Il futuro che sarà?

di cybilbennett
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Dear Diary.. ***
Capitolo 2: *** 01. Ritorni. ***
Capitolo 3: *** 02. Vecchie Conoscenze. ***



Capitolo 1
*** Prologo. Dear Diary.. ***








Prologo
 

 
 

Caro Diario,  

E’ tantissimo tempo che non scrivo più; devo essere sincera, ho ritrovato il mio diario solamente questa mattina mentre eliminavo la roba vecchia per fare un po’ di spazio in casa e quindi ho deciso di ricominciare a raccogliere tutti i miei pensieri.
L’ultima pagina scritta risale al mio ultimo giorno di scuola alla Pretty Land, cinque anni fa. Quello forse è stato l’ultimo giorno felice della mia vita, poi sono iniziate le disgrazie.
Qualche giorno dopo ho scoperto di essere incinta di Nicolas, che nel frattempo era scappato in Spagna con Emma Taylor e ciò comportò la cancellazione di tutte le date del mio nuovo tour e la perdita del mio contratto discografico. Nessuno discografico, nemmeno Pedro, voleva più farmi incidere un disco dopo lo scandalo che mi aveva riguardata: avevo solamente diciotto anni ed ero già incinta! Decisi però, spinta anche da mia madre, di tenere il bambino, anzi, bambina per la precisione.  La chiamai Ayelèn, che in spagnolo significa ‘ragazza di fuoco’ augurandole di lottare per raggiungere tutti gli obbiettivi che si sarebbe predisposta.  Non sentivo di detestarla, ritenendola la causa della fine della carriera, le volevo bene come ogni madre ne vuole alla propria bambina: era il mio piccolo raggio di sole.
Nel frattempo il mio contratto discografico se lo prese quella papera patagonica di Patty, che assieme a suo padre, a suo fratello e a quella capra di sua madre facevano la bella vita. Leandro è ormai un noto pediatra e Carmen è diventata titolare di una linea di abbigliamento orrido tutta sua. Ora Patty è una popstar acclamata in tutta l’America ed in questo momento si trova a Los Angeles, dove da quello che la stampa racconta vive in una lussuosa villa con tanto di spiaggia privata.
Beata lei! Io faccio due lavori per mantenermi un bilocale e lei ha anche la spiaggia privata!
Comunque, la mia vita andava ogni giorno peggio e in tutta questa storia scoprimmo che mio padre tradiva mia madre con una ragazza di dieci anni più giovane, alta, bella e magra. Ovviamente scattò il divorzio e grazie ad alcuni documenti riguardo ad una vecchia truffa Roberto riuscì a toglierci la casa e metà del conto corrente. Se ne andò a vivere in Messico, assieme alla sua nuova compagna e a Fabio, che ovviamente scelse di fare la bella vita. Di conseguenza io e Fabio litigammo, dividendo così, una volta per tutte, la nostra famiglia.
L’altra metà del conto corrente che avevamo in banca se la sperperò tutta mia madre: prima in alcolici e in antidepressivi e adesso tutta in farmaci e cure. Non c’era una sera in cui non tornava a casa ubriaca e vederla così mi distruggeva. Poi cadde in depressione e si ammalò, era ogni giorno più debole e stanca e per questo smise per fino di lavorare.
Ero io che adesso mandavo avanti la famiglia e mi sembrava terribilmente strano avere, a ventitré anni, un peso così gravoso sulle spalle. Facevo due lavori: la mattina come donna delle pulizie in una clinica a Buenos Aires e la sera in un bar, mettevo via alcuni soldi per l’affitto, altre per le cure di mia madre e altri per mandare avanti la famiglia: di certo non potevamo più permetterci i lussi che ci concedevamo una volta.
Quanto mi manca quel mondo luccicante e lussuoso in cui ero sempre cresciuta e in cui sognavo di vivere tutta la mia vita assieme all’uomo che amavo. Già, che amavo, perché in questo momento, io, Antonella Lamas Bernardi, non avevo tempo per pensare a stupide faccende come l’amore.
In fin dei conti è per colpa dell’amore che io adesso mi ritrovo in una situazione come questa.
 
Tua per sempre,
Anto the best. xx

 
 



 

Angolo Autrice.



