I am a pirate, you are a princess.

di Yoan Seiyryu
(/viewuser.php?uid=199900)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un dolce risveglio ***
Capitolo 2: *** Il principe dei sogni ***
Capitolo 3: *** Incubi ***
Capitolo 4: *** Il coraggio di vivere ***
Capitolo 5: *** Il cerchio di pietre ***
Capitolo 6: *** Eroi ***
Capitolo 7: *** Anche i pirati sanno amare ***
Capitolo 8: *** La spada ***
Capitolo 9: *** Confessioni ***
Capitolo 10: *** Vendetta ***
Capitolo 11: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 12: *** La spada nella roccia ***
Capitolo 13: *** Il nuovo re ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Un dolce risveglio ***



 

Fanfiction dedicata a RunaMagus e a Giulia R.


I am a pirate, you are a princess.



 

I am a pirate, you are a princess 
We could sail the seven seas 
Bring back some presents 
For all the people 
Everyone will love us, courtney will love us.

 

~ * ~ *  ~


 

I. Un dolce risveglio





 
 
So chi sei, vicino al mio cuor ogni or sei tu.

Quante volte aveva sognato il suo viso, quante volte aveva sperato di fuggire dalla profezia. Tutti gli anni della sua giovinezza, consumati attraverso un futuro al quale non sarebbe potuta scampare. In quei sogni si rifugiava ogni notte per cogliere la speranza di una vita migliore, una vita da trascorrere accanto all’uomo delle favole. Un Principe, come le fate lo chiamavano.
Presto sarebbe arrivato a salvarla, trascinandola via dalla maledizione che le era stata posta sul capo proprio nel giorno del suo primo compleanno. Educata come una Principessa, educata come una giovane contadina.
Aveva vissuto due vite, in uno spartiacque difficile da affrontare. Tre giorni a Palazzo, tre giorni nella piccola casa del bosco, un giorno di libera scelta ogni settimana.
Era tutto ed era niente.




Affrontare il bosco di rovi era un’impresa impossibile, almeno così gli era stato indicato. Con la sciabola sfoderata e l’uncino dritto davanti a sé, cercava di aprirsi la strada tranciando i rami spinosi e colmi di pericolo.
Il sentiero inerpicato iniziava a graffiargli i fianchi, le braccia, le gambe, persino il viso. Fu costretto ad arrestare il lento passo, sfiorandosi la guancia con il dorso della mano che fu inumidita dal sangue che era appena fuoriuscito da una lieve ferita.
Avrebbe avuto bisogno dei suoi compagni, perché lo aiutassero a districarsi in quel luogo così angusto: soltanto una strega poteva arrivare a concepire uno spazio simile.
Ne aveva conosciute di molte, ma questa di cui era alla ricerca, aveva le sue particolarità: nascondeva un tesoro inestimabile.
Condurli in quel sentiero sarebbe stata una follia, doveva andare da solo e cavarsela come sempre aveva fatto, senza l’aiuto di nessuno.




So chi sei, di tutti i miei sogni, il dolce oggetto sei tu.

Infine il Principe dei suoi sogni era giunto, proprio pochi giorni prima del suo diciottesimo compleanno [1].
Si aggirava nel bosco con il suo cavallo bianco, mentre lei passeggiava accanto al fiume, cercando di dimenticare che il tempo della profezia stava ormai volgendo al termine. Solo il bacio del vero amore l’avrebbe potuta salvare, null’altro.
I suoi genitori l’avevano rassicurata, nulla le sarebbe accaduto in proposito, poiché avevano fatto bruciare tutti gli arcolai del regno.
Ma lei, in cuor suo, sapeva di non potersi tirare indietro. Se non avesse sfiorato con il dito il fuso dell’arcolaio, Malefica avrebbe raso al suolo il regno.
La sua vita non poteva valere quella di migliaia di persone, non poteva permettere che accadesse.



 
“Dannati rovi”
li maledisse mentre continuava a reciderli con la lama affilata della sciabola, nella speranza di crearsi un vuoto in cui poter passare.
Per quale motivo Malefica aveva costruito un bosco simile? Quale altro tesoro strava proteggendo così premurosamente?
Era a conoscenza, dai racconti che Spugna propinava ai membri più giovani dell’equipaggio, della maledizione che era caduta sul regno chiuso all’interno del bosco di rovi.
Tutti gli abitanti furono trasformati in statue di marmo, rilegati in una vita eterna da cui non sarebbero potuti più fuggire.
Il Capitano Hook si domandava quale fosse stato il motivo che aveva condotto Malefica ad agire così ostile verso i regnanti e tutto il loro popolo.
Un intero regno era stato sterminato, ma qual era il reale motivo che aveva condotto la Strega ad agire in quel modo?.





Anche se nei sogni, e' tutta illusione e nulla più.

Non aveva creduto all’amore di Filippo, così naturale e sobrio da sembrare un sogno. Poteva fidarsi di colui che affermava con tutto se stesso di volerla liberare dalla profezia?
Eppure si erano incontrati quasi per caso, ai margini del fiume, scambiandosi sguardi curiosi e colti da quell’impreparazione ad un nuovo sentimento che non avevano mai provato.
Si scambiarono amore eterno, promettendosi che si sarebbero ritrovati sempre [2], anche se la profezia li avrebbe divisi.
Filippo aveva tentato in ogni modo di condurla via da quel regno, per poterla sposare e farne la sua regina. Ma lei non poteva venire meno ai suoi doveri, avrebbero dovuto aspettare per coronare il loro amore.

 
 


Altri colpi di lama falciarono i rovi, con l’uncino continuava ad aprirsi la strada per cercare di uscirne.
Una volta incontrata Malefica, lui le avrebbe restituito tutto quel fastidio che aveva avuto nell’attraversare il bosco.
Ma il cielo iniziava a farsi vedere, l’azzurro privo di nuvole si intensificava tra i rami spinosi e bruniti, dandogli la certezza di poter arrivare alla fine.
Ne aveva attraversati di labirinti, ben più pericolosi di quello, ma nessuno era stato così pungente ed interminabile, poiché uguale a se stesso.
La caratteristica peculiare del Capitano Hook era quella di sopravvivere sempre, in ogni occasione. Questo molto spesso lo rendeva più forte ed audace.




 
Il mio cuore sa che nella realtà, a me tu verrai  e che mi amerai, ancor di più.

Il giorno della profezia era giunto. La Principessa si punse l’indice della mano con il fuso dell’arcolaio e cadde in un sonno eterno, salvando il suo regno.
Il re e la regina costruirono un sepolcro in marmo costellato di rose rampicanti che si avvinghiavano intorno alle colonne del piccolo tempietto che vi sorgeva al di sopra.
Lì fu posta la bella addormentata, come fu chiamata,  in attesa del bacio del vero amore.
Malefica, che era venuta a conoscenza del sentimento che legava i due giovani, fece ricadere la furia degli Orchi sul  regno di Filippo, costringendolo ad una lunga battaglia. Poi, lo trasformò in una belva famelica e sanguinaria.


 


Un falco dalle ali di argento [3] sorvolò l’ultimo tratto del bosco di rovi, tanto da consentire ad Hook di scegliere la direzione esatta.
Così facendo riuscì a sventrare l’ultima parte dei nodi inerpicati e ad uscire da quella trappola infernale.
Avvertiva le lacerazioni sparse su tutto il corpo, bruciavano e il sangue scivolava appena dalle ferite più incise in profondità.
Quando il cielo divenne un quadro da poter apprendere con gli occhi, ringraziò la guida che l’aveva condotto fin lì.
Lo vide mentre volava poco sopra la sua testa, ma non abbastanza da poterlo richiamare a sé. Sembrava che volesse indicargli la strada da prendere, che bisogno c’era se ormai aveva superato il pericolo?
In ogni caso, non si rifiuta mai nessun tipo di segno, un Pirata lo sa bene.
Rinchiuse la sciabola nella guaina, si sistemò il colletto della camicia ed iniziò a seguire il volo del falco che lo attendeva ad ogni passo.
Davanti a sé si profilava sempre di più un sentiero libero, costeggiato da bassi cespugli ritagliati geometricamente, che conducevano fino ad una piccola altura che sovrastava di poco il livello del terreno.
Si ergeva un tempietto quadrangolare che ricordava un letto a baldacchino, alle cui colonne sormontavano grovigli di rose incatenate tra loro.
Poco al di sotto poté incontrare un sepolcro di marmo disteso su un manto bianco che faceva da piattaforma.
Non riusciva a comprendere il motivo per cui il falco insistette tanto nel condurlo da quella parte, ma se ne convinse non appena cercò di uscire dal sentiero e il rapace gli corse dietro in volo, sussurrandogli con un battito d’ali che aveva errato direzione.
Hook mugugnò qualche parola di lieve fastidio, non poteva perdere tempo e già ne aveva usato abbondantemente all’interno del bosco di rovi.

“Che cosa vuoi che faccia?” alzò gli occhi verso il falco, per un attimo gli balenò in mente l’idea che potesse trattarsi di una spia di Malefica. In tal caso, sarebbe stato condotto da lei ed era ciò che desiderava.

Così si decise a seguirlo ancora, perlustrando il sentiero che gli stava indicando. Continuava ad avvicinarsi al piccolo tempio, prolungando i passi che iniziarono a diventare più frenetici e curiosi.
Non appena si soffermò a poca distanza dagli scalini che conducevano all’altare, si rese conto che proprio lì riversava la figura di una giovane donna, rivestita di un lungo abito chiaro che sembrava dormire.
Il falco produsse un suono acuto, ciò fece comprendere ad Hook che si sarebbe dovuto avvicinare a lei.
Salì lentamente i due scalini che lo dividevano da lei, con gli occhi osservava tutto l’insieme di quello che gli veniva posto innanzi.
Aveva le mani congiunte che stringevano un mazzo di fiori freschi, l’espressione del viso riluceva come se fosse ancora viva.
Dunque la sua impressione non era stata errata, la fanciulla era addormentata.
Perché mai si trovava in quelle condizioni, chi le aveva procurato tutto questo?
Forse il tesoro che Malefica voleva nascondere agli occhi umani era proprio la bella fanciulla.
Quasi senza rendersene conto si ritrovò accanto a lei, con la mano appoggiata sulle sue, per sfiorare quella pelle candida e morbida.
Avvertì l’improvvisa freddezza della morte che lo fece scostare  immediatamente.
Dunque di che razza di gioco si trattava?
Incantevole e perfetta, disegnata come fosse stata una statua, ma fredda come chi ha perso l’anima.
Corrugò la fronte, facendo risalire di nuovo la mano sui dorsi delle sue mani, per poi percorrerne il braccio con delicatezza ed arrivare fino all’incavo del collo.
Bella, bella da far impazzire. Non aveva incontrato una donna di tale fascino da tempo immemore, forse da quando morì Milah.
In realtà, guardandola meglio, i suoi lineamenti non sembravano perfetti. Piuttosto il fascino del sonno le garantiva molto più di quanto non avesse, ne era certo.
Ne aveva viste di belle donne, ma tutte avevano la grave pecca di essere sveglie e di parlare troppo.
Invece lei era rinchiusa in un silenzio mortale, con l’espressione del viso in attesa di qualcosa. Ma cosa? Ricercava un soffio vitale? Sembrava che quelle labbra non desiderassero altro.
E allora non poteva venire meno a quel desiderio che lei gli imprimeva, non poteva rifiutarsi di fare ciò che sarebbe accaduto da un momento all’altro.
Così chino il capo su di lei, cercando quelle labbra gelide da poter sfiorare. Lo fece, senza alcun rimorso.
Le confuse con le sue, appropriandosi di un bacio che non gli spettava.
In quel momento il grido del falco gli giunse alle orecchie, facendolo distaccare da quella morsa così dolce, mentre un improvviso lampo viola immerse la figura della fanciulla.
In un istante che durò quasi una vita le palpebre di lei si sollevarono, risvegliata dal suo sonno eterno.
Gli occhi profondi e azzurri andarono alla ricerca del suo salvatore, che stava aspettando da tempo infinito, per la poca percezione che aveva avuto del tempo.
Non appena i loro sguardi si incontrarono, Hook si affannò a compiere un passo indietro, mentre la bella addormentata sollevava la schiena, puntellandosi con le mani sul marmo per assumere una posizione eretta.

“Voi non siete Filippo” lo accusò, come prima cosa, mostrando un’espressione intimorita e al tempo stesso diffidente.

“Questo mi sembra a dir poco chiaro, dolcezza” rispose lui, incrociando le braccia al petto.

Dunque non era realmente morta, doveva esser stata affetta da una maledizione del sonno eterno. Ne conosceva di storie a riguardo.

“Dov’è lui?” domandò con insistenza prima di discendere dal sepolcro, stringendo tra le mani il mazzo di fiori.

Lui rimase interdetto, guardandosi intorno per un attimo, come se la risposta fosse abbastanza ovvia.
“Non qui, come potete constare anche voi. Non si è presentato all’appuntamento?”
Sorrise sghembo, come amava sempre fare.

Lei non sembrò particolarmente apprezzare quella vena di sarcasmo,  era preoccupata  e l’incurvatura delle sopracciglia rispondeva esattamente al suo stato d’animo.
“Dunque come è stato possibile il mio risveglio? Soltanto con il bacio del vero amore si può spezzare la maledizione!”

Hook, a dir poco disinteressato, si strinse nelle spalle e scosse il capo.
“Giuro che non sono mai stato innamorato di voi, è la prima volta che vi vedo in vita mia”.

Aurora schiuse le labbra con estremo stupore, appoggiò il mazzo di fiori dietro di lei e congiunse le mani con eleganza.
“Voi mi avete baciata?” suonava quasi un rimprovero.

“Siete davvero perspicace” inarcò le sopracciglia, iniziava ad annoiarsi “e dopo che ci siamo scambiati il bacio vi siete risvegliata. Ma vi confesso, vi preferivo in silenzio” le fece l’occhiolino.

“Non vi credo!” avanzò verso di lui con il mento alto e i pugni delle mani stretti con forza appoggiati alla vita  “e’ impossibile che sia accaduto. La profezia era stata chiara: solo il bacio del vero amore può spezzare la maledizione. Doveva essere Filippo a svegliarmi dal sonno eterno” precisò con un certo rimorso che si percepiva nel tono della voce.

Hook rimase immobile, senza scostarsi mentre lei veniva avanti con aria fiera e combattiva.
“Sinceramente, inizio ad immaginare il motivo per cui questo fantomatico Filippo non si sia presentato all’appuntamento. Non stento a credere che sia fuggito di proposito” sghignazzò con una risata leggermente ironica, che si bloccò immediatamente quando lo sguardo di lei si fece più indurito.

Aurora strinse le labbra e vi portò le mani per mascherare la sua preoccupazione.
“Tutto ciò è inspiegabile. Non è così che funziona” quella ripetizione d’argomentazione stava infastidendo Hook più di ogni altra cosa.

“Inspiegabile? Dubito che  lo sia. Ci siamo scambiati un innocente bacio, vi siete svegliata, tanto basta. Non esiste il potere del bacio del vero amore, lo so, l’ho sperimentato su me stesso molto tempo fa. Se esistesse della magia racchiusa nell’amore, non soffrirebbe più nessuno” rispose leggermente alterato da quella strana ed irreale conversazione venuta fuori da una sciocchezza compiuta per istinto.

“Ciò che dite è molto triste, ma…” iniziò a guardarsi intorno, come se non riuscisse più a raccapezzarsi sulla situazione, né sul luogo in cui si trovava “se non fosse stato per voi, sarei ancora rinchiusa nel sonno eterno. Deve esserci un motivo per quello che è accaduto”.

“Un motivo per cui non ho interesse. E’ stato un piacere, bella addormentata, ho cose più interessanti da portare a termine” le rivolse un inchino appena accennato, prima di voltarle le spalle e discendere gli scalini del piccolo tempio.

“Un momento!” gridò lei con voce acuta, il falco che poco prima sorvolava quel lembo di cielo sembrava esser sparito ed Hook non riusciva a vederlo da nessuna parte, dunque aveva perso la sua guida.
“Devo sapere chi siete e da dove venite. Siete un Principe, non è così?” lo raggiunse ponendosi al suo fianco.
Prima di dargli il tempo di rispondere, aggiunse: “Anche se, a dire il vero, sareste un Principe assai strano. Vestito in quel modo, avete affrontato dure prove per arrivare fin qui?” domandò in aggiunta delle ferite che aveva notato sulla mano e il graffio sul viso.

Hook scoppiò a ridere, di una risata colma quasi di rancore. Si voltò verso di lei arrestandosi solo per un istante.
“Ah, certamente. Il Principe dei sogni che risveglia le fanciulle cadute in un inganno dei cattivi. Mi dispiace deludervi, ma non sono nulla di tutto questo. Io faccio parte dei cattivi, sono un Pirata”.
Le mostrò l’uncino sollevando il braccio, per farle comprendere che non vi era nulla di favoloso in lui, nulla che potesse interessarla almeno.

Aurora sembrò particolarmente stupita, batté le sopracciglia più e più volte, senza trarre alcuna conclusione. Osservò l’uncino con  curiosità, ma le sembrava piuttosto sciocco porre una domanda che lui doveva essersi sentito ripetere una miriade di volte.
“Non ho mai conosciuto un Pirata” corrugò la fronte, indispettita e stanca, come se non avesse riposato abbastanza.

“C’è sempre una prima volta” disse mentre riprese a camminare, prendendo il sentiero in salita che si allontanava dal luogo ameno e che conduceva in una zona molto più alta da cui si intravedevano i torrioni di un castello.

“Qual è il vostro nome?” si sistemò accanto a lui, camminandogli al fianco, in fondo dovevano prendere la medesima strada.
Lei doveva far ritorno a palazzo, rincontrare i suoi genitori, essere accolta dal popolo e amata come avrebbe meritato. Non le balenò per la mente nemmeno l’ipotesi che qualcosa non quadrasse, per quale ragione un Pirata si aggirava con tanta naturalezza nel suo regno?

“Killian Jones, non ci tengo a sapere il vostro, tra poco ci divideremo e ci dimenticheremo l’uno dell’altra” aggiunse nella speranza che mostrandosi indisponente lei si decidesse ad allontanarsi e lasciarlo lavorare.

Presero il sentiero in salita, percorrendo a grandi passi la terra battuta a cui lati sorgevano altri cespugli geometrici che sembravano esser rimasti intatti così per anni.

“Il mio nome è Aurora” aggiunse lei, senza prendere minimamente in considerazione il suo disinteresse “inoltre temo che non sia possibile dividerci, almeno non fin quando avrò svelato il mistero che ci ha legato”.

Hook alzò di nuovo gli occhi al cielo, voltandosi verso di lei e puntandole l’uncino contro. Quella ragazzina stava creando problemi e non gli piaceva vedere il modo in cui non rispettava il suo volere. Perché si era fermato? Perché l’aveva baciata? Dannazione ai suoi istinti inspiegabili.

“Non c’è alcun mistero da svelare, è stato risolto chiaramente sin dall’inizio, vorrei che mi lasciate in pace ora. Andate a cercare il vostro amato Principe, sono certo che avrete tante cose da dirvi” riabbassò l’uncino, ricominciando a camminare.

Doveva affrontare Malefica,  non poteva trascinarsi dietro una ragazzina che avrebbe potuto distrarlo. Inoltre quel suo continuo parlare, ribattere e commentare lo facevano innervosire.
Sopraggiunsero all’entrata del castello, esso sovrastava le abitazioni popolari che sorgevano poco al di sotto, al di là della collina.
Tutto era quieto, non vi erano rumori, né scalpitii di cavalli, né qualcosa che potesse far pensare che fosse un luogo vissuto.

“I miei genitori vi ricompenseranno per quello che avete fatto, risvegliarmi come vedete potrà portarvi dei giovamenti. Sono la figlia del re e della regina” disse con una certa soddisfazione “potrebbero chiudere un occhio sul fatto che siete un Pirata”.

Hook si morse appena le labbra: dunque lei non ne era a conoscenza?
Non era proprio la sua giornata fortunata, quella. Sospirò, prima di appoggiarsi alla grande porta di legno che era rimasta appena socchiusa. Chinò leggermente la fronte, per poter ricercare gli occhi di lei.

“Me ne rammarico, Principessa, ma temo che non troverete nessuno dei vostri cari. Questo regno è caduto sotto la maledizione di Malefica, tutti gli abitanti sono stati trasformati in statue”.

Aurora parve non credere alle sue parole, tanto che per un momento decise di indietreggiare, iniziando a negare tutto con il movimento della testa.
Improvvise lacrime sgorgarono dagli occhi, colmi di terrore. Terrore dovuto all’evidente inutilità di un sacrificio che le era costato tanto, persino la solitudine in cui era appena caduta.

“Non è possibile, non è questo che doveva accadere. Il mio sacrificio serviva a salvarli!” esclamò prima di avvicinarsi a lui, scostarlo bruscamente dall’ingresso ed iniziare a spingere il portone perché si aprisse quel tanto da potervi passare.

Una volta raggiunto il cortile interno si rese conto che miriadi di statue di marmo si ergevano, ognuna intenta a mimare gesti completamente diversi. C’èra chi stava per uscire dal palazzo, chi era appena entrato,  chi stava portando i cavalli nelle stalle.
Un altro singhiozzo fu smorzato, nemmeno gli incubi del suo sonno eterno sembrava così spaventosi.
Iniziò a correre verso l’entrata principale, per accadere all’interno del castello costruito attorno al cortile da cui erano passati.
Hook non poté fare a meno di seguirla, doveva trovare Malefica, in un modo o nell’altro la direzione sembrava essere quella giusta.
Non provava alcuna pena, né compassione verso la principessa che aveva risvegliato. Aveva imparato a mantenere le emozioni cautamente al proprio posto, senza avvertire più il desiderio di provarne alcune.
Aurora accorse, sollevando i lembi del vestito, verso la sala delle udienze, drappeggiata da tende rosse come il fuoco.
Gli occhi si soffermarono di fronte alle figure dei suoi genitori, immobili, seduti sul trono.

“Mi aveva dato la sua parola” sussurrò Aurora, stringendo i pugni delle mani con una forza eccessiva, quasi urticante.

Hook rimase appoggiato ad una delle colonne che divideva le navate della sala, osservando la scena in silenzio.
Sembrava tutto troppo quieto per essere vero, un intero palazzo abitato da statue, non era certo l’unica cosa che si aspettava di vedere.

 


 

 Note: 


[1] Nella fiaba Aurora ha 16 anni, ma preferisco aumentare l’età :)

[2] Questa frase vi ricorda qualcosa?

[3] Ali d’argento, ripreso dal film “Quest for Camelot” 







// Nda:
Questa fanfcition è nata grazie al supporto di RunaMagus, l'idea mi è stata suggerita da lei e non posso che ringraziarla infinitamente. Tenevo a scrivere una long su questa coppia, spero solo di non aver combinato pastrocchi e che possa risultare piacevole.  Vorrei ringraziare anche Giulia R. perché mi ha dato delle idee per la trama strabilianti e spero di riuscire a scrivere come si deve per portarle avanti.
Ho deciso di renderla molto leggera, a differenza della Red/Hook che è di un'introspezione quasi esagerata :P. 
Grazie a chi deciderà di seguirmi ^^ e soprattutto a Lilyachi e Ally M che, beh, su fb hanno seguito un pò la smania che mi è presa. 


Yoan 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il principe dei sogni ***



 

I need a hero
I'm holding out for a hero "?til the end of the night
He's gotta be strong
And he's gotta be fast
And he's gotta be fresh from the fight

~*~


 

II. Il principe dei sogni





Correvano tutti nella medesima direzione, in preda all’euforia di quella nuova trovata di cui nessun genitore era a conoscenza.
Avevano deciso di salire sui tetti delle case e di saltare da una parte all’altra come cavallette.
Superarono il grande mercato della piazza facendo attenzione a non incontrare le guardie della città, la scorsa volta erano finiti nei guai e avevano ricevuto le giuste punizioni.
Uno dei bambini si era fermato, distaccandosi dagli altri, per rubacchiare qua e là qualche frutto fresco da poter mangiare durante la traversata.
Afferrate due mele le nascose nelle tasche interne, poi ne prese un’altra per morderla con gusto, riprendendo a correre di nuovo.
In quel momento qualcuno si gettò su di lui, agguantandolo per il collo della giacca  e facendogli perdere la presa sulla mela.
“Ancora tu, ragazzino?” gli inveì contro il mercante  che era pronto a prenderlo a pugni e a calci per ricacciarlo da dove era venuto.
“Ho fame” rispose lui mentre cercava di liberarsi dalla stretta.
“Quante volte ancora dovrò pescarti con le mani nel sacco?” insisteva mentre lo scuoteva con rabbia.
Il bambino si ammutolì, puntandogli contro uno sguardo inferocito ma orgoglioso allo stesso tempo.
“Sei proprio come tuo padre, non c’è speranza per i farabutti come voi. Siete la feccia della peggior specie” sputò quelle parole con tanto veleno che il bambino si costrinse a reagire.
“Non è vero! Mio padre è un brav’uomo e lo sarò anche io!” esclamò continuando a cercare una via di fuga, sentiva le lacrime farsi strada negli occhi.
Il mercante scoppiò a ridere fragorosamente, diventando quasi paonazzo per lo sforzo.
“Hai sentito Sean?” si rivolse al ragazzo che lavorava insieme a lui “Dwigth Jones è appena diventato un brav’uomo. Eppure, l’altra sera, l’ho visto alla Locanda del Pescatore mentre sperperava tutto il denaro che era riuscito a fottere al povero Jay”.
Sean si limitò ad annuire, era muto.
Il bambino si impuntò, iniziando a prendere a pugni il suo interlocutore, colpendolo con forza  al petto.
“Non è vero, sei un bugiardo. Mio padre è un uomo onesto, non si fotterebbe mai il denaro di un altro, lui lavora sempre tutto il giorno per portare a casa  da mangiare!” quelle parole uscirono dalle sue labbra come un temporale, seguite dalla raffica di pugni che non procuravano altro che carezze.
“Tua madre era quella che si dava da fare, ragazzino. Lei era una donna onesta, una sarta d’eccezione. Tuo padre invece, lo sanno tutti, è un sobillatore” il tono di voce del mercante iniziò a diminuire sempre di più, fino a trasformare le parole in sussurri.
“Tu menti, sei solo invidioso” gli ringhiò contro come un leone, prima di riuscire ad uscire dalla morsa e liberarsi.
Gli occhi si colmarono di lacrime ancora una volta, ma fece in modo di trattenerle strette lì dov’erano, senza accennare a farle scendere.
No, quella soddisfazione non gliel’avrebbe mai data.
Tirò su col naso, asciugandosi con una manica della giacca. Gli occhi azzurri, intensi e lucidi, lanciarono uno sguardo carico di rancore verso lo zio che aveva intrecciato le braccia al petto.
Lo detestava con tutto se stesso, da quando sua madre era morta, lui aveva iniziato a dare contro la sua famiglia, soprattutto perché accusava suo padre di aver ucciso di dolore la sorella.
Rivedeva Dwigth in Killian? Per questo lo tormentava sempre? O voleva solo tirarlo fuori da quel mondo?
Il bambino fuggì via, allontanandosi dalla piazza del mercato. Gli occhi erano diventati gonfi ed arrossati, non avevano più  voglia  di sorridere per quel giorno.
Quando uno dei compagni di giochi lo trovò, chiuso nel suo angolo buio, scoppiò a ridere nel vederlo in quel modo.
“Killian sta piangendo, Killian è una femminuccia!” gli puntò il dito contro, mettendolo al muro.
Lui si alzò, con il volto imbrunito dall’ombra che calò sull’espressione fredda e poco propensa al perdono. Gli tirò un pugno dritto allo stomaco, il compagno cadde a terra piegato in due dal dolore, non ricevette alcun tipo di aiuto dagli altri che assistettero alla scena.
Semplicemente Killian si allontanò, correndo via da tutto e tutti. Nessuno conosceva la vera natura di suo padre, nessuno poteva capire.




Hook si risvegliò all’improvviso da quei pensieri, quei ricordi che facevano parte di un passato ormai lontano. Senza nemmeno accorgersene aveva stretto il pugno sano così tanto da aver stritolato la pelle sotto le unghie. Lo schiuse immediatamente, passando la mano sulla fronte per asciugarsi il sudore.
Non gli capitava da tempo di tornare indietro nel tempo ed apprendere fatti e storie che aveva tentato di dimenticare.
Distolse lo sguardo da Aurora che era in preda ad un pianto solitario davanti alle statue dei propri genitori, immobili e prive di vita.
Decise di uscire dalla sala delle udienze, doveva inoltrarsi negli ambienti più interni del Palazzo.
Quando Aurora udì i passi di Hook allontanarsi dalla sala, si voltò per controllare i suoi movimenti.

“Dove state andando?” gli domandò, ma senza ricevere risposta.

La voce tremava per il dolore appena ricevuto. Malefica aveva mancato alle sue parole, l’aveva ingannata, non aveva rispettato i patti. Avrebbe voluto gridare per chiamarla a sé, per strapparle il cuore e lasciare che il suo corpo si consumasse e diventasse cenere. Ma Aurora non era mai stata quel tipo di persona da lasciarsi prendere dalla vendetta o dal desiderio di rimarcare il proprio ruolo andando contro la sua natura.
Ricacciò quel pensiero in fretta, non era il momento per le lacrime, né per i rimpianti.
Trovandosi inginocchiata, con le mani strette ai lembi di marmo che costituivano l’abito della madre, si alzò in piedi in tutta velocità. Non voleva rimanere da sola, non voleva affrontare quella realtà senza la compagnia di qualcuno.
Soprattutto, doveva scoprire il motivo per cui il sonno eterno si era sciolto con il bacio di uno sconosciuto.
Abbandonò la sala immediatamente, affrettandosi a cercare Hook che intanto aveva già iniziato a salire le rampe di scale a chiocciola che si trovavano proprio al di là di quell’ambiente.

“Cosa state cercando?” domandò Aurora iniziando a salire le scale, appoggiando una mano sulla parete di pietra. Aveva sempre avuto problemi nel percorre quelle scale, le davano un gran senso di nausea, poiché sembravano non finire mai.

Non ricevette di nuovo nessuna risposta e questo iniziò a farla innervosire. Decisa a farsi rispettare, alzò appena i lembi della gonna per accelerare la salita e riuscire a raggiungerlo. Non appena i loro passi iniziarono a confondersi, compì l’ultimo sforzo per arrivare proprio dietro di lui.

“Insomma, possibile che siate così maleducato da non rispondere alle mie domande?” lo rimproverò, riprendendo fiato.

Hook strinse leggermente gli occhi, doveva mantenere la calma ancora per poco, poi sarebbe potuto fuggire via dal guaio che aveva combinato.
“Non vi è dovuta nessuna risposta, Principessa” aveva altro a cui pensare, ascoltare quella voce così fastidiosamente vicina gli faceva ribollire il sangue.

“Sì, invece. Non chiedetemi perché, ma in qualche modo il nostro destino è legato ed io voglio scoprirne il motivo. Quindi, vi pregherei di venirmi incontro e sfamare la mia curiosità” ancora Aurora cercava di convincerlo, voleva sapere di più su quel Pirata, conoscere la sua storia e ciò che l’aveva condotto sin lì nel suo regno.

Hook rifletté per un breve istante: forse se avesse iniziato a rispondere alle sue domande, prima o poi avrebbe terminato di porne delle altre e avrebbe regnato di nuovo il silenzio. Valeva la pena di tentare.

“Ebbene, dolcezza, sono qui per Malefica. Custodisce qualcosa che è di mio particolare interesse e vorrei entrarne in possesso. Ma inizio a credere che il Palazzo sia disabitato, non ha l’aria di essere la dimora di una Strega” sussurrò alla fine, prima di superare l’ultimo gradino e ritrovarsi di fronte ad una porta di legno d’abete che era chiusa a chiave e la chiave era appesa proprio lì accanto.

“ Se Malefica fosse stata qui, ci avrebbe già catturati” rispose Aurora, soffermandosi davanti alla porta. Sapeva bene che cosa vi era al di là, per un attimo si appoggiò alla parete di pietra, scostando lo sguardo altrove. Il suo sacrificio era tutto racchiuso lì dentro.
“Cosa vi ha fatto credere che si trovasse nel Palazzo?” domandò subito dopo, la sua curiosità non aveva limiti.

Hook racchiuse la chiave nella mano prima di inserirla nella toppa ei far scattare la serratura.
“Le parole di un indovino. Un vecchio, un uomo dalla lunga barba e dagli strani modi di fare. Sono andato a cercarlo prima di raggiungere il vostro regno, per domandargli dove avrei potuto trovare Malefica. Ha consultato le sue carte, ha acceso il lume di una candela e mi ha dato la sua risposta.” la porta cigolante si apriva con pesantezza “Il bosco di rovi dovrai attraversare, un tesoro sarà lì ad aspettarti, nella torre più alta del Palazzo troverai la risposta che stai cercando, il tuo destino così compirai.”  si voltò appena verso di lei dicendo “fino ad ora non mi sembra di aver riportato altro che spine conficcate nella carne, aver trovato una principessa addormentata e un palazzo disabitato. Sapevo che non dovevo fidarmi di quell’indovino” mugugnò, poi finalmente spalancò la porta ed entrò all’interno della stanza.

Aurora deglutì appena, cosa vi era lì che poteva esser legato ad un Pirata, proprio all’interno del suo Palazzo?
Quando si fece avanti anche lei, lo vide fermo davanti all’arcolaio al quale si era punta molto tempo fa.
Corrugò la fronte, era esattamente quello che sapeva avrebbero trovato.

Scosse appena il capo, prima di far sormontare un sorriso sulle labbra.
“A quanto pare il nostro destino è davvero legato allo stesso filo”.

Hook si portò una mano dietro la nuca, girando attorno all’arcolaio, prima di avvicinarsi al fuso per poterlo sfiorare con un dito, non aveva nemmeno ascoltato le parole della compagna.

“Fermatevi!” esclamò Aurora, inorridita dalle possibili conseguenze, mentre si lanciava su di lui per afferrargli il polso della mano ed allontanarlo da quel pericolo.
“E’ in questo modo che sono caduta nel sonno eterno, se non volete trascorrere tutta la vita a dormire, evitate di pungervi” lo ammonì, riprendendo a respirare.

“Tornerò dall’indovino e gli taglierò la gola, non avrebbe dovuto prendersi gioco di me” la voce rauca uscì dalle labbra di Hook, mentre si allontanava dall’arcolaio “doveva trattarsi di una delle spie di Malefica, deve avermi dato queste indicazioni per farmi cadere in trappola”.  

Aurora portò le mani a congiungersi con eleganza tra loro, inclinando appena il capo da una parte.
“Siete sempre solito dubitare di chiunque vi si ponga davanti, senza dare loro la possibilità di essere creduti?” gli rivolse un mezzo sorriso, visto che si riferiva anche a se stessa.
“Forse l’indovino voleva solo mandarvi sulla strada che è scritta nel vostro destino” si azzardò a dire, guardando l’arcolaio con una certa diffidenza.


“Certi privilegi vanno meritati, Principessa. Non mi fido di nessuno che non sia la mia ombra, l’ho dovuto imparare a mie spese, molto tempo fa” si voltò verso di lei, per poi superarla “ho già perso sin troppo tempo, devo rimettermi in cammino per trovare Malefica. Sono certo che riuscirò a trovarla”.

“Molto bene, allora io verrò con voi” batté i piedi con veemenza, per imporsi.

“Prego?” Hook si voltò, appoggiando una spalla allo stipite della porta poco prima di superarne la soglia “Non vi ho mai invitata, questo è un affare che mi appartiene, non voglio noie”.

Aurora sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Chi ha accennato agli inviti? Sono una Principessa senza regno, devo trovare Malefica e compiere il mio dovere. Non posso restarmene qui ad accudire delle statue, hanno bisogno di me e devo fare qualunque cosa per salvarli. Perciò, poiché entrambi dobbiamo trovare Malefica, andremo insieme”.
Così facendo lo superò, percorrendo di nuovo le scale.
“Ricordatevi di chiudere la porta!”

La voce acuta ed impositiva arrivò alle orecchie di Hook, che adirato per quella prontezza d’animo che la Principessa aveva dimostrato, batté l’uncino sul legno della porta fino ad incastrarne la punta.
Vi appoggiò la fronte, sospirando, quella giornata stava proseguendo di male in peggio.
Non era riuscito a trovare Malefica, non aveva scovato nessun tesoro ed in più si era ritrovato colmo di ferite e in compagnia di una donna che avrebbe apprezzato di più se fosse rimasta a dormire.
Decise che non era quello il momento per porre delle lamentele, perciò liberò l’uncino ed iniziò a scendere anche lui le scale con approssimata velocità, per poter seguire la Principessa che si era diretta già all’esterno del Palazzo.
Superarono il cortile interno che conduceva fino alla porta d’ingresso, lì dove erano situate ancora le statue che avevano incontrato poco prima e che avrebbero abbandonato alle loro spalle.
Giunti di nuovo fuori, Hook mostrò un’aria a dir poco infastidita, non aveva idea di come poter trovare Malefica né da quale parte cominciare.

“Dobbiamo dirigerci verso la Foresta Proibita [1], al di là di essa troveremo la Torre di Malefica, la sua antica dimora” disse Aurora, sistemandosi l’abito che aveva già iniziato ad inumidirsi di fango mentre ripercorrevano la stessa strada che li avrebbe portati al sepolcro dove aveva riposato a lungo.

“La Foresta Proibita non è un luogo adatto ad una principessa” farfugliò Hook, detestava non essere lui a capo di qualcosa, era il Capitano di una nave e come tale doveva dimostrare di meritare quel titolo, anche se al momento non era fornito di una ciurma.
Prima di superarla però gli balenò in mente un’idea che lo lasciò colto alla sprovvista.
“Un momento…” la afferrò per il polso, facendola arrestare “voi sapevate perfettamente che Malefica non si trovava al Palazzo, non è così?”.

