Loving him was..Orange.

di __Orange
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Take your chances. ***
Capitolo 2: *** 2.Cape of Good Hope ***



Capitolo 1
*** Take your chances. ***


|Prologo|
 
Cominciamo già col dire che ho qualche problemino di controllo delle emozioni quando sento nominare Ed Sheeran. Due settimane fa sono quasi corsa ad abbracciare una ragazza seduta in fondo all’autobus.
Ecco, purtroppo Ed ancora non mi appartiene, ma questa è solo una cosa temporanea.
Lo sanno tutti che si innamorerà di me. Con bambini, casetta sulle montagne di Heidi e fiorellini sui balconi, annessi.
 
 
 
Tutto è cominciato quando ho visto Ed per la prima volta. La prima cosa che mi ha colpito dritta al cuore sono stati i suoi capelli. Mi ricordo di aver pensato “Cazzo, non sono rossi, sono arancioni!”
Non avevo mai visto dei capelli del genere.
Arancioni, e, per Dio, non potevano essere veramente così!
 
Perché ho scelto di scrivere una storia su Ed?
Chi ascolta Ed, insomma, lo sa che effetto fa. Ti senti come un qualcosa dentro, no? Ribollire nello stomaco, vorticare nel cervello..?
Non so, forse capita solo a me. ;)
Mi sembrava giusto (nei confronti di chi? Boh.) riconoscere il fatto che, mannaggia!, è un fottuto mito, e che grazie a lui non sarei riuscita a studiare per l’esame della maturità (ahahaha sembra una cosa molto bimbonchia, ma vi giuro che non è come sembra! mI hA sALvAto lA vItA!1!11! xOXo)
 
Titolo ovviamente preso dalla canzone di Taylor Swift “Red”.
(mettiamoli, sti copyright, daje!)
 
Enjoy  ;)
 
Loving him was..Orange.
 
 
E chi ha deciso che il colore dell’amore deve essere il rosso?
Per me, è il colore dei suoi occhi capelli.
-Virus al cuore-
 
| 1 |
 
Take your chances,
    a bit of luck wouldn’t hurt.

 
“Sono fatta della stessa sostanza di cui è fatta la sfiga.”
William Shakespeare.
….?
 
 
 
-Non puoi buttarmi fuori di qui!-
-Sì che posso, e lo sai bene! Io ti avevo avvertita, ragazzina!-
-Cosa ti dà il diritto di farlo, eh? Non c’è niente che ti dia il diritto di sbattermi in strada!-
-Beh, questo contratto mi dà il diritto di fare tutto quello che mi pare, a dire la verità.-
Ah. Eh, beh, in effetti.
 
Mentre guardavo Jones, quello stronzo del mio padrone di casa, agitarmi in faccia quel maledetto contratto, un’idea mi balenò in testa.
Insomma, avete presente quelle persone a cui vengono le idee giuste al momento giusto?
Come in tutti gli episodi di Scooby Doo, dove Wilma capiva sempre chi era il cattivo?
Insomma, cosa sarebbe successo se alla Rowling, su quel treno, non fosse arrivata improvvisamente l’idea di un piccolo mago chiamato Harry Potter? Magari avrebbe scritto un libro in stile Federico Moccia, che ne sapete voi.
Potete immaginare a quanto un’idea possa cambiare le sorti dell’umanità?
Insomma. Non avremmo letto Harry Potter!Rendetevi conto della gravità della cosa!
Ecco cos’è. E’ una strana sensazione che ti porta ad averla, quell’idea. Che sia giusta o sbagliata, è determinante, per te o forse per tutti quelli che ti stanno intorno.
Diciamo pure che, per me, la vita è sempre stata questione di culo. Risposte giuste a domande giuste, o domande giuste al momento giusto, idea giusta nella situazione giusta.
Cosa sto dicendo? Cavolate.
Culo, insomma. La vita è questione di culo. E, notando me e la mia vita, in quel momento, potevo pure dire che all’annuale distribuzione di culo ero in bagno.
Tutti gli anni?
 
Ma è proprio da lì che la mia vita cambiò, credo. Da quel maledetto momento.
C’è chi dice che ci sia un destino già scritto, chi dice che ce lo creiamo da soli. Ma io, indipendentemente da queste supposizioni a cui non so dare risposta, un cosa la sapevo: che in quel momento quell’idea mi venne in mente, per quanto stupida, incosciente e senza cervello fosse.
Tutto cambia a causa di una tua azione. TU scegli.
E io avevo scelto di rendere la mia vita un casino, da quel preciso istante.
 