Sono tornata con questa nuova ff, piuttosto diversa da quelle che si trovano solitamente in questo fandom. Tratterò temi abbastanza delicati, da come avrete letto nel prologo, ma di certo non mancherà qualche intrigo alla ‘patito feo’ lol.
Avevo già annunciato che avrei pubblicato questo capitolo ‘introduttivo’, tanto per sapere quanto al storia piace e se devo continuarla o meno. Non abbandonerò l’altra mia ff (per chi non lo sapesse il titolo è ‘True Love Never Dies’) e non preoccupatevi se non l’ho ancora aggiornata, lo farò domani e con l’occasione chiedo scusa per averci messo così tanto a scrivere il prossimo capitolo.
Finito di sproloquiare, lol
Ringrazio tutti quelli che leggeranno e quelli che recensiranno, perché so che lo farete, vero? x’D
Un beso.
xxxx

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Capitolo 2
*** 01. Ritorni. ***




Capitolo 01.
 
'Ritorni'


 

 
Camminavo per il vialetto che conduceva a casa mia tutta raggomitolata nel mio cappotto, era estate ma quel giorno aveva piovuto incessantemente. Era una zona alla periferia di Buenos Aires, avevamo un piccolo appartamento, certamente non aveva nulla a che vedere con la villa nella quale vivevamo fino ad due anni fa, ma almeno avevamo un tetto sopra alla testa: una cucina, un bagno, due camere e un soggiorno, non era certo il palazzo reale ma poteva andare bene.
Se solo potevo immaginare, nel fiore della mia carriera, che sarei finita a vivere così probabilmente ci avrei riso sopra, ma solo ora mi rendo conto di quanto possa essere dura la vita.
Chiusi l’ombrello e aprii il portone del condominio, salii tre rampe di scale e mi trovai davanti al portoncino di casa mia. Sul campanello era scritto ‘famiglia Lamas Bernardi’ ed un cuoricino disegnato dalla mia bambina era attaccato con una striscia di scotch sulla porta. Infilai la chiave nella toppa e aprii la porta.
“Sono a casa!” Urlai, infilando l’ombrello nel porta ombrelli. La mia piccola Ayelèn mi venne incontro correndo per abbracciarmi. Era bellissima. Aveva gli occhi verdi di Nicolas e i miei lineamenti: le stesse labbra carnose, lo stesso taglio di occhi ed anche gli stessi capelli, castani come i miei: era divina.
“Mamma, mamma! Lo sai che ho fatto un puzzle oggi?” Mi disse con l’entusiasmo che tutti i bambini avevano nei confronti delle cose nuove.
“Bravissima amore mio!” Le dissi io, dandole un bacio sulla fronte.
“La nonna mi ha aiutato.” Mia madre era poggiata sullo stipite dell’arco che collegava il salotto alla cucina: aveva i capelli che le ricadevano scomposti sulle spalle ed era avvolta in una vestaglia azzurra.
“Ti ha cercato tutto il pomeriggio.” Mormorò, rivolgendosi a me. “Non la smetteva di piangere e così ho dovuto trovare un modo per azzittirla.”
Io le sorrisi. “Grazie mille mamma.”
Lei mi fece un cenno con la testa e se ne tornò in cucina, a finire di preparare la cena.
Dopo cena giocai un po’ con la mia piccola Ayelèn, prima di metterla a letto, mentre mia madre guardava la tv sorseggiandosi un bicchiere di Brandy.
“Si è addormentata.” Sussurrai, chiudendo la porta della camera nella quale dormivamo io e Ay e sedendomi vicino a mia mamma.
“Lo credo bene, sarà stata stanchissima.. oggi era iperattiva.” Rispose lei secca, bevendo l’ultimo goccio del suo Brandy.
“Ti ringrazio per tutto quello che fai per lei..” Le dissi, abbassando lo sguardo, come fossi colpevole.
