Last Order

di claudineclaudette_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presente: Prologo ***
Capitolo 2: *** Passato: Città in fiamme ***
Capitolo 3: *** Presente: Zack ***
Capitolo 4: *** Passato: Soldier di Prima Classe ***
Capitolo 5: *** Presente: Turks ***
Capitolo 6: *** Passato: Tifa e Sephiroth ***
Capitolo 7: *** Presente: Cloud ***
Capitolo 8: *** Passato: Reattore Mako ***
Capitolo 9: *** Presente: Tarpatura ***



Capitolo 1
*** Presente: Prologo ***


Discalamer: La storia non è mia, sebbene sia stata scritta effettivamente da me, essa è la trascrizione (o come la volete chiamare) del lavoro della Square "LAst Order".

Presente: Prologo

La fatica… non sapeva dove fosse o cosa stesse facendo. Semplicemente continuava a camminare, sorretto da qualcuno che non conosceva. Guardava fisso davanti a sé senza riuscire comunque a vedere, non distingueva chiaramente le forme e tutto era avvolto da una nebbia verde. All’improvviso scivolò e quasi cadde al suolo, ma il suo compagno arrestò la sua caduta, cingendogli meglio la vita con il braccio.

- Whoops! - esclamò. - Errore mio. Vorrei lasciarti riposare, ma sembra non ci sia abbastanza tempo.

Ricominciarono a camminare, erano due giovani uomini. Lui era piccolo di statura e i capelli biondi riuscivano a brillare anche sotto quella flebile luce offerta dalla luna. La sua età si aggirava intorno ai vent‘anni. Il suo compagno invece era molto diverso da lui: alto e austero, il fisico, nascosto da una divisa scura, perfettamente modellato. Teneva legata sulla schiena un’enorme spada con la lama larga, i lunghi capelli neri solleticavano gentilmente l’elsa dell’arma. Era un Soldier.

Nella selva, completamente immersa nell’oscurità, il silenzio era assoluto. Gli unici rumori che riuscivano a percepire era il lento trascinarsi dei loro passi e il respiro affannoso del giovane biondo. Eppure il SOLDIER, udì qualcos’altro: forse il fruscio di una foglia, un ramo che veniva spezzato, lo scalpiccio degli stivali sul terreno sterile. Erano circondati, ma questo non rallentò ulteriormente la loro andatura. Un numeroso gruppo di soldati, armati di spada, vestiti della rigida e scura divisa imposta…con uno scatto furono loro addosso. Il giovane braccato non si fermò, non si voltò neppure. Accentuò la presa intorno alla vita del suo giovane compagno e accompagnò lentamente la sua mano sulla presa della Buster Sword.

 

 Distante numerose miglia, si stagliava l’immensa città di Migdar. La metropoli che ospitava la sede della multinazionale nota con il nome di Shin-Ra.

- Le truppe? Hanno avuto un contatto con gli obiettivi - ci fu una pausa. - Esatto - seguì un’altra pausa nella conversazione telefonica di un uomo vestito di nero. - Rude e gli altri, procedete per il luogo della missione pianificato. Il resto di voi ritorni per il momento al Quartier Generale - parlava con molta calma. Gli occhi socchiusi ed un’espressione seria sull’elegante volto dell’uomo. La luce di fanali oltrepassò le scure vetrate dello studio, lasciato in penombra, e illuminò l’uomo e i riflessi bluastri dei suoi capelli scuri, raccolti sulla nuca in una severa coda di cavallo. - Riguardo la posizione attuale degli obiettivi…

 

Era gia terza truppa che abbatteva. Da solo, con il solo ausilio della propria spada. La pesante lama veniva agitata freneticamente, con una tecnica impeccabile. Colpiva i nemici e nel roteare lasciava dei profondi solchi nel terreno. Con un ultimo, violento colpo, scaraventò lontano l’ultimo soldato. Si sentì il gracchiare si un corvo. Accasciato a terra, poco lontano, il giovane dai capelli biondi gemette, senza la forza o la volontà di issarsi in piedi.

- Come se un soldato semplice possa competere con me - sbuffò il Soldier avvicinandosi al compagno. Si mise un suo braccio dietro il collo e lo tirò su. - Giusto? - gli sorrise. Ma la sua espressione mutò molto in fretta, diventò dolce e malinconica mentre fissava il volto del suo compagno, il suo miglior amico, che, in uno stato catatonico, non sembrava in grado di riconoscerlo.

- Eccoli!! - sentì gridare da lontano, ma la voce era riuscita a giungere fino a loro.

- Che gruppo di persone insistenti… - commentò scuotendo la testa, ricominciano con solerzia la marcia. I soldati però non rinunciarono, lasciate cadere a terra le spade imbracciarono i fucili e cominciarono a sparare contro i due fuggitivi.

- Come se potessero colpirmi… - li biasimò il Soldier cominciando a correre, trascinando con sé il suo giovane compagno. Si guardò intorno: non aveva intenzione di continuare così, sotto il fuoco di decine di soldati. Individuò uno strapiombo e vi si gettò, senza un attimo di esitazione.

 

Tseng firmò l’uomo della Shinra e lasciò cadere una goccia di cera sul foglio, in modo da porre il proprio sigillo. Stava finendo si stendere il proprio rapporto.

72 ore faNoi, la sezione Investigazioni del Dipartimento degli Affari Generali, meglio conosciuti come Turks, abbiamo ricevuto lordine di inseguire gli esemplari fuggiti dal controllo della Shinra. I soggetti che sono scappati sono due maschi adulti. Uno di loro è esperto nel combattimento, un tempo classificato come un Soldier di Prima Classe.

Si fermò. Chiuse gli occhi e si spinse lontano dalla scrivania. Era irrequieto e se ne rendeva conto. Con una calma autoimposta, uscì dal proprio ufficio e pagò una bevanda calda al bar dello stabilimento. Lentamente tornò al suo posto. La tazza fumava ma bevve comunque, normalmente si sarebbe fatto servire dalla segretaria, ma quel giorno fece da sé: gli serviva qualcosa per svagare, anche di poco. Rifletteva.

Ho avuto a che fare con questi due, che attualmente sono i miei obiettivi, nellincidente avvenuto cinque anni fa.

Posò la tazza sul freddo legno della scrivania e posò lo sguardo su una vecchia raccolta di fascicoli. La aprì flemmatico e voltò alcune pagine.

Se quellincidente non fosse mai esistitosarebbe stato più probabile che il loro destino non sarebbe cambiato. Se solo quelluomo non fosse mai esistito

S fermò: aveva trovato la pagina che cercava. Scritto molto fitto, erano in realtà diverse tavole, tappezzate di immagini e fotografie.

Quel soldato eccellente che veniva acclamato come un eroe

Una di queste, più grande delle altre, raffigurava un uomo, alto con un’espressione seria. Guardava fisso davanti a sé, direttamente nella camera fotografica. Degli abiti di pelle nera, gli occhi chiari e i lunghi capelli argentati gettati con noncuranza dietro le spalle.

Sephiroth.

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Capitolo 2
*** Passato: Città in fiamme ***


Passato: Città in fiamme

Il villaggio era in fiamme. Il fuoco si innalzava verso il cielo come una torre immensa. Il calore bruciava la pelle e la pira sembrava volersi estendere sempre di più.

- P-perché voi state… facendo… - gemette un uomo. Era terrorizzato, sconvolto e voleva scappare. Voleva scappare perché in un secondo vide crollare molte delle sue certezze. Ora lui, proprio lui gli si stava avvicinando minaccioso, stretta in mano una katana. La Masamune, la mitica katana, la sua lunga lama brillava tra le fiamme e il sangue di cui era sporca scintillava e mutava colore come se fosse fuoco a sua volta. Con un solo gesto uccise ancora. Chi brandiva quella spada poteva essere un solo guerriero: Sephiroth.

