Queen Of My Heart

di SusanTheGentle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: L'incoronazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: La magia della notte ***
Capitolo 3: *** Captolo 3: È la fine? ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: L'inizio di una nuova avventura ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: La famiglia Scrubb ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Il quadro e il veliero ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Imprevisto ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Verso le Isole Solitarie ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Arrivo a Portostretto ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Ritrovarsi ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Tutto quello che faccio, lo faccio per te ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Nel palazzo del governatore ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: Le Sette Spade ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14: Il viaggio riprende ***
Capitolo 15: *** capitolo 15: La tempesta ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16: Miriel ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17: L'Isola delle Voci ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18: La prima battaglia ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19: Ritirata! ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20: Contrasti ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21: Il ritorno della Strega ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22: Lotta fra gli incubi ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23: Risveglio ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24: Destino ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25: L'Isola delle Acque Morte ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26: La prova di Peter ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27: Un'amara vittoria ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28: La vendetta di Rabadash ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29: Aspettando l'alba... ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30: Un aiuto dal cielo ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31: Così vicini, così lontani... ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32: Lacrime, amore e un sogno ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33: Perdono ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34: Il tesoro del drago ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35: Sotto le stelle ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36: Inseguendo la felicità ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37: Verso il futuro ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38: Innamorarsi ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39: Il tempo stringe ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40: L'Isola di Ramandu ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41: Un dono di Aslan ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42: L'Isola delle Tenebre ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43: Battaglia sul Veliero dell'Alba ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44: Il labirinto ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45: Un incontro tanto atteso ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46: Fuori dall'incubo ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47: Il serpente marino ***
Capitolo 48: *** Capitolo 48: Alla fine della battaglia ***
Capitolo 49: *** Capitolo 49: La notte prima della fine ***
Capitolo 50: *** Capitolo 50: Le meraviglie dell'Ultimo Mare ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: L'incoronazione ***


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1. L’Incoronazione


Così siamo qui
Nel nostro luogo segreto
Dove il rumore della folla è così lontano
E tu prendi la mia mano
E mi sento come a casa
Entrambi sappiamo di appartenere l’uno all’altro…

 
 
Era finita. Finalmente Narnia era libera. Libera dalla tirannia di Telmar e di Miraz. Sul trono era pronto a salire un nuovo Re, un Re che avrebbe riportato pace e libertà.
Dopo aver lasciato il guado di Beruna, l’esercito di Caspian sostò in una radura per curare i feriti e riposarsi. Aslan chiamò i cinque Sovrani per annunciare che la cerimonia dell’incoronazione si sarebbe tenuta nel primo pomeriggio, proprio lì in quel prato, accanto al Grande Fiume, dove una volta un bambino aveva piantato una mela e ne era cresciuto quello che era divenuto l’Albero della Protezione. Usarono come palco una grande roccia piatta che si trovava vicino alla riva, dove Ninfe e Naiadi sbucarono per salutare il nuovo Re. Dagli alberi, finalmente svegli, uscirono Driadi e Amadriadi, poi arrivarono gli animali parlanti con i Centauri, i Nani, i Fauni e i Satiri. Gli uccelli si posarono sui rami; le bestie più piccole, invece, si arrampicarono sui dorsi di quelle più grandi o presero posto davanti, per poter vedere meglio. Formarono un enorme cerchio di creature di mille forme e colori. Un unico spiraglio era lasciato libero per permettere il passaggio al Re. Solo alcuni non presero posto con le altre creature: il drappello di Tempestoso, capo dei Centauri, uscì infatti dal gruppo e si divise in due, prendendo postazione lungo i lati dello spiazzo fino alla grande roccia. Qui stava Aslan, in attesa. La brezza che si era alzata muoveva la sua criniera color dell’oro, facendolo apparire ancora più maestoso.
Caspian arrivò insieme ai Pevensie: davanti Peter e Edmund, poi lui, poi Susan e Lucy. Non indossavano più le armature da combattimento. Durante il tempo in cui la radura era stata allestita ad accampamento, i ragazzi si erano cambiati e avevano indossato abiti più consoni a dei Re e delle Regine.
Le ragazze erano splendide: entrambe avevano lasciato libere le loro chiome, che ricadevano lunghe e lucenti lungo la schiena. Lucy era molto graziosa, fasciata in un vestito rosa, senza fronzoli, semplice ma bellissimo. Susan aveva un abito oro e scarlatto, anche lei piuttosto sobrio. Era davvero molto bella.
Poi, c’erano i ragazzi: Peter indossava una camicia azzurra e pantaloni chiari. Edmund, invece, aveva una maglia chiara e una guarnacca marrone con ricami dorati.
Caspian, infine, indossava una tunica bianca ricamata d’oro, con grandi aperture sulle maniche all’altezza dei gomiti, dalle quali appariva la stoffa della camicia scura indossata sotto.
La voce di Tempestoso si levò nell’aria pomeridiana.
«Salutate i Sovrani!»
Le due file di Centauri alzarono le spade e ne unirono le punte lucenti. Sotto il loro arco camminarono i cinque Re di Narnia, in silenzio. Tutto attorno, il popolo attendeva con ansia.
Quando i ragazzi arrivarono alla grande roccia, i Pevensie salirono. Peter e Edmund presero posto alla destra di Aslan, Susan e Lucy alla sinistra.
E finalmente Susan poté vedere in viso Caspian.
Tutto in lui traspariva regalità. Era bello e fiero, sembrava più adulto di quando l’avevano conosciuto. I capelli scuri si muovevano dolcemente alla brezza che si alzava di tanto in tanto, rendendo la giornata estiva fresca e piacevole. Solo poche ore prima era giunto al galoppo per salvarla dai soldati di Telmar che avevano inseguito lei e Lucy. Quando l’aveva visto arrivare e tenderle una mano, per poi issarla sul cavallo dietro di sé, si era sentita sicura e protetta come mai prima.
Già da tempo sentiva che ciò che provava per Caspian non era semplice amicizia, era molto, molto di più...
C’erano stati tanti momenti- fin dall’incontro nella Foresta Tremante, quando lui l’aveva guardata quasi incantato e lei si era sentita arrossire sotto quegli occhi scuri e profondi - ma duravano sempre troppo poco. Nei giorni seguenti si era scoperta fissarlo senza quasi accorgersene, ed era quello che stava facendo ora.
E anche Caspian, di tanto in tanto, tendeva a scrutarla, ma sempre da una certa distanza.
Entrambi si erano accorti di quei loro sguardi furtivi, dolci o intensi. Innamorati.
Il Principe salì sulla roccia e si voltò appena verso la Regina Dolce, in modo che i loro occhi potessero incrociarsi anche solo per pochi secondi.
Non c’erano mai stati contatti troppo ravvicinati. I loro erano attimi rubati. Il più delle volte parlavano, ma sempre e solo di piani di battaglia. Caspian, invece, avrebbe voluto conversare a lungo con lei, chiederle che vita conduceva in Inghilterra, com’era il suo mondo, e se…se c’era qualcuno nel suo cuore. Perché desiderava che il cuore di Susan fosse suo. L’aveva desiderato fin dal primo istante in cui l’aveva vista, dolce e bellissima.
Caspian rimase immobile davanti ad Aslan, specchiandosi nei suoi grandi occhi d’ambra. Il Grande Leone si alzò e il giovane Principe si inchinò abbassando il capo. Sentì l’enorme e pesante zampa dai polpastrelli vellutati posarsi piano ma con sicurezza sulla sua spalla destra.
Poi, Aslan parlò e un silenzio rigoroso scese tra la folla. C’era solo il rumore dell’acqua e il frusciare delle foglie. Niente cinguettii, perché anche le creature del cielo erano in ascolto.
«Principe Caspian, oggi sei stato chiamato a guidare il popolo di Narnia verso un nuovo, luminoso futuro. Per esserne il condottiero. Giuri di proteggere questa terra con tutte le tue forze?»
«Lo giuro»
«Amerai Narnia come te stesso e più di te stesso? Sarai pronto a dare la vita per lei, se mai te lo chiederà?»
«Sì»
«Ti impegnerai per rispettare le leggi della Grande Magia, e farai in modo che anche i tuoi sudditi le rispettino?»
«Sì»
«Giuri di non fare mai discriminazioni tra razze e popoli, trattando tutti come amici e figli? Poiché ora Narnia è la tua famiglia»
«Lo giuro, Aslan»
«Loro ti hanno scelto, non deluderli»
«Non lo farò»
Il Leone tolse la zampa dalla spalla del giovane. Caspian rialzò la testa e vide avanzare Briscola il Nano e Tartufello il Tasso. I due reggevano un cuscino di velluto rosso, sopra il quale era posata una corona d’oro purissimo. In essa erano incastonati zaffiri e rubini.
Aslan sorrise. «Questa è il simbolo della gratitudine di Narnia. I Nani, primo fra tutti il nostro Caro Piccolo Amico, l’hanno forgiata per te»
«Apparteneva a Miraz, prima» spiegò Briscola. «Gli umani- perdona se lo dico- hanno ancora molto da imparare da noi Nani nella lavorazione dei metalli preziosi. Abbiamo pensato di migliorarla un po’. Spero non vi dispiaccia, Altezza»
«Vi ringrazio, amici» disse il Principe, sempre inginocchiato sulla roccia.
Briscola sembrava imbarazzato. Poi, insieme all’amico Tasso, porse il cuscino a Peter, il quale era avanzato di qualche passo. In quanto ultimo, vero Sovrano spettava a lui incoronare il prossimo regnante.
Il Re Supremo guardò Aslan e, in una tacita intesa, prese la corona e la posò sul capo del Principe.
«Alzati Caspian, Figlio di Adamo» disse Aslan.
Il giovane telmarino si sentiva strano, sapeva che decine di sguardi erano puntati su di lui. Si alzò e vide con stupore che Peter gli sorrideva. Non erano mai andati troppo d’accordo e questo lo fece felice.
Spostò per un attimo lo sguardo sugli altri Pevensie: Edmund annuì soddisfatto, Lucy gli rivolse un sorriso splendente, e Susan… Susan piangeva di gioia. Silenziose lacrime solcavano le guance della Regina. Poi anche lei, come gli altri, gli sorrise.
«Popolo di Narnia! Vi presento il vostro nuovo Sovrano!» enunciò Aslan, alzando la voce. «In nome delle Vaste Terre d’Oltremare, Re Caspian X Il Liberatore»
La folla riunita attorno alla grande roccia si inchinò come un sol uomo. Poi qualcuno gridò: «Lunga vita al Re!» e presto un coro di voci, ruggiti, latrati, barriti, nitriti e quant’altro, si levò dalla radura, che da tranquilla e silenziosa quale era stata si trasformò in un luogo di festa. Gli uccelli ricominciarono a cantare, volando sopra tutta Narnia per dare la buona notizia.
Peter indietreggiò di nuovo e si rimise a fianco a Edmund, mentre Caspian e Aslan stavano ritti e ammirati da tutti sulla grande roccia in riva al Grande Fiume.
Presto - annunciò Aslan - sarebbero ripartiti verso il castello di Miraz, che ora sarebbe divenuto il castello di Caspian. Una cerimonia ufficiale si sarebbe svolta laggiù, dove il nuovo Re avrebbe tenuto anche un discorso.
«Avrei un desiderio, Aslan» disse Caspian. «Vorrei far ricostruire Cair Paravel, se possibile. Il dottor Cornelius mi ha detto che, da sempre, i Sovrani risiedono là»
«Non devi chiedere il permesso a me, Maestà» disse il Leone. «Qualunque cosa tu decida di fare, purché arrechi beneficio al paese, sarà ben accetta»
«Grazie. Allora cominceremo le ristrutturazioni quanto prima»
Ora, tutti quanti si stavano affaccendando per la partenza verso il palazzo di Miraz, che ora apparteneva a Caspian. Sarebbero arrivati in tempo per il tramonto.
Caspian si fece largo tra la folla, cercando di raggiungere la tenda dove avevano riposato Lucy e Susan. Quando arrivò si scontrò con la piccola Regina, la quale stava uscendo di corsa reggendo tra le mani una ghirlanda di fiori.
«Oh, scusami, Caspian!»
«Di nulla» sorrise lui. Lucy era così carina e vivace che non si poteva non affezionarsi a lei.
«Che coincidenza, stavo per venire a cercarti!»
«Davvero?»
«Sì» Lucy allungò le braccia e si alzò in punta di piedi (Caspian era molto più alto di lei), gli mise la ghirlanda attorno al collo e poi gli pose un bacio sulla guancia.
«Un piccolo regalo da parte mia»
«È bellissima, Lucy. Lo apprezzo davvero”
Lei gli sorrise. «Cercavi Susan?» chiese poi la ragazzina, accorgendosi più tardi di aver messo in imbarazzo il giovane.
«Io...sì, per la verità» ammise lui.
«E’ andata giù al fiume. Credo che stia cogliendo dei fiori per fare anche lei una di queste. Vuoi aspettarla dentro?»
«No, credo che la raggiungerò là. Grazie Lucy»
«Di niente. A più tardi, allora!»
Caspian e Lucy presero due strade diverse: lei risalì il prato, diretta verso il chiacchiericcio dei narniani, mentre lui si incamminò verso una lieve discesa che portava in un punto della riva molto tranquillo. Lì crescevano fiori rossi, bianchi e blu, e in mezzo ad essi sedeva la Regina Dolce.
A Caspian mancò il fiato. Poteva vederne appena il profilo, ma lei era come una visione. Una rosa preziosa e delicata tra i fiori selvatici.
Avanzò piano, quasi ripensandoci e provando l’impulso di tornare indietro. Susan non si accorse di lui, intenta ad intrecciare steli con il sole che la illuminava e il vento che giocava tra i suoi capelli scuri. Caspian l’aveva cercata, ma ora che era lì non sapeva cosa fare.
Da dove cominciare? Aveva in mente qualcosa, ma era folle e troppo affrettato. Non poteva andare là e dirle ’Susan ti amo’. Oppure poteva?
La fanciulla sbuffò, districando un paio di corolle dal cerchio della corona di fiori e poi ricominciò.
«Susan?»
Lei si voltò e gli sorrise quando lo vide a pochi passi da lei.
«Ciao, Caspian. Anzi, Vostra Maestà»
«Solo Caspian va benissimo. Che cosa fai?» chiese lui avvicinandosi, anche se già lo sapeva.
«Sto provando a…Oh, no, aspetta! Non devi vedere!». La ragazza balzò in piedi nascondendo la ghirlanda dietro la schiena. «Non ancora» aggiunse poi.
«Ti ho disturbata?»
«No, no, è solo che non è ancora il momento»
Caspian si avvicinò di più. Susan alzò lo sguardo e capì le sue intenzioni.
«No!» esclamò, sempre tenendo le mani dietro la schiena.
Caspian fece un sorrisetto e le girò intorno, ma lei continuava ad indietreggiare.
«No, per favore» rise Susan.
«Perché?» sorrise lui.
«Perché è un regalo…per te. E prima voglio finirlo» spiegò un poco impacciata.
«Quindi me ne devo andare?»
«No. Cioè, sì, sarebbe meglio…no. No, non per forza»
Caspian sorrise. «Sì o no?».
Susan lo guardò. «No, non voglio che te ne vai»
Che cosa volevano dire quelle parole?
I due giovani sentirono i loro cuori cominciare a battere più forte.
Potevano voler dire milioni di cose.
«Anch’io non voglio che te ne vai» riuscì finalmente a dire Caspian, divenendo serio all’improvviso.
Susan abbassò piano le mani che teneva ancora dietro la schiena, lasciando pendere le braccia lungo i fianchi. Non si era aspettata questo quando l’aveva visto arrivare. Ma forse l’aveva sperato.
Il Re fece vagare lo sguardo su di lei: il volto stupito, gli occhi chiari che cercavano quelli scuri di lui, il vestito che le stava d’incanto fasciando la sua figura in tutta la sua perfezione, le mani che avrebbe voluto prendere e stringere. In una di esse reggeva la corna di fiori ancora incompleta.
Caspian la prese, sfilandogliela da sotto le dita.
«Non è finita» disse Susan.
Era nervosa adesso, così cercò di cambiare discorso. Aveva paura di sapere ciò che aveva realmente spinto Caspian a cercarla.
«L’idea ci è venuta poco dopo l’incoronazione, ma confesso che Lucy è stata più veloce e molto più brava di me». Susan sfiorò la ghirlanda attorno al collo di Caspian. «Ora mi toccherà cominciarne un’altra»
«Per quale motivo? Questa non va bene?»
«Bè...» fece lei inclinando la testa da un lato e abbozzando un sorriso, «doveva essere una sorpresa, ma adesso che l’hai vista non ha più senso donartela. Non sarebbe più una sorpresa»
Senza accorgersene, accarezzando i petali variopinti della ghirlanda di Lucy, Susan aveva posato una mano sul petto del Re.
Attendeva da giorni di poter parlare con lui liberamente, senza preoccupazioni, ma ora che il momento era arrivato tremava all’idea che lui- se mai l’avesse fatto-  avrebbe detto ciò che lei desiderava sentirsi dire.
Il giovane le restituì la ghirlanda. «Susan, ascolta…»
«Vostra Maestà?» chiamò una voce amica.
I due ragazzi si voltarono, vedendo Ripicì sbucare fuori dai cespugli lì vicino, seguito da un paio di altri topi parlanti. «Aslan vorrebbe conferire con voi, Re Caspian». Il topo guadò dall’uno all’altra. «Perdonatemi. Ho forse interrotto qualcosa?» chiese dispiaciuto.
I due giovani si scambiarono uno sguardo ma subito lo posarono altrove.
Sì, forse Rip stava per interrompere qualcosa...
Incredibile come semplici parole potevano scatenare nei loro cuori tali forti sentimenti, ed entrambi li temevano.
«Forse dovresti andare» disse Susan.
«Sì »rispose Caspian a fatica, facendo poi un cenno a Ripicì, che s’inchino e lasciò la riva del fiume.
«Posso parlarti stasera dopo la cerimonia ufficiale? Ho qualcosa di importante da dirti»
«Certo» rispose lei, con un sorriso leggermente stentato. «Così potrò darti il mio regalo»
«Aspetterò con ansia che arrivi quel momento» concluse il giovane, prendendo una mano della ragazza e baciandone il dorso.
Il cuore di Susan prese a martellare.
Sperava, sognava quello che sarebbe accaduto di lì a poche ore.
Caspian voleva parlarle. Di cosa? Forse le avrebbe chiesto di rimanere.
E lei? Lei cosa doveva rispondere?
Il cuore gridava sì.
Sì, perché lo amava.
Sì, perché desiderava restare a Narnia, con lui e per lui.
Sì, perché lasciarlo era un pensiero intollerabile.
Ma la ragione non poteva essere ignorata e le diceva di rispondere no.
No, perché non poteva abbandonare i suoi fratelli.
No, perché Narnia non era il mondo in cui lei era destinata a vivere.
No, perché ammettere di amarlo e poi lasciarlo sarebbe stato terribile.
Qual era la risposta che gli avrebbe dato?

 
 
 

Come faccio a dirlo?
A dire addio?
Entrambi abbiamo i nostri sogni
Entrambi vogliamo spiccare il volo
Così prendiamoci questa notte
Per portarla attraverso i tempi solitari…

 
 
 
Quattro splendidi cavalli- due bianchi e due bruni- furono fatti sellare per poter condurre i Re e le Regine di Narnia verso la loro meta finale. Caspian stava invece in groppa al fido Destriero, ovviamente.
Quando giunsero in città, le persone rimasero attonite e in un primo momento intimorite da tutte le strane creature che videro. Nonostante tutto, però, capirono che non avevano nulla da temere, e i telmarini accolsero piuttosto bene il bizzarro seguito reale, come vecchi amici rimasti lontani da casa troppo tempo che ora erano finalmente tornati. In un certo senso era così.
Davanti a tutti, come sempre, c’erano i Centauri; poi venivano Briscola, Tartufello, Cornelius e Ripicì con i suoi topi. Apparve Aslan, che camminava di fianco al cavallo di Caspian. Dietro di loro, la reale famiglia dei Pevensie.
Ci fu un mormorio tra la gente, che presto si trasformò in stupore e poi in incredulità: Aslan, il Grande Leone, il Creatore di Narnia, si era rivelato e ora era lì tra loro. Mai il popolo di Telmar aveva osato credere alle vecchie leggende ormai dimenticate, quelle storie che Miraz aveva sempre proibito di divulgare ma delle quali, bene o male, tutti avevano sentito parlare almeno una volta.
Fu il primo vero giorno di festa dopo tanto tempo. Negli anni a venire lo avrebbero ricordato come il Giorno della Liberazione.
«Viva il Re!» acclamava il popolo, che sapeva di essere libero dalla tirannia di Miraz l’Usurpatore, e che da quel giorno in poi avrebbe vissuto nel giusto regno di Caspian X.
Ora, il corteo non era più fatto solo di creature fatate: si erano uniti anche gli umani, e tutti insieme lo seguirono a piedi fino al castello. Quando arrivarono, videro che il ponte levatoio era abbassato in segno di benvenuto. C’era tutta Narnia.
Caspian dovette ripetere la cerimonia fatta sul fiume. Venne rinnovata la promessa di proteggere Narnia ma anche Telmar, che d’ora in avanti sarebbero state terre alleate e amiche.
Ormai la sera calava. Il sole andò a dormire e fece posto alla luna e alle stelle. Le costellazioni estive di Narnia- il Leopardo, la Nave e il Martello- sembravano sorridere alla terra da lassù.
Ci fu un banchetto senza precedenti (qualcuno disse che solo quello dell’incoronazione dei Pevensie poteva eguagliarlo). Poi fu il tempo dei balli e dei canti, nei quali i Fauni erano maestri. Essi si unirono ai musici telmarini, i quali erano stati al servizio di Miraz ma che ora servivano Caspian con gioia. Suonarono insieme fino a notte fonda.
Lucy e Edmund iniziarono un gran girotondo in cui presto vennero coinvolti Ripicì, Briscola e tutti gli altri amici. Peter prese per mano Susan e lei prese per mano Caspian.
Era incredibile vedere tutte quelle creature unite: piccole e grandi, minuscole e enormi. Il Gigante Tormenta prese persino una talpa nel palmo della sua manona, piroettando con lei, rischiando di travolgere tavoli e persone tra le risate generali.
Caspian e Susan danzarono insieme a lungo, ridendo e divertendosi come mai prima d’ora. Ma il momento più magico, fu quando venne chiesto al Re di scegliere una dama per un ballo più lento e lui si avvicinò a Susan. Si inchinò e le tese la mano. Lei sorrise raggiante e gli porse la sua senza esitazioni. Lui la teneva vicina ora, e la strinse di più a sé quando cominciarono a volteggiare insieme.
Desiderarono che tutto ciò durasse per sempre. Per un momento sembrò che così sarebbe stato.
Per concludere la serata, vi fu un magnifico spettacolo di fuochi artificiali che illuminarono quasi a giorno il castello e le sue torri, rombando nel blu scuro del cielo. Tutti uscirono all’aperto per gustarselo appieno.
«Vuoi venire un momento con me?» sussurrò Caspian, all’orecchio di Susan.
«Dove?» chiese la giovane, voltandosi incuriosita.
«E’ una sorpresa»
«Oh!» esclamò lei. «Che sciocca, quasi me ne scordavo! Il mio regalo! Non te l’ho ancora…»
Caspian sorrise. «Non preoccuparti, c’è tempo. Vieni» e la prese per mano.
La condusse attraverso corridoi deserti, rampe di scale e vari passaggi. Salirono su, sempre più su, finché, dopo aver oltrepassato un’ultima porta, si trovarono in cima alla Grande Torre, la più alta.
Susan trattenne il fiato al panorama meraviglioso che si stendeva davanti, sopra e sotto di lei. I nobili pianeti, Tarva e Alambil, spendevano vicinissimi e la luna con loro. Le stelle erano milioni e si riflettevano negli occhi della Regina Dolce. Ella scorse i Monti a destra e il Grande Fiume a sinistra. Tutto si tingeva dei colori dei fuochi artificiali, che rendevano la visuale ancor più incantevole.
«È meraviglioso!» esclamò estasiata, senza poter staccare gli occhi da quello spettacolo.
«Ti piace?» chiese Caspian, con il sorriso più bello e sereno che lei gli avesse mai visto.
«È stupendo, davvero»
Caspian le si affiancò. «Quassù, il dottor Cornelius mi ha raccontato moltissime storie su Narnia. Mi disse la verità sulle creature fatate, mi parlò di Aslan, mi narrò le gesta dei Re e delle Regine di un tempo. Non avrei mai pensato che, un giorno, una di loro sarebbe salita quassù con me».
Susan sorrise. «Ne sono onorata».
«È da qui che ho cominciato ad amare Narnia veramente. Amo tutto ciò che appartiene a Narnia e…»
«E ora ne sei il Re»
Non erano quelle le parole che Caspian avrebbe usato per completare la frase.
“E ancor più amo la sua Regina”, avrebbe voluto dire. Perché era così difficile?
«Non so se ne sarò all’altezza, ma ci proverò»
Susan appoggiò una mano su quella di lui. «Sarai un buon Sovrano, ne sono sicura»
«Lo credi davvero?» chiese il giovane voltando lo sguardo verso il paesaggio. «Ho ricevuto un’educazione adeguata, certo, ma…non lo so, c’è così tanto da fare»
«Giorno per giorno, senza fretta. Hai tanti amici qui con te, ti aiuteranno di sicuro. E poi ci sarà Aslan. Credo che rimarrà finché sarà necessario»
Caspian alzò lo sguardo su di lei. «Pensavo che avrei potuto contare anche su voi quattro»
«Sì…forse». Gli occhi azzurri di Susan si velarono di una lieve tristezza, anche se lei continuava a sorridere per non far vedere quanto pensare al momento della partenza la faceva star male.
«Rimarrete qui, non è vero? Almeno per un altro po’ »
Lei ritrasse la mano, ma Caspian glielo impedì all’ultimo momento riprendendola tra le sue.
«Dimmi di sì, Susan. Dimmi che resterai»
«Non posso saperlo» disse la ragazza distogliendo lo sguardo.
Caspian le strinse ancor più la mano e la guardò, raccogliendo tutto il suo coraggio per mettere insieme le parole giuste.
«Avrei voluto nascere prima »confessò. La Regina si voltò stupita. «Avrei voluto nascere nell’Epoca d’Oro di Narnia, quando voi eravate Sovrani. Avremmo potuto conoscerci, stare insieme molto più a lungo»
«Sì, può darsi» rispose amaramente Susan. «Per poi doverci dire addio. Non sarebbe stato per sempre»
«Non hai mai pensato di restare, nonostante tutto?»
«Sì, mi è successo molte volte da quando sono ritornata in Inghilterra. Ma è stato inutile pensare senza poterlo fare»
«Ma lo faresti?» chiese il Re con veemenza. «Devo saperlo. Tu rimarresti qui con me, per sempre, se te lo chiedessi?»
La ragazza spalancò gli occhi.
«Lo faresti?» ripeté lui con più insistenza.
«Io…Oh, Caspian, io…non…posso». Susan si ritrasse, molto confusa.
Erano bastate poche parole a ricatapultarla dal sogno alla realtà. Sciocca lei a crederci ancora.
Tuttavia, non poteva negare di aver fantasticato sul restare a Narnia ancora, a lungo - com’era successo la prima volta - e di poter rimanere con Caspian. Forse persino regnare al suo fianco.
Tutte illusioni. Ora Susan capì che non sarebbe mai stato possibile. Qualcosa si era risvegliato in lei, come una voce odiosa e insistente che le sussurrava nella testa che era impossibile.
«Forse è meglio che vada via» disse lei in fretta, senza guardarlo.
Si liberò dalla presa del Re e quasi fuggì dalla torre, camminando velocemente verso la porta. Ma Caspian la fermò prendendola per un polso e facendola voltare.
«Mi dispiace, non volevo. Non dovevo essere così affrettato»
«No, non è questo»
«Allora cosa?»
«Lasciami andare, per favore»
«Susan, ti prego!»
Finalmente, lei lo guardò. «Se anche ti dicessi di sì, ti illuderei e basta! Non voglio darti false speranze. Non voglio farti soffrire» Lo sguardo di Caspian penetrò nel suo. «Non capisci? Io e i miei fratelli non rimarremo per sempre. Sì, potremmo fermarci ancora, forse un giorno, un anno, dieci anni, ma prima o poi dovremo tornare nel nostro mondo. È inevitabile»
«Ma se…» tentò Caspian, allentando la presa, «se lo chiedessi ad Aslan, forse lui…»
Susan scosse il capo. «No, Caspian. Sei Re solo da poche ore, ancora non sai molte cose. Ci sono delle regole ben precise su cui si basa la Grande Magia: Narnia ha avuto bisogno di noi: di me, Lu, Ed e Peter, ma ora il nostro compito è finito. Abbiamo salvato Narnia, abbiamo aiutato il suo legittimo Sovrano a occupare il trono. La pace è tornata...e noi dobbiamo tornare a casa»
«Quindi finisce così?» esclamò il giovane, facendo un passo indietro.
La Regina lo guardò confusa.
«Tra noi, voglio dire. Finisce così, Susan?»
«Non c’è mai stato un noi. E mai ci sarà. Non è possibile». La voce le tremò e la tradì, anche se voleva mantenere un tono fermo.
Lui capì che mentiva. «Vorrei che tu fossi sincera con me. So che provi qualcosa, come lo provo anch’io. Non puoi negarlo!»
«Caspian, ti supplico, non tormentarmi così»
«Io ti amo, Susan!»
Lei tremò e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Caspian se ne accorse.
«Susan…»
Lui sussurrò il suo nome e tese le braccia in avanti per poterla toccare.
«Non posso…Non posso. Mi dispiace»
Un secondo dopo era fuggita nell’oscurità.
Tutto era tornato calmo. I fuochi d’artificio non coloravano più la notte di Narnia. Si erano spenti, come i loro sogni.




Questa è la mia prima vera fanfiction su Narnia. Sono davvero soddisfatta di come è venuta, non ci speravo nemmeno io. E’ ispirata all'omonima canzone dei Westlife , boy band che adoravo quando ero ragazzina (ne potete leggere la traduzione qui, a ogni stacco di scena ho aggiunto una strofa). Volevo postarla come one shot, poi ho pensato di dividerla in due o tre capitoli.
Ho già un sacco di fic all'attivo, ma non posso farci niente, devo scrivere, scrivere, scrivere. E poi su Narnia ho milioni di idee.
A presto, sperando vi sia piaciuto.
Per Narnia! E Per Aslan!
Baci Susan<3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: La magia della notte ***


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2. La magia della notte


Allora prendiamoci questa notte
Non lasciamola andare
Balleremo mentre ci baciamo
Come se non ci fosse un domani

 
 
 
La quiete calò su Narnia e sul castello. I festeggiamenti si erano conclusi, solo il flauto solitario di un Fauno si udiva in lontananza. Le dolci note accompagnarono il sonno di coloro che avrebbero dormito nel palazzo.
Caspian era steso sul suo letto. Non riusciva a prendere sonno e nemmeno a decidere cosa era meglio fare. Non poteva piombare nella stanza di Susan in piena notte, che cosa avrebbe potuto pensare lei? Sarebbe stato meglio attendere la mattina seguente per parlare, però…
No, doveva farlo ora. Non voleva spettare un minuto di più.
Aveva visto le sue lacrime, una chiara constatazione che il rifiuto di lei era stato una bugia, altrimenti non avrebbe pianto. Susan stava solo cercando di non ammettere i sentimenti che si agitavano nel cuore di entrambi, e negare era l’unico mezzo che aveva trovato.
Il Re si alzò e uscì dalla sua stanza. Fece pochi passi nel corridoio, illuminato solo dalla luce argentea della luna…quando vide un’ombra venire verso di lui. Si portò la mano al fianco, per poi ricordare che non aveva la spada con sé.
Calma, si disse, non può essere un nemico.
Sospirò per quietarsi. Era stato talmente teso nei giorni precedenti, che faticava a credere che ora poteva dormire sonni tranquilli.
Poi, finalmente, la figura in ombra venne illuminata.
Si fissarono un momento, poi lei sorrise.
«Ciao»
«Susan, che fai qui?». Caspian si avvicinò stupito.
«Il mio regalo. Andando avanti di questo passo non te lo darò mai» fece lei, mostrando ciò che teneva in mano.
Risero entrambi, un riso quasi forzato che fu seguito da un attimo di silenzio in cui nessuno dei due parlò.
«Ti infastidisce che io sia venuta? Credi che sia stata sconveniente?»
«No, affatto. Sono felice che tu sia qui». Il Re le fece cenno di seguirlo. «Vieni, entriamo. Non è bello parlare in corridoio»
«Non penso sia una buon idea»
«Non evitarmi, ti prego» disse Caspian mortificato.
Susan accettò allora l’invito. In fondo non c’era nulla di male, si sarebbe fermata solo pochi minuti.
Quando furono in camera, lei allungò verso di lui una ghirlanda di fiori bianchi e blu.
«Tieni. Ho pensato di farla diversa da quella di Lucy. Nella sua ci sono tanti colori, io ho scelto solo il bianco, perché si intonava con il tuo abito di quest’oggi. E poi il mio preferito, il blu. Credo che ti stia bene»
Caspian prese la ghirlanda e la osservò attentamente.
«Non ti piace?» chiese Susan.
«Sì, è bellissima. Pensavo a una cosa»
«Che cosa?»
«Lo sai che un’antica tradizione di Narnia vuole che un uomo regali una rosa blu alla donna che ha scelto come sua sposa per la vita?»
Lei ebbe un fremito. «Sì, lo so. Queste però non sono rose»
«Ma sono blu» ribadì lui, sfilando un fiore dal cerchio.
Susan sentì un nodo serrarle la gola quando Caspian glielo posò delicatamente tra i capelli.
«È buffo, sai?» riprese la fanciulla. «Ho sempre pensato che mi sarei innamorata di qualcuno del mio mondo, che un giorno mi sarei sposata con lui. Ora non potrò più farlo. Non posso donare il mio cuore a qualcuno che non amerò»
«Ma puoi donarlo a qualcuno che ami?»
Gli occhi della Regina erano ancora una volta colmi di lacrime, che stavolta non riuscì a trattenere e che lui prontamente asciugò accarezzandole il viso.
«È meglio che me ne vada» disse la ragazza voltandosi in fretta. «Buona notte».
Fuggiva di nuovo, ma Caspian non poté permetterlo stavolta.
«Io non voglio perderti, Susan!» le gridò raggiungendola, per poi afferrarla per le spalle e facendola voltare.
Non le diede il tempo di rispondere o di dire qualsiasi cosa. La strinse a sé e la baciò, inspirando il profumo della sua pelle. Sentiva le lacrime di Susan bagnargli il viso. Lei affondò le mani tra i suoi capelli.
Quando le loro labbra si separarono, la Dolce Regina nascose il viso nel petto del giovane, che la strinse di più.
«Perdonami» mormorò lei. «Non volevo respingerti, ma non sapevo cosa fare. So che non posso permettermi di amarti, perché manderei in pezzi entrambi. Non voglio essere responsabile del tuo dolore. E ti farò soffrire Caspian, lo so». Si aggrappò disperatamente alla sua camicia, come se temesse di poter essere strappata via dalle sue braccia.
Caspian le prese il viso tra le mani. «So cosa provi, non devi scusarti. Ma sappi che il solo modo per non farmi soffrire è averti vicina»
«Vorrei che il tempo smettesse di scorrere. O che almeno rallentasse un poco» confessò lei. «Se fosse per me, resterei tutta la vita, credimi» disse ancora, senza mai staccarsi da lui.
«Ma io non ho nessuna intenzione di lasciarti andare, Susan. Non ti lascerò per niente al mondo!»
«Ma che ne sarà di noi quando dovrò andare via?»
«Non mi importa del futuro. Io voglio stare con te in questo istante. Resta» Caspian quasi la implorò.
«Sono qui adesso» sussurrò Susan, circondandogli il collo con le braccia.
Voleva stare con lui, ogni istante di quegli ultimi giorni, o forse ore, minuti, secondi. Ogni attimo era prezioso perché presto, troppo presto, non ce ne sarebbero più stati.
Già, ancora poco e quel sogno sarebbe svanito... di nuovo.
Susan chiuse per un attimo gli occhi facendo un lungo sospiro, imponendosi di non pensarci. Non in quel momento. Non adesso che erano così vicini.
I loro cuori battevano all’unisono.
Caspian sentì il respiro di lei contro la sua pelle. Si separò un poco per poterla guardare negli occhi. Le passò una mano tra i capelli, sfiorando i petali del fiore che vi aveva posato poco prima.
Susan lo guardò intensamente, le mani sulle sue spalle, trovando finalmente il coraggio di dirgli ciò che aveva racchiuso nel suo cuore.
«Ti amo, Caspian»
Il tempo sembrava essersi fermato per davvero.
L’avevano solo vagamente immaginato e ora stava accadendo sul serio.
Susan sentì le forti braccia di Caspian stringerla più forte. La guardò come mai l’aveva guardata prima, e poi le loro labbra si incontrarono teneramente.
Quello fu il momento che entrambi avrebbero ricordato per sempre, qualunque cosa fosse accaduta in futuro. Non erano mai stati più sicuri di qualcosa in tutta la vita.
Si abbandonarono alla sensazione nuova e meravigliosa che nasceva dentro di loro man mano che i baci e le carezze, prima incerti, divenivano pieni di passione e amore. Un amore inaspettato il loro, che li aveva travolti all’improvviso, confessato nel momento in cui avrebbero dovuto separarsi.
Susan si strinse di più a lui, con il cuore in gola. Caspian la sollevò dolcemente tra le braccia e la adagiò sul letto per poi stendersi accanto a lei.
Provarono emozioni e sensazioni così forti da perdere ogni consapevolezza del tempo, del mondo, di ogni cosa, tranne che di loro stessi. Si arresero alla magia della notte. Quella magia che adesso diveniva reale; quella notte che era solo la loro e che non poteva essere, e mai sarebbe stata, così profonda e vera con nessun altro, in nessun altro modo, in nessun altro luogo. 
Cosa ne sarebbe stato di loro e del loro amore quando il sole sarebbe sorto, non aveva importanza.
 

 

E le stelle brilleranno quaggiù
Come un anello di diamanti
Farò tesoro di questo momento
Fin quando non ci incontreremo ancora…

 
 
La luce arrivò fastidiosa e improvvisa. Susan strinse gli occhi, mettendo a fuoco la grande stanza. Le pesanti tende alla finestra lasciavano entrare spiragli di bagliore mattutino, gli uccelli cantavano leggeri, non ancora del tutto svegli. Nessun rumore attorno. Doveva essere l’alba o poco più tardi.
Distesa sui morbidi cuscini, voltò il capo e sorrise. Caspian dormiva ancora. Sembrava così sereno…
Era appoggiata al suo petto. Avevano dormito abbracciati.
Susan si sentì arrossire ripensando alla notte trascorsa con lui. Non avrebbe mai immaginato quanto amare potesse essere bello e intenso.
Fece leva su un gomito, separandosi piano da lui. Lo guardò a lungo, sentendo crescere in lei una profonda tenerezza mista a tristezza.
«Perdonami se non ti sveglierò, ma è meglio così. Continua a sognare, ancora per un pò»
Si piegò in avanti ponendogli un leggero bacio sulla fronte. Poi gli scostò una ciocca ribelle che gli era scivolata sul viso.
«Io ti amo, Principe Caspian»
Sarebbe sempre stato il suo principe, di questo almeno poteva essere certa.
Lasciò la stanza con gran cautela. Raggiunse la sua e si preparò per il discorso che il Re avrebbe tenuto quella mattina nella piazza. Indossò un abito azzurro con ricami dorati che le lasciava scoperte un poco le spalle. Le maniche bianche e lunghe erano a sbuffo, anch’esse ornate d’oro. Si pettinò i capelli arricciandoli lievemente, legandoli sulla nuca nella solita treccina. A malincuore, tolse il fiore blu che Caspian aveva posto sul suo capo la notte prima.
Quando fu pronta era ancora molto pesto e così, dopo aver fatto colazione da sola, decise di fare una passeggiata.
I primi castellani iniziarono a muoversi per i corridoi, le grandi stanze, i portici, i cortili. In poco meno di un’ora, il palazzo si animò e ora brulicava di vita.
La Regina Dolce rivolse gentili sorrisi e inchini a chi la salutava, ma preferì non fermarsi a parlare con nessuno.
Sedette sotto un grande albero di pesche nel giardino a sud. Si appoggiò al tronco e restò lì, pensando a tutto e a niente, guardando le farfalle succhiare il polline dei fiori e le piccole, laboriose api trasportarne in gran quantità. Un gruppetto di talpe venne a farle omaggio. Apparvero poi alcune lepri insieme allo scoiattolo Zampalesta, e la fanciulla si intrattenne un poco con tutti loro.
Dentro di lei cresceva uno strano presentimento che scacciò via subito. Era una giornata troppo bella.
Aveva voglia di vedere Caspian, ma sarebbe stato lui a trovare lei qualche ora più tardi.


 

Il Re di Narnia si svegliò piano, accorgendosi immediatamente che qualcosa era diverso. Spalancò gli occhi scuri e scostò le coperte.
«Susan?!» esclamò.
Ma lei non c’era. Susan non era più lì accanto a lui come avrebbe dovuto essere.
Schizzò letteralmente in piedi vestendosi in fretta, precipitandosi fuori dalla stanza.
Perché non l’aveva aspettato? Perché non era rimasta? Che se ne fosse già andata?
Agitato, camminando velocemente, scelse come prima cosa di andare da Lucy.
La ragazzina aprì la porta, stropicciandosi gli occhi insonnolita.
«Caspian! Ma lo sai che ore sono?»
«Perdonami se ti ho svegliata. Siete ancora qui» sospirò lui con sollievo crescente.
«E dove dovremmo essere?» Lucy diede in un grosso sbadiglio.
«Sai dov’è tua sorella?»
«Fammi indovinare: ieri sera hai detto qualcosa che l’ha fatta arrabbiare e ora vuoi chiederle scusa»
Caspian sospirò di nuovo, passandosi una mano tra i capelli. «No...piuttosto credo che la colpa sia di qualcosa che ho fatto»
Lucy corrugò la fronte, senza capire.
Il Re le sorrise. «Lascia stare. Torna pure a dormire»
Aveva sinceramente paura di aver offeso Susan con il suo comportamento. Forse era stato troppo irrispettoso nei suoi confronti. Forse era stato tutto troppo affrettato e ora lei si era pentita.
Eppure, le parole d’amore che si erano scambiati risuonavano ancora nella sua mente. Allora perché continuava a fuggire da lui?
Il giovane desiderava parlare quanto prima anche con Aslan, circa la condizione sua e di Susan. Aveva preso una decisione ormai: avrebbe chiesto la sua mano e allora nessuno avrebbe più potuto portargliela via.
Comunque, non c’era fretta. Fintantoché i Pevensie restavano a Narnia andava tutto bene.
Purtroppo, fu veramente difficoltoso poter girare per cortili e stanze senza venir fermati da chicchessia. Tutti chiedevano di lui per le più svariate ragioni. Alcuni notabili gli comunicarono che la piazza stava già venendo allestita per il discorso di Sua Maestà, fissato per le nove.
«Maestà, i Duchi di Telmar desiderano vedervi» lo chiamò un vassallo.
Fu così che Caspian raggiunse per la prima volta la sala delle udienze.
In fondo, per cominciare ad essere un buon Re, doveva mettere davanti i suoi doveri di sovrano.

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A.A.A. Avviso a tutti che ho cambiato nick name da UsagiTsukino010 a SusanTheGentle. D'altra parte il nik ci rispecchia per come siamo, no? E il mio cuore è narniano, che posso farci.
Secondo capitolo di questa fic! Spero vi sia piaciuto e che vi abbia trasmesso tante emozioni quante ne ha trasmesse a me mentre scrivevo (ok, io in realtà ero lì che sbavavo al pensiero di Ben Barnes con pochi vestiti addosso *ç*............ma fa lo stesso! XD Wahahahah!!!!)
. E' un pò più corto dello scorso, così ho compensato con una foto in più...eh eh eh...vi piace? Ma quanto sono dolci questi due insieme? <3 <3 <3 Li adoro, li adoro, li adoro!!!!!!!!!
Avete notato che ho anche aggiunto i titoli ai capitoli? Bè, il fatto è che non sono molto brava ad inventarli (scusate). L'altra volta non c'era ma ho rimediato. Pensavo di lasciarli solo numerati ma non mi piaceva.
Un grazie a
tinny, IwillN3v£rbEam3moRy e Serena VdW per aver recensito, e a CaspiansLover e sempre a Serena VdW per aver inserito la storia nelle seguite.
Bene! Vi lascio e torno a scrivere!
Un bacio Susan^^

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Capitolo 3
*** Captolo 3: È la fine? ***


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3. È la fine?

 

Non importa quanto lontano
O dove sarai
Chiuderò i miei occhi
E tu sarai nei miei sogni
E sarai lì
Finché non ci rincontreremo…


«Mia signora? Regina Susan, dove siete?»
Era la voce di Briscola.
Susan si alzò e si fece vedere. «Sono qui!»
«Ah, eccovi! Vi ho cercata dappertutto. Dovete venire»
«È successo qualcosa?» chiese subito lei.
«Vi desidera il Grande Aslan»
Infine, era arrivato il momento.
Susan si sentì in un certo qual modo rassegnata, ma non poté impedire ai suoi occhi di inumidirsi di nuovo.
Non fare la sciocca,si disse. Lo sapevi. Non puoi stupirti e non puoi sperare in niente di diverso. È ora.
Salutò gli amici animali e si fece condurre da Briscola attraverso il palazzo, fino al cortile ovest. Era un luogo in ombra, dove il sole batteva solo nel pomeriggio. La ragazza individuò con facilità il Leone.
«Grazie C.P.A, puoi lasciarmi qui» disse al Nano.
Quando Briscola si fu allontanato, Susan raggiunse Aslan.
«Ben alzata, mia cara»
«Grazie, Aslan»
«Dove ti eri nascosta? È stato assai difficile trovarti, per il povero Caro Piccolo Amico»
«Non mi ero nascosta, caro Aslan, Volevo solo rimanere un po’ da sola» rispose lei, allungando una mano e passando le dita tra la morbida criniera dorata. «Volevi vedermi?»
«Sì, ma dobbiamo aspettare che arrivi Peter per cominciare il nostro discorso. Ho qualcosa di molto importante da dirvi»
Susan si ritrasse e annuì una volta.
«C’è qualcosa che ti fa soffrire» affermò Aslan. «Parlami, cara, non aver timore»
Susan sentiva lo sguardo del Leone su di lei. Non aveva fatto una domanda: Aslan sapeva.
«Oh Aslan! Caro, carissimo Aslan!» esclamò la ragazza, gettandosi in ginocchio e abbracciandolo.
Il Leone la circondò con una delle sue possenti zampe.
«Io lo amo! Lo amo! Non voglio andar via!»
Susan pianse finalmente tutte le sue lacrime, quelle che aveva cercato così a lungo di trattenere. Ma davanti ad Aslan le lasciò libere di scorrere. Bagnarono la folta e bella criniera, bagnarono il muso del felino ma lui non si mosse, continuò a tenere la sua zampa sulla schiena di Susan, rassicurante e calda come i raggi del sole.
«Ora calmati e raccontami tutto, figlia mia»
Lei si separò dall’abbraccio e si asciugò il viso. «Amo Caspian. L’ho sempre amato credo, fin dal primo istante. Ieri sera gliel’ho confessato e anche lui ha detto che mi ama. Anzi, ha dichiarato il suo amore per primo, chiedendomi di rimanere. Aslan, cosa devo fare?»
«Tu conosci già la risposta, altrimenti non l’avresti chiesto»
Susan esitò, poi disse: «Sì…devo tornare a casa comunque»
«È così»
«Non è giusto…Oh, perdonami! Lo so che sono un’egoista!»
La ragazza ebbe timore di guardare nei grandi occhi del Leone, pensando di trovarvi rimprovero. Invece erano buoni e dolci e Aslan sorrideva.
«Dimmi, Susan La Dolce, Regina di Narnia: lasceresti mai i tuoi fratelli e la tua casa per rimanere qui?»
«Io…No, certo, ma…anche Narnia è la nostra casa. E sono sicura che anche Ed, Lucy e Peter sarebbero felici di rimanere qui»
Aslan aspettò.
«Potremo sempre tornare, non è vero?” chiese subito dopo, speranzosa. Un sorriso si aprì sul suo volto.
Forse era quella la risposta. Forse, anche se avessero lasciato Narnia, lei e gli altri vi avrebbero fatto ritorno e allora lei e Caspian… Sì, doveva essere così! Dovevano separarsi e sarebbe stato doloroso, ma si sarebbero rincontrati.
Ma Aslan, come se le avesse letto nel pensiero, assunse un’aria grave e il sorriso di Susan vacillò.
«Ancora un momento e ti spiegherò tutto» disse lui. «Ecco che Peter sta arrivando»
Susan si affrettò ad asciugarsi meglio il volto. Non voleva che Peter sapesse. Non ancora, per lo meno.
«Siamo solo noi?» chiese il Re Supremo quando fu vicino a loro.
«Sì, ragazzi» rispose Aslan. «Vi ho chiamati qui per poter parlare in tranquillità. Devo dirvi qualcosa di spiacevole»
«Torniamo a casa, vero?» chiese Peter, anche lui molto triste.
Il Leone annuì gravemente. «Sì, e stavolta per sempre»
Qualcosa nel petto si Susan si lacerò in mille pezzi. Il cuore - ammesso che avesse ancora un cuore e che non fosse quello ad essere andato in frantumi - cominciò a battere fortissimo, facendole quasi male.
«Che cosa vuoi dire?» chiese Peter accigliandosi.
«Venite, camminiamo un po’ » li invitò Aslan.
Passeggiarono in silenzio per alcuni minuti. I fratelli attendevano che il dialogo riprendesse.
Aslan fece un lungo sospirò misto a un brontolio. «Quando siete venuti a Narnia la prima volta, eravate dei ragazzini. Ora siete più vicini a essere giovani uomini e donne. Qui avete imparato molte cose che nel vostro mondo non avreste mai potuto apprendere. A Narnia avete conosciuto il valore e l’importanza del coraggio, dell’amicizia…e dell’amore».
Aslan si fermò, fissando gli occhi in quelli di Susan, la quale distolse lo sguardo, triste. Anche il Leone abbassò il suo, riprendendo a camminare.
«Avete regnato come buoni Sovrani su questa terra, e per questo vi sarò sempre grato. Ma c’è un tempo per ogni cosa: la vostra vita non è a Narnia»
«Ma Narnia è la nostra casa!» protestò educatamente Peter.
Ripeté le esatte parole della sorella e Susan lo guardò con affetto. Forse Peter avrebbe persuaso Aslan a farli restare.
«Sì, è stata la vostra casa, ragazzi, ma voi appartenente al vostro mondo. Io ho creato altri popoli oltre a questo, ed uno è quello da cui provenite. Voi che avete conosciuto la giusta terra di Narnia, dovrete portare la saggezza e la speranza nella vostra, poiché gli uomini hanno ormai scordato cosa significhino i buoni sentimenti. Voi siete le persone giuste. Non dimenticate mai cosa Narnia è stata per voi e insegnatelo un poco a chi vi ascolterà. Forse così il vostro mondo si salverà dalla corruzione in cui è caduto. Una singola nota può far nascere un’intera melodia»
«E Lucy e Edmund?» chiese ancora Peter.
«Potranno tornare ancora» spiegò Aslan, «ma verrà il giorno in cui anche loro dovranno lasciare Narnia per sempre. So che può sembrare terribile ma dovete cercare di capire»
«Io…io credo di capire, ora» mormorò Susan.
Peter e Aslan si voltarono a guardarla, mentre continuavano il loro giro. Si trovavano ora sotto un portico fresco. Erano quasi arrivati alla piazza dove presto ci sarebbe stato il discorso di Caspian.
«Siamo cresciuti qui prima che nel nostro mondo, Peter» continuò lei, vedendo lo sguardo un po’ perplesso del fratello maggiore. «Siamo diventati adulti, siamo diventati- come ha detto Aslan- dei buoni Sovrani. Dobbiamo tornare a casa pensando questo: crescere di nuovo in Inghilterra cercando di diventare persone migliori anche laggiù»
«Hai ragione, Sue, anch’io comincio a comprendere meglio» annuì il ragazzo. «Aslan, ti rivedremo un giorno?»
«Certo, figli miei, quando sarete pronti. Cercate di non dimenticare la mia voce e la sentirete anche nel vostro mondo. Io sono anche là, solo che mi conoscete con un altro nome e con un aspetto diverso»
«Anche questo credo di capirlo» disse il giovane. «La tua è una voce che si sente col cuore»
«Sì, Peter»
«Ti prometto che non scorderò mai né te né Narnia, né i nostri amici»
«Anch’io lo prometto» disse Susan. I due fratelli abbracciarono forte il Leone.
«La tristezza sarà immensa, figlioli» riprese quest’ultimo. «Cercate sostegno l’uno nell’altro e fatevi forza. Narnia sarà sempre dentro di voi»
Susan capì allora il significato della domanda che Aslan le aveva posto prima: lasceresti mai i tuoi fratelli per rimanere qui?
Il suo cuore era diviso in due, ma non poteva scegliere entrambe le parti. Quanto avrebbe sentito la mancanza della sua famiglia? No, non poteva lasciarli. Però non poteva lasciare nemmeno Caspian.
Ma devo farlo ,pensò.
*«Vostra Maestà?» udì poi Aslan dire.
Si era persa un momento nei suoi pensieri e ora, voltandosi, vide Caspian che veniva verso di loro attraverso il cortile.
I loro occhi si incontrarono.
Caspian capì immediatamente che c’era qualcosa che non andava: Susan aveva sul volto un’espressione triste che cercava di nascondere, senza però riuscirci molto bene.
Si sentirono lontani, quando poche ore prima erano stati così vicini.
Il Re si rese conto di dover dire qualcosa. Distolse faticosamente lo sguardo da lei - più bela che mai quel giorno - per rivolgersi ad Aslan.
*«Siamo pronti. Sono tutti riuniti»
Il Leone annuì, poi guardò da Caspian a Susan.
Lei si voltò a sua volta verso il Felino con occhi imploranti. Aslan capì ciò che le iridi azzurre della Regina chiedevano, ma Susan lesse in quelle dorate del Leone che ciò che era deciso non poteva mutare.
Se forse Caspian avesse avuto il coraggio di parlare, di agire, di chiedere in quell’istante ad Aslan di poter tenere Susan con sé, le cose sarebbero potute andare diversamente. Ma non lo fece. Il giovane Re non aggiunse altro, voltò le spalle e tornò sui suoi passi.
Susan lo guardò ancora, osservando il profilo sella sua schiena mentre si allontanava, finché non sparì dietro un angolo. Poi, la ragazza abbassò gli occhi a terra, continuando a camminare a fianco ad Aslan e Peter.
«Ora è meglio che andiate a raggiungere i vostri fratelli» disse il Leone.
Peter si mosse, notando però che la sorella non intendeva seguirlo. «Vieni?»
Vai avanti, io ti raggiungo»
Quando Peter si avviò, Susan si voltò verso Aslan. «Posso salutarlo?»
«Ma certo, cara»
Non aspettò un secondo di più. Mentre diceva «Grazie», già raccoglieva la lunga gonna azzurra e correva via, in cerca di Caspian.
Riattraversò il portico dove si erano incrociati poco prima, ma non c’era più. Doveva assolutamente raggiungerlo prima che lui arrivasse in prossimità della piazza, o non avrebbe più avuto un’altra occasione.
Sembrava che le gambe non rispondessero alle sue esigenze. Le pareva di non correre abbastanza velocemente, temendo di non fare in tempo.
Attraversò un porticato sopraelevato e quando guardò giù, lo vide pochi metri sotto di lei.
«Caspian!» gridò con quanto fiato aveva in corpo.
Il ragazzo alzò la testa e la vide. Tornò indietro di corsa per raggiungerla.
I due giovani si corsero incontro, gettandosi l’uno tra le braccia dell'altro.
«Promettimi che non mi dimenticherai!» lo pregò Susan.
«Cosa…?» balbettò lui, ma la fanciulla gli pose una mano sulle labbra.
«Promettimelo»
«Te lo prometto»
Lei sorrise. Ma c’era qualcosa di strano in quel sorriso. Malinconia, forse, o qualcos’altro che Caspian non riuscì a decifrare.
«Credevo che te ne fossi andata. Che fossi già partita. Ho avuto paura, Susan»
La ragazza si separò da lui. Non cercò un suo bacio o una sua carezza. Continuò invece a sorridergli sempre con quello strano sguardo.
«Che cosa c’è?» chiese il Re, preoccupato.
«Sappi che anch’io non ti dimenticherò mai, Caspian. Mai!»
«Perché mi dici queste cose? Sembra quasi che tu mi stia dicendo addio»
«Non mi aspettavo questo quando sono arrivata qui» si sforzò di continuare lei. «Ma credimi, è stato come vivere una favola, e tu sei stato il mio principe»
«Susan…»
Un corno risuonò in lontananza.
«È il tuo momento. Devi andare»
Lui non voleva lasciarla. «Vieni con me?»
Lei scosse la testa. «Sei tu il Re, adesso. Aspettano solo te»
No, pensò Caspian, non poteva essere un addio. Non ancora. Erano stati così felici solo poche ore prima…perché doveva andare in quel modo? Perché?
Si sentì come se un pugnale affilato gli lacerasse il petto, e la ferita non potesse essere guarita se non con la presenza di quella meravigliosa fanciulla.
Chiedeva solo un altro po’ di tempo. Solo un poco, per poterle dire ancora una volta ‘ti amo’.
«Perché non sei rimasta con me?»
Susan capì che si riferiva a quella mattina. «Era meglio così. Chissà cos’avrebbero pensato gli altri, trovandoci insieme»
«Avremmo detto loro la verità se fosse accaduto»
Susan non rispose.
Lui voleva stringerla ancora, ma non osò.
«Vorrei trascorrere con te tutta la mia vita» disse il giovane, guardandola intensamente.
«Lo vorrei anch’io»
Si alzò il vento, che scompigliò un poco i capelli di entrambi.
Ormai era chiaro a Caspian ciò che stava per accadere, ma una parte di lui continuava a rifiutarlo.
«Che fate ancora qui, voi due?» disse poi la voce di Edmund, il quale arrivò seguito da Lucy e Ripicì. «Sbrighiamoci, Aslan ci sta chiamando»
Il corno risuonò una seconda volta e non poté essere ignorato.
Quando Caspian giunse nella piazza insieme ai Pevensie, il popolo di Narnia li acclamò ancora una volta. I nobili di Telmar che erano rimasti al servizio di Miraz, invece, si mostrarono più scettici nell’accettare il nuovo Sovrano, molto più di quanto lo erano stati gli altri popolani.
Vicino a Caspian c’era Aslan. Erano presenti anche Cornelius, Tempestoso, Briscola, Ripicì, uno dei tre Orsi giganti e Tartufello. Come sfondo, oltre a un cielo limpidissimo contro il quale si disegnavano nitide le sagome delle Montagne Occidentali, vi era un alto albero dal tronco contorto.
In quello scenario, Re Caspian X cominciò il suo discorso.
*«Narnia appartiene alle sue creature come appartiene all’uomo. È benvenuto chiunque di Telmar voglia restare e vivere in pace qui. Ma Aslan, farà tornare tutti quelli che lo desiderano nella terra dei nostri padri»
Dalla folla si levò un brusio.
*«Sono generazioni che abbiamo lasciato Telmar» disse un uomo.
*«Noi non ci riferiamo a Telmar» intervenne Aslan. «I vostri antenati erano briganti di mare, pirati, approdati su un’isola dove in una caverna trovarono un passaggio che li portò qui dal loro mondo. Lo stesso dei nostri Re e delle nostre Regine»
Tutto il popolo fu ancora più perplesso. Come un sol uomo, la folla si voltò a guardare i Pevensie, stupiti a loro volta da quella rivelazione, così come Caspian: gli abitanti di Telmar venivano dalla Terra?
*«È in quell’isola che io posso farvi tornare. È un bel posto per chiunque voglia ricominciare una vita» concluse il Leone.
Nessuno parlò, il mormorio continuò finché qualcuno non si fece avanti.
*«Accetto» disse il Generale Glozelle, lasciando tutti basiti. «Accetto la proposta».
Il Generale si volse in direzione di Caspian, piegando leggermente il capo in un mezzo inchino. Il neo Sovrano ricambiò il gesto. Tra i due era nata una sorta di stima reciproca dopo che Glozelle aveva visto il Principe risparmiare la vita di Miraz. In quanto a Caspian, quando Glozelle aveva esitato nel colpirlo durante la battaglia, si era dovuto ricredere sul suo conto del Generale. Forse, dopotutto, non era un uomo così malvagio.
Ma lo stupore del giovane Re fu nulla in confronto a quando anche sua zia accettò la proposta di Aslan. Prunaprismia venne scortata davanti al Leone da uno dei nobili di Telmar, che sarebbe partito con lei e il figlioletto.
Aslan li osservò attentamente e lesse nei loro cuori. *«Poiché avete parlato per primi, il vostro futuro in quel mondo sarà felice»
Dopo aver detto ciò, il Grande Leone si voltò verso l’albero e soffiò con il suo fiato caldo in quella direzione. L’albero cominciò a muoversi tra le esclamazioni generali, di paura e di meraviglia. Il tronco girò su se stesso finché non si divise in due, si aprì e formò un passaggio. Aslan aveva tracciato una porta nell’aria.
Glozelle, Prunaprismia, il bambino e il nobile, passarono attraverso il portale, scomparendo nel nulla.
Perfino gli abitanti di Narnia, che di magia sapevano molto, rimasero attoniti davanti a un prodigio simile.
*«Come possiamo essere sicuri che non ci sta conducendo verso la morte?» esclamò un telmarino, puntando un dito accusatore contro Aslan. Molti furono d’accordo con lui.
*«Sire»intervenne Ripicì, rivolgendosi al Leone. *«Se il mio esempio può essere di qualche aiuto, prenderò undici topi con me senza frapporre indugio»
Aslan però scosse il capo, guardando poi Peter e Susan.
I due fratelli si scambiarono a loro volta uno sguardo e Peter disse: *«Tocca a noi».
*«Tocca a noi?» chiese Edmund, con tono quasi incredulo.
A quelle parole, Caspian cercò lo sguardo di Susan ma lei teneva gli occhi bassi.
*«Venite. Il tempo è scaduto» disse ancora Peter. *«Dopotutto, noi non serviamo più qui»
Il Re Supremo si allontanò dai fratelli. Estrasse Rhindon, la sua fedele spada, avvicinandosi a Caspian, porgendogliela. Quest’ultimo l’afferrò, e per un attimo la tennero insieme in un momento solenne. Era come il passaggio da un’epoca passata a una che guardava al futuro.
*«La custodirò fino al tuo ritorno!» assicurò Caspian.
Sì, maledizione! Doveva convincersi di questo. Doveva continuare a ripeterselo ancora e ancora. Non poteva essere che...
*«Temo che questa sia la fine» disse d’un tratto Susan.
Caspian si voltò nuovamente verso la ragazza, guardandola con estrema tristezza. La stessa che traspariva dagli occhi della ragazza.
Sarebbe stato meno doloroso morire piuttosto che sentire quelle parole venire proprio da lei. E quando la voce incerta di Susan pronunciò parole definitive, Caspian si sentì davvero morire dentro.
*«Non torneremo più»
Lui la fissò senza capire.
Non torneremo. Lei non sarebbe tornata...mai più. Impossibile.
*«Ah no?» fece la vocina di Lucy. Ansiosa, rivose uno sguardo alla sorella maggiore.
Ma fu Peter a risponderle. *«Voi due sì» la rassicurò, girandosi anche verso Edmund. *«Almeno, credo che Aslan intenda voi due»
*«Ma perché?» esclamò Lucy rivolta al Leone. *«Loro hanno fatto qualcosa di male?»
*«Al contrario mia cara, ma ogni cosa ha il suo tempo» sorrise Egli. *«Tuo fratello e tua sorella hanno imparato tutto quello che potevano da questo mondo. Ora, è il momento che comincino a vivere nel loro»
*«Stai tranquilla, Lucy» disse ancora Peter, prendendola per mano. *«Non pensavo sarebbe andata in questo modo, ma va bene così. Un giorno lo capirai anche tu. Vieni».
Il Re Supremo la condusse a salutare tutti gli amici schierati lì. Edmund li seguì silenzioso.
Lucy abbracciò forte Briscola, il suo Caro Piccolo Amico, che stentò a trattenere le lacrime. Peter strinsero rispettivamente la mano a Tempestoso e al dottor Cornelius.
Infine, imponendosi di continuare a sorridere, Susan avvicinò a Caspian.
*«Tornare è stato bello» mormorò.
Sembrava un’altra. Così fredda e distaccata che persino lei stentava a riconoscersi.
Caspian la guardò e cercò di comunicarle in un’unica frase, forse troppo semplice, tutte le parole che non era riuscito a dirle e che non le avrebbe più detto.
*«Avrei voluto trascorrere più tempo con te»
Lui non seppe come trovò il coraggio di non prenderla di nuovo tra le braccia, anche davanti a tutti, non gli importava.
Nessuno sapeva di loro, nessuno era stato testimone del loro amore, e forse era meglio che restasse un segreto.
*«Non avrebbe mai funzionato, comunque» aggiunse Susan.
Ecco di nuovo quel sorriso forzato.
*«Perché no?»
Che cosa stava dicendo? Quelle parole non potevano venire davvero dal cuore della sua amata. Stava tentando di nuovo di mascherare la sofferenza. Perché, Susan?
Le dolci labbra di lei si distesero in un sorriso un pò più ampio. *«Ho milletrecento anni più di te» scherzò appena.
Fu allora che anche Caspian si lasciò andare a un breve riso, il quale scomparve quasi subito dal suo volto per ridare posto alla tristezza.
Susan era distrutta ma non poteva permettersi di mostrarlo, doveva essere forte per entrambi. Doveva continuare a sorridergli. Trasmettere a Caspian la forza necessaria per sopportare.
Il Re la guardò mentre si voltava. La vide fermarsi per un attimo, voltarsi, tornare indietro.
Susan tornò da lui e lo baciò per l’ultima volta.
Lui l’abbracciò con tutto il suo amore.
In quel momento, in quell’abbraccio pieno di tristezza e dolcezza, chiusero gli occhi rivivendo in un secondo tutti i bei momenti passati insieme, anche se brevi.
«Ti ho amata dal primo momento che ti ho vista» le sussurrò Caspian, così piano che solo lei potesse sentire. «Mi innamorerò di te tutte le volte che ti rivedrò». 
«Oh, Caspian, anch’io!»
«Un giorno tornerai»
Incredibile come lui sperasse anche adesso. Ingenuo e dolce Caspian. A lui non importava se lei lo lasciava, perché avrebbe continuato ad avere la convinzione che prima o poi sarebbe tornata. Una convinzione che influenzò per un secondo anche lei, ma che subito svanì.
Non sarebbe tornata. Mai più.
*«Capirò quando sarò più grande, ne sono sicura» mormorò Lucy a Ed e Peter, osservando la sorella e il Re abbracciarsi.
*«Io sono già grande, ma non so se voglio capire» commentò Edmund con un mezzo sorriso non troppo convinto.
Loro non potevano sapere cosa avevano significato per Susan e Caspian quei giorni a Narnia. Lo avrebbero compreso in futuro. Per adesso, quel sentimento appariva ai loro occhi come un amore semplice e un po’ triste, quando in realtà era un amore vero e profondo, strappato via prepotentemente dal cuore dei due giovani innamorati.
Caspian e Susan non avrebbero mai voluto lasciarsi ma, infine dovettero cedere, perché il tempo era inclemente. Si separarono dolcemente, guardandosi negli occhi un ultimo istante.
La ragazza non riusciva quasi a muoversi. Si impose di distogliere lo sguardo da Caspian, di allontanarsi da lui, per tornare con passo lento verso i fratelli. Era quello il suo posto.
Caspian osservò uno per uno i volti dei suoi amici:
Lucy... piccola, tenera, e valorosa Lu.
Poi Edmund, Ed, che era subito divenuto come un fratello per lui.
Peter, che in fondo stimava e ammirava.
E Susan. La sua Susan. La regina del suo cuore.
Non smise mai di guardarla finché non sparì alla sua vista attraverso il portale nell’albero magico. Finché non se ne andò per sempre dalla sua vita.


I quattro fratelli Pevensie si ritrovarono nella metropolitana affollata dove il treno li attendeva. I loro begli abiti narniani erano ridiventati le anonime divise scolastiche.
Lucy si voltò indietro.
Niente. Tutto svanito. Non c’era più il castello di Caspian. Non c’era più Aslan. Solo un muro di mattoni.
Si sentirono smarriti, come se non appartenessero a quel mondo anche se era il loro... o forse no. Non più ormai.
Poi, la loro metropolitana si fermò e vi corsero a bordo. A stento ricordarono che avevano lasciato Finchely mentre attendevano il treno che li avrebbe portati a scuola.
*«Dite che non c'è modo di tornare indietro?» chiese Edmund, frugando nella sua borsa. *«Ho lasciato la mia torcia a Narnia!»
Non poterono non lasciarsi andare tutti quanti a un sorriso vero e sincero. Poi, il treno partì e li riportò verso la realtà.
Presero posto sui sedili, stretti l’uno accanto all’altro, lontani con il pensiero che era ancora rivolto a Narnia e ai suoi verdi prati.
Susan fissò il suo riflesso nel finestrino scuro.
“Perdonami Caspian” pensò, appoggiando la fronte contro la superficie fredda. “Perdonami Aslan. Perdonatemi tutti”
Nel suo cuore non c’erano le stesse speranze che animavano quello del suo Principe. Aveva mentito quando aveva promesso di non dimenticare, perché in realtà voleva dimenticare quello che avrebbe potuto essere e che non sarebbe mai stato.
Era troppo doloroso, sapeva di non essere forte come i suoi fratelli.
Un’ultima lacrima rigò il suo viso. Chiuse gli occhi. Il volto di Caspian, il suo sorriso, erano ancora lì, impressi nella sua mente. Ma quel bellissimo sogno era scomparso e le sembrava già così lontano.
Ora doveva accettare la realtà e ritornare alla vita di sempre.
Non era giusto.
Strinse le mani sulla borsa della scuola per trovare la forza di cacciare indietro le lacrime, avvertendo qualcosa di duro al tatto. Non erano i libri. Perplessa, aprì la borsa e vi infilò la mano.
Lo riconobbe senza vederlo, perché conosceva a memoria ogni suo singolo intaglio. Piano, con dita tremanti, lo afferrò più saldamente.
«Peter! Edmund!» esclamò Lucy, che aveva osservato i movimenti della sorella maggiore.
I ragazzi si voltarono nel momento in cui dalla borsa di Susan emergeva il corno d’avorio.
La ragazza si volse rapida verso i fratelli. Aprì e chiuse la bocca più volte senza riuscire a emettere nessun suono.
«Probabilmente…» balbettò Lucy. «Probabilmente alla fine Caspian te l’ha ridato senza che te accorgessi»
Sì, vero, pensò Susan. Ma quando era successo? Forse…
Forse la notte scorsa.
Rimasero lì, immobili. Nessuno si curava di loro. Nessuno notò quattro ragazzi che guardavano allibiti un piccolo oggetto all’apparenza insignificante.
Fu Edmund a rompere il silenzio. «Ritorniamo a casa?»
Non c’era bisogno che gli altri dicessero nulla. Tutti sapevano a quale casa si riferiva.
 
 


Guarderò sempre indietro, quando me ne andrò
Questi ricordi rimarranno per l’eternità
 E tutte le nostre lacrime saranno perse nella pioggia
Quando troverò il modo di ritornare ancora tra le tue braccia
Ma fino a quel giorno, tu lo sai
Che sei la regina del mio cuore.






 

Potete vedere il video di Queen Of My Heart (fatto da me) a questo link.

E' il primo che ho fatto su Narnia, siate buoni, non è proprio perfetto, ma ci terrei che lo guardaste perchè questa canzone è quella che ha ispirato tutta la storia...e che la sta ancora ispirando.
 

Come avevo già detto nel primo capitolo, questa doveva essere una one-shot, di conseguenza questo dovrebbe essere il finale, ma..............in realtà non pensavo di farlo così,  anche se mi piaceva l’idea di mantenerlo in sospeso. Però, come spesso mi accade, i personaggi  agiscono e parlano da soli (sì, lo so che è la mia testa che pensa, è complicato da spiegare, comunque è vero). Mi sono detta: "potrei anche continuarla questa storia..."
Le idee non mi mancano. Potrei addirittura riscrivere un poco ‘Il Viaggio del Veliero’, chissà…o magari qualcos’altro. Su Narnia ho milioni di idee, quindi aspettatevi presto un nuovo aggiornamento!
 
L’ultimo pezzo, come avrete notato, è del tutto identico al film. Volutamente identico. Ho messo le stesse frasi e ho descritto le scene aggiungendoci ovviamente qualcosa di mio.
Spero non ci siano problemi di copyright.
Per capirci, le battute vere sono quelle con davanti l’asterisco.
 
Per quanto riguarda la scena finale, invece- quella in cui Susan tiene in mano il suo corno- mi sono ispirata al video di “This is home”, dei Switchfoot, che fa parte della colonna sonora del secondo film di Narnia. Nella scena finale del video si vede una ragazza a bordo di un treno con in mano il corno di Susan, come se fosse proprio lei. Così ho avuto l’idea di inserire la scena anche nella fic.
 
Ringraziamenti a chi ha recensito lo scorso capitolo:
IwillN3v3rbEam3moRy, Serena VdW e tinny

E a chi ha messo la storia nelle seguite:  CaspiansLover , FrancyNike93 , IwillN3v3rbEam3moRy , Serena VdW e SweetSmile
(vi metto in ordine alfabetico, così non faccio torti a nessuno XD)

E come sempre…Per Narnia! E per Aslan!

 
Susan ^^

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: L'inizio di una nuova avventura ***


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4. L’inizio di una nuova avventura

 

C’è qualcosa che si fa largo dentro l’anima
Più forte di te
Più forte di me
E adesso che tutto questo è cominciato
Non possiamo tornare indietro
Possiamo solo tornare ad essere una cosa sola

 

 
Il treno sfrecciava veloce verso la sua meta. I fratelli Pevensie si alzarono dal loro posto e, in tutta calma- almeno in apparenza- si spostarono di vagone in vagone, facendosi strada tra le persone che lo affollavano, dirette a scuola o al lavoro.
Raggiunsero la coda del treno dove non c’era nessuno, per poter parlare liberamente e decidere sul da farsi.
Non c’era molto da dire, veramente, perché dopo che Edmund aveva detto ‘Ritorniamo a casa’, tutti quanti avevano già le idee ben chiare sul cosa dovevano fare.
Ma si sa, la fretta è cattiva consigliera, specialmente se si ha a che fare con la magia. E loro, nonostante fossero rimasti a Narnia abbastanza a lungo da poterla conoscere, in realtà di magia ne sapevano ben poco.
Alla fine, Peter aveva proposto di scendere alla prossima fermata, con l’appoggio di Edmund e con grande sconcerto da parte delle ragazze.
«E la scuola?» aveva detto Lucy con i grandi occhi azzurri spalancati.
«Oggi non ci andiamo a scuola» era stata la risposta di Peter.
«Non ci andiamo?!» aveva esclamato Susan.
Incredibile come solo il giorno prima (almeno per il tempo di Narnia, perché in Inghilterra era passato meno di un minuto), la preoccupazione più grande era stata quella di tener testa all’esercito di Telmar, mentre ora era se fosse giusto o meno saltare la scuola.
«Ma Peter!» esclamò Lucy agitata. «Questo è…bigiare!»
«Oh, dai! Come se voi non l’aveste mai fatto!» disse Edmund guadando le due sorelle, che rimasero in silenzio a fissarlo.
Lucy era a bocca aperta; Susan aveva le sopracciglia che andavano pian piano incurvandosi in quella che era la sua tipica espressione di rimprovero.
«No?»
«No! Certo che no!» esclamarono le due in coro.
«Oh…davvero?» Edmund sembrava a disagio e scoccò un’occhiata in tralice a Peter.
«Perché, tu sì?» indagò Susan.
«Ehm…»
«Edmund!»
«Non prendertela solo con me! Anche Peter ha marinato la scuola, qualche volta!» disse Ed, indicando il fratello.
«Qualche volta…quante, di preciso?» fece Susan con occhi dardeggianti.
«Bè…» balbettò Peter. «Quando era necessario»
«Ad esempio? Peter, prima fai a botte con i tuoi compagni, e adesso questo! Bell’esempio che sei per Ed e Lucy!»
«Non stavamo facendo un altro discorso?» tagliò corto Peter, molto imbarazzato per il fatto che la sorella lo sgridasse.
Finalmente il treno rallentò, così che quella che sarebbe sicuramente stata una lite da ‘fratelli maggiori’ venne dimenticata in fretta.
Quando ebbero messo piede tutti e quattro giù dalla metropolitana, si diressero di corsa su per le scale e poi all’aperto. Era una tiepida giornata di settembre.
«Adesso dove andiamo?» chiese Lucy.
«Troviamo un luogo tranquillo» rispose Peter, prendendola per mano. «Non vorrei che un poliziotto ci vedesse e cominciasse a fare domande»
Vero, pensarono gli altri.
«Però è stato ingiusto da parte vostra» fece Lucy, risentita. «Godervi un’intera giornata lontano dalle lezioni a spassarvela chissà dove, mentre io e Susan chine sui libri!»
«Come avete fatto a non farvi scoprire?»
«Non credo che vorresti sentirlo, Sue» la mise in guardia Edmund.
Susan sospirò, poi si concesse un sorriso. Meglio non indagare…
Si diressero di gran carriera verso il parco più vicino. Di tanto in tanto, se vedevano che qualcuno li guardava con troppa curiosità, acceleravano il passo cercando di far finta di nulla. Dopotutto, non era consuetudine che dei ragazzi tra i tredici e i diciassette anni gironzolassero a piede libero per le strade alle nove del mattino- a meno che non fosse festa- con tanto di borsa e divisa scolastica ben identificabile per via degli stemmi ricamati sulle giacche.
Era un grosso rischio e lo sapevano, ma da un altro lato era emozionante, e anche Susan dovette ammetterlo: fare qualcosa di diverso anche se era sbagliato. O almeno, avrebbe dovuto esserlo.
Loro da soli, in giro per Finchley: c’era un qualcosa di avventuroso in tutto questo.
L’ansia di poter essere scoperti mista all’eccitazione della novità e al senso di libertà. Tutto sembrava strano, irreale, la città pareva perfino un poco diversa ai loro occhi, anche se nessuno di loro avrebbe saputo bene dire in cosa, effettivamente, fosse diversa.
Entrarono in un parco che stava di fianco a una chiesa. Si inoltrarono per i viali e sedettero tutti e quattro sulla stessa panchina, nel punto più nascosto dalla vegetazione: Peter e Edmund ai due lati, Lucy e Susan nel mezzo. Stavano un po’ stretti, ma andava bene lo stesso.
Lì, i rumori della strada erano lontani e quasi non si sentivano. Se chiudevano gli occhi, potevano immaginare di essere nuovamente tra le verdi foreste di Narnia.
«E ora, Susan, a te» disse Peter.
Tutti la guardarono, in attesa.
La ragazza estrasse di nuovo il corno d’avorio dalla borsa.
Quattro paia di occhi si posarono su di esso.
Lo osservarono a lungo, forse aspettandosi che accadesse qualcosa, magari perfino che spuntassero Aslan o Caspian da chissà dove.
«Ora il problema sta nel tornare indietro» disse Edmund dopo un po’. «Insomma, come funziona? Lo suoniamo e…che succede?  Torniamo a Narnia?»
«Vediamo...» cominciò Lucy, puntandosi un dito sul mento con fare pensoso. «Quando Caspian lo suonò, noi fummo trasportati da questo mondo all’altro. Forse dobbiamo fare lo stesso, oppure…». Ci pensò su e poi guardò gli altri. «Non so»
«Oppure, se lo suoniamo noi” azzardò Edmund, «Caspian, o qualcun altro, arriverà da Narnia in questo mondo»
Susan sentì una forte emozione.
Oh, se fosse stato davvero così! Se lui avesse potuto apparire lì, davanti a lei e sorriderle, parlarle, stringerla tra le sue forti braccia.
Caspian…
«Non penso sia così semplice. Dico bene, Susan?» disse Peter.
«Perché no?» chiese Lucy.
«Perché non credo che funzioni così» rispose Susan, rattristandosi.
Per un momento si era illusa di nuovo. Come al solito.
Quando sarebbero finite le illusioni e sarebbe cominciata la realtà? Perché non poteva semplicemente desiderare una cosa affinché questa si avverasse? Perché doveva essere sempre tutto così dannatamente difficile?
«Vedete, il mio corno ha il potere di richiamare i Sovrani di Narnia in aiuto di chi lo suona» disse la ragazza «Ma noi quattro siamo tutti qui, quindi non vedo come…»
«Anche Caspian è Re, adesso» la interruppe Lucy.
«Sì» disse Peter, «ma la magia funziona con i Re le Regine della Vecchia Narnia, cioè noi. Non possiamo richiamare noi stessi, vi pare? È una cosa assurda»
«Magari nel nostro mondo funziona al contrario» provò ancora Lucy, decisa a sostenere la sua idea.
«E cioè?» chiese Edmund.
«Cioè, se lo suoniamo noi stessi, ci possiamo autotrasportare a Narnia»
«No, no, è impossibile» Peter scosse il capo. «Il corno reagisce a un certo tipo di magia, ricordate? Viene suonato quando si ha bisogno di aiuto, non per altri scopi»
«Bè ma, in un certo senso, noi abbiamo bisogno di aiuto. Un aiuto per poter tornare»
«Lu…»
«No, ascoltate! Dopotutto, la prima volta che siamo tornati da Narnia, anche se tu e Ed avevate le spade con voi, non siete riusciti a portate al di qua dell’armadio, giusto? Le avevate legate al fianco, eppure sono svanite quando abbiamo riattraversato il portale magico del guardaroba. Invece, stavolta, un oggetto di Narnia ha attraversato la barriera ed è arrivato fino nel nostro mondo. Vorrà pur dire qualcosa! Forse è…una specie di indizio!»
«Indizio?» ripeté Edmund. «Credi che Aslan ci stia dicendo di tornare?»
«Sì, ne sono sicura!» gli occhi azzurri di Lucy brillarono di una luce splendente.
«Allora proviamo!» esclamò Edmund con il cuore che batteva forte. «Dobbiamo pur vedere che cosa succede. Non possiamo restare qui tutto il giorno a pensare o parlare e basta. Dobbiamo agire!»
Tutti si guardarono e furono d’accordo.
«Avanti, suona» Peter esortò Susan.
A lei tremavano le mani. «Io…io non so…» balbettò.
Il ragionamento di Lucy non faceva una grinza, però…
«Sarebbe meglio che lo suonasse uno di voi due» disse, porgendo il corno ai fratelli più piccoli, i quali la guardarono perplessi.
«No, è tuo» disse Edmund. «È giusto che lo faccia tu»
«Ed, io e Peter non potremo più tornare, l’hai già scordato? Quello che ha detto Lucy potrebbe anche essere vero: probabilmente ci è stato permesso di portare qui il corno per qualche motivo. Però, se anche fosse, il motivo riguarderebbe solo voi due, ormai»
«No. O ci andiamo tutti o niente» disse Lucy risoluta.
«Ma Aslan ha detto…»
«Di cosa hai paura, Susan?» chiese Peter.
Lei lo guardò dritto negli occhi.
Lui non vide paura ma puro terrore e capì come la sorella si sentiva.
Susan provava il suo stesso terrore. Il terrore che tutto si rivelasse di nuovo solo un bellissimo sogno.
Il terrore di non riuscire.
Il terrore di trovare tutto cambiato, come era già successo dopo lo scorrere di quei mille trecento anni: una Narnia diversa, senza amici ad aspettarli.
Il terrore che Edmund e Lucy fossero scomparsi davanti ai loro occhi, trasportati dalla magia del corno d’avorio; e loro due lì, soli. E se fosse accaduto, allora avrebbero avuto la certezza che era finita per davvero. Finita per sempre.
«Suonalo, Susan» le disse Peter, in un modo tale che lei non poté non obbedire.
Il Re Supremo era dentro di lui. In quell’attimo, sembrò quasi che fosse seduto ancora sul trono di Cair Paravel, non su un’anonima panchina di un parco inglese.
E Susan tentò, con la speranza che cresceva forte. Quella speranza che si era imposta di ignorare, di spegnere sul nascere, ma che adesso lasciò libera di propagarsi.
Suonò una, due, tre volte, ma non avvenne nulla.
Non un alito di vento si alzò, non un movimento tra le foglie. Niente.
La luce brillante negli occhi di Lucy si spense; l’emozione che aveva fatto battere fortissimo il cuore di Edmund, scemò pian piano fino a che si dissipò del tutto; Peter tornò ad essere un comune ragazzo di diciassette anni; Susan perse un’altra speranza. L’ennesima.
Dopo il terzo tentativo, il suono profondo del corno che aveva invaso l’aria, si spense, soffocato dal suono delle campane della chiesa vicina che segnavano le undici.
«Forse ci vuole un po’ di tempo» disse Lucy, con un tono di voce forzatamente fiducioso ma che tradiva la cocente delusione. «In fondo, il corno è impregnato di magia, la Grande Magia, che nel nostro mondo non esiste»
«No» disse seccamente Susan. «Non ha funzionato. Tutto qui» e poi si alzò dal suo posto, ricacciando bruscamente il corno nella borsa.
«Abbiamo provato solo una volta» disse Lucy timidamente. «Forse, la prossima…»
«Non ci sarà una prossima volta! Ci sono soltanto i forse, i probabilmente, i magari e chissà. Solo supposizioni!»
«E’ così che va, Sue, l’abbiamo sempre saputo» disse Edmund alzando le spalle. «Stiamo parlando di un altro mondo, un mondo magico. E poi, ricordate cosa diceva il professor Kirke? Non si torna mai a Narnia due volte nello stesso modo. Forse, il corno non funziona perché è già stato usato per chiamarci a Narnia»
«Ancora forse. Sempre e solo forse» mormorò Susan stringendo le mani attorno alla cinghia della borsa.
Gli altri la guardarono confusi mentre si allontanava.
«E ora dove vai?» gridò Edmund, schizzando in piedi e affrettandosi a raggiungerla, seguito subito dagli altri due.
«Vado a scuola»
«Non puoi presentarti a quest’ora» le disse Peter. «Ti faranno un mucchio di domande e finirai nei guai»
«Mi inventerò delle scuse» tagliò corto lei.
«Ti tiri indietro?»
Susan si voltò svelta per fronteggiare il fratello maggiore. «No, non è così»
«A me sembra il contrario»
«Ti sbagli»
«Allora rimani»
Lucy e Edmund li osservavano in silenzio.
«Ragazzi…sentite…» fece Lucy, ma non la sentirono nemmeno.
«Peter, è inutile!» ribadì Susan stancamente. «Credi davvero che io e te torneremo a Narnia? Aslan ha parlato chiaro: noi due non torneremo mai più
«Non vuoi nemmeno tentare? Non credo che Aslan ci punirà perché abbiamo cercato di tornare a casa. Alla nostra vera casa! Ma a quanto vedo, tu ti stai già arrendendo»
«Non è vero…»
«Sì, è verissimo!»
«Peter…Susan, ascoltatemi, per piacere…»
«Anche per me è dura sapere che forse non riuscirò più a rimettere piede laggiù, ma almeno un tentativo lo voglio fare!»
«Hai già fatto quel tentativo, Peter, proprio adesso, e non è successo assolutamente niente! Come sempre!» gridò Susan arrabbiata. «Sarà sempre la stessa storia: andremo là, vivremo momenti indimenticabili, avventure straordinarie…e poi? Poi torneremo di nuovo in questo mondo e tutto svanirà come se non fosse mai esistito! Non credevo sarei mai arrivata a pensarla in questo modo, mi dispiace, ma mi sono resa conto che Narnia è solo un bellissimo castello in aria»
«Hai fatto una promessa, Susan» le ricordò Peter. «Hai promesso che non avresti mai dimenticato. Se ti arrendi adesso dimenticherai in fretta, lo so. Non farlo, Susan. Non fare questo a Narnia»
«Tu pensi di sapere davvero cosa provo?» chiese la ragazza con gli occhi azzurri che le si riempivano di lacrime. «Pensi davvero che voglia vivere qui? No, non lo desidero affatto!»
«Bè, non lo stai dimostrando!» ribatté Peter serrando i pugni, urlandole contro. Non riusciva a capire perché era così arrabbiato con sua sorella, ma lo era.
«Non sai quanto vorrei non essere mai tornata qui!» gridò ancora Susan. «Aver fatto un passo indietro al momento di passare attraverso quel maledetto albero! Essere rimasta là, tra le braccia di Caspian!»
Peter stava per ribattere, ma non osò.
I due fratelli maggiori si fissarono un momento. Lei abbassò lo sguardo per prima. Una lacrima solitaria scese lungo la sua guancia. L’asciugò in fretta, passandosi una mano sul viso, non permettendo ad altre di cadere.
Era stanca. Stanca di collezionare delusioni una dietro l’altra. Prima la storia dell’armadio: da Re e Regine di nuovo a comuni ragazzini; poi Caspian, che per colpa sua stava sicuramente soffrendo. Non l’avrebbe biasimato se lui avesse deciso di dimenticarla non vedendola più tornare.
E ora questo.
Aveva avuto fiducia nel suo corno d’avorio, che mai l’aveva tradita…almeno fino a quel momento. Aveva dato l’ennesima possibilità al suo cuore di sperare, perché qualcuno diceva che la speranza era l’ultima a morire.
La sua era morta quel giorno.
«Mi dispiace» disse Peter dopo un po’. «Forse non posso capire il tuo punto di vista»
«No, scusami tu. Non volevo aggredirti, perdonami. E’ solo che…» Susan non terminò la frase.
«ADESSO BASTA E STATEMI A SENTIRE!!!» gridò Lucy a squarciagola.
Edmund, in piedi vicino a lei, si tappò prontamente le orecchie.
Peter e Susan si voltarono finalmente a guardare la più piccola.
«Siete ridicoli e non ve ne rendete nemmeno conto! E mentre perdevate tempo a litigare io invece mi sono messa a ragionare e credo di aver capito una cosa!»
«Vi prego, non contradditela, o mi romperà anche l’altro timpano» li pregò Edmund, infilando il mignolo nell’orecchio leso. «Quando ti arrabbi ruggisci come una leonessa, Lu, te l’hanno mai detto?»
Lucy gli sorrise. Aslan le aveva detto qualcosa di simile riguardo al suo coraggio poco tempo prima.
Pensare ad Aslan le infondeva coraggio, a lei come a tutti.
Tornò seria e guardò con rimprovero i più grandi.
«Adesso promettete di non litigare mai più in quel modo, o non vi dirò niente di niente»
Li costrinse letteralmente, e Susan e Peter non poterono far altro che giurare.
«Bene. Adesso ascoltatemi attentamente: ricordate che ore erano l’altro giorno- voglio dire, oggi- quando siamo arrivati sulla spiaggia accanto alle rovine di Cair Paravel?»
«Circa le dieci, mi pare» disse Peter.
«Esatto! E se la memoria non m’inganna, l’ora era la stessa anche la prima volta che siamo stati a Narnia!»
«No» disse Edmund sicuro. «Ricordo perfettamente che era pomeriggio quando ci parlasti del Signor Tumnus, della foresta e tutto il resto. Stavamo giocando a nascondino a casa del professor Kirke. E quando è toccato a me entrare nel guardaroba, era sera tardi»
«No, no» fece Lucy impaziente, scuotendo la testa. «Non riesco a spiegarmi…E’ vero, la prima volta che io entrai nell'armadio era un pomeriggio, la seconda volte era sera, ma io sto parlando di quando passammo tutti e quattro insieme attraverso il guardaroba. Stavamo giocando nel giardino del professor Kirke ed erano circa le dieci del mattino. Non potete non ricordarvi»
Ceto che lo ricordavano, e molto bene anche. Impossibile dimenticare quando entrarono nel paese di Narnia per la prima volta. Poi, Edmund trattenne il fiato. Lui fu il primo a capire.
«Sì...» proseguì Susan. «Sì, è vero: facemmo colazione intorno alle nove, quel giorno, e poi andammo subito fuori a fare una partita a cricket»
Peter aggrottò la fronte, perplesso. «Lu, dove vuoi arrivare?»
Lucy sbuffò. «Sono suonate le undici poco fa. Ancora non capite? Abbiamo mancato l’ora giusta!»
Tutti si guardarono. Sembrò che il mondo si fosse zittito. Per molto tempo, nessuno disse nulla.
«Il tempo...» mormorò Peter, fissando lo sguardo su un punto imprecisato del suolo. «Vuoi dire che è il tempo che determina la nostra partenza?»
«Non lo so. Ma tutto può essere, no?» fece Lucy, con un nuovo sorriso che le si apriva sul volto.
«Quindi possiamo ritentare domani» disse Edmund, ritrovando l’entusiasmo a una nuova prospettiva di riuscita. «Possiamo provare tutti i giorni finché non funziona!»
«E come? Domani a quest’ora, ognuno di noi sarà nella propria classe. E anche nei giorni a seguire» disse Susan, che evitava accuratamente di guardare Peter. Lui faceva lo stesso.
Non avevano mai litigato in quel modo prima d’ora, erano sempre andati molto d’accordo. Si sentivano un po’ a disagio.
«Vorrà dire che salteremo di nuovo la scuola» disse Edmund con uno sguardo da furbo.
«Non se ne parla!» dissero in coro Lucy e Susan.
«Senza contare che è pericoloso girare per le strade, di questi tempi, specie se da soli» ricordò quest’ultima. «Siamo nel pieno di una guerra»
«Inoltre» aggiunse Peter, rivolgendole un rapido sguardo «dovremo farlo quando siamo tutti insieme, a casa. A scuola c’è il rischio che ci scoprano»
«E allora quando?» chiese Edmund.
«Domenica» propose Lucy.
«No» intervenne Peter. «Alle dieci saremo in chiesa per la messa. Meglio sabato. Saremo da soli a casa»
«Manca un’intera settimana!» protestò di nuovo Edmund. «Oggi è solo lunedì! Quanto tempo passerà a Narnia, nel frattempo?»
Già, c’era anche quel problema con cui confrontarsi. La paura di tornare indietro e…
Alle parole di suo fratello, Susan si rese improvvisamente conto che non aveva minimamente considerato lo scorrere del tempo. C’era una differente linea temporale tra i due mondi, e nessuno di loro sapeva esattamente come funzionava.
A Narnia potevano già essere trascorsi mesi, forse anni…anni nei quali Caspian avrebbe potuto trovare una sposa, perché infine il regno avrebbe avuto bisogno di una regina che desse certezze al suo popolo, che restasse al fianco del Re, che gli desse un erede.
No! Il solo pensiero era intollerabile. Non poteva essere…
Peter aveva ragione. Aveva ragione su tutto. Si era infuriata con lui perché aveva centrato il problema: lei voleva tirarsi indietro perché aveva una paura folle di quello che avrebbe potuto trovare se mai fosse tornata a Narnia.
Però, se c’era anche solo una mera possibilità - se Aslan dava loro quella possibilità - lei non poteva tirarsi indietro, anche se avrebbe voluto.
La verità era che desiderava ardentemente ritornare il più presto possibile, perché più restava a contatto con il suo mondo, più aveva paura di dimenticare quell’altro. E pur avendolo praticamente ammesso e avendolo desiderato, nel profondo del suo cuore non voleva dimenticare.
A volte, però, era difficile non venir tentati dal pensiero che lasciar perdere tutto potesse essere la soluzione migliore. Non pensare mai più a Narnia poteva essere la cura più dolce per la sua malattia: la nostalgia. Perché la nostalgia può ucciderti.
Aveva desiderato farlo già la prima volta che era tornata in Inghilterra, dopo aver riattraversato la barriera magica dell’armadio guardaroba. Tuttavia, all’epoca era riuscita a farsene in qualche modo una ragione, accettando la vita sulla Terra e conservando il ricordo degli anni in cui era stata Regina nell’Età d’Oro.
Da un lato, avrebbe voluto suonare il suo corno ancora e ancora, all’infinito, finché- proprio come aveva detto Edmund- non fossero riusciti a sbloccare quella magia racchiusa al suo interno; dall’altro avrebbe voluto scagliarlo via, nasconderlo e non vederlo mai più.
In un certo senso fu quello che fece.
Quando tornò a casa, infilò il corno in una scatola in fondo al suo armadio, dove teneva vecchie fotografie, lettere e cartoline. Un luogo sicuro, dove nessuno avrebbe potuto trovarlo, neanche la mamma quando faceva le pulizie.
Lo stesso avrebbe desiderato fare con i suoi sentimenti: relegarli in un angolo del cuore e della mente, e non permettergli di farla soffrire così.
“Credevi che tornando a casa le cose sarebbero cambiate?”si era chiesta.
Sì, era la risposta.
Affatto, era la verità.
Un vecchio proverbio diceva ‘lontano dagli occhi, lontano dal cuore’. Ebbene, non esisteva proverbio più falso!
Perché più non vedeva gli occhi profondi di Caspian incontrarsi coi suoi, più desiderava specchiarvisi; più non sentiva la sua voce, più avrebbe voluto udirla sussurrarle ancora parole d’amore; più non sentiva il suo calore, le sue mani, le sue labbra, più li cercava.
Talvolta, si svegliava nel cuore della notte con le mani tese al nulla, le guance rigate di lacrime. Nel sogno vedeva Caspian sempre voltato di spalle e correva per raggiungerlo. Dove era lei c’era buio e freddo, dov’era lui c’era luce e calore. Lo chiamava, gridava il suo nome, e allora lui si girava e le sorrideva, allargando le braccia per stringerla…non riusciva mai a raggiungerlo in tempo. Lì si svegliava, non vedendo altro che le pareti della sua camera avvolte nel buio.
«Caspian dove sei?» mormorava piangendo, rigirandosi su un fianco, affondando il viso nel cuscino. «Vieni a prendermi»
E intanto, i giorni passavano.
Non trascorse una settimana. Ne passarono due, tre, perché non ci fu più occasione per i fratelli Pevensie di trovarsi da soli in tranquillità.
Nel frattempo, il corno d’avorio se ne stava sempre dentro quella scatola, in attesa.
Quando infine loro madre disse che doveva recarsi lontano da Finchley per qualche giorno, i ragazzi credettero finalmente di avere l’occasione che da tanto aspettavano.
Ma qualcosa andò storto.
Quel qualcosa si materializzò sotto forma della persona più insopportabile ai quattro fratelli Pevensie, e l’antipatia potevano star certi che fosse reciproca.
Quella persona si chiamava Eustace Clarence Scrubb.
 
 
 
 

Volevo aspettare un po’ prima di mettere questo capitolo, ma non ce l’ho fatta, così l’ho postato appena finito di scriverlo. Praticamente cinque minuti fa! Non ho riletto, per cui se ci sono errori madornali ditemelo, non esitate!
Finora sono stata piuttosto veloce nell’aggiornare questa fanfiction, e spero di continuare così almeno per un po’, anche se non ho scritto niente oltre questo. Ci sono le idee, tante, tantissime! Ma non so come metterle in ordine…Se le parole potessero riversarsi su carta (in questo caso pc) appena le pensi, sarebbe favoloso!
L’idea di base è questa: inserire i quattro Pevensie nelle vicende del Viaggio del Veliero ma rivoluzionare il tutto con un’altra avventura. Li voglio tutti su quella nave, assolutamente!!! Di conseguenza, non può mancare il caro vecchio Eustace! XD
Caspian, per un po’, penso non si vedrà. In fondo devono passare tre anni a Narnia, però se mi viene in mente qualcosa su di lui state certi che lo farò apparire.
E Jill? Forse arriverà prossimamente, non so ancora bene…
Spero di non correre troppo nel narrare la storia (non sono il tipo che riempie i capitoli di descrizioni, perché secondo me minimizza la fantasia del lettore). Insomma, guardate i primi tre capitoli! Secondo voi è stato affrettato sviluppare la storia tra Caspian e Susan in quel modo? Però l’ho fatto perché mi serve…
Ok, sono qua a sproloquiare come una sclerata, a chiedervi consigli e poi a rispondermi da sola, inoltre rischio di far divenire questa nota (che non interessa a nessuno di sicuro) più lunga del capitolo, per cui passo ai ringraziamenti:

Per le seguite:
CaspiansLover, FrancyNike93, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Poska, Serena VdW e SweetSmile

Per le recensioni dello scorso capitolo: IwillN3v3rbEam3moRy, Serena VdW e tinny

Vi lascio alle recensioni.
Vi aspetto numerosi! A presto!
Baci Susan ^^

 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: La famiglia Scrubb ***


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5. La famiglia Scrubb
 

Eustace odiava i suoi cugini Peter, Susan, Edmund e Lucy. Non tanto perché fossero insopportabili e petulanti come pochi, oltre che terribilmente noiosi; era soprattutto quel loro continuo parlare di favole, mondi incantati e altre stranezze del genere.
Eustace era un tipo pratico, con ben poca fantasia, non aveva grilli per la testa lui, e meno che mai perdeva il suo tempo a pensare a qualcosa che non esisteva affatto.
Lui e sua madre avevano la stessa opinione sui quattro fratelli Pevensie: gente senza un briciolo di sale in zucca, la testa piena di sciocchezze, che non si addicevano per nulla a ragazzi di quell’età ma che il signore e la signora Pevensie non cercavano in alcun modo di scoraggiare.
Insomma, per dirla come Alberta Scrubb: erano irrecuperabili.
«Sono ancora così giovani» ripeteva spesso la zia Helen, che era la sorella di Harold, il padre di Eustace.
«Ma mia cara» rimbeccava Alberta, «Peter è quasi un uomo, e Susan è una signorina fatta e finita. Sarebbe ormai ora che lasciassero perdere quei giochi infantili, ormai».
Secondo Alberta, la colpa maggiore era da attribuire a Edmund e Lucy.
«Dovresti incoraggiare i più grandi a ricercare la compagnia di giovani della loro età, e non sempre e solo di quella dei fratelli più piccoli. Non è bene che siano così attaccati».
La signora Pevensie era indecisa sul da farsi: dare o non dare ragione ad Alberta?
Alla fine, però, aveva ceduto alle pressioni della cognata. Povera Helen, che altro poteva fare? Suo marito non era nemmeno lì a consigliarla, dato che non sarebbe tornato in congedo dalla guerra prima di Natale.
Anche suo fratello Harold era stato al fronte, ma era dovuto tornare a casa molto prima, a causa di una grave ferita. Fortunatamente, ora sembrava stare molto meglio.
«Perché non mi mandi qui Susan, qualche volta?» aveva chiesto Alberta a Helen. «La farò entrare in società, ho delle conoscenze. Non la vedo da un po’ ma, da come me la descrivi, dev’essere diventata una bellezza. Non avrà di certo problemi ad inserirsi»
In quanto a Peter, era intervenuto il signor Scrubb.
«Lo indirizzerò al mondo del lavoro. Vuole diventare professore di letteratura, hai detto, Helen cara? No, no, ci penserò io a raddrizzargli la schiena!»
La decisione sembrava ormai presa: sia Susan che Peter sarebbero andati a Cambridge (gli Scrubb abitavano là) l’ultima settimana di ottobre.
Il giorno che la signora Pevensie era tornata a casa e aveva dato la notizia, naturalmente si era scatenato il putiferio.
«Dovrò assentarmi per un paio di settimane a causa del mio lavoro. Cercate di capire, ragazzi: in questi tempi così difficili è già tanto averne uno che ci permetta di tirare avanti. Inoltre, lo zio Harold e la zia Alberta si sono gentilmente offerti di ospitare due di voi. Non hanno spazio a sufficienza per tutti e quattro. Peter e Susan andranno dagli zii, Edmund e Lucy dormiranno in collegio. Ho già avvertito il rettore e dice che non c’è problema»
«Perché non possiamo restare a casa?» aveva esclamato Edmund Non siamo più così piccoli da non saper badare a noi stessi!».
«Mamma, se serve smetterò di studiare e mi cercherò un lavoro» aveva aggiunto Peter.
La signora Pevensie era rimasta molto colpita dalle parole del figlio maggiore, ma non ci fu nulla da fare.
«No, tesoro, devi finire, è importante. Devi prendere il diploma»
A quel punto, Edmund e Lucy avevano fatto i diavoli a quattro per convincere la mamma a non dividerli. Da troppo tempo aspettavano di ritrovarsi soli, così da poter suonare di nuovo il magico corno d’avorio che li avrebbe riportati a Narnia. Come avrebbero fatto adesso, se li separavano?
La signora Pevensie fu molto paziente ma alla fine si arrabbiò, con il risultato di esser costretta a minacciare Edmund e Lucy di metterli in punizione. Il che, dopotutto, non fu neanche un male…
Quando Edmund disse: «Due settimane a casa Scrubb…con Eustace! Non vi invidio, ragazzi», la signora Pevensie aveva ribattuto con queste parole:
«Dite di odiare vostro cugino Eustace, dovreste vergognarvi! Bene! Visto che la mettete così, ci andrete tutti a Cambridge! Gli Scrubb sono gli unici parenti che abbiamo e sono stati fin troppo gentili con noi!»
In un certo senso, i quattro fratelli avevano ottenuto quello che volevano: restare uniti. Purtroppo però, con quella peste di Eustace in giro, le occasioni di tentare il ritorno a Narnia sarebbero state scarse quanto lo erano state finora. Di sicuro, si sarebbe impicciato non appena avesse capito che gli tenevano nascosto qualcosa.
In fin dei conti, la situazione non era cambiata di molto, anzi, sarebbe perfino peggiorata.
Quindici giorni con Eustace…l’inferno, a confronto, era un praticello fiorito.
Ma se a casa Pevensie c’era stata la guerra, a casa Scrubb si era scatenata l’apocalisse!
Non appena saputo che i suoi cugini Peter e Susan (spocchioso e noiosa) sarebbero arrivati a casa sua, Eustace era stato addirittura felice, pensando già di potersi divertire con quei due tirando loro qualche bello scherzo (ad esempio, tingere i capelli di verde a Peter o mettere un serpente di gomma nel letto di Susan).
Essendo di qualche anno più grandi (Eustace aveva la stessa età di Lucy) Peter e Susan non avrebbero mai osato prendersela con chi era più piccolo di loro. Eustace sapeva fin troppo bene com’erano fatti, soprattutto Susan, che era sempre tanto buona e generosa con tutti. Di sicuro, non avrebbero voluto fare la figura dei prepotenti. Che cosa avrebbero potuto dire i genitori e gli zii, altrimenti?
Eustace già pregustava la vittoria, quando ecco una nuova terribile notizia: la zia Helen intendeva scaricare a Cambridge anche Edmund e Lucy (scemo e nanerottola).
«No, no e poi no! Non ce li voglio tutti qui! Non li sopporto, sono odiosi! Vedrete, mi faranno ammattire di sicuro. Sono cattivi! Perfidi! Mi giocano sempre degli orribili scherzi! Non potete! E poi non ci staremo tutti, la casa non è abbastanza grande!»
Eustace pestò i piedi per terra, gridò, minacciò di fare lo sciopero della fame, tolse il saluto ai genitori e altre sciocchezze del genere. Comunque sia, la situazione non mutò.
Harold e Alberta non lo sgridarono, non ne valeva la pensa secondo loro, e così lasciarono che il figlio sbollisse la rabbia man mano che i giorni passavano.
Il fatto era che Eustace sapeva che, se Peter e Susan poteva sistemarli perfettamente anche da solo, con Edmund e Lucy a dar manforte ai fratelli maggiori, non c’era speranza per lui.
A preoccupare il ragazzino era soprattutto Edmund, il quale era capacissimo di far pagare al cugino tutti i suoi tiri mancini a suon di botte. Non sarebbe stata la prima volta che si accapigliavano.
Eustace ricordava benissimo l’ultima volta che era capitato, ne portava ancora i segni. Da allora, aveva imparato ad esser più cauto nell’architettare i suoi perfidi giochetti ai cugini, sempre tenendosi a debita distanza dai quattro, così da poter avere un buon vantaggio sulla fuga se questa si fosse richiesta necessaria.
A nulla valsero le sue proteste e, alla fine, eccoli lì, lui e i suoi genitori, sull’auto di suo padre Harold, diretti alla stazione di Cambridge per andare ad accogliere i fratelli Pevensie, che sarebbero arrivati con il direttissimo delle cinque.
Vista la stagione, faceva già un po’ buio. I lampioni ai lati della strada si accendevano piano piano uno dopo l’altro.
Nell’osservarli, con il viso appoggiato svogliatamente alla mano, Eustace sbuffò. Gli era tornato in mente un particolare che lo faceva innervosire. Ovviamente, riguardava i suoi cugini…
Li aveva sentiti più volte parlare di lampioni che crescevano in una foresta...
Di certo, a quelli lì mancava un venerdì, per non dire tutta la settimana: lampioni in una foresta?! Certo, e lui era Einstein!
L’auto si fermò davanti alla stazione. Harold spense il motore e scese per primo. Lo seguì Alberta. Eustace non si mosse.
Ancora non capiva una cosa: perché i suoi genitori si erano messi in mente di far da mentore a Peter e Susan? Che li lasciassero diventare stupidi e noiosi quanto volevano, a loro che importava? Bha…decisamente non capiva. Affari da adulti, probabilmente…
«Eustace, andiamo?» lo chiamò la madre, tenendo la portiera aperta.
«Non ci vengo. Tanto, tra cinque minuti me li ritroverò lo stesso davanti. Lasciami godere gli ultimi attimi della mia felicità»
«Oh, su, non fare lo stupido». Alberta lo prese per un braccio e lo fece scendere di peso dall’auto.
Eustace sbuffò di nuovo, anzi, lo fece per tutto il tragitto, dall’entrata fino al binario dove il treno era in arrivo.
«Come faranno con la scuola?»
«Hanno chiesto qualche giorno di permesso» spiegò suo padre.
«Ah, bello! Così io ci devo andare e loro no?! Non è giusto!»
«Smettila di comportarti come un bambino piccolo» lo ammonì Alberta. «Stiamo facendo un favore a tua zia che deve lavorare fuori città»
«Va bene, ma come ci sistemiamo per dormire? Eh?» insisté.
Questo era il punto che più gli premeva: non voleva assolutamente dividere la sua stanza con Peter e Edmund.
Intanto, il treno cominciava ad intravedersi in lontananza e il rumore sempre più assordante lo costringeva a parlare a voce più alta.
Suo padre si chinò vicino al suo orecchio per farsi sentire. «Non preoccuparti» gli disse semplicemente.
Non preoccuparti? Solo questo? Fosse facile! Con quei quattro in giro c’era da aspettarsi di tutto.
Eustace aveva sentito cose spaventose sul conto dei cugini. Aveva sentito che, circa un paio d’anni prima, i quattro ragazzi Pevensie erano andati a passare le vacanze da un vecchio professore amico di loro padre., Pareva che, durante tutta la loro permanenza, avessero rinchiuso suddetto professore dentro un grande armadio, e avessero costretto la governante della casa a servirli e riverirli come re e regine, mentre loro si sollazzavano dando ordini a destra e a manca.
I suoi genitori non sapevano quelle cose perché non avevano mai origliato i discorsi dei nipoti, ma lui sì! I cugini avevano una bella faccia tosta a sostenere che il malvagio e il più pestifero fosse lui! Sì, d’accordo, ogni tanto si divertiva alle loro spalle, ma qui era il bue che dava cornuto all’asino!
Erano tutti matti, quelli lì, altroché! Parola di Eustace Clarence Scrubb!
«Eccoli!» disse a un tratto Alberta, sventolando una mano in segno di saluto.
Nemmeno, lei - Eustace lo sapeva- amava particolarmente i nipoti. Ma i parenti si devono aiutare nel momento del bisogno, e gli Scrubb erano gli unici parenti che i Pevensie avevano, per cui…
Inoltre, con dei figli degenerati come quelli, il cielo sapeva se la cara Helen avesse bisogno di una mano, povera anima...
Ad ogni modo, ci avrebbero pensato loro a metterli in riga quei quattro, sissignore! Due settimane e sarebbero stati irriconoscibili.
Il treno si fermò sferragliando e, Peter, Susan, Edmund e Lucy, scesero sulla banchina della stazione. Ci furono stette di mano per gli uomini e baci sulle guance per le donne. Harold li aiutò con le valigie, prendendo quelle delle ragazze.
«Ciao, Eustace» disse Susan, chinandosi verso di lui per dargli un bacio.
Bleah! Perché diavolo sua cugina doveva sempre essere così terribilmente zuccherosa?
Si scansò appena in tempo. Susan ci rimase un po’ male.
“Ecco” pensò, “così impari a fare la finta gentile. Tanto lo so che mi detesti. Lo sanno tutti”
«Bè? Non si saluta?» sbottò Edmund con sguardo corrucciato.
Tra i lui e il cugino era odio puro!
«Sì, sì, ciao» tagliò corto Eustace.
«Andiamo, andiamo!» li incitò Harold, in testa al gruppo, guidandoli attraverso la ressa e poi fuori dalla stazione.
Fecero chiamare un taxi: non ci stavano tutti sull’auto con cui erano venuti gli Scrubb. Mentre aspettavano, si scambiarono qualche informazione di convenienza sulla salute, il lavoro, la scuola. Le solite cose, insomma, come si fa sempre per educazione con persone che non vedi da molto tempo.
Più precisamente, le due famiglie era dalla Pasqua precedente che non si vedevano.
Gli Scrubb e i Pevensie non avevano mai avuto gran rapporti tra loro. Si telefonavano o mandavano cartoline per Natale, e qualche volta si riunivano per pranzi e cene festive. O meglio, erano i Pevensie a mandare cartoline, telefonare o invitare gli altri. L’iniziativa partiva sempre da loro. Raro era anche ricevere una visita degli Scrubb in altri momenti dell’anno.
Quando il taxi arrivò, Harold e il tassista caricarono le valigie di Susan e Lucy, le quali sedettero sul sedile posteriore con la zia Alberta. La loro macchina partì per prima.
Dopo aver sistemato i bagagli dei nipoti, Harold fece cenno ai tre ragazzi di salire sulla sua macchina. Edmund e Eustace continuavano a spintonarsi e darsi botte. Peter ebbe l’accortezza di mettersi in mezzo a loro per farli smettere. Lanciò a entrambi un’occhiataccia, così che se ne stettero buoni per un pò, ignorandosi completamente.
Non si parlò molto sull’auto di Harold, a parte gli sporadici tentativi di Peter di intavolare una conversazione che si rivelò alquanto scarsa.
D’un tratto però, lo zio disse: «Ti piacerebbe venire a vedere dove lavoro, Peter?»
«Ehm…io…s-sì, perché no» balbettò il ragazzo.
Sapeva che zio Harold era proprietario di una segheria, ma la cosa non lo interessava molto, a dire il vero. Comunque, rispose così per non sembrare maleducato.
«Bene, bene!» esclamò lo zio, rianimandosi. «Domattina, allora, ti porterò con me».
Lì per lì, non sapendo bene come reagire, Peter disse solo «Va bene» e lanciò un’occhiata perplessa a Edmund, il quale aveva capito ancora meno di lui.
Da quando lo zio Harold era così bonario con loro?
Nel frattempo, nel taxi, la situazione non poteva essere più diversa. Alberta non la smetteva più di chiacchierare con Susan di circoli, feste e vestiti alla moda.
«Ho già pensato a tutto, mia cara» disse con voce entusiasta, ignorando completamente Lucy.
La ragazzina se ne stava a braccia conserte, sprofondata nel sedile, e aveva anche messo su il broncio. Sembrava davvero offesa. Susan le rivolgeva sorrisi di scusa, come a dire che non era colpa sua, tentando anche di coinvolgere la sorellina nel discorso ma senza successo.
«E domenica» annunciò la zia, «ci sarà un magnifico party, sei arrivata giusto in tempo. Bella come sei, farai un figurone. Tua madre lo dice sempre, sai? Susan qui, Susan là…e devo dire che ha ragione, sei proprio una bellezza rara»
Susan, che si sentiva molto a disagio e molto in colpa verso la sorellina, provò a chiedere:
«Potrà venire anche Lucy, vero zia Alberta?».
La donna diede in una risatina. «Ma certo che no! E’ troppo piccina!»
Lucy le fece una bella linguaccia. La zia, voltata di schiena, non la vide, ma Susan si.
Fortunatamente, Lucy non sembrava troppo arrabbiata con lei, e le due si scambiarono anche un sorriso.
«Sono sicura» proseguì Alberta, «che se abbandonassi quell’aria così seria ti troverai presto anche un buon corteggiatore. Anzi, più di uno»
«Non sono interessata agli spasimanti» ammise Susan.
Alberta sembrò alquanto stupita. «Come sarebbe? Hai sedici anni, tesoro. Tutte le ragazze della tua età desiderano le stesse cose: essere carine e avere successo con i ragazzi. Ero così anch’io»
«Sì, ma io…veramente…»
«Da come parli, potrei dedurre che hai già il fidanzato»
A quelle parole, le due sorelle si scambiarono uno sguardo. Lucy si tirò su dritta a sedere e Susan si rattristò.
«No» disse la maggiore con un filo di voce.
Ma quasi contemporaneamente, Lucy disse «Sì!».
Alberta, decisamente perplessa, si volse finalmente a guardare la più piccola.
«Come?»
Le due ragazze si guardarono ancora. I loro occhi azzurri si incontrarono. Lucy alzò le sopracciglia e mosse impercettibilmente le labbra, come a voler dire qualcosa alla sorella, quasi a chiederle di reggerle il gioco ma senza osare farlo in presenza della zia.
«Allora? E’ si o è no? Non capisco più» chiese di nuovo quest’ultima, con un sorrisetto.
«E’…» balbettò Susan. «Sì»
«Aaahh…» fece la zia, con aria compiaciuta.
Lucy si rilassò.
«Ecco, non è che sono proprio fidanzata, in effetti, ma…» aggiunse subito Susan.
Non se la sentiva di dire una bugia, quindi rimase sul vago. In fin dei conti era vero, non era impegnata proprio con nessuno. Anche se, a pensarci bene, ci era andata molto vicino.
Ricordava il fiore blu. Oh, se lo ricordava…
Nel suo mondo non significava nulla, ma nell’altro…
Un’antica tradizione di Narnia, vuole che un uomo regali una rosa blu alla donna che ha scelto come sua sposa per la vita...
Non volle far affiorare quel ricordo, o avrebbe rischiato seriamente di mettersi a piangere.
«Bè, se non sei fidanzata, allora sei libera, tesoro mio» disse ancora Alberta. «Mia cara nipote, sei troppo giovane per pensare a qualcosa di serio. Dovresti divertirti un po’, prima»
«Ma io non…» protestò Susan. O almeno ci provò.
«Zitta, zitta. Ormai ho deciso tutto. L’ho detto anche a tua madre, ovviamente, e lei mi è sembrata assolutamente d’accordo» «Che cosa?» Alberta batté una volta le mani, soddisfatta. «Vorrei che entrassi in società, Susan. Faresti un figurone- l’ho già detto?- se ti truccassi un po’ di più e ti pettinassi diversamente»
Dicendo questo, Alberta aggiustò i capelli di Susan, sollevandoli ai lati delle orecchie per vedere che effetto facevano, per poi lasciarli ricadere. Rimase pensierosa, portandosi un dito al mento, tornando ad ignorare Lucy completamente.
Susan cerò di nuovo appoggio nella sorellina, ma Lucy si era rivoltata dall’altra parte con l’intenzione di ignorarle a sua volta.
«Bene» annunciò infine la zia, con un gran sorriso. «Domani verrai dal parrucchiere con me»
«Ma…»
«Niente ma! Ho deciso»
Ancora una volta, Susan non riuscì a protestare.
Ormai erano arrivate a casa.

 
 
 


Scusate se ci ho impiegato così tanto a mettere questo nuovo capitolo, ma sono i crisi totale per via del lavoro che non va affatto bene (se sono davvero sfigata mi lasciano a casa tra un po’, e non solo io, anche un sacco di miei colleghi). Capirete dunque che non sono stata molto in vena negli ultimi giorni, mi scusate? Cercherò di rifarmi e speriamo che le cose si sistemino.
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo. Ho descritto bene gli Scrubb? Molti li trovano antipatici, ma a me non lo sono per niente. Forse Eustace è un po’ petulante e tutto il resto, ma che volete farci, io lo trovo fortissimo, mi fa morir dal ridere in certe scene! XD
Altri problemi per i Pevensie, poveretti. Chissà cosa succederà? Ebbene, lo scoprirete nel prossimo capitolo, perché la vostra Susan ha già in mente tutto!

 
Grazie a: CaspiansLOver, FrancyNike93, GosspGirl88, JLullaby, piumetta, Poska, SerenaVdW e SweetSmile per aver messo la storia nelle seguite.
 
Per le recensioni dello scorso capitolo invece ringrazio:  IwillN3v2rbEam3moRy (la mia fedelissima XD ogni volta ho paura di scriverlo sbagliato) e SerenaVdW (sto aspettando il seguito della tua fic!!!)
 
E se qualcun altro volesse recensire, c’è spazio per tutti, non esitate, mi fate solo piacere. Grazie!
Un bacio
Susan^^

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Il quadro e il veliero ***


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6. Il quadro e il veliero
 

 

Non sarò mai troppo lontano per sentirti
E non esiterò per niente
Ogni volta che mi chiamerai
E ricorderò sempre
La parte di te così dolce
Sarò lì ad afferrarti quando cadrai
Ogni volta che mi chiamerai




 
Come regalo di benvenuto, quella sera stessa, Eustace infilò quattro bei ragni finti nella minestra dei cugini. Dove li aveva presi era un mistero, probabilmente aveva un qualche diabolico laboratorio segreto in cantina, dove faceva esperimenti ancora più diabolici.
Susan, Lucy e Alberta cacciarono un urlo da far venir giù il soffitto. Harold scoppiò a ridere a vedere la moglie saltare in piedi su una sedia. Peter si astenne da qualsiasi commento, cercando di mantenere la calma ma cominciando a meditare vendetta. Edmund, infine, avrebbe voluto strozzare il cugino, che sghignazzò come un matto per il resto della cena.
Eustace ed Edmund, come c’era da aspettarsi, iniziarono da subito una guerra, dapprima silenziosa, che nei giorni seguenti si trasformò in vere e proprie battaglie a più riprese (cioè quando i signori Scrubb non erano nei paraggi o non guardavano).
Quella sera, andarono tutti a dormire molto presto. Lucy e Susan occupavano insieme la stanzetta degli ospiti, non molto grande ma davvero accogliente. Peter e Edmund, invece, vennero letteralmente pigiati in quella di Eustace (e ciò era rischio di risse notturne). Qui, erano state aggiunte un paio di brande piuttosto comode, ma non c’era quasi più spazio per camminare e a Eustace questo non andava affatto bene. Come al solito, quando c’erano i Pevensie di mezzo, le cose andavano storte e di mezzo ci andava sempre e solo lui.
Eustace aveva comunque un po’ di respiro, perché i due cugini se ne stavano quasi tutta la sera nella stanza dalle sorelle, a chiacchierare di chissà quali sciocchezze, com’era loro consuetudine.
Susan e Lucy raccontarono la conversazione che si era tenuta in taxi, e commentarono tutti insieme l’idea dello zio di voler portare Peter al lavoro con lui.
«Di solito ci lasciano fare quello che volgiamo» disse quest’ultimo pensieroso, «purché non li disturbiamo. Questa volta sembra quasi che vogliano coinvolgerci in una sorta di…non so…che abbiano qualcosa in mente, ecco. Ma non so cosa»
«Probabilmente vogliono solo farci sentire a nostro agio» disse Susan, che non pensava mai male di nessuno.
«Ne dubito. C’è sotto qualcosa»
«Zia Alberta dice che mamma approva queste iniziative»
«Allora perché non ci siamo anche io e Lucy in questi loro ‘progetti’ ?» chiese Edmund un po’ seccato.
Peter alzò le spalle come a dire che non lo sapeva. «Andrai con la zia, domani?» chiese poi il ragazzo alla sorella.
«Sì» rispose Susan. «Dopotutto, credo sia meglio, così la farò contenta»
«E di nuovo, io e Edmund siamo tagliati completamente fuori» aggiunse Lucy stancamente.
Era ancora piuttosto risentita per essere stata ignorata a quel modo da Alberta.
Lucy non lo avrebbe mai ammesso davanti agli altri, e un po’ si vergognava di sé stessa, ma talvolta desiderava essere al posto di Susan.
La sorella maggiore, ormai sedicenne, era considerata la bella di casa. Per il suo compleanno aveva ricevuto una splendida collana di perle e Lucy era stata felicissima quando Susan gliel’aveva fatta provare, sentendosi in colpa per le piccole fitte di gelosia che ogni tanto provava nei suoi confronti.
«Quando potrò averne una anch’io? A me non fanno mai regali così belli» diceva la più giovane.
«Quando sarai un po’ più grande, Lu»
Non era sempre stato così, tra loro. Susan era la sua migliore amica, la confidente ideale, e non ne era mai stata invidiosa in alcun modo, neanche per tutti i premi che vinceva nelle gare di nuoto a scuola, né per altro. Perché, nonostante tutto, Susan non si vantava mai dei complimenti che le facevano, quasi non si accorgesse di essere com’era. Per Lucy, era bellissima.
Lucy aveva tredici anni, e quando si guardava allo specchio vedeva il suo corpo ancora piuttosto acerbo (anche se negli ultimi mesi si era alzata di statura e aveva cominciato a fiorire).
Susan, a tredici anni, a differenza di lei, era già una signorina nel vero senso della parola.
Quando si cambiavano, Lucy osservava le linee armoniose del corpo della sorella e desiderava tanto diventare presto come lei.
Proprio mentre rimuginava su questi pensieri, Susan si sedette accanto a lei e le circondò le spalle con un braccio.
«Non fare così, Lu» la consolò. «Non è la fine del mondo non venire in giro per negozi. Senza contare che, probabilmente, sarà una noia totale».
Lucy sospirò ed emise un debole «Mmm» di assenso, ma senza troppa convinzione.
«Puoi venire a farmi compagnia da zio Harold» scherzò Peter facendole l’occhiolino.
«No, no! Per carità!»
I ragazzi sorrisero.
«Ci divertiremo molto di più qui, noi due» intervenne Edmund. «Pensa Lu, potremmo architettare un bello scherzetto a Eustace per ripagarlo di quello di stasera»
«Edmund…» lo ammonì Susan, rabbrividendo al ricordo del ragno.
Edmund non l’ascoltò e continuò a rivolgersi alla sorella minore. «E ascolta la parte migliore: Eustace deve andare a scuola e noi no. Abbiamo la casa tutta per noi»
Finalmente, Lucy sorrise.
 

I primi giorni furono disastrosi.
Lo scherzo di Edmund andò a buon fine.
«Portami della colla e dello spago dalla bottega dello zio» disse a Peter.
«Che ci vuoi fare?»
«Tu non preoccuparti e portameli»
«Come vuoi»
Morale: Eustace, una mattina, si svegliò e vide sopra di sé metri e metri di corda, e si sentì tanto un insetto nella ragnatela del ragno.
Edmund aveva imparato questo trucco a scuola. C’era voluta molta pazienza e molta cautela, ma alla fine il risultato ottenuto era stato quello voluto. Aveva atteso che il cugino si addormentasse e poi aveva legato alle estremità del letto lo spago, formando una vera e propria ragnatela. La colla serviva per essere cosparsa sullo spago.
Così, quando Eustace tentò di alzarsi, oltre che impigliarsi ancor più nella corda, questa gli si appiccicò dappertutto.
«Ti piacciono ancora i ragni, piccolo bruco molesto?»
«Aiuto! Liberami subito, Edmund! Liberami! Oh, tremenda vendetta! Mammaaaaaa!!!»
Gli zii si arrabbiarono sul serio con i più giovani dei Pevensie, e anche se forse i ragni non erano stati granché, (in fondo non erano neppure veri) i nipoti non si pentirono minimamente di ciò che avevano fatto. D’altra parte, tra i ragazzi Pevensie e Eustace era sempre andata così. Non volevano proprio andare d’accordo.
Harold e Alberta si consultarono molto sul da farsi. Dargli una bella sculacciata non potevano, erano troppo grandi, così finirono per impedire ai due di uscire di casa per tre giorni.
«Bè, almeno avremo il modo di tentare di tornare a Narnia» disse Edmund una sera, quando furono di nuovo tutti in camera delle ragazze. «Il problema è che voi due non ci siete mai»
Peter e Susan infatti, venivano condotti tutti i giorni l’uno alla segheria e l’altra per negozi.
«Non è colpa nostra» si giustificò Peter.
I coniugi Scrubb ce la stavano mettendo proprio tutta per non lasciare i fratelli più grandi assieme ai più piccoli e i Pevensie erano sempre più convinti di essere vittime di una sottospecie di complotto da parte degli adulti.
Ne ebbero la conferma il venerdì mattina.
Come  nei giorni precedenti, zio Harold e Peter uscirono molto presto, diretti di nuovo alla sua bottega. Il signor Scrubb sembrava essersi seriamente messo in testa di insegnare al ragazzo l’arte della falegnameria.
Peter non poteva fare a meno di sorridere dentro di sé, pensando a quante costruzioni aveva visto prendere forma quando era Re Supremo di Narnia, nell’Età d’Oro. Aveva visto sorgere le case e le fattorie che avevano fatto di Cair Paravel la capitale del regno. E poi Acquacorrente, Beruna e tutte le altre piccole casette e capanne appartenenti ai piccoli amici del bosco. A Narnia, il legno veniva dato spontaneamente dagli alberi parlanti, così che non venisse fatto loro alcun male, perché driadi e amadriadi sapevano cosa fare e come. Uscivano dai loro alberi e prendevano, ad esempio, un ramo vecchio o qualche pezzo di corteccia che non serviva più e che sarebbe ricresciuto; oppure, segnalavano le piante non magiche più adatte per costruire mobili di vario tipo e che potevano essere abbattute senza problemi.
Le botteghe del legname di Narnia erano molto diverse. Lì a Cambridge, invece, erano state introdotte macchine che rendevano il lavoro molto più facile agli uomini.
«Peter, mi ascolti?»
«Cosa?...Ah, sì, sì, certo zio, scusami»
«Dicevo…come vedi c’è molto da fare. Quando la guerra sarà finita- vedrai finirà, in un modo o nell’altro- ci sarà molto da ricostruire. Certo, il legno non si usa più in gran quantità come nei tempi passati, ma è comunque molto utile. So per certo che con un lavoro del genere guadagnerò bene. All’inizio vendevo a poco prezzo, ma impiegando bene il denaro che ho guadagnato ho rimesso a nuovo il negozio. Non è una bellezza?»
«Sì. Sono sicuro che è un buon lavoro»
«Ti piacerebbe lavorare con me in futuro, Peter?»
Il ragazzo sembrò molto stupito di quella proposta. Non se lo aspettava…o forse sì?
Gli era balenata per la testa questa bizzarra idea che lo zio avesse l’intenzione di fargli una domanda simile, ma non così presto.
«Non ti sembra di correre un po’ troppo, zio? Non sono nemmeno maggiorenne»
«Ho detto in futuro, infatti. So che hai altri progetti, tua madre me ne ha parlato, ma sarai d’accordo con me se dico che, nella difficile situazione in cui si trova il nostro paese, avere un lavoro sicuro per potersi mantenere è più importante che ottenere una cattedra»
Peter si accigliò. Zio Harold sorrise e gli mise una mano sulla spalla.
«Sei un ragazzo intelligente e sono sicuro che…»
«Mi pagherebbero bene se facessi il professore» ribatté il ragazzo.
«Sì, sì, ne sono sicuro, e capisco che tu voglia seguire le orme di tuo padre. Tuttavia, ci vorrà del tempo prima di diventare professore, e altri soldi per farti studiare, per mandarti all’università. Non sai quanti sacrifici hanno fatto i tuoi, finora, e quanti ne stanno ancora facendo. Per te e per i tuoi fratelli»
Era vero, pensò Peter. Probabilmente, dopo la guerra, ci sarebbero stati altri problemi, molte difficoltà economiche, sia che avessero vinto o perso. Sua madre stava già lavorando molto per poter pagare l’affitto della casa, le tasse, senza contare la retta scolastica e le varie spese extra. Suo padre, invece - che insegnava letteratura all’univeristà - aveva dovuto abbandonare il mestiere che adorava fare e andare al fronte.  L’aveva fatto perché intendeva proteggere la sua famiglia, perché sapeva che era giusto farlo e in questo modo avrebbe assicurato ai suoi figli un futuro migliore.
I suoi genitori facevano delle rinunce per loro, e Peter, avrebbe dovuto farne a sua volta. Era il maggiore, era l’uomo di casa ora che mancava il signor Pevensie. Si sentiva responsabile per tutti loro.
«Ho chiesto a mamma che se serve posso trovarmi un’occupazione, e smettere di andare a scuola. Non ha voluto, ma dicevo sul serio»
«Lo so. Sapevo che eri un bravo ragazzo» disse ancora lo zio con aria grave. «Purtroppo pero, i libri non portano cibo sulla tua tavola, Peter. Purtroppo, non sempre possiamo scegliere la strada che ci siamo prefissati»
Peter non rispose. Non aveva mai pensato veramente a tutte queste cose, però, in fondo, lo zio aveva ragione. Non sempre la strada che immaginiamo di seguire è quella che dobbiamo seguire.
«Pensa alla mia proposta, Peter. Senza fretta, comunque, c’è un sacco di tempo» sorrise Harold, dandogli una pacca sulla spalla. «Sarai maggiorenne tra quattro anni, anche se l’anno prossimo, dopo il diploma, potresti già venire a fare un po’ di esperienza da me. Non è un brutto lavoro e si guadagna bene»
«Certo, hai ragione»
«Nemmeno io sono mai andato all’università, ho dovuto darmi da fare presto…Intanto, vieni. Ti voglio mostrare come si taglia e si pialla il legname»
Peter si ritrasse all’improvviso. «Veramente…»
Lo zio si voltò.
«Ecco…io, vorrei tornare a casa. Ho dimenticato di fare una cosa molto importante. Scusa»
«Ma…Peter! Peter!»
Il ragazzo non rispose. Voltò rapido sui tacchi e cominciò a correre verso casa Scrubb.
Sì, c’era una cosa davvero importante che doveva fare, e non era con zio Harold. Era con Susan, Edmund e Lucy. E avevano aspettato anche troppo a lungo.
Susan…accidenti, lei era con la zia! Se però fosse giunto in tempo, avrebbe potuto bloccarle e impedire alla sorella di uscire, o magari intercettarle sulla strada.
«Aslan ti prego, se ci vuoi bene, fammi arrivare in tempo»
 

Quella stessa mattina, alle otto in punto, Susan e Alberta erano già sulla via principale del centro. Erano uscite di casa poco dopo Peter e Harold. La zia doveva recarsi al mercato a fare la spesa, e al mercato si perdeva sempre un sacco di tempo. Per cui, prima si andava e meglio era.
La signora Scrubb incontrava sempre parecchia gente, e spesso si fermava a chiacchierare per mezz’ora buona. (e questo era uno dei motivi per cui facevano sempre tardi). Susan, in quelle occasioni, se ne stava zitta e in disparte. Non conosceva nessuno e non sapeva mai che cosa dire.
Di consuetudine, tutti chiedevano ad Alberta chi era la sua giovane accompagnatrice. «Mia nipote Susan» la presentava la zia con uno strano luccichio negli occhi, ma mai con tanto orgoglio come quando si imbatterono un paio di donne vestite di tutto punto.
Alla loro vista, Alberta si sistemò meglio il cappello e salutò con un lieve inchino, di quelli che ormai non si usano più di questi tempi.
«Carissime signore, quale piacere!» esclamò, andando loro incontro.
La prima era un donnone corpulento con i capelli bruni e ricci, i quali facevano una gran fatica a rimanere sotto il cappellino più vistoso che Susan avesse mai visto. La seconda era una donnina più bassa, magra, con un caschetto grigio e l’aria gentile. Zia Alberta spiegò che la coppia di matrone erano le presidentesse del club esclusivo di cui anche lei aveva la fortuna di entrare a far parte. Entrambe le dame vennero presentate a Susan con davanti al nome l’appellativo di ‘lady’, il che fece intendere alla ragazza che si trattava di gente molto importante.
«Sai, Susan cara, la festa di cui ti ho parlato il giorno del tuo arrivo, è stata organizzata proprio da queste gentili dame»
«Verrà anche lei, suppongo, vero Alberta?» disse la prima donna. «E ci farà l’onore di condurre con sé anche questa splendida creatura che le sta accanto»
«Mia nipote Susan. Oh, ma certo!» assicurò la signora Scrubb, a dir poco raggiante.
«Povera bambina» disse la seconda donna, accarezzando appena una guancia della giovane. «Così lontana da casa e dai tuoi genitori».
Quando si salutarono, la zia sembrava alquanto agitata.
«Accidenti, e adesso? Pensavo di avere ancora tempo, ma quand’è così…non posso far finta di nulla ora che ho promesso di portarti con me. Potrei prestartene uno dei miei, ma…no, no…come possiamo fare?»
«Zia, parli da sola?»
«Eh? Come? Oh, no, di certo. Stavo pensando che se devi partecipare anche tu al party di dopodomani, devo subito comprarti un vestito nuovo»
«I miei vestiti vanno benissimo» obbiettò Susan.
«Non essere sciocca! Sono alquanto anonimi, non vanno bene. C’è bisogno di stile, di eleganza. Dovrai fare una buona impressione». Alberta rise di gioia, senza smettere di parlare a raffica. «Oh, incontrare proprio le nostre presidentesse! E mi è anche sembrato che tu a loro sia piaciuta molto»
«Trovi?»
«Sicuro! Ma dobbiamo sbrigarci ora, se volgiamo comprare un vestito che sia degno di questo nome»
«Abbiamo tutta la giornata, che fretta c’è?» protestò Susan, mentre la zia l’afferrava per un polso e cominciava a camminare sempre più in fretta.
«Abbiamo temporeggiato fin troppo, direi. Ricordatene per il futuro: in questi casi arrivare ultime vuol dire farsi soffiare tutti gli abiti migliori» Alberta la lasciò e la incitò. «Affrettiamoci, forza!»
Susan fece un gran sospiro, lasciando ricadere mollemente le braccia lungo i fianchi. «E va bene…»
Cercare di parlare con Alberta era una partita persa, alla fine ti faceva sempre fare quello che voleva lei. Non che Susan non avesse voglia; a dire il vero si era piuttosto divertita negli ultimi giorni a girare per mercatini e negozi di tutti i tipi, però, certe volte, la zia era esasperante.
Entrarono in un negozio dove vendevano i vestiti più alla moda di Cambridge. Costavano un ‘occhio, ma la zia non se ne preoccupò, dicendo che avrebbe fatto mettere tutto sul suo conto.
«Quando una donna è giù di morale, le fa bene fare una spesa un po’ pazza»
«Ma io non sono giù di morale»
«Cara, non tentare di nasconderlo. Si vede, sai? E’ per quel tuo ragazzo, vero?»
Susan non rispose, però abbassò il capo. La zia aveva fatto centro.
Per quasi un’intera settimana era riuscita a non pensarci troppo, e adesso…
Cercò di concentrarsi il più possibile su qualcos’altro che la distraesse da quel pensiero. Il suo unico pensiero. Lui. Caspian.
«E’ troppo stretto?» chiese la commessa del negozio, che la stava aiutando a provare il vestito nuovo.
«Cosa? Ah, n-no, va bene».
Non l’aveva scelto Susan, aveva fatto tutto la zia. Ad ogni modo, doveva ammettere che era molto bello e le piaceva. Era un abito azzurro con ricami a fiori bianchi, le maniche a sbuffo corte e la gonna appena sotto il ginocchio.
«Zia, avrò freddo così. E’ troppo leggero» disse la ragazza, mentre la commessa finiva di sistemarle il fiocco blu che le fasciava amabilmente la vita.
«No non credo. A certi party fa sempre un gran caldo. E poi sei perfetta» sorrise Alberta avvicinandosi alla nipote, in piedi davanti allo specchio del negozio.
«Avete scelto, allora?» chiese la venditrice.
«Sì, questo è perfetto. Ti piace, vero cara?»
«Oh sì, molto. Però…»
«Non preoccuparti di niente, pago io»
«Volete che lo impacchetto?» domandò ancora la commessa.
«Io direi che dovresti tenerlo» disse Alberta a Susan. «Vorrei proprio vedere quale sarà la reazione di tutti quando ti vedranno così»
Quando uscirono dal negozio, la signora Scrubb era più entusiasta che mai. Sembrava una bambina che ha ricevuto in regalo una bambola meravigliosa da vestire e agghindare a piacimento. Susan si sentiva quella bambola, e non era più tanto sicura che fosse così divertente come aveva pensato inizialmente.
«Sarai il mio orgoglio, tesoro! Sarai la più bella della festa!»
«Io veramente non ho ancora deciso se voglio venirci o no»
La zia si fermò di botto, incredula. «Che cosa?! Ma ci devi venire, ormai ho dato la mia parola alle presidentesse! Susan, non puoi farmi questo!»
«Zia Alberta, ti ringrazio infinitamente per tutto, ma…»
«Mi era sembrato che ti divertissi»
«Sì…sì, certo che mi sono divertita»
Alberta rise. «Cara, lo so che forse ti sembra tutto troppo affrettato, ma io ci tengo davvero che tu venga a quella festa, e anche tua madre ci tiene»
«Lo so» disse piano la ragazza.
«Il fatto è che questa serata si terrà in uno dei circoli più famosi della città, ed è il più importante della stagione. Ci saranno persone influenti, appartenenti all’alta borghesia inglese, e so che arriveranno addirittura degli ospiti direttamente dalla corte di Buckingham Palace. Pensa! Questo circolo comprende una cerchia altamente selezionata. Io ho avuto a mia volta dei fortunatissimi agganci per poterci entrare e potrai farlo anche tu. Dovresti essere orgogliosa!»
«Ma io non conosco nessuno! Mi sentirei fuori posto»
«Tu non devi preoccuparti di niente, basta che starai vicino a me. Qui si sta parlando del tuo futuro, Susan. Queste sono occasioni che capitano una volta nella vita. Non vorrei proprio che tu fossi costretta a lavorare come tua madre, è ingiusto. E non lo vuole nemmeno lei»
Susan s’indignò sentendo parlare la zia in quel modo. «La mamma si sta dando da fare per permetterci di vivere bene! Se potessi, l’aiuterei!»
«Lo so, non ti arrabbiare. Tuttavia, sei troppo giovane per lavorare, dico bene?»
Susan abbassò lo sguardo, sconfitta, e annuì.
«E quindi non pensi che i tuoi genitori sarebbero orgogliosi di te se riuscissi a costruirti un futuro solido e sicuro? Questa festa potrà sembrarti solo una sciocca frivolezza, ma è il primo passo. Le amicizie che ti farai- perché arriveranno- ti aiuteranno sulla strada del successo. E quando sarai una donna adulta e sposata con un brav’uomo che non ti farà mai mancare niente, allora ripenserai alle mie parole di oggi, e capirai che avevo ragione. E anche tu sarai fiera di te stessa»
La zia prese la nipote per le spalle e la fece voltare verso la vetrina del negozio così che vi si potesse specchiare. «Guardati. Sei bellissima. Ti manca solo un po’ più di sicurezza. Solo pochi giorni fa eri una comune ragazza di periferia, e adesso…»
Se Alberta continuò a parlare, Susan non se ne accorse. Si osservò attentamente  e non si riconobbe: i capelli le scendevano in boccoli lungo le spalle e oltre, il viso era truccato (perché la zia aveva insistito che cominciasse a farlo quando uscivano).
D’un tratto, non seppe perché, le tornò in mente quel giorno di settembre, quando lei e i fratelli avevano saltato la scuola e avevano girovagato per Finchley. La sensazione che aveva provato da quando era arrivata a Cambridge era pressappoco la stessa. Si era sentita libera di fare quello che voleva, ma non era libera. Il discorso di Alberta le aveva aperto gli occhi. La zia e sua madre avevano già pianificato la sua vita, e senza nemmeno interpellarla.
Ancora una volta, Peter aveva avuto ragione: c’era stata una cospirazione bella e buona. A lui con Harold, probabilmente- molto probabilmente- stava accadendo la stessa cosa in quel preciso istante.
Li stavano cambiando. Li stavano allontanando.
Ma non era colpa della mamma. No, lei stava solo cercando di non far passare ai suoi figli quello che stava passando lei. Non era sbagliato, solo che lei non poteva sapere che i progetti dei suoi figli (anche se c’era la possibilità che non si avverassero mai) erano di tutt’altra natura, e non divenire un commerciante e una signora di buona famiglia.
E non aveva colpa nemmeno zia Alberta, perché nessuno sapeva di Narnia. Nessuno era a conoscenza della verità.
Susan invece sì. Sapeva qual era la cosa più importante da fare e lei aveva rischiato seriamente di rovinare tutto, perdendo tempo ad andare in giro per negozi, quando invece avrebbe dovuto restare vicino ai suoi fratelli e cercare di persuadere gli zii ad abbandonare la loro idea di prenderli sotto le loro ali protettrici. Avrebbe dovuto rifiutare con fermezza le uscite con Alberta, perché così aveva solo perso tempo e l’aveva fatto perdere anche agli altri.
Dovevano restare uniti. Dovevano tornare a Narnia.
«Susan, cara, perché sei diventata triste?»
«N-niente, zia. Possiamo tornare a casa?»
«Non sono neanche le dieci. Cosa c’è, non ti senti bene?»
Susan si strinse nel cappotto. «No, è solo che ho molto freddo. Vorrei davvero tornare a casa»
«Va bene» disse Alberta, un po’ delusa. «Manderò Lucy a fare la spesa. Andiamo pure»
 

Edmund entrò sbattendo la porta. «Io un giorno lo uccido!» esclamò furibondo.
«Che ha combinato adesso?» chiese Lucy in tono stanco.
«Continua a parlare, parlare, parlare! Non lo sopporto più. Lo preferivo quando faceva il voto del silenzio e ci ignorava»
«Ignoralo tu per primo e vedrai che alla fine si stancherà»
«Parli bene tu, hai la tu camera con Susan! Siamo io e Peter quelli costretti a dormire con il ragazzo più puzzolente del mondo!»
«Gli dai un incentivo a provocarti se continui così»
«E che dovrei fare? Stare a guardarlo mentre mi fa diventare pazzo?»
«Ma perché non è andato a scuola, stamani?»
«E io che ne so!» sbottò Edmund sedendosi sul letto della sorella accanto a lei. «Che fai?»
«Scrivo a mamma. Oh, non te l’ho detto. E’ arrivata una sua lettera. Tieni». Lucy porse la missiva la fratello che cominciò a leggerla.
«Vorrei tanto tornare presto a casa» disse Ed.
«Tutti vorremmo»
«Di quale casa parlate?» disse una voce da dietro la porta.
Ovviamente era Eustace.
Aveva detto così perché aveva sentito parlare i Pevensie di un altro luogo che chiamavano casa, e cioè la loro terra immaginaria di Narnia (perché di questo si trattava, o almeno era quello di cui il cugino era convinto).
«Si bussa prima di entrare nelle stanze altrui» disse Edmund tirando il cuscino contro Eustace, che però chiuse la porta in tempo e il guanciale andò a sbattervi contro, ricadendo poi a terra con un rumore soffocato.
Lucy si alzò per prenderlo e lo rimise a posto. Poi si spostò verso lo specchio appeso alla parete e si riavviò i capelli dietro l’orecchio, pensierosa.
«Ed?»
«Mh?»
«Secondo te, io ricordo Susan?»
Edmund distolse gli occhi dal foglio e guardò la sorella. «Non dirmi che si ancora arrabbiata per quella faccenda?»
«Quale faccenda?» Lucy lo guardò di sottecchi.
«Quella della festa»
Lucy non rispose.
«Non ti piacerebbe Lu, dammi retta. In fondo non c’è nulla di così emozionante» riprese Edmund, posando poi la lettera e stendendosi sul letto con le mani dietro la nuca.
«Zia Alberta continua a dire il contrario» rimbeccò Lucy. «Sembra che si divertano un sacco quando escono a fare compere, e che incontrino un mare di gente interessante»
«Non crederci. Saranno tutti noiosi e altezzosi come tutti quelli che conoscono. Spero solo che Susan non si faccia coinvolgere troppo. E nemmeno Peter»
Calò il silenzio, che venne riempito ancora una vota dalla voce di Eustace.
«Bè? Siete diventati muti? Che c’è? Oggi non parlate delle vostre scemenze?»
«Ignoralo, Lu, forse se ne andrà» mormorò Edmund in quello che però fu un tono ben udibile alle orecchie del cugino, che molto offeso entrò nella stanza una volta per tutte. Gironzolò qua e là, insultandosi per cinque minuti buoni con Edmund.
Lucy invece, si voltò verso un quadro che stava appeso alla parete di fronte al suo letto. Era uno dei pochi ornamenti della cameretta, ma a lei piaceva tanto guardarlo. Raffigurava una nave a vele spiegate che filava dritta contro all’osservatore. Aveva una sola vela color porpora; la prua color oro, aveva la testa di drago con le fauci spalancate e le fiancate della nave venivano abbracciate dalle ali del drago. Il veliero sembrava volare sulla cresta di un’onda gigantesca, spinto in alto dalla forza del mare verde e azzurro. Si era soffermata a fissarlo molte altre volte e, proprio la sera prima, con solo la luce della lampada sul comodino ad illuminare la stanza, le era parso quasi che le onde si muovessero, ma forse se l’era immaginato. Il fatto era che quel quadro le ricordava tanto un paesaggio di Narnia. Non poteva farci niente.
«Edmund, hai visto che bello questo quadro?»
«Sì, l’avevo già notato» disse lui alzandosi e raggiungendola accanto alla parete.
«Sembra una nave di Narnia, vero?».
«Oh, no, ancora!» esclamò Eustace.
«Taci un po’, tu!» sbottò Edmund. Poi si rivoltò. «Certo che però, guardare un veliero di Narnia dentro questa stanza, è un po’ deprimente, non trovi?»
«Bè, guardare è sempre meglio di niente» rispose Lucy.
«Voi siete tutti matti, sissignore. Matti da legare» cantilenò Eustace.
Fratello e sorella si scambiarono un’occhiata a dir poco esasperata.
«Eustace?» lo chiamò Edmund, voltandosi. «Non hai niente da fare oggi?»
«No. Non devo andare a scuola, c’è sciopero»
A un certo punto, Lucy sentì Edmund esclamare: «Ehi, che diamine stai facendo?!» e quando la ragazza si voltò, vide il fratello che cercava di allontanare Eustace dal comodino di Susan.
«Stavo solo curiosando» si giustificò il cugino.
«E’ roba di mia sorella, lasciala subito!»
«Questo cos’è? Ha una forma bizzarra». Eustace non aveva ascoltato, ed era andato avanti imperterrito a frugare tra le cose delle ragazze.
Lucy e Edmund spalancarono gli occhi e osservarono ciò che loro cugino teneva ora in mano.
Di solito, Susan teneva chiuso a chiave il cassetto del comodino (e lo stesso facevano gli altri) proprio per evitare che Eustace ficcanasasse tra i loro oggetti personali. Evidentemente, quel giorno si era dimenticata di chiuderlo, oppure…poteva essere che…
I due Pevensie erano sicurissimi di aver visto la sorella maggiore chiudere il cassetto a chiave la sera prima, e non aprirlo affatto quella mattina. Però adesso era aperto. Com’era possibile?
Che sia un segno? pensò una speranzosa Lucy. Che sia opera della magia?
«Allora? Che cos’è?» chiese nuovamente Eustace.
«N-niente che ti riguardi. Rimettilo a posto». Edmund si avvicinò e gli strappò dalle mani il corno d’avorio.
Lucy non poté assistere al litigio che ne seguì, perché fu distratta da una sferzata di aria fresca proveniente da…ma sì! Proprio dal quadro del veliero!
«Edmund! Il dipinto!»
«Ridammelo, ho detto!»
«Voglio solo suonarlo, che male c’è? E’ un corno da caccia?» il cugino se lo portò alle labbra e ne uscì una mezza nota, perché Ed glielo strappò di mano.
«Eustace, lascialo subito!»
«Edmund, guarda! Si muove!»
Non seppero nemmeno loro come successe. Seppero solo che nella confusione generale, all’improvviso dal quadro cominciò a uscire un rivolo d’acqua, poi seguito da un altro più copioso e un altro ancora.
«Ma che succede?!» urlò Eustace. «Basta, finitela!»
«Non siamo noi» si giustificò Ed.
Ormai l’acqua entrava a scrosci nella stanza e le onde del mare li spruzzavano di spuma fredda.
«Non mi piace questa storia! Se è un altro dei vostri scherzi, giuro che…!»
«Non è uno scherzo» disse Lucy, che non poteva fare a meno di sorridere anche se un po’ aveva timore di quel che sarebbe successo se l’acqua- che ora arrivava alle ginocchia- non avesse smesso di riversarsi nella camera.
«Adesso lo distruggo quel quadro!» urlò Eustace in preda al panico.
«NO!» gridarono in coro i Pevensie.
Troppo tardi. Eustace l’aveva già afferrato e tolto dalla parete, con il risultato che tutti e tre si bagnarono completamente. Adesso i loro piedi non toccavano più il pavimento, erano costretti a nuotare.
«Se affoghiamo, io vi uccido!» gridò il cugino, con l’acqua salata che gli entrava in bocca.
Lucy si voltò a guardare la nave. Era enorme, sempre più grande, finché un’onda gigantesca li travolse.
In quel momento suonarono le dieci.


Peter e Susan si incontrarono davanti a casa. La zia aveva chiamato un taxi perché le sembrava che la nipote non stesse bene.
«Vai di sopra a stenderti, cara»
«Sì, sarà meglio»
«Stai male?» chiese Peter preoccupato.
«No» sussurrò pianissimo Susan. «Sono solo stufa»
Lui le sorrise. «Allora siamo in due. Vieni, ti racconto tutto»
I due fratelli salirono le scale, mentre la zia rimaneva al piano di sotto.
«Ah, Peter, mandami giù Lucy, per piacere» furono le ultime parole che udirono prima che il ragazzo aprì la porta della stanza delle sorelle.
«Va ben...Ma che cosa…?!» fece Peter, non appena abbassò la maniglia.
Susan gridò e fece un passo indietro afferrandosi al braccio del fratello.
L’acqua li travolse come una cascata, bagnandoli da capo a piedi (se la zia avesse visto in che stato era ora Susan- abito nuovo, trucco e capelli- sarebbe morta di paralisi!).
Come Alberta non si accorse di nulla, fu un vero mistero, anche perché un’onda anomala si era appena riversata giù per le scale inondandole la casa. Fatto sta che Peter e Susan si precipitarono nella camera, dove l’acqua fuoriusciva ancora in piccoli rivoletti dal quadro del veliero appeso alla parete.
Si riusciva a muoversi adesso, perché il mare si stava pian piano ritirando di nuovo nella tela.
«Peter, ma che cosa è successo?»
«Non lo so, ma c’è puzza di magia»
«Oh!» esclamò forte Susan. «Guarda!». Si precipitò verso il suo comodino, accanto al quale, per terra, giaceva il suo corno d’avorio.
I due fratelli si guardarono e ad entrambi passò per la testa la stessa identica idea.
«Credi che…» cominciò Susan.
«Lo abbiano suonato?» concluse Peter.
Lei annuì.
«No, non senza di noi. Per quanto volessero tornare, non lo avrebbero mai fatto senza aspettarci. Ci siamo fatti una promessa. O tutti o nessuno»
«Allora, può darsi che Aslan li abbia chiamati. Forse Narnia è in pericolo»
Peter guardò la sorella senza sapere cosa aggiungere e all’improvviso si accorse che fuori, da qualche parte, suonavano le campane di una chiesa.
«Le dieci» e i suoi occhi azzurri brillarono di quella luce di cui solo gli occhi di un re brillano.
«La magia non è ancora terminata. Suona il corno Susan. Adesso! Se Narnia è in pericolo, io voglio esserci. Suonalo!»
L’espressione di tristezza che aveva accompagnato lo sguardo di Susan per tutto quel tempo, svanì all’istante. Il suo viso brillò di determinazione e poi, senza esitare un solo secondo in più, si portò il corno alle labbra e soffiò con tutte le sue forze.
Aslan, ascoltaci, ti prego! gridò la ragazza dentro di sé, quasi disperatamente. Vogliamo tornare! Vogliamo raggiungere Lucy e Edmund. Voglio rivedere Caspian!
Le campane smisero di suonare. Ancora una volta non accadde nulla.
«No…»
I secondi passarono interminabili e poi, finalmente…
«Susan, il quadro!» la chiamò Peter.
Tutti  e due concentrarono la loro attenzione sul veliero. La sua figura non era più nitida come prima, perché l’acqua continuava a incresparla e la nave stessa era diventata più grande e si muoveva.
Per la seconda volta, il mare travolse la stanzetta, e anche Susan e Peter si ritrovarono presto a nuotare e cercare di non venire travolti dalla furia dell’oceano.
In un secondo, la stanza sparì completamente. Erano sott’acqua.