“Non devi ringraziarmi. E’ mia nipote, sono stata io a convincerti a tenerla, in un certo senso sono stata io a volerla.” Mi rispose, accendendosi una sigaretta e buttando il pacchetto sul tavolino da caffè di fronte al divano.
Io annuii, prima di essere attratta da una notizia che stavano dando in tv in quel momento.
“Il grande ritorno di Patty a Buenos Aires.”
Appena sentite quelle parole mi venne un nodo alla gola, presi il telecomando e alzai il volume.
“La nuova stella del pop tornerà nella sua città natale dopo aver vissuto per qualche anno negli Stati Uniti, a Los Angeles. Ha dichiarato di sentire la mancanza della sua Argentina, dei suoi amici e delle persone che l’hanno supportata da sempre. In questo momento alcuni paparazzi l’hanno fotografata in aeroporto, assieme alla sua famiglia. Il suo ritorno in Argentina non è casuale, anche perché fra pochi giorni uscirà il suo nuovo singolo e ha deciso di fare la presentazione proprio nel giardino della sua villa, organizzando un meraviglioso party.” Gracchiò la voce della giornalista.
Mi ribollì il sangue dalla testa ai piedi, strinsi i pugni, fino a far diventare le nocche bianche. Perché lei si e io no?
“Il papero patagonico se ne torna in patria assieme a quell’asina di sua madre, che meravigliosa notizia.” Sbuffò mia mamma, aspirando avidamente dalla sigaretta.
“Già.” Grugnii io. “E immaginati le feste che ci saranno al suo ritorno.”
“Ancora non sopporti il fatto che lei ti abbia rubato il successo, non è vero?” Mi guardò con apprensione, cosa che ultimamente non faceva mai.
Annuii, buttandomi a peso morto sullo schienale della poltrona.
Fece un altro tiro dalla sigaretta, poi la poggiò sul posacenere e mi abbracciò dolcemente. “Mi dispiace, mi dispiace.” Disse fra le lacrime.
Io rimasi sorpresa da quel gesto, ma poi ricambiai il suo abbraccio. “Perché? Di cosa dovresti dispiacerti?”
“Perché sono stata una madre orribile, non mi sono mai resa conto di quanto fosse importante per te la tua carriera, ho solamente cercato di arricchirmi e diventare popolare usandoti, io non merito tutte queste attenzioni da te.”
Mi staccai dall’abbraccio, sorridendogli. “Non dirlo nemmeno per scherzo, abbiamo commesso tanti sbagli nella nostra vita, entrambe, e forse è così che dovremmo scontarli.”
Lei abbassò lo sguardo, prese la sigaretta, fece un altro tiro e poi la spense, gettandola nuovamente nel posacenere.
“Io vado a letto.” Disse con voce piatta, dirigendosi verso la sua camera.
Scossi la testa, sorridendo. Mi aveva veramente stupido conoscere il lato umano di mia madre. Non riuscivo a capire perché con le altre persone si mostrava così stupida e superficiale, quando in realtà era fragile come una rosa appena sbocciata. Forse era per la depressione, forse perché anche io stavo diventando più umana, ma mi ero resa conto di non poter vivere senza mia mamma, e di esserle profondamente legata, cosa che invece non ero con mio padre, quel fedifrago.
Mi alzai e mi diressi in cucina, riempii un bicchiere d’acqua e presi una scatolina di metallo, poi mi diressi in camera di mia mamma, che stava leggendo, sdraiata sul letto.
“Hai dimenticato di prendere gli antidepressivi.” Le dissi, con tono apprensivo, porgendogli la scatolina con dentro le pillole e il bicchiere d’acqua.
“Come se servissero a qualcosa” Sussurrò lei a denti stretti, poi ingoiò una pillola e bevve l’acqua, poggiando la scatolina sul comodino.
“Buonanotte mamma.”
“Buonanotte Anto.”
 
 
 