I suoi occhi non trovavano pace, roteavano impazziti in tutte le direzione, alla ricerca di qualcosa, ma cosa? Rimaneva immobile, un cerchio di uomini morti infilzati giacevano intorno a lui. Il legno di una casa finì di carbonizzarsi e crollò.

- Ed ora vengo a prenderti - sussurrò l’uomo scrutando oltre le fiamme. Finalmente il suo sguardo sapevano cosa cercare. Si voltò e attraversò il rogo incandescente, i fluidi capelli sembravano biondi, illuminati dalla luce delle fiamme. Si stava dirigendo verso il Monte Nibel.

 

- Papà! - gridò. - Papà, dove sei?

Era in ansia, e spaventata. Si era risvegliata da sola nella suo stanza, allarmata dalle urla della gente che scappava e dal calore stesso delle fiamme sulla sua pelle. Si era velocemente infilata gli abiti del giorno prima ed era corsa in strada. Era deserta, la luce delle fiamme era immensa e violenta e le feriva gli occhi, ma non sarebbe scappata prima di aver ritrovato suo padre. Distrattamente, maledisse la minigonna che le lasciava le gambe nude e vulnerabili contro il fuoco.

- Se sei qui papà, rispondi! Papà!

Si guardò intorno, proteggendosi gli occhi con il braccio alzato. Strinse le palpebre, quando le parve di intravedere qualcuno. E il maestro! si disse, e corse verso di lui.

- Maestro! - lo chiamò.

- Tifa! - esclamò l’uomo, distogliendo l‘attenzione dal giovane ferito che stava aiutando. - Cosa stai facendo qui?! Vattene subito!

- Cosa diavolo sta succedendo? - gli domandò la ragazza, ignorandolo.

Il ferito gemette. Tifa lo guardò triste, mentre la parlava la sua voce era tremula e sembrava prossima al pianto.

- Perché è andato tutto in questa maniera…?

Il Maestro della ragazza tacque un secondo prima di rispondere. - Sembra che ci sia Sephiroth dietro tutto questo.

- Huh? Sephiroth? - ripeté lei confusa. - Impossibile… - bisbigliò, ma nemmeno lei ne sembrava completamente convinta. - Perché Sephiroth avrebbe fatto una cosa simile?

Nessuno dei due seppe rispondere, solo allora a Tifa tornò in mente il perché si trovasse ancora laggiù, al pericolo, in balia dell’incendio.

- Maestro, avete visto mio padre? Non riesco a trovarlo da nessuna parte!

- Tuo padre… - disse l’uomo, distogliendo lo sguardo. - Tuo padre è al Reattore Mako, sul Monte Nibel.

Tifa non aspettò neppure la fine della frase e corse via, verso il sentiero che portava nel cuore del monte.

- Non andare…! - tentò di fermarla il ferito tra le braccia del maestro, allora la ragazza si fermò per sentire le sue parole, pronunciate in un doloroso sussurro.

- Sephiroth è al Reattore… - cominciò a tossire e non fu più in grado di proseguire.

Tifa non volle perdere altro tempo e riprese la sua corsa verso il monte.

- Stai bene? - disse intanto il maestro. - Hey! Tieni duro! Vado a prendere un po’…Aspetta, Tifa! Non potrai fare nulla anche se ci vai! TIFA!!!!!

Ma la giovane non si fermò un’altra volta, e intanto il vecchio mulino al centro della piazza continuava a bruciare, consumato da quel rogo spietato. Ci sarebbero state altre promesse suggellate dalla sua presenza?

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Capitolo 3
*** Presente: Zack ***


Presente: Zack

Obbiettivi confermati! Obbiettivi confermati! Attualmente al punto 137. Ripeto: attualmente al punto 137.

 

- Wow! - esclamò il Soldier, impugnando la propria arma e mostrando il minaccioso riflesso della lama ai suoi avversari. - fare tutto questo casino solo per noi due!

Si trovavano tra le rovine di un vecchio cantiere abbandonato, di nuovo rintracciati dai soldati, solo che questa volta erano molto più numerosi e li tenevano sotto tiro. Al seguito delle parole del Soldier presero la mira, impassibili.

- Cosa dovremmo fare ora? - disse con malcelata ironia, l’ombra di un sorriso che non abbandonava mai le sue labbra. Poggiò delicatamente il suo compagno, semicosciente, contro una colonna di ferro e infilzò nel suolo, davanti a lui, la spada, in modo che la sua larga lama gli facesse da scudo, proteggendolo dai proiettili.

I soldati seguivano vigili tutti i suoi spostamenti, e lo irritò quel loro atteggiamento di superiorità: Siccome siete in tanti credete di essere imbattibili, vero? Vedremo!

Non aspettò un altro secondo e con uno scatto fu addosso al soldato più vicino. Questo provò a sparare, ma si accorse appena di essere stato colpito da un violento calcio contro la testa, che gli frantumò il casco e lo uccise sul colpo. Nel frattempo gli altri soldati cominciarono a sparare contro l’obbiettivo: gli ordini erano stati chiari, vivi o morti non faceva alcuna differenza. il Soldier sospirò e schivò la prima pallottola. Di nuovo pensò: Come se potessero colpirmi. Balzò in avanti e da quel momento non si fermò più: saltava, schivava, faceva capriole a acrobazie di ogni tipo, sembrava danzare un ballo veloce e frenetico. Era lui, da solo al centro del cantiere ma nemmeno una pallottola riuscì a violare la sua pelle, non sembrava umano e gli uomini che gli sparavano contro se ne resero conto: veloce, forte e abile come lui…non esisteva nessuno! Non poteva essere umano. Solo dopo alcuni minuti, quando un cospicuo numero di soldati giaceva morto a terra, il loro capitano esclamò quello che il Soldier aveva calcolato sin dal primo colpo.

- Siamo nelle nostre rispettive linee di sparo! Ci stiamo sparando a vicenda!

Un altro soldato cadde a terra.

- Attaccate gli obbiettivi con armi da corpo a corpo! - ordinò.

I soldati eseguirono repentinamente gli ordini, abbandonando a terra i fucili sfilarono le spade dalle else che tenevano legate sulla schiena e scattarono all’attacco. Il Soldier ghignò divertito: ma cosa credevano di poter fare? Saltò oltre il primo fendente e quando l’avversario si voltò per attaccarlo ancora, il Soldier lo colpì alla testa fracassandogli il piano. Per non cadere a terra posò il peso sulle mani e diede un doppio calcio ai soldati che ormai gli erano addosso. Un secondo dopo s’abbassò evitando un nuovo affondo e questa volta eliminò l’avversario con una violenta gomitata nello stomaco. Di seguito ne uccise altri sei, poi si voltò verso i rimanenti soldati.

- E forte… - esclamò uno di questi.

- Quindi è questa la forza di un Soldier… - bisbigliò il suo compagno.

Al ragazzo non interessavano i discorsi degli uomini, con un nuovo calciò uccise il primo e senza nemmeno appoggiare di nuovo il peso a terra frantumò la visiera del secondo con un pugno. Alla fine si ritrovò da solo, tutti i soldati stesi a terra, morti o feriti. In quel momento la sua espressione era seria.

Si voltò verso l’amico, che non si era spostato di un millimetro da come lo aveva lasciato, e cominciò ad avvicinargli ma il rumore di un motore lo fece allarmare. Fissò ancora un secondo l’amico semicosciente, al sicuro tra la Buster Sword infilzata al suolo e una colonna di metallo. Preferì allontanarsi.

- I-inseguitelo! - ordinò il capitano della truppa, che erano rimasto al sicuro, lontano dalla battaglia, ai nuovi arrivati.

- Agli ordini - dissero questi, e ripartirono in sella alle loro moto.