 
 
 



Eeeeeeeeeeeee ci siamo!!!!!!!!!!!!!! Sono tutti dentro al quadro! Yayyyyyy!!!!!!!!!!!!
Ladies and Gentleman, adesso comincia la VERA avventura. Un nuovo “Viaggio del Veliero” tutto diverso, anche se la storia di base è la stessa, il viaggio manterrà l’itinerario consueto eccetera eccetera. Soprattutto perché Caspian e Susan si rincontreranno presto…eh eh eh…<3
Vi ho fatto aspettare un po’ per questo capitolo, ma sono sempre incasinatissima, comunque spero che l’attesa sia stata ripagata.
Bene, passiamo ai ringraziamenti sempre obbligatori perché il vostro sostegno per me è davvero importante:

Per le seguite: Babygiulietta,  CaspiansLover, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, Serena VdW  e
SweetSmile  
 
Per le preferite: piumetta (santa subito! Non sai quanto sono contenta!!! Grazie!)
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: IwillN3v3rbEam3moRy, piumetta, Serena VdW e tinny
 
Se ci sono errori, come al solito, ditemelo che li correggo.
Vi  adoro tutte quante, un bacio gigantesco!
vostra Susan^^

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Imprevisto ***


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7. Imprevisto

 

 

Quando Lucy riemerse in superficie, prese grandi boccate d’aria e cercò di mantenere la calma. Aveva imparato a nuotare piuttosto bene, ma non tanto quanto gli altri e soprattutto si era sempre e solo esercitata in piscina, non aveva mai nuotato in mare aperto, soprattutto un mare come quello…l’Oceano Orientale. Perché di quello si trattava, ormai ne era sicura.
“Per lo meno” si disse “sto stare a galla”
Si voltò a guardare dove fossero finiti i suoi compagni, ed eccoli. Una testa nera e una bionda apparvero vicino a lei. Eustace tossiva e si agitava come un matto.
«Meno male!» esclamò la ragazzina sollevata. Aveva avuto timore di perderli di vista.
«Ma che cos’hai da urlare tanto?!» proruppe Edmund rivolto al cugino.
«Là! Là! Giratevi!» gridò il ragazzo, l’acqua salata che gli entrava in bocca. Ma ancora non aveva finito di parlare che un’ombra gigantesca li sovrastò.
Edmund sgranò gli occhi appena voltò il capo. Lucy fece lo stesso.
«La nave!» gridò lei.
«Oh, no!» fece Edmund. «Ci sta…venendo addosso!»
«AIUTO!!!» urlò Eustace a squarciagola senza più il minimo ritegno.
«Nuota, Eustace! Nuota!» lo incitò Edmund.
Lucy era rimasta un poco indietro, le gambe erano pesanti, i vestiti fradici la tiravano sul fondo. Temette seriamente di non farcela.
Poi, all’improvviso, tre uomini si gettarono in acqua e andarono verso di loro nuotando veloci. Avevano in mano delle funi che assicurarono subito attorno alla vita dei due ragazzi.
Lucy, invece, rischiò seriamente di essere vinta dal mare. Un onda la travolse, ma per fortuna qualcuno l’afferrò prima che andasse sotto un’altra volta.
«Tranquilla, ti ho presa» le disse una voce famigliare. Troppo famigliare.
«Caspian!» esclamò Lucy aggrappandosi a lui e facendogli un enorme sorriso.
«Lucy! Non posso crederci, sei proprio tu?» disse il Re di Narnia, stupito e felice allo stesso tempo.
«Edmund, c’è Caspian!» la ragazza chiamò il fratello, che era a fianco alla nave attendendo di essere issato a bordo.
«Ehi! Ma allora ce l’abbiamo fatta! Siamo a Narnia!»
«Sì, siete a Narnia» affermò il Re.
I due Pevensie fecero un’enorme sorriso e il cuore si riempì loro di gioia. Se stavano sognando, non avrebbero voluto essere svegliati per niente al mondo.
Ma no, quello non era un sogno era la realtà! Perché nemmeno nelle fantasie più verosimili l’Oceano, la nave, il cielo azzurro e le nuvole bianche simili a grandi batuffoli di cotone che correvano veloci portate dal vento, sarebbero stati così belli.
Dopo Edmund, toccò a Lucy venire issata sul veliero. Eustace era ultimo.
«Tieniti forte» disse Caspian all’amica.
I marinai riconobbero subito chi erano le persone che avevano salvato, perché alcuni di loro erano stati presenti all’incoronazione di Caspian, altri avevano veduto i volti dei Re e delle Regine della Vecchia Narnia nei dipinti dei libri che Caspian stesso aveva ripristinato, e che suo zio Miraz aveva a suo tempo ordinato di nascondere.
Quando tutti misero piede sul ponte, si salutarono con baci e abbracci. Caspian fece portare immediatamente delle coperte in cui i suoi amici si avvolsero per asciugarsi.
«E’ meraviglioso rivedervi. Come siete arrivati qui, questa volta?»
«Non ne ho idea» disse Lucy, «ma sono così felice di essere di nuovo qui! Sai, in realtà, credo sia stato merito del corno di Susan e di un quadro che…»
Stava per lanciarsi nel racconto, quando un urlo acuto provenne da un fagotto bagnato steso sul ponte. Il fagotto era Eustace.
«E adesso che ha!» fece Edmund esasperato.
«Aiuto! Che orrore! Toglietemi di dosso questo affare!” gridava il cugino, mentre un grosso topo (molto più del normale, era alto almeno mezzo metro) con una piuma scarlatta appuntata dietro un orecchio e un corto spadino legato al fianco, veniva sbalzato via da uno spintone del ragazzo.
«Strilla come un poppante» fece indignato il topo.
Lucy e Edmund lo riconobbero subito.
«Ripicì!!!» esclamarono all’unisono, colmi di gioia.
Era proprio lui, il più valoroso topo parlante di Narnia, che aveva combattuto al fianco di Caspian e di tutti loro nella guerra contro Miraz.
Quando sentì le loro esclamazioni, Ripicì si voltò e sobbalzò stupito. «Oh! Quale onore, Vostre Maestà!» disse raddrizzandosi la piuma e facendo un profondo inchino ai due Pevensie.
Lucy represse come sempre il desiderio di prenderlo in braccio e riempirlo di baci. Non poteva farlo, lo sapeva, sarebbe stato un gran disonore per Ripicì essere trattato come tutti gli altri animali. Potevi dirgli tutto, ma non che era carino.
«Come stai, Rip?» chiese un sorridente Edmund.
«Non potrei star meglio, ma…permettete una domanda, Altezze: quello strano individuo è sotto la vostra protezione?»
«Già, chi è costui?» chiese Caspian, mentre Eustace ricominciava a dire cose senza senso, girando a vuoto per il ponte.
«Nostro cugino. Si chiama Eustace» rispose Lucy.
«Mi sembra alquanto sconvolto. E’ la prima volta per lui, vero?» chiese ancora Caspian.
«Già, e non la sta prendendo bene» sospirò Edmund.
«Avete visto?! Quel topo gigante voleva mangiarmi la faccia!»
«Stavo solamente cercando di farti espellere l’acqua dai polmoni» si giustificò il povero Ripicì
«AH!» urlò Eustace puntando un dito contro il topo. «Ha parlato! Avete sentito? Ha parlato davvero!»
«L’ha sempre fatto» disse Edmund.
«La difficoltà è farlo stare zitto, veramente» disse Caspian senza cattiveria. Tutti ammiravano Ripicì, che era un grande amico e guerriero.
Quest’ultimo si voltò verso il sovrano. «Nel momento in cui non vi sarà niente da dire, Vostra Maestà, io vi prometto che me starò zitto»
Caspian gli sorrise, non troppo convinto delle sue parole. Dopodiché, il Re salì una breve scaletta in modo da trovarsi in un punto in cui tutti potessero vederlo e udirlo.
«Uomini, rendete omaggio ai nostri naufraghi: Edmund il Giusto e Lucy la Valorosa. Grande Re e grande Regina di Narnia!»
I marinai- umani, minotauri, satiri e fauni- si inchinarono insieme.
Edmund fece un cenno con il capo e Lucy la riverenza.
«Re? RE???” fece Eustace, che ormai era quasi isterico. «Ma fatemi il piacere! Questo è uno delle vostre orribili macchinazioni! Lo sapevo: volete farmi diventare matto!» piagnucolò.
«Bè, sei già sulla buona strada…» disse Ripicì.
«Ora basta! Voglio tornare a casa! Subito!»
Lucy gli parlò gentilmente. «Non possiamo. Vedi, non siamo più nel nostro mondo»
«Eeehhhhhh???»
«Rynelf, fai portare una bevanda calda per le Loro Maestà e il nostro nuovo amico, qui» ordinò Caspian a uno dei suoi uomini, che eseguì subito. «Forse così si calmerà un poco»
«Non voglio niente!» protestò Eustace. «Voglio solo che mi facciate scendere subito da questa maledetta nave!»
«Potemmo anche, ma dove? Siamo in mezzo all’Oceano» disse Caspian, allargando le braccia come a voler mostrare l’ovvietà della cosa, perché il ragazzino pareva proprio non voler capire. «Prendi una coperta e asciugati, ora»
«No, no, no! Io pretendo di sapere subito dove diavolo mi trovo!!!»
A rispondergli fu un enorme Minotauro, alto quasi due metri, con il pelo nero e grandi corna sul capo.
Lucy e Edmund lo conoscevano: era Tavros. Enorme, certo, ma estremamente buono.
Purtroppo però, Eustace non lo sapeva. Gli tremarono le gambe nel vedersi apparire una creatura simile davanti, e lo stupore fu niente in confronto a quando parlò.
«Siete sul Veliero dell’Alba, signore. La più bella nave della flotta di Narnia»
Fu davvero troppo per il povero Eustace, che cadde svenuto lungo disteso sul ponte.
«Ho detto qualcosa di male?» si scusò Tavros, davvero mortificato.
Tutti scoppiarono a ridere.
«Occupati di lui, per favore, ma vedi di non spaventarlo troppo» disse Caspian rivolto al minotauro, che trasportò Eustace sottocoperta.
«Venite» proseguì il Sovrano rivolto ai Pevensie, «dovete cambiarvi d’abito»
Scesero anche loro, seguiti da un uomo calvo e la pelle abbronzata dal sole.
«Lui è Lord Drinian, il capitano della nave e uno dei miei più fidati amici» lo presentò Caspian.
Drinian si inchinò. Era un tipo di poche parole, ma estremamente efficiente e un grande esperto di navigazione. Era stato per anni in mare, fin da quando era solo un ragazzo.
«A te, Lucy» continuò Caspian, «cedo volentieri la mia cabina. Io, Edmund e vostro cugino possiamo sistemarci negli alloggi dell’equipaggio»
«Vostra Maestà, vi prego…»
«No, Drinian, va bene così. Lucy è una donna, ed è giusto che abbia maggiori comodità rispetto a noi uomini. In quanto ai vestiti, non credo che ci sia qualcosa di adatto a una ragazza, dovrai arrangiarti con qualcuno dei miei»
«Nessun problema, li aggiusterò un pò» ringraziò Lucy.
La ragazzina non poté fare a meno di penare che se zia Alberta avesse udito un discorso simile, avrebbe subito ribattuto che, trattandole come esseri più deboli e fragili, gli uomini sminuivano la figura delle donne. Lei però non la pensava affatto così. A Narnia vigevano ancora le regole di rispetto e cavalleria, e Caspian si era mostrato un vero gentiluomo e un perfetto cavaliere.
Era bello non essere più trattata come una bambina.
Quando si furono rinfrescati un po’ , i due fratelli Pevensie si infornarono sulla salute di Eustace. Si era ripreso, ma pareva avesse mal di mare.
«Se avessi il mio cordiale…» mormorò Lucy sconsolata. Il cugino era insopportabile il più delle volte, ma le dispiaceva che non si sentisse bene.
«Ma io ce l’ho» disse Caspian. «Seguitemi, ho qualcosa da farvi vedere»
Entrarono nella cabina di comando, un locale piuttosto spazioso con un grande tavolo al centro, sul quale erano appoggiate le carte nautiche e un lungo cannocchiale d’oro. Vi era un grande finestrone che dava su un balcone, situato poco più in alto del timone. Da lassù, si aveva una visuale completa di gran parte del ponte principale e del ponte di combattimento. Inoltre, il panorama era a dir poco magnifico. Sulla parete di sinistra della cabina, vi era l’effige di Aslan, che Lucy accarezzò con affetto. Poco lontano stava un mobile diviso in vari scomparti, occupati da teche di vetro più grandi o più piccole a seconda degli oggetti che contenevano.
«I nostri Doni!» esclamò Lucy quando li vide, e andando verso il mobile.
«La spada di Peter!» fece Edmund.
«L’arco e le frecce di Susan!» gli fece eco Lucy.
«E questa è tua» concluse Caspian sorridendole, reggendo un cofanetto con l’interno rivestito di velluto scuro, nel quale erano adagiati il pugnale e l’ampolla di diamante contenente il cordiale miracoloso estratto dal Fiore del Fuoco, in grado di curare qualsiasi ferita.
«Posso?»
«Certo. Sono tuoi, Regina, e a te devono tornare»
Lucy afferrò entrambi gli oggetti e subito se li assicurò alla cintura. Fu piuttosto difficile con le maniche della camicia che continuavano a scendere a coprirle mani. I vestiti di Caspian le erano davvero larghi, avrebbe chiesto ago e filo al più presto così da non dover continuamente rimboccarsele, e lo stesso con i pantaloni.
Edmund, invece, stava osservando la spada di suo fratello, Rhindon, pensando che forse, ora che Peter non c’era, avrebbe potuto usarla lui. Poi pero, ricordò che il giorno della partenza, Peter l’aveva passata a Caspian, poiché era lui il legittimo sovrano. Era giusto così.
 «Ed»” lo chiamò Caspian, attirando la sua attenzione. «La riconosci?”
«La mia torcia!». Il ragazzo la prese e provò ad accenderla. «Funziona ancora…Bè, ehm, grazie»
Non sembrava molto contento, al che Caspian continuò dicendo: «E c’è dell’altro”
Il Sovrano aprì la teca di vetro dove era custodita Rhindon e la porse all’amico.
«No, è tua» ribatté Edmund scuotendo il capo. «Peter l’ha data a te»
«E io l’ho conservata come promesso, ma non è più mia. Aslan mi ha dato un’altra spada da poco. Questa».
Quando Caspian la estrasse dal fodero assicurato alla sua cintura, il rumore della lama contro il cuoio risuonò cristallino nella stanza.
«Rhasador» disse il Re di Narnia, con negli occhi scuri un’immensa fierezza. «L’arma che donerà la libertà a Narnia. Così ha detto Aslan»
Lucy e Edmund osservarono incantati. Rhasador brillava nella luce che entrava dalla finestra. La lama era bianchissima e faceva un bel contrasto con l’elsa scura, ornata di ricami d’argento. Sulla sua estremità vi era un cerchio lucente con uno zaffiro incastonato al centro.
«E’ fantastica» disse Edmund con ammirazione.
Caspian si voltò verso di lui, rinfoderò Rhasador e riprese in mano la spada del Re Supremo.
«Hai tutto il diritto di usare la spada di tuo fratello, Edmund. Lui l’ha consegnata a me e io ora te ne faccio dono»
Edmund prese Rhindon e rimase a fissarla per qualche istante.
«Grazie, io…non so cosa dire» disse un po’ impacciato.
«Accettala e basta, allora». Caspian gli assestò un’amichevole pacca sulla spalla. «Ora ora raccontatemi come siete arrivati qui. Lucy, hai parlato di un quadro, prima, se non erro»”
Si riunirono allora attorno al tavolo, i tre ragazzi e Drinian.
I due Pevensie narrarono tutto ciò che era capitato dal loro ritorno in Inghilterra.
In un primo momento, furono tentati di non dire a Caspian che anche Peter e Susan avrebbero potuto essere lì in quel momento, perché ormai era chiaro che c’erano poche possibilità che ciò accadesse. Il quadro li aveva risucchiati, ma solo loro due.
Però era anche vero che Peter e Susan avevano ancora il corno d’avorio con loro. Lucy e Ed erano certi che l’oggetto fosse rimasto a casa degli zii, e non se la sentivano di escludere del tutto l’eventualità che i fratelli maggiori trovassero il modo ti tornare.
Per cui, parlarono del corno d’avorio, dei tanti tentativi di suonarlo per attivarne la magia, degli imprevisti, fino ad arrivare a quella mattina in cui il dipinto in camera di Lucy si era animato.
Si aspettarono commenti da parte del Sovrano riguardo a come avesse fatto il corno ad arrivare nel loro mondo, ma Caspian non fece domande in proposito.
Forse anche lui, come Ed e Lucy- se non di più- era rimasto deluso nel constatare che Peter e Susan, per quanto lo volessero, non fossero riusciti a tornare, nemmeno con l’aiuto di un oggetto magico.
«E a Narnia va tutto bene?» volle sapere Edmund più tardi.
«A parte un paio di difficoltà, è tutto a posto, altrimenti non avrei lasciato Cair Paravel per mettermi in viaggio» rispose Caspian.
«L’hai ricostruita?!» esclamò Lucy al settimo cielo.
«Certo! E’ stata pronta in un anno. Ho chiamato i migliori architetti di Narnia e di Archen. E’ tutto come una volta»
«Allora» intervenne Edmund «se non ci sono guerre da combattere e nessuno in difficoltà, perché noi siamo qui?»
«Giusto quesito. Mi sono domandato la stessa cosa» disse Caspian guardando i suoi amici. Poi volse la sua attenzione alla cartina di Narnia. «Da quando ci avete lasciati, i Giganti delle Terre Selvagge del Nord hanno creato qualche scompiglio, ma gli abbiamo dato una lezione che non dimenticheranno. Abbiamo anche sconfitto le armate di Calormen nel Grande Deserto. Regna la pace in tutta Narnia»
«E’ magnifico» fece Edmund al settimo cielo.
«In soli tre anni»
Lucy sorrise timidamente a Caspian. «E…ti sei trovato una regina in questi tre anni?»
Il Re abbassò lo sguardo, facendo a sua volte un lieve sorriso, poi scosse il capo. «No…Nessuna è paragonabile a vostra sorella»
Il suo viso sembrò velarsi di tristezza.
Lucy e Edmund si scambiarono un’occhiata.
Drinian, che era rimasto per tutto il tempo in un composto silenzio, si schiarì la voce.
«In realtà, Re Caspian ha ricevuto diverse proposte di matrimonio dalle nobili famiglie di Archen e delle Isole»
«Davvero?»
«Sì, ma non ero interessato a nessuna delle fanciulle che mi hanno presentato»
Drinian sembrò voler dire ancora qualcosa al Re, ma Caspian lo ignorò, continuando con le spiegazioni.
«Credo sia arrivato il momento di dirvi dove siamo diretti, visto che verrete con noi»
I Pevensie si scambiarono un sorriso enorme. Si preparavano senz’altro a vivere grandi, nuove avventure.
Se solo Peter e Susan fossero stati lì con loro…
 
 
Il mare era impetuoso e l’acqua era molto più fredda di come se l’erano aspettata.
Affiorarono in superficie prendendo grandi boccate d’aria.
«Tutto a posto?» chiese Peter, scuotendo la testa per togliersi dagli occhi un ciuffo di capelli bagnati.
«Sì»” gli rispose Susan, che udiva la voce del fratello confusa nel fragore delle onde enormi che li sbattevano di qua e di là.
Nuotare bene risultava difficile con scarpe e cappotti ancora in dosso. Non avevano avuto modo di cambiarsi quand’erano tornati a casa Scrubb. Era successo tutto troppo in fretta e in quella situazione, ai due ragazzi non era venuto minimamente in mente di levarsi i giacconi, tanto erano stati presi da ciò che era successo nella cameretta.
«Hai sempre il tuo corno?» chiese ancora Peter.
«E’ qui» Susan glielo mostrò.
L’aveva tenuto talmente stretto che gli intagli sulla sua superficie avevano lasciato il segno sul palmo della mano destra. Susan non se ne sarebbe mai separata, poiché al solo pensiero di farlo aveva paura che la magia potesse svanire, e lei e Peter con essa, riportandoli in Inghilterra.
«Non vedo la nave» disse la ragazza a un tratto.
Peter si girò in tutte le direzioni. Nessun veliero? Com’era possibile?
«Non può essere lontano, era proprio davanti a noi» disse il ragazzo.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo, perplessi e preoccupati.
«Dove credi che ci troviamo?» domandò lei timorosa.
Lui le sorrise rassicurante. «Dove volevamo essere, di questo puoi stare tranquilla, sorellina»
Lei ricambiò il sorriso.
«Ce la fai a resistere ancora per un po’?» le chiese Peter.
«Certo» rispose Susan, che era la più brava e la più esperta di tutti nel nuoto. »Anche se non credo dovremo nuotare ancora per molto. Guarda!» esclamò un attimo dopo, indicando qualcosa alle spalle del fratello.
Il giovane si voltò e in lontananza scorse la grande sagoma di una nave.
Immediatamente, Susan si spinse verso di essa con grandi bracciate, desiderosa di salirvi a bordo, ma Peter non era dello stesso parere.
«Sue…aspetta»
C’era qualcosa che non andava. Prima di tutto, la nave era troppo lontana rispetto a dove avrebbero dovuto trovarla. Ne erano stati quasi travolti quando erano entrati nel dipinto. Il veliero era sembrato enorme, maestoso e brillava d’oro. Peter se lo ricordava bene e ricordava anche il muso di drago della poppa, la vela color porpora…Ma il veliero che stava venendo verso di loro non poteva essere più diverso da quello del quadro.
Anche Susan se ne rese conto. Si fermò e si voltò verso Peter, che intanto le si era affiancato.
«Tieni pronto il tuo corno. Forse avremo bisogno di aiuto» le sussurrò.
A giudicare dalle dimensioni, era una nave da battaglia. Lunga almeno trenta braccia e larga dodici, sul davanti aveva il muso di un grosso uccello da preda, in bronzo, con il becco acuminato e l’aria minacciosa. Le fiancate erano di legno scuro, quasi nero. Aveva tre vele- a prua, a poppa e al centro- rosso scuro, con ricamate sopra in argento due scimitarre incrociate.
Era una nave di Calormen.
C’erano due lati, uno positivo e uno negativo, nella situazione in cui i due fratelli si trovavano. Positivo perché ebbero la piena conferma di non essere più nel loro mondo; negativo perché non solo avevano perso le tracce di Lucy e Edmund, ma sarebbero presto finiti tra quelli che, da tempo immemorabile, erano i più grandi oppositori di Narnia.
Calormen era un grande Impero, e sia il suo sovrano Tisroc che i suoi sudditi avevano sempre guardato con timore e ostilità alle creature magiche di Narnia.
Tra i due regni c’era un patto di alleanza che era stato stipulato nell’Età d’Oro proprio da Peter, quando era Re Supremo. Da allora, nessuna nave, carro da guerra o esercito, aveva più varcato i confini del deserto a sud, ed era apparso nelle foreste di Narnia.
Le due terre non erano mai andate d’accordo. I calormeniani non riconoscevano l’autorità massima di Aslan e di suo padre, il grande Imperatore d’Oltremare, creatori dell’universo.
A Calormen veneravano Tash. I calormeniani erano un popolo di feroci guerrieri; Narnia era un popolo di navigatori, più interessati a fare amicizia con le terre circostanti piuttosto che sfidarli in battaglia.
Da parte dei Sovrani di Narnia c’erano stati sempre diversi tentativi di spegnere quell’astio che le terre del sud avevano per quelle del nord. Purtroppo però, se i narniani erano del tutto sinceri nel voler vivere reciprocamente in pace e armonia, tendendo la mano per primi, i calormeniani non ne volevano proprio sapere.
L’allora Imperatore Tisroc- come gli altri a seguire col passare dei decenni- non facevano altro che fingere di essere amici di Narnia, quando in realtà l’odiavano e avrebbero voluto assoggettarla e farne una loro colonia. Calormen era un Impero, Narnia era un regno e nemmeno dei più grandi. Perciò non era tollerabile da parte dei primi giurare fedeltà ai secondi.
La gente di Narnia era amichevole con le terre di Archen, le Isole dell’Oceano Orientale, Telmar, e persino con le popolazioni barbare del Selvaggio Nord.
Calormen no. Calormen voleva essere al di sopra; i calormeniani mal guardavano chiunque fosse diverso da loro. Tisroc desiderava essere l’unico e indiscusso sovrano, servito e venerato sopra ogni cosa e persona.
Così, quando dal ponte della nave arrivò il grido di gettare le cime per i due naufraghi, Peter e Susan ebbero paura. Se quelli li avessero riconosciuti quali Re e Regina del popolo da loro tanto odiato, che cosa avrebbero fatto?
Forse però, dopotutto, era assai improbabile che ciò avvenisse, era passato tanto di quel tempo da quando erano stati Sovrani…
«Nascondi il corno» si affrettò a dire Peter. «Sotto il cappotto»
«Tirateli su» fece qualcuno sul ponte e i due ragazzi vennero issati.
L’equipaggio era formato da marinai, ma anche da soldati, riconoscibili dai primi per via del turbante candido che portavano sul capo, il quale era ornato da una piuma nera.
Quello che doveva essere il capitano si avvicinò e li scrutò attentamente.
Gli abitanti del sud avevano capelli, occhi e pelle scura. Egli non faceva eccezione. Era un giovane uomo sui venticinque anni. Aveva i capelli neri e lucenti sulle spalle, lo sguardo penetrante e ostile, arrogante. Era più alto di Peter, e portava una veste nera ornata d’argento e una scimitarra al fianco.
«Due stranieri, mio signore» disse il marinaio che aveva aiutato Susan. «Di Narnia, forse. O di Archen»
Il capitano ( o chiunque altro fosse) girò loro attorno. «Di sicuro non hanno l’aspetto dei prigionieri fuggiti che stiamo cercando» commentò. «Ad ogni modo, perquisiteli»
Susan e Peter si stinsero l’uno all’altra. Se avessero visto il corno d’avorio…
«Mio signore, permettete»” fece una voce in mezzo ai marinai. «Non è bene mettere le mani su una donna»
Il capitano fece una smorfia e si voltò verso chi aveva parlato. «Ho forse chiesto il tuo parere, Emeth?”
L’altro, un ragazzo sui sedici anni dall’aria gentile e un bel volto liscio, fece un inchino. «No, signore, no»
«Allora impara a tacere quando non vieni interpellato»
Un altro inchino e il giovane soldato tornò al suo posto.
«Fammi vedere la ragazza. Le donne barbare mi hanno sempre affascinato» ordinò poi il capitano- se di lui davvero si trattava, visto che tutti sembravano rivolgersi a lui con un rispetto maggiore di quello che di solito viene riservato a un normale comandante.
Uno dei marinai (o sarebbe stato meglio chiamarli pirati) il cui nome era Pug, prese Susan per un braccio, portandola davanti al suo capo. La ragazza cercò di divincolarsi, ma non ci riuscì.
«Lasciala stare! Lascia stare mia sorella!» esclamò Peter automaticamente, intuendo le idee malsane del giovane capitano.
Sapeva cosa facevano alcuni tra i più perversi alle donne straniere. Perciò si gettò contro di lui e poi strinse a sé Susan con fare protettivo.
Alcuni risero, altri sguainarono le spade e le puntarono contro i due naufraghi.
«Come osi rivolgerti in questo modo al mio signore?!» esclamò un marinaio dando un pugno nello stomaco a Peter. «In ginocchio!”
Il ragazzo si piegò su se stesso e  strinse gli occhi per il dolore.
Subito Susan lo sostenne, lanciando poi un’occhiata ostile intorno a sé.
I due fratelli capirono di essersi clamorosamente sbagliati sul conto di quell’uomo. Non era il capitano, perché l’appellativo ‘mio signore’, ripetuto più volte, fece intendere loro che si trattava, più probabilmente, di qualcuno di molto importante. Forse un nobile di Calormen, un tarkaan.
«Che ne facciamo di loro?» chiese Pug, punzecchiando Peter e Susan con la punta della lama aguzza del suo pugnale.
Il nobile Calormeniano scrutò a lungo i due ragazzi prima di rispondere.
«Portateli sottocoperta e perquisiteli. Assicuratevi che non abbiano armi di nessun tipo. Li porteremo con noi alle Isole Solitarie. Una volta là, deciderò la loro sorte»
Lanciò un ultimo sguardo a Susan e poi girò sui tacchi e si allontanò.
I Pevensie venero legati e portati in una delle stive che fungeva da cella. Non erano soli, a quanto pare la nave di Calormen aveva raccolto un bel po’ di prigionieri.
C’erano donne e bambini, anziani, giovani e uomini. In tutto erano una ventina. Indossavano stracci laceri, tuniche strappate e consumate. Quando la porta si aprì, la maggior parte di essi si ritrasse con espressioni di paura sul volto. Alcuni si ripararono gli occhi dalla luce, un paio di ragazzini scoppiarono a piangere.
«Piantatela di lagnarvi e fate silenzio! Disturbate il sonno del mio padrone!”
Un ragazzo si alzò di scatto. «Il tuo padrone è un cane!»
Il soldato lo sospinse indietro e il giovane andò a sbattere contro la parete umida della cella.
«Ho detto silenzio, schiavi! Verrete venduti al mercato di Portostretto, ed è quello che vi meritate!»
«Per favore! Per favore!» implorò una donna gettandosi in ginocchio, ma il soldato se n’era già andato, sbattendo rumorosamente la porta e facendo stridere il chiavistello.
Pian piano, il lamento dei prigionieri si spense e ognuno tornò nel proprio angolo, chi seduto chi in piedi. Gli uomini parlavano a bassa voce tra loro.
La cella era nient’altro che un magazzino malconcio, con poca paglia sul pavimento e alcune casse di legno accatastate sul fondo. Era buio e c’era un odore sgradevole di chiuso.
Osservando le persone lì davanti a loro alla debole luce che entrava dalla feritoia della porta, Peter e Susan si resero conto che nessuno di loro aveva l’aspetto della gente di Calormen. Di certo erano stati rapiti per essere poi venduti (come aveva detto il soldato qualche istante prima) ai mercati delle Isole Solitarie.
Purtroppo, nemmeno Peter era mai riuscito a bloccare tale orribile contrabbando quando era Re Supremo.
«Che cosa faremo adesso?» mormorò Susan disperata.
«Non lo so» ammise Peter mortificato, abbracciandola. «Non lo so»

 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi qua con il settimo capitolo! Volevo postarlo prima, ma proprio non ce l’ho fatta. Ci ho messo un po’ ascriverlo, non riuscivo mai a farlo venire come volevo. Spero di aver descritto bene tutto. Magari nei prossimi giorni apporterò qualche modifica, ma proprio minima, tanto per correggere qualcosina che non mi convince, magari un verbo, un aggettivo, una ripetizione…ma il contenuto rimarrà immutato, non temete.
Ok, gente, che dire? Direi che il titolo stavolta l’ho azzeccato: Imprevisto…e che imprevisto! Peter e Susan sono prigionieri dei calormeniani. Dite la verità, non ve lo aspettavate eh? Mwahahaha!!!!
Chi verrà in loro aiuto, adesso? Inoltre, due nuovi personaggi hanno fato il loro ingresso nella storia, ma non hanno ancora rivelato le loro identità.
Per chi fosse curioso, ecco qui di seguito il link della mia pagina di livejournal, dove nei prossimi giorni metterò il cast al completo. Per vederlo vi basterà entrare nella mia pagina di efp e cliccare sull’ultima icona, la terza sotto il nome.
Ed ora, ringraziamenti!

 
Per le seguite: BabygiuliettaCaspiansLover, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, Serena VdW   (passerò al più presto da te, non preoccuparti!) e   SweetSmile
 
Per le preferite: LittleWitch_,  piumetta e tinny
 
Per le ricordate: Angie_V
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: IwillN3v3rbEam3moRy, LittleWitch_ piumetta, Serena VdW e tinny

 
Detto questo vi lascio come al solito con un baciotto!
Susan^^

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Verso le Isole Solitarie ***


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8. Verso le Isole Solitarie
 

 
  Nella cabina di comando del Veliero dell’Alba, Caspian stava spiegando agli amici della sua decisione d’imbarcasri per mare.
«All’epoca in cui mio zio Miraz salì al trono, si sbarazzò di tutti coloro che avrebbero potuto ostacolarlo» iniziò il giovane, seduto attorno al tavolo insieme a Edmund, Lucy e Drinian. A loro si era unito anche Ripicì.
«Alcuni di questi potenziali oppositori, secondo mio zio, erano i Sette Lord di Telmar, fedelissimi a mio padre. Miraz li mandò ad esplorare mari lontani con l’intenzione di non farli mai più tornare. Riuscì nel suo intento, purtroppo. I Sette navigarono oltre i confini conosciuti, ma da allora in poi non se né saputo più nulla. Quelli che vedete ritratti qui, sono loro».
Caspian si alzò e si avvicinò con aria grave a una parete, dov’erano appesi sette ritratti di uomini.
«Con la benedizione di Aslan, giurai perciò che, una volta ristabilito il regno di Narnia, sarei partito in cerca di quei valorosi uomini. Se mai li avessi trovati, mi promisi di ricondurli a casa, o nel peggiore dei casi, li avrei vendicati»
«Oltre i confini conosciuti…» mormorò Lucy, sfiorando con una mano la pergamena ruvida della mappa di navigazione. «Oltre le Isole Solitarie»
«Esatto» rispose Drinian. «Ma nessuno di noi sa cosa ci sia oltre quei confini»
«Molti avventurieri, nel passato, hanno già tentato spedizioni simili, ai tempi dei miei antenati» riprese Caspian. «Ma ricordo di aver letto che Caspian IV impedì di intraprendere altri viaggi del genere, per il bene di tutti»
«Che ne è stato di quelli che partirono?» chiese Lucy con il cure in gola, anche se in cuor suo credeva di sapere già la risposta.
«Molti non sono mai tornati» disse Drinian. «E quelli che ci sono riusciti hanno raccontato storie incredibili e spaventose, come la leggenda del grande serpente di mare»
«Serpente? Siete serio, capitano?» domandò Edmund facendo un sorriso sarcastico. Il giovane era alquanto scettico.
«Per quel che ho veduto nei miei viaggi, Sire, posso credere a tutto»
«Ci sarà molto più di questo negli ignoti mari dell’est» intervenne Ripicì con eccitazione, salendo sul tavolo e posando la zampa sulla cartina dove ancora nessun nome o disegno era stato vergato.
Caspian sorrise. «E’ vero, il nostro Rip ha uno scopo più alto in questo viaggio»
Tutti si voltarono verso il topo, che assunse un’aria d’importanza.
«Mi sono imbarcato su questa nave perché, come ben sapete, non c’è impresa dalla quale mi possa tirare indietro. Se il destino ci riserva queste straordinarie avventure, afferriamole e rendiamo grazie a chi le ha tracciate sul nostro cammino. Ma mi sono detto: perché non andare ancora più in là dei mari orientali? Perché non arrivare fino al limite estremo del mondo…alle Terre di Aslan»
Edmund e Lucy proruppero in un’esclamazione di sorpresa e ammirazione.
«Accidenti, Rip, è un’impresa enorme per un soldo di cacio come te» disse Edmund.
«C’è una spiegazione, Sire. Non è per amore dell’ego o della gloria che voglio far questo. Vedete, il fatto è che quand’ero un piccolo topo, una driade mi cantò una filastrocca. Faceva esattamente così:
 
Dove cielo e mar si incontrano
Dove le onde dolci si infrangono
O valoroso Ripicì, non dubitare
Troverai tutto ciò che cerchi
A oriente, laggiù, di là del mare
 
«Non l’ho mai dimenticata, e sono sempre stato certo che avesse un significato profondo per me e per la mia vita. Vorrei scoprire quale»
«E tu credi che sarà possibile riuscire a navigare fin là?» chiese Lucy.
«Solo Aslan lo sa» sorrise Ripicì.
«Sempre che non incontriamo serpenti marini» aggiunse Edmund, scoccando un’occhiata a Drinian, ma il capitano non sembrava voler sorridere alla battuta.
Evidentemente, Drinian prendeva sul serio quei racconti, che probabilmente erano solo vecchie storie, superstizioni e niente di più.
Ormai era quasi ora di cena, ma i ragazzi si attardarono un poco per poter andare a trovare Eustace.
Lucy portò il suo cordiale per farglielo bere e aiutarlo a star meglio.
Gli alloggi dell’equipaggio erano
situati a poppa della nave. Erano costituiti da un grosso camerone dall’aspetto molto semplice, munito di brande e cuccette piuttosto comode.
Eustace si trovava nel punto più in fondo, con gli occhi chiusi, raggomitolato sulla branda che gli era stata assegnata dal buon Tavros, che era ancora al suo capezzale.
Dalle labbra di Eustace continuava a uscire un lamento strozzato.
«Ohi-ohi-ohi-ohi-ohi-ohi-ohi…Ohi-ohi-ohi-ohi-ohi-ohi-ohi… Ohi-ohi-ohi-ohi-ohi-ohi-ohi!!!!»
«Sta meglio» affermò Edmund quando entrarono.
«Non direi» disse Tavros. «Sembra piuttosto malmesso. Ho cercato di fargli bere una tisana, ma si rifiuta»
Lucy si inginocchiò accanto al cugino e stappò la boccetta di diamante che conteneva la pozione miracolosa.
Subito, nella stanza si propagò un aroma delizioso.
Eustace aprì un occhio per sbirciare, un po’ sospettoso e un po’ incuriosito.
«Se è un altro intruglio di quel bestione nero, non lo voglio»
Il Minotauro abbassò le orecchie sconsolato. Ripicì gli picchiettò amichevolmente sullo stivale (non arrivava più in alto di così).
«Non prendertela con Tavros, poverino. Ha solo cercato di aiutarti» disse Lucy con calma. «Ora però bevi questo, vedrai che ti farà star meglio»
«E come faccio a sapere che tu e la tua banda di matti non volete avvelenarmi?»
Nello sforzo di parlare, Eustace stava diventando verdognolo.
«Ma che sciocchezze! Certo che no!»
«Andate via! Lasciatemi solo col mio dolore!»
«Lo vedete?» disse Tavros. «Ed è stato così tutto il tempo. Continua a piangere ma non vuole aiuto»
«Non perder tempo con lui, Lucy, e tieni il cordiale per situazioni più gravi» disse Edmund. «Se ha la forza di lamentarsi in questo modo, non deve poi star tanto male»
«E invece sto male! Sto malissimo! Ohi-ohi-ohi-ohi-ohi-ohi-ohi!»
«Per favore, fai uno sforzo e bevi, ti farà passare tutto in un batter d’occhio»
«E va bene» disse Eustace alla fine. Così almeno se ne sarebbero andati.
Lucy gli porse la fiaschetta e fece scivolare nella bocca del cugino una goccia appena.
Eustace era già pronto a protestare, dato che secondo lui una sola non avrebbe dato alcun effetto. Di solito, con medicinali come quello, si dovevano prendere almeno cinque o dieci gocce per star meglio. Ma dovette tenere per sé le sue rimostranze, perché appena il liquido rosso scivolò giù nella gola, non solo si sentì immediatamente meglio, ma gli sembrò di aver assaggiato la bevanda più buona del mondo.
Incredibile, pensò, ma guai ad ammetterlo ad alta voce. Non avrebbe mai dato il merito di qualcosa a quella nanerottola di sua cugina Lucy, meno che mai della sua pronta guarigione.
Evidentemente, su quella bagnarola c’erano dei dottori capaci, ecco la vera spiegazione.
Eustace saltò in piedi, rassettandosi gli abiti e cominciando a insistere perché potesse sbarcare immediatamente.
«E voglio assolutamente vedere il console britannico!»
Caspian gli ripeté varie volte che era impossibile farlo scendere, e poi chiese che cos’era un console britannico.
Eustace si batté una mano sulla fronte. «Povero me! Che massa di ignoranti»
«Bada a come parli, giovanotto!» esclamò furioso Ripicì sfoderando la spada. «E’ al Re di Narnia che ti stai rivolgendo!»
«Aaaahhh!!! Aiuto, aiuto, è tornato il topastro!»
«Ma è sempre così simpatico?»
«Anche di più, Rip» assicurò Edmund, facendo una smorfia. «E non ha ancora dato il meglio»
Quando le scenate di Eustace furono concluse, finalmente andarono a cena.
I due Pevensie e il cugino avevano una fame da lupi.
Mangiarono un’ottima zuppa a base di pollo, orzo e porri, pesce cotto al forno, patate arrosto e bollite, e per dolce, budino al pane e burro.
Più tardi, Drinian ritornò al suo lavoro in cabina di comando, Eustace se ne ritornò a letto piagnucolando di voler tornare a casa, e Caspian, Ripicì, Edmund e Lucy fecero un nuovo giro del Veliero dell’Alba, chiacchierando allegramente. 
«Non vedo l’ora di arrivare alle Isole Solitarie. Che nostalgia» disse Lucy guardando il cielo stellato. «Edmund, quanto tempo è passato da quando ci siamo stati l’ultima volta?»
Lui ci pensò un attimo. «Ehm…dipende: vuoi sapere rispetto al tempo del nostro mondo o di questo?» domandò poi a sua volta.
Lucy guardò il fratello sorpresa e poi tutti risero. In effetti, era piuttosto difficile fare un calcolo preciso.
«Sapete dirmi perché le Isole Solitarie fanno parte del regno di Narnia?»
domandò Caspian. «Ho chiesto a molti, ma nessuno ha saputo darmi una risposta esauriente. Le ha conquistate il Re Supremo?»
«No» rispose Edmund. «Appartenevano già a Narnia quando noi fummo incoronati Sovrani. Forse le prese la Strega Bianca durante il suo dominio. Purtroppo, molte leggende si sono perse dopo il suo arrivo. Fece esattamente come tuo zio, cancellò la storia di Narnia per quella che era, in modo che nessuno sapesse che non poteva avere autorità sul regno, visto che non era umana»
«Raccontatemi la storia della Strega» li pregò Caspian, sedendosi con gli altri su una panca situata all’interno della coda di legno dorato del drago. «Vorrei sentire i particolari da voi che l’avete vissuta. E’ molto meglio udirla a voce, piuttosto che leggerla sui libri»
Passarono così la serata, parlando fino a notte tarda. Fu solo quando Lucy si addormentò, la testa appoggiata alla spalla di Edmund, che decisero finalmente di andare a dormire.
Forse, l'indomani, avrebbero già avvistato le Isole Solitarie.
 
 
Pug era un mercante di schiavi. Il più delle volte lavorava da solo, con un paio di aiutanti, ma quando si presentava l’occasione di fare affari per ingenti somme di denaro, era più che disposto a prendere ordini invece di darli.
Queste grandi occasioni capitavano di rado, perché i nobili e i signori di Calormen (unico paese dove la schiavitù era ancora in voga), acquistavano gli schiavi tramite altri servi, e mai scomodandosi. La paga era buona in ogni caso, ma mai come quando il padrone si presentava di persona. E una cosa del genere era accaduta proprio a Pug.
Il mercante si trovava presso il gran palazzo di Tisroc, per concludere un affare e poi tornarsene nella sua modesta abitazione di Portostretto. Ma prima della partenza era arrivato un messaggio di un gran signore: il principe di Calormen in persona.
Lì per lì, Pug era rimasto perplesso: cosa mai poteva volere il principe da lui? Di sicuro aveva più schiavi lui solo di tutti i nobili tarkaan messi insieme.
Ad ogni modo, non poteva declinare un incontro simile, poiché il suo fiuto gli diceva che poteva anche ricavarci qualcosa di buono.
Così era stato.
Il principe lo aveva pagato bene, più di quanto si sarebbe aspettato; in cambio, Pug doveva procurargli nuovi lavoratori, sani e forti, non malaticci come la maggior parte di quelli che si trattavano nel sud. Al principe servivano braccia forti e schiene robuste, per lavorare al grande tempio che l'Imperatore di Calormen aveva ordinato di costruire proprio sulle Isole Solitarie.
«Altezza Reale, posso chiedervi come mai il grande Tisroc (possa egli vivere in eterno) vuole edificare un Tempio nelle Isole? Esse non sono parte dei domini di Narnia?»
«Narnia!» sbottò il principe, avvolto nella sua veste nera e argento, con i capelli lunghi e neri e l’aria austera. «Da quanto tempo Narnia non si interessa delle Isole Solitarie? Secoli e secoli. E’ venuto il momento che qualcun altro prenda in mano la situazione»
«E Vostra Signoria è sicuramente la persona più adatta» si era inchinato Pug riverente.
Non che gli affari di nobili e reali gli interessassero molto, più che altro aveva in mente l’oro che sarebbe andato nelle sue tasche. Più si mostrava ubbidiente, più il principe avrebbe ritenuto ottima la sua condotta e la sua efficienza, e forse avrebbe aumentato la somma come riconoscimento dei suoi servigi impeccabili. Pug era bravo a lavorarsi i clienti.
Così, dopo aver accettato, il mercante aveva preso con sé i suoi due aiutanti, ed erano saliti sulla nave che Tisroc aveva messo a disposizione del principe.
Sul cammino, non si erano fatti scappare l’occasione di ‘prendere a bordo’ anche qualche extra, ad esempio quei due piccoli naufraghi dallo stravagante abbigliamento.
Pug se ne stava ora solo, in un angolo della nave,
a fumare la pipa, rilassato. Si rigirava tra le mani un oggetto di forma allungata.
Aveva infine perquisito i due naufraghi, trovando addosso alla ragazza un corno da caccia in puro avorio. Di sicuro, rivendendolo al mercato di Portostretto, avrebbe aggiunto altre monete alle sue tasche.
Era un avaro, non ci si poteva aspettare altro da un uomo simile.
Due settimane in mare e il lavoro era quasi concluso. Ormai facevano rotta verso le Isole Solitarie. Verso casa. Una volta giunti lì, Pug avrebbe intascato i soldi che gli spettavano.
Ma c’era una cosa che non aveva ben chiara di tutta quella situazione: perché il principe dell’Impero del Sud aveva intrapreso quella spedizione? Per essere sicuro che gli schiavi fossero come li voleva, diceva lui, ma Pug non ci vedeva chiaro. Un principe- specialmente un principe di Calormen- non si scomoda per cose futili come quelle. Che cosa c’era sotto?
La sola risposta che gli veniva in mente-ancora una volta- era qualche imbroglio governativo.
Pug ci capiva poco e nemmeno voleva approfondire più del dovuto. Lui faceva solo il suo mestiere.
Spense la pipa e si rimise il corno d’avorio in tasca, per tenerlo al sicuro da occhi indiscreti. Nessuno sapeva di quell’oggetto e lui non l’avrebbe mostrato ad alcuno. Nossignore, era il suo bottino.
Si diresse verso gli alloggi dell’equipaggio, pronto per andare a dormire. L’indomani sarebbe stata una lunga giornata.
 
 
Chiusi nello scomodo deposito sottocoperta, Peter e Susan non riuscivano a prendere sonno, benché fossero stanchi e affamati.
Il chiavistello della porta cigolò. Entrò un marinaio con la cena per i prigionieri: zuppa, pane raffermo e acqua. Nient’altro.
Nessuno si lamentò, ed ognuno mangiò fino all’ultima briciola in religioso silenzio.
Li avevano perquisiti, e Susan si era vista portare via il corno d’avorio senza poter far niente.
Aveva tentato di riprenderselo appena l’uomo di nome Pug glielo aveva strappato di mano, ma Peter l’aveva fermata. Non dovevano assolutamente dargli il sospetto di avere tra le mani qualcosa di più importante di quel che credeva, e che avrebbe potuto tradire la loro identità.
«Probabilmente non ha affatto capito di cosa si trattasse» disse il ragazzo. «Né la sua origine, né la sua provenienza»
«E se invece fosse andato a dirlo al suo padrone?” chiese Susan preoccupata.
«No, non credo. Ci avrebbero già trascinati al suo cospetto, chiunque egli sia, invece siamo ancora qui»
Susan sospirò e si portò le ginocchia fino al mento, circondandosele con le braccia.
«Hai freddo?»
Lei scosse il capo. «No»
Si erano tolti i cappotti, ma i loro vestiti non erano ancora del tutto asciutti, ed ora gli si appiccicavano fastidiosamente addosso.
Peter si era anche levato il maglione e stava in maniche di camicia.
Avrebbero voluto scambiare parola con qualcuna delle altre persone, ma non sapevano se fidarsi o no. Inoltre, alcuni lanciavano loro strane occhiate che a Peter non piacevano per nulla.
«Secondo me, dovremmo tentare» suggerì Susan, quando si furono di nuovo seduti nel loro angolo. «Forse ci possono aiutare»
«Susan, guardali: sono schiavi, non è nel loro stile di vita. Sono stati troppo abituati ad obbedire e dire sempre sì. Non si ribellerebbero mai»
«Ma noi dobbiamo uscire, Peter! Dobbiamo trovare Edmund e Lucy!»
Peter, appoggiato con la schiena alla parete di legno, guardò la sorella alla debole luce della lampada a olio appesa al soffitto.
«Tu pensi che stiano bene, vero?» chiese la ragazza ansiosa.
Peter sospirò, gettando la testa all’indietro e poi tornando a guardarla.
«Non lo so. Non chiedermelo ogni dieci secondi»
«Scusa, è che sono così preoccupata…Spero solo che se la siano cavata meglio di noi»
«Staranno benone, vedrai”
Peter le mise un braccio attorno alle spalle e Susan si appoggiò alla sua spalla.
«Sì, hai ragione. Probabilmente a quest’ora saranno a Cair Paravel con…» la ragazza si interruppe un istante. Le venne in mente Caspian, ma non riuscì a pronunciarne il nome.
Pensare a lui faceva troppo male al cuore.
«Con tutti gli altri amici» concluse poi.
«Volevi dire con Caspian» disse Peter. Non era una domanda.
Susan non rispose, né incrociò il suo sguardo.
Lo fece di proposito. Non aveva mai ammesso davanti ai fratelli, tanto meno davanti a Peter, di essere innamorata di Caspian.
«Stavi pensando a lui, vero? Andiamo Susan, vi siete baciati davanti a tutti. Non è certo un segreto»
Lei sorrise appena.
«No, non lo è»
«Non te l’ho mai chiesto, e se non vuoi rispondermi non importa, ma sono tuo fratello e mi preoccupo per te»
Susan si voltò a guardarlo in viso e attese.
«Lo ami?»
Quasi immediatamente, lei rispose con un sicuro «Sì»
«E lui?» chiese ancora il giovane con un vago cipiglio. «Perché se così non fosse, se sapessi che stai soffrendo per un uomo che non ti merita, io…»
«Sì, Peter» disse Susan seria, posando una mano sul braccio del fratello. «Caspian mi ama»
Peter sembrò rilassarsi. Espirò profondamente, poi si riappoggiò alla parete.
«Lui non ti piace, lo so» aggiunse la ragazza con un sorriso malinconico.
«E’ vero» ammise lui. «Non saprei dirti perché, ma non siamo mai andati troppo d’accordo. Credo che sia una questione di pelle, non so se capisci ciò che intendo»
«Credo di sì. Ma vedila così: probabilmente non lo rivedrò. O almeno, non tanto presto»
«Comunque, sei qui per lui, vero? Sei voluta tornare a Narnia per questo»
Susan annuì. «Se non sono passati altri mille anni, nel frattempo. C’è anche questa possibilità»
Peter non rispose e per molto tempo nessuno dei due disse più nulla. Poi, il ragazzo fece una nuova domanda che spiazzò non poco Susan.
«C’è stato altro?»
«Come?» lei alzò la testa e lo guardò perplessa.
«Tra te e lui»
Le guance di Susan divennero bollenti.
Per fortuna, alla poca luce della lampada Peter non poté vederla chiaramente, ma conosceva fin troppo bene sua sorella, e capì dal modo in cui si irrigidì che la domanda l’aveva messa a disagio.
«Probabilmente ho sottovalutato il vostro rapporto, però il fatto che tu abbia sofferto in quel modo, le lacrime che hai versato per lui…»
«Peter, io…»
«Ce ne siamo accorti tutti, anche se tu l’hai mascherato piuttosto bene»
«Peter…»
«Mi sento obbligato a sapere che cosa è successo veramente. Perché se è come credo, dovrà venire da me e chiederti in moglie, o giuro che stavolta un bel pugno non glielo toglie nessuno»
Susan si lasciò un poco andare e fece una risata leggera.
«Se la metti in questi termini, non posso risponderti»
«Se non mi rispondi, penserò che è come immagino»
«Se già lo sai perché me lo chiedi?»
Anche Peter sorrise, poi abbassò la testa. La frangia color dell’oro andò a coprirgli gli occhi.
«Non dirmelo se non vuoi. Scusa, è troppo personale»
«Se tu soffrissi per una ragazza, io vorrei sapere che cosa è successo, quindi ti risponderò». Susan fece un nuovo gran respiro, poi si decise. «Ho amato Caspian con tutta me stessa»
Glielo doveva, Peter era il suo punto di riferimento, la sua guida, e poi non doveva rimanere un segreto per sempre. Lei per prima non lo voleva. Amava Caspian, e l’amore che provava per lui non doveva essere motivo di imbarazzo o altro.
«Vuoi dire che…ti sei…concessa a lui?»
«Sì»
«Allora dobbiamo uscire in fretta da qui e raggiungere Narnia. Ora ti deve sposare per forza»
Susan gli gettò le braccia al collo, ridendo, e Peter ricambiò l’abbraccio.
Quella notte lo sognò, come sempre. Il viso bello e sorridente, l’accoglieva a braccia aperte, ma il sogno di solito finiva sempre nello stesso modo…tranne quella notte.
C’era qualcosa di diverso, come una strana nebbia che avvolgeva il tutto, e una voce sussurrante. Una voce che da un sussurro sinistro divenne brusca e profonda e svegliò Susan nel cuore della notte.
Si sentì tirare in piedi. Qualcuno l’aveva afferrata di malo modo per un braccio.
Sbatté le palpebre, ancora assonnata, quando si vide davanti il viso di Pug, l’uomo che le aveva sottratto il corno d’avorio.
«In piedi»
«Cosa…?»
«Non fare domande e cammina»
Pug la trascinò fuori dalla cella prima che lei avesse tempo di voltarsi verso Peter, che non si accorse di nulla fino al mattino seguente.

 
Il principe di Calormen era comodamente seduto sulla poltrona della sua sontuosa cabina.
Quel viaggio era quasi alla fine, dopo le Isole Solitarie avrebbe lanciato finalmente la sua sfida a Narnia, poi sarebbe tornato a casa in attesa di partire per il nord a dar battaglia.
Ciò che aveva in mente era un attacco a sorpresa, e con il Re lontano, i nobili di Telmar che erano ancora scettici nei confronti del nuovo e giovane sovrano, avrebbero preso decisioni per proprio conto. Il reggente di Re Caspian X, il nano rosso Briscola, contava meno di zero. Nessuno che fosse un po’ assennato si sarebbe mai rivolto a lui.
Solo uno sciocco ragazzino di nemmeno vent’anni come Caspian, avrebbe potuto mettere il regno nelle mani di una creatura come quella. Aveva ancora molto da imparare su come si governa un paese, ma i suoi giorni da Re sarebbero finiti ancor prima che fosse terminato il suo viaggio per mare.
Nani e driadi, fauni e centauri. Demoni con l’aspetto di animali. Questa era la maledetta terra sulla quale governava.
Quelle creature andavano sterminate una dopo l’altra. Erano il male. E anche Caspian era un Re che serviva il male.
Il principe del sud rammentava una storia raccontatagli da suo padre Tisroc: per colpa del demone che si nascondeva sotto l’aspetto del Leone Aslan, i loro antenati erano stati allontanati più volte dal nord. Uno dei più grandi principi mai esistiti a Calormen, Rabadash I- in seguito divenuto il quindicesimo Tisroc- era stato tramutato in asino. Una vergogna e un affronto.
E quelle assurde favole del Grande Leone erano progredite pian piano anche verso il deserto. Sempre maggiori erano i cittadini di Calormen che migravano al nord, anche per via del clima migliore, per l’abbondanza d’acqua, la bellezza e ricchezza di campi e foreste che davano i buoni frutti della terra.
Calormen era una terra desertica, dove poca vegetazione cresceva, e a volte la siccità era così alta da creare ingenti problemi.
Inoltre, sempre più persone riconoscevano il Leone come unico e solo sovrano di tutti i mondi, tradendo il grande Tash.
Quest’ ultima cosa, sopra ogni altra, impensieriva l’Imperatore Tisroc, che si vedeva privare dei suoi fedeli sudditi.
Tutto ciò era inammissibile. Quegli infedeli sarebbero bruciati all’inferno e Tash in persona li avrebbe puniti.
Da tempo immemore Calormen voleva vedere distrutta Narnia, e quale occasione migliore ora che l’Imperatore si sentiva minacciato in prima persona dalla perdita della fedeltà suo popolo? Quale migliore possibilità di assoggettare il regno ora che il Re era via?
Ergere il Tempio di Tash sulle Isole Solitarie era il primo passo. Il guanto di sfida. Quando i narniani l’avessero saputo- quando Caspian l’avesse saputo- ormai le Isole sarebbero state in mano altrui.
Con una buona dose di fortuna e un esercito preparato dalla sua, il principe di Calormen avrebbe conquistato Narnia prima di un mese. Forse avrebbe persino ottenuto l'obbedienza dei nobili di Telmar.
Quella terra era veleno, e andavano presi provvedimenti prima che contagiasse tutto il mondo.
Era troppo bella perché non fosse frutto di una qualche stregoneria. Non poteva essere perfetta, le cose perfette non esistevano e lui, Rabadash XVIII, diretto discendente di Rabadash I, principe di Calormen, primogenito di Tisroc XXXII, destinato a divenire Tisroc XXXIII, avrebbe dimostrato a tutti che Narnia non era invincibile e Aslan nemmeno.




Ci ho messo tanto, ma finalmente l'ottavo capitolo è pronto.
Mi piace dividerli in pezzi, anche perchè sarà necessario d'ora in poi, perchè si vedranno tanti personaggi diversi.
E così, uno dei due nuovi personaggi ha rivelato di essere il principe di Calormen. Ho usato sempre il nome Rabadash perchè mi piaceva, così mi sono aiutata con i numeri romani per distinguerlo dal Rabadash de "Il cavallo e il ragazzo". (un pò come la stirpe dei Caspian, no? Tra nobili si usa).
Vi piace questo capitolo? Sì? No? Fatemelo sapere con una recensione. Grassssieeeee XD
Spero di essere riuscita a descrivere bene tutto, a volte ho l'impressione di fare le cose male e di fretta, per questo ci metto secoli a pubblicare, perchè non sono mai contenta ^^'
Bè, che dire se non grazie a:


Per le seguite: Babylady, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, SerenaVdW, Smuff LT e SweetSmile
 
Per le preferite: Charlotte Atherton, LittleWitch_, piumetta, e tinny
 
Per le ricordate: Angie_V (grazie per aver commentato il video, cara^^)
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, IwillN3v3rbEam3moRy, LittleWitch_, piumetta, SerenaVdW e tinny
 
Vi ricordo che siete in ordine alfabetico, così non faccio torti a nessuno ^^
 
Ragazze, io vi devo dire GRAZIE un milione, anzi, un miliardo di volte, perché nello scorso capitolo avete superato voi stesse con i commenti! Vi adoro care amiche di Narnia!!!
Voi non sapete quanto sia bello accendere il pc e sapere che ci siete, che mi seguite e apprezzate quello che scrivo. Voi rendete migliori le mie giornate, dico davvero.
Quindi, sia che recensiate, sia che la leggete e basta, o anche solo a chi passa di qui e legge appena una riga: GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!
Un bacio infinito,
Susan<3

 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Arrivo a Portostretto ***


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9. Arrivo a Portostretto
 

 

La notte era silenziosa e il mare calmo cullava dolcemente sulle sue onde il Veliero dell’Alba.
Caspian si destò di soprassalto e si guardò attorno. Nella cabina buia, sentì solo il lieve russare di Eustace; Edmund era disteso tranquillo sulla sua amaca e gli dava le spalle.
Non erano stati loro…eppure qualcuno l’aveva chiamato per nome. Una voce che aveva riconosciuto, ma la cui proprietaria era lontana nel tempo e nello spazio.
Si era immaginato tutto, come tante altre volte quando dormiva nella grande stanza del castello di Telmar, la stessa dove lui e Susan avevano condiviso la loro meravigliosa e unica notte d’amore.
Tante erano state le sere in cui si era svegliato in quel modo, quasi che lei fosse lì vicina a lui. Tanti i giorni in cui aveva versato lacrime nel constatare che si trattava sempre di un sogno.
Quante volte l’aveva vista tornare, in quei sogni? In quanti modi diversi? Troppi.
Quando si era poi trasferito con tutta la corte a Cair Paravel, lontano da quella stanza che racchiudeva il loro segreto, aveva creduto che il pensiero di lei si attenuasse.
Tutto sbagliato. Tutto il contrario.
Susan era sempre lì, nel suo cuore, nella sua anima. Il ricordo di averla amata vivo e reale, tanto che se chiudeva gli occhi poteva sentire ancora il suo profumo, la sua pelle liscia e delicata…E la sua voce. La stessa che quella notte di ormai tre anni prima, gli aveva sussurrato tante e tante volte quelle due parole che Caspian desiderava sentirsi dire ancora: ti amo.
L’amava anche lui, ora più che mai.
Le memorie, come tutti i momenti trascorsi in sua compagnia, e più di tutto il dolore, gli avevano fatto capire che mai nessuna avrebbe preso il suo posto. L’amore era cresciuto anziché affievolirsi.
Susan era unica, qualsiasi cosa dicessero.
Non poteva sposarsi e mai lo avrebbe fatto. Non poteva scegliere un’altra donna. Anche se lei non c’era, sarebbe ugualmente stato un tradimento.
Il giovane si alzò, infilò gli stivali e il mantello per ripararsi dall’aria notturna, talvolta troppo fredda, e salì in coperta.
Quando giunse sul ponte, si appoggiò al parapetto e si passò una mano nei lunghi capelli scuri, massaggiandosi gli occhi assonnati e leggermente umidi.
Il cielo era come un manto di velluto nero tempestato di gioielli d’argento che erano la luna e le stelle.
Tutto era immobile sul veliero, tranne una figurina più bassa di Caspian, avvolta anch’essa in un mantello.
Il Re di Narnia trasalì.
“Susan!” chiamò a mezza voce.
Non seppe se la figura l’avesse sentito o no, ma si voltò verso di lui.
Il cuore cominciò a battergli all’impazzata. Fece un paio di passi incerti verso di lei e quando fu sotto il fascio di luce lunare che illuminava in pieno quel tratto di ponte, vide i capelli lunghi e rossi sciolti sulle spalle della ragazza.
“Lucy…”
“Ciao” sussurrò lei, per paura di poter svegliare qualcuno. “Credevo di essere l’unica ad essere sveglia”.
“Perché sei qui?” chiese Caspian con una punta di delusione.
Lucy…era lei, per questo l’aveva scambiata per Susan. Le due sorelle erano venute a somigliarsi molto, eccetto appunto per il colore dei capelli.
“Sono troppo emozionata. Non riesco a prendere sonno” gli sorrise la ragazzina. “Continuo a pensare a domani, a quando saremo finalmente sulle Isole Solitarie. E poi alle avventure che sicuramente vivremo, ai nuovi amici che incontreremo. Tu non provi la stessa cosa?”
Caspian le sorrise lievemente. “Sì, certo”
Lucy lo guardò attentamente. “Che cosa c’è?”
Lui scosse il capo. “Nulla. Scusami, io torno di sotto”
Lucy lo guardò voltarsi, indecisa se parlare ancora o no.
“Senti, Caspian, posso chiederti una cosa?” disse infine, e lui si fermò rivoltandosi verso di lei.
“Certo, tutto quello che vuoi”
“E’ piuttosto personale”
Lui la guardò curioso.
“Vuoi ancora bene a Susan?”
Caspian abbassò gli occhi scuri, poi si volse e li puntò in un punto imprecisato della nera distesa che era il mare.
“Non sai quanto”
“Vorrei tanto che anche lei potesse essere qui. Purtroppo però…”
“Tornerà, un giorno. Lo so”
Lucy lo guardò fisso, stupita e ammirata da quelle parole.
“Per questo hai rifiutato tutte le proposte di matrimonio, vero?”
Anche Caspian tornò a guardarla.
“Sì. Non posso sposare qualcuno che non amerò”
Lucy non poteva saperlo, ma sua sorella aveva detto la stessa frase a Caspian, tre anni prima, in una notte stellata come quella.
“Perdonami. Non volevo farti diventare triste” si scusò la ragazza.
“Non fa niente” sorrise lui.
“Possiamo non parlarne più se non vuoi, però volevo fartelo sapere: anche Susan è innamorata di te”
“Lo so”
Lucy parve sorpresa. “Lo sai? Ma quando…insomma, quando avete avuto modo di…”
“Troppo tardi, purtroppo. Ma non potevamo più tenerlo nascosto, nessuno dei due. Anche se tua sorella ha tentato in tutti i modi”
“Sono certa che se chiederai ad Aslan di fartela rincontrare, lui ti ascolterà”
“Grazie, Lucy. Grazie davvero” Caspian la guardò con affetto e le sorrise. “Torniamo a dormire, ora?”
Lei annuì, e insieme si avviarono di nuovo sottocoperta.
Non poté fare a meno di pensare, però, a come avrebbe reagito lei se le fosse capitata una cosa simile.
Se mai avesse incontrato qualcuno lì a Narnia e se ne fosse innamorata, avrebbe avuto la forza di lasciare tutto per tornare nel suo mondo?
 
 
Susan fu trascinata praticamente di peso fuori dalla stiva. Tentò di gridare, di chiamare Peter, ma Pug le mise una mano sulla bocca e con l’altra le torse un braccio dietro la schiena.
Salirono una breve scaletta, poi il mercante di schiavi aprì un’altra porta che conduceva in a un altro deposito, uguale nell’aspetto ma di dimensioni più piccole rispetto al primo.
Pug la spinse dentro e quando la lasciò andare, la porta si era già richiusa.
Ebbe paura. Fino a quel momento, con Peter vicino, non ne aveva avuta, perché la sola presenza di suo fratello le dava la certezza che niente e nessuno avessero potuto farle del male.
Ma adesso era sola, in balìa di un criminale.
Cosa voleva quell’uomo da lei? Sapere del corno d’avorio? O qualcos’altro?
Rabbrividì al pensiero e il terrore l’avvolse, soffocante.
D’improvviso, la sua nuova cella (perché di quella si trattava) fu rischiarata un poco da una lanterna che Pug teneva in mano, e che avvicinò al viso di lei.
La studiò per alcuni istanti, con le sopracciglia aggrottate come se fosse concentrato a pensare a qualcosa di molto serio.
“Sì, direi che la somiglianza è notevole, per quel che ne so” mormorò, ma non sembrava del tutto convinto.
Allungò il braccio con cui reggeva la lanterna, puntandola verso il fondo della stanza.
Susan ne seguì la traiettoria, e vide sei o sette tra donne e bambine, le stesse che erano state rinchiuse con lei, Peter e gli altri uomini nella stiva più grande.
“Tu! Vieni qui” disse Pug, muovendosi verso il gruppetto di prigioniere.
Trasse in piedi una bambina e la portò vicino a Susan.
Gli occhi delle due s’incontrarono per un istante appena, perché la piccola distolse subito lo sguardo, impaurita.
“Dimmi, piccina, è questa la signorina di cui hai parlato prima?” chiese il mercante con tono mellifluo.
La bambina non si mosse.
“Su, cara, non aver paura. E’ lei? Guardala bene. A chi hai detto che somigliava?”
“Alla…alla Regina”
Susan provò una sensazione di vuoto allo stomaco.
“Mi hanno scoperto”pensò “Questa bambina mi ha riconosciuto, e presto capiranno anche chi è Peter”.
“La regina di quale paese?” continuò Pug, fissando ora la piccola, ora Susan.
“D-di Narnia. Sembra la Regina di Narnia”
“Sembra o lo è?”
La bambina mugolò qualcosa d’incomprensibile, cercando di indietreggiare, ma Pug le mise una mano sulla schiena costringendola a restare dov’era.
“Come? Non ho capito bene?”
“Ho detto c-che n-non sono sicura”
“Non sei sicura? Mmm…che peccato”
Pug s’inginocchiò a terra e scostò una ciocca di capelli dal viso della bambina.
“Non toccarla!” esclamò quella che doveva essere sua madre.
Il mercante puntò un dito ammonitore contro di lei. La sua voce, da affettata, tornò a essere brusca.
“Resta al tuo posto, donna! Se tua figlia risponderà bene, non avete nulla di cui preoccuparvi”
Tornò poi a rivolgersi alla bambina.
“Allora carina, sei sicura o no di quel che dici? Perché se lo fossi, dovrei portarti dal mio padrone che…no, no, non piangere, non ce n’è motivo. Il mio signore è un uomo molto generoso, e sono sicuro che farebbe volentieri uno scambio con te e tua madre al posto di questa regale fanciulla”
Scoccò un’occhiata a Susan, che lo guardava con disprezzo crescente.
“Allora?”
“Io…io…” balbettò la piccola.
“Lasciala in pace” esclamò Susan, con un timbro di voce chiaro e sicuro.
Se ne stava con la schiena dritta, le braccia lungo i fianchi, il mento alzato. Benché vestita di un abito stropicciato, i capelli in disordine, aveva un aspetto così nobile che i dubbi di Pug scomparvero all’istante, anche senza le conferme della bambina.
Si alzò e le prese il viso in una mano. Lei non reagì in alcun modo e continuò a fissarlo dritto negli occhi.
“Domattina, con la luce del sole, guarderemo meglio questo tuo bel faccino”.
Dopo quella frase, Pug si allontanò e uscì dal deposito.
Quando la porta si fu richiusa, Susan fece un sospiro e rilassò le spalle.
La bambina scoppiò il lacrime. La madre corse ad abbracciarla e si rivolse a Susan. “Perdonatemi maestà”
La giovane s’inginocchiò accanto alla piccola e le parlò dolcemente.
“Dove hai visto il mio viso?”
“Su un libro. Un vecchio volume che parlava dell’Età d’Oro di Narnia, di quando i Re e le Regine venivano spesso a far visita alle Isole Solitarie. Lì c’era anche un vostro ritratto”
“Mia figlia ama Narnia” la giustificò la madre. “Quando vi ha vista non ci ha pensato, non si è trattenuta e ha pronunciato il vostro nome. Qualcuno l‘ha sentita. Vi abbiamo messo in pericolo. Perdonateci”
Susan scosse il capo. “Non è colpa vostra”
“Siete davvero la Regina Susan?” chiese la bambina, che ora non piangeva più e fissava la ragazza con curiosità.
Susan le guardò una per una alla luce della lanterna che Pug aveva lasciato.
Cosa dire? Forse valeva la pena rischiare. Non le pareva che quelle donne fossero ostili nei suoi confronti, e poi, ormai, l’avrebbero scoperto comunque e mentire non le piaceva.
Annuì. “Sì, sono io”
“La Regina!” esclamarono le altre, piene di emozione.
“Maestà, siete qui per salvarci, vero?” disse una seconda donna.
“Quando i Re e le Regine appaiono dall’altro mondo, è sempre così” disse una terza. “Quindi, il giovane che era con voi è vostro fratello, il Re Peter, vero?”
“Sì, e sono sicura che avrà sicuramente un piano per salvarci tutti, non dubitate”.
Le donne sembrarono in qualche modo tranquillizzate, anche se in realtà, Susan non poteva avere la certezza di quel che aveva detto.
Comunque, non se l’era sentita di rispondere negativamente, non dopo che aveva visto nei loro volti la speranza rinascere quando avevano scoperto chi era.
Doveva solo pregare che Peter avesse effettivamente un piano per tirarli fuori dai guai.
 
 
L'alba era giunta. Peter si destò al brusio crescente di voci concitate.
“Sue, svegliati” farfugliò ancora mezzo addormentato. “Susan?”
Si volse rapido intorno. Sua sorella non c’era.
“Susan!”
Balzò in piedi, accorgendosi che il bisbiglio era divenuto un’accesa discussione.
Peter non era l’unico ad essere agitato. Tutti gli uomini nella stiva erano furiosi e preoccupati.
 “Che cosa è accaduto?” chiese il giovane alzandosi e rivolgendo per la prima volta la parola a quelle persone.
Un uomo grande e grosso, che sembrava quello a cui tutti davano la maggior autorità, prese parola.
“Questa notte le nostre mogli e le nostre figlie ci sono state sottratte. Nessuno di noi si è accorto di niente”
“E’ impossibile”
“Eppure è così”
“Magia!” esclamò il più anziano, con una  nota di paura nella voce. “Probabilmente qualcuno su questa nave sa fare qualche incantesimo e ha fatto in modo che non ci svegliassimo. Non c’è altra spiegazione”
“Quindi, nessuno ha visto niente? Com’è successo o chi è stato?”
“No, niente”
“Ma perché le hanno portate via?”
“Non ne abbiamo idea. Forse le hanno fatte sbracare stanotte su qualche altra isoletta, forse le hanno rinchiuse da un’altra parte. Il cielo sa cos’hanno in mente questi maledetti”
Ricominciarono a parlare, Peter ascoltò, e cominciò a credere che quella nave trasportasse più che semplici schiavi. Quei calormeniani avevano un altro scopo, ne era più che certo, e voleva sapere quale.
“Dobbiamo assolutamente ritrovarle”
“Abbiamo già tentato di uscire di qui, ma la porta è troppo spessa, il chiavistello bloccato, e inoltre c’è sempre qualcuno di guardia. Purtroppo non c’è modo di andarcene se non attendendo lo sbarco sulle Isole”
“Ma non possiamo aspettare!”
L’anziano del gruppo si avvicinò loro.
“Sei nuovo, giovanotto? Sì, devi esserlo, sei troppo ottimista”
“Non si tratta di essere ottimisti o meno, si tratta di dover fare qualcosa e subito!”
Peter parò con autorità tale da lasciare di stucco tutti quanti.
“Dove credete abbiano portato le donne?”
L’uomo grande e grosso diede in una risatina che mal celava la sua rabbia.
“Probabilmente il principe le vuole per il suo harem”
“La morte sarebbe preferibile piuttosto che portare una vergogna simile” disse un altro.
“Per te forse, ma io non ho intenzione di lasciare mia moglie nelle mani di quei cani di Calormen!”
“A Narnia” disse ancora Peter, “nessuno oserebbe mai fare una cosa simile a una donna. Pena la morte”
Il tipo grande e grosso gli scoccò un’occhiata infuocata. “Che ne sanno quelli di Narnia di cosa accade sulle Isole? Sono centinaia d’anni che ci hanno lasciato perdere”
“Io sono di Narnia, e sono sicuro…”
“Se sei di Narnia, perché non vai a dire al suo sovrano di venire qui di persona ad aiutarci? Non lo chiamano il Liberatore? Che ci liberi, allora!”
Ci fu un coro di assensi.
“Aspettate, aspettate” disse l’anziano intimando il silenzio. “Il nuovo Re è molto giovane, ho sentito dire, e sono solo tre anni che è sul trono.”
“Inoltre” intervenne Peter, lieto che qualcuno fosse dalla parte di Narnia, “sono secoli che la stirpe dei Caspian non si interessa alle Isole. Caspian I conquistò il regno più di mille anni fa, cancellò la sua storia, costrinse le creature magiche e gli animali parlanti a fuggire e nascondersi. Negli anni, nessuno si è più interessato alle sorti dei regni confinanti, ma Aslan ha dato l’autorità e la fiducia al nuovo Re: Caspian X”
“E nel frattempo che lui impara a regnare, che dobbiamo fare noi? Subire le angherie di Calormen e venire trattati come bestie mentre il Re fa i suoi comodi a Cair Paravel?”
“No, ma dovete avere pazienza: non si può restituire la libertà a un mondo intero in un giorno!”
Accidenti, ora gli toccava anche prendere le difese di Caspian…
Un conto era accettare che sua sorella lo amasse, un’altra era diventare suo amico. Inoltre, ora che ci pensava, il fatto che Caspian avesse…con Susan…Quasi quasi gli sarebbe piaciuto strangolarlo alla prima occasione.
Ma bisognava mettere da parte le antipatie e simpatie personali. Caspian era davvero un buon sovrano, aveva dimostrato in più d’un occasione di tenere davvero alla terra di Narnia.
Erano passati tre anni dal suo insediamento sul trono. Non erano molti.
Peter lo sapeva bene quant’era difficile rimettere le cose a posto dopo una guerra. A lui c’erano voluti più di tre anni.
“Chi sei per sapere tante cose su Narnia?” chiese l’anziano, guardando Peter con fare curioso.
Di nuovo tutti gli puntarono addosso quello sguardo che al ragazzo non piaceva affatto: ostile oltre che indagatorio.
Ma il giovane si sentiva pienamente reintegrato nel suo ruolo.
“Sono Peter il Magnifico, Primo Cavaliere dell’Ordine del Leone, Re Supremo di Narnia”. scandì con voce forte e chiara
Il gruppo di uomini emise espressioni di incredulità.
“Tu il re?!” fece l’uomo grande e grosso, scoppiando poi in una fragorosa risata. “Ragazzo, tu devi aver preso una bella insolazione!”
“Taci, Kal e guardalo bene” intervenne l’anziano.
Si avvicinò a Peter e lo guardò attentamente in viso.
“Gli stessi occhi color del mare, gli stessi capelli color del sole. Una volta andai a Narnia e vidi un vostro ritratto. La vostra regalità mi rimase impressa” l’anziano annuì e gli occhi brillarono. “Sì, non c’è dubbio. Voi siete Re Peter”
Sotto gli occhi sbalorditi dei suoi compagni, l’uomo si inchinò.
Peter lo aiutò poi ad alzarsi e gli strinse la mano.
“Raccontatemi che cosa è accaduto, signore”
“Ah, è una lunga storia, ma immagino che nessuno di noi abbia impegni oggi” il viso rugoso si dispiegò in un sorriso.
“Siamo tutti originari delle Sette Isole. Qualche giorno fa arrivò una nave al nostro porto: era l’Occhio di Falco, la stessa su cui ci troviamo ora.
“Non avevamo mai visto una nave tanto grande fermarsi presso di noi. Le Isole commerciano e fanno scambi svariate volte l’anno con l’Impero di Calormen, ma di solito conosciamo coloro con cui trattiamo.
“Il nostro villaggio sorge sulle rive dell’Isola di Brenn, siamo una piccola comunità che non ha nulla se non i propri raccolti, gli animali e la fede in Aslan. Per questo rimanemmo sconcertati quando l’equipaggio ci attaccò. Bruciarono e saccheggiarono, poi presero a caso una ventina tra uomini e donne di tutte le età e ci portarono sulla nave. A quanto sembra, lo scopo a cui siamo destinati è quello di lavorare come schiavi al grande Tempio di Tash che l’Imperatore Tisroc sta facendo costruire sulle Isole Solitarie”
“Un Tempio di Tash sulle Isole Solitarie?” fece eco Peter incredulo. “E’ una cosa inaudita. Le Sette Isole non appartengono a nessuno, lo so per certo. Non rientrate nei confini di nessun regno del continente, avete un vostro feudo”
“E’ così, infatti, ma a quanto pare, Calormen sta approfittando dell’assenza del Re di Narnia per andare a piantare la sua bandiera in terre straniere e imporvi la propria supremazia”
“Il Re di Narnia non è a Cair Paravel?”
“No, mio signore, a quanto pare no. Noi siamo lontani da Narnia, non sappiamo cosa abbia spinto Caspian X ad allontanarsi, ma c’è chi dice che il regno sia in pace, quindi non si è assentato per cause belliche”
Peter rifletté. Se Caspian non aveva lasciato il paese per scendere in battaglia contro qualche altro popolo, allora perché non era al palazzo?
“Va bene, di questo parleremo più tardi. Andate avanti, signore”
“Non c’è molto altro da dire, sire, se non che temiamo per le nostre consorti. I pensieri a loro riguardo non sono dei più rosei, come avete sentito. In uno scavo di certo non possono lavorare, per cui, o saranno vendute come schiave e dame di compagnia, o come concubine”
“Sapete dirmi chi c’è dietro questa storia?”
“L’Imperatore Tisroc, ovviamente, e suo figlio: il principe Rabadash”
 
 
Bussarono alla porta.
Rabadash, chino sulla scrivania, staccò gli occhi dalle carte sulle quali si era dedicato quella mattina. Era lo schizzo del progetto del Tempio di Tash, al quale stava apportando le ultime modifiche.
“Sì?”
Un soldato, nella sua tenuta bianca e rossa, aprì e fece un inchino prima di parlare.
“Altezza reale, il mercante Pug chiede di vedervi”
Rabadash inarcò un sopracciglio. “Che cosa vuole?” chiese svogliatamente il principe.
“Non saprei, altezza”. Dice che è molto urgente e che vuole parlarne solo con voi”
“Riferisci a Pug che non ho tempo per lui, e che se vuole ritrattare il pagamento non c’è nulla da fare. Gli ho già dato denaro in abbondanza per comprarsi tutte le Isole Solitarie”
Il soldato si inchinò di nuovo e uscì dalla cabina indietreggiando.
Pug era in impaziente attesa fuori nel corridoio. Appena vide la guardia gli si avvicinò sfregandosi le mani.
“Spiacente, signore, il principe non è interessato alla vostra proposta”
“Co-come? Impossibile, gli avete riferito per bene quel che vi ho detto io?”
“Non mi permetterei mai di disturbare sua altezza in un momento tanto delicato e impegnativo come questo”
“No, no, no, non capite, è importante che il principe sappia una cosa. Devo parlare con lui a quattr’occhi. Bussate di nuovo, per favore”
Il soldato sembrava alquanto scocciato, ma lo fece ugualmente.
“Avanti”
“Vostra altezza…”
“Mio signore, permettete?”
Il mercante superò il soldato, sgusciando nella cabina del principe, il quale lo guardò stupito.
“Perdonate l’invadenza, altezza, ma ho proprio bisogno di parlarvi adesso a proposito di una faccenda che riguarda Narnia”
Il soldato tentò di fermarlo, ma a un cenno di Rabadash arretrò.
“Lasciateci” disse il principe e per la seconda volta, il soldato fece dietrofront.
Pug si sentiva in soggezione davanti a quell’uomo, benché fosse molto più giovane di lui. Se Tisroc aveva la fama di essere freddo, distaccato e calcolatore, il suo primogenito lo era dieci volte di più.
“Avete detto proprio Narnia?”
“Sì, altezza serenissima”
“Saltate i cerimoniali Pug, non ho tutta la mattina”
Pug spostò il peso del corpo da un piede all’altro, ansioso.
Se quello che credeva era vero…se quello che aveva visto quella notte quand’era sceso nella stiva più piccola, dov’erano rinchiuse le donne delle Isole fosse stata effettivamente la verità…
Era l’occasione della sua vita, doveva giocare il tutto per tutto.
“Voi conoscerete senza ombra di dubbio la storia di Narnia, intelligente e colto come siete. Ebbene, ricorderete che c’erano, più di mille anni fa, due Re e due Regine che regnarono al tempo del vostro grandissimo antenato Rabadash I, figlio di Tisroc (possa egli vivere in eterno)”
“E questo cos’ha che fare con me?”
“Vostra altezza è sospettosa, vedo, e ne avete tutte le ragioni, amatissimo principe. Io non sono un uomo di cultura, ma so dalle vecchie favole che si raccontano nelle Isole che i quattro sovrani erano i salvatori di Narnia, e che provenivano da un altro mondo”
“Venite al dunque”
Pug represse un sorrisino soddisfatto. Aveva ottenuto la piena attenzione del principe.
“Ecco mio signore, c’è giù una prigioniera che, altre affermano, si tratti proprio di una dei quattro Re della leggenda. Io non credo a certe favolette, ma se così fosse, principe, non credete che sia meglio verificare? Io so che quando un abitante di un altro mondo giunge nel nostro, è sempre per sopperire a un qualche pericolo che aleggia sul regno di Narnia. E se fosse vero quel che dicono le prigioniere, potrebbe darsi che tutti i piani di vostra altezza e del suo grande padre Tisroc (possa egli vivere in eterno), rischiano di andare all’aria”
Gli occhi scuri di Rabadash brillarono di una luce allarmante. La preoccupazione si dipinse sul suo viso, all’apparenza impassibile.
Aveva studiato, da bambino, le storie riguardanti i paesi del nord. All’epoca, come ora, credeva- come quasi tutti a Calormen- che i demoni travestiti da creature fatate di Narnia avessero sempre costituito un pericolo per le terre del sud.
E se il mercante avesse avuto ragione? Se qualche salvatore fosse giunto, com’era avvenuto nel passato, a impedire a Calormen di prendere Narnia?
“Pug, se avete torto, l’errore vi costerà caro”
“Lo so bene, altezza, ma credo di non sbagliare. Vuole il mio principe constatare la cosa coi suoi occhi?”
Rabadash ci pensò ancora un po’, poi decise che non aveva nulla da perdere a verificare le parole del mercante, se non qualche minuto del suo tempo.
“E sia. Vediamo questa presunta Regina”
Scesero sottocoperta. Pug guidò il principe e un paio di guardie nella stiva più piccola.
Il mercante trafficò con il chiavistello e poi spalancò la porta.
“Venite, mio signore” disse Pug, facendo passare Rabadash.
Il principe fece una smorfia. Non erano ambienti a cui era abituato e lo disgustavano.
Osservò Pug avvicinarsi alle prigioniere e costringere ad alzarsi in piedi una ragazza molto giovane, vestita di un bizzarro abito azzurro. La riconobbe come una dei due naufraghi che avevano raccolto il giorno prima in mezzo all’Oceano.
“Eccola, altezza, è lei”
“Tenete aperta la porta” ordinò Rabadash alle guardie, le quali obbedirono immediatamente.
Si misero ai due lati di essa, pronte a sventare qualunque tentativo di fuga da parte delle poverette, anche se nessuna aveva la benché minima intenzione di tentare, erano troppo impaurite.
La luce del sole penetrò nella stiva e Rabadash guardò in viso la giovane che Pug aveva portato al suo cospetto.
Gli restituiva uno sguardo fermo, non terrorizzato, con i suoi occhi più azzurri del cielo e del mare. Non indietreggiò, non si mosse, non lo supplicò di lasciarla andare. Stava lì di fronte a lui, i lunghi capelli castani in disordine, l’abito stropicciato, ma anche così, Rabadash non poté non provare un’immediata attrazione per quella ragazza. Era la donna più bella che avesse mai visto. In quell’istante non faticò nemmeno a credere che fosse sul serio una regina, tanto la sua grazia e regalità trasparivano anche senza che muovesse un muscolo.
Susan, dal canto suo, provò immediata antipatia per quell’uomo. Pug l’aveva chiamato altezza e lei capì -dai racconti delle sue compagne di cella- che si trattava del principe di Calormen, colui che aveva la colpa della situazione in cui si erano trovati lei, Peter e tutta quella povera gente.
Spregevole e arrogante, che trattava le persone come bestie, o peggio.
Non la intimidì con il suo sguardo duro e l’aspetto impeccabile, avvolto nella veste nera e argento; non sentì la minima paura, solo repulsione.
“A-allora, mio signore? Cosa ne dite?” balbettò Pug più impaziente che mai. “A mio modesto parere, le somiglia, no?”
“Devo accertarmi della cosa, Pug”
Il mercante sembrò alquanto deluso. “Ma, mio signore…”
“Mio signore” intervenne un marinaio, arrivando alle spalle delle due guardie. “Abbiamo avvistato or ora le Isole Solitarie”
“Molto bene” disse Rabadash distogliendo finalmente lo sguardo da Susan. “Guardie!”
Quelle scattarono sull’attenti.
“La prigioniera rimarrà qui dentro, per il momento. Sorvegliatela. Quando sbarcheremo deciderò sul da farsi”
Rabadash se ne andò turbato. Quella ragazza suscitava in lui emozioni mai provate prima.
 
 
“Terra!” annunciò a gran voce l’uomo di vedetta sul Veliero dell’Alba.
Edmund, Lucy e Eustace alzarono gli occhi dai piatti della colazione, si guardarono e poi, gettando letteralmente le posate sul tavolo, uscirono di corsa sul ponte, dove Caspian era già accanto a Drinian, binocolo alla mano.
“Oh, che bello!” esclamò Lucy battendo le mani. “Eccole là! Si vedono a occhio nudo! Le Isole Solitarie!”
Era una splendida giornata di sole. L’aria fresca, il mare azzurro increspato dolcemente da piccole punte di schiuma bianca. Non avrebbero potuto sbarcare in una mattinata migliore.
Le Isole Solitarie erano tre: Felimath, una collina bassa ed erbosa dove vivevano solo animali; Doorn, una distesa grigia più rocciosa della sua gemella, abitata solo da qualche piccola comunità di pescatori; infine Avra, la cui città portuale Portostretto era la capitale. La maggior parte degli uomini risiedeva lì. Non c’erano creature magiche nelle Isole.
Decisero di scendere a Felimath. L’idea fu di Lucy, ma tutti la trovarono ottima. Anche Edmund era ansioso di tornarci. Caspian e Ripicì andarono con loro e- strano ma vero- anche Eustace, ansioso di scendere da ‘quella bagnarola’.
Drinian rimase d’accordo con i sovrani che il Veliero dell’Alba avrebbe doppiato il capo e raggiunto Doorn per fare provviste, dopodiché, la nave li avrebbe recuperati dall’altra parte di Felimath, che i ragazzi volevano attraversare a piedi.
Fu una mattinata meravigliosa.
Camminarono a piedi scalzi sull’erba fresca, giocarono sulla spiaggia, si sdraiarono al sole, si concessero un bagno in mare ridendo e scherzando. Si incamminarono verso l’interno, arrampicandosi poi su per un pendio che li portò in cima al colle dell’isola. Si voltarono ad osservare il panorama e il Veliero dell’Alba, che da quella distanza sembrava piccolissimo.
Doorn si stendeva ai loro piedi, separata da Felimath da una stretta striscia di mare. Sulla sinistra si scorgeva Avra e i tetti bianchi di Portostretto.
Tornarono sulla nave che era già tardo pomeriggio. Il sole calava in fretta, tingendo il mare e il cielo di riflessi arancioni.
“Vostra maestà, osservate” disse Drinian, non appena Caspian fu al suo fianco accanto al timone.
Il Re prese il binocolo e vi guardò dentro per un tempo alquanto lungo.
“Che succede?” chiese Edmund, apparendo accanto a loro.
“C’è una nave ancorata nella baia. Direi che si tratta di una nave del sud”
“Calormen?” domandò Edmund, prendendo il binocolo che Caspian gli porgeva.
“Pare di sì”
“L’Occhio di Falco, maestà” disse Drinian inquieto.
“Come?” fece Edmund, voltandosi verso di lui.
“La nave del principe Rabadash XVIII”
Edmund osservò di nuovo e riconobbe la bandiera con le due scimitarre incrociate, simbolo dell’Impero di Calormen.
“Che cosa sono venuti a fare sin qui?”
“E’ quello che intendo scoprire” disse Caspian. “Inoltre, non si vede neanche una bandiera di Narnia e la cosa mi insospettisce”
“Ehi, e quello che cos’è?” esclamò ancora Ed.
“Cosa?”
“Guarda là, sulla destra”
Caspian rimise occhio al cannocchiale e vide delle alte torri che non aveva notato in precedenza.
“E’ una qualche sorta di costruzione ancora incompleta, pare. Ma non ha la stessa struttura delle altre abitazioni. Sembra quasi…un tempio”
“Io dico di prepararsi a sbarcare. Drinian?” fece Edmund risoluto.
 “Perdonatemi vostra maestà, Re Edmund, ma la catena del comando inizia da Re Caspian su questa nave”
Il capitano si scambiò un’occhiata con il suo sovrano.
Edmund guardò dall’uno all’altro, quasi stupito da quell’affermazione.
Era la prima volta, da quando era arrivato sul Veliero dell’Alba, che si sentiva messo da parte. A pensarci bene però era del tutto logico, che stupido era stato. Gli ordini li dava Caspian, adesso.
“Useremo le scialuppe” disse quest’ultimo. “Drinian, prendi alcuni uomini e vieni a riva”
“Sì, signore”.
“Tavros, ordina di ammainare la vela e gettare l’ancora”
“Si, maestà”
Doveva ammetterlo, Edmund: Caspian era diventato un vero e proprio condottiero.
Provò una punta di gelosia, perché lui non aveva mai potuto essere re in prima persona, c’era sempre qualcun altro davanti a lui.
No, si disse, non era giusto pensare quelle cose. Caspian era suo amico, gli voleva bene; avevano lottato insieme per la pace, Edmund l’aveva aiutato a salire sul trono perché gli spettava di diritto. Non poteva essere invidioso.
Sbarcarono con due scialuppe. Sulla prima i due Pevensie, Eustace, Ripicì e Caspian; sull’altra Drinian, il suo secondo Rynelf, e altri tre.
“Avanti! Il brivido dell’ignoto ci attende!” esclamò Rip saltando giù dalla barca, l’unico a quanto pare ad avere il sorriso sulle labbra.
“Non potevate aspettare domattina? Farà presto buio e io…”balbettò Eustace.
“Hai paura” affermò Ripicì”
“Questo non è vero!”
“Ascoltate” disse Lucy, mentre Rynelf l’aiutava a scendere dall’imbarcazione. “Che silenzio…dov’è tutta la gente?”
“E’ meglio stare all’erta” disse Caspian caricando la balestra. “Lucy, hai la spada che ti ho dato?”
“Sì, è qui. E ho anche il pugnale e il cordiale”
Avanzarono guardinghi con solo il canto dei gabbiani e altri uccelli di mare a spezzare il silenzio. Sembrava una città fantasma.
Eustace inciampò un paio di volte, nessuno lo aiutò.
“Sicuri che appartenga alla vostra famiglia?” chiese Caspian scettico.
“Purtroppo…” fu il commento di Edmund.
Improvvisamente, un solo rintocco di campana rimbombò nell’aria immobile del crepuscolo.
Tutti si voltarono spaventati verso la fonte del suono. Proveniva da un alto campanile, dietro il quale scorsero di nuovo le strane torri che Edmund aveva notato prima.
“Ripicì, con gli uomini di Drinian, resta a difendere questo posto” ordinò Caspian. “Noi proseguiamo. Se all’alba non siamo tornati, manda degli uomini”
“Sì vostra maestà”
Eustace non era molto propenso ad inoltrarsi in quel luogo disabitato. Caspian gli porse allora il suo pugnale in modo che potesse difendersi.
“Lo sai usare?”
“Ah! Che domande!”
“Vedi di non perderlo, per favore. Ci tengo molto”
“Perché?”
“Era di mio padre”
Ormai il sole era definitivamente scomparso dietro l’orizzonte e le ombre prendevano il sopravvento.
“Venite” sussurrò Caspian, guidando il gruppetto dentro una porticina sul retro della chiesa. “Cominciamo da qui”.
“Eustace, tu preferisci stare di guardia, immagino” chiese Edmund, scuotendo la testa perché il cugino era inciampato un’altra volta.
“Ahia! Eh? Oh, sì, sì, io me ne resto qua fuori”
Il Re e i due Pevensie varcarono la soglia di un grosso stanzone semi vuoto, eccezion fatta per un tavolo al centro esatto di esso, sul quale erano aperti alcuni grossi registri pieni di nomi vergati in inchiostro, alcuni ancora fresco.
Edmund prese la sua torcia dalla cintura e l’accese, puntandola sui fogli.
“Chi sono tutte queste persone?” chiese Lucy, forse a voce un po’ troppo alta.
“E perché alcune di loro sono state cancellate?” le fece eco Edmund.
“Sembra quasi una sorta di…tariffario”
“Mercanti di schiavi” confermò Caspian a basa voce.
In quel mentre, dall’alto vennero srotolate delle corde. Da esse si calarono dei soldati in tenuta bianca e rossa, altri sembravano semplici marinai, ma tutti si avventarono sui ragazzi una volta toccato terra.
Caspian sparò una freccia con la balestra atterrando il nemico più vicino, ma presto altri gli furono addosso armati di scimitarre. Il Re sguainò Rhasador, la sua nuova spada, e si preparò a dar battaglia.
Edmund e Lucy lo imitarono.
La ragazza se la cavò piuttosto bene, La sua istruzione nella scherma era un po’ lacunosa, ma parò diversi colpi con maestria.
Edmund invece era sempre stato il più grande spadaccino di Narnia,  e in quell’occasione, con Rhindon in pugno, ebbe modo di esibire la sua eccellente destrezza schermando gli attacchi di tutti i nemici e contrattaccando a sua volta, velocissimo.
Caspian fece roteare per l’ennesima volta l’arma in un lampo d’argento, quando un urlo strozzato li costrinse tutti a fermarsi.
Era stato Eustace a gridare. Era sulla porta, il coltello di Caspian gli era stato portato via dall’uomo che ora glielo puntava alla gola
“Se non volete sentire strillare come una femminuccia questo qui un’altra volta, vi consiglio di buttare le armi. Subito”
“Femminuccia?!” esclamò il ragazzo indignato.
“Eustace!” fece Edmund, guardando furioso il cugino che si era fatto prendere nel sacco.
“Sarebbe stato meglio portarcelo dietro”pensò.
Poi gettò a terra la spada, lo stesso gli altri.
“Metteteli i ferri” ordinò il carceriere di Eustace.
“Sì, signor Pug”
“Levami le mani di dosso!” esclamò Lucy appena l’afferrarono.
“Lei lasciatela stare!” tuonò Edmund, ma venne zittito da un pugno di un soldato che gli fece sentire il sapore del sangue in bocca.
“Questi due li portiamo al mercato” disse Pug facendo un cenno verso Lucy e Eustace. “Gli altri rinchiudeteli nella prigione”
“Ascoltami insolente buffone! Io sono il tuo re!” gridò Caspian con collera crescente.
“Oh, ma davvero? Bene, un altro sovrano di Narnia” Pug si inchinò prendendosi gioco del giovane, al quale ovviamente non credeva. Alcuni soldati risero.
“Se è così” continuò il mercante, “vi sistemerò con qualcuno di vostra conoscenza, vostra altezza…Portateli via!” ordinò infine.
“No, Edmund! Edmund!” strillò Lucy spaventata, mentre veniva separata dai compagni.
La stessa sorte toccò al cugino, troppo scioccato per poter proferire parola o protestare.
“Tranquilla, andrà tutto bene!” assicurò Ed, mentre trascinavano lui e Caspian lontano.
Li condussero fuori dalla chiesa e giù per le vie buie diretti alle galere di Portostretto.
“Dentro! E vedete di stare buoni!”
Il padrone del carcere (che Pug aveva pagato profumatamente) li chiuse nella gattabuia più nascosta dell’edificio.
“Anche se urlerete, non vi sentirà nessuno” e ridendo se ne andò.
Edmund corse alle sbarre e cominciò a strattonarle con forza.
“Pagherete per questo!”
Caspian, furibondo, diede un calcio alle sbarre della cella, che produssero un clangore assordante.
Poi, una voce provenne dal fondo della prigione, dalla parte più buia.
“Edmund? Sei proprio tu?”
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata e si voltarono.
Dalle ombre apparve una figura femminile. Avanzò verso di loro e quando fu al centro esatto della stanza, la luce della luna che entrava dalla finestrella in alto sulla destra, la illuminò completamente.
“Susan!” esclamò Edmund sbalordito.
“Ed!” fece lei correndo ad abbracciarlo. “Oh, Ed, come sono felice di vederti! Stai bene? E Lucy?”
“Ma…Susan, che cosa ci fai qui?!” le chiese Edmund, ma lei non gli rispose.
Susan stava guardando alle spalle del fratello- dal quale si staccò piano- l’altro ragazzo ancora accanto all’entrata della cella.
Un ragazzo alto, con i capelli castani e lunghi fino alle spalle, un accenno di barba sul viso che rendevano il suo aspetto più adulto e virile, gli occhi scuri fissi nei suoi.
Un nome uscì dalle labbra di Susan, lieve ma chiaro nell’immobilità della notte.
“Caspian”

 
Oh oh oh! Buon Natale! :D
Allora allora allora, dopo un piccolo inghippo che non mi ha permesso di pubblicare sabato pomeriggio, è con orgoglio che vi presento il nono capitolo! E stavolta, ragassuole mie, voglio gasarmi e dirvi che ho superato me stessa: zi, zi! XD Undici pagine word! Waaaaaaaaaaaaa!!!!! Non riuscivo più a fermarmi, e infatti il decimo è praticamente già scritto e lo metterò per capodanno!
Tiriamo le somme:
Caspian e Susan si sono ritrovati anche se solo alla fine.
Ed e Caspian sono con  lei, Lucy e Eustace invece verranno venduti poveretti…e Peter? Ce l’avrà fatta a fare un piano per fuggire?
E ora cosa succederà? Eh? Eeeeehhhhh? Orsù, dite la vostra! (ma come parlo? Va bè…)
Voi siete state ancora fantasmagoricamente super mitiche, no di più, non c’è parola per dirlo. Siete uniche, grandiose, insuperabili! Vi ringrazio dal profondo del cuore!
Thaks to:

 
Per le seguite: Babylady, FedeMalik97, FrancyNike93GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, SerenaVdW, Smurff_LT e SweetSmile
 

Per le preferite: Charlotte Atherton, LittleWitch_, piumetta, e tinny
 
Per le ricordate: Angie_V
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, GossipGirl88_, IwillN3v3rbEam3moRy, LittleWitch_, piumetta, SerenaVdW e tinny
 
Ancora tantissimi auguri! Più uno speciale a IwillN3v3rbEam3moRy che compie gli anni il 25 dicembre!
Un bacio dalla vostra Susan<3

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Ritrovarsi ***


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10.Ritrovarsi

 

Guardami negli occhi
E vedrai cosa significhi per me
Cerca nel tuo cuore
Cerca nella tua anima

E quando mi troverai lì, smetterai di cercare.

 
 
Se qualcuno gliel’avesse chiesto, Caspian non sarebbe stato in grado di spiegare a parole l’emozione che scaturì dentro di lui quando sentì quella voce.
Gli sembrò ancora di stare tra il sonno e la veglia, come la notte scorsa quando gli era parso di sentirla chiamare il suo nome attraverso il sogno.
Ma non era un sogno, non adesso. Era ben sveglio e la sentì, la vide, e non seppe come si trattenne dal correre da lei e prenderla tra le braccia, tenerla stretta a lui. Soltanto così avrebbe saputo che quel che stava vedendo era vero.
Tuttavia…
Non poteva essere avventato. Si erano lasciati con dolci parole, ma lui non poteva essere certo che Susan non si fosse rifatta una vita, nel frattempo.
Se così fosse stato, sarebbe stato meglio morire. Sapeva che era passato poco tempo nel mondo terrestre, ma era un’eventualità che non poteva scartare a priori.
Perciò rimase indietro, nelle ombre della prigione, mentre Susan era già volata ad abbracciare Edmund, che era rimasto sbalordito almeno la metà di quanto lo era stato lui nel trovarsela davanti.
Caspian la guardò con il petto che scoppiava di amore e malinconia, dolore e gioia, fusi in un’unica, inspiegabile sensazione.
Susan. La sua Susan. Lì a Narnia. Lì, a pochi metri da lui.
Il Re chiuse gli occhi e inspirò, ringraziando Aslan dal più profondo del cuore.
Aveva seguito il consiglio di Lucy e aveva pregato per rivedere la sua amata.
Non aveva mai chiesto nulla per se stesso, sempre e solo per Narnia, quella era stata la prima volta che formulava un desiderio per una sua ragione personale.
Nonostante le leggi della Grande Magia, nonostante il comando dettato dal Leone durante l’ultimo viaggio dei Pevensie, Aslan lo aveva ascoltato.
Gli sarebbe bastato vederla anche solo per un istante, non gl’importava. Un secondo appena…ebbene, era trascorso più di un secondo.
Susan era tornata. Egoisticamente, Caspian pensò che era lì per lui, solo per lui.
L’averla davanti e non poter allungare una mano per toccarla o sfiorarla appena…
Sapeva di esserne innamorato dal più profondo del cuore, ma d’improvviso capì che c’era di più. Non era solo il cuore che batteva all’impazzata, era lui stesso che rischiava d’impazzire. Era come un enorme calore che partiva dal profondo dell’anima. Una parte del suo essere, incompleta, che tentava disperatamente di riunirsi a ciò che avrebbe colmato il vuoto.
Non riusciva a pensare più a niente, solo a Susan. Sentirne la dolce voce pronunciare il suo nome, guardare di nuovo in quegli occhi color del mare, era stato come svegliarsi da un lungo e triste sogno, e tornare a vivere.
Respirò a fondo, cercando di soffocare tutte le sensazioni quel tanto che gli bastava per tornare a ragionare.
Ci riuscì quando sentì la voce di Edmund spezzare il silenzio creatosi.
“Come sei arrivata qui? E perché ti hanno rinchiusa?”
“E’ una storia un po’ lunga” rispose Susan, cercando con tutte le forze di non rivoltarsi verso Caspian. Non riusciva a guardarlo.
“Ma prima di spiegarvi, dobbiamo occuparci di lui”
“Lui?” fece Edmund perplesso.
“Venite”
Susan li portò in fondo alla cella, dove un uomo con barba e capelli lunghi e ingrigiti, stava sdraiato su una misera panca, coperto da una fodera consunta.
“Quest’uomo è ferito e ha bisogno di aiuto” continuò Susan, inginocchiandosi accanto alla panca. “Quelle orribili guardie non mi ascoltano nemmeno, sono a malapena riuscita a farmi dare un po’ d’acqua da bere e una pezza pulita per lavargli la ferita. Non sembra grave ma ha fatto infezione, credo. Se fosse possibile farlo visitare da un medico…”
 “Sei ammirevole, sorella” le disse Edmund. “Ti preoccupi sempre prima degli altri che di te stessa”
Susan gli sorrise. “Voi avreste fatto lo stesso”.
Il suo sguardo cercò Caspian, ma non appena si vide specchiare nei suoi occhi scuri, lo distolse.
“Chi è?” chiese il Re.
 “Non sono riuscita a farmi dire il suo nome”
Era la prima volta che si parlavano direttamente da quando si erano rivisti.
Caspian imitò il gesto della ragazza, inginocchiandosi a sua volta. Edmund rimase in piedi.
Il cuore di Susan accelerò improvvisamente.
Era accanto a lei. Percepiva il suo calore, sentiva il suo profumo mischiato a quello del mare.
Un mese. Non lo vedeva da un mese.
Non era un tempo relativamente lungo, ma a lei era parso incalcolabile, un’eternità.
Quanto ne era passato a Narnia?
Caspian non sembrava cambiato, era più bello che mai, anche se aveva un’aria molto più forte e virile, più nobile.
Ma lo sguardo caldo, dolce e profondo era sempre il suo, quello che l’aveva osservata di nascosto, intensamente, o triste, timido e un po’ insicuro.
In ogni modo, era sempre Caspian.
Caspian…
Aveva tanto voluto tornare da lui, e ora non sapeva come reagire.
Aveva immaginato il loro incontro in una foresta di Narnia, come la prima volta, o a Cair Paravel.  Corrergli incontro, come succedeva nel suo sogno ricorrente, chiamarlo, essere accolta nelle sue braccia, sentirsi stringere.
Lei si era immaginata una favola, ma sfortunatamente, a volte, nemmeno a Narnia era tutto così semplice.
La mano destra di Caspian era posata sul ginocchio piegato. Oh, se lei avesse avuto il coraggio di prenderla, sentire il contatto con la sua pelle, anche per pochissimo…Erano così vicini. Le sarebbe bastato un breve gesto, eppure…non lo fece.
Perché? Forse perché aveva paura? Sì, era quello, era solo paura. Paura che lui la respingesse, che la rifiutasse, che nei suoi occhi ci fosse rimprovero per averlo lasciato solo.
Per questo non aveva avuto ancora il coraggio di guardarlo in volto.
E la paura, l’ansia, la gioia, erano una pressa soffocante sul petto e nella gola. E il cuore le batteva forte, così forte che Susan dovette tirare un lungo sospiro per riuscire a tornare a respirare.
Caspian…
Sono qui. Guardami. Abbracciami. Baciami.
Caspian…
L’uomo sulla panca fece un movimento e aprì gli occhi.
“Vi siete svegliato” disse Susan balzando in piedi e aiutandolo a mettersi seduto. “Come vi sentite?”
“Meglio. Vi ringrazio, mia signora. Ma chi sono i nostri nuovi, sfortunati compagni?”
“Amici, signore, non temete”
Caspian guardò attentamente quell’uomo, che aveva un’aria alquanto famigliare.
“Lord Bern” disse il ragazzo, con un tono tra un’affermazione e una domanda.
“Lui è uno dei sette?” chiese Edmund, emozionato all’idea.
Susan guardò dall’uno all’altro, senza capire di cosa parlassero.
“Siete uno dei Sette Lord di Telmar?” chiese di nuovo Caspian.
L’uomo abbassò lo sguardo, sospirando.
“Un tempo forse, ma ormai non merito più quel titolo”
L’uomo alzò lo sguardo su di lui, stringendo gli occhi come per mettere a fuoco un’immagine offuscata.
“Il tuo volto…Tu mi ricordi un re che ho amato molto”
“Quell’uomo era mio padre” sorrise Caspian.
L’altro lo fissò più attentamente, e poi i suoi occhi si illuminarono di consapevolezza e commozione.
“Oh, mio signore! Vi prego di perdonarmi!” esclamò inginocchiandosi, gemendo poi per il dolore della ferita al fianco.
“No, vi prego” lo fermò Caspian, afferrandolo per un braccio e aiutandolo a rimettersi seduto accanto a Susan “Vi prego, non sforzatevi. Siete ferito”
Lord Bern sorrise. “Oh, sopravviverò”
I tre ragazzi parlarono con Lord Bern per lungo tempo, quasi fino all’alba.
Egli narrò di come lui e i sei compagni avevano lasciato Narnia su ordine di Miraz, immediatamente dopo la morte di Caspian IX.
Caspian raccontò a lui e Susan di come aveva deciso di lasciare il castello di Narnia per mettersi in viaggio alla ricerca dei sette più fidati amici del padre, e di come aveva raccolto sul suo veliero Edmund, Lucy e Eustace.
Edmund continuò narrando di come si erano imbattuti in un mercante di schiavi di nome Pug, il responsabile del rapimento e della loro situazione, ma assicurò Susan che, di certo, Ripicì e Drinian, il capitano della nave di Caspian, sarebbero venuti in loro soccorso.
Susan rimase stupita nel sapere che anche il cugino era a Narnia. Ne fu felice, ma apprese la terribile notizia che lui e Lucy erano stati portati in un’altra cella, insieme agli schiavi che la mattina dopo sarebbero stati venduti al mercato di Portostretto.
E fu ancora più sbalordita nell’udire il nome di Pug. 
La ragazza informò allora gli amici che anche Peter era con lei e di come erano arrivati lì attraverso il quadro, della nave di Calormen e degli abitanti delle Sette Isole, anche loro rapiti da Pug e i suoi, e destinati a divenire schiavi. Concluse col dire che del fratello maggiore non aveva saputo più nulla da quando li avevano separati.
“Puoi sempre suonare il tuo corno” le disse Edmund alla fine.
“Temo di no. Pug me l’ha sottratto quando ci hanno perquisito. Non so dove sia ora, probabilmente è ancora in mano sua”
I racconti combaciarono quando Susan riferì che Pug lavorava per il principe di Calormen, e Caspian e Edmund riferirono di aver visto ancorata al porto la nave Occhio di Falco.
“Incredibile, ci siamo incrociati allora” disse Edmund. “Se solo avessimo saputo prima che tu e Peter eravate lassù, avremmo potuto aiutavi e liberare tutti quanti da quei tiranni”
Susan gli mise una mano sul braccio e Edmund la strinse.
“Non potevi saperlo Ed, non è colpa di nessuno”
“Bisogna trovare un modo per andarcene” disse Caspian.
Si era alzato in piedi e ora stava sotto la finestrella dalla quale si vedeva il cielo schiarirsi sempre più.
“Non uscirete mai” disse Lord Bern scuotendo il capo sconsolato. “Non c’è nessuna speranza”
“Non potremo esserne certi finché non avremo tentato” sostenne Edmund.
 
 
Peter e gli uomini delle Sette Isole vennero fatti sbarcare che il tramonto era già sceso da un pezzo.
Il giovane si aspettava di vedere la sorella e le altre prigioniere da un momento all’altro. Si guardò indietro più volte per sapere se per caso fossero in fila dietro di loro, ma non c’erano.
I timori degli uomini erano fondati. Evidentemente erano state fatte sbarcare prima, non si sapeva dove e quella sorte incerta cominciò a preoccupare anche Peter.
Forse erano su un’altra isola? Oppure erano già a bordo di un’altra nave che le avrebbe condotte a Calormen?
Il pensiero lo mandò nel panico. Susan a Calormen! Sarebbe stato terribile.
No, un momento, c’era anche la possibilità che lei e le altre si trovassero ancora sull’Occhio di Falco, e che Rabadash avesse scelto di non farle scendere.
Quest’ultimo era decisamente un pensiero incoerente, non che alquanto impossibile, ma Peter sperò con tutto il cuore che fosse così.
La sua mente era un turbine di pensieri confusi. Pensava a come uscire da quella situazione il prima possibile, ma ora come ora non c’era soluzione.
Le guardie li facevano procedere in fila indiana. Né Pug, né tantomeno Rabadash erano presenti. Di certo non assistevano il trasporto dei prigionieri dalla nave alle prigioni perché la consideravano una mansione fastidiosa, ritenendo impossibile che provassero a scappare. Ma non c’era ragione per non tentare, si disse Peter.
Ne aveva parlato anche con gli uomini dell’Isola di Brenn, mentre erano ancora nella stiva.
Combattere era impensabile dato che nessuno di loro aveva un’arma. Un diversivo era quello che ci voleva. Bisognava creare confusione, in modo da prendere alla sprovvista le guardie.
Peter contava più che altro su tre cose: l’improvvisazione, l’effetto sorpresa e una mano da Aslan.
“Non siamo uomini di guerra, maestà” aveva insistito un giovane più o meno dell’età di Peter.
“Non vi chiedo di lottare, ma di essere veloci, di creare il caos. Una specie di rivolta, in scala assai minore, ovvio. Siamo poco più di dieci. Ma sono certo che altri prigionieri, vedendo noi, seguiranno l’esempio e ci daranno un aiuto insperato”
“Quando ci muoveremo?” aveva chiesto un altro.
“Quando saremo dentro la prigione”
“E se poi non riuscissimo a uscire?”
“Dovremo farcela a tutti i costi” aveva dichiarato Peter guardandoli tutti.
“No, io propongo di fuggire quando siamo ancora all’aperto” aveva ribattuto Kal.
“No, lo faremo quando saremo abbastanza lontani dalla nave. Sono sicuro che il mercante e il principe rimarranno a bordo, così, prima che le guardie riescano a tornare indietro e dare l’allarme, avremo tempo di cercare un nascondiglio”
“Io non sono d’accordo, perdonate se ve lo dico” era intervenuto Kal, l’uomo alto e muscoloso che si era mostrato scettico dapprima, ma che ora si rivolgeva a Peter con il rispetto dovuto, anche se  non era il suo re.
“Non possiamo sperare di farla franca, se i soldati di Rabadash ci attaccano, con cosa risponderemo? Non abbiamo spade,  non abbiamo archi”
“Non risponderete” disse l’anziano delle Isole. “Quella parte la lasciate a me. Ho già in mente cosa fare. Voi pensate solo a creare scompiglio”
Peter posò una mano sulla spalla massiccia del brav’uomo.
“Aiutami a uscire di qui, ti prego. Pensa alla tua famiglia. A tua moglie e a tua figlia. Ai tuoi amici. Ridoniamo loro la libertà”
Un lampo di determinazione scaturì negli occhi di Kal.
“Sì, signore. Grazie per avermelo rammentato e perdonate la mia codardia”
“Sei tutt’altro che un codardo, e lo dimostrerai. E ora, amici, ecco che cosa faremo”
Peter aveva spiegato il piano, in molti punti lacunoso, ma pur sempre un piano.
Ora era quasi giunto il momento.
I calormeniani condussero il gruppo attraverso la città di Portostretto, apparentemente deserta. Attraversarono vie secondarie e a un certo punto, Peter alzò lo sguardo in alto e vide le alte torri del Tempio di Tash in costruzione. Erano tre gigantesche cupole, solo una completa.
Era un oltraggio costruire una cosa simile sulle Isole Solitarie, che avevano da sempre servito Aslan e mai si erano fati fuorviare da divinità esterne.
Tash era un demonio, un essere spaventoso. Nelle leggende si narrava di una creatura mostruosa con quattro braccia, ali di pipistrello e un viso semiumano con un becco da uccello rapace. Dove passava, morte e distruzione si abbattevano sulla terra.
Doveva fermare quella pazzia, e si chiese perché non l’avesse già fatto Caspian.
Dove diavolo era? Che stava facendo?
Il comandante calormeniano fece fermare la fila davanti al portone del carcere. Bussò, si aprì una feritoia e apparve un volto.
“Siamo qui per il conto di Rabadash, principe di Calormen” annunciò il comandante, porgendo una pergamena all’altro uomo attraverso la fessura.
Dopo un attimo, il portone si spalancò.
Peter vide con gioia che il comandante e un altro paio di soldati si fermavano nell’ufficio del direttore del carcere. Ora a scortare il gruppo di schiavi erano solo cinque.
Era il momento giusto, non avrebbero avuto un’altra occasione.
Peter guardò Kal, che gli stava già restituendo uno sguardo teso.
Il ragazzo scosse lentamente il capo e Kal capì che voleva dire ‘non ancora’.
Scesero in profondità, e quando fu assolutamente sicuro che al piano di sopra non sentissero, Peter gridò: “Per Narnia!”
Quello era il segnale accordato.
Gli uomini delle Sette Isole gridarono a loro volta, e cominciarono a far volar pugni e gomitate in direzione dei soldati alquanto attoniti. I polsi ammanettati non impedirono loro di avere la meglio.
Peter aveva previsto che sguainassero le scimitarre, e sarebbe stata la fine se non fosse intervenuto l’anziano.
Kal prese un nemico da dietro le spalle e lo scagliò con forza contro il muro. Poi prese un piccolo sacchettino legato alla sua cintura e lo lanciò all’anziano.
“Prendi, Rolf!”
“Copritevi il volto!” esclamò l’uomo con la sua voce un po’ rauca.
Tutti obbedirono. Un secondo dopo, Rolf aveva aperto il sacchetto e l’avevo rovesciato per terra.
Uno sbuffo di polvere bluastra si propagò per il corridoio del carcere.
Ci volle qualche secondo perché si diradasse, ma quando accadde, Peter vide che tutti i soldati erano riversi a terra.
“Cosa avete fatto?”
“Ho usato lo stesso trucco che il comandante ha usato con noi” rispose Rolf con un’espressione soddisfatta sul volto rugoso. “Polvere soporifera. E’ con questa che ci hanno addormentati tutti, stanotte”
“Accidenti, Rolf, l’hai utilizzata tutta!” esclamò Kal.
“Bè, l’intenzione è quella di non farli muovere per un bel po’. Ora sbrighiamoci. Kal, tu porta via Re Peter, noi altri ci nasconderemo”
“Venite con noi” disse Peter.
“No, Maestà. E poi, dove volete che vada con le mie vecchie gambe? Inoltre, due persone sono più difficili da rintracciare che un gruppo intero”
“Ci muoveremo tramite i condotti sotterranei” disse Kal mentre attraversavano il corridoio all’inverso, seguito dagli altri uomini. “Per voi è un problema, Sire?”
“No, certo”
“Di qua, allora”
Kal rimosse una grata dal pavimento, facendo passare prima Peter, poi Rolf e dopo tutti gli altri, lui saltò per ultimo.
Decisero di dividersi, e quando arrivarono a un bivio, Peter si fermò e porse la mano a Rolf.
“Vi ringrazio, signore”
“Non temete per noi” rispose l’uomo stringendogliela.
Peter e Kal camminarono per lungo tempo attraverso le fognature, la loro unica via per riconquistare la libertà, tenendosi vicino ai muri per orientarsi nell’oscurità.
Incontrarono una nuova deviazione e Kal si fermò ad ascoltare il gorgoglio dell’acqua.
Peter sentì l’odore del mare provenire dal canale di sinistra.
“Venite Maestà, è questa la strada giusta. Se esce l’acqua, usciremo anche noi”
Si inoltrarono per nuove gallerie, il fetore pian piano si dissolse facendo posto al profumo di salmastro.
Infine, il labirinto si interruppe. Davanti a loro c’era un vicolo cieco, ma sopra le loro teste, la luna brillava attraverso l’ultima grata.
Kal allungò le possenti braccia e la scostò di lato.
In un attimo furono fuori, all’aria aperta. Dovevano essere finiti dalla parte opposta del porto, questi erano i calcoli di Kal, ma quando Peter vide la sagoma nera di una nave stagliarsi contro il cielo notturno, si sentì venire meno.
Dopo tanta fatica, sarebbe stato davvero assurdo finire di nuovo nelle mani dei nemici.
Fortunatamente, la nuvola che era finita davanti alla luna nel momento in cui si erano issati fuori dalle fognature, scivolò via, mostrando il profilo del veliero.
Erano davvero dall’altra parte del porto e quella nave non era l’Occhio di Falco, era più piccola, con una sola vela e una testa di drago con fauci spalancate fissata a prua.
L’uomo delle Isole fece cenno al giovane di spostarsi in un luogo più riparato.
Se avesse potuto avvicinarsi di più e vedere lo stemma sulla bandiera…
“Maestà, cosa fate? Non di lì!”
“Devo accertarmi di una cosa”
“No!”
Troppo tardi. Peter stava già scivolando lungo le mura di un edificio, poi di un altro, avvicinandosi sempre più all’imbarcazione.
Era certo di non sbagliare, ne avrebbe riconosciuto la fisionomia tra mille. Le navi di Calormen erano per lo più grosse corazzate. Come bastimenti da trasporto e da guerra erano eccezionali, ma non erano veloci come quelle di Narnia. Erano massicci bestioni, poco curati nei dettagli. C’era più quantità che qualità. Quando si trattava di andar per mare, non c’era nulla di meglio che un vascello di Narnia, agili e affusolati, che volavano sulle onde veloci come il vento.
“Ancora un po’ ” mormorò Peter, uscendo improvvisamente dal riparo suo e di Kal. “Sì!” esclamò poi, tornando in fretta tra le ombre.
L’aveva visto: lo stemma di Narnia, il leone rampante rosso scarlatto.
Kal gli rimandò uno sguardo perplesso.
“Aslan è con noi stanotte, amico mio” disse il giovane sorridendogli e posando una mano sulla sua spalla.
“Ragazzo, ho promesso di aiutarti e intendo farlo, ma devi dirmi cos’hai in mente” fece l’uomo, talmente teso che per un momento si dimenticò di usare la giusta forma nel rivolgersi a Peter.
“Quella laggiù è una nave di Narnia" disse il giovane. "Là troveremo l’aiuto che ci serve”
 
 
Eustace e Lucy non erano riusciti a chiudere occhio per tutta la notte.
Quand’erano stati separati dai compagni, avevano creduto di essere rinchiusi in prigione, e già il ragazzo si figurava con una tuta a righe e una palla di ferro legata alla caviglia.
Invece, li avevano portati nel palazzo del governatore, poco distante dalle carceri, e chiusi insieme ad altri sventurati in una specie di magazzino dove c’erano casse e sacchi di farina sui quali i cugini si lasciarono cadere, esausti e sconsolati.
“Eustace, se hai voglia di piangere, fallo e basta”
“N-non sto piangendo”. Il ragazzo tirò su col naso.
Lei sospirò. “Usciremo di qui, vedrai. Andrà bene”
“Lo dici ma non lo pensi affatto”
“Invece sì. Aslan ci aiuterà”
“Chiiii?!?!”
“Aslan” Lucy sorrise. Probabilmente quella era la prima volta che Eustace sentiva pronunciare il nome del Leone.
“Voglio raccontarti una storia”
“Oh no ti prego, risparmiami! Non mi va di ascoltare le tue sciocchezze anche qui” sbuffò Eustace, dandole le spalle e massaggiandosi i polsi ammanettati.
Lucy si incupì, offesa dal comportamento così astioso del cugino.
“Sei cattivo con me, perché?”
“Perché sei una nanerottola rompiscatole!”
“Ehi, abbiamo solo sei mesi di differenza, non ti vantare troppo!”
“Sì, ma sono io il più grande, quindi devi obbedire”
“Obbedire? Ti ricordo che io sono una regina qui!”
“Sì, e io sono il re d’Inghilterra, pensa un po’!” sbuffò il ragazzo.
Lucy gli assestò un bel calcio negli stinchi, stavolta davvero offesa.
“Ahi!”
La ragazza si alzò e si allontanò verso la porta del magazzino.
“Ma sì, lasciami in pace, non ho bisogno di te. Non ho bisogno di nessuno!” esclamò Eustace, ma quando Lucy fu lontana, si accorse di volerla ancora seduta vicino a lui.
Si sentì tremendamente solo. Voleva tornare a casa, voleva dormire nel suo letto, poter mangiare una vera cena inglese e non la sbobba che gli avevano rifilato (anche se doveva ammettere che sul veliero aveva mangiato più che bene).
Si rannicchiò sui sacchi di farina, tirandosi le ginocchia fino al naso e guardandosi intorno.
C’erano facce strane, creature in mezzo agli uomini che non conosceva. Aveva anche freddo e gli stava tornando la voglia di piangere.
Allora si alzò e raggiunse la cugina, appoggiandosi con la schiena al muro.
Per molto tempo non parlarono e non si guardarono. Poi Eustace fece una domanda.
“Chi è Aslan?”
Lucy sentì una fitta al collo tanto fu svelta nel girarsi verso di lui.
“La vuoi sentire la mia storia, o no?”
“Se non è troppo lunga…”
“Lo è abbastanza da passare il tempo qua dentro”
Eustace la osservò incerto, poi annuì. Almeno l’avrebbe aiutato a non pensare.
Ciò che ascoltò fu di quanto più incredibile e straordinario avesse mai udito. Nemmeno nei libri che aveva letto (e ne aveva letti molti) si era imbattuto in un racconto così emozionante, e Lucy fu così brava a narrare che gli sembrò di essere lui stesso a rivivere quelle imprese.
Riconobbe quei discorsi dei cugini che aveva udito a casa, e che aveva sempre creduto fossero fatti di stupide immaginazioni, fantasie, invenzioni. Invece era tutto vero.
La storia dell’armadio, del Fauno amico di Lucy e  della Strega che fece scendere l’inverno su Narnia per cento anni.
La storia di Aslan, soprattutto di Aslan, che aveva incornato i fratelli Pevensie come Re e Regine; seppe dell’Età d’Oro, della caccia al cervo bianco, di come i cugini erano divenuti adulti.
Fu poi la volta di Caspian, di suo zio Miraz, dell’incontro col nano Briscola e Ripicì; della Guerra della Liberazione, della magia del corno d’avorio che infine li aveva riportati tutti, compreso lui, in quella terra magica.
Alla fine del racconto, Eustace si accorse che anche gli altri prigionieri si erano radunati attorno a Lucy ad ascoltarla, e ora la chiamavano Maestà. Lucy sorrideva a tutti, rassicurandoli come aveva fatto con lui.
Sembrava davvero convinta che tutto sarebbe andato per il meglio, e pensando di nuovo ad Aslan, Eustace cominciò a credere la stessa cosa.
In fondo, se era entrato in un dipinto, se i suoi cugini erano passati attraverso un guardaroba, e se esistevano topi guerrieri, era anche possibile che ci fosse, da qualche parte, un leone che esaudiva le preghiere della gente.
Bè, se esisti davvero  pensò il ragazzino, è meglio che ti sbrighi e ci mandi dei soccorsi.
 
 
Caspian, Edmund, Susan e Lord Bern vennero destati dalla confusione proveniente dal di fuori del carcere.
Avevano dormito solo per un paio d’ore e la ragazza aveva assistito il Lord per tutto il tempo.
Edmund fu il primo a balzare in piedi, avvicinandosi alla finestrella della cella. Scorse una parte della piazza del mercato di Portostretto, dove banchetti delle merci più svariate erano già state allestite e i venditori erano già impegnati nelle prime contrattazioni del giorno, invitando gli astanti con grandi annunci di prezzi stracciati e di cibi, accessori, e abiti di alta qualità.
“Vedi qualcosa di particolare?” chiese Caspian.
“Solo bancarelle, non c’è traccia degli schiavi”
“Ascoltate” disse a un tratto Susan.
Si udì una lunga nota cupa di tromba, che risuonò tre volte e poi cessò così com’era iniziata.
Nella piazza, nessuno sembrò darvi molto peso.
“Che cos’era?”
“L’allarme, mia signora” rispose Lord Bern. “L’ho udito anche ieri notte, più di una volta. Devono essere fuggiti dei prigionieri e la città viene avvertita”
Edmund e Susan si scambiarono uno sguardo e in coro, con un tono di speranza, mormorarono: “Peter”
In quel mentre, alle loro spalle giunse il suono di molti passi, e dopo un attimo comparve Pug con tre o quattro guardie al seguito. Non aveva più l’aria tracotante del giorno prima.
Entrarono nella cella e Pug diede subito l’ordine alle guardie di prendere Susan.
“Lei di sopra, immediatamente” ordinò.
La fanciulla indietreggiò automaticamente e Caspian le si parò davanti.
“Non provare a toccarla!”
Pug rise sprezzante “Oh, guarda, guarda. Abbiamo una dolce coppia innamorata. Bè, ragazzo, non mi preoccuperei di questo, non sarò io, purtroppo, a godere delle grazie di questa fanciulla”
“No!” urlò la ragazza, cercando di divincolarsi dalla presa delle guardie.
Caspian sentì come un rogo esplodere in lui.
Si oppose con tutte le sue forze, ma il risultato fu un livido in volto e a nulla valsero i tentativi di Edmund di venire in suo aiuto.
“Susan!”
Susan allungò una mano verso Caspian e le loro dita si sfiorarono solo per pochi secondi.
“Siete un branco di maledetti!” tuonò Lord Bern.
“Dove la portate?!” esclamò Edmund, senza ottenere risposta.
“Susan!” gridò il Re di Narnia, aggrappandosi alle sbarre della cella, facendosi male ai palmi per la forza con cui strinse.
“Peter! Trovate Peter!” riuscì a dire lei, prima di sparire alla loro vista.
Il silenzio pervase la cella come una cupola opprimente.
La rabbia dentro Caspian si era spenta in un istante, lasciando il posto al vuoto più completo.
L’aveva persa. Di nuovo.
Una nuova ondata di collera scaturì dal più profondo del suo petto, risalendo verso la gola ed esplodendo in un grido furente.
“Caspian, calmati” cercò di placarlo Edmund. “Hai sentito cos’ha detto? Dobbiamo trovare Peter!”
“Come?!” esplose Caspian, rivolgendosi all’amico con aggressività, subito pentendosene. “Perdonami”
“E di cosa? E’ anche mia sorella e non voglio nemmeno pensare a cosa potrebbero farle quei…” Edmund si trattenne, perché se avesse continuato, probabilmente sarebbero usciti dalla sua bocca epiteti alquanto inadatti a un Re di Narnia.
“Dobbiamo mantenere il sangue freddo” intervenne Lord Bern. “Rammentate come abbiamo deciso questa notte di tentare la fuga. Aspettiamo che i soldati ci vengano a prelevare e ci conducano verso il mercato”.
Fece un cenno con la testa, al quale i due ragazzi risposero affermativamente.
D’un tratto, dall’esterno provenne il grido di una donna.
Edmund e Caspian corsero immediatamente a vedere che cosa stava succedendo, pensando a Susan.
Notarono subito un cambiamento.
Era stato allestito un piccolo palco nel centro del piazzale, probabilmente la tratta degli schiavi sarebbe iniziata da un momento all’altro.
Ma ciò che veramente era mutata era l’atmosfera. I venditori si erano fermati ad osservare un gruppo di persone che venivano fatte salire su un carro, le mani legate dietro la schiena. Non appena questi ultimi passavano accanto a qualcuno, le persone si scansavano e distoglievano lo sguardo, come se temessero di prendere una qualche brutta malattia.
“Che cosa vedete?” domandò Bern.
“Altri prigionieri” disse Edmund. “Ma non capisco cosa…”
Il ragazzo alzò poi gli occhi in direzione del cielo, che da azzurro e limpido qual’era stato finora, iniziò improvvisamente ad incupirsi.
Nuvoloni neri arrivarono dall’orizzonte. Non piano piano come con un normale temporale, ma tutti in massa, come correndo, ansiosi di abbattere la tempesta su Portostretto.
“Dove li portano?” chiese Caspian.
“Continuate a guardare” disse Bern con aria grave.
I prigionieri furono condotti alla battigia più vicina. Erano lontani dal carcere, ma Edmund e Caspian videro chiaramente quel che accadde dopo, e ciò li lasciò letteralmente a bocca aperta.
I prigionieri vennero fatti scendere dal carro e trasferiti subito su una barca che prese il largo, andando proprio incontro alla tempesta.
Scoppiò il tuono, ma senza lampo. Il cielo già nero divenne ancor più tenebroso, e  la luce sembrò venire assorbita, risucchiata, e Caspian e Edmund ( ma non solo loro) temettero che non potesse mai più tornare a splendere il sole.
Quando le tenebre furono completamente sopra la città, una strana nebbia iniziò a salire dal mare. Sembrava come la spuma bianca delle onde, solo che era verde.
Qualcuno urlò, forse sulla barca, forse giù nella piazza.
La barca venne avvolta dalla nebbia e in pochi istanti scomparve nel nulla, letteralmente.
Tutto si fece silenzioso, poi, quando la nebbia si ritirò da dove era venuta, le nuvole nere tornarono bianche, riapparve il cielo azzurro e tutto tornò come prima.
Durò pochi minuti, ma sembrava essere passato molto di più.
Caspian si allontanò dalla finestra e si rivolse a Lord Bern.
“Che è successo?”
“E’ un sacrificio”
“Ma dove sono andati?”
“Nessuno lo sa. La nube, la prima volta è stata vista a oriente. La gente parlava di pescatori e di marinai che sparivano in mare”
“Da quanto va avanti?” chiese Edmund.
“Da qualche mese. E’ stato il Governatore Gumpas a dare l’ordine che alla fine di ogni ciclo lunare, un gruppo di persone venisse scelto per placare la malattia che si è abbattuta sulle Isole”
“Quale malattia?”
“La chiamano la maledizione del sonno eterno. Io non ne so molto di più, sono stato messo in carcere quasi subito dopo. Io e altri tentammo di fermare quella pazzia, ma non ce lo permisero. Non ho idea di cosa ci sia sotto veramente, ma è pur vero che da quando vengono fatti quei sacrifici, la malattia si è placata”.
“Bisogna trovare gli altri, prima che sia tardi” disse allarmato Edmund, e dopo un attimo, ecco di nuovo un suono di passi fuori nel corridoio.
I soldati venivano a prenderli.
 
 
Lucy e Eustace avevano assistito sgomenti all’apparizione della nebbia verde e alla sparizione di tutte quelle povere persone.
Eustace aveva di nuovo voglia di piangere, e anche Lucy rischiò seriamente di fargli compagnia.
Non vedevano vie d’uscita, nessuno veniva ad aiutarli e ormai era quasi il loro turno di venire presentati al pubblico, che stava tutto intorno al piccolo palco di legno nel mezzo della piazza.
“Mi sembra di essere un deportato. Neanche fossi in un film di guerra!” si lagnò Eustace, strofinandosi gli occhi.
“Sai come andrà a finire, cara cugina? Che io e te, se non veniamo venduti a qualche nobile famiglia, che almeno ci darà da mangiare e un letto dove dormire, finiremo a lavorare in qualche miniera fino alla fine dei nostri giorni! Ecco come andrà a finire e vedrai se non ho ragione, stavolta!”
“Eustace, smettila di essere così pessimista!”
“Io non sono pessimista, sono realista! Non so tu come fai ad essere così calma”
“Non sono affatto calma, è solo che…”
“Basta chiacchierare!” sbottò un uomo gigantesco, venendo nella loro direzione.
Eustace e Lucy tremarono un poco nel trovarselo di fronte. Il viso era coperto da un cappuccio molto largo, indossava il mantello nonostante la giornata calda.
Eustace spinse avanti la cugina. “Lei! Prenda prima lei!”
“Mollami!”
“Volete stare un po’ zitti? Su, ragazzina, non fare troppe storie”
Inaspettatamente, quando l’individuo l’afferrò, la sua presa non fu né troppo brusca né dolorosa.
Lucy salì sul palco e si guardò attorno. Un sacco di uomini e donne ben vestiti stavano lì ad osservarla, mentre i loro servitori cominciavano a gridare e litigare sul prezzo.
“Partiamo da cinquanta denari! Chi offre di più?” esclamò l’uomo dietro il palco, facendo i conti sul suo taccuino. Era uno dei compari di Pug.
“Offro sessanta!”
“Ottanta!”
“Ottantacinque!”
Continuarono a contrattare per un poco, poi una voce disse: “Centocinquanta!”
“Ottimo! Venduta!” esclamò il mercante soddisfatto.
Lucy venne fatta scendere dal palco e portata verso un altro tizio incappucciato, che la prese per un polso costringendolo a seguirla.
“No! Lasciami! Lasciami!”
“Sssshhht! Non gridare, Lu”
La ragazzina trattenne il fiato. Fissò lo sconosciuto, e quando questi si scostò un lembo del cappuccio per mostrare il suo volto, dovette trattenersi dal gridare di nuovo.
“Peter!” esalò con un filo di voce.
Lui le sorrise. “Sì, sono io. Ma cerca di non farmi scoprire, ok?”
L’uomo enorme che aveva condotto Lucy sul palco, si avvicinò loro.
“Tutto pronto, Maestà. Gli altri sono qui”
“Ottimo Kal, dai il segnale a Ripicì”
Lucy non capiva come Peter e il topo avessero potuto incontrarsi, non capì nemmeno come su fratello conoscesse quell’uomo, che evidentemente era un tipo di cui ci si poteva fidare, o Peter non avrebbe mai riposto tutta quella fiducia in lui.
Avrebbe voluto fargli mille domande, ma non ce n’era il tempo.
“Peter, se ci sei tu, significa che c’è anche Susan, vero?”
“Sì, ma è stata venduta da un pezzo”
“Oh, ma è terribile!”
“Non temere, ho visto dove l’hanno portata. Ma dimmi, Edmund dov’è?”
“Con Caspian, giù nelle prigioni. Dobbiamo liberarli”
“Sire” intervenne Kal, “andate pure dalla Regina Susan, penserò io a tutto, qui”
“Ti ringrazio, Kal… Lucy, tu resta con lui, d’accordo?”
Lucy annuì e poi guardò il fratello correre verso il palazzo del governatore.
Intanto, sul palco nel centro della piazza, ora c’era Eustace, ma i compratori non parevano soddisfatti di lui.
“Non fatevi ingannare dal suo aspetto, signori” insisteva il mercante. “Sembra non dar affidamento, ma è forte!”
Il ragazzino era alquanto offeso, nonostante tutto. Come si poteva preferire a lui quella nanetta di sua cugina? Che affronto preferirgli una Pevensie!
“Vi libero io di lui” disse d’un tratto una voce che al ragazzo sembrava di aver già sentito, anzi era sicurissimo di averla già sentita, e di solito non la sopportava.
Proveniva da un uomo incappucciato. Un altro. Ne aveva scorti molti nella piazza. E quando l’uomo si abbassò il cappuccio con un gesto deciso, Eustace vide Drinian, sulla cui spalla stava Ripicì. Ecco di chi era la voce odiosa! Di quel topastro parlante!
“Per Narnia!” gridò Rpicì sfoderando la spada e cominciando a menar fendenti.
“Per Narnia!” gli fecero eco tutti gli altri: Tavros, Rynelf e molti altri appartenenti all’equipaggio del Veliero dell’Alba, poi fu la volta degli uomini delle Sette Isole, capitanati dal vecchio Rolf.
“Ripicì!” esclamò Lucy correndogli incontro. “Ero certa del tuo arrivo”
“Vostra Maestà” si inchinò il topo.
Lucy e Ripicì si voltarono nello stesso istante, e lui con lo spadino, lei con un otre di terra cotta, atterrarono due soldati.
“Ottimo, Maestà”
Eustace venne tratto in salvo da Tavros, che se lo caricò sulle spalle e lo portò al sicuro.
“Resta qui dietro, e non fare storie!”
“E chi si muove” tremò il ragazzo.
La confusione era talmente tanta che nessuno lo avrebbe notato...ma fu lui a notare qualcosa, o meglio, qualcuno: Caspian e Edmund, più un uomo che non conosceva.
I due ragazzi e Lord Bern uscirono in quel momento dal carcere, scortati come sempre da dei soldati. D’un tratto, questi ultimi vennero richiamati dal loro superiore.
“Riportate i prigionieri in cella e soffocate la rivolta, ordini del governatore e di sua altezza il principe!”
Vedendo che i compagni rischiavano di venire riportati in prigione, Eustace balzò fuori dal suo nascondiglio, mettendosi a gridare e alzando le braccia muovendole di qua e di là.
“Ehi! Ehi teste di carciofo! Sono qui!”
“Ma che diavolo sta facendo?!” esclamò Edmund.
“Ci da una mano” aggiunse Caspian, approfittando del momentaneo stupore delle guardie per assestare un bella gomitata nello stomaco del suo carceriere, che si piegò in due lasciando cadere la spada. Il Re gli diede un’altra spinta e quello cadde all’indietro giù per i gradini del palazzo.
Caspian e Edmund, benché con i polsi ancora incatenati, riuscirono ad abbattere anche l’altra guardia. Purtroppo, nuovi nemici arrivarono fino a loro, richiamati dalle grida nella piazza. Ormai, tutte le forze dell’ordine della città erano in subbuglio.
“Prendete le chiavi!” gridò Caspian a Lord Bern, il quale le afferrò dalla cintura di uno dei soldati abbattuti, per poi lanciarle al sovrano.
Finalmente, Caspian fu libero, poi fu il turno di Edmund.
“Fermatevi!” tuonò una voce all’improvviso. “In nome di Narnia! E’ il Re che ve lo ordina!”
Tutta la piazza si fermò un istante e si voltò a guardare un giovane dai capelli dorati, in piedi su un parapetto del palazzo del governatore, in modo che tutti potessero vederlo.
“Peter!” fece Edmund al settimo cielo.
“Tu non sei il Re di Narnia!” esclamò qualcuno.
“Forse no…ma lui sì” disse Peter indicando davanti a sé.
Tutti gli occhi si posarono su Caspian e il popolo si produsse in espressioni d’incredulità, finché qualcuno non lo riconobbe.
“E’ ora di porre fine alla supremazia di Calormen, tornate ad essere un popolo libero!”
“Sì! Ha ragione!” cominciarono a dire i cittadini, che rinforzati dalla presenza del sovrano, iniziarono a battersi al fianco dei narniani.
Peter scese dalla sua postazione e raggiunse gli amici.
I due fratelli si abbracciarono, felici di ritrovarsi, poi il Re Supremo si rivolse a Caspian.
“Susan è nel palazzo del governatore”
Caspian lo guardò un momento stupito, poi gli porse la mano che Peter strinse.
“Grazie”
“Vai, muoviti!”
Caspian non se lo fece ripetere.
 
 
Dopo che Pug l’ebbe trascinata fuori dalla cella, Susan non provò nemmeno ad immaginare quale sarebbe stata la sua sorte. La consapevolezza della reputazione di certi criminali le faceva immaginare chiaramente a cosa poteva essere destinata.
Il terrore l’avvolgeva in potenti ondate che divenivano quasi un dolore fisico, ma si ripromise di non perdere la speranza fino all’ultimo minuto.
Fu salda nella sua fede in Aslan, che già una volta era venuta meno e non doveva accadere più.
Fiduciosa che gli amici sarebbero venuti a cercarla.
Ad ogni modo, non poteva aspettare per sempre, doveva provare a reagire, benché non seppe come avrebbe potuto far qualcosa senza nemmeno un’arma a disposizione.
Fu allora che il suo sguardo cadde sulla cintura di Pug, alla quale era fissato un pugnale di ottima fattura che riconobbe come quello di Caspian…e accanto ad esso, il suo corno d’avorio.
Quel maledetto aveva il suo corno, e ora era il momento di riprenderselo.
Allungando appena una mano, avrebbe potuto sfilargli il pugnale, ma avrebbe dovuto essere molto svelta, e non era sicura di farcela, e di certo non poteva tentare un’azione simile con altre guardie accanto a lei.
Fu paziente, cercando di non pensare a cosa stava andando incontro.
Uscirono dalle prigioni e si infilarono per strette viuzze fino a raggiungere l’entrata secondaria del palazzo del governatore.
Attraversarono un breve cortile, un portico, salirono ai piani superiori, attraversarono un paio di corridoi e finalmente arrivarono a destinazione.
Pug congedò le guardie, e una volta richiusa la porta alle sue spalle, si voltò verso Susan.
“Allora, signorina…abbiamo un problema, noi due”
Pug si sedette su una poltrona di quello che sembrava un ufficio di qualche funzionario.
“Ti sarà giunta voce che alcuni prigionieri sono fuggiti dalle prigioni, stanotte…no?”
“Ho sentito l’allarme questa mattina”
“Esatto! Devi sapere però, che nessuno fugge dalle prigioni di Portostretto, nessuno che non abbia un complice al di fuori. Ora, se davvero tu sei la Regina di Narnia, devo dedurre che il ragazzo che era con te è il Re, e sicuramente un re e una regina avranno un seguito”
“E tu sei convinto che sia stato questo seguito a liberare il Re?”
“Chi altri se no? Quello che voglio sapere, è come avete fatto, qual’era il piano e dove dovevano trovarsi una volta fuori di prigione”
“Sono rammaricata, signore, ma io non so nulla”
Pug scattò in piedi e l’afferrò per un braccio, così forte che Susan sentì le unghie del mercante affondare nella carne.
“Tu devi sapere qualcosa, o il mio signore ne rimarrà alquanto deluso. E se lui è deluso io non vengo pagato”
“Non è un mio problema” ribatté Susan, nascondendo il dolore che sentiva.
“No, il problema è anche tuo. Perché io so che tu sei coinvolta. Te lo ripeto: dimmi come avete fatto e dov’è tuo fratello adesso!”
“Se anche lo sapessi, credi che verrei a dirtelo?”
“Tu me lo dirai, se non vuoi fare una brutta fine” Pug la lasciò andare e le girò attorno.
Susan si massaggiò il braccio, i nervi tesi all’inverosimile.
Doveva prendere il pugnale.
“Per colpa vostra non avrò quello per cui ho duramente lavorato. Per colpa tua e del tuo fratellino, il principe Rabadash è scontento di me. A questo, comunque, si può rimediare. Sono certo che il principe mi perdonerà la mancanza quando gli porterò la bella Regina di Narnia”
Pug le si parò davanti, il viso a pochi centimetri da quello di lei.
Susan poteva percepire l’odore sgradevole di tabacco e sudore.
“Ti credi tanto furbo, ma sei solo un essere spregevole, che guadagna soldi a discapito di povera gente che non ha mai fatto male a qualcuno in vita sua!”
“La Regina Dolce, hanno proprio ragione. Piacerai al mio signore, e piaci anche a me”
Pug allungò una mano afferrando tra le dita una ciocca di capelli della ragazza, annusandone il profumo.
“Sei un po’ sciupata, ma non importa. Sai…ho il vizio di testare per primo la merce che vendo, in modo da sapere se è buona o no”
“Devi solo provarci”
Pug aveva sul viso un ghigno compiaciuto, che un attimo dopo si trasformò in una smorfia di dolore.
Susan era infine riuscita a sfilargli il pugnale dalla cintura, approfittando di quel momento di distrazione da parte del mercante, puntandoglielo nella coscia destra.
“Maledetta strega!” gridò l’uomo allontanandosi, reggendosi la gamba ferita.
“Avvicinati ancora e giurò che ti taglio la gola, brutto schifoso!”
Pug lanciò un urlo e si abbatté su di lei.
Susan tentò di difendersi, ma stavolta non ci riuscì. Pug le prese i polsi tra le mani, e strinse così forte che la presa di lei mancò all’improvviso sull’impugnatura dell’arma, che cadde a terra.
L’uomo la sospinse verso il tavolo. Susan cercò di liberarsi, ma lui la bloccava con il suo peso.
“Stai ferma!”
Pug la schiaffeggiò e Susan sentì un bruciore immenso invaderle la parte destra del viso, che si mischiava alla repulsione e al terrore. Le lacrime- di dolore e di paura- cominciarono a rigarle le guance.
Ciò che accade dopo fu per lei come un incubo rapidissimo.
Sollevò le braccia per respingere il mercante, ma non era forte quanto lui e una seconda volta il suo tentativo fallì.
Quando Pug fece per colpirla di nuovo, qualcuno lo afferrò da dietro.
Istintivamente, Susan si chinò ad afferrare il pugnale, ma prima di poterlo usare venne coinvolta nella lotta dei due uomini.
Indietreggiarono tutti e tre verso il balcone, le cui porte erano aperte. Pug brandì la spada e si lanciò verso il salvatore di Susan, che era disarmato.
“Caspian! NO!” urlò lei, saltando addosso a Pug da dietro le spalle e graffiando ogni punto del viso che poteva raggiungere.
Egli si voltò e calò la lama su di lei, ferendola ad una spalla.
Susan urlò e si sbilanciò all’indietro, picchiando la testa contro la ringhiera.
Luccichini neri cominciarono a baluginare davanti ai suoi occhi e si sentì venire meno.
Anche Pug barcollò verso di essa, a causa della gamba ferita che non reggeva più il peso del suo corpo.
Il mercante tentò di nuovo di respingere l’avversario, assestandogli un calcio nello stomaco che li fece cadere all’indietro entrambi.
Caspian boccheggiò e tossi.
Pug gridò, sotto di lui rocce e mare. In un ultimo disperato tentativo di vittoria, afferrò Susan per trascinarla giù con sé.
Pug cadde di sotto e finì dritto in acqua, mentre la ragazza riuscì ad afferrarsi alla ringhiera con una mano sola.
Stordita e dolorante, a mala pena cosciente, Susan si tenne aggrappata con le ultime forze che le rimanevano. Dalla spalla ferita, rivoletti di sangue le scorrevano lungo tutto il braccio. Le girava la testa.
Gli avvenimenti degli ultimi minuti erano una confusione di emozioni.
Sotto di lei erano gli scogli e l’oceano. Se fosse caduta sarebbe stata davvero la fine.
Cercò di farsi forza, ma il dolore acuto che le annebbiava la mente aveva preso il sopravvento, e se non fosse stato per lui, ancora pochi secondi e sarebbe di sicuro precipitata nel vuoto.
“Ti ho presa! Dammi l’altra mano. Tirati su”
Caspian!
Si accorse di piangere mentre le sue forti braccia la traevano in salvo e la stringevano.
Sentì una fitta terribile alla spalla, ma non se ne curò. Con una certa fatica, alzò le braccia e  gliele passò attorno al collo.
“Oh, Caspian…” sussurrò appena, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Va tutto bene. Ci sono io ora. Sono qui. Ti amo”
Per qualche istante rimasero stretti l’uno nelle braccia dell’altro, con il respiro ansante, il battito del cuore accelerato per la paura, per il dolore, per l’emozione e altri mille motivi diversi, assaporando il momento di essersi finalmente riuniti.
Si erano ritrovati e ora nessuno li avrebbe più divisi.
Susan cercò di lottare contro il torpore, ma era davvero stanca. Non ebbe tempo di guardarlo in volto, perché la vista le si offuscò.
Lo sentì chiamare il suo nome con una nota spaventata.
Avrebbe voluto rispondergli, dire che stava bene, che non doveva preoccuparsi, ma le parole non vennero. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi il buio.
Caspian la sollevò tra le braccia quando infine svenne, esausta.

 
 
 
Al limite delle possibilità umane, posto questo capitolo. Non uccidetemi, ok?
Purtroppo sono stata ingabbiata tutto il santo giorno dai parenti, che per tutto l’anno non ti cagano e all’ultimo giorno arrivano in massa come le locuste! Dio ci scampi!
Bè, comunque ce l’ho fatta! Eccolo qua!
Commentate, commentate, commentate!!!
 

Ringraziamenti a:
 
Per le seguite: Babylady, FedeMalik97, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, SerenaVdW, Smurff_LT e SweetSmile
 
 
Per le preferite: Charlotte Atherton, LittleWitch_, Lules, piumetta, e tinny
 
Per le ricordate: Angie_V
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, GossipGirl88_,LittleWitch_, Lules, piumetta, SerenaVdW e tinny
 
 
Grazie tantissime a tutte, ragazze, vi voglio bene!!!
E Buon 2013 a tutte! ( e tié a chi aveva detto che veniva la fine del mondo! XD).
Con l’augurio di stare insieme a voi ancora per tutto l’anno,
Un bacio enorme Susan<3

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: Tutto quello che faccio, lo faccio per te ***


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11.Tutto quello che faccio, lo faccio per te

 

Non dirmi che non vale la pena tentare
Non puoi dirmi che non vale la pena morire
Tu sai che è vero
Che tutto quello che faccio, lo faccio per te



 
Dopo essersi lanciato in aiuto di Edmund e Caspian con un coraggio che non sapeva di avere, Eustace si era visto circondare da un’orda di soldati di Calormen armati di tutto punto.
E va bene, i soldati erano solo due, ma le scimitarre che impugnavano sembravano davvero molto affilate e il sudore freddo aveva cominciato a scorrere sulla fronte del ragazzino.
“Sono finito” aveva debolmente mormorato prima di coprirsi la testa con le braccia.
I due nemici si erano lanciati all’attacco, Eustace si era abbassato, e quelli si erano colpiti a vicenda.
Se quella non era fortuna…
E non avendo alcuna intenzione di sfidarla un’altra volta, si era messo a correre a perdifiato verso il porto.
Totalmente in preda al panico, aveva una sola cosa in mente: raggiungere il Veliero dell’Alba, chiedere rinforzi ai marinai rimasti a bordo e poi rifugiarsi nella sua cabina.
E chissenefrega del parere dei miei cugini!
Gli avrebbero detto che era un coniglio, ma non gliene importava nulla. Era già stato abbastanza coraggioso per quel giorno
Andava controcorrente rispetto alla folla di persone che si riversava in piazza dagli altri punti della città, per dar manforte a quelli di Narnia, venuti a liberarli.
Nessuno badava a lui. Non poteva chiedere di meglio. In quel modo non rischiava di essere seguito da nessuno.
Arrivò alla banchina e sospirò di sollievo nel vedere che le due scialuppe con le quali erano sbarcati erano ancora lì.
Si accostò a quella più vicina, armeggiò per alcuni minuti con la corda con cui era stata assicurata, poi saltò su, si sedette composto e aspettò.
“Su! Andiamo!” sbottò, dando un colpo sulla fiancata. “Sei una barca in una terra magica, non sai governarti da sola?”
Si rese perfettamente conto di essere ridicolo nel rivolgersi ad una scialuppa, ma se laggiù gli animali parlavano, perché non gli oggetti?
Sbuffando,  ridiscese sulla banchina.
 Non gli era mai piaciuto andare in barca (soffriva il mal di mare, in primis) erano i Pevensie quelli che amavano le scampagnate e le gite al lago, non lui.
Litigando con un remo evidentemente troppo pesante per lui, non si accorse dell’uomo che strisciava alle sue spalle. Zoppicava, lasciando una striscia di sangue a ogni passo. In mano brandiva un pugnale affilato, la punta lucente nel sole del mattino.
La fortuna fu ancora un volta dalla sua. Il remo e la sua goffaggine lo salvarono.
Eustace perse l’equilibrio, girò su se stesso per non cadere, il remo ancora tra le mani. Con una delle estremità colpì in pieno viso il suo aggressore, che cadde a terra esanime.
“Ops! Accidenti! Spero non sia il console britannico”
Eustace lasciò cadere il remo e fissò per qualche istante lo sconosciuto, che poi riconobbe come il mercante di schiavi Pug (o come diavolo si chiamava).
Il viso era coperto di tagli ancora freschi e qualche livido rosso e violaceo; gli abiti laceri in più punti, zuppi d’acqua, come se fosse caduto in mare.
“Oh, mamma! Mica sarà morto!”
Allungò un piede verso l’uomo, lo stuzzicò piano piano, ma quello non si mosse.
In un certo senso era una gran cosa aver steso proprio il mercante di schiavi, gli altri sarebbero stati contenti, no? Era meglio andare a chiamarli.
Si voltò, allontanandosi di qualche passo, indeciso, poi si accorse di una cosa: il pugnale con cui Pug aveva cercato di colpirlo, era lo stesso che Caspian gli aveva prestato il giorno prima per difendersi, e che lo stesso mercante gli aveva tolto quando li avevano rapiti.
Raccogliendo un bel po’ di coraggio, Eustace si chinò e sfilò la lama dalla mano insanguinata che ancora lo teneva, senza poter trattenere la repulsione alla vista del sangue.
Dopo ciò, il suo sguardo cadde su un altro oggetto conosciuto che pendeva dalla cintura di Pug. Lo aveva visto solo una volta, ma lo riconobbe come lo strano corno di sua cugina Susan.
Prese anche quello, e un attimo dopo una voce sconosciuta risuonò alle sue spalle, facendolo trasalire.
“Ehi!”
Eustace si voltò allarmato. “O cavolo!” pensò.
Era un soldato di Calormen, un giovane di bell’aspetto, alto e slanciato, senza quell’aria arcigna che contraddistingueva tutti gli altri, ma pur sempre un nemico.
“Che stai facendo?”
“Io…io…ehm” balbettò Eustace, seguendo la traiettoria dello sguardo del giovane soldato, che andava da lui, al pugnale, a Pug.
Eustace e il ragazzo si fissarono, l’uno con gli occhi sgranati, l’altro leggermente accigliato. Si voltarono verso Pug, si guardarono di nuovo, poi gli occhi ancora verso Pug.
“Non sono stato io!”
Eustace si alzò di scatto, teso, tremante, mentre l’altro si abbassava accanto a corpo, tastando subito il polso.
“E’ ancora vivo” constatò il giovane con voce calma, poi si rivolse nuovamente a Eustace. “Sei con quelli di Narnia, vero?”
Il ragazzino tentennò un momento, poi annuì.
“E’ meglio che sparisci, allora.”
Eustace rimase stupito. Sparire? Come, non lo attaccava?
“Se uno dei miei compagni ti trova qui, penserà subito male. Si potrebbe credere che hai aggredito tu Pug e chissà che ti faranno”
“Veramente è stato lui a cercare di colpire me!” esclamò Eustace scattando sulla difensiva.
“Ma sei tu ad avere il coltello dalla parte del manico, e in tutti i sensi” sorrise il ragazzo di Calormen, osservando Eustace con il mano il pugnale di Caspian.
Il ragazzino lo nascose in tasca assieme al corno, la sicuro.
“Sei stato fortunato ad incontrare me”
“Perché? Tu non andrai a denunciarmi al tuo comandante?”
“A che scopo? No, farò finta di nulla, sarà meglio per tutti, così chiuderemo questa insulsa faccenda una volta per tutte”
Il giovane si alzò e si caricò Pug sulle spalle. A dispetto della giovane età era molto forte.
“Vai, muoviti, che aspetti?” disse a Eustace, che non ci pensò un minuto di più.
All’ultimo momento, quando fu in fondo alla strada ormai, si girò per ringraziare, ma il soldato e Pug erano spariti.
Corse a più non posso lungo le vie quasi deserte, ansioso di arrivare dai cugini e da Caspian, felice e soddisfatto del ritrovamento di due oggetti che per loro erano molto importanti.
Quando fu nei pressi del palazzo del governatore si sentì chiamare e si voltò immediatamente. Quando riconobbe Caspian, brandì il pugnale del Re, sorridendo, urlandogli che l’aveva ritrovato.
Poi vide sua cugina e tutto il suo entusiasmo si spense, lasciando posto al terrore più completo.
 