La sveglia suonò alle sei di mattina, allungai il braccio sul mio comodino per spegnerla, cosicché non svegliasse Ayelèn che dormiva accanto a me.
Mi alzai e, dopo una doccia ed una tazza di caffè mi diressi a lavoro, lasciando la mia bambina e mia madre che dormivano beate.
La clinica nella quale lavoravo era piuttosto lontana dalla zona in cui abitavo, diciamo anzi che era nella parte opposta della città, nel ‘quartiere ricco’ ed era,  guarda caso, la clinica che fino a pochi anni fa dirigeva Leandro.
Timbrai il cartellino e mi misi subito al lavoro, andando a pulire lo studio del direttore, sicura che ancora non fosse arrivato.
Aprii la porta senza nemmeno bussare e, con mia grande sorpresa vidi il direttore intento a conversare con un uomo: alto, con le spalle larghe e proporzionate ed i capelli scuri, del quale però non vedevo il volto, dato che era di spalle.
“Mi scusi..” Balbettai io.
“Non si preoccupi signorina, ha ragione, avrei dovuto avvisarla di pulire per ultimo il mio studio.. mi dispiace.” Grazie a dio il direttore della clinica era un uomo perbene. “Anzi, colgo l’occasione per presentarle il mio futuro sostituto, colonna portante di questa clinica, il dottor Diaz Rivarola.”
Al sentire quel nome per poco non svenni.
Leandro si girò, e per poco non svenne anche lui.
“Antonella?!” Chiese stupito.
“Voi due vi conoscete?!” Chiese, altrettanto stupito, il direttore.
“Si, lei è la figlia della mia ex moglie.”
“Ah, capisco.”
“Antonella ma che ci fai qui, con quello scopettone in mano?”
Avrei voluto sbattergli in faccia tutto quello che pensavo di lui e della sua famiglia, ma mi trattenni, limitandomi ad un semplice:”Se vuoi proprio sapere qualcosa ci vediamo a mezzogiorno e mezza al bar qui di fronte, ma sappi che non potrò offrirti nemmeno un caffè, sono al verde.” Sorrisi ironica, gustandomi la perplessità che questa mia ultima frase aveva suscitato in lui.
Leandro annuì. “A dopo, Antonella.”
 
 
 
 


Angolo Autrice.

Ecco il secondo capitolo. L’ho ricontrollato stasera e, contro le mie aspettative, sono riuscita a pubblicarlo.  :3
Ho ricevuto solamente una recensione çwç perché siete così cattivi che leggete e non recensite? Mh, facciamo così, a chi recensirà offrirò una fetta del mio insuperabile ciambellone al cioccolato, vi piace come idea?
Allora, innanzitutto vorrei dire che le immagini al capo della pagina sono fatte da me, da mia, da migo, si insomma, avete capito no? Mi ci scervello per farle con il mio adorato Photoshop e mi irriterebbe moltissimo se le prendessero e.e ecco, volevo solo ricordare questo.
Comunque, ecco con il primo capitolo, ancora forse un pochino introduttivo, diciamo che la storia vera e propria inizierà dal prossimo.
Un beso a todos!
Ah, grazie a tutti i lettori ed a EvangelineMalfoy che mi segue sempre e recensisce sempre ( è stata l’unica a recensire, quindi, doppio applauso!) 

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Capitolo 3
*** 02. Vecchie Conoscenze. ***




Capitolo 02.

Vecchie Conoscenze.
 





Antonella’s pov.
 