Il capitano li fissò allontanarsi e lasciò vagare lo sguardo sul tappeto di corpi morti, poco lontano da lui. Fu allora che individuò un ragazzo immobile, seduto a terra e seminascosto da una spada.

- E chi avrebbe mai pensato che avrebbe abbandonato il suo amico - sussurrò a se stesso. - Soldier di Prima Classe…

Zack.

 

Anche la suo foto andava a riempire il grosso fascicolo che stava sfogliando Tseng nel suo studio: “Case Report; Full On The Nibelheim Case: Zack.”

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Capitolo 4
*** Passato: Soldier di Prima Classe ***


Passato: Soldier di Prima Classe

- Hey, vecchio! - urlò qualcuno ed il Maestro di Tifa, sentendosi chiamare, si voltò indietro nonostante il peso del ferito che stava trasportando in spalla lo stancasse.

- Oh, sei tu! - esclamò quando vide l’agitazione del Soldier che gli correva incontro. - Sta calmo!

- Come faccio a stare calmo in una situazione simile?! - ringhiò Zack osservando il feroce divampare delle fiamme intorno a loro. Il soldato semplice che lo accompagnava rimaneva in silenzio. - questa è opera di …Sephiroth, vero?

- La gente lo acclama come un eroe… - commentò il maestro amareggiato. - Ma è solo un maniaco omicida!

- Che crudeltà… - bisbigliò Zack con le palpebre abbassate, gli occhi feriti da quella luce accecante. - Cosa ti è saltato in mente, Sephiroth?!

Il maestro lo osservò attentamente qualche secondo prima di esclamare: - Ma certo! Andrai tu a salvare Tifa!

Il Soldier e il soldato si voltarono verso l’uomo.

- Cos’è successo a Tifa? - domandò Zack.

- E’ andata al Reattore Mako, sul Monte Nibel, in cerca di suo padre - spiegò prima di aggiungere: - Anche Sephiroth è là.

- Cosa?! - gridò il Soldier.

- Quella ragazza non ha possibilità contro di lui - rispose il vecchio, impassibile. - Il suo avversario è un Soldier, proprio come te…

- Non sono un Soldier qualunque - lo interruppe Zack, freddamente.

- Cosa?

- Sono un Soldier di Prima Classe - rispose fissando le fiamme, imperscrutabile. - Vai, ed aiuta il vecchio - ordinò al soldato accanto a lui.

- Sissignore! - rispose il giovane, sull’attenti.

- Verrò anch’io il più presto possibile - assicurò il maestro. - Lascio Tifa nelle tue mani.

- Ci penso io.

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Capitolo 5
*** Presente: Turks ***


Presente: Turks

Correva velocissimo, nel tentativo di far perdere le tracce ai suoi inseguitori, ma si rese conto che l’avevano già raggiunto. Fu illuminato dai fanali delle due moto. Di seguito i duo soldati lo superarono e inchiodarono a pochi metri da lui. Zack guardò dietro di sé: la strada era deserta. Sorrise freddo, nessun altro lo stava inseguendo. Poi sentì un rumore fastidioso e il suo volto fu di nuovo illuminato, questa volta da un elicottero, appena comparso alla sua sinistra.

Il giovane fissò gelidamente il velivolo. - I Turks, eh - grugnì.

- Obiettivo avvistato - disse uno dei due Turks, Rude, parlando al cellulare portatile. - I nostri ordini sono di catturarlo o ucciderlo, ma…

- Fate del vostro meglio per riportarlo vivo - ordinò Tseng dall’altra parte dell’apparecchio.

- Ricevuto - Rude lanciò un’occhiata alla sua partner, Elena, che si collegò all’altoparlante dell’elicottero per comunicare con Zack: - Arrenditi. Se lo farai, ti assicureremo la tua vita.

- Quei Turks… - si lamentarono i due soldati a bordo delle moto. - appaiono dal nulla e fanno le cose come preferiscono. Fermeremo gli esemplari da soli! - ed estrassero i fucili.

L’unico che non aveva mosso un muscolo era stato Zack, immobile tra due fuochi. - Ognuno di loro fa come preferisce… - commentò osservando criticamente la scena.  Non ho bisogno di nessuna assicurazione per la mia vita - informò i due Turks. Parlando volse la testa verso di loro, ma la sua voce non fu più di un sussurro. Non poteva essere certo che l’avessero sentito, ma non aveva importanza: non era per loro che aveva parlato. - Ciò che voglio… - continuò. - E’ LA LIBERTA’!!

 

Tseng voltò la pagina del fascicolo, osservando quella successiva al rapporto su Zack. In quel momento cominciò a squillargli il cellulare.

- Cosa c’è? - domandò. In quel momento la pagina esibiva una foto che aveva tutta l’aria di essere stata scattata con una macchinetta usa&getta. Tre erano le persone raffigurate, una ragazza, nel mezzo, e due giovani ai lati: Sephiroth, Tifa e Zack.

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Capitolo 6
*** Passato: Tifa e Sephiroth ***


Passato: Tifa e Sephiroth

- Papà! - chiamò Tifa. Ormai aveva raggiunto l’entrata per il reattore. - Dove sei, papà?!

Ormai era stanca e aveva il fiatone, i capelli le ondeggiavano davanti agli occhi e alcune ciocche le si attaccavano al viso e al collo per il sudore. Superò l’ultima salita e fu in grado di vedere dall’alto l’entrata del reattore. Pochi metri da lei vide il padre, sdraiato a terra, apparentemente non cosciente. Prima di vedere lui, però, scorse il sinistro scintillare di una lama. La lunga lama insanguinata di una katana infilzata al suolo, accanto al padre.

- Papà! - urlò Tifa correndogli incontro. Lo prese delicatamente tra le braccia e si poggiò la sua testa in grembo. - Resisti, papà! - lo incitò.

- Tifa… - disse l’uomo in un sussurro così flebile che la ragazza non fu certa di averlo davvero sentito. L’uomo non aprì gli occhi ma sollevò tremante un braccio. Tifa la afferrò e lo strinse, per fargli sapere che lei era davvero lì accanto a lui, per fargli capire di non stare sognando.

- Papà! - chiamò ancora. Le lacrime ormai le sgorgavano copiose, scivolavano sulla sua pelle liscia e cadevano sulla camicia sporca del padre, bagnandola.

- Tifa… - gemette ancora l’uomo, cercando di parlare. - Scappa… ora…!

- Hey! - urlò Tifa. Non tentava nemmeno più di controllare la voce rotta dal pianto, singhiozzava e stringeva forte la mano del padre. - Resisti, papà! - gli ordinò. Ma sentì la stretta del padre allentarsi, il suo respiro diventare sempre più irregolare. La poca forza rimasta nel braccio di lui se ne andò completamente e si abbandonò alla forza di gravità. Con un ultimo penoso rantolo l’uomo smise di respirare.

- Ah… - la giovane gemette. Chiuse gli occhi, persa nella disperazione e strinse a sé il corpo inerme del padre. Rimase in quella posizione a lungo, fino al momento in cui esaurì ogni sua lacrima. Adagiò a terra il padre, incrociandogli le mani sul petto. Gli occhi di Tifa vagarono irrequieti, poi si posarono sulla spada lì accanto e sentì la rabbia e il desiderio di vendetta montare in lei come una fiera. Il suo sguardo si congelò un istante, poi divampò d’ira come un incendio.

- Sephiroth ti ha fatto questo, vero? - bisbigliò al padre morto. Gli girò intorno avvicinandosi alla spada. - Sephiroth… Soldier… Shinra… Reattori Mako… - afferrò l’arma con rabbia e l’estrasse dal suolo. Fendette l’aria con rabbia e la lama vibrò minacciosa, disperdendo intorno a sé gocce ancora calde di sangue. - Li odio… Li odio tutti! - urlò Tifa fissando adirata l’enorme costruzione di metallo che le stava di fronte.

