pelle. Era in un bagno di sudore.

“Una carta da gioco è un simbolo.” - commentò, rivolto a Tony, che sedeva alla postazione monitor - “E noi dovremmo...”

Barcollò, appoggiandosi ad un tavolo. Aveva la schiena piena di tagli.

“Dannazione, Bruce.” - scattò Tony, raggiungendolo e sedendolo a forza - “Ma cosa ti sei messo in testa!”

“Non sto facendo niente di diverso da...”

“Risparmiami le cazzate.” - tagliò corto Tony, valutando i danni. Cicatrici, era una ragnatela di cicatrici! - “Da quando Rachel e Dent...”

“Rachel non c'entra.” - replicò Bruce, alzandosi e allontanandosi.

“Rachel c'entra dalla prima volta in cui hai pensato di metterti la maschera, Bruce. C'entrava Rachel ogni volta che finivi in isolamento al campo prigionieri e ogni volta che ti mettevi nei guai per il gusto di farlo. Per un motivo che non conosco, Rachel è l'inizio e la fine di ogni tua scelta.”

“Perchè la amo, maledizione, la amo e la sto perdendo! Non ho mai fatto altro che deluderla, deluderla con ogni mia scelta.” - rispose Bruce, voltandosi di scatto.

Tony non fu altrettanto rapido. E Bruce si ritrovò seduto per terra, così tanto dolore nel corpo e nel petto da pensare di morire.

“La amo.” - ripetè. Alzò una mano, la lasciò ricadere - “Tutto inizia con Rachel e finisce con lei, tutto passa da Rachel perché non ho altro. E' tutta la vita che non ho altro.”

Tony respirò a fondo. E si avvicinò, posandogli una mano sulla testa. La fronte gli scottava.

“Non ho altro, Tony.” - ripetè Bruce, la tempia contro il ginocchio e gli occhi chiusi in un attimo di debolezza - “E non posso essere l'eroe che lei vuole... non posso essere ciò che non sono...”

***

Bruce non poteva essere ciò che non era. E non era ciò che Rachel credeva.

Se fossimo uomini di acciaio, ragionò Tony, scendendo dalla macchina e avviandosi verso la postazione computer.

Se fossimo fatti di acciaio... premette il pollice sul misuratore e guardò lampeggiare il numero percentuale del proprio avvelenamento. Poteva andare peggio, a conti fatti. Si sedette, bevette un sorso di robaccia e buttò giù due pastiglie per il mal di testa. Poi si piegò, aprendo l'ultimo cassetto della scrivania. Qualche foto, un biglietto scritto con il rossetto, un numero di telefono, qualche penna... eccoli.

Piegati in quattro, i disegni della prigionia. Tony li aprì e li lisciò. Poi li divise, stendendoli sul tavolo.

“Jarvis, scanner.” - sospirò. E osservò la luce azzurra percorrere le linee, immettendole nel computer - “Maledizione, Bruce, maledizione...”

Dopo la discussione, lo aveva portato a casa, augurandosi che avesse il buonsenso di andare a letto. L'espressione di Alfred nell'aprire loro la porta, sembrava una garanzia a riguardo.

Tony aveva un braccio di Bruce attorno alle spalle. Lo sorreggeva, camminando con calma, come se fossero entrambi troppo ubriachi per restare dritti.

“Alfred!” - lo aveva salutato, con un'allegria che non provava affatto, per rendere completo il travestimento. Poi era tornato serio, una volta chiusa la porta - “Alfred, credo che stasera la festa sia stata troppo estrema per il signor Wayne.”

“Credo anche io, signore.” - commentò il maggiordomo, guardandoli in maniera indecifrabile - “Se volete seguirmi...”

A differenza della sua villa, che si sviluppava pressochè interamente in orizzontale, WayneManor era un dedalo di scale e ascensori interni. Era possibile spostarsi da un punto all'altro senza percorrere due volte lo stesso percorso. Tony, in altri frangenti, l'aveva trovata tanto divertente da studiare con un certo interesse anche le planimetrie ma, quella sera, a sbuffare sotto il peso di Bruce, si era ritrovato a rimpiangere Jarvis che aveva un braccio meccanico perfetto per portare a letto gli ubriachi.

Lasciato Bruce nelle mani di Alfred, Tony aveva compreso di aver bisogno di cambiare aria.

Era a Gotham da troppi giorni ed aveva bisogno dei propri spazi, dei propri giocattoli e di riflettere.

Ora, seduto alla propria scrivania, cominciava a sentirsi meglio, meno coinvolto, meno pressato.

Se solo fossimo fatti di acciaio...

I progetti sfilavano sui monitor, divenendo tridimensionali. Non quelli dozzinali di Obie, bensì gli originali, quelli della prigionia, senza eccessi. Da quanto tempo non li guardava? Occhio e croce un'eternità.

Perché gli sembrava un'eternità il tempo occorso a cambiare la propria vita: le StarkIndustries, ora all'avanguardia per le energie rinnovabili e la scienza, se stesso, Pepper... persino Bruce era stato per lui un progetto di vita.

Ma ora... ora Tony sentiva di nuovo premere qualcosa nel petto, vicino al reattore: era il desiderio di unicità, l'egoistico desiderio di avere qualcosa da non dividere, del tutto per se stesso.

Qualcosa in cui credere veramente. Qualcosa di grande.

Qualcosa prima di morire. E, quel qualcosa, sarebbe stato come acciaio. E come fuoco.

***

La sera in cui Rachel ruppe il fidanzamento, fu la stessa in cui il Joker fece la sua comparsa, dichiarando guerra a Gotham e al mondo intero.

La sera in cui tutto questo accadde, le stelle erano così splendenti e il cielo così nero che Batman, in piedi su un cornicione, tardò a rientrare, per il puro piacere di guardare la città e lo spettacolo che le si srotolava sopra. Le stelle sembravano cadere. La notte non era mai stata tanto buia e tanto luminosa allo stesso tempo.

La sera in cui Rachel ruppe il fidanzamento, fuggendo da Harvey, fu la sera in cui Joker incontrò un nuovo alleato. E fu la sera in cui, osservando quel cielo fatto di luce, Batman comprese che la tempesta era in arrivo, che si sarebbe abbattuta irrimediabilmente su tutti loro.

La sera in cui Rachel ruppe il fidanzamento, era il compleanno di Bruce. E Batman pensò che, da quella distanza, WayneManor, illuminata a festa, sembrava un fuoco fatuo.

***

A Malibu pioveva. Pepper era a NewYork per lavoro e Tony era di pessimo umore. Sarebbe dovuto andare a Gotham già nel pomeriggio e, invece, distratto dai giocattoli che costruiva nello scantinato e da qualche incombenza da miliardario, aveva fatto tardi. L'intervista esclusiva, come ogni mese, era stata una noia mortale: la giornalista bionda (che Tony non ricordava di essersi scopato ma che gli era tanto ostile da fargli venire il dubbio di averlo fatto) aveva posto domande polemiche come una macchinetta e non aveva capito metà delle sue battute. Pazienza, si era consolato Tony, abbandonandola nel locale affollato in cui le aveva dato appuntamento, Pepper sistemerà tutto lunedì.

Adesso, ad essere onesto, gli sarebbe piaciuto solo fare una doccia e andare a dormire. Al solo pensiero di affrontare quel cielo plumbeo... che tristezza...

“A Gotham il temporale non è ancora giunto, signore.” - lo confortò la voce metallica del suo maggiordomo, mentre si trascinava verso la camera da letto - “Dicono che sarà una splendida serata e che le precipitazione cominceranno solo a notte fonda...”

“Da quando ti occupi anche di previsioni meteo, Jarvis?” - domandò Tony, rovistando nell'armadio a caccia di un completo da portarsi dietro.

“Da sempre, signore. Mi sono permesso di aprire l'appartamento di Gotham, signore. Tutto risulta in perfetto funzionamento.”

“Grazie, ma non credo che mi servirà. Rientrerò stanotte.”

“Come vuole, signore.”

“Il regalo?”

“Recapitato come richiesto, signore.”

“Puntuale almeno quello.” - commento Tony, scegliendosi la cravatta - “Ah, Jarvis... se torna la signorina Potts... le dica di aspettarmi alzata.

***

Rientrare a WayneManor con tutta quella confusione poteva rivelarsi pericoloso: Bruce aveva scelto di fermarsi alla Tower e usufruire delle gallerie inferiori e dell'appartamento privato all'attico. Nell'ingresso, aveva trovato una scatola quadrata, nera, con un biglietto.

Il biglietto recitava, in bella calligrafia: “Indovina, indovinello...”

“Chi ha paura del pipistrello?” - sorrise, cantilenando sottovoce.

Non era firmato. Ma non aveva importanza.

Dentro alla scatola c'era un bracciale in titanio, magnificamente lavorato. Bruce, lo sfilò dal cuscino in velluto e lo sollevò. A contatto con le sue impronte digitali, il metallo emise una lieve vibrazione e, in traslucido, seguendo le linee dell'intaglio, apparve un pipistrello.

“Tony...” - sorrise Bruce, sollevandolo fino al viso.

Indovina, indovinello...

I dati si accavallavano, dando dimostrazione delle potenzialità di quel gioiello: foto, microfono, video, le sue funzioni vitali... aveva l'esuberanza del signor Stark nello svelarsi.

Sotto il cuscino, nella scatola, c'era un secondo biglietto.

“Per combattere insieme, anche quando sei solo. T.”

Lo ripiegò, infilandolo in tasca e, percorrendo il corridoio, in direzione del salone, fino ad arrivare sulla soglia.

Lì, la vide. Lì, lo attendeva Rachel.

Si era presentata alla porta un paio di ore prima e Alfred l'aveva fatta accomodare. Si erano scambiati due parole e il vecchio maggiordomo, dopo poco, l'aveva lasciata sola, rispettando i suoi occhi gonfi e l'espressione tirata.

Bruce si fermò. Poi, semplicemente andò da lei.

Si era avvicinato, come quella sera. E Rachel aveva piegato la testa, guardandolo negli occhi.

“Tu non sei Harvey...” - aveva sussurrato - “Ma Harvey non è te.”

Era stato allora che Bruce le aveva accarezzato il viso, un gesto semplice, quasi senza valore.

Un tocco leggero, un preludio lieve al bacio che si erano concessi.

Un contatto impalpabile, come un ricordo.

***

WayneManor, quella notte, sembrava una risposta alle stelle che splendevano sui suoi tetti. Il prato era stato disseminato di torce e il viale illuminato fino al portone, perennemente spalancato. Una folla magnificamente vestita si affollava sui prati e sulle terrazze, con il classico brusio che si accompagna a certe feste.

L'aria era fresca, preludio di un temporale che avrebbe tardato a giungere. Bruce, arrivando all'ingresso principale con la propria macchina, era stato accolto da un applauso.

Aveva sorriso, stretto mani, detto un breve discorso per augurare a tutti il meglio dall'esistenza e poi, in un attimo di solitudine nella folla, aveva alzato gli occhi al castello.

Alla base dell'antica scala, aveva contemplato quel blocco di pietra e mattoni che era la propria eredità. Una casa che vorrei demolire, aveva detto, tanto tempo prima, suscitando le ire di Alfred. Mattone per mattone, fino a vederla svanire dalla faccia della terra, con i suoi incubi e i suoi ricordi scomodi.

Le pietre sono fredde, senza gli uomini a renderle vive. Le pietre rendono i ricordi un'ombra nella notte.

Eppure, quella sera, immersa nella luce, Bruce ne riconobbe la superba bellezza. Una costruzione fatta dei sogni dell'uomo e delle sue speranze.

Nata per non dimenticare e per tornare ad essere viva, generazione dopo generazione.

Quella sera, a naso in su, Bruce rivide se stesso correre su dai quei gradini, con Rachel per mano.

L'avevano percorsa salendo sotto la pioggia, a quattordici anni. E lui, in cima, all'ombra del castello, l'aveva baciata. L'aveva baciata e aveva capito che, da quel momento in avanti, non avrebbe mai potuto smettere.

Ma niente era andato come volevano.

Niente.

Fino a ora. Ora sarebbe stato tutto diverso.

E, con quella strana promessa in cuore, Bruce salì la gradinata in pietra, passo dopo passo.

In scena. In scena per un'ultima volta.

***

Stava già comportandosi da buffone quando una voce dal lieve accento straniero lo chiamò, obbligandolo a voltarsi. Quando si trovò di fronte allo sconosciuto austero ed elegante, la voce petulante della donna che desiderava presentarli divenne ovattata e lontana.

Ducard gli tese la mano, perfettamente calato nella propria parte. E Bruce pensò soltanto a come avesse potuto non riconoscerlo, sull'elicottero, alle spalle di Obadiah, quel giorno.

“Ci sei tu, dietro a tutto questo...” - sussurrò soltanto, a denti stretti, fissandolo dritto negli occhi.

“No, Bruce...” - sorrise Ducard, ricambiando con un sorriso - “Ci sei sempre stato tu, dietro tutto questo...”

***

Sette anni prima, fuggire da Gotham era significato fuggire da se stesso. E fuggire lontano, senza sapere dove andare o chi voler divenire, aveva significato incontrare e scontrarsi con sconosciuti di ogni genere.

Bruce sapeva di aver combattuto, ricordava di aver difeso con i denti la propria identità e i pochi averi che gli restavano. Poi, un giorno, nell'ennesima prigione in cui era stato buttato, aveva incontrato Ducard. Ed il mondo era sembrato, per un lungo istante, meno buio.

Signor Wayne...”

Come sa il mio nome?”

Il mondo è troppo piccolo perché uno come Bruce Wayne possa sparire, per quanto in basso decida di scendere.”

Lei chi è?”

Io mi chiamo Ducard, e sono qui per offrirti una via.”

Chi le dice che ne cerchi una.”

Uno come te è qui solo per scelta.”

Per la prima volta da molto tempo, sporco, lacero e incerto sul proprio destino, Bruce aveva confuso la lusinga con il rispetto. E la rete di Ducard aveva cominciato a stringersi su di lui.

E quale sarebbe la via che mi può offrire?”

La via di un uomo che condivide il tuo odio per il male e che desidera servire la vera giustizia: la via della Setta delle Ombre.”

I suoi insegnamenti si erano rivelati preziosi. Ducard aveva fornito a Bruce i mezzi per combattere le ingiustizie e gli aveva insegnato che, per instillare la paura negli altri, avrebbe dovuto prima imparare a dominare la propria.

Bruce si era rivelato un alunno attento e scrupoloso. Il migliore, forse.

Il migliore... ma anche colui che aveva scelto di fermarsi un attimo prima del baratro.

Ti abbiamo liberato dalle tue paure. E puoi diventare un membro della Setta delle Ombre. Prima però devi manifestare la tua sottomissione alla giustizia.”

Ma Rachel era stata più forte di ogni promessa di vendetta.

No. Io non sono un carnefice.” - aveva risposto, arretrando di un passo davanti a ciò che gli veniva richiesto e ripensando a lei, lei che lo disprezzava e lo rinnegava come se non fosse mai esistito.

Non c'è nulla, al mondo, si era detto, che valga come l'amore di Rachel.

La tua compassione è una debolezza che i tuoi nemici non ricambieranno.”

È per questa ragione che è importante. Perché ci distinguerà sempre da loro.”

La compassione. Quel giorno, Bruce aveva ceduto alla compassione, spartiacque tra vendetta e giustizia. Quel giorno, Bruce aveva messo in equilibrio la bilancia del proprio destino. Ed anche se aveva impiegato tanto tempo per tornare a casa, se erano servite altre prigioni e altra violenza a placarlo almeno in parte, ora Bruce era consapevole del proprio posto e ben deciso a difenderlo.

Per giustizia.

E per amore.

Lui e Ducard si fissarono, occhi negli occhi. Poi l'uomo sorrise ancora.

“Prego, Bruce...” - mormorò, lasciandogli andare la mano e indicando il lungo corridoio alle loro spalle - “Vorrei vedere la casa in cui affondano le tue radici. Parliamo.”

Non era cambiato, nel portamento e nel modo di esprimersi. Istintivamente, nello stargli a fianco, Bruce tornò alla postura insegnatagli durante l'allenamento. Una mano dietro la schiena, per attaccare, l'altra lungo il fianco, per difendersi.

Ducard sembrò notare e approvare.

“Mi complimento con te...” - disse, osservando i grandi quadri lungo le pareti - “Non è da tutti tramutarsi in qualcosa di più di un semplice uomo, e consacrarsi ad un ideale... divenire un simbolo.”

Bruce non rispose. E Ducard parve intuire i suoi pensieri.

“Stai tranquillo...” - sospirò - “Non lo sa nessuno... nemmeno lui...”

“Lui?”

“Si fa chiamare il Joker.” - Ducard gli mostrò una carta da gioco - “Un uomo interessante che ha saputo attirare la mia attenzione. Sarà qui a breve... deve parlare con una persona...”

“Un folle.” - replicò Bruce, stringendo i denti. Aveva visto alcune sue scene del crimine e aveva visto le minacce fatte a Dent. Il Joker stava scalando le vette della malavita organizzata e ancora non c'era stato modo di prevedere dove avrebbe colpito.

Se davvero, alle spalle del Joker, ci fosse stata la Setta delle Ombre...

La teatralità e l'inganno sono strumenti potenti. Devi diventare più che un uomo agli occhi del tuo avversario. L'addestramento è niente, la volontà è tutto.” - stava dicendo Ducard - “Ricordi, Bruce? Non mi stancavo mai di ripetertelo...”

“Hai ripetuto molte frasi che non hanno significato...”

“Bugiardo... la menzogna è l'arte dei deboli. Io non la uso mai. Io dico sempre solo al verità.”

Hai girato il mondo per capire la mentalità criminale e vincere le tue paure. Ma un criminale non è complicato. E quello che veramente temi è dentro di te. Tu temi il tuo stesso potere, la tua collera, l'impulso di fare cose grandi o terribili. Sei pronto? Respira le tue angosce. Affrontale. Per vincere la paura devi diventare paura. E gli uomini temono soprattutto quello che non vedono. Devi diventare un pensiero orribile. Senti come il terrore annebbia i tuoi sensi. Apprezza il suo potere di distorcere e di tenere a freno. E convinciti che questo potere può essere tuo. Diventa una cosa sola con l'oscurità. Concentrati! Domina i sensi. Non devi lasciare in giro alcun segno.”

“Devi a me ciò che sei, e ne sei consapevole. E, ora, dimmi: ti senti ancora responsabile della morte di tuo padre?”

“La mia rabbia supera il rimorso.”

“E solo la vendetta potrebbe darti pace.” - Ducard si fermò, ostacolandolo, il bastone stretto tra le mani - “Sei ancora in tempo, Bruce... abbraccia la nostra causa.”

“Mi dispiace... mai.” - rispose Bruce, fissandolo dritto negli occhi.

“Allora, mio caro ragazzo... - replicò l'uomo abbassando la voce - “Sappi che dispiace anche a me.”

Il bastone che stringeva tra le mani produsse un leggero scatto.

E, prima di rendersene conto, Bruce sentì la spada penetrargli nel fianco. E il cielo cadere su di loro.

***

Rachel si era vestita con cura. Si era annodata i capelli e, quando il fotografo, nell'ingresso di WayneManor, le aveva chiesto di mettersi in posa, lo aveva fatto con naturalezza.

Aveva sorriso, lasciandosi immortalare per sempre. E poi, tra le luci dei lampadari, aveva varcato le soglie di quella casa enorme che, da bambina, era stato il suo paese incantato.

Aveva salito gli scaloni, ripensando a quando ne discendeva le balaustre con un'unica scivolata. Aveva salutato alcuni con un cenno, la regalità di una principessa alla propria corte. Si era abbandonata a quel senso di egoistico possesso che le trasmettevano quella mura prive di segreti.

WayneManor le stava dando il benvenuto. E Rachel sentiva di essere tornata a casa.

Aveva detto a Bruce che non sarebbe andata con lui, che lo avrebbe atteso a Gotham. Ma se ne era pentita nell'istante stesso in cui le porte dell'ascensore si erano chiuse. Dopo le loro parole, dopo quelle brevi frasi... no, il suo posto non era a Gotham, lontana.

E tornare a WayneManor... tornarci assieme... guardare i fuochi d'artificio dalla porta di casa e baciarsi, baciarsi all'ombra delle pietre... tornare indietro nel tempo e non essersi mai lasciati...

Alfred le aveva procurato un vestito e alcuni accessori. Aveva scelto un abito blu, lungo, che la faceva sembrare un fiore, con buongusto e affetto così come, da bambina, le portava i trucchi, tornando alle commissioni per i signori Wayne.

Lucidalabbra alla fragola, ombretti invisibili... Rachel aveva l'impressione di ricevere il mondo.

E c'era Bruce, capace di guardarla sempre con adorazione. Bruce, che la sera non riusciva a levarsi il profumo appiccicoso di fragola dalle guance.

Di nuovo a casa, insieme. Rachel sentiva il cuore batterle più forte, percorrendo il lungo corridoio.

Ma nel salone stava succedendo qualcosa. E, mentre ancora cercava di capire, di realizzare le urla, le fiamme e gli uomini armati, si sentì afferrare per un braccio e spingere innanzi ad un uomo.

Un uomo con la faccia grottescamente dipinta di bianco.

“La futura signora Dent....” - rideva e si passava la lingua sulle labbra - “Cercavo proprio lei...”

***

Tony era per strada, quando il telefono cominciò a squillare.

“Pepper, amore!” - esclamò, aprendo la comunicazione “Se sei a casa, mettiti un vestito sexy e ordina ad Happy di portarti da me sulle ali del vento... o con la Ferrari, se preferisce. “Tony? Tony, mi senti?” - la voce della donna era stridula, la linea disturbata. Paura. Pepper aveva paura.

Tony spense la musica e accostò.

“Pepper, cosa succede!”

“La casa di Bruce sta andando a fuoco. Tu... tu dove sei?” - Pepper ansimava, come se stesse correndo - “E' su tutti i notiziari...”

Tony non se lo fece ripetere due volte. E, sullo schermo della macchina, apparve il rogo. WayneManor era in fiamme.

“Non sono là, Pepper, stai tranquilla. Non ancora.” - disse, rimettendo in moto, gli occhi fissi alla distruzione in diretta - “Cerca Alfred, scopri se è al sicuro. E comincia a cercare Bruce.”

“Tony...” - il tono di Pepper, ora, era sommesso. Qualcuno gli aveva parlato con lo stesso timbro, il giorno in cui erano morti i suoi genitori e Tony sentì che, se avesse insistito a cercare di farlo ragionare, si sarebbe messo ad urlare.

“Cerca Alfred e, per la miseria, trova Bruce!”

***

Odore di fumo e di benzina. Risate e urla.

Bruce non riusciva a muoversi, qualcosa gli premeva sul petto, schiacciandolo. Si sentiva anestetizzato, pesante. Ma qualcuno urlava.

Urlavano in molti.

Doveva fare qualcosa. Provò a raddrizzarsi,inutilmente.

Fuoco.

La casa andava a fuoco.

“Alfred...” - chiamò. Ma Alfred era in città, alla WayneTower, dove si erano salutati.

Era alla WayneTower, dove aveva lasciato Rachel con la promessa di tornare presto.

Devo tornare da Rachel...

Urla. Le urla erano sempre più fievoli.

Qualcuno si stava salvando?

Sentì chiamare il proprio nome e capì a malapena di non aver risposto.

Il suo nome, ancora. Alzò un braccio, sperando bastasse.

E qualcuno gli afferrò la mano. Una stretta calda, forte.

“Papà?” - si chiese, cercando di voltare la testa. La pressione sul suo corpo stava divenendo dolorosa, spostandosi.

Non represse un gemito.

“Bruce, guardami.” - disse la voce. Poi una mano lo afferrò per i capelli, tirando, obbligandolo a spalancare gli occhi. E Tony scandì di nuovo il comando - “Ho detto guardami.”

“Aiutami.” - aggiunse, quando fu certo che lo avesse riconosciuto. Afferrò la trave, tirandola verso di sé. Bruce spinse, come poteva, e il peso sembrò ridursi, fino a svanire.

“Andiamo.” - disse Tony, tirandolo per le braccia e mettendolo in piedi con la sola forza di volontà. Ormai l'incendio si stava impossessando di tutto, distruggeva ogni colore e cancellava ogni ricordo. Gli ospiti erano fuggiti. Alcuni, rimasti a terra, erano stato calpestati, già dimenticati da una folla che, l'indomani, avrebbe rammentato con vergogna e rimorso le proprie azioni.

Vestiti eleganti e non più tanto spensierati, avevano divelto le ampie vetrate del salone, aperto varchi di fuga. Tony, arrancando sotto il peso di un Bruce sempre più debole, aveva cercato disperatamente un modo per raggiungere il salone principale e, da lì, una delle finestre.

Ma era inutile. Il salone era ormai un letto di fiamme.

E, al centro di quel letto... lei.

Tony la riconobbe all'istante.

Un fiotto acido gli salì dritto alle labbra e solo con uno sforzo titanico impedì al suo stomaco di ribellarsi.

Rachel era avvolta dalle fiamme. E, in mano, qualcuno le aveva posto una spada e una bilancia.

“No.” - gli sfuggì dalle labbra, con orrore crescente - “Ti prego, no...”

Rachel, sentì sussurrare, contro la sua spalla. E, di colpo, Bruce parve rianimarsi.

***

Fu allora che Tony comprese: comprese il passato ed il futuro scorrevano in quell'attimo, che tutto il vissuto li aveva condotti a quell'istante perché dal fuoco si forgiasse davvero il loro destino.

Era finito il tempo dei giochi e delle speranza. Era finito il tempo delle incertezze.

Era in quel momento che la leggenda faceva degli uomini i simboli di acciaio che erano destinati a divenire. In quell'attimo, in quel singolo attimo, Tony comprese di essere la linea di demarcazione tra la vita e la morte di Bruce. E di Batman.

Gotham non si meritava Batman, né il perdono. Gotham era una tomba per coloro che credevano nella giustizia. Eppure, dalle ceneri, dalle ceneri del passato, poteva risorgere il guerriero oscuro di cui essa aveva bisogno.

E, perché questo potesse accadere... Bruce doveva vivere. Anche se non era ciò che voleva.

Per questo lo strinse, impedendogli di gettarsi tra le fiamme. Lo strinse forte e arretrò, in direzione di uno dei vecchi montacarichi, sordo alle sue urla e alla forza residua con cui cercava di ribellarsi.

Forgiati dal fuoco, come metalli. Arsi, dal rubino e dall'oro delle fiamme.

Vivi nella morte.

Vivi e con un destino.

Entrambi.

C'era un uomo alle spalle di Rachel, un uomo con il volto dipinto, a malapena visibile dietro al spessa cortina di fumo.

Quell'uomo rideva. E la risata era l'eco delle urla disperate di Bruce.

Ormai WayneManor crollava, implodendo su se stessa. Quando Tony riuscì a sganciare il fermo, obbligando il montacarichi ad una discesa troppo veloce, il fuoco passò su di loro, come un'onda. Qualcuno, un'ombra, lo strinse forte, proteggendolo con il proprio corpo. Bruce chiuse gli occhi, sentendo il caldo violentargli i polmoni.

E capì di averla persa, di sentirla morire, senza un suono, sopra le loro teste.

Rachel, che gli aveva sorriso tra le fiamme.

Rachel, che gli aveva sorriso tra le lacrime.

Si guardò la mano destra e cercò disperatamente di ricordare la sensazione che gli aveva dato la sua pelle, in quella breve carezza. Nulla. Rachel era cenere anche nella sua mente.

Cenere. E, mentre Tony si chinava, premendo sulla ferita, Bruce scoppiò a piangere.

Pianse, mentre il mondo collassava definitivamente su di loro.

Pianse, con l'angosciante consapevolezza di essere ancora vivo.

Poi, misericordioso, giunse l'oblio.

On the first page of our story

the future seemed so bright

then this thing turned out so evil

I don’t know why I’m still surprised

even angels have their wicked schemes

and you take that to new extremes

but you’ll always be my hero

even though you’ve lost your mind

(Rhianna&Eminem - Love the way you lie)

Sulla prima pagina della nostra storia Il futuro sembrava così splendente

Poi questa cosa si è rivelata essere un male Non so perché sono ancora sorpresa

Persino gli angeli hanno i loro schemi malvagi E tu li porti a nuovi estremi

Ma sarai sempre il mio eroe Anche se hai perso la testa

(30 giugno 2013)

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Capitolo 4
*** 1.4 Broken ***


EPISODIO 4/13 - (spoiler alla lettura)

http://www.youtube.com/watch?v=Xg4mrtX7jKI&feature=c4-overview-vl&list=PLB1F21203D1E4126E

_____________

1.4 Broken

And if you ever find the time,

you know I'm not far behind.

And if you ever need someone,

I'll still be waiting...

Just waiting, for a friend.

(The Devlins, Waiting)

E se mai troverai il tempo, tu sai che non sono molto indietro.

E se mai avrai bisogno di qualcuno, Io sarò ancora in attesa … Sto solo aspettando, per un amico.

Tony le aveva spiegato come arrivare all'ingresso secondario della WayneTower. E, via computer, le aveva fornito le credenziali per aprire i cancelli.

Nessuno le era andato incontro. Da sola, Pepper aveva percorso con angoscia crescente il lungo corridoio da obitorio nelle profondità della terra e, quando aveva visto una porta aprirsi, in fondo, il cuore le era sembrato impazzire nel petto.

Un uomo di colore dall'aria mite le era venuto incontro, rassicurandola con i gesti e le parole.

Sono Lucius Fox, signorina Potts. La prego, mi segua.”

Con la valigetta che Tony le aveva chiesto stretta al petto, Pepper si era fidata del nome e del modo in cui l'aveva accolta. Non aveva nient'altro e non poteva fare altro.

Sopra di loro, Gotham era impregnata dall'odore acre dell'incendio di WayneManor. La villa continuava a bruciare e il temporale che tutti loro aveva sperato tardasse, ora sembrava un atto di misericordia mancato.

Pepper avrebbe voluto chiedere di Bruce, ma non osava. Cosa sapeva Lucius? Quanto Tony? Quanto Alfred? Nulla?

Non poteva rischiare di lasciarsi sfuggire parole che non doveva dire e metterli in pericolo.

Tony! Era davvero lì Tony? Questo, pensò, posso chiederlo. Muoio, se non lo chiedo.

Ma, in quel momento, Lucius aveva aperto una porta color acciaio. E Pepper, con sollievo, aveva visto Tony semisdraiato in una poltrona, le gambe allungate e l'espressione assorta.

Vivo.

Incolume.

Ma disperato.

***

Una volta aveva detto di non conoscere nulla quanto Tony, nella sua vita. Ora, accostandosi, si domandò se davvero fosse così.

Lo sguardo di Tony era terribile. L'uomo senza paura, dalla battuta sempre pronta, sembrò non accorgersi immediatamente di lei. Pepper gli posò la mano su una delle sue e attese, pazientemente.

Non voleva voltarsi.

Non voleva voltarsi e vedere Bruce.

All'altro lato del letto, sedeva Alfred. Pepper lo aveva notato a malapena, entrando, ma sapeva che l'anziano maggiordomo teneva tra le proprie una mano di Bruce. E stava piangendo. Lo capiva dal suo respiro pesante.

Andiamo.” - disse Tony, all'improvviso, alzandosi.

La condusse fuori, senza voltarsi indietro, prendendole la valigetta dalle mani.

Fuori, in un ampio spazio, non dissimile al laboratorio della StarkHouse, Tony aprì la valigetta.

Diede a Lucius alcuni medicinali prelevati dalla sezione ricerca e sviluppo delle StarkInd quella stessa notte e tenne per sé le memorie esterne. In perfetto silenzio, come se nulla fosse, afferrò alcune matasse di cavi in fibra e prese a srotolarli.

Erano rimasti soli.

Tony...” - mormorò Pepper, decidendosi a rompere il silenzio.

Probabilmente non passerà la notte.” - rispose l'uomo con tono piatto - “E ora non ho tempo di parlare di ciò che provo.”

Pepper non insistette. Tese solo una mano, afferrando una bobina.

Questo va collegato al generatore?” - chiese, indicando una struttura a parete non troppo distante.

Si, grazie. Usa gli ingressi bassi. Sono i più potenti.”

***

Lavorarono un'ora, in silenzio. Tony collegò cavi, tirò fuori dal magazzino schermi, aggiunse periferiche e, infine, potenziò il sistema con i programmi che Pepper gli aveva portato. In breve tempo, fece della postazione di Lucius un computer centrale di inaudita potenza, integrato con il proprio, a Malibu.

Dopo, iniziò la violazione sistematica di ogni rete protetta.

Se vai di là...” - disse, indicando la porta dell'infermeria in cui giaceva Bruce - “Io potrò dire che non sei mai stata qui.”

Se vado di là, non me lo perdonerò mai.” - rispose lei, cercando una sedia da trascinare vicino alla sua - “Da cosa vuoi iniziare?”

Dipartimento della difesa. Sistema aereo, guardia costiera, sistema bancario di Gotham e dintorni...”

Ad ogni richiesta, un monitor si illuminava e i dati sensibili si mettevano a scorrere. Un numero incalcolabile di informazioni era innanzi a loro, pronto a raccontare una storia, se solo avessero saputo leggerla. Tony muoveva le mani come suo solito, dandosi un ritmo, con un leggero schioccare di dita. Era un suo gesto tipico, quando rifletteva, riordinava le informazioni... Pepper lo trovò incredibilmente rassicurante.

Quando giunse alle ultime due chiavi di ricerca, tuttavia, ebbe l'impressione che Tony esitasse.

WayneManor, circuito interno, esterno e informazioni.” - disse, riservando al disastro ben più di uno schermo. E, in ultimo, abbassando gli occhi al tablet collegato e posato sulla scrivania - “Segni vitali di Bruce... per favore.

***

Lavorarono tutta la notte.

Per un poco si trattò di numeri, di stringhe che Pepper riusciva a leggere a malapena, vista la velocità con cui scorrevano. Tony, sfruttando il sistema in ogni sua forma, decodificava, separava il grano dal loglio e accatastava informazioni, conti bancari, prenotazioni aeree, disordini sospetti.

Fatto questo, inseriva ricerche automatiche sul materiale racimolato. Jarvis, in connessione diretta, ampliava lo spettro al resto del mondo incrociando nomi, firme, date.

Pepper, certa di non poterlo aiutare, si era dedicata agli schermi riservati a WayneManor e alla sua distruzione. I dati delle telecamere erano sui server posizionati sotto la villa ed erano andati in blocco con il taglio necessario della corrente effettuato dai pompieri.

Tony, che ne aveva supervisionato l'installazione, era certo che sarebbero ripartiti a breve. Per tanto, in attesa, Pepper aveva spulciato tutti i siti di cronache, le testate giornalistiche e i portali su cui si sarebbe potuto rivendicare, per orgoglio terroristico, un attacco simile.

Parte della buona società di Gotham era stata falciata a colpi di mitra. Non era opera di un singolo. E, mentre la lista dei feriti si allungava, fornita dagli ospedali, già si lavorava fra le macerie, sotto il diluvio finalmente giunto, per recuperare i corpi.

Bruce risultava tra i dispersi. E il sensazionalismo della faccenda si legava già ai primi avvoltoi intervistati. Poi, erano apparse le foto: il fotografo ufficiale che sostava nell'ingresso non era un cronista d'assalto e, alle prime avvisaglie di pericolo, era scappato. Ora, a quanto sembrava, vendeva a caro prezzo le foto per le identificazioni e già parlava di un libro sul disastro.

A due ore dall'incendio, le case editrici già fremevano. In capo a tre giorni, i libri sarebbero stati nelle librerie. Pepper aveva la nausea, ma non commentava.

Schiena a schiena con Tony, percepiva nel suo silenzio lo stesso freddo disgusto.

Tra di loro, tra le tastiere, il tablet mandava un impulso fievole, un tracciato timido ma regolare.

E, se si fossero parlati, avrebbero coperto quel suono di speranza.

***

All'alba, mentre qualche tassello iniziava ad andare al proprio posto e Tony avrebbe voluto accelerare, il sistema di raffreddamento si era acceso sul rosso.

Tony non ne era stato contento ma, con razionalità, si era rassegnato alla necessità di non fondere l'impianto e di dover mettere a regime minimo l'attrezzatura per almeno un'ora. Si era lasciato andare contro lo schienale della sedia e Pepper, frugando nella borsetta, gli aveva offerto una gommosa alla frutta.

Non ho altro.” - comunicò, porgendogli il piccolo involucro rosa - “Ma vorrei che la prendessi.”

Senza commentare, Tony scartò la caramella e la morse.

Facciamo metà.” - disse, porgendole la sua parte - “E sono contento che tu sia qui.”

Pepper gli sorrise, dolcemente.

Sei disposto a parlarne?”

Non ho molto da dire. Se non avessi fatto tardi, sarei arrivato prima.” - commentò, senza curarsi dell'ovvietà di ciò che aveva detto. Abbassò gli occhi, tormentandosi un'unghia rotta e una nocca sbucciata - “Lo hanno pugnalato e gli è crollato addosso un pezzo del tetto. Io gli ho impedito di buttarsi nel fuoco per lei.”

Pepper ebbe l'impressione di non riuscire a respirare.

Rachel era...”

Sembrava lei.” - tagliò corto Bruce. Era lei, tu lo sai e lui... lui l'ha sentita urlare - “Per la conferma ci serviranno i video.”

Si zittì. Quando riprese a parlare, gli tremava la voce.

Pepper, se lui muore...”

Lo so, Tony.” - rispose, passandogli le braccia al collo e tirandolo a sé - “Lo so.”

***

Sai perché cadiamo, Bruce? Per imparare a rimetterci in piedi.” - Alfred gli strinse più forte la mano, sperando in una reazione - “Lo so che lo hai sempre fatto, che ti sei sempre rialzato ma... ma, ti prego, Bruce, devi farlo ancora.”

Lucius guardò l'uomo, in un misto di comprensione e rispetto: aveva sacrificato la propria vita al casato Wayne, aveva protetto quel ragazzo, gli aveva dato tutto l'amore che era stato in grado di provare senza mai venire meno al suo ruolo.

Quel ragazzo era tutta la sua vita.

Ha un cuore forte, Alfred. Ed è fisicamente resistente.” - mormorò, affidandosi, come Tony, alla speranza che nasceva dai numeri e dalle percentuali - “Sta migliorando. Da quando è qui... sta migliorando.”

Lo ripetè, incerto se credere alle sue stesse parole. E abbassò gli occhi sui tracciati e sulle cifre che non raccontavano l'unica grande verità. Non esisteva un motivo perché Bruce morisse. Esisteva un motivo per cui avrebbe voluto morire.

***

Tony...”

La voce di Pepper lo raggiunse come un sussurro. Si voltò verso di lei, in piedi davanti ad uno schermo.

Era là.” - la sentì mormorare, come se fino a quel momento avesse sperato - “Era davvero là...”

Rachel. Era sua la foto per cui stavano battendo l'asta, proprio in quel momento.

L'elegante Rachel Dawes, futura moglie del procuratore Dent, recitava il titolo in sovrimpressione.

Rachel, stranamente sorridente, vestita di un blu superbo. Più bella del solito, la testa gettata indietro per lasciarsi fotografare, senza timidezza.

Tony si fermò a fianco di Pepper, contemplandola. Vestita di blu, così... l'immagine si mischiò alla figura femminile che bruciava, la spada e la bilancia tra le mani. Tony non resistette, le voltò le spalle.

La giustizia non è fatta solo della capacità di vedere il crimine. La giustizia nasce dal sentire e dal prevedere l'ostacolo, senza per questo rallentare.”

Non è così, ragazza mia. Non lo è, credimi. La giustizia regge in mano una spada e una bilancia... ma la bilancia serve per pesare la polvere da sparo. È questo che crea la giustizia... la violenza.”

La violenza genera altra violenza. E la giustizia cade, indifesa.

La giustizia brucia viva nell'inferno degli uomini.

Tony...”

Sto bene.” - ansimò lui, tornando a fissare lo schermo e cercando di controllarsi. Con una mano che tremava impercettibilmente, indicò a Pepper un solo particolare. Uno soltanto.

Rachel aveva un solo gioiello, indosso: al polso, come un segreto, un bracciale in titanio che sembrava brillare dall'interno.

Il loro regalo.

Sembra attivo.” - esclamò Pepper, voltandosi - “Pensi di poter recuperare i dati?”

Certo.” - rispose Tony, senza smettere di fissare la fotografia, lei, il suo sorriso. Un bracciale e nessun anello al dito - “Ma non occorre... Lei sapeva. E lo amava.”

***

Dent si era pronunciato verso le dieci del mattino. Era apparso provato, a pezzi, ma aveva ribadito la propria intenzione di perseguire i colpevoli. Quando gli avevano chiesto perché Rachel fosse a quel party non aveva risposto e aveva deviato il discorso. Dopo, in un disturbo del canale dovuto ad un inserimento illegale sulle frequenze, era apparso il Joker.

Vi sembro davvero il tipo da fare piani? Lo sapete cosa sono? Sono un cane che insegue le macchine. Non saprei che farmene se le prendessi! Ecco io... agisco e basta. La mafia ha dei piani. La polizia ha dei piani. Gordon ha dei piani. Loro sono degli opportunisti. Opportunisti che cercano di controllare i loro piccoli mondi. Io non sono un opportunista. Io cerco di dimostrare agli opportunisti quanto siano patetici i loro tentativi di controllare le cose. Quando dico che con Dent e la sua ragazza non c'era niente di personale, capitemi, dico la verità. Sono gli opportunisti... che hanno messo Dent dove doveva essere. Io ho solo fatto quello che so fare meglio: ho preso i loro bei piani e li ho ribaltati! Guardate cosa ho fatto a questa città con qualche bidone di benzina e un paio di pallottole. Se introduci un po' di anarchia... se stravolgi l'ordine prestabilito... Tutto diventa improvvisamente caos. Sono un agente del caos. Ah, e sapete qual è il bello del caos? È equo.”

Pepper si era tormentata la gola, nervosamente.

Tony le aveva afferrato la mano. Solo un attimo, prima di lasciarla andare.

Scopriamo da dove proviene il segnale.” - aveva ordinato. E si erano rimessi al lavoro.

***

A metà pomeriggio, con ciò che sapevano avrebbero potuto riempire un lago. Sotto WayneManor si scavava ancora, ma un comunicato stampa diramato dalla sede centrale aveva già smentito la morte di Bruce Wayne. Era persino apparso in un filmato brevissimo, di origine sconosciuta, molto provato ma incolume.

Il comunicato stampa ribadiva più volte la sua intenzione di soggiornare presso amici il tempo necessario a riprendersi dalla 'terribile tragedia'. Come una commedia ben orchestrata, Pepper aveva scritto i testi, Tony aveva montato il filmato e Lucius si era occupato della credibilità e di mettere la faccia personalmente.

Ora, salito ai piani alti, combatteva con il consiglio di amministrazione. Pepper, già in viaggio per Malibu, stava probabilmente facendo altrettanto e tirando in ballo qualche vecchio amico della sicurezza nazionale.

I server di WayneManor erano ancora bloccati ma, ormai, non c'erano più molti dubbi: sia Joker che un terrorista internazionale di nome Ras'l'ghul, meglio conosciuto come Ducard, erano stati presenti. E non si escludeva un coinvolgimento delle StarkIndustries nella persona dell' attualmente latitante Obadiah Stane.

Pure Obie! Tutto il peggio in un colpo solo, quindi.

Tony si lasciò andare sulla poltrona, a lato di Bruce.

Fai con calma.” - commentò, allungando le gambe e fissando con ostilità l'uomo - “Mi sembra proprio il momento ideale per non svegliarsi.”

Non riusciva a stare seduto.

Scattò in piedi, come una molla. E si mise le mani in tasca, fermandosi in fondo al letto.

Non aveva molto da dire a uno impegnato a dormire. Non era, per natura, così sensibile e melodrammatico. Solo che, in piedi, in quel punto...

Si rivide, a diciassette anni, la testa nel frigorifero di casa, a caccia di cibo e di, perché no, una birra.

E sentì, nitide, come allora, le voci dei suoi genitori.

E' solo un bambino, Howard.” - stava dicendo sua madre - “Ed è il figlio di uno dei tuoi più cari amici. Qui starebbe bene, noi potremmo adottarlo.”

Lui è un Wayne, Mary. Non gli permetteranno mai di lasciare Gotham. Thomas ha disposto nel miglior dei modi e... dannazione, Mary, dannazione!” - la voce gli si era spezzata - “Avevamo così tanto da fare, eravamo solo al principio, avremmo potuto...”

Tony chiuse la mente, con decisione. E si rese conto di come Alfred fosse in piedi, vicino a lui.

Mi perdoni, non volevo disturbarla.” - disse il maggiordomo.

Posso restare io, Alfred.” - mormorò Tony, guardandolo - “Si vada a riposare.”

Alfred gli sorrise.

Lei è una brava persona, come lo era suo padre.” - mormorò, tirato in viso - “E non ho mai avuto modo di farle le mie condoglianze.”

Come era inglese.... Tony, suo malgrado, gli sorrise, grato. Quando erano morti i suoi genitori, Bruce Wayne aveva mandato un biglietto. Aveva undici anni.

E' passato molto tempo.” - rispose Tony - “Ma grazie comunque.”

Siete rimasti soli troppo giovani, entrambi.” - mormorò l'uomo, tornando a guardare Bruce - “E in un mondo di vecchi che non potevano capirvi. Non riesco nemmeno a immaginare quanto abbiate sofferto.”

Il mondo è pieno di ingiustizie... noi abbiamo solo imparato prima la lezione.” - replicò, in un soffio, con noncuranza. Ma il cuore gli faceva male, tanto - “Bruce... Bruce ha visto morire troppe persone che amava. Troppe.”

Rachel è...” - domandò Alfred.

Tony si girò, fissandolo negli occhi. In un giorno passato tra i dati e l'aridità dei computer, non aveva pensato nemmeno un istante a come Alfred la conoscesse.

Come Alfred, al pari di Bruce, l'avesse amata.

Si sono visti.” - disse, sottovoce. Poi lo abbracciò, forte, e mentì - “Lei … lei non ha sofferto.”

Ma lui... lui, Tony? Possiamo dire lo stesso di lui?”

***

Bruce non era voluto andare al funerale di Rachel. Era stato Alfred a chiedergli cosa intendesse fare. Non aveva ottenuto risposta.

Sdraiato in mezzo al suo letto, all'ultimo piano della WayneTower, Bruce aveva continuato a osservare le nuvole oltre la grande vetrata senza degnarlo di attenzione.

Manda dei fiori a sua madre.” - aveva solo mormorato quando Alfred era già sulla porta - “E un biglietto.”

Rachel, non è tanto chi sono, quanto quello che faccio che mi qualifica.

Sarà fatto. C'è altro?”

No, grazie. Vai pure.”

Era stato Tony ad andare al funerale, con Pepper.

Rachel aveva lasciato disposizioni precise a riguardo. Quando era divenuta l'assistente del procuratore, aveva fatto testamento, certa di come chi ricerchi la giustizia si disegni un bersaglio sulla schiena. A sorpresa, aveva designato come luogo di sepoltura il piccolo cimitero privato di WayneManor, in 'memoria della mia magnifica infanzia tra quelle mura'.

Mura che ora non esistevano più.

Bruce aveva firmato l'autorizzazione all'inumazione senza battere ciglio. Alla fine, Rachel era comunque tornata a casa, come desiderava.

Al funerale pioveva. La pioggia non aveva più smesso di cadere da quella notte. Dent aveva parlato, con voce rotta, ma Tony aveva voltato la testa, rifiutandosi di ascoltarlo.

Non è stato Bruce a ucciderla, aveva pensato, con odio, sei stato tu.

Sei stato tu.

Nei giorni precedenti, alcune foto era state spedite all'ufficio del procuratore e sulle caselle di posta di alti funzionari. Era stato un gioco, per Tony, scoprirlo. Tutte ritraevano Rachel, così come l'aveva vista: una bilancia e una spada legate alle mani, il suo corpo in bilico tra le fiamme.

Come lui, molti altri avevano cercato di violare i server per averle... Tony li aveva respinti come se giocasse ai videogames ed aveva fatto pervenire alla sezione crimini informatici tutti i loro curricula, come ultimo gesto di rispetto a una donna che, senza mettersi mai in mostra, era stata la giustizia anche da viva.

Tra gli effetti personali di lei era stato rinvenuto anche il bracciale. Il titanio aveva fatto un buon lavoro, proteggendo gli ingranaggi e Tony, dal computer mostruoso sotto la WayneTower, era riuscito a penetrare la memoria e cancellarla in buona parte.

Aveva cancellato il battito disperato, il suono atroce in cui veniva tradotto il cedere dei suoi organi, la sue urla. Aveva cancellato la sua agonia... Non senza prima ascoltarla.

La parte precedente era stata invece debitamente salvata e analizzata... soprattutto il lungo delirante monologo del Joker. Un campione della sua voce si sarebbe potuto rivelare utile. E il perché avesse quelle cicatrici, dopotutto... dopotutto non interessava a nessuno.

A fine funzione si erano incamminati lentamente alla macchina. Pepper, afferrata al suo braccio, era stranamente silenziosa.

Tu credi...” - domandò, infine, seduta sulla macchina, mentre già correvano verso Malibu - “Che verrebbe a stare da noi, per un po', se glielo chiedessi?”

Tony non rispose. E pensò a suo padre, alla risposta che aveva dato, quella notte, tanto tempo prima, a sua madre.

Credo che Gotham sia la sua casa...” - mormorò, infine - “E che non possiamo portarlo via anche da quella.”

La sua casa è bruciata...”

Ma lui no, Pepper. Lui è ancora vivo. E Gotham ha bisogno di lui, ora più che mai.”

***

Riprendere le forze non era uno scherzo. Dormiva male, aveva incubi, si svegliava a intermittenza per i dolori al corpo o per le urla atroci nella mente.

Talvolta sognava Rachel. Rachel bambina, con le trecce, in calmi pomeriggi di sole. Altre volte adulta, vestita elegante, come la sera in cui l'aveva baciata a tradimento o la volta in cui si erano incontrati, per caso, sul marciapiede di fronte al tribunale.

Sognava i suoi genitori. Sognava di camminare tra le macerie di WayneManor e incontrare suo padre. Suo padre, con gli occhi piedi di disprezzo, sua madre che gli voltava le spalle.

Sognava le morti di tutti loro. Si risvegliava, le loro lapidi a circondare il letto. E, a quel punto, si svegliava davvero, senza riuscire a sedersi sul letto per i dolori al fianco e alla schiena.

Quindi sprofondava in incubi in cui le ferite erano già guarite e il proprio corpo reagiva senza ulteriore sofferenza.

E sognava Tony. Tony che discuteva con lui, di vita e di morte.

Tony, che non credeva nei limiti ma ne aveva imposti abbastanza da salvare lui e lasciar morire lei.

Non lo incolpava davvero, non riusciva.

Ma Rachel, Rachel tra le fiamme...

***

Gotham ha bisogno di lui, ora più che mai.

Seduto alla propria scrivania, nella penombra, Tony guardava i progetti dell'armatura scorrere su uno schermo e, contemporaneamente, seguiva lo sfilare delle immagini sul monitor gigante posto in alto.

Il sistema olografico del laboratorio lo avvolgeva, isolandolo dal mondo e portando alla sua attenzione solo ciò che riteneva importante. Con un solo gesto della mano, Tony spostava interi pacchetti di immagini e documenti.

I progetti dell'armatura... le immagini del funerale di Rachel... l'intervista a Joker.... Ducard.

Qui. Con un movimento delle mani, espanse il file.

Ducard... Ducard e la setta delle Ombre. Non era stato semplice risalire a lui. Per farlo, Tony aveva dovuto pazientemente aspettare di accedere alle 'scatole nere' di WayneManor: dopo, visualizzato l'uomo, il resto era stato banale. Con una semplice analisi, aveva riconosciuto in lui l'alleato di Obie, l'uomo dell'elicottero, accidentalmente ripreso da una troupe che sostava al di là dei cancelli della StarkHouse. Poi, aveva legato il suo nome ad una serie di attentati e, poco a poco, riavvolgendo il tempo, aveva cominciato a costruire una personale teoria.

La setta delle Ombre non era una realtà ignota alla sicurezza nazionale: era un gruppo terroristico che teorizzava il genocidio e la distruzione per riedificare un mondo nuovo. I loro delitti, sparsi su tutto il pianeta, non si contavano facilmente.

Cosa certa, Bruce lo conosceva. Ed anche se ora si rifiutava di parlare e di spiegare, presto avrebbe dovuto farlo, per il bene di tutti.

L'orologio, al polso, mise un leggero bip. Tony, senza pensare, bevette una sorsata di intruglio e buttò giù due pastiglie. Il livello di radioattività stava salendo, forse a causa della tensione degli ultimi giorni o, forse, perchè i medicinali cominciavano a non fare più molto effetto.

Avrebbe dovuto aumentare le dosi e farlo senza che nessuno se ne accorgesse.

Bevette ancora un sorso, per sicurezza e producendosi in una smorfia. Ributtante. Poi, con un gesto annoiato, spedì tutti i file in un angolo e ne aprì un'altra batteria. Erano molti i problemi che stavano accerchiando Gotham: il Joker, come una calamita, stava attirando malavitosi meno timorati di altri.

Se il problema è Batman...” - aveva detto, in una di quelle deliranti interruzioni televisive con cui si imponeva - “Allora dobbiamo solo uccidere Batman. Mi seguite? E, visto che io so farlo bene... perché dovrei farlo gratis?”

Sicuramente aveva il senso degli affari. E qualcuno iniziava già a riflettere sulla possibilità di finanziarlo. Allo stesso modo, la città si stava riempiendo di emulatori: uomini vestiti da Batman apparivano dappertutto, armati con intenzioni sia buone che cattive.

L'opinione pubblica, martoriata dagli ultimi eventi e pressata da una nuova ondata di violenza, brancolava nel buio.

Dove si trova Batman? Perchè ci ha abbandonato? Possiamo davvero fidarci di lui?

Il dubbio cominciava a insinuarsi, in alcuni ambienti: Batman era davvero ciò che si pensava oppure... oppure c'era lui dietro tutto questo?

Tony batté le mani assieme. E i monitor si spensero, svanendo nel nulla.

***

Bruce dormiva ancora. Ma Alfred gli aveva comunque permesso di entrare, certo che non lo avrebbe disturbato.

Si erano parlati, sottovoce, in corridoio, mentre Tony si levava le scarpe, per fare il minor rumore possibile. Ormai sta meglio, stava dicendo Alfred, non ha più la febbre e le ferite si stanno rimarginando.

Quelle che si vedono.” - aveva puntualizzato poi, prima di prendere congedo, lasciandolo libero di varcare la soglia della stanza.

Bruce dormiva su un fianco, il braccio sotto la testa, come suo solito. Era un'altra di quelle abitudini della prigionia che non era riuscito a perdere, come lo stare seduto per terra. Il cuscino gli era ormai quasi superfluo.

Tony si sedette sulla poltrona a fianco del letto, lasciandosi andare lentamente contro lo schienale. Non era andato molte volte a fargli visita, da quando aveva riaperto gli occhi. Una volta, forse, e scegliendo opportunamente un orario in cui non sarebbe stato sveglio. Si era scusato, aveva detto che sarebbe ripassato ma Alfred aveva comunque insistito.

Entri un attimo, non lo disturberà. E così aveva fatto. Come oggi. Si era levato le scarpe, aveva attraversato il tappeto e lo aveva guardato dormire, per un attimo. Poi se ne era andato.

Non avevano nulla da dirsi, per il momento. Nulla che Tony si sentisse pronto ad affrontare.

Gli aveva impedito di uccidersi.

Gli aveva impedito di salvarla.

Gli aveva impedito di morire.

Erano tanti limiti che gli aveva posto, tutti assieme. Troppi, perché Bruce non avesse qualcosa da dire a riguardo. E Tony... Tony non aveva la più pallida idea di come rispondergli perché, a parti invertite, lui avrebbe voluto le stesse cose. E lo avrebbe odiato, per avergliele negate.

***

Da quanto sei qui?” - chiese Bruce, a occhi chiusi.

Tony si sporse in avanti, posando i gomiti sulla ginocchia.

Il giusto.” - replicò, guardandolo aprire gli occhi - “Come ti senti?”

Come ieri.” - sospirò, girando appena per cambiare posizione - “Mi dai...”

Certo.” - rispose, prendendo il bicchiere sul comodino e sedendosi sul letto per aiutarlo.

La ferite lo facevano soffrire ancora, rendendo difficili i movimenti. Ma non c'erano danni permanenti. C'era stato un trauma esteso all'altezza dei reni ma, in generale, le sue condizioni stavano migliorando rapidamente.

Il fisico di Bruce era stato temprato da anni di stenti e da un'attività fisica estrema. Era incredibilmente forte e questo stava tornando a vantaggio della convalescenza.

Mi fa piacere vederti.” - sospirò, restando accasciato sui cuscini e strappandogli un sorriso.

Sono contento di vederti anche io. Sveglio, intendo.” - replicò, domandandosi se gli avrebbe fatto piacere un aiuto - “Pepper ti manda i suoi saluti. Voleva cucinare per te ma io ho pensato di salvarti.”

Salvarti... scelta pessima di verbo. Si fissarono in silenzio.

Fu Bruce a rompere il silenzio.

Hai scoperto come...” - si interruppe. Non associava Rachel all'attacco alla propria villa e all'attività terroristica, non del tutto. Non sapeva come definire l'accaduto.

Per lui, tutto era Rachel.

Solo Rachel.

Parecchie cose.” - ammise Tony, piegando un ginocchio senza accennare all'intenzione di alzarsi - “E molto si riconduce a un gruppo chiamato Setta delle Ombre. Lo hai mai sentito nominare?”

Avrei dovuto esserne il capo.” - replicò Bruce, lasciandolo di stucco - “Per questo ero in quella prigione... per questo ci siamo incontrati.”

***

Non c'erano volute molte parole per spiegare i fatti. Tony fu veloce a mettere assieme le informazioni e ottenerne un quando unitario. Ora si spiegavano molte cose nella preparazione atletica di Bruce e nel modo con cui si approcciava a se stesso e ai problemi.

Se non fosse stato per Rachel, probabilmente avrei detto sì.” - disse Bruce, ad un certo punto.

Ne parlavano da tempo e Tony, a forza di puntellarsi per stare comodo, aveva finito con il passare un braccio al di là del corpo di Bruce per appoggiarsi.

Come faceva mio padre quando avevo gli incubi, pensò Bruce, osservandolo, di sotto in su. E, per associazione...

Non assomigli a tuo padre...” - mormorò. Tony gli sorrise.

Tu lo ricordi bene?” - gli chiese, in un misto di gentilezza ed egoismo... Tutto, pur di non parlare di Rachel.

Aveva le tasche piene di caramelle. E faceva ridere.” - replicò Bruce, assorto, senza guardarlo - “Non lo ricordo bene davvero ma...”

Ma lo ricordi. È già qualcosa. Gli avrebbe fatto piacere.”

Voleva portarmi via da qui, quando sono morti i miei. Mi ricordo che sentii lui ed Alfred parlarne...”

Poi si zittì, rendendosi improvvisamente conto della portata di ciò che aveva detto. Tony non replicò, osservandolo.

Ti sarebbe piaciuto?” - domandò solamente.

Bruce, dopo un'incertezza, scosse la testa. Piano, come un bambino.

E' Alfred la mia famiglia. Lo sarà sempre.”

***

Avevano parlato ancora un poco, di tante cose. Ma solo tornando verso Malibu, guidando senza scarpe per stare più comodo, Tony si era reso conto di come Bruce non avesse parlato di Batman e dei suoi doveri.

E questo era male... molto male. Non sapeva spiegare perché ma... oh, insomma, era male e basta!

Ci sarebbe stato da fare inversione e tornare indietro, all'istante. Se solo non ci fosse stata l'Expo da inaugurare.. se solo non fosse stato così clamorosamente in ritardo!

Pepper, tanto per cambiare, camminava nervosamente avanti e indietro nel retropalco,stringendo i pugni e imprecando a denti stretti.

L'apertura dell'Expo in mondovisione e lui... lui chissà dov'era! Chissà dove, dove.... eccolo!

Tony le veniva incontro con le scarpe in mano.

Signorina Potts, il mio smoking.” - lo sentì gridare, perdendo i vestiti lungo il corridoio. Non correva, perché non aveva motivo per affrettarsi, ma era disturbato dagli abiti poco consoni. E, visto che tutti pressavano perché si muovesse, con il suo migliore stile, uscì sul palco a piedi scalzi e con il papillon slacciato.

Un boato lo accolse. E Tony, sorridente e sicuro di sé, spalancò le braccia.

A migliaia di chilometri di distanza, in un posto dimenticato da Dio e da Stalin, Ivan Vanko lo osservava, rapito, pianificando la propria vendetta.

***

La Violenza non crea mai la giustizia. Crea solo il potere.”

Ma la giustizia è cieca, come la fortuna. Perchè dovrebbe funzionare con regole differenti?”

E, difatti, le loro regole non son diverse. La fortuna e la giustizia non guardano mai chi tu sia. La fortuna e la giustizia possono permettersi il lusso di essere cieche... ma sta agli uomini aprire gli occhi.”

Gli occhi, aprire gli occhi...

Rachel, non è tanto chi sono, quanto quello che faccio che mi qualifica.”

Apri gli occhi, Bruce... aprili...

Rachel.” - sussurrò, improvvisamente sveglio.

Buio.

Pipistrelli.

Istintivamente, si coprì la testa, voltandosi sul fianco. La fitta alla ferita fu come una scarica, violenta da togliere il fiato. Si sedette, mentre il suo corpo esplodeva di dolore.

Si alzò, incerto. E rimase in piedi.

Pipistrelli. Ovunque. Chiuse gli occhi cercando di restare immobile. Nulla. Sangue, sangue dappertutto.

Apri gli occhi, Bruce... aprili...

Rachel, non riesco... non riesco a svegliarmi...”

Pipistrelli, ancora pipistrelli.

Uno di loro gli aveva strappato un lembo di pelle dal viso. No, non pelle, kevlar. Mi stanno strappando la maschera. E, quando la maschera non ci sarà più, vedranno il mio teschio.

Bruce...

Rachel, io sono … io sono Batman.

Bruce...

Rachel!” - si sedette, di scatto, finalmente sveglio. Ansimava e l'aria della notte era troppo calda, umida. Gettò le coperte da un lato, sperando di riuscirsi ad alzare. Dormiva con la porta aperta e vedeva, in un angolo del salone illuminato, Alfred, addormentato su un libro.

Non devo svegliarlo, si ripetè, posando i piedi a terra. I reni, i reni gli facevano male, tanto da fargli venire le lacrime agli occhi. Respirò a fondo e riuscì ad alzarsi. E, dopo, a restare in equilibrio. In quel momento, in quell'attimo di buio, dritto sulle proprie gambe, comprese che se ne sarebbe andato.

***

Dopo l'inaugurazione dell'Expo c'era stata una conferenza stampa. Quindi una riunione speciale, seguita da una festa. E poi un'altra festa. Alla terza festa, Pepper lo aveva baciato e gli aveva comunicato che andava a casa a dormire. E che si prendeva la macchina.

Alla quarta festa, lui ed Happy si erano annoiati. In più, era quasi ora di passare in ufficio, per cui... meglio fare colazione. Erano usciti dal locale in mezzo a un gruppo di giornalisti, mai stanchi di correre dietro al signor Stark e alla sua guardia del corpo.

Chiacchierando del più e del meno, si erano avviati alla macchina. E Tony aveva riso, gettando la testa indietro.

Bruce, appoggiato ad un vecchio telefono pubblico, lo aveva guardato allontanarsi. Da quanto non vedere Tony ridere in quel modo? Da quanto non si scambiavano una battuta o si concedevano un giro in macchina?

Bruce lo aveva dimenticato.

Mese dopo mese, guerra dopo guerra, si era perso il motivo per cui stavano facendo tanto. Bruce lo aveva scordato, affogando, notte dopo notte, in un mare denso e cupo di doveri e pesi da portare. E Tony... Tony aveva continuato a seguirlo. Aveva scelto la battaglia di Bruce, mettendo in gioco tutto se stesso. Si era gettato nel fuoco per lui.

Ma non era giusto. Non lo era. Non era per questo che lo aveva riportato a casa.

Non combattiamo le battaglie uno dell'altro, Howie. Combattiamo solo fianco a fianco, ognuno la propria.”

Mi sta bene, Thomas, davvero bene. Ma sei certo che saremo così bravi? Io ho i miei dubbi.”

Dobbiamo esserlo. Per i nostri figli. Non lasciamo loro catene come eredità, te ne prego.”

Improvvisamente debole, Bruce si resse in piedi contro il montante e chiuse gli occhi.

Non sono stato così saggio, papà. Non sono stato abbastanza forte da restare solo e, se un tempo voi, ora... ora Rachel. Ma qui deve finire. Basta sangue versato per colpa mia.

Basta.

***

Sparito.

Il signor Wayne è partito.” - aveva comunicato quella mattina, Alfred, nel risponderle al telefono. Pepper lo aveva sentito soppesare le parole, per dar loro la giusta sfumatura - “Non so quando rientrerà. Posso chiederle, cortesemente, di informare il signor Stark?”

Non mancherò, Alfred.” - lo aveva rassicurato Pepper, prima di staccare la chiamata. Rimase seduta immobile, sul divano, in mezzo al salone.

Sparito. Era questo che sentiva, quando pensava alla parola 'partito'. Sparito.

Amore, sono a casa!” - sentì gridare, dall'ingresso.

Alzò la testa e vide apparire Tony.

La prossima volta che dico un'assurdità del genere, sparami.” - ordinò, categorico, con gesto definitivo delle mani.

Bruce è partito.” - rispose lei, saltando ogni preambolo.

L'espressione di Tony mutò. Come quella notte, Pepper lo vide divenire acciaio.

Hai parlato con Alfred?”

Pepper annuì.

Silenzio.

Scendo a lavorare, ho un progetto di cui occuparmi. Ci vediamo a cena.” - rispose Tony, voltandosi e scendendo le scale - “Jarvis, non voglio essere disturbato.”

***

Lo avevano gettato giù dal camion nel nulla. E Bruce, atterrando a terra, si rallegrò di non avere più suture da strappare. La steppa, infinita e desolante, si estendeva ai suoi piedi.

Sedendosi sul ciglio della strada, pensò a quanto sarebbe piaciuta a Rachel. Selvaggia. Libera.

Chiuse gli occhi e respirò l'aria fredda e pura. Poi attese il sorgere del sole e si incamminò.

Aveva qualche vecchio amico, in quel posto.

***

Quando Lucius Fox chiamò, all'alba, quel lunedì mattina, Tony pensò di aver capito tutto della vita: non esisteva lunedì che valesse la pena di essere vissuto.

Picchiò la mano sul lato del comodino per aprire la comunicazione e bofonchiò 'pronto' da dentro il materasso. Lucius Fox, con il suo più tipico tono sornione, si scusò per l'ora e gli comunicò che, sì, in effetti 'poteva aver ragione'.

Di colpo, Tony fu sveglio.

Ne è sicuro?” - domandò, passando sopra Pepper e saltellando giù dal letto in direzione dell'armadio - “Lucius, ne è davvero sicuro?”

Eccome se lo sono.” - lo sentì ridere, dall'altra parte - “Partita di camion rubati, oggetti di poco valore ma tutti marchiati WayneEnterprises... sta di nuovo giocando a Robin Hood.”

Oh, si, ha il vizio delle maschere... non riesco a farglielo passare.” - rispose Tony, lanciando in giro vestiti in cerca di altri vestiti - “Mi manda le coordinate?”

Se riesco a capire come funziona il mio computer...”

Oh, andiamo, Lucius, l'ho manomesso quattro mesi fa, a questo punto dovrebbe saperci fare anche i toast! È uno scienziato o uno scribacchino?” - replicò, saltellando dentro i jeans e dimenticando la biancheria - “Allora, ce la fa? Altrimenti vengo lì o... o le violo da qui il sistema!”

Non si agiti, le ho mandate. Conferma?”

Uno schermo olografico si stava aprendo sulla parete a vetri che divideva la stanza in due ambienti.

Confermo!” - esclamò, Tony, giulivo. Sulla mappa brillava un punto rosso - “Lucius, se Bruce decide di licenziarla per questa informazione, la assumo io, non se lo dimentichi!”

Al centro del punto rosso, con una certa ironia, Lucius aveva inserito un discreto pipistrellino nero e sorridente.

Ti ho beccato, pensò Tony, stupido chirottero senza cervello. Adesso che ti prendo...

Ah, signor Stark, dimenticavo...” - stava ancora ridendo il professor Fox - “Lo troverà in galera.”

***

L'idea di seguire le merci per trovare Bruce era stata, in effetti, di Tony ed aveva incontrato non poche riserve sia da parte di Lucius che da parte di Alfred.

Dopotutto, sette anni prima, quando Bruce era scomparso, avevano fatto di tutto e non avevano scoperto nulla. Come pensare che oggi sarebbe stato diverso?

Perchè oggi non siamo più cavernicoli che battono i sassi assieme per comunicare.” - aveva risposto, con gentilezza, Tony, in videoconferenza con entrambi, prendendosi una gomitata da Pepper. Aveva alzato gli occhi al cielo, sentendosi un genio incompreso e aveva premuto un tasto sul computer per ottenere una prova per convincerli.

Una mappa si era srotolata tra gli schermi ed era apparsa, in contemporanea sul computer di Gotham.

Guardate bene. Basandomi su quello che Bruce ha detto riguardo ai suoi rapporti con Ducard e sapendo a grandi linee come era finito nel campo di prigionia in cui mi trovavo...” - spiegò, mentre la mappa si popolava di linee e punti colorati - “Ho ricostruito il suo itinerario e circoscritto la zona in cui è stato mentre latitava come un decerebrato.”

Tony, non obbligarmi a darti anche un calcio....”

Pepper, quando hai ragione, hai ragione. Il nostro corrucciato Amleto, dicevo, si è mosso in questa regione e, se ci basiamo sui registri contabili di allora...” - altri punti in via di comparsa sulla mappa - “La WayneEnterprises ha subito parecchi furti... qui!”

Al 'qui', la rete di strade in azzurro che identificavano il vagare di Bruce si intersecò con una rossa, quella delle merci in movimento.

La sovrapposizione era pressochè completa.

Signori... per ammazzare il tempo, il vostro capo derubava se stesso.” - concluse, strofinando le mani assieme prima di spalancarle - “E questo fa di lui un perfetto idiota inconcludente.”

Detto questo, si era preso uno scappellotto da Pepper.

***

Bruce rubava se stesso perché era troppo onesto per derubare qualcun altro. Tony lo sapeva e, a dirla tutta, la cosa non lo sorprendeva poi molto. Bruce era un idealista troppe volte ferito dalla vita per essere davvero equilibrato e razionale.

Quel cuore che si ritrovava, in frantumi e sparso per il suo corpo, non doveva essere un fardello leggero da portare. Bruce sbandava, cadeva e si rialzava ininterrottamente.

E, talvolta, esprimeva se stesso in maniere assurde. Del resto, nella vita, per essere qualcuno aveva deciso di vestirsi da pipistrello, si rammentò Tony. Proprio tanto centrato non poteva essere... e non era un genio perché, in caso contrario, essendo un genio lui stesso, Tony lo avrebbe riconosciuto come tale.

Queste erano state le premesse con cui era salito sull'aereo, intenzionato ad andare a riprenderselo in Asia. Lucius lo aveva identificato in un gruppo di sbandati, arrestati e internati non lontano dal confine tibetano e Tony era partito.

Pepper aveva sollevato qualche obiezione, ma Tony aveva chiuso la faccenda con un bacio.

Lui ha riportato a casa me.” - le aveva sussurrato, a fior di labbra - “Ora è il mio turno.”

Tu volevi tornare, Tony.” - lo aveva contraddetto lei, con tristezza - “Sei certo che Bruce voglia?”

Non gli servirà a nulla stare così lontano... dovrebbe saperlo.”

Non si ragiona con il dolore. L'ha persa, Tony. E lei era tutto per lui. Potrebbe avere bisogno di tempo.”

Lo so.” - l'uomo aveva finito di chiudere la sacca, la testa china, per non doverla guardare in viso - “Mi chiedo tutte le notti se non esistesse un modo per salvarla, se io non potessi... io ho scelto lui, Pepper. Ho scelto di salvare lui.”

Tu non potevi fare diversamente. Tony, abbiamo visto insieme le registrazioni.. voi due siete vivi per miracolo! Rachel... non sai quanto io desideri che questo sia solo un incubo. Io non posso nemmeno immaginare di perderti.”

Tony si voltò, sorpreso. Pepper ancora si controllava, ma già le tremava il labbro, gli occhi pieni di lacrime.

Io non posso pensare di perderti, se solo immagino i rischi che hai corso e che correrai in futuro... io ho solo voglia di mettermi a gridare.”

Gridare?”

Come una furia.” - confermò lei, asciugandosi gli occhi - “Quindi, te lo chiedo per favore: ti prego, Tony Stark, incubo e amore della mia vita.. non farti uccidere.”

Si erano guardati, poi lei, di nuovo padrona di se stessa, gli aveva battuto una mano sul reattore.

E, ora, vai a riprendere il nostro cavaliere oscuro.”

***

Non farti uccidere... in volo, Tony aveva ripensato a lungo a quella frase.

Forse non si sarebbe fatto uccidere.. ma il piccolo apparecchio che girava tra le dita lo dava comunque per spacciato.

Il livello dell'intossicazione stava salendo, con regolarità. La soglia di pericolo era vicina e Tony, per quanto ci avesse lavorato, non aveva ancora trovato una soluzione.

Il nuovo reattore, già inserito nel suo torace, lasciava bene sperare di poter rallentare ulteriormente l'avvelenamento mediante una regolare sostituzione del nucleo di palladio.

Ma l'armatura... la sua armatura d'acciaio... quella sarebbe stata una condanna a morte. I test preliminari lo dicevano chiaramente: alimentare il sistema offensivo-difensivo della corazza avrebbe accelerato la diffusione del veleno. I segni sarebbero divenuti più evidenti, sotto forma di linee nere, debolezza, tremore... poi il blocco totale e, con un poco di fortuna, le schegge avrebbero posto misericordiosamente fine alle sue sofferenze.

No, non poteva promettere a Pepper che non si sarebbe fatto uccidere... l'alternativa era decisamente peggiore.

***

La prigione aveva le mura di mattoni e i cancelli, ma non era molto diversa da quella in cui si erano incontrati.

Tanto per cambiare, Bruce era in isolamento.

E, tanto per cambiare, aveva di nuovo la barba lunga, l'aspetto incolto e sedeva per terra.

Ti perdo di vista mezza giornata e torni a sembrare uno spinone.” - disse Tony, quando gli permisero di entrare nella cella. Fuori, le guardie brindavano alla sua salute bevendo whisky d'importazione della migliore marca.

Cosa ci fai qui?” - chiese Bruce, osservandolo emergere dal buio. Tony aveva l'aspetto di sempre, una giacca di pelle, i capelli a posto... solo gli occhi erano scuri, neri, come nei giorni della prigionia.

Ti riporto a casa.”

Non se ne parla.” - rispose, piegandosi sui talloni vicino a un rubinetto gocciolante, per dissetarsi.

Bruce, puoi dire quello che vuoi, ma qui non ti lascio.” - rispose Tony, piegandosi sui talloni per essere alla sua altezza.

Tu non sei mio padre.”

Nemmeno tu eri il mio, ma io ti ho permesso comunque di scegliere del mio destino.”

E guarda dove ti ho condotto.” - sputò Bruce, fissandolo dritto negli occhi - “Era questo che volevi, quando sei tornato a casa?”

Quando sono tornato a casa non sapevo nemmeno più chi ero.” - replicò Tony, senza lasciarsi intimorire - “Quello che volevo era credere di poter cambiare le cose. E ho creduto in te, Bruce, per questo motivo. E ovunque siamo arrivati, qualunque cosa sia accaduta, io continuo a credere che tu possa riuscire. Tu sei ciò di cui ha bisogno Gotham. E sei ciò di cui hanno bisogno le persone che ti amano.”

Io ho ucciso Rachel.”

No, Bruce, non è vero. Quella notte, Joker ha ucciso la donna del procuratore, non la tua. Lui non lo sapeva, non lo sapeva nessuno.” - allungò la mano, afferrandolo per il bavero della giacca, obbligandolo ad alzare la testa - “Non è morta perché le hai svelato chi eri.”

Le pupille di Bruce si dilatarono e gli occhi mutarono colore.

Come lo so? Potrei averlo scoperto per caso: il bracciale.” - spiegò Tony, in un sussurro - “Avevi il bracciale in mano, quando le hai parlato. Mi sbaglio?”

Il bracciale. Il pipistrello in titanio. Bruce si rese conto in quel momento di averlo completamente rimosso. Pepper e Tony gli avevano regalato un bracciale, un bracciale ipertecnologico. Era bastata la sua impronta digitale per attivarlo. E c'era Rachel, in salone. Lui le aveva afferrato le dita, il bracciale era scivolato da una mano all'altra, mentre la baciava.

E lei lo aveva indossato, come un pegno d'amore.

Rachel lo aveva con sé, quella sera. Lo avevo dotato di un dispositivo per il salvataggio in remoto. Trasmetteva ancora quando è esploso l'incendio. Ho dovuto analizzare i dati, speravo ci fosse qualcosa che poteva aiutarci.”

Tu... tu l'hai sentita morire.”

Tony esitò. Urla, organi in collasso, paura... Poi scosse la testa.

No.” - mentì, senza provare rimorso - “La registrazione non era completa. Ma non ho ascoltato nemmeno la precedente, non mi serviva per sapere cosa fosse successo. Mi è bastato vedere questa per capire che conosceva la verità e che eravate finalmente insieme.”

Si mise una mano in tasca e estrasse una fotografia piegata in quattro.

Te ne sei andato prima che potessi dartela.” - mormorò, porgendogliela.

Rachel. La foto nell'ingresso di casa. Il suo sorriso.

Non si sorride così se non si ama...” - sussurrò Tony. Bruce tremava, come una foglia - “Si sorride in quel modo solo se si è dato un senso alla propria vita, se i nostri dubbi e le nostre incertezze sono spariti nel completarsi con qualcuno. Rachel non sarebbe dovuta morire. Ma è morta amandoti.”

Si rialzò, sovrastandolo.

Non sei destinato a divenire il guardiano della sua tomba, Bruce. Non devi essere il guardiano della tomba di nessuno.” - aggiunse, stranamente pacato - “Sono consapevole di non poterti riportare a casa, se non vuoi... ma Rachel non ti vorrebbe perso nel mondo. A Gotham hai un compito da portare a termine e non puoi voltare la testa dall'altra parte per non vedere. E' dovere degli uomini aprire gli occhi sulle miserie e sul dolore... lei lo sapeva.”

Io non sono pronto a tornare...” - la voce di Bruce era un sussurro, appena udibile - “E' come se il mondo fosse tutto nero ed io... io non riesco a ...”

La voce gli si incrinò e tacque.

Tony non insistette. Non avevano più nulla da dirsi.

Posso capirlo. Ma, quando sarai pronto, telefonami. Verrò a prenderti.”

Si mise la mano in tasca, ne estrasse un paio di cilindri arancioni.

Antibiotici e antidolorifici.” - spiegò, posandoli su uno sgabello tarlato - “Te ne ho portato una scorta per sei mesi. Non venderli e non farteli rubare. E non esagerare con le risse, se ti riesce.”

Bruce non rispose. Fissava la foto, come se non esistesse più altro al mondo.

Torna presto, Bruce.” - lo salutò, prima di voltarsi - “Ci vediamo a casa.”

Quando la porta si richiuse, gettandolo nell'oscurità umida e pressante della cella, Bruce alzò gli occhi. Sullo sgabello, attorno ai flaconi, c'era un bracciale di titanio, non dissimile dal precedente. L'altra volta, assieme al bracciale, aveva avuto un biglietto. E ora, chissà perché, riusciva a ricordarlo.

Per combattere insieme, anche quando sei solo. T.”

***

Tony non si era limitato a offrire alcolici per ottenere favori. Tony aveva comprato anche la sua libertà e, il mattino successivo, quindi, due guardie lo avevano afferrato, strappandolo da un sogno in cui Rachel sorrideva a Batman, e buttato fuori, prima del sorgere del sole.

Non gli era restato che stringersi di più nella giacca e iniziare a camminare.

Aveva avvolto il bracciale in uno straccio, guardandosi bene dal toccarlo con le dita, per evitare che Tony sapesse dove si trovava ed era tornato alla vita che si era scelto.

Aveva assaltato dei furgoni che trasportavano componentistica della WayneEnterprises diretta in Russia ed era stato arrestato, di nuovo. Due giorni dopo, le guardie, brindando alla sua salute con whisky di importazione, lo avevano buttato fuori.

Bruce si era ostinato. Tre settimane dopo lo stesso show si era ripetuto. Whisky e libertà, un clichè che sembrava uscito da un libro di Kerouac.

Allora, si era spostato. Aveva studiato i percorsi e le fabbriche e, infine, aveva scelto cosa assaltare.

Alla prima cassa aperta, un discreto segnale acustico aveva avvertito Pepper del furto avvenuto.

Toooony...” - aveva gridato, inclinandosi indietro sulla sedia perchè l'uomo la sentisse, in fondo all'officina - “Il tuo amico si è appena rubato i miei transistor!”

Noi non usiamo più i transistor, cara, può tenerseli se gli fa piacere.” - rispose lui, allineando i pezzi della macchina a terra prima di ricominciare a montarla - “Ero quasi stufo di quel camion che faceva Shillong-Jaipur avanti e indietro... avanti e indietro... avanti e indietro...”

Sembrava del tutto disinteressato. Pepper alzò gli occhi al cielo.

Uomini!” - esclamo, componendo un numero di cellulare sulla tastiera olografica e lasciandosi andare contro lo schienale.

Il segnale tardò a giungere, come se Pepper stesse chiamando in capo al mondo. Sullo schermo apparvero una serie di puntini molto ravvicinati che si spegnevano uno ad uno.

Tony, che nella vita era curioso come una scimmia, mollò la macchina e si materializzò alle sue spalle.

Che stai facendo?”

Gli telefono.” - fu la risposta.

Ma lui non...”

Cellulari vecchi, dieci o venti in ogni cassa. Tutti modificati. O mi risponde o fa saltare in aria il camion per farli smettere.”

Tony rimase un attimo in silenzio. Poi si piegò, fino a mettersi in ginocchio.

Signorina Potts...” - mormorò, rapito, aggrappandosi al bracciolo della poltroncina - “Io la amo.”

***

Cellulari. Dannati cellulari che cantavano tutti in coro il jingle della pubblicità delle StarkIndustries.

Bruce spense il primo, il secondo, il terzo...ordinò ai suoi uomini di non usare le mani per coprirsi le orecchie ma per risolvere il problema.

Niente. Staccavano una ventina di chiamate e ne ripartivano altre venti.

I cellulari si riaccendevano. Tutti modificati.

Alla fine, Bruce comprese che poteva fare solo una cosa: ciò che Tony voleva.

Afferrò uno di quei mostruosi giocattoli urlanti e saltò giù dal camion, allontanandosi.

Era questo che volevi?” - domandò, aprendo la chiamata.

Avevo voglia di sentirti, Bruce.” - rispose una voce femminile, dall'altra parte - “Ti sembra così strano?”

Bruce rimase in silenzio. E staccò la chiamata.

I cellulari, che erano finalmente spenti, si riaccesero tutti.

Adesso gli uomini, a dieci metri di distanza, gli urlavano tutti di rispondere... e aggiungevano un certo numero di insulti per sottolineare il concetto.

Avrebbe voluto mettersi a ridere. Anzi, si rese conto di ridere mentre diceva 'pronto'.

All'altro capo del mondo, in piedi con le mani in tasca dietro la donna infernale della sua vita, Tony sorrise. Stava ridendo. Era un bel suono... davvero un bel suono.

Non si butta giù il telefono in faccia ad una signora.” - comunicò Pepper, con petulanza, giocherellando con una matita. Le piaceva il vivavoce per sentire ma non per parlare, per cui Tony le aveva regalato un discreto microfono da telefonista anni trenta, tempestato in diamanti - “Molto, molto maleducato.”

Ha perfettamente ragione, signorina Potts, me ne scuso ma...” - Bruce sorrise, guardando la stellata su di loro - “Stavo rapinando un suo camion, ero preso dalla parte...”

Guardò l'orologio, contando i secondi, i minuti. Poi alzò la testa, sorrise e salutò il cielo.

A Malibu, l'immagine del satellite, da sgranata divenne nitida e Pepper lo vide scuotere la mano.

Sei troppo magro.” - commentò, sfiorando la cloche con un dito e inquadrandolo meglio - “Stai bene? Riesci a dormire?”

Sto bene, Pepper.” - rispose lui, senza smettere di guardare le stelle - “Sto bene per quanto mi è possibile. C'è Tony lì?”

Pepper si voltò, attendendo. Tony fece segno di no con la testa.

Lo scherzo dei cellulari è un'idea mia.” - rispose lei, come se fosse ciò che Bruce aveva chiesto - “Tony ha solo piazzato il camion perché tu potessi provare a fargli un dispetto.”

Bruce abbassò gli occhi e diede un calcio ad un sasso.

Sono così prevedibile?”

Non era sicuro che apprezzassi tutto quel traffico illecito di alcolici nei tuoi... 'villaggi turistici'...”

Vorrei che si immischiasse di meno. So badare a me stesso. Puoi dirglielo?”

Io posso.” - confermò Pepper, girando il cavo dell'auricolare attorno a un dito - “Ma lui mi mentirà e continuerà a farlo, perché, se non sa dove sei, va fuori di sè dalla preoccupazione.”

Le braccia di Tony scattarono verso l'alto. Strinse i denti per non replicare, visto che, ufficialmente, non c'era. Poi, si chinò sulla tastiera e digitò, velocissimo.

Un minischermo olografico apparve davanti al naso di Pepper. Lei, imperterrita, lo chiuse senza nemmeno leggerlo. Se non ci sei, non ci sei.

Bruce, posso chiederti cosa farai ora?”

Innanzitutto, butterò tutti i cellulari.”

Posso occuparmene io. Lascia lì il camion, smaltisco io quella ferraglia. E non intendevo questo...”

Non so rispondere, Pepper. Davvero. Non so cosa farò.” - teneva la testa bassa, si guardava i piedi. Almeno, se Pepper avesse zoomato, non avrebbe visto che stava frignando come una ragazzina - “Non riesco a smettere di pensare a lei... a vederla...”

Bruce...”

Le ho detto chi ero e l'ho persa. L'ho persa per sempre. Ho perso me stesso, con lei.”

La mano di Tony le si era posata sulla spalla. Pepper, senza smettere di fissare lo schermo, la strinse.

Lo so che è poco, Bruce... ma non hai perso noi.” - rispose asciugandosi una lacrima - “E qui c'è un po' di gente che potrebbe dare di testa se ti succedesse qualcosa...”

Silenzio. Nel disturbo della linea, Pepper riusciva comunque a sentire il suo respiro.

Sullo schermo, Bruce alzò la testa e sorrise. Sorrise, come se li vedesse.

Lo guardarono, mentre si metteva una mano in tasca e alzava qualcosa in alto.

Il computer di Tony emise un fischio e altri tre schermi apparirono, in alto. Poi scesero, in basso, all'altezza della postazione, integrandosi con il ripiano.

Segnali dal bracciale.

Sei contento, Tony?” - sentì chiedersi, dagli altoparlanti sopra le loro teste.

Non rispose. Premette solo un tasto e il bracciale fu percorso da una linea rossa e oro.

Poi Bruce staccò la chiamata. Lo videro gettare il cellulare nel deserto, voltarsi e allontanarsi.

***

Quando salì al monastero, il bracciale trasmise a Tony una serie allarmante di sbalzi: pressione atmosferica, battito cardiaco, temperatura corporea... quando il segnale scomparve, il computer lanciò un messaggio tale da tirarli entrambi giù da letto.

Come suo solito, Tony camminò su Pepper per scendere dal materasso.

Da domani notte ci scambiamo di posto.” - ansimò lei, svegliandosi di soprassalto - “Che succede?”

Junior!” - gridò Tony, scendendo di gran carriera le scale.

Pepper impiegò un attimo a realizzare. Poi gli corse dietro.

In officina, alla postazione, Tony guardava le mappe aprirsi, ricercando il dispositivo.

Niente. Scomparso.

E' andato a ficcarsi nell'unico posto sulla terra senza campo.” - ringhiò, imbufalito, ignorando Jarvis che esprimeva in tono compassato la propria opinione a riguardo - “Se non riappare entro dieci secondi, i satelliti della difesa diventeranno fioriere da giardino!”

Tony...” - lo chiamò Pepper, raggiungendolo, in mezzo ad un caos di macchine smontate e pezzi metallici sconosciuti. Niente. Ignorata come Jarvis.

Sulla mappa dell'Asia stava apparendo un percorso, frutto di memorizzazione progressiva. Un pallino azzurro si muoveva, quasi pigro, avanti e indietro, cambiando direzione, fermandosi e riprendendo.

Aveva dei ritmi solenni, quasi poco informatici. E Pepper ebbe il sospetto che Tony non stesse assistendo per la prima volta a quello spettacolo.

Non aveva più interferito nel vagare di Bruce. Non troppo, almeno. Ma, giorno dopo giorno, aveva guardato quel segno pulsante muoversi come se il solo pensiero che non fosse fermo gli desse calma.

Finchè cammina e fa a pugni, sta bene.” - aveva detto, una sola volta, prosaico. Poi non si era più pronunciato.

Ora, però... ora però il puntino era fermo. Tony ingrandì la mappa. L'orologio, in traslucido, segnava la data del giorno prima. Che ore erano, sull'Himalaya?

Ingrandita la mappa, il puntino riprese a muoversi più lentamente. Poi vibrò. E scomparve.

Tony picchiò la tastiera a pugni chiusi, facendola sparire e facendo vibrare tutto il ripiano.

Lo vedi? Lo fa per farmi dispetto!” - esclamò, offeso, indicando la cartina vuota e la linea azzurra senza bandierina in fondo - “Unico punto al mondo dove non ho costruito un ripetitore!”

Ma sta bene?” - azzardò lei, restando un passo indietro. Una volta era andata troppo vicina allo 'Stark innervosito' e le era caduto un pezzo di carburatore sul piede - “Fino a quando ha trasmesso, il bracciale...”

Dovrebbe star bene.” - rispose l'uomo, senza darle il tempo di finire la frase, riavviando la tastiera e facendo riapparire gli schermi - “Era sotto sforzo, come se stesse scalando una montagna ma...”

Si bloccò. Si bloccò e alzò gli occhi alla mappa sopra le loro teste.

Pepper lo sbirciò, da sotto la frangia. Era ovvio che stesse scalando una montagna, era sull'Himalaya!

Ma Tony doveva aver visto qualcos'altro.

Allargò la cartina, la fissò bene. Poi batté le mani e tutto si spense.

Sta bene.” - mormorò, nella penombra dell'officina, voltandosi e passandole un braccio attorno alle spalle - “Andiamo a dormire.”

So dov'è. E so che è al sicuro.

***

Il monastero aveva le porte chiuse, come sempre. Ma Bruce sapeva che lo avevano visto salire. Probabilmente lo avevano visto anche cadere, fare un bel volo di sei metri e fermarsi su uno sperone di roccia.

Non erano intervenuti: vivere o morire faceva parte del gioco.

Ora, davanti al portone, Bruce sapeva che lo avrebbero accolto. Solo chi giungeva dalla via più dura poteva vederlo aprirsi. E non erano in molti a riuscire, narrava il suono dei cardini arrugginiti.

Pochi potevano varcare la Porta dell'Anima.

Per Bruce si trattava della seconda volta. Ma questa realtà di fatto non aveva reso la scalata meno semplice.

***

Tony non parlava mai della propria prigionia, dei tre mesi passati nel campo dei miliziani. Ma ci pensava spesso, soprattutto la notte, con gli occhi aperti e i sensi all'erta, come se, nella propria camera da letto, potessero agitarsi gli insetti e le ombre che lo avevano tormentato nelle grotte.

Non aveva quasi mai dormito per più di due ore filate. A differenza di Bruce, che sapeva stremarsi e cadere in sonni agitati ma da cui a stento si svegliava, Tony spalancava gli occhi ad ogni sussulto.

A casa usava l'alcool per ovviare il problema. O le donne. Ma, nel deserto... senza optionals...

Una notte, in isolamento, all'ennesima volta che si girava, era persino riuscito a farsi notare dal suo 'compagno di risse'. E lo ricordava ancora, mentre si tirava su, arruffato e infangato, per rifilargli uno scrollone.

Tony, hai un incubo.”

Da sveglio, però.” - aveva risposto lui, suo malgrado colpito da quella sollecitudine. Si era seduto, appoggiando la schiena al muro e piegando il collo dolorante - “Non dormo mai. Ti ho svegliato?”

Non importa.” - aveva detto Bruce, sedendosi vicino a lui - “Da quanto va avanti?”

Da sempre.” - replicò, con un sorriso - “Soffro di insonnia dalla culla, ci sono abituato. E' che qui... mi annoio.”

Bhe, sì... l'isolamento fa questo effetto.” - aveva scherzato Bruce, piegando le ginocchia e cingendole con le braccia.

Tu invece dormi ovunque.” - constatò Tony, voltandosi.

Dormo ma non è molto piacevole.”

Hai incubi?”

Chi non ne ha...” - fu la risposta, vaga. Si stava chiudendo di nuovo in sé, come suo solito.

Tony lo avrebbe rispettato, in attesa, come sempre, che smettesse di accadere. Poi si rese conto di avere una domanda, in testa, né scomoda, né insignificante che poteva porgli.

E non ti è mai successo di non averne?” - chiese.

Bruce sembrò pensarci, con molta attenzione.

Solo una volta.” - ammise, alla fine - “C'era questo monastero... in una zona del Tibet... piuttosto in alto. Avevo sentito una leggenda, riguardo al fatto che fosse visibile solo dall'Utze, il blocco centrale del monastero di Samye e che, se riuscivi a vederlo, i monaci ti avrebbero accolto tra loro.”

E tu lo hai visto?”

Non solo l'ho visto, ci sono stato.” - replicò Bruce - “La leggenda dice che puoi giungerci dalla via, come un pellegrino. Ma che i monaci ti accetteranno tra loro e divideranno con te il sapere solo se giungerai scalando una parete rocciosa che ha in cima una porta, la porta dell'Anima.”

Immagino che tu non abbia scelto di goderti il panorama.” - commentò Tony, brevemente. Era la prima volta che Bruce apriva bocca e parlava. Tanto valeva lasciarlo fare.

Ho visto tanti panorami, da quando viaggio. Ma quella volta ho pensato che... che volevo quella montagna. Volevo scalarla e vincerla. Ho pensato che, per giungere in cima, mi sarei dovuto liberare dei pesi che portavo e delle mie incertezze. E che, lassù, i monaci mi avrebbero spiegato come imparare a scindere il bene dal male, a vedere e sentire. Mi avrebbero aiutato a scegliere chi essere.

Si interruppe. E lo guardò, come se si scusasse.

Ho dormito bene la notte in cui sono arrivato. Era questo che volevo dire.”

La notte in cui hai varcato la porta dell'Anima.”

Quella notte ho capito che ero morto... e che era tempo di rinascere.”

***

Quando i due battenti si staccarono uno dall'altro, apparve un monaco. E Bruce si inchinò, posando un ginocchio a terra.

A un certo punto comprenderai che sei morto. Penserai: Sono morto, che debbo fare?” - mormorò, citando il Bardo Thodol, il libro dei morti tibetano.

E il monaco gli pose una mano sulla testa e lo invitò ad entrare.

Ti sentirai miserabile. La tua coscienza, non avendo nessun oggetto su cui soffermarsi, sarà simile a una piuma trasportata dal vento. Ti prenderà un forsennato desiderio per le esperienze sensoriali che ricordi di aver avuto nel passato, e che non puoi più avere a causa della perdita del corpo. Il desiderio di rinascita diventerà sempre più impellente. Questo desiderio ti torturerà, lo avvertirai come una sete che ti brucerà la gola come se stessi vagando... in un deserto di sabbia bollente.”

Bruce, rialzandosi, lo seguì. Sono morto. E sono qui per rinascere.

***

Il bracciale aveva smesso di trasmettere. E, cosa ben più preoccupante, Tony gli aveva mandato un impulso perché si spegnesse definitivamente.

Tony rinunciava a cercare Bruce.

Tony, si corresse Pepper, sapeva dove fosse. E aveva smesso di preoccuparsi.

Dopo, era calata una strana routine su di loro. Tony lavorava sempre a qualcosa, senza rendere partecipe nessuno. Pepper, divenuta amministratore delegato delle StarkIndustries, una domenica mattina, tra una fragola e un calice di champagne, si era ritrovata con un bel peso sulle spalle da gestire. Alfred le aveva mandato un mazzo di fiori a nome del signor Wayne, appena la nomina era uscita sui giornali. Lei aveva chiamato per ringraziarlo e per informarsi della sua salute.

Stava bene, come stava bene la WayneEnterprises nelle capaci mani di Lucius Fox. Non aveva chiesto se Tony avesse notizie di Bruce, ma Pepper gli aveva comunque detto, mentendo controvoglia, che non lo aveva perso di vista.

Forse Tony era tranquillo... ma gli altri continuavano a non esserlo.

Tranquillo o no, il signor Stark lavorava a pieno regime: la Expo si stava rivelando un capolavoro a livello mondiale e non mancava settimana in cui dai suoi saloni e dalle sue sale conferenze non uscisse qualche nuovo potenziale brevetto. Cataste di profili e progetti si accatastavano sulla scrivania di Pepper, la lista degli appuntamenti era infinita.

Tony, beatamente rintanato al piano di sotto o dentro la sua macchina sulla costa, o in qualche casinò con piscina party, le aveva lasciato tutto ben volentieri. Si accaparrava giusto la gloria, ciclicamente, recapitandole qualche genialità da mettere in produzione per l'anno successivo o prendendosi la sua gratitudine con qualche tuffo tra le lenzuola.

Insomma, tutto bene. E tutto incredibilmente lineare.

Quel primo di luglio, dunque, approfittando della sua assenza, Pepper si sedette nel salone centrale della StarkHouse. Si tolse le scarpe e piegò le ginocchia. Con un solo movimento, slegò i capelli, massaggiandosi la testa.

Jarvis... le condizioni del signor Stark.” - mormorò, stancamente, facendo apparire sullo schermo il responso clinico che, quotidianamente, Jarvis prelevava dai file criptati sul server.

Non lo chiamava mai per nome, quando doveva informarsi dell'avvelenamento da palladio che Tony, da circa due anni, le stava nascondendo. Preferiva tornare ad essere l'assistente personale con poca vita privata che la donna innamorata che era divenuta. Dopotutto, era stato il signor Stark a decidere, allora, di non renderla partecipe. Dopo, probabilmente, Tony aveva ritenuto di aver fatto una cosa giusta... e aveva continuato a tacere.

Pepper posò il mento sullo schienale del divano, guardando lo schermo. Più del mese scorso, ma meno di quello prima. Questo riaccese in lei una scintilla di speranza. Tony stava testando un nuovo reattore da qualche tempo e sembrava che funzionasse. Certo, beveva quasi tre litri di quel liquido nero, buttava giù qualche pasticca con lo scotch, ma il fegato non era ridotto peggio del solito.

Meglio di niente.

Pepper, che viveva con un insaziabile, aveva imparato ad accontentarsi. Tony era stato concepito per volare alto, divenire un puntino distante alla vista di tutti... non gli si poteva chiedere di essere diverso.

Grazie.” - sospirò, lasciando che il monitor si spegnesse. Per questa volta, pensò, non ho voglia di vedere le 'previsioni per il futuro'. Possono bastare le briciole del presente.

Ciao.” - disse Tony, apparendo all'improvviso e avanzando veloce verso la scala del laboratorio - “Ho dimenticato una sciocchezza, vado via subito.”

Ok.” - disse lei, come se nulla fosse. Per un soffio non era stata scoperta!

Chiedo scusa.” - mormorò Jarvis, nella sala - “Ha bypassato il mio sistema.”

Meriteresti di diventare una macchinetta da popcorn.” - fu la risposta della donna, lasciandosi andare sul divano e posando i piedi sul bracciolo - “Se mi scopre, dico che sei stato tu a spifferare tutto... poi ti smonto.”

Mi ritengo avvisato.”

Sarà meglio.”

Tony era riapparso, con lo stesso passo allegro. La cosa dimenticata si stava rivelando essere un bicchiere di scotch.

Indispensabile.” - commentò lei, girando la testa e guardandolo. Tony si fermò e si inclinò, per vederla in viso.

Stanca?”

Distrutta.”

Sesso?”

Dopo.”

Il telefono prese a suonare, a meno di un metro da Pepper. Lei, con aria stremata, allungò le dita, prima di lasciar cadere il braccio sul divano, come un assetato nel deserto.

Troppo faticoso.” - sospirò, per il piacere di vederlo alzare gli occhi al cielo e rispondere.