Mezzogiorno e trentuno e stavo attraversando la strada che mi avrebbe condotta al bar nel quale avevo un appuntamento con Leandro. Una sistemata veloce ai capelli e aprii la porta del locale, cercando il volto di Leandro fra i tavoli. Lo trovai seduto ad uno piuttosto in disparte rispetto agli altri, e vidi che mi fece cenno di andare verso di lui; presi un bel respiro, sistemai la borsa sulla spalla e mi diressi a passo deciso al tavolo.
“Bene, eccoci qua.” Mi disse lui, invitandomi a sedermi.
“Già.” Risposi io, sospirando piuttosto rumorosamente.
“Cosa prendi?”
“Non ho soldi.”
“Offro io, avanti, cosa prendi.”
“Non prendo nulla, non voglio sentirmi in debito.”
Lui fece un cenno con la testa, ordinando un caffè. Rimanemmo per più di un minuto in silenzio, scrutandoci e aspettando l’uno la prima mossa dell’altro. Fu Leandro per primo a rompere il ghiaccio.
“Mi ha stupito il fatto di vederti lavorare e per di più come donna delle pulizie.” Disse sorridendo, mentre versava lo zucchero nel caffè.
“Ti fa ridere la cosa?”
“No, è solamente.. strana, tutto qui.”
“Ah.” Mugugnai io, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Non capisco tutto questo astio nei miei confronti.”
“Non provo né astio né odio nei tuoi confronti Leandro, o hai forse la coda di paglia?”
Lui si sentì centrato in pieno e cambiò discorso. “Bianca come sta?”
“Tiriamo avanti..” Lo liquidai.
“E il bambino?”
“E’ una bambina.” Risposi secca.
“Sta bene?”
“E’ felice, è questo ciò che importa.”
Lui annuì, bevendo il suo caffè. “Perché non vi ho trovato più nella vostra vecchia villa, avete traslocato?”
“Si.”
“Come mai? Non era abbastanza ‘inn’ la zona per i gusti di tua madre?” Sghignazzò lui, io mi trattenni da non dargli un pugno in pieno viso; se solo avesse saputo cosa facevamo per vivere e per tirare fino a fine mese forse non ci avrebbe riso poi così tanto.
“Cause di forza maggiore.”
“Capisco..” Posò la tazzina di ceramica sul piattino, poi mi rivolse nuovamente lo sguardo. “E quel’è il vostro nuovo indirizzo?”
“Non credo sia obbligata a dartelo..”
“Siamo un po’ acidelle, Antonella?”
“Diciamo solo che la vita mi ha temprato il carattere.” Guardai l’orologio sulla parete, mezzogiorno e tre quarti, dovevo tornare a lavoro. “Ora se vuoi scusarmi, ho ben’altre faccende più importanti da sbrigare.”
“Non c’è problema, ma mi farebbe piacere se tu mi venissi a trovare qualche volta, Patty sente la tua mancanza.”
“Oh, che peccato, perché io la sua non la sento minimamente.” Risposi secca, poi girai i tacchi e mi diressi verso l’uscita, non prima però, di essermi gustata l’espressione basita di Leandro. Uno a zero, palla al centro.
 
 
_______


Leandro’s pov.

 
L’archivio dell’ufficio del direttore era più incasinato di quanto ricordassi: c’erano scartoffie ovunque, moduli da firmare, contratti di assunzione e anche qualche ricevuta della caffetteria qua di fronte; qualcuno avrebbe dovuto fare una bella pulizia!
Ripensavo ancora al mio incontro-scontro con Antonella e al perché ce l’avesse tanto con me, infondo era colpa sua se era stata incauta e si era trovata accidentalmente nel mezzo di quello scandalo mediatico. Fatto sta che volevo assolutamente chiarire con lei e andare a trovare la sua famiglia: con Roberto, dopo che si era rimesso con Bianca, eravamo diventati grandi amici, assidui frequentatori del circolo del tennis, mentre Fabio –come del resto Antonella- era come un mio secondo figlio e gli volevo un bene dell’anima. Per quanto riguarda Bianca i nostri rapporti diventavano sempre più freddi e distaccati, prima della mia partenza per gli Stati Uniti ci limitavamo semplicemente ai convenevoli.
Ecco fatto, avevo trovato ciò che cercavo.
Era il contratto di assunzione di Antonella, dove ero sicura di trovare il suo indirizzo e fare un salto a casa sua, solamente per salutare.
Lessi l’indirizzo e ne rimasi alquanto sorpreso; per quanto mi ricordavo la zona in cui abitava era una delle più povere di Buenos Aires, dalla parte opposta di questo quartiere. Mi appuntai l’indirizzo su un post-it e mi diressi verso casa sua.
 
