Cielo e fumo: quello che non ti ho mai detto

di Blue Tokage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Just so you Know ***
Capitolo 2: *** If you only knew ***
Capitolo 3: *** A thousand years ***
Capitolo 4: *** A thousand miles ***
Capitolo 5: *** Come away to the water ***
Capitolo 6: *** Baptized by fire ***
Capitolo 7: *** The reason (is you) ***
Capitolo 8: *** Just give me a reason ***



Capitolo 1
*** Just so you Know ***


Avvertimenti: le frasi che riportano (*) sono frammenti di conversazione estrapolati dal testo originale del libro,ma trasposti in discorso diretto. Il testo delle cazoni da cui è stato preso il titolo non sempre ha a che fare con la storia.

Canzone: Just so you know di Jesse McCartney
Scenario: Peeta, mietitura 74° Hunger Games, intervista con Caesar.



Just so you know



Non te l’ho mai detto. Non lo avrei mai nemmeno fatto. Ma ormai è ora che tu lo sappia.

Haymitch è d’accordo. Non ha avuto da ridire nemmeno quando gli ho detto che saresti stata tu quella che sarebbe dovuta tornare. Nella sua voce c’è qualcosa che mi da la prova che lui mi capisce. Sa quel che provo … o forse lo sapeva, molto tempo fa.

Portia non ha sollevato obiezioni, lei lo sa come vanno certe cose. Sa che in meno di una settimana 23 di noi saranno morti ed è convinta che se abbiamo dei desideri, è il caso di farli avverare ora, prima che sia troppo tardi. Perché i morti degli Hunger Games non sono mai 23, ma 24.

Anche Cinna è d’accordo. Ho ritrovato nei suoi occhi qualcosa che pensavo di avere visto solo nei miei, allo specchio. Il suo silenzio è bastato a farmi capire che ce la posso fare.

A casa, nel dodici, hai una fidanzata?”(*)

Scuoto la testa. È una liberazione per me, potertelo dire. Mi dispiace solo che non sarà guardandoti negli occhi … ma questo lo renderà ancora più semplice. Dieci anni di silenzio non sono facili da vincere.

Un ragazzo bello come te! Ci deve essere una ragazza speciale. Coraggio, su, come si chiama?

"Beh una ragazza c'è. Ho una cotta per lei da che mi ricordo."

È ormai il momento. Temporeggio, ma Caesar vuole sapere chi sia la ragazza dagli occhi di fumo che mi ha occupato la mente per tutto questo tempo.

Non c’è problema, ti suggerisco io cosa puoi fare. vincere e tornare a casa. A quel punto, non potrà respingerti, ti pare?

Non c’è più tempo. Arrossisco violentemente, un misto di vergogna e frustrazione. Appena scenderò da qui mi butterai a terra e mi urlerai contro tutto il tuo disprezzo. Ma se il prezzo per salvarti è farmi odiare, sono pronto a pagarlo.

Non credo che funzionerà. Vincere … non servirebbe nel mio caso.

E perché mai?

Solo perché tu lo sappia: sei bellissima stasera. Lo sei sempre stata.

Perché … perché … lei è venuta qui insieme a me.

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Capitolo 2
*** If you only knew ***


Attenzione: Ho corretto il nome della canzone da cui ho preso il titolo per il primo capitolo: non è Just want you to know, ma Just so you know. Il capitolo seguente non è stato revisionato, per cui accetto ogni genere di critica costruttiva.

Canzone: If you only knew degli Shinedown
Scenario: Gale, 74° arena. Katniss ha ritrovato Peeta.


If you only knew
 
Avrei dovuto dirtelo. Ma non l’ho fatto. E me ne accorgo solo ora.

Sei qui per darmi il colpo di grazia, dolcezza?

Lo hai trovato. Mimetizzato in maniera perfetta tra il fango e le rocce. Ma lo hai trovato. Come io trovavo te, ogni volta. E ogni volta ti guardavo senza dirtelo.

Chiudi gli occhi un’altra volta.

Dovresti vedere la tua espressione: una bambina che ha appena visto un trucco di magia. Qualche volta te l’ho provocata io quell’espressione … quando tentavo di fartelo capire.
Se solo sapessi …

Credo che tutte quelle ore passate a decorare torte ti siano tornate utili.

Sì, la glassatura. L’ultima difesa del moribondo.

Tu non stai per morire.