In una casa iper-tecnologica, il cordless della sala è ancora semplicemente un cordless. Divertente...” - commentò, prima di accettare la chiamata - “Qui parla Tony, il maggiordomo del signor Stark, in cosa possiamo esserle utile? Ah, ciao...”

Pepper, che aveva chiuso gli occhi, si perse la sua espressione.

Ma non riuscì a farsi sfuggire la riposta.

Va benissimo.” - stava giusto dicendo Tony, guardando l'orologio - “Posso essere lì in sei ore. Ah, Junior... sii puntuale.

Waiting in the half-light.

Waiting through your whole life.

Waiting for an ideal, a low deal, a no deal.

(The Devlins, Waiting)

In attesa nella penombra. In attesa attraverso tutta la vita. In attesa di un ideale, un misero affare, nessun accordo.

(1 luglio 2013)

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Capitolo 5
*** 1.5 Sanctuary ***


EPISODIO 5/13 - (spoiler alla lettura)

http://www.youtube.com/watch?v=3xK_GwbBbAE&list=PLB1F21203D1E4126E&index=16

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1.5 Sanctuary

The world keeps trying, to drag me down

Ive gotta raise my hands to stand my ground

Well I say, Have A Nice Day

(J.BonJovi - Have a Nice Day)

Il mondo continua a provare, a trascinarmi giù Devo sollevare le mani per non perdere terreno Beh, dico Buona giornata

Aveva i capelli corti, la barba fatta e l'aria incredibilmente sana.

Tony in cima alla scaletta, lo squadrò ben bene, mettendosi le mani in tasca.

Non hai il mio innato charme, ma sei meglio di quanto credessi.” - comunicò.

Bruce gli sorrise, incassando la prima frecciata e preparandosi alla seconda.

Hai le pulci?

Questa volta no.”

Pidocchi? Scabbia? Qualche malattia di cui dovrei preoccuparmi?”

No.” - rispose Bruce, restando immobile sulla pista.

Scendo a controllarti la testa.” - dichiarò Tony, percorrendo la scaletta con passo atletico. Si chiuse la giacca, prese un'aria professionale, gli fece un giro intorno - “Sì, mi sembri abbastanza pulito.”

Grazie.” - Bruce si girò, guardandolo fisso negli occhi - “Permesso di salire a bordo?”

Concesso. Nemmeno una piattola? Sicuro?”

***

Erano atterrati nel cuore della notte. Ma c'era Pepper sulla pista ad aspettarli. Tony la vide mentre l'aereo era ancora in fase di manovra.

Si girò e posò una mano sulla spalla di Bruce.

Andiamo...” - sussurrò, piegandosi - “C'è una tua fan sulla pista...”

Arrivo.” - sospirò Bruce, senza svegliarsi. Sognava suo padre. Suo padre, che gli faceva sentire il battito del suo cuore - “Ancora un attimo...”

Tony sorrise, indulgente, rimettendosi la giacca. Aveva dormito tutto il volo, minuto più, minuto meno.

Tony... non te ne andare...”

Si bloccò e tornò indietro, aggiustandosi un polsino. Niente, dormiva. Nel sogno, suo padre lo stava salutando. E c'era Tony sulla porta. Tony gli voltava le spalle.

Non te ne andare...”

Bruce...” - adesso la mano sulla spalla fu più decisa, quasi uno scrollone. Ma Tony si sedette sul divanetto, per non incombere - “Adesso stai avendo un incubo. Non sto andando da nessuna parte.”

Bruce si svegliò di soprassalto e Tony lo lasciò andare.

Credo che siano appena finiti i benefici soporiferi della porta dell'Anima.” - commentò.

Credo anche io.” - rispose Bruce, rendendosi conto di essere in un bagno di sudore.

***

Quando scese dall'aereo, era di nuovo se stesso, il se stesso sorridente recuperato in Nepal. E Pepper gli corse incontro, saltandogli letteralmente in braccio.

E io?” - Tony si fermò di botto e spalancò le braccia - “E io?”

Dopo, Tony, dopo.” - replicò lei. Stringeva le braccia attorno al collo di Bruce e, per essere certa della presa, aveva sollevato i piedi - “Stupido, stupido, emotivo miliardario idealista...”

Due volte stupido.” - sottolineò Tony, alzando due dita in segno di vittoria e sventolandole sotto il naso dell'altro - “Io una. Bruce 2 - Tony 1... Tony vince.”

Ok, ok, ho capito che sto esagerando.” - sottolineò a quel punto Pepper, staccandosi e ricomponendosi. Aveva gli occhi lucidi - “E' che sono... insomma... oh, che diamine.”

Si asciugò un occhio, guardando per aria. Bruce le teneva le mani sulle spalle e si piegava per guardarla, per attirare la sua attenzione.

Signorina Potts, lei sta diventando emotiva...” - sussurrò. Sembrava un ragazzino, era magro e sorridente - “Su, così finirà con lo spaventarci...”

O farmi scappare a gambe levate...”

Oh, Tony, ti prego!” - sbottò lei, tornando finalmente padrona di se stessa - “Bruce, ho una sorpresa per te. Lo so che è tardi ma...”

C'era un uomo, fermo, vicino alla berlina nera. Dritto come una lancia. In attesa, come sempre.

Alfred.” - mormorò Bruce. E, quando si mosse verso di lui, deciso, Tony prese per mano Pepper.

***

Bruce Wayne il Ritorno parte II: i giornali, indubbiamente, ci stavano mettendo un pizzico di sarcasmo. Tony lo leggeva dai monitor, Pepper nella cara vecchia versione cartacea, ma la sostanza non cambiava.

Il figliol prodigo...

L'uomo provato...

Il miliardario eclettico...

Fossi in lui...” - commentò Tony, la mattina in cui furono costretti ad andare a Gotham per un consiglio d'amministrazione speciale - “...sparirei di nuovo.”

Sarcasmo a parte, alla WayneEnterprises si stava facendo, come al solito, di un fiammifero un incendio: gli azionisti guardavano la borsa oscillare e gridavano come arpie. Mesi di stabilità, nemmeno il movimento di una foglia e ora... anni di studi, bilanci, sottile diplomazia e ora... la versione del 'e ora...' finiva sempre con l'incredulità generale espressa in varie forme ma eguale nel concetto: come poteva Bruce Wayne, senza muovere un dito, provocare un infarto ai grafici finanziari?

Risultato? Riunione!

Come se non bastasse, se Bruce Wayne dominava solo le pagine da sette a nove, era perché da tre a cinque si parlava di Batman.

La prima era divisa equamente tra le due foto, la seconda era per il Joker.

Questa edizione è inquietante.” - sospirò Pepper, quando si sedettero in macchina, aprendo la propria copia.

Mezzo profilo di Bruce, mezzo di Batman.

E' inquietante che mettano assieme i pezzi e non vedano comunque.” - replicò Tony, zoomando la foto con il tablet.

Forse non lo fanno perché 'qualcuno'...” - Pepper aveva il dono di calcare e rendere molto grandi le lettere che contavano - “... in questi mesi ha giocato all'uomo pipistrello.”

Deve essere un 'qualcuno'...” - anche Tony non scherzava, quando si trattava di mettere l'accento sulle Q - “...davvero molto in gamba, se lo fa senza nemmeno muoversi da casa.”

In effetti, pur non sbilanciandosi, Tony era parecchio soddisfatto del proprio operato: nei mesi in cui Bruce si era dato alla macchia, aveva approfittato della sua assenza per giocare un poco con l'attrezzatura rimasta a impolverarsi alla WayneTower.

Lucius Fox non aveva fatto molti commenti e Stark, grato della discrezione, aveva reso definitivo il mostro informatico dello scantinato.

Il pover'uomo, un tempo tormentato da Stark Senior, aveva sorriso, con un poco di rassegnazione.

Non si illuderà anche che io impari ad usarlo...” - aveva sospirato.

L'importante è che non provi a smontarlo per vedere come è fatto dentro. Altrimenti sarò costretto a ucciderla.” - aveva risposto Tony, emergendo da sotto la scrivania con un tronchese e delle schede madre - “E ora, Lucius, la porto a fare un giro sull'ottovolante.”

Aveva avviato il sistema ed era apparso di tutto.

Poi era calato il buio.

Black-out totale su Gotham.

Avevo capito ottovolante... non trenino dell'orrore.” - aveva sospirato Lucius, in piena oscurità.

La prego non faccia sarcasmo. Sto pensando.”

Black-out a parte, Tony aveva disseminato il mondo di immagini di Bruce Wayne in vacanza e ologrammi radiocomandati di Batman in città. Aveva portato la realtà virtuale a un livello estremo, facendo apparire testimoni sia per l'uno che per l'altro.

Poi, il vero tocco di classe: Alfred aveva spedito il brigantino di Bruce alle Antille e Batman, in contemporanea, aveva consegnato alla polizia un pentito in vena di parlare.

Ecco, a questo punto, Pepper aveva cominciato ad avere qualche sospetto.

La consegna del pentito non era stata virtuale.

Probabilmente, Tony aveva sperato che si confondesse nel mare di bugie che stava creando ma... ma Pepper aveva ugualmente capito.

E, ora, il quesito iniziava a infastidirla. Che cosa stava combinando Tony?

***

In sintesi...” - concluse Tony, guardando il consiglio riunito innanzi a lui - “... le StarkIndustries sperano che questo rinnovo della collaborazione tra le nostre industrie contribuisca in modo considerevole al miglioramento, non sono a livello locale ma anche a livello mondiale. Grazie a tutti.”

Pepper tirò un sospiro di sollievo: in macchina, Tony aveva ripetuto due volte il discorso, per convincersi che poteva dire quelle insulsaggini con aria convincente e, entrambe le volte, era caduto sul finale: “Grazie a tutti, manica di imbecilli” e “Grazie a tutti, mamelucchi che non siete altro.”

Era un piacere sentire che, al debutto, si era ricreduto... almeno a parole, si intende.

Perché lo sguardo era decisamente omicida. Del resto...

Il signor Wayne vuole dire qualcosa?” - stava giusto aggiungendo Tony, con lingua biforcuta.

Appunto. Pepper alzò gli occhi al cielo mentre tutto il consiglio si voltava all'unisono.

Bruce dormiva in poltrona. E della grossa.

***

Sono stato in giro tutta la notte...” - sbadigliò Bruce, poco dopo, mentre si avviavano vero l'ufficio - “Cerca di capirmi....”

Io capisco che sono qui a salvarti il posteriore, Junior, e tu dormi.” - replicò Tony, mentre aprivano insieme il doppio battente dell'ufficio - “Non puoi dire nulla in tua discolpa.”

Perchè non devo discolparmi. Sono dei barbagianni noiosi, non li reggo.”

Nemmeno io, se è per questo. E, di questi tempi, reggo sia i tuoi che i miei. Ma mi hai preso per il tuo amato Dalai Lama?”

Sei più basso.”

Pepper ebbe l'impressione di non saper più fare altro che alzare gli occhi al cielo. Camminava dietro di loro compostamente, la cartelletta tra le mani, ben salda per resistere all'impulso di usarla sulle loro teste.

Tony aveva tenuto un discorsetto rassicurante... Bruce aveva dormito... e, entro sera, lei avrebbe fornito i memorandum a tutti, firmato tutti i contratti, parlato con tre finanziatori, sei azionisti di minoranza, due possibili partner e con il responsabile dello smaltimento scorie nucleari.

Lucius Fox, al suo fianco, le batté gentilmente una mano sulla spalla e deviò, in direzione del proprio ufficio: anche lui aveva un bel carico di grane da digerire e poco tempo per ascoltare le 'prime donne'.

Qualcuno aveva lasciato l'edizione del mattino sulla scrivania di Bruce. E l'uomo la sollevò, guardando il due volte se stesso.

Però!” - commentò, contemplandosi - “E non si accorgono di niente?”

Stessa cosa che dico io.” - concordò Tony, lasciandosi andare sul divano - “Siamo proprio in gamba, una vera squadra.”

Una vera squadra...” - ripetè Bruce, con tono pensieroso. Sulla seconda pagina, il Joker minacciava e tirava le somme dei mesi in cui era stato libero di muoversi - “Quanto è brutta la situazione?”

E' brutta.” - ammise, con candore, Tony - “E noi non siamo organizzati.”

Vorrà dire che ci organizzeremo.” - Bruce chiuse il giornale e lo lasciò cadere sul tavolo - “Ora devo andare, ho un paio di cose di cui devo occuparmi. Tu? Conferenza stampa?”

Sono pronto.” - Tony era già in piedi, con i cartoncini tra i denti e Pepper che gli aggiustava la giacca - “Vado e li metto tutti a posto.”

Non fare danni...” - gli urlò dietro Bruce, guardandolo marciare con passo bellicoso verso l'ascensore.

E tu non addormentarti di nuovo.” - fu la risposta.

Pepper stava raccogliendo le ultime cose sparse per l'ufficio. Andandosene, gli carezzò il braccio e gli baciò una guancia.

Non fare danni nemmeno tu.” - sussurrò, gentilmente.

Rimasto solo, Bruce riaprì il giornale e fissò la foto del Joker.

E lo sguardo gli divenne di pietra.

***

Per Rachel avevano scelto una lapide bianca, quasi opalina.

Dent vi aveva fatto incidere tutto il suo amore.

Ma a Bruce non importava. Erano parole nella pietra, nient'altro. E lui aveva imparato che anche le pietre potevano bruciare e svanire, divenire cenere.

C'erano fiori freschi, a terra. Bruce li scostò appena, smuovendo il terreno con le dita.

Ti ho portato una cosa...” - sussurrò, lasciando cadere alcuni semi nel piccolo scavo - “Sono fiori che crescono sulle pendici dell'Himalaya. Servono ad amplificare i sogni.”

Si sporse, posando un bacio sul profilo in pietra.

Spero che tu stia sognando di noi, Rachel. Io lo faccio, ogni notte.” - aggiunse - “E talvolta indosso una maschera, talvolta no... ma tu mi ami comunque. E mi sorridi sempre, come quando eravamo bambini. Mi manchi. Mi manchi di più ogni giorno che passa.”

Chiuse gli occhi e posò la tempia laddove aveva posto un bacio.

Non ti vendicherò, hai la mia parola. Ma non chiedermi di dimenticare.”

***

Le macerie di WayneManor erano spuntoni neri levati al cielo. Non c'era nessun cantiere, nessun tentativo di ricostruire qualcosa. Non si era salvato nulla. Solo brandelli che non significavano niente.

Bruce camminò lentamente, a caccia di qualcosa di riconoscibile. Lo aveva già fatto, la mattina che era fuggito. Aveva vagato come un fantasma sulle ceneri della sua famiglia, a caccia di memoria, di qualcosa che ancora lo legasse a quel disastro.

Aveva riconosciuto alcuni oggetti... li aveva lasciati dov'erano. Aveva scavato, cercando la bilancia che Rachel aveva stretto in mano, invano. Aveva ritrovato lo stetoscopio e ancora rimpiangeva che fosse successo: da allora non aveva più smesso di sognare suo padre, a volte come era, a volte come pensava lo giudicasse.

Ora... si fermò, guardando il paesaggio. Avrebbe ricostruito, anche se non significava nulla per lui.

Avrebbe ricostruito per coloro che se ne erano andati e per coloro che sarebbero venuti.

E, per il resto... il vento avrebbe portato lontano la cenere.

***

Fu discendendo la grande scalinata di pietra che Bruce comprese che gli restava un'ultima cosa da fare. Deviò, strappando le sterpaglie e disseppellì uno dei vecchi pozzi in pietra.

Lo ricordava peggiore, più ripido.. ma, del resto, volandoci dentro da bambino non poteva sembrare differente.

Si lasciò scivolare, senza preoccuparsi dello stato in cui avrebbe ridotto i vestiti. Scivolò fino al fondo, fino a toccare con i piedi un vecchio muro costruito a secco.

Assestò un colpo e lo guardò crollare, senza che gli passasse per la testa che poteva rimanerci seppellito sotto. Si piegò, intrufolandosi e, quando emerse dall'altro lato, i pipistrelli lo investirono, come in centinaia di incubi già vissuti.

Il primo istinto fu quello di sempre. Si rannicchiò su se stesso, proteggendosi la testa.

Poi comprese, in quel battito d'ali. Sentì la loro paura, sentì l'aria divenire densa, il fiato più corto... Il loro? No, il proprio.

E si raddrizzò.

Loro hanno paura di te...

Lo so, papà. Loro sentono la mia stessa paura.

Loro ed io siamo simili.

Si rese conto di avere gli occhi chiusi, le braccia strette al torace. E le distese.

Poi aprì gli occhi.

Perché, un tempo, Rachel aveva detto che era dovere degli uomini farlo.

Gli uomini devono aprire gli occhi. Vedere, per la giustizia.

E, nell'attimo in cui lo fece, nell'attimo in cui spalancò gli occhi... fu armonia.

***

Grotte.”

Grotte.” - confermò Bruce. Stava in piedi tra le macchine smontate, sporco, lacero e inguardabile - “Grotte fino alle porte di Gotham. Una vecchia ferrovia sotterranea.”

Grotte.” - ripetè Tony, restando seduto sul pneumatico della sua amata Ford Flathead del '32.

E cascate. Qualche pipistrello qua e là.”

E tu fai speleologia con un cappotto di cashmere addosso?”

E' solo un cappotto.” - replicò lui, allegramente.

Ci risiamo, pensò Tony... dormire senza cuscino, digiunare, scrivere per terra, gettare tutto ovunque, niente consumismo... ora, noncuranza per i vestiti. Sindrome del prigioniero.

E, dimmi...” - chiese, con aria paziente - “Per quale motivo grotte, cascate e pipistrelli ti devono far correre fin qui senza passare dalla doccia?”

Le grotte arrivano fino alle porte di Gotham. E rispuntano in una zona magazzini che mi appartiene.”

Bene. Quindi?”

Quindi sono perfette.”

Felice che lo siano. Perfette per cosa?”

Il sorriso di Bruce si accentuò. E altro muschio cadde dal suo cappotto sulle cromature lucide che lo circondavano.

Saremmo sotto un generatore elettrico...” - aggiunse, senza rispondere alla domanda.

Adesso Tony cominciava a capire.

Un generatore...”

... che la WayneEnterprises ha appena ammodernato..”

Vai avanti.”

... i capannoni hanno un livello interrato rivestito a isolante... e dei montacarichi...”

Montacarichi...”

Perimetro a telecamere e ripetitore a meno di un chilometro. Parabola...”

Va bene, non dire altro, mi hai convinto.” - lo interruppe Tony. Si alzò e si avviò - “Andiamo a vedere.”

***

Grotte?” - Pepper aveva gli occhi fuori dalle orbite - “Come sarebbe a dire grotte!”

Grotte, cara, grotte.” - confermò Tony, versandosi da bere. Era sporco come Bruce se non di più - “Belle, con tanto di cascata. E ci sono gallerie fino a WayneManor, pensa! Chissà come si divertivano gli antenati di Bruce!”

Non oso nemmeno immaginarlo.” - Pepper fissava le impronte di fango tutte intorno al carrello dei liquori. Si sentiva... orripilata.

Non posso continuare a tenere i miei giocattoli sotto la WayneTower, non è abbastanza sicura ed è un problema uscirne senza essere visti.” - spiegò Bruce. Per evitare di spargere altro terriccio in giro, si era seduto a sgocciolare su uno sgabello e mangiava un frutto prelevato dall'elaborata composizione al centro del bancone - “Ieri notte è stato più difficile uscire di casa che far saltare in aria il covo di Ducard.”

Seguì un rumore di cocci. A Tony era partita di mano una bottiglia di cristallo.

Si voltò, aprì la bocca e... e ne uscì la voce di Pepper.

Tu hai fatto cosa?”

Bruce si bloccò. E inghiottì il boccone che stava masticando.

Ho fatto quello che faccio di solito.” - rispose, perplesso - “Cioè, quello che faccio di solito quando non sono io ma Batman...”

Bruce, noi stiamo cercando Ducard da quando ha mandato a fuoco casa tua... mi dici come facevi a sapere dove trovarlo?”

Lo conosco bene. E poi ho letto questo.” - c'era la copia del giornale del mattino precedente sul tavolo sotto quella nuova - “A pagina nove... dove si smette di parlare di me.”

In effetti, dove finivano le foto di Bruce, Batman e affini, c'era un articolo riferito ad un furto al porto. Un container risultava scomparso, ancora ignoto il contenuto.

Non so cosa ci fosse dentro, ma sapevo da dove proveniva e il nome della nave, quindi ho fatto qualche ricerca.” - spiegò Bruce, ad entrambi - “E ho scoperto il nome della nave attraccata al molo a fianco. Ora, Ducard si è sempre vantato dell'importanza di storia e mitologia presso la setta. Un peschereccio di nome Briareo era sospetto, non credi?”

Lo aveva chiesto, rivolgendosi direttamente a Tony. E questi annuì.

Uno degli uccisori dei titani, nutrito ad ambrosia da Zeus.” - annuì, sorprendendo Pepper, come sempre - “Sospetto, te lo concedo.”

Il peschereccio risulta essere di una società di copertura con alcune proprietà in città. E una di queste si trova in pieno centro, vista WayneTower. E, a dirla tutta, vista retro... dove si diramano i condotti e parte la metropolitana.”

Dalla WayneTower, in effetti, ragionò Tony, si alimentava tutto: acqua, energia, gas.. persino i mezzi pubblici, in un intricato gioco di scambi e ricicli interni, per ottimizzare. Lo aveva progettato suo padre per Thomas Wayne e Tony, ai tempi della scuola, quando era ancora un idealista e non l'erede dell'impero Stark, aveva scritto un saggio a riguardo.

Perfetto per studiare il prossimo punto in cui colpire.”

E' quello che ho pensato anche io.” - ammise Bruce - “Ducard è ossessionato da sempre con la decadenza. Per lui, Gotham è come Costantinopoli, Roma, Londra... è una città che deve cadere per poter risorgere. E, se vuoi essere certo, devi colpire al cuore.”

E' terribile.” - mormorò Pepper, sedendosi. Non le importava più di impronte e fango.

E' realistico.” - la corresse Tony, serio - “Dobbiamo levare la BatCaverna da là sotto. E in fretta. L'appartamento di Ducard? Che ne hai fatto?”

Edizione di oggi, pagina dieci. Lui, comunque, se ne era andato.” - rispose Bruce.

Come sempre, l'articolo era dove finivano di parlare di Wayne il miliardario.

Fuga di gas in centro, recitava il titolo. Palazzo in fiamme.

Per una volta sei stato discreto... mica come quando hai distrutto l'autostrada...”

Sto cercando di non farmi notare. Con tutto quello che si è fatto vedere Batman mentre non c'ero...” - ribattè Bruce, incolore. Tony fece finta di non aver sentito.

***

Tony Stark fissò ufficialmente appuntamento con Lucius Fox per la mattina successiva. Si incontrarono nella hall, presero insieme l'ascensore e, al posto di salire, scesero direttamente nei sotterranei.

Qui, Tony gli lesse la lista della spesa.

Quando arrivò alla voce 'martello pneumatico', il signor Fox alzò una mano e lo interruppe.

Mi ha preso per un'impresa edile?” - domandò, con quel suo solito mezzo sorriso.

Mi ha preso per un manovale?” - rispose Tony, con aria impassibile. La verità era che non vedeva l'ora di giocarci, non ne aveva mai avuto uno - “Stavamo dicendo...”

L'elenco era proseguito. A mezzogiorno, era arrivato un camion. All'una, tutta la merce era stata caricata e Lucius si era avvicinato a Stark, che supervisionava i lavori.

Tony, so che non è un manovale...” - aveva esordito, con fare compassato. Poi gli aveva indicato un attrezzo, in un angolo - “Ma mi farebbe piacere regalarle quello...”

Tony si era sporto, quanto bastava per inquadrare l'oggetto. Poi si era illuminato.

Davvero posso averlo?” - aveva chiesto, con un sorriso enorme.

***

Il regalo di Lucius era servito ad inaugurare i lavori: Tony, armato di mazzuolo e occhiali protettivi, aveva aperto una porta tra il seminterrato del magazzino e le grotte.

E lo aveva fatto con un gusto tale che Bruce non aveva osato aiutarlo per paura di togliergli il divertimento.

Poi, si erano divisi i lavori: Bruce, che tendeva a non cadere ad ogni variazione di terreno e aveva competenze da scalatore, si sarebbe occupato di allacciare le lampade delle miniere all'impianto centrale; Tony, che non aveva mai avuto i giochi da 'piccolo carpentiere' da bambino, avrebbe deciso quali muri salvare e quali togliere. Dopo, sarebbe passato al cablaggio e alle cose serie.

Guarda caso, per cablare gli era servito il martello pneumatico.

Il signor Stark mi sembra particolarmente di buonumore, oggi...” - commentò Alfred, due giorni dopo, quando il soffitto cominciò a piovere su di loro e, a seguire, chilometri di cavi cominciarono a essere lanciati giù.

Credo che il signor Stark sia uno incapace di stare con le mani in mano.” - commentò Bruce, affiancando il maggiordomo. Alfred, per non sbagliare, aveva allestito un buffet nelle grotte, dove il terreno non franava e bastava qualche passo da canguro per raggiungere i magazzini. Impossibile sapere come avesse portato giù due sedie, un tavolo pieghevole e un cestino di vimini.

In questo, assomiglia molto al signor Howie.” - disse Alfred, porgendogli un bicchiere di the freddo, mentre contemplava la pioggia di cavi.

Papà lo chiamava così...” - rispose Bruce, sovrappensiero.

Suo padre gli voleva molto bene. Era un amico, un amico sincero. L'avrebbe adottata, lo sapeva?”

Sono contento che non l'abbia fatto. Avere Tony per fratello mi avrebbe rovinato il carattere” - replicò Bruce. Poi guardò l'uomo, di traverso - “E poi, tu ed io ce la siamo cavata bene, vero, Alfred?”

Discretamente. Mi spiace solo aver fallito in una cosa.”

Che cosa?” - amo i giochi pericolosi, cado sempre in testa, continuo a giocare a guardia e ladri, lascio in giro i vestiti, vivo a piedi nudi... scegli pure...

Lei continua ad avere il vizio scappare di casa.”

Bruce, che stava bevendo, si strozzò e si piegò, tossendo e ridendo insieme.

Ma, Alfred... devi ammettere che torno sempre!”

Gradirei di più che smettesse di farlo. Sono vecchio per certi stress.” - rispose l'uomo, ampolloso. Poi sollevò la caraffa, come se si trovassero a Buckingham Palace - “Ancora the?”

***

Le luci si erano accese al primo colpo. Bruce ne era stato piuttosto fiero: lampadine montate.

La sua fierezza aveva presto conosciuto una battuta d'arresto. Al piano di sopra, nel tempo servito a lui per lampade e fili, Tony aveva fatto un lavoro mastodontico.

Cavi, canaline, allacciamenti ad alternatori, amplificatori, generatori e chi più ne ha più ne metta. Bruce non era nemmeno certo di conoscere tutta quella tecnologia ma Tony, in mezzo al caos, sembrava l'uomo più felice del mondo.

Cena fuori?” - domandò, strofinandosi le mani. Aveva lubrificante ovunque - “Domani montiamo i pannelli e...”

Tony, domani è domani.” - tagliò corto Bruce, levandosi di dosso l'imbracatura da arrampicata con cui aveva lavorato tutto il pomeriggio - “E, quanto alla cena...”

La signorina Potts per lei, signore.” - disse Alfred, a quel punto, passando un telefono a Bruce.

La signorina Potts?” - fece eco Tony. E, a seguire, ancora più offeso - “E perché il cellulare ti funziona? Dovremmo essere schermati!”

Direi che non lo siamo.” - commentò Bruce, sentendosi tutto sommato meglio. Aveva montato solo lampadine, certo, ma almeno funzionavano tutte! - “Ciao, Pepper, dimmi. Si, è qui.”

Abbassò il cellulare guardando Tony.

Il tuo cellulare non prende.” - gli spiegò, con aria commiseratoria - “Ti sei schermato troppo bene... genio. No, Pepper, stavo parlando con Tony. Vuoi che te lo passi?”

In effetti voleva.

E non aveva torto.

***

L'oggetto rubato al molo poteva essere un problema. Un problema che ne generava un altro.

E poi un altro.

Una Bomba prodotta da noi.” - Pepper non aveva trovato altro modo per dirlo - “E venduta regolarmente.”

Era seduta nel salone dell'appartamento di Bruce in cima alla WayneTower. Quando aveva telefonato era già per strada. L'avevano già chiamata tutti, dalle sicurezza nazionale allo Shield passando per un certo numero di aziende governative.

E io continuo a non aver capito cosa significhi quella sigla. Shield.” - commentò Bruce, come se fosse la parte più importante di ciò che aveva sentito.

Lascia perdere la sigla, non è quello il punto.” - Pepper era seduta in mezzo a due cellulari. E suonavano entrambi, senza sosta, da quando era arrivata - “Quella bomba è stata prodotta da noi perché c'è una fabbrica che non ha mai smesso di produrre le armi, da qualche parte, in Oriente! E, quel che è peggio, stanno ancora vendendo.”

Ti ho sentito.” - rispose Tony. Stava in piedi, al centro stanza e, 'ufficialmente', stava bevendo un integratore. Era la prima volta che lo faceva in pubblico e Pepper si domandò quando sarebbero riusciti ad affrontare quel discorso.

Quando, per l'esattezza, avrebbero avuto un momento per parlare del fatto che stesse morendo, senza squilibrati, morti, incendi, missioni, collassi economici, tradimenti, fughe e reni schiacciati.

Bhe, forse un momento valeva l'altro!

Tony...”- esordì. E Tony la interruppe.

Se lo stanno facendo è perché hanno avuto un'autorizzazione con un codice amministrativo valido.” - disse - “Controlla. Mi gioco la testa che sia uno di Obadiah.”

Non è possibile.” - rispose lei, accedendo comunque alla banda data della StarkIndustries e verificando - “Li ho bloccati tutti, non ne esiste uno...”

Invece esiste. Non lo vedi perché non dovrebbe esistere. Pensa, Pepper... il pomeriggio in cui Obie mi ha rubato il reattore, dove eravate tu e Bruce?”

Andavamo alla StarksInd...” - rispose per lei Bruce. Era in piedi, al fianco di Tony. E, quando incombevano così su di lei, Pepper si sentiva microscopica.

Tony fece il giro del tavolo, appropriandosi del computer senza tanti complimenti.

Siete corsi agli stabilimenti perché qualcuno era entrato con il suo badge. Qualcuno, non lui. Avete pensato ad un falso allarme e siete tornati indietro lasciando a Happy il problema della violazione... ma se non si fosse trattato di una semplice provocazione?”

Il computer emise un suono. Tony girò lo schermo nuovamente verso di lei.

Un codice amministrativo è stato generato a mio nome il giorno del blocco di quelli di Stane. Fa parte delle procedure di sicurezza o sbaglio?” - domandò - “Inseriamo i vecchi e ne generiamo di nuovi proprio per evitare le intrusioni. Lui lo sapeva e sapeva come aggirare l'ostacolo.”

Quindi, Stane ha una fabbrica che gli sta producendo armi...”

La blocco immediatamente.” - comunicò Pepper, afferrando un cellulare. La mano di Tony, sulla sua, fu un chiaro veto a farlo.

Non ancora.” - disse. Poi alzò gli occhi verso Bruce - “Pazientiamo e stringiamo la rete poco alla volta. Vediamo cosa salta fuori.”

Era una buona idea. Ma Pepper ebbe l'impressione che Tony avesse un altro piano in mente.

***

Avere un codice di Tony attivo e non verificato era cosa normale alle StarkIndustries. Da sempre, paradossalmente, con i suoi segreti e la sua abitudine a stupire tutti sul finale nascondendo i passaggi intermedi, Tony era la più grande falla del sistema.

I codici di Tony erano solitamente due, uno per i propri affari e uno per quelli di cui rendere conto al consiglio d'amministrazione. Obie si era limitato a emularlo e a crearne uno nuovo, differente di una sola cifra, per fare i propri comodi.

Poi, in piena crisi, mentre Pepper bloccava da un terminale, qualcuno si era servito da un altro, in un banalissimo gioco di copia-incolla.

Ok. Diciamo che è andata così.” - disse Bruce, quando Pepper e Tony, in uno scambio serrato di termini tecnici giunsero a questa conclusione e tradussero per lui in una lingua comprensibile - “A questo punto dovremmo chiederci quanti giocatori ci sono.”

Ha ragione. Non è un lavoro da tirapiedi.” - concordò Tony, restando seduto a capotavola, quasi disteso sotto al tavolo - “Il badge nell'ingresso per provocare, nessuna impronta, un codice che salta fuori ora... sappiamo da quanto lo stanno usando?”

Non più di sei mesi. Hanno avuto pazienza...”

Poco prima dell'incendio...”

E contemporaneamente alla comparsa del Joker.” - ormai si passavano il ragionamento come una pallina da ping pong - “Ma l'intrusione non è nel suo stile.”

No, non lo è.” - confermò Tony. Poi alzò gli occhi verso la donna - “Pepper, penso che dovremo fare quello che di solito non vuoi fare.”

Oh, Tony...” - Pepper sentì che era un bene essere seduta... altrimenti sarebbe franata a terra - “Non puoi chiedermelo proprio ora... con la Expo e tutto il resto.”

Dobbiamo fare il controllo della produzione mondiale.” - rispose lui, insensibile al dolore che trapelava da lei - “Ma non prima di trentasei ore.”

E, questo, era più assurdo di ciò che aveva appena detto.

Perchè vuoi attendere?”

Perchè dobbiamo essere discreti. E calmi.” - rispose lui. Ma aveva di nuovo quell'espressione, quella di poco prima - “Partiamo dalla bomba, intanto. Perché risulta rubata se è stata venduta?”

***

Di dormire non se ne parlava: Tony aveva deciso di restare in città e, nel cuore della notte, aveva capito che girarsi in un letto non era cosa adatta a lui.

Era sceso in strada e se ne era tornato al cantiere di Bruce, a finire di sistemare ciò che avevano lasciato di interrotto quel pomeriggio. Stava ancora lavorando allo schermaggio delle onde quando una voce lo aveva fatto sobbalzare.

Una voce roca, più profonda del necessario.

Ancora l'insonnia?”

Tony era emerso da sotto un pannello e si era appoggiato all'enorme tubo in cui correvano chilometri e chilometri di fibra.

Batman sostava, inginocchiato in bilico su uno dei montanti.

Pure tu non scherzi.” - commentò Tony, giocherellando con un cacciavite e una chiave - “Cosa ci fai qui?”

Batman si tolse la maschera ed emerse un Bruce arruffato e sudaticcio.

Non riuscivo a dormire.” - ripose, ravviandosi i capelli e aprendo la corazza - “Troppe idee per la testa. Ho fatto un giro.”

E io che pensavo fossi sonnambulo...” - Tony era tornato a sedersi per terra, davanti all'enorme scheda che stava allacciando - “Scoperto qualcosa di interessante?”

Non molto. Ho escluso qualcuno, se mai...”

Sempre meglio di niente.”

E tirato nel giardino di Gordon ancora un po' di spazzatura.”

Deve essere terribilmente contento di averti come alleato. Con tutte le rogne che gli rifili...” - smise per un attimo di saldare e alzò la testa. Bruce, messo spogliato e mezzo Batman, si era affacciato sopra la tubatura - “Non mi hai mai detto perché lui.”

Perchè è un brav'uomo.”

Ok, come risposta ci sta. Ma tu come facevi a sapere che lo era?”

Bruce soppesò la domanda. E Tony, sentendo il silenzio prolungarsi, smise di nuovo di saldare, alzò la testa e attese.

Si è occupato dell'indagine dei miei.”

Gestiva il caso?”

No, era un poliziotto di pattuglia. Non è stato nemmeno uno dei primi ad arrivare ma...” - Bruce si passò una mano tra i capelli, tirandoli indietro. Non guardava Tony negli occhi, vedeva altro - “Sono arrivati prima i giornalisti, quella notte...”

Adesso il saldatore andava posato. Tony lo mise in sicurezza e si voltò verso l'uomo.

Erano tutti davanti al teatro e... e poi uno di loro ha dato l'allarme ed è arrivata la polizia. Io stavo lì, in piedi, vicino ai miei e... e loro fotografavano, senza fare nulla per salvarli. Erano morti e io non sapevo cosa fare.”

Tony aveva visto le foto. Le aveva viste allora e, con regolarità, le rivedeva sui giornali, in rete, ovunque. Bruce Wayne, bambino, in piedi tra i corpi dei genitori, aveva fatto il giro del mondo ed era divenuto il simbolo dell'innocenza spezzata.

E, da quel momento, non lo avevano mai più lasciato in pace.

Bruce si era zittito.

Gordon mi ha portato via.” - disse, ad un certo punto, tirando su con il naso con fare deciso - “Ha detto loro di lasciarmi stare, mi ha portato in centrale e... io avevo il cappotto di mio padre in mano e lui... lui me lo ha messo sulle spalle. Per questo so che è una brava persona. Non ce ne sono molte in giro.”

Già...” - Tony non commentò quello che l'uomo aveva raccontato. Lo conosceva abbastanza da sapere che non avrebbe apprezzato.

Vado a levarmi questa roba e vengo ad aiutarti.” - stava giusto dicendo.

Ottima idea. Ah, Bruce...” - ripose Tony, abbassando lo sguardo e aumentando la temperatura del saldatore - “Anche tu sei una brava persona. Tienilo a mente.”

Bruce si avviò, senza commentare.

Anzi, no! Bruce!”

A quell'urlo si voltò, interrogativo.

Anzi no, non sono una brava persona?” - domandò, perplesso.

Tony stava passando sotto il tubo e gli stava venendo incontro.

Anzi no non levarti il kevlar.” - rispose l'altro, rifilandogli una pacca sul pettorale in gomma - “Scendiamo a dare un'occhiata alle miniere... io prendo la tua attrezzatura da scalata.”

***

Tony era uno che imparava in fretta. Bruce gli spiegò alcuni rudimenti di scalata e saltarono dritti alla pratica.

Bruce saliva, fissando le corde di sicurezza. Dietro, tra mugugni e sbuffi, si arrampicava Tony.

Non dirmi che davvero ti piace.”

Eccome se mi piace.” - rispondeva Bruce, allegramente, salendo senza fune e a mani nude - “E' forse la cosa che preferisco in assoluto.”

Ti ho mai parlato dei benefici dello squash? Ero bravo, al college...”

Eri bravo a tenere i punti.”

Wayne, non mi provocare.” - replicò Tony, puntandogli un dito contro. Bruce lo afferrò per un polso prima che precipitasse.

Minacciami a voce ma non gesticolare.” - lo ammonì, riprendendo a salire.

Sembri una lucertola, altro che un pipistrello.”

Vero. E tu sembri un bradipo.”

Quando arrivarono in cima, Tony si lasciò andare a terra, ansimando. Erano passati dalla parete di roccia al muro di mattoni per tornare poi alla parete di roccia... quindici metri che sembravano cento.

Dopo questa...” - ansimò, guardandolo, di sotto in su - “Ti metterò un chilo di zucchero dentro l'armatura. Preparati.”

Ma non è stata un'idea mia.”

Dovevi dissuadermi, per il mio bene.”

E la questione dei limiti da superare? Hai presente...”

Il jingle di mio padre? Una scemenza. Il padre di Happy, quello diceva cose sagge: non alzarti mai a prendere il telecomando, non limitarti ad una birra se puoi averne due...” - mugugnò, rimettendosi in piedi a fatica, infastidito dall'imbracatura - “Non...”

Si interruppe. Bruce si era avviato, senza attenderlo. E, di fronte a loro, c'era una cascata azzurra.

La luce traspariva, al di là dell'acqua, da fessure nella roccia.

Nel buio, per gli scherzi della rifrazione, le pareti sembravano di cristallo.

Bruce stava tendendo la mano, come se avesse bisogno di sentire la temperatura, la forza, per essere consapevole di ciò che vedeva.

Tony, invece, restò immobile, in silenzio. E, in quel momento, intuì la radicale differenza tra loro, sul modo che avevano di vivere il mondo, percepire, agire.

Comprese che Bruce avrebbe continuato a tendere la mano verso la bellezza, insoddisfatto e mai sazio, tanto quanto lui l'avrebbe sempre ammirata da lontano, come attraverso un velo, con meno sensibilità ed empatia ma non per questo con meno passione.

Lo guardò levare la mano, contemplarsi le dita quasi stupefatto da quell'acqua che sembrava fatta di vetro, di elementi distinti e puri. E guardò la propria, ancora asciutta.

E capì... capì che non era ancora pronto a morire.

***

Non era stata una questione di acqua, di chi avesse fatto il bagno nella cascata e chi no. Si trattava di scelte.

Bruce aveva scelto e lui, in due anni, era rimasto al palo.

Per buone ragioni, certo, per utilità, anche, ma... ma non era abbastanza. Non era abbastanza per l'edificazione personale, che era il nocciolo della sua indole, e non era abbastanza in senso assoluto.

Tony sentiva di poter fare di più che smettere con le armi e dedicarsi alla filantropia. E, nella vita, di certo, non poteva pensare di essere la spalla di qualcuno.

Bruce era un guerriero. Ma lui non era uno scudiero. Era ora di smettere di giocare.

***

Non poteva essere che Pepper a capire il cambio di rotta. Dopo la questione della bomba, aveva effettivamente continuato a scavare e a ricostruire, passando per la via delle ricevute e degli scontrini, la genesi dell'arma, chi fosse l'acquirente e, in una discreta misura, chi ne traesse un vantaggio.

Quella domenica mattina, sola in casa in pantaloncini e maglietta, era decisa a tirare le somme dell'indagine.

La bomba era stata prodotta da Obie. Comprata da Ducard.

E questo passaggio di soldi? C'era stato anche uno scambio di favori?

Pepper aveva trovato armi, in transito dalla fabbrica clandestina a Gotham... armi come quelle d'assalto usate a WayneManor. Ducard aveva ammesso di avere per alleato il Joker, quindi, al momento, si poteva pensare che reggesse le sorti del gioco.

Il Joker, nelle sue trasmissioni, continuava a precisare come i suoi servigi fossero in vendita... soldi, ancora. Ma come li investiva una volta che li otteneva? E Obie?

Ciao.” - mormorò una voce, alle sue spalle, facendola sobbalzare.

Pepper, in piedi nel salone della StarkHouse si voltò di scatto e fissò Bruce.

Jarvis.” - mormorò, esasperata.

Mi scusi, signorina Potts. Ma il signor Wayne ha un pass.”

In effetti, Bruce sventolava una carta magnetica.

Non volevo spaventarti.” - sorrise - “Tony mi ha lasciato un prototipo da testare.”

Spero che tu sappia dove lo ha messo.” - sospirò lei, andandogli incontro - “E' partito talmente di fretta che non ci siamo nemmeno parlati...”

In effetti, Tony era partito per una conferenza in Cina. Si trattava di un paio di giorni in tutto e già stabiliti da tempo ma, una volta giunto là, aveva deciso di prolungare il proprio soggiorno e verificare di persona l'andamento del polo asiatico delle StarkInd.

Non una cattiva idea, con i rischi che stavano correndo.

Ho portato la colazione.” - aggiunse Bruce, levandosi giacca e bandana e posando tutto, casco compreso, sul pavimento vicino ad una sedia.

Pepper osservò la catasta di oggetti e, un po' rassegnata, decise di non commentare.

Preparo il caffè.” - rispose, avviandosi, scalza, verso la cucina.

Quando tornò indietro, trovò Bruce di fronte allo schermo, intento a fissare i dati.

Pepper aveva disposto Ducard in alto e, come in una piramide, subito sotto, il Joker e Obie.

Pensi che funzioni così?” - chiese, accettando il boccale e dandole il sacchetto delle brioches.

Attualmente so chi paga chi ma non so chi comanda.” - rispose lei, sedendosi sul divano - “E continuo a non sapere né chi abbia rubato la bomba né chi sia il quarto giocatore, quello della violazione con il badge di Obie.”

Non abbiamo nemmeno un nome?”

Nemmeno uno. E mi sfugge certamente qualcosa.”

C'era una foto della bomba rubata, che galleggiava, qui e là, come un salvaschermo.

Pepper ne seguiva il movimento, riflettendo.

1...6... 9...1...

Aspetta un momento....

Si alzò e afferrò un enorme cartellina dal tavolino.

Fogli volarono dappertutto.

A quanto sembrava, considerò Bruce, raccogliendo stampati e appunti, Pepper continuava ad amare il cartaceo quanto lui.

Guarda.” - disse lei, passandogli una ricevuta regolare d'acquisto - “Copia dell'atto di vendita della bomba a Ducard.”

Abbiamo l'atto di vendita?”

Ridicolo, vero? Perfettamente acquistata, nel pieno rispetto delle leggi. Non abbiamo avuto i soldi ma abbiamo la documentazione. Gioie burocratiche.” - commentò Pepper, continuando a frugare tra i fogli fino a trovare una fotografia - “Ora guarda i due numeri, quello qui, sul lato della bomba e quello sull'atto.”

Non corrispondono.”

Esatto, non corrispondono.” - confermò lei - “La bomba che stava a Gotham non era quella di Ducard.”

***

Non erano riusciti a rintracciare Tony per dirglielo.

Ma la documentazione della fabbrica confermava: materiale ordinato per due ordigni, ordigni venduti due. E il secondo atto di vendita era firmato da un certo Jonathan Crane, medico in psichiatria, laureato in informatica, con all'attivo un notevole numero di pubblicazioni sulle personalità disturbate e la degenerazione sociale.

A Pepper era bastato un tasto per spedire la sua immagine e il suo curriculum sul mega schermo.

Quindi, la bomba giunta a destinazione era di un certo Crane che, tuttavia, non l'aveva mai ricevuta … e la bomba scomparsa era di Ducard ed era in suo possesso. Non si contava il quantitativo di armi, munizioni ed esplosivi che era stato tranquillamente prelevato e incamerato nei mesi passati.

Credevo che mi sarei sentita confortata, ad un certo punto.” - sospirò Pepper, aggiungendo una bomba al salvaschermo.

Credo che tu sia stata più in gamba di tutti noi, ad essere onesti.” - la contraddisse Bruce, restando a braccia conserte in contemplazione di quella rete criminale proliferata sotto il suo naso - “Non sappiamo in che rapporti siano tra loro ma, almeno, cominciamo a dare un volto ai giocatori.”

E continua a mancarne uno.” - sospirò lei, aggiungendo un'ultima casella vuota a lato dello schermo - “Chi ha rubato la bomba di Crane? E cosa vuole fare?”

Le speculazioni sarebbero andate avanti se i due cellulari di Pepper non si fossero messi a suonare, in contemporanea alle tre linee private di casa.

Attentato in Oriente, signorina Potts.” - comunicò nello stesso istante la voce austera di Jarvis - “Esplosione in una fabbrica delle StarkIndustries. Incendio in corso.”

***

La fabbrica non era una tra tante. Fosse stato così, sarebbe stato tutto troppo semplice.

La fabbrica esplosa era quella che Obie stava controllando abusivamente da sei mesi.

Ora, dei depositi e del blocco centrale, non restava più nulla.

Era esplosa vuota, in un giorno di riposo forzato richiesto dall'alto per l'arrivo di un'ispezione.

Di un'ispezione del signor Stark in persona, che si trovava in Cina per affari e che, a dirla tutta, era già apparso in conferenza stampa dall'aereo per rassicurare tutti, con un sorriso, dello scampato pericolo.

E, mentre tutta l'opinione gridava all'attentato alla sua persona, allo scandalo e alla violenza dilagante (e, ringraziando il cielo, nessuno citava il rogo di WayneManor), Pepper fissava quel sorriso da giuda del suo uomo e lasciava che un dubbio le scivolasse addosso, tra i vestiti, fino a insinuarsi sotto pelle come un brivido.

E se... e se...

***

Tony era già in fase di atterraggio quando Bruce giunse a Gotham. Aveva percorso la litoranea di Malibu a tutta velocità, cercando di riordinarsi le idee e domandandosi cosa potesse essere successo perché la situazione si complicasse a quei livelli senza nessuna reale avvisaglia.

Tanto Pepper era in tensione, tanto Tony, dal suo beneamato aereo, sembrava calmissimo.

Quell'esplosione risolve alcuni dei nostri problemi.” - aveva avuto la faccia tosta di dire - “Non facciamone un dramma.”

Non facciamone un dramma?” - aveva gridato lei, senza dare il tempo a Bruce di ribattere - “Ma ti rendi conto che, ogni volta che succede qualcosa, qui salta fuori un nuovo giocatore?”

Aveva puntato il dito su Bruce, ormai decisa a non smettere per niente di dire ciò che pensava.

Lui è solo, cazzo!” - aveva sbraitato, in direzione del monitor su cui, bicchiere alla mano, capeggiava Tony - “E' solo e loro sono un esercito, non potresti almeno pensare a questo mentre non ne fai un dramma?”

Non era stata una mossa astuta.

Tony aveva staccato la connessione e, pochi minuti dopo, l'aereo risultava già aver cambiato rotta.

Tony non stava tornando a Malibu e, ovunque stesse andando, a Pepper non avrebbe di certo fatto piacere.

Non mi fa piacere avervi fatto litigare.” - fu quindi l'esordio di Bruce, quando lo raggiunse, attraversando l'enorme rifugio che si era creati tra le miniere e le cascate.

Pepper ha ragione.” - era stata la risposta di Tony. Lavorava da una postazione computer che si era costruito ad arte al centro della struttura e si era cambiato. I suoi vestiti giacevano miseramente sul cofano della Thumbler - “Tu sei certamente il bersaglio.”

Per esperienza so che mirano a me e colpiscono tutti quelli che mi stanno attorno.” - fu la risposta, posando il casco e piegandosi, per vedere cosa stesse fissando sui monitor - “Cosa hai scoperto?”

Obadiah dirigeva la fabbrica di persona. L'ho visto andarsene e penso che si sia portato via una discreta quantità di palladio.”

Bruce si voltò, guardandolo.

Credevo non fossi mai arrivato alla fabbrica per l'ispezione.” - commentò.

Infatti non ci sono mai arrivato. Ero lì già prima.”

Bruce pensò di non aver capito. Poi di aver capito fin troppo bene.

Aspetta un momento...”

Bruce... Perchè credi che Pepper sia tanto arrabbiata con me?” - domandò l'uomo premendo ancora alcuni tasti e poi girandosi per guardarlo dritto in faccia - “Serve un genio, per far saltare in aria una fabbrica delle StarkIndustries...”

***

Il genio si era preso una notte per giocare all'eroe mascherato. Si era introdotto nella fabbrica, aveva fatto fotografie, prelevato un numero considerevole di files dal server interno e minato l'impianto a regola d'arte con le armi che si trovavano sul posto.

L'esplosione, ripresa in lontananza, era sembrata un fuoco d'artificio.

Tony ne era piuttosto soddisfatto.

Adesso aveva dati precisi e un'idea chiara di cosa stessero facendo ma, soprattutto, aveva fatto cessare la produzione senza troppo scalpore.

Alla luce del sole e senza destare troppi sospetti.

Attentato. Attentato alla sua vita.

Oppure potranno dire che è stata minata perché io evitassi di scoprire che produceva ancora armi.” - aggiunse, digitando rapidamente sulla tastiera - “Scegli tu, io creo tutte le prove che vuoi.”

Bruce non rispose. Passato il primo istinto omicida, aveva capito di non potersi mettere a pontificare sulla sicurezza, sul pericolo corso, l'intraprendenza, l'irresponsabilità e via discorrendo.

Con un certo senso di autocritica, sapeva di rispecchiarsi in tutti gli elementi che potevano disturbarlo del comportamento di Tony, fino al fatto che gli avesse nascosto le proprie intenzioni.

Perchè, anche riguardo quel rimprovero, Bruce aveva la coscienza sporca.

Tony, ovviamente, non si era fatto sfuggire il suo conflitto interiore.

Suvvia, Junior...” - aveva sospirato, continuando a decriptare file con aria soddisfatta - “Anche io mi agito quando tu vai in giro la notte tutto solo... ma ormai sei un ometto...”

Ti prenderei a schiaffi.” - sospirò Bruce, perdendo per una volta il suo modo compassato di esprimersi - “Ma lascerò questo piacere a Pepper.”

Non intendo avvicinarmi a lei per ancora almeno quaranta ore.” - fu la serafica risposta. Nel frattempo, Bruce ne era certo, continuava a mandarle file per tenerla aggiornata - “E, ora, spiegami da capo la faccenda della bomba.”

***

In effetti, Tony non era tornato a Malibu per tutta la settimana successiva. Pepper si era ben guardata dal chiamarlo o da andare a cercarlo. Sapeva dov'era e sapeva di volerlo uccidere.

Happy era passato a prendergli qualche vestito durante l'orario d'ufficio, certo di non trovarla.

Pepper aveva lasciato correre anche riguardo a questo, decisa a non disperdere la propria rabbia prima di averlo tra le mani.

Tony, nel frattempo, sfarfallando ad alcune feste per dare nell'occhio, aveva terminato i lavori al rifugio di Bruce e si era accertato che alcuni souvenirs provenienti dalla fabbrica di Obie non finissero perduti nel viaggio dall'Oriente all'America.

Così come i loro nemici si erano fatto spedire bombe, allo stesso modo Tony si era mandato, per posta, un container. E lo aspettava, trepidante, come se fosse natale.

Bruce, con la stessa esuberanza, aveva finito di spostare la propria attrezzatura e si era regalato qualche sistema ipertecnologico nuovo. Lucius Fox si era fatto una risata per la sua passione per la speleologia e gli aveva tirato fuori dal magazzino dei veri gioiellini.

La prego, signor Wayne...” - si era raccomandato - “Non li faccia smontare al signor Stark... vanno bene così come sono.”

Impossibile fargli una promessa del genere: Bruce non aveva ancora finito di scaricare il materiale che Tony aveva già in mano la fiamma ossidrica.

***

Dopo una settimana ad evitare fidanzate e a mettere ordine nei problemi crescenti di Gotham, la bomba perduta era saltata fuori.

In pieno centro.

In un appartamento sfitto.

E Pepper aveva dovuto ingoiare l'orgoglio e telefonare a Tony.

Sono io.” - aveva detto, non capacitandosi di dove capitolare per un bene superiore - “L'ho trovata. Ho trovato la bomba.”

Pepper, sapevo che c'era un motivo se ti amavo.” - era stata la risposta, ovviamente in una conversazione in vivavoce dal nascondiglio... ormai vivevano più lì che a casa. Bruce, che avrebbe preferito per una volta essere da un'altra parte, alzò le braccia al cielo, esasperato.

Felice che tu ne abbia trovato uno.” - stava però rispondendo Pepper, gelida - “Io sto ancora cercando.”

Altro motivo per cui ti amo, non molli mai il colpo.” - sospirò Tony, cercando di triangolare il segnale che il computer di casa stava mandando al loro - “Appianate le nostre divergenze, posso sapere come hai fatto?”

Non ho fatto nulla. Si è attivata e, essendo manomessa, è arrivato un segnale ai nostri centri assistenza.”

Abbiamo un centro assistenza per bombe manomesse? E che facevamo, prima, intervenivano nel corso dei bombardamenti?”

Non meriti nemmeno risposta. Cercate la bomba e cercate di non saltare in aria.”

Vado.” - comunicò Bruce, aprendo uno dei garage - “Ti terrò informato.”

Aspetta.” - Tony ruotò sulla sedia e gli fece segno di tornare indietro. Aprì un cassetto e ne tirò fuori il bracciale - “Hai dimenticato questo.”

Bruce ebbe un'esitazione. Poi tese il polso, per farselo mettere.

E' attivo?”

No.” - Tony scosse la testa, serio - “Se vuoi che sia attivo devi farlo tu. Non mi permetterei mai.”

Bruce soppesò le parole. E pensò al biglietto. Per combattere insieme, anche quando sei solo.

Dove devo premere?” - chiese soltanto.

Detto. Fatto. Poi fu libero di prendere la moto e andare, lasciando un Tony stranamente soddisfatto alla consolle.

Ohhh, if there's one thing I hang onto

It gets me through the night

I ain't gonna do what I don't want to

I'm gonna live my life

(J.BonJovi - Have a Nice Day)

Ohhh, se c'è una cosa a cui mi tengo stretto Mi prende durante la notte

Non ho intenzione di fare ciò che non voglio fare Ho intenzione di vivere la mia vita

(2 Luglio 2013)

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Capitolo 6
*** 1.6 Iron Man ***


[fanfic Batman/IronMan] Iron & Darkness 1.6 Iron Man

Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel Rating: AU Angst, Dark, Friendship

EPISODIO 6/13 - (spoiler alla lettura) http://www.youtube.com/watch?v=Ihu3fdLxJik

_____________

1.6 Iron Man

Feels like you made a mistake

You made somebody's heart break

But now I have to let you go

(Matchbox 20 - Disease)

Sembra che tua abbia fatto un errore Hai spezzato il cuore a qualcuno Però ora devo lasciarti andare

Pepper aveva imparato che, a vivere con Tony, si potevano far solo due cose: restare arrabbiati o smettere di essere arrabbiati. Purtroppo, le sfumature intermedie non si potevano prendere in considerazione.

Tony era un muro di gomma: non si poteva smuoverlo, scalfirlo o anche solo scrollarlo.

Era tutto inutile.

O ti andava bene o non ti andava.

Lui, per te, non sarebbe di certo cambiato.

Eppure, quella sera, quando rientrò a casa, Pepper non aveva ancora deciso quale delle due opzioni fosse il male minore.

“Non sapevo tornassi...” - esordì, dunque, ritenendola una frase neutra che dava spazio ad entrambe le scelte.

“Ho riportato la bomba al nostro centro. “- rispose Tony, lasciando andare il borsone nell'ingresso. Quando si voltò, Pepper notò che non aveva una bella cera.

“Tutto bene?” - domandò, senza riuscire a resistere.

“Dipende.”

“Dipende da cosa?”

“Dipende da cosa hai deciso... mi vuoi o non mi vuoi più?” - chiese, venendole incontro con quella sua assurda camminata ondeggiante.

“Tony...”

“Hai detto che non dovevo farmi uccidere.”- sottolineò lui, frenando ogni possibile recriminazione - “Non mi sono fatto uccidere. Sono stato bravo.”

“Questa volta.”

“E anche la volta del pentito.”

“Allora ammette di averlo fatto davvero.”

“Veramente l'ho fatto altre due o tre volte ma... ma visto che non mi ha beccato...” - Pepper lo stava baciando.

“Sei tornato a darmi del lei?” - chiese, sentendo che lui si stava prendendo qualche libertà con i suoi vestiti.

“Hai cominciato tu. E, comunque, non penso di licenziarla, se mi lascia... signorina Potts...”

***

Problema risolto. Tony l'aveva tolta abilmente dall'impiccio di dover scegliere. E, quella notte, comunque incerta se essere rassegnata o contenta, Pepper dovette ammettere con se stessa che le era mancato. Terribilmente. Con il suo ego, la sua insensibilità, le sue idee.

“Tony... ho pensato che potremmo tornare a darci del tu.”

“Ne sono felice.” - replicò lui, tenendola stretta, nel buio. Era sveglio da un poco, a fissare il soffitto - “Pepper, vuoi sapere come era manomessa la bomba?”

“Se credi sia importante...” - sospirò lei, nel dormiveglia.

Le hanno asportato il nucleo di palladio.”

Pepper fu improvvisamente sveglia.

“Obadiah?” - domandò, tirandosi su di scatto e guardandolo.

Nel buio, il reattore brillava ma i suoi occhi erano neri, come inchiostro.

“No. Obie ne ha in abbondanza, i dati della fabbrica indicano una produzione massiccia.”

Produzione massiccia... Pepper non voleva nemmeno immaginare cosa intendesse Tony per 'massiccia'.

“Quindi non ha senso che abbia rubato il nucleo della bomba.”

“Nessuno.” - sospirò l'uomo, chiudendo gli occhi - “Il nuovo giocatore sta costruendo qualcosa... che non mi piacerà per niente...”

***

Sapere del palladio non diceva chi fosse l'artefice ma, senza dubbio, spiegava il 'perché' del furto.

Era superfluo asportare un nucleo di palladio di quella portata da una bomba a meno di non volerlo usare per un reattore. E sapere che in giro poteva esserci un reattore come quello di Tony o quello rubato da Obadiah dava a Pepper l'impressione di sentir l'ulcera ingrandirsi minuto dopo minuto.

Qualcuno si era preso il palladio. E quel qualcuno non era Obie, che si era portato via il necessario e anche il superfluo dalla fabbrica. E quel qualcuno non era Tony che poteva recuperare il materiale tranquillamente dalle scorte legali e ormai dismesse delle StarkIndustries.

Qualcuno in grado di costruire un'armatura come quella di Obie.

Qualcuno che non era Tony.

Anche se... anche se, in questa conclusione, affondava l'ultimo grande quesito di Pepper.

Davvero Tony non aveva costruito l'armatura?

***

A Gotham, l'aria di tempesta non era di certo migliore. Il Joker non latitava come gli altri giocatori, anzi: non passava notte in cui Batman, in un modo o nell'altro, non arrivasse a sfiorarlo o almeno intravvederlo.

Il folle con il viso bianco e i capelli verdi non si stava facendo mancare nulla, dagli accordi con la mafia alle rapine in banca. Serenamente, come se nulla potesse scalfirlo, continuava indisturbato con le proprie deliranti spiegazioni riguardo le cicatrici, facendosi riprendere dai circuiti chiusi o fotografare agli incroci.

Batman, ogni volta che lo vedeva, sentiva accendersi una rabbia in grado di renderlo completamente irrazionale. La promessa di non vendicare Rachel si stava rivelando pesante tanto quanto i sogni in cui lei, sorridente e magnifica come nella sua ultima fotografia, era con lui.

La rabbia, la rabbia lo consumava fino alle ossa, indipendentemente dal sapere quale fosse il suo compito. Al monastero aveva ritrovato se stesso, aveva obbligato il corpo e l'anima a restare uniti, a sopravvivere al desiderio di morire. Era questa la rinascita che era andato cercando, scalando la parete di roccia. Forza, un motivo per andare avanti che non fosse Rachel.

Gli avevano spiegato perché non avrebbe dovuto rinunciare all'amore. Gli avevano spiegato che non sempre avrebbe vinto. E gli avevano trasmesso la verità da tempo dimenticata: nel cadere, nell'amare, nel soffrire, sarebbe rimasto umano, imperfetto e... e in grado di aprire gli occhi.

“L'assenza d'amore è una benda sugli occhi che, usata con saggezza, rende imparziali e lontani. Ma è pur sempre una benda.”

L'uomo non può permettersi il lusso della giustizia, aveva detto Rachel, tanto tempo prima. La giustizia è armonia... e Bruce aveva sentito le verità scavarsi nella mente e nel corpo, penetrare fino in fondo alla carne, dentro il dolore, dentro l'amore di cui non poteva liberarsi.

Un amore destinato ad essere per sempre il suo punto più debole e la sua più grande forza, in bilico tra rabbia e coscienza, tra durezza e compassione.

Eppure... eppure, per quanto Bruce fosse forte, Joker sapeva dove premere e affondare.

E, più lui avvelenava Gotham, più Bruce sentiva venir meno la pazienza.

***

“Ciao.” - mormorò Bruce, senza nemmeno alzarsi - “Non dormi di nuovo?”

Tony lasciò andare il borsone e accelerò, per una volta tanto, il passo.

“Oh, cazzo...” - commentò, arrivandogli quasi addosso e sollevando la prima garza.

“Ma no, dai, non è così brutta...” - scherzò Bruce, mentre l'uomo gli levava di mano l'ago da sutura.

Seduto al centro del covo, davanti ai computer, Bruce, con i pezzi della corazza di Batman sparsi tutti attorno, era un rottame desolante. Sangue per terra... Garze a coprire chissà quali abrasioni... ferita in fase di cucitura al braccio...

“Hai ragione, sembrava peggio.” - ammise Tony, dopo aver comunque controllato ogni singolo bendaggio - “Dai, dammi qua, finisco io.”

“Grazie. Mi cuci anche questa, poi?” - chiese Bruce, sollevando la maglietta. L'occhiata di Tony fu tale da obbligarlo ad una spiegazione - “Adesso ha i cani e io non uccido i cani.”

“Chi è che ha i cani?”

“Indovina...”

Tony non commentò. Strinse un altro nodo e passò al successivo.

“Quanto gli sei arrivato vicino, questa volta?”

“Non abbastanza. Cioè, abbastanza da farmi mordere.” - sospirò Bruce, lasciandosi andare contro lo schienale. Aveva male ovunque. Alzò gli occhi agli schermi dove era in atto l'ennesimo programma di riconoscimento facciale - “Non abbiamo un altro modo per provare a dargli un nome? Questo è troppo lento...”

“Il trucco e le cicatrici non aiutano.” - rispose Tony, senza curarsi che alla loro conversazione mancasse sempre il soggetto. Intanto, era sempre lui, sempre lui l'ossessione di Bruce - “Ok, ci sono, solleva la maglietta.”

“Stai attento. La costola è rotta.”

Tony, già piegato per vedere meglio, alzò la testa con riprovazione.

“Junior...”

“Cane grosso, Tony. Mica un FoxTerrier...”

Tony sorrise.

“Mia madre aveva un FoxTerrier...”

Pentium.”

Tony interruppe il lavoro di ricamo.

“Come lo sai?”

“Rachel ed io ci abbiamo giocato un pomeriggio intero. Era un cucciolo...”

Tony non disse nulla e Bruce preferì lasciar cadere il discorso. Tony non amava molto parlare dei suoi genitori, soprattutto di suo padre. C'era sempre una strana forma di autoderisione nel nominarlo, come se, in cuor suo, sapesse di non essere approvato, di aver deviato troppo dalla strada principale per ritenersi ancora figlio del grande Howard Stark.

“Fatto.” - comunicò Tony, tagliando l'ultimo filo e coprendo tutto con l'ennesimo cerotto - “Per la costola? Vuoi che facciamo qualcosa?”

“No, non è tanto fastidiosa.” - mentì lui, spudoratamente, buttando giù un paio di antidolorifici.

“Hai ancora gli incubi?” - chiese, senza alzarsi, restando piegato sui talloni.

“Chi non ne ha...” - di nuovo gli occhi agli schermi.

“Bruce, guardami bene.” - mormorò Tony, obbligandolo a voltare la testa - “Te lo chiedo di nuovo. Hai degli incubi?”

Bruce, che aveva già una mano sulla tastiera, si prese, come suo solito, un attimo per rispondere.

“Mi è difficile pensare a Rachel come ad un incubo...” - sospirò, guardando la mano e i tasti più che l'uomo - “Ma, in certi casi... diciamo che mi sveglio.”

“Ti svegli sempre?”

“Ha importanza?”

“Trattandosi di te....sì.”

“Trattandosi di quale me? Bruce o di Batman? Sei preoccupato per chi dei due?”

Tony stava chiudendo la cassetta del pronto soccorso e non lo degnò nemmeno di un'occhiata.

“Pensi di meritarti una risposta?”

“No.” - ammise Bruce, passandosi una mano sugli occhi - “Credo di no.”

“Meglio. Mi piace quando sei obbiettivo. E, ora...” - disse, alzandosi - “Parliamo di cose serie. Voglio presentarti Iron Man.

***

I fogli... Bruce sapeva che erano quelli della prigionia, li ricordava. E ricordava piuttosto bene la conversazione con Pepper, circa un anno prima. I progetti sono sicuramente di Tony, aveva detto la donna. Perché Obadiah Stane stava costruendo un'armatura e Tony no?

Alla fine, oltre alla risposta, era sfuggita a entrambi la domanda.

E ora...

Bruce, già appoggiato al tavolo per vederli meglio, alzò la testa, guardandolo.

“Cosa c'è?” - domandò Tony, finendo di sovrapporre i fogli e creando un disegno completo. Bruce aveva questa abitudine di guardarlo, in perfetto silenzio... e Tony non sapeva come reagire. Le persone, fin dall'infanzia, erano state adulatorie nei suoi confronti, pensando che la lusinga fosse un'arma potente e Tony le aveva assecondate, ottenendo così vantaggi inimmaginabili.

Ma, quando Bruce lo guardava in quel modo... non voleva nulla, né adularlo, né convincerlo. Bruce lo fissava per capirlo e questo riempiva la mente di Tony di domande senza risposta.

Resto immobile e mi lascio contemplare? Volto la testa e lo guardo? Parlo io? Parla lui?

Non aveva ancora trovato una strategia che ritenesse adatta... se di strategia si doveva parlare.

“No, niente.” - rispose, infine, Bruce - “Te lo chiedo dopo. Spiegami.”

***

Tony aveva spiegato. Anzi, aveva superato se stesso. Aveva raccontato a Bruce le sue intenzioni, fin nei minimi dettagli. Di come si fosse procurato il materiale nella fabbrica di Obadiah, con un ordine consistente durante la conferenza in Cina, prima di farla saltare in aria, di come avesse già effettuato alcune simulazioni per essere certo dei tempi e dei costi, di quanto si potesse ipotizzare di ottenere, se il progetto fosse andato in porto.

Aveva parlato di Obie, del palladio che aveva con sé e di quello sottratto da un 'anonimo giocatore' a Gotham all'arrivo della bomba. Indicativamente, ce ne era per parecchi reattori e, anche se dubitava che qualcuno se lo facesse impiantare nel torace, l'invenzione di un'arma alimentata a energia infinita era imminente.

Quindi, fatta la previsione catastrofica, era tornato ai progetti, a ciò che meglio sapeva fare: immaginare il futuro.

Bruce, seduto su uno sgabello perché non riusciva nemmeno più a stare in piedi, lo aveva ascoltato in perfetto silenzio.

Aveva un entusiasmo nello spiegare, nel concepire... Tony si nutriva dalla propria mente come se si trattasse di una fonte inesauribile e Bruce si trovò a chiedersi come potesse davvero convivere serenamente con se stesso, con quel mare di dati, memoria e calcolo che si portava dentro. Si chiese come potesse non esplodere nel continuare ad immagazzinare informazioni e come riuscisse ancora ad estrarle, con la naturalezza che di solito si riserva alle banalità.

Chi era riuscito a capirlo, come uomo, nel tempo?

E quando aveva imparato a nascondere ciò che provava in ciò che pensava?

Dove si nascondeva Tony?

“Non mi hai detto il perché.” - disse, infine, quando il monologo si interruppe.

E Tony non ebbe esitazione nel rispondere.

“Non credo che serva una gran motivazione.” - rispose, riponendo i progetti e spegnendo il sistema di simulazione dei monitor - “Ho raccolto per tutta la vita i benefici della distruzione e ho provato a porre rimedio, cercando di proteggere le persone che io stesso ho messo in pericolo... e non mi basta.”

“Posso capirlo ma è solo l'inizio. Le StarkInd. e la Expo stanno cambiando il mondo...”

“E' vero. Ma io non riesco a smettere di pensare che, con tutto quello che è successo, oggi non sarei vivo se non ci fosse un motivo.

Radunò i progetti e si sedette sullo sgabello a fianco di quello di Bruce. Istintivamente, l'uomo abbassò gli occhi. Sotto la camicia, il reattore brillava di una calma luce ritmica, quasi cardiaca.

“Tu ed io ne abbiamo già parlato, ricordi?” - chiese, fissandolo, come aveva fatto quella notte, dall'altro lato di un fuoco, in mezzo al deserto - “Non sono pazzo. Finalmente ora so che cosa devo fare. E so nel mio cuore che è giusto.”

Giusto. Perché finalmente vedo.

Bruce non commentò. Non disse nulla. Afferrò i fogli, portandoli più vicini.

“Rispiegami questo.” - disse, indicando uno degli appunti - “Non l'ho proprio capito.”

***

Il progetto di Tony divenne operativo prima ancora che si potesse digerire l'informazione. Nel giro di qualche settimana, rintanato nella propria officina, Tony riuscì a mettere a punto ciò che, probabilmente, Obadiah Stane stava ancora inseguendo.

L'armatura, nome in codice Mark 1, era un capolavoro di ingegneria combinata alla tecnologia, figlia di casa Stark. Utilizzando quel famoso codice amministrativo privato che era stato la chiave del successo per Obie, Tony riuscì a reperire materiali d'avanguardia e sostanze solitamente rare in ordini consistenti, per non destare sospetti. Indubbiamente, avrebbero avuto ricambi per molto tempo.

Per alcuni elementi ebbe anche la sfacciataggine di parlare con Lucius Fox, accedendo alla sezione scientifica (ufficialmente chiusa) della WayneEnterprises e ottenendo il monopolio di progetti ormai scartati. Come sempre, i due si incontrarono nell'ingresso e, al posto di salire, scesero nelle cantine.

Lucius Fox apprezzava Tony. Si divertiva e si sentiva meno solo.

Dopotutto, dei tre di un tempo, era l'unico sopravvissuto... ed era passato tanto tempo, così tanto che provava una forma di tenerezza ad avere il figlio di Stark con cui discutere.

Tony, d'altro canto, aveva per lui una notevole stima. Apprezzava i suoi lavori e aveva letto le pubblicazioni affrontate prima che la sua carriera finisse e prima di essere relegato nel seminterrato da Bill Earle, troppo arido per essere geniale.

Ora, a capo della WayneEnt. e avanti con gli anni, troppo a suo dire per ammodernarsi, Lucius Fox preferiva la consulenza alla sperimentazione e non disdegnava poter, di tanto in tanto, ficcanasare nelle faccende di quelli che ormai riteneva 'i suoi ragazzi'.

“E questo?” - domandò Tony, strappandolo dalle sue riflessioni, quel pomeriggio - “Posso averlo?”

“Prego.” - sorrise Lucius, seduto ad una scrivania dismessa. Aveva un bloc notes e segnava, meticolosamente, tutto il rubato di Stark - “Però, mi permetta una domanda... la Stark non produce niente che le serva?”

“Ho già derubato anche me stesso, ma non è divertente allo stesso modo.” - fu la risposta, studiando

un campione - “E questa?”

Corazza di sopravvivenza per la fanteria d'assalto, doppio strato in kevlar, giunture rinforzate...”

Antistrappo?”

Neanche un coltello la buca.”

E i proiettili?”

Giusto un colpo a bruciapelo.”

“E i cani?”

“Prego?”

“Cani. Dice che regge a un morso di cane?”

Parliamo di rottweiler o di chihuahua?”

“Lasci perdere. Cercavo una soluzione per un amico un poco stupido.”

Lucius Fox sorrise e lasciò che Tony tornasse a immergersi nei cassoni polverosi.

“Perché non l'avete mai messa in produzione?”

“Non avevano pensato che la vita di un soldato non vale 300.000 dollari...” - rispose l'uomo, disegnando quadratini regolari sul bordo del foglio - “Era un progetto di suo padre e si è battuto fino alla fine ma... ma aveva un socio che lo riteneva uno sperpero e che riuscì a tirare dalla propria parte gli azionisti.”

“E l'armatura rimase qui.” - un socio... il mio socio...

“No, l'armatura venne portata qui dopo. Howard la diede a Thomas perché la conservasse.” - lo corresse Lucius - “Gli diede molte cose, in quegli anni... perché fossero al sicuro. Quegli scatoloni ad esempio, laggiù in fondo...”

“Non posso dargli torto.” - Tony gettò un'occhiata distratta al plastico coperto da un lenzuolo e ad alcune valigie porta munizioni dismesse. Poi osservò le mura spesse, l'ambiente asettico e candido in cui si trovavano - “Anche io lo sceglierei. E' come stare in un bunker.”

“Non fu una scelta di sede, Tony. Suo padre sceglieva le persone, non le situazioni e i luoghi.”

“Allora, in questo, siamo davvero diversi.”

“Lei crede? Io non sono convinto. Lei, Tony, ad esempio, è uno di gusti difficili: si è scelto come amico l'uomo più solo sulla faccia della terra.”

“E' stato un caso. Non oserei chiamarlo destino.”

“Non oserei nemmeno io ma... ma è ciò che è.

***

E' ciò che è.

Tony non riusciva a levarsi quella frase dalla testa.

È ciò che è.

Siamo ciò che siamo. Siamo ciò che facciamo, avrebbe corretto Rachel. E Tony sarebbe stato d'accordo con lei. Quanto a suo padre... se qualcuno lo avesse ancora nominato bhe, lui...

ma chi voleva prendere in giro! Ogni volta che lo nominavano, Tony sentiva il disperato desiderio di saperne di più, di conoscere quell'uomo che era stato prima scienziato e poi genitore.

Tony aveva studiato ogni suo scritto, ogni sua tesi.. ma Howard Stark rimaneva un mistero, un uomo frenato dalla tecnologia del suo tempo e dalla consapevolezza di plasmare con le mani il futuro fino a renderlo vivibile.

Ed ora? Cosa avrebbe detto suo padre di Iron Man? Perdita di tempo o dono? Li avrebbe davvero spesi 300 000 per la vita di un soldato o lo avrebbe ritenuto inutile?

Mistero.

Quel che contava, a conti fatti, era ciò che Tony pensava di se stesso: e, al momento, era più di quanto non avesse pensato in tutti gli anni precedenti.

Perché uno è ciò che è. Ma può scegliere chi sarà.

***

La ricostruzione di WayneManor procedeva spedita, ma Bruce viveva ancora nell'attico della WayneTower e, spesso e volentieri, sulla branda in quella che ormai era chiamata abitualmente BatCaverna.

Insomma, faceva la vita del randagio. Alfred, se doveva fargli avere dei messaggi, doveva penare non poco. Quella mattina, ad esempio, era giunto uno scatolone dalle StarkIndustries. E, a complicare la situazione, lo portava la signorina Virginia Potts. Bruce non si trovava.

“Non è rientrato dal party, ieri sera.” - comunicò il maggiordomo, facendola accomodare il salotto - “Mi dia qualche minuto per scoprire dove si trovi.”

“Con calma, Alfred. Posso aspettare.” - rispose lei, sedendosi. Se le avessero detto che Tony non era rientrato da un party, Pepper non si sarebbe di certo sentita colpita ma, trattandosi di Bruce...

“Pepper!” - esclamò l'interessato, emergendo da una delle porte a scomparsa nelle pareti - “Che piacevole sorpresa!”

Solo Bruce sapeva essere così ben educato in ogni frangente... anche mentre i più iniziavano a piangerlo come morto. Pepper aveva il sospetto che, in quella sua caratteristica, si sentisse davvero la lunga mano del maggiordomo.

“In tal caso...” - stava dicendo infatti l'uomo, nel posare il telefono con cui l'aveva disperatamente cercato fino ad un attimo prima - “Penso che mi ritirerò.”

Bruce lo congedò con un cenno e si sedette sul divano.

“Mio?” - chiese, indicando lo scatolone con aria curiosa.

“Tuo.” - confermò lei.

La scatola conteneva, in apparenza, una vela nera. Ma, sotto, imbustato con cura, c'era un paio di guanti dello stesso colore.

“Guarda...” - disse Bruce, stendendo il tessuto sul ripiano. Al solo contatto con il guanto, la vela si tese, divenendo rigida.

“E' magnifica...” - commentò Pepper, ammirata. Viveva in mezzo alle invenzioni ma aveva per ognuna una genuina ammirazione.

“Un vecchio brevetto di casa Stark. Tony l'ha trovata facendo ordine nei magazzini della WayneTower. Sembra che suo padre abbia lasciato qui parecchi oggetti.” - spiegò, tornando a sfiorare il tessuto e facendolo tornare tale - “Posso ottenere delle ali più flessibili, con questo... devo solo lavorarci.”

“Ti servono elementi nuovo per l'esoscheletro? Se Tony ruba da te, io posso farti rubare un po' da lui...”

“No, grazie, credo di avere tutto. Ma è un'offerta interessante, la terrò presente.”

“Bruce... tu sai cosa sta combinando Tony?”

Ecco la domanda che sperava lei non gli facesse. Bruce ripiegò il tessuto, lasciandolo cadere nello scatolone.

“Lui non te lo ha detto?”

“No, ovviamente no. È l'armatura, vero? Il Mark 1?”

Bruce annuì, senza lasciarla sulle spine. Ed ebbe l'impressione che le spalle di Pepper si piegassero per una sconfitta.

“Io non sono la persona più adatta per farlo desistere...” - mormorò, senza che lei glielo chiedesse - “E, in coscienza, non potrei nemmeno farlo. Ha ottime motivazioni.”

“Lo so, ma lui sta...” - si interruppe, prima di dire qualcosa di cui si sarebbe pentita - “Lui sta facendo un enorme sbaglio.”

“No, non credo. Lui sta facendo qualcosa di grande. E credo che tu sappia che non è in grado di fermarsi.”

“Fino alle stelle e oltre...”

“Qualcosa del genere.” - ammise Bruce, restando seduto, le mani intrecciate, sporto verso di lei - “So che hai paura, come so che non avrebbe mai voluto coinvolgerti.”

“Non ho bisogno di essere protetta.”

“Ti sbagli, Pepper. E' indispensabile che tu sia protetta, ora più che mai. Tony ne é perfettamente consapevole, perchè non si tratta più di persone che gli sono ostili. Si tratta di gente che sta costruendo armi per la distruzione di massa, nemici di Tony per cui lui si sente responsabile.”

“Non dovrebbe affrontare tutto questo senza... senza di me!” - esclamò lei. E non c'era egocentrismo o rabbia nelle sue parole, ma solo un senso incontrollato di disperazione. Affronta tutto senza di me, sotto i miei occhi... e sapesse... sapesse che so...

“Non lo fa apposta. È fatto così ed è talmente egocentrico da pensare che le persone non vedano nulla o non ricordino. Tu ed io siamo, sulla faccia della terra, gli unici che lo conoscono davvero, ci pensi?”

“Non smetto mai di pensarci...”

Tony le aveva detto più di una volta di avere solo lei... lei è tutto ciò che ho. Pepper non aveva potuto negare di sentire lo stesso senso di appartenenza e solitudine, grandezza e limitazione.

Come avere tutto e niente allo stesso tempo.

“Pepper, tu sei tutto ciò che lui ha: sei l'unica regola che Tony mi ha imposto quando ho fatto la mia scelta: mi ha detto che saresti dovuta rimanere fuori dagli affari. Io l'ho fatto... lui non ci è riuscito.”

“Non lo sapevo.” - dovette ammettere. Non l'aveva nemmeno mai pensato, a essere sincera.

“Io penso che non intenda tenerti nascosto il progetto. Credo che stia cercando di chiarirsi le idee una volta per tutte.” - si era alzato, venendo a sederle vicino. Era la prima volta che si permetteva una libertà del genere - “Tony ed io ci siamo conosciuti fuori dal mondo in cui siamo cresciuti e decisamente in una situazione priva di schemi. Ed è stato lui a dirmi che dovevamo uscirne, che dovevo cercare uno scopo nella vita e seguirlo fino in fondo. Lui mi ha detto cosa avrebbe voluto per se stesso.”

Credo che tu abbia un compito da portare avanti. Forse non sei un filantropo da Nobel, ma ti serve uno scopo. Tu non sei il tipo da finire la sua vita sulla strada, senza meta. E' per questo che ami combattere e provi rabbia quando lo fai. Sai di essere inutile. Sei un guerriero senza guerra. E' ora di scegliere. E' ora che di uscire dal dannato buco nero in cui ti sei cacciato.”

“Quel posto lo ha cambiato, Pepper. Ha visto cosa che fino a quel momento aveva deciso di ignorare e ha perso l'idea di giustizia che aveva, il senso della vita che si era costruito, persino la sua immagine. Ha distrutto se stesso quando l'ho riportato a casa. Ora è pronto a costruire qualcosa di nuovo e tutto suo. Qualcosa che sia il simbolo dell'unicità della sua esistenza.”

“E poi, come ti ho già detto, ha te.” - aggiunse, asciugandole una lacrima - “E, detto tra noi, non credo sia proprio in grado di starti lontano.”

***

Bruce era un teorico della pazienza. Non sempre rispettava le proprie sagge parole ma Pepper, abituata a scindere opinioni giuste e sbagliate a livello mondiale, non poteva dargli torto.

Bruce il romantico viveva e combatteva con la certezza che l'amore avrebbe salvato il mondo... forse era una filosofia incredibilmente dolorosa, ma non di certo errata.

Tuttavia, nei giorni successivi, approfittando di alcuni impegni alla Expo, lei e Tony si erano visti poco. Pepper aveva seguito con regolarità il flusso della contaminazione da palladio nel corpo di Tony, attraverso i rapporti segretati di Jarvis.

Aveva visto la percentuale oscillare, poco sotto il cinquanta per cento, e aveva provato una fitta chiara e dolorosa nel petto. Tony non si comportava come un condannato ma conviveva con questo peso ormai da troppo tempo: aveva cambiato nuovamente cocktail e medicinali, ricalibrato il reattore e, almeno in apparenza, continuava a non avere effetti collaterali.

Non si faceva più particolarmente vedere a torso nudo... ma Pepper aveva fatto finta di non accorgersene. Così come non diceva nulla delle tute a sensori lasciate in giro per casa, dei lividi da collaudo, della macchina distrutta in officina e di tutto il resto.

Inutile avere un'opinione su ciò che non sai.

Tony lavorava all'armatura, senza empatia per le persone che lo circondavano, così come aveva sempre fatto: all'apparire di una saldatrice, di una lamina, di un circuito, il mondo spariva e Tony scendeva nei meandri dell'immaginazione e del calcolo.

Tony mischiava le proprie emozioni alle onde cerebrali e otteneva miracoli.

Lo pensava Pepper, dal giorno in cui era stata assunta... lo aveva pensato Bruce, vedendolo all'opera, un pomeriggio. Non era la prima volta che lavoravano assieme, perchè lo avevano fatto i primi tempi, sotto WayneManor, per approntare le prime armi di Batman. Lo avevano rifatto nel costruire un nuovo nascondiglio e persino nello scantinato della WayneEnterprises.

Ma ora... ora era la prima volta che Bruce lo vedeva all'opera nel suo habitat.

Tony non gli aveva detto nulla, quindi Bruce non si era sentito in dovere di andarsene. Seduto su uno sgabello, appoggiato a uno dei banconi, aveva visto l'armatura scorrere da uno schermo all'altro e divenire tridimensionale.

Tony aveva una specie di portachiavi, con cui comandare il flusso olografico. Lo teneva in tasca, quando aveva bisogno le mani libere e si muoveva tra quelle onde virtuali con una tranquillità che Bruce riteneva meravigliosa.

Tony, che sapeva essere un uomo concreto ad un passo dal sembrare un carroarmato, camminava a piedi nudi e mani in tasca in mezzo ad attrezzature e sistemi progettuali che nel resto del mondo non esistevano e che erano frutto unicamente del suo cervello.

Piegò la testa, fissandolo inserire un braccio dentro una proiezione e sollevarla, come se fosse reale. Ne avvertiva la concretezza, nella simulazione? Riusciva a immaginarla, a livello tattile?

Bruce si guardò una mano, incerto. Talvolta cercava di richiamare alla mente la pelle di Rachel, quell'ultima carezza, il loro ultimo istante insieme, l'attimo in cui le aveva sussurrato...

Non ricordava. Per quanto si sforzasse...

Rialzò la testa, tornando a fissare Tony. E si scoprì osservato.

Tony premette un tasto e la magia virtuale scomparve.

Non disse nulla, recuperò due birre e si sedette sullo sgabello di fronte, in attesa.

“Non ti sfugge nulla...” - sospirò Bruce, cercando di nascondersi dietro un sorriso.

“No, non mi sfugge nulla.” - ammise l'altro, bevendo un sorso - “Sono irrimediabilmente perfetto.”

“Non era mia intenzione distrarti.”

“Faccio una pausa.” - replicò lui, posando la birra sul ripiano e decidendo di non esagerare, nel tormentarlo - “Devo esporti una teoria.”

Bruce annuì, rilassandosi, impercettibilmente. Non voleva parlare di Rachel, non voleva parlarne con nessuno.

“Ti ascolto.” - replicò.

“Guarda quello schermo.” - disse, tirando fuori il portachiavi dalla tasca e premendo.

Era la ripresa di un circuito di sorveglianza. Si vedeva un uomo varcare una porta.

“Ti presento Jonathan Crane, nome in codice Spaventapasseri, felice proprietario di una Bomba Stark attualmente in riparazione presso di noi, mentre viola la sicurezza di un laboratorio ricerche nell'ovest del paese. Non chiedermi come l'ho avuta e guarda chi c'è con lui.”

Dietro, con camminata austera e passo cadenzato dal bastone, Ducard.

Bruce rimase a bocca aperta. Tony premette un altro tasto, facendo apparire la piramide dell'indagine di Pepper. Ora, Crane non stava a lato dello schermo, ma subito a fianco degli altri.

“E la teoria dove sarebbe?”

“Guarda come apre la porta.”

Crane stava usando un badge. E, finito l'utilizzo, lo aveva posato su un divanetto, aggiustandone meticolosamente in nastro.

“Non ti ricorda nulla?”

“Il quarto giocatore, quello dell'intrusione alla StarkInd.”

“E, così, il signor Wayne vince una bambolina...” - confermò Tony, spedendo Crane definitivamente tra i cattivi che già conoscevano - “Ora, andiamo avanti. Perché, se lavorano insieme dall'inizio, una bomba a testa e non tutte e due di Ducard?”

“Perchè lavorano insieme ma hanno obbiettivi diversi? Soci?”

“Possibile o, più probabile...” - altra slide, altro video - “Perchè sin dall'inizio sapevano che una bomba sarebbe stata manomessa e avrebbe fatto scattare il segnale di sicurezza.”

“E non volevano che fosse Ducard il nome a cui risalire. Perchè?”

“Perchè era un nome che già conoscevamo e non ce ne saremmo stupiti. Due bombe, due nomi, due progetti... eppure stessa nave di arrivo e tutto a Gotham. Due facce della stessa medaglia...”

Bruce fissò i dati danzare sullo schermo.

E la verità apparve, violenta, colpendolo come una mazzata.

“È un depistaggio.”

“Sì, è un depistaggio.” - concordò Tony, fissando le fotografie danzanti sullo schermo - “E, mentre noi puntavamo gli occhi sulla spaventapasseri... dove si è nascosto il contadino con il fucile?”

***

Quando Pepper era rientrata, quella sera, Tony si era sorpreso di vederle scendere la scala dell'officina portando un cartone della pizza e due birre.

“Guarda chi si vede!” - aveva esclamato, giulivo, allungandosi per seguirla oltre i monitor.

“Permesso di entrare?” - aveva domandato lei, scotendo le due birre per tentarlo. Il permesso era stato concesso e la cena consumata su un tavolo ingombro di ferraglia di ogni genere, non lontano da quello che sembrava uno stivale uscito da Terminator.

“Bello il giocattolo che hai mandato a Bruce, l'altra settimana.” - esordì lei, alla fine, quando non restò che da buttare bottiglie vuole e cartone - “Sembrava un bambino a Natale.”

“Ma sì, stiamo ammodernando l'arsenale. E la sua corazza va sistemata, non è più adatta, penso che la rifaremo da zero.” - rispose lui, finendo di masticare - “Tra le 'donazioni' di Fox e quelle di Obie stiamo per diventare all'avanguardia.”

“Stiamo?”

“Stiamo. Un po' per uno.” - spiegò lui. Poi si allungò, fino a sfiorare la tastiera - “Guarda...”

La luce nella stanza era divenuta soffusa e uno degli schermi, unico punto illuminato, brillava, di fronte a loro.

“Devo farti vedere una cosa.”

“Davvero?” - rispose lei, cercando di controllare l'agitazione - “Di solito non posso vedere nulla, prima che sia finita...”

“Questa volta è diverso, Pepper.” - Tony aveva portato la sedia più vicino alla sua, cingendole le spalle, come se fossero al cinema - “Questa cambierà le nostre vite.”

Aveva detto nostre. Non mia. Pepper fu percorsa da uno strano brivido, un misto di gioia e di paura.

“Ti presento l'ultimo nato in casa Stark...” - sussurrò, nel suo orecchio, puntando la penna laser e accendendo il mondo intorno a loro - “La Mark 1 che farà di me, anche fuori, l'uomo d'acciaio che sono dentro... ti presento... Iron Man...”

Pepper sentì montare un brivido di eccitazione quasi incontrollabile.

Intorno a loro, traslucidi, si muovevano i componenti, quasi danzando. Pepper li guardò, rapita, mente convergevano verso il centro della stanza, fino a ricomporsi in un'unica immagina, un'armatura splendente.

Era superba.

E Tony, come sempre, usava il senso dello spettacolo, per far capitolare le persone.

“Sai, se io fossi Iron Man, e questo fosse un film, io avrei di certo una ragazza che conosce il mio segreto e la mia identità e lei avrebbe l'esaurimento nervoso a forza di temere la ma morte ma sarebbe fiera dell'uomo che sono diventato, sarebbe in continuo conflitto, cosa che la renderebbe ancora più pazza di me.... ti prego dimmi che sei d'accordo con quello che ho detto.”

“La mancanza di punteggiatura rendeva difficile seguirti ma...” - rispose Pepper, alla stessa velocità - “Ma sì, credo di sì...”

Si voltò, guardandolo negli occhi. E sentì l'angoscia divenire parte del loro amore, definitivamente. Era inutile provare a resistere. Pepper, rassegnata, chinò il capo davanti a quest'ultima dolorosa scelta. Nessuno avrebbe mai fermato Tony Stark. Nessuno.

“E non penso di poter comunque diventare più pazza di così.” - sospirò. E aggiunse - “Qualunque cosa accada, puoi continuare a promettermi che non ti farai uccidere, per favore?”

“Posso provarci.” - ammise lui, modesto, mentre i primi progetti, richiamati magicamente, apparivano sullo schermo. Poi si voltò e le apparve emozionato - “Allora, posso raccontarti tutto dal principio? Ti va di finire in questo guaio con me una volta per tutte?”

Pepper non rispose... assomigliava troppo a una proposta di matrimonio per dire serenamente 'sì' senza che Tony si sentisse male. Sperò solo che quel bacio fosse un messaggio forte e chiaro.

***

Quella notte, certo di Pepper dalla sua parte e non solo tra le sue braccia. Tony rimase a lungo ad occhi spalancati.

I pensieri lo assalivano più forti, nel buio, come se il sonno cancellasse le barriere che gli permettevano di separare emozioni e conoscenza, come se i compartimenti stagni cominciassero a filtrare, a colare incertezza lungo i margini della razionalità.

Nemici. Troppi.

Nemici dentro Gotham e fuori.

Bene. A questo avrebbe rimediato Iron Man.

Ducard sapeva chi fosse Batman. Perché teneva per sé quel segreto? Faida personale? L'offesa, nata dal rifiuto di accettare la sua eredità, era più forte di ogni forma razionale di complotto?

Obadiah? Obie aveva raggiunto il proprio obbiettivo? I dati della fabbrica dicevano di sì: una grossa arma risultava essere stata costruita, ma i files progettuali erano stato cancellati. Pezzo unico? Non era anche questo il segno di un interesse personale? Vendetta.

Si, vendetta sicuramente.

Poi c'era il Joker, che voleva il caos. Voleva dimostrare come non esistesse altro. Prima della fine, avrebbe tentato un colpo gobbo e, se Batman continuava a dargli la caccia in quella maniera spietata...

Si mosse, cercando di non svegliare Pepper. E scivolò fuori dal letto.

Bruce si stava accanendo troppo, stava perdendo il quadro di insieme. Tanto insisteva nell'intenzione di non vendicare Rachel, tanto più si gettava nella caccia al folle. Stava facendo del loro contrapporsi un affare personale. E Joker non era tipo da non sfruttare le potenzialità di quel difetto.

E c'era Crane. Supponendo che Tony avesse ragione, che il furto della bomba non lo avesse danneggiato, a chi avevano dato il palladio? A chi?

Risposta più ovvia: qualcuno che sapesse lavorarlo.

Ma quanti potevano saperlo fare, a parte Tony e, per luce riflessa, Obie?

“Bella domanda...” - disse a se stesso, ingoiando due pastiglie e aprendosi una birra. Si lasciò andare sulla poltroncina e i monitor apparvero, come al solito.

“Jarvis, l'analisi finale di Iron Man.” - disse, senza nemmeno vedere le linee di energia che tanto incantavano Bruce - “E comincia una ricerca sul palladio. Nomi, date, tutti gli usi degli ultimi trent'anni... ed estendi a tutto il mondo.

***

Quella mattina, Bruce fu svegliato da una mano di Alfred.

Intontito, si mise a sedere sul letto, strofinandosi gli occhi e cercando di snebbiarsi.

“Che ore sono?” - bofonchiò, cercando di vedere l'orologio. Due ore. Aveva dormito due ore - “Che succede?”

“Sono veramente desolato...” - disse Alfred, perfettamente consapevole di quando fosse tornato e in che stato - “Ma credo che ci sia qualcosa che deve vedere alla televisione.”

Le immagini stavano facendo il giro del mondo. Era stato Lucius, nottambulo di vecchia data, a telefonare ad Alfred.

“Preferisco lo veda con i suoi occhi.” - spiegò il maggiordomo, mentre lo aiutava a mettersi la vestaglia - “E decida se è un problema che ci riguarda.”

Le immagini rimbalzavano da un'emittente all'altra, senza pietà.

Distruzione.

Distruzione su vasta scala nelle montagne a nord dell'Afghanistan, in una zona in mano ai guerriglieri. Esplosioni. Gente in fuga.

Cose purtroppo già viste.

Bruce si sedette sul divano, intrecciando le mani. Alfred restò in piedi alle sue spalle, in attesa, come suo solito.

Pepper, a chilometri di distanza, sdraiata nel letto, vedeva le stesse identiche immagini e lasciava che fosse Jarvis a cambiare canale se necessario, a caccia di reportages sempre più dettagliati.

Lucius Fox, in piedi in cucina, in pigiama, osservava l'immagine disturbata, dai colori troppo forti, in silenzio, ignorando il gatto che gli si strusciava addosso.

Le immagini erano fumose, spesso misericordiosamente senza audio. Tante, di repertorio, già viste nei giorni passati, continuavano a raccontare la stessa storia: gruppi ribelli, violenza, innocenti violati e uccisi... morte.

Morte su vasta scala.

Necessità di intervento.

Necessità assoluta.

E, ora... qualcosa di diverso e, considerò Bruce con cinismo, più succoso della morte.

Il repertorio non era altro che una cornice per lo scoop. Non era più la guerra a sconvolgere il mondo televisivo. No. Il mondo, con occhi sbarrati, contemplava un'ombra, l'ombra di un uomo più alto della media, brillante al sole.

No, non un uomo.

Un'armatura.

Un'armatura rossa e oro.

Bruce, in silenzio, si portò una mano al viso, sfiorandosi bocca e mento. Gli elicotteri militari, in volo, riprendevano combattimenti, nuvole di polvere e... l'uomo in volo.

In volo, sopra quello che era stato il loro campo di prigionia. Rosso e oro come le fiamme... come una fenice...

Sei a buon punto, direi...”

Sono già alle fase in cui scelgo il colore. Nero Lamborghini? Rosso Ferrari? Magari.. magari una punta di giallo... penso spesso ai colori del fuoco. Oro e rubino, cosa ne pensi? Pretenzioso?

“Dobbiamo preoccuparci?”

“Non per il motivo che credi, Alfred... non per quello che credi.”

Pepper voltò la testa. E fissò l'altro lato del letto. Vuoto.

***

Alla conferenza stampa, due giorni dopo, mentre inaugurava il nuovo padiglione dell'Expo, Tony smise di leggere il gobbo e alzò lo sguardo sui presenti.

“Credo che siate tutti informati sui recenti avvenimenti in Medio Oriente...e che tutti abbiate ammirato le foto che stanno facendo il giro del mondo. Ovviamente, si è subito pensato ad un collegamento tra le StarkIndustries e l'apparizione di questa nuova arma e le congetture a riguardo si sono sprecate per cui... per cui voglio approfittare di questa conferenza per mettere a tacere ogni singola voce a riguardo. La verità è che... io sono Iron Man.

You left a stain

On every one of my good days

But I am stronger than you know

(Matchbox 20 - Disease)

Hai lasciato una macchia In ognuno dei miei giorni buoni Ma sono più forte di quanto pensi

(3 Luglio 2013)

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Capitolo 7
*** 1.7 Mouse's Trap ***


[fanfic Batman/IronMan]  1.7 Mouse's trap Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel Rating: AU Angst, Dark, Friendship 

EPISODIO 7/13 - (spoiler alla lettura)

http://www.youtube.com/watch?v=vAn0EyhWHpk&list=PLB1F21203D1E4126E

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1.7 Mouse's trap

I can't resist dipping in the pool

I watch them watch me I watch them too

Across the street, across the room

(The servant - Cells)

Non so resistere al gettarmi nella mischia. Li guardo guardarmi, e ricambio lo sguardo Dall'altra parte della strada, dall'altra parte della stanza

Alba di un nuovo giorno.

Qualcuno stava spalancando le tende, dopo aver spalancato le finestre. Bruce, con un muggito, si coprì la testa con un lenzuolo.

“I pipistrelli sono animali notturni...” - gemette, mentre una mano, metallica e guantata, lo obbligava a tirar fuori la testa dalle coperte - “Ma che ci fai qui...”