Fu così che presi la decisione di strappare di mano il contratto che il mio padrone mi sventolava e con un bel “Non mi avrai mai, Jones”, che faceva molto Spy Kids, me lo ficcai alla bell’ emmeglio in bocca, cercando di masticarlo.
Lui mi fissava esterrefatto, quell’omone grosso e stempiato, con una sigaretta in bocca ancora spenta, gli occhi sgranati.
Io  lo guardavo compiaciuta, con le braccai incrociate, con un’espressione da capo dell’universo stampata in faccia. Masticare quella roba, però, era diventato difficile: non credevo che un foglio di carta potesse essere tanto grosso, però.
Inaspettatamente, all’espressione incazzata e da perdente che mi ero aspettata da Jones, si sostituì una risata rauca.
-Dio, come mi fai ridere!- cercò di dire, tra le risate.
Ehm, no, qualcosa non quadra.
Tirò fuori, poi, dalla cartellina blu che portava sempre in giro una pen drive, agitandomi anch’essa ad un centimetro dalla faccia, come aveva fatto poco prima.
-Siamo nel terzo millennio, mica nel Far West, ragazzina. Cosa credi di fare, masticando un contratto cartaceo? Devo dare tutto al mio commercialista!-
A quel punto sputai il foglio di carta, appallottolato e ricoperto di saliva, dritto in faccia al mio interlocutore.
-Eh, ma allora questa è proprio sfiga!-
 
 
 
 
-Come hai anche solo potuto pensare, per un secondo, per un secondo solo!, di mangiare un contratto, Gin! Come!-
Coco camminava davanti a me agitando le braccia in aria, e mettendosi le mani tra i capelli, come se non capisse il motivo del mio gesto.
-Coco, dai, cosa dovevo fare? E’ l’unica cosa che mi è venuta in mente!-
Lei sospirò –Lo sai che se gli avessi fatto gli occhi dolci ti avrebbe posticipato i soldi dell’affitto, vero? Lo fa sempre. Perché hai deciso di fare questa cavolata, ora?-
Perché? Perché sono sfigata, ecco perché.
La sfiga è la persecuzione della mia vita, tanto che preferirei essere seguita da zombie o alieni, dalla disperazione.
Alzai le spalle, senza dare una risposta precisa. Era semplicemente la prima cosa che mi era saltata in mente, forse.
Coco si fermò e mi abbracciò subito con slancio –Dai, tranquilla, Gin, starai da me per un po’, oggi pomeriggio torna Greg e vedremo di trovare una soluzione, va bene?- mi sorrise la mia dolce Coco, il suo viso perfetto contornato dai ricci neri e gli occhi marroni vivaci.
-Lo sai che non saprei come fare senza di te?-
 