 
Portostretto era in festa.
I soldati di Calormen erano stati legati e imbavagliati a dovere e la stessa sorte toccò a quelli del governatore.
“Non può passarla liscia” affermò Edmund, guardando Ripicì pungolare con la spada il fondoschiena di una delle guardie che sembrava avere una paura folle dei topi.
“Il governatore Gumpas non si sta interessando affatto della sua gente, di come vivono, nel modo in cui vengono trattati. Dobbiamo assolutamente incontrarlo”
“Sono perfettamente d’accordo” disse Peter. “Non appena Caspian ci raggiungerà, faremo in modo di…”.
“PETER!” chiamò forte una voce alle loro spalle.
Lucy gridò e si portò le mani alla bocca “Susan! Oh, no, no!”
Caspian camminava a paso svelto verso i tre Pevensie, portando loro sorella in braccio, svenuta, la testa riversa all’indietro. Accanto a lui, pallido e con la bocca aperta c’era Eustace.
Il braccio di Susan era ricoperto dal sangue che fuoriusciva dalla ferita alla spalla.
Lucy, Ed e Peter corsero immediatamente verso il Re.
“Che cosa è successo?” esclamò Peter preoccupatissimo. “Chi l’ha ridotta così?”
“Quando sono arrivato al palazzo, lei era con Pug e…c’è stata una lotta. Pug l’ha colpita. Lei ha cercato di aiutarmi”
Caspian aveva la voce rotta, sconvolto, non si accorse nemmeno che Peter lo fissava con occhi dardeggianti.
Lucy si portò automaticamente la mano alla cintura, per poi ricordare che il cordiale magico le era stato sottratto il giorno prima.
“Non ho la pozione!”
“Le nostre cose le ha prese quell’uomo” disse Edmund agitato “Come si chiamava…Pug!”
“Pug è finito in mare” disse Caspian, posando dolcemente Susan a terra, reggendole la testa.
“Morto?” chiese Edmund.
“Non lo so”
Eustace fece per dire qualcosa, ma Peter lo interruppe.
“I racconti a dopo. Dobbiamo portarla via di qui. Tavros!” chiamò. “Portala al sicuro”
“Eccomi, Sire”
“Signore, perdonate”, intervenne Lord Bern. “La mia casa è la vostra casa, miei sovrani. Ospiterò con onore tutti voi”
Peter esitò, ma dopo un attimo acconsentì “Va bene. Vi ringrazio. Ma curate anche la vostra ferita, signore. Non state bene”
“Non è grave. Grazie per l’interessamento”
I ragazzi osservarono Tavros prendere con estrema delicatezza Susan tra le sue possenti zampe, e portarla via dalla piazza seguendo Lord Bern verso la sua casa.
Caspian si alzò da terra e posò una mano sulla spalla del vecchio amico di suo padre.
“Vi prego…” mormorò con gli occhi scuri leggermente umidi.
Lord Bern posò una mano su quella del giovane e annuì.
Quando l’uomo, la ragazza e il Minotauro sparirono per le strade ancora in subbuglio a causa della rivolta del popolo, Peter non si trattenne più.
Afferrò Caspian per il colletto della camicia macchiata di sangue non suo, e lo strattonò con forza.
“Io ti chiedo di salvarla e tu me la riporti in quello stato!” gridò furente.
“Peter!” esclamò Lucy, attaccandosi al braccio del fratello. “Che cosa fai? Lascialo!”
“Che cosa le hanno fatto?!”
“Io…io non…” mormorò il Re di Narnia, confuso, frastornato.
“RISPONDIMI!”
“Mi dispiace!”
“Peter, ti prego…” fece Edmund, imitando il gesto della sorella e riuscendo ad allontanare i due ragazzi.
Eustace invece era lì, immobile come una statua, troppo sconvolto per parlare o agire.
Il Re Supremo era davvero fuori di sé per la preoccupazione. In un nuovo impeto di collera, diede un forte spintone a Caspian, colpendolo sul petto.
“Ti dispiace? Ti dispiace?! E’ l’unica cosa che sai dire?!”
“Ero disarmato, non ho potuto evitarlo!” scoppiò Caspian, ricambiando la spinta di poco prima. “Te l’ho detto, c’è stata una lotta, lei c’è andata di mezzo per colpa mia, ed è una cosa che non riesco a perdonarmi! Sono stato talmente idiota che non ho nemmeno pensato a procurarmi un’arma prima di affrontarlo, ma ero così preoccupato per lei che, davvero, non ho riflettuto! Volevo solo salvarla! Non ho pensato ad altro che a correre da tua sorella, come mi avevi detto tu! Ero disarmato e non ho potuto evitarlo" ripetè ancora. "Pug l’ha colpita! Ma se proprio lo vuoi sapere, Peter, quando sono arrivato, Pug stava cercando di farle del male, e intendo davvero, molto più che un semplice colpo di spada, se capisci ciò che intendo!”
Volse rapidamente gli occhi scuri verso Lucy. Non poteva aggiungere di più in sua presenza, l’avrebbe scossa troppo.
Peter smise di lottare con Edmund, che ancora lo tratteneva.
I due Re si fissarono. Per un lungo istante non parlò nessuno.
Caspian sostenne lo sguardo colmo d’odio che Peter gli rimandava.
Nonostante avessero voglia di gridare ancora l’uno contro l’altro, entrambi pensarono che fosse abbastanza. La cosa che più contava in quel momento era la salute di Susan.
Caspian pensò che, dopotutto, la reazione di Peter era stata più che normale. Lei era sua sorella e le voleva un gran bene, anche se era certo che egli non potesse affatto capire come si sentiva lui, nemmeno se avesse cercato di spiegarglielo.
L’aveva appena ritrovata e ora temeva di perderla di nuovo. E sarebbe stata colpa sua, che non aveva impedito a quel maledetto mercante di schiavi di portarla via dalla prigione. Se fossero rimasi insieme, Caspian l’avrebbe protetta a costo della vita, e Susan non sarebbe mai stata toccata da quell’orribile uomo.
“Mia signora!” esclamò la voce di un marinaio del Veliero dell’Alba, un Fauno di nome Nausus. Veniva verso di loro con un sorriso in viso e una sacco consunto tra le mani. Lucy si girò per prima, dato che si era rivolto proprio a lei.
“Le vostre armi, altezze”.
Nausus appoggiò il sacco a terra e lo aprì, mostrandone il contenuto.
C’era tutto: le spade Rhindon e Rhasador, la balestra di Caspian, il pugnale di Lucy e la boccetta di diamante con il cordiale miracoloso.
“A-anch’io ho trovato qualcosa” balbettò Eustace, mostrando il pugnale di Caspian e il corno d’avorio.
“Come li hai trovati?” chiese Edmund.
“E’ stato prima di…bè vi racconto più tardi. Tieni” disse poi porgendo lo stiletto al Re. “Avevi detto che ci tenevi perché era di tuo padre. Mi dispiace di essermelo fatto portar via” ammise in ultimo.
“Grazie, Eustace” disse Caspian,  assestandogli una pacca amichevole sulla schiena.
Lucy strinse tre le mani l’ampolla di diamante e si volse verso gli altri.
“Io vado da Susan”
“Vengo anch’io” disse il cugino.
Gli altri tre ragazzi annuirono senza parlare. La piccola ringraziò Nausus e poi corse via rapidissima, seguita da Eustace.
Caspian si abbassò e impugnò Rhasador, legandosela alla cintura assieme al pugnale del padre, poi fu la volta della balestra.
Peter e Edmund allungarono la mano nello stesso momento, entrambi in direzione di Rhindon.
I fratelli si scambiarono uno sguardo, l’uno perplesso, l’altro vagamente dispiaciuto.
“Peter, la tua spada…ecco, l’ho usata io per un po’. Spero che non ti dispiaccia”
“No, certo. Hai fatto bene” sorrise il maggiore dei Pevensie, prendendo tra le mani la lama lucente. “Ti troveremo una spada tutta tua, Ed”
“S-si…certo” balbettò il più giovane, rigirandosi il corno d’avorio tra le mani. Guardò i suoi compagni. “Raggiungiamo le ragazze?”
Peter annuì e guardò Caspian.
“Prima dovremmo risolvere questa faccenda. Dobbiamo vedere il governatore, ma penso si possa aspettare finché Susan non si sarà ripresa”
“E’ vero” ammise Edmund. “E poi dovremo pensare bene a come comportarci, non sappiamo che sorta di persona sia, dobbiamo essere prudenti. Penseremo sul da farsi mentre ci riposiamo, che ne dite?”
Caspian annuì.
S’impose di porre dinanzi a sé i doveri che gli derivavano dal suo titolo ancora per un poco, prima di correre dal suo amore. Non poteva permettersi il lusso di comportarsi come chiunque latro, lo sapeva, Aslan non sarebbe stato fiero di lui, e suo padre nemmeno.
“Manderò un proclama al governatore, avvertendolo di aspettarsi quanto prima una nostra visita per discutere la situazione delle Isole, della costruzione del Tempio di Tash e della tratta degli schiavi e…ragazzi, grazie.”
Edmund gli diede una pacca sulla spalla passandogli accanto, Peter si limitò a fargli un cenno con la testa.
“Vedi di sbrigarti con quel decreto” gli disse quest’ultimo senza guardarlo. “Perché se la lasci sola un’altra volta, giuro che non te la perdono”
Caspian sorrise appena.
Bisognava al più presto mettere fine a quell’assurda storia, che a ben vedere era stata la causa primaria delle loro disavventure e dello stato attuale di Susan.
S’incarico di chiamare un messo e dettargli il suo messaggio, e purtroppo l’operazione richiese più tempo del previsto.
Era già pomeriggio quando infine raggiunse la casa di Lord Bern con Peter e Edmund.
Vi giunsero con la barca, poiché il vecchio Lord abitava dall’altra parte dell’Isola, in una bella casa a un solo piano, sostenuta da un colonnato che dominava l’intera baia.
Era proprietario di alcune terre sulla costa meridionale dell’Isola di Doorn.
Nonostante le difficili condizioni in cui vergevano le Solitarie in quei tempi, il suo era un feudo prospero e pacifico, i cui sudditi lavoravano e vivevano di agricoltura e bestiame in grande libertà.
Aveva una moglie e tre belle figlie, che avevano già disposto tutto con dovizia, ansiose ed emozionate di avere l’onore di ospitare i Sovrani di Narnia nella loro casa.
Bern li invitò a rimanere per tutto il tempo che desideravano, e i ragazzi decisero di approfittare della squisita accoglienza almeno una notte.
Con i cinque Sovrani e Eustace rimase anche Ripicì, mentre Drinian risalì con il resto dell’equipaggio sul Veliero dell’Alba, non prima di essersi augurato che la Regina Susan guarisse al più presto.
Trovarono Bern completamente ristabilito grazie alla pozione di Lucy, la quale era rimasta assieme a Eustace per tutto il tempo, accanto a Susan, che riposava in una stanza calda e luminosa, più piccola delle altre, per farla stare tranquilla. Purtroppo era ancora priva di sensi.
Lucy spiegò che il suo cordiale curava le ferite all’istante, ma la ripresa vera e propria dipendeva dal singolo individuo e dalle reazioni del corpo, che erano diverse da soggetto a soggetto. Evidentemente, la guarigione di Susan sarebbe stata un po’ più lenta.
“E’ normale” disse la moglie di Bern. “Dev’essere stato soprattutto lo spavento a far crollare i suoi nervi. Lasciatela tranquilla fino a domattina e vedrete che per allora sarà a posto”.
La luce svaniva rapida a ovest e le Isole Solitarie divenivano pian piano scure e silenziose, dando ristoro al cuore agitato e alla mente ancora scossa a causa di tutti gli avvenimenti del giorno.
Bern si ritirò presto. Anche i ragazzi andarono a dormire quasi subito dopo cena.
 
 
Tutto taceva. La risacca del mare era appena percettibile. Doveva essere notte fonda.
Susan si era svegliata nel buio e aveva subito capito di essere distesa in un letto di un luogo che non conosceva. Poco dopo, però, aveva sentito le voci sommesse di Edmund e Eustace litigare nella stanza accanto.
Un sorriso si era steso sul suo volto e aveva richiuso gli occhi, tranquillizzata dalla presenza di voci a lei care.
Rimase per ore ad ascoltare i lievi suoni della notte, incapace di addormentarsi, ma non perché soffriva. Il dolore alla spalla e alla testa era cessato.
Lucy, pensò subito. Era merito suo, sicuramente.
Aveva tanta voglia di abbracciarla, e di vedere con i suoi occhi che tutti stavano bene.
L’ultima cosa che ricordava di quella giornata era Caspian che la prendeva in braccio e la portava via.
Aveva udito davvero la sua voce sussurrarle che la amava? O era stato un sogno?
A fatica, Susan si mise a sedere sul letto e cercò di alzarsi in piedi, ma perse l’equilibrio a causa di un improvviso giramento di testa.
Non aveva più dolore, ma si sentiva stanca come non mai.
Cercò di tornare verso il letto. Con il gomito colpì la lampada sul comodino facendola cadere, quando si afferrò alla spalliera di una sedia lì vicino, prima di finire a terra lei stessa.
Qualche istante dopo, la porta si spalancò con forza e Caspian apparve sulla soglia. Chiaramente era stato destato dal rumore.
“Cosa credi di fare?”
“Non credevo di essere così debole” disse la ragazza, passandosi una mano sul viso leggermente pallido.
Caspian andò da lei e senza sforzo alcuno la sollevò da terra. La tenne per la vita, guardandola negli occhi.
“Certo che lo sei, e non dovresti fare sforzi. Dove volevi andare?”
“Volevo sapere come state e…volevo vederti” ammise senza guardarlo.
Ecco ancora quella sensazione. La paura che Caspian non la volesse più.
Lui l’aiutò a rimettersi a letto. Susan si ridistese sui cuscini e il Re sedette un momento accanto a lei.
Il giovane la guardò, osservò il suo viso, dove un livido scuro si stava allargando sullo zigomo destro.
Fortunatamente, quello era l’unico segno rimastole della brutta avventura sulle Isole Solitarie, che sarebbe però presto svanito come il resto delle ferite.
Sarebbe potuta andare peggio, molto peggio.
Al ricordo di Pug che la colpiva, il respiro di Caspian si fece affannoso e la rabbia minacciò di esplodere nuovamente. Come aveva osato toccarla con quelle sudicie mani? Come aveva osato…
“Che cosa c’è?” chiese Susan vedendolo turbato.
“Niente”
“Non è che c’è qualcosa che non mi dici, vero? Stanno tutti bene?”
“Sì, non ti preoccupare” il ragazzo tirò un sospiro e cercò di sorridere.
“Che ci facevi alzato a quest’ora?” chiese la Regina dopo un po’.
“Veramente, io dormo qua fuori” ammise lui un po’ impacciato. “Volevo starti il più vicino possibile, nel caso avessi avuto bisogno di qualcosa”
Susan lo guardò con occhi lucidi. “Grazie”
“Dovere” Caspian fece per andarsene, “Ti lascio sola, adesso. Hai bisogno di riposare”
Il Re si alzò, ma lei lo richiamò indietro.
“Caspian”
Lui si volse e vide che Susan aveva allungato una mano verso di lui. Tornò da lei e gliela strinse, sedendole nuovamente accanto.
“Resta un po’ con me. Vuoi?”
“Certo. Ma dovresti dormire”
Susan chiuse gli occhi e rafforzò la presa sulla mano di lui.
“Non ci riesco” ammise, e una lacrima solitaria scese lungo la guancia ferita.
Gli si spezzava il cuore a vederla così. La sua Susan, il suo amore, la sua vita.
Caspian allungò l’altra mano verso il suo bel viso, contratto per lo sforzo di trattenere le lacrime, e passò delicatamente il dorso sul livido.
La fanciulla riaprì gli occhi e un’altra perla salata scese lungo la guancia. Solo quel piccolo contatto la fece sentire meglio, anche se le provocò un’ondata di emozioni alle quali non seppe dare una definizione concreta.
“Caspian…”
Ogni volta che lei pronunciava il suo nome, era come se il cuore del Re di Narnia impazzisse di gioia e dolore allo stesso tempo. Voleva stringerla in quell'istante, subito, ma aveva timore di farle male. Non seppe il perché di questo suo ultimo pensiero, ma in quel momento sembrava così fragile, così dolce…
Desiderò improvvisamente di proteggerla, a costo della vita. Quella vita che avrebbe donato per lei senza esitazione se fosse stato necessario.
“Susan, non piangere” la pregò con voce rotta.
“Ho paura” disse lei, vinta dalle lacrime. “Ho avuto tanta paura!”
Liberò la mano da quella del Re e si coprì il viso, soffocando il pianto.
Caspian allungò le braccia e la sollevò, e prima che Susan capisse ciò che aveva fatto, si sentì di nuovo avvinta tra le sue braccia.
Stavolta non aveva la mente annebbiata, stavolta era sveglia e poté abbracciarlo forte a sua volta, sentire la sua voce profonda sussurrarle, calmarla, le sue mani accarezzarle i capelli.
 “Sei qui con me adesso. Sei al sicuro. Non permetterò mai più a nessuno di farti del male” Caspian strinse i denti, affondando un bacio tra i capelli di lei. “Lo giuro!”
Susan rimase ad ascoltarlo, lasciandosi andare a un pianto liberatorio, cercando di scacciare dalla sua mente quell’immagine a lei odiosa di un uomo che la ripugnava.
Si aggrappò a lui, circondandogli la schiena e appoggiando la fronte alla sua spalla, il viso nascosto nel suo petto. Inspirò il suo profumo, così famigliare…
Il terrore provato si dileguò a poco a poco, lasciando infine solo una lieve traccia di disagio, quasi non fosse mai esistito.
“Grazie”
“Non devi dirlo neppure” disse il giovane scostandola da sé per poterla finalmente guardare. “Non devi dirlo neppure” ripeté, passandole una mano sul viso.
Susan posò una delle sue su quella del Re, tenendola premuta sulla guancia ferita. Poi chiuse gli occhi.
“Ti fa male?”
“Non più” sussurrò la ragazza riaprendo gli occhi e specchiandosi in quelli di Caspian. “Sei venuto per me”
“Morirei per te” affermò lui, guardandola come mai l’aveva guardata.
E dopo un attimo in cui il cuore della Regina sembrò esplodere di gioia e mille emozioni, Caspian si chinò verso di lei e posò un bacio delicato sulle sue labbra.
Occhi chiusi, fronte contro fronte, solo i loro respiri. Era come se tutto il resto del mondo fosse rimasto chiuso fuori e niente contasse più se non loro due.
“Dimmi che sei vera. Dimmi che non sei un sogno” disse Caspian tornando a contemplare il viso di Susan, come se la vedesse davvero solo ora.
“Sei tu che sei il mio sogno”
“Ti ho cercata a lungo. Ti ho cercata tanto”
“Perdonami. E’ tutta colpa mia”
Il giovane la osservò senza capire. Ora non piangeva più, ma le iridi celesti continuavano ad essere tristi.
“Che stai dicendo? Perché mi chiedi scusa?”
“Perché ti ho lasciato”
“Non voglio nemmeno starti a sentire”
“No, invece devi. Io voglio chiederti perdono, per essere stata così sciocca, per non essere rimasta, per non aver capito. Credevo di non avere altra scelta che quella di vivere nel mio mondo, ormai, l’aveva detto Aslan. Ci ho provato, ma stavo diventando una persona diversa e mi sono resa conto che quella persona non ero più io. Non sapevo cosa fare. Ho provato a dimenticarmi di Narnia, credere che fosse tutto una fantasia di giochi infantili, perché era più facile sopportare di non poter più tornare se avessi iniziato a convincermi che non fosse mai esistito. Sarebbe stato più semplice e meno doloroso rinunciare. Volevo dimenticarmi di tutto, perfino di te, ma non ci sono riuscita. Mi sono fatta solo del male e so di averne fatto anche a te. Per questo ti chiedo perdono. Se vuoi, odiami pure.”
Aveva detto tutto questo senza mai smettere di guardarlo, anche se più volte ne aveva avuto la tentazione. Ma voleva vedere le sue emozioni, capire se poteva ottenere il suo perdono. Non lo avrebbe biasimato se così non fosse stato. Lei stessa stentava a perdonarsi.
Caspian era serio e continuava a fissarla in silenzio. Poi fece un lungo sospiro scuotendo piano il capo.
“Io non ti odio Susan. Come potrei?”
“Mi dispiace tanto!”
“Lo so, ma avevamo scelta?”
“Probabilmente no. Però non posso fare a meno di pensare che se avessi chiesto ad Aslan di restare all’ora, non avremmo perso tutto questo tempo”
La ragazza abbassò il capo, malinconica.
“Tre anni” mormorò. “Cos’è stato un mese in confronto?”
Caspian l’attirò a sé e le posò un bacio sulla fronte.
“Susan, guardami”
Dolcemente, le posò una mano sotto il mento e le fece alzare il viso.
Susan vide che un lieve sorriso si era aperto sul volto di Caspian.
“Rammenti l’ultima cosa che ti dissi?”
“Come fosse ieri”
Sì, lo ricordava. Tutto era ancora impresso nei ricordi. Le bastava rivangare un istante qualsiasi per vederlo nitidamente davanti ai suoi occhi. Sapeva che per lui era lo stesso.
‘Ti ho amata dal primo momento che ti ho vista. Mi innamorerò di te tutte le volte che ti rivedrò’erano state le sue parole.
“Quando ti ho vista davanti a me, in quella prigione, mi sono innamorato di te ancora una volta. Io non ti ho mai dimenticata”
“Caspian” mormorò lei, sorridendo dolcemente mentre passava con un tocco delicato le dita sul suo viso pungente. Era una sensazione nuova e le piaceva. “Il mio Principe Caspian”
“Re” la corresse lui, sorridendo a sua volta.
“Mi sei mancato. Mi sei mancato da morire!”
Si strinse di nuovo a lui e il giovane la accolse circondandola completamente nel suo rassicurante abbraccio.
“Ascolta…” riprese Susan, ma lui la fermò.
“Non dire più niente”
“No, devo. C’è ancora una cosa che devo dirti, ed è importante”
“Che cosa?”
“Che ti amo”
Un’espressione di estrema felicità si dipinse sul volto di Caspian. Susan si protese in avanti e gli pose un casto bacio sulle labbra, che subito lui approfondì prendendole il viso tra le mani.
Fu un bacio dolce, intenso e lungo.
Un’ultima lacrima scese sul volto di Susan, che Caspian asciugò con un altro bacio sulla guancia candida.
“Non ti lascerò mai più” sussurrò appena, prima di baciarla di nuovo.
Caspian rimase con lei fino al mattino, vegliandola e dormendole accanto.
La paura e l’ansia erano scomparse dal cuore, cedendo il posto ad una nuova tranquillità.
Ti prego Aslan, fammi rimanere. Non ti chiederò nient’altro, solo questo. So di non meritarmelo, ma ti supplico…Voglio stare con lui.
La preghiera silenziosa di Susan si innalzò nella notte. Si fece strada verso il cielo, superò le nuvole, rincorse il vento, rimbalzò sulle onde placide dell’Oceano Orientale e arrivò là, alla Fine del Mondo.
Prima che il sonno prendesse definitivamente il sopravvento su di lei, le parve quasi di udire il ruggito di un leone.
Ma forse stava già sognando…
 
 
 
 
Preparate i defibrillatori, perché non so voi, ma io sto ancora qui con i battiti a 3000!!! Sì, mi emoziono da sola, sono un caso clinico…XD
Capitolo dolce dolce, spero non troppo sdolcinato, però. Ho lasciato tanto spazio all’amore dei protagonisti in questo capitolo, perché nel prossimo ci sarà altro da fare e non ci sarà tempo per le scene romantiche…che però torneranno, statene certi, sono i pezzi che più mi piace scrivere, uh uh uh…<3

Commentate e fatemi sapere cosa ne pensate!
Vi lascio il link in fondo alla pagina del nuovo video che ho fatto con la bellissima canzone di Bryan Adams "(Everything I do) I do it for you"  che è anche il titolo di questo capitolo.
Un altro paio di cose:
In questo capitolo, all’inizio, si è visto un nuovo personaggio che avevo solo nominato nel 7°, ma che diventerà importante nel corso dell’avventura: tenetelo d’occhio!
Poi vi ricordo (per chi ha voglia)
il mio blog di livejournal, dove troverete tra le altre cose anche delle foto su Caspian e Susan fatte da me, e un pò di curiosità in più su questa ff. E’ ancora in fase di lavorazione, ma per chi volesse già darci un’occhiata, ecco l’indirizzo http://usagitsukino010.livejournal.com/
Ok, ora passiamo ai ringraziamenti:
 

Per le seguite: ArianneT, Babylady, FedeMalik97, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT e SweetSmile
Per le preferite: ArianneT, Charlotte Atherton, FrancyNike93, LittleWitch_, Lules, Mary_BubblyGirls, piumetta, e tinny
Per le ricordate: Angie_V
Per le recensioni dello scorso capitolo: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, GossipGirl88_, LittleWitch_, Lules, piumetta, e tinny
 
Un bacio enorme a tutte voi, che mi fate sorridere, gioire e commuovere. E un sentitissimo grazie perché adesso so che ciò che scrivo vale qualcosa.
Un abbraccio, Susan<3

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: Nel palazzo del governatore ***


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12.Nel palazzo del governatore
 
 
Guarda nel tuo cuore
E non scoprirai che non c’è niente da nascondere…

 
 
Lucy si svegliò di buon mattino, riposata e con una fame da lupi. Forse era merito dell’aria di mare, o più probabilmente era il fatto che non faceva un pasto degno di questo nome da più di un giorno.
Quando si fu lavata, pettinata e vestita, scese a far colazione nella bella sala da pranzo della casa di Bern, non troppo sfarzosa ma arredata come si deve per un uomo del suo titolo.
La tavola era in bandita di ogni leccornia possibile: brocche di succhi di frutta, latte, tè e caffè; c’erano uova, salsicce, prosciutto e focaccine; e ancora ciambelle, cialde, pane, burro e marmellate di ogni tipo, biscotti appena sfornati e panini dolci.
Lucy si sedette a tavola e mangiò un po’ di tutto, con un’espressione serena sul viso grazioso. La moglie e le figlie di Bern vennero a farle compagnia poco dopo.
Era stata la prima ad essersi alzata, ad eccezione di Ripicì, che stava già allenandosi con la spada nel giardino.
Sazia e felice, Lucy ringraziò dell’ottimo pasto. Poi chiese se fosse possibile prendere un vassoio e preparare qualcosa per la Regina Susan. Il permesso le fu subito accordato, ma la piccola insisté per essere lei stessa ad andare dalla sorella, senza scomodare servitori.
Così, con un vassoio colmo fino a straripare, Lucy si avviò di gran carriera verso la camera di Susan.
Aveva pensato anche a Caspian, che sapeva aveva dormito fuori dalla camera della ragazza per vegliarla.
Certo che era stato un gesto davvero carino da parte del Re. Dormire su una scomoda sedia dopo la terribile giornata passata in prigione e a combattere. Era davvero un gentiluomo, Susan era fortunata.
Come avrebbe voluto incontrare anche lei un uomo così, un giorno: bello, fiero, coraggioso e premuroso.
Ogni tanto si era soffermata a pensare a Caspian, ma nonostante Eustace avesse insinuato proprio il giorno prima che ne fosse invaghita, Lucy aveva affermato che non era così. Non aveva pensato mai neanche lontanamente a lui in quei termini, benché fosse molto bello e avesse mille qualità. Certo era che nessuna donna poteva guardarlo rimanendo indifferente, e questo per lei non faceva eccezione, ma Caspian era suo amico, niente di più. Una sorta di terzo fratello maggiore. Non c’era nulla tra loro se non un grande e reciproco affetto.
Svoltò finalmente l’angolo del corridoio in fondo al quale c’era la camera di Susan. Il vassoio era davvero pesante, meno male che non aveva dovuto fare le scale…
Lucy rimase un po’ perplessa quando vide che la sedia davanti alla porta era vuota. Si era preparata a dare il buongiorno a Caspian, ma evidentemente si era già alzato anche lui. Strano però che non l’avesse incrociato…
Lucy fece spallucce senza preoccuparsi troppo, e si piazzò davanti alla porta.
E adesso?Pensò, quando si rese conto di non poter nemmeno bussare.
Guardò la sedia ed ebbe un’idea. Posò il vassoio su di essa, attenta a non rovesciare nulla; abbassò la maniglia, riprese il vassoio e spinse l’uscio con la schiena, entrando nella stanza camminando all’indietro. Poi si voltò con un gran sorriso stampato in faccia.
“Susan, buongior…no”
I grandi occhi azzurri di Lucy si spalancarono per lo stupore e quasi il vassoio le cadde di mano.
Susan non era sola. Al suo fianco c’era Caspian, addormentato beatamente accanto a lei e tenendola stretta con un braccio attorno alla vita.
“Oh-oh” fece piano Lucy, diventando molto rossa.
Si guardò rapidamente attorno, entrando leggermente nel panico.
Se si fossero svegliati proprio in quel momento?
Cosa peggiore, se fosse entrato qualcuno e li avesse trovati così!
Lucy aveva la netta sensazione che a Peter non avrebbe fatto piacere.
Bè, in fondo non facevano nulla di male, si disse la ragazzina, dormivano e basta. Però, il fatto che fossero così vicini, stretti stretti, nello stesso letto, e al pensiero che probabilmente- molto probabilmente- vi fossero rimasti tutta la notte…
No, non avrebbe fatto piacere a suo fratello. Decisamente no.
“Oh, mammina bella! E adesso che faccio?”pensò Lucy mordicchiandosi il labbro inferiore. “Me ne vado? Certo che me ne vado, e faccio pure finta di niente. Io non ho visto niente!”
Lentamente, fece dietro front, cercando di non far tintinnare le stoviglie sul vassoio. La porta era rimasta aperta e Lucy la oltrepassò. Riappoggiò sulla sedia il portavivande e la richiuse lentamente, mordicchiandosi di nuovo un labbro quando cigolò sui cardini.
Sbirciò all’interno, sperando di non averli svegliati.
Certo che però erano proprio carini...
Lucy l’aveva sempre saputo che Susan e Caspian avrebbero finito con lo stare insieme. Quanto insieme, non erano fatti suoi, purché fossero felici.
Sul volto della piccola Regina si dipinse un nuovo sorriso, che si trasformò in orrore quando si voltò e si trovò davanti Edmund.
“Oh, no!” le uscì detto.
Il fratello fece subito un’espressione sospettosa.
“Che combini? Perché te ne stai lì immobile?”
“Eh? N-niente”
“Non entri?”
“Ah…no”
Edmund la fissò ben bene. Lu nascondeva qualcosa, si vedeva lontano un miglio. Primo perché continuava a far vagare gli occhi per il corridoio e non lo guardava direttamente, secondo perché si stava mordicchiando il labbro inferiore, e Lucy lo faceva sempre sia quand’era emozionata, sia quando c’era qualcosa che la rendeva nervosa e la preoccupava.
“Lu, stai bene?”
“Si, perché?”
“Sei tutta rossa in faccia. E perché sorridevi prima?”
“Perché…sono felice che sia una bella giornata!”
Lucy rise. Edmund storse il naso e inarcò un sopracciglio. Sua sorella non era mai stata brava a dire le bugie.
Gli occhi castani del ragazzo si posarono poi sul vassoio che lei portava in mano.
“Quella è la colazione di Susan o i rifornimenti per un reggimento?” chiese, avvicinandosi un po’.
“Questa? Ah, sì, è di Susan. M-ma credo sia meglio metterla in caldo e portargliela più tardi”
“Come mai? Ancora non sta bene?” chiese il fratello preoccupato.
“Oh, no, sta benone, direi”
“Ah, meno male. Allora dai, entriamo!”
Edmund la sorpassò e fece per mettere mano alla maniglia.
Lucy gridò forte: “NO!”.
Il ragazzo trasalì e si voltò a guardarla sempre più confuso.
“Voglio dire… non adesso. Che fretta c’è, è così presto. Magari ha ancora bisogno di dormire un po’ ”
“Ma hai appena detto che sta bene!”
“Sì, ma sono io la guaritrice, e se dico che deve ancora riposare, deve ancora riposare!” fece Lucy con voce autoritaria.
Edmund non ci capiva un bel niente. Cosa diamine passava per la testolina matta di sua sorella?
“Lu, che diavolo stai blaterando? Cosa sono tutti questi misteri? Perché non posso vedere Susan? E dove diavolo si è cacciato Caspian, ora che ci penso?”
La ragazzina deglutì un paio di volte. E adesso cosa s’inventava?
“Caspian è…in giardino. E sai che ti dico? Che ci andiamo anche noi” tagliò corto la Regina, posando senza troppi complimenti il pesante vassoio nelle braccia del fratello. Così almeno non avrebbe potuto aprire la porta.
“Mi vuoi dire che ti salta in mente?” fece lui seccato.
“Ma niente! Uffa, quante domande!”.
Lucy gli mise le mani sulla schiena e cominciò a sospingerlo verso le cucine.
“Perché mi stai portando di là, io voglio andare a vedere come sta Susan!”
“Dopo. Prima devi assolutamente aiutarmi a fare una cosa”
“Cioè?”
“Ehm…” Lucy pensò in fretta. “A raccogliere un bel po’ di fiori da portare alla nostra cara sorellina assieme alla colazione!”
“E va bene” sospirò Edmund alla fine. “Potevi dirlo subito”
“Scampata!” sospirò Lucy.
Ma si sbagliava. Edmund era più sospettoso di prima.
 
 
L’aria fresca del mattino portava con sé i profumi dei fiori che crescevano vicino alla casa di Bern.
L’estate volgeva al termine a Narnia, ma su Doorn era ancora tutto verde e rigoglioso come in Giugno.
La prima cosa che Caspian vide quando aprì gli occhi fu il viso di Susan, a pochi centimetri dal suo.
Nessuna ferita era più presente sulle guance, tornate lisce e rosee, non più pallide per la stanchezza.
Il Re si mosse piano. Fece leva su un gomito e appoggiò la testa a una mano, contemplandola come un tesoro prezioso, avvolta dalle lenzuola e dalla camicia da notte candida.
Senza rendersene conto, un sorriso sereno si disegnò sul suo volto ancora un poco assonnato.
Se avesse potuto svegliarsi così tutte le mattine…
La rimirò, chiedendosi come aveva fatto a restare con lei senza toccarla. Ma la paura di farla star male e di rivangare in lei ricordi dolorosi ancora troppo freschi, era stata più forte del desiderio. Susan aveva vissuto un’esperienza terribile, e non voleva che per colpa sua potesse riviverla di nuovo.
Caspian sarebbe rimasto ad osservarla per ore. Non voleva alzarsi, non ancora. Voleva assaporare quel momento ancora un poco prima di tornare alla realtà e affrontare i doveri di quel giorno.
C’erano un sacco di cose da fare: prima recarsi dal governatore, poi occuparsi di liberare tutti gli innocenti nella prigione di Portostretto, chiarire la faccenda dei sacrifici alla nebbia verde e scoprire che cos’era in realtà; ed ultimo, ma non meno importante, lo smantellamento del Tempio di Tash.
La osservò ancora dormire, cominciando a giocherellare con i suoi capelli, accarezzandole il capo, poi giù fino alla spalla. Continuò a ripetere questo gesto finché Susan non si destò.
“Buongiorno”
“Ciao” lo salutò lei con voce ancora assonnata.
Si guardarono a lungo. Caspian, che aveva continuato ad accarezzarla, si ridistese accanto a lei, prendendole una mano e intrecciando le dita alle sue.
“Hai riposato bene?”
Susan annuì con un sorriso. “Grazie per essere rimasto con me”
“Starò sempre con te”
Lei si strinse al suo petto, poggiando il viso nell’incavo del suo collo, al caldo, sospirando.
“Cosa c’è?” chiese il giovane, accarezzandole la schiena con la mano libera.
“Niente. Sto bene” rispose Susan sussurrandogli sul collo.
In realtà, il lato più razionale di lei stava pian piano risalendo in superficie, cominciando a farle affiorare alla mente pensieri spiacevoli.
Per quanto tempo sarebbe durata? Quanto tempo avrebbero avuto per essere felici? Perché il destino le aveva fatto incontrare l’amore per poi strapparglielo ogni volta dalle mani? Se non poteva stargli vicino come avrebbe voluto, che senso aveva essere tornata?
Sono qui per restare. Non me ne andrò stavolta,  pensò risoluta.
Non avrebbe commesso lo stesso errore due volte. Avrebbe lottato con tutte le sue forze. Lottato per lui.
“Susan” la chiamò il Re, dopo quell’attimo di silenziosa tenerezza in cui erano rimasti.
“Si?”
“Ieri sera, prima di addormentarmi, ho riflettuto a lungo su una cosa”
La ragazza si tirò indietro per guardarlo, capendo dal tono di voce di Caspian che era qualcosa d’importante.
“Dimmi”
“Ecco, riguardo a noi…”
“Susan?” fece all’improvviso una voce fuori dalla porta.
Edmund!
“Ed! Ti ho detto che prima devi bussare!”
Lucy!
Susan e Caspian si fissarono negli occhi e pensarono la stessa cosa: se c’era anche Peter era la fine!
Eustace, in quel caso, era forse l’unico che si sarebbe fatto i fatti suoi, brontolando per qualcosa e dicendo che non gli interessava. Ma Peter…
I due ragazzi si alzarono di scatto a sedere sul letto, comprendendo di aver dormito più del dovuto e di aver commesso forse un grosso errore. Il fatto era che la sera prima erano stati così felici di ritrovarsi, di sapere che l’uno amava ancora l’altro come il primo giorno, che non avevano nemmeno pensato all’eventualità di poter scatenare una situazione alquanto imbarazzante facendosi trovare insieme nella stessa stanza.
Per loro due era stato fin troppo naturale dormire così. Per gli altri, invece…
Lucy era un conto, ma Edmund…come avrebbe reagito? Tra lui e Caspian c’era una profonda amicizia, e forse non avrebbe avuto nulla da ridire, dopotutto. Non era come con Peter, tuttavia…
 “Sue, mi apri?”
“Un istante Ed!”
“No…” fece Caspian in un sibilo appena udibile, ma troppo tardi. “Non avresti dovuto rispondere. Adesso devi farlo entrare per forza”
“Ma non posso!”
“Lo so”
La Regina fece lavorare in fretta la mente. Come risolvere quell’impiccio?
“Sue, posso entrare?” insisté la voce di Edmund fuori dalla porta.
“Ah, io…temo di no”
“Smettila di essere così insistente” udirono Lucy. “Te l’avevo detto che dovevamo aspettare che uscisse lei”
Edmund non era impiccione quanto Eustace, ma per certi versi gli somigliava davvero tanto.
Voleva venire a capo di quel mistero tra le due sorelle. Cosa nascondevano?
“Perché non puoi aprirmi, Sue?”
“Perché…” balbettò Susan incerta. “N-non sono vestita”
Caspian soffocò una risata, ributtandosi all' indietro sul letto e affondando il viso nel cuscino.
“Sssshhhttt!!!” fece Susan, dandogli una botta sul braccio.
“E che problema c’è, scusa?” riprese Edmund in tutta calma. “Sei mia sorella, mica mi scandalizzo”
Accidenti a te Ed!
“Aspetta, per favore”
“Ok…” fece il fratello con un tono annoiato.
Susan si accorse che Caspian la osservava divertito. Afferrò il cuscino e glielo gettò addosso.
“Non c’è niente da ridere!” sibilò.
“Scusa, ma perché ti preoccupi tanto?”
“Suuusaaaan?” cantilenò Edmund. “Ci sei?”
“Ho detto un secondo!”
La giovane girò rapida la testa verso la porta e poi ancora verso il Re di Narnia.
“Caspian, devi nasconderti” disse infine.
Caspian spalancò gli occhi incredulo. “Cosa? E dove?”
“Non so…”
“E’ ridicolo” protestò il Re, mezzo divertito e mezzo offeso. “Non sono il tuo amante, Susan, sono il tuo fidanzato”
Lei si fermò di colpo nell’atto di uscire dalle coperte e alzarsi, lui fece lo stesso.
Si scambiarono uno sguardo carico di emozione.
Mai prima d’ora, nonostante la reciproca confessione d’amore, avevano pronunciato parole così impegnative.
“Non c’è niente da nascondere” disse Caspian.
“Lo so, però non voglio che tu abbia problemi anche con Edmund. Peter basta e avanza” Susan lo guardò mortificata. “Ho paura della reazione che potrebbe avere. Insomma, non sei tu è…la situazione”.
Caspian sorrise e capì ciò che intendeva. Si preoccupava per lui, perché Susan era buona e non voleva creare la minima tensione o litigi tra le persone a cui voleva bene.
“Credi sia sconveniente dormire insieme perché non siamo…non abbiamo legami particolari?”
Lei annuì senza guardarlo.
“E’ per il giudizio degli altri?”
“Non più di tanto”
“E allora cosa?”
Lei arrossì un poco. “Bè, non ti sembra…insomma, che si possa pensare che io sia una donna di facili costumi?”
Caspian si rilassò, capendo cos’era che la impensieriva tanto. Rise, forse un po’ troppo forte.
Toccò a Susan offendersi e assestargli un altro bel colpo sul braccio.
“Ma chi c’è lì con te?” chiese la voce di Edmund. “Peter?”
“Sono io, Ed” disse il Re di Narnia segnalando la sua presenza.
Si avviò verso la porta e aprì con un sorriso.
Edmund e Lucy lo fissarono. Lui ammutolì, lei sembrava preoccupata. Entrambi reggevano in mano un enorme mazzo di fiori e per fortuna erano soli.
Edmund allungò il collo per guardare alle spalle dell’amico, scorgendo la sorella maggiore poco dietro quest’ultimo.
Susan salutò il fratello con un gesto timido della mano, per poi avvicinarsi all’ingresso e mettersi al fianco del giovane.
Perché erano nella stessa stanza? Caspian non doveva essere in giardino? Sì, doveva, ma lui e Lucy c’erano appena stati e del Re nessuna traccia…bè, per forza, era in camera di Susan!
Ma perché era lì? Forse per vedere come stava lei…Sì, più che logico, era preoccupato come tutti loro, e poi a Caspian sua sorella non era del tutto indifferente.
Un momento però: se le cose stavano così, perché Lucy aveva insistito tanto per allontanarsi dalla stanza? Perché raccontare una bugia su dove Caspian effettivamente si trovava? Cosa c’era di male se era passato a vedere come stava?
E soprattutto, perché Susan non gli aveva aperto subito? Aveva detto che non poteva perché…non era vestita!!!
Oddio!
No, non poteva essere…
“Ciao” salutò Susan.
“Cia…” balbettò Ed, guardando da lei a Caspian a Lucy.
Quest’ultima allungò i suoi fiori verso la sorella e poi l’abbracciò.
 “Volevamo portarveli, cioè, portarteli con la colazione.” si corresse subito la piccola, vedendo lo sguardo di Edmund scattare verso di lei. “Vedo che siete- sei- già in piedi, quindi…”
La ragazzina, notando che il fratello se ne stava lì imbambolato, prese l'altro mazzo dalle sue mani e mise anche quello tra le braccia della sorella. “Sono un po’ tanti”
“Non importa, mi piacciono molto. Grazie”
Caspian si rivolse a Edmund, che sembrava una statua di sale.
“Senti, posso spiegarti…”
“No, no” Edmund scosse il capo.
Dopo lo stordimento iniziale aveva capito: ecco cosa c’era che non andava! Caspian e Susan! Li aveva beccati sul fatto!
Da lei non se lo sarebbe mai aspettato, però. Magari da Caspian sì, perché si sa come sono i maschi in certe situazioni.
Effettivamente, pensandoci e collegando le cose, ora capiva perché Lucy era così strana quella mattina. Lucy era complice. Lucy sapeva.
Ma certo, ecco perché aveva le guance rosse, e tutti i misteri sull’entrare o non entrare da Susan, la storia del mazzo di fiori… ecco a cosa era servita tutta quella messa in scena: a coprire il misfatto di quei due!
Caspian aveva compromesso sua sorella!
“Fa niente. Non voglio saperlo. Io…vado”
Edmund, tutto rigido, con un’espressione terrorizzata, voltò le spalle velocemente, e quasi correndo arrivò in fondo al corridoio. Una volta lì si rivoltò un momento, fece per dire qualcosa, alzò una mano, poi scosse il capo ripensandoci e sparì dietro l’angolo.
Caspian rise di nuovo, questa volta di gusto.  La reazione di Edmund era stata davvero comica, e Lucy e Susan si unirono alla risata.
“Bè, direi che l’ha presa piuttosto bene” commentò Lucy divertita. “Susan, vuoi che ti do una mano a vestirti o fai da sola?” chiese poi.
“No, grazie Lu, mi arrangio”
Lucy annuì e la abbracciò.
“Sono così contenta che tu sia qui!”
Poco dopo, lei e Caspian lasciarono la stanza di Susan.
“Quando lo saprà Peter…” sospirò Lucy, mentre si avviavano alla sala da pranzo “Gli verrà di sicuro una paralisi”
“O mi ucciderà direttamente” la corresse Caspian.
Si scambiarono un’occhiata, poi Lucy lo rimproverò.
“Però anche tu! Dormire con lei! Va bene tutto, ma un po’ di decenza!”
 
 
Quella mattina, Peter si era svegliato prima di tutti gli altri. Si era affacciato alla finestra e aveva ammirato per un poco il paesaggio e i campi ben curati in cui i primi contadini si mettevano al lavoro.
Era uscito subito dopo aver mangiato, diretto alla locanda in cui il vecchio Rolf, Kal e gli altri abitanti delle Sette Isole avevano preso stanza per la notte.
L’oste, neanche a dirlo, era rimasto basito quando si era visto entrare il Re Supremo di Narnia in carne e ossa. C’era voluto il fragore di tre o quattro bicchieri, che gli erano scivolati di mano infrangendosi a terra, per destarlo dall’immensa sorpresa.
Kal si era riunito finalmente alla moglie e alla figlia, che altre non erano se non la bambina e la donna che avevano riconosciuto Susan quale Regina di Narnia.
Seduti attorno a un tavolo nella sala comune della locanda, parlarono a lungo.
Spesso, Kal si dimenticava la forma adeguata, chiamando affettuosamente Peter ‘ragazzo’ invece di ‘signore’ o ‘maestà’, ma il giovane lasciò correre. In fondo, come ben sapeva, le Sette Isole non erano mai state legate a Narnia.
“Adesso che farete?”
“Torneremo al nostro villaggio. Ricostruiremo le nostre case che Rabadash ha fatto bruciare e riprenderemo la nostra vita. Ne abbiamo ancora una, grazie a voi”
“Quando partirete?”
“Le nostre donne sono ancora molto provate, passeremo ancora l’intera giornata qui su Doorn”
“Allora ti chiedo di venire con me, Re Edmund e Re Caspian al palazzo del governatore”
Kal aggrottò la fronte. “Perché volete anche me?”
“Perché ci serve un testimone per incriminare il governatore. Quello che ha fatto alla sua gente non può rimanere impunito”
Kal si alzò da tavola e si erse in tutta la sua enorme figura. “Sarà un onore servire la corona di Narnia”
“Ti ringrazio” sorrise Peter.
Si avviarono allora verso la casa di Bern, dove Peter trovò i compagni già tutti svegli, compresa Susan.
Il Re Supremo allargò le braccia e lei vi si gettò ridendo. Il fratello la scostò da sé per osservarla. Era completamente ristabilita, avvolta in un semplice abito verde bosco, con maniche lunghe leggermente a campana, aperte all’altezza dei gomiti.
“Sei raggiante, Susan” le disse Peter sorridendo.
“Lo sono. Sono felice.”
Il cuore del giovane si allargò nel vedere i suoi occhi chiari, luminosi e pieni di vita come non li vedeva da tanto tempo. Susan, la sua adorata sorella, era tornata ad essere la ragazza spensierata della loro infanzia, non più la giovane cinica e triste quale stava diventando.
Non poté provare una punta di gelosia fraterna nel pensare che il merito dell’umore di Susan era da attribuire in gran parte a Caspian.
“E’ fantastico” disse Edmund, guardandoli tutti uno alla volta. “Siamo di nuovo tutti insieme. Tutti e cinque...Bè, sei” si corresse subito.
“Grazie per avermi ammesso nella cerchia di matti, cugino” borbottò Eustace incrociando le braccia e mettendo su il broncio.
“Oh, Eustace, non vorrai ricominciare a fare il guastafeste!” esclamò Lucy.
“Vi ricordo che io non ci sono mai voluto venire qui! E vi avverto che appena tornati nella civiltà contatterò il console britannico e vi farò arrestare per rapimento!”.
“Rapimento?” fece Caspian con un sorriso divertito. “Credevo di averi salvato la vita”
“Mi avete trattenuto contro la mia volontà, altroché!”
“Bene, allora buttiamolo a mare!” esclamò Edmund sfregandosi le mani. “Rip, mi aiuti?”
“Con molto piacere!”
“Insomma!” li sgridò Lucy, dando una botta alla spalla di Edmund.
I ragazzi continuarono a ridere e scherzare ancora per un po’. Kal si unì volentieri a loro, trovando la compagnia di Eustace molto divertente, finché Caspian, Peter e Edmund non decisero che era ora di venire alle questioni importanti. Con Kal, Drinian, Ripicì, Bern e un altro paio di marinai del Veliero dell’Alba, lasciarono le ragazze e Eustace con la moglie e le figlie del Lord, diretti al palazzo del governatore.
 
Gumpas era un uomo puntiglioso, amante della tranquillità e abitudinario come pochi, ligio alle regole, molte delle quali lui stesso aveva fissato in qualità di capo delle Isole Solitarie.
Era governatore da quasi venticinque anni: un uomo di mezz’età, con capelli e barba neri leggermente brizzolati, nel cui viso era ben evidente il miscuglio delle razze del nord e del sud. Come la maggior parte degli abitanti delle Isole, d’altronde.
Non era un uomo malvagio, ma non si interessava del suo popolo.
Quella mattina, era intento a scrivere un’urgente lettera al grande Tisroc, riguardo un problema inerente ai lavori del Tempio di Tash: non si poteva continuare lo scavo del Tempio senza schiavi, i quali erano stati quasi tutti liberati proprio il giorno prima da alcuni strani individui che- si diceva- arrivassero da Narnia.
Parlò all’Imperatore del proclama inviatogli da Caspian X- o colui che si firmava con quel nome- che gli intimava di cessare immediatamente i lavori e lasciare l’incarico di governante il giorno stesso.
E se vostra grazia è così misericordiosa da inviarmi dei rinforzi per sopperire all’invasione di questi intrusi, vi sarò eternamente grato…Sì, così va bene”
Rilesse di nuovo il finale della lettera un paio di volte, soffiò sull’inchiostro ancora fresco e fece per metterla in una busta, quando un baccano infernale provenne dall’esterno del suo ufficio.
“Per tutti i vascelli! Guardie! Guardie!”
Due uomini entrarono nella camera tutti trafelati. “Perdonateci, Vostra Sufficienza”
“Cosa diavolo è tutto questo baccano? Sapete bene che ho bisogno di concentrazione e assoluto silenzio, quando lavoro!”
“Signore, il Tempio…stanno smantellando il Tempio”
“Cosa? Ma questo è inaudito!” tuonò Gumpas balzando in piedi.
“Non è tutto, veramente”
“Parlate, allora”
“Ecco, vedete, qua fuori ci sarebbero dei signori molto influenti che vorrebbero parlare a Vostra Sufficienza”.
Gumpas balbettò qualcosa, poi si lasciò cadere di nuovo sulla sedia, cominciando a tremare.
“Non sono pirati di Terebinthia, vero? Gli devo ancora un sacco di soldi…”
“No, no, sono di Narnia”
“Ancora con questa storia!” sbraitò Gumpas, convinto che tutta quella storia dei Re di Narnia fosse un brutto scherzo del popolo che si era rivoltato, e che ora voleva spaventarlo inventandosi che il sovrano di Narnia fosse giunto fin lì sulle Solitarie dopo più di mille anni.
Le povere guardie attesero un ordine del governatore, il quale ci pensò sopra un po’. Si alzò, si risedette, si alzò di nuovo.
“No, no, non si può proprio fare. Anche ammesso che siano davvero loro, non mi è possibile riceverli. Ditegli di tornare domani”.
“E per il Tempio?”
“Cento frustate a chiunque stia cercando di fermare il lavoro. Andate, svelti!”
Le guardie si scambiarono un’occhiata poco convinta e lasciarono la stanza.
Gumpas si rimise al lavoro con le scartoffie.
Ci mancava solo di ricevere così su due piedi quegli impostori travestiti da abitanti di Narnia!
Ma se fossero stati davvero loro?
Che cosa avrebbero detto Rabadash e Tisroc? Avrebbero pensato di sicuro a un complotto contro di loro se li avesse ricevuti. Persino i muri sapevano che i due popoli erano rivali da tempo immemorabile.
Non erano passati neanche due minuti, che il trambusto fuori dalla porta ricominciò.
Gumpas cercò di non farci troppo caso e continuò imperterrito a scribacchiare sui suoi registri.
Le porte si aprirono all’improvviso. Il governatore allora alzò la testa, e fissò con curiosità i nuovi venuti, non senza un’aggiunta di nervosismo.
Era un gruppo di gente assai strana e si capiva subito che non erano del posto.
In testa a tutti stavano tre ragazzi poco meno che ventenni; subito dietro di loro c’era un uomo calvo dalla pelle abbronzata, un altro con capelli e barba grigi che a Gumpas parve di conoscere; c’erano poi un omone enorme tutto muscoli e un altro paio in abiti da marinaio.
Ma ciò che convinse Gumpas della loro provenienza narniana, fu soprattutto il topo alto quasi mezzo metro, con una piuma scarlatta all’orecchio e la spada al fianco.
“Siete voi Gumpas, governatore delle Isole Solitarie?” chiese uno dei tre ragazzi, quello che stava nel mezzo, con i capelli scuri sulle spalle.
“Non si riceve senza appuntamento, tranne che dalle nove alle dieci la seconda domenica del mese”.
Il ragazzo fece un cenno con la testa e si tirò in disparte seguito dagli altri due più giovani. L’uomo calvo e quello muscoloso avanzarono verso Gumpas, afferrarono la scrivania, la capovolsero e la scaraventarono in fondo alla stanza, facendo volare in aria carte di ogni genere, calamai, penne e libri.
“Per tutti i vascelli!” tuonò il governatore, mentre veniva tratto in piedi sempre dagli stessi uomini, che con mano ferma ma senza esser troppo bruschi, lo deposero sul pavimento davanti al ragazzo che aveva parlato.
“C-cosa desiderano?” chiese l’uomo con una strana voce tremolante.
“Avreste dovuto accoglierci come si addice al nostro rango, signore”.
“Io non sono stato avvertito del vostro…cioè, mi hanno detto che c’erano dei signori fuori che volevano…eravate voi?”
“Esatto, butto ammasso di…”
“Ripicì…”
“Perdonate, Re Caspian” fece il topo schiarendosi la gola.
“Ah, s-sì, ora ricordo” fece Gumpas. “Ieri mi è arrivata una pergamena che parlava di voi. Ma non credevo che foste veramente…Devo averla qui da qualche parte…”
Fece per alzarsi, ma Kal e Drinian lo sospinsero per le spalle costringendolo a rimanere dov’era.
“Signore” enunciò Ripicì, “inchinatevi, perché avete davanti a voi non uno, ma tre Re di Narnia. Re Edmund, il Giusto; Re Peter, il Magnifico; e il nuovo sovrano, Re Caspian X, il Liberatore, Signore di Cair Paravel e Imperatore delle Isole Solitarie!”
Gumpas balbettò di nuovo e poi sorrise. “B-bè, m-ma le Isole non hanno più avuto Imperatori da mille anni o più”.
“Quindi siete voi che comandate?” domandò Caspian.
“S-sì”
“E siete voi che mandate avanti la barbara e irriprovevole tratta degli schiavi?”
“Una cosa inevitabile, sire”
“E sempre voi avete permesso di costruire tale scempio nelle Nostre terre?” Caspian indicò in direzione della finestra, dalla quale si vedevano le guglie del Tempio di Tash. “Queste terre appartengono ad Aslan, il Leone in persona le ha create, e non il malvagio essere che è Tash!”
“B-bè, non sono stato io a dare l’ordine, in realtà non me e importa nulla che il Tempio si faccia o no, anche se ci ho investito un bel po’. Ma non sono più tanto convinto che sia stato denaro speso bene”
“Il denaro di cui parlate proviene dalla povera gente che mandate in pasto alla nebbia verde ogni mese!” intervenne Edmund.
“Anche questo si è rivelato inevitabile, sire. La nebbia è arrivata da quando abbiamo cominciato a costruire il Tempio. Dicevano che Tash chiede sempre dei sacrifici per testare la fedeltà dei suoi sudditi. E poi, la tratta degli schiavi ci serve per incrementare le entrate. E’ parte integrante dello sviluppo economico”
“Cane!” scoppiò Kal. “Non hai risparmiato neanche le donne e i bambini!”
“Calma, amico mio” lo redarguì Peter, rivolgendosi poi a Gumpas.
“A che cosa vi servono gli schiavi?”
“Li esportiamo. La maggior parte a Calormen ma anche ad altri mercati. Servono per molti tipi di lavori diversi, come al Tempio, ad esempio”
“Lavori che potreste dare ai cittadini pagandoli con un salario mensile e onesto” continuò il Re Supremo. “Ragion per cui, non c’è alcun bisogno di schiavi”.
“Non abbiamo abbastanza denaro per pagare tutti i lavoratori. Non capite, abbiamo gravi problemi economici che…”
“Non vi angustierebbero se avreste continuato a seguire le leggi di Narnia, invece che vendervi al popolo del sud” concluse Caspian. “Signore, non accampate scuse: voi avete deliberatamente concesso a uomini di vendere e comprare altri uomini, e la cosa più terrificante è che avete continuato ad incoraggiare questa tratta per anni e anni, arrivando addirittura a sacrificarli in nome di un dio che non è colui che vi ha creato”
“Che altro potevo fare?”
“Prendervi cura della vostra gente, ascoltare i loro bisogni, innanzitutto”
Gumpas guardò Caspian, e si sentì pieno di vergogna davanti a un ragazzo così giovane eppure così saggio.
“Ma voi che avreste fatto al mio posto, Maestà? Il progresso è essenziale per ogni regno, siete d’accordo?”
“A Narnia quel tempo di evoluzione si ricorda come il regno tirannico di Miraz l’Usurpatore, e dei miei antenati prima di me. E’ stato a causa loro se le relazioni tra Narnia e le Isole sono cessate completamente, ma ora è tempo di ricominciare. Il commercio degli schiavi finisce qui”
“Non mi prendo alcuna responsabilità di questo, Sire, sappiatelo! Non avrete da me il minimo appoggio”
“Meglio così, perché in questo caso posso destituirvi dal vostro incarico”.
“Non potete!”
“L’ho appena fatto”
“Ma…ma…” sputacchiò Gumpas in preda al panico più totale. “Il principe non sarà contento” mormorò tra sé e sé, stropicciandosi le mani nervoso.
“Quale principe?” chiese Caspian.
Come con risposta, le porte dell’ufficio del governatore si spalancarono.
Preceduto e seguito da una decina di soldati in tuniche bianche e rosse con scimitarre al fianco, un giovane uomo dalla pelle olivastra, abito scuro e barba e capelli neri come l’inchiostro, fece il suo ingresso con passo sicuro e deciso.
“Gumpas, cosa diavolo state combinando?”
“Principe Rabadash!” esclamò il governatore sempre accucciato a terra, facendo un inchino impacciato al nuovo venuto.
“Rabadash di Calormen” mormorò Peter, fissando l’uomo che si era fermato davanti al gruppo di Narnia e che ora li fissava a sua volta con astio e sorpresa. Quanto aveva sentito parlare di lui…
“Siete voi il responsabile di ciò che è accaduto qui!” lo accusò subito Edmund.
Rabadash lo squadrò con disprezzo da capo a piedi.
“Abbassa i toni, ragazzino, stai parlando a un principe”.
“E tu stai parlando a un Re” intervenne Caspian, fissando Rabadash a sua volta.
“Narnia” disse quest’ultimo, con un accenno di risata. “Sì, avevo sentito che eravate qui. Siete venuti per fare gli eroi, come al solito?” sghignazzò il principe.
“Siamo venuti a riprenderci ciò che era nostro”.
Caspian e Rabadash si trovarono per la prima volta faccia a faccia.
Avevano solo qualche anno di differenza, ma Rabadash sembrava molto più adulto. Alto e robusto, i lineamenti forti e duri, gli occhi penetranti costantemente attenti a scrutare intorno a sé.
Negli occhi di Caspian invece c’era una luce di bontà e onore che non sfiorava neppure quelli dell’altro. Il suo buon cuore, il viso dolce dal bel sorriso smagliante, il fisico asciutto, erano tracce evidenti del differente stile di vita a cui era abituato nelle terre del nord.
I calormeniani erano una popolazione irruenta e bellicosa; i narniani erano pacifici e amichevoli.
I due continuarono a fissarsi con insistenza, e giunsero a un comune pensiero dopo aver studiato attentamente l’avversario: non si piacevano. Per niente.
Il principe del sud non conosceva i sentimenti di Caspian per la Regina Dolce, ma in quanto al giovane Re, provò un forte desiderio di colpirlo quando rammentò che Susan sarebbe dovuta finire tra le grinfie di quell’individuo. O almeno, questo era quello che aveva detto Pug giù nelle prigioni.
“Governatore Gumpas” enunciò Peter poco dopo, ponendo fine al silenzio. “Siete consapevole che avendo fatto un giuramento al regno di Calormen e a Tash, siete accusato di alto tradimento verso la corona di Narnia e verso il Grande Leone Aslan?”
Gumpas guardò dal giovane biondo al principe del sud, senza proferir parola.
Rabadash prese in mano la situazione.
“Voi siete il naufrago che ho soccorso l’altro giorno”
Peter annuì appena.
“A quanto pare mi ero sbagliato su Pug. Diceva la verità riguardo ai vecchi re e regine della leggenda. Vostra sorella dov’è? Mi piaceva molto”
Caspian scattò in avanti, ma Edmund e Bern riuscirono a bloccarlo in tempo prima che potesse commettere qualche sciocchezza.
Rabadash non vi badò e continuò a parlare con Peter.
“Non credo che abbiate il diritto di informarvi sulla salute della Regina Susan” ribatté quest’ultimo.
“Altezza, vi prego in nome mio, dei miei fratelli e di Re Caspian, di lasciare immediatamente le Isole Solitarie e di ordinare che i lavori al Tempio di Tash cessino seduta stante”
Rabadash fece un’espressione incredula e poi scoppiò in una risata divertita.
“Non credo di poterlo fare, Maestà, dal momento che sono io, ora, a occuparmi delle Isole”
“Le Isole Solitarie appartengono a noi” si interpose Edmund.
Rabadash storse le labbra. “Ho sempre trovato strana questa usanza di avere più di un sovrano nelle vostre terre. Non c’è un po’ troppa confusione su chi dovrebbe dare gli ordini? Perdonatemi, altezze, ma non riesco più a capire a chi devo rivolgermi. A voi, Edmund, a vostro fratello che è Re Supremo o al nuovo Re, Caspian X?”
I tre ragazzi si scambiarono uno sguardo, improvvisamente sentendosi un poco a disagio, il che fece non poco felice il principe del sud.
“E’ con Caspian che dovete parlare” dichiarò infine Edmund. “Lui è il legittimo sovrano”.
“No, Ed. Tu e Peter avete gli stessi diritti che ho io”
Si volse poi verso Rabadash con sguardo e voce calmi e tranquilli.
“Altezza, potete rivolgere le vostre domande a tutti e tre. Ciò che uno dirà sarà pienamente appoggiato dagli altri due, come fossimo un’unica autorità, poiché siamo al servizio della stessa terra e della stessa Grande Creatura che l’ha creata”
I due Pevensie rimasero colpiti dall’affermazione di Caspian, il quale- sapevano con certezza- non aveva parlato di loro in quei termini per mettere a tacere le insinuazioni di Rabadash, ma perché li considerava come fratelli e nessuno di loro era inferiore all’altro.
“Tre re alla pari prima o poi finiranno col litigare” insinuò Rabadash avvicinandosi di un passo. “Quante volte si sono visti famigliari e amici carissimi litigare per il trono?”.
Rise piano, poi scosse il capo. “Ma va bene, rispetto le vostre usanze…Dunque, che stavamo dicendo? Ah sì, le Isole Solitarie…Ebbene, perdonatemi Vostre Maestà, ma venire a rivendicare queste terre dopo più di mille anni è alquanto ridicolo”
“Sono accadute cose al di fuori del nostro controllo”
“Sì, conosco la storia. Purtroppo però, devo informarvi che quando i Re dell’Età d’Oro lasciarono il regno- qualunque fosse il motivo- è come se avessero abdicato al trono. Di conseguenza, tutti i domini sono passati a Telmar, e le Isole a noi di Calormen”
“E’ vero?” chiese Edmund voltandosi rapido verso Caspian.
“Purtroppo sì”
Il giovane sovrano fece un sospiro dolente. Lasciava l’amaro in bocca dover dar ragione a quell’uomo.
Rabadash batté le mani soddisfatto.
“Bene! Direi che la questione è risolta allora. Gumpas, voi riprenderete il vostro posto come…”
“Tuttavia” fece Caspian alzando il tono di voce. “Il vostro insediamento qui non è né più né meno di un’invasione, altezza. Ditemi, da quando in qua un regnante viene fatto salire al potere senza il riconoscimento della sua gente e l’approvazione piena di Aslan?”
A quel nome, Rabadash, i suoi soldati e Gumpas, si ritrassero come fossero stati schiaffeggiati.
Sul viso del principe apparve un’espressione di paura mista a rabbia.
“Io stesso venni incornato dal Grande Leone in persona, con la piena approvazione del regno intero”
“A Calormen non…”
“A Calormen vige la dittatura dell’Imperatore vostro padre, ma Narnia e tutte le terre che ne fanno parte sono mondi liberi. Siamo come acqua e fuoco, su due lunghezze d’onda differenti. Non potete paragonarvi a noi. ”
Gli occhi di Rabadash mandarono scintille.
“E con ciò che cosa vorreste dire? Che ci cacciate dalle Solitarie?”
“E dalle Sette Isole” intervenne Peter, “dove hanno da sempre- come Galma e Terebinthia- un loro feudo indipendente. Avete saccheggiato e bruciato villaggi, rapito gente innocente. Siete il peggiore dei criminali, signore, e meritereste di finire in prigione”
“E come pensiamo di risolvere la questione, dunque?” chiese Rabadash, rosso in faccia.
“Un bel duello, magari?” mormorò Gumpas.
Peter e Caspian si guardarono alquanto dubbiosi: che fare?
“No, niente duelli” disse Edmund, parandosi di fronte al principe del sud con un’espressione sorridente. “Interpelleremo il popolo. Vedremo cosa dirà la gente in proposito al modo di governare da voi imposto. Se non saranno soddisfatti, ve ne andrete; se vi appoggeranno, saremo noi a ritirarci”
“Mi sembra un’ottima idea, Sire” commentò Ripicì.
Caspian e Peter si scambiarono un’occhiata d’intesa con Edmund.
Aveva avuto davvero un’idea geniale. Bisognava solo sperare che gli abitanti dell’Isola non avessero troppa paura di Rabadash o di Gumpas. Bisognava rassicurarli che nessuno avrebbe più fatto loro del male, che non ci sarebbero più stati schiavi, né tantomeno quegli inutili sacrifici alla nebbia verde.
“Ho la vostra parola?” Edmund porse la mano a Rabadash, il quale però non sembrava dell’idea.
“Tutto ciò è ridicolo! Dovrei abbassarmi ad esser giudicato idoneo dalla plebaglia? Mai poi mai accetterò un così assurdo accordo, signori!”
Fece volteggiare il mantello che portava sulle spalle, anch’esso nero, muovendosi come per andarsene.
“E allora cosa proponete?” domandò ancora Edmund.
Rabadash si morse un labbro.
Non poteva presentarsi davanti ai cittadini, lo avrebbe coperto di vergogna l’essere respinto da quegli insulsi plebei.
Quella piccola rivolta istigata dai narniani era servita agli abitanti per capire che non erano più deboli dei soldati se agivano tutti insieme, e Re Edmund era stato davvero furbo a giocare la carta della fiducia, ben sapendo che non gliel’avrebbero mai accordata.
Però non poteva neppure tirarsi indietro o si sarebbe coperto di ridicolo.
Maledizione!
Gli occhi del principe mandarono lampi d’ira. Quei ragazzini l’avevano messo con le spalle al muro.
Soltanto quella mattina stava pensando agli ultimi preparativi per partire alla volta di Cair Paravel e approfittare dell’assenza di Re Caspian, per piegare una volta per tutte i narniani al volere di Tisroc. Se già in passato ci erano riusciti i telmarini, dopo la partenza del Re Supremo e dei suoi fratelli, perché non lui? Rabadash aveva ideato il suo piano basandosi appunto su quel fatto storico. Senza il re, il popolo era vulnerabile. Facendo credere il Re morto o disperso nei mari orientali, i narniani sarebbero entrati nella disperazione e avrebbero abbassato le difese.
Ma il suo piano era miseramente fallito: il Re di Narnia era davanti ai suoi occhi, e in pochi giorni la sua grandiosa impresa sulle Isole Solitarie sarebbe arrivata al continente.
Aveva persino perso la possibilità di avere per sé quella bellissima donna che si era rivelata essere la Regina Susan, alla quale non aveva fatto altro che pensare da quando credeva ancora che si trattasse di una schiava.
Non vedeva altra soluzione che ritirarsi per un po’ e attendere tempi migliori.
Rabadash fece una risatina sprezzante, voltando definitivamente le spalle al gruppo di narniani.
“Altezza, non potete lasciarmi qui!” piagnucolò Gumpas, capendo le intenzioni del giovane.
“Sono spiacente, governatore, o dovrei dire ex governatore. Non ho intenzione di abbassarmi a scendere a patti con gente simile” disse guardando direttamente Caspian. “Volete le Isole Solitarie? Tenetevele pure! Non val la pena di sprecare il mio tempo con voi. Costruiremo altrove il Tempio di Tash, egli capirà”
“E la maledizione?” esclamò Gumpas balzando in piedi. “Avevate promesso di occuparvene!”
“Non è più un mio problema, ma attenti: l’ira di Tash si abbatterà su di voi. E’ una promessa”
Detto ciò, Rabadash fece cenno ai suoi soldati di seguirlo e uscì dalla stanza di gran passo.
In apparenza, il suo atteggiamento sembrava impassibile, come sempre, ma dentro la rabbia ribolliva come un vulcano attivo, e presto sarebbe esplosa.
Gumpas tremò come una foglia alle ultime parole del principe.
Caspian diede ordine di farlo portare in cella almeno per quel girono, così che non potesse creare problemi mentre loro si occupavano della sorte delle Isole Solitarie.
“Non diceva sul serio, vero?” fece Edmund pensieroso. “Rabadash, dico. Quando ha detto quella cosa della maledizione”
Peter e Caspian si scambiarono un’occhiata.
“Devo ancora vederci chiaro sulla presunta malattia o maledizione di cui tutti parlano” disse Caspian, poi posò una mano sulla spalla di Edmund. “Comunque, non preoccuparti. Non credo che centri Tash” concluse il Re per rassicurare l’amico, ma ancor di più sé stesso.

 
 
 
 
Ehilà! Come state gente?
Capitolo molto burocratico, difficile da scrivere. Quasi tredici pagine!!! Spero non vi abbia annoiato, è un po’ diverso dai precedenti ma indispensabile, perché come avrete notato, i due rivali -Caspian e Rabadash- si sono finalmente incontrati. Già si stanno antipatici, chissà in futuro cosa accadrà…
Ho voluto comunque ritagliare un momento per i due innamorati, e poi anche un po’ di divertimento, così si allenta un poco la tensione.
Da questa volta, c’è un nuovo angolino: “Anticipazioni del prossimo capitolo”:
Vi anticipo che nel 13 si riparte finalmente verso est, e comincia il vero e proprio viaggio verso le Terre di Aslan! Inoltre, nuovi personaggi in arrivo: la piccola Gael e suo padre Rhynce, che non sono proprio importanti, ma mi piacciono molto. Infine, se riesco a inserirlo, conosceremo meglio il misterioso ragazzo che ha aiutato Eustace. Chi sarà mai? Eh eh…

 
Ringraziamenti:
 
Per le seguite: ArianneT , FedeMalik97, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT e SweetSmile
 Per le preferite: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, LittleWitch_, Lules, Mary_BubblyGirls, piumetta, SerenaVdW e tinny
Per le ricordate: Angie_V
Per le recensioni dello scorso capitolo: Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, GossipGirl88_,  LittleWitch_, piumetta, SerenaVdW e tinny
 

Grazie ancora una volta e all’infinito! Ormai divento ripetitiva, ma voi siete la mia forza! :D
Un abbraccio e un bacio, buon week-end!
Sempre vostra,
Susan<3

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Capitolo 13
*** Capitolo 13: Le Sette Spade ***


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13. Le sette spade

 
 
Susan, Lucy e Eustace attesero per tutto il pomeriggio il ritorno dei loro compagni.
Occuparono il tempo sul Veliero dell’Alba. Lucy mostrò alla sorella ogni particolare della nave, facendole da guida da poppa a prua.
“Lì c’è la cambusa. Il cuoco prepara dei manicaretti eccezionali, vero Eustace? Questo è il ponte di combattimento, là c’è il ponte di comando, dove di solito sta Drinian al timone. Per di qua si va negli alloggi dell’equipaggio, dove dormono anche i ragazzi. Io e te dormiremo nelle cabine più grandi, invece, quella del Re e quella del capitano. Oh, e guarda qui!”
Lucy portò Susan nella cabina di comando, dove la grande carta nautica dell’Oceano Orientale era dispiegata sul tavolo di legno pregiato, situato di fronte ai ritratti dei Sette Lord di Telmar.
“Susan?” la chiamò Lucy.
Susan si voltò e vide che la sorellina le porgeva un arco finemente decorato e una faretra bianca. All'interno di essa c’era almeno una dozzina di frecce, ornate all'estremità da una particolare piuma scarlatta.
“I miei doni!” esclamò la Regina Dolce, prendendoli dalle mani della ragazzina.
“Caspian li ha custoditi per noi. Non è un bel gesto?”
“Sì” mormorò Susan, accarezzando il legno liscio della sua arma prediletta.
“Lui sapeva che saresti tornata”
La ragazza alzò il capo e vide che Lucy le sorrideva. Ricambiò, aggiustandosi poi arco e frecce dietro la schiena.
Tutto ora era come doveva essere. Susan si sentiva di nuovo una Regina di Narnia a tutti gli effetti.
“Senti, ehm…poi com’è andata?” sussurrò Lucy titubante, sbirciando Eustace che girovagava nella cabina curiosando qua e là.
Susan le restituì uno sguardo leggermente interrogativo.
“Tra te e Caspian, voglio dire”
“Bè…E’ andata che ci amiamo” sorrise.
Anche Lucy fece un sorriso smagliante.
“Magnifico! Quindi vi sposerete?”
Susan trattenne il fiato.
Sposare Caspian! Sarebbe stata la realizzazione di tutti i suoi sogni.
“Allora?”
“Oh, io…io non so…” rispose Susan, con il cuore che le batteva fortissimo.
All’improvviso ricordò che quella mattina, Caspian aveva iniziato a parlare di qualcosa che riguardava entrambi. Purtroppo era stato interrotto e non avevano più avuto modo di riprendere la conversazione. Era una cosa sulla quale aveva a lungo riflettuto.
E se fosse stato…Possibile che Caspian le volesse chiedere di…sposarlo!
Sua moglie.
Se lo fosse diventata, nessuno avrebbe più potuto separarli. Il matrimonio era sacro per Narnia, e una volta uniti i due sposi non potevano essere disgiunti. Era una delle leggi principali della Grande Magia, Susan le conosceva bene e di sicuro anche il Re.
“Chi è che si sposa?” chiese Eustace avvicinandosi alle cugine.
“Ancora nessuno, credo” rispose Lucy, scambiandosi uno sguardo d’intesa con la sorella.
Susan annuì.
“Ma succederà prima o poi, vedrai. Me lo sento”
Le due sorelle si abbracciarono ridendo.
“Oh, lo spero tanto Lu. Lo spero tanto”
Susan si sentì davvero come una sposa in attesa mentre se ne stava sotto il portico della casa di Bern con la sorella, il cugino e le figlie del Lord, tre graziose fanciulle molto ben educate con le quali le Pevensie strinsero subito amicizia.
Le tre si profusero in grandi complimenti e apprezzamenti riguardo i bei giovani sovrani di Narnia. Fu davvero strano per Susan e Lucy sentir parlare in certi termini dei loro fratelli. Eustace fece finta di star male. Le tre povere ragazze gli credettero quando si accasciò al suolo, nel momento in cui la maggiore, che si chiamava Tara, disse che gli occhi azzurri di Re Peter l’avevano incantata.
In quanto a Caspian, né Lucy, ma soprattutto Susan, diede torto alle figlie di Bern in quanto ad apprezzamenti. E Susan si scoprì gelosa per la prima volta.
Quando i tre ragazzi ricomparvero con tutti gli altri, oltre a tirare un sospiro di sollievo, la Regina Dolce si soffermò ad ammirare la figura di Caspian avanzare nella luce del tramonto.
Alto, le spalle forti, il fisico atletico scolpito grazie ai molti allenamenti con la spada, i capelli lunghi e scuri mossi dalla brezza della sera.
Com’era bello il suo Caspian.
Susan sorrise, e Eustace dovette tirarla per una manica dell’abito per costringerla a posare lo sguardo altrove.
“Non vieni a mangiare? Che c’è, stai ancora male?”
“Oh, no, arrivo. Scusami. Ero solo...solo sovrappensiero”
Il ragazzino fece una piccola smorfia. “Lo sei un po’ troppo quando c’è nei paraggi quello là” disse indicando Caspian con un cenno del capo.
“Mmm…Tu dici?” sorrise ancora lei.
Si riunirono attorno a una grande tavolata all’aperto, nel cortile davanti alla casa.
Peter, Edmund e Caspian raccontarono che le cose al palazzo del governatore erano andate piuttosto bene. L’unico inconveniente era stato l’arrivo del principe Rabadash, il quale aveva tentato di opporsi alla corona di Narnia con un’arroganza senza pari.
“Credete che ci daranno ancora dei problemi?” chiese Susan preoccupata.
Aveva incontrato Rabadash solo una volta e per poco tempo, ma in cuor suo sentiva che era un individuo da cui guardarsi attentamente.
 “No, non credo” le rispose Peter. “Sembrava che avesse tutta l’intenzione di ripartire”
Raccontarono ancora che dopo aver congedato Gumpas, si erano recati dagli alti funzionari delle Isole Solitarie. Erano usciti dalla lunga seduta del consiglio che già si stava avvicinando il tramonto.
Si era discusso del rinnovo del governo, per il quale Caspian aveva proposto Lord Bern, non più come governatore, ma come duca.
“Siamo stanchi di governatori”
Bern, con occhi colmi d’emozione e gratitudine, si era inginocchiato davanti al suo Re e ne aveva preso le mani. Con grande stupore e ammirazione di tutti i presenti, Caspian lo aveva investito del titolo di Duca delle Isole Solitarie e l’uomo aveva giurato eterna fedeltà al regno di Narnia, a Caspian e ad Aslan.
Si era allora discusso degli accordi commerciali per abolire la schiavitù e dell’interminabile disputa che Narnia e Calormen avevano imbracciato dai tempi dei tempi.
Era stata una giornata lunga e stancante, specialmente per Edmund, il quale si era dimenticato com’era rimanere tutto il giorno a parlare di trattative, sanzioni, legislazioni e quant’altro.
Peter invece sembrava sempre a suo agio qualsiasi cosa facesse, e se era stanco non lo dava a vedere minimamente. Edmund invidiava il modo in cui,sia il fratello che Caspian, riuscivano ad avere sempre la mente lucida e pronta.
Non voleva essere da meno. Quel giorno non si era impegnato abbastanza, aveva lasciato quasi sempre la parola agli altri.
Peter non si era risparmiato nonostante non fosse il legittimo Re di Narnia. Ma Peter era Re Supremo, poteva permettersi di intervenire quando lo riteneva giusto, anche Caspian lo riconosceva. Lui invece era al disotto di loro. Si sentiva al disotto. Potevano dire tutto quel che volevano, potevano trattarlo alla pari, ma lui avrebbe sempre occupato un ruolo in seconda fila. Forse appena un poco più indietro degli altri, ma pur sempre secondario.
Ecco di nuovo quella punta d’invidia.
Non doveva pensare così.
Guarda Susan e Lucy, si disse.
Erano entrambe Regine, ma nessuna delle due aveva il dubbio di essere inferiore all’altra.
Forse però per loro era diverso. Erano donne, non avevano tutta l’influenza che avevano gli uomini. Non per sminuirle, ma le cose stavano così. La Regina era una figura assai importante, spesso le due sorelle, nell’Età d’Oro, avevano preso parte a stesure di leggi e piani di battaglia, ma l’ultima parola era sempre del Re. Egli era il condottiero del regno.
Prima lo era stato Peter. Ora Caspian.
E tu? disse una vocina antipatica dentro la sua testa.
E’ giusto, devo smetterla di pensarci. Hai tradito i tuoi fratelli Edmund, ricordatelo. Probabilmente, questo è il posto che ti spetta. Sempre un passo indietro a tutti.
 “E il Tempio di Tosh, Task, o come diamine si chiama?” intervenne all’improvviso Eustace, scoccando occhiatacce a Ripicì.
Il topo stava cercando di soffocare una risata nel suo calice d’acqua, con il risultato di spruzzare bollicine tutte addosso a Drinian, seduto vicino a lui.
“Tash” lo corresse Caspian con calma. “Degli uomini si stanno già occupando dello smantellamento di quel luogo”
“Chi sono?”
“Gli stessi che vi lavoravano come schiavi, Eustace. Mi hanno espressamente chiesto di poterlo fare. Credo sia una gran soddisfazione per loro buttarlo giù mattone per mattone”
“Dopo tutta la fatica che avranno fatto! Insomma, non è una costruzione da niente!”
“Io penso che lo odino” intervenne Susan. “Credo che l’averlo costruito non gli abbia arrecato alcun piacere, è il contrario semmai. Quel Tempio è stato eretto con il sudore e il sangue delle loro schiene”
“E’ vero” annuì Caspian guardandola. “Ogni centimetro di quel luogo porta il segno di una frustata. Anch’io penso che non vedano l’ora di sbarazzarsene”
“Ma che ne sarà della maledizione di Tash?” chiese intimorita la minore delle figlie di Bern.
“Sono tutte sciocchezze, milady” dichiarò Ripicì.
“Non penso proprio, amico topo” affermò Bern con aria grave.
“Spiegateci meglio di cosa si tratta, per favore” chiese Edmund. “Anche quand’eravamo in cella avete continuato a parlare di questa maledizione o malattia, come l’avete chiamata voi”
Bern strinse la mano della moglie, seduta dinnanzi a lui.
“Non è né l’una né l’altra, ma è entrambe allo stesso tempo. Anche alcuni nostri servitori sono stati colpiti dal sortilegio. La nebbia verde ha cominciato ad arrivare dal mare a est da qualche mese a questa parte. Prima di iniziare a fare sacrifici, si ammalarono molte persone. Ma non si può propriamente chiamare malattia. E’ una strana condizione di sonno, quasi un sonno irreversibile. Le persone che ne sono state colpite si addormentano e non si svegliano più. Non sentono, non sognano, non hanno incubi, niente. Sono lì, vive, in salute, ma irrimediabilmente addormentate.
“Io avevo una certa influenza qui a Portostretto, e cercai di parlare al governatore della situazione, ma egli non mi ascoltò, e per mettermi a tacere mi rinchiuse addirittura in prigione. Provai a fargli capire che facendo finta di nulla, la nebbia sarebbe avanzata sempre più, con il rischio di colpire tutta la popolazione e protrarsi oltre, ma Gumpas era troppo occupato nei suoi nuovi affari con Rabadash per darmi ascolto. Poi gli venne la brillante idea- sotto consiglio del principe, ovviamente- di cominciare a far credere che tale malattia fosse in realtà la maledizione che Tash aveva gettato su di noi, per punire chi non gli era davvero fedele. Il resto lo sapete da voi”
Tutto intorno al tavolo calò il silenzio, nel quale tutte le menti dei presenti realizzavano silenziose conclusioni diverse.
Il grosso Kal spezzò quel ciclo di pensieri.
“Avevate ragione a credere che la nebbia si fosse protratta oltre le Isole Solitarie, perché è arrivata sin nel nostro arcipelago. Anche nelle Sette Isole ci sono stati casi di questo sonno eterno. Noi lo chiamiamo così”
“Di che cosa può trattarsi veramente?” chiese Lucy, tremante, perché tutta quella storia le aveva messo paura “E dove vanno le persone che sono state prese dalla nebbia?”
“Nessuno lo sa, Maestà” rispose Bern.
“Rabadash sembrava credere davvero a quello che diceva riguardo all’ira di Tash” intervenne Edmund. “Ne ha accennato prima di andarsene. Io credo che qualcosa di vero ci fosse. I Calormeniani sono malvagi, ma non dei bugiardi. E non mentirebbero mai su qualcosa che riguarda la loro divinità. Ne hanno troppo rispetto e troppa paura”
“Non possiamo fare proprio niente per quelle persone addormentate?” chiese Susan. “Chissà, forse potrebbe aiutarli il tuo cordiale, Lucy,”
“Sì, potete tentare”
“Che sciocca! Non ci avevo nemmeno pensato!” esclamò la ragazzina schizzando in piedi.
La moglie di Bern le portò di sotto, tra gli alloggi della servitù. C’erano due cameriere e uno dei maggiordomi profondamente addormentati nei loro letti. Non sembravano affatto malati, pareva proprio che dormissero, anche se effettivamente c’era qualcosa di strano nel loro stato. Non era un sonno normale, era…non avrebbero saputo spiegare la sensazione che si aveva nell’osservarli. Sembravano sospesi tra una dimensione e un’altra, o qualcosa del genere.
Lucy capì all’istante che la sua pozione non avrebbe funzionato, ma fece comunque un tentativo.
“Mi spiace” disse mortificata voltandosi verso Bern, il quale scosse il capo e le sorrise, come a dire che se l’aspettava.
“Non è una vera malattia, è più che logico che il vostro cordiale non la curi. Non sappiamo che cos’è”.
“Avete detto che la nebbia viene da est” disse Caspian.
Lord Bern annuì.
Il Re di Narnia guardò i suoi compagni.
“Stai pensando che, prima o poi, ci imbatteremo in lei quando ripartiremo, vero?” chiese Edmund.
“Non solo. Forse potremo anche riuscire ad incontrare chi l’ha evocata”
“E se fosse stato davvero Tash?”
“E’ ciò che intendo scoprire”
I Pevensie furono d’accordo con lui, dandogli il loro pieno sostegno.
A quel punto, Lord Bern non poté più tacere.
“Miei cari Sovrani, c’è una cosa importantissima che vi debbo dire. Volevo aspettare il momento giusto, e penso sia questo. Venite, sediamoci”
Presero tutti posto nel comodo salotto, dove il fuoco scoppiettava allegramente nel camino. Ora che era quasi autunno, anche se il clima delle isole era sempre piuttosto mite, la sera talvolta faceva molto freddo.
 “Vorrei essere breve, Sire, ma temo di dover ripercorrere un poco la mia storia”.
“Fate pure ciò che ritenete opportuno”
Bern incrociò le mani e fece un sospiro prima di iniziare.
 “Ci sono sempre stati sette lord al fianco di un Caspian, come Miraz poi ebbe i suoi. Il numero sette era sempre stato fondamentale nella Vecchia Narnia”
L’uomo si voltò verso i Pevensie, i quali assentirono.
“Significava completezza, armonia e perfezione” enunciò Peter.
“Esatto, e questa fu una delle pochissime tradizioni rimaste vive dopo che Telmar invase il regno” riprese Bern.
 “Quando Caspian IX morì, Miraz sostituì noi sette con i suoi fidati Sopespian, Glozelle, Montoya, e via dicendo. Ci disse che il nostro compito, ora, era partire alla conquista di nuove terre, conquistare nuove colonie da aggiungere al suo nuovo regno di Narnia. Tutti sapevano, ovviamente, che era una scusa, ma nessuno ebbe coraggio di far nulla”.
Bern si rivolse direttamente al Re.
“Miraz ci minacciò, dicendo che avrebbe fatto del male anche a voi se avessimo tentato qualcosa. Vostro zio sapeva quant’eravamo fedeli a vostro padre, così come a voi, e noi sette giurammo al nostro amatissimo re di proteggervi da qualsiasi pericolo se mai gli fosse accaduto qualcosa. Ma non ci fu possibile”.
Bern fece un’espressione sconsolata.
“Miraz aveva paura che, con la nostra autorità, noi Lord avremo potuto far qualcosa contro di lui. Come ben tutti saprete, da sempre il Gran Consiglio di Narnia conta tra le sue fila dieci membri: sette lord, il capitano della guardia, il reggente e lo stesso re. Queste persone erano le uniche, dai tempi di Caspian I, che sapevano la verità su Narnia. La verità che venne così rigidamente nascosta a tutti gli altri, nobili e comuni cittadini, persino alla regina.
“Quando sareste divenuto adulto, mio signore, probabilmente vi avrebbero messo al corrente di questi segreti, facendovi porre un giuramento di non rivelarli mai. Fortunatamente, li avete scoperti prima del tempo fissato”.
Sul volto di Bern comparve un sorriso.
“Fu merito del mio tutore, il Dottor Cornelius” disse Caspian.
“Di certo, dev’essere un uomo straordinario”
“Ma signore” chiese Lucy a Bern, “perché mai la stirpe dei Caspian tramandava le vere storie di Narnia, se poi facevano di tutto per tenerle segrete?”
“Giuravano di tenerle nascoste, mia Regina, perché avevano paura che qualcuno usasse quelle informazioni per far cadere la corona di Telmar. I Caspian sapevano di non essere i legittimi sovrani, avevano paura che la loro casata potesse cadere. Che potesse arrivare qualcuno a rimettere e cose a posto. Ma di, certo” sorrise il vecchio Lord “non potevano immaginare che quel qualcuno sarebbe stato uno di loro”
“E’ vero” ammise Caspian con aria solenne “Basta con le leggi e tradizioni di Telmar. In questi tre anni ho cercato di riportare il regno all’antico splendore dell’Età d’Oro. Voglio che Narnia torni a essere quella che era. Soprattutto, niente più segreti tra il re e il suo popolo”
I quattro Pevensie e Caspian si scambiarono un sorriso.
“Mio amatissimo sovrano” riprese Bern con una luce di rispetto negli occhi grigi. “C’era una cosa che differenziava Caspian IX dai suoi antenati. E la vedo ora in suo figlio: la bontà d’animo. Il cuore puro. E adesso so per certo che voi siete destinato a qualcosa di grande”
Bern si rivolse alla figlia maggiore. “Tara, prendi la mia vecchia spada, per favore”.
La ragazza si alzò e si avvicinò a una vecchia cassapanca in fondo alla stanza. La aprì e i ragazzi videro che c’era un doppio fondo, un vano per nasconderci qualcosa. La ragazza ne estrasse qualcosa di lungo e stretto avvolto in un panno bianco di lino. Lo depose davanti al padre e poi tornò al suo posto.
Tutti osservarono attentamente Lord Bern mentre sfasciava una vecchia spada dalla lama lucente, increspata da vaghe sfumature azzurrognole. Pareva nuova, non si sarebbe detto che fosse rimasta nascosta a lungo, inusata.
“Sembra una vecchia spada di Narnia” osservò Edmund, scambiandosi uno sguardo d’intesa con Peter.
“Lo è” rispose Bern alzandola e mostrandola a tutti i presenti. “Apparteneva alla vostra Età dell’Oro. Un dono fatto da Aslan per proteggere Narnia. La custodisco da tanti, tanti anni…
“Quando lasciammo il regno salpando sulla nave che Miraz mise a nostra disposizione, tutti noi Lord di Telmar potammo due oggetti particolari: il primo era un bracciale con lo stemma della gran casata di Narnia, da mostrare come riconoscimento per tutte le popolazioni straniere che avrebbero incontrato al di là dell’oceano conosciuto. E poi una spada, di uguale fattura per tutti e sette, le quali facevano un tempo parte del tesoro reale di Re Peter, saccheggiato in gran parte da Caspian I quando attaccò Cair Paravel. Le spade erano rimaste nell’antica casa del tesoro, sepolte tra le rovine, fino all’intronizzazione di Caspian IX".
“Come ne siete venuti in possesso?” chiese Peter.
“E’ una storia straordinaria, mio signore.” Lord Bern posò la lama sul tavolo davanti a lui.
Nessuno sembrava capace di staccare gli occhi da essa.
“Poco tempo dopo che Caspian IX fu incoronato- voi non eravate ancora nato” disse l’uomo voltandosi un momento verso Caspian, “ci fu una battuta di caccia nelle Grandi Foreste. I telmarini temevano le foreste di Narnia, nelle quali si diceva abitassero spettri dall’aspetto di strane creature. Non si andava mai nel folto del bosco proprio per evitare di incontrarli, ma quel giorno, poco prima del rientro qualcosa attirò il nostro sovrano più in là del sentiero battuto. Dopo pochi minuti, una violenta tempesta prese tutti alla sprovvista. Noi Sette Lord, sempre al fianco del re, cercammo un riparo e ci rifugiammo in una grotta. Attendemmo lì il cessare del temporale, davvero violento…quando accade qualcosa di assolutamente fantastico, di miracoloso! All’inizio tememmo il peggio vedendo davanti a noi, proprio sdraiato all’entrata della grotta, un enorme leone da pelo più splendete del sole. Apparve così, da un momento all’altro. Era davvero gigantesco e non c’era via di uscita per noi. Il re ordinò di sguainare le armi, e fu allora che il leone parlò”
Tutti trattennero il fiato.
“Aslan” disse Lucy, solo muovendo le labbra.
“Aveva una voce profonda, melodiosa, rassicurante. Capimmo che non era lì per farci del male, ma perché aveva qualcosa per noi. Abbassammo le armi e attendemmo che parlasse di nuovo.
“Aveva un compito da assegnarci: ‘Vai a Cair Paravel’ disse al re, ‘Cerca l’Antica Casa del Tesoro dove sono custodite le Sette Mitiche Spade dei Sette Amici di Narnia’
“Si volse poi verso noi sette, con i suoi grandi occhi ambrati, splendenti come specchi, e disse: ‘I tuoi compagni le dovranno custodire e portare per qualche tempo, ma non sono per voi. Il tempo degli amici di Narnia non è ancora giunto. Quando arriverà, gliele consegnerete’
Lord Bern parlò con solennità, e ai ragazzi non fu difficile immaginare la voce di Aslan pronunciare quelle parole.
‘Tu che sei il re’ continuò il Grande Leone rivolto a Caspian IX, ‘custodiscile tramite i tuoi compagni più fidati fino al giorno fissato per usarle. Ognuna di esse è uguale in aspetto all’altra, ma diversa in sostanza’. Queste furono le sue esatte parole.
“Ogni spada ha un padrone, e solo chi è destinato ad essa può usarla davvero. Io per anni portai questa lama al mio fianco, combattei difficili battaglie e la spada mi protesse. Sì, la spada. Era portentosa, aveva un potere nascosto e lo sentivamo tutti. Non perdemmo mai una lotta impugnandole, ma non potemmo nulla contro Miraz.
“Fortunatamente, egli non seppe mai nulla del loro potere, o avrebbe certo voluto tenerle per sé, o forse no, giacché odiava la magia e ne aveva il terrore”.
“E chi sono i Sette Amici di Narnia?” chiese Susan.
“Non lo sappiamo, il Leone non ce l’ha mai detto. Disse però che le spade erano per loro, forgiate per essi, non per altri. Noi lord fummo solo i custodi temporanei. Io credo, mia signora, che voi, i vostri fratelli e re Caspian siete cinque di sette”
Tutti si guardarono.
“Ha senso” disse Ripicì. “Voi quattro, Re Peter, Regina Susan, Re Edmund e Regina Lucy, che avete salvato Narnia dalla Strega Bianca e avete regnato come giusti sovrani; e voi Re Caspian, che avete liberato il regno dalla tirannia di Miraz l’Usurpatore. Chi meglio di voi potrebbe far parte di questo gruppo?”
“Quindi queste spade sono per noi?” chiese Edmund, all’improvviso ansioso di prendere in mano la spada di Bern.
“Ma noi abbiamo già le nostre spade” ribatté Peter, scambiandosi uno sguardo con Caspian. “Io ho Rhindon dai tempi del mio primo viaggio a Narnia, e Caspian ha da poco ottenuto Rhasador, datagli personalmente da Aslan”.
“Lo so, Sire, non so dirvi di più sull’uso che dovrete fare di queste spade. Credo che troverete le risposte viaggiando verso oriente, continuando a cercare”
Bern allungò l’arma verso il suo Re. “Prendete, mio signore. E’ rimasta nascosta per troppo tempo, ora la consegno a voi”
Il giovane ebbe un attimo di esitazione, poi l’afferrò.
Caspian ebbe una strana sensazione. Quando aveva impugnato Rhasador la prima volta, aveva da subito percepito un’affinità perfetta con essa, come se si fosse trattato di un prolungamento del suo braccio, l’impugnatura che si adattava perfettamente alla presa della sua mano.
Ma con quella non c’era. Quella spada non era per lui.
Si voltò verso Peter, ma il ragazzo dai capelli biondi fece un cenno di diniego con la testa.
“Ed” fece Caspian alzandosi in piedi.
Edmund, gli occhi fissi sulla spada, si voltò.
“Prendila. E’ tua”
Gli occhi scuri di Edmund si spalancarono in uno sguardo stupito, incredulo.
Si volse in direzione degli amici: tutti erano in attesa di un suo gesto. Ma lui non sapeva che fare.
Da quando il Lord aveva liberato l’arma dal panno protettivo, aveva desiderato toccarla. Era stato come se la spada lo chiamasse. Sì, era strano, a dir poco assurdo, era un oggetto inanimato ma…si trattava pur sempre di una spada di Narnia, forgiata dalla Grande Magia.
Non ne aveva mai avuta una sua, non per davvero. Edmund era il più grande spadaccino del regno, Maestro di Spada ai tempi dell’Età d’Oro. Aveva preso l’abitudine di utilizzare più lame diverse, una per ogni occasione.
Sapeva di non meritare un dono come quello dei suoi fratelli, perché lui era pur sempre il traditore.
Era passato moltissimo tempo, dicevano Peter, Susan e Lucy, ma a Edmund pareva solo ieri. I fantasmi erano sempre lì, pronti a ghermirlo. Erano diversi giorni che rifletteva su questa cosa. Non era degno di portare una spada come l’avevano Peter o Caspian. O forse si?
Se era vero quello che Bern aveva appena detto, se loro cinque davvero erano compresi nei sette Amici di Narnia, anche lui ne faceva parte, per cui…
Però, perché Caspian aveva rifiutato la spada? Forse si era mosso a compassione nei suoi confronti? No, non era per questo.
E’ tua, gli aveva detto. Tua.
“Mia?” mormorò Edmund, ancora confuso.
Ora, tutti lo guardavano e gli sorridevano.
Edmund si alzò e lentamente allungò la mano verso la spada.
“E’ ora che tu abbia un’arma tutta per te, non trovi?” disse Peter.
“La spada di Bern” disse Ripicì annuendo fiero. “La prima delle sette”
Un silenzio solenne scese sulla casa. Poi Caspian estrasse Rhasador e la mise dritta davanti al suo viso.
Tutti capirono subito cosa significava quel gesto: stava per fare un giuramento nel nome di Aslan. Era così che si usava tra i nobili di Narnia. Si specchiavano nella lama delle loro spade, come a voler imprimere le loro parole nel metallo lucente.
Caspian giurò che oltre a rintracciare i sette Lord, avrebbe ritrovato anche gli innocenti scomparsi nella coltre di nebbia verde. Li avrebbe riportati a casa sani e salvi con l’aiuto delle sette spade degli Amici di Narnia.
“E se non ci fosse più speranza per quei poveretti? Se ormai…” disse Susan più tardi, sulla soglia della sua camera, dopo che tutti gli altri furono andati a dormire.
Caspian le diede un bacio sulla fronte. “Non pensarci. Vedrai che non sarà così”
“Ho un po’ paura, Caspian”
“Perdonami. Temo che questa mia improvvisa decisione renderà il viaggio meno facile”
“Non devi chiedere scusa. Sono io che sono sempre tanto insicura. Non sono coraggiosa come Lucy, questo è certo”
“Sei molto coraggiosa, invece. Ricordo bene come combattesti nella Guerra della Liberazione”
Susan lo guardò negli occhi con amore.
“E’ bello da parte tua fare questo per gli abitanti delle Isole”
“Lo faccio perché è un mio dovere. Ne sento il bisogno. Narnia è la mia casa e i miei sudditi sono la mia famiglia”
Lei gli prese le mani e le strinse nelle sue. “Sei una persona meravigliosa. Mi ricordo quando mi dicesti, sulla torre più alta del castello di Miraz, che non credevi possibile diventare un buon re. Bè io invece credo che tu lo sia diventato”.
Caspian le sorrise. “Dici davvero?”
“Assolutamente sì”.
Susan gli accarezzò una guancia, lentamente. “Tutti ti vogliono bene e ti rispettano, e ti seguiranno, io per prima. E’ la tua nobiltà d’animo che ti ha spinto a prendere questo impegno. E questa è una delle ragioni per cui ti amo, Caspian”.
Il Re si chinò e le diede un tenero bacio.
“Tu rimarrai con me?”
“Sempre”.
 
Ci vollero ancora alcuni giorni prima che la compagnia di Narnia potesse riprendere il viaggio verso est.
Drinian disse che ora che si apprestavano a lasciarsi alle spalle le terre e i mari conosciuti, il Veliero dell’Alba aveva bisogno di essere preparato come si deve.
Tutti diedero una mano, anche le ragazze, le quali si occupavano anche di preparare i pasti per gli uomini insieme alle figlie e la moglie di Bern, sempre molto ben organizzate per quel tipo di evenienze.
Il veliero fu svuotato, portato in secca e esaminato da cima a fondo dai migliori carpentieri di Portostretto.
Tra questi, c’era un uomo di nome Rhynce, che cercò più volte di parlare a Caspian, ma il Re sembrava inavvicinabile.
Poi fu la volta delle provviste, delle riserve d’acqua, delle medicine (anche se il cordiale di Lucy poteva benissimo bastare, ma come disse giustamente Susan, doveva essere usato solo nei casi di estrema necessità). E ancora si controllarono lo stato delle scialuppe, della vela, del timone, e tutto da capo almeno per altre due o tre volte. Dovevano essere assolutamente sicuri che la nave fosse in uno stato eccellente.
Durante quel periodo in cui usufruirono ancora dell’ospitalità di Bern, moltissime persone vennero a rendere omaggio al Re di Narnia e ai quattro Sovrani della Leggenda. Chi li aveva visti all’opera nella piazza di Portostretto aveva fatto passare la voce.
“Siamo alle solite” sbuffò Eustace, guardando la processione di gente che a ogni ora del giorno si riuniva attorno al Veliero dell’Alba (rallentando non poco i lavori) e fuori dalla casa.
“Si danno sempre un sacco di arie, come non li sopporto!”
Era rimasto in disparte, seduto sopra un barile a un angolo del porto, dopo che gli altri gli avevano gentilmente detto che combinava troppi guai.
“Tu fa la guardia alle provviste” aveva suggerito Peter.
“Sempre pungente, vedo” commentò Ripicì saltando su un’altra botte. “Dovresti essere fiero di far parte di una famiglia di così nobile lignaggio”
“Ma quale lignaggio! Sono solo dei ragazzetti stupidi e vanitosi. Vengono da Finchley, la città più noiosa di tutto il pianeta Terra!”
“E nella terra di Narnia sono Re e Regine, invece” ribatté tranquillamente Ripicì.
Eustace mise su il broncio. “Cos’ha di così speciale questo posto? Tutti ne parlate come se fosse chissà quale meraviglia. Anche mia cugina Lucy ha raccontato un mucchi di ciance quand’eravamo rinchiusi in quel magazzino. Io però non ho ancora visto tutte le meraviglie di cui ha parlato”
“L’avventura vera e propria deve ancora cominciare, ragazzo mio. Fidati. Quando saremo in mare aperto, allora ti ricrederai”
“Ne dubito fortemente”
“Tu aspetta di approdare sulla prima isola sconosciuta, dove nessuno prima ha mai messo piede”
Ripicì sfoderò la spada, cominciando un combattimento immaginario. “Poserai lo sguardo dove l’occhio umano o animale non si è mai posato. Troverai meravigliosi tesori”
“Tesori?”
“Sì! E potrai incontrare creature mitiche di cui puoi solo immaginare l’aspetto; batterti come un leone per sfuggire a malvagi pirati e salvare donzelle in pericolo. E se saremo fortunati, arriveremo al limite estremo del mondo, dove vedremo il grande precipizio che c’è alla fine”
“Che dici? Non c’è nessun precipizio alla fine del mondo. Il mondo è rotondo!”
“Rotondo?” Ripicì rimise lo spadino nel fodero e osservò Eustace con curiosità. “Che cosa bizzarra. Davvero? Mi piacerebbe saperne di più”
Eustace sospirò scuotendo il capo. “Povero me. Ora mi tocca pure dare lezioni di astronomia e fisica… E va bene, siediti che ti spiego”
Ragazzo e topo rimasero a lungo a chiacchierare sull’universo e tutte le cose che il primo aveva imparato a scuola e dai libri che aveva letto. Per facilitare le cose a Ripicì, prese una mela da un cesto lì vicino, facendo finta che fosse la Terra.
Nonostante i vari battibecchi, Rip rimase affascinato da tutte le cose che il ragazzo gli spiegò e quando vide i Sovrani avvicinarsi, balzò giù dalla botte e corse loro incontro.
“Grandi notizie, vostra Maestà!” esclamò tutto emozionato, rivolto a Caspian. “Sappiamo cosa ci aspetta alla fine di questo viaggio! Ricordate quando, prima di partire, abbiamo parlato della fine che potevano aver fatto gli amici di vostro padre?”
“Sì, lo ricordo. Dicesti che potevano essere precipitati dal bordo del mondo”
“Questo non è possibile” commentò Susan. “Tutti sanno che il mondo è rotondo”
Eustace annuì saggiamente. “Proprio così, cugina, brava!”
Caspian rimase molto sorpreso.
“Dite davvero? Il vostro mondo è rotondo? Dev’essere strano abitare in un mondo così”
“In realtà no” fece Edmund. “Non è che abbia qualcosa di speciale”
“E poi tutti i mondi sono rotondi, non solo il nostro” disse Peter.
“Veramente?” esclamarono Caspian e Ripicì in coro.
“E va bene, ho capito, ho capito” fece Eustace alzandosi.
Si rimise a spiegare tutto per la seconda volta, parlando ad alta voce, tanto che anche i marinai si misero ad ascoltarlo.
In quel momento si sentì estremamente importante.
Poco dopo, tutti parlavano a riguardo dello straordinario Mondorotondo dal quale provenivano i Re e le Regine della Vecchia Narnia.
“Siete mai stati dove si cammina a testa in giù?” chiese Caspian a Susan, con uno sguardo curioso come quello di un bambino.
La ragazza provò una grande tenerezza in quel momento. Scoppiò a ridere, ma senza intenzione di prenderlo in giro, e lo abbracciò.
“Non è proprio così. Oh, Caspian, possibile che tu ancora non abbia capito?”
Lui sospirò. “Sinceramente? Non molto. Ho sentito tante storie che parlano di Mondirotondi come il vostro, e mi sono sempre scervellato fino allo sfinimento per capire come funzionassero. E’ strano”
“Ma anche Narnia sarà così, no? Sferica, come una palla”
“Non lo so. Abbiamo cartine di Narnia, ma non…come li ha chiamati Eustace? Mappamondi?”
“Sì” Susan ci pensò un attimo, sempre aggrappata alle sue spalle. “In effetti, ora che ci penso hai ragione. Non ho mai visto mappamondi nelle biblioteche del castello”
Senza accorgersene, Caspian l’aveva sollevata da terra, tenendola stretta tra le braccia. Molte persone, passando accanto a loro, scoccavano sguardi perplessi, divertiti, o disapprovanti. Uno di questi ultimi era Peter, che aveva continuato a fissarli con un vago cipiglio.
“Mi piacerebbe vedere il tuo mondo” ammise Caspian.
“Sarebbe molto bello se tu potessi venirci. Davvero bello” disse Susan, con un vago disagio che cresceva nel suo petto.
Ogni volta che pensava all’Inghilterra provava la sensazione di nascondersi, cercare rifugio tra le braccia di lui, come se la loro sola forza avesse potuto trattenerla lì per sempre.
Il giovane si accorse immediatamente che il tono della sua voce era cambiato.
“Cosa c’è?”
“Oh, nulla. Stavo pensando a quello che hai detto” mentì Susan. Non voleva parlare di cose tristi.
“Dovevi anche dirmi qualcos’altro, se non sbaglio” aggiunse.
Caspian sorrise. “Non sbagli. Ma credo ci sia troppa confusione ora. E’ un argomento molto serio e preferirei parlartene quando siamo noi due soli, in tranquillità”
“D’accordo”
“Abbiamo tempo, Susan. Stavolta abbiamo tutto il tempo che vogliamo”
Peter si schiarì la gola e Caspian, accorgendosi finalmente della sua presenza, rimise la ragazza a terra.
“Susan, potrei parlarti un momento?” chiese severo il Re Supremo.
“Sì, certo”
I due fratelli si allontanarono di qualche passo, mentre Caspian si dirigeva verso la nave per controllare come andassero i preparativi.
“Ascolta, Sue, io non voglio ostacolare la tua storia con Caspian, però, per favore, cerca di pensare a quello che fai”
Susan inclinò la testa da un lato, accigliandosi. “Non capisco. Che vuoi dire?”
“Vuol dire che ho parlato con Edmund”
Susan spalancò un poco gli occhi celesti, facendo vagare lo sguardo dappertutto tranne che verso di lui. In quel momento, la sua espressione divenne identica a quella di Lucy quando aveva visto lei e Caspian dormire nella stessa stanza.
“Io…bè, non facevamo nulla di male”
“Lascia perdere che facevate, per favore” disse Peter in fretta.
“Guarda che Edmund ha completamente travisato la cosa. Non era come poteva sembrare”
“Ma avete dormito insieme, no?”
“S-sì” arrossì lei. “Ma è stata colpa mia, gli ho chiesto io di restare. Caspian dormiva fuori dalla porta, in realtà”
“Sì, lo so, e lì sarebbe dovuto restare. Comunque, non è solo questo.”
“Peter, ti prego non ti arrabbiare per nulla” lo implorò la ragazza.
Il giovane si passò una mano nei capelli dorati. Poi riprese a parlare con calma, come se stesse cercando di chiarire un concetto che a Susan non era chiaro.
“Susan, tu sei consapevole del perché siamo qui, vero?”
“Ma certo!” esclamò lei allibita. “Dobbiamo aiutare queste persone” aggiunse, guardandosi intorno e osservando il proto brulicante di vita.
Peter annuì e la guardò di sottecchi. “Sì, e probabilmente ci sarà molto altro, cose che scopriremo durante il viaggio. Il punto è che quando la traversata si sarà conclusa, tu e Caspian…”
“No!” esclamò lei allontanandosi di un passo, osservando il fratello con espressione dura. “Non dirlo. Non accennare neppure a quell’argomento. Non ne voglio parlare”
“Susan…”
“Peter, no! Ormai ho deciso. L’ho deciso quando mi sono vista riflessa in quella vetrina del negozio di abiti, a Cambridge. Ho visto una persona che non conoscevo e mi ha spaventato. Io sono così, come mi vedi adesso. Quell’altra Susan non centra nulla con me. Non voglio diventare quella persona”
I due fratelli continuarono a fissarsi, lei con le labbra serrate, lui indeciso se parlarle ancora oppure no.
Anche se Peter augurava a Susan tutta la felicità del mondo, voleva farle capire che non poteva far finta che il suo legame con Caspian fosse duraturo. Il fatto di essere tornati quando non avrebbero più potuto, non dava loro la certezza matematica che sarebbero rimasti a Narnia per sempre, anche se era quello che volevano. Non voleva che sua sorella soffrisse di nuovo. Era meglio abituarsi all’idea di una fine che prima o dopo sarebbe giunta.
“Ti pregherei di non tornare più su questo argomento” disse la Regina risoluta, per poi voltarsi senza attendere riposta, correndo via lungo il porto.
Peter cercò di raggiungerla. Non voleva litigare con lei. La vide passare accanto a un uomo, e questi la fermò prendendola per un braccio.
Il Re Supremo, spaventato all’idea che potesse accaderle ancora qualcosa, si mosse svelto verso di loro.
Caspian sembrò aver avuto la stessa idea.
“Che cosa succede?”
“Vostra Maestà!” esclamò subito lo sconosciuto, volgendosi verso il Re.
Drinian accorse immediatamente, allontanandolo dal sovrano. Ma Susan lo fermò.
“Aspettate, Drinian. Quest’uomo non ha cattive intenzioni, davvero”
“Vi prego, voglio solo parlare con voi, Maestà” disse l’uomo rivolto a Caspian.
 “Tu sei uno dei carpentieri” lo riconobbe il giovane, ordinando a Drinian di lasciarlo avvicinare senza timore.
“Signore, il mio nome è Rhynce. Sono un bravo marinaio, sono stato su molte navi e ho anche nozioni di carpentiere, è vero. Vi prego di prendermi nel vostro equipaggio e di farmi venire con voi. Mia moglie è stata sacrificata alla nebbia verde, e io voglio ritrovarla. Ammesso che sia ancora viva”
Rhynce abbassò il capo, ma lo rialzò quasi subito quando sentì la mano del Re posarsi sulla sua spalla.
“C’è sempre posto per uomini coraggiosi e umili come te, sulla nostra nave. Saremo felici di averti con noi. Vieni pure.”
Rhynce si inchinò felice. “Grazie, Vostra Maestà. Vi ringrazio davvero”
“Padre, voglio venire con te!” gridò all’improvviso una ragazzina dai lunghi capelli neri e vestita di una semplice veste rosa.
“Gael! Ti avevo detto di rimanere con tua zia. Torna subito a casa!”
La bambina si aggrappò alla vita del padre, abbracciandolo forte, cominciando a singhiozzare.
“Non voglio perdere anche te! Ti supplico, non partire!”
“Non posso portarti con me, è troppo pericoloso”
“No, no, non voglio che tu vada!”
La piccola voltò il visetto triste verso Caspian.
“Vi prego, signore, non fatelo salire sulla vostra nave!”
“Gael!” la rimproverò Rhynce, poiché si era rivolta al sovrano in modo troppo scortese.
Caspian sorrise alla bambina e le posò dolcemente una mano sul capo.
“Tuo padre dev’essere un uomo molto coraggioso se ha deciso di intraprendere un viaggio fino ai confini del mondo per ritrovare tua madre”
Gael annuì, reprimendo un singhiozzo.  “Papà è la persona più coraggiosa del mondo”
“Allora devi essere fiera di lui, piccolina”
“Ma io…io…”
“Gael” la chiamò Rhynce con voce tranquilla. Si inginocchiò accanto a lei per guardarla in viso e le asciugò le lacrime. “E’ mai successo che non sia tornato da uno dei miei viaggi?”
La bambina scosse il capo. Egli le baciò una guancia e poi l’abbracciò.
“Fa la brava. Tornerò con la mamma. Te lo prometto”
Così, il Veliero dell’Alba acquistò un nuovo marinaio.
Ormai era questione di un paio di giorni ancora, e poi avrebbero ripreso il mare.
I ragazzi spesero questo tempo occupandosi ancora una volta del bene dei cittadini di Portostretto. Visitarono le famiglie i cui membri erano stati colpiti dal sonno misterioso; Caspian fece un bel discorso nella piazza di Portostretto, gremita come non mai, nel quale annunciò ufficialmente che le Isole Solitarie erano tornate a far parte del regno di Narnia. La notizia fu accolta con grida di gioia.
Il Tempio di Tash aveva lasciato un grande spazio vuoto, dove presto sarebbero sorte nuove abitazioni per i poveri schiavi finalmente liberi, che non avevano mai avuto una casa tutta loro.
Infine, la sera prima della partenza, Bern organizzò una grande festa di addio per i suoi Sovrani.
 
 
L’Occhio di Falco faceva rotta verso la Baia di Calormen già da qualche giorno.
Dopo essere tornato dal palazzo del governatore, il principe Rabadash aveva dato l’ordine di salpare immediatamente. Nessun membro dell’equipaggio aveva osato chiedere cosa ne fosse stato del suo proposito di andare alla conquista di Narnia approfittando dell’assenza di Re Caspian.
Il principe non si fece vedere per un po’, la sconfitta bruciava ancora.
Probabilmente, pensava Emeth era meglio così per tutti.
Emeth tarkaan era da poco entrato a far parte del seguito privato del principe del sud, ma abbastanza a lungo da capire che egli era ben diverso dai principi delle altre terre.
I calormeniani erano un popolo prospero e potente, ma anche crudele. Rabadash era un giovane di venticinque anni appena, ma appariva più adulto sia nell’aspetto che nei modi di fare, impartitigli dalla rigida educazione dell’etichetta di corte calormeniana. Aveva la fama di essere vendicativo, e già una volta Emeth aveva visto all’opera la scimitarra del principe punire un soldato disubbidiente o uno schiavo ribelle. Terribile e spietato.
Nonostante questo, gli era sottomesso, perché era ciò che ci si aspettava da lui. Emeth era l’unico figlio del capitano della guardia Imperiale, Aréf tarkaan, e di una schiava originaria delle terre di Archen. I suoi genitori lo avevano avuto in tarda età. La donna era stata venduta al capitano delle guardie anni prima, era stata servitrice e poi devota moglie di Aréf, e quando si erano ormai rassegnati a non avere bambini era nato Emeth.
Era un ragazzo di sedici anni, i lineamenti più simili a quelli della madre più che a quelli del padre, con i capelli castani chiari e gli occhi nocciola. Alla sua giovane età era già uno dei più abili soldati dell’Impero.
Ma Emeth non amava particolarmente la vita del soldato, preferiva la semplicità e la tranquillità, e avrebbe preferito di gran lunga tornarsene nella provincia di Tashbaan, alla casa della sua infanzia.
Spesso parlava a lungo con sua madre del verde nord, di Archen e di Narnia. Tutto ovviamente all’insaputa di Aréf, che detestava sentir parlare dei Re e delle Regine o del Grande Leone.
Affacciato alla ringhiera del ponte principale, Emeth respirò l’aria della sera, assaporandone gli aromi. L’odore di salsedine, del pesce che cuoceva nella cambusa della nave, quello del tabacco della pipa di alcuni marinai seduti poco distante da lui, intenti a godersi la meritata pausa. Aveva osservato le Isole Solitarie allontanarsi a poco a poco, fino a che erano diventate solo un puntino indistinto all’orizzonte e poi erano scomparse definitivamente.
D’un tratto, strizzò gli occhi al riverbero del sole infuocato. Era una nave quella che veniva da ovest, verso di loro?
Il corno risuonò nella sera, i marinai in pausa alzarono automaticamente le teste al cielo, riprendendo immediatamente il loro posto. Emeth saltò giù dal parapetto e si unì alle file dei soldati.
“Che cosa succede?” chiese al padre, un uomo alto dall’aria severa.
“L’Araldo Nero, figliolo. Il Grande Tisroc ci onora della sua presenza”
Emeth sentì un brivido lungo la schiena. L’Imperatore lì? Perché mai?
La grande imbarcazione era sempre più vicina e la maestosità e lo sfarzo non lasciavano adito a dubbi.
L’Araldo Nero era enorme. La più grande e bella delle navi di Calormen, l’ammiraglia.
La statua di Tash capeggiava a poppa, con gli artigli affilati delle quattro braccia, il viso umanoide con il becco da rapace e le grandi ali da pipistrello, il tutto scolpito in argento purissimo. Le fiancate erano in pregiato legno scuro rifinite d’oro. Le vele erano come quelle dell’Occhio di Falco, scarlatte, e portavano lo stemma della famiglia reale, le due scimitarre d’argento incrociate.
A bordo della nave di Rabadash venne fatta calare l’ancora, lo stesso fecero sull’altra. Marinai e soldati si misero sull’attenti quando l’Araldo Nero fu abbastanza vicino da poter unire i due ponti con una passerella, così che Tisroc potesse sbarcare sull’Occhio di Falco.
Rabadash spuntò da sottocoperta, con un’espressione preoccupata e stupita nell’aver appreso che il padre si trovava lì.
Tisroc apparve avvolto in un mantello rosso fuoco, ricamato di complicati disegni e ghirigori in varie sfumature di oro, porpora e nero. Sul capo portava un turbante della stessa fattura, con al centro della fronte un grosso rubino. Alle dita e ai polsi portava svariati anelli e braccialetti.
Aveva un’età indefinibile, né giovane né vecchio, se non fosse che barba e capelli quasi totalmente bianchi lo tradivano. Un tempo erano stati neri come quelli del figlio. La somiglianza tra i due era evidente (la stirpe dei Tisroc era da sempre molto longeva, tutti vivevano fino ai cento anni e oltre. Il più vecchio era stato Tisroc XI, vissuto fino a centotrent’anni).
Emeth aveva incontrato l’Imperatore di persona solo in due o tre occasioni da quando era al servizio del principe, ma tutte le volte, Tisroc gli metteva addosso una strana sensazione di disagio.
Trasmetteva un senso di imponenza e austerità, e nei suoi strani occhi neri si leggeva sempre un avvertimento di stare alla larga.
Ma chi mai avrebbe osato avvicinarsi all’Imperatore? Emeth sapeva che ai cittadini non era concesso neppure toccarlo, pena la morte per decapitazione. Tisroc, si diceva, discendeva dalla linea diretta di Tash, per cui era una stirpe di uomini illuminati, privilegiati, al di sopra di tutto e tutti.
L’Imperatore camminò sulla passerella. Lo precedevano e lo seguivano due uomini, le sue guardie del corpo personali che non lo abbandonavano mai. Non degnò nessuno di uno sguardo, e sembrò quasi non accorgersi quando tutto l’equipaggio dell’Occhio di Falco si prostrò ai suoi piedi tre volte, toccando terra con la fronte. Così si usava a Calormen salutare il sovrano.
Tisroc si mosse verso il centro del ponte, dove Rabadash lo attendeva.
Il principe sembrava tutta un’altra persona al cospetto del padre. Sottomesso e non più arrogante, si inginocchiò una sola volta e baciò l‘anello che Tisroc portava alla mano destra, quello con lo stemma del regno.
“Oh grande Tisroc, possa tu vivere in eterno. Siamo i vostri umili servi, padre”
“Alzati, figlio. Approvo la tua devozione”
Rabadash si alzò e l’aspettativa scese sulla nave. Tutti erano ansiosi di conoscere il motivo del perché l’Imperatore si fosse scomodato personalmente per venire incontro al principe.
“Scendiamo nella tua cabina, Rabadash” disse il sovrano. “Ho qualcosa di molto urgente da dirti”
Il giovane fece un altro inchino e poi guidò il genitore e le sue quattro guardie del corpo sottocoperta.
Emeth li osservò con la coda dell’occhio finché non sparirono. Poi si rialzò in piedi come tutti gli altri.
Il mormorio si accese subito tra l’equipaggio.
“Perché l’Imperatore ci è venuto incontro?” chiese a un marinaio che gli passò accanto in quel momento.
“Non ne ho idea. Ma qualcosa mi dice che non torneremo a casa tanto presto”

 
 
Tattaratà!!! Ecco il capitolo 13!
Volevo aspettare domenica, poi mi sono detta: “Non posso essere così cattiva” Così ho postato subito!
Quante cose sono successe, vero? Infatti ho dovuto ridurre al minimo i momenti di tenerezza di Caspian e Susan, T____T ma c’era davvero tanto da fare: spiegare delle sette spade, la maledizione della nebbia verde, l’arrivo di Gael e Rhynce, l’arrivo di Tisroc e Emeth! Finalmente sapete qualcosa in più su di lui, ma il suo ruolo definitivo deve ancora venire fuori. Non vi dico nulla se no vi rovino la sorpresa. Ma vi piacerà, lo so ^^
Non manca neanche stavolta un po’ di comicità. Mi sono divertita a scrivere il pezzo delle lezioni di Eustace. Ahah! XD
Se volete vedere come sono di aspetto Emeth, Rabadash e Tisroc, andate a questo link,
http://usagitsukino010.livejournal.com/1429.html dove trovate tutto il cast della storia fin ora. C’è anche una bella galleria di immagini fatte da me di Caspian e Susan, così vi rifate dei mancate momenti di romanticismo ;)
Prima delle anticipazioni, i ringraziamenti:

 
Per le seguite: Allegory86, ArianneT, Chanel483, FedeMalik97, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile e Yukiiiiii
 Per le preferite: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, LittleWitch_, Lules, Mary_BubblyGirls, piumetta, SerenaVdW e tinny
Per le ricordate: Angie_V
Per le recensioni dello scorso capitolo: Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, GossipGirl88_,  IwillN3v3rbEam3moRy, LittleWitch_, piumetta, SerenaVdW e tinny
 
State aumentando, come sono contenta! :D
 
Angolino delle anticipazioni:
Il prossimo capitolo comincerà con un’importante conversazione tra Rabadash e Tisroc, riguardante le sorti del regno di Calormen e di Narnia. Vi avverto, non è nulla di buono!
I ragazzi invece, sul Veliero dell’Alba, si concederanno un po’ di tranquillità, anche se Caspian e Susan avranno un problemuccio. Niente di grave, però…
Il prossimo capitolo è già in cantiere, la vostra Susan è sempre al lavoro!

 
Un bacio e un abbraccio a tutte voi che mi sostenete e continuate a seguirmi, dimostrando un entusiasmo per questa storia che non avrei mai creduto possibile!
Thanks soooooooo much!
Kiss, Susan<3

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Capitolo 14
*** Capitolo 14: Il viaggio riprende ***


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14. Il viaggio riprende

 
 
Tisroc raggiunse insieme al figlio la cabina di quest’ultimo. Le quattro guardie del corpo vennero fatte aspettare fuori, e fu loro ordinato di controllare che nessuno venisse a disturbare.
La stanza del principe era grande e lussuosa, con le pareti foderate di pannelli di legno scuro e lucidissimo. Le torce erano già accese, vista la rapidità con cui la luce all’esterno calava.
Rabadash fece accomodare il padre nel salottino antecedente la camera da letto vera e propria. L’arredamento richiamava moltissimo le sale del castello di Calormen, adorne di drappeggi, cuscini, tappeti e poltrone dagli alti schienali ovali. Tisroc sedette su una di queste, e il principe prese posto di fronte a lui.
Prima di iniziare a parlare, l’Imperatore appoggiò i gomiti ai braccioli e intrecciò le dita delle mani, come in preghiera, chiudendo gli occhi in un momento di raccoglimento. Poi li riaprì e fissò Rabadash con aria molto seria.
“Figlio, il grande Tash mi è venuto in sogno per darmi un avvertimento che ti riguarda da vicino”
Il principe, immobile sulla poltrona, ebbe un sussulto appena percettibile.
“Il Sommo Tash in persona! Quale onore dev’essere stato per voi, padre!”
“Non è la prima volta che accade, ma mai in modo così chiaro e distinto. Mi ha portato con la mente nel passato, ai tempi in cui nacque Rabadash I, il tuo antenato. In quegli anni regnava a Narnia la famiglia Pevensie, i ragazzi venuti dall’altro mondo. Tra loro c’era una donna, che fu la causa della sventurata sorte del grande principe di cui anche tu porti il nome”
“Una donna…vuoi dire una regina!” affermò Rabadash, concentrandosi con tutte le sue forze sulle parole del genitore.
Tisroc posò gli occhi neri come pozzi d’ombra su di lui.
“Ascolta attentamente. Ecco quello che Tash mi ha mostrato: la nostra razza è in pericolo. Tu diverrai Tisroc un giorno, ma non potrai generare figli, e la nostra famiglia reale cesserà di esistere con te”
“Non è possibile!” esclamò Rabadash sconcertato. “I Tisroc non possono estinguersi!”
“E invece potrebbe accadere, perché infine Narnia ha gettato la maschera e la sua malvagità si è tramutata in un’orribile maledizione. E’ senz’altro opera del Leone! Tash dice che qualunque donna sceglierai per essere tua moglie, sarà sterile o si ammalerà prima di poter generare figli. Oppure morrà, ed essi con lei”
Il giovane balzò in piedi, furibondo e offeso per quell’affronto.
“Il Leone morirà per aver osato questo!”
“Stupido! Il Leone non può morire. Pensi forse di sfidarlo con spade  e lance? Egli è potente quasi quanto Tash. Rabadash I lo incontrò sulla sua strada e cosa ottenne?”
Rabadash ripensò alla storia del suo sciagurato predecessore e si calmò un poco. Si rimise seduto sull’orlo della poltrona, piegandosi ansioso verso il padre.
“Tash cosa suggerisce di fare? Ci dev’essere un modo per scongiurare questa sventura!”
“C’è infatti. Per eliminare la maledizione, occorre che tu rafforzi la razza del sud. Purtroppo è evidente la debolezza degli ultimi figli nati nella famiglia reale, frutto di continui matrimoni tra consanguinei. Calormen ha bisogno di irrobustire il suo lignaggio, e sarai tu, figlio adorato, a portare nuova prosperità al nostro sangue”
Rabadash fremette all’idea di quello che le parole di Tisroc significavano.
“Dimmi tutto, padre”
L’Imperatore appoggiò la vecchia schiena alla poltrona, e un piccolo sorriso accondiscendente si disegnò sul suo volto olivastro.
“Tu hai già incontrato questa donna, questa regina, lo so”
“Sì, sì, è vero. E non sai quanto sia bella! Tu non hai visto i suoi occhi chiari come laghi. Mai avevo veduto simile sfumatura nelle iridi delle donne di Calormen. E la sua pelle, padre, chiara come l’alabastro. E le labbra, rosse come rose. Io non posso stare lontano da lei!”
Tisroc alzò un dito ammonitore.
“Frena i tuo ardori, figlio! Devi fare attenzione. Rammenta cosa accadde al principe Rabadash I a causa di un suo sciocco errore. Se non vuoi fare la stessa fine, ti consiglio di stare molto attento a lei e a chi la circonda”
Rabadash chinò il capo in segno di rispetto.
“Perdonami, hai ragione, ma sono giorni che ella appare nei miei sogni. Da quando l’ho incontrata non sono più riuscito a togliermela dalla testa. La vedo dappertutto, è come se mi avesse stregato”
“Questo è ciò che accade quando si ha a che fare con gli abitanti di Narnia” affermò l’Imperatore con tono sprezzante.
“Padre, io desidero quella donna! Non posso farci nulla. Ma dimmi, cosa centra lei con noi?”
Tisroc fece un sorrisetto compiaciuto, appoggiandosi comodamente contro lo schienale.
“E’ presto spiegabile: per salvare il nostro regno, ti serve una sposa della casata di Narnia”
Rabadash si mosse sulla poltrona, emozionato.
“Vuoi dire…la Regina Susan?” chiese esitante.
“Sì” sorrise Tisroc più apertamente. “E oltre a salvaguardarci, ella porterà con sé in dote il suo regno. Questa unione ci permetterà finalmente di mettere le mani sui troni di Cair Paravel”
Sul volto di Rabadash si dipinse un’espressione di trionfo. S’inginocchiò ai piedi del padre e gli baciò la mano.
“Grande, grandissimo Tisroc! Ti sia concesso di vivere davvero in eterno, o almeno fino al giorno in cui le tue predizioni non si avvereranno”
L’Imperatore annuì soddisfatto.
“Istruiscimi, mio signore. Cosa debbo fare per averla?”
Tisroc si alzò e si erse in tutta la sua statura.
“Devi tornare indietro, Rabadash. Ordina ai tuoi uomini di invertire la rotta e far leva di nuovo verso est. Devi raggiungere il Veliero dell’Alba e portare al più presto possibile la Regina Susan al tuo cospetto”
Rabadash non capì il perché di tanta fretta, anche se era fremente all'idea di rivedere quella ragazza. Senza contare che la sua nave non era più così ben equipaggiata come alla partenza. Non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea di disporre di rifornirla con viveri, dato che stavano tornando a casa. Ciò che avevano a bordo bastava solo per il viaggio di ritorno.
“Ti fornirò io di tutto ciò di cui hai bisogno” promise Tisroc. “Ma devi riprendere il largo il prima possibile, è un ordine! L’urgenza è dovuta a un fattore dominante che potrebbe portare all’insolvenza della predizione”
“Chiunque oserà infrapporsi tra me e la Regina Susan, assaggerà la mia lama!” assicurò il principe.
Tisroc lo osservò con severità.
“Allora preparati a combattere contro Re Caspian di Narnia, perché è lui il tuo più grande rivale in questa storia. Ama la Regina Susan e presto potrebbe chiederla in sposa. Fai in modo di arrivare per primo, o l’avvertimento di Tash sarà stato inutile. Ne va del regno che un giorno sarà tuo, non te lo dimenticare”
“Non temete per questo. La farò mia sia che lei acconsenta oppure no. In quanto a Re Caspian, non nutro alcun timore. Se si opporrà alla mia unione con la Regina, non esiterò a toglierlo di mezzo”
 
 
Era una bella mattina di inizio settembre quando il Veliero dell’Alba salpò da Portostretto diretto finalmente verso l’ignoto oceano.
Una gran folla si riunì per assistere alla partenza. La bandiera di Narnia sventolava alta sulla torre del palazzo del governatore, finalmente tornata al suo posto.
I cittadini salutarono con applausi, acclamazioni e lacrime.
Bern- non più Lord ma duca- si accomiatò dai Sovrani augurando loro che la benedizione di Aslan li accompagnasse per tutto il viaggio. Susan lo abbracciò commossa e Bern la ringraziò di cuore per tutto ciò che aveva fatto per lui nella prigione, augurando a lei e a Re Caspian tanta felicità per il loro futuro.
I due giovani si guardarono negli occhi con amore, sorridendosi e poi ringraziando il loro vecchio amico.
Bern ringraziò anche Lucy, che aveva curato la sua ferita. Poi disse a Edmund di avere fiducia nella sua nuova spada, e che era onorato di averla custodita per il Re Giusto di Narnia.
Peter e Susan si avvicinarono agli abitanti delle Sette Isole, che avevano rimandato la partenza per poter esser lì a salutare la nave dei loro salvatori.
Susan ricevette in dono dalla bimba e dalla moglie di Kal una piccola scultura di Aslan intagliata nel legno.
Peter strinse molte volte la mano di Rolf (giurò anche di vedere una lacrima solcare il volto rugoso, che l’uomo giustificò come una debolezza della vecchiaia). Kal si inchinò e poi strizzò il giovane in un abbraccio paterno.
“Buona fortuna, ragazzo”
“Spero di rivederti, Kal. Grazie di tutto”
“Grazie a voi, Vostra Maestà”
Ed ecco che erano partiti. Il vento gonfiò le vele e le prime vere onde s’infransero sulla prua e sulle fiancate della nave.
Drinian si posizionò al timone e si allontanò dalle Isole Solitarie che ancora risuonavano dei saluti del popolo. Poi, il Veliero dell’Alba prese sempre più il largo, finché attorno a loro ci fu solo l’azzurro del mare e del cielo.
Per quasi tre giorni navigarono tranquilli, senza incidenti o sorprese. Le giornate erano chiare e soleggiate, le notti fresche e silenziose.
La vita sulla nave era una tranquilla routine, alla quale Susan e Peter si adeguarono prestissimo.
Edmund passò le giornate ad ammirare la sua nuova spada, lucidandola e testandola in un duello prima con Peter e poi con Caspian, e in entrambi ebbe la meglio.
I fantasmi erano spariti dai suoi pensieri, ma non tanto perché finalmente aveva un’arma sua, era il fatto di sentirsi finalmente parte del gruppo.
Quando osservava il fratello maggiore e Caspian, la mattina, aggiustarsi le lame di Rhindon e Rhasador alla cintura, si voltava con orgoglio verso la sua cuccetta e prendeva la Spada di Bern, facendo altrettanto. Era come se fosse essa stessa a trasmettergli una sorta di serenità interiore mai provata prima. Quando la guardava, con i riflessi azzurri che giocavano con la luce del sole e proiettavano cerchiolini color arcobaleno sul ponte del veliero, Edmund si sentiva forte. Non come un guerriero pronto per la battaglia, ma come un Re Giusto che sente di doversi mettere in gioco per proteggere il suo regno, servendosi di quella forza non per esibirla, ma per donarla. Una forza che gli sarebbe servita per difendere i più deboli.
“E’ mia”continuava a ripetersi. “Questa è la mia spada.”
Intanto, Susan e Lucy, consapevoli che tutti i lavori sulla nave erano troppo pesanti per loro, ebbero l’idea di andare dal cuoco e chiedergli di poter essere utili in cucina. Ma egli non fu assolutamente d’accordo che le Regine scendessero in cambusa a sporcarsi di farina e impasti vari, tra l'altro per occuparsi di un compito che era adatto a delle cameriere.
Susan cercò di spiegare che non ci sarebbe stato nulla di male, e che lei nel suo mondo era abituata a certe mansioni.
Purtroppo non ci fu nulla da fare, ma la ragazza non rimase con le mani in mano.
Presto, scoprì che la sua presenza sulla nave aveva un effetto tranquillizzante sui membri della compagnia. Quando Susan stava loro accanto, parevano più sereni, meno ‘rozzi’. Riscoprì finalmente qual era il ruolo fatto per lei, e fece esattamente ciò che ci si poteva aspettare dalla Regina Dolce.
Di animo tranquillo, premurosa e attenta alle esigenze altrui prima che alle proprie, era lieta di poter offrire loro un sorriso quando vedeva un muso lungo. Faceva del suo meglio occupandosi di piccoli lavoretti, chiacchierando con tutti e facendo sembrare i lavori più pesanti meno faticosi.
Anche Lucy contribuiva moltissimo a rasserenare l’atmosfera. Nulla sembrava mai capace di turbarla o rattristarla. Era sempre entusiasta e ottimista, e continuava ad affrontare il viaggio con occhi interessati a tutto. Si svegliava ogni mattina col sorriso sulle labbra e attendendo con ansia di poter scorgere  la prima isola sconosciuta, colmando le sue aspettative che tardavano ad arrivare giocando a scacchi con Ripicì, sulla panca situata nella coda del drago d’oro.
Era nella sua natura, ovviamente, essere sempre allegra, e questo suo temperamento contagiava irrimediabilmente anche chi aveva una natura meno gaia della sua.
Forse dipendeva dal fatto che fossero donne, anche se non seppero spiegare che relazione avesse questo con tutto il resto, ma avevano questa sensazione. Tutti le trattavano bene e non si arrabbiavano mai con loro.
Lo stesso non si poteva dire di Eustace, che era un continuo brontolare. I marinai lo avrebbero volentieri rinchiuso sottocoperta a tempo indefinito, ma la Regina Susan non sarebbe stata contenta.
Lei e Ripicì parevano gli unici a riuscire a sopportare gli umori neri del ragazzino.
Il topo non perdeva occasione per stuzzicarlo. Lo seguiva d’dappertutto sotto consiglio di Peter, che ben conosceva la tendenza del cugino di caciarsi nei guai. Eustace era una vera e propria calamita per le catastrofi.
Peter e Caspian passavano molto tempo nella cabina di comando, dove parlavano della situazione di Narnia, della quale il Re Supremo voleva essere messo al corrente per poter intervenire al meglio in caso di necessità.
Ma di Narnia, Caspian parlava anche con gli altri Pevensie, e spesso si dimenticavano di essere Sovrani. Perdevano ore intere a raccontare storie o aneddoti che l’uno o gli altri ancora non conoscevano.
Era bellissimo poter essere di nuovo insieme a tutti e quattro i Pevensie, cosa che non aveva creduto possibile per ben tre anni. Li considerava come la sua famiglia. Voleva bene anche a Eustace, che in fondo era solo un gran disastro di ragazzino, ma buono dentro l'animo.
La gioia che provava ora era qualcosa di inspiegabile e desiderava che non finise mai. Soprattutto perchè poteva stare con Susan, anche se non quanto voleva. Ma almeno, lei era lì, e tutte le volte che avesse desiderato vederla, avrebbe solo dovuto cercarla.
Peter non parlò più a Susan della sua preoccupazione circa la fine del viaggio. Lei sembrava completamente essersi dimenticata di quel discorso e non pareva più nemmeno arrabbiata con lui.Il ragazzo però era deciso a tornare sulla questione, prima o poi.
Peter sentiva che erano lì perché Aslan l’aveva voluto, ma non per rimanere. Anche lui l’aveva sperato con tutto il cuore, perché vivere lì era la cosa che più desiderava. Peter stesso non riusciva a immaginare una vita diversa da quella di sovrano di Narnia. Tuttavia, in Inghilterra c’erano mamma e papà. Come avrebbero potuto abbandonarli?
E poi, c’era una strana sensazione.
La prima volta che era stato a Narnia non aveva pensato nemmeno per un attimo di dover tornare indietro. Il Re Supremo era divenuto una parte integrante di Narnia, e mai e poi mai si sarebbe allontanato da quella meravigliosa terra, tanto che quando aveva riattraversato l’armadio insieme agli altri, aveva percepito un enorme senso di vuoto.
Quel vuoto si era ricolmato al loro secondo viaggio, quando avevano incontrato Caspian. Ma c’era qualcos’altro…ed eccola: la strana sensazione. Strana e spiacevole, ma accettabile da un certo punto di vista.
Sapeva che non sarebbe riuscito a spiegare alla sorella tutte queste cose, perché Susan avrebbe voluto delle spiegazioni concrete, e Peter non gliele poteva fornire. Sarebbe stata dura per lei, ma doveva cercare un modo per accettare che anche stavolta dovevano dire addio, o almeno arrivederci. E se ciò significava prepararsi ad una sfuriata da parte di Susan, tanto peggio. Sarebbe andata come doveva andare.
 
 
Durante il terzo giorno, accadde qualche curiosa avventura.
La mattina, verso le undici, Ripicì si stava godendo il panorama nella grande bocca del drago d’oro, dov’era solito mettersi e fantasticare sulle avventure che Aslan aveva dato loro in sorte. Da lì, aveva una visuale quasi completa del Veliero dell’Alba. E grazie alla sua vista allenata a scorgere movimenti sospetti sui campi di battaglia, il topo vide che Eustace si aggirava guardingo per il ponte, dalle parti dell’entrata della cambusa.
Non vedendoci chiaro sul suo comportamento, Ripicì balzò svelto dalla sua postazione per seguirlo. Eustace scese nel magazzino delle provviste e sempre con quel fare prudente, attento a non far rumore, aprì una cesta e afferrò un’arancia, nascondendosela sotto la camicia.
“Manigoldo! Metti subito giù quel bottino!” esclamò balzando su una mensola, per poter essere più in alto del ragazzo.
Eustace ebbe un sobbalzo e prima di capire bene cosa succedeva, si ritrovò la punta affilata dello spadino del topo a meno di un centimetro dal naso.
“Brutta marmotta molesta! Abbassa subito quella cosa!”
“Dopo che tu avrai rimesso a posto quel che hai sottratto!”
“N-non so di cosa tu stia parlando”
Eustace si mosse in fretta verso l‘uscita.
“Dove credi di scappare?”
“Oh, senti, non posso neanche fare uno spuntino di metà mattina?” sbottò il ragazzino.
“Il Re ha dato l’ordine che le provviste devono essere razionate, e ognuno ha la sua parte durante i tre pasti del giorno! Non ti basta, brutto ingordo che non sei altro?” esclamò il topo, pungolando il naso di Eustace con la spada.
“Ma io ho fame anche adesso! Ahia! E poi che bisogno c’è di fare tanto caos per un semplice frutto?”
“Rubato dalla dispensa delle provviste!”
“Non è rubare, è…prendere in prestito. Sto morendo di fame, giuro! Sono nell’età della crescita!”
Ripicì non si fece commuovere e non accennò ad abbassare la spada.
“Mettila-giù” intimò il topo, alludendo all’arancia che Eustace teneva ancora nascosta.
“No!” esclamò il ragazzo, afferrando la coda del topo. “Senti ne ho avuto abbastanza di te! E se non la pianti, te la tiro così forte che…che…”
A Eustace si seccò la gola, ora che Ripicì gli aveva messo la lama in mezzo agli occhi.
“Lascia-quella-coda” scandì il topo, con gli occhi neri ridotti a due fessure minacciose.
“M-mettila via, puoi fare male a qualcuno.  Guarda che lo dico a Caspian, così ti rinchiude in gabbia. Ti mette la museruola!”
“È il grande Aslan che mi ha dato questa coda” disse Rip, con una voce ancor più bassa e profonda. “Nessuno, ripeto, nessuno tocca la mia coda!”
 “V-va bene, va bene! Scusa!”
Piano piano, Eustace lasciò la presa sulla coda del topo, e poi corse via.
“Dove scappi! Restituisci quel che hai rubato!”
“Aiuto! Aiuto! Il topastro vuole uccidermi!” gridò Eustace, correndo fuori sul ponte.
“Cosa diavolo succede adesso?” esclamò Peter accorrendo con gli altri.
Ripicì sbucò fuori dalla cambusa e si parò davanti al ragazzino, minacciandolo di nuovo con l’arma.
“Ha rubato dalle provviste d’emergenza, Sire”
“Avevo fame, uffa! E ti ho detto di abbassare quella roba! Io sono contro la violenza!”
Ma Ripicì non ascoltò e cominciò a menar fendenti, graffiando di striscio il ragazzo.
“Questo per aver rubato! Questo per aver mentito! E questo…a futura memoria!” concluse, riuscendo ad infilzare l’arancia alla spada e lanciandola verso Drinian, che l’afferrò la volo.
Eustace, vedendo che nessuno sembrava intenzionato a venire in suo aiuto (anzi, lo guardavano divertiti) si girò da una parte e dall’altra e afferrò la prima spada che trovò, brandendola contro Ripicì.
Il topo fu molto compiaciuto che finalmente il loro si fosse tramutato in un duello ad armi pari, ed esclamò: “In guardia!”.
La lotta durò poco. Eustace, anche se era più grande e grosso di Ripicì, era sempre in svantaggio. Cercava di imitare i movimenti che aveva visto fare a Caspian e ai cugini, ma il risultato fu alquanto goffo.
“Smettila di sbattere le ali come un pellicano ubriaco! E’ una danza, ragazzo!”lo incitava il topo.
In un certo momento gli parve di essere in vantaggio, quando intrappolò Ripicì contro il parapetto in modo che non potesse indietreggiare. Ma non aveva calcolato che Rip, facendo un bel balzo acrobatico e aggrappandosi a una cima, poté salire in alto e poi scendere in picchiata, in volo verso di lui.
Eustace indietreggiò, inciampando e cadendo addosso a un paio di grosse ceste usate per il trasporto dei viveri, e che avrebbero dovuto essere vuote. Ma una non lo era.
Il duello era finito, Ripicì aveva vinto. Tutti i presenti batterono le mani, risero, e Lucy ad un tratto esclamò: “Guardate!”.
L’intero equipaggio si voltò verso il punto da lei indicato, proprio accanto alla cesta che si era rovesciata. Da quella uscì una bambina con i capelli neri e una veste rosa.
“Gael!” esclamò Rhynce, facendosi largo tra i suoi compagni alquanto sbalorditi per quell’improvvisa e inaspettata apparizione.
“Che ci fai tu qui? Sei rimasta nascosta lì dentro tutto il tempo?”
La bimba si strinse alla vita del padre, annuendo.
“Non arrabbiarti. Io volevo venire con te a salvare la mamma”
“Tesoro…”
Rhynce si zittì di colpo, vedendo avanzare Caspian e Drinian, seguiti dai Pevensie.
Il Re di Narnia osservò il capitano e poi sorrise.
“Sei una bambina coraggiosa. Non è vero Drinian?”
Quest’ultimo fece ancora qualche passo verso Gael, poi le porse l’arancia rubata da Eustace. Il suo viso serio si stese in un sorriso gentile.
“A quanto pare abbiamo un altro membro dell’equipaggio. Tieni”
La piccola accettò il frutto e tutti fecero grandi cenni d’assenso.
“Perdonatemi, Vostra Maestà” disse Rhynce a Caspian.
“Nessun problema. Più siamo meglio è, secondo il mio parere”
“E’ vero” affermò Lucy, avvicinandosi alla bambina. “Benvenuta a bordo”
“Vostra Maestà” s’inchinò Gael con una bella riverenza.
“Chiamami Lucy” le sorrise la ragazza. “Vieni. Ti presento gli amici”
Rhynce ringraziò ancora di cuore per la magnanimità dei suoi Sovrani, rassicurandoli che sua figlia non avrebbe dato nessun disturbo. Gael era una bimba vivace ma ubbidiente.
La piccola strinse subito amicizia con le sorelle Pevensie, ma fece un grave torto a Ripicì, prendendolo in braccio senza poter resistere non appena le si parò davanti.
“Damigella, vi prego! Non sono un peluche!”
“Ma sei così adorabile!”
Tutto si era risolto per il meglio. Eustace si era ritirato in un angolino del ponte, offeso, dopo che Edmund e Peter lo ebbero costretto a chiedere scusa per quel che aveva fatto.
Ma le sorprese di quella giornata non erano finite.
Lo stesso pomeriggio, sotto la nave comparve un grande branco di balene, che viaggiavano anch’esse verso est. Eustace fu il primo che si accorse di loro, chiamando a gran voce gli altri. E davanti a quello straordinario spettacolo gli passò anche l’arrabbiatura.
Erano le Blue Singer, le mitiche balene azzurre di Narnia. Enormi cetacei di tutte le sfumature possibili di azzurro e blu. Alcune erano così chiare da sembrare quasi bianche, altre avevano il dorso così scuro da sembrare quasi nero. Affioravano in superficie con altissimi sbuffi d’acqua e scroscianti schiaffi delle pinne e della coda. Fu meraviglioso quando cominciarono a cantare, riempiendo l’aria di suoni acuti e note lunghe e baritonali, intonando complesse armonie.
Tutto l’equipaggio salì sul ponte per vederle. Le ammirarono affacciati ai parapetti, per lungo tempo.
Le Blue Singer nuotavano giocose, alcune più al largo, altre avvicinandosi alla nave.
“Che cosa fanno?” chiese Edmund, sporgendosi pericolosamente.
“Vogliono fare a gara con noi. Vediamo se riusciamo a stargli dietro.” rispose Caspian con un sorriso, correndo subito verso il timone. “Susan, vieni!” le disse prendendola per mano, senza curarsi di nessuno.
Lei lo seguì gioiosa, salendo in fretta la scaletta del ponte di comando.
“Caspita!” commentò Eustace osservandoli. “Quei due sono proprio innamorati. Non si separano un secondo”
Lucy sorrise. Edmund anche. Peter invece era serio.
Drinian si spostò per far posto  a Caspian, che per un certo tempo riuscì ad eguagliare la velocità delle Blue Singer, le quali capirono le intenzioni dell’umano e non si risparmiarono.
Ma il Veliero dell’Alba non tenne per molto la loro velocità. Le balene azzurre erano tra le creature più veloci di Narnia. Si diceva che se mai un uomo avesse potuto cavalcarne una, avrebbe coperto la distanza dalle Isole Solitarie a Cair Paravel in solo quattro giorni.
“Oh, no!” esclamò a un tratto Susan. Gli altri membri della compagnia le fecero eco.
Le Blue Singer si erano lanciate- per così dire- ‘al galoppo’ e ormai avevano distanziato tanto la nave che era impossibile recuperare il distacco.
Ognuno tornò alle proprie occupazioni, chiacchierando su quelle straordinarie creature.
“Lasciami i comandi per un po’, Drinian. Ti dispiace?” disse Caspian al capitano.
Susan, che si era sporta dalla ringhiera del ponte di comando, si appoggiò a una delle maniglie di legno del timone, afferrandolo con le mani e poggiandovi una guancia.
“Che peccato che si siano allontanante così presto. Erano davvero bellissime”
“Può darsi che le rivedremo. A volte le Blue Singer seguono una nave per tutta la durata del viaggio”
“Sì, lo sapevo”
Caspian la guardò con una strana espressione.
“A volte tendo a scordarmi che tu sai molto più di me su Narnia”
“C’è sempre qualcosa da imparare da un mondo come Narnia. E’ una continua sorpresa.”
Lui le sorrise.
“Vuoi vedere come si fa?” le disse poi, lanciando uno sguardo eloquente alla barra.
“Non credo di essere capace”
“Puoi imparare”
La ragazza rispose al sorriso e poi accettò.
Caspian si posizionò dietro di lei, le mani sulle sue, sussurrandole piano in un orecchio ciò che doveva fare…il tutto sotto la costante vigilanza di Drinian. Il capitano sembrava controllarli.
“Comincio a credere che io non gli sia simpatica” confessò Susan.
“Perché hai quest’impressione?”
Lei alzò le spalle, continuando a guardare il mare e cercando di mantenere la rotta. Non era per nulla facile guidare una nave, la barra era un po’ troppo pesante per lei.
“Non devi farti ingannare dall’aria un po’ burbera di Drinian”
“Non è questo, è che a volte mi sembra quasi che…oh, non lo so. Forse hai ragione tu, è solo un’impressione”
“Guarda che non devi piacere a lui. Devi piacere a me” le sussurrò il Re tra i capelli.
Lei si voltò un poco per guardarlo in viso e vide che non aveva mai smesso di sorridere.
“Mi dispiacerebbe, però. E’ un tuo caro amico”
“Anche Peter è tuo fratello, eppure lo sai bene che appena possiamo non esitiamo ad evitarci”
Susan storse le labbra. “Sì, e anche questa è una cosa che non mi va giù. A volte sembrate due bambini cocciuti…”
“Ah, davvero?” Caspian rise e poi le posò un breve bacio sulle labbra. “So che vorresti che fossimo amici, ma non puoi pretendere che tutti vadano d’accordo con tutti”
“Lo so” sospirò lei. “Ma non posso farci nulla. Sono fatta così”
I loro volti erano vicinissimi. Caspian protese ancora il viso verso di lei, Susan lo imitò, ma uno schiarirsi di gola li fece allontanare immediatamente, tornando alle posizioni iniziali.
Drinian, ovviamente.
Susan iniziò seriamente a pensare che non approvasse affatto che lei e Caspian si scambiassero leggere effusioni davanti a tutti. Il problema era: perché? E per l’ennesima volta ebbe la spiacevole impressione di non piacere per nulla al capitano, anche se Caspian continuava ad affermare il contrario.
Il Re sembrava non curarsi minimamente delle opinioni altrui, e dopo nemmeno mezza giornata, anche Susan smise di preoccuparsi e si concentrò solo su di lui.
I loro sguardi erano sempre rivolti l’uno all’altra.
Se Caspian le passava accanto, le accarezzava brevemente la schiena.
Se Susan lo incrociava appena, cercava la sua mano. Il giovane prontamente l'allungava e lei la stingeva per un attimo, prima di lasciarla.
Se non potevano stare insieme, cercavano la minima scusa per esserlo. Se non erano vicini, si cercavano con lo sguardo. E solo quei piccoli sguardi, fatti di secondi, bastavano a rendere migliore la giornata.
La situazione era identica a quando si erano conosciuti. Anche alla Casa di Aslan si erano scambiati gesti e occhiate, con la differenza che adesso non avevano più paura di tenerlo nascosto né a loro stessi né tantomeno a chicchessia.
L’unica cosa che lui desiderava era stare con lei.
L’unica cosa che lei desiderava era stare con lui.
Ancora. Sempre.
E Susan improvvisamente arrossì, percependo d’un tratto gli occhi scuri di Caspian posarsi su di lei, in un modo che solo in un’altra occasione aveva notato: una notte d’estate. La loro prima notte. Prima e unica…finora.
 