“Io sono un eroe diurno che ha fatto outing. Vado dove voglio.” - replicò Tony, inginocchiato a fianco del letto, ancora in armatura - “Iron Man veglia sul mondo, oggi, non sei contento?”

“Io ero contento di dormire...” - replicò Bruce, girandosi a pancia in giù e seppellendosi sotto al cuscino. Bastò quel movimento per rendere evidenti i lividi circolari sulla spalle, la scapola, il fianco.

Gli aveva sparato di nuovo. L'armatura nuova fermava i proiettili ma non rispondeva dell'impatto.

Tony non disse nulla. Si girò e prelevò un sacchetto da terra.

“Tieni.” - disse, posandolo sul materasso - “Colazione a letto.”

“Vuole rubarmi il posto, signor Stark?” - domandò Alfred, entrando con un vassoio.

“E vivere con lui per il resto della mia vita?” - Tony gli andò incontrò, prelevando una brioche dal piatto e sedendosi in poltrona - “Mi creda, preferisco la gogna.”

“Tu sei già alla gogna.” - rispose Bruce, sedendosi finalmente sul letto - “Mi dici cosa ti è venuto in mente?”

“Alla luce del sole.” - replicò Tony, accettando anche la tazza di caffè che il maggiordomo gli porgeva - “Non mi viene in mente un altro posto dove stare...”

***

La conferenza stampa in cui si era rivelato aveva avuto lo stesso effetto della precedente, quella in cui aveva dichiarato chiusa la produzione delle armi: i giornalisti erano impazziti, gli azionisti erano collassati, i punti in borsa erano scesi a livello della tombola.

Per oltre tre settimane, la StarkIndustries era stata l'ottovolante del mondo della finanza e il suo proprietario, l'artista ormai meglio conosciuto con il nome Iron Man, il signore di ogni talk show, ogni testata giornalistica e ogni video youtube che si rispettasse.

Mai così tanto vestito online, sottolineava lui. Iron man era stato avvistato in parecchi teatri di guerra ed era difficile prevederne gli spostamenti, visto che, con la Mark 1, erano su scala mondiale.

Più semplice sapere dove sarebbe apparso Tony Stark, vista la mole di ingiunzioni con cui lo avevano seppellito: Tony era ininterrottamente convocato in tribunali dove gli Stati Uniti si battevano per avere in consegna l'armatura.

“Vendita di schiavi o contratto di prostituzione.” - erano le tesi con cui, volta per volta, Tony demoliva i senatori che provavano a circoscriverlo.

Bruce aveva seguito la conferenza stampa da casa, semisdraiato sul divano, un braccio lungo lo schienale, il ghiaccio su una coscia e l'ennesima costola incrinata. Anche se nel presente, tirato giù dal letto, si mostrava contrariato, allora, quando Tony si era svelato come Iron man, era solo scoppiato a ridere, provocandosi dei dolori atroci.

“Alla luce del sole.” - aveva commentato, mentre Alfred appariva, con un nuova ruga di preoccupazione, sulla soglia della stanza - “Alfred, temo di aver appena vinto la nostra scommessa.”

“Il signor Stark è di nuovo al centro dell'attenzione?”

“Eccome. Proprio come merita.” - aveva continuato a ridacchiare Bruce.

“Non mi sembra particolarmente preoccupato...”

“I rischi fanno parte del suo compito, non della sua notorietà. Quella serve a mantenerlo vivo.”

“Ne è davvero sicuro?”

“Vorrei fosse diverso ma è così.” - sospirò Bruce. I giornalisti lo stavano assediando, Tony alzava le dita in segno di vittoria - “Alla luce del sole, secondo Tony, è il modo migliore per restare protetti. Laddove ognuno può vederti, condannarti o approvarti.”

“Denota una certa fiducia nell'opinione del prossimo...”

“O un certo menefreghismo.” - Bruce cambiò posizione, con una mezza smorfia e si puntellò un pugno alla tempia - “Tony non è facile da capire...”

“Non lo era nemmeno da ragazzo.”

Questa sì che era una novità. Bruce alzò la testa verso il maggiordomo che gli porgeva un bicchiere.

“Tu lo ricordi?” - domandò, sorpreso.

“Perchè? Lei no?” - ritorse Alfred.

***

“Posso avere un'altra brioche?” - stava dicendo ora lo scandalo del mondo, un tempo conosciuto come Tony Stark, con la bocca piena - “Alfred, io non so dove tu le prenda ma sono...”

“Tony, posso sapere cosa fai qui?” - domandò Bruce, aprendo il sacchetto della colazione e prelevando un donut glassato e unto.

Di tutta risposta, l'uomo si sistemò gli occhiali da sole.

“Sono venuto a trovarti. Ho deciso di prendermi la mattinata libera. Non sei contento?” - rispose, accettando il giornale e aprendolo. La sua espressione cambiò all'istante. Chiuse il giornale e glielo porse - “No, come non detto.”

Anche a Bruce era passato l'appetito. Fissava la foto in prima pagina, incredulo.

Harvey Dent. Morto.

***

La macchina di Dent era esplosa la sera prima, a Washington, dove si trovava per lavoro.

Una pioggia di carte gioco, di cui era probabilmente imbottita, era scesa su mezzo isolato... il mezzo rimasto in piedi dopo la detonazione.

Carte del Joker.

Niente spada né bilancia per lui, pensò Tony, mente Bruce sfogliava il giornale. Solo le fiamme.

“E' successo fuori Gotham. Me ne occupo io.” - disse, tamburellando sul bracciolo e finendo il proprio caffè. Alfred gli gettò un'occhiata, cercando di non farsi vedere.

Così quella era la famosa armatura... Stark la portava come se fosse uno smoking.

“Non mi importa dove sia successo.” - rispose Bruce, rendendogli il giornale e alzandosi - “Joker è mio.”

“Scusami? Ma hai sentito ciò che hai detto?” - replicò, secco, mentre Bruce si lasciava andare a terra cominciando le flessioni mattutine - “Bruce, Joker non è tuo, Joker è un problema che dobbiamo risolvere.”

“Mio. Non intendo discuterne.”

Tony alzò gli occhi al cielo. Quando si mise in piedi, il desiderio di posargli uno scarpone sulla schiena e premere divenne incontrollabile.

“Sarà già tornato in città.” - aggiunse Bruce, senza smettere di flettere le braccia. Aveva negli occhi Rachel, Rachel come nel sogno - “Vorrà vedere le reazioni. Dent era un simbolo, si scatenerà il panico.”

“Non andare a cercarlo.”

“E' il momento migliore per colpirlo.”

“E' il momento migliore per infilarsi in una trappola.”

Bruce non rispose. Il ritmo delle flessioni aumentò.

“Ha ucciso lei, ha ucciso lui...” - mormorò, a denti stretti, per lo sforzo - “Chi pensi che sarà il prossimo, se non mi decido a fermarlo?”

Tony aveva una risposta. Ma non disse nulla. Bruce non lo avrebbe ascoltato.

***

“Ciao, tesoro, sono a casa. Oddio, l'ho detto di nuovo.” - sospirò Tony, mentre Jarvis gli levava di dosso la corazza. Pepper stava scendendo a precipizio le scale.

“Tony, hai sentito di Harvey Dent?”

“Sentito di Dent, visto Bruce e, adesso che ho parlato con te, capito che sono l'unico con i nervi saldi.” - rispose lui, afferrandola per le braccia e rifilandole un bacio con lo schiocco - “Alfred escluso, si intende. Quello è un fuoriclasse.”

“Hai visto Bruce? E che cosa ti ha detto?”

“Niente che valga la pena di essere ripetuto. Però posso dirti quello che so... che sta per infilarsi in un guaio. Uno di quelli grandi, puri e ingestibili. C'è del caffè fresco?” - si piegò sportivamente, frugando sotto la scrivania, a caccia di una placca di palladio nuova per il reattore. Si sentiva il torace esplodere - “Pepper, fingi di essere la mia assistente per un minuto e mi recuperi un caffè? Ho la testa che mi tortura...”

Pepper sollevò gli occhi, sopra la nuca di Tony. In perfetto silenzio, Jarvis aveva appena fatto apparire i segni vitali di Tony e il livello di radiazione.

Aritmia. Intossicazione al settanta per cento.

Il panico le chiuse la gola.

“Pepper?” - le parlava senza voltarsi, cercando di essere incurante. La donna fece finta di non aver percepito lo sforzo nella sua voce.

“Sei un uomo viziato.” - disse, sperando di essere un'attrice migliore di quanto si sentisse - “Salgo e torno subito.”

“Ti amo, lo sai?”

“Lo dici solo perché hai mal di testa...” - rispose lei, come un automa, salendo rapida le scale. Arrivata in cima, si sedette sull'ultimo gradino e si coprì la bocca con entrambe le mani, per non mettersi a gridare.

***

La sostituzione del palladio e i medicinali antiradiazione in quantitativo da overdose avevano fatto il loro dovere egregiamente, abbassando l'intossicazione sotto la soglia nel giro di un'ora. Continuando a gemere per un mal di testa che non aveva, Tony si era seduto in una delle sue macchine, aveva finto di bere il caffè e aveva acceso i notiziari per sapere tutto su Joker e sul messaggio alla nazione con cui, sicuramente, aveva celebrato la dipartita di Dent.

Pepper, che si stava occupando dell'ennesima causa a loro carico, era scesa a lavorare di sotto, con la scusa di sentire i notiziari e la possibilità di tenerlo d'occhio finchè non tornava di un colore decente.

Cambiando canale, o lasciando inerzialmente che Jarvis lo facesse per lui, Tony seguiva gli sviluppi delle indagini e non dubitava che Bruce, senza nemmeno essersi vestito, stesse facendo altrettanto.

“Tu credi che saprà resistere?” - domandò, ad un certo punto, rivolto a Pepper.

“Resistere a cosa? Chi?”

“Bruce, al desiderio di vendetta.”

Pepper si bloccò. Posò la penna e si voltò, ruotando sullo sgabello.

“Non avrei mai pensato tu mi facessi questa domanda.”

“Bhe, tu conosci Bruce, volevo un'opinione intelligente che non fosse la mia con cui confrontarmi.”

“Francamente ho i miei dubbi.”

“Pepper... lo sai che ti sono bastate cinque parole per distruggere oltre tre mesi di lavoro in un monastero tibetano?”

“Tu pensi che andrà diversamente?”

“Penso... non lo so, non lo so. Penso che lo voglia vedere morto e che, quando si tratterà di decidere...”

Pepper si alzò, aprendo la portiera e sedendo al posto del guidatore. Tony, sdraiato sul sedile posteriore, girò la testa verso di lei.

“Deciderà la cosa giusta?”

“Probabile. Sai, non mi preoccupa in sé la scelta... mi preoccupa quanto durerà l'incertezza.”

Non è la scelta … e nemmeno la colpa... è l'esitazione che potrebbe ucciderlo.

***

A Gotham, la morte di Dent fu un ciclone senza precedenti. Uomo rispettato, coerente e di integrità, che era stato il simbolo di una lotta strenua contro la malavita in ogni sua forma.

Dopo la morte dell'amatissima fidanzata, poi, era divenuto implacabile senza mai venire meno a quel senso di giustizia che aveva condiviso con Rachel e con cui aveva nutrito il loro amore per il breve tempo che era durato.

La sua scomparsa non creava solo un vuoto burocratico da colmare... era sconvolgente come era stata solo una morte precedente la sua: quella di Thomas Wayne. E, come oltre vent'anni prima, l'alta borghesia di Gotham trovò la forza di unirsi e serrare i ranghi a caccia di un un poco di speranza residua per andare avanti.

Il bombardamento mediatico divenne estenuante. L'ondata di emozione e i paragoni che seguirono, tra Dent e Thomas, obbligarono Bruce a tornare a vivere, simbolicamente, nella rinata WayneManor e Tony a rinunciare al riserbo che aveva deciso di tenere nei suoi confronti. La pressione che stava subendo riguardo i suoi genitori, andava a sommarsi ai ripetuti servizi scandalistici sull'amore di Harvey e Rachel trasmessi giorno e notte insieme ai continui reportages sul Joker e la sua attività criminale... anche ad essere distaccati, era troppo per un uomo troppo solo e troppo propenso agli incubi.

Così, senza tanti preamboli, complice Alfred, si era fatto invitare qualche giorno alla villa per ammirarne i lavori.

Ai cancelli, come previsto, sostavano troupes televisive in abbondanza. Bruce Wayne nella casa dei suoi avi, nella cui proprietà riposava la fidanzata di Dent, ormai assunta a figura tragica. Poco lontano, camionette della polizia, per contenere alcuni facinorosi decisi a colpire il lusso nel momento di crisi peggiore e a condannare il 'fatuo figlio' dell'amatissimo Wayne.

Bruce viveva assediato. E Tony, superando l'ingresso con una macchina anonima guidata da Happy, si chiese come fosse Bruce 'dentro' se questo era il 'fuori'.

Il blocco centrale, mirabilmente restaurato, era già abitabile. Un numero contenuto di stanze era agibile (se 'contenuto' si poteva intendere in senso lato), con un pianoterra già integralmente riorganizzato per i ricevimenti.

Ne andava il buon nome di Bruce, dopotutto. Ed era per il buon nome, che Tony trovò un ring da boxe montato in biblioteca.

“Accidenti...” - commentò, più colpito dalla struttura che dal vaso Ming del corridoio, dono dell'ambasciata cinese.

“Regalo della squadra di Wrestling femminile.” - spiegò il maggiordomo, in veste di guida turistica.

“Non voglio sapere cosa abbia regalato lui a loro...” - replicò Tony, restando a mani in tasca in contemplazione.

In quel mentre, si aprì la parete dietro il pianoforte. E ne emerse Bruce.

“Lunga vita e prosperità.” - lo salutò Stark, con la mano alzata nella posa tipica vulcaniana.

Bruce si bloccò, fissandolo.

“Preferisci che dica che sono il fantasma dei natali passati?” - gli chiese, sollecito, l'uomo.

“Cosa fai qui?”

“Lo sai che da qualche tempo non mi saluti mai? Potrei offendermi...” - Tony si avvicinò e strimpellò il piano. La porta segreta si spalancò di nuovo - “Ma che scelta banale! Junior, ma non ti ho insegnato nulla sui codici?”

“Tony...” - no, meglio un cambio di rotta - “Ciao, Tony.”

“Ciao, Junior. Come va?”

“Bene, grazie. Posso sapere cosa ti conduce qui?”

“Ho assoluta necessità di un weekend in campagna. Sono stato molto sotto stress, in questo periodo.”

“Non ne dubito. E, quindi...”

“Tu hai la campagna ed io lo stress. Siamo una combinazione perfetta.”

“Ti presto volentieri la mia campagna.” - replicò Bruce, rifilandogli una pacca sulla spalla - “Alfred, ho un impellente bisogno di città.”

“Bruce.” - Tony lo afferrò per un braccio, bloccandolo. E lo fissò dritto negli occhi - “Voglio dire tre cose: leggo i giornali, vedo la televisione e so benissimo che sai cavartela da solo. Ma che ne dici se resto?”

Si fissarono. Poi, Bruce districò il braccio, con calma.

“Sei il benvenuto. Benvenuto a WayneManor.”

***

Non si trattava di fargli la guardia. Né di fargli da analista. Né, tantomeno, di stargli appresso tutto il giorno. Bruce aveva affari di cui occuparsi e Tony altrettanto per cui non si videro, per buona parte della giornata. Bruce entrava e usciva passando da uno dei passaggi segreti della villa, Tony si era portato un computer di discreta potenza e il progetto della Mark 3 da mettere a punto.

“Il signore gradisce qualcosa?” - domandò Alfred, restando rispettosamente sulla porta. Tony aveva presidiato uno dei salotti interni, ponendo su un tappeto una piattaforma interattiva semirigida. Mentre attendeva la risposta, il maggiordomo la fissava, rapito.

A Tony non sfuggì l'occhiata ammirata, mentre stava declinando l'offerta. E si alzò.

“Può entrare...” - azzardò, avvicinandosi - “E vederla più da vicino...”

Il maggiordomo gli rivolse un sorriso compito, ma quasi di scusa.

“Deve perdonarmi... la tecnologia mi ha sempre affascinato.”

“Sì, anche a me.” - rispose Tony, ricambiando il sorriso.

“E' un sistema di quelli che chiamano.... touchscreen?”

“Bhe, sì... anche.” - confermò Tony. Sulla piattaforma, a grandezza naturale, in proiezione olografica, era visibile la Mark 3 in sovrapposizione alla 1, per mettere in risalto le differenze. Alfred le girò attorno, molto lentamente.

“Sembra molto sicura...”

“Lo è abbastanza, in effetti...”

“E scommetto che è divertente.”

“Questo lo posso personalmente garantire.” - confermò l'uomo, lanciando un comando dalla tastiera perché la proiezione mutasse e si vedessero altri particolari - “Ora sto lavorando alla maneggevolezza. Voglio sia più leggera e più snodata.”

“Sì, immagino. Anche qui si è attraversata una 'fase funambolo'...”

Tony ridacchiò. Bruce, con la 'fase funambolo', doveva essere stato insopportabile.

“Da quando ha le ali, poi...”

“Le ho viste. Ha fatto un gran bel lavoro.”

Settimane addietro, poco prima del debutto di Iron Man, dai magazzini della WayneEnterprises erano saltati fuori alcuni vecchi progetti della sezione scientifica e, tra i tanti, un tessuto a memoria di forma, ideale per l'attrezzatura dell' Uomo Pipistrello. Tony ne aveva verificato resistenza e sicurezza presso le StarkInd, Bruce aveva lavorato al progetto con Lucius Fox.

“Alfred... possiamo avere una conversazione e poi fingere di non averla avuta?”

“Dipende dalla conversazione, signor Stark.”

“Può ben immaginare il soggetto...”

“In tal caso, ritengo che lei si stia riferendo ai quadri che verranno disposti nel corridoio ovest. Posso mostrarglieli, quando meglio crede.”

“Penso che farò una pausa, allora.” - rispose Tony, mettendo in stand by la piattaforma e ritirandone la chiave di sblocco in tasca.

***

Il corridoio ovest necessitava ancora di qualche rifinitura, ma i quadri erano già posati a terra, nei punti in cui sarebbero stato appesi. Essendo un corridoio bello lungo, sarebbe stato perfetto per complottare.

Tony si avviò, lasciando che il maggiordomo dettasse il ritmo del passo. E si guardò intorno.

Fiamme, fiamme ovunque. Sbattè le palpebre e il mondo tornò ovattato, profumato di gesso e stucco.

“Lei che ne pensa, Alfred?” - domandò Tony, osservando i dipinti con le mani in tasca.

“Penso che non gli faccia bene stare qui. Se possibile, sta dormendo ancor meno di prima.”

“E il Joker?”

“Non esiste monitor senza la sua faccia.”

Tony non commentò. Non c'era da commentare.

“Non pensavo che lo avrei mai detto, ma gradirei uscisse e andasse ai party... trovo questo isolamento controproducente.”

“Ma necessario. Là fuori è caccia aperta all'erede Wayne.” - commentò Tony, incolore - “E... riguardo a Dent?”

“La famiglia preferirebbe venisse sepolto a casa. Ma, nel testamento...”

“Già.”

Quella era l'ultima ciliegina al discorso: Dent aveva lasciato espressamente scritto di voler essere sepolto vicino all'amore della sua vita e, essendo trapelata la cosa, la stampa ci stava facendo un bagno.

“Non c'è ancora stata richiesta ufficiale dagli avvocati e il signor Wayne non ha quindi ancora detto nulla... ma qualcuno ha già cominciato a porgli la domanda.”

“I miei sono sepolti in mare...” - mormorò Tony, seguendo il filo dei propri pensieri. La morte di Howard Stark era stata un trauma per il mondo scientifico ma non per le coscienze e gli animi... di questo, Tony era stato infinitamente grato sin dall'inizio.

Ma, per Bruce... Thomas Wayne aveva gettato un'ombra sul figlio, con la propria morte. Il futuro luminoso, che aveva immaginato, si era realizzato per ogni altro essere umano sfiorato dalla sua memoria, ma non per Bruce.

E non era poi un caso, che Bruce avesse scelto di essere un simbolo oscuro. Un simbolo di paura.

Tony si fermò, abbassando gli occhi sulla nuova pavimentazione. Poi li alzò verso il soffitto.

Quello era il punto in cui lo aveva trovato.

“Sa, Alfred... Bruce è stata la prima persona che ho salvato in tutta la mia vita.” - ammise, come se quella verità non lo avesse mai sfiorato - “E' possibile che nasca da questo, il mio senso di responsabilità?”

“Io ne sono certo. E, francamente, signor Stark, devo farle presente che ... lei è la prima persona che Batman ha salvato.

***

Bruce si stava esprimendo riguardo la sepoltura di Dent proprio in quel momento, in piena conferenza stampa. Pepper, seduta in prima fila, sbirciò i presenti, per cogliere le prime reazioni.

Bruce stava dichiarando, chiaro e tondo che 'no, Harvey Dent non sarebbe stato sepolto vicino a Rachel'.

“E non per mancargli di rispetto.” - stava aggiungendo, mentre si alzavano i primi mormorii - “Bensì per l'ammirazione sconfinata che avevo per lui e per la sua missione. La tomba di Dent deve essere un simbolo, come è stata la sua morte, non una lapide in un giardino privato. Perché è di questo che Gotham ha bisogno, di un eroe. Un eroe da cui trarre ispirazione. Grazie a tutti.”

“Questo discorso non vale per i suoi genitori?” - urlò una voce in fondo alla sala, obbligandolo a fermarsi, a non scendere dal palco - “Signor Wayne!”

“I miei genitori sono morti molto tempo fa.” - rispose, come se questo fosse l'unico dato di fatto da non perdere di vista.

“Ma anche allora si è discusso del sepolcro e, allora, la scelta migliore è stata opposta a quella che sta facendo ora. Ci dica, signor Wayne, ci sono altre motivazioni dietro la sua decisione?”

“Una cosa è mettere in discussione la mia decisione, un'altra è lanciare accuse infondate.” - replicò Bruce, tornando al podio.

Tony, seduto davanti al computer, si rese conto di stringere un pugno. E si impose di distendere le dita. In prima fila, da quel che poteva vedere, Pepper si stava dominando a stento.

“Non è infondato dire che lei e la signorina Dawes vi conoscevate, no? E la signorina è morta a casa sua, ad una sua festa a cui non è venuta accompagnata...” - insistette la giornalista, alzandosi. Era una rossa che Tony era sicuro di essersi scopato negli anni di libertinaggio e di cui non ricordava nemmeno il nome - “Non pensa che venga voglia di fare due più due?”

A Pepper salì l'atavico desiderio di ucciderla... lo stesso di quando l'aveva messa alla porta a nome di Tony dopo il sesso.

“Io non posso porre rimedio a nessuna delle sue voglie.” - sospirò Bruce, lasciando che qualche risatina si levasse, imbarazzata - “Ma, quando avrà finito di sollazzarsi, potrà rileggere la copia di questa conferenza stampa e scrivere il suo articolo.”

“Sta quindi dicendoci che esiste una versione ufficiale a cui dovremmo attenerci?”

“Le versioni ufficiali son nate per essere messe in dubbio. Ma, se decide di farlo... si accerti almeno di aver scritto la verità. Grazie a tutti.”

Adesso non era più brusio. Erano in piedi e urlavano il loro nome.

Ma Bruce abbandonò comunque la sala.

“Molto, molto male...” - sussurrò Tony, lasciando cadere la penna laser e allungandosi verso il cellulare.

“Bene, bene, bene...” - sibilò, contemporaneamente, il Joker. E il suo sorriso dipinto divenne una risata incontrollabile.

***

Pepper gli rispose al terzo squillo. Non era riuscita a intercettarlo. Bruce se ne era andato prima ancora che la sala si svuotasse.

Tony, quindi, premette i tre tasti del pianoforte e discese nelle profondità della terra, andandogli incontro. Lo trovò nella galleria centrale, quella che collegava WayneManor al deposito sotterraneo.

“Non dire nulla.” - ordinò Bruce, superandolo e proseguendo verso casa. I suoi occhi, solitamente dorati, erano scuri.

“Dico che invitarli a scrivere la verità quando sai che hanno ragione non è mai un buona scelta.”

Bruce si bloccò e tornò indietro.

“Parla quello che ha detto al mondo di essere Iron Man.” - lo aggredì.

“Io ho detto al mondo chi ero, non ho raccontato una balla per poi dire 'cercate pure di smentirmi'. Lo trovo controproducente.”

“Cosa ti aspettavi che facessi! Non sono io che sono andato in giro a mentire sul mio fidanzamento, non sono io che ho chiesto di farmi seppellire vicino a una donna che non mi amava! La sua tomba vicino ai miei genitori, Tony, ha osato chiedere di...” - Bruce si rese conto di stare urlando e, con uno sforzo titanico, si interruppe e cerco di ricomporsi - “Non possono chiedermi anche questo.”

“Tu non sei lucido. Ragiona, Bruce. Posso essere d'accordo con te ma non...”

“Prima o poi avrebbero iniziato a pensarci, no? Lei, lui e l'altro... ed io sono l'unico ancora vivo, per cui...”

“E' quello il problema, Bruce.” - lo interruppe Tony - “Tu sei quello ancora vivo.”

***

Una volta, Harvey Dent aveva detto: “O muori da eroe o vivi abbastanza a lungo da divenire il cattivo.”

Non era certo a chi avesse pensato, nell'affermare una tale idea... ma ciò non toglieva che Harvey fosse divenuto l'eroe e Bruce il cattivo.

Harvey era l'amante tragico, lo sposo. Bruce, l'amante e basta.

Harvey era l'uomo giusto. Bruce, l'erede inadeguato.

Harvey era morto. E Bruce... Bruce era vivo.

Eroe. Cattivo.

Ora, in piedi nel piccolo cimitero di famiglia, Bruce fissava lo spazio vuoto a fianco di Rachel. I fiori blu, che aveva piantato dopo il suo ritorno, erano spuntati e si estendevano, pigramente, senza intaccare il marmo.

Ma Bruce non vedeva nemmeno quelli. Fissava solo lo spazio vuoto, lo spazio a fianco di Rachel.

“Mio o tuo?” - si domandava - “Mia o tua?”

Poco oltre, i suoi genitori, sepolti uno a fianco dell'altro. I suoi nonni... i suoi bisnonni. E sentì qualcosa salirgli nel petto, inaspettato: tristezza.

Tristezza. Per tutti quelli che se ne erano andati. Solo tanta tristezza.

Si concesse un respiro profondo, alzò gli occhi alla quercia che li ombreggiava. Forse un elicottero stava sorvolando la tenuta. Che lo fotografassero, se ci tenevano tanto. Non aveva importanza.

Era un uomo davanti ad una tomba.

Era un uomo vivo che aveva deciso di tacere riguardo il silenzio dei morti. Era solo un uomo che rifiutava di parlare per chi non poteva.

Sentì i passi, ma non si voltò. E Tony lo affiancò.

“Vuoi dire qualcosa di memorabile?” - gli chiese Bruce. Adesso fissava la lapide, i fiori blu, le date.

“Se vuoi... avrei giusto una frase...” - rispose Tony, aprendo un bigliettino che aveva i tasca - “Ecco il destino mio: far da suggeritore e meritar l'oblio! Ed intanto che in fondo io son restato, altri a cogliere il bacio della gloria è montato! È giusto, ed io consento, sull'orlo dell'avello, che Molière ha genio, che Cristiano era bello!”

Bruce abbassò gli occhi. Nessun bigliettino, fingeva solo di leggere.

Non riuscì a trattenere una risata vagamente isterica. Avrebbe voluto dirgli che era un cretino, ma la voce non gli uscì dalle labbra.

Oh, Tony...

“Obbiettivo raggiunto.” - si complimentò l'altro, con se stesso, fingendo di ripiegare il biglietto e di rimetterlo in tasca. Poi gli posò una mano sulla spalla - “Andrà tutto bene, Bruce. E si stancheranno, dopo un po' si stancheranno, come fanno sempre.”

“Lo so. Ma non so se andrà tutto bene.”

“Per infangare te, dovranno infangare lei.” - rispose Tony, stringendo più forte quella spalla magra e parlandogli in un sussurro - “E non potranno. Non ci riusciranno mai.”

“Tu credi?”

“Bruce... Rachel è morta con una spada e una bilancia in mano. Ed è ora che il mondo lo sappia.”

L'elicottero stava compiendo una virata e passando di nuovo sopra il cimitero.

“Ti vedranno...” - mormorò Bruce, alzando gli occhi.

“Ti sbagli. Da circa due ore non riescono più a vedere nemmeno te.” - lo contraddisse Tony, senza lasciarlo andare e conducendolo verso casa - “Del resto, mio caro Cirano... il tuo Moliere è davvero un genio...

***

Le foto erano apparse nelle agenzie alle quattro in punto. Alle quattro e un quarto non esisteva testata che non si preparasse a stamparle, alle cinque non esisteva telegiornale che non le stesse mostrando.

Gli ultimi attimi di Rachel Dawes, recava il titolo, in sovrimpressione: Rachel, avvolta dalle fiamme, la spada, la bilancia. Terribili, vi mostriamo solo le meno impressionanti, diceva con voce rotta il cronista. Ma le foto di Rachel erano solo un assaggio. Il vero dolce erano quelle di Dent, disperato, tra le fiamme.

Emerse dai documenti personali del procuratore, diceva una voce. Occultate per rispettarne il dolore, diceva un'altra. Amanti tragici, già speculava una terza, un vero simbolo di umiltà non divulgarle...

Dent, non ritratto per un disguido nelle foto ufficiali scampate alla distruzione, era stato presente a WayneManor con la sua amata. E, in un ultimo disperato tentativo di gettarsi nel fuoco...

Commovente.

Drammatico.

Sconvolgente.

“Disgustoso.” - commentò Pepper, spegnendo il televisore. Piegò le ginocchia, rannicchiandosi sul divano e afferrò il cordless. Disgustoso cosa si potesse fare con un programma di grafica.

“Sei un vero farabutto. Bugiardo, calcolatore, insensibile e molesto.” - disse, quando sentì la sua voce - “Ma io ti amo alla follia per questo.”

“Posso sussurrarti delle porcherie, se mi vuoi più rude.” - rispose Tony, finendo di dare una sistemata al reattore e reinserendolo nel petto - “Così puoi commutare tutto in 'maschio brutale, possessivo, passionale e violento'. Che ne dici?”

“Mi vai bene così come sei.” - sospirò lei, lasciandosi andare sul divano e stiracchiando le braccia - “E, dimmi, hai fatto altro di così promettente?”

“Ho schermato WayneManor. Ogni volta che fanno una ripresa o scattano una foto, appare un bel disturbo di frequenza. E dubito che esista, nel raggio di qualche chilometro, qualcuno che abbia dei rullini di pellicola da vendere...”

“Sei stato in gamba, oggi...”

“A dire il vero, non sono contento.” - a Tony pesavano le foto di Rachel, fino a quel momento nascoste - “Ma non sono riuscito a pensare ad altro.”

“Rachel capirà, Tony. Ne sono sicura.” - sussurrò lei - “E Dent...”

“Dent aveva Due Facce, Pepper. Ma non era l'unico. Siamo in tanti in questo club...” - rispose Tony, quasi scusandolo. Dent, probabilmente, aveva sperato di riconquistare Rachel e non aveva avuto il tempo di provarci. Il suo calvario non era stato minore di quello di Bruce - “Ad essere sincero, mi dispiace per lui. E' davvero la figura tragica che credono... ma non per i motivi che sanno.”

***

Avevano parlato ancora un poco, di tante cose. Tony chiese a Pepper di cercare alcuni oggetti in casa, Pepper gli domandò se aveva intenzione di accompagnarla all'ennesima serata di beneficenza.

“Non sei costretto.” - aggiunse lei, ridacchiando ai suoi gemiti - “Mi piaci dove sei.”

Tony sorrise e alzò gli occhi verso la porta. C'era Bruce, in piedi.

“Ora ti devo lasciare.” - sussurrò, guardando l'uomo e facendogli un cenno perché entrasse - “Ci sentiamo più tardi.”

“Salutami Bruce. E digli che...”

Tony staccò la chiamata prima di ascoltare quelle che, si sentiva, sarebbero state smancerie che si rifiutava di ripetere.

“Pepper ti manda saluti e... boh, altro.” - gli comunicò - “Tutte cose carine, suppongo.”

“Non ne dubito.” - Bruce si sedette al tavolo su cui Tony aveva disposto la sua attrezzatura - “Ho visto...”

Si interruppe. Tony sapeva benissimo cosa avesse visto e, con buona approssimazione, riteneva anche di sapere cosa avesse provato.

“Ho pensato fosse un modo per ridurre il polverone.” - replicò. Per le scuse ci sarebbe stato tempo, se fossero servite - “Ho dato loro qualcosa di nuovo con cui sfamarsi...”

“Una nuova carcassa da spolpare...”

“Meglio una morta, che una viva.” - replicò Tony, senza tatto. Poi girò il computer - “Ti sei occupato di questo?”

Era la trascrizione di una telefonata di accordi per l'arrivo di una nave in porto.

“Lo sai che me ne sto occupando.” - rispose Bruce, riconoscendo il testo - “E' un file del mio computer...”

“Ti stavo solo svuotando il cestino.” - si difese. E aprì un altro file - “Poi, mentre svuotavo anche il cestino del dipartimento di polizia...”

Una mail privata riguardo un carico di droga. Stessa data, stesso molo.

“Non mi interessa rovinare il business delle bustarelle della polizia...” - aggiunse Tony, continuando a digitare - “... ma voglio sapere perché questo sia il terzo carico in arrivo in poche settimane.”

“Anche a me non è piaciuto... e, difatti...” - commentò Bruce, sporgendosi e premendo a sua volta sulla tastiera - “... se tu avessi frugato anche nella cartella documenti...”

“Ma così sarei stato un ficcanaso...”

“Avresti scoperto che Gordon mi ha fatto avere la documentazione senza la necessità di rubarla dai server della polizia.”

“Ah. Comodo. Non divertente ma comodo.” - disse Tony. Poi si sporse, leggendo gli altri files aperti - “E questo ci porta a...”

“A sapere con cosa si stanno finanziando. E, mentre noi parliamo... l'ultima partita di droga viene scaricata al commissariato, assieme a due testimoni. E una busta campione viene recapitata a Lucius Fox perché si diverta ad analizzarla in laboratorio.”

Bruce si interruppe e intrecciò le mani, in attesa. Sembrava... compiaciuto.

Tony si prese ancora del tempo per osservare i dati. Poi dovette rassegnarsi ai complimenti.

“Sono colpito, Junior. Stai crescendo proprio bene...” - ammise, con aria modesta - “Se penso a come eri, quando ti ho raccolto...”

Gli occhi di Bruce si spalancarono.

“Tu.. hai raccolto... me?” - scandì. Non si indicò con un dito perché poteva essere eccessivo.

“Oh, non mi ringraziare, l'ho fatto volentieri.” - rispose Tony, battendogli una mano sulla spalla e alzandosi per servirsi generosamente di liquore - “Quindi, la prossima mossa è...”

“La prossima mossa è sempre la stessa. Joker. Voglio Joker.”

“E fine della conversazione intelligente.” - sospirò, riempiendo un secondo bicchiere e portandoglielo - “Bevi. Ti renderà meno coriaceo.”

***

Coriaceo o no, squilibrato o meno, Bruce aveva ragione. Era ora di colpire il Joker.

Quello che Tony non poteva sapere era che Bruce, per farlo, aveva già una carta vincente in tasca.

Un carta con un Joker recapitata con la posta del mattino.

L'invito era dei più classici: serata di beneficenza, bla bla bla, aiutiamo i piccoli indifesi, bla, bla, bla, facciamolo in memoria di... Bla. Bla. E bla.

Come suo solito non lo aveva letto ma aveva confermato la propria presenza, per l'ormai noiosa abitudine a farsi vedere e giudicare. Ma, quando la carta era scivolata fuori dalla busta, la realtà era mutata di prospettiva.

Bruce l'aveva raccolta e fissata.

'All'amante della giustizia.” - c'era scritto, a pennarello, con calligrafia arzigogolata. Bruce la girò tra le dita, rendendosi conto di non riuscire a pensare.

L'ultimo vivo. Dopo Rachel, dopo Dent... ora il simbolo sarebbe stato Bruce Wayne.

Per la prima volta da molto tempo, fu consapevole della propria dicotomia agli occhi del mondo: Batman aveva inseguito Joker, ma era Bruce che, infine, aveva attirato la sua attenzione.

Bruce Wayne, il simbolo vivente della decadenza di Gotham, con il passato oscuro e il futuro già scritto. Il figliol prodigo, il principe ereditario che sperpera i soldi della corona e infanga la memoria paterna.

Dopotutto ha ragione, pensò Bruce, rigirando un'ultima volta la carta, anche io sono un simbolo, nel bene come nel male. E sono una bella testa da aggiungere alla collezione.

“E allora sia...” - sussurrò, lasciando cadere la carta sui documenti della scrivania - “Vienimi a prendere.”

***

Quando Bruce emerse dalla porta segreta, finendo di mettersi lo smoking e legandosi il papillon, Tony stava finalmente realizzando il proprio sogno della settimana: giocava alla boxe con Happy e inaugurava il ring di Bruce.

“Ne voglio uno uguale per Natale!” - gli urlò dietro, aggrappandosi ad una delle corde.

“Puoi prendere quello, a me non serve.” - gridò, di rimando, Bruce, aggiustandosi le bretelle.

“Dove stai andando?”

“Serata di beneficenza.”

“Anche tu? Anche Pepp... ehi, ci vai con la mia ragazza?” - urlò, bevendo l'integratore, come suo solito.

“No, non vado con la tua ragazza, vado solo.” - rispose Bruce, secco, mentre Alfred lo aiutava a mettersi la giacca - “Solo e con l'intenzione di comportarmi male.”

“Allora attiva il bracciale.”

“Tony...”

“Attiva il bracciale e non discutere con me, giovanotto!”

Bruce si voltò, dal fondo del corridoio, fulminandolo con un'occhiata. Poi, con gesto eclatante, rifilò un colpo al pipistrello di titanio che portava al polso.

“E non fare tardi o ti levo le chiavi della macchina.” - aggiunse Stark, sempre con il dito puntato. E sorrise. Ma tu guarda... assomiglio davvero a mio padre...

***

Deja-vu. Nei giorni a venire, Bruce avrebbe pensato a quell'istante come ad un deja-vu.

Una voce femminile...

Una presentazione...

Un nome difficile da pronunciare...

E l'attimo di consapevolezza, prima di voltarsi.

“La rabbia ti impedisce ancora di ragionare, Bruce.” - mormorò Ducard. La sua voce fece sparire all'istante ogni altro suono - “E di scegliere l'opportuno terreno di scontro...”

Bruce strinse i denti, non rispose.

“Prego... da questa parte.”

“E se non volessi?”

“Allora dovrei farti presente che gli inviti spediti per stasera erano due...” - sospirò Ducard, posandogli la mano sulla spalla, come un vecchio e caro amico - “E che la signorina Potts mi risulta essere ora in viaggio...”

Un colpo basso. Così basso che Bruce si sentì vacillare e percepì il proprio stomaco stringersi in un nodo.

“Prego...” - ripetè l'uomo, con uno splendido sorriso, indicando un corridoio - “Da questa parte...”

Bruce lo seguì e, facendolo, posò la punta del pollice sul bracciale sperando in un miracolo.

***

Il party... tutti avevano un party a quanto sembrava.

Pepper aveva un party... Bruce aveva un party...

“Alfred?” - chiamò Tony, al centro dell'ingresso.

Nessuna risposta. Magari anche Alfred aveva un party.

Poco propenso a sentirsi offeso, Tony vagò per un po' tra le sale e i corridoi. Si addentrò nel cantiere dell'ala di sud est, sollevando i teli plastici e guardando il rinascere del castello dalle proprie ceneri.

Alzò gli occhi verso un moncone di scala. Aveva un corrimano largo, ricordò, arrivando ai piedi di ciò che restava. Magnifico da percorrere in scivolata. Posò una mano sul legno bruciato e chiuse gli occhi.

Odore di cera sulle mani. Suo padre aveva capito così cosa stesse combinando. Aveva sentito il baccano e lo aveva annusato, per scoprire la sua colpa. Come la giustizia, suo padre non aveva bisogno di occhi.

Tony riaprì i propri e si rese conto di non provare rabbia, ma solo rimpianto. Tanto rimpianto.

“Questa casa fa un brutto effetto.” - sospirò, sollevando la mano in segno di resa e tornando sui propri passi. Poi si fermò e si voltò, guardando in aria. Si vedeva ancora la colonna dietro cui aveva fatto nascondere Bruce.

“Tranquillo, Junior. Inutile ci puniscano tutti e due.” - ricordava di avergli detto, per consolarlo. Era un tappetto di circa sei anni. Poi gli aveva mostrato le mani - “Se, mentre mi sgrida, gli arrivo abbastanza vicino, ti prendo delle caramelle...”

Ridacchiò, ripensando a se stesso e ai primordi della propria faccia da schiaffi.

Si incamminò, per tornare verso il blocco già restaurato. Non ricordava dove fosse il party di Pepper... ed era tardi per chiamarla. Ma, conoscendolo, Bruce aveva sicuramente lasciato l'invito in biblioteca, sulla scrivania, assieme a tutte le cose che non lo interessavano affatto.

Trovare l'indirizzo sarebbe stato uno scherzo. Dopotutto, niente è meglio di un bagno di folla, quando si è malinconici.

***

Ducard lo condusse lungo un corridoio, accentuando il senso di rivivere la sera della morte di Rachel.

Bruce si rendeva conto di non riuscire a pensare lucidamente: se era vero... se era vero che Pepper... strinse più forte il bracciale, cambiando la pressione del polpastrello, poi lasciò ricadere la mano.

“No, Bruce, niente fiamme.” - gli disse, all'improvviso, Ducard, facendolo quasi sobbalzare - “Anzi. Sono qui per consigliarti caldamente di andartene.”

“E' l'ultima cosa che intendo fare.”

“Ma sarebbe la più intelligente.” - Ducard alzò un dito. Sopra le loro teste, nel salone, riecheggiavano i primi spari - “Senti? È venuto per te...”

“Joker.” - sussurrò, senza riuscire a frenarsi.

“Sì, proprio lui. Joker. Un uomo interessante, non credi? Condivide con te e con me la consapevolezza del valore delle piccole cose... una maschera, una cicatrice... un pipistrello...” - sospirò, fermandosi a contemplare un quadro. A distanza di sicurezza, alcuni uomini li precedevano e li seguivano - “... una spada... oppure una bilancia...”

Sospirò ancora, quasi rammaricato.

“La tua conferenza gli è molto piaciuta.” - ammise - “Del resto, anche per la ragazza aveva avuto un occhio di riguardo... e una certa considerazione personale.”

Bruce si voltò, pronto a colpirlo. A Ducard bastò alzare il bastone, per frenarlo.

“Attento, signor Wayne.” - lo ammonì, utilizzando un'unghia per mostrargli la lama che il bastone conteneva - “Se proprio non riesce a pensare, almeno si nutra di ricordi che possano servire... non solo di memorie fatte per rimpiangere.”

Bruce arretrò di un passo.

“Così pieno di paura...” - lo commiserò l'uomo - “Così solo...”

“Gli hai detto chi sono?”

Di tutta risposta, Ducard sorrise.

“Non ce ne è bisogno. Spiegargli chi tu sia non peggiorerebbe le tue sofferenze e non cambierebbe la realtà dei fatti. È un segreto tra noi, un segreto che la Setta delle Ombre ha scelto di custodire.”

“Un segreto che non mi impedirà di fermarvi.”

“Un segreto che non ci impedirà di batterti, Bruce.” - replicò la sua nemesi, mentre gli occhi si illuminavano, sinistri - “Ben altri son i segreti che possono cambiare il corso della storia...”

***

L'invito c'era. Ma, quel che era peggio... c'era la carta.

Una dannata, fottutissima carta da Joker.

Tony si ritrovò a correre mentre ancora era certo di stare imprecando, fermo, davanti alla scrivania di Bruce. Frenò all'altezza del computer, cercando una connessione protetta con Jarvis.

“Rispondi, rispondi, rispondi...” - stava sibilando Tony, quando si aprì la schermata del bracciale. Elettrocardiogramma impazzito e un suono registrato.

Un suono ritmico, come un'unghia. Tony cercò di isolarlo, capire. Portò a massimo volume l'impianto e chiuse gli occhi.

Breve, lungo, lungo, breve.

Tre volte. Tre volte lo stesso suono. Cosa volevi dirmi, cosa, cosa... segnale Morse! Tony spalancò gli occhi e riprodusse il suono, a mano aperta sul ripiano.

Breve, lungo, lungo, breve.

Punto, linea, linea, punto... P... Tre volte P... Pepper!

La gola di Tony si chiuse. E, per la prima volta da molto tempo, ebbe paura.

***

Ducard lo accompagnò fino all'uscita. Quando furono sulla soglia, l'uomo sorrise della sua perplessità.

“E' presto perché tu muoia, Bruce.” - gli spiegò, con gentilezza - “Prima devi vedere cadere Gotham poi... poi ti ucciderò.”

“Di persona, Ducard?” - sibilò Bruce, arrivandogli, forse, troppo vicino - “E' un fatto personale?”

“Bruce... ho provato per te l'amore che può avere un padre. E tu mi hai deluso, rifiutando la mia eredità, come deludesti un tempo i tuoi genitori. Non sei stato punito allora... ma presto lo sarai.” - spiegò, con estrema gentilezza. Poi arretrò, prendendo le distanze - “Ora vai. E, se credi, vesti i panni dell'eroe che cerchi invano di essere.”

Ancora un passo, a ritroso.

“E' una splendida nottata, non credi?” - domandò, sorridendo - “Son certo che saprai assaporarla, con la vita di cui ancora godi...”

Bruce si mosse, deciso a rientrare. Ducard fu più pronto a bloccarlo.

“Lui non c'è.” - sussurrò Ducard - “Non è mai stato qui...”

Non è mai stato qui...

“Non ricordi? Eppure ti ho ben insegnato: la teatralità e l'inganno sono strumenti potenti...” - gli ricordò - “E' bastato qualche colpo di fucile, un volto truccato e ti sei convinto di sapere cosa ti attendesse. È bastato inviarti una singola carta da gioco perché tu credessi di avere tutto il mazzo.”

La mano di Ducard al centro del suo torace, la mano con cui lo aveva frenato, divenne pietra. Bruce si ritrovò a volare in strada, sul marciapiede, la testa a pochi centimetri da un Suv nero in frenata. Ducard gli sfrecciò rapido a fianco, colpendolo al viso con il bastone e sparendo dentro la macchina.

Intontito, senza riuscire ad alzarsi, Bruce lo vide fuggire e capì di essere stato battuto.

***

Il cellulare di Pepper suonava a vuoto. Ma Tony, già in volo con l'armatura, non demordeva.

“Signore...” - disse Jarvis, aprendo una comunicazione - “Una nuova trasmissione del Joker.”

“Guardala e riassumi le parti importanti, ora non ho tempo.” - replicò, secco, Tony. Un altro segnale gli stava balenando davanti agli occhi. Un pipistrello azzurro aveva iniziato a brillare tra le informazioni e i dati di volo. Virò e scese in picchiata in una delle strade del centro città.

Bruce si stava rialzando da terra, quando Iron Man lo investì in pieno, levandogli l'aria dai polmoni, nel tenergli il torace con un braccio. Un attimo dopo, era di nuovo a terra, sul terrazzo dell'attico alla WayneTower.

“Lui non c'era.” - gracchiò, mentre l'elmo si apriva e appariva la faccia di Tony - “Pepper...”

“Se le succede qualcosa io ti...” - si bloccò. Bruce lo guardava come se lo avesse appena colpito. Gli tese una mano, perché si rimettesse in piedi - “Non importa quello che voglio farti, non abbiamo tempo.”

“Signore...” - lo interruppe Jarvis, in un orecchio - “Credo sia necessario sentiate questo...”

“Bruce, la televisione.” - ordinò Tony, sfondando con un calcio la vetrata ed entrando - “Jarvis, la signorina Potts, a costo di orientare i satelliti della Nasa.”

Il Joker, in televisione, era quello di sempre: era certamente ad una festa, con un calice stretto in mano e i resti del buffet sul risvolto della giacca. Si scusava, genericamente, con tutti gli organizzatori di serate di beneficenza da Gotham alla costa, per aver dovuto scegliere a quale presenziare di persona e sperava, ovviamente, che gli 'amici' inviati a sostituirlo fossero una consona compagnia.

“Tuttavia, Amici miei, lasciatemelo chiedere ancora: Che deve succedere perché vi uniate al mio piano? Devo proprio togliervi dalla panchina e mandavi in campo. Stasera parteciperete tutti ad un esperimento sociale. Attraverso la magia del carburante Diesel e del nitrato d'ammonio, sono pronto fin d'ora a farvi saltare tutti quanti in aria. Ad ogni serata, da qui alla costa, è stato consegnato un telecomando al padrone di casa. Se uno solo tenterà di lasciare la festa, morirete tutti. Una festa, un telecomando. A mezzanotte vi farò saltare tutti in aria. Però, se uno di voi premerà il bottone e spazzerà via una concorrente, lascerò salvi i suoi ospiti. Ah, e vi consiglio di decidere in fretta perché non tutti sanno essere tanto altruisti... decidete, o morirete tra le fiamme... come la martire della giustizia...”

Bruce strinse i pugni, sentendo affondare le unghie nei palmi. Joker, nello schermo, rideva ma... si bloccò, fissando un punto alle sue spalle. Possibile che...

“Maledizione, Pepper, maledizione.” - ringhiò Tony. Bruce stava già aprendo uno dei passaggi segreti per raggiungere scendere ai piani inferiori della WayneTower - “Bruce...”

“Cercala. Io so dove si trova.” - urlò, correndo lungo il corridoio - “Salva Pepper, io vado a prendere Joker!”

***

“Pronto?”

Quando Pepper rispose, Tony ebbe la certezza di riuscire a respirare e si chiese come fosse stata possibile l'esistenza senza ossigeno negli ultimi quaranta minuti.

“Dimmi dove sei!” - si sorprese a gridare, in volo in direzione di Malibu - “Pepper, a che festa ti trovi?”

“Attualmente nessuna.” - rispose lei, mentre la macchina si fermava - “Sono allo stabilimento centrale, pare che ci sia un problema. Non sono nemmeno arrivata al party! Non sono riuscita nemmeno a passare da casa a cambiarmi... tutta colpa delle tue cause!”

“Le mia cause ti hanno appena salvato la vita.” - replicò lui, sottovoce. Il petto gli faceva male... strano - “Che genere di problema!”

“Tony, santo cielo, non fare l'ansioso! Ancora non lo so.” - replicò lei, scendendo e andando verso l'ingresso - “So solo che mi hanno avvertito e son venuta a contr...”

La terra le tremò sotto i piedi. La voce di Tony, nell'auricolare Bluetooth, si distorse, divenendo un fischio, mentre l'asfalto cominciava a rigonfiarsi e a sbriciolarsi.

“Tony?” - chiamò, guardando la macchina sollevarsi e ribaltarsi e una figura mastodontica, grigia, emergere dalle profondità della guerra.

Pepper non riusciva a muoversi. Di fronte a lei, con un Reattore Arc in petto e il braccio già levato per schiacciarla, c'era un armatura. E, al suo interno, sepolcrale eppure riconoscibile, sentì rimbombare la voce di Obadiah Stane.

***

Quando Tony aveva scherzato, riguardo al fatto che anche Alfred avesse un party, era andato così vicino alla verità da rasentare l'assurdo. Il party in questione era proprio quello aziendale della WayneEnterprises, ovviamente per beneficenza, quindici piani più sotto. E Lucius Fox, al momento, era l'uomo contrariato con il telecomando del Joker in mano.

Il Joker, sbavando e terrorizzando tutti, si aggirava per il salone.

“Dov'è? Dov'è il signor Wayne?” - cinguettava, facendo arretrare verso le vetrate ogni singolo ospite - “Eppure gli avevo annunciato che sarei venuto. Dov'è? Non è educato non presentarsi...”

“Mi spiace dirle...” - mormorò Fox, a quel punto - “Che qui è il posto più improbabile in cui trovarlo.”

“Davvero?” - il Joker tirò indietro un ciuffo di capelli e saltellò verso di lui - “Qui? No? Perché?”

“Il signor Wayne non ama organizzare le feste.” - spiegò Lucius, con il suo impareggiabile pigro sorriso - “Permette di organizzarle in suo nome, ma non con la sua presenza...”

“Ah sì? E dov'è? Là? Là?” - il Joker indicava i grattacieli illuminati - “Premi il bottone, premi.. vediamo se lo trovi...”

“Non premerò il bottone. Fa parte delle regole, posso … oppure posso non farlo.”

“Le regole non esistono... se esistono, si possono cambiare...”

“Esattamente.” - replicò Bruce, apparendo in quel momento sotto l'arco principale, in cima allo scalone - “Le regole sono create per essere cambiate.”

Al Joker non sembrò vero. Gli corse quasi incontro. Le luci si spensero. Quando si riaccesero, tra urla e rumore di bicchieri in frantumi, Bruce era scomparso.

Eccolo, di nuovo, in fondo al corridoio. Il Joker si mosse, le luci si spensero.

Di nuovo, in cima alle scale.

Di nuovo, nel buio.

Un gioco di inganni, aveva detto Ducard. Inganni e illusioni. E Bruce, con un banalissimo interruttore di segnale, stava ottenendo ciò di cui aveva bisogno.

Il Joker, disorientato, urlava.

Lo poteva sentire, nello scivolare lungo i corridoi del piano. Una coppia, appartata e ignara del disastro che gli altri invitati stavano vivendo, lo vide passare, sparire in una parete, come un fantasma.

Bruce non si curò di loro, scivolando nelle intercapedini e continuando a premere il pulsante.

Spento. Acceso. Spento. Acceso.

Le urla si stavano triplicando. Gli spari pure.

Quando ebbe indosso l'armatura, Bruce smise di creare questa alternanza. E spense, definitivamente, il palazzo.

Gli spari aumentarono. Poi cessarono del tutto. E scese il silenzio.

Fine della luce. Fine delle regole.

***

Pepper arretrò, cercando di non inciampare nei tacchi. L'armatura di Obadiah lo rispecchiava alla perfezione: minacciosa, imponente, schiacciante. Avanzò, allungando le braccia, come gli aveva visto di fare centinaia di volte, per complimentarsi o per salutarla.

E Iron Man gli centrò la fiancata, con una presa da football. A questo punto, Pepper cadde, sentendo le mani sbucciarsi e percependo l'impatto con il terreno come un segno.

Ancora viva. Sono ancora viva!

Tony e Obie erano volati fino al fondo al parcheggio, in un groviglio di lamiera e ingranaggi.

Poi sparirono alla sua vista, salendo fino alle stelle.

***

Il Joker non aveva perso tempo: aveva sguinzagliato i cani ed era salito in alto, a caccia della visibilità che gli sarebbe occorsa allo scadere della mezzanotte.

E lo attendeva.

“Il miliardario non è mai stato qui....”- cantilenò, quando il cavaliere Oscuro gli apparve alle spalle - “Una tua idea... tua, tua, tua...”

“Te lo hanno detto... questo è l'ultimo posto in cui avresti potuto trovarlo...”

“Il figliol prodigo che non vuol tornare a casa... il figlio di Gotham che ruba le donne degli eroi veri...” - si voltò, guardandolo, con curiosità. I cani ringhiarono - “Sono questi gli uomini che difendi? I ladri d'amore?”

“Difendo coloro che sanno amare.”

“E coloro che hanno regole, giustizia... passione... “ - gli occhi gli brillarono, divertiti - “Tutte belle cose... ma la pelle e le ossa bruciano comunque. E si accartocciano, si sbriciolano...”

Spalancò le mani, simulando un fuoco d'artificio.

“L'amore non mantiene integri i corpi.” - esclamò, come se la cosa fosse piacevole - “ Le membra si staccano e... si muore. Dov'eri, mentre Wayne vedeva morire la donna?”

Congiunse le dita, come un prete. Sapeva di essere in trappola, eppure...

“Non c'è armonia in una bara... c'è... solo... caos.”

Batman scattò. Scattò, incurante dei cani, verso di lui, cieco e sordo al dolore ed al pericolo.

Fu una colluttazione breve. E Joker volò fuori dal parapetto, nel vuoto.

***

Man mano che aumentava l'altitudine, la potenza del reattore si riduceva. Tony, stanco di sentirselo comunicare dritto dentro l'orecchio, aveva preteso di averlo scritto davanti agli occhi... come se lo ritenesse così meno preoccupante.

L'amore per il controllo di Tony era un fatto poco conosciuto. Perennemente in bilico tra la sbornia e l'eccesso, pochi intuivano come, invece, la precisione che riservava ai calcoli scaturisse perfettamente dal suo modo di essere.

Tony era preciso nei gesti, nelle battute, nelle scelte. E, in quel momento, costretto a neutralizzare Obie, i calcoli e la precisione erano tutto. La riduzione della potenza significava fusione del nucleo del reattore. La fusione del nucleo, un numero eccessivo di radiazioni e un possibile movimento delle schegge metalliche che aveva nel petto. E il cuore... bhe, se lo sentiva rombare dentro le orecchie... per questo non gli serviva anche la voce di Jarvis come monito.

Superato un certo livello sul mare, poteva succedere solo una cosa... congelarsi. O spegnersi.

Obie si era congelato. Tony... spento.

L'atterraggio sui tetti della StarkIndustries non era stato dei più felici. La comparsa di Obadiah, alle spalle, una vera sfortuna.

***

“Pepper, vai al reattore principale.”

“Tony? Tony, stai bene?”

“Vai alla consolle centrale e accendi tutti i circuiti. Devi far saltare la terrazza.” - sussurrò Tony, restando nascosto dietro un muro. Obie, confuso da una scossa elettrica di un voltaggio non trascurabile, si aggirava per la terrazza cercando di riavviarsi.

“Il punto debole è la conducibilità dei metalli di cui è rivestito.” - sussurrò, ancora, spiegandole, per tranquillizzarla - “Ma serve più di una scarica per stroncarlo. Il reattore è la nostra fonte migliore. Ti invio i dati per avviarlo e calibrarlo.”

Molleggiò sulle ginocchia, sentendo l'armatura ripristinare i contatti saltati nell'impatto con il terreno, gli ingranaggi allinearsi e dare la spinta necessaria.

Scattò, afferrandolo per la schiena, in un gioco non troppo diverso da quello che faceva da bambino.

Obie lo fece volare oltre, come un insetto. Tony, sbattendo sulla cupola vetrata del padiglione, senti il proprio cuore contrarsi in maniera del tutto anomala.

***

Afferrato. Lo aveva afferrato per un soffio. Senza vedere, solo sentendo, come un pipistrello... come la giustizia.

E il Joker rideva, rideva senza controllarsi.

Tu non riesci proprio a lasciarmi andare, vero? Ecco cosa succede quando una forza irrefrenabile incontra un oggetto inamovibile. Tu sei davvero incorruttibile, non è così? Eh!? Tu non mi uccidi per un mal riposto senso di superiorità. E io non ti ucciderò... perché tu sei troppo divertente! Credo che io e te siamo destinati a lottare per sempre.”

“Non ti ucciderò perché meriti un processo giusto. Meriti di essere punito da quello stesso sistema che hai cercato di distruggere, dall'armonia.” - rispose, sollevandolo - “Per quella compassione che ci rende diversi. Tu starai in una cella imbottita per sempre.”

Lo lanciò contro la parete, sentendolo disarticolarsi ma non smettere di ridere.

“Magari potremmo dividerne una!” - blaterava - “Perchè tu sei come me... e non saranno la compassione, l'amore e quant'altro hai letto sui libri a salvarti... il caos... il caso è il destino ultimo...”

Mezzanotte. Lo sentirono entrambi, in lontananza. Il Joker si irrigidì, cercando il telecomando. Si voltò, lo vide in mano a Batman. E, un istante dopo, lo vide lanciato nel vuoto.

“Niente fuochi d'artificio. Che cosa volevi dimostrare? Che in fondo sono tutti mostruosi come te? Sei l'unico.” - lo afferrò, tirandolo in piedi. Sentiva la polizia salire veloce le scale, inarrestabile - “Guardati attorno. Questa città ti ha appena dimostrato che ci sono ancora delle persone pronte a credere nel bene.

“Finché non perderanno completamente le speranze!” - sussurrò il Joker. Poi si interruppe e Batman lesse sorpresa nei suoi occhi... un'inspiegabile e gioiosa sorpresa. E il Joker gli accarezzò il viso, divertito, aumentando l'orrore - “Tu piangi, amico mio... piangi e non lo sai.”

Aprì la mano, mostrandogli i polpastrelli.

“Piangi, mio compassionevole pipistrello...” - sussurrò, ancora, senza smettere di guardarlo - “Perchè adesso so... io ti ho in pugno. Ora... e per sempre...”

La polizia irruppe. Batman lo lasciò andare e incespicò, con un singolo passo indietro.

Il Joker rideva, rideva mentre lo bloccavano, mentre gli mettevano le manette.

Solo una volta smise... smise per divenire serio, per guardarlo ancora in viso... e fargli paura.

La follia, come sai...” - sibilò, con estrema gentilezza - “... è come la gravità: basta solo una piccola spinta.”

***

Pepper alzò gli occhi, osservando lo spettacolo sopra di lei. Obadiah aveva appena lanciato qualcosa... un elmo?

Il reattore scattò, sovraccaricandosi.

“Tony, lascia il terrazzo, vattene!” - si sorprese a gridare.

Nulla, vedeva ancora il rosso, tra i proiettili.

Vedeva Tony appeso all'intelaiatura.

“Premi il pulsante, premilo, premilo, premilo!” - lo sentì urlare.

Fidati... di me... E Pepper premette, lasciando che, sopra di lei, l'energia divenisse luce e colonna nel pieno della notte.

***

Non attese di vederlo trascinato via. Saltò soltanto, sparendo nel buio, spalancando le ali.

Virò, seguendo il vento e atterrò su uno dei grattacieli circostanti. Le gambe gli cedettero, in una forma di debolezza improvvisa. Batté a terra, con le ginocchia, la schiena, le mani... rotolò, fino a fermarsi contro un muro. E lì, si rannicchiò, coprendo la testa con entrambe le braccia, in un attimo di disperazione.

Aveva preso Joker... aveva … perso?

Aveva davvero perso?

Sopra la sua testa, sopra le tempie che sentiva esplodere, il bracciale che aveva al polso emise un sibilo. Il suono peggiore che Bruce avesse mai sentito.

***

Un impulso, due... spento.

Ancora uno. Un ultimo tentativo.

Spento.

La voce di Jarvis si distorse. Scomparve, in lontananza.

Assieme, svanì la percezione del suo corpo.

E, in ultimo, quel cervello su cui aveva contato tutta la vita, non gli trasmise più nulla.

Nemmeno il freddo. Nemmeno il ricordo del suo nome.

The sun goes up the sun goes down

I drag myself into the town

All I do I an to do with you

(The servant - Cells)

Il sole sorge e il sole tramonta, Mi trascino in città Tutto ciò che faccio, vorrei farlo con te

(5 Luglio 2013)

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Capitolo 8
*** 1.8 Soul's Fall ***


Iron & Darkness
(acciaio e oscurità)

Di MargotJ

EPISODIO 8/13 - (spoiler alla lettura)
http://www.youtube.com/watch?v=DZ-6r3WNDGQ
_____________

1.8 Soul's Fall

In your head, in your head they're still fighting
In your head, in your head they are dying
(Cramberries - Zombie)

Nella tua testa, nella tua testa combattono ancora Nella tua testa, nella tua testa stanno morendo

Quando scese al pianoterra, quella mattina, la casa gli sembrò stranamente silenziosa. Sulle scale, a piedi nudi, Tony si godette la sensazione del pavimento freddo e lucido, del proprio corpo in equilibrio e movimento.
Non si sentiva così bene da un pezzo, in effetti. Tolto il gran mal di testa da commozione cerebrale, si intende... il minimo che può succederti, se fai un volo da otto metri senza il casco.
In laboratorio, Jarvis gli diede il benvenuto, avviando i vari monitor sopra la scrivania. Tony si servì di caffè, di ghiaccio per la testa e, così attrezzato, si sedette al proprio posto.
“Ciao...” - disse una voce.
Alzando gli occhi, Tony vide Bruce affacciarsi dalla scala. Come lui, era a piedi nudi, una felpa e un paio di pantaloni.
Una felpa non sua, ma Tony fece finta di non capire.
“Sei ancora qui?” - domandò, come al solito, lasciandosi andare contro lo schienale e piegando la testa.
“Ero in terrazza. Riparto oggi.” - rispose l'uomo, finendo di scendere la rampa ed entrando - “Aspetto solo che torni Pepper.”
“Quando la smetterete che questa idea di non lasciarmi solo?”
“Quando ce la sentiremo.” - fu la risposta, stranamente quieta.
Tony lo scrutò, con attenzione. Era il solito, magro in viso e tormentato, se si escludeva il velo di barba che gli rendeva più vivi gli occhi. Chissà se aveva dormito o mangiato, da quando...
In quel momento, il bracciale di Bruce emise un sibilo leggero, obbligandoli entrambi a fissarlo. Bruce contemplò il pipistrello che si colorava di rosso e oro e, subito dopo, fissò Tony, preoccupato.
“Tranquillo, è solo Jarvis che è stato spaventato da Pepper ed è un poco più emotivo del solito. Sto bene...” - commentò l'amico, inserendo una mano sotto la maglietta e sfilando il reattore - “Mi prendi quella scatola, per favore? Mi serve il ricambio.”
Bruce fece il richiesto. Sul tavolo a fianco, in effetti, c'era una scatola da sigari e, al suo interno, cinque placche di palladio. Ne prelevò una e gliela porse.
Il reattore si era aperto, espellendo la precedente, ormai consumata e fumante.
“E' normale?” - domandò, indicandolo. Di tutta risposta, Tony gli porse l'oggetto, perché lo prendesse. Non c'era niente di male, nel suo voler capire. Bruce era fatto così, se aveva le spiegazioni, riusciva a calmarsi... ogni tanto.
“E' un danno dei neutroni dovuto alla parete del reattore.” - spiegò, dunque, mentre Bruce sfilava l'elemento e lo osservava - “E' normale...”
Bruce non commentò. Inserì il palladio e gli restituì il componente.
Senza imbarazzo, Tony si sollevò la maglietta, reinserendolo in sede. Poi, sempre con la maglia sollevata, orientando la webcam, studiò il danno sullo schermo. Lo fece anche perché Junior aveva bisogno di essere tranquillizzato sul fatto che non ci fossero segreti. In piedi alle sue spalle, Bruce ebbe una visione nitida delle escoriazioni nere e profonde che si estendevano lungo il torace, fino al collo e all'addome. E, pur non volendo, notò l'espressione preoccupata di Tony. Aveva occhi cerchiati, neri. E, probabilmente, non sapeva come, per una volta, le sue emozioni stessero trapelando così prepotenti.
“Lucius cosa dice?” - domandò, quasi in un sussurro.
“Dice la stessa cosa che ha detto a te: il biossido di litio può placare i sintomi ma non curarmi.” - rispose, studiandosi il petto. Sullo schermo, la barra percentuale segnava oltre il settantadue per cento - “E' sceso di parecchio... guarda...”
“Non abbastanza.” - si lasciò sfuggire Bruce.
E Tony lasciò ricadere la maglietta, coprendo quel disastro.
“Dovremo accontentarci, Junior. Non penso che Lucius Fox troverà un miracolo, in magazzino... del resto, lui non è Pepper...”

***

In effetti, quattro giorni prima, su uno degli stabilimenti delle StarkInd, il vero miracolo era stato compiuto da Pepper. Mentre il corpo di Obadiah Stane, comprensivo d'armatura, friggeva ancora all'interno del reattore Arc ormai in fase di spegnimento, Pepper aveva, con un pugno, obbligato quello di Tony a restare acceso, quanto bastava perché Jarvis potesse dirle cose fare per aprirlo e sostituirne il palladio.
Pepper lo aveva fatto con una crisi isterica in corso, urlando e piangendo, ma lo aveva fatto: aveva sfilato il reattore, cambiato l'elemento interno, reinserito. Dopo, l'armatura si era richiusa, come un guscio protettivo, perché Jarvis potesse portarlo a casa, al sicuro, monitorandone le funzioni.
Trattenuta dalla polizia in quanto amministratore delegato, impossibilitata a calmarsi, aveva chiamato Alfred, invocando Bruce.
La telefonata era giunta mentre Bruce, sconvolto e altrettanto fuori di testa, rientrava alla WayneTower con la certezza che qualcosa fosse successo a Tony, che il bracciale, senza motivazioni, avesse invertito il flusso dei dati, lasciando apparire percentuali e segni vitali che di vitale non avevano nulla.
La polizia stava già pressando Fox, quando Alfred, accompagnato da un Happy tiratissimo in viso, gli aveva comunicato che era richiesto altrove e che doveva muoversi.
Bruce, il primo ad arrivare a Malibu, in moto, aveva visto i cancelli aprirsi ed aveva frenato quasi nell'ingresso di casa.
Tony era al piano di sotto.
Aveva sceso le scale correndo, deciso ad abbattere ogni ostacolo avesse provato a frenarlo. Con la testa vuota, con la certezza di vivere attimi che la sua mente si sarebbe rifiutata di ricordare, aveva osservato l'armatura aprirsi e Tony restare a terra, inerme, al centro del garage.
Gli aveva iniettato le sostanze fornite da Fox, gli aveva sollevato la testa, sorreggendolo e sparando con la siringa a pressione dritto nella giugulare. Poi aveva cercato il battito, scoprendo di saper pregare.
Le linee nere, che dal collo salivano al mento, erano arretrate sotto i suoi occhi. Tony si era inarcato per un respiro più profondo di altri e, dopo, aveva sembrato farlo con meno fatica.
Lì, li aveva trovati Pepper, quando aveva frenato contro il paraurti della moto da corsa rossa.
Bruce a gambe incrociate, per terra, in preda alla stessa crisi di pianto che stava avendo lei. E Tony che... che respirava. Ed era più di quello che avessero sperato nelle ultime ore.

***

Lucius Fox era arrivato all'alba, quando finalmente era stato libero di lasciare il commissariato. Era sceso dalla macchina guidata da Happy, senza il suo abituale sorriso. Bruce era uscito ad accoglierlo.
Quando se lo era visto venire incontro, Lucius era stato colpito dal modo che aveva di stringersi le spalle, dall'espressione, dallo sguardo.
Bruce sembrava divorato dall'interno. Terribilmente perso. E Lucius aveva accelerato il passo.
“Entriamo.” - gli aveva detto, prendendosi la libertà di posargli un braccio sulle spalle - “Voglio vederlo.”
I dati inviati dall'armatura, ormai in modalità emergenza, visionati rapidamente dagli uffici della WayneEnterprises, avevano permesso a Lucius di fornire a Bruce il necessario per invertire la spirale discendente che aveva preso l'organismo di Tony. Nelle ore di viaggio, tuttavia, con il tablet di Happy e la documentazione inoltrata da Pepper tramite Jarvis, lo scienziato aveva potuto ricostruire la situazione ed avere un quadro più chiaro dell'accaduto.
Ciò che sapeva ora non lo metteva certamente nella condizione di scacciare l'angoscia accumulata in quella notte di violenza.
Non era ancora finita. Per quanto facessero, la trappola per topi si stava ancora chiudendo su di loro.

***

Lo aveva visto, ma non aveva potuto parlargli. L'avvelenamento si aggirava ancora intorno al novanta per cento: Tony sarebbe rimasto privo di coscienza per ore, inutile illudersi, mentre i medicinali con cui lo avevano bombardato facevano il loro dovere.
Lucius era uno scienziato... i dati erano il suo pane e, in questo, Tony era come lui: Jarvis era stato dotato di apparecchiature ed elettrodi di vasta portata medica come se, con lucidità, Tony si fosse preparato a eventualità del genere.
Ma, dopotutto, da quanto conviveva con quella spada di Damocle?
“Ritengo che si sia reso conto del problema non appena è tornato a casa, dopo la prigionia.” - spiegò a Tony e a Pepper - “Nel database ci sono analisi del sangue ed esami a partire dalla settimana successiva al suo rientro. Si è studiato un cocktail di medicinali antiradiazioni e lo ha bevuto con regolarità. Direi che lo abbiamo visto tutti, con gli 'integratori' in mano.”
Silenzio. Nessuna risposta. E Lucius proseguì.
“Sempre stando ai dati, credetemi, è stato meticoloso, ha modificato il reattore, mese dopo mese, ricalibrandolo per mantenere il pericolo sotto una certa soglia. Quando ha costruito l'armatura...”
Si interruppe, pensando alla parte che aveva avuto in quell'opera. Poi riprese.
“Quando ha costruito l'armatura, ha capito che il suo uso avrebbe accelerato il deterioramento del palladio. Si è organizzato di conseguenza, modificando il sistema dell'impianto, di modo da sostituire il nucleo e ha completato la terapia con chemioterapici. Ha di tutto in corpo, al momento. Di più non si può fare.”
“Sta morendo?” - chiese Pepper, deglutendo. Voleva essere forte, ma non ci riusciva.
Non ci riusciva. E Lucius provò pietà per lei e per quello che avrebbe dovuto sopportare.
“Non nell'immediato.” - rispose. Ma non potè dire altro.

***

Quando Tony si era svegliato, Lucius era già sulla via del ritorno. Ed era di nuovo notte.
La prima cosa che vide fu Pepper, addormentata in poltrona, con le ginocchia al petto. La seconda fu una figura buia, in piedi davanti alla vetrata.
“Lo hai preso?” - domandò, con un filo di voce.
Bruce si voltò e si avvicinò al letto, senza rumore.
“Non hai le scarpe.” - sospirò Tony, cercando di verificare se aveva ragione - “Allora, lo hai preso?”
“L'ho preso.” - rispose Bruce, posandogli le mani sulle spalle perché non si alzasse e sedendosi sulla sponda del letto, un ginocchio piegato sotto l'altro - “E' vivo ed è in mano della polizia.”
“Allora sei riuscito a fare la cosa giusta...”
“A quanto pare...” - replicò Bruce, stirando un mezzo sorriso stanco, tenendo per sé la realtà dei fatti - “Anche tu l'hai steso comunque... Stane. In maniera definitiva.”
“Spero non abbia distrutto il reattore di mio padre, cadendo... era un uomo di un certo peso...”
“Non so i danni, ma son certo che Pepper saprà dirti, domattina.” - rispose, aggiustandogli la coperta. La mano di Tony si posò sulla sua, stringendosi attorno al polso.
“A quanto sono?”
“A cosa ti riferisci?”
“Lo sai benissimo.” - replicò Tony, in un sussurro, allungando un dito e posandolo sul bracciale - “Hai questo addosso... a quanto sono...”
Bruce si morse un labbro. Era vero, lo sapeva. Lo sapeva perché non aveva fatto altro che guardare quel numero, ora dopo ora.
“Quando sono arrivato eri al 94%. Sta scendendo... se ne è occupato Lucius.”
“Ok. Ho danni permanenti? Il cuore?”
“Non si è mai fermato. Hai una commozione cerebrale, ma è colpa della caduta. Passerà.”
“Ma sì, passerà.” - sospirò Tony, tranquillo. La sua mano non lasciava il polso di Bruce, però - “Bruce, mi spiace per quello che ho quasi detto, ieri sera, sul tetto...”
“Non l'hai detto, Tony. Non hai detto cosa mi avresti fatto.” - Bruce scosse la testa e girò la mano, per stringere la sua - “Non metterti a fare il drammatico, non sei il tipo.”
“Bruce, riguardo il Joker... non so se conta ma... ma io sono fiero di te. E lo sarebbe anche lei. Ed ora... piantala di fissarmi come se stessi morendo.”

***

Smettere di fissarlo era un buon consiglio. Bruce lo aveva applicato all'istante, lasciandolo dormire. E, due ore dopo, lo aveva fatto attuare anche a Pepper. Le aveva teso una mano, l'aveva portata in bagno e le aveva fatto lavare la faccia, restando appoggiato al lavandino. Avevano parlato per poco, poi la donna aveva alzato lo sguardo e lo aveva fissato, dritto negli occhi.
“Tu lo sapevi, vero?” - chiese Bruce, senza lasciarle il tempo di dire qualcosa. C'era una calma rassegnazione in lui, una forma di tensione quieta.
Pepper non aveva motivo di mentire oltre. Annuì.
“Non era un peso che avresti dovuto portare da sola.”
“Lui ha fatto la stessa cosa. E, gli avessi detto che sapevo, mi avrebbe lasciato. Fa così quando teme che le persone soffrano. Le lascia. Pensa di farle soffrire di meno... pieno stile Stark.”
“Già. Pieno stile Stark.” - replicò Bruce, strofinando il braccialetto - “Ma io avrei voluto saperlo.”
“Porti già molti pesi, Bruce. Sono contenta che questo non sia stato con te fin dal principio.”

***

“Dovremo accontentarci, Junior. Non penso che Lucius Fox troverà un miracolo, in magazzino... del resto, lui non è Pepper...”
“Nessuno è come Pepper.”
“Sono perfettamente d'accordo. Dammi il bracciale.”
“Perchè?”
“Ho dato una sistemata ai miei circuiti e do una sistemata anche ai tuoi.” - fu la risposta, lavorando rapidamente alla configurazione dell'oggetto senza nemmeno sfilarlo dal polso - “Il fatto che tu sia stato messo in connessione con il sistema dell'armatura è una cosa che mi da profondamente fastidio.”
“Io l'ho trovato utile.”
“Non ne dubito. E, prima che cominci a protestare...” - aggiunse, alzando la voce perché Bruce chiudesse la bocca - “Non intendo scollegarti, perché mi inonderesti di chiamate tutte le ore seccandomi all'infinito. Però sono deciso a ridurre l'effetto melodrammatico. Ti sta bene?”
“Mi sta bene. Quindi?”
“Quindi ti scollego. E non azzardarti a scocciarmi.”
“Tony...”
“Sto scherzando... riduco solo gli effetti sonori e 'qualche altra cosa'. Sai, Bruce, il tuo senso dell'umorismo deve essere rimasto in fondo al pozzo assieme ai pipistrelli...”
“Probabile.” - ammise Bruce, seguendo le dita che, rapide, passavano dal bracciale alla tastiera e ritorno. Sul monitor, ogni forma di configurazione, finestre in via di chiusura... - “Però... è uno spettacolo...”
“Verissimo. Sono uno spettacolo.” - confermò Tony, chiudendo la procedura e alzandosi. Dava l'impressione di stare alla grande - “Ora, se vuoi scusarmi...”
“Dove vai?”
“A fare un giro.” - rispose, mentre l'armatura di Iron Man emergeva dal pavimento. Bruce scattò in avanti ma l'assemblaggio fu più veloce di lui.
“Dannazione, Tony!” - sbraitò, mentre l'altro si lasciava avvolgere dall'acciaio - “Che intenzioni hai!”
“Fatti la barba, Junior.” - fu la risposta, mentre i propulsori già lo proiettavano verso l'uscita - “Sembri un delinquente...”

***

Avvertita Pepper, fatta la barba, preso la via del ritorno a casa.
Impensabile provare a tenere Tony ancora a riposo.
Inutile pressarlo.
Bruce afferrò le chiavi della moto e il casco e, prima di andarsene, fissò il bracciale.
Tanto vale tentare...
“Jarvis?” - chiamò ad alta voce.
“Non si preoccupi, signor Wayne.” - rispose la voce meccanica, più umana di tante altre che Bruce aveva sentito nella sua vita - “Interconnessione bracciale e armatura mantenuta. Sarà avvertito al minimo cambiamento. Me ne occuperò io.”
Bruce sorrise.
“Sai, Jarvis...” - comunicò, prima di chiudere la porta - “Tu piaceresti molto ad Alfred.”

***

Aveva volato sul mare. Poi era andato a prendersi una ciambella e si era seduto, in alto (e per alto si intende sopra l'insegna del bar), per godersi la vista.
L'oceano gli era sempre piaciuto. Tanto. Lo riteneva incalcolabile: non gli importava quanto fosse profondo, quanta acqua ci fosse, quanti pesci, quali correnti. L'oceano gli piaceva e basta, come se fosse l'unica realtà sulla faccia della terra che non si mischiasse con la matematica.
“Sepolto in mare...” - valutò, pensieroso. Poi morse la seconda ciambella.
Il torace aveva smesso di fargli male già da un giorno. Era stato un sollievo prendere atto di poter tornare a respirare in maniera più semplice, senza tanta consapevolezza della meccanica che richiedeva il farlo. Delle analisi non si era ancora particolarmente interessato, non ufficialmente, almeno: inutile mettersi a discutere di dati e percentuali con tutti, quasi il suo corpo fosse un patrimonio nazionale.
Magari il suo cervello... ma tutto il suo corpo...
Aveva provato ad alzarsi, la mattina precedente, approfittando dell'assenza di Pepper, costretta a correre alla sede centrale. Era sceso in officina, si era seduto sulla Roadster e aveva acceso gli schermi. Aveva capito presto lo sbaglio e di non aver modo di rimediarlo, non riuscendo nemmeno ad alzarsi. Ringraziando il cielo, Bruce se ne era occupato prima che Pepper lo scoprisse.
Quando Tony aveva sentito la sua mano posarsi sulla spalla e gli aveva sorriso, Bruce non era stato in grado di ricambiare. Devo avere una bella faccia, aveva pensato Tony, se persino Bruce non riesce a mentirmi...
“Sei ancora qui?” - gli aveva chiesto, alzando la testa.
“Mi sono addormentato.” - era stata la replica di Bruce, piegandosi e guardandolo, gli occhi pieni di preoccupazione. Tony aveva una bella contusione attorno all'occhio e sulla tempia, che rendeva ancora maggiore il contrasto con l'incarnato. - “Non dovevi alzarti...”
“Infatti sono stato uno stupido.” - aveva commentato l'altro, aprendo la portiera e mettendo un piede a terra - “Aiutami, per favore...”
Non aveva finito di dirlo che aveva sentito il corpo di Bruce contro al proprio, la lamiera della macchina contro la schiena. Non dirlo a Pepper, ricordava di aver detto. Non ricordava la risposta, ma sapeva di essersi ritrovato nel proprio letto e, ferito nell'amor proprio più che nel corpo, di esserci rimasto per il resto della giornata.
Ora, sdraiato sull'insegna sagomata del bar, gli occhi al mare, Tony finì la brioche e il caffè. Poi si allungò, cambiando posizione, mettendosi più comodo, come se fosse in spiaggia e non seduto dentro un gigantesco donut.
Forse un danno c'era stato però, a causa di tutte quelle vicissitudini: non riusciva più a pensare ai domani come a biglie da pescare a caso da un sacchetto, infinite. Ora i suoi giorni erano in fila, come tessere di un dominio pronte a cadere. E, a guardarle bene, dati alla mano, neanche troppe.
Per un pelo non erano andate giù tutte... Tony sbuffò, decidendo che non era il caso pensarci poi troppo.
Non era successo, che importava?
Ma può succedere, gli disse una voce, in fondo alla testa. Può succedere... e succederà.

***

Al commissariato non si erano ancora decisi a trasferirlo. Sedeva ancora nella gabbia al centro dello stanzone, con altri delinquenti che non valevano un centesimo di quanto valesse lui.
Sedeva composto, ben educato, in attesa, come se si trovasse alle poste.
Non aveva impronte, non aveva documenti, non aveva nemmeno una dannata etichetta all'interno dei vestiti, che bastasse a identificarlo.
Aveva solo il suo sorriso, sghembo e mal ricucito, unico passaporto per essere riconosciuto.
Bastava il suo sorriso, sghembo e mal ricucito, perché gli altri farabutti si ritirassero tutti nello stesso angolo, troppo impauriti per restargli a fianco.
Da tre giorni, rifiutando acqua, cibo e conversazione, la richiesta era sempre la stessa.
Batman.
Voglio Batman.
Datemi Batman.
Gordon lo torchiava, con cadenza regolare, ogni due ore, per due ore.
Nulla.
Batman.
Batman.
Solo Batman.
Nient'altro che Batman.
Così, alla fine, il commissario Gordon aveva scelto di capitolare. E il segnale, sul tetto del palazzo, era stato acceso e puntato alle nuvole in attesa che il sole tramontasse.

***

“Signor Stark.” - sorrise Lucius Fox, facendo sobbalzare Pepper - “Devo aver tardato al nostro appuntamento, se è stato costretto a venire a cercarmi...”
“Tony!” - ringhiò lei, in una sintesi meno ironica dello scienziato, nel vederselo apparire di fronte - “Cosa ci fai qui?”
Di tutta risposta, Tony puntò il dito al reattore Arc alle loro spalle, in fase di riparazione.
“Mio.” - disse soltanto, con aria concentrata - “Tutto... mio.”
“Oh, ne siamo consapevoli.” - sorrise Lucius, da sopra il suo cravattino. Alzò gli occhi alla struttura circolare che incombeva su di loro - “E' un gran bell'oggetto.”
“Tornerà come nuovo?”
“Senza ombra di dubbio.” - sospirò Pepper, rinunciando a discutere con lui. Tony stava aggrappato alle transenne di delimitazione con la faccia di chi contempla una catasta di regali - “Ha parecchie ammaccature, ma niente che non si possa risolvere.”
“L'armatura è ancora dentro?” - chiese, indicando il centro della struttura.
“No, abbiamo rimosso il tutto. E lo Shield si sta occupando di una versione ufficiale convincente...”
“Io non so cosa sia lo Shield ma, se lavorano per noi...” - Tony si voltò, interrogativo - “Perchè abbiamo bisogno una versione ufficiale?”
“Perchè qualcuno che lavorava qui, con un'armatura identica alla tua, ha sventrato il parcheggio e mezza sede facendo sembrare il tutto un attacco terroristico.” - rispose Pepper, mentre il cellulare ricominciava a vibrarle tra le mani - “L'America non vuole trovarsi milioni di te dentro e fuori i confini...”
“Milioni di me renderebbero questo mondo una festa molto divertente.”
“Hai capito benissimo cosa intendo.”
“Se mai, ho capito benissimo cosa provi.” - replicò lui, con una faccia tale da farle desiderare di rompergli il naso - “Su, Pepper, rispondi allo shuld... o come diamine si chiama...”
Pepper lo fulminò con lo sguardo.
“Non provocarmi.” - sibilò, poi rispose alla chiamata.
“Se permette, signor Stark...” - mormorò Lucius, avvicinandosi di un passo - “Non dovrebbe stuzzicare una donna tanto potente... soprattutto senza armatura.”
“Mi creda, Lucius, sono consapevole di cosa sarà la nostra cena romantica stasera dopo questa mia improvvisata al lavoro.” - rispose Tony, guardandola allontanarsi, prima di tornare a fissare lo scienziato - “Le vanno due passi? Voglio vedere i lavori di riparazione...”
“Volentieri. Ero qui per lo stesso motivo.”
Si mossero, fianco a fianco. Tony con le mani nelle tasche del giubbotto di pelle, Lucius con le proprie intrecciate dietro la schiena.
“Il biossido di litio...” - disse Tony, ad un certo punto - “Mi ha davvero ripreso per i capelli...”
“Perso per perso, poteva essere una soluzione.” - replicò l'uomo. Aveva un modo serafico di rispondere, la calma placida che Tony trovava nelle equazioni e nel codice binario - “Non mi dica che non ci aveva pensato...”
“Come ultima soluzione.” - ammise Tony. Allungò una mano e sfiorò la parete del reattore, in un punto più screpolato di altri, quasi per saggiarne la consistenza - “Sto cercando un elemento che possa rimpiazzare il palladio. Ho provato qualunque combinazione, ogni permutazione di tutti gli elementi noti....”
“Può darsi non le abbia provate tutte...”
“Cosa intende dire?”
“A quanto ne so io, quella cosa che ha in mezzo al torace è basata su una tecnologia incompleta. Me lo disse suo padre.”
Tony si fermò e lo fissò, interrogativo.
“No, era completa.” - lo contraddisse - “Non è stata molto efficace finchè non l'ho miniaturizzata... perché mio padre la riteneva incompleta?”
Lucius si era fermato, assieme a lui. Ma, alla domanda, riprese a camminare lungo il perimetro del reattore, quasi lo trovasse riposante.
“Howard disse che il reattore Arc era il trampolino per qualcosa di più grande, l'inizio di una corsa allo sviluppo di energie alternative che avrebbe offuscato quella agli armamenti.” - spiegò, alzando gli occhi all'imponente struttura - “Thomas, alla fine, lo aveva condizionato, con i suoi sogni. Ma, come per la corazza in Kevlar, le opposizioni furono più grandi dei finanziamenti e Howie, ad un certo punto, gettò la spugna. Chiuse tutti gli appunti in uno scatolone e lasciò che il reattore venisse ritirato qui a prendere la polvere.”
Tony alzò gli occhi, come Lucius. Adesso quel reattore era qualcosa di diverso ai suoi occhi. Non era più l'ennesimo grande, ingombrante tesoro di suo padre. Era un filo sottile... tenue... tra due generazioni.
“Me lo ricordo, il giorno che venne alla WayneEnterprises a parlarne: disse che si trattava di qualcosa di grosso, di una cosa talmente enorme che, a confronto, un reattore nucleare sarebbe sembrato una pila ricaricabile.”
Un'idea iniziò a farsi strada nella mente di Tony. Un dubbio, un dubbio insinuante.
“Lo progettò lui da solo?” - chiese, come se, d'un tratto, potesse vedere la connessione di alcuni eventi - “O c'era di mezzo qualcun altro?”
Davanti a quella domanda, Lucius ebbe un attimo di incertezza. Poi gli venne lo stesso sguardo assorto, come se gli fosse facile seguire le riflessioni di Tony.
“C'era uno scienziato... un certo Anton Vanko. Era l'altra faccia della medaglia, della forza di Obadiah Stane: voleva solo arricchirsi ma, nel suo caso, Howie lo capì appena in tempo e lo tagliò fuori dal progetto.”
“Che fine ha fatto?”
“I Russi si resero conto che faceva il doppio gioco e lo spedirono in Siberia... con la vodka ad alimentare la sua rabbia. Ma è passato davvero molto tempo...” - mormorò Lucius, cercando di ricordare altri particolari. Nulla. Assolutamente nulla.
“Anton Vanko.” - ripetè Tony. Poi estrasse il palmare e digitò la password - “Jarvis, aggiungi una chiave di ricerca: Anton Vanko. Tutto quello che puoi su di lui.”

***

Bruce, in piedi sulla terrazza della WayneTower, le mani in tasca, fissava il pipistrello in cielo.
Sapeva perché Gordon lo stesse chiamando e, per la prima volta da molto tempo, desiderò non rispondere. Era... stanco.
Già una volta gli era successo di provare quella spossatezza. Ed era andato da Tony, a caccia di una comprensione senza parole, fatta di sola presenza. Aveva dormito sul divano, quella notte, profondamente, senza sogni, cullato dalla strana consapevolezza di come, se avesse avuto incubi, qualcuno lo avrebbe salvato. E si era svegliato, con uno strano senso di redenzione in corpo, come grato di aver avuto alcune ore di assoluto nulla.
Ora... ora la stanchezza era tornata. Bruce, con gli occhi pieni di ciò che aveva vissuto e le dita sempre a tormentare il bracciale di titanio, si chiedeva se avrebbe avuto la forza di essere Batman, di non tradirsi e di affrontare quell'essere, l'uccisore di Rachel, la sua nemesi.
Affrontare Joker, che era in grado di leggergli dentro, fin nel profondo.
Affrontarlo ora. E ancora. Saperlo dietro le sbarre, nell'attesa della giusta punizione... saperlo vivo, pronto a entrare nella testa delle persone, a dilaniare... Girò le spalle al segnale, rientrando in casa. E, poco dopo, in macchina e diretto a WayneManor, si chiese quanto mancasse al tramonto.
Non poteva immaginare come anche Ducard stesse contando i minuti.

***

“I valori non scenderanno ancora molto...” - commentò Lucius, guardando i dati - “E, tra un paio di giorni, dovendo ridurre il litio...”
“Saliranno di nuovo.” - concluse Tony, finendo di allacciarsi la camicia sopra le escoriazioni - “Nella più rosea delle ipotesi, potrei restare stabile all'ottanta per cento.”
“Nella più rosea.” - ripetè Lucius. Per quanto si sforzasse, non vedeva soluzione... e la sola consapevolezza lo atterriva - “... riducendo l'utilizzo dell'armatura...”
“Farebbe prima a chiedermi di ritirarmi a vita monastica.”
“Tony, io comprendo e ammiro quello che state... che sta facendo, ma...”
“Sono perfettamente consapevole dell'epilogo, Lucius.” - lo interruppe Tony, senza modulazioni particolari nella voce, spegnendo i monitor - “E non intendo restare ad attenderlo in maniera passiva.”
“Spero che non intenda nemmeno accelerarlo.” - replicò l'uomo, lasciando tuttavia da parte la paternale sui rischi - “Tony, pensa a quello che ti ho detto riguardo il reattore e gli studi di tuo padre.”
Tony gli gettò un'occhiata obliqua. Lucius aveva appena smesso di dargli del lei. Con una semplice scelta verbale aveva abbattuto le formule con cui tutti venivano mantenuti a debita distanza. Lo aveva fatto senza premesse, senza curarsi se avrebbe accettato o no.
Lo aveva fatto e basta. E ne era perfettamente consapevole... attendeva soltanto di vedere la reazione.
“Tu sei davvero convinto...” - rispose, dunque, accettando quel cambio di livello con la stessa decisione - “Che ci sia qualcosa che mi è sfuggito?”
“Ne sono convinto. Tuo padre non era un fantasioso a briglia sciolta: doveva avere le prove per ritenere che il reattore fosse incompleto. E, nei suoi appunti, potrebbe esserci un punto di partenza.”
“I suoi scatoloni.... comincerò a cercare nelle cantine.”
“Io farò altrettanto in quelle di Thomas, alla WayneEnterprises.” - Lucius guardò Tony, quasi soppesandolo - “Lui disse che tu eri l'unico con i mezzi e la conoscenza per portarlo a compimento.”
Se così fosse, saresti in grado di risolvere l'enigma del tuo cuore.
“Ha detto così?” - l'uomo sembrava quasi indifferente, troppo distaccato. Freddo. E Tony sapeva essere molte cose, ma mai … freddo - “Eppure... lui non era un mio grande fan.”
Lucius si alzò dalla postazione computer in cui era rimasto seduto. Tony, come sempre, si stava servendo dal carrello dei liquori.
“Che ricordi hai di tuo padre?” - domandò, indicando un bicchiere, perché l'uomo gli versasse un dito di brandy.
“Era freddo, calcolatore, non ha mai detto ti voglio bene, non ha mai detto che mi stimava...” - ripose Tony, quasi laconico, versando e porgendo - “Quindi non mi è facile digerire che abbia detto ad altri che il futuro dipende da me e che sono l'unico in grado di far qualcosa.”
Si voltò, lasciandosi andare sul divano. In lontananza si sentiva qualche voce, dagli altri uffici... all'esterno, come un ronzio, rumore di macchinari. Ma l'ambiente, d'angolo, con ampie vetrate, rimaneva comunque silenzioso, tranquillo.
“Parliamo di un uomo il cui giorno più bello fu quello in cui mi spedì in collegio.” - aggiunse, accavallando le gambe e guardando Lucius terminare il proprio liquore in piedi.
“Questo non è vero.”
“E' chiaro che conoscevi mio padre meglio di me allora.”
“In effetti è così.” - sospirò l'uomo - “Lo conoscevo bene, non solo come collega. Ma come uomo.”
“Non sono in molti a poterlo dire.”
“E, in questo, tu sei come lui. Per indole, mantenete le distanze anche con le persone che vi amano e siete ossessionati dalla sicurezza che potete garantire loro.” - mormorò Lucius, guardando il grande parcheggio delle StarkInd in fase di ristrutturazione - “Howie era innamorato del futuro e, non nego, si è perso molto del presente. Diceva sempre che creare possibilità era il primo comandamento di un genitore. E penso che, in cuor suo, come Thomas, sperasse di vivere abbastanza a lungo da avere tempo per spiegarsi.”
Tony non replicò. Suo padre era morto da vent'anni, come quello di Bruce. Non esisteva un modo per lacerare il velo del tempo, trovare una conferma dentro ai ricordi... perché non ne aveva.
Non ricordava suo padre, se non in maniera nebulosa, distante... cattiva.
“Purtroppo ne hanno avuto tutti più di te. Del suo tempo, intendo”- aggiunse Lucius. La sua assistente stava bussando alla porta, richiamandolo al dovere - “E, per quel che può valere, mi dispiace non essere in grado di darti i miei ricordi.”
Non aggiunse nulla. Era ora di andare e il poco che si poteva dire, o fare, era stato attuato.
Si strinsero la mano e, mentre già si avviava all'elicottero, Lucius ebbe un ripensamento e si voltò.
“A proposito di tuo padre...” - gli comunicò - “Credo che tu debba sapere che era uno dei membri fondatori dello Shield. E penso che dovrai interessartene, quando saranno finiti tutti i guai in cui stai sguazzando.... e che faresti bene a imparare almeno la sigla.”

***

Bruce discese nelle gallerie di WayneManor ben prima del necessario: aveva letto un libro, firmato qualche carta, sfogliato due riviste, risposto a tre telefonate e sparso per casa disordine che Alfred, come un'ombra, aveva arginato man mano che si spostava.
Alla fine, andare nei sotterranei si era rivelato l'unico modo per non far alterare il suo tollerante maggiordomo. Così, suonate le tre note di pianoforte, si era avviato per gli ampi sottopassaggi in direzione del covo e della propria armatura.
Si era seduto alla postazione computer, avviando i vari processori e scansionando la rete. Poi aveva composto un numero e chiamato.
“Ciao, Bruce.” - lo salutò Pepper, raccogliendo il cordless e proseguendo, scalza, in direzione della terrazza - “Sei partito senza salutarmi... dovresti vergognarti.”
“Profondamente. Lui?”
“Tornerà, prima o poi.” - sospirò lei, lasciandosi andare sulla sdraio e contemplando il tramonto - “L'ultima volta che l'ho visto era con il professor Fox alle StarkInd ed era... Tony. Tu come stai?”
“Bene. Credo.” - rispose, senza pensare, strofinandosi gli occhi con una mano. E pensò fosse meglio cambiare argomento - “Hai novità?”
“Ho il referto dell'autopsia di Stane. E credo non serva a nulla, a stento possono garantire sia lui. La sua armatura è attualmente in fase di analisi, assieme al reattore che, a quanto sembra, è davvero quello di Tony.”
“Non è riuscito a produrne un altro?”
“No, sembrerebbe di no. E' difficile saperlo, comunque, finchè Tony non ci mette le mani. Però, nel frattempo, potremmo aver fatto un passo avanti riguardo la bomba. Abbiamo un'impronta.”
“Un'impronta?”
“All'interno della capsula di contenimento del palladio, subito sotto una delle guarnizioni. Sto cercando di convincere la difesa a passarla all' A.F.I.S. e a darci una mano.”
“Oppure puoi passarla a Tony e chiedergli di indagare per vie traverse...”
Silenzio.
“Pepper, non lo fare.”
“Fare cosa?”
“Non estrometterlo. Lo faresti solo andare fuori di testa.”
“Non voglio che si occupi di tutto questo, almeno per qualche giorno. Non credi che dovrebbe riposarsi?”
“Credo che non dare a Tony qualcosa da fare sia un modo per lasciarlo libero di fare ciò che vuole.” - la contraddisse, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia. Aveva un mal di testa in fase di peggioramento e, entro poco, avrebbe dovuto salutarla - “Tony è l'unico che può avere una visione d' insieme sul palladio: dagli il materiale o aprirà un'indagine parallela alla tua e senza nemmeno comunicartelo.”
“In tal caso, io lo ucciderò.”
“E poi?” - chiese Tony, apparendo in terrazza con del cibo cinese. Si sedette sulla sdraio a fianco, dopo aver spinto con un piede un tavolino tra di loro - “Una volta che mi hai ucciso?”
“Tony...” - iniziò a rispondere lei...
“C'è Tony?” - fece eco Bruce, nel suo orecchio.
“Parlavi di me, giusto?” - stava giusto dicendo lui, mentre versava una generosa dose di salsa di soia in un contenitore da asporto - “Era me che volevi uccidere... spero. È Bruce?”
Pepper si chiese, con una punta di confusione, a chi rispondere per primo. Tony, ovviamente, la levò dall'impiccio sfilandole il telefono di mano.
“Junior, sei tu?” - chiese, solo per amor di retorica. Poi attaccò a parlare - “Se Pepper mi uccide, ti proibisco di consolarla. In tutti i sensi.”
“Lo terrò a mente. Altro?”
“Mi sono iscritto al rally di GothamCity del prossimo week end. Mi prenoti un tavolo al Luxor, per favore? Sì, potrei telefonare, ma tu sei il proprietario...” - domandò, rimestando il proprio riso alla cantonese con le bacchette.
Pepper, che si era servita di spaghetti, sentì la pressione arrivarle alle stelle.
“Tu... cosa?”
Tony, con aria del tutto svanita, abbassò il ricevitore, ignorando Bruce che gli rispondeva.
“Ho una scuderia di Rally e una tuta nuova. Vedrai come sto bene in blu.” - le rispose, come se questo rendesse tutto perfettamente logico. Poi tornò a parlare al telefono - “Dimenticavo, sto seguendo una nuova pista sul palladio... ti farò inoltrare i dati da Jarvis entro stasera.”
Appunto. Pepper, con il naso nel tofu, si trattenne dal sospirare. Forse, dopotutto, Bruce poteva aver ragione...
“Qualcosa di cui dobbiamo preoccuparci?”
“Non ne sono sicuro... e tu? Qualcosa di cui dobbiamo preoccuparci?”
Silenzio. L'espressione di Tony fu tale che Pepper smise di masticare e posò il contenitore.
“Nulla.” - mentì l'altro - “Penso solo che sarà una nottata pesante.”
“Ti servono rinforzi?”
“Devo occuparmene da solo e...” - Bruce abbassò gli occhi, fissandosi il polso - “E penso che mi toglierò il bracciale. Non stare a preoccuparti.”
Era il turno di Tony prendersi un attimo di silenzio.
“Non lo faccio quasi mai.” - replicò, lasciando definitivamente perdere la cena. Gli era passata la fame - “Bruce, se le cose dovessero mettersi male...”
“Lo so. Non c'è bisogno che tu lo dica.”