 
-Bartolomeo! Ti prego, stai buono!- urlai, vedendo il mio cane enorme saltarmi addosso.
Lo possedevo da quando me n’ero andata da casa, due anni fa, esattamente. L’avevo trovato la notte in cui me n’ero andata da casa, legato al palo della fermata dell’autobus, senza nessuno intorno.
Bartolomeo era scattato in piedi appena aveva sentito avvicinarsi qualcuno che trascinava la sua unica valigia e una custodia legata al collo. Quel qualcuno ero io.
Il cane aveva cominciato a piangere, tanto che le lacrime si confondevano con le mie, mentre io accarezzavo sulla schiena il suo pelo morbido color pece e lui mi leccava la mano.
Non ci avevo pensato due volte a portarlo con me in quell’avventura che era stata la mia vita da quel momento. Era stata l’unica volta in cui avevo creduto nell’amore a prima vista, con Bart. Era sempre stato il mio cucciolone, anche quando, inaspettatamente aveva cominciato a prendere le sembianze di un cavallo, per altezza, cosa che mi rendeva difficile anche portarlo a passeggio.
-Sì, Barty, mi sei mancato anche tu..- ridacchiai mentre quello continuava a saltarmi addosso, felice.
-Non capisco perché il tuo padrone di casa non volesse animali nel condominio, Bart è così buono!- sorrise Coco alla scena di Bart che si stava rotolando su sé stesso.
-Perché è un pezzo di merda, ecco perché. Sbuffai, lasciandomi cadere sul divano della mia migliore amica.
-Ginevra! Hai detto una parolaccia, non è da te!- mi riprese lei, urlando dal piano di sopra, quasi sconvolta.
-Scusa, hai ragione, però è una cosa..-
Sentii quasi subito qualcosa vibrare sotto il mio sedere e mi scostai per sentire meglio la suoneria del cellulare di Coco, su cui mi ero seduta sopra.
-Coco! Coralie! E’ Greg!- urlai alla mia migliore amica sventolando il suo cellulare in aria.
-Oh!- sentii lei correre per le scale per poi inciampare rovinosamente sull’ultimo gradino, faccia a terra.
-Ahia, porca miseria..- Coco saltellò con un piede solo, verso di me –Non ti scomodare, tu, eh..- mi disse,ironica, strappandomi l’apparecchio dalle mani.
-E chi si scomoda..- ridacchai, vedendo lei rispondere al cellulare.
-Ciao amore! No, no, non disturbi non stavo facendo niente..- disse lei, con gli occhi sognanti e un sorriso da un orecchio all’altro.
Coco aveva conosciuto Greg anni prima, quando lei era una diciannovenne senza lavoro e con una casa da mantenere e lui un uomo già fatto di ventitré anni. Ora che ormai erano passati più di tre tre anni abitavano insieme in un appartamentino in centro, molto piccolo per quello che potevano permettersi, con il lavoro di lui come impiegato e il lavoro part-time di lei come cameriera.
Erano le persone più belle che avessi mai conosciuto, nella mia vita. Ancora innamorati come due ragazzini, anche se erano abbastanza adulti e indipendenti, che vivevano il loro amore ogni giorno.
A volte pensavo che entrambi respirassero uno l’aria dell’altro.
-Quando torni? Ah, sei già arrivato allora! No, no fai con calma, non sono sola, c’è Gin..no, perché è stata cacciata di casa dal padrone..sì, infatti..infatti, se conosci qualcuno che affitta stanze..ah, allora non importa..no, dai domani cercheremo una soluzione, credo possa rimanere sul divano per stanotte..ok glielo dirò..ah! Greg! Per piacere compra un po’ di latte, ok?..sì, va bene quello..ok allora!..ti amo anche io! Torna presto..ciao amore.-
La fissai mentre metteva il telefono nel taschino della camicia.
-Greg ti saluta e  ha detto di dirti che ha dei nuovi dischi da farti sentire quando torna!- mi disse lei sorridendo, come solo lei sapeva fare, inclinando la testa di lato. – Probabilmente non sa nemmeno dove li ha messi, conoscendolo..ma hai visto quanto disordine lascia in giro?- mi disse poi, disperata, guardando la pila di scarpe che il suo ragazzo aveva lasciato all’entrata.
-E dico, vedi all’entrata? Ti dico solo che è via da tre giorni e non ho ancora fatto in tempo a sistemare tutto quello che ha lasciato in giro! Tutto!-
-Coco!- la interruppi io nel suo monologo di disperazione –Lo so che sono d’ingombro qui..insomma, questo è un appartamento piccolo e poi vi ho anche lasciato Bartolomeo che non è proprio piccolo ma ti prometto che quando..-
-Ginevra Brooks! Quante volte ti devo dire che sei sempre la benvenuta qui!- mi puntò il dito quasi dritto in un occhio –E poi è solo una situazione temporanea! Vedrai che presto troverai una sistemazione e un impiego..-
Sbuffai –Come no..vieni a Londra a cercare di portare avanti un sogno e in due anni ancora non ho trovato nulla..dovrò appendere l’obbiettivo al chiodo, te lo dico io!-
-Eh, dai Gin! Non abbatterti sempre così, prima o poi la fortuna gira!-
Ah, la fortuna gira? Cos’è che avevo detto prima sulla questione dell’avere culo?
 
Ah, già. Io non ne ho.
 
 
 
***
 
 
 