Sephiroth intanto era dentro. Lentamente, flemmatico, percorreva la lunga scalinata al centro del reattore. Il mantello nero frusciava silenziosamente contro i suoi stivali di cuoio mentre saliva, uno dopo l’altro, i rozzi scalini di pietra. Intorno a lui c’erano solo delle capsule di metallo dalle quali proveniva una sinistra luce verde. Arrivò alla fine della scala, l’unico rumore identificabile era il lento incedere dei suoi passi, finché si fermò di fronte a una grande porta serrata. Sephiroth alzò lentamente la testa, come fosse stato in trance.

- Madre… - sussurrò con mista nostalgia. - Sono venuto per vederti… - sfiorò delicatamente, quasi con premura, il metallo della porta. Sentiva l’eco di un rumore, dietro di sé, ma sembrò non curarsene.

- Sephiroth! - urlò qualcuno alle sue spalle: Tifa. Impugnava la Masamune con entrambe le mani e saliva correndo le scale appena percorse da Sephiroth. - Come hai osato fare questo a mio padre!! - gli era alle spalle - Come hai osato fare tutto questo a noi del villaggio!? - tentò di colpirlo, ma non ci riuscì. Non capì nemmeno come: la lama della spada era a pochi centimetri dal collo del guerriero, che le dava ancora le spalle. Un secondo dopo, invece, si rese conto che lui l’aveva fermata a metà del gesto afferrando bruscamente l’elsa della spada. Tifa non aveva intenzione di lasciare l’unica arma che aveva con sé e quando Sephiroth alzò il braccio che teneva ferma la spada, sollevò da terra anche la ragazza. Dapprima Tifa cercò di tornare a toccare terra, almeno con le punte, ma poi fu costretta ad alzare lo sguardo, a fissare il volto di Sephiroth illuminato da una fievole luce che proveniva dal basso, l’unica cose che riusciva a distinguere nitidamente erano alcune ciocche dei capelli argentati e i suoi occhi verdi che rilucevano di una luce folle e pericolosa. La pupilla di era ristretta e in quel momento assomigliava allo sguardo di un serpente. Il serpente, perché, Tifa ne era convinta, in quell’istante stava fissando il volto del Demonio. Non riuscì a pensare altro. Sephiroth afferrò la spada anche con l’altra mano e la colpì con forza. La ragazza fu costretta ad abbandonare la presa e rotolò rovinosamente giù per le scale, giacendo infine nello spazio dell’atrio. Tentò di alzarsi ma il suo corpo non le voleva obbedire, con difficoltà dischiuse un occhio e scorse Sephiroth che si allontanava, varcando la porta di metallo in cima alle scale mentre la sua immagine si dissolveva nell’inquietante nebbia verdognola. La lunga spada stretta nella mano sinistra, i capelli che ondeggiavano eleganti sulla sua schiena e le pieghe del mantello che si flettevano e mutavano ad ogni suo passo.

- Rispetta ciò che mi hai promesso - gemette Tifa con un singulto, mentre ricominciava a piangere. Un po’ si sorprese perché credeva davvero di averle esaurite però, in quel momento, ferita e inerme, si sentiva tradita. - …saresti venuto in qualunque momento io fossi stata in pericolo. Cloud… - allora chiuse gli occhi e rivide nella sua mente quella stessa immagine di alcuni anni prima. La sua schiena riscaldata dalla vicinanza del corpo di lui, il cielo notturno illuminato solo dalla pura luce delle stelle. Il vecchio mulino… il luogo della promessa.

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Capitolo 7
*** Presente: Cloud ***


Presente: Cloud

 

La lama della Buster Sword vibrava leggermente mentre due soldati cercavano di estrarla dal terreno, in modo da poter catturare il giovane dai capelli biondi che fissava vacuo il terreno.

- Sbrigati! - esclamò uno dei due al compagno.

- Ancora?! - fu la brusca risposta.

 

- Cosa c’è? - domandò Tseng rispondendo al cellulare.

- L’obiettivo ha acquisito una moto - gli venne riferito. - Perciò, il loro raggio di fuga è notevolmente aumentato.

 

I due soldati continuavano insistentemente a tirare l’elsa della spada, nel vano tentativo di estrarla dal suolo e così non sentirono il rumore dei pneumatici che si avvicinavano alle loro spalle. Zack smontò dalla sella e cominciò ad avanzare in direzione del compagno. Uno dei soldati si voltò, forse a causa di un presentimento, ma ebbe appena il tempo di rendersi conto di chi aveva di fronte, perché il Soldier gli afferrò la testa e la frantumò contro l’impalcatura di ferro.

- T-tu sei… Zack…! - balbettò l’altro soldato, terrorizzato, cercando di allontanarsi dal giovane strisciando sulle mani.

Il Soldier non gli prestò attenzione, strinse con la mano destra l’elsa della Buster Sword e la sollevò con un gesto secco. La fece roteare davanti a sé prima di rimetterla al suo posto, nel fodero sulla schiena. Si inginocchiò di fronte al ragazzo biondo, che continuava ad avere quella sua espressione vacua e apatica.

- Spiacente di averti fatto aspettare, Cloud - fissò gli occhi dell’amico. Forse sperava che lo guardassero, o forse cercava nelle loro profondità una scintilla di consapevolezza. Gli sfiorò delicatamente una guancia, nonostante la delusione. Lo prese in braccio e lo caricò sulla moto, dietro di sé. Con una leggera impennata accese i fanali e partì.

- Hey, non essere arrabbiato - disse reggendo con la sinistra il manubrio della moto e con la destra Cloud, facendo in modo che non cadesse. - Non lascerei mai un mio amico in difficoltà.

La moto evitò una buca ed entrambi sobbalzarono leggermente. Anche in quel caso Cloud non si mosse, rimase immobile, gli occhi spalancati e la testa abbandonata contro la fredda superficie della spada sulla schiena di Zack.

- Diavolo - sussurrò Elena a bordo dell‘elicottero che seguiva dall’alto i due fuggitivi, - sembra che ai militari piaccia prendere cose che non dovrebbero avere.

Zack li notò con la coda dell’occhio e li fissò adirato. Si guardò intorno e sorrise: girò al massimo la manopola dell’acceleratore e s’infilò in un breve passaggio sotterraneo.

Elena li vide scomparire e scosse la testa contrariata. Con rabbia afferrò la trasmittente e disse: - Gli obiettivi sono stati persi di vista. Sono entrati in un tunnel sotterraneo.

- Quindi hanno intenzione di entrare a Midgar, eh? - sussurrò Rude, chiudendo il cellulare.

 

- Capisco… - bisbigliò Tseng, accostando nuovamente il portatile all’orecchio. - Mettete dei posti di blocco alle uscite di Midgar. - Poggiò il cellulare sulla scrivania e bevve un altro sorso di caffé dalla tazza. Il rapporto di Nibelheim era aperto su una nuova pagina, su cui spiccava la foto di un giovane ragazzo dai capelli biondi.

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Capitolo 8
*** Passato: Reattore Mako ***


Passato: Reattore Mako

- Tifa...! Tifa! - la giovane si sentì scuotere per le spalle e dischiuse gli occhi per un istante, vedendo un'indistinta figura umana. Dopo poco poté sentire che stava chiamando il suo nome.

- Zack...? - domandò, riuscendo a mettere a fuoco l'immagine davanti a sé.

- E' stato Sephiroth, vero Tifa?

- Sì... - rispose la ragazza, spostando lo sguardo al suolo. Zack rimase in silenzio a guardarla, lasciandole il tempo di riordinare le idee. Sussultò quando vide gli occhi della giovane tremolare e diventare lucidi.