***

Gordon aveva detto: “Se dobbiamo fare dei giochetti, mi serve un po' di caffè.”
Per Batman era stato il via libera. E, ripensandoci, a posteriori, Bruce avrebbe potuto solo ammettere di ricordarsi poco, davvero poco dell'accaduto.
La sua prima mossa era stata fargli battere la testa sul tavolo, per il puro gusto di sentire il suono sul ripiano e la vibrazione dell'osso sotto la propria mano. Se ne era subito pentito. E il joker aveva dato voce alla sua consapevolezza.
Mai cominciare con la testa, la vittima rimane confusa!
Meno di un minuto e già Bruce aveva l'impressione che conducesse il gioco. Volevi vedermi? Eccomi. Si sedette di fronte a lui, senza proferire parola.
Avrebbe dovuto torchiarlo, strappargli informazioni, scoprire i piani di Ducard... invece attese.
Attese soltanto, come se fosse l'unica cosa da fare.
Lucidamente dolorosa. Lucidamente senza via d'uscita.
Joker non sembrò sorpreso. Quando lo fissò dritto in faccia, senza manifestare paura, Bruce ebbe l'impressione che sotto il cerone disfatto e il trucco rovinato, fosse un uomo come tanti, né bello né brutto.
Ma gli occhi... aveva occhi simili ai suoi, né castani né verdi. Indefinibili. E Bruce ebbe paura, paura come se stesse guardando in viso se stesso. Un uomo con la maschera sul viso e la bocca piena di folli utopie.
Si fissarono. Poi fu lui a prendere la parola, in maniera pacata, ben diversa da quella con cui si era sempre espresso in televisione o nelle suo criminose comparsate in pubblico.
Camaleontico e, allo stesso tempo, così coerente con se stesso... più di quanto Bruce sapesse di essere, nel vestire i propri panni di essere umano. E Joker non solo lo vedeva... ma lo stava anche leggendo.
“Sai, ho avuto modo di di riflettere, in questi giorni e ho capito che... tu mi completi. Sei un mostro, come me, un genio, come me. In tanti si illudono che si possa tornare alla situazione di prima... ma la verità è che tu... ed io... abbiamo cambiato tutto. Per sempre.” - gli comunicò. Gesticolava, sottolineando ogni concetto e modulando il ritmo delle mani con il suo delle parole.
“Tu sei solo spazzatura.” - replicò Batman, cercando di spezzare l'incanto.
“Dipende dai punti di vista... tu sei solo un topo volante? No, no, no... sei qualcosa di più e lo sai. Io lo so.... ma loro... adesso gli servi, ma non durerà. Non durerà. La tua giustizia sarà la prima a morderti la mano.”
Alzò le mani, come per comunicargli comprensione.
“I primi a sbranarsi saranno quelli che reputi perbene, poi verranno gli altri. Non importerà nessuna delle regole che hai seguito, non importerà a nessuno che principi avrai scelto di proteggere. Niente ti salverà.”
Ridacchiò, indicandolo con un dito. Ma non c'era disprezzo in lui, né sarcasmo. Joker credeva in quello che diceva. E sapeva dove colpire.
“Dent ha detto: o muori da eroe o vivi abbastanza a lungo da divenire il cattivo. Parlava di te, di te mio caro. Tu sei vivo... lui no. Sei tu il cattivo della fiaba. E basta starti vicino e respirarti per sapere cosa sei e cosa vuoi.”
“Tu credi?”- mormorò Batman. C'era, in Bruce, lo strano desiderio di sapere fin dove si sarebbe spinto, con le parole e la follia. Provava una strana attrattiva per quell'uomo che, da un anno, ormai, metteva a ferro e fuoco la città e che, infine, era stato catturato solo per un disguido, un piccolo beffardo scherzo della sorte
“Credo in molte cose. E in nessuna. Tu, invece? Dai valore ai tuoi propositi e poco ai tuoi sacrifici. Sbaglio? Credi nelle persone ma non credi che debbano aiutarti. C'è un velo, tra te e il mondo... devi averlo sentito scendere il giorno in cui hai indossato la maschera. Dove hai capito che era finita la tua vita? In cima a un grattacielo? Così in alto da essere invisibile? Hai pianto?”
Tamburellò sul tavolo, attendendo risposta. Nulla.
Non accennò un sorriso, riprese solo a parlare.
“Voglio raccontarti una storia. C'era questa ragazza... io non la conoscevo bene, ma mi piaceva. Camminava sempre a fianco di Dent, quando entrava e usciva da tribunali... come se fosse padrona del mondo.”
Rachel. Bruce non si mosse. Non un muscolo, nulla. Stava parlando di Rachel...
“Gli altri dietro... vigliacchi. Sottoposti.” - specificò, come se stessero discutendo di colleghi al bar. Intimo, sintetico nel gesticolare - “Oppure davanti... convinti di proteggerlo. Ma lei... lei non aveva paura, non poteva precederlo, non poteva seguirlo. Allora ho pensato: e se fosse tutto così semplice? Se lei fosse il secondo piatto della bilancia? Ne occorrono due, in giustizia, per ottenere l'equilibrio, giusto?”
Giusto, si sorprese a pensare Bruce, sotto l'inespressività di Batman. Rachel, l'altro piatto di una bilancia in equilibrio. E, senza di lei...
“E così... morte!” - il Joker batté le mani, una volta sola, come un applauso - “Coraggiosa, bellissima... volevo baciarla ma... le mie cicatrici, non smetteva di fissarle. Ti ho detto come me le sono fatte?”
“Tu hai ucciso un'innocente...”
“Oh, no, non lo era. Lo sembrava, ma non lo era.” - scosse la testa, con compatimento - “C'era un altro uomo... due uomini, come due piatti. Strano, vero? Più che tradimento... armonia...”
Uno, due... Bruce contava i battiti del proprio cuore, cercando di distanziarli. Perché non riusciva a reagire? Perché gli permetteva tutto questo?
Rachel era sepolta nel suo cuore, un argomento perduto, dimenticato, mai affrontato.
Perché lui? Perché permettere a lui anche solo di nominarla?
“Non mi interessa.” - sibilò - “I piani di Ducard, parla.”
“Ducard? Oh, sì, c'era anche lui, quella sera. Ha una vera ossessione per quell'uomo, l'uomo della martire della giustizia. Sarebbero dovuti morire assieme ma... Ducard è nobile, ma maldestro... crede che il caos sia una conseguenza delle nostre azioni ma si sbaglia. Il caos va ricercato, come un colpo messo a segno, non come un'emorragia, mi spiego? Lui ha fallito, quella volta... ma rimedierà, rimedierà...”
“E come! E' ancora Wayne l'obbiettivo?”
“Wayne... Wayne non è nulla, una goccia nel mare, un granello nel camino spento, una foglia nel vento. Oh, sì, non sbagli, lui era qualcosa per lei e lei... ancora la ricordo....” - strinse le labbra, imitando maldestramente una voce femminile - “Uccidi me, ma non ucciderai i simboli di Gotham. Dent ti troverà, Batman...” - si illuminò, vedendolo trasalire - “Oh, sì, credeva anche in te. Ma non in Wayne. Non una parola per Wayne, l'insignificante uomo che urlava il suo nome tra le fiamme. Io l'ho sentito, sai? Sapeva solo urlare ma non si è gettato nel fuoco. Tu lo avresti fatto?”
Si sporse, appoggiandosi sui gomiti.
“Giusto... parliamone.” - sussurrò, senza dargli il tempo di replicare. Ormai era un monologo, modulato e sicuro - “E tu? Hai una donna che ti ama? Scommetto di no. Scommetto che sei il tipo che ama da lontano e, ad un passo dalla realizzazione, perde tutto. È così, vero? È così? L'hai persa? Ha preferito uno senza la maschera... oppure l'hai delusa e lei è fuggita, fuggita tra le braccia di un altro... magari sei il tipo che l'ha incitata a farlo...”
Incrociò le braccia, guardandolo, di sotto in su.
Bruce, sotto la corazza di Batman, stringeva i denti per non urlare, per non ucciderlo.
“Avresti salvato la tua ragazza, fosse stata tra le fiamme o l'avresti guardata bruciare? La donna di Dent non urlava nemmeno. Ma sapeva che sarebbe morta. Credo lo abbia capito quando le ho piantato il perno della bilancia nel palmo... o, forse, quando le hanno inchiodato i piedi nel pavimento. Vestiva di blu.. sembrava un fiore...”
Si perse nel ricordo, con aria rapita e sembrò trovarlo divertente. Scoppiò a ridere. E Bruce lo colpì, un manrovescio così violento da farlo volare giù dalla sedia.
Nulla. La risata non si spegneva.
Lo afferrò, risendendolo al suo posto.
“La giustizia, capisci? Una spada, una bilancia... non le ho cavato gli occhi perché eran così belli... e la benda... non l'avevo, ma lei non l'avrebbe voluta. Una come lei non deve mai chiuso gli occhi su nulla. Eppure, amava quell'uomo, quello inetto, quasi quanto il suo procuratore. Non era innocente, ti dico, non come tutti credevano...”
Un altro pugno, un altro volo contro al muro.
La risata divenne più forte.
“Oh, ci siamo, ci siamo!” - cinguettò, ritrascinandosi al suo posto e risedendosi - “Cedi, vero? Adesso il caos ha fascino anche per te, vedi? Come ti senti, quando ci pensi? Credi davvero che esista la giustizia? Oppure pensi di meritarti tutto questo dolore... Sbaglio? Sbaglio?”
Si appoggiò al tavolo, come se nulla fosse, così vicino da investirlo con l'odore del cerone, dei denti, della brillantina per capelli
“Lo porti negli occhi...” - sussurrò, guardandolo - “Hai negli occhi la morte. La morte di chi? Chi sta morendo, ora, mentre sei qui, con me? A chi puoi tenere così tanto? Amore? Amico? Padre... fratello?”
Era troppo. Lo afferrò per la giacca, lo sollevò, tirandolo oltre il tavolo.
“Oh, fratello.” - rispose lui, per niente spaventato - “Capisco...”

***

“Non vieni a dormire?” - domandò Pepper, affacciandosi alla terrazza. Si era svegliata sola ed era scesa, certa di trovarlo in officina, invece... Tony era in terrazza, sulla sdraio che aveva occupato durante la telefonata con Bruce e la cena con lei. E Pepper intuì subito a cosa stesse pensando.
“Non ho sonno.”
“E non sai cosa sta accadendo a Gotham.” - concluse lei, arrivandogli vicino. La bocca di Tony si piegò in un mezzo sorriso, con un'occhiata di sotto in su.
“Si vede così tanto, signorina Potts?” - domandò, piegando un po' la testa e porgendole la mano.
“No, solo un poco.” - replicò lei, con un mezzo sorriso, lasciandosi scivolare sulla sdraio con lui. Si rannicchiò tra le sue braccia e posò la testa poco sopra il reattore dove, al posto del lieve ronzio, si sentiva il battito - “Ti faccio male?”
“Mi fa male che tu me lo chieda.”
Pepper alzò la testa.
“Lo so che hai avuto paura.” - mormorò lui, guardandola fissa negli occhi - “Ma ora andiamo avanti, come se non stesse accadendo nulla.”
“Non puoi chiedermelo...”
“Eppure lo sto facendo, Pepper. Io ti sto chiedendo di andare avanti, con o senza di me, come pensi ti faccia soffrire meno. Ma non intendo vivere ed essere trattato come un condannato.”
“Sei ingiusto...” - replicò Pepper. Non aveva voglia di litigare. Aveva voglia di restare immobile e dimenticare. Dimenticare davvero. Ma era sbagliato. Profondamente.
“Non sei costretta a restare mentre mi uccido. Però puoi vivere con me mentre cerco di ripararmi.” - rispose lui, deciso. Pepper, tra le sue braccia era la cosa più dolce che la vita gli avesse mai concesso ma... ma, se si fosse alzata, non l'avrebbe fermata - “Non so se posso riuscirci, potrei non capire mai come fare o non avere il tempo farlo. Ma ci proverò... te lo posso garantire.”
Si fissarono. E Pepper ricambiò il suo sguardo con un'espressione che lui non seppe interpretare.
“In tal caso...” - disse lei, poco dopo, districandosi dal suo abbraccio e alzandosi - “Credo che andrò a dormire. Domani sarà la prima di molte lunghe giornate.”

***

Fratello. Bruce si rese conto a malapena di essere scattato. Un attimo prima era seduto. Un attimo dopo, in piedi, con Joker tenuto per i risvolti della giacca, quasi sospeso da terra.
Ebbe l'impressione che il proprio corpo stesse per esplodere, di non riuscire a respirare, che l'aria fosse piena di fumo. Davanti agli occhi, però, non c'era più Rachel che raggrinziva, bruciando, ma Tony. Tony che crollava a terra, in officina. Tony sdraiato sul divano, una voragine nel petto... Tony, che emergeva da un'armatura come un morto. Tony che, prima di perdere i sensi, gli aveva sorriso incredibilmente triste. E con affetto.
Morto.
Morto.
“E questo fratello, mmm?” - insistette il Joker, aggrottando le sopracciglia - “E' con lui che giochi al supereroe? Passate le domenica in garage ad affilare i coltelli e roteare i nunchaku? Scommetto che vai da lui, quando le cose si mettono male... ed è lui a medicare i morsi dei miei cani. È così, vero? E' così?”
Gli sorrise.
“Io ho sempre desiderato un fratello, un fratello grande e gentile... qualcuno da cui rifugiarmi, qualcuno da rendere fiero...” - proseguì. Si accorgeva delle mani di Batman che fremevano o non ci badava? Vedeva il mento tremare, nello sforzo di non scatenarsi?
Sì, lo vedeva. E sentiva le mani. Se solo fosse riuscito a premere ancora un tasto...
“Scommetto che è stato lui... posso quasi immaginarlo, un po' padre, un po' fratello. Si è occupato di te anche quando facevi danni, vero? Perché tu ne hai fatti, di danni, tu eri un delinquente e ora cerchi redenzione, vero? Si legge dappertutto, su questa tua corazza: picchiatemi, fatemi male, sono stato cattivo, cattivo...”
Adesso basta. Joker impattò contro il muro e scivolò a terra come una marionetta, ridacchiando.
“E questo fratello, dicevo, ti ha convinto. Abbiamo uno scopo, ne abbiamo uno... è questo che dicono i grandi, quando i piccoli piangono. E vogliamo parlare del tuo papà? Scommetto che è un uomo assente, come il mio... un uomo che non c'è mai stato...”
Un pugno gli incrinò lo zigomo e lo fece scoppiare a ridere. Più sentiva male, più rideva. Bruce, ormai, sentiva solo il sangue ribollirgli fin dentro al cranio, il sapore metallico dell'adrenalina in bocca.
“Scommetto che non gli hai detto che saresti venuto qui... perché ti avrebbe detto che era uno sbaglio, che sarebbe finita male... perché tu hai un'ossessione per me, come io ne ho una per te...”
“Finiscila!” - gridò, senza riuscire ad aggiungere altro. Ormai, lo gridava tutto il suo corpo, smettila, smettila, smettila... smettila...
“Vuoi uccidermi?” - domandò il Joker - “Sarebbe una soluzione, non credi?”
Era innocente nel domandarlo. Innocente e speranzoso.
Uccidere... uccidere ed avere vendetta... vendetta.
Batman, con il pugno levato sopra la testa, si bloccò. Rachel gli riempì gli occhi, sorridente, da viva, come nei sogni. Amata e in grado di amare, così come sarebbero stati se quell'uomo che rideva aggrappandosi al muro non fosse mai esistito.
No, ho promesso.
Rachel, ho promesso e non dimentico.
“Tu hai tutte le tue regole e pensi che ti salveranno?” - sghignazzava - “Io ho una sola regola. E tu dovrei infrangere le tue per conoscere la verità. Quale verità? Che l'unico modo sensato di vivere è senza regole, senza... senza regole.”
Batman lo colpì di nuovo. Ma la risata non voleva andarsene, non smetteva, ormai gli impregnava le mente e il cuore.
“Chi ti ha detto di essere giusto, mentre naufragavi? Quando è successo? Dopo il tuo primo omicidio, dopo il tuo primo furto? Quanto sei fuggito lontano, prima di sapere che questo era il tuo destino?”
Barcollò, rimase in piedi solo urtando il tavolo alle sue spalle. Come uno scarafaggio, il Joker non accennava ad alzarsi.
Rachel.
Tony.
Suo padre.
Come fantasmi danzavano loro intorno.
“Niente papà, niente donna... lo sai che le persone muoiono, muoiono, muoiono... e tu, che credi di credere nella compassione...” - ormai non si sarebbe più fermato. Il mondo finiva lì, in quella stanza nel provocare, provocare, provocare... - “Chi non è morto ieri, morirà domani e tu soffri già oggi. Tu sei l'ago della bilancia nel tuo dolore, per chi soffrirai di più? Per quelli che hai amato e perso o per quelli che perderai?”
Batman lo afferrò, intenzionato a sollevarlo e scaraventarlo lontano. Ma le braccia... le braccia a cui Joker si aggrappava con le mani non erano più forti.
“Sai perché la giustizia è bendata? Perché, tanto tempo fa, uno come te le ha strappato gli occhi perchè non riusciva più a sostenere il disgusto che vi vedeva. Amare la giustizia rende folli, mio caro pipistrello... amare la giustizia è una condanna a morte senza possibilità di appello. Sei morto, Batman. Forse non lo sai, forse stai negando l'evidenza... ma io ti vedo già in putrefazione. E, in una bara... c'è solo caos.”

***

Il bracciale era ancora spento. Nessun segnale. E, di certo, non era l'ora di telefonare ad Alfred. Le agenzie di stampa non trasmettevano nulla di interessante e Tony, ormai, iniziava a non reggere più la stanchezza.
L'effetto degli antidolorifici stava finendo e, almeno per qualche ora, avrebbe dovuto farne a meno.
Poteva andare a dormire... ma c'era Pepper nel suo letto. E, in officina... in officina c'era la Mark1 con ogni problema annesso.
Donna o armatura? Bhe, l'armatura non parla...
Tony scese la scala, ma non entrò. Si sedette sul gradino, contemplando, al di là della porta a vetri, il proprio incredibile caos.
Quanta roba... distrattamente si domandò cosa ne avrebbe fatto Pepper alla sua morte. Li avrebbe lasciati così, come in un museo? Avrebbe buttato tutto e allestito una palestra da fitness? No, banale... e Pepper non lo è mai.
Sì passò una mano sugli occhi e si puntellò, piantando un gomito nel ginocchio.
Patetico, ecco cosa sono. Un patetico che non vuole avere intorno gente che lo sia.
Insomma, sono una carogna.
Una carogna che non vuole ammettere di avere il culo per terra. Tony sbuffò e si allungò sui gradini, incrociando le caviglie.
Come diceva Thomas? Cadiamo per imparare a rialzarci? Era un bel cambio di filosofia, rispetto a quella di suo padre. Per Howard Stark l'imperativo categorico era non cadere, non cadere mai, né mai vacillare. Chissà se si era mai contraddetto, in questo...
Suo padre... eccolo sbucare di nuovo dal cassetto dei ricordi. Lucius era stato categorico nel negare che Tony lo conoscesse... Tony, che di lui aveva solo ricordi emotivi, non riusciva ad associarlo a nessuna grande opinione. Dal punto di vista scientifico? Un genio. Finanziario? Un mostro. Sociale? Un filantropo. Paterno? Un... mistero.
Eppure... eppure continuava ad incontrare gente che ne palava con rispetto. Gente a cui sentiva di portare lui stesso rispetto. Ma come era possibile? Come era possibile che persino Bruce, di oltre sette anni più piccolo, ricordasse suo padre meglio di lui? Ma quante volte lo aveva visto, in fondo?
Bruce... Bruce, quella notte, era un formicolio spiacevole alla base della nuca.
Aveva catturato il Joker quasi quattro giorni prima e non ne avevano mai parlato. Non avevano parlato di nulla e solo ora Tony si rendeva conto come quel silenzio fosse colpa sua: non aveva voluto discutere il proprio avvelenamento e, per farlo, aveva negato a tutti coloro che lo circondavano la possibilità di avere una conversazione completa con lui. Solo Lucius, con quell'improvviso dargli del tu, aveva aperto una breccia... una breccia richiusa a suon di cibo cinese e con l'aggressività malcelata con cui aveva arginato i sentimenti di Pepper.
Con me o senza di me.
Nessun riguardo, nessuna emozione. Dentro. O fuori.
Ne aveva liquidate tante in quel modo, dopo una singola notte, un party in spiaggia, un viaggetto ai tropici... era bastato poco, per sgretolare le più deboli o far imbestialire le più forti. Il risultato? Sempre raggiunto. Una porta sbattuta, passi in allontanamento.
Ma Pepper... Pepper aveva scelto ancora una volta la via più dura? Adesso Tony non osava salire a guardare. Avrebbe trovato un letto vuoto? Il cassetto della biancheria semiaperto, uno spazzolino nel cestino, in bagno, come ultimo segno di disprezzo?
Com'era Pepper? Vendicativa? Fragile?
Non lo sapeva. Non era certo di saperlo.
Pepper era forte, equilibrata, unica... sì, unica e, proprio perché unica, indefinibile.
E, quindi... quindi c'era da salire e verificare, dannazione!

***

Joker lo teneva per le braccia. Ancora in ginocchio, con le mani strette ai polsi, attendeva una risposta, come sempre. Una risposta che, sin dall'inizio, gli era stata negata.
Batman si raddrizzò, tornando a premerlo contro al muro, in un ultimo maldestro tentativo di resistere, di uscire di scena con il controllo della situazione.
Ma c'erano Tony, Rachel, suo padre... ricordi, scomodi ricordi che gli riempivano la vista, celando il Joker. Inganni, illusioni, attimi di dolore e di pace, attimi chiave della sua vita, persi in un mare nero di stanchezza.
Stanco... sono così stanco... e Tony, a obbligarlo con gentilezza a sdraiarsi. Tony, che si piegava su di lui con preoccupazione, che aveva mani leggere e silenzi densi. Resto, Bruce, riposa. E Rachel... Rachel... ti amo, Bruce, ti ho sempre amato... Papà... io... sto cadendo.
Cederò, capì Bruce, con orrore crescente. Io sto... per cedere... devo... devo andare via...
“Vuoi andartene, vero?” - sussurrò il Joker, fissandolo - “Sai che, se resti, finirai con il crollare. È il caos, amico mio, è il caos quello che senti. Hai paura?”
Poi si bloccò. E sorrise.
“Ma no...tu non hai paura.” - si rispose, con un sorriso - “Tu ne avessi paura, vorresti affrontarlo. Perché è così che sei, vero?”
Puntò piedi a terra, riacquistando equilibrio. E piegò la testa, fino a sfiorargli la guancia con le labbra, fino a trasmettergli un singolo sussurro...
“La tua più grande paura sono i pipistrelli.”
Batman si bloccò. E Joker gli passò un braccio attorno al collo, intimo, letale.
“Indovina, indovinello...” - sibilò - “Chi ha paura del pipistrello?”
E, Batman lo scaraventò sul tavolo, in uno scricchiolio raccapricciante di ossa e lamiera.
Poi le luci si spensero, in tutto il commissariato.
La risata del Joker accompagnò la sua fuga, nella notte, come un marchio a fuoco.

***

Letto vuoto. Camera in ordine, nel buio. Letto vuoto.
Tony, in piedi sulla porta, non sapeva cosa pensare.
Letto vuoto.
Niente Pepper.
Si appoggiò allo stipite, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni di felpa. Dentro o fuori.
Fuori, decisamente... sto per andare fuori di testa.
Letto vuoto.
Niente Pepper.
“Hai la faccia di uno che è stato appena mollato.” - commentò una voce, nel buio del corridoio.
Pepper era in piedi al centro del corridoio, con una sua maglietta addosso. E rimestava, ritmica, la più grossa coppa di cereali e gelato mai vista.
Ricorderò questo momento come il peggior spavento della mia vita, pensò Tony, sobbalzando. Se vivo abbastanza a lungo, si intende.
“Ero in cucina.” - la sentì dire, quando comprese di star fissando più il dolce che lei - “Avevo bisogno di zuccheri.”
“Noto.”
“Mi hai dato un ultimatum e ho dovuto fare una scelta. O valigia o gelato.”
“Dimmi che gusto vuoi e te ne ordino un camion.” - rispose lui, con una tale velocità da provocarle un sorrisetto.
“Erano scuse quelle che ho appena sentito?” - chiese, infilandosi una cucchiaiata di vaniglia fin quasi in gola e aspettando.
Il grande Tony Stark sembrava sulle spine. Spine grandi come un senso di colpa.
“Più che scuse … diciamo che si tratta di ritrattare parte di ciò che ho detto prima.” - spiegò, tergiversando.
“Quale parte? Quella in cui mi tratti come una scarpa vecchia o quella in cui mi maltratti e basta?”
“Credo mi sfugga...”
“Vai a quel paese, Tony.” - sospirò lei, passandogli sui piedi - “Dormi sul divano, ti perdono domani.”
Tony fu pronto ad afferrarla per un braccio.
“Perdonami ora.” - soffiò. Aveva occhi neri, incredibili. Incredibili! - “Perdonami perché ora sono perfettamente consapevole di essere uno stupido, egoista, confuso essere umano che non vive senza di te e domani potrei essere di nuovo il solito miliardario egocentrico e poco empatico che sono sempre stato.”
Pepper lo squadrò bene. Di nuovo troppo emozionato per mettere la punteggiatura. Il gelato si scioglieva, a contatto con il movimento ritmico del cucchiaio.
“Dovrei vedere una qualche differenza, quindi?” - rispose, sottovoce, tutto sommato con aria divertita.
“Adesso imploro. Domani no.”
“Insomma non c'è differenza.” - sospirò lei, baciandolo. Sapeva di dolce... - “Ma va bene lo stesso. Però, ricordati... quando sarò grassa per colpa tua, dovrai ricordare questa notte e amarmi comunque. Adesso, vieni a letto. E, domani, ricordami che devo parlarti di un'impronta digitale.”

***

Le luci del commissariato si riaccesero circa novanta secondi dopo. Batman si voltò, in tempo per rivederle spegnersi a sorpresa. Nel buio, la struttura parve essere scossa da un fremito. Poi, con colore di fiamma, tutti i vetri esplosero.
L'onda d'urto fu terribile. Bruce sentì il proprio corpo scollarsi dal tetto e volare oltre il parapetto. Si afferrò per istinto a una sbarra che non resse. Si afferrò alla successiva, rallentando la caduta. Atterrò su una scala antincendio, ansimando, il naso e la bocca pieni di fumo e odore di bruciato.
Vomitò, prima di riuscire a controllarsi, il sapore della bile a bruciargli la gola.
Il commissariato stava collassando su se stesso. Urla di uomini in fuga che dilagavano per strada, come topi, si accompagnavano agli ultimi scoppi, ad alcuni colpi di fucile.
Batman rimase immobile, come paralizzato.
Una pioggia di carte da gioco, lieve come neve, cadeva tutto intorno.
Ed era il caos.

***

A un chilometro di distanza, Ducard abbassò il binocolo, con espressione soddisfatta.
“Andate a prenderlo...” - ordinò ai suoi uomini, pronti, in piedi alle sue spalle - “Vorrà rifarsi il trucco, prima del finale...”

When violence causes silence
We must be mistaken
(Cramberries - Zombie)

Quando la violenza causa silenzio Stiamo sbagliando per forza

(8 luglio 2013)

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Capitolo 9
*** 1.9 Danger or Danger ***


[fanfic Batman/IronMan] 1.8 Soul’s Fall Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel Rating: AU Angst, Dark, Friendship Iron & Darkness (acciaio e oscurità) Di MargotJ 

EPISODIO 9/13 - (spoiler alla lettura) http://www.youtube.com/watch?v=mS9fLrUBnOo

_____________

1.9 Danger or Danger

I walk this empty street

On the Boulevard of broken dreams

Where the city sleeps

And I'm the only one and I walk alone

(GreenDay - Boulevard of Broken Dreams)

Percorro questa strada nel viale dei sogni spezzati dove la città dorme e io sono l'unico e cammino da solo.

Seduta nell'enorme salone della StarkHouse che, di fatto, era ormai da anni il suo ufficio, Pepper osservava lo schermo al plasma con aria pensierosa. Come sempre, come in ogni momento libero, vi era aperta la schermata dei suoi appunti. Le foto di Crane, Ducard e Joker vi galleggiavano al ritmo del salvaschermo.... c'era ancora persino Obie, ma con una poco discreta croce rossa sopra. Attorno, con lo stesso ritmo oscillatorio, foto delle bombe, di particolari, di zone di combattimento... tutto ciò che le sembrava contingente finiva ai margini, con disordine, solo per essere preso in considerazione durante le sedute di riflessione.

Ormai non sapeva più cosa pensare: quando giungevano ad un punto certo, le carte si mischiavano di nuovo, senza alcuna pietà: Obie era morto, ma il palladio sottratto non era riapparso... Crane aveva perso il proprio carico di droga ma, quasi certamente, ne aveva già un secondo in arrivo... Joker era stato catturato e... già. Con un solo dito sulla tastiera, Pepper tolse l'animazione con le sbarre da sopra la figura di Joker.

Libero, di nuovo libero, dopo un'esplosione, clamorosa quanto inaspettata, che aveva distrutto buona parte del commissariato.

Sospirò, afferrando un cuscino e stringendolo tra le braccia.

Tutto era cominciato con la defezione di Obie e la fabbrica delle armi ancora in funzione in Asia. Da quella erano uscite due bombe, entrambe dirette a Gotham e acquistate una da Crane e una da Ducard. Attualmente, una risultava manomessa e l'altra scomparsa. Nel frattempo, Gotham era stata messa a ferro e fuoco dal Joker e, per concludere, era riapparso Obadiah. Niente bombe, niente spiegazioni, niente di concluso. Niente, se si escludeva la definitiva scomparsa di Obie dallo scacchiere.

Un punto per Tony... che per poco non ci restava secco.

Pepper aveva sperato molto nell'impronta digitale all'interno della bomba. Ma si era rivelata essere un vicolo cieco... non esisteva, in nessuno dei database in cui era stata ricercata. Stessa cosa si poteva dire della ricerca di Tony su Vanko: il poco che Fox ricordava di lui era stato confermato da qualche articolo di giornale. Nient'altro. Nemmeno la data di morte... sempre che fosse morto. Nel frattempo... ennesimo boom e il Joker libero. Ne esisteva una bellissima ripresa, mentre fuggiva a bordo di una macchina della polizia.

Unica pista ancora da battere, quella della droga, in entrata e in uscita dal porto ad opera di Crane... ma cosa poteva contare, in un piano apparentemente di distruzione di massa?

Quanto sono stufa... ammise Pepper con se stessa, lasciandosi scivolare di più dentro al divano. Premette un altro tasto e, come una presentazione, le immagini ripresero a scorrere, in disordine.

Tony, scendendo le scale dal piano superiore, si sporse, cercando di vedere cosa stesse guardando. Bomba, Crane, Ducard, bomba, commissariato, porto, navi, di nuovo bomba, Joker, fabbrica... ad un tratto, Pepper mise un fermo immagine e rimase in contemplazione.

Anche Tony fissò l'immagine, senza muoversi.

“Quasi un ritratto d'autore...” - sospirò, un attimo dopo, incapace di tacere.

Pepper non lo disse, ma era d'accordo.

La foto ritraeva Batman, in piedi, il mantello spiegato al vento. Alle sue spalle, la distruzione del commissariato, i soccorsi, gli ultimi focolai in fase di spegnimento. Era una foto incredibile, di un blu quasi surreale, lo scatto di uno dei primi reporter d'assalto giunti sul luogo. Le agenzie la stavano vendendo a peso d'oro ed era ormai visibile ovunque, accompagnata da ogni possibile forma di speculazione.

Giunto troppo tardi?

Incapace di fermare il crimine?

Colpevole?

Le teorie si sprecavano e, come sempre, Batman era condannabile con estrema semplicità. Senza contare che, per tutto il pomeriggio precedente allo scoppio, il BatSegnale aveva brillato dal tetto del commissariato sopra le teste di tutti i cittadini. Una richiesta d'aiuto inascoltata o una imprevista salita al patibolo? Di certo, il pensare a lui come ad un 'non colpevole' non era da prendersi in considerazione! Ancora violenza, laddove appare il Cavaliere Oscuro... le strade non saranno mai sicure, fino a quando... siamo certi che sia ciò che pensiamo? Non dovremmo porci delle domande? E, di domanda in domanda, si discendeva con solennità la china delle conoscenza allontanandosi dalla verità.

Batman, a capo chino, non era altro che la desolazione del mondo alle sue spalle. Era difficile dire cosa trasmettesse maggiormente quella fotografia, pensò Pepper. Era disperato? Consapevole? Piegato dalla sconfitta o schiacciato dal peso che sentiva di portare?

“Cosa pensi?” - domandò Tony, camminando dietro al divano fino a piegarsi e posarle le mani sulle spalle.

“Non sono abituata a pensare a lui... in questo modo.” - replicò la donna, senza far sparire l'immagine dallo schermo - “Anzi... devo concentrarmi, per ricordarmi che è lui.”

“Succede anche a me.” - replicò Tony. Era stufo di quella fotografia.. non gli piaceva. Non gli piaceva affatto - “E' molto facile dimenticare che ci sia un uomo, sotto tutto quell'idealismo...”

Pepper, suo malgrado, sorrise. Tony lo aveva detto con un tono rassegnato, da vecchio zio sapiente.

“Gli hai parlato?”

“Inutile. Lui non parla con nessuno, al momento.” - fu la risposta, allontanandosi in direzione dei liquori. Era vero. Non c'era modo di parlare con Bruce: mentre ogni telegiornale liberava il proprio io sul crollo del commissariato o sul coinvolgimento di Joker e Batman, Bruce sembrava essere diventato l'uomo più impegnato del mondo.

Avvistato alle feste, incontrato in centro, nei ristoranti più prestigiosi, visto in almeno tre località balneari differenti. E tutto in meno di una settimana. In piena vista ma... tutto tranne che raggiungibile. Così come il mondo non riusciva a trovare spiegazioni per l'accaduto, altrettanto difficilmente Tony ne otteneva da Bruce.

“Ho parlato con Alfred...” - aggiunse, però, versandosi da bere - “E, per una volta, ne sapeva poco quanto me. Non rientra mai a casa.”

“Solitudine...”

“Come?”

“Mi stavo domandando cosa trasmettesse di più questa fotografia.” - spiegò Pepper, accettando il bicchiere e piegando le gambe per lasciarlo passare - “Credo solitudine...”

“A me fa venire solo voglia di prenderlo a calci.” - fu la candida risposta, lasciandosi andare di traverso e in posizione tattica perché Pepper lasciasse il cuscino e cominciasse a strofinargli i capelli con una mano. Aveva scoperto che gli piaceva e lo aiutava a pensare - “Perchè è andato da Gordon? Lo sapeva che lui era là...”

“Perchè lo hanno chiamato?”

“Sa benissimo filtrare le chiamate e lo sta dimostrando. A quella non doveva rispondere.”

“Ho l'impressione che Bruce sappia filtrare le chiamate... Batman no.”

“Pepper, quando hai ragione, hai ragione.” - concordò lui. Poi si inarcò, per vederla, capovolta ma comunque vederla - “Però adesso dimmi: maschera a parte, chi credi che sia andato in commissariato quella sera? Bruce o Batman?

***

Era una domanda che avrebbe preso in contropiede chiunque. E Tony ne aveva approfittato per spegnere lo schermo e saltarle addosso senza tanti preamboli. Ma Pepper conosceva Tony, lo conosceva davvero bene... e, effusioni sul divano a parte, era preoccupato. Più preoccupato per Bruce che per la continua di mancanza di soluzioni per il proprio problema di salute.

Ne avevano parlato a lungo, la notte 'del gelato', prima di sapere cosa stesse accadendo a Gotham: Tony le aveva raccontato, malvolentieri, l'opinione di Lucius sul reattore e dove si poteva ricercare una possibile soluzione. Pepper gli aveva dato il suo appoggio e, memore delle parole di Bruce, gli aveva raccontato delle proprie intuizioni, in un equo scambio di vita.

Poi, la mattina successiva, si era messa all'opera: dai magazzini della Stark erano emersi non pochi scatoloni di Howard. Tonnellate e tonnellate di quaderni, progetti, faldoni da archivio e modellini. Senza commentare troppo, Tony aveva scaricato tutto in un angolo del garage e, a quanto ne sapeva Pepper, sarebbe andato a prendere altro anche a Gotham, approfittando dell'ennesima sortita tra i prototipi del professor Fox. La caccia alle sue radici gli piaceva quasi quanto la latitanza del giovane Wayne. Tony non parlava mai di suo padre, se non in occasioni ufficiali che prevedevano le menzione del suo nome in discorsi puntualmente scritti da altri. Non c'era una foto in giro per casa, non un ricordo... nulla.

Per quel motivo gli scatoloni erano fonte di cattivo umore, come se, dopo una vita trascorsa a difendersi dal passato, Tony fosse costretto a farne buon uso.

“Non mi disturba che mio padre sapesse qualcosa che non so...” - aveva mormorato, ad un tratto - “E' sempre stato così, non ha più importanza. Mi disturba pensare che tutto questo si possa ricondurre a lui...”

Eppure.. eppure era così che si era inserito un reattore nel petto: perché quella notte, in pieno deserto, il reattore gli era sembrato l'unica soluzione per fuggire. Yinsen lo aveva collegato ad una batteria da macchina e due elettrodi nel torace, quanto bastava per tenere alla larga le schegge dal cuore.... ma era stato Tony a volere qualcosa su cui fare affidamento, qualcosa di incredibilmente potente.

Non Yinsen, non suo padre. Soltanto lui... e quel suo dannato egocentrismo che gli impediva di immaginare di poter sbagliare.

“Non pensi che si sia trattato di semplice fiducia in tua padre?” - aveva chiesto lei - “Solo, nel deserto... non credi di aver pensato che, se ci fosse stato lui...”

Tony non aveva risposto. Forse dormiva. Ma Pepper, quando chiuse gli occhi, ebbe la sensazione che, nella penombra, il suo respiro dicesse il contrario.

***

Quella sera, dopo il rendez-vous sul divano, una volta chiusa casa, erano partiti per Gotham City. Sarebbero potuto andare la mattina successiva ma, essendo i bagagli fatti, perché attendere? E perché non togliersi il capriccio di uscire senza dirlo a Happy, lasciandolo solo a casa?

Avevano cenato con hot dog e patatine, per strada. Si erano concessi un gelato all'ultimo avanposto della litoranea, prima di entrare in città. E qui, con Pepper che dormiva sul sedile a fianco, Tony aveva guidato fino al grattacielo in cui era situato il loro attico. Aveva guidato tranquillo, con un braccio fuori dal finestrino e, per un po', erano stati una coppia normale, senza multinazionali da dirigere o reattori nucleari nel petto.

Unico neo a questo loro normalità, il contenuto nel bagagliaio: non essendo l'appartamento particolarmente attrezzato a scopi 'ricreativi', tra le loro valigie giacevano i computer di Tony e anche la Mark 5, l'ultimo gioiellino in fatto di armature da viaggio: una valigetta, con le dimensioni regolamentari del bagaglio a mano da aeroporto, rossa e acciaio, per essere un poco più sobria dell'altra.

Non era altrettanto resistente né attrezzata, ma a Tony piaceva: influiva meno sulla sua salute ed era perfetta per qualche bel volo acrobatico. In più, Lucius l'avrebbe vista volentieri: parte integrante dell'essere un genio era poter avere complimenti dai profani come dai professionisti.

Discese la rampa dei garage e parcheggiò nel proprio spazio.

“Tesoro, siamo a casa.” - cinguettò, tutto preso dalla parte.

“Arrivo, tesoro.” - replicò lei che, dormendo, non era da meno.

***

La mattina dopo, il buonumore di Tony conobbe una battuta d'arresto: conferenza. Quando si alzò, alle dieci, Pepper stava già combattendo con gli uffici stampa.

“Ci prestano la sala conferenze, di sotto...” - gli disse, coprendo con una mano il ricevitore.

“Mi prestano la mia sala conferenze?” - fece eco Tony, versandosi del succo d'arancia - “Gentili... chiunque essi siano...”

“Saremo pronti a mezzogiorno...”

“Pronti a cosa?”

“Sì, il signor Stark risponderà volentieri alle domande...”

“No, io non rispondo a un bel niente.” - commentò Tony, masticando biscotti e girandole attorno. Jarvis gli stava augurando buongiorno e accendendo lo schermo olografico per visionare le testate principali. Tony ne scorse qualcuna con un dito, poi lasciò perdere e tornò da Pepper.

“Penso che ne sarà felice...”

“Estasiato, signorina Potts. Dica estasiato.”

“Un comunicato stampa e, dopo, resterà qualche minuto a disposizione.”

“Oh, sì, ho un perizoma nuovo che voglio proprio sfoggiare...”

Pepper abbassò il ricevitore e lo fulminò.

“Tony, sto lavorando!” - gli comunicò, secca - “Smetti di far confusione.”

Tony la fissò, pensieroso, masticando.

“Chi sei tu? Che ne hai fatto della fidanzata che mi amava?” - le chiese, dopo un attimo.

Lei preferì ignorarlo. E Tony se ne uscì sul terrazzo, a piedi nudi, contemplando la skyline della città all'orizzonte. La WayneTower sembrava un monolito scuro, lucido e possente. Non era affusolata, non era tozza. Un equilibrio architettonico amplificato dalle diramazioni dei condotti per la metropolitana, la luce e l'acqua che si diramavano, sospesi nel vuoto.

Tony si appoggiò al parapetto, guardandola. Sì, magnifica. Da imitare.

“Jarvis... “ - chiamò dopo qualche minuto - “Chiamata per Lucius Fox. Vediamo se ha voglia di vedere i miei giocattoli.”

***

Non solo Lucius non aveva tempo per lui ma, per giunta, Pepper era stata irremovibile: conferenza stampa in previsione del rally di Gotham City a cui si era iscritto. Iscritto a tradimento, dicevano i suoi occhi di fidanzata, mentre la bocca da amministratore delegato si adoperava sul fronte pubbliche relazioni.

Tony la fissava orripilato.

“Ma io sono in ferie!” - esclamò - “Guido la macchina per svagarmi e sto fingendo di essere una persona normale, in un week end fuoriporta con mia m..”

Oh. Oh.

Una lettera sola eppure una lettera di troppo. Pepper lo fissava come se fosse disceso da Marte. Tony, immobile, sperava di essere mimetizzato con l'arredo.

“Facciamo così....” - disse lei, dopo un tempo infinito di imbarazzante silenzio - “Vestiti e vieni con me senza protestare e io mi convincerò che questo momento non sia mai esistito.”

Tony la contemplò, muto. Poi marciò verso la camera da letto.

“Metto il completo blu. E anche la cravatta.”

***

Alla conferenza, a sorpresa, c'era Bruce. Tony lo vide non appena fu sul podio, dietro al leggio. Era defilato, contro una parete. Era solo e, a parte tutto, sembrava quello di sempre.

Non gli fece un cenno di saluto per non attirare l'attenzione e fissò gli occhi sui cartoncini che Pepper gli aveva dato. Li avrebbe letti bene e con diligenza, poi avrebbe risposto alle domande con precisione e senza battute, usando persino gli appunti... tutto purchè rimuovesse dalla sua testa la defaiance appena avuta!

Nel complesso se la cavò bene fino alle ultime domande quando, inevitabilmente, il suo amore per le macchine li portò alla 'macchina' per eccellenza con cui lo identificavano.

“Signor Stark...” - domandò una giornalista, con una punta di veleno. Tony era certo di essersela scopata, ma non ricordava il nome... come al solito - “Ha mai pensato, in veste di Iron Man, di intervenire a Gotham?”

“Solitamente a Gotham intervengo per le feste e le rassegne culturali.” - ripose lui, cauto - “Non mi permetterei mai di immischiarmi negli affari delle forze dell'ordine...”

Cercò di ignorare le volte in cui aveva violato i sistemi informatici del dipartimento legale e di quello di polizia. Sicuramente, la giornalista intendeva altro.

“Ma lei sa dell'esplosione del commissariato e del fatto che si tratta dell'ultima tragedia che ci ha colpito, vero?”

“Ne sono al corrente.”

“Non crede che a Gotham serva un eroe?”

Pepper abbassò lo sguardo, preoccupata. Non osava vedere. Non osava sentire.

Ti prego, signore dei geni, pregò, con fervore, illumina la sua mente e censura la sua bocca...

“Mi risulta che abbiate già un eroe.” - disse Tony, con calma. Aveva l'impressione che le tempie fossero troppo strette per l'afflusso di sangue che dovevano sostenere - “Non sarà appariscente ed atletico come me, ma sa fare il suo mestiere.”

“Lei crede? Perché sono in molti a chiedersi cosa voglia.”

“Ma io non dubito. Anzi, faccio parte di quelli che si chiedono cosa stia combinando.” - ribattè Tony, decidendo che, tutto sommato, si poteva lavorare su due fronti in contemporanea - “D'altro canto, mi sembra il caso di tenere a mente non solo il cosa ma anche il quanto... e Gotham non si può lamentare del suo operato, finora...”

“E il Joker? Non crede che sia ora che qualcuno lo fermi? Batman non sta facendo un buon lavoro, a riguardo...”

“Perchè, non lo ha catturato?” - chiese, posando un gomito sul leggio. Pessimo segno, pensò Pepper.

Tony aveva un brutto rapporto con le conferenze stampa... lo diceva il suo curriculum.

“Sì, ma...”

“Io non ho visto Batman farsi scappare quel fan squilibrato di Stephen King.... voi sì?”

“E' piuttosto informato, per uno che non si immischia...” - ritorse la giornalista - “Sicuro di non volersi interessare? E' qui, no? Perché non sbilanciarsi in una ricognizione? Potrebbe avere fortuna...”

“Mettiamo subito in chiaro che io non sono un cacciatorpediniere che viene mandato in giro per terzi. Ho privatizzato la pace e con ottimi risultati. Non sono un mercenario, soprattutto non sono al soldo degli imbrattacarte. E, vorrei aggiungere, che la fortuna è per i mezzi calibri che gettano il sasso nello stagno e nascondono la mano.”

Perfetto. Pepper chiuse gli occhi. La giornalista stava cambiando colore, si uniformava in viso al rossetto magenta.

“Si sta riferendo a qualcuno in particolare?”

“Lei crede... Rosalie?” - ritorse Tony, fissando bene la giornalista. Neanche troppo difficile ricordarsi il nome, se la motivazione era buona - “Ma non mi permetterei mai... per quale testata lavora, adesso? Rebus in reggiseno? Ha fatto carriera, da quando sbagliava le doppie per la Gazzetta del Minnesota. ”

“Io non le permetto di...”

“E io non le permetto più di restare.” - la interruppe Tony, riordinando i biglietti sul leggio e indicandola con un dito alla sicurezza. Alzò di nuovo gli appunti, deciso a riprendere il discorso interrotto - “Stavamo dicendo...”

Abbassò gli occhi, fissando il proprio palmare, appoggiato sul legno, sotto gli appunti. E si bloccò, come se qualcosa lo avesse colpito. La platea, incerta a metà strada tra l'imbarazzo e lo sdegno, attendeva.

Quando Tony alzò lo sguardo, cercò Bruce... Bruce, che se ne stava andando.

“Non lo fare, non lo fare...” - sussurrò Pepper, pronta a intervenire. Se continui a fissarlo, lo vedranno anche loro. Lascialo in pace, non permettere che...

Anche Bruce si era fermato, come se avesse sentito lo sguardo di Tony posarsi su di lui. Ricambiò, con perplessità, quasi sorpreso. Tony aveva degli occhi incredibili, in quel momento. Forse avevano esagerato nel trucco, cerchiandoli eccessivamente di nero e Bruce, da quella distanza, ebbe l'impressione che potessero perforarlo.

Poi, mentre ancora si domandava cosa sarebbe successo, Tony lasciò cadere i biglietti.

“Sapete che vi dico? Al diavolo...” - mormorò. Dava l'impressione di vederli in viso, uno ad uno - “Mettiamo bene in chiaro... e chi ha orecchie per intendere, intenda... che gli affari di Gotham diverranno miei il giorno in cui sarà Batman stesso a chiedere il mio aiuto. Io sono Iron Man, signori, ma non sono un eroe. Sono un uomo di mondo che già vive nel futuro e che si informa del vostro presente tramite i giornali e, anche limitandosi a quello che scrivete e che spero non tutti pensiate, non state facendo questa gran figura: continuate a disprezzare il vostro Cavaliere Oscuro e credete che non sia controproducente... allora, perché fermarvi alla polemica? Perseguitatelo, dategli la caccia, aizzategli contro i vostri cani... ha sicuramente le spalle abbastanza larghe da sopportarlo. Ma, mentre lo fate, chiedetevi come vivevate prima di lui, domandatevi chi prima di lui ha stracciato il velo nella notte per portare la speranza e, infine, se vi meritate, a conti fatti, un eroe diverso. Perché lui sta cercando di salvarvi, senza preoccuparsi se siete ipocriti, stupidi o brava gente. Decidete cosa volete essere, prima di criticare uno che, a mio avviso, sotto una maschera, sa benissimo quale sia il suo destino.”

***

“... senza curarsi se siete ipocriti, stupidi o brava gente?” - Pepper gridava come una belva. Ma Tony non la sentiva, camminandole davanti, nel corridoio che dall'ascensore portava nella sala principale. Aveva gridato ininterrottamente, mentre risalivano dodici piani - “Che cosa ti è venuto in mente? Ti rendi conto di quello che hai fatto?”

“Ho fatto l'unica cosa giusta. Rimango uno dei pochi a farlo.” - fu la risposta, secca. Tony non rallentava né si voltava, ma dove stava correndo?

“Giusta? Giusta? Tony tu hai insultato, deriso e offeso metà della popolazione di Gotham, obbligando l'altra metà a odiarti per solidarietà. Ma ti rendi conto di quanto...” “Jarvis.” - urlò Tony, ignorando le parole di Pepper e fermandosi davanti ad alcuni monitor in via di apparizione - “Le immagini sullo schermo principale, ora!”

“Hai detto loro che non capiscono niente, non hai nemmeno pensato che...” - la voce le morì in gola. Fissò lo schermo, sentendosi male. Si sedette sulla prima sedia disponibile dimenticando la rabbia e l'isteria - “Tony, non...”

“Jarvis le ha mandate al mio palmare durante la conferenza.” - mormorò Tony, posando l'oggetto incriminato sul tavolo. Era la prima frase più lunga di un monosillabo con cui si era espresso dalla fine del monologo - “Puoi darmi ancora torto se ho deciso di difenderlo?”

Il servizio televisivo, in onda con uno speciale, ritraeva Batman impiccato alla facciata del palazzo di Giustizia di Gotham.

“Tony... ti prego, dimmi...” - faticava a respirare. Batman, morto.

“Lo hai visto alla conferenza, sai che non è lui.” - tagliò corto l'uomo, con durezza. A braccia conserte fissava la scena.

I soccorsi lo stavano calando a terra. Aveva la porzione di viso visibile coperta di cerone bianco, la bocca caricaturalmente rossa. E una carta da Joker piantata sul petto, con uno spillone.

“E' cominciata.” - sussurrò Tony, fissando il corpo. Non era Bruce, lo sapeva. Non lo era... - “Ora gli daranno la caccia...”

Lo cacceranno finché non lo uccideranno. E, afferrata una delle bottiglie di cristallo dal carrello, la scagliò con violenza contro la vetrata, facendole esplodere entrambe.

***

Le emittenti ci erano andate a nozze. Le immagini della conferenza stampa di Tony si alternavano a quelle dell'impiccagione in piazza, come due facce di una stessa medaglia. Verso metà pomeriggio, il Joker, in qualità di terzo giocatore, aveva segnato uno strike mediatico con l'invio di un video terrificante alla sede del Journal.

Si vedeva, in una ripresa disturbata e in bianco e nero, l'uomo vestito da Batman che tutti sapevano morto e appeso già cadavere. L'uomo, sanguinante e legato, veniva interrogato dall'inconfondibile e cantilenante voce fuori campo.

Sei il vero Batman?”

No.”

No? E allora perché ti vesti come lui?”

Perché è un simbolo. Non dobbiamo avere paura della feccia come te!”

Si, si che devi averne. Devi averne molta. Sì! Shh! E così pensi che Batman abbia fatto di Gotham un posto migliore? Uhm?”

Sì.”

Guardami. Guardami! Vedete?” - la telecamera era stata girata: il Joker, alla ripresa, aveva immortalato se stesso - “Questa è la follia che Batman ha scatenato su Gotham. Se volete l'ordine a Gotham, Batman deve morire. Dovete trovarlo e ucciderlo... uccidetelo, prima che io uccida voi...”

Poi urla, urla e risate da far accapponare a pelle.

Un'ora dopo, il comunicato del commissario Gordon. Aveva ancora il braccio al collo, un bastone per reggersi, dopo l'esplosione del commissariato... ma restava acciaio temprato all'interno.

“Batman ha risposto al nostro segnale, l'altra notte, e si è adoperato, come sempre, in armonia con le forze dell'ordine. L'esplosione sarebbe avvenuta comunque, indipendentemente dalla sua presenza e, da allora, il cavaliere Oscuro ha già consegnato non pochi colpevoli del fatto. Invito per tanto, tutti coloro che non si fanno abbagliare dal sensazionalismo della carta stampata, a rammentare le azioni di Batman in maniera obbiettiva, ora più che mai.” - disse, dopo un breve comunicato stampa in cui si illustravano i fatti avvenuti negli ultimi giorni. Poi aveva fissato dritto in camera, senza nessuna paura - “Non scenderemo a compromessi con la feccia, men che meno con un mostro truccato come un buffone. E mi rivolgo a te, Joker: Sei fuggito, ma non andrai lontano, hai la mia parola. La mia e quella di ogni cittadino di Gotham che sia consapevole di non essere né stupido né ipocrita. Coloro che decidono di essere brava gente non abbasseranno la testa, prendine atto.

“Però, lui è dalla tua parte...” - sussurrò Pepper, in piedi, con la mano alla gola. Non riusciva a restare ferma. A differenza di Tony, pur avendo visto Bruce in sala, era rimasta colpita dall'impiccagione come se fosse autentica.

Tony, seduto sul divano, sporto in avanti, non le rispose. Fissava Gordon, senza lasciarsi sfuggire una singola sfumatura. Era vero. Non era un caso che Gordon avesse chiuso così la propria conferenza. E non sarebbero serviti che pochi minuti agli uffici stampa per fare un montaggio sovrapposto delle loro parole.

Spense il televisore, stanco di vedere sempre le stesse cose.

“Jarvis, sai dove inoltrarmi le novità.” - disse, sparendo in direzione dell'ascensore. Pepper non provò nemmeno a chiedergli dove stesse andando... Tony non le avrebbe risposto.

***

Quando il sensore di movimento del rifugio segnalò una presenza sconosciuta, Bruce non si allarmò più di tanto. Senza alzarsi dal tappeto, restando con la schiena contro al mobile di noce, sollevò solo il cellulare, guardando l'allarme lampeggiante.

Violazione del sistema di sicurezza...

Ingresso non autorizzato...

Anomalia del programma. Falso allarme.

Appunto. Non esistevano molte persone in grado di aprire una falla nel sistema e poi convincere il sistema stesso di essere difettoso. Tony era uno di quei pochi... e il sistema, per altro, lo aveva progettato lui, definendolo 'a prova di me stesso'.

Bruce si alzò da terra, con un sospiro, lasciando il libro che stava leggendo a metà di un colpo di scena. Alfred fece la sua comparsa sotto l'arco, con aria preoccupata.

“Signore, credo che abbia un ospite...”

“Si chiama intruso, Alfred...” - sospirò, zoppicando a piedi nudi sul tappeto - “Ma scendo comunque a salutarlo.”

Percorse i condotti di comunicazione con calma. La gamba gli faceva ancora male.. e anche la schiena non scherzava. Si rese conto che avrebbe impiegato del tempo a muoversi e comprese di averne utilizzato troppo, quando vide Tony venirgli incontro.

Si fermò. Tony fece altrettanto, mettendo come suo solito le mani nelle tasche della giacca di pelle. Lo fissava, in attesa. E Bruce si rassegnò a dover dire qualcosa.

“La tua conferenza stampa fa sembrare quelle di tutti gli altri squallide.”

“Soltanto perché io dico sempre la verità.” - rispose Tony, senza battere ciglio. Lo scandagliava, con un'occhiata senza espressione - “E comincio ad essere amato. Ancora niente denunce.”

“Sono felice per te.” - rispose Bruce, non sapendo bene cosa fare. Salire a WayneManor o discendere nelle profondità del rifugio? - “Ah, dimenticavo... ti ho prenotato quel tavolo di cui mi chiedevi, al Luxor...”

“Non ne dubitavo. E adesso, Junior, per amor di quel metodo scientifico che mi obbliga a verificare prima di saltare alle conclusioni...” - esordì, avvicinandosi - “... è ora che tu mi dica cosa sta succedendo. E sii esauriente.”

***

Quando rientrò a casa, Pepper era quasi vestita e si stava aggiustando un orecchino.

“Ci sono quasi...” - disse, apparendo nell'ingresso - “E grazie dei fiori, sono bellissimi.”

Bellissimi, confermò Tony, guardando il mazzo che troneggiava sul tavolo tondo in stile. Peccato non li abbia mandati io.

“Faccio in un attimo.” - aggiunse Pepper, sparendo in camera.

“Fai con calma.” - replicò lui. Senza dire nulla, allungò due dita, prelevando il biglietto e lo aprì, molto molto lentamente.

Respira...

Non una carta da gioco. Nessun Joker.

Stupido. Stupido e allarmista, si disse, guardando la bella calligrafia spaziosa.

“Non sono opera tua, vero?” - chiese Pepper, avvicinandosi. Aveva un profumo irresistibile - “Dovevo immaginarlo...”

“Sono da parte di Lucius. Si complimenta per il mio mancato omicidio.” - sospirò lui. Si mise una mano in tasca e tirò fuori una collana, senza cofanetto - “No, io ti ho comprato questo... per lo stesso motivo, suppongo...”

Pepper trattenne il fiato. Era un cerchio in rubini, con un brillante al centro.

“L'ho preso perché sai, assomiglia a...” - Tony non sapeva come proseguire. Si indicò il torace, il reattore, saltando direttamente ai fatti - “Dai, hai capito, te lo metto.”

Pepper si sollevò i capelli e attese di sentire il metallo sulla pelle. Poi si voltò, sorridendogli.

“Ti amo, Tony. Anche se non sai mai chiedermi scusa.”

Tony sorrise, prima con gli occhi, poi con la bocca. Un sorriso dolce, di quelli che si manifestavano raramente. Solo quando era preoccupato... o tanto triste.

“Ti amo anche io.” - ammise lui, sottovoce. Poi si sporse, baciandole una tempia, sentendola appoggiarsi contro di lui, il suo respiro sulla pelle - “Perdonami, Pepper, perdonami sempre. E non lasciarmi mai.”

***

“Il signor Wayne pensa di uscire stasera?” - domandò Alfred, fermandosi rispettosamente sulla porta del bagno.

“Il signor Wayne non ritiene di essere presentabile, al momento.” - replicò Bruce. Si stava tamponando il naso con un asciugamano bagnato e cercava di ignorare il taglio al labbro.

Il maggiordomo si avvicinò, levandogli di mano il tutto.

“Faccia vedere.” - sospirò, con il tono con cui gli medicava le ginocchia da bambino, indicandogli lo sgabello. Con mano leggera studiò il danno - “Devo pensare che l'ospite fosse davvero un intruso?”

“Sai, Alfred...” - sospirò Bruce, eludendo la domanda a modo suo... Aveva gli occhi lucidi - “Credo di essere caduto troppe volte dal seggiolone, da bambino... per riuscire a pensare prima di agire.”

“Indubbiamente si è sempre rialzato... prima ancora di saper camminare.” - replicò il maggiordomo, applicando del cicatrizzante sulla spaccatura - “Non credo che oggi sarà da meno...”

“Tu non smetterai mai di avere fiducia in me, vero?”

“No, signore, non credo. Su, alzi la testa, vediamo se riusciamo a convincere questo naso a smettere di sanguinare. E mi ricordi di fare i complimenti al signor Stark... ha un destro che non si dimentica.

***

La cena al Luxor era stata superba. Tony avrebbe volentieri saltato il ricevimento successivo, per l'apertura ufficiale della gara, ma Pepper non si era posta nemmeno il problema di chiedere la sua opinione. Sorridendo, lo aveva preso per mano e, sempre sorridendo, lo aveva trascinato sul tappeto rosso, nella hall, nella sala da ballo e, infine, nella confusione delle relazioni diplomatiche del dehor, tra il pianoforte e il bar, in uno slalom di tavolini e camerieri.

Lì, si erano visti. E riconosciuti.

Tony non aveva atteso le presentazioni di rito. Lo aveva puntato e si era avvicinato, a mano tesa, guardandolo dritto negli occhi.

Non si illuda che io impari il suo nome, aveva comunicato, laconico, Non amo le fatiche superflue.

Ducard andrà benissimo.” - gli rispose l'uomo, ricambiando la stretta e ammirandone la forza - “Ras'l Ghul è più... diciamo... un titolo onorifico. Posso chiamarla Tony?”

“No, non può. E non si azzardi a darmi del tu.”

“Non avrei osato tanto. Accetta di fare due passi con me?”

“Perchè no...”

Pepper non era lontana. Conversava con alcune persone, sorridendo, sotto la frangia rossa e morbida. Sembrava non aver notato nulla.

“Devo aspettarmi fuochi d'artificio?” - chiese Tony, continuando a scandagliare la folla a caccia di facce note.

“No, affatto...” - rise Ducard - “Sono qui ufficiosamente. E sono venuto per lei, Anthony, desideravo conoscerla... abbiamo qualche amicizia in comune...”

“Non mi risulta.”

“A me, invece, risulta che lei e il signor Stane foste molto vicini, quasi padre e figlio.”

“Un padre mi è bastato e avanzato, nella vita.” - replicò Tony, afferrando un calice di champagne su un vassoio di passaggio - “Stane si è rivelato un investimento sbagliato a lungo termine. Cose che succedono.”

“Sì, comprendo... purtroppo succede.” - sospirò Ducard. Aveva un modo lento e ipnotico di camminare, accompagnato da un bastone che sembrava più un accessorio che un sostegno - “Ho molto ammirato la sua conferenza stampa, oggi. Solo un uomo con grande forza di volontà non teme le macroscopiche reazioni dell'opinione pubblica. Lei si comporta come se fosse sopra le parti... come un giusto.”

“Io non sono un giusto. Sono un bastardo. Lo tenga a mente, Ducard.” - rispose, fronteggiandolo - “E, non vorrei essere scortese, ma... mi dica cosa vuole e facciamola finita.”

“Voglio che lei prenda parte ai miei piani. Mi conosce, non ne ha fatto segreto. Si allei con me e mi aiuti a far cadere questa città. Lei la disprezza, quanto me, è consapevole del marcio che vi si annida... mi aiuti a ridurla in rovina e potremo ricostruirla assieme.”

“No, grazie. Le ho appena detto cosa penso degli investimenti fallimentari a lungo termine. Questa volta passo. Mi contatti per la prossima Sodoma. A questa sono parecchio affezionato.” - rifiutò, bevendo un sorso dal bicchiere.

Si fissarono. E fu Ducard a cedere, con un sorriso.

“Non posso costringerla.” - sospirò, con rammarico - “Ma ritengo che penserà per il resto della sua vita a questa conversazione come ad una grande occasione mancata. Una delle più grandi che le siano mai state offerte.”

Tony gli sorrise, divertito.

“E' possibile.” - ammise, avvicinandosi - “Ma, vede... io sono anche uno che si è rifiutato di morire. E, mi creda, l'aldilà è qualcosa di difficile da scartare... soprattutto con gli optionals che mi hanno illustrato gli angeli. Erano tutti in reggiseno.

“Se lo crede...” - replicò Ducard, con lo stesso tono intimo, piegando la testa - “... la aiuteremo presto a rimediare.”

Poi gli tese la mano.

“E' stato un piacere conoscerla, signor Stark.”

“Anche per me.” - replico Tony, stringendogliela con entrambe le proprie - “A presto, Ducard... a presto.”

***

Quando Ducard salì in macchina, il giovane che sedeva davanti si voltò, speranzoso.

“Allora?” - chiese. Aveva occhi chiari, l'aspetto impaziente - “E' dei nostri?”

“Purtroppo no.” - replicò Ducard, fissando il mondo oltre il finestrino oscurato - “Ha scelto di cadere con questa civiltà. Ne è innamorato.”

“La donna?”

“Lei è importante... ma non è la sola. Stark ha legami che non è in grado di scindere. Mi sbagliavo sul suo conto.” - replicò Ducard. Gotham sfilava, al di là del vetro, viva e putrefatta allo stesso tempo - “E' un uomo che non vuole morire, per sua stessa ammissione...”

“Stane mentiva, allora.”

“Purtroppo sì, Crane. Ma non mi sorprende. Stane non era un illuminato... troppo amore per la ricchezza e il potere. Nessuna ideologia.” - ragionò, quasi con se stesso. Jonathan Crane lo ascoltava, ma era irrilevante - “Stark, invece... abbaglia il proprio avversario con il disinteresse, ma non è un uomo che resterà al palo... combatterà, quando sarà il momento.”

“Credi che Batman chiederà il suo aiuto?”

“Non ha bisogno di farlo. Credimi. Non ha bisogno di farlo.

Jonathan Crane si voltò, fissando la strada. Era languido, nell'inclinare al testa e contemplare il mondo che avrebbero distrutto.

“Temo che dovremo fermarlo prima, allora...” - sospirò, quasi con rammarico.

“E' inevitabile, mio caro. Stark deve morire. Diamogli un degno avversario.”

***

Contrariamente ai loro programmi, Tony e Pepper non erano rimasti a Gotham. Così come, la sera prima, avevano deciso di partire senza attendere il mattino, quella sera avevano deciso di rientrare, così come erano, a galà finito. Tony, dopo la conversazione con Ducard, preferiva inserire un imprevisto nella loro tabella di marcia, tanto per star tranquillo e non sentirsi prevedibile. Pepper, ignara di tutto, non trovava spiacevole poter passare in ufficio un paio d'ore, l'indomani, per sbrigare alcune faccende. Gotham, ormai, era divenuta per loro come una succursale di casa, un appartamento che Jarvis gestiva perfettamente anche a distanza e da cui andavano e venivano a piacimento.

Potevano tranquillamente andare a Malibu e ritornare il pomeriggio successivo. Per Tony, era tutto allenamento in vista della corsa del fine settimana.

Pepper non aveva quindi discusso sul cambiamento di programma. In macchina, si era sciolta i capelli e levata le scarpe, parlando di tante cose e cercando di ricreare quella serenità magica provata la notte prima. Purtroppo, i risultati non erano stati altrettanto piacevoli: Tony sembrava assorto in chissà quali riflessioni e Pepper troppo scossa da ciò che la televisione non smetteva di trasmettere.

“Gli hai parlato?” - chiese, ad un tratto.

“Ci ho provato.” - rispose Tony, senza dilungarsi. Pepper ebbe l'impressione di non trovare un appiglio per insistere.

“E...” - tentò comunque.

“E ci siamo picchiati. Quello che ci siamo detti non te lo racconto. Dovremmo vergognarci entrambi.

Ora, in piedi nel bagno di casa, sotto della implacabili luci neon, il livido cominciava a vedersi. Tony si fissò nello specchio, studiando la linea della mascella. Un'ombra bluastra risaliva già lungo la guancia. Un bel gancio, il ragazzo!

Si sciacquò il viso, percependo un poco di indolenzimento. Uscì dal bagno e, stando ben attento a non svegliare Pepper, discese le scale.

Poi si sedette sul divano, in officina, la televisione di sottofondo e una polsiera della Mark 2 da registrare.

Trasmettevano ancora le immagini del 'Batman' ucciso. Mentre le conferenze, la sua e quella di Gordon, già svanivano, forse troppo cervellotiche per essere interessanti, la calata di quel corpo martoriato lungo la facciata continuava ad essere trasmessa con insistenza, con le stesse parole, gli stessi commenti di repertorio.

Tony condivideva la sensazione di fastidio che provava Pepper nel continuare a rivederle. Sin dal primo istante, guardandole sul palmare, con bel altri problemi da risolvere, Tony aveva iniziato a percepire una rabbia incontrollabile chiudergli lo stomaco.

Batman morto. Impiccato come un delinquente.

Osservato come una bestia al macello. Morto. Morto. Morto. Morto.

Aveva avuto bisogno di fissare Bruce, in piena conferenza, con il rischio di farlo scoprire, per disconnettere le immagini dal panico che provava.

Con il cacciavite, strinse più forte la valvola di regolazione e il sensore al centro del palmo lampeggiò, come risentito. Allentò, ascoltando le variazioni di ronzio, gli occhi fissi alle immagini.

Era per questo che erano tornati? Per morire uccisi dai folli o dal veleno? Per questo, lui aveva una batteria al centro del torace e Bruce una tomba su cui piangere?

Di nuovo quel senso di sentirsi le tempie esplodere. Il pericolo non era più al di fuori di loro, ma annidato dentro. Si alzò, percorrendo la sala, avanti e indietro. Joker aveva di nuovo messo a segno un altro centro. Mentre tutti tergiversavano, a favore o contro il Pipistrello, lui aveva creato l'illusione di una Gotham senza Batman e, allo stesso tempo, gli aveva mandato un messaggio chiaro.

Ma a Bruce non importava. A Bruce, per sua stessa ammissione, non importava proprio niente di vivere o morire... perché non aveva chances. Sentiva di non averle. Perché non c'era niente per cui valesse la pena combattere.

Tony alzò un braccio, come prendendo la mira. Ed un colpo esplose, fragoroso, dandogli l'impressione di essersi lussato una clavicola.

Sbalordito, fissò il disastro appena fatto e si rallegrò di aver insonorizzato la sala.

Poi, si sentì bene. A guardare quel cumulo di fumo e macerie, si sentì bene. E puntò di nuovo. E di nuovo. E di nuovo.

Ad ogni colpo, ad ogni crollo, una manciata di ricordi bruciava come carta: la prigionia, il risvegliarsi ferito, con il mostro in petto, Bruce... Bruce chino su di lui che prometteva di riportarlo a casa.

Bruce... lo aveva riportato a casa per un buon motivo. Ma quale era... Tony non lo ricordava.

Abbassò lo sguardo e, quando lo rialzò, si vide riflesso nel vetro.

Traslucido, come un fantasma. Solo il reattore, luminescente, a cui aveva allacciato un cavo per attivare lo schiniero, sembrava vivo. Si fissò ed ebbe l'impressione di risentire sul viso la freddezza della maschera di Iron Man, la prima volta che l'aveva indossata.

Fossimo d'acciaio... fossimo d'acciaio non soffriremmo. Ma, quando ne era stata rivestito, si era sentito solo compresso, schiacciato in un guscio spaventoso. Aveva impiegato molto tempo ad abituarsi, molto più di quanto non sapessero le persone che lo circondavano.

E, come se non bastasse... sto morendo.

Allungò il braccio e la vetrata esplose, cancellando il uso ritratto, il ritratto di uomo stanco e arrabbiato. Il reattore, nel petto, emise un suono, come un piccolo strappo. Il palladio, probabilmente, si stava esaurendo. Ma Tony era troppo impegnato per badarci. Ripensò al suo primo reattore, incastrato in una teca di vetro e incoronato dell'indispensabile sarcasmo di Pepper.

'La prova che Tony Stark ha un cuore', aveva osato scrivere. E proprio perché osava in quel modo, Tony capiva di amarla ogni giorno di più. E, mai come stasera, stringendo la mano a Ducard, aveva temuto di perderla. Bruce aveva fatto altrettanto... aveva passeggiato con Ducard mentre Rachel moriva. Bruce aveva ascoltato le sue parole e perso Rachel per sempre.

Un'altra vetrata crollò e, dopo Pepper, fu di nuovo il turno di Bruce, in piedi sotto la cascata. Dove era finita la sua comprensione, la consapevolezza piena delle emozioni, il controllo di ogni moto proprio delle azioni e dei sentimenti che le contraddistinguevano? Dove era il ragazzo che tremava davanti ad un falò e faceva sempre a botte per sentirsi vivo?

I pugni erano volati tra loro, ma senza il brivido del pericolo. Solo per risentimento. Risentimento puro.

Ancora una vetrata.

Era il momento di calmarsi. Chiuse gli occhi e cadde in ginocchio. Il reattore fischiava, come un bollitore a temperatura.

***

Quella notte, sotto le spoglie di Batman, Bruce era completamente assente. La sensazione di vuoto che gli avevano provocato le parole del Joker, giorni prima, si era amplificata a dismisura, fino a dargli l'impressione di inghiottire tutto il resto. Il dolore pulsante allo zigomo e al labbro erano fastidiosi quanto il ricordo di come se li fosse procurati.

Ricordava molto poco di ciò che si erano detti. Un attimo prima, discutevano, un attimo dopo... e uno dopo ancora... si era ritrovato contro la parete, tenendosi una mano sulla bocca sanguinante. E aveva visto Tony voltargli le spalle, andandosene.

Come negli incubi, Tony non tornava indietro. Si allontanava e svaniva nel buio.

Si riscosse. Sotto di lui, in strada, stava arrivando un camion. Mosse un passo nel vuoto e vi si lasciò cadere, leggero come una piuma. La gamba resse bene, consolandolo. Posizionò le cariche e, con un volteggio, si aggrappò a una facciata, prendendo le distanze.

Il piano era lineare come le sue conseguenze: un altro carico di droga sabotato, una battuta d'arresto in più per Crane e chiunque altro lo stesse aiutando. Si sarebbe potuto ritenere soddisfatto... invece, sotto la maschera, continuava ad essere una belva inquieta.

Distruggere la droga o consegnarla alla polizia non erano una soluzione se, per ogni carico scomparso, ne arrivava uno nuovo. Dove finiva quella droga se, a detta di Gordon, non stava aumentando il consumo nelle strade?

Lucius Fox, analizzandola, aveva espresso le stesse perplessità: aveva una forte componente allucinogena ma funzionava solo per inalazione diretta e, se respirata in quantità eccessiva, provocava convulsioni e morte. Il cervello, semplicemente, cedeva, senza possibilità di ritorno.

Non una droga commerciabile, dunque, aveva concluso lo scienziato, dando indirettamente ragione al commissario: non per lucro... quindi per cosa? In attesa che Batman lo scoprisse, tuttavia, Fox stava già sintetizzando un antidoto o qualcosa che servisse da immunizzante.

“La prego, Bruce...” - aveva sospirato, alzando gli occhi dal microscopio - “Non si faccia gassare fino a quando non avrò finito di lavorarci...”

A grandi linee, Bruce stava quindi rispettando qualche norma di sicurezza. Non tante, abbastanza da essere pieno di dolori fisici ma non in uno stato allucinogeno indotto. Del resto, senza dormire e senza calmarsi, le allucinazioni c'erano comunque, con o senza Joker.

A peggiorare la situazione, la lite con il grande Tony Stark. Lo aveva aggredito, senza pensarci due volte, con l'impressione di difendersi. Aveva sbagliato, in entrambi i casi: non salvava nulla di quello che aveva fatto. Ricordava di aver detto a Tony cose che non pensava, talmente improbabili da provare un brivido di vergogna ogni volta che tentava di richiamarle alla mente. Ma Tony aveva sopportato, a lungo. Solo alla fine, sull'ultima battuta, più vera di ogni parola precedente, Bruce lo aveva visto cedere.

E Tony lo aveva salutato con quel pugno. Ma era stato lui a cominciare? Bruce non ne era certo.

Le cariche stavano detonando. Era ora di combattere. Dimenticando il mondo, Batman planò nella mischia.

***

Tony si alzò, arrivando fino alla scrivania e si risedette per terra, armeggiando per inserire il palladio.

“Tony?” - sentì gridare. Pepper, in cima alle scale, era sicuramente scalza.

“Sto bene, non scendere, è pieno di cocci.” - le rispose, chiudendo gli occhi e radunando le forze per tirarsi in piedi, farsi vedere, rassicurarla. Quando emerse dalla confusione, Pepper gli regalò un sorriso enorme e vagamente isterico. E lui, senza pensarci troppo, le andò incontro.

“E' tardi per dire che non volevo svegliarti.” - commentò, come scusa, salendo le scale e raggiungendola. Si appoggiava al muro con una mano, notò Pepper. Ed era pallido.

“Vieni a sdraiarti.” - disse, ignorando la battuta sentita e quella con cui avrebbe potuto rispondere, insinuandosi sotto al suo braccio. Tony la lasciò fare, seguendola fino al divano.

“Prendi il misuratore, nel cassetto...” - le disse, indicando il mobile basso sotto lo schermo - “Vediamo se ho fatto un macello...”

No, non l'aveva fatto. La percentuale di avvelenamento era salita, ma non tanto da spaventare più del solito.

“Hai bisogno qualcosa?” - domandò lei, mettendogli un cuscino sotto la testa.

“Di tornare arido e senza cuore. Da quando ho l'utero non gestisco più nulla come si deve. E non riesco a pensare.” - aprì un occhio, guardandola - “Come fate voi donne?”

“Succhiamo il sangue agli uomini e riequilibriamo gli ormoni.” - rispose lei, così tranquilla da essere convincente. Tony avrebbe cominciato volentieri a cercarsi i segni dei denti sul corpo - “E, a parte rimpiangere l'aridità perduta?”

“Dimmi che non sto sbagliando tutto. Menti, se necessario.” - rispose lui, in un soffio, girando la testa per vederla, seduta per terra, con una mano sul suo petto.

“Accidenti, Tony, più che un pugno, Junior ti è passato sopra con un trattore.” - sospirò lei, carezzando con un dito il livido in via di formazione - “Sei davvero certo di non volerne parlare?”

“Non ha detto niente che sia ripetibile. E io nemmeno.”

“Non sono parole ripetibili perché fanno un male cane...” - fece eco lei, con gentilezza. Gli carezzava la testa ed era piacevole, incredibilmente piacevole. Avesse potuto, Tony le avrebbe fatto le fusa - “Tu gli vuoi così bene che potrei esserne gelosa.”

“Io non gli voglio bene, io lo voglio prendere a calci. Ma lui è il primo che ho salvato in tutta la mia vita...” - sospirò lui, ad occhi chiusi - “Ne sono responsabile. Sarei dovuto esserlo molto tempo fa e non lo sapevo...”

“Cosa intendi dire...”

“Non importa. È passato tanto tempo... è un altro dei misteri di mio padre.”

Tony, voglio che tu venga con me, a GothamCity, questo fine settimana.”

Non penso di poterlo fare, esco con gli amici. Gotham? Cosa ci vai a fare?”

Vado a un funerale e vorrei che tu presenziassi. Devo farti parlare con una persona.”

Spiacente. Non amo i funerali, non vengo. E tu? Ci vai davvero? Di solito non ti concedi...”

“Non ero mai stato ad un funerale, prima di quello dei miei...”

“Come mai ci pensi ora?”

“Mio padre era come me. Non andava mai alle sepolture. Solo ad una, che io riesca a ricordarmi.” - replicò Tony, raddrizzandosi e sedendosi. Perché insistere, in quella conversazione? Inutile. Era inutile - “Lasciamo stare, Pepper. Sono stanco e parlo a vanvera. Andiamo a dormire.”

***

Era l'alba quando rientrò al rifugio. Non aveva la forza di arrivare alla residenza. Si tolse l'armatura e la lasciò cadere a terra, trascinandosi fino alla branda per stramazzarci sopra.

Fissò il soffitto, vedendolo sfocato. La testa gli faceva male, ma non più del solito. Chiuse gli occhi e, nel buio, in un lampo, il Joker gli sorrise. Teneva la sua testa in mano.

Si svegliò, di soprassalto. Ma come, dormiva? Ma non si era appena sdraiato? Guardò l'orologio, perplesso. No, aveva dormito. Un'ora, occhio e croce. Non abbastanza... lo stava urlando tutto il suo corpo. Rimase sdraiato, l'angosciosa certezza di non riuscire ad alzarsi come unica compagna. Alzò le braccia, piano, solo per essere certo che rispondessero. E si fissò le mani.

Non riusciva a ricordare la carezza fatta a Rachel, ma sentiva ancora la durezza della mascella di Tony sulle nocche. Di contro, pensò, coprendosi la fronte con entrambe, preferisco non ricordare cosa mi abbia detto.

Punto. A capo. Tutti se ne vanno, prima o poi.

Non il modo migliore per confortarsi... ma, del resto... se uno non riesce ad alzarsi... sospirò ancora e pensò che prima di 'occhi chiusi e mani sopra' era comunque più sano fissare il soffitto.

E così fece. Po voltò la testa, fissando lo spazio vasto circostante.

Fu così che la vide. Discreta, non più grossa di un trolley.

Rossa e argento.

Sembrava una valigetta ma... ma Bruce non poteva mentirsi e fingere di non capire.

La fissò, in silenzio. La Mark 5. In ordine, vicino ai computer, come se quello fosse il suo posto. Come se non fosse una cosa che tutti volevano, dagli Stati Uniti d'America fino al più piccolo corpo d'assalto. Come se non fosse un oggetto troppo prezioso per essere dimenticato in giro.

No. La Mark 5 non era lì per mancanza di razionalità o distrazione. La Mark 5 era lì perché lì doveva essere... perché lì, secondo Tony, doveva restare.

Tutti se ne vanno, prima o poi. O forse no.

***

Contemporaneamente, nella zona del molo, Ducard strinse per la prima volta la mano di Ivan Vanko. Ne rimase sorpreso, ma con compiacimento, ammirando la figura possente, l'espressione dura e la parlata cadente ridotta all'essenziale.

Un folle, un pazzo... un genio.

Crane in questo aveva avuto buon occhio: Ivan Vanko era stato un suo paziente presso l'ospedale psichiatrico, per molto tempo, dopo la morte del padre, Anton. I suoi disegni, minuziosi, avevano attratto il giovane a caccia di 'talenti e casi speciali' per le proprie pubblicazioni, prima ancora di capire cosa trattassero. Poi, con il salire alla ribalta di Tony Stark e del reattore che si vociferava avesse nel petto, Crane, tutt'altro che stupido, aveva cominciato a concepire una sequenza logica nella vita di Vanko, una sequenza che passava dai progetti ai ritagli di giornale ingialliti e alle fotografie ormai rovinate che teneva appese nella sua stanza.

Gli aveva dato fiducia, gli aveva fornito poco alla volta il necessario per approntare qualcosa... e quel 'qualcosa' si era rivelato non dissimile a ciò che Stark doveva aver costruito nel deserto. Vanko, abituato ad avere nulla, si era accontentato e, dal nulla, aveva tratto l'onnipotenza.

Solo con l'entrata in scena di Obadiah Stane lo scenario era cambiato. E Crane aveva compreso di poter impressionare, con la propria creatura, come un novello Frankestein, il grande Ras'l Ghul in persona.

Vanko aveva avuto una bomba, acquistata con i soldi che la mafia versava abitualmente a Crane per convertire gli ergastoli in trattamenti sanitari. Ne aveva smontato il nucleo e, con la fabbrica di Obie, aveva potuto cambiare le proprie prospettive. Apparentemente, non si era mai interessato della macchina che Stane stava costruendo né del reattore che stesse utilizzando.

Ora, era il momento di vederlo in azione. E Ducard, a conti fatti, non vedeva l'ora.

***

Nel momento stesso in cui la frusta a flusso energetico di Vanko tagliò a metà la macchina del Signor Stark, Ducard si compiacque del proprio ennesimo investimento ben riuscito.

Il rally di Gotham, nuova istituzione per rilanciare una città ormai nel caos, si era appena interrotto nel peggiore dei modi: un tizio in tuta arancione, ufficialmente assunto nel personale di bordo pista, si era appena rivelato un mostro in armatura, un grosso vichingo armato di una frusta che sembrava giungere dal futuro.

Sotto lo sguardo sconvolto degli spettatori, sia dal vivo che da casa (e, tra questi, anche Bruce Wayne seduto nel proprio salotto in compagnia del maggiordomo), la divisa arancione era bruciata rivelando un complicato intreccio di cavi e tubi. Poi, una delle due fruste che reggeva tra le mani, in opportuna rotazione, aveva interrotto bruscamente la corsa.

La macchina, tagliata a metà come se fosse stata burro, era volata alta, ribaltandosi e accartocciandosi contro il guard rail.

Apparentemente, la fine di Tony Stark e del suo delirio d'onnipotenza.

Per un attimo lo avevano creduto tutti. Poi, Tony era strisciato fuori dalle lamiere, contuso e frastornato ma pur sempre integro. Ed era cominciato il vero inferno.

Seduto sugli spalti, in una posizione perfetta per dominare, Ducard osservava e annuiva, compiaciuto: Stark non vendeva cara la pelle ma, riguardo a questo, non si sarebbe aspettato nulla di diverso. Dopotutto, non mentiva dicendo di essere Iron Man: anche senza armatura, di certo non era indifeso. Peccato non averlo convinto ad abbracciare la giustizia senza misericordia piuttosto che la vanagloria.

L'invasione in pista, di alcune macchine e alcuni uomini intenzionati a intervenire, si era rivelato un tragico sbaglio e le prime vittime iniziavano ad accasciarsi a terra. Una delle macchine sembrava essere guidata dall'assistente personale di Stark. Con piglio deciso, la ragazza aveva puntato con il paraurti alle gambe dell'assalitore, facendo guadagnare tempo all'uomo.

Vanko, con le fruste in perenne movimento, attaccava e teneva lontano i più temerari.

Era questione di tempo, soltanto di tempo. Ducard alzava lo sguardo, in attesa del segno.

Perché, lui lo sapeva, esiste sempre un segno da cogliere... soprattutto quando si sa che giungerà quasi certamente. E... eccolo.

Una valigetta d'acciaio, tanto lucida da riflettere il sole come uno specchio, stava scivolando sull'asfalto, come lanciata da una mano precisa.

Ducard, con lentezza, alzò il binocolo, non per seguire la traiettoria ma per vederne l'origine.

Nulla. Chiunque lo avesse fatto, era nascosto tra le macchine accartocciate da Vanko, in un punto riparato.

Del tutto disinteressato allo spettacolo che invece avvinceva tutto gli altri, ovvero Stark impegnato a indossare l'armatura che avrebbe fatto di lui Iron Man, Ducard insistette nella propria ricerca. Dove poteva essere?

La donna di Stark si muoveva, senza scendere dalla macchina ormai irrimediabilmente danneggiata, ma Ducard non la vedeva abbastanza bene da ritenerla un punto di riferimento.

No, doveva aspettare, avere pazienza, come con la preda, nella foresta.

Separare i suoni... cogliere il cambio dei colori... gettò un'occhiata distratta ai due combattenti: Stark, come se nulla fosse, tenendo ben salde le fruste con tutto il corpo, avanzava verso Vanko.

Crane, nel posto a fianco di Ducard, sembrava iniziare a preoccuparsi per l'esito finale di quella che riteneva una partita già vinta.

“Pazienta, amico mio...” - sospirò Ducard, posandogli una mano sulla spalla - “Se non cadrà oggi... cadrà domani...”

Insieme videro Vanko volare a terra. Insieme guardarono Iron Man strappargli il reattore dal petto e renderlo innocuo. Ma solo Ducard ebbe la perizia di guardare Tony riemergere con il viso dal casco e voltarsi.

Ci siamo, pensò, portando di nuovo il binocolo al viso.

Mentre la polizia li accerchiava e frenava gli ultimi tentativi di ribellione di Vanko, Stark si era girato nella direzione da cui aveva visto giungere la salvezza. Come alla conferenza stampa. E Bruce Wayne, in ginocchio tra le lamiere, stava ricambiando quel muto ringraziamento con un cenno della testa.

Bene, bene... forse Tony Stark aveva rinunciato ad allearsi con loro... ma Iron Man lo aveva appena fatto con Batman. E, insieme, da bugiardi e spergiuri quali erano, sarebbero bruciati con quella civiltà che volevano a tutti costi difendere.

***

Signor Stark... Ha mai pensato, in veste di Iron Man, di intervenire a Gotham?”

Solitamente a Gotham intervengo per le feste e le rassegne culturali. Non mi permetterei mai di immischiarmi negli affari delle forze dell'ordine...”

“Se vedo un'altra volta questo servizio...” - borbottò Tony, lanciando il telecomando nel cesto dell'immondizia. Stava seduto al centro del proprio laboratorio ed era di pessimo umore.. .il pessimo umore di uno che sta seduto in mezzo al dissesto nucleare.

Dopo la sua esplosione d'ira, Jarvis, volonteroso di natura, aveva fatto rimuovere i cocci e le macerie peggiori. Ma i cristalli non erano ancora stati sostituiti e non si potevano evitare gli sbalzi di corrente legati al gran quantitativo di cavi scoperti. Come se questo non bastasse, Tony doveva aggiungere i dolori muscolari, i lividi, le escoriazioni, la commozione cerebrale (che andava a sommarsi a quella di dieci giorni prima) che si era procurato durante il rally, insieme a un numero ingente di danni alla macchina e... e all'opinione pubblica.

La carta stampata e le televisioni di mezzo mondo, che lo avevano ripreso, ci stavano andando a nozze: non solo Iron Man si era immischiato negli affari di Gotham, non solo lo aveva fatto dopo aver detto che non lo avrebbe fatto, non solo aveva provocato ingenti danni, non solo se ne era andato rifiutandosi di rispondere alle loro domande... insomma! Era così lungo l'elenco dei 'non solo' da non riuscire a capire dove volessero andare a parare!

A grande linee, in ogni trasmissione, si poteva notare un filo conduttore: tutti i servizi cominciavano con la lista delle sue colpe e terminavano con le accuse nei suoi confronti.

Non aveva detto che la tecnologia Stark non era replicabile?

Non aveva detto di aver cessato la produzione di armi?

Non aveva detto di aver risolto tutti i nostri problemi?

E, allora, ci dica... perché è stato attaccato da questo tizio che sembra un cattivo di Terminator armato con una frusta Jedi? Era un attacco personale? Che cosa gli ha fatto?

“Questa poi...” - aveva ringhiato, scegliendo un'altra emittente. Nessun risultato: nuovo show, di nuovo lui.

Snervante.

Aveva continuato a cambiar canale fino a quell'emblematico lancio di telecomando con cui aveva deciso di spegnere l'audio alle provocazioni. Che parlassero, se volevano!

L'unica informazione utile che gli avevano fornito i telegiornali era il nome del suo aggressore, attualmente in custodia in una prigione d'alta sicurezza: Ivan Vanko.

E, così, senza fare alcun passo avanti in ciò che sapevano, Tony aveva avuto la conferma alle proprie supposizioni: Vanko, probabilmente figlio di Vanko, proprietario dell'impronta digitale rinvenuta dentro la bomba manomessa. E il reattore legato al suo petto una inquietante 'imitazione' del proprio.

Ma era davvero un'imitazione? E se fosse stato il prototipo venuto dal passato di tutto ciò che Tony aveva creato per il futuro?

Domanda scomoda. E, purtroppo, ancora senza risposta.

Si tirò su dal divano e, zoppicando, si diresse alla postazione computer. I monitor si illuminarono non appena si sedette, ma Tony non li degnò di un'occhiata. Compose un numero e fece partire una chiamata.

“Pronto?”

Quando sentì la voce, sorrise, involontariamente.

“Sei così cattivo che pure Alfred è entrato in sciopero?” - chiese, il più gentilmente possibile.

Silenzio, dall'altra parte.

Andiamo, sbatti giù il telefono, pensò Tony il magnanimo. Così vengo lì e ti tiro un altro pugno sul naso.

“Ho riconosciuto il numero.” - fu la deludente risposta - “Avesse risposto Alfred, avrebbe detto che non c'ero.”

“Capisco.” - sospirò Tony. Capisco e non commento. Come sono bravo... - “Volevo solo ringraziarti per oggi. Per l'armatura.”

“Sapevo dove l'avessi lasciata... mi è sembrato il minimo.” - rispose Bruce. In piedi, nella sua biblioteca, non si era mai sentito tanto a disagio - “Forse, a questo punto, dovresti portartela dietro... quando te ne vai a spasso...”

“Progetterò la Mark 7 in settimana. Quella lasciala dove l'ho messa.” - rispose. Poi, dopo un attimo, aggiunse - “E' modificata. Puoi usarla anche tu, se occorre. E il reattore che ha non può farti male.”

“Tony, io...”

“Junior, se adesso ti scusi, io ti prenderò a schiaffi fino a farti passare tutti i sensi di colpa che hai.”

“Io non... sì, volevo scusarmi. Mi permetti di farlo, per favore?”

“No, per niente.”

“Posso sapere perché?”

“Se ti scusi tu, devo poi farlo anche io ed una cosa che proprio non mi riesce bene. Puoi risparmiarmi questa umiliazione?” - non attese risposta - “Non sono d'accordo con te su niente, Bruce. E, se dovessimo riavere la conversazione che abbiamo avuto ieri, non riuscirei a cambiare nemmeno una singola parola e, a conti fatti, non ti darei un pugno ma una sonora sculacciata. Ciò non toglie che mi dispiace. Mi dispiace davvero di come siano andate le cose.”

“Lo so. A me disp...”

“Ti ho detto niente scuse. Hai già troppi casini.”

“Tony, ti ha mai detto nessuno che sei prepotente?”

“Tu. E forse Pepper. E una volta Lucius. Però, secondo me, vi sbagliate tutti.”

“Comprensibile.” - Bruce si sedette alla scrivania. Non aveva molta voglia di riattaccare, era tanto che non parlava...

Purtroppo per lui, il computer di Tony stava segnalando un'altra telefonata in entrata.

“Devo lasciarti.” - disse l'uomo. Poi, con il dito già sul pulsante, ebbe un ripensamento - “Junior, se ti metto in attesa ti trovo ancora tra qualche minuto?”

Hai la mia parola.”

“Ok, liquido il seccatore e arrivo.” - premette il tasto e rispose - “Qui parla il grande Tony Stark, come posso esserle utile?”

Morte per palladio nel torace è morte dolorosa...” - sussurrò una voce, dal forte accento russo - “Tu non crede?”

Tony rimase un attimo immobile.

“Bene, bene...” - replicò, premendo alcuni tasti per inserirsi sulla linea e rintracciare la chiamata - “Signor Vanko, finalmente abbiamo il piacere di parlarci...”

“E così.” - confermò l'uomo. Attorno a lui, solo i cadaveri degli agenti che lo avevano in consegna - “Come ti senti, Stark? Hai perso...

“Dipende dai punti di vista. Comunque, i miei complimenti. Un'imitazione discreta... tecnologia niente male, troppo basso il numero delle rotazioni, ma mi piace …” - alzò gli occhi. Sul tavolo erano posati il reattore di Vanko e le sue fruste - “L'energia di impulso concentrata in canali di plasma ionizzato. Efficace ma non efficiente. Mi piace. Dove hai preso questo modello?”

Da mio padre, Anton Vanko.”

Mai sentito.”

Mio padre è la ragione per cui tu sei vivo.”

Sono vivo perché mi si è presentata un'occasione.

Vanko rise. E Tony ebbe la certezza che non fosse solo, come se potesse intuire un'altra risata di sottofondo.

Tu vieni da famiglia di ladri e macellai e, come tutti uomini colpevoli,tu vuoi riscrivere tua storia. Ma dimentichi tutte le vite che la famiglia Stark ha distrutto...” - stava dicendo Vanko, quando una seconda voce si sovrappose alla sua.

“Suvvia, signor Vanko, non siate eccessivo...” - stava dicendo quella voce - “Il signor Stark è un filantropo, da qualche tempo... non demonizziamo il benfatto che sta compiendo...”

“Parole sante!” - confermò Tony, cercando di triangolare il segnale. Nulla, rimbalzava senza sosta. Con una mano digitò un messaggio per Bruce, con l'altra orientò un altro satellite - “Con chi ho il piacere di parlare, ora?”

“Crane. Dottor Jonathan Crane. Un suo ammiratore.”

“Oh, immagino, il mondo si divide in ammiratori e ammirati, è normale che due come noi siano su fronti opposti. Devo intuire che la bomba non le sia dunque stata rubata, signor Crane?”

“Oh, no, affatto. La bomba è stata un piccolo espediente per evitare le domande del signor Stane. Lei ha presente il suo delirio di onnipotenza, la sua prepotenza ossessiva compulsiva...”

“Oh, eccome. Mi rubava sempre i giocattoli. Aveva trent'anni e impazziva per il mio triciclo.” - nulla, nessun segnale. Digitò ancora, più rapido - “Tuttavia, signori, per quanto io ami queste amene chiacchiere, sono curioso: perché questa telefonata?”

“Perchè morirai. E volevo essere io a dire te.”

“Capisco, Ivan.” - ripose Tony, scimmiottando lo stesso accento bieco e rimembrando il caro Ivan Drago della sua giovinezza al cinema - “E, a parte lo 'spiezzarrmi in due', c'è altro che volete farmi sapere?”

“In effetti, sì.” - aggiunse una terza voce. E Tony seppe, con assoluta certezza, che non si trattava più di guai... ma di vera e autentica catastrofe - “Non ci conosciamo, no? Ma abbiamo amici in comune, amici con la maschera... anche io porto una maschera. Vuole sapere delle mie cicatrici?”

“No, grazie. E credo di averne abbastanza di tutti voi, signori.” - sospirò, cercando di dissimulare la sorpresa. Joker... con un'arma come Vanko tra le mani....

In quel mentre, il segnale smise di saltare e si stabilizzò.

Chiamavano dall'unico posto in cui potevano essere... la prigione di sicurezza di Gotham.

Un altro pessimo segno.

“Credo sia venuto il momento di salutarci.” - comunicò loro. Chiuse la comunicazione e, con un solo gesto, riaprì il canale con Bruce, inviandogli il file - “Bruce, siamo in guerra. Ascolta questo. E non credo che sia finita.”

Un'altra chiamata in entrata. Un altro numero sconosciuto.

“Signor Stark, mi perdoni.” - lo salutò Ducard, camminando su uno dei muraglioni della prigione. Sotto, lo stabile era in fiamme - “Mi perdoni, non sono arrivato in tempo alla riunione. Spero che i miei soci non le abbiano mancato di rispetto.”

“No, di certo.” - Tony si piegò in avanti, incrociando le braccia sul tavolo. E cercò di non pensare a come gli stessero tremando le mani - “Ma sono felice di averle detto no, Ducard... lei frequenta brutta gente.”

“Lo stesso si può dire di lei, che fa affidamento sugli indolenti traditori per salvarsi. Traditori come il suo amico Batman... o forse dovrei chiamarlo... Bruce. Era questo il suo nome, quando lo accolsi nella mia casa.”

Silenzio.

“Non si preoccupi, Tony.” - diceva, con risata di velluto - “Rimarrà un segreto... ancora per un po'. Ma dica al ragazzo di stare attento... i pipistrelli non sono nati per volare di giorno... qualcuno potrebbe ferirli...”

Messaggio sul cellulare.

“Sta bruciando il carcere. Devo andare.” - aveva scritto Bruce. Tony si ritrovò a digitare come un pazzo, perché non si infilasse in quella trappola per topi.

“Se lo sente, Tony...” - mormorò la voce, dagli altoparlanti del sistema - “Gli dica di non correre. Vanko è libero e noi ce ne stiamo andando. Arriverebbe tardi... come lei, del resto...”

Le dita di Tony si bloccarono, poi ripresero. Non cedere ai loro trucchi, si ripetè.

“Grazie per il consiglio.” - replicò, a denti stretti.