Greg se ne stava seduto al bancone ad aspettare il suo caffè quando decise, nell’attesa, di chiamare Coralie.
L’aveva riconosciuta subito, lui, la sua Coco. L’aveva vista seduta ad un tavolino del centro, con le occhiaie e i capelli ricci e ribelli in disordine, che cercava sugli annunci un lavoro per pagare il primo mese di affitto. L’aveva trovata bellissima. Nessuna l’aveva mai colpita così tanto come lei stava facendo. Era come se gli fosse arrivato un pugno dritto in pancia e che avesse smesso di respirare, e più la guardava più sentiva il suo cuore battere veloce.
Andiamo, Gregory, hai ventitré anni, calma gli ormoni da tredicenne! si era detto.
Ma non ci era riuscito e si era avvicinato. Così l’aveva conosciuta. Lui pieno di sogni per cambiare il mondo, con le spille degli ambientalisti appuntate al petto mentre distribuiva volantini, e lei con il morale a terra, che aveva dimenticato il gelato sul tavolo, ed era quasi diventato liquido.
-Ciao amore!- rispose lui, ridacchiando al sentire il fiatone della sua ragazza –Non è che disturbo?-
Lasciò soffocare una risata. Coco non avrebbe mai ammesso che stava cercando di sistemare la casa da quell’enorme disordine che Greg aveva lasciato per prepararsi al valigia.
-Sono al bar vicino al London Eye, mi sono fermato a prendere un caffè e delle paste per questa sera! Devo affrettarmi?
- Ah, c’è Gin? Salutamela! Come mai è venuta a trovarti? Resta a cena?
-Ah..il padrone di casa? Quello grosso e che urla sempre? Sì, infatti te l’avevo detto che non mi piaceva..
-Qualcuno che affitta una stanza? Amore, non credo di conoscere nessuno..e poi è difficile trovare qualcosa a poco prezzo di questi tempi..
-Dille di non preoccuparsi, quando torno ne parliamo! Ah! E dille che devo farle sentire dei nuovi dischi in vinile che mi ha prestato Mark..
Chissà dove li avrò messi..
-Del latte dici? Va bene anche se vado al supermercato all’angolo? ..Ok, allora, ci vediamo tra poco ok? Ti amo! Ciao amore!-
Greg staccò la telefonata rimettendo il cellulare nella tasca, vedendo arrivare il suo caffè.
Stava ripensando a dove cavolo poteva aver messo quei dischi che,porca miseria, era sicuro aver lasciato sopra la mensola in camera? O era sul ripiano del soggiorno?
-Ehm, mi scusi..- si sentii picchiettare la spalla.
Quando Greg si girò la prima cosa che vide fu un colore: arancione.
Il ragazzo che gli stava davanti era ben piazzato e intorno al viso tondo e cordiale svolazzavano disordinati, dei capelli arancioni.
-Non volevo origliare, solo che ero dietro di lei..e.. ho sentito che qualcuno stava cercando una stanza in affitto..-
Greg gli sorrise, notando il suo gran sorriso aperto mentre si grattava la nuca imbarazzato.
-Sì, in effetti stavo proprio parlando di questo, ci sarebbe un’amica che ha bisogno di un posto dove stare..perchè?-
-Ecco, veramente..-  tirò fuori dalla tasca un bigliettino tutto spiegazzato –Ero venuto qui per appendere questo annuncio..-
Il ragazzo aprì il biglietto, piegato in quattro. Cerco coinquilino si leggeva in grassetto, posto centralmente, sopra la foto di una stanza.
-Ecco, te lo lascio, se vuoi..Chiamami, se dovesse servirvi..- disse, sorridendo e porgendoglielo in mano.
Greg fissò il biglietto, per poi rivolgere uno sguardo al ragazzo, che se ne stava ritto e lo guardava in attesa di una sua risposta. Poi prese il biglietto, mettendo anche questo in tasca con il resto dei soldi del caffè e delle paste.
-Grazie mille, amico. Ti chiamo domani, perché siamo davvero un po’ in difficoltà..Piacere, Gregory Sullivan.-
Gli tese la mano, aspettando che lui gliela prendesse. La stretta di mano di quel ragazzo strambo, con i capelli arancioni, non tardò ad arrivare.
-Molto piacere. Edward Sheeran.-
 
 

Hey baby, what's that sound
I make a few steps and I fall on the ground
It's a long shot but darling I couldn't love you more.

Come on, come ooooon



HELLOOOOO! ;)
Sono tornata, tanto felice e tanto in ritardo ahahah
No, seriamente, dovevo mettere questa storia, la'vevo promesso e dovevo farlo! 
Mi scuso con Vas_Happenin_98, la quale avevo detto che le avrei mandato il primo capitolo: scusami davvero davvero davvero davvero tanto, ma sono stata così impegnata che ho deciso di metterlo diretamente se no non finivo più :(
Ringraziatela comunque per la disponibilità, lo stesso :) <3

punto 2 (non c'è mai stato un punto 1, lo so): il banner. Non c'è. Sapete tutti che io non sono un'amante dei banner (cioè sono un'amante di quelli ben fatti ma io sono un'handicappata a farli, quindi evito direttamente di metterli)ma comunque, se c'è qualcuno, qualisiasi qualcuno, che li sa fare e li sa fare bene e sono belli, vi prego di contattarmi, gli donerò il moi primogenito, lo giuro!

punto 3: cosa ne pensate? eh? eh? Fa schifo tanto o schifo poco? :) Lo so che dovrei scrivere il capitolo sull'altra storia, ma vi prego di perdonare questa povera ragazza indifesa *.*

Se volete passare anche sull'altra mia storia (la cosa più demenziale che abbiate mai visto), si chiama Breakeven, la trovate sul mio profilo (One Direction rulez, come on!)

Un bacione e recensiteeeeeee!
O vi taglierò i capelli durante la notte.
Un bacio!
Anna ;)

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Capitolo 2
*** 2.Cape of Good Hope ***


|2|

Cape of Good Hope.
 