 
Verso sera, nuvole scure cominciarono ad addensarsi di fronte a loro. La luce del tramonto venne in parte offuscata e l’aria si fece più fredda e pungente.
Quella notte nessuno si attardò sul ponte per ammirare le costellazioni estive che rapidamente cedevano il posto a quelle autunnali (a Narnia le costellazioni erano dodici, tre per ogni stagione).
I Sovrani si erano ritirati già da un po’. Le sorelle Pevensie dormivano insieme nella cabina di Caspian, ma ora che era arrivata anche Gael, le due ragazze avrebbero condiviso la stanza anche con lei. Giustamente, visto che loro tre erano le uniche donne tra l’equipaggio.
Susan era sola al momento, attendendo che le più piccole rientrassero. Dove si erano cacciate? Era molto tardi e avrebbero dovuto essere a letto già da un pezzo.
La Regina Dolce uscì sul piccolo balcone, che si affacciava direttamente sul ponte di prua e dal quale si poteva ammirare un bel panorama.
Il vento le soffiava sul viso, spingendo via un poco di quelle nubi che si erano ammassate nel cielo e facendo risplendere le stelle. Forse la tempesta non ci sarebbe stata.
Nell’atto di districarsi il nodo dietro la nuca in cui era solita legare i lunghi capelli, un fermaglio s’impigliò in essi. In quel mentre, udì la porta aprirsi alle sue spalle.
“Lucy, sono qui. Puoi venire un momento?” chiamò, udendo i passi nella stanza, ma senza ottenere risposta.
“Lu…”
Due mani grandi e delicate si posarono sulle sue, liberando il fermaglio dal nodo. La chioma castana della ragazza le ricadde sulle spalle. Poi, quelle stesse mani si posarono sui suoi fianchi, dolci ma decise.
“Non sono Lucy” sussurrò una voce calda e profonda al suo orecchio, provocandole brividi lungo la schiena.
“Caspian”
Susan si voltò con un sorriso stupito ma felice.
“Sei delusa?” chiese il Re, imprigionandola tra il suo petto e la ringhiera del balcone.
“No” rispose la ragazza, posando le mani sulle sue braccia. Com’erano forti…
“Dovevo annunciarmi, perdonami” ammise il giovane.
“Ma questa è la tua cabina. Puoi venirci quando vuoi”
All’improvviso, Susan avvampò per ciò che aveva detto. Aveva praticamente invitato un uomo a entrare e uscire dal suo alloggio quando voleva.
“M-ma Lucy dov’è?” chiese subito dopo, cambiando discorso.
“Lu dorme con Gael, nella cabina di Drinian”
“Come mai?”
“Bè, perché qui in tre non ci state, ne convieni”
La Regina si guardò attorno. “Mmm…in effetti saremmo state un po’ scomode, ora che ci penso”
“Ti dispiace dormire da sola?”
“Oh, no, certo”
“Hai visto?” fece poi lui con un sorrisetto “Drinian è stato tanto gentile da cedere la propria cabina alle più piccole”
“Ma io non penso che Drinian non sia gentile. Anzi, lo è molto. E’ stato così carino con Gael, oggi. Ho solo detto che mi è parso di non piacergli”
Caspian la guardò a lungo, avvolta nella camicia da notte bianca come la sua pelle.
“Ti spiace se non parliamo di lui?”
Susan sorrise e fece cenno di no con la testa.
Caspian tolse una mano dai suoi fianchi e la portò davanti al viso di Susan. Solo in quel momento lei si accorse di cosa aveva in mano.
“Il mio fiore!” esclamò colpita.
Era lo stesso, non poteva sbagliarsi. Lo stesso che Caspian aveva sfilato dalla ghirlanda che lei gli aveva donato la sera della sua incoronazione, e che poi aveva posto tra i suoi capelli, prima di fare l’amore con lei per la prima volta.
Susan prese in mano il fiore e scoprì che era esattamente come l’ultima volta che l’aveva visto. Lo stesso profumo delicato, la stessa morbidezza dei petali blu.
“Ma com’è possibile?” mormorò.
Caspian rise piano. “Credevi non l’avessi più?”
“Io...Bè sì. Dovrebbe essere appassito da un pezzo”
“Non potevo permetterlo” disse Caspian con una strana luce negli occhi. Malinconia, forse.
“L’ho trovato nella tua stanza lo stesso giorno in cui ve ne siete andati. Era l’unica cosa che mi rimaneva di te, così ho chiesto ad Aslan di non farlo appassire mai”
Susan sentì la commozione salirle in gola e non riuscì a dire nulla.
Caspian le posò una mano appena sotto l’orecchio, lasciando il pollice libero per poterle sfiorare la guancia.
“Ho sempre amato solo te, Susan”
Lei gli buttò le braccia al collo e poi lo baciò.
“Mi sei mancata” sussurrò il Re sulle labbra di lei, per poi riunirle subito dopo, cercando una strada percorsa poche volte ma mai veramente dimenticata.
Susan sentì i capelli di Caspian sfiorarle il volto e farle il solletico. Gli mise le mani su volto e glieli riavviò indietro, passando le dita tra di essi.
E mentre le labbra si davano il bentornato e un sapore familiare li rifece sentire di nuovo completi, il giovane indietreggiò piano verso l’interno della cabina, trascinandola con sé con estrema delicatezza.
“Caspian…” sussurrò Susan tra un bacio e l’altro, cercando di riprendere fiato, ma il ragazzo quasi non glielo permetteva.
Poi, finalmente riuscì a respirare, quando il Re si separò da lei per guardarla con occhi pieni d’amore.
“Vorrei…” cominciò, un poco impacciato.
“Cosa?” lo incitò subito lei.
“Vorrei recuperare tutto il tempo che abbiamo perduto”
Susan si fece un poco triste.
“Anch’io, sai. Ancora non riesco a perdonarmi di averti lasciato solo. Se non me ne fossi andata…”
“Ssshhtt” fece Caspian, pianissimo, posandole un dito sulle labbra. “Non adesso. Non stanotte”
Susan sentì il suo cuore fermarsi.
Il ragazzo fece l’unica cosa che gli sembrò sensata in quel momento, e la stese sul letto, dimentico di ogni cautela ed inibizione.
Si liberò della camicia e lei posò le mani sul suo petto, percependone la forza.
Stava accadendo di nuovo e la cosa li spaventava forse un po’. I loro cuori battevano sempre più forte, i respiri si sfiorarono e diventarono sospiri…Ma quando Caspian si sdraiò sopra di lei, Susan s’irrigidì improvvisamente.
Chiuse gli occhi, spaventata.
Perché era spaventata? Che cosa le succedeva?
La fanciulla cercò lo sguardo del Re, specchiandovisi, quasi per cercare una risposta.
“Susan?” fece Caspian, accorgendosi che qualcosa non andava.
“Va tutto bene. Sono solo un po’ nervosa” ammise timidamente.
Lui sorrise dolcemente e la baciò di nuovo, e lei si sciolse nel suo abbraccio.
Cercò di non dar peso alla strana sensazione che si faceva strada nel suo petto, così si strinse di più a lui. Era ancora una cosa tutta nuova, di certo si trattava di questo…
Ma quando Caspian posò una mano sul suo cuore, Susan perse un battito e la strana sensazione si tramutò in paura.
Si aggrappò con forza alle spalle di Caspian. Lui era sceso a sfiorarle il collo e non la vide serrare di nuovo le palpebre.
Fu un lampo, velocissimo, ma accadde. Susan vide il volto di un uomo, di quell’uomo, e le sembrò di essere ancora là, nel palazzo del governatore. Pug che la schiacciava con il suo corpo, e poi lo schiaffo, il dolore e la paura. Una crescente, improvvisa, tremenda  paura.
Susan spalancò gli occhi celesti e automaticamente esclamò l’unica parola che in quel momento le veniva in mente.
“No!”
Caspian si scostò per guardarla in viso, ma lei si era già liberata dalle sue braccia ed era scattata a sedere sul letto, prendendosi il volto tra le mani.
Solo quando incontrò gli occhi scuri di lui si rese conto di ciò che aveva fatto e detto, e si sentì orribile.
“Susan…”
“Oh, scusami. Scusami! Scusami! Scusami!” gridò la ragazza scoppiando in lacrime.
“Susan, cosa c’è?” chiese Caspian preoccupato, prendendola di nuovo tra le braccia, cercando di capire cosa potesse aver provocato quella reazione in lei.
O forse lo sapeva…
“Dimmi che cos’hai, ti prego”
Lei scosse il capo.
Caspian la tenne vicina e il pianto di Susan si placò un poco.
“Mi dispiace. Io non credevo…” disse dopo un po’, “Io non volevo respingerti, ma ho sentito le sue mani, ho visto il suo volto…e ho avuto paura”
Fece un tremulo sospiro e chiuse gli occhi, liberando nuove lacrime.
“Tutte le notti, quando chiudo gli occhi, vedo il volto di quell’uomo. A volte non riesco nemmeno a dormire. E’ un incubo! Non voglio rivivere quel momento!”.
Caspian la osservava incredulo, ferito, cercando un modo, una parola, un gesto per darle conforto, ma senza riuscirci. Comprendeva in una certa misura come lei poteva sentirsi ma non sarebbe mai riuscito a realizzarlo sino in fondo.
“Perdonami. Forse sono stato troppo frettoloso. Non avevo capito che tu…non eri pronta. Il fatto è che ti desidero così tanto, Susan!”
“Non devi chiedermi scusa. Tu non hai fatto nulla di male. Anch’io vorrei stare con te, è solo che…ho paura”
“Di me?” mormorò piano Caspian, con un peso sul cuore.
“No!” esclamò forte la ragazza, scostandosi un poco per guardarlo. “No, non di te. Mai di te”
“Allora perché mi hai respinto?” chiese lui, facendosi scuro in volto.
Susan spalancò gli occhi, guardandolo atterrita.
 “Mi dispiace tanto. Ero sicura che l’avrei dimenticato presto, ma non ci riesco. Non ci riesco…”.
Si asciugò gli occhi con entrambe le mani, ma tornò a piangere subito dopo. Si sentiva stupida e vulnerabile, come se il suo segreto più vergognoso fosse venuto a galla.
Caspian l’abbracciò di nuovo, stavolta senza tentare di calmarla. Cercò di dire qualcosa di ragionevole che la potesse confortare, ma niente gli pareva adatto. Il silenzio era preferibile.
Attorno a loro la notte si era fatta nera, le nubi erano tornate e le stelle erano sparite. Come se lo stesso cielo di Narnia provasse il dolore della sua Regina, e si fosse adombrato come il suo cuore.
“Non odiarmi, Caspian, ti prego”
“Smettila” la interruppe subito. “Non parlarne più”
Il Re si piegò verso di lei per posare piano le labbra sulla sua fronte, quasi un soffio, temendo che in quell’istante anche quel piccolo gesto potesse provocare in lei una nuova ondata di panico.
Ma Susan non si mosse.
Lui era così dolce, così premuroso...
Non era stata colpa sua, era lei la vera colpevole. Lei. Che non riusciva ancora a liberarsi di quel ricordo.
Non aveva il coraggio di guardarlo in viso, ma cercò ancora il suo abbraccio per sentirsi al sicuro. Con un po’ di esitazione, gli si accostò ancor di più e poggiò la testa sul suo petto.
Caspian la strinse con gesto un po’ incerto. Sentirla così vicina, il respiro di lei sulla sua pelle, gli provocò un’ondata di nuove sensazioni alquanto inopportune vista la situazione e lo stato d’animo di Susan.
“Credo che sia meglio che io ritorni negli alloggi dell’equipaggio” disse lui, allontanandola dolcemente e alzandosi..
La giovane lo osservò in silenzio mentre recuperava la camicia e se la rimetteva. Aveva una strana espressione.
“Sei arrabbiato con me, vero?” chiese, dando voce a quel timore.
Il giovane la osservò senza sapere assolutamente cosa fare.
“No, non sono arrabbiato. Ma io non sono Pug, Susan. Sono Caspian. Sono l’uomo che ti ama”
 “Rimani” lo implorò la ragazza guardandolo. Ora le dava le spalle.
Il Re emise un respiro quasi di frustrazione e si rigirò verso di lei.
“Come puoi chiedermi questo? Quando sai benissimo che non riuscirei a controllarmi sapendoti accanto a me. Non stasera”
La fanciulla abbassò il capo, sentendo un brivido per la durezza con cui lui aveva pronunciato quelle ultime frasi.
“Hai ragione. Perdonami, sono un egoista.”
Susan si alzò a sua volta, ma rimase dov’era e non si avvicinò. Ora vedeva negli occhi scuri del ragazzo quella cosa che forse era peggio della rabbia: la delusione.
“Ti amo, Caspian” riuscì solo a dire, ma suonava tanto come un’altra scusa.
Il Re si appoggiò un dito sulle labbra e poi lo posò su quelle di lei.
“Buonanotte”
Poi si girò e uscì dalla cabina.
Quando la porta si richiuse alle sue spalle, Susan si gettò sul letto e pianse tutte le sue lacrime. Prese a pugni il cuscino, affondandovi poi il viso e soffocando il dolore che sembrava non voler cessare mai.
Lì accanto trovò il suo fiore blu, lo prese e lo strinse delicatamente tra le mani, maledicendosi per la sua stupidità. Per aver rovinato tutto. Per aver distrutto quel momento di felicità che tanto a lungo avevano aspettato.
Caspian non si allontanò subito. Rimase un momento fuori dalla porta, appoggiandosi ad essa con la schiena.
Avrebbe tanto voluto rientrare e prende di nuovo Susan tra le braccia, ma non lo fece. Si era allontanato proprio perché non poteva stare con lei adesso, non sarebbe stato giusto.
Con un senso di gelo allo stomaco, comprese che qualunque cosa lei stesse provando e avesse provato, l’esperienza con Pug era una ferita aperta e doveva essere stato davvero schoccante per lei.
Voleva condividere tutto con lei ma in quel momento si sentì escluso.
Non sapeva cosa fare. Di certo non poteva liquidare la questione con un altro bacio e un sorriso, facendo finta che non fosse successo nulla. E non aveva idea di cosa poteva dirle l’indomani quando si sarebbero rivisti.
Sospirando, lo sguardo perso nel vuoto, il Re di Narnia rimase ad ascoltare il pianto della sua Regina, che proveniva sommesso dall’interno della stanza.

 
 
 
 
Salve ragassuole belle, come va? Lavoro, scuola, altre preoccupazioni? Niente paura, arrivo io con il nuovo capitolo a farvi sognare un po’! ; )  Spero tanto vi piaccia.
Ho alternato anche stavolta momenti di serietà a momenti più lieti e spensierati. Mi auguro che il pezzo della vita sul veliero non sia noioso. A volte, non so perché, mi sembra di fare confusione nelle descrizioni e nell’alternare le sensazioni dei personaggi, ma a me piace muoverli tutti insieme.
L’ultima parte ci ho messo un sacco a scriverla, non veniva mai come volevo. Spero che voi possiate apprezzarla. Preparatevi perché questo è il primo dei problemi che i due innamorati dovranno affrontare durante il viaggio. Ah, l’amore tormentato è il mio forte! Eh eh eh…
Non risparmiatevi coi commenti, belli o brutti che siano, mi raccomando!

Per chi vuole, ho fatto una nuova foto. Andate qui http://i47.tinypic.com/2zq4h74.jpg[/IMG] o qui http://usagitsukino010.livejournal.com/ a vedere quello che sarebbe il manifesto ufficiale della storia se uscisse al cinema! (magariiiiiii!!!!)
 

Ringraziamenti a:
Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Chanel483, FedeMalik97, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile e Yukiiiiii
 Per le preferite: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, LittleWitch_, Lules, Mari_BubblyGirls, piumetta, SerenaVdW e tinny
Per le ricordate: Angie_V
Per le recensioni dello scorso capitolo: Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, IwillN3v3rbEam3moRy,piumetta, SerenaVdW e tinny


 
Angolino delle anticipazioni:
Facciamo uno spoiler megagalattico: nel prossimo capitolo, o in quello dopo ancora, arriverà una nuova fanciulla che farà battere il cuore di Peter!!! Non vi dico altro, ma avrà un ruolo piuttosto importante nella storia.
Ma prima di questo, bisognerà affrontare una tremenda tempesta.
Caspian e Susan…ancora una breve difficoltà per loro. Ma l’amore vince su tutto!
 
Vi ringrazio veramente, ormai non ho più parole per tutti i compimenti che mi fate.
Un saluto e un bacio enorme come il mondo!
Susan<3

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Capitolo 15
*** capitolo 15: La tempesta ***


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15. La tempesta

 
 
Ci vollero quattro giorni perché l’Occhio di Falco riprendesse il mare.
La nave del principe e l’Araldo Nero rimasero ancorate al confine tra l’Oceano Orientale e la Baia di Calormen, dove Tisroc diede ordine di spostare le provviste da un’imbarcazione all’altra, in modo che il figlio avesse viveri sufficienti per almeno sei settimane. L’Imperatore era partito che già sapeva di cosa Rabadash avesse avuto bisogno, così aveva provveduto a far riempire la stiva dell’Araldo Nero con il doppio del cibo e delle bevande.
I marinai si davano da fare perché tutto fosse perfetto, i soldati invece rimanevano un poco in disparte, più che altro sorvegliando i lavori di riparazione, carico e scarico.
Emeth se ne stava insieme ai compagni più giovani, che guardavano dubbiosi i cambiamenti che gli uomini di Tisroc apportavano alla nave.
Ma il vero e proprio cambiamento fu un altro, e la cosa li sconcertò non poco. L’improvviso approssimarsi di un vascello di Terebinthia li colse tutti di sorpresa. Accadde l’ultimo giorno, e chi ebbe da ridire furono soprattutto i marinai.
Emeth si destò di soprassalto. Un compagno lo scosse forte per la spalla.
“Sveglia! Il capitano Aréf dice di salire sul ponte”
Il giovane si stropicciò gli occhi e scosse un poco la testa per scacciare il torpore del sonno. S’infilò svelto la tunica bianca e arancione, gli stivali neri, e aggiustò la scimitarra al fianco. Corse fuori dalle camerate e salì la breve scaletta che portava sul ponte principale.
C’era un gran chiacchiericcio tra l’equipaggio e non sembrava ci fossero novità piacevoli.
“Che succede?” chiese Emeth.
“Guarda coi tuoi occhi” gli rispose un marinaio, segnando col dito in direzione nord-ovest.
 “Pirati” pensò subito il ragazzo, dopo aver notato la bandiera nera con teschio bianco sventolare contro il cielo azzurro.
Immediatamente, i soldati presero postazione pronti a combattere contro gli aggressori. Di sicuro i pirati, avvistando due grosse navi ferme in mezzo al mare, avevano pensato bene di attaccarle e derubarle. Ma niente di tutto ciò avvenne.
Aréf tarkaan diede invece ordine di dare il benvenuto ai nuovi membri dell’equipaggio. Sei loschi individui scesero dal loro vascello e salirono sull’Occhio di Falco prima che Emeth avesse tempo di realizzare ciò che suo padre aveva detto.
Avvenne tutto molto in fretta. I pirati erano ansiosi di andarsene. La loro nave riprese subito il largo. Non ci furono annunci particolari, e non si aspettò nemmeno l’arrivo di Tisroc o Rabadash, niente.
I sei bucanieri avevano un aspetto trasandato, grosse spadone e vari pugnali nascosti dappertutto. Uno di loro aveva persino un’ascia dietro la schiena.
A Emeth non piacquero per niente.
I pirati di Terebinthia erano rinnegati, fuorilegge, che sceglievano la vita di mare per sfuggire alle leggi del proprio paese. Furfanti della peggior risma, disertori del loro feudo e della corona di Narnia della quale erano alleati, non avevano interesse per nessuno, solo per loro stessi.
Galma e Terebinthia avevano due regni separati da quelli del continente, ma rispettavano il Re di Narnia, e credevano in Aslan e gli erano devoti.
Per essere ora lì, sulla loro nave, Emeth concluse automaticamente che quei pirati erano stati tutto fuorché rispettosi nei confronti della legge e del Leone.
“Cosa diavolo pensano di fare?” sentì esclamare un suo compagno.
Si voltò e poté vedere che non era il solo ad essere preoccupato per l’arrivo dei sei stranieri.
Aréf tarkaan si avvicinò a questi ultimi, parlandogli a bassa voce. Emeth vide quello con l’ascia dietro la schiena annuire e poi far cenno agli altri di seguirlo. Sparirono sottocoperta, non prima di aver lanciato sguardi sprezzanti attorno a loro, e nessuno li vide più per molto tempo.
Anche Rabadash non sembrò particolarmente felice di apprendere dal padre che soggetti di tal genere avrebbero viaggiato sulla sua nave.
“Non capisco che bisogno ci sia, padre! I miei marinai sono più che sufficienti!”
“Sufficienti ma non troppo esperti. Ammettiamolo, noi di Calormen non siamo gente di mare. Navighiamo per necessità economiche o belliche. Ci ho riflettuto molto, e credo sia la soluzione migliore per te usufruire dei pirati di Terebinthia se ne hai l’opportunità”
“Come li hai convinti?”
“Con il denaro, figlio. È logico”
Rabadash incrociò le braccia sul petto, guardando fuori dalla finestra della sua cabina. Gli uomini sul ponte apportavano gli ultimi preparativi.
“Sì, d’accordo. Il denaro” annuì voltandosi verso Tisroc. “Ma i pirati hanno un loro codice d’onore al quale non vengono mai meno. Odiano i nobili in generale, e non oso pensare quanto ti sia costato persuaderli a prendere ordini da me”
“E’ proprio questo il punto” fece l’Imperatore, seduto sul sontuoso divanetto imbottito della cabina del principe. “I pirati non avranno nulla a che fare con te, a meno che non sia tu ad andare a parlare con loro. Non abbracciano la nostra causa contro Narnia, non gli interessa nulla, e non gl’importa nemmeno chi tu sia. Sono qui solo perché hanno fiutato un buon affare. Lavoreranno per te perché questo è ciò che fanno: combattono per denaro e se ne vanno quando vogliono”.
“Quindi sono venuti solo per profitto personale” decretò Rabadash.
“E anche perché gli ho promesso asilo nelle nostre terre se mai dovessero incorrere in qualche guaio. La vita gli è cara quanto l’oro.”
“Allora non mi servono” concluse rigidamente il giovane.
Il principe voltò di nuovo le spalle al padre e fece per uscire, ma Tisroc richiamò la sua attenzione ricominciando a parlare.
“Tuttavia, dobbiamo riconoscere che essi sono molto migliori di noi quando si tratta di andar per mare, e tu Rabadash stai per affrontare un viaggio oltre i confini conosciuti dell’Oceano Orientale. Ti serve una guida”
Il giovane si voltò svelto, furioso.
“Non ho bisogno di nessuno che mi indichi qual è la rotta giusta da seguire! Mi pare di aver già deciso tutto con te! So navigare benissimo! Sono stato addestrato anche in questo quand’ero solo un bambino!”
“Sai la teoria, ma la pratica rende perfetti” rispose Tisroc in tutta calma. “E quei pirati sono assai migliori di te in questo”
Padre e figlio si fissarono negli occhi un istante che sembrò durare un’eternità, ma Rabadash non poté sostenere lo sguardo penetrante del genitore, che sembrava leggergli dentro.
“Conoscono l’Oceano” proseguì l’Imperatore, “Sono stati dappertutto e non hanno paura di spingersi oltre ciò che c’è ai confini del mare. Saranno in grado di pilotare questa nave come il tuo capitano non si è mai sognato. Hai bisogno di spingere al massimo l’Occhio di Falco se vuoi recuperare la distanza con il Veliero dell’Alba. Tu da solo non sei in grado di farlo”
Rabadash non poté ribattere stavolta. Tisroc aveva perfettamente ragione, anche se non sopportava ammettere di non essere in grado di fare qualcosa.
Ma ormai il veliero di Narnia era lontanissimo. La Regina Susan era chissà dove, e lui la voleva al più presto con sé. Doveva fare in fretta, voleva fare in fretta. E tante volte aveva pensato come poter raggiungere i narniani quando ormai sembravano aver perso le loro tracce. Bene, ora aveva la soluzione.
Però i pirati non avrebbero preso ordini da lui…come poteva portare a termine la missione affidatagli dal padre se quelli facevano di testa loro?
Tisroc sembrò leggergli nel pensiero.
“Non ti preoccupare, Rabadash. Non pensano a un’insubordinazione. Te l’ho già spiegato: a loro non importa nulla di nessuno”
“La cosa non mi piace, padre. Se penseranno di non dover prendere ordini da alcuno, potrebbero divenire arroganti e pericolosi”
“In quel caso, sai già cosa devi fare”
Tisroc lo guardò eloquentemente.
“Sei tu il capo qui, non dimenticarlo. E ricordalo sempre agli altri. Sono tutti strumenti nelle tue mani: soldati, marinai e pirati”
“E narniani” aggiunse il principe, marcando sulla seconda parola.
L’Imperatore sorrise annuendo.
“Tu sei un essere superiore, Rabadash. Discendi dalla linea di sangue diretta di Tash, la creatura più potente dell’universo. Lascia che i pirati ti aiutino a raggiungere Caspian e i suoi, solo in seguito deciderai cosa è meglio fare: se continuare ad affidarti a loro, o sbarazzartene”
Tisroc si alzò dalla poltrona e batté forte le mani due volte. Subito la porta si aprì ed entrarono due guardie che reggevano una gabbia dorata, al cui interno c’erano almeno una decina di uccelli bianchi e neri. La posarono sul tavolo tondo, poi uscirono camminando all’indietro (era vietatissimo voltare le spalle ai sovrani, a Calormen).
Rabadash osservò gli uccelli. Piccoli falchetti del sud, veloci postini che intraprendevano anche lunghe distanze senza sostare per riposare.
Tisroc posò una mano sul tetto della gabbia.
“Userai questi per tenermi informato su tutto ciò che accade. Quando avrai raggiunto la nave di Caspian spediscimi Shira, è la più veloce” disse, indicando il volatile con un braccialettino rosso legato alla zampa. “Quando te la rimanderò indietro, avrà con sé alcune importanti istruzioni delle quali non posso informarti a voce. E’ troppo pericoloso”
“Che vuoi dire?” indagò il giovane, inarcando le nere sopracciglia.
Tisroc sembrava preoccupato.
 “C’è una spia tra i tuoi, me l’ha riferito il Sommo Tash. Non sa ancora che ti tradirà, ma succederà. Si rivelerà quando sul suo cammino incontrerà uno dei Sovrani di Narnia”
Rabadash strinse i pungi per quell’affronto che si prospettava.
“Inconsapevole o no, chi oserà tradirmi verrà giustiziato all’istante!”
Tisroc annuì soddisfatto.
“Era quello che volevo sentire. E per questo motivo, dato che non sai chi è, ai tuoi uomini non dovrai raccontare tutta la verità circa la condizione cui il nostro regno potrebbe andare incontro”
“Allora sarebbe meglio parlare ora del resto del tuo piano” insisté Rabadash, ansioso di conoscere ogni particolare. “Non aspettiamo di farlo per lettera”
“Non lo faremo per lettera, caro figlio. Shira è dotata di parola”
Rabadash rimase di stucco. Si voltò verso il falco e vide che ella gli rimandava uno sguardo scintillante. Il piccolo becco si spiegò in un lieve sorriso.
“Un animale parlante di Narnia!”
“Solo proveniente da Narnia. E’ nata a Calormen ed è fedele a noi. Non parlerà in presenza di altri se non tua, e intanto si camufferà tra i suoi simili muti. Sarà una fonte d’informazione discretissima, te lo posso assicurare”
 
Quelle furono le ultime parole di Tisroc. Dopodiché l’Imperatore risalì sull’Araldo Nero riprendendo la strada di casa.
Sul ponte si era schierato l’intero equipaggio dell’Occhio di Falco, per salutare il sovrano con tutti gli onori. Mancavano solo i pirati di Terebinthia.
Quando la nave ammiraglia di Calormen fu lontana, Aréf tarkaan richiamò all’attenti i suoi uomini.
Emeth e gli altri guerrieri si disposero in due file, tra le quali il capitano delle guardie cominciò a camminare, le mani dietro la schiena, poi parlò con voce forte e chiara.
“Soldati, come ben sapete, tra un’ora finalmente salperemo per l’oriente. Il grande Tisroc (possa egli vivere in eterno) ci ha dato l’ordine di rimanere al fianco del principe Rabadash nell’importantissima missione che gli è stata affidata”
Aréf si fermò quando arrivò in fondo alle due file. Ora dava le spalle ai suoi uomini, che attendevano di sapere la natura di questa missione.
Il capitano delle guardie si girò e osservò i volti più maturi o più giovani per qualche secondo, soffermandosi soprattutto su quello del figlio.
“So che eravate ansiosi di tornare alla vostra amata terra, ma è quella stessa terra che ci chiama qui, oggi. Calormen è in pericolo”
Aréf fece una pausa per verificare quale reazione avevano suscitato le sue parole. I soldati si scambiavano occhiate perplesse e preoccupate.
“Il Leone di Narnia ha lanciato una maledizione sulle nostre case e sulle nostre famiglie”.
Tutti quanti lanciarono esclamazioni sconcertate.
“E’ nostro compito” riprese il tarkaan, “combattere al fianco del nostro signore e padrone per il bene del regno. La missione consiste nel lanciarci all’inseguimento del Veliero dell’Alba, la nave di Re Caspian X, il quale ha richiamato per la seconda volta i Re e le Regine della Vecchia Narnia in suo aiuto. La sua intenzione è far sì che si possano unire al suo esercito, come già accadde qualche anno fa”
Altri mormorii concitati.
Tutti conoscevano la storia di Miraz e della Guerra della Liberazione. Si narravano cose spaventose su quella battaglia.
“E’ vero che Aslan si manifestò in quell’occasione?” chiese Emeth ad alta voce.
I soldati zittirono, ritraendosi spaventati.
“Che Tash ci salvi, figliolo! Hai pronunciato quel nome!” esclamò Aréf adirato, guardandolo severamente.
Emeth abbassò il capo facendo le sue scuse.
A Calormen era proibito pronunciare il nome del Leone, anche se lui non aveva mai compreso il perché.
“Perdonatemi padre, ma le cose non sembrano meno spaventose se non chiamate col proprio termine”
“Tu parli troppo, Emeth” disse improvvisamente la voce di Rabadash, che usciva in quel momento dalla sua cabina con andatura spedita. “Te l’avevo già fatto notare, mi sembra. Fa che non sia costretto a farlo ancora”
Emeth si inchinò profondamente, senza aggiungere altro. I compagni lo imitarono, prostrandosi ai piedi del principe.
“Altezza, mio figlio è ancora giovane” lo giustificò Aréf. “Siate magnanimo. E’ da poco nell’esercito”
“Allora insegnagli la disciplina oltre all’arte della spada, capitano”
“Sì, mio signore”
Rabadash aveva parlato con tono arrogante, come sempre, ma Emeth notò nei suoi occhi, nella voce e nei gesti una traccia di panico. Lo notò soprattutto dal modo frenetico in cui il principe si stava infilando i guanti di pelle nera. Qualcosa lo turbava profondamente e il ragazzo non faticò ad immaginare cosa fosse, perché proprio in quel mentre i sei pirati erano sbucati da sottocoperta e si erano messi in un angolo, gli occhi fissi su Rabadash. Sui loro volti c’era un sentore di divertimento come se si apprestassero ad assistere a uno spettacolo.
“Ho riferito della missione, Altezza Reale” disse ancora Aréf tarkaan.
“Molto bene. Ma continuo io, se non ti dispiace, perché ci sono alcuni aspetti su cui vorrei puntualizzare”
Rabadash fece vagare lo sguardo per il ponte.
Ora, non solo erano schierati i soldati, ma anche i marinai. Con estrema soddisfazione, notò che non c’era alcuno che non fosse rivolto nella sua direzione. Gli piaceva quell’aria di ossequiosità mista a paura che scendeva sull’equipaggio quando lui era in mezzo a loro. Questo potere che aveva sugli altri gli permetteva di sottomettere chiunque al suo volere. La paura era la via migliore per arrivare all’obbedienza.
Si voltò appena in direzione dei sei bucanieri. Anch’essi lo fissavano. Bene, che imparassero da subito chi comandava lì.
“Ascoltate tutti! Forse, mentre eravamo sulle Isole Solitarie, alcuni di voi avranno sentito che il Veliero dell’Alba sta viaggiando verso l’estremo est con l’intenzione di liberare tutti quelli che sono incorsi nell’ira di Tash, scomparsi dentro la nebbia verde da lui inviata. Tutto ciò può sembrare eroico, nobile, ma in realtà sotto questa maschera ardimentosa c’è un piano astuto congegnato per distruggerci. Come vi ha già detto il capitano Aréf, Re Caspian ha richiamato a sé i Vecchi Sovrani di Narnia, e con il loro aiuto ha intenzione di porre per sempre fine al nostro Impero. Il Liberatore ha dichiarato guerra a Tash e a Tisroc (possa egli vivere in eterno). Lo scopo dei narniani è raggiungere l’Ultimo Mare, dove si dice sorgano le Terre del Grande Leone. Sotto il suo comando, i cinque Sovrani stanno radunando un esercito. Liberando i ribelli scomparsi nella nebbia e ritrovando i Lord che stanno cercando, avranno nuovi alleati, oltre a tutte le creature di Narnia che sicuramente si stanno preparando a dar battaglia. E se riusciranno anche a chiamare il Felino, per noi sarà la fine. Ebbene, signori, noi glielo impediremo!”
Tutto l’equipaggio alzò in aria i pungi, gridando il suo assenso.
Rabadash alzò una mano e il si fece di nuovo silenzio.
“Uomini, io vi ordino in nome del grandioso Impero del Sud, di distruggere i narniani. Inseguiamoli!” incitò Rabadash, e altre urla si alzarono dalla folla. “Impediamogli di raggiungere l’Ultimo Mare! Difendiamo i nostri cari dai quei demoni malvagi!”
La tonante voce di Rabadash venne sopraffatta da nuove grida e da un potente tuono che rombò sopra l’Occhio di Falco.
Il capitano della nave ordinò poi ai marinai di tornare ai propri posti, e i soldati tornarono sottocoperta. L’ancora venne fata issare, le vele si spiegarono e si gonfiarono al vento impetuoso provocato dalla tempesta in arrivo.
E c’era qualcosa che non convinceva Emeth riguardo quanto detto da Rabadash. Non era stato onesto fino in fondo. Forse non era stato l’unico ad accorgersene, ma la maggior parte delle persone a bordo di quella nave aveva troppa paur di Rabadash per andare a fondo alla questione. Ma lui no, lui voleva vederci chiaro. Voleva capire perché mai Caspian X avesse improvvisamente deciso di dichiarare guerra a Calormen. I narniani non erano un popolo che cercava lo scontro, erano pacifici.
Prima di chiudersi il portello alle spalle, Emeth si voltò indietro e guardò il cielo farsi gradualmente nero, e non poté reprimere un brivido a un altro spaventoso tuono.
O forse non era affatto un tuono. Era il ruggito di Aslan.
 
 
La tempesta si abbatté sul Veliero dell’Alba la notte tra il terzo e quarto giorno di navigazione.
Caspian, Edmund e Peter non avevano avuto bisogno di parlare. Era bastato uno sguardo quando si erano svegliati ed erano schizzati fuori dalle cuccette, senza nemmeno infilare un mantello pesante per ripararsi. Drinian si era unito a loro, annunciando che due marinai erano caduti in acqua ma recuperati subito dopo, anche se non del tutto incolumi. Il medico di bordo era già al lavoro. Uno era piuttosto grave.
“Chiamate Lucy” ordinò subito Peter, precedendo Caspian che stava per dare un ordine a sua volta.
Drinian, che prendeva direttive solo da quest’ultimo, aspettò un suo cenno, solo in seguito obbedì.
Peter non disse nulla e si allontanò, diretto sul ponte.
“Lo faccio io. Vado io a chiamarla” disse Eustace. “Tanto vi sarei solo d’intralcio”.
In parte era vero, ma in realtà si era offerto per quel facile incarico perché non desiderava affatto salire in coperta. Non era coraggioso come i cugini o Caspian, inutile negarlo. Ma mentre si allontanava, si sentì un po’ in colpa. Forse, avrebbe dovuto almeno provare ad essere d’aiuto, però aveva paura. E se fosse finito in mare?
Scacciò i sensi di colpa e corse verso la cabina di Drinian.
Nel frattempo, l’equipaggio si mise freneticamente al lavoro, non mancava nessuno. I boccaporti furono chiusi, fu spento il fuoco della cambusa, i rematori cercarono di aiutare il loro capitano a mantenere la rotta, ma presto abbandonarono la postazione, poiché le onde infransero alcuni oblò e il mare in burrasca si riversò all’interno del veliero.
“Chiudete tutto!” gridò Ripicì, che si trovava con i rematori, la piuma rossa appiccicata al muso. “Che Aslan ci aiuti!”
Ormai erano tutti in piedi, anche le tre ragazze.
Gael si era svegliata al suono di molti passi in corsa e di voci urlanti.
“Lucy, che succede?” chiese spaventata alla sua compagna di stanza, in piedi accanto alla porta della cabina.
Anche Gael si alzò e la raggiunse.
Sbirciarono fuori e videro un via vai di marinai che parevano molto agitati. Il pavimento cominciò ad oscillare paurosamente e le due ragazzine compresero la gravità della situazione quando udirono un tuono fortissimo. Si portarono automaticamente le mani alle orecchie.
“Lucy! Lucy!” la chiamò Eustace, entrando come una furia. “Serve la tua pozione. Qualcuno è rimasto ferito”
“Arrivo subito” disse la ragazzina, correndo a prendere il cordiale.
I tre camminarono per gli stretti corridoi della nave, in mezzo a uomini fradici da capo a piedi che trasportavano gomene, si spintonavano, gridavano parole delle quali non riuscirono ad afferrare il significato in mezzo alla cacofonia di gemiti, scricchiolii e altri rumori.
A metà strada incontrarono Susan, avvolta in un pesante mantello.
Lucy notò immediatamente che qualcosa in sua sorella non andava. Aveva gli occhi gonfi e le guance rosse come se avesse pianto. Ma non ebbe tempo di chiederle nulla, perché Susan la precedette.
“Riaccompagna Gael in camera, non può stare qui” disse in fretta la Regina Dolce.
“Voglio venire anch’io!”
“Non so se sia il caso”.
“Vi prego, Maestà. Non voglio stare da sola, ho paura dei tuoni”
“Anch’io ho paura dei tuoni. Però a nessuno interessa, lo so” si lamentò Eustace.
Le Pevensie si scambiarono un’occhiata esasperata.
“Non adesso, Eustace” fece Lucy.
“Stai vicino a Gael” disse Susan al cugino. “Forse potete esserci d’auto anche voi, dopotutto. Sbrighiamoci, Lu”.
Intanto, sul ponte c’era la confusione più totale. Anche se la tempesta si era annunciata fin nel tardo pomeriggio, la sua violenza li aveva colti impreparati . Le cateratte del cielo si erano aperte, rovesciando su quel tratto di Oceano Orientale tutta l’acqua di cui disponevano. Sembrava di essere sotto il mare, non sopra, tanta ce n’era. In pochi minuti, il temporale si era tramutato in un vero e proprio uragano.
Nella cabina di comando, Lucy guardò fuori dalla finestra che dava sul ponte di comando, dove stava Drinian al timone, gridando ordini al di sopra dell’urlo del vento e del rombo dei tuoni.
“E’ la fine” pensò Lucy, quando vide le onde gigantesche sovrastare l’albero maestro senza difficoltà.
 “Spostiamoli negli alloggi dell’equipaggio” disse il medico di bordo. “I feriti qui sono troppo esposti alla tempesta, non è sicuro”
Grazie al cordiale miracoloso, anche il marinaio che era risultato più grave riuscì ad alzarsi. Il dottore e Eustace lo aiutarono a camminare.
Il gruppo uscì in corridoio. Il boccaporto continuava ad aprirsi e richiudersi, lasciando entrare scrosci di pioggia e bagnando la scaletta che portava di sopra, dalla quale d’un tratto apparve Caspian. Susan lo vide afferrare una cima di riserva che un marinaio gli porse e poi fece per tornare di sopra. La ragazza notò anche un’altra cosa: aveva la manica della camicia sporca di sangue.
Susan lo osservò. Nonostante i capelli appiccicati al volto, gli abiti inzuppati incollati al corpo e l’aria preoccupata, sembrava stesse bene.
A dispetto di tutto però, lei sentì il bisogno di accertarsene. Dopo il modo in cui si erano lasciati poche ore prima, voleva parlargli, anche solo per poco. Forse era una cosa del tutto inutile, forse l’avrebbe solo infastidito con tutto quello che c’era da fare, ma doveva.
D’un tratto, sentì l’impellente bisogno di dirgli di scendere, di restare al sicuro dalla tempesta. Ebbe come il presentimento che se non l’avesse fatto gli sarebbe successo qualcosa di terribile.
 “Caspian!” lo chiamò, tornando indietro di qualche passo e raggiungendolo.
“Che diavolo fai qui?! Torna subito giù!” esclamò lui severo, quando la vide.
Lei non lo ascoltò e salì qualche gradino in più, esponendosi alla pioggia.
“Sei ferito”
“Non è nulla” tagliò corto il Re. “Ora torna di sotto”
“Voglio aiutarti. Fammi salire sul ponte”
“Non se ne parla neanche”
“Ma Caspian…”
“Susan, torna di sotto! Subito!” gridò lui, a voce più alta del solito.
In quel momento, la nave s’inclinò pericolosamente. La ragazza si aggrappò forte alla scaletta, Caspian fece lo stesso, ma con una mano afferrò il braccio di Susan, per paura che cadesse.
“E’ troppo pericoloso” disse poi il giovane, pentito di aver usato quel tono brusco di poco prima.
“Scusa” fece Susan guardandolo fisso negli occhi.  “So che le donne sono d’ingombro in certe circostanze, ma voglio starti vicino”
Caspian la osservò e poi le pose un rapidissimo bacio sulla fronte.
“Fai attenzione. Ho un brutto presentimento” aggiunse lei, con il cuore in gola.
“Non ti preoccupare, amor mio. E’ solo una tempesta, passerà presto”
Come…come l’aveva chiamata? Era la prima volta…
La gioia che la fanciulla provò fu indescrivibile: allora non era arrabbiato con lei!
Lui sorrise lievemente, rendendosi conto a sua volta di aver usato un termine più intimo, più denso di significato per rivolgersi a lei.
Gli era uscito senza pensarci, dal cuore. Forse per farle capire che mai e poi mai sarebbe stato in collera con lei. L’amava. L’amava immensamente.
L’aveva perdonata, allora? No, perché non era mai stato arrabbiato e di conseguenza non c’era nulla da perdonare. C’era stato un momento di difficoltà tra loro, nient’altro. Era passato e non contava più.
“Vai” le disse ancora, abbandonando la presa sul suo braccio.
Lei stavolta obbedì.
Sparì svelto alla sua vista. Il boccaporto si richiuse con un tonfo e Susan non poté far altro che tornare dai feriti.
 
Andò avanti così per alcuni giorni. Il sole sembrò sparito dalla faccia della terra. Nessuno riuscì a riposare se non per pochi minuti. I feriti aumentavano, ma grazie a Lucy, il medico di bordo doveva solo preoccuparsi di fasciare e medicare quel poco che bastava.
Come Susan sapeva, per averlo provato su se stessa, il cordiale non lasciava strascichi di nessun tipo di ferita e nessuno rimaneva mai immobile per più di due giorni. Susan divenne un’ottima infermiera, e scoprì che il sangue non la infastidiva. Al contrario di Eustace, che rischiò di star male diverse volte. Soffriva ancora il mare.
Purtroppo, il suo brutto carattere riprese presto il sopravvento.
“Non avete nemmeno un telegrafo o dei razzi per chiamare aiuto! Che razza di organizzazione! Questo non accadrebbe mai in Inghilterra!”
“Qui non siamo in Inghilterra, mettitelo in testa una buona volta!” lo rimproverò Peter, spossato e irritabile. “Piantala di lagnarti e cerca di renderti utile!”
“Io non sono come voi! Non sono un eroe!”
“Sì, questo lo vedo”
“Peter!” esclamò Susan. “Non trattarlo così. E’ solo stanco, poverino”
“Siamo tutti stanchi. Ma nessuno, nemmeno Gael che è la più piccola piagnucola in continuazione di voler tornare a casa”
“Io non ci volevo venire! Mi ci avete portato voi!” protestò Eustace, indicando Lucy e Edmund.
“Perché ci tiri in ballo, ora?” disse lui.
“Perché sì! Odio questo posto! Odio questa bagnarola! E soprattutto odio voi quattro! E’ sempre colpa vostra quando qualcosa va storto! Accidenti ai Pevensie!”
Eustace mise il muso, e si sedette a braccia e gambe incrociate in un angolo degli alloggi dell’equipaggio. Le cabine erano i luoghi più tranquilli della nave in quei giorni.
“Anche noi ti vogliamo bene, Eustace, grazie” disse Edmund sarcastico.
“Questo non lo tollero!” gridò furioso Ripicì, sfoderando la spada.
“Rip! Fermo!” lo richiamò Lucy, trattenendolo per le spalle.
“Ha osato inveire deliberatamente contro voi e i vostri nobili fratelli! Perdonatemi, ma ciò è intollerabile da parte mia”
“Non è colpa sua, Rip. Cerca di capirlo. Non è abituato a tutto questo”. Lucy si mise una mano davanti alla bocca, e sussurrò: “Non ha nemmeno mai creduto all’esistenza di Babbo Natale”
“Sfortunato ragazzo!” esclamò Ripicì, poi imitò il gesto della Regina, mormorando: “E gli avete detto che è stato proprio lui a donarvi le vostre armi, mia signora?”
“Oh, no! Il colpo lo ucciderebbe”
Peter si alzò e posò la ciotola di zuppa, ora vuota.
“Grazie, Sue. Ed, quando finisci di mangiare torna sul ponte. Io mi avvio per vedere come se la cava Caspian”
“Digli di scendere a mangiare qualcosa e asciugarsi un pò” lo pregò Susan. “Non può restare tutto il giorno sotto la pioggia a stomaco vuoto. Si ammalerà”
“Non credo che verrà. Almeno che non ci sa assolutamente costretto. Ma non vedo come”
Quelle parole risvegliarono in Susan il brutto presentimento dei giorni precedenti. Lei e Caspian non si erano quasi più parlati. Non ce n'era il tempo materiale perché la tempesta sembrava non voler cessare e loro avevano occupazioni diverse, in posti diversi. Lui di sopra e lei di sotto.
La spiacevole sensazione l’accompagnò per tutto il giorno, e  quella sera, accadde ciò che Susan temeva più di ogni altra cosa.
La nave era come un’isola caotica. La tempesta non accennava a diminuire, il mare e il cielo si fondevano in un unico color grigio piombo. L’unica fonte di luce erano i lampi quasi ininterrotti.
Tutti avevano legati attorno alla vita i cavi di sicurezza, per non rischiare di venir trascinati in mare dalla forza delle onde che alcune volte si abbattevano sul ponte.
Quando Edmund raggiunse gli altri, Caspian e Peter stavano gridando di legare le cime che tenevano ancora in piedi l’albero maestro. Si stavano spezzando una dopo l’altra e l’albero s’inclinava pericolosamente, rischiando di cadere addosso a qualcuno.
In quel momento, una vera e propria cascata d’acqua si riversò sul ponte. Ma la nave sopportò anche quello, pure scricchiolando ogni volta che si alzava e abbassava, trascinata dai marosi.
Ma i cavi non resistettero. I marinai accorsero in massa, tirando e gridando per lo sforzo immane di trattenere l’albero. Tavros chiamò gli altri Minotauri e i Satiri, i più forti a bordo.
“Ancora uno sforzo!” urlò Peter.
Ce l’avevano quasi fatta, incredibilmente lo ritiravano in piedi. Rhynce, che era carpentiere, insieme agli altri ingeneri di bordo, riuscì a ridurre al minimo i danni riportati.
Purtroppo però, nessuno poté prevedere quel che accadde dopo.
L’ennesima cima si spezzò con uno schiocco come di frusta, e portò con sé il gancio a cui era assicurata.
Peter era proprio lì accanto, e sarebbe stato sicuramente colpito in pieno viso se Caspian non l’avesse spinto via.
E Caspian fu colpito al suo posto. La parte uncinata gli lacerò trasversalmente la camicia e la pelle del petto.
Per alcuni secondi, nella confusione generale, sembrò quasi che nessuno avesse realizzato cosa fosse accaduto al Re di Narnia. Lo stesso Caspian, per un infinitesimale attimo, non capì perché il mondo si rovesciò all’improvviso, perché gli mancasse il fiato.
Poi il dolore. Le urla degli uomini mischiate alle sue. Davanti agli occhi andavano formandosi macchie nere che gli non permettevano di vedere nitidamente le decine di facce che lo guardavano angosciate.
Si portò una mano al petto, dov’era il centro del dolore, un bruciore simile a quello del fuoco. Quando guadò in basso verso il suo proprio torace, la vista non era ancora così annebbiata, o la mente così intorpidita da non capire quanto sangue stava perdendo.
“Oddio” mormorò Edmund, inginocchiatosi per primo vicino al Re. “Chiamate la Regina Lucy! Subito!” urlò con quanto fiato aveva nei polmoni.
Rynelf scattò in piedi immediatamente e corse sottocoperta.
“Caspian, mi senti? Rimani cosciente!” lo chiamava Edmund. “Dobbiamo spostarlo di qui! Muoversi!”
L’equipaggio obbedì. La tempesta non sembrava più il problema maggiore. Il Re era ferito. Era grave.
Caspian boccheggiava, e quando il fiato tornava lo esauriva urlando. Il male era insopportabile.
Peter rimase immobile a osservare i mariani sollevare pianissimo il loro Sovrano, sorreggendogli la testa e stando attenti a non far aumentare l’emorragia.
Quando Caspian l‘aveva spinto via, anche lui, come molti altri, non aveva compreso subito la gravità dell’accaduto. Era finito steso sul ponte, poco distante dal suo nemico-amico. Il gancio gli era passato vicinissimo al volto, sfiorandogli appena i capelli. Poi il Re Supremo si era voltato e aveva visto Caspian perdere sangue da una lunga ferita diagonale sul costato.
Non riuscì a distogliere lo sguardo dal giovane Re, non riusciva a non pensare che al suo posto, steso sul ponte, poteva esserci lui.
L’aveva salvato.
Si alzò svelto. Qualcuno gli chiese se stava bene, e lui annuì, con un nodo in gola. Poi, sempre senza dire nulla (e senza che gli altri uomini avessero da ridire) lasciò il suo posto e scese dietro il piccolo corteo che trasportava il Re al caldo e all’asciutto.
 
Edmund irruppe negli alloggi dell’equipaggio, dove si era allestita una piccola infermeria in fondo allo stanzone, facendo sobbalzare le sorelle, Gael, Eustace, Ripicì, i degenti e il medico.
“Lucy, il tuo cordiale. E’ urgente!”
La ragazzina si alzò in piedi e fece per chiedere cosa succedeva, ma non ce ne fu bisogno.
Strillò, e si voltò verso la sorella maggiore.
Anche Susan era in piedi adesso, ma sul suo volto non c’erano emozioni.
No…non era la voce dolce di Caspian quella che riempiva la stanza di grida di dolore…
La Regina Dolce osservò tutta la scena come se si trovasse altrove. Vide il medico correre immediatamente al capezzale del Sovrano, tagliargli la camicia bagnata e macchiata di sangue scuro, e scoprire una profonda lesione sul petto. Vide Lucy stappare l’ampolla con mani tremanti e cercare di versare poche gocce del liquido rosso nelle labbra di Caspian.
Attese, stordita, finché gli spasmi cessarono, e il viso sudato del ragazzo si rilassò.
Il Re di Narnia aprì piano gli occhi. Non aveva mai perso conoscenza e forse aveva sofferto più che se fosse accaduto.
“Vostra Maestà, come vi sentite?” chiese il medico, che voleva tritare un sospiro di sollievo ma non osava, anche se la pozione della Regina Lucy stava già dando i suoi frutti benefici.
Tutti gli si strinsero intorno, speranzosi.
Caspian voltò piano la testa, stringendo i denti. Il suo sguardo si fermò su una figura in fondo alla stanza. Non riuscì a metterla a fuoco, ma non aveva importanza. L’avrebbe riconosciuta ovunque.
“Susan…” mormorò.
Solo allora, al suono del suo nome pronunciato dalla voce stanca di lui, la Regina Dolce si riscosse.
“Sono qui!”
Tutti i presenti si voltarono verso di lei, mentre correva accanto al Re e gli prendeva la mano, sedendosi sul bordo della branda dove l’avevano steso.
“Sue…”
“Ssshhh. Non parlare” sussurrò la ragazza accarezzandogli il viso, scostando i capelli spettinati dalla fronte e poi posandovi un bacio. “Sono qui, non mi muovo”
Gli occhi scuri di Caspian si chiusero di nuovo, ed egli parve improvvisamente più sereno. 
Peter si avvicinò piano.
“Mi dispiace, è colpa mia se sta così”
Tutti si voltarono a guardarlo.
“Cos’è successo?” volle sapere Susan, che era incredibilmente la più calma.
“Una cima si è spezzata” spiegò il fratello maggiore. “Si è staccato anche il gancio che la teneva ferma e stava per colpirmi. Io non me n’ero nemmeno accorto, ma Caspian sì. Mi ha buttato a terra e…bè, ed eccolo qua”
“Tu stai bene?” chiese Lucy, la voce fattasi piccola piccola.
“Sì, Lu. Ma solo grazie a lui”
La ragazzina abbracciò il fratello e tirò su col naso.
“Quando finirà questa orribile tempesta?”
“Piacerebbe saperlo anche a noi” commentò Edmund, scambiandosi uno sguardo con Drinian, che era appena entrato.
Il capitano non aveva idea di quando il cielo sarebbe tornato sereno. Di sicuro non quella sera. A volte tempeste come quella duravano settimane. Loro la stavano affrontando da otto giorni.
Il medico poi, ordinò categorico che i Pevensie passassero la notte al coperto. Ovviamente, i due ragazzi ebbero da ridire su quella decisione approvata in pieno da tutti.
“No, non è giusto” disse Edmund. “Se l’equipaggio non si riposa, non ci riposiamo neanche noi”
Ma il dottore fu irremovibile. Trattandoli per una volta come dei ragazzi della loro età, li rimproverò e li cacciò tutti a letto.
“Non dovete temere per Re Caspian, ora sta bene. La ferita si e già rimarginata ed entro domattina sarà sparita. Quello di cui ha bisogno adesso, è qualcuno che gli stia vicino” e detto ciò, il suo sguardo cadde su Susan.
“Posso farlo io”
“Ma certo, mia cara”
“Ditemi cosa devo fare. Lo veglierò tutta la notte se sarà necessario”
“No, non credo abbia bisogno di così tanta assistenza. Dovrete solo pulirgli la ferita, e poi rimanere con lui. Credo che voi siate la cura migliore che possiamo dargli”
Susan lo guardò meravigliata, ed egli le sorrise.
Il dottore si rivolse poi a Lucy.
“Credete che potremo rischiare di spostarlo ancora, Maestà? Penso che Re Caspian dovrebbe dormire in un alloggio un po’ più comodo, almeno per stanotte”
“Certo, potete. Ormai l’emorragia si è fermata”
“Portiamolo nella sua cabina, allora”
“Perdonate, dottore, ma al momento la cabina di Re Caspian è occupata dalla Regina Susan, e non credo che…”
“Ah, ma è perfetto!”
“Veramente non mi pare opportuno”
“E perché mai, capitano?” chiese Susan guardandolo sospettosa.
Che diavolo passava per la testa di Drinian per mettersi in mezzo tutte le volte?
“Non è bene che dormiate nella stessa stanza”
“Come se fosse la prima volta”  sbuffò Peter.
Chiaramente, Drinian fece finta di non aver sentito, così come tutti.
“Via, via, non c’è tempo di discutere su certe sottigliezze” esclamò il dottore. “E’ deciso, il Re starà nella sua cabina. E…” aggiunse poi a bassa voce, mentre anche Eustace e Gael si muovevano per aiutare Caspian, “credo sia ora che cominciate a farvi i fatti vostri, capitano”
 
Mise a fuoco la stanza semibuia, illuminata da un lieve chiarore proveniente dalla fiamma di una candela posta sul comodino accanto al letto. Riconobbe la sua cabina, grazie alle tavolette dipinte con le immagini delle creature di Narnia, appese alla parete di fronte a lui.
Non era solo.
Caspian voltò la testa verso sinistra. Stesa accanto a lui, profondamente addormentata, c’era Susan.
Aveva ancora indosso l’abito umido di quel pomeriggio, aveva l’aria stanca e i capelli arruffati. Il giovane notò con sorpresa che tra di essi c’era il fiore blu.
Fece leva su un braccio per mettersi dritto. Il movimento gli provocò una lieve fitta all’addome. Si ridistese subito e in quell’istante Susan aprì gli occhi.
A differenza di lui, la ragazza si mise a sedere senza nessuna fatica.
“Stai giù, non muoverti”
“Non volevo svegliarti”
“Che stupida sono!” si rimproverò la giovane, correndo a prendere una bacinella d’acqua e una pezza pulita. “Il medico mi ha ordinato di pulirti la ferita non appena avessi ripreso conoscenza, e io invece come una sciocca mi sono addormentata”
Susan tornò a sedere sul letto, imbevendo il panno e cominciando a tamponare piano il taglio sul petto di lui. Il sangue era pochissimo e l’operazione non fu molto lunga.
“Ormai è quasi completamente rimarginata. Per domani sarà sparita, non lascerà nemmeno la cicatrice, vedrai”
“Non sono le cicatrici che mi preoccupano” le disse Caspian, serio.
La Regina lo guardò di sottecchi. “E allora cosa?”
Si sentì strana nel momento in cui Caspian le afferrò la mano, fermandola sul suo petto all’altezza del cuore.
“E’ l’effetto che mi fai” disse il Re, guardandola intensamente.
“Vuoi che vada via?” chiese lei in un sussurro, senza guardarlo, sentendo i battiti del ragazzo accelerare.
“No”
All’improvviso l’attirò a sé e la baciò, quindi l’abbracciò e la strinse. Il silenzio rotto solo dal rumore dei loro baci era la cosa più bella che avessero udito da un tempo lunghissimo.
“Non dovresti fare sforzi” mormorò lei, quando si separarono.
“Baciarti rientra in quegli sforzi?”
“Credo di sì”
Caspian sorrise e l’abbracciò forte, nascondendo le labbra tra i capelli arruffati della ragazza. Lei chiuse gli occhi e si riposò sul suo ampio petto, attenta a non fargli male.
Al sicuro dentro le sue braccia, poteva dare un po’ di sollievo alla stanchezza.
“Mi spiace di essermi comportata in quel modo” disse Susan. “Non volevo ferirti”
“E a me spiace non averti capita. Non penavo che potesse essere tanto doloroso per te. Io non potrò mai capire cosa può provare una donna vivendo un’esperienza spaventosa come quella”
“Mi sono tenuta tutto dentro, lo so che ho sbagliato”
Caspain l’allontanò da sé e la guardò con un misto di tristezza e rimprovero.
“Dovevi dirmelo, Susan. Tra noi non devono esserci segreti. Io voglio sapere tutto quello che fai, quello che pensi”
“Ma tu hai sempre tanto da fare! Non posso aggiungere anche i miei problemi ai tuoi, non è giusto”
“No, invece lo devi fare, capito? Sono qui per te. Se qualcosa non va, parlamene!” il Re di Narnia sospirò, quasi sfinito.
Susan pensò subito a un’altra fitta di dolore, ma non fu così. Comprese il perché di quel breve lamento quando Caspain ricominciò a parlare.
 “Ti rendi conto che siamo già passati attraverso questa strada? Possibilità mancate, malintesi che non avrebbero mai dovuto nascere… Dobbiamo metterci la parola fine. Sono stanco di perdere tempo. Stanco di nascondere quello che provo”
Deboli lacrime di sfinimento scesero lungo le guance di Susan, mentre sospirava e rilassava le spalle. Lui la tenne stretta a sé e le accarezzò la schiena.
Susan iniziò a dargli piccoli baci sul collo, e senza accorgersene, in un gesto d’ardore, intrecciò dolcemente le dita tra i peli del petto di lui. Sentì la ferita sotto il palmo della propria mano e lo guardò ansiosa.
“Scusa”
Caspian comprese la preoccupazione nei suoi occhi, e le sorrise.
“Sta tranquilla, amore mio”
Per lei sentirsi chiamare in quel modo era…non sapeva come spiegare quello che provava. Si sentì sua come mai prima.
“Fa male?”
“Fa più male starti lontano”
Si baciarono ancora, a lungo. Dopo molto tempo, quando i loro baci si fecero troppo insistenti, lui si scostò piano.
“C’è un limite al controllo di un uomo” sussurrò seriamente.
Lei avvampò, ma sostenne il suo sguardo.
“Io non ho più paura” disse piano, accarezzandogli il viso. “Anch’io non voglio più sprecare nemmeno un secondo che passiamo insieme”
“Cosa…cosa vuoi dire?” il giovane deglutì.
“Che niente può essere peggio del terrore che ho provato nel vederti in quello stato. Sperare che il cordiale avesse agito in tempo, perché poteva essere tardi. Te la sei vista davvero brutta, oggi”
“Ho la pelle dura” sorrise lui, appoggiando la fronte a quella di Susan.
“Ho avuto così paura di perderti!”
Fece scorrere le dita tra i lunghi capelli di Caspian. Si sentì debole e nello stesso tempo forte e sicura di sé come non lo era mai stata. “Dimmi che mi ami”
Caspian sorrise e le incatenò delicatamente i polsi. “Ti amo, piccola sciocca. E giuro che nessuno potrà tenerti lontana da me, stanotte”
Gli occhi di Susan brillarono, pieni di un amore che non voleva più reprimere e voleva dimostrare pienamente con tutta se stessa. Ormai si era completamente dimenticata che lui doveva riposare e che lei avrebbe dovuto dissuaderlo dal fare qualsiasi tipo di sforzo.
Caspian le cinse la schiena con un braccio e la spinse contro il proprio corpo. Con l’altra mano le accarezzò i capelli, le guance, la bocca, il mento.
“Sei sicura? Perché se non lo sei, io non…”
“L’unica cosa che voglio sei tu, Caspian” disse Susan, posando una mano sulle sue labbra. “Le uniche mani che voglio sentire sul mio corpo, sono le tue. Voglio essere tua. Solo tua”
“Tu sei mia”
Le baciò la fronte, il collo, le guance. La pelle chiara di Susan era morbida e liscia.
Lei sospirò e voltò la testa per ricambiare i suoi baci. Poco dopo, lui la stese sotto di sé e si ritrovò avvolta dal suo calore.
E non ci fu più stanchezza, dolore o paura, solo le labbra brucianti di Caspian sulle proprie e sul suo corpo, il calore delle sue mani. Sentì il cuore martellarle in gola quando lui rese il bacio più profondo di quanto avesse mai fatto. Lo sentì fremere mentre lei seguiva il profilo della sua schiena con un tocco delicato, prima di aggrapparsi forte a lui e affondare il viso nella sua spalla.
Fu come un senso di vertigine quella sensazione che li avvolse entrambi. Il desiderio sopito si trasformò in un vortice di passione travolgente, quasi commovente, dolce e impetuosa al tempo stesso. Ancor più della tempesta che ancora infuriava all’esterno.
Non ci furono più parole né pensieri, ma solo un’unione che andava oltre la ragione, oltre il tempo e il mondo. Persi l’uno nello sguardo dell’altro, nei baci e nelle carezze, era quella la perfezione. La sensazione che li escludeva da tutto e tutti, chiusi nel loro personale universo, e li faceva sentire vivi, incredibilmente vivi, e liberi.
“Caspian…”.
La guardò tanto intensamente che ella si sentì bruciare sotto i suoi occhi scuri.
“Susan…”
“Ti amo” sussurrò lei sulla sua bocca.
“Sposami, Susan”





 
 
Buongiornoooooo!!!!!!!! (anzi, buona sera, ormai...) Allora, che ne pensate? Hi hi hi…so che vi è piaciuto soprattutto l’ultimo pezzo, non fate i furboni!!! XD Non siete morti per la sorpresa che vi ho fatto, vero? Oh mamma, ora vi avrò sulla coscienza…non ve l’aspettavate eeehhhhh?????? Wahahahahaha!!!!!! Mi piace stupirvi! :D   Io, vi giuro, stavo morendo da sola sulla tastiera... XD sono un caso clinico, lo so...
Purtroppo non sono riuscita a inserire tutto quello che volevo, perché il primo pezzo, quello dedicato ai cattivi, è venuto più lungo del previsto. D'altra parte servono, no? Mi rifarò nel prossimo. Lo so che avevo detto che sarebbe arrivata la fanciulla per Peter, ma davvero non ci stava.
Orsù, commentate mie care, che voglio sapere cosa pensate di questo capitolo tanto love love!!!

 
Ringraziamenti a:

Per le seguite: Allegory86, ArianneT, Chanel483, FedeMalik97, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Luna23796, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile e Yukiiiiii
Per le preferite: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, LittleWitch_, Lules, Mari_BubblyGirls, piumetta, SerenaVdW e tinny
Per le ricordate: Angie_V
Per le recensioni dello scorso capitolo: Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy,LittleWitch_, Lules, piumetta, SerenaVdW e tinny
E grazie anche a Luna23796 per aver recensito il primo capitolo! ^^
 
Angolino delle anticipazioni:
Nel prossimo chapter, cari lettori, i nostri eroi arriveranno sull’Isola delle Voci. Scopriremo finalmente chi è la bella che ruberà il cuore del Re Supremo e vedremo ancora qualcosa in più su Emeth tarkaan. Purtroppo riapparirà anche un personaggio da voi molto odiato, ma in una scena piccola, non temete.
Spero di farci stare tutto, non picchiatemi se non riesco…uhuh >.<

 
Ok! Ora vi lascio ai commenti, ma prima devo fare un...
ANNUNCIO IMPORTANTISSIMO:
STASERA SU ITALIA 1 ALLE 21:00 C’E’ “Il Principe Caspian”
NON PERDETEVELO!!!!!!!!! (io no di certo! XD)
E se non l'avete visto, riguardatevelo in dvd!!!!
 
Baci a tutti, alla prossima settimana!
Vostra affezionatissima
Susan<3

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Capitolo 16
*** Capitolo 16: Miriel ***


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16. Miriel


 
Prendimi come sono, prendi la mia vita.
Te la donerò completamente
Mi sacrificherò.

 
Se non avesse udito il rumore della tempesta che ancora imperversava intorno a loro, avrebbe certamente creduto di stare sognando.
Anzi, doveva essere un sogno. Forse era tuttora addormentata a fianco a lui, ancora privo di sensi, non si era ma svegliata.
Non c’era nessun’altra spiegazione, perché non poteva essere vero…
Ancora stretta tra le sue braccia, nelle quali trovava il suo rifugio dalle paure e da tutti i problemi, il calore di Caspian l’avvolgeva come un manto protettivo. La sua voce era stata un sussurro appena percepibile al di sopra dei tuoni e della pioggia.
Quante volte l’aveva desiderato, immaginato, sperato? Non era mai riuscita a contarle…
Dopo qualche secondo aprì gli occhi. Lui la stava guardando a pochi centimetri dalle sue labbra.
Susan si sporse in avanti ancora un poco, azzerando la distanza tra i loro volti. Caspian non perse un secondo e ricambiò il bacio.
“Sposami” ripeté lui ad occhi chiusi.
Se possibile, la stinse ancora di più, senza smettere un attimo di baciarla, di sentire il sapore, il calore di quelle labbra.
“Sì” ripose finalmente lei emettendo un sospiro tra i suoi baci.
Lui si separò un poco, la guardò in viso.
“Sì?” chiese, con un sorriso che andava pian piano allargandosi sempre più, quasi non credesse che lei gli avesse risposto affermativamente.
Anche Susan sorrideva e una lacrima di gioia solcò il suo dolce viso.
“Sì” annuì con forza. “Sì, Caspian, ti sposerò”
Il Re baciò le sue lacrime.
Oh, quante volte aveva pregato perché accadesse questo!
Aveva incontrato moltissime fanciulle negli ultimi anni, e sapeva bene che tutte, nessuna esclusa, non avrebbero esitato a dargli la stessa risposta a una presentazione di matrimonio.
Ma lui non desiderava nessuna di loro. Voleva lei. Non avrebbe mai chiesto a una donna che non fosse stata Susan di passare il resto della vita con lui.
Caspian aveva litigato molto con Briscola su questo argomento. In quanto reggente, il Nano l’aveva spinto più volte a prendere moglie, perché era ciò che ci si aspettava. Ma il ragazzo non aveva voluto sentir ragioni.
Per quanto potessero essere belle, nobili, aggraziate, intelligenti, non una di quelle donne gli era entrata nell’anima, nel cuore e nella mente. Nessuna riusciva a trasmettergli le stesse intense, infinite, inspiegabili emozioni; non sapevano catturare il suo sguardo con appena un gesto, un movimento, una parola, un sorriso. Nessuna era Susan. Era lei la regina del suo cuore. Prima e adesso, dall’inizio alla fine del tempo. Sempre.
L’amore prendeva forma in lei. Con tutti i pregi e i difetti, fragile e coraggiosa, dolce e gentile, irritabile e ostinata. Aveva aspettato troppo per tornare di nuovo tra le sue braccia. Aveva sofferto come mai in vita sua attendendo quell’istante. E mai, mai, mai l’avrebbe lasciata andare.
“Ti amo, Susan Pevensie” le sussurrò tante e tante volte, amandola ancora, per dimostrare a lei, a sé stesso e al mondo intero che era sua, e che anche lui le apparteneva.
Non si erano mai sentiti così felici, così uniti. Erano state poche semplici parole, ma rappresentavano il sogno che diveniva realtà.
Una speranza, un desiderio inespresso, una domanda che poteva essere già stata posta da tempo, sbocciata nella mente e nel cuore ma che era sempre rimasta lì, come un’immagine un po’ sfocata, aspettando di concretizzarsi in quelle brevi sillabe.
Dopo molto tempo, quando  la stanchezza prese il sopravvento sull’amore, i due giovani si sdraiarono vicini, stretti l’uno all’altra.
“Perché finisce sempre che ti faccio piangere?”
Susan sorrise, si appoggiò su un gomito e gli baciò teneramente una guancia.
“Non è vero”
“Sì, invece”
“No” lo baciò ancora sul viso, piano, arrivando sino alle labbra di Caspian che subito si armonizzarono alle sue. “Sono felice. Tanto felice. Per questo ho pianto”
Il Re le riavviò i capelli spettinati.
Lei si appoggiò al suo petto, chiudendo gli occhi.
“Non ho mai osato sperare in questo. O meglio, l’ho fatto, ma è stato un attimo. Per me, ormai, dopo essermene andata, era divenuto un sogno irrealizzabile”. Susan si alzò di nuovo un poco e lo guardò piena di gioia. “Tu l’hai reso reale. Tu hai reso reale ogni cosa impossibile per me”.
Caspian le passò di nuovo una mano tra i capelli.
“Avrei voluto chiedertelo tanto tempo fa. Per tenerti con me” le confidò, sistemandole meglio il fiore blu.
“Perché non l’hai fatto?” chiese la ragazza, ma senza alcuna traccia di rimprovero.
Lui non rispose subito.
“Non lo so…non so perché. Forse perché avevo paura, anche se non so di che cosa”
Susan si strinse a lui e tornò a sdraiarsi completamente, la testa appoggiata al suo bicipite.
“Era di questo che volevi parlarmi sulle Isole Solitarie?” chiese ancora lei.
“Sì” ammise il Re. “Ma venivamo sempre interrotti. Inoltre, non sapevo da che parte iniziare. Mi hanno addestrato a fare tante cose per divenire un buon sovrano, ma non mi hanno mai detto come chiedere in moglie una fanciulla”
I due ragazzi risero, sistemandosi meglio sotto le coperte. Caspian la accarezzava piano la schiena.
“Come funziona nel tuo mondo?”.
“Esattamente come qui, credo. Anche se per la legge inglese non potrei sposarmi fino ai ventun anni. A Narnia però sono in piena età da marito. Lo sai, no?”
“Certo che lo so” rispose lui, posandole un lieve bacio sulla fronte.
Susan notò che era divenuto pensieroso. “Che cosa c’è?”
“Stavo pensando…mi sono reso conto che non ti ho mai chiesto quanti anni hai, Susan”.
“Ne ho sedici. Abbiamo la stessa età. Cioè, avevamo la stessa età, ora tu sei più grande”
La serenità sul suo volto si spense un poco a quel pensiero. Caspian lo notò.
 “Nossignora! Non sono io che ho mille trecento anni più di te ” scherzò lui, e ottenne di veder riapparire il riso sulle labbra di lei. Non voleva diventasse triste proprio ora.
“A volte non ci pensi, vero?”
“A cosa?”
“Alla differenza temporale tra i nostri mondi”
La giovane scosse il capo. “No, è vero. E’ che mi sembra di essere sempre vissuta a Narnia. E’ come se non me ne fossi mai andata…Invece ho rovinato tutto. E per giunta ho anche cercato di dimenticare.”
“Susan, ti prego…”
“Lo so, lo so, scusa. Avevamo detto che non ne avremmo più parlato, hai ragione. Ma io ancora non riesco a perdonarmi”
“Non eri l’unica a comportarti in quel modo, sai?”
Susan lo guardò stupita. Lui sorrise amaramente.
“Dopo di te c’è stato solo il nulla. Durante i primi mesi che hanno seguito la nostra separazione, anch’io ho cercato di non pensare a niente, nemmeno a te. Anche se continuavo a credere che il nostro non era stato un addio definitivo a volte la mia fede vacillava. Non avevo idea di come potessimo rivederci, né quando”
“Caspian…”
“Però, vedi, era inutile. Non potevo fare a meno di pensati continuamente, di chiedermi come stessi, se qualcosa nella tua vita stava cambiando o se era tutto ancora come prima”.
All’improvviso divenne malinconico. I suoi occhi scuri si persero tra le ombre della stanza, la mente vagava tra i ricordi.
“Lo vedi?” esclamò la Regina. “Come posso non pensarci? E’ colpa mia se stavi così”
Il ragazzo tornò a guardarla con una nuova luce negli occhi.
“Basta parlare del passato. Non importa più.” l’ammonì dolcemente, accarezzandole il viso con il dorso della mano. “Non devono esserci più rimpianti, lacrime o tristezza. Se ne sono andati, e noi siamo di nuovo insieme”
Susan annuì, richiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalla sua voce.
Rimasero così a lungo, senza parlare, fino a quando Caspian non spezzò il silenzio con una domanda che lo impensieriva.
 “Credi che dovrei parlare con Peter? Chiedergli ufficialmente la tua mano?”.
Susan ci pensò un momento, ansiosa. “Non so…forse sì”.
“E’ il Re Supremo, dopotutto”
“Vero…E già che ci sei dovresti richiederlo anche a me, perché la tradizione vorrebbe che t’inginocchiassi e che mi facessi una dichiarazione in piena regola. E mi piacerebbe tanto poter fare la cerimonia a Cair Paravel”
Caspian fece un verso di disperazione, coprendosi gli occhi con il braccio libero. Un sorrisetto spuntò sulle sue labbra.
“Mi sto avventurando in una strada senza via d’uscita”
“Che vuoi dire?” fece lei, aggrottando la fronte.
“Che non siamo fidanzati neanche da un’ora e tu già avanzi pretese”
Non sentendola rispondere, Caspian tolse il braccio dal viso per poter vedere la sua espressione…ma quel che vide fu il guanciale arrivargli addosso.
“Ahi!”
“Certo che pretendo! Voglio una proposta come si deve! Voglio un matrimonio da favola!” scandì lei, ridendo come una pazza e ogni volta colpendolo con il cuscino. “E un abito bianco! E un anello! E fiori, fiori, un sacco di fiori!”
“Va bene, va bene, ho capito! Tregua!” rise lui, cercando di parare i colpi.
Caspian acciuffò il guanciale e glielo tolse dalle mani, poi afferrandola per un braccio e trascinandola di nuovo giù. Sempre ridendo insieme a lei, rotolò su un fianco imprigionandola sotto di sé.
“Oh, Caspian, se potessimo sposarci già domani…”
“Non credo si possa fare” disse il Re a malincuore. “Se vogliamo celebrarlo davvero a Cair Paravel, dobbiamo aspettare di tornare a Narnia”
Lei inspirò a fondo.  Voltò la testa di lato, abbassando lo sguardo.
“Hai paura?”
Lei annuì.
Non le chiese di cosa avesse paura, perché lo sapeva.
Era il tempo che passava, l’incertezza del viaggio, della fine del viaggio soprattutto; di quel che sarebbe accaduto alla fine, e di cosa avrebbe detto Peter, e Lu, e Ed…e Aslan.
Ma Aslan aveva permesso che si rincontrassero, e allora perché non la loro completa unione?
“Ci sposeremo, Susan, non importa come”. Caspian si chinò e le diede un tenero bacio su una guancia. “Questa è la prima notte della nostra nuova vita”.
Lui cercò il suo sguardo, divenuto improvvisamente triste.
“Caspian, promettimi una cosa”
“Qualunque”.
“Promettimi che se dovesse accadere di nuovo, se fossi costretta a tornare nel mio mondo, tu farai di tutto per impedirmelo”
Ecco quel che temeva di più. Lo aveva detto finalmente. Anche se sapeva che lui non desiderava parlarne, lei non poteva tacere.
Caspian la guardò con occhi sinceri, disarmanti.
Lui ormai aveva deciso: avrebbe lottato per tenerla con sé.
“Susan, io ti giuro su Narnia, su Aslan, sulla mia vita e su tutto ciò che ho di più caro, che niente, niente ti porterà via da me, stavolta. Non ci saranno poteri abbastanza forti capaci di separarci. E dovessi lottare, mentire, morire, io ti giuro che resteremo insieme”
La ragazza lo strinse con tutte le sue forze. “Dimmelo ancora”
Caspian sorrise lievemente. “Te l’avrò già detto un milione di volte, stanotte. E poi non volevi una proposta in piena regola?”
“Lo so, ma vorrei sentirmelo dire di nuovo prima di svegliarmi e scoprire che era tutto un sogno”
Il giovane scosse il capo.
“Non lo è” la rassicurò. “Domattina non sarà cambiato niente”
“Dimmelo ancora” ripeté la fanciulla.
Il Re prese il fiore blu dai suoi capelli passandolo delicatamente su di lei, ammirandola, sfiorando ogni punto della sua pelle con i petali vellutati.
“Sposami”
Era così bella, così perfetta…
Ancora una volta, Susan si sentì bruciare sotto i suoi sguardi, quasi non riuscendo a sostenerli tanto ardevano. Quindi lo accolse di nuovo tra le braccia, e ancora una volta si abbandonarono all’amore.
 
 
Emeth entrò negli alloggi dell’equipaggio, avanzando con passo calmo per non svegliare l’uomo sdraiato su una cuccetta proprio in fondo alla grande stanza semibuia.
Benché la nave oscillasse a causa dell’impetuoso incresparsi delle onde, non perse mai l’equilibrio.
Una volta accanto all’uomo, posò il vassoio che portava in mano su uno sgabello vicino e fece per andarsene.
“Che novità di sopra?” chiese l’uomo.
Fino a quel momento era rimasto voltato di spalle rispetto a Emeth. Quando però si girò con un lamento dalla sua parte, il giovane soldato osservò il volto ancora contuso, anche se non più malconcio come quando l’aveva trovato nel porto.
“Niente di che. La tempesta continua a non voler cessare” rispose il ragazzo. “Ti ho portato la cena”
“Ah, non la voglio quella sbobba”
“Si mangia piuttosto bene , direi” ribatté Emeth.
“Come diavolo fai ad essere sempre così ottimista?”
Il soldato alzò le spalle, prendendo un boccone di pane dal vassoio.
“E’ buono. E’ commestibile almeno. Ho assaggiato di peggio all’accademia militare”
L’uomo fece un verso e si rigirò dall’altra parte.
“Andiamo, Pug. Sei ancora vivo, di che ti lamenti?”
“Lasciami in pace”
Emeth si alzò. “D’accordo”
Pug sbirciò nella sua direzione e vide che aveva ripreso il vassoio. “Che fai?”
“Bè, se non la mangi, la porto via”
“No, no, ritorna qui immediatamente, sto morendo di fame”
Emeth rise, gli porse il vassoio e si sedette sullo sgabello vuoto.
Il mercante cominciò a mangiare con avidità.
Pug era rimasto incosciente per una settimana da quando Emeth l’aveva trovato privo di sensi sulla banchina di Portostretto. Dopo aver lasciato andare quel ragazzo di Narnia, il giovane era corso immediatamente sull’Occhio di Falco, dove i medici si erano messi al lavoro per curare le numerose ferite riportate dal mercante. Aveva riscontrato una commozione cerebrale, era stato cucito in vari punti, aveva una gamba rotta e una spalla lussata. Nonostante ciò, era vivo e vegeto.
“Vedo che stai meglio” commentò il soldato.
“Sì, come a uno che è passato sopra un elefante!” fu la risposta brusca di Pug. “Dovrei essere a casa mia a quest’ora, con un bel gruzzolo in tasca, non su questa maledettissima nave”
“Se il principe ti ha tenuto qui ha i suoi buoni motivi”
Pug si bloccò e lo guardò sospettoso. “Tu che ne sai, Emeth tarkaan?”
“Io? Nulla. Ma ho sentito mio padre che ne parlava con il sottotenente e lui crede che sia a causa dei pirati di Terebinthia”
“Ah…allora la voce era vera” Pug ingoiò un grosso boccone. “E io cosa dovrei centrare con quelli?”
“Bè, non sei stato un pirata anche tu?”
Pug sogghignò. “Vero. E allora?”
“E allora non lo so. C’è chi dice però che Rabadash non riesca a farsi ascoltare da loro. Ricordati, inoltre, che hai un debito con Sua Altezza” concluse Emeth assumendo un tono leggermente severo. Rabadash non gli piaceva granché, ma gli era devoto.
Il mercante fece cadere il cucchiaio nella ciotola della zuppa e puntò un dito contro il giovane.
“Ah no! E’ il principe che ha un debito con me! E ammonta a cinquecento mila mezzelune! Io il mio lavoro l’ho già fatto e non sono stato ripagato a dovere, anzi, sono stato ripagato quasi con la morte” esclamò rabbioso.
Già...ma chi glielo aveva fatto fare di imbarcarsi (e in tutti i sensi) in quell’assurda impresa? A quest’ora avrebbe potuto essere disteso su un sontuoso divano nel suo nuovo palazzo…se Rabadash gli avesse dato i soldi per costruirlo, s’intende.
Gli sarebbe bastato ritornare alla sua modesta casa di Portostretto e invece era di nuovo in mare. Decisamente, le cose non erano andate come si era figurato prima di partire.
 “Ma il principe ora sa che avevi ragione sul conto di quei due ragazzi- quei due naufraghi- per cui, sono certo che…”
Pug fece un verso sprezzante. “Che cosa? Ingenuo ragazzino. Non vedrò un quattrino di quel denaro, stupido io a crederci. I nobili- i ricchi- sono tutti così. E quelli come i pirati li odiano dal profondo del cuore. E ancor più odiano quelli come me che si sono venduti a loro. Se davvero l’intenzione di Rabadash è usarmi per negoziare con i pirati, ha preso un bel granchio”
Emeth rifletté su quanto aveva appena udito. Ma non tanto su ciò che riguardava i pirati, quanto più sulla parte in cui Pug aveva asserito che i nobili erano solamente gente sfruttatrice, ambiziosa e arrogante. Lui non la pensava così.
“Ho visto i Sovrani di Narnia” gli uscì detto d’un tratto. “Non sono come i re di Calormen. Sono diversi”
Pug lo fissò con tanto d’occhi, ingozzandosi e tossendo forte.
“Dico, ti ha dato di volta il cervello? Che vai blaterando?”
“Mia madre è di Archen ma i suoi antenati discendono da Narnia, e anche lei c’è stata tante volte prima di venire importata nel Grande Deserto come schiava. Lei mi ha raccontato delle cose…mi ha detto che a Narnia le case del popolo non sono come le nostre. La gente comune vive dignitosamente, non c’è qualcuno più ricco o più povero; gli stessi nobili, i lord e le dame di corte, non trattano come feccia chi è di rango inferiore”.
Pug fece un sorrisetto, che risultò più come una smorfia per via dei tagli sul viso.
“Tua madre ti racconta l’Età d’Oro, mio caro. Ma da quando è arrivata Telmar sul trono di Narnia le cose non sono andate diversamente da come vanno da noi. Caspian X non fa eccezione, credimi”
“Io invece credo di sì”
Pug guardò negli occhi scuri del giovane soldato. “Se ti sentisse tuo padre…”
Emeth abbassò il capo.
Non poteva farci nulla. Per quanto sapesse che Aréf non gradiva questo suo coinvolgimento nei confronti di Narnia, il ragazzo non si sentiva legato al deserto come gli altri compagni. Nelle sue vene scorreva il sangue del nord e questa parte di lui gridava per uscire.
Faceva il soldato per far felice suo padre, per non creare problemi a sua madre, ma ella più volte l’aveva spino a cercare di andarsene da Calormen, viaggiando verso le montagne per giungere infine proprio a Narnia, dove sapeva lo attendeva un futuro migliore.
Emeth sperava ancora che questo sogno potesse avverarsi, e forse chissà, sarebbe riuscito a portare sua madre con sé. Ormai non era più una schiava, era libera. Ma Aréf cosa avrebbe detto? Non poteva dare questo dispiacere a suo padre, gli voleva bene. I suoi genitori si amavano benché fossero così diversi. Se solo lui avesse potuto capire che Narnia non era il male, abbandonare i pregiudizi che aveva per essa, sarebbe potuto partire con loro.
Emeth tarkaan si alzò e riprese il vassoio vuoto che Pug gli porgeva.
“Devo andare”
“Ragazzino, vuoi un consiglio?”
Il giovane guardò il mercante con aria cupa, senza rispondere. Ma Pug parlò ugualmente.
“Dimentica ciò che tua madre ti ha detto di Narnia. E’ una terra maledetta. I suoi Sovrani sono demoni travestiti da angeli. Credimi, è così”
Emeth continuò a tacere, fece solo un lieve cenno col capo che non era né un sì né un no, poi uscì di gran passo dagli alloggi dell’equipaggio.
Sciocco ragazzo. Erano tutte favole.
Oh, Pug lo sapeva di quali angeli stava parlando, piuttosto bene anche. Ne aveva conosciuta una; per colpa sua era quasi morto. E prima o poi si sarebbe vendicato.
 
 
Finalmente il sole.
Dietro di loro avevano ancora il cielo plumbeo solcato dai lampi, ma di fronte, l’alba spuntò annunciando la fine della tempesta e l’arrivo di un giorno luminoso e caldo.
Il mare era tornato calmo, il vento si era rimesso a soffiare da ovest spingendo in avanti il Veliero dell’Alba, che ora correva più veloce che mai sulle onde cristalline.
Edmund si godeva il calore dei raggi sulla pelle, sdraiato nella coda del drago d’oro. Era il posto preferito suo e di Lucy, e spesso se lo contendevano.
Quando la sentì avvicinarsi sorrise divertito.
“Arrivi tardi. Stamani è mio”
La guardò all’incontrario, di sotto in su, ma anche così notò che qualcosa non andava. Il ragazzo rotolò su se stesso e si mise a sedere svelto.
“Che succede?”
Lucy si sedette accanto a lui. Teneva in mano la sua ampolla di diamante. La mostrò al fratello e lui si stupì e si preoccupò nel vedere che il liquido scarlatto era notevolmente diminuito.
Era naturale, Lucy aveva cominciato ad usarlo durante il loro primo viaggio a Narnia e per tutto il tempo che avevano regnato nell’Età d’Oro, e ancora nel loro ultimo viaggio. Il cordiale del Fiore del Fuoco era stato impiegato in numerose occasioni, rivelandosi utilissimo anche nei giorni appena trascorsi. Aveva salvato la vita a tantissimi amici, in ultimo Caspian.
“Cosa credi che succederà quando l’avrò finita?” chiese la ragazza, senza smettere di fissare la boccetta.
“Non lo so…Davvero”
Lucy lo guardò. “Pensi che Aslan potrebbe mandare ancora qualcuno a donarmene un’altra?”
“Non è il caso di preoccuparsene ora. Mi sembra che ce ne sia ancora abbastanza”
“Sì, però…se dovesse capitare, se il liquido un giorno terminasse, molti potrebbero rimetterci la vita”
“Ehi, ehi, che sono questi brutti pensieri?” fece Edmund mettendole un braccio attorno alle spalle.
Lucy sorrise. “Non sono brutti pensieri. Sto solo pensando che a volte diamo per scontate tante di quelle cose…e il mio cordiale è una di queste. Poi stamattina mi sono resa conto che non è così.” La ragazzina strinse la bottiglietta tra le mani.
“Io sono la più piccola. So di non essere brava come voi nei combattimenti, ma sono felice di avere questa responsabilità, questo incarico di guaritrice. Mi fa sentire utile anche se non posso scendere in battaglia”
“Forse sei la più utile di tutti, Lu. Non ci hai mai pensato?”
Lei gli restituì un sorriso radioso.
Poco dopo sentirono la voce di Peter scherzare con i marinai.
“Stiamo battendo la fiacca” disse Edmund. “Dovremmo dare una mano con le riparazioni”
“Sì, hai ragione” disse Lucy, spazzolandosi i pantaloni quando si alzò. “Ma gli altri dove sono?”
“Eustace dorme” sbuffò Edmund. “Caspian e Susan…non so, lui forse ancora non sta bene, e lei vuole stargli vicino. Sarà meglio andare a svegliarli, comunque”
Mentre scendevano dalla coda del drago, la giovane Regina si rivolse ancora al fratello.
“Ed…”
“Sì?”
“Ti andrebbe di insegnarmi a diventare più brava nell’uso della spada? Quando dovrò impugnare la mia, voglio essere pronta”
Lucy era determinata e Edmund le sorrise.
“Ma certo! Anche subito se vuoi. Facciamo così, io vado a buttar giù dal letto i poltroni, tu intanto aiuta Peter e preparati”
“Va bene!”
La ragazza era euforica e le preoccupazioni di poco prima si dileguarono alla prospettiva di allenarsi con Edmund.
Non si sentiva più così piccola come aveva detto e desiderava un ruolo più concreto. Il fatto poi di immaginarsi un giorno a dover usare una spada a fianco degli altri Amici di Narnia, la rendeva più decisa che mai a dimostrare di non essere un peso.
Tutti si prendevano cura di lei, la coccolavano e la viziavano. Si sentiva un po’ come la mascotte del gruppo, per così dire. Non che le dispiacesse e dal punto di vista degli altri lo capiva. Era naturale che tutti la vedessero sempre come la bambina che era entrata nel guardaroba. Ciononostante, non lo era più.
Lucy cresceva e con lei cresceva anche il suo coraggio, la sua voglia di lottare per Narnia. Sarebbe sempre stata più debole fisicamente, questo lo sapeva, come anche Susan del resto, erano donne. Però Susan aveva già un suo ruolo, era Capo Arciere di Narnia, come Edmund era Maestro di Spada. Peter e Caspian erano quelli con più autorità…e lei? Lei era la guaritrice, d’accordo, e ciò era in conformità con la sua giovane età. Tuttavia, non voleva rimanere per sempre in seconda fila ad aspettare. Voleva scendere in campo, voleva provare di essere in grado di badare a se stessa. Non poteva sempre appoggiarsi agli altri.
Cominciò con l’insistere ad aiutare di più nei lavori di manutenzione della nave. Il Veliero dell’Alba era ridotto piuttosto male dopo la tempesta. Peter le affidò l’incarico di scandagliare il ponte, assieme ad altri due o tre mariani, dalle schegge di legno e da possibili oggetti pericolosi.
Iniziare con poco, si disse, senza fretta, imparando giorno per giorno ad essere sempre più degna del titolo di Valorosa.
Quando ebbe terminato il lavoro, si sedette accanto a Ripicì. Gli confessò la sua voglia di imparare l’arte della spada, al che il topo si entusiasmò moltissimo e iniziò ad illustrale un po’ di teoria mentre aspettavano Edmund.
Il povero Ed, nel frattempo, si dirigeva verso la cabina di Caspian…e ci ricascò di nuovo.
Non che fosse colpa sua o che se lo fosse andato a cercare. Fatto sta che, tutto preso dalla prospettiva dell’allenamento con Lucy, aprì la porta tutto contento e il sangue gli si gelò nelle vene.
Lo prese un senso di dejà vu, solo che stavolta non c’erano dubbi su cosa fosse successo o meno.
Eustace avrebbe detto ‘nudo come un verme’, anzi, due vermi. Non vide nulla per fortuna, ma tant’è, non che ci fosse molto da immaginare.
“MA ALLORA E’ UN VIZIO!!!”
“EDMUND!!!”
Caspian e Susan rotolarono giù dal letto, trascinando con loro coperte e cuscini.
“Siete due indecenti!!! Ma come si fa?! Se fosse entrato Peter al posto mio? O Drinian? O Lucy??? Povera Lu, le avreste bloccato la crescita!”
“Non ti hanno insegnato a bussare?!” disse la voce di Caspian.
“Ma che bussare e bussare! Tu dovresti essere mezzo morto, o sbaglio?”
“Ed, te ne vuoi andare?!” esclamò di nuovo il Re di Narnia, riaffiorando dal bordo del letto.
“E’ mai possibile che non riuscite a stare nella stessa stanza senza far niente?”
Anche Susan riapparve, e se Caspian era rosso in volto, lei sembrava aver preso un’insolazione.
“Guarda che l’altra volta non stavamo facendo niente!” disse lei.
I tre ragazzi si fissarono qualche istante, poi la Regina alzò una mano e fece cenno al fratello di andarsene.
“Sciò!”
Edmund sgranò gli occhi. “Se lo sapesse mamma…povera mamma. Non ti facevo così, Sue. Sei…siete…siete osceni, ecco!”
“Vuoi uscire così possiamo vestirci???” esclamarono in coro gli altri due.
Ed girò su se stesso e poi se ne andò, borbottando qualcosa di incomprensibile.
“Sue, guarda che ti aspetto qua fuori. E vedi di sbrigarti! E tu Caspian, visto che stai molto meglio, ti consiglio di salire di sopra, c’è un sacco di lavoro da fare!”
I ragazzi nella cabina si scambiarono uno sguardo incredulo.
“Da quando è così autoritario?” chiese Susan con un vago cipiglio.
Caspian sorrise. “Da quando ha scoperto che sua sorella è una donna di facili costumi”
“Oh, piantala!” scoppiò a ridere lei.
“INSOMMA!!! MUOVETEVI!!!”
Il Re e la Regina scattarono in piedi e si vestirono in fretta. Presero anche una tacita decisione: per il momento di annunciare il loro fidanzamento, non se ne parlava.
 
 
Il resto della giornata fu piuttosto tranquillo.
Lucy e Edmund si allenarono a lungo. Lui le mostrò alcune delle tecniche basilari, l’aiutò ad assumere la postura giusta in modo da non sbilanciare il corpo quando parava un colpo troppo forte. Le insegnò anche a sfruttare la forza dell’avversario, che in certe occasioni si rivelava molto utile come diversivo.
La ragazzina si disse assai soddisfatta del suo primo vero allenamento. Lo stesso non poté dirlo Eustace, praticamente costretto da Ripicì ad imitare il Giusto e la Valorosa.
“Farò di te un grande spadaccino!” esclamò il topo alla fine, mentre il ragazzo si lamentava a pancia in giù sul ponte, sudato ed esausto.
“Io prima o poi ti trasformo in una pelliccia, altroché!”
Tutto l’equipaggio lo guardò come fosse un essere disgustoso.
“Ha detto davvero pelliccia? Che screanzato! Rivolgersi in quel modo a un nobile animale parlante di Narnia!”
“Ma perché, che ho detto?”
Peter gli si avvicinò. “Non lo ripeterei più se fossi in te. Non osiamo toccare gli animali parlanti, né per mangiarli né tantomeno per farci abiti”
“Era una battuta”
“Sì, ma vedi…qui a Narnia non si usano certe battute. Gli animali vengono trattati con rispetto, come fossero persone, sia quelli muti e ancor più quelli che hanno l’uso della parola”
Eustace cercò di capire il punto di vista di Peter, ma rinunciò dopo poco. Secondo lui erano semplicemente tutti matti da legare.
Verso il tramonto riapparve un piccolo gruppetto di balene azzurre, che accompagnarono la nave fino al calar del sole, quando la vedetta sul Veliero dell’Alba gridò la tanto attesa parola: terra! Finalmente la prima isola sconosciuta.
Caspian e i Pevensie corsero sul ponte di comando, dove a turno guardarono attraverso il cannocchiale una terra piatta e verdissima, con una baia semi circolare e una bella spiaggia chiara che riluceva nella luce rossa e arancione del sole, facendo quasi male agli occhi.
“Sembra disabitata” disse Caspian senza staccare lo sguardo dall’isola. “Ma se i lord hanno seguito la nube a oriente si saranno fermati qui”
“E’ troppo tranquillo. Non mi convince” osservò Peter.
Drinian annuì. “Vero. Se fosse una trappola?”
“No, io non credo” commentò Lucy.
“Per trovare il prossimo Lord e la sua spada però, dovremo scendere comunque” disse Susan.
“Allora scendiamo” disse Edmund, ricordandosi poi che non spettava a lui decidere. “Ehm…Caspian, tu che dici?”
Il giovane abbassò il cannocchiale e li guardò tutti, compreso Drinian.
“Si passa la notte sulla spiaggia, e si visita l’isola domattina”
“Sì, Vostra Maestà” assentì il capitano prima di allontanarsi e dare istruzioni all’equipaggio.
La nave attraccò nella spaziosa insenatura ricca di vegetazione dalle forme bizzarre. Gli alberi avevano sagome vagamente geometriche. Trovarono strani animaletti somiglianti a granchi, ma non erano proprio granchi. Di dimensioni assai maggiori (il più grosso, Gael riuscì persino a cavalcarlo scorrazzando per la spiaggia) presentavano sul guscio scaglie adamantine, il muso non era nascosto dalla corazza e gli occhietti vispi erano di differenti colori. Inoltre camminavano in avanti, non di lato. Erano creature buone e curiose, e girarono attorno alla compagnia osservando mentre allestivano il campo per la notte.
Eustace se ne venne fuori con un’altra battuta, dicendo che forse erano anche buoni da mangiare. Risultato: nessuno gli rivolse più la parola per tutta la sera.
Susan, Lucy e Gael, guidate dal loro nuovo bizzarro amico che tenne per mano- o chela- le più piccole, trovarono un lago con una cascata poco lontano dalla spiaggia. Bisognava addentrarsi un poco nella vegetazione ma tutti quanti furono contenti di questa scoperta, desiderando farsi un bagno come si deve in acque fresche e pulite.
Cenarono e accesero il fuoco. Peter sentiva il bisogno di sgranchirsi le gambe e di scoprire qualcosa in più su quell’isola. Il sole calava rapidamente, presto fu buio in mezzo alla foresta, così il Re Supremo chiese a Rynelf e Tavros di accompagnarlo nella sua piccola escursione.
Notò che, man mano che ci si addentrava nel bosco, la vegetazione diveniva più curata anziché più selvaggia. Sembrava tanto un grande parco, o un giardino. Non c’erano foglie secche né cadute, niente rametti spezzati, i fiori non crescevano sparsi ma in grandi aiuole di colori alternati ad arte, come se vi avesse lavorato un esperto giardiniere.
Purtroppo divenne davvero troppo buio per continuare, così tornarono indietro e raccontarono le strane cose che avevano visto.
Fecero turni di guardia, sempre più convinti che quel luogo fosse abitato da qualcuno che evidentemente non voleva farsi vedere.
“Se ci vogliono attaccare, lo faranno durante la notte” disse Caspian.
“Se fossero invisibili, Maestà?” provò Gael.
“Mi sembra improbabile…però non si può mai sapere”.
Peter non ricucì  a prender sonno. C’era qualcosa che lo turbava, non sapeva nemmeno lui cosa.
La foresta stava dinnanzi a lui, coperta dalle ombre notturne.Si udivano i lievi suoni degli animali notturni. E la foresta lo chiamava, o almeno così gli sembrò.
Che assurdità, pensò.
Si girò dall’altro lato, ma anche così non riuscì ad addormentarsi. Si rigirò di nuovo e alla fine si alzò.
Voleva tornare in quel bosco. Voleva vedere dove portava il sentiero che aveva iniziato a percorrere con Rynelf e Tavros.
Piano, senza far rumore, afferrò Rhindon legandosela alla cintura, si avvolse nel mantello e s’incammino verso il verde.
Ritrovò in fretta la strada, poiché era ben tracciata, liscia e ghiaiosa. Scricchiolava piacevolmente sotto gli stivali.
Avvistò altre tre o quattro specie di animali mai viste prima, tra cui uno scoiattolo dal pelo viola e foltissimo come quello di un gatto persiano e un uccello addormentato su un ramo con ali che sembravano fatte di cotone.
Peter non represse un sorriso. I confini oltre Narnia pullulavano di vita, di straordinarie creature mai viste prima. Stava camminando su una terra che nessuno (eccezion fatta per i suoi abitanti e forse per i Lord di Telmar) aveva mai veduto o toccato.
Non scorse nessun tipo di abitazioni, però. Forse c’erano solo animali. Chissà se lo scoiattolo e l’uccello parlavano o erano muti come il granchio…In ogni caso sembrava un luogo pacifico. Forse lui e Drinian avevano fatto male a pensare a una qualche trappola.
Invece qualcosa accadde.
D’un tratto, mentre attraversava una radura, un sibilo sinistro provenne dalle sue spalle. Peter si voltò rapido.
Niente.
Di nuovo il sibilo di prima, di nuovo dietro di lui.
Stavolta estrasse Rhindon, impugnandola con tutte e due le mani.
Ma ancora nulla si muoveva. Non c’era vento, non c’erano fruscii di vegetazione. In quel punto dove si trovava ora, il bosco era molto silenzioso e se qualcuno si fosse avvicinato lo avrebbe sentito.
Peter…
Una voce. Di chi era?
Peter…vieni…
Il giovane fece un giro su se stesso e infine la vide. La nebbia verde vorticava tra i fiori rossi della radura, le corolle chiuse venivano sfiorate piano dalla scia sibilante.
Sibilante…sì, il sibilo e la voce provenivano entrambe dalla nebbia.
Peter indietreggiò mentre quella si innalzava e cominciava a vorticare come una tromba d’aria, formando una spirale. Presto prese forma ma Peter non capì subito cosa rappresentava. Sembrava…una donna. C’era una donna, alta e bellissima in mezzo alla coltre.
Vieni, Peter…
Sussurrava, ed era ipnotizzante. Non poteva non ascoltarla.
Vieni, Figlio di Adamo…
Il Re Supremo alzò ancora la spada e avanzò di un passo, poi un altro e un altro ancora. Voleva avvicinarsi ma allo stesso tempo non voleva. Qualcosa lo spingeva e lo allontanava dalla donna fatta di nebbia. Non vedeva il suo volto ma sentiva la sua voce. Dolce, lieve, quasi famigliare.
Dove l’aveva già sentita?
Due occhi neri brillarono nella notte, neri come pozzi profondi. Anch’essi li aveva già visti…
“Chi…?” balbettò e gli parve di vedere la nebbia incresparsi nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la bocca. La donna sorrideva.
La cortina si allungò verso di lui, quasi lo toccava…
E in quel momento, tutti insieme, i fiori rossi nella radura schiusero i loro petali e inondarono la notte di luce. Brillavano, ardevano come fuoco e Peter sbatté le palpebre uscendo dal lieve torpore che l’aveva avvolto da quando si era messo a fissare la bruma.
A un tratto credette che la luce che vedeva, e che lo costringeva a schermarsi gli occhi, era proprio quella del sole appena sorto. Poi si accorse che erano i fiori ad emetterla. Infine, un ruggito possente invase l’aria immobile.
La figura di nebbia vorticò su se stessa e scomparve.
Tutto si calmò all’improvviso. I fiori scarlatti si ‘spensero’ rigettando la radura nelle ombre, anche se non più intense quanto prima. I petali, grandi come il palmo di una mano, ondeggiavano piano. Ognuno di essi ne aveva sette.
Al ragazzo ricordarono le lanterne della festa delle luci di Narnia, quella in cui si commemorava la morte e la resurrezione di Aslan.
Peter aveva ancora il braccio alzato quando notò in mezzo ai fiori una nuova figura. La lama di Rhindon luccicava ancora e gli rimandò un riverbero fastidioso.
Abbassò l’arma e la rinfoderò senza mai staccare gli occhi da quel nuovo prodigio.
Vide il corpo di una ragazza, ma era completamente diversa da quella di prima. Non era avvolta da una foschia, bensì dai petali di un fiore scarlatto più grande degli altri. Quel fiore aveva solo due petali però…no, non erano i petali, erano braccia. Prendevano forma in quel corpo, avvolto per magia da una lunga veste bianca e azzurra. Anche lo stelo non era più uno stelo (o non lo era mai stato, non seppe dirlo) ma erano gambe.
La ragazza aveva il capo abbassato, gli occhi chiusi. Poi all’improvviso alzò la testa, e davanti al suo volto ondeggiarono lunghissimi capelli rossi come il fuoco, o come il colore di quei fiori. Aprì gli occhi verdi acqua, limpidi, puri, e gli sorrise.
Peter non seppe per quanto tempo rimasero a fissarsi, forse ore. Tutto quello che riuscì a pensare fu che quella fanciulla era la creatura più meravigliosa, più perfetta che avesse mai visto. Dubitò persino che fosse vera.
Un turbine di emozioni mai sentite prima lo percorse fino alla punta dei capelli. Desiderò che parlasse, oppure no, era lo stesso, purché gli permettesse di continuare a guardarla.
Infine, lei pronunciò il suo nome. Aveva una voce tranquilla e piacevole.
“Peter Pevensie”
Lo conosceva. E anche a lui sembrò di conoscerla.
“Chi sei?” chiese il giovane con un filo di voce.
Temette che la fanciulla non avesse udito ma ella sorrise ancora e gli rispose.
“Il mio nome è Miriel, Driade del Fiore del Fuoco. Ti stavo aspettando”

 
 
 
 
 
Buonasera!!!
Ecco a voi il 16° capitolo di Queen of my Heart! Vi piace? Mmmm, a me non convince tantissimo, non so perché...potevo far meglio, va bè.
Come da promessa, Peter ha finalmente incontrato la sua bella ( che è veramente bella, e se volete vedere com’è andate in fondo a questo link dove trovate i cast della storia). http://usagitsukino010.livejournal.com/1429.html
Che ruolo avrà mai questa dolce donzella oltre a rubare il cuore del nostro High King? Eh, mica ve lo dico subito, nei prossimi capitoli lo scoprirete.
Lo so, lo so, a voi è piaciuto di più il primo pezzo, (sono d’accordo!!! Hi hi hi…). Alla fine ce l’abbiamo fatta a farli fidanzare, ma per il momento non lo sa nessuno! Quindi zitti e mosca, ok?
Scusate, oggi sono più fusa del solito, passiamo ai ringraziamenti che è meglio….

 
Per le seguite: Allegory86, ArianneT, Chanel483, FedeMalik97, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Luna23796, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, yondaime e Yukiiiiii
Per le preferite: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, KaMiChAmA_EllY, LittleWitch_, Lules, piumetta, SerenaVdW e tinny
Per le ricordate: Angie_V
Per le recensioni dello scorso capitolo: Babylady, Charlotte Atherton, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, piumetta, SerenaVdW e tinny
 
Angolino delle anticipazioni:
Il capitolo 17 sarà quasi tutto incentrato su Lucy. La ragazza incontrerà gli invisibili abitanti dell’isola e s’imbatterà in un certo libro, e in un certo incantesimo…e in un certo soldato di Calormen! Eh eh…ci sarà da temere per la piccola Lu?
 
Sondaggino: preferivate la foto di prima o quella di adesso? Io vorrei alternarle dal prossimo capitolo in poi, voi che dite? Il vostro parere mi interessa molto.
 
Ok, che altro aggiungere? Ah si! UN ALTRO ANUNCIO SPECIALE:
Care fans di Ben, domenica non perdetevi “Un matrimonio all’inglese” dove il nostro attore preferito è protagonista! Io purtroppo non potrò guardarlo per cause di forza maggiore T______T ma tanto ce l’ho sul pc…
Un bacio e un grazie sempre più gande a tutti voi! Alla prossima settimana!
Con affetto, Susan<3

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17: L'Isola delle Voci ***


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17. L’Isola delle Voci

 
 
Una Driade. Una creatura della Natura. Avrebbe dovuto capirlo immediatamente dalla sua fisionomia. Il viso era delicato come quello di una bambina, ma il corpo…
Anche avvolta dalla lunga veste chiara, le sue dolci forme la rendevano più vera- se il termine era quello giusto- delle driadi che aveva conosciuto a Narnia.
Gli occhi color acquamarina rilucevano come gioielli. Probabilmente attendeva che lui dicesse qualcosa.
“Mi aspettavi?” chiese Peter, deglutendo più volte prima di rivolgerle la parola, per ridestarsi dalla piacevole confusione che l’apparizione di lei aveva suscitato in lui.
Miriel gli sorrise ancora e si avvicinò.
“Sono venuta su quest’isola sconosciuta dalle Valli del Sole. Mio padre mi ha mandato qui”
“Tuo padre?”
“Aslan”
Pronunciando quel nome, gli occhi della fanciulla s’illuminarono e il suo sorriso si allargò.
Anche il ragazzo provò una sensazione indescrivibile di coraggio e sicurezza nel pensare al Leone.
“Mi hai salvato dalla nebbia e da quella…che cos’era?” chiese Peter, puntando lo sguardo nel punto in cui la donna era scomparsa.
“Una creatura spaventosa” lo avvertì la Driade. “L’origine di tutti i mali. Devi guardarti da lei”
“Chi è?”
“Un male antico come il mondo. So solo questo. Per il momento il mio compito è un altro: devo farvi da guida e stare al tuo fianco”
Peter tentò con tutte le se un forze di non soffermarsi sulle ultime quattro parole.
L’aveva appena incontrata, non poteva già pensare che lei…era assurdo. Senza dubbio, Miriel intendeva un’altra cosa.
Il fatto era che era bella come un miraggio, i suoi occhi come gemme, la sua voce come una musica soave. E il suo profumo…era lo stesso che proveniva dall’ampolla del cordiale di Lucy, ne era certo. Inebriante, avvolgente, dolce. L’aroma del Fiore del Fuoco.
E quel fuoco ardeva nel cuore del Re Supremo.
“Tu sai dove si trovano le Valli del Sole, Peter Pevensie?” gli chiese lei con voce delicata.
Lui scosse il capo. “Ne ho solo sentito parlare”
“Le Valli del Sole si trovano al confine tra Narnia e le Terre di Aslan. E’ un luogo dove il tempo non esiste, dove tutto è perfetto ed eterno. Io sono nata là, ma il mio destino era quello di scendere quaggiù, nel mondo dei mortali”
Non si rivolgeva a lui dandogli del voi, non lo chiamava Maestà, o Sire, o Signore, tuttavia,  Peter capì che era giusto così. Se davvero Miriel proveniva da dove diceva, era per davvero una driade diversa dalle altre, un essere superiore. Al di là del suo aspetto delicato si nascondeva un potere immenso, poteva percepirlo, l’aveva visto coi suoi occhi quando i fiori scarlatti avevano sprigionato tutta quella luce calda capace di cancellare l’oscurità più gelida.
“In questo viaggio avrete bisogno di essere guidati dal cielo e dalla terra” proseguì Miriel. “Io sono la guida della terra”
“Di queste cose non dovresti parlare con me” la interruppe Peter, “ma con Caspian”
“No, io volevo incontrare te per primo”
Inaspettatamente, la ragazza allungò le mani e prese quelle del giovane, stringendole appena, timidamente.
“Dalle Valli del Sole ho guardato verso Narnia tante volte. Quando tu regnavi con i tuoi fratelli, io ti osservavo. Talvolta fuggivo dalla mia casa e mi affacciavo al Grande Dirupo che guarda giù nel mondo. Restavo lì delle ore. Ti ho visto arrivare, combattere, crescere.”
Peter rimase a dir poco stupito.
Che strana sensazione se ci pensava…
Gli affiorarono alla mente i momenti più significativi di quegli anni e provò a immaginare la Driade seguirlo con lo sguardo in ogni suo passo. Imparare, sbagliare, cadere da cavallo magari, litigare, ridere e piangere con i suoi fratelli, con gli amici; dettare leggi, partecipare a feste danzanti, battersi nel deserto o contro i giganti del nord, viaggiare per mare.
“Poi te ne sei andato…” disse Miriel divenendo triste e i suoi occhi lucenti si annebbiarono.
“Non volevamo andarcene” disse Peter, mortificato all’idea che lei si sentisse infelice. Non riusciva a immaginare infelice una creatura tanto bella.
Lei tornò a guardarlo.
“Credi nel destino, Peter?”
“Io…non lo so. No. Non credo a una strada già preclusa per ognuno di noi, una strada senza vie d’uscita. Forse alcune cose davvero importanti sono già state decise, tuttavia penso che abbiamo libero arbitrio sulle nostre vite e la facoltà di decidere ciò che è più giusto per noi. Con l’aiuto di Aslan, è ovvio. Perché da soli non potremmo mai dirigere il nostro passo. Ci serve una guida, ma non che decida dove andiamo, bensì che ci aiuti a perseguire la via scelta”
Miriel annuì soddisfatta. “Anch’io ne sono convinta. Io non sarei dovuta venire qui, sai? C’erano creature molto più vecchie e sagge di me per farvi da guida. Però volevo essere io. Quindi, chiesi ad Aslan di scegliere me, mi feci avanti spontaneamente e lui accontentò questo mio piccolo capriccio. Lui sapeva quanto tenevo a te e mi ha permesso di incontrarti”
“Perché proprio io?” non poté fare a meno chi chiedere Peter.
“Perché ti ho scelto”
Miriel arrossì e abbassò lo sguardo, sempre continuando a stringergli le mani.
Cosa stava dicendo? Si erano appena conosciuti…o meglio, lui aveva appena conosciuto lei. Miriel lo aveva osservato mentre era Re nell’Epoca d’Oro.
Era scosso da profonde emozioni in lotta fra loro. Si sentiva lusingato, felice, turbato, confuso. Ma per quanto il sentire quelle parole lo rendeva contento cercò di essere razionale.
“Miriel, io non ti conosco”
“Non importa. Mi conoscerai”
“Io non sono nemmeno di questo mondo”
“Lo so. So che non appartieni ancora completamente a Narnia, ma un giorno sarai pronto. Io posso aspettare”
Il ragazzo scosse il capo. “Non capisco. Cosa vuol dire che non appartengo a Narnia?”
“Non devo essere io a spiegartelo” fece lei, lasciandolo andare. “Quando sarà il momento, Aslan te lo spiegherà. Io devo venire con voi, Peter. Questo è il destino che mi sono scelta. So che dovrò soffrire un poco per la mia decisone ma non m’ importa”
Il Re Supremo la fissò sbalordito.
“Ma è assurdo! Come puoi parlare di certe cose con noncuranza? Se sai di dover soffrire, perché sei venuta?”
“Non mi hai ascoltata? È la mia volontà”.
“Perché?!” insisté il ragazzo scuotendo il capo.
“Se ti dicessi veramente come stanno le cose ti spaventerei e potrei influenzare le tue scelte future, per cui ciò che ti ho detto ti deve bastare”
“Credevo che il futuro non esistesse”
“Infatti è così ma ricordati ciò che tu stesso hai detto”
“Vuoi dire che il nostro incontro era già scritto?”
Miriel sospirò. “No, sono io che ho scelto. Però Aslan, al momento in cui partii, mi disse chiaramente che se fossi scesa a Narnia le cose sarebbero cambiate drasticamente nella vita di entrambi”
La fanciulla fece di tutto per non guardarlo.
“Non è il momento di parlare di questo. Adesso dobbiamo pensare a cose più importanti”
Miriel fece un passo indietro e si voltò verso i fiori rossi. Si piegò sulle ginocchia e ne recise uno. “Questo è per tua sorella Lucy” disse poi rialzandosi.
Immediatamente, tutti gli altri si dissolsero formando una scia di puntini luminosi che andarono verso la ragazza.
La radura tornò verde e buia. I fiori erano scomparsi e Peter capì che non erano mai stati lì. Li aveva fatti crescere la Driade, ed essi erano parte di lei.
“Andiamo. E’ ora che tu mi presenti agli altri”
Peter fece per protestare, deciso più che mai a tornare sul discorso di poco prima ma Miriel si era già voltata verso il sole che spuntava in quell’istante.
 
 
Bum, bum, bum.
Passi pesanti che facevano tremare un poco il suolo riempirono l’aria delle ore più fredde della notte, quelle che precedono l’alba.
La compagnia di Narnia dormiva tranquillamente nel piccolo accampamento allestito sulla spiaggia. Grosse orme si disegnarono sulla sabbia e girarono attorno agli uomini dell’equipaggio. Poi si udirono delle voci, ma solo quelle, i loro proprietari non si vedevano.
“Ne manca uno. Li ho contati prima e ne manca uno” disse una voce gutturale.
“Non fa niente, lui non ci interessava” disse un’altra voce un po’ rauca.
“Ben detto, Capo” disse una terza voce molto acuta.
“Venite qui, fratelli. Osservate” disse una quarta, sibilante. “A quanto pare hanno portato un maiale”
Le orme si strinsero attorno a Eustace, che russava sonoramente.
“Oooohhhhh” fecero tutte in coro.
“Ehi, guardate” sussurrò la voce acuta, avvicinandosi piano al giaciglio dove dormiva Lucy. “Questa qui è una femmina”
“Anche questa” disse la voce sibilante, rivolta verso Susan.
“Ce n’è un’altra, qui” chiamò quella gutturale, andando verso Gael.
“Che colpo di fortuna! Tre in una volta!” fece quella rauca.
“Però questa è troppo grande” considerò la voce sibilante.
“E questa è troppo piccola” osservò invece la gutturale.
“Questa legge…” disse ammirata la voce acuta vicino a Lucy.
Il libro accanto a lei si mosse piano e anche la ragazza si agitò nel sonno.
“Prendiamo lei!” ordinò la voce rauca, quella che apparteneva al capo.
La giovane Regina venne sollevata di peso dal suo giaciglio e si svegliò di soprassalto.
Lì per lì non capì ciò che succedeva. Vide il mondo vorticare, poi si sentì afferrare saldamente da qualcuno- o qualcosa- ma guardandosi attorno non vide nessuno.
Braccia invisibili la trasportavano nel fitto del bosco, e una mano altrettanto invisibile le teneva la bocca tappata per impedire di gridare.
Lucy sobbalzava tra quelle braccia, come se il suo rapitore stesse saltando, non camminando. Forse era una specie di coniglio gigante o un canguro…
“Presto! Presto!” borbottò qualcuno.
“Arriviamo, Capo! Arriviamo!”
La ragazza si accorse che le voci non appartenevano a nessuno. Cioè, a qualcuno dovevano appartenerne ma i loro proprietari erano invisibili. C’erano solo le orme sul terreno, nient’altro.
Arrivarono in un punto dove la foresta si apriva su un grande viale alberato. Alcune piante avevano strane forme geometriche o di animali. La strada curvò varie volte e Lucy perse il senso dell’orientamento, complice anche il continuo ballonzolare di qua e di là del suo rapitore. Anche volendo, non avrebbe saputo tornare indietro senza il rischio di perdersi.
Giunti in fondo al viale oltrepassarono un cancello ed entrarono in un giardino. Lì, gli Invisibili la lasciarono andare e Lucy cadde al suolo con un tonfo.
La Valorosa si alzò subito in piedi sfoderando il suo fidato pugnale (avrebbe fatto meglio con la spada, ma era rimasta all’accampamento). Si mise in posizione cercando di ricordare gli insegnamenti di Edmund, ma il non vedere i propri avversari rendeva le cose alquanto difficili.
Ad un tratto, una mano invisibile le fece cadere il pugnale di mano. Lucy si mosse per recuperarlo ma fu gettata nuovamente a terra da quello che probabilmente fu uno spintone.
Decise allora di rimanere immobile, ascoltando i sogghigni dei suoi rapitori.
“Ben fatto, Capo! Non c’è scampo!”
Lucy era spaventata. Le voci erano aumentate rispetto a quelle che aveva sentito mentre la trasportavano. Anche le orme erano di più e si stringevano tutte attorno a lei.
“C-chi siete?” chiese, facendo vagare lo sguardo dappertutto.
Un coro di voci le rispose: “Siamo bestie terrificanti e invisibili! Se potessi vederci, saresti certamente spaventata!”
Lucy si girò ancora da tutte le parti. Desiderò che gli altri fossero con lei, perfino Eustace. Perlomeno avrebbe avuto qualcuno vicino.
“B-bè, che volete?” balbettò.
“Vogliamo che tu faccia quello che ti chiederemo!” tuonò una delle voci.
La ragazza si alzò, scacciando la paura e decisa a scoprire cosa succedeva.
“Altrimenti?” chiese, provando a sfidare gli esseri Invisibili.
“Ti aspetta la morte!” esclamò la voce gutturale, la più spaventosa.
“La morte! La morte!” ripeterono le altre.
“Bè, non vi sarei tanto utile da morta, non credete?”
Gli Invisibili si zittirono. “Uhm…Non ci avevo pensato”
“Eh no, infatti. Brava! Brava! Giusta osservazione, ben detto!”
“E va bene, allora uccideremo i tuoi amici!” tagliò corto la voce del Capo, interrompendo i borbottii degli altri.
“Oh no, vi prego!” esclamò Lucy atterrita.
“Allora devi venire con noi”
E adesso? Cosa fare? Assecondare gli Invisibili o no? Se fossero davvero stati così terribili come dicevano d’essere e avessero per davvero fatto del male agli altri?
C’era anche la possibilità che mentissero, però. Forse non erano neppure armati, anche se dai tonfi che producevano sembravano grandi e grossi, e di conseguenza ugualmente pericolosi. Ma come scoprirlo? Non si vedeva proprio nulla.
In fin dei conti, potevano essere solo molto arrabbiati per via dell’arrivo di ospiti indesiderati sulla loro isola. Poveretti, c’era da capirli. Anche a lei non sarebbe piaciuto se qualcuno avesse invaso casa sua.
Infine sospirò e si decise.
“Va bene, d’accordo. Ditemi cosa fare e lo farò. Voi però dovete promettere di non torcere un capello ai miei compagni!”
Gli Invisibili parlottarono tra loro, poi acconsentirono. Così, dopo che ebbero giurato, avanzarono la loro richiesta.
“Dovrai entrare nella casa dell’Oppressore” spiegò la voce spaventosa.
“Quale casa?” fece la ragazzina, non vedendo nessuna costruzione nei paraggi.
“Questa”
L’espressione di Lucy divenne da perplessa a incredula.
Proprio in faccia a lei apparve un fascio di luce dorato. All’inizio pensò a un portale magico, in seguito capì che era solo una porta, invisibile anch'essa, che si apriva sul giardino. La casa all’interno era distinguibile invece, e appariva accogliente e tranquilla.
“Sali di sopra e prendi l’ultima porta a sinistra. Nella biblioteca troverai il libro degli incantesimi” continuò la voce. “Recita l’Incantesimo Che Rende Visibile L’Invisibile. Su, vai! Non abbiamo tutta la giornata!”
“Ricordati quello che  succederà ai tuoi amici, altrimenti!” l’ammonirono le altre. “Sei stata avvertita!”
“Scusate, ma perché non lo fate da soli?” chiese improvvisamente lei. “Sono certa che conoscete la casa e fareste molto più in fretta di me”
“Uhm…uhm…” borbottò il Capo imbarazzato. “Non sappiamo leggere”
“Ben detto, ben detto! Non sappiamo neanche scrivere, in effetti, e nemmeno fare i conti. E poi non oseremmo mai salire nella biblioteca. Nessuno di noi!”
“Oh…bè potevate dirlo subito” fece Lucy, calmandosi un poco.
Poveretti, pensò. Poteva darsi che fossero davvero grandi e grossi ma davvero tontoloni.
“Stai attenta all’Oppressore. E’ molto...oppressivo!” la mise di nuovo in guardia il Capo, mentre la ragazzina veniva sospinta in avanti.
“Chi?”
“Un orribile mago che ci trasformati da belli che eravamo ad esseri inguardabili”
“Ben detto Capo! E poi ci ha pure reso invisibili. Se non è cattivo e oppressivo lui, chi lo è?”
Lucy era un poco confusa. “Ehm…d’accordo”.
“Ricorda: quello che rende visibile l’invisibile, capito?”
“Va bene, va bene!” sbottò lei molto nervosa.
Alla fine entrò. D’altra parte non aveva scelta. Gli Invisibili sembravano superiori in numero, forza e grandezza rispetto ai narniani. Quante possibilità c’erano per i suoi compagni?
La porta si richiuse alle sue spalle. Di certo era stato uno degli esseri là fuori, anche se in quella circostanza a lei sembrò che si stesse muovendo da sola e questo la fece rabbrividire.
Lucy pensò che, magari, una volta recitato l’incantesimo sarebbe riuscita a fuggire passando da un’altra uscita. Oppure poteva attendere l’arrivo di Edmund e degli altri lì, al piano di sopra. Svegliandosi e non vedendola sarebbero di sicuro venuti a cercarla. Gli Invisibili avevano detto che non osavano entrare, giusto? Meglio così…
Attraversò il grande atrio e si trovò in un salotto molto tranquillo, ben arredato e in perfetto ordine. Chiunque fosse il padrone di casa, aveva dei gusti raffinati.
Lucy avrebbe voluto guardarsi attorno più a lungo ma decise che era meglio non perdere tempo.
Salì le scale diretta al secondo piano, domandandosi cosa l’aspettava.
Man mano che avanzava, le lampade alle pareti e sul soffitto si accendevano una dopo l’altra. Magia, pensò. Bè, per lo meno non era buio. Certe imprese è meglio compierle alla luce, si disse.
Salì ancora, accompagnata dall’unico rumore proveniente dal tic tac dell’orologio a pendolo del salotto, che presto svanì.
Arrivata in cima alle scale vide un lungo corridoio con una finestra sul fondo. Almeno dieci porte correvano sui due lati. Sul pavimento c’era un tappeto scuro, sulle pareti quadri e piatti antichi.
“L’ultima porta a sinistra”rammentò Lucy, cominciando a camminare spedita.
Ma non era un’impresa facile arrivarci, con la paura di passare davanti a tutte le altre stanze, dalle quali sarebbe potuto uscire chissà che cosa. E sarebbe stato molto meglio se i volti nei quadri non la scrutassero con quell’aria arcigna, come se sapessero che era un’intrusa.
“Sono solo quadri, non c’è nulla di cui aver paura”ma non appena lo pensò, le parve proprio che l’uomo baffuto al quale passò davanti la guardasse con la coda dell’occhio.
Infine, eccola in fondo, davanti alla biblioteca. La porta era aperta quasi la stessero aspettando. Si erano dimenticati di chiuderla o l’avevano lasciata così di proposito?
Imponendosi di non pensare a nulla che potesse spaventarla ancor di più, Lucy spinse l’uscio ed entrò.
Era una sala enorme, con tre grandi finestre, le pareti coperte di scaffali sui quali correvano file di libri di ogni forma, colore e dimensione. Libri ovunque. Lucy non ne aveva mai visti così tanti nemmeno nella biblioteca di Londra dove ogni tanto andava per studiare. Ma come poteva esser più grande quella stanza della biblioteca di Londra? Una vera stranezza, ma a Narnia tutto era possibile.
Quello che interessava a lei era posato su un leggio dorato nel centro della stanza. Sulla copertina c’erano lettere sparse che non significavano nulla.
Lucy si avvicinò di più e vide che il librone era chiuso da un grosso lucchetto.
“Non dovrò mica mettermi anche a cercare la chiave?” pensò un pò esasperata. Volve a uscire di lì il più in fretta possibile.
Poi notò un disegnino sul bordo alto della copertina: raffigurava un cherubino che soffiava in una tromba.
Lucy pensò bene di imitarlo soffiando a sua volta sul volume. Funzionò.
All’improvviso, le lettere sparse a casaccio formarono parole di senso compiuto, unendosi e mischiandosi tra loro.
“Il Libro degli Incantesimi” lesse la ragazza ad alta voce.
Soddisfatta ed emozionata, aprì finalmente quel misterioso tomo e cominciò a sfogliarne avidamente le pagine.
Era un libro incredibile, pieno di bizzarrie e cose interessanti. Non aveva mai visto un libro tanto bello e strano insieme.
Le figure che accompagnavano ogni incantesimo erano dipinte a mano con cura, perfette nei dettagli. La grafia con cui era scritto era chiara e precisa.
Avrebbe voluto tanto soffermarsi su ogni pagina, ma il tempo non glielo permetteva. Doveva fare in fretta, gli altri potevano essere già stati aggrediti dagli Invisibili. E poi che le sarebbe accaduto se il mago oppressore l’avesse scoperta?
Girò in fretta la pagine, leggendo ogni tanto qua e là e divertendosi ad immaginare.
C’erano incantesimi per curare il mal di denti, le verruche; magie per dimenticare le cose e capire se qualcuno diceva la verità; incantesimi che controllavano gli agenti atmosferici, per dormire sonni incantati, per scovare tesori sepolti…
Ma il più fantastico di tutti, Lucy lo scoprì circa a metà.
Quel che attirò principalmente la sua attenzione, fu il ritratto di una splendida donna sulla pagina di destra, il viso circondato dalla cornice di un quadro…no, uno specchio.
Lucy non si avvide della strana nebbiolina che era entrata nella biblioteca e che ora le vorticava introno alle gambe. Se avesse guardato in basso solo per un istante, l’avrebbe riconosciuta come la nebbia verde già vista sulle Isole Solitarie, e forse avrebbe capito che stava facendo qualcosa di molto, molto sbagliato. Forse avrebbe evitato persino quel che sarebbe accaduto di lì a poche ore.
Ma non guardò in basso, non vide la nebbia, non sentì nemmeno il sussurro che chiamava il suo nome.
Piccola Lucy, leggi…esaudisci il tuo più oscuro desiderio…
Lo sguardo della ragazzina vagò sulla pagina di sinistra, che aveva saltato in precedenza, e lesse queste esatte parole: “Una magia infallibile che renderà colei che la pronuncia bella oltre ogni mortal giudizio”
Sotto c’era l’incantesimo.
Lucy non esitò un secondo, sentendo crescere in lei una forte emozione.
“Un incantesimo che mai è errato, per la bellezza che sempre hai desiderato”
In principio sembrò non accadere nulla di strano. Lei stessa non si sentì diversa. Poi guardò di nuovo la figura della donna sull’altra pagina. Vide che quella pian piano spariva e lasciava che lo specchio riflettesse un’altra immagine.
“Susan!” esclamò Lucy sorridendo. La sorella le restituì il sorriso.
La Valorosa si guardò indietro, credendo che Susan si trovasse lì dietro di lei, che fosse venuta a prenderla…Ma Susan non c’era. Non c’era nessuno.
“Susan, ma che succede?” chiese Lucy rivoltandosi verso il libro (ormai divenuto davvero come uno specchio) e accorgendosi che quando lei parlava, anche la figura di Susan nello specchio parlava. Se lei alzava una mano per toccarsi il viso o i capelli, Susan faceva lo stesso.
E allora capì che l’incantesimo aveva fatto effetto. Era divenuta bella oltre ogni mortal giudizio. Aveva ottenuto la bellezza da sempre desiderata. Quella di Susan.
“Ma sono bellissima!” mormorò Lucy.
Si fissò ammirata, felice.
Corse a specchiarsi in una delle vetrinette della biblioteca ma ebbe un’amara sorpresa.
Scoprì che il suo riflesso non era affatto cambiato. Lucy rimaneva sempre Lucy. Solo in quel libro si vedeva con il viso di sua sorella. L’incantesimo allora non aveva funzionato…
Tornò di corsa verso il leggio per ritentare e pronunciarlo di nuovo.
“No!” gridò forte, vedendo che l’immagine di Susan scompariva e tornava quella del ritratto della donna sconosciuta. “Aspetta!” disse ancora, delusa, posando una mano sul libro.
Un’idea le balenò rapida in testa.
Sapeva che era sbagliato, che non era da lei, che Aslan o gli altri amici l’avrebbero di certo rimproverata, ma non gliene importava. Voleva vedersi di nuovo riflessa là dentro; voleva assolutamente vedersi ancora nei panni di Susan, anche se sapeva che era solo un’illusione e così sarebbe sempre stato.
“Non m’importa”pensò. “Voglio che la magia avvenga di nuovo. Non m’importa nulla di quello che succederà”
Lucy strappò la pagina dell’incantesimo e la nascose sotto la camicia.
In quel preciso momento un vento fortissimo si alzò, benché tutte le finestre fossero chiuse. Il libro cominciò a sfogliarsi da solo e un ruggito possente invase la stanza.
“Lucy!” esclamò una voce tonante.
“Aslan! Aslan!” chiamò la ragazzina spaventata. Si voltò ma non vide il Leone da nessuna parte.
Si sentì tremendamente in colpa ma ormai quel che era fatto era fatto.
Solo in quell’istante Lucy notò un velo verdastro dipanarsi e poi svanire. Che cos'era?
Fece un passò indietro e andò a sbattere piano contro il leggio. Quello dondolò un poco e lei notò che il vento aveva fatto voltare le pagine quasi fino in fondo al volume. Ed eccolo! L’incantesimo che cercava: l’Incantesimo Che Rendere Visibile L’Invisibile.
Si rimise di fronte al libro, tirò un grosso respiro e in seguito lo recitò ad alta voce.
Per non pensare a ciò che le era accaduto poco prima, concentrò i suoi pensieri sugli Invisibili. Chissà se erano già tornati al loro vero aspetto? Decise di uscire per scoprirlo, ma appena si voltò si ritrovò davanti un uomo avvolto da un lungo mantello e una barbetta grigia sul mento. Aveva il capo chino e passeggiava tranquillamente per la biblioteca, leggendo.
Da dov’era spuntato fuori? Che fosse stato anche lui invisibile? Ma se era così voleva dire che era già nella biblioteca e lei non se n’era accorta?
Egli non la notò subito, tanto era assorto nella sua lettura. Poco dopo però alzò il capo e incontrò gli occhi azzurri della Regina Valorosa, ferma in mezzo alla stanza.
“Oh!” esclamarono all’unisono, poi l’uomo le sorrise.
“Benvenuta”
 
 
L’alba irradiò di luce la spiaggia dove gli uomini del Veliero dell’Alba dormivano ancora della grossa.
Caspian si svegliò, si stiracchiò, la schiena un poco indolenzita. Volse lo sguardo attorno a sé e trasalì alla vista di enormi orme sulla sabbia che giravano attorno al fuoco spento.
“Ed!” chiamò subito, tenendo bassa la voce in caso i proprietari delle impronte fossero ancora nei paraggi. “Ed, svegliati, guarda”.
Edmund si alzò con gli occhi semi chiusi “Cosa? Dove?”, ma quando vide ciò che Caspian gli mostrò, saltò in piedi in un lampo.
Si guardarono ancora attorno. Le orme andavano e venivano dalla foresta di fronte a loro.
“Oh, no!” esclamò il Giusto. “Peter e Lucy! Non ci sono!”. Voltò la testa nel punto in cui avrebbe dovuto esserci Susan. Per fortuna lei stava bene.
Edmund si avvicinò alla sorella e la scosse per una spalla.
“Susan, svegliati!”
In poco tempo, tutti si alzarono e videro le orme gigantesche di quelli che sembravano piedi umani. Qualcuno azzardò a dire che poteva trattarsi di giganti, anche se non grossi come quelli che vivevano a nord di Narnia.
Comunque stessero le cose, nessuno dubitò che il Re Peter e la Regina Lucy fossero stati rapiti da quegli esseri sconosciuti.
Caspian ordinò di dividersi in due gruppi. Lui, Edmund, Susan, Drinian, Rynelf e altri sarebbero alla ricerca del Magnifico e della Valorosa nella foresta, mentre Rhynce, Gael, Tavros, Nausus il fauno, Rip e per forza di cose Eustace, rimasero nascosti sulla spiaggia.
A Ripicì, che era il più piccolo e il più svelto, fu affidato il compito di rimanere con il secondo gruppo. Qualsiasi cosa fosse accaduta, il topo doveva immediatamente correre ad avvisare gli uomini nella foresta.
L’unico ancora nel mondo dei sogni nonostante il trambusto, era Eustace.
Gael tentò di svegliarlo, ma non ci fu verso. Il ragazzo continuava a russare imperterrito.
“Lascia perdere” le disse Ripicì, prendendola per mano e andando a nascondersi con lei e Rhynce.
Caspian guidò il suo gruppo con l’aiuto di Rynelf, il quale aveva accompagnato Peter la sera prima proprio per il sentiero sul quale si trovavano ora.
“Per di qua, Maestà” disse il marinaio, conducendoli verso un tratto di bosco in cui crescevano strane piante tonde o quadrate, o di altre forme, come di cigno, di cavallo o di delfino.
A Edmund e Susan ricordarono moltissimo alcune siepi dei parchi londinesi. Pensarono anche, e a ragione, che gli autori di quelle sculture vegetali fossero gli abitanti dell’Isola, gli stessi ai quali appartenevano le orme sulla spiaggia.
“Guardate” chiamò Edmund a un tratto. “E’ il pugnale di Lucy”.
Accorsero tutti ad osservare più da vicino.
“Sì, non c’è dubbio” commentò Susan preoccupatissima. “E’ proprio il suo. Oh, che cosa le sarà successo? Dove saranno lei e Peter?”
Li chiamarono ad alta voce, continuando a percorrere il sentiero.
“Fermi!” ordinò Drinian a un certo punto.
Il gruppo si arrestò. Gli uomini estrassero le spade, Susan e un paio di Fauni incoccarono le frecce.
Il silenzio era inframmezzato dal canto degli uccelli che salutavano il nuovo giorno. Ma ascoltando attentamente si udiva qualcuno avvicinarsi.
Per avere piedi enormi, quelle creature avevano un’andatura alquanto leggera…
“State pronti” sussurrò Caspian.
I passi si avvicinavano, ormai erano dietro quegli alberi davanti a loro. Ancora poco e avrebbero avvistato i nemici, o chiunque altro fosse.
Caspian guardò Susan. Lei capì e scagliò una freccia sul suolo come avvertimento per gli intrusi di non avvicinarsi.
Edmund vide un’ombra uscire dalla vegetazione e l’attaccò senza pensaci. L’ombra parò il suo colpo e un secondo dopo il ragazzo si ritrovò faccia a faccia con il nemico…
“Peter!”
“Ed!”
Esclamarono in coro.
Susan, Caspian e tutti gli altri rilassarono le spalle e abbassarono le armi.
“Dove diavolo eri finito, Peter?” lo rimproverò subito Susan. “Ci siamo spaventati a morte! Non hai visto le orme sulla spiaggia? Lucy è sparita e…oh!” esclamò, vedendo una ragazza apparire alle spalle del fratello.
Cadde un silenzio di stupore. Alcuni uomini fecero un inchino alla nuova venuta e la fanciulla dai capelli rossi ricambiò. Chi aveva il cappello se lo tolse in segno di rispetto.
Peter allungò una mano e aiutò la ragazza a uscire dal folto della foresta, dato che la sua lunga veste si era impigliata in un cespuglio di rose.
“Ragazzi, lei è Miriel, Driade del Fiore del Fuoco” la presentò subito il Re Supremo, vedendo le espressioni basite dei compagni.
“Sono onorata di fare la conoscenza dei nobili fratelli del Re Supremo di Narnia, Susan la Dolce e Edmund il Giusto, e di un grande nuovo sovrano, Caspian il Liberatore”
Susan e Miriel si scambiarono una riverenza elegante, la simpatia reciproca fu immediata. Caspian e Ed fecero un inchino e le baciarono la mano.
“Porgiamo i Nostri rispetti, signora” disse il Re di Narnia.
“Vi ringrazio. Ma…dov’è la Regina Lucy?” chiese Miriel, girandosi perplessa verso Peter.
Il ragazzo stava in effetti per fare la stesa domanda. Allo stesso tempo, gli amici stavano per raccontargli l’accaduto, quando un nugolo di lance appuntite invase l’area circostante prendendo tutti alla sprovvista.
Bum, bum, bum.
Un rumore tonante di passi pesanti fecero tremare il suolo.
Peter si parò di fronte a Miriel per proteggerla.
 “No, Peter, aspetta. Non c’è pericolo…”
Susan e gli alti arcieri caricarono di nuovo i loro archi, ma colpivano alla cieca dato che i nemici non si vedevano da nessuna parte.
Alla Regina Dolce venne portato via l’arco di mano, poi venne spinta a terra. Lo stesso accadde anche ai tre Re, ai quali furono tolte le rispettive spade.
Poi una voce disse: “Fermi, intrusi, o siete morti!”
“Che sorta di creature siete?” chiese Caspian indietreggiando, ancora seduto a terra. Non c’era nessuno…
“Siamo esseri grandi! Con la testa di tigre e il corpo di…” balbettò la prima voce.
“Un’altra tigre” suggerì una seconda voce più acuta.
“Allora perché le vostre orme non assomigliano affatto a quelle di una tigre?” chiese Susan scettica, “Dovreste avere anche le zampe di tigre, o no?”
Caspian, Edmund e Peter sorrisero. Brava Susan…
Gli Invisibili balbettano, poi quello che era il Capo disse: “Zitti! Non vi conviene mettervi contro di noi!”
“Oppure?” chiese Edmund mentre si rimetteva in pedi insieme agli altri.
Miriel avanzò verso le voci.
“Amici vi prego, non dovete combattere tra voi”
“Uhm…uhm…io ti conosco” fece la voce del Capo. “Tu sei l’ospite dell’Oppressore, cioè del mago”
“Sì, esatto. E vi assicuro che questi uomini non sono pericolosi, sono uomini di Narnia”
“Ah, davvero? Capo hai sentito? Lo sapevi, Capo? Lo sapevi?”
La Driade sorrise e si volse verso i narniani. “Per favore, non siate duri con loro, sono solo piccole creature innocue”
“Tanto piccole non direi, viste le orme” disse Peter.
Intano, stava accadendo una cosa davvero strana. Dal nulla apparivano figure simili a funghi giganti. Più li si guardava, più si capiva che non si trattava di funghi ma di ometti bassi, alcuni dei quali stavano uno in groppa all’altro per sembrare più alti e quindi più spaventosi (almeno secondo loro). La cappelle erano le teste, più lunghe che larghe, e tutti avevano un unico piedone sul quale si muovevano saltellando.
“Attenti a quel che dite! Perché…perché…ehm…”
“Ma che carini” disse Susan ridendo.
“Carini?” fece Drinian sarcastico. “Poco fa volevano ucciderci, Maestà, ve lo siete già dimenticato?”
“Oh, sono certa che non l’avrebbero mai fatto”
“Ma che cosa sono?” chiese Peter divertito.
“Inettopodi. Così li chiama il mago” rispose Miriel.
Gli Invisibili (ma ormai li chiameremo Inettopodi), che non si erano ancora accorti di essere ridiventati visibili, fissavano gli umani con espressione perplessa.
“No, no. Noi siamo Monopodi, non Inettopodi” la corresse il Capo, un tipo dalla lunga barba, capelli e baffoni rossi. “E poi come osate prendervi gioco di noi! Attenti perché se vi attacchiamo tutti insieme non c’è scampo per voi!”
“Oh, certo. E come fate? Ci schiacciate con le vostre pancione?” chiese Edmund divertito.
Ora che li vedeva, gli Inettopodi non erano affatto spaventosi come invece avevano continuato a ripetere.
“Ci fate solletico con i piedoni?” sorrise Caspian riprendendo la sua spada e quelle dei compagni.
“Sì! Sì! Ben detto e…uhm…mmmm….”
Gli Inettopodi cominciarono a capire che qualcosa non andava. Gli intrusi non sembravano più spaventati come in principio.
“Oh-oh. Fratelli, siamo tornati visibili!”
“Ah, è vero! Bravo Capo, ben detto! La ragazzina ce l’ha fatta! Bel colpo! Brava!” esclamarono gli esserini saltando giù dalle spalle dei compagni e mettendosi a saltellare qua e là per il prato.
“Quale ragazzina?” chiese Peter in fretta, puntando Rhindon contro il Capo.
“Che ne hai fatto di mia sorella, piccolo miserabile?” gridò Edmund.
Il Capo si ritrovò presto circondato da almeno una decina di lame e punte di frecce.
“Calma, calma”
“Meglio se glielo dici, Capo” disse un altro Inettopodo.
“Va bene, allora. La ragazzina è nel palazzo”
“Quale palazzo?”
Come in risposta alle domande di Edmund, poco distante da loro apparve una grande casa a due piani.
“Oh…Quel palazzo”.
“E’ tornato visibile anche quello! Evviva!” esclamarono gli Inettopodi continuando a saltellare.
“Fratelli sta arrivando qualcuno!” disse uno di loro.
Dagli alberi spuntarono Rhynce, Tavros, Gael, Ripicì e gli altri marinai.
“Comincio ad essere davvero stufo di essere lasciato indietro!” esclamò Eustace che era ultimo della fila. Si bloccò di colpo quando vide gli Inettopodi. “Che…che roba è?”
“E’ il maiale! È tornato il maiale!” gridarono quelli.
“Questo posto diventa sempre più strano…” commentò il ragazzo osservandoli con tanto d’occhi.
In men che non si dica erano divenuti tutti amici. Le armi vennero rinfoderate e gli Inettopodi spiegarono brevemente il perché avevano deciso di rapire Lucy. La loro storia era assai più lunga, ma al momento nessuno aveva molta voglia di ascoltarla, soprattutto quando il portone principale del palazzo si aprì e comparve proprio la Valorosa accompagnata da un uomo che i narniani non conoscevano.
“L’Oppressore! Aiuto l’Oppressore!” strillano gli Inettopodi, rifugiandosi chi tra i cespugli chi dietro le gambe degli uomini.
“E’ lui che ci ha fatti diventare invisibili, sapete? E ci ha fatti anche così brutti! Oh sì, vedeste com’eravamo belli prima che ci trasformasse”
“Ma non siete affatto brutti” dichiarò Susan.
Gli Inettopodi scossero la testa sconsolati.
 “Ed, Peter, Sue, Caspian!” chiamò una voce allegra.
“Lucy!” esclamarono i ragazzi correndole incontro e abbracciandola. “Stai bene, Lu?”
“Sì. Scusate se vi ho fatto preoccupare, ma questi simpatici esserini mi hanno minacciata e non ho potuto dir loro di no”
“Minacciata?” fece Peter corrugando la fronte.
“Per forza!” si giustificarono gli Inettopodi. “O non avrebbe mai fatto quello che volevamo”
“Non temete, sono creature innocue” disse l’uomo accanto a Lucy, ripetendo le esatte parole della Driade.
“Bè, troppo innocue non direi” borbottò Edmund. “Le lance mi sembravano piuttosto affilate”.
Ma il discorso cadde, perché la sorella minore presentò il nuovo venuto, che a quanto pare era il proprietario della grande casa e dell’Isola.
“Ragazzi, vi presento il mago Coriakin”
Coriakin s’inchinò “E’ un onore conoscere i Sovrani di Narnia e i loro amici”. Poi allargò le braccia a Miriel. “Mia cara, cominciavo a preoccuparmi”
Miriel andò da lui e lo baciò sulle guance. “Ho avuto un piccolo contrattempo stanotte e sono rimasta fuori più del dovuto”
Il mago si rivolse subito a Peter, come se già sapesse tutto ciò che era accaduto nella radura.
“State bene, Maestà?”
“Sì, solo grazie a Miriel”
“Perché che è successo?” chiese Lucy, desiderosa di scoprire chi fosse la nuova amica dai capelli rossi.
“Ci racconteremo le rispettive avventure davanti a una buona colazione, che ne dite?” propose Coriakin e tutti accettarono di buon grado.
“Prendiamo il maiale per la colazione!” dissero gli Inettopodi, che a quanto pare erano esserini tuttofare.
Eustace scappò a gambe levate quando le creature cominciarono a rincorrerlo con le lance in mano, provando a infilzarlo in quel posto dove non batte mai il sole….
Organizzarono un banchetto coi fiocchi (senza Eustace come piatto forte, per fortuna).
Lucy raccontò la sua storia per prima. Susan, Ed e Caspian non ebbero molto da dire, per cui lasciarono subito la parola a Peter. Il Re Supremo narrò loro il suo incontro con Miriel e ciò che aveva visto nella radura quella notte.  
Il giovane cominciò a capire perché gli era parso che la foresta lo chiamasse. In realtà non era affatto la foresta. Ad attirarlo era stata la voce di quella donna fatta di nebbia che di certo non aveva buone intenzioni. Fortunatamente era sopraggiunta Miriel, che a quanto pareva era ospite di Coriakin sulla sua isola da molto tempo.
“Aslan l’ha mandata qui per farvi da guida” cominciò a spiegare il mago quand’ebbero finito di mangiare.
I dettagli Peter li conosceva già, ma ascoltò ugualmente in silenzio.
“Sapete, anche io provengo dalle parti di Miriel” disse Coriakin. “Io sono una stella… in pensione, diciamo”
“Davvero?” chiesero i ragazzi in coro.
“Non proprio” fece la Driade, con una nota di rimprovero nella voce. “Coriakin ha fatto un torto ad Aslan, per questo è stato mandato su quest’isola. Deve espiare una colpa”
Il mago borbottò qualcosa. “E va bene, è vero. Comunque, non chiedetemi niente. Di questa storia preferisco non parlare, è una brutta faccenda. Ad ogni modo…Aslan mi ha messo qui per far da tutore a questo popolo primitivo che prima si chiamavano Monopodi, e che io ho trasformati in Inettopodi”
“Loro non sembrano troppo contenti di questa trasformazione” commentò Susan.
“Lo so, ma non credo li farò tornare com’erano. Dicevano di essere belli, ma per me lo sono di più adesso”
“Coriakin, per cortesia, possiamo andare avanti?” chiese Miriel paziente.
“Oh, certo cara, scusa…Che cosa dovevo dire?”
La fanciulla sospirò e proseguì, picchiettando sul braccio dell’uomo.
“Sono su quest’isola da quasi un anno. Non sapevamo quando sareste arrivati ma Aslan mi disse di iniziare a vivere nel mondo dei mortali per abituarmi alla vita che conducete, dato che dovrò venire con voi. Coriakin mi ha ospitata gentilmente.”
“Parti sul nostro veliero?” chiese Lucy euforica.
“Se Re Caspian acconsente”
“Signora, se è volere di Aslan che ci facciate da guida per il resto del viaggio, così sarà. Non ho nulla da obbiettare se per voi non è troppo pericoloso”
Coriakin sorrise. “Resterete stupiti dai poteri di Miriel. Il Re Supremo ne ha già avuto conferma”
Tutti si volsero in direzione di Peter.
“Credo che dovrebbe venire” disse il giovane dai capelli biondi. “Lei stessa ha scelto di essere qui per noi e conosce qualcosa che riguarda la nebbia verde”
“Parlatecene, allora” disse Susan.
Miriel e Coriakin si scambiarono uno sguardo molto serio. Il mago si alzò.
“Venite” disse. “A questo proposito ho qualcosa da mostrarvi”
Si spostarono di nuovo nella biblioteca, il mago, la Driade, i cinque Sovrani, Eustace e Drinian. Ripicì restò fuori, poiché gli Inettopodi avevano paura dei topi e non volevano che entrasse in casa.
“Ricordate quando ho detto che volevo solo proteggere gli Inettopodi, ed è per quello che gli ho resi invisibili? Bene, la nebbia centra in un certo modo. Dovevo proteggerli dal male. Pensavo che se la nebbia non li avesse trovati non li avrebbe fatti cadere nel sonno eterno. E invece…”
“Volete dire” disse Caspian, “che anche voi siete stati colpiti da quella strana malattia?”
“Sì, alcuni Inettopodi si sono irreversibilmente addormentati. L’avete già vista all’opera, allora”
“Sfortunatamente sì. Sulle Isole Solitarie siamo stati ospiti di un caro amico di mio padre e…”
“Ah sì, sì.” lo interruppe il mago. “Ora ricordo, so tutto. L’altra giuda mi ha messo al corrente”
“L’altra?” fece Lucy un poco confusa.
“Forse è meglio fare un piccolo riassunto” disse Miriel. “Una guida sulla terra e una in cielo, così disse Aslan, per guidare il Veliero dell’Alba nella sua epica traversata. Io sono la guida sulla terra, che vi metterà in guardia dai pericoli e vi verrà in aiuto con i poteri di cui dispongo: la luce. La nebbia verde viene da un luogo buio, dove non c'è mai il sole”.
“Le vostre guide” continuò Coriakin, “sono state scelte personalmente dal Grande Aslan e su espresso ordine dell’Imperatore d’Oltremare, per vegliare su di voi. La seconda guida, che ancora non conoscete, si trova su un’isola assai lontana da qui, ma sta osservandovi attentamente e ha deciso di intervenire in quanto protettrice. Ha una visuale più ampia di quella che può avere Miriel, e questo le ha permesso di vedere un enorme pericolo incombere su di voi”
I ragazzi si scambiano sguardi preoccupati.
“La nebbia” disse Edmund senza dubbio alcuno.
“O ciò che la nebbia copre” ribatté il mago.
Prese un grande rotolo di pergamena da uno degli scaffali. Lo aprì e lo srotolò per terra come fosse un grosso tappeto. I cinque Sovrani, Eustace, Miriel e Drinian si sistemarono in cerchio intorno ad esso.
Era una dettagliata cartina di Narnia e dei regni che la circondavano: a nord le Terre Selvagge; a sud le terre azzurre di Archen e quelle del Grande Deserto di Calormen; a ovest Telmar e a est gli arcipelaghi delle Sette Isole, le Isole Solitarie, Galma, Terebinthia e l’Oceano Orientale, comprese l’Isola di Coriakin e altre terre lontane. Tutto era in movimento.
I Pevensie ebbero come l’impressione di stare davanti allo schermo di un cinema, solo che lo stavano guardando in piedi dall’alto.
“E’ piuttosto bella” disse Eustace ammirato. Gli altri lo guardarono con un mezzo sorriso. “Bè…per essere la mappa immaginaria di un mondo immaginario” si corresse subito il ragazzo.
“Osservate” disse Coriakin, stendendo una mano sulla mappa.
Essa cambiò all’improvviso. Le figure si ingrandirono come se il mago stesse usando un’enorme lente d’ingrandimento. Il continente di Narnia sparì e il tutto si concentrò sull’Oceano Orientale. Attorno alle isole vorticava la nebbia verde.
“E’ dappertutto. E’ l’origine dei vostri problemi ed è partita da lì”
Le terre sulla mappa si susseguirono una dopo l’altra alla loro vista. I ragazzi scorsero velocemente le altre isole sconosciute, e parve loro di vedere un grande fiume, un vulcano e alte colonne di marmo simili a un tempio. Infine, l’immagine si fermò su una terra brulla e buia. Faceva venire i brividi solo guardandola da lontano. Tutti si chiesero se mai avessero dovuto imbattervisi, e Coriakin diede loro tale conferma.
“Il luogo dove si annida il male è L’Isola delle Tenebre. Prima non esisteva e io credo si sia formata nello stesso momento in cui è apparsa la nebbia”
“E’ proprio la stessa che abbiamo già visto” commentò Peter. “E qualcuno la controlla”
Coriakin lo guardò molto seriamente. “La nebbia può assumere qualsiasi forma. Può far avverare i vostri sogni più oscuri. Cerca di corrompere tutti i gusti e di gettare il mondo nell’oscurità. Tutti voi avete nel cuore paure e segreti. Dovete guardarvi da essi o la nebbia si estenderà sempre più a est, arrivando sino a Narnia”
“E’ già arrivata troppo oltre” disse Caspian con aria grave. “E temo che la nebbia sia più di una materializzazione dei nostri incubi”
“E’ di questo che si nutre” disse Miriel. “Di incubi. Afferra le sue prede tramite i tormenti del cuore. Prima tentandole e poi facendole sprofondare in un sonno irreversibile”
“Chi c’è dietro tutto questo?” chiese Susan.
“Non lo so, Maestà, mi rincresce. Ma è un male antico, più vecchio della stessa Narnia. Il suo scopo però è chiaro: gettare il mondo nell’oblio, in un sonno eterno. Purtroppo, gli uomini- e non solo- stanno diventando sempre più inclini all’odio e all’egoismo. Ciò non fa che incrementare il potere di cui la nebbia si nutre. L’odio genera violenza  e la violenza genera la morte.”
“Quindi, la maledizione di Tash di cui parlavano gli abitanti delle Isole Solitarie, non era altro che il potere della nebbia?” chiese Susan, ripensando a quelle povere persone sacrificate inutilmente ad essa.
“E’ probabile” le rispose Caspian. “Ma per quel che ne sappiamo, potrebbe trattarsi proprio di Tash. In quanto divinità di Calormen, non mi stupirei se avesse davvero scagliato una maledizione simile su Narnia, visto l’odio che da sempre covano nei nostri confronti”
“Come si può fermare?” chiese Lucy a Coriakin.
“Rompendo il suo incantesimo”
Si voltò verso Edmund e puntò un dito contro la Spada di Bern.
“Di spade come quella, altre sei ne esistono. Se avete già in mano vostra la prima, significa che non c’è bisogno che io vi racconti la loro storia”
I ragazzi annuirono.
“Lord Bern in persona, custode della prima spada, ci ha messo al corrente di tutto” rispose Edmund, stringendo l’elsa con orgoglio.
“Avete visto le altre?” volle sapere Peter.
“Sì”
“I sei Lord” disse Caspian emozionato. “Sono passati di qua”
“Certo”
“E dove erano diretti?”.
“Dove io li ho mandati” fece Coriakin, stendendo per la terza volta la mano sulla mappa.
L’immagine cambiò ancora e si spostò un po’ più indietro rispetto all’Isola delle Tenebre.
“Ora dovete ascoltare attentamente ciò ce sto per dirvi, Sovrani di Narnia” enunciò il mago, “E anche tu, Eustace Scrubb”
“Oh! I-io?” balbettò il ragazzino. Era la prima volta che veniva coinvolto in prima persona in un affare tanto importante che riguardasse quel mondo magico.
“Per rompere l’incantesimo della nebbia, per evitare che la sua maledizione-da chiunque sia stata lanciata- arrivi sino a Narnia e catapulti il mondo intero in un sonno infinito, dovrete ascoltare i consigli della Driade Miriel, guida della terra; e seguire la Stella Azzurra, guida del cielo, che vi sorveglia e protegge per quanto le è possibile. Viaggiate con loro e arriverete incolumi fino all’Isola di Ramandu. Lì, le Sette Spade dovranno essere deposte sulla Tavola di Aslan. Solo allora riusciranno a sprigionare il loro vero potere magico. Esse racchiudono il potere che può annientare le tenebre di cui la nebbia si nutre. Tenebre reali, come quelle della notte; ma anche emotive, costituite da incubi, rancori e paure che albergano nel cuore di ognuno, e che sono forse le più pericolose e le più difficili da sconfiggere. Non fatevi indurre in tentazione”
“In tentazione?” fece Lucy.
“Sicché la Settima Spada non sarà consegnata sulla Tavola di Aslan e riunita alle altre, il male si ritroverà in vantaggio e farà ciò che è in suo potere per mettervi alla prova. Siate forti” li mise in guardia il mago con aria molto seria.
Poi si rivolse a tutti loro, uno per uno.
“Peter il Magnifico: non dubitare mai di ciò che può accadere, o perderai ciò che per te è più prezioso”
Peter fissò negli occhi Coriakin, non riuscendo a capre a fondo il significato di quella frase.
“Edmund il Giusto: ricorda e ringrazia sempre per la possibilità che ti è stata data e il ruolo che ti è stato affidato”
Ed sostenne lo sguardo del mago, quasi volendo sfidarlo.
“Eustace Scrubb: non aver paura, credi e vedrai”
Eustace rimase sull’attenti e poi fissò la mappa davanti a lui.
“Caspian il Liberatore: non tentare l’impossibile, poiché ciò che è deciso non cambierà, nemmeno per il Re”
Caspian abbassò lo sguardo e la sua espressione divenne pensierosa. Si volse appena verso Drinian e poi verso Susan, tornado infine a guardare altrove.
“Lucy la Valorosa: non voler essere più di ciò che sei, o perderai ciò che può essere tuo per sempre”
Lucy assunse un’espressione colpevole.
“Susan la Dolce: devi accettare quel che più temi, solo non dimenticare e scoprirai ciò che per te è davvero importante”
Susan fu l’unica che ebbe il coraggio di rispondere a Coriakin.
“Perdonatemi, signore, ma credo di aver già capito cosa è più importante” disse con voce bassa ma ben chiara, girandosi un attimo solo per guardare Caspian.
Coriakin fece un’espressione indecifrabile, poi voltò loro le spalle rimanendo in silenzio come se stesse riflettendo.
“Non cadete in tentazione” ripeté infine. “Se volete sconfiggere le tenebre, dovete sconfiggere le tenebre dentro di voi. Non dimenticatelo. Non dimenticatelo mai”.
 