Aurora inclinò appena la testa di lato.
“Vi pregherei di lasciarmi andare, così mi fate male” con uno strattone si liberò dalla presa, correndo a massaggiarsi il polso. Poi abbassò lo sguardo, come pentita.
“E’ vero, ho immaginato che Malefica non potesse trovarsi  al Palazzo. E’ innamorata della sua dimora, legata ad un castello costruito su delle alte scogliere. Ma non avevo nemmeno idea che i miei genitori fossero stati trasformati in statue, né che potesse essersi appropriata del mio regno, ho dormito troppo a lungo. Quindi vi ho lasciato fare”.

Hook mugugnò qualcosa tra sé e sé, preferiva non sopraggiungere ad altri chiarimenti, sapeva che avrebbe perso la calma.
Chiuso nel suo silenzio, riprese a camminare mentre Aurora lo seguiva con qualche difficoltà, le loro andature erano diverse e scostanti e gli abiti lunghi della principessa non erano i più adatti per muoversi all’interno della foresta che avrebbero attraversato.
Non si scambiarono più una singola parola, ognuno avvolto nei propri pensieri e desiderosi di non ricominciare a battibeccare, visto che ogni volta che uno dei due apriva bocca si finiva per discutere.
Superarono il tempietto sotto il quale aveva dormito Aurora, fino ad intraprendere una via che era ancora iscritta sul terreno battuto.
Aurora, per un momento, credé di poter affrontare tutta quella situazione con animo impavido e senza scoraggiamento.
Ma l’idea di essersi risvegliata grazie al bacio di uno sconosciuto, di non aver incontrato il suo Filippo, di non aver potuto stringere a sé i propri cari, la gettava in un abisso profondo ed oscuro.
Troppe responsabilità erano state caricate sulle sue spalle, da sempre, così tante che a volte si figurava lontano da quel mondo, da tutti coloro che desideravano affidarsi a lei.
Avrebbe preferito, per una volta, essere lei quella da salvare e non quella che era in grado di salvare tutti.
Il loro momento di silenzio e di riflessione fu spezzato nel momento in cui sorvolò sopra le loro teste il falco dalle ali d’argento che Hook aveva seguito prima di raggiungere Aurora.

“Ah, eccoti qui!” aggrottò le sopracciglia il pirata, mentre lo fissava con una certa alterazione “Se sei qui per indicarmi la strada, no grazie. Ho già accusato gli effetti dei tuoi consigli, non ne voglio altri”.

Aurora sembrò perplessa, era davvero strano vedere qualcuno parlare con così tanta enfasi con un animale.
Si disse che probabilmente doveva trattarsi di un uomo molto solo, o di un folle che non aveva avuto modo di essere amato in passato.
Il falco continuava a sorvolare sulle loro teste, assolutamente indifferente alle parole che gli venivano rivolte. Le ali splendevano sotto i raggi del sole che iniziavano ad abbassarsi sempre di più.
Il tramonto si sarebbe presto avvicinato e prima di sera si sarebbero inoltrati nella Foresta Proibita.

“Siete già stato qui?” domandò Aurora, decisa a far udire ancora una volta la sua voce.
Apprezzava il silenzio, ma non parlava con qualcuno da troppo tempo.

“Posso dire di conoscere a fondo questi luoghi, ma vorrei che evitaste di pormi domande personali. Non mi piace rispondere del mio passato” disse mentre con gli occhi continuava a seguire il falco, che volente o nolente era ormai diventato una guida e quasi una sicurezza alle scelte che stava prendendo nel percorso da attraversare.

Aurora sollevò gli occhi al cielo, quell’uomo era incredibilmente indisponente e soprattutto non sembrava volerle venire incontro.
Era così terribile starle accanto? Eppure molti avevano richiesto il privilegio della sua vicinanza, quando era ancora la Principessa di un regno fatto di carne e sangue, non di polvere di marmo.
Quando si ritrovarono di fronte ad un tronco di albero adagiato sulla terra, si fermarono. Hook non si lasciò prendere dallo sconforto e vi saltò sopra, per poi ricadere dall’altra parte, atterrando con un balzo leggero.
Aurora quando si rese conto che il compagno si era già allontanato, lo richiamò immediatamente schiarendosi la voce.

“Vi siete dimenticato qualcosa?” gli domandò e nel momento in cui lui si voltò indietro per osservare la scena proposta, lei si mise le mani sui fianchi per enfatizzare la domanda.

“No, credo di no. E voi cosa state aspettando, il vostro Filippo che venga ad aiutarvi?” tornò sui suoi passi, con una lentezza quasi esasperante.
Si arrestò di fronte all’altra parte del tronco, appoggiandovi un piede per sostenere il peso mentre sistemava il braccio sopra il ginocchio.

Aurora si sentì avvampare, nessuno le aveva mai mancato di rispetto tante volte quanto in quel solo giorno. E anzi, non era nemmeno terminato!

“Siete... siete un pirata!” fu tutto quello che riuscì a dire, inalberata com’era diventata. “Uno sbruffone, un disonesto, avete solo l’aria da gentiluomo ma per il resto non siete altro che un millantatore”.
Soddisfatta di quell’elenco colmo di esagitazione si decise a dimostrargli che poteva cavarsela anche da sola.

“Un millantatore?” Hook inarcò un sopracciglio, decisamente divertito dalla situazione “Io vi avevo avvertita: la Foresta Proibita non è un luogo adatto a voi, non avreste dovuto seguirmi. In fondo, non devo prendermi cura di voi”.

La sua risposta non fece che aumentare l’improvviso disprezzo che Aurora sentiva correre dentro di sé, anche se credeva di aver percepito una punta di tristezza che per un momento stava per farla recedere.
Decisa però, che quell’uomo non poteva essere diverso dalla descrizione che ne aveva fatto, non si tirò indietro e cercò di salire sul tronco dell’albero secolare, alzando con attenzione i lembi dell’abito.
Prima di scendere, si vide porgere la mano sana di Hook. Corrugò appena la fronte, aveva forse cambiato idea? Perché ora le veniva incontro?
Non era disposta, in ogni caso, ad accettare il suo aiuto in quel modo. Qualcuno avrebbe dovuto educarlo.
Rifiutò il suo appoggio e nel momento in cui cercò di compiere il balzo per arrivare di nuovo a terra, inciampò su un ramo spesso e corto che le fece perdere l’equilibrio.
Hook, prontamente, l’avvolse tra le proprie braccia perché non rovinasse a terra rischiando di farsi male. La strinse appena, con così tanta leggerezza che quasi sembrava che il legame nemmeno vi fosse. Appoggiò l’uncino sulla sua guancia, nell’attimo in cui il momento critico era trascorso.

“E’ proprio vero che le donne non sanno resistermi, ora ho capito perché mi avete seguito” le mostrò un sorrisetto compiaciuto “cercate però di fare attenzione, non vorrete sfigurare il vostro bel visino? Poi, potrei rischiare di non trovarvi più così attraente”.

Immancabilmente Hook si comportava come era solito fare, in situazioni che in un modo o nell’altro si creavano come tali.
Apprezzava le qualità di una donna, la sua vicinanza, il calore di due corpi stretti tra loro. Persino di una donna che sembrava non riuscire ad ammutolirsi nemmeno un istante.
Gli bastava così poco per eliminare quel senso di chiusura in cui si opprimeva per rimanere distante da tutto il resto del mondo.
Aurora, al contrario, quando avvertì una vicinanza simile avvampò di nuovo fino a poi impallidire, come se le avessero strappato l’anima.
Quel bacio rubato, quei modi di fare così eccentrici e diversi da quelli a cui era abituata, non la facevano sentire a proprio agio e avrebbe rischiato di chiudere gli occhi e diventare cieca di fronte a qualunque cosa.

“Vi ho detto che avrei voluto seguirvi per venire a capo di quel che è accaduto, non perché provo interesse per voi. Non siete decisamente l’uomo dei miei sogni” rispose mentre appoggiava le mani sul petto di lui per potersi distanziare.

Era davvero così. Filippo era il Principe dei suoi sogni, lo aveva incontrato nel mondo onirico molto prima di conoscerlo e sapeva che il suo destino era legato al proprio.
Ma in modo inspiegabile lo era anche a quello di Hook.

“L’uomo dei vostri sogni?” inarcò un sopracciglio, prima di scuotere leggermente il capo e decidersi a lasciare la presa su di lei. Quella vicinanza iniziava a bruciare. “Dovreste imparare a crescere, principessina, i sogni non sono fatti per chi rimane sveglio.”

“Ho dormito abbastanza da conoscere la differenza tra sogno e realtà, Filippo non è solo un sogno, lui è reale e sono certa che si trovi da qualche parte, intento a cercarmi e quando mi troverà potrò dimostrarvi che non tutti i sogni sono delle illusioni” rispose in un sussurro, prima di scostarlo appena per poter riprendere a camminare e sistemare meglio la corona di fiori adagiata attorno alla fronte.

Hook rimase immobile per qualche istante. Lui aveva avuto dei sogni, un tempo. Aveva combattuto per essi, ma aveva perso.
Dunque preferiva la cruda realtà che ti è sempre davanti, ad un sogno che chiunque può strapparti via.







// Nda:
Ecco, il capitolo finalmente è tornato in funzione xD.


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Incubi ***






I've been watching, I've been waiting
in the shadows all my time
I've been searching I've been living
for tomorrows all my life. 


~*~*~



III. Incubi


Il sole si era nascosto dietro l’orizzonte, il sentiero che avevano intrapreso si era concluso  molto tempo prima e avevano già superato l’ingresso della Foresta Proibita, il tronco di albero secolare giaceva sulla terra ponendo il confine tra le due zone.
Gli animali notturni avevano  iniziato a cantare i loro inni rivolti alla luna, che di tanto in tanto compariva tra i rami fitti degli alberi che sorgevano come tetti infrangibili sulle loro teste.
Aurora aveva paura, aveva udito molti racconti su quella foresta, non tutti tornavano se decidevano di attraversarla.
Hook al contrario non pareva affatto disturbato dall’idea di poter incontrare pericoli ad ogni angolo, ma non era certo da biasimare, un uomo simile non poteva che averne attraversato di peggiori.
Si fermarono sotto il piccolo antro di una roccia sporgente che formava una capanna naturale, molti dovevano aver scelto quel riparo, infatti trovarono cerchi bruniti che coloravano la terra.
Si erano procurati tocchi di legna secca, la più adatta per accendere un fuoco e quel pomeriggio Hook era riuscito a catturare una lepre bianca che aveva chiuso all’interno di una sacca.
Aurora non si era dimostrata d’accordo nell’uccidere una bestia indifesa, tanto che svariate volte aveva tentato di salvare altre piccole prede dalla furia di Hook che iniziava a stancarsi, minacciandola che sarebbe diventata lei la sua cena se non l’avesse lasciato cacciare in pace.
Non si parlarono fino a sera, quando il fuoco fu acceso ed Hook iniziò a scuoiare la lepre con un coltello, gesto che Aurora riteneva decisamente brutale.

“E’ inumano quello che state facendo” lo rimproverò, mentre si stringeva nelle spalle, per potersi riscaldare. Il fuoco era ancora lento e il calore non le giungeva minimamente.

“Scuoiare una lepre?” inarcò un sopracciglio il pirata, che non provava alcun rimorso mentre terminava l’opera.  “Solitamente siete abituata a vederne servita la carne sulla tavola, cosparsa di spezie. Ma vi assicuro che la carne non cresce sugli alberi, vengono cacciati degli animali, scuoiati e cucinati, così da essere serviti”.

“Questo lo so perfettamente. Ma preferisco mangiare la carne di un animale che non ho visto morire sotto i miei occhi” mormorò voltandosi dall’altra parte, non riusciva più a guardare.

“Non trovo alcuna differenza” rispose Hook, nel tentativo di non sentirsi autorizzato a scuoiare lei “solo che voi, principessina, non dovete farvi in quattro per procurarvi la cena. Ci sono i servitori che lo fanno al vostro posto” sorrise appena, prima di limare uno spiedo per poterlo porre sopra il cerchio di fuoco, con la carne della lepre appresa.

“E’ il loro lavoro, sono nati per servire i loro superiori” disse semplicemente lei, come se fosse la cosa più ovvia al mondo.

Hook strinse leggermente il pugno della mano sana, prima di ripulirla con un panno sporco di sangue, per togliersi tutto l’unto delle viscere della bestia da mangiare.
“Sono nati per servire o qualcuno gli ha imposto di diventare servitori?”

“Chi non nasce in una famiglia ricca non può permettersi molto, è una costrizione dovuta dal Destino. Quindi, sono nati per questo” batté più volte le ciglia, sembrava davvero sicura di quello che stava dicendo, in fondo era ciò che le era stato insegnato tempo fa dai suoi genitori, ricordava bene tutte le loro lezioni.

“Parlarne dal vostro punto di vista mi sembra decisamente facile, ridurre la questione in questo modo diminuisce l’importanza dell’argomento. Ma dubito che potreste arrivare a comprendere, avete vissuto negli agi per tutta la vita” Hook non desiderava infierire, sapeva che farlo avrebbe significato arrivare ad uno scontro aperto, ancora una volta, e non aveva intenzione di ricominciare da capo.

Si limitò a far girare lo spiedo, ascoltando quel nuovo silenzio che si era creato tra loro. Quei momenti iniziavano a diventare i più apprezzabili. Non amava l’assenza di rumori, abituato com’era a vivere insieme ad una ciurma di pirati particolarmente amanti del rum.
Quando la lepre sembrò abbastanza cotta, la tolse dal fuoco, per poter iniziare a gustare la cena fresca.

“Siete ancora fermamente decisa a  non volerla assaggiare, nemmeno un po’? Le radici non sono particolarmente affidabili, potrebbero essere velenose, ve le sconsiglio” così facendo diede il primo morso, guardandola con attenzione, come se volesse convincerla a non mostrarsi ancora restia.

Lei scosse il capo velocemente, chiudendosi in se stessa e stringendo le braccia al petto, non aveva intenzione di cedere.
Gli aveva chiesto fermamente di procurarsi altro da mangiare e di lasciare quella lepre lì nella sua tana, invece di andare a scovarla e servirsene a cena.
Arrendersi voleva dire mostrarsi debole e non poteva permetterselo.
Hook si limitò a scrollare le spalle, non era un suo problema riempire lo stomaco della principessa e non avrebbe iniziato ora a preoccuparsene.

“Come avete perso la mano?” ruppe il silenzio lei, mentre se ne stava acquattata in un angolo, con le braccia appoggiate sulle ginocchia e il mento sistemato su di esse.

“Credevo che la consideraste una domanda banale” sorrise a mezza bocca Hook, gustando ancora le lepre che iniziava a scomparire dallo spiedo poco a poco. “Cambiare idea in fondo, non è un male.” si schiarì la voce  “E’ stato un Coccodrillo, voleva rubare un oggetto prezioso che tenevo stretto nel pugno e mi tagliò la mano con un colpo secco” le mostrò l’uncino, la cui punta scintillava appena davanti al riverbero del fuoco “così decisi che un giorno gli avrei strappato il cuore con questo”.

“Cosa nascondevate?” gli domandò, osservandolo con occhi sempre più incuriositi. Le iridi azzurre si confondevano con le fiamme che le rendevano più scure ed ambrate.

Hook scrollò le spalle “un fagiolo magico, mi serviva per aprire un portale e attraversare i mondi” scosse leggermente il capo, scacciando quei ricordi che erano ancora intensi e vivi nella sua testa.

La vendetta era la sola cosa che desiderava portare a termine, non vi era altro nella sua vita. Nessun altro moto di azione, nessuna altra speranza, se non quella di vendicare un amore che gli era stato portato via da davanti agli occhi.
Non si sarebbe mai dato pace, non prima di aver sconfitto per sempre il Coccodrillo.

“Credevo si trattasse solo di una leggenda” sussurrò Aurora, ora non sentiva più freddo, nonostante l’umidità della notte fosse salita poco a poco.

Le civette e i gufi popolavano gli alberi, i loro occhi di miele osservavano cupamente ciò che si muoveva intorno a loro. Il falco dalle ali d’argento non si era più fatto vedere ed Hook iniziava a credere che la sensazione provata nel vederla fosse del tutto errata e che non poteva trattarsi di una guida né di una salvezza.

“Sono molte le cose che non sapete, principessa” sussurrò Hook, lanciandole uno sguardo in tralice.

Aurora era visibilmente affamata ma non voleva ammettere di desiderare un po’ di carne, orgogliosa com’era preferiva rimanere chiusa nella sua idea di giustizia che non corrispondeva affatto alle leggi della natura.
Hook, per uno strano motivo che non riuscì a spiegarsi, credé di capire che forse lasciandola da sola avrebbe provato a superare quell’orgoglio dalla barriera impenetrabile.
Non aveva nulla contro di lei, voleva semplicemente starsene tranquillo ed arrivare da Malefica il prima possibile.
Così, decise di rifugiarsi in un sonno profondo, dandole la buonanotte e lasciando lo spiedo ancora sul fuoco che ormai iniziava a diminuire.
Le aveva lasciato un po’ di carne, cosicché potesse approfittarne e mettere qualcosa nello stomaco, invece di passare la notte senza aver mandato giù nulla.
Hook si avvolse su se stesso, all’angolo della roccia, così da darle spazio e non invadere il loro confine.
Non fu difficile addormentarsi, le ferite ancora bruciavano e non si era minimamente preoccupato di curarle.
Aurora, d’altro canto, appena capì che il compagno di viaggio si era addormentato, si avvicinò lentamente al cerchio di fuoco, osservando lo spiedo davanti a sé, con aria famelica.
Era invitante, in un momento in cui la fame la richiamava ai suoi bisogno naturali. Avrebbe dovuto mangiare qualcosa o il giorno dopo si sarebbe mostrata indebolita e non poteva permettersi di rimanere indietro.
Si fece forza, chiedendosi perdono per quella mancanza di forza e assaggiò la carne che era rimasta, gustandola fino all’ultimo pezzo.
In fondo aveva ragione Hook, era davvero buona. Ricacciò via quel pensiero, nell’attimo stesso in cui le era affiorato alla mente e posò il bastoncino a terra, ormai vuoto.
Avrebbe inventato una scusa il giorno dopo per giustificare quella mancanza.
L’idea di dormire non le piaceva, ora che si sentiva completamente da sola. Lo aveva fatto per così tanto tempo che temeva di non riuscire più a svegliarsi. E se fosse ricaduta nel sonno eterno? Filippo non era lì per salvarla, non vi era nessuna traccia di lui e la compagnia di un malvivente così indisposto verso di lei non la faceva sentire meglio.
Appoggiò la testa alla parete della roccia, decise semplicemente di socchiudere gli occhi, ma di tenere la mente sveglia per tutta la notte, evitando così di addormentarsi.


 


 
 

Sorrideva beatamente mentre si guardava allo specchio della sua camera, gli occhi azzurri e profondi erano immersi in tutta la sua figura e sembrava decisamente soddisfatta di quello che vedeva.
Le guance piene e rosee, le labbra rosse, la carnagione bianca e lunghi capelli castani che si arrotolavano sulle spalle. Era una bambina molto bella, lo dicevano tutti e lei lo sapeva bene.
Eppure nei suoi occhi si celava un velo di tristezza, che nessuno si capacitava di spiegare. Aveva tutto e al tempo stesso non aveva niente.
L’amore per i suoi cari era dimezzato tra il rimanere con loro al Palazzo reale e l’andare a vivere nel bosco, come una delle figlie dei contadini, in una casetta dal tetto di paglia.
Amava entrambi quei luoghi ma al tempo stesso si sentiva divisa tra loro.
Chi era Aurora? Una principessa o una ragazza del popolo? Quale comportamento doveva assumere? Perché non poteva rimanere semplicemente al Palazzo tutto il tempo?
La profezia si sarebbe abbattuta su di lei all’età di sedici anni, quindi perché osteggiare la sua rimanenza nella sua casa natia?
Nessuno le aveva mai dato una risposta, la paura dei suoi genitori era molto più grande.
“Aurora, la carrozza è arrivata” la voce della madre entrò come un sussurro alle sue orecchie, mentre si faceva largo nella sua stanza.
La Regina era molto bella, si somigliavano grandemente e potevano rispecchiarsi l’una nell’altra.
“Preferirei rimanere qui, madre. Sono molto stanca” confessò la principessa, dando le spalle allo specchio ed alzandosi in piedi,  prima di congiungere le mani tra loro.
“Lo siamo tutti, mia cara. Ma il destino è stato già scritto per noi, dobbiamo lottare per remargli contro, per questo è così faticoso. Devi partire ora” le sorrise all’angolo della bocca, avvicinandosi per poterle lasciare un bacio sulla fronte.
Aurora corrugò leggermente le sopracciglia, sciogliendo l’intreccio delle mani. Insistere non le avrebbe giovato.
“Perché dobbiamo andare contro il nostro Destino? Se è già scritto, dovremmo favorire il corso degli eventi perché si avveri”.
La Regina scosse appena il capo, prima di prenderla per mano ed uscire insieme a lei dalla stanza.
“Non è così, mia cara. Il Destino è stato scritto ma si può cambiare, solo noi siamo in grado di farlo. Possiamo scrivere da soli ciò che ci aspetta nel nostro futuro. Gettarci a capofitto in qualcosa che può procurarci del male non è la soluzione migliore” rispose prima che alcuni servitori si misero al loro seguito.
“Eppure, le cose che possono farci del male a volte sono quelle che ci fanno trovare delle soluzioni” sussurrò Aurora, poco convinta di quell’insegnamento così forte.
Lei non era d’accordo con quello che stavano facendo i suoi genitori. Accudirla continuamente, proteggerla da qualunque pericolo, l’avrebbero condannata ad una vita priva di esperienze, non sarebbe mai cresciuta davvero se fosse rimasta per sempre in un bozzolo.
Avrebbe desiderato andare incontro al proprio destino, per fare la cosa giusta. Avrebbe salvato il suo Regno e confidava che prima o poi qualcuno sarebbe riuscito a salvarla.
Aveva fede e tanto le bastava.
Salì in carrozza, non appena uscì dal Palazzo e salutò il Re e la regina, così da poter tornare nella casa del bosco dove la attendevano le fate protettrici.
Si affacciò ad una delle finestre, appoggiando il mento sulle mani,  per poi osservare al di fuori e sospirare.
Prima o poi avrebbe preso in mano le decisioni che la riguardavano, non si sarebbe lasciata soggiogare dai desideri altrui, non più.


 


 


Un sonno violento. Uno di quelli che è difficile da dimenticare. Per quasi tutta la notte non riuscì a fare altro che girarsi e rigirarsi su se stessa, con le lacrime che le affioravano agli occhi.
Non poteva più svegliarsi, il suo corpo non rispondeva ai suoi ordini e quella stanza di fuoco era calda, calda da non poter respirare.
C’era qualcuno che tentava di aiutarla, una voce leggera, soave, che voleva tirarla fuori da quell’incubo.
“Aurora”.
Pronunciava il suo nome, mentre le fiamme continuavano ad alzarsi, fino a diventare pareti alte ed incontrastabili.
“Aurora”.
Forse era la voce di Filippo che continuava a chiamarla, a dirle di non smettere di sperare. Lui era lì, ne era certa. Lui le era rimasto accanto, per prendersene cura.
“Aurora!”
L’esclamazione fu più forte, la stanza di fuoco sembrava iniziare a svanire poco a poco, mentre quella voce diventava meno flebile e più accentuata.
Le palpebre si aprirono di colpo e si accorse che delle mani forti e grandi la tenevano per le spalle, scuotendola perché si svegliasse.
Gli occhi di Aurora incontrarono quelli di Filippo. No, quella era soltanto la sua immaginazione. Ciò che vide fu la figura di Hook, visibilmente preoccupato da quello che era accaduto.
Quando si rese conto che ormai si era svegliata, lasciò la presa e si gettò a sedere accanto a lei.

“Stanotte non riuscivate a stare ferma, poco fa avete iniziato a gridare” spiegò Hook, prima che lei potesse porgergli quella domanda.

“Riuscivate a sentirmi?” domandò Aurora, quasi senza rendersi conto di quello che era accaduto in sogno e quello che invece apparteneva alla realtà. Scosse appena il capo, portandosi le mani tra i capelli.
“Urlavo anche in sogno, non riuscivo a smettere” sussurrò.

“Era solo un incubo, credo sia normale dopo esser caduti sotto l’incantesimo del sonno eterno” le spiegò mentre si alzava in piedi e andava a battere i piedi sulle ceneri per spegnere le ultime fiammelle che prendevano vita.
Notò che lo spiedo era vuoto, sorrise fra sé e sé, ma non disse nulla in proposito.

“Non volevo addormentarmi, mi ero imposta di rimanere sveglia” rispose lei, cercando di alzarsi a tentoni, aggrappandosi alla parete di roccia.

“Sareste una sentinella eccezionale” la schernì, prendendo il coltello con cui aveva ripulito la lepre ed infilandolo nella guaina.

Aurora aggrottò le sopracciglia, portando le braccia a stringersi al petto con un certo vigore, ma quando lo fece dovette subito districarle, sentendo un dolore pungente all’avambraccio.
Era sorta proprio lì una bruciatura che iniziava a darle una sofferenza lancinante.

“Quella come ve la siete procurata?” domandò Hook, quando si accorse della ferita comparsa sul braccio di lei. Si avvicinò e senza chiederle il permesso, la ispezionò per poter comprendere meglio.

“Non ne ho idea” sussurrò, prima di lanciargli uno sguardo intenso ed impaurito “nel mio incubo mi trovavo in una stanza che bruciava. Forse è lì che mi sono scottata?”.

“Di qualunque cosa si tratti, non è affatto un bene” aggiunse prima di lasciarle il braccio ed andare a recuperare quello che aveva lasciato sparso durante la notte, afferrando gli effetti personali.
“Se la prossima volta vi capiterà di rientrare nella stessa stanza, dovremo trovare un modo per svegliarvi ed evitarvi altre bruciature.  Intanto dobbiamo preservarla, è bene che non entri in contatto con nulla”.

Così facendo si allontanarono dal piccolo antro di roccia, lasciando un altro cerchio brunito. Si diressero di nuovo nella macchia verde della foresta, dove ancora non avevano incontrato alcun pericolo. Hook non era affatto compiaciuto di tutta quella fortuna, probabilmente in futuro avrebbero preferito tornare indietro.
Non era la prima volta che affrontava la Foresta Proibita, ma i ricordi gli erano spiacevoli e più andava avanti, più gli affioravano alla mente.
Di nuovo il silenzio cadde su di loro, ognuno intento a riflettere sul proprio passato, sul presente e su quel futuro che veniva adombrato da ciò che avevano davanti.
Quando raggiunsero la prima fonte d’acqua sulla loro strada, si fermarono per poter riempire dei contenitori appositi che sarebbero stati utili durante il lungo viaggio.  
Aurora si sedette su un masso tondeggiante, che cadeva proprio all’interno del corso d’acqua, mentre la piccola cascata sgorgava da una grotta di altezza media.
Immerse i piedi nell’acqua, così da rinfrescarli e rinvigorirli. Si inginocchiò, inumidendosi i lembi dell’abito, per potersi lavare il viso.
Così Hook, faceva lo stesso, mentre inumidiva un pezzo di panno per poter ripulire le ferite riportate sulle braccia ed umettare quella che aveva sulla guancia.
Una volta terminata la cura delle sue, si decise ad occuparsi di quelle della compagna, avvicinandosi con circospezione.

“Permettete?” le domandò con una gentilezza che lei non aveva mai notato prima, anzi sembrava del tutto nuovo quel suo modo di approcciarsi.

Fino al giorno prima avrebbe potuto considerarlo come un meschino malvivente, mentre oggi lo guardava con occhi diversi. Quale segreto nascondeva? Perché era riuscito a spezzare l’incantesimo? Quelle domande vorticavano nella sua testa di continuo e non riusciva a darne una risposta.
Si limitò ad annuire, concedendogli il braccio che sistemò davanti a lui. Hook afferrò un’altra pezza pulita per inumidirla di nuovo con l’acqua e poi passarla delicatamente sulla bruciatura.

“Sentirete un po’ di dolore, ma entro domani dovrebbe rimarginarsi” le comunicò, prima di tirare fuori una foglia quadrangolare e spezzarla in tante piccole parti e con cura appoggiarle sulla bruciatura.
Aurora mugugnò qualche parola di fastidio, ma strinse gli occhi con forza e si voltò dall’altra parte, per non mostrargli alcuna debolezza.
Infine la coprì con il panno umido, stringendolo lentamente perché non andasse a toccare la ferita, ma che almeno potesse proteggerla da contaminazioni.

“Vi ringrazio” disse semplicemente, nel momento in cui fu libera di riappropriarsi del proprio braccio.

“L’ho fatto solo per evitare di ascoltare le vostre lamentele per tutto il giorno” rispose Hook, al suo solito modo, alzandosi in piedi per allontanarsi dalla fonte.

Aurora sospirò, sfiorandosi appena l’abito, avvolgendone una parte tra le mani. Non riusciva a comprendere tutta quella ostilità, ma una parte di sé sapeva che c’era del buono in lui. Doveva esserci e prima o poi lo avrebbe tirato fuori.
Era ora di tornare a camminare, si domandava se prima o poi la Foresta si sarebbe rivoltata contro di loro. 






// Nda: 

Salve a tutti! ^^
Intanto vorrei ringraziare RunaMagus per la splendida illustrazione che ha disegnato per questa storia, come si vede ad inizio capitolo. 
Poi ringrazio tutti coloro che hanno iniziato a seguirmi, mi state dando davvero la carica per continuare!
Ammetto che questo capitolo non mi piace particolarmente, ma è un pò un capitolo di transizione, spero quindi di riprendermi dai prossimi di modo che sia più movimentato. 
Mi auguro di riuscire davvero ad aggiornare una volta a settimana, purtroppo la mancanza di connessione è pesante. 
Rinnovo ancora i miei ringraziamenti, al prossimo capitolo!

Yoan

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il coraggio di vivere ***


Pictures of you, pictures of me
Hung upon your wall for the world to see
Pictures of you, pictures of me
Remind us all of what we used to be. 

~*~



IV. Il coraggio di vivere

 



 

 

Si sentiva soffocare, non riusciva più a risalire in superficie. Avvertiva le vie respiratorie ostruite, spesso conduceva le mani alla gola, un gesto che credeva funzionasse a migliorare la respirazione.
Provava, ma non vi era alcun risultato. L’acqua confluiva fino ad oscurarle i polmoni, non riusciva a filtrare l’ossigeno.
Cercava di nuotare, ma qualcosa la fermava, come delle catene invisibili incastonate nel pavimento di marmo.
Ogni volta che tornava in quella stanza maledetta non vi erano che fiamme, o inondazioni, o terremoti o bufere. Soffriva e non vi era modo di fuggirne.
Avrebbe desiderato non dormire mai più, ma ne aveva bisogno, il corpo lo richiedeva. Ancora una volta aveva timore di non risvegliarsi, essere totalmente incosciente del mondo esterno e rimanere chiusa in un’eternità immobile che non desiderava.
Hook, ad ogni alba  era costretto a destarla dal sonno e dai suoi incubi. I lamenti e i pianti emergevano tutti alla medesima ora e il tormento era eccessivo, persino per chi stava ad osservarla e non poteva provare quelle stesse sensazioni.
E così  si ripeteva la stessa storia. Se era stata colpita dal freddo, si riscaldava. Se era stata bruciata dalle fiamme, si ungeva con un unguento particolare preparato dal pirata perché non lasciasse le ustioni sul corpo.

“Siete un fiore raro, sarebbe un vero peccato lasciarvi perdere i petali” le ripeteva Hook, ogni volta che lei lo ringraziava per rimanerle accanto in quegli oscuri momenti di tormento.

Lei, ovviamente, si ritraeva nel suo rossore che per nulla rientrava con la timidezza, era abituata a ricevere complimenti e non era la prima volta che si trattava di un uomo affascinante a farne.
Ormai erano trascorsi vari giorni dal risveglio e da quando erano entrati nella Foresta Proibita, avevano imparato a rispettare gli spazi altrui senza intercedere quando l’altro voleva rimanersene per sé.
Evitavano i battibecchi inutili, tentavano di instaurare una convivenza ottimale per entrambi, la guerra in quel momento non li avrebbe condotti a nulla.


“Questa volta cos’avete affrontato?” le domandò Hook, quando le vide aprire gli occhi avvolti nello sconforto e nella paura.

Aurora si mise in piedi, abbandonando il giaciglio di foglie verdi che era stato il suo letto. Si mordeva le labbra freneticamente, sentiva ancora l’umido dell’acqua su di esse mentre tentava di raggiungerle la gola e i polmoni.

“Siete pallida, si sarà trattato della stanza inondata” la precedette, mentre si alzava anche lui per spegnere il fuoco della sera prima, colpendolo lentamente con i piedi per sotterrare le ceneri.

“Non resisto più” disse lei, con le lacrime agli occhi che cercava di rimandare indietro. “Un’altra notte in quella stanza e penso che potrei morire. Ho paura ogni volta che è l’ora di andare a dormire” sussurrava, scostandosi i capelli dietro le spalle.

Era stanca anche di camminare continuamente su un terreno difficile da attraversare. Si era dovuta togliere le scarpe e conservarle in una sacca, il tacco aveva iniziato a consumarsi e non erano di certo comode per quel tipo di evento. Si era costretta, con rammarico, a camminare priva di calzature e spesso le dolevano molto le piante dei piedi che incontravano pietre acuminate facili da conficcarsi nella pelle.
Anche i lembi dell’abito erano mortificati dai rovi che di tanto in tanto si trovavano e dagli arbusti che inspiegabilmente nascevano dalla terra, appuntiti, volti proprio a farla incastrare in quei punti.
Avrebbe desiderato cambiarsi d’abito, ripulirsi di tutto punto e sistemarsi invece di portare con sé un cattivo odore ad ogni termine di giornata (non sempre trovavano fonti d’acqua abbastanza grandi) e le incrostazioni di fango ricamate sull’abito.
Hook aveva ragione, la Foresta Proibita non era il luogo adatto a lei. Una principessa non dovrebbe vivere in quel modo, senza agi e senza che tutto le sia dovuto.
Persino la vita nella casa di campagna era raffinata e poteva avere tutto ciò che desiderava. Forse si sarebbe arresa e non avrebbe salvato il suo regno. In fondo si era già sacrificata una volta, cos’altro doveva ancora fare?
Si sentiva sciocca a ragionare in quel modo così egoistico, lei non era così. Il sacrificio era la chiave della sua vita, ritrarsi indietro l’avrebbe dipinta come una codarda ed era troppo orgogliosa per acquisire una nomea simile. 

“Temo che non vi sia soluzione, Aurora. Non so come possano essere spezzati gli effetti di una maledizione, ma potete prendere in mano la situazione e tentare di sconfiggerli” le disse Hook, mentre estraeva la sciabola dalla guaina per poter aprire un passaggio di arbusti secchi ed intricati che si stanziavano davanti a loro.

“In che modo? Io non ho controllo su ciò che accade nei miei sogni, non posso comandarli a mio piacimento” rispose lei leggermente stranita da quell’affermazione così assurda. Si teneva indietro, in attesa che tutti i rami si distogliessero dalla strada.

“Questo è un errore che fanno in molti, dolcezza. In diversi paesi orientali che ho avuto il piacere di visitare, ci sono alcuni uomini che sono in grado di governare i propri sogni e spesso è durante il sonno che vanno a trovare gli amici lontani” la guardò per un attimo, per farle comprendere che era serio e non si stava burlando di lei “esistono diverse tecniche per prendere coscienza di sé all’interno del sogno, anche se non sono riuscito mai a metterle in pratica, la pazienza non è una mia virtù”.

Aurora si morse appena il labbro, tutto quello che stava ascoltando le sembrava una follia, ma in fondo non trovava una soluzione migliore di quella. Almeno, doveva tentare.
“Io so essere paziente. Esattamente come si procede? Insomma, posso governare i miei movimenti o anche ciò che accade nel sogno?”

“Entrambe le cose” rispondeva Hook, continuando a districarsi tra i rami che si arricciavano sulle loro teste, ormai era quasi riuscito ad aprire il passo davanti a sé. “Spesso i sogni sono creati dalla nostra parte più intima,  il nostro corpo è addormentato e la nostra mente altrettanto. Quel che si deve fare è riuscire ad addormentare il corpo e tenere sveglia la mente, per prendere coscienza di sé all’arrivo del sogno. Una volta che avrai imparato potrai imporre il tuo volere, cambiando le cose a tuo piacimento”.

“Uhm…” disse semplicemente lei, ancora poco convinta. Era abituata a vivere nei propri sogni, quando era bambina le piaceva svegliarsi con quei ricordi mattutini dove aveva attraversato mondi magnifici e incontrato le più strane tra le creature.
Ma erano stati soltanto sogni, nient’altro. Solo Filippo si era rivelato essere una realtà, se non fosse stato per il fatto che in quel momento lo sentiva tremendamente lontano e avrebbe desiderato ricevere un suo caldo abbraccio di rassicurazione.

Hook aveva terminato l’opera ed andò a riposare la sciabola nella guaina, soddisfatto del lavoro compiuto. Aurora finalmente poté attraversare il breve sentiero calpestando i rami secchi e bruniti che poggiavano sul manto di foglie.
Sembrava che all’interno della Foresta non scorressero la stagioni, vi erano tutte e in contemporanea.
A volte credeva che gli alberi si muovessero o che addirittura riuscissero a parlare tra loro. Altre immaginava che le fonti d’acqua fossero abitate.  Ma non aveva paura, quel pirata era riuscito a tranquillizzarla, se la cavava piuttosto bene e sembrava conoscere tutti i sentieri della foresta.

“Toglietemi una curiosità” le domandò lui, procedendo su una via davanti a sé, circondata da piante dalle foglie quadrate che sporgevano sul cammino “perché Malefica odia tanto la vostra famiglia? Non mi avete spiegato come siete caduta nella maledizione”.

“Siete talmente tanto egocentrico che non vi siete posto prima il problema” sussurrò lei, un po’ indispettita.

Hook lasciò calare il sorriso sulle labbra, prima di dire “Mi piace essere desiderato, principessina”.