La speranza , Marie, è un condimento indispensabile
al grigiore dei bisogni utili.
Boudu sauvé des eaux
 
 
Bartolomeo, per un cane, era un gran bel nome, diciamocelo. Questo nome, la prima volta che l’avevo sentito, era stato in terza elementare.
La mia maestra, la signora Smith, era la più simpatica tra tutte quelle che avevo mai avuto. “Bartolomeo Diaz – diceva –è stato l’esploratore che scoprì..che cosa scoprì, Ginevra?”
Mi aveva colta in flagrante mentre stavo guardando assorta fuori dalla finestra “Oh..- avevo cominciato, riscuotendomi -..credo abbia scoperto..l’Australia?”
Lei si mise a ridere “No, Gin. L’Australia la scoprì un certo James Cook, ma ci arriveremo. Lo sai che cosa scoprì il signor Bartolomeo Diaz? Il Capo di Buona Speranza.”
Buona Speranza. Mi aveva subito colpito quel nome.
La guardai confusa “La Buona Speranza ha un capo, signorina Smith?” le avevo chiesto.
Io, di capi, conoscevo solo quello di mia madre, un capo che la faceva lavorare giorno e notte e che lei malediceva sempre. I capi erano persone cattive, mi ero sempre detta.
Lei sorrise. “Certo che no, Ginevra. La Buona Speranza è senza capi. La Speranza è l’ultima a morire, e Bartolomeo lo sapeva bene. Bartolomeo ha sperato tanto di scoprire questa nuova terra e così l’ha chiamata Buona Speranza, perché non aveva mai smesso di crederci, che l’avrebbe trovata. Era uno fiducioso lui, era un ottimista. Quindi no, Ginevra, la speranza non può avere un capo, la speranza è di tutti ed è tutto ciò che ci rimane quando ci succedono le cose brutte, quelle che non vogliamo che ci succedano. Ma la cosa importante è che tutti noi, quando sembra che non ci sia nulla da fare, la usiamo, questa speranza!” mi aveva sorriso “E adesso, riprendiamo con i grandi esploratori: Cristoforo Colombo scoprì l’America nel..”
 
Bartolomeo, mi ero detta, tu sì che eri un figo. Chiamare un posto “Good Hope”. E’ meglio di dire Buona fortuna! Buona giornata! Buona Speranza.
Col tempo poi avevo scoperto che, in realtà, il nome gliel’aveva dato il Re del Portogallo, e nemmeno per le stesse motivazioni che ci aveva detto la maestra, ma ero così convinta di quello che ci aveva detto a otto anni che a poco a poco avevo distorto la storia dal mio punto di vista.
 
 
Me l’ero dimenticata, quasi, il signor Diaz, fino a quando, seduta sulla panchina di un parco, pochi giorni dopo il mio arrivo a Londra, avevo visto una giovane donna con in mano un cruciverba, che sbuffava. Io stavo portando a spasso Bartolomeo, che allora era chiamato solo come “Cane” o “Ehi tu”. La ragazza parlava a bassa voce, ma io la sentivo lo stesso.
-Scoprì il Capo di Buona Speranza..- era ferma su quella 16 orizzontale da cinque minuti. Poi sbuffò –Uffa, non è possibile, sono bloccata!-
Io  le sorrisi –Scusa, posso darti una mano? E’ Diaz, Bartolomeo Diaz.- le dissi, imbarazzata, cercando di non intromettermi troppo.
In quello stesso istante, il mio cagnolone saltò su e si avvicinò alla ragazza che mi guardava con un gran sorriso –Bartolomeo Diaz!- ripeté, dandosi una pacca in testa. Il cane, ancora, cominciò a saltarle sulle gambe, prima a lei, e poi a me. Io ridacchiai, guardando quel cucciolo che cercava di attirare l’attenzione, cosa che non aveva ancora fatto da giorni.
Bartolomeo. Eccolo il suo nome. Bartolomeo Diaz, l’uomo che aspettò e trovò la Buona Speranza. Senza un capo, e quindi senza un padrone, il mio Bartolomeo.
Risi, guardando il mio nuovo Bart mettersi a pancia in su per ricevere le coccole dalla ragazza seduta davanti a me. Lei lo accarezzò, e poi mi ringraziò.
-Grazie della dritta, ero bloccata su questo cruciverba da dieci minuti!- mi sorrise, rivelando il sorriso più dolce al mondo. –Per sdebitarmi ti offro..- cercò dentro la borsa a tracolla una merendina al cioccolato -..ti offro questa. Non ho altro. E a questo bel cane, un pezzo del mio panino, che dici, bello?- chiese, rivolto a Bart che era sempre davanti a lei, con occhi sognanti.
-Gli piaci.- le rivelai io, addentando la merendina con foga –E’ diffidente con le persone, l’ho trovato abbandonato una settimana fa..-
-Povero cucciolo..- si dispiacque lei, guardando quel goloso che si sbafava il panino. -Oh, che sbadata! Non ti ho nemmeno chiesto il tuo nome! Mi faccio aiutare con le parole crociate e non chiedo nemmeno le presentazioni!- mi disse, ironica.
Io risi –MI chiamo Ginevra, ma è un nome troppo da nobile. Pensa che il mio nome di battesimo sarebbe Genevieve- scossi la testa – Chiamami Gin.- le sorrisi io, porgendo la mano.
Lei arricciò il naso –non sei l’unica con il nome strambo. Piacere, Coralie, ma chiamami Coco, ti prego.-
 