- Voi... - ringhiò - siete venuti in questo villaggio...solo per un'indagine, vero...? Per questo vi ho guidato qui... Solo per questo... - la voce le si spezzò all'improvviso e dovette fermarsi per qualche istante. - Ma perché è andata a finire... - gemette mentre nuove lacrime scendevano a rigarle il viso.

- Tifa... - sussurrò Zack, partecipando al dolore della giovane.

- Li odio... - riprese Tifa, ancora sdraiata a terra, con il viso che premeva contro il pavimento. - Shinra, Soldier... e odio anche te... Vi odio tutti! - esclamò con la voce tremula per pianto.

Zack distolse lo sguardo dalla ragazza. Lo sapeva, sì, sapeva che era tutta colpa loro. Ma soprattutto, era colpa sua. Aveva visto che la notte prima Sephiroth si comportava in modo strano, si era accorto che la visita al reattore Mako l'aveva turbato...eppure non aveva fatto nulla per impedire il disastro e in quel momento il villaggio di Nibelheim stava bruciando consumato dalle fiamme che proprio Sephiroth aveva appiccato. Fece leva sulle ginocchia e si issò lentamente in piedi.

- Mi dispiace - disse semplicemente. - Non ti chiederò di perdonarmi - sussurrò voltandosi e dandole le spalle. Cominciò a salire le scale mentre il rumore degli stivali sugli scalini di legno echeggiavano per tutto lo stabile. - Ma... Lasciami porre fine a questa storia.

Zack si fermò di fronte alla porta chiusa, precedentemente oltrepassata da Sephiroth. Puntò i piedi a terra ed estrasse la Buster Sword. La lama scintillò anche sotto la luce quasi inesistente della stanza e si unì al grido del suo maestro mentre abbatteva la porta con il Limit Breack chiamato Blade Beam! L'arma generò un lampo bianco azzurro che distrusse la barriera, rompendo anche alcuni cavi che, facendo fuoriuscire vapore crearono una fitta nebbia che impediva quasi del tutto di vedere. Zack oltrepassò quel muro di fumo e spuntò in una sala circolare profondissima, illuminata da un'inquietante luce cerulea che proveniva dal basso. Nel centro, su una colonna che sembrava allungarsi all'infinito, era stata costruita una piattaforma di metallo.

- Madre - disse qualcuno.

Zack alzò lo sguardo e vide colui che cercava: Sephiroth. Lo sguardo gli si gelò e la mano che reggeva la spada strinse l'elsa così convulsamente che le nocche gli diventarono bianche. L'uomo che in precedenza era stato uno dei suoi migliori compagni era in piedi a pochi metri da lui, su quella piattaforma che sembrava galleggiare sul nulla, in quella stanza circolare attraversata da mille tubi di ferro di cui ignorava l'utilizzo...era lì, fermo, e parlava a una figura di metallo. Sembrava un'immagine di donna, ma era troppo strana. Lo sentì parlare di nuovo.

- Madre... Riprendiamoci questo pianeta insieme. - Cosa stai dicendo, Sephiroth?? - Mi è venuto in mente un buon piano: andiamo alla Terra Promessa...Madre...Adesso basta!! Non avrebbe ascoltato una parola di più. Di cosa stava parlando? Con chi stava parlando? Come poteva dire cose simili rivolgendosi ad un'immagine di ferro? Con quell'espressione beata sulla faccia, la stessa espressione di un innamorato di fronte alla persona amata???!!

- SEPHIROTH!!!!!! - gridò con tutta la voce che aveva in corpo, il bel viso distorto in una smorfia feroce. L'uomo però non si voltò. Provò di nuovo. - Perché hai ucciso gli abitanti del villaggio?! Perché hai ferito Tifa?! RISPONDIMI, SEPHIROTH!!

Sephiroth non si voltò, e non rispose mai a Zack. Però rise, rise mentre tutto il suo corpo fremeva, rivolgendosi di nuovo all'immagine di metallo davanti a sé. Parlò dolcemente: - Madre, quei folli sono venuti ancora - Sospirò, come se fosse incredulo per qualcosa. - Madre, eri destinata a diventare la domatrice di questo pianeta con i tuoi poteri e la tua conoscenza superiore. Ma, quei folli... Quei patetici folli senza speranza... - ringhiò stringendo i pugni. Fece una pausa e respirò lentamente una, due volte, e poi ricominciò a parlare, come se avesse il fiatone. - ...ti hanno sottratto il pianeta, vero Madre? - alzò lo sguardo verso il suo viso di ferro. Sorrise e spalancò le braccia, continuando il suo discorso. - Ma per favore, non essere più triste. Vieni con me!

Sephiroth alzò le braccia, stringendo in un abbraccio la figura di metallo. Gli occhi socchiusi affettuosamente e il sorriso accennato sulle sue labbra confermarono la cura con cui strinse e staccò dal muro quell'immagine. Poi la scagliò lontano, ma quel suo gesto aveva rivelato un passaggio segreto. Una porta che conduceva ad un'altra stanza. Al suo interno c'era una specie d'incubatrice di vetro. Al suo interno era contenuta una figura deforme, collegata ad un'infinità di cavi.

- Siamo finalmente insieme, Madre...

Stava per avvicinarsi a quella figura con sembianze quasi umane, con i capelli violetti che galleggiavano nel liquido all'interno dell'incubatrice di vetro, ma la lama di una spada gli si accostò alla gola.

- Sephiroth... - esclamò Zack alle sue spalle. - Cosa diavolo ti è successo?

Sephiroth rise di nuovo, tetramente e con il suo timbro basso di voce. Zack lo guardò stupito, era quasi disperato, non riusciva a capire cosa stava succedendo.

- Traditore...! - sibilò Sephiroth. In un attimo afferrò la Masamune, che era stata appoggiata in un angolo, e con un potente fendente respinse Zack, che venne catapultato indietro. Arrestò la propria caduta contro uno di quei numerosi tubi di ferro e facendo leva sulle gambe spiccò un saltò e si lanciò nuovamente contro Sephiroth. Tentò di colpirlo ma l'uomo salto, e ciò che distrusse fu solo un pezzo della piattaforma. Zack saltò di nuovo portandosi all'altezza dell'avversario. Contemporaneamente tentarono di colpire e il cozzare delle due lame provocò mille scintille che si persero nella luce abbagliante della stanza.

- Sephiroth! Mi fidavo di te! - l'accusò Zack. Provò a colpire di nuovo e questa volta il Soldier dovette porre la Masamune orizzontalmente, in modo da parare l'attacco. La potenza del colpo ebbe un contraccolpo non solo sulle braccia, ma anche sulle gambe che, piegandosi, lasciarono un profondo solco lì dove aveva appoggiato gli stivali.

- No... - sussurrò Zack, fissando gli occhi folli di Sephiroth. Non riusciva più a riconoscerlo, gli sembrava di guardare uno sconosciuto. Nonostante i lineamenti fossero gli stessi e i lunghi capelli argentati scivolassero uno sopra l'altro come sempre, il suo viso era deformato in una maschera di rabbia e follia e gli occhi...non erano più i suoi. - ...tu non sei il Sephiroth che conoscevo!! - urlò sentendosi improvvisamente più debole e Sephiroth colse immediatamente l'occasione e lo fece sbalzare via. Zack cadde nel vuoto, ma ti nuovo la sua caduta fu arrestata da un largo tubo di ferro. Il giovane Soldier scosse la testa, cercando di cacciare l'eco della tetra risata di Sephiroth che gli risuonava ancora nelle orecchie. Alzò gli occhi, se lo vide a un millimetro di distanza e non ebbe il tempo di reagire. La Masamune tagliò in due il tubo con un singolo, preciso fendente e Zack riprese a precipitare. Con la schiena colpì dolorosamente una scala di ferro e continuò a cadere. Strinse i denti: non poteva farsi sconfiggere. Riuscì a girarsi e atterrare in piedi su un altro tubo. Cercò di recuperare un po' di fiato, ma non c'era tempo per riposare: Sephiroth lo attaccò di nuovo. Saltò in piedi, schivando la lama della spada.