“Si figuri. Ora devo lasciarla, ma mi permetta di rammentarle un dato di fatto: Perché la gente smetta di credere in Dio, basta ferirlo... A quel punto, le acque si macchiano di sangue e arrivano gli squali.”

“Mi ritengo avvisato. Qualche altra verità?

“La verità? Solo una.” - Ducard alzò gli occhi al palazzo che crollava, alla feccia che correva, libera, attraverso le porte divelte - “Io me ne starò seduto a guardare, mentre il mondo vi divora.”

Fine della comunicazione.

Tony, stremato, chiuse gli occhi.

My shadow's the only one that walks beside me,

My shallow heart's the only thing that's beating,

Sometimes I wish someone out there will find me,

'Til then I walk alone

(GreenDay - Boulevard of Broken Dreams)

La mia ombra è l'unica che mi sta vicino, il mio cuore debole è l'unica cosa che pulsa.

Certe volte desidero che qualcuno la fuori mi trovi, sino ad allora continuerò a camminare da solo.

(13 Luglio 2013)

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Capitolo 10
*** 1.10 My Dark My Light ***


Iron & Darkness

(acciaio e oscurità)

Di MargotJ

EPISODIO 10/13 - (spoiler alla lettura)

http://www.youtube.com/watch?v=yG2GQlZlXUo&feature=c4-overview-vl&list=PLB1F21203D1E4126E

_____________

1.10 My Darkness, My light

In the end everyone ends up alone

(The Fray - You found me)

Alla fine Tutti ci ritroviamo da soli

E adesso, Junior, per amor di quel metodo scientifico che mi obbliga a verificare prima di saltare alle conclusioni...” - esordì Tony, avvicinandosi - “... è ora che tu mi dica cosa sta succedendo. E sii esauriente.”

Bruce si svegliò di soprassalto. Il ronzio dei processori gli trasmise la certezza di essere nel rifugio e non nel proprio letto. Sbattè le palpebre e si sedette, posando i piedi sul pavimento lucido.

Fuori, a Gotham, poteva essere qualsiasi ora del giorno o della notte. Bruce non aveva interesse a scoprirlo. Lentamente si passò una mano sul costato fasciato, respirando piano. No, neanche troppo doloroso. Temeva peggio... invece era ok, non lo avrebbe rallentato.

Da quando Tony aveva ricevuto la telefonata, la sera del rally di Gotham, Bruce non aveva più avuto pace: da intensa, la sua missione era divenuta frenetica e, più che tre giorni, aveva l'impressione fosse passato un mese.

L'insurrezione alla prigione di Gotham aveva riversato in città un numero improponibile di delinquenti che andavano catturati nuovamente e, soprattutto, era stata l'occasione di fuga perfetta per Vanko. Batman aveva vagato per le strade ininterrottamente, a caccia di indizi su dove si stessero nascondendo e di come si stessero adoperando per intrecciare le proprie azioni criminali.

Ducard, che aveva orchestrato il tutto, doveva essersi fatto aiutare da Crane, come aveva dedotto Batman, ricatturando i primi più incauti malfattori: lo stato confusionale in cui li aveva trovati e le allucinazioni, che palesemente avevano, si potevano rimandare alla droga giunta per settimane in città.

La sostanza nel sangue di questi uomini appariva concentrata: certamente inalata, come aveva detto lo scienziato, con l'intento di rendere più confusi, disinibiti e feroci i carcerati.

“Un mezzo per creare panico e disordine.” - aveva commentato Bruce stesso, sentendo un brivido percorrergli la schiena. Ducard era davvero disposto a questo, per far crollare la città? Era disposto a vedere i folli correre per le strade?

Probabilmente sì, se aveva scelto come compagno Joker, il novello profeta del caos.

Come sempre, la sua mente si rifiutò di elaborare una riflessione riguardo il folle dal volto dipinto. Bruce si alzò e, zoppicando, raggiunse la postazione computer. Gettò un'occhiata al pannello a lato della consolle, sotto cui riposava la Mark 5: fedele alla propria parola, Tony non era venuto a riprendersela e Bruce, ogni volta che posava i piedi nudi in quel punto, pensava involontariamente al macabro di quella decisione.

Puoi usarla tu, aveva detto Tony. Non ti farà del male. Ma che motivo poteva esistere per obbligare Batman a vestire i panni di Iron Man? La risposta era sempre la stessa: il motivo è sapere che il mondo sarà presto senza Iron Man.

Molto presto.

Senza soffermarsi a lungo sulla sensazione che gli dava quel pensiero, Bruce si lasciò andare contro lo schienale, allungandosi e sprofondando. Lui e Tony non parlavano di nulla, al momento e, meno del resto, avrebbero parlato di ciò.

Tutti lontani. O, forse, sussurrò la coscienza di Bruce, comunque vigile sotto l'effetto degli antidolorifici, sei tu a tenerli lontani. Sai benissimo che non esiste problema tra te e Tony, siete uomini, non bambini... e sai quanto Pepper ti voglia bene, eppure... eppure...

Sulla scrivania c'era un fiore blu, ormai essiccato. Bruce, come ogni notte, lo afferrò delicatamente e lo sollevò, portandolo al viso. Il profumo era quasi svanito ma Bruce aveva l'impressione di sentire quello di Rachel.

La mia luce... la mia ombra... Rachel... chiuse gli occhi, inarcando la testa fino a posarla sul montante della sedia. Sono così stanco, a volte...

Il fiore sembrava potersi sbriciolare tra le dita. Lo posò, con gentilezza, a fianco del bracciale di titanio. Ecco il modo per sapere come stesse Tony. Ma, se lo avesse attivato... fin dove arrivava la tecnologia di quell'affarino? Tony sarebbe stato in grado di contare le costole incrinate, i punti di sutura, il dolore cronico e ulceroso del suo stomaco? Bruce non era certo di volerlo scoprire.

Però, per l'ennesima volta, si domandò se Tony avesse mentito nel negare che il bracciale avesse registrato la morte di Rachel. E se fosse esistito un file? Se ci fosse stato un modo per sentire il suo cuore e la sua voce?

Tony non me lo dirà mai, considerò, tendendo la mano verso l'oggetto e mantenendola rispettosamente sollevata, senza sfiorarlo.

... è ora che tu mi dica cosa sta succedendo. E sii esauriente.”

La mano si chiuse a pugno, impotente.

***

Era un chioschetto quasi sulla spiaggia, con un'enorme insegna a forma di donut sul tetto. Pepper alzò gli occhi, osservandola, e si sentì afferrare alla vita con violenza, poi sollevare. Sollevare fino alla ciambella.

“Tony.” - sbraitò, quando si ritrovò seduta nella curvatura del dolce di plastica rigida - “Ma non le sembra il caso di avvertire?”

Come sempre, nei momenti di maggior irritazione, tornare a dargli del lei.

“Avvertire di cosa, signorina Potts?” - domandò lui, mentre il casco dell'armatura si riduceva sparendo nel collo - “Caffè? Doppio, macchiato e senza zucchero.”

A quanto sembrava, constatò Pepper mentre il signor Stark le porgeva la colazione, il collaudo della Mark 7 era andato a buon fine. Tony, inguainato nel metallo, aveva l'aspetto compiaciuto di chi si pavoneggia con il vestito nuovo fatto su misura.

“Avvertire che sta per shakerarmi. Grazie.” - ribattè lei, accettando il bicchierone e sedendosi più comoda - “Potevo spaventarmi! Posso avere una ciambella?”

“Ci sta seduta sopra... ne vuole un'altra?”

Pepper lo fissò come se fosse una lucertola.

“Tony.” - disse, imperiosa, tendendo la mano e tornando a dargli del tu - “Voglio la ciambella che mi merito. E voglio sapere cosa ci faccio qui.”

“In ufficio avevi l'aria così triste...”

“E tu come lo sai?”

“Ti guardavo dalla finestra... eri proprio triste, quasi appassita. L'ho fatto per te. Guarda che bel panorama.”

“Tony, hai chiamato e detto che avevi novità per cui dovevo correre. Non potevi solo invitarmi a colazione ed essere meno acrobatico in tutti i sensi?”

“Non è il mio stile.” - commentò lui. Seduto lungo l'altra curvatura della ciambella, sembrava un imperatore annoiato - “E, comunque, se proprio ci tieni, possiamo parlare di nemici e cose così.”

“Direi che dobbiamo. Dunque, a quanto sappiamo...”

“No, con calma. Prima l'introduzione.”

“Introduzione?”

“Il prologo. L'ouverture. Il riassunto delle puntate precedenti. Quella roba, insomma.”

“Ok. Lo fai perché io capisca o per edificazione personale?”

“Essendo tu una mia creatura, quando capisci è sempre edificazione personale.”

Gli occhi di Virginia Potts aumentarono decisamente di diametro.

“Prego?” - scandì, mentre in testa le frullava solo la parola 'creatura' - “Non credo di aver capito bene...”

“Non importa, te lo spiego più tardi.” - replicò lui, incapace di decodificare qualsiasi reazione del 'modello donna' - “Parliamo di cose serie. Ducard, Crane, Vanko, Joker... mi segui?”

Li aveva enumerati anche con la mano.

Pepper si lasciò andare contro la ciambella e piegò le ginocchia, mettendosi più comoda.

“Comincia.” - sospirò, addentando la ciambella - “Ti ascolto.”

***

Ducard, Crane, Vanko, Joker.

Bruce fissò di nuovo lo schema interattivo che Pepper gli aveva fatto pervenire. Le foto dei quattro, allineate, galleggiavano su una schermata di dati richiamabili con il semplice tocco di un dito.

Ducard: un conto aperto con Bruce prima che con Batman, un sottile ostinarsi a nascondere ciò che sapeva ai propri alleati. Egocentrismo e guerra psicologica allo stesso tempo. Nella sua visione distorta, Bruce e Batman gli erano debitori...o, forse, non aveva ancora rinunciato ad averli come suoi alleati. Idem per Tony: aveva provato a sedurlo e non aveva trovato terreno fertile. Avere Stark dalla propria parte gli avrebbe dato risorse illimitate e raggio d'azione, ben più di quanto avesse ottenuto dall'alleanza con Stane, finita in niente di fatto. Attualmente proprietario di una bomba.

Crane: il medico del manicomio di Gotham sembrava essersi avviato in maniera promettente sulla strada del crimine e, probabilmente, aveva incrociato quasi per caso Ducard. Un punto in comune? Stane. Ma, forse era un azzardo pensarlo, forse la sua alleanza con Ducard era precedente. Comunque fosse, attualmente stava mettendo i propri talenti al servizio della Setta delle Ombre. Ed era in gamba, per stessa ammissione di Lucius Fox, costretto a sintetizzare un antidoto alla droga di Crane: Bruce ne aveva consegnata una scorta a Gordon e, con quella, avevano attenuato i sintomi dei primi evasi ricatturati. Ma attenuato non era abbastanza... Crane stava ancora conducendo la partita.

Vanko: nel suo cervello l'unico pensiero doveva essere la vendetta nei confronti di Tony. A lui rimandavano tutte le disgrazie della vita, a quanto sembrava. Non si sarebbe fermato, per sua stessa ammissione, prima di averlo ridotto a frammenti. Forse, a questo punto, disponeva del materiale fuoriuscito dalla fabbrica di Stane prima dell'esplosione: Obie aveva portato via un certo quantitativo di palladio e parecchia componentistica assortita, in previsione di una produzione su vasta scala della tecnologia Arc. E se, nei confronti delle capacità di Obie, Tony aveva manifestato una certa sicurezza, quando si trattava di Vanko sfoggiava una ruga verticale al centro della fronte.

Vanko sapeva il fatto suo e lo aveva ampiamente dimostrato fin dalla prima apparizione in pubblico.

Infine, Joker.

Con entrambe le mani, Bruce ampliò l'immagine, ritrovandosi vis à vis con il peggiore dei suoi incubi. Non c'era nulla da dire su di lui. Caos. L'unico obbiettivo era il caos, con piani semplici e altamente distruttivi. Alleato agli altri? No, sicuramente no. Conviveva soltanto. Forse per soldi, forse per compagnia... ma non per interessi comuni. Joker voleva dimostrare solo che l'unica regola di vita è l'assenza di regole. Gli altri aprivano solo la via al dilagare della sua filosofia. Ancora una volta, Bruce si domandò se sarebbe stato in grado di ucciderlo.

Non ebbe modo di proseguire nelle proprie riflessioni. Si voltò, richiamato da un segnale acustico e da un sensore lampeggiante. In centro era scattato un allarme, in una banca. Era ora di muoversi.

***

“Non risponde.” - sospirò Pepper, posando il cordless sulla sua base.

“E' calato il sole. Non è a casa.” - replicò Tony, senza smettere di andare avanti e indietro per la sala - “Qui risponde la segreteria di Bruce Wayne. Attualmente non sono me stesso, mi sono trasformato in un pipistrello. Sarò di nuovo disponibile all'ultimo ritocco della mezzanotte.”

“Come i topolini di Cenerentola?”

“Qualcosa del genere. Ma lui è una zucca, con o senza mantello.”

“Non sei gentile.”

“Non posso esserlo sempre. E Bruce non stimola in me nessun istinto gentile, al momento. Se arrivo a prenderlo, lo picchio di nuovo. E più forte.”

“Credevo che lui avesse picchiato te.”

“Ti sembro il tipo che se le prende senza reagire? Io comincio le risse, io do il ritmo alle legnate.” - replicò Tony. Si trascinava dietro due matasse di fibra ottica e aveva già smontato due pannelli dalla parete di fondo, dietro al divano. A quanto sembrava, l'officina del piano di sotto non gli bastava più - “Quando ha detto ciò che ha detto...”

“E cioè?” - domandò lei, afferrando di nuovo il cordless e preparandosi ad un altro tentativo.

Che non si aspetta a sopravvivere al Joker e che non c'è nessuno per cui viv...”

Silenzio.

Pepper posò il telefono e si voltò.

Tony era immobile davanti al pannello aperto, con un cacciavite in mano. Era di spalle, ma Pepper lo leggeva comunque, come se avesse lettere cubitali incise sulla schiena.

Aveva risposto senza pensare. Abituato a fare tre cose contemporaneamente, non erano molte le volte in cui si confondeva... ma poteva succedere. Era umano, dopotutto... non solo acciaio.

“E' questo che ti ha detto?” - domandò

“Inutile sottolineare che non volevo ripeterlo.”

“Lo so.” - ammise lei, alzandosi e arrivandogli vicino - “Ma io sono contenta che la tua perfezione abbia, per una volta tanto, una crepa.”

“Io no.”

“Tony... lui vuole uccidersi con il Joker? Vuole morire come Rachel?”

Silenzio.

“Tony... non serve non parlarne. E' questo che ti ha detto?”

“Ha detto molte cose stupide. Questa è stata solo la peggiore.” - rispose, allungando le mani e stringendo alcuni contatti. La mano di Pepper si insinuò tra le sue, reggendo una scheda di modo che potesse lavorarci più comodamente. E Tony sentì le parole salire alle labbra e uscirne senza poter far nulla - “La prima volta che Bruce mi ha parlato di Batman, ha detto qualcosa che non sono più riuscito a dimenticare. Ha detto...”

La giustizia è armonia. Rachel crede che bastino le persone buone per fermare le ingiustizie. E si sbaglia. Io non sono buono, non lo sono mai stato. Ma posso essere l'uomo adatto a salvare Gotham. Fu la morte di mio padre a cambiare le realtà di fatto. Non le sue azioni. La morte è stata un simbolo. La cosa sbagliata al momento giusto.

“La cosa sbagliata al momento giusto...” - sussurrò Pepper, rigirando la frase in testa.

“Bruce si è messo in testa di contrastare il caos con la propria immolazione.” - concluse Tony, facendole rizzare i capelli in testa - “Non ho modo di fargli cambiare idea. In più, a conti fatti, sto morendo. Lo spettro delle promesse che posso mantenere si sta rapidamente riducendo.”

Pepper non replicò. Non riesco a parlare, considerò, in maniera asettica. Rimase immobile.

Tony, senza dire nulla, posò il cacciavite e la afferrò per le spalle, spingendola indietro, fino a farla sedere. Le versò da bere e le tornò accanto.

“Tutto d'un fiato.” - consigliò, mettendole il bicchiere tra le mani.

Pepper obbedì. Poi, dopo il superalcolico, con la gola che bruciava e le tempie che si stringevano, rantolò.

“Tu... e lui...”

No. Inutile sforzarsi di parlare. Impossibilitata a esprimersi, Pepper buttò la mascella in fuori e gli rifilò un bel pugno sulla spalla.

“Ma, dico!” - sbraitò lui, strofinandosi la zona contusa - “Non stavi vivendo un momento di debolezza femminile?”

“Tu parli della tua morte e lui parla di uccidersi, ti sembra il momento in cui mi posso sentire debole?” - urlò lei, di rimando - “Ma siete impazziti? L'eroismo vi ha annacquato i già opinabili neuroni che avevate?”

“Opinabili? I suoi, magari, ma i miei...”

Altro pugno.

“Pepper!”

“Per te sono la signorina Potts fino a quando non rinsavisci.” - replicò lei. Poi si premette le tempie con entrambe le mani. Ma cosa le aveva fatto bere? Si sentiva la polka tra le orecchie - “Tony, non puoi comunicarmi nella stessa frase che tu muori e lui pure.”

Tony rimase un attimo in silenzio. Interdetto.

“Potresti avere ragione.” - ammise. Poi scattò indietro, evitando il colpo - “Signorina Potts, si ricomponga!”

Con sforzo titanico, Pepper si impose di restare calma. Era stata soccorsa come una principessa in difficoltà, ma non era un buon motivo per divenire una belva.

“Ok.” - concordò, chiudendo le mani a pugno e poi distendendole - “Sono calma. Voglio un altro dito di quella roba.”

“Sei sicura? Non mi...”

“Tony. Subito.

***

Quando arrivò, la rapina era già terminata. Restavano confusione, urla, fumo e lampeggianti. Ma c'era Gordon ad attenderlo.

Il breve scambio di informazioni bastò a Batman per capire chi fosse a capo dei rapinatori: cinque uomini, morti, con maschere da pagliaccio sul volto. Una carta da gioco. Gordon aggiunse soltanto come le banconote fossero tracciabili, sempre se il sensore non fosse stato rinvenuto.

Era abbastanza per agire.

Triangolare il segnale non era stato difficile. Il cielo, nero e minaccioso, sporcato da nubi grige, non lasciava presagire nulla di buono. Il temporale che andava annuvolandosi su Gotham gli ricordò quello che stava per scoppiare la sera del suo compleanno, quando Wayne Manor era crollata e Rachel era morta. Poi, alle prime gocce, erano iniziate le interferenze, rallentando la ricerca.

Tony le troverebbe in un attimo, aveva pensato Bruce, sull'angolo di un edificio, al riparo dagli sguardi indiscreti. Aveva composto il numero per chiamare, poi aveva rinunciato: Tony sarebbe corso a dargli man forte e l'armatura avrebbe peggiorato l'intossicazione. Poteva cavarsela senza che Iron Man attraversasse quel cielo nero da cui la pioggia cadeva con sempre maggiore intensità.

Il segnale, intermittente, era sparito alcune volte e, infine, in una zona di depositi, si era stabilizzato: al confine con alcune case popolari in stato di abbandono, alcuni capannoni erano illuminati. E Bruce ebbe l'impressione di poter sentire la voce del Joker, nitidamente.

Raggiunse rapidamente il lucernaio di uno di questi e si sporse. All'interno, in cima ad una piramide di soldi come non se ne erano mai viste, Joker conduceva il proprio abituale Show. Sembrava che ci fosse un trattativa, alle pendici di quel monte di banconote. Un uomo, che Bruce aveva l'impressione di conoscere, stava discutendo con Ducard, ma era impossibile capire se volesse comprare o vendere.

Il Joker, ora, come un bambino sullo scivolo, stava precipitando lungo le pendici del cumulo,per intromettersi nella conversazione. Non appena i suoi piedi toccarono terra, il gruppo degli sgherri che delimitava il perimetro cominciò a cospargere le mazzette di benzina.

Io sono un tipo dai gusti semplici. Mi piacciono la dinamite, la polvere da sparo, e la benzina! E sai qual è la cosa che hanno in comune? Costano poco.”

Hai detto che eri un uomo di parola!”

Oh, lo sono. Infatti brucio la mia metà. A voi importa solo dei soldi. Questa città merita un criminale di maggior classe, e io sono pronto a darglielo. Non si tratta di soldi, si tratta di mandare un messaggio. Tutto brucia!”

I soldi ora bruciavano. E, a parte l'uomo che litigava con il Joker, nessuno sembrava colpito da quanto stesse accadendo.

Setta delle Ombre, pensò Bruce. Il primo passo del sentiero spirituale e rinnegare tutto ciò che è materiale, tutto ciò che è di effimero valore... a partire dal denaro.

Ecco qualcosa che Ducard e Joker hanno in comune, finalmente... a parte me...

La discussione proseguiva. Ma stava succedendo qualcosa anche nel palazzo alle sue spalle. Lampi di luce, torce in movimento da un piano all'altro.

Bruce seguì con lo sguardo le intermittenze luminose e ritenne di dover approfondire. Lasciò cadere una cimice all'interno del magazzino e sperò che il volo di oltre dieci metri non la danneggiasse. Poi, si librò nel vuoto e, dolcemente, atterrò su uno dei terrazzi dei piani superiori.

La visione a infrarossi e i sensori di rilevamento termico lo informarono della forza numerica. Quattro uomini, uno immobile di sorveglianza, uno di ronda, due in salita a uno dei piani alti.

Perché?

Bruce si appiattì contro la facciata, non lontano dalla grondaia. Poi, quando l'occasione fu propizia, si slanciò all'interno, passando da una finestra divelta.

L'uomo di ronda andò giù come un sacco. Batman percorse rapido i piani che lo separavano dal gruppo e atterrò anche l'uomo di guardia e salì le scale, più rapidamente possibile.

Meno due. Ancora due.

All'ultimo piano, a centro stanza, immobile, c'era un uomo, da solo.

Batman frenò a pochi passi da lui, poi capì di essersi sbagliato.

Non era un uomo. Era un'armatura. E assomigliava orrendamente alla Mark 5.

“Una sorpresa, non credi?” - chiese una voce alle sue spalle.

Batman si voltò.

Non vide nulla. Ma sentì la polvere entrargli in bocca, nel naso e scivolare fino ai polmoni.

Poi fu l'inferno.

***

Non intendeva ascoltarla. Non ci voleva un genio per capirlo, visto che, a metà di una frase, si era voltato e se ne era andato. Ma Pepper non era nata per desistere e gli era corsa dietro, forse con le gambe tremolanti e la testa leggera per l'alcool, ma non di certo meno ostinata del solito.

Per Tony il discorso poteva anche essere chiuso ma, per lei, no di certo!

“Non sei costretto a raccontarmi il resto... “ - ripetè, per l'ennesima volta, seguendolo in giro per l'officina - “Ma non puoi pensare che la soluzione sia ignorarlo, poi picchiarlo, poi ignorarlo ancora e così via. Cosa aspettiamo? Che scappi di nuovo?”

“Questa volta, Pepper, il problema è che non intende scappare.” - commentò Tony, dando la spinta ad uno dei bracci meccanici del laboratorio per frasi strada nella confusione - “Questa volta andrà fino in fondo e, visto che già una volta ha fallito con Joker, credimi, non si limiterà all'arresto.”

“Lo ucciderà? È questo che stai dicendo?”

“Noi abbiamo ucciso Obadiah, cara. Non facciamo i moralisti.”

“Non preoccupa la morte di un assassino, mi preoccupa il senso di giustizia dell'eroe. Ucciderlo è vendetta!”

“A meno che...”

“Oh, non voglio nemmeno prendere in considerazione l'assurdità che Bruce ti ha detto!” - sbottò la donna, decisa. Era la terza volta che passavano in quel punto, ma cosa cercava Tony? - “Avevi ragione quando non volevi raccontarmi le idee che vi siete scambiati, perché sono davvero idiozie.”

“Lo sapevo già...”

“Ciò non toglie, Tony, che dobbiamo comunque far qualcosa.”

“Va bene. Tu lo tieni fermo e io lo gonfio.” - replicò lui, spostando alcuni scatoloni - “Anche se mi piacerebbe molto il contrario. Io lo tengo fermo e tu...”

“Tony!”

Quando diceva Tony in quel modo poteva solo voltarsi e guardarla.

“Smetti subito di fingere con me!” - aggiunse, decisa, quando furono uno di fronte all'altro, occhi negli occhi. Poi si addolcì, con quell'espressione seria che lo mandava fuori di testa - “Per favore.”

E cosa risponderle... 'è vero, fingo, scusami' oppure 'non sto fingendo affatto' oppure... oppure 'aiutami a tirarlo fuori dai guai prima che sia tardi'. Cosa poteva dire?

“Pepper...” - scosse la testa e distolse lo sguardo, fissando il caos che li circondava - “E' davvero troppo complicato, credimi. Io non so cosa gli stia passando per la testa, non so cosa stia provando e… e non so cosa gli sia successo.”

“Credi che sia ancora... lei?”

“Rachel sarà sempre qualcosa di rotto dentro Bruce.” - replicò lui, mettendosi le mani in tasca - “L'ho conosciuto che era già così. Ma io credo che sia successo qualcos'altro, qualcosa di cui non vuole parlare, la notte del commissariato. E c'entra lui... il matto del mazzo.

Si girò, gettando un'occhiata agli scatoloni. E si illuminò.

“Trovato.” - comunicò, sollevando il quadro e ponendolo sotto il naso di Pepper.

“Hai la concentrazione di un moscardino.” - sospirò lei. Poi fissò la tela - “Terribile. Lo buttiamo?”

Il quadro era un magnifico caso di pop art venuta male: primopiano di Iron Man in un tripudio di colori solari, dal rosso al giallo.

“No, lo appendiamo.” - rispose lui, mettendoselo sotto il braccio. Sapeva di aver esagerato con la noncuranza e di non essere stato molto convincente, ma non voleva davvero imbarcarsi in quella conversazione con Pepper.

Fin dal principio, l'unica cosa che aveva desiderato era saperla fuori dai loro guai, i suoi e e quelli di Bruce. E, anche se poteva capire lo stato d'animo della donna, non poteva pensare di lasciarle in eredità l'ombroso cavaliere di Gotham. Non importava quanto fossero grandi (o quanti fossero) i fantasmi di Junior... non spettava a Pepper coprirgli le spalle.

Spettava a lui. A Tony Stark, il genio controverso del ventunesimo secolo, non al suo amministratore delegato dalle belle gambe.

Ma sapere davvero cosa fare... Tony sapeva che dietro ogni scelta c'è una riflessione, dietro ogni soluzione un calcolo esatto. Eppure, al principio di ogni processo mentale, c'era una scintilla, piccola e inestinguibile fatta di pura intuizione. Un'epifania, quasi. E, per quanto riguardava Bruce, la scintilla si stava facendo attendere. Tony sapeva il chi, il dove, il quando.. ma non il come né il perché. Che tasto aveva premuto il Joker che fosse ancora più doloroso dell'esecuzione di Rachel? Cosa aveva fatto?

“Penso che lo appenderò lì.” - comunicò, per spezzare il circolo vizioso delle riflessioni. Posò il quadro e salì sul mobile, spodestando il dipinto precedente.

Ma come? Pepper lo stava ancora seguendo? E quanto brontolava!

“Oh, andiamo, sta benissimo.” - commentò, restando in piedi sul ripiano ad ammirare il proprio operato.

“Tony, sono settimane che Bruce è fuori di testa e nessuno di noi ha mosso un dito. Deve esserci un modo per intervenire e deve esserci un modo per sistemare il tuo reattore, perché...”

“Non cominci, signorina Potts.” - replicò, lui, ruotando su se stesso - “Non mischi i guai di Batman con quelli Iron Man come se fossero una cosa sola. È controproducente e le farà venire voglia di bere altro bourbon.”

“Ma...”

“No, ho detto no.” - la zittì, scendendo dal mobile con un unico passo - “Farci prendere dal panico dei se non aiuterà nessuno. Aiuterò Bruce e aiuterò me stesso. E, se fallirò, in entrambi i casi, tu non sarai responsabile di nulla, intesi?”

“Non intendo proprio prometterlo.”

“Invece dovresti.” - replicò lui, infilando una mano in tasca e estraendo il cellulare vibrante - “Dovresti proprio. Anzi, mettiamolo per iscritto subito.”

“Scordatelo.”

“Se lo fai, ti regalo un coniglio di pelo gigante...” - la tentò lui, trafficando con lo schermo dello smartphone. Chiamata in entrata accettata, ma nessuna voce. Solo rumore di pioggia - “Pronto? Qui il grande Stark al vostro servizio.”

“Io... aiuta... mi...”

Un sussurro a malapena udibile.

Tony si bloccò. Pepper ebbe l'impressione che le sue pupille divenissero enormi, invadendo le iridi scure.

“Non riattaccare.” - gli sentì ordinare, precipitosamente - “Ti troverò.”

“...paura... aiu...to.”

Ora anche Pepper aveva riconosciuto la voce. Ma Tony la stava già afferrando per le spalle, gettando alle ortiche tutto il buonsenso appena esplicato.

“Pepper, al computer.” - scandì, obbligandola a restare con i piedi per terra - “Tu lo cerchi e io vado. Devi dirmi il prima possibile dove si trova.”

“Non puoi volare fino a Gotham, rischi di ...”

“Non parlarmi di rischi. Li conosco.” - rispose lui, correndo verso la macchina. La Mark 7 era già in fase di attivazione, Jarvis non stava di certo perdendo tempo. - “Muoviti, Pepper, o il nostro pipistrello ci rimette le ali.”

***

Sotto la pioggia, in fondo al vicolo, Bruce, intrappolato dentro alla corazza, sentiva le fiamme spegnersi e l'aria tornare fredda dentro i polmoni. Troppo fredda.

Crane. Era stato Crane. Sembrava lui, forse no. La polvere sul viso... droga.

Con uno sforzo che sembrò prosciugarlo, Bruce si aggrappò alla poca lucidità che gli restava: Crane gli aveva lanciato addosso una manciata di polvere, probabilmente la droga sintetica che ormai era la sua firma.

Dopo, gli aveva dato fuoco. Il liquido dall'odore forte che lo aveva colpito doveva essere benzina. L'uomo alle spalle di Crane era enorme, quasi gigantesco. I suoi capelli, neri e bianchi, erano serpenti. Rotolò sul fianco, cercando di rialzarsi. Era volato fuori da una finestra, bruciando vivo. La pioggia aveva spento le fiamme. Doveva andarsene.

Cellulare. Aveva tra le mani un cellulare. Cosa aveva detto Tony?

Non riattaccare.

Puntò un ginocchio a terra, barcollò, cadde di nuovo.

Ti troverò,

La spalla, nell'impatto con l'asfalto, si bloccò di nuovo, come al solito. Riverso sul fianco, con il viso in una pozzanghera, Bruce ebbe l'impressione che il nero della notte fosse vivo, denso.

Pipistrelli. Crane gli aveva dato fuoco in un volo di pipistrelli.

Presto lo avrebbero trovato.

Strisciò, arretrò, fino a battere la schiena contro al muro. Pipistrelli. Ora li vedeva, ovunque.

“Papà, aiutami.” - sussurrò, nell'oscurità. La terra sotto di lui, si era appena spalancata e Bruce si sentì cadere di nuovo nel pozzo, in fondo, in fondo, dove nessuno lo avrebbe più trovato.

***

“Niente, niente, niente...” - ripeteva Pepper, dentro al microfono, seduta alla scrivania di Tony - “Nulla, sono saltati i ripetitori, Tony, c'è una tempesta su Gotham.”

“Andiamo Pepper, datemi qualcosa!” - incalzò Tony, guidando la macchina come un folle lungo la litoranea. Ancora pochi chilometri e si sarebbe levato in volo con la Mark 7, ma non poteva permettersi di sorvolare Gotham a piacimento, avevano già troppi occhi puntati addosso, occorreva discrezione, per una volta. Discrezione che Tony avrebbe volentieri infilato su per... - “Un rumore di sottofondo, un disturbo, qualcosa!”

“Nulla, Tony, solo pioggia.”

“Maledizione!” - con un pugno sul cruscotto, Tony riaprì la chiamata al cellulare da cui aveva trasmesso Bruce - “Mi senti? Dimmi che mi senti, Cavaliere Oscuro, dimmi che mi senti...”

Nulla.

Eppure il collegamento era aperto. E Tony stava per gettare ogni forma di calma alle ortiche. Ma perché non aveva integrato un sistema satellitare a quella dannata armatura nera? Ma come aveva potuto non pensare nemmeno una volta che Batman dovesse essere rintracciabile al pari di una macchina rubata?

Aspetta un momento...

“Il bracciale.” - scandì, mentre la linea diveniva disturbata - “Attiva il bracciale, attivalo ora.”

“Il bracciale!” - fece eco Pepper, saltando sulla sedia - “Jarvis, invia un impulso al bracciale del signor Wayne. Avvelenamento del signor Stark al 97%!”

“Impulso avviato. Attivazione del bracciale in remoto in corso, signorina Potts.” - rispose la voce di Jarvis, alle spalle di Pepper e negli altoparlanti di Tony.

“Cosa?” - esclamò Tony, sbandando e tenendo la macchina in carreggiata per un soffio, mentre si aprivano nuove schermate e le coordinate comparivano sul display.

“Il bracciale di Bruce non trasmette solo dati, li riceve.” - spiegò Pepper, digitando la propria password e accedendo al sistema per bloccare gli allarmi che stavano scattando un po' ovunque - “Lo abbiamo modificato dopo il tuo collasso, per essere certi che tu non ci nascondessi niente. Tu non puoi accenderlo se lui non vuole, ma il bracciale si accende se tu stai male.”

“Cos... Mi hai violato la privacy e il colosso informatico di casa in un colpo solo? Jarvis!” - non era una lamentela, era un vero e urlo sconvolto.

Jarvis non sembrò prendersela.

“Modalità di attivazione d'emergenza, signore. Il signor Wayne l'ha richiesta per essere informato della sua salute. Mi sono permesso di trasmettere falsi dati delle sue condizioni per avviare il sistema...”

“Quando torno, tu diventi un barattolo e la signorina Potts precipita giù dalla piramide aziendale.”

“Ho il segnale.” - disse Pepper, a quel punto, interrompendo la discussione e facendo dimenticare a Tony le motivazioni di tanta rabbia - “Cerco di renderlo più preciso.”

“Puoi anche comunicare il mio decesso, se serve a trovarlo.” - ribattè Tony, sterzando, frenando in un parcheggio isolato e colpendo il display in contemporanea - “Invia i dati all'armatura, è ora di andare. Pepper...”

“Vai.” - ordinò lei, strappandosi l'auricolare e alzandosi. Happy stava scendendo le scale a precipizio con le chiavi della Viper in pugno - “Ci sentiamo quando arrivo a Gotham.”

***

Ombra. Luce.

Ombra. Luce.

Suo padre era appena stato colpito dal proiettile e Bruce era rimasto immobile, sussultando solo per il colpo. Immobile, in piedi, con i piedi nella pozza di sangue che si andava allargando sotto il corpo dei suoi genitori. Avrebbe voluto piangere ma il sicario aveva gettato la pistola e spalancato le braccia. Ora era Joker. E i pipistrelli volavano incontro a Batman.

Bruce si coprì la testa e il viso con le braccia, cercando di scacciarli.

“Via, via via...” - singhiozzò, stringendo gli occhi - “Papà...”

Ma sua padre era morto, a terra. Morto, morto, morto, con gli occhi aperti.

Non verrà nessuno. Nessuno, ripetè, coprendosi la testa e rannicchiandosi nell'angolo del vicolo.

***

Seduta in macchina a fianco di Happy, Pepper attendeva che Jarvis si connettesse al tablet e trasferisse i parametri di Bruce al dispositivo. Il bracciale, ora, risultava attivo ed era compito del sistema informatico della StarkHouse invertire il flusso dati e cominciare a trasmettere le condizioni dell'uomo. Per Tony era necessario sapere dove si trovasse ma, per Pepper, era indispensabile sapere cosa avrebbero dovuto fare dopo. Questo era il suo dono, questo il motivo per cui le StarkIndustries, nelle sue mani, conoscevano un tale periodo di equilibrio e prosperità: Pepper aveva il dono della lungimiranza.

Un piccolo segnale acustico e i valori di Bruce apparvero, emergendo dal centro dello schermo.

Pepper non attese neppure di terminare la lettura. Aveva già in mano il cellulare e componeva febbrilmente il numero di Lucius Fox, sperando che i ripetitori fossero nuovamente attivi.

***

“Così è qui, nei paraggi...” - commentò Ducard, volgendo la testa e guardandosi attorno, come se potesse sentirlo. Crane annuì e il Joker si voltò, perdendo interesse per il rogo del denaro e il morto ai suoi piedi.

“Mmm...” - disse, fingendo di annusare l'aria - “Il topolino ha perso le ali, infine?”

“Probabile.” - ammise il medico, con falsa modestia, sistemandosi un polsino - “La dose dovrebbe bastare a ucciderlo nel giro di poche ore...”

“Disinfestazione.” - saltellando, il Joker si avvicinò - “Mi piace...”

Ducard li ignorò entrambi. Menti inferiori, propense a perdere il quadro d'insieme. Alzò gli occhi, scrutando il cielo. Crane, osservandolo, fece altrettanto. Dubito riesca a volare, mormorò, fissando il lucernaio e la pioggia che, inesorabile, continuava a colpirlo.

“No, lui no.” - replicò Ducard, con l'attenzione che di solito si concede ai particolari insulsi - “Ma non possiamo escludere che arrivi comunque qualcuno dall'alto.”

Finalmente degnò Crane di un'occhiata.

“Credo che sia il caso di dire al signor Vanko di iniziare il collaudo della sua creatura. Sta per arrivare la cavalleria.”

***

La cavalleria non fece nemmeno in tempo ad atterrare prima di capire come lo avessero atteso e fossero pronti a riceverlo.

“Caspita...” - sospirò Tony, trovandosi davanti il proprio alter ego - “Un tributo alla mia persona... lusinghiero.”

Integralmente color acciaio, era la copia perfetta della sua armatura. Tranne che per un particolare.

Era vuota.

Tony lo intuì. Non avrebbe mai saputo spiegare da cosa lo avesse capito, eppure andò così: quell'armatura, così simile a lui, era un robot. Un robot radiocomandato. Non c'era cuore, sotto la lamiera.

“E io che credevo che i russi fossero un popolo coraggioso.” - commentò, ad alta voce - “Preferisci restare a casa sotto la scrivania, Ivan?”

Nessuna risposta. Nessuna risposta, se si escludeva il robot che alzava un braccio e a mano aperta, cercando di farlo esplodere. Tony schivò il colpo per un soffio.

“Siamo permalosi...” - sospirò, alzando un braccio e ricambiando il favore - “Però è un piacere non dover sopportare il tuo accento da bolscevico bifolco.”

***

“E' arrivato davvero...” - commentò Crane, davanti all'ingresso dell'edificio, con la testa levata verso l'alto. Gli occhi gli brillavano, come innanzi a un caso psicotico da manuale - “Interessante...”

“Temo che non potrai scriverne un articolo.” - commentò Ducard, con lo sguardo nella stessa direzione.

“Uomo per uomo, uomo contro macchina... mai dire mai...”

Sopra le loro teste, sul tetto dell'edificio, Iron Man e la sua versione cattiva venuta dal futuro se le davano di santa ragione, con esplosioni e distruzioni annesse. Non sembrava esistesse muro in grado di restare in piedi, al loro passaggio.

Affascinante.

Per Joker, invece, non c'era nulla da vedere. Si era allontanato dal magazzino e non si era fermato nemmeno a guardare il camion in fase di carico al cancello. Dopo aver tanto contrattato sul prezzo, il fornitore era morto povero, fissando i suoi soldi finire letteralmente in fumo. Niente di grave per il Joker: Ducard aveva avuto ciò che serviva per finire di mettere a punto l'attacco a Gotham e, per una volta, non aveva obbiettato nel vedere un poco di sangue sparso per divertimento e non per 'giustizia'.

Crane sembrava compiaciuto, quasi eccitato dalla piega degli eventi e Vanko, non poi così lontano come voleva far credere, si stava godendo la propria fetta di divertimento.

“Ma io?” - chiese a se stesso, ad alta voce, il Joker, saltellando sotto la pioggia ora meno intensa - “Niente per me? Niente per uno come me?”

Si fermò, si affacciò dietro l'angolo di un palazzo.

“Pipistrello?” - cantilenò - “Dove sei? Pipistrello?”

***

Pipistrello? Pipistrello dove sei?

Era una voce terribile, acuta, perforante. Bruce si coprì la testa con gli avambracci e arretrò, incespicando, lungo la parete. Si era messo in piedi, cercando di evitare gli essere neri e alati che gli volavano intorno. Ma quella voce... quella voce riaccese in lui una paura incontrollabile.

Era una voce di fuoco.

L'aria ora sapeva di carne bruciata, era dolciastra, gli arrochiva la gola. Si appoggiò al muro, cercando non cadere, cercando di restare lucido.

Lo era? Ci riusciva? Ma certo, era completamente in sé.

Si raddrizzò, ci provò, mosse un passo, la mano ancora contro al muro. Molti metri sopra di lui, il cielo si illuminava di rosso e arancione. Raggi di luce intermittenti inondavano la via facendo brillare le ultime gocce di pioggia ritardatarie. E quella voce non sembrava poi così vicina, era più … distorta.

L'importante era che restasse lucido. Questa era l'unica cosa che contava. Lucido.

“Devo restare lucido.” - si ripetè, senza smettere di battere i denti, sdraiato in fondo al vicolo - “Non devo smettere di camminare...”

“No, non devi.” - ghignò l'uomo dai capelli verdi, chinandosi su di lui - “Cammina, cammina, Cavaliere Oscuro, cammina e non ti fermare. Cammina e io ti insegnerò a volare.”

***

Quando Pepper chiamò, Lucius Fox era ancora in ufficio e, se la donna avesse potuto vederlo in viso, avrebbe capito che non era un buon momento.

La WayneEnterprises era alle prese con qualche 'difficoltà' nell'est della penisola indiana, più o meno dove Bruce si era tanto divertito a depredare camion e assaltare convogli nei suoi anni di crisi.

Peccato non saperlo da quelle parti: Lucius si sarebbe risparmiato un bel po' di grattacapi, avesse potuto dare la colpa al lunatico rampollo di casa Wayne.

Invece, essendo l'incriminato a casa e troppo impegnato per rispondere alle sue telefonate, il signor Fox, in veste di amministratore delegato, si ritrovava con un bel guaio tra le mani. E, con i tempi che correvano...

“La signorina Potts.” - sospirò, osservando il display del cellulare illuminarsi. Prima di rispondere guardò l'orologio. Brutto segno, pensò, aprendo la comunicazione - “Signorina Pepper...”

“Lucius, mi dispiace disturbarla, ma ho assoluto bisogno di aiuto. Sto arrivando a Gotham e...”

“Si calmi, Pepper.” - la ammonì lui, garbatamente, posando gli incartamenti che stringeva nella sinistra e restando rispettosamente in piedi, come se fosse nella stanza - “E' per Tony? È successo qualcosa?”

“E' successo qualcosa, sì ma non... non riguarda Tony...”

“Capisco perfettamente.”- rispose lui, afferrando la giacca, diligentemente piegata su un bracciolo della poltrona presidenziale a capo tavola - “Io sono in ufficio, mi dica dove posso raggiungerla.”

“In ufficio? Alla Wayne? Allora non si muova da lì, sto arrivando. Ci vediamo al solito ingresso.”

***

Quando il Joker, dopo averlo trascinato, lo lanciò a terra e quasi sui piedi di Ducard, Batman sentì il pavimento oscillare, come acqua sotto un velo. Oscillare e distorcersi, senza inghiottirlo ma amplificando il senso di vertigine e nausea. Tossì, sputò bile e i pipistrelli lo attaccarono ancora. C'era un uomo che li vomitava, fissandolo. I pipistrelli, enormi, gli uscivano dalla bocca, facendosi strada con le ali e gli artigli. Urlò, urlò così forte da raggiungere il cielo.

“Bruce.” - pensò Tony, voltandosi. Vanko ne approfittò per colpirlo in piena schiena, staccandolo da terra. Volando pochi metri oltre, frenò la sua caduta con le mani, quasi con le unghie.

“Attento, così ti sente...” - sussurrò un uomo nero, non lontano da Bruce. Parlava con lui? Bruce voltò la testa, cercando di vederlo in viso. Non aveva faccia. Era nero, nero come un'ombra.

“Dobbiamo... … via.” - stava dicendo, rivolgendosi all'uomo bianco in volto con le cicatrici che grondavano sangue - “Non … morire... testimone...”

Bruce non capiva. I suoni sparivano di colpo, il mondo diveniva muto. Poi le voci tornavano, insieme al dolore.

“Lui deve vedere Gotham cadere, non morirà stanotte...”

“Tu non capisci, non significa nulla, che veda o non veda. Appendiamolo stanotte, appendiamolo alla facciata del tribunale... mi occuperò io di lui, non sapranno mai se è il vero Batman o no...”

“No, Joker. Tu non toccherai questo ragazzo. Lui deve vivere fino all'alba del nuovo mondo.”

Ma i tempi di assenza stavano divenendo più lunghi... più profondi... le parole affogavano nel silenzio. E il silenzio era vivo.

Il conto... rovescia è appena iniziato... è scritto... mesi...”

L'uomo dei pipistrelli sembrava uno spaventapasseri. Ore si era piegato su di lui. Insetti neri grondavano dai suoi vestiti, gli cadevano sul viso ma... ma Batman non riusciva a muovere le braccia.

“Ma lui sta...” - disse l'essere. Distorsione - “...morendo. Discutete … nulla...”

In quel momento, un lampo rosso e oro era apparso oltre il parapetto, sopra le loro teste, portandoli tutti istintivamente a volgere gli occhi in alto.

Una fenice, pensò Bruce, sbattendo le palpebre. Una fenice che rinasce dalle ceneri.

“Rachel...” - provò ad articolare, senza riuscire, guardando la fiamma rossa e oro precipitare su di loro, fermarsi a mezz'aria e risalire, tornando al punto di origine.

Una fenice... una fiamma... il fuoco...

“Il signor Stark non desiste...” - gli sembrò dicesse il mostro che vomitava pipistrelli - “Ammirevole...”

Star...k... Howie... allora papà, papà arriverà presto...

“Dobbiamo andare.”

“E lui? Noi... vivere?”

“Se è destino che viva...” - commentò l'uomo nero, urtandolo con la punta del bastone - “Vivrà. Lasciatelo combattere.”

“Combattere.” - cantilenò l'essere con le cicatrici- “Perchè no... lui ama lottare...”

Si piegò, sfiorandogli il viso con il respiro.

“Tu vuoi morire, però. Non combattere. Io lo so.” - sussurrò, guardandolo negli occhi che stentavano a restare aperti - “Tu attendi di morire per mano mia... e io ti lascio attendere.

***

La situazione era inevitabilmente degenerata quando il robot lo aveva lanciato oltre il parapetto.

A quel punto, Tony aveva perso la pazienza.

In concomitanza, sembrò perderla anche Vanko, verificando i primi malfunzionamenti nella sua creatura. Era ora di finirla. Quindi, quando Iron Man fu nuovamente sul tetto, i due si ritrovarono a compiere lo stesso movimento: un braccio teso, una mano aperta e puntata, l'energia in fase di caricamento.

Pronti. Fuoco.

I flussi energetici si erano colpiti a vicenda, aprendosi ad anello attorno a loro. La deflagrazione aveva spazzato via tutto ciò che li circondava, denuclearizzando un intero piano dell'edificio e facendoli precipitare più in basso, in una pioggia di vetro, cemento, mattone.

Entrambe le armature erano state investite dall'onda e si erano spente. Tony aveva sentito l'aria risucchiata verso l'esterno e aveva capito di essere in trappola dentro al corazza.

“Resta cosciente.” - si era ordinato, annaspando, rimanendo seduto a terra e attendendo il riavvio dell'intero sistema.

“Attenda.” - gli stava sussurrando la voce di Jarvis, all'orecchio. E, per Tony, attualmente muto, cieco, distaccato dalla realtà, ingabbiato e in fase di soffocamento, era più che un suono celestiale. Una partita ancora tutta da giocare, si ripetè, cercando di non ridere, piangere, ansimare e, soprattutto, di non consumare il poco ossigeno rimasto.

Bruce. Aveva sentito Bruce urlare.

“Jarvis... posizione... bracciale...” - sibilò. Perché il sistema ci metteva così tanto?

“Sistema in fase di riavvio...” - l'audio migliorò di colpo, tornarono la vista e l'ossigeno - “Ripristino completato.”

Senza più resistere, Tony si strappò la maschera dal viso, andando a caccia d'aria.

Era solo tra le macerie. Il robot era scomparso. Probabilmente, si era riavviato più rapidamente di lui... vantaggi di non dover preservare organi vitali e arti funzionanti. E, ragionò Tony, sentendosi in un bagno di sudore, deve avere un impianto di raffreddamento migliore del mio.

Si mise in piedi, puntellandosi con mani e ginocchia.

“Jarvis!” - tossì ancora - “Posizione!”

“Undici metri e trentanove centimetri sotto di noi, signore. E le consiglio di muoversi.

***

L'ascensore di casa non le era mai sembrato così lento. Pepper fremeva, tenendo tra le mani le siringhe con l'antidoto e ripeteva meccanicamente le informazioni avute da Lucius Fox. Tony l'aveva chiamata, dandole appuntamento al loro attico, per evitare un atterraggio sospetto alla WayneEnterprises. Dopo, in accordo con Jarvis, aveva fatto saltare la luce sulla metropoli, per il tempo che gli occorreva per arrivarci non visto.

La corrente era tornata nel momento stesso in cui Pepper aveva varcato la soglia del palazzo, dandole la consapevolezza di come Tony e Bruce fossero già ai piani superiori.

Mentre attendeva l'ascensore, aveva iniziato a cogliere le somiglianze con un'altra notte già vissuta, una notte in cui, sotto un diluvio universale e con i medicinali stretti al petto, era corsa a Gotham per una chiamata di Tony.

Già allora, la vita di Bruce era stata appesa ad un filo. Già allora, fremendo per la lentezza dei trasporti, Pepper aveva temuto di arrivare troppo tardi.

Adesso, nella attesa di vedere le porte scorrevoli aprirsi, Pepper non usava più nemmeno guardare il tablet, aperto sui segnali vitali di Bruce: capirò quando vedrò, ripetè ancora, spostando il peso da un piede all'altro. Capirò quando vedrò.

“Tony?” - chiamò, ritrovandosi finalmente in corridoio e perdendo le scarpe senza nemmeno accorgersene - “Tony?”

Nessuna risposta. L'appartamento era illuminato, come se ci fosse una festa in corso ma solo dal salone giungeva un aria fredda, notturna. Da dove si trovava, Pepper vedeva le tende muoversi, come se le finestre fossero spalancate. Tony era sulla terrazza e, inginocchiato a terra, le dava le spalle. Indossava ancora l'armatura, ma quella di Batman giaceva sparsa tutta attorno, alla rinfusa, come se fosse stata strappata, pezzo dopo pezzo. Pepper, che fino a quel momento aveva corso, rallentò il passo per una frazione di secondo, cercando di capire.

Tony sorreggeva Bruce con entrambe le braccia, tenendogli la testa alzata, contro il torace. E l'uomo sembrava stranamente bidimensionale, nel paragone con le proporzioni tipiche dell'armatura di Iron Man. Addossato contro al petto di Tony, semplicemente spariva.

Pepper riprese la propria corsa e si inginocchiò al suo fianco.

“Due fiale. Poi altre due.” - gli disse, aprendo il contenitore e estraendo due siringhe a pressione.

Tony non rispose. Privo di un guanto, due dita sulla giugulare, la testa voltata verso il viso dell'altro. Moveva le labbra, come se stesse contando. Pepper afferrò Bruce per un braccio e fu colpita dalla sua temperatura e dalla cedevolezza dell'arto. Bruciava. Sembrava bruciare dall'interno.

Senza attendere oltre, inoculò l'antidoto. Poi alzò lo sguardo.

Tony non stava contando. Tony, in un sussurro rapido, ripeteva sempre la stessa frase, la stessa con cui l'aveva raccolto da terra, in un vicolo, sotto la pioggia che ricominciava a cadere.

“Resta con me, resta con me, resta con me...”

Non era un ordine. Non era un debole gemito. Il grande Tony Stark stava pregando. E non sembrava intenzionato a smettere tanto presto.

Pepper si rese conto solo in quel momento che Bruce aveva gli occhi aperti. Ma erano occhi vuoti. E folli.

***

Alle prime due, erano seguite altre due dosi di antidoto. In altre parole, sotto consiglio di Fox, lo avevano mandato in overdose prima che ci andasse da solo per le sostanze inalate.

Bruce era stato malissimo. Le allucinazioni erano peggiorate prima di iniziare a migliorare e Tony si era tolto l'armatura solo quando era stato certo che non avesse più la forza per ribellarsi. Quando lo aveva percepito scivolargli addosso e divenire inerte, gli era bastato un niente per adagiarlo sul divano e scrollarsi di dosso tutta quella ferraglia. Poi gli aveva levato i vestiti, uno ad uno, mettendo a nudo cicatrici e lividi così estesi da far rabbrividire Pepper.

La donna aveva alzato gli occhi verso Tony. Aveva migliaia di domande da fargli, ma sapeva già che non avrebbe risposto: lavorava a labbra contratte, lo sguardo in tempesta.

“Gli prendo dei vestiti.” - sussurrò soltanto, alzandosi, mentre Tony lo avvolgeva in una coperta.

“No, resta con lui un attimo.” - replicò lui, sorprendendola. Parlava con voce pacata, sommessa - “Ho bisogno di riordinare le idee e voglio levarmi anche io questa roba di dosso. Vieni qui.”

Si spostò, cedendole il posto a lato del divano.

“Mantieni il contatto fisico.” - sussurrò, appoggiandosi al bracciolo per mettersi in piedi. Aveva male ovunque - “Non preoccuparti per le ferite, ne ha avute di peggiori...”

“Ti spiacerebbe molto se io non volessi sapere?”

“No, affatto.” - replicò Tony, piegandosi e posandole un bacio sulle labbra - “Sarei solo molto geloso della tua ignoranza. Torno subito.”

***

Quando fu solo in bagno, appoggiandosi pesantemente al lavandino, Tony si complimentò con se stesso per essere ancora in piedi. Respirò a fondo e, con un repentino cambiamento di idea, aprì il getto della doccia e vi si infilò sotto.

I vestiti, fradici, finirono sul fondo del box. Tony, con il viso alle piastrelle, chiuse gli occhi, respirando piano.

Lo aveva trovato a terra, all'imbocco di un vicolo, undici metri e trentanove centimetri più in basso, come calcolato da Jarvis. Era stato trascinato, colpito, c'erano sostanze di ogni genere su di lui, sostanze che la pioggia, di nuovo torrenziale, stava in parte lavando. Perdeva sangue da un labbro, come il giorno in cui Tony lo aveva colpito. E, quando si era chinato, chiamandolo, Bruce aveva levato lo sguardo.

Papà, salvami, aveva detto. Salvami dai pipistrelli.

I suoi occhi.... Tony non li avrebbe mai dimenticati. Erano gli stessi di quella notte, la notte attorno al falò, in prigionia. Gli occhi di chi sa di essere perduto, occhi da bambino, inspiegabili sotto quella maschera nera di giustizia.

Andrà tutto bene. Si era sorpreso a sussurrare. Ora sei con me. Gli aveva afferrato la mano e Bruce gli aveva sorriso. Anche sotto la maschera, anche nascosto nell'effigie di Batman, il cavaliere oscuro, il sorriso era stato quello di Bruce. Il sorriso incredibilmente triste, sottile.

“Andiamo via da qui.” - aveva aggiunto, sollevandolo e preparandosi a provocare un blackout al mondo intero, se necessario, per portarlo al sicuro. Da quel momento, non aveva più smesso di parlargli. E, rammentò a se stesso, uscendo dalla doccia e grondando acqua ovunque, non aveva più nemmeno smesso di essere bombardato dai ricordi.

Ricordi di prigionia, ricordi di conversazioni, progetti, di oltre quasi tre anni anni di vita passata assieme a combattere e combattersi. Tre anni e tutto si riduceva a quel corpo troppo ossuto, più logorato di quanto non fosse quando fuggiva dai propri fantasmi.

Bruce si stava consumando. Tony aprì il cassetto e premette un dito sul dispositivo di analisi senza nemmeno sollevarlo. Novanta per cento... alta, ma il biossido di litio stava facendo la sua parte. Non si sentiva male.

In camera, a torso nudo, sostituì il palladio nel reattore, inghiottì una manciata di pastiglie e afferrò alcuni vestiti.

“Stai bene?” - chiese Pepper. Aveva preso il consiglio alla lettera e ora, seduta sul divano, teneva Bruce tra le braccia, contro il petto, come aveva visto fare da Tony.

“Sto bene e sto avendo un attacco di gelosia nel sapere su cosa appoggia la testa.” - scherzò lui, zoppicando nella loro direzione - “Credo che il tuo tablet continui a canticchiare...”

“Ho un alert inserito sulle agenzie stampa, suppongo che cominci a esserci qualche notizia. Ma non è nulla di grave, altrimenti starebbe gridando e non canticchiando...” - sospirò lei. Bruce aveva capelli più fini di quelli di Tony, più lunghi. Carezzandoli gentilmente, Pepper si chiese quanto gli fossero mancati i gesti di affetto, da bambino. Solo, sperso nel mondo. Non aveva mai più smesso di esserlo da allora.

Tony scostò le coperte e, insieme, lo vestirono. Aveva ancora la febbre alta, ma la pelle era ghiacciata. Tutti passaggi che Fox aveva previsto ma che, non per questo, erano meno spaventosi.

“Mi dai il cambio?” - domandò lei, ad un tratto, sorprendendolo. Non aveva saputo dirle di no. Era scivolato tra il corpo e i cuscini, prendendo a strofinargli ritmicamente le braccia per scaldarlo. Batteva i denti e parlava a frasi sconnesse, delirando. Alcune parole erano ripetute più di altre e, paradossalmente, dicevano tanto di lui, degli incubi, delle paure e dei rimpianti.

Pipistrelli, buio, papà. Rachel, Rachel, Rachel... Tony, non andare via.

Tony, non andare via. Papà, papà, aiutami.

Come quella volta, prima di scendere dall'aereo, Bruce lo chiamava nel sonno.

“Devo essere uno stronzo, nei tuoi incubi...” - commentò, stringendo gli occhi e guardandolo - “Non voglio nemmeno immaginarmi...”

Pepper, che camminava avanti e indietro parlando sottovoce al telefono con Lucius, alzò gli occhi e si concesse un sorriso lieve. Tony, con un gomito sullo schienale e la tempia piantata su un pugno, rispondeva sottovoce ai deliri di Bruce senza smettere di sorreggerlo con un braccio. Bruce posava la testa quasi sul suo cuore, ma teneva una mano sul reattore, come se la luce lo attraesse.

Tony lo lasciava fare. Serenamente.

Pepper salutò lo scienziato e chiuse la chiamata.

“Ha analizzato il suo sangue.” - gli raccontò, avvicinandosi. Si sedette sulla poltrona di fronte al divano e, come suo solito, piegò le gambe e si acciambellò. Era una donna sofisticata ma, quando si sedeva, sembrava un'enorme gatta pigra. Magnifica, semplicemente, pensò Tony, come se potesse prendersene il merito - “Pare che lo abbiano salvato tutte le sostanze che aveva già in corpo, gli antidolorifici, intendo. Hanno incasinato le reazioni chimiche.”

“Confortante... quindi?”

“Quindi aspettiamo. Lucius ha detto che ci vorrà ancora un poco e che cercherà di venire il prima possibile. È successo qualcosa, stanotte, alla WayneEnterprises... ma non ha voluto parlarmene.”

“Un problema alla volta.” - commentò Tony. Non gli importava niente della WayneEnt... anzi, non gli importava in generale delle loro aziende di famiglia. Proprio niente - “Tanto, da qui non mi muovo.”

“Lo immaginavo.” - sospirò lei, posando gli occhi su Bruce. Stava di nuovo mormorando qualcosa e Tony gli strofinava un braccio, per rassicurarlo - “Ennesimo spavento che mi fa prendere. Altri dieci anni di vita persi in un soffio. Una settimana con voi è come un mandato da presidente...

Tony le sorrise e non rispose. La contemplava, con la testa inclinata, la tempia contro il pugno, come suo solito. Magnifica, insisto... magnifica.

“...o gli anni di un cane...” - aggiunse lei, quasi sovrappensiero. Poi si riscosse, ascoltando la voce spezzata di Bruce. Papà, papà, i pipistrelli... - “Tony, perché i pipistrelli? Insomma, Batman è un pipistrello...”

“Gli fanno paura. Ne aveva paura anche da bambino.” - spiegò l'uomo, sottovoce. I suoi occhi divennero distanti, come se stesse ricordando - “E' caduto in un pozzo sotto WayneManor, a nove anni. Si inseguiva con Rachel, si è fatto un volo di sette metri e rotto un braccio.”

“Davvero?”

“Litigavano per una punta di freccia in silice. Erano bambini.”

“Te lo ha raccontato lui?”

E Tony sorrise.

“No.” - negò. Ma i suoi brillavano di un'emozione che Pepper non seppe interpretare. Malinconia? - “Me lo ha raccontato Rachel.”

***

Oltre vent'anni prima, frenando con la Porsche sul selciato davanti a WayneManor, Tony aveva pensato a quanto quella casa fosse vecchia, polverosa e cupa. Tuttavia era sceso dalla macchina, guardandosi bene dallo sbattere la portiera, in un attimo di consapevole soggezione. Vecchia, polverosa e cupa, certo... ma imponente.

Dalle mie parti non ci sono catafalchi del genere, si era detto, recuperando il rotolo dei progetti.

Suo padre lo aveva spedito a consegnarli senza alcun interesse per gli impegni che andava scombinando.

“Il mio amico Thomas ne ha bisogno entro domani.” - aveva detto, rispondendo alle obiezioni del figlio - “Tu vuoi provare la macchina, no? Utile e dilettevole.”

“Manda un galoppino.”

“No, mando te, Anthony. Non è documentazione da lasciare in mano a sconosciuti.” - era stata la risposta conclusiva alla loro discussione. Poi Tony, rinunciando a insistere, aveva preso le chiavi della macchina, i fascicoli ed era partito, per essere certo di tornare in tempo per la festa.

Ora, salendo la scalinata con il naso per aria, insisteva sulla prima impressione: vecchia, polverosa, cupa, imponente... davvero imponente... di un certo fascino...

Alfred discese alcuni gradini, andandogli incontro e lo fece con calma, per studiarlo.

Il signor Stark li aveva preallertati via telefono riguardo all'arrivo del figliol prodigo. Erano almeno cinque anni che Tony non tornava a Gotham e Alfred fu sorpreso di vederlo così adulto. Certo, occhio e croce doveva avere diciassette anni, ed il tempo passa per tutti, ma quel ragazzo, genio indiscusso del MIT, non troppo alto e capellone, assomigliava ben poco al bambino dalla faccia tonda che ricordava... il mangiatore di caramelle...

“Signor Stark...” - salutò, ossequioso.

“Mi chiami Anthony.” - replicò il ragazzo, per nulla in soggezione, tendendogli la mano - “Alfred, ricordo giusto?”

“Ricorda giusto.”

“Lo immaginavo.” - rispose, con l'assoluta mancanza di modestia che sarebbe divenuta la sua caratteristica in età adulta - “Devo consegnare alcuni progetti al signor Wayne da parte di mio padre.”

“Il signor Wayne sarà da lei tra pochi minuti, spero non le spiaccia aspettare. Prego, mi segua.” - replicò Alfred, facendogli strada nel grande ingresso di casa.

Impronte di fango su dalle scale, notò Tony, senza farlo apposta. Alfred, percettivo come sempre, seguì il suo sguardo e dedusse.

“Deve scusarci, c'è stato un po' di trambusto nel parco.” - spiegò, indicandogli l'ingresso alla biblioteca - “Ma il signor Wayne sarà subito da lei.”

“Nessun problema.” - replicò lui, distrattamente. La biblioteca era pazzesca e polverizzava tutte le pessime considerazioni tratte dalla visione dell'esterno di casa - “Però...”

Rifiutò da bere (tanto non gli avrebbero mai offerto una birra, ci avrebbe scommesso) e, rimasto solo, vagò lungo il perimetro scrutando i ripiani e leggendo i titoli. Libri di ogni genere. Con l'insolenza dei quasi diciassette anni e la consapevolezza sfacciata delle proprie conoscenze, Tony si domandò se qualcuno, in quella casa, li avesse letti. Poi, nella cronica caccia a particolari interessanti, notò qualcosa di strambo.

La tenda di velluto aveva i piedi. Piedi piccoli, un paio di calzini con il bordo di pizzo e paperine di vernice.

Non sono un mago della moda femminile, ponderò Tony, avvicinandosi con le mani in tasca, ma direi che ci aggiriamo intorno ai sette anni. Forse otto.

Scostò la tenda e si sedette per terra vicino alla bambina.

“Ciao.” - salutò, serafico. La bambina non ebbe paura e lo fissò, come se non ci fosse motivo per essere sorpresi. Era uno scriccioletto bruno, secco secco e non di certo valorizzato dalle trecce sparute con cui l'avevano pettinata.

“Brutta giornata?” - domandò, gentilmente. La bambina aveva due lacrimoni in caduta libera e Tony ne asciugò uno senza pensarci troppo - “Qualunque cosa sia, non facciamone un dramma.”

“Bruce si è fatto male ed è colpa mia.” - spiegò lei, senza perdersi in particolari isterismi. Piangeva perché era triste e perché si vergognava, in silenzio, dietro una tenda... a Tony iniziava a piacere.

“Tanto male?”

“Un po'.” - ammise lei, tirando su con il naso. Tony si tastò le tasche come se sperasse di trovarci un fazzoletto. Poi si levò la bandana dal collo e gliela porse.

“Come ti chiami?”

Rachel Dawes. Grazie.” - sospirò la bambina, soffiandosi il naso. Poi la restituì, disgustandolo non poco - “Ci inseguivamo ed è caduto in un pozzo. Il signor Wayne è dovuto scendere a riprenderlo.”

Ecco in cosa era impegnato il signor Wayne, pensò Tony. E che eufemismi, il maggiordomo!

“E' colpa mia...”

“Vi inseguivate, Rachel. È stato un incidente.”

“No. Io ho trovato questa e lui...” - gli fece vedere cosa aveva in mano. Una pezzo di silice... sembrava la punta di una freccia. Decisamente un tesoro inestimabile per un bambino.

“E lui è stato prepotente con te.”

“Non lo è mai.” - lo contraddisse Rachel, difendendo il compagno di giochi - “Io sono sempre prepotente con lui.”

Altro lacrimone.

E vedrai crescendo, pensò Tony, che non si intendeva di moda femminile ma di donne sicuramente. Se sei prepotente ora, da grande lo ridurrai a un tappetino per motivazioni che riterrai sempre giuste. Smetterai solo di sentirti in colpa nel farlo.

“Si risolverà tutto.” - le disse, con gentilezza - “Non piangere, Rachel. Bruce ti vuole bene anche se sei prepotente.”

“Ma ha paura del buio. E dei pipistrelli nel pozzo. Come farà a perdonarmi?”

“Ti perdonerà. E sai perché?” - aspettò di vederle scuotere la testa, in attesa - “Perchè vuole più bene a te che alla paura dei pipistrelli.”

Rachel rimase in silenzio, rigirando bene le parole in testa. Poi, capito il senso, gli sorrise. Un bel sorriso a denti un po' storti. Perfetto, si complimentò Tony con se stesso, sono un eroe.

“Alfred...” - disse una voce, a quel punto - “Ti risulta che le tende di casa portino gli anfibi taglia quaranta?”

Le tende si spalancarono. Tony e Rachel alzarono il naso all'insù.

Thomas Wayne sorrise ad entrambi.

“Stavamo solo parlando.” - dissero i due, in coro. Dieci anni di differenza e la stessa espressione.

“Spero bene.” - commentò Thomas, guardandoli alzarsi - “Rachel, ti va di salire da Bruce a tenergli compagnia?”

Ecco come si fa per illuminare le bambine, considerò Tony, perdendo un po' del compiacimento per i risultati ottenuti. A Thomas Wayne erano servite molte meno parole.

“Tutto bene, allora?” - chiese, sentendosi ormai parte della storia.

“Niente di grave.” - rispose l'uomo, posando una mano sulla testa della bambina in una carezza consolatoria - “Solo un brutto spavento. Rachel, io e il tuo nuovo amico dobbiamo parlare...”

“Va bene. Grazie, signor Wayne.” - poi si girò verso Tony, rendendosi conto di non sapere il suo nome ma non osando chiederlo - “E grazie.”

“Sempre al tuo servizio, signorina Dawes.” - replicò lui, tendendole una mano.

La bambina la strinse e si voltò per andarsene. Poi si girò e tornò indietro, riafferrandogli la mano. Tony sentì che qualcosa di tiepido gli veniva infilato a forza tra le dita e lo strinse, guardandola fuggire. Quando abbassò gli occhi, si sorprese a guardare la punta di freccia. Era tiepida, come se il calore della bambina tardasse a disperdersi.

“A quanto sembra, Anthony...” - commentò Thomas, osservando l'oggetto da sopra la sua spalla - “Hai una piccola ammiratrice...”

***

“Mai più avuto un regalo così carino da un'ammiratrice.” - commentò Tony, tornando al presente, a Bruce che gli teneva una mano sul reattore e a Pepper che lo ascoltava abbracciata ad un cuscino.

Rimase un attimo in silenzio, ripensando a quella bambina che piangeva perché aveva sbagliato. E l'immagine, involontariamente, si sovrappose a quella della giovane donna al rogo. Alzò gli occhi, scacciando l'angoscia e accennò un sorriso in direzione di Pepper.

“Che tipo era suo padre?” - chiese lei, curiosa, deviando il discorso, seppur di poco.

“Diverso dal mio. Un idealista, suppongo. Io ricordo solo che era una persona molto gentile.”

“Doveva avere un certo carisma, per convincere Howard Stark a far qualcosa.”

“Di sicuro. E Junior lo ha ereditato: ti risulta che qualcuno riesca a dirgli di no?”

Pepper rise, piano. Era vero: a tutt'oggi, Bruce li aveva convinti a fare qualsiasi cosa.

“E' ora di cambiare, quindi...”

“E, sentiamo, da cosa inizieresti?”

“Comincerei con il non lasciarlo più solo. Sono stanca che continui a tentare di seminarci.”

Già. Tony non ci aveva pensato. In quelle settimane, aveva fatto maldestramente il gioco autodistruttivo di Bruce. Dopo alcuni tentativi a vuoto, si era ostinato a rispettarne gli spazi, ad attendere un'apertura seppur lieve da cui iniziare. Sbagliato: Bruce era uno a cui avrebbero dovuto sfondare la porta di casa alla prima avvisaglia di dramma.

“Bruce è un uomo in perenne fase di affogamento...” - stava dicendo Pepper, inascoltata - “Difficile che si salvi, se nessuno gli getta una cima.”

“Pepper...” - sussurrò Bruce, facendoli sobbalzare.

“Ma io non voglio essere un suo incubo!” - esclamò lei, a bassa voce.

“Infatti non lo sei. Sei quella che ha appena gettato la cima.” - commentò Tony, abbassando gli occhi e guardandolo - “Ciao, Bruce... ti ricordi di me?”

Bruce lo fissava con aria critica, di sotto in su, stringendo le palpebre, infastidito dalla luce. Con lentezza, Tony mosse un dito da destra a sinistra, verificando i riflessi. Poi gli sorrise, mentre Pepper si alzava e girava attorno al divano, per entrare nella sua visuale.

“Bentornato tra noi.” - sussurrò la donna, piegando la testa.

L'attenzione di Bruce si spostò a lei, poi tornò su di lui, elaborando piano il dove, il come, il quando. Fissò il reattore, sotto le sue dita, percependone il lievissimo ronzio. Tony. Tony è venuto a prendermi in fondo al pozzo.

Era Tony la fonte di calore.

“Mi hai trovato.” - mormorò, alla fine.

“Temo proprio di sì.” - ammise l'altro, annuendo.

“Ok.” - sospirò Bruce, richiudendo gli occhi. Era abbastanza, per il momento - “Resti?”

“Resto.”

Sì, era abbastanza per il momento.

“Tony?” - ripetè, per essere certo che fosse reale.

“Junior?”

“Non voglio restare solo.”

“Lo so.”

“Non morire... per favore.

You found me, you found me

(The Fray - You found me)

Mi hai trovato, mi hai trovato

(21 luglio 2013)

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Capitolo 11
*** 1.11 Hope, present and past ***


Iron & Darkness (acciaio e oscurità) Di MargotJ EPISODIO 10/13 – (spoiler alla lettura)

http://www.youtube.com/watch?v=iwDvQohogOQ&list=PLB1F21203D1E4126E _____________

1.11 Hope, present and past

I need another story

Something to get off my chest

My life gets kinda boring

Need something that I can confess

(One republic - Secrets)

Ho bisogno di un'altra storia Qualcosa che esca fuori dal mio petto

La mia vita sta diventando un po' noiosa Ho bisogno di qualcosa da poter confessare

Non morire, per favore.

Solitamente la gentilezza gli piaceva, lo predisponeva a concedere il richiesto e a sentirsi magnanimo. Ma, in questo caso...

Tony sprofondato in poltrona, si passò una mano sugli occhi. Questa volta, a Bruce era mancato un pelo per finire definitivamente dall'altra parte del muro e l'unica cosa che era stato in grado di dire, tornando indietro, era... 'non morire, per favore?'

Ma chi può chiedere una cosa del genere ad un altro essere umano? Non morire, per favore? Come se chiedesse una birra!

Non morire, per favore. Ma, dico!

Se non fosse stato che era stanco, stufo e parecchio dolorante, Tony si sarebbe anche un po' offeso. Certo, perché secondo voi muoio per capriccio! Di tante opzioni che ho, io scelgo di abdicare a sesso, alcool, velocità e sana ricchezza da record mondiale? Rinuncio al mio magnifico corpo?

Grugnì, seccato. Poi, un respiro profondo come lo sconforto che provava, gli sfuggì dalle labbra.

Non sono pronto a morire. Non lo sono affatto.

Si alzò e attraversò l'attico, a piedi scalzi, fermandosi davanti alle ampie vetrate, le mani nelle tasche di vecchi pantaloni di felpa. Come la casa di Malibu, le StarkTowers, sparse in parecchie città del mondo, erano fatte di vetro e specchio, triplicando la visuale dei palazzi e dell'orizzonte. A Gotham, lo spettacolo era particolarmente affascinante. La città era scura, costruita in colori freddi, grigi, azzurri, ghiaccio... l'oscurità sembrava non lasciarla mai, trasudando da ogni singolo edificio.

Gotham probabilmente era malata dalle fondamenta... ma aveva la bellezza inverosimile delle cose sbagliate e voluttuose.

Senza una meta precisa, Tony uscì sulla terrazza, respirando l'aria fredda dell'alba. Bruce dormiva ancora sul divano, dove lo aveva lasciato. Pepper, sulla poltrona a fianco. Aveva un braccio teso anche nel sonno, per tenergli una mano.

Contatto fisico, aveva detto Tony. Pepper lo aveva preso alla lettera. E chissà come mi è venuto in mente, considerò l'uomo, voltandosi e intravvedendoli appena dietro il vetro a specchio.

Però ha funzionato, rispose la coscienza. Aveva la voce di Jarvis.

E come sai che ha funzionato? Domandò Tony a se stesso. Funzionato riguardo a cosa, poi...

Dal volergli tanto bene, ho ricavato solo un nuovo grattacapo... non devo morire. Per favore.

Malumore e frustrazione a parte, Tony sapeva di non avere più molto tempo e che, ormai, da ogni fronte subivano un attacco. Non c'era molto da essere indecisi: o trovava una cura per il suo stato, o trovava un modo per arginarlo fino a fine della battaglia. E il biossido di litio, nel suo organismo, era ormai presente in una percentuale tale da provocargli di tutto, da un'intossicazione a un blocco renale.

Ancora fermo sulla terrazza, nell'anomalo silenzio che precede il riprendere vita della città, Tony si posò una mano sul reattore, ragionando.

Fox l'aveva definita tecnologia imperfetta. Aveva detto che il reattore era alla base di qualcosa di grande. Obadiah Stane non si era espresso in termini altrettanto positivi ma, per lungo tempo, aveva dichiarato il reattore non funzionante. C'era voluta la disperazione di Tony in mezzo al deserto per rendere l'utopia un esperimento riuscito.

Ma, una volta ottenuto il risultato, al di là dei perfezionamenti occorsi, Tony non aveva trovato il modo di variare né il procedimento nè l'elemento fondamentale del sistema: il palladio. E, ormai da settimane, brancolava nel buio.

Per abitudine, passò ancora una volta in rassegna la tavola periodica degli elementi, a caccia di un'idea. Era già arrivato al numero atomico settanta quando si accorse di essere osservato.

Bruce, puntellato contro l'intelaiatura della vetrata, a braccia conserte. Tony non sapeva da quanto fosse lì, né come potesse reggersi in piedi, dopo la notte trascorsa. Ma così era: Bruce, ritto sulle sue gambe, attendeva che Tony si accorgesse di lui.

Si fissarono, in silenzio.

Tony, osservando quanto fosse magro in viso e pallido, ripensò ai primi tempi di quell'avventura, quando le cose non andavano né bene né male e tutto sembrava più a grandezza d'uomo, meno spaventoso.

Ripensò all'ultima volta che erano stato così rilassati, così ignari. E la mente gli giocò un brutto scherzo, riportando a galla un episodio.

Doveva essere la settimana prima del compleanno di Bruce: prima della morte di Rachel, di Ducard, del rogo di Wayne Manor: Bruce gli aveva offerto un passaggio fino ad un'inaugurazione. Poi, in macchina, bevendo whisky e scambiandosi i giornali, avevano scherzato sul concetto di bene e male.

“Andiamo, non essere così fiscale.” - lo aveva ammonito Bruce, mentre Tony commentava un fatto di cronaca - “Il confine tra bene e male non è poi così preciso. Uno sceglie da che lato stare.. poi è una lotta continua.”

“No, non se hai le idee chiare. Il fine giustifica, no?”

“Certo, lo penso anche io. Ma non c'è un punto in cui il fine non è più giustificazione? Non esiste un limite che non dobbiamo superare?”

“Un limite di che genere? Prima di sbagliare? Prima di lasciarci la pelle? Credevo che stessimo parlando di argomenti assoluti come giustizia, pace, equilibrio... poni dei limiti alla tua sfera d'azione se punti a cose del genere?”

“Credo di sì. Pongo il limite della compassione.”

“Ok, mi sta bene. Quindi non ricerchiamo ad oltranza il castigo anche se vi è una colpa. Un punto a tuo favore. E, se alziamo il tiro, depenniamo la vendetta.”

“Ovvio.” - aveva risposto Bruce. Aveva sorriso, difendendo le proprie idee, sottolineando tutto con un gesto della mano - “Io credevo nella vendetta... ma, a conti fatti, è soltanto caos. Ora voglio armonia.”

Armonia... sembrava tutto così chiaro, allora. Non era un questione di vita, morte, dolore, paura... follia... in quel mondo perduto, Bruce non era bruciato dalla disperazione, l'intossicazione di Tony era sotto al trenta per cento ed il mondo, come sempre, era ai loro piedi.

Nel presente, tutto il peggio sembrava essersi triplicato. Tony piegò la testa, contemplandolo, in silenzio. E, forse, il passato era solo un'arma per torturarsi ulteriormente. Forse era meglio guardare avanti, non voltarsi. Forse era meglio usare il presente per costruire il futuro.

Un frase degna di mio padre, pensò, distrattamente. Forse basta una piccola intuizione per cambiare il corso degli eventi. Una, piccolissima...

Si mosse, lentamente, come se avesse paura di spaventarlo. Contatto fisico, ma chissà da dove mi è venuta questa idea...

Gli si avvicinò e gli posò una mano dietro al collo.

“Non sei solo...” - sussurrò, fissandolo negli occhi - “.. e sei uno stupido se lo hai pensato.”

E poi lo abbracciò, piano, incredibilmente piano.

Quando Bruce ricambiò l'abbraccio, quando la sua testa dura cedette, posandosi sulla sua spalla, Tony pensò che la giustizia, al di là dei limiti, al di là dei doveri, non fosse solo armonia... ma speranza.

***

L'antidoto aveva fatto il suo effetto. E, in parte, il miracolo era davvero dovuto alla combinazione con la manciata di antidolorifici con cui Bruce si era tenuto in piedi nelle trenta ore precedenti. Lucius Fox, giunto finalmente all'ora di colazione, non aveva dubbi a riguardo: il suo essere vivo era legato alla costola dolorante e mal curata di cinque colluttazioni prima.

“Tuttavia, signor Wayne...” - concluse, accettando la tazza di caffè che Pepper gli porgeva - “Io la inviterei ad evitare di imbottirsi così di barbiturici. Questa volta le è andata bene... non ripeta l'esperimento.”

“Posso prometterglielo.” - aveva sorriso Bruce. Sedeva al centro del divano su cui aveva dormito e, per quanto si sforzasse, era penoso: labbro rotto, livido sulla tempia, occhiaie, colorito verdognolo. Aveva una felpa addosso e questo almeno risparmiava la visione dello scempio. Nessuno sapeva la sua temperatura solo perché rifiutava di farsi visitare... motivo per cui Tony avvertiva un certo prurito alle mani.

Lucius forse non era altrettanto sanguigno, ma era visibilmente preoccupato.

“Vada a casa e si metta a letto.” - aggiunse, posando la tazza semipiena sul tavolino - “Può anche sentirsi bene, ma non è così. Deve dare al suo corpo il tempo di espellere le tossine. Non faccia sciocchezze.”

“Ci penso io.” - lo rassicurò Pepper, sedendosi a sua volta sulla poltrona a fianco - “Ho già parlato con Alfred.”

“Pepper...” - esordì Bruce.

“Non discutere con me.” - fu la risposta.

“Non guardarmi.” - aggiunse Tony, quando il ragazzo alzò la testa in cerca di aiuto - “Io sono d'accordo con loro.”

“Ed anche fosse che decida di spalleggiarti...” - sottolineò Pepper con decisione - “So tenere testa ad entrambi.”

Lucius sorrise con ammirazione. Che ragazza... se qualcuno aveva delle perplessità sul successo delle StarkIndustries, le sentiva svanire nell'istante stesso in cui gli presentavano Virginia Potts, il mostro che le dirigeva.

Tony Stark era un genio indiscusso, degno erede di suo padre e già cittadino di un secolo che doveva ancora venire. Ma Virginia Potts era una figlia spudorata dei propri tempi, con il dono del tempismo, dell' intuizione e della forza.

“Signorina Potts...” - le disse, a quel punto, seguendo il fluire dei propri pensieri - “Se mai vorrà licenziarsi, mi telefoni. Ho un ufficio già pronto per lei.”

“Ed io sottoscrivo.” - concordò Bruce.

“Ma che spudorati!” - esclamò Tony. Fino a quel momento, appoggiato alla colonna centro salone, era entrato poco nel merito della conversazione. Sembrava pensasse ad altro - “E' così che si fa? Rubate il mio amministratore delegato senza vergogna?”

“Tony...” - lo corresse Bruce, voltando la testa nella sua direzione - “Tu mandi una proposta di assunzione a Lucius ogni venti giorni...”

“Perchè mi apprezza! Ci diamo persino del tu!”

“Oh, sì.” - ridacchiò Lucius - “Sono un tuo grandissimo fan.”

“Hai sentito, Bruce? Puoi dire lo stesso di Pepper?”

“Io sono una tua fan, Tony.” - si intromise lei, aggiustando l'orlo della gonna con due dita - “Ma, se continui a fare così tanta confusione, ricomincerò a darti del lei.”

Non poteva esprimersi più chiaramente. Tony chiuse la bocca e Lucius si alzò prendendo commiato.

“Abbiamo problemi?” - domandò Bruce, alzando la testa verso l'uomo. Fox esitò: avevano un problema ed anche bello grosso ma... ma scosse la testa.

“Niente di cui si debba parlare ora.” - lo rassicurò, tendendogli la mano - “Non si preoccupi.”

Salutò Bruce, sorrise a Pepper e si avviò alla porta, accompagnato da Tony.

“Dimmi.” - mormorò sottovoce Tony, mentre attendevano insieme l'ascensore.

“E' sparito qualcosa dalla WayneEnterprises...” - replicò l'uomo, senza guardarlo in viso - “Il prototipo di un'arma commissionata dal mio predecessore, Bill Earle.”

“Credi che abbia anche fare con i nostro attuali problemi?”

“Potrebbe.” - ammise Lucius, cauto come sempre - “Riesci a...”

“Certo.” - rispose Tony, senza farlo finire - “Ci vediamo alla WayneEnterprises tra qualche ora.”

***

Scappare da WayneManor non si rivelò particolarmente difficile, soprattutto per uno come Tony, avvezzo a evadere da ogni forma di evento scientifico: gli era bastato dichiarare la necessità di mettere mano alla Mark 7 con l'attrezzatura degli scantinati della WayneEnterprises per potersela filare. Bruce, a riposo forzato, non era stato interpellato e Pepper, seduta alla scrivania davanti al computer, aveva finto di credergli come al solito.

“Mi farai sapere?” - aveva solo domandato, senza alzare gli occhi dallo schermo.

“Tutto quello che vuoi.” - era stata la risposta, più o meno sincera, portandole via le chiavi della macchina - “Restare in contatto con te sempre e comunque è la mia prerogativa...”

“Tony, non esagerare...”

“Giusto. Non esagero.” - concordò lui, baciandola - “Torno per cena, tesoro...”

“Non fare tardi, caro...” - rispose lei, continuando a premere sulla tastiera e sorridendo per la loro abituale farsa.

Tony prese la Lamborghini di Bruce per dare, come diceva Alfred, meno nell'occhio: alla WayneTower, soprattutto, sarebbe stata più discreta della Viper personalizzata e della R8 che Happy aveva recuperato in mattinata nel parcheggio fuori città.

Lucius era in ufficio e Tony attese che terminasse alcune telefonate, passeggiando nella sala d'aspetto. Una foto di Thomas Wayne con la moglie troneggiava al centro della parete e Tony vi sostò a lungo davanti: l'uomo del ritratto assomigliava a quello che ricordava, per il sorriso aperto e l'espressione ottimista. Un uomo che aveva scelto di non occuparsi della propria azienda, preferendo fare il medico e che, tuttavia, non aveva mai barattato la visione d'insieme a favore della propria serenità: aveva inseguito i propri sogni e aveva, allo stesso tempo, sfruttato le proprie risorse per rendere il mondo un posto migliore. Un uomo ammirevole... ma Gotham lo aveva compreso solo quando lo aveva visto morto, in un vicolo, ai piedi del figlio.

Tony abbassò la testa, quasi in segno di rispetto. E Lucius gli venne a fianco, condividendo lo stesso silenzio.

“Ti sarebbe piaciuto.” - mormorò, accennando un sorriso al ritratto del suo vecchio amico - “Aveva il dono di rendere possibile qualsiasi cosa.”

“Un uomo pieno di sogni...” - con un figlio carico di incubi...

“Ma non sereno come volesse far credere. Thomas sapeva che ogni scelta comporta un peso e non l'ho mai visto lamentarsi, in nessun frangente. In questo, Bruce gli assomiglia... i suoi dolori sono compressi da qualche parte, in un punto così profondo dell'anima da sembrare irraggiungibile.”

“Hai mai trovato un modo per aiutarlo a sopportare quei pesi?” - domandò Tony, osservando il quadro. Ma Lucius sorrise, comprendendo la domanda autentica nascosta tra le parole.

“Non l'ho mai lasciato solo.” - rispose, gentilmente - “E, solo con il tempo, ho compreso quanto valore desse ai nostri silenzi.”

***

Purtroppo non c'era tempo per perdersi in altre riflessioni: la WayneEnterprises aveva davvero una gatta da pelare tra le mani.... Tony lo capì con una sola occhiata ai progetti srotolati in sala riunioni.

“Che mi venga un colpo...” - borbottò, sollevando l'incartamento con entrambe le mani - “Lucius, dimmi che è uno scherzo.”

“Sai cosa sia?”

“So chi l'ha progettato.” - fu la risposta, fissando i calcoli e i disegni. Posò il foglio e sollevò il secondo - “Ma come potevate averne un prototipo? Questo ordigno non dovrebbe esistere.”

“Tony, prima di risponderti, dovrai dirmi di cosa stiamo parlando.” - lo interruppe Lucius, grave, obbligandolo a voltarsi - “Metà della documentazione che riguarda questo affare è scomparsa, non riusciamo a trovarla. Non ho la più pallida idea di cosa sia.”

Tony lo fissò, sorpreso.

“Ma come...”

“Opera di Earle. Quando Bruce è tornato a Gotham, stava cercando di rendere la WayneEnterprises una Public Company.”

“E le armi danno sicurezza e soldi.” - sospirò Tony - “Ne so qualcosa...”

Non proseguì il discorso. Scostò alcuni fogli, gettando un'occhiata a quelli nascosti sotto. Obie Stane... non esisteva uno dei quei progetti che non portasse la sua firma in ogni particolare.

“E' un emettitore di microonde.” - comunicò, quindi, con tono piatto - “Serve a polverizzare, e non sto scherzando, le riserve d'acqua dei nemici. Attivalo in un acquedotto e farai bere sabbia nel raggio di chilometri.”

Tony non attese un commento da Lucius... sarebbe stato superfluo. Afferrò solo uno degli incartamenti, trascinandolo più vicino.

“Il progetto è della Stark. Ma non lo abbiamo brevettato, che io sappia.” - aggiunse soltanto - “Io mi sono rifiutato di firmarlo. L'acqua non è un'arma, è solo un bene incalcolabile.

“Tu ti sei rifiutato e...”

“E Obie lo ha venduto. Sua l'idea, suo il guadagno, a quanto sembra.” - concluse Tony, passandosi una mano sulla barba e riflettendo. Ora, a conti fatti, si pentiva del proprio menefreghismo imprenditoriale - “Dobbiamo avvertire Pepper... è sicuramente in grado di trovarci tutta la documentazione.”

“Tu credi?”

“Non è la prima volta che qui si perdono documenti... credo fosse prerogativa della gestione precedente, Bruce se è già occupato parecchie volte. E poi, se esiste un prototipo, qualcuno l'ha costruito. E temo che serva uno dei miei per farlo.” - spiegò, digitando il numero della fidanzata e attendendo che partisse la chiamata - “Ci risiamo con la produzione illegale... devo proprio decidermi a contare i bulloni e catalogare gli scienziati.”

“L'allarme è partito da uno dei nostri convogli, ieri notte.” - spiegò Lucius, mentre attendevano che Pepper rispondesse - “Questa macchina faceva parte di una partita di oggetti da valutare e, se necessario, distruggere. Hanno preso solo quello.”

“Solo quello o anche questi?” - domandò Tony, sfilando un foglio dalla catasta. Mentre Lucius parlava, con il cellulare bloccato con una spalla, non aveva mai smesso di spostare e impilare quella confusione. Ora, reggeva in mano una serie di disegni più piccoli, quasi minimalisti.

“Il verbale parla di un prototipo e di componenti d'assemblaggio.”

“Certo, come no! Componenti!” - sbuffò Tony, con una risata amara. Poi dedicò la sua attenzione alla telefonata - “Ciao, tesoro. Ti ho bisogno qui. E svegliami Bruce.

***

Tony non si era fatto particolari illusioni sul fatto che Bruce si accontentasse di parlargli per telefono. E non aveva potuto nemmeno valutare di non informarlo del problema perché, se davvero non sbagliava, la difesa nazionale sarebbe piombata sulle loro teste prima di sera.

L'emettitore, se attivo, era un'arma di distruzione di massa. I danni che poteva fare l'assenza di acqua non erano da prendersi sottogamba. Non si trattava di arginare, si trattava di ritrovare e prima che fosse troppo tardi.

Venti minuti dopo, alzando gli occhi dai progetti, vide le porte della sala aprirsi ed entrare sia Bruce che Pepper. La differenza di colorito tra i due era imbarazzante.

“Siediti.” - mormorò, spostando una sedia e indicandogliela, mentre Pepper prendeva posto a capotavola. Poi gli mise davanti i fogli - “Questo è il problema che abbiamo...”

In maniera sintetica, illustrò quello che al telefono aveva preferito non dire: la WayneEnterprises aveva appena 'perso' un'arma sperimentale, progettata da Stane ma mai brevettata alla StarkInd. Bill Earle, ormai gloriosamente in pensione e logicamente irreperibile, aveva acquisito i progetti (e spettava a Pepper scoprire quanto legalmente o in che termini) e ne aveva fatto costruire un prototipo, comprensivo di 'supporti'.

Cosa intendi per supporti, aveva domandato Bruce, ponendo involontariamente lo stesso quesito di Lucius.

“I supporti sono cariche di ampliamento.” - ripetè Tony, senza cambiare né termini né tono, indicandogli i disegni, in serie - “Questo è un emettitore a vasta portata. Queste servono per ampliare il raggio di azione. Basta gettarle lungo il perimetro che si intende coprire e si raddoppia la portata del disastro. Non intendo darti le cifre precise.”

“Perchè no?”

“Le ha Lucius. E non abbiamo tempo di occuparci di due infarti. Basta già il suo. Pepper, devi contattare lo Shield, ci serve una mano.” - commentò, lasciando scivolare alcuni fogli verso la ragazza che, a capo tavola, stava accedendo agli archivi protetti della Stark - “Poi cerca anche questo protocollo. Ma cercalo tra i miei brevetti.”

“Che cos'è?” - domandò lei, digitando furiosamente codici. I dati cominciavano a scorrere, a beneficio di tutti, sullo schermo alle sue spalle.

“E' il sistema che ho ideato per integrare questa tecnologia a quella delle bombe rubate da Ducard. Così, tanto per star tranquilli...”

Il ticchettio si interruppe. Pepper alzò la testa di scatto. Tony alzò le spalle.

“Ero un signore della guerra.” - commentò - “Non fingiamo di non saperlo.”

***

Un signore della guerra... lo era stato, affermare di non ricordarlo non serviva a nulla. Aveva prodotto solo armi dall'età di ventun anni e, a conti fatti, aveva realizzato metà delle idee che aveva avuto se non di meno. Aveva scelto cosa far costruire e, in certi casi, aveva preferito non donare al mondo nemmeno la speranza di certi ordigni che riusciva a immaginare.

Aveva progettato ad ampio spettro e poi scelto fin dove arrivare. E sapeva di essersi comunque spinto oltre la violenza, oltre la giustizia e persino oltre l'umana comprensione... ma esistevano limiti che aveva finto di non saper superare.

Finto.

Esistevano progetti che Tony sapeva di aver cancellato dalla faccia della terra, altri che aveva nascosto, sperando di perdere per sempre. Cose di cui nemmeno Pepper sapeva l'esistenza, figlie di una mente troppo vasta in cui tutto diveniva sequenza matematica e progettazione senza freni inibitori. Superare i limiti non era difficile, se il proprio cervello non ne incontrava mai. E Tony, che conviveva con questo paradosso dalla nascita, aveva imparato a domare se stesso al meglio.

Il mondo lo conosceva per gli eccessi, le scelte esasperate... ma il mondo non poteva davvero capire come fosse comprimere le proprie potenzialità dentro una forma di etica, rinunciare a una autodistruttiva onnipotenza come la sua.

Nessuno poteva comprenderlo, non del tutto.

Ma Obadiah... Obie era il suo braccio destro, l'uomo con cui si confrontava. E gli scontri tra loro erano stati feroci, spesso: Obie credeva al superamento dei limiti nella maniera peggiore possibile, spingendosi oltre l'idea della semplice distruzione, fino all'annientamento totale. Tony, senza perdono né attenuanti, aveva in cuor suo sperato di fornire violenza solo ai buoni, in una semplicistica e opportunistica visione della realtà.

L'emettitore di particelle era stato uno spartiacque tra loro. Tony vi aveva lavorato fino a quando non aveva compreso la portata del progetto. Quando, dati alla mano, Obie aveva cominciato a parlare di metri cubi d'acqua polverizzabili, l'animo di Tony si era ribellato.

Così come rifiutava di quantificare il mare, pensava all'acqua come a qualcosa di sacro al di sopra di ogni possibile diatriba. L'acqua, la distesa azzurra che poteva vedere da ogni finestra di casa, l'oceano in cui aveva sepolto i suoi genitori... no, l'acqua non è un'arma, l'acqua è una forma di pace.

L'acqua è acqua. E ciò che è.

Il progetto di Obie era finito nel dimenticatoio, bloccato a tempo indeterminato. Ma quello di Tony, quello che prevedeva l'integrazione di armi differenti in un solo ordigno, era sopravvissuto, forse in vista degli sviluppi del mercato.

Pepper se ne stava occupando proprio in quel momento. E Tony non era in vena di restarla a guardare mentre apriva il vaso di Pandora e spargeva sui server della Wayne il marciume della StarkInd. Era quindi disceso nelle profondità della WayneTower, con la Mark 7 sotto il braccio, per la messa a punto che, in ogni caso, era indispensabile fare prima che la situazione peggiorasse ancora. Lucius gli aveva fornito le chiavi e spiegato dove trovare alcuni 'generi di conforto'. Tony, accese le luci della sezione scientifica e sentito il rassicurante sibilo dei computer, si era generosamente servito di antidolorifici e ghiaccio per la spalla.

E così lo aveva trovato Bruce, raggiungendolo circa un'ora dopo: seduto alla postazione, tra sei schermi accesi, in maglietta, con il ghiaccio bloccato a un bicipite con il nastro adesivo e un bicchiere del suo intruglio anti radiazioni in mano.

“Siamo il ritratto della salute.” - aveva scherzato, affacciandosi sopra uno dei monitor. Tony aveva braccia gialle e blu che non sfiguravano vicino alle sue.

“Pepper mi picchia di continuo.” - rispose Tony, digitando con una mano e gettandogli un'occhiata storta - “Novità?”

“E' finita la riunione straordinaria.” - disse Bruce, appoggiandosi al profilo del tavolo e guardando i dati che Tony stava analizzando: progetti, articoli su Vanko, diagnostica dell'armatura, un telegiornale e l'ultimo video di Christina Aguilera - “Il tuo Shield non è niente male. Qualcosa abbiamo saputo inventarci.”

“Non parlarmi di invenzioni.”

“No, affatto. Ti parlo di realizzazioni. Indovina da dove esce il prototipo dell'emettitore.”

“Se mi dici dalla fabbrica di Obie in Asia mi uccido con una sorsata di antigelo.”

“Non lascerò più in giro l'antigelo della Thumbler.”

“Uh, voglio morire.” - mugugnò Tony, bevendo con aria imbronciata il liquido nero e vischioso - “Dovevo farla saltare in aria il decennio scorso.”

“Ti saresti fatto un favore. Perchè pensi che sia connesso alla bomba di Ducard?”

“E' una teoria che, per il momento, preferisco non raccontarti...” - sospirò Tony. Il computer emise un ronzio e apparvero i dati dell'armatura. La Mark 7 sembrava quasi a posto. Tony si chinò sulla tastiera e Bruce ne approfittò per guardarsi attorno.

La Thumbler, nell'angolo, era stata messa a punto con le nuove armi... la moto era stata riverniciata dopo l'ultimo utilizzo... e, camminando su un sensore a pavimento, Bruce fece emergere anche la teca per la nuova corazza, ancora in fase di progettazione.

La contemplò, in silenzio, mentre la gabbia si apriva. E gli apparve spaventosa, distorta, come le immagini della notte precedente.

Sentì il proprio polso accelerare, la vista annebbiarsi. Premette sul bracciale per chiudere il contatto.

Tony, abbassando gli occhi sullo schermo, vide l'iconcina azzurra con il pipistrello svanire, ma non commentò. Dopotutto, poteva tenerlo d'occhio senza trucchetti.

Pensò a quello che aveva detto Lucius, riguardo i silenzi tra lui e Thomas. E attese.

La corazza di Batman stava di nuovo sparendo nelle profondità del pavimento.

Bruce si stava voltando.

Sorrise: Tony si teneva sul viso la maschera di Iron Man, come se fosse carnevale. E, a quanto sembrava, in mancanza di fogli, ci aveva scritto sopra qualche appunto. In giallo.

Bruce provò gratitudine per le pochissime pressioni che gli stava facendo, riguardo a ogni fatto spiacevole degli ultimi tempi. Tony non dava l'impressione di giudicarlo né di pressarlo in alcuna maniera. Semplicemente, c'era. E, per il momento... restava.

“Roba tua?” - domandò, additando una catasta di oggetti dietro la scrivania. Tony si voltò, fissando il punto indicato attraverso le lenti della maschera.

“Credo di sì. Penso che il professor Fox mi stia facendo capire che devo fare ordine.” - replicò, con un sorriso divertito, osservando il ciarpame messo ad arte innanzi alla postazione computer. Troneggiava persino, poco discreto, un plastico della Expo, così come suo padre l'aveva disegnata negli anni settanta.