Mezz’ora dopo ero già lì, nel cortile di un condominio dalle pareti gialle piuttosto scolorite dal sole e dalle intemperie. Sul campanello cercai ‘Lamas Bernardi’ ma, prima che pigiassi il pulsante, mi accorsi che il portone era aperto; poco male, avrei fatto una sorpresa a tutti quanti.
Il loro appartamento era al terzo piano, ciò comportava sei rampe di scale da salire.
Arrivato davanti al portoncino mi balzò subito all’occhio un grande cuore colorato con dei pennarelli attaccato con una striscia di scotch alla porta, doveva averlo fatto la figlia di Antonella. Sorrisi, poi suonai il campanello.
Pochi secondi dopo la porta si aprì e mi trovai faccia a faccia con Bianca.
“Tu?” Esclamò scioccata, come se avesse appena visto un fantasma.
Io accennai un sorriso, cosa che mi riuscì piuttosto male visto che mi chiuse direttamente le porta in faccia. Bene.
Suonai nuovamente. “Bianca per favore apri, sono venuto a salutare.” Urlai, bussando  ripetutamente.
“Non me ne importa, tornatene a casa Leandro e.. smettila di urlare!”
“Vuoi che svegli tutto il condominio? Avanti, apri!”
Presa dall’esasperazione mi aprì la porta. Esibii un sorriso a trentadue denti, mentre lei arricciò il labbro con fare annoiato.
Mio dio come era cambiata dall’ultima volta che l’avevo vista! Portava i capelli lunghi, sciolti sulle spalle, color biondo paglierino –il suo colore naturale, suppongo-, era visibilmente dimagrita e dava segno di aver smesso di dedicare tanto tempo alla sua immagine, dato che aveva appena un velo di mascara sugli occhi.
“Ciao Bianca.”
“Ciao.” Rispose lei. “Avanti, entra.. vuoi rimanere lì come un cretino sulla porta?”
Bene, devo dire che non aveva però perso i suoi metodi convincenti e schietti.
Entrai e mi guardai intorno: l’appartamento era minuscolo e la mobilia non dava l’idea di essere composta da pezzi di design.
“Posso offrirti qualcosa?” Mi chiese lei, dirigendosi verso un mobiletto di legno.
“No grazie.” Risposi io, sempre con fare gentile.
Lei si versò del whiskey.
“Roberto non è in casa?”
Mi fulminò con lo sguardo, bevendo il superalcolico tutto d’un fiato.
Avevo come l’impressione di aver detto qualcosa di male.
Lei riprese un po’ di autocontrollo e, versandosi un altro bicchiere, mi guardò con aria divertita.
“Suppongo tu debba fare un bel po’ di strada se vuoi salutare Roberto.”
Ironia pungente, io finsi di non capire.
“E’ in Messico..” Disse, sorseggiando un po’ di whiskey. “.. con Fabio ed una bella bionda, suppongo sia Russa, o Ucraina..”
Sgranai gli occhi.
“E’ strano..” Continuò lei. “.. ci vengono persino dalla Russia per fare casini fra le famiglie.”
“Mi dispiace..” Le dissi, cercando di mostrarmi gentile con lei.
“Oh, dispiace anche a me..” Finì di bere il liquore. “Abbiamo divorziato, sfasciando così, una volta per tutte la nostra famiglia.” Aveva lo sguardo perso nel vuoto, sembrava soffrirne parecchio.
Io feci per abbracciarla, ma lei si scansò. “Non so che farmene della tua compassione, Leandro.” Prese una sigaretta da un pacchetto su una mensola e la accese.
“E’ l’unico modo per farti capire che io ci sono, qualunque cosa succeda.”
Aspirò avidamente. “Infatti, ho visto come eri totalmente presente. Sbaglio o eri a Malibù quando io ho trascinato quel fedifrago del mio ex marito in tribunale per poi farmi togliere la casa e mezzo conto corrente?”
Abbassai lo sguardo, colpevole. “Mi dispiace.” Sussurrai.
“Lo so, dispiace a tutti.” Una nuvola di fumo si disperse nell’aria. “E’ terribile rendersi conto di essere stato un emerito cretino, ed è anche altrettanto facile chiedere scusa una volta essersi reco conto di aver sbagliato.”
“Anche Antonella ce l’ha con me.”
“Ti sbagli Leandro, io non ce l’ho con te, io ce l’ho con il mondo, è diverso.” Fece un altro tiro.
“Come posso aiutarvi? Ho grandi disposizioni economiche e..”
“Non mi interessano i tuoi soldi..”
“Un tempo miravi solamente a quelli..”
“La vita ti cambia, non voglio la tua beneficienza.”
“Questo è il mio nuovo numero di telefono, per qualunque cosa chiamami..” Aprii il portoncino e feci per uscire. “Alla prossima, Bianca..”
 
 




Angolo Autrice.

Eccoci finalmente al terzo capitolo, aww
Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare ma ho due ff aperte e mettendoci anche la scuola, diventa difficile aggiornare con una certa rapidità!
Ringrazio tutti i miei 152 lettori. Grazie mille ragazzi/e, è solo grazie a voi se io vado avanti! E un grazie particolare va ad Ahila_72, mia nuova ed assidua lettrice.
Al prossimo capitolo!

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