 
***
 
 
-Non mi piace questo quartiere!- continuava a dire Coco da circa venti minuti –E’ brutto. E poi, guarda, più indietro ho visto persino un barbone!-
Il fatto che Coralie fosse iper protettiva non era solo un caso. Si era considerata la mia seconda mamma dal primo momento in cui mi aveva vista, perciò ogni cosa, se pur fantastica e calcolata nei minimi dettagli, non poteva non sfuggire alle critiche non proprio costruttive di Coco.
Scesi dalla macchina, davanti al palazzo dove dovevamo incontrarci con il mio nuovo coinquilino, lei non accennava a frenare la sua vena osservatrice.
-Guarda, lì sotto c’è una cartaccia! C’è gente proprio maleducata in questo quartiere!-
Greg e io ci guardammo, per poi alzare gli occhi al cielo e aprire le porte dell’ascensore.
Come se in giro per tutta Londra non ci fosse nemmeno una cartaccia.
-Anche l’ascensore, sembra uscito dal diciannovesimo secolo!-
Gregory ridacchiò e schiacciò il pulsante del secondo piano, permettendo all’ascensore di alzarsi con un rumore sordo. Scendemmo con la testa che pulsava da quello “strumento dell’inferno! Cadrà da un momento all’altro!” e ci dirigemmo verso l’unica porta di tutto il piano.
 
 
 
Non ho mai creduto ai colpi di fulmine. Nel senso, non avevo mai creduto alla classica “la prima impressione è quella che conta”. Non amavo classificare le persone a prima occhiata.
E infatti, anche in questo caso, quando ad aprirmi la porta fu un ragazzo con dei disordinati capelli ross..no aspetta. Quelli sono arancioni! Non è possibile!
Non avevo mai visto dei capelli arancioni. Anzi, sì, ma non valevano quelli dei punk per strada. A lui invece incorniciavano un viso tondo e un sorriso cordiale, ed era vestito con una felpa pesante grigia e un paio di pantaloni della tuta.
Se è la prima impressione quella che conta, quella che quel ragazzo mi aveva dato era quella di un tipo un po’ nerd, attaccato ai videogiochi, con pochi amici.
Mai prima impressione sarebbe stata più sbagliata.
 
-Ti sei fatto vedere presto, Greg!- sorrise lui dando la mano a Gregory che gli sorrideva di rimando.
-Te l’ho detto che eravamo in una situazione critica! Lei è Coralie, la mia fidanzata..- disse, presentando Coco che lo guardava in modo truce, cosa che non spaventò affatto il ragazzo
–Piacere, sono Ed.- le disse, porgendole la mano, che lei afferrò con un gesto stizzito e borbottando qualcosa che doveva suonare “Coralie, piacere”.
-Lei invece è Ginevra.- disse Greg, indicandomi.
-Gin.- lo corressi subito, avvicinandomi e porgendo la mano ad Edward.
Lui sorrise –Ed.- disse semplicemente.
Continuammo con il giro della casa.
-L’unica cosa che ti devo dire è che prima qui abitava un ragazzo che se n’è andato..le stanze da letto sono comunicanti, nel senso..- aprì una porta del corridoio –che tra il mio letto e il tuo c’è in pratica un separé, ma per il resto, tutta la camera è in comune. C’è qualche problema, per te?-
-Assolutamente n..-
-Sì che c’è un problema!- quasi urlò Coco, che, stranamente era stata zitta fino ad ora, senza risparmiarci però delle sue occhiatacce a tutto quello che c’era in casa.
Greg la tirò verso di lei –Coco, stai tranquilla, se a Gin va bene, va bene a tutti, giusto?- la guardò con fare eloquente.
Lei sbuffò per poi fare dietrofront verso la cucina, per ispezionare la presenza di droghe e qualsiasi arma nucleare di massa nel frigorifero, seguita a ruota da Greg che ormai era abituato alle sue uscite.
-Mi dispiace per Coco,- cercai di spiegare a Ed –fa un po’ da madre iperprotettiva con me, insiste sempre per accompagnarmi a vedere gli appartamenti dove vado a vivere per verificare che nessuno voglia uccidermi..però è un ragazza buonissima e gentilissima, non darà nessun fastidio..-
Ed rise –Tranquilla, ho capito il genere, mia sorella fa lo stesso con me.. quando sono venuto  a vivere qui ha controllato perfino il mobiletto del bagno del mio coinquilino..ah, a proposito di questo, quando saprà che arriverà una nuova coinquilina ti farà il terzo grado.-
Alzai le spalle –Nessun problema.-
Se potevo sopravvivere a Coco, potevo sopravvivere a tutto.
 