È invece molto probabile che accada, data la ferita che ha lungo la gamba. Ma tu non lo sai, stavi scappando da quello del 2. Non sai che ti ha protetta. Ha fatto quello che avrei dovuto fare io. Avrei dovuto offrirmi volontario con te. Ecco un’altra cosa che avrei dovuto fare.

Siamo nella stesa squadra adesso, sai.

Stessa squadra … mi sembra che qualcuno mi stia stringendo il petto in una morsa. La stessa squadra … era la nostra squadra. Me e te. Tu ed io. Noi. E basta. Ma io non sono lì con te ora.

Ora ti porto al torrente e ti lavo, così posso vedere che tipo di ferite hai.

Ti chini un attimo e poi ti rialzi ridendo.

Grazie, lo terrò presente.

Non ridere così, non con lui. Non ridere così con nessun altro.

Provi a farlo rotolare in acqua. Ma non è possibile nelle sue condizioni.

Faccio fatica a cogliere le parole che dici. Mi arrivano ovattate.

Tieni d’occhio il bosco per me, va bene?

Dovrei andarmene di qui, lasciare perdere quello stupido schermo e correre nel bosco, il nostro bosco. Ma non posso. Se lo facessi mi renderei conto ancora di più di quanto io sia stato stupido. Ma, diciamocelo, sarebbe cambiato qualcosa?

Cerchi di capire cosa fare, lo pulisci, ti preoccupi, ridi di nuovo quando ti mima qualcosa con le labbra.

Mi allontano. No, non sarebbe cambiato nulla. Troppo orgogliosa, troppo testarda, troppo ferita, troppo ingenua.

Potremmo farlo, sai? Lasciare il Distretto. Scappare. Vivere nei boschi.

Anche se te lo avessi detto, non avresti cambiato idea. Ma almeno, adesso, non avrei questo peso che non mi lascia dormire. Stacco una mora da un cespuglio.
 “E possa la buona sorte …”

Siete gli sfortunati amanti del Distretto 12.


Non posso più fare nulla per questo. Non posso più nemmeno dirtelo:

Ti ho sempre amata, Katniss.

Mi scivola dalle dita il frutto della nostra amicizia.


“… essere sempre a vostro favore.”
 

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Capitolo 3
*** A thousand years ***


Nota dell'Autrice: Questa volta, come anche per If you only knew, il testo della canzone scelta rispecchia molto sia della storia che del personaggio Vi invito ad ascoltarla, perchè è davvero dolce. Buona lettura.

Canzone: A thousand years di Christina Perri
Scenario: Peeta, post Canto della rivolta.

A thousand years


Quanto tempo è passato? Ore? Giorni? Anni?

A me sembra un’eternità da quando ti guardavo passare davanti alla vetrina della panetteria, così apparentemente fredda, ma bruciante di fuoco, un fuoco che abbiamo imparato bene a conoscere.

Sì, è successo davvero un secolo fa …

Di mezzo ci sono state due mietiture, una rivolta, un depistaggio e tante, troppe morti … anche se alla fine abbiamo vinto.

Abbiamo davvero vinto?

Tutte le cicatrici che abbiamo sul corpo non sono forse i testimoni indelebili della nostra sconfitta, di quegli strappi dentro la nostra anima, strappi profondi che non so se si richiuderanno mai … forse sarebbe stato meglio non vedere tutto quello che abbiamo visto, forse sarebbe stato meglio non uscire affatto dall’arena …

Lo vedi? Faccio ancora fatica a controllare la mia mente, anche se ormai sono anni che non mi dice più di ucciderti. Mi chiede solo di far sparire me stesso. Di far sparire questo dolore che brucia nel petto, quel lacerarsi continuo che inizia ogni volta che mi volto indietro. Mi chiede solo di dimenticare.

Ma come posso dimenticare se ogni cosa, qui o nel più sperduto dei distretti, mi ricorda di casa? Casa che sa di pane, come mio padre, casa che sa di macerie, casa che sa di amore e calore …

Lo senti anche tu quel dolore, vero? Quel desiderio di cancellare il passato con la consapevolezza che staresti meglio e la certezza che non lo farai. Il dolore di non volere dire addio a chi se ne è andato e benvenuto a chi è rimasto.

Ma non ti preoccupare, ne uscirai, ne usciremo tutti. Ci vorrà tempo, tanto tempo, ma ce la faremo.
Ci proveremo.

Haymitch, le sue oche e la sua bottiglia,

Sae e la sua nipotina,

tua madre ed i suoi pazienti,

Johanna e la sua forza,

Annie ed il suo bambino,

Gale ed il suo coraggio,

io, una tavolozza sporca, del pane ed il mio amore.