Aurora sbuffò, scuotendo appena la testa.
“Ebbene, credo che sia arrivato il momento di raccontarvi la mia storia. In fondo voi mi avete narrato una parte della vostra.” Prese coraggio ed iniziò “Malefica era la figlia del re della Torre D’Acqua, il regno che si trova al di là della Foresta Proibita, era stata promessa a mio padre sin dalla tenera età. I loro genitori desideravano unire le casate così da portare la pace tra i due regni. Mio padre era innamorato di Malefica, il cui vero nome temo di non ricordare, così anche lei era rimasta soggiogata da quell’amore che nessuno credeva possibile, essendo stato imposto. Immagino sappiate che noi nobili non abbiamo libertà di scelta, in proposito”.

“Una vera stupidaggine, se posso permettermi. Per questo sono un pirata, per essere libero da sciocchi ed inutili conformismi. L’amore imposto non è amore” rispose Hook, appropriandosi di un argomento che gli procurava una leggera fitta all’altezza del cuore.

“Temo che in questo possiate sbagliarvi, pirata. A volte è un bene che l’amore cresca lentamente, anche quando alla radice sembra che non possa esservene. Costruirlo vuol dire essere maturi e acquisire una tenerezza che non tutti gli innamorati che dicono di essere tali hanno. In ogni caso, non credo che ci sia bisogno di discutere sui tipi di amore che esistono, giusto?” tentò lei di annegare immediatamente quella discussione, preferiva raccontare il proprio passato, aveva timore che lui potesse farle qualche domanda sull’amore che provava lei per Filippo e sapeva di non conoscere le parole adatte per descriverlo. Per sua fortuna, anche Hook non desiderava procedere verso quella strada e lei poté continuare.
“Dunque, siamo rimasti a quando mio padre e Malefica si innamorarono. In realtà, mio padre era ancora molto giovane e poteva incontrare la futura sposa soltanto durante l’estate [1], la vedeva crescere di anno in anno ma non era mai certo della sua evoluzione caratteriale. Malefica era uterina, umorale, cambiava a seconda del tempo e nelle ultime estati sembrava aver mutato il suo essere dolce e premurosa, come se la sua maschera avesse preso a cadere. Mio padre però preferì non farvi caso, continuando ad amarla come dall’inizio. Solo che durante una delle estati più fredde della storia del regno, non fu possibile l’incontro trai due e proprio in quel periodo mio padre incontrò una giovane donna, figlia del nuovo consigliere del re. Come avrai ormai intuito, i due si innamorarono perdutamente. Mio padre poté comprendere quanto fosse diverso quel tipo di amore, quello che provava per Malefica non era stato altro che un’illusione portata avanti per il bene del regno. Mentre quello che provava per mia madre era sincero, reale, tangibile. Così quando mio nonno morì, non ebbe più potere sulle decisioni del futuro re che spezzò l’accordo tra i regni e sposò la donna che amava, facendo cadere Malefica nella disperazione. Lei non aveva mai smesso di amarlo, ma era consumata dall’odio e dal rancore, tanto da cadere nella magia oscura per potersi riprendere ciò che desiderava. Quando nacqui io, gettò una maledizione su tutto il regno. Se il giorno dei miei sedici anni non avessi punto il fuso di un arcolaio, il regno sarebbe caduto in disgrazia. Per questo i miei genitori mi portarono via, perché non incontrassi mai alcun pericolo sulla mia strada. Vivevo tra il palazzo ed una casa in campagna, una doppia vita che non mi piaceva affatto. Non mi sentivo parte di nulla. Ma non potevo permettere che la maledizione si avverasse, così proprio il giorno del mio sedicesimo compleanno fuggii dalle mie madrine e punsi il fuso dell’arcolaio all’interno della torre del Palazzo, cadendo in un sonno profondo. Quel gesto avrebbe dovuto salvare il mio popolo, ma Malefica non deve aver rispettato i patti” sussurrò con rabbia crescente.

Hook era rimasto ad ascoltare il silenzio, senza pronunciarsi in alcun giudizio. Una storia interessante, ma non era una novità per le sue orecchie. In quelle terre era a tutti noto quanto le Regine o le Streghe detestassero i regnanti che in qualche modo erano entrati in competizione con loro.
Malefica aveva semplicemente ceduto ai propri desideri, alla vendetta, alla ribellione. Lui in fondo era un cattivo, mosso da sentimenti poco affini alla natura principesca che Aurora possedeva.

“I giuramenti delle Streghe valgono poco, mia cara Aurora. Loro non si appellano ad alcuna coscienza, spezzare un patto fa parte della loro natura” le spiegò, come se fosse del tutto normale  ciò che era accaduto.
“Quindi, avete scelto di sacrificarvi per la vostra famiglia e il vostro popolo. Fatemi indovinare, avete preso questa decisione quando vi siete  accertata che in futuro sareste stata svegliata dal vostro amato principe?”

Aurora corrugò la fronte, fermandosi di colpo e portando le braccia al petto.
“Voi non potete capire, Killian Jones. Non tutti possiedono uno spirito di sacrificio così alto da riporre tutto nelle mani di un’altra persona. Ho dato me stessa per il mio regno ed ero certa che Filippo un giorno mi avrebbe salvata”.

Hook scoppiò a ridere, fermandosi anche lui ed iniziando a girarle intorno con fare provocatorio, voleva farla arrabbiare, si divertiva.
“Peccato che Filippo non sia più giunto da voi. Non avevate messo in conto che si sarebbe potuto innamorare di un’altra donna?” le domandò, cogliendola nel punto dolente.

Lei continuava a stringere le braccia al seno, torturandosi le labbra e sbattendo le palpebre con furia.
“Questo è impossibile. Io e Filippo eravamo innamorati, il nostro era vero amore” sussurrò con convinzione.

“Ah, certo. Il vero amore…” sghignazzò Hook, lasciandola da sola mentre camminava a ritroso, dando le spalle al sentiero.  “Allora spiegatemi il motivo per cui il mio bacio ha funzionato”.


“Io questo non posso saperlo, ma sto cercando di scopr…” non ebbe il tempo di terminare la frase che si slanciò in avanti con gli occhi sbarrati “Killian, attenzione!” esclamò nella sua direzione, ma ormai era troppo tardi.

Hook, con quell’ultimo passo indietro, si ritrovò immerso con tutte le gambe in una pozza di sabbie mobili.
Aurora si gettò verso di lui, a debita distanza e provando ad allungare le braccia perché le potesse afferrare.

“Non mi ricordavo che fossero qui, maledizione!” inveì Hook con rabbia, cercando di stendere il busto per provare ad uscire. “Andate a cercare un ramo che sia abbastanza lungo e spesso, non perdete tempo con i piagnistei!” le ordinò immediatamente, tentando di alzare le braccia per non immergere anche quelle.
Se si fosse mosso sarebbe stato risucchiato più in fretta, doveva solo sperare nelle capacità di Aurora.

Poco dopo, mentre le sabbie avevano iniziato a lambirgli i fianchi, lei tornò con un ramo che gli passò in tutta fretta.
“Se non vi foste comportato di nuovo da saccente, ora non vi ritrovereste in questo guaio”.
Era incredibile il modo in cui lei continuava ad incalzarlo, nonostante la situazione compromettente.

“Ma non vi ha mai insegnato nessuno a chiudere la bocca nei momenti difficili?” di rimando, Hook non poteva esimersi dal rispondere allo stesso modo “Metteteci più forza, dovete tirarmi fuori di qui, non caderci dentro!” le sabbie continuavano ad inglobare parte del suo corpo, lo stomaco era già stato sommerso e mancava poco per ricoprire tutto il busto.

“Ingrato, dovreste ringraziarmi, potrei benissimo lasciarvi qui invece di aiutarvi” le parole stentavano ad uscire dalle labbra di lei, lo sforzo che stava compiendo era considerevole e le sue braccia non erano abbastanza forti, ma continuava ad indietreggiare imperterrita per poterlo tirare su.
Lentamente, ci stava riuscendo.

“Certo, per poi essere sbranata dalle lepri” le rinfacciò l’importanza che lui aveva in una situazione simile, era la sua guida, non poteva permettersi di perderla.
Ma il ramo si spezzò, proprio nel momento in cui la tensione era al massimo. I due si lanciarono uno sguardo carico di preoccupazione.
Aurora si guardò lo scialle che aveva avvolto intorno al collo, senza riflettevi lo srotolò velocemente e andò a legare un’estremità al tronco dell’albero più vicino alle sabbie mobili.
Hook poco a poco veniva sempre più inglobato, tanto che le sabbie andarono a rivestirgli il petto per intero, ormai soltanto la testa rimaneva visibile e la mano che a fatica rimaneva fuori.

“Non ho idea di quello che state orchestrando, ma io qui ci sto rimettendo la pelle!” esclamò ancora lui, ora che il mento iniziava a scomparire.

“Un po’ di pazienza!” rispose lei, prima di ricomparire con l’altra estremità dello scialle che riuscì a lanciare fino alla mano di lui. Riuscì ad afferrarla con la destra e arrotolarsela sul dorso, stringendo con forza.
Ormai non mancava molto al salvataggio, sarebbe bastato davvero poco, forse soltanto un istante in più.
Hook fu sommerso completamente, la tensione dello scialle si ammorbidì.
Aurora sgranò gli occhi incredula, non era possibile. Credeva che in quel modo sarebbe riuscita a recuperare il tempo perduto, ma evidentemente non aveva fatto bene i suoi calcoli.

“Killian!” si inginocchiò ai piedi delle sabbie mobili, accuratamente a distanza per non cadervi dentro. “Killian Jones, se questo è uno dei vostri scherzi, non è divertente!”.
Lui non rispondeva, al contrario, la tensione dello scialle sembrava scemare sempre di più.



 

 

 

Killian era seduto sugli scalini fuori dalla porta di casa, aveva ancora gli occhi lucidi e la mela che era riuscito a rubare allo zio aveva il gusto della delusione.
Suo padre era un uomo onesto, nessuno doveva permettersi di dire il contrario. Avrebbe lottato per difendere il suo onore fino alla fine. Non c’era quasi mai a casa, da quando era morta la madre, lavorava tutto il giorno e non passavano più il tempo insieme come una volta.
Come ogni sera lo aspettava lì, prima della magra cena che li aspettava, quando era possibile averla. Molti dei passanti si fermavano a salutarlo, chiedendogli se avesse bisogno di qualcosa, ma lui rifiutava sempre con orgoglio.
Suo padre non gli faceva mancare niente, diceva. In realtà aveva sempre tremendamente fame, ma cercava di non darlo mai a vedere a lui, non voleva dargli alcun dispiacere.
Quella sera però, Dwigth Jones fece ritorno a casa poco dopo il tramonto, un orario decisamente inconsueto. 
“Ragazzino, sei sempre qui che mi aspetti?” lo salutò, appoggiandogli un dito sulla fronte per fargli alzare lo sguardo.
Killian incontrò i suoi occhi, quegli occhi azzurri e penetranti, così profondi da potersi perdere dentro. I capelli scuri e la barba incolta gli ricoprivano il viso arrossato dalle continue bevute.
“Padre!” si alzò in piedi Killian, ricacciando via le lacrime.
“Hai pianto?” gli domandò premurosamente, passando il pollice all’angolo degli occhi, per constatare lui stesso i fatti. “Se è stato uno dei tuoi amici, mi auguro che tu lo abbia sistemato per le feste”.
Killian annuì, gonfiando il petto con orgoglio.
“Ah, non fare quella faccia” gli prese il braccio destro, mostrandogli il gomito scoperto “hai riportato un livido. Non puoi dire di aver vinto, se l’avversario è riuscito a sfiorarti anche solo con un dito [2]”.
Gli lasciò un sorriso appena stentato, tutte le sue premure erano terminate. Killian si riprese il braccio, nascondendoselo dietro la schiena e chinando in basso la testa.
Rientrarono a casa, una casa spoglia e priva di mobili. C’erano solo un tavolo e due sedie, tutte le altre erano state usate come legna da ardere per quell’inverno. Le pareti erano spoglie, una volta erano colme di stoffe lavorare dalla madre per decorare le stanze.
“Padre…” disse Killian, una volta che si sedette, con la speranza di poter mandare giù qualcosa di diverso dalla frutta rubata al mercato.
Dwigth lo interruppe, mentre si gettava a sedere anche  lui, coprendosi il viso con le mani.
“Sono molto stanco, stanotte devo tornare a lavoro. Sei riuscito a farti dare del pane da Norah?”
Killian, mortificato, fece un segno negativo con la testa.
“Norah non c’era oggi e mi hanno cacciato via appena mi hanno visto. Però sono riuscito a prendere un paio di mele!” il bambino si alzò subito con entusiasmo, andando a rovistare nella sacca che aveva abbandonato sul giaciglio al rientro.
“Puoi prenderle entrambe, io ho già mangiato” gliele porse con gentilezza.
“Bravo bambino, sono fiero di te” rispose Dwigth mentre andava ad afferrare golosamente le due mele per poterle mangiare.
Caddero entrambi in un lungo silenzio, che durò tutta la magra cena, ognuno avvolto nei propri pensieri.
Poi, Killian si rianimò e decise di affrontare quel discorso che un po’ lo spaventava.
“Padre…” tentò di nuovo, ebbe la meglio “oggi lo zio mi ha detto una cosa molto brutta. E’ vero che hai rubato dei soldi al vecchio Jay?”.
Dwigth smise di mordere il torsolo della mela, gettandolo a terra e battendo un pugno sul tavolo.
“Quell’uomo deve finirla di mettere in testa a mio figlio strane idee e tu, Killian, non devi credergli. Sono tuo padre! Mi conosci, credi davvero che potrei ingannare  il vecchio Jay? Guardami!” gli prese il viso e se lo avvicinò al suo, i loro occhi si mescolarono nello stesso sguardo intenso. “Guardarmi, credi che potrei comportarmi in modo così vile?”.
Killian trattenne il fiato, assolutamente pentito di aver potuto credere alle parole false dello zio. Doveva immaginarlo, non poteva essere vero. Suo padre era un uomo onesto.
Negò tutto, credendo fermamente alle sue parole e si rincuorò. Si fidava di suo padre, era l’ultima persona che gli era rimasta in cui poter credere in qualcosa.
“Bravo bambino” ripeté ancora, lasciando la presa su di lui.




 

 

Non poteva arrendersi in quel modo. Non poteva abbandonare la sua vita in quel conglomerato di sabbia, come se nulla fosse, cedendo come un codardo.
Sentiva quella voce richiamarlo ancora, quanto stava passando? Non poteva rispondere, stava morendo.
Ma lui non era come suo padre, lui non si era mai arreso. Era sempre andato avanti, aveva sempre combattuto per se stesso, forse in modo disonesto, ma non si era mai fermato.
Doveva riprendere le forze, doveva lottare.
All’improvviso lo scialle si mise di nuovo in tensione, con tutta la forza che aveva, Hook tentò di uscire dalle sabbie mobili, aggrappato con la mano sana all’unica speranza di vita.
Riuscì a salire le sabbie, poco a poco, quando Aurora si accorse dell’ampio respiro che venne fuori, si rianimò alzandosi in piedi e tirando lo scialle per poter aiutare il compagno.
Hook risalì, gettandosi lontano da quel tormento, sporco di fanghiglia e melma che si cospargevano sugli abiti neri.
Aurora corse da lui, gettando lo scialle a terra e afferrandogli il viso tra le mani, aveva gli occhi chiusi.

“Killian, svegliatevi!” gli ordinò, tirandogli un sonoro schiaffo sulla guancia.

Lui si drizzò subito con la testa, tossendo e sputando parte della sabbia che aveva ancora in bocca.

“Che diamine, mi stavo riprendendo!” inveì contro di lei, mentre si puntellava con i gomiti per rialzarsi almeno con il busto.

Aurora prese a ripulirgli il viso passandovi sopra le dita, così da scoprirne i tratti nascosti dalla sabbia che si era attaccata.

“Credevo foste morto per la seconda volta” si scusò subito, sentendosi innocente.

“Vi siete preoccupata per me?” sogghignò Hook “Ho sentito la disperazione nella vostra voce. Alla fine di questa avventura, vi innamorerete di me” ridacchiò, togliendole quelle mani fastidiose che continuavano a disturbargli le espressioni del viso. Poteva pulirsi da solo, non era un bambino.

Aurora, impettita, si alzò immediatamente in piedi.
“Non ditelo nemmeno per scherzo! Certo, ho avuto paura che foste morto ma solo perché mi sarei ritrovata da sola. Non tengo alla vostra vita così tanto da piangere una vostra supposta mancanza” e si girò dall’altra parte, con le braccia piantate al petto.

Hook rimase a terra, con l’uncino tra i capelli e l’altra mano appoggiata sul terriccio umido. Sarebbe potuto morire davvero, se non avesse trovato la giusta forza di volontà .
Forse, da morto, avrebbe desiderato sentire ancora la sua voce petulante.

“In ogni caso vi consiglio di ritirare quello che mi avete detto in precedenza: La Foresta Proibita non è adatta nemmeno a voi” e con soddisfazione, Aurora iniziò ad allontanarsi.

O forse  no.


 




Note: 

[1] Vi ricorda per caso L’incantesimo del lago? :P

[2] Questo l’ho ripreso dal mio insegnante di scherma, secondo cui la vera vittoria sta nel non farsi mai toccare dall’avversario.






Nda: 
Sto andando davvero lentamente, sia con la Sleeping Hook che con la Red Hook, ma purtroppo ho finito ieri l'ultimo esame della sessione e non ho avuto molto tempo per scrivere. Ma cercherò senz'altro di recuperare, in fondo vorrei tornare a pubblicare una volta a settimana ^^. 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, entrare nell'infanzia di Hook è difficile e non voglio fare sciocchezze, almeno ci provo.
Ringrazio sempre tutte coloro che continuano a seguirmi e mi auguro che continueranno a farlo ^^ un bacio a tutte! 

Yoan

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il cerchio di pietre ***


So lateley, been wondering
Who will be there to take my place
Whan I'm gone, you'll need love
to light the shadows on your face.
~*~

 

 

V. Il cerchio di pietre




Trascorsero almeno un paio di giorni, o forse più. Il tempo si dilatava e nessuno dei due riusciva ad accorgersi di quanto fosse passato dal risveglio di Aurora.
Nonostante Hook avesse il suo fortunato orologio da taschino, non riusciva a tenere il conto dei giorni. Rimanere in una foresta giorni e notti di seguito era pericoloso, non sempre si riusciva a cacciare e non tutti i frutti erano buoni da mangiare, soprattutto alcuni erano totalmente fuori dalle conoscenze del pirata.
Vivere in quel modo per Aurora non era facile, abituarsi a camminare scalza per finire con i piedi nel fango, avere i lembi delle vesti strappate, non potersi cambiare d’abito e lavarsi solo quando possibile la rendevano irascibile e permalosa.
Hook invece non aveva alcun problema a riguardo, aveva attraversato situazioni peggiori e si era temprato grazie alla vita trascorsa in mare.
L’unica questione che gli stringeva la gola, era quella di non ricordare quanto lunga fosse la foresta. L’aveva attraversata una volta sola e ricordava ogni particolare indizio, ma non sempre riusciva a tirarsi fuori da qualche impiccio sorto per caso.
Quel luogo brulicava di pericoli, come le sabbie mobili. Aveva dovuto ammettere  a stesso che da solo non sarebbe sopravvissuto.
Ma in fondo era bravo nel tirarsi fuori dai guai, chissà come sarebbe andata se fosse stato soltanto lui ad incamminarsi in quei sentieri pericolosi.
Giunsero di fronte ad un immenso spiazzo verde, privo di alberi al centro, gli unici si limitavano a circondarlo all’estremità, come a voler creare delle porte.
Proprio lì, sull’erba verde e rigogliosa, sorgeva un cerchio di pietre  disposte in posizione elicoidale, non erano molte ma lo sembravano quasi.
Hook alzò per un attimo gli occhi, si accorse che proprio in quel punto non vi erano le fronde degli alberi a coprire il cielo, ma anzi il sole riusciva a penetrare sulla terra per bagnarla con i suoi raggi luminosi.

“Un cerchio per il fuoco! Allora non siamo i soli ad attraversare la Foresta Proibita” si pronunciò Aurora, rimanendo a breve distanza.

Hook scosse leggermente il capo, accingendosi a raggiungere il cerchio.
“Temo che non sia così recente, soprattutto non è un cerchio per il fuoco. Non vi sono tracce di fumo, né di cenere e l’erba al centro è fresca”.

“Allora di che si tratta?” insistette Aurora, seguendolo lentamente, aveva sempre timore delle novità che si incontravano man mano che andavano avanti.

“Di qualcosa di molto antico, ma non ne so molto. E’ un cerchio magico, veniva utilizzato da alcuni maghi per scopi religiosi ed astronomici o qualcosa di simile” rispose lui, sedendosi a poca distanza dal cerchio per poterlo osservare meglio. In fondo una pausa non avrebbe gravato sulla tabella di marcia.

“Non ne avevo mai visto uno, in realtà pensavo si trattasse solo di una leggenda” disse lei, spostandosi di lato per poter vedere meglio, non si fidava ancora e non voleva avvicinarsi troppo.

Dopo tutto quello che avevano affrontato fino a quel momento, non desiderava incappare in un nuovo guaio. Anzi, sarebbe stato meglio rimanere immobili il più possibile per evitare che la Foresta potesse risvegliarsi. In effetti era ormai certa che fosse viva, come se seguisse i loro movimenti. Ma forse era solo suggestione.

“Siediti qui accanto a me, l’aria è diversa” la incitò Hook, che aveva iniziato a chiudere lentamente gli occhi, per sprofondare nei meandri della sua mente, escludendo tutto il resto del mondo.

Aurora decise che era giunto il momento di fidarsi e compiere quel passo che l’avrebbe avvicinata di più allo strano cerchio, tant’è che quando vi arrivò ad un passo di distanza, fu investita da una sensazione pacifica e di benessere.
Ancora suggestione?
L’aria era davvero diversa, più respirabile, pulita, colma di energie. Si sentiva rinfrescata, avrebbe potuto camminare per giorni senza fermarsi mai.
Si inginocchiò più avanti di Hook, per beneficiare di tutta quella trasmissione di energia. Chiuse le mani in grembo, chinando appena il mento e chiudendo anche lei le palpebre per concentrarsi.
Aveva un innato bisogno di non pronunciare nessuna parola, di abbandonarsi totalmente a se stessa e di non concedere ad altri di interrompere quel momento.


 
 
 
La terra tremava sotto i suoi piedi, gli alberi cadevano e si abbattevano al suolo. Il cielo era irraggiungibile, troppo lontano per poterlo scorgere. La macchia verde del bosco era fitta, si aprivano varchi nei tronchi, il terremoto era appena iniziato e non riusciva ad arrestarsi.
Aurora si sentì mancare la forza di reggersi in piedi, continuava a fuggire, alla ricerca di un nascondiglio per non rimanere sepolta da tutto ciò che stava raggiungendo la terra.
Tremava all’unisono dei tronchi robusti che iniziavano a distaccarsi, recidendo le radici fino a spezzare ogni legame che possedevano.
Di nuovo si trovava nella stanza del terremoto, ormai ogni volta che entrava nel mondo onirico finiva per ispezionare un posto diverso, non teneva più il conto di quante volte fosse capitata lì.
Doveva rimanere calma, urlare non l’avrebbe aiutata ad uscirne.
Cosa le aveva detto di fare Hook per controllare il proprio sogno? Anche se sotto effetto dei postumi della maledizione del sonno, tutto quello era creato dalla propria mente, avrebbe affrontato quella guerra con se stessa.
Prima cosa: guardarsi le mani.
Tentava, stava davvero tentando di farlo, ma qualcosa glielo impediva. Non riusciva a porre l’attenzione su di esse, sui palmi, come le era stato indicato.
Seconda cosa: saltare.
Quando si ha la sensazione improvvisa di cadere è perché nel sogno si sta saltando, per balzarne fuori.
Provò a saltare, a sollevarsi dalla terra che tremava, ma non vi fu proprio nulla da fare. La mente non riusciva a controllare il corpo onirico.
Avrebbe voluto piangere, se solo non fu costretta a spostarsi quando vide un albero distaccarsi dal suolo per roteare verso la sua direzione.
Si piegò per poi schivarlo, con le vesti incastrate sotto di esso, si era salvata per miracolo.
Perché d’istinto riusciva a controllare i movimenti e con la volontà non vi era nulla da fare? Non capiva, non veniva a capo di quella situazione.
Sua madre molte volte le aveva detto che l’istinto faceva parte di una natura intrinseca, difficile da controllare ma che poteva venire in aiuto nel momento del bisogno.
Invece la volontà doveva diventare forte per poter essere domata. Ma lei non era mai stata in grado di riuscire in una cosa simile, aveva sempre contato sul proprio istinto e mai su ciò che desiderava ottenere.
Di nuovo quella voce irruppe nella sua testa, nella stanza del terremoto, chiamandola a gran voce perché si risvegliasse.
Ed ecco che Aurora aprì gli occhi vorticosamente, presa dallo spavento, gettandosi in avanti con foga.



 
Avvertì le mani calde di Hook stringerle le guance, avvolgendo anche delle ciocche di capelli che ricadevano sparsi sulle spalle.
Lo fissò inorridita per quello che aveva visto in sogno, più per la sensazione di malessere che era giunta al risveglio.
Quante volte ormai si era ritrovata in quella situazione, con Hook che tentava di farla tornare in sé? Ormai era divenuta quasi un’abitudine ed affidarsi a qualcuno in fondo diventava piacevole, anche se quel qualcuno era tutto fuorché un uomo onesto.

“Come hai fatto ad addormentarti in un posto simile?” fu la prima domanda che giunse alle orecchie di lei.

“Non mi sono resa conto di nulla” si fece aiutare ad alzarsi in piedi, tenendo una mano adagiata sulla fronte, come a voler scacciare il giro di testa che era sopraggiunto “appena ho chiuso gli occhi mi sono ritrovata in quella stanza e…” cercò di continuare, ma le forze le mancarono e se non fosse stata per la presa ferrea di Hook sarebbe caduta.

“Attenzione dolcezza, comprendo il tuo desiderio, ma sono atteso da molte altre donne. Non credo di poterti ancora concedere la precedenza” le sorrise al suo solito modo, senza lasciarla andare.

Anche questa era un’azione che si era già ripetuta. Sembrava che certe dinamiche non potessero essere disciolte. Hook la risvegliava dagli incubi, Hook la teneva stretta per evitare che cadesse. Era quasi diventato il suo perenne salvatore, Aurora ancora non sapeva se questo avrebbe potuto farle piacere.
Di certo però non sopportava i suoi modi di fare egocentrici, perciò si distaccò da lui, sospingendolo via per potersi creare spazio.

“Precedenza!” sollevò gli occhi al cielo “Non riesco a credere che vi siano delle donne disposte a mettere da parte il proprio ego per fare spazio al tuo” così facendo si scostò, osservando per un’ultima volta il cerchio di pietre che le aveva dato quella strana sensazione, per poi sorpassarlo il prima possibile.

“Di certo il tuo ego è spropositato quanto il mio” aggiunse subito Hook “aspetta un attimo, non avere tutta questa fretta. Se siamo qui è per un motivo”.

Aurora si voltò ancora una volta, dargli le spalle era tremendamente difficile, era sempre costretta a guardarlo negli occhi e ciò la infastidiva. Si avvicinò con curiosità, credeva che avrebbero fatto soltanto una breve sosta e che avrebbero proseguito per quella strada, ma evidentemente non era così.
Hook si avvicinò al cerchio di pietre, unendo la punta dell’uncino con il palmo della mano sana, rivolta verso il centro del cerchio.

“Aspetta, che vuoi fare?” domandò Aurora lievemente intimorita, non riusciva a venire a capo di quell’enigma.

“Per una volta potresti fare silenzio e stare a guardare. Fidati, non accadrà nulla” la rassicurò prima di congiungere la parte dell’uncino più acuminata per aprirsi una piccola ferita sulla mano sana, lasciando che il sangue gocciolasse all’interno del cerchio.

In un istante quello stesso sangue si trasformò in una nuvola rossa che iniziò a girare su se stessa, innalzandosi da terra fino a raggiungere le vette più alte, sormontando i rami fitti degli alberi. Poi ricadde con una velocità ed una forza che fece spostare i corpi dei due avventurieri, costretti a coprirsi il viso per difendersi dall’incredibile impatto.
Quando la nuvola si sciolse, ne venne fuori solo un leggero fumo rosa che prese una direzione, come a voler indicare la strada.
Hook sembrò essere molto soddisfatto, tant’è che senza dare spiegazioni iniziò a seguire la scia di fumo, inoltrandosi nuovamente nel manto cupo della foresta.
Aurora rimase a boccheggiare per qualche istante, ancora colta dalle intense emozioni che aveva provato ma senza rimanere indietro, cominciò a seguirlo.

“Cos’era quel fumo rosso?” domandò al compagno di viaggio, affiancandosi a lui in tutta fretta, la scia ormai era scomparsa.

“L’indicazione che ci serviva” mormorò Hook, fasciandosi velocemente la mano destra senza curarsi minimamente del fastidio che gli procurava l’apertura della ferita. “Ti avevo già detto che i cerchi di pietre venivano usati in questo modo, sbaglio?”.

Aurora sembrò particolarmente stupita, da quel che aveva capito non sembrava che Hook sapesse a che cosa servissero quei cerchi magici.

“Non mi sembra” gli rispose leggermente stizzita, detestava essere presa in giro.

“In effetti ero a conoscenza della loro utilità, mi sono diretto verso il cerchio perché temevo di aver sbagliato il percorso, invece ho avuto la conferma che fosse esatto. Non avevo idea di come funzionasse, certi saperi sono troppo antichi per esser ricordati. Ho chiuso gli occhi e mentre tu ti eri addormentata, ho avuto quest’intuizione. In Oriente è una pratica che si usa spesso, in altri modi e ho voluto riproporla” spiegò molto semplicemente, chiudendo la mano fasciata in un pugno.

“Devi aver viaggiato molto, sai più cose di quante ne sappia io. E ho trascorso così tanto tempo sui libri…” esclamò con rammarico lei, sistemandosi lo scialle sulle spalle.
Era la prima volta che non mostrava qualcosa di buono di sé. Era la prima volta che faceva udire un tono di rancore che non le apparteneva.
Con Hook si sentiva in grado di mettere a nuda se stessa, di comunicargli ciò che a nessun altro avrebbe mai potuto rivelare. In fondo in una situazione simile, come poteva nascondersi? Non c’erano mura entro cui fuggire, né sentieri solitari e sicuri per ritrovare la strada di casa.

“I libri non servono a nulla, dolcezza, se non sono accompagnati da un po’ di esperienza” sogghignò lui, dando sfoggio della sua cultura da pirata che lo rendeva irrimediabilmente affascinante.

Dwigth Jones detestava leggere, nemmeno sua madre amava raccogliere i libri in casa se non per sfruttarli come carta da ardere. Killian non ne aveva mai avuto interesse, preferiva studiare le carte geografiche o le carte astronomiche, avevano qualcosa di molto più affascinante.
Spesso però si era fatto aiutare da quei libracci che piacevano tanto a Spugna, un irrimediabile romanticone.
Continuarono a percorrere ancora la nuova ala della foresta, fino al momento in cui non giunsero ad una piccola radura quadrata che ospitava sulla propria erba rigogliosa, grandissime piante verdi dalle foglie larghe e oblunghe.
Il sole riusciva a battere su di esse, lasciando finalmente intravedere il cielo, Aurora non era mai stata così felice.
Camminare quasi sempre in un buio tetro, illuminato da quei pochi raggi di sole, la rendevano inquieta e di cattivo umore.
Ma finalmente aveva trovato un motivo per sorridere e senza nemmeno pensarci, finì per correre verso la radura a piedi nudi, assaporando finalmente l’erba fresca e morbida per abbandonare la terra umida e fangosa.

“Attenzione principessina, il pericolo si nasconde ovunque!” la avvertì Hook, colto da un improvviso sorriso.

Da quando si erano incontrati non l’aveva mai vista sorridere in quel modo, soprattutto non l’aveva vista così piena di energia. Per un attimo desiderò anche lui lasciarsi andare, correrle dietro e condividere tutta quella spensieratezza. Ma non era più un bambino, non soffriva più della tipica leggerezza infantile, era un uomo che doveva portare a termine una missione.
Ottenere ciò che possedeva Malefica non era un gioco, anche se il suo desiderio era quello di ottenere un nuovo tesoro da aggiungere alla collezione.
Il fatto che Aurora si fosse unita a lui rappresentava solo un caso, se avesse saputo cosa stava cercando avrebbe tentato di fermarlo. E lei cosa avrebbe fatto una volta raggiunta la Strega? Sprovveduta ragazzina! Giungere fino al suo castello per poi presentarsi davanti a Malefica, puntandole il dito contro e accusandola di non aver rispettato i patti.
Sicuramente non avrebbe funzionato. Eppure c’era qualcosa di diverso in lei, aveva la sensazione che nascondesse un intero mondo dietro quel visino perfetto e carico di presunzione.
Forse la presunzione non era che una maschera, o ciò che vedeva era solo un abbaglio. Hook non amava guardare l’interiorità degli altri, preferiva conservare la propria come unica e sola importante. Tutto il resto non era nulla.
Aurora aveva smesso di correre, limitando il passo ad un leggero incedere tra quelle larghe piante, fino a fermarsi di fronte a fiori dai gambi così maestosi e grandi da sembrare alberi. I boccioli erano chiusi, alcuni erano viola, altri rossi e gialli.
Hook si avvicinò al gambo con il bocciolo giallo e si accomodò sulle foglie che giacevano sotto di esso. Con un tocco solo fece smuovere il fiore che si staccò dalla terra, i petali iniziarono a roteare in senso orario in modo così veloce da permettergli di innalzarsi in aria, fino a volare.

“Allora, vuoi rimanere lì per sempre?” le domandò lui, che le passò quasi sopra la testa e fu costretta a ripararsi con le braccia per non evitare il possibile impatto.

Aurora era totalmente stupita, non aveva mai incontrato una natura così rigogliosa, strana, diversa dal normale. Sembrava che in quella foresta vi fossero racchiuse centinaia di specie vegetali inesistenti al mondo, come se fossero magiche.
Immediatamente, per non rimanere indietro, si avvicinò al grande fiore viola ma appena andò a sfiorarlo, questo si richiuse sprofondando sotto la terra e lasciando al di sopra timidi petali distaccati.
Corrugò la fronte, non poteva arrendersi. A quel punto non rimaneva che andare a trovare il fiore che Hook aveva sfiorato e una volta lì davanti fece lo stesso, in un solo momento si ritrovò a mezz’aria, avvinghiata al gambo del fiore con tutte le sue forze, in un abbraccio estenuante.

“Se dovesse accadermi qualcosa, sarà tutta colpa tua!” esclamò lei socchiudendo gli occhi e stringendo le labbra, non voleva sapere dove la stava portando quel fiore volante.

Hook scoppiò a ridere, divertito da quella situazione. Forse era l’unica cosa della Foresta Proibita che aveva imparato ad amare. Rimase aggrappato al gambo soltanto con la mano sana, con l’altra stendeva il braccio in fuori per assaporare il vento fresco che gli accarezzava il viso.
Fu lasciato su un piccolo monte che riaccoglieva in sé altri alberi, altri oscurità, era quella la direzione da prendere e non sarebbero potuti sfuggire da lì.
Aurora cercò di atterrare con calma, evitando di farsi male, ma l’impatto fu alquanto disastroso, tanto che cadde rovinosamente a terra proprio accanto ad alcune radici secolari che la avvinghiarono in una stretta morsa.
Quando Hook se ne accorse si avvicinò, continuando a ridere.

“Ci sono troppi pericoli inaffrontabili, ma è quasi divertente vederti cadere sempre in queste trappole” rimase a guardarla, incrociando le braccia, mentre le radici iniziarono ad avvolgere il corpo sottile di Aurora.

“Lo trovi davvero divertente? Aiutami! Non riesco a respirare…” sussurrò lei, socchiudendo un occhio per la fitta che avvertì al petto. Cercava di tirarsi via da quell’imbroglio in tutti i modi possibili.

“E’ tutto nella tua testa, invece di affannarti tanto, prova a rilassarti e a lasciati cullare” le consigliò come quasi ogni volta che avevano incontrato insidie simili.

Hook sembrava sempre così tranquillo, pacato, senza alcun bisogno di mostrare alcun timore. Aurora invece era perennemente presa alla sprovvista, colma di paure indicibili che si associavano comodamente agli incubi notturni.
Anche questa volta decise di ascoltarlo, compiendo per quel che possibile un profondo respiro, abbandonando la presa sulle radici dalla presa mortale.
Trascorse qualche istante di più, la stretta si fece più forte finché non si sciolse completamente quando raggiunse il limite.
Non appena si liberò avvertì lo strappo leggero del lembo delle vesti, ancora una volta, ormai l’abito era stato consumato fino a macchiarsi di fango Aurora detestava sentirsi in quel modo, imperfetta e impossibilitata a cambiarsi.
Le radici si ritrassero, nascondendosi sotto il suolo.
Hook le aveva spiegato che la Foresta agiva in quel modo per difendersi, non per offendere. Molti erano stati quelli che avevano tentato di trasportarne via gli alberi e di intaccare il paesaggio, per questo si era ridotta a dover uccidere chi non voleva preservarla, fino a non riconoscere nemmeno gli amici.
In quel momento, la terra tremò, così tanto da farli cadere. Era quasi impossibile rimanere in piedi in un luogo del genere.
Tremò ancora, ancora ed ancora. C’era qualcosa che la faceva scuotere e di certo non proveniva dal basso. Erano i passi di qualcuno, qualcuno di così grande da destare un leggero timore negli occhi di Hook. Si morse il labbro, prima di afferrare Aurora per una mano e condurla dietro l’albero secolare per potersi nascondere.

“Non muoverti, potrebbe sentirci” disse in un sussurro, tenendola dietro di sé, mentre si affacciava dal tronco per poter vedere il sentiero.

“Chi potrebbe sentirci?” gli domandò accostandosi al suo orecchio e posandogli una mano sulla spalla, voleva capire, non voleva rimanerne esclusa.

“Il troll” confessò subito in un mormorio, chiudendo le palpebre con un leggero fastidio. “Se si trova qui vuol dire che deve aver fame”.

Aurora spalancò le palpebre inorridita, aveva visto i troll solo nelle immagini dei libri, ma non ne aveva mai visti dal vivo. I cavalieri del regno spesso raccontavano di averne incontrati in alcune caverne, altri non fecero mai ritorno quando decisero di inseguirli per riportarne la testa.