Lo fissò, con una punta di irritazione. Suo padre, ovunque. Ormai non c'era angolo in cui Tony potesse rifugiarsi senza trovare qualcosa che lo riguardasse. Fastidioso.

“E' davvero così anche oggi?” - chiese Bruce, avvicinandosi e guardando il modellino.

“Ha qualche chiosco commerciale in più ma ho rispettato il progetto.” - Tony aveva posato la maschera ed era tornato ai propri schermi e ai propri tasti, disinteressandosi del panorama da scantinato in cui si aggirava Bruce - “Ha una simmetria affascinante. A dirla tutta, l'ho sempre trovato piuttosto bello. ”

“Lo è.” - concordò Bruce, pulendo una targhetta inchiodata a lato - “La chiave del futuro...”

Le mani di Tony si bloccarono.

“Come?” - chiese, alzando la testa. Il suo cervello, al pari degli amati computer, aveva appena emesso un piccolo segnale acustico e acceso una spia.

“E' scritto qui.” - spiegò Bruce, girandosi verso di lui.

In concomitanza, la stanza prese a vorticare. E la conversazione subì un'improvvisa interruzione.

***

Quella sera, rientrando a WayneManor, Tony si era trascinato appresso una di quelle casse militari che mantenevano in bilico il plastico di suo padre. Non aveva niente da fare e, a dirla tutta, la frase mormorata da Bruce prima di finire lungo disteso, lo aveva tormentato tutto il pomeriggio.

Alla fine di ogni incombenza, dopo aver inseguito per ore l'emettitore e i possibili colpevoli, dopo aver esposto a Lucius la propria teoria perché gli fornisse alcune prove, Tony aveva capito di non poter più fare molto.

Lo Shield si stava interessando per depistare i controlli della difesa, sia dalla WayneEnt. che dalla StarkInd. Tony non saltava di gioia a doversi appoggiare a quel il tizio, Carlton, Colsom o come diavolo si chiamava, che stava collaborando con Pepper. E non gli piaceva nemmeno che stesse tanto simpatico alla signorina Potts che, a quanto sembrava, ormai dava volentieri 'del tu' a tutti con una predilezione per il nome di battesimo.

“Phil, chi diamine è Phil!” - aveva borbottato, lasciandola con l'agente il sala riunioni e tornando nell'ufficio di Fox. Happy aveva portato a casa Bruce, con l'imperativo categorico di stenderlo con un pugno se opponeva resistenza. Una resistenza che, al momento, vista la pressione di Bruce, si avvicinava a quella di un… “chirottero ubriaco”.

“Spiritoso.” - aveva commentato l'interessato, dal finestrino della Viper. Tony gli aveva fatto ciao con la mano, insensibile innanzi al suo orgoglio ferito di uomo ed eroe. Poi, era tornato a inseguire e a dipanare la matassa dei loro problemi.

Bruce gli aveva detto di verificare le registrazioni della notte precedente: ricordava di aver lasciato cadere una cimice dal lucernaio, per poter avere una traccia della trattativa in corso. Ricordava di aver visto un notevole quantitativo di soldi, finiti poi in fumo, dato che la polizia aveva rinvenuto solo qualche banconota bruciata.

I cadaveri, ancora in via di identificazione, risultavano all'obitorio. Gordon si stava occupando del caso. Chi stesse vendendo cosa, continuava ad essere un mistero: nessuno era stato pagato, nessuno aveva caricato o scaricato merce in quella zona. Ma Bruce aveva parlato di camion e, pur non potendolo ritenere un testimone attendibile visto lo stato in cui si era trovato, la sua parola andava tenuta in considerazione.

Alla cimice non era piaciuto precipitare per dieci metri. Il segnale era intermittente, le parole si sentivano a malapena. I filtri che Tony aveva applicato per migliorare lo stato della registrazione, necessitavano di tempo ed era inutile restare a fissare la barra di progressione.

Tony aveva girullato attorno al sistema fino a quando non era stato certo che non si sarebbe arrestato in maniera anomala. Poi si era distratto, un po' con la Thumbler (senza comunque cercare di prelevarne l'antigelo) e un po' con la corazza sperimentale di Bruce che, dal suo punto di vista, si poteva ancora modificare.

Infine, inevitabilmente, era inciampato di nuovo nei ricordi. Inevitabilmente, se Lucius teneva una vecchia foto ingiallita sul fondo del cassetto della scrivania a cui Earle lo aveva incatenato per anni. E così, cercando un cacciavite, Tony si era ritrovato a contemplare un vecchio scatto di suo padre.

Si riconosceva Lucius, in piedi dall'altro lato del tavolo: era l'unico che aveva notato il fotografo e gli rivolgeva un sorriso, come suo solito, tra il sornione e l'ironico. Ma i due, chini sul progetto, erano persi con lo sguardo sullo stesso punto.

Erano tutti giovani. Così giovani... Tony fissò suo padre, le tempie non ancora ingrigite, l'espressione di chi spiega un particolare indicandolo con una matita. L'uomo in ascolto, appoggiato sui gomiti, era Thomas Wayne, con i capelli più lunghi gettati indietro, il profilo dritto e ossuto che Bruce aveva ereditato.

Lo contemplò, assorto. Ancora più giovane che nel quadro ufficiale dei piani alti. Tony si domandò quanti anni avesse quando lo avevano ucciso. La sua età? Possibile. Non si riteneva giovane, eppure... eppure... eppure Thomas era morto giovane.

Si sedette alla scrivania, sempre con la foto in mano. E suo padre? Lo ricordava così, sempre chino su di un'invenzione. Ma si assomigliavano? A parti invertite, Bruce avrebbe riconosciuto in Howard l'espressione di Tony, la linea della bocca o un altro particolare?

Forse non voleva saperlo. Forse non gli importava di assomigliargli.

Riposò la foto nel cassetto e lo chiuse. Ma non riuscì ad alzarsi.

La chiave del futuro.... voltò la testa e fissò la catasta dei beni ereditati. Lucius era stato preciso, a riguardo: Howard aveva portato alla Wayne ciò che riteneva prezioso, perché stesse al sicuro. Non alla StarkIndustries, che portava il suo nome, non a casa dove c'erano suo figlio e sua moglie... perché lì?

Perché si fidava? Perché sapeva che, un giorno, inevitabilmente, gli Stark e i Wayne sarebbero entrati nuovamente in collisione? E perché erano rimasti in quello scantinato, dopo la morte di Thomas? Mistero. Di nuovo mistero.

Il dubbio iniziava ad infastidirlo... abbastanza da sapere che era giunto il momento di affrontare il problema. Se davvero suo padre aveva lasciato un segreto da scoprire, se davvero aveva avuto tanta considerazione del suo intuito da seminare indizi in tutto quel ciarpame, allora non restava che affrontare, una volta per tutto, l'enigma e risolverlo.

“Buonasera. Prevede un assedio?” - aveva chiesto Alfred, aprendogli la porta di WayneManor e vedendolo entrare con una cassa verde militare in spalla.

“Mi sorprende, Alfred. Le sembriamo tipi che si possono assediare?” - era stata la risposta, sparendo il biblioteca. Si sentì un tonfo, poi Tony riapparve, sfregandosi le mani - “Il signor Wayne?”

“Il signor Wayne ha ceduto alle preghiere telefoniche della signorina Potts e si sta riposando.” - rispose l'uomo, impassibile.

“Immagino.” - sorrise Tony. Virginia Pepper era famosa per il proprio stile di preghiera - “Se non è un problema, devo occuparmi di alcuni affari, stasera... userò la biblioteca.”

“Le porterò dei sandwich e del the freddo.” - fu la pratica risposta, mentre Tony saliva le scale - “Gradisce altro?”

***

Doveva essere arrivato Tony. Bruce aprì gli occhi, sentendo le tempie comprimersi in una morsa dolorosa. Alfred aveva riservato a lui e alla signorina Potts l'appartamento in fondo al corridoio e Bruce lo sentì percorrere la passatoia con passi attutiti. Immaginò che stesse trafficando con il palmare, come suo solito e si domandò se sarebbe riuscito ad alzarsi e raggiungerlo.

No. Palesemente non riusciva. Si mosse e, incerto, rinunciò rapidamente a provare a scendere dal letto. Non gli era piaciuto crollare a terra come un sacco e, per amor proprio, non intendeva ripetersi per il resto della giornata.

Ma che ore potevano essere? Aprì nuovamente un occhio, osservando l'orologio digitale sul comodino.

Otto e venti... Ma quanto aveva dormito... si strofinò le tempie, sperando che il movimento riducesse il dolore. Niente da fare, si sentiva quasi le lacrime agli occhi. Gli sembrò che le palpebre si riempissero di ali nere che battevano furiosamente una contro l'altra, ferendolo. Si girò su un fianco, seppellendo il viso nel cuscino. Il rumore del battito non accennava a smettere. Si portò una mano alla spalla, stringendo forte e il semplice gesto sembrò calmarlo. Ma come era possibile? Bruce riaprì gli occhi, piano.

Una mano che lo stringeva per una spalla. Una luce, vicino al viso. L'aveva sfiorata con le dita, percependola come fredda, captandone il lieve ronzio. Ma cosa stava ricordando? Con la mente tormentata dalle droghe, la realtà delle ultime ore si confondeva con le allucinazioni e gli incubi che da sempre lo attendevano nel buio. Ma quel ricordo, quella luce... il corpo di Bruce, ancor prima della sua mente, lo associava a qualcosa di positivo, incredibilmente forte.

Una mano a stringerlo, un corpo a sorreggerlo, una luce. D'improvviso sorrise, nel buio. Forse non ricordava realmente... ma sapeva a chi rimandavano quei tre particolari.

Era così che Tony lo aveva riportato indietro dal delirio? Bruce ricordava poco, quasi niente. Ma la sensazione... la sensazione... Si lasciò cullare nella consapevolezza quasi tattile dell'accaduto. La luce del reattore, la mano che lo afferrava, il senso della stoffa sotto al viso. Sì, Tony. Nel bene e nel male... Tony Stark.

***

Pepper lo aveva chiamato mentre usciva dalla doccia, per confermargli la vendita regolare dei progetti e la costruzione, un po' meno legale, del prototipo. Poi aveva chiesto della sua salute, di quella di Bruce, di alcune sciocchezze e aveva riattaccato. Tony era rimasto a grondare acqua al centro del bagno domandandosi cosa Pepper avesse deciso di non dirgli.

La perplessità era durata poco, con la testa già proiettata alla cassa siglata 'H.Stark' che lo attendeva in biblioteca: provava una strana eccitazione, in un misto di senso di colpa. Non aveva mai frugato tra gli oggetti personali di suo padre, non ne aveva mai sentito né la necessità per motivi affettivi né per il diritto di farlo. Altri si erano occupati di tutto, Obie prima di tutto e, forse, allora, con una lealtà che non aveva mai più provato... chi poteva dirlo...

Obie... Tony si strofinò la testa con l'asciugamano e ripensò a quell'uomo grande e grosso che per tanto tempo lo aveva protetto. Per indole, Tony non era sospettoso, a posteriori soprattutto. Cinico, forse, ma ben poco tormentato dai possibili torti subiti nel passato dall'ex socio e amministratore delegato delle StarkInd.

Gli aveva voluto bene, in quella maniera genuina e lievemente anaffettiva che aveva avuto per buona parte delle persone conosciute nella sua vita. Pochi, a conti fatti, avevano superato lo sbarramento e gli erano veramente entrati nel cuore e nella testa. Davvero pochi... ma questi non escludevano a priori che avesse ammirato, apprezzato e sentito vicino i propri collaboratori e mentori.

Si vestì e scese le scale rapidamente, non senza prima essersi affacciato alla camera di Bruce.

Nulla. Penombra, silenzio, la sua figura allungata sul letto, di traverso. Meglio così.

***

Articoli, quaderni, alcune bobine otto millimetri, rotoli di progetti.

I progetti originali del reattore, per l'esattezza. Ma Tony li aveva già visti, ne esisteva una copia anche nell'archivio informatizzato della Stark. Li arrotolò e li mise da parte. Aprì il vecchio proiettore e, ripulendo qui e là, ebbe la soddisfazione di farlo ripartire. Montò le bobine, si sedette e allungò le gambe, studiando il vassoio che Alfred gli aveva lasciato su un tavolino basso. Poi, mentre il filmato iniziava, prese a sfogliare i quaderni.

Appunti. Appunti su appunti in una calligrafia piccola e nervosa, fittissima. Tony, che scriveva solo quando si trattava di firmare gli autografi, si sorprese dell'ordine, della meticolosità e, pagina dopo pagina, della mole di dati che contenevano.

Suo padre aveva lasciato schizzi di ogni elemento trasferito poi nei progetti ufficiali. Tony li scorse rapidamente cercando quelli sul reattore. Erano tre o quattro quaderni al massimo e, avendo già costruito la propria rivisitazione del reattore Arc, Tony era certo di poterli leggere in poche ore. Era rimasta anche una matita, sul fondo del baule. Aveva l'odore delle vecchie pagine ingiallite, ma non era spiacevole, anzi. Tony se la mise in tasca. Poi, palmare alla mano, cominciò la decodifica.

Ogni volta che trovava qualcosa di interessante, si segnava un appunto sul dispositivo. E lo faceva, senza accorgersene, in una calligrafia piccola e nervosa, fittissima.

Le bobine conservate erano, come i progetti, immagini già viste: alcuni promo, spezzoni vari e, nella bobina più spessa, i ritagli del filmato ufficiale della Expo '74, con cui suo padre aveva presentato al mondo le proprie idee e il proprio genio. Non avrebbero portato da nessuna parte, ma Tony non se l'era sentita di interrompere la visione. Era piacevole risentire la voce di suo padre, vederlo per una volta meno impaludato, in crisi per la battuta dimenticata, incerto tra il sentirsi uno stupido e un uomo controllato, immortalato nel bersi uno scotch.

Tony sorrise, lasciandosi andare andare contro lo schienale, concedendosi un mezzo attimo di indulgenza verso la leggenda informatica che aveva per genitore. Bruce, a cavallo della porta che dava sui corridoi secondari, fece altrettanto. Aveva sentito la voce mentre si avviava in cucina, a caccia di un bicchiere. Alfred doveva essere nelle proprie stanze ed era inutile disturbarlo per nulla. Aveva sentito la voce... la sua voce.

Howie Stark era di nuovo nello studio di suo padre. E parlava di futuro, come se fosse qualcosa che tutti possono afferrare e stringere tra le mani solo volendo. Bruce si era fermato, in ascolto.

Poi si era affacciato, convinto di avere un'allucinazione. E lo aveva confortato riconoscere gli scricchiolii di un vecchio proiettore, vedere Tony semisdraiato in una poltrona di fronte allo schermo, con il palmare in mano e un quaderno in bilico su un ginocchio.

Il Tony di sempre, quello che faceva dei suoi appunti degli aeroplanini che volavano male. Il Tony delle discussioni in officina.

C'era Howie, sullo schermo, proprio come lo ricordava. Lo osservò, con nostalgia, mentre alle sue spalle appariva un bambino bruno, con le mani sul plastico... un plastico che sembrava piacergli molto.

Vide Howard voltarsi e richiamarlo all'ordine. Tony, Tony, posalo! Non l'aveva fatto con sgarbo ma, nella sua voce, era vibrata una forma di autorità quasi ferrea, come se fosse abituato a lanciare ordini e a vederli eseguiti all'istante.

Gettò un'occhiata obliqua a Tony: immobile, occhi allo schermo, non batteva ciglio.

“Junior...” - sentì solo mormorare, sobbalzando - “Entra e siediti... basta origliare.”

Forse non aveva il tono autoritario del padre.. ma Bruce si rallegrò che il buio nascondesse la sua espressione vergognosa.

“E, quindi, ho deciso che dirò così:” - stava dicendo Howie sullo schermo - “Ogni cosa si può ottenere con la tecnologia... una vita migliore, una sana costituzione...”

“Capelli più folti...” - rammentò Tony, sussultando. C'era un uomo, presente, durante le riprese. Un uomo che prendeva in giro suo padre, tenendolo seduto su un ginocchio.

Thomas, sono serio.”

Anche Anthony ed io siamo seri. Tu hai bisogno di capelli più folti, Howie. Prometti a te stesso una chioma fluente e ci convincerai che sei un genio. Vero, Anthony? A papà non donerebbero le trecce?”

Thomas...

Tony abbassò di nuovo gli occhi sul quaderno: pagine bianche.

Nulla di ottenuto. Lanciò per terra il plico, si strofinò gli occhi e si piegò a recuperare il bicchiere di the sul tappeto. Sentì Bruce alzarsi e allontanarsi, in maniera discreta, come se non ci fosse mai stato e si rallegrò che, tra i ritagli di pellicola, non ci fosse anche quel fuoriscena che si era appena ricordato.

Suo padre camminava ancora, sullo schermo.

Poi, mentre iniziava ad averne abbastanza di tutto, di lui, dei ricordi e dei suoi quaderni... Accadde il miracolo.

***

"Tony...ora sei troppo piccolo per capire, così ho pensato di lasciarti questo film.

L'ho costruita per te e, un giorno, ti accorgerai che rappresenta più di una semplice invenzione ... rappresenta tutta la mia vita.

Questa è la chiave del futuro.

Io sono limitato dalla tecnologia dei miei tempi ma, un giorno, tu risolverai questo rompicapo e, quando lo farai, potrai cambiare il mondo.

Quello che ora è, e resterà sempre, la mia più grande creazione... sei Tu.”

***

La chiave del futuro...

Pepper si muoveva al buio, nella stanza, scalza. Aveva acceso una lampada sul tavolino vicino alla finestra e si era spogliata con la minor confusione possibile. Tony non le aveva detto di essere sveglio, godendosi la sua presenza, i passi sul tappeto, il rumore della spazzola tra i capelli.

Quando l'aveva sentita scivolare sotto le coperte, si era girato e le aveva passato un braccio attorno alla vita. Con il viso sulla pelle, aveva respirato il profumo e chiuso gli occhi.

“E' stata una giornata faticosa...” - sentì sussurrare, con voce assonnata - “Tony...”

Non rispose. Il suo nome le era sfuggito in un sospiro, mentre si addormentava.

Rimase solo, sveglio, godendosi la vicinanza del suo corpo, il suono del suo respiro, lasciando scorrere la notte, minuto dopo minuto.

La chiave del futuro...

Tony non riusciva a smettere di pensare a suo padre sullo schermo, alle immagini che accompagnavano le sue parole... a Bruce che leggeva la targa del plastico... a Lucius, che sembrava custodire una parte del segreto.

Tecnologia incompleta... chiave del futuro...

Quello che ora è, e resterà sempre, la mia più grande creazione... sei Tu.

Si girò, fissando il soffitto, una mano tra i capelli.

La mia più grande creazione...

Niente da fare. Si sedette, portando con sé buona parte delle coperte. Poi se ne liberò, gettandole addosso a Pepper e alzandosi. Lei, abituata alla sua insonnia, non si scompose più di tanto e cambiò solo posizione.

Tony si infilò una maglietta e discese le scale, senza far rumore. La pendola, nell'ingresso, segnava le due del mattino... ma a che ora era arrivata Pepper?

C'era una luce accesa al pianoterra e Tony si affacciò alla porta, da buon ficcanaso.

Bruce, semisdraiato in una delle poltrone, aveva lo sguardo perso nel vuoto, un libro sotto la mano. Tony si scelse quella a fianco e si lasciò andare.

“Credo che Crane abbia una specie di arma addosso.” - fu l'esordio di Bruce, come se la presenza di Tony fosse un fatto di routine. Alzò le braccia, unendo i polsi - “Ha compiuto questo movimento e io mi sono ritrovato a respirare quella roba... credo...”

“Ancora non ricordi...”

“Non tutto. Qualcosa più di stamattina, ma non quanto vorrei.” - ammise Bruce, decidendosi a guardarlo negli occhi - “Ti va un Brandy?”

“Mi va sempre un Brandy. E correggilo con del gyn, per favore.”

Bruce sorrise riempiendo un secondo bicchiere. Poi si risedette.

“Hai trovato qualcosa di utile?” - azzardò.

“Qualcosa... forse.” - rispose Tony, vago, portando l'alcolico alle labbra - “Ma dovrò ancora lavorarci. Bruce?”

“Dimmi.”

“Cosa ricordi di tuo padre? Davvero, intendo. Non l'opinione che ti sei fatto di lui nel tempo.”

Bruce esitò e bevve un sorso, a sua volta.

“Credo che fosse gentile, sempre. E paziente. Ma non ricordo più molto... ho voluto dimenticare tante cose...” - rispose, lentamente. Poi lo fissò dritto negli occhi - “E tu?”

“Non lo so. Penso di non aver capito proprio niente di lui. Davvero...” - si interruppe e aggrottò le sopracciglia - “Senti, lasciamo stare, facciamo finta che non te lo abbia chiesto e ricominciamo, ok?”

“Volentieri. Nemmeno io ho voglia di ubriacarmi.”

“Io non mi ubriaco mai.”

“Tony...”

“Quasi mai.”

“Viva la sincerità.” - sospirò Bruce, posando il bicchiere sul tavolino tra loro e piegando un ginocchio, fino a portarlo al petto - “Tony, a proposito di sincerità... penso di aver bisogno di aiuto. Credo che Batman abbia bisogno di Iron Man.

“Sai che puoi averlo.” - rispose Tony, senza perdersi in altri commenti - “E non aspettavo altro.”

“Ormai sono in troppi. E sono almeno tre passi avanti rispetto a dove mi trov... ci troviamo noi. Quando attaccheranno, dovremo essere preparati.”

“Ci sto già pensando.” - ammise Tony, giocherellando con il bicchiere. Si alzò, prelevò la bottiglia dal carrello e versò nuovamente ad entrambi - “Non mi resta più molto tempo, Bruce. Se dobbiamo affrontarli, dobbiamo farlo ora.”

Bruce non rispose.

“Tuttavia...” - riprese Tony, con pacatezza - “Io potrei avere un asso nella manica. Ti chiedo solo di darmi fiducia e di credermi... non ho nessuna intenzione di lasciarti solo.

***

La mattina dopo, Pepper si svegliò sola. C'era un biglietto di Tony, sul comodino: le comunicava di avere da fare e che si sarebbe fatto vivo il prima possibile.

Poco confortata, ma rassegnata alla sua ennesima scomparsa, Pepper si vestì, si riavviò i capelli e scese per la colazione. La casa era silenziosa e Bruce, da solo, in sala da pranzo, a un estremo di una tavola incredibilmente lunga, beveva caffè.

Era già vestito di tutto punto, giacca e cravatta comprese. La sua intenzione, evidentemente, era quella di andare in ufficio, fingendo interesse per la propria compagnia e una giornata lavorativa, in attesa di nuove informazioni riguardo gli avvenimenti degli ultimi giorni.

“Come stai?” - le chiese, vedendola marciare sino al bricco del caffè senza attendere Alfred.

“Come se mi avessero passato sotto lo schiacciasassi.” - fu la candida risposta - “Tu sai dove sia andato?”

“Aveva appuntamento con Lucius e poi ha detto che aveva da fare.”

“Almeno è riuscito a dare la stessa versione a entrambi.” - sospirò lei, sedendosi. Stringeva in mano una busta - “Mi ha lasciato questa per te.”

“Davvero?” - Bruce tese la mano, curioso.

Nella busta c'era una fotografia. Bruce la contemplò un attimo e la passò a Pepper, tenendo per sé il foglio di quaderno piegato in quattro. Tony aveva scritto a matita, senza dilungarsi troppo.

“Da quella cassa è uscito di tutto...” - iniziava il messaggio, senza preambolo né intestazione - “Storie che non sapevo, verità che non volevo ricordare, per autodifesa e per egoismo. Anche io, quando è morto mio padre, ho voluto dimenticare per negare il vuoto che aveva lasciato in me. Ma questo è un ricordo che appartiene ad entrambi. Portalo con te e ricorda sempre che noi siamo ciò che scegliamo di essere. Tony.”

Pepper sollevò la foto ingiallita. Era un gruppo attorno ad un tavolo da giardino di ferro battuto, in un parco. Bruce piegò la testa verso di lei, indicando le persone.

“Mio padre.” - mormorò, sorprendendola, indicando l'uomo seduto, le gambe allungate sotto il tavolo. Poi il dito si spostò verso l'uomo in piedi - “E Howie, il padre di Tony.”

“Howie?” - ripetè, stupita, voltandosi. Non aveva mai sentito nessuno chiamare così il grande e irraggiungibile Howard Stark!

“Io...” - aggiunse Bruce, indicando un bambino sui cinque o sei anni, seduto per terra a gambe incrociate, con una pallina da tennis in mano - “E... Tony.

Sì, concordò Pepper, in cuor suo, Tony. In piedi vicino a suo padre, con la mazza da baseball in spalla. La stessa mazza che ancora conservava in laboratorio, nel suo incredibile disordine.

Tony, sorridente, in piena contraddizione con ciò che Pepper aveva sempre pensato della sua infanzia e del rapporto con i suoi genitori. Fuggevolmente, si chiese se Tony avesse mai visto quello scatto, prima d'ora... se avesse ritrovato di colpo quel ricordo felice, sepolto in fondo al cuore, così in profondità da sembrare perduto.

Senza riflettere, girò la foto. Bruce stava rileggendo il biglietto. Gli occhi le si dilatarono per la sorpresa.

“Bruce, guarda.” - lo chiamò, avvicinandosi e tendendogli il cartoncino.

Il presente ed il futuro.” - aveva scritto una mano. Sotto, a matita, in una calligrafia quasi identica, era stata aggiunta una seconda frase - “Nel passato, la speranza del nostro presente.”

“Tony.” - mormorò Bruce. Pepper ne fu intenerita: Bruce lo aveva detto in maniera disarmante.

“Anche lui ti vuole tanto bene. E si sente male, ogni volta che pensa di perderti.” - sussurrò, mentre i loro sguardi si incontravano - “Ma credo che tu lo sappia...”

Bruce non rispose. Le sorrise soltanto. E fu abbastanza.

***

La macchina di Tony correva sulla litoranea, rapida. E l'aria fischiava attraverso gli elementi del plastico della Expo, accatastato sul sedile a fianco. Happy, quando aveva visto la R8 così caricata, nel corridoio coperto della WayneTower, per poco non era morto d'infarto.

“Preferivi che provassi a infilarlo nella Viper?” - gli aveva domandato, con spirito pratico, Tony, porgendogli le chiavi - “Vai, posi in officina, torni. Tutto chiaro?”

Happy aveva ringhiato e, a modo suo, era stato rassicurante. Tony lo aveva lasciato partire ed era rientrato dalla porta secondaria della sezione scientifica, con aria stranamente soddisfatta.

Lucius Fox, seduto alla sua vecchia scrivania, lo aveva salutato con un cenno e gli aveva offerto un bicchiere del chiosco di fronte al palazzo. Si serviva lì, tendendo a snobbare il pregiato caffè che gli riservavano ai piani alti. Anni e anni passati negli scantinati gli avevano insegnato a diffidare delle ricercatezze apparentemente facili e a tenersi strette le piccole soddisfazioni affidabili.

Tony lo ringraziò e si sedette sullo sgabello di fronte.

“Motivi particolari per essere così radioso?”

“Non ho ancora avuto pessime notizie.” - rispose Tony, sorseggiando la bevanda densa e caldissima - “E credo che tu avessi ragione su mio padre.”

Lucius sorrise, incassando il colpo.

“Di solito non tengo particolarmente ad avere ragione... ma, in questo caso, ne sono davvero contento.” - gli indicò il poco che restava, ora che una cassa e il plastico erano scomparsi- “Hai trovato qualcosa, quindi...”

“Per il momento solo un modo per fare pace con il mio passato.” - spiegò Tony - “Per il futuro sto ancora lavorando.”

“E' già qualcosa.”

“Lo credo anche io.” - ammise. Poi posò il bicchiere - “Lucius, mentre io inizio ad attrezzarmi per compiere il miracolo... devo chiederti un favore.”

“Sentiamo.”

“Voglio che tu sia il mio esecutore testamentario.” - comunicò Tony, posando una usb sul tavolo - “Una copia del mio testamento è già depositata presso uno studio legale di mia fiducia. Ci attendono tra un'ora per le firme.”

Silenzio.

“Su quella chiave c'è tutta la mia vita in termini di progetti: tutto ciò che ho mai immaginato o costruito, fino ai segreti di Iron Man. Tu ne avrai l'accesso esclusivo e deciderai cosa farne.”

Ora, Lucius fissava la chiave. La T placcata oro che Tony aveva sempre usato per consegnare i propri progetti alla StarksInd era appena divenuta la tomba virtuale di tutto ciò che era stata la sua vita.

“Le armature si bloccheranno con il mio decesso. Ci penserà Jarvis. Tutte tranne una... e puoi ben immaginare chi l'abbia in consegna. Sul tuo computer, qui sotto, troverai i dati criptati per accedere ai segreti del Cavaliere Oscuro. Ieri mi è sembrato il caso di portarmi avanti con il lavoro.” - aggiunse, con calma - “Troverai le istruzioni e le volontà che non ho potuto mettere per iscritto e potrai accedervi solo dopo la mia morte. Voglio che sia Bruce che Pepper siano tutelati, qualunque cosa accada... per favore.

Lucius soppesò la richiesta. Poi alzò lo sguardo. In piedi dietro la scrivania, con i capelli spettinati e la giacca di pelle, Tony era soltanto troppo giovane: troppo giovane per la vita che aveva avuto, per l'intelligenza di cui era stato fornito, per il peso che stava portando.

Troppo giovane e, come Bruce, incapace di piegarsi innanzi alla propria fragilità, agli inevitabili compromessi della vita.

“Ho fiducia nelle mie intuizioni, Lucius. E, per la prima volta da molto tempo, ho una speranza. Ma i numeri sono numeri, e parlano chiaro: non sopravvivrò un altro mese. Voglio essere pronto.”

Nessuno lo conosceva davvero. Nessuno lo avrebbe mai conosciuto del tutto. Ma Tony era l'uomo che poteva solo rendere fiere le persone che amava, a partire da quel padre da cui si era sentito rifiutato così a lungo.

Lentamente, con il peso dei propri anni e dei propri ricordi, Lucius si mise in piedi.

“Se per te non è un problema...” - disse, chiudendo la giacca e facendo scivolare in tasca la usb - “Andiamo con la mia macchina. La tua Viper potrebbe darmi il colpo di grazia.”

***

A metà mattina, mentre stava fingendo noia e insegnando alla nuova segretaria della sezione bilanci a giocare a golf, Bruce Wayne fu richiamato all'ordine da una voce allegra in uscita dal suo ascensore.

“Bruce, che piacere, anche tu qui!” - esclamò Tony, nella parte del miliardario in visita, con un tubo porta progetti sotto al braccio. Sorrise a destra, sorrise a sinistra, mandò in deliquio due stagiste e gli diede una poderosa pacca sulla spalla.

“Questo è il mio ufficio.” - commentò Bruce, con aria svanita, stando al gioco - “Dovrei essere io, il sorpreso, Tony...”

“Un po' a testa.” - concesse il signor Stark, magnanimo, seguendolo in sala conferenze. La sua espressione cambiò, nell'attimo stesso in cui Bruce chiuse la doppia porta scorrevole - “Junior, abbiamo delle novità e siamo nei guai.”

“Grandioso. Stavo per dirlo io.” - rispose Bruce, aprendo una porta laterale e lasciandolo passare - “Ho sentito la registrazione della cimice... e non ti piacerà sapere chi si è comprato un emettitore ieri sera...”

“Un tizio con il bastone e l'accento di Cambridge che ha per animaletto di compagnia un uomo dalla faccia dipinta?” - domandò Tony, tanto per fare sarcasmo - “Fammi indovinare... chi ha fatto il colpo in banca giace in obitorio vicino agli assaltatori del convoglio. E i soldi finiti in fumo?”

“Specchietto per le allodole. Tutti falsi. Non quelli della banca rapinata di sicuro. Un paio di uomini di Ducard parlavano troppo e troppo vicino al registratore.”

“Bene. Cioè, non bene, ma ci siamo capiti.” - rispose Tony, estraendo dalla tasca interna della giacca un paio di fogli spiegazzati e passandoglieli - “Adesso tocca a me.”

Circa trenta ore prima, mentre Bruce si dibatteva tra le braccia di Tony in preda alle allucinazioni, Gordon aveva ricevuto una chiamata dalla azienda per la manutenzione degli acquedotti di Gotham... telefonata che Tony aveva ascoltato solo l'indomani, mentre giocava con il computer di Lucius e la propria Mark 7 da sistemare. Il responsabile della rete idrica aveva detto al commissario che, nella più rosea delle ipotesi, potevano ritenere che, a Gotham City, fosse avvenuto un attacco batteriologico mal riuscito.

Tony, a partire da questo notizia, aveva montato un caso e cominciato, metodicamente, a ficcanasare e accelerare le procedure.

Nelle ore successive, le analisi richieste da una 'fonte anonima' riguardo l'inquinamento delle acque bianche cittadine, avevano costretto la sezione scientifica della polizia ad alcuni prelievi in vari snodi dell'acquedotto. La risposta era stata più o meno omogenea: in moltissime zone, una sostanza non identificabile era stata immessa nelle tubature, in quantitativo tale da non poter essere eliminata dai depuratori in funzione.

L'acqua di Gotham risultava miscelata con varie sostanze chimiche. In uno dei campioni, consegnato a un 'laboratorio privato' che ne aveva fatto richiesta, si erano riscontrate notevoli somiglianze tra la sostanza e la droga recuperata in grossi quantitativi nelle zone portuali.

“Insomma...” - concluse Bruce, scorrendo i referti che Tony lanciava sul tavolo - “... la droga è stata versata nell'acquedotto. Noi sappiamo che funziona solo per inalazione e...”

“...E, guarda caso...” - proseguì Tony, srotolando una planimetria azzurrata - “E' appena scomparso un ordigno 'polverizza acqua' che si può integrare ad una bomba la quale, scagliata nel punto giusto, provoca un'onda d'urto tale da far schizzare alle stelle la pressione delle tubature e far saltare ogni giunto e ogni tombino da qui all'orizzonte. Risultato? Nebulizzazione totale.”

Bruce abbassò gli occhi sul progetto, cercando di cogliere, in una sola occhiata, la rete dei percorsi e i dati.

“Questa è la WayneTower...” - mormorò, focalizzando ciò che stava vedendo - “E' qui che deve arrivare la bomba, se davvero vogliono la massima distruzione...”

“Sì, Bruce.” - confermò Tony, puntando il dito al centro del foglio - “Ducard colpirà al cuore Gotham e te in un colpo solo. Non si tratta di far collassare la città intesa come insieme di palazzi. Qui si tratta di far crollare le persone.”

La caduta non riguarda gli edifici. La caduta riguarda le anime.

***

Sapere quali fossero le loro intenzioni, per una volta tanto, poteva dare un vantaggio. Informato Lucius, era stato rapidamente diffuso, a mezzo stampa, un comunicato riferito al blocco del sistema idrico in funzione dalla WayneTower per alcune ore.

Bruce aveva prontamente inviato alcuni consistenti assegni in municipio, affinchè si fornisse la città di autocisterne nelle piazze principali e si pazientasse per il disguido.

Le tubature erano state scandagliate e inondate da massicce dosi di soluzione chimica per ridurre il grado di impurità.. non era esatto parlare di tossicità, infatti, essendo la droga pressochè inerte allo stato liquido.

Il tempo guadagnato non erano molto, ma già abbastanza da poter frenare l'avanzata di Ducard e della Setta delle Ombre. Gordon aveva portato all'estremo le forze di polizia e, con questa azione, le ore quasi raddoppiavano.

Due, tre giorni al massimo. Abbastanza per potersi organizzare. Ma Bruce era certo che Ducard stesse aspettando.

“Non può scegliere una notte a caso. Sta seguendo uno schema.” - commentò Bruce, restando seduto su un angolo della propria scrivania, mentre Tony si rimetteva la giacca - “Attende qualcosa.”

“Probabile. Intanto...” - rispose Tony, trafficando con il proprio palmare - “Attende il tuo ritorno. Sei di nuovo in giro con il tuo veliero.”

“Davvero?” - Bruce si sporse sopra la sua spalla, guardando il servizio che stava giusto andando in onda al momento. Forse, questa volta, Tony lo aveva ricreato troppo sorridente, mentre salutava i curiosi - “E quando sono partito?”

“Stamattina. Ieri nessuno sapeva se eri vivo o morto, oggi non sei in città.” - spiegò Tony - “Specchietto per le allodole, giusto? Ducard non può colpire in assenza del suo testimone.”

“E tu credi che basti così poco a fermarlo?”

“Tu non sei poco. Se così non fosse, avrebbe già colpito. Invece sei vivo perché lui ha disperatamente bisogno di sapere che stai soffrendo. Per questo vai in barca... sei stressato.” - spiegò Tony, continuando nel frattempo ad inviare il video modificato alle agenzie stampa - “E, così, guadagniamo da tre a cinque giorni. Abbastanza.”

“Abbastanza per cosa?”

Potrei avere qualcosa da fare.” - rispose, chiudendo con uno scatto il palmare e mettendolo in tasca - “Ed ora, partiamo. Mi servi a Malibu.”

***

Detto e fatto. Happy aveva riconsegnato la macchina e si era visto rendere le chiavi della Viper con l'ordine di portare Pepper in aeroporto. Il suo travaso di bile era stato evidente senza possibilità di errore. Niente in confronto a quello di Pepper, che si era sentita comunicare la propria partenza per New York via messaggio.

“Stai scherzando, spero!” - aveva risposto, sollevando bene il cellulare davanti al viso perché Tony vedesse i suoi occhi iniettati di sangue - “E cosa dovrei fare io a New York?”

“Le solite cose.” - aveva risposto Tony, aprendo la porta di casa e lasciando cadere il borsone sul pavimento dell'ingresso - “Accetti il premio, tieni una conferenza, sorridi molto, bevi un Cosmopolitan e così via. E, visto che sei lì, dai un'occhiata al cantiere della StarkTower di Manhattan. Happy ti ha portato i vestiti giusti? Eravamo incerti su quello rosso, ma a mio avviso sei uno splendore quando lo indossi.”

Altre urla.

“Pepper, amore, c'è un' interferenza, non ti sento.” - Tony scosse il cellulare, sibilando tra i denti per simulare il disturbo - “Ti chiamo dopo, ciao tesoro, ciao.”

Fine del problema Pepper. Bruce, che lo stava seguendo in silenzio in giro per casa, cominciò a chiedersi che intenzioni avesse.

“Posso fare qualcosa?” - azzardò, scendendo le scale del laboratorio.

“Sì, mi servi per montare quello.” - replicò Tony, indicando il plastico, diligentemente lasciato contro una parete - “Prendo gli attrezzi.”

Bruce si bloccò. Ma era davvero il momento ideale per darsi al modellismo.

La sua espressione doveva essere davvero eloquente, perché Tony gli sorrise e gli indicò una sedia.

“Junior, quando hai ragione, hai ragione.” - comunicò, indicandogli una sedia - “Accomodati. Ti spiego tutto.”

***

Per spiegarsi aveva ritenuto necessario stappare una bottiglia e riempire due bicchieri, come suo solito. Si era seduto e non aveva fatto altro che cominciare a parlare. Gli aveva raccontato della teoria di Lucius riguardo il reattore, del video di suo padre e dei suoi appunti. Poi, era giunto al nocciolo del discorso.

“In quel plastico c'è il segreto di mio padre, Bruce. Io lo sento, non so nemmeno spiegarti perché sia così ma, quando lo guardo, so che c'è qualcosa che mi sfugge, che non sto osservando il problema con la giusta prospettiva. Ma mi manca poco per venirne a capo ed è per questo che Pepper non deve essere qui, nei prossimi giorni. Non posso chiederle anche questo.”

“Tu hai paura che lei ti ostacoli.”

“Lo farebbe. Perché, se ho ragione, se ho davvero ragione, tra meno di ventiquattro ore tu ed io scollegheremo e sfileremo questo reattore e staremo a vedere cosa accade.”

Bruce non rispose. Posò il bicchiere, con infinita lentezza.

“Non puoi chiedermelo.” - disse, dopo un attimo, quando fu certo che la gola non si fosse definitivamente chiusa.

“Invece devo.” - ribattè l'uomo - “Te lo chiedo perché non abbiamo il tempo per esitare. Se mio padre ha ragione, io saprò come portare a termine la realizzazione del reattore Arc e, di certo, non starò a perdermi in altre sperimentazioni in attesa di saperne di più. Io morirò comunque, se non gioco d'azzardo ora. E non intendo restare fermo ad aspettare.”

“Hai detto bene, è un azzardo e tu non...”

“Bruce, guardami.” - lo interruppe Tony. E Bruce ubbidì. Ma, quando lo fissò dritto in viso, non riuscì realmente a ricordarsi dove erano e di cosa stessero parlando. Lo rivide nel campo di prigionia, attraverso il fuoco del falò... a terra, la prima volta che aveva pensato di perderlo... davanti all'aereo, il giorno in cui era volato in Asia per riportarlo a casa. Ma non era abbastanza: in officina, seduto sulla gomma della macchina e pronto a lasciar tutto per seguirlo, in piedi nella caverna, con la pelle ustionata dal saldatore e gli occhi scuri così difficili da decifrare.... e mille altri istanti, in cui, senza commentare, Tony lo aveva seguito nel suo cammino.

Lo rivide come era sempre stato: inquieto, sorridente, presuntuoso, incredibilmente forte. Lo rivide per ciò che era, per l'uomo incapace di frenarsi ma terribilmente coerente con se stesso, per l'uomo geniale e del tutto privo di paura che non smetteva mai di salvarlo.

Tony, che lo aveva tenuto tra le braccia per dargli la sicurezza di avere qualcuno da cui tornare.

“Ho vissuto superando ogni limite... e non tradirò me stesso all'ultimo atto. Credi davvero che non giocherò questa partita?” - gli stava domandando, senza cedere di un passo - “Con o senza di te. Scegli.”

Scegli.

Nel passato, la speranza del nostro presente.

Non conta ciò che pensi, ciò che vuoi. Conta ciò che sei.

Non è dono degli uomini poter tener chiusi gli occhi innanzi al proprio destino.

“Con me, Tony. Lo sai benissimo.” - si sorprese a mormorare - “Combattiamo insieme, ancora. E fino alla fine.”

***

Avevano stretto le viti e bloccato ogni elemento. Il plastico, una volta ricomposto, era un piano di quattro metri quadri. Le strutture riprodotte erano essenziali e di una disposizione geometrica quasi semplicistica: un elemento circolare in mezzo, palazzi ben distanziati disposti a linee concentriche attorno.

Bruce, anche impegnandosi, non vedeva altro. Ma Tony... Tony aveva fissato il plastico, ancora verticale al muro, come se vi leggesse un messaggio cifrato. Poi lo avevano sollevato, posandolo su un cavalletto. E, questo punto, Tony aveva compiuto una delle sue magie informatiche.

Jarvis ho bisogno un reticolato digitale, per favore... e puoi farmi uno stampo in vagoform?” - aveva chiesto, lasciando che il sistema di casa scannerizzasse e riproducesse olograficamente il modellino.

La procedura fu breve. Bruce arretrò fin dietro ad uno dei banconi, per non intralciare. Si era levato la giacca, allentato la cravatta e ora, con le maniche di camicia arrotolate e della polvere sulla guancia, poteva solo attendere.

Scansione modello StarkExpo 1974 completata, signore.” - comunicò, asettico come sempre, Jarvis, pochi minuti dopo. Bruce, indeciso se andarsene o restare, non si mosse.

“Bene, allora iniziamo.” - commentò Tony, sollevando l'ologramma dall'originale e ponendolo, sospeso, a centro stanza.

***

La proiezione era mutata sotto i loro occhi, ripetutamente. Tony, con uno schiocco di dita, lo aveva fatto ruotare, poi verticalizzare e, infine, aveva fatto sparire strade, alberi, elementi più legati al turismo che alla scienza.

Non dissimile ad un atomo” - aveva commentato, puntando un dito al centro del progetto - “E, in tal caso, il nucleo sarebbe qui...”

Aveva parlato con se stesso e in egual misura con Jarvis.

Elimina i passaggi, falli sparire. Via l'architettura dei paesaggi, cespugli, uscite, entrate...”

Cosa vuole scoprire, signore?”

Sto scoprendo... mi correggo, sto riscoprendo un nuovo elemento.”

Bruce, ignorato come se non fosse presente, aveva visto il disegno divenire ancora più essenziale e, d'un tratto, aveva visto Tony coprirsi gli occhi con una mano abbassando la testa. Gli era sembrato stanco e come schiacciato dalla consapevolezza di qualcosa che, come il segreto nel plastico, sfuggiva a tutti tranne che a lui.

Osservò le sue spalle piegarsi, per un lungo istante. Poi...

Struttura i protoni e i neutroni, utilizzando come intelaiatura i padiglioni.” - lo sentì mormorare, mentre il plastico si deformava, divenendo una sfera di luce reticolata. Era sospesa ad un metro da terra, innanzi a Tony. E Bruce si ritrovò senza parole.

Si rese conto di trattenere il fiato, di vivere un attimo unico nel progresso umano. Quando Tony spalancò le braccia, espandendo il reticolato atomico tutto attorno e trovandosi nel mezzo, per un attimo, per un solo attimo, Bruce non vide soltanto la soluzione al loro problema, bensì il futuro, quel futuro che i loro padri avevano inseguito fino alla morte.

Percepì la speranza racchiusa in quella visione come se fosse densa e vischiosa, nell'aria. Al centro della luce, Tony sorrideva, con gli occhi brillanti, la testa verso l'alto.

Lo vide muovere le labbra, ma non riuscì a sentire realmente le parole. Come ipnotizzato, fissava le microsfere che lo circondavano, componendosi secondo un ordine che solo Howard Stark aveva saputo riconoscere nel caos dell'universo.

“Sto scoprendo... mi correggo, riscoprendo un nuovo elemento.” - aveva mormorato Tony, durante il processo di decodifica. Una frase così banale da passare quasi inosservata ma... ora... ora la grandezza di quell'affermazione era un dato di fatto.

La chiave del futuro. La speranza che avevano inseguito, in cui avevano tanto creduto, affondava le radici nel passato che li aveva forgiati. E, quando Tony, a mezza voce, sussurrò “Grazie, papà.”, Bruce fece altrettanto, chinando il capo.

***

Tony aveva battuto le mani, riducendo la sfera alle dimensioni di una pallina da golf. E la voce di Jarvis era vibrata sopra di loro, spezzando l'attimo magico con l'unica frase che Bruce avrebbe voluto sentire.

Elemento proposto potrebbe servire come effettuabile rimpiazzo per il palladio.”

Rimpiazzo per il palladio... rimp...

Tony sollevò lo sguardo, sorpreso. Bruce aveva le braccia alzate sopra la testa, in segno di vittoria. E aveva perso di colpo, tutti assieme, vent'anni.

“Ho capito giusto?” - chiese, euforico, senza accennare ad abbassare le braccia.

Tony cominciò a ridere. Ma non lo contraddisse. Aveva capito giusto e, anche se non stava cedendo ad una danza propiziatoria, condivideva la sua euforia.

Sfortunatamente, è impossibile da sintetizzare.”- commentò in quel momento Jarvis, cercando di atterrare la gioia di entrambi.

Le braccia di Bruce si inclinarono penosamente verso il basso, ma Tony intervenne prima di ogni possibile fraintendimento.

“No, Junior, non ti allarmare. Ci penso io.” - intervenne, alzandosi. La sfera di luce svanì, ma non il suo sorriso soddisfatto - “Jarvis, preparati ad un super rinnovamento... torniamo alla modalità hardware.”

Poi si avvicinò a Bruce e, sorprendendolo, gli diede un buffetto affettuoso sulla guancia, levando l'impronta polverosa.

“Adesso, messi a punto i particolari, passiamo alla fase successiva: dobbiamo distruggere casa.”

***

Detto e fatto. Armato del mazzuolo regalato da Lucius, Tony ridusse in rovina il laboratorio nel giro di un paio d'ore: sfondò pareti, sbriciolò paratie, arrivò alle centraline elettriche di casa passando attraverso i mattoni. Nello stesso lasso di tempo, riuscì a farsi consegnare dalle StarkIndustries un numero imprecisato di casse e materiali di varia natura e dimensione. Quando Bruce gli chiese cosa stessero costruendo, Tony, come se niente fosse, rispose: “Un acceleratore prismatico.”

“Stai scherzando, spero...” - si lasciò sfuggire Bruce, osservandolo passare con una livella nella destra e una tenaglia nella sinistra. Un acceleratore di particelle?

“Io non scherzo mai.” - rispose, mettendosi gli occhiali protettivi e controllando l'allineamento delle tubature montate - “Prendimi quei giunti, per favore...”

Il montaggio dell'acceleratore, che Tony assemblava con la facilità con cui il resto del mondo impilava zollette di zucchero, si protrasse per alcune ore. Il materiale continuò ad affluire con regolarità dai magazzini della Stark e, nel tempo con cui Bruce terminò la parte puramente meccanica che gli era stata assegnata, Tony fece i calcoli, ideò una nuova teca per il proprio reattore e posizionò ogni prisma necessario sull'apposito sostegno.

Quando fu certo di aver completato il montaggio ed ebbe verificato la struttura e il raggio di curvatura, si sedette alla scrivania, configurò i computer e sostituì il palladio nel torace. Poi aprì il cassetto. Dentro, c'era il dispositivo con cui, mese dopo mese, aveva monitorato la propria intossicazione.

Premette il polpastrello con decisione e la cifra apparve sullo schermo, mentre Bruce si avvicinava.

96%. Asintomatico grazie ai medicinali ingurgitati... ma terribile.

Rimasero in silenzio, senza bisogno di condividere le implicazioni di quei due numeri. Poi, Tony sentì una mano posarsi sulla sua spalla.

“Non aspettare oltre.” - mormorò Bruce - “Chiudiamo la partita una volta per tutte. Comunque vada... siamo alla fine. Ed io verrò con te fino in fondo.”

“In tal caso...” - rispose Tony, porgendogli degli occhiali e chiudendo con un colpo il cassetto - “Cercati un punto riparato e goditi lo spettacolo.”

***

Il raggio distrusse la parete, una piglia di cemento, tre metri lineari di scaffalature e un numero imprecisato di oggetti. La vibrazione della struttura era tale da sentire sussultare anche il pavimento. Il laser, orientato da Tony stesso con l'ausilio di una chiave inglese, colpiva e distruggeva, ma raggiunse l'obiettivo in pochi minuti, attraversando un sostegno circolare e caricando la lastra.

Mentre l'intera Malibu piombava nel buio per un blackout improvviso e partivano i generatori d'emergenza lungo tutta la costa, Bruce osservò il triangolo di luce che si creava sotto i loro occhi e, quando sentì il suono dell'acceleratore calare di intensità ed entrare nella fase di spegnimento, capì che i giochi erano fatti.

Nel bene e nel male.

Era facile.” - commentò Tony, a quel punto, con abituale vanità, lasciando andare la chiave inglese e avvicinandosi al tavolo. Con estrema delicatezza, sollevò il triangolo di luce azzurrata e lo pose al centro della teca in titanio già predisposta ad accoglierlo.

Congratulazioni, signore, ha creato un nuovo elemento. Il reattore ha accettato il nucleo modificato.” - disse Jarvis, l'immancabile voce fuoricampo delle vittorie e delle sconfitte - “Eseguirò test diagnostici.

Tony contemplò l'oggetto, restando chino su di lui. Quel triangolo, microscopico e senza nome, era l'inizio di una nuova era. Era energia pulita, era futuro, era... era speranza.

Oggi, papà, tu mi hai salvato. Prima ancora che il mondo, tu hai salvato me.

E io, a conti fatti... non intendo aspettare oltre.

Tony sollevò il nuovo reattore e insinuò una mano sotto la maglietta, sfilando il vecchio. Poi, mentre ancora Bruce non si capacitava di ciò che stava per fare, sorrise.

“Sai che ti dico, Jarvis? Diamo priorità a questo test.” - ordinò. E, con un colpo deciso, inserì il reattore nello spazio al centro del torace.

La luce fu accecante.

Gli sembrò che Bruce lo chiamasse per nome, scattando verso di lui, tra le macerie. Poi non sentì più nulla. E, tutto sommato, la cosa non lo sorprese. Dopotutto... era la fine.

Tell me what you want to hear

Something that were like those years

Sick of all the insincere

So I’m gonna give all my secrets away

(One republic - Secrets)

Dimmi cosa vuoi sentire Qualcosa che era come quegli anni

Sono stanco di tutta questa falsità Perciò svelerò tutti i miei segreti

(2 agosto 2013)

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Capitolo 12
*** 1.12 Battle, Today and Tomorrow (part1) ***


Iron & Darkness

(acciaio e oscurità)

Di MargotJ

EPISODIO 12/13 - (spoiler alla lettura)

http://www.youtube.com/watch?v=zWUb3SOxEWs&list=PLB1F21203D1E4126E

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1.12 Battle, Today and Tomorrow (part1)

I have burned my tomorrow

And I stand inside today

At the edge of the future

And my dreams all fade away

(Unkle - Burn my shadow)

Ho bruciato il mio domani e oggi resto chiuso in me sulla soglia del futuro

e tutti i miei sogni svaniscono

Il palmo freddo sulla fronte gli sembrò magnifico... il dolore pungente al dito un po' meno. Tony aprì una palpebra, inquisitorio. E Bruce gli sorrise. Aveva di nuovo gli occhi cangianti, tra l'oro e il verde.

La smetti di punzecchiarmi?” - domandò, seccato.

Una volta ogni ora come da accordi.” - rispose Bruce, sollevandogli la testa e mettendogli a posto il cuscino - “Né più, né meno.”

E' ora che tu la smetta. Ho quasi finito le dita.”

Passerò a quelle dei piedi.” - replicò Bruce, per niente colpito dalle lamentele, seduto sul profilo del divano. Gli porse il misuratore con cui stava giocherellando - “Vuoi vedere?”

Tony guardò il numero percentuale e, pur volendo restare fermo sulle proprie posizioni, non potè trattenere un sorriso. Poi si ricompose, cercando di sembrare serio.

Non cantiamo vittoria troppo presto.”

No, assolutamente.” - concordò Bruce, con la stessa espressione grave. Poi sfoggiò un sorriso enorme - “Nemmeno un poco?”

Prendi due birre e ti permetto di saltellare di gioia.” - concesse Tony, provando a mettersi seduto con più cautela della volta precedente e con un risultato migliore.

Bruce si alzò, attraversando la confusione. Jarvis aveva già rimosso i calcinacci peggiori e i tubi dell'acceleratore, ma buona parte del laboratorio era ancora in rovina.

Ho di nuovo detto qualcosa di cui potrei pentirmi?” - domandò, massaggiandosi il collo e guardando Bruce sparire dietro il bancone a caccia del frigobar.

Nulla di particolare. Però invocavi di nuovo Pepper. Le farà piacere...”

La invoco ogni volta che penso di morire.” - sospirò l'uomo, rinunciando a restare seduto e crollando di nuovo sdraiato - “Non c'è una terminazione nervosa del mio corpo che non pruda...”

Ti sei dato la scossa dall'interno, Tony, con un elemento sconosciuto sostitutivo di uno radioattivo.” - lo ammonì Bruce, porgendogli entrambe le birre perché le reggesse e infilandogli un altro cuscino dietro le spalle. Poi si riprese il proprio alcool - “Datti tempo...”

Più di quanto ne ho già dato?” - Tony sembrava sconvolto dall'evenienza. E Bruce, alzando gli occhi al cielo, rinunciò a ribattere.

Nell'attimo stesso in cui il nuovo reattore era scattato, bloccandosi al centro del torace di Tony, c'era stata un'esplosione di luce. Bruce, che gli era corso incontro vedendolo crollare, si era dovuto fermare, coprendosi il viso con un avambraccio.

La luce si era dissolta in qualche secondo, lasciando Tony a terra. I segni vitali erano quel che erano, ma Bruce si era rallegrato che il cuore battesse e che respirasse in maniera autonoma. Lo aveva trascinato sul divano e, mentre Jarvis, con tono monocorde, declamava le sue condizioni di salute, Tony aveva ripreso conoscenza.

Lo aveva riconosciuto, rassicurato... poi aveva farneticato qualcosa, che Bruce non aveva del tutto compreso, relativo a una punta di freccia ed aveva di nuovo perso conoscenza, non senza aver prima chiamato Pepper.

A intermittenza, nei minuti successivi, non aveva fatto altro. Bruce, affidandosi a Jarvis, aveva inviato i dati a Lucius Fox. E, nel giro di qualche minuto, Fox aveva telefonato.

L'intossicazione.” - era stata la prima parola che gli aveva detto - “Misura il livello percentuale.”

92%.

Impossibile.

Bruce gli sollevò la maglietta, guardando le escoriazioni nere sul torace. Possibile che stessero sbiadendo? Rimisurò ed ebbe la conferma. Il valore scendeva.

Il suo corpo rigetta le tossine.” - spiegò Lucius, guardando le analisi impazzite sullo schermo del computer - “E' scompensato, ma non credo sia in pericolo. Jarvis ha il necessario, nel caso dovesse avere un infarto.”

Non credo che questo mi rassicuri.” - rispose Bruce, battendo furiosamente sulla tastiera digitale di Tony e rimpiangendo i cari vecchi tasti di plastica scricchiolante.

Bruce, resti calmo e lo tenga d'occhio.” - lo consigliò il professor Fox, con tono conciliante - “E, qualunque cosa abbiate fatto, cripti i dati subito e non mi dica nulla.”

Come?”

Se non so, interrogato non potrò rispondere.” - fu la spiegazione - “Ma, se mi attengo alle mie competenze di fisica... voi avete tra le mani la scoperta del secolo. Cripti i dati e richiami la signorina Potts dall'esilio.”

Bruce abbassò il ricevitore e gridò.

Jarvis!”

Me ne occupo all'istante, signore.”

E non allarmare la signorina Potts, in nessun modo.” - fece eco Tony, dal divano, girandosi su un fianco e tossendo - “Anticipa solo il suo rientro...”

La chiamata con Lucius Fox si interruppe di colpo e Bruce, per una volta meno controllato di quanto non fosse di solito, si ritrovò in ginocchio ai piedi del divano per evitargli di cadere.

Sto bene.” - rantolava il signor Stark, appeso al suo avambraccio.

Non oserei dirlo con tanta sicurezza.” - rispose Bruce, riadagiandolo con maggior garbo possibile.

Bruce, Lucius ha...” - altro colpo di tosse - “Ragione. Devi blindare...”

Lo sta facendo Jarvis in questo momento.” - rispose l'uomo, voltandosi verso gli schermi. I dati sparivano progressivamente, mutando colore - “Lucius ha ragione anche riguardo al fatto che devi stare calmo o avrai un infarto.”

Ma Tony non lo stava più ascoltando. Rideva, rideva soltanto, con il viso sepolto nel cuscino.

Se rischi un infarto significa che sei vivo...” - ripeteva - “Vivo, vivo, vivo...”

E, mentre ancora Bruce cercava di calmarlo, le risate erano diventate singhiozzi incontrollabili.

***

Dieci ore di sbalzi di umore, temperatura, pressione. L'organismo di Tony faceva ciò che poteva per fronteggiare la nuova sostanza e il nuovo stato di salute.

Tony parlava, dormiva, parlava ancora. Bruce si limitava a fissarlo e a rispondere quando, nei momenti di maggior lucidità, gli rivolgeva la parola.

Pepper non aveva telefonato. Probabilmente era furente per lo scherzo che le aveva tirato Tony e lungi dall'intuire a cosa stessero lavorando. Dopotutto, avevano scelto il momento migliore per darsi ai miracoli: dopo mesi passati a non voler affrontare il problema nemmeno a parole, Tony si era preso una manciata di ore a cavallo di una crisi che era iniziata con il ferimento di Batman e finita con il furto di un'arma chimica. Ad un passo dal baratro, con il tempismo egoistico suo tipico, Tony aveva appena salvato se stesso e, in sordina, dato al mondo una scoperta senza precedenti.

Ora, bevendo birra e continuando a fissarlo come se potesse trasformarsi in una rana da un momento all'altro, Bruce fu colpito, per l'ennesima volta, da quella consapevolezza.

E, a Tony, non sfuggì il suo cambio di espressione.

Junior?” - lo chiamò, abbassando la birra senza bere.

Ti rendi conto di quello che hai appena fatto?” - domandò Bruce, con tono vagamente accusatorio.

A cosa ti riferisci?”

L'elemento, Tony, l'elemento che hai scoperto.”

Ri-scoperto. Non confonderti.”

Ok, ri-scoperto. Questo fa del reattore Arc una macchina perfettamente funzionante e in grado di produrre energia all'infinito.”

Approssimativamente esatto. Hai solo saltato uno o due milioni di dati di fisica quantistica.”

Ma non sono io il genio che ha appena cambiato il mondo e...” - ribattè Bruce, serio. E si bloccò.

Howie, l'idea sarà anche mia, ma sei tu che hai le capacità per renderla reale.”

Come dire che mi lasci il lavoro faticoso?”

No, assolutamente. Ti offro la prima Tower su cui sperimentare la tecnologia Arc. Ci volessero anni, io saprò aspettare. E, se davvero sei convinto di non essere tu lo Stark che può cambiare il mondo... io aspetterò Anthony.”

Bruce, non vorrei allarmarti, ma hai lasciato a metà una frase.”

Mio padre lo sapeva.” - replicò Bruce, come folgorato - “Sapeva che sarebbe successo.”

Tony gli sorrise..

Tuo padre è il motivo per cui il mio inseguiva il miraggio delle fonti energetiche rinnovabili, Bruce. Senza Thomas Wayne, Howard Stark avrebbe scelto altri unicorni.... così come Tony Stark, il genio indiscusso del suo tempo, senza Bruce Wayne, non sarebbe vivo.” - replicò. Appoggiato contro i cuscini, con le spalle lievemente curve, aveva occhi scuri resi più profondi dalla luce azzurra che, in trasparenza, brillava sul suo petto - “Mio padre, in un paradosso temporale, ha solo portato a termine ciò che tu hai iniziato molto tempo fa, in una grotta nel deserto.”

Tese la birra, in una forma di brindisi, colpendo quella che l'amico teneva in mano.

Per tanto, io brindo a te, Bruce Wayne... perché la tua oscurità ha portato luce al mondo.”

***

Quella sera, rientrando, Pepper trovò la StarkHouse immersa nel buio. La lunga fila di candele accese, dall'ingresso al salone, sarebbe già bastata per farle intuire le intenzioni di Tony ma, per l'occasione, a quanto sembrava, l'uomo non si era risparmiato.

Le candele bianche, di varie dimensioni, erano sparse per tutta la sala. Petali rossi e gialli sul pavimento, fino alla terrazza dove si intravvedeva un tavolo per due già apparecchiato.

Allora lo sai che hai qualcosa da farti perdonare...” - commentò lei, togliendosi le scarpe e scendendo la gradinata, i sandali nella destra - “Tony?”

Nessuna risposta.

Pepper lo chiamò ancora, mentre la sua attenzione veniva attirata da un enorme mazzo di fiori, di traverso sul tavolino. Ancora rose rosse e gialle, a fianco di una scatola quadrata, di velluto, con un biglietto.

Pepper carezzò il ciondolo di rubini e diamanti che Tony le aveva regalato a Gotham, non molte settimane prima. Non amava i gioielli per ciò che erano, ma per ciò che simboleggiavano, per questo non si era più tolta la piccola ed elegante riproduzione del reattore.

Dopotutto, era la cosa più vicina al cuore di Tony, l'unica a tenerlo in vita. E, per Pepper, simboleggiava tutto ciò che era lui per lei. Tuttavia, seppur decisa a non rinunciare a portarlo, un regalo era sempre un regalo. Sollevò la scatola ed aprì il biglietto.

Come suo solito, Tony non si era sprecato in grandi dichiarazioni.

99% genio, 1% Tony Stark.

Un poco criptico, in effetti... Pepper ripose il biglietto nella busta e aprì la scatola.

Era di nuovo un ciondolo: il brillante, a taglio triangolare, era incredibile, quasi azzurro. Il giro di rubini rossi, intorno, era identico al precedente.

Sembrava il reattore ma... era diverso.

99% genio...

Il suono dello champagne che veniva stappato le fece fare un salto.

Tony, sulla porta della terrazza, indossava uno smoking. Era magnifico.

Signorina Potts...” - la salutò, avanzando con i due calici - “Bentornata a casa.”

Tony, io non...” - esordì lei. Poi si interruppe. Tony, posati i bicchieri, aveva in mano il piccolo misuratore di tossicità e vi stava premendo sopra un dito.

Pepper sentì il macchinario emettere un piccolo sibilo e vide Tony sollevarlo verso di lei.

1%.

1% Tony Stark.

Intossicazione all'1%.

Abbastanza da festeggiare, non credi?” - mormorò, guardandola.

Pepper fissò il numero per il tempo necessario a comprendere ciò che stava vedendo. Poi fissò lui, come in attesa, smarrita.

Tony, sorridendo, si slacciò il papillon e la camicia, fino a mettere in mostra il reattore.

Bianco, luminoso, triangolare.

Ecco la prova che Tony Stark ha un cuore.” - sussurrò, malizioso - “E che stasera, ancora una volta, ha deciso di donarlo a te.”

***

Bruce chiuse la macchina e si avviò per uno dei vialetti del parco, lasciandosi alle spalle la scalinata di WayneManor. Il sole era tramontato e Pepper doveva ormai essere sulla via di casa, ad un passo dallo scoprire tutto quello che era successo.

Era a pezzi. Erano state meno di trenta ore, ma si sentiva come se non dormisse da una settimana. Camminò con calma lungo il viale, deviando ed abbandonandolo in un punto in cui il parco si apriva divenendo una distesa verde e omogenea.

Attraversò il prato, godendosi l'aria fresca della sera. Chiuse gli occhi, senza aver bisogno di vedere dove metteva i piedi.

Quando li riaprì, la cancellata del piccolo cimitero era già in vista e Bruce accelerò il passo. Piegò la testa davanti alla lapide di Rachel e si chinò, raccogliendo un fiore blu. Mi manchi, oggi come ieri. Poi avanzò verso quella di suo padre e rimase in piedi, immobile, come faceva da bambino davanti alla sua scrivania.

Papà, Tony sta bene.” - sussurrò - “E credo che sia anche merito tuo... ha scoperto la chiave del futuro... credo che tu sappia di cosa sto parlando... scommetto che Howie te l'ha raccontato.”

Rimase in silenzio, non sapendo cos'altro aggiungere.

Piegò la testa, estraendo dalla tasca il portafoglio e, quindi, la fotografia che Tony gli aveva regalato, solo la mattina precedente. Per tutto il viaggio di ritorno, non aveva fatto altro che pensare a quel casuale intreccio di vita e morte, presente e passato che li univa.

Tutti assieme. Tutti sorridenti. E nessuno in grado di ricordare quando fosse stata scattata. Eppure, questa mancanza di memoria non aveva reciso il filo: Tony e Bruce erano giunti ad una strada su cui i loro genitori avevano sperato camminassero, senza forzature né retaggi.

Si erano conosciuti nella maniera più improbabile e, nello stesso modo assurdo, avevano scelto che ruolo avere nel mondo.

Ora, pensare alla propria vita senza Tony Stark gli riusciva impossibile. Semplicemente impossibile. E comprese, con un attimo di empatia, cosa doveva aver provato Howie, quando era morto Thomas.

Lui è un buon amico. Non mi ha mai lasciato solo.” - aggiunse, come se volesse rassicurare quella pietra - “Non so se avevi previsto questo, per me. Ma so che credevi nel valore dell'amicizia. Io no... è stato lui a farmi cambiare idea.”

Si zittì, giocherellando con uno stelo d'erba tra le dita.

Mi manchi, papà.” - sussurrò - “E non so come andrà a finire questa mia battaglia, se ci vedremo presto oppure no... ma ti prometto che non mi arrenderò. Non mi arrenderò mai.

***

La reazione di Pepper era stata più o meno quella di Tony. Prima risate poi lacrime a fiumi, sbavando mascara in abbondanza su di lui che, con aria comprensiva, l'aveva stretta e lasciata sfogarsi. Poi, finita questa fase, Pepper era tornata se stessa. E Tony si era preso il canonico pugno sul pettorale.

Lei mi ha tagliato fuori di nuovo!” - era stata l'accusa, smettendo rigorosamente di dargli del tu - “Dovevamo affrontarlo assieme e lei, lei...”

Non ero solo, ero con Junior.”

Incomprensibilmente, pessima linea difensiva. Altro pugno.

Oh, Tony!” - esclamò Pepper. Poi si sedette sul divano, con un tonfo - “Tu proprio non capisci niente!”

Tony, che era già pronto a difendersi, si bloccò. Poi richiuse la bocca.

Pepper piangeva di nuovo.

Ho cercato di immaginare la mia vita senza di te.” - singhiozzava - “Ho cercato... desideravo non perdere un istante di noi due, domandandomi cosa sarebbe stato di me quando non ce ne fossero stati più e... dimmi che è vero, per favore, dimmi che è vero, che non mi stai illudendo...”

Signorina Potts, mi guardi.” - replicò lui, inginocchiandosi - “Mi guardi, perché sono sano con un pesce e deciso a non lasciarla tanto presto.”

Tony, io non...”

Pepper, ragiona. Cosa sarebbe di uno come me senza una come te?”

Pepper aprì la bocca. Tony non aspettò oltre e la baciò, afferrandola forte.

Basta parole.” - bacio - “Rovinano la nostra serata.” - ancora un bacio - “Mi ami? Io ti amo.”

Bacio. Ma, questa volta, era Pepper a tenerlo stretto perché smettesse di sfuggirle, una volta per tutte.

***

La mattina dopo, scendendo con pochi vestiti addosso, Pepper fu colpita dall'odore del caffè, particolarmente forte. Jarvis, fedele ai gusti di Tony, preparava una brodaglia lunga e nera, non appetibile. Pepper, rifiutando di adeguarsi, si era attrezzata con una macchinetta da espresso e, al mattino, preferiva fare a meno dei servigi del maggiordomo virtuale e avere una tazza bevibile per cominciare la giornata.

Attraversò la sala a piedi nudi, con indosso solo la camicia da smoking di Tony e, affacciandosi sulla porta, si sentì in dovere di arrossire, fino alla radice dei capelli.

Oh, allora è andata bene!” - commentò Bruce, guardandola e finendo di lavare il filtro della macchina - “Buongiorno!”

Non eri qui stanotte, vero?” - unica frase che Pepper ritenne di dover formulare.

Bruce la fissò stranito, poi scoppiò a ridere.

Sono arrivato da poco.” - la rassicurò - “Ho appuntamento con Tony tra mezz'ora e ho pensato di farvi una sorpresa.”

Sul bancone della cucina, dava sfoggio di sé una colazione regale.

Da parte mia e di Alfred.” - comunicò il miliardario bello irraggiungibile di Gotham City, asciugandosi le mani e indicandole il buffet - “Prego, accomodati.”

Pepper, impalata sulla porta si fece coraggio e avanzò. Con un poco di fortuna, il bancone avrebbe nascosto tutto ciò che, magari, Bruce non aveva ancora notato.

Dorme?” - domandò l'uomo, riempiendole una tazza e porgendogliela.

Pepper annuì. Poi lo fissò dritto negli occhi.

1%” - comunicò soltanto, per il puro piacere di vederlo sorridere ancora.

Lo speravo.” - ammise Bruce - “Quando sono andato via era al sette per cento. Ti ha raccontato?”

Tutto... credo.” - rispose. Poi, decidendo di accantonare le incertezze, allungò una mano e si prese un dolce - “Riesci a immaginare cosa accadrà ora?”

Purtroppo non del tutto.” - ammise Bruce, con un'inevitabile ombra negli occhi - “So che la StarkIndustries cambierà il mondo ma... ma so che nell'immediato dovremo occuparci di fatti che non riguardano la pace.”

Lo so. Ma, Bruce, lui ha... io non riesco nemmeno a descrivere quello che potremo fare. Con una risorsa di questo tipo potremmo giungere ad alimentare palazzi, forse città intere...” - lo osservò, mentre si sedeva, una tazza di caffè tra le mani - “Era il sogno di tuo padre, vero?”

Bruce annuì.

Tu e Tony siete i più adatti a portarlo avanti. Nulla lo potrebbe rendere più fiero.”

E Pepper, allungandosi sopra il bancone, gli strinse le mani con la propria.

***

Purtroppo, pur tenendo il futuro tra le mani, Tony era perfettamente consapevole di come il presente andasse affrontato, ed anche con una certa priorità. Il tempo guadagnato a Gotham era quasi scaduto e il Joker, la notte prima, aveva rifilato un sonoro scrollone all'apparente tranquillità.

Il sindaco era saltato in aria, in maniera non dissimile a Dent, insieme a tutto il suo entourage e a due piani del municipio. Una piccola rappresaglia, aveva commentato il Joker, con aria modesta, durante la canonica interferenza televisiva. Una piccola rappresaglia perché accettiate il caos a cui siete destinati. Bruce, appena rientrato a casa, non aveva voluto disturbare Tony e Pepper ed era uscito, per una ricognizione sul luogo del disastro. Sotto le spoglie di Batman, non aveva visto nulla che lo colpisse, ma Alfred, lasciato al rifugio davanti ai monitor, aveva estrapolato qualche informazione.

Secondo le prime testimonianze, un bagliore in cielo aveva preceduto la deflagrazione. Come un missile, dicevano alcuni, come un'arma pilotata sottilizzavano gli altri. Per il poco che si era potuto dedurre dai filmati, Bruce aveva supposto potesse trattarsi dell'androide contro cui aveva combattuto Tony.

Probabilmente, aveva ragionato, un nuovo collaudo prima del debutto.

Tony, ascoltandolo, si era ritenuto d'accordo. Aveva prelevato un paio di brioche dal tavolo, aveva finito il caffè ed era sparito in laboratorio.

Vado a farmi la doccia.” - aveva sospirato Pepper, alzandosi e rivolgendosi a Bruce - “Lo segui tu, no?”

In effetti, era nelle intenzioni di Bruce farlo. Aveva disceso le scale, portandosi il caffè e un plico di appunti. E si era scelto un metro quadro di pavimento per lavorare.

Tony, che aveva bisogno di riflettere, si era immerso nel cofano della Roadster a caccia di ispirazione. Non avevano bisogno di parlare, ognuno pensava alla propria parte di grane: Bruce cercava di capire quale fosse il momento propizio che Ducard attendeva, Tony valutava le possibilità di riuscita immaginando vari scenari.

Pepper, vestita di tutto punto, stava scendendo la scala, parlando al telefono. Doveva essere pronta per l'ufficio, con i capelli raccolti e una cartelletta in bilico su un braccio.

Adesso temo di doverti dire qualcosa che non ti piacerà.” - comunicò, staccando la comunicazione e fermandosi alle spalle dell'uomo.

Sarò forte.” - rispose Tony, senza nemmeno voltarsi - “Qualcosa peggio del solito? Perso un'altra bomba? Sganciato quella che hanno?”

Dipende come vuoi prenderla...”

Pepper, o mi dai il colpo di grazia o lasci perdere.”

Ok. Non credo che tu ti sia liberato di Obadiah Stane.

***

Io l'ho visto morire.”

Tu lo hai visto volare dentro il reattore. Ma il corpo recuperato non è identificabile. Abbiamo solo dato per scontato che...”

Sciocchezze.”

No, non credo.” - lo contraddisse di nuovo lei. Anche Bruce si era avvicinato, abbandonando il proprio lavoro. Nel momento stesso in cui aveva 'sganciato la bomba', aveva avuto tutta la loro attenzione, diniego annesso - “E' la verità. Guarda il referto autoptico: lacunoso. Non abbiamo mai verificato che fosse Obie, ci siamo fidati basandoci sul contesto. E ho chiesto a Phil...”

Phil? Ma si, adottiamo lo SHIELD come se fosse il figlio perduto di casa!

Come sei arrivata a questa conclusione?” - chiese Bruce, in piedi, a braccia conserte, ignorandolo. Tony stava compiendo la Millemiglia in laboratorio, strofinandosi la testa per venire a capo del mistero.

Ho chiesto una verifica allo Shield mentre eravamo a Gotham, l'altra settimana.” - spiegò lei. Poi tornò a voltarsi verso l'irritato signor Stark - “Hanno rubato un emettitore che ufficialmente non esisteva: l'unico che poteva saperlo, a parte Earle, è chi lo ha progettato...”

Tony si fermò. Aveva i capelli in ogni direzione ma, visibilmente, cominciava a mettere insieme i pezzi.

Ok. Torniamo indietro e supponiamo per un istante che tu possa aver ragione.” - concesse, sottolineando, come suo solito, la propria magnanimità - “Obie decide di farmi fuori e niente va come previsto: al mio ritorno, stringe un'alleanza con Ducard...”

... che, a sua volta, si porta appresso Crane come adepto... perché?”

Perchè tu gli hai pestato i piedi, Junior.” - fu la risposta poco gentile ma veritiera - “ Hai finanziato la Stark mentre affondava, lo hai messo a posto in pubblico alla cena di gala e lo hai ostacolato destituendo Earle. Sei stato...”

Cosa sono stato io, è chiaro.” - sorrise Bruce, interrompendolo - “Vai avanti. Voleva uccidere te ed educare me e...”

E scompare. In quel lasso di tempo, comincia la produzione clandestina di armi nella mia fabbrica e tutto quel gioco di bombe che mi irrita incredibilmente.” - concluse Tony - “Così arriviamo al nostro scontro sul tetto... in una serata piena di impegni.”

Piena di impegni e di trucchi da prestigiatore.” - concordò Bruce, ripensando a quella notte... la notte in cui aveva scelto di non uccidere il Joker. Per Rachel - “Prima regola della Setta, teatralità e inganno sono strumenti potenti. Credo che Ducard non si sia limitato a ingannare me...”

E, di illusione in illusione, continuano a camminarci un passo avanti.”- sbuffò Tony. Poi si voltò verso la donna, operativo e sollecito - “Pepper, non credo di essermi liberato di Obadiah Stane.”

Ho avuto anche io lo stesso dubbio.” - ammise lei. Tony amava avere buone idee anche quando erano quelle degli altri. Inutile contrariarlo - “Quindi dobbiamo aspettarci che accada qualcosa... quando?”

Bruce si rese conto di non ascoltarli più. Fissava un giornale, in parte nascosto dalla cartellina che Pepper stringeva ancora in mano.

Il suo cervello si rifiutava di smettere di fissarlo. Cosa aveva visto?

Strinse gli occhi, concentrandosi. A Pepper non sfuggì il fatto. Abbassò lo sguardo, interrogativa e, intuendo cosa stesse studiando, glielo porse.

Era una rivista scientifica. Bruce la girò senza aprirla. Una foto di Tony... aveva qualcosa di strano? No, non più del solito.

Cosa hai visto?” - domandò Tony, avvicinandosi. Bruce lo ignorò, continuando la caccia al particolare.

L'inaugurazione dell'ultimo spazio della Expo? Possibile. La rivista aveva un conto alla rovescia come sottotitolo.

Perchè inaugurate oggi?” - chiese, fissando i numeri.

Soluzione pubblicitaria.” - spiegò Pepper, senza perdersi tra le domande che avrebbe voluto porgli - “E' un gioco numerico. La data di oggi sembra...”

Sembra un conto alla rovescia.” - la interruppe Bruce, fissandola.

Sì, era un'abitudine di mio padre.” - commentò Tony.

4... 3... 2... 1...

3 aprile... 04 03 2010.

Perchè vuoi inaugurare la WayneTower proprio in questa giorno, Thomas? 3 febbraio?”

E' un gioco, Howie: 3.2.1987. non trovi sia un numero che sa di infinito? Un conto alla rovescia ciclico.”

Quello che hai appena detto non esiste.”

Tu prendi i numeri troppo sul serio, vuoi sempre che dicano solo verità. Io, invece, voglio che raccontino una storia: questo dice che non smetteremo mai.”

E' il pensiero meno scientifico mai sentito.”

Le idee scientifiche migliori sono quelle che all'inizio lo sembrano meno. E tu ne sei la prova vivente.”

E' stasera.” - commentò Bruce - “Attaccheranno stasera.”

Come?”

Come lo hai capito?”

Il conto alla rovescia è iniziato.” - replicò Bruce, voltandosi e andando verso il computer di Tony. Lo accese, poi invitò l'amico a sedercisi davanti - “La registrazione nei capannoni, falla partire. Ducard ha parlato di un conto alla rovescia, non riesco a ricordare la frase.”

Il conto... rovescia è appena iniziato... è scritto... mesi...”

Ducard ama i simboli e deve essere certo di colpire definitivamente. E non ha studiato solo noi due, credimi.” - spiegò, restando in piedi dietro di lui - “Ha certamente scavato nel nostro passato, sa dei nostri genitori, è andato a caccia di un segno a cui aggrapparsi, che renda la distruzione ancora più dolorosa.”

E tu credi sia questo?”

Il gioco delle date era tipico dei Wayne. Howie ha preso questa abitudine dopo la sua morte. Ducard non attacca Batman, lui attacca l'uomo dietro la maschera, il disonore di suo padre.”

E' questo che ti ha detto?”

Sì, ma il padre tradito è lui, Pepper.” - spiegò Bruce, mentre Tony faceva partire la registrazione - “La setta era la sua eredità per me, io avrei dovuto distruggere GothamCity, ma ho scelto diversamente. Ora è necessario che io veda la città cadere per mezzo di tutto ciò che la mia famiglia ha deciso e compiuto. È stasera, ne sono certo.”

La registrazione era disturbata, ma le parole, filtrate più volte da Tony, erano distinguibili. Come aveva detto Tony, dopo averla sentita una prima volta, alcuni avevano parlato più forte di altri, vicino al microfono. Bruce, cercando di associare i ricordi mutili ai suoni distorti, seppe indicargli approssimativamente il punto da cui partire.

Nulla. Solo imprecazioni e commenti per il denaro in fumo. E per l'uomo pipistrello a terra.

Da qui.” - si intromise Bruce - “Puoi separare i suoni? Ci servono le voci di sottofondo.”

Un tentativo, due, tre... poi...

Il conto alla rovescia è appena iniziato...” - gracchiarono gli altoparlanti. Ducard, impostato a cadenzato come sempre - “E' scritto nel destino di Gotham, a dieci giorni da oggi, dall'idealismo dei loro genitori ci è stata indicata la via da seguire. Cadranno entrambi, insieme, nel momento prestabilito, per mano dei padri spirituali che hanno respinto per compassione e superbia.”

Io voglio essere il superbo, la compassione non mi si addice.” - mormorò Tony, alzando il volume.

Per me va bene. Tu sei superbo.” - concordò Bruce, piegando la testa per non lasciarsi sfuggire una singola sillaba. Ancora interferenze, parole indistinguibili.

Ma lui sta...” - distorsione - “...morendo. Discutete … nulla...”

Il signor Stark non desiste... Ammirevole...”

Mi stupirebbe il contrario. Sono i due volti di una stessa medaglia, il figlio della pace e quello della guerra. Il buio e la luce...”

Sentito?” - commentò Tony, grondando sarcasmo - “Siamo un duo tragico...”

I due piatti della stessa bilancia.” - rise una terza voce, più stridula. Non aveva bisogno di presentazioni, pensò Pepper, mentre le si accapponava la pelle - “Pipistrello, pipistrello cattivo... è lui, vero? È lui quello che penso, è lui?”

Tony non commentò. Bruce, in piedi, dietro di lui, non spiegò nulla.

Rimasero in silenzio, ascoltando il resto del nastro.

Smettetela con i vostri discorsi profetici. Dobbiamo andare. Cosa avete deciso riguardo a lui?” - Crane, probabilmente - “Noi abbiamo cose più importanti di cui occuparci. Lo lascerete vivere?”

Se è destino che viva...Vivrà. Lasciatelo combattere.”

Combattere. Perchè no... lui ama lottare... ama lottare anche se la morte lo circonda e lo abbraccia.”

L'audio divenne inudibile. Tony fermò il nastro, inserì due filtri e lo fece ripartire, prima che Bruce potesse fermarlo. E il Joker riempì l'aria.

Tu vuoi morire, però. Non combattere. Io lo so. Tu attendi di morire per mano mia... come lei e, con lei essere sepolto, sotto l'albero, con la lapide bianca. Tu attendi di morire per mano mia... E io ti lascio attendere... Bruce Wayne.”

***

Tony fermò la riproduzione.

Silenzio.

Quando lo ha scoperto?” - domandò, voltandosi appena. Nessuna intonazione, nessuna emozione.

Rabbia, pensò Pepper. Sta provando rabbia. Ma contro chi?

In un flash, ebbe di nuovo davanti agli occhi il falso Batman, impiccato con il volto dipinto. Si trattenne dal rabbrividire ma lo stomaco le si strinse in un nodo.

Non lo so.” - rispose Bruce. Fissava il grafico, sullo schermo, come se le parole appena sentite fossero scritte e leggibili - “Non mi sono nemmeno reso conto che mi avesse chiamato per nome.”

Silenzio. Tony non commentò.

Non lo sapeva, quando ci siamo parlati in commissariato. Parlava di me e di lui come se fossimo entità separate.”

Me e lui... ci sarebbe stato da domandarsi in quale dei due Bruce riconoscesse il reale se stesso. Ma Tony non era uno psichiatra né un filosofo. Era un informatico, un genio e, come aveva avuto modo di precisare Ducard, un figlio della guerra. Non aveva tempo per le speculazioni sul passato, ma solo per i progetti rivolti al futuro.

Joker sapeva chi fosse. Joker sapeva.

Questa storia deve finire.” - disse, dunque, alzandosi. Si voltò e fronteggiò Bruce - “Stasera?”

Ne sono sicuro.” - annuì l'altro - “Stane qui alla Expo e Ducard a Gotham. I nostri padri spirituali stanno per annientarci.”

Allora sono dispiaciuto per loro. Perché i figli dei nostri padri stanno per prenderli a calci nel sedere.”

***

Bruce era partito per GothamCity, dove lo attendeva Lucius con l'attrezzatura nuova pronta per la messa a punto. Tony, con l'armatura in fase diagnostica, si era versato uno scotch, senza curarsi del fatto che fossero solo le dieci del mattino. Pepper aveva chiamato l'ufficio e comunicato che avrebbe tardato. Poi era arrivato Phil Coulson (o come diavolo si chiamava, aveva pensato Tony, stringendogli la mano), con il referto del presunto Stane e con un bestione nero come accompagnatore.

Nick Fury.” - si era presentato. A Tony aveva immediatamente dato sui nervi - “Noi dobbiamo parlare.”

Prima una domanda.” - aveva prontamente ribattuto il signor Stark, squadrandolo: benda nera, camminata minacciosa, faccia da carogna... odio, odio e fastidio - “Shield?”

Strategic Homeland Intervention, Enforcement and Logistic Division.” - aveva sospirato Coulson, intuendo dove volesse andare a parare con la prima provocazione - “In acronimo... S.H.I.E.L.D.”

Uh, quante cose si spiegano, ora... Phil.” - aveva cinguettato Tony. Poi aveva fissato, truce, l'omone nero - “E lei? Posso esserle utile? Non ricordo il suo nome...”

Nick Fury, direttore dello Shield.”

Davvero? Però ci siamo già visti, vero?” - strinse gli occhi, deciso a comportarsi malissimo, visto che gli stavano facendo perdere tempo - “Da bambino avevo un pupazzetto che le assomigliava. Il mio Capitan America gliele suonava sempre di santa ragione.”

Il sopracciglio non nascosto dalla benda ebbe un infinitesimale fremito.

Tony ne fu soddisfatto.

Come reazione non è niente male... quante volte riesco a farglielo fare in un'ora?

Tony, comportati bene.” - mormorò Pepper, sottovoce, indicando a tutti un tavolo attorno cui sedersi. Poi, una volta accomodatasi, capì che le sedie erano superflue... le sedie erano debolezza...

Quindi?” - esordì Tony, restando ben piantato sui suoi piedi, fissandoli come se fossero scarafaggi.

Riteniamo che la signorina Potts abbia avuto ragione nel richiedere una seconda autopsia sul corpo del defunto Obadiah Stane.” - comunicò Coulson, saltando a piè pari i convenevoli e lasciando l'ostilità al proprio capo e a quello della signorina Potts - “Documenti contraffatti, senza ombra di dubbio e, no, non si tratta di Stane. L'uomo dentro l'armatura non era lui ma era stato scelto apposta per peso e corporatura. Probabilmente già morto al momento del vostro combattimento.”

Ho combattuto con uno zombie? Azzardata come teoria...”

Nell'armatura abbiamo trovato un sistema di realtà virtuale modello Stark 54f-ghh. Era molto danneggiato, abbiamo fatto fatica a riconoscerlo.” - spiegò Pepper - “E microfoni e trasmettitori, così sappiamo come Obie ti abbia convinto mentre combattevate.”

Controllata da lontano mediante sensori di movimento e elettrodi, con annessa voce preregistrata. Il mio ego potrebbe risentirne.” - borbottò Tony, mentre Pepper richiamava i dati con il portatile - “Perchè lo scopriamo solo ora?”

Perchè solo ora abbiamo preso noi in mano la situazione.” - rispose Fury, rivelando una voce bassa, spessa e teatrale... ignobile solo alle orecchie di Tony - “Stane ha giocato bene le sue carte, con la fabbrica e con il presunto decesso. Crediamo che attaccherà...”

Stasera.” - tagliò corto Tony, deciso a non subire oltre - “Stasera alla Expo dove io lo farò a pezzettini.”

I nostri analisti...”

I vostri analisti non sono bravi quanto il mio.” - fu la risposta. Con annessi occhi al cielo di Pepper - “Io ho da fare parecchio prima del tramonto per cui, se proprio ci tenete ad autoincensarvi nel mio salotto, avviate il rito abbreviato.”

Il rito abbreviato prevede il comunicarti la possibilità che Vanko abbia avuto da Stane il restante palladio sottratto in cambio di un intervento alla nuova armatura.” - rispose Fury, poco colpito dal ringhio di Stark, tirando una memoria usb sul tavolo, dritta tra le sue dita - “A quanto abbiamo scoperto, è stato Crane a presentare Ducard e Stane, non il contrario. Ed è stato sempre Crane a metterli in contatto.”

Sciocchezze, quei due non stanno di certo lavorando assieme.”

Oh, no, non lo farebbero mai... perché ognuno vuole ucciderla, signor Stark, e prendersi tutti i meriti.” - disse Phil, mentre la memoria, inserita nella periferica, proiettava una serie di dati sugli schermi virtuali che erano apparsi, circondandoli - “Stane ha un'armatura nuova e perfettamente funzionante. In cambio, Vanko ha ciò che vuole per fare i propri comodi. Lavoreranno assieme quando lei sarà deceduto.”

Questo...” - disse Fury, indicandogli un video in proiezione tra le stringhe matematiche - “E' stato girato ieri notte in un teatro di guerra sudafricano. Ti risparmio la parte del massacro dei civili ma... stop!”

Al suono della voce, il video si bloccò in fermo immagine.

Il signor Stane, presumo, al pieno della sua forma meccanica...” - commentò il direttore dello Shield, mentre Pepper ampliava l'immagine cercando di ignorare i particolari peggiori - “... e impegnato nell'ultimo collaudo.”

Cosa ci garantisce che ci sia lui questa volta nell'armatura?”

Questo. Avanti... stop!”

Sullo schermo, l'armatura si stava aprendo, come un fiore. Ne emerse un Obie tronfio e soddisfatto.

L'ultima volta che si erano visti, Tony giaceva su un divano... e Obie lo stava guardando morire. Tony scacciò quel ricordo dalla mente e fissò lo schermo.

Confortante. Almeno sappiamo che è proprio lui.” - commentò, quindi - “Posso andare, ora? Avrei da fare.”

Tony, aspetta.” - lo chiamò Pepper, visionando i dati in scorrimento sui monitor - “Guarda...”

Non lo vide prontamente. Sullo schermo scorrevano planimetrie della Expo, dati autoptici, percentuali di radioattività in alcune zone del Nordamerica, schede su Vanko, Crane, Ducard. In tutto e per tutto, una versione ancora più aggiornata della loro documentazione. C'era persino un parziale su Iron Man, corredato di tridimensionali dell'armatura.

Tony non vide prontamente a cosa si stesse riferendo Pepper... perché ciò che la donna stava cercando di fargli intuire era ciò che non c'era.

Mancavano Joker... e Batman.

Sì, avete capito giusto: riteniamo che il Cavaliere Oscuro non sia materiale per noi e che la sua vendetta non ci riguardi. Ma sappiamo che inizia a destare troppa curiosità.” - disse Fury, a quel punto. Adesso si era accomodato, a capotavola, con la faccia di chi ha la partita in pugno - “E, ora, sono certo di avere la tua attenzione... Anthony.”

***

Lucius aveva fatto un egregio lavoro. La corazza, emersa dal pavimento della sezione scientifica della WayneTower, era decisamente soddisfacente. Lucius l'aveva già portata al rifugio, con l'aiuto di Alfred.

Sì, la teoria delle date è valida. Per stasera, quindi...” - commentò l'uomo, mentre Bruce, inguainato nel kevlar, valutava le novità nascoste. Alfred, impassibile, porgeva guanti, cintura, munizioni, come se lo aiutasse a vestirsi per un ricevimento a corte.

Ne sono sicuro.” - confermò Bruce, piegandosi e verificando le zone articolate - “Una data simbolica e la certezza che Iron Man non possa intervenire. Divide et impera, tipico di Ras'l Ghul.”

Il signor Stark avrà il suo daffare, immagino.”

Stane dovrebbe essere solo. Non è tipo da dividere la gloria. Forse userà la guerriglia, ma gli altri saranno qui, a Gotham. E, a quest'ora, se gli hanno lasciato il tempo di ragionare, Tony ha già certamente un piano.”

E lei, Bruce? Ha un piano?”

Ci sto lavorando.” - sorrise, da monello, spalancando le braccia e flettendole - “Ducard ha una bomba e un emettitore e so dove vuole andare a piazzarli... e so che non farà nulla prima del tramonto. Ho già avvertito Gordon.”

Perchè non prima del tramonto?”

Perchè vuole Batman. E Batman è una bestia notturna.”

Ed è sempre inquietante sentirla parlare di se stessa in terza persona, signore.” - sospirò il maggiordomo, spostandosi, di modo che Bruce potesse collaudare la tensione del mantello - “Non saranno troppi, per lei soltanto?”

E' sempre così, Alfred. Loro sono tanti ed io sono solo... fa parte del gioco.”

Un gioco pericoloso.”

Dalla prima mossa.” - confermò Bruce, allargando le braccia e gettando un'ombra scura su di loro - “Fino all'ultima.

***

Dunque, saltiamo i convenevoli e riprendiamo dall'ultima frase che ha detto.” - disse Tony, riempiendo due bicchiere e portando a Fury, comodamente seduto sul divano, il suo. A quel punto, decise di rinunciare a dargli del lei - “Hai detto, cito testualmente: riteniamo che il Cavaliere Oscuro non sia materiale per noi e che la sua vendetta non ci riguardi. Amplia il concetto.”

Niente male. Un ottimo scotch.” - rispose l'uomo, degustando - “Thomas Wayne preferiva il Brandy... ma anche lo scotch non è spiacevole. Bruce lo beve?”

Tony si disinfettò la bocca con l'alcolico e mandò giù con l'impressione che la bile stesse contemporaneamente risalendogli l'esofago.

Non conosco abbastanza i Wayne per rispondere. Non frequento i damerini. Sono un giocatore solitario.”

Sì, lo so. Sei un giocatore solitario...” - sogghignò Fury, concedendosi un altro sorso - “E stasera? Vi concederete un doppio?”

Sì, con tanto di palle e bastoni. Andremo avanti a lungo con le frecciatine?”

No, assolutamente. Sei più abile di me, senza ombra di dubbio.” - Fury posò il bicchiere vuoto e allargò le braccia lungo lo schienale - “Il Cavaliere Oscuro non ci interessa e non ci riguarda. Il suo regno è GothamCity, non il mondo, la vostra amicizia un fattore del tutto irrilevante. Tuttavia...”

Tuttavia...”

Tuttavia non è un caso che i collegamenti tra i suoi problemi e i tuoi non siano nella documentazione.”

No?”

No. Sono stato io a farli sparire. E farò sparire anche tutti quelli successivi... perché sappiamo perfettamente che, a parte palle e bastoni, state maneggiando gli stessi arnesi.”

Uh, ma che battuta scabrosa!” - mormorò Tony, scandalizzato, lasciandosi andare sulla poltrona e accavallando le gambe, in una posa analoga a quella dell'uomo e altrettanto spaccona - “E, a parte la bontà d'animo, a cosa devo questa gentilezza?”

Voglio un favore da te.”

Figuriamoci...”

Quando tutto questo sarà finito, in un futuro indefinibile ma che non credo sia lontano, tu risponderai a un mio invito.

Un invito a cena? Non sei il mio tipo, mi spiace.”

Credevo avresti risposto che hai una relazione stabile. Ti avevo sopravvalutato.” - fu la risposta caustica e Tony la sentì andare a bersaglio. Fury iniziava a piacergli - “Tuttavia, questa è la proposta: renderemo Wayne, Batman e il tuo coinvolgimento un segreto autentico, in cambio di un 'Sì, arrivo subito.' come risposta, il giorno in cui alzerò il telefono.”

Davvero mi telefonerai? Credevo sarebbe stata una cosa più estrema, del tipo: abbiamo bisogno di te, grande e onnipotente Iron Man! Salvaci! Magari urlato da una scogliera... ce n'è una, qua di fronte, proprio adatta...”

Non ti montare la testa. Manderò Coulson, contento? Lui sarà gentile e non incontrerà nessuna resistenza da parte tua. Prendere o lasciare.”

Tony soppesò l'ultimatum. Bevve un altro sorso, valutò il proprio avversario riconoscendone la forza e l'autorità, dondolò un piede per sembrare annoiato.

Quando tutto questo sarà finito e non prima.” - disse, infine - “O l'accordo salta.”

Hai la mia parola.”

Bene. Allora prendo.

***

Non c'era molto da scoprire, riguardo al piano di Ducard: l'emettitore, connesso alla bomba, andava portato alla WayneTower, laddove si sarebbe attivato, nebulizzando l'acqua dei condotti principali e liberando la droga. Con l'esplosione, se ne sarebbe andata anche la luce, gettando la città nel panico e dando il via libera al caos.

A quel punto, sarebbe intervenuto il Joker. Non prima. Forse qualche schermaglia per scaldarsi... ma niente a livello della bomba. Ducard voleva certamente il centro della scena per sé.

Batman aveva tutto il tempo di affrontarli uno alla volta e, per farlo... occorreva solo una singola informazione: dove fossero.

Così, con metodo, Bruce ripercorse gli spostamenti dei suoi avversari su una proiezione olografica di Gotham, creata apposta da Tony. Alfred, a quanto sembrava, aveva scoperto come renderla interattiva, inserendovi punti colorati e linee con coordinate precise.

Un colore per ognuno di loro in base alle segnalazioni e ai luoghi di scontro: Crane, Ducard, Vanko, Joker. Se si escludeva Vanko, mai più visto dal giorno della fuga dalla prigione, il più fatuo, ovviamente, era quest'ultimo. Gli avvistamenti del Joker erano solo sui luoghi del delitto o via etere, nelle trasmissioni abusive.

Inutile ostinarsi.

Ma gli altri... Ducard, con le sue molteplici identità, aveva frequentato molti salotti mondani, in città, con una tecnica non troppo dissimile a quella di Tony, confidando nello stare in vista e, allo stesso tempo, celarsi agli indiscreti.

Illusione, come sempre, ma molte tracce del suo passaggio.

Crane, allo stesso modo, lo aveva accompagnato, preceduto e aiutato sul campo, risultando altrettanto rintracciabile.

Anche Gordon aveva compiuto un lavoro analogo, fornendo un certo quantitativo di dati. E, provando a incrociare le linee, in effetti, Bruce aveva ottenuto alcune zone possibili, più probabili di altre, in cui si potevano trovare la bomba e il mezzo di trasporto utile a portarla a destinazione.

Tanto valeva iniziare da quelle. E, nel frattempo, continuare a cercare.

Signor Wayne...” - disse una voce, alle sue spalle.

Ciao, Alfred.” - lo salutò Bruce, senza voltarsi. Sprofondato alla postazione computer di Tony, con la proiezione in verticale innanzi, non aveva tempo da perdere - “Ho trovato degli indizi.”

Mi fa piacere. Sono venuto a parlarle proprio di questo.”

Indizi?” - ripetè Bruce, distrattamente - “E' successo qualcosa che dovrei sapere?”

Forse.” - ammise il maggiordomo, composto come sempre, con un portatile sotto al braccio - “Credo di aver trovato la bomba, signore. Quella del signor Ducard.

***

Ottima scelta, aveva detto Fury, alzandosi. Si erano stretti la mano e si erano lasciati in un modo migliore di quando si erano conosciuti, meno di un'ora prima.