Tu e i tuoi fantasmi.

Non ci è rimasto molto, vero? Ma questo basterà, ci è sempre bastato. E anche il dolore passerà.

Io sarò qui, vicino se mi vorrai con te, lontano se deciderai di odiarmi. Perché lo sai

ti ho sempre amata

e ti amerò ancora

dovessero passare altri cent’anni.

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Capitolo 4
*** A thousand miles ***


Nota dell'autrice: Eccoci di nuovo. Questo capitolo è stato un parto, perchè non avevo la minima idea di come trattare questa faccenda. La canone non aiutava molto.Non l'ho riletto e l'ho pure scritto di getto quindi se è assurdo, incoerente o sgrammaticato ditemelo, per favore! Detto questo, buona lettura.

Canzone: A thousand miles di Vanessa Carlton
Scenario: Gale, post
Canto della rivolta

A thousand miles

Ci sono tante cose che ci allontanano ormai. Troppe per poterle elencare. Ci sono i ricordi, che fanno male, c’è quello stupido bacio, ci sono dei giochi famelici, c’è un altro amore, il vero amore, c’è tua sorella …

La colpa è stata mia, lo so, avrei dovuto fare qualcosa prima. Qualcosa per tutto. Avrei dovuto seguirti, non lasciarti sola. Avrei dovuto tenere tua sorella lontana. Avrei dovuto tenere lontana te, fin troppo simile a quel fuoco che portavo dentro, che ormai si è spento, perché ha perso di che ardere. Ma soprattutto, forse, magari, avrei dovuto perdere la via del ritorno, salvare chi rimaneva nel 12 e poi sparire tra le fiamme. Ne avrei risparmiate molte altre.

La strada del ritorno … quella che anche questa notte, invece di lasciarmi sprofondare nell’oblio, mi spinge indietro attraverso i ricordi, quei bellissimi e terribili momenti in cui riuscivo ad essere felice nella disperazione, quei pomeriggi in cui ti ho sempre considerata mia, senza pensare che avrei potuto perderti.

Sono tutte cose perdute quelle che ci separano. Erano i mattoni che costruivano la nostra vita. Quando ti ho chiesto di cambiare le cose, quel giorno, speravo che lo avremmo fatto insieme, non che ci saremmo separati. È terribilmente ingiusto.

Dovere dire addio a chi hai amato per anni e non riuscire a gioire della sua felicità. Perché lo so, con lui hai finalmente trovato la pace, quella serenità che insieme, io e te, non avremmo mai potuto trovare. Eppure non riesco a smettere di pensare che se potessi verrei da te, anche ora. Lo vedi, anche in questo lui è migliore di me. Lui è sempre stato migliore di tutti noi ed è per questo che non riesco ad odiarlo.

Sapevo che cosa lui provasse per te, eppure non lo temevo: pensavo che lui fosse talmente migliore anche di te, che mi ero convinto non ci sarebbe stato alcun pericolo.

E invece ora sei con lui, tra le sue braccia, felice. Eppure io non esiterei un attimo a superare queste migliaia di miglia che ci separano e raggiungerti, strapparti alla tua felicità per vederti, per stringerti di nuovo, anche solo per un’ultima volta.

Perché sono così, sono sbagliato, sono a pezzi, sono distruttivo. Sono uguale a te.  Solo che tu l’acqua che ti acquieta l’hai trovata, io ancora aspetto che le scintille che covano sotto queste ceneri rimaste nel mio petto possano trovare chi sappia accenderle.

E l’unica persona che sapeva farlo eri tu.
Per questo non esiterei un attimo a superare queste migliaia di miglia
.

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Capitolo 5
*** Come away to the water ***


Nota dell'autrice: Premetto che il testo della canzone non l'ho letto, quindi non sono sicura che centri, anche se qualche frase, magari ... come penso avrete capito, la scelta del tema si completerà con il capitolo dedicato a Gale. Detto questo, una domanda: quando la Collins scrive "A quel punto capisco. C'è una sola, buona ragione per cui Haymitch potrebbe rifiutarmi l'acqua. Perché sa che l'ho quasi trovata.” non è che implicitamente pensava anche a Peeta? No eh? Niente, deformazione scolastica. Sproloqui a parte, accetto recensioni costruttive, di cui c'è sempre bisogno. Buona lettura.