Gregory portò dalla macchina all’appartamento la mia roba, che consisteva in poco più di un borsone.
Edward evitò di dire qualsiasi cosa sulla quantità misera di indumenti/effetti personali che aveva appena trasportato Greg. Insomma, ricca non lo ero mai stata, questo era certo, ma il fatto di cambiare casa e lavoro continuamente non mi permetteva di guadagnare abbastanza per farmi un guardaroba da perfetta ragazza londinese ed abbandonare la faccia della ragazzina di periferia.
-Amore, dobbiamo andare..- cercò di dire Greg a Coco che continuava a ispezionare centimetro per centimetro la stanza. –Abbiamo un appuntamento, te lo ricordi?-
Lei sbuffò –D’accordo.- di si girò verso di me, con dito accusatore –Ma dopo ti chiamo!-
Misi le mani avanti –Non lo metto indubbio, figurati.-
Lei mi fissò, gli occhi ridotti a fessure –Sarà meglio.-
Terrorismo psicologico?
Ed represse una risata e accompagnò alla porta i miei due amici.
-Allora.- cominciò, sedendosi sulla poltrona davanti a me. –Dimmi cosa fai, chi sei, eccetera, perché solitamente non accetto serial killer in casa mia.-
Io sorrisi –Allora, non ti piacerà, te lo dico già. Al momento non ho un lavoro, ecco..-
Lui non sembrò stupito. –Ah, nemmeno io.-
-Come nemmeno tu? E allora come abbiamo intenzione di fare? Per pagare l’affitto, le spese..- chiesi, un attimo confusa.
-Tu non ti preoccupare di questo, poi ti spiego.- sorrise lui.
Ah, poi ti spiego. Rassicurante come Lord Voldemort che entra in camera mia con una pistola in mano “No, ma vai tranquilla, poi ti spiego.”
Deglutii –Allora, dicevo, mi chiamo Ginevra, ma chiamami Gin, il mio nome di battesimo è Genevieve, ma..-
Ed scoppiò in una fragorosa risata. –No, dai, Genevieve non è possibile! Non può essere un nome!-
Io lo guardai con l’istinto di ucciderlo. Ma chi si credeva di essere, lo conoscevo da circa un’ora e mezza e lui si permetteva di parlarmi in quel modo?
Gli tirai uno scappellotto sulla nuca.
-Ahi!- urlò lui, massaggiandosi la testa –L’avevo detto io che non  accettavo gente strana in casa mia!-
Io misi le mani sui fianchi, gonfiando le guance, come era la mia abituale posa da scocciata.
-Hai intenzione di ridere ancora per molto del mio nome o passiamo oltre? Non so, forse potrei cominciare a ridere dei tuoi capelli. Che prodotto usi per tingerli?-
Lui aprì la bocca, offeso, portando le mani sulla nuca –Non ti permettere di offendere i miei capelli! Sono tutti naturali!-
Sbuffai –Lo diceva anche Pamela Anderson sulle sue tette, sai..-
Lui si alzò, facendo il finto incazzato –Mi ferisci, Genevieve.-
-Mi cominci a stare abbastanza sulle cosiddette, Edward.-
Lui rise –“Le cosiddette”? Cos’è nel collegio dove ti hanno dato quel bel nome non ti facevano dire le parolacce, piccola principessa? Palle, maroni, coglioni..-
Lo guardai, gli occhi rivolti a fessure – Evito di dire parolacce, semplicemente. E comunque, sei simpatico come la sabbia in mezzo alle dita dei piedi. Ringrazia il fatto che non ho altro posto dove andare oppure ti avrei già..-
Lui ridacchiò –Dai, Gin. Vuoi un the?-
Ah ma credeva stessi scherzando?
-Guarda che non scherzo. Sono arrabbiata veramente!-
Lui rise, indicandomi –Sei davvero buffa, come ti metti quando ti arrabbi, intendo. Metti le mani sui fianchi e gonfi la faccia, poi ti sporgi in avanti. Sembri uno struzzo.-
Calmati, Gin, calmati.
Lui ridacchiò –Dai, scherzo, Gin!- mi si avvicino per darmi un buffetto sulla guancia –Sei buffa sul serio, che ci vuoi fare. Allora, lo vuoi questo the?-
Io mi sedetti sul divano, incrociando le braccia –Sì.- risposi, secca.
Lui se ne andò in cucina, ridendo –Genevieve..-
Oh, ma taci.
 