 
Gli Inettopodi si dimostrarono più simpatici di quanto lo erano stati all’inizio. Per farsi perdonare, prepararono altri due pasti deliziosi che agli ospiti furono assai graditi. Aiutarono anche nelle riparazioni della nave, chiedendo ai loro amici granchi di issare il Veliero dell’Alba sui loro gusci luccicanti e portarlo fino a un’altra piccola insenatura nascosta all’interno dell’Isola. In quel modo, spiegarono, essendo più vicini alla casa rispetto alla spiaggia, sarebbe stato meno faticoso andare avanti e indietro per trasportare gli attrezzi e le assi che servivano.
Incredibilmente, i granchi riuscirono in quell’impresa. Ne arrivarono a centinaia, issarono lo scafo sulle corazze e tutti insieme si mossero verso il luogo indicato dagli Inettopodi.
Rhynce coordinò i lavori di carpenteria, tutti diedero una mano, anche Coriakin, che usò la sua magia per rinforzare maggiormente il veliero.
Drinian fu del parere che l’idea degli Inettopodi era stata assai utile anche per un altro motivo: per tutto il giorno aveva notato un falchetto sorvolare l’isola, di quelli che di solito si usano per la caccia.
“Pensi che qualcuno ci segua?” chiese Caspian ansioso.
“Non ne sono sicuro, ma è meglio essere prudenti e rimanere nascosti”
La notte calò rapidamente.
Coriakin ospitò i Sovrani di Narnia nella sua grande dimora, mentre la maggior parte dell’equipaggio rimase sulla nave, chi a sorvegliare il veliero, chi a finire i lavori, i cui tempi furono assai ridotti soprattutto grazie all’aiuto del mago. Se tutto andava come previsto, la mattina dopo avrebbero già ripreso il mare.
Ma c’era chi non riusciva a dormire nonostante il grande e comodissimo letto di piume, le coperte morbide e il tepore del caminetto acceso.
Lucy si rigirava continuamente tra le lenzuola, sbuffando e sospirando. Continuava a pensare alle parole che Coriakin le aveva rivolto quel pomeriggio.
Non voler essere più di ciò che sei…
“Accidenti” mormorò mettendosi a sedere sul letto.
Se si faceva spaventare da un semplice avvertimento (perché di quello si trattava, vero? Non di qualcosa che stava per accadere davvero…), che sarebbe successo quando le cose fossero diventate più serie?
Se aveva avuto paura ad entrare in un casa per leggere un libro, che avrebbe fatto quando si sarebbe trovata davanti la nebbia verde e chi la manovrava? Se era davvero Tash?
Se la situazione l’avesse richiesto, sarebbe stata in grado di affrontare difficoltà, pericoli forse anche mortali?
 “Se solo fossi più grande…” pensò. “Se fossi come la ragazza nel libro, forse potrei…
Si mordicchiò il labbro inferiore e poi infilò una mano sotto il cuscino. Ne uscì la pagina del Libro degli Incantesimi, quella in cui si era vista con il volto di Susan.
“Vorrei essere come lei. Perché continuo ad essere così piccola?”
“Voglio essere più grande” scandì ad alta voce. “Anch’io voglio essere coraggiosa e bella”
Osservò la pagina e ancora una volta recitò l’incantesimo. Notò poi altre parole sopra il ritratto della donna sconosciuta. Non le aveva viste quel mattino, strano…
Lucy si portò la pagina davanti al volto, per specchiarsi nell’ovale in cui sperò presto di vedersi di nuovo con l’aspetto di sua sorella.
“Fa di me colei che io tanto vorrei”
Ed ecco che la donna spariva e veniva sostituita dal suo volto. E il volto mutò, le labbra si riempirono, gli occhi si schiarirono e capelli si allungarono e si scurirono.
Lucy, eccitatissima, si alzò dal letto e andò a guardarsi nel grande specchio accanto al fuoco, il quale le rimandava un’immagine a figura intera del suo corpo.
E la figura che ora vedeva di se stessa le piaceva, era diventata bellissima, la camicia da notte le stava anche meglio ora che il seno era cresciuto.
Lucy rise e afferrò il mantello. Uscì di corsa dalla stanza e non notò, per la seconda volta quel giorno, che una nebbiolina verde le vorticava intorno.
La bruma sembrò più densa, più corposa, come se avesse acquistato spessore. Sfiorò il letto vuoto sul quale era rimasta incustodita la pagina del libro del mago. Poi svanì.
Lucy si voltò un attimo ma subito lasciò perdere. Sicuramente il sibilo che aveva sentito alle sue spalle proveniva da un qualche uccello o animale notturno.
Era una notte chiarissima, senza luna ma con così tante stelle che per la ragazza non fu difficile muoversi nell’oscurità.
Uscì dalla casa e si recò di corsa al laghetto dove la sera prima aveva fatto il bagno con Gael e Susan. Ora era come lei, e per un attimo fece finta sul serio di essere la sorella.
Andò a specchiarsi sulla superficie limpida e calma del lago e si passò le dita tra i capelli, sollevandoli e poi lasciandoli ricadere. Sorrise, quindi si alzò, si levò il mantello e si spogliò della camicia da notte, immergendosi nella acque fresche. Era una bellissima sensazione.
“Se un principe mi vedesse come sono ora” pensò Lucy arrossendo un poco, “forse chiederebbe la mia mano”
I fianchi si erano arrotondati, le gambe erano meno magre, le braccia bianche e…sì, il volto era proprio come lei lo voleva.
Dalla vegetazione circostante apparve un gruppetto di granchi, tra cui il più grosso, che era diventato loro amico per primo. Lucy giocò un po’ con loro e si divertì nuotando e spruzzandosi d’acqua. D’un tratto però, i granchi uscirono di corsa dal lago e andarono a nascondersi, spaventati.
All’inizio, Lucy non capì cosa potesse averli indotti a fuggire, poi sollevò la testa e scrutò nel buio. Nulla si muoveva ma lei aveva sentito un rumore al di sopra del suono della cascata. Era vicino.
Si issò fuori dall’acqua, rivestendosi in fretta.
Era un suono di passi ma non arrivava dalla direzione dalla quale era venuta anche lei, cioè dal sentiero che portava alla casa di Coriakin e al Veliero dell’Alba, bensì dalla parte opposta.
Non aveva nemmeno portato il pugnale. Quanto era stata sciocca…
Indietreggiò dentro la vegetazione, cercando di affondare più a fondo nelle ombre circostanti, attenta a non far scricchiolare nemmeno una fogliolina sotto i piedi scalzi.
Apparve una figura (maschile di sicuro) avvolta in un ampio mantello e con al fianco una lunga spada, molto diversa da quelle di Narnia. La riconobbe: una scimitarra. Anche nella notte era distinguibile la forma ricurva.
“Calormen”pensò immediatamente Lucy, con il panico che cresceva dentro di lei. “Non può essere. Perché sono qui? Avranno già trovato gli altri?”
Cominciò a respirare velocemente.
“Calma…devo calmarmi…Devo tornare indietro”
Si mosse piano, ricordando improvvisamente che non aveva più il suo aspetto.
Che cosa avrebbero detto vedendola così? Come lo avrebbe spiegato?
“Non è importante ora, devi avvisarli del pericolo”
Indugiò ancora un istante, stringendosi nel mantello, e quell’attimo le fu fatale.
Quando si voltò per fuggire in mezzo agli alberi andò a sbattere contro qualcosa, o qualcuno. Cadde a terra e sentì l’inconfondibile suono del metallo contro il cuoio: una spada che veniva sguainata.
Lucy alzò lo sguardo e osservò l'uomo davanti a lei. Il turbante, la scimitarra e la divisa bianca e arancione tipica dei soldati del sud. Era davvero giovane, poco più grande di lei. Gli occhi erano scuri, gentili e la fissavano attentamente.
“Hai trovato qualcosa, Emeth?” disse la voce dell’altro, quello che Lucy aveva visto per primo.
Il ragazzo non rispose subito e continuò a guardare la giovane donna davanti a sé. L’aveva già vista. La riconobbe come una dei due naufraghi che avevano preso come schiavi a bordo dell’Occhio di Falco. Era l’ossessione del principe Rabadash.
Era la Regina Susan.

 
 
 
 
 
 
 
Cari lettori, mi spiace avervi fatto aspettare per l’uscita di questo capitolo, ma la vostra Susan è rimasta inferma da giovedì a domenica con un mal di schiena allucinante. Niente di grave, incidente sul lavoro (sapete com’è, l’età…). Avete presente uno stoccafisso? Ecco…, dritta impalata sul divano, non riuscivo manco ad alzarmi. Per fortuna ora va meglio, sono andata dal medico e tutto si risolverà (spero) in tempi piuttosto brevi. Domani torno già al lavoro, per cui tornerò presto anche a scrivere come si deve!
Ok, ora vi lascio ovviamente ai commenti di questo sudatissimo capitolo (per me e per voi, lo so).
Cara la nostra Lu, ora che le succederà? I cattivoni la prenderanno? E gli altri?
Caspian e Susan non si sono visti quasi, T________T dispiace anche a me che credete, ma volevo lasciarli respirare un poco prima di creargli alti guai. E arriveranno, potete starne certi…
Ma mi piace dar spazio anche agli altri, anche perché ripeto (per l’ennesima volta) che ho così tante idee e non riesco a far stare tutto nello stesso capitolo, devo suddividere.
E poi Lucy è Lucy, e se non fosse per lei Narnia non l'avremmo mai scopreta, e se non c'è Narnia non c'è Caspian, e senza Caspian non si può fare la coppia Caspian/Susan, e niente Caspian e Susan niente storia! XD Passiamo ai ringraziamenti:

 
 
Per le seguite: Allegory86, ArianneT, Chanel483, FedeMalik97, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, Jlullaby, Luna23796, Mari_BubblyGirls, piccola_cullen,  piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, yondaime e Yukiiiiii
Per le preferite: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, KiMiChAmA_EllY_, LittleWitch_, Lules, , piumetta, SerenaVdW e tinny
Per le ricordate: Angie_V e Miss_Hutcherson
Per le recensioni dello scorso capitolo: Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, Lules, piumetta, SerenaVdW e tinny
 
Angolino delle anticipazioni:
Nel prossimo capitolo Lucy e Emeth si conosceranno meglio <3 e lui ci riserverà una grossa sorpresa!
I nostri eroi dovranno affrontare la prima battaglia contro Rabadash e i suoi: chi vincerà?


Risultato sondaggino: Ho deciso che le foto le alternerò, così faccio contenti tutti ^.^
 
Ohi, ohi…scusate ancora se ho dovuto posticipare l’uscita del 17. E mi scuso in anticipo se capiterà ancora in futuro. Il 18 penso di riuscire a postarlo al più tardi domenica, perché ho già in mente quasi tutto.
Non ho riletto, se trovate qualche errore ditemelo. Vi siete superate nello scorso capitolo: 11 recensioni! Ok, confronto ad altre non sarà molto, ma per me è una grande soddisfazione!!!Vi adoro!!!!
Un bacio enorme e grazie infinite perché continuate a sostenermi e non mi abbandonate mai!
Susan<3

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Capitolo 18
*** Capitolo 18: La prima battaglia ***


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18. La prima battaglia
 

 
 
Tentò di fuggire, ma non fu una buona idea.
Non appena il giovane soldato allungò una mano verso di lei, Lucy scattò in piedi, gli voltò le spalle e si mise a correre.
“Non lasciarla scappare!” gridò Emeth al suo compagno, che si tuffò verso la ragazza e la scaraventò a terra.
Lucy gridò aiuto, ma il calormeniano le tappò la bocca con la mano.
“Ahi! Mi ha morso, questa piccola…” esclamò l’uomo. Anche con un braccio solo, però, riuscì a trattenerla. “Che fai lì, impalato, vieni ad aiutarmi, Emeth!”
Il giovane avanzò verso di loro con una strana espressione. Non gli piaceva il trattamento che i soldati riservavano agli ostaggi, figurarsi se l’ostaggio era una donna, una Regina per di più.
“Non la passerete liscia! I miei amici verranno a liberarmi. Appena vedranno che…” disse Lucy, ma non riuscì a terminare la frase. L’uomo del sud le ficcò in bocca un fazzoletto con malagrazia e iniziò a legarle i polsi. Poi se la issò sulle spalle come un sacco di patate e s’incammino a passo spedito verso il punto in cui erano apparsi lui e il suo compagno più giovane.
Lucy vide che c’era un fiume poco lontano dal lago e capì che i due calormeniani erano giunti lì con la barca sulla quale la fecero salire.
“Grazie per l’aiuto, Emeth” disse il soldato sarcastico.
“Non mi piace questa storia” ammise il giovane. “E mi piace ancor meno dover rapire una Regina”
“Sei stato assoldato per questo. Che credevi? Che fosse una specie di crociera? Ricordati cos’ha detto il principe. Questa gente” fece l’uomo, segnando Lucy con il pollice, “vuole distruggerci”
“Sarà anche così, ma io…ehi!”
Lucy aveva approfittato del momento in cui l’uomo si era voltato per afferrare i remi e l’altro ragazzo era distratto, perso in chissà quali pensieri.
Fece uno scatto e scese in acqua. La camicia da notte si bagnò fino al polpaccio, appiccicandosi alle gambe e dandole fastidio.
La fuga durò pochi secondi. Un forte colpo alla nuca le fece perdere i sensi.
Si svegliò più tardi (o così immaginò). Era sola nel buio, sdraiata su un freddo pavimento di legno. Percepì l’odore e la consistenza della paglia sotto di lei e che le si era appiccicata ai capelli. Non era più imbavagliata ma aveva ancora le mani legate.
Ripensò alla sua cattura, sola nel silenzio.
I calormeniani nell’Oceano Orientale…da quando? Da quanto? Li avevano seguiti dalle Isole Solitarie? Oppure era una semplice coincidenza?
“Certo, come no…” pensò. “Come è un caso che tu sia finita qui con l’aspetto di Susan”
Di certo per quei due soldati doveva essere stato davvero un bel colpo rapire una Regina di Narnia. Chissà quanti elogi dal loro principe.
Lucy era l’unica (insieme a Eustace) a non aver mai visto di persona Rabadash. Nonostante ciò, aveva sentito gli altri parlare di lui e non sembrava un tipo socievole. Susan l’aveva definito un pavone pieno di sé.
Susan…
Gli occhi di Lucy si riempirono di lacrime.
Quanto si sentiva in colpa! L’avrebbe odiata per quel che aveva fatto, lo sapeva.
Aveva tanto desiderato essere come lei e ora desiderava tornare se stessa.
L’incantesimo non era ancora svanito, lo capiva, sentiva di avere ancora le sembianze di Susan. Bastava che si guardasse le gambe e i capelli che le ricadevano davanti.
Le mani legate dietro la schiena, Lucy si tirò su a sedere e si appoggiò con a fronte alle ginocchia, singhiozzando forte.
La porta cigolò e la ragazza rialzò subito il capo, e vide entrare il giovane soldato che l’aveva rapita.
Indietreggiò istintivamente, anche se con una certa fatica, scivolando sul pavimento di quella che era la stiva della nave.
Il soldato notò l’agitazione della Regina e si fermò.
“Non voglio farvi del male, mia signora. Non temete”
La voce era come lo sguardo: gentile.
“Io vi ho già vista. E’ stato quando voi e vostro fratello siete saliti a bordo di questa nave. Ma voi probabilmente non vi ricordate di me”
Dapprima confusa, Lucy capì che si riferiva a Susan, non a lei, ovviamente. Non ripose comunque, non sapendo cosa dire.
“No, come pensavo…” fece il ragazzo, aiutandola ad alzarsi. “Venite con me, per favore”
“Dove mi portate?”
Il ragazzo la guardò. “Credetemi, preferirei lasciarvi andare, ma…”
“Ascoltate, io non sono chi voi credete” lo interruppe Lucy guardandolo intensamente. “Non sto cercando di ingannarvi, ve lo giuro, ma io non sono la Regina Susan”
“Cosa dite?”
“Ora non posso spiegarvi i dettagli ma credetemi. Non sono Susan”
La porta della stiva si riaprì e apparve il compagno del giovane soldato.
“Emeth, sbrigati”
Il ragazzo si girò appena ed annuì.
“Siete gentile” disse Lucy con la voce di Susan. “Non assomigliate agli altri soldati di Calormen che ho conosciuto”
Emeth sorrise lievemente. “E’ un complimento, allora” poi la guardò. “Ora dovete promettere che non tenterete di scappare. Non vi conviene. La nave è piena di soldati che immediatamente cercheranno di impedirvi la fuga. Non peggiorate le cose, vi odiano già abbastanza”
Lucy si fece condurre fuori dalla sua prigione e seguì con calma i due calormeniani. Non le era difficile immaginare dove l’avrebbero condotta, anche se sperò con tutto il cuore di sbagliarsi.
 
 
 
“Sei stata brava” disse Rabadash, mentre il falchetto si posava sul suo braccio e arruffava le penne bianche e nere.
“Vi ringrazio, mio principe. Ora spero non abbiate più sospetti su di me”
“Sei un animale parlante e anche se dici di servire Calormen, mi perdonerai se ho qualche rimostranza, Shira”
Lei lo fissò con i grandi e tondi occhi neri.
Shira era andata in avan scoperta sorvolando l’isola. Rabadash l’aveva liberata quando l’Occhio di Falco si trovava ancora a una certa distanza dalla riva.
Il principe non si fidava di lei, non ancora, proprio per quel particolare: la parola.
Tra tutte le creature viventi, gli animali parlanti erano gli unici che non avevano mai disobbedito al Grande Leone.
Dopotutto, Shira, per avere l’uso della parola doveva per forza discendenze da Narnia, e chi assicurava lui che non fosse proprio lei la spia di cui suo padre l’aveva messo in guardia? Forse era una contraddizione pensare che il falchetto rappresentasse un pericolo dal momento che le era stata affidata proprio da Tisroc, il quale aveva confermato l’efficienza dell’animale e la sua fedeltà.
Ma da chi l’aveva avuta suo padre? Chi gli aveva venduto Shira? Un uomo di Calormen? O un uomo di Narnia o di Archen?
Dal momento che derivava per forza di cose da quella terra fatata, poteva in un certo qual modo essere difficile per Shira voltare le spalle a quelli che avrebbero dovuto essere i suoi Sovrani.
Rabadash rifletteva su tutto ciò da quando erano ripartiti dalla Baia di Calormen. Il falchetto se ne stava quasi sempre nella sua gabbia, nella cabina del principe, insieme agli altri suoi fratelli muti che Rabadash contava di usare per la caccia quando si fossero trovati sulla terraferma.
Shira non si lamentava, parlava poco poiché le era stato ordinato di farlo solo in sua presenza. Gli altri marinai non avrebbero dovuto mai scoprire che era diversa, o sarebbero sorte domande e sospetti anche tra di loro. Quelli di Rabadash già bastavano.
L’equipaggio non era nemmeno al corrente della vera ragione del perché stessero inseguendo il Veliero dell’Alba.
Il principe del sud non voleva si sapesse che la stirpe dei Tisroc era in pericolo. La colpa sarebbe stata delle sue mogli, rese sterili per volere del Grande Leone. Tuttavia, qualcuno avrebbe potuto cominciare a pensare che fosse solo una scusa quella di dare la colpa alle donne. Qualche mala lingua avrebbe potuto asserire che era lui a non poter avere figli. Anche se avesse sposato la Regina Susan, i pettegolezzi su di lui avrebbero fatto il giro del regno, facendolo divenire lo zimbello del popolo. Una donna senza figli è semplicemente una donna sfortunata, ma un uomo…un principe....
No, un principe senza erede è già morto in partenza. Nobili tarkaan di tutto il deserto avrebbero cominciato a sparlare di lui, deriderlo e in poco tempo avrebbe fatto la fine del suo antenato, Rabadash.
Non poteva permetterlo. Nessuno avrebbe mai saputo niente riguardo alla sua progenie incerta.
Il fatto di prendere in moglie Susan doveva essere visto come un atto di misericordi nei confronti di una Regina rimasta senza sposo e senza regno, dopo che Caspian, i Pevensie e Narnia fossero caduti per mano dei calormeniani.
Allora il popolo e i nobili avrebbero guardato a Susan non come a una nemica, ma come alla loro regina.
Sì, le cose dovevano andare così…Ma c’era Shira a impensierirlo.
Un uomo con la lingua lunga non è mai una buona cosa. Un animale ancora meno. Un animale può passare inosservato, può infilarsi ovunque, andare e venire da solo in ogni luogo senza che nessuno ci faccia troppo caso.
Se un giorno si fosse ribellata a lui? Se fosse tornata alle sue origini? A Narnia? Da Narnia?
Ma no, Shira gli era fedele, doveva esserlo, o suo padre non gliel’avrebbe affidata.
Bussarono alla porta e questo interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Era molto tardi, chi poteva venire a disturbarlo?
“Sì, avanti”
Una delle due guardie che stavano sempre appostate fuori dalla cabina entrò e fece un inchino.
“Perdonate se vi ho svegliato, Altezza Reale”
“Non stavo dormendo. Dimmi”
“Gli uomini che avete mandato sull’Isola hanno trovato qualcosa”
“Falli passare subito”
Il soldato scattò sull’attenti e poi introdusse nella stanza Emeth e il suo compagno. Non erano soli.
Quale emozione animò la mente e il corpo di Rabadash quando se la trovò di fronte! Non poté credere ai suoi occhi, non aveva sperato in tanta fortuna quando Shira era tornata dal suo giro di perlustrazione e gli aveva riferito di aver visto il Veliero dell’Alba.
Per la seconda volta, ella era avvolta da abiti del tutto inadatti ad una Regina, ma ciò non sminuiva per nulla la sua attraente figura.
“Lasciateci soli” ordinò immediatamente a i suoi sottoposti.
Emeth e il compagno si scambiarono un’occhiata. Il ragazzo non sembrava dell’idea di lasciare quella donna sola con il principe, ma l’altro soldato lasciò la presa sul braccio della ragazza e il giovane tarkaan fu costretto ad imitare il suo gesto.
La Regina Susan si volse a guardarlo con la disperazione negli occhi, implorandolo con la sola forza dello sguardo di non lasciarla da sola, ma Emeth non poté far nulla e fu obbligato ad indietreggiare e uscire dalla cabina.
Adesso aveva paura. Lucy aveva terribilmente paura. Voleva i suoi fratelli, voleva Caspian, voleva Aslan o chiunque potesse aiutarla. Immobile, rigida, mentre il principe Rabadash la squadrava da capo a piedi in un modo del tutto sconveniente, pensò all’improvviso e con tutta sincerità che se fosse riuscita a scampare alle grinfie di quell’uomo orribile e riprendere il suo aspetto, non avrebbe mai più disobbedito, non avrebbe mai più imbrogliato o mentito. Lo giurò, su qualsiasi cosa, e continuò a ripeterlo e urlarlo nella mente all’infinito.
Poi Rabadash le parlò con voce suadente, una voce del tutto diversa da quella che si era immaginata.
“Mia amata Regina” esclamò gettandosi in ginocchio davanti a lei, prendendole la mano e baciandogliela.
Lucy fece per indietreggiare ma lui non glielo permise.
“Vi prego, non abbiate paura di me. Io sono il vostro più devoto servitore, Maestà. Sì, io sono il vostro servo, Susan”
Santo cielo, e adesso? Dire la verità era sempre la cosa migliore, tuttavia non poteva dichiarare di essere Susan. Allo stesso tempo però, se avesse rivelato di essere Lucy, che cosa le avrebbe fatto quell’uomo?
“Non abbiate paura” disse Rabadash alzandosi e accarezzandole il dorso della mano. “So che avrete sentito cose spaventose su di me e non nego che molte siano vere, ma è la necessità. Sono il mio titolo e il mio ruolo che mi spingono a fare certe scelte. Voi siete così pura, così meravigliosa che non potete certo comprendere la brutalità della vita. Ma io…oh, io ho pensato a voi in ogni singolo istante da quando vi ho vista nei panni di una naufraga. Non ho fatto altro che anelare questo incontro, e ora che vi ho qui davanti a me io sento che sarei pronto anche a gettare la corona per un vostro bacio”
“Quest’uomo”pensò Lucy allibita “è pazzo d’amore. Folle di passione. Non mi ascolterebbe neppure. Cosa devo fare?”
“Io…io sono molto lusingata dalle vostre attenzioni, ma…” gli disse lei gentilmente, la mano sempre imprigionata nelle sue. Nonostante il tono di voce pacato, quel tocco la faceva rabbrividire e non era una bella sensazione.
“Parlate mia Regina, ogni vostro desiderio è un ordine”
“Ecco…v-voi che intenzioni avete?”
Rabadash fece una faccia stupita. “Ma come? Non avete compreso che la mia era una dichiarazione d’amore? Io sono il vostro più devoto servitore mia bellissima e dolce Regina”
“Ma principe, se mi conoscete così bene, saprete che io purtroppo non posso ricambiare i vostri sentimenti”
Lucy non sapeva cosa stava dicendo, più che altro parlava per prendere tempo e intanto pensare a qualcosa. Purtroppo non le veniva in mente nulla di concreto.
Rabadash rise. “Mia cara, siete ancora così giovane…”
Lucy fu punta sul vivo e liberò la mano da quelle del principe.
“Non sono più una bambina!”
“Sì, questo lo vedo bene. Tuttavia, non vorrete dirmi che siete legata a quel Re da strapazzo, vero?”
“Sapete…”
“Voi e Re Caspian, sì. Solo gli stupidi non se ne sono accorti. Basta osservarvi appena per capire cosa vi lega”
Rabadash indurì il suo sguardo e il tono della sua voce, prendendo improvvisamente la ragazza per un polso.
“Lo dimenticherete in fretta, potete starne certa. Presto Caspian non sarà più Re e Narnia sarà mia. Anzi, nostra”
“Cosa dite?” scattò Lucy preoccupata.
“Sciocchina, non penserete che io vi riveli i miei piani, vero? No, prima devo avere l’assoluta certezza che non possiate andarvene da qui. So che vorreste correre dal vostro Caspian, ma fareste meglio ad abituarvi all’idea di non rivederlo”
“I miei amici verranno a liberarmi”
“Non se affondano con tutta la nave” rise il principe.
“Non riuscirete mai a prenderli! E non avrete mai Narnia!”
“Oh sì, l’avrò! E avrò anche voi”
“Non penso proprio, dal momento che io non sono chi voi credete”
Lucy sostenne lo sguardo del principe, anche se per poco.
Le era uscita quella frase senza pensare, ma la rabbia che provava era così tanta che aveva sostituito la paura e fatto riemergere in lei il coraggio.
Rabadash, aggrottò le sopracciglia nere. La lasciò andare e fece un passo indietro.
Non più accecato dalla sua apparizione improvvisa, ora che ella aveva parlato si avvide della differenza. Non fisica, perché l’aspetto era del tutto identico, ma c’era qualcosa nella ragazza di fronte a lui che non lo convinceva pienamente.
Susan aveva tremato la prima volta che l’aveva incontrato, ma non si era mossa, non aveva abbassato lo guardo. Invece questa ragazza…
“Non comprendo le vostre parole, signora”
“Sono spiacente, principe, ma io non sono Susan”
Rabadash si mosse svelto verso di lei e fece per alzare una mano.
“Tu, piccola…”
“Altezza Reale!” lo chiamò la guardia fuori dalla stanza. “Altezza aprite subito, è urgente!”
Il principe fissò la fanciulla con odio e poi aprì la porta con violenza.
“Che volete?!”
“Il vostro informatore è arrivato. Il Veliero dell’Alba può essere in mano nostra in un’ora”
Rabadash si volse verso la ragazza con un’espressione di feroce trionfo.
“Sorvegliatela” ordinò alle guardie. “Che non lasci la cabina per nessun motivo, nemmeno se chiede aiuto” poi si avvicinò a lei. “Scoprirò presto chi siete, Maestà. E se non siete la Regina Susan, allora tanto peggio per voi”
Dopodiché, con passo svelto si diresse fuori dalla stanza, chiudendo a doppia mandata.
Lucy corse alla porta, strattonò più volte la maniglia ma non ci fu nulla da fare.
Dannazione, era prigioniera e non c’era modo di uscire di lì. Doveva pensare, senza farsi prendere dal panico. Per il momento la sua vita era salva. Finché avesse avuto l’aspetto di Susan il principe del sud non le avrebbe torto un capello dal momento che era perdutamente innamorato di sua sorella. Tuttavia, Rabadash nutriva già dei sospetti e lei era stata così sciocca…perché gliel’aveva detto?
Non piangere, si disse, non risolvi niente facendo così. Pensa piuttosto.
Ma non mi viene in mente niente…non c’è nessuno che possa aiutarmi.
Fece vagare lo sguardo nella cabina in cerca di qualcosa che le fungesse da ispirazione. L’unica cosa che la colpì particolarmente fu la gabbia dorata posata sul tavolo, con all’interno circa una decina di falchetti da caccia, bianchi e neri.
Uno di essi la fisso a lungo, Lucy fece lo stesso e poi il falchetto emise un verso acuto, arruffando le penne e nascondendo la testa nell’ala, continuando però a sbirciarla.
Lucy girò a vuoto per la stanza, ascoltando i rumori provenienti da fuori. Sembrava che gli uomini dell’equipaggio stessero correndo qua e là per il ponte.
Dopo un po’, il rimbombo divenne insopportabile. Lucy si gettò su una poltrona del salottino e chiuse gli occhi.
Dov’erano gli altri? Perché non venivano a prenderla? Quanto tempo era passato dal suo rapimento? Se n’erano già accorti? Forse si erano già scontrati con i calormeniani, forse avevano avuto la peggio…
No, di certo i suoi fratelli e Caspian avrebbero…
Un pensiero terribile balenò nella sua mente.
E se non fossero affatto venuti a cercarla? Se avessero scoperto in qualche modo ciò che aveva fatto e avessero deciso che era meglio per tutti se lei restasse dov’era?
Chiuse gli occhi e si immaginò la voce di Peter…
“Ora sei abbastanza grande, Lu. Liberati da sola, visto che volevi essere tanto grande e coraggiosa”
Le lacrime continuavano a scendere.
“Non ne combini mai una giusta, nanerottola”
Eustace
Per quanto odioso, aveva perfettamente ragione.
 “Sei solo una stupida, Lucy. Pensavi davvero di cavartela?”
Edmund…
“Sei troppo piccola, ma cosa credevi di fare?”
Caspian, anche tu…
“Mi hai delusa Lucy. Eravamo amiche e ora…”
Oh, Susan…
“Perché l’hai fatto, piccola Lucy?”
La ragazzina alzò la testa di scatto.
Quella voce…
“Aslan?” fece incredula.
Le lampade della cabina di Rabadash si erano spente all’improvviso, ma al centro della stanza c’era una luce calda, dorata, che si espandeva, si espandeva…
Dalla luce prese forma una figura. O sarebbe meglio dire che era dalla figura che la luce proveniva, non viceversa. Era fatta di luce, era pura energia, era potere e forza, e vita, e amore. Soprattutto amore.
Lucy provò caldo all’altezza del cuore e una sensazione di estremo affetto la invase.
Dopo un secondo il Leone apparve: bellissimo, maestoso, imponente.
“Aslan!” gridò la ragazzina, correndo ad abbracciarlo e dandogli tanti baci sul muso e sul naso.
“Lucy…” la chiamò il Felino con voce afona, triste.
Lei si separò da lui e lo guardò negli occhi.
“Che hai fatto, piccola?”
Le iridi azzurre della Regina Valorosa si fecero lucide all’improvviso e lei provò un tale rimorso da non poter più sopportare di guardare Aslan in volto. Si coprì il viso con le mani e cominciò a piangere.
“Non lo so, ma è stato orribile!”
“Ma hai voluto tu che accadesse”
Lucy abbassò le mani e guardò in basso, davvero mortificata.
“Io non volevo che accadesse tutto questo. Volevo solo essere bella come Susan. Solo questo”
Aslan si sedette vicino a lei.
“Perché? Non vai bene così come sei?”
“Io…io non mi piaccio” ammise finalmente, singhiozzando più forte ora che aveva avuto il coraggio di ammettere la verità.
 “Hai rinnegato te stessa e oltre a questo molto altro. I tuoi fratelli non avrebbero mai conosciuto Narnia senza di te, Lucy. L’hai scoperta tu. L’hai dimenticato?”
Lucy si morse le labbra per non piangere. Rialzò il capo e non poté impedire a una lacrima di solcarle una guancia. Aslan sorrideva malinconico.
Nonostante tutto sembrava non essere arrabbiato con lei.
“Mi dispiace tanto” disse lei, davvero pentita.
“Tu dubiti del tuo valore. Non fuggire da ciò che sei”
Aslan avvicinò il muso al viso di Lucy e lei sentì il suo fiato caldo. Le diede un bacio da leone, leccandole piano la guancia dove la lacrima era scesa.
“Ti voglio bene Aslan.” mormorò, chiudendo gli occhi.
“Anch’io, piccola mia”
Lucy sentì la sua presenza svanire e quando riaprì gli occhi, non c’era più.
Un poco rincuorata, si asciugò il viso e si alzò…e trattenne il fiato dallo stupore.
C’era uno specchio nella stanza di Rabadash, e lei era proprio lì davanti.
Vi corse vicino e si guardò meglio. Le lampade a olio si riaccesero e Lucy vide il suo volto riflesso.
Gli occhi grandi e azzurri erano i suoi, i capelli rossi un poco mossi, il corpo ancora non del tutto sbocciato…
Sorrise, passandosi le mani sul viso, felice di vedersi come non lo era mai stata.
Era tornata se stessa. L’incantesimo era svanito.
 
 
Negli alloggi dell’equipaggio del Veliero dell’Alba, Rhynce si mosse nel sonno mentre una mano lo scuoteva forte.
“Padre, svegliati! Avanti, sveglia!”
“Cos…? Gael!” fece l’uomo tirandosi su a sedere. “Tesoro, che ci fai alzata a quest’ora?”
“C’è un problema”
Rhynce sentì uno strano rumore, come un ticchettio. Guardò verso il basso e vide a fianco alla figlioletta il grosso granchio che batteva impazientemente le zampe sul pavimento di legno e faceva schioccare le chele nervoso.
“Il mio amico è venuto a svegliarmi” riprese Gael, mentre un paio di altri marinai si destavano. “Ho capito subito che c’era qualcosa e aveva ragione. Voleva avvertirmi: Lucy è sparita di nuovo”
“La Regina Lucy” la corresse il padre.
“Lei mi ha detto di chiamarla solo Lucy. Comunque, devi venire, dobbiamo avvertire i Sovrani”
Rhynce saltò giù dalla branda e si vestì in fretta. Gli altri compagni che si erano svegliati lo guardarono un po’ perplessi.
“Gael, non è che te lo sei sognato?” provò a dire uno.
Ma Rhynce non dubitò un secondo delle parole della bambina. Lui e sua moglie l’avevano educata a non dire mai le bugie se non era necessario.
Elén…pensò Rhynce. La sua amata consorte, chissà dove si trovava ora…
Corsero tutti e tre (umani e granchio) di nuovo dentro la casa di Coriakin. Gael mostrò che la stanza di Lucy era veramente vuota.
In corridoio incontrarono Re Edmund, con i capelli un po’ in piedi e il viso assonnato. Subito gli spiegarono l’accaduto.
“Dobbiamo trovarla. Svegliamo gli altri, presto”
Rhynce e Gael corsero verso la camera di Peter, invece Edmund…verso quella di Susan.
Aprì la porta con uno schianto e gridò come un matto.
“BECCATI! Stavolta non…”
“AAAHHH!!!” Susan urlò di spavento, svegliando mezza casa. “Ma sei diventato matto??? Non si può svegliare la gente in questo modo nel mezzo della notte! Mi hai fatto venire un infarto!”
“Dov’è?!”
Susan lo guardò confusa. “Cosa?”
“Ah, sotto il letto! Ci scommetto”
“Edmund, ma che diavolo stai facendo?” chiese la ragazza, guardando sempre più allibita il fratello frugare dappertutto.
“Nell’armadio…no…mmm…Andiamo, dov’è? Tanto lo so che c’è”
“Ma chi??”
“Caspian!”
“Sono qui” disse una voce alle loro spalle.
Edmund si immobilizzò. Si voltò piano e incontrò lo sguardo del Re, che scuoteva piano la testa.
“Ah…eccoti”
Susan incrociò le braccia e guardò il fratello con occhi fiammeggianti. “Ed…”
“Scusate, ehm…io…”
“Qualcuno mi dice che succede?!”
“Lucy è sparita” le rispose Caspian.
“Lucy è sparita?” fece la Regina, buttando indietro le coperte e alzandosi.
“Rhynce sta già radunando gli uomini, Peter è andato a chiamare Coriakin. Se Drinian ha visto giusto oggi, Lucy stavolta è in serio pericolo”
Caspian si allacciò Rhasador alla cintura, poi si rivolse a Gael. “Sei stata bravissima”
“Grazie, Maestà” arrossì lei, mentre Caspian le sorrideva e le faceva una carezza sui capelli.
In meno di un minuto erano tutti pronti, armi alla mano. Quando Peter tornò dalla camera dal mago però ebbero una brutta sorpresa. Miriel era con lui e aveva un’espressione preoccupata.
“A quanto pare, Lucy non è l’unica ad essere scomparsa” disse il Re Supremo. “Anche Coriakin non si trova da nessuna parte”
“Com’è possibile?” fece Caspian.
Il granchio fece scattare le chele sempre più agitato, tirando Gael per la manica della camicia da notte.
“Buono, buono” cercò di calmarlo la bambina.
“Che cosa gli prende?” disse Susan inginocchiandosi accanto all’animale, che la fissò con occhietti preoccupati.
“Non so, Maestà. E’ da prima che si comporta così. Come se stesse cercando di dirmi qualcosa. Il problema è che io non lo capisco”
“Posso parlargli io” disse Miriel, posando una mano sul carapace brillante. “Io capisco il linguaggio di animali e piante muti”
“Sei piena di risorse, Coriakin aveva ragione” le sorrise Peter.
La Driade si voltò verso l’animale e questi cominciò a fare tutta una serie di strani ticchettii e sibili che a quanto pare erano la sua lingua.
“Dice di andare da Chief”
“Chi sarebbe Chief?” chiese Edmund.
“Il capo degli Inettopodi. Dice che è successa una cosa terribile, ma…ma non può essere” Miriel divenne molto pallida e si portò un mano al viso.
“Cosa c’è?” fece Peter, mettendole una mano sulla spalla, che lei subito strinse.
“Coriakin vi ha traditi”
 
 
Coriakin era uscito nel cuore della notte dalla sua dimora, come usava fare ormai da diverse sere, per controllare che la nave di Calormen giungesse al più presto.
Si aspettava il loro arrivo, a dire il vero si aspettava che entrambi i velieri giungessero sulla sua sola prima o dopo.
A precedere l’Occhio di Falco però, era arrivata Shira.
Liberata da Rabadash molto prima che la tempesta che si era abbattuta sui entrambe le navi rendesse impossibile farlo, il falchetto aveva volato ininterrottamente per quattro giorni a una velocità impressionante per un uccello delle sue dimensioni. Piccola e veloce come il fulmine, era giunta all’Isola di Coriakin e qui aveva trovato il mago.
Il principe del sud aveva ordinato a Shira di portare nel becco un fazzoletto con l’emblema di Tash, per mostrare a chiunque avesse incontrato che non stava mentendo.
Coriakin non aveva avuto dubbi riguardo le parole dette dalla bestiola, ma in un primo momento aveva rifiutato.
“Aslan mi ha già dato un’importante incarico. Non posso venir meno alla parola data”
“E che cosa ha fatto Aslan per te?” disse Shira. “Dimmelo, e il mio padrone ti ricompenserà dieci volte di più”
Coriakin aveva riflettuto a lungo su questa domanda anche dopo che Shira era ripartita per riferire a Rabadash ciò che aveva trovato.
Il mago pensava…pensava…cosa aveva fatto Aslan per lui? L’aveva destituito dal suo incarico, lui era una stella, una delle più splendenti, e per colpa di un torto, di una parola, di un gesto…tutto finito. Il Leone l’aveva mandato nel mondo dei mortali, facendogli assumere l’aspetto di un uomo per guidare un popolo di sempliciotti come gli Inettopodi. Ora viveva lì con loro, su un’isola sconosciuta dove nessuno passava mai. La prima visitatrice era stata Miriel, mandata da Aslan per sventare una catastrofe che avrebbe coinvolto presto non solo Narnia, ma tutti gli abitanti di quelle magiche terre che la circondavano. Anche l’Isola di Coriakin.
Per la prima volta dopo tanti anni, il mago era stato felice di poter fare qualcosa di utile venendo in aiuto dei Sovrani di Narnia. Tuttavia…
“Cosa ne sarà di me dopo che li avrò aiutati?” chiese ad Aslan.
“La tua pena non è ancora stata scontata. Ciò che hai fatto quand’eri una stella è stato molto grave. Purtroppo, anche dopo che avrai dato l’aiuto che serve ai Re e alle Regine, dovrai restare ancora qui e imparare l’umiltà a contatto con le creature che ti ho dato in custodia”
Cosa aveva fato Aslan per lui, dunque?
Niente. Assolutamente niente.
Gli dava da sgobbare e poi tanti saluti Coriakin! Rimarrai lì, chissà ancora per quanti anni.
E così aveva preso la sua decisione.
Deluso dal Leone e dal suo comportamento, appena aveva visto di nuovo il falchetto sorvolare i cieli della sua isola, il giorno prima, era uscito per darle la risposta.
“Accetto la tua offerta. Dì pure al tuo principe che sono con lui. So che Calormen ha Tash che la guida, come Narnia ha Aslan. Bene, voglio che Tash mi ridia il posto che mi spetta nel firmamento”
“Lo avrai” gli aveva assicurato Shira. “Consegna a Rabadash i Sovrani di Narnia, prima fra tutti la Regina Susan, ed egli intercederà per te con il grande Tash,che ti ricompenserà a dovere”
Ma gli Inettopodi avevano capito le sue intenzioni. Quei piccoli ometti dalle teste di fungo si erano mostrati più intelligenti di quanto il mago credeva.
“Non puoi, non puoi!” gli gridarono indignati. “Ah, lo sapevamo che avresti portato guai! Vero Capo?”
Allora Coriakin gli aveva resi invisibili per metter loro paura.
“Se disobbedirete, vi capiterà di peggio”
Spaventati, gli Inettopodi non avevano avuto scelta.
Coriakin sperava ora che non accadesse nulla in sua assenza e che a quegli sciocchi non fosse venuto in mente di spifferare qualcosa in suo proposito.
“Anche ammesso che lo facciano”pensò, “i Sovrani non crederanno di certo alle loro parole”
La porta della cabina di comando si aprì e Coriakin si raddrizzò per accogliere il principe Rabadash, avvolto nella veste nera che delineava la sua figura alta e robusta.
“Allora mago, tutto procede come previsto?”
“Sì, ovviamente. In quanto a me…”
“Sì, sì, lo so. Prima di darti la tua ricompensa però, devo essere sicuro che il Veliero dell’Alba e tutto il suo equipaggio si trovi in condizione di non poter lasciare l’isola”
“Certamente. I miei aiutanti hanno suggerito di portare il veliero in una baia interna e i Sovrani, in buona fede, hanno acconsentito”
“Molto bene. E cosa mi dici della Regina Susan?”
“La Regina? E’ con gli altri Re”
“Davvero?”
“Sì. Ho controllato personalmente nelle loro camere prima di uscire di casa. Dormivano tutti”
“E allora chi è la ragazza che due dei miei soldati hanno portato qui, stanotte?”
Coriakin non capì e scosse il capo. “Non so cosa…”
“Coriakin, se stai cercando di ingannarmi con uno dei tuoi trucchi da mago, sappi che lo rimpiangerai amaramente”
Il mago sembrò offeso.
“Non sono venuto meno al nostro patto, se è questo che insinuate. Non so di cosa parliate, principe”
Rabadash lo fissò intensamente. “Giurami che non mi hai tradito”
“Lo giuro”
“Sembri molto sicuro…va bene, ti voglio credere. Ma c’è un’ultima cosa che devi fare prima di ricevere quanto chiesto”
“Tutto quello che volete. Solo…solo, poi lascerete l’isola?”
Rabadash alzò un sopracciglio. “Certo. Dopo che avrò la Regina Susan e affondato il Veliero dell’Alba”
“Affondato? Non avevate parlato di…”
Rabadash rise davanti all’espressione attonita del mago. “Credi che potrei lasciarli vivere?”
“Avevate promesso di lasciar andare gli altri Sovrani!”
“Ho mentito” rispose semplicemente il principe con una smorfia divertita.
“Ma…ma…Voi non avete nemmeno intenzione di darmi quello che ho chiesto, vero? Non tornerò mai ad essere una stella!”
Rabadash afferrò per il bavero Coriakin, avvicinando pericolosamente il suo viso a quello del mago.
“Vuoi andartene da quest’isola? Vuoi la tua ricompensa? Allora resta al tuo posto e fa quello che ti dico, o insieme ai narniani inabisserò anche la tua casa e quegli schifosissimi esseri che vi vivono! E adesso, senza discutere, verrai con me e mi mostrerai se una certa fanciulla che i miei uomini hanno trovato a zonzo per la tua isola, è o non è la Regina Susan. Se non lo è, potrei pensare sul serio che mi hai tradito e sei tornato dal tuo Grande Leone!”
Rabadash lasciò andare Coriakin, che abbassò lo sguardo facendosi triste in volto. Seguendo poi il principe fuori dalla cabina di comando, il mago pensò che ormai aveva perso per sempre la fiducia di Aslan.
 
 
“Non può essere vero…” mormorò Susan. “Perché Coriakin avrebbe dovuto farlo?”
Guardò i suoi fratelli, poi Caspian e Miriel, infine Gael. Nessuno di loro trovava una risposta.
Bum, bum.
I ragazzi si voltarono verso la fine del corridoio, dove un paio di teste a fungo facevano capolino e subito si ritraevano.
“Non abbiate paura” disse Caspian. “Fatevi vedere”
Tre Inettopodi, tra cui il Capo Chief (quello con i baffoni e la barba rossi) saltellarono loro incontro.
“Dalle vostre facce, direi che sapete già tutto, eh?” disse quest’ultimo.
“Eh sì, hai ragione Capo, sembrerebbe proprio”
“Amici” disse il Re di Narnia. “Potete raccontarci cos’è accaduto?”
Gli Inettopodi narrarono la vicenda dall’inizio alla fine: da quando un falchetto era giunto da ovest, a quel pomeriggio quand’era arrivata l’altra nave. La nave nera la chiamavano loro.
 “Drinian aveva ragione” osservò Caspian.
“Rabadash” mormorò Edmund. “Che cosa vuole ancora?”
“Vuole lei” disse Chief, indicando Susan.
“La Regina, la Regina!” fecero gli altri.
“Me?” chiese lei confusa e spaventata da quella rivelazione e cercò subito rifugio negli occhi di Caspian, che le mise una mano attorno al fianco, rassicurante.
“Non sappiamo perché” disse Chief. “Dovevamo rapirti però, così ci era stato detto. Purtroppo, o per fortuna, abbiamo sbagliato. Non sapevamo mica com’eri Regina. Non ti avevamo mai vista. E poi l’altra ragazzina, tua sorella, era molto più adatta a spezzare l’incantesimo che rende invisibili, perché il libro del mago dice che il contro incantesimo poteva essere pronunciato solo da una femmina umana tra gli undici e i quattordici anni”
“Volevate rapirla?” fece Peter, provando improvvisa diffidenza per le cerature. “Allora era tutto un piano sin dall’inizio?”
“E’ così, ma noi non volevamo averci a che fare. L’oppressore ci ha costretti. Ci disse che non appena arrivata la ragazza avremmo dovuto rapirla e portarla in casa da lui, che poi l’avrebbe consegnata nelle mani di quelli della nave nera. Ma noi non volevamo, no, assolutamente, non potevamo tradire Aslan, e allora abbiamo cercato un modo per tornare visibili, per potervi aiutare”. Chief si volse verso Miriel. “Anche tu sei stata presa in giro”
“Non me ne sono accorta” disse la Driade guardando i Sovrani con dispiacere. “Credetemi, non ne sapevo nulla”
“Sta tranquilla” disse Peter. “Ti crediamo”
“Però…” balbettò Edmund. “Non guardarmi così Peter, non sto dicendo che sospetto di Miriel, ma ai tempi dell’inverno della Strega Bianca, anche alcuni alberi parteggiavano per lei”
“Ed, non costringermi a dirti cose che non vorrei…” lo mise in guardia Peter, adirato all’idea che suo fratello o chiunque altro potesse sospettare di Miriel.
Improvvisamente, pensò che se fosse stata una nemica il suo cuore si sarebbe ridotto in mille pezzi.
“No, Miriel non può essere malvagia” esclamò Gael.
“Re Edmund” intervenne la ragazza dai capelli rossi con voce pacata. “Mi rincresce che abbiate pensieri incerti su di me, ma vi posso capire. Tuttavia, dovete sapere che in quanto abitante delle Terre di Aslan, io non posso mentire”
“Infatti, infatti!” le fecero eco gli Inettopodi.
“Per cui, siate sicuro che sono dalla vostra parte e così anche in avvenire”
“Scusami” fece Edmund un po’ imbarazzato “Non volevo…mi dispiace”
Miriel scosse il capo senza rancore e poi si rivolse a Chief.
“L’amico granchio ci ha detto di venire da te”
“Sì, bravo! Gli ho detto io di venire a chiamarvi. Dobbiamo fare alla svelta! Gli uomini della nave nera sanno che siete qui. Il mago ha organizzato tutto questo, anche il fatto di consigliarvi di portare il veliero vicino alla casa. Verranno a prendere voi e la vostra nave e vi faranno a pezzi!”
“Che incoraggiamento…” fece Edmund sarcastico.
“Dovete fuggire!”
“No, non possiamo” disse Peter. “Non senza la Regina Lucy”
“Ma dovete andarvene, Maestà Suprema, dovete!”
“Aspettate. Forse mi è venuta un’idea” disse Caspian. “Potete riportare il Veliero dell’Alba in mare?” chiese a Chief.
“I granchi possono”
“Perfetto. Allora chiedeteglielo”
“Che cos’hai in mente?” gli chiese Susan.
“Da quel che ha detto Chief, Rabadash si aspetta di trovarci in questa baia, impossibilitati a prendere il largo. Per attaccarci dovrebbe risalire il fiume a sua volta, ma sappiamo bene che non è possibile farlo con un’imbarcazione di grandi dimensioni, figuriamoci con l’Occhio di Falco, che è grande il doppio del Veliero dell’Alba. Probabilmente i soldati scenderanno a terra- se non l’hanno già fato, visto quel che è accaduto a Lucy. Invece, noi ci faremo portare dall’altra parte dell’isola. L’Occhio di Falco in questo momento si trova senz’altro dov’eravamo noi ieri. Una volta che i granchi ci avranno rimessi in mare, doppieremo il capo e li prenderemo alle spalle, e libereremo Lucy”.
“Fantastico! Un attacco a sorpresa!” esclamò Edmund, ammirato dalla prontezza del Re nel mettere in piedi un’idea così ben congeniata in pochi secondi.
“Non avremo tempo per i particolari, ma…”
“Stai scherzando? E’ perfetto!”
“Allora sbrighiamoci” li incitò Peter.
“Possiamo aiutare, Maestà! Fateci venire!” gridarono gli Inettopodi.
“Possono esserci utili” disse Miriel. “Li ho visti all’opera con le lance. Sono buoni combattenti, all’occorrenza”
“Va bene” assentì il Re Supremo.
Presero i mantelli e scesero in fretta al piano di sotto, poi svelti verso l’uscita.
“Caspian!” chiamò Susan a un tratto.
Lui si voltò e lei senza preavviso si aggrappò alle sue spalle e lo baciò.
La guardò stupito e accennò un sorriso.
“Questo perché?”
“Perché sei l’uomo più straordinario che conosca”. Gli occhi di Susan brillavano di orgoglio.
Il sorriso di Caspian si allargò.
“So che dovrei pensare prima di tutto a Lucy” disse ancora lei, “ma sentivo il bisogno di dirtelo. Credi sia egoista da parte mia?”
“Non pensare mai più una cosa simile di te” le ripose tornando serio. “Sei la persona meno egoista del mondo, Susan”
“Mi sopravvaluti” disse la ragazza abbassando lo sguardo.
Prima che uno dei due potesse aggiungere altro, vennero richiamati dagli altri.
L’equipaggio del Veliero dell’Alba si preparò in fretta all’imminente salvataggio della Regina Lucy. In molti infilarono le armature da combattimento e impugnarono spade e archi, certi che i calormeniani avrebbero attaccato alla prima occasione.
“Non cercate lo scontro” disse Caspian, camminando avanti e indietro per il ponte. “Evitate di ferirli mortalmente o di ucciderli per quanto vi è possibile. Non vogliamo una guerra”.
Peter e Edmund si schierarono in prima fila, accanto a lui. Susan li guardava dall’alto, dal ponte di combattimento, con gli altri arcieri.
I granchi avevano issato di nuovo la chiglia sui loro gusci adamantini e trasportato la nave in acqua.
Eustace e Gael erano gli unici che non prendevano parte alla battaglia, al sicuro alle spalle di Drinian in cabina di comando. Da lì vedevano bene ogni cosa che accadeva. Notarono così che i granchi li seguirono in mare quando il veliero iniziò a girare attorno all’isola. Anche gli Inettopodi saltellavano dietro alla nave, nascondendosi nella foresta, riapparendo sulla spiaggia e poi sparendo di nuovo.
“E’ una pazzia” commentò Eustace. “Non risolveremo niente facendo così. L’hai vista la nave di quelli? Se hanno i cannoni per noi è finita”
“Re Edmund ha proprio ragione” lo rimproverò Gael. “Sei proprio un uccellaccio del malaugurio!”
Di sotto sul ponte, il nervosismo saliva a ogni metro che percorrevano. Il veliero si teneva vicino alla costa, sulla sinistra un’immensa scogliera che non permetteva agli uomini di scorgere ciò che veniva dopo.
“Dove credi che sia Lucy?” chiese a bassa voce Edmund a Peter.
“Non lo so. Ma Lu è in gamba, se la sa cavare sempre. Più che altro mi preoccupa Coriakin. Se sta dalla parte di Rabadash, quanto c’è di vero in quello che ci ha detto?”
Edmund annuì, “Ci ho pensato anch’io. Mi chiedo se…”
Non terminò la frase.
Un’immensa forma nera uscì bruscamente dall’oscurità. La luce delle stelle illuminò la sagoma di una nave che si materializzò all’improvviso dietro la scogliera. Era così vicino da lasciar loro a malapena il tempo di reagire.
Sotto il cielo nero, l’Occhio di Falco era immobile. Era una notte calma e tranquilla, senza quasi un alito di vento. Soffiava solo una leggera brezza da ovest, che accarezzava dolcemente il viso di Aréf tarkaan.
Il capitano delle guardie attendeva che il principe terminasse il suo colloquio con il mago. Doveva ricevere le ultime direttive sull’attacco di quella notte alla nave di Narnia…quando la vide.
Aréf spalancò gli occhi e diede subito l’allarme ai suoi soldati senza attendere il via.
Rabadash stava camminando veloce verso la sua cabina, Coriakin alle calcagna, quando l’udì.
Dopo un secondo, Emeth correva giù dalla scaletta, scontrandosi con chi ancora non era salito sopraccoperta.
“Che succede, soldato?”
“Il Veliero dell’Alba è davanti a noi, signore”
“Non è possibile…avrebbero dovuto essere dentro l’isola” mormorò il principe. ““Resta con il mago” ordinò poi al ragazzo.
“Signore, ma…”
“Non discutere, Emeth tarkaan, o è l’ultima volta che lo fai!” Rabadash sguainò la spada e la puntò contro Coriakin. “Fa quello che ti ho detto: assicurati che quella ragazza dica la verità”
“E se non lo è?” chiese titubante Coriakin. “Se non è la Regina Susan?”
Il principe guardò Emeth e gli lanciò la chiave della cabina, che il giovane prese al volo.
“Uccidila”
Sparì poi attraverso il boccaporto.
Emeth e il mago si guardarono, attoniti.
“Oh, no, se lo scorda” disse quest’ultimo. “Io…io non voglio avere nulla a che fare con questa storia!”
Frugò nella lunga veste e quando ritrasse da una tasca la mano a pugno, Emeth vide cadere a terra una strana polverina luccicante.
Il giovane soldato non sapeva nulla di incantesimi, ma non gli ci volle molto per capire che quella era polvere magica.
“Non so tu, giovanotto, ma io me la squaglio!”
“Fermo!”
Purtroppo ogni tentativo fu inutile. Coriakin scagliò la polvere a terra. Emeth si coprì il viso con un braccio e poco dopo lo riabbassò. In uno sbuffo di fumo, il mago era scomparso.
“Dannazione!”
E ora che fare?
Gli risuonarono nelle orecchie gli ordini di Rabadash.
Uccidila.
Non era la Regina Susan.
Solo perché non si trattava di lei, il principe era davvero capace di un gesto simile? Era avvero così spietato come si raccontava, allora?
Aveva già visto all’opera Rabadash, ma non credeva potesse parlare di cose simili con tale leggerezza.
Emeth si avvicinò piano alla porta della cabina, prese la chiave e la girò nella toppa. La porta si aprì e lui entrò nella stanza buia. Fece qualche passo e si guardò attorno. Davanti aveva un'altra porta, quella della camera da letto. Avanzò ancora, quando un’ombra apparve alla sua destra.
Senza difficoltà, Emeth parò il colpo a lui indirizzato e portò via l’arma al suo avversario.
“Fermatevi, non voglio farvi del male”
Ma la ragazza continuò a dimenarsi anche quando lui le prese i polsi e la fece indietreggiare, finché ella non andò a sbattere contro una parete.
Emeth allungò una mano a tentoni e accese la lampada fissata al muro.
I due ragazzi si fissarono a lungo, lui allibito, lei agitata.
Allora era vero…Non era la Regina Susan.
Forse si era trattato di un inganno del mago? Forse aveva trasformato quella ragazza nella Regina di Narnia per trarre Rabadash in un tranello?
Ma com’era possibile? L’aveva condotta lì lui stesso, l’aveva vista bene, non poteva essersi sbagliato.
Eppure la ragazza che ora teneva ferma per i polsi, che cercava di togliersi di dosso il suo corpo che la schiacciava contro il muro, aveva i capelli rossi chiari, gli occhi azzurri, ma non come quelli della Regina Dolce. Era un azzurro più deciso, più intenso; quelli di Susan erano chiari di una sfumatura delicata.
Era più bassa di lui, forse un poco più giovane, ma era…bellissima.
Emeth si separò piano da lei, lasciandola andare.
La ragazza continuava a fissarlo guardinga, mordicchiandosi il labbro inferiore per il nervosismo suscitatole sicuramente dalla situazione spiacevole in cui era venuta a trovarsi.
“Non abbiate paura” le disse gentilmente, slacciandosi il fodero della spada dalla cintura  e posandola a terra, alzando le mani. “Voglio solo sapere il vostro nome”
Lei si allontanò dalla parete e fece un lungo sospiro. Il suo sguardo si accese di determinazione. Era lo sguardo di una Regina.
“Sono Lucy la Valorosa, Regina di Narnia”
Emeth abbassò le mani e la guardò ancora. Poi, con gran stupore di lei, s’inginocchiò al suo cospetto e le prese la mano posandovi le labbra.
“Emeth tarkaan” disse, alzando lo sguardo e specchiandosi nei suoi occhi.
Lucy provò una forte emozione nel guardare quelle iridi scure.
“Alzatevi. Non…non dovete…non sono la vostra Regina”
“Per quel che mi riguarda lo siete. Perdonatemi, Maestà. Imploro la vostra grazia!”
“Perché mai? Non mi avete fatto del male e ve ne sono grata”
Emeth si alzò. “Mi è stato ordinato di fare una cosa terribile se avessi scoperto che non eravate la Regina Susan”
Lucy tremò. “Che cosa?”
“Devo uccidervi”
 
 
Rabadash e Caspian ordinarono quasi nello stesso momento ai rispettivi uomini di preparare le armi: archi, frecce, fionde e giavellotti per il combattimento a distanza, mentre spade e lance per quello più ravvicinato.
Tutti erano sul ponte, nessuno escluso.
Sul Veliero dell’Alba si prese posizione dietro i parapetti, sull’Occhio di Falco dietro le catapulte.
I Calormeniani erano di gran lunga più attrezzati in quanto la loro nave era stata realizzata appositamente per la battaglia.
Poco più tardi, la battaglia cominciò.
Rabadash stava in piedi accanto al timone, vicino al capitano dell’Occhio di Falco. A un cenno del principe, le catapulte cominciarono a lanciare grossi massi contro le vele e la chiglia della nave di Narnia.
Nonostante ciò, i narniani non si fecero trovare impreparati.
Susan ordinò agli arcieri di incendiare le punte delle frecce e di puntare dritto sulle macchine da guerra. Funzionò, e un paio di catapulte andarono subito a fuoco, così che il panico si seminò tra i soldati di Calormen che le controllavano.
Drinian fece una manovra per togliere il veliero dell’Alba dalla linea di colpi nemica, così che nuovi massi fischiarono sopra di loro e andarono a schiantarsi sulla riva.
 “Sono furbi” commentò Rabadash, “ma se è tutto qui quello che sanno fare, la vittoria è già in mano nostra”.
Cercò anche di individuare chi fosse a capo dei tiratori in vece della Regina Dolce, ma non riuscì a vedere bene.
“Andategli addosso” disse una voce alle spalle del principe. Egli si voltò e vide il volto affilato del capo corsaro.
Il capitano balbettò qualcosa, al che il pirata lo spostò con una spallata e prese il timone, ruotando la barra e tornando indietro, parandosi inaspettatamente di fronte al Veliero dell’Alba.
“Cosa diavolo…?” fece Drinian sull’altra nave.
L’Occhio di Falco usò la propria prua come ariete e fece per schiantarsi contro la fiancata sinistra del Veliero dell’Alba.
“Tenetevi forte!!!” gridò Drinian, accorgendosi in tempo delle intenzioni del nemico. Quel capitano non era affatto un codardo, pensò.
Virò bruscamente, evitando il peggio. Nonostante tutto però, le facciate dei due velieri entrarono in collisione ugualmente.
Narniani e calormeniani barcollarono sui due ponti. Alcuni caddero, altri si tennero in piedi aggrappandosi a qualcosa o a qualcuno. Il colpo era stato tremendo e il fragore assordante.
Il tempo di capire cos’era successo e lo scontro riprese immediatamente.
Ora i due gruppi si mischiavano, riuscendo l’un l’altro ad accedere al veliero nemico, passando sopra il drago d’oro e il rapace di bronzo incastrati tra loro.
Frecce e sassi scendevano in picchiata sull’uno o sull’altro equipaggio, colpendo inesorabili.
“Non uccideteli, se potete” ordinò Susan, prendendo la mira mentre un marinaio le accendeva la punta della freccia
I calormeniani non erano dello stesso parere, invece. La loro voglia di lotta era quasi spaventosa, come se morire non gl’importasse nulla.
“Pronti!” gridò Caspian al di sopra della confusione.
Lui, Edmund e Peter sguainarono le rispettive spade. Rhasador, Rhindon e la Spada di Bern brillavano nella luce delle lanterne accese sulla nave.
“Andiamo!” urlò il Re di Narnia, alzando il braccio con il quale impugnava l’arma.
Dall’alto del ponte di combattimento, dov’era appostata insieme agli altri arcieri, Susan lo osservava ammirata, le labbra piegate in un lieve sorriso quasi stupito.
Vederlo là, in mezzo ai suoi uomini, in balia di almeno cinquanta soldati armati, e nonostante questo così determinato, così sicuro di sé. La sua figura alta e virile le fece provare un’emozione fortissima.
“Guardalo”si disse. “E’ quello l’uomo che ami. Coraggioso, nobile, audace. Sii fiera di lui”
Lo era. E voleva che lui fosse fiero di lei.
“Arcieri, prendete la mira!” esclamò per l’ennesima volta la ragazza, stringendo il legno lucido del suo arco, animata da una nuova forza. “Lanciate! Ora!”
La freccia di Susan volò precisa sopra la massa di uomini e andò a piantarsi dritta nella spalla di un uomo. Lei non capì chi fosse, seppe solo che il tiro era andato a segno e caricò di nuovo l’arco.
Quell’uomo era Rabadash.
Il principe urlò e si voltò verso il proprio arto per constatare la gravità del colpo. Il dolore acuto venne dimenticato in un istante. Conosceva quella freccia, nessun altro le aveva come lei, ornate da una piuma scarlatta, una piuma di Fenice. Ma non poteva essere…
Forse qualcuno stava usando le armi della Regina Dolce…oppure…
Gli tornò in mente il viso della Susan davanti a lui, che lo fissava intimorita, in un modo assolutamente diverso dalla prima volta che si erano incontrati. E ancora pensò che forse era davvero un inganno, ormai ne era sempre più convinto, e che la ragazza chiusa nella sua cabina non era la vera Susan.
E poi la vide. La schiena dritta, il viso concentrato nell’atto di tendere la corda dell’arco, avvolta nell’armatura di cuoio nero, la gonna verde smeraldo. Anche in tenuta da combattimento, quella donna traspariva grazia e regalità, ed egli bruciava di passione ogni volta che pensava a lei.
Si chiese per un momento chi potesse allora essere l’altra ragazza, quella identica alla Regina Dolce, ma non era importante adesso. La vera Susan era a pochi metri da lui e non poteva lasciarsi scappare quell’occasione. L’avrebbe presa e avrebbe annientato chiunque gli si parasse davanti.
Rabadash si strappò la freccia dalla spalla e la gettò via, alzandosi animato da una nuova carica furiosa.
“Principe Rabadash!” gridò Aréf tarkaan, capendo le sue intenzioni. “Principe, non potete scendere sul Veliero dell’Alba da solo, è troppo rischioso! Vostro padre ha ordinato…”
“Me ne infischio di ciò che ha detto mio padre! Voi pensate ai vostri uomini, Aréf! Siete qui per comandare i soldati, non come guardia del corpo!”
“Mio signore, ho ricevuto espresso ordine dall’Imperatore di porre dinnanzi a qualsiasi altra cosa la vostra sicurezza. Perdonatemi, ma non potete correre in mezzo al nemico senza neanche…”
“Dannazione, capitano! Sono io che do gli ordini su questa nave! E farò ciò che mi pare!”
Rabadash lasciò il ponte della sua imbarcazione e si issò sul drago d’oro, posando piede sulla nave di Narnia.

 
 
 
Questa è solo la prima parte della prima battaglia tra Calormen e Narnia! Come vi sembra? Doveva essere un unico capitolo, ma è venuto troppo lungo, quasi venti pagine!!! @.@
Le scene di combattimento richiedono sempre molto lavoro da parte mia. Ma tutto il capitolo l’ha richiesto, e vi confesso che ho un po’ paura di non essermi spiegata bene in alcuni punti.
Mi era già successa una cosa simile.
Se c’è qualcosa che non capite ditemelo pure, non fatevi scrupoli.
Una volta qualcuno di voi mi ha chiesto di quanti capitoli sarà composta Queen più o meno. Io avevo risposto più di venti, ma non ne sono più così sicura…per me arriviamo a trenta e oltre!!!
Stavolta c’è tanto spazio per tutti: personaggi principali, secondari e antagonisti.
Vi sono piaciute le scene di Caspian e Susan? Lo so erano un po’ corte…sorry!!! Rimedierò al più presto!
 
Ringraziamenti:

 
Per le seguite: Allegory86, ArianneT, Chanel483, FedeMalik97, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, Jlullaby, Luna23796, Mari_BubblyGirls, piccola_cullen,  piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, yondaime e Yukiiiiii
Per le preferite: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, HikariMoon, KiMiChAmA_EllY_, LittleWitch_, Lules, piumetta, SerenaVdW e tinny
Per le ricordate: Angie_V e Miss_Hutcherson
Per le recensioni dello scorso capitolo: Angie_V, Charlotte Atherton, FioreDiMeruna, FrancyNike93, LittleWitch_, piumetta, SerenaVdW e tinny
 
Angolino delle anticipazioni:
Nel capitolo 19 vedremo chi sarà il vincitore dello scontro tra i due velieri.
Cosa succederà a Lucy? Emeth eseguirà gli ordini di Rabadash? Che fine avrà fatto il mago?
Vedremo anche Caspian scontrarsi direttamente con il principe e assisteremo per la prima volta ai veri poteri di Miriel!!!
 
Io devo sempre ringraziarvi anche se ormai vi sarete stufati di sentirvelo dire. Ma questa storia ha raggiunto un numero di recensioni che non mi sarei mai aspettata. E pensare che doveva essere una one shot!!! Quindi, per ringraziarvi dell’affetto e del sostegno, vi do una notizia bomba: “Queen of my Heart” avrà un seguito, ci sto già lavorando con un grande aiuto da parte di FrancyNike93, che saluto e abbraccio forte!
 
Alla prossima settimana gente!!!
Con affetto Susan<3

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Capitolo 19
*** Capitolo 19: Ritirata! ***


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19. Ritirata!

 
 
“Uccidermi…” disse Lucy con un filo di voce.
Guardò negli occhi scuri di Emeth, il quale le rimandava un’espressione indecifrabile.
“Non sono mai venuto meno a un ordine del mio signore…” Il soldato si votò e riprese la sua spada da terra.
La ragazza temette davvero che volesse usarla.
“Almeno fino a oggi”  terminò il giovane, scagliando l’arma lontano, la quale produsse un forte clangore quando cadde sul pavimento.
Entrambi fecero un lungo sospiro. Lui con lo sguardo rivolto a terra, lei continuando a fissarlo.
“Maledizione!” proruppe Emeth. “Non so più nemmeno io quello che sto facendo! Da quando sono salito su questa nave mi sono ritrovato, senza rendermene conto, a rimettere in gioco tutta la mia vita, le mie certezze, le mie scelte. Devo obbedire al Principe Rabadash, ma non posso farlo! Non posso farvi del male! Non oserei mai mettervi le mani addosso! Voi siete una Regina! Una Regina di Narnia! E io…”
Lucy lo osservò attentamente. “Credete in Aslan?”
Per Emeth, quella domanda fu davvero inaspettata. Al nome del Leone, un’intensa emozione si dipinse sul suo volto ambrato.
“Non so dirvelo con certezza, perché anche se mi sono state raccontate storie meravigliose sulla vostra terra, signora, e sul Grande Leone, ne ho anche udite di spaventose. Quindi… non lo so”
“E’ così triste non avere nulla in cui credere”
Emeth vide lo sguardo della ragazza era divenuto un poco infelice.
“Non vorrei mai fare qualcosa che vi possa rattristare, Maestà. Tuttavia, davvero non so rispondere concretamente alla vostra domanda”
Lucy fece per aggiungere qualcosa, ma Emeth allungò una mano verso di lei, prendendola gentilmente per un braccio.
“Dovete andarvene di qui”
“Mi liberate?”
Il soldato la guardò allibito. “Voi volete andarvene, no?”
 “Certamente, ma…credevo che dopotutto non mi avreste mai lasciata andare via”
“Forse anche voi avete ascoltato storie sbagliate sul popolo del Deserto”
Lucy lo guardò un momento. “Perché mi aiutate?”
“Perché sento che è giusto così”
Lei gli sorrise grata. “Siete davvero gentile come credevo. Ho incontrato tanti guerrieri del sud, ma nessuno ha mai aiutato un prigioniero a scappare, da che ricordo”
“Non siamo tutti spietati assassini”
“Perdonatemi, non volevo dire questo…”
“Certo, ho capito, non preoccupatevi” Emeth fece un sorriso garbato. “Comunque sia, i nostri regni non troveranno mai un punto d’incontro. Abbiamo troppo pregiudizi l’uno verso l’altro”
“Forse, un giorno, Aslan metterà a posto le cose” insisté lei.
“Avete davvero tanta fede, mia signora, ma per quanto mi riguarda, Aslan non mi si è mai manifestato”
“Forse non vi siete mai guardato bene attorno”
Il ragazzo scosse brevemente il capo.
“Intorno a me ho sempre visto solo guerre e odio. Credetemi, vorrei aver fede in Lui, ma ancora non ci riesco”
Rumore di passi in corsa fuori dalla cabina. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo allarmato.
“Ora venite”
La prese per mano e poi aprì uno spiraglio nella porta. Chiunque fosse passato, se n’era andato.
Il soldato si voltò verso la Regina Valorosa e si tolse la casacca bianca e arancione.
“Indossate questa. Con un po’ di fortuna, nella confusione della lotta passerete inosservata. Potete nascondere i capelli?”
“Mi servirebbe un cappuccio” disse in fretta lei.
Emeth frugò allora nella cabina, trovando tra gli abiti del Principe ciò che faceva al caso loro.
Lucy si avvolse in un mantello nero, che le stava molto largo e le arrivava sino ai piedi (quasi quasi però era meglio che le andasse grande). Calò il cappuccio sul viso, poi guardò il ragazzo annuendo, come a dire che era pronta.
Ancora non sapeva perché quel giovane soldato l’aiutava. Poteva anche essere una trappola. Ma qualcosa in lei le diceva che non era così. Non sapeva cosa le dava questa certezza. Forse erano stati i suoi occhi e i suoi modi cortesi, ma l’importante era che Lucy fosse assolutamente convinta della bontà nascosta nel suo cuore.
“Se fosse diversamente, mi avrebbe uccisa. O se non l’avesse fatto, avrebbe potuto lasciarmi lì. Invece mi sta aiutando a scappare”
Corsero sul ponte, dove la battaglia ancora infuriava. Gli uomini di Calormen e di Narnia si mischiavano, battendosi con tutta la forza che avevano.
Emeth guadò la scena con un sentore di nausea.
Era davvero quella la vita che voleva fare?
No…non era questo che aveva creduto quand’era entrato a far parte delle Guardie Imperiali. Lui voleva operare per la giustizia e la sicurezza del suo regno, non ridursi a fare del suo sostentamento il sangue di gente innocente.
Rafforzò la presa sulla mano della Regina Lucy, desideroso più che mai di portarla lontano da quell’orrore, zigzagando in mezzo ai guerrieri di entrambe le fazioni.
Con gran stupore della ragazza, tra quelli di Narnia c’era anche un gruppo di strane creature mai viste prima, con un grosso piedone sul quale saltellavano, la testa a forma di fungo.
“Gli Invisibili!” pensò immediatamente Lucy.
Ne era più che certa, riconosceva il bum bum dei loro passi sul suolo.
“Oh! Aspettate, aspettate!” gridò all’improvviso, strattonando la mano di Emeth e costringendolo a tornare indietro di qualche passo. “Quello è Nausus! E’ ferito!”
Il Fauno era poco distante da loro, seduto a terra contro il parapetto. Si teneva una gamba caprina sanguinante, un pugnale infilato in essa.
“Maestà!” esclamò Nausus, felice di vedere la Regina ma assai confuso nel vederla con un guerriero nemico. “Siete salva, che gioia!”
A fatica si alzò, strappandosi il pugnale dalla gamba, gemendo di dolore.
“Devi essere curato subito”
“Non è grave, mia signora, state tranquilla” la rassicurò Nausus, comprendendo l’espressione sul viso di lei.
“Portatela via di qui” gli disse Emeth, posando la mano della ragazza dalla sua in quella del Fauno.
Lucy sentì svanire il calore di lui e lo guardò in viso, confusa.
“Voi non venite con noi?”
“Il mio posto è ancora qui, per il momento” rispose il giovane a malincuore.
Senza preavviso, Lucy lo abbracciò.
“Grazie! Non dimenticherò quello che avete fatto per me, oggi”. Si separò da lui e lo fissò preoccupata. “Passerete dei guai, non è vero?”
“Molto probabilmente” annuì il ragazzo.
La guardò a sua volta. Quegli occhi azzurri gli sarebbero mancati…
Il soldato e il Fauno si scambiarono uno sguardo. Nausus gli porse una mano ed Emeth la strinse.
Che strana sensazione…quella creatura non era umana, eppure…eppure lo sembrava molto più di molti uomini che aveva conosciuto.
“Aslan sia con voi, e vi protegga, giovane amico. Vi ringrazio a nome di Re Caspian e dei nobili Pevensie per aver salvato la nostra amata Lucy”
“Era mio dovere…signore”
“Pregherò perché non vi accada niente” affermò la ragazza con intensità.
Lui le sorrise leggermente. “Vi ringrazio. Forse chissà, un giorno il vostro Aslan ci farà rincontrare”
“Lo spero tanto”
E poi, ella sparì dalla sua vista, condotta dal Fauno verso la salvezza.
Emeth tirò un gran sospiro. Incredibilmente ce l’avevano fatta.
Si sentì diverso, si sentì meglio. Per una volta, invece di togliere la vita ne aveva salvata una.
Era così che un soldato doveva agire, si disse. Era in quel modo che un uomo aveva cura del suo paese, della sua gente, facendo atti di misericordia, di onore e gentilezza. Provò finalmente vera soddisfazione.
Non avrebbe ricavato nulla per sé stesso dal salvataggio della Regina Lucy, semmai sarebbe stato punito, e anche molto severamente, quando si fosse scoperto ciò che aveva fatto. Ma non gl’importava. Saperla in salvo era tutto ciò che desiderava.
Purtroppo però, la sensazione di serenità che si era fatta strada in lui svanì come una bolla di sapone.
“Che cosa hai fatto, figlio?” disse una voce dura alle sue spalle.
Emeth trasalì e si voltò rapido.
“Padre!”
Aréf tarkaan era a un passo da lui, affiancato da altri due soldati. Aveva visto tutto.
 
 
Gli Inettopodi erano balzati in aiuto dei Narniani nel momento in cui questi ultimi sembrava fossero in maggior difficoltà. Con lance e giavellotti menavano fendenti poderosi e scalciavano dolorosamente con il loro unico piede. Si salivano in groppa l’un con l’altro, lanciandosi poi dalle spalle del compagno per piombare addosso al nemico.
“Chi l’avrebbe mai detto” commentò Edmund ad alta voce.
Con movimenti secchi come colpi di frusta, il Re Giusto calò la lama su tre soldati in rapida successione.
Nessuno si muoveva con la sua velocità, nessuno aveva la sua tecnica, completamente diversa da quella di chiunque altro.
A Lucy, Edmund aveva insegnato secondo la norma, ma lui non seguiva le regole. Fin da quando era Maestro di Spada nell’Epoca d’Oro, aveva affinato un metodo tutto suo.
In quel momento era completamente nel suo elemento, e sarebbe stato ancora meglio se avesse avuto due spade invece di una. La mano sinistra si sentiva inutile se non poteva aiutare la sua compagna. Edmund era famoso per la sua bravura nell’utilizzare anche due lame contemporaneamente, come se per lui fosse la cosa più semplice al mondo.
Indietreggiò e andò a sbattere con la schiena contro qualcuno.
“Peter!”
“Tutto bene?”
“Me la cavo egregiamente”
Il fratello maggiore gli sorrise. Lui ricambiò. Erano schiena contro schiena.
Due nuovi soldati cercarono di attaccarli. Edmund calò di nuovo la Spada di Bern, rapida e sicura. Peter alzò Rhindon, che si abbatté precisa sui nuovi nemici.
Si abbassarono entrambi per schivare una lama di scimitarra e un masso sibilante che passò in quel momento sopra le loro teste, andando a schiantarsi contro il cassero di prua.
I due fratelli allontanarono di nuovo l’uno dall’altro senza dirsi nulla. Solo un rapido sguardo bastò.
“Ed…”
“Lo so, non ti preoccupare. E’ tutto sotto controllo, no?”
Il Re Supremo annuì e poi si diresse verso il fondo della nave per impedire ad alcuni guerrieri del sud di salire al timone e attaccare Drinian.
Poco dietro di loro, nella cabina del pilota, Eustace e Gael osservavano la battaglia con il cuore in gola. Lei si copriva gli occhi con le mani di tanto in tanto, lui incitava e si sbracciava gridando: “Attenti, attenti! Oh, che colpo di fortuna! Ah no, dietro di voi!”
“Eustace!”
Il ragazzino sentì la voce del cugino chiamarlo.
Il Magnifico spalancò la porta della cabina di comando. “Prendi il cordiale di Lucy! Drinian è stato ferito! Non star lì impalato! Hai sentito quel che ho detto?”
“S-sì, sì, vado! Vieni Gael!”
Eustace prese per mano la bambina e uscirono all’esterno.
Per raggiungere le cabine dovettero scendere dalla plancia e attraversare un breve tratto di nave. In quella confusione fu davvero difficile non essere colpiti dai proiettili di roccia delle catapulte. Eustace spinse Gael sottocoperta. Lei strillò quando una freccia entrò nel boccaporto e le passò vicino al viso, piantandosi nella parete esattamente sopra la testa di Eustace.
Il ragazzo alzò gli occhi e guardò la freccia ancora vibrante. Cadde seduto sul pavimento, ansimante.
I due si guardarono spaventati. Infine, Eustace ebbe il coraggio di risalire la scaletta e allungare un braccio verso l’alto. Con un tonfo, chiuse il boccaporto.
“Stavolta ci siamo andati davvero vicini” boccheggiò, una mano sul cuore che rischiava di balzargli fuori dal petto per la paura.
 
 
Intanto, sul ponte, Peter aveva preso momentaneamente il comando del Veliero dell’Alba.
Drinian, ferito all’addome da una freccia nemica, era steso a terra. Due marinai erano già accorsi dal loro capitano.
Dall’Occhio di Falco, continuavano a piovere attacchi uno dopo l’altro.
“Sono instancabili”pensò il Re Supremo, con una punta di panico. “E noi non eravamo preparati”
Osservò il movimento delle due catapulte sulla nave di fronte a loro. Una era stata incendiata da Susan e i suoi arcieri, ma anche così, Calormen era in netto vantaggio.
Peter aveva già male alle braccia, indolenzite a causa del troppo tempo passato senza allenarsi. D’altra parte, nel suo mondo come avrebbe potuto farlo?
Nonostante la giustificazione più che accettabile, Peter si sentì debole in confronto a Edmund e Caspian, impegnati entrambi in difficili nuovi scontri.
Caspian stava affrontando, non uno, ma ben due calormeniani contemporaneamente.
Il Re di Narnia impugnava Rhasador e il pugnale del padre. Non si risparmiava e non si faceva intimorire dalla superiorità numerica degli avversari.
Caspian colpì il primo con gesti rapidi e precisi, ruotando agilmente su se stesso per essere subito addosso al secondo.
Il terzo purtroppo non poté evitarlo. Arrivò troppo all’improvviso, dall’alto, saltando giù dal drago d’oro e menando un fendente poderoso sulla lama di Rhasador, così che Caspian dovette piegarsi per parare il micidiale colpo.
Quando alzò il volto, vide Rabadash torreggiare su di lui.  
Con un brontolio rabbioso, il principe tolse la sua scimitarra dalla spada del Re di Narnia, in viso una maschera di odio e violenza. Era fortissimo.
Il principe di Calormen non si era reso conto, fino a quel momento, quanto la sconfitta sulle Isole Solitarie gli bruciasse ancora. Una disfatta per mano di un Re di appena diciannove anni, le cui belle parole avevano fatto breccia nel cuore del popolo.
Caspian l’aveva umiliato davanti ai suoi uomini e costretto a riprendere il mare con la coda fra le gambe.
Comunque, non era tanto per questo che era così arrabbiato. Non era nemmeno per l’inganno subito dalla falsa Regina Susan.
Certo, queste cose lo facevano andare su tutte le furie, ma era stato soprattutto il vederli insieme a scatenare in lui la collera.
Caspian e Susan.
Il Liberatore e la Dolce.
Rabadash aveva solo sentito parlare del sentimento che legava i due ragazzi, non aveva mai constatato coi suoi occhi la veridicità di tali voci. Tuttavia, gli era bastato una volta parlare di lei in presenza di Caspian perché egli scattasse subito sull’attenti.
Il solo pensare al Re e alla Regina in quei termini lo mandava fuori dai gangheri. Lei doveva essere sua e di nessun altro.
Si lanciò all’attacco, colpendo e destra e poi a sinistra un susseguirsi di affondi ininterrotti, i quali però Caspian riuscire a parare.
Purtroppo, il Liberatore fu costretto ad indietreggiare sempre più, a mala pena ebbe il tempo di rimettersi in piedi. Il principe di Calormen era in preda a un furore mai visto, tanto che Caspian non riuscì a comprendere da dove gli venisse tanta rabbia nei suoi confronti.
Rabadash colpì Caspian al viso con un forte calcio.
Il Re di Narnia cercò di mantenere la presa sulla sua spada. Se avesse mollato solo per un attimo, di sciuro non sarebbe riuscito a sfuggire ai colpi mortali dell’avversario.
Un altro calcio del Principe lo buttò in ginocchio. Caspian reggeva Rhasador con la mano destra, appoggiando sul ponte la mano sinistra per non vacillare ancor di più sotto i fendenti incessanti.
Quando girò di nuovo la testa verso il principe del sud, quello gli puntò la lama affilata alla gola.
Caspian sentì la punta della scimitarra lacerargli la pelle del collo e un rivolo di sangue colargli lungo la gola.
Rabadash aveva sul volto un’espressione di feroce trionfo.
“Mi deludi, Liberatore. Ti facevo molto più forte”
In quell’istante, gli occhi di Caspian si spostarono dal volto a un punto ben preciso oltre le spalle di Rabadash.
Egli notò il mutamento dell’espressione del Re, che da collerica divenne stupita, e in un certo modo spaventata.
Non gli ci volle molto per comprendere il perché di tale repentino cambiamento.
Udì all’orecchio il lieve stridio di una corda d’arco che veniva tesa e percepì all’altezza della nuca la fredda punta della freccia.
“Lasciatelo immediatamente”
La voce di Susan era bassa e intimidatoria.
Caspian non l’aveva mai vista così.
Rabadash fece un sorriso sghembo e si mosse quel tanto che gli premise di vedere in volto lei ma continuare a tenere sotto tiro il Re. L’estremità della freccia era adesso puntata dritta al suo viso.
Gli occhi della Regina Dolce si specchiarono nei suoi, anche se avevano ben poco di dolce, in quel momento.
“Avete sentito quello che ho detto? Abbassate la spada. Subito” scandì Susan, incredibilmente tranquilla.
Ma c’era il fuoco della rabbia in quello sguardo celeste, che la rendeva forse ancora più attraente.
Era immobile, il braccio destro teso all’indietro, le dita pronte a mollare la corda.
Quando Susan aveva visto Rabadash arrivare sulla nave, si trovava ancora sopra il ponte di combattimento. Si era guardata attorno per un attimo per sapere com’era la situazione e aveva visto Peter, Drinian, Edmund, Rhynce, Tavros…e Caspian. Tutti combattevano.
Solo in seguito aveva notato in mezzo alle armature di Narnia una veste scura, sconosciuta. O forse non proprio…dove poteva averla già vista?
Poi il respiro le si era fermato e aveva sentito un nodo serrarle la gola: Rabadash.
Era sulla loro nave e Caspian, in evidente difficoltà, stava battendosi con lui.
Allora, senza pensare a niente tranne che a correre in suo aiuto, Susan aveva abbandonato la sua postazione ed ora era lì di fronte a loro.
“Non ve lo ripeterò ancora, principe. Allontanatevi, o pianterò questa freccia nella vostra fronte”
“Mia graziosa Maestà, prima che voi troviate il coraggio di farlo,” la schernì Rabadash, “la testa del vostro amato Caspian sarà già per terra”
Premette la lama contro la gola del Re di Narnia e subito Susan alzò l’arco.
“Non osate!”
“Altrimenti?” Rabadash rise. “Voi non uccidereste un insetto, Susan. Lo sappiamo tutti e tre”
“Davvero?”
Susan mollò la corda e la freccia trapassò da parte a parte la mano con cui Rabadash reggeva la scimitarra.
Il principe cacciò un urlo e si afferrò l’arto ferito con l’altra mano.
Caspian si alzò di scatto e con la parte di piatto di Rhasador colpì la mano lesa dell’avversario, il quale fece cadere finalmente la scimitarra. Il Re di Narnia la raccolse immediatamente.
“Siete avvisato. Il prossimo andrà a segno” disse ancora Susan.
Avrebbe colpito. Non stava scherzando e i due uomini lo capirono.
La ragazza preparò un altro colpo, mentre Caspian si metteva al suo fianco. Il Re e la Regina guardarono il loro nemico.
Un’ira violenta esplose dentro Rabadash. Non poteva sopportare quella vista. Non poteva vederli insieme.
“Ordinate immediatamente ai vostri uomini di arrendersi” esordì Caspian, minacciando Rabadash con la sua stessa arma, come egli aveva fatto con lui poco prima.
“Mai!” urlò il principe di Calormen, estraendo un pugnale dallo stivale e gettandosi sul Re di Narnia, ferendolo al braccio.
Susan tirò di nuovo. Sfortunatamente , stavolta il colpo mancò il bersaglio, anche se di poco.
Rabadash si volse svelto verso di lei, ma Caspian gli fu di nuovo addosso.
Il principe di Calormen brandì il pugnale avvicinandoglisi pericolosamente. Il Re di Narnia scartò di lato, così che la lama lo colpì di striscio sul fianco dell’armatura e non lo ferì. Con Rhasador puntata davanti a sé, Caspian sferrò un colpo dritto verso l’avversario. Gli fece volare via il coltello di mano e con la spada trapassò la sua veste nera.
Rabadash boccheggiò, ma ebbe ancora la forza per reagire. Si avventò su Caspian con tutto il suo peso, trascinandolo all’indietro verso il parapetto della nave.
Il ragazzo si piegò all’indietro sulla balaustra. Spinse con forza un piede sul corpo dell’altro e con un calcio lo spinse via, facendolo precipitare in acqua.
In poco tempo, i calormeniani si accorsero dell’accaduto.
Ma se i narniani credevano che questo li facesse retrocedere, si sbagliavano.
Alla vista del loro signore ferito, la furia esplose maggiormente.
Fu allora che la situazione sembrò precipitare per il Veliero dell’Alba. Tuttavia, c’era qualcuno che in tutto quel tempo aveva radunato le forze in attesa del momento cruciale.
Con gran stupore di tutti, al centro del ponte del veliero di Narnia, apparve una figura avvolta in una lunga veste chiara.
“Miriel!” gridò Peter sgomento. “Vieni via!”
“Lasciami fare!” gli urlò lei in risposta.
La Driade fletté le braccia avanti a sé. Dai palmi delle mani cominciò a formarsi una luce dorata, e pian piano prese forma un germoglio che presto si schiuse in un fiore rosso inteso.
Miriel soffiò su di esso e il fiore svanì in tante piccoli luccichii luminosi.
Peter aveva già visto qualcosa di simile ma ciò che avvenne dopo lo lasciò letteralmente senza parole, così come tutti.
Le scintille di luce volarono verso il mare, in direzione dell’Occhio di Falco. Quando si posarono sull’acqua, questa cominciò ad evaporare. Lunghe volute di fumo si formarono nel cielo notturno. Il livello del mare si abbassò, diminuiva sempre più, e presto, l’Occhio di Falco si ritrovò arenata nella baia. Sotto la chiglia non c’era più acqua, ma la sabbia del fondo del mare, le conchiglie e le alghe incollate sulla carena.
Immediatamente, i calormeniani gridarono al maleficio.
Ma era tutt’altro che un maleficio. Era stato un vero prodigio
Peter, dalla sua posizione, non aveva mai staccato gli occhi da Miriel. Nessuno aveva mai visto una Driade fare cose simili. L’aspetto era quello di una ragazza, ma dentro, ella era una creatura di Aslan, una dei suoi figli più puri e per cui più potenti.
In quel momento gli sembrò impossibile che lei gli avesse rivolto quelle parole nella radura. Era venuta per incontrare lui…ma che cos’aveva lui di tanto speciale?
“Come ci sei riuscita?” chiese Caspian avvicinandosi alla Driade, sbalordito.
“I miei poteri sono legati al sole e al fuoco, oltre che alla natura. Dai primi derivano la luce e il calore, che posso usare come meglio credo”
“Come ti è venuta l’idea?” le chiese Susan, sorridente.
“Bè, ho pensato che l’unico sistema per fermarli era usare il calore appunto, concentrandolo solo nel punto in cui si trovava l’Occhio di Falco, e portandolo a un tale livello di intensità in modo da prosciugare quel tratto di oceano. Se fossi stata una ninfa dell’acqua, mi sarebbe bastato aumentare il volume del mare e sommergere la nave. Ma dato che non dispongo di un potere simile…”
“Sei fantastica!” esclamò Edmund, quasi senza parole. “Giuro che non penserò mai più male di te. E’ stato…sei stata…unica!”
Miriel sorrise . “Vi ringrazio, Vostre Maestà”
“Niente più Maestà” disse Susan. “Chiamaci con i nostri nomi, d’ora in poi”
“Ma io…”
In quel momento, il drago d’oro e il rapace di bronzo si staccarono e il Veliero dell’Alba riprese a muoversi.
Lucy… pensò Peter dalla sua postazione. 
E subito dopo la voce di lei gridava il suo nome in mezzo alla confusione.
Il Re Supremo spalancò gli occhi azzurri. “Lu!!!” gridò, in un primo momento incredulo.
Sua sorella correva verso di lui, avvolta in un mantello nero. Il cappuccio le cadde e liberò i lunghi capelli rossi che le ondeggiarono davanti al volto. Era affiancata da Nausus, il quale rimase indietro per via della gamba ferita.
Peter abbandonò il posto di comando per raggiungerla, e quasi cadde a terra per la forza con cui lei gli si gettò al collo, abbracciandolo fortissimo.
Lucy iniziò a piangere in modo irrefrenabile e a nulla valsero i tentativi di lui di calmarla.
“Scusa, mi dispiace, mi dispiace!”
“Tranquilla, Lu, sei salva” disse Peter, stringendola forte a sé. Poi si voltò in direzione del Fauno. “Grazie”
Quello scosse il capo. “Non è merito mio”
Il ragazzo stava per chiedere spiegazioni, ma una nuova ondata di proiettili rocciosi si abbatté su di loro.
“Dannazione, hanno ancora in funzione le catapulte!” esclamò, separandosi da Lucy. “Tu rimani con Nausus”
“Mi serve il mio cordiale, devo curarlo. Devo occuparmi di tutti i feriti”
“La tua pozione la stanno usando Eustace e Gael, in questo momento. Sono di sotto con Drinian”
“Allora vado da loro”.
Lucy si asciugò le lacrime e corse via. Intravide Edmund, Susan e Caspian. Avrebbe parlato più tardi con tutti loro.
Non appena la sorella fu scomparsa sottocoperta, Peter risalì al timone, girò la barra rapidamente e fece virare la nave il più in fretta possibile.
“Che cosa fai?!” urlò Caspian.
“Dobbiamo andarcene, non possiamo contrattaccare! Fai risalire tutti da questa parte, subito! O resteranno sull’Occhio di Falco!”
Caspian esitò un secondo solo.
“Susan! Ed!” gridò poi, facendosi aiutare anche da loro ad avvertire chi era sceso sul ponte della nave nemica e ancora si trovava là.
I soldati di Calormen tuttora sul Veliero dell’Alba, invece, fuggivano atterriti e invocavano Tash di salvarli dal sortilegio della Driade. Alcuni si arrampicarono sulle sculture del drago e del rapace, altri si gettarono in mare.
Aréf tarkaan e il capitano dell’Occhio di Falco diedero ai rispettivi uomini l’ordine di ritirarsi.
“Andiamocene, subito! Via! Via di qui!”
Ma il capitano delle guardie non aveva capito che ormai la nave si era irrimediabilmente bloccata nel mezzo della baia.
Un attimo più tardi, il capo dei pirati gridava qualcosa a proposito del Principe Rabadash. La faccia affilata del corsaro era rossa e sudata. Gesticolava furiosamente con i suoi compagni e gli altri si precipitarono come fulmini a srotolare una scaletta di corda per raggiungere il suolo.
Rabadash era steso sulla sabbia del fondo marino, piegato su se stesso, sputando acqua e tossendo. Perdeva sangue da una ferita sul fianco.
Uno dei pirati allungò una mano verso di lui, ma il principe la scostò bruscamente.
“Non toccarmi! Che nessuno mi tocchi!”
“Vostra Altezza, dovete…”
“Prendeteli!” urlò furente, puntando un dito in direzione della nave di Narnia che si stava allontanando. “Rimettete questo veliero in mare, e inseguiteli!”
Alzò appena il capo, ansante, fissando con occhi ardenti il pirata.
“Purtroppo ci è impossibile al momento. Siamo bloccati qui fino a quando il mare non…non riappare…” balbettò il corsaro, non molto sicuro che il termine usato fosse quello giusto.
Che cosa dovevano aspettarsi desso? Che l’acqua fosse rispuntata così com’era svanita?
Rabadash si alzò a fatica, la mano e le costole trafitte da mille fitte dolorose.
L’urlo di rabbia che scaturì dalla sua gola però, non fu udito a bordo del Veliero dell’Alba.
 
 
 
“Perché hai ordinato la ritirata?” esclamò Caspian, rabbioso, rivolto a Peter.
“Perché era l’unica cosa sensata da fare! Non potevamo attaccarli e loro ci avrebbero distrutto con quei colpi. Guarda la nave! Non è in buone condizioni”
“E pensare che l’avevamo appena riparata…” disse il Capo degli Inettopodi, sconsolato.
“Non li dai tu gli ordini, Peter!”
“Caspian…” fece Susan. Non voleva che litigassero.
“E tu dov’eri?”
“Stavo combattendo contro Rabadash, se non lo sai!”
“Bene. Mi sembrava che avessimo deciso- quando sono salito a bordo di questo veliero- che in un caso qualsiasi di impossibilità da parte tua di dare ordini, il comando l’avrei preso io”
“Lui è il Re Supremo” disse ancora Chief.
“Ben detto, Capo! Ben…ehm…” fecero gli altri Inettopodi, vedendo che lo sguardo di Caspian non era troppo amichevole in quel momento.
 “E Lucy?” intervenne titubante Edmund.
Era rimasto sconvolto quando il Veliero dell’Alba si era allontanato dall’Occhio di Falco, pensando che la sorellina si trovasse ancora làssù.
Peter diede a tutti la buona notizia. Lucy era slava.
 “Scusate, avrei dovto dirvelo subito, ma non ho potuto farlo”.
Lanciò un’occhiata eloquente a Caspian.
Egli distolse lo sguardo e lasciò cadere il discorso.
Sì, era vero, Peter era Re Supremo di Narnia. Ma la spedizione era la sua, il Re adesso era lui, non Peter. Lui stesso gli aveva dato piena autorità su Narnia e tutto ciò che ne concerneva, tirandosi indietro di un passo.
Comunque, non era il momento di rimuginare su certe cose, adesso dovevano pensare a Lucy.
La Valorosa si trovava nella cabina di Drinian.
Quand’era entrata, ancora con indosso il mantello di Rabadash e la camicia da notte, Gael le era corsa subito incontro.
Lucy pensò quanta fortuna aveva nell’essere di nuovo lì con tutti gli amici. Avrebbe anche potuto non rivederli mai più.
Perfino Eustace l’aveva abbracciata.
“Eri preoccupato per me? Possibile?” aveva tentato di scherzare Lucy, sentendo crescere in lei un grande affetto per il cugino.
Eustace aveva mugugnato qualcosa d’incomprensibile.
“Toh!” aveva risposto, cacciandole in mano la sua pozione miracolosa e diventando molto rosso.
Ma se l’emozione con lui e Gael era stata forte, niente poté paragonarsi alla sensazione di quando vide schierati davanti a lei i suoi fratelli e Caspian.
Agitata, eccitata, dispiaciuta, felice, imbarazzata…provava tutti questi sentimenti ed essi quasi rischiavano di soffocarla.
Rimasero lì a fissarsi, tutti e cinque, per un attimo che parve interminabile.
Lucy si alzò ma subito chinò il capo, sentendo ancora le lacrime affiorare.
“Mi dispiace…” disse in un sussurro cominciando a singhiozzare forte, lasciandoli tutti turbati e allibiti. “Scusate, è tutta colpa mia!”
“Lucy, ma che dici?” fece Susan.
“Sì, è colpa mia! Sono io la causa di tutto!”
Voleva raccontare ogni cosa e non le importava se c’erano anche Drinian, Gael, Eustace, Miriel, e Chief. Doveva farlo.
“Perché sei uscita di notte?! Che ti dice la testa?!” sbottò Edmund, che a tutti apparve adirato ma che dentro di sé era sollevato di sapere che non le fosse accaduto niente.
“Adesso calmati, e raccontaci tutto” le disse Caspian gentilmente, avvicinandosi e mettendole le mani sulle spalle.
La ragazzina scosse forte la testa, lo sguardo rivolto verso il basso.
“Non posso. Ho fatto una cosa orribile…mi odiereste, ne sono sicura”
“Cosa puoi aver fatto di così terribile?” chiese dolcemente Susan.
“Ha letto il libro del mago” intervenne Chief. “E ha fatto un incantesimo, vero?”
Tutti si volsero verso di lui.
Lucy vide che il Capo degli Inettopodi aveva un’espressione desolata.
“Come lo sai?”
“E’ la verità?” chiese Susan, più duramente di quanto avrebbe voluto.
“Non è colpa della Regina” la difese Chief, facendo un saltello verso la Dolce. “Purtroppo, anche questo faceva parte del piano dell’Oppressore. Era un modo per farvi perdere tempo, così che lui avesse potuto consegnare la Regina Susan a quell’altro principe”
“Di che incantesimo si tratta?” domandò Peter. Anche lui ora aveva assunto un tono di rimprovero.
Lucy non rispose subito. Aveva riabbassato gli occhi nascondendosi nell’abbraccio di Caspian, l’unico, a quanto sembrava, che in quel momento non aveva un rimprovero da farle.
“Poteva essere un incantesimo qualsiasi” spiegò Chief. “Non aveva importanza quale, purché creasse confusione. Ci dispiace non avervelo detto, ma avevamo paura dell’Oppressore”
“Non è colpa di nessuno quello che è successo” disse Lucy. “Solo mia”
“No, tu non sai che Coriakin ci ha traditi” spiegò Miriel.
“Cosa?!” Lucy trasalì.
“Purtroppo è vero. Per cui sei stata tratta in inganno quanto noi, Maestà”
“Era tutta una scusa, Regina, tutta una scusa!” saltellò Chief arrabbiato. “Il libro era un’esca!”
“Questo però non giustifica quello che ho fatto. Anche Aslan l’ha detto. L’ho voluto io. Potevo evitarlo, eppure…”
“Hai visto Aslan?” chiese un coro di voci. Tutti i presenti tremarono di emozione e timore reverenziale.
“Sì…e mi ha sgridata”
“Dicci quale incantesimo hai pronunciato” ripeté severo Peter.
E finalmente lei dichiarò la verità.
“Mi sono trasformata in Susan. I soldati di Calormen mi hanno vista e mi hanno catturata, credendo fossi lei”
Nessuno parlò. Tutti quanti stavano cercando di capire.
“Che cosa hai fatto?” domandò infine proprio Susan, piano, a bocca aperta.
“Volevo…volevo essere come te” esclamò Lucy, piangendo forte, senza il coraggio di guardare la sorella in volto.
Si separò da Caspian, che ora la guadava attonito.
“Volevo essere grande! Volevo essere coraggiosa e bella! Volevo essere te! Perdonami Susan, ti prego! Non odiarmi!”
“Ma io non ti odio, Lucy! Come potrei?!” esclamò Susan, correndo ad abbracciarla. “Sei mia sorella! Sei la mia migliore amica! Solo…perché hai fatto una cosa simile?”
“Mi dispiace, davvero! Il fatto è che io…ti invidio. E volevo…volevo…”
“Oh, Lu…Piccola stupida…”
“Lo so. Lo so che sono stupida!”
Susan la allontanò da sé e le sorrise, passandole una mano suo viso e baciandola sulla guancia. Anche la Regina Dolce, adesso, aveva gli occhi lucidi.
“Certo che lo sei! Non hai mai capito che sei tu la migliore tra noi due”
Lucy fissò incredula la sorella maggiore. Tutto si era aspettata tranne che quelle parole.
Susan sorrise ancora. “Sì, io sarò anche bella, ma non avrò mai nemmeno la metà del coraggio che hai tu. E poi, io non mi trovo così straordinaria come mi vedi. Non ho nulla da essere invidiata, anzi, sono io che invidio te”
“Cosa? Susan…ma…”
“Tu non hai mai tradito Aslan. Io sì. Tu non hai mai perso la fede, non hai mai abbandonato Narnia e le persone che ti amavano. Io l’ho fatto. Se sono tornata lo devo a te, che mi hai sempre spronata e aiutata a non perdere la speranza, non di certo al mio coraggio né tantomeno alla bellezza. E poi, un giorno non sarò più tanto bella, invecchierò e avrò un sacco di rughe”
Tutti fecero una breve risata. Con quella piccola battuta, Susan era riuscita un poco a distendere l’atmosfera tesa.
“Ma Caspian ti amerà comunque” mormorò Lucy.
Il Re e la Regina Dolce si scambiarono uno sguardo.
“Credi che io ami tua sorella solo per il suo aspetto?” disse lui.
“No, certo. Anche perché ha mille altre qualità”
“Quali?” fece Eustace all’improvviso. “E’ una bisbetica viziata!”
“Ah, grazie…”
“Le tue manifestazioni di affetto sono sempre e migliori, Eustace” fece Edmund scuotendo la testa.
Lucy provò a guardare i suoi fratelli e vide che i volti di tutti si erano addolciti.
 “Tu sei bella come sei, Lu” disse Peter sorridendole.
 “Hai capito?” riprese Susan. “Tu sei la più importante tra di noi. E non lo dico solo perché te la sei vista brutta stanotte, o perché sto cercando di consolarti. Lo penso davvero. Tutti lo pensiamo”
“E’ vero” affermò Caspian, passando un braccio attorno alle spalle di Lucy e l’altro a quelle di Susan. “Se non fosse stato per te, voi non sareste mai venuti a Narnia e io non avrei mai incontrato tua sorella. E la mia vita non sarebbe stata così meravigliosa come lo è oggi”.
La Regina Dolce guardò il Re con commozione.
Lucy fece un gran sospiro. “Mi sono comportata male e ho combinato un disastro. Mi dispiace tantissimo, ragazzi”
Tutti le sorridevano affettuosamente e scossero il capo, come a dire che non importava.
Lucy si sentì immensamente fortunata ad avere accanto persone come quelle, amici veri e sinceri.
Drinian fece una smorfia e si alzò. “Sarà meglio andare a vedere com’è la situazione là fuori”
In realtà voleva che i cinque Sovrani rimanessero da soli per un po’.
“No, non dovete muovervi!” dissero Gael e Eustace in coro.
“Sareste così gentili da aiutarmi, allora?”
“No, voi resterete qui, stanotte” disse Lucy. “Io e Gael ci arrangiamo per dormire”
“Miei Re” intervenne Chief, “i mei fratelli sarebbero dell’idea di ospitarvi ancora sulla nostra isola”
“Non possiamo tornare a terra” disse Peter. “Dobbiamo andarcene subito di qui. Anche se la nave di Calormen non dovesse riuscire a tornare in mare a breve, i soldati e Rabadash stesso potrebbero scendere sulla terraferma e attaccare di nuovo”
Chief brandì la sua lancia. “Non abbiamo paura!”
“Non è di questo che dubito”
“Possiamo addormentarli con un sortilegio dell’Oppressore. A proposito, Sire, lo abbiamo ripescato! E nel vero senso della parola!”
“Coriakin?”
“Esatto!”
Dopo quella rivelazione, di dormire non se ne parlò anche se tutti erano molto stanchi e provati.
I Sovrani di Narnia vollero immediatamente vedere il mago. Prima di questo, venne chiesto a Lucy se fosse disposta a usare di nuovo il libro degli incantesimi (visto che era l’unica a poterlo fare oltre al proprietario, che si era rifiutato). La Valorosa non accettò con un gran entusiasmo, ma pronunciò ugualmente una magia in grado di far scorrere il tempo più lentamente al di fuori dei confini dell’isola.
D’altra parte di tempo ne occorreva eccome. Dovevano di nuovo riparare la nave e per questa operazione sarebbe stato necessario l’intervento di Coriakin in prima persona. Gli Inettopodi, non più così impauriti dall’Oppressore, lo costrinsero punzecchiandolo continuamente con le lance.
“Basta! Basta! Lasciate almeno che mi asciughi, o mi prenderò un malanno!”
“Ti starebbe bene! Vero, Capo?”
Il mago era completamente zuppo, con tutti gli abiti sgualciti. Era stato davvero ripescato da un gruppetto di Inettopodi che erano rimasti sull’isola a badare alla casa. Di natura tontolona, non si erano presi la briga di scoprire come andasse la battaglia. Invece si erano messi a pensare a cosa preparare per colazione quando i narniani fossero tornati. L’idea comune era stata: pece fresco. Allora avevano mollato le armi ed erano corsi a prendere le canne da pesca. E che pesce enorme avevano preso! Peccato che in un secondo momento si erano resi conto che non fosse affatto un pesce, ma Coriakin! Il mago evidentemente aveva avuto qualche difficoltà con la polvere magica utilizzata per fuggire dall’Occhio di Falco. Invece di andare in un luogo lontano e sconosciuto dove nessuno lo avrebbe trovato, era finito di nuovo al punto di partenza.
“Quale fine ingloriosa…” commentò Eustace. “E ora che ne sarà di lui?”
“Dovresti pensarci tu, Caspian” disse Edmund. “A-anche tu, Peter” aggiunse in fretta, memore del litigio avvenuto poco prima tra i due ragazzi.
“Lasciate che ci parli io” disse Miriel seria. “Da sola, se possibile”
“Non credo che dovresti rimanere da sola con quel tipo” disse subito Peter.
 “Non preoccuparti. Non mi farà niente”
Ma Peter insisté ancora per accompagnarla. Sarebbe rimasto a qualche metro di distanza, così da non sentire cosa si dicessero. Miriel acconsentì.
“Grazie che ti preoccupi per me” gli sorrise lei, passandogli una mano sul viso.
“E’ normale” arrossì il ragazzo, provando una strana sensazione alla bocca dello stomaco a quel tocco tiepido e delicato.
Coriakin aveva appena finito il lavoro di riparazione e adesso si trovava nel giardino, legato al tronco di un albero.
La Driade si fece largo tra gli Inettopodi, che si spostarono per lasciarla passare. Quando arrivò di fronte al mago, lo guardò rammaricata, ferita.
“Perché l’hai fatto?”
“Non ci crederai, mia cara, ma sono dispiaciuto della mia scelta. Tuttavia non torno indietro”
“In questo modo hai aggravato ancor più la tua colpa”
“Non sarei mai tornato nel firmamento”
“Dubiti di Lui?” chiese la ragazza sconcertata. “Sei arrivato a questo? Hai perso la tua fede, Coriakin? Eppure lo conosci bene”
Il mago scosse il capo. “Mia cara Miriel, credi sul serio che tutto quello che Aslan ti dice sia vero? Pensi veramente che ti lascerà rimanere quaggiù anche quando il tuo compito di guida sarà finito?”
“Mi ha fatto una promessa. Ha detto che se fossi riuscita a superare una prova, allora avrei potuto…”
“Ma scusa!” rise il mago. “Anche se rimanessi a Narnia, cosa potresti ottenere? Io lo so che sei voluta venire per il Re Peter, ma cerca di essere razionale, mia cara: quel ragazzo neppure ti conosceva fino a ieri. Veramente credi che l’amore che tu provi per lui possa essere ricambiato in così poco tempo?”
“Ancora non sappiamo quanto durerà il viaggio”
“Lo sai bene che alla fine se ne dovranno andare tutti”
Miriel tentò di non ascoltarlo.
“Non sono venuta da te per parlare di Peter o di quello che farà. Nessuno lo sa, nemmeno Aslan. Voglio invece sapere perché lo hai tradito. Perché ti sei ribellato al Grande Re? Non mi hai risposto”.
Coriakin fece uno sbuffo sprezzante, guardando lontano tra gli alberi del giardino.
“Grande…ci sono altri sovrani grandi come lui…Tash ad esempio”
Miriel si portò una mano alla bocca.
“Non puoi…non puoi, Coriakin! Tu sei uno dei figli più antichi di Aslan, hai visto nascere il male quand’eri ancora una giovane stella, così come me. Sai che Tash è l’incarnazione di un demone! E sai anche che nasce per mano di una creatura ancora più potente, più malvagia, più antica, proveniente da un reame maledetto. Se ti sei votato a lui, ti sei votato anche a lei…alla Strega!”
Coriakin tremò e sia lui che Miriel voltarono la testa verso le ombre che la casa proiettava sull’erba. Qualcosa si muoveva dentro di esse, ma subito tutto tornò immobile.
“Non farlo, Coriakin” disse la fanciulla scuotendo il capo, il viso sofferente. “Non puoi…Non passare dalla parte dei malvagi! Sostieni i nostri Sovrani nel riportare la pace nel regno! Credi in loro! Aiutali!”
“Come posso farlo se nemmeno loro sono a conoscenza di tutta la verità? Cosa sanno della vera missione che li aspetta? Me lo dici? Non rispondi, vero? Certo, perché non lo sai nemmeno tu. Nessuno lo sa, solo Aslan. Ma lui non parla, non dice niente, fa fare il lavoro più grosso a noi, ci manda qui a risolvere i guai di altri e ad aiutare un gruppo di ragazzini che non sanno nemmeno a cosa stanno andando incontro!”
Coriakin aveva alzato la voce, ma Miriel era calma.
“Tutto verrà rivelato a suo tempo. Al tempo stabilito da Aslan e dall’Imperatore d’Oltremare”
“Un altro bell’elemento, quello! Neanche aiuta suo figlio!”
“Ti hanno creato loro, non te lo dimenticare! Dovresti mostrare più gratitudine per il dono della vita. Ma ormai è inutile dirti queste cose, vero?”
“Io la mia scelta l’ho fatta e non torno indietro”
“Coriakin…” disse una voce profonda proveniente da fitto del giardino.
Il mago e la Driade si voltarono nello stesso istante in direzione di un albero a cui era stata data la forma di un leone. Solo che quell’albero ora non era più verde e non aveva più le foglie. Un enorme felino si alzò e scrollò la criniera dorata, il pelo fulvo lucente nelle prime luci del mattino.
Peter, a qualche metro da loro, trasalì e non poté non reprimere un grido di stupore. Vide anche un’altra cosa: le espressioni di Miriel e Coriakin erano l’una l’opposto dell’altra. Erano gioia e terrore puro.
La Driade si inchinò, sollevando appena la lunga gonna chiara. Coriakin si dimenò tra le corde che lo imprigionavano, piegandosi su se stesso e piagnucolando ad occhi chiusi.
“Hai rinnegato la tua famiglia, Coriakin. E hai spezzato il mio cuore”
Con gran stupore, Peter vide grandi lacrime lucenti come il cristallo scendere dagli occhi d’ambra del Leone.
“Perdonami! Perdonami!” lo implorò il mago, piangendo a sua volta.
“No, caro figlio, non posso più perdonarti. Hai scelto la tua strada, l’hai detto poco fa”
“P-posso rimediare…”
“La tua parola è questa. Ma i tuoi pensieri sono diversi. Io ho letto nel tuo cuore”.
“E sei.…s-sei venuto a giudicami vero? Oh…oh…. Oh, Aslan, Aslan! Non uccidermi, ti prego!”
Il leone ruggì così forte che Peter, anche così distante, percepì lo spostamento d’aria che quel suono poderoso aveva provocato, spettinandogli un poco i capelli.
“Un giorno comprenderai i tuoi errori, Coriakin, e allora capirai che un padre non può uccidere suo figlio, perché lo ama ed è parte di lui. Lo ama così tanto che a volte quel padre è costretto ad agire più severamente di quanto vorrebbe per il suo bene. Tu non sarai mai più una stella. Ormai pensi come loro, Coriakin, sembri uno di loro e per questo diverrai uno di loro”
“L-l-loro?”
 “Diverrai un uomo, perché come loro vuoi fama e gloria, non pace e giustizia. Pochi sono gli umani che ancora hanno nel cuore questi valori. Tu li avevi come stella, ma come uomo non li hai. Dimenticherai la tua vita di stella. La tua esistenza nel mondo sarà lunga, non troppo gravosa, non troppo facile. Ma alla fine, anche tu morirai”
“Oh no, no…” singhiozzò Coriakin, accorgendosi che le corde che lo legavano erano scomparse. Tuttavia non osò muoversi.
“M-Miriel…” balbettò.
Ma la Driade scosse il capo, come a dire che non poteva aiutarlo. Il suo viso era  immensamente infelice.
Peter osservava la scena con il batticuore. Sentiva che stava per accadere qualcosa.
Poco dopo, l’alba spuntò e il Re Supremo fu costretto a strizzare gli occhi per continuare a vedere cosa succedeva.
“Peter!” esclamarono le voci dei suoi fratelli, Eustace e Caspian.
Avevano udito il ruggito del Leone da lontano e si erano precipitati fuori dalla casa.
Aslan si voltò verso i sei ragazzi e sembrò che sorridesse. Era difficile dirlo, perché in quel momento il sole comparve dietro di lui con un lampo di luce d’oro brillante, mischiandosi all’oro della criniera e del pelo del felino, finché il Leone e la luce furono una cosa sola. E quando infine il grande astro fu alto nel cielo azzurro e limpido, i ragazzi videro che Aslan e Coriakin erano scomparsi. Miriel era sola accanto al tronco al quale era stato legato il mago. L’albero con la forma del leone era tornato immobile.
“Cosa…chi…chi era?” farfugliò Eustace.
Nessuno gli rispose. Erano ancora incantati, frastornati e si sentivano sicuri e pieni di coraggio come non mai.
“Era vero?” disse Edmund, deglutendo. “Voglio dire, lo so che era vero. Quello che intendo è…era davvero qui? Non era un’apparizione o…l’ombra di un sogno…”
“No, era lui” rispose Peter con voce inaspettatamente roca, rotta dall’emozione. Si schiarì la gola. “E’ sempre stato qui, credo”
Lucy respirò a fondo l’aria del mattino con il sorriso sulle labbra. Susan fissava il punto in cui il Felino era scomparso. Caspian lo stesso.
Miriel camminò con passo lento verso i ragazzi. Aveva ancora quello sguardo addolorato.
“Dov’è Coriakin?” chiese Peter.
“Hai sentito la nostra conversazione?”
“Solo da quando è arrivato Aslan. Prima no”
La Driade raccontò brevemente com’erano andate le cose.
“Il suo destino è cambiato, come può cambiare quello di chiunque altro. Era di questo che ti parlavo quando ci siamo incontrati, Peter. Che nulla è certo, nulla è deciso. Anche all’ultimo momento tutto può mutare in qualcosa che non avremmo mai immaginato”
“Ma dov’è andato il mago, adesso?” chiese Eustace. “A Narnia?”
“No. Non a Narnia. Per molto tempo non la vedrà più, come il suo amato cielo. Forse è ad Archen, o a Calormen, o forse in un altro mondo. Sono certa che Aslan avrà scelto il luogo migliore per lui”
“Allora perché sei così triste se sia che sta bene?” chiese ancora Eustace.
“Perché ha perso se stesso. Ha perso quello che avrebbe potuto avere: il perdono e la vita”
Miriel guardò lontano e chiuse un attimo gli occhi. “Un giorno lo rivedremo”
“Quando?”
“In un tempo molto lontano da oggi, Eustace. Ma ci sarai anche tu”
“Io non capisco…” il ragazzo scosse il capo.
“Non pensare troppo, o ti si asciugherà il cervello” disse Edmund.
“Idiota…”
“Imbecille…”
“Piantatela!” fece Peter, dando una gomitata ad entrambi.
Miriel sorrise. “Venite. Il giorno è appena nato e siamo tutti molto stanchi. Sarà bene dormire un poco prima di ripartire”
“Quale colpa aveva commesso il mago, prima di venire su quest’isola?” chiese Caspian.
“Non ora, Vostra Maestà, per favore” rispose stancamente la Driade.
Dopodiché rientrarono tutti in casa.
Tornarono nelle rispettive stanze, cercando di riposare per qualche ora.
Caspian bussò alla stanza di Susan.
“Non dormi?”
Lei era sdraiata sul letto, abbracciata al guanciale. Scosse il capo.
“Posso?”
“Certo” disse lei, mettendosi a sedere.
Il Re richiuse l’uscio e le sedette accanto. Susan si portò le ginocchia al mento e vi si appoggiò.
“A cosa…”
“Cosa stai…”
Esordirono insieme, guardandosi e mettendosi a ridere.
“Ormai siamo arrivati a pensare le stesse cose” le disse lui, accarezzandole una gamba coperta dal lenzuolo. “Cosa volevi dire?”
“A cosa stavi pensando?”
“A un sacco di cose”. Caspian fece un lungo sospiro. “Ad Aslan prima di tutto. A Rabadash e a quello che ha raccontato Chief su di lui. A Coriakin, a quello che ha fatto e a quello che ci ha detto nella biblioteca. Cosa c’è di vero negli avvertimenti che ci ha dato?”
“Non ne ho idea” disse piano Susan. “Ci ho riflettuto anch’ io, ma non sono riuscita a darmi una risposta. Però, può darsi che i suoi consigli siano veritieri. Che dobbiamo davvero guardarci da qualcuno nascosto nella nebbia e stare attenti a ciò che può sviarci dalla missione. In fondo è stato Aslan a incaricarlo di aiutarci. Forse quei consigli non derivavano da Coriakin, ma da Aslan”
“Può essere…ma non ne sono convinto”
La verità era che Caspian stava cercando con tutto se stesso di non pensare all’avvertimento del mago.
‘Non tentare l’impossibile… poiché ciò che è deciso non cambierà, nemmeno per il Re’
Eppure, la Driade non aveva detto appena pochi minuti prima che era possibile cambiare il destino? Il proprio e quello di altri. Allora perché nel suo caso avrebbe dovuto essere diverso? Solo perché era Re?
Solo perché era Re…
Si soffermò su queste parole.
Probabilmente sì…proprio perché aveva sangue blu non poteva mettere davanti i suoi capricci. Il bene del popolo e del regno veniva prima di qualsiasi cosa, di chiunque altro.
Perfino di lei?
Non tentare l’impossibile…
Ma lui avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non lasciarla. L’aveva promesso e non avrebbe infranto quel giuramento.
Ciò che è deciso non cambierà…
Cosa era deciso davvero? Cosa? La sua vita? Tutto il suo futuro? Ma come poteva essere se ancora non esisteva?
E di nuovo pensò alle parole di Miriel. Gli risuonavano in testa, continuamente: non c’era il destino, tutto era una pagina bianca che lui avrebbe scritto secondo i suoi desideri…insieme a Susan.
Non cambierà, nemmeno per il Re.
Già, ma il re ha la facoltà di cambiare la legge e quindi perché non può decidere la sua vita?
“Cosa c’è?” chiese Susan, scuotendolo dai suoi pensieri.
Caspian si voltò a guardarla. “Cosa…? Niente, scusa. Riflettevo ancora”
La ragazza abbassò le gambe e le mise di lato, avvicinandosi a lui e accarezzandogli il viso.
“Vai a coricarti. Hai l’aria stanca”
“Nemmeno io riesco a dormire, in realtà” disse il Re, prendendole la mano e baciandone il palmo.
“Avrei voluto parlare con Aslan, prima”
“Per dirgli cosa?”
“Che ti voglio sposare”
Susan sorrise, continuando ad accarezzargli una guancia, poi i capelli.
“Che facciamo con gli altri?” chiese poi.
Caspian la guardò un attimo interrogativo, ma subito dopo capì.
“Quello che vuoi tu. Per me possiamo anche dirlo a tutti. Anche se ho paura che Peter verrà a uccidermi di notte”
Susan rise.
“Volete smetterla di litigare una buona volta su chi è o non è il migliore?” lo rimproverò dolcemente. “E’ una stupidaggine”
“E’ sempre lui che mi provoca”
“No, stavolta la colpa è tua, Caspian” disse lei, alzando leggermente la voce. “Non dovevi dargli addosso in quel modo solo perché ha preso i comandi per un momento. Stava solo cercando di fare quello che riteneva giusto”
Caspian liberò la mano da quella di Susan, appoggiandole entrambe sul letto, piegandosi leggermente in avanti verso la ragazza.
“La battaglia poteva continuare! Avremmo potuto…”
“Farci ammazzare” tagliò corto lei. “Eravamo in svantaggio, devi ammetterlo. Per quanti soldati abbiamo sconfitto questa sera, la battaglia non l’avremmo mai vinta.”
“Non abbiamo perso, mi pare”
“Ma non abbiamo neanche vinto”
“Dai ragione a Peter o a me?”
“Non do ragione o torto a nessuno! Sto solo cercando di dire che…”
“La verità è che tuo fratello dovrebbe imparare ad abbassare la cresta, ogni tanto!”
Caspian e Susan si fissavano torvi.
Lei lo guadò di sotto in su appoggiando la schiena ai cuscini e incrociando le braccia.
“Anche tu a volte non ti comporti proprio bene, sai?” sbuffò.
Continuarono a lanciarsi occhiate. Caspian fissava il copriletto con le sopracciglia aggrottate. Susan sospirò forte più volte.
“Ma stiamo davvero litigando?” fece lui dopo un po’.
“Mmm…”
“Sue…”
Lei alzò gli occhi su di lui. Le spalle si rilassarono e la sua espressione tornò dolce.
“Io non voglio litigare”
“Nemmeno io”
“Allora non litighiamo”
“Hai cominciato tu”
Susan fece per dire qualcosa, ma ci ripensò.
“Sì…è vero”
Caspian sorrise. “Vieni qua” le disse, allungandosi verso di lei e mettendole le mani dietro la schiena, alzandola dai guanciali.
Susan gli mise le braccia attorno al collo. “Scusa…”
“Scusa tu”
Appoggiarono le fronti l’uno a quella dell’altro, restando così per un poco.
“La prima volta che abbiamo litigato è stato alla Casa di Aslan. Te lo ricordi?” disse lui.
“Sì. Tu facevi gli occhi dolci alla Strega Bianca”
Caspian rise forte alzando il viso. “E tu eri gelosa”
“Vero anche questo” ammise Susan, vergognandosi un pò.
Lo guardò sorridere, e sorrise a sua volta. Era bello vederlo così sereno nonostante tutto quello che stava succedendo.
“Sono perdonato?” fece lui dopo un attimo, dandole un bacio a fior di labbra, poi altri due uno dopo l’altro.
“Non sono arrabbiata. E non sarei nemmeno capace di stare per troppo tempo arrabbiata con te”
“Lo so che non lo sei, era una scusa”
Susan rise e poi lo baciò, posandogli una mano su una guancia. Lo stesso fece Caspian, accarezzandole piano il volto.
Si separarono appena in tempo. In quel momento la porta si aprì e Lucy apparve sulla soglia.
“Scusate, non ho bussato. Pensavo fossi sola, Sue”
Caspian e Susan si scambiarono uno sguardo, poi lui si alzò.
“Non c’è problema, stavo andando via”
“Davvero?”
“Sì, davvero”
Caspian passò accanto a Lucy e le accarezzò affettuosamente i capelli.
“Buonanotte a tutte e due” le salutò, chiudendo la porta.
Le due sorelle rimasero sole a fissarsi. Lucy era un po’ a disagio.
“C’è qualcosa che non va?” chiese la maggiore.
“Senti posso…posso dormire con te?”
La Regina Dolce parve un poco stupita, ma subito dopo annuì e scostò le coperte, così che la sorellina potesse infilarsi sotto accanto a lei.
Anche a casa in Inghilterra, quando era triste o spaventata per qualcosa, Lucy andava ad infilarsi nel letto di Susan.
Lei non diceva mai di no. Le faceva sempre un sorriso, proprio come adesso, mentre la piccola Lucy rimaneva in piedi accanto al letto con il suo orsacchiotto in mano, aspettando.
Susan la coccolava e la rassicurava. Si confidavano, ridevano, parlavano a lungo di tutto e di niente finché non si addormentavano.
Ormai era diventato un piccolo vizio, tant’è che le due dormivano insieme anche senza motivi particolari. Non era inconsueto nemmeno ora che erano più grandi vederle insieme nello stesso letto.
“Stai diventando grande” le disse Susan, posando il capo sul cuscino. “Tra un po’ non ci staremo più”
Lucy la guardò con i grandi occhi azzurri pieni di mortificazione.
“Davvero non sei arrabbiata con me?”
“No”
“Sono sempre la tua migliore amica?”
“Sei sempre la mia migliore amica”
Si sorrisero. Finalmente il viso di Lucy s’illuminava di nuovo di quella luce di ottimismo che l’aveva sempre contraddistinta e che era la sua più bella qualità.
Si strinsero l’una all’altra e pian piano, il sonno prese il sopravvento.
Prima di addormentarsi però, il pensiero di Lucy corse improvvisamente a Emeth tarkaan, il suo salvatore.
Non era certa che lui avesse potuto contare su amici come i suoi, premurosi, affettuosi e disposti a perdonare i suoi sbagli.
Se lei non avesse pronunciato quell’incantesimo non si sarebbe mai trasformata e non sarebbe mai stata rapita. Emeth non avrebbe passato dei guai a causa sua. Lei non avrebbe costretto i suoi compagni a venire a salvarla e quella battaglia si sarebbe potuta evitare.
Però, se tutto questo non fosse accaduto, Lucy Pevensie ed Emeth tarkaan non si sarebbero mai incontrati.
 
 
 
 
 
Cari lettori, tra un pò mi sciolgo sulla tastiera per la sudata che ho fatto nello scrivere questo capitolo. Mi incasino da sola con le idee!!! Meno male che non potete vedere in che stato sono i miei capelli! Stile porcospino XD
Vi aspettavate così il finale della battaglia? Nessun vinto o vincitore, direi che siamo in parità. Però, per quanto riguarda la sfida Caspian VS Rabadash direi che il round uno è: Caspian 1 – Rabadash 0
Stavolta care fan di Suspian ho ritagliato un momentino per i due piccioncini, siete contente? :D

Su su, commentate commentate, che voglio sapere le domande, riflessioni, critiche e quant’altro avete da dire.
 
Ringraziamenti:
Per le seguite: Allegory86, ArianneT, Chanel483, FedeMalik97, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, Jlullaby, Luna23796, Mari_BubblyGirls, Midsummer night Dream, piccola_cullen,  piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, yondaime eYukiiiiii
Per le preferite:   ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, HikariMoon, KiMiChAmA_EllY_, KingPetertheMagnificent, LittleWitch_, Lules, Midsummer night Dream , piumetta, SerenaVdW e tinny  
Per le ricordate: Angie_V e Miss_Hutcherson
Per le recensioni dello scorso capitolo:   Angie_V, Charlotte Atherton, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon, KingPetertheMagnificent, Midsummer night Dream, piumetta, SerenaVdW   e tinny
 

Angolino delle anticipazioni:
La prossima volta sapremo quali sono state le sorti di Emeth dopo che suo padre ha l’ha visto liberare la Regina.
Il Veliero dell’Alba riprenderà il mare e si avvierà verso la seconda isola sconosciuta.
Tornerà una vecchia conoscenza che non ha di certo buone intenzioni…
 
La settimana prossima spero di postare il sabato e non la domenica, esattamente come facevo prima.
Ancora grazie a tutti, che ogni volta siete sempre di più e mi fate gioire, divertire, commuovere con le vostre parole e il vostro affetto.
Susan<3

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Capitolo 20
*** Capitolo 20: Contrasti ***


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20. Contrasti

 
 
Emeth tarkaan attese la fine della battaglia chiuso in una cella dell’Occhio di Falco.
Non protestò quando i due soldati che erano assieme a suo padre, a un ordine di quest’ultimo, lo presero per le braccia e lo trascinarono sottocoperta.
La cosa che più lo preoccupava non era tanto la sua sorte, ma quella della Regina Lucy. Si era slavata? Il fauno l’aveva condotta con successo di nuovo sulla nave di Narnia?
Non si pentiva di ciò che aveva fatto, perché andava fatto. D’altronde era consapevole che quelle erano probabilmente le sue ultime ore di vita, perché non appena Rabadash avesse scoperto tutto, lo avrebbe accusato di alto tradimento e deciso di giustiziarlo. Probabilmente non gli sarebbe stato nemmeno concesso di tornare a casa, ma l’avrebbero impiccato lì, in mezzo all’Oceano.
Sperò solo che sua madre non venisse mai a sapere perché era morto, e che suo padre avesse potuto perdonarlo in qualche modo.
In quell'istante, la porta della cella si aprì. Emeth era pronto.
Aréf tarkaan apparve con un lume in mano. Era solo. Dietro di lui venivano ancora i rumori della battaglia.
“Quando un padre vede che tutti gli sforzi che ha fatto nella sua vita non sono serviti a nulla, la sua delusione è gande, figliolo” esordì Aréf, con voce triste e roca.
Emeth, che non era legato né alle mani né ai piedi, si alzò e piegò il capo.
“So di avervi disonorato, padre mio. Vi chiedo perdono”
“E’ tardi ragazzo mio, è tardi”
Il giovane alzò il capo e vide che Aréf piangeva.
“Ormai non posso più considerarti mio figlio, poiché hai tradito la tua famiglia e il tuo regno. Ma non posso ucciderti. Poiché anche la creatura più malvagia sa che uccidere un figlio, il sangue del tuo sangue, vuol dire passare il resto della tua esistenza tra i tormenti”.
“Non voglio che il disonore cada anche su di voi, padre. Fate quello che dovete. Avete il mio completo e sincero perdono”
“Dimmi solo perché lo hai fatto? Perché sei passato dalla parte del nemico?
“Non ho potuto farne a meno. Il principe Rabadash voleva uccidere quella ragazza solo perché non era chi lui credeva”. Il ragazzo strinse i pugni e scosse il capo. “L’ha trattata come un oggetto rotto, qualcosa di poco conto che doveva essere tolto di mezzo. Un errore. Avrebbe posto fine alla sua vita senza alcun rimpianto. Quando mi ha ordinato di giustiziarla, non ho potuto. Non ho voluto”
Aréf annuì e si asciugò il volto.
“Sei come tua madre. Ho cercato di cambiarti, ma non ce l’ho fatta. Il vostro spirito è troppo forte. In voi c’è qualcosa di diverso che io non sono mai riuscito a comprendere davvero. Ma per quanto non capisca, non posso fare quello che ci si aspetta da me. Per cui siamo entrambi traditori”
Emeth non capì quelle parole finché suo padre non riaprì la porta della cella, tenendola spalancata e lasciandogli il passaggio libero.
“Dirò al principe che sei perito in battaglia. Tua madre saprà che sei vivo quando tornerò a casa, e se mai non dovessi sopravvivere a questo viaggio, due dei miei uomini più fidati glielo riferiranno, mantenendo il segreto di ciò che hanno visto. Ora và”
Emeth mosse qualche passo incerto.
“Padre, ma…”
“Và! Fuggi sull’Isola, cerca aiuto dai suoi abitanti o dovunque tu possa trovarne. Solo, non tornare mai più a Calormen”
Aréf non lo guardò negli occhi, non ci riuscì.
Il capitano della guardia reale, così come il figlio, sapeva che quella era l’unica soluzione.
“Non posso fuggire. Non è onorevole per un soldato” disse Emeth risoluto.
“Hai sedici anni figliolo, non sai cosa sia il vero onore, o forse ancora non te ne rendi conto. Io l’ho capito stanotte osservandoti. Non voglio che tu muoia, Emeth, Sei il mio unico figlio e ti voglio bene.”
Aréf si volse finalmente verso di lui e lo abbracciò.
Emeth ne fu alquanto sorpreso ma ricambiò quell’abbraccio.
“Và, ragazzo, svelto” disse Aréf separandosi da lui. “La battaglia è conclusa, abbiamo perso, ma c’è ancora abbastanza confusione perché tu possa dileguarti senza esser visto da nessuno”
Il capitano delle guardie porse al figlio un mantello e un fagotto con qualche provvista.
“Non è molto, ho avuto poco tempo”
“Non posso…”
“Devi!” tuonò Aréf, ritrovando il tono severo di sempre. “E’ l’ultimo ordine che ti do come capitano, Emeth tarkaan: salvati la vita, rifatti un’esistenza. Sii felice e libero”
Emeth abbracciò ancora il padre, pensando con dolore che quella era l’ultima volta che si vedevano.
Dopodiché, senza voltarsi indietro, fuggì nelle prime luci dell’alba.
Scese sulla terraferma dove l’acqua era stata prosciugata dai poteri della Driade. Si tenne vicino alla chiglia, e nelle poche ombre che pian piano si schiarivano con l’arrivo del sole si nascose.
Attese il momento adatto e poi raggiunse l’acqua, nuotando fino alla riva. Nessuno lo vide (o almeno così gli sembrò all’inizio), indaffarati com’erano attorno al principe Rabadash ferito gravemente, tutti ancora spaventati e pieni di rabbia, gridando vendetta sui narniani.
Emeth si immerse più volte sott’acqua per non rischiare che qualcuno lo riconoscesse, finché, esausto e senza fiato, crollò sulla spiaggia. Ma non era ancora il momento di riposare, non sarebbe stato al sicuro finché non avesse raggiunto la foresta.
Purtroppo, però, il sole da est illuminava in pieno la riva e non c’erano nascondigli abbastanza buoni, rocce abbastanza alte o grandi alle quali accostarsi e trascinarsi piano verso la vegetazione che.
Doveva rischiare comunque, non poteva rimanere lì.
Si mosse più svelto che poté, ma appena si espose, una freccia si piantò sulla sabbia vicino al suo piede.
Come aveva temuto, qualcuno sull’Occhio di Falco teneva sotto controllo l’Isola e attaccava qualsiasi cosa si muovesse.
Emeth, avvolto nel mantello scuro, sperò con tutto il cuore che non l’avessero riconosciuto. Tuttavia, vide gli arcieri posizionarsi accanto ai parapetti e tirare di nuovo.
Corse a perdifiato, cercando di raggiungere il verde il prima possibile.
Il cinguettio degli uccelli riempiva l’aria, ma c’era anche un altro rumore. Qualcosa di enorme veniva verso di lui, lo capì dal boato che i suoi balzi producevano a contatto col terreno.
L’attimo in cui si fermò, completamente stordito da quello che vide, permise a una freccia di colpirlo. Un dolore lancinante gli trapassò la schiena e Emeth cadde in avanti, faccia a terra.
L’ultima cosa che vide fu la sagoma di un leone enorme.
“Sei andato ancora una volta dalla parte sbagliata, giovane amico” disse la sua voce, severa ma gentile. “Ora è tempo che io ti indirizzi su quella giusta”.
 
 
I narniani si svegliarono che il sole era già alto nel cielo. Avevano riposato solo tre o quattro ore.
Gli Inettopodi vennero a svegliarli per avvisarli che l’incantesimo del mago stava svanendo e presto il tempo sarebbe tornato a scorrere alla normalità.
Purtroppo furono costretti a rifiutare di fermarsi per la colazione che le creature avevano preparato per loro.
Caspian, di comune accordo con gli altri, non volendo far rimanere troppo male i nuovi buffi amici visto tutto l’entusiasmo che avevano messo nella preparazione di quel mucchio di prelibatezze, accettò di portare a bordo tutto quel ben di Dio, assicurando che avrebbero mangiato non appena preso il mare.
Ben cinque portate, a base di uova, pancetta affumicata e salsicce; toast spalmati di burro, marmellata di arance, pesche e mirtilli; latte, thè, frittelle dolci con sciroppo e una quantità di succhi di frutta davvero per ogni gusto.
Felici come pasque, gli Inettopodi avevano poi chiesto al Re cosa ne sarebbe stato della loro isola ora che il mago era scomparso.
Fu presa una decisione unanime: per merito di Lucy che ebbe l’idea, l’isola sarebbe stata chiamata Isola delle Voci, ricordando il primo incontro della Regina Valorosa con i suoi abitanti.
A Chief fu ridata la piena autorità sulla sua terra e la sua gente, e inoltre, i Sovrani promisero di salvare gli Inettopodi caduti nel sonno eterno. Essi si sarebbero risvegliati una volta arrivati in fondo alla storia della nebbia e ritrovate le Sette Spade dei Lord.
Il Veliero dell’Alba era stato riempito di tutte le provviste necessarie, e anche di più. Le riparazioni erano terminate (di nuovo). Tutto era pronto.
C’era preoccupazione per quanto riguardava le sorti degli Inettopodi, ma come giustamente disse Miriel, i calormeniani si sarebbero guardati dall’avvicinarsi a quell’isola dopo aver assistito ai suoi poteri di Driade. Era risaputo quanta paura avessero per tutto ciò che riguardava tutto ciò che era appena fuori dall'ordinario.
Così, tranquillizzata da quelle parole, la compagnia di Narnia riprese il largo.
Gael pianse quando venne il momento di dire addio al suo amico granchio, e anche l’animale versò qualche lacrimuccia, emettendo sommessi ticchettii di tristezza. Lui e i suoi simili accompagnarono per un tratto il Veliero dell'Alba, mentre gli Inettopodi salutavano dall’alto di una rupe.
Susan fu l’unica ad allontanarsi quasi subito dal parapetto, mentre tutti gli altri agitavano le braccia, e salutavano a loro volta i nuovi amici e l’Isola delle Voci, che si allontanavano sempre più.
“Sue?”
Era la voce di Caspian, ovviamente.
La ragazza era appoggiata al muro sotto il cassero di poppa, all’ombra, in un angolo un poco nascosto al resto della nave, le mani dietro la schiena, il capo chino. Alcuni ciuffetti sfuggiti alla solita acconciatura legata dal fiore blu, dietro la nuca, le svolazzavano attorno al viso per via della brezza del mattino. Per essere ormai autunno, faceva molto caldo nei mari dell’est.
Anche quando Caspian si parò di fronte a lei, sovrastandola con la sua figura, Susan continuò a tenere il volto rivolto verso il basso.
Lo sentì accostarsi alla parete, una a mano a pochi centimetri dal suo volto e l’altro braccio appoggiato appena sopra la sua testa.
Caspian aveva questo vizio di ‘imprigionarla’ - proprio come adesso- quando voleva parlare di qualcosa. “Così non puoi scappare via” le diceva. Il fatto che fosse molto più alto di lei non aiutava, e Susan, volente o nolente, era costretta per forza di cose a restare dove si trovava.
“Ehi…Che cosa c’è?” le chiese dolcemente.
Lei sospirò e attese ancora qualche istante prima di parlare.
“Detesto gli addii” rispose soltanto.
Caspian non ebbe bisogno di vedere nei suoi occhi la tristezza che l’avvolgeva in quel momento. La sua voce ne era colma.
“Finisce sempre così” aggiunse Susan, stringendosi nelle spalle. “Ti affezioni a un luogo, a una persona, e dopo un po’ tutto svanisce, quasi non fosse mai successo...Come se fosse tutto nella mia testa. La felicità dura un attimo. E io sono stanca di vivere di attimi”
Anche Caspian sospirò e si piegò un poco in avanti verso di lei per sussurrarle all’orecchio. Susan chiuse gli occhi e ascoltò la sua voce.
“Quando torneremo indietro, passeremo di nuovo a salutarli”
Lei riaprì gli occhi celesti ma non disse nulla, forse non capendo del tutto il significato della frase.
“Quando torneremo a Narnia, Susan, insieme. Io e te”
Allora, la ragazza alzò il capo e lo vide sorridere dolcemente, in quel modo che lei adorava.
Adorava tutto di lui, soprattutto quando la guardava con quegli occhi così scuri nei quali c’era tutto l’amore e la tenerezza del mondo. In quel modo che le faceva capire, senza neanche un gesto ma solo così, con la sua presenza, un sorriso, una parola, che lei era per lui la cosa più importante.
“Scusami se sono così. A volte neanch’io mi capisco” disse Susan, abbassando gli occhi ancora per un momento, poi tornando subito a guardarlo.
“Io invece ti capisco” disse Caspian, scostandole i capelli dalla fronte.
Anche quelli del giovane erano volati sul suo viso, ma Susan non mosse un dito. In quel momento era incredibilmente bello.
Ma la sua bellezza non si fermava al suo volto, la vera bellezza di Caspian era nei suoi occhi, e gli occhi sono lo specchio dell’anima. L’anima di Caspian era pura e bellissima.
Lui era la concretizzazione di tutti i suoi desideri, era la sua vita, e lei ormai non poteva più vivere senza di lui.
Forse, pensò, la prima volta che si erano lasciati pensava di riuscire ad accettare di non rivederlo. Ma adesso…adesso no. Senza Caspian, lei non poteva essere felice, non aveva motivo per sorridere e gioire. Se l’avesse lasciato, niente avrebbe avuto più senso. Non aveva niente. Lei non era niente.
“A volte penso di non meritarti” gli confidò all’improvviso.
“Sciocca…come puoi pensare questo?” le disse Caspian, ma senza rimprovero.
“Non lo so…forse perché hai ragione: sono una sciocca. Ancora stento a credere che ciò che abbiamo deciso di fare possa realizzarsi. Tu invece sei così sicuro…lo sei sempre stato”
“Non avere paura” le disse lui, tracciando il profilo del suo volto con le dita. “Ricordi la promessa che ti ho fatto?”
“Sì…”
“E quindi?”
Susan rimase un momento perplessa.
“E quindi, mi stai dicendo che…alla…fine del viaggio, noi…”
“Torneremo a Cair Paravel e ci sposeremo, Susan. Te lo giuro”
La fanciulla lo guardò negli occhi.
“Tu sai che ogni cosa che dirai io non la metterò mai in dubbio. Sai che ho piena fiducia in te, Caspian”
“Lo so. Anch’io ho fiducia in te”
“Perché non possiamo sposarci subito?” esclamò la Regina all’improvviso.
“Non volevi un matrimonio come nelle favole?” scherzò Caspian, chiaramente colto di sorpresa.
La giovane scosse il capo. “Lascia stare le stupidaggini che ho detto quella sera”
“Non erano affatto stupidaggini!” la interruppe lui. “Guarda che possiamo farlo sul serio”
“Caspian, sposarsi non significa indossare un abito bianco e portare un bouquet di fiori in mano. Il matrimonio non è la cerimonia, gli invitati, la festa…E’ molto, molto di più. Per questo non m’importerebbe nulla se ci sposassimo anche adesso, qui, in questo angolo della nave, o su un’isola sperduta”
Lui rise. “Di nascosto?”
Lei lo guardò profondamente negli occhi. Non rispose.
Caspian mutò espressione all’improvviso e divenne più serio che mai.
“Sì, di nascosto” ammise Susan, anche lei molto seria. “Lo so che è orribile da dire, ma…a volte vorrei farlo davvero. Insomma, quante possibilità abbiamo perché ci diano il consenso? Perché Aslan ci dia il consenso? La verità è che mi fa paura l’attesa. Non voglio aspettare”
Caspian guardava altrove.
“E quindi vorresti…un matrimonio…”
“Non arrabbiarti, ti prego!”
“Non sono arrabbiato, sono stupito” la tranquillizzò, osservandola con un mezzo sorriso. “Non credevo che anche tu…”
Susan spalancò gli occhi celesti. “Che anche io…cosa?”
Caspian sorrise ancora e la prese per la vita, allontanandola dalla parete e stringendola finalmente tra le braccia.
“Che anche tu volessi passare sopra tutto e tutti pur di stare con me”
“Invece è proprio così” rispose la giovane.
Dicendo quelle parole, Caspian provò una forte emozione.
Aveva sempre visto Susan come quella più fragile tra di loro, ma ora si rendeva conto che forse era la più determinata e per questo anche la più spaventata. Susan era onesta e non avrebbe mai più disobbedito ad Aslan. Tuttavia eccola lì, con negli occhi azzurri la paura e la voglia di mettersi in gioco. Per lui.
“Vuoi sposarmi, Susan?”
Lei gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte.
“Sì! Lo desidero più di ogni altra cosa! Voglio essere tua moglie, Caspian”
“Allora facciamolo”
Lei si allontanò un poco da lui per guardarlo, con il cuore che batteva forte. Gli accarezzò il viso e gli riavviò una ciocca di capelli.
Lui le prese la mano e gliela baciò.
“Non abbiamo bisogno di sposarci di nascosto, Susan. Io voglio che lo sappiano tutti. E ormai, non c’è più motivo di aspettare” ribadì il Re per l'ennesima volta, dandole un breve bacio a fior di labbra.
“No, è vero” sospirò la ragazza. Poi accennò un sorriso. “Scusa, sono andata un po’ nel panico, non so perché”
“Tranquilla” Caspian la strinse a sé. “Appena potrò, allora, parlerò con Peter”
Susan annuì ansiosa, non sapendo ben come avrebbe potuto prenderla il fratello maggiore.
Erano giorni che ci rifletteva.
A volte, avrebbe voluto non dire mai a nessuno del suo fidanzamento con Caspian. Usava quel pensiero come ancora di salvezza per non venir trascinata di nuovo giù, nella realtà, dagli artigli della paura che l’attanagliavano come un mostro nascosto nelle tenebre del suo cuore, pronto a colpirla. Era come se, con il fatto di non rendere pubblica la cosa, avesse avuto la certezza di restare; e se invece il segreto suo e di Caspian fosse venuto a galla, anche tutte le speranze e la quasi convinzione di avercela fatta, di aver trovato la maniera di non andarsene mai unendosi a lui nel vincolo più sacro, potessero infrangersi come il vetro di uno specchio lasciando la sua anima vuota e nera.
Aslan era forse l’ostacolo più grande, ma per il momento non ci volevano pensare.
Caspian era convinto che, una volta uniti in matrimonio, niente avrebbe potuto a dividerli.
Susan la pensava diversamente, lui lo sapeva.
La Grande Magia parlava chiaro: il suo tempo di Regina di Narnia doveva essere già concluso.
Ad ogni modo, incredibile ma vero, a preoccuparli maggiormente in quel momento era Peter.
Se avesse ostacolato quell’unione? Ma perché poi avrebbe dovuto? Quand’erano prigionieri nella stiva dell’Occhio di Falco, a Susan non era sembrato più così restio al fatto che lei e Caspian potessero stare insieme.
Tuttavia, il discorso cominciato sulle Isole Solitarie, che la ragazza aveva prepotentemente ignorato senza più tornarvi sopra, faceva intuire diversamente: Peter era e sempre sarebbe stato contrario.
Qual era dunque il vero pensiero del fratello?
Susan voleva scoprire cosa pensava effettivamente.
Così, decise di parlargli lei per prima, ma senza accennargli nulla del matrimonio. In quel modo poteva capire cosa aspettarsi da Peter, e sapere se Caspian poteva liberamente chiedergli la sua mano o no.
Qualcosa le diceva, purtroppo, che la risposta sarebbe stata proprio no.
 “Ehm-ehm…scu-scusatemi…” fece una vocina timida.
Caspian e Susan, ancora abbracciati e con gli occhi chiusi, li aprirono e videro Lucy e Gael poco lontano da loro. L’una molto rossa in viso ma sorridente, l’altra nascosta dietro l’amica e che cercava di trattenersi dal ridere.
Il Re e la Regina si separarono subito.
“Caspian, dovresti venire un attimo” disse Lucy. “Chief ci ha lasciato la mappa incantata che Coriakin ci ha mostrato nella biblioteca, e Peter e Edmund stanno bisticciando sul se usarla o no. Io pensavo che tu potessi risolvere la questione, visto che sei il Re”
“Peter e Edmund stanno litigando?” fece Susan.
Ci mancava solo quella, così l’umore del fratello maggiore si sarebbe guastato ancora prima di sapere del fidanzamento.
“Sì, sembrano due scemi…” sbuffò Lucy.
“D’accordo, vengo subito” disse Caspian, avviandosi verso la cabina di comando con le tre ragazze.
Trovarono i due fratelli Pevensie ai due lati del tavolo, dov’era spiegata la cartina delle Nuove Terre, quella che Caspian aggiornava ogni volta che raggiungevano una nuova meta. Accanto ad essa, vi era un lungo rotolo di pergamena legato da un nastro rosso: la mappa incantata del mago.
Nella cabina c’erano anche Eustace, e Ripicì, rispettivamente schierati dalla parte di Edmund e Peter, e tutti si guardavano torvi.
Accanto al Re Supremo stava Miriel, che non prendeva le parti di nessuno e si asteneva da qualsiasi giudizio.
“Che succede?” esordì Caspian appena furono tutti riuniti.
“Ah, finalmente sei arrivato” disse Edmund. “Stavo appunto dicendo a Peter che è da sciocchi non voler usare questa mappa incantata. E’ molto più utile rispetto a quella che abbiamo usato sin ora. Ci potrebbe mostrare dove si trovano Rabadash e i suoi in questo momento, e quanto vantaggio abbiamo su di loro. Ma il Re Supremo non vuol sentir ragioni!”
“Piantala, Ed!” esclamò Peter.
“Tu sei d’accordo con me, vero Caspian?” chiese il Giusto, con un tono così sicuro che spiazzò un poco il Re di Narnia.
Quest’ultimo non rispose, e si rivolse invece al maggiore dei Pevensie.
“Perché non vuoi usare la mappa di Coriakin?”
Peter fece una faccia incredula. “Perché non mi fido, che domande! Credo che non avremmo dovuto accettarla affatto. Può essere una trappola. Può indirizzarci sulla strada sbagliata”
“Darci un’occhiata non costa nulla” disse Eustace, che- incredibile- era d’accordo con suo cugino Edmund.
In realtà, Eustace era solo molto curioso di vedere cosa sarebbe accaduto aprendo quel rotolo di pergamena. Inoltre, era rimasto molto colpito dalla mappa la prima volta che l’aveva vista, gli era piaciuta parecchio, e non vedeva l’ora di metterci le mani sopra.
Eustace allungò una mano per prenderla, ma Ripicì gliel’afferrò saldamente.
“Fermo! Manigoldo!”
“Lasciami andare, marmotta puzzolente!”
Rip fece un enorme sforzo per non infilare su per il naso a Eustace il suo spadino.
“Sire” disse poi rivolto a Caspian, “sono certo- e la Regina Lucy è d’accordo con me- che voi possiate prendere la decisione più saggia. Gli Inettopodi sono stati molto gentili a darci in dono questo oggetto. E' assai prezioso, non c’è dubbio, e sicuramente quelle creature non pensavano potesse essere pericoloso. Ma se il mio parere vale qualcosa, io penso che dovremmo guardarci da qualunque cosa provenga dalla dimora del mago Coriakin”
“Grazie Rip” iniziò Caspian, “Come hai appena detto…”
“E’ solo un pezzo di carta!” sbottò Eustace.
“NON SI INTERROMPE IL RE QUANDO PARLA!” urlò il topo, assordando letteralmente tutti i presenti.
“Ripicì, per favore!”
“Oh, perdonatemi, mio signore. Ma questo ragazzino screanzato…”
 “D’accordo, non importa” disse Caspian, poi si volse verso la Driade. “Miriel, tu conoscevi Coriakin. Che cosa puoi dirci a riguardo?”
Lei, timidamente, fece un passo avanti.
“Personalmente, Vostra Maestà, non so come comportarmi. Ho visto questa mappa la prima volta quando Coriakin l’ha mostrata anche a tutti voi, per cui non ho idea da dove provenga e quale sia il suo scopo ultimo. Probabilmente è solo una mappa, ma…non vorrei sbagliarmi. Coriakin era un traditore, dopotutto”
“Capisco…” fece Caspian pensieroso, appoggiando i palmi delle mani sul tavolo. “Credo che quello che tu abbia detto sia giusto, Miriel”.
Poi, il Re si rivolse direttamente a Edmund e Eustace.
“Ragazzi, non possiamo sapere se questa mappa sia sicura o sia stata stregata. Potrebbe essere che Coriakin già l’avesse in suo possesso molto prima che arrivassimo sull’isola, o che gliel’abbia data Aslan. Purtroppo non ci è dato saperlo, come non lo sapeva Chief e non lo sa Miriel”
“Potrebbe essergli stata fornita da Rabadash, o da uno dei suoi stregoni” disse Peter, scambiandosi un occhiata con Caspian, il quale annuì brevemente.
“Non vedo perché no”
“Stregoni?” fece Gael spaventata.
“Sì” le spiegò brevemente Susan. “A Calormen, di solito, il consigliere dell’Imperatore è anche uno stregone”
“Esatto” riprese Caspian. “Non possiamo essere certi che Coriakin non abbia lasciato qualche traccia della sua magia su questa mappa”
 “Al di la di questo, allora” riprese Edmund, continuando a sostenere la sua idea, imperterrito “non c’è nulla da temere. E’ solo un po’ di magia”
“No, Ed” lo corresse di nuovo il Re di Narnia, molto seriamente. “Quella che tu chiami un po’ di magia può essere molto di più”
“Fidati, Ed, io ne so qualcosa” intervenne Lucy.
Tutti capirono che si riferiva all’esperienza appena vissuta e all’incantesimo che l’aveva trasformata in Susan. Dalla sua espressione, compresero anche che si sentiva attualmente in colpa.
“La paura di Peter può avere un fondamento di verità” ribadì ancora il Liberatore, guardandoli adesso uno per uno. “E anche Ripicì e Miriel dicono il giusto: se Coriakin ci ha traditi, quanto possiamo fidarci di ciò che deriva da lui? Io, personalmente, sospetto che anche i suoi avvertimenti non siano stati altro che un modo per confonderci”
Edmund serrò la mascella, pronto all’esito finale. Tanto sapeva già quale poteva essere, non c’erano dubbi a riguardo…
Caspian scosse il capo e si rivolse a lui e a Eustace piuttosto severamente.
“E’ meglio che lasciate perdere quella mappa. Dai retta a tuo fratello, Ed”
Il Re di Narnia si allontanò di qualche passo dal tavolo, preparandosi a lasciare la stanza. Ma Edmund scattò in avanti non appena il giovane gli voltò le spalle.
“Proprio tu vieni dirmi di dar retta a Peter quando sei il primo che è sempre in disaccordo con lui?!”
Caspian si fermò e si girò di nuovo con espressione confusa, le sopracciglia leggermente aggrottate.
“Come?”
“E’ un po’ ipocrita da parte tua, non credi, Caspian?”
“Edmund!” esclamò Susan, indignata dal tono del fratello minore.
“Che ti prende, adesso?”
“Lu, tu stai zitta!”
“No, io non sto zitta!” scattò Lucy offesa. “Ma insomma, è solo una mappa! Non c’è bisogno di litigare per una cosa del genere!”
“E’ quello che ho detto anch’io!” saltò su Eustace, “Solo una sciocca mappa immaginaria! Non c’è nulla di cui aver paura”
Allungò furtivamente la mano verso il tavolo, mentre i cugini e il Re sembravano distratti a bisticciare tra loro.
Ma Peter fu più svelto.
“No! Eustace, non pensarci nemmeno!”
“Molla l’osso cugino!”
“Questa la prenderò io, sarà meglio” intervenne Susan, alzando la voce e cogliendoli alla sprovvista. Afferrò il rotolo di pergamena dalle mani del Re Supremo e lo tenne ben stretto al petto.
“Oh, non guardatemi così!” disse la Regina Dolce. “Visto che nessuno di voi sembra venire a una conclusione adeguata, la mappa la terrò io finché non si sarà deciso cosa farne. State pur certi che a me la tentazione di aprirla non verrà”
“E come fai a dirlo con tanta sicurezza?” le chiese Edmund con arroganza. “Non sei diversa da noi”
“Perché ricordo cos’è successo l’ultima volta che abbiamo avuto a che fare con maghi o streghe, escluso Coriakin, e... non sono ansiosa di ripetere l’esperienza”
L’atmosfera si gelò all’istante.
Gelo, era proprio il termine adatto.
E alla parola 'streghe', tutti quanti non poterono fare a meno di pensare a una sola e unica persona…che non era affatto una persona, a ben vedere, ma la creatura più pericolosa mai incontrata sul loro cammino, che con i suoi poteri aveva fatto piombare Narnia in un inverno lungo cent’anni ed era persino riuscita a tenere lontano Aslan tutto quel tempo.
La luce del mattino inoltrato che entrava dal finestrone della cabina, si offuscò improvvisamente, come quando in una bella giornata di sole una grossa nuvola passa nel cielo e minaccia di portar via il bel tempo.
Durò pochi secondi, ma bastò a far capire a Edmund e Eustace che forse era meglio non scherzare su certe cose.
“Stai dicendo” proruppe il Giusto rivolto alla sorella maggiore, ponendo fine al silenzio, “che se mai dovessi imbattermi in un altro degli incantesimi di…lei, non sarei in grado di affrontarli?”
“Non ho detto niente del genere” ribatté Susan rossa in viso. “Non volevo dire…”
“Ma l’hai pensato!”
“No…”
“Invece sì, Susan, o non l’avresti detto!”
“Tutti dovremmo stare attenti, Ed, non solo tu” intervenne Peter.
“Certo, è vero!” esclamò Lucy. “Anch’io ci pensavo, sapete? Chissà quanti pericoli dovremo affrontare ancora, e sicuramente ognuno di noi verrà messo alla prova”
Lucy posò gentilmente una mano sul braccio di Edmund, il quale però lo scostò bruscamente.
“Certo! E tutti voi, di sicuro, li affronterete a cuore più leggero visto che non avete alle spalle l’ombra del traditore! Avanti, ammettetelo!”
Peter, Susan, Lucy e Caspian si scambiarono un rapido sguardo, e poi abbassarono gli occhi.
Eustace guardò il Re e i cugini, così come Gael, senza capire a cosa si riferissero. Quella parte della storia ancora non la conoscevano.
Miriel se ne stava invece in disparte, in silenzio, le mani lungo i fianchi. Non si sarebbe immischiata, non era qualcosa che la riguardava.
“Lo so cosa state pensando: di traditori ve n’è già bastato e avanzato uno. Il sottoscritto”
“Edmund…”
“No, Caspian, è la verità! Ogni volta c’è un traditore: ora Coriakin, prima Nikabrik, il Nano Nero, e ancor prima io. Tutti al servizio della Strega Bianca”.
I ragazzi trasalirono a quel nome.
Tutti avevano cominciato a pensare a lei da un po’ di tempo, a sospettare che ci fosse Jadis dietro tutta la storia della nebbia e della maledizione del sonno eterno che minacciava Narnia, solo che nessuno aveva ancora avuto il coraggio di ammetterlo ad alta voce.
Finalmente, Edmund l’aveva detto.
Ma in realtà, il ragazzo non si era reso conto che quello non era il pensiero dei compagni, bensì il suo.
Era lui ad aver pensato, fin da quando si erano resi conto che il mago li aveva ingannati, che la cosa continuava a ripetersi all’infinito. Ed erano tornati alla sua mente tutti i brutti ricordi del passato.
Era qualcosa di cui non riusciva a liberarsi.
Gli altri non ne parlavano praticamente più, e tutte le volte che solo si accennava all’argomento gli dicevano di non preoccuparsi, perché non sarebbe più successo nulla di simile.
Anche Edmund ne era convinto…o forse no?
Era per quello che si sentiva sempre preso in causa quando si trattava di imbrogli e sotterfugi? Era per quello che diveniva così nervoso quando nominavano il mago? Forse perché gli ricordava se stesso e quello che aveva fatto. E vederlo scomparire nel nulla era stato terrificante.
Era per tutte queste e altre mille ragioni che la notte scorsa non era riuscito a dormire e aveva pensato solo a quello.
Se Aslan non l’avesse perdonato quella volta, anche lui avrebbe fatto la stessa fine del mago?
 