Tony aveva disceso le scale del laboratorio rimuginando sul patto appena stretto: massima copertura dei suoi rapporti con Bruce in cambio di una risposta positiva alla futura chiamata alle armi.

Scomparsa di documentazione, occultamento di prove... Tony sospettava che lo Shield fosse piuttosto bravo in certe operazioni. Coulson, così mite e conciliante, magari era un agente assetato di sangue e pronto a sbavare per un massacro... chi poteva dirlo? Puoi aspettarti di tutto da uno chiamato Phil.

Un buon accordo, se non per un macroscopico particolare: non considerare il Cavaliere Oscuro significava non prendere nemmeno in considerazione di aiutarlo. Il suo regno era Gotham e Gotham non era zona di competenza per lo Shield. Meglio il mondo di una città marcia alle fondamenta.

Meglio un uomo di latta che un eroe oscuro.

Schioccò le dita e apparve in traslucido un interruttore all'altezza del suo naso. Lo premette con un dito, avviò il sistema, si versò un caffè e si lasciò cadere sul divano, allungando le gambe e incrociando le caviglie.

Fu lì che Pepper lo trovò, scendendo poco dopo.

Ho parlato con Bruce e mi ha confermato di avere un invito a cena per stasera e di aver un buon libro da mandarti da leggere” - sospirò, porgendogli alcuni documenti e un palmare marchiato Shield - “Decodificato il messaggio?”

Sì, non ci vuole un genio per farlo.” - rispose Tony, senza nemmeno guardarla, aprendo la connessione e gettando le pratiche sul tappeto - “Bruce è un disastro quando si tratta di frasi in codice.”

Poi, mentre Tony interfacciava l'apparecchio riaprendo le schermate già viste in precedenza, Pepper salì sulla Roadster e si sedette, senza chiudere la portiera.

Cosa ti hanno offerto?” - chiese, osservando i monitor che fiorivano intorno a loro, riempiendosi di immagini e scritte.

Una ripulita a Bruce, una limatina dove siamo stati maldestri e silenzio stampa sulla sua identità.”

Non male. E tu cosa hai promesso loro?”

Un al momento opportuno.” - rispose, senza dilungarsi troppo, andando a caccia del video di Stane e della documentazione su di lui - “Hai verificato la loro teoria su Vanko?”

Oh, sì, e hanno ragione. Forse non hanno lavorato assieme, ma si sono scambiati alcune cortesie. I documenti che hai portato via dalla fabbrica prima di farla esplodere lo confermano. Crane è un gran lavoratore.” - sospirò - “Sai, Tony, prima, mentre Phil parlava, mi sono accorta di una cosa incredibile... il tempo.”

Il tempo cosa?”

Da quando Bruce è tornato. Continuo a pensare che siano passati anni, ma non è vero. Sono pochi mesi, eppure... eppure mi sento come se combattessimo da decenni.”

Sono solo stati troppo pieni.” - replicò Tony, con scarsissima empatia. Meno di un anno. Meno di un anno di Iron Man... - “Del resto, anche io ho pensato una cosa incredibile...”

E sarebbe?”

Da oggi ho tempo anche davanti ai piedi.” - rispose, lasciandola di stucco - “Fino a ieri ne avevo solo alle spalle. Per cui... sono ottimista. Non può succedermi niente.”

Pepper rimuginò l'informazione.

Ma sì, sono ottimista anche io.” - confermò, alla fine - “Non può succederti niente: noi dobbiamo cambiare il mondo, domani.”

Ottima teoria, signorina Potts.”

Grazie, signor Stark.” - Pepper dondolò un piede e perse una scarpa, guardandola cadere e non ritenendo di dover rimediare - “E, ora, direi che dobbiamo darci una mossa. Programmi?”

Sesso?”

Purtroppo no. Domani, assieme al resto.”

Lo immaginavo. Allora chiama Happy. Stasera ci serviranno un paio di occhi in più.”

***

A differenza di Lucius Fox, Alfred si era appassionato all'informatica. E Bruce gli aveva prontamente regalato un computer con cui liberare il proprio io e, come era ovvio, rendersi utile. Il maggiordomo aveva quindi preso il proprio compito sul serio e si era aperta una meticolosa caccia ad ogni nome e ogni dato che gli sembrasse di interesse per Batman e la sua missione.

Così, di ricerca in ricerca, Alfred aveva scoperto qualcosa: un qualcosa che aveva sottoposto a più verifiche, attendendo il momento opportuno per riferirlo a chi di dovere. Ora, rammaricandosi della mancanza di tempismo (e ovviamente scusandosene), era il momento di esporre la propria teoria a Bruce, a meno di un'ora dal calar del sole.

Ritengo che la bomba sia ancora al porto, su un peschereccio.” - spiegò, aprendo il portatile pestando sui tasti per mostrare alcuni articoli e qualche pagina di appunti - “Per l'esattezza su quello che avevate preso in considerazione.”

Il Briareo?” - domandò Bruce, prestandogli la massima attenzione. Briareo era la nave con cui era giunta la bomba di Crane.

Sì. Ho letto un articolo, un paio di settimane fa, su uno strano caso di nave fantasma, arenatasi non troppo lontano. L'equipaggio, pochi uomini in tutti, è stato trovato cadavere. Causa della morte, una forte disidratazione. Non c'era acqua in tutta la nave.”

L'emettitore.”

Esattamente. E la nave in questione, portava il nome di Egeone. L'altro nome di Briareo...” - spiegò Alfred, aprendo una copia dell'articolo perchè Bruce valutasse - “Ho fatto una piccola ricerca: stessa tipologia di nave, stesso cantiere di produzione, stesso anno di vendita. Purtroppo, non ho avuto modo di scoprire il nome dell'acquirente, ma entrambi i pescherecci erano stati commissionati, per cui...”

Per cui hai risolto il rompicapo che ci ha tenuti tutti svegli. Egeone e Briareo.”

Egeone si è arenata qui.” - spiegò Alfred, aprendo una cartina nautica sullo schermo del proprio computer e impugnando una matita, per indicare meglio. - “E' stata spinta dalle correnti, direi da questa zona. Quindi, se a bordo c'era qualcosa di prezioso, devono averlo trasbordato su un'altra nave.”

Senza ombra di dubbio.” - concordò Bruce. La mente lavorava veloce, ora, come se Alfred avesse finalmente dato la spinta necessaria per proseguire - “E, una volta in porto, non esisteva motivo per sbarcarla e nasconderla, in attesa di sganciarla.”

E questo ci porta all'ultima domanda...”

Come intende trasportarla?” - concluse Bruce. Poi alzò gli occhi alla cartina dove, nel frattempo era stato inserito un possibile molo di attracco del Briareo. Brillava, violaceo - “Io penso che il sistema più ovvio...”

Le parole gli morirono in gola, mentre fissava la cartina e quel punto viola lampeggiante.

Il sistema più ovvio...

Signor Wayne?” - lo chiamò Alfred, vedendolo raddrizzarsi con lentezza ed estraniarsi.

Certe volte, Alfred, vicino a te o Tony, devo proprio ammettere di sentirmi un tonto.” - commentò Bruce, senza staccare gli occhi dalla mappa olografica - “Guarda bene moli di attracco del settore mercantile. Guarda con molta attenzione...”

Alfred si avvicinò, fissando quello splendore tecnologico figlio di casa Stark: in traslucido, erano visibili i settori, le strade, i palazzi, le reti fognarie e quelle elettriche, le condotte dell'acqua, la linea metropolitana e...

Un attimo.

Che mi venga un colpo.”- sospirò il maggiordomo - “Così sfrontato da essere invisibile.”

Sopra la zona mercantile, a portata di carico, correva la linea metropolitana di GothamCity. Una linea di treni a basso consumo progettata da Howard Stark per Thomas Wayne che si diramava dalla più grande centrale che la città avesse. La WayneTower.

Gli basterà metterla su un treno e la bomba arriverà a destinazione senza fermate intermedie.” - mormorò Bruce, credendo a stento a ciò che finalmente vedeva. E, in quel mentre, tutti gli alert del rifugio impazzirono.

L'attacco a Gotham era iniziato.

***

Tony aveva parlato con Pepper, poi con Happy, poi di nuovo con Pepper. E, appena lei si era voltata, di nuovo con Happy, per rimangiarsi tutti gli accordi presi e accertarsi che Happy sapesse di dover puntare gli occhi solo sulla donna e non su tutto il resto.

Rassicurato a riguardo, memore dell'ultima volta in cui Pepper era stata il bersaglio del 'falso Stane' (e non tanto onesto da ammettere come la presenza della signorina Potts gli avesse salvato la vita), aveva testato l'armatura, deciso per un paio di migliorie e si era messo al lavoro con Jarvis.

Più avanzavano le ore, più Tony sentiva accumularsi la rabbia: Stane.

Questo il nome della sua rabbia. Stane il traditore. Mandante del rapimento, esecutore del tentato omicidio, farabutto e doppiogiochista... doppio-doppiogiochista... Ad ogni passaggio logico, Tony aggiungeva un insulto, un punta di disprezzo e una tacca alla propria rabbia.

E, come se non bastasse... Vanko. Stane e Vanko nella stessa frase. Quasi riusciva a immaginarli: Vanko, impegnato ad aggiustare la propria frusta e Obie, in rapita contemplazione davanti alla propria armatura, con il reattore nuovo tra le mani.

Il solo pensiero... sbuffò e fece fare un giro allo sgabello su cui era seduto. Il tramonto era vicino, certo, ma era presto... e Tony aveva finito tutto ciò che poteva fare. E non c'era abbastanza tempo per incominciare niente di nuovo... soprattutto perché sapeva che, una volta avviato un nuovo progetto, avrebbe perso la cognizione del tempo e avrebbe lasciato Stane ad attenderlo seduto su un gradino del nuovo complesso Expo.

No, niente da fare. Tony appallottolò un monitor su cui fluttuava la struttura atomica del nuovo elemento e fece canestro nel cestino apparso alle sue spalle. Vagò un poco per il laboratorio, poi si diresse al piano di sopra.

Tanto valeva mettersi lo smoking.

Signore...” - lo chiamò Jarvis, mentre percorreva il corridoio verso la propria camera da letto - “Credo che a Gotham sia appena cominciata...”

Incorniciata dalla porta, seduta in fondo al letto, già in abito da sera, c'era Pepper.

E stava fissando il televisore, senza espressione.

***

La prima crisi di panico era partita dalla periferie. Contrariamente a quanto Bruce aveva previsto, le cariche di potenziamento erano state sganciate nell'acquedotto già inquinato prima dell'emettitore, per limitare il perimetro e scatenare la popolazione più violenta e disastrata. Dalla cintura esterna, resi folli dalla droga (in quantità superiore che al centro) che si nebulizzava dai tombini, i disperati, in preda ad allucinazioni, si sarebbero riversati nelle vie, correndo e congestionando le entrate all'isola.

Qui, la bomba avrebbe fatto il resto, provocando inalazioni superiori e, probabilmente, morte.

Morte di massa.

Bruce aveva vestito i panni del Cavaliere Oscuro e, per prima cosa, avvertito Gordon della situazione. Lo aveva rintracciato già sulle strade, come un poliziotto più che un commissario, impegnato a sporcarsi le mani per salvare la propria città.

Poi, lasciatolo a coordinare i posti di blocco sui ponti e a contrastare le prime azioni di guerriglia e saccheggio, era volato nella zona del porto e, prima di varcarne le ipotetiche soglie, si era iniettato una massiccia dose di antidoto e antidolorifici.

Il mix, potente e da irresponsabili, gli aveva dato l'impressione che il cuore gli scoppiasse in petto. Ma non esisteva altra soluzione, se voleva restare lucido il tempo necessario dal confermare la teoria sulla bomba e sul suo mezzo di trasporto.

Qui, tra vecchie case popolari e capannoni stipati di container, i moli, immersi nella nebbia chimica che si sprigionava dagli idranti scoppiati e dai tombini, il paesaggio gli era apparso spettrale, orripilante.

Si udivano urla, rumori sconnessi, vetri in frantumi. Batman, correndo sui tetti, cercava un appiglio, un singolo particolare che fungesse da stella polare in una notte senza stelle.

Una luce, forse, oppure... un suono.

Si bloccò. Conosceva quel suono. Lo aveva già sentito. Lo aveva sentito, prima di sprofondare nelle spire delle proprie allucinazioni. C'era un montacarichi, alle spalle di joker, in movimento, la notte del 'denaro andato in fumo'.

Lo stesso suono.

Un vecchio argano, in uso per creare la piramide di finte banconote quando, in piedi sul lucernaio, Batman aveva iniziato a spiarli. Una coincidenza efficace come un segno del destino: probabilmente, ora, un argano era in funzione per sollevare la bomba fino ai binari e al treno.

Non era molto, ma Bruce ebbe l'impressione di essere sulla pista giusta. E si fidò del proprio istinto.

Si diresse verso la fonte, finendo con l'identificarla, nell'affacciarsi da un cornicione, con una vecchia fabbrica.

E' qui.” - si disse, alzando gli occhi. La fabbrica, in disuso, era attraversata dalla linea metropolitana e, al di là delle sue mura sbeccate, si intravvedevano i moli della zona mercantile. Il Briareo era da qualche parte, là, dove esisteva ancora acqua.

I tasselli ormai andavano tutti a posto, uno alla volta. Batman planò sul tetto dell'ala in cui si trovavano, un tempo, alloggi degli operai e refettori.

La fabbrica era illuminata, abitata da decine e decine di persone: un esercito, fatto di ex galeotti e sicari che Ducard doveva aver raccolto sulle strade, convincendoli della sacralità della propria crociata, che si stava preparando a prendere il controllo di Gotham. Macchine e camionette erano parcheggiate di traverso nello spiazzo e all'ingresso principale dalla cancellata divelta.

Non un posto da Joker, considerò Batman, rinunciando a cercarlo, almeno per il momento. La fabbrica era troppo defilata, in basso, tra le nubi... Joker, sicuramente, si era già scelto un posto con magnifica vista sul disastro.

Alle sue spalle, a GothamCity, erano cominciate le prime esplosioni. Le grida, portate dal vento, sembravano triplicarsi. Al centro del grande spiazzo, Batman riconobbe Crane. Come lui, con il viso al cielo, l'uomo sembrava in ascolto.

E sorrideva. Sorrideva come se ogni suono fosse per lui un segnale del trionfo imminente.

Era il momento di agire. Batman, premuto un sensore proprio al centro del torace, sulla linea scolpita del pipistrello, si lanciò nel vuoto, sfondando il lucernaio.

***

GothamCity era sotto assedio. Filmati amatoriali di youtube ed edizioni speciali dei telegiornali si alternavano sugli schermi.

Seduti in macchina, ognuno immerso nei propri pensieri, Pepper e Tony ascoltavano le ultime novità e le notizie ormai in ripetizione. L'isola su cui sorgevano i quartieri centrali risultava isolata e la popolazione in preda a strane forme di fanatismo e follia. La polizia stava chiudendo i ponti, cercando di arginare il disastro. Impossibile sapere cosa sarebbe accaduto, impossibile definire il numero delle vittime o dei terroristi coinvolti. La mano di Pepper era nella sua, ma Tony non sapeva da quanto. Fissava solo i primi stabili della Expo, illuminati a giorno, al di fuori del finestrino oscurato.

Gotham City era un campo di battaglia. E Bruce... Bruce non poteva essere in un altro posto se non dove la mischia diveniva massacro.

Vorresti essere là?” - domandò Pepper, mentre la macchina rallentava, percorrendo l'ultima curva del parco.

Tony non rispose. I primi flash li stavano immortalando, era tardi per i ripensamenti.

***

Pipistrelli. Centinaia e centinaia di pipistrelli l'avvolsero, riversandosi poi nei corridoi del piano terra, mentre volava all'interno della tromba delle scale.

L'armatura, emettendo un impulso a ultrasuoni, li stava facendo eccitare, quasi impazzire, in maniera non dissimile alla droga di Crane. Batman, volando tra di loro, celato dalla nube scura e dal battito nevrotico delle loro ali, atterrò, non visto, e avanzò per uno dei corridoi, verso il cortile interno. Qui, aggredito dai primi malviventi che si erano ripresi dal disorientamento, si era sentito sulla giusta strada.

A conferma dell'effetto sorpresa raggiunto, Crane era ancora là dove lo aveva intravisto, nello spiazzo, tra uomini armati e camionette in movimento. Ma, quando Bruce lo ebbe innanzi, la prima sensazione che lo colpì fu la sorpresa: era un ragazzino allampanato, dagli occhi chiari, stralunati eppure disarmanti.

Un ragazzino che, sorridendo, alzava già le braccia verso di lui.

Batman non esitò. Bruce, dentro la corazza ricordò i propri polsi tesi avanti, le parole scambiate con Tony.

Credo avesse un dispositivo nelle maniche...” - si ricordava di aver detto - “Non ne sono sicuro, ma è così che mi ha aggredito...”

Senza attendere che la mente riesumasse il ricordo completo e veritiero, reagì, afferrandolo per i capelli e per i polsi. Lo sovrastava, senza incontrare una reale forze. E sentì come un bullo nel cortile della scuola, impegnato a seviziare il più debole della classe.

Fai in fretta, si disse. Se devi, fai in fretta e non dimenticare chi sia.

La nebbia, emergendo come uno sbuffo di farina, colpì Crane in pieno viso, intossicandolo.

E' finita.” - sussurrò soltanto, quando i loro occhi si incrociarono.

È finita. È già finita per te.

L'espressione di Crane, di falsa innocenza e disponibilità, si sgretolò in smarrimento e paura. Qualunque cosa stesse vedendo, mentre Batman tardava a lasciarlo andare, lo stava spaventando a morte.

L'uomo nero...” - balbettò, infatti - “Mi hai ritrovato...”

Bruce non rispose, ma la sua espressione, stravolta dall'effetto della droga, sembrò a Crane un ghigno.

Avevi detto... avevi detto... che non saresti più tornato.” - mugolò, senza riuscire a formulare una frase completa, cedendo alla paura. E l'uomo nero lo lasciò andare, guardandolo strisciare e rannicchiarsi in un angolo, la testa coperta dalle mani.

Batman si voltò, senza infierire. Qualunque cosa stesse vedendo, era ben peggiore di un colpo, di una frase, di una punizione. Nelle allucinazioni, Bruce sapeva di aver vissuto i peggiori terrori dell'infanzia, il buio senza fine delle paure inconsce. Crane, con quella faccia da ragazzino, non sarebbe stato da meno.

***

Magnifici e sorridenti, in piedi a metà della scalinata. Tony Stark, in smoking, e Virginia Potts, fasciata in uno dei suoi famosi abiti lunghi dai colori forti, erano al centro dell'applauso generale e dei flash dei giornalisti. Forse Gotham stava morendo, pietra su pietra, ma lo spettacolo dell'eleganza e della ricchezza doveva comunque andare avanti.

La coppia del secolo. La folla adorante ai loro piedi.

Obadiah non avrebbe potuto chiedere di più.

Un momento perfetto. Perfetto da rovinare.

***

Batman colpì il primo aggressore che gli volò addosso. Poi un secondo. E, quando li vide aumentare, seppe di essere sulla giusta via. Indossavano maschere per proteggersi dagli effetti della polvere e avevano certamente l'ordine di fermare la sua avanzata.

Un ordine che stavano miseramente fallendo. Quando alzò gli occhi, oltre il muro, Batman vide l'emettitore, imbragato, salire con lentezza verso i binari del treno.

Ci siamo.

Corse lungo le scalinate metalliche, salendo sui muri di recinzione, correndo verso la gru in manovra. La polvere ormai copriva ogni cosa, sotto forma di nube, rendendo scarsa la visibilità.

Ma, mentre un nuovo gruppo di armati lo aggrediva, vide Ducard, Ducard che si voltava e seppe di essere stato visto.

Come ogni altro, indossava una maschera. Ma i suoi occhi, perfettamente visibili anche a quella distanza, trasmisero a Bruce la certezza che, sotto il filtro, stesse sorridendo di soddisfazione.

Finalmente sei giunto, sembrava dire, con la postura, con il bastone tra le mani, con il lieve cenno di saluto nella sua direzione. Ti stavo aspettando.

Lo so.” - sussurrò Batman, riprendendo la propria corsa fino al parapetto e tuffandosi, per raggiungerlo, a braccia aperte, nell'ignoto della nebbia.

***

Tony alzò lo sguardo. E sorrise. Sorrise al bolide argenteo che tagliava il cielo in diagonale, venendo verso di loro.

Alzò un braccio e parlò al gemello del proprio polsino.

Adesso, Jarvis, grazie.” - mormorò.

I fuochi d'artificio, fissati alla sommità delle bandiere che circondavano l'enorme spiazzo, furono accesi e partirono, in verticale.

Obie, preso in contropiede, dovette virare, in maniera maldestra, aumentando l'ilarità di Tony.

Ciao, tesoro.” - disse, rifilando un bacio rapido a Pepper - “Vado a lavorare.”

Ciao, caro.” - mormorò lei, guardandolo scendere la scalinata con passo baldanzoso. C'era un secondo raggio, oro, in avvicinamento - “Non fare tardi...”

La folla disorientata esitava, incerta tra lo spettacolo pirotecnico e la sensazione di pericolo. Dai viali circostanti iniziavano a convergere i reparti d'assalto promessi dallo Shield per evitare la strage.

Ma Tony... Tony attraversava quello spazio gremito di gente come se fosse solo. L'armatura gli si componeva addosso, alla perfezione, in un bagliore naturale triplicato dai flash che lo immortalavano. Pepper lo guardò flettersi sulle ginocchia e sparire tra le nuvole, privo di peso.

Iron Man, pensò, tormentando con due dita il ciondolo che portava al collo, il mio personale eroe.

Happy le si avvicinò, obbligandola a riscuotersi. E, afferrato lo strascico, perdendo le scarpe, Pepper corse su dalle scale nella direzione opposta. Aveva qualcosa da fare.

***

Quando Batman planò innanzi a lui, sulla piattaforma, Ducard celò a stento la propria ammirazione. Bruce era elegante e preciso in ogni suo gesto e quelle fattezze oscure potenziavano solo l'innata grazia umana.

Con rammarico, pensò a quanto potenziale fosse inquinato e sprecato, in lui, per la debolezza di carattere, per quel senso di giustizia deviato dalla pietà che aveva più volte manifestato.

Sarebbe potuto essere un gigante tra gli uomini e si era rivelate ostile ad apprendere, insofferente alla necessaria crudeltà che si accompagna al potere.

Bruce aveva scelto il compromesso all'intransigenza, la compassione alla vendetta.

E sarebbe caduto, assieme al suo credo.

Perché così doveva essere.

Si fissarono. Poi Ducard si afferrò saldamente alla fune che già stringeva e si lasciò issare, insieme alla bomba. Per i suoi uomini fu il segnale per dileguarsi, come ombre.

Tutti salvo uno.

E quell'uno, impugnato il lanciarazzi, fece fuoco.

***

La prima colluttazione fu in aria. Tony placcò Obie come un centravanti da sfondamento, ribaltandolo. L'armatura di Stane non era diversa dalla precedente, quella radiocomandata finita distrutta nel reattore: massiccia, pesante, basata più sulla forza che sulla velocità, più efficace a terra che in volo.

Obie si riprese rapidamente e gli rese il favore. Tony sentì l'impatto attraverso l'armatura e si ritrovò parecchi metri più in basso del previsto. E, colpo su colpo, cominciarono a perdere quota entrambi, fino all'inevitabile impatto a terra.

Sull'autostrada.

Così imparo a sfottere Bruce per i suoi disastri.” - ansimò Tony, volando attraverso un camion e atterrando nella corsia opposta. Obadiah gli fu subito addosso, in un accartocciarsi di lamiere, pronto a lanciargli addosso macchine a ripetizione.

Tony si difese, arretrando in direzione degli ampi spazi della Expo. La folla, ormai, doveva essere stata allontanata, sarebbe stato il luogo di battaglia migliore.

Ignorava di essere attualmente in mondovisione: il combattimento con Stane, ripreso da elicotteri e troupe a terra, era in diretta su più emittenti, in contemporanea ai disastri di GothamCity. Alfred, seduto davanti ai monitor della BatCaverna, seguiva entrambi i ragazzi con angoscia.

La Thumbler era ormai scomparsa da tempo, le scene proiettate erano di caos generale, ormai quasi di repertorio, trasmesse ritrasmesse a ripetizione. Gli elicotteri, in volo sull'isola, riprendevano solo un paesaggio spettrale grigio e polveroso, immerso in nubi tossiche.

Ma Iron Man... Iron Man era perfettamente osservabile mentre si picchiava con il socio dei tempi che furono. Da ogni angolazione.

Quando Stane lo scaraventò nello spiazzo della Expo dove tutto era iniziato, facendogli abbattere un'intelaiatura con la schiena, Alfred chiuse gli occhi.

Non era certo di poter reggere tanto.

Si sta rialzando.” - mormorò Lucius Fox, in piedi dietro di lui, senza staccare gli occhi dallo schermo.

Non credo mi sia di conforto.”

Dovrebbe.” - lo riprese lo scienziato, accennando un sorriso. Tony, sullo schermo, stava mettendo in campo l'artiglieria pesante... Stane si copriva la testa con entrambe le braccia - “Quello non è un ragazzo che cede facilmente. Fidati di lui.”

***

La fabbrica esplose, uccidendo chiunque si trovasse in prossimità dei muri in mattoni. Bruce, che era saltato giù dalla piattaforma, riuscì per un soffio a spalancare le ali e mantenere il volo nella nebbia.

I sopravvissuti, i cittadini privi di maschera apparsi in strada, videro solo un'ombra dagli occhi fiammeggianti che li sorvolava e fuggirono, atterriti.

Bruce mantenne la rotta finchè potè. Poi, afferrandosi a un montante della ferrovia, frenò il proprio volo e risalì, rapido, fino ai binari. Evitò il treno, lanciato ad alta velocità e, alla prima occasione, si aggrappò sotto una carrozza, in extremis.

Sentì distintamente la clavicola uscire dalla propria sede e rientrare, con uno scatto sordo. Per poco, non perse la presa. Strinse i denti, ma non riuscì a trattenere un gemito, simile ad un ringhio, presto nascosto dallo sferragliare dei binari. Si lasciò scivolare quanto occorreva per raggiungere lo snodo tra due vetture e risalire ancora, per avere un accesso al treno. Doveva disinnescare la bomba o fermare il treno, non aveva altra scelta, a meno che...

Premette un interruttore all'interno del guanto, aprendo un canale radio, senza troppe speranze. Le connessioni risultavano essere completamente saltate, difficile che...

Qui parla la volpe.” - sentì, invece, distintamente. E, dolore a parte, provò l'impulso di sorridere.

Cambio di programma.

Il pipistrello è in volo. A che punto siete?” - sibilò, compiendo allo stesso tempo una rondata e trovandosi in piedi su un predellino. Posizionò una carica e fece saltare la porta del vagone.

Pronti.” - rispose Lucius, in comunicazione dal rifugio alla periferia di Gotham. Sugli schermi, sotto il controllo di Alfred, la WayneTower era visibile, seppur con notevoli disturbi, da molte angolazioni - “Confermi la tratta, pipistrello?”

Confermo. Telaio 8734-G-2” - ruggì, inclinandosi e leggendo sulla fiancata del treno.

Alfred inserì rapidamente i numeri e il treno apparve sulla mappa olografica della città. A fianco del segno lampeggiante in rapido spostamento, apparve il conto alla rovescia.

Sette minuti all'arrivo.” - comunicò Lucius, chinandosi sulla seconda tastiera. Inviò del codice di sblocco.

Batman entrò nella carrozza e, contemporaneamente, abbassò il visore all'interno della maschera. Sulle lenti era appena apparso un codice a più cifre che, da rosso, un numero per volta, divenne verde.

Connesso.” - comunicò Bruce. E chiuse la comunicazione.

Sette minuti al disastro.

Alfred ruotò la poltroncina e fissò Lucius, alzando un sopracciglio.

La volpe?” - chiese, molto pacatamente.

Preferivi che fossi il gatto?” - chiese lo scienziato, con aria svanita.

Il maggiordomo preferì non rispondere.

Sei minuti e quaranta secondi. Trentanove... trentotto...

***

Abbandonarono lo spiazzo, volarono alto per poi ricadere ancora.

Quando furono nuovamente con i piedi a terra, sul tetto di uno dei padiglioni, Obie decise che era il momento di fare due chiacchiere.

L'armatura si aprì, mentre Tony, un ginocchio a terra, alzava la testa.

Lo sguardo con cui lo fissò gli fece provare quasi un male fisico: Obadiah, l'alleato di suo padre, il suo tutore, il carnefice senza pietà che lo aveva condannato a morte nel deserto.

Obadiah, roso dalla gelosia per il genio e per il nome...

Tony si rimise in piedi a stento, inghiottendo bile e malessere. Di improvviso, la sua rabbia aveva un'altra forma, una faccia ben più crudele... era rimpianto.

Credevo mi volessi bene... credevo che ti importasse...

Obie blaterava della bellezza delle armature, della soddisfazione, delle armi... discorsi già sentiti che Tony era stanco di ascoltare. Discorsi vuoti, falsi, privi di passato e futuro, di logica, di... speranza.

Sì, di speranza, si rese conto Tony, in bilico su gambe che solo l'armatura manteneva diritte. Un altro colpo lo fece volare oltre il parapetto, sfondare una vetrata. Sentiva la sua voce rimbombare, alcune parole scendere, a cascata, riecheggiando nella struttura.

Padre...

Orgoglio...

Capolavoro...

Tu non sai cosa sia la speranza... non l'hai mai saputo.

Non meriti risposta, pensò, restando in silenzio. E schivò un nuovo attacco, dimenticando le ossa doloranti.

***

Risalì il treno più rapidamente possibile, scaraventando il maggior numero di combattenti a terra e al di fuori delle vetrate. I treni metropolitani, un tempo orgoglio di Gotham, erano ormai composti di carrozze fatiscenti e cigolanti utilizzate solo dai disperati e dai malintenzionati.

Nessuno li usava più, per timore di aggressioni e rapine. Ma Bruce ricordava l'epoca in cui erano stati diversi, indispensabili e portatori di vantaggi.

Suo padre aveva premuto perché la rete ferroviaria sospesa fosse a basso consumo ed estesa fino alle periferie, per venire incontro alle necessità dei meno abbienti, dei lavoratori, degli anziani. La metropolitana, che si diramava come ogni altro servizio dalla WayneTower, era stata una ventata di speranza in ogni quartiere, un modo per aumentare le possibilità di transito e per ridurre il traffico e l'inquinamento.

Poi, il tempo era passato. E la malavita organizzata aveva fatto il resto.

Il simbolo della civiltà era svanito. E Ducard, sprezzante innanzi alla memoria di Thomas Wayne, stava per farne il veicolo di distruzione della civiltà stessa.

E, per farlo, aveva scelto una data che si richiamasse a quelle dell'inaugurazione della linea, come ultima beffa.

Alla sola consapevolezza, Bruce sentì accendersi in lui una rabbia che si poteva dominare a stento. Accelerò la carneficina e, distrutto uno dei finestrini, uscì dal vagone, aggrappandosi alla fiancata e risalendo sul tetto delle carrozze.

Qui, in piedi, afferrato a forza all'intelaiatura che cigolava con un suono simile ad un gemito, Bruce sistemò alcune cariche esplosive e fissò, innanzi a sé, la WayneTower, sempre più vicina.

Era Ducard stesso a guidare il treno, con la bomba nel vano dietro al locomotore.

Tre minuti.

Bruce strinse i denti, leggendo il conto alla rovescia sulle lenti. Poi alzò la testa, contando le arcate che mantenevano sospesa la linea ferroviaria.

Tredici, sedici... ci siamo.

Prese la rincorsa, saltando da una carrozza all'altra e planò all'interno dell'ultima attraverso un lucernaio.

Ducard si voltò, in tempo per vedere l'esplosione dei cocci e la sua entrata in scena. Poi, senza attendere una mossa da parte del pipistrello, estratta la lama dal bastone, gli si gettò addosso, lasciando i comandi.

***

Pepper aveva già raggiunto da un pezzo la postazione, con l'aiuto di Happy e di una donna dai capelli rossi dello Shield, che non aveva perso tempo a presentarsi e aveva fornito loro una scorta adeguata.

Avevano percorso i corridoi con qualche intoppo dovuto ad alcuni gruppi, probabilmente mercenari, armati fino ai denti, ma non avevano comunque rallentato. Pepper non si sarebbe lasciata fermare da nessuno, a costo di restarci secca. Avanzava al centro del corridoio senza curarsi di risse, colluttazioni e colpi atroci, tra due ali di combattenti con lei o contro di lei.

L'auricolare Bluetooth del cellulare, riconfigurata da Tony, la manteneva in contatto costante con Jarvis e, quindi, con l'armatura. In tempo reale sapeva di lui... e di Bruce.

Il bracciale trasmetteva ma, per ordine di Pepper, il segnale non giungeva alla Mark 6. Qualunque cosa stesse accadendo a Gotham, Tony l'avrebbe saputa filtrata da lei.

Coulson ed Happy avevano spalancato il doppio battente, cedendole il passo in direzione della plancia di controllo: non esisteva fonte energetica della Expo che non fosse gestita da quella stanza. Pepper, smessi gli apparenti panni della donna elegante pronta a un ricevimento di gala, aveva preso il controllo della situazione.

In posizione.” - mormorò nell'auricolare, affiancata dalla rossa di poche parole, mentre Tony e Obie planavano sull'autostrada. Davanti a loro apparve una riproduzione olografica della planimetria del parco e, inserendo un codice, Pepper fece illuminare un localizzatore per sapere dove fosse Iron Man.

Fuori dal perimetro.

No, non bene.” - sussurrò, guardando il sensore muoversi in direzione della recinzione - “Avanti, Tony, rispetta il piano... almeno per una volta...”

Il sensore denunciava uno spostamento. Lento, saltellante, poi improvvisamente più veloce.

Spiazzo.

Cielo.

Di nuovo spiazzo.

Padiglione uno.

Ecco, ci siamo...” - sussurrò Pepper. Poi posò un dito sull'auricolare - “Jarvis, avverti il signor Stark... attendiamo un suo grazioso cenno.

***

Ducard non aveva perso tempo. Bruce, alzando un braccio per proteggersi, sentì la lama incidere il kevlar e fermarsi sul primo strato rinforzato.

Io ho creduto in te, scacciato le tue paure, indicato la giusta via.” - si sentì sussurrare, vicino all'orecchio - “Eri il mio allievo migliore. Ora dovresti essere al mio fianco a salvare il mondo.”

Lo respinse con un calcio, senza riuscire a farlo cadere.

Non è al tuo fianco che salverò la mia città.” - rispose, deciso, lanciando verso l'emettitore le calamite intelligenti fornitegli dalla StarkIndustries. Ducard ne fermò due, la terza, per un soffio, si agganciò alla calotta centrale, attivandosi immediatamente.

Dispositivo WaterDeath in connessione.” - comunicò Jarvis a Pepper, a chilometri di distanza, preparandosi a riposizionare il satellite per captare il segnale - “Disconnessione avviata.”

Nessuno può salvare Gotham. Domani il mondo osserverà inorridito la sua più grande città autodistruggersi e il moto verso l'armonia sarà inarrestabile.” - rispose Ducard, attaccandolo di nuovo e riuscendo, questa volta, a incidere la corazza all'altezza del pettorale -“Solo un ipocrita chiamerebbe vita ciò che questa gente ha. Criminali, disperati, non è tra loro che un uomo dovrebbe vivere. La setta delle ombre è un baluardo contro l'umana corruzione da migliaia di anni. Ogni volta una civiltà tocca l'apice della sua decadenza, noi torniamo a ridare l'equilibrio.”

Tutte storie già sentite, ma false.” - rispose Bruce. Un minuto e venti secondi - “Non c'è nessuna armonia in ciò che si sta compiendo. Questo non è equilibrio, è violenza, violenza che genera altra violenza. Non è questa la strada della giustizia.”

Tu sbagli. Sbagli come un tempo sbagliò tuo padre. La debolezza fu la sua colpa.”

Mio padre è vissuto ed è morto per la verità.”

E tu? Tu, che vivi nella menzogna, osi crederti il suo erede? Hai fallito, Bruce, come figlio, nei suoi confronti e nei miei. Mi hai deluso, impedendomi di elevarti ai veri onori dell'immortalità e della giustizia.” - replicò Ducard, alzando la spada e rifiutandosi di cedere, di arretrare, di cadere - “Hai fallito, ed io ti rinnego, figlio mio. Come tuo padre, anche tu non hai il coraggio di fare quanto si rende necessario.”

E ancora ti sbagli.” - rispose, Bruce, riuscendo finalmente ad atterrarlo. La calamita, contro l'emettitore, emise un sibilo, disconnettendolo dalla bomba. A chilometri di distanza, Jarvis comunicò a Pepper l'avvenuta manomissione, mentre Tony atterrava sull'ennesimo tetto portando con sé buona parte delle tegole.

Restava solo la bomba, ora.

Meno di cinquanta secondi. La sedicesima campata della linea ferroviaria già in vista.

E Ducard, finalmente ai suoi piedi. Bruce si voltò, agganciando un'ultima calamita all'ordigno.

Troppo tardi?

Non devi avere paura, Bruce, sei solo un uomo normale con un mantello.” - lo sentì dire, come se, nel suo sguardo alzato verso la fine della corsa, avesse letto indecisione - “Per questo non hai cancellato le ingiustizie e non riuscirai a fermare questo treno.”

E Bruce sorrise.

Sorrise, con gentilezza.

Chi ha detto che lo voglio fermare?”

***

Vedeva il tetto del padiglione 3. Difficile non vederlo, con quelle luci azzurre e la vetrata circolare... più complesso raggiungerlo.

Forse, facendosi sbatacchiare ancora un poco... Tony decise di prenderla con filosofia. Stane, tronfio come sempre, voleva demolirlo a parole e non solo con i fatti.

E parlava, parlava... però, di parola in parola, Tony lo aveva già trascinato al padiglione 2, riducendolo ad un cumulo di macerie.

Sei il disonore di tuo padre.” - lo sentì dire, d'un tratto - “Howard disprezzerebbe ogni tua azione.”

Tony tacque. Lo aveva creduto per una vita, certo, ma... si era sbagliato.

Si era sbagliato su suo padre... perché suo padre lo amava e si era fidato di lui prima ancora di vederlo cresciuto.

Cazzate.” - sibilò, dunque, raddrizzandosi, rompendo il silenzio, alzando la testa - “Sarebbe fiero di me.”

Gli occhi di Obie divennero enormi, la sua bocca si inarcò in un ghigno.

Davvero? E per cosa dovrebbe esserlo? Per la pace? Per il tuo essere tanto smidollato da non riuscire nemmeno a seguire le sue orme? Howard era un grande uomo, che sapeva cosa fosse giusto e sbagliato.”

E infatti credeva nell'essere leali, negli amici e nei sogni che cambiano il mondo.” - urlò Tony, di rimando, lasciando che l'elmo si aprisse, mettendo in vista il volto. Altri colpi schivati, altri spari - “Mio padre sapeva che non sarebbero state le armi a cambiare il mondo ed il solo motivo per cui non ha proseguito per la sua strada è perché... aspettava me.

Obadiah lo fissò, in silenzio. Per un attimo fu di nuovo l' Obie di un tempo, dallo sguardo pensoso e dalla presenza forte e protettiva. L' Obie che sapeva sorprendersi davanti all'unicità degli Stark e che li aveva amati e ammirati.

Bruce ha ragione... non sono i nostri padri a respingerci, ma coloro che avrebbero voluto esserlo.

E' te che ho deluso, pensò Tony. Non lui. Non mio padre.

Aspettava Me, Obie. Papà aspettava che io fossi abbastanza grande per dividere i suoi sogni con me.” - ansimò, disperato. Aveva impiegato tanto tempo a capirlo, così tanto... - “Non poteva condividere con te ciò che sapeva, perché tu lo avresti sprecato, frainteso, venduto. E lui lo aveva capito ma... ma non ha avuto il tempo per dirmelo.”

I sogni, quelli che condivideva con gli amici veri... gli amici che si era scelto... le battaglie che ha accantonato... è questo il mistero di mio padre. Mio padre attendeva qualcuno tanto simile a lui quanto diverso con cui confrontarsi.

La mia più grande creazione... sei tu.

Papà... perdonami. Perdonami se ho impiegato tanto a capire.

Sciocco, sciocco che non sei altro!” - urlò Obie, come se quella poche parole gli avessero fatto perdere del tutto il senso della ragione - “Cosa credi di essere? Sei solo un moccioso che, senza il nome che ha, non sarebbe nessuno!”

Hai perfettamente ragione, Obie, perfettamente.” - replicò Tony, molleggiando sulle gambe, mentre l'elmo tornava a chiudersi sui suoi lineamenti - “Ma del resto, qualunque cosa tu dica, faccia o pensi... io sono uno Stark. E tu... no.”

Detto questo, prese la rincorsa. Lo placcò, senza dargli il tempo di richiudere l'armatura, facendolo volare oltre il parapetto, impedendogli di precipitare. E gli piantò una mano sul torace, strappando i cavi che univano il reattore alla corazza, spegnendola.

Arrivo, tesoro!” - gridò, procedendo sparato sul... no, anzi, dentro il padiglione 3 - “Fuoco alle polveri!”

Pepper non se lo fece ripetere. Premette un bottone e la struttura stessa del padiglione fu percorsa dall'energia, divenendo una gabbia mortale. Tony strinse più forte Obie, verticalizzando il loro volo, in alto, sopra alla struttura, sfondando la cupola.

Guarda in basso, piccolo uomo!” - gridò, fissando negli occhi terrorizzati Obie, ormai bloccato e impossibilitato a sfruttare le armi che aveva - “Lo vedi? Papà ha messo il suo ultimo segreto laddove potevi notarlo ogni giorno della tua vita, perché sapeva che non avresti saputo comprendere. Papà ti ha preso in giro, Obie!”

Ma di cosa stai parlando?”

Sto parlando di una scintilla che accenderà il futuro più luminoso e ricco che l'uomo abbia mai visto.” - sorrise Tony, mentre salivano in alto, in una colonna di energia pura, azzurra. L'armatura di Obie, ormai bloccata, lampeggiava e lanciava suoni atroci di agonia. Quella di Tony stava perdendo potenza, ma ormai non mancava molto - “Mio padre mi ha dato la chiave del futuro, amico mio. Un futuro che tu non vedrai mai.”

Spalancò le braccia.

E Obie cadde. Cadde verso le profondità del padiglione 3, dove l'elettricità lo avrebbe definitivamente cancellato dall'esistenza. Nel padiglione che, nel plastico della Expo, si era rivelato essere il nucleo dell'elemento che avrebbe cambiato il mondo.

Nel suo muoversi verso il basso, Tony lo vide alzare gli occhi verso di lui, implorante, spaventato.

Mi dispiace, pensò, non posso. Non posso salvarti. E lasciò andare il reattore ormai bruciato che stringeva nella destra.

Fu in quell'attimo che Obadiah Stane comprese.

Comprese che, più in alto ti elevi, da più in alto rischi di cadere.

Comprese che, nel credersi un dio della guerra, si nascondeva l'ultima illusione dell'immortalità.

E che, in quel futuro di cui Tony aveva la chiave, egli non solo non sarebbe vissuto... ma non sarebbe nemmeno stato ricordato.

Poi, in una luce azzurra accecante, scese il buio.

E Obie, piegando la testa, accettò di cadere, per non rialzarsi mai più.

***

Quaranta secondi. Il secondo scatto, dalla calamita, comunicò a Batman e, contemporaneamente, a Jarvis, l'avvenuta disconnessione della bomba. Dopo l'emettitore, anche l'ordigno risultava in blocco e il palladio nuovamente incapsulato in condizione di sicurezza.

Era il momento. Batman premette il primo interruttore del telecomando.

Ducard ammutolì. Da terra, sotto la pressione del corpo di Batman, sentì solo il rumore di un'esplosione, non troppo lontana.

Osservò il cavaliere Oscuro alzare ancora una volta la testa, senza perdere quell'enigmatico sorriso appena spuntato. Perfetto tempismo, a quanto sembrava.

Le cariche, che Lucius aveva preparato a tempo record e portato di persona al rifugio, erano state tempestivamente consegnate a Gordon e fatte avere, senza spiegazioni, ad alcuni agenti più fidati di altri, con precise istruzioni sul dove disporle. Per sicurezza, erano state minate tre diramazioni della ferrovia e si era atteso di scoprire il codice definitivo del treno. Saputolo, Lucius aveva fornito a Bruce il codice per attivare il telecomando e per garantire che, nello stesso momento della deflagrazione, le altre cariche si sarebbero disinnescate in automatico.

E così, con precisione cronometrica, era stato.

Batman fissò la campata accartocciarsi, tra le fiamme, portando con sè almeno trenta metri di binari. Li vide piovere, come lamiera rovente, sulla strada, su quartieri già in fiamme e pregò che i calcoli fossero esatti. Poi si voltò, premendo nuovamente il telecomando e facendo saltare le microcariche disposte sui tetti delle vetture.

Il vagone su cui si trovavano fu l'ultimo a esplodere, spezzandosi a metà. Il treno, separato dal locomotore, rallentò, nel momento in cui scattò il sistema di sicurezza, lasciandosi soli, ridotti, a viaggiare come proiettili.

Trenta secondi.

E Batman, di nuovo ad abbassare lo sguardo su Ducard.

Hai ora il coraggio di fare ciò che è necessario?” - si sentì domandare.

Bruce, sotto la maschera di Batman, rispose, senza esitare.

Ho sempre fatto ciò che era necessario. E non smetterò mai di farlo.”

E le persone che ami continueranno a morire. Solo chi ha potere protegge anche chi ama. Gli sconosciuti che stai salvando, un giorno saranno i tuoi carnefici.”

Lo so.” - rispose Bruce, spiazzandolo - “Perchè così deve essere. Io sono ciò che Gotham ha bisogno ora, ma non lo sarò in eterno. Un giorno servirà loro un eroe, così come un tempo ebbero bisogno di mio padre.”

Ducard lo fissò e, per un singolo istante, sentì rinascere l'amore che aveva avuto per lui, il desiderio di guidarlo e di donargli un mondo da governare.

Lo avrebbero ucciso. Gotham City, una volta salvata, avrebbe voluto la sua vita per dimenticare il proprio passato. Lo avrebbero torturato, calunniato, reso folle. Ne avrebbero maledetto l'esistenza e causato la morte.

Lo avrebbero ucciso per negare ciò che erano.

Sei ancora in tempo.” - si sorprese a implorare - “Salvati da questo destino che hai scelto. Salvati e...”

Cinque secondi.

No. Così è.” - rispose Batman, lasciandolo andare e alzandosi in piedi.

Quattro secondi.

Uno sguardo.

Tre secondi.

Io non ti ucciderò ma non sono tenuto a salvarti.”

Le sue ali si aprirono. Batman venne risucchiato nel varco aperto alle loro spalle, in una posizione non dissimile al segnale che Gotham lanciava in cielo quando desiderava essere protetta.

Due secondi.

Ducard, ancora a carponi, si voltò, fissando il vuoto che si apriva innanzi a lui. I binari si erano improvvisamente interrotti. Ed ora, il treno, senza perdere velocità e traiettoria, volava verso il fondo di un abisso di cemento.

Un secondo.

Ducard chiuse gli occhi, sconfitto. E, prima di conoscere la morte, rivide Bruce, come era stato quel giorno, dieci anni prima, nel sorridergli, al centro di un lago ghiacciato.

Felice. E amato.

Fate's my destroyer

I was ambushed by the light

And you judged me once for falling

This wounded heart arrives

(Unkle - Burn my shadow)

Il destino è il mio distruttore sono stato colto di sorpresa dalla luce e tu mi hai giudicato perchè una volta ho fallito. Questo cuore ferito si dichiara

(17 agosto 2013)

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=zWUb3SOxEWs&w=560&h=315]

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Capitolo 13
*** 1.13 Battle, Today and Tomorrow (part2) ***


[fanfic Batman/IronMan] 1.12 Battle, Today and Tomorrow (part2) Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel Rating: AU Angst, Dark, Friendship

Iron & Darkness

(acciaio e oscurità)

Di MargotJ

EPISODIO 13/13 - (spoiler alla lettura)

http://www.youtube.com/watch?v=Y1kVZNa9EQY&list=PLB1F21203D1E4126E

_____________

1.13 Battle, Today and Tomorrow (part2)

Lay beside me, tell me what they've done

Speak the words I wanna hear, to make my demons run

(Metallica - Unforgiven II)

Stai al mio fianco, dimmi cos' hanno fatto Dimmi le parole che voglio sentire, per far fuggire i miei demoni

Alba del giorno dopo.” - canterellò Tony, spalancando le tende e inondando la stanza di luce - “Sveglia, raggio di sole!”

Animale...” - un dito emerse da sotto le coperte. Bruce indicò la propria testa, sotto al cuscino - “Notturno.”

Sì, lo so. Chirottero. Un animaletto simpatico.” - concordò Tony, piegandosi e sollevando un angolo della coperta - “Ma è vero che vedi al buio?”

Dalla fessura intravvide un occhio accusatorio... ma non si lasciò intimidire.

Bruce... Sono le tre del pomeriggio.” - comunicò, restando appoggiato con i gomiti sul materasso e inginocchiato sullo scendiletto - “Cosa hai preso?”

Tre del...

Bruce si sedette di scatto. Gettò le coperte da un lato e … e meno male che Tony si era spostato o sarebbero miseramente franati assieme sul tappeto.

Sono in ritardo.” - borbottò Bruce, tenendosi più o meno in piedi e apprezzando la mano al centro delle scapole - “Tony, avresti dovuto chiamarmi prima, ho un impegno...”

Sì. Sei in ritardo.” - confermò Rachel, in piedi sulla porta - “Sono davvero stanca di aspettarti.”

Bruce si bloccò. E la fissò: Rachel, i capelli stretti in una coda, le braccia conserte.

Non si è svegliato.” - lo scusò Tony, mentre gli abiti della donna cominciavano a fumare e incendiarsi - “Non essere troppo dura con lui...”

Non lo sono mai.” - rispose Rachel, mentre una guancia si anneriva, carbonizzandosi - “Sono soltanto giusta. Lui è in ritardo. Sto aspettando da troppo tempo.”

Adesso la stanza era un incendio. Le fiamme arrivavano fino ai suoi piedi nudi, evitandoli. Bruce si voltò. Tony bruciava senza urlare. Si sbriciolava, diveniva cenere.

Ma i suoi occhi, tra le fiamme, continuavano a fissarlo.

Sì, Bruce.” - fece eco Joker, arrivando alle spalle della donna - “Ti stiamo aspettando. Sbrigati.

Una mano gli si posò sulla spalla e Bruce reagì istintivamente, afferrandola e torcendola.

Ehi, Junior!” - urlò Tony, seccato, invertendo la torsione e bloccandolo, ansimante, sulla branda del rifugio - “Piano!”

Bruce sbatté le palpebre, non realizzando immediatamente cosa fosse reale e cosa no. Rachel, fiamme, Joker... la sua stanza.

Incubo.” - sibilò, lasciandolo e ricadendo sul cuscino, sentendosi in un bagno di sudore. Aveva ancora la corazza addosso - “Incubo...”

L'avevo intuito.” - rispose Tony, un ginocchio piegato a terra. Senza dare troppo peso a quello che stava facendo, gli posò una mano sulla fronte e attese - “Respira con calma, di solito aiuta.”

Bruce borbottò qualcosa, senza riaprire gli occhi. Emanava un forte odore di bruciato, di chimico. L'armatura, in più punti, era rovinata, lacerata, corrosa. Doveva essere passata attraverso parecchie vicissitudini.

Sei precipitato da un grattacielo?” - domandò, verificando uno strappo più profondo di altri e la ferita appena visibile.

No, mi sono gettato dal treno. Quello che è esploso...”

Capisco...” - sospirò Tony, piegando la testa e cercando di capire quanto di lui, dentro il kevlar, fosse ridotto come l'esterno. Del resto, bastavano gli special che le reti televisive avevano trasmesso a ripetizione, tutta la notte, per sapere la proporzione dei guai affrontati da Batman. Alla Expo, invece, dopo aver fatto il bilancio degli alberi abbattuti e dei danni alle strutture, era rimasto poco da fare. Si contavano alcune vittime, qualche ferimento accidentale mentre si avviava il piano di evacuazione. Pepper aveva preso in mano la situazione ben prima che l'attacco di Stane si concludesse, sfruttando al massimo ogni risorsa tecnologica a disposizione per creare una rete di comunicazione e un quartier generale. Ad un passo dal sembrare clonata, era riuscita a intervenire in più questioni contemporaneamente. E, a darle man forte, era apparsa un'assistente, una certa Natalie, ostinata quasi quanto lei.

Tony, ridisceso a terra dopo la caduta di Stane, l'aveva squadrata e non aveva chiesto da dove fosse venuta fuori, avendo per altro, dopo aver avvistato Coulson, una teoria a riguardo.

L'unica certezza che aveva su questa donna (che, googlata, risultava essere laureata, dotata di master, ex modella e abbastanza poliedrica da parlare persino latino) era di non essersela mai mai scopata. Sorprendente, dopotutto. Unica cosa irritante di lei, a parte la faccia da schiaffi, la suoneria del cellulare: Whatever You Want aveva suonato così tanto da mandarlo quasi in bestia, mentre attendeva di apparire in conferenza stampa.

Sì, perché prima di lasciarlo libero di partire per Gotham, una volta accertatesi che fosse vivo e in salute, lo avevano obbligato a un comunicato. Ancora in armatura e sulle scale del padiglione 1 della Expo, l'unico ad essere ancora in piedi, dove meno di due ore prima era apparso in smoking e senza pensieri, Tony aveva risposto a qualche domanda con frasi preconfezionate. Poi aveva insultato un paio di giornaliste (e quelle, certo, si ricordava di essersele scopate!) e liquidato l'opinione pubblica con l'abituale segno della vittoria.

Dopo, era volato via, con un'uscita di scena che non conosceva eguali nel mondo televisivo. Per completare la performance, aveva rapito Pepper, lasciando Natalie a terra a fissarli, allontanandosi in una scia dorata.

Alla StarkHouse, si erano concessi un bacio da capolavoro del cinema, poi ognuno era tornato alle proprie incombenze. Pepper, ancora in abito lungo, si era seduta tra schermi e telefoni, come se niente fosse. Natalie ed Happy l'avevano raggiunta in breve tempo.

Natalie gli aveva ovviamente rifilato un'occhiataccia, ma Tony se ne era bellamente disinteressato: ucciso Stane, non aveva altro da fare nei paraggi, se non intralciare. E, finalmente, era arrivato il momento di partire, quasi nel sollievo generale di tutti i presenti.

Ore.” - sussurrò Bruce, mentre la mano si spostava dalla fronte alla giugulare - “Che ore sono.”

E' quasi mezzogiorno.” - Tony ritirò la mano, molto lentamente, studiandolo - “Sta piovendo su Gotham. È una buona notizia.”

Bruce aprì gli occhi, voltando la testa.

Le cariche che hanno sganciato nelle periferie, senza l'emettitore, non sono permanenti.” - aggiunse Tony - “Il loro effetto dovrebbe svanire entro le dieci, dodici ore. Ormai ci siamo. Con la pioggia inizierà a sciogliersi anche la nube.”

Ok. Alfred doveva chiamarmi.” - Bruce puntò i gomiti, per raddrizzarsi, Tony lo respinse sul materasso.

Sono stato io a dirgli di non farlo.” - rispose, come se fosse necessario mettere in chiaro la natura del tradimento del maggiordomo - “Sono qui dalle cinque, era inutile fossimo svegli in due.”

E che ci fai qui dalle cinque...”

Sono venuto a riposarmi.” - rispose Tony, del tutto impassibile.

Bruce si concesse un mezzo sorriso.

Giusto.”

Resta sdraiato.” - ordinò Tony, rialzandosi - “Ti racconto tutto.”

Si bloccò, sorpreso. Bruce gli aveva afferrato una mano, stringendo forte, trattenendolo.

Si scambiarono un'occhiata e Tony ebbe l'impressione che volesse dire qualcosa... qualcosa che, alla fine, non pronunciò.

Prima mi levo l'armatura.” - disse, infatti, sedendosi, senza però lasciarlo andare - “Aiutami.”

***

Aveva davvero bisogno di aiuto. La spalla era viola, il torace segnato da striature altrettanto tumefatte. Tony aveva preferito tagliare alcuni elementi, nel dubbio che sotto ci fossero fratture, promettendo solennemente di sostituirglieli con altri, a tempo record.

Bruce aveva scherzato sulla demolizione della corazza, a meno di trenta ore dalla sua inaugurazione. Ma non era riuscito a trattenere qualche smorfia, mentre Tony sfilava parti ormai unite alla pelle dal sangue rappreso.

Tu come stai?” - chiese, restando seduto sul tavolo e lasciando che Tony trafficasse con gli stivali.

Di risposta, Tony alzò la maglietta. Lividi come palle da tennis.

Capisco.” - sospirò Bruce, senza dilungarsi. Sussultò, chiudendo gli occhi: Tony gli aveva appena raddrizzato un dito del piede, senza preavviso - “Grazie.”

Di niente.” - rispose Tony, mettendo a posto anche quello vicino. E quello ancora dopo. Poi passò al secondo stivale.

Bruce alzò gli occhi, udendo dei passi. Alfred stava percorrendo il chilometrico corridoio che metteva in comunicazione WayneManor con il rifugio. Ed aveva un vassoio, tra le mani, come sempre.

Era una visione così rassicurante da fargli venire le lacrime agli occhi.

Tony aveva finito la propria opera. Bruce si rialzò, zoppicando, in direzione dei computer. Alfred, sul passaggio, gli porse un bicchiere, colmo fino all'orlo di latte.

Felice di vederla in salute.” - commentò, approfittandone per guardarlo in faccia. Occhiaie a parte, aveva un bel livido sul mento - “Occorrerà del fondotinta, se vuole apparire in pubblico.”

Non penserai di diventare spiritoso proprio oggi.” - replicò l'uomo, posando il bicchiere. Tony, con la corazza sotto il braccio, si fermò, sollevò l'oggetto e glielo ripose in mano, con l'espressione di chi non vuole essere contraddetto.

Non mi permetterei mai, signore.” - rispose Alfred, riempiendo un secondo bicchiere di latte e porgendolo a Tony. Poi aggiunse, guardandoli entrambi - “Sarebbe una mancanza di rispetto...”.

Il signor Stark aprì la bocca per protestare. Poi la richiuse.

Salute.” - sospirò, urtando il bicchiere di Bruce.

La colazione.” - presentò a quel punto il maggiordomo, sollevando il coperchio dal piatto. Aveva un sorriso compiaciuto... da gatto.

***

Mangiando sandwich (e obbligando Bruce a fare altrettanto), Tony si lanciò in un resoconto, il più dettagliato possibile, delle ore appena trascorse.

La città di Gotham era quasi sotto controllo: Gordon, apparso in televisione alle prime luci del nuovo giorno, aveva riassunto la situazione comunicando la cattura di più uomini coinvolti nell'attacco e sottolineando come le forze dell'ordine fossero state allertate per tempo e avessero prontamente reagito.

Il Cavaliere Oscuro è stato indispensabile, questa notte, aveva sottolineato, con decisione. Senza di lui non saremmo qui a parlarne. Gordon non era uomo da giochi politici e, a quanto sembrava, non aveva paura a fare il nome di Batman quando si trattava di giustizia e azione.

Quando si erano inserite immagini di repertorio già viste, Tony ne aveva approfittato per voltarsi e guardare ciò che restava del Cavaliere Oscuro in questione: un'ombra nera, su una branda, spenta da un sonno tanto spesso da essere quasi certamente chimico.

Nient'altro da dire. O da giudicare.

Tony si era voltato di nuovo verso i monitor, continuando a seguire la situazione. Alla Expo, Pepper non aveva ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali ma i primi analisti escludevano una connessione con i recenti eventi di Gotham. La lunga mano dello Shield cominciava già a farsi sentire.

Ras'l Ghul risultava essere l'unico mandante dell'attacco terroristico e, al momento, e solo per il momento, aveva sottolineato Gordon, lo si riteneva disperso. Probabilmente morto.

All'apice del caos, un treno risultava essere deragliato, in seguito a un crollo dei binari sospesi, per cause ancora ignote.

Il treno, ringraziando il cielo, si era spezzato e solo il locomotore era precipitato in una zona in via di demolizione, danneggiando un parcheggio multipiano. Era seguita un'esplosione, inevitabile, ma si escludeva a bordo la presenza di ordigni bellici. L'attacco terroristico, quindi, sembrava limitarsi alla diffusione nell'aria di una sostanza tossica e allucinogena che aveva causato non poche vittime e mastodontici problemi.

Batman, visto in più zone della città, sembrava essersi adoperato fino all'alba, aiutando e combattendo. Ma gli avvistamenti erano cessati verso le quattro, in concomitanza al passaggio degli aerei militari che avevano rovesciato acqua di mare sulla città, come se dovessero domare un incendio.

Tony si sarebbe voluto prendere il merito di questo, ma non poteva: era stata Pepper a mettere in piedi alcuni contatti delle StarkIndustries e spingerli ad agire in quel mondo.

Acqua, signori, non fate altre scelte di cui potreste pentirvi” - aveva detto al telefono, come se la Difesa Nazionale prendesse ordini direttamente da lei. Tony, nel frattempo, si era fatto aiutare da Jarvis nella rimozione dell'armatura, inneggiando ad un enorme apriscatole non ancora inventato.

Dopo, indossando un'altra armatura che, guarda caso, era già pronta all'uso, era volato a Gotham per trovare ciò che restava di Bruce Wayne. In volo, seguendo l'impulso del bracciale (scomparso per un'interruzione di contatto inaspettata durante la propria colluttazione con Stane), aveva saputo dove rintracciarlo.

E' tutto.” - disse, infine, Tony, finendo un altro sandwich e lasciando cadere sul tavolo il tovagliolo di lino - “Situazione in fase di miglioramento. Puoi riposarti.”

Crane?”

In consegna al distretto di polizia da circa un'ora. L'ha trovato una pattuglia, ho sentito già la registrazione. Non credo che sia proprio in forma, è rimasto intossicato.”

L'ho intossicato io.”

Occhio per occhio, allora.”

Qualcosa del genere.” - ammise Bruce. Aveva male persino a masticare - “E Joker?”

Nulla. Nemmeno un commento. Come Vanko, del resto.” - replicò Tony, scegliendosi una mela e mordendola - “Che maleducati... nemmeno chiamare per sapere come stiamo...”

E Pepper?” - Bruce sembrava in vena di domande, sprofondato nella sedia davanti ai monitor - “Come se la cava?”

E' Pepper. È perfetta, come sempre.” - Tony piegò la testa, squadrandolo - “Bruce, dimmi che non ti stai iniettando degli steroidi.”

No.” - rispose l'altro, posando la siringa appena utilizzata - “Ma non intendo affrontare il Joker sentendomi un rottame.”

Credo sia il caso di ritardare il vostro confronto.”

No, non lo farò. Basta aspettare.” - Bruce scosse la testa, fissando un punto alle spalle di Tony. Sulla scrivania, nascosto tra un quaderno e dei cd, intravvedeva appena un fiore blu, essiccato - “Non aspetterò un invito, intendo trovarlo e stanarlo.”

Non sei in grado di batterlo, in questo momento.” - rispose Tony, tagliando sui giri di parole - “Ti farai ammazzare.”

Possibile.” - ammise Bruce, alzandosi, le mani puntate ad entrambi i braccioli per riuscirci - “Ma non inevitabile.”

***

Possibile ma non inevitabile. Forse Junior aveva ragione. Ma gli provocava solo l'atavico desiderio di cominciare a fumare. Di certo, lo aveva obbligato a servirsi dal carrello dei liquori.

Erano rientrati a WayneManor e Bruce era salito a farsi una doccia. Tony, in piedi davanti ad una delle ampie finestre della biblioteca, bicchiere alla mano, contemplava il parco e rifletteva sul proprio ruolo nella situazione che si stava creando.

Posso portarle qualcosa, signor Stark?” - domandò Alfred, apparendo sulla porta.

Un cervello nuovo per il signor Wayne, magari.” - sospirò Tony. Poi si voltò, con un sorriso di rammarico - “Mi perdoni, Alfred, stavo seguendo i miei ragionamenti... Non mi serve nulla, grazie.”

Capisco perfettamente. E non posso dissentire.” - rispose il maggiordomo - “Sa cosa ci riserva la giornata di oggi?”

Purtroppo no, non ancora. La terrò informata.”

La ringrazio.” - rispose il maggiordomo.

Alfred?” - lo chiamò ancora, tornando a fissare il parco.

Signore?”

Gli guardo io le spalle. Non gli succederà nulla.” - disse, rispondendo alla domanda che non si era permesso di rivolgergli - “Non preoccuparti.”

Se le cose stanno così, signore, seguirò il suo consiglio.” - rispose l'uomo, compito. Poi, con un mezzo inchino, si ritirò.

Era una grossa promessa, quella appena fatta. Una promessa che richiedeva un secondo giro attorno al carrello dei liquori.

Aspetta a versarti un altro scotch.” - disse Bruce, apparendo sotto l'arco. Sembrava più in forma di prima, ma Tony non voleva sapere cosa avesse fatto, oltre alla doccia - “Ho una bottiglia speciale.”

Abbiamo qualcosa da festeggiare?”

Fingiamo di sì.” - replicò Bruce, aprendo la porta dello studio di suo padre. Come il resto del castello, era stato riprodotto alla perfezione. Mancavano solo gli strumenti medici... quelli, come i ricordi, non erano rimpiazzabili - “In fondo abbiamo vinto il primo round. Non è poco.”

Giusto.” - concordò Tony, scegliendo il divano e allungando anche le gambe. Tale e quale suo padre, pensò Bruce, aprendo l'ultimo cassetto della scrivania. Poi sollevò la bottiglia e lesse l'etichetta - “Brandy Solera Gran Reserva...”

Conde de Garbey!” - concluse Tony, illuminandosi - “Però, Junior, quel che si dice un brandy invecchiato il giusto!”

Credimi, trovarlo non è stato semplice.” - rispose Bruce, aprendo e versando - “Leggevo sempre l'etichetta, da bambino, ho finito con l'impararla a memoria. E, l'altra settimana, io... no, niente, brindiamo. Alla prima mano vinta.”

E, vista la bottiglia, alla nostalgia.” - rispose Tony, alzandosi - “... ai nostri padri. A papà.”

Bruce esitò. Poi i bicchieri tintinnarono.

A papà.” - rispose, in un sussurro.

***

Non si dissero molto, bevendo quella rarità. La nostalgia, dopotutto, sembrava aver davvero preso la parola, calando su di loro come un velo. Stanchi, doloranti e consapevoli della caccia all'uomo che stava per aprirsi, rimasero in quello studio silenzioso per almeno un'ora. Tony, semisdraiato sul divano, Bruce alla scrivania.

Ognuno aveva i propri pensieri e i propri ricordi da vivere, ad ogni sorso. Quella stanza, come la memoria, era un'illusione di qualcosa di già perduto: non erano le stesse mura, non era la stessa bottiglia, non erano gli stessi libri. Eppure... eppure sia Tony che Bruce non potevano sfuggire alla malinconica consapevolezza del tempo andato che più torna, della morte e del dolore che la accompagnano.

Siamo diversi, si sorprese a pensare Bruce. Siamo diversi da ciò che eravamo soltanto quattro notti fa, incapaci anche solo di nominare la nostra eredità.

Siamo cambiati. Così doveva andare.

Ma i rimpianti sono sempre gli stessi di quando ci siamo trovati.

E in quel giorno, più di ogni altro, il rimpianto era forte. La morte di Obadiah per Tony, quella di Ducard per Bruce, erano il punto di non ritorno che da tempo entrambi andavano cercando. Un modo per far pace con il passato, con il senso di inadeguatezza coltivato nel dolore infantile, così simile al senso di colpa, che li aveva perseguitati nell'età adulta. A caccia di una connessione dentro una bottiglia di brandy vecchia di duecento anni, un ponte tra passato e presente, tra due generazioni che non avevano potuto confrontarsi. Ma degni entrambi, a modo loro, del cognome che portavano. Certi della strada scelta.

Bruce sospirò, lasciando andare la testa indietro, contro lo schienale in pelle.

Niente male.” - sospirò, facendo ruotare, per l'ennesima volta, il liquore nel bicchiere. Poi si voltò, guardando Tony - “Stane ti ha detto qualcosa ieri sera? Ci hai parlato prima di...”

Ci ho parlato.” - ammise Tony, restando sdraiato sul divano impero, con i piedi sul bracciolo. Il bicchiere, in bilico sullo stomaco, era ancora pieno a metà. Tony lo gustava, goccia per goccia, senza fretta - “Niente che possa avergli fatto piacere sentire.”

E tu? Hai sentito cose che non volevi sentire?”

No. Niente che fosse vero. Da circa quattro giorni sono fan di mio padre, è presto perché riescano a farmi vacillare nella mia fede.” - scherzò. Ma la verità era che si sentiva in pace, in pace con quella leggenda che si ritrovava per genitore. Non più un gran mistero, dopotutto, con il fascino delle soluzioni lungamente cercate - “Non mi sorprende che Obie non avesse capito niente di lui. Non era del tutto colpa sua. Certi segreti non sono alla portata di tutti...”

Tacque. E ricadde il silenzio.

Junior, a questo punto, visto che siamo in vena di confessioni, vorrei farti una domanda.”

Sentiamo.”

Di cosa stava parlando Joker quando si è riferito a me definendomi 'lui' ?”

***

Pipistrello, pipistrello cattivo... è lui, vero? È lui quello che penso, è lui?”

Joker si è riferito a me in questi termini, Bruce, nella registrazione.” - insistette Tony, non ottenendo immediatamente una risposta - “Tu sai di cosa stesse parlando, o sbaglio?”

Non è nulla che ci metta in pericolo. E, presto, Joker non sarà più un problema.”

Sì, credo che tu abbia ragione: presto non sarà più un problema. Ma, attualmente, è ancora libero. E quella frase non era una minaccia alla mia vita... ma alla tua.

Bruce alzò gli occhi verso Tony. Non era più sdraiato sul divano, ma seduto al centro, pronto ad alzarsi e discutere.

Cosa sa di te che non vuoi ammettere nemmeno con me?” - insistette, senza sapere come Bruce sentisse riecheggiare, nelle sue parole, quelle del mostro.

Hai negli occhi la morte. La morte di chi? Chi sta morendo, ora, mentre sei qui, con me? A chi puoi tenere così tanto? Amore? Amico? Padre... fratello?”

Tutto.” - rispose Bruce, a bruciapelo, fissando dentro il bicchiere che ancora stringeva in mano - “Sa tutto di me, mi legge dentro come se fossi scuoiato.”

Bruce...”

E' successo al commissariato, la notte in cui sono andato a interrogarlo. Io non sono riuscito a strappargli una confessione. In compenso, lui ha ottenuto tutto ciò che voleva. Per questo so che, per quanto io lo combatta, non c'è nessuna certezza che vinca. Non ho segreti per lui.”

Non ne ho, non si è salvato nulla. Lui sa ogni cosa... ogni cosa che conti...

Scommetto che è stato Lui... Si è occupato di te anche quando facevi danni, vero? Perché tu ne hai fatti, di danni, tu eri un delinquente e ora cerchi redenzione, vero? Si legge dappertutto, su questa tua corazza: picchiatemi, fatemi male, sono stato cattivo, cattivo...”

Tony si alzò e si sedette di fronte alla scrivania. Bruce fissava il bicchiere, non lo guardava in viso. Era difficile sapere a cosa stesse pensando... ma parlava. Ed era già più di quanto avesse mai fatto.

Mi racconti dapprincipio?” - chiese, giocando una partita azzardata.

Bruce alzò gli occhi su di lui, incerto. Dall'altro lato della scrivania, le braccia conserte sul ripiano rivestito, l'espressione di chi è disposto ad attendere ma si aspetta una risposta.

Raccontargli di quello scontro sarebbe stato come svelargli gli incubi: incubi costellati di lapidi, in cui Tony moriva bruciato e Rachel lo chiamava, invitante. Incubi in cui era separato, come sconnesso, sia dai vivi che dai morti.

Non posso.” - rispose, dopo aver esitato a lungo - “Davvero.”

Temi davvero che possa giudicarti?”

Io non … non lo so.”

Bruce, guardami bene. Siamo alle battute finali, lo sappiamo entrambi. Ma io desidero chiederti se ricordi come è cominciato tutto questo. Se ti ricordi cosa è stato a spingerti in questa direzione. Perché hai fatto quello che andava fatto?

Perché mi hai detto che mi serviva uno scopo.

Perché mi hai detto di tornare a casa, di creare qualcosa. E l'ho fatto.

E questo fratello, dicevo, ti ha convinto.” - fece eco la voce del Joker, nella sua mente - “Abbiamo uno scopo, ne abbiamo uno... è questo che dicono i grandi, quando i piccoli piangono."

Joker sa anche questo. Sa perché sono divenuto Batman.”

No, lui non lo sa. Lui non c'era. Gioca con le tue paure, non fa nient'altro. Ti osserva e si plasma sulle tue reazioni, un gioco da prestigiatore. Ma non c'era, al campo di prigionia, non ha visto ciò che ho visto io, non ti ha sentito parlare, né sa cosa ci fosse tra te e Rachel.”

Ti sbagli, Tony.”

No, per niente. Io non sbaglio quasi mai. Joker sa solo quali tasti premere. E io sono uno di quelli, vero?”

Domanda a bruciapelo. Bruce annuì, senza rendersene conto.

Non mi farà nulla, Junior. Anche impegnandosi, non può toccarmi. E questo ti fornisce un punto di forza, non credi? Io non sono una falla attraverso cui ferirti. E' solo un bluff.”

Bruce non rispose. Tony aveva ragione: Joker aveva giocato sulla paura di Bruce, sulla paura della morte inevitabile di Tony per via dell'intossicazione. Ma quella causa era decaduta.

Joker non lo sapeva. Un bluff.

Ragiona, Bruce. Non siamo giunti fino a questo punto per cedere davanti a un tizio che si tinge i capelli di verde. Non sei destinato a divenire ciò che lui crede. Tu sei ciò che hai scelto di essere, fino in fondo all'anima. Tu sei figlio di Thomas per ciò che hai fatto, non per il nome che porti.”

Siamo forgiati dalle esperienze che abbiamo vissuto, non da ciò che le persone credono di sapere di noi. Siamo ciò che siamo perché così vogliamo che sia.

Noi combatteremo insieme, Bruce. Te l'ho promesso. Ma tu non dimenticare mai che, da quando ti conosco, ti ho visto spezzare ogni tua paura per ricavarne forza. Questa volta non sarà diverso. Joker può anche credere di sapere chi tu sia, ma non sa quanto in alto sai spingerti. Non può saperlo perché... perché certi segreti non sono alla portata di tutti. E altri...”

Mise una mano in tasca ed estrasse un registratore mp3.

Altri vanno svelati solo al momento opportuno.” - aggiunse, facendo partire la registrazione. Poi si alzò e uscì, un attimo prima che la voce di Rachel fosse udibile.

***

Sei solo un folle.” - sibilò Rachel - “Uccidi me, ma non ucciderai i simboli di Gotham. Dent ti troverà, Batman ti consegnerà a lui, vivo o morto. Non potrai mai sfuggire alla giustizia.”

Tu credi? Tu credi, eh?” - la voce di Joker crepitava, divertita, come le fiamme - “Scommetto che sei una che crede in tante cose... questa bilancia, questa spada... tu pensi davvero che significhino qualcosa, vero? E gli occhi, non vuoi che ti cavi anche gli occhi?”

Vuoi farlo? Fallo! Non mi serve la vista, so di essere già morta. Ma questi simboli non muoiono con me... guardati attorno, basta un pugno di cenere per far sorgere nuovi eroi, eroi così grandi da restare incompresi, eroi in grado di guardare oltre il proprio dolore e combattere.”

E il tuo uomo? Credi davvero che non vorrà vendicarti? Credi davvero che non vorrà uccidermi e basta, quando saprà?”

Il mio uomo non sceglierà mai la via più semplice...”

Bruce chiuse gli occhi, come se un pugno lo avesse raggiunto, in pieno sterno.

Il mio uomo farà ciò che è giusto... perché dal proprio dolore ha saputo forgiare l'equilibrio. Lui crede nell'armonia e tu non avrai nessuna arma con cui riuscire a colpirlo. Nessuna.”

Oh, Rachel... Bruce strinse il profilo del ripiano, fino a sentire le unghie entrare nel legno.

Tutto cadono, mia cara, tutti. Non lo sai? Non sai che la follia è la prima figlia delle verità assolute? Il caos, tesoro mio, il caos è ciò che nasce dal dolore e dalla paura, non l'equilibrio.”

Tu non sai niente, tu non...” - Rachel rideva, senza paura, in un nastro che ora gracchiava, distorcendosi.

Non svanire, ti prego.” - implorò Bruce, parlando con l'eco della donna, come se potesse sentirlo - “Non svanire, amore mio. Non lasciarmi.”

Sbagli. Sei solo un insetto che si crede un gigante, un insetto. E i giusti di questa città ti schiacceranno. Forse non oggi, o domani, ma tu cadrai. La legge degli uomini, quella legge che tu disprezzi, sarà l'ultima gentilezza che otterrai nella tua miserabile vita.”

Potresti aver ragione... ma tu? Ora? Vedi la giustizia che viene a salvarti? Dov'è ora, questa tua musa infallibile?”

Silenzio. Distorsione. Il crepitio del fuoco. Poi Bruce sentì se stesso urlare e desiderò coprirsi le orecchie.

Sei vivo, allora.” - un sussurro. Un sussurro fatto di inspiegabile gioia.

Mi ha visto, pensò Bruce. Lei mi ha visto.

E la sua risata, la sua spregevole risata.

Allora non sei così innocente... il tuo uomo, il tuo uomo... due. Sono due, come in ogni cosa, due, due facce. Ma uno non c'è e lui... lui non ti salverà... non si getterà nelle fiamme per te...”

Lui salverà ciò in cui io credo. Perché lui è migliore, sia di me che di te.

Le parole di Joker si persero. Poi iniziarono le urla. Solo urla. E, nella distorsione ormai totale della registrazione, Bruce percepì la scomparsa della vita. E Rachel svanì, per non tornare mai più.

***

Quando uscì dallo studio, chiudendosi la porta alle spalle, Tony si alzò e restò fermo, a prendersi i pugni che si meritava.

Bruce venne verso di lui, lentamente, i segni di quello che lo aveva colpito incisi nei lineamenti.

Fuoco. Bruciava dello stesso fuoco che aveva ucciso lei.

Gli porse il lettore e Tony lo prese, facendolo scivolare in tasca.

Credevo avessi detto di averla cancellata …” - mormorò, senza muoversi.

Per molto tempo, mi sono convinto di averlo fatto.” - rispose Tony, con calma - “Mi sono illuso di poter dimenticare di non esserci riuscito.”

L'ho cancellata io.”- confessò Bruce, mentre la voce gli moriva in gola. Ho cancellato la sua morte.

Allora hai fatto la cosa giusta. Come sempre.” - replicò Tony. Poi si voltò - “Andiamo, abbiamo un compito da portare a termine.”

***

Joker. Cercarono Joker per tutto il giorno, riguardando ogni fonte di informazione: filmati, riprese amatoriali, qualunque tipo di articolo uscito su di lui. Avevano discusso e non erano approdati a nulla. A quel punto, erano usciti.

Così come lo avevano cercato tutto il giorno, lo cercarono tutta la notte. Passarono al setaccio una città ridotta ad un campo di battaglia e i cieli densi di nubi che la minacciavano.

Pepper, in viaggio verso Gotham, informata della decisione, aveva ripreso in mano la documentazione un'altra volta e si era rivista tutti i filmati con cui Joker aveva terrorizzato, sin dall'inizio, la popolazione. Niente da fare. Nulla. I video erano stati girati in posti diversi alcuni, nello stesso altri. Ma, in nessuno, era stato possibile notare un particolare che dicesse qualcosa più di ciò che già sapevano. Joker, con l'aiuto di Ducard o senza, da mesi ormai, aveva messo in ginocchio la malavita di Gotham a partire dai peggiori padrini, quegli stessi uomini che Harvey Dent aveva combattuto fino alla morte.

Aveva immortalato ogni omicidio con un filmato, si era preso il merito di ogni cadavere scoperto dalla polizia e si era divertito a interrompere le dirette sulle azioni di Batman per commentarle di persona. La televisione era stato il suo mezzo prediletto di diffusione. Con disappunto di Tony, non aveva quasi mai utilizzato cellulari e internet. Non aveva lasciato tracce vocali, se non quelle di cui avevano già accertato la provenienza né piste nella rete, facilmente seguibili.

Forse, ora, in mancanza di alleati forti come Ducard o Crane, sarebbe dovuto venire allo scoperto, per provare a mettersi in contatto con Vanko.

Vanko, come lui se non peggio, sembrava imprendibile. Chiuso da qualche parte, stava certamente lavorando. Ma a cosa? E a che punto era? E che importanza poteva avere per lui Joker, se ciò che voleva era solo Iron Man?

Nulla. Nulla su cui lavorare.

E così, la notte era passata.

Rientrati a casa, avevano trovato la signorina Potts ad aspettarli, scalza, sulla porta della biblioteca.

Felice di rivedervi.” - aveva comunicato, posando la tazza che stringeva tra le mani e avanzando verso di loro. A sorpresa, aveva abbracciato Bruce e non Tony - “Eroe di Gotham... felice di vederti intero.”

Tony non aveva obiettato. Il vantaggio di un'armatura come quella di Iron Man era il poter avere comunicazioni telefoniche anche di natura personale tra un'azione e l'altra.

Così, in volo, chiamata Pepper, le aveva raccontato tutto. Tutto, per filo e per segno. Lo aveva fatto perché sapesse a cosa andavano incontro e, in una forma di egoismo, per levarsi il peso del compiuto dalla coscienza.

Pepper non lo aveva giudicato. Aveva capito dal tono della voce di doverlo sostenere, come poche volte nella vita le era stato concesso di fare. Aveva parlato con lui dell'accaduto, della registrazione di Rachel, si era fatta dire quanto era disposto a svelarle senza insistere.

Tony, al di là dell'amore ormai assodato, le era stato grato, grato di poter riporre in lei quella fiducia che non provava per il genere umano in generale. Pepper sapeva capire. Sapeva capire ogni cosa.

Sei ridotto meno peggio di quanto pensassi.” - commentò la donna, allontanandosi da Bruce quanto bastava per guardarlo in viso. Lo obbligò a voltare la testa e verificò il livido sul mento - “Preso qualche cattivo, stanotte?”

Qualcuno. Ma poca roba.” - rispose Tony, piegando il collo indolenzito prima a destra e poi a sinistra - “Ci ordiniamo una pizza? Mangerei un tavolo...”

Alfred vi ha lasciato la cena in caldo.” - rispose lei, voltandosi per ricevere un bacio e poi dall'altra parte per seguire i suoi spostamenti - “Io vi lascio ai vostri banchetti e vado a dormire.”

Non rimani?” - domandò Bruce. Pepper non lo aveva ancora lasciato andare, gli teneva le mani sulle spalle. Ed erano calde, vive.

No. E voi seguite il mio esempio e andate a dormire presto. Niente parole fino all'alba come se foste dei ragazzini.”

Ma noi siamo dei ragazzini. La notte è il nostro momento!”

La notte è il vostro momento, Tony, perché le cose che fate, di giorno, sembrerebbero da folli.” - rispose lei, serafica, recuperando il the e il libro - “ 'notte...”

Il consiglio di Pepper si era rivelato ottimo solo sulla carta. Al mattino, Alfred li aveva trovati addormentati in biblioteca, Bruce sul divano e Tony sul tappeto. Tutto attorno, tablet, appunti, progetti e bottiglie di birra. Cose mai viste nemmeno nel pieno dell'adolescenza.

***

C'era Alfred, che si muoveva, nel corridoio secondario.

Tony, quando fu certo che si fosse allontanato, aprì gli occhi e si sedette. Bruce dormiva ancora, sdraiato sul divano, con un braccio a penzoloni. Allungò una mano, scuotendolo. Niente. E inutile pensare di poterlo trascinare in un letto.

Si alzò, cercando di fare meno confusione possibile e lasciò la stanza.

Salì le scale a piedi scalzi, la testa annebbiata dal sonno interrotto e dagli ultimi giorni vissuti.

La giustizia è cieca, come la fortuna. Perchè dovrebbe funzionare con regole differenti?”

E, difatti, le loro regole non son diverse. La fortuna e la giustizia non guardano mai chi tu sia. Ma sei tu, uomo, con il tuo arbitrio a scegliere se rispettare i limiti e i doni che ti offrono. La fortuna e la giustizia possono permettersi il lusso di essere cieche... ma sta agli uomini aprire gli occhi.”

Rachel... ormai, sempre più spesso, pensava a lei. Era il fantasma di Bruce, la stella guida delle sue azioni e, da circa venti ore, l'unica risorsa per riuscire a mantenerlo in vita.

La registrazione, l'inaspettato colpo basso inferto, non era altro che un ultimo disperato tentativo di mantenere Bruce sulla retta via: le parole di Rachel, nelle speranze dei Tony, dovevano ricordargli il motivo per sopravvivere al Joker e, allo stesso tempo, il motivo per non ucciderlo.

Un limite. Un limite alla morte e alla vendetta.

Un modo per non perderlo.

Tony aprì la porta della loro stanza e non lo sorprese sentire la voce di Pepper canticchiare, nel bagno. Si affacciò e la donna, immersa fino al collo in una vasca che sembrava riempita di schiuma, gli sorrise.

Avevo detto a letto presto...” - lo ammonì, scuotendo un piede nella sua direzione.

Ho dormito presto. Ma non a letto.” - rispose lui, sedendosi sul bordo della vasca e giocherellando a colpire la schiuma con le dita, facendo esplodere microscopiche bolle nell'aria - “Come andiamo a casa?”

Tutto nelle mani di Natalie. È molto competente.”

Se è dello Shield la voglio fuori dai piedi a tempo record.”

E' dello Shield e, al momento, licenziarla sarebbe uno sbaglio.”

Natalie è almeno il suo nome? Scommetto di no.

Sinceramente non mi importa. Ah, ha chiamato Phil. Dice che Obie è davvero Obie e che l'armatura si sbriciola come un biscotto vecchio.”

Oh, ma che bravo questo Phil che ha scoperto l'acqua calda. Potevo dirti io le stesse identiche cose.”

Siamo suscettibili stamattina...”

Potrei essere in balia di un'emozione nuova: sono nervoso.” - ammise Tony, colpendo di nuovo la schiuma e schizzandola in giro - “Dobbiamo trovarli, dobbiamo trovarli prima che lui cominci a sniffare colla per restare tonico ed io abbia un esaurimento.”

Sono perfettamente d'accordo.”

Avere per amico un eroe solitario mi stressa davvero! Manco fossi la sua fidanzata!”

E benvenuto nella mia vita.” - sospirò Pepper, appoggiando la nuca al bordo della vasca e guardandolo - “Tony, stiamo facendo l'impossibile. Lo abbiamo fatto ieri notte e lo faremo oggi.”

Giusto. Pensiamo con la testa e non con l'utero.”

Qualcosa del genere.” - concordò lei, ignorando la battuta maschilista per abitudine - “Abbiamo un programma?”

Devo vedermi con Lucius. Ci servono armi e pezzi di ricambio.”

Perfetto. Io rivedrò ogni singolo dato con Bruce o mentre Bruce dorme. E resteremo in contatto. Da chi cominciamo? Vanko o Joker?”

Direi Vanko. Abbiamo modo di fare una valutazione della radioattività limitandoci a Gotham? Se davvero ha il palladio di Obie non è detto che abbia modo di schermarlo alla perfezione.”

Possiamo provare. Non so quanto la nube tossica possa interferire, ma farò qualche telefonata. Altro?”

Imposterò il computer alla WayneTower e proverò a cercare ancora l'origine del segnale pirata con cui trasmette. Se solo andasse ora in onda... sorprendente che non l'abbia fatto ma, con i blackout che ci sono stati potrebbe avere incontrato dei problemi. Lo terrò presente.” - Tony si rialzò, cominciando a levarsi i vestiti - “E, adesso, le cose importanti. Fammi posto.”

***

Il piano messo a punto da Pepper e Tony non conobbe contrattempi: Bruce continuò a dormire, indisturbato, mentre ognuno, rifocillato abbondantemente da Alfred, prendeva la propria strada.

Per Lucius fu un vero piacere vedere Tony sbarcare in ufficio con l'esigenza di saccheggiare la sezione scientifica.

Aspettavo solo un pretesto per fuggire da qui.” - ammise, alzandosi dalla sua scrivania di amministratore delegato. Era sommerso dalle pratiche - “Non mi permettono nemmeno di andare a casa a dormire...”

In effetti, con la minaccia appena sventata e la linea ferroviaria ancora in fase di blocco, anche Lucius aveva avuto il suo bel daffare: erano necessari massicci interventi e, prima ancora, approfondite valutazioni dei danni subiti.

Non si contavano, ovviamente, le telefonate dei membri del consiglio.

Dirò a Pepper di venire a darti man forte.” - disse, mentre scendevano in ascensore - “E' un mostro quando si tratta di tenere a bada gli azionisti.”

Credo che l'aiuto della signorina Potts sia più utile a Bruce, in questo momento.” - rispose, lasciando ben intendere di essere informato almeno in parte degli ultimi sviluppi - “Ti trovo in forma... fai più attività sportiva?”

Tony sorrise, rifilandogli un'occhiata storta. In effetti non si erano più visti, da prima della modifica al reattore.

E' stato mio padre a salvarmi. Ma tu già lo sapevi che sarebbe andata così, vero?”

Non sapevo. Speravo.” - ammise, sorridendo. Poi lo fissò, quasi emozionato - “Tuttavia, è ciò che penso? È davvero la chiave del futuro?”

Diciamo solo che avevate visto giusto.” - ribattè Tony, senza sbilanciarsi - “Ma non voglio parlarne finchè non le avrò dato un nome. Tuttavia...” - si stava slacciando la camicia, fissando il numero dei piani ancora da discendere - “... ho tutto il tempo necessario per improvvisarti uno spogliarello e farti ammirare il miracolo. Dopotutto... io sono la chiave del futuro.

***

Erano ancora in pieno inventario delle armi e dei ricambi, quando le porte dell'ascensore si aprirono di nuovo e apparve Bruce, in giacca e cravatta.

Ma guarda chi si vede!” - esclamò Tony, giulivo - “Junior, ciao! Dormito bene?”

Vorrei che perdeste tutti questa abitudine a non svegliarmi.” - rispose, a mo' di saluto, l'uomo, avvicinandosi - “Lucius, ci sono novità qui in ufficio?”

Se si riferisce alla bomba che ho fatto sparire, è già stata smontata e spedita alle StarkIndustries perché la riciclino come meglio credono. Se invece sta parlando dell'emettitore che non dovrebbe esistere... bhe, posso garantirle che non esiste.” - e concluse la relazione con un bel sorriso, presto ricambiato dal signor Wayne.

Ottimo.” - si rallegrò Bruce - “Se così stanno le cose, penso che mi prenderò il resto della settimana e lascerò il mio impero nelle sue abili mani.”

Tutto come l'altra settimana, allora. Grazie per la fiducia illimitata.” - Lucius si voltò, con finto rammarico, verso Tony - “Come può bene vedere, signor Stark, mi vedo nuovamente costretto a rifiutare la sua offerta di lavoro. È una questione di correttezza...”

Vedo, vedo...” - rispose Tony, con altrettanto falso e risentito. Poi mutò l'intonazione, aprendo un nuovo cassetto pieno di 'giocattoli'. Quasi canticchiava - “Vedo eccome...”

Per me o per te?” - domandò Bruce, affacciandosi sopra la sua spalla.

Per te. Io sono moderno e super accessoriato di natura... ma guarda che meraviglia... e che meraviglia anche questo. E quello...” - Tony alzò la testa e li fissò, all'apice della goduria - “Non fosse che, come al solito, siamo in pieno dramma, resterei qua a frugare tutto il giorno!”

Con un sospiro ostentato, sottolineando con aria nobile il proprio sacrificio, Tony chiuse il cassetto.

Ok, sospendiamo un momento la gita nel paese delle meraviglie. Come mai qui?”

Sono stato in commissariato a parlare con Crane.” - rispose Bruce, continuando a giocherellare con qualcosa di molto simile a una stelletta ninja.

Tony sentì la pressione arrivargli alle stelle.

Vestito così?” - domandò, indicando il completo su misura che indossava - “O in maniera più sportiva?”

Vestito così.” - ammise l'altro, posando l'arma e saggiando la successiva - “Era con Bruce Wayne che voleva parlare. Non con Batman.”

***

Crane era sopravvissuto all'inalazione, ma non senza danni permanenti. Stretto nella camicia di forza e ammanettato ad una sedia, al centro di una stanza vuota, era ritenuto offensivo ed era in attesa di essere trasferito in una struttura sanitaria di massima sicurezza.

Risultava essere incriminato per molteplici delitti e complicità in atto terroristico, per cui difficilmente, nello stato attuale in cui versava, avrebbe incontrato clemenza. Tuttavia, quando lo vide, Bruce Wayne provò pena. Era davvero giovane, non solo apparentemente. Lo dicevano i suoi documenti, allegati alla pratica dell'arresto. Più giovane di lui e irrimediabilmente rovinato dalla sostanza che era stata la sua unica grande scoperta.

Tra lui e Bruce, ufficialmente, non c'erano legami: non si erano mai visti, mai parlati, niente in comune. Eppure, come unica richiesta, da quando aveva ripreso conoscenza, Crane aveva domandato di potergli parlare. E lo aveva fatto così tante volte che, alla fine, per buon cuore più che per buonsenso, si erano scomodati a telefonargli per chiedergli di presentarsi in commissariato.

Speriamo che lei possa aiutarci ad avere altre informazioni. Per noi è stata una fortuna prenderlo vivo...” - gli aveva spiegato l'immancabile commissario Gordon, accogliendolo con una stretta di mano e non sospettando nemmeno come si dovesse a Bruce anche quell'arresto - “... ma, nello stato in cui è, non siamo stati in grado di ottenere molto.”

Io posso provare, ma non credo di essere così in gamba.” - aveva risposto Bruce, nei panni del se stesso ricco e potente, quello che mai avrebbe dormito su un divano dopo essere saltato da un tetto all'altro per ore - “C'è qualcosa che mi suggerisce di dire?”

Nulla. Non gli sveli nulla di personale e lo lasci parlare. Al primo rischio di pericolo, le prometto che interverremo.” - rispose il commissario, con tono rassicurante. Un brav'uomo, pensò Bruce, come al solito, osservandolo. Sei ancora il brav'uomo che eri venti anni fa, in una città che corrode le anime delle persone come se fosse acido.

È soprattutto per le persone come te che non riesco a trovare una motivazione per cedere.

E Rachel è morta perché credeva in persone come te.

Bruce rispose con un cenno ed entrò nella stanza, cercando di lasciare al di fuori ogni pensiero ed ogni ricordo. Crane sedeva appoggiato su un fianco, la tempia sul cuoio e le spalle, già magre di natura, strette nelle cinghie.

Aveva occhi grandi, azzurri, così privi di ragione che Bruce si domandò quanto i propri fossero stati simili, la notte in cui lo avevano ferito. E, irrazionalmente, si chiese cosa avesse provato Tony, nel togliergli la maschera. Lo sguardo di Crane metteva paura.

Dottor Crane, sono Bruce Wayne. Ho saputo che voleva parlarmi.” - esordì, dunque, sedendosi sullo sgabello avvitato a terra che gli era stato indicato dalla guardia. Si piegò in avanti, intrecciò le mani e attese.

Mi chiamavano Jony, una volta. Non Jonathan, Jony.” - rispose il ragazzo, con aria sognante - “Mi piaceva, mi piaceva davvero. Poi hanno smesso... hanno smesso dopo l'uomo nero.”

Bruce non disse nulla. L'uomo nero... Crane lo aveva chiamato così, anche la notte prima.

No, errato. Aveva chiamato così Batman.

L'uomo pipistrello ha detto all'uomo nero dove trovarmi.” - aggiunse, con rammarico, mentre Bruce ancora si ammoniva per la propria scarsa concentrazione - “Ed è finito tutto. La gloria, le ombre... Ras non mi vorrà più come erede, ora, ora che l'uomo nero mi ha trovato di nuovo... ora che provo di nuovo paura...”

Bruce alzò la testa di scatto, fissandolo. Non c'era modo di liberarlo dalla camicia, controllargli le mani, vedere se portava il marchio della Setta. Si impose di ricordare la loro breve colluttazione, cercò di rivederlo, mentre si rannicchiava in un angolo, coprendosi la testa... strinse gli occhi ed ebbe la certezza di ricordare il segno scuro, lasciato dal ferro rovente, alla base del mignolo.

Marchiato. Erede.

Perchè desiderava parlarmi, signor Crane?” - azzardò, prendendo le distanze dal proprio alter ego e dalla tensione per ciò che aveva appena sentito.

Dovevo ereditare la Setta delle Ombre, ma non ero il più amato.” - rispose Crane, ignorando la domanda - “Ras attendeva sempre solo il ritorno del figliol prodigo e non vedeva i miei sforzi, il mio amore. Ras voleva soltanto lui e non si rassegnava... non si rassegnava ad accontentarsi di me...”

E' questo che voleva che io sapessi?”

Adesso dicono che sia morto. È probabile, io lo sento che è morto...” - proseguì, come se Bruce non fosse nemmeno presente, irrilevante - “E Joker dovrà venirmi a prendere, perché solo io conosco i segreti, solo io posso far cadere questa città. Io sono... io sono l'erede... perché l'altro non è tornato...”

Tu credi che Joker verrà a prenderti?” - avrebbe voluto chiedergli di Vanko, ma non c'era motivo per cui Bruce Wayne volesse un'informazione del genere - “E' questo il vostro piano?”

Joker vuole il caos. Ducard gli aveva promesso Gotham, dopo la sua caduta. Una città da dominare come meglio credeva. E noi saremmo tornati nell'ombra, ad attendere il giusto momento per far crollare la Nuova Babilonia...” - adesso sembrava più presente, meno angosciato. Un attimo, poi nuovamente l'espressione trasognata - “Ma non... Ducard deve averlo visto... l'uomo nero...”

Bruce sentì bussare alle proprie spalle. C'era Gordon, impegnato a fargli un cenno.

Io devo andare...” - insistette il ragazzo. Tremava, ora, come se avesse paura - “Loro... loro non hanno fede. Se io non sarò lì, a controllarli... a fare ciò che è giusto... Gotham sarà distrutta, ma nessuno imparerà nulla, nessuno. Uomini come Vanko... come Joker...” - si bloccò, come se vedesse qualcosa invisibile ai presenti. Quando riprese, oltre al corpo gli tremava anche la voce - “Non sono uomini. Non lo sono.”

Fine. Ora, intuì Bruce, non era più lì, con lui. Era altrove.

Annuì e si alzò. Il colloquio era appena finito... se colloquio si poteva definire.

Signor Wayne.” - si sentì chiamare, a sorpresa, mentre era già sulla porta.

Si voltò, interrogativo. Crane lo guardava, con aria contrita.

Volevo scusarmi per aver bruciato la sua casa. Era una bella casa...” - mormorò, educato come un bambino - “La casa più bella di tutte...”

***

Così gli si è fritto il cervello. Se non è questo un bell'effetto boomerang...” - commentò Tony, dopo che Bruce ebbe loro riassunto brevemente la situazione - “Quindi non hai ottenuto informazioni utili.”

Solo una conferma: caduto Ducard, siamo nelle mani di Joker e cambia lo scenario. Meno teatralità e più violenza gratuita.”

Ottimo. Quindi? Noi come ci adattiamo?”

Passiamo all'attacco. Soprattutto con Joker. E, per quanto riguarda Vanko...”

Vanko salterà fuori non appena saprà dove sono.” - rispose Tony, serafico come stesse concordando una partita a tennis - “A questo punto direi che è inutile disperdere le nostre energie. Resto qui, non lo obbligo a venire fino a Malibu.”

Questo non li farà alleare?” - domandò Lucius, preoccupato.

No, penso sia difficile.” - negò Bruce, senza smettere di studiare gli elementi che Tony aveva selezionato per lui e accumulato su un ripiano - “Joker non è tipo da alleanze, altrimenti sarebbe intervenuto l'altra notte, con Ducard. E Vanko ha un interesse personale per Tony, non credo gli importi molto di teorie del caos.”

Concordo. Ma non mi faccio grandi illusioni. Attaccheranno in contemporanea e questo darà più forza ad entrambi.” - Tony sospirò, tirando fuori il cellulare e componendo un numero - “Mi chiedo soltanto perché i miei avversari devono essere sempre grossi come bisonti ed i tuoi secchi e cervellotici... tesoro, ciao, come stai?”

Era passato dalla conversazione con loro a quella con Pepper senza cambio di intonazione. Lucius scosse la testa, divertito. Poi fissò l'uomo ancora in piedi al bancone dell'attrezzistica.