Canzone: Come away to the water dei Maroon 5 ft. Rozzi Crane (Hunger Games OST)
Scenario: Peeta, post depistaggio (momento imprecisato)


Come away to the water


Ho sempre saputo di essere acqua. Acqua che spegneva il fuoco della tua rabbia, acqua che sapeva cullarti, acqua che ti abbracciava e curava le bruciature delle tue fiamme. Acqua tranquilla.

Ora sono acqua profonda. Acqua buia, acqua in tempesta, acqua che ti travolge tra i suoi flutti e ti inghiotte fino a farti sparire. Acqua pericolosa.

Onde di tormenta si infrangono sugli scogli che sono comparsi, dove prima il litorale era basso e sabbioso. Alte mura rocciose ti impediscono di avvicinarti. Il solo modo che puoi trovare è uno: buttarti. Ma significa la fine.

Stai lontana, Katniss, stai lontana, perche il tuo nome era il suono dolce delle onde di bonaccia, ora è l’urlo straziante di cavalloni tempestosi, l’ululato di venti falsi e inumani che agitano un mare scosso e fiaccato.

È un mare che ha già provato la burrasca e ormai la sa riconoscere. Ma se prima la sapeva domare, adesso è troppo forte per lui. Può solo fare in tempo a mandarti un segnale, un’onda più lunga, disperata, dolce, delle altre, per avvertirti di questo: la tempesta sta tornando Katniss.

Allontanati dall’acqua.

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Capitolo 6
*** Baptized by fire ***


Nota: Anche questa volta la canzone centra marginalmente (a parte qualche verso che invece è decisamente azzeccato). Buona lettura

Canzone: Baptized by fire di Spinnerette
Scenario: Gale, post Canto della rivolta


Baptized by fire


Mi sembra di sentirle.
 
Esplosioni.
 
Nel silenzio della notte bombe argentate scoppiano assordanti. Sono dentro di me. Le sento esplodere dentro le ossa, lo scheletro sembra volersi sbriciolare. Ma non lo fa, la tortura non finisce mai, continua e squarciarmi e ricucirmi, strapparmi e rimettermi insieme. L’inferno non è un posto dove si finisce, ti si crea dentro, una voragine che rimbomba delle grida di mille altre anime strappate ai loro corpi.
 
Quell’odore di bruciato mi riempie le narici, tutto è a fuoco! Serve acqua, acqua! Bisogna spegnere l’incendio! Per carità, qualcuno li salvi, non posso resistere ancora: una sola anima non è abbastanza per contenere tutte quelle di chi è caduto. Cristo, qualcuno porti dell’acqua, brucia! Mi scoppia la testa! Non riesco a respirare. Grido.
 
Apro gli occhi, sudato. Era l’incubo di sempre.
 
Ma non mi basta svegliarmi. Le sento vibrare sotto la pelle, percorrermi tutto il corpo senza abbandonarmi.
 
Tu hai Peeta, vero? Lui ti stringe fino a far sparire quell’orribile sensazione.
 
Io non ho nessuno.
 
Nessuno che, abbracciandomi, mi ricordi che è non è colpa mia. Che non è colpa mia se mi sono avvicinato troppo alle fiamme,che  non è colpa mia se il fuoco brucia, che non è colpa mia se, una volta ricevuto il battesimo del fuoco, è impossibile non venire divorati dalla sua fame insaziabile di carne da bruciare.
 
Nessuno si potrà più avvicinare, perché rimarrebbe coinvolto. Rimarrò solo, per proteggere chi è rimasto e chi verrà.  Resterò lontano da tutti voi, così il fuoco che mi uccide non potrà togliervi null’altro.
 
Inizio a piangere, perché non c’è altro che io possa fare. 

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Capitolo 7
*** The reason (is you) ***


Note: anche questa volta il capitolo non è stato riveduto e corretto. perdonate le eventuali sviste!
Ringrazio chi segue questa raccolta, siete gentilissime/i! Buona lettura.

Canzone: The reason degli Hoobstank
Scenario: Peeta, post depistaggio (momento imprecisato durante il periodo di reclusione di Katniss per l'omicidio della Coin)



The reason (is you)




Le immagini che mi fanno vedere, che dovrei conoscere … non mi sono mai sembrate così irreali, nemmeno durante il “soggiorno” forzato a Capitol City. La mente si riempie di dubbi, la paura tenta di risalire, le mie mani devono stringere qualcosa per non impazzire. Perché? Cos’è successo? Sono sopravvissuto a due arene, ma non ho mai perso la testa. Come è potuto accadere che loro siano riusciti a spezzarmi?
 