“Di solito cosa mangia un troll?” domandò in un sussurro.

“Carne di drago” rispose subito Hook, passandosi l’uncino sulla barba, come a voler pensare ad una via di fuga “e se non ne trova, si accontenta di carne umana”.











Nda: 


Ecco qui il quinto capitolo, finalmente! Devo ammettere che in questi ultimi due ho avuto qualche difficoltà, un blocco particolare che mi ha lasciata un pò perplessa riguardo alla storia ma credo di aver ripreso il via. Spero di non esser stata noiosa con questo capitolo, mentre lo scrivevo non mi piaceva nulla, mi auguro di recuperare T_T.
Grazie sempre per tutte coloro che mi seguono! 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Eroi ***



 

Don't give up
'cos you have friends
Don't give up
You're not beate yet
Don't give up
I know you can make it good. 

~*~
 




VI. Eroi





I passi del troll si facevano sempre più vicini, più rumorosi, erano quasi inquietanti. Aurora continuava a nascondersi dietro le spalle di Hook, come se avesse assolutamente bisogno di sentirsi protetta.
Ma perché proprio  lui? Perché proprio da quello sconosciuto che ormai si stava trasformando in qualcosa di così diverso da quel che aveva creduto all’inizio?
Non aveva ancora compreso il suo passato così a fondo come avrebbe voluto, non riusciva a capire che tipo di uomo fosse davvero.
 Lui l’aveva risvegliata dal sonno, lui le aveva ridato la vita. Ed erano così distanti che anche quella vicinanza sembrava inesistente, come un sogno.
Aurora era abituata a vivere nei sogni, forse per la prima sentiva il bisogno di uscirne e capire la realtà.

“Cosa possiamo fare?” domandò lei, stringendo la mano maggiormente sulla spalla di Hook.

Il pirata si morse le labbra, osservando di tanto in tanto in che direzione stesse andando il troll. Purtroppo per loro, pareva proprio che stesse camminando verso di loro. La sua grotta doveva trovarsi nelle vicinanze.

“Rimanere fermi. I troll possono vedere solo i movimenti, il calore del corpo, ma se rimaniamo al proprio posto non ci vedrà” si inumidì le labbra, le sopracciglia calarono precipitosamente in un’espressione accigliata e preoccupata, non era affatto una situazione affrontabile.

Aveva affrontato tante avventure per mare, quello era l’elemento in cui sapeva muoversi meglio, ma una volta a terra si sentiva perduto.
I passi del troll continuavano ad avvicinarsi, scuotendo gli alberi e le foglie, mentre veniva in avanti Hook poté vedere che stava masticando qualcosa,  dai denti pendeva giù un lungo scheletro. Inorridì nel momento in cui comprese che si trattava dello scheletro di un drago, dunque avrebbero dovuto fare attenzione a non incontrare anche quelle creature infernali.
Era sembrato così facile riattraversare la Foresta, troppi anni erano passati dal giorno in cui l’aveva fatto con successo e forse i ricordi lo avevano ingannato.
Gli occhi dei bambini e i ricordi che ne susseguono hanno una visione sempre molto diversa.
Aurora in ogni caso eseguì gli ordini, rimase aggrappata da una parte al tronco dell’albero, dall’altra alla spalla di lui per poter nascondere il viso impaurito da quel terremoto che le ricordava così tanto i suoi terribili sogni.
Il troll fece per passare, attraversando stancamente e con lentezza il posto in cui si era nascosti. Hook tirò un sospiro di sollievo, avrebbero dovuto attendere ancora qualche istante e poi sarebbero potuti fuggire via.
Se non fosse stato che in quel momento un corvo  uscì dai rami dell’albero dietro cui si erano nascosti, scagliandosi verso quello che aveva di fronte, credendo di aver scampato il pericolo.
Fu proprio in quell’attimo che il troll voltò la testa e si rese conto che vi era qualcuno, tant’è che le grandi e possenti gambe si rigirarono cautamente, insieme al resto del corpo.
Inclinò di lato il capo, fino a comprendere di esser stato ingannato. Gli occhi scuri e neri guardavano incuriositi le due prede che si erano iniziate a muovere, pensando di essere salve. Qualcosa di simile ad una risata risalì in gola, un gorgoglio fastidioso che sapeva di morte.

“Maledetto uccellaccio” mormorò Hook distanziandosi dall’albero e arrivando allo scoperto. Non c’era modo di fuggire da un troll, una volta individuato l’odore della preda era impossibile nascondersi. “Và via, muoviti!” diede una spinta ad Aurora perché si allontanasse in fretta.

Aurora si sfiorò la spalla, dove era stata colpita, senza riuscire a comprendere.

“Vuoi fare l’eroe?” gli domandò con leggero astio “I pirati non possono essere eroi! Non voglio lasciarti qui” la disperazione si leggeva tra le labbra, rimanere sola era forse la punizione peggiore di tutte.

Hook arricciò il naso, leggermente infastidito dal dover risponderle nel momento in cui un troll stava venendogli incontro.

“Esegui gli ordini: sei venuta insieme a me, sono io a guidarti. Ti prometto che mi salverò, ma vattene da qui!” le ordinò ancora, rivolgendole uno sguardo carico di preoccupazione. Il troll si stava avvicinando mentre lei continuava a temporeggiare.
“Forza vieni a prendermi, sono qui! Che c’è, non mi vedi?” domandò alla creatura gigantesca che continuava a far tremare la foresta e a far udire quella risata lugubre.

Aurora si morse il labbro inferiore, con le lacrime che salivano agli occhi. Come era inutile in quella situazione? Tanto forte, tanto intelligente eppure totalmente inadatta ad un’avventura simile. Non avrebbe dovuto trovarsi lì, rimanere al Palazzo di statue e cercare una soluzione logica sarebbe stata la soluzione. Non inoltrarsi in una foresta irta di pericoli per raggiungere una strega che non sapeva come minacciare, in compagnia di un pirata.
Eppure si era affezionata alla sua figura così sincera, così calma e quieta, così rasserenante.
Spesso si era ritrovata ad addormentarsi con l’unica sicurezza che ci fosse lui accanto, pronto a risvegliarla dai suoi tremendi incubi. Si era affidata ad Hook in tutto e per tutto, senza considerare che stava perdendo un pezzo di se stessa ogni giorno di più e che stava cambiando visione del mondo.
Iniziò a correre velocemente, per allontanarsi, per non sentire e non vedere ciò che temeva. Ma le cose non andarono come avevano previsto.
Hook aveva dimenticato che i troll preferivano la carne più dolce delle donne, infatti quest’ultimo non fece altro che superarlo ed iniziare a rincorrere colei che fuggiva, la preda più succulenta.

“Aurora!” la avvertì Hook voltandosi indietro mentre il troll lo superava “Sta arrivando verso di te!” gridò con tutta la forza che aveva, sfoderando la spada e puntandola contro la creatura che continuava ad ignorarlo.

I passi del troll erano troppo grandi, era quasi impossibile riuscire a stargli dietro, tant’è che giunse su Aurora in un batter d’occhio fino ad afferrarla con una mano e a stringerla tra le dita robuste e nodose.
Un’altra risata gorgheggiò in gola, sollevandola fino a tirarla su accanto al volto verde e rugoso. Aurora non riuscì a pronunciare nemmeno una parola, era totalmente spaventata e non era in grado di parlare.
Per una volta ci fu qualcuno che la fece zittire, cosa che Hook considerò solo in un secondo momento.
Si sentì stringere così tanto da sentire il respiro mancarle, spinse le mani sulle dita del troll per potersi tirare fuori dalla morsa, ma non vi fu nulla da fare.

“Lasciami andare, bruto!” esclamò finalmente, quando riprese coscienza di sé.

Non riusciva a vedere Hook oltre le spalle della creatura, ma aveva paura che la sua fine sarebbe giunta molto presto. Nulla fino ad ora aveva avuto un odore così terribile e il pericolo da sopportare era troppo persino per lei. Cercò di liberarsi in ogni modo, tirando calci e pugni ma ovviamente senza scalfire il nemico.

“Killian, aiutami!” urlò infine Aurora, comprendendo di non avere più altro modo per liberarsi.

“Aurora, verrò a riprenderti!” la risposta di lui arrivò quasi come un sussurro alle sue orecchie “costi quel che costi” sussurrò le ultime parole, fermandosi sul posto.
Il troll era troppo veloce e rincorrerlo sarebbe stato solo uno spreco di energie.

“Non lasciarmi da sola” rispose in un mormorio lei, chiudendo gli occhi con forza, per timore di quello che sarebbe potuto accadere.

Fu in quel momento che non ebbe bisogno di pensare a Filippo. Fu in quel momento di paura che sentiva il bisogno di avere Hook accanto, pronto a proteggerla come aveva fatto da quando si era risvegliata.
In fondo perché non la stava lasciando nelle grinfie di quel troll? Lui nemmeno la voleva con sé, nemmeno desiderava che lo accompagnasse fin da Malefica. E continuava a sapere così poco di lui!
Il troll si intrufolò in una caverna, quella che doveva essere la sua casa, rifugiandosi all’interno e fortunatamente un po’ di luce riusciva a penetrare.
Non appena fu all’interno, aprì una gabbia a forma di scheletro di drago e la rinchiuse lì, prima di andare a schiacciare un pisolino nel suo morbido letto di pietra.
Aurora si stupì, non voleva farne la sua cena? Decise di rimanere in silenzio, studiando un piano per poter uscire da quel posto. Si guardava intorno e le sembrò di scorgere una piccola rientranza a misura d’uomo, molto profonda. Forse lì avrebbe trovato un passaggio, nel caso non fosse riuscita a fuggire al di fuori della caverna.
Non aveva idea però di come liberarsi da quella gabbia di ossa, lo scheletro si accartocciava in un rettangolo su di lei, non vi era abbastanza spazio per poter passare attraverso.
Hook invece si trovava ancora sulle impronte lasciate dal troll, aveva iniziato a correre per raggiungerlo più in fretta possibile.
Come aveva potuto non ricordare quel particolare così fondamentale?
Senza volerlo l’aveva messa in pericolo, non riuscendo a metterla in salvo. Che razza di pirata era? Si maledisse durante tutto il percorso fin quando non si ritrovò di fronte alla caverna del troll.
Almeno questa volta era piuttosto certo che quelle creature preferissero prima dormire e poi riempirsi lo stomaco, sperò di esser arrivato in tempo.
Aurora era una principessa, ma il coraggio che aveva dimostrato e la pazienza di ritrovarsi in un luogo così impervio le facevano onore.
Difficilmente una donna avrebbe scelto spontaneamente di affrontare un simile viaggio, persino Milah si sarebbe rifiutata.
Milah, da quanto tempo ormai non pensava a lei? Così tanto da non ricordarne l’ultima volta. Aveva tentato di reprimerla in uno spazio così oscuro del suo cuore da non volerla riprendere con sé, se non per ricordare la vendetta che un giorno forse avrebbe portato a termine. Ma non era ancora quello il giorno.
Finalmente sopraggiunse alla caverna, inguainò la spada al fianco, tentando di rilassarsi stringendo in un pugno la mano sana per poi riaprirla di scatto.
Le aveva detto di credere in lui, era certo che ormai Aurora si fidasse e non poteva deluderla.
Prese un lungo respiro e poi si inoltrò lentamente all’interno della caverna, sentiva già l’odore di cadaveri putrefatti e fin troppo spesso finiva per calpestare gli scheletri di draghi accostati alle mura rocciose.
Il sole riusciva ad entrare nel corridoio lungo e largo, finché poi non giunse nell’ampio luogo in cui si era addormentato il troll.
Riusciva a sentire il suo respiro, l’odore era inconfondibile e più si avvicinava più il suo stomaco si ribellava.
Fu in quel momento che vide Aurora rinchiusa a pochi passi dalla creatura in una prigione di ossa. I loro occhi si incontrarono, gli uni estremamente felici di aver rivisto gli altri.
Hook sorrise al suo solito modo, allungando l’angolo della bocca. Aurora sussurrò il nome di Killian, baciandolo tra le labbra.
Lui si limitò ad annuire, facendole segno di rimanere ferma e di non fare rumore. Si avvicinò lentamente, camminando poco alla volta per fare il minimo rumore. I troll avevano il sonno pesante, ma era meglio non rischiare.
Quando finalmente si avvicinò alla gabbia di ossa, iniziò a verificarne la consistenza, per capire se avrebbe potuto rompere le sbarre facilmente.

“Alla fine sei venuto davvero a prendermi” sussurrò Aurora, quando se lo ritrovò dall’altra parte.

“Avevi forse qualche dubbio?” scrollò leggermente le spalle “In fondo non sarebbe divertente continuare questo viaggio da solo, non sempre sono una buona compagnia” per una volta si sentì disposto a concederle qualche punto. “Ora allontanati prima che ci ripensi, provo a liberarti”.

Quando Aurora si accostò dall’altra parte, Hook tirò un calcio ad uno degli ossi che si spezzò in due parti, di seguito fece la medesima cosa con quello accanto. Ormai il passaggio era adatto perché Aurora ne uscisse e così fece, ritrovandosi finalmente fuori da quella prigione così caratteristica.
Ma il troll si era già accorto della presenza di Hook sin quando era entrato nella caverna, aveva aperto le orecchie per poterne controllare gli spostamenti. L’olfatto era sviluppato abbastanza da riconoscere tutti gli odori che aveva avvertito. Quando i due si ritrovarono di nuovo accanto, il troll fece la sua mossa battendo un pugno chiuso sul suolo di pietra.
Ruggì con ferocia, come un leone, squarciando l’aria. Come prima cosa andò a chiudere la via d’uscita della caverna, per impedir loro di passare.

“Dannazione, non ci sono altre vie di fuga!” esclamò con rabbia Hook, tenendo dietro di sé Aurora per proteggerla.

“Ne conosco un’altra, c’è un camminamento su quelle rocce e un piccolo ingresso profondo, potrebbe essere una soluzione!” consigliò subito lei, indicandogli il punto che prima era riuscita a scovare.

Hook sembrò convincersene, anche perché il troll aveva appena iniziato ad alzare e a riabbassare i piedi per poter schiacciare le prede fuggitive.
Il pirata le afferrò la mano, correndo verso la salita rocciosa che giungeva fino a quella cavità profonda. Salirono in fretta sulle rocce, scivolando e ricominciando dall’inizio, appigliandosi in qualunque modo per arrivare fino in cima. Fu in quel momento che il troll si scagliò su di loro, cercando di afferrarli in qualche modo, ma riuscì soltanto a spezzare le rocce in due così da costringerli rimanere divisi.

“Salta da questa parte, presto!” la incitò Hook, mentre poneva un piede al limite della roccia spezzata per tendere una mano davanti a sé.

Aurora non era certa di volerlo fare, aveva paura di cadere. Guardò in basso con terrore, stringendosi le vesti consunte, indecisa sul da farsi. Cosa avrebbe dovuto fare?
Il troll aveva iniziato a caricare il colpo, erano creature molto lente ma al tempo stesso la potenza era eccezionale. Poco prima di riceverlo, si decise e si gettò dall’altra parte aggrappandosi alla mano del pirata che la sollevò senza perdere tempo.
Una volta ritrovati sullo stesso piano la lasciò perché riprendesse a camminare da sola.
Si diressero verso la cavità, infinitamente stretta per un troll e persino per un essere umano, ma non potettero fare a meno di attraversarla.
Udivano ancora il troll ruggire dietro di loro, ma non c’era modo di raggiungerli. Corsero via in quel cunicolo stretto, fino a doversi abbassare e gattonare per affrontare la strada più impervia e bassa.
Non appena giunsero fino in fondo, si ritrovarono all’esatto centro della caverna, dove sorgeva un grande lago scuro.
Si fermarono  lì, troppo affaticati per poter affrontare una discesa e soprattutto ancora non sapevano se fosse quell’ambiente abitato da qualche creatura sotterranea.

“Credevo che i pirati fossero in grado di uccidere dei troll” si limitò a dire lei, per rompere quel rumore ossessionante di respiri affannosi.

Aurora aveva letto troppe storie a riguardo, uccidere un troll non era un affare semplice e molti uomini leggendari finirono per ricoprire le pagine dei libri, narrando di aver affrontato creature così temibili.

Hook scrollò le spalle, scuotendo la testa.
“Sono gli eroi ad uccidere i troll e se non sbaglio prima di essere catturata  mi hai detto che non sono un eroe” nei suoi occhi emergeva tutto lo sdegno possibile che provava in quel momento.

Aurora credeva davvero di poterlo etichettare ed inserire nella scala sociale a cui era abituata a pensare? Era cresciuta con l’idea che un uomo dovesse comportarsi come un vero e proprio principe. E i principi cos’erano? Moralità, gentilezza, audacia. Eroi. Quelli che lei aveva sempre sognato di aver accanto. Fu allora che comprese quanto la distanza tra loro fosse irrimediabilmente lontana. Non avevano nulla in comune, nemmeno il mondo in cui vivevano era il medesimo se filtrato con occhi diversi.

“Non tutti i principi sono degli eroi e non tutti gli eroi sono dei principi” si limitò a commentare Aurora, rendendosi conto di averne in qualche modo destabilizzato l’onore.
Ma come poteva credere che fosse così suscettibile a riguardo? Non riusciva a capire. A volte credeva di poterlo capire, altre era talmente diverso da non riuscire a raggiungerlo.
Eppure aveva iniziato ad incuriosirsi, desiderava più di ogni altra cosa comprendere la questione principale della sua salvezza.
Il bacio del vero amore era la magia più potente di tutte, null’altro avrebbe potuta risvegliarla dalla maledizione del sonno.
Ma Killian Jones ci era riuscito. Lui l’aveva tratta in salvo semplicemente per caso. Ritrovandosi davanti al suo sepolcro aveva deciso di baciarla, senza un vero e proprio motivo. Perché? Cosa l’aveva spinto? Se solo lui fosse stato disposto a parlarle, probabilmente avrebbe compreso di più.


 
 
 
 
 
 

Il piccolo Killian non aveva ancora idea di che cosa Dwigth Jones avesse in mente per il futuro. Una cosa però era piuttosto certa, le cose non stavano andando bene. Pare che suo padre avesse perso il lavoro, ma nessuno ne conosceva il motivo. Trascorreva intere giornate in casa a bere o a mangiare quel poco che Killian riusciva a portargli.
Quando aveva saputo che non vi era modo di sopravvivere se non rubare, come gli consigliò di fare Dwigth, non gli fu permesso di obiettare. Killian rubava spesso ed ogni volta non gli piaceva farlo. Avvertiva una feroce morsa alla stomaco che lo riempiva di sensi di colpa.
Ma d’altronde, come diceva suo padre, se gli uomini onesti non possono lavorare sono costretti a sopravvivere in quel modo poco degno.
Sopravvivere. Era quello che Killian voleva? O forse avrebbe preferito dare un senso pratico alla propria vita? Invece di girare per il mercato e far adirare i commercianti ogni volta che si accorgevano della merce rubata.
Non era una vita spensierata, ogni giorno rischiava un grave pericolo e finire in prigione per un bambino era un incubo.
Ma lo faceva per lui, soltanto per lui. Perché credeva in suo padre e nulla gli avrebbe potuto far cambiare idea.
Da qualche mese a quella parte Killian era riuscito a mettere insieme un gruzzoletto di soldi nascosti sotto una delle tavole del pavimento di legno. Nascondeva quel sacchetto con cura e soprattutto non aveva mai detto a nessuno di possedere un piccolo tesoro.
Amava tenere qualcosa di suo , custodirlo gelosamente come unico proprietario al mondo. Era un segreto.
Eppure qualcosa non andò per il verso giusto, perché alla fine qualcuno ne venne a conoscenza.
“Killian, siediti qui. Ho una sorpresa per te” sorrise Dwigth sotto la folta barba, mentre indicava lo sgabello di legno davanti a sé.
Il ragazzino annuì, obbedendo agli ordini come un bravo scolaretto.
“Di che si tratta?” domandò con curiosità, poggiando i gomiti sulle ginocchia e i palmi delle mani sotto il mento.
“Tra due giorni andremo via da qui. Ci metteremo in viaggio per raggiungere il primo porto e salperemo su un ricco veliero, appartiene ad un famoso Capitano” gli comunicò con una certa soddisfazione.
Killian non seppe cosa rispondere. Andare via dal paese in cui era nato? Affrontare un viaggio per mare? Sua madre amava molto le avventure degli eroi che viaggiavano per mare e spesso gliene narrava quando era più piccolo per farlo addormentare.
Era sempre stato curioso di sapere se una vita simile potesse cambiare gli uomini.
Rifletté per qualche istante, senza essere del tutto certo che la questione lo compiacesse. Ma il sorriso del padre era così intenso che non poteva permettersi di spegnerlo.
“Va bene”.
Dwigth sembrò piuttosto contento di quella risposta, anche se non riuscì a rilevare quella sfumatura leggermente rammaricata nel tono della voce.
“C’è solo un problema a riguardo…” aggiunse il padre, inumidendosi le labbra e massaggiandosi le guance “ci serve del denaro per poter partire o non ci faranno salire a bordo”.
Killian deglutì a vuoto. Non ebbe il coraggio di svelare il suo segreto, non poteva rivelare tutto senza sapere se vi fosse un altro modo per ovviare a quel problema.
“Killian, vedi, questo viaggio ci porterà fortuna. Riusciremo a ricominciare dall’inizio, troverò un lavoro adatto che mi farà guadagnare abbastanza da poter vivere in una casa decente” cercò di convincerlo, ma non era ancora finita “so che da qualche tempo a questa parte conservi qualcosa di molto prezioso…”.
Il bambino sgranò gli occhi azzurri, come aveva fatto a scoprire il suo segreto? Lo aveva forse spiato?
“Non l’ho mai detto a nessuno!” esclamò con le lacrime che giungevano agli occhi.
“Infatti mi chiedo perché tu non lo abbia detto a me” scosse leggermente il capo suo padre “credevo che tra di noi non ci fossero segreti, ma a quanto pare mi sbagliavo. Non ti fidi di me”.
Quella frase provocò in Killian un colpo così forte al cuore che fu costretto a chinare la testa in basso, colmandosi di sensi di colpa.
Forse aveva sbagliato tutto, come aveva potuto credere di nascondere una cosa simile a suo padre? Doveva fidarsi, doveva accettare di non essere solo. Era stato così egoista a non dirgli nulla! Cosa voleva fare con quel denaro, tenerlo per sé?
Si arrese.
“Io mi fido di te. Qual è il prezzo per il veliero?” domandò con un certo rammarico.
“Tutto quello che hai, Ian.”.
Ian era il nomignolo che usava sua madre quando era ancora in vita. Killian annuì e gli consegnò tutto il suo tesoro. 











// Nda: 

Salve a tutti ^^ ecco il sesto capitolo. Questa volta Hook ed Aurora hanno affrontato una piccola avventura all'interno di una caverna, che proseguirà anche nel successivo capitolo. A breve si aggiungeranno altri personaggi (nell'8° capitolo per la precisione) e nel 10° ci sarà una piccola sorpresa.
Come avete notato nelle mie storie difficilmente Hook riesce a sconfiggere creature di questo tipo (o meglio, a volte sì, ma non è sempre lui la chiave). Questo è perchè ritengo che sia leggermente sovrumano riuscire ad uccidere un certo tipo di "mostri", se così vogliamo chiamarli. Immagino Hook pieno di furbizia, ma non un eroe in grado di sconfiggere tutti i mostri che incontra.
^_^ Spero in ogni caso che vi piaccia. Alla prossima! 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Anche i pirati sanno amare ***



 

Lost and insecure... you found me, you found me 
Lying on the floor... surrounded, surrounded 
Why'd you have to wait?... Where were you? Where were you? 
Just a little late... you found me, you found me.
~*~




VII. Anche i pirati sanno amare








Aurora non si sentiva al sicuro. Si trovavano al centro della caverna e da una parte era situato ancora il troll che si era risvegliato con una gran fame. Non aveva idea di come quelle creature si muovessero nella propria casa, ma non aveva intenzione di rincontrarlo di nuovo.
 Hook non sembrava essere afflitto da quei pensieri, piuttosto si mostrava calmo e serafico, come al suo solito.
Discesero le rocce facendo attenzione, spesso il pirata era costretto ad attendere che Aurora lo seguisse, passo dopo passo, per evitare che potesse farsi del male.
Lui era abituato a percorrere strade simili, ma lei era stata abituata a sorvolare sui pavimenti con leggerezza, come una principessa deve esser in grado di fare.
Quando raggiunsero di nuovo la terra polverosa, circondata da grandi rocce, si avvidero che sollevando lo sguardo poterono incontrare un’apertura naturale sul soffitto di pietra, da cui penetravano i raggi del sole.
Essi si specchiavano sulle acque di un lago nero, quasi sembrava melma.
A circondarlo vi erano dei massi lunghi e poco appuntiti, su cui sorgevano delle alghe verdi simili a fili di  capelli. Almeno fu quella la prima impressione che ebbe Aurora, nel vederle.
Entrambi si diressero verso di esso, Hook si chinò per poter sfiorare con la punta delle dita quelle alghe che si amalgamavano tra loro. Aurora invece si limitò ad osservarle, decisamente poco desiderosa di saggiarne la consistenza.
In quel momento si mosse qualcosa al centro del lago, come una lieve onda che fece increspare le acque nere fino ad inumidire i piedi del pirata, che sollevò lo sguardo per comprendere di che cosa si trattasse.
Fu allora che sorse la figura di una donna slanciata, dalle lunghe gambe e rivestita di un abito trasparente che si appoggiava sensualmente alle curve del corpo.
Il suo sorriso era incantevole, la bellezza che possedeva impareggiabile. Persino Aurora fu costretta ad arrossire, rendendosi conto di quanto non fosse all’altezza e non potesse competere con una creatura così perfetta.
Lei era considerata una tra le più belle fanciulle del regno, ma la sua umanità aveva un limite che non poteva valicare.

“Non è una donna in carne ed ossa, vero?” domandò Aurora ad Hook, che aveva già iniziato a perdersi in quegli occhi liquidi e freddi.

“E’ una sirena” sussurrò lui, prima di deglutire a vuoto” qualunque cosa accada, non permettere che mi lasci incantare dal suo fascino” si affidò completamente a lei, ormai assorto da tanta bellezza.

“Ti proteggerò” sussurrò Aurora quasi inconsapevolmente.

I capelli verdi, come le alghe, la avvolgevano fino a ricadere nelle acque scure. Dunque Aurora aveva avuto un’intuizione e esatta, quello che aveva visto era davvero parte di una sirena.
Si rese conto che Hook ormai non era in grado di pensare, totalmente affascinato dalla sirena che si limitava a chiamarlo con lo sguardo.

“Capitano Hook” la voce della creatura risuonò in tutta la caverna come un canto cristallino “tu desideri molte cose a questo mondo. Io so che cosa chiede il tuo cuore, brami ciò che ti è stato portato via” inclinò appena il capo da una parte, sorridendo mestamente “posso darti tutto ciò che vuoi”.

Aurora prontamente lo afferrò per la manica del soprabito, solo leggermente, per capire se sarebbe davvero dovuta intervenire.
Hook non era ancora del tutto convinto, temeva ciò che desiderava e quando realizzò che la sirena prese le sembianze di Milah, ebbe un tuffo al cuore.
Le labbra si schiusero, iniziarono a pronunciare il suo nome come se lo stesse baciando. Milah era lì davanti a lui, lo chiamava, lo invitava ad avvicinarsi e a ricordare i momenti trascorsi insieme.
Le sirene erano in grado di leggere nella mente degli uomini, appropriandosi di tutto i loro ricordi.
Aurora poteva vedere cosa stava accadendo, ma non riusciva a venirne a capo.
La sirena si era trasformata in una donna alta, dai lunghi capelli neri che ricadevano morbidi sulle spalle e dagli occhi profondi come il mare. Il suo sorriso era solare, pieno di vita. E non solo, sembrava proprio che Hook non riuscisse a staccarle gli occhi di dosso.
Senza rendersene conto, le sfuggì la presa su di lui, che aveva iniziato ad avanzare calpestando le acque nere del lago.
Poco a poco veniva inglobato dall’oscurità, le labbra si erano schiuse per l’incredulità e gli occhi erano limpidi di lacrime.

“Killian” sussurrò la sirena, aprendo appena le braccia per accoglierlo “Killian Jones, se mi seguirai, potrai avere tutto questo e molto altro”.

“Non andare da lei!” alzò la voce Aurora, cercando di recuperarlo, immergendosi anche lei nelle acque. Avvertì l’improvviso freddo che emergeva fino alle caviglie, i piedi nudi calpestarono pietre ed alghe.
“Chiunque sia è solo un’illusione, finirai per farti uccidere!”.

Ma Hook non riusciva ad ascoltarla, la sua voce era troppo lontana. Milah era reale, si trovava proprio lì davanti a lui, come poteva tirarsi indietro? Si sarebbe crogiolato nell’illusione per tutta la vita, che importanza avrebbe avuto? Nessuno avrebbe pianto la sua assenza.
Gli occhi si empirono di lacrime quando giunse fin davanti a lei, che le tese le braccia per poterlo accogliere per sempre, trascinandolo negli abissi.
Aurora tentò invano di svegliarlo da quell’incanto, ma era come se le sue parole non potessero raggiungerlo, la sirena era riuscita a catturare ogni sua sensazione.
Dunque non poté che prendere in mano la situazione, gli aveva detto che l’avrebbe protetto e non si sarebbe tirata indietro. Prima che i due potessero sfiorarsi, sfilò la sciabola dalla guaina attaccata alla cintura di Hook e si spinse in avanti conficcando la lama nello stomaco della sirena.
Le labbra di Milah si schiusero, inorridite, mentre il sangue iniziò a scivolare sul mento. Aurora non poteva credere di aver fatto una cosa simile, tanto che perse immediatamente la presa sulla sciabola e si ritirò portando le mani al petto.
L’incanto fu spezzato, la sirena tornò ad assumere le proprie sembianze ed Hook non fu più soggiogato al suo volere.
Stava per attaccarli, sfoderando le unghie acuminate delle mani come ultimo confronto, ma il pirata tornato cosciente estrasse la sciabola dal corpo di lei e le tagliò la testa in una sola mossa.
Rimase in quella posizione di attacco con un leggero ansimo, ancora turbato da ciò che aveva visto. Le lacrime agli occhi furono prontamente prosciugate, soprattutto perché Aurora si trovava dietro di lui, ancora tremante di paura.


“Sei stata molto brava” accennò ad un mezzo sorriso “mi hai salvato la vita. Forse non sei solo una principessa viziata” disse in tono più confidenziale del solito, rinfoderando l’arma.

Aurora non pronunciò alcuna parola. Era la prima volta che utilizzava un’arma vera e propria. Era la prima volta che colpiva qualcuno per ucciderlo, anche se in questo caso si trattava solo di una creatura, era comunque un essere vivente. Si ritirò dalle acque in fretta, per timore di vederne delle altre. Hook la inseguì prontamente fino a ritrovarsi sulla riva rocciosa e fu allora che la afferrò per un braccio, facendola fermare.
Le circondò la vita con le braccia, appoggiando il mento sulla sua spalla, mentre i capelli di lei gli accarezzavano il mento.

“Questa è la vita, Aurora. La morte ne fa parte e non potrà mai essere trattata come qualcosa di diverso. Il sacrificio di uno, varrà la salvezza di un altro” le sussurrò all’orecchio, accarezzandole il collo con l’uncino.

Lei continuò a non dire neppure una parola, la confusione era eccessiva e i tremori alle mani aumentavano sempre di più.
Sciolse la presa della sua mano sulla vita, sfuggendogli completamente e voltandosi verso di lui, per guardarlo negli occhi. Aveva preso il suo momento di egocentrismo, si era mostrata debole e aveva concluso, non vi era bisogno di insistere con quella storia.

“Ho le mani sporche di sangue, che sia quello di una creatura soprannaturale o di un essere umano, fa lo stesso. Non si dovrebbe uccidere per salvare una vita” sussurrò. 

“Non puoi vivere perennemente nella tua innocenza, Aurora. Devi crescere se in futuro vorrai governare un regno intero” rispose Hook.

Aurora preferì non continuare, di certo quella notte avrebbe avuto incubi tremendi, come era ormai abituata. Ma c’era qualcosa che desiderava sapere, doveva insistere per capire.

“La sirena ha preso le sembianze di qualcuno a cui tenevi molto, non è così?” domandò senza preoccuparsi di poter entrare in affari che non la riguardavano affatto.

Hook sviò lo sguardo altrove, quella era la sua più grande debolezza ed ogni volta che la memoria di lei gli affiorava alla mente c’era qualcosa che si smuoveva in lui.

“Era la donna che amavo. Mi è stata portata via dal Coccodrillo. E’ morta davanti ai miei occhi, senza che potessi fare nulla per lei” scrollò le spalle, aumentando la distanza tra loro. Quando l’aveva tenuta così vicina a sé aveva avvertito un lieve tepore all’altezza del petto, se ne era sentito riscaldato.

Aurora si voltò, incredula per quello che aveva sentito. Un pirata poteva amare? Quello era ciò che i suoi occhi domandavano. Ma non poteva davvero arrivare a pensare una cosa simile. Hook era un uomo con un cuore e lo aveva dimostrato durante tutto quel viaggio, non aveva bisogno di altre dimostrazioni.
Dirgli che le dispiaceva sarebbe stato patetico, Aurora era dotata di una grande dignità e intuiva che lui non desiderava alcuna compassione.

“Incredibile vero”- una risata grottesca gli uscì dalle labbra “Un uomo disonesto come me era in grado di provare amore. Forse mi avrebbe trasformato in un uomo migliore, forse semplicemente non ero destinato a diventarlo” sussurrò fino ad allontanarsi, lentamente, volendo sfuggire dallo sguardo che lei gli stava rivolgendo.

“Tutti sono in grado di amare, Killian. Persino tu” rispose semplicemente lei, finché qualcosa non sorvolò sopra le loro teste.

Incontrarono entrambi delle ali d’argento che battevano freneticamente verso l’alto, muovendosi in cerchio per coprire i raggi di luce che penetravano nella caverna.
Era il falco che aveva guidato Hook da Aurora, la guida che aveva perduto una volta entrato nella Foresta Proibita.
Il pirata non ebbe alcun dubbio, dovevano seguire le sue indicazioni. Afferrò la mano di Aurora
 per potersi allontanare dal lago nero, dimenticare ciò che era accaduto e dirigersi dove il falco voleva portarli.







Aurora  osservava annoiata quel che accadeva intorno a sé. Sospirava con gli occhi, nessuno si curava della sua noia. Era risaputo che le principesse si annoiassero di frequente.
Una delle fate l’aveva accompagnata durante il viaggio di ritorno al Palazzo, per essere certa che non le accadesse nulla.
Quando entrarono tra le mura cittadine, la vita quotidiana degli abitanti prese improvvisamente vita, come un quadro animato.
Aurora si guardò intorno, osservando la libertà dei bambini della sua età che correvano da una parte all’altra, giocando ad inseguirsi. Lei non aveva mai provato una sensazione così liberatoria.
Viveva perennemente chiusa nel suo mondo, a distanza da chiunque potesse avvicinarsi. Avere amici era impossibile, parlare con qualcuno che non rientrasse nella corte reale era proibito.
Non era ciò che desiderava. Piuttosto le sarebbe piaciuto danzare nei giorni di festa, accanto alle fanciulle che formavano circoli intorno al fuoco.
Concederle un gioco simile era eccessivo, i suoi genitori non desideravano che incorresse in alcun pericolo.
“Perché c’è tanta povertà?Non è giusto” sussurrò mentre guardava gli abiti malridotti delle bambine che giocavano intorno alla fontana della piazza.
“Sono molte le cose ingiuste, principessina” sorrise la fata, scrollando le spalle “il vostro regno è uno tra i più ricchi, ma è naturale che vi siano persone povere”.
La risposta non la soddisfaceva affatto, era così semplicistica e banale, ciò non spiegava quella situazione.
“Se è uno tra i più ricchi allora non dovrebbero esserci queste problematiche. Vorrei poter dare una mano. Ho tanti vestiti che non indosso mai, potrei regalarli, no?” sorrise all’idea di far felice qualche bambina della sua età.
La fata scosse velocemente la testa.
“Le stoffe dei vostri abiti, principessina, sono inestimabili. Finirebbero per venderli e guadagnarvi dell’altro, sarebbe un vero e proprio spreco”.
Aurora continuava a non comprendere che cosa vi fosse di sbagliato nel suo modo di pensare. Forse non era quello il modo adatto per approcciarsi al popolo?
Cosa doveva fare per eliminare la povertà? Sbuffò, questa volta non con gli occhi.
“Un giorno potrei conoscere qualcuno di diverso, qualcuno che non abbia una corona sulla testa. Qualcuno che abbia vissuto davvero. Un pirata, magari!” scherzò Aurora, ridendo di se stessa.
Aveva letto così tanti libri a riguardo, per riempire le sue giornate così vuote. Avventure dei pirati, degli eroi più sensazionali  al mondo, di cavalieri senza macchia e senza paura, ma che si erano costruiti il proprio destino da soli.
“Un pirata? Non ditelo nemmeno per scherzo, Aurora!” la rimproverò immediatamente la fata, corrugando le sopracciglia con fastidio.
Subito Aurora spense il sorriso, tornando a guardare fuori dalla carrozza, desiderando di trascorrere almeno un giorno tra le persone normali.
“Forse i pirati non hanno un cuore?” domandò ingenuamente.
“Mancano di onestà e l’onestà è ciò che dobbiamo preservare. Depredare, portare il caos in intere città portuali, devastare i mari con la loro furia. Questo è ciò che fanno, chi può avere un cuore se si comporta in questo modo?”.
Aurora sospirò, quasi delusa. Per un attimo aveva sognato di sorvolare oltre la sua immaginazione, spiegando le vele e sollevando l’ancora, attraversando il mondo intero a bordo di una nave.
Ma le responsabilità erano troppe, lei era una principessa, non una bambina qualunque.

 



 
 
 
 
“Perché stiamo seguendo un rapace?” domandò Aurora, riprendendosi da quel ricordo che le giunse improvviso alla mente.