- Io ero il prescelto - gli venne detto. - Io sono la creatura prescelta per guidare e domare questo pianeta!

Sephiroth continuava ad attaccarlo e ormai Zack sentiva le sue ultime forze sciamare, via come i granelli di sabbia si disperdono al vento, e riusciva a malapena a parare i fendenti dell'avversario. Poi, all'improvviso, la lama traditrice di spezzò. Maledizione... fu il suo unico pensiero mentre roteava quello che era rimasto della spada e utilizzò nuovamente il Blade Beam. Il famigliare fulmine azzurro schizzò fuori dalla lama e si diresse velocissimo, rasente il suolo, verso Sephiroth. L'uomo quasi non si mosse e con la Masamune dissolse in scintille luminose l'attacco disperato di Zack. Il giovane, vista la situazione, non sapeva più cosa fare. Ansimava pesantemente, chiedendosi cosa poteva fare a quel punto, ma intanto non lasciava andare la propria spada.

- In modo da riprenderlo dalle vostre schifose mani e restituirlo ai Cetra. Io sono nato - sussurrò Sephiroth, continuando imperterrito il suo discorso.

Da una parte Zack cercava di ascoltare ciò che gli veniva detto, dall'altra provava a delineare un qualsiasi piano nella sua mente. Purtroppo entrambe le azioni erano disturbate dalle sue sensazioni fisiche: le numerose ossa rotte, le gambe che quasi non lo reggevano più e il sangue caldo che gli sgorgava dalla ferita sulla spalla destra, che gli pulsava dolorosamente. Sephiroth ghignò sadico, ne era perfettamente consapevole. Era impazzito, ma continuava ad essere uno dei migliori guerrieri sulla faccia della Terra...forse IL migliore. Scattò in avanti e colpì Zack, il giovane questa volta volò via, letteralmente. Venne sbattuto con violenza contro la parete della stanza. Ruppe il rivestimento di ferro e un tubo al suo interno, che cominciò a schizzare acqua bollente intorno a sé. Cadde a terra. Non se ne era accorto, ma in quel momento si trovava di nuovo sulla piattaforma davanti all'incubatrice ove era contenuta la donna deforme dai capelli violetti. Gemendo, tentò di issarsi in piedi ma ricadde rovinosamente al suolo, in una pozza di sangue scarlatto.

- Per volontà della Madre.

Questa frase non gli piacque. Si puntellò sui gomiti e riuscì a girarsi giusto in tempo per vedere il lampo della lama della Masamune calare su di sé. La Buster Sword, la cui lama si era rigenerata grazie alla magia di Zack, volò via e s'infilzò poco lontano. Il giovane, invece, rimbalzò attraverso il lungo corridoio che, sia lui sia Sephiroth, avevano percorso precedentemente e finì contro una specie di enorme uovo di pietra. La roccia in parte si frantumò, creando un giaciglio per il ragazzo privo si sensi.

Sephiroth lo osservò scomparire e sorrise compiaciuto. Si voltò e tornò a fissare l'essere galleggiante nel liquido davanti a sé. Non ansimava, ma si appoggiò al vetro, prima le mani guantate di nero e poi anche la fronte.

- E' tutto a posto ora, Madre.

Il vetro s'incrinò. Cosa...? si disse Sephiroth, e abbassò lo sguardo. Quello che vide fu la punta di una spada da cui colavano delle gocce di sangue. Il metallo era gelido e la lama gli attraversava l'addome, sporcandosi del suo sangue.

- Chi sei tu...? - biascicò appoggiandosi al vetro con tutto il suo peso per non cadere.

- Ridammi mia madre...Tifa...ed il mio villaggio! Io...ti rispettavo...e ti ammiravo, ma...!

Ma certo, la conosceva quella voce. Apparteneva ad un insignificante ragazzetto, non più di sedici anni. Era un misero aspirante Soldier che seguiva sempre Zack come un cagnolino, beh ora che ci pensava, seguiva anche lui allo stesso modo. Chi l'avrebbe pensato che proprio lui sarebbe stato il primo a ferirlo. Non sapeva nemmeno come si chiamasse...ah, sì, ora ricordava: il suo nome era Cloud Strife.

- B-bastardo... - ringhiò Sephiroth debolmente. Il sangue gli sgorgava copiosamente dalla ferita, inzuppandogli gli abiti e formando una larga macchia scarlatta ai suoi piedi. Sentiva le forze che lo abbandonavano mentre la vista andava pian piano appannandosi. Strinse le mani a pugno, se non avesse indossato i guanti di pelle, probabilmente avrebbe lasciato nel vetro dei profondi solchi con le unghie.

Cloud estrasse la spada e indietreggiò di un passo.

Sephiroth esplose di dolore, una sensazione lancinante gli invase tutto il corpo mentre sembrava che tutto il suo sangue gli stesse fuoriuscendo dal corpo. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma tutto quello che riuscì ad emettere fu un gemito soffocato prima di crollare a terra col respiro affannoso. Dopo qualche istante, chiuse gli occhi e svenne.

- Tifa! - sentì ancora chiamare dal ragazzino prima che si allontanasse di corsa.

 

Cloud discese le scale saltando tre gradini alla volta. Superando il punto dove giaceva Zack gettò lontano il proprio casco, facente parte della divisa da Soldier, e raggiunse il corpo privo di sensi di Tifa. Infilzò verticalmente la Buster Sword nel pavimento sconnesso e sollevò la ragazza. La depositò pochi metri più in là, appoggiandola con la schiena ad una colonna di pietra.

Accostò l'orecchio al suo viso: respirava ancora. Era così dolce addormentata, così serena ed innocente. Le accarezzò delicatamente una guancia.

Tifa gemette nel momento in cui dischiuse i grandi occhi color rubino. Lo fissò confusa, ma poi sorrise.

- Cloud... sei davvero venuto per me...

- Sì.

- Hai mantenuto la promessa, eh? - sussurrò lei, rimanendo semisdraiata appoggiata alla colonna. - Sei davvero accorso quando mi sono trovata in pericolo...- Mi dispiace - ribetté lui abbassando la testa. Sono arrivato un po' tardi.

- Non proprio - rispose Tifa con un sorriso. - Sto bene...Cloud...

Il giovane stava per dirle ancora qualcosa, ma lo strano rumore di qualcosa che andava in frantumi interruppe i due giovani.

 

Sephiroth aveva impiegato poco tempo a riprendersi. Pochi istanti dopo essere svenuto aveva già riaperto gli occhi. Osservandosi la ferita notò che il sangue aveva rallentato. Allungando una mano tremante afferrò l'elsa della Masamune e usandola come sostegno si levò in piedi. Accanto a lui non c'era più nessuno, la Madre invece era ancora lì, immobile davanti a lui. Il volto perfetto dell'uomo si illuminò di un sorriso sadico mentre divaricava le gambe per non perdere l'equilibrio. La mano destra stringeva rigidamente la ferita mentre con l'altra brandiva la lunga katana. La sollevò debolmente e mandò in frantumi in vetro della "capsula" che conteneva la Madre. In un secondo tutta l'acqua si riversò al suolo lavando così il sangue di Sephiroth, la polvere e i molti frammenti di vetro.

L'azione fece sbilanciare l'uomo che per poco non cadde a terra. Spostò la pesante lama della Masamune in avanti in modo da riacquistare l'equilibrio. Fece tutto quasi d'istinto perché l'unica cosa a cui riusciva a pensare era lo strano essere immobile e splendido davanti a lui.

- Madre... - sussurrò levando ancora una volta la mano che impugnava la Masamune e recise la testa dell'essere.