 
Katniss canta, la sua voce ferma il tempo, ferma il mio cuore.
 
Katniss mi osserva, gli occhi luminosi e dolci.
 
Katniss mi stringe la mano, sono felice.
 
Katniss è stretta tra le mie braccia, il suo profumo mi ricorda che non sono solo.
 
Katniss mi bacia. Le sue labbra sono la cosa più dolce che conosco. Più dolce delle torte di papà, più dolce del miele, più dolce dello zucchero a velo che imbianca il mio grembiule.
 
Katniss sorride, senza rendermene conto sorrido anche io.
 


 
Ora ricordo. Ora capisco. L’unica cosa che mi hanno tolto, era quella la ragione per cui andavo avanti. Mi bastava il tuo nome per placare gli spettri che infestavano le mie notti, mi bastava svegliarmi e sapere che eri lì. È bastato strapparti dalla mia mente, per farmi crollare.
Era quella la mia ragione per continuare a sperare:
sei tu.

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Capitolo 8
*** Just give me a reason ***


Note: Spero che questo capitolo funzioni, Gale comincia a diventare problematico. Le canzoni usate (già le canzoni) non centrano relativamente niente ... Buona lettura!

Canzoni: A reason to believe di Sum 41 e Just give me a reason di P!nk ft. Nate Ruess
Scenario: Gale, post Canto della rivolta

Just give me a reason


Era tutto quello di cui avevo bisogno: una ragione.
 
Vivere in un mondo che ci aveva tolto tutto , vedere le persone che amavo soffrire e non potere fare nulla, crearsi delle speranze che venivano immancabilmente distrutte.
 
Tutto questo corrode, è una lenta malattia che si insinua sotto il leggero velo della pelle e diventa parte di te senza nemmeno che tu possa accorgertene. Finisci così per avere costantemente bisogno di qualcosa a cui aggrapparti, qualcosa che può apparire stabile in mezzo ad un oceano in tempesta.
 
La sicurezza della mano di un padre che stringe quella del figlio.
 
La sicurezza di volere bene a qualcuno.
 
La sicurezza di voler fare il possibile perché quella persona non soffra.
 
La sicurezza di essere importante per lei.
 
La sicurezza di sapere qual è il male.
 
È il primo passo: la perdita. Ti viene tolto qualcosa che ami più della tua stessa vita, qualcosa che lascia al suo posto tanto dolore, ma anche tanto amore. Solo che all’inizio non lo vedi, perché ciò che ti circonda è come nebbia, avvolge tutto e fa scomparire ciò che non vuole tu veda, lasciando scoperta solo la ferita sanguinante e non ciò che la potrebbe guarire. È così che inizia l’infezione, con il secondo passo:
 la sostituzione.
 
La sicurezza di una trappola mortale.
 
La sicurezza che quel qualcuno sia l’unica cosa bella che ti è rimasta.
 
La sicurezza di sapere che quel qualcuno ha bisogno solo di te.
 
La sicurezza che tutto ciò che lei vuole sei tu.
 
La sicurezza che quelli che ti hanno tolto tutto la pagheranno.
 
Piano piano questo diventa parte di te ed inizi a vivere nel rancore, covando nere vipere che soffocano quel che di buono ti è rimasto. Ti spingono sempre più sull’orlo del precipizio senza che tu te ne accorga, perché quella nebbia lo cela, facendoti credere che nulla può andare peggio.
E avanzi, avanzi, ti prepari a commettere qualcosa di cui non ti rendi conto fino a che non è troppo tardi.
 
Allora cadi nel baratro. Ed arriva la consapevolezza.
 
La consapevolezza che le tue mani sono sporche di sangue che non avresti mai voluto versare.
 
La consapevolezza che davvero ora hai perso tutto.
 
La consapevolezza che ti eri sempre illuso.
 
La consapevolezza che qualcuno che ti vuole bene è rimasto e quella ancora più amara di non meritarti quell’amore.
 
La consapevolezza che quello che hai fatto non se ne andrà.
 
Alla fine rimani solo tu e il vuoto, quel vuoto che all’inizio credevi di avere riempito, ma che si era solo allargato di più, preparandosi ad ospitare le vittime della tua cecità.
Alla fine rimani solo, aggrappato a quella richiesta a cui per tutta la vita hai cercato risposta:
 
una ragione per andare avanti.


 

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