 
 
L’equipaggio dell’Occhio di Falco si mise al lavoro per rimettere in sesto la nave dopo la battaglia: le vele bruciacchiate e lacerate dalle frecce dei narniani, il legno scheggiato dai colpi delle corna di minotauri, i segni delle spade.
Nessuno riusciva ancora a capacitarsi di come avessero potuto finire così, arenati nella baia di quell’isola straniera. Come se non bastasse, i marinai e i soldati avevano preso paura di quel luogo, rifiutandosi di prendere le scialuppe e scendere a terra per pendere il legname necessario alle riparazioni.
“Gli uomini si scusano, Altezza, ma proprio non se la sentono dopo quello che hanno visto fare al mare” aveva detto il capitano della nave, quando il principe Rabadash l’aveva fatto chiamare per conoscere la situazione attuale. “Questa terra è sotto la protezione del Leone, non c’è dubbio”
Rabadash, costretto a letto a causa della ferita riportata e fresco di medicazione, aveva solo potuto ascoltare le lamentele.
“Mandami, Ader, il capo corsaro”
“Dovreste riposare Altezza, la vostra ferita è piuttosto grave”
“Capisco da solo quand’è il momento di riposare. E dite anche al dottore di non starmi così addosso. Per ora sono ancora vivo, no?”
Detto ciò, il capitano s’inchinò, indietreggiò e uscì dalla cabina di Rabadash.
Il principe provò a tirarsi su a sedere, ma mancò poco che la ferita si riaprisse.
Da come si erano messe le cose, tra le riparazioni e il resto, ci sarebbero voluti almeno quattro giorni prima di potersi rimettere in viaggio.
Non c’era bisogno di dire che l’odio che Rabadash provava per Caspian era cresciuto ancora di più dopo questa sconfitta. Lo odiava come non aveva mai odiato nessuno al mondo fino ad ora. Era stato così fin dal primo istante, o forse prima ancora, da quando aveva saputo che Caspian X era divenuto il nuovo Re di Narnia.
Un ragazzino o poco più, esattamente come i Pevensie più di mille anni fa. Giovane, inesperto, eppure amato e ammirato da tutti.
Rabadash non era mai stato molto amato…
Caspian l’ aveva costretto alla ritirata e l’aveva umiliato per la seconda volta davanti ai suoi uomini, i quali cercavano di consolarlo con indulgenza e belle parole.
Ma era inutile non ammetterlo: aveva perso.
E con il Liberatore, anche la Dolce era stata la causa della sua sconfitta. Questo era davvero troppo…
E il pensiero bruciante e logorante di Caspian e Susan insieme non lo faceva dormire, lo tormentava, gli faceva dolere le due ferite che aveva sul corpo. Quella alla mano, inflitta da lei; quella al fianco inflitta da lui.
Quei due insieme erano più pericolosi di quanto aveva creduto. Andavano assolutamente divisi e al più presto.
 
Era già mattino inoltrato quando il capo dei pirati, bussò alla sua porta.
Ader non s’inchinò al principe, poiché non lo considerava un suo superiore. Non gli chiese notizie sulla sua salute, si limitò ad aspettare che parlasse.
“Mio padre, il grande Tisroc (possa egli vivere in eterno)” iniziò Rabadash, “mi aveva assicurato che potessi portarmi ovunque con la tua esperienza in quanto pirata”
“Ed è così, infatti”
“Allora spiegami perché siamo fermi da ore!” gridò furente il principe di Calormen, e un colpo di tosse prese il sopravento.
Ader non si mosse e attese che l’altro si calmasse.
“Volete che chiami il medico?”
“No, voglio che mi spieghi perché ci hanno sconfitti!”
Il filibustiere spostò il peso del corpo da un piede all’altro e si lisciò il viso affilato.
“Credetemi signore, per gran parte della mia esistenza ho fatto il pirata, conosco ogni palmo delle acque che circondano Narnia e le altre terre. Ho esplorato il mare occidentale e la maggior parte delle isole dell’Oceano Orientale, e posso aggiungere che nessuna delle mie navi è mai stata battuta prima. Tuttavia, non ho mai visto nulla di simile, in tutta la mia vita e la mia carriera, di comparabile a ciò che è successo ieri notte. E la cosa ha spaventato anche me”
Rabadash fece un sospiro rabbioso che gli diede una fitta dolorosa alle costole.
“Eppure, Tisroc (possa egli vivere in eterno), disse che non potevo trovare di meglio e che saresti stato in grado di spingere la mia nave al massimo delle sue potenzialità”.
Il principe calcò con forza sulla parola ‘mia’. Non gli era piaciuto il modo in cui il pirata aveva parlato in merito alle ‘sue navi’, come se potesse considerare di sua proprietà anche l’Occhio di Falco.
“Signore, l’Imperatore disse il vero: posso navigare ovunque, purché ci sia acqua. Ma in questo preciso istante, perdonate se ve lo ricordo, di acqua sotto di noi ne abbiamo ben poca”
“Stregoneria!” sibilò il principe stringendo gli occhi neri.
“No, signore, è stata una Driade. Di stregoneria ce n’è ben poca. Quello che ho visto è più simile a un miracolo”
Rabadash non rise solo perché era troppo attonito per poter pronunciare anche solo una sillaba.
“In questo viaggio non c’è spazio per le superstizioni, corsaro”
“Prima di tutto, se mi è concesso signore, voi continuate a chiamarmi corsaro, ma sbagliate. Un corsaro lavora per un governo, io sono un pirata e non prendo ordini da nessuno, faccio solo accordi”.
Rabadash fece per ribattere, la collera dipinta sul volto. Ma l’altro riprese a parlare quasi subito senza dargliene il tempo.
“Secondo: non sono superstizioni. E’ la verità” Ader fece un sorriso sghembo. “Diciamoci la verità, altezza serenissima: entrambi ci siamo arrischiati in questa traversata con uno scopo, anche molto simile oserei dire, e cioè quello di ricavarne qualcosa. Voi volete il trono di Narnia e tutte le ricchezze che ne conseguono, noi vogliamo l’oro che vostro padre ci ha promesso se torneremo indietro. E sottolineo se. Il problema del se è proprio quel potere che nessuno di noi ha ancora capito viene dal Leone, e che non si può battere con le armi. Quando lo incontreremo, perché succederà, non so come ne usciremo. Aslan…”
Rabadash tremò, Ader rise e lo guardò divertito.
“Sissignore, Aslan. Egli è più di un leone. E’ il Leone. E noi saremo dannati se ci mettiamo contro di lui”
Il pirata e il principe si fissarono per qualche istante. Poi, il primo voltò le spalle (cosa che a Calormen non si osava mai fare al cospetto di un nobile) e fece per andarsene.
“Aspetta” lo richiamò Rabadash.
Ader si fermò e si rivoltò.
“Se dovessi venire a scoprire che tu e i tuoi quattro pirati da strapazzo state facendo il doppio gioco…”
Ader rise di gusto. “Non angustiatevi, altezza serenissima. Non ci sono traditori a bordo della vostra nave, solo gente poco assennata”
“Allora perché hai detto quelle cose sul Leone?”
“Perché è la verità”
“E tu non hai paura di avere l’anima dannata, Ader?”
Il pirata alzò le mani come in segno di resa.
“Io non ho mai detto che mi sarei messo contro Aslan. Non ho particolari risentimenti verso di lui o verso Narnia. Non sperate mai in questo, principe. Ne io ne i miei uomini. Ho solo promesso a vostro padre che vi avrei guidato attraverso l’Oceano Orientale, in cambio di una cospicua ricompensa e del diritto di asilo a Calormen qualora ne avessi bisogno. E ora scusatemi, ma ho del lavoro da fare”.

Per tutto il giorno, Rabadash non ricevette più nessuno nella sua cabina. Non solo perché voleva restare solo e riflettere sulla breve ma intensa conversazione avuta con il capo dei pirati, bensì perché il medico gli disse che, se non voleva rischiare di morire dissanguato, doveva stare fermo e immobile per almeno una settimana.
Rabadash aveva ribattuto che era disposto a star buono al massimo due giorni. Il dottore aveva detto cinque, non uno di meno, e cinque furono.
Il tempo era prezioso, e più ne passava, più il Veliero dell’Alba prendeva vantaggio su di loro e si allontanava.
Voleva recuperare al più presto la strada che li separava, continuare l’inseguimento e sistemarli una volta per tutte. Non ci sarebbe stato un terzo scontro a favore di Caspian.
E c’era un’altra persona, oltre a Rabadash, che ancora lottava contro le ferite riportate durate un incontro ravvicinato con i Sovrani di Narnia: Pug, il mercante di schiavi, ormai in via di guarigione.
Non aveva più la baldanza che lo contraddistingueva all’inizio del viaggio. Se ne andava in giro per la nave con una faccia da funerale, e parlava poco o per nulla con gli altri marinai e ancor meno con i soldati. I pirati li evitava come la peste.
Ovviamente, fu molto sorpreso quando Rabadash lo fece chiamare verso sera. Pug non sapeva cosa aspettarsi. Non aveva più avuto modo di parlare con il principe dall’avventura delle Isole Solitarie.
“Ho una proposta da farti, Pug” cominciò Rabadash, gettando ai piedi del mercante un tintinnante sacchetto pieno di denaro.
“Vostra Altezza è molto generosa. In cosa posso servirvi questa volta?”
Soddisfatto per aver ottenuto la piena attenzione di Pug, Rabadash gli espose il suo piccolo piano.
“Un tempo sei stato un pirata anche tu, Pug. Dico bene?”
“Sì, signore”
“I pirati hanno un codice d’onore, o qualcosa di simile, mi pare. Un modo tutto loro di dettare le leggi”
“E’ così. Cosa vi interesserebbe sapere a riguardo, Altezza?”
Rabadash fu molto compiaciuto che Pug avesse già capito cosa aveva in mente.
“Tutto quello che puoi scoprire”
“Volete che segua i movimenti dei pirati a bordo della nave?”
“Esattamente. Il loro capitano ha detto qualcosa che non mi è piaciuto e non vorrei facesse qualche scherzo. Tu sei il più adatto, visto che sei stato uno di loro. Sai come prenderli, per così dire”
“Sarò lieto di fare questo per voi, Altezza” assicurò Pug, tastando per bene il suo denaro e constatando che il sacchetto ne era colmo fino all’orlo. Forse c’era anche qualche pietra preziosa.
“So anche che hai un conto in sospeso con i Sovrani di Narnia” riprese Rabadash.
“Sì, sì è esatto, signore” annuì Pug, raccontando brevemente la sua vicenda, dove ancora una volta comparivano i nomi di Caspian e Susan.
“Sono sicuro che vorresti avere la possibilità di vendicarti” disse Rabadash.
Pug tentennò un momento.
“Sì…se Vostra Altezza mi può dare la certezza che non ci rimetterò di nuovo le penne” ridacchiò senza entusiasmo.
“Vedrò cosa posso fare per te, Pug. Purtroppo non posso prometterti nulla riguardo la Regina Susan, poiché mi interessa molto”
Pug capì il vero significato di quella frase e fece un ghigno.
“In quanto agli altri Sovrani, potrai fare di loro quello che vuoi”
“Con molto piacere”
 
 
Il litigio sul Veliero dell’Alba si era concluso con un bel po’ di musi lunghi.
Susan si era impossessata della mappa di Coriakin e l’aveva nascosta nella sua cabina. Fino a nuovo ordine, nessuno l’avrebbe toccata.
“Cioè, mai!” aveva esclamato la ragazza perentoria.
“Sì, mamma!” l’aveva schernita Edmund.
“Ma si può sapere che ti prende, oggi?” aveva chiesto Lucy. “Sembri tornato l’Edmund di qualche anno fa, non ti riconosco”
“Lasciami stare…”
Edmund rimase solo e non parlò con nessuno per il resto della mattinata.
Si rifugiò sulla panca nella coda del drago d’oro, il suo posto preferito (veramente lo era di tutti) e nessuno andò a disturbarlo.
Per qualche tempo si limitò a fissarsi le mani, intrecciate sulle ginocchia, gli stivali, il ponte. Con il passare di minuti, sentì un grande vuoto crescere dentro il suo petto, una sorta di pozzo profondo e oscuro dove si mescolavano la rabbia e il senso di colpa.
Più passava il tempo, più far pace con gli altri gli diventava difficile. E più tempo stava da solo,  più gli sembrò che la voragine si espandesse e lo inghiottisse.
Edmund si voltò appena per vedere cosa stavano facendo gli altri.
Dal punto in cui si trovava ora, riusciva a scorgere solo Lucy e Susan, le quali sembrava stessero improvvisando una specie di gioco con Gael, anche se non seppe dire quale. Non gl’importava, comunque, e pensò che a volte le ragazze erano davvero sciocche.
Un pensiero incoerente che non riuscì a reprimere.
Ce l’aveva soprattutto con Susan, che come sempre si comportava da mamma e credeva di sapere tutto quello che era bene per tutti.
Si voltò di nuovo e posò lo sguardo sulle onde azzurre che sfrecciavano via veloci. Avevano acquistato velocità, e il Veliero dell’Alba filava sulla distesa del mare limpida e sconfinata, come un grosso uccello porpora e oro.
Edmund chiuse gli occhi, sospirando e scuotendo la testa.
Perché aveva risposto male a Caspian? Perché era così arrabbiato? Solo per la proibizione di aprire la mappa? No, non era solo per quello…
Certe sue uscite non piacevano agli altri ma non piacevano nemmeno a lui. Credeva di aver cacciato dal suo cuore quei sentimenti, di aver finalmente cancellato quel lato ombroso del suo carattere che lo rendeva così vulnerabile e velenoso con tutti.
Gli vennero in mente le parole del mago…
Ricorda e ringrazia sempre la possibilità che ti è stata data e per il ruolo che ti è stato affidato.
Le parole si riferivano al vecchio Edmund, che ancora era dentro di lui e che inevitabilmente sarebbe sempre stato lì. Quello sempre pronto a litigare, quello arrogante, quello che si credeva migliore di tutti, quello che aveva tradito la sua famiglia, quello che si era fatto mettere nel sacco da una donna mostruosa e dai suoi stupidi dolcetti (stregati, è vero, ma pur sempre stupidi).
Era così che si sentiva in quel momento. Arrogante, vulnerabile e stupido.
Tutta quella storia della nebbia verde e della creatura che si celava al suo interno, aveva risvegliato in lui antiche paure e insicurezze. E un atroce dubbio, anzi, quasi una certezza, ormai non lo faceva dormire la notte: e se la creatura tanto antica e malefica di cui Miriel aveva parlato, fosse stata ancora una volta lei? Jadis. La Strega Bianca.
Ricorda e ringrazia sempre la possibilità che ti è stata data e per il ruolo che ti è stato affidato...
Doveva ricordare che era un Re, il Re Giusto di Narnia, e che aveva ottenuto quel titolo non per compassione, ma per la correttezza e dignità con cui aveva ammesso i suoi errori e se n'era pentito. Perché aveva avuto il coraggio di tornare indietro prima che fosse tardi.
Quello era il suo ruolo, e la possibilità di ricoprirlo gli era stata data da Aslan, morto per lui sulla Tavola di Pietra.
Ricorda e ringrazia sempre…
Ogni giorno, pensò Edmund.
Dopotutto, Caspian poteva avere torto. Il mago poteva aver visto giusto con quei consigli.
L’avvertimento era da tenere a mente in quei momenti di contrasto. Anche se potevano sembrare stupidi, di poco conto, Edmund sapeva che certe volte i litigi, piccoli focolai, potevano scatenare un incendio.
Non doveva. Sapeva che non doveva permetterlo di nuovo. Sapeva anche di essere il più esposto a quel tipo di sentimenti. Lui aveva sempre dovuto lavorare di più sui suoi difetti rispetto agli altri, per migliorarsi e non cadere in tentazione.
Non si unì ai compagni per pranzo, non aveva fame e non era ancora pronto a vederli. Il disagio che provava per aver dato dell’ipocrita a Caspian lo frenava dal scendere dal drago e raggiungere gli amici.
Caspian era il suo migliore amico, non avrebbe dovuto trattarlo così…
Voleva la loro compagnia ma gli sembrava che loro non gradissero la sua. Avrebbe potuto infastidirli e dar luce a un altra lite. Non voleva questo. Ma non voleva neanche restar solo.
Aveva voglia di fare qualcosa, ma non sapeva cosa, se andava fatto o no. Anche se a lui sembrava giusto, poteva darsi che non lo fosse.
Si limitò a guardarli da lontano ancora un po’, a scrutare i loro movimenti, i loro gesti, a notare se le loro occhiate erano rivolte verso di lui o totalmente lo ignoravano. Non sapeva cosa preferire.
Ognuno era impegnato in qualcosa: Peter aiutava i marinai, Caspian parlava con Drinian che osservava l’orizzonte e gli spiegava qualcosa. Susan e Lucy sedevano accanto a Miriel e Gael, rammendavano vele e indumenti. Miriel stava illustrando qualcosa a Lucy circa le proprietà della sua pozione, lo capì perché la sorella teneva in mano la boccetta di diamante.
Tutti avevano qualcosa da fare, perfino Eustace che si allenava con Ripicì, come ogni giorno.
Mancava solo lui. Ma nessuno sembrava accorgersene.
Guardando la scena dall’alto della coda del drago, provò un immenso senso di tristezza. Gli parve quasi di non far parte del gruppo, come se in quel momento Edmund Pevensie non esistesse.
Ma lui serviva davvero? In fondo era un traditore e poteva darsi che…
Forse, quando il suo lato ‘malvagio’ usciva allo scoperto, gli altri se ne accorgevano e non gradivano stare con lui, memori dei suoi torti e delle sue colpe.
Si sentiva lontano da loro, come la prima volta.
Loro non ti servono…
Tu sei più forte, migliore, e lo sai…ma non l’hai ancora capito…
“Co…?” balbettò, voltandosi in fretta.
Si accertò che nessuno lo avesse chiamato. In effetti non gli parve. Eppure gli era sembrato di sentire una voce…
Rynelf diceva che a volte il mare gioca brutti scherzi, forse era uno di quei casi…
Finalmente si alzò e scese lentamente la scaletta per tornare di sotto.
Lucy lo vide e gli andò in contro per dirgli qualcosa. Lo chiamò ma Edmund fece finta di niente.
Le lanciò un’occhiata al volo e le voltò le spalle, ignorando il suo tentativo di coinvolgerlo in qualsiasi cosa avesse in mente.
Passò oltre e si chiuse negli alloggi dell’equipaggio per il resto del giorno senza vedere nessuno.
Anche Peter e Caspian evitarono di rivolgersi la parola per quasi tutta la giornata. Purtroppo, i due ragazzi non riuscivano a sopportarsi per più di qualche minuto.
Anche se a differenza di suo fratello minore, Peter non diventava irritabile e sgarbato con tutti, fu inevitabile la decisione di ignorarsi per non dar vita a nuovi battibecchi che avrebbero potuto suscitare il cattivo umore anche tra l’equipaggio.
Non era facile per nessuno dei due guardare oltre l’avversione che provavano l’uno per l’altro, ma almeno Caspian uno sforzo lo stava facendo. L’aveva dimostrato quel mattino circa la discussione sulla mappa del mago. E forse era una questione di poco conto, ma il Liberatore si dimostrava talvolta più saggio di quanto il Magnifico lo credesse. Il Re di Narnia era pronto ad appoggiare il Re Supremo quando meritava il suo sostegno.
Comportandosi in quel modo, Caspian dava prova di grande umiltà. Da vero Sovrano. E Peter, che era molto orgoglioso per natura, sentiva ogni giorno di più la sua autorità messa in discussione.
Non c’era nulla che glielo mostrasse concretamente, ma lo percepiva e gli piaceva poco.
Peter ricordava quand’erano arrivati lì per sconfiggere Miraz, nel periodo in cui Caspian era ancora Principe.
Tutti i sudditi della Vecchia Narnia avevano immediatamente accolto il Re Supremo come capo, passandogli senza indugio il comando.
Adesso, alcune di quelle creature, come Tavros e Nausus, si trovavano a bordo del Veliero dell’Alba, ma aspettavano che fosse Caspian, del quale avevano diffidato in principio, a mettere il punto alla fine di ogni argomento e di ogni problema. E ciò che Caspian decideva non si discuteva mai.
Peter capiva che era giusto così, solo che gli era ancora difficile accettarlo.
Dopotutto era una scelta che aveva preso assieme ad Aslan, confermandola incoronando Caspian lui stesso.
Narnia era uscita da un’epoca buia, quella di Miraz l’Usurpatore, ed entrava nel luminoso regno di Caspian il Liberatore.
 “Ti disturbo se sto un po’ qui con te?”
Peter trasalì appena, risvegliato dalle sue riflessioni da una dolce voce tranquilla.
Si voltò e vide Miriel poco sotto di lui. Il Re Supremo era seduto a poppa, arrampicato sul lungo collo del drago d’oro.
“No, ma ti pare”
L’aiutò a salire, dato che la lunga gonna di lei la impediva un poco nei movimenti.
“Forse dovrei accorciarmi l’abito” disse la Driade con un sorriso imbarazzato, quando scivolò e Peter la prese al volo per la vita, stringendola a sé in un abbraccio involontario.
“No, perché? Sei molto carina” disse automaticamente il giovane, lasciandola andare a malincuore.
Miriel sedette accanto a lui, e i suoi lunghi capelli rossi ondeggiarono al vento che spirava più forte da sopra la scultura.
“Che vista magnifica da qui” commentò la Driade, ravviandoseli dietro un orecchio.
Peter la guadò quasi incantato. “Sì…”
“Mm?” lei si voltò, e i suoi occhi si incontrarono con quelli di lui.
Peter si schiarì la voce. “Ehm…sì, bellissima. La…la vista è…bellissima. E a-anche tu, sei…”
Miriel gli sorrise e abbassò lo sguardo. “Grazie”
Era incredibile come quella fanciulla suscitasse in lui tali forti sentimenti.
Eppure, per quanto assurdo in così breve tempo, sentiva che in qualche modo tra loro si era già instaurato un legame speciale.
Non cercò di fingere disinteresse per lei. Ne era affascinato, si sentiva accelerare il cuore alla prospettiva di trovarsi solo con lei e si rese conto di aspettare con impazienza l’arrivo di quei momenti.
Tuttavia, non era così sciocco da aspettarsi che quell’infatuazione durasse nel tempo, sapeva benissimo che tutto si sarebbe concluso una volta giunti a alla fine di quel viaggio ( e per un fugace attimo si disse che era ora che anche Susan lo capisse).
“Non devi sforzarti” disse lei a un tratto, guardandolo di nuovo con i suoi occhi color acquamarina. “Non devi farmi per forza dei complimenti. So che per te è ancora difficile accettare quello che ti ho detto”
“Io non cerco di sforzarmi” disse Peter. “Quello che ho detto lo penso davvero. Ma se i miei complimenti ti imbarazzano o ti infastidiscono in qualche modo, ti chiedo scusa”
“Oh no!” Miriel scosse la lunga chioma rossa. “No, affatto.”
Peter esitò un secondo, osservandola attentamente.
“Non vuoi proprio dirmi il vero motivo per cui sei venuta qui?” le chiese poi.
Lei parve perplessa.
“Te l’ho già detto: per farvi da guida”
Lui sorrise. “Intendevo l’altro motivo. Quello che non mi hai voluto dire sull’Isola delle Voci”
La Driade si fece subito più seria.
“Io non voglio che tu sia influenzato per colpa mia. La vostra missione è troppo importante e io non posso interferire in questo modo rischiando di distrarti, capisci?”
Peter sospirò e abbassò il capo. Alcuni ciuffi dorati gli finirono davanti agli occhi.
Miriel si allungò verso di lui allontanandoglieli delicatamente dal viso.
Peter alzò il volto e i suoi occhi azzurri brillarono di emozione. Lei era così vicina che poteva percepirne il dolce profumo di fiori.
“Se non me lo dici continuerò a pensarci e mi distrarrò in ogni caso”
“No, non posso, Peter…credo ti spaventerebbe. Cambierebbero molte cose”
“Correrò il rischio” sorrise incoraggiante il Re Supremo.
La Driade lo fissò ancora per qualche secondo, indecisa.
“E va bene…Rammenti quando ti ho chiesto se credevi nel destino?”
“Sì”
“Tu hai detto che non ne sei sicuro, e hai ragione. Però ci sono cose, avvenimenti, fatti ineluttabili che Aslan e suo padre hanno predisposto per la salvezza di Narnia. Ebbene, alla fine del viaggio dovranno succedere tre cose: uno di voi dovrà dire per sempre addio a Narnia; un altro dovrà ammettere un suo errore, e se lo farà, la sua vita cambierà per sempre; infine, un altro dovrà abbandonare la cosa più cara per far ritorno a casa, dove un’altra importante missione lo aspetta”
Quando Miriel finì di parlare, Peter comprese il perché la ragazza volesse aspettare a rivelargli quelle cose.
Una strana e spiacevolissima sensazione partì dalla bocca dello stomaco, crescendo ed espandendosi in tutto il corpo. Ed era vero, tutto ora appariva sotto una prospettiva diversa.
Con quella rivelazione, Peter vedeva il viaggio come se fosse già arrivato alla sua conclusione. Le sfide che avrebbero affrontato, le altre creature che avrebbero incontrato e i luoghi che avrebbero esplorato, potevano solo immaginarli. Ma la fine…la fine adesso era chiara e distinta. I cambiamenti stavolta sarebbero stati profondi e duraturi, e avrebbero influito sulle loro vite come non era mai accaduto nelle due avventure precedenti. Non perché fosse stato deciso, ma perché era inevitabile.
Per molto tempo, nessuno dei due parlò.
“Te le ha dette Aslan queste cose, vero?”
“Sì” disse Miriel a bassa voce.
“E tu non sai chi…?”
“No, Peter. Non mi è dato di saperlo. Ma tutto ciò influenzerà moltissimo tutti voi. Per questo non te lo volevo dire.”
“No, hai fatto bene…Ne parlerai anche agli altri?”
“Non lo so”
Peter sospirò e si abbandonò all’indietro, appoggiandosi con la schiena al collo del drago.
“Forse per adesso è meglio di no”
Lei annuì. “Certo. Come vuoi”
Rimasero lassù a parlare ancora per un po’, anche se entrambi avrebbero voluto conversare di cose assai più spensierate.
Non si accorsero così che qualcuno li osservava con interesse già da qualche tempo.
“Ma guardateli, come sono carini” disse Susan, appoggiata alla ringhiera del castello di prua.
Alla sua sinistra, tutti esattamente nella stessa posizione, Lucy, Caspian, Gael, Eustace e Ripicì.
“Era ora che rompessero il ghiaccio” disse Lucy. “Miriel è così timida, poi”
“Io facevo il tifo per Peter fin dall’inizio” disse Caspian.
Susan lo guardò “Ma se prima hai detto che lui sembrava uno stoccafisso!”
Tutti risero.
“Sono così teneri…” sospirò Gael, appoggiando il viso a una mano con aria sognante.
 “Però è vero, sembra un pezzo di legno” commentò Eustace. “Dovrebbe sciogliersi un po’. E poi non si sono nemmeno ancora baciati!”
“Sentitelo, l’esperto!” esclamò Ripicì.
“Tu quand’è che ti torvi una topolina e ti levi dalle scatole?” fece Eustace spazientito. “Sei come il prezzemolo, sei dappertutto”
“Io vigilo costantemente sulle loro Maestà, mio caro. E tengo d’occhio te. Oh, e anche milady Gael, ovviamente”
“Non sono una lady, sir Ripicì”
“Mia cara, hai tutta la grazia per diventarlo. Non è vero Sire?”
Caspian sorrise alla bambina. “Perché no?”
“Oh, sarebbe così bello!” esclamò Lucy battendo le mani.
D’un tratto, Rynelf chiamò a gran voce i Sovrani. Il marinaio avvertiva che qualcuno si avvicinava a gran velocità al Veliero dell’Alba.
Caspian mise subito mano al cannocchiale.
“Sembra una balena azzurra. Non è insolito che seguano la nave, ormai”
“Guardate meglio, Maestà. Porta qualcuno sul dorso”
Tutti quanti cercarono di ripararsi gli occhi dal sole e scrutare meglio in lontananza.
“E’ Chief!” esclamò Miriel, sporgendosi emozionata dal parapetto. “Ci sta facendo segno di rallentare”
“Drinian, riducete la velocità per favore, e facciamolo salire” ordinò Caspian. “Se è venuto fin qui ci dev’essere un motivo”
“Caspian, guarda” disse Susan all’improvviso. “C’è qualcuno con lui”
Nessuno riconobbe il giovane seduto dietro il capo degli Inettopodi, tranne Lucy.
“Emeth?” mormorò a bassa voce.
Non era possibile…
“Chi?” fece Peter, ma anche Nausus lo riconobbe.
“Il soldato che ha slavato la Regina! E’ proprio lui, ma…sembra ferito”
“Lo, è infatti” disse Eustace spaventato.
“Presto, issatelo sulla nave!” gridò la Valorosa.
Gli uomini lavorarono insieme per soccorrere il giovane. Una freccia era piantata nella sua schiena, all’altezza del cuore.





Carissimi, ce l'abbiamo fatta! Siamo al capitolo 20 e mi scuso immensamente per non aver pubblicato la settimana scorsa, ma ero tipo in stato di morte apparente (no, non ho visto Ben Barnes nudo, altrimenti sarei morta felice con una visione celestiale davanti agli occhi *.* Avevo l'influenza...)
Dunque! Capitolo lunghetto, eh? Spero non vi annoi leggerli, ma non riesco davvero a darmi un freno con Queen. Sono quasi quindici pagine word!!! >.<
Stavolta c'è stato tempo per mettere una scena love love dei miei tesorini Caspian e Susan <3 Che dolci, vero? Si parla di matrimonio e ormai credo che presto arriverà la proposta ufficiale.
Ho visto che come  coppia, anche Lucy e Emeth vi piacciono molto, e sono davvero felice! Spero che apprezziate anche Peter e Miriel. Anche per loro ho voluto ritagliare un bel momento in questo capitolo <3
Ho dato molto spazio anche a Edmund, come nell’altro ho fatto per Lucy. Spero vi sia piaciuto anche il suo pezzo.


Passiamo ai ringraziamenti:

Per le seguite: Allegory86, ArianneT, Arya512, Chanel483, FedeMalik97, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, LenShiro (ciaoooo!!!finalmente!!! :D ) Luna23796, Mari_BubblyGirls, Midsummer night Dream, piccolo_cullen, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, SweetSmile, yondaime e Yukiiiiii
(mamma mia quanti siete diventati!!! piango di gioia!!! )
 
Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, Miss Hutcherson e postnubilaphoebus.
 
Per le preferite: ActuallyNPH, ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, HikariMoon, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , Lules, Midsummer night Dream, piumetta, SrenaVdW e tinny

Per le recensioni dello scorso capitolo:Babylady, Charlotte Atherton, Fellik92, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon, IwillN3v3rbEam3moRy, KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , SerenaVdW, piumetta e tinny.
(vi siete superati,siete grandissimi!!!)

Angolino delle anticipazioni:
Nel porx capitolo (voglio metterlo sabato, spero di riucire, voi non linciatemi se non riesco, ok?) il Veliero dell'Alba acquisterà un nuovo membro dell'equipaggio! Avete già capito chi è, lo so ^.^
  Poi ho tante idee, che non sono sicura di riuscire a mettere tutte nel 21. Ad ogni modo, eccole qua:
Edmund riceverà una visita nel cuore della notte: chi sarà mai? prevedo guai...(oh, ho fatto anche la rima! XD )
Drinian alla risocssa! E anche Peter, che torneranno a mettere i bastoni tra le ruote ai nostri amati Caspian e Susan.
Infine, andremo a Calormen a vedere come se la cava Tisroc, e viaggeremo nei suoi ricordi.

Siamo quasi a 150 recensioni! Io ancora non ci posso credere! Continuate a seguirmi, mi raccomando, ci conto!!!
Ah, in settimana aggiornerò anche il blog con nuove foto. Se vi interessa dateci un'occhiata, siete i benvenuti!
Ci sentiamo gentaglia, statemi bene!
Con tanto tanto affetto
Susan<3


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Capitolo 21
*** Capitolo 21: Il ritorno della Strega ***


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21. Il ritorno della Strega

 
 
Tisroc era come tutti i suoi antenati. Un uomo avvezzo a non mostrare mai le sue emozioni. A volte era così freddo e impassibile da non sembrare neanche umano, Nulla lo scalfiva, non un gesto o una parola sgarbata.
In realtà, era un attento osservatore, pronto a colpire non appena l’ignaro nemico si avvicinava. Astuto, paziente e calcolatore, c’erano voluti anni per convincerlo ad attaccare Narnia, nonostante le pressanti insistenze del suo primogenito.
Al contrario dell’Imperatore, il principe Rabadash era un tipo fin troppo emotivo, bellicoso e difficile da gestire per il genitore.
La calma è una virtù, era una delle frasi preferite di Tisroc. E tale qualità, l’Imperatore di Calormen l’aveva dimostrata più che pienamente il giorno in cui qualcuno di assolutamente inaspettato era venuto a fargli visita nel cuore della notte. Una notte scura e senza luna, fredda, come tante altre nel deserto.
Lo ricordava come fosse ieri, ma erano passati ormai dei mesi…
Le grandi porte finestre dalla stanza da letto erano aperte e lasciavano entrare l’aria della notte, a volte gelida ma assai piacevole dato il caldo insopportabile di quei giorni estivi.
L’Imperatore si era alzato dal letto che divideva con la prima delle sue tre mogli. Si era diretto verso il tavolino di cristallo sul quale era posata la brocca dell’acqua, ne aveva versata un pò in un bicchiere ed era uscito sul balcone.
La città di Tashbaan si estendeva sotto di lui con i suoi tetti bianchi. Le alte cupole del Gran Tempio di Tash, che sorgeva poco lontano dal palazzo imperiale, svettavano verso il cielo quasi potessero toccarlo.
Era stato nel rientrare in camera che si era accorto di non essere solo.
Aveva lanciato un’occhiata al grande letto nuziale. L’Imperatrice dormiva tranquilla.
Gli era venuta la pelle d’oca e un brivido correva lungo la sua schiena. Ma non era per il freddo, era qualcos’altro. Avvertiva una presenza oscura. Era nascosta lì, da qualche parte.
Tisroc era corso alla porta che divideva la camera da letto con il resto delle stanze che comprendevano i suoi appartamenti, con l’intenzione di chiuderla a chiave, quasi potesse costringere la presenza a rimanere fuori.
Nel lanciare una veloce occhiata al salotto, però, aveva visto una figura uscire dalle ombre. Era accompagnata da una strana foschia vorticante di colore verde, e si era messa a fissarlo con occhi neri come pozzi di tenebra.
Tisroc, la maniglia stretta nel pugno, l’aveva fissata tremante, capendo immediatamente chi aveva di fronte.
Una donna altissima, molto più di lui. Aveva capelli lunghi e biondi che le volteggiavano attorno al volto dalla carnagione innaturalmente chiara. Non pallida, semplicemente bianca, come una bambola.
“Entra e chiudi la porta, Imperatore” aveva sussurrato appena la donna.
Tisroc, quasi inciampando nella sua stessa veste da camera, aveva fatto come lei aveva chiesto.
“Tu sai chi sono” aveva detto ancora la figura. Non era una domanda.
Era avanzata e Tisroc aveva notato ancora la nebbiolina verdastra che si muoveva con lei. Non era lì in carne e ossa, era come uno spettro uscito da un incubo.
 “Io…io ho sentito cose terribili e strabilianti su di te”. Tisroc si era schiarito la gola, ancora stordito. “Sei Jadis, la Strega Bianca. Signora della Neve e del Gelo, o come ti chiamano”
“Sono solo nomi. E Strega è quello che mi si addice di più. Ma saltiamo i convenevoli. Sono qui per chiederti un favore, grande Imperatore. O sarebbe più esatto chiamarla una proposta di collaborazione”
Tisroc era rimasto assai stupito. Lei che chiedeva un favore a lui? Conosceva fin troppo bene le gesta della Strega Bianca per poter credere che una creatura così potente avesse bisogno dell’aiuto di un essere umano.
“Mi perdonerai per il mio scetticismo, Jadis, ma che cosa possiamo mai avere in comune noi due per stringere un’alleanza?”
“Molto più di quel che credi”
La Strega aveva fissato i suoi occhi di pece in quelli dell’Imperatore, ed egli si era sentito di nuovo rabbrividire.
“Non ho molto tempo” riprese lei. “La mia attuale condizione non mi permette di spostarmi facilmente. Ho sprecato molte energie per venire da te. Mi hanno resa debole”
“Chi ti ha resa debole?”
Gli occhi di Jadis erano divenuti uno specchio riflettente odio puro.
“I Sovrani di Narnia. Il nostro comune nemico. Io so cosa tu vuoi, so che desideri la fine di quel regno. Io posso aiutarti in questo, ma per far ciò, anche tu devi aiutare me”
“E come?”
“I ragazzi dell’Altro Mondo, i Re e le Regina dell’antica Narnia, stanno per tornare. Tuo figlio Rabadash li incontrerà presto sulla rotta per le Isole Solitarie. Questo sarà un bene e sarà un male”
Tisroc aveva fatto per chiedere come lei sapesse che Rabadash si trovasse in viaggio, ma Jadis l’aveva fermato.
“Non dire niente, lo so e basta. Quello che conta, è che quei ragazzi sono stati la causa della mia quasi totale disfatta, e lo saranno del tuo Impero. Ma se ci uniremo, potremo evitare la sconfitta”
Tisroc avrebbe voluto rifiutare. Tuttavia, Jadis aveva ottenuto la sua piena attenzione mettendogli quella fastidiosa pulce nell’orecchio.
La fine del tuo Impero…
Quelle parole lo mettevano in ansia.
La Strega era rimasta ferma, in attesa di una risposta. Una figura minacciosa che ispirava terrore nonostante non facesse nulla di particolare.
“Hai detto che ti serve il mio aiuto” riprese Tisroc. “Ma chi mi assicura che tu farai lo stesso con me?”
“Che motivo avrei di ingannarti? Pensi forse che voglia portarti via il regno? Calormen non mi interessa, non l’ho mai voluta. Io voglio Narnia!”
“Anch’io voglio Narnia”
“Credevo volessi distruggerla”
“L’una e l’altra. Voglio vederla in ginocchio e poi distrutta”
“Mi dispiace, ma non posso accontentarti. Narnia è mia e io la governerò.”
“Non intendo affatto portartela via, solo non vorrei che in seguito mi facessi qualche scherzo, tu e la tua magia”
“Già” aveva sorriso la Strega, divertita “Gli abitanti del Deserto temono la magia più di qualsiasi altra cosa”.
“Mio figlio, il principe Rabadash, non la teme. Per questo ho mandato avanti lui. Io ho già un piano, Strega Bianca”
Jadis era parsa dubbiosa. “E che cos'hai in mente? Invadere Narnia?”
“Assolutamente sì. Quale momento migliore per sferrare un attacco ora che Re Caspian è lontano?”
Jadis era molto seria. “Non pensi che Caspian ne verrebbe informato subito? Di certo verrebbero inviati i messaggeri alati più veloci per avvertirlo, ed egli tornerebbe indietro immediatamente”
“E’ quello che spero: Rabadash potrà così dargli una lezione e lo costringerà ad arrendersi, altrimenti la morte”
Jadis aveva riso, sprezzante.
“Rabadash non ha un piano preciso né il sangue freddo necessario per vincere su Re Caspian. Non ancora per lo meno, e il Re di Narnia preferirebbe la morte piuttosto che la resa”
“E con ciò? Meglio così”
Ma nonostante avesse piena fiducia nel figlio, l’Imperatore temeva che la sua impulsività gli facesse commettesse qualche sciocchezza e mandasse all’aria ogni cosa.
“E cosa credi che accadrà quando tuo figlio si troverà davanti Aslan?” continuò Jadis, studiando l’effetto che il nome da lei appena pronunciato aveva avuto sull’Imperatore.
Tisroc aveva alzato le mani, come per ripararsi da qualcosa che lo minacciava e lo spaventava a morte.
“Zitta! Non pronunciare quel nome nel mio palazzo!”
Jadis aveva scosso il capo, osservando l’uomo con disprezzo.
“Lo sapevo. Non sei pronto. La tua idea di invadere Narnia fallirà in un sol giorno. Per questo ti serve il mio aiuto”
Tisroc si era calmato e l’aveva guardata con avversione, ma ingoiando il rospo.
Anche se non gli piaceva ammetterlo, la Strega Bianca aveva perfettamente ragione.
“Non ho ancora deciso se accettare”
“Potresti pentirti di aver rifiutato la mia alleanza” aveva detto lei, seria.
“Non posso risponderti subito, mi dispiace. Devi darmi del tempo. Ho bisogno di pensarci”
“Fino domani al tramonto” aveva detto Jadis. “Ma stai molto attento: non tollero i traditori. Per cui, se mi accorgerò che hai intenzione di ingannarmi, ti ucciderò”
Tisroc aveva appena ripreso il controllo di sé dopo la venuta di quella spaventosa creatura, ma le sue parole l’avevano fatto ripiombare nel terrore.
Doveva impiegare al meglio il tempo concessogli dalla Strega per ponderare bene tutti i pro e i contro, le possibilità, i pericoli…ma tutto ciò non si era reso affatto necessario.
Quella notte, Tash era apparso in sogno all’Imperatore, e gli aveva mostrato il futuro di Calormen e di Rabadash, il quale non avrebbe mai potuto generare figli con nessuna donna del Deserto. Di conseguenza- esattamente come aveva preannunciato quella donna diabolica-  la stirpe dei Tisroc era in grave pericolo.
Chi sarebbe salito sul trono? Rabadash era il suo unico figlio maschio. Avrebbe dunque dovuto cedere in moglie una delle sue figlie a qualcuno di estraneo al regno? No, mai!
Disperato, il girono dopo Tisroc si era recato al Tempio di Tash e vi era rimasto per quasi tutto il giorno in preghiera.
“Parlami ancora, dimmi qual è la soluzione a tutti i miei problemi! Salvaci!”
E Tash era tornato. Quale gioia, quale onore!
Qualcosa di molto grave stava per accadere, ma la soluzione era a portata di mano: l’alleanza, con la Strega Bianca e un’unione con la casata di Narnia. Entrambe fastidiose ma indispensabili.
Con quelle parole, tutti i dubbi che Tisroc aveva avuto nei confronti di Jadis erano crollati immediatamente.
Al tramonto era tornato al palazzo e aveva fatto allontanare tutti dalle sue stanze con la scusa di sentirsi poco bene.
Era rimasto a lungo in attesa, chiedendosi che cosa sarebbe accaduto quando la Strega Bianca fosse ricomparsa. La sera prima aveva faticato parecchio per non lasciarsi sopraffare dal terrore.
Chissà cosa sarebbe successo se avesse accettato di allearsi con lei.
Ed ecco che appena le tenebre avevano preso il sopravvento sul giorno e il sole era scomparso alla vista dietro i palazzi della città, la nebbia verde era tornata a vorticare e Jadis era riapparsa nel salotto.
“Finalmente!”
“Che impazienza, Imperatore. Dubitavi che sarei venuta?”
“No, affatto” Tisroc si era inchinato, cambiando totalmente atteggiamento nei suoi confronti.
“Oh, signora, perdonatemi se non vi ho creduto. Ma quando il Sommo Tash mia ha detto che potevo fidarmi…Come potevo sapere che eravate in rapporti con lui? Se me l’aveste detto prima…”
“Sì, ci conosciamo, più o meno” aveva sorriso Jadis con una strana espressione. “Adesso ho la tua fiducia, allora?”
“Sì, signora. Se questo è il volere di Tash…” aveva detto Tisroc con voce tremante d’emozione.
Qualsiasi legame univa quelle due creature non aveva importanza. Tutto quello che a Tisroc bastava sapere era che i due si conoscevano. Inoltre, quella donna lo metteva a disagio, lo faceva sudare freddo e voleva che se ne andasse al più presto.
“Tash ti ha mostrato cosa accadrà al tuo regno?” aveva chiesto la Strega.
“Oh sì. Terribile, terribile! Ma so già cosa fare per risolvere la questione”.
Tisroc aveva narrato brevemente la sua conversazione con Tash, avvenuta in sonno e nel Tempio.
“Infine, egli mi ha detto che devo fidarmi di te, e così io farò”
La Strega Bianca sorrideva. Un ghigno sinistro dietro al quale si celava la sua vera personalità.
Dopotutto, sfruttava la smania di potere dell’Imperatore del Deserto per ottenere quel che voleva. Nient’altro.
“Bene, allora ascoltami attentamente adesso”
L’aria tiepida della sera si era fatta improvvisamente gelida. Le lunghe tende della porta finestra del balcone del salotto di Tisroc si muovevano come uno spettro, volteggiando davanti alla Strega Bianca. Lei sembrava scomparire e riapparire subito dopo.
“Ci sono sette spade disperse nell’Oceano Orientale” aveva iniziato Jadis, abbassando la voce. “Esse racchiudono il potere della Grande Magia, create da Aslan e da suo padre, l’Imperatore d’Oltremare…Smetti di tremare e ascoltami!” era tuonata, rabbiosa e infastidita dai piagnucolii dell’uomo
 “Questo potere è stato racchiuso in quegli antichi oggetti, e io so che chi le impugnerà diverrà padrone di un immenso potere. Se ne toccassi anche sol una, potrei riprendere il mio vero aspetto e riappropriarmi di tutti i miei poteri. Riesci a immaginare cosa si potrebbe fare non con una, ma con sette?”
Il viso di Tisroc si era illuminato di eccitazione. “Potremmo conquistare non solo Narnia, ma il mondo intero!”
“Esatto!” aveva esclamato la Strega. “Noi due insieme! Purtroppo, però, non sarà facile impossessarcene. Grazie a un mio informatore, so che i Sovrani di Narnia sono alla ricerca di queste spade per poter salvare Narnia da una maledizione che si è abbattuta sul regno”
“Una maledizione? E’ forse quella del sonno eterno di cui da qualche settimana sento parlare?”
“Esatto. Ovviamente è tutta opera mia. Non c’è nessuna maledizione vera e propria. E’ solo un piccolo espediente per spingere il buon Caspian ad arrivare più determinato che mai alla fine del suo viaggio. Sai, certi eroi hanno la mania di salvare il mondo solo per il gusto di farlo…Ah, e non preoccuparti: Calormen ne è esonerata”
“Ne sono oltremodo felice” aveva detto Tisroc un poco ansioso. “Ma i Sovrani vanno fermati, o prenderanno le spade prima di noi. Sono già in vantaggio”
Jadis alzò un dito per fermarlo.
“E’ qui che ti sbagli. Io voglio che quei ragazzi riescano a riunirle tutte e sette, e voglio che le portino nel luogo stabilito. Un luogo che si trova molto vicino alla mia attuale dimora, quasi ai confini del mondo…Se fossi nel pieno delle mie forze, non mi sarebbe stato difficile  prendermi quei talismani, ma ridotta così mi è alquanto difficile. Sono troppo debole. …”
E di certo non sarei venuta a chiederti aiuto, stupido omuncolo,  pensò.
“Per cui, il modo meno faticoso di averle, è lasciare che Caspian e i Pevensie le trovino. Solo allora entrerò in scena io”
Tisroc era parso dubbioso. La strega aveva parlato solo per se stessa.
“Sì, sì, va bene. Ma io quale ruolo ho in tutto questo?”
“Stavo giusto arrivandoci” lo rabbonì Jadis, vedendo che era divenuto impaziente.
“Dopo che avrò nelle mie mani quella enorme magia, e dopo aver riacquistato tutti i mei poteri, donerò un po’ anche a te di quell’immensa forza”.
Lei aveva sorriso con una smorfia ingannatrice. E Tisroc c’era cascato.
“Farò a metà con te, Imperatore. Ti darò parte di quelle armi invincibili, le quali ti permetteranno di conquistare tutte le terre che vorrai. Ma Narnia la lascerai a me!”
“Mmm…su questo dovremo discutere” aveva ribattuto lui.
“Immagino che dovremo” aveva risposto Jadis.
“E la Regina Susan?”
La Strega aveva ridotto gli occhi neri a due fessure.
“Giusto…lei ti serve…E va bene, farò un’eccezione. La risparmierò per tuo figlio, anche se lasciarla in vita mi irrita parecchio”
“E che ne sarà degli altri?”
“In quanto a Caspian, ti lascio carta bianca. Ma i Pevensie sono miei!”
Tisroc aveva assentito.
“Non m’importa nulla di quei ragazzi, e ben poco m’importerebbe anche della Regina Dolce se Tash non mi avesse parlato di lei e del suo ruolo dominante nella salvezza della mia stirpe. Credo che, in fin dei conti, tu li stia sopravvalutando troppo”
“Pensi così adesso, ma aspetta di vedere di cosa sono capaci” lo aveva messo in guardia la Strega.
“Non ho paura di loro, e so già come liberarmene”
Jadis era sembrata interessata.
“Prova a immaginare” aveva sghignazzato Tisroc. “I narniani sono senza sovrano, a Cair Paravel c’è solo uno stupido Nano che fa da reggente. Caspian è in viaggio da poco più di un mese, e se ha potuto allontanarsi significa che tutto va bene a Narnia. Ma prova a pensare cosa accadrebbe se nel regno arrivasse la terribile notizia che il Re è disperso”
“La cosa comincia a piacermi” aveva ammesso la Strega. “Continua”
“Io di certo lo preferirei morto, ma non è strettamente necessario. Non subito. Però, il popolo di Narnia, con una notizia del genere, potrebbe entrare nel panico. I nobili di Telmar che ancora sono restii ad accettare Caspian come Re, potrebbero insorgere e scatenare una rivolta interna. Oppure, se passasse molto tempo e Caspian non tornasse, se nessuno lo trovasse, di sicuro urgerebbe eleggere un nuovo Re per evitare una sanguinosa anarchia”
“E qui scommetto entra in scena tuo figlio Rabadash”
“Esattamente. Ma a Rabadash non importa nulla di Narnia. Più noi abitanti del sud stiamo lontano da quel posto e meglio è. Io desidero vederla in ginocchio, assoggettata a Calormen, che per me è la cosa più importante. Io desidero principalmente salvare il mio regno dalla rovina. Per cui, potrei anche cambiare idea se tu, Strega, mi assicurassi che una volta salita al trono non farai mai nulla per danneggiarci”
“Ti ho detto che Calormen non rientra nei miei interessi”
“E quindi?”
“E quindi, se anche tu giuri di non ingannarmi, Tisroc, posso darti la mia parola che Narnia e Calormen governeranno il mondo alla pari”
“Va bene Strega Bianca” aveva annuito Tisroc, ergendosi in tutta la sua altezza. “Siamo d’accordo”
“Certo. Sono venuta proprio per allearmi con te. Credo gioverà ad entrambi”
Tisroc si era sfregato le mani.
“Domani stesso, allora, prenderò la mia nave e raggiungerò mio figlio sulle Isole Solitarie. Gli dirò di lasciar perdere il suo piano di salpare verso Narnia, e di concentrarsi esclusivamente sul rapimento della Regina Susan. Lo rifornirò del necessario per continuare l’inseguimento fino a che non sarà riuscito nel suo intento”
“I Sovrani devono arrivare a destinazione. E’ essenziale!” gli aveva ricordato Jadis.
“Certo lo so”
“Ma avverti tuo figlio di star pronto: Caspian e i Pevensie si batteranno per riprendersi la loro amata Susan e le spade, quando verrà il momento”
“Rabadash si batterà con loro a sua volta”
“Sembri molto sicuro di lui”
“Lo sono”
Jadis era soddisfatta. Almeno aveva la certezza di non avere a che fare con dei codardi.
“Verrò ancora a farti visita, Tisroc. E’ stato un piacere fare affari con te”
Dopo quella notte, la Strega Bianca non si era più fatta viva. Il che voleva dire due cose: tutto procedeva secondo i piani stabiliti, e Tisroc poteva dormire senza il terrore che quella donna apparisse dal nulla da un momento all’altro.
L’Imperatore sperava che il tutto si concludesse al più presto.
La Strega non l’aveva mai minacciato in nessun modo, ma la minaccia era implicita. Se le cose non fossero andate come lei voleva, chi ne avrebbe fatto le spese sarebbe stato lui, lo sapeva.
 
 
Quando Emeth si svegliò, si chiese se avesse sognato o meno. L’ultima cosa che ricordava era un dolore lancinante alla schiena.
La vista un poco annebbiata dalla spossatezza, cercò di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava.
Era al fresco, a torso nudo, steso a pancia in giù in un comodo letto di piume. La cabina non era troppo grande ma assai accogliente.
Per un attimo, pensò di essere di nuovo a bordo dell’Occhio di Falco. Forse erano riusciti a riportarlo indietro dopo averlo colpito.
Il panico lo invase. Suo padre dov’era? Rabadash aveva scoperto ciò che aveva fatto? L’aveva punito? E lui? Lui cosa avrebbe dovuto fare in quel caso?
C’erano voci che mormoravano fuori dalla cabina, ma Emeth non riuscì a capire a chi appartenessero.
Fece leva sui palmi delle mani per tentare di alzarsi, ma il bruciore che gli trapassò tutto il corpo lo scoraggiò immediatamente, strappandogli un grido soffocato e costringendolo a sdraiarsi di nuovo.
Respirò affannosamente finché il dolore non scemò e tornò sopportabile. Si guardò attorno e capì, dalla piccola parte di cabina che poteva osservare dalla sua posizione, che non si trovava più a bordo dell’Occhio di Falco.
C’era un quadretto con dipinto il castello di Cair Paravel e il lume sulla parete aveva una forma bizzarra, molto diversa dalle seriose lampade usate sulla nave di Calormen.
Era sul Veliero dell’Alba. Non c’erano dubbi.
Non ebbe il tempo di riflettere sul perché e il come si trovasse lì, poiché la porta della camera si aprì in quel momento e una ragazza si fermò sulla soglia, sorridendogli e guardandolo con i grandi occhi azzurri emozionati.
“Voi?” mormorò Emeth, molto emozionato a sua volta.
La Regina Lucy si voltò e chiuse la porta, poi prese la sedia accanto ad essa e la portò vicino al letto. Nell’altra mano reggeva un involto di bende e un unguento.
“State giù. Non parlate e non muovetevi” lo pregò lei.
Pochi secondi dopo fu raggiunta dal medico di bordo, il quale a prendersi cura del il ragazzo, assistito dalla Regina.
“Siete stato molto fortunato, giovanotto” disse il dottore. “Fortunato che il capo degli Inettopodi vi abbia trovato, che abbia avuto la prontezza di portarvi da noi, e che questa ragazza disponga di una specialissima medicina miracolosa. La freccia che vi ha colpito ha perforato il polmone, ed è quasi arrivata a colpire il cuore. Una ferita mortale per chiunque, impossibile da curare, ma non per la nostra Lucy”
Lei arrossì e sorrise.
“Vi sono grato. Non lo meritavo” sussurrò il giovane, guardando la ragazza negli occhi.
“Mi avete salvato la vita. Io l’ho salvata a voi”.
Il medico finì il suo lavoro, dando istruzioni a Lucy. Emeth doveva prima di tutto riposare, stare sdraiato, mangiare, e in un paio di giorni sarebbe tornato come nuovo.
“Anche stavolta ha fatto il suo dovere”pensò Lucy, rigirandosi la boccetta di diamante tra le mani e osservando il liquido scarlatto. “Ma sta diminuendo a vista d’occhio”
“Vostra Maestà” fece la debole voce di Emeth.
Lucy tornò a sedersi vicino a lui.
“Avete bisogno di qualcosa?”
Emeth scosse il capo. “No, signora, solo ringraziarvi ancora”
“Adesso siamo pari” sorrise lei. “Ora riposate”
Emeth chiuse gli occhi. Era molto stanco. Ma poco dopo li riaprì. Lucy se ne stava andando.
“L’ho visto”
La Regina si voltò confusa.
 “Il vostro Aslan”
Sul bel volto di lei si accese l’emozione, e i suoi meravigliosi occhi azzurri brillarono.
“Davvero? Voi…”
“Io non so…non so cosa è successo. So solo che era lì, davanti a me e…mi ha slavato, credo”
Lucy allora gli raccontò com’erano andate le cose.
Il Grande Leone era apparso ancora una volta sull’Isola delle Voci. Gli Inettopodi lo avevano visto ed egli aveva chiesto loro di soccorrere il ragazzo di Calormen ferito a morte dalla sua stessa gente, di chiamare le balene azzurre e portarlo sul Veliero dell’Alba.
“Povero Chief” rise Lucy. “Era così spaventato e così frastornato che quasi non è riuscito a spiegarci nulla. Il vedere Aslan lo ha scosso un po’ ”
“Perché mi avete salvato?” fece Emeth all’improvviso.
“Come?” chiese lei, quasi incredula.
“Sono un vostro nemico dopotutto. Non lo merito” ripeté lui.
Lucy lo guardò seriamente.
“Tutti meritano di vivere. Tutti meritano una seconda possibilità. E io so che voi non siete malvagio. Ringrazio il cielo che Chief ti abbia trovato sulla spiaggia e ti abbia portato qui”
Subito la giovane si accorse di avergli dato del tu e si scusò per la troppa confidenza.
Lucy era molto espansiva, e le veniva spontaneo trattare tutti come amici fin dal primo istante. Anche a Caspian non aveva mai dato del voi.
Nell’Epoca d’Oro, nemmeno le dame di corte erano mai riuscite a correggere questo suo modo di fare. Talvolta, questa sua spontaneità poteva esser scambiata per mancanza di cortesia, così dicevano.
Di solito dava del voi solo agli adulti. Ma con i giovani (umani, animali, o di qualsiasi razza fossero) proprio non le riusciva.
“Scusa…scusate” balbettò.
Emeth rise e lei con lui. Il ragazzo emise un nuovo lamento tra le risate. Gli faceva male dappertutto.
“Non mi sono offeso” disse il soldato. “Datemi pure del tu se vi fa piacere”
“Solo se fa piacere anche a te”
“Mi fa molto piacere, mia signora”
“Davvero?”
Lui annuì. Lei gli sorrise.
“Non chiamarmi mia signora” disse poi. “Chiamami solo Lucy”
Rimasero molto tempo a parlare, ormai il sole calava e cedeva il posto alle prime pallide stelle della sera.
“Dove si è cacciata Lu?” chiese Gael, seduta su una botte di rovere, dondolando le gambe avanti e indietro.
“E’ ancora con quel giovane, credo” le rispose Susan con un sorriso strano.
“Perché ridi?”
“Niente…”
“No, adesso voglio saperlo”
“Ma no, nulla, veramente. Piuttosto, vai a chiamarla e dille che la cena è pronta. E non correre!”
Gael sbuffò e saltò giù dalla botte, facendosi strada a zig zag tra i marinai senza seguire il consiglio della Regina Dolce.
“Attenta!” esclamò Caspian, con il quale la bambina si scontrò.
Gael scivolò e cadde a terra, picchiando il ginocchio.
“Gael!” esclamò Susan correndole appresso. “Ti avevo detto di non correre. Hanno appena lavato il ponte, si scivola”
“Mi sono fatta male” singhiozzò la piccola.
Caspian la prese in braccio e la fece sedere sul parapetto. “Fammi vedere”
Gael aveva il ginocchio sbucciato, sanguinava un poco.
“Non è nulla, non piangere”
“Scusate”
Susan si chinò verso di lei e le asciugò le lacrime. “La prossima volta ascoltami”
Gael si fregò gli occhi con i dorsi delle mani, ma non smise di singhiozzare.
“Che cosa c’è?”
“Non ho visto Lucy tutto il giorno. E’ stata tanto impegnata con quel soldato…Mi sento sola senza di lei”
“E non ti piace stare con noi? Siamo tuoi amici, proprio come lei” le chiese Caspian facendole un sorriso.
“Lo so, però…”
“Perché non vai ad aiutarla, allora?”
“E se non vuole? Se mi manda via?”
“Perché dovrebbe?” chiese Susan.
“Perché magari si è trovata un fidanzato e le da fastidio avermi introno”
Fidanzato? Pensarono il Re e la Regina, scambiandosi uno sguardo perplesso e forse un po’ preoccupato. Susan però non si trattenne dal sorridere ancora.
“Gael!” chiamò una voce.
“Papà”
Rhynce venne verso di loro. “Che è successo? Ti sei fatta male?”
“Sono caduta”
Caspian sollevò di nuovo la bambina e la fece scendere dalla balaustra.
“Vieni, tesoro. Puliamo il taglio” disse Rhynce prendendola per mano. “Perdonatemi, Vostre Maestà. E’ una bambina molto vivace”
“Nessun disturbo” assicurò il Re.
“Grazie” disse Gael girandosi verso i due ragazzi, prima di allontanarsi assieme al padre.
Caspian si voltò a guardare Susan.
“Sei bravissima con i bambini”
“Mi piacciono molto, devo ammetterlo. E poi, tutti noi abbiamo un debole per la piccola Gael”
“Sì, è vero”
Caspian si appoggiò al parapetto, osservando il cielo che si tingeva dei rossi e arancioni del tramonto.
La brezza della sera continuava a scompigliargli i capelli, tanto che più volte dovette riavviarseli all’indietro. Impaziente, lo fece per l’ennesima volta. Proprio non volevano stare a posto.
“Forse dovrei accorciarli”
“Non pensarci nemmeno” disse Susan mettendosi alle sue spalle. “Aspetta, abbassati un po’ ”
La ragazza legò in una mezza coda i capelli del Re dietro la nuca.
“Così va meglio”
“Direi di sì. Grazie”
Lei sorrise e si appoggiò accanto a lui per ammirare il sole, che simile a una palla di fuoco si tuffava nel mare.
“Ci pensi mai?” le chiese Caspian poco dopo.
“A cosa?” chiese lei, inclinando leggermente la testa da un lato.
Caspian si voltò appena per guardarsi alle spalle. Susan seguì la traiettoria del suo sguardo e si accorse che fissava Rhynce e Gael.
“A se, un giorno, anche noi…”
Caspian la osservò attentamente.
Susan sentì il cuore battertele più forte e capì cosa voleva dire.
Un bambino.
“Sì” ammise, forse un po’ impaurita nel confessarglielo, anche se non seppe bene spiegare il perché di quel lieve timore. “In realtà ci penso spesso”
Caspian continuò a guardarla serio, raddrizzandosi e sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Potrebbe anche succedere” aggiunse Susan, senza staccare gli occhi da quelli di lui. “Non si sa mai”
Caspian spalancò un poco i suoi. “V-vuoi dire…”
Lei scosse il capo con un sorriso amaro. “No, tranquillo.”
“Susan, se accadesse, faresti di me l’uomo più felice del mondo. Non dubitarne mai, chiaro?”
Lei si accostò a lui e appoggiò piano la testa sul suo petto. “Chiaro”
Caspian la strinse dolcemente e le pose un bacio sul capo.
“Un giorno succederà. Quando vivremo a Narnia, insieme”
“Sì” sussurrò Susan contro la stoffa della sua camicia, chiudendo gli occhi e provando a immaginare per un attimo se tutto ciò fosse corrisposto alla realtà.
Un matrimonio, una famiglia, dei figli…una vita intera con Caspian.
Un sogno, sibilò la solita voce odiosa dentro la sua testa.
No, non è vero. Non più, pensò Susan.
Lui è qui e mi ama. Non permetterebbe mai che io mi allontani di nuovo.
Smettila di sognare, Susan… sussurrò un’altra voce, simile alla prima ma allo stesso tempo diversa, più vera, quasi udibile fisicamente, non solo con l’inconscio.
Sei una sciocca, un’illusa a credere ancora ai sogni d’amore. Il tuo posto non è qui…
Si separò bruscamente da lui, trasalendo.
“Sue?” Caspian la guardò allarmato. “Che succede?”
“Niente, io…non hai sentito nulla?”
“No…cosa…?”
Susan si guardò attorno smarrita.
Quella voce…
“Scusami. Forse…” la Regina scosse il capo. “Niente. Non è stato niente”
“Sei sicura?”
“Certo. Probabilmente è la mia immaginazione. Ripicì dice che, a vote, il mare può giocare brutti scherzi alle persone troppo suggestionabili”
“Non mi risulta che tu lo sia. Tutt’altro” disse Caspian con espressione cupa.
“Forse lo sto diventando” sorrise lei un poco tremante. “Stanno accadendo tante di quelle cose strane, ultimamente…”
Caspian le accarezzò le braccia. Susan continuava a tremare.
“Sei sicura di star bene?”
“Sì” assicurò lei abbracciandolo ancora. “Sì, non preoccuparti. Va tutto bene”
Ma non era vero.
Lei quella voce l’aveva già sentita…l’ultima volta era stato alla Casa di Aslan, quando la sua proprietaria stava cercando di tornare in vita.
Forse però era davvero solo nella sua testa. In fondo, Caspian non l’aveva sentita, per cui…
No, la Strega non poteva davvero essere lì. Non poteva assolutamente essere lì.
 
 
Quella sera ricominciò a piovere.
Grosse gocce tamburellavano sul ponte e contro gli oblò del Veliero dell’Alba. Un continuo ticchettio che preannunciava un nuovo temporale.
“Il vento non si è alzato troppo” disse Drinian, rassicurando tutto l’equipaggio. “Non abbiamo nulla di cui preoccuparci, stavolta. Non sarà una tempesta violenta come la scorsa”
Un poco tranquillizzati, i Sovrani di Narnia si prepararono allora per ritirarsi.
“Ma come facciamo?” chiese Miriel pensierosa. “Il nuovo ragazzo dovrà restare nella cabina della Regina Lucy e Gael finché non si rimette, e loro due non potranno certo occuparla”
Tutti rifletterono un momento. In effetti aveva ragione…
Miriel dormiva con Susan, e già in due stavano piuttosto strette. Ospitare le più piccole non potevano.
“Forse, per una sola sera” propose Susan, “io e Miriel possiamo stare negli alloggi dell’equipaggio. Gael ha male al ginocchio e Lucy è stanca. Facciamole stare più comode possibile”
“Sì, hai ragione” disse Caspian. “D’accordo. Lu e Gael ritornano nella mia cabina. Susan, tu dormi con me, e Miriel…”
“In realtà” intervenne Peter, “l’idea era quella di far dormire insieme le ragazze” disse con aria contrariata, calcando sulle ultime quattro parole.
“Non vedo cosa ci sia di male, Peter” disse Miriel timidamente. “In fin dei conti, Caspian e Susan sono…bè, fidanzati. N-no?”
Il Liberatore e la Dolce si lanciarono uno sguardo furtivo.
Miriel era davvero perspicace, accidenti…
Nessuno dei due aveva ancora parlato con Peter circa il matrimonio. Avrebbero voluto farlo quel giorno ma l’arrivo di Emeth aveva scombussolato tutti i loro piani.
“Va bene, non importa” tagliò corto Susan. Di litigi ne aveva avuto abbastanza. “Io e Miriel ci prendiamo una cuccetta in comune se non ce ne sono due disponibili. Piuttosto…avete visto Ed e Eustace? Non li trovo da nessuna parte”
“Siamo qui!” disse la voce del cugino, entrando nello stanzone dell’equipaggio insieme al Giusto proprio in quel momento.
“Dov’eravate?” chiese Peter con tono un po’ troppo indagatorio.
“Cos’è? E’ vietato andare in bagno, adesso?” sbottò Edmund.
I due fratelli si fissarono torvi, poi il più giovane tornò alla sua amaca e Eustace alla sua brandina nell’angolo in fondo.
“Scusate solo un momento” disse Miriel. “Prima devo dire una cosa alla Regina Lucy. Torno subito”
“Noi andiamo a dormire, è meglio” disse Susan agli altri.
Nonostante le proteste e le occhiatacce di Peter, alla fine la Dolce dormì per davvero accanto a Caspian.
Si accomodò con una certa fatica sulla sua branda. Stavano decisamente stretti, ma il Re la strinse e azzerò la distanza tra loro accomodandola contro il proprio corpo.
“Non ti peso?” chiese la ragazza, accoccolandosi sul suo petto.
“Per niente”
“Susan, vuoi andare nel tuo letto?” disse la voce di Peter poco distante.
“No!” esclamò lei. Poi si scostò appena da Caspian per fissare il fratello maggiore che (accidenti a chi aveva assegnato i posti) dormiva proprio di fronte  a loro.
“Nessuno ha problemi, Peter, solo tu”
Era vero. I marinai non avevano fatto una piega quando, entrando nei loro alloggi, avevano visto il Re e la Regina dormire insieme. Ormai tutti sapevano che stavano insieme. Solo Drinian, venendo a chiamare Rhynce per il turno di notte, aveva scrutato con disapprovazione il Liberatore e la Dolce.
“Il problema è che non vi ho dato il permesso” rincarò Peter.
“Per cosa?” chiese Caspian, secco.
“Vostra Maestà, potete venire solo un momento?” chiamò un marinaio.
Caspian fu costretto ad alzarsi e la discussione terminò lì.
Susan si sdraiò e fissò il soffitto alla luce dei lampi sempre più frequenti.
“Susan…”la chiamò Peter.
“Che vuoi?” chiese lei bruscamente, anche se non avrebbe voluto.
“Non puoi fare sul serio”
Lei aggrottò la fronte, si alzò un poco appoggiandosi sui gomiti e guardando Peter senza capire.
Lui era nella sua stessa posizione.
“Non puoi davvero credere che sarà per sempre, Sue”
“Mi sembrava di averti detto che di queste cose non ne voglio parlare”
“Bè, invece ne parliamo!”
“Peter, vorrei dormire se non ti spiace”
“Susan, ragiona, per piacere…”
“Buona notte, Peter” disse lei in fretta gettandosi all’indietro.
Sentì il fratello sbuffare.
Non le piaceva litigare, meno che mai con lui.
“Non voglio che tu soffra, Susy. Cerca di capire” disse ancora il Re Supremo dopo un po’, con tono decisamente più dolce.
“Starò bene. Starò benissimo. Non ti devi preoccupare. Caspian si prenderà cura di me come io di lui. Lo amo, Peter. Lo amo da morire. Perché non lo accetti? Perché non capisci? Io voglio stare con lui!”
Il Re Supremo non rispose. Avrebbe voluto dire tante di quelle cose, spiegare le sue ragioni, ma non lo fece. La voce della sorella si era incrinata un poco. Peter non voleva farla piangere.
Forse, dopotutto, l’amore di Susan era più grande di quanto lui aveva pensato.
 
Miriel si recò alla cabina del capitano, bussò, e Lucy venne ad aprire.
“E’ molto tardi?” chiese la ragazzina. “Sono già tutti a letto?”
“Quasi. Lui come sta?” s’informo la Driade.
“Non riesce a dormire” rispose Lucy dispiaciuta. “Credi che potrei sprecare almeno un’altra goccia del mio cordiale per aiutarlo a star meglio? Lo so che guarirà completamente tra un paio di giorni, e che di pozione ne è rimasta meno della metà, ma…”
Miriel le sorrise.
“Maestà, sono venuta proprio per parlarti di questo” disse porgendole un magnifico fiore scarlatto grande come il palmo di una mano. “Tieni, è per te. Un dono per il tuo ruolo”
“Il Fiore del Fuoco!” esclamò Lucy prendendolo in mano e avvertendo il piacevole tepore che emanavano i suoi petali rossi.
“E’ per il tuo cordiale, la cui sostanza è tratta da questa pianta” spiegò la Driade. “Vedo che sei preoccupata perché la pozione è diminuita parecchio”
Lucy annuì. “E’ vero. L’ho usata spessissimo”
“Bè, non devi più temere adesso. Questo fiore rigenererà il tuo cordiale. Ecco cosa devi fare: devi usare l’ampolla come un piccolo vaso in cui metterai il Fiore del Fuoco. Immergi il suo gambo nel liquido rimanente ed esponilo alla luce del sole dall’alba al tramonto. Quando il tempo necessario sarà trascorso, vedrai che l’ampolla di diamante sarà colma di nuovo liquido. Il fiore sarà appassito, ma ogni volta che ne avrai bisogno io te ne donerò uno”.
“Grazie!” esclamò Lucy al colmo della felicità. “Davvero, non so come ringraziarti”
Miriel fece un breve inchino. “E’ un piacere e un onore, oltre che uno dei compiti di cui Aslan mi ha investito”
“Te l’ha chiesto Aslan?”
“Sì. Mi ha proprio detto: ‘questo Fiore è per la piccola Lucy’
La ragazzina fremette di emozione e le guance diventarono di un bel rosa, illuminandole il dolce viso.
Guardò ancora il fiore dai petali scarlatti. Non vedeva l’ora di osservare quel prodigio con i suoi occhi.
Si sentì orgogliosa e importante, ma senza arroganza alcuna, all’idea che Aslan avesse pensato a lei.
Ringraziò ancora Miriel, abbracciandola.
La Driade non se lo aspettava e rimase piacevolmente stupita da quello slancio di affetto da parte della Regina. Da poco tempo la Driade aveva iniziato ad aprirsi di più, a chiamare i Sovrani per nome e a parlar loro meno formalmente proprio come faceva con Peter.
“Ascolta” esordì la Valorosa. “E’ un problema se rimango ancora un po’ con Emeth? Lo so che è davvero tardi, ma…non so, non mi fido a lasciarlo”
“Certo. Lo dirò io agli altri. Ma se sei stanca possiamo darti il cambio io e Susan. E poi c’è il dottore”
“No, non sono stanca. E poi voglio assisterlo io”
“Ti senti in debito?”
Lucy si morse il labbro.
“Non proprio…non lo so. Però voglio stargli vicino. Mi sembra così spaesato…Vorrei che capisse che gli sono amica”
“Come desideri, Maestà” sorrise la Driade. “Fa pure ciò che credi”
“Allora resterò con lui ancora per un po’ ”
Lucy e Miriel si diedero la buonanotte e la Valorosa rientrò nella cabina.
Emeth era sveglio.
“Era Miriel” spiegò Lucy, mostrando al giovane soldato il grande fiore scarlatto.
“La Driade”
La ragazza annuì. Per far passare il tempo e cercare di distrarlo, aveva insegnato al ragazzo tutti i nomi dei membri dell’equipaggio.
“Prendi un’altra goccia della mia pozione” disse lei.
“No, non posso. Non sprecatela per me”
“Sciocchezze. Non è mai sprecata quando si aiuta un amico. E poi questo fiore mi aiuterà a rigenerarla”
Lucy spiegò tutto a Emeth, che rimase molto impressionato. Dopodiché, egli accettò un’altra goccia del magico rimedio.
“Sembra umana in tutto e per tutto. Eppure non lo è. E’ strano” disse il ragazzo, mentre osservava la Regina muoversi per la stanza.
“Intendi Miriel?” chiese Lucy, immergendo nell'ampolla di diamante il Fiore del Fuoco.
“E’ dolcissima. Poco importa se è umana o no. Noi non facciamo di queste distinzioni”
Emeth serrò le labbra e distolse lo sguardo.
“Perdonami!” esclamò lei, portandosi una mano alla bocca. “Non volevo dire…scusa. Davvero, non…”
Molto imbarazzata, si alzò e corse a posare fiore e fiaschetta sul mobile sotto l’oblò, guardando la pioggia che tamburellava sul vetro, sperando che l’indomani il sole avrebbe brillato.
“Perdonami se ho parlato male della tua terra, Emeth”
“Perdonami tu se ho pensato male della tua amica. Abbiamo punti di vista molto diversi”
Il ragazzo fece una smorfia quando si girò su un fianco per cercare una posizione più comoda.
Lucy gli fu subito accanto, sorreggendolo per le spalle. Gli porse un po’ d’acqua, e il giovane bevve e ringraziò.
“Va un po’ meglio?” chiese lei.
Emeth annuì. Sul suo viso si notavano già i nuovi effetti del cordiale. Il dolore provato poco prima sparì velocemente.
Lucy rimase con lui più del previsto e chiacchierarono ancora a lungo.
“Parlami di Narnia” le chiese Emeth.
Lei parve stupita ma immediatamente si lanciò nel racconto di una storia straordinaria.
Gli narrò di un regno buio e solitario, un reame addormentato che un Leone creò con il suo canto. La storia della Creazione di Narnia, della quale furono testimoni un bambino e una bambina di nome Digory Kirke e Polly Plummer. Assieme a loro, uno strampalato mago terrestre, zio di Digory, una malvagia Strega, un cavallo, e un ragazzo e una ragazza- un Figlio di Adamo e una Figlia di Eva- che divennero il Re Frank e la Regina Helen, i primi Sovrani di Narnia. Tutti abitanti del mondo chiamato Terra, lo stesso da cui proveniva Lucy, e che Emeth invece aveva sempre chiamato l’Altro Mondo.
E Lucy continuò, dicendo che le terre che circondano Narnia, all’inizio dei tempi erano una. In seguito, i figli e le figlie di Frank e Helen diedero vita al regno di Archen. Ma in quanto a Calormen e alle Isole, esse furono occupate da altri popoli provenienti da chissà dove, mentre gli abitanti di Telmar provenivano anch’essi dalla Terra. E tutti loro si staccarono per sempre da Narnia, il regno d’origine.
Emeth ascoltò affascinato anche tutte le altre storie che Lucy non riuscì a trattenersi dallo svelargli, perché secondo lei erano troppo belle ed emozionanti per non essere raccontate.
La Regina parlò della sua personale prima visita a Narnia insieme ai fratelli e di tutto quello che ne seguì.
Emeth l’aveva già sentita da sua madre, ma ascoltando Lucy, si rese conto che le due versioni erano leggermente diverse nei particolari.
Gli sembrò così stano che la ragazza che aveva di fronte avesse affrontato quell’avventura più di mille anni prima che lui nascesse.
“Nel mio mondo ne sono passati solo due” confessò lei.
Parlarono anche di questo, ma Lucy si scusò, non sapendo spiegare bene in che modo il tempo scorresse al di fuori di Narnia.
“Non si può mai sapere. Potrei tornare a casa e trascorrere un’ora nel mio mondo, tornare qui e scoprire che da voi sono passati cinquant’anni o una settimana. Funziona così, nessuno sa di preciso come. E’ tutto frutto della Grande Magia”
Emeth era un ascoltatore attento e interessato. Faceva mille domande, alle quali prontamente la fanciulla rispondeva in modo più che esauriente.
Lucy si appoggiò con le braccia al materasso e posò la testa su di esse, stanca ma felice.
“Potrei andare avanti per ore a parlare di Narnia”
Non si rese conto di chiudere gli occhi, e solo qualche ora dopo (di preciso non seppe quante), quando sentì Edmund urlare che ne aveva abbastanza di gente che dorme dove non deve, si rese conto di essersi addormentata accanto ad Emeth.
Il giovane soldato, molto imbarazzato e ormai completamente ristabilito, disse che era tutta colpa sua.
“Ma non è vero, tu non centri” disse Lucy, anche lei molto rossa in viso.
“Non ne posso più!” gridava intanto Edmund. “Stamattina mi sveglio e vedo Susan avvinghiata a Caspian come una piovra a uno scoglio. Poi vado a cercare Lucy e la scovo a dormire con un uomo che ha appena conosciuto! Mi auguro che Miriel non prenda esempio da queste due svergognate!”
Susan si svegliò di soprassalto.
“Che succede? Perché urlate? E’ accaduto qualcosa?” chiese ansiosa.
“No, no” fece Peter, scoccandole un’occhiata di disapprovazione, ma aveva ancora troppo sonno per iniziare a protestare. “E’ solo Edmund che fa l’idiota”
“Che ci fa alzato a quest’ora?” chiese Ripicì dalla sua piccola amaca, più in alto di tutti.
“Bella domanda…” fece Peter.
“Ma gli ha dato di volta il cervello?” mormorò Caspian ancora mezzo addormentato, passandosi una mano tra i capelli e sbadigliando.
“Volete fare silenzio! Sono le quattro del mattino!” sbraitò Eustace, avvolgendosi nelle coperte come un bruco nella crisalide.
“Ah, è solo Ed…” fece Susan rilassandosi, risdraiandosi subito dopo e accoccolandosi felice accanto a Caspian. Il Re le cinse automaticamente la vita con un braccio, e crollarono di nuovo nel sonno.
Edmund li guardò con un’espressione diabolica.
“E va bene! Basta! Da questo momento in poi, non sono responsabile di quello che succederà su questa nave!”
Poi corse fuori dagli alloggi dell’equipaggio gridando ancora: “E tu, Lucy, fila in camera tua!!!”
“Questa è camera mia, Ed!”
“Ancora peggio!!!”
“BASTA!!!” gridò a una sola voce tutto l’equipaggio.
 
Quando la quiete calò di nuovo sul Veliero dell’Alba, Edmund e Eustace aprirono un occhio e si guardarono attorno furtivamente.
Nulla si muoveva. Tutti erano tornati a dormire.
“L’hai presa?” bisbigliò Edmund.
“Sì” rispose Eustace.
Edmund scese dall’amaca, posando i piedi nudi a terra, cercando di non far scricchiolare neanche un’assicella del pavimento.
Eustace sedeva già sulla sua branda e quando il cugino lo raggiunse, da sotto il cuscino estrasse la mappa di Coriakin.
“Vedrai che non accadrà assolutamente nulla” disse Eustace, le mani che tremavano un poco.
“E’ quello che voglio dimostrare a tutti quanti. E’ solo una vecchia mappa. Nient’altro” affermò Ed, prendendo il rotolo di pergamena dalle mani dell’altro.
“M-ma non potremmo aspettare che arrivi il giorno?”
“Hai ancora paura del buio, Eustace?”
Il ragazzino arrossì violentemente.  “Ovvio che no! Stavo solo pensando che, m-magari, certe cose si fanno meglio alla luce del sole. Non trovi anche tu?”
Edmund sospirò e scosse la testa, compatendolo. “Hai paura del buio”
“Non è vero!!!”
“Ssshhhtttt! Abbassa la voce, cornacchia! Vuoi che ci scoprano?!”
Eustace si tappò la bocca e scosse il capo. Poi osservò il cugino slegare il nastro che teneva la mappa arrotolata su se stessa.
Ci sarebbe voluto molto tempo per far ammettere a Edmund che Peter aveva avuto ragione, e anche Caspian, e Susan, e Lucy, e Miriel, e Ripicì.
Ma ci volle un secondo per fargli capire che quello che aveva fatto avrebbe portato gravi conseguenze per tutti.
Appena il nastro cadde a terra e la mappa si srotolò, una strana polvere verde cadde sul pavimento.
“Che cos’è?” fece Eustace tirando su i piedi, spaventato.
Piccole volute di nebbia si sparsero presto per tutto lo stanzone, svolazzando attorno ai due ragazzi, passando attraverso le pareti, dirigendosi verso gli altri che, ignari di tutto, ancora dormivano tranquilli.
 “Oh cavolo!” esclamò Edmund schizzando in piedi.
Una massa più voluminosa di nebbia verde si innalzò da terra, prendendo piano una forma concreta. Un volto a lui fin troppo conosciuto. Spariva e appariva, andava e veniva alla luce dei lampi. La sua voce confusa dai tuoni...
Era come uno spettro, eppure più vera di qualsiasi fantasma.
Edmund corse a prendere la spada e la sguainò. Eustace lo osservava a bocca aperta.
“Che cosa vuoi?” gridò il Giusto, mentre la spaventosa apparizione allungava una mano verso di lui.
“Edmund…caro Edmund…”
“NO!”
L’urlo del Re invase la stanza, sovrastando un nuovo tuono.
Contemporaneamente, Edmund calò la lama sulla nebbia, fendendola e facendo svanire la figura celata al suo interno.
Eustace si coprì la testa con le mani e serrò gli occhi, terrorizzato.
Caspian, Peter, Susan, Miriel, Ripicì, Gael e altri marinai si svegliarono di soprassalto.
Il grosso Tavros accese una lampada, imitato da alcuni compagni.
“Chi urla? Cosa succede?”
“Ed!” fece Peter balzando in piedi, osservando confuso il fratello minore che ancora puntava la spada di Bern dritta davanti a sé. “Cosa stai…?”
“Quella dove l’hai presa?!” esclamò Susan, indicando la mappa aperta sul pavimento.
Decine di paia di occhi si posarono su di essa, per poi spostarsi verso Edmund e Eustace.
“L’hai aperta!” gridò Peter, andando verso il fondo della stanza. “Che cosa ti ho detto questa mattina?! Perché non mi dai mai ascolto!”
“Io…io…” balbettò Edmund, abbassando finalmente l’arma.
“Che cosa è successo?” chiese Caspian, piegandosi per raccogliere la pergamena.
“Non toccarla!” strillò Eustace. “E’ stregata! Avevate ragione! La stessa nebbia verde che abbiamo visto sulle Isole Solitarie è uscita dalla mappa! Adesso la maledizione di Tash ci farà tutti sprofondare nel sonno eterno!”
Peter lanciò uno sguardo così arrabbiato verso Edmund che quest’ultimo abbassò immediatamente lo sguardo, senza riuscire a sostenere quello del fratello.
“E’ la verità? Ed, rispondimi!”
Lo prese per le spalle, ma Edmund scansò le sue mani.
“Sì è vero!” gridò. “Vuoi sentirti dire che avevi ragione, come sempre? Vuoi questo Peter?”
In quel preciso istante, qualcuno urlò sopra le loro teste.
“Lucy!” esclamò Susan, correndo fuori dagli alloggi dell’equipaggio.
Tutti gli altri la seguirono e quando arrivarono alla cabina del capitano, videro che Emeth tarkaan era in piedi e Lucy dietro di lui, come se il ragazzo la stesse proteggendo da qualcosa.
“Lu! State bene?”
“Peter! Ragazzi! Oh, è terribile!” esclamò la ragazzina in preda al panico.
“Chi era quella donna?” chiese Emeth molto confuso.
Tutti si voltarono verso di lui.
“Quale donna?” chiese Susan, sentendo il terrore crescere in lei.
Allora era vero, non se l’era immaginato!
“E’ qui!” fece Lucy agitata. “Lei è qui! E’ a bordo della nave! La Strega Bianca!”





Cari lettori, care lettrici, eccoci al capitolo 21!!! WAW!!! *saltella perché è contenta che questa settimana è riuscita a postare regolarmente*
Che dite, vi piace? Mi fate sempre tanti complimenti nelle recensioni e quindi credo di sì, che lo apprezzerete.
Non avete idea di come ho sudato sul primo pezzo *anf anf* non mi veniva mai come volevo!!!
So che alcuni di voi ameranno soprattutto le scene Suspian (pure io!!!!), ma anche le Lumeth stanno riscuotendo successo…le Lumeth? Sì, avete capito bene! Ora vi spiego…
Sapete, le coppie stanno aumentando, e mi sembrava carino mettere dei nomignoli a tutti. Li ho inventati insieme a FrancyNike93, che saluto e ringrazio tanto per l’aiuto che mi da!
Per cui: se Caspian e Susan diventano Suspian, Lucy e Emeth diventano Lumeth. Peter e Miriel diventano Petriel, e Edmund…bè, qui vi devo fare uno spoiler, ma tanto ormai ci siamo quasi. Edmund e Shanna (la sua futura donzella) diventano Shandmund.
Vi piacciono? ^^
Purtroppo non sono riuscita a inserire un pezzo in questo capitolo. Ho fatto apparire poco Drinian, ma mi rifarò nel prossimo. Intanto, ci ha pensato Peter a Caspian e Susan T______T
Non ho fatto nemmeno in tempo a mettere le foto nuove sul blog, sorry!!! Magari qualcuno di voi sarà andato a sbirciare e si sarà chiesto dove sono…arrivano, datemi tempo.
Volevo fare anche delle gif e un nuovo video…troppe cose, aiuto!!! Ma le idee con Narnia sono davvero infinite!
 
Ringraziamenti:

 
Per chi ha messi la storia nelle preferite:ActuallyNPH, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , Lules, Midsummer night Dream, piumetta, SrenaVdW e tinny
 
Per chi l’ha messa nelle ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, Miss Hutcherson e postnubilaphoebus
 
Per chi l’ha inserita nelle seguite: Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, catherineheatcliff, Chanel483, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_Zaynkissme, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, LenShiro,  Luna23796, Mari_BubblyGirls, Midsummer night Dream, piccolo_cullen, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, yondaime e Yukiiiiii


Per le recensioni dello scorso capitolo: Babylady, Charlotte Atherton, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_Zaynkissme (che si è letta tutta Queen in tempo record e ci siamo rincorse tra recensioni e risposte XD), FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon, IwillN3v3rbEam3moRy, KingPetertheMagnificent, piumetta, SerenaVdW, The Freedom Song, e tinny

Angolino delle anticipazioni:
Come detto sopra, Drinian arriverà a scompigliare la già travagliata situazione di Caspian e Susan (sì, la metto giù tragica, dai!)
La Strega Bianca si vedrà ancora e forse forse apparirà anche Shanna per la prima volta!
Edmund farà la pace con tutti e Emeth comincerà ad ambientarsi sul Veliero dell’Alba.
Chissà se riuscirò a farci stare l’arrivo- almeno- sulla prossima isola? Vedremo. Molto dipende da quello che mi viene in mente mentre scrivo, non è mai nulla di definitivo.

 
Ok gente! Credo che anche per questa settimana abbiamo concluso.
Vi aspetto numerosi, vi abbraccio fortissimo e vi mando un milione di baci e…non lo so più. Perché con oltre 180 recensioni, non si sa davvero come dirvi grazie, qua! XD
Alla prossima, statemi bene!
Con affetto, Susan<3

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Capitolo 22
*** Capitolo 22: Lotta fra gli incubi ***


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22. Lotta fra gli incubi
 

 
Gli occhi di tutti erano puntati su Lucy.
La Strega Bianca, Jadis, la nemica numero uno di Narnia, nemesi di Aslan, era a bordo del Veliero dell’Alba.
“Ne sei sicura?” chiese subito Peter, mettendo le mani sulla spalle della sorella e guardandola attentamente negli occhi.
Lucy gli rimandò uno sguardo serio, terrorizzato, annuendo a labbra strette.
Peter non chiese altro e abbassò le mani lungo i fianchi.
Lucy non mentiva, lo capì dalla sua espressione. Non mentiva mai, men che meno su qualcosa che riguardava Narnia.
“Ma non può essere!” esclamò Caspian incredulo. “La Strega Bianca è morta! L’ho vista sparire davanti ai miei occhi quel giorno, alla Casa di Aslan!”
“Se è per questo” disse Susan, “anche lo stesso Aslan la sconfisse nella battaglia di Beruna, nel nostro primo viaggio a Narnia”.
Guardò i fratelli. Peter e Lucy annuirono. Edmund si limitò ad abbassare la testa e non dire nulla, ma Susan sapeva che tutti e tre ricordavano molto bene i fatti avvenuti tempo fa. Impossibile dimenticarli.
“Quando ti è apparsa in quella lastra di ghiaccio” continuò la Dolce rivolta a Caspian, “era già morta da più di mille anni, eppure trovò il modo di tornare…bè, quasi”
Quelle parole rammentarono all’istante a Caspian gli insegnamenti del dottor Cornelius sulle leggende di Narnia. Anche i Pevensie glielo avevano raccontato.
“Ricordi questo pomeriggio?” disse Susan rivolta di nuovo al Re. “Quando stavamo parlando sul ponte? Ti ho detto che mi sembrava di aver sentito qualcosa…bè era la sua voce. Era Jadis”
“Susan, anche tu…” mormorò Edmund facendo sentire finalmente la sua voce.
La sorella lo fissò sbalordita. “Ed, cosa…?”
“Anch’io l’ho sentita. E’ stato dopo che abbiamo litigato per…bè, per la mappa, appunto”.
“Quindi era già sulla nave?” chiese Caspian.
“E tu lo sapevi?” sbottò Peter contro il fratello.
Edmund strinse i pugni e si sforzò per non cominciare ad urlargli in faccia.
“Se stai insinuando che sapevo che Jadis era sul veliero e non ve l’ho detto, non è così. L’ho solo sentita, non l’ho vista. Ma non mi sono reso conto che era lei. Non mi ha parlato nel vero senso della parola. E’ stato più un…”
“Un ronzio dentro la testa” concluse Lucy per lui. “Ed, anch’io l’ho sentita. Sull’Isola delle Voci, prima di pronunciare l’incantesimo che mi ha trasformata in te, Susan. Ora mi rendo conto che era la Strega Bianca, lei mi ha spinto a farlo. E io ci sono cascata in pieno”
“Mio Dio!” proruppe Caspian. “Ma da quanto ci sta seguendo, allora?”
“Probabilmente dall’inizio” continuò Edmund.
“M-m-ma, avete appena detto che è morta” tartagliò Eustace, tremando come una foglia. “Q-quindi, q-quello che abbiamo visto è il s-s-uo f-f-fa-fan…”
“Fantasma, Eustace” lo aiutò Susan paziente. “Sì, una sorta”
“Oh mammina bella…e come si ferma un fantasma? Cosa facciamo adesso?”
“Ottima osservazione” commentò Emeth.
Per un minuto interminabile, nessuno parlò.
Nuove grida provennero dall’esterno della cabina, spezzando il silenzio inframezzato solo dal rumore della pioggia. Rumore di passi, qualcuno chiamava il Re, altri sbattevano porte.
“Andiamo” disse Caspian, guidandoli tutti fuori della cabina.
Mentre attraversavano i corridoi diretti nuovamente agli alloggi dell’equipaggio, una fila interminabile di persone li seguiva, chiedendo cosa si doveva fare.
Tutti avevano lo sguardo puntato su Re Caspian, in attesa.
“Dobbiamo avvertire tutti di quanto è accaduto” iniziò il Liberatore. “Forse semineremo del panico, ma altri, oltre a noi, hanno visto la Strega Bianca, ed è inutile tenerlo nascosto.”
“Pensate che ci attaccherà, Sire?” chiese qualcuno.
“Non lo so. Ma è molto probabile”
“Permettetemi di aiutarvi, Maestà” intervenne Emeth, facendo un passo avanti. “Non so bene come si affronta una Strega, conosco ben poco di magia e non vi ho mai creduto molto, ma mi sento in dovere di sdebitarmi con le Loro Maestà per la benignità dimostratami.”
“Ma Emeth, tu…” intervenne Lucy, pensando alla sua ferita.
“Sto bene, ormai” la rassicurò il soldato.
“Va bene, Emeth. Ti ringrazio per la tua disponibilità” acconsentì Caspian.
Era giusto che, se lo desideravano, tutti facessero la loro parte.
“Io non credo che le armi ci saranno utili, Vostre Maestà” intervenne Miriel con aria grave.
“E allora come ci difendiamo, scusa?” chiese Eustace allargando le braccia.
“Tu non difendi proprio nessuno” disse Peter, puntando un dito ammonitore contro il cugino. “Ne hai combinate abbastanza, stasera”
“E allora che faccio? Reggo il moccolo?”
Peter lo ignorò. “Lo stesso vale per te, Ed”
“Non puoi tagliarmi fuori!” scattò immediatamente quest’ultimo.
“Io invece, credo che Re Edmund dovrebbe intervenire più di chiunque altro in questa nuova prova ” disse ancora la Driade, alzando un poco la voce e lasciando Edmund sorpreso.
“Lo so” fece lui, un poco irritato. “Lo so che devo risolverla io questa cosa. Io ho portato qui la Strega Bianca e io devo toglierla di mezzo”
“Non è solo per questo” continuò Miriel. “Tu possiedi la prima delle Sette Spade, Edmund te ne sei forse scordato?”
“La Spada di Bern?”
“No, quella di mio nonno!”
“Eustace, taci per piacere!” esclamò Peter a denti stretti, dandogli una botta sulla nuca.
Miriel proseguì. “Credo sia venuto il momento di cominciare a testare la forza delle armi degli Amici di Narnia”
“E come?” chiese subito Edmund, lo sguardo che cadeva sulla lama lucente che ancora teneva in mano da prima. “Non è che abbia manifestato chissà quali grandi poteri, finora”
Miriel fece un sorriso incoraggiante.
 “La prima volta che l’hai presa in mano, hai detto di aver capito che era tua, vero? Non di Caspian, non di Peter. Tua. Hai sentito un legame con lei”
Edmund aprì la bocca ma non ne uscì un suono. Annuì.
“Sfrutta quel legame, Re Giusto di Narnia. Affidati a lei: la Spada di Bern non è un’arma qualunque. In essa- in tutte e sette- è racchiusa una grande forza che deriva direttamente dalla Grande Magia, creata da Aslan e dall’Imperatore d’Oltremare. Una magia che libererà Narnia dai suoi nemici una volta per tutte. Dovete imparare ad usare tale potere.”
Edmund deglutì. Davvero aveva tra le mani un’arma così potente? Era davvero in grado di aiutarlo?
 “Non so…” disse incerto.
Guardò gli altri, ma nessuno disse nulla.
Edmund sapeva che erano rimasti in silenzio non perché non volessero aiutarlo, bensì perché la scelta spettava solo a lui.
In pochi minuti, la situazione si era ribaltata. Aveva creduto di essere messo di nuovo da parte, e invece, adesso si ritrovava protagonista dell’intera faccenda.
Raddrizzò le spalle e annuì con convinzione.
“D’accordo. Ci proverò”
 

Dopo che ebbe lasciato la piccola Lucy e quell’altro ragazzo tremanti di paura, la Strega Bianca tornò ad assumere la sua forma di nebbia, volando fin nel punto più nascosto della nave.
Non avrebbe voluto rivelarsi così e subito, ma la tentazione era stata troppo forte.
Aveva percepito la tensione, l’astio creatosi per svariate ragioni e discussioni, la vulnerabilità del momento che colpiva soprattutto i cinque Sovrani.
L’occasione non poteva essere sprecata così.
In quei momenti di rabbia e sconforto, gli esseri umani erano più fragili, emotivi, malleabili e influenzabili, inclini a commettere sciocchezze, magari presi dal panico e dalla frustrazione.
Lei avrebbe sfruttato tutto questo a suo favore, per far cadere qualcun altro nelle sue trappole d’incubo.
Comunemente, dei ragazzi di quell’età sarebbero fuggiti all’istante, ma non loro. Jadis sapeva di non avere a che fare con persone comuni, o Aslan non gli avrebbe mai scelti per essere Re e Regine di Narnia.
La forza d’animo di Caspian, il coraggio di Lucy, il buon cuore di Susan, il senso di giustizia di Edmund e la determinazione di Peter.
Ognuno di loro aveva qualità differenti, era animato da sentimenti diversi, ma tutti quanti avevano qualcosa che li univa: Narnia e l'amore che proavavno per quella terra.
Questi sentimenti avrebbero permesso loro di non mollare e salvare il regno da qualsiasi minaccia, continuando sempre più risoluti per arrivare sino alla fine di quel viaggio…o almeno, la fine che lei aveva pensato per loro.
Dovevano diventare forti, ancor più di quanto erano già. Le spade si animavano grazie a quella forza che- Aslan diceva- arrivava dal cuore.
Non sarebbe stato facile con il Leone sempre pronto ad aiutarli, ma nemmeno così difficile. Bastava toccare le corde giuste.
Chi era il più forte spiritualmente? Chi il più debole? Voleva scoprirlo, per poi cominciare a colpirli subdolamente, sempre rimanendo nell'ombra fino al giorno in cui sarebbe stata di nuovo forte.
Aveva già messo alla prova Lucy, credendo che la sua giovane età l’avesse spinta a fare una sciocchezza.
Così era effettivamente accaduto, ma la Valorosa, come sempre, si era dimostrata la più devota ad Aslan. Pentita sinceramente, aveva invocato subito il suo aiuto ed egli era accorso, cancellando troppo presto l’incantesimo del libro del mago.
Senza colpe precedenti, con l’animo puro e limpido come uno specchio, era lei la più forte, perché quella con più fede.
A Edmund aveva dato solo un assaggio, ma non era ancora il suo momento. Il caro Edmund voleva affrontarlo faccia a faccia, in carne e ossa. Era molto combattuta su di lui: farne un suo schiavo, ucciderlo, o frane un alleato?
Peter…Peter poteva essere il prossimo, sarebbe stato facile aprirsi un varco nel suo cuore ed insinuarvi sentimenti negativi, che avrebbero alimentato l’astio nei confronti di Caspian e all’interno dell’intero gruppo.
Infine, rimaneva Susan.
Susan era la più fragile insieme a Edmund ma, a differenza di lui, nel passato la Regina Dolce si era dimostrata priva di punti deboli. Il suo cuore così buono e privo di malizia era stato un ostacolo notevole alle tentazioni di Jadis. Almeno finora…
Di punti deboli, adesso, Susan ne aveva molti e uno in particolare. L’essersene andata da Narnia, soprattutto dopo il suo ultimo viaggio in cui aveva incontrato Re Caspian, aveva indebolito oltremodo l’animo della ragazza, già insicura per natura.
Chi per il momento non la interessava, era proprio il Liberatore. Non lo conosceva ancora bene, non sapeva dove colpire. Le sarebbe servito del tempo in più per studiare a fondo la sua personalità.
C’erano poi i nuovi amici: Eustace, cugino dei Pevensie, la Driade e il ragazzo del sud. Neanche loro rientravano nei suoi interessi, per il momento. Non erano ancora così pericolosi.
Non sarebbe rimasta a bordo della nave per molto, no. La sua attuale forma e forza fisica non glielo permetteva. Doveva tornare sulla sua Isola, nascondersi, al sicuro nelle tenebre, dove poteva contare sull’assistenza di alcuni validi alleati finché non fosse tornata la vecchia Jadis.
Nel frattempo però, visto che Edmund e suo cugino erano stati così gentili da invitarla lì, richiamandola attraverso uno degli incantesimi che tramite Coriakin aveva predisposto come trappola per loro, perché non cominciare a divertirsi subito?
 
 
Purtroppo, nessuno sapeva quando e come la Strega Bianca avrebbe attaccato.
Nessuno però voleva dormire, anche se era del tutto inutile stare svegli ad aspettare che accadesse qualcosa.
Alcuni marinai borbottavano tra loro: che si fosse trattato di un’allucinazione, che non c’era nessuna Strega. Ma alla luce delle lanterne che Caspian aveva ordinato di accendere, talvolta gli sembrava di scorgere qualcosa o qualcuno muoversi guardingo negli angoli in ombra, dove il lume delle lampade non arrivava.
Tutto si era tinto dei colori del verde e del nero, il temporale continuava, le vele frusciarono, le cime stridevano, il legno scricchiolò. Se un’altra imbarcazione fosse passata loro accanto in quel momento, avrebbe senz’altro scambiato Veliero dell’Alba per una di nave fantasma.
L’attesa era esasperante.
Si erano organizzati turni di guardia con gruppi di cinque o sei persone. Nessuno voleva rimanere solo. Più si stava in compagnia, più ci si sentiva sicuri.
L’intero equipaggio aveva di nuovo preso in mano le armi in meno di quarantott’ore, ma esattamente come aveva pronosticato Miriel, non servirono a nulla.
Anche se cercavano di colpire i rivoletti di nebbia che di tanto in tanto apparivano qua e là, non c’era risultato. Era come fendere l’aria.
“Sire, non possiamo combattere contro qualcosa che non vediamo” protestò un marinaio.
Quando si erano scontrati con l’Occhio di Falco, sull’Isola delle Voci, era stato diverso. Il nemico era davanti a loro, vero, concreto, potevano osservarne i movimenti, capire come avrebbero dovuto rispondere ai loro attacchi. Ora, invece, non c'era niente.
Gli uomini cominciarono ad innervosirsi, tesi all’inverosimile, spaventati dalle voci che udivano nella testa.
Ben presto, tutti si resero conto che l’influenza della Strega aveva già cominciato a colpirli: senza preavviso, senza un attacco vero e proprio.
Ora come ora, Jadis era uno spirito, non aveva la possibilità di imbracciare una spada o la sua diabolica bacchetta magica. Ciò era una fortuna ma anche una sfortuna.
Il suo modo di agire sarebbe stato assai più infido di quello di qualsiasi altro nemico potessero incontrare.
“Sta giocando con le nostre menti” disse Edmund, in piedi contro la parete delle cabine dell’equipaggio, la Spada di Bern convulsamente stretta in pugno. “Lo so, la conosco bene”
Nessuno commentò. Erano sempre tutti a disagio quando Ed parlava del suo passato di traditore.
“Lei percepisce la nostra paura” disse Miriel tremante. “E’ arrivata sin qui perché l’ha sentita. Vuole indebolirci spiritualmente. E quando avrà ottenuto ciò che vuole se ne andrà”
“Sì, lo sento anch’io” disse Ripicì, muovendo il naso su e giù e fiutando l’aria.
In quanto creature fatate, la Driade e il topo sentivano maggiormente la presenza della Strega rispetto agli altri. Anche Fauni, Minotauri e Satiri sembravano molto inquieti.
“Che cos’è che vuole?” chiese Peter sedendosi accanto a Miriel sulla sua cuccetta, accostandola a sé e mettendole un braccio attorno alle spalle.
Lei si aggrappò a lui, scuotendo il capo.
“Non lo so. Ma uno di noi corre un grave pericolo”
Quelle parole non poterono far altro che suscitare maggiormente il panico nel cuore di tutti.
Si sentirono inermi vittime di un piano architettato ad arte.
ll fatto che Coriakin avesse la mappa, che fosse alleato con Calormen…
E la maledizione della nebbia verde mandata da Tash, che gettava chiunque ne venisse colpita in un sonno irreversibile…Tutto questo non era altro che opera di Jadis. Forse addirittura deciso già da prima che il Veliero dell’Alba lasciasse Cair Paravel.
I tasselli andavano tutti al loro posto: i nemici collaboravano tra loro e volevano fermarli a tutti i costi, impedendogli di arrivare a destinazione.
Forse la Strega Bianca sapeva anche delle Spade, del potere che racchiudevano, e le voleva per sé, per conquistare Narnia.
In quel momento, Caspian, Susan e Lucy rientrarono dal loro breve giro di ricognizione.
Il tempo passava, e di Jadis nessuna traccia.
“Ma che cosa sta aspettando!” urlò Edmund in preda all’esasperazione più competa. “Andiamo, dove sei?!”
“Ed, calmati” lo riprese Peter. “Abbiamo deciso che avremmo aspettato e aspetteremo. Dopotutto, non abbiamo un piano”
Lanciò un'occhiata a Caspian, il quale sostenne il suo sguardo facendo un passo verso di lui.
“Senti, te l’ho già detto, mi dispiace”
“Infatti questa l’ho già sentita” mormorò il Re Supremo girandosi dall’altra parte.
“Non so che cosa fare, Peter! Non ho idea se la Strega Bianca sia qui per tenderci un agguato, per gettare su di noi uno dei suoi malefici o altro. Io non la conosco! Non so come muovermi!”
Susan gli pose gentilmente una mano sul braccio.
“Nessuno di noi sa cos’ha in mente Jadis”
“Smettila di difenderlo, Sue!” sbottò Peter, tornado poi a rivolgersi a Caspian. “Sei completamente inutile come capo, lasciatelo dire”
Peter aveva ragione ovviamente: non stava dimostrando nessuna presenza di spirito. Ma Caspian non lo avrebbe mai ammesso.
“Cosa dovrei fare?” esplose il Liberatore, frustrato dalla situazione assurda in cui si trovavano.
Aveva mobilitato l’intera nave per nulla. La Strega sembrava sparita dalla circolazione. Eppure era lì, da qualche parte, glielo diceva il suo istinto.
Caspian osservò i suoi amici con espressione desolata.
“Mi dispiace, veramente. Il fatto è che non possiamo andare allo sbaraglio. Le armi non ci servono, questo l’abbiamo già ripetuto più volte”
“Forse, dopotutto, non succederà nulla di nulla” intervenne Eustace, interrompendo il litigio e cercando di convincere più che altro sé stesso.
“Può darsi che sia andata via. E magari non era neppure veramente lei. Sono un’immagine che poi è scomparsa…Puf!”
“Puf…” ripeté Ripicì scuotendo il capo. “Che pensiero profondo. Ragazzo mio, non ho più parole per definirti”
“Dai, provate a pensarci!” insisté Eustace, mettendo una mano sul muso di Ripicì e premendogli forte sulla bocca per zittirlo.
Il topo si divincolò, poi lo morse forte.
“In concreto non ci ha fatto nulla. Magari era solo un’illusone. Un incantesimo del mago posto sulla mappa per…AHIA!!!!!!”
Susan scattò improvvisamente in piedi, mentre suo cugino e Ripicì ingaggiavano un incontro di lotta libera rotolando sul pavimento degli alloggi dell’equipaggio.
“La mappa! Dov’è ora?”
Gli altri la guardarono perplessi.
“Dove l’abbiamo lasciata. Perché?” chiese Edmund.
“Perché mi è appena venuto in mente che se Jadis è arrivata sino a noi con quella, forse se la distruggiamo se ne andrà. Eustace ha ragione”
E qui si interruppe, perché un coro di voci incredule gridò: “Cosa???”
Lo stesso Eustace, e così Ripicì, si fermarono e la fissarono a bocca aperta.
“Ah, si?” fece il ragazzino stupito. Poi balzò in piedi, scaraventando di nuovo a terra il povero Rip.
“Ma insomma, vuoi trattarlo un po’ meglio?!” esclamò Lucy, aiutando il topo ad alzarsi. “Non è mica un giocattolo!”
“Uff, uff…ben detto, Maestà” disse Ripicì, massaggiandosi la testa e sistemandosi la piuma rossa.
Eustace li ignorò totalmente, troppo preso a vantarsi di sé.
“Certo che ho ragione, che scoperta! Tsk! Meno male che qualcuno se n‘è reso conto, finalmente! Mamma ha sempre detto che sono il più intelligente della mia classe”
Edmund gli assestò un bel calcio nel fondoschiena e Eustace saltò su gridando come un matto.
“Ma sei scemo?! Che fai?!”
“Piantala di fare l'idiota e prediamo la mappa, sbrigati!”
Si diressero in fondo alla grande camerata, verso la cuccetta di Eustace, accanto alla quale la pergamena era caduta.
Purtroppo ebbero un’amara sorpresa.
“Non c’è!” dissero in coro i due cugini.
“Che significa, 'non c’è' ?” fece Caspian avvicinandosi.
“Era qui. Giuro, non l’ho nascosta” si schermò subito Eustace.
“Perfetto! L’avete persa!”
“Peter, smettila di dare addosso a tutti” cercò di calmarlo Susan.
“Andiamo a cercarla, dai” disse Lucy, seguita subito da Emeth fuori dagli alloggi dell’equipaggio.
Ancora frastornato per la sua disavventura e per quanto stava accadendo quella notte, il giovane soldato non poteva fare a meno di provare già affetto per i suoi salvatori. Lucy gli stava sempre vicino per aiutarlo a non sentirsi in imbarazzo, cosa che invece sarebbe successa se mai si fosse trovato solo con qualcun altro. In poche ore, era stato accolto con una calorosità mai provata prima. Era già parte del gruppo.
“Lu! Aspetta, non andate soli!” chiamò la voce di Edmund.
Eustace lo seguiva. Quella sera era divenuto la sua ombra.
“Per distruggere la mappa, ho idea che ci servirà questa” disse il Giusto, sfoderando la Spada di Bern.
“Hai ragione. Scusa, non ci avevo pensato” affermò la ragazzina.
“Ehm…senti Lu, non è per fare il duro, o vantarmi di avere una delle armi dei Lord, però…”
Lucy lo fermò e gli sorrise.
“Lo so. Va bene. La Spada è tua d'altra parte, e spetta a te. Anzi, in teoria a tutti e due”
Guardò il cugino con un'occhiata eloquente. Eustace si gratò la nuca alzando gli occhi al soffitto e facendo finta di nulla.
“Ok. Sbrighiamoci” li incitò Edmund.
Caspian, Peter, Miriel, Susan e Ripicì li raggiunsero poco dopo.
Il Re di Narnia spiegò la nuova svolta ai suoi uomini, che furono ben felici di poter fare qualcosa di concreto setacciando la nave da cima a fondo in cerca del mappa incantata.
Sfortunatamente, le ricerche non ebbero esito. Sembrava che fosse sparita. Oppure…
“Che l’abbia presa lei ” suggerì Peter.
Era la possibilità più verosimile ma servì solo a gettarli tutti nello sconforto ancor di più.
I ragazzi e Ripicì si fermarono sul ponte di comando, vicino al timone dove Caspian si posizionò. Drinian si era preso un paio di minuti di riposo. Non c’era nessuno oltre a loro nove: i cinque Sovrani, Eustace, la Driade, il soldato e il topo.
Rifletterono a lungo, parlando a bassa voce nella notte, esposti alla pioggia leggera che annunciava la fine del temporale.
Che cosa aveva in mente Jadis? Perché aspettare di attaccarli se era lì per loro? E dov’era ora? Dietro di loro? Davanti?
Come in risposta, una risatina echeggiante raggelò l'atmosfera già di per sé inquietante. Poco dopo, dall’oscurità uscì una striscia di nebbia verdastra.
“Arriva”pensarono i ragazzi, guardandosi attorno, la tensione alle stelle.
Sfrecciò bassa sul ponte, aumentando la velocità della sua corsa man mano che si avvicinava, alzandosi, serpeggiando contro le paratie e i cavi di sicurezza, snodandosi in due e più parti, finchè non arrivò di fornte a loro.
Tutti quanti indietreggiarono automaticamente per non esserne nemmeno sfiorati. Non volevano scoprire cosa fosse accaduto se fosse successo. Ma non fu facile schivare tutte le altre volute di nebbia che presto si abbatterono sul ponte da ogni direzione, avvolgendo tutta la nave. La visibilità si azzerò. Un mormorio sinistro cominciò a propagarsi nel silenzio.
Poi, pian piano, una figura prese forma e una donna altissima apparve nella bruma.
Caspian, Peter, Edmund e Emeth sfoderarono le spade, Lucy li imitò. Susan scoccò la prima freccia, benché sapesse che era del tutto inutile. Il suo colpo andò comunque a segno, ma la figura venne trapassata da a parte senza battere ciglio.
Un’altra risata e la sagoma verde scomparve.
“Siamo qui, Jadis! Vieni, avanti!” esclamò Peter, Rhindon in pugno. “Non abbiamo paura!”
Una goccia di sudore freddo scese lentamente sul viso del Re Supremo. Peter deglutì e continuò a guardarsi attorno frenetico.
La pioggia appiccicava loro gli abiti indosso e i capelli al viso.
La nebbia ricominciò a vorticare sopra e attorno a loro, dapertutto, ma non potevano far nulla, solo osservare.
Poi, gradualmente, un suono riecheggiò alle loro orecchie. O forse era solo nella mente…
Crebbe piano piano, prima come il ronzio di un insetto piuttosto fastidioso, poi come un dolce suono ipnotizzante.
Lucy si portò le mani alle orecchie.
“Lo sentite?...Che cos’è?” mormorò, ma nessuno le rispose. Forse nessuno neppure la udì.
Ognuno di loro era troppo impegnato a cercare di ascoltare chi o cosa parlava e sussurrava attraverso quei suoni.
“Non ascoltatela!” gridò Miriel all’improvviso. “E’ solo un’illusione, non prestatele ascolto!”
“Aslan, aiutaci!” pregò Lucy serrando gli occhi e giungendo le mani.
“Sono qui, piccola mia...”
“Oh Aslan!”
Ma era tardi, ormai l’incantesimo diabolico della Strega Bianca aveva sortito il suo effetto. Dovevano ascoltare quella voce anche se sapevano di non doverlo fare.
“Sono solo un’illusione, Lucy?” disse la voce di Jadis vicinissima a loro, e poco dopo la donna apparve di nuovo.
Avrebbero voluto reagire, chiamare aiuto. Dov’erano i marinai? La nave sembrava essersi svuotata…
“Guardami, piccola. Sono io. Quella che ha pietrificato il tuo caro signor Tumnus. Quella che ha ucciso Aslan”
Lucy fece un rapido passo indietro, andando a sbattere contro Emeth, che le mise le mani sulle spalle e la tenne vicina.
Jadis guardò uno per uno i Pevensie dritto negli occhi.
“Ho aspettato tanto di rivedervi, miei cari. Ma il nostro momento non è ancora arrivato. Volevo solo lasciarvi un piccolo regalo, stasera. Per farvi capire che per quanto tentiate, non potrete mai sconfiggermi”
“Spostatevi” disse improvvisamente Edmund, estraendo la Spada di Bern dal fodero.
“No, no, non lo fare!” esclamò Eustace.
“Ed!” gridarono gli altri. Lui però non li ascoltò.
“Fidatevi! So quello che faccio! Per favore!”
Ora dava loro le spalle e non potevano vederlo in viso, ma rimasero ammirati dal tono della sua voce, pieno di coraggio e determinazione. Edmund non provava paura. Nemmeno un po’.
“Lasciatelo fare” disse Miriel.
Jadis volteggiò a mezz’aria.
“E’ questa che vuoi?” chiese, mostrando il rotolo di pergamena che era la mappa di Coriakin.
Inaspettatamente, un’altra freccia di Susan colpì la mappa esattamente nel centro, ed essa volò via dalle mani della Strega.
Jadis guardò la mappa cadere giù dal ponte di comando e srotolarsi su quello di sotto. Subito dopo spostò la sua attenzione sulla Regina Dolce, con un misto di stupore e di odio.
Susan e Lucy si precipitarono immediatamente a recuperare la mappa. La Strega Bianca non poté fermarle, perchè si ritrovò con quattro lame affilate puntate al petto, più una più piccola al viso.
Rhindon, Rhasador, la Spada di Bern, una scimitarra e uno spadino corto.
“Arrenditi!” gridò Eustace alzando il pungo. Poi si voltò sorridente verso Miriel, l’unica rimasta un poco più indietro vicino a lui. “Ho sempre sognato di dirlo!”
Gli occhi di Jadis erano ora puntati verso l’arma di Edmund. Una delle Sette Spade era lì a pochi centimetri da lei.
Quel che voleva era spaventati, così che ricominciassero a temerla come nel passato. Allo stesso tempo, la paura li avrebbe resi più forti. Dopotutto, la Strega Bianca voleva dei degni avversari, non delle pappe molli, o la vittoria non avrebbe avuto lo stesso sapore.
Ma la Spada era stato qualcosa di inaspettato. Quel particolare le era sfuggito: Edmund aveva la prima delle Sette.
Proprio lui…che strano gioco del destino…
E così ne avevano già trovata una….  
Doveva prenderla.
Jadis allungò una mano verso i quattro ragazzi e sprigionò una magia fortissima: un vento impetuoso che tolse loro il fiato e li sbalzò all’indietro, addosso al timone.
Poi afferrò Ripicì per una zampa, torcendogliela malamente.
Loro non poteavno toccarla, ma lei poteva toccare loro.
Lui cercò di reagire ma Jadis lo gettò lontano, facendolo precipitare al di là della ringhiera del ponte di comando. Il topo cadde di sotto e si accasciò a terra con un gemito.
“Rip!” strillò Lucy, accorrendo da lui insieme a Miriel e Eustace.
“Ehi!” lo chiamò il ragazzino, mentre la Driade lo sollevava con delicatezza. “Marmotta, mi senti? Rispondi!”
Lucy si portò le mani al volto, allarmata.
“Non ho il mio cordiale! L’ho lasciato in cabina, con immerso il Fiore del Fuoco! Devo correre subito a prenderlo!”
Ma Miriel la fermò.
“No, Regina, non puoi! Il Fiore non dev’essere rimosso dall’ampolla prima che la rigenerazione della pozione sia completa, o non avrà nessun effetto”
Lucy impallidì e guardò il corpicino di Ripicì riverso all’indietro.
“Oh, no…”
Mentre succedeva questo, la Strega Bianca aveva messo piede sul ponte di comando e camminava con passo deciso verso la Spada di Bern.
Ancora storditi dalla magia e dalla botta ricevuta, i Re di Narnia e Emeth non poterono impedirle di afferrarla.
“Lasciala!” urlò Edmund balzando rapido in piedi e allungandosi verso l’arma, il braccio teso.
Jadis fu più svelta.
Non appena sfiorata l’elsa, la Spada di Bern prese ad illuminarsi di una luce azzurrina. La mano della Strega riprese colore e consistenza e lei sorrise compiaciuta.
Allora era vero! Quegli oggetti le avrebbero ridonato la vita.
Ma il seguito di quanto accadde fu per tutti inatteso. La lama s’illuminò di nuovo, questa volta di un azzurro intenso e luminoso. La magia inondò l’aria con il suo chiarore improvviso, scagliando la Strega all’indietro, esattamente come lei stessa aveva fatto prima con i quattro ragazzi.
La figura di Jadis si scompose per un solo istante ma subito tornò integra, anche se sul volto non aveva più l’espressione sicura di prima. Evidentemente, la reazione della spada al suo tocco non era quella che si era aspettata.
Ma non era finita.
Di sotto, Susan, l’unica rimasta vicino alla mappa, vide che alla pergamena stava succedendo qualcosa di strano. Si sgretolava e si accartocciava come se stesse bruciando. E il fumo che saliva da essa non era niente altro che la stessa nebbia di cui era fatta anche Jadis.
“Ed!” gridò Susan, sollevando la mappa tra le mani per lanciarla verso il fratello. “Falla a pezzi!”
“No!” gridò Jadis, e con un ultimo grido di rabbia, usò le forze rimanenti per gettarsi sulla ragazza.
 “Attenta!” urlò Edmund, correndo giù dalla scaletta.
“Susan!!!” gridarono Caspian e Peter all’unisono.
Troppo tardi. La Strega Bianca era già partita all’attacco.
Susan cercò di nuovo di colpire la nemica, ma arco e faretra le caddero di mano quando l’ombra della Strega le passò attraverso. L’ultima cosa che vide furono i lampeggianti occhi neri di Jadis penetrare nei suoi.
La Regina Dolce cadde al suolo priva di sensi.
Edmund, che aveva preso la mappa al volo, la gettò a terra e la trapassò con la lama luminosa, distruggendola del tutto. Un ultimo filo di fumo si levò da essa, poi scomparve e tutto tornò immobile.
Dopodiché, Edmund e gli altri corsero vicino a Susan. La Strega Bianca era sparita assieme alla sua nebbia, che l’aveva trasportata chissà dove, lontano dal Veliero dell’Alba.
In quel momento, il celo si schiarì e l’alba spuntò.
 
 
Giaceva nell’oscurità, sola, al freddo.
Tentò di aprire gli occhi ma non ci riuscì.
“I tuoi occhi sono già aperti, tesoro mio. Solo che tu non vedi…” sibilò una voce vicino a lei.
Susan si voltò da tutte le parti, ma era buio.
Cominciò ad ansimare, il panico le faceva battere il cuore sempre più forte, le lacrime agli occhi.
Si rese conto che la voce aveva ragione. Capì di aver aperto gli occhi fin da subito, solo che non poteva scorgere nulla di quello che le stava introno. Forse perchè non c'era nulla da vedere. Era nel vuoto, nel silenzio, tutto era tenebra.
Assomiglia al mio sogno…pensò improvvisamente Susan.
Sì, era molto simile. Lo stesso luogo deserto, le stesse sensazioni angoscianti.
Aveva fatto quel sogno praticamente tutte le notti da quando aveva lasciato Caspian ed era tornata in Inghilterra. Lo rincorreva, lui si voltava ma lei non riusciva mai a raggiungerlo in tempo.
“Ma io l’ho raggiunto. Sono con lui! Sono a Narnia!” pensò.
“Tesoro mio…”
Ma di chi era quella voce? Sembrava zia Alberta. La chiamava sempre così…
No, non era lei. Forse la mamma?
Oh, mamma…pensò Susan, una lacrima che scendeva lungo il viso.
“Non capisci che sei ancora prigioniera di quel sogno?”
Prigioniera? No, era tutto il contrario.
“Susan, possibile che non capisci? Svegliati. Apri gli occhi sulla realtà”
D’un tratto, uno spiraglio di luce fendette le tenebre e Susan lo fissò, pensando che fosse una via d’uscita.
Allungò piano una mano verso di esso e quello subito sparì.
“Non puoi…”disse la voce.
“Perché?”
“Non ne vale la pena. Non ne vale la pena…Rimani qui. Qui non soffrirai, qui potrai sognare e vivere tuto quello che desideri. Le delusioni non esisteranno. La tua vita sarà perfetta, felice!”
“Io sono felice!”
“Puoi essere più felice qui”
“Questo posto è strano…non mi piace. Voglio andare via!”
“Oh…come vuoi”disse la voce tristemente.
Pian piano, l’oscurità si fece meno intensa, lasciando il posto a una vaga foschia, simile alla nebbiolina che avvolge il tutto poco prima dell’alba.
Susan cominciò a guardarsi intorno. Adesso vedeva. C’era un prato immenso che si estendeva in tutte le direzioni. Ovunque guardava, il verde prevaleva. Ma la luce non spuntò mai del tutto, rimanevano le ombre che non le permettevano di capire dove iniziava e finiva quel prato immenso.
“Non hai bisogno di saperlo”la rassicurò la voce.
Rispondeva a una sua domanda ancor prima che lei mettesse in parole i suoi pensieri.
Susan osservò a lungo il paesaggio. Somigliava a un luogo che aveva già visto…Dove poteva essere stato? Non ricordava, non ci riusciva.
Ma era così bello, così accogliente e rilassante...
Però non c’erano suoni. Né il cinguettio degli uccelli, né il frusciare delle foglie degli alberi. Com’era possibile?
“Non ha importanza” disse una nuova voce alle sue spalle. “Resta qui, Susan. Resta qui con me”
“Caspian!” esclamò la fanciulla voltandosi rapida.
Lui era lì, e proprio come nel sogno allargò le braccia per stringerla.
Susan si gettò nel suo abbraccio e chiuse gli occhi.
Caspian le accarezzò piano i capelli. Lo sentì sorridere.
“Caspian, cosa..?”
“Non c’è bisogno di spiegare niente” disse lui, stringendola di più. “Sei con me, Susan. Resterai per sempre con me. Qui sei al sicuro. Qui possiamo essere felici. Solo noi due”
La parole di lui erano simili a quelle pronunciate dalla voce.
Susan non parlò, cercò invece di riflettere e comprendere cosa non andasse.
Tutto era perfetto, o almeno avrebbe dovuto esserlo. Tuttavia, c’era qualcosa di strano in tutto ciò… Qualcosa che non le tornava.
Come c’era finita lì? Dove si trovava prima di arrivarci?
“Il mondo è così ingiusto” riprese Caspian, guardandola negli occhi, passandole una mano sul viso. “Così complicato…Non è la fuori che vuoi vivere, non è vero? Tu vuoi restare qui con me”
“Ma non possiamo restare!” esclamò lei, molto confusa.
L’espressione di lui divenne triste.
“Perché non vuoi restare con me? Perché vuoi andare via?”
“Io non voglio andar via, ma…Dobbiamo tornare indietro!”
“Dove?” sorrise Caspian, quasi non capisse di cosa stava parlando. “C’è forse qualcuno che ci sta aspettando, là fuori?”
“Io…” Susan si portò le mani al viso, poi scosse il capo, smarrita. “Io non ricordo più”.

 
 
Salve ragazzi, tutto bene?
Non avete idea di quanto mi ci sia voluto per venire a capo di questo capitolo. Non so perché ho fatto così fatica, ma l’ho riscritto tre volte e mi sono ridotta all’osso!!! Ormai è domenica, non più sabato, ma l’importante è che l’abbia postato!
Come vi sembra? Io non ne sono molto soddisfatta e perciò ci rimetterò mano di sicuro, cambiando forse qualcosina. Non preoccupatevi, non di molto, appena appena un’aggiustatina…
Purtroppo non ce l’ho fatta ad inserire Shanna, e ho rimandato ancora con Drinian, ma nel prossimo capito ci saranno tutti e due. Il fatto è che il pezzo finale di Susan non era previsto, è venuto per caso all’ultimo momento.
Ho aggiornato il blog con qualche fotina, chi ha voglia vada a vederlo ^^
Sto anche pensando alla colonna sonora. Faccio le cose in grande!!!

 
E a proposito di grandi…a voi che siete fantasmagoricamente mitici, porgo i doverosi e consueti ringraziamenti: (sentite come parlo bene, da vera Regina XD )
 

Per le preferite: ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, piumetta, SrenaVdW, The Freedom Song e tinny
 
Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, dalmata91, Miss Hutcherson e postnubilaphoebus.
 
Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, LenShiro,  Luna23796, Mari_BubblyGirls, piccola_cullen, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, The Freedom Song, yondaime, Yukiiiiii e _Autumn
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Babylady, Charlotte Atherton, cleme_b, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon, IwillN3v3rbEam3moRy, KingPetertheMagnificent, piumetta, SerenaVdW, The Freedom Song, e tinny
 
Angolino delle anticipazioni:
Come accennato sopra, nel capitolo 23 darò spazio a Drinian che romperà un po’ le scatole (ma và?).
Conosceremo Shanna, in un contesto alquanto inaspettato.
Scopriremo cosa succederà a Susan e se riuscirà a uscire dal suo incubo.

 
Segnalazione:

Un paio di giorni fa, tinny mi ha segnalata un video su youtube che sono sicura farà piacere anche a voi vedere. Se digitate Saoirse Ronan e Skandar Keynes, il primo video che vi uscirà guardatelo. Non l’ho fatto io, ma sembra fatto apposta, perché Saoirse e Skandar sono Shanna e Edmund!!!

 
Devo dire qualcos’altro? Mmm, no non mi pare. Allora vi saluto gente e vi auguro buona Pasqua! ^^
Ricordate di mettere le lancette avanti di un’ora…purtroppo si dormirà meno…T______T
Un bacio enorme,
Susan<3

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Capitolo 23
*** Capitolo 23: Risveglio ***


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23. Risveglio

 

Respirerò per te ogni giorno
Ti conforterò attraverso ogni sofferenza
Ti bacerò gentilmente, cacciando via le tue paure
Puoi rivolgerti a me e piangere
Hai sempre saputo che ti avrei donato tutto ciò che ho



 
“Susan!” urlò Caspian in preda al panico, precipitandosi verso di lei seguito da tutti gli altri.
Si gettò in ginocchio sul ponte bagnato di pioggia e la sollevò tra le braccia, facendole poggiare la testa sul suo petto.
Ma la sua Susan era un peso morto.
“Ehi! Piccola, mi senti?”
La chiamò più e più volte, passandole freneticamente una mano sui capelli, sul volto, sulle braccia.
“Amore mio, svegliati! Susan…”
Non aveva un segno, una ferita, un taglio…Niente. Ma non reagiva.
“Che cosa le ha fatto?!” esclamò Lucy sconvolta.
Caspian alzò la testa per guardarla.
“Non lo so…”
“Respira” disse Edmund, tastando il polso della sorella. Sospirò. “Grazie a Dio, è ancora viva”
“Perché se l’è presa con lei?” chiese Peter a tutti e a nessuno, pieno di rabbia e terrore, inginocchiandosi accanto a Caspian.
“E’ stato per la mappa” disse Eustace, sicurissimo. “E’ stato grazie a quella che la Strega è salita sulla nave e che vi è potuta rimanere. Vedersi portar via il suo unico appiglio a noi ha scatenato la sua ira. E’ stato questo”
“E’ vero”, aggiunse Edmund, facendo un cenno affermativo al cugino. “E che ci sia andata di mezzo Susan è stato un caso. Al suo posto poteva esserci chiunque di noi, chiunque avesse avuto la mappa tra le mani. E’ toccato a lei. Jadis non fa differenze. Ci odia tutti allo stesso modo”
La spiegazione di Edmund non ammetteva repliche. Tutti capirono che aveva ragione, ma questo non cambiava le cose.
In quel momento, tutto l’equipaggio si riversò di corsa sul ponte, armi in mano.
I marinai spiegarono che i boccaporti erano stati sbarrati dall’esterno. Probabilmente era stata opera della Strega Bianca, per non permettere a nessuno di correre in aiuto dei Sovrani in modo che lei potesse affrontarli senza intromissioni.
“Portiamo Susan nella sua cabina, subito” disse Peter alzandosi. “Miriel, Ripicì come sta?”
“Non bene” disse la Driade avanzando piano, tenendo il topo svenuto tra le braccia.
“Qualcuno faccia chiamare subito il dottore” ordinò il Re Supremo. “Devono essere visitati tutti e due, immediatamente!”
Guardò Caspian che annuì. Per una volta, non avevano nulla da ridire su quello che faceva uno o l’altro.
“Non credo che il dottore potrà fare qualcosa” disse Emeth, attirando su di sé gli sguardi di tutti i presenti.
Il giovane soldato deglutì prima di parlare di nuovo. Caspian e Peter lo fissavano in un modo che lo intimoriva. Non ostile, ma nemmeno troppo amichevole.
 “Non capite? E’ la maledizione del sonno eterno. La nebbia verde che abbiamo visto stasera è la stessa apparsa sulle Isole Solitarie”
“Allora non si tratta affatto di Tash! Non c'è lui dietro la nebbia” proruppe Eustace.
“Certo che no. Non è mai stato lui” proruppe Edmund. “E’ Jadis che ha architettato tutta questa messa in scena della maledizione, per attaccare Narnia e noi. Ormai è evidente”
“Purtroppo però” intervenne ancora Emeth, “Vostra Maestà, Re Edmund, gli effetti del sortilegio sono reali. Tash o la Strega Bianca che sia, questa maledizione esiste davvero”
“Ma se è così…Susan…” fece Lucy con occhi lucidi. “Oh, no…non può essere!”
Caspian non voleva sentire altro. Sollevò Susan tra le braccia e si fece largo tra la folla di spettatori accorsi a vedere cos’era accaduto alla loro Regina.
“Caspian, aspettaci!” lo chiamò Edmund correndogli appresso.
In pochi minuti scesero sottocoperta, portando Susan e Ripicì nei rispettivi alloggi, dove furono  visitati immediatamente.
Rip aveva una zampa rotta, un lieve trauma cranico e molte ammaccature. Con quella caduta, era stato fortunato a non subire lesioni interne. L’altezza era considerevole per un animale della sua taglia, sebbene fosse molto più grande di un topo normale.
Purtroppo, per quanto riguardava Susan, le notizie non furono altrettanto rassicuranti.
 “Non so cosa dire, Vostra Maestà. Fisicamente è sanissima” disse il dottore scuotendo la testa e posando i suoi attrezzi.
 “Allora perché non si sveglia?” chiese Caspian sempre più preoccupato, tenendo stretta la mano di Susan nelle sue.
Lei si agitava nel sonno di tanto in tanto, respirando affannosamente come e avesse la febbre alta.
Accanto a lei c’era la sua famiglia: Peter, Edmund, Lucy e Eustace. Gli altri erano rimasti con Ripicì e attendevano notizie.
 “Ho fatto tutto il possibile, mio signore” si scusò il medico di bordo. “Sono desolato, ma…la mia medicina non può nulla contro i malefici di una Strega”
“Bè, allora vedete di trovare un altro modo!”
“Caspian, per favore, calmati” lo chiamò Lucy con una vocina piccola piccola.
Il giovane fece un paio di respiri molto profondi e si trattenne per non inveire di nuovo contro il dottore.
Sapeva che non era colpa di nessuno, solo sua, per non averla protetta. Tuttavia, la preoccupazione era così tanta...
“Vi pregherei di uscire tutti, ora” disse il medico, radunando le sue cose.
Peter, Edmund, Lucy e Eustace si mossero riluttanti verso la porta.
 “Anche voi, Maestà”
“No” disse Caspian senza guardare nessuno e continuando a tenere lo sguardo fisso su Susan, come se con la sua sola forza potesse svegliarla.
“Io resto qui. Lei ha bisogno di me”
Peter fece per dire qualcosa, ma Lucy prese lui e Edmund per un braccio e li condusse fuori.
“Mi scuso per la mia incapacità” si inchinò il dottore una volta in corridoio.
“Voi non centrate” lo rassicurò Peter. “Anzi, vi chiediamo scusa per il comportamento del Re. Sono sicuro che non voleva essere così brusco”
“Certo, lo so”, sorrise appena il medico. “Conosco Sua Maestà da tre anni ormai, e giuro che non l’ho mai visto così sconvolto. Spero che tutto si risolva presto e spero di poter essere utile. Penserò a qualcosa”
Il medico si allontanò e i tre Pevensie e Eustace rimasero soli.
“Andiamo a vedere come sta Ripicì” disse quest’ultimo, facendo strada verso gli alloggi dell’equipaggio.
“Peter, vieni” fece Lucy, tirandolo con gentilezza.
“Lu, io…sono stato ingiusto con Susan. Le ho detto delle cose che…”
“Vorrà dire che le chiederai scusa quando si sveglierà. Adesso lasciamola sola con Caspian un altro po’ ” continuò la ragazzina, lanciando un’occhiata alla porta della cabina. “Torneremo da lei più tardi”


Il cielo si schiariva sempre più con l’avanzare dell’alba. L’oscurità lasciò il posto all’aurora.
Ripicì aprì gli occhietti neri e vide tanti volti amici chini su di lui, sorridenti e un pò meno spaventati ora che si era svegliato. Almeno lui.
C’erano quasi tutti: Eustace, Lucy, Peter, Edmund, Gael, Emeth e Miriel.
Ripicì si tastò la testa fasciata ed emise un verso roco.
“Ahi, ahi, che botta”
“Stai giù Rip, buono” lo ammonì Gael.
“Non preoccupatevi, sono abituato alle ferite di guerra. Forse i topi non hanno sette vite come i gatti, ma…me la caverò”
Eustace sorrise. “Se hai già la forza di far battute, significa che stai meglio, marmotta”
Ripicì rise piano.
“Ohi…Credo di avere anche qualche costola incrinata…”
“E’ probabile. Hai fatto un volo!”
“Preoccupato, piccoletto?” sorrise il topo.
Eustace s’imbronciò.
“Figurati! Tu sei il classico tipo che non muore neanche se lo ammazzano!”
Tutti risero.
Poi, Ripicì chiese perché mancavano Caspian e Susan, e così gli spiegarono tutto quello che era successo dopo che era svenuto.
“La Strega Bianca se n’è andata, per ora. Ma ha lasciato il segno” disse il topo con espressione cupa.
“Se avessi il cordiale, accidenti!” esclamò Lucy. “Miriel, sei proprio sicura che non si possa ancora usare?”
La Driade scosse il capo, desolata.
“No. Devi aspettare almeno un giorno”
“Quindi, fino a stasera al tramonto…” mormorò la Valorosa, allarmata. “Volevo usarlo per Rip e naturalmente per Susan. Forse si sveglierà se beve qualche goccia”
“Purtroppo, ho paura di no” disse ancora Miriel, guardandoli tutti. “Non è qualcosa di fisico. E’ la sua mente. La Regina Susan è prigioniera dei tormenti del suo cuore.”
“Che significa?” chiese Peter.
“In misura più piccola, è quello che è successo anche a me” spiegò Lucy.
Si scambiò uno sguardo con Miriel, che annuì.
“E noi allora come possiamo aiutarla?” chiese Edmund, pallido in volto.
“Non c’è rimedio” intervenne Emeth. “Non capite che è inutile? Sono stato testimone di questa maledizione, sulle Isole. Credetemi, non c’è soluzione”
“Ci deve essere!” esclamò Lucy balzando in piedi. “Non posso credere che Susan…” ricacciò indietro le lacrime e si risedette abbassando il capo. “Ce la farà. Se ci sono riuscita io, può benissimo farcela anche lei”
“Tu…Voi” si corresse Emeth, vedendo lo sguardo un poco corrucciato di Peter e Edmund. “Voi non siete stata attaccata dalla maledizione in prima persona”
“Sì, ma era sempre opera della Strega” ribatté Lucy. “Emeth, non è stato Tash, mettitelo in testa. E il modo per uscirne c’è, lo so, perché anch’io ci sono passata, sebbene in scala minore rispetto a mia sorella. Forse una cura non esiste, ma sono assolutamente sicura che può riuscire ugualmente a venirne fuori, solo che deve farcela da sola. O con l’aiuto di Aslan”
Tutti si zittirono e sentirono ritornare un poco le forze. Forse Aslan sarebbe accorso ancora in loro aiuto...
“Non alzate la voce” li sgridò Gael agitando una mano. “Ripicì si è addormentato”
Presto, furono tutti così stanchi da non riuscire a tenere gli occhi aperti.
Proprio com’era già accaduto sull’Isola delle Voci, ormai era l’alba e si riposarono solo per qualche ora.
Lucy chiese a Gael se voleva tornare in camera con lei, e la bambina le rispose affermativamente, lanciando però un’occhiata al giovane soldato di Calormen.
“Non vuoi stare col tuo fidanzato?”
Lucy la guardò perplessa, prendendola per mano.
“Come?”
“Ma sì, Emeth. Non vi siete fidanzati? Lui ti ha salvata”
Lucy divenne molto rossa in viso e prese a balbettare.
“No-no-non capisco cosa…Gael, ma che diavolo vai dicendo in un momento simile?!”
La bambina sorrise.
“E ora che c’è?” fece Lucy.
“Sei innamorata, lo sapevo!”
Lucy soffiò e strinse gli occhi a due fessure.
“Gael: fila a dormire!”
Uscirono dagli alloggi dell’equipaggio e s’incamminarono verso la loro cabina.
Lucy pensò a quel che aveva detto la sua amica, ma non vi si soffermò molto. I suoi pensieri erano tutti per la sorella in quel momento. Tuttavia, pensando ad Emeth, sorrise leggermente.
 

Le ore passavano, ormai era pieno giorno, ma la salute di Susan non migliorava.
Il medico cominciava a preoccuparsi di che cosa le sarebbe successo se avesse smesso di mangiare e bere. Bisognava trovare una soluzione.
Caspian non aveva dormito, non si era nemmeno cambiato gli abiti ancora umidi di pioggia. Continuava a rimanere accanto alla sua Regina, pregando Aslan di dargli modo di raggiungerla. Si sentiva perduto senza di lei.
Era sempre stato solo nella vita, benché circondato da decine di servitori e nobili di corte. Aveva perso entrambi i genitori in tenera età, prima la madre e poi il padre, gli zii lo avevano sempre odiato. Si era sempre sentito un estraneo, senza amici, solo la sua balia, il caro Destriero e il dottor Cornelius. Gli mancava qualcosa, e l’aveva trovato nell’amore per Narnia, per i suoi abitanti…ma soprattutto in Susan.
Quando l’aveva persa, era stato come venir privato della vita, un guscio vuoto e triste che si spingeva avanti nei giorni solo perché sapeva di doverlo fare, non perché lo volesse.
Non poteva permettere che accadesse di nuovo.
Senza la presenza di Susan, era come se gli avessero tolto una parte di sé stesso e lui non sapeva come colmare quel vuoto. Voleva vedere gli occhi di lei splendere, voleva vedere il suo sorriso, sentire la sua risata, la sua voce.
“Susan...svegliati, amore mio. Ti prego. Non lasciarmi solo”
Forse era tutto inutile ma lui non si sarebbe separato da lei, doveva restarle accanto, perché lei aveva bisogno di lui. Aveva paura che allontanandosi anche solo per un secondo, l’avrebbe perduta definitivamente.
Verso mezzogiorno, Lucy venne a portargli il pranzo ma lui lo rifiutò.
Lei non l’aveva mia visto piangere, benché sapesse che nel periodo della separazione da Susan, Caspian aveva versato tante lacrime. Così come la sorella, del resto.
Lucy era venuta per parlare, per distrarlo un poco, per non lasciarlo solo e dargli conforto. Ma quando lo vide così, non seppe che fare e non se la sentì di rimanere in un momento simile.
Lo abbracciò forte prima di lascare la cabina, senza dire una parola, ma ad entrambi bastò.
“Povero Caspian…” pensò ad alta voce mentre usciva. “E Susan…non è giusto che sia accaduto questo. Non è affatto giusto”
“Lucy?”
La ragazza alzò lo sguardo e vide Emeth avanzare dal fondo del corridoio. Gli andò incontro, incontrandosi a metà strada.
“Come sta tua sorella?”
Lucy alzò le spalle e cercò con tutta se stessa di non mettersi a piangere.
“Sempre uguale. Caspian vuole stare solo con lei” spiegò. “Mi sento così inutile senza il mio cordiale…”
Le lacrime affiorarono e scesero lungo le guance senza che riuscisse a fermarle.
“Scusa…”
“Non preoccuparti” disse lui avvicinandosi un poco.
In un gesto quasi automatico, anche se un po’ impacciato, le posò una mano sulla spalla.
“Vedrai che tutto andrà bene. Quando meno te l’aspetterai sarà il tramonto e allora il cordiale sarà pronto”
Lucy annuì, cercando di credere alle parole di lui. Ma mancavano ancora più di quattro ore…
“Che cosa ne sarà nel frattempo di Rip e Susan? Se peggiorano? Ho paura, Emeth. E’ una situazione assurda!”
Tutta la tensione accumulata in quelle ore si dissolse. Lucy si piegò in avanti senza pensarci e appoggiò la fronte alla spalla del giovane.
Emeth la stinse un poco e le accarezzò piano i capelli.
Quell’abbraccio non aveva nulla a che fare con quello che si era scambiata con Caspian poco prima. Il cuore cominciò a batterle forte e sentì il viso diventare caldo. Perché con Caspian non aveva provato la stessa cosa? L’aveva abbracciato tante volte ma mai si era sentita così.
“Sono stanca…” mormorò allontanandosi e asciugandosi gli occhi.
“Perché non vai a riposarti ancora un po’?”
Lucy scosse il capo. “No. Voglio essere qui quando Susan si sveglia”
Emeth annuì e riabbassò le braccia lungo i fianchi. Vedere quegli occhi azzurri pieni di lacrime lo faceva stare male.
“Non sopporto di vedere una donna piangere”
“Scusa” singhiozzò Lucy. “E scusa anche per stanotte. Non volevo discutere. Sono stata un po’ scortese.”
Lui non capì. “Non è vero. Io…bè, se volevi esserlo non ci sei riuscita”
Lei sorrise e il pianto si placò leggermente.
“Lu…”
Lei e Emeth si voltarono.
“Edmund”
“Come sta Susan?”
Il Giusto fece qualche passo verso di loro, lanciando un’occhiata alla porta della cabina del Re.
“Non saprei dirti” fece Lucy sconsolata.
“Caspian è sempre là?”
“Già…Vai pure, non credo lo disturberai. Anzi, forse gli fa bene un po’ di compagnia”
“No, io…” Edmund scosse piano il capo. “Non me la sento. Non voglio vederla così”
“Edmund…”
“Scusate…”
Edmund corse via, ripercorrendo all’inverso il corridoio.
“Siamo tutti pedine nelle mani di quella donna” commentò Emeth turbato. “Chi è veramente?”
Lucy lo guardò. “Posso raccontartelo”
 
 
Quel giorno, a bordo del Veliero dell’Alba, nessuno sembrava aver voglia di fare nulla. C’era tensione e gran preoccupazione. I soliti lavori di manutenzione vennero abbandonati. Edmund si dedicò alle mansioni che di solito svolgeva Caspian, incapace di star fermo un secondo e occupandosi di qualcosa che lo distraesse. Lui e Eustace non potevano fare a meno di pensare che se  non fosse stato per la loro stupidità, Susan non sarebbe stata distesa in un letto, forse addormentata per sempre.
Peter trascorse gran parte del giorno da solo. Era passato spessissimo dalla sorella durante la mattina, ma era inutile restare lì a fissarla. Era meglio pensare piuttosto, anche se non aveva idea di cosa avrebbero potuto fare per aiutarla.
Miriel diceva che erano i tormenti del suo cuore a tenerla prigioniera dell’incubo. Se era così, forse l’unico che stava facendo la cosa giusta era proprio Caspian, che non si era mosso un attimo dal suo posto e cercava di parlarle, di raggiungerla, di farle sentire che lui era lì.
Peter s’incamminò allora per l’ennesima volta verso la cabina del Re.
Bussò un paio di volte e quando non ottenne risposta provò ad abbassare la maniglia. Era aperta.
Entrò con cautela. La luce del sole illuminava la figura immobile di Susan stesa nel letto, accanto al quale ovviamente c'era Caspian, chino su di lei, la fronte appoggiata a quella della ragazza.
Il Re di Narnia si voltò, percependo l’arrivo di qualcuno.
“Peter...”
“Ciao” lo salutò debolmente il Re Supremo.
Caspian aveva un’aria così desolata che non gli aveva mai visto prima. Molto probabilmente, si disse Peter, era rimasto quasi nella stessa identica posizione da quando l’avevano lasciato. Teneva ancora la mano di Susan tra le sue. Lei giaceva sempre addormentata. Non aveva alcuna coscienza delle cose che le stavano intorno.
Peter sedette accanto al suo amico e rivale. Per molto tempo non parlarono. Poi, la debole voce del Liberatore fu un sussurro nell'immobilità del pomeriggio.
“Non so che cosa fare.”
Peter si voltò. Caspian invece continuava a tenere lo sguardo posato sul viso di Susan, come ipnotizzato.
“Che cosa farò se lei…se non…”
“Non devi pensarci” tagliò corto il Magnifico. “Non morirà, questo è certo. Non lo permetterò”
A Peter costò un’estrema fatica pronunciare quelle parole, e a Caspian costò udirle senza che il suo cuore esplodesse per il dolore.
“No, non è certo” disse, scuotendo piano il capo. “Come faccio a sapere che non si sveglierà mai più? Se quello che ha detto Emeth fosse vero? Se fosse un sonno senza risveglio?”
Peter non rispose. Non lo sapevano, era vero.
“Ho paura di non rivederla. Di nuovo. Capisci? Io non posso fare niente, eppure lei è qui davanti a me, ma è come se non lo fosse. Non mi vede, non reagisce. La chiamo, ma la mia voce non riesce a raggiungerla”
La sua voce si spezzò e Peter abbassò lo sguardo per non metterlo a disagio.
Per Caspian, credere che lei potesse davvero udirlo era una debole speranza alla quale si aggrappava per non cadere nel baratro.
“Se morisse, io morirei con lei. So che non riesci a capire, Peter, che non approvi, ma io amo tua sorella. C’è sempre stata lei, nessun’altra, mai….Non posso vivere senza di lei”
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo veloce. Caspian si passò una mano sugli occhi prima di parlare di nuovo.
Era inutile combattere contro ciò che provava e in quel momento decise che non voleva più nasconderlo.
“So che mi ama tanto quanto la amo io, e in questi tre anni ho capito che non mi avrebbe mai lasciato di sua spontanea volontà. Ne ho avuto la conferma quando l’ho rivista. E’ stato come se il tempo non fosse mai passato e non voglio che ne passi ancora…Voglio sposarla”.
Le parole furono talmente inaspettate che Peter non fu certo di aver capito bene.
Si fissarono di nuovo, stavolta più a lungo, e nessuno dei due distolse lo sguardo per primo.
“Le ho chiesto di sposarmi” disse ancora Caspian, formulando la frase in modo differente, così che Peter non potesse fraintendere e comprendesse fino in fondo che non era solo un pensiero, un’idea balenata all’improvviso in quell’attimo di dolore, ma qualcosa di vero, di realizzabile, di deciso e definitivo.
“Lei ha detto di sì?” chiese Peter quasi senza voce.
Non se l’era aspettato. Non in quel momento.
Caspian annuì, facendo un gran sospiro e osservando attentamente la reazione del Re Supremo: aveva sul volto un’espressione indecifrabile.
“Dovevo immaginarlo” mormorò Peter, “non so nemmeno perché te l’ho chiesto”
“Non volevamo tenervelo nascosto. Mi dispiace” disse Caspian. “Ma non sapevamo come fare. Non abbiamo mai trovato il momento giusto per dirvelo”
“Ed è questo il momento giusto, secondo te?” scattò il Magnifico, assumendo un’espressione contrariata.
Caspian si era in effetti chiesto quando sarebbe successo. Sembrava troppo strano che Peter non protestasse in qualche modo. Almeno, (se poteva essere una consolazione) non aveva ancora detto un no categorico.
“Ti supplico Peter, dammi la tua approvazione”
Il Re Supremo si alzò piano e rimase un momento immobile a guardare la sorella, la mano di lei sempre stretta in quelle di Caspian.
“Scusami” disse all’improvviso.
Il Liberatore lo guardò incredulo. Non credeva alle sue orecchie: perché si scusava?
“Scusami, non avevo capito. Forse non volevo capire. So che la ami, e so che lei ti ama…ma non posso darti la mia approvazione”.
“Perché?!” esclamò Caspian, disperato.
“Perché me la porteresti via. Non la rivedrei mai più. Questo è il mio ultimo viaggio a Narnia.”
“Lo è anche per Susan” replicò Caspian, addolorato. “Lei lo sa e lo so anch’io. Per questo ti prego, anche a nome suo…”
Peter alzò una mano e lo fermò. “Non è un argomento che possiamo affrontare solo noi due. Ne riparliamo quando si sveglia. Tutti e tre insieme. Per adesso posso solo dirti di non mollare”.
Caspian non capì.
“Non te ne sei accorto?” Peter sorrise amaramente. “Non so come spiegarlo bene, ma quando tu parli, sembra che lei si tranquillizzi, come se la tua voce la facesse sentire meglio. Quando intervengo io e cancello la tua voce, ricomincia ad agitarsi”
Il Re di Narnia osservò a lungo il viso pallido della sua amata Regina e le passò piano una mano sulla guancia.
“Continua a chiamarla, Caspian, non lasciarle la mano. Falle sentire che sei qui”
“Credo che vorrebbe sentire che anche tu ci sei”
Peter scosse il capo. “Sì ma...anche se mi costa ammetterlo, l’unica persona che può fare qualcosa per lei, in questo momento, sei solo tu. Riportala indietro Caspian. Non lasciarla sola”
Il Liberatore fissò i suoi occhi scuri, e improvvisamente pieni di rinnovata determinazione, in quelli azzurri del Re Supremo.
“Mai!”
 