Ha l'aria stanca, Bruce.” - mormorò, senza riuscire a trattenersi - “ E non è sorprendente, visto ciò che avete fatto. Ma siete sicuro di stare bene?”

Bruce non rispose prontamente.

Crane è impazzito per gli effetti della droga.” - commentò, come se questo spiegasse molto del suo stato d'animo - “Non posso fare a meno di pensare che sarebbe potuta andare diversamente. Potevo essere io quello con la camicia di forza.”

Ma non è andata così.”

No, infatti. Io, tuttavia, non avevo considerato quanto potessimo avere in comune io e quel ragazzo. L'ossessione della paura, Ducard, la Setta delle Ombre... quasi intercambiabili.” - spiegò, sempre senza staccare gli occhi dall'armamentario - “Eppure...”

Si riscosse e alzò la testa, con un sorriso di scusa.

Sono cupo e ombroso.” - scherzò - “Faccia finta che non abbia detto nulla.”

Lo farò. Ma vorrei comunque rammentasse che i punti in comune non fanno di voi la stessa persona.” - rispose Lucius, poi accennò a Tony, che camminava avanti e indietro, cellulare all'orecchio, mano in tasca, aria da conquistatore - “Credo, anche, che non sia male che le rammenti qualcosa che diceva suo padre e che ho sentito la signorina Dawes citare più volte: noi siamo definiti dalle nostre azioni, non da chi siamo.”

Gli sorrise, mentre Tony interrompeva la conversazione e tornava verso di loro.

Si concentri sulle differenze, non sulle somiglianze.” - aggiunse.

Fatto.” - comunicò Tony, intromettendosi nella conversazione senza preoccuparsi di interromperla - “Pepper mi procura i giornalisti. Esco dall'ingresso principale, dopo.”

Lucius lo fissò come se avesse le antenne. Bruce si espresse in un pacatissimo 'Come, prego?'.

Tony, a risposta per entrambi, si sfregò le mani.

Lezione numero uno dal manuale strategico di Tony Stark: ecco come si stana il russo.”

***

Il russo in questione alzò la testa dalle fruste in via di attivazione nell'attimo stesso in cui sentì la sua voce. Blaterava sui disastri, sulla comprensione e sulla disponibilità ad aiutare le forze dell'ordine di Gotham.

Parole vuote.” - commentò, in russo, ad alta voce. Poi sputò a terra, in segno di disprezzo - “Uomo senza onore.”

Piegò di nuovo la testa sul lavoro e calibrò i flussi, con piccole millimetriche modifiche. Stark, sullo schermo, continuava a rispondere ai giornalisti dopo essere stato, casualmente, fermato sui gradini della WayneTower.

Come ho avuto modo di spiegare durante la mia precedente conferenza stampa, non era mia intenzione intervenire negli affari di Gotham.” - pausa teatrale - “Non era. Ma le condizioni, oggi, sono cambiate.”

Esplosione di flash, domande urlate. Vanko posò gli attrezzi e ruotò lo sgabello, l'immancabile stuzzicadenti appeso al labbro.

Mi è stato comunicato dall'Intelligence che è possibile un coinvolgimento di Ivan Vanko nei recenti e terribili avvenimenti.” - spiegò Tony, provocando una nuova ondata di richieste - “Signori, signori, mi sembra evidente che non posso rilasciare un comunicato a nome della Difesa Nazionale. E non confermerò nessuna voce.”

Altre urla. Adesso, Vanko sapeva di essere del tutto assorbito dallo schermo. Tony Stark era ancora vivo, contrariamente ai suoi calcoli. La sua resistenza all'avvelenamento da palladio si stava rivelando sorprendente, quasi miracolosa.

E, cosa ancora più sorprendente... lo stava sfidando. Sfidando a Gotham, nel campo di battaglia di Ducard e Crane, colpevoli di aver voluto troppo senza gli strumenti per ottenerlo. Vanko lo sapeva bene: non esistono messaggio, morale o ideologia che possano valere più di potere e gloria. E potere e gloria vivono nella violenza e nell'arma più forte, non di certo nelle riflessioni.

Vanko non aveva ma avuto interesse per giochi cervellotici: non si era curato della Setta delle Ombre né di Stane. Persino Joker, a conti fatti, non gli sembrava aver un gran valore. Dopo un promettente avvio, era presto stato evidente che nessuno di loro gli avrebbe consegnato Stark: dopo la singola occasione creata ad arte al rally di Gotham, nessuno lo aveva aiutato a raggiungere il suo scopo.

Conseguentemente, Vanko non si era mosso per supportarli nella loro missione. Stane, poi... neanche da prenderlo in considerazione: un uomo molle, viziato dai lussi che si era concesso. Un uomo pigro, mentalmente, incapace di spingersi al di là del proprio naso verso la vera potenza. Aveva pagato profumatamente per avere un'armatura vera ma Vanko sapeva di averlo derubato: era stato come portar via le caramelle ad un bambino convincendolo di aver avuto una torta a tre piani in cambio.

Gli aveva ceduto il passo, certo che non avrebbe ottenuto soddisfazione... e che Tony Stark lo avrebbe levato di mezzo a nome di entrambi. Poi si sarebbe presentato alla Expo per raderla al suono.

Ma, ora, lo scenario cambiato e le due menti fuorigioco aprivano nuovi interessanti sviluppi. E Stark si stava offrendo, arrogante come sempre, alla lotta.

Cosa gli faceva pensare di poter vincere, nelle sue condizioni? Come si permetteva di provocarlo?

Per tanto, Vanko...” - stava infatti dicendo, gli occhiali da sole in mano e le movenze degli esorcisti televisivi - “Io ti invito a rispondere alla mia richiesta. Tu ed io, una volta per tutte, stanotte, allo stadio di Gotham. E sii puntuale.”

***

Allo stadio di Gotham? Stanotte?”

Bhe, sì, credo di essermi lasciato prendere la mano.”

Tony!” - Pepper non dissentiva. Pepper ruggiva - “Tony, tu lo hai invitato a farti a pezzettini sul prato del Super Bowl!”

Ma tu non avevi deciso di essere ottimista e fiduciosa perché non può succederci nulla?”

Ma questo riguarda le cose serie, non le spacconerie per vedere chi ce l'ha più lungo! Ma io te lo taglio!

Io vado.” - disse Bruce, a questo punto, piegando il giornale che stava leggendo e fuggendo dalla sua biblioteca. Alfred, in entrata con un vassoio, fece dietrofront e lo seguì fedelmente.

Avevi detto che ti saresti limitato a farti notare, non che gli avresti fatto la corte.”

Ma lo sai che, in un modo o nell'altro, mi trovo sempre a flirtare. Chiedi a Bruce!”

Ah, certo, perché io non so nulla del tuo flirtare! E perché dovrei poi chiedere a Bruce? Ci provi pure con lui quando io non guardo? Vuoi che mi vesta di gomma?

Siamo ancora troppo vicini.” - commentò Bruce, tre salotti più in là, alzandosi e spostandosi, sempre con il giornale appresso. Alfred, con un sospiro, sollevò di nuovo il vassoio.

Pepper, amore... stai iperventilando.” - le comunicò Tony, restando comunque in piedi dietro al divano, per sicurezza - “Non vuoi sederti? Tirami qualcosa addosso, ti sentirai meglio.”

Tony, ti rendi conto di quanto palladio dispone Vanko? Hai una minima idea di quello che potrebbe aspettarti? E'... è... è come se avessimo compilato in anticipo il tuo certificato di morte!”

Si bloccò. Si zittì. E, sotto gli occhi di Tony, perse potenza.

Finalmente, si rallegrò lui, versandole da bere e guardandola sedersi su una poltroncina, con aria controllata. Era finita la fase di riscaldamento.

Adesso sono calma.” - comunicò la donna, come se fosse davanti al consiglio d'amministrazione - “Illustrami il tuo piano.”

Tony si bloccò, con il bicchiere in mano. Lo vuotò d'un fiato e lo riempì di nuovo per lei. Domanda imprevista.

Non ce l'ho.” - disse, restando in piedi innanzi. Nessuno lo aveva mai più fissato così, dalla seconda elementare, quando la maestra lo aveva sorpreso a smontare il proiettore della scuola per costruire una macchina radiocomandata.

E Bruce? Lui ha un piano?”

Non ho pensato di chiederglielo.”

E cosa ha detto, dopo la tua conferenza stampa?”

A dire il vero... nulla.” - Tony si bloccò, come se il fatto non lo avesse colpito fino a quel momento - “Strano, in effetti.”

Ok.” - Pepper si alzò, aggiustandosi la gonna - “Ho capito tutto.”

Detto questo, attraversò il salone e sparì nel corridoio secondario.

***

Tu sei d'accordo con me.” - comunicò, un paio di minuti dopo, piombando in cucina. Bruce, che leggeva il giornale appoggiato al tavolo, alzò la testa, sorpreso.

Pepper lo sovrastava.

Tu pensi che lui sia un imbecille senza speranza.” - precisò, indicando Tony, che l'aveva seguita cercando di farsi notare il meno possibile ma senza smettere di perorare a parole la propria causa.

Ovvio che lo penso.” - rispose Bruce, restando con i gomiti sul tavolo con entrambi di fronte - “Ma non mi sarei permesso di immischiarmi nei vostri affari.”

Scusami?” - si intromise Tony, restando a fianco della donna.

Pepper ha ragione ad essere arrabbiata.” - spiegò Bruce, guardandolo - “Non potevo dirtene quattro prima di lei. Sarebbe stato inopportuno.”

E tu pensi ora all'etichetta? In un momento del genere?”

Nel 'momento del genere', tu hai sfidato un russo psicopatico che ambisce solo a farti a fette e che ha avuto in regalo un materiale classificato come il plutonio.”

Ne sono perfettamente consapevole.”

Me ne rallegro.” - sospirò Bruce. Si alzò, aprì il frigo e stappò due birre. Una per sé e una per Pepper - “Quindi? Hai un piano?”

Pepper si voltò, come in attesa. Bruce bevve un sorso, fissandolo. Tony, esasperato, spalancò le braccia.

Che c'è! Sono un genio, mica un velocista! Non ho un piano ma lo avrò, prima di sera.”

Confortante.” - sospirò Pepper, sedendosi e massaggiandosi una tempia. Bruce, sollecito come sempre, le confiscò la birra non toccata passandola a Tony e le porse il flacone delle aspirine - “Grazie. Bruce, intanto che il genio pensa, che intenzioni hai?”

Non credo di essermi allontanato molto dalle mie intenzioni di stamattina.” - rispose, mentre l'altro, borbottando risentito, si sedeva al tavolo - “Joker non si è più fatto vedere da quando è morto il sindaco. E io sono al palo, se non scopro cosa voglia colpire adesso.”

A Gotham non è rimasto molto da attaccare.” - concordò Tony - “E c'è abbastanza caos anche senza il suo aiuto.”

Potrebbe uscire a divertirsi, stasera... Io andrò di ronda, se non trovo di meglio. ” - sospirò Bruce, giocherellando con la bottiglia fredda che teneva in mano - “Quasi quasi, spero che mi inviti per un appuntamento...”

Sarebbe una trappola, non dovresti accettare.”

Parole molto sagge, Anthony.” - commentò Pepper, che non aveva ancora smesso di massaggiarsi la tempia - “Siete almeno armati fino ai denti, per la vostra uscita a quattro?”

Eccome. Tanti magnifici elementi e niente che difenda dal morso di un mastino...” - sospirò il Cavaliere Oscuro.

Sono cani grossi, allora. Tony non aveva saputo dirmelo.” - commentò Pepper, prendendo finalmente una pastiglia e cercando di distrarsi.

Rottweiler purissimi, per l'esattezza. Credo siano quelli di Falcone, il boss che Joker ha detronizzato. Era famoso per i suoi cani da guerra.” - Bruce sorrise, divertito - “Credevi che mi facessi sbranare dai Carlini?”

Bhe, non si sa mai...”

Mentre Pepper e Bruce chiacchieravano, Tony si era distratto, pensando alla propria bravata e alle possibili conseguenze. Poi, le parole dei due si erano insinuate tra le sue sinapsi, dandogli una scossa.

Rottweiler purissimi.

I cani!” - urlò, scattando in piedi. Poi li fissò, sorprendendosi che non avessero capito. E si ripetè - “I cani!”

Niente. Lo fissavano come se fosse strano. Strano io!

Mi serve un computer.” - aggiunse, quindi, per metterli sulla giusta strada. Ancora nulla? Pazienza, lui aveva da fare.

Ma che gli è preso.” - domandò Bruce, guardando Tony correre via e Pepper alzarsi.

Ha avuto un'idea.” - replicò lei, cercando di recuperare le scarpe sotto al tavolo senza intralciare Alfred - “Dai, dobbiamo seguirlo, subito.”

Subito?”

Funziona come il Bianconiglio.” - spiegò lei, spicciativa, riemergendo con la decolletè in mano. Una sola - “Dai, andiamo. Dopo cerco l'altra.”

***

Cani. Lui ha i cani.” - esclamò Tony, quando finalmente lo raggiunsero. Nel tempo in cui loro si erano scambiati due battute, lui era già disceso nelle profondità del rifugio di Batman - “Ha cani di razza regolarmente acquistati da un capo mafioso.”

E con questo?”

Cani da guerra, da riproduzione, con pedigree lunghi chilometri che valgono a peso d'oro. Altro che il cane di mia madre trovato sul lungomare!” - Tony digitava sulla tastiera, a caccia di documentazione su Falcone e la sua collezione cinofila. Sullo schermo si aprivano articoli di retate, omicidi, processi, altri omicidi... niente cani.

Più a fondo, si esortò Tony, scrivendo ancora più veloce. Patente, cartella odontoiatrica, certificato di morte, foto con un senatore... cani! Eccoli.

Una foto magnifica dell'anziano boss con i suoi pregiati esemplari.

Joker ha preso i cani come bottino di guerra.” - insistette, mentre Bruce sostava alle sue spalle, aspettando che si decidesse a spiegarsi. Ruotò la poltroncina e lo fissò - “Cani come quelli devono essere assicurati, rintracciabili, non sostituibili. E in veterinaria si usano i microchip per farlo!

Adesso Bruce capiva. La domanda che stava per porgli si bloccò nella trachea e venne spazzata via dalla certezza. Ma certo! Joker forse non era rintracciabile, ma i cani lo erano!

I microchip viaggiano su una frequenza di 134.2khz.” - aggiunse Tony, ruotando di nuovo la sedia e tornando a lavorare al computer - “Non è molto, anzi potrebbe essere poco ma, se abbiamo l'identificativo degli esemplari, possiamo provare a tracciarli. Dobbiamo solo sperare che lui non ci abbia pensato e li abbia rimossi però, calcolando lo scarso amore che ha per la tecnologia, probabilmente non sa nemmeno che esistono.”

Stai dicendo che abbiamo una pista?”

Dobbiamo averla! Ci servono dati, il nome del veterinario, l'indirizzo dell'allevamento, qualsiasi cosa ci permetta di avere i codici dei chip!”

Bruce si piegò, obbligandolo a spostarsi e aprendo un cassetto. Frugò in una incredibile confusione di pezzi metallici e attrezzi, poi gli porse una monetina in acciaio.

Una placchetta di identificazione.” - mormorò Tony, prendendola. Numero di telefono e indirizzo di un allevamento.

Non puoi farti mordere ad oltranza senza che ti resti attaccato qualche indizio.” - disse Bruce, rapido. E, senza controllarsi, scoppiò a ridere.

Tony rimase un attimo interdetto. Poi fece altrettanto.

***

Falcone non era stato solo un estimatore di cani da guerra, ma un vero e proprio allevatore, con tanto di riconoscimenti e attestati. Forse l'unica attività pulita della sua vita. Si era battuto contro la clandestinità dei combattimenti ed era stato implacabile contro chiunque osasse alzare anche solo un dito sugli animali. Un uomo impegnato, insomma, un ambientalista convinto di poter mandare a fuoco un quartiere per vantaggi edilizi ma altrettanto certo che il cane andasse amato, nutrito e portato a fare lunghe passeggiate.

Non si escludeva, dai verbali di polizia, che i cani fossero stati nutriti più di una volta con carne di sbirro. Tuttavia, le ripetute perquisizioni all'allevamento non avevano portato a nulla, se non, a vantaggio della ricerca di Tony, ad un censimento dei cani che vi alloggiavano.

Censimento con annessa lettura dei Chip identificativi.

Ora restava da vedere come rintracciarli. Ma Tony, mentre la lista degli esemplari possibili si restringeva a sei o sette, iniziava anche a immaginare come scovare l'impulso in una città attualmente zona di guerra.

Metà dei ripetitori risulta ancora in disuso.” - comunicò a Bruce, come se fosse la notizia migliore della settimana - “Facendone saltare ancora qualcuno, posso ridurre i disturbi e migliorare la ricerca.”

Fai pure. Dirò a Lucius di organizzare una serata di beneficenza per ripristinarli.”

Ti firmerò un bell' assegno, promesso. Pepper...” - la invocò, vedendola apparire dal corridoio con il tablet in mano - “Dai a Bruce gli spiccioli perché ripari le antenne televisive che sto per rompere.”

Volentieri. Date un'occhiata a questo.” - ordinò, posando l'oggetto sul tavolo e avviando un video - “Apparso in televisione venti minuti fa.”

Eccoti, finalmente.” - sibilò Bruce, mentre Tony spediva l'immagine al centro dello schermo principale.

Joker.

Al calar delle tenebre, la città sarà mia e chi resterà giocherà secondo le mie regole...” - cominciava l'annuncio.

***

La minaccia era chiara. GothamCity a ferro e fuoco. Una guerriglia armata per le strade, per completare la distruzione già avviata.

E le mie regole sono semplici... nessuna regola. Una distruzione senza insegnamento perchè ogni cosa che viene costruita può essere distrutta. È semplice distruggere, non occorrono piani è armi particolari. Amo le cose semplici, vi ricordate? Così facili da ottenere. Per distruggere basta poco... e, soprattutto, basta la volontà. Così, mentre allo stadio si giocherà la partita dell'anno...” - Joker si era avvicinato all'obbiettivo, sparendo, eccetto la bocca sfregiata - “Per le strade di Gotham, i miei più fedeli amici, insieme al sottoscritto, vi doneranno un vero intrattenimento. E, mi raccomando... partecipate numerosi.”

Tony mise il fermo immagine sul primo piano conclusivo e tornò ad occuparsi della ricerca sui cani. Bruce rimase in piedi davanti al video bloccato, fissando la propria nemesi. Quel ghigno, il viso truccato... era un modo per nascondersi. Si dipingeva il volto per rendere impossibile la lettura dell'espressione? Temeva che gli altri sapessero decodificare come lui stesso era in grado di fare?cosa nascondeva, sotto al cerone? Perché le cicatrici, la cui storia cambiava sempre?

Perché qui? Perché... Rachel?”

Le mani sulla tastiera si bloccarono. Tony alzò gli occhi. Pepper non fiatò.

Bruce non si era reso conto di aver parlato. Cosa avrebbero dovuto fare? Rispondergli?

Rimasero in silenzio. Poi fu Bruce a levarli di impaccio. Chinò la testa, guardando il fiore blu sul ripiano, vicino al portapenne. Tese le dita, sfiorandolo appena.

Mi sono sempre chiesto il perché di tante cose senza avere risposta ma... ma sapevo tutti i motivi per cui l'amavo.” - mormorò - “Rachel era il punto fermo della mia vita. Il non poterla vendicare mi fa impazzire.”

Non te lo perdonerebbe mai.”

Sono tante le cose che non mi ha perdonato.”

Ma questa, Bruce, è l'unica per cui non sarebbe riuscita.” - replicò Tony, senza smettere di lavorare al computer - “Stanotte, qualunque cosa accada... fermati. Non sarà Rachel a non perdonarti, se lo ucciderai... sarai tu.

***

Sei un uomo saggio.” mormorò Pepper. Aveva trascinato una sedia vicina a quella di Tony e gli aveva avvolto con le mani un bicipite, posandogli la guancia sulla spalla - “Sei saggio, buono e leale.”

Grazie.” - replicò lui, senza smettere di fissare gli schermi. Ma gli angoli della bocca gli si incresparono in un mezzo sorriso - “A cosa devo tanta considerazione?”

Hai detto le parole giuste a Bruce. Sei il mio eroe.”

Lo era anche prima, spero.”

Di meno. Prima eri solo 'lo spaccone attaccabrighe dello stadio'.”

Capisco.” - digitò un'altra chiave di comando e una nuova emittente radiofonica si spense, a Gotham. Altra parabola con cui giocare - “E tu pensi che riuscirà?”

Mi hai già rivolto una volta questa domanda. E io ho deciso di cambiare la mia risposta: sì, io credo che riuscirà. Perché so che, spaccone o no, tu sarai lì ad aiutarlo.” - Pepper appoggiò il mento sulla sua spalla e abbassò la voce, in un sussurro - “Abbi fiducia... in lui e in te quanta ne ho io in voi.”

Il ticchettio sulla tastiera si interruppe. Tony si voltò, guardandola.

Signorina Potts, lei ha un futuro nel campo dei Life Coach.” - sussurrò, guardandola e avvicinandosi.

Davvero?” - sorrise lei, accettando il bacio più che volentieri - “Si vede che il mio ottimismo è tornato a livelli accettabili.”

Me ne rallegro.”

Farai cose stupide stasera?”

Solo quelle che faccio di solito.” - la confortò. Poi premette un tasto e apparvero sugli schermi i grafici delle frequenze. La caccia al mastino era aperta - “Ma ho una novità per te e per Bruce. Ho un piano.

***

Sicuro che funzioni?” - domandò Bruce, guardando un secondo filo spuntare alla base del collo da sotto la corazza.

No, è la prima volta che monto un'auricolare.” - replicò Tony, con un tono tale da fargli venire il dubbio che fosse vero - “Comunque, diciamo che io sappia quello che sto facendo...”

Tony...”

Tirando a indovinare... scusa...” - Bruce sussultò, prendendosi la scossa - “Tirando a indovinare, dicevo, questa auricolare dovrebbe metterci in contatto diretto e questo...”

Un altro cavo apparve, strisciando tra gli strati di kevlar.

Questo ti segnalerà la vicinanza del joker e proietterà le coordinate sul visore notturno. È collegato a un sistema a onde corte che capterà l'impulso dei chip. C'è un margine di imprecisione, ma dovrebbe comunque bastare a mandarti nella giusta direzione. E, se qualcosa non ti piacesse...” - aggiunse, alzando gli occhi e fissandolo dritto in faccia - “Tu mi chiami e io arrivo.”

Bruce sorrise, tornando a fissare le sue mani che armeggiavano tra mento e clavicola.

Con Vanko alle calcagna?”

Uh, mi libero del 'nipote di Lenin' in un paio di minuti.” - altra scossa - “Scusa...”

Ciao, bei ragazzi.” - salutò Pepper, attraversando gli ampi spazi e sedendosi alla postazione computer.

Ciao, Pepper.” - risposero in coro, senza degnarla di un'occhiata. Tony elettrificava Bruce e Bruce supervisionava Tony. Sembravano Cip & Ciop.

Ho parlato con Natalie...” - disse, digitando la password sulla tastiera e avviando l'interconnessione con il sistema di Jarvis passando dai server dell'attico a Gotham - “A Malibu e dintorni è tutto tranquillo.”

Licenziala.”

Sì, Tony. Poi la licenzio. Intanto, però, le ho dato un aumento.”

Che cosa?” - esclamò, voltandosi. Scossa - “Scusa.”

Tony, vale tutti i soldi che le diamo. E smetti di fare flambè il Cavaliere Oscuro.”

Vale tutti i soldi che le diamo. E userà armi ottime quando ci ucciderà nei nostri letti.” - scimmiottò Tony, finendo di saldare l'ultimo contatto - “Ok, Junior, prova.”

Bruce, ubbidiente, indossò l'auricolare e premette il pulsante in un punto nascosto del collo. Il computer davanti a cui sedeva Pepper si illuminò di schermate e coordinate. Bruce non ci capì niente, ma la donna gli fece un segno di ok con aria rassicurante.

Funziona. È valsa la pena prendere qualche scossa.” - lo rassicurò.

Io vado.” - disse Tony, avvolgendo due cavi e mettendosi in tasca alcuni telecomandi. Si chinò a baciare Pepper - “Ciao, tesoro.”

Non fare tardi...”

No, promesso.” - rispose lui. Sul passaggio, diede una pacca sulla spalla a Batman - “Ciao, Junior, comportati bene.”

Tony...” - lo chiamò, obbligandoli a voltarsi. Poi gli sorrise - “Mi comporterò bene. Promesso.

Il signor Stark ricambiò il sorriso. Poi, accelerando il passo, scomparve in direzione della cascata.

***

C'era una telecamera esterna, puntata sulla cascata. Bruce e Pepper videro Iron Man uscirne, in volo, come una stella.

Adoro vederlo decollare.” - sospirò lei, fissando lo schermo. Quando si voltò, non c'era più Bruce.

C'era Batman.

Stai attento.” - si raccomandò, divenendo improvvisamente seria. Si alzò e gli venne vicino, sfiorando il punto in cui, fino a poco prima, aveva armeggiato Tony.

I cavi sono utili, ma questo lo è di più.” - spiegò, mostrandogli il fiore azzurro e facendolo scivolare sotto la corazza - “Ricorda che la tua vita è piena di persone che ti vogliono bene e non fare cose per cui potremmo arrabbiarci. Intesi?”

Intesi.” - rispose l'uomo. Era diverso da Bruce, nella voce, nelle movenze, ma gli occhi... gli occhi lo tradivano sempre.

Gli sorrise, ripensando all'uomo che aveva guardato nuotare, in direzione del biplano. L'eccentrico dio di Gotham...

Anche vestito così, rimani un bell'uomo.” - comunicò, lisciandogli una piega del mantello - “Vai... non devi far tardi.”

Bruce non rispose. Pepper lo guardò mentre scivolava nell'abitacolo della Thumbler, lo vide svanire sotto la lamiera. E, quando si voltò verso gli schermi, lo vide saltare fuori dalla cascata e correre verso il suo destino. Era rimasta sola. Si guardò attorno, per un attimo. Si concesse un lungo istante di paura, stringendosi tra le braccia. Poi, con un sospiro, premette l'invio.

Qui è la vostra tigre che parla.” - comunicò, scandendo bene le parole in quel discreto auricolare anni Venti in brillanti, regalo di Tony - “Siamo pronti. Aprite le danze.”

***

Quando arrivò allo stadio, Vanko lo aspettava già. Ma la sorpresa fu tale che Tony si fermò, restando in sospensione a mezz'aria a fissare la scenografia allestita.

Ma che diavolo...” - mormorò, a proprio beneficio.

Sul campo, schierati come se si trattasse di una partita di football, c'erano due squadre, ventidue giocatori in tutto.

Solo che... erano tutti Iron man.

In acciaio, con differenze inevitabili nel design ma tutti con un reattore Arc nel petto.

Ventidue robot radiocomandati, gli comunicò il suo cervello, un attimo prima della voce di Jarvis.

A quanto sembrava, Vanko aveva preso anche qualcos'altro a Stane, oltre il palladio: i progetti originali dell'armatura disegnati da Tony.

Grandioso.” - sibilò tra i denti. Poi aprì una comunicazione con Bruce - “Cavaliere Oscuro, potrei provocare qualche problema in città, stasera....”

Davvero?” - gli rispose la voce di Batman. Grondava sarcasmo - “Più di quelli che sto già avendo?”

Jarvis, sollecito come sempre, stava già proiettando la diretta sul suo visore: la Thumbler, inseguita dalla polizia e da un mezzo corazzato, stava percorrendo la sopraelevata di Gotham a velocità inaudita.

E' un'impressione o hai appena saltato un furgone?”

Fatti gli affari tuoi.” - fu la risposta. Poi l'immagine video scomparve, insieme al contatto audio.

Sotto di lui, gli androidi avevano alzato la testa. E i loro occhi si erano illuminati, puntandolo.

All'unisono si alzarono e decollarono. Iron man allungò le braccia lungo i fianchi e si diede la spinta verso l'alto, allontanandosi. Vanko lo aveva appena fregato.

***

Le grane di Batman, come aveva avuto modo di vedere Tony tramite Jarvis, erano cominciate ancora prima di arrivare in città. La Thumbler, sulla tangenziale, era motivo di tensione per le forze dell'ordine. In barba a ciò che garantiva Gordon, la voce più autoritaria che la polizia di Gotham avesse, la Thumbler era sinonimo di piloni in frantumi, corsie chiuse, tamponamenti, confusione indescrivibile e guai. Ormai, vederla apparire significava mettersi in macchina a sirene spiegate e seguirla in scia. Si scommetteva su chi avrebbe avuto, prima o poi, la gioia di firmare una contravvenzione a più zeri al Cavaliere Oscuro, comprensiva dei soldi che doveva al comune per quel famoso tratto di autostrada saltato in aria in una delle sue prime apparizioni.

Nessuno prendeva in considerazione che Batman avesse premura... Batman era un pirata della strada. Punto.

Bruce alzò gli occhi, cercando di capire quante macchine della polizia gli corressero dietro. Per ognuna che mi intralcia stasera, promise a se stesso, tolgo uno zero all'assegno con cui li finanzio ogni anno.

Accelerò e lanciò nuovamente il programma per il tracciamento dei Chip. Tony aveva lavorato come un pazzo per idearlo e aveva, di necessità, saltato le rifiniture puntando al potenziamento. Non c'era ripetitore in città che non stesse funzionando per ampliare il segnale. Zona per zona, Bruce lo azionava manualmente per ottimizzarlo, obbligando l'impulso a rimbalzare nel raggio di poche miglia , come si era raccomandato Tony.

Accelerò ancora, compiendo un sorpasso a parabola su da una parete e perdendosi per strada altre due volanti.

Iron Man ha un problema, signore.” - gli comunicò Jarvis, inserendosi nel sistema di comunicazione. Bruce, abbassò il visore e valutò le riprese che il 'maggiordomo' di Tony gli stava inviando, riprese ottenute dal sistema dello stadio.

Ecco cosa erano i ' ventidue problemi' di Iron Man.

Gli occorre un mano?” - domandò, sperando che Jarvis o 'Tigre' si degnassero di rispondergli.

Veramente...” - la voce di Pepper risuonò perplessa perfino nell'abitacolo - “Direi che ha tutto sotto controllo. Ride...”

In quel momento, il sistema di tracciamento mandò un impulso sonoro. Sul visore scomparvero le immagini, rimpiazzate da una proiezione azzurra, come una realtà virtuale, di tre grossi mastini.

Ma cosa...” - sbandò, riprendendo il controllo per un soffio. Si era aspettato che apparissero numeri, coordinate, non...

La realtà virtuale che si srotolava davanti al suo occhio destro era una rilettura del circostante, in linee fluttuanti.

Un palazzo, più piani, persone... fissò lo schermo della Thumbler, incredulo: rintracciati i cani, il sistema di mappatura di Gotham installato nel rifugio gli forniva posizione e ambiente. Si trattava della proiezione di un parcheggio all'autoporto, una struttura moderna e futuristica, ad un paio di miglia in linea d'aria.

All'ultimo piano, dove la vista su Gotham doveva essere mozzafiato, brillavano tre impulsi rossi. I microchip dei mastini. Trovati. Li avevano trovati e, con loro, forse...

Batman?” - insistette la voce di Pepper, con urgenza - “Le stai ricevendo?”

Oh, sì!” - urlò lui, trattenendo a stento l'esultanza. Finalmente, finalmente!

Passo a chiudo.” - aggiunse, chiudendo il contatto.

Passo e chiudo.

***

Tony si alzò in volo, cercando di distanziarli e riservandosi del tempo per decidere la strategia. Dopo un rapido calcolo, decise di puntare sulla sua caratteristica più famosa: non esisteva macchina che avesse segreti per lui. E la struttura di Iron man, in versione corazza o androide che fosse, era dopotutto figlia della sua mente e...

Tony sorrise, colpito da un'idea.

Io non sono la mia società.” - mormorò, ripensando a Obie, ai loro primi conflitti violenti. Io non sono la mia società... e non sono la mia armatura.

Ma lei non esiste senza di me, quindi... cambiò traiettoria, curvando improvvisamente a destra. E, a conferma della sua teoria, un robot di Vanko perse il controllo e si schiantò a terra.

Appunto.

Potenza senza controllo. Non un prodotto Stark.

Meglio del previsto.” - commentò, soddisfatto.

Buon per te.” - rispose Bruce, di nuovo online. Correva ancora lungo la sopraelevata, ma con una meta precisa da raggiungere - “Ci siamo, Tony, so dove andare.”

Stai attento.” - rispose Tony. Interruppe la chiamata e ripeté la manovra di volo, ma in direzione contraria. Ottimo, un altro fatto fuori.

Sì, confermo la prima impressione: più facile del previsto.” - ripetè, riaprendo la comunicazione, continuando il volo radente e sentendosi un patriota - “Del resto, era dai tempi della Guerra Fredda che la Russia non ne prendeva così tante...”

Non esagerare a vantarti....” - lo ammonì Batman, guardando i suoi inseguitori ribaltarsi uno sull'altro - “Anche qui la situazione sta diventando 'acrobatica'...”

Vai e distruggi!”

Vado e distruggo!”

Pepper, nel rifugio, alzò gli occhi al cielo, ascoltando il botta e risposta. Teneva il microfono spento, per poter scambiare due parole con Alfred e per evitare di deconcentrarli.

Se la cavano bene...” - commentò il maggiordomo, guardando le riprese della telecamera di Tony e quelle della Thumbler - “Non pensavo fossero così bravi. A casa non sembrano così svelti...”

Sono perfettamente d'accordo.” - ammise Pepper, con una risatina, migliorando la risoluzione per rendergli più semplice la visione - “Sembra di guardare Guerre Stellari... Bruce ha un che di Han Solo, non trova? E Tony... C-3PO?”

E' il robot alto o quello basso?” - chiese Alfred, con aria interessata.

Nel frattempo, mentre Iron Man divorava chilometro dopo chilometro, Vanko osservava sparire gli androidi dalla propria postazione di controllo. Sulla schermata, le scritte verdi che segnalavano il contatto radio divenivano rosse, mano mano che Tony, cantando l'inno nazionale, obbligava i robot al rally tra gli edifici riducendoli a frammenti da rottamare.

In ultimo, si infilò in un parcheggio coperto. E fu come essere in un flipper, con macchine che saltavano in aria e pezzi metallici in ogni direzione.

Strike!” - gridò Tony, emergendo dall'altro lato - “Prendi questo, TrincaVodka!”

Vanko, stuzzicadenti tra le labbra, sentì che era ora di dare un brivido all'azione. E passò al contrattacco.

Al primo colpo di mitragliatrice che lo prese nella schiena, Tony si sentì sbalzare in avanti. E perse il controllo, volando dentro un palazzo. All'istante, gli furono tutti addosso.

***

Tony gli canticchiava la ballata dei Berretti Verdi in un orecchio, giocando a Bowling con una ventina di androidi, in preda alla peggior frenesia patriottica che avesse mai esternato.

Il segnale andava e veniva, ma era piacevole, per il momento. Tony, ancora una volta, manteneva una promessa ed era al suo fianco, in battaglia, pur non essendoci.

La Thumbler imboccò l'ingresso del parcheggio e salì dalla rampa che si snodava, circolarmente, piano dopo piano. C'erano furgoni neri, di traverso. E uomini mascherati.

Ci siamo.” - gli sfuggì dalle labbra. Un fischio, nell'orecchio, distorse la voce di Tony, facendola sparire.

Iron Man?” - chiamò, tendendosi.

Non si preoccupi, signore.” - comunicò Jarvis - “Tutto sotto controllo.”

Bugia o no, non aveva tempo di preoccuparsene: stavano cominciando a sparargli addosso. Rispose al fuoco, mettendoli in fuga. Aprì l'abitacolo, balzò fuori e corse, menando fendenti e riparandosi dietro i mezzi parcheggiati e le colonne di cemento armato.

Aveva risorse e intendeva usarle tutte per raggiungerlo. Il visore, al momento, in modalità di riconoscimento termico, era tanto preciso da inquietare: tre cani, rei di tradimento involontario del padrone, un uomo, una vetrata sulla città.

Joker ammirava il proprio operato, l'inizio dei tumulti che aveva promesso. E, mentre ancora Batman lo spiava virtualmente, si voltò, salì su una macchina e scomparve.

Il mezzo si mosse e, dopo un paio di secondi, da virtuale divenne reale, apparendogli di fronte.

No, qui e ora.” - sibilò Batman. E, senza pensare, si pose sulla traiettoria del furgone.

***

Si riprese mentre precipitava in un androne, portando con sé buona parte di rampe e balaustre. Si appigliò a un corrimano, sradicandolo, ma ottenne comunque un sostegno da usare come perno. Ruotò su se stesso e scattò verso l'alto, sfondando il tetto (sempre meno resistente di quello della StarkHouse, più volte demolito in fase di collaudo), inseguito da robot che, ora, probabilmente 'irritati' dalla piega degli eventi, gli sparavano addosso.

Volò più in alto possibile, fino a quando non vide spegnersi per il congelamento i primi due elementi della formazione. A quel punto, deviò, ridiscendendo su Gotham e deviando, per uscire dall'abitato. Sotto di lui, le case cominciarono ad esplodere: gli androidi bombardavano.

No, questo no.” - urlò, furioso. Deviò, accelerando, seminandoli. Sentì le esplosioni ridursi e rallentò, attendendoli.

Eccoli, di nuovo a meno di una lunghezza.

Tony, ci siamo.” - mormorò la voce di Pepper, mentre compiva una virata e passava sotto un ponte - “Lo ha trovato.”

Batman aveva trovato Joker. E lui stava ancora giocando alla corsa campestre!

Quei.. 'cosi' … stavano rovinando il suo piano e facendogli perdere tempo!

Era ora di finirla.

Ok, mi sbrigo.”

Tony accelerò ancora. E zittì Jarvis, per non sentire i suoi allarmanti comunicati in continuazione.

***

Il furgone accelerava. Ma Bruce non si sarebbe spostato. Non lo avrebbe mai fatto.

E, a sorpresa, fu il furgone a fermarsi, i freni che stridevano, mentre il portellone già si apriva e appariva il Joker.

Aggrappato al montante, il mostro si produsse in un inchino.

Batman... in una condizione migliore dell'ultima volta.” - cantilenò, leccandosi le labbra, sistemandosi i capelli - “Posso esserle utile? Vuoi partecipare? Sarà una gran notte...”

Sarà la notte in cui io ti fermerò.”

Oh, si, immagino, immagino che ti faccia bene pensarlo. Non vuoi cedere? Non preferisci?” - chiese ancora, dondolando qua e là e giocherellando con il coltello - “Ci sono molti posti vacanti, in cima alla piramide dei cattivi. Scegli pure... dovrai farlo prima o poi, perché non ora?”

Si appoggiò alla portiera, con aria innocente.

Perchè non accettare ora di essere ciò che sarai? Gotham sta iniziando a capire... capire che sei uno di noi e non uno di loro...”

Non gli credere...” - sussurrò una voce femminile, nel suo orecchio. Bruce sapeva, sapeva che non poteva essere Rachel, eppure... eppure... - “Non esistono il noi e il loro...”

Ora ho capito. Non esistono il noi e il loro...

Esistono solo il giusto e lo sbagliato.” - replicò Bruce, fissando Joker dritto negli occhi. Avesse potuto, avesse potuto si sarebbe strappato la maschera e lo avrebbe affrontato a viso aperto.

Ma non era una lotta tra uomini.. era una lotta tra simboli, lo era sempre stata e Joker non sarebbe più riuscito a trascinarlo sulla via sbagliata.

Tony ha ragione.

Non conta ciò che sai di me, perché non è con me che devi batterti.” - non con Bruce, ma con Batman... - “Non conta chi tu sia realmente, chi io sia... senza questa maschera, io resto un uomo ma tu, senza quel cerone e quelle cicatrici, sei nulla, sai di essere nulla. Ed è quel nulla che tornerai ad essere, prima dell'alba.”

Joker rimase in silenzio, studiandolo. I suoi occhi si indurirono, la linea ghignante del rossetto e dello sfregio divenne dura, netta.

Poi tornò ad essere un sorriso.

Peccato.” - sospirò, sollevando un fucile a canne mozze e facendo fuoco - “Mi piacevi.”

Il colpo lo raggiunse al centro del petto. E Bruce volò oltre le protezioni, precipitando nel vuoto.

***

Iron Man volò basso, costeggiando uno dei fiumi e tirandosi dietro quello che restava dell'esercito di Vanko. Davanti a loro, in lontananza, brillavano le luci della Sfera Mondiale: si trattava di un monumento commemorativo di un'esposizione degli anni ottanta. Aveva un diametro di oltre trenta metri e, nelle intenzioni dell'architetto, sarebbe dovuta essere imponente e aggraziata allo stesso tempo.

Il risultato era stato opinabile. Ad opera completata, i continenti erano apparsi massicci, sproporzionati. Tra uno e l'altro i passaggi erano stretti, tanto da dare l'impressione che la Spagna potesse, da un momento all'altro, insieme al Portogallo, disertare per divenire uno nuovo stato federato in America.

Tuttavia, proprio quel disastro prospettico era la soluzione ai problemi di Tony.

Decelerò, dando il tempo al computer di elaborare la traiettoria. Poi, stringendo i denti, accelerò nuovamente e si infilò, preciso come un proiettile, nello stretto di Panama. Deviò al centro della terra e, quando riemerse sopra la Siberia, in omaggio a Vanko senior, era solo.

Si allontanò, senza voltarsi. Il planisfero, alle sue spalle, era una palla che sprigionava fuoco in cui, rimbalzando, si autodistruggevano i robot di Vanko che, a conti fatti, non erano poi così dotati per il volo.

Del resto, rammentò a se stesso Tony, levandosi verso le stelle, per quanto gli somigliassero, nessuno di loro era Iron Man.

***

Volando nell'ampio spazio al centro della costruzione, con il fiato corto e l'impressione di avere lo sterno in briciole, Batman spalancò le braccia. E le ali, così come erano state progettate, divenendo rigide, lo stabilizzarono, facendolo ruotare e preparandolo all'atterraggio.

Bruce spinse a forza l'aria fuori dai polmoni e piegò la gambe, atterrando sul tetto di una macchina parcheggiata undici piani più in basso. Mandò un segnale alla Thumbler, perché si inserisse il pilota automatico e rotolò giù dal mezzo, nascondendosi, nell'attimo stesso in cui il furgone di Joker usciva in strada e spariva dalla sua visuale.

Sopra di lui, curva dopo curva, discendevano i fuoristrada dei suoi uomini. Bruce li lasciò sfilare, alzando una pistola e tirando una ricetrasmittente per ogni mezzo.

Quando si attivarono, Pepper deviò il segnale alla polizia di Gotham. Nel giro di qualche minuto, al commissariato, con sorpresa dei presenti, i computer si accesero e cominciarono a trasmettere, all'unisono. Sui monitor era visibile la mappa di Gotham cosparsa di segnali luminosi.

In filigrana, il simbolo del Cavaliere Oscuro.

Bhe, aspettiamo altro? Muoviamoci!” - urlò Gordon, richiamando i poliziotti - “In strada, per la nostra città!”

Bruce si lasciò andare, confidando nella riuscita di ciò che aveva appena avviato. Poi, piegandosi su se stesso, sputò sangue, tossendo. No, non bene.

Armeggiò con la cintura e, da una delle placche laterali, estrasse una coppia di siringhe. Se le iniettò entrambe, con un colpo deciso e chiuse gli occhi.

Pepper fece un salto sulla sedia, quando le schermate si aprirono sul monitor. Non era un elettrocardiogramma, era un ottovolante!

Chi dei due?” - chiese Alfred, apparendole a fianco, preoccupato.

Il bracciale di Bruce. Il bracciale di Bruce la stava spaventando a morte.

E' Tony.” - mentì, restringendo i grafici e voltandosi, con un sorriso terrorizzato - “Non si preoccupi, so che può succedere, lo so.”

Alfred le afferrò le mani, stringendole. Ma, per come lo fece, Pepper non riuscì ad avere la certezza che le avesse creduto.

***

Pepper gli aveva inoltrato le coordinate di Bruce. Doveva essere successo qualcosa ed era saltato il collegamento radio tra loro. Il suono, per lo più fischi e distorsioni, non era utile per capire né dove fosse né come se la stesse cavando.

Stava già virando sopra l'isola, ormai a distanza di poche miglia dal centro, quando un bolide lo aveva colpito in pieno.

L'impatto era stato tale che Tony aveva sentito l'armatura spegnersi e riavviarsi, mentre precipitava. Si era fermato a pochi metri da suolo, con una rotazione che gli aveva spedito il cuore alle tonsille. Era risalito, deciso a capire cosa lo avesse atterrato ed era stato di nuovo colpito, questa volta da un missile grosso come un pallone da football.

Sbandò ma riuscì a tenersi in aria.

Poi, dalle nubi, rapido per la mole che sembrava avere, emerse un mastodonte nero.

E Tony, precipitando, ebbe la certezza di essere stato appena investito da un Boeing747.

***

I medicinali avevano fatto il loro dovere. Ora riusciva a respirare e, grazie alla morfina, l'unico fastidio che provava dato del calore del sangue che gli stava impregnando la maglietta e lo strato interno del kevlar. L'armatura aveva retto, doveva solo essersi riaperta una vecchia ferita, analizzò, senza curarsene troppo, scivolando dentro la Thumbler e partendo prima ancora che fosse chiusa.

Non aveva altro tempo per pensarci. Lanciò ancora una volta l'impulso di ricerca, certo che sul furgone nero fosse almeno uno dei cani.

No, non si era sbagliato. Joker correva qualche miglio più avanti, su una corsia parallela. Batman spinse il motore, raggiungendolo e superandolo. Poi, con un balzo, invase la corsia, in contromano, correndo loro incontro.

L'autista lo vide e sbandò, incerto su come levarsi dalla traiettoria. Ma il portellone tornò ad aprirsi per permettere a Joker di ovviare il problema.

Non più un fucile, ma un lanciarazzi.

Il colpo esploso centrò in pieno la Thumbler, obbligando Bruce ad un'inversione e a un decollo di fortuna. Il rinculo del lanciarazzi, unito al rimbalzo sulla corazza del mezzo di Batman, creò una colonna di fuoco, coinvolgendo altre macchine.

Il furgone su cui viaggiava Joker strisciò ancora sui guard rail, sia a destra che a sinistra.

Joker, capendo la necessità di un cambio di programma, si sporse e abbandonò la nave. Con un'agilità che non aveva mai svelato prima, correndo nel traffico ormai incontrollabile, riusci ad afferrarsi a un camion, issandosi sul predellino e prendendone, con l'inseparabile fucile, il controllo.

A Batman non sfuggì la manovra. La Thumbler, ormai in fiamme, era divenuta un peso... meglio limitarla al sistema d'emergenza a due ruote, simile ad una moto futuristica. Si sfilò dal mezzo un attimo prima che si ribaltasse, rendendo definitivamente inagibile la strada su cui stavano inseguendosi.

Il camion, sbandando, aveva appena lasciato l'autostrada. E puntava dritto al centro di Gotham.

***

Era atterrato in mare e ne era riemerso prima che l'armatura ne ricavasse i danni peggiori: poteva resistere all'acqua, ma non era nata per essere un sottomarino. Tony si ripromise di perfezionarla, in futuro. Dopotutto, poteva fare comodo usarla anche per le immersioni...

Sui pontili, quando il mastodonte lo aveva raggiunto, aveva capito di trovarsi al cospetto del 'figlio della Grande Madre Russia'.

Vanko era enorme, ancora più di quanto non fosse stato Obie. Nero, curvilineo nello stile, ricordava i robot della sua infanzia che, partendo stretti a terra, si allargavano all'altezza delle spalle, tanto da domandarsi come potessero stare in piedi.

Quando la maschera si aprì, mettendo a nudo il volto di Vanko, Tony era già in piedi e deciso a dare battaglia fino in fondo.

Tovarish, finalmente!” - salutò, aprendo l'elmo e fissandolo dritto negli occhi - “Hai finito di nasconderti dietro bulloni e placchette mal assemblati?”

Hai finito di volare in tondo come aquila di tuo paese?” - fu la risposta, muovendo un dito in aria - “Hai distrutto mio esercito. Sei bravo. Bravo, ma tu perdi. Combatti.”

Sì, sì, combattiamo.” - replicò Tony, chiudendo di nuovo l'elmo - “Ma facciamolo in silenzio, per favore, o finirò con il credermi davvero Rocky Balboa!”

Pepper...” - mormorò poi - “Ho Vanko alle calcagna. Torno al piano originale.”

Ma Pepper non rispose. Connessione saltata.

***

La moto aveva i suoi vantaggi, per sottigliezza e velocità. Bruce, ormai, aveva occhi solo per Joker, Joker e il camion che stava guidando, come meglio riteneva, per le strade del centro.

Non c'era modo di prevedere dove stesse andando o se stesse seguendo davvero un piano.

Bruce ne dubitava. Forse c'era stato, in origine, un progetto unitario per scatenare il panico ma la sua comparsa inaspettata al parcheggio (e, probabilmente, gli inseguimenti di Iron Man con i robot sopra la città) lo avevano distratto, costringendolo a improvvisare.

Ormai era isolato, solo, impossibilitato a comunicare con i suoi uomini, ad eccezione dello sparuto manipolo che lo seguiva ancora, come poteva, con il furgone nero.

Erano alla fine, uno contro l'altro e decisi a fare di quella notte il loro ultimo scontro.

Bruce sbattè le palpebre, cercando di restare concentrato.

Il camion era di fronte a lui, come un mostruoso Golia. Si piegò in avanti, aderendo al serbatoio e accelerò, correndogli incontro. Sterzò all'ultimo, passandogli a fianco e poi, a sorpresa, sotto.

Solo un gioco, un gioco di astuzia. Lo aveva imparato da Tony, dopotutto. Da Lucius. Da Ducard.

E, da suo padre, aveva compreso la regola più importante:puoi essere astuto, se vuoi... ma non dimenticare mai l'obbiettivo che vuoi raggiungere.

Lo voglio vivo. E lo voglio ai miei piedi.

Joker seguì la manovra e poi, con curiosità, osservò i lampioni della strada saltare, come se qualcuno li stesse sradicando dall'alto.

Non comprese e il fatto lo stupì. Ma, ciò che lo sorprese maggiormente, quando il camion si verticalizzò, capovolgendosi, fu di non aver associato lo strano fenomeno alla propria presenza e a un modo per fermarlo.

Bruce, dal fondo della strada, osservò il cavo d'acciaio stringersi e portare la situazione laddove lui voleva. Quando la nube di polvere si ridusse, contemplò, soddisfatto il risultato: il camion riverso, era solo un ammasso fumante che nessuno avrebbe mai più fatto ripartire. E l'uomo che ne stava cadendo fuori, zoppicando e inciampando, probabilmente ferito, altri non era che Joker.

Joker, finalmente sconfitto.

***

Si levò in volo, zigzagando per schivare i missili che gli venivano lanciati contro. Vanko, decisamente più abile dal vivo che dietro la consolle, non si faceva imbrogliare dai continui cambi di virata. Lo seguiva sghignazzando ed era... inquietante.

Alla fine, colpo su colpo, Tony ne sentì arrivare ancora uno a segno. Sarebbe stato solo di striscio ma, essendo giunto dove voleva condurlo, decise di esagerare e fingersi colpito in pieno. Spense i sensori e si lasciò cadere, sfondando la cupola semisferica dell'orto botanico.

Atterrò in un punto morbido, ma senza poter rallentare la velocità, altrimenti non sarebbe stato credibile. Spense le luci, rimase immobile e attese.

Vanko atterrò con un impatto violento, per il puro piacere di distruggere. L'elmo si riaprì e la sua brutta faccia riemerse.

Hai perso...” - lo sentì ridacchiare, come suo solito. Si rimise in piedi fingendo di far fatica. Lo stagno, alle sue spalle, distava meno di quattro metri. Avrebbe preferito più acqua e più spazio di rincorsa ma, vista la situazione, poteva accontentarsi.

Era isolato e disabitato. Perfetto per fare meno vittime possibile.

Non ancora.” - ribattè, fingendo persino di barcollare. Peccato che l'Academy non potesse ammirarlo... - “Tutto qui quello che sai fare?”

Vanko rideva, ormai, senza frenarsi, convinto della vittoria. Spalancò le braccia e apparvero le fruste.

Ci avrei scommesso.” - si rallegrò Tony, guardandole. Aveva studiato il funzionamento di quelle armi tutto il pomeriggio e fondato metà della strategia su di loro. Aprì e richiuse le mani, preparandosi a neutralizzarlo e Vanko lanciò il primo assalto. La frusta ruotò sopra la testa con un suono sibilante e Tony si sentì afferrare per la vita.

Mmm... forse, più veloce del previsto.

Sbattè contro un albero, sentendolo rompersi con suono ruvido. Le sue ossa sembrarono reggere, ma Tony si ripromise di smettere di colpire alberi, pali e palazzine con quella frequenza. Atterrò e, con uno strattone di prova, sbilanciò Vanko in avanti.

Troppo piccolo a terra con spalle troppo larghe... ho visto giusto...

La seconda frusta era partita nella sua direzione, ma Tony riuscì a prevedere la traiettoria ed evitare di essere catturato di nuovo al lazo. La prima stava surriscaldando il guanto con cui la stringeva, doveva muoversi. Strattonò ancora e, nella rotazione di ritorno che l'arma compì, arrivò ad afferrarne l'estremità.

Agganciato. Ora la prossima.

La seconda di rivelò peggiore della prima ma Tony, dopo essersi fatto stritolare più di una volta, era riuscito a replicare la manovra. Rimaneva solo da tornare allo stagno e incrociare le dita. Non restava più molto tempo.

***

Joker inciampava, rotolava sull'asfalto e si rialzava.

Bruce, dal fondo della strada, si spostò, avanzando lentamente verso di lui, valutando se fossero realmente soli.

Così sembrava.

Joker lo aveva visto e gli veniva incontro, con una mitraglietta in mano. Barcollava, ma sembrava finalmente in grado di restare in piedi. C'era anche il furgone, ora, che svoltava l'angolo. Ne stavano saltando giù un paio di uomini in tutto, con la maschera da pagliaccio.

Sei solo, considerò Bruce, solo tu ed io.

Accelerò, puntandolo. E Joker si fermò. Si fermò, con il fucile abbassato.

Che aspetti, sparami.” - sibilò Batman. Sparami e io potrò ammazzarti.

Sparami.

Sparami.

Sparami.

Uccidimi.

Accelerò ancora, in preda alla disperazione.

Devi uccidermi, o io ucciderò te. Per Rachel.

Pochi metri. E il Joker gli sorrise.

Prenditi... la tua... vendetta!” - gridò. Prenditela... e divieni uno di noi.

E Bruce urlò, urlò, arrivandogli addosso.

***

Quando furono nuovamente sulla sponda lacustre, si ripristinò il contatto con Bruce. E Tony lo sentì urlare, tanto forte da accapponare la pelle.

Junior!” - mormorò, allarmato, senza frenarsi. Ma il segnale era di nuovo scomparso, come se non fosse mai esistito.

Scomparso. Scomparso in un urlo. Come Rachel.

Andiamo!” - gridò, in direzione del suo avversario, in preda ad un'esasperazione montata improvvisa e quasi senza spiegazione - “Mi vuoi? Vienimi a prendere!”

Muoviti, Vanko. Sono richiesto altrove.

Che cosa aspetti?” - urlò, scaricandogli addosso un caricatore completo da entrambe le braccia - “Facciamola finita!”

Vanko sembrò deliziato da quell'invito. Fece schioccare le fruste due volte e...

Ora! Tony le vide arrivare, come al rallentatore e alzò le mani. I sensori inseriti nei palmi calamitarono le estremità dei flussi plasmatici, attirandoli e agganciandoli. Rilasciò la prima scarica quando fu certo che fossero in massima tensione.

L'energia incontrollabile del suo reattore risalì lungo le armi e, inevitabilmente, lungo le braccia del suo avversario, friggendole.

Gli occhi di Vanko, di nuovo a volto scoperto, divennero enormi. La sua voce, in un urlo, rimbombò nel buio. L'energia del reattore di Tony, superiore a quella che Vanko aveva in petto, provocò una fusione del palladio.

L'armatura del suo avversario emise uno sfrigolio, come un fusibile che brucia. L'odore di carne carbonizzata lo nauseò e lo sorprese. Ma non era abbastanza.

Uno, due...” - contò Tony, serrando le mani attorni ai flussi che andavano spegnendosi - “Tre...”

Decollò, all'indietro, dando la massima potenza e trascinandolo con sé.

Instupidito dalla scossa, Vanko volò in avanti senza opporre resistenza, sorvolandolo per inerzia. E quando furono sull'acqua, quando Tony lo vide passargli sopra, pesante e massiccio, girò i polsi e premette le estremità delle fruste sul suo reattore.

L'esplosione, in aria, fu violenta. Tony si diede una spinta, sfilandosi in extremis, mentre il corpo di Vanko ricadeva in acqua.

La seconda esplosione, pari alla prima, illuminò a giorno l'orto botanico.

Tony si rialzò. Vanko era ancora visibile, semisommerso: pressochè morto ma ancora scosso dall'elettricità che lo percorreva, come una rana da laboratorio, si agitava con le braccia sopra il pelo dell'acqua.

Poi, all'improvviso, smise di muoversi. E, mentre Tony, dentro la maschera ancora sigillata, chiudeva gli occhi, in preda a un'angoscia inaspettata per le proprie scelte, affondò, lentamente, svanendo, come se la notte lo avesse inghiottito.

***

Muori.

Ragiona, Bruce. Non siamo giunti fino a questo punto per cedere davanti a un tizio che si tinge i capelli di verde. Non sei destinato a divenire ciò che lui crede. Tu sei ciò che hai scelto di essere, fino in fondo all'anima. Tu sei figlio di Thomas per ciò che hai fatto, non per il nome che porti.”

Tony... lo sterno gli fece più male del previsto, facendogli tremare le braccia. Lo sforzo sembrò spegnerlo, come una candela. Quanti metri mancavano, prima dell'impatto?

Hai scelto per cosa combattere, quindi.”

Alcuni dettagli sono ancora confusi ma...Credo di sì... "

Morto, Joker morto, una volta per tutte. Strinse di più le mani, mantenne la moto diritta. Sentiva il proprio urlo nell'aria, come se stentasse a disperdersi.

Un equilibrio tale da imparare a volare nel buio senza perdere la rotta. Come un pipistrello.”

Perchè, la mia presenza cambia ciò che sei?”

La tua presenza cambia tutto, Rachel. Da sempre.”

Rachel... gli occhi, dietro le palpebre, si stavano riempiendo di immagini, come se stesse sognando.

"Io non sono ciò che credi."

Per combattere insieme, anche quando sei solo.”

Tu non sei Harvey...Ma Harvey non è te.”

Anche tu sei una brava persona. Tienilo a mente.”

Resta con me, resta con me, resta con me...”

Si concentri sulle differenze, non sulle somiglianze.”

Ricorda che la tua vita è piena di persone che ti vogliono bene e non fare cose per cui potremmo arrabbiarci. Intesi?”

Persone, persone che non avevano voluto abbandonarlo...

"Ricorda sempre che noi siamo ciò che scegliamo di essere."

"Io brindo a te, Bruce Wayne... perché la tua oscurità ha portato luce al mondo.”

Non dimenticare mai che, da quando ti conosco, ti ho visto spezzare ogni tua paura per ricavarne forza.”

Il mio uomo farà ciò che è giusto... perché dal proprio dolore ha saputo forgiare l'equilibrio. Lui crede nell'armonia e tu non avrai nessuna arma con cui riuscire a colpirlo. Nessuna.”

Rachel... Rachel, non posso, perdonami.

Stanotte, qualunque cosa accada... fermati. Non sarà Rachel a non perdonarti, se lo ucciderai... sarai tu.”

No, non posso. Sterzò, all'ultimo, evitando di investirlo. La moto non tenne la strada. E Bruce la sentì girare su se stessa, scivolare sull'asfalto, prendere velocità, schiantarsi contro il camion.

L'impatto lo fece volare indietro. E, senza poter opporre resistenza, Bruce si sentì inghiottire dalle tenebre, come se stesse affogando.

***

Lo sapevo. Sapevo che non ci saresti riuscito.”

Joker si voltò, osservando cosa restava di lui dopo un impatto del genere. Deluso, constatò come fosse la motocicletta la causa di quel rumore atroce e non il corpo del Cavaliere Oscuro che, tutto sommato, appariva integro.

A terra, certo, ma integro. Saltellando, con il fucile in spalla, si avvicinò.

Uno dei suoi uomini si era appena preso la scossa, nel tentativo di levargli la maschera. Interessante scelta difensiva (soprattutto trattandosi di uno dei cavi scoperti che Tony aveva reputato 'sicuro'), ammise con se stesso, accennando un secondo passo di danza.

Del resto, non aveva importanza chi ci fosse sotto la maschera. Già lo sapeva.

Sapeva chi era, sapeva come pensava e sapeva che non avrebbe mai potuto ucciderlo. Ma era deluso, davvero deluso.

Mi hai deluso.” - sottolineò, infatti, arrivandogli vicino e sistemandosi i capelli - “Il Simbolo era tenuto a risparmiarmi, certo, certo... ma l'Uomo? L'uomo non avrebbe dovuto vendicarla?”

Unì i piedi e gli saltò sul torace. Non troppo cedevole. Meglio ammorbidirlo con un altro calcio.

Non avresti dovuto vendicarla? Non volevi così? Debole, sei stato debole ed hai fallito, fallito, fallito.” - ogni parola, un colpo - “Così, non hai ottenuto nulla. Nulla. Ed io...”

Imbracciò il fucile, puntandolo al suo viso.

Un colpo lo prese al centro della nuca, spedendolo a terra. Sembrava uno scappellotto ma era molto, molto... molto più doloroso.

Puntellò le mani sull'asfalto, rendendosi conto di aver perso l'arma. Si girò, coltello alla mano. E Iron Man gli piantò la canna del mitra nella gola.

Tu, cosa?” - scandì bene Tony, mentre l'elmo si apriva - “Guardami in faccia, It. Come direbbe Vanko... hai pIerso.”

Sorridendo, Joker lasciò cadere il coltello.

Sei tu...” - sorrise, guardandolo - “Non sei ancora stufo di doverlo sempre salvare da se stesso?”

Tony non replicò. Accenno un mezzo sorriso, soltanto.

Risparmia il fiato. Sai cosa sei?” - gli chiese, con gentilezza - “Sei solo un insetto che si crede un gigante.

C'era una macchina della polizia, che stava frenando, poco distante. E c'era Gordon, puntuale come sempre, che ne stava discendendo. Fu lui a mettergli le manette, mentre Tony arretrava, tendendo una mano a Batman perché si rialzasse.

Sei stato bravo.” - sussurrò, gli occhi puntati all'arresto.

Te lo avevo promesso.” - replicò Bruce, sotto la maschera, con una smorfia di dolore.

Joker li stava osservando. E rideva.

Iron man, lasciando andare la mano di Batman, avanzò fino a sovrastarlo.

I giusti di questa città ti hanno schiacciato.” - disse, da dietro la maschera, perdendo ciò che aveva di umano, divenendo un simbolo - “E la legge degli uomini, quella legge che tu hai disprezzato, sarà l'ultima gentilezza che otterrai nella tua miserabile vita.”

***

Al commissariato, seduto tra delinquenti che non valevano un decimo di lui, sembrava tranquillo. Un sorriso sottile si stendeva da una cicatrice all'altra su un viso ormai poco truccato quasi anonimo. I capelli, gettati indietro, più scuri alle radici, aumentavano l'impressione che la maschera fosse definitivamente caduta.

Era finita.

Batman davanti alle sbarre, non riusciva a pensare altro. E Joker, occhi negli occhi con lui, sorrideva per lo stesso pensiero.

E' finita, sembrava dire. Ma tu ed io sappiamo che per te non lo sarà mai.

Tu piangi, amico mio... piangi e non lo sai.”

Bruce si voltò, allontanandosi. Non c'era più nulla da vedere.

***

Iron Man planò direttamente sulla terrazza di WayneManor. Pepper, che era uscita a prendere una boccata d'aria in attesa del loro ritorno, si voltò sorpresa, quando apparve.

Già qui?”- domandò, sollevata dal vederlo tutto intero ma decisa ad essere come al solito, una persona controllata.

Controllata, per altro, quando Tony sembrava non esserlo per niente.

Si stava sfilando l'elmo, lo stava gettando lontano e stava per caricarla come un toro.

Tony?” - lo chiamò, facendo un passo indietro, incerta.

Sposami!” - disse lui, afferrandola per le braccia.

Non aspettò risposta, le si attaccò alla bocca. Pepper, troppo sbalordita, affogò tutta se stessa in quel bacio. Come, prego? Ripeteva solo il suo cervello... come, prego?

Ho detto Sposami.” - ripetè lui, quando si allontanarono - “E non sto morendo, non ho crisi di coscienza né ispirati pensieri New Age. Sposami, voglio che mi sposi perché voglio chiedertelo già da un pezzo e non c'è mai stata un'occasione, un'occasione intendo in cui non avresti travisato e ho dovuto aspettare.”

Si zittì.

Ho perso di nuovo la punteggiatura.” - aggiunse, visto che Pepper lo fissava come inebetita - “Ma vorrei che tu prendessi comunque in considerazione la mia proposta. Vuoi che mi metta in ginocchio?”

Sì, per favore, grazie.” - rispose lei, quasi balbettando.

Ok. Ti prendo la mano?”

Se ti fa piacere...”

Mi fa piacere.” - la mano ancora guantata di Tony si strinse attorno alla sua, gentilmente - “Ti ripeto la domanda, ora?”

No, grazie. Sarebbe una perdita di tempo. L'ho capita.” - Pepper si inumidì le labbra e annuì - “Ok. Si può fare.

Tony la fissò, interdetto, spalancando un poco gli occhi, come suo solito.

Si può?”

Bhe, sì, direi di … Sì.”

Ok. Andiamo a scegliere l'anello.”

Tony, Tony!” - lo chiamò, trattenendolo mentre si alzava - “Sono le tre del mattino.”

Scegli una gioielleria. Io te la apro.”

Sceglierò la gioielleria domani in orario lavorativo.” - rispose lei. E, finalmente, gli sorrise - “Mentre aspettiamo, riprendiamo la parte in cui tu mi baciavi... possiamo fare di meglio.”

***

Gotham City era silenziosa. Era blu e grigia, contro il cielo scuro. C'erano ancora degli incendi, macerie sulle strade, ma il sole presto sarebbe sorto, rendendo luminose le vetrate dei palazzi, colorando di indaco ciò che ora sembrava nero.

Batman, con il mantello dispiegato alle spalle, osservava i vigili e i poliziotti in movimento, impegnati ad aiutare e pacificare. C'erano persone che aiutavano altre persone. Persone senza uniforme, scese in strada per rendersi utili.

Le brave persone...

Rachel, guarda...” - sussurrò, restando nascosto nell'ombra. Gotham, la Gotham in cui hai sempre creduto. La Gotham che hai salvato.

Lentamente, sentendo ogni movimento costargli fatica, estrasse il fiore dalla corazza. Era schiacciato, reso appiccicoso dal sangue. Lo strinse nel pugno, sentendolo cedere, divenire polvere.

Tese il braccio oltre il cornicione, lasciando cadere i frammenti, guadandoli turbinare nell'aria disperdersi, insieme ai semi.

Spero di aver fatto ciò che ti aspettavi da me.” - aggiunse, chiudendo gli occhi. Rachel, che gli sorrideva, il loro ultimo bacio.

Sorrise.

Sento di nuovo la tua pelle tra le dita...

Siamo di nuovo assieme...

Barcollò, dovendo sostenersi per restare in piedi. Alzò gli occhi. Pochi minuti al sorgere del sole.

Salì sul cornicione e spalancò le braccia, lasciandosi cadere.

La follia, come sai, è come la gravità: basta solo una piccola spinta...”

Il vento lo sostenne. Le ali, vibrando appena, lo portarono in alto, sfruttando una corrente ascendente. Bruce chiuse gli occhi, respirando l'aria dolce e pura, sopra gli edifici, sopra la vita umana. E si sentì libero. In pace.

O muori da eroe... o vivi tanto a lungo da divenire il cattivo.

Un'ala vibrò, distorcendosi. Non aveva più forza nelle braccia. Virò ancora, senza preoccuparsi. Si sentiva stanco, così stanco... ancora una virata, incontrando una corrente contraria, resistendo appena.

Il mio uomo non sceglierà mai la via più semplice...”

Poi iniziò la caduta. E Bruce, semplicemente, chiuse gli occhi.

Black heart scarring darker still, but there's no sun shining through

(Metallica - Unforgiven II)

Un cuore nero ferito è ancora più scuro, ma non ci splende il sole attraverso

Epilogo

La notte è più buia, subito prima dell'alba. E io vi garantisco che l'alba sta per sorgere” (Il Cavaliere Oscuro)

Bentornato.” - disse una voce. Una voce che conosceva bene.

Aprì gli occhi, fissando il soffitto della propria camera da letto. Poi Tony, in piedi, con le mani in tasca.

Che ho fatto?” - domandò, rendendosi conto di far fatica a respirare e parlare.

Hai fatto un volo sopra la city.” - spiegò Tony, piegando le testa da un lato, perché lo vedesse meglio - “Sei stato fortunato, passavo da quelle parti per caso...”

Bruce gli sorrise. E, sprofondando nuovamente nel buio, chiuse gli occhi.

***

Tony non aveva tralasciato grandi particolari nella spiegazione fornita a Bruce.

Avrebbe potuto aggiungere come aveva fatto a rendersi conto della sua situazione critica o come fosse arrivato a rotta di collo, in picchiata, per afferrarlo prima che si schiantasse a terra. Oppure avrebbe potuto accennare a come si fosse quasi dissanguato tra le sue braccia o come lo avesse obbligato a volare fino ad un ambulatorio medico privato a caccia di sangue da trasfondergli o anche... Ma no, tutti aspetti irrilevanti, a conti fatti. Era vivo, più o meno rattoppato... era al sicuro...

Tony discese le scale, scalzo, ma con la giacca di pelle in una mano e le scarpe nell'altra.

Vai da qualche parte?” - domandò Pepper, apparendo come suo solito sotto l'arco della biblioteca.

Faccio un salto in città, riporto a Lucius un paio di cose da aggiustare.” - rispose, indicando una sacca apparentemente dimenticata in un angolo - “Torno per cena.”

Avverto Alfred. Non credi sia ora che leviamo il disturbo?” - chiese, mentre lui si avvicinava per darle un bacio rapido.

Mi levo di torno quando è il momento.” - rispose, con un mezzo sorriso - “E non serve che avverti Alfred, stava dall'altra parte del letto.”

Dovevo immaginarlo.”

Dovevi proprio. Ci vediamo più tardi.”

Tony si era preso un mazzo di chiavi dal cassetto della scrivania e si era scelto, nel parco macchine di Bruce, la Lamborghini. Era tanto che non ne guidava una, quasi una vita.

Si godette il tragitto senza esagerare con le accelerazioni, per avere il tempo di osservare la città. A meno di venti ore dalla cattura di Joker e dalla fine dell'incubo in cui aveva gettato Gotham, la città sembrava sempre la stessa. Era grigia, nera, azzurra e affollata di persone di ogni tipologia. Ma Tony, osservandola da dietro i finestrini oscurati, vedeva solo la vita, tutta la vita che era stata risparmiata e che, giusta o sbagliata che fosse, era sempre preferibile alla morte.

Persone vestite in ogni modo affollavano i marciapiedi. C'era chi sorrideva, chi non sembrava più in grado di farlo... ma tutti avevano in comune il dovere la vita a Batman.

Bruce, affrontando le proprie angosce, aveva dato loro la più grande occasione della vita: un giorno senza paura. Un giorno per ricominciare.

Sorrise, sentendosi a pezzi. Lo aveva davvero salvato per un soffio, mentre si lasciava andare nel vuoto, senza rimpianti, pronto ad abbandonare le incertezze, le scelte, il giusto e lo sbagliato. Un incidente? Una scelta? Tony non aveva risposta, poteva solo cercare di dare una sequenza logica agli avvenimenti.

Si erano separati dopo l'arresto di Joker, prima che piombassero su di loro i giornalisti per le foto di gruppo obbligatorie. Era volato a casa, da Pepper, lasciandolo in piedi e più o meno integro. Dolorante, certo, caratteristica inevitabile in Bruce, ma deciso a dare ancora un'occhiata al 'prigioniero' e a fare un ultimo giro di ricognizione. Non c'era stato motivo per pressarlo ulteriormente, dopo una notte del genere.

Purtroppo, proprio perché si era trattato di 'una notte del genere', a posteriori, Tony si era dato dell'imbecille.

L'armatura di Iron Man aveva registrato l'aritmia di Bruce cogliendolo quasi di sorpresa. Ferito! Ferito e non aveva nemmeno pensato di dirglielo! Doveva essere successo durante una delle interruzioni di contatto. Era ripartito verso la città, rinunciando a quei baci che lui e Pepper stavano già pregustando. Ed era stato già in pieno slalom aereo tra i palazzi quando Bruce, mentre il suo bracciale già denunciava da alcuni minuti una situazione critica, aveva perso i sensi e, inevitabilmente, il controllo delle proprie ali. Lo aveva visto mentre si avvitava su se stesso e lo aveva afferrato a pochi metri dal suolo.

Ma, a riepilogo compiuto, il quesito tornava: si era reso conto? Aveva scelto di lasciarsi andare? Nessuno avrebbe mai osato chiederglielo.

Dopotutto, il risultato finale era stato la vita. Il resto non aveva poi molta importanza, cercò di convincersi Tony, immettendosi nel traffico.

Nel frattempo, nel tempo occorso a convincere Bruce a smettere di sanguinare, le emittenti televisive si erano date un gran daffare, per raccontare una storia che erano certi di conoscere completamente. Eppure, per la prima volta da molto tempo, nessuno di loro si era affannato a monitorare l'informazione. Che parlassero, se volevano, che dicessero quello che erano stati in grado di cogliere. Nessuno, Pepper, Alfred o chi altro, aveva interesse a sentir raccontare le ore, i danni, i pro e i contro. Loro sapevano. E sapevano di aver vinto, completamente.

Ci sarebbe stato tempo per i bilanci, le ripercussioni, le speculazioni. Ma non oggi. Oggi erano tutti vivi e decisi a celebrare questa gloria a modo loro, lontani dalle polemiche che presto sarebbero sorte.

Tony discese la rampa secondaria della WayneTower e parcheggiò nel tunnel che portava alla sezione scientifica. C'erano le luci accese, probabilmente il professor Fox era già arrivato. E, dalle voci che sentiva, non era solo.

Entrò con cautela, non sapendo come interpretare la presenza di uno sconosciuto. Vedeva solo Lucius, alla sua scrivania. E l'uomo gli sorrise, facendogli un cenno di invito. Un cenno che Tony non riuscì a decodificare immediatamente.

Tuttavia, rassicurato, si avvicinò. Poi si bloccò, mentre l'interlocutore sconosciuto si voltava.

Nick Fury.

Bene, bene, il signor Stark.” - disse il direttore dello Shield, alzandosi dall'angolo di tavolo su cui sedeva.

Vi conoscete già?” - domandò Lucius, con l'aria sorniona di sempre. Aveva gli occhi che brillavano, maliziosi - “Tony, lui è un mio vecchio amico...”

Hai amici interessanti...” - replicò Tony, stringendo la mano che Fury gli porgeva.

Chi non ne ha?” - ritorse l'uomo, senza riuscire a frenare l'impercettibile vibrazione del sopracciglio. E uno, pensò Tony. Entro cinque minuti te lo faccio rifare.

Il direttore Fury è venuto qui ad accertarsi di aver rispettato il vostro accordo.” - spiegò Lucius, dando la giusta sfumatura alle parole - “Mi sono permesso di approvare... hanno fatto davvero un ottimo lavoro di occultamento.”

Sì, non ne dubito.” - commentò Tony, porgendogli la sacca senza aprirla. Lucius poteva anche raccontare i propri segreti a Fury, ma lui non intendeva fare altrettanto - “Siete riusciti a farmi sparire del tutto?”

No, non del tutto. Uno come te non passa mai inosservato.” - ammise Fury - “Ma abbiamo comunque fatto un buon lavoro. Lo troverai soddisfacente.”

Mi fa piacere. Perché voglio rinegoziare i nostri accordi.”

Vibrazione del sopracciglio. E due, ora si punta al tre.

Non credo sia possibile.”

Oh, no, Fury, non si allarmi. Non intendo rinegoziare la mia parte. Farò quello che ho detto. Ma vorrei che vi occupaste di una faccenda che è stata portata alla mia attenzione da non molto.”

Fury non sembrava per niente contento della piega assunta dalla conversazione. Del resto, incontrarsi nello scantinato della WayneEnterprises, dopo aver dichiarato di essere estraneo ai giochi di Gotham, non lo aveva di certo messo in buona luce.

Voglio che il Joker abbia un incidente.” - disse, dunque, Tony, guardandolo dritto nell'occhio buono - “E voglio che non venga mai fuori che sono stato io a chiederlo.”

Lucius ammutolì. E Fury, solo perché era più abituato a giocare a poker con dei farabutti, riuscì a trattenersi dal fare altrettanto.

Una richiesta interessante...”

Fa parte del vostro piano di occultamento. Il Joker sa chi è Batman. Io voglio venga processato e poi...”

Dopo il processo? Perché non prima o durante?”

Perchè ha diritto ad un processo. Ed io vorrei poter credere nella giustizia ma...” - Tony esitò, poi riprese - “... ma non mi fido delle persone. Le persone dimenticano in fretta la gratitudine o l'infelicità e le buone azioni vanno a rotoli. Gli esseri umani sono fatti così, non si può fargliene una colpa.”

Ho capito il tuo punto di vista. Sicchè, tu ti aspetti che noi...”

No, non mi aspetto nulla. Lo sto solo chiedendo 'per piacere'. O sì, o no.” - lo interruppe Tony, restando impassibile di fronte al colosso nero e posando, contemporaneamente, davanti a Lucius una lista di pezzi che gli servivano.

Strano, pensò Lucius, guardandolo e prendendo poi la lista. Ho sempre creduto che tra te e Iron Man esistesse una differenza... mi sbagliavo. Mi sbagliavo davvero.

L'acciaio che ti riveste proviene da te.

Faremo in modo che non parli.” - contrattò Fury, dopo un attimo di riflessione - “Ti può bastare come risposta?”

Mi può bastare. Cosa vorrai in cambio, ora? Il mio testicolo destro?”

No, grazie. Le tue palle mi servono di più lì dove sono.” - rispose. Terzo fremito di sopracciglio. Tony iniziava a sentirsi molto, molto in gamba - “Calcolalo un ringraziamento per il generoso stipendio elargito all'agente Natasha Romanoff.”

Nat... lo sapevo che non si chiamava Natalie...” - borbottò Tony, con l'abituale irritazione nei confronti dello Shield e dei suoi rappresentanti.

Devo proprio dire che mi sorprendi, Anthony.” - ammise Fury - “Credevo che fossi un giustiziere... non un Vendicatore.

Forse non sono né l'uno né l'altro. Può darsi che mi piaccia essere Tony Stark e non abbia bisogno di essere etichettato.”

Lucius, che si era allontanato con la sacca, stava tornando indietro con il richiesto. Tony lo ringraziò con un cenno e girò sui tacchi senza perdersi in altri convenevoli.

Decisamente non ha apprezzato l'intrusione, considerò Fury, guardandolo allontanarsi.

Strano, questa volta non ha cercato di assumermi.” - sospirò Lucius, senza essere davvero troppo rammaricato. Tony gli aveva strizzato un occhio, non visto, e aveva continuato la propria farsa a beneficio del direttore dello Shield. Che credesse pure di aver guastato i loro rapporti, se voleva. Avrebbe solo reso più divertente continuare ad essere alleati.

Gli passerà.” - commentò Fury, poi si voltò verso l'uomo - “Ora, riprendiamo da dove ci ha interrotto. Credi che sia stato opportuno metterlo sulla strada del Tesseract?”

Perché no... dopotutto, Howie aveva compreso cosa fosse e ha lasciato a lui il modo di riprodurlo sinteticamente, non a voi. Ho solo dato una piccola spinta, nient'altro. Senza contare che così... è vivo.” - Lucius gli rifilò un'occhiata storta - “Eri davvero pronto a vivere in un mondo senza uno Stark?”

E cosa credi che farà ora lo Shield? Sai benissimo cos'altro ha trovato suo padre, al Polo Nord, oltre al Cubo.”

Lo so... io, a differenza di te, c'ero. E so persino che, in barba ai desideri di Howard, in questi giorni state fingendo di averlo appena ripescato.” - Lucius non sembrava essere scalfibile con nessuna argomentazione - “Lo Shield farà ciò che ha sempre fatto: si occuperà del mondo. Tony penserà solo a illuminarvi la via. E, per quanto riguarda i tuoi progetti, non credo che otterrai molto se cercherai di fargli fare il gioco di squadra. Ma potrei sbagliarmi.

***

Lucius Fox e lo Shield. Niente di sorprendente, tutto sommato. Fingersi seccato era stato divertente ma, in fondo al cuore, Tony era contento di quanto aveva appena scoperto. Lucius, discreto come sempre, gli aveva fornito il necessario per mettere un altro elemento del rompicapo al giusto posto. E Tony non dubitava che, tra i pezzi di ricambio che gli aveva richiesto, giacesse anche una memoria dati che lo avrebbe illuminato ulteriormente.

L'incontro non era stato casuale. Lucius sapeva dell'accordo e, se aveva scelto di incontrare Fury nello scantinato, era per fargli intendere come la loro fosse una salda alleanza e di come, ancora oggi, la sua fedeltà andasse al casato Wayne, all'amico Stark e, indirettamente, ai figli dei suoi amici.

Tony lasciò cadere la chiavi nel cassetto in cui le aveva trovate e sentì Pepper camminare sul tappeto alle sue spalle.

Tutto bene?” domandò la donna, abbracciandogli il torace.

In effetti, ne avrei di belle da raccontarti...” - ammise lui. Si sentiva stranamente calmo, in pace - “Lo farò domani, in macchina.”

Pepper gli posò il mento sulla spalla.

Andiamo a casa?”

Credo di sì. Penso sia ora.” - Tony piegò la testa, per guardarla - “Vuoi restare?”

No, va bene. Ho parlato con Bruce... e non credo gli serva aiuto.”

Questa sì che era una novità.

Non tante parole, non volevo stancarlo ma... ma sì, direi che possiamo andare a casa.”

Domani allora?”

Domani andrà bene. Tony?”

Signorina Potts...”

Come stai?”

Tony sorrise, senza voltarsi. Pepper aveva quella domanda negli occhi, ormai da molte ore.

Sono stanco.” - ammise - “Sono stanco e mi sento come se fosse finita un'epoca. Il mondo è stato troppo veloce persino per me, in questi giorni. Sono cambiate tante cose... siamo cambiati noi.”

Si girò, guardandola.

Né tu né io siamo le persone che sono andate alle Piccole Antille a cercarlo.” - mormorò, carezzandole il viso - “Non credi?”

Pepper sorrise.

Forse siamo migliori, oggi.” - sussurrò, afferrandogli le dita, stringendole - “Non credi?”

Tony non rispose. Alzò gli occhi, come se dovesse pensarci. Poi sorrise.

***

Si era alzato da letto non appena era stato certo che Pepper dormisse. Era sceso, cercando un libro e, subito dopo, aveva deciso dove andare a leggerlo. Ora, con il volume sotto il braccio e fissando il profilo di Bruce, continuava a ripensare a ciò che aveva detto a Pepper.

Mi sento come se fosse finita un'epoca.”

Non sbagliava. Un'epoca era finita davvero. Forse, sarebbe stato più esatto ammettere che era finita una vita. Obadiah se ne era andato, Vanko era stato battuto... il suo cuore avrebbe continuato a battere e, dopo aver ritrovato un padre, avrebbe avuto una moglie. Di tutto un po', insomma, senza contare la nuova fonte di energia ri-scoperta e i files sullo Shield che aveva già avuto il tempo di visionare, raccogliendo un altro sorprendente pezzo dell'eredità di Howard Stark.

Anzi, dopo quello che aveva letto, continuava a darsi dello stupido per non aver mai pensato di trivellare i ghiacci del Polo Nord. A quanto sembrava, c'erano cose interessanti sepolte lì sotto! Senza contare l'omonimo di Bruce che sembrava essere un gran bel tipo!

E Bruce... anche per lui iniziava un nuovo giorno. Un giorno incerto e non privo di nubi... Un giorno che, per un pelo, non aveva più visto sorgere. Ora, guardandolo aprire gli occhi con lentezza, riemergere dal sonno pastoso con cui il suo corpo si stava difendendo dalle ferite e dalla stanchezza, si sorprese a pregare che il suo domani fosse comunque più sereno dei giorni che aveva alle spalle.

Comincio ad essere stanco di sedermi al tuo capezzale.” - sospirò, senza alzarsi dalla poltrona, con le braccia conserte e le gambe allungate, riconducendolo con tranquillità alla realtà circostante - “Lo sai quante volte mi hai obbligato a farlo, negli ultimi anni?”

Bruce voltò la testa, guardandolo. Non aveva la forza di alzare un braccio, si sentiva vulnerabile ma... protetto.

E' notte?” - domandò soltanto, cercando di dare una linea temporale alla sua mente confusa.

Notte fonda.” - ammise Tony, senza muoversi. - “Hai dormito un paio di giorni.”

Davvero?”

Credo fosse inevitabile, con tutto quello che è successo.” - aggiunse, piegandosi in avanti e indagando su cosa ricordasse.

Bruce lo studiò, richiamando alla mente il poco che riusciva a rammentare.

Joker.

La caduta dalla moto. No, era ferito già prima.

Al commissariato? No, ricordava di esserne uscito.

Rachel. Le persone in strada. Aveva aperto le ali e...

Davvero mi hai preso al volo?” - domandò, rammentando a malapena la loro breve conversazione del pomeriggio precedente.

Temo proprio di si. E posso garantirti che, a vederti, sembri pesare di meno.” - replicò.

Bruce ridacchiò. E il sorriso divenne una smorfia infastidita.

Rimasero in silenzio, guardandosi. Poi fu di nuovo Bruce a parlare, come se gli stesse leggendo nella mente.

E' stato un incidente. Il volo, intendo. Non mi ero reso conto di non potercela fare.”

Non pensavo di chiedertelo.”

Lo so. Ma io non ho dimenticato perché mi hai dato quel pugno.” - sussurrò.

Capisco.” - capiva davvero, sapeva che non gli stava mentendo. E il sollievo sembrava poterlo soffocare - “Junior, te lo chiedo per favore... Non farmi più prendere uno spavento del genere.”

Posso provarci.” - sorrise, tirato - “Ma non ti garantisco nulla.”

Poi la sua espressione mutò, divenendo inspiegabile.

Tony, abbiamo vinto, vero?”

Abbiamo vinto.”

E' finita.”

Già...” - abbassò gli occhi, fissando un punto indefinito - “E' finita. Una volte per tutte.”

Si alzò, lasciando cadere il libro sulla poltrona. Si sedette sulla sponda del letto, appoggiandosi con una mano oltre il fianco di Bruce, fino a sovrastarlo.

Come papà, pensò Bruce, guadandolo. Come papà, lui ha il dono di proteggermi.

Dormi tranquillo.” - mormorò Tony - “Non ci saranno incubi, stanotte. Non sei solo.

***

La mattina dopo, quando finalmente le valigie furono pronte e la macchina carica, Tony si concesse un respiro profondo e andò da Bruce, lasciando Pepper in fondo allo scalone, con Alfred.

La donna e il maggiordomo lo guardarono salire, teso come se andasse in battaglia. Poi Pepper si voltò verso Alfred, sorridendo.

Mi mancherà questa casa.” - sospirò, guardando gli alti soffitti a cassettoni e le arcate del primo piano - “E non so come farò senza le sue magnifiche colazioni...”

Allora dovrete tornare presto, signorina Potts.” - replicò il maggiordomo, con il suo abituale sorriso, aiutandola a mettere la giacca - “Anche voi mancherete a queste mura... e a chi vi abita.”

Pepper si aggiustò i polsini e si voltò. Alfred aveva le occhiaie ed era stanco ma, come ognuno di loro, viveva il sollievo dell'incubo concluso.

Credo che la nostra sia più una fuga tattica che una partenza.” - confessò - “Tony è fatto così: o un colpo netto o nulla. Se non ce ne andiamo ora, rischiamo di traslocare definitivamente qui.”

Alfred non rispose. Alzò gli occhi, guardando quelle mura silenziose e imponenti.

Ricordo sempre con affetto il padre del signor Stark...” - sospirò, restando in ascolto, come se potesse ancora sentire la risata impudente di Howie e la voce squillante di Thomas Wayne - “Il signor Wayne, Thomas, ne ha sempre parlato come del migliore amico che si potesse avere. E mi fa piacere pensare che qualcosa di quell'amicizia viva nei ragazzi.”

Li aveva chiamati ragazzi, senza accorgersene. E Pepper provò tenerezza. Ragazzi... probabilmente, in fondo al suo cuore, tra i ricordi di una vita, esisteva un angolo in cui Bruce e Tony erano ancora i bambini che correvano nei corridoi di Wayne Manor. Bambini con dei genitori in grado di amarli, al sicuro da ogni dolore.

Lei ricorda Tony? Voglio dire... allora...” - domandò, senza resistere alla curiosità.

E il maggiordomo la fissò, gli occhi improvvisamente brillanti.

Ha presente quella statua che le piace tanto ai piedi della scalinata?” - rispose, confidenziale - “Un tempo erano due. Anthony ha distrutto la gemella il giorno in cui il signor Thomas gli ha insegnato a guidare la macchina. Aveva sette anni.

***

Bruce era sveglio. Ed era seduto al centro del letto, la testa voltata verso la finestra.

Fuori era una magnifica giornata, il cielo era di un azzurro incredibile. E l'azzurro, come sempre, lo faceva pensare a lei.

Per la prima volta, da quando era morta, però, il suo pensiero non era doloroso ma stranamente denso, caldo, rassicurante. Ovunque fosse, Rachel era in pace.

Giustizia era stata fatta. Per lei, per Dent e per Gotham stessa. La giustizia era passata dalle sue mani, come un perdono. La giustizia, si era offerta a lui, cieca innanzi alle sue colpe: non importava cosa avesse pensato, fatto o vissuto Batman: quando aveva brandito la spada, la bilancia era andata in equilibrio. Bruce l'aveva vista, tra le mani di Rachel, un attimo prima di cadere.

La giustizia è armonia, l'aveva sentita sussurrare, in un sogno privo di morte. Tu, oggi, l'hai donata al mondo.

Riposa, ora. Riposa.

Bruce sospirò, cercando di ignorare il dolore al torace, stretto dalle bende. Inarcò la testa, posandola contro gli intarsi del letto. Il cielo era tanto azzurro da fargli desiderare di uscire, di camminare sul prato, di respirare a occhi chiusi e dimenticare... dimenticare...

Quando Tony bussò, si voltò verso la porta.

Stai partendo?” - domandò, notando la giacca di pelle. La solita immancabile giacca di pelle.

Sì, è ora che torni a Malibu. Sto cominciando ad attirare l'attenzione.” - spiegò l'uomo, entrando, con le mani in tasca e fermandosi in fondo al letto - “Ho alcune cosette da sistemare e poi... non so se Pepper te lo ha detto...”

Bruce gli rifilò un sorriso divertito. Il grande Tony Stark, alla fine, era caduto. Altro che acciaio!

Non me lo ha detto.” - rispose, trattenendosi dal prenderlo in giro. Ci sarebbero state altre occasioni in cui infierire e, così conciato, non poteva reggere le legnate che si sarebbe meritato - “Ma ho capito comunque. Congratulazioni. È quella giusta.”

Lo penso anch'io. Del resto, ho sempre avuto un certo intuito per i buoni affari.” - replicò, Tony fiero di se stesso. Sospirò, compiaciuto, decidendo di muoversi e camminando lungo il letto - “Bruce, vorrei farti vedere una cosa.”

Senza attendere risposta, gli si sedette a fianco, appoggiandosi contro il testile del letto, spalla a spalla. Estrasse un foglietto piegato in quattro dalla tasca e Bruce pensò alla volta in cui il foglietto non c'era stato, ma Tony era riuscito comunque a dire la cosa giusta.

Guarda.” - ordinò l'uomo, dispiegando il foglio e tenendo una matita tra i denti per farlo.

T.H.R.” - lesse Bruce.

Voglio chiamare così il nuovo elemento.” - spiegò, posando il foglio sulla coscia e lisciandolo, come per scriverci.

Cosa significa?” - domandò Bruce.

Ancora non lo so.” - fu la candida risposta - “Cioè, non so cosa significhi ufficialmente, Pepper si inventerà qualcosa per giustificare l'acronimo, è brava in queste cose. Ma voglio chiamarlo così per un motivo che sapremo solo noi due.”

Detto questo, sotto la sigla, scrisse rapidamente tre parole, con l'iniziale in stampatello. E porse il foglio a Bruce.

Puoi tenerlo, se vuoi.” - aggiunse, lasciandolo poi in santa pace a rimuginare l'informazione.

Thomas. Howard. Rachel.

T.H.R.

Non saremmo arrivati fin qui, senza di loro.” - aggiunse Tony, sottovoce, piegando la testa verso di lui - “È giusto che si prendano un pezzo di questa storia.”

Bruce non disse nulla. Aveva la gola chiusa. Deglutì, cercando di calmarsi. Poi gli porse il foglio.

Fai una modifica...” - disse, sentendo la propria voce tremare e non riuscendo a controllarla - “Metti tuo padre per primo. Il mio capirà di sicuro.”

Inaspettato come sapeva essere soltanto lui, Tony gli passò un braccio attorno al collo. E gli posò un bacio sulla tempia. Poi, tornando ad allontanarsi, recuperò il foglio e fece il richiesto.

H.T.R...” - lesse, meditabondo - “Impronunciabile.”

Bruce scoppiò a ridere, istericamente. Poi, con una mano sul torace, sentendo che le costole sbriciolate rotolavano in giro, cercò di respirare il più piano possibile e darsi un po' di contegno.

Tony non disse nulla, lo lasciò in pace. Ma sorrise, quando Bruce gli rifilò un colpo simile a un pugno sulla coscia.

Bel farabutto... sei davvero un bel farabutto a ridurmi in questo modo.

A me sembra un acronimo perfetto.” - ribattè, con un maldestro tentativo di divenire impassibile - “Sai già cosa farai?”

A grandi linee. Partiremo con un progetto pilota. Una prova di auto-alimentazione, per un anno, sulla StarkTower di New York. Poi si vedrà. Pepper curerà i particolari, come sempre.”

Allora non dubito che funzionerà.”

Guarda che sono io il genio...”

Verissimo. Ma lei è Virginia Potts, la futura signora Stark.” - precisò Bruce, come se questo spiegasse tutto.

Indiscutibile.” - ridacchiò Tony, piegando il foglio e posandolo sul comodino - “E tu? Sai già cosa farai?”

Per il momento, penso che Alfred non mi permetterà di fare nulla. Poi... non so. Forse andrò via, per un po'. Sono cambiate troppe cose, credo di aver bisogno di mettere ordine.”

Giusto. Certe cose sono cambiate e altre non cambiano mai, allora. Ti farà bene andare a derubare qualche tuo camion in oriente.”

No, certe cose non cambiano.” - concordò Bruce. Poi gli indicò la porta, con lo sguardo - “E' ora che tu vada, Tony. Non farla aspettare.”

E' già di nuovo ora di fare la cosa giusta.

Tony alzò gli occhi verso la porta. Bruce aveva ragione. La vita non avrebbe aspettato ancora. Pepper nemmeno. Era ora di andare.

A presto, allora.” - salutò, alzandosi come se niente fosse, come se non sapessero che sarebbe passato tanto tempo prima di rivedersi - “E non fare sciocchezze. Non peggio del solito, insomma.”

Te lo prometto. Tony?” - lo chiamò, mentre già varcava la soglia, facendolo voltare. E gli sorrise, un'ultima volta - “Grazie. Grazie di avermi salvato.”

Grazie a te per aver fatto altrettanto... Junior.”

***

Fuori dalla porta, in corridoio, Tony si fermò e chiuse gli occhi.

Rimase immobile, un lungo istante di paura. Poi sentì la sua voce.

Anthony, ricordati sempre, i limiti sono fatti per essere superati. Credi sempre in ciò che puoi fare, anche quando provi paura. E, se mai verrai il giorno in cui cadrai, ricorda... noi cadiamo per imparare a rialzarci. Intesi?”

Si, zio Thomas. Intesi.”

Riaprì gli occhi e scelse di indossare il sorriso più spaccone del proprio repertorio. E, senza voltarsi indietro, riprese a camminare.

***

Pepper lo attendeva, seduta in macchina, con la portiera aperta. La radio trasmetteva un notiziario, la donna ascoltava, guardando le torri di WayneManor contro il cielo perfetto.

Il Cavaliere Oscuro potrebbe averci salvato ma...” - diceva il cronista, con il tono di chi va a caccia della verità - “...ma chi ci dice che sia davvero chi pensiamo? Insomma, dobbiamo davvero fidarci di un uomo che porta una maschera? Che cosa ha da nascondere? Come possiamo pensare che possa essere un eroe, un giusto, se non osa svelare il proprio volto? Credete davvero che la brava gente di Gotham voglia Batman come paladino?”

Un brivido la percorse, in quella mattina assolata. E ripensò a Tony, alla sua terribile conferenza stampa di poche settimane prima.

Continuate a disprezzare il vostro Cavaliere Oscuro... allora, perché fermarvi alla polemica? Perseguitatelo, dategli la caccia, aizzategli contro i vostri cani... ha sicuramente le spalle abbastanza larghe da sopportarlo. Ma, mentre lo fate, domandatevi chi prima di lui ha stracciato il velo nella notte per portare la speranza e, infine, se vi meritate, a conti fatti, un eroe diverso. Perché lui sta cercando di salvarvi, senza preoccuparsi se siete ipocriti, stupidi o brava gente. Decidete cosa volete essere, prima di criticare uno che, sotto una maschera, sa benissimo quale sia il suo destino.”

Allora lo aveva osteggiato, gli aveva urlato contro. Ma ora, in quel nuovo giorno, nel sole che era sorto a fine della battaglia, si domandò se Tony non avesse ragione e se Bruce, in quel modo silenzioso e tormentato che era suo tipico, non sapesse davvero quale fosse il suo destino.

La fortuna e la giustizia possono permettersi il lusso di essere cieche... ma sta agli uomini aprire gli occhi.- aveva detto Rachel, tanto tempo prima. Ma gli uomini sapevano davvero farlo? Sapevano davvero aprire gli occhi?

Vogliamo davvero un vigilante come eroe?” - stava ancora dicendo il cronista - “Un tizio che si crede al di sopra delle legge come un qualsiasi delinquente? No, a Gotham non serve questo, a Gotham serve un simbolo di speranza, non un essere fatto di oscurità. Capiamoci... Dent era un eroe. Ed è stato lui a dire: O muori da eroe... o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo.”

Basta! Pepper spense, cercando di reprimere l'inquietudine di quella parole. E se...

Tony scendeva la scalinata, rapido. Gli sorrise, cercando di scacciare l'angoscia di quella che sembrava una premonizione più che un'irrazionale paura. E se... e se...

Sicuro che non vuoi restare?” - chiese soltanto, vedendolo salire in macchina senza esitazioni.

No. Qui abbiamo finito. Andiamo a casa. E domani...” - mise in moto, mentre un sorriso gli scivolava sui lineamenti, come una maschera d'acciaio - “Domani si cambia il mondo.

Fine

(22 agosto 2013)

Iron & Darkness

By MargotJ

Estate 2013

http://margotj.altervista.org

http://readyforthedragon.wordpress.com

http://www.youtube.com/playlist?list=PLB1F21203D1E4126E

Scena dopo i titoli di coda

(Tra un decennio, dopo tante storie raccontate da altri)

Ti va di scendere?” - domandò Bruce, fermandosi ai piedi della grande ciambella di plastica.

Lo sai che, per essere morto...” - rispose Tony, continuando a masticare ma abbassando gli occhiali da sole per vederlo meglio - “Ti porti piuttosto bene?”

Grazie, lo penso anche io.” - ammise il fu Bruce Wayne, gettando indietro la testa. Aveva di nuovo il suo amato look da barbone, la barba, i capelli lunghi. Ma gli occhi... gli occhi sorridevano, tra il verde e l'oro - “Scendi ora?”

Dovrei?”

Dovresti. Ho qualcuno da presentarti.” - c'era una donna bruna, che si stava avvicinando. Camminava come se fosse una gatta - “Tony, lei è Selina. Selina... lui è il mio Eroe.

Ogni eroe compie un viaggio. E ogni viaggio ha una fine.”

(Il cavaliere Oscuro - Il Ritorno)

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