 

Cloud vide Sephiroth camminare barcollando nella sua direzione. Continuava a stringere la spada nella mano sinistra, senza dare l'impressione di volerla rinfoderare. Con la destra invece reggeva i capelli violetti di quell'essere che si ostinava a chiamare con l'appellativo di "Madre". L'uomo sembrava aver recuperato almeno in parte le forze ma per camminare in certi istanti era ancora costretto ad appoggiarsi almeno parzialmente alla parete. Alzò lentamente la testa e scorse Cloud poco lontano da sé, il ragazzo che lo aveva ferito. Dietro di lui notò Tifa e poco più lontano riuscì a intravedere anche Zack.

- Per colpa vostra... - sibilò minaccioso.

- Cloud! - sentendosi chiamare, il giovane girò la testa in direzione della voce e vide Zack. Il Soldier aveva a malapena la forza per parlare. - Finiscilo... - gli ordinò.

Le parole dell'amico riuscirono a smuovere almeno in parte il ragazzo.

- Per colpa vostra! - ripeté ancora Sephiroth staccandosi dal muro, riuscendo finalmente a reggersi in piedi diritto.

Cloud non lo ascolatava nemmeno più. Aveva in mente solo quello che doveva sapere: l'invincibile Soldier albino si trovava lassù, in cima alle scale, a pochi metri da lui. Impugnò con due mani la Buster Sword di Zack e cominciò la sua rincorsa verso l'uomo.

- SEPHIROTH!!!!!! - gridò con tutta la forza che aveva in corpo.

L'uomo alzò la testa e contemporaneamente levò anche la Masamune.

- Non esagerare, ragazzino - disse intercettando la lama dell'altra spada. Questa volta fu lui a infilzare Cloud, poco sotto lo sterno, impalandolo sulla punta della Masamune. Lo lasciò lì per qualche secondo, poi con un calcio lo fece rotolare lontano. Sulla larga piattaforma di metallo che si allungava su un'immensa luce azzurrina.

- Per colpa del vostro genere umano... - continuò Sephiroth avvicinandosi al ragazzino. - Pensavi davvero di potermi sconfiggere?! - con un accenno di risata lo infilzò nuovamente nello stesso punto di prima e reggendo la spada con una sola mano fece penzolare Cloud sul mare di luce blu.

- Ricorda attentamente...

- La mia famiglia... - biascicò Cloud.

Come faceva ad essere ancora cosciente? Sephiroth corrugò le sopracciglia cercando di capire cosa stesse dicendo il ragazzo. Dopotutto anche lui era ancora ferito e i suoi riflessi in quell'istante erano inevitabilmente compromessi.

- E la mia città natale...

Il giovane alzò le braccia tremanti continuando a parlare con mezzi sussurri. - Tu hai fatto tutto questo! - afferrò la lama della Masamune con le mani. - Io non ti perdonerò mai!

Lentamente una goccia del suo sangue scivolò lungo tutta la lama tagliente e giunta all'impugnatura cadde al suolo. Questo ragazzino...cosa sta facendo?? si domandò Sephiroth sconcertato, osservandolo con gli occhi spalancati dallo stupore.

Cloud urlò, usando la spada quasi come una corda si fece scorrere in avanti, facendo contemporaneamente scivolare ancora più in fondo la lama. In questo modo riuscì a posare nuovamente i piedi sulla piattaforma. Ora che aveva recuperato la sua stabilità, stringendo sempre fermamente la Masamune girò su se stesso riuscendo a scaraventare Sephiroth lontano da sé. Fece ancora un passo in avanti, ma poi fu costretto a lasciarsi cadere in ginocchio a terra, esausto.

- Impossibile... - sussurrò Sephiroth. Come poteva un ragazzino come lui, che era poco più di un bambino, compiere un'impresa del genere? Era già la seconda volta che riusciva a colpirlo. - Impossibile... - ripeté rialzandosi in piedi. - Cosa diavolo sei...?

Cloud non riuscì a rispondere, perdeva molto sangue e aveva il respiro affannoso. Dopo averlo osservato per qualche secondo, però, Sephiroth non ebbe più bisogno di alcuna spiegazione. Quando intravide lo strano bagliore verdognolo negli occhi di Cloud, il Mako Glow, gli venne quasi da ridere, era stato proprio lui a fare entrare il ragazzo in contatto ravvicinato con l'energia Mako, quando l'aveva lasciato penzolare sulla fonte pura.

Sephiroth abbassò lo sguardo sulla testa dell'essere che reggeva nella mano destra. La pelle diafana e i capelli viola suscitavano strane sensazioni in Cloud quando la notò in quel momento, per la prima volta. Sul casco metallico che ricopriva la nuca di quell'essere erano scritte sei lettere a caratteri molto gradi: JENOVA. Ma riuscì a scorgerle appena per un secondo, prima che scomparissero alla sua vista. Tanto velocemente che non era nemmeno sicuro di aver letto bene.

- Madre... - sussurrò dolcemente Sephiroth. - Vieni nella Terra Promessa con me...

Cloud lo fissò all'erta: era sicuro che l'avrebbe attaccato di nuovo per ucciderlo definitivamente. L'uomo invece gli voltò le spalle. Si strinse la testa di Jenova al petto e si lanciò giù dalla piattaforma, dritto verso l'energia Mako allo stato puro.

Cloud lo sentì sussurrre la parola "Madre" per l'ultima volta prima di vederlo scomparire nella luce. Un'unica, singola lacrima di diamante sfuggì dagli occhi di Sephiroth e si dissolse a sua volta nel mare di energia azzurra. Una lacrima... Cloud si domandò distrattamente il perché di quella lacrima. La cosa però non aveva importanza, nella vita del leggendario Soldier di Prima Classe Sephiroth quella sarebbe stata l'ultima, se non addirittura la prima.

- Sephi...roth... - sussurrò ancora una volta, poi cadde a terra privo di sensi.

 

In quell'istante un Turk, che stava osservando la scena di nascosto digitò un numero sul proprio cellulare e l'accostò all'orecchio.

 

Fuori dal reattore invece il maestro di Tifa aveva condotto la ragazza in salvo, portandola sulle spalle.

- Spero solo che ce l'abbiano fatta... - disse prima di allontanarsi. Se non avesse tratto in salvo solo Tifa, se avesse pensato anche a Zack e a Cloud forse le cose sarebbero andate molto diversamente. Invece l'uomo si preoccupò solo della ragazza, scegliendo di abbandonare quei due giovani che avevano rischiato le loro vite proprio per salvare la sua protetta.

 

Il reattore Mako rimase deserto solo per poche ore: Turks e scienziati della Shinra non tardarono ad arrivare presso il luogo del combattimento.

Il capo scienziato, un uomo col naso tozzo e adunco e lunghi capelli untuosi si chinò su Zack per osservarlo. Il giovane Soldier era tutto sporco di sangue, respirava affannosamente all'apparenza privo di sensi.

- Questo qui... - disse lo scienziato, il cui nome era Hojo, sistemandosi gli occhiali, - portatelo nei sotterranei del Palazzo Shinra.

- Sissignore - gli venne data come risposta mentre la barella dove era stato spostato veniva portata via.

- Sephiroth... ce l'hai sicuramente fatta questa volta.

Un Turk dai capelli neri raccolti in un codino e il portamento distinto si avvicinò al professor Hojo.

- Oh, sei tu - sbuffò lo scienziato. - Sta bene Mr. Veld?

- Sì - gli rispose l'uomo.

- Capisco. Come procede l'eliminazione degli abitanti del villaggio?

- Abbiamo già iniziato l'operazione. Ma... - l'uomo esitò un istante, - c'è davvero bisogno di fare tutto questo?

- Hah! - sospirò Hojo osservando la faccia impassibile del Turk. - Sei ancora giovane. La tua opinione non conta niente. Sbrigati con l'eliminazione.