 
Susan non aveva alcuna percezione del luogo e dello spazio. Tutte le cose che sapeva di aver avuto e conosciuto erano scomparse.
Ma Caspian aveva ragione. Non aveva importanza. Nulla valeva la pena di tante ansie e preoccupazioni ora che aveva trovato lui e un luogo dove stare insieme.
“Rimani qui, Susan” le disse sorridente. “Non hai bisogno di niente, solo di me. E’ così vero?”
“Sì” mormorò la ragazza abbracciandolo ancora.
Tuttavia, c’era in lei una sensazione che le procurava disagio. All’inizio non aveva avuto così importanza, purché lui fosse lì con lei. Ma col passare dei minuti (se erano minuti, forse erano ore), aveva cominciato a nutrire qualche dubbio.
Non capiva a cos’era dovuto, sapeva però che c’era in lei un forte bisogno di sapere cosa era successo davvero. Cosa l’aveva spinta lì e cosa ci faceva Caspian.
“Perché non riesco a ricordare niente?”
Lui la guardò perplesso.
“Perché ha tanta importanza? Non è necessario sapere…”
“Eppure, io sento che devo”
“Non ti bastano i nostri di ricordi? Ne abbiamo tanti Susan, e saranno ancora di più in futuro.”
“Sì, ma…” balbettò la Regina guardandosi intorno. “E’ reale tutto questo?”
“Ma certo che lo è!” esclamò il giovane, incredulo. “Perché non dovrebbe?”
“Non lo so…non so dove sono. Mi sento strana. Ho paura”
“Ti proteggerò io. Tu non devi pensare a niente. A niente...”
Lui le accarezzò il viso e la prese per mano.
“Aspetta…”cercò di protestare lei, mentre Caspian la tirava a sé per indurla a seguirlo.
Susan fece un paio di passi avanti, poi lo tirò indietro, aggrappandosi al suo braccio e cercando di fermarlo.
“Aspetta, per favore”
Lui si voltò a guardarla. La fissava infelice e lei si sentì tremendamente male nel vederlo così.
“Perché non vuoi venire? Perché mi vuoi lasciare di nuovo? Se mi abbandonerai ancora io soffrirò, Susan, soffrirò terribilmente!”
“No!” Susan si accostò nuovamente a lui e gli mise le mani ai lati del viso. “No, resterò con te stavolta. Non voglio farti del male. Non te ne farò mai più, te lo giuro! Solo che non riesco a comprendere bene cosa stia succedendo e mi spaventa”
Sentiva aumentare l’agitazione man mano che continuava a parlare.
“Cosa ci facciamo qui? Che posto è questo? Tu mi dici che devo venire con te, ma io voglio sapere dove! C’è qualcosa che non va in questo luogo, c'è qualcosa di inquietante e non mi piace”
“Basta domande” l’ammonì lui e poi la baciò.
Ma Susan si ritrasse.
Le labbra di Caspian erano fredde. E anche le sue mani lo erano.
“Cosa sta succedendo?” chiese ancora, impaurita ed estremamente confusa. “Dimmelo!”
“Nulla” disse Caspian, sempre sorridendo e con la sua voce tranquilla che lei non poteva ignorare. “Non angustiarti. Non pensare a ciò che era ieri. Per il passato non c’è posto qui”
“Qui dove?!” esclamò lei esasperata. “Caspian, ti supplico spiegami!”
Lui assunse un’aria contrariata e strinse gli occhi, indurendo lo sguardo e il tono della voce.
“Cosa vorresti sapere? Che eri una ragazza stupida che ha sognato per troppo tempo una vita che non poteva avere? Vuoi che ti dica questo?”
Susan si allontanò da lui e lo fissò attonita, a bocca aperta.
Caspian non aveva mai usato un tono tanto brusco con lei. Non sembrava neppure lui. Non lo riconosceva, così come tutto il resto.
“Oppure…” proseguì il ragazzo, addolcendosi. “Oppure, vuoi che ti dica che sei la donna che amo e che ha deciso di non lasciarmi? Una Regina amata e rispettata dal suo popolo. Dimmi Susan, cosa preferisci? Essere l’una o l’altra? Perché non puoi essere entrambe”
No, non poteva. Susan lo sapeva.
Ma cosa voleva lei davvero? Chi voleva essere?
“Non so più chi sono…” mormorò sconvolta, lo sguardo fisso a terra.
Ogni cosa veniva spazzata via dal vento che soffiava lieve, cancellando pian piano ciò che era stato, allontanando da lei la sua stessa vita. Rimanevano solo i ricordi e non riusciva ad afferrarne uno che non la facesse soffrire. Possibile che la sua esistenza fosse stata così triste?
Di tanto in tanto, si accorse all'improvviso, sentiva un’eco lontana, un suono che le faceva battere forte il cuore, ma solo per un istante. Il suono cessava subito e anche se lei cercava di ascoltare più attentamente che poteva, anche se non c’erano rumori disturbatori, passava molto tempo prima che riuscisse di nuovo ad udire qualcosa.
“Susan…” la chiamò Caspian e lei alzò lo sguardo per incrociare i suoi occhi.
Ma erano davvero i suoi?
“Perdonami per averti parlato in quel modo, ma volevo che capissi” si scusò lui. Sembrava sincero. “Volevo solo darti la possibilità di essere te stessa e, allo stesso tempo, tutto quello che vuoi”
“Ma hai detto che devo scegliere? Hai detto che non posso…”
“Sì, so cosa ho detto, ma mi riferivo al mondo là fuori. Se tornerai indietro non mi rivedrai mai più, perché dovrai andartene. E questo lo sai anche tu. Ma se resti…”
Caspian si interruppe un istante appena per asciugarle una lacrima di disperazione.
“Se resti, amore mio, io potrò donarti tutto ciò di cui hai bisogno. Dimenticati di tutto, Susan. E ricordati solo di me”
“Ascoltalo…” sibilò una voce al suo orecchio.
Susan spalancò gli occhi e si voltò rapida. Gridò di paura e indietreggiò all’istante.
La Strega Bianca era a un tiro di sasso da lei, non più avvolta dalla nebbia verde ma in carne ed ossa, ornata di un mantello bianco e la bacchetta magica in mano.
Susan si rivoltò verso Caspian ma lui era sparito.
“Che cosa vuoi, Jadis?!”
“Calmati, cara, va tutto bene. Qui nessuno ti farà de male, neppure io.”
“Dov’è Caspian?”
“Qui da qualche parte. Solo tu puoi saperlo e solo tu puoi ritrovarlo…se vuoi. Oppure, potresti anche non cercarlo affatto. Qui sei padrona di tutto: degli altri, di te stessa, del luogo che ti circonda. Se non ti piace puoi cambiarlo. Questo è il tuo sogno, dopotutto”
“Sogno?” ripeté la ragazza automaticamente.
“Non era questo che volevi?” chiese Jadis, con un misto di scherno e incredulità. “Non volevi vivere in un luogo dove tutto fosse perfetto?”
Susan non rispose.
Sì, l’aveva sperato tanto…
Un posto dove non c’erano restrizioni, dove era libera di fare ciò che voleva…
“Ma non volevo che accadesse così…”
Jadis la guardò interrogativa.
“E come credevi potessero avverarsi tutti i tuoi desideri, sciocca ragazza? Lottando per la libertà e la pace? Restando aggrappata ai ricordi che non sono altro che la causa per la quale sei ora prigioniera della tua stessa mente?”
La Strega sorrise vedendo lo sconcerto negli occhi della Regina Dolce.
“Sì, mia cara. Tu stessa hai voluto questo. Non te ne sei resa conto ma volevi vivere un sogno, rifuggire dalla realtà per poter essere quello che desideri, e non quello che gli altri vorrebbero che fossi. Io ti ho dato solo una mano, tesoro. Il resto è opera tua”
“Sta zitta! Non è vero! Non è vero! Io non ho mai voluto fuggire!” gridò Susan, premendosi le mani sulle orecchie e serrando gli occhi.
“Sì che lo volevi. L’hai desiderato così ardentemente che ora è divenuto realtà. Volvei un mondo utopico, un mondo che non esiste. Io l’ho creato per te e adesso è reale”
Susan scosse il capo ancora più forte, respirando affannosamente.
Non farlo. Non cadere nel suo tranello, gridò la mentre della ragazza. E forse anche un’altra voce, o più voci, gridavano nella sua mente insieme a lei.
All’improvviso, davanti ai suoi occhi apparvero i ricordi, uno dopo l’altro, come lampi di luce. Finalmente rammentava ciò che era successo: la battaglia, la nebbia verde, gli amici…tutto quanto.
Erano state le voci ad aiutarla a ricordare. Ma non era ancora tutto, c’era qualcosa di ancora poco chiaro.
“Fermali, Susan” disse Jadis. “Lascia andare quei pensieri. Non sono importanti. Torna da Caspian.”
“Non posso abbandonare gli altri…non voglio…Peter, Ed, Lucy…”
“Loro sono là, lontani, e tu non appartieni più a quel posto. E poi, che ne sarà del tuo Caspian? Non puoi avere entrambe le cose. Devi scegliere”
Susan trasalì.
Caspian aveva detto una cosa simile solo pochi minuti prima: non puoi essere entrambe…
“Sei stata tu…” disse la ragazza, incredula e furiosa per esserci cascata. “Sei stata tu a farlo apparire. Lui non è mai stato qui!”
“Invece sì. Lui era qui. Tu l’hai reso possibile. Tu l’hai reso reale!” esclamò la Strega Bianca.
“No, non lo è! Niente è reale! Nemmeno Caspian lo era! Anche le parole che ha pronunciato: non venivano da lui, ma da te!”
Jadis rise.
“E’ qui che ti sbagli, piccina: le parole di Caspian erano le tue. Le parole che tu temi tanto di sentirti dire, non solo da lui, ma da chiunque”
Susan scosse il capo. “Non ti ascolterò!”
“Non c’è nulla di sbagliato nel desiderare qualcosa” continuò la Strega, imperterrita. “Dopotutto, ciò che vuoi è vivere la tua vita in totale libertà. Ne hai tutto il diritto”.
Pian piano, Susan abbassò le mani e alzò gli occhi, fissandoli in quelli neri di Jadis. Non poté ignorare il suo richiamo ipnotico.
“Non vedi che sei solo una bimba spaventata? Non capisci che hai bisogno di un rifugio per proteggerti dalle tue paure? Non c’è nulla di male in questo, tutti hanno paura. Tutti vogliono una vita felice”
Il vento si alzò impetuoso e Jadis tornò ad essere di nebbia. La radura scomparve e la Regina Dolce si sentì avvolgere da viticci appiccicosi.
Tornò a non vedere nulla, mentre la voce della nemica continuava a risuonarle nelle orecchie.
“Ascoltami…guarda…Osserva ciò che è stato, ciò che avrebbe potuto essere e ciò che sarà. E fai la tua scelta”
Poi accadde qualcosa.
Susan vide una grande casa galleggiare davanti ai suoi occhi, in un cerchio di colori che lentamente davano vita alla forma di cose e persone.
Era la casa del professor Kirke  e lei si vide là, nella stanza vuota del guardaroba. Con lei, Peter, Edmund e Lucy.
I suoi fratelli! Come aveva potuto non ricordarsi di loro?! E di Narnia!
Narnia…la bella Narnia, la sua casa…
Ma non aveva forse voluto scordarla davvero, per un momento? O forse più di uno…
Osservando attentamente, si rese conto che tutti e quattro loro avevano un aspetto più giovane, perché quello che vedeva non era il presente, ma il passato. Il ricordo risaliva a due anni prima.
Lucy piangeva e cercava di rientrare per l’ennesima volta dentro all’armadio. Vani erano i tentativi di Peter di spiegarle che non sarebbe stato così semplice far ritorno a Narnia.
Era l’ultimo giorno passato dal professore. L’ultima occasione per tentare.
Continuò a osservare la scena, poi udì le loro voci alterate perché stavano litigando.
 “Basta finitela!” diceva la Susan del ricordo, pestando un piede a terra. “E’ inutile! Non torneremo mai!”
“Invece sì!” esclamò Edmund, soffocando i singhiozzi di Lucy. “Un giorno lui ci chiamerà ancora!”
“Perché non subito, allora? Non è giusto!”
Anche Susan iniziò a piangere, e gridò così forte che la sua voce rimbombò fastidiosamente contro le pareti della stanza vuota.
 “Devi crederci, Susan! Devi! Devi!”
“Non voglio!”
Fuggì dalla stanza sbattendo la porta, lasciando la sorellina in lacrime e i fratelli sbalorditi.
Quella era stata la prima occasione in cui aveva cercato di dimenticare Narnia. Era stata la prima volta in cui aveva capito che i desideri non si avverano solo perché esprimi un desiderio a una stella.
Per quanto doloroso potesse essere, per quanto si sentisse svuotata e inutile in quel mondo che non sentiva più suo- perché lei e i fratelli ormai appartenevano all’altro- doveva farsene una ragione.
“E’ stato bello, ma ora è finita. Non pensarci. Non pensarci più”
Era una cantilena, un continuo ripeterselo, all’infinito, per riuscire ad accettare quell’idea altrimenti insopportabile.
Non sapeva nemmeno lei come c’era riuscita, ma l’aveva fatto. Era tornata la Susan di sempre. In qualche maniera, aveva ritrovato quell’equilibrio interiore spezzatosi il giorno che da donna e Regina era tornata ragazzina.
Non aveva più discusso con i fratelli. Spesso avevano parlato di Narnia e lei era persino riuscita a sorridere, dicendosi che anche la vita in Inghilterra le avrebbe certamente riservato bellissime esperienze…
I ricordi balzarono in avanti e la portarono a un anno dopo, alla stazione della metropolitana di Finchley, quando Peter aveva fatto a botte con un compagno di scuola.
Anche quel giorno lo ricordava benissimo e il cuore le balzò in petto al pensiero di quello che sarebbe successo di lì a poco.
Eccoli seduti sulla loro panchina, attorniati da decine di persone e poi…la magia! La Grande Magia che creava un varco e trasformava la galleria del treno in una grotta sul mare.
Di nuovo a Narnia! Finalmente erano tornati! Dopo tanto sperare in silenzio, pregare e piangere, ce l’avevano fatta…
“Non dubiterò mai più” si era detta quella mattina sulla spiaggia, mentre giocava nell’acqua con i fratelli. E invece…
Un altro salto in avanti, stavolta di poco.
Due occhi scuri, quasi neri, che si soffermavano su di lei…
“Non siete esattamente come mi aspettavo”
Caspian!
Lo aveva amato da quel momento in poi, sempre, nello stesso identico modo. Il suo amore per lui non sarebbe mai mutato, e ogni giorno si accresceva sempre più…
Un altro ricordo: poco dopo l’assedio al castello di Miraz. La missione era fallita, Peter e Caspian discutevano.
“Ti ricordo che ci hai chiamati tu!” esclamò il fratello.
“Il mio primo errore!” ribatté Caspian.
Un errore! aveva pensato Susan…
“Allora anch’io sono stata un errore, per te?” gli aveva chiesto lei poco dopo, in seguito al loro primo litigio.
“Non essere sciocca! Tu…tu sei la cosa più bella che mi è capitata” erano state le parole di lui. “L’unica cosa che mi ricorda ancora perché sono qui. L’unica che conti davvero in questo mondo”
Era stato allora che avevano capito di amarsi, senza dirselo, solo guadandosi negli occhi, i volti sferzati dal vento che soffiava attorno al rifugio del ribelli.
Poco dopo era arrivato l’esercito di Miraz e il discorso non era più stato ripreso fino a dopo l’incoronazione di Caspian…
Un nuovo ricordo sostituì quello vecchio, ed ora eccoli là davanti all’albero incantato, aperto nel centro per lasciarli passare.
I suoi sogni erano crollati quel giorno in cui aveva lasciato Caspian per tornare nel suo mondo…
Un altro lampo e stavolta era a casa, a Finchley. Il viso affondato nel cuscino, con indosso ancora la divisa scolastica, dava sfogo alle sue lacrime. Lucy era china su di lei e le sussurrava parole di conforto.
“Non lo rivedrò mai più!”
“Invece sì, lui è là che ti aspetta. Ci devi credere”
Quasi le stesse parole che Edmund aveva pronunciato un anno prima, non se n’era mai resa conto.
Loro avevano fiducia. L’avevano sempre avuta. Lucy, in particolare, aveva una forza d’animo che Susan le invidiava.
Ma lei…lei era solo un’inetta e un’incapace. Era brava solo a piangere e scappare.
Era stato allora che aveva cominciato a sviluppare quel lato della sua personalità che odiava con tutta sé stessa: insicura, debole, vulnerabile, isolata dagli altri non perché l’avessero allontanata loro, ma perché aveva voluto lei stessa fare un passo indietro.
Sì sentiva sola, al buio, ferita e infelice.
Lei non sarebbe mai stata in grado di crederci fino in fondo…
Poi, la scena cambiò di nuovo.
Tornava a Narnia. Rincontrava Caspian. Era felice con lui, coronavano il loro sogno d’amore e tutto era perfetto.
Ma l’ombra del dubbio era sempre presente in ogni passo che compiva. L’accompagnava e la soffocava.
Un giorno dovrai tornare indietro…un giorno dovrai lasciarlo di nuovo…
Questi non erano gli inganni di Jadis, questi erano i suoi reali pensieri.
“Ma io non voglio, non voglio!”
“Guarda cosa sarebbe successo se non fossi tornata…” disse la voce della Strega Bianca, insinuante. “Guarda cosa potrebbe ancora succedere…”
E Caspian svaniva, Narnia tornava ad essere la Terra. Adesso, Susan era in una casa che non riconosceva. Non era la sua, né quella del professore, né quella degli zii a Cambridge.
Era china su un tavolo intenta a scrivere una lettera. Accanto a lei, una foto che la raffigurava insieme ai fratelli.  Era stata scattata un anno prima dalla mamma, la stessa mattina che erano stati riportati a Narnia per la seconda volta.
Susan guardò il volto della sé stessa della fotografia e poi quello della sé stessa in carne ed ossa. Quest’ultima era irriconoscibile.
Non c’era luminosità nei suoi occhi. Se non fosse stato per l’abito rosa, i capelli freschi di parrucchiere, un filo di trucco sulle guance e sulle labbra, sarebbe apparsa pallida e dimagrita. Sembrava molto più grande della Susan della foto, e anche monto più triste…
Qualcosa nel petto della vera Susan si lacerò.
Improvvisamente, capì che quella seduta laggiù era la persona che rischiava di diventare se fosse tornata in Inghilterra.
Quella Susan non era mai tornata a Narnia, non era mai salita a bordo del Veliero dell’Alba, non aveva più rivisto Caspian. Ecco perché appariva così infelice e sola.
Infine, ecco cosa l’aspettava…
Ancora un ricordo: sentì che era l’ultimo e che le avrebbe rivelato qualcosa di terribile. Non voleva vedere, ma non poteva muoversi.
Si vide grande, adulta, agghindata di tutto punto parlare con Eustace e una ragazzina dai capelli biondi che non conosceva. C’erano anche  Lucy, Ed e Peter, ovviamente. Tutti stavano seduti su un paio di panchine del giardino di una grande casa, forse quella del professor Kirke.
“Siamo stati anche noi là, sai? Proprio pochi giorni fa!”
Susan scosse il capo. “Non capisco, che vuoi dire, Eustace?”
“A Narnia, Susan! Narnia!” esclamò Lucy, anche lei sembrava molto più grande di adesso, ma il sorriso radioso che mostrava ogni volta che parlava di quel mondo era sempre lo stesso.
“Purtroppo sono cambiate tante cosa dell’ultima volta che ci sei stata" spiegò Eustace rattristandosi. “Molti amici non ci non più, ma…”
“Narnia!” esclamò Susan a sua volta, scoppiando a ridere. “Santo cielo, che memoria portentosa hai! Ricordi ancora i giochi che facevamo da bambini?”
Eustace, Lucy e l’altra ragazza fecero un’espressione avvilita.
“Ma come?” fece Edmund, altrettanto turbato. “Allora è vero: hai scordato tutto!”
“No che non ho scordato. Certo, forse non ricordo tutto alla perfezione come voi, ma so che ci divertivamo molto…”
“Lui non ti ha mai dimenticata invece, sai?” la interruppe bruscamente Peter, la voce bassa ma estremamente chiara.
Susan lo guardò interrogativa. “Cosa?...Chi?”
“Caspian.”
A quel nome, il viso sorridente della Susan adulta divenne quello di una bambina spaventata. Le labbra le tremarono e i suoi occhi celesti, privi di ogni vitalità, si riempirono di pianto. Si portò una mano alla bocca e cercò di parlare di nuovo.
“Co…cosa…che cosa hai detto?” esalò appena.
Peter fece per parlare ancora, ma la sorella lo fermò. Si alzò di scatto, tenendosi una mano sul ventre come se si sentisse male.
 “No, zitto! Non…non voglio sapere nulla”
 “Susan mi dispiace…volevo solo…” si scusò Peter alzandosi, ma la sorella lo tenne a distanza con una mano tesa in avanti.
“Non parlarne più. Sono stata chiara?” disse lei irrigidendosi. “Mai più! Lui non esiste più, lo so. Lo sento”.
Susan scosse il capo, scacciando i pensieri che erano affiorati dopo tanti anni. Poi gridò, scoppiando in lacrime.
Caspian...il suo Caspian non c'era più...
“Ma non è mai esistito! Narnia non è mai esistita! Smettetela di parlarne come se fosse stato vero!”
Corse via ed entrò svelta in casa.
“Susan!” gridarono gli altri tutti in coro.
Era fuggita. Era corsa via da loro senza prestare ascolto ai i loro richiami, ignorando le loro parole. Ignorando quella che era stata la sua vita, la stessa che aveva faticato tanto per dimenticare.
Possibile che il dolore e la solitudine l’avessero trasformata davvero in quella donna stupida e frivola che tanto temeva?
Ormai era senza sogni, con l’animo arido e il cuore spezzato dall’ennesima e più grande delusione: non essere potuta restare a Narnia e aver perso Caspian per sempre.
Era evidente che fosse accaduto quello, lo aveva capito. Lei e Peter non erano più tornati e lei non lo aveva più rivisto.
E il dispiacere, l’odio verso quell’ingiusta decisione che qualcuno aveva preso per lei, l’aveva portata lontano da tutte le cose e persone più care. Aveva dimenticato davvero, aveva perso la strada di luce ed era piombata nelle tenebre.
Ed ora era lì, in quel luogo sconosciuto che- finalmente lo capiva- era una specie di Narnia figuratasi nella sua mente. Ma era una Narnia vuota, quasi priva di colore, perché non c’erano ricordi  a riempirla, c’era solo la solitudine che si faceva strada sempre più velocemente nel suo cuore e la soffocava.
Quello che aveva visto corrispondeva alla realtà? Era così che sarebbe andata se avesse abbandonato Caspian e Narnia una seconda volta?
“Sì, mia cara, è così…”
“NO! NON VOGLIO!” gridò la vera Susan con tutta la forza che aveva, e i ricordi si dissolsero con uno schianto come di spechi infranti.
“Ora hai visto” disse la voce della Strega Bianca. “Adesso devi decidere”
Susan si coprì gli occhi con le mani e si gettò in ginocchio sul terreno.
Non voleva più vedere né sentire nulla. Si sentiva impaurita, angosciata, e non c’era nessuno a cui chiedere aiuto, nessuno a cui aggrapparsi per poter uscire da quell’incubo.
“Fallo diventare il tuo sogno, Susan…” sussurrò Jadis, sempre più insistente.
La ragazza si guardò attorno ma non la vide.
“Puoi, lo sai che puoi. Lascia che io ti aiuti e ci saranno solo bei ricordi. Potrai stare qui sola se lo desideri, in tranquillità. Oppure con chiunque tu voglia. Devi solo chiedere, mia cara, e potrai vedere schiudersi davanti ai tuoi occhi quella vita che desideri così tanto. Una vita meravigliosa…”
“Vattene! Vattene!” gridò Susan, circondandosi le spalle con le braccia per proteggersi dal freddo che sentiva crescere dentro e attorno a lei. Un gelo che le fece batterei denti e trasformava il prato in una distesa di ghiaccio.
“Guarda cos’hai fatto!” la rimproverò la Strega. “Adesso sei come la donna che hai visto: insensibile, fredda e perduta. Tutti odieranno questa nuova Susan. Nessuno ti vorrà più bene. Nessuno ti amerà più. Tu stessa ti disprezzerai”
“Non voglio rimanere sola…” sussurrò la fanciulla, le lacrime che pian piano scendevano lente e copiose sul suo viso.
“Tu sei già sola.”
“No, non lo sei” disse un’altra voce, una voce calda che le ridonò la speranza. “Non lo sei mai stata”
La Strega Bianca riapparve, il viso colmo d’odio. Piccoli fiocchi di neve le vorticavano intorno.
Susan la guardò, ma non ebbe più paura. La voce calda le aveva dato nuova forza.
“Aslan?” provò a chiamare, incredula.
Possibile che fosse venuto? Proprio da lei?
“Non ti è bastato quello che ti ho mostrato?” chiese Jadis, stringendo convulsamente in mano la propria bacchetta magica.
La Regina Dolce temette che volesse usarla su di lei, ma poi capì che non lo avrebbe fatto: Jadis aspettava Aslan.
“Il mondo non ti ha mai dato nulla, Susan, solo delusioni. Non è forse vero?”
“Sì..” mormorò la fanciulla, triste. “Sì, è vero. Però…ci sono altre persone che si preoccupano per me e non mi lascerebbero mai sola. Sono stata una stupida a pensare che non mi avrebbero capita”
Fece una lunga pausa e sentì ancora che qualcuno la chiamava al di là delle pareti dell’incubo. E non era Aslan, stavolta.
Aveva riconosciuto la voce finalmente, ma proveniva da una distanza enorme . Avrebbe avuto la forza di raggiungerla?
“Puoi farcela!” disse il Leone, ma solo a lei, Jadis non l’udì.
Infine, Susan alzò il capo e concluse, esibendo sul volto tanta nobiltà che la Strega ne fu spaventata.
“Mi sono sempre chiusa in me stessa e ho sbagliato. Perciò, ho deciso di provare a fare quello che non sono mai stata in grado di fare. Voglio arrivare in fondo a quello che ho cominciato. Voglio raggiungerli, voglio tornare indietro. Voglio provare, sbagliare, correggermi e riprovare. Il futuro non esiste ancora.”
Si alzò in piedi, raddrizzò le spalle e la testa anche se si sentiva ancora insicura e debole.
“Quello che mi hai mostrato non si è ancora avverto, Jadis. Io non sono quella persona, sono ancora me stessa e intendo rimanere così come sono. Ho ancora una possibilità di cambiare, e non la sprecherò nascondendomi qui. Lo so che non sarà facile, so di non essere ancora così forte, che dovrò affrontare tante prove prima di anelare la felicità. Ma i sogni si avverano. I sogni non preannunciano forse la realtà?”.
“Tu non puoi farcela là fuori”
“Non si tratta di potere, ma di volere. Io voglio farcela. E anche se i miei sforzi saranno vani, potrò dire almeno di aver provato. Ma se non provo non saprò mai cosa sarebbe potuto succedere, e in questo modo avrò il dubbio per tutta la vita e il rimorso di non aver almeno tentato”.
“Quindi, quale delle due strade scegli?” disse Jadis con un ghigno divertito.
Accanto a lei riapparve Caspian e sebbene Susan sentì riaffiorare tutte le insicurezze, seppe che lui non era reale. Lui non era lì. Lui era da qualche parte fuori da quell’incubo che l’aspettava.
“Scelgo la strada più difficile” rispose a fatica, “ma sarà quella che mi porterà alla felicità. Lo so, perché alla fine di quella strada c’è Narnia. E ci sono loro…le persone che mi amano e che non mi lasceranno mai sola. Hanno fatto tanto per me, ed è ora che anch’io cominci a fare qualcosa per loro. Tornare, è la prima di queste”
“E non hai paura delle possibili conseguenze? Le hai viste” insisté Jadis per l’ennesima volta.
“Se rimango qui non potrò fare proprio nulla per evitarlo. Ma là fuori, finché sono viva, con l’aiuto di chi mi vuole bene, posso impedire che accada. Se rimango qui, se mi lascio andare è come essere morta. Io voglio vivere!”
Senza quasi accorgersene, gridò forte le ultime parole e scatenò un vento impetuoso.
La neve e il ghiaccio che minacciavano la radura si sciolsero, ma anche l’erba scomparve, lasciando la terra nuda e buia come all’inizio.
“Sei una stupida!” urlò Jadis al di sopra dell’ululato del vento.
“Non lo farò di nuovo!” esclamò Susan, i capelli che le ondeggiavano davanti al volto. “Non sarò così egoista da pensare solo a me stessa! Non li abbandonerò, non dimenticherò! Non dimenticherò mai più!”
In quel momento, una luce potente e accecate esplose tutto intorno, lacerando le barriere dell’incubo. Grandi macchie luminose coloravano l’oscurità, come se un pittore passasse enormi pennellate di giallo e oro su una tela vuota e nera.
Susan era stanca e si gettò di nuovo in ginocchio, osservando con un sorriso stupito il sogno che si sgretolava. L’incantesimo svaniva, finalmente, e la Strega Bianca con lui. Tutto era un debole castello di carte crollato alla prima folata di vento. Non doveva più avere paura.
Poi vi fu un ruggito assordante e tutto ripiombò nelle tenebre.
“Sei stata bravissima”
Susan spalancò gli occhi e trattenne il fiato.
Davanti a lei avanzava un’ombra che, pian piano, s’illuminò di luce propria e rifulgeva come il sole appena sorto.
 “Aslan…”. Susan lo guardò appena, abbassando subito lo sguardo. “Perdonami, Aslan!”
“Hai forse fatto qualcosa a me, mia cara?”
La sua voce era inaspettatamente dolce, ma sotto si avvertiva la severità.
“Non ho mantenuto la promessa che ti feci. Ho cercato di dimenticarti. Di dimenticare Narnia…”
“E sei pentita sinceramente?”
“Oh, sì!...Sì...” Susan alzò lo sguardo e lo vide seduto davanti a lei. Muoveva piano la coda, su e giù.
“Lo so” gli occhi del Leone divennero tristi. “Hai rischiato di perdere tutto.”
“Non ti deluderò più, te lo giuro.”
“Non hai fatto del male a me, ma a te stessa”.
Susan lo guardò disperata.
Intorno a lei l’incubo era ormai quasi del tutto svanito, ma rimanevano gli strascichi e quelli la tenevano ancora prigioniera.
“Aiutami ad uscire, per favore. Voglio andare a casa, a Narnia” lo pregò, piangendo sommessamente.
“Sei ancora aggrappata a quei ricordi dolorosi, per questo non riesci ad andartene di qui. Lasciali andare”
Lei capì che poteva farlo ora che lui l’aveva detto. Si sentì improvvisamente leggera, libera da un peso. Si sentì piena di vita.
Allungò una mano verso di lui, ma sentì che non avrebbe osato toccarlo. Non ne era ancora degna.
“Apri il tuo cuore, Susan. Ti manca solo questo”
Lei strinse tra le mani la stoffa dell’abito verde smeraldo, serrando i pugni. Lo vide sorridere.
“Tu hai già la forza che desideri, ed essa grida per uscire. Ma tu non lasci spiragli per permetterglielo. Non ascolti ciò che è dentro di te e questo è male.”
“Vorrei essere coraggiosa come Lucy” sospirò la giovane.
Aslan rise piano, un lieve brontolio che scosse appena l’aria tutt’intorno.
“Lucy voleva essere come te e tu vuoi essere come lei. Forse dovreste venirvi incontro, mie care bambine”
Susan assunse un’aria stupita, trattenendo un poco il fiato. Aslan aveva ragione.
“Tutti voi dovete prendervi cura gli uni degli altri e aiutarvi a vicenda.” disse ancora il Leone, poi si alzò. “Il viaggio sarà ancora lungo. Noi ci rivedremo alla fine. Sii forte, Regina di Narnia”
“Aslan, aspetta!” esclamò Susan, correndo da lui. “C’è una cosa che ti devo dire”
Il Leone la fissò seriamente, ma senza traccia di quel rimprovero o disapprovazione che Susan tanto aveva temuto di vedere nei suoi occhi dorati.
“Lo sai, vero?” sussurrò la ragazza, ma lui non si mosse.
“C’è un tempo fissato per ogni cosa, Susan. Il tuo è appena cominciato. Ora và, Figlia di Eva”.
“Aslan…”
Avrebbe voluto chiedergli il significato di quelle parole, perché temette di averle interpretate male, spinta dalla nuova speranza che lui le aveva donato venendo in suo aiuto.
Sarebbe voluta rimanere lì ancora, parlargli a lungo, ma capì che ora non poteva.
Non seppe come accadde. Alll'improvviso, sentìva che gli occhi si facevano pesanti e desiderò chiuderli solo per un attimo. Lo fece e la voce di Aslan pronunciò queste ultime parole.
“Svegliati. Torna da lui”
Susan avvertì che il legame con il sogno si spezzava. Fu come cadere all’indietro, nel vuoto. Una sensazione di vertigine, un buco allo stomaco, che dopo un attimo scomparvero.
Si sentì afferrare saldamente, percepì il respiro di qualcuno sul suo viso e cercò di aprire gli occhi.
Il torpore era scomparso, voleva svegliarsi.
“Susan…Susan!”
Una nuova, rassicurante presenza l’attirò a sé. Ad essa apparteneva la voce che aveva udito come un’eco nel suo incubo. Sorrise e aprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte per riabituarli alla luce dopo essere stata così tanto tempo al buio.
“Sue…”
Due occhi scurissimi, quasi neri, la guardavano pieni di angoscia e pianto. Non le occorse nemmeno un secondo per capire a chi appartenessero quegli occhi che lei amava così tanto. Ma non voleva che piangesse, non voleva vederlo così.
“Susan…amore mio…ti sei svegliata!”
Caspian non osò credere a ciò che vedeva.
Guardarla mentre riapriva i suoi meravigliosi occhi celesti gli diede una gioia mai provata prima. Gli bastò specchiarsi in essi, e nel suo corpo si propagò un calore che gli ridonò vitalità ed energia. Un calore che nemmeno il sole mai riuscito a donargli.
“Susan…” mormorò, cominciando a sorridere.
Lei allungò una mano, sorridendo a sua volta, e accarezzandogli piano il viso.
“Ho sentito la tua voce. Sapevo che saresti arrivato.”
Caspian la sollevò tra le braccia e la strinse così forte da farle male. Ma lei non protestò, non le importava niente, solo di essere tornata. Tornata da lui…
“Grazie, Aslan…Grazie.”
Caspian l’allontanò da sé ma solo per poter avvicinare il viso al suo e baciarla, dimentico che nella stanza c’erano almeno altre dieci persone.
“Ti amo, Susan” disse il Re, posando più volte le labbra sulla fronte di lei.
“Lo so. Anch’io, tanto” rispose la fanciulla, piangendo e ridendo insieme.
Era stanca, si sentiva debolissima, ma immensamente felice.
Poco dopo, una mano piccola e delicata si posò sulla sua spalla. Susan alzò il capo e vide il dolce viso di Lucy raggiante di felicità.
Caspian la lasciò andare per permettere alle due sorelle di abbracciarsi. Lucy singhiozzava forte e ci volle del tempo per calmarla.
Poi fu il turno di Edmund, che non riuscì a spiccicare neanche una parola.
Emeth ancora non osò comportarsi come gli altri, si inchinò e basta. Eustace scoppiò in lacrime facendo un sacco di smorfie. E ancora Miriel, Gael, persino Drinian, e Rhynce, e Tavros…e infine Peter.  Lui sembrava quello più sconvolto.
“Voi tre mi farete morire, un giorno o l’altro!”
Ed, Lucy e Susan emisero una breve risata tremante.
“Scusami, Peter. Scusatemi…” fece Susan, mentre il fratello maggiore l’abbracciava.
“Ti voglio bene, piccola scema! Non farmi più uno scherzo simile!”
Susan rise e annuì, tirando un lungo sospiro.
“Promesso.”
 
 
Jadis raggiunse il suo nascondiglio ferita nell’orgoglio, furiosa, determinata più che mai ad annientarli tutti.
Maledetti Sovrani e maledetto Aslan!
Alcune strane creature le si fecero intorno, ma lei li scacciò tutti con un gesto della mano.
Il luogo in cui si trovava, e lungo il quale cominciò ad incamminarsi, era un’isola desolata, piena di vegetazione incolta e morente. Il buio prevaleva a qualsiasi ora del giorno e attorno a quella strana terra aleggiava la nebbia verde che proteggeva come un sudario l’isola, la Strega e i suoi servitori.
Jadis si diresse con grandi falcate all’interno della foresta. Attorno ad essa correvano alte mura grigie piene di rampicanti. Non c’erano né porte d’entrata né di uscita, né porte secondarie o nascoste in qualche nicchia. Era un luogo inespugnabile e solo lei poteva andare e venire quando voleva. Chiunque vivesse all’interno non sarebbe mai potuto fuggire.
Arrivata in un punto, poggiò il palmo della mano sulla pietra, sotto i rampicanti, e la parte di muro si spostò per farla passare, richiudendosi subito dopo di nuovo celata dagli arbusti.
Dentro le mura c’era un'altra foresta e nel centro di essa le torri di un palazzo in rovina.
La Strega Bianca seguì il sentiero lastricato, attraversò lunghi corridoi labirintici immersi nella penombra. Sopra di lei, il cielo aperto, cupo, coperto di nubi.
Dopo molto camminare attraversò un’altra porta, stavolta ben visibile, ed entrò in un ampio cortile circondato da portici. Qui, c’erano decine e decine di porte che davano acceso alle innumerevoli stanze del palazzo.
Ma Jadis sapeva quale imboccare e l’attraversò (anzi, l’uscio si aprì da solo e la lasciò passare). Salì diverse rampe di scale, fino a trovarsi sulla torretta più alta di quel palazzo.
In una stanza semplice ma ben arredata, stava ritta in piedi una ragazza che avrebbe potuto avere quattordici o quindici anni. Avvolta in un candido abito bianco senza fronzoli, piccola di statura, l’aspetto gracile e delicato, i capelli biondi, non chiarissimi e un poco mossi, le ricadevano sulle spalle. I suoi occhi blu splendenti come stelle guardavano Jadis con un misto di terrore e sfida.
“Shanna! Vieni qui. Subito” sibilò la Strega, pacata ma minacciosa.
La ragazza non si mosse e cominciò a tremare.
“Mi hai sentito? Ubbidisci!”
La fanciulla scosse il capo. “Voi siete malvagia e io non intendo più darvi ascolto!”
“Se è per questo, non lo hai mai fatto” Jadis si avvicinò minacciosa. “Sei stata tu ad aiutare Re Edmund ad usare la sua spada, vero? Non negare, lo so. Non avrebbe mai potuto sprigionare quel potere, non ancora per lo meno. Deve aver avuto una mano dall’esterno e puoi essere stata solo tu…o tuo padre…”
“Lui non centra, lasciatelo in pace!”
La ragazza si gettò in ginocchio, aggrappandosi alla lunga veste della Strega Bianca e supplicandola.
“Non fate del male alla mia famiglia, fatene a me, lo preferisco mille volte!”
“Lasciami andare, sciocchina” Jadis strattonò la gonna e l’altra si rialzò. “Tu sei troppo importante perché ti possa toccare anche solo con un dito. Tu sei la guida del cielo, e continuerai a guidare i Sovrani di Narnia secondo le mie regole.”
“Non voglio!”
“Invece lo farai, o saranno i tuoi cari a rimetterci. E ora, piccola stella azzurra, mettiti al lavoro e scopri dove sono diretti. Alla prossima isola sarò ancora là. Non si libereranno di me.”
 

 
 
Buona sera miei cari lettori! Ed eccoci al nuovo appuntamento con Queen! Come va, tutto bene? ^^
Stavolta non ho lamentele da farmi, sono molto soddisfatta di com’è venuto questo capitolo, zi zi! XD
Sono entrata nella mente di Susan e ho tirato fuori le sue paure e le sue insicurezze, spero non risulti troppo piagnucolosa e debole. Ma Sue è così, lo sappiamo. Non è un’eroina imbattibile, no? Ha i suoi punti deboli, tanti. Come tutti.
Non volevo far durare troppo questo incubo, così mi sono presa 17 pagine word (!!!) per farci stare tutto, anche il risveglio. Bè, quasi tutto...manca sempre Drinian, ma stavolta non l’ho inserito apposta. Penso che però, ora che Caspian ha detto a Peter del matrimonio, Drinian avrà finalmente il tempo di rompere i co…cioè, le scatole XD
E’ apparsa anche Shanna! Visto? Si è vista per poco ma almeno l’ho messa. Si vedrà ancora, è solo che non posso svelarvi troppo su di lei, non ancora.
Metterò delle Gif nel mio blog verso i primi giorni della settimana, andate a vederli, mi raccomando!!! Li segnerò con una scritta rossa con accanto scritto 'NEW' così li trovate subito!
 
Ringraziamenti!!! :D :

 
Per le preferite:ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, piumetta, piumetta, SrenaVdW, susan the queen, The Freedom Song e tinny
 
Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, dalmata91, Miss Hutcherson e postnubilaphoebus.
 
Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, LenShiro,  Luna23796, Mari_BubblyGirls, piccola_cullen, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, The Freedom Song, yondaime, Yukiiiiii e _Autumn
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:Charlotte Atherton, EstherS,  FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon,  LittleWitch_, piumetta, SerenaVdW, susan the queen, The Freedom Song, e tinny
 
E un grazie speciale a chi di voi visita il blog!!!
 
Angolino delle anticipazioni:
Bene! Prossimo argomento: the marriage! *.* Succederanno casiniiiii….Chissà cosa dirà Susan quando saprà che Caspian ha spiattellato tutto! E Peter? E gli altri? E Drinian?
Poi, cercherò di far vedere ancora Shanna, e ho in programma di ritornare su Calormen. Non li faccio vedere da troppo tempo e devono tornare in scena!

 
Avviso:
nello scorso capitolo ho sbagliato a caricare la foto, scusate!!!! Ho messo quella di Caspian e Susan invece che quella di gruppo >.< L’ho sostituita, comunque, e adesso è a posto. Non ha molta importanza forse, ma volevo dirlo…
 
Ok! E anche per questa settimana siamo ai saluti.
Vi ringrazio infinitamente tutti quanti per aver permesso che la mia storia raggiungesse le 212 recensioni!!! Il primo capitolo ha raggiunto le 1000 visite e io… devo andare a prendere i fazzoletti per soffiarmi il naso!!! Ppprrrrrrr!!!!!!!!!! Snif snif…XD
Scusate, non molto decoroso per una regina, ma non ho potuto trattenermi! Sono commossa!!! T_____T
Seguitemi fino alla fine, mi raccomando!
Vi voglio bene ragazzi! Un bacio grande come il mondo!
Susan<3

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Capitolo 24
*** Capitolo 24: Destino ***


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24. Destino

 

Non puoi dirmi che non vale la pena tentare
Non posso farci nulla, non c'è niente che voglio di più
Sì, combatterò per te

Mentirò per te
Andrò lontano per te
Morirò per te

 

 
 
Shira sorvolava i cieli azzurri e limpidi sopra l’Oceano Orientale, godendosi finalmente un po’ di libertà.  Era abbastanza sgradevole per lei rimanere rinchiusa in gabbia tutto il tempo e far finta di essere muta e sciocca, ma questo era il compito affidatole da qualcuno di più grande di lei. Qualcuno al quale mai e poi mai avrebbe osato disobbedire.
Piccola e fulminea, la sua meta era il lontano palazzo Imperiale di Tisroc, a Tashbaan.
Rabadash l’aveva spedita dal padre subito dopo essersi ripreso quasi completamente dalla ferita inferta da Caspian X.
Quando infine giunse a destinazione e vide in lontananza i bianchi tetti della capitale di Calormen, emise un verso acuto volando in ampi cerchi sopra la cupola più alta del palazzo, dov’erano situate le stanze private di Tisroc. Si posò poi sulla ringhiera del balcone. Un servo che stava rassettando la camera in quel momento la vide e avvertì subito le guardie.
Shira passò di mano in mano, fino ad arrivare finalmente in quelle del Gran Visir di Calormen, un uomo avanti negli anni, magro e con una barbetta ispida a punta.
Quando Tisroc si vide arrivare nella sala delle udienze il suo primo consigliere, si affrettò a concludere la seduta il più in fretta possibile e congedare tutti quanti.
Il Gran Visir passò Shira all’Imperatore, goffamente, cercando intanto di inchinarsi e di farla scendere dal suo braccio e posarla su quello di Tisroc.
Shira protestò, facendo un verso acuto e guadando seccata il Visir che le tirò una piuma della coda.
“Lasciami solo” ordinò subito Tisroc e l’altro obbedì indietreggiando e uscendo dalla stanza.
L’Imperatore si diresse allora verso le sue camere private. Ma non era ancora la loro destinazione definitiva. Tisroc si avvicinò a una parete in fondo alla camera da letto, spostò un pesante tendaggio e si insinuò in una stanza segreta.
“Finalmente possiamo parlare” esordì l'uomo, posando il falchetto su un alto trespolo accanto al quale c’era tutto ciò di cui aveva bisogno per rifocillarsi.
Shira bevve e mangiò, mentre iniziò a raccontare tutto ciò che era accaduto al principe Rabadash e al suo equipaggio sull’Isola delle Voci.
Tisroc si adirò molto nell’udire certe notizie. Il figlio era stato come sempre troppo avventato ed era stato di nuovo sconfitto. C’era da aspettarselo.
“Mmm…Capisco, capisco” annuì Tisroc pensieroso, facendo ondeggiare la piuma rossa che ornava il suo sfarzoso turbante. “Le cose non vanno come previste. Abbiamo sottovalutato i narniani. La Strega Bianca aveva ragione, dopotutto. Bisogna fare nuovi piani, ci vuole cautela e Rabadash ne ha assai poca. E’ un giovane troppo irruento. Vuole tutto e subito”
Shira arruffò le penne. “Cosa volete che faccia, adesso, Grande Tisroc?”
“Tu, piccola Shira? Credo che dovresti riposare prima di ripartire. Non vorremmo mai ti accadesse qualcosa, sei la nostra preziosa informatrice”
“Oh, ma Vostra Maestà non deve temere per me. Io ho qualcuno che mi aiuta”
“Davvero? Chi?”
“Ma la nostra comune amica: la Dama Bianca, insomma, la Strega, come la chiamate voi. Lei mi ha mandato a voi, lo sapete, e mi aiuta nei miei spostamenti. Per quanto io sia velocissima, non potrei mai viaggiare così rapidamente su grandi distanze senza il suo aiuto”
Tisroc sogghignò e le accarezzò la testolina morbida. “Bene, bene…”
Shira emise un cinguettio compiaciuto e poi fissò l’umano con i suoi occhietti neri.
“C’è qualcos’altro che devi dirmi?”
Shira esitò un attimo, poi scosse la testa. “No, nulla, mio signore. Nulla”
Ma non era propriamente vero. C’era qualcosa che Shira aveva visto una notte di ormai molti giorni addietro, chiusa nella gabbia nella cabina del principe Rabadash: un soldato di Calormen che aiutava una regina di Narnia a fuggire…
 
 
Rabadash osservava il suo equipaggio salire sugli alberi della nave per sciogliere le vele e metterle in posizione. L’ancora venne issata e il veliero fu finalmente in condizione di riprendere il largo.
I quattro giorni erano passati e la marea si era pian piano rialzata, riempiendo di nuovo il vuoto lasciato dalla magia della Driade nella baia dell’Isola delle Voci.
Il principe era in via di guarigione, anche se il medico dell’Occhio di Falco diceva che doveva stare a riposo ancora per un po’, o rischiava che i punti di sutura si riaprissero.
“Quando finirà questa tortura?” chiese seccato Rabadash dopo l’ennesima medicazione.
“Quando Vostra Altezza si deciderà ad ascoltarmi”
Di comune accordo, paziente e dottore, decisero allora che il primo sarebbe rimasto buono almeno finché Shira non fosse tornata con notizie da Calormen, e non avessero riavvistato il Veliero di Narnia.
Nel frattempo, comunque, Rabadash non se ne rimase certo con le mani in mano. Fece piani su piani e ordinò che la nave fosse spinta al massimo dei nodi che poteva raggiungere. Di questo si occupò Ader, il capo dei pirati, che sostituì quasi definitivamente il capitano dell’Occhio di Falco al timone.
Nessuno a bordo della nave si fidava dei pirati, ma essi non facevano caso alle malelingue.
Rabadash osservava tutti attentamente, e ripensò improvvisamente a quando il padre lo aveva messo in guardia da un possibile traditore che si nascondeva tra il suo equipaggio. Guardandoli, era più che convinto che non potesse che celarsi in uno dei sei filibustieri. Ma chi di loro? Ader stesso? Di sicuro, il volto affilato, la grossa ascia dietro la schiena e gli occhi scuri perennemente socchiusi come se stesse sempre in ascolto di qualcosa (i suoi dicevano che ascoltava il mare) non aiutavano a farne un elemento raccomandabile.
Ma poteva essere anche il pirata grosso e possente, tutto muscoli. O magari quello con la lunga barba grigia, o l’uomo basso, più simile a un nano che a un uomo. Oppure quello alto e allampanato. O ancora, quello con un occhio finto.  O tutti insieme. Sei spie a bordo del suo veliero.
In quel momento, Aréf tarkaan interruppe le sue riflessioni, scattando sull’attenti quando si presentò di fronte a lui.
“Il mio signore mi ha fatto chiamare?”
“Ah sì, Aréf. Volevo porti le mie condoglianze per la perdita di tuo figlio Emeth. Ho saputo che è perito in battaglia”
Il capitano delle guardie abbassò il capo. “Vostra Altezza è molto gentile con me. Vi ringrazio”
“Era un buon soldato, anche se con la lingua troppo lunga”
Aréf strinse i pugni, ma Rabadash non lo notò.
“E’ morto per servire la sua patria e questo deve essere motivo d’orgoglio. Manderò una lettera di condoglianze anche a vostra moglie”
“Grazie, mio signore”
Il senso di colpa verso il principe era molto forte, ma ormai ciò che era fatto era fatto.
La sola paura di Aréf tarkaan era che si venisse a scoprisse che Emeth non era affatto morto, ma fuggito, e che fosse stato lui stesso a farlo scappare.
D’altronde,  mandarlo via era stato l’unico modo per impedire che fosse giustiziato per alto tradimento per aver aiutato la Regina Lucy a scappare.
Ma le uniche due persone che avevano assistito alla scena erano i suoi soldati più fidati, nonché cari amici. Avrebbero mantenuto il segreto, Aréf ne era più che certo.
“Volevo anche dirvi che al prossimo scontro, vi voglio più preparati” continuò Rabadash, cambiando completamente discorso. “Il nostro avversario è forte e astuto, non si lascia sorprendere facilmente e avete visto come hanno risposto prontamente ai nostri attacchi”
“Sì, Altezza, ma è anche vero che i soldati erano spaventati dalle strane cose cui hanno assistito”
“Non possiamo attaccare Narnia senza aspettarci i loro diabolici colpi bassi. Sono forti, orgogliosi, caparbi. Ma io non sono da meno”
Sul volto del principe si aprì un ghigno malevolo.
“Il mio avversario è fuggito, ma io lo ritroverò. E gliela farò pagare cara.”
Oh, sì, Caspian X…il suo più grande rivale.
Rabadash fissò gli occhi neri in quelli altrettanto scuri del capitano della guardia.
“Ricordate ai vostri uomini che è a causa dei narniani se Calormen rischia di cadere nella rovina. Vogliono invaderci, stanno radunando le creature più spaventose, non ultimo il loro Grande Leone, per poterci infine attaccare quando meno ce l’aspettiamo. Non facciamoci mai più cogliere impreparati. E’ un ordine”
“Certamente, Vostra Altezza”
“Ora andate”
Rabadash congedò Aréf e rimase solo nella sua cabina a riflettere.
Non c’era alcun motivo che lo spingesse a dire le verità ai suoi uomini. Era preferibile che nessuno sapesse la reale ragione del loro prolungato viaggio. Rabadash non poteva dire a nessuno che rischiava di non avere mai un erede. Era terrorizzato all’idea che la notizia potesse scatenare, non solo l’ilarità del popolo e trasformarlo un altro Rabadash il Ridicolo, ma soprattutto che si potesse credere che la sua futura sovranità era messa in discussione dall’impossibilità di generare figli.
“Presto”pensò. “Devo fare presto”
“Mia amata Susan, sto venendo a prendervi” aggiunse ad alta voce. “E grazie a voi, nessuno oserà mai pensare nulla del genere, e la mia reputazione sarà salva”
 
 
Lucy aveva di nuovo il suo cordiale. La fiaschetta era tornata colma fino all’orlo come la prima volta che Babbo Natale gliel’aveva donata.
La ragazzina corse subito da Susan e Ripicì, costringendo la sorella a bere ugualmente una goccia del liquido anche se pareva non averne affatto bisogno. Dopo molte insistenze, Susan accettò di farlo e poi fu la volta di Rip.
Se non fosse che era già di nuovo sera, la ragazza e il topo avrebbero protestato contro il dottore, il quale aveva ordinato loro di rimanere a riposo fino al mattino seguente.  Ma l’idea fu più che buona, a dire il vero, perché non appena Ripicì si rimise sdraiato nella sua amaca crollò nel sonno, e lo stesso Susan.
Gli strascichi che l’incubo aveva lasciato su di lei erano poco evidenti, ma la Regina appariva stanca, tirata, benché tutti avessero notato che nei suoi occhi brillava una nuova luce. Qualcuno l’aveva chiamata ‘la luce della speranza’.
Ora, Susan attendeva l’arrivo di Miriel in cabina.
Adesso che erano aumentati ancora di numero, si era reso necessario riorganizzare i posti letto e non fu facile. Per Emeth era stata aggiunta una branda in più negli alloggi dell’equipaggio, mentre la Driade aveva appunto preso stanza insieme a lei.
Le due si erano scoperte sempre più affezionate man mano che il tempo passava. Miriel aveva ancora un atteggiamento troppo formale nei suoi confronti, ma Susan confidava che prima o dopo si sarebbe sciolta un poco, comprendendo finalmente che ormai era parte integrante del gruppo.
Questa era una delle cose che i Pevensie preferivano dei loro viaggi a Narnia: ogni volta il bagaglio di amicizie si allargava, anche se, purtroppo, molti dei primi amici non erano più con loro…ma erano con Aslan, nelle sue terre, di questo era certa. E forse, chissà, un giorno si sarebbero rivisti tutti…
Il caro signor Tumnus, i Castori, Oreius il centauro, la Vecchia Volpe…
Posò il libro delle Leggende di Narnia che aveva trovato sullo scaffale della sua cabina. Ce n’erano molti altri, ma quello più di tutti aveva attirato la sua attenzione non appena lo aveva sfogliato e aveva visto il disegno della Lanterna Perduta…il lampione!
Tutti i ricordi, stavolta lieti ed emozionanti, erano riaffiorati alla sua mente.
La Strega Bianca le aveva voluto far credere che c’erano stati solo momenti tristi nella sua vita. Ma non era vero.
Quella che aveva avuto lei era una fortuna che a pochi altri era stata concessa: essere venuta a Narnia e aver conosciuto persone e creature tanto meravigliose.
Non avrebbe più sprecato il suo tempo a piangersi addosso. Lo avrebbe impiegato per impegnarsi a far avverare i suoi sogni e rimanere lì, con la possibilità futura di conoscere tanti altri amici.
Susan sorrise, un poco malinconica ma felice. Si stiracchiò con grazia, posò la testa sul cuscino, ed era in uno stato di dormiveglia quando avvertì la presenza di qualcuno accanto a lei che le sfiorava delicatamente il viso.
Subito aprì gli occhi per specchiarsi in quelli di Caspian, che la guardava con dolcezza infinita.
“Non volevo disturbarti, ma eri così bella…”
Lei gli sorrise e si tirò su a sedere, mettendogli piano le braccia attorno al collo. Caspian l’accolse subito tra le sue braccia, forse un po’ stupito.
“Stai tremando” le disse, ora preoccupato.
Lei si strinse un po’ più a lui. “Non è niente.”
“La sai che puoi dirmi tutto, vero? Anzi, devi”
Susan prese a giocherellare con il colletto della sua camicia.
“Il medico mi ha ordinato di riposare, ma io non ci riesco molto bene. Ho anche cercato di distrarmi leggendo un po’, però non serve a molto”
“E’ normale. Anche Lucy non era riuscita a dormire la notte del suo rapimento, ricordi?”
Susan annuì e fece un lungo sospiro.
“Sta tranquilla…” fece piano Caspian, posandole un bacio delicato sul capo. “Vuoi che resti qui?”
“Sì” rispose lei, appoggiando la testa alla sua spalla. “Almeno finché non torna Miriel”
Caspian sbuffò lievemente e lei rise, accorgendosene.
“Vorrei poter dormire insieme a te” disse lui, guardandola imbronciato.
“Ma non puoi” gli ricordò la ragazza mettendogli l’indice sulla punta del naso. Caspian fece una smorfia e lei rise ancora.
“Mmmm…” protestò il ragazzo con un finto broncio. “Bè, allora vorrà dire che risistemeremo di nuovo i posti, perché io stasera dormo con te”
“Caspian…”
“Certo che aumentiamo a vista d’occhio a ogni avventura” commentò il giovane, senza darle retta “Tra un po’ dovremo buttare qualcuno a mare per farci stare i nuovi arrivi”
“Mi meraviglio di te!” lo rimproverò lei, scherzosa. “Un Re non dovrebbe parlare in questo modo. Un Re di Narnia non dovrebbe mai dimenticare che l’ospitalità è…”
“L’ospitalità è sacra e deve accogliere chiunque chiede aiuto, amico o nemico, per non venir mai meno ai valori di ospitalità e gentilezza che da sempre contraddistinguono il popolo di Narnia” terminò Caspian alzando gli occhi al cielo.
“Oh. Complimenti, Vostra Maestà: dieci con lode” disse Susan e poi entrambi scoppiarono a ridere. Un riso vero e sincero, spensierato.
 “Cornelius me lo faceva ripetere mille volte al giorno. Diceva che era una delle regole più importanti” spiegò il Re.
“E io sono pienamente d’accordo con lui.”
Caspian aspettò qualche minuto prima di parlare ancora. Lei capì che c’era qualcosa che lo impensieriva, ma attese paziente.
“Sue, ascolta” riprese il giovane poco dopo. “Devo dirti una cosa importante”
“E’ successo qualcosa?” chiese subito lei, allarmata, vedendolo agitarsi un poco.
“Bè…diciamo di sì. Ho fatto una cosa mentre tu eri preda dell’incubo della Strega Bianca. Ma non è nulla di grave, non temere”
“Allora sto tranquilla?”
Lui annuì e la guardò serio. “Sì, però prometti di non arrabbiarti?”
“D’accordo” promise lei fissandolo un po’ ansiosa.
Caspian tirò un bel respiro. “Ho detto a Peter che voglio sposarti”
Susan si accigliò solo un secondo, e quello dopo spalancò un poco gli occhi chiari con espressione incredula.
“Che hai fatto?!”
“Scusa, non ti arrabbiare” ripeté il giovane, “Lo so che avremmo dovuto dirglielo insieme, solo che io…”
“Ma no, non sono arrabbiata” replicò lei scuotendo il capo. “Più che altro sono stupita. Così su due pedi…”
“Lo so che non era il momento adatto, Peter aveva ragione, però…”
“No, invece credo che fosse quello più giusto”
Caspian la guardò attentamente. “Credi davvero? Perché non ho mai voluto approfittare della sua vulnerabilità, credimi”.
“Lo so, non lo faresti mai. E sì, lo penso davvero. Lo ripeto, hai fatto bene. Se fosse stato per me, probabilmente avremmo aspettato ancora chissà quanto.”
Caspian si tranquillizzò.
“Non ho potuto farne a meno: avevo troppa paura di perderti e volevo che Peter sapesse che non ho intenzione di lasciarti, mai, per nessun motivo e in nessun caso.”
Susan fu pervasa da un’emozione indescrivibile. Quando Caspian esprimeva il suo amore in quel modo assoluto, lei sentiva che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa insieme a lui, anche la più impossibile.
“Peter che ha detto?” chiese la ragazza subito dopo. “No, immagino”
“Non esattamente. Ha detto che non poteva dare la sua approvazione”
“Lo sapevo…”
“Ma ha anche aggiunto che saremmo tornati sul discorso una volta che ti saresti svegliata. Per cui, credo che se non lo farà stasera, sarà domattina”
Susan gemette preoccupata. “Mi devo preparare a un altro sanguinoso litigio?” tentò di scherzare.
Caspian sorrise a metà. “No. Mi ha spiegato le sue ragioni e le capisco perfettamente”
Il Re le raccontò la conversazione avuta con Peter e la ragazza rimase molto stupita di scoprire quei sentimenti e quelle paure nel fratello, in parte molto simili alle sue. Anche lei avrebbe sofferto nel lasciare i suoi cari, ma ormai aveva deciso ed era più che mai sicura. Doveva solo cercare di farlo capire a Peter.
Solo…certo, fosse facile…
“Non ho intenzione di discutere ancora con tuo fratello” aggiunse Caspian. “Però desidero arrivare in fondo alla questione. Non voglio che rimanga in sospeso”
“E se dirà di no?” chiese ancora Susan.
“Se dirà di no, sarò costretto a rapirti e a sposarti su un’isola deserta”
“Non scherzare…” fece lei, sorridendo insieme a lui.
“Io non scherzo. Se sarò costretto lo farò.”
“Guarda che io ci credo”
“Per questo te lo dico. Perché ci devi credere.”
Rimasero a parlare ancora a lungo, fino a sera tarda.
Susan continuava a pensare a quello Caspian le aveva detto a proposito di Peter: non poteva credere che quello fosse davvero l’ultimo viaggio di suo fratello. Non poteva esserne così sicuro...
Cosa ne sarebbe stato di Miriel quando Peter fosse andato via? La Driade provava un sentimento profondo per il ragazzo, era evidente.
Quindi, pensò Susan, la loro nuova amica avrebbe sofferto esattamente come aveva sofferto lei quando aveva lasciato Caspian?
Improvvisamente, le vennero alla mente gli avvertimenti di Coriakin, ma soprattutto le tre profezie pronunciate da Miriel: possibile che proprio Peter poteva essere colui che avrebbe detto addio per sempre a Narnia?
“Aslan non può volere questo” disse Caspian, la schiena abbandonata contro la spalliera del letto, le gambe allungate su di esso, con Susan appoggiata alla sua spalla.
“Sono sempre più convinta che siano delle prove” disse la ragazza, parlando a voce più bassa ora che l’oscurità era scesa.
“Se è così, tu e Lucy avete già affrontato le vostre, allora, e superate con successo”
Non era difficile capire che ciò che era successo a Lucy sull’Isola delle Voci, era in corrispondenza con la prima parte del suo avvertimento.
Non avrebbe dovuto voler essere più di ciò che era già, o avrebbe potuto perdere qualcosa che poteva essere suo per sempre.
Pronunciando l’incantesimo del libro di Coriakin e assumendo l’aspetto di sua sorella, aveva rinnegato se stessa, aveva voluto essere più di ciò che era.
Ma la seconda parte era ancora alquanto ambigua...Non era ancora accaduto nulla che avrebbe potuto portare Lucy a perdere quello che poteva essere suo per sempre. O forse…non sarebbe mai successo. Chissà, Lucy poteva essere riuscita a cambiare il suo destino. Se così era, allora anche loro due e tutti gli altri avrebbero potuto farcela.
“Credo di essere riuscita anch’io a cambiare il mio” disse Susan alzando la testa e sorridendo a Caspian. “Già da tempo sapevo di dover prendere una decisone definitiva sul mio futuro, decisione che continuavo a rimandare perché avevo sempre troppa paura di qualsiasi conseguenza. Ma sapevo anche che cosa era davvero importante per me, l’ho sempre saputo: tu, la mia famiglia, Narnia. E tornando qui per la terza volta ho capito ancora di più cosa voglio davvero e cosa sono disposta a fare per averlo”
Susan si mosse per mettersi di fronte  a Caspian, per guardarlo dritto negli occhi profondi.
“Accetterò le conseguenze, non dimenticherò mai più e resterò con te per sempre, perché sei tu la cosa più importante, Caspian. Perdonami se ci ho messo tanto per decidermi. Perdonami se ero sempre così insicura”
Lui si raddrizzò e la strinse forte. “E’ legittimo. Anch’io mi troverei in seria difficoltà se dovessi decidere una cosa simile.”
“Narnia deve venire al primo posto, lo so” disse Susan molto seriamente, senza traccia di risentimento. “Ma mi accontento di essere la numero due nella tua scala delle priorità, perché anch’io amo Narnia immensamente, proprio come te.”
Caspian sorrise dolcemente e scosse piano il capo. “Io ringrazio il cielo ogni giorno, sai, per averti mandata da me. Tu sei la creatura più straordinaria, più meravigliosa, più dolce che abbia mai incontrato”
Susan arrossì davanti a tanta sincerità. “Guarda che sono molto sensibile ai complimenti”
Lui continuò a sorridere. “Però ti sbagli su una cosa”
“Cosa?”
“Sei tu la numero uno”
 
 
Poco dopo, Lucy venne a dare la buonanotte a Susan e Miriel rientrò in camera. Dietro di loro Gael, che teneva in braccio Ripicì quasi del tutto guarito. Caspian fece per andarsene, ma con l’arrivo di Peter, Edmund e Eustace fu inevitabile rimanere a chiacchierare ancora a lungo. Mancava solo Emeth per completare la squadra. Lucy lo convinse a intrattenersi con loro e il ragazzo non riuscì a dire di no visto che era lei a chiederglielo.
La quiete della serata si era spezzata, ma a Susan e Caspian non seccò affatto la piccola ‘riunione’ che li tenne impegnati fino a notte fonda. Stare tutti insieme era bellissimo e dava un senso di serenità che li faceva sentire ancora più uniti.
La Regina Dolce rammentò le parole pronunciate da Aslan quand’era ancora prigioniera dell’incubo di Jadis: “Prendetevi cura gli uni degli altri”.
Sì, lo avrebbero fatto. Lo stavano già facendo. Erano più che compagni, più che amici. Erano una famiglia e avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di rimanere insieme. L’uno avrebbe dato la vita per l’altro. E nonostante i contrasti, le divergenze, i litigi, si volevano bene.
L’arrivo della Strega Bianca aveva risvegliato i dubbi e le ansie per le profezie di Coriakin anche in tutti gli altri. Si tornò di nuovo sull’argomento ma nessuno osò esprimere apertamente le proprie preoccupazioni su quanto li riguardava.
Parlarono delle Sette Spade, dei Lord, di quante terre dovevano ancora fare la conoscenza.
“Speriamo che la storia dei serpenti marini non sia vera” disse Edmund, che ogni tanto rifletteva sugli strani racconti di Drinian a quel proposito. “Lui dice che suo padre li ha visti in passato”
“Potrebbe anche essere vero” convenne Ripicì “ma se è così, noi li affronteremo a spada tratta!”
Ma l’argomento principale era Narnia. Sempre e soprattutto Narnia. C’era sempre qualcosa da dire, qualcosa da ricordare, da raccontare. Era un infinito susseguirsi di meraviglie sia per chi già conosceva tutto e ancor più per chi ne sapeva poco.
Il racconto più entusiasmante fu quello di Miriel e Ripicì. Da quando lui aveva scoperto che la ragazza era la figlia della Driade che, mandata da Aslan, gli aveva cantato la famosa filastrocca che era solito canticchiare, aveva voluto sapere da lei tutto e più sulla Fine del Mondo.
“E’ da là che venite, vero Miriel?” chiese Rip con gli occhietti scintillanti.
“Sì, è vero.”
“Com’è la Fine del Mondo?” chiese Peter elettrizzato.
“Non ho mai visto la Fine venendo da Narnia” spiegò Miriel.
“Allora come sei arrivata qui?” chiese Susan.
“Dalla Vetta Ancestrale, che si trova sopra i cieli, al di là di ogni cosa e sopra il tutto. Da quel punto si possono scorgere tutti i mondi esistenti. E’ da lì che vi osservavo nel passato” e il suo sguardo cadde sui Pevensie, in particolare su Peter. “E da quel punto si scende direttamente dove si vuole viaggiando sulle nuvole.”
“Hai viaggiato sulle nuvole?” chiesero tutti in coro.
Miriel annuì ridendo. “Vedere i confini della nostra terra sarà una sorpresa anche per me. Poter guardare da vicino la Grande Onda che separa Narnia dalle Terre di Aslan, sarà un’emozione incredibile”
 “Oh, la Grande Onda!” saltò su Ripicì “Ne ho sentito parlare dai racconti di qualche amico della foresta. Ed è solo la prima di tante strabilianti storie”
“E che altro c’è là?” chiese Gael con gli occhi scuri attenti e le guance rosse.
“Ebbene, ascoltate…”
Ripicì, aiutato da Miriel, iniziò a raccontare.
Alla Fine del Mondo c’erano alte colonne d’acqua che arrivavano fino al cielo e le loro gigantesche masse celavano quel che c’era al di là: qualcosa di talmente straordinario e impossibile da comprendere per un essere mortale. Qualcosa che pochi avevano il privilegio di vedere e capire davvero di cosa si trattasse.
E l’onda era così alta da arrivare sino alle nuvole e sembrava fondersi con l’azzurro dello stesso cielo. Sovrastava il mondo intero, così vasta in altezza e larghezza da non sapere dove avesse fine o inizio.
Era il confine mai violato tra questo mondo e un altro: il mondo dell’origine, le Terre di Aslan, la Vera Narnia.
Si diceva ci fossero arcobaleni e cascate che scendevano fin sulla terra da monti maestosi, alcuni addirittura sospesi nel cielo. Le Valli del Sole erano tra questi ultimi. Su altri potevi scorgere la neve perenne, oppure enormi foreste scure e impenetrabili. E c’erano prati verdi e infiniti, pieni di fiori profumati, di alberi danzanti e creature mai viste dall’occhio umano, creature talmente belle che erano inconcepibili dalla mente umana.
E ancora, lunghi fiumi e profondi laghi e mari, più azzurri dell’azzurro, con l’acqua più pura che si fosse mai vista o assaggiata. E quell’acqua, per chiunque la beveva, era la Fonte della Vita. La vera vita che si poteva solo sognare in questo mondo ma che in quell’altro era possibile avere.
E la morte e la sofferenza lì non esistevano e tutti vivevano in eterno, giovani e forti, nella gloria di Aslan e di suo padre, il Grande Imperatore d’Oltremare.
“Sarebbe bellissimo poterla vedere” commentò Caspian “solo per un momento”
Gli altri furono d’accordo. Ciò nonostante, sapevano che non era possibile fare ritorno nel mondo dei mortali una volta varcato il confine. Una volta provata la vita delle Terre di Aslan non si voleva più tornare indietro. Alcuni dicevano di esserci stati, di essere tornati ed aver sofferto immensamente per non essere potuti rimanere.
 “E’ meraviglioso” mormorò piano Peter, quasi incantato.
Con gli occhi della mente, tutti stavano provano ad immaginare tale magnificenza, ma solo vedendola dal vivo avrebbero veramente capito la potenza di Aslan e la bellezza di Narnia.
“Sarà meglio andare a dormire, ora” disse infine Susan, vedendo che Gael si era addormentata in braccio a Lucy.
Mentre anche il resto degli amici si preparava per ritirarsi nei rispettivi alloggi, Peter indugiò ancora qualche istante. Quello era probabilmente il momento in cui avrebbe potuto parlare liberamente con Caspian e Susan senza interruzioni.
Anche Miriel tentennò, mentre si scambiava qualche parola a bassa voce con la Regina Dolce.
“Davvero, non c’è nessun problema” disse la Driade un po’ rossa in viso. “Se volete dormire insieme al Re non ho nulla incontrario. Io mi arrangio nelle cabine dell’equipaggio”
“Ma no, stai scherzando?” replicò Susan “Con tutto il russare che fa Eustace e Edmund che salta su di notte a urlare? Non se ne parla!”
“Sì, ma…”
“Davvero, non c’è problema…a meno che tu…”
Le due ragazze si fissarono un attimo negli occhi, piegandosi leggermente in avanti l’una verso l’altra.
“Che io…?”
“Non…”
“Non?”
“Voglia…dormire con Peter” concluse Susan talmente di fretta che quasi l’altra non capì le sue parole.
Il viso già arrossato di Miriel divenne di porpora. “Co-come ti viene in mente una cosa così…così…!”
“Sue, puoi venire dentro, per piacere?” disse Peter comparendo sulla soglia.
Le due si voltarono. Miriel distolse subito lo sguardo e girò la testa, non riuscendo a guardarlo in faccia.
“Io…sarà meglio che vada un momento dalle altre, scusate”
La Driade corse via, lasciando Peter allibito e Susan con una voglia matta di mettersi a ridere.
“Ma che cosa le succede?” chiese il Re Supremo. “Sta bene?”
“Oh sì. Credo di sì. Ehm…arrivo”
Susan rientrò nella stanza e la voglia di ridere le passò immediatamente.
Caspian era in piedi accanto alla finestra e osservava fuori, con un'espressione così seria che lei pensò per un attimo che Peter avesse annunciato una terribile notizia.
Appena sentì i passi di lei, il Re si votò e Peter chiuse la porta.
Un silenzio carico di tensione  e imbarazzo cadde nella stanza. Rimasero per un attimo lì a fissarsi tutti e tre. Fu Peter a rompere il ghiaccio.
“Allora…che intenzioni avete, voi due?” esordì, pronto a fare un discorso e non sapendo bene cosa avrebbe detto o cosa avrebbe dovuto dire.
Caspian e Susan si guardarono e poi guardarono lui, cominciando a parlare contemporaneamente così che non capì nemmeno una parola.
“Ok, ok…frenate un secondo!”
“Scusa” disse Caspian. Poi fece un cenno a Susan, invitandola a parlare per prima.
“Prima promettetemi, tutti e due, che qualunque cosa diremo non litigherete. Per favore” disse lei.
I due Re si lanciarono un’occhiata strana, non troppo convinta, ma promisero.
“Quand’eravamo rinchiusi nella stiva dell’Occhio di Falco, appena tornati qui” esordì Susan con calma. “Avevi detto che non saresti stato contrario se mai un giorno ci fossimo sposati.”
“No” ammise Peter. “Non del tutto. Ma…non pensavo arrivaste a farlo davvero.”
“Ormai è tanto che l’abbiamo deciso” disse Caspian.
Peter scosse il capo. “Non potete farlo. Mi dispiace, ma non potete pianificare la vostra vita senza pensare agli altri.”
Li osservò entrambi a lungo. Erano davanti a lui, in silenzio. Dalle loro espressioni capiva che anche se glielo avesse negato, loro sarebbero passati sopra al mondo intero pur di rimanere insieme. In ogni caso, aspettavano comunque che lui desse il suo consenso.
“Ascoltate…Non si tratta solo del voler stare insieme, il problema è che con la vostra decisione cambierete radicalmente le vite di tutti. Le nostre, Susan: la mia, la tua, e di tutta la famiglia. Quella di Ed e Lucy. Quella di Eustace, di zio Harold e zia Alberta. E di mamma e papà”
La Regina ebbe un fremito ma non disse nulla. Dio solo sapeva quanto amava i suoi genitori…
“Non avrai più tutta la libertà che avevi in Inghilterra”
“Ti sbagli, Peter. Solo qui io sono libera.” ribadì lei. “Essere Regina non mi spaventa. E’ quello per cui sono nata, adesso lo so. Se il destino esiste, questo è il mio. Non intendo ripartire ora che sono tornata”
“Dimmi perché?”
“Perché sono innamorata di lui” disse Susan, guardando Caspian negli occhi per un attimo appena ma con tutto l’amore di cui era capace.
“E se dovessi ripartire ancora?”
“Non cambierebbe niente. E’ l’unica cosa certa, anche se tutto il resto dovesse cambiare: io voglio passare con lui tutta la mia vita”
Caspian si avvicinò a lei e le mise un braccio attorno alle spalle, stingendola un poco a sé in un gesto automatico. Susan non poteva sapere cosa significava per lui sentirla parlare così.
Peter fissò la sorella negli occhi. “Gli metti addosso una grande responsabilità” disse, spostando per un attimo la sua attenzione sul Liberatore.
“Io voglio questa responsabilità, Peter” replicò il Re di Narnia.
“E avete pensato a cosa succederà una volta arrivati alla fine del viaggio?”
“Certo” affermò Caspian con sicurezza. “Ho già deciso che parlerò con Aslan e gli dirò che sono disposto a fare qualunque cosa pur di stare con tua sorella. Qualunque.”
“E continueresti a provare questo per lei in ogni caso?”
“In ogni caso”
“Anche se non vi darò il permesso di sposarvi?” chiese, guardandoli dritto negli occhi.
“Sì” dissero in coro Caspian e Susan.
“Caspian, tu dovrai ridimensionare tutto quanto” proseguì il Magnifico. “Impostare non solo il regno, ma la tua intera esistenza in un modo completamente diverso, perché sul trono e nella vita non sarai più da solo. E dovrai prenderti cura di lei, proteggerla”
“E’ quello che desidero”
Peter respirò sonoramente, le labbra strette. “Non è un gioco, lo sapete? Non è una favola d’amore, è la vita intera. Dovrete fare delle rinunce”
“Un gioco?” fece Susan, aggrottando la fronte. “Credi che sia tornata per giocare all’innamorata, Peter? Sono giovane ma so che cos’è l’amore. So cosa provo per Caspian e non è di certo un gioco!”
“Non l’ho mai pensato”. Peter si passò una mano tra i capelli. “Mi state mettendo seriamente in difficoltà, lo sapete?”
Fece qualche passo per la stanza, riflettendo.
“Ho sempre creduto che foste troppo diversi per stare insieme. Che, dopotutto, le vostre strade non si sarebbero mai incrociate se noi quattro non fossimo stati chiamati a Narnia. E credevo che questo bastasse per farvi capire che, probabilmente, dovevate accettare che prima o poi sarebbe finita. Ma a questo punto...”
Peter si fermò e li guardò con un misto di incredulità e rassegnazione.
“Miriel parla sempre di due tipi di destino:  quello immutabile e quello che scriviamo con le nostre mani. Credo di doverle dire che si sbaglia e che esiste solo il secondo.”
 “Quindi…” tentò Caspian speranzoso. “Quindi per te va bene?”
“Io…no, non so se va bene” rispose Peter con calma. “Adesso riesco a capire quanto è forte il sentimento che vi lega, lo vedo in ogni cosa che fate, e so che non vi serve il mio permesso per sposarvi perché lo fareste comunque. Però…mi serve del tempo per decidere. Devo pensare a tutti, Sue, lo capisci, vero?”
Susan abbassò il capo, stringendo la manica della camicia di Caspian. “Sì, Peter. Lo capisco. Probabilmente al tuo posto farei lo stesso”
Caspian fece per parlare ma il Re Supremo lo fermò alzando una mano.
“Non sto dicendo queste cose per mettervi i bastoni tra le ruote. Non sto cercando di far questo. Però continuo a pensare a quando anche Edmund, Lucy e Eustace si renderanno conto che una delle persone a cui tengono di più non tornerà mai a casa. Io stesso non riesco ancora ad accettarlo. E credo che nemmeno loro potranno farlo.”
“Peter, ti prego!” esclamò la ragazza, separandosi un poco da Caspian e prendendo la mano del fratello. “Ti supplico, non dire di no”.
 “Non ho più nulla da aggiungere, per adesso” concluse Peter con aria mesta. “Datemi ancora qualche giorno. Poi vi darò una risposta”.
 
Viaggiarono senza incidenti per alcuni giorni. Le giornate passavano calme ma non senza un sentore di inquietudine e l’impaziente, continuo adocchiare l’orizzonte per essere certi che la nebbia verde non ricomparisse da un momento all’altro.
Anche la presenza di Emeth a bordo metteva a disagio i marinai, che chiaramente non vedevano di buon occhio il giovane soldato. Aveva forse il merito di aver salvato la Regia Lucy ma era pur sempre di Calormen. Chi diceva loro che non fosse una spia di Rabadash e che tutto il suo comportamento- dal salvare la Valorosa al venire ferito- era stato tutto frutto di una macchinazione ordita dal principe?
Lucy si arrabbiava molto quando udiva i bisbigli degli uomini e cercava di coinvolgere Emeth in ogni attività per non farlo mai sentire solo o a disagio.
“Ci alleniamo insieme?” gli chiese allora un pomeriggio.
 “Sì, ottima idea!” esclamò Edmund d’un tratto. “Anche Eustace deve riprendere le sue lezioni di scherma ora che Ripicì sta meglio”
Emeth e Eustace risposero quasi contemporaneamente: “Volentieri!” e “Oh, no…”
“Perfetto! E…posso provare la tua scimitarra?” chiese Edmund al soldato, incapace di trattenere la sua voglia di spadaccino di scoprire le capacità di nuove lame.
“Sarà un onore, Vostra…Maestà, cioè, Edmund” disse Emeth un po’ impacciato, sorridendo all’altro ragazzo.
Uscirono sul ponte dove Susan aveva fatto posizionare i bersagli per allearsi con gli arcieri. La Regina Dolce stava a prua, proprio sotto il drago d’oro. Il resto del ponte era tutto per gli spadaccini, i quali avevano bisogno di spazio per muoversi in quanto più scalmanati degli arcieri.
Susan afferrò il suo arco e la faretra. Incoccò la freccia...ma qualcun altro tirò prima di lei andando al colpire il bersaglio che si era scelta.
La ragazza corrugò la fronte e si voltò. A tirare era stato Caspian.
“Sono un po’ fuori allenamento per quanto riguarda arco e frecce” disse lui, avvicinandosi con la balestra in mano. “Scusa, ho colpito il tuo bersaglio”
“Figurati…” sorrise lei facendogli posto. “Ti alleni con me?”
“Per un po’, poi devo tornare in cabina di comando. Ho del lavoro da fare”
C’erano certi momenti in cui Susan percepiva maggiormente la differenza di statura che c’era tra lei e Caspian. Non sapeva bene come spiegarlo, ma proprio come in quel momento, quando lui le era così vicino, lei percepiva la sua forza, la sua protezione, la capacità che aveva di avvolgerla nel suo calore solo con la sua semplice presenza, anche senza toccarla con un dito.
“Aspetta” gli disse, mentre lui alzava la balestra, la riabbassava e l’alzava di nuovo. “Aspetta, distanzia le mani e rilassa le spalle”
La voce di lei era un sussurro piacevole che gli solleticava il viso. Susan era vicinissima a lui. Ormai doveva esserci abituato, erano sempre insieme, eppure si stupiva tutte le volte delle fortissime emozioni che lei sapeva far nascere in lui.
La Regina Dolce posò appena le mani sulle sue, per posizionare meglio la balestra.
“Un po’ più in alto…ora tira”
Caspian lasciò andare la corda e la freccia si puntò quasi nel centro del bersaglio.
“Ottimo! Sei migliorato tantissimo dall’ultima volta” esclamò lei soddisfatta.
“E’ perché ho una buona insegnante” sorrise lui, ammiccando appena.
Lei gli sorrise ma tornò seria l’attimo dopo. Improvvisamente incrociò lo sguardo di Peter. Non sembrava arrabbiato, né infastidito. Non sapeva cosa gli passava per la testa, ma il silenzio del fratello maggiore non contribuiva di certo ad accrescere il suo ottimismo.
“Hai più parlato con lui?” chiese Caspian, intercettando lo sguardo di Susan.
Lei tornò a rivolgersi al Re. “No…non del matrimonio, almeno. Non so cosa pensare…”
“Non importa. Io ti sposerò ugualmente”
Susan lo guardò. Il vento scompigliava i capelli scuri del giovane e il sole creava leggeri riflessi più chiari.
“E’ passato solo qualche giorno. Diamogli tempo di metabolizzare la cosa”
Caspian storse leggermente le labbra, seccato. “E va bene, ma solo un altro po’, perché altrimenti va a finire che ti rapisco e ti porto in capo al mondo”
Susan alzò un sopracciglio. “Guarda che stiamo già andando in capo al mondo”
Lui la guardò e fece un’espressione buffa. “Già...è vero” sorrise, e Susan scoppiò a ridere.
Intanto, dall’altra parte della nave, Lucy e Emeth avevano iniziato il loro addestramento.
Lucy si muoveva con grazia e destrezza, i lunghi capelli rossi legati nella solita coda rilucevano come fiamme alla luce del sole.
“Non trattenerti solo perché sono una principiante” replicò la ragazzina, “Combatti sul serio”
“E va bene” rispose Emeth, con un sorrisetto che un istante dopo era già scomparso dal suo volto per far posto all’espressione seria e caparbia tipica dei soldati di Calormen.
Affondò, scattando in avanti così all’improvviso che Lucy lo schivò appena. Lei cercò di rispondere al fendente ma riuscì solo a pararlo, percependo lungo le braccia l’attrito vibrante della grossa lama su quella più piccola.
Emeth approfittò dell’attimo di incertezza di lei e alzò la scimitarra, facendo volare in alto la spada di Lucy. Poi le portò la lama appena sotto il mento, ovviamente senza intenzione alcuna di farle davvero del male.
La ragazza si ritrovò a fissarlo negli occhi nocciola, il viso vicinissimo al suo.
“Mai esitare” furono le parole di Emeth, soffocate dal clangore della spada di lei che cadeva al suolo.
“Accidenti…” esalò la Valorosa, ammirata e forse un po’ intimorita.
Si fissarono per qualche istante. Gli occhi azzurri di Lucy splendevano di stupore e Emeth non avrebbe mai voluto smettere di guadarli, di specchiarsi in quei due zaffiri lucenti che l’avevano stregato sin dal primo istante. Non quand’era trasformata in Susan, ma quando l’aveva veduta per sé stessa.
In quel momento, non seppe perché, si ritrovò a pensare che fosse bellissima.
Piccoli ciuffetti rossi le cadevano sulla fronte, sfuggiti alla pettinatura. La camicia bianca e i pantaloni scuri disegnavano la sua figura sempre più matura ogni giorno che passava.
Anche la Regina Susan era davvero splendida, e così Miriel, ma Lucy...per lui aveva qualcosa di più.
Piano, allontanò la lama da lei e l’abbassò.
“Perdonami. Ma tu hai detto di fare sul serio e io…”
Lucy scosse il capo e sorrise. “No, no, niente scuse. Era quello che volevo. Altrimenti non imparerò mai”
“Sei brava. Ti manca solo un po’ di tecnica”
“Lo dicono anche Rip e Edmund”
“Scusate…” li interruppe la voce di Eustace. “Possiamo continuare o volete rimanere lì come due stoccafissi ancora per molto?”
Lucy e Emeth si scambiarono uno sguardo e si resero conto di essere ancora estremamente vicini.
“Lu, perché non ti alleni con Peter?” fece Edmund all’improvviso, piazzandosi tra loro.
“Ah…s-sì, va bene…”
“Peter non c’è” disse Eustace bevendo un sorso d’acqua dal suo bicchiere. “Sta facendo non so cosa con il nostromo”
“Ah, allora vieni tu”
“Io ho appena finito, sono stanco!” protestò il cugino.
“Allora Caspian può allenarsi con Lucy…ma dov’è?”
“Caspian sta facendo il cascamorto con Susan”
Edmund storse il naso. “E ti pareva…”
“Guarda che ti ho sentito!” esclamò il Re di Narnia passandogli vicino proprio in quel momento e assestandogli uno schiaffo amichevole sul collo.
“Ahia! Però è vero, scusa!”
 
 
Con l’avanzare della sera e l’incoraggiante bella giornata tiepida nonostante fosse ormai autunno inoltrato, si pensò di organizzare una cena all’aperto.
In quei momenti ci si dimenticava dei cerimoniali di corte e la traversata riusciva a trasformarsi per qualche ora in un vero e proprio viaggio di piacere.
Non era come all’inizio, purtroppo, quando si riunivano sotto le stelle a pensare a quali fantastiche avventure avrebbero vissuto ancora. L’ombra dei nemici aveva steso un velo di paura su di loro, ormai dovevano stare pronti, le armi sempre a portata di mano, quand’erano invece abituati a non indossarle anche per più giorni di fila.
Non c’era solo la Strega Bianca ad impensierirli, anche Calormen tornava ad incombere su di loro.  Certo, il Veliero dell’Alba aveva guadagnato cammino, ma sapevano di non aver fermato l’Occhio di Falco per sempre, e tutti si chiedevano quando la nave di Rabadash sarebbe di nuovo ricomparsa all’orizzonte.
Speravano anche di avvistare la Stella Azzurra, così da sapere se la rotta era quella giusta e se si stavano avvicinando alla loro destinazione finale. La Stella era la guida del cielo e Miriel spiegò che la sua dimora era vicino alla Fine del Mondo. Ma a molti pareva assai improbabile che fossero già vicini alla Fine, dato che per ora solo una delle sette Spade era in mano loro. Sembrava passata un’infinità di tempo da quando avevano ottenuto la prima, ma tutto sommato, erano appena due mesi.
Il Veliero dell’Alba, in tutto, navigava da quasi novanta giorni.
“A Cair Paravel aspetteranno notizie” disse Drinian, le mani dietro al schiena, mentre era a colloquio con Caspian nella cabina di comando la stessa sera dopo cena, quando gli altri erano già tutti nelle loro stanze.
Il Re era chino sulle carte nautiche e osservava con attenzione la strada percorsa finora. Aveva in programma di farlo quel pomeriggio, ma aveva finito per allenarsi tutto il giorno, prima con Susan e gli arcieri e poi con gli altri spadaccini.
“Avete ragione, capitano” asserì il Re afferrando una pergamena e una penna. “Scriverò a Briscola al più presto e manderò uno dei nostri uccelli viaggiatori a Narnia il prima possibile. Siamo partiti l’ultimo giorno di agosto e avevamo detto che saremmo tornati per la fine di dicembre. Siamo in ottobre, e ho idea che ci vorrà ancora parecchio tempo prima di poter virare e far ritorno a casa.”
Drinian si schiarì la voce. “Perdonatemi Vostra Maestà…”
Caspian alzò il capo e lo guardò, aspettando.
“C’è una questione urgente su cui vorrei di nuovo discutere con voi”
Caspian sospirò stancamente. “Credo di sapere già di cosa si tratta, Drinian” disse, riabbassando gli occhi sul lavoro. “Ma dite pure”
“Ecco, io so che quando siete partito da Narnia, molti tra nobili e sudditi avevano la speranza che sareste tornato con una sposa. Tuttavia, avete rifiutato tutte le proposte avanzatevi finora…”
“E voi sapete il perché” replicò Caspian, intingendo la penna d’oca nel calamaio e cominciando a scrivere. “Avevo già scelto la mia Regina prima ancora di divenire Re e non cambio idea: se non potrò sposare Susan, non sposerò nessuna. Inoltre, non ho mai detto che avrei effettivamente preso moglie in questa traversata. Né tantomeno dopo. Era solo il pensiero altrui.”
“Perdonatemi, Sire, ma vorrei insistere…”
“Non intendo più discutere di questo, capitano, ve l’ho già detto decine di volte” fece Caspian piccato. “Da quando siamo partiti non fate altro che ripetermi sempre le stesse cose. Ma le mie scelte riguardano solo me”
“E’ qui che vi sbagliate” disse Drinian, avanzando di qualche passo verso il tavolo e alzando un poco la voce.
Caspian lo fissò stupito.
“Sire, le vostre scelte influenzeranno anche il regno. Non è qualcosa che potete decidere preoccupandovi solo di voi stesso. Tutto ciò che fate, riguarda anche e soprattutto Narnia”.
Drinian fece una breve pausa e poi riprese subito, approfittando del momentaneo silenzio del Sovrano.
“Voi avete un dovete verso il vostro popolo. Dovete assicurargli pace e stabilità. Ma come potrà mai essere così se la vostra consorte sarà una donna che potrebbe lasciarvi da un giorno all’altro? Non sarà mai una buona Regina, né una buona moglie”
“Non parlate di Susan come se fosse colpevole della sua posizione!” esclamò Caspian alzandosi in piedi di scatto, facendo stridere la sedia sul pavimento. “Lei non vorrebbe andarsene e lo sapete!”
 “Non avrei nulla in contrario, Maestà, se potesse rimanere. Ma sappiamo che non sarà così. Per cui non potete sposarla”
“Non ho mai chiesto la vostra approvazione”
“Ma voi…”
“Chi è ai comandi, Drinian?” chiese il Re all’improvviso, senza guardarlo.
Il capitano vene preso alla sprovvista da quel repentino cambio di argomento.
“Vostra Maestà?”
“Chi c’è al timone in questo momento, se voi siete qui?”
Drinian raddrizzò la schiena. “Oh…Tavros. Tavros è ai comandi, Sire”
“Bene. Prendete di nuovo il suo posto” ordinò Caspian sbrigativo, tornando alla sua missiva.
Aveva assunto un tono così ostile e aveva uno sguardo così furioso che Drinian non aveva mai visto. Sapeva che il giovane sovrano stava reagendo in quel modo brusco non perché fosse un arrogante cocciuto, bensì perché stava soffrendo terribilmente pensando al momento della nuova separazione dalla ragazza che aveva sempre avuto nel cuore.
Lord Drinian voleva bene al suo Re, e proprio per questo doveva cercarlo di farlo ragionare. Voleva il meglio per lui e per Narnia, ed era sempre stato convinto che la Regina Susan non facesse parte di quel meglio.
Conosceva già Caspian quando l’argomento moglie era stato trattato per la prima volta. Drinian aveva sentito parlare sempre e solo di Susan Pevensie. All’inizio credeva si fosse trattato di una forte infatuazione del ragazzo per questa bella e leggendaria Regina di Narnia, ma col passare del tempo aveva capito che era vero amore.
Tuttavia, era un legame non destinato a durare nel tempo.
“Vi prego, non adiratevi, Maestà. Non era mia intenzione farvi innervosire e vi chiedo perdono. Ciò nondimeno, dovete essere ragionevole: non potete sposare la Regina Susan e voi conoscete la ragione: siete già promesso a un’altra”
Caspian posò i palmi delle mani sulla superficie del tavolo di legno, sporgendosi un poco in avanti verso il capitano.
“E voi sapete che tale ragione non sussiste, perché non è mai stato deciso nulla riguardo a quel fidanzamento. Io non ho mai dato la mia parola” esclamò il ragazzo, cominciando ad innervosirsi per davvero. Succedeva sempre quando Drinian si intrometteva nell’argomento ‘Susan’.
“Io sapevo che lei sarebbe tornata, e ora che è qui, tutto quello che è stato detto e fatto non ha più alcun valore”
“Purtroppo non è così” replicò Drinian con espressione incerta. “Le vostre nozze sono già fissate.”
“Non è possibile. Io…io non ho mai dato la mia parola” ripeté Caspian.
“Maestà, il duca di Beruna ha agito in vostra vece e ha stabilito che vi sposerete non appena tornato a Narnia”
Caspian sbarrò gli occhi scuri e sentì le gambe cedergli.
“E’ assurdo…è assurdo!” gridò, quasi senza accorgersene.
“Il duca ha già organizzato tutto ma ha fatto promettere di non dire nulla così che Vostra Maestà potesse concentrarsi solo sul suo viaggio e il suo dovere”
Caspian si passò una mano tra i capelli, dando le spalle a Drinian. Poi si rivoltò verso di lui, parlando a fatica tanto era il suo sconcerto.
“Avete permesso che un altro desse il suo consenso in mia vece, per farmi sposare una donna che non ho neppure mai visto e della quale non m’importa nulla?!”
“Sono desolato…”
Caspian fece il giro del tavolo e si piazzò davanti a Drinian, guardandolo negli occhi. Il suo tono di voce si alzò notevolmente.
“E tu lo sapevi e non mi hai detto niente?!”
“No”. Drinian abbassò il capo, assumendo un atteggiamento remissivo. “Non l’ho fatto per due motivi: uno è quello che già conoscete, e l’altro è perché volevo che capiste: voi siete il Re! E dovete porre dinanzi ai vostri desideri quelli del regno”
“Ma prima di tutto sono una persona, Drinian! Sono un uomo!” protestò il giovane, adirato. “Anch’io ho il diritto di essere felice!” gridò Caspian, respirando affannosamente tanto era furioso. Cercò di controllarsi ma non ci riuscì. “Non m’importa se verrò meno alla parola data. Non m’importa cosa diranno gli altri. Non m’importa se non è da re. M’importa solo di lei”
Sapeva che quello che aveva detto forse era sbagliato, ma era la verità.
Drinian avrebbe voluto insistere ancora, ma non aggiunse altro.
“Ora andate, capitano” disse il Re, cercando di calmarsi. “E vi prego di non parlarne più. Ne con me ne con nessun altro.”
Drinian chinò il capo e fece per lasciare la cabina.
“Solo un’ultima cosa, Maestà” aggiunse ancora il capitano, rivoltandosi un momento soltanto. “Incontrerete la vostra futura sposa tra le ultime terre del mondo. Vi consiglierei pertanto di porre fine alla vostra relazione con la Regina Susan il prima possibile e dirle tutto quanto. Per quanto non lo vogliate, Sire, non potete tirarvi indietro. Probabilmente, questo è il volere di Aslan. E se davvero amate Susan, se vi importa davvero di lei, lasciatela libera di vivere la sua vita. Non fatela soffrire, non lo merita.”
Detto ciò, Drinian si chiuse la porta alle spalle.
Caspian rimase lì in piedi per qualche istante, immobile, poi tornò al tavolo e prese la cartina delle Nuove Terre. Dopo un secondo, la strinse tra le mani e la gettò a terra con un grido soffocato.
Drinian aveva ragione su una cosa: non poteva raccontare bugie a Susan, non su una cosa così importante. Non le aveva mai detto niente del suo mancato fidanzamento perché non lo riteneva importante. Perché aveva già deciso di dire no ancor prima che lei tornasse.
Non poteva sposare un’altra.
Nessuna è te, nessuna sarà mai te…
Ma tutti sembravano essere contro di loro: Peter, Drinian, forse Aslan. E i lord a Cair Paravel e Briscola…Erano soli contro il mondo.
Ma ci doveva essere una soluzione! Altrimenti, per cosa aveva lottato in tutto quel tempo? A cosa era servito tutto quello che aveva sofferto? E  l’attesa, la felicità nell’averla ritrovata…E tutto quello che lui e Susan avevano fatto insieme, tutti i loro momenti, le risate, le promesse scambiate…inutile, tutto inutile. Non significava più nulla, perché lui era promesso a un’altra…
“NO!!!” gridò, stavolta più forte,  sbattendo un pugno sul tavolo, rabbioso, facendo rovinare a terra alcuni fogli e oggetti.
“Caspian!” esclamò allarmata la voce di Susan.
Lui si voltò e la vide chiudere in fretta la porta e precipitarsi da lui. “Che cosa è successo?”
“Nulla…ahi!”
Susan afferrò la sua mano e solo allora lui si accorse di essersi ferito leggermente, forse con la punta affilata di una delle penne d’oca.
“Sta più attento” lo ammonì lei dolcemente, prendendo un fazzoletto e asciugando il sangue. “E’ già passato…”
Caspian si allontanò bruscamente da lei e chiuse a chiave la porta.
“Cosa stai…?” ma Susan non finì mai la frase, perché dopo un attimo lui la prese tra le braccia, togliendole il fiato, iniziando a baciarla con foga.
“Fai l’amore con me” sussurrò Caspian, guardandola con una strana luce negli occhi.
Il cuore di Susan prese a martellare così forte da farle male.
La sollevò con decisione, allacciandole le mani dietro la schiena e stendendola sul divano in fondo alla stanza, avventandosi di nuovo e subito sulle sue labbra.
C’era qualcosa in lui, qualcosa di diverso…nel modo di baciarla, di accarezzarla, di stringerla a sé. Caspian era premuroso e dolcissimo come sempre, ma anche più possessivo.
Ma Susan non ebbe il tempo di riflettere troppo a lungo, perché i pensieri si confusero, la ragione scomparve, completamente persa nel turbine di emozioni che Caspian le stava facendo provare.
Susan non protestò in nessun modo, non replicò, non disse nulla. Lo lasciò semplicemente fare quello che voleva.
Infine, lui le sciolse i capelli, togliendo piano il fiore blu che ormai lei portava sempre e posandolo delicatamente da parte prima di unirsi a lei.
Perché doveva andare in quel modo? Perché non poteva vivere un attimo di felicità insieme a Susan ed evitare che questo si trasformasse sempre e comunque in dolore?
Il fatto che lui non avesse dato la sua parola doveva contare qualcosa, dannazione! Eppure, tutti parlavano come se non ci fosse più soluzione. Come se davvero il destino fosse già tracciato.
Destino…sempre questa parola. Sempre questo maledetto destino!
Ma il ritorno a Narnia di Susan e Peter non era una prova tangibile che non era già stabilito? La volontà e le loro preghiere avevano modificato il corso degli eventi. I due fratelli non sarebbero mai dovuti ritornare, eppure erano lì. E se Aslan fosse stato contrario al loro ritorno di certo sarebbe intervenuto. Invece…invece non lo aveva fatto, anzi, li aveva aiutati in più di un’occasione, era apparso a tutti loro sull’Isola delle Voci.
Appoggiò la testa sul suo petto, stanco, chiudendo gli occhi e ascoltando i loro respiri accelerati, il battito del cuore di lei.
Susan gli posò un bacio delicato sulla fronte, passando le dita tra i suoi capelli scuri.
“Io ti amo” fu il sussurro appena udibile della Regina.
Caspian aprì gli occhi e la strinse, guardandola a lungo.
“Sei qui con me?” chiese la ragazza dopo un attimo, passandogli una mano sul viso.
Sembrava lontano con la mente…perso in chissà quali pensieri.
“Sì…sì, scusami” disse lui, baciando piano la sua pelle.
“Cosa c’è?”
Lui serrò le labbra per un secondo e poi le piegò in un lieve sorriso. “Niente”
La strinse forte, facendola pian piano scivolare sopra di sé. Si appoggiò su un gomito e la guardò ancora. Susan aveva chiuso gli occhi e si era accomodata sul suo braccio, il suo respiro caldo gli faceva il solletico sul collo. Attorno a loro il silenzio più completo, solo il rumore del mare, lieve.
“Sue…” la chiamò dopo molto tempo. “Susy?”
Credette si fosse addormentata non vedendola rispondere, ma dopo un attimo lei aprì gli occhi stanchi.
“Mmm?”
La sentì tremare leggermente. “Hai freddo?”
“Un po’…”
“Vuoi andare in camera?”
Le si mosse un poco. “Che ore sono?”
“Tardissimo.”
Susan fece per alzarsi  “Sarà meglio andare, allora”
“Aspetta” la fermò Caspian.
Lei lo guardò interrogativa. “Ma che cosa c’è? Sei strano…”
“Non ho niente. Non preoccuparti”
“Caspian, lo capisco quando hai qualcosa che non va. E se posso aiutarti…”
Susan era seria, ma lui non poteva dirglielo…non in quel momento. O forse mai.
Il giovane sospirò. “Ho discusso con Drinian a proposito di una cosa…”
“Ti prego, dimmi che non sono io la causa della discussione”
Susan lo guardò implorante, ma Caspian abbassò lo sguardo.
“Non è nulla, non ti preoccupare” la tranquillizzò immediatamente, abbracciandola e nascondendo il viso nei suoi lunghi capelli “Lo sai com’è fatto”
“Sei sicuro che sia solo per questo?”
“Sì…sì, non c’è nulla di cui ti devi preoccupare. Non è niente, Susan. Niente”

 
 
 
Hello everybody! Come state questa settimana?
Io bene, ed ecco che vi presento il capitolo N° 24! Sono moooooolto contenta di com’è riuscito, forse un po’ lunghetto, ma ormai quasi tutti i capitoli raggiungono le 15 pagine.
Mi sono scatenata con le scene Suspian, però era tanto che non ce n’erano di così…come si può dire…cariche di amore e passione? XD Waaaaaaaaa!!!!!!!!!! Io però non voglio sulla coscienza nessuno, spero che nessuno sia morto…! IO SI’!!! Ma ormai muoio e resuscito un minuto sì e uno no, quindi mi sono munita di sali rinvenenti. Chi ne vuole, chieda pure.
Nelle recensioni, sbizzarritevi! Più fuori di testa sono, meglio è!!! XD
Purtroppo non sempre riesco a fare tutto quello che vi prometto...Scusate, non vogliatemene! Vedi Shanna ad esempio, che non è comparsa, ma mi premeva troppo mettere la conversazione tra Peter, Caspian e Susan. E la scena degli allenamenti, dove la parte di Suspian è ovviamente ispirata alla scena che hanno eliminato dal Principe Caspian…NOOOOOOOOO!!!!!!!!! Maledettiiiiiiiiii!!!!!!!!! Era una delle più belle!!! T________T

 
 
Ringraziamenti:

Per le preferite:
ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, piumetta, SrenaVdW, susan the queen, The Freedom Song e tinny
 
Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, dalmata91, Miss Hutcherson e postnubilaphoebus.
 
Per le seguite: Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, LenShiro,  Luna23796, Mari_BubblyGirls, piccola_cullen, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, The Freedom Song, yondaime, Yukiiiiii e _Autumn
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, EstherS,  FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon,  KingPetertheMagnificent, piumetta, SerenaVdW,  The Freedom Song,
e tinny
 
Angolino delle anticipazioni:
Penso di far apparire Shanna e anche la Strega, forse, nel prossimo capitolo.
I nostri eroi sbarcheranno su una nuova isola e stavolta toccherà a Peter o a Edmund vedersela con i propri incubi. Non so se seguire il film o no…perché se fosse così mi concentrerò su Ed…vedremo cosa verrà fuori.
Susan scoprirà il segreto di Caspian? Non ancora, ma sarà sempre più preoccupata dal suo strano atteggiamento.
 
L’altro giorno, riguardando i miei appunti di Queen, ho cercato di fare un calcolo approssimativo di quanto ancora potrebbe durare…e non lo so XD Forse la storia sta andando un po’ a rilento, no? Hanno trovato solo una Spada, c’è ancora un sacco di roba da fare!!! Penso, quindi, di poter confermare che la storia andrà avanti ancora per tutta l’estate! Non vi libererete di me tanto facilmente, cari!! Ahahahah!!!
Alla prossima gente! Un bacione grosso così!
Susan<3

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Capitolo 25
*** Capitolo 25: L'Isola delle Acque Morte ***


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25. L’Isola delle Acque Morte

 
 
 
Il mattino seguente, Emeth si alzò di buon’ora e salì sul ponte ad allenarsi con la spada.
Era consapevole che accettando di rimanere a bordo del Veliero dell’Alba sarebbe andato incontro all’ostilità di diversi membri dell’equipaggio, ma non credeva che la cosa lo toccasse così tanto.
La maggior parte dei marinai non gli rivolgeva nemmeno la parola.
Cercò di non pensarci troppo, anche perché i Re e le Regine lo trattavano bene e lui aveva promesso a se stesso che sarebbe rimasto con loro finché non fosse riuscito a sdebitarsi. Tuttavia, c’erano momenti in cui desiderava essere ancora a bordo dell’Occhio di Falco. Si sentiva fuori posto lì. I suoi compagni gli mancavano e poi…gli mancava suo padre. Sperava con tutto il cuore che stesse bene e che un giorno avrebbero potuto ritrovarsi.
Guardò il sole splendere, il pulviscolo dell’alba oro e rosa e il cielo che pian piano diveniva azzurro chiaro. La giornata si annunciava più calda delle precedenti.
Novembre iniziava quel giorno, ma nell’Oceano Orientale c’erano almeno venti gradi. Era abituato al caldo essendo nato e cresciuto nel deserto.
Rimise la scimitarra nel fodero e salì sul drago d’oro, fissando l’orizzonte, chiedendosi cosa avrebbe fatto d’ora in poi e pensando a cosa lo attendeva. Non poteva far più ritorno a Calormen. Continuava a ripeterselo in continuazione per convincersene, tanto gli sembrava impossibile.
I primi marinai uscirono dal boccaporto per mettersi al lavoro. Chi aveva fatto l’ultimo turno di notte sbadigliò e percorse la stessa strada all’inverso per poter scendere e finalmente riposare.
Emeth si voltò a guardarli appena, rimanendo seduto dov’era senza farsi notare. Anche sull’Occhio di Falco aveva l’abitudine di restare spesso solo, così come a Calormen, quando dall’alto del palazzo di Tisroc guardava le cime dei monti di Archen e immaginava le terre del nord al di là di essi.
Osservò per alcuni minuti ancora l’ultimo spicchio di luna ancora vagamente visibile, le ultime stelle che sfumavano fino a sparire…e poi la vide: una striscia piatta e scura che poteva essere solo…
“Terra!” gridò Emeth alzandosi in piedi e voltandosi verso il basso.
I marinai si girarono tutti nella sua direzione.
“Laggiù!” gridò di nuovo il ragazzo, e subito ci fu un correre e vociare da ogni angolo della nave.
I marinai si congratularono con Emeth e la sua buona vista, concedendogli qualche sorriso.
Poco dopo furono tutti in coperta, i Sovrani ancora avvolti nelle vesti da camera. Caspian si avvicinò al soldato e gli diede una pacca sulla spalla.
“Bravissimo, Emeth. Se non fosse stato per te nessuno l’avrebbe notata”
L’isola, infatti, si trovava alla destra del veliero, piccola e scura in lontananza. Drinian ribadì che c’era davvero la possibilità di non accorgersi della sua esistenza, a causa della foschia bassa che era scesa sul ponte (niente a che vedere con la nebbia verde, si trattava solo di quella bruma che accompagna talvolta l’alba). Se quel mattino Emeth non si fosse alzato di buon’ora e non fosse salito sul drago, avrebbero superato l’isola senza rendersene conto.
“Sarebbe stato un bel guaio” commentò Edmund. “Immaginatevi se là ci fosse uno dei Lord di Telmar e la sua Spada”
 “Ed, Peter” chiamò Caspian, “Per favore, cominciate a organizzare il tutto per quando arriveremo, io devo finire assolutamente la lettera per Briscola entro stamattina”
“Ma non l’avevi scritta ieri sera?” chiese Edmund perplesso. “Quanto tempo ti ci vuole?”
“B-bè…” fece Caspian ravviandosi i capelli all’indietro, “ho avuto altro da fare…” mormorò scoccando un’occhiata automatica a Susan poco dietro di loro.
I due fratelli Pevensie si misero al lavoro e il Liberatore tornò in cabina di comando. Nel far questo  passò accanto a Drinian e i due si scambiarono un’occhiata appena.
Susan lo notò e sperò tanto che non avessero discusso di nuovo a causa sua.
“Mi sento in colpa, Lu” confesso alla sorella minore, mentre facevano colazione. “Tutto quello che faccio non va bene. In ogni cosa che mi riguarda, qualcuno finisce sempre col litigare”
“Ma non è colpa tua” affermò la ragazzina. “Non parlare così. Se ti sentisse Caspian si arrabbierebbe.”
“Sì, però…insomma, se si trattasse solo di me non me ne importerebbe. Ma non voglio ci vada di mezzo lui. Prima Peter, adesso anche Drinian” Susan sospirò. “Caspian mi difende sempre e io per lui non faccio nulla. Gli do solo preoccupazioni”
“Questo non è affatto vero”. Lucy la guardò attentamente. “E’ per caso successo qualcosa?”
Susan la fissò un momento in silenzio. “Bè…non proprio. Non lo so. Ieri sera però, Caspian si è comportato in modo molto strano…”
D’un tratto arrossì, ripensando alla notte trascorsa con lui.
“Susan…” fece Lucy.
La Regina Dolce vide che sul suo viso si disegnava un sorriso. “Sì?”
“Miriel ha detto che ieri sera sei rientrata molto tardi. E sai, voleva venire a cercarti, ma io le ho detto che sicuramente eri in buone mani e di non preoccuparsi”
“Lu…io…”
“Non mi devi dire niente, Susan. Io sono tanto contenta per te e Caspian. Ho sempre saputo che sareste stati insieme” sorrise la Valorosa. “Quello che fate non sono fatti miei. Io di certo non mi scandalizzo come Edmund”
Le due sorelle risero, ripensando alle passate scenate di loro fratello.
“Comunque…volevo chiederti una cosa da un po’ di tempo” riprese Lucy.
“Dimmi”
“Ecco…tu e Caspian vi sposerete, un giorno, vero?”
Susan la fissò stupita, presa alla sprovvista. Cercò di intuire dall’espressione della sorella se Peter le avesse accennato qualcosa a proposito del matrimonio.
Non sembrava che Lucy sapesse, perché subito dopo aggiunse: “No, sai, perché…a volte mi immagino come sarebbe se tu ti sposassi” La Valorosa si morse un labbro, vergognosa. “Ho sempre pensato che mi piacerebbe tantissimo farti da damigella e camminare lungo la navata della cappella del palazzo. Magari anche con Miriel e Gael, tutte vestite di rosa, con un bouquet di rose; e poi tu che arrivi con uno splendido abito bianco e Caspian all’altare che ti aspetta; Ed e Peter che vi fanno da testimoni e magari Aslan che celebra la cerimonia! E, naturalmente, ci sarebbe anche Emeth tra gli invitati, e Rhynce, e Drinian e…”
Susan rimase molto stupita e sorrise felice. Almeno, quando anche gli altri l’avrebbero scoperto, avrebbe avuto l’appoggio di Lucy e per lei voleva dire molto.
“Oh scusa, sto dicendo un mucchio di sciocchezze, lo so!” fece Lucy, coprendosi gli occhi con le mani per un attimo e quello dopo tornando a guardare la sorella. “Però sarebbe tanto bello…”
“Lucy, io credo che tu mi abbia appena descritto il tuo matrimonio, non il mio”
“Oh!”
Susan fece un’espressione furba. “E lo sposo chi sarebbe, sentiamo?”
“Ma…non so…”
In quel momento, Emeth entrò nella stanza e s’inchinò. “Mie signore” le salutò.
“Emeth” fece la Regina Dolce con un cenno del capo.
“Perdonatemi, Susan, se interrompo il vostro pasto, ma volevo domandarvi se potete chiedere a Re Caspian di concedermi un momento del suo tempo. Desidererei parlargli di una cosa”
“Certo. Se vuoi glielo dico subito” disse lei alzandosi.
“Lo apprezzerei molto, grazie”
Emeth si volse e sorrise a Lucy ma lei non ricambiò come al solito. Rimase a fissarlo per qualche secondo. Era molto rossa in viso e lui si preoccupò.
“Non stai bene? Sembri accaldata”
Lucy sgrano gli occhi azzurri, terrorizzata, e senza dire nulla schizzò fuori dalla porta.
Il povero soldato era alquanto confuso. “Ho detto qualcosa?”
Susan sospirò. “No, non ti preoccupare. Dalle qualche minuto e tornerà come prima. Credo debba solo rendersi conto di una cosa”
Il ragazzo non capì cosa la Regina volesse dire e scosse brevemente la testa.
Lei, dal canto suo, pensò per un attimo che, dopotutto, avere Emeth in famiglia non le sarebbe dispiaciuto…
Poco dopo si avviò verso la cabina di comando. L’aveva lasciata da poche ore in verità ed aveva il forte sospetto che Caspian non l’avesse lasciata affatto.
La notte scorsa aveva scorto qualcosa nella profondità dei suoi occhi, un lato di lui che ancora non conosceva, un emozione così forte da non sapergli dare un nome. Non era solo la preoccupazione, era un sentimento più profondo. Lo conosceva troppo bene per credere che si trattasse soltanto di una superflua discussione. Era successo qualcos’altro, ne era sicura.
Tuttavia, la reticenza del giovane l’aveva spinta a non insistere. Aveva capito che era una questione che voleva risolvere da solo, e forse non voleva coinvolgerla per il fatto che tale questione riguardava anche e soprattutto lei. Probabilmente, Caspian aveva paura di farla soffrire in qualche modo, ma Susan ormai era corazzata contro gli ‘attacchi’ di Drinian.
Quando entrò nella stanza dopo aver bussato una volta, vide che il Re era già chino sul lavoro.
“Ti disturbo?”
Lui sollevò la testa. “Sue…no, certo che no. Perché hai bussato?”
“Perché mi sembrava giusto”.
Lei avanzò fino a lui. Caspian si alzò. Solo il tavolo li separava.
Rimasero a guardarsi per qualche istante, in silenzio. Non riuscivano a staccare gli occhi l’uno dall’altra, fin troppo consapevoli della reciproca presenza, colpevole la memoria della passione che aveva invaso quella stanza la notte precedente.
Era stato diverso dalle altre volte. Era stato travolgente. Ogni inibizione era crollata, ogni cosa dimenticata come fossero soli al mondo, e lui era stato…
Susan fremette al ricordo, sentendosi alquanto sconveniente. Ma in fondo cosa c’era di male? Lui l’aveva amata e lei lo aveva riamato a sua volta.
Fece correre inconsciamente lo sguardo si di lui: quelle mani l’avevano accarezzata in ogni punto del suo corpo, quelle braccia l’avevano stretta così forte da farle male, quegli occhi l’avevano cercata, quelle labbra l’avevano baciata, ancora e ancora.
“A-ascolta, Emeth ti sta cercando. Deve dirti qualcosa” esordì lei dopo un attimo, deglutendo.
“Sì, anche ieri sera voleva parlarmi” rammentò il ragazzo all’improvviso.
Emeth era venuto da lui poco prima di Drinian, solo che poi era arrivata Susan e…
Ripresero a parlare quasi contemporaneamente.
“Senti, Caspian, volevo dirti che…”
“Perdonami” disse il Re abbassando il capo.
Susan corrugò la fronte. “Cosa?”
Notò che l’espressione di lui non era cambiata. Non era il solito Caspian.
Anche il giovane cercò qualcosa negli occhi di lei, rimprovero forse, ma non ve ne trovò.
Il Re si raddrizzò di nuovo, facendo qualche passo verso di lei. Tirò un sospiro. “Volevo chiederti scusa per il mio inqualificabile comportamento di ieri sera”
“Oh…” fece Susan, trattenendo il respiro per un secondo. “Ma…non capisco, però. Perché mi chiedi scusa?” chiese perplessa.
Cosa gli veniva in mente? Non aveva fatto nulla, se non farla sentire bene come mai prima d’ora.
“Perché io…non ti ho trattata con rispetto. Non…”
“Che dici?” esclamò Susan incredula. “Caspian…Non è vero. Sono stata benissimo ieri sera. Davvero” aggiunse, posandogli una mano sul braccio e lui subito la strinse nella sua.
Oh, lei era così dolce, così meravigliosa…e lui l’aveva desiderata con un impeto più intenso di quel che avrebbe creduto possibile. Lui stesso si era stupito della propria condotta.
Forse, fare l’amore per rabbia non era servito a farlo sentire meglio, ma quando l’aveva vista arrivare non si era controllato. Certo era che se non fosse venuta lei da lui, Caspian sarebbe andato a cercarla.
E Susan non si era ritirata, ma si era abbandonata a lui concedendogli tutta se stessa come non aveva mai fatto.
E la passione era scoppiata, travolgente, impetuosa, bruciante come il fuoco. Non c’era più stato dolore, paura, vergogna, niente…solo l’amore. Le loro mani intrecciate, i loro occhi incatenati, il calore, i loro respiri…
“Caspian” lo chiamò lei, piano, accarezzandogli il braccio. “Non chiedermi scusa”
Lui la guardò e lei gli sorrise.
“Susan, io so che sono stato…”
Lei gli mise un dito sulle labbra. “Nell’amore non c’è dolore. Nell’amore non c’è vergogna. Noi ci amiamo e quello che è successo è…naturale”
Il ragazzo baciò la sua mano e se la portò sul viso. “Il fatto è che voglio che tu stia con me. Voglio che tu sia mia”
“Ma io sono tua” disse lei con calma e sincerità, perché era ovvio, non c’erano dubbi.
“Sì, lo so…” sussurrò Caspian, chiudendo gli occhi e inspirando il profumo della sua pelle, baciandole ancora il palmo della mano. Lei gli accarezzò il viso.
“Voglio stare con te, Susan. Sempre. In ogni istante. Quando non sei con me è come se mi mancasse l’aria”
“Anche per me è così, e…personalmente” ammise la Regina Dolce, e stavolta toccò a lei abbassare lo sguardo, “personalmente vorrei che tutte le notti potessero essere come quella di ieri”
Si guardarono a lungo, emozionati, finché lei non liberò la mano da quella di lui e lo abbracciò. Caspian la tenne stretta e le accarezzò i capelli scuri, poggiando la testa su quella di lei. Sentiva il suo cuore battere contro il proprio, all’unisono. Sarebbe sempre stato così. Sempre.
“Amore mio, dimmi cos’hai” la sentì sussurrare a un tratto.
Il giovane s’irrigidì un poco. “Niente. Non ho niente”
Lei si separò dall’abbraccio e lo guardò con espressione leggermente preoccupata. “Hai un’aria strana. Non sei tu”
Lui cercò di sorridere. “Come sarebbe? Non essere sciocca…”
“Non trattarmi tu da sciocca, per favore. Non dirmi che non c’è niente, perché non è così, lo so”
Caspian allontanò lo sguardo da quello fermo e risoluto di lei, e rimase in silenzio.
Susan gli strinse la camicia. “Senti, non voglio per forza sapere cosa vi siete detti tu e Drinian, solo…dimmi che non c’è niente di grave”
“Ma no” rispose lui, passandole una mano nei lunghi capelli, spostandoglieli dalla spalla. “Cosa te lo fa credere?”
“Perché sei triste. E arrabbiato. E anche qualcos’altro che non riesco a capire”
Cercò di leggere ancora una vota negli occhi di lui quel che non le era chiaro, ma Caspian non glielo permetteva.
“Forse hai ragione tu” ammise lui molto seriamente. “Forse sono triste e arrabbiato, ma non per causa tua, chiaro? E’ tutta la situazione. L’incertezza della nostra missione, le difficoltà che abbiamo affrontato e che sicuramente affronteremo ancora. Certe volte non mi sento all’altezza del mio ruolo. Penso e faccio cose sbagliate, cose che non sono per niente adatte a un Re, e ho paura di somigliare sempre meno a mio padre e sempre più a mio zio”
Susan lo guardò dolcemente e si allungò per baciarlo sulle labbra.
“Io non ho conosciuto tuo padre, ma ho sentito tanto parlare di lui da quando sono a bordo del Veliero dell’Alba. So che era un uomo buono e gentile, e che era il migliore dei Caspian tanto da aggiudicarsi il nome di Misericordioso”
Caspian sorrise lievemente, annuendo.
“Bè, in te vedo gentilezza e bontà. Miraz non era né l’uno né l’altro. E se qualche volta vieni meno ai tuoi doveri non è colpa tua. Hai solo diciannove anni, per cui credo sia normale. Durante i primi anni del nostro regno, anch’io e i miei fratelli commettevamo tanti errori. E anche quando siamo diventati adulti, certe volte ci comportavamo proprio come bambini cresciuti, più che come Re e Regine”
“Sul serio?”
“Ma certo”
Caspian si rilassò. Gli piaceva sentirla parlare dell’Età d’Oro.
Poi le prese il volto tra le mani e ricambiò il bacio di poco prima. “Grazie, Susan”
“Non voglio assillarti, ma sono preoccupata”
Lui si specchiò nei suoi occhi “Ti ripeto che tu non devi preoccuparti di niente”
Lei scosse piano il capo. “Non posso. Non posso farne a meno. Inoltre, dividere la vita con una persona significa dividere con lei anche i problemi. Dovrò prendermi cura di te come tu di me”
Caspian rise piano e la baciò ancora. “Non potrò mai farti capire davvero quanto ti adoro.”
“Io lo capisco senza che tu me lo dica. Me lo dimostri ogni giorno, in tutto quello che fai”
Lui le prese ancora il volto tra le mani e catturò i suoi occhi azzurri guardandola intensamente.
“Susan, ti amo…E ti prometto che quando avrò sistemato tutto ti dirò ogni cosa. Dammi un po’ di tempo, d’accordo?”
“D’accordo” disse lei e poi tornò ad abbracciarlo e a rispondere ai suoi baci dolci.
Il problema era quando la cosa si sarebbe risolta. Non poteva tenerglielo nascosto per sempre, ma allo stesso tempo voleva. La verità era che nemmeno lui sapeva cosa fare e come affrontarla. Era un vicolo cieco. Non sapeva come uscirne.
Improvvisamente, il ritrovarsi stetti l’uno all’altra, soli, cullati dal rumore delle onde, il chiacchiericcio sommesso dell’equipaggio, riaccese in loro la voglia di sentirsi ancora più vicini.
Ci fu un rumore di passi fuori nel corridoio, e i due innamorati si ricordarono all’improvviso dov’erano e che non erano soli.
“Forse è meglio che ci fermiamo un attimo” disse lei.
“Sì, credo di sì”. Caspian appoggiò la fronte a quella di lei e rimasero stretti ancora qualche istante.
Si guardarono, vicinissimi, gli occhi socchiusi. Lui avvicinò nuovamente le labbra a quelle di lei, pronto per baciarla ancora.
Susan adorava quell’attesa, quando vedeva il suo viso riflesso negli occhi di lui, sentiva il suo respiro e il suo profumo. Certe volte l’attesa era forse meglio del bacio in sé. Forse…
“Dovresti finire quella lettera…” sussurrò Susan, pianissimo.
“Un istante solo…”
Un istante, già…Grosso errore.
Edmund entrò all’improvviso spalancando la porta. “Caspian, scusa, io e Peter volevamo sapere se...”
Il Re e la Regina si separarono subito, sussultando per lo spavento.
Edmund corrugò la fronte. “Che cosa stavate facendo in pieno giorno?!”
“N-niente!” esclamarono in coro Susan e Caspian, scambiandosi uno sguardo imbarazzato.
“Susan! Svergognata che non sei altro!”
“Ma che cosa vuoi, adesso?!”
“Brutti sporcaccioni! Possibile che non ce la fate proprio a non spupazzarvi appena siete soli?!”
“Che cos’è che facciamo?!” chiese Caspian molto perplesso, mentre Susan si batteva una mano sulla fronte.
“Edmund, per favore…”
“Ah-ah!” esclamò Edmund puntandogli un dito contro. “Allora lo ammettete! Siete scandalosi! Questa è una nave rispettabile!”
“Adesso basta…” disse Susan, andando verso il fratello con aria minacciosa. “Sono stufa di ascoltare i tuoi insulti!”
“Oh, frena, che fai?! Aiuto!”
Edmund schizzò come una molla e cominciò a correre, la sorella alle calcagna, mentre Caspian non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Edmund si allontanò. Pareva arrabbiato ma in realtà era solo molto imbarazzato.
Susan gli corse appresso. “Dai, non mettere il muso! Stavolta te la sei proprio cercata”
Si arrampicarono sulla coda del drago, osservando la nuova isola che si avvicinava.
Il ragazzo mugugnò qualcosa. Susan sorrise e si appoggiò al parapetto.
“Credi davvero che io mi comporti così male?” chiese lei seriamente dopo un attimo. “Insomma… che sia troppo sfacciata?”
Edmund si appoggiò alla ringhiera accanto a lei. “No, certo che no. E’ che a volte mi sembra ancora strano che mia sorella e il mio migliore amico stiano insieme. Non so perché” ammise lui.
“Per questo tutte le volte reagisci come se ti avesse appena punto una medusa?”
Edmund fece di nuovo la faccia scura. “Uhm…mmm…mgh…”
Susan corrugò la fronte. “Non ho capito una parola”.
“Niente…Ehm, però senti…è un po’ che penso a una cosa”
“Avanti” lo incoraggiò la sorella.
A quanto pare quella era la mattina delle confessioni. Prima Lucy, ora Ed. Non era insolito, comunque, era sempre stato così: se c’era un problema si andava da Peter automaticamente (o se era qualcosa di più grave, da mamma e papà), ma Susan era di certo la più adatta  per quanto riguardava segreti e confessioni: discreta, paziente e premurosa. La confidente ideale.
Chissà che anche Peter non fosse venuto a parlare con lei nel corso della giornata- pensò Susan- magari a darle la risposta tanto attesa riguardo al matrimonio.
“Tu non tornerai a casa con noi, non è vero?” disse infine Edmund, gli occhi scuri velati di tristezza.
La ragazza lo fissò per qualche istante in silenzio, poi abbassò la testa e fece cenno di no col capo. “No, non tornerò. E il perché credo tu lo immagini”
“Il perché è al timone al momento, vero?”
Entrambi spostarono lo sguardo in quella direzione. Caspian stava accanto a Drinian, binocolo alla mano, forse per calcolare quanta distanza c’era tra loro e l’isola.
Susan sorrise. “Sì, esatto”
Edmund annuì e le rivolse uno sguardo strano. “Non so come la prenderà Peter. E tantomeno Lucy e Eustace”
“Peter lo sa già” gli confessò lei, ma senza accennare in alcun modo alle nozze.
“Immagino che sia andato su tutte le furie”
“No, in realtà ha reagito meglio di quanto mi aspettassi”
“Meglio così…”
“Ed…” Susan era titubante. “Tu…”
“A me va bene. Insomma, se tu sei felice…va bene. Sinceramente, credo sia la cosa migliore per entrambi- tu e Caspian, intendo. I primi giorni che io Lu e Eustace eravamo a bordo della nave, ho notato che non era lo stesso amico che avevo lasciato. Sembrava gli mancasse qualcosa e ora so cos’era: gli mancavi tu”
“Oh, Edmund…”
“Ma da quando sei arrivata, lo vedo sereno come non mai. E anche tu sei tornata te stessa. A casa non sorridevi più, piangevi in continuazione - non negare, lo so anche se tu non ti facevi vedere. Mangiavi pochissimo e non avevi più voglia di uscire. Ora sei sempre allegra e anche se ci sono dei problemi, tu li affronti al meglio. E non è solo Narnia, il merito è anche di Caspian”
Susan era davvero stupita da quel nuovo lato che Edmund stava mostrando. Si stava trasformando pian piano (o ritrasformando, secondo i punti di vista) nel giovane uomo che lei aveva già conosciuto durante l’Epoca d’Oro: Edmund il Giusto, Re di Narnia.
Stava crescendo, il suo piccolo scavezzacollo, il disastro di casa Pevensie.
Tutti loro, in modo differente rispetto alle precedenti avventure, stavano cambiando in meglio loro stessi, acquistando sicurezza, consapevolezza di sé in maniera più piena, del proprio ruolo, delle proprie capacità.
Erano tutti molto giovani, certo, ma lì a Narnia era tutto diverso. A sedici anni lei era già considerata una donna e tale si sentiva; e così Peter a diciassette era un uomo, e presto sarebbe stato lo stesso per Lucy e Edmund…e forse per Eustace, se solo si fosse deciso ad aprire gli occhi e capire che ormai era anche lui parte di Narnia come tutti loro.
Erano diversi dai loro coetanei. La straordinaria esperienza vissuta durante il primo viaggio in quel regno incantato li aveva cambiati per sempre. Inutile negare che c’erano momenti in cui in Inghilterra si sentivano fuori posto. Perché quando si è Re o Regina di Narnia, si è sempre Re o Regina…indipendentemente da quanti anni tu avessi o in quale mondo abitassi.
“Non dirlo a Lucy e Eustace, per ora” gli chiese Susan dopo un po’.
“No, certo. Penso che prima o dopo lo capiranno da soli, comunque”
Lui le mise un braccio attorno alle spalle e Susan lo abbracciò forte. “Mi mancherete da morire”
 
 
Emeth riuscì finalmente a parlare con Re Caspian poco prima dello sbarco sulla nuova isola. Gli premeva molto chiarire una questione non solo con il Liberatore, ma anche con tutti gli altri.
“Vostra Maestà è stata molto generosa con me, tutte le Loro Maestà lo sono state, ma non vorrei assolutamente essere motivo di contrasto tra voi e il vostro equipaggio”
“Non devi pensare questo” disse Caspian con serietà. “Forse gli uomini non si sono ancora abituati alla tua presenza, ma col passare del tempo vedrai che le cose miglioreranno”
“Perdonatemi Maestà, ma non potrò rimanere a bordo del Veliero dell’Alba per sempre. Prima o dopo dovrò cominciare la mia nuova vita, e il più lontano possibile da Calormen. Permettetemi pertanto di lasciare la nave non appena raggiungeremo l’isola”
“E dove andrai?” proruppe Lucy prima di chiunque altro. “Che cosa farai?”
Sentì il cuore cominciare a batterle forte per l’ansia che cresceva in lei. Non voleva che se ne andasse, non così presto. Certo un giorno avrebbe dovuto trovare la sua strada, ma…
Emeth sospirò e si fece triste. “Non lo so…Forse mi fermerò in una di queste nuove terre, forse tornerò dagli Inettopodi, che con me sono stati molto buoni”
“Se non hai ancora deciso, allora” intervenne Edmund, “perché non rimani ancora qui per un pò?”
“Sì, giusto” esclamò Lucy. “E poi non devi andartene per forza così lontano. Puoi venire a Narnia con noi. Puoi vivere là!”
Il soldato la guardò stupito. “Siete tutti molto, molto gentili, ma non posso restare” spiegò il ragazzo. “Se un giorno Rabadash mi vedesse sulla vostra nave, non sareste solo voi a passare dei guai, ma anche e soprattutto mio padre. Vi ho raccontato che è stato lui a farmi fuggire.”
Tutti annuirono.
“Si potrebbe pensare a un suo tradimento verso la corona di Calormen” concluse Emeth, “e la pena sarebbe la decapitazione per entrambi”
“Che cosa orribile!” esclamò Susan.
“In quel caso vi nasconderemo, tutti e due” disse ancora Lucy, aggrappandosi al braccio del soldato,  trattenendolo per paura che se ne andasse subito.
“Nascondermi? Non potrei mai fare una cosa simile!” protestò Emeth. “Se l’Occhio di Falco attaccasse il Veliero dell’Alba, credi che rimarrei nascosto in un angolo della nave per paura di venire scoperto? Scappare è già stato abbastanza vigliacco da parte mia. Sarei dovuto restare e assumermi le mie responsabilità”
Le parlò bruscamente, probabilmente ferito nel suo orgoglio di guerriero. Lucy allentò la presa su di lui e lo guardò senza sapere cosa dire.
“Combatteresti di nuovo al nostro fianco?” gli chiese Caspian facendo un passo avanti e trovandosi faccia a faccia con lui.
Emeth aveva un poco soggezione del Re, benché egli avesse solo qualche anno in più.
“Sì, lo rifarei, Maestà” annuì con decisione il giovane calormeniano. “Contro la Strega Bianca ho potuto fare ben poco, ma vi prometto che per ripagarvi della vostra benevolenza e misericordia sarò il vostro più umile servitore, Re Caspian. E naturalmente, sarò anche il vostro, Re Peter, Regina Susan, Re Edmund e Regina Lucy” e su di lei si soffermò più a lungo che sugli altri, sorridendole appena.
Lucy si sentì un poco più tranquilla.
“Io credo che dovresti restare” intervenne Susan.
“Anch’io sono d’accordo” dichiarò Edmund. “Peter, tu sei l’unico che non ha ancora espresso il suo parere. Cosa dici?”
Peter sorrise. “Dico che va bene. Sei il benvenuto, se per Caspian va bene”
Il Liberatore rimase un poco disorientato da quell’atteggiamento particolarmente conciliante da parte del Re Supremo. Era già la terza volta in poco tempo che riuscivano a fare un discorso senza azzuffarsi.
“Ma certo” disse infine Caspian, allungando una mano verso il soldato. “Sei dei nostri”
Emeth osservò per qualche istante la mano del Re, incredulo, e poi la strinse rinnovando le sue promesse di fedeltà.
“Niente promesse del genere” disse Lucy. “Gli amici si aiutano e basta. Non sei un servitore, Emeth. E impara come Miriel a dare a tutti del tu”
Emeth annuì. “Credo che su questo dovrò lavorare un pò”
 
 
Raggiunsero terra verso metà mattina. Manovrarono in direzione di un porto naturale e gettarono l’ancora. L’isola si presentava aspra, solitaria, e al centro d’essa s’innalzava un picco roccioso. I marinai scaricarono i barili per rifornirli d’acqua, altri portarono a terra grandi ceste di vimini che sarebbero servite per trasportare ortaggi e frutta.
Nella baia sfociavano due torrenti che sparivano poi verso l’interno dell’isola, uno verso est e l’altro verso ovest.
“In quale ci riforniamo?” chiese Rhynce, mentre erano ancora sulle scialuppe e decidevano quale corso d’acqua imboccare.
“Uno vale l’altro, direi” commentò Tavros, portando sulle spalle la botte più grande. “Quello a tribordo però è più vicino”
Cominciarono allora a dirigersi verso est, quando Gael esclamò: “Oh, no, di nuovo la pioggia!”
Grossi goccioloni iniziarono a cadere copiosi e il cielo si oscurò un poco, un tuono risuonò pigro in lontananza.
“C’è pericolo di tempesta, secondo voi?” chiese Miriel.
“Non penso” le rispose Ripicì, “ma sarà meglio cercare un riparo, per il momento.”
“Andiamo verso quegli alberi” disse Susan a Drinian, che governava la prima scialuppa sulla quale stavano le ragazze, il topo, Eustace e un altro paio di marinai.
“Non è prudente, Maestà. Potremmo trovare animali feroci nella foresta. L’altro torrente porta in un punto meno impervio dell’isola, consiglierei di andare di là”
“Ma io non ho voglia di bagnarmi!” si lagnò Eustace tirandosi la camicia fin sopra la testa.
“Potremmo dividerci” suggerì il capitano, “in questo modo vedremo cosa si cela da entrambe le parti dell’isola.”
“In effetti” intervenne Lucy “dovremo esplorarla per cercare il secondo Lord e la sua Spada. Però sarebbe meglio farlo quando smetterà di piovere”
Ma Susan non era d’accordo “Credo non sia affatto prudente separaci. Se incontrassimo qualche serio pericolo sarebbe bene essere uniti”
La sorella e gli altri convennero con lei. Effettivamente, i nemici potevano essere già lì in agguato, la Strega Bianca prima fra tutti. E benché quelli di Calormen dovevano essere ancora abbastanza lontani, non si poteva mai sapere.
“Drinian, conducete la barca nel torrente a ovest, per favore”
“Come la mia signora desidera” ribatté il capitano piuttosto seccato.
Si voltò e fece un cenno a Rynelf e agli altri Sovrani dietro di loro.
Susan abbassò lo sguardo sull’acqua e rimase in silenzio per tutto il resto del tragitto. Solo alla fine mormorò un ‘grazie’, che ricevette come risposta un breve cenno del capo da parte di Drinian.
Si sentiva sempre così con quell’uomo. A lui lei non piaceva, l’aveva capito sin dall’inizio e lo sapeva più che bene. Tuttavia, non le aveva mai mancato di rispetto in quanto lei era una Regina, e questo perché Drinian era un suddito fedele di Caspian, Narnia e di Aslan.
Susan non aveva nulla da ridire su di lui o sul suo comportamento, di certo però avrebbe preferito che le spiegasse il perché di tanta inimicizia nei suoi confronti. Decise che prima o dopo glielo avrebbe chiesto, non tanto perché ci teneva particolarmente, più che altro per togliersi un peso. Sentiva che se lei e Drinian si fossero chiariti, lui avrebbe smesso di guardarla in quel modo antipatico.
“E se capirò qual è il suo problema”pensò, “Caspian potrà finalmente smettere di discutere con lui”
 
Shanna si era nascosta nell’angolo più buio della sua stanza, lontano dalle due strane creature che la sorvegliavano. Se fosse strisciata lungo i muri della camera e non avesse fatto il minimo rumore, esse non si sarebbero accorte di lei e alla prima occasione sarebbe sgusciata fuori assieme a una di loro. L’aveva già fatto altre volte, perché non farcela di nuovo?
Purtroppo però, alla vista di quei mostri, iniziò a tremare come una foglia. Non aveva mai visto tanta bruttezza in vita sua. Avevano un occhio solo, grossi piedi e mani dalle unghie lunghe e giallastre, zanne appuntite alla bocca. Ciclopi, o qualcosa di simile.
La Strega sapeva quanto terrore avesse di quelle creature, per questo le aveva messe a far la guardia nella sua stanza, o meglio, prigione.
Tuttavia, la piccola stella si fece coraggio e avanzò piano piano, sapendo che anche se avessero provato a inseguirla li avrebbe seminati in un battibaleno: erano goffi e pesanti e lei piccola e leggera, molto più veloce di loro.
Attese ancora, immobile, finché la porta si aprì e altri due mostri diedero il cambio ai primi. Parlottarono tra loro con strani grugniti, forse per mettersi d’accordo su qualcosa.
Shanna allora si lanciò in corsa e sgusciò tra le gambe dei Ciclopi, uscendo nel corridoio. Quelli non si accorsero di niente per un po’, ma quando lei inciampò nella lunga veste bianca e cadde a terra con un tonfo, quattro orrendi occhi puntarono su di lei.
L’inseguimento iniziò, ma stavolta, Shanna riuscì a raggiungere il portone d’uscita.
Tuttavia, l’aspettava una brutta sorpresa…
Uscì all’esterno del labirintico palazzo della Strega Bianca per trovarsi in un altro labirinto circondato da altissime mura. Al di là di esse, anche se Shanna non poteva vederla, c’era una foresta immensa.
Tentò comunque, decisa a lasciare per sempre quell’isola maledetta. Alzò lo sguardo in cerca di un aiuto dalle sorelle stelle, ma il cielo era coperto da nubi nere e verdi. Su quell’isola era sempre buio e si perdeva la cognizione di giorno e sera.
D’un tratto, una voce la incitò: “Va avanti, figlia mia, non ti fermare”
Shanna si voltò e vide arrivare i Ciclopi. Ma la voce le aveva infuso nuova forza e così cominciò a correre più forte…quando si sentì improvvisamente afferrare da una mano forte e fredda come ghiaccio.
In uno sbuffo di fumo verdastro, la Strega Bianca apparve davanti a lei.
“Dove credi di andare, bambina?”
“Lasciami! Lasciami!” gridò Shanna disperata.
“E’ già la terza volta che cerchi di scappare, e la mia pazienza con te è arrivata al limite. Se ci riprovi, sai cosa ti aspetta”
Jadis puntò la sua bacchetta magica contro uno dei Ciclopi che erano infine sopraggiunti. Gli altri tre si ritirarono spaventati e fuggirono quando il loro sfortunato compagno si tramutò in pietra.
“Sei malvagia! Sei orribile!”
Jadis strinse la presa sul polso di Shanna e la trascinò di nuovo nella sua camera.
“Perché ti ostini ad opporti a me? Lo sai che non puoi, lo sai che cosa farò alla tua famiglia se sarò costretta. Se continuerai su questa strada mi troverò un’altra guida del cielo”
“Non puoi” disse Shanna spaventata. “Lo sai che non puoi farlo, mi ha scelto Aslan in persona”
“Non posso?” Jadis la guardò divertita. “Non sei l’unica Stella Azzurra. E credo che proprio che i Sovrani di Narnia non si accorgeranno della differenza tra te e lei quando la vedranno brillare”
“Lei non accetterà mai!”
“Ah no?” Jadis rise ancora. “Veramente l’ha già fatto”
La porta si aprì in quel momento e un’altra ragazza entrò nella stanza. Aveva gli stessi occhi blu, i capelli biondi e una veste simile a quella di Shanna. Ma a differenza di quest’ultima, la sua espressione era fredda, distaccata, senza emozione alcuna.
Shanna spalancò gli occhi e si portò le mani alla bocca, sconvolta.  “No! Perché?! Perché l’hai fatto?!”
L’altra ragazza le rimandò uno sguardo impassibile, poi si cambiò un’occhiata con la Strega.
“Adesso è lei la guida del cielo.”
Shanna si accasciò su una poltrona, impaurita. E ora? La Strega l'avrebbe pietrificata davvero? O forse uccisa? E suo padre?
Come se le avesse letto nel pensiero, Jadis la tranquillizzò.
“So che sei l’unica che può vedere dove sono i Re e le Regine, perché Aslan ha dato a te questa facoltà, non a tua sorella né a tuo padre. Per questo non posso ancora punirti a dovere. Mi servi in forze. Ma d’ora in poi aiuterai tua sorella Lilliandil là dove lei non riuscirà, così che potrà finalmente fare tutto quello che tu non hai fatto finora.”
Shanna scosse il capo. “Traditrice! Bugiarda!” gridò in direzione della sorella. “Come hai potuto far questo?!”
Lilliandil la guardò con occhi colmi d’ira. “Perché anch’io sono stata tradita dai Sovrani” le rispose con voce acuta, fastidiosa.
Shanna sentì gli occhi riempirsi di lacrime. “Sei come Coriakin, anche tu hai tradito Aslan.”
“Mi dispiace, ma non ho altra scelta”.
Le due si scambiarono uno sguardo, ma Lilliandil non sembrava dispiaciuta. Pareva che in lei fosse pronta a esplodere una furia cieca. Si stava solo trattenendo.
“Io sono destinata a diventare Regina di Narnia” esclamò con rabbia, “E lo sarò, ad ogni costo!”
Jadis si chinò su di lei per sussurrarle all’orecchio e posandole le mani sulle spalle.
“Brava tesoro. Ricordati sempre dell’affronto che ti hanno fatto. Tu sei una stella, un essere del cielo, al di sopra degli altri. Chi è un’umana in confronto a te?”
“Nessuno!”
“Esatto” sibilò ancora Jadis. “Nessuno”
“Lilliandil, ti congiuro, non farlo! Pensa a nostro padre!” la pregò di nuovo Shanna con la speranza che la sorella si ravvedesse, perché non poteva davvero credere a quello che vedeva: sua sorella a fianco della Strega Bianca! Non poteva averli traditi tutti veramente!
“No” la interruppe Jadis puntandole contro la bacchetta magica. “Tu pensa a tuo padre, Shanna. Se non vuoi che faccia da pezzo forte della mia nuova collezione di statue, ti conviene cominciare a fare quello che ti dico. Per prima cosa, dimmi dove si trova ora il Veliero dell’Alba”
Shanna si volse verso Lilliandil in cerca di un aiuto che non arrivò mai.
Gli occhi di pece di Jadis brillarono paurosamente. Aspettava.
Doveva fare la cosa giusta: ma qual era? Se avesse detto alla Strega dov’erano i narniani avrebbe tradito loro e Aslan. Ma se avesse tradito i Sovrani rivelando a Jadis la loro posizione, avrebbe salvato suo padre e forse sua sorella.
Che cosa doveva fare, dunque?
Infine abbassò il capo e i capelli biondi le ricaddero scompostamente davanti al viso.
“L’isola della fonte che tramuta le cose in oro. Sono là” sussurrò e poi scoppiò in lacrime.
“Grazie, cara.” disse la Strega Bianca molto soddisfatta. Dopodiché, lasciò con Lilliandil la stanza di Shanna.
La piccola Stella Azzurra cominciò a singhiozzare disperata.
“Perdonami Aslan, ma non posso permettere che quell’orribile donna faccia del male alla ma famiglia”
“Lo so, mia cara…”
“Ti prometto che rimedierò. Lo farò. Lo giuro.”
“Tu sai come fare…abbi fiducia in te”
Shanna si alzò, si asciugò le lacrime e cominciò a riflettere.
Finché la Strega non si fosse stancata di lei, finché avesse avuto bisogno del suo aiuto, non le avrebbe fatto del male. Questo voleva dire che aveva ancora una possibilità: poteva riuscire ad avvertire i Re e le Regine di Narnia, far arrivare a loro un messaggio in qualche modo e metterli al corrente dell’inganno: non dovevano seguire la Stella Azzurra che avrebbero visto, perché non era quella vera. Non era quella mandata da Aslan, ma dalla Strega.
Forse tramite la guida della Terra sarebbe riuscita ad avvertirli. Anche se non si erano mai viste…
No, era impossibile. Ma allora come fare?
D’un tratto alzò a testa: aveva la soluzione. Aslan aveva ragione.
Forse era rischiosa per chi l’avrebbe aiutata ma non le avrebbe detto mai di no, perché era sua amica.
Shanna chiuse gli occhi e guadò con gli occhi della mente al di là delle nubi nere e del mare, e chiamò: “Shira…”
 
 
L’acquazzone durò pochi minuti e nel cielo ritornò subito a spuntare il sole che asciugò la terra resa un poco fangosa dall’acqua.
Dopo aver concluso il rifornimento d’acqua e cibo, i cinque Sovrani, Emeth, Miriel e Eustace partirono per un’esplorazione completa dell’isola.
Si inoltrarono nella vegetazione seguendo il corso del fiume. Non trovarono nessuna traccia di civiltà, né uomini né animali, solo qualche gabbiano. Si arrampicarono su un pendio ripido e coperto di erba ispida e cespugli d’erica, scoprendo, una volta in cima, che l’isola era davvero piccola. Da lassù, il mare parve a tutti quanto più immenso e infinito che mai.
Eustace si sedette un momento su una roccia.
“E’ da pazzi continuare a navigare incontro al niente” mormorò strappando ciuffetti d’erba.
Si era particolarmente innervosito rispetto a quella mattina, poiché aveva dovuto camminare molto, era stanco e aveva fame.
“Dai, riscendiamo. Così possiamo pranzare”
“Aspetta” disse Peter “Ormai mi sembra evidente che di un Lord non può esserci traccia” guardò Caspian, che annuì mestamente. “Ciò non toglie, però,  che non potremo trovare la sua Spada. Scendiamo seguendo questa strada, lungo il corso d’acqua che voleva seguire Drinian, e vediamo cosa c’è laggiù”
Tutti furono d’accordo e Eustace non poté far altro che seguirli.
“Se adesso non la pianti di lagnarti, ti faccio rotolare giù dal pendio” disse Edmund al cugino.
“Ma mi fanno male i piedi!”
Dopo una quindicina di minuti raggiunsero la sorgente del secondo fiume e scoprirono anche un laghetto piuttosto profondo, circondato da alte rocce scoscese. L’acqua riluceva in modo strano, come se sul fondo ci fossero tante piccole pietre preziose.
“Guardate!” esclamò Miriel a un tratto, indicando pochi metri avanti a loro.
Notarono che la roccia più grande era cava e in essa si apriva un passaggio che portava in una grotta sotterranea.
“Credete ci possa essere qualcosa, laggiù?” chiese Susan, mentre Edmund cercava di vedere cosa c’era sul fondo puntando la sua torcia nella cavità.
“Un altro lago” disse il ragazzo poco dopo.
“No, è sempre lo stesso” disse Lucy. “Continua sottoterra”
“Scendiamo” disse Caspian, cominciando a srotolare la fune che aveva legata alla cintura.
Peter, Edmund e Emeth lo imitarono, assicurandole ai tronchi degli alberi lì vicino.
“Sarebbe meglio se qualcuno di noi rimanesse in superficie” suggerì Miriel, “così se avrete bisogno di aiuto potremo soccorrervi”
“Tu rimani?” le chiese Peter un po’ deluso.
“Credo di sì. Sento che è meglio” gli sorrise lei, accarezzandogli il volto. “Non preoccuparti”
“Resto anche io” disse subito Eustace. “Oh dai, non ho voglia di andare là sotto”
“Tu non hai mai voglia di fare niente, se è per quello” ribatté Edmund.
“Finitela di beccarvi, voi due” li rimproverò Susan.
“Va bene” assentì Caspian. “Miriel e Eustace restano, ma non soli”
“Posso rimanere io” si offrì Emeth, e stavolta fu Lucy a rimanere un poco delusa.
Per tutta la mattina era rimasta vicino a lui, ancora con la paura che potesse andarsene senza dire nulla a nessuno.
“Sono sicura che non ci sarà alcun pericolo” disse Lucy al soldato.
“Ma certo. Tu stai attenta, d’accordo?”
Lei annuì e gli sorrise.
“Lu…” la chiamo Edmund.
“Vengo”. Lucy guardò dolcemente Emeth e lui sentì un piacevole calore invadergli il petto all’altezza del cuore. “Se avrò bisogno d’aiuto, so chi chiamare, comunque. Perché tu sarai sempre qui, vero?”
Il soldato fissò gli occhi in quelli di lei. “Sarò qui quando avrai bisogno di me”
Infine, i cinque Sovrani cominciarono la discesa.
“Wow!” esclamò la giovane Regina, raggiungendo Peter che era sceso per primo.
Poi fu la volta di Caspian, che aiutò Susan prendendola per la vita. In ultimo Edmund, che si accertò che la corda reggesse per il ritorno.
La grotta era immensa, così immersa nella terra che si rese necessario usare di nuovo la torcia, poiché la luce del sole che filtrava dalla voragine non bastava. Tuttavia, grazie allo strano luccichio dell’acqua già notato in superficie, non fu difficile orientarsi nell’oscurità.
Peter si sporse sulla superficie del lago. “Cos’è che la fa brillare così?”
“Non ne ho idea” disse Susan, avvicinandosi. Poi trasalì. “Oh mio Dio!”
“Cosa?” fecero gli altri, vedendo che faceva un passo indietro.
“C’è…c’è un volto sott’acqua”
Tutti si accostarono maggiormente al lago e osservarono attentamente. Lucy gridò e la sua voce echeggiò tra le rocce.
“E’…è un…” balbettò Edmund, che non avrebbe mai e poi mai pronunciato la parola ‘cadavere’.
“No, è…una statua” disse Peter, stringendo gli occhi al riverbero dello scintillio.
Susan e Lucy tirarono un sospiro. Ora che avevano scoperto che non era una persona vera si erano parecchio tranquillizzate, così tornarono accanto agli altri.
“Avvicina la torcia ancora un poco, Ed” gli chiese Peter e il fratello si spostò avanti a tutti.
“Guardate” esclamò Lucy estasiata. “Incredibile…”
Sul fondo del lago, in mezzo alle pietre, splendevano decine di oggetti di svariata fattura, tra cui una spada.
“Prendiamola” disse subito Caspian, “E vediamo di che si tratta.”
Tutti e cinque, per un momento, sperarono che non fosse affatto la spada che stavano cercando, perché se così era, significava che la statua non era affatto una statua.
“Vado io” disse Susan, togliendosi l’arco e la faretra dalla spalla.
“No, è troppo pericoloso” protestò subito il giovane.  
“Proprio per questo dovete mandare me. Io sono quella che sa nuotare meglio e che può trattenere il fiato più a lungo.”
“E’ vero” disse Lucy. “Susan è la più brava”
Caspian la guardò preoccupato. “Sue…non…”
“Tranquillo, se qualcosa non va tornerò subito su”
“E va bene” sospirò lui alla fine.
“Fammi luce, Ed” disse allora la ragazza, togliendo il fiore blu dai capelli e passandolo a Lucy. Non poteva proprio rischiare di perderlo, non se lo sarebbe mai perdonata.
Edmund si avvicinò ancora alla riva del lago. “Non sembra profonda” commentò, afferrando un ramo spezzato e immergendolo per constatare quanto a fondo avrebbe dovuto andare Susan.
D’un tratto, il ramo divenne così pesante che non fu più possibile reggerlo. Edmund lo lasciò all’istante, guardandolo diventare d’oro zecchino.
 “Ma cosa…?” fece perplesso. Poi, dopo un secondo gridò, con un tono di voce al quale non si poteva non obbedire. “Susan, ferma! Non toccare l’acqua!”
Lei si voltò confusa e il fratello l’afferrò per un braccio tirandola indietro.
“Che ti prende?”
Dall’alto, le voci concitate di Miriel, Eustace e Emeth chiesero cosa succedeva e chi aveva urlato.
“Va tutto bene!” gridò Lucy di rimando.
“Ed, che c’è?” ripeté Susan allarmata.
“Guardate il ramo” spiegò il Giusto, indicandolo. “Appena ha sfiorato l’acqua è diventato pesantissimo e…è oro. E’ diventato d’oro”
“Non è possibile…” balbettò Peter, ma era proprio vero. “Quindi è l’oro che fa brillare l’acqua. Questa fonte trasforma gli oggetti in oro”
“Straordinario…” mormorò Edmund fissando il lago.
“Ma allora…” disse Susan tremando un poco, “allora è possibile che la statua…”
“Per Aslan!” esclamò Caspian “Vuoi dire…?”
“Che è davvero un uomo. Uno dei Lord” concluse lei, scambiandosi uno sguardo spaventato anche con gli altri.
“Oh, è terribile!” fece Lucy inorridita. “Che fine tremenda…”
“Probabilmente” continuò Susan, “quel poveretto ha fatto esattamente la stessa cosa che volevo fare io: tuffarmi per prendere qualcosa sul fondo”
Caspian l’abbracciò all’improvviso. “Se penso che potevi…”
“Non dirlo a me” disse lei rabbrividendo.
“La spada però non è diventata d’oro” osservò Peter, scoccando una breve occhiata ai due. “E’ l’unico oggetto che non brilla, avete notato?”
Attraverso l’acqua limpidissima, effettivamente, tutti poterono notare che il Re Supremo aveva ragione.
“E’ perché è impregnata della Grande Magia” disse Caspian. “La maledizione della fonte non ha effetto su di lei. Per tirarla fuori ci serve la tua, Ed”
Edmund allora estrasse dal fodero al Spada di Bern. Afferrò saldamente la mano di Peter, che lo aiutò a non sbilanciarsi e non cadere dentro l’acqua, allungandosi fino a far toccare le due lame.
“Stai attento” fece Lucy ansiosa.
Con un paio di tentativi, Edmund riuscì a incastrare le due else e issare la seconda Spada dal lago.
“Dammela” disse Caspian e Ed gliela passò. Poi, gli occhi del Liberatore divennero tristi. “Lord Restimar” sussurrò.
“Ne sei sicuro?” chiese Peter.
“Sì. Laggiù in fondo c’è il suo scudo. Lo riconosco”
Di nuovo, tutti quanti fissarono lo sguardo sulle profondità del lago e sotto la statua videro lo scudo di cui parlava Caspian.
“Credete che abbia sofferto?” chiese Lucy con una vocina piccola.
“No, non dev’essersi accorto di nulla” le disse Susan avvicinandosi a lei e mettendole un braccio attorno alle spalle.
“Forse” aggiunse Edmund  “Ma forse qualcosa ha intuito”
“Di che cosa stai parlando?” fece Caspian, scambiandosi un’occhiata sospettosa con gli altri.
Sotto gli sguardi perplessi di tutti, Edmund si inginocchiò ancora sul bordo del lago. Afferrò una conchiglia sulla riva e la immerse, lasciandola andare subito dopo. Quella ricadde sulle rocce ai suoi piedi e il suo colore biancastro mutò in quello giallo splendente dell’oro. Edmund la prese e se la portò davanti al volto, fissandola come se avesse in mano un tesoro inestimabile.
“Perché la guardi così?” disse Lucy confusa. Edmund sorrideva, ora.
“Avendo accesso a questa fonte, una persona può diventare la più potente del mondo”
Il ragazzo spostò lo sguardo sui fratelli. “Ci renderebbe così ricchi che nessuno potrebbe più dirci cosa fare, o con chi vivere”
Con chi vivere…
Le parole risuonarono nella mente di Susan più che in quelle degli altri.
No, non devo farmi ingannare. E’ una trappola, lo so!pensò improvvisamente la ragazza.
“Niente si sottrae a Narnia, Edmund” intervenne Caspian autoritario.
“Chi l’ha detto?” lo sfidò il Giusto.
Il Re attese qualche istante e poi disse: “Io”
Pronunciò quella singola parola con tale solennità che nessuno ebbe il coraggio di fiatare. Nessuno tranne Edmund, che si alzò brandendo la Spada di Bern nella mano destra, mentre la sinistra ancora stringeva la conchiglia.
“Buttala subito” disse Susan al fratello, ma lui non l’ascoltò.
“Non sono un tuo suddito, Caspian” disse il Giusto avanzando con passo lento e sguardo minaccioso.
“Non aspettavi altro, vero?” ribatté Caspian, “Volevi sfidarmi e mettere in discussione il mio ruolo, proprio come tuo fratello”
“Tu stesso lo metti in discussione” rincarò Edmund, ora faccia a faccia con Caspian.
“Sei solo un ragazzino!”
“E tu uno stupido rammollito! Sono stanco di essere sempre secondo: prima era Peter, ora sei tu!”
“Edmund!” esclamarono Susan e Lucy indignate.
“Peter, ti scongiuro, fermali!” implorò la prima, ma il Re Supremo non si mosse se non per prendere dalle mani della sorellina la Spada del Lord.
“Dammela un secondo”
Lucy ingenuamente gliela porse. Lei e Susan si accorsero troppo tardi di quello che stava per succedere e di certo non avrebbero potuto prevederlo.
Peter puntò la Spada di Restimar tra Edmund e Caspian e i due smisero di urlarsi contro.
 “Che vuoi fare con quella?” gli disse Caspian con una voce che non era la sua.
“Usarla. E’ mia. L’ho capito appena è uscita dal lago. La Spada di Restimar è per me”
“E allora?” sbottò Edmund.
“E allora avete torto entrambi, ma entrambi avete ragione. Vi ricordo che avete giurato fedeltà a me, Peter il Magnifico, Re Supremo di Narnia.”
“Re Supremo che non c’era, mi pare, quando il suo regno aveva più bisogno di lui” lo provocò Caspian.
“Non è dipeso da me. E non ti permetto di farmi la predica.” Peter fece un sorrisetto. “Cosa dicevi prima? Nessuno si sottrae a Narnia, vero? Senti da che pulpito: un Re che mette davanti i suoi problemi a quelli del regno non è degno di essere chiamato tale!”
“Ripetilo se hai il coraggio…” fece Caspian a bassa voce, andandogli pericolosamente vicino. Peter lo allontanò con uno spintone.
Susan e Lucy cercarono di fermare rispettivamente il Liberatore e il Magnifico, ma tutto ciò che ottennero fu un brusco gesto da parte dei due ragazzi che le costrinse ad indietreggiare di nuovo.
Peter e Caspian sarebbero certamente venuti alle mani se non fosse di nuovo intervenuto Edmund.
“Sta zitto, Peter!” proruppe il Giusto “Piantala di fare il superiore. Tu non saresti nemmeno dovuto tornare a Narnia, di conseguenza non hai più nessun diritto su di lei. E lui” e segnò Caspian con un cenno del capo, “non ci sarebbe mai dovuto venire. Quelli di Telmar non hanno diritto di regnare! Perciò sono io il Re, adesso! Ho diritto di governare Narnia! E voi due siete solo invidiosi, perché sapete che sono più giovane ma molto più coraggioso e adatto di voi!”
“Se siete così sicuri di voi stessi…” iniziò Caspian. “Provatemelo!”
I tre Re alzarono le lame iniziando un triplo duello. Facevano sul serio.
“Basta! Smettetela!” gridò Lucy spaventata.
Poi, lei e Susan notarono qualcosa: una foschia verdastra strisciava sull’acqua.
“E’ la Strega Bianca!” esclamò Susan, ben sapendo che il gesto che stava per fare era del tutto inutile, ma afferrò ugualmente arco e frecce e tirò in quella direzione.
Jadis apparve davanti alle sorelle e le due temettero il peggio. Tuttavia, la donna non sembrava volerli attaccare stavolta, perché aveva già ottenuto quello che voleva: metterli uno contro l’altro.
“Susan, tesoro, mi fa piacere vederti sana e salva” ridacchiò al Strega. “Dovreste cercare di fermarli” disse poi, guardando i tre ragazzi, “Continuando di questo passo, faranno crollare tutto quanto”
Detto ciò svanì di nuovo nel nulla, la sua risata sommessa e gelida che riecheggiava tra le pareti di roccia.
“C-che…che cosa voleva dire?” balbettò Lucy. Aveva un bruttissimo presentimento.
E infatti, dopo un attimo, le pareti cominciarono a tremare, la terra si mosse come durante un terremoto.
Edmund, Caspian e Peter si fermarono all’istante, reggendosi l’uno all’altro per non cadere. Si scambiarono sguardi attoniti e mortificati. Ma che cosa stavano facendo?
“Ragazzi, io…” fece Edmund, ma non ebbe tempo di dire altro.
La roccia tremò più forte e grossi massi caddero dall’alto. Dall’esterno, Emeth, Miriel e Eustace fecero sentire di nuovo le loro voci. Cercarono di scendere in aiuto dei Sovrani ma non ci riuscirono.
“Caspian, allontanati!” gridò Peter, spingendolo via proprio mentre un altro masso si schiantava al suolo dove un momento prima c’era il Re di Narnia.
“Grazie…”
“Ora siamo pari” disse il Magnifico. “Non mi ero mai sdebitato per…”
“PETER!!!” gridarono tutti in coro, mente un’immensa voragine si creava sotto i piedi dei Re Supremo.
Caspian cercò di afferragli la mano ma non ci riuscì. Il Liberatore fu poi costretto a rotolare a terra ed evitare un’altra roccia e un’altra ancora, allontanandosi sempre più dal punto in cui si trovava l’amico-rivale.
L’intera parete alla loro sinistra crollò e seppellì il lago con la statua di Restimar.
Poi tutto cessò ma di Peter nessuna traccia. La terra lo aveva inghiottito insieme alla Spada di Restimar e si era richiusa sopra di lui. Non c’era modo di raggiungerlo.