***
 
-Dobbiamo fare le presentazioni!- mi disse Edward, poco dopo che io avevo finito la mia tazza fumante.
Era simpatico, in fondo. In fondo. Forse. Ma neanche tanto.
Mi aveva chiesto di me e della mia vita a Londra, ma mi ero tenuta molto sul vago. Non avevo sicuramente intenzione di raccontare al primo che passava del mio passato.
Lui aveva detto di avere una sorella che stava a Londra, sposata e con un bambino, ma che i suoi genitori erano tornati in Irlanda dopo una vita passata in Inghilterra.
-Le presentazioni con chi, scusami?- chiesi, subito sulla difensiva.
Lui mi guidò, senza rispondermi, verso camera sua. Cioè nostra, insomma. Dalla sua parte di camera erano appoggiate al muro quattro chitarre.
-Ecco i miei ragazzi!- disse lui, quasi con le lacrime agli occhi.
Mi girai verso di lui –Ok. Sei pazzo. Condivido la stanza con un pazzo.-
Lui mi zittì –Ragazzi, lei è G..- lo fulminai, intuendo che stava per dire il nome che fino a poco prima aveva sbeffeggiato -…inevra, ma potete chiamarla Gin. Sapete, ha un altro nome, ma non riesco a dirlo senza smettere di ridere.-
-Oh, ma che simpatico.-
-Gin, loro sono  Felix , Cyril , Nigel e Lloyd.-
-Hai dato dei nomi alle tue chitarre?- chiesi, preoccupata.
Lui annuii, quasi con le lacrime agli occhi. Mi aspettavo quasi volesse lanciarsi ed abbracciarle tutte.
-E tutte le chitarre hanno un nome maschile.- chiesi di nuovo, quasi non ponendo domande, quasi parlando con me stessa.
-Esattamente.- rispose lui, come fosse la cosa più normale del mondo.
Mi rigirai di nuovo verso di lui –Che sei pazzo te l’ho già detto?-
Lui ridacchiò –Penso una decina di volte.-
-Ma perché hai quattro chitarre?- chiesi, curiosa –Insomma..che te ne fai?-
-Io sono un cantautore. Scrivo canzoni e suono..- mi spiegò, muovendo le mani facendo finta di scrivere e suonare, come fossi una menomata.
-So cos’è un cantautore, grazie. Ma come mai così tante, chiedo..-
Lui alzò le spalle –Ogni chitarra ha una sua storia. Ma non la racconto di certo a chiunque.- alzò un sopracciglio, con la sua solita faccia da schiaffi.
-Dio, ti conosco da due ore e già vorrei riempirti di schiaffi.-
Lui ridacchiò –Benvenuta in casa mia, piccola Gin.-
-Nostra, Edward. Nostra.-
-Chiamami Ed, piccola Gin. Quando diventerò famoso mi farò chiamare Ed Sheeran, vedrai. E tutti mi acclameranno.-
Ah, sì, certo. Come no, Ed SonoUnIdiota Sheeran. Già suonava bene.

 
 

 
Ciao a tutti <3
Volevo solo dire che ringrazio le due preferite del primo capitolo e le cinque seguite :) siete cuccioli cosììììììììììììììììììì!
Quello che mi preme dirvi è che i nomi dei personaggi non sono certamente a caso, sia chiaro. E questo ve lo spiego in quattro semplici mosse, olé!

GENEVIEVE: è, in pratica, la santa patrona di Parigi e si traduce con Genoveffa, in italiano. Genoveffa, si sa, è uno dei nomi più odiati, a causa delle sorellastre di Cenerentola e, comunque, non è poi così usato qui in Italia. Genevieve è un nome un po’ così, è certamente strano, ma è bello, in sé, e racchiude un significato più grande, in un personaggio come Gin.
GINEVRA, GIN: insomma, Ginevra. Città svizzera nel cantone francese, in francese appunto, Geneve.  Ginevra, la moglie di Artù, la regina traditrice,
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
Galeotto fu quel libro. Galeotta è qualsiasi passione irrefrenabile.

CORALIE: Coralie deriva, ovviamente da corallo, caratteristico per il suo colore rosso. Insomma, in una storia dove c’è Ed come può mancare il colore rosso? Coralie è, ugualmente, un nome francese, ma questo solamente perché il francese dimostra la fragilità delle persone. Non ha vocali dure, ma, le persone fragili come Genevieve e Coralie hanno dei nomi che ricordano una certa fragilità. Coco è il nome di una mia amica francese, con cui mi sento a distanza via facebook (sia benedetto facebook, ciao Coco :) )
GREGORY: questo è il nome di uno dei miei migliori amici, che ho cercato di utilizzare un po’ qui, ma che ho stravolto, per il suo carattere. Lui è un po’ diverso dal Greg di questa storia, solo per il fatto che lui, all’anima gemella, non ci crede. E non è poi così tanto razionale come lo è il Greg della mia fantasia. Ma è cucciolo ugualmente.
ED: mai nome fu più bello di questo. Amen.
 
 
Oddio, è un compito arduo quello di scrivere senza storia in chiave “seria!" e io non sono certamente bravissima, però ci vorrei provare.
Sono la minchiona number one, ma non preoccupatevi tornerò presto con un nuovo progetto di cavolate :) se siete ovviamente interessati!
Dovrete pazientare perché questa università mi uccide e riesco ad aggiornare poco alla volta :( 

Un bacione e grazie a tutti di cuore :)

 
Anna

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