“Credo che voglia indicarci la strada. E’ grazie a lui se ti ho trovata” le sorrise Hook, facendole spazio per lasciarla passare.

Attraversarono il lago nero fino ad arrivare ad un varco poco illuminato, non si riusciva a vedere nulla, il falco era planato fin lì percorrendolo completamente.

“Era destino che mi trovassi” tentò Aurora, motivando quell’incontro fortuito “in ogni caso, non sono certa di voler attraversare un cunicolo del genere.  E se qui vi abitassero altri troll?”

Hook scrollò le spalle, affatto impaurito.
“Ne affronteremo degli altri, non ci sono altre vie di uscita, inoltre non sento nessun odore sgradevole” provò ad annusare l’aria, i troll erano riconoscibili anche a lunga distanza, persino per un olfatto poco sviluppato.

Aurora non poté aggiungere altro, per il momento avrebbe dovuto seguirlo, dunque si intrufolò nel cunicolo fiduciosa.
Da quando aveva intrapreso quel viaggio si sentiva molto più a suo agio con se stessa, avvertiva qualcosa di nuovo che la faceva sentire più matura e forte.
In solo pochi giorni aveva visto e affrontato più cose che in un’intera vita trascorsa al Palazzo, a corte.
Non era stata un’avventura semplice da affrontare, con tutte quelle scomodità che continuavano ad infastidirla, ma avere accanto qualcuno che si mostrava sempre estremamente sincero la facevano sentire come una persona nuova.
Era cambiata molto. Se prima credeva fermamente nei propri sogni, ora poteva vivere nella realtà, senza sfuggirne di continuo.
Quando scivolarono giù dal cunicolo, finirono per cadere bruscamente su una terra polverosa e calda, davanti a loro si stanziava un fiume colmo di lava che correva lento in discesa.
Nessuno dei due osò pronunciare una sola parola, da quando erano entrati in quel posto non avevano fatto altro che incontrare peripezie ed entrambi desideravano solo uscire all’aria aperta, sani e salvi.

“Non muoverti, per ora è meglio rimanere nascosti” sussurrò Hook, indicandole un masso abbastanza grande che si poneva come scudo davanti al fiume di lava.

“Nascosti da cosa?” gli domandò, ubbidendo senza battere ciglio, ritrovandosi accanto a lui.

“Temo che questo posto non sia adatto a due viaggiatori esterni, Aurora. Il tuo spirito dell’osservazione va migliorato, prova ad alzare gli occhi” sussurrò lui, alzando la testa.

Quando entrambi rivolsero lo sguardo verso l’alto, incontrarono enormi figure troneggianti nei cunicoli rocciosi. Silenziosi osservavano verso il basso, chiusi nelle proprie ali nervose.
Sembravano delle statue, ma quando uno di loro uscì dal suo nascondiglio, Aurora comprese che si trovavano nella dimora dei draghi.
Nonostante il battito delle grandi ali, non producevano alcun rumore, rimanevano tranquilli ad osservare che tutto fosse al posto giusto e che nessuno si fosse intrufolato nel loro nascondiglio.

“E ora come ce ne andiamo da qui?” domandò Aurora in un mormorio confuso “Il tuo falco è sparito, non è stato affatto una buona guida!” sospirò, ormai convinta che non avrebbero avuto alcuno scampo.

“Forse è stato abbrustolito da un drago” cercò di sviare la situazione Hook, facendo del sarcasmo. Ma Aurora non era affatto dell’umore per stare al gioco.

La loro conversazione fu interrotta da un rombo inferocito che proveniva dall’altra parte della caverna, un’improvvisa ventata di fuoco finì per inglobare il fiume di lava, tanto che per un attimo furono costretti a chiudere gli occhi per quell’improvviso calore.
Quando riuscirono a riaprirli, si resero conto che era appena iniziata una lotta tra draghi. Uno di loro, dalle lunghe ali nere, ne stava inseguendo uno a dir poco particolare.
Le squame erano violacee e aveva due teste anziché una, ma l’impressione che ne dava non era affatto di spavento, sembrava quasi ridicolo agli occhi degli esterni.

“Che succede?” chiese ancora Aurora, completamente estranea ad un mondo così pericoloso.

“La casta dei draghi è molto ristretta, lottano spesso per ottenere la supremazia” le spiegò brevemente Hook, per poi decidersi a fare qualcosa “approfittiamo di questo momento  e cerchiamo di superare il fiume, lì c’è un passo che possiamo prendere”.

“Cosa? Ma Killian, non ti rendi conto di quello che…” non le diede il tempo di rispondere, le tappò la bocca per farla zittire e la afferrò per il polso, così da trascinarla via dal luogo in cui si erano nascosti e dirigersi sulla riva infuocata del fiume.

I draghi continuavano a lottare tra loro, ma soltanto il più grande e maestoso sputava fuoco, l’altro dalle due teste non riusciva a primeggiare e sembrava esausto, quasi spaventato.
Quando Hook ed Aurora iniziarono a percorrere la strada di pietre, credendo di non essere visti, tutti gli altri draghi si risvegliarono ed uscirono allo scoperto.

“Che ti avevo detto!” al quel punto Aurora si lasciò sfuggire un grido di paura, nel constatare quanto la morte le stesse camminando davanti.

“Ti sembra il momento adatto per rimarcare una cosa simile?!” esclamò Hook, improvvisamente esagitato.

Alcuni draghi avevano iniziato a planare verso di loro, ormai immobili che per un attimo finirono abbracciati. Aurora si nascose tra le braccia di lui, per non guardare quello che sarebbe accaduto. Hook, che non si aspettava una reazione simile, si sentì in dovere di proteggerla con il suo corpo, anche se non sarebbe servito poi a molto quando li avrebbero sbranati entrambi.
Quando la fine sembrava ormai per essere vicina, il drago dalle due teste abbandonò lo scontro e planò verso di loro, afferrando entrambi con le zampe posteriori e sollevandoli in aria per fuggire via dall’imminente pericolo. 







// Nda:

Salve a tutti! ^^ Intanto grazie come sempre per continuare a seguire la storia, soprattutto per pazientare così tanto riguardo al ritmo della fanfic. Dal prossimo in poi ci saranno diversi eventi che non arresteranno la narrazione, quindi il ritmo dovrebbe procedere più velocemente e sarà più incalzante. Ho stimato almeno una quindicina di capitoli per concludere la storia, insomma la parte interessante arriverà dal capitolo IX soprattutto. 

Vorrei poi segnalarvi un'altra storia sulla coppia Sleeping Hook dell'autrice Ally M.: "Never let me go" (
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2058498&i=1). 
In più, visto che di Hook non ne abbiamo ami abbastanza, vi segnalo anche una Ariel Hook dell'autrice Lilyachi:"The Little mermaid" (http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1734703). 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La spada ***



 

And I've lost who I am
And I can't understand 
Why my heart is so broken
Rejecting your love
***





VIII. La spada

 



Il drago dalle due teste ormai li aveva catturati, probabilmente sarebbero diventati la sua cena. Aurora aveva lanciato grida di aiuto inutilmente ascoltate, tentò più volte di liberarsi dalla presa, ma Hook le fece notare che non le sarebbe convenuto cadere nel fiume di lava.
Gli altri draghi avevano preso ad inseguirli, non avranno voluto consumare quel misero pasto tutti insieme?
Il battito delle ali e il fragore dei ruggiti scuotevano Aurora che ormai non sapeva più cosa fare, esser trascinata via in quel modo senza poter usare le gambe, senza fuggire e nascondersi, sorvolando un fiume così caldo che le ricordava la stanza in fiamme del suo sogno era troppo anche per lei che aveva sempre creduto di avere una grande pazienza.
Fiori volanti, troll, sirene, draghi. Quel posto non era adatto a lei e lo sapeva molto bene. Come aveva potuto credere di poterlo affrontare senza timori, né preoccupazioni?
Eppure era stata avvisata ed Hook glielo aveva rinfacciato più spesso di quanto non fosse servito. Aveva fatto un errore di calcolo ma ormai non poteva tornare indietro, una volta presa una decisione non poteva ritirarsi.
Chiuse istintivamente gli occhi nel momento in cui il drago si introdusse in una fessura stretta, ma abbastanza larga perché potesse passare. Era molto più piccolo delle altre creature, quindi più agile dal punto di vista della velocità.

“Dove ci sta portando?” domandò Aurora, avvinghiata alle zampe del drago.

“Se fossi un ottimista ti direi che ci sta salvando” rispose Hook con una calma sin troppo serafica, era quasi snervante vederlo così tranquillo in una situazione simile.

Furono fuori dalla caverna in poco tempo, il sole finì per accecarli quando iniziarono a sorvolare lontano dal piccolo monte che avevano attraversato in lungo e in largo. Il drago dalle tue teste non accennava a fermarsi, sembrava che volesse condurli in un posto particolare di cui solo lui era a conoscenza.
In quel momento il falco dalle ali d’argento comparve di nuovo librandosi alto nel cielo, indicandogli la strada.

“Ah, eccolo lì! Prima ci fa precipitare nel caos e poi cerca di aiutarci?” esclamò Hook osservando il rapace a poca distanza da loro.

Ormai era piuttosto certo che quell’incontro non potesse essere casuale e che quel drago a due teste non era intenzionato a mangiarli. Improvvisamente il falco roteò verso terra, seguito dalla creatura selvaggia che lo inseguiva al meglio che poteva.
Quando furono abbastanza vicini a sfiorare il terreno, il drago si voltò da una parte e lanciò i corpi dei due sventurati all’interno di una sorgente abbastanza profonda.
Hook ed Aurora finirono per scivolare all’interno dell’acqua gelida, costretti ad un bagno poco piacevole in una situazione come quella. Quando tornarono in superficie, Aurora iniziò a tossire ripetutamente, cercando con lo sguardo il drago che poteva ancora rappresentare un pericolo per loro.

“Io non capisco, non vuole ucciderci?” domandò con quel poco di forza che le era rimasta per parlare, mentre si avvicina alla riva a nuoto, per sistemarsi sulle sponde della sorgente.

“Forse non era quello che voleva” rispose Hook, facendo altrettanto ed avanzando verso di lei per sollevarsi a sedere sulla sponda e sdraiarsi con la schiena sull’erba umida e fangosa.

Continuavano a guardare in alto nel cielo, alla ricerca del drago a due teste che improvvisamente era divenuto il loro salvatore ma che pareva scomparso nel momento in cui li aveva rilasciati.
Ma non erano ancora terminate le sorprese di quel viaggio mirabolante, tant’è che oltre la piccola cascata che generava la fonte in cui erano caduti, si iniziò ad intravedere una figura esile e femminile che la oltrepassò, osservando per niente stupita davanti a sé.
Aurora quando si accorse della giovane ragazza che si presentò davanti a loro, richiamò l’attenzione di Hook ed entrambi si misero in piedi.

“Garret, l’abbiamo trovata!” si rivolse a qualcuno dietro di sé.

Aurora non riuscì a comprendere il motivo per cui la stessero cercando, tanto che persino Hook, affatto sicuro, si pose davanti a lei per nasconderla e capire che intenzioni avessero.
Accanto alla giovane ragazza con abiti da uomo, comparve quel Garret a cui aveva rivolto la parola, che si appoggiava ad un lungo bastone finemente intagliato e che mostrava uno sguardo perso, che andava oltre le loro figure.
Intuì che doveva avere una menomazione particolare, quale la cecità.

“Siamo certi che sia lei?” le domandò in un sussurro, chinando appena la testa mentre i capelli lunghi e castani  gli ricoprivano metà del viso.

“Ha un’aria così sperduta che non potrebbe essere altrimenti” gli rispose tenendosi ancora a distanza dagli altri due.

Aurora si schiarì la voce, lievemente infastidita di essere il centro dei loro discorsi senza avere la minima idea di chi fossero e dell’interesse che nutrivano nei suoi confronti.
La giovane ragazza si fece avanti, soffermandosi a guardare Hook con aria niente affatto tranquilla, sembrava non fidarsi di lui.

“Tu devi essere il motivo per cui lei non si trovava dove doveva essere” gli disse incrociando le braccia al petto “secondo te possiamo fidarci, Garret?” si rivolse al compagno, attendendo il da farsi.

“Un momento!” intervenne Aurora, scostando Hook per poter guardare la ragazza negli occhi “Non è educato parlare di qualcuno come se non ci fosse. Che cosa intendi dire con ‘non si trovava dove doveva essere’ e perché mi stavate cercando, chi siete?”.

La ragazza sorrise soddisfatta di potersi presentare e svincolò le braccia dal petto, rivolgendosi finalmente ad Aurora.
“Il mio nome è Kayley, principessa. Sono stata incaricata insieme a Garret di riportarvi indietro”.

Hook non si sentiva sicuro, nonostante quei due non potessero essere motivo di alcun disagio o pericolo, preferiva accertarsi che non fosse una sorta di inganno.

“Incaricati da chi?” domandò con sguardo piuttosto truce.

Kayley sembrò quasi perplessa di fronte a quella domanda.
“Dal Principe Filippo, ovviamente”.





 
 
 
 
“Devo tornare da lei ad ogni costo”.
Questo aveva ripetuto Filippo più volte al suo compagno di viaggio, che ad ogni accenno a quella questione sembrava recludersi sempre più in se stesso, non desiderando altro che aiutarlo a realizzare i suoi desideri, evitando di discuterne.
Avevano attraversato interi regni per far ritorno verso casa, per quel che ne sapeva Filippo, anche il suo era stato colpito dalle guerre e dai disagi che ne susseguirono.
Una volta rientratovi aveva tentato in ogni modo di aiutare suo padre per risollevarlo ed iniziare una nuova era. Ma qualcosa mancava all’appello, un oggetto sin troppo importante per poterlo lasciare in secondo piano.
Malefica se ne era impossessata per far cadere il regno di Filippo ancora più in rovina di quanto già non fosse, punendolo per aver rappresentato la salvezza della figlia del suo nemico.
Filippo e il guerriero si incamminarono verso il sepolcro della bella addormentata, così da risvegliarla con il bacio del vero amore.
Rallentarono l’andamento dei destrieri, Filippo pareva inquieto, avvertiva qualcosa di strano e non era certo che sarebbe andato tutto secondo i piani.
Infatti quando scese velocemente dal cavallo, accompagnato dal guerriero, si introdusse sotto il piccolo tempietto dove vi sarebbe dovuta essere la sua Aurora.
“Filippo, siete certo che si trovasse proprio qui?” gli domandò, osservando il principe che era rimasto senza parole.
Si appoggiò ad una delle colonne, incrociando le braccia al petto.
“Sì, non ho alcun dubbio” rispose mordendosi le labbra per la preoccupazione.
Il guerriero si tolse l’elmo facendo scivolare sulle spalle lunghi capelli neri, cercando il suo sguardo con determinato interesse.
“Forse l’incantesimo si è spezzato ed è tornata a casa” provò a proporre.
Filippo scosse velocemente la testa, rifiutando quell’ipotesi.
“E’ impossibile. L’incantesimo del sonno si spezza solo con il bacio del vero amore, non esiste un altro modo per ovviare alla maledizione” si morse il pollice della mano, nel tentativo di riflettere “ma alla magia non c’è un limite. Potrebbe esserle accaduto qualcosa, in tutti questi anni, non ho idea di quel che sia successo mentre ero via”.
La giovane ragazza si avvicinò a lui, sporgendosi appena per potervi guardare oltre. Si accorse di alcune orme lasciate nel fango che si allontanavano dal tempietto, dirigendosi verso la salita che conduceva al Palazzo.
“Temo proprio che vi sia un altro modo. Guardate lì, quelle sono le orme di due persone e una di loro doveva essere una donna” tornò a guardalo “siamo arrivati tardi”.
Filippo strinse leggermente i pugni delle mani, aveva affrontato una lunga strada per mantenere la promessa che aveva fatto ad Aurora.
“Proviamo a seguire le impronte, forse ci sveleranno questo mistero” il principe fece un passo avanti iniziando a scendere dagli scalini del tempietto, ma poi, come ricordando qualcosa di importante, si voltò per guardare la compagna.
“Mulan, mi hai seguito fino ad ora, prendendo a cuore la mia missione come se fosse tua. Abbiamo raggiunto il luogo in cui dovevamo arrivare, non devi continuare a seguirmi, se non vuoi” le disse con un po’ di amarezza, non sembrava convinto delle sue parole.
Mulan sgranò gli occhi per un solo istante, tanto che tornò alla sua normale e serafica espressione senza avergli fatto intendere ciò che le era passato per la testa.
“Vi ho promesso che vi avrei aiutato a trovare la vostra principessa e ancora non ci siamo riusciti. Andrò quando sarà meglio per entrambi” si limitò a dire, tornandogli accanto.
Filippo sorrise, grato più che mai ad averla accanto. Senza di lei non avrebbe trovato la forza per continuare quell’interminabile viaggio.
Risalite le impronte, finirono per entrare nel Palazzo di Aurora, alla ricerca della principessa ma senza riuscire a trovarla.
Gli unici abitanti erano composti da statue di persone che Filippo aveva conosciuto a suo tempo. Se Aurora si era davvero svegliata ed aveva assistito a tutto questo, di certo doveva essersi messa in testa di fare qualcosa per risolvere il problema.
Mulan era riuscita a trovare altre impronte fuori dal Palazzo, anche se non del tutto leggibili. Finirono per seguirle ancora, arrivando all’ingresso della Foresta Proibita, con particolare preoccupazione di Filippo.
“Se queste orme appartengono ad Aurora, è in pericolo. Attraversare la foresta è un’impresa troppo difficile, devo trovarla” fece per intraprendere quel passo che lo avrebbe condotto da lei, ma Mulan lo afferrò per il polso, facendolo arrestare.
“Riflettete un attimo, Filippo. Se davvero questa foresta è pericolosa come dite, potreste trovarvi in difficoltà anche voi. Avete una missione più importante da compiere, lasciate che se ne occupi un altro al vostro posto” gli consigliò Mulan, mostrandosi la più ragionevole tra i due.
“E quindi lasciarla in un posto simile? Senza far nulla?” Filippo volse gli occhi all’ingresso della foresta, stringendo i pugni.
Era combattuto tra i desideri e il dovere. Andare da Malefica era troppo importante, non poteva lasciare quell’oggetto tra le sue mani e al tempo stesso il pensiero che Aurora si trovasse in quel luogo lo spaventava.
Ma rischiare di morire senza forse nemmeno trovarla, era piuttosto sciocco. Dunque decise di affidare le ricerche a qualcuno che conosceva bene la Foresta Proibita, qualcuno di cui si fidava.
Se avesse trovato Aurora, l’avrebbe riportata indietro, badando a lei fino al suo ritorno.

 
 
 


 
 
 
Aurora non riusciva a credere alle sue orecchie, dunque Filippo era andato a cercarla, per poterla salvare e mantenere la promessa. Se solo Hook non l’avesse trovata, se solo lui non si fosse trovato in quel momento lì, se avesse tardato di qualche giorno, non sarebbe accaduto.
Eppure un morso allo stomaco iniziava a risalire lentamente, sarebbe stata una vera e propria ingrata a pensare una cosa simile.
Quel pirata l’aveva aiutata ad affrontare un viaggio pericoloso, senza di lui avrebbe perso la vita un numero di volte quasi imbarazzante. L’idea che Filippo fosse sano e salvo però la rincuorava e ora non riusciva a pensare ad altro che a lui e a ritrovarlo.

“Potete portarmi da lui?”  domandò speranzosa a Kayley e a Garreth che avanzò lentamente fino a fermarsi accanto alla compagna.

“Temo non sia possibile. Filippo ci ha incaricato di riportarvi a casa, mentre lui avrebbe affrontato Malefica per riportare nel suo regno ciò che gli apparteneva di diritto” disse il ragazzo dallo sguardo inespressivo, serrando con forza le mani sul bastone.

Sembrava gentile, anche se apparentemente aveva tutta l’aria di essere un grande orgoglioso, come Hook stesso. Kayley al contrario era piena di vita ed era entusiasta di partecipare ad un evento simile, anche se agli occhi di Aurora quello era un incarico come un altro.

“Ormai non posso tornare indietro, anche io ho un conto da saldare con Malefica. Farò di tutto per arrivare da lei” disse Aurora, incrociando le braccia al petto, per imporre la sua volontà.

Kayley sgranò gli occhi, evidentemente la parte più difficile non era trovare la principessa nella foresta, ma convincerla a tornare a casa.
“Non possiamo permettervelo, dobbiamo rispettare gli ordini del Principe Filippo!”

Hook che intanto era rimasto ad ascoltare in silenzio, studiando la situazione, era arrivato ad annoiarsi per tutte quelle inutili chiacchiere.
Esordì con uno sbadiglio, continuando poi in altro modo.

“Filippo non è qui, giusto? Aurora ha nelle sue vene il sangue reale tanto quanto lui, abbiate fiducia in quello che dice, accontentatela. Vi assicuro che non è buona cosa incaponirsi contro di lei, farebbe comunque a modo suo. E’ testarda, ma sa quel che fa” quell’intervento risultò del tutto straordinario per Aurora, che aveva ascoltato con espressione indecifrabile.

Credeva che tra loro non vi sarebbe potuto essere altro rapporto se non quello del battibeccare su qualunque cosa, poiché entrambi erano testardi ed orgogliosi. Ma in quel momento Hook aveva rivelato quanto avesse imparato a conoscerla e soprattutto le aveva dato quella fiducia che Filippo sembrava averle tolto senza alcun motivo.

Kayley lanciò uno sguardo a Garret, afferrandogli la manica della camicia sgualcita, per cercare supporto. Lui pareva aver compreso la situazione meglio di lei, soprattutto aveva intuito che tra i due dovesse esservi qualcosa di particolare.

“In fondo Kayley, non volevi affrontare anche tu Malefica per dimostrare di essere alla pari di un qualunque cavaliere?” sciolse la presa dal bastone per poterle sfiorare la mano, stringendola lievemente nella propria.

Kayley, anche se non era affatto soddisfatta di quella situazione, dovette arrendersi. Non potevano permettersi di perdere Aurora o peggio ancora, non riuscire a proteggerla. L’avrebbero condotta da Filippo e poi in caso li avrebbe puniti per non aver rispettato i patti.
Accennò ad  un sì secco e sbrigativo, che scaturì in Aurora una risata lieta.
Non fu difficile abbassare la guardia verso i due avventurieri, c’era qualcosa di estremamente sottile a legarli, forse non la medesima storia personale ma di certo i loro caratteri si assomigliavano non poco.
Ad Hook non dispiacque unirsi a loro, nonostante avesse preferito proseguire da solo la traversata della Foresta Proibita.
Qualcosa lo spingeva a rimanere lì, per proteggere Aurora. Non gli era mai capitato di interessarsi al destino di qualcuno come era accaduto in quel momento, sentiva di non poter andare via, non prima di aver svelato il mistero di ciò che li legava entrambi.
Garret e Kayley raccontarono loro come avevano superato le peripezie della Foresta, erano riusciti a seguirli anche grazie ad Ayden, il falco dalle ali d’argento che Hook aveva preso come guida all’inizio di quel viaggio.
Persino il drago a due teste era stato mandato appositamente per trarli in salvo, ma né Aurora né Hook vollero sapere come erano riusciti a domare una creatura simile, alcune cose era meglio sognarle da sé.
Per quella notte si accamparono sotto l’ombra di una grande quercia, accesero un fuoco e mangiarono pesce abbrustolito, di certo Aurora lo gradiva più della lepre appena cacciata.

“Dunque solo il bacio del vero amore avrebbe potuto risvegliarvi?” domandò Kayley, dopo aver ascoltato la storia di Aurora. “E dunque come è stato possibile che…” quando la sua immaginazione superò la realtà, si coprì le labbra con le mani. “Siete due innamorati in fuga?”.

Aurora ed Hook si scambiarono uno sguardo muto ma assolutamente comprensibile, finché non scoppiarono a ridere entrambi per quell’errore di considerazione.

“La prima volta che ho visto Killian è stata al mio risveglio, non siamo innamorati, è accaduto qualcosa che non siamo riusciti a spiegarci” continuò a ridere Aurora con leggerezza.

“Già, inoltre non saremmo così sciocchi da fuggire, una relazione simile è impossibile” aggiunse Hook, pienamente convinto delle proprie parole.

Kayley arrossì fino alla punta delle orecchie, mortificata per aver detto qualcosa di così lontano dalla realtà, ma aveva quasi creduto a ciò che aveva pensato ed ora le sembrava particolarmente difficile tornare indietro.
Garret si passò una mano sul mento, chiudendo le palpebre sugli occhi che vedevano solo buio davanti a loro.

“Forse non ne siete ancora consapevoli” non appena lo disse ricevette una gomitata da Kayley, stavano andando troppo oltre ed Aurora iniziava a non gradire quelle allusioni, soprattutto nel rispetto di Filippo e di quello che provava per lui.

“Credo sia meglio affrontare un discorso diverso” sussurrò Aurora, chiudendosi in un abbraccio in cui stringeva le gambe al petto “cos’è che Malefica ha sottratto a Filippo?”.

“La spada di Excalibur” rispose Kayley senza pensarci.

Aurora strinse nervosamente le mani, istintivamente passò a guardare Hook, come se per un attimo avesse intuito che cosa egli desiderasse davvero da Malefica. Ma poteva esserne certa? 










// Nda: 

Ci stiamo avvicinando sempre di più al punto centrale della storia, ormai la trama inizia ad infittirsi e presto si volgerà al gran finale che dovrebbe avvenire intorno al 15° capitolo. 
Ci saranno altri pochi flashback e presto ci sarà soltanto la parte del presente. 
Ringrazio come sempre tutte coloro che mi seguono, in più lascio qui sotto l'album dei personaggi della storia, se vi va di immaginarli come li ho pensati. 


https://www.facebook.com/giulia.esse.7/media_set?set=a.623816947652728.1073741830.100000732860484&type=3


 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Confessioni ***



 

Just don't give up 
I am working it out 
Please don't give in 
I won't let you down 
It messed me up 
Need a second to breath 
Just keep coming around
***





IX. Confessioni





Aurora non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte. Oltre al timore di affrontare ancora i sogni della maledizione, c’era qualcosa che non riusciva a spiegarsi.
Kayley aveva parlato di Excalibur, una spada a cui Filippo aveva accennato quando le raccontò alcuni particolari del suo regno. Sembrava che ormai non vi fosse nulla da fare, il principe avrebbe dovuto ricostruire le terre di suo padre cercando di riunirle insieme agli abitanti che ne facevano parte.
Non sarebbe stato facile iniziare da capo, sapeva solo che avrebbe dovuto aiutarlo. Kayley aveva anche accennato ad un guerriero che era in compagnia di Filippo, ma che non si era tolto l’elmo per tutto il tempo, come se avesse preferito nascondere la sua identità.
Era preoccupata per le sorti del suo innamorato, ora che aveva la certezza che stesse bene, non poteva non riflettere sulla possibilità che potesse incontrare Malefica ed essere sconfitto.
Aveva fiducia in lui, ma il timore a volte andava sempre oltre.
Inoltre c’era una questione irrisolta che le premeva risolvere in modo imminente. Cos’è che Killian Jones andava cercando? Non gliel’aveva mai riferito ed in realtà non si era mai posta il problema, visto che erano diretti verso la stessa meta.
Aprì lentamente gli occhi, osservando il fuoco che scoppiettava al centro del piccolo accampamento che avevano ordinato per quella notte. Kayley e Garret dormivano, altre strane creature notturne non vi erano.
Rimase sdraiata sul fianco, cercando di capire dove fosse finito Hook. Se ne era andato? Non riusciva a vederlo  da nessuna parte.
Si mise subito in piedi, cercando di fare il minimo rumore possibile. Congiunse le mani e poi si strinse nelle spalle, l’umidità era salita a dismisura, tanto da farla rabbrividire.
Si allontanò lentamente dal fuoco, dirigendosi dove credeva di poter trovare il suo compagno di viaggio. Si inoltrò verso la macchia boschiva che conduceva con sé le ombre nere degli alberi che ondeggiavano davanti agli occhi di Aurora.
Forse non sarebbe stata una buona idea, ma non poteva fare altro. Di tanto in tanto guardava in alto, alla ricerca di un punto di riferimento, ma non ve ne era alcuno che potesse aiutarla

“Non ti avevo detto che è pericoloso per una principessa attraversare la Foresta Proibita?” la sua voce calda risalì alle orecchie di Aurora, che non seppe dove voltarsi per incontrarla.

“Lo è anche fidarsi di un pirata” aggiunse, arrendendosi nel non riuscire a vederlo.

“Impari in fretta” sussurrò prima di scivolare giù dal ramo di un albero per ricadere a terra con un ginocchio piegato per accusare l’impatto. Si rialzò ripulendosi il soprabito.

Aurora si voltò per poterlo finalmente guardare, condusse le mani dietro la schiena, sospingendosi in avanti con il viso per poterlo vedere meglio in quel buio fitto che si eliminava di poco con il chiarore della luna piena.

“Come mai eri qui?” gli chiese.

Sorrise, per nulla infastidito.
“Eri preoccupata che me ne fossi andato via…” si passò la lingua sulle labbra, divertito dalla situazione “se anche fosse stata questa la mia intenzione, che differenza ci sarebbe stata?” si strinse nelle spalle “Non hai chiesto la mia compagnia per qualche particolare motivo, se non per avere qualcuno che ti guidasse nella Foresta”.

Aurora aggrottò le sopracciglia, prima di incrociare le braccia al petto.
“Sai bene che non è solo per questo. Ti dimentichi troppo spesso che hai spezzato l’incantesimo del sonno”.

Hook alzò gli occhi al cielo e per quanto possibile lei riuscì a notarlo.
“Insomma, ancora con questa storia?” scosse la testa in segno di diniego “Smettila di sognare ad occhi aperti, non ti condurrà da nessuna parte” le rinfacciò.

Per un attimo Aurora non seppe cosa rispondere, si sentì incalzare in un modo che nessuno aveva mai provato a fare con lei. Ma ormai era abituata, Hook aveva spesso quel comportamento irascibile.
Preferì non continuare quel discorso, doveva avere delle risposte ai suoi dubbi.

“C’è qualcosa che mi hai nascosto fin dall’inizio” strinse gli occhi a due fessure, per indagare meglio l’espressione di lui troppo adombrata per poterla decifrare davvero “Malefica ha una cosa a cui tu sei molto interessato. Di che si tratta?”

Domanda che non aveva bisogno di una risposta, ma solo di una conferma precisa. Hook non riuscì però ad accontentarla e si limitò a voltarsi dall’altra parte.

“Non ti compete conoscere certe cose, solo perché abbiamo seguito la stessa strada non vuol dire che dobbiamo condividere tutti i nostri desideri”.






 


 
Killian si guardò intorno alla ricerca di suo padre. Erano quasi due ore ormai che lo stava aspettando, davanti alla porta di casa.
La notte prima era uscito per terminare alcune questioni, gli aveva detto di farsi trovare all’alba pronto per partire.
Il sole era sorto e il piccolo Killian iniziava a stancarsi di rimanere fermo senza fare nulla. Aveva consegnato tutti i soldi che aveva a suo padre, fidandosi ciecamente dei suoi propositi.
Una volta lasciate quelle terre sicuramente sarebbe stato tutto più facile, avrebbero ricominciato da capo. Killian ne era certo, soprattutto perché aveva promesso a sua madre che se la sarebbero cavata.
Tre ore. Quattro. Cinque. Sei.
Suo padre non arrivò e tutti i passanti iniziarono ad assumere le sue sembianze. Di tanto in tanto Killian si alzava dagli scalini davanti casa per poter chiamare uno tra quelli che credeva fosse suo padre ed ogni volta era costretto a riabbassarsi, desolato per l’errore.
Ma continuava ad avere fede, sicuramente doveva esserci stato un inconveniente. Quando trascorse anche la settima ora, Killian aveva ormai le gambe indolenzite e non sapeva più cosa pensare. Avvertiva formicolii alle braccia e alle mani, il nervosismo iniziava a risalire ma non poteva credere al peggio.
Aveva immaginato tutto, tranne che tornasse da lui qualcuno che non fosse affatto suo padre. Due uomini alti e robusti, dalle spalle larghe e gli occhi piccoli, si fermarono proprio davanti la porta.
Killian alzò gli occhi, ergendosi in piedi con titubanza.
“Sei tu Killian Jones, figlio di Dwigth?” gli domandarono.
Annuì con un certo timore, incrociando le braccia al petto con fare provocatorio.
“Magnifico” disse uno di loro prima di afferrarlo per un braccio e trascinarlo lontano dalla porta di casa.
“Ah! Che state facendo? Lasciatemi andare!” iniziò a gridare mentre anche l’altro lo teneva stretto, sollevandolo da terra perché non tentasse di scappare.
“Mi dispiace ragazzino, tuo padre questa volta l’ha combinata grossa” dissero senza tante cerimonie, strattonandolo davanti a tutti quelli che si fermarono a guardare, richiamati dalle strida di lui.
Chiese loro spiegazioni, ma non sembravano convinti di volergliene dare. Arrivò persino a mordere la mano dell’aguzzino, per riuscire a scappare, ma gli tirarono un pugno nello stomaco per farlo smettere di agitarsi.
“State mentendo” continuava a dire in un mormorio confuso “io e mio padre saremmo dovuti partire questa mattina per lasciare questo stupido, stupido posto!”.
L’uomo dalla barba più incolta scoppiò a ridere, poi si fermò all’improvviso, agguantandolo per le spalle.
“Tuo padre ti ha abbandonato, è scappato ieri sera con la coda tra le gambe. Aveva un debito con il nostro capo e senza dire niente a nessuno voleva andarsene da qui. Ieri sera lo abbiamo colto con le mani nel sacco, mentre cercava di uscire dalla città come un ladro, quale in effetti è. Fin dall’inizio sapeva che se non ci avesse restituito il denaro, saremmo venuti a prendere te per ricattarlo. Ti ha lasciato qui, ragazzino, perché subissi tu le punizioni per le sue colpe”.
Killian udì ogni singola parola con il sangue che iniziò a ribollirgli nelle vene. Suo padre l’aveva lasciato da solo, alla mercé di strozzini e tagliagole? Solo per tenersi stretta la vita.
Strinse i pugni minacciosamente per poi cercare in ogni modo di ribellarsi.
“Bugiardo, bugiardo, bugiardo! Io ho sempre creduto in lui, come ha potuto abbandonarmi?” le lacrime scivolarono lungo le guance copiosamente e con disperazione.
Lo fermarono di nuovo, questa volta caricandoselo sulle spalle perché fosse meno fastidioso da trascinare e per andare più in fretta dal capo di cui parlavano.
“Io ti odio, io ti odierò sempre” sussurrò Killian battendo i pugni sulla spalla dell’uomo dalla lunga barba.
Tutti conoscevano la verità, tutti sapevano che tipo di uomo fosse suo padre. Lui no, lui era il figlio devoto di un padre totalmente senza cuore.
Continuava a lottare per sciogliere quella presa così forte e decisa, nemmeno le urla aquiline fermarono i passanti che non badavano a quello che stava accadendo.
Eppure quello non fu un giorno così maledetto come sembrava essere, anzi, qualcuno venne in suo aiuto e non fu una persona qualunque.
Il piccolo principe Filippo di rado usciva a cavallo insieme al suo precettore, un uomo di alta statura e dal portamento regale. Soprattutto non capitava quasi mai che attraversassero il pieno della vita cittadina per le loro uscite nel bosco più vicino. Ma quel giorno il precettore preferì prendere proprio la strada che li portò ad incrociare il piccolo Killian.
“Myrddin, chi sono quegli uomini?” domandò Filippo, fermando il cavallo a poca distanza dalle strida che gli arrivavano alle orecchie.
“Malfattori, temo” rispose il precettore stringendo le redini “hanno con sé un ragazzino che non ha per niente l’aria di volerli seguire”.
Filippo non ebbe bisogno di altro per far scattare il cavallo verso la loro direzione e raggiungere i due uomini, dall’alto del destriero sembrava proprio un piccolo principe dall’aria quasi più regale del padre stesso.
“Signori, vorrei conoscere il motivo per cui state portando con voi questo ragazzo senza la sua volontà” era ovvio che l’età non corrispondeva al nome di ragazzo, ma Filippo era solito considerarsi più maturo, così come tutti quelli che avevano la sua stessa età.
I due parevano preoccupati e Killian riuscì a capirlo quando incontrò lo sguardo del principe e  si ammutolì improvvisamente.
“Vostra altezza…” farfugliò quello con la barba “questo ragazzino è il pagamento del debito di un uomo che non ha restituito ciò che gli era stato prestato”.
Myrddin si avvicinò in fretta, Filippo non si sarebbe dovuto intromettere in questioni simili, ma in fondo il suo scopo era quello di farlo crescere nel modo più giusto e che sapesse prendere le decisioni migliori.
“A quanto ammonta il debito?” domandò il principe, guardandoli con serietà.
Quando gli risposero, afferrò un sacchetto di monete legato alla cintura e glielo lanciò senza porsi troppe questioni.
“Vi sono anche gli interessi nel totale. Ora lasciate andare il ragazzo e non vi avvicinate più a lui. Se dovessi venire a sapere del contrario, vi farò punire” disse con tono convinto.
I due si guardarono, fecero lo stesso con il sacchetto e senza dire altro lasciarono a terra Killian prima di allontanarsi in fretta con il bottino.
Filippo sapeva che immischiarsi in certe questioni non era un bene, gli usurai e gli strozzini purtroppo erano ovunque e spesso erano molto potenti. Andarvi contro voleva dire creare una minaccia, seppure piccola, per il regno.
Myrddin parve soddisfatto di quel gesto. Bisognava essere oculati con il denaro, ma andava speso per ciò che si riteneva necessario.
Killian non riusciva a capire il motivo della sua salvezza, perché proprio il principe Filippo era soccorso per liberarlo? Incrociò le braccia al petto, chinando appena lo sguardo a terra, senza sapere cosa dire.
“Potresti ringraziare il tuo principe, ti ha salvato la vita” gli consigliò Myrddin, che aveva compreso tutta quella indecisione.
Lo ringraziò, ma senza alcuna enfasi. Il colpo inferto da suo padre era stato troppo forte per poter sopportare tutto insieme in una volta sola.
Filippo decise di invitarlo con loro, per visitare il bosco appena fuori dalla città, cosicché Killian potesse raccontargli la sua storia.
Così fece e trascorsero insieme un’intera giornata. Myrddin decise di non intervenire, lasciando che i due si confrontassero e si aprissero, sembrava possibile lo sbocciare di una nuova amicizia.
Il padre di Filippo non ne sarebbe stato contento, ma in fondo non ne sarebbe mai venuto a conoscenza.
Il principe era dispiaciuto per le parole di Killian e gli offrì la possibilità di venire al Palazzo, avrebbe potuto trovargli un posto dove lavorare.Ma Killian non volle accettare.
Rimanere in quel luogo sarebbe stato per lui una sconfitta, piuttosto sarebbe andato via, partendo come avevano deciso di fare con suo padre.
Sarebbe salpato con la prima nave disponibile e non sarebbe più tornato.
“Sei sicuro di non voler rimanere?” gli domandò Filippo, insistendo il più possibile.
C’era qualcosa in quel ragazzino che lo faceva sembrare particolare, forse più sincero di molti altri e di un’intelligenza da notare. Il suo cuore era buono, leale e forte.
“Ho preso la mia decisione” sentenziò con una sicurezza che non aveva mai avuto.
“Cosa farai una volta via di qui?” domandò ancora.
Killian scrollò le spalle.
“La vita di mare mi ha sempre affascinato, forse diventerò un pescatore” sorrise di sottecchi all’idea.
“Ed io diventerò un grande re, con Excalibur” rispose Filippo.
“Cos’è?” Killian non aveva idea di cosa stesse parlando.
“Non conosci Excalibur?” sembrava decisamente  stupito, ma cercò di spiegargli “Excalibur è una spada in grado di proteggere il proprietario dall’essere ferito. In più concede ad esso onestà e virtù”.
Killian ascoltò con piacere quella breve descrizione. Non aveva mai udito nulla di simile ma di certo accarezzava l’idea di poter maneggiare una cosa simile.
Non esser mai ferito e rimanere un uomo onesto, sarebbe servita a suo padre, ma aveva idea che non tutti potessero maneggiarla.
La giornata trascorse in fretta, il tramonto si era mostrato e Filippo sarebbe dovuto tornare al Palazzo mentre Killian doveva affrontare un lungo viaggio.
Attraversare un altro regno e raggiungere il mare.





 
 
 
 



 
“Tu vuoi Excalibur. E’ per questo che stai andando da Malefica” lo rimproverò Aurora con sguardo accigliato.

Hook sollevò le spalle, come un bambino che ha compiuto una marachella.
“La questione non ti riguarda, i pirati cercano tesori ed io voglio quella spada”.

Aurora strinse le mani in piccoli pugni, per evitare di assalirlo e picchiarlo come il suo istinto le stava proponendo di fare.

“Excalibur appartiene al padre di Filippo, non puoi sottrargliela. E’ sua di diritto, lui ti fermerà e questa volta non potrai dire che il principe di cui parlo sempre non esiste” gli rinfacciò, per un attimo serena all’idea di poterlo incontrare dopo così tanto tempo.

Il pirata si inumidì le labbra, sfiorandosi il mento con il pollice e guardando altrove.
“In realtà sapevo dell’esistenza del tuo principe fin dall’inizio, per quanto i nomi possano essere ripetitivi e di un’originalità unica, avevo immaginato che fosse proprio quel Filippo, il principe dei tuoi sogni”.

Aurora non riusciva a comprendere le sue parole, tant’è che si fece avanti, per ascoltare e capire meglio.
“Lo conosci?”
“Ho avuto occasione di incontrarlo una volta, poi non l’ho più visto” scrollò le spalle, prima di superarla, non aveva voglia di parlarne e sapeva che lei avrebbe posto sempre più domande.

“Non scappare!” esclamò lei, afferrandolo per un braccio, tremava ma tentava di non darlo a vedere. Quando lui si voltò, Aurora piegò la testa, nascondendo gli occhi lucidi. “Quando saremo lì io dovrò fare una scelta”.

Hook sorrise, facendo scorrere il braccio fino a prendere la mano di lei nella propria.
“Una scelta di che tipo, esattamente?”

Aurora cercava di sciogliere la stretta di mano da quella di lui, per riprendersi ciò che era suo, ma una parte di sé aveva deciso di non farlo.
“Filippo si recherà da Malefica per recuperare Excalibur, esattamente ciò che vuoi fare anche tu. Non posso lasciarti fare una cosa simile”.

Ridere sarebbe stato di dovere, ma Hook la prese abbastanza seriamente, nonostante non avvertisse alcun timore di lei. Era talmente fragile, avrebbe potuto spezzarla solo con un abbraccio, che avrebbe potuto fargli?
“Sei sicura che sia proprio questo ciò che desideri?” sussurrò, mentre si avvicina al suo viso, tirandole su il mento perché potessero incontrarsi i loro sguardi, nonostante la fioca luce della notte che impediva di vedere più del normale.

Aurora cercò di scostarsi, ora che aveva la mano libera, ma si sentiva intrappolata al suo viso. Poteva vedere quegli occhi azzurri come se fosse stato giorno, i lineamenti del suo viso accompagnati dalla barba curata che gli donava così bene.
“Non tentare di sedurmi” alla fine riuscì a vincere sul proprio istinto “mi avrai anche salvato la vita e te ne sono debitrice, ma non ti aiuterò ad ingannare Filippo”.

“Non devo sedurti per farti innamorare di me, ti ho già risvegliata una volta, non ti pare?” le domandò lasciandosela sfuggire, era bene non tormentarla troppo, ma lasciarla nel dubbio. “Io non voglio ingannare Filippo, desidero solo prendere una cosa che mi piacerebbe avere”.

“Tra tutti i tesori del mondo, perché proprio Excalibur, che valenza ha per te?” gli domandò per fornire l’occasione in cui potersi spiegare.
Hook passò il pollice sulle labbra, fino a farlo scivolare sul mento e sul collo, come a voler chiudere le parole che avrebbe pronunciato subito dopo.
“E’ la spada degli onesti e forse grazie ad essa io riuscirò ad essere un uomo che non vive solo di cattiva fama”.

Aurora scosse lievemente la testa, per nulla concorde con quello che aveva appena udito.
“Non è rubando un oggetto che non ti appartiene a poterti rendere onesto, dovresti imparare a diventarlo con le tue forze”.

Insistere non avrebbe condotto a molto, questo Aurora lo sapeva bene. Si augurò davvero di non doversi intromettere tra Hook e Filippo, una volta che si sarebbero affrontati.
Gli voltò le spalle, stringendosi per non sentire freddo e proseguì sulla strada che aveva preso in precedenza.

“Vieni a riposarti, domani dovremo camminare di nuovo” gli disse lei, invitandolo a tornare.

Avrebbe potuto cacciarlo via, con la scusa di avere delle ottime guide per raggiungere Filippo. Ma qualcosa continuava a ruotare dentro di lei, qualcosa che non riusciva a spiegarsi. La consapevolezza ormai iniziava a farsi strada nel suo cuore ma non poteva permettere alla mente di essere  debole. 









 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Vendetta ***



 

Yesterday I  died, tomorrow's bleeding
Fall in you sunlight
The futur's open wide beyond believing
To know why hope dies 
*~*~




X. Vendetta




Aurora aveva deciso di non addormentarsi, ma tentare di rimanere in dormiveglia. Riflettere sulle parole di Hook era più importante, ora che conosceva le sue intenzioni doveva decidere se agire contro di lui immediatamente, oppure sperare che  rinsavisse. Ma poteva fidarsi? Non ne era certa.
Quella mattina Kayley e Garret, i loro compagni di viaggio, si erano alzati all’alba per poter preparare tutto, mancava un giorno solo prima di raggiungere Malefica.
Nonostante Aurora non avesse avuto modo di conoscerli a fondo, era piacevolmente colpita nell’aver incontrato due persone dall’animo buono e gentile come non ne aveva mai viste.
Kayley aveva perso suo padre quando era una bambina e da quel momento aveva sempre combattuto per diventare un Cavaliere proprio come lui.
Decisamente avvincente come desiderio, anche se Aurora non riusciva a comprendere come una donna potesse sognare una vita così difficile.
Garret invece aveva vissuto gran parte della sua giovinezza nella Foresta Proibita, da quando vi fu l’incidente che gli causò la cecità, si era recluso in quel luogo per poter vivere lontano dal mondo.
Entrambi si erano incontrati per caso ed erano riusciti in passato a farsi valere davanti agli occhi di Filippo. Se lui si fidava di loro, Aurora non poteva metterne in dubbio l’onestà.
Inoltre aveva notato un certo tipo di legame che li univa, se non erano innamorati allora dovevano provare qualcosa di molto simile, poiché la cura che avevano l’uno verso l’altra era invidiabile.

“Quindi siete riusciti a domare un drago?” la voce di Hook risuonò nelle orecchie di Aurora che stava lentamente alzandosi in piedi dal suo giaciglio.

“I draghi non si fanno domare, ma quello che vi ha tratti in salvo si è affezionato particolarmente a Kayley” rispose Garret, battendo il bastone sulla terra.

Hook osservò attentamente la ragazza che aveva di fronte, piccola di statura e dai lunghi capelli rossi raccolti in una coda. Aveva ancora il viso dell’innocenza, proprio come Aurora.

“Un viaggio invidiabile” aggiunse Hook con mezzo sorriso.

Doveva ammetterlo, quei due giovani erano formidabili ed il coraggio che possedevano faceva risaltare la loro personalità così sviluppata, nonostante un’età ancora poco matura.
Kayley aveva l’aria di chi aveva messo da parte l’orgoglio per aprire gli occhi sulla realtà e Garret, nonostante la sua cecità, era riuscito a mostrarle la retta via.
Hook quasi credé di volerli a bordo della Jolly Roger, una volta tornato a navigare sui mari. Ma ricacciò immediatamente quell’idea, un cieco ed una donna non erano una buona scelta.

“Buongiorno, principessa Aurora!” esclamò Kayley interrompendo la conversazione, per avvicinarsi a colei che si era alzata, aiutandola nell’intento.

“Ti ringrazio” sorrise Aurora, accettando di buon grado il suo aiuto “eravate tutti svegli e siete rimasti ad aspettare me?”

“Killian ci ha raccontato dei vostri incubi e ci ha pregati di attendere il vostro risveglio, senza forzarvi. Ha detto che poteva essere la volta buona che li avreste  affrontati a testa alta” disse subito Kayley per ovviare a quello che sarebbe potuto diventare un problema.

Aurora sgranò gli occhi, lasciando che lo sguardo finisse su quello di Hook che la osservava sorridente.
Aveva davvero chiesto loro di non disturbarla? Per un attimo quel pensiero la fece arrossire, l’idea che qualcuno si fosse preso cura di lei la rasserenava ed in un certo senso le faceva prendere sicurezza.

“Grazie, spero solo di non avervi fatto aspettare tanto. Vogliamo procedere?”.

Si misero in viaggio in fretta, Kayley era convinta che nella Foresta potessero esservi delle spie di Malefica ma secondo Garret era improbabile che così fosse. Gli alberi e le creature che la abitavano erano antiche e nessuno era in grado di controllarle, nemmeno chi era esperto di magia.
Proseguirono verso uno dei sentieri più brevi e meno difficili da percorrere, per evitare di trovarsi davanti a situazioni inaffrontabili.
Aurora ed Hook non avevano più visto il drago che li aveva salvati, Garret spiegò loro che era abbastanza timido da nascondersi e di seguirli da lontano. Come poteva un drago provare delle emozioni? Soprattutto qualcosa come la riservatezza, Hook non riusciva a spiegarselo.
Invece Ayden, il falco dalle ali d’argento mostrava la strada da seguire ed ogni tanto si posava sul braccio del proprietario, anche se di tanto in tanto decideva di girare intorno ad Hook, come a volerlo tenere sottocontrollo.
Hook di rimando, che si era affezionato anche se non voleva ammetterlo, fingeva di esserne infastidito e lo cacciava via malamente.
Quando giunse l’ora di pranzo furono costretti a dividersi per intraprendere una breve battuta di caccia, per potersi procurare da mangiare anche per cena ed il giorno dopo.
Kayley e Garret presero una direzione, Hook ed Aurora un’altra con l’intento di ritornare allo stesso punto in cui si erano divisi.

“Non mi hai mai raccontato di come sei diventato un pirata” disse Aurora quando si ritrovarono soli. Non le piaceva il silenzio e la curiosità di tanto in tanto emergeva, anche quando avrebbe fatto meglio a non dire nulla.

“Secondo te come si diventa pirati?” rispose Hook che aveva tirato fuori un pugnale per la caccia “Inoltre non credo sia il momento adatto per raccontare gli aneddoti del nostro passato, se vogliamo mangiare qualcosa dobbiamo fare silenzio”.

Aurora rimase stizzita mentre lo seguiva a fatica, sempre con i piedi nudi e colmi di piccole ferite e graffi.
Preferì non seguire le sue istruzioni ed insistere sull’argomento.
“So come hai perso la mano sinistra, so che eri innamorato di una donna che ti ha segnato per la vita, ma non so nulla di te prima di tutto questo. Insomma, conosco la storia di Capitan Hook ma non di Killian Jones”.

“Non c’è nulla di particolare da sapere, riguardo Killian Jones. Quel che è stato rimane cenere, non ho intenzione di guardare indietro per ricordare da dove provengo” disse mentre si guardava intorno, alla ricerca di un cervo o di una lepre da catturare.

Quando Aurora cercò di insistere, lui le fece segno di ammutolirsi, non erano soli.
Indicò con la punta del pugnale un uomo incappucciato che stava correndo verso un carro su cui era sdraiata una donna gravida, sembrava che stesse per spirare.
Hook ed Aurora si nascosero dietro un albero per osservare la scena, l’uomo col cappuccio le diede un antidoto e rimase in attesa del risveglio di lei.
Fu in quel momento che Hook volse lo sguardo più in alto e notò qualcosa che gli fece avvertire un capogiro.
Il Coccodrillo era lì. I suoi occhi sprofondarono nel constatare che a pochi passi si trovava colui che aveva portato sventura nella sua vita.
Aveva notato come Tremotino stesse tendendo l’arco verso l’uomo incappucciato e come accanto a lui vi fosse una giovane donna che aveva l’aria di volerlo dissuadere.
Non poteva essere vero, non poteva trattarsi di lui. Non in quel momento, non senza Excalibur! Già, poiché Excalibur era la soluzione a tutti i suoi problemi. L’onestà sarebbe arrivata in seguito, ma aveva bisogno di quella spada per poter scalfire il Coccodrillo. Perché si presentava così presto, perché quando era disarmato? Aggrottò le sopracciglia. Non poteva perdere un’occasione simile, difficilmente avrebbe fatto ritorno per la Foresta Proibita e ora che lo aveva davanti agli occhi doveva agire e compiere la sua vendetta. Ma senza Excalibur non sarebbe riuscito nemmeno a ferirlo, dunque non gli rimase che fare una cosa soltanto. La donna che gli stava accanto sembrava particolarmente legata a lui, dunque avrebbe preso di mira lei.
Hook piantò a terra il pugnale da caccia, sciolse l’arco che Kayley gli aveva prestato ed incoccò malamente una freccia, per poi puntare verso di lei.
Quando Aurora si accorse di quello che Hook aveva intenzione di fare, appoggiò una mano sulla sua spalla.

“Killian! Fermati, cosa vuoi fare?” la sua voce non arrivò alle orecchie del pirata che tendeva sempre più l’arco.

“Ripago il Coccodrillo con la sua stessa moneta” sussurrò con gli occhi iniettati di sangue, tanto che spaventarono Aurora per l’improvvisa perdita di controllo. “Ucciderò lei e lo lascerò in vita, così saprà cosa si prova a perdere la persona che si ama”.

Aurora volse lo sguardo sulla giovane ragazza in compagnia del Coccodrillo, era bella e anche lei cercava di fermarlo da un’azione dello stesso genere. Non poteva permettere ad Hook di cadere nell’errore, perciò tentò di fermarlo nell’unico modo che le era venuto in mente.

“Gli uomini onesti non hanno bisogno della vendetta per vivere sereni” sussurrò per poi sfiorargli la guancia con un bacio “e tu sei un uomo onesto, non cadere di nuovo nell’errore”.

Non ebbe idea del motivo per cui compì quell’azione, ma sentiva di doverlo fare. Per un attimo credé di essersi comportata da sciocca, eppure in quel momento Hook abbassò l’arco, volgendo lo sguardo su di lei.

“Non è la prima volta che qualcuno mi dice una cosa simile” e di certo gli aveva procurato uno scombussolamento tale da far emergere le lacrime agli occhi.





 
 
 
 
 
Killian era riuscito a recuperare un passaggio per il regno accanto a quello in cui nacque, così da potersi avvicinare maggiormente al suo scopo.
Il viaggio sul carro non fu entusiasmante, soprattutto il mercante che vi era sopra si mostrava in modo burbero e poco incline alla conversazione.
Non che questo rappresentò un problema per Killian che anzi desiderava quanto più possibile di rimanersene nel suo cantuccio a riflettere sulla malefatta di suo padre.
Di denaro non ne aveva, Filippo aveva cercato di convincerlo ad accettare una piccola offerta per il viaggio, ma lui rifiutò. Il principe stesso aveva ripagato il debito lasciato da suo padre, averne degli altri non sarebbe stato un buon inizio.
Nonostante stesse andando via da quel posto, non potette fare a meno di pensare ad una sola cosa: la vendetta. Essa lo avrebbe ricondotto da suo padre, per infliggergli sofferenza, un dolore che avrebbe dovuto scontare per tutto il resto della vita.
Killian non si era mai sentito cadere così in basso come in quel momento, non aveva mai avuto sentimenti simili. Eppure l’idea che la persona a cui voleva più bene al mondo lo avesse abbandonato, per lui era inconcepibile.
Aveva sacrificato persino i suoi ideali, pur di renderlo felice e sperare di riuscire a costruire un futuro insieme. Ma Dwigth Jones pensava solo al proprio benessere, non si era preso cura di sua moglie, non vi era motivo per farlo anche con il figlio.
“Scendi, ragazzino. Da qui dovrai cavartela da solo” il mercante lo fece tornare alla realtà e così fu costretto a scendere, abbandonando l’idea di fare un viaggio più semplice.
Una volta con i piedi per terra iniziò ad incamminarsi per il sentiero diritto che conduceva alla capitale del nuovo regno in cui si trovava.
Senza riflettere esattamente sul dove recarsi, finì per raggiungere una radura accanto al bosco che conduceva ai pressi del Castello, vi era un piccolo fiume che avrebbe potuto risalire facilmente per trovare la strada giusta da prendere.
Quando raggiunse la radura decise di fare una piccola pausa, sedendosi su una roccia rotondeggiante. Aprì la sacca da viaggio e vi fece uscire un fazzoletto che avvolgeva un pezzo di pane scuro, ma in quel momento udì un grido disperato proprio alle sue spalle.
Quando girò  lo sguardo si accorse che le acque del fiume stavano trascinando via una ragazzina spaventata che non riusciva a risalirlo.
“Aiuto!” urlava ormai stanca e senza speranza.
Killian gettò il pane a terra e si precipitò vicino alla riva, percorrendola di corsa per poterla seguire con lo sguardo.
“Rimani calma, sto venendo a prenderti!” la incoraggiò lui, mentre afferrava in fretta un ramo caduto abbastanza robusto da poter sorreggere il peso di lei.
La superò fino a stendersi sulle sponde, allungò il ramo in acqua perché potesse arrivarle vicino.
“Afferralo e tienilo stretto, cercherò di tirarti fuori” disse con voce sicura.
La ragazzina dagli occhi azzurri ed impauriti obbedì subito agli ordini e riuscì a raggiungere l’estremità del ramo anche se con qualche difficoltà. La potenza della corrente era eccessiva ma si sforzò di non lasciare la presa. Killian dovette usare tutta la forza che possedeva, combattere contro il fiume da solo e portare via da lì il peso di una ragazzina più piccola di lui era un’impresa difficile ma non si lasciò vincere dalla fatica.
Si mise in ginocchio per spingere verso di sé il ramo, mentre lei mugugnava spaventata di voler uscire in fretta da quell’inferno.
Quando riuscì a tirarla fuori, si gettò al suo fianco, coprendosi la fronte con le mani. Il ramo per poco non si era spezzato, se fosse accaduto allora non vi sarebbe più stato niente da fare.
Colei che aveva salvato si acquattò sull’erba umida, sputando l’acqua in eccesso che avevo ingurgitato.
I lunghi capelli castani le ricadevano sulle guance, impastati ed umidi, tanto da coprirle il viso.
“G-grazie” sussurrò lei mentre tentava di tornare seduta, stringendosi tra le braccia per non sentire freddo.
Quando Killian se ne rese conto, decise di fare un ulteriore sforzo e si sfilò il piccolo soprabito, per appoggiarlo sulle sue spalle.
Si rimise in piedi cacciandosi le mani nelle tasche, leggermente imbarazzato per aver dimostrato tutta quella inspiegabile premura verso una sconosciuta.
“Come sei finita in quel guaio?” domandò curiosamente.
La ragazzina arrossì fino alla punta delle orecchie, notando la gentilezza dello sconosciuto e si strinse nel soprabito che le calzava decisamente troppo. Inoltre aveva notato quanto gli occhi azzurri di lui fossero profondi, più dell’acqua del fiume, forse anche del mare.
“Ero andata a prendere un po’ d’acqua da portare a casa ma sono scivolata” sussurrò lei vergognosamente.
Killian aggrottò le sopracciglia, senza guardarla negli occhi, preferì concentrarsi davanti a sé.
“E’ una cosa da stupidi” concluse irritato.
Lei rimase colpita da quella frase così astiosa. “Andare a prendere l’acqua o scivolare in un fiume?”.
Killian sollevò gli occhi al cielo. “Questo conferma la mia teoria, devi proprio essere una stupida”.
La ragazzina si alzò in piedi, con le ginocchia che ancora tremavano ma con una serietà da far quasi paura.
“Chi ti dà il diritto di parlarmi in questo modo?”  lo rimbeccò con fastidio, stringendo le braccia al petto, così da far cadere il soprabito a terra.
“Ti ho salvato la vita, direi che merito questo diritto” continuò prima di afferrare ciò che era suo e riprenderselo,ma accorgendosi che era umido lo gettò di nuovo a terra.
Lei rimase così interdetta da non saper replicare altro che: “Nessuno ti ha chiesto di farlo!”.
Killian boccheggiò per qualche istante, stupito da quella reazione.
“Ingrata!”.
Nonostante quell’attimo di tensione così forte che sarebbe potuto finire molto peggio di una semplice discussione, Killian scoppiò a ridere.
La ragazzina non aveva idea del motivo per cui fosse finita in quel modo, anche se all’iniziò tentò di rimanere sulla linea di difesa iniziale, quella risata fu troppo travolgente per non seguirla.
Non avevano la stessa età, ma sembrava che potessero capirsi alla perfezione.
Quel piccolo incidente instaurò un’amicizia così breve da non esser durata nemmeno un battito d’ali , ma allietò entrambi da tutto il loro passato.
“Per colpa tua ho anche perso il mio pranzo” le rinfacciò, giocando di nuovo a ricreare la tensione precedente.
“Se ti va posso offrirti dei biscotti, ne ho lasciati alcuni lì dove dovevo attingere l’acqua. Ti va di rimanere qui, ancora per un po’?” domandò con sincera speranza, non capitava mai di incontrare qualcuno di così interessante.
Killian non si sentì di rifiutare, aveva molta fame e difficilmente andava così d’accordo con qualcuno che non fosse suo padre. Decise di mettere da parte un po’ del suo tempo per il viaggio e trascorrere un’intera giornata con una ragazzina che non aveva mai visto prima.
Lei gli prese la mano per condurlo fin dove aveva promesso che ci fossero i biscotti e lì si sedettero, per pranzare insieme.
“E’ la prima volta che vieni qui? Non ti ho mai visto da queste parti” chiese lei, sedendosi comodamente sull’erba, offrendo il pranzo disteso su una tovaglia bianca.
“Non vivo qui e sono in viaggio per raggiungere il mare, cercherò una nave mercantile in cui vi sia bisogno di braccia forti per lavorare” disse mentre addentava uno dei biscotti, erano così buoni che non riuscì a fermare la fame.
“Scusa se te lo faccio notare, ma non mi sembra che tu abbia braccia così forti…” sorrise lei a mezza bocca.
Killian smise di mordere il biscotto che aveva in mano e la guardò accigliato.
“In senso metaforico” si strinse nelle spalle e riprese a mangiare.
“Perché vuoi intraprendere un viaggio in mare?” domandò con curiosità lei.
“Voglio diventare un uomo forte, che sa cavarsela da solo, per dimostrare a mio padre che non c’è bisogno di essere disonesti per vivere” aggrottò le sopracciglia “e mi vendicherò di lui”.
La ragazzina rimase piuttosto stupita nel sentire quelle parole, ma gli rivolse un timido sorriso, prima di appoggiare le mani sul manto d’erba e avvicinarsi alla sua guancia per baciarla.
“Gli uomini onesti non hanno bisogno della vendetta per vivere sereni e tu mi sembri un tipo onesto”.
Killian sgranò gli occhi di fronte a quel gesto così confidenziale, tanto che finì per strusciarsi la manica della camicia sulla guancia per togliere la sensazione di umido lasciata dal bacio. Inoltre sentì avvampare il viso che si colorò di rosso, tanto che scaturì in lei una risata vivace e forte.
Nonostante quel vuoto che avvertiva nel cuore, le parole che lei aveva pronunciato riuscirono a colpirlo così profondamente che non lo avrebbero mai abbandonato.
Trascorsero insieme tutta quella giornata, Killian decise di aprirsi e raccontare ciò che aveva passato con suo padre, senza però rivelarle l’incontro con il principe Filippo.
Lei comprese quanto dolore dovesse portare con sé e di certo non sarebbe stato facile andare avanti, ma qualcosa le diceva che il loro incontro non sarebbe stato vano.
Quando sopraggiunse il tramonto, furono costretti a lasciarsi. Killian aveva trovato un nuovo passaggio per poter proseguire attraverso il nuovo regnò e si congedò dalla sua  amica, ringraziandola per il pranzo e per la giornata insieme.
Lei di rimando si mostrò poco felice nel vederlo andare via, non aveva mai avuto occasione di farsi degli amici e per una volta aveva quasi sperato di non sentirsi così sola.
Fu solo quando vide scomparire il carro che si ricordò di non aver chiesto il suo nome e di non essersi nemmeno presentata. Una tristezza leggera le circondò il cuore, non avrebbe mai più avuto sue notizie.

 
 
 




 
 
“Tu sei la ragazzina che ho salvato?” domandò Hook in un sussurro, aveva celato per così tanto tempo quel ricordo che solo in quel momento gli sembrò di averlo vissuto davvero.

Aurora corrugò la fronte, ancora non in grado di comprendere che cosa volesse dire.
“Di che stai parlando?”

Per un attimo Hook credé di aver frainteso, forse i suoi ricordi erano errati, ma ora che stava iniziando davvero a guardare in fondo agli occhi di lei, capì di non potersi sbagliare.
“Molti anni fa salvai una ragazzina che era caduta in un fiume e che per ringraziarmi mi offrì un pranzo di biscotti, aprendomi  gli occhi sulla vendetta che volevo perpetrare su mio padre”.

Quando Aurora realizzò, andando alla ricerca di quello stesso ricordo, si coprì le labbra con stupore. Ora tutto le era chiaro, come aveva potuto non riconoscere quel bambino a cui si era affezionata? Tante volte aveva rivolto a lui un pensiero, desiderosa di sapere se alla fine fosse riuscito nell’intento di crescere in modo onesto.
Non poteva credere che proprio il ragazzino del suo ricordo ora si trovava davanti a lei, per nulla simile a come lo aveva immaginato.

“Ora capisco perché il tuo bacio ha funzionato” sussurrò Aurora ancora sconcertata da quella scoperta.
“Non è stata la magia del vero amore, ma qualcosa di molto più forte. Siamo rimasti legati ad un ricordo passato che abbiamo custodito per così tanto tempo che è finito per diventare una parte imprescindibile per entrambi. Un legame simile ad un filo che ci ha uniti nonostante la distanza ed il tempo e i nostri cuori ci hanno riconosciuto, ma le nostre menti no” spiegò Aurora in modo esauriente.

Hook corrugò la fronte, non del tutto convinto delle sue parole.
“Vuoi dire che ci siamo innamorati l’uno dell’altra molto tempo fa?”

“Questo non lo so,  io non riesco a capire più niente” si portò una mano sulla fronte, confusa per quella rivelazione che ancora non le sembrava vera.

Il silenzio fu l’unica soluzione che riuscirono a trovare, almeno per quel momento.








// Nda: 

Eccolo qui il nuovo capitolo! 
Intanto ringrazio tutte le ragazze che continuano a seguire questa storia e che mi hanno convinta ad arrivare fino in fondo (sì, devo dire che ad un certo pnto ho avuto parecchi dubbi a riguardo, molte cose non mi convincevano). 
Ho creato un gruppo su facebook dove verranno pubblicati gli aggiornamenti, gli spoiler sulle storie che ancora non ho pubblicato, gli album dei personaggi e le colonne sonore. 
Se volete iscrivervi, vi aspetto qui: 
https://www.facebook.com/groups/507038592717142/
A presto! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Nuovi incontri ***



 

If happy ever after did exist 
I would still be holding you like this 
All those fairytales are full of shit 
One more fucking love song I'll be sick
*** 

 





XI. Nuovi incontri






Quel silenzio durò considerevolmente, tanto che nessuno dei due riuscì a rivolgersi la parola per tutta la strada del ritorno. Hook aveva perso la sua occasione di vendicarsi di ciò che aveva compiuto Tremotino, mai avrebbe creduto di ritrovarselo così vicino.
Ma il potere delle parole di Aurora fu troppo grande, troppo immenso per lasciargli una mente lucida e calcolatrice. Si era fatto trascinare dalla marea di ricordi passati, raggiungendo un se stesso che credeva di aver perduto per sempre.
Aurora invece pareva intimorita da quella scoperta, sentiva quasi di aver tradito Filippo, avvampando in quel modo per il ricordo che era tornato alla mente. Un legame così forte che era stato in grado di spezzare la maledizione del sonno, forse più forte del vero amore? O erano entrambi la medesima cosa?
Questo Aurora non lo sapeva, ma in lei iniziava ad instradarsi una diffusa consapevolezza riguardo ciò che provava nei confronti del suo compagno di viaggio.
Tornarono al luogo di incontro in cui avevano appuntamento con Kayley e Garret, i quali almeno avevano recuperato qualche lepre da poter mangiare e si domandarono il motivo di quel loro improvviso allontanamento, avevano l’aria di chi volesse rimanere in disparte per riflettere.
Tant’è che Kayley preferì lasciarli da soli per tutto il viaggio, ormai mancava poco alla tratta finale della Foresta Proibita e si limitò a discorrere amorevolmente con Garret, il quale aveva intuito che dovesse esser accaduto qualcosa di particolare.
Intanto Aurora continuava a riflettere sui suoi ricordi, non riusciva a debellare comunque la curiosità che provava nei confronti del passato di Hook, nonostante si sentisse mancare il respiro.
Alla fine gli si affiancò, camminandogli accanto.

“Cosa è accaduto dopo che sei partito quel giorno?” gli domandò, consapevole di ritornare sui propri passi.

Hook si voltò, incontrando gli occhi chiari di lei che gli fecero ricordare quelli della bambina che aveva salvato. Era cambiata notevolmente, ormai era una donna ed era quasi incredibile paragonarla a ciò che la sua memoria portava in vita.

“Ho rubato del denaro agli uomini sbagliati e sono finito nella Foresta Proibita per sfuggire da loro, i quali ovviamente non si sono azzardati a superarne il confine” scrollò le spalle al ricordo “per questo conosco questo luogo, l’ho girato così a lungo da conoscerne a memoria ogni passo, più o meno”.

Aurora scosse leggermente la testa.
“Pur sapendo questo, hai deciso di tornare qui”.

“E’ la strada più breve per raggiungere Malefica, inoltre ho sempre creduto nelle mie qualità” sorrise mestamente, iniziando a sciogliere l’imbarazzo che si era creato tra loro.

“Sei diventato saccente ed insopportabile” cercò di nascondere un sorriso, ma le fu troppo difficile “ma in fondo non sei cambiato così tanto. Hai solo preso a modello una morale sbagliata”.

Hook corrugò la fronte, non era affatto convinto di quello che gli veniva detto.
“Non esistono morali giuste o sbagliate, Aurora. La morale di per sé non può concettualmente essere errata, se esiste. Ho solo intrapreso un percorso diverso dal tuo, io ci sono capitato dentro, tu anche”.

Aurora non volle rispondere, si sentì messa in un angolo, considerata come incapace di fare le proprie scelte. Di nuovo si richiuse in un silenzio poco incoraggiante, sentiva ormai che presto si sarebbero divisi e ciò che la spaventava era proprio la volontà di non farlo.
In fondo al cuore avrebbe voluto rimanere con lui per scoprire più particolari del suo passato, ma al tempo stesso sapeva che sarebbe stato un grosso errore.

“Siamo arrivati!” esplose Kayley in un sorriso entusiasmante, mentre si voltava verso di loro che camminavano poco indietro “Abbiamo raggiunto l’uscita della Foresta Proibita” disse mentre  indicava il sentiero che portava all’esterno della macchia verde, verso un colle che si protendeva in avanti illimitatamente.

“E’ quasi impossibile che qualcuno riesca ad uscire vivo di qui” intervenne Garret, piantando il bastone nella terra umida e formando un piccolo solco, mentre si preparava ad uscire davvero dall’ombra della foresta per ritornare alla luce del sole.

Aurora quasi non credé ai suoi occhi: era riuscita a superare quella grande prova. Gli occhi le si illuminarono, conscia del fatto che una volta fuori di lì avrebbe dovuto affrontare chimere molto peggiori rispetto a quelle che aveva affrontato nella Foresta.
Combattere contro se stessa e i suoi desideri non sarebbe stato facile, ma doveva farlo, per il bene della sua famiglia.
Kayley e Garret furono i primi a compiere quel passo in avanti, mentre Aurora ed Hook rimasero poco indietro, indecisi sul da farsi, come se avessero preferito rimanere esattamente dov’erano.

“E’ incredibile, non è vero?” la voce di Hook arrivò calda alle orecchie di Aurora mentre un brivido le percorse la schiena “Abbiamo impiegato tanto tempo per arrivare fin qui e abbiamo rischiato la morte più volte. Eppure nessuno dei due ha intenzione di andare via” si voltò a guardarla, questa volta sentiva il bisogno di cercare conforto nei suoi occhi “e’ come se quello che ci è accaduto qui abbia bisogno di questo posto per risultare reale, fuori finirebbe per consumarsi e diventare un ricordo lontano ed improbabile”.

Aurora avvertì le mani fremere per il nervosismo e l’agitazione che iniziava a salirle in corpo, le mani tremavano e le labbra cercavano di rimanere serrate.
“Sappiamo entrambi che non possiamo rimanere nella Foresta. Abbiamo bisogno della realtà per vivere davvero e tirarci indietro sarebbe un errore”.

Hook parve sinceramente lieto di ascoltare quelle sue parole. Per una volta Aurora si era mostrata con i piedi per terra, perfettamente in grado di affrontare una dura prova. Entrambi si era legati molto, in un’avventura simile non sarebbe potuto accadere diversamente. Ma sapevano che i loro doveri erano diversi da ciò che desideravano e non potevano combattere contro gli eventi del mondo per accontentare i propri desideri.
Lui le prese la mano, stringendola nella propria, perché entrambi potessero prendere il coraggio l’uno dall’altra. Ed uscirono insieme, compiendo il medesimo passo contemporaneamente, lasciando scomparire il mondo che si erano creati alle proprie spalle.
Sciolsero ciò che li teneva uniti, tornando nella realtà.
Fu in quel momento che sentirono un cozzare di spade, lama contro lama, si accorsero che Kayley era intenta a fronteggiarsi con un guerriero dal volto coperto, il quale indossava un elmo alto e dalle caratteristiche orientali.
Garret tentava di aiutarla, nonostante la cecità fosse per lui un grave limite.
Hook dunque si gettò in mezzo al combattimento per fermare quello scontro di cui non conosceva l’origine, spinse via Kayley che non credeva all’altezza della situazione e rimase solo a fronteggiarsi con lo straniero.
Quest’ultimo parve avere un animo fresco e giovane, istintivo e pieno  di sé, ma in poche battute Hook riuscì a metterlo al tappeto, incastrandogli il collo sotto il braccio di modo che potesse soffocarlo.

“Allora, per quale motivo ci hai attaccati?” domandò per avere una spiegazione, lo straniero cercò di liberarsi ma fu tutto inutile, dunque Hook decise di volerlo guardare in viso e sciolse l’elmo dalla testa, così da liberare lunghe ciocche di capelli castani che ricaddero sulle spalle dello straniero.
Era una donna, ma non si preoccupò di lasciare la presa. La guerriera gli puntò contro uno sguardo colmo di furore per esser stata colta di sorpresa, ma non si azzardò a dire una sola parola.
Kayley si fece avanti, rinfoderando la spada.

“E’ il guerriero che si trovava con Filippo, non so perché ma appena si è accorta di noi ci ha  fatti indietreggiare” spiegò Kayley per quell’improvvisa comparsa.

“Avevate l’ordine di condurre la Principessa nel regno di Filippo, invece l’avete trascinata fin qui. Siete dei traditori” sputò le parole con rabbia.

Rigida, fredda e anche molto bella. Dunque Filippo era stato in sua compagnia? Aurora la osservava rimanendo da una parte, quasi intimorita dalla sua figura. Ma non poteva lasciarsi prendere dalle emozioni, doveva agire e far perdonare i suoi nuovi amici. Fece un passo avanti, a testa alta.

“Non sono dei traditori, sono stata io ad imporre loro di condurmi da Filippo, li ho convinti a non rispettare i piani” disse mentre fece segno ad Hook di lasciarla andare.

Poco incline a voler rispettare quel gesto, fu costretto lo stesso a sciogliere la presa su di lei e la fece tornare in piedi perché potesse parlare con Aurora, si appropriò della sua arma per evitare che creasse altri pericoli.
“Non avrebbero dovuto infrangere gli ordini di Filippo, in ogni caso” sussurrò in un ringhio, guardandola con occhi gelidi.

“Ma hanno dato ascolto ai miei e si dà il caso che io sia una Principessa tanto quanto Filippo sia un Principe” la fece ammutolire, cosa che ad Hook piacque molto. Era ormai evidente che Aurora fosse riuscita a governare se stessa e a trovare il modo di farsi rispettare.
“Qual è il tuo nome?”.

Mulan, si chiamava. Le due parvero non simpatizzare affatto, anzi la tensione che si era creata rendeva tutti partecipi di una situazione ambigua e strana da affrontare. Entrambe mostravano all’altra la propria forza e le difese che avevano erano impareggiabili.
Discussero animatamente per molto tempo, tant’è che alla fine fu Hook ad intromettersi, per evitare che scoppiasse una vera e propria guerra.
Mulan si struggeva per gli ordini non portati a termine ed Aurora insisteva nell’avere fiducia sulla propria autorità e che Filippo avrebbe certamente capito il motivo del suo gesto.
Ma nessuna di loro desiderava ascoltare davvero l’altra e un lieve astio si instaurò all’interno della conversazione, nemmeno l’intervento di Hook bastò a placarle.
Lo scalpitio di un cavallo nelle vicinanze fece voltare tutti da un’unica parte e in quel momento arrivò colui che avrebbe potuto risolvere la situazione. Filippo, che montava il cavallo bianco che da sempre aveva con sé, arrivava al piccolo galoppo lì dove aveva lasciato Mulan prima di perlustrare la zona innanzi.
Quando si accorse che la compagna di viaggio non era più sola, si pose mille domande, solo quando i suoi occhi raggiunsero quelli di Aurora si illuminarono e comprese tutto.
Sapeva bene che essendo testarda non si sarebbe fatta trascinare via dai due giovani che aveva ingaggiato ma che avrebbe cercato di seguirlo a tutti i costi.
Scese da cavallo in fretta per chiamare il suo nome a gran voce, poi corse da lei per poterla sollevare in aria e  riportarsela accanto. Le accarezzò i capelli fino a sfiorarle una guancia.

“Sapevo che ti avrei incontrata di nuovo” sussurrò prima di spingersi verso il suo viso per rubar un bacio che lei ricambiò con il medesimo affetto.
Il cuore di Aurora si era fermato nel vederlo correre verso di lei, aveva atteso così tanto quel momento da non esser quasi in grado di reggersi in piedi, quindi si appoggiò alle sue spalle con estrema disinvoltura.

I loro sorrisi si confusero fino a diventare una cosa sola, Aurora desiderava quel contatto da così tanto tempo che quasi non le parve vero. Filippo, di rimando, aveva trascorso due anni prima di riuscire a trovarla e finalmente quel momento era giunto.
Nonostante tutti sembrassero entusiasti, vi era qualcuno che in disparte, amò meno ciò che stava accadendo. Hook, senza nemmeno rendersene conto, strinse il pugno della mano sana fino a nasconderlo dietro la schiena. Gli occhi blu si oscurarono, sprofondando in un mormorio di fastidio che uscì dalle labbra. I suoi occhi erano troppo rapiti da quella scena per potersi accorgere della reazione che ebbe Mulan, facendo girare di scatto la testa dall’altra parte, con gli occhi lucidi che evidenziavano un certo rammarico.

“Ed io sapevo che mi avresti trovata” rispose Aurora, dopo lo scambio di quel bacio.
Che strano era stato incontrare le labbra di Filippo. Che sensazione vuota e immaginaria si era creata. Perché non si sentiva soddisfatta? Perché non riusciva ad essere davvero felice?

Istintivamente il suo sguardo fu richiamato dalla figura di Hook che continuava a rimanere in disparte, se lui non ci fosse stato forse avrebbe gioito di più per quell’unione che tanto aveva sognato. Perché i suoi occhi erano così colmi di ombre? Perché avvertiva l’inspiegabile desiderio di voler correre da lui e spiegargli che cosa il suo cuore le stava sussurrando già da molto tempo. Quei pensieri si spensero quando Filippo strinse la sua mano, prima di voltarsi verso Hook che non aveva più mosso un solo muscolo, lo osservò con attenzione, si era accorto di qualcosa che gli sembrava familiare.
Aurora intervenne, senza il consenso di lui che parve mal disposto a rivelare la sua reale identità, quella che Filippo aveva conosciuto un tempo. Gli raccontò del bambino che aveva salvato e a cui aveva chiesto di rimanere.
Filippo sgranò gli occhi, notando l’enorme cambiamento che si era susseguito nel piccolo Killian di cui a fatica rinvenne il proprio ricordo. Ma alla fine sorrise, nonostante certi elementi di lui non lo facessero sentire al sicuro.

“Ti ho salvato la vita una volta e tu mi hai ricambiato salvando quella di Aurora” si avvicinò, lasciando un po’ a malincuore la mano della donna che amava “ti sono debitore”.

Hook scrollò le spalle, non sentendosi affatto incline a ricambiare alcun sorriso. Avvertiva qualcosa agitarsi dentro di sé, qualcosa che non aveva mai conosciuto prima e che gli faceva ribollire il sangue. Gelosia, forse? No, non desiderava cadere in nulla di simile, non poteva permetterlo a se stesso.

“Non ce n’è bisogno, Aurora mi è capitata tra i piedi e tutto ciò che ho fatto non mi è servito per creare debiti” rispose con voce scura e profonda.

“Sei rimasto quello di un tempo, vedo in te la stessa caparbietà che conobbi anni fa” aggiunse Filippo, lieto di constatare una cosa simile. “Ma dovete raccontarmi di come la maledizione si sia spezzata e di come vi siate incontrati” disse voltandosi anche verso Aurora, per poterli guardare entrambi.

Aurora deglutì a fatica, chinando leggermente il capo.
“Certo, ti racconterò tutto”.

Una bugia dopo l’altra. Kayley e Garret erano rimasti in disparte, ma potevano notare entrambi quanto Aurora si sentisse in difficoltà, mentre Hook insisteva nel diventare sempre più adirato. Chiunque avrebbe potuto notarlo, tranne Filippo, troppo concentrato sulla felicità di aver ritrovato il suo vero amore.
Aurora non raccontò affatto la verità, non gli disse che era stato Hook a spezzare la maledizione con un bacio. Riusciva ad ascoltare i battiti del suo cuore che le sussurravano la verità, lei si stava innamorando di un pirata che faceva parte del suo passato, ma non poteva cedere a quel desiderio e avrebbe dovuto nasconderlo e proteggerlo.
 Hook, di rimando, non si azzardò a contrariarla in nessun punto dell’argomento. Fu riempito di elogi, elogi che lo fecero solo adombrare di più.
La rabbia che gli montava in corpo era quasi vorace, si sarebbe fatto soppiantare da essa se non avesse avuto la forza di rimanere calmo e composto. Aurora stava mentendo e questo lo rese improvvisamente cieco, voleva forse cancellare ciò che vi era stato tra loro? Sospirò invano, in fondo, non c’era stato proprio niente.
Si accamparono poco lontano, ormai stava volgendo la sera e non avrebbero potuto proseguire il viaggio. L’indomani sarebbero arrivati da Malefica ed era bene preparare un piano per affrontarla. Filippo domandò ad Hook per quale motivo desiderasse recarsi da lei ma preferì non menzionare la spada, si limitò a dire che doveva chiudere un conto con lei che durava da sin troppo tempo.
Aurora si sentì complice di quelle altre bugie, non poté fare a meno di chiudersi sempre più in se stessa. Era giunta ad un punto di non ritorno. Doveva affrontare la lotta che stava avvenendo dentro di sé, compiere quella scelta, avvertire Filippo delle reali intenzioni del pirata? Ma non ebbe tempo di prendere una decisione, poiché quando si attorniarono davanti ad un fuoco caldo e confortante, Filippo prese la parola.

“Killian, tu verrai con me e Mulan al Castello di Malefica, ci occuperemo noi tre di lei. Intanto Aurora verrà scortata a casa da Kayley e Garret. Posso contare su di voi?”.

Entrambi annuirono, ma non ne ebbero quasi il tempo poiché Aurora si intromise.

“Filippo, io non voglio andare via! Non ho attraversato la Foresta Proibita per niente, ora che ti ho ritrovato sono più sicura e voglio venire con tutti voi da Malefica. Oltre a volermi rendere utile, desidero trovare un modo per aiutare gli abitanti del mio regno” disse con forza e sicurezza, cosa che non stupì il principe che si era prefigurato quella discussione.

“Proprio perché ci siamo ritrovati non voglio perderti di nuovo. Tornerai a casa, è troppo pericoloso e non riuscirai ad affrontare una sfida simile” si pronunciò con altrettanta sicurezza.

Aurora aggrottò le sopracciglia, affatto contenta di quella situazione.
“Io non me ne andrò da qui, nessuno di voi mi convincerà” sibilò perché potessero essere chiare le sue intenzioni.

“Andrai via con la forza allora. Io devo proteggerti, non voglio che ti accada nulla” insistette Filippo.

“Aurora è perfettamente in grado di affrontare Malefica. Soprattutto la decisione sulla sua vita spetta a lei, fermarla non servirà a nulla. Troverà un modo per seguirci” si intromise Hook, grattandosi la barba con l’uncino come se niente fosse.

Aurora si sentì riscaldare nell’udire parole simili, come era accaduto pochi giorni prima con Kayley e Garret, aveva difeso i suoi desideri a spada tratta, rispettando la sua volontà senza calpestarla.

“Non è una bambina, deve crescere e capire che ci sono dei limiti” aggiunse Filippo che non aveva gradito  la reazione di Hook, soprattutto perché la questione non lo riguardava.

Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Aurora si alzò di scatto, aveva le lacrime agli occhi ma non voleva darlo a vedere. La frustrazione era così tanta che non poté non allontanarsi ed evitare di ascoltare ancora Filippo, il quale si alzò a sua volta per seguirla. Ma Hook era pronto a fermarlo, infatti lo afferrò per una spalla, così da evitare che la seguisse.
Lui si voltò rabbiosamente e aprì le braccia.

“Devo andare da lei, potrebbe cacciarsi nei guai” gli spiegò cercando di fargli capire la sua posizione.

Hook scosse lievemente la testa e fissò gli occhi in quelli di lui.
“Se conoscessi davvero Aurora non parleresti in questo modo”  sussurrò tra i denti “prova a fidarti di lei invece di rinchiuderla in una prigione di cristallo”.
Era così, lui lo sapeva bene. Aveva avuto modo di conoscere Aurora e di scrutare nel fondo della sua anima, la sua forza era rappresentata da un animo forte e dalla volontà di dimostrare al mondo il proprio valore. Filippo invece voleva soffocarla, credendo di poterla proteggere.

Il principe inclinò appena il capo e fu allora che ebbe un’illuminazione, qualcosa che scaturì come un fulmine a ciel sereno. Se ne era reso conto fin dall’inizio ma aveva attribuito quella strana idea ad una qualche sorta di gelosia.
“Tu la ami?” domandò con il timore di ricevere una risposta affermativa, anche se in realtà non credeva di aver bisogno di conferme.

Hook rimase immobilizzato, fu la prima volta che rifletté su una simile possibilità. Certo, era affezionato a lei, ma l’amava davvero? La prima risposta che si materializzò nella sua testa fu un sì. Esserne sicuro fino in fondo era un altro conto. Schiuse le labbra alla ricerca di qualcosa da dire, ma fortunatamente Mulan lo tolse da quell’imbarazzo improvviso e si mise in mezzo tra i due, dividendoli.

“Andrò io da lei, voi cercate di finirla, siamo qui per combattere contro Malefica e non tra di noi” così facendo si indirizzò verso il sentiero preso da Aurora che era corsa via, lontana dal fuoco che avevano acceso.

Mulan percorse non troppo a lungo la strada che la condusse da lei, infatti vide la sua sagoma accovacciata davanti ad una sorgente. Era chinata su di essa, per potersi specchiare, un riflesso che forse non riconosceva. I capelli sciolti e castani le accarezzavano le guance umide e gli occhi liquidi cercavano di trattenere le lacrime.
La guerriera si avvicinò, sedendosi accanto a lei con le gambe incrociate ed incontrò il suo stesso riflesso.
Aurora se ne accorse proprio vedendo l’immagine di lei sulla superficie d’acqua, era così bella ed emanava una forza invidiabile. Perché Filippo si fidava più di lei?  

“Da quando ti ho vista ho pensato che fossi una principessa viziata, ma ti ho osservata bene per capire che cosa Filippo trovasse di interessante in te. E alla fine l’ho capito” non ebbe timore di parlare in tutta sincerità, gettò uno sguardo nei suoi occhi d’acqua, prima di voltarsi davvero verso di lei “caparbia, leale, coraggiosa. Credevo che il tuo desiderio fosse esclusivamente quello di ricongiungerti al tuo amato, così ci saresti stata tra i piedi, invece tu desideri salvare il tuo regno”.

Aurora chinò appena la testa, prima di iniziare ad accarezzare una ciocca di capelli, nascondendo parte del viso.
“Ed io ti ho considerata subito una minaccia, bella e forte come sei. Hai aiutato Filippo fin qui e sembra che nulla possa scalfirti” disse in un sussurro.

Mulan scrollò le spalle e si schiarì la voce.
“Filippo vuole solo il tuo bene. Ti abbiamo cercato a lungo, non c’è stato giorno in cui non fossimo in viaggio per salvarti. Arrivati a questo punto non puoi rischiare di perdere la vita, l’amore è sacrificio. Potresti dimostrarlo cercando di non far preoccupare Filippo”.

Aurora alzò la testa, cercando gli occhi scuri di lei simili a due pozze nere e profonde. Vi sarebbe potuta cadere dentro e perdervisi.
“L’amore è sacrificio. Lo diceva sempre Filippo…” si ostinò a guardarla, senza perdere nemmeno un attimo di quel contatto visivo “mi sono sempre sacrificata per le persone che amavo, ma ora voglio agire davvero e non essere l’oggetto passivo di un qualche incantesimo o di una disperata situazione”.
Si voltò dall’altra parte, osservando altrove. Aveva notato fin dall’inizio come Mulan fosse legata a lui e quel suo ostinarsi a volerlo accontentare le aveva illuminato un’idea che desiderava confermare.
“Ho visto come guardi Filippo…tu lo ami”.

Mulan ebbe un lieve fremito ma cercò di non dare a vedere come l’espressione del viso fosse mutata. Non diede alcuna risposta e si alzò in piedi, mentre anche Aurora la seguiva. Come avrebbe dovuto comportarsi?
Le avevano insegnato ad ascoltare il suo cuore ma in quel momento le strade che desiderava prendere erano diverse e l’una avrebbe di conseguenza annullato l’altra. 






// Nda: 

Ormai quanto mancherà alla fine? Ben poco, visto che sono in tutto 14 capitoli. Ed ancora questi due non sono riusciti a dirsi quello che provano! Non me ne vogliate, presto accadrà.
La scena tra Hook e Filippo non vi ricorda quella tra John Smith e John Rolfe in Pocahontas 2? Spero di sì perchè mentre scrivevo immaginavo loro due che cercavano di contendersi la loro bella. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nel precedente mi è stato fatto notare un'incoerenza riguardo Hook e Belle che cercherò di modificare il prima possibile. 
Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi, a giovedì prossimo! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** La spada nella roccia ***



 

I walked across an empty land 
I knew the pathway like the back of my hand 
I felt the earth beneath my feet 
Sat by the river and it made me complete 
***




XII. La spada nella roccia





 La tensione che correva in tutta la compagnia era percepibile a chiunque. Kayley e Garret avevano intuito che tipo di problematiche potessero essere sorte, ma al tempo stesso preferirono rimanere in disparte, lontani da un mondo a cui appartenevano solo a metà.
Durante la notte avevano deciso il modo in cui agire: loro due avrebbero intrattenuto Malefica all’interno del suo castello, mentre Filippo e tutti gli altri sarebbero andati ad estrarre Excalibur, il tempo adatto per tornare ad aiutarli e a porre fine ai giorni della Strega.
Il padre di Filippo era morto, Aurora ne venne a conoscenza soltanto quella notte, dunque il trono era ancora vacante poiché il re non era stato riconosciuto ufficialmente e non era avvenuta alcuna incoronazione.
Filippo si era ripromesso che avrebbe preso il posto di suo padre solo una volta recuperata Excalibur, per meritare di governare sul Regno che in passato fu uno tra i più fiorenti ma che ormai era caduto nel caos.
Malefica, grazie alla trasformazione in drago, non poteva essere uccisa da nessuna arma se non quella che fu forgiata da uno dei più potenti maghi del regno di Filippo, per questo aveva bisogno di Excalibur.
Dunque Malefica aveva approfittato dell’assenza del valoroso principe per trafugarla ed incastonarla in una roccia sul picco della montagna su cui aveva fatto erigere il suo alto Palazzo di pietra, il quale si aggettava sul mare.
Tutti si ritrovarono di fronte alla grande salita che conduceva fino al Palazzo, ognuno di loro pareva assorto nei propri pensieri e nessuno aveva intenzione di rivelare le proprie emozioni.
Aurora aveva tenuto gli occhi fissi su Mulan durante tutta la mattinata, chiedendosi se davvero ella fosse innamorata di Filippo, del suo Filippo e se mai lui l’avesse guardata con occhi diversi.
Al contempo non volle rivolgere la parola proprio a lui, era adirata per il suo comportamento della sera precedente, non aveva voluto ascoltare la sua richiesta e anzi aveva tentato di scavalcarla pensando di proteggerla.
Filippo stesso preferì non avvicinarsi a lei, per timore di incappare in una discussione poco prima dello scontro con Malefica e non poteva permettersi alcuna distrazione.
Mulan camminava davanti a tutti, fredda ed altera, con il sangue che si scaldava per prepararsi alla battaglia.
Hook era il più pensieroso, rimase a poca distanza da Aurora, osservandola di sottecchi senza che potesse accorgersene. Aveva riflettuto tutta la notte sulla domanda che Filippo gli aveva posto ed era giunto alla risposta, risposta che non gli piacque affatto. Si torturò le dita della mano sana, sfregandole tra loro, mentre cercava di destarsi dalla visione di lei e di riflettere sul da farsi.
Lei non l’aveva accusato davanti a Filippo, non gli aveva rivelato le sue vere intenzioni, proteggendolo fino alla fine. In più avvertiva un qualcosa di simile al desiderio di essere onesti che non faceva affatto parte di lui. Come poteva tradirli? In fondo era un pirata, se lo sarebbero dovuti aspettare.
Quando si fermarono sulla grande salita rocciosa, Hook afferrò per il polso Aurora, portandola accanto a sé.
Lei si voltò con un certo stupore ed inclinò il capo da una parte, in attesa di un chiarimento.

“Qualunque cosa accadrà, Aurora, non ti arrendere. Io non sono d’accordo con quello che pensa Filippo, tutti noi dobbiamo avere la possibilità di affrontare le nostre ombre e tu hai  il diritto di salvare il tuo Regno. Mulan è forte grazie alla sua abilità da guerriero, tu lo sei per il tuo cuore. Perciò, abbi fede in te stessa” sussurrò quelle parole con così tanta enfasi che finì per stringerle la mano in una stretta piena di calore.

Aurora fu colpita da ciò che le disse. Nonostante fosse pericolosa la sua presenza lì, Hook credeva nelle sue possibilità. Non provava la smania di difenderla a tutti i costi e di rinchiuderla in una stanza perché fosse protetta. Persino i suoi genitori non l’avevano lasciata libera di scegliere. Ma lui fu l’unico a concederle la libertà di agire con il proprio volere.

“Se mi rimarrai accanto, non avrò alcun timore” rispose quasi senza pensarci.

Perché in effetti, non poté evitare di pensare che ormai lui era divenuto la sua ancora di salvezza. Per quanto credesse di amare Filippo, Hook presentava un fattore di più. Non cercava di cambiarla o di farla adeguare al suo mondo, la lasciava comportarsi come la sua natura richiedeva. L’aveva seguita per tutto quel tempo prendendosi cura di lei e senza farla mai scoraggiare, dandole anzi la forza di andare avanti, difendendola di fronte a tutti.
Hook però sapeva di non poter mantenere quella promessa, quindi preferì non mentire e non risponderle affatto, lasciandole la mano.
Filippo aveva osservato tutto e senza rendersene conto andò a stringere la mano sul pomo della spada, con una rabbia quasi accecante.
Era ormai certo che il pirata provasse qualcosa per Aurora, ma al contempo non aveva idea di ciò che provasse lei.
Si rimise al suo posto, guardando avanti a sé. Il drago a due teste di Kayley e Garret li raggiunse per poterli trasportare al Palazzo ed affrontare per primi Malefica, distraendola dagli altri.

“Fate attenzione, non voglio perdere due validi eroi come voi” disse Filippo, appoggiando una mano sulla spalla di Garret che annuì di rimando.

I due partirono salendo sul drago a due teste che spiccò immediatamente il volo. Mulan non perse tempo e riprese la marcia, facendo in modo che la seguissero i restanti.
Filippo aveva studiato la zona su cui sorgeva il Palazzo di Malefica e vi era un passo sulle rocce del picco che portava direttamente al limite di esso su cui era posta Excalibur. Dunque non sarebbero entrati nella dimora della strega ma la avrebbero aggirata, nonostante la difficoltà del terreno.
Si resero conto tardi che mancava qualcuno all’appello: Hook.
Si era allontanato dal gruppo approfittando del momento in cui era giunto il drago a prendere Kayley e Garret, per poter raggiungere Excalibur prima di tutti.
Quando se ne accorsero, Filippo si imbrunì in viso, dando un calcio ad un sassolino.

“Dannazione! Avrei dovuto immaginarlo, nonostante l’abbia conosciuto tempo fa, non mi sarei dovuto fidare. E’ pur sempre diventato un fuorilegge” mormorò sottovoce.

“Facciamo in tempo a raggiungerlo, sta seguendo quel falco!” esclamò Mulan puntando il dito verso di lui che correva verso il sentiero roccioso che costeggiava il picco “non possiamo lasciare che prenda Excalibur” aggiunse prima di correre anche lei.

Filippo si voltò verso Aurora, la quale aveva quasi dimenticato le reali intenzioni di Hook e fino a quel momento non aveva nemmeno pensato ad una situazione simile. Un profondo rammarico le scese nel cuore, credeva che in qualche modo lui avrebbe preso la scelta giusta.
“Tu eri a conoscenza delle sue vere intenzioni?”

Aurora non riuscì questa volta a mentire, si sentì attaccata da più fronti: da una parte l’improvvisa assenza di Hook che la fece indebolire, dall’altra lo sguardo intrepido di Filippo che esigeva sincerità. Non disse nulla, i suoi occhi esprimevano tutto ciò che vi era da sapere.
Il principe la guardò a lungo, stringendo maggiormente la mano sul pomo della spada, per poi cacciare via lo sguardo dall’altra parte. Ebbe un moto di rabbia che fu costretto a reprimere mordendosi l’interno della guancia, ma non aggiunse nulla. Non la incolpò che con lo sguardo, cosa che fece sprofondare Aurora nel senso di colpa.

“Ero certa che avrebbe rinunciato, Filippo mi dispiace…” tentò di dire a voce bassa, sfiorandogli un braccio.

“Avresti dovuto avvertirmi lo stesso, Aurora. Non possiamo permettergli di prendere Excalibur” così facendo si allontanò dal tocco della sua mano per poter seguire Mulan che si era già inoltrata sul sentiero.

Il suo sguardo carico di rancore la traforò, bloccandole totalmente il respiro. Ebbe il desiderio di sprofondare immediatamente, per aver tradito la sua fiducia. Ma al tempo stesso non si era sentita in dovere di condannare Hook, in cui aveva riposto le sue speranze. A tempo debito lo avrebbe torturato per ciò che aveva fatto.
Intanto il pirata era riuscito a raggiungere l’estremità del picco, risalendovi dal costone, per avviarsi verso iuna roccia alta fino alla sua vita in cui era racchiusa Excalibur.
Il vento gli scompigliava i capelli e gli smuoveva la coda del soprabito, era forse sin troppo fastidioso ma vi era abituato, non fu un problema a coprirsi il viso con il braccio per arrivare al luogo predestinato.
Una volta che vi giunse posizionò un piede su di essa per poi afferrare il pomo della spada con la mano sana e tentare di estrarla con tutta la sua forza.
Accadde però qualcosa di inaspettato, essa era protetta da un incantesimo, quindi ne fu respinto non appena tentò di tirarla fuori e ricadde lontano da essa con incredibile forza.
Dietro di lui, dove sorgeva il Palazzo, si udirono grida e fiamme scagliarsi contro le finestre: la battaglia contro Malefica aveva appena avuto inizio.
Di certo si era trasformata poiché i fuochi arrivavano da punti diversi e i ruggiti erano inconfondibili.
Mentre Hook tentò di sollevarsi e di ritentare, sopraggiunse Mulan che senza perdere tempo estrasse la spada per poterlo attaccare.
Il pirata cadde di nuovo a terra quando cercò di schivare il colpo, ma la guerriera fece sprofondare di nuovo l’arma contro di lui.
Hook si mosse rotolando di lato, evitando di farsi infilzare da quella furia. Una volta in piedi estrasse la sciabola con forza e gliela puntò contro.

“Sei veloce, dovevo aspettarmelo” le disse agitando la lama verso di lei “ma hai rovinato il mio momento di gloria e non voglio farti del male, sei una ragazza decisamente bella e sarebbe un peccato rovinare il tuo viso. Fatti da parte” pronunciò le ultime parole con enfasi, corrucciandosi in viso.

“Questa spada appartiene a Filippo, non permetterò che un pirata riesca a trafugarla” rispose lei, sferrando un nuovo attacco verso di lui per poterlo mettere fuori gioco.

“Excalibur non appartiene ancora a nessuno, apparterrà a  chi riuscirà ad estrarla” disse Hook, parando ogni suo colpo e cercando di incalzarla per allontanarla.

“Solo chi ha il sangue blu può brandirla e tu non ne possiedi!” si affrettò a dire, senza farsi intimorire dai suoi attacchi.

In quel momento Filippo ed Aurora riuscirono a raggiungerli, anche se a fatica, poiché vi era stato un crollo sul costone roccioso in cui per poco Aurora non perse l’equilibrio. Ma lui era riuscito a salvarla, afferrandole una mano e trascinandola su con lui. Nonostante quel riavvicinamento, Filippo si mostrava ancora distaccato ed adirato per il suo comportamento.
Mulan intanto ne approfittò per sferrare un calcio al ginocchio del pirata che finì per perdere l’equilibrio e cadere di nuovo a terra. Lei fece per sferrare un nuovo attacco ma l’urlo di Aurora la fermò.

“Non farlo!” corse immediatamente verso di loro, inginocchiandosi accanto a lui per difenderlo con il suo corpo “non puoi ucciderlo”.

Mulan teneva ancora alta la spada per poterlo trafiggere, non accennava a scostarsi.
“E’ un traditore, non possiamo lasciarlo libero!” cercò di spiegarle “Togliti di mezzo, non voglio fare del male anche a te”.

Aurora continuava a rimanere immobile, con le braccia aperte per poterlo difendere, di modo che Mulan non potesse sferrare l’ultimo attacco.
“Tu non lo ucciderai” sibilò a denti stretti.

Hook poteva guardare solo la sua schiena circondata dai lunghi capelli castani che si spostavano accompagnati dal vento. Nonostante ciò che era pronto a fare, lei voleva difenderlo fino alla fine. Per bontà d’animo, perché si sentiva in debito con lui o perché vi era qualcosa di più profondo?
In ogni caso fu Filippo ad intromettersi e a fermare quella follia.

“Ora basta così: Mulan, rinfodera la spada. Dobbiamo aiutare Kayley e Garret, non resisteranno a lungo. Più tardi ci occuperemo di lui ma non è questo il modo né il momento per farlo” la pregò dunque di ritirare l’arma, cosa che fece a malincuore e solo dopo qualche tempo di riflessione.

Assicuratosi della situazione, Filippo si avviò alla spada nella roccia, afferrandone il manico con entrambe le mani. Inspirò brevemente e tentò di estrarla con tutta la forza che aveva in corpo, ma la magia lo respinse così come era accaduto per il pirata.
Hook ridacchiò, alzandosi in piedi aiutato da Aurora, a cui strinse nuovamente la mano senza avere intenzione di lasciarla.

“L’unico modo per estrarla è con il vero amore e sembra che amare se stessi non possa bastare. Non è una magia abbastanza forte” così facendo sospinse in avanti Aurora, perché potesse raggiungere il suo principe.

Filippo rimase perplesso per qualche istante, non aveva idea che servisse quel tipo di magia per spezzare l’incantesimo della spada. Hook doveva essersi informato piuttosto bene a riguardo.
“Dunque se non avessi insistito nel venire sin qui, ora non potrei estrarre Excalibur” sussurrò Filippo quasi con un tono mortificato, rivolgendosi verso Aurora.

Lei  non ebbe cuore di guardarsi indietro ed incontrare lo sguardo di Hook, semplicemente si affrettò a prendere la mano di Filippo che non la riscaldava a tal punto da sentirsi a proprio agio. Lui le sorrise, per un attimo dimentico della rabbia che provava verso di lei e la fece avvicinare, stringendola poi a sé.
Entrambi afferrarono il pomo della spada e tentarono con tutte le loro forze di estrarla, ne impiegarono così tanta che il contraccolpo fu più forte della volta precedente e Aurora fu scaraventata a terra, dove vi era il pirata.
Lui accorse immediatamente per accertarsi che stesse bene, aveva battuto la testa ma non era svenuta, dunque la sollevò con delicatezza per rimetterla in piedi.
Filippo non riuscì quasi a credere i suoi occhi, dunque non si poteva estrarre nemmeno con la magia del vero amore?
Si rimise in piedi, appoggiando di nuovo la mano sul pomo di Excalibur e fu in quel momento che Mulan si avvicinò con decisione verso di lui.

“Sono tutte sciocchezze, non c’è bisogno del vero amore, basta utilizzare un po’ di vigore per tirarla fuori” disse appoggiando la mano intorno a quella di Filippo.

Quando le loro mani entrarono in contatto, un’improvvisa nuvola viola proveniente dalla roccia si innalzò fino ad immergerne la spada ed avvolgerla al suo interno. Quando essa scomparve non vi fu più traccia della roccia che era svanita all’improvviso, ma rimase l’arma all’interno delle loro mani, libera da ogni prigione.
I due si guardarono totalmente sopraffatti da ciò che era accaduto, non riuscivano a credere a ciò che era appena accaduto.
Dunque erano innamorati? Quella era la risposta ad una domanda che nessuno si era mai posto?
Mulan per la prima volta si sentì avvampare, mentre le guance si coloravano di rosso e Filippo non ebbe nemmeno modo di dire qualcosa, visto che tutto fu improvviso.
Dall’altra parte Aurora era riuscita a guardare la scena, tra le braccia di Hook che ancora la sostenevano e senza rendersene conto avvertì le lacrime scivolarle sul viso.
Era così ovvio, la magia del vero amore si era ricreata grazie all’unione di Mulan e Filippo, ma quando era stata lei a provare fu respinta con forza e  ostilità.
Non vi erano più dubbi, Filippo era innamorato di Mulan e lei nonostante cercasse di nasconderlo ancora, lo era altrettanto.
Come aveva potuto essere così cieca?
Si mise in piedi quasi in preda alle convulsioni, con le lacrime che le scivolavano più forti ad inumidire le labbra, assaporandone il sapore salato.

“Non posso credere che sia davvero così” disse Aurora in un sussurro, per poi urlare verso i due “non posso crederci!” ripeté addolorata.

Filippo si voltò verso di lei, stupito lui stesso di ciò che era accaduto. Strinse Excalibur in pugno per poi inguainarla al fianco e correre verso di lei per afferrarle le mani.

“Aurora, io non so spiegarmi il motivo di tutto questo, ma ti giuro che non ho fatto altro che pensare a te in questi due anni per poterti ritrovare” sussurrò con estrema convinzione e le sue parole erano vere, non stava mentendo.

Mulan rimase in disparte, complice di qualcosa per cui non riusciva a trarre alcuna spiegazione logica possibile.
Aurora non seppe conservare lo sguardo di Filippo nel proprio e se ne distaccò.

“Dobbiamo affrettarci, Malefica ci sta aspettando” fu l’unica cosa che riuscì a dire prima di scuotere velocemente la testa, ancora incredula, poi fuggì da tutti loro per correre verso il Palazzo.

“Aurora!” gridò Filippo dietro di lei.

Ciò che era accaduto l’aveva scossa nel profondo e una rivelazione inaspettata si era parata davanti ai suoi occhi. Esistevano legami al mondo molto più forti della razionalità, molto più forti di ciò che crediamo siano reali. La magia riconosce due cuori che battono allo stesso tempo l’uno per l’altro, gli uomini non sempre sanno scindere la propria convinzione dalla realtà.
Aurora era caduta in errore. Era affezionata a Filippo e  credeva di amarlo. Ma il suo cuore bramava qualcuno che aveva conosciuto in passato, qualcuno di cui non si era mai dimenticata e che senza saperlo aveva conservato a lungo. Anche lui conservava in sé il medesimo sentimento poiché la magia del vero amore funziona quando entrambe le persone sanno di essere innamorate. Lui le aveva rubato quel bacio e la maledizione del sonno si era spezzata.
Era innamorata di Hook e avrebbe dovuto capirlo fin dal primo istante, fin da quando si era risvegliata, persino mentre erano in viaggio per raggiungere Malefica.
Ed ora scappava via da quella consapevolezza, cercando di raggiungere colei che la desiderava morta. Ma al contrario di Filippo non voleva ucciderla, doveva aiutare il suo Regno e avrebbe dovuto convincerla a tornare sui suoi passi.
Forse non vi sarebbe riuscita ma non si sarebbe sporcata le mani di sangue.
Mentre lei fuggiva verso il Palazzo per poter fermare qualcosa di più grande di lei, Hook corse ad inseguirla, lasciando stare Excalibur e tutto ciò che aveva fatto per ottenerla.
Ora vi era qualcosa di più importante, una missione che non poteva mettere da parte. Ciò che era accaduto lo aveva sconvolto tanto quanto gli altri, non riusciva a credere a ciò che aveva visto.
Aurora era divenuta una perla troppo preziosa per poterla lasciare andare ed ora era ferita, sola, cercava di gettarsi nel fuoco sperando di non scottarsi e lui non avrebbe rischiato di lasciarglielo fare.
Mulan e Filippo li inseguirono subito dopo, senza rivolgersi più alcuna parola. Lei prendeva consapevolezza dei sentimenti di lui che non si era aspettata potessero sorgere mai. Certo, si era innamorata di Filippo sin dal primo momento in cui si erano incontrati e al tempo stesso era a conoscenza dell’amore che riserava alla principessa che doveva ritrovare.
Pur sapendo ciò non volle lasciarlo e decise di rimanere al suo fianco per proteggerlo, proteggerlo fino alla fine, anche a costo della vita.
E Filippo altrettanto non era ancora consapevole di ciò che era accaduto. Mulan era stata una valida compagna, l’aveva tirato fuori dai guai un innumerevole numero di volte, ma mai aveva pensato a lei come una donna da  amare.
Il suo pensiero fisso era rimasto Aurora a lungo, prima di mutare i suoi sentimenti e trasferirli verso colei che gli era stato accanto.
Era cambiato, era maturato ed insieme a Mulan aveva affrontato sfide ed avventure in cui entrambi avevano avuto bisogno l’uno dell’altra.
Conoscevano i pregi e i difetti e li apprezzavano così com’erano, senza desiderio di volerli cambiare. Quella rivelazione arrivò come un fulmine al ciel sereno e vi sarebbe stato molto di cui parlare se mai fossero sopravvissuti.
Gli ultimi fuochi uscirono dalle finestre del Palazzo, quando Aurora raggiunse la sala principale si ritrovò davanti la visione del drago a due teste che rantolava sul pavimento marmoreo, accusando una ferita profonda. Kayley era distesa anch’essa, con una mano a premere sulla gamba sinistra, mentre Garret altrettanto inerme cercava di proteggerla dagli attacchi del grande drago viola che si stagliava di fronte a loro.

“Lasciali stare, non sono loro che vuoi. Io sono qui, vieni  a sfogare la tua rabbia su di me!” gridò Aurora, agitando le braccia per potersi far vedere.

Malefica voltò gli occhi liquidi verso di lei, sì udì un ruggito simile ad una risata e subito dopo si innalzò sbattendo le ampie ali per poterla raggiungere.







// Note: 

Ed ecco il 12° Capitolo! Ormai ci stiamo davvero avvicinando alla fine. 
Prima di tutto vorrei comunicare che tra oggi e domani modificherò una parte del capitolo 10, LadyAndromeda mi ha dato un suggerimento per migliorare la scena in cui Hook ed Aurora incontrano Belle e Tremotino. Ovviamente ringrazio lei e tutte le altre lettrici che continuano a seguire questa storia, sperando di non deludervi con il prossimo capitolo di cui, ammetto, ho un pò paura xD.
A giovedì prossimo!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Il nuovo re ***



 

XIII. Il nuovo re




Il drago dalle lunghe ali si trasformò per tornare alla sua vera natura: Malefica, una delle streghe più temute della Foresta Incantata, ora avanzava verso la Principessa che aveva odiato con tutta se stessa e che ancora non riusciva a smettere di detestare. La coda del lungo abito nero scivolava sul pavimento di marmo, quello era l’unico rumore che si confondeva con il respiro affannato di Aurora.
“Avevamo un patto, il mio sacrificio avrebbe permesso al  mio popolo di vivere felicemente” disse la principessa fermandosi di fronte a lui, teneva la testa alta e gli occhi erano fissi in quelli della sua nemica che continuava ad avanzare verso di lei.
“E così è infatti: tutti erano addolorati per l’incantesimo del sonno che aveva subito l’amata erede al trono, ho tolto loro la sofferenza, donandogli una felicità eterna” sorrise a mezza bocca finché non puntò il bastone a terra per appoggiarvi parte del peso.
“Avrebbero superato la mia assenza con il tempo” rispose Aurora ostentando un coraggio che fino ad allora aveva dimostrato solo passivamente.
Non era la prima volta che si trovava costretta a fronteggiare Malefica e la luce nei suoi occhi era diversa, più sicura e più decisa, come non lo era mai stata. Malefica al contrario non era affatto cambiata, il suo sorriso era di scherno poiché ormai la principessa non sarebbe potuta fuggire.
“Non ho intenzione di rimanere qui ad ascoltare le tue parole di convincimento. Sono già decisa a togliere ogni traccia di te da questo mondo” non le diede modo di insistere che la trasformazione avvenne e in un solo attimo assunse le sembianze di un grande drago.
Allo stesso tempo al di fuori del Palazzo vi erano Hook, Mulan e Filippo che non erano riusciti a fermare Aurora, troppo fiduciosa per poterla fermare.
Lanciarsi nella battaglia contro un drago a mani nude, che intenzioni aveva Aurora se non sacrificarsi un’altra volta per le vite dei suoi cari? Ma che senso aveva morire in quel modo? Hook non riusciva a spiegarselo, ma di una cosa era ormai certo.
Quella ragazza era in grado di provare sentimenti incredibili, il suo altruismo non scadeva mai nel buonismo e la sua forza non consisteva nella fermezza del braccio, come per Mulan, ma in ciò che riusciva a provare.
Non poteva permettersi di perderla proprio ora che aveva compreso quanto tenesse a lei. All’inizio si era rifiutato di voler credere ad una cosa simile, ma quando si rese conto di non poter fare a meno di amarla, non si ritirò indietro.
Corse all’interno del Palazzo le cui finestre si erano frantumate, quando vi entrò si accorse che il grande drago sorvolava in direzione di Aurora per attaccarla, la quale rimaneva ferma ad attendere la propria fine.
 Malefica tentò il primo attacco ed Hook riuscì appena in tempo a scaraventarsi sulla ragazza per farla sfuggire dal colpo che avrebbe potuto subire. Rotolò insieme a lei dietro ad una delle colonne, tenendola stretta tra le braccia.

“Che intenzioni hai? Non puoi uccidere Malefica, solo Filippo può farlo!” la rimproverò senza accennare a lasciarla andare.

Lei invece tentò di liberarsi da quella stretta in cui si ritrovò avvinghiata, cercò di colpire Hook al petto battendovi pugni che lo solleticarono soltanto.
“Io non voglio ucciderla, devo salvare il mio regno e se le do ciò che desidera, tutto avrà un lieto fine”.

Hook, preso da un moto di rabbia, la afferrò per il collo senza stringerlo, così che potesse guardarla negli occhi ma senza farle mancare il respiro.
“E tu Aurora, tu non hai diritto di vivere il tuo lieto fine? Smetti di sacrificarti sempre per gli altri, esistono altri modi, altre strade in cui non sei costretta a scomparire da questo mondo! Io non te lo permetterò” sussurrò a denti stretti e lei si mostrò così stupita da non sapere cosa dire.

Malefica attaccò di nuovo, andando a colpire la colonna con la coda, così da spezzarla e se i due non si fossero spostati in tempo ne sarebbero rimasti schiacciati.
Un vortice di fuoco finì quasi per colpirli mentre fuggivano via, Hook la teneva per mano di modo che non potesse sfuggirgli e compiere azioni di cui si sarebbe potuta pentire.

“Perché fai questo per me? Tu sei venuto qui solo per prendere Excalibur!” la voce di lei era strozzata e affannata, inoltre la paura iniziava a sorgere sempre di più quando Malefica si riavvicinò di nuovo per sferrare un nuovo attacco.

Furono costretti a dividersi poiché la coda del drago batté con forza a terra squarciando il pavimento di marmo che si aprì in due.
Aurora cadde a causa dell’impatto e si ritrovò a cercare Hook, sperando di rivederlo ancora sano e salvo.
Lui si trovava esattamente dall’altra parte del pavimento diviso a metà che tentava di rialzarsi.

“E’ vero, io sono arrivato qui perché avevo un desiderio. Ma mi sono reso conto lì fuori che ciò che davvero volevo l’ho avuto accanto per tutto questo tempo. Voglio te, Aurora” quando finì di dire quella frase e si rimise in piedi, il suo volto si imbrunì.

Era la prima volta che gli sembrava così facile dichiarare i propri sentimenti, come se nulla fosse. Li aveva conservati così a lungo che ormai non poteva fare a meno di esternarli. L’aveva fatto, aveva messo a nudo se stesso davanti alla donna che amava e non si sarebbe tirato indietro, non si sarebbe fatto calpestare da alcun principe pretendente, da nessun drago o strega che volesse farla soffrire. Lui l’avrebbe protetta a costo della vita.
Aurora, ancora distesa sul pavimento freddo, avvertì le lacrime scorrerle sugli occhi. Sin da quando i ricordi avevano preso il sopravvento non aveva fatto altro che pensare ad Hook come colui che avrebbe potuto amare davvero. Non con quella tenerezza che aveva scambiato con Filippo, ma con fiducia e coscienza di sé. Hook aveva imparato a conoscerla e nonostante ciò non aveva mai cercato di calpestarla, non le aveva impedito di raggiungere i suoi scopi e l’aveva sempre aiutata a risollevarsi dal baratro, senza nasconderla.
Filippo, come avevano fatto i suoi genitori, voleva tenerla rinchiusa in un angolo buio perché nessuno potesse farle del male.
Ma Aurora aveva bisogno di vivere e di dimostrare al mondo che era in grado di fare molto di più, di non essere solo una principessa da mostrare a Palazzo.

“Sei il peggior pirata che io abbia mai conosciuto!” esclamò lei, rialzandosi a fatica, facendo attenzione ai nuovi attacchi del drago che pur potenti erano lenti in quello spazio ristretto.

“Ehi!” rispose Hook appoggiando la mano sana sul fianco “quanti pirati hai conosciuto durante la tua vita?”

A quella domanda non fu possibile dare risposta, poiché Malefica attaccò nuovamente cercando di mirare Aurora, presa da tutt’altro.
Riuscì a sfuggirle, correndo a nascondersi dietro ad una colonna, in quel momento Hook iniziò ad urlare per poter distrarre il drago ed attirarlo da una parte.
Fu allora che Filippo e Mulan entrano nel palazzo, il principe brandiva Excalibur mentre la guerriera gli copriva le spalle.

“Finalmente!” sbraitò Hook quando schivò un altro colpo di coda.

Filippo non si fece intimorire e richiamò a sé Malefica, mostrandole la spada che aveva chiuso inl pugno. Non si diede nemmeno pena di rivolgere ad Hook la parola, vi era qualcosa di più importante da fare e aveva bisogno di concentrazione.
Myrddin gli aveva fatto leggere molti libri sui draghi perché potesse farsi trovare sempre pronto. Il futuro re non poteva trovarsi impreparato davanti ad imprevisti simili e alla fine tutto risultò utile.
Hook e Mulan cercarono di distrarre Malefica, conducendola verso una delle pareti più alte della sala, mentre Garret si riprendeva per poter rianimare lo scontro.
Aurora accorse verso Kayley che era stata ferita e si inginocchiò accanto a lei per aiutarla e cercare il più possibile di alleviare il dolore delle bruciature che aveva riportato su alcune parti del corpo.
Il drago continuava ad insorgere su di loro, l’aria era diventata bollente ed irrespirabile, le tende delle altissime finestre si erano incendiate e cadendo a terra, per poco non avvolsero Hook e Mulan che riuscirono a fuggire prima dell’impatto.
Hook ebbe un’idea e senza perdere tempo attirò il drago verso di sé chiamandolo a gran voce, quando sopraggiunse accanto ad una delle tende rimaste illese si fermò. Malefica sputò fuoco ancora una volta ed Hook si spostò lasciando che a bruciarsi fosse il pesante tessuto, il quale ricadde sul drago fino ad avvolgerlo.
Fu in quel momento che Filippo riuscì ad intervenire, slanciandosi su di esso per poter conficcare la spada di Excalibur nel corpo del drago coperto dal drappeggio in fiamme.
Una nuova viola si materializzò intorno al corpo della creatura fino a svanire per lasciare sul pavimento di marmo il corpo esanime di Malefica, con Excalibur a trafiggerle il petto.
Un silenzio quasi irreale calò all’interno della grande sala, Filippo teneva ancora le mani intorno al pomo di Excalibur con il fiato corto. Tutti coloro che vi erano intorno non osavano pronunciare alcuna parola.
Dunque l’incubo era terminato, erano riusciti a sconfiggere la loro nemica e a riprendere ciò che era loro.
Solo Aurora si sentì priva di quella serenità che provarono tutti gli altri, morta la sua nemica non avrebbe avuto modo di far lanciare il contro incantesimo sul suo regno.
Sviò quell’immagine dalla sua testa, tornando a prendersi cura di Kayley mentre tutti gli altri rimasero immobili esprimendo solo un grande affanno per ciò che era accaduto.


*
 
Il sole era freddo e non riscaldava il mare movimentato che batteva sulle alte scogliere da cui sorgeva l’alto picco su cui era stato costruito il Palazzo. Malefica era stata sconfitta, un nemico esterno che aveva creato non pochi problemi. Ma la preoccupazione che arrivò a quel punto fu diversa, poiché incatenava ognuno di loro in una situazione senza via d’uscita. Le lotte interiori che si susseguirono furono quasi più faticose dell’avventura che tutti avevano superato.
Garret tornò a prendersi cura di Kayley, conducendola fuori dal Palazzo che ormai era andato in fiamme e che rischiava di cedere su coloro che erano rimasti all’interno.
Filippo era andato ad aiutare Mulan, perché potessero andare via entrambi da quel luogo. Excalibur era tornata ad essere un cimelio di famiglia e nessuno l’avrebbe più trafugata.
Hook invece aveva lasciato che ognuno si occupasse dei resti, per rifugiarsi all’estremità del picco, lasciando che la brezza marina gli sfiorasse il viso. Socchiuse gli occhi a lungo, ricordando i suoi giorni da pirata e riflettendo su quanto gli mancasse tornare a bordo del suo veliero, quello con cui aveva affrontato altre mille avventure.
Teneva la mano destra appoggiata sul polso di quella mancante, in una posizione austera e fredda.
Aurora non aveva potuto fare a meno di lasciargli un po’ di tempo per riflettere, ma poi non resistette e si avvicinò dietro di lui per spezzare quel silenzio che iniziava a tormentarla.
Il vento leggero le sollevava i capelli e i lembi dell’abito che si appoggiava sulle curve morbide dell’esile corpo, ad ogni passo che compieva, lui poteva udire il suo avvicinarsi.

“Non è educato da parte di un gentiluomo dichiarare i propri sentimenti alla donna amata e poi lasciarla senza darle il tempo di rispondere” così facendo si mise accanto a lui, tenendo le mani dietro la schiena, osservando anche lei il mare che si stagliava di fronte.

Hook sorrise a mezza bocca.
“Conosco già la risposta” si voltò a guardarla, il viso perlaceo conservava ancora i tratti dell’ingenua caparbietà iniziale “ti sei risvegliata al mio bacio, il nostro cuore sapeva ogni cosa ancor prima che la nostra mente potesse accorgersene. Avevi ragione” sussurrò prima di cercare la sua mano per poterla stringere nella propria.

Aurora si lasciò trasportare accanto a lui, alzando il mento per poterlo guardare negli occhi tiepidi e rassicuranti, regalandogli un sorriso soddisfatto e sereno.
Hook non perse altro tempo e  la tirò a sé, stringendola in un abbraccio carico di affetto per poi sfiorarle la fronte con un bacio, come si fa con un bambino a cui si vuole regalare  tutto il proprio affetto.

“Te l’avevo detto che alla fine di questo viaggio ti saresti innamorata di me” e non le diede tempo di ribattere perché avvicinò le labbra alle sue per strapparle quel bacio che non avrebbe mai pensato di agognare.

Si strinsero in una presa irrinunciabile, in cui i loro corpi si sfiorarono per la prima volta consapevoli di desiderarsi l’un l’altra. Lui le appoggiò una mano dietro la nuca per non farla fuggire dalla sua presa e per poter continuare a giocare con le sue labbra a proprio piacimento, senza che nessuno potesse porre loro alcuna distrazione.
Ma quell’avventura non era ancora terminata, Aurora si distaccò da quel breve momento di pura intensità, per appoggiargli una mano sul braccio quando si accorse che il verso di un falco risuonò nell’aria, conducendo tutti gli sguardi al cielo, dove le ali d’argento battevano vorticosamente in un cerchio che iniziò a formare una nuvola violacea.
Quando questa toccò terra si trasformò nella figura di un uomo anziano dalla barba ingrigita dal tempo e che teneva in mano un lungo bastone dalla punta arrotondata, prendendo ad osservare tutti con una certa accuratezza.

“Ottimo lavoro Ayden” disse richiamando a sé il falco che planò fino ad appoggiarsi sulla sua spalla.

Ognuno di loro si avvicinò per poter comprendere la situazione, Filippo fu quello che prese immediatamente la parola, accogliendolo con un gran sorriso. Mostrò Excalibur in tutta la sua bellezza, sollevandola a mezz’aria perché potesse vederla.

“Sapevo che ce l’avresti fatta ragazzo mio” rispose il vecchio, annuendo verso la sua direzione, perché potesse avvicinarsi. “Ora potrai prendere il posto di tuo padre e diventare il nuovo re di Camelot, con te essa tornerà ai suoi antichi splendori e sarà amministrata con onestà e giustizia se saprai preservare Excalibur e se ti circonderai di degni compagni” i suoi occhi vispi brillarono in direzione di Aurora ed Hook che erano rimasti in disparte e rivolse loro un segno di ringraziamento accompagnato con il movimento del capo.
Poi frugò nella borsa di cuoio che teneva appesa alla spalla e ne fece uscire una corona d’oro dove erano state incastonate pietre preziose, la corona che era appartenuta al re predecessore, Uther Pendragon.
Indicò a Filippo di inginocchiarsi davanti a lui e di chinare la testa, perché potesse avvenire la cerimonia.

“Come desidera essere chiamato il nuovo re di Camelot?” domandò il mago mentre il falco rimaneva appollaiato sulla sua spalla.
Era tradizione che ogni uomo salito al trono avrebbe dovuto abbandonare il nome con cui era stato battezzato per dare inizio ad una nuova vita e ad un nuovo futuro.

“Desidero chiamarmi Artù” rispose Filippo con sicurezza, aveva ponderato a lungo la sue scelta e alla fine era giunto alla decisione prestabilita.

Il mago annuì e diede inizio alla cerimonia, afferrò Excalibur con entrambe le mani per poter sfiorare le spalle del fu principe Filippo e poi appoggiare la lama all’altezza della fronte così da trasformarlo nel futuro re Artù.
Quando tutto si concluse ed Artù si rialzò in piedi, gli fu consegnata la spada con cui avrebbe amministrato il suo regno, dimostrando di essere uno tra gli uomini migliori al mondo.

“Myrddin, se non ti fossi posto come  mia guida, io…” cercò di dire il nuovo re, ma fu interrotto.

“Chiamami Merlino, da oggi in poi vivremo in una nuova era e Myrddin è un nome decisamente troppo arcaico” gli sorrise come potrebbe fare con affetto un padre ad un figlio.

Si rese conto che tutto ciò che aveva previsto si era avverato secondo i piani. Filippo aveva trovato la forza per affrontare se stesso e il destino che era stato scritto per lui, incontrando la donna che lo avrebbe accompagnato per la vita verso le strade migliori da prendere.
Ayden aveva guidato Killian da Aurora, perché potessero ricongiungersi come era giusto che fosse.
Merlino si avvicinò a loro due, appoggiandosi al bastone con cui si aiutava a camminare. Quando li raggiunse, fu Hook per primo a prendere la parola.

“Sapevate esattamente che cosa avrei incontrato sul mio cammino. Che cosa intendevate quando vi chiesi del mio futuro?” gli domandò, incrociando le braccia al petto. Era lui l’indovino che aveva incontrato sul suo percorso ed ora comprese che non fu affatto un caso.

Merlino chinò il capo come segno d’assenso e poi ritornò a guardarlo negli occhi.
“Il futuro non rivela nulla di nuovo rispetto a ciò che i nostri occhi vedono. Bisogna solo aprire il proprio cuore per renderci conto di ciò che sta accadendo” così facendo volse un’occhiata ad Aurora ed avvicinandosi le porse un oggetto, un ciondolo al cui interno erano rinchiuse delle gocce d’acqua.
“Malefica non può più aiutarti, bambina, a liberare il tuo regno dall’incantesimo. L’acqua del lago di Nostos, quello che avete incontrato sul vostro cammino, ha un grande potere e può salvare tutti i vostri cari. Credo che meritiate questo piccolo dono dopo tutto ciò che avete fatto” le sorrise con bonarietà.

Aurora quasi non riuscì a credere ai suoi occhi, quando afferrò il ciondolo contenente la salvezza del suo popolo, si slanciò verso il mago per poterlo abbracciare e ringraziare di ciò che stava facendo per lei e che gli sarebbe stata grata per sempre.

“Ed io non merito alcun dono?” si ripropose Hook, inumidendosi le labbra, sempre leggermente adirato per esser stato usato come un burattino.

“Credo proprio che tu lo abbia già ricevuto un dono, uno tra i più preziosi” gli rispose senza il minimo dubbio ed Hook si sentì avvampare per quella considerazione.

In effetti Aurora era quasi più simile ad un dono, un regalo dal cielo. La sua purezza e il suo candore riuscivano a liberarlo da tutte le ombre di cui il suo cuore era afflitto e la sua vicinanza lo rendevano in qualche modo colmo di serenità.
Non aveva ottenuto Excalibur che equivaleva ad uno dei tesori più ambiti al mondo, ma in fondo aveva la fortuna di essere un pirata e avrebbe potuto girare tutto il globo per trovarne uno altrettanto importante.
L’idea di uccidere il Coccodrillo era poco a poco svanita, che bisogno vi era di vendetta per un uomo che aveva avuto l’occasione di amare ancora una volta?
Garret e Kayley fecero ritorno a Camelot insieme a Mulan e al re Artù che aveva intenzione di sistemare al più presto le cose nel suo regno, non volle perdere nemmeno un attimo di tempo.
Il drago a due teste fu curato dalle ferite che si era procurato e poté tornare a lottare con le sue creature fraterne nella caverna in cui regnavano.
Aveva invitato sia Hook che Aurora a presentarsi alla cerimonia ufficiale che vi sarebbe stata in cui avrebbe nominato i suoi Cavalieri, desiderava ardentemente che entrambi fossero presenti.
Nonostante lui ed Aurora avessero provato un sentimento giovanile in passato e che gli episodi recenti avessero ribaltato tutto, non potettero non provare stima per l’altro e da allora sarebbe nata una profonda amicizia.
Lei ed Hook sarebbero ritornati nel regno di Aurora per risvegliare le statue che Malefica aveva trasformato per vendicarsi ulteriormente di una donna che aveva odiato tanto a lungo. Merlino diede loro la possibilità di evitare di riattraversare la Foresta Proibita e battendo il bastone a terra li fece ritrovare come d’incanto proprio davanti al tempietto in cui si erano incontrati.
Aurora guardò davanti a sé, incontrando la visione del Palazzo che sorgeva sulla piccola salita che conduceva fino alle mura.
Hook le porse la mano perché potesse sentirsi più al sicuro, lei prese un gran respiro ed annuì, sentendosi pronta.

“Sei certa di volermi avere accanto quando li porterai indietro?” domandò lui, riferendosi ai suoi genitori.

Aurora si fermò per un attimo, per poterlo guardare negli occhi con assoluta convinzione.
“Avrei forse qualcosa da nascondere o di cui dovrei vergognarmi?” rispose con una domanda stessa.

Hook si inumidì le labbra, lasciandosi strappare un sorriso.
“Tempo fa non l’avresti pensata in questo modo”.

Si strinse nelle spalle e scosse la testa. Tante cose erano cambiate dal suo risveglio, nulla era rimasto come prima, soprattutto lei stessa. Aveva scoperto un tipo di amore diverso da quello che conobbe anni prima, un amore per cui non vi era bisogno di sacrificarsi ma in cui ci si potesse aiutare a vicenda.
Per Filippo e per il suo regno aveva donato se stessa, Killian invece l’aveva sollevata dalle maree e non le aveva permesso di fare un passo da cui non sarebbe potuta tornare indietro, ma anzi le aveva teso la mano per farla camminare accanto a lui.
Quello era il vero amore, quello era ciò di cui aveva bisogno. Qualcuno che credesse in lei e che non soppiantasse la sua personalità dietro alla paura di perderla.
Tutti i dubbi si sciolsero quando si ritrovarono all’interno della sala del Palazzo, Merlino le aveva detto di versare una goccia dell’acqua del lago di Nostos su una delle statue e l’incantesimo si sarebbe spezzato.
Si avvicinò dunque alla statua di sua madre, seduta sul trono regale e le accarezzò il viso marmoreo che conservava ancora la sua bellezza.

“Ora nessuno potrà più frapporsi tra noi” le sorrise e poi versò il liquido sulle sue labbra e in un istante tutto cambiò.

Le statue presero di nuovo vita, sciogliendone il marmo per lasciarne uscire i corpi delle persone che erano state intrappolate all’interno della pietra.
Nulla avrebbe potuto rovinare un momento simile. Aurora si era dimostrata una salvatrice ed una figlia perfetta, tutto il regno finì ai suoi piedi.
 




// Nda: 

Siamo al penultimo capitolo! Ed ecco qui che ho messo giù qualcosa di molto diverso per Filippo, consiglio che mi è stato dato da Giulia R. 
Filippo non ha una personalità vera e propria ma qualcosa in lui mi ricorda Artù, in un modo o nell'altro potrebbe avere un potenziale in un certo senso verso una strada simile. Voi che ne pensate? E' stato un azzardo? 
Devo dire che continuare questa storia è stato faticoso, purtroppo mi sono resa conto che scrivere un'avventura non è cosa semplice e che ho finito per narrare-narrare-narrare senza sosta, a volte anche riassumendo, senza dare spazio a cose più importanti: cosa che non avverrà nelle storie future. 
Ma ormai non si può tornare indietro e tanto vale arrivare alla fine. 
Detto questo, grazie ancora a tutti coloro che seguono la storia. Giovedì l'ultimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Epilogo ***



 

XIV. Epilogo



La cerimonia ufficiale dell’incoronazione di Re Artù si era appena conclusa tra gli applausi di tutti gli invitati alla grande festa. I genitori di Aurora preferirono inviare a presenziare solo lei poiché gli effetti dell’incantesimo non erano ancora trascorsi e muoversi era impensabile. La profusione di sentimenti che vi fu durante il risveglio si colmarono con il ringraziamento di tutto il popolo, poiché erano stati salvati dall’unica fanciulla che aveva sacrificato se stessa per loro. La madre di Aurora era fiera di lei, così come il padre, tanto che per quel giorno preferirono evitare di intraprendere il discorso riguardo al pirata che aveva condotto con sé.
Non apprezzarono affatto quella compagnia, ma divenne invisibile nel momento in cui avevano ritrovato la salvezza e la loro unica figlia. In un secondo momento avrebbero affrontato l’argomento.
Aurora non era riuscita a dedicare nemmeno un briciolo del suo tempo ad Hook, che era rimasto in disparte per concedere loro la possibilità di raccontare ogni cosa.
C’era qualcosa in lui che iniziava a farsi strada, una consapevolezza alla quale non si sarebbe potuto tirare indietro.
La sala del Castello di Camelot era gremita di persone, l’abito che Aurora indossava le stringeva il petto, tanto da sentire il fiato che si smorzava poco a poco. O forse era semplicemente il timore di non incontrare colui che desiderava rivedere. Hook era partito la notte stessa per raggiungere Camelot prima di lui, Filippo voleva parlargli di una questione piuttosto importante e l’idea che fosse potuto andar via la faceva tremare.
Vide sfilare di fronte a lei Kayley che trascinava Garret in una danza piuttosto impacciata e poco studiata, entrambi erano stati nominati Cavalieri della Tavola Rotonda, insieme a degli altri che Aurora non aveva mai sentito nominare prima di allora.
Mentre era occupata a guardarli con un certo divertimento, le si accostò accanto quella persona che per un breve momento era riuscita ad odiare.
Mulan si soffermò al suo fianco, facendo tintinnare l’armatura che non aveva voluto togliere e si schiarì la voce.

“Prima che le nostre strade si dividano, principessa Aurora, vorrei solo dirvi che Filippo vi è rimasto fedele fino alla fine. Abbiamo impiegato due anni per far ritorno da voi e quando non vi abbiamo trovata…”

Aurora la interruppe, volgendole uno sguardo dolce.
“Non dovete cercare di scusarvi per i sentimenti che provate per Filippo. Siete stata per lui un’ottima compagna, molto più di quanto non mi sia rivelata io” la tolse dunque dall’imbarazzo, intravedendo sulle sue guance un certo rossore “piuttosto, perché indossate l’armatura?”.

Mulan si strinse nelle spalle, facendo tintinnare gli spallacci, in fondo  Aurora non sembrava affatto una donna viziata ed infantile,  nonostante per diverso tempo l’avesse detestata, in qualche modo era riuscita a cambiare idea.
“L’armatura mi dà forza e coraggio, senza di essa sono debole e fragile. Ne ho bisogno per vivere senza paura” confessò a voce bassa, non lo aveva mai fatto prima d’ora.

Aurora non riuscì quasi a credere a quelle parole, la donna che si celava sotto tutta quella ferraglia aveva davvero qualcosa di cui aver paura? Non credeva neppure che ne avesse, per come si era mostrata, aveva l’aria di chi non provasse alcun timore per nulla al mondo.
Ma evidentemente non era così.
“Ora non dovete avere più paura poiché c’è qualcuno accanto a voi che vi saprà proteggere, anche senza la vostra armatura” così facendo volse un’occhiata a Filippo o ad Artù come tutti iniziarono a chiamarlo.

Mulan sospirò ed arrossì ancora una volta, ormai non riusciva a controllare quel sentimento così forte che aveva fatto breccia nel suo cuore.
“Sono diventata un suo Cavaliere, spetta a me proteggerlo e lo farò per sempre” così dicendo le rivolse un inchino per poi potersi congedare.

Artù ne approfittò per poter condurre il suo Cavaliere con sé e rubare brevi momenti di intimità prima di tornare a comportarsi come un re avrebbe dovuto fare davanti ai propri sudditi.
Aurora sospirò e voltò le spalle di fronte a quella scena, lei avrebbe avuto la possibilità di una vita felice, felice come desiderava lei?
Fu richiamata prima che potesse allontanarsi da quella stessa voce che un tempo aveva amato e che era rimasta racchiusa all’interno dei suoi sogni. Si voltò per incontrare il viso di Artù che era  aveva sfoderato un sorriso caloroso.

“Dunque hai fatto la tua scelta, non è così? Un pirata” affermò prima di offrirle il braccio che lei con qualche tentennamento prese. “Chi lo avrebbe mai detto”.

Aurora sospirò, non del tutto certa di poterla definire una scelta, visto che di quel pirata non era rimasta alcuna traccia.
“Temo che nessuno possa biasimarmi per essermi innamorata di un uomo come Killian, ma c’è chi lo farebbe perché questo cuore appartiene ad una principessa”.

Artù si schiarì la voce, chinando leggermente la testa verso il basso.
“Per questo motivo l’ho mandato a chiamare. I suoi intenti erano avversi alla mia volontà, ma ti ha condotta in salvo e alla fine ha messo da parte se stesso. In passato gli chiesi di rimanere qui al Castello, ma rifiutò. Gli ho proposto di diventare uno dei miei Cavalieri e di abbandonare l’abito del pirata, ma la sua risposta è stata negativa” spiegò brevemente che cosa fosse accaduto.

Filippo, od Artù, aveva fatto tutto questo per dare ad Aurora la possibilità di sposare un uomo che rappresentasse non un pericolo per il regno, ma un motivo di orgoglio. Hook invece aveva rifiutato, senza dare spiegazioni. Perché? Perché non aveva accettato?

“Scusami, ho bisogno di prendere aria” disse lei lasciando il braccio del re che comprendendo la situazione, non la rincorse.

Fuggì via dalla sala, scontrandosi con tutti gli invitati che si ritrovarono sulla sua strada. Alzò appena i lembi dell’abito per evitare di inciampare, non riusciva a respirare e la gola si era chiusa in singhiozzi che tentava di reprimere in ogni modo.
Che fosse andato via? Che fosse andato via per sempre senza dirle addio? Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe finita in quel modo, ma come al suo solito, aveva creduto in un sogno.
Uscì in direzione dei giardini interni per poter scappare dalla folla di invitati, dalle risate e dai sorrisi di tutti coloro che sembravano felici.
Rimase ferma sulle scale di marmo che conducevano in basso, verso la prima fila di fontane che costeggiavano i sentieri geometrici.
Sarebbe scoppiata a piangere se solo dietro di lei non avesse udito una voce calda e rassicurante, quella stessa voce a cui aveva affidato tutta se stessa.

“Ti stavo aspettando” disse Hook mentre teneva la schiena appoggiata ad una pianta rampicante che correva su tutta la parete.

Aurora si voltò lentamente, ricacciando indietro le lacrime ed alzando il viso verso di lui. Lo vide con le braccia strette al petto, il mento basso e gli occhi blu come le profondità dell’oceano.
“Credevo fossi andato via, credevo che non ti avrei più rivisto”.

Hook sorrise all’angolo della bocca, distaccandosi lentamente per potersi avvicinare.
“Senza nemmeno salutarti? Sono pur sempre un gentiluomo”.

Quando provò a prenderle la mano, Aurora si discostò compiendo un passo indietro. I suoi occhi esprimevano diffidenza e al contempo non riuscivano ad evitare di desiderare quel contatto più di ogni altra cosa. Sapeva quel che sarebbe accaduto da lì a poco ma il suo cuore non riusciva a smettere di sperare in un qualche ripensamento.

“Quindi hai preso la tua decisione, andrai via di qui” sussurrò irrigidendosi subito dopo aver pronunciato quelle parole.

Il pirata chiuse le labbra in una smorfia, non era stato certo quello il modo in cui avrebbe voluto affrontare l’argomento. Ma ci aveva riflettuto, ci aveva riflettuto a lungo e non riusciva a trovare una soluzione migliore.
Il suo animo era libero e privo di catene, vivere una vita non sua lo avrebbe condotto verso un destino che non poteva appartenergli. D’altra parte chiedere ad Aurora di seguirlo avrebbe significato chiedere di abbandonare la sua reale natura. Lei era nata per regnare e per amministrare il suo regno in modo giusto, per illuminare il popolo e tutti coloro che le erano attorno.
Lui era nato per affrontare i pericoli del mare e non per chiudersi in una prigione di materassi piumati. Aveva rifiutato già un tempo la proposta di vivere una vita simile, non avrebbe rinunciato a se stesso sapendo che in futuro tutto ciò l’avrebbe potuto risucchiare.

“Io sono un pirata, tu sei una principessa” rispose rimanendo al suo posto, tornando con le braccia incrociate al petto “dobbiamo rispettare ciò per cui siamo nati e non uscire dagli schemi per perdere noi stessi”.

Aurora non volle ascoltare quelle parole e si gettò su di lui, appoggiando le mani al petto dove fece scivolare le lacrime cariche di afflizione e nostalgia che avrebbe sentito in futuro.
“Perché dobbiamo farlo? Perché non possiamo vivere insieme? Io ti amo Killian, io ho bisogno di te!”.

Lui le alzò il mento perché i loro occhi potessero incontrarsi e appoggiò la fronte a quella di lei, prima di occuparsi delle sue lacrime ed asciugarle con una dolcezza che non aveva mai avuto.
“Non credere che io ti ami di meno. Proprio perché ti amo devo lasciarti andare” cercò di sorriderle, anche se avvertì una morsa all’altezza dello stomaco,  iniziava a comprimere ogni pensiero fino quasi ad allucinarlo. Non aveva mai compiuto una scelta tanto razionale prima d’ora, in vista solo del bene altrui.
“Inoltre tu non hai bisogno di me, nessuno ha bisogno degli altri per vivere” questa volta riuscì a prenderle entrambe le mani con l’unica che gli era rimasta e se le portò alle labbra. “Tu hai una forza incredibile Aurora e il tuo regno ha bisogno di te. Per questo non ti chiedo di seguirmi”.

Le lacrime che stavano rotolando sulle guance iniziarono a fermarsi poco a poco, ascoltando le sue parole. Si era dimostrato saggio ed ancora una volta era riuscito ad insegnarle qualcosa. Non si sarebbe mai arresa, in nessun caso, alla possibilità di rivederlo. Il suo cuore non avrebbe mai amato nessun altro e non avrebbe permesso ad alcuno di avvicinarsi a lei nel modo in cui era riuscito a fare Killian.

“Se mai un giorno dovessi cambiare idea, io sarò qui ad aspettarti” sapeva bene che non sarebbe accaduto e che se fosse tornato non lo avrebbe fatto per restare.

“E’ proprio nella tua natura attendere l’uomo che ami, non è così?” le domandò con un mezzo sorriso, mentre le accarezzava quel viso che lo avrebbe sempre accompagnato nei suoi sogni e in tutti i quei momenti a cui avrebbe ripensato alla loro avventura “ed io verrò a cercarti”.

Così facendo si appropriò delle sue labbra sospingendola tra le proprie braccia per poter assaporare per l’ultima volta di un bacio che sarebbe rimasto sempre nei suoi pensieri.
Lui era un pirata e lei era una principessa, ma i loro cuori non si sarebbero mai divisi, poiché vi era un legame profondo ad unirli, un legame che li aveva divisi a lungo ma che li aveva anche fatti ritrovare. Non si sarebbe mai spezzato, per nulla al mondo.
Il giorno della partenza di Hook, Aurora si ritrovò su quello stesso picco in cui la loro avventura era terminata. Il Palazzo di Malefica non esisteva più e dalle macerie sarebbe sorto un Castello del tutto nuovo, un luogo in cui colui che veniva dal mare avrebbe potuto trovare casa. Una casa che non aveva vele, né alberi, né ancore a cui appoggiarsi.
Il vento sfiorava l’abito candido di Aurora mentre osservava l’orizzonte e la Jolly Roger che si allontanava sempre di più dalla costa, fino a scomparire dai suoi occhi. Il tramonto accompagnò l’ultimo sguardo che rivolse all’uomo che amava, la cui libertà non poteva rimanere compressa e che non sarebbe potuto rimanere incatenato a nessuno.
Trascorse esattamente un anno da tutti quegli avvenimenti, quando per la prima volta fu adocchiato un veliero che si avvicinava alle coste in gran fretta, accompagnato dal soffio del vento che spirava positivamente verso la terraferma.
Aurora era cresciuta ed era diventata una principessa amata che sapeva amministrare il regno accanto ai suoi genitori, i quali non potevano che apprezzare un animo tanto gentile e buono.
Nonostante ciò, il suo sguardo era perennemente in cerca di qualcosa che si stagliava oltre il mare, quel mare che portava con sé i ricordi di un passato troppo vicino per essere dimenticato.
Ma quando proprio in quel giorno si avvide che un veliero si approssimava a fermarsi su quelle coste, discese immediatamente sulla spiaggia che sorgeva al di sotto del picco e lì si fermò per poter guardare davanti a sé.
Con un incredibile stupore si rese conto che su una barca di dieci uomini che volgeva verso la riva, vi era in piedi l’unico che i suoi occhi erano riusciti a vedere. Il soprabito nero correva davanti a lui in direzione del vento, come se la sua missione fosse stata quella di ricondurla da lei.
Quando finalmente giunsero sulla riva, il pirata si bagnò gli stivali dell’acqua salmastra confondendoli con la sabbia umida.
Aurora condusse le mani alle labbra per mascherare l’improvvisa felicità che il suo cuore aveva appena provato e rimase immobile, in attesa della sua venuta.

“Ho viaggiato in lungo e in largo per le terre di questo mondo. Ho visitato luoghi meravigliosi e conosciuto culture diverse” disse mentre avanzava verso di lei “ma nessuno di questi posti mi permetteva di non pensare a te. Nessuno di questi posti sarebbe potuta essere la mia casa. Quindi ho capito una cosa, una cosa che non mi era chiara all’inizio del mio allontanamento” una volta giunto davanti a lei, si inchinò con rispetto e risollevò lo sguardo per incrociare i suoi occhi “la vera libertà non è andare via, ma scegliere di rimanere”.

Aurora non riuscì a trattenere un sorriso, uno di quei sorrisi che strappano l’anima di chi lo vede per ricongiungerla con quella a cui sarebbe dovuta appartenere fin dall’inizio.
La vera libertà è scegliere di rimanere. Per un pirata, era una confessione difficile da fare. Ma un pirata innamorato non poteva esimersi dal confessare ciò che il suo cuore aveva bramato così a lungo. 





// Nda: 

Ed eccoci qui al gran finale! Non mi sembra quasi che sia passato così tanto tempo dalla prima pubblicazione di questa storia, ma sono riuscita a portarla a termine, con tutti i dubbi che mi son tirata dietro. 
Non posso che ringraziare infinitamente tutte le ragazze che mi hanno seguita fino a questo punto, che mi hanno stimilato ad andare avanti e a raggiungere una fine che mi sembrava quasi impossibile da vedere. 
Sono molto contenta e per questo vi ringrazio ancora una volta. Spero che questo epilogo vi sia piaciuto, avevate paura che Killian non sarebbe tornato? Inizialmente la mia idea era stata proprio questa, cioè di non farlo tornare per niente da Aurora, ma non potevo spezzare i cuori della Sleeping Hook a cui tengo molto. 
In preparazione però ho una nuova Sleeping Hook che non sarà l'unica coppia di una storia AU che è ancora in fase di stesura, non so ancora quando riuscirò a pubblicarla, la trama è piuttosto complicata. 
Se vi va di seguire gli aggiornamenti delle prossime storie, potete iscrivervi a questo gruppo: https://www.facebook.com/groups/507038592717142/?fref=ts

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1938502