 
 
 
 
Here I am!
Buon sabato cari lettori e care lettrici, come sempre la vostra Susan è qui a regalarvi il capitolo 25!
Spero tanto vi sia piaciuto. Parte in sordina ma alla fine c’è stato un bel caos, eh? Scatenatevi con gli insulti sulla lucciola molesta!!! E ditemi cosa ne pensate di Shanna: ora che si sta vedendo sempre di più vorrei mi diceste che opinione vi siete fatti.
Come sempre siete meravigliosi con tutti i complimenti che mi incoraggiano moltissimo!!! Susan is happy!!!! :D

Non ho fatto in tempo a rileggere bene, se ci sono errori non esitate a dirmelo!
 
Ringraziamenti:
 
Per le preferite:
ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, piumetta, SrenaVdW, susan the queen, The Freedom Song e tinny
 

Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, dalmata91, Miss Hutcherson, piccola_cullen e postnubilaphoebus.
 
Per le seguite:Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, LenShiro,  Luna23796, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, The Freedom Song, yondaime, Yukiiiiii e _Autumn
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:Babylady, Charlotte Atherton, english_dancer, EstherS,  Fellik92, FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon,  KingPetertheMagnificent, piumetta, SerenaVdW,  susan the queen, e tinny
 
Angolino delle anticipazioni:
Nel prossimo capitolo vedremo Peter alle prese con le sue più profonde paure.
Ci sarà un regolamento di conti (finalmente) da parte di uno dei buoni con uno dei cattivi. Chi? Non si dice…ma vi farà felici, vedrete.
E poi una bella scena tra Peter e Miriel!!! Ci scapperà finalmente il bacio? Staremo a vedere!!!
 
Volevo dire a tutti quelli che vanno sul mio blog di livejournal che mi dispiace di non avere tantissimo tempo da dedicargli, vorrei renderlo più ricco, più pieno di foto (ne ho in mente a bizzeffe) di video e di curiosità su Queen. Abbiate pazienza che prima o dopo ce la faccio, ok?
 
Bene! Anche questa settimana, la vostra Susan vi deve lasciare, ma non preoccupatevi, il capitolo 26 è già tutto nella mia testolina! XD
Sperando sempre di farvi gioire, magari commuovere e sognare,
un bacio enorme, Susan<3

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Capitolo 26
*** Capitolo 26: La prova di Peter ***


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26. La prova di Peter

 
 
 
Le urla dei Sovrani arrivarono sino in superficie. Emeth, Miriel e Eustace si scambiarono automaticamente uno sguardo carico di paura: era successo qualcosa.
Il soldato di Calormen si sporse dall’apertura e chiamò ad alta voce cercando di farsi udire, mentre gli altri due restavano indietro, sconvolti.
“Ti prego, ti prego, ti prego, Aslan”pensò in fretta Eustace, “fa che non sia morto nessuno, fa che non sia morto nessuno…”
Era la prima volta in assoluto che si rivolgeva a lui direttamente. Gli era capitato solo una volta in precedenza e sembrava ormai passata un’eternità. Era stato quando si era ritrovato prigioniero dei calormeniani a Portostretto.
All’epoca non credeva ancora all’esistenza di Aslan, solo sull’Isola delle Voci aveva avuto la conferma che le favolose storie sul Leone erano vere, quand’era apparso davanti a loro.
La voce di Caspian si levò forte e chiara dal fondo della caverna.
“Andate a chiamare rinforzi! Peter è in pericolo!”
Miriel sentì le gambe cedergli e non udì quello che il Re di Narnia disse in seguito.
Peter…
Dopo un attimo aveva superato Emeth e stava già calandosi di sotto.
“No, ferma! E’ pericoloso!” la bloccò il soldato, appena in tempo.
“Ma io devo andare!”
“Lo so che vuoi raggiungere Re Peter, ma là sotto rischia di crollare tutto. Dobbiamo tirare fuori gli altri, prima. Ti prego…”
Miriel lo guardò e capì che la sua preoccupazione era tanta quanto quella del giovane. Anche Lucy era là.
Quando le rocce erano franate, l’apertura era stata parzialmente ostruita ma c’era ancora spazio per uscire.
“Svelte! Fuori!” disse Caspian, spingendo avanti le ragazze.
“Non possiamo andarcene, non possiamo!” protestò Lucy con forza, mentre il Re di Narnia la tirava per un braccio per impedirle di tornare indietro.
“Lucy, cercheremo un’altra entrata” la rassicurò Susan, la voce che tremava. “N-non possiamo rimanere qui, o rischiamo di venire seppelliti anche noi. Chi aiuterebbe Peter, allora?”
Lucy si calmò un poco e lasciò che Edmund la prendesse per la vita e la portasse su. Lei da sola non ne aveva la forza.
Caspian e Susan attesero il loro turno. Lei si voltò e lo guardò con gli occhi umidi che mal celavano la sua voglia di piangere.
“Dimmi che c’è un altro modo di arrivare a lui. Dimmi che non lo stiamo abbandonando”
“Non lo farei mai” disse Caspian fermo. “Ma non possiamo rischiare, lo capscici?”
Susan annuì.
Aveva fiducia in Caspian, pienamente. Di certo sapeva cosa stava facendo. E se diceva che sarebbe andata bene, così sarebbe stato.
Quando furono tutti fuori, Lucy scioccamente cominciò a guardarsi intorno come se Peter potesse spuntare da un momento all’altro. Ovviamente non fu così.
Inaspettatamente, scoprirono che Eustace era già corso al Veliero dell’Alba ad avvertire i marinai. Edmund si lanciò in corsa per raggiungerlo ed Emeth e Caspian decisero di cominciare immediatamente le ricerche di Peter.
“Vengo anch’io con voi” disse subito Lucy, cercando di riscuotersi dal senso di confusione che le annebbiava la mente e il corpo.
Emeth, vedendola così sconvolta, fece per protestare, ma Caspian disse: “Va bene. Ci divideremo. Voi due andate avanti e prendete il sentiero che abbiamo percorso all’inizio tutti insieme. Io vi raggiungo subito”
Il Re sospinse con dolcezza la ragazzina verso il soldato. “Pensi tu a lei?”
“Certo, Vostra Maestà”
Quando Emeth e Lucy si furono allontanati, il giovane Re si voltò e vide Susan abbracciata a Miriel.
La Driade era scoppiata in lacrime e la Regina Dolce le accarezzava piano la testa sussurrandole qualcosa.
Le due amiche tremavano e si stringevano l’una all’altra per rimanere salde, per non cedere al panico.
Susan si accorse di essere osservata. Alzò lo sguardo, e nel momento in cui incontrò gli occhi di Caspian copiose lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance. Tuttavia non emise un suono, invece raddrizzò le spalle e ricacciò il dolore in fondo al petto, inspirando più volte profondamente.
“State tranquille. Lo ritroveremo” disse il Re avvicinandosi.
“Perché siete risaliti?” chiese improvvisamente Miriel, separandosi da Susan e guardando il sovrano.
“Una delle pareti della grotta è crollata totalmente” spiegò lui con calma, capendo lo stato d’animo della Driade. “Il punto in cui è caduto Peter era inarrivabile. Perdonami”
Miriel non rispose e si passò una mano sul viso.
“La colpa è della Strega Bianca” disse Susan, e gli altri due trasalirono. “Era là. Ci è sempre addosso, ormai. E credo che stavolta sarà Peter ad avere a che fare con lei”
“Dobbiamo far presto, allora” disse Caspian iniziando a muoversi. “Voi rimanete qui e aspettate il ritorno di Eustace e Edmund, io intanto mi porto sull’altro sentiero. Ci dev’essere per forza un’altra entrata, da qualche parte”
“Caspian…” fece Susan incerta, un braccio ancora attorno alle spalle della Driade.
Voleva andare con lui ma non poteva lasciarla sola. Benché desiderava fare qualcosa di concreto per ritrovare al più presto il fratello, non poteva ignorare Miriel.
“Rimani con lei” le disse il Liberatore. “Torno tra poco”
“Stai attento, ti prego”
Avrebbe voluto correre ad abbracciarlo e baciarlo, ma non era il momento.
Lui fece un breve cenno del capo, guardandola come per dirle di fare altrettanto. Ormai non c’era più bisogno di parole, si capivano appena con un gesto. Susan annuì a sua volta e poi lo guardò voltarsi e allontanarsi.
Peter e Caspian erano i suoi punti fermi, e non avere al suo fianco né l’uno né l’altro era per lei qualcosa di inconcepibile.
“Devi avere fiducia”si disse, e continuò a ripeterselo all’infinito mentre si sedeva su un tronco spezzato assieme a Miriel, all’ombra, aspettando il ritorno degli altri.
 
 
Presto, tutto l’equipaggio si mobilitò ed iniziarono le ricerche del Re Supremo.
Satiri e i Minotauri si calarono con molta cautela nella spaccatura dalla quale erano scesi i Sovrani, tentando di rimuovere con la loro forza le rocce più grosse che bloccavano il punto là dove Re Peter era sprofondato. Purtroppo, il tentativo fu vano.
Le grosse creature dovettero abbandonare l’operazione poiché ci fu un nuovo crollo. Stavolta, il passaggio si bloccò del tutto e il buon Tavros fece appena in tempo ad arrampicarsi e uscire.
Ora non c’erano davvero più vie d’uscita per Peter, né vie d’entrata per loro.
Si fece il giro dell’isola diverse volte, ma nessuno trovò altre strade per scendere.
E intanto, le ore passavano.
“A questo punto” disse Susan dopo molte ore, “l’unica cosa che possiamo fare è raggiungere l’interno nuotando sott’acqua”
“Scordatelo” disse subito Caspian, capendo le sue intenzioni.
“Non capisci? Il lago è sia sopra che sotto, è sempre lo stesso, come ha detto anche Lucy.”
“Ma la fonte è maledetta, Susan” le ricordò Edmund.
“Sì, ma solo in parte. Ci sono due sorgenti d’acqua su quest’isola: una è quella che tramuta le cose in oro, che ha origine dal fiume che porta a est, quello che voleva inizialmente imboccare Drinian. L’altra è quella in cui ci siamo riforniti, che parte dal fiume a ovest, ed è un semplicissimo fiume d’acqua dolce. Se esiste un lago del primo, esisterà anche del secondo: due fiumi due laghi. Ne sono più che sicura. E se questo lago” e Susan indicò con un gesto della mano la fonde d’oro “continua sotto l’isola, perché non potrebbe essere così per l’altro?”
“Quindi vorresti andare a cercarlo?” chiese Eustace, seduto a terra a gambe incrociate.
“Esattamente. Non abbiamo ancora finito di esplorare l’isola, mi pare. Ci manca la foresta a ovest e potrebbe essere lì”
Gli altri rifletterono per alcuni secondi, poi Caspian si mise le mani sui fianchi in un gesto impaziente.
“Va bene, e una volta che l’avremo trovato che faremo?”.
Susan si morse un labbro. “Bè…te l’ho detto, la mia idea sarebbe quella di raggiungere la grotta interna nuotando sott’acqua…”
“Susy, ti prego…”
Ma lei sovrastò la voce del Re e proseguì “Nuotando sott’acqua potremo forse trovare un passaggio, forse trovare Peter!”
“Sì, è vero!” esclamò Lucy speranzosa. “Se seguiamo l’acqua, da qualche parte arriveremo”
“E se non ci portasse affatto sottoterra?” provò Emeth, che non era affatto d’accordo con la Regina Susan, ma non lo disse per non offenderla.
“E se rimanete bloccati sotto e affogate?” fece Eustace con il cuore in gola.
“Sempre ottimista…” commentò Ripicì. “Io sono d’accordo con la Regina Susan”
“Anch’io” rincarò Lucy.
“Anch’io” disse Miriel.
Caspian e Emeth si scambiarono un’occhiata e capirono di essere dello stesso parere. Poi si volsero verso Edmund.
“Bè…” fece lui riflettendo. “Potrebbe essere un’idea, anche se un po’ azzardata”
“Oh, certo!” sbottò Caspian, “e nessuno si offre di sostituire Susan, vero?”
“Ovviamente non andrei da sola” disse lei con calma.
Sapeva che tutto quello che Caspian desiderava era saperla al scuro, tuttavia…
“Io sono la più brava, senza sminuire nessuno. Sono quella che ha più dimestichezza con l’acqua.”
“Ci hai già provato, Sue” le disse Edmund, scoccando un’occhiata al Re di Narnia “Non te lo lascerà fare”
“Esattamente” ribadì il sovrano.
“Caspian, per favore…!” insisté ancora lei.
“No!” fu la risposta del giovane Re. “Senti, non sto dicendo che non è una buona idea, solo che…”
“Lo so cosa vuoi dire, ma è mio fratello! E io voglio tentare il tutto per tutto. Non rimarrò con le mani in mano mentre lui potrebbe rischiare di…”.
Susan s’interruppe bruscamente.
“Non dirlo neppure!” esclamò Lucy. “Non pensatelo, nessuno di voi, nemmeno per un secondo! Peter sta bene, lui se la cava sempre. Aslan non lo lascerà solo!”
Edmund le mise un braccio attorno alle spalle. “No, certo che no”
Rimasero a fissarsi per qualche istante, nessuno disse niente.
“Vi prego, tentiamo” intervenne infine Miriel, che fino a quel momento non aveva quasi aperto bocca.
La Driade era pallida e i suoi occhi color acquamarina tendevano in continuazione a riempirsi di lacrime. Era rimasta sempre vicino a Susan.
“Se posso aiutarvi con i miei poteri, lo farò.”
“OH!” gridò a un tratto Eustace, schizzando in piedi come una molla e iniziando a girare in tondo con le mani nei capelli. “Ooohh…OOOHHHHH! Oh, sì! Che idea geniale! Sono grande! Oh mamma! Ho la soluzione! Chi era Einstein al mio confronto?”
“Mai sentito nominare questo Einstein” fece Ripicì perplesso.
“Ok, è ufficiale” disse Edmund, guardando allibito il cugino. “L’abbiamo perso”
Susan prese il ragazzino per un braccio e lo costrinse a fermarsi. “Eustace, insomma!”
“Non avete…non ci avete pensato, sul serio? Ma è logico: la Driade, l’acqua, e …Oh è assolutamente geniale!”
“Questo l’hai già detto, vai avanti!” gridarono tutti gli altri in coro.
“Sì, sì, ehm…allora: non vi ricordate cos’ha fatto Miriel quando la nave di Calormen ci ha attaccati? Ha prosciugato il mare! Capite? Può farlo ancora! Forse non ci riuscirà con questa fonte, visto che è stregata, per cui direi di non tentare neppure; ma con della semplice acqua sì! E se ce la fa, nessuno sarà costretto a nuotare sott’acqua e potremo andare a cercare Peter senza difficoltà per nessuno e senza litigi! E se proprio ci saranno intoppi, vale a dire altre rocce che bloccano la strada, Tavros e gli altri suoi simili potranno rimuoverle facilmente, forzuti come sono. E…bè, questa è l’idea”
Quando smise di parlare, Eustace si rese conto di avere tutti gli occhi puntati si di sé. Non solo quelli dei cugini e degli amici, ma di tutti i marinai.
Arrossì, e assunse la sua solita espressione corrucciata, pronto a essere deriso. Qualcuno in effetti sorrideva, ma non certo per prenderlo in giro.
“Eustace, ma è…” iniziò Lucy, per poi gettargli le braccia al collo “E’ un’idea magnifica!”
“Ah! Che schifo, non baciarmi, Lucy!”
Immediatamente, dopo aver fatto i complimenti a Eustace, tutti si rivolsero a Miriel chiedendo se poteva fare di nuovo una cosa simile.
“Certo che sì! Non so perché non ci ho pensato prima, io…perdonatemi, ma sono così sconvolta…”
“E’ più che naturale, milady” disse Ripicì. “Dev’essere dura per voi farvi coraggio in un momento simile. Ma vedrete che Re Peter starà bene”
“Sì… grazie sir Ripicì” disse la Driade, ricacciando indietro nuove lacrime.
“Coraggio, allora! Che stiamo aspettando?” incitò Edmund e subito tutti si misero attorno al lago che riluceva alla luce pomeridiana del sole.
Purtroppo, la fonte non si prosciugò, proprio come aveva pronosticato Eustace. Il problema poteva davvero essere che fosse stregata e quindi rinforzata dal suo stesso maleficio.
 “Va bene” disse allora Caspian ad alta voce, per farsi udire da tutti. “Cominciamo le ricerche dell’altro lago. Alcuni di noi torneranno al punto di partenza e seguiranno il fiume di levante seguendone la traiettoria ovunque essa porti. Altri andranno nella foresta, tenendosi ovviamente sempre verso il fiume a ovest. Fate più tentativi, se necessario. La vita del Re Supremo dipende da noi. Appena qualcuno trova qualcosa, avverta immediatamente gli altri. Non fate di testa vostra. Ricordate che la Strega Bianca è ancora tra noi”
 
 
Pug se ne stava fuori dalla cabina di Rabadash , aspettando che il principe lo facesse chiamare.
Il mercante di schiavi s’innervosiva sempre quando il giovane lo cercava.
Lui teneva alla sua vita, e aveva scoperto che ci teneva più dell’oro. Se mai il principe gli avesse affidato un nuovo incarico, almeno voleva essere sicuro di poter avere qualcuno con lui che gli coprisse le spalle. Non gli avrebbe detto no, ma nemmeno si sarebbe lanciato allo sbaraglio come la volta precedente. D’altronde, dagli errori si impara.
In quel momento, un servitore usci dalla cabina reale. “Sua Altezza può ricevervi, ma dice di aspettare un momento ancora vicino alla porta, verrà lui da voi”.
Il mercante allora entrò e rimase in attesa.
Si guardò attorno, osservando il sontuoso arredamento del salotto del principe.  Non resistette e si mise a curiosare qua e là, avvicinandosi a un mobile sopra il quale, adagiato su un cuscino di velluto, vi era un pugnale d’oro tempestato di pietre preziose. Poco dopo, il mercante udì i passi di Rabadash e si affrettò a mettere giù il pugnale.
“Mio signore, eccomi al vostro cospetto” s’inchinò l’uomo non appena vide il principe. “Mi fa immensamente piacere vedere che ormai Vostra Altezza è ristabilita”
“Anche tu stai meglio, a quanto pare” s’informò inaspettatamente Rabadash. Sul braccio portava il solito falchetto nero e bianco con un nastro rosso legato alla zampa.
“Oh, sì, ormai sono completamente guarito, mio signore, grazie”
“Molto bene allora, perché ho un lavoro per te” disse il principe, rimettendo l’uccello nella gabbia e accomodandosi su una delle ampie poltrone. Pug rimase in piedi.
 “Cosa desidera il mio signore, da me?”
“Una cosa molto semplice, anche se probabilmente non ti piacerà” iniziò Rabadash. “Vedi, lo farei personalmente, ma ho appena ricevuto nuove istruzioni da mio padre” e dicendo ciò indicò il falchetto nella gabbia, “e credo sia necessario occuparsi prima di ciò ch’egli mi ordina.”
“Certamente, certamente…”
“Dovremo viaggiare ancora a lungo, a quanto sembra, ma c’è una cosa che dev’essere assolutamente fatta quanto prima. E tu puoi farlo per me”
Pug attese, irrequieto. Rabadash proseguì.
“Una volta mi hai detto che vorresti vendicarti di quel che hai subito a Portostretto”
“Sì, me ne ricordo. E voi avevate detto, che sareste stato felice di accontentarmi”
“Ed è così”
“Ah!” fece Pug esaltato. “La Regina Susan…”
Rabadash s’incupì e alzò una mano. “No! Lei è mia. Il grande Tash me l’ha promessa in sposa personalmente. No, tu ti devi occupare principalmente di Re Caspian…e sì, in parte anche di Susan”
“Come il mio signore comanda” disse Pug un po’ dispiaciuto, ma certo che Rabadash avesse in serbo per lui qualcosa di ugualmente allettante. “Però…il mio signore mi promette che questa è l’ultima volta che ho a che fare con Narnia?”
Rabadash strinse gli occhi. “Io non prometto nulla. Tutto dipende da se riuscirai o no in quel che ti ordinerò di fare. Se porterai a termine questa missione te ne potrai andare, lasciare la nave e far rotta di nuovo verso la tua casa. Come ricompensa, potrai chiedermi ciò che vuoi”
Pug esaminò l’offerta e non ci mise molto per decidere: avrebbe fatto quest’ultimo favore al principe.
“Se Vostra Altezza me lo concede, vorrei il pugnale che avete su quel mobile”
Il principe e il mercante si voltarono a osservarlo e il primo acconsentì con una risata.
“Ma ora, Pug, ascoltami. Il piano è molto semplice: devi raggiungere in gran segreto i narniani. Non devi farti vedere, è essenziale. Ti affiancherò uno dei pirati di Ader, il migliore”.
“Ma siamo ancora lontani da loro, non sappiamo dove siano i narniani”
“Purtroppo è vero. Tuttavia, con una Blue Singer li troverete in un battibaleno”
Pug spalancò la bocca. “Voi volete che raggiunga il Veliero dell’Alba a nuoto, sul dorso di una balena azzurra? E come? Non si possono mica addomesticare, è impossibile!”
Rabadash sogghignò. “Difficile, ma non impossibile. Come saprai anche tu, essendo stato un pirata, una volta che una Blue Singer viene catturata deve servire il suo padrone fino alla fine dei suoi giorni, a meno che egli non decida di liberarla.”
“Sì, lo so, e…quindi…”
“Quindi” proseguì Rabadash impassibile, “una volta che avrai trovato i narniani starai alle loro calcagna fino a che approderanno su qualche isola. Alla prima occasione rapirai la Regina Susan e la porterai da me.” Rabadash sospirò pensando a lei. “Vorrei poterlo fare io, lo ribadisco, ma converrai con me che, furfante quale sei, hai molta più dimestichezza di me in certe cose.”
Pug rise. “Questo è vero…”
“Allora è sì?”
“Se davvero promettete che in seguito potrò tornare indietro, Altezza…”
“E va bene: hai la ma parola. Potrai tornare a Portostretto”
Pug si raddrizzò e baciò la mano del principe. “Ma ditemi, vostra signoria, cosa dovrei fare con Re Caspian?”
“Semplice: devi ucciderlo”
“Ma io volevo vendicarmi della Regina Susan…lui non m’interessa”
Rabadash alzò un dito ammonitore. “Non voglio scherzi, Pug, mi raccomando. Susan dev’essere trattata con ogni riguardo. Ricorda che ben presto sarà Imperatrice di Calormen. Ma la tua sete di vendetta verrà comunque ricompensata, perché colpendo il Re, colpirai lei.”
“Oh…davvero diabolico, mio signore”
Rabadash rise soddisfatto.
Era l’unico modo per farla cedere, lei e tutti i narniani. Tisroc l’aveva espressamente ordinato: per avere la Regina fai qualunque cosa, ma in fretta…
Ebbene, cosa c’era di meglio se non uccidere il Liberatore?
Tisroc continuava ad insistere che uno dei modi migliori per cominciare a piegare il popolo di Narnia era ingannarli sulla morte del loro Re. Ma Rabadash non era d’accordo. Perché divulgare una falsa notizia quando potevano ucciderlo sul serio?
Il principe sapeva perché suo padre era così riluttante nel sbarazzarsi di Caspian: aveva paura del Leone. Lo ammettesse o meno, Tisroc credeva in quella creatura e ne aveva il terrore, per questo non ne pronunciava mai il nome, e così aveva imposto a tutta Calormen.
Ma Leone o non Leone, Caspian andava tolto di mezzo, poiché era l’unico ostacolo che gli avrebbe permesso di far sua la Regina Susan. Ormai la considerava una sua proprietà e solo con la morte del suo amato, quella donna si sarebbe finalmente spezzata e piegata alla sua volontà.
 
 
Quand’era precipitato, Peter aveva cercato di aggrapparsi alla parete di roccia e si era ferito alle mani. Poi l’oscurità aveva avvolto tutto quanto, prima di posarsi anche su di lui. Grossi macigni erano crollati dall’alto e un paio di questi l’avevano travolto. Era stato quasi surreale.
Aveva perso i sensi ed era rimasto incosciente per molto tempo. Non sapeva quanto.
Là sotto vi era un silenzio opprimente, inframmezzato da un sommesso gocciolio lento e regolare, che però divenne presto insopportabile.
La convinzione di essere ancora vivo si concretizzò con ondate di dolore in ogni parte del corpo.
Peter strinse le palpebre e l’immobilità del luogo fu spezzata dal suo grido soffocato.
Quando gli spasimi cessarono, provò ad aprire gli occhi, ma ovviamente non poté vedere nulla se non buio e ancora buio. Solo un lieve bagliore azzurrognolo alla sua destra illuminava una piccola porzione della nuda e fredda roccia sulla quale era disteso a pancia in giù.
Non era una buona idea muoversi di nuovo, ma voleva accertarsi e capire se quella luce fosse veramente ciò che pensava.
Fortunatamente, non fu necessario fare troppi movimenti (quel tanto che gli permise di tirare un sospiro di sollievo e scoprire di non essere così malmesso come aveva creduto inizialmente). Poi la vide: la Spada di Restimar era a pochi centimetri da lui e brillava di luce propria. Proprio come era accaduto a quella di Bern, quando Edmund l’aveva impugnata la notte in cui la Strega Bianca era salita a bordo del Veliero dell’Alba.
Quella luce lo fece sentire meglio, in qualche modo rassicurato, perché improvvisamente seppe di non essere solo là sotto: di certo, Aslan era con lui.
Tentò di alzarsi, stingendo i denti e portandosi la mano sinistra al fianco destro. Molto probabilmente aveva qualche costola rotta, la spalla sinistra gli faceva male da impazzire e sanguinava sotto la stoffa della camicia strappa. Fortunatamente, le gambe era tutt’e due sane, anche se su tutto il corpo aveva tagli e ammaccature.
Allungò piano la mano e la posò sull’elsa della Spada di Restimar. Essa sembrò reagire e intensificò la propria luminosità, come se sapesse di trovarsi finalmente nelle mani del suo proprietario.
Sostenendosi alla parete e stando attento che non ci fosse un altro crollo, Peter si tirò in piedi e legò alla bene e meglio la nuova arma alla cintura, dalla parte opposta di Rhindon. Non ce la faceva a tenerla in mano.
Guardò in alto per cercare di scorgere il punto in cui era precipitato, ma il debole fascio di luce della lama magica non arrivava fin lassù. Inoltre, pensò, il passaggio doveva essere ostruito dai massi che erano crollati. Era caduto fin nelle viscere della terra, da metri e metri d’altezza.
“Devo risalire!”
Peter lottò contro il dolore e fece vari tentativi, aggrappandosi alla parete con le mani ferite e ancora sanguinanti. Dovette rinunciare presto, poiché era troppo scivolosa, troppo ripida. Inoltre, il dolore era insopportabile e lo costrinse ad appoggiarsi con la schiena contro la roccia.
“Forza” si disse, “Non puoi fare il codardo proprio adesso...”
“Abbi fiducia…”
Peter alzò il capo e la testa girò pericolosamente. Ma non gliene importò, perché davanti a lui c’era…
“Aslan!”
Appena pronunciò il suo nome, la sagoma dorata del Leone spari, balzando nell’oscurità. Nello stesso istante, la Spada di Restimar mandò un bagliore accecante e illuminò la cavità sotterranea molto più in là di quanto Peter avesse sperato. Ora poteva vedete che la strada continuava.
Iniziò allora ad inoltrarsi nella grotta buia, procedendo sempre tenendo una mano sulla parete, avvertendo una fitta improvvisa a una caviglia. Si era sbagliato sulla sua situazione.
“Sono messo piuttosto male, stavolta”
Camminò per alcuni minuti, chiedendosi se faceva davvero bene ad inoltrarsi così tanto nella caverna e allontanarsi sempre più dal punto dove era caduto. Se gli altri fossero riusciti in qualche modo a scendere e raggiungerlo? Cosa avrebbero pensato non trovandolo?
“No, è impossibile”pensò ancora Peter, “non riusciranno mai a spostare quei macigni. Devo farcela da solo”
Un lieve brontolio risuonò alle sue orecchie.
“Tu non sei solo, Peter, ricordatelo”
“Aslan…è vero, perdonami. Ma non c’è possibilità per loro di arrivare a me. Aiutami ad uscire e raggiungerli, ti prego”
“Continua a provare, Figlio di Adamo, e troverai la via”
La presenza rassicurante del Leone era tutta attorno lui e Peter si sentì più forte, e lo sconforto sparì dal suo cuore.
D’un tratto però, accadde qualcosa.
Il ragazzo si trovò davanti a un bivio e si fermò per decidere qual era la strada migliore da seguire. Rammentò i due fiumi sull’isola, quello a ovest e quello a est, l’uno pieno d’acqua potabile e l’altro colmo di acque maledette.
Decise di imboccare il cunicolo di sinistra e andare verso ovest, dove sperava non ci fossero pericoli nel caso in cui si fosse imbattuto in una qualche fonte d’acqua.
Poi l’udì: l’inconfondibile suono scrosciante, fragoroso. Era sempre più vicino, sempre più vicino…
Ma da dove veniva? Da sinistra o da destra? O da entrambe le parti?
Peter indietreggiò un poco e poi lo vide. Sembrava proprio un fiume in piena che sbatteva sulla parete della galleria di destra.
Si tuffò in quella a fianco ma il fiume curvò e lo inseguì, come impazzito. Peter cercò di correre più veloce che poteva, ben sapendo che quel che stava accadendo era opera della magia e lui non poteva fare nulla contro di essa. Solo Aslan avrebbe potuto…
Dove l’acqua passava, tutto diveniva d’oro: il pavimento, le pareti, il soffitto. Tutto cominciò a brillare a causa del bagliore provocato dal metallo prezioso, il quale si univa allo scintillio sempre maggiore della Spada di Restimar.
Il piede ferito cedette e Peter cadde a terra. Si girò svelto e indietreggiò ancora, strisciando a terra, vedendo che ormai il flusso d’acqua si era tramutato in una scia d’orata che serpeggiava verso di lui. Non sarebbe riuscito ad evitare che lo colpisse.
Ma alla fine, proprio mentre la terra e le rocce ai suoi piedi divenivano d’oro, l’incanto si arrestò e tutto tornò immobile, mentre un ruggito spaventoso invase la caverna.
Peter guardava fisso a un centimetro dal suo piede: ancora un secondo e sarebbe divenuto una satua proprio come Lord Restimar.
Si rialzò con fatica, allontanandosi il più possibile da quel punto. Dovette però di nuovo appoggiarsi a una parete, poiché il dolore lo privava di tutte le forze.
“Grazie, Aslan” mormorò ad occhi chiusi, ansante.
“Attento, Peter, sta arrivando…”
Il giovane riaprì gli occhi e trasalì. Immediatamente sguainò Rhindon.
La Strega Bianca era davanti a lui, bella e glaciale, con uno sguardo che sembrava doverti inghiottire da un momento all’altro.
L’ultima volta che l’aveva guardata direttamente negli occhi era stato alla casa di Aslan, e stava per commettere un’enorme sciocchezza.
“Non succederà di nuovo!”
Senza preamboli, Jadis allungò un braccio bianco e lungo. “Tu hai qualcosa che mi interessa, Peter caro”
“Se ti riferisci alla Spada di Restimar, sappi che non te la cederò facilmente”
Jadis rise, una risata gelida che provocò nel giovane brividi lungo la schiena.
“Sai, questa scena l’ho già vissuta: tu con la tua fedele Rhindon che mi minacci…All’epoca non eri ancora Re, ma il coraggio è sempre lo stesso. Il coraggio degli sciocchi che giocano a fare gli eroi. Ti ricordi, Peter? Accadde all’accampamento di Aslan, quando venni a rivendicare il sangue di tuo fratello”
“Sì, me lo ricordo bene” replicò il ragazzo con voce ferma, ma dentro di sé sentiva l’inquietudine crescere a ondate.
“Come sei serio…” sorrise Jadis osservandolo e avvicinandosi un poco.
“Sei venuta per me stavolta, lo so. Farai esattamente quello che hai già fatto alle mie sorelle. Ma sono pronto e ti affronterò! Solo, sappi che Aslan è con me, come era con loro.”
“Non mi spaventa sfidare Aslan, l’ho già fatto molte volte”
“L’hai sempre sottovalutato e guarda come sei ridotta: poco più di un fantasma”
Jadis strinse gli occhi, furiosa. “Se è davvero qui, allora digli di venire ad aiutarti”
“Te l’ho già detto: lui c’è”
Jadis scosse il capo, incredula. “Che cosa strana…io non lo vedo. Fa sempre così, vero? Ti lascia solo, in balìa del pericolo, ben sapendo quello che succederà. Un pò incurante, non ti pare?”
“Non ha bisogno di mostrarsi sempre in prima persona. La sua forza e la sua potenza sono in noi, in chiunque crede in lui e crede in Narnia.”
“Ciò non toglie che non ti sta aiutando. O vuoi farmi credere che ti basta avere fede?”
“E’ così” rispose Peter con fermezza, senza dubbio alcuno. O forse un dubbio l’aveva…
L’avvertimento di Coriakin…improvvisamente gli venne alla mente…
Non dubitare mai di ciò che può accadere, o perderai ciò che per te è più prezioso
Ora sapeva cosa voleva dire…
Se avesse dubitato di Aslan, di sé stesso, avrebbe perso per sempre Narnia, e non solo…
I volti dei fratelli e degli amici affiorarono alla sua mente, e poi lei, Miriel…
“Come si può aver fiducia in qualcosa che non si vede?” disse ancora la Strega Bianca, con tono di commiserazione.
Sotto i suoi occhi increduli, Peter rinfoderò Rhindon e la guardò dritto negli occhi, senza timore.
“La fede è l’aspettazione di cose sperate, l’evidente dimostrazione di realtà benché non vedute”
La voce di lui era ferma, il viso fiero, nobile.
La Strega Bianca strinse i pugni e la sua bellezza scomparve, soffocata dalla collera, la faccia contratta nello sforzo di non mettersi a gridare.
“Degne parole di un Re…”
Poi, l’aria si riempì di un aroma delizioso, come se qualcuno avesse aperto uno spiraglio nella roccia per permettere agli aromi del mondo esterno di penetrare là sotto. Il profumo di salsedine, di fiori, dell’erba... quel profumo che si sente nella prima giornata di sole primaverile dopo essere stati tanto a lungo avvolti dal gelo dell’inverno. Un profumo di vita.
“Lo vedi?” sorrise Peter. “Lui può superare persino le tue barriere, Jadis. Per quanto tu ci provi non lo fermerai, così come non fermerai mai noi. E’ scritto dai tempi dei tempi che i Figli di Adamo e di Eva avrebbero sconfitto il male, e quando tutti gli amici di Narnia saranno uniti, per te sarà la fine”
“Quel giorno non arriverà mai!” assicurò la Strega Bianca. “L’ultimo Amico di Narnia non è ancora giunto in questo mondo, e prima che possa arrivare io avrò già eliminato gli altri sei!”
Jadis si scagliò allora contro Peter. Il ragazzo mise di nuovo mano all’elsa di Rhindon ma non fece in tempo a fare nulla. La Strega Bianca lo afferrò per il collo e con una forza sovrumana lo scagliò contro la parete. Peter gridò, il corpo trafitto da mille pugnali di dolore, e si accasciò al suolo.
“Sei stato uno sciocco a metter via la spada, Peter il Magnifico…o forse dovrei chiamarti solo Peter Pevensie…Sì, non sei altro che un terrestre giunto in un mondo che non è il suo. Ormai, qui più nessuno ti considera il Re. A nessuno importa di te, non te ne rendi conto?”
Peter alzò lo sguardo. Ciuffi biondi gli ricadevano sugli occhi ma non si curò di scostarli. “So cosa stai facendo, ma non funzionerà stavolta.”
“Davvero?” Jadis si chinò su di lui, parlandogli con voce sibilante, ipnotica. “Io invece credo che tu stia pensando alle parole che ho appena pronunciato. Perché tu lo sai, Peter...L’Età d’Oro è finita.  C’è Caspian sul trono, ora. E’ lui il signore di Cair Paravel. Questo è il suo regno, non il tuo. E i tuoi fratelli sono divenuti come una famiglia per lui: Susan, Edmund e Lucy non hanno più bisogno di te…”
“No, non è vero…noi siamo sempre stati insieme e Caspian è…è un buon sovrano…”
“Lo dici, ma non lo pensi…Lo odi, in realtà. Lo hai sempre odiato perché ti ha rubato Narnia. Un uomo di Telmar, Peter, ci pensi? Un invasore”
Peter abbassò lo sguardo e lo fissò sul pavimento di pietra. Forse era vero. Forse non lo aveva mai ammesso con se stesso ma…odiava Caspian…
“No…” scosse forte il capo. “No, non è vero, non lo odio…”
“Sì invece, perché sai che lui ti porterà via tutto ciò che hai di più caro. Prima il titolo e poi la tua famiglia. Susan rimarrà a Narnia con lui e non la rivedrai mai più. Edmund è il su migliore amico- non il tuo, il suo, rammentalo- e potrebbe decidere di restare al suo fianco, come Susan. E quanto credi che ci metterà Lucy a seguirli? Hai detto tu che siete sempre stati insieme, e loro non vorranno separarsi. E non gl’importerà un bel niente se tu accetterai o meno, o se non ci sarai. Sei stato così crudele con loro… e Susan, Edmund e Lucy hanno trovato un degno sostituto: hanno trovato Caspian. Ora è lui l’elemento principale del gruppo. Se c’è un problema da chi vanno? Dal Re, e il Re è Caspian il Liberatore, non Peter il Magnifico. Ormai la tua storia è solo sui libri, Peter. Sei solo un nome, una leggenda, e le leggende a volte vengono dimenticate…Anche tu sarai dimenticato, prima dai tuoi fratelli, poi da tutto il regno. Per cui…non ti curare di loro. Torna a casa”
“A casa?” balbettò il ragazzo, confuso e frastornato.
Sapeva che ciò che Jadis gli diceva era tutta una menzogna, ma…non poteva ignorarla…doveva ascoltarla!
“Sì, caro, a casa. Da tua madre e tuo padre. Le uniche persone che hanno sempre capito quanto vali, che sanno davvero chi sei”
Mamma…papà…
Una lacrima involontaria scese sul viso del Re Supremo.
Gli mancavano. Gli mancavano immensamente. E tutto quello che aveva passato da quando era Re…non era stato facile. In certi momenti era stato persino insopportabile.
“Lo so, mio caro…” mormorò la Strega tendendogli una mano. “Sei solo un ragazzo, non vale la pena soffrire per tutto questo. Non vuoi essere come gli altri? Un ragazzo normale?”
“No!” scandì Peter forte e chiaro e la sua voce rimbalzò sulle pareti.
Si alzò in piedi e riprese in mano Rhindon, osservandola attentamente.
“Io non sono come gli altri” mormorò, gli occhi ora non più umidi. “Un Re di Narnia: ecco quello che sono. Uno dei cinque Sovrani. Siamo in cinque, siamo una squadra, non sono solo. Non lo sono mai stato…”
Ripeté le stesse parole che Aslan gli aveva rivolto poco prima.
“Aiutami…non voglio farmi prendere da lei, aiutami!”
“Sono qui, Peter, sono con te. Non mi vedi ma io sono dentro di te, nel tuo cuore. Rammenta quelle parole…”
Peter guardò ancora la lama di Rhindon, le scritte in argento vergate su di essa. Ma non erano quelle le parole che gli serviva ricordare, bensì quelle pronunciate dal Leone quando lo incornò insieme ai fratelli.
“Tu dici che non sono più Re, ma ti sbagli, Jadis. Perché quando si è Re o Regina di Narnia, si è sempre Re o Regina”
Il Re Supremo fissò la Strega Bianca e in quell’attimo sembrò a entrambi di essere ancora sul campo di battaglia, le spade in mano, Peter con indosso l’armatura rossa e argento.
“Quel tempo non tornerà mai più!” gridò Jadis, sentendo che il suo incantesimo ormai non faceva più presa sul ragazzo.
Peter sorrise. “No, è vero. Ma ne verranno altri. E Narnia sarà sempre più bella, sempre più meravigliosa…grazie a Caspian. E forse anche grazie a noi. Io…io non so quanto a lungo potrò restare, ma finché sono qui farò tutto il possibile per cancellare dalla mia vera casa ogni sorta di creatura malvagia”
“E i tuoi genitori?”
Peter vacillò, ma ormai sapeva…
“Solo Aslan potrà decidere cosa ne sarà di tutti noi. E sono certo che farà la cosa giusta. Non ci lascerà soli, mai, e non lascerà soli i miei genitori. Perché ha creato anche loro. Come ha creato te, Jadis”
“Zitto!”
“No, tu sta zitta!” urlò Peter avanzando e puntandole contro la lama di Rhindon. “Lo so da tanto, ci ho riflettuto: se Aslan e l’Imperatore d’Oltremare hanno creato l’universo intero, hanno creato anche tutti gli alti mondi, la maggior parte dei quali, purtroppo, sono andati allo sfacelo. Ma anche la tua terra, il regno di Charn, l’ha creata Aslan, che ti piaccia ammetterlo o meno. Anche tu sei una creatura del Grande Leone, Jadis, ma ormai…ormai sei perduta. Come Coriakin, come Tisroc, come Rabadash, come Tash…voi siete il male.”
“Adesso basta!” Jadis alzò una mano e di nuovo l’acqua riapparve, ricominciando a trasformare tutto quanto incontrava in puro oro.
“Farò di te la statua più maestosa che si sia mai vista, Peter il Magnifico!”
“Sono perduto!” pensò il ragazzo, riflettendo in fretta ma senza trovare soluzione.
Poi, la Spada di Restimar brillò così sfolgorante che fu difficile sia per il ragazzo che per la Strega tenere gli occhi aperti.
Peter l’afferrò, spinto dall’istinto che gli diceva di usarla. La tenne davanti a sé, Rhindon abbassata lungo il fianco. Il suo corpo era di nuovo attraversato da fitte di dolore acuto, tanto da non riuscire più a reggere la spada che adesso vibrava nel suo pugno. La spalla gli faceva troppo male e l’aveva già sforzata troppo. Ma doveva continuare a tenere la Spada del Lord puntata avanti a sé. La sua scia azzurra fermava l’acqua d’oro e lo proteggeva, creando come uno scudo invisibile attorno a lui.
“Dami quell’arma!!!” gridò ancora la Strega, una mano a schermare gli occhi dal riverbero della lama magica.
All’improvviso, dalle pareti  e dal soffitto cominciarono a cadere piccoli sassi e polvere. Peter e la Strega guardarono in alto ed entrambi pensarono che la grotta stava per cedere. Ma non fu proprio così.
Grosse radici spuntarono dalla roccia, sgretolandola e scavandosi il passaggio per arrivare fino al giovane e alla donna. Afferrarono la Strega, arrivando a lei da ogni lato possibile. Jadis si ritrovò con gambe e braccia intrappolate e gridò ancora, colma di rabbia.
Peter sapeva che non l’avrebbero di certo uccisa, ma per un momento ci sperò.
Completamente preso alla sprovvista da ciò che stava succedendo, non vide il fulmineo scatto del braccio di Jadis che afferrava la Spada di Restimar e gliela strappava dalle mani.
“NO!!!”
Cercò di raggiungerla ma una radice andò verso di lui e lo spinse lontano, prima di avventarsi anch’essa sulla Strega. Allora le pareti crollarono sul serio sopra di lei, e Peter si sentì afferrare da due zampe possenti e morbide. Poi avvertì un senso di vuoto allo stomaco, quando si ritrovò in aria, la creatura che balzava sulle pareti prendendo la rincorsa per poter uscire.
Non seppe come fu possibile, ma un secondo dopo, l’oscurità fu sostituita dalla luce abbagliante del sole.
 
 
Poco dopo che erano partiti in cerca della fonte d’acqua dolce, Caspian, i tre Pevensie, Eustace, Rip, Miriel, Emeth e gli altri marinai, avevano avvistato di nuovo la nebbia verde. Poco dopo ancora, Lucy e Susan avevano gridato a gran voce di aver visto Aslan.
Seguendo la Valorosa e la Dolce si erano inoltrati nel fitto della foresta e infine eccolo: il secondo lago, la cui fonte non era stregata. Susan aveva visto giusto.
Miriel prosciugò la sorgente in un batter d’occhio, solo che…non c’era nessun passaggio. Nulla che li potesse far entrare. Erano al punto di partenza.
Disperati ed esausti, si erano chiesti quanto tempo ancora Peter avrebbe potuto resistere sottoterra.
“Aslan, dove sei?” aveva mormorato Lucy.
“Fate presto, piccola mia, presto! Seguite la nebbia!”
Quella volta, bene o male tutti l’avevano udito e così avevano fatto, arrestandosi infine sull’orlo di un crepaccio profondo decine di metri.
“E’ la sotto” disse Miriel, i lunghi capelli rossi sferzati dal vento che soffiava dal fondo della gola, a mala pena visibile.
“Ne sei certa?”
“Sì, Edmund, lo sento. Lui è la e la Strega Bianca con lui!”
“Andiamo, allora!” disse  Ed, “Caliamoci come abbiamo fatto prima, con le funi. In fretta!”
“Ma è troppo profondo!” protestò Eustace.
“Ho io la soluzione” disse ancora Miriel. “Susan, per cortesia, puoi suonare il tuo corno? Da sola ho paura di non farcela”
“Il corno? Certo”
Susan lo estrasse dalla piccola sacca legata in vita e vi soffiò dentro, chiedendo un aiuto silenzioso all’isola, mentre ascoltava la bassa e profonda nota che ne fuoriusciva.
Poi, sotto gli occhi sbalorditi di tutti, gli alberi cominciarono a muoversi, le radici uscirono dalla terra.
“Cercate il Re Supremo, amici” aveva esclamato la Driade e le piante l’avevo ascoltata.
In seguito, Caspian, Edmund, Susan, Lucy, Eustace, Ripicì, Emeth e la stessa Miriel erano saliti sopra le radici più grosse e resistenti, ed erano stai calati dolcemente nella gola come in groppa ad enormi e strani uccelli.
“Sto per sentirmi male! Aiuto!!!” gridò Eustace.
Miriel sembrava guidare gli arbusti dove desiderava. In pochi secondi arrivarono in fondo e misero piede a terra (in realtà Eustace cadde, ma nessuno ci fece troppo caso).
La Driade corse avanti a tutti e gli altri le furono subito dietro. Sembrava sapere dove andare. E forse lo sapeva davvero…
Ormai era chiaro a tutti che tra lei e Peter c’era un legame speciale.
“Là! Guardate!” aveva esclamato Caspian alla fine.
La nebbia verde vorticava e lottava contro grosse radici che cercavano di trattenerla. D’improvviso, un lampo dorato li fece indietreggiare tutti automaticamente. Subito dopo compresero di cosa si trattasse (o meglio, di chi) e non ebbero più timore.
“Aslan!” gridarono “Peter!”
“Peter!!!” urlò Miriel più forte di tutti, correndo da lui non appena il Leone lo posò a terra.
Edmund corse verso la nebbia, la Spada di Bern in mano. Susan lo seguì e scagliò una, due, tre frecce, che dispersero la foschia e rivelarono colei che vi era celata. Il Giusto calò la lama sulla Strega, ma fu come fendere l’aria, esattamente come la volta scorsa.
Ella scomparve con un ghigno soddisfatto sul volto di ghiaccio. Stretta nella mano aveva una spada che, da luminosa qual era stata, spegneva pian piano la sua luce e spariva con lei.
Nel frattempo, Lucy, Caspian e gli altri erano corsi da Peter. Aslan era poco lontano da loro.
Susan e Edmund si voltarono svelti e li raggiunsero. Per ora la Strega se n'era andata, e il fratello maggiore veniva prima di tutto il resto.
Peter si alzò piano e subito le braccia delle tre ragazze si chiusero su di lui.
“Ahi! Mi fate male!” protestò il giovane, cercando di abbracciarle tutte e tre contemporaneamente.
Poi, Susan e Lucy si tirarono indietro, ma Miriel rimase stretta tra le braccia di Peter, che la stinse forte a sua volta.
“Sei vivo! Sei vivo!” singhiozzava la Driade, il volto nascosto nel suo petto.
“E’ stata una passeggiata” tentò di scherzare il ragazzo. “Hai sentito la mia mancanza?” le chiese con un lieve sorriso.
La Driade singhiozzò ancora e non rispose. Peter le accarezzò i capelli. “Tranquilla, sto bene”
“D-davvero?” chiese lei, guardandolo e accarezzandogli a sua volta il viso sporco e i capelli spettinati.
“Più o meno” ma il Re Supremo non poté reprimere una smorfia, e subito Lucy fu di nuovo al suo fianco, cordiale alla mano.
“Molto bene, Figlio di Adamo. Molto bene” mormorò Aslan con un brontolio soddisfatto.
“Aslan…” sussurrarono tutti in coro, felici e increduli come ogni volta che il Leone appariva loro.
“Non ce l’avrei fatta senza di te” disse Peter, con un sorriso sincero ma un po’ tirato.
“Le cose che hai capito laggiù, Peter, dille anche ai tuoi amici.”
Il ragazzo annuì.
Aslan si volse verso Miriel e le sorrise. “Brava, Miriel”
Lei si asciugò in fretta il viso, si alzò e fece un inchino.
“Emeth tarkaan”
Tutti si girarono verso il soldato ed egli non seppe bene se inchinarsi o no, ma alla fine lo fece.
Il Leone non disse nulla, si limitò ad annuire e tutti capirono che approvava la presenza del soldato.
“Io…io non so come devo chiamarvi…” balbettò Emeth impacciato.
 “Signore può andar bene” gli suggerì Lucy a bassa voce, scoccando un’occhiata ad Aslan. “Scusa…”
“Piccola mia, stai diventando sempre più grande e sempre più forte”
Lucy arrossì, senza poter reprimere un sorriso che le illuminò il volto rendendola bellissima.
“Anche tu, Eustace”
“Ah…ah…ah…AHIA!” esclamò il ragazzino, quando Susan gli diede un pizzicotto, Lucy gli tirò un piccolo calcio e Edmund gli diede una gomitata.
“Edmund…la tua prova deve ancora arrivare, figlio”
“Lo so bene, Aslan. Ma sarò pronto quando accadrà, vedrai”
Il Leone assunse un’espressione pensierosa. “Ce la farai, come i tuoi fratelli, ma non sottovalutare la Strega Bianca.”
Edmund annuì con aria fiera.
“Susan…stavolta mi hai veduto, mia cara!”
La Regina Dolce vide sul fulgido muso d’orato un’espressione di immensa fierezza, e capì che era per lei.
“Caro Aslan, sono felice! E ti ringrazio”
Susan avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma non lo fece.
“Ripicì, piccolo e grande amico. Continua a vegliare su tutti loro, mi raccomando”
“Oh, si signore, certo signore, assolutamente signore!” fece il topo, rischiando quasi di cadere per tutti gli inchini che fece.
“Vostra Maestà” s’inchinò a sua volta il Felino, rivolgendosi a Caspian. “Stai facendo un ottimo lavoro. Narnia è fiera di te”
“Grazie, Aslan” disse il giovane, abbassando il capo in segno di rispetto. “Spero di riuscire ad essere sempre degno del mio popolo. E se ci sono cose che a volte me lo impediscono, ti assicuro che me ne rammarico immensamente”
“Finora non ho trovato nulla da rimproverarti, Caspian. E io vi osservo sempre”
Il Re alzò il capo e per un attimo soltanto volse lo sguardo verso Susan, vedendo che anche lei lo guardava. Stavano pensando la stessa cosa, ma in quel momento Aslan riprese a parlare.
“Siete una grande famiglia, siete amici, più che amici. Vi amate dal profondo del cuore, tutti quanti, e questo è bene. Ma tante ancora sono le prove che affronterete, sia individualmente che uniti. Siate sempre saldi e vogliatevi bene, accettando l’uno dell’altro pregi e difetti. Così facendo, potrete superare qualsiasi ostacolo. Anche se…non siete ancora tutti…manca ancora qualcuno…”
“Chi?” non poté fare ameno di chiedere Lucy.
“Dovrà passare molto tempo prima che una di queste due persone giunga a Narnia. Ma lo farà, questo è certo, quando sarà il suo momento. E poi la guida del cielo, la Stella Azzurra. Anche lei dovrà venire con voi”
“Mi piacerebbe molto incontrarla” disse Miriel, sempre inginocchiata accanto a Peter, la mano in quella di lui.
“La sua dimora è ancora molto lontana da qui” rispose Aslan con aria grave “appena prima della Fine del Mondo, su una delle ultime isole”
A quella frase, Caspian trasalì. Una delle ultime isole…dove avrebbe anche incontrato la sua futura sposa, o almeno, colei che gli avevano imposto come tale.
“Aslan, cosa c’è?” chiese di nuovo Lucy, accarezzandogli il bel muso triste.
“Mi sono trattenuto con voi, oggi, per chiedervi di trovare la guida del cielo e aiutarla, poiché si trova in un grave pericolo”
“In pericolo?!” esclamò Lucy preoccupata.
“Qualcosa mi dice che centra la Strega Bianca, non è vero, Aslan?” chiese Edmund con uno strano presentimento.
“E’ esatto”
“Assaggerà la mia spada, Sire!” esclamò Ripicì.
“Buono, piccolo amico…”
Miriel si voltò verso gli amici. “Oh, vi prego, aiutiamola!”
“Calma, calma, mia cara. Vi suonerà strano ma non dovete agire di fretta o potreste cadere nei tranelli di Jadis. L’Isola su cui si trova il palazzo della Strega, dov'è prigioniera la guida del cielo, si sposta in continuazione, da nord a sud, da est a ovest. E' al limite del mondo, ma mai nello stesso luogo. Io aiuterò la piccola stella per quanto mi sarà possibile. E anche per voi non sarà semplice.”
“Ma Aslan” intervenne ancora Lucy, “tu non puoi forse tutto?”
“Non sempre, tesoro mio. Ci sono cose che persino per me sono difficili. La Strega Binaca è divenuta assai potente, quasi come me. Per questo anch’io mi trovo in difficoltà”
“E’ terribile!”
“Ce la faremo!” dichiarò Peter. “Lo faremo per Narnia”
“Per Narnia” dissero tutti gli altri, uno dopo l’altro.
“Ora devo andare” disse infine Aslan. “Peter, tu devi riposare…”
“Ti rivedremo presto?” chiese Susan in fretta.
“Ma certo, cara.”
“Aslan…posso…”
“Mi incontrerai ancora, Susan” disse lui rivolgendole un sorriso gentile. “Parleremo allora.”
E detto ciò, svanì in un lampo di luce d’oro.
“Devo dirvi una cosa importante” disse Peter subito dopo, volgendosi verso i compagni “Jadis ha preso la Spada di Restimar.”
 
 
Risalirono in fretta la gola avvalendosi ancora dei poteri di Miriel. Caspian e Edmund sorressero Peter, che non appena mise piede sul Veliero dell’Alba venne subito medicato e messo a letto.
Il ragazzo continuò a scusarsi per essere stato così sciocco nel farsi sottrarre la seconda delle Spade dei Lord, ma nessuno lo rimproverò.
“Eri ferito, non puoi fartene una colpa” gli disse per l’ennesima volta Miriel, seduta accanto  a lui, la mano sempre nella sua.
La ragazza non lo aveva più lasciato solo da quando l’aveva ritrovato e si era occupata personalmente di fasciargli la spalla.
“Il fatto è che odio sentirmi vulnerabile. Non poso farci nulla. E là sotto lo ero…”
Peter non aveva raccontato a nessuno quel che era avvenuto sottoterra, ma a lei sentì che poteva dire tutto.
Si sfogò, dando voce alle sue paure e ai dubbi che lo attanagliavano da tempo. Cercava di assumere sempre un atteggiamento serio e austero, rendendosi conto quanto fosse però sbagliato nei confronti di tutti.  Parlò della malinconia che provava ripensando all’Età d’Oro, e che avrebbe desiderato non essersene mai andato, che si sentiva in colpa verso Narnia per averla abbandonata e verso Caspian per non riuscire ad accettarlo come nuovo sovrano.  
“A volte ho così tanti pensieri che sembra esplodermi al testa” sospirò il ragazzo, mettendosi una mano sugli occhi. “Dovrei iniziare a trattare meglio tutti quanti. Lo so che ho sbagliato in un sacco di cose, ma…non sono abituato ad ammettere i miei errori.”
“Sì, lo so bene” mormorò Miriel, accarezzandogli i capelli.
A quel tocco lieve, Peter scostò la mano e la fissò negli occhi. Certe volte si scordava quanto Miriel lo conoscesse. Forse lo conosceva più di quanto lui conosceva sé stesso.
“Sei stata straordinaria, oggi. Se non fosse per te, sarei ancora là sotto. Mi dispiace di averti fatta preoccupare in quel modo”
“Sono felice che tu l’abbia fatto, invece” sorrise lei timidamente, senza smettere di passare la dita tra i suoi capelli dorati. “Ora riposati”
“No, aspetta” Peter si tirò su a sedere, appoggiandosi con un gomito al materasso. Subito Miriel fece per sostenerlo ma lui la fermò.
“Ce la faccio” la rassicurò con un breve sorriso. “Potresti…vorresti restare qui con me? Solo per un po’, poi ti lascio tornare in camera”.
“Non avevo intenzione di andarmene. Io resterò con te, finché mi vorrai”
Improvvisamente, Peter sentì il bisogno di stringerla a sé, di averla più vicino. Voleva anche dirle qualcosa, ma non sapeva da dove cominciare.
Era stata lei a trovarlo e lei a salvarlo.
Da tempo aveva chiaro che Miriel significava molto per lui, ma mai con tanta consapevolezza come ora. Si stava rendendo conto che ormai quella splendida creatura era una figura indispensabile nella sua vita. Gli faceva uno strano e bellissimo effetto.
Anche con lei era stato ingiusto, non incoraggiando in alcun modo i tentativi di lei di avvicinarsi a lui, quando invece avrebbe voluto il contrario.
“Dimmi ancora perché sei venuta a Narnia. E non parlo del fatto che sei la guida della terra”
Lei lo fissò un istante e abbassò gli occhi, ma Peter le mise una mano su una guancia e la fece girare di nuovo verso di sé.
“Stavolta voglio che me lo dici guardandomi negli occhi” disse ancora lui, la voce un sussurro.
“Peter…”
“Perché hai voluto incontrare me prima degli altri?”
“Lo sai”
“No, non lo so. Non la vera ragione. Non me l’hai mai detta”
Lei lo guardò emozionata. “Perché volevo farlo….perché…” Miriel sospirò e chiuse gli occhi, riaprendoli subito dopo.
Aveva paura ma ormai non poteva più tenerglielo nascosto. Anche se quella di lui era solo curiosità e in seguito non si fosse arrivati a niente, non voleva più aspettare.
“Perché volevo incontrarti di persona. L’ho sempre desiderato. Era il mio sogno…Essere tua”
Peter sgranò un poco gli occhi azzurri. Non riuscì a spiegare tutta la dolcezza che lei gli trasmise in quel momento.
“Miriel…” sussurrò piano il giovane, avvicinandosi a lei.
“So che non è possibile” ammise la Driade ritraendosi un poco, scuotendo i lunghi capelli rossi. “So che non c’è futuro per noi, ma anche se tu non mi ricambierai mai, io sarò felice perché ho potuto conoscerti”.
Una lacrima scese sul suo viso e Peter ne fu scosso. Una creatura così bella non poteva piangere.
“Per questo ho chiesto ad Aslan di scegliermi, nonostante fosse egoistico da parte mia. La vera ragione per cui sono qui, la ragione principale, sei tu. Volevo incontrarti, anche se per poco. Lo volevo con tutta me stessa. Perché io sono innamorata di te, Peter. Lo sono sempre stata.”
Lui non disse nulla, non si mosse, perché in fondo al suo cuore l’aveva sempre saputo, solo che si era imposto scioccamente di non concretizzare mai quel pensiero proprio per il fatto che tra lui e Miriel non poteva esserci nulla. Non perché lui non la ricambiasse, ma perché un giorno avrebbe dovuto lasciarla e non voleva farla soffrire.
Improvvisamente, capì cosa doveva aver provato Susan. Vide negli occhi di Miriel la stessa tristezza immensa che aveva riempito quelli della sorella nel periodo subito dopo il loro precedente rientro da Narnia. E anche Peter, ora, pensava al ritorno a casa come a qualcosa di doloroso.
E Caspian…Caspian aveva sicuramente sofferto tanto quanto Susan. Per questo il Liberatore e la Dolce non si erano mai avvicinati toppo durante la Guerra della Liberazione, almeno non fino alla fine. Già…perché alla fine non era stato più possibile soffocare il loro amore. E non era più possibile soffocare il suo per Miriel.
Ora non se la sentiva più di giudicarli, di ostacolarli, perché stava succedendo anche a lui.
E capì che era da tanto tempo che lottava contro quei sentimenti che l’avevano sorpreso nella radura dell’Isola delle Voci, quando aveva visto Miriel per la prima volta, circondata dai Fiori del Fuoco.
“Miriel, mi dispiace di averti tenuta a distanza. Sono solo uno stupido e ho pensato solo a me stesso, quando invece avrei voluto pensare anche a te. Perché sei sempre nei miei pensieri, Miriel…”
Si stupì lui stesso del gesto che compì poco dopo, ma scoprì che erano settimane che voleva farlo.
Le pose una mano sul viso, dolcemente, accarezzandole una guancia e avvicinandosi ancora di più.
“Non farlo solo perché ti ho confessato il mio amore” lo fermò lei d’un tratto. “Se non lo vuoi anche tu, non è giusto”
“E’ giusto invece, perché anch’io lo voglio”
Peter si specchiò in quei due gioielli color acquamarina che lo guardavano colmi di emozione e amarezza.
Era completamente avvolto dal suo profumo.
La vide chiudere gli occhi e poi, piano, Peter posò le labbra su quelle di lei e cominciò a baciarla lentamente, accarezzandole il viso e i capelli. Posò con estrema delicatezza le mani sulla sua schiena, sentendo il bisogno di tenerla stretta a sé.
La baciò a lungo e lei non si ritrasse.
Miriel si aggrappò a lui e rispose al bacio, sfiorandogli appena il viso. Dapprima impacciata, in seguito lasciandosi andare completamente a quelle labbra che da tempo immemorabile aveva desiderato per sé.
Lo aveva sempre visto irraggiungibile, anche ora che erano sempre insieme.
Peter era Re Supremo di Narnia e lei era solo una Driade. Forse un poco più speciale delle altre sue sorelle, ma pur sempre una delle tante. Tuttavia, sua madre le aveva sempre detto di rincorrere i suoi sogni e lei lo aveva fatto.
Forse Peter non l’avrebbe mai ricambiata, ma Miriel aveva voluto tentare e incontrarlo ugualmente, e quel che sarebbe successo, sarebbe successo. Valeva la pena di versare qualche lacrima, se era per lui.
E sì, era stupida, era superficiale ed egoista, ma era innamorata. Terribilmente innamorata,  e tutto ciò che sapeva era di voler rimanere al suo fianco in ogni caso.
Ma ora…ora era tra le sue braccia e il suo sogno non le sembrava più tanto irraggiungibile.
Poteva davvero essere che anche Peter l’amasse?
Quando si separarono, il giovane le baciò piano la fronte. Miriel si appoggiò a lui quando il giovane le stese accanto a sé.
Lei s’irrigidì un poco quando lui ricominciò a baciarla a fior di labbra.
“Non credo di essere pronta per…” mormorò incerta, sperando che non si adirasse.
Ma Peter le sorrise. “Tranquilla. Non volevo quello”
Lei annuì e abbassò lo sguardo. Le sue ciglia brillavano ancora di piccole lacrime, ma non piangeva più.
“Lo desideravi davvero?” gli chiese dopo un attimo.
“Se desideravo baciarti?”
Lei annuì ancora.
“Sì. Mi rendo conto che l’ho sempre voluto.”
Lei lo guardò seriamente. “Peter, io…io non sono una ragazza come le altre. Io non sono umana”
Lui sorrise ancora e le scostò una ciocca di capelli. “Lo so. Non m’importa”
La fanciulla gli strinse una mano. “Mi rendi immensamente felice, sai?”
Lui si chinò di nuovo su di lei e la baciò ancora. “Mi ami, Miriel?”
Lei lo fissò, stupita da quel suo slancio. “Sì…”
“E’ tutto quello che mi serve” concluse Peter, passandole una mano sul fianco e attirandola a sé.
“E tu?” chiese la Driade, mormorando contro la sua spalla. “Tu mi ami, Peter Pevensie?”
Lui sopirò e appoggiò la guancia alla sua fronte, chiudendo gli occhi. “Con tutto il mio cuore.”

 
 
 
 
 
 
Scusate cari lettori e care lettrici se non sono riuscita a pubblicare ieri, ma in settimana non ho avuto molto tempo da dedicare a Queen e ho finito di scriverlo mezz’oretta fa. Comunque ci siamo!!! Vi è piaciuto? Spero di sì! ^^
La situazione si complica sempre più!!
Volevo far vedere ancora Shanna, ma dovevo decidere tra lei e i cattivi e ho scelto questi ultimi, perché tra non molto ci sarà un nuovo scontro!  
Chi di voi temeva per Peter avrà tirato un sospiro di sollievo, immagino. Chi voleva scene Suspian non è stato accontentato, ma d’altronde il capitolo doveva essere incentrato più che altro sul Re Supremo…e sulla coppia Petriel!!! D’ora in poi ci saranno molte più scene love tra loro! Chissà quando lo saprà Edmund!!! XD E poi Aslan: accidenti, Susan non è riuscita a parlarci…
Poi, volevo precisare una cosa riguardo una frase di Peter:
“La fede è l’aspettazione di cose sperate, l’evidente dimostrazione di realtà benché non vedute” Non è mia, ma viene dalla Bibbia, precisamente da Ebrei 11:1  L'altro giorno mi è capitata tra le mani e mi sembrava andasse a pennello!
Orsù, è l’ora dei commenti!
E dei ringraziamenti:

 
Per le preferite:ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, piumetta, SrenaVdW, susan the queen, The Freedom Song e tinny
 
Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, dalmata91, Miss Hutcherson, piccola_cullen e postnubilaphoebus.
 
Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, LenShiro,  Luna23796, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, The Freedom Song, Yukiiiiii e _Autumn
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:Babylady, Charlotte Atherton, english_dancer, EstherS,  FioreDiMeruna, Fly_My World, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon,  piumetta, SerenaVdW,  e tinny
 
 
Angolino delle Anticipazioni:
Prima di tutto, vi annuncio che nel 27° capitolo ci sarà una visita inaspettata per la nostra Susan…ovviamente si tratta di Pug, come avrete già immaginato. Come andrà a finire? La scena avrei voluto metterla in questo capitolo, ma ho preferito rimandare perché mi sono venute altre idee e tutto non ci stava.
Poi poi poi…ancora scene tenere tra Miriel e Peter, e prevedo di farne anche tra Suspian, Lumeth e…Shandmund non ancora, ma comincerà la ricerca della nostra cara Shanna e chissà che non decida di farla arrivare prima del previsto a bordo del Veliero dell’Alba!

 
 
Annuncio!!!
Qui di seguito trovate il video che mi avevano tolto dal canale di youtube (spero che non lo rifacciano, se no sclero >.< ) Era quello con la canzone di Bryan Adams, e lo so che l’avevate già visto, ma l’ho modificato (sono stata costretta) e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Inoltre, è un regalino per farmi perdonare del ritardo ^^



Mi auguro di avere molto più tempo questa settimana per scrivere, voi siate buoni, please!!!
Un kiss grande grande a tutti, continuate a seguirmi!
Vostra Susan<3

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Capitolo 27
*** Capitolo 27: Un'amara vittoria ***


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27. Un'amara vittoria

 
 
L’indomani mattina, al suo risveglio, Peter si rese conto che il sole era già alto per via della luce che percepiva anche dietro le palpebre chiuse. I rumori rimbombanti sopra la sua testa, provenienti dal ponte, gli fecero anche capire che doveva aver dormito più del dovuto.
Avrebbe dovuto alzarsi, allora, e raggiungere chi era già al lavoro. Non era da Re Supremo poltrire in quel modo…Eppure era così rilassato che proprio non voleva saperne di aprire gli occhi. Un dolce profumo e un meraviglioso calore lo avvolgevano.
Miriel.
Peter sorrise leggermente, sempre ad occhi chiusi, inclinando appena la testa da un lato per poter sentire che lei era lì. I suoi capelli morbidi gli solleticarono il viso.
Qualcuno rise sommessamente. Peter aggrottò le sopracciglia.
“Shhhttt! Zitta!” sibilò una voce a lui fin troppo nota.
“Ops! Scusa…”
“Ecco, ora lo hai svegliato!”
Peter aprì piano un occhio e quello che vide fu lo spettacolo più strano e imbarazzante di tutta la sua vita.
Inutile dire che c’erano tutti.
A ridere era stata Gael, e a parlare, oltre lei, Eustace. Accanto a loro, Emeth volgeva lo sguardo ovunque tranne che verso di lui. Appena dietro il soldato, Caspian e Edmund più Ripicì (sulla spalla di quest’ultimo) avevano le braccia conserte e scuotevano piano il capo con espressione indignata. Infine, Susan e Lucy erano le più vicine, inginocchiate a terra, i gomiti sul materasso del letto, il viso tra le mani, con due sorrisi furbi a godersi lo spettacolo dalla prima fila.
“Buongiooornooo…” proruppero in coro le due sorelle, quando infine Peter aprì entrambi gli occhi e si tirò leggermente su a sedere.
Anche Miriel si mosse, ma la sua reazione fu leggermente diversa da quella quasi impassibile di Peter.
“Oh, cielo!” esclamò la Driade, divenendo così rossa che il suo viso non si distingueva più dai suoi capelli.
La fanciulla sprofondò nei cuscini, tirandosi le coperte fino al naso finché non furono visibili solo gli occhi. Poi, con un gesto deciso, dopo un attimo in cui ebbe incontrato gli sguardi di tutti, si tirò il lenzuolo sulla testa.
“Lo sapevo che sareste diventati due maniaci come Caspian e Susan!” esclamò Edmund, mentre il Re e Ripicì annuivano al suo fianco.
Caspian si bloccò di colpo, aggrottando la fronte e voltandosi in fretta verso Ed. Susan fece lo stesso.
“Ehi! Come sarebbe a dire?!” esclamarono in coro il Liberatore e la Dolce.
“Un po’ è vero, dai…” fece piano Lucy, guardandoli eloquente.
“Com’è che tutti trovate la fidanzata e io che sono il più bello no?” esclamò Eustace stizzito.
“Giusto! Anch’io voglio un fidanzato!” aggiunse Gael.
“Io non ce l’ho la fidanzata” disse Edmund, con un‘espressione leggermente disgustata al pensiero. Decisamente, non era cosa per lui.
“Non ancora” ribadì Eustace. “Ma tanto tu sei brutto, non ti vuole nessuno…”
Edmund gli diede uno schiaffo sulla nuca. “Ha parlato Rodolfo Valentino!”
 “Si può sapere cosa diavolo ci fate tutti qui?!”  esclamò Peter sedendosi sul suo letto, furioso e impacciato per via della situazione.
Miriel non era ancora riemersa dalle coperte…
Eustace e Ed smisero di litigare e additarono Lucy.
“Oh, sì…è vero è colpa mia” ammise la ragazzina, stropicciandosi le mani ma non reprimendo un sorrisino. “Sai, passavo di qua e…”
“A chi la racconti…” fece Peter.
“Non ho fatto apposta, giuro! Solo che Susan mi ha detto che Miriel non era rientrata in camera e…bè, esattamente come ieri sera, quando Miriel ha detto che non era tornata Sue, io ho consigliato di lasciar correre, perché di sicuro non c’era di che preoccuparsi e…”
“Perché, Susan, ieri sera dov’eri?” chiese il Re Supremo con fare indagatorio, voltandosi verso la sorella.
Ma lei alzò un dito e glielo puntò contro. “Ah, no, Peter! Stavolta non mi puoi criticare!”
Il Magnifico serrò le labbra e non replicò. In fondo era vero. Non poteva certo biasimarla, non quella mattina. D’altra parte però, lui e Miriel avevano solo dormito…
“Almeno loro i vestiti li hanno ancora addosso, Sue!” disse ancora Edmund.
Caspian lo prese improvvisamente alle spalle e gli circondò il collo con un braccio.
“Ed, la vuoi piantare?”
“Ahi! Aiuto, non strangolarmi! Ok, ok, non dico più nulla, scusa!”
“Perdonatemi…” si intromise Emeth, decidendosi finalmente a fare un passo avanti. “Forse dovremmo andarcene, o la povera Miriel morirà soffocata.”
Dalle coperte li raggiunse una voce. “Grazie, Emeth”
Peter li guardò di nuovo uno per uno. “Ottima idea…Fuori!”
In due secondi, tutti se ne andarono, perché il Re Supremo aveva un’espressione così adirata che nessuno si sarebbe stupito di trovarsi incenerito seduta stante.
Una volta che gli alloggi dell’equipaggio furono di nuovo un luogo tranquillo, Miriel poté uscire dal lenzuolo. Era ancora molto rossa in viso.
“Oh, perdonami! In che situazione ti ho messo!” esclamò mortificata.
Il Re Supremo la guardò e poi le sorrise. Lei aveva gli occhi spalancati, quasi terrorizzata da ciò che era successo e da quello che avrebbero potuto dire gli altri.
“Non è certo colpa tua”
“Ma nemmeno tua” Miriel gemette, fissando il soffitto “Quanti altri membri dell’equipaggio ci avranno visti?”
“Mmm…tutti, credo”
Non era difficile immaginarlo, in effetti. Non avevano certo pensato di nascondersi, perché in fondo da nascondere non c’era proprio niente.
“Miriel, non fare quella faccia” le sorrise lui, spostandole i capelli che le erano finiti davanti al viso. “Non penso che qualcuno ci giudicherà”
“Cosa potrebbe pensare Aslan di me?”
Peter si fermò. “Cosa…cosa dovrebbe pensare?”
“Non so…Nulla di male, questo è sicuro. Lui sa quello che provo per te. Però è vero anche che non posso farmi distrarre dal mio compito. Non dovrei pensare a me stessa, dovrei pensare prima di tutto alla missione che mi è stata affidata”
“Mi sembra tu stia facendo già facendo del tuo meglio” le disse Peter, sincero. “Se ci fosse stato qualcosa che non andava, Aslan te l’avrebbe detto”
Miriel scosse il capo. “No, non sto parlando di prima, ma di adesso. Ora che mi hai rivelato quello che provi mi sento ancor più coinvolta e ho paura di farmi prendere dall’emotività, come stava accadendo ieri quando sei sparito. Se Emeth non mi avesse fermata, sarei scesa a cercarti ignorando il pericolo. Sapevo che la grotta stava crollando ma io volevo correre da te, non volevo ascoltare nessuno. E se mi fosse successo qualcosa, avrei solo creato problemi a tutti. Non avrei migliorato la situazione, semmai peggiorata. Vedi, in quanto guida non dovrei comportarmi così. Dovrei essere imparziale, ma quando si tratta di te non ci riesco.”
Peter le sorrise ancora e l’abbracciò dolcemente.
“Credi che per me sia diverso? Se dovesse succederti qualcosa, credi che ascolterei Caspian, Edmund o qualcun altro e me ne starei lì ad aspettare? No. Anch’io correrei da te, Miriel. Perché sei la cosa più preziosa, per me”
 Non dubitare mai di ciò che può accadere, o perderai ciò che per te è più prezioso…
Peter trattenne il fiato e la strinse di più.
Era lei. Era Miriel ciò che rischiava di perdere se mai avesse avuto ancora dei dubbi. Non voleva perderla, e non voleva perdere Narnia, né i suoi amici, né i suoi fratelli.
Doveva aver fiducia. Doveva aver fede in Aslan. Sempre. Non dubitare mai più come gli era successo in passato. Solo così poteva davvero scoprire qual’ era la sua strada e scegliere cosa fare.
Sì, perché adesso che Miriel occupava un ruolo fondamentale nella sua esistenza, doveva riprendere in mano tutte le sue decisioni, le sue certezze e riesaminarle per capire dove e come correggerle. Da ora in avanti, in tutto ciò che faceva e che avrebbe fatto- nelle battaglie, nella vita quotidiana, nell’immediato futuro- ci sarebbe stata anche lei.
Era una responsabilità in più, ma come Caspian, era pronto a prendersi questa responsabilità.
“Ti amo, Peter” sussurrò lei pianissimo al suo orecchio.
“Miriel, ascoltami” le disse il ragazzo, separandosi dall’abbraccio. Lei lo guardò in silenzio. “Quando quest’avventura sarà finita- se arriveremo incolumi sino alla fine- quando io dovrò…”
“No, Peter, no. Non dirlo” lo fermò lei molto seriamente, fissando i suoi occhi in quelli di lui. Gli posò delicatamente una mano sul petto, facendogli una carezza sopra la camicia. “Non pensiamoci. Siamo ancora troppo lontani per pensarci. Viviamo questo momento. Il futuro ancora non esiste e non possiamo sapere quello che succederà.”
La Driade abbassò lo sguardo. Peter capì cosa pensava. Forse sperava che lui sarebbe potuto rimanere, ma il giovane ben sapeva che anche se non fosse stato l’ultimo viaggio per lui, di certo sarebbe passato molto tempo prima di tornare a Narnia una quarta vota.
Tuttavia, pensò che lei avesse ragione. Non c’era motivo di rifletterci troppo, non ora che avevano scoperto di amarsi. Era un momento troppo bello, troppo perfetto per rovinarlo così.
“Va bene...Scusami, hai ragione”.
Lei rialzò il viso e gli sorrise grata. Poi, Peter posò dolcemente le labbra su quelle di lei.
“Ora devi scusarmi” disse il ragazzo poco dopo, “ma credo di dover andare a prescrivere una nuova legge contro i guardoni”
Miriel rise e lo baciò ancora.
 
 
Qualche minuto più tardi, erano tutti sul ponte a fare colazione. In una splendida giornata come quella era quasi impossibile potesse capitare qualcosa di spiacevole. Ma ben presto, Caspian annunciò che, prima di lasciare l’isola, avrebbero onorato la memoria di Lord Restimar con una breve funzione. Tutti furono assolutamente d’accordo.
“Vorrei dire qualcos’altro” disse il Re alzandosi dal suo posto e richiamando l’attenzione di tutto l’equipaggio.
“Signori, arrivati a questo punto del nostro viaggio, sono certo che tutti ci rendiamo conto dei pericoli a cui andremo incontro man mano che ci avvicineremo sempre più alla nostra meta ultima. Ne abbiamo avuto un assaggio nelle settimane passate. Non so se il principe Rabadash sia alleato con la Strega Bianca, ma ormai è certo che entrambi ci inseguiranno fino alla fine, e tenteranno di ostacolarci in tutti i modi. Molto probabilmente, saremo costretti a difenderci dai nostri nemici più di una volta ancora.”
“Noi siamo pronti, Maestà!” gridò qualcuno dalla folla di marinai, e subito altre voci si levarono e si unirono alla prima.
Come gli era già accaduto molte volte, Caspian tornò a pensare a come le certezze riguardanti lo scopo e la meta di quel viaggio si erano trasformate in incertezze.
Quand’era partito da Cair Paravel, aveva certamente messo in conto diversi rischi, ma non di quella portata. Erano sorte complicazioni che non aveva programmato e che avevano sconvolto l’intera impresa. Tutto era stato rimesso in gioco, tutto era mutato da una semplice ricerca a una missione in cui vita e morte si alternavano pericolosamente. Gli stessi Sette Lord di Telmar avevano preso un nuovo significato, e ancor più le Spade che portavano con loro, le quali, inizialmente, Caspian non calcolava neppure. Forse essi stessi si erano imbattuti nella Strega Bianca, per questo non erano mai tornati.
“In quello che vi propongo di fare c’è ben più di un’avventura straordinaria” continuò il Re alzando la testa con fierezza. “Io, come legittimo Sovrano di Narnia, ho giurato davanti ad Aslan che sarei arrivato sino in fondo a questa storia e intendo farlo, ma voi non siete costretti”
Un brusio sconcertato si levò dal ponte.
“Non ve lo sta dicendo il vostro sovrano, ma un vostro amico. Abbiamo una grande responsabilità, perché la salvezza di tutti e di tutto dipenderà da noi e da noi soltanto. Non so quanto durerà ancora il nostro viaggio, né quando potremo far di nuovo rotta verso Narnia. Per questo vi chiedo se volete farlo davvero, se volete continuare o tornare indietro. Quando avvisteremo la Stella Azzurra non sarà più possibile farlo, perché per allora saremo andati troppo oltre. Nessuno di voi sarà dichiarato traditore o codardo se deciderà di tornare a casa dai propri cari che, mi duole ammetterlo, potreste non rivedere per molto tempo. Vi chiedo di decidere ora”
“Non vi lasceremo, Sire!” gridarono come un sol uomo i narniani, senza nemmeno un attimo di esitazione.
I Pevensie e gli altri ragazzi si scambiarono sguardi fieri e ammirati.
Caspian fu alquanto colpito e abbassò il capo stupendo tutti. Il Re chinava la testa davanti al suo popolo in un gesto di sottomissione, e questo era l’atto di sommo amore che un Sovrano di Narnia poteva mostrare alla sua gente.
“Molti sono ancora i punti oscuri” riprese il Liberatore, cercando di non far trasparire l’emozione che lo avvinceva in quel momento, commosso dall’affetto che i suoi sudditi mostravano per lui. “Sono ancora tante le cose che non sappiamo: il vero perché Rabadash ci sta inseguendo. Il perché Jadis vuole per sé quei talismani. Che cosa sia davvero la maledizione del sonno eterno che ha scagliato su tutta Narnia e come scongiurarla. Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos’è successo ai sette Lord e dove sono finite le sette Spade”
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C’era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c’erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Tra tutta la folla, c’era una sola persona che poteva dargli le certezze che cercava.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all’improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c’era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti.
“Voi siete i miei compagni, la mia famiglia, la mia casa. Voi siete Narnia. Signori…amici…ci sono le vostre vite in gioco, ed è inutile negare che sarà sempre più difficile far fronte alle difficoltà. Ma io vi giuro che farò di tutto per evitare che vi accada qualcosa, dando la mia stessa vita se sarà necessario! Per ognuno di voi!”
Per la terza volta quel mattino, il Veliero dell’Alba fece sentire la sua voce e tutta la sua devozione e affetto sincero per Re Caspian X, salito al trono a soli sedici anni ma che già guidava il suo regno con una dignità e un coraggio invidiabili per chiunque. Tre anni dopo, il ragazzo un po’ impacciato e impaurito che molti di quei marinai aveva conosciuto, si era trasformato in un giovane uomo fiero e ardito.
Poi, gli animi si calmarono, e i marinai si diedero da fare per finire di sistemare le provviste raccolte il giorno prima e pensare alla cerimonia funebre per il povero Lord Restimar.
“Dobbiamo salvare il mondo, allora” disse Eustace alla fine.
“E’ un classico, no?” fece Ripicì, alzando le spalle. “Che cosa ti avevo detto, sulle Isole Solitarie, a proposito di questo viaggio?”
Il ragazzino incrociò le braccia. “Ma non hai ascoltato cos’ha detto Caspian? Non è un viaggio di piacere!”
“Lo so bene, mio caro. Se fosse così di certo sarebbe una gran noia! Vedrai, tra poco toccherà anche a te fare qualcosa di eroico”
Eustace mugugnò qualcosa, non troppo convinto.
Era da un po’ di tempo che pensava al suo ruolo sulla nave e all’interno della compagnia. Voleva fare di più che continuare a essere di peso. Non sapeva combattere (benché il topastro si stesse dando tanto da fare per insegnargli), non conosceva nulla di Narnia se non l’essenziale appreso in quei due mesi sul veliero. Voleva compiere presto qualcosa d’importante, ma come?
“Ripicì, ascolta”
“Sì?” fece il topo osservandolo incuriosito. Eustace aveva un tono di voce serio che non gli aveva mai sentito prima.
“Tu sai leggere?”
“Che domande! Certo che sì!”
“Va bene, non arrabbiarti subito, scusa…” sbuffò il ragazzo. “Ascolta…non è che potresti, come dire, insegnarmi qualcosa di più su Narnia? Magari indicandomi dei libri che…ehm…”balbettò, leggermente in imbarazzo.
Eustace era un tipo molto orgoglioso e non chiedeva mai aiuto. Gli era stato insegnato sviluppare una certa indipendenza fin da bambino.
“Insomma, ho visto che nella cabina di comando ci sono diversi volumi, e mia cugina Susan ha detto che anche in quella del Re…”
Ripicì si mise un dito nell’orecchio. “Non ho capito bene: mi stai chiedendo aiuto per conoscere la storia di Narnia?”
“Eh…sì”
“Ma guarda guarda!” sorrise il topo molto compiaciuto. Poi si schiarì la voce. “Sarà un piacere, Eustace. Ma ti avverto: sono un professore molto severo”
“Il duro lavoro non mi spaventa! Sono il più intelligente della ma classe, sai?”
Ripicì rise. “Sì, lo immagino…”
Nello stesso momento in cui sparivano giù dal boccaporto, Susan si fece largo tra la folla.
Da quando Caspian aveva terminato il suo discorso, non aveva avuto in mente altro che correre da lui e abbracciarlo forte, dirgli che lui avrebbe sempre avuto tutto il suo sostegno. E finalmente, ora che anche Caspian veniva verso di lei, poté gettarsi tra le sue braccia, aggrappandosi forte a lui con un sorriso radioso.
“Ehi!” fece il giovane, ridendo e sollevandola da terra.
“Ti ho già detto che sei straordinario?” Susan lo baciò su una guancia e poi lo abbracciò ancora.
“Sì, me l’hai già detto”
“Io sono la donna più fortunata del mondo ad avere al mio fianco un uomo così meraviglioso! Ti amo. E sono fiera di te!”
Caspian la mise a terra e la guardò emozionato, passandole una mano sul viso. “E’ merito tuo, lo sai?”
“Oh, no, non è tutto mio”
“Sì, invece. Hai un ruolo fondamentale in tutto questo, Susan. Sei consapevole che se non ci fossi tu, non possederei nemmeno metà del coraggio che sento dentro?”
Gli occhi di lei brillarono. “Dici sul serio?”
Caspian le prese il viso tra le mani e si piegò in avanti per poggiare la fronte a quella di lei. Era un suo gesto tipico e lei lo adorava.
“Tu sei la mia forza. Niente avrebbe senso se non ti avessi al mio fianco”
“Oh, Caspian!” esclamò lei colma di gioia, gettandogli di nuovo le braccia al collo. “E tu sei la mia. Sarò sempre qui e ti sosterrò con tutte le mie forze. Potrai sempre contare su di me.”
“Ne avrò bisogno, perché commetto ancora così tanti errori…”
Lei scosse il capo e lo guardò. “Ti sembrerò sciocca e perdutamente innamorata di te, ma…”
Lui sorrise. “Perdutamente?”
Susan rise a sua volta. “Sì, perdutamente. E non esagero. Ma fatico a vedere tutti questi errori di cui continui a parlare. Sì, hai i tuoi difetti, ma nessuno può essere perfetto, neanche il Re” gli accarezzò il viso e gli diede un nuovo tenero bacio sulle labbra. “Hai un animo puro come il cristallo, il cuore di un leone, e una gentilezza e una nobiltà tali che fanno di te non un buon sovrano, ma un ottimo sovrano.”
Il giovane sospirò chiudendo gli occhi per un momento, scuotendo il capo. “Tu sei…non ho più nemmeno le parole”
Susan si fece seria all’improvviso e lo guardò intensamente negli occhi.
“Ti amo, Caspian il Liberatore. Tu hai salvato Narnia. E hai salvato me”
“Susan…”. Caspian la tenne stretta, cercando di farle capire cosa significasse davvero per lui averla lì con sé. “La mia dolce Susan…”
“Hai torto”pensò improvvisamente con una punta di rimorso nel cuore, mentre affondava il viso nella sua chioma castana mossa dalla brezza marina. “Ho tutti i difetti del mondo. Sono un bugiardo e un codardo. Ma ho paura di perderti...E ti perderò, perché un giorno mi odierai…”
 
 
La Strega Bianca riapparve nel centro esatto del grande labirinto che costituiva la sua nuova dimora.
Le strane creature che si nascondevano nelle ombre di quel luogo si spostavano impaurite al suo passaggio.
Jadis tornò nelle sue stanze, stanca, sedendo pesantemente su un grande trono coperto da stole e cuscini di pelliccia. Nel suo palazzo poteva riprendere la sua forma originaria grazie alla forze delle tenebre, ma era sempre molto debole. Le serviva il potere delle Spade e finalmente una era in mano sua!
“Shanna!” chiamò con voce forte e chiara.
Poco dopo le porte si aprirono e entrarono i due ciclopi che tenevano saldamente per le braccia la piccola Stella Azzurra.
“Che cosa vuoi ancora de me?” proruppe Shanna “Non potresti lasciarmi in pace ora che hai mia sorella al tuo servizio?”
“Come siamo irritabili, oggi…volevo solo mostrarti una cosa” le disse la Strega Bianca, estraendo dal lungo mantello bianco la spada di Restimar, lasciando la ragazza senza fiato.
“Come hai…?”
“Una disattenzione del caro Peter. La cosa importante è che ora è mia.”
Shanna scosse il capo. “Non li fermerai comunque e lo sai.”
Jadis osservò la lama che mandava riflessi azzurri ad ogni lieve movimento.
“Oh, sì che lo so. Di certo vorranno riprendersela” la donna fissò attentamente la ragazza. “Io non voglio fermarli, voglio che arrivino qui.”
“Allora non capisco perché continui a ostacolarli”
 “Se giungono scoraggiati e delusi dagli insuccessi del viaggio, per me sarà molto più facile annientarli. Devono arrivare stanchi, provati e scoraggiati”
Shanna vide odio puro negli gli occhi neri della Strega. “Sei perfida e crudele!”
“Grazie, tesoro” sorrise Jadis, compiaciuta. “Ho anche un’altra bella notizia per te, ma anche una cattiva” aggiunse subito dopo, “e sono certa che ti piacerà”. Posò la spada a fianco a sé e si riappoggiò all’altro schienale del suo trono. “Quella buona è che i Sovrani di Narnia stanno vendo a salvarti. Presto, avrai il piacere di incontrarli di persona.”
Shanna spalancò i grandi occhi blu dallo stupore.
“Sorpresa?” chiese la Strega. “Io non lo sarei. Abbiamo sempre saputo che sarebbero venuti, non è forse vero?”
“Per questo motivo non ti sei ancora sbarazzata di me, vero? Vuoi usarmi come esca” disse Shanna con asprezza.
“Precisamente” Jadis scese dal suo trono e si avvicinò alla ragazza. “Peccato che troveranno un’altra stella al tuo posto”
“Non hai pensato che qualcuno potrebbe avvertirli dello scambio?”
La Strega fissò la stella con incredulità. “E chi, di grazia? Aslan? No, lui non può sapere che sei stata sostituita. E se non glielo dirà lui nessuno lo scoprirà. Non è possibile. Aslan non ha ancora trovato il modo di vedere ciò che accade su quest’isola. Forse è riuscito ad arrivare sino a te con la sua voce e la sua presenza, ma non può varcare le barriere delle mie tenebre. Ormai sono potente quasi quanto lui e quando avrò il potere di tutte e sette le Spade lo sarò ancor di più!”
La Strega Bianca fissò gli occhi divampanti malvagità in quelli puri e splendenti di Shanna, la quale fu costretta come sempre a distogliere lo sguardo.
“I Sovrani mi porteranno quelle mancanti e una volta che sarò riuscita a raggiungere la Tavola di Aslan, nessuno potrà più fermarmi!”
“Non puoi entrare alla Tavola di Aslan!” esclamò la ragazza sdegnata.
“Sì che posso. Anche se tuo padre Ramandu ha chiuso le porte di quel luogo sacro per tenermi lontana, sarà costretto ad aprirle quando arriveranno i narniani. E allora vi entrerò anche io” Jadis rise. “Vedi? Ho già pensato a tutto”
Assaporò quel momento, osservando con attenzione i sentimenti che si alternavano sul volto della Stella Azzurra: panico, terrore, incredulità, rabbia.
Di certo, se non stava più che attenta a lei, Shanna avrebbe potuto tentare di nuovo al fuga e non era detto che non ci riuscisse. Quella ragazzina era furba e scaltra più di quanto avesse immaginato. Aslan doveva aver tenuto conto anche di questo quando l’aveva scelta, oltre che al suo cuore puro e all’incrollabile lealtà verso di lui.
“Vuoi sentire anche la cattiva notizia, cara, o le emozioni di oggi ti hanno già sconvolto abbastanza?” chiese la Strega Bianca schernendo la ragazza.
“Nulla di quello che ho visto da quando sei entrata nella mia vita può sconvolgermi, ormai” ribatté Shanna, prendendo un forte respiro.
Non doveva farsi prendere dalla collera e dallo spavento, o avrebbe fatto il gioco della Strega. Doveva rimanere ferma e continuare a sperare in Aslan. Di sicuro, lui non avrebbe mai permesso che fosse fatto del male a qualcuno dei Sovrani e certamente, prima o poi, tutto si sarebbe risolto per il meglio.
“Va bene, come vuoi” disse Jadis, di nuovo studiando attentamente il volto dell’altra. “La cattiva notizia è che dovrai lasciare la tua stanza per trasferirti in un’altra, lontana da occhi indiscreti.”
Shanna aprì la bocca ma la richiuse subito, con un piccolo tremito. Che cosa voleva fare di lei quella perfida creatura?
“Mi rincresce tanto” fece Jadis con palese falso rammarico, “ma non posso permettere ai Sovrani di prenderti. Lo capisci, vero?”
 
 
La funzione per Lord Restimar si tenne nel primo pomeriggio, sulla spiaggia, appena prima di ripartire. Fu una cerimonia molto semplice.
Tutto l’equipaggio si riunì attorno allo scoglio più grande sulla riva del mare, lambito dolcemente dalle onde, accanto alla quale crescevano splendidi fiori rosa acceso. Caspian dispose di incidervi il nome di Restimar e dire una preghiera in silenzio per lui.
Quando la cerimonia terminò e tutti ebbero reso omaggio alla memoria di uno dei più grandi amici di Caspian IX, si risalì a bordo del veliero, dove ormai tutto era pronto per lasciare l’Isola delle Acque Morte (si era deciso di chiamarla, invece che Isola delle Acque d’Oro, come aveva proposto qualcuno in alternativa).
“Forse dovremmo mettere dei fiori sulla sua tomba, non credi?” chiese Lucy a Emeth, pensierosa e malinconica.
“A Calormen si usa riporre un oggetto che fu di proprietà del defunto. Però non credo si possa fare” rifletté il soldato. “Tutto ciò che Lord Restimar aveva è andato perduto in quel lago”
“Mmm…però…” fece Lucy portandosi un dito al mento, pensosa, poi si voltò e chiamò. “Susan?”
La Regina Dolce congedò un paio di arcieri e andò verso la sorella. “Dimmi”
“Sarebbe possibile recuperare lo scudo o il bracciale di Lord Restimar?”
“Il bracciale?” fece Emeth.
“Sì” spiegò Lucy. “I Sette Lord portavano con loro un bracciale come segno di riconoscimento.”
Susan rifletté per qualche istante. “Non credo che riusciremo a tirare fuori lo scudo da quel lago. In quanto al bracciale, di certo lo portava addosso. Ma perché vuoi saperlo?”
Lucy abbassò il capo. “Perché non c’è niente sulla sua tomba. E’ vuota. C’è solo il suo nome inciso su quella roccia. La situazione è già triste di per sé, ma così lo è ancor di più. Non abbiamo il suo corpo, non abbiamo nulla. Pover uomo…è stato davvero terribile.”
La Valorosa sembrava davvero triste. Era rimasta anche piuttosto scossa dall’accaduto. Susan conosceva molto bene sua sorella e sapeva che ormai aveva preso cuore la faccenda.
“Se vuoi possiamo andare a cercarlo”
Lucy la guardò. “Dici davvero?”
Susan annuì. “Tentare non nuoce. E comunque sia, so che Caspian vorrebbe recuperare tutto il possibile di ciò che apparteneva ai Lord e riportarlo alle loro famiglie. Almeno di quelli che non ce l’hanno fatta. E so che sembra orribile da dire, ma davvero io spero si tratti solo di Lord Restimar e che gli altri siano incolumi, proprio come Lord Bern”
“Oh sì, andiamo!” fece Lucy con un sorriso un po’ triste. “Mi basterebbe trovare qualsiasi cosa, non per forza il bracciale. Non tutto quello che portava con sé sarà finito in acqua, no?”
“Non potete scendere di nuovo là sotto” disse loro Emeth, subito allarmato.
“No, non intendo farlo” disse Susan. “Cercheremo nella radura vicina. Staremo attente”
 “Mi sentirei più sicuro se potessi venire con voi”
“Permettete che venga anch’io, mie signore?” disse una vocetta proveniente dal basso.
“Rip” fece Lucy. “Certo che sì! Eustace, vuoi venire anche tu?”
Il cugino era riemerso da sottocoperta appena dietro Ripicì, tenendo in mano un grosso librone che sfogliava con avidità.
“Eh? Dove? No, no, io sto qui. Devo studiare”
“Studiare?” esclamarono perplesse le due sorelle.
Ripicì mosse una zampa di qua e di là. “Ha scoperto la storia narniana e si è appassionato. Lasciamo che scopra finalmente tutte le meraviglie nel nostro fantastico mondo”
“Fantastico è dir poco” disse Emeth sorridente. “Narnia è davvero una terra straordinaria. Mi pento amaramente di aver pensato male di lei”
“L’importante è che ora tu abbia cambiato idea” disse Lucy e lui annuì.
“Per quanto mi manchi mio padre, non vorrei essere in nessun altro luogo che qui, credetemi”
Susan gli mise una mano su una spalla. “Ci fa piacere sentirti parlare così, Emeth. E vedrai che tuo padre starà bene”
“Me lo auguro davvero” disse ancora il ragazzo mentre scendevano dal veliero.
“Sono sicura che Aslan lo proteggerà” lo rassicurò Lucy prendendolo per mano.
Emeth rimase piacevolmente scosso da quel gesto genuino. La fissò per qualche secondo e poi le sorrise di nuovo.
Lucy sembrava impacciata. “Ti da fastidio se ti tengo la mano?”
“Come…? No. No, se ti fa piacere” arrossì un poco lui.
La ragazza lo guardò timidamente. “Se non infastidisce te”
“Perché dovrebbe? Tu sei…molto carina e gentile” anche Emeth era impacciato ora, non sapendo bene cosa dirle per esprimerle quello che sentiva. “Mi piace la tua compagnia. Noi siamo amici”
La Valorosa sembrò in qualche modo delusa da quell’ultima affermazione, ma continuò a sorridere. “Oh…sì. Sì, certo”
S’incamminarono tutti e quattro di nuovo per il ripido sentiero che portava al lago delle Acque Morte. Era una giornata tranquilla, ma come sempre non c’era nessun rumore nei dintorni, nessun cinguettio o ronzare d’insetto. Era un luogo inquietante sotto molti punti di vista e non vedevano l’ora di andarsene.
Non ricordando bene la strada, decisero di passare su un altro sentiero e qui Lucy si fermò.
“Guardate che splendidi fiori!” esclamò all’improvviso, lasciando la mano di Emeth e correndo ad inginocchiarsi su di essi per annusarne il profumo.
“Attenta” le disse il soldato raggiungendola. “Non vorrei che fossero stregati anche questi”
“Oh, no, non c’è nulla di male in loro.” Lucy si voltò verso Susan e Ripicì. “Potremmo raccoglierne un po’, che dite?”
“Sì, credo che i fiori ci vogliano” disse il topo guardando la Regina Dolce.
“E’ un’ottima idea, Lu. Facciamo così, voi rimanete qui. Io e Rip intanto andiamo avanti”
“Ve bene”
“Fate attenzione, Susan”
La ragazza rassicurò di nuovo il soldato e poi scese lungo la collina con l’amico topo al fianco.
“E’ davvero un bravo ragazzo quel giovane tarkaan. L’avevo mal giudicato” ammise Ripicì saltellando da una roccia all’altra, mentre Susan era costretta ad alzare un poco la lunga gonna verde per non inciampare.
“Ha salvato Lucy e tiene a lei più di quanto sia disposto ad ammettere. Questo mi basta per aver fiducia in lui”
“Siete come sempre molto generosa, mia signora”
“Ti ringrazio Rip, ma non è un fatto di generosità. Io ho avuto a che fare con i calormeniani, sia in questo viaggio che in passato, e ti posso assicurare che Emeth è totalmente diverso da tutti loro.”
“Ha un cuore Narniano, il ragazzo, questo è certo.”
“Sì. Hai ragione. E spero rimanga con noi ancora a lungo”
“E io, mia Regina, mi auguro che rimarrete anche voi molto, molto a lungo. E anche i vostri nobili fratelli”
Susan si fermò e guardò Rip negli occhietti neri e sinceri. Annuì e sperò con tutto il cuore che avesse ragione.
 
Nello stesso istante, sul Veliero dell’Alba, Caspian si prendeva un attimo di pausa seduto sul parapetto a poppa, osservando il paesaggio, pensieroso.
Quante cose doveva fare! Quanto cose ancora da scoprire…Se avesse dovuto affrontare tutto questo da solo era certo che non ce l’avrebbe fatta. Aveva tanto sperato nei Pevensie e Aslan li aveva fatti tornare. Tutti e quattro.
Non sarebbe mai stato in grado di mostrare davvero e pienamente la sua gratitudine verso il Leone. Per avergli riportato i suoi migliori amici e per avergliene fatti incontrare di nuovi. Per avergli ridato Susan.
“Caspian, posso parlarti un secondo?”
Il ragazzo si voltò e vide Peter sedersi accanto a lui sul parapetto.
“Sono stato ingiusto con te, Caspian. Non sono stato con te fin dall’inizio, non completamente almeno, ma ora voglio esserlo e pensò che lo sarò fino alla fine. Anch’io voglio trovare quelle spade. Per Narnia”
I due giovani si cambiarono uno sguardo fiero.
“Non posso chiedere di più, Peter. Per me vale molto la tua approvazione e il tuo appoggio, come quello di Edmund, del resto. Dopotutto, anche se litighiamo spesso e tra noi ci sono più scontri che buone parole, io ti ammiro davvero. Tu sei sempre stato un grande esempio per me. Ho sempre cercato di seguire le leggi dell’Età d’Oro in questi tre anni. Non so se ci sono riuscito. Non so se ci riuscirò”. Caspian abbassò il capo, guardando il mare scivolare sotto di loro. “Sai, certe volte credo ancora di non essere all’altezza del mio ruolo. Susan continua a rassicurarmi del contrario ma ci sono cose che…che me lo impediscono”, sospirò. “Non pretendo di essere il migliore, solo di fare quel che è meglio per gli altri”
Peter sorrise lievemente.
“Ricordo quando guidai Lucy e Susan alla Tavola di Pietra, nel nostro primo viaggio qui” disse, sistemandosi meglio sul parapetto, guardando il cielo. “Sai, i rischi si corrono in un viaggio come il nostro. Purtroppo, non possiamo pretendere che vada tutto bene. Noi perdemmo Edmund, ma alla fine tutto si risolse per il meglio grazie all’intervento di Aslan. Sarà così anche stavolta. Lui non lascerà mai solo il Re”
Caspian si voltò a guardarlo.
“L’ultima volta, non ho avuto piena fiducia in Aslan e ho rischiato di non tornare mai più”
“Credi sia stato per quello?”
“E che altro?” rispose Peter con una leggera scrollata di spalle. “Non certo un fattore d’età. Il problema, era che sia io che Susan abbiamo provato a fare di testa nostra quando sapevamo benissimo di non potercela fare da soli. Non so cosa volessimo dimostrare, ma di certo abbiamo rischiato di perdere tutto. Tu non fare come me. Credi in Lui e in te stesso. Hai buone capacità per riuscire in tutto quello che fai. Sei già un buon Re a mio parere…non so perché non te l’ho mai detto. O forse lo so…”
“Peter, io…”
“Ero invidioso” ammise infine il Magnifico, amaramente. “Ancora mi costa ammetterlo, ma è la verità. Ero invidioso perché tu potevi avere tutto quello che io non avrei più avuto. Non avevo capito però che non era colpa tua, e non solo: quello che davvero non avevo compreso era che tutto avrebbe potuto ancora essere, anche se non fossi più stato il legittimo Sovrano. Ma adesso so che Narnia mi apparterrà per sempre e io apparterrò sempre a lei, sia che sieda sul trono o no. E non m’importa più, davvero…voglio solo rimanere qui il più a lungo possibile. E’ tutto ciò che desidero”
Caspian osservò il viso nobile del Re Supremo e capì che era sincero.
Peter stesso si sentì improvvisamente meglio ora che aveva aperto il suo animo e aveva lasciato che le emozioni scorressero libere. Aveva bisogno di sfogarsi, di chiarire la questione con Caspian, costruire un novo rapporto con lui.
“Comunque vada” riprese il Liberatore poco dopo, “tu sei il più grande Re che Narnia abbia mai avuto. E questo nessuno potrà mai metterlo in dubbio”
Peter annuì. “Grazie”
E finalmente, i due giovani Re si strinsero la mano, ma non come compagni, bensì come fratelli.
Peter era riconoscente a Caspian per quel che aveva fatto per lui la notte della tempesta, e ancora non aveva avuto modo di ringraziarlo. O forse sì….
“Possiamo provare ad essere amici?”
Caspian lo fissò con un mezzo sorriso. “Possiamo provare. Sarebbe anche ora”
Risero e poi Peter parlò di nuovo.
“Ascolta, forse non è il momento più adatto per dirtelo, poco dopo un momento così triste come il funerale di un caro amico di tuo padre, ma…ho deciso”
Peter fece un lungo sospiro. Caspian lo fissò in attesa, il cuore in gola.
“Puoi sposare Susan”
“Dici sul serio?”
Caspian saltò giù dal parapetto con un enorme sorriso stampato in viso. “Grazie, Peter! Grazie davvero!”
Peter lo seguì. “Aspetta un attimo. Un attimo. Ci sarebbe una condizione” lo fermò alla svelta, prima che l’altro sfrecciasse via come un fulmine.
Caspian tornò serio e una lieve preoccupazione si disegnò sul suo volto.
“Vorrei solo che aspettaste di avere il pieno consenso di Aslan prima di farlo davvero” spiegò Peter. “Per cui dovrete attendere ancora. Scusa, ma…”
 “No, va bene…” assentì Caspian, non senza però celare la piccola delusione. “Capisco. Credo che sia giusto”
Peter lo guadò divertito. Si vedeva lontano un miglio che Caspian moriva dalla voglia di correre da Susan e dirle ogni cosa, nonostante non fosse andata proprio come aveva sperato.
“Muoviti...” fece il Magnifico con un cenno del capo, “vai a parlarle, prima che cambi idea”
Il Liberatore gli assestò una pacca sulla spalle e poi corse via.
Purtroppo però, non gli riuscì di trovare Susan da nessuna parte e cominciò a preoccuparsi.
No, non poteva essere lontana. Forse era scesa di nuovo sull’isola. Ora che ci faceva caso, non c‘era neppure Lucy. Di sicuro le due sorelle erano insieme.
No, non doveva preoccuparsi…O forse sì?
“Eustace, hai visto Susan?”
Il ragazzino non sembrò nemmeno accorgersi di lui, tanto era immerso nella lettura. “Chi? Ah, Sue…no, non c’è. E’ andata con Lucy, Emeth e il topastro non so dove”
Caspian aggrottò la fronte “Come sarebbe non sai dove? Non glielo hai chiesto?”
“Bè…no. No credevo fosse importante. Insomma…non c’è più pericolo, no?”
“Eustace, c’è sempre pericolo nella situazione in cui ci troviamo!”
“Scusami, ero...scusa”
Caspian trasse un sospiro inquieto e mise immediatamente mano all’elsa della spada.
“Avverti gli altri che sono sceso a cercarli, per favore”. Fece per voltarsi ma all’ultimo istante aggiunse severo: “Subito!”
 
 
Susan e Ripicì giunsero infine sulle rive del lago delle Acque Morte. Con gran cautela, iniziarono a guardarsi attorno.
“Non credo troveremo qualcosa” commentò Susan. “Forse è davvero finito tutto sotto terra, e ormai…”
“Se volete, posso andare a dare un’occhiatina al lago di sotto”
“Oh, no è davvero troppo pericoloso! Se ci fosse un altro cedimento della parete di roccia…”
“Non temete, io sono piccolo e leggero. Ci metterò un secondo. Non ho nemmeno bisogno di corde per calarmi e risalire” sorrise Rip.
Dopo un momento d’esitazione, Susan acconsentì e guardò l’animale scendere svelto svelto nella grotta sotterranea, saltando e aggrappandosi alle pareti rocciose senza alcuna difficoltà.
La ragazza si accucciò a terra, sbirciando appena nella cavità, rabbrividendo al ricordo di quel che era successo.
“Non pensarci, è passato. Presto ce ne andremo da quest’isola e tutto il resto sarà solo un brutto ricordo”.
Chiuse gli occhi e inspirò profondamente.
In quell’attimo si sentì afferrare da dietro. Tutto avvenne in pochi secondi. Un lampo.
Qualcuno la tirava per la cinghia alla quale erano assicurati il suo arco e la faretra. Le armi le vennero strappate di dosso. Poi, sentì una mano callosa strattonarla per i capelli e dopo un secondo, Susan si ritrovò faccia a terra, l’erba ispida che le pungeva le guance.
Tentò di capire chi era che la teneva ferma per le spalle, schiacciandola sul terreno e mozzandole il fiato. Cercò di voltare la testa, ma invano.
Poi, una voce le sussurrò in un orecchio. Una voce che ebbe il potere di farle perdere ogni forza e farla precipitare nel panico più completo.
“Noi due abbiamo un conto in sospeso, Maestà” ghignò la voce dell’uomo.
Susan avrebbe voluto gridare, ma aveva la gola così secca che non le uscì un suono. Egli la fece poi voltare bruscamente verso di sé e la guardò, divertito dal terrore che le provocava.
“Non sembrate contenta di vedermi”
“Tu!”
Pug rise, estraendo dallo stivale un pugnale d’oro tempestato di gioielli, puntandolo alla gola di Susan.
“Il principe Rabadash mi ha ordinato di portarvi da lui tutta intera, ma se resisterete dovrò inventarmi una scusa sul perché sul vostro bel visino è comparso qualche graffio…”
Il mercante di schiavi premette la lama fredda contro il volto di lei e con l’altra mano cominciò ad armeggiare con una corda, tentando di legarle i polsi.
Susan lottò come una leonessa ma nonostante tutti gli sforzi fu presto sopraffatta. Pug era troppo pesante e non riusciva a spostarsi.
Odiava il contatto con lui, sentire che la toccava anche solo per imprigionarle le mani e ancor più avvertendo tutto il suo peso su di lei.
Riuscì a pensare solo una cosa. Un nome.
Caspian.
Ma lui non era con lei e Susan si rese conto di quant’era stata sciocca a voler andare sola con Rip, Lucy e Emeth a cercare quel bracciale.
Se fosse rimasta con Caspian sulla nave…
Ma come poteva sapere che Pug, proprio lui, era lì? E se c’era Pug voleva dire che c’erano anche Rabadash, il padre di Emeth, i pirati...L’Occhio di Falco stava forse per attaccarli di nuovo?
“Coraggio bellezza, niente storie e alzatevi” le disse il mercante traendola in piedi e costringendola a seguirlo.
Non di nuovo, pensò disperatamente la ragazza. Ti prego, non di nuovo!
“Lasciami, miserabile!”
Voltò il capo e vide che i suoi doni erano a terra poco lontano, compreso il corno d’avorio. Senza quello, anche se avesse gridato con tutto il fiato che aveva, nessuno l’avrebbe udita. Era troppo lontana dagli altri.
“Rip!!!” urlò allora fortissimo, perché solo lui poteva correre in suo aiuto.
Pug non capì che diavolo stava facendo. Solo quando sentì un dolore lancinante al polpaccio si rese conto di essere stato morso dal topo parlante di Narnia.
Il mercante mollò la presa per afferrarsi la gamba e Susan cadde a terra. La ragazza cercò subito di tirarsi in piedi e ci riuscì, ma uno strattone all’abito la costrinse di nuovo a terra.
“Dove credi di scappare?” esclamò Pug, sbarazzandosi di Ripicì con un colpo del pugnale.
“Rip, no!!!”
Il topo rotolò a terra. Susan vide del sangue, e la rabbia e l’angoscia cominciarono a farsi strada in lei. Digrignò i denti con furia impotente. Se solo avesse potuto prendere il suo arco…
“Andiamo!” l’afferrò di nuovo Pug, ma all’improvviso qualcuno gli andò addosso e lo scaraventò a terra.
“Susan!!!”
In un’improvvisa ondata di speranza, il cuore della Regina le scoppiò nel petto e cominciò a battere all’impazzata. E quando la figura di Caspian entrò nel suo campo visivo il respiro si fece affannoso, e lo sforzo di calmarsi divenne quasi doloroso.
“Caspian…Caspian!” lo chiamò, quasi disperatamente.
Era lì! Era arrivato!
Pensò scioccamente che le fosse bastato pensarlo perché lui potesse arrivare. Ma forse era proprio così.
Il giovane si chinò su di lei cercando di slegarle i polsi, il viso preoccupato, forse arrabbiato. Ma Susan non ebbe tempo di scoprirlo.
Pug piombò su di lui e colpì prima che il ragazzo si rendesse conto che lo scontro era iniziato. Gli assestò un pugno il pieno viso, facendogli perdere sangue dal naso. Il giovane si asciugò in fretta e sollevò la spada cominciando a lottare. Caspian non ricordava che Pug fosse così abile. Di certo si era preparato per affrontarlo e non aspettava altro da mesi.
Susan non perse tempo e, anche se con una certa fatica, riuscì di nuovo ad alzarsi in piedi per raggiungere i suoi doni. Con le mani legate di sicuro non sarebbe riuscita ad incoccare una freccia all’arco, ma se almeno avesse potuto suonare il corno…
Si inginocchiò a terra e lo prese saldamente tra le dita, portandoselo alle labbra e soffiando una lunga nota profonda.
“Maestà…” udì poi chiamare la vocina di Ripicì.
Svelta, voltò il capo verso il punto in cui era steso a terra. Il topo era ferito ma era cosciente.
“Rip…Mi dispiace!”
“Maestà, attenta!”
Susan si girò e vide spuntare dal nulla un secondo uomo, enorme e altissimo. Lo riconobbe come uno dei pirati di Terebinthia al servizio di Tisroc. L’aveva già visto durante la prima battaglia contro l’Occhio di Falco.
“NO! Lasciami!” urlò spaventata, quando il nuovo venuto la sollevò senza dire una parola, come fosse leggerissima, e se la mise sulla spalle.
Caspian la udì gridare e immediatamente si volse verso di lei, appena in tempo per scorgere il pirata che, svelto nonostante la mole, la portava via con sé.
 “Susan!!!”
Caspian fece per scagliarsi contro il nuovo nemico, ma Pug gli si parò davanti non permettendogli di raggiungere la Regina.
“Ho messo in conto tutti i vostri colpi, Maestà. E state certo che vi ripagherò con il doppio!”
“Fatti sotto, allora!”
Ma l'unico pensiero di Caspian era finirla in fretta, perché Susan aveva bisogno di lui.
“Ti ha mandato Rabadash, non è vero?” chiese il ragazzo, furioso.
 “Proprio così. E sono qui anche per ripagarlo dell’umiliazione subita!” ghignò Pug, giocando sporco e colpendo il Re al ginocchio, che per poco non si spezzò.
Voleva vincere stavolta e avrebbe usato qualsiasi mezzo.
Caspian cadde sulla gamba sana, portandosi una mano a quella dolorante. Immediatamente, fu raggiunto da un nuovo fendente. Parò il colpo appena in tempo, scivolò di lato, rotolando a terra e stringendo i denti quando si rialzò, perché il ginocchio gli doleva.
“Caspian!!!” gridò la voce di Susan, ormai lontana.
“Susan!!!” gridò lui in risposta, per farle capire che era lì, che l’avrebbe salvata.
La voce di lei, anche se spaventata, gli diede la forza di osare e sfoderare il pugnale del padre, che usò per intrappolare la spada di Pug tra esso e Rhasador, facendo roteare le tre lame insieme.
Il mercante di schiavi era certo un degno avversario, ma possedeva una scarsa tecnica. Non fu difficile per Caspian, ora che la situazione era a suo favore, riuscire a far volar via l’arma dalle mani dell’avversario.
Incredulo, Pug ricevette una gomitata nello stomaco e barcollò all’indietro, la punta di Rhasador e del pugnale di Caspian puntati al collo.
Si fissarono per qualche secondo. Poi, inaspettatamente, una nuova lama sottile e tempestata di gioielli si piantò nella gamba sinistra di Caspian.
Pug aveva usato il pugnale donatogli da Rabadash, nascosto nello stivale.
Il Re di Narnia cadde in ginocchio. Pug riprese la sua spada.
Poi, una massa di pelo scuro fu su di lui, graffiandogli la faccia, gli occhi.
Pug urlò e indietreggiò pericolosamente verso la riva del lago delle Acque Morte. Cercò ancora di colpire il giovane, ma Caspian gli assestò un forte calcio nello stomaco e Ripicì si staccò dall’uomo appena in tempo, prima che egli cadesse nelle acque maledette con il suo pugnale, il viso una maschera di incredulità e terrore che rimase così per sempre.
Caspian ansimò, stanco, i nervi tesi fino allo spasimo. Si voltò in direzione di Ripicì, il quale si teneva una zampa sanguinante nell’altra.
“Rip!”
“Sto bene, non è grave. Correte dalla Regina, fate in fretta! Ho paura che possano portarla via”
“Lo so, ma tu vieni con me. Non ti lascio qui. Ho promesso proprio quest’oggi che non avrei permesso che a nessuno di voi venga fatto del male, e così sarà!”
Caspian sollevò il topo ma quello protestò. “No, Sire, no! Vi rallenterò e nient’altro!”
“Ripicì, non posso…”
“Caspian!”.
Il ragazzo fissò l’animale sbalordito. Era la prima volta in assoluto che lo chiamava per nome, ed era la prima volta che si arrabbiava con lui.
“Vai! Adesso!” rincarò Ripicì, gli occhietti fiammeggianti. “Vostra Maestà, avete il dovere di salvare la vostra Regina! Andate!”
“Rimani qui, non muoverti” disse Caspian in fretta. “Tornerò tra poco”
Ripicì annuì e gli augurò buona fortuna, ma il Re stava già correndo lontano.








 
 
Eccomi finalmente! Ormai la pubblicazione di Queen sta diventando una lotta contro il tempo, temevo di nuovo di non farcela!!! T____T…porcaccia la miseria!!!!!
Ma voi siete buoni, vero? ^^’
Stavolta non vi dico più che ci vediamo sabato prossimo, perché a questo punto potrebbe essere domenica, ma il weekend è assicurato.
Devo fare flash oggi, no ho tanto tempo per scrivere le mie notine…sorry!!!!!!!
Passiamo subito ai ringraziamenti:

 
Prima di tutto, volevo ringraziarvi tutti perché lo scorso capitolo è stato quello con più recensioni: 16!!! Grazie grazie grazieeeee!!!!!
 
Per le preferite:ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, Judee, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, e susan the queen.
 
Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, dalmata91, LilyEverdeen25, Miss Hutcherson, piccola_cullen e postnubilaphoebus.
 
Per le seguite:Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro,  Luna23796, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, SerenaVdW, Smurff_LT, SweetSmile, Yukiiiiii e _Autumn
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, , EstherS,  FioreDiMeruna, Fly_My World, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon,  Judee, KingPetertheMagnificent , Martinny, piumetta, SerenaVdW, e susan the queen
 
 
Angolino delle anticipazioni:
Mi auguro di scrivere un capitolo migliore di questo *autocritica in azione* perché mi sembra di aver avuto troppo poco tempo da dedicavi e non è venuto come dico io(mi sono ridotta all’osso per scriverlo, ma davvero non ce la facevo, non avevo tempo)
Dunque: nel 28° capitolo ci sarà un nuovo incontro tra Susan e Rabadash e un nuovo scontro tra Narnia e Calormen! Preparate gli striscioni!!! …Uhè, mica ci sarà qualcuno che parteggia per Rabadash vero????????
Poi potrebbe esserci un rincontro tra Emeth e Aréf e qualcosa su Lucy e Emeth…
Non vorrei farvi venire un infarto, ma credo che dovrete prepararvi a una separazione dl gruppo…per forza di cose saranno costretti a dividersi? Perché? Eh no, mica ve o posso dire…

 
Annuncio!!!
Stasera (domenica) c’è Dorian Grey!!!!!!! @.@ uuuuhhh, ma che figo allucinante….
Ovviamente non potevo non dirlo, dato che il protagonista è il mio amorone, vi pare? *.*
L’orario sarà un po’ improponibile per alcuni di voi, ma io starò sveglia e sbaverò davanti allo schermo anche per chi non riuscirà vederlo. Per cui, se domani al telegiornale annunciano un’onda anomala in quel di Milano, non preoccupatevi, sono io con la bava!!! XD (oddio che schifo… XP)
 
Si vede che sto celerando, vero? Le note sono più pazze del solito…fa niente!!! E’ che da quando quel pezzo d’uomo che è Ben Barnes è entrato nella mia vita sono diventata ancora più scema di prima. Il che è tutto dire perché già di natura non è che sia normale…
 
Vi lascio con un bacione e un abbraccio enormi!  E sbirciate il blog che sono in arrivo nuove foto!!!
Alla prossima,
Susan<3

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Capitolo 28
*** Capitolo 28: La vendetta di Rabadash ***


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28. La vendetta di Rabadash


Questo tempo, questo luogo
Ingiustizie, errori
Troppo a lungo, troppo tardi
Chi ero io per farti attendere?
Un’altra opportunità, un altro respiro
Nel caso ci sia un’altra via
Perché tu sai,
Tu sai…





All’inconfondibile suono del corno d’avorio, Lucy alzò di scatto la testa verso il cielo limpido, dove la nota si perse confondendosi con il fischio del vento.
Subito dopo, la ragazza incrociò lo sguardo di Emeth e non ebbe bisogno di dire nulla. Il soldato balzò in piedi allungando una mano verso di lei.
“Vieni!” fece lui in tono concitato.
Lucy lasciò cadere i fiori che aveva raccolto e afferrò saldamente la mano del giovane. La sua stretta non era più impacciata come quella di poco prima, bensì salda, rassicurante. La mano di Emeth era calda…
Nonostante la situazione, Lucy non poté non osservare il profilo del ragazzo e pensare che avesse un coraggio straordinario. Non si faceva mai prendere dal panico, sembrava sempre incredibilmente sicuro di sé, in qualsiasi circostanza. Invidiò il suo sangue freddo.
Cominciò a correre con lui per il sentiero e poi giù per il pendio ripido. Quando giunsero in prossimità del lago delle Acque Morte, un forte luccichio indusse Lucy a guardare verso la fonte. La ragazza gridò terrorizzata e si voltò svelta, coprendosi gli occhi e aggrappandosi a Emeth. Lui subito la strinse e osservò la statua d’oro.
“Sta tranquilla…”
Lei si voltò di nuovo, tremante. In un primo momento aveva temuto il peggio, credendo si trattasse di Caspian…invece era quel mercante di schiavi…Pug!
“Lucy!”
“Caspian! Ripicì!”
La Valorosa sgranò gli occhi azzurri alla vista del Re e il topo entrambi feriti.
“Che cosa è successo?...Dov’è Susan?” esclamò spaventata, guardandosi attorno. Poi, i suoi occhi incontrarono quelli del Liberatore, e capì che era accaduto qualcosa di grave.
Lui le spiegò tutto.
“Dobbiamo tornare subito sul veliero! Ho bisogno del mio cordiale per curarvi, e poi…”
“No, Lu, non c’è tempo” la interruppe Caspian sbrigativo, mettendole Ripicì tra le braccia. “Voi andate alla nave, io devo inseguire quell’uomo”.
Caspian si chinò a terra e prese tra le mani i doni di Susan, tutti e tre. Si aggiustò l’arco e le frecce dietro la schiena e legò il corno d’avorio alla cintura.
La sua mente corse improvvisamente a quel giorno lontano in cui era nato l’erede di Miraz, e Cornelius l’aveva fatto fuggire dal castello. Il giorno in cui la sua vita era ancora triste e solitaria perché non aveva incontrato i Pevensie…non aveva incontrato lei.
“Sto arrivando Susan…”
“Caspian, per piacere, aspetta” insisté Lucy, stando attenta a non muovere troppo Ripicì. “Come credi di raggiungere Susan da solo?”
“Ha ragione” disse Emeth. “Se quel pirata avesse già ripreso il mare?”
Caspian si fermò un istante. Era vero, non ci aveva pensato. “Un modo lo troverò...Prenderò una scialuppa. Ora sbrighiamoci!”
“Non ce la farai senza un aiuto!” esclamò ancora Lucy.
“Lasciatelo andare” disse debolmente il Ripicì, “Noi dobbiamo tornare dagli altri e avvertirli della situazione. Presto!”
Emeth annuì e sospinse piano Lucy mettendole una mano sulla schiena. Ma lei si volse ancora a guardare il Re, preoccupata.
“Riportala qui, ti prego” lo pregò la ragazzina.
Caspian le passò una mano su una guancia e le sorrise brevemente. “Lo sai che lo farò”.
Lei annuì.


Decine di teste si sollevarono e si volsero in direzione nord-est. Il corno della Regina Susan mandava un segnale d’aiuto.
Peter, che stava esaminando la cartina delle Nuove Terre, aggrottò la fronte e subito dopo scattò verso il parapetto, cercando di scrutare in lontananza qualche segno del pericolo.
Nulla si muoveva, all’apparenza era tutto tranquillo. Ma nell’entro terra era accaduto qualcosa…
Edmund, Eustace e Miriel corsero verso di lui. Il primo stringeva già nel pugno la Spada di Bern.
“Dove sono gli altri?” chiese subito il Re Supremo, con una lieve nota di panico nella voce.
Edmund e Miriel si volsero a guardare Eustace, il quale, balbettando, riferì che le due cugine, Emeth e Rip, non erano sulla nave.
“E non ti sei fatto dire dove andavano?” lo interrogò Peter severamente.
Eustace scosse il capo.
Il Magnifico alzò gli occhi al cielo.
“E Caspian?” chiese Edmund guardandosi intorno.
“E’ andato a cercarli” disse ancora il cugino. “Forse li ha trovati…”
“Comunque sia, non hai sentito il corno? Vuol dire pericolo, Eustace!” rincarò Peter, facendolo sentire davvero in colpa. “E’ mai possibile che…”
“Scusate!” sbottò il ragazzino, “Tutto quello che faccio non va bene e si trasforma in un disastro, ok! Però, stavolta...”
“Vorrai dire tutto quello che non fai!”
“Peter, non parlargli così” intervenne Miriel.
“E’ ora che impari che non è un gioco, Eustace! Chiaro?”
“Guarda che lo so! Ma non è colpa mia! Stavo solo leggendo! Non li ho mica costretti io ad andare a…a fare non so cosa!”
Peter e Edmund gli voltarono le spalle senza replicare, non ne avevano la voglia né il tempo.
Miriel rimase accanto a Eustace ancora qualche istante e poi gli mise una mano su una spalla. “Dai, andiamo”
Ma lui scrollò le spalle e si liberò bruscamente dal tocco gentile di lei. “Vai tu, se ci tieni tanto! Io non verrò affatto! Tanto combino solo guai!”
“Non dire così…”
Ma Eustace corse via e Miriel, benché dispiaciuta per lui, si voltò per raggiungere Peter e Edmund. I due fratelli avevano già fatto schierare i membri dell’equipaggio, molto agitati per via del segnale d’aiuto del corno della Regina Susan. Tutti si preparavano a una nuova minaccia e forse una nuova lotta. Ma contro chi, questa volta?
Non ci volle molto perché il gruppo si riunì. S’incontrarono a metà strada, nella foresta.
Caspian spiegò di nuovo l’accaduto e non volle sentire ragioni, da nessuno: lui doveva andare a cercare Susan. Aveva già perso fin troppo tempo.
“Sei proprio sicuro che l’abbia portata via? Non puoi esserne certo, non lo hai visto” provò Edmund, vedendo che il sangue proveniente dal taglio sulla gamba dell’amico non accennava a fermarsi.
“Non l’ho visto ma lo so. La portano sull’Occhio di Falco, Ed”
Caspian strinse i denti e strappò un pezzo di stoffa della propria camicia per legarsela attorno alla gamba.
“Proprio per questo non puoi andare solo!” protestò ancora il Giusto. “Se ci organizziamo, forse…”
“Caspian, lascia che vada a prendere il cordiale…ci metto un secondo…” disse Lucy per l'ennesima volta.
“Ragazzi, no!” gridò il Re, esasperato. “Non abbiamo tempo! Neanche un secondo!”
“La scialuppa è pronta, Maestà” lo chiamò Drinian. “E io sarò al vostro fianco”
“No, capitano. Voi servite qui”
“Mi permetto di insistere”
“No! E’ un ordine! Tutti voi dovete rimanere qui e organizzarvi in caso Rabadash decida di attaccarci di nuovo. Grazie a quel pirata, ora sapranno dove ci troviamo”. Caspian mise poi una mano sulla spalla di Peter. “Ti affido il Veliero dell’Alba finché non torno”.
Peter lo fissò negli occhi e annuì con decisione. “Conta su di me!”
“Grazie”
Il Re di Narnia fece per raggiungere la barca, ma un improvviso spruzzò d’acqua lo fece trasalire e voltare nella direzione opposta. L’intero equipaggio reagì nello stesso modo.
“E’ Blu!” esclamò Gael.
“Chi?” fece Rhynce.
“Blu! Il capobranco delle Blue Singer. Lo riconosco dalla striscia più chiara che ha sul muso”
“Sembra quasi che…” fece Miriel, andando verso la balena.
La Driade fece qualche passo verso il cetaceo, ascoltando con attenzione i suoni profondi che emetteva. Poi si voltò verso gli altri.
“Dice che ha visto il pirata e il mercante arrivare in groppa a uno dei suoi fratelli” continuò Miriel, mentre anche Peter le si affiancava. “E che ha visto il pirata e la Regina Susan lasciare la costa in un punto dall’altra parte dell’isola, pochi minuti fa.”
“A bordo di una balena azzurra?” esclamò Edmund a bocca aperta. “Ma allora saranno già lontanissimi, non li raggiungerai mai!”
Caspian si avvicinò loro, posando una mano sul grosso muso blu scuro della balena.
“Credo che vi voglia portare lui dalla Regina, Maestà” aggiunse di nuovo Miriel, traducendo in parole un’altra lunga nota baritonale di Blu.
Un brusio stupito si levò dagli uomini.
“Puoi davvero aiutarmi?” mormorò Caspian, guardando dritto negli occhi neri del capobranco.
Per tutta risposta, quello fece un nuovo spruzzo alto metri e metri, che s’infranse sulla spiaggia come una cascata. Qualcuno sorrise, e Caspian fu uno di quelli.
“Potete farcela se partite subito, Sire” disse Emeth.
Il soldato avrebbe voluto andare con lui, perché poteva aiutarlo. Inoltre, sull’Occhio di Falco c’era suo padre…Tuttavia, non osò esprimersi dopo che il Re aveva dato l’ordine preciso di attendere lì il suo ritorno.
“D’accordo, allora” fece Caspian, e senza badare al dolore alla gamba, s’issò con decisione sull’enorme e liscio dorso di Blu.
“Peter” chiamò ancora.
Il Re Supremo si avvicinò, capendo che l’altro voleva dire qualcosa solo a lui.
“Se non dovessi tornare entro qualche ora…”
“Per favore, non venirtene fuori con queste frasi, ora”
“No, ascoltami, per favore! Se dovesse succedere qualcosa, non sto dicendo qualcosa di grave, ma un imprevisto, che mi terrà lontano più di del necessario, prendi la nave e continua verso est”
Peter lo fissò incredulo. “Che diavolo stai dicendo?! Credi che lascerei te e Susan…”
“Ti prometto che ce la caveremo, e in qualche modo torneremo indietro. Ma voi dovete continuare! Dovete liberare la Stella Azzurra, trovare le altre spade, arrivare alle Terre di Aslan! Se sarò costretto a spingermi fino a Calormen per liberare tua sorella- e non lo escludo- lo farò. Ma voi dovete andare avanti!”
Peter lanciò una breve occhiata alle sue spalle. “Non si muoveranno mai di qui senza il loro Re”
“Bè, tu sei il Re Supremo e li guiderai in mia vece”
Il Magnifico scosse il capo. “Noi ti aspettiamo qui. Vedi di sbrigarti”
Caspian allungò una mano e Peter la strinse. Poi chiamò: “Edmund”
Il Giusto fece un passo verso il Liberatore.
“Aiuta tuo fratello. Proteggeteli. Tutti quanti”
“Certo…buona fortuna, Caspian”
“Grazie, Ed. Me ne servirà molta…Vi giuro che vi riporterò vostra sorella”
Detto ciò, la Blue Singer partì a tutta velocità, senza dargli quasi il tempo di voltarsi indietro e rassicurare i suoi uomini con uno sguardo, un cenno. Quando lo fece, la riva era già lontana.
Provò una fitta al cuore vedendo la sua nave e i suoi amici allontanarsi sempre più da lui, quasi che non dovesse mai tornare. Sì sentì improvvisamente solo e scoraggiato. Sapeva che il margine di errore che gli era concesso si riduceva praticamente a zero. Non avrebbe avuto seconde possibilità: sull’Occhio di Falco non si sarebbero risparmiati. Doveva uccidere o essere ucciso.
Era chiaro che il principe del Sud non avrebbe mai lasciato andare la Regina Dolce, una volta giunta al suo cospetto.
Devi credere che ce la farai, perché sarà così! ,si disse, il vento che gli scompigliava i capelli e gli sferzava il viso.
Aslan è con te, sempre!
Sì, sarebbe tornato presto, prestissimo. Con Susan.


Era il tramonto quando giunsero in prossimità dell’Occhio di Falco. L’aria si era fatta pungente e le nuvole correvano veloci nel cielo, oscurando un poco le stelle.
Susan era stata imbavagliata e legata più saldamente. Un suo polso era ammanettato a quello del pirata, così che se anche avesse provato a gettarsi in acqua e tentare la fuga, non ci sarebbe riuscita.
Non che non ci avesse pensato, ma oltre al filibustiere, c’era da prendere in considerazione il fatto che non era un’idea fattibile. Dove poteva andare? Sicuramente non sarebbe mai riuscita a tornare indietro.
Quanto sei stupida…si disse respirando a fondo, mentre l’ombra della nave di Calormen sovrastava lei, la balena azzurra e il pirata.
Era in collera con se stessa, furiosa per aver contribuito alla sua cattura.
Come una sciocca, si era fatta spaventare dalla presenza di Pug e non era riuscita a reagire. E così, come se il tempo fosse tornato indietro all’inizio di quell’avventura, adesso si trovava di nuovo a bordo dell’Occhio di Falco, prigioniera di Rabadash e diretta verso Calormen.
Le lanterne erano già state accese. Due di esse si trovavano proprio all’altezza degli occhi dell’orribile statua del rapace a prua. Susan non sapeva se tale posizione fosse voluta o meno, certo era che l’effetto risultava spaventoso, gli occhi lampeggianti nell’oscurità sempre più fitta. E in quel modo sembrava quasi che un grosso uccello color bronzo solcasse l’oceano orientale, a ciaccia di ignare prede.
Susan non aveva mai visto Tash, ma di certo, il suo aspetto non doveva essere molto diverso.
Rabbrividì, mentre la balena si accostava alla chiglia e una scaletta di corda veniva calata per permettere loro di salire.
Con una gentilezza inaspettata, il pirata la fece salire a bordo della nave. Sguardi curiosi puntavano su di lei da ogni lato. Chiunque fosse impegnato in qualcosa si fermò per osservare il passaggio della Regina Dolce di Narnia; chi ostile, chi stupito forse dalla giovane età, chi affascinato dalla sua bellezza e dalla sua grazia.
D’un tratto, il portello di coperta si spalancò con forza e Aréf tarkaan uscì seguito da tre dei suoi uomini.
Il padre di Emeth…pensò Susan.
Il capitano delle guardie rivolse uno sguardo interrogativo al pirata.
“Avete fatto presto…Pug?”
“Morto” rispose semplicemente l’altro, con voce cupa.
Aréf mise le mani dietro la schiena. “Sei sicuro?”
Il volto del pirata si storse in una smorfia. “Non proprio, ma credo di sì. Il Re di Narnia si è battuto con lui”
Gli occhi di Susan scattarono immediatamente dal volto del filibustiere a quello di Aréf.
Se avessero osato parlare male di Caspian sono per un secondo…
“Va bene, portala giù” disse infine il padre di Emeth, facendo un cenno verso il boccaporto.
Di nuovo sotto gli sguardi di tutti, Susan fu sospinta sottocoperta.
La giovane alzò la testa con fierezza, ricordando a se stessa di non mostrare paura alcuna, poiché era una regina e non si sarebbe mai piegata ai suoi nemici, anche se dentro di sé tremava per l’ansia e l’attesa di scoprire cosa ne sarebbe stato di lei.
O forse lo immaginava…
Presto, i due uomini si fermarono davanti a due soldati in tenuta arancione e bianca. Questi ultimi stavano di guardia di una cabina dalle doppie porte finemente decorate d’oro.
“Annunciateci al principe. Abbiamo la Regina Susan” disse Aréf con voce chiara e austera.
Le due guardie scattarono sull’attenti ed aprirono la porta. Uno degli uomini entrò nella stanza e riferì la notizia. Pochi secondi dopo li lasciò passare.
Il pirata liberò il proprio polso da quello di Susan.
“Il mio compito è finito” mormorò tra sé e sé, per poi voltare le spalle e sparire alla vista.
Aréf sospinse la fanciulla per un braccio all’interno della cabina reale. Appena furono dentro le porte si richiusero alle loro spalle.
Benché avrebbe voluto con tutta sé stessa tentare di fuggire all’istante, Susan non osò muovere un muscolo. Non aveva armi, era legata e imbavagliata. Si sentiva inerme e sola, e non le piaceva.
Cercò di reprimere un tremito, tenendo sempre alta la testa e le spalle, continuando a ripetersi che la sua attuale situazione non si sarebbe protratta a lungo. Avrebbe solo dovuto attendere con pazienza perché, certamente, lui sarebbe venuto a salvarla ancora una volta.
Non pensò ai suoi fratelli, non pensò ad Aslan, solo a lui: Caspian…
Non si volse a osservare nemmeno per un istante l’ambiente attorno a sé: gli sfarzosi mobili e i ricchi monili che ornavano la camera. Tenne gli occhi puntati sulla porta di fronte a lei, dalla quale, dopo pochi secondi, comparve finalmente Rabadash.
Come sempre era vestito di nero, la sua figura alta e robusta incuteva un certo timore. Il viso serio e gli occhi neri come la pece erano impenetrabili, non lasciavano trasparire alcuna emozione. Almeno non fino a quando non rimasero soli.
Immediatamente, il principe congedò Aréf tarkaan. Le spiegazioni potevano essere rimandate a più tardi. Tutto quello che voleva, era restare solo con lei.
E stavolta era veramente Susan, non un’impostora. Lo capì dai suoi occhi, limpidi come laghi del nord. Erano come quella volta: fermi, risoluti, a dispetto dell’inquietudine che vi si scorgeva. Quanto aveva desiderato quell’incontro! Tutte le volte che l’aveva soltanto intravista, o che la pensava, il suo corpo ardeva di desiderio per quella ragazza, come un incendio indomabile.
Tuttavia, doveva aspettare ancora…
Allungò una mano verso di lei. Susan si ritrasse spontaneamente, guardandolo torva. Ma Rabadash voleva semplicemente toglierle il bavaglio. Tuttavia, non la liberò delle manette che le segavano i polsi.
Appena fu in grado di parlare, la ragazza iniziò a inveire contro di lui.
“Lasciatemi andare immediatamente, farabutto che non siete altro! Lasciatemi subito!”
Rabadash sorrise divertito. “Calma, mia bella regina…calmatevi”
“Calmarmi?! Voi mi avete rapita! Avete ordinato ai vostri uomini di legarmi e imbavagliarmi!”
“Mia cara, era l’unico modo…” fece Rabadash prendendole le mani.
“Non prendetevi tutta questa confidenza! Noi non ci conosciamo nemmeno!” esclamò Susan, ritraendosi.
“Ci conosceremo” sorrise il principe alzando ancora una mano, facendo un movimento appena accennato a mezz’aria, come nell’atto di accarezzarle i capelli. “Il ritorno a casa richiederà parecchio tempo” sorrise affettato. “Tempo durante il quale potremo fare amicizia”
Susan aggrottò la fronte. “Non desidero la vostra amicizia”
“Oh, nemmeno io, in realtà”. Il principe si avvicinò pericolosamente. I suoi occhi neri lampeggiarono. “Io voglio il vostro cuore e molto di più. E l’avrò.”
Susan si sentì mancare.
Che cosa le avrebbe fatto, ora? Lucy aveva avuto ragione: Rabadash era pazzo d’amore. Un amore folle, possessivo, che non aveva nulla a che fare con il vero e dolce sentimento che provava invece Caspian.
“Non dovete temere per la vostra incolumità, mia signora” le disse il principe con un garbo che le parve impossibile, e che la lasciò sconcertata. “Qui nessuno vi farà del male, almeno finché sarete con me. Ed io non vi toccherò con un dito. So che temete questo, lo leggo nei vostri meravigliosi occhi. Ma state tranquilla: finché non saremo legittimamente sposati sotto il cielo di Calormen, e al cospetto di Tash e Tisroc (possa egli vivere in eterno), la vostra virtù rimarrà intatta”
Susan trattenne il respiro. Era dunque questo che voleva! Non solo averla, ma sposarla, portarla a Calormen con lui.
No…non era possibile…
Sì, forse l’idea le era balenata nella mente, ma era un pensiero che aveva sempre rifiutato, perché era talmente assurdo…
“Perdonate se vi do la notizia in questo modo. Avrei voluto fare le cose per bene, ma le circostanze non ce l’hanno permesso.”
Susan lo guardò sempre più confusa. Parlava al plurale, come se fossero già una coppia.
“In altra occasione, di sicuro non vi avrei fatto riservare questo orrendo trattamento. Ecco...” fece poi, prendendo una chiave dalla veste nera e aprendo le manette.
Susan si massaggiò i polsi feriti e indietreggiò di un altro passo.
“Non fate quell’espressione afflitta, mia cara. Anche se vivremo nel deserto, rivedrete la vostra Narnia, prima o poi…nel momento in cui finalmente sarà mia. Anzi, nostra” s’inchinò brevemente il principe. “Ma fino al momento in cui tutta la vostra razza non sarà caduta, scordate quei verdi parti e i laghi azzurri, e iniziate ad abituarvi all’idea di larghe distese di sabbia e rocce”.
“Voi siete pazzo…” esalò la ragazza con un filo di voce, scuotendo piano la testa.
“Sì, è vero. Di voi, Susan” Rabadash si gettò in ginocchio e le baciò una mano.
La Regina indietreggiò fino al muro e vi si appoggiò con la schiena.
Non voleva che la toccasse.
“Vi prego, non respingetemi” esclamò Rabadash alzando il capo.
Lei lesse nella sua espressione infuocata la fatica di trattenersi.
“Io vi ho desiderata dal primo momento che vi ho incontrata. Oh, sì, io vi desidero, io vi amo!”
“Voi non amate nessuno. Voi siete crudele!”
“Con voi non lo sarò” disse lui alzandosi. “Io vi adoro e vi venero, Maestà. Non sapete quanto siete importante per me e per la nostra stirpe.”
“Lasciatemi andare, non toccatemi!”
“Tutto ciò che desiderate, mia cara”. Rabadash si allontanò da lei, la mascella contratta. Il rifiuto di Susan, per quanto previsto, lo seccava parecchio. “Ve l’ho promesso dopotutto: non vi toccherò”
“Voi non mi avrete mai!” esclamò lei non appena ebbe via libera. Poi, in un gesto sconsiderato ma dettatole dall’istinto, corse verso la porta e afferrò la maniglia.
“Ferma!” urlò Rabadash afferrandola per la vita e trascinandola indietro.
“NO!”
“Piccola stupida! Davvero non capite che non avete via di scampo? Dove potreste fuggire, su una nave brulicante di soldati pronti a gettarsi su di voi a un mio comando?”. La voltò verso di sé e la guardò dritta negli occhi. “Voi sarete mia, che vi piaccia o no”
“Io non sarò mai vostra, principe, perché sono già sua!”
Senza nemmeno il bisogno che ne pronunciasse il nome, Rabadash capì di chi parlava. E anche Susan vide che aveva capito.
Il principe si avventò su di lei e la prese per un polso, facendole male. Susan gridò sommessamente e lo fissò, veramente spaventata per la prima volta.
“Vi siete donata a lui?!” gridò furioso, scrollandola per le spalle. “Voi…vi siete davvero concessa a quel bastardo!”
“Non azzardatevi a parlare a quel modo di Caspian! MAI!” urlò Susan, lottando per liberarsi dalla sua presa. La sua furia era forse più devastante di quella di Rabadash. “Non valete la metà di lui!”
Rabadash aveva alzato una mano e Susan credette volesse colpirla in viso. L’intenzione era stata quella ma all’improvviso, egli riabbassò il braccio e la strattonò, facendola cadere a terra.
Susan, i capelli finiti davanti al volto, alzò il capo per fronteggiarlo. In quel momento ebbe paura di lui, ma non lo mostrò. Non l’avrebbe piegata al suo volere, mai!
“Siete una giovane donna davvero coraggiosa, mia cara, ma dovrete imparare a piegare la testa e mostrarmi più rispetto, giacché presto sarò vostro marito”.
“Questo non accadrà mai!”
“Invece sì! Mettetevelo in testa!” esclamò lui inginocchiandosi e prendendole il volto in una mano, stringendoglielo. “Voi siete la chiave per la salvezza della nostra razza, e niente e nessuno potrà impedirmi di portare a termine i miei piani”
Tolse la mano dal suo viso e la trasse in piedi, trascinandola fuori dalla cabina, torcendole un polso.
Susan strillò, ma non c’era nessuno che potesse aiutarla.
Rabadash la condusse al termine di un lungo corridoio, aprì una nuova porta e la spinse dentro la stanza.
“Sarete mia ospite e mia prigioniera. Questa sarà la vostra camera. Spero sia abbastanza confortevole. Non uscirete mai: dormirete qui, mangerete qui, e vivrete qui finché non giungeremo a destinazione. Due guardie saranno poste a protezione della vostra persona, nel caso qualcuno di nostra conoscenza giunga qui con l’intenzione di portarvi via” ghignò malevolo. “Dovrete fare tutto da sola, poiché a bordo della nave non ci sono altre donne che possano aiutarvi nelle vostre mansioni. In quanto al vostro Caspian, dimenticatevi di lui. Non lo rivedrete mai più!”
Rabadash respirava veloce, controllandosi a fatica.
Doveva avere pazienza. Prima o poi, Susan avrebbe capito che non c’era modo per nessuno dei suoi amici di venire a liberarla. Caspian, soprattutto, non le avrebbe mai più messo le mani addosso.
“Per quanto riguarda la vostra vergognosa condotta, mia signora, non c’è alcun bisogno che a Calormen si sappia. Non gioverebbe alla vostra reputazione. Non diremo mai a nessuno che siete stata l‘amante del Re di Narnia”
“Amante?!” esclamò Susan, indignata. “Come osate pensare in questi termini di me e di lui?! Credete forse che mi abbia usata o che io mi sia fatta usare?”
“Non è forse così?” Rabadash rise di gusto. “Siete stata davvero ingenua…Per lui siete solo un capriccio. Uno svago dai suoi doveri”
“Vi sbagliate! Caspian mi ama, mi ama davvero! E io amo lui! Non capite, davvero? Io appartengo già a Caspian e voi non potrete mai cambiare questo! Nemmeno se mi terrete prigioniera. Perché lui troverà sempre il modo di venire da me, anche se mi nasconderete nel vostro palazzo, o dovunque vorrete. Lui mi troverà!”
Parlare di Caspian le ridonava la forza necessaria a sopportare quella situazione sempre più difficile. Rabadash stava perdendo la pazienza e il garbo mostrati all’inizio. Susan era consapevole che provocandolo in quel modo lo avrebbe fatto infuriare ancor di più, ma non le importò nulla.
“Voi non sapete cosa sia il vero amore! Il sentimento che provate per me è solo ossessione!”
“Sì…forse non avete tutti i torti” ghignò Rabadash, a un centimetro dal viso di lei.
Susan non si mosse e sostenne il suo sguardo di fuoco.
“Forse sono ossessionato, completamente avvinto dalla vostra persona, perseguitato dalla vostra immagine giorno e notte, ma non m’importa! Quel che conta, è che quando giungeremo a Calormen disporrò perché siate purificata nel tempio di Tash in vista della nostra unione. E quando sarete pronta, non sarete mai più sua, ma mia! Con la benedizione di Tash sarete Regina di Calormen, legati da un vincolo che va ben oltre le nozze forzate, perché mi darete un figlio!”
Ora vedeva la paura dentro di lei e ciò non gli dispiacque. Gli diede un senso di potere mai provato prima. Se davvero era quello l’unico modo di avere la Regina, ebbene, allora avrebbe giocato sulla paura.
“Se oserete toccarmi, giuro che mi toglierò la vita!” esclamò Susan, tremante, terrorizzata.
“Fate come credete. Vorrà dire che presto il vostro Caspian vi raggiungerà”
Dopodiché, sbattendo così forte la porta che Susan dovette stringere gli occhi al rumore, Rabadash se ne andò, e lei crollò a sedere sul grande letto a baldacchino.
Un figlio da lei…non glielo avrebbe mai permesso. Piuttosto si sarebbe davvero uccisa.


Caspian viaggiava a velocità folle sulla vasta groppa di Blu, di tanto in tanto incitandolo sommessamente, gli occhi fissi in un punto lontano, pronto a scorgere un qualsiasi segno dell’Occhio di Falco.
Blu sapeva dove andare e il Re si affidò completamente a lui. Il capobranco percepiva le buone intenzioni del giovane umano, capiva che egli non l’avrebbe imprigionata come il pirata aveva fatto con la balena azzurra con cui aveva rapito la Regina. Caspian stesso non si sarebbe mai sognato di porre in stato di cattività una delle creature più meravigliose di Narnia.
I nervi tesi fino allo spasimo, il giovane Re continuava a pensare a Susan. A quando l’aveva vista di nuovo preda di Pug; il suo volto spaventato e poi pieno di gioia nel momento in cui lui le correva vicino.
Perché era accaduto questo? Perché adesso? Adesso che avrebbero finalmente potuto gioire e guardare al loro futuro insieme, perché Peter aveva dato il suo consenso: potevano sposarsi.
L’avrebbe trovata, liberata, rischiando tutto pur