Il Turk fece un lieve inchino e cominciò ad allontanarsi. In seguito alle parole di Hojo la sua espressione non aveva ricevuto il minimo cambiamento, ma osservando attentamente i suoi occhi qualcuno avrebbe potuto accorgersi che almeno loro si erano adombrati.

- Hmm...aspettate un secondo... - intimò il professore accostandosi alla barella che trasportava Cloud. - Questo ragazzo l'ha finito, eh? - ghignò osservandolo da molto vicino. - Interessante...Molto interessante! Posso usarlo come un nuovo esemplare.

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Capitolo 9
*** Presente: Tarpatura ***


Presente: Tarpatura

Lo squillo di un telefono distolse Tseng dai suoi dolorosi ricordi. In quegli anni si era chiesto molte volte se avrebbe dovuto insistere sulle proprie opinioni, contrastare il professor Hojo invece di lasciarsi zittire con un semplice "Sei ancora giovane".

- Pronto?

- Comandante, abbiamo ricevuto notizia che gli obiettivi sono stati intercettati ai posti di blocco.

- Perfetto. Ci andrò subito - rispose l'uomo chiudendo la comunicazione. Nella solitudine del suo vasto studio abbassò per l'ultima volta lo sguardo sul rapporto della missione a Nibelheim.

- Stiamo per negargli nuovamente la libertà? - si domandò chiudendo per sempre il fascicolo che in quel momento mostrava la scheda di Cloud.

 

Gli obiettivi hanno superato il punto 48 in questo momento. Inoltre, la moto utilizzata per scappare è stata lasciata indietro, senza benzina. Sembra siano stati raccolti da un camion.

 

Tseng uscì sul tetto dell'edificio dove l'attendevano un elicottero e la sua squadra di Turks, sette giovani in tutto, tra ragazzi e ragazze. Come ricordava bene quando anche lui era poco più che un novellino. Avvicinandosi li sentì discutere animatamente tra di loro.

- Il Comandante ha di nuovo quello sguardo serio in viso - bisbigliò quello che si chiamava Reno. Solo dal suo aspetto si poteva capire il suo carattere: capelli rossi e divisa sbottonata, senza cravatta.

E come poteva essere altrimenti? Era l'ennesimo ordine eseguito contro la propria volontà. Che altro sguardo poteva avere Tseng?

- Li abbiamo salvati cinque anni fa, ma ora vogliono che li catturiamo, eh? - disse quello vicino a lui.

- Che destino - commentò la donna chiamata Elena.

- Se ci pensate, fanno proprio pena.

- Mi viene voglia di simpatizzare per loro.

- Wow! Voi si che siete dei bravi ragazzi!

Quando Tseng passò davanti a loro, i giovani si zittirono immediatamente, proponendosi in fila sull'attenti.

- Qualunque sia la missione, noi la porteremo al termine, è il nostro lavoro - commentò Reno con tono quasi pomposo, per farsi sentire da Tseng.

Il Comandante sentendo quelle parole irrigidì involontariamente le spalle e subito ordinò di sbrigarsi. Appena ebbe dato loro le spalle, una dei Turk donna si voltò in direzione di Reno e gli mostro infantilmente la lingua.

- Sissignore - risposero intanto i Turks in coro.

- E' tempo di organizzarci.

- Hey novellino, sbrigati.

- Arrivo...

 

Per Zack e Cloud intanto si era fatto giorno e viaggiavano alla volta di Midgar City sul retro di un camioncino giallo. Cloud sedeva semisdraiato perpendicolarmente rispetto alla lunghezza del camion, mentre Zack se ne stava con le spalle appoggiate alla cabina del guidatore.

- Hey... - chiamò il giovane ad un certo punto. - Cosa farai una volta raggiunta Midgar?

Ovviamente Cloud non diede segni di aver sentito.

- Beh, prima di tutto abbiamo bisogno di un po' di soldi, non credi? Hey signore, conosce qualche lavoro che potrei fare? - urlò al camionista.

- Cosa stai dicendo? Devi provare di tutto finché sei giovane! Vai per diverse vie e trova quella giusta per te.

- Si fa presto a dire "tutto" - singhiozzò Zack lasciando ciondolare per un attimo la testa sulla spalla, sconsolato. - Non è di grande aiuto, eh?

Poi rimase in silenzio per qualche secondo, pensieroso.

- Oh sì, hai ragione! - esclamò all'improvviso. - Io ho molte abilità che le persone normali non possiedono, vero? Perfetto, ho deciso! Aprirò un'agenzia che farà tutto!

- Hey, tu, stavi ascoltando quello che ti ho detto? - esclamò il guidatore dalla sua cabina.

- Come problematiche e cose pericolose... - continuò Zack sempre più entusiasta, ignorando l'uomo, - farò di tutto a seconda della ricompensa che riceverò! Farò una fortuna! Hey, Cloud... - chiamò osservando il volto inespressivo del compagno. - Tu cosa farai?

Nessuna risposta.

- Daaaai! Stavo solo scherzando - riprese il giovane parlando allegramente. - Non ti abbandonerei mai! Noi due siamo amici, giusto?

Zack spostò il peso sui gomiti appoggiati alle ginocchia e osservò dolcemente il ragazzino.

- Apriremo un'agenzia che farà di tutto. Capisci, Cloud?

 

- Gli obiettivi hanno oltrepassato il punto 12. Stanno per entrare nella nostra zona di tiro. Sono nel mirino.

- D'accordo, facciamolo.

- Ma i Turks ci han detto di aspettare il loro arrivo.

- Non c'è bisogno di lasciarli a loro. Spara.

 

Zack si guardò intorno: solo rocce e sabbia a perdita d'occhio. Il giovane sbuffò mentre si tirava su, sulle ginocchia e si appoggiò con i gomiti sulla cabina di guida.

- Hey, non siamo ancora arrivati? Questo rottame...

Il tempo di un battito di ciglia. Una specie di presentimento, una premonizone...ma, soprattutto, il rumore di un fucile che veniva impugnato, il respiro regolare del cecchino, le correnti d‘aria che cambiavano. Zack interruppe la frase a metà e si lanciò su Cloud.

- Al riparo!

Il giovane Soldier biondo si rendeva a malapena conto di quel che accadeva intorno a sé. Non era capace di muovere nemmeno un muscolo, in realtà non ricordava nemmeno se l'aveva mia fatto. La sua vista era avvolta da un fitto strato di nebbia verde, così come la sua mente. Forse qualcosa cambiò quando vide il viso di Zack, che si era gettato su di lui spingendolo via. Poi non vide più nulla. Nero, buio, oscurità.

Una frase...

- Cloud, SCAPPA!

Silenzio, interrotto solo da una lieve folata di vento.

Uno sparo...

Poi non udì più nulla. Buio, buio, oscurità...e l'oblio. 


Commenti di fine fan fic!! (^^)/
Va bene...posso dire che sto piangendo?? T_T
Atroce agonia...io lo amo Zack, come è potuto morire...sigh!?
Ebbene, senza perdersi nelle mie solite farneticazioni...questa è la mia versione "cartacea" dell'animazione fatta dalla Square di questo episodio...spero di essere riuscita a rendere bene tutti i loro sentimenti e anche le loro acrobazie (quelle sono davvero un incubo!! ^_^)
Beh, ditemi che ve ne pare!!
*Aya accende un cero per il povero Zack*

p.s. la tarpatura, per chi non lo sapesse, è un'operazione che fanno in certi casi agli uccelli per impedir loro di volare. In sostanza gli si taglia un pezzo di ali...per me, in questo caso, rappresentano le ali che hanno tagliato a Zack... la sua vita.
*piange di nuovo!*
Alla prossima, e leggete anche le altre mie fan fic!! \(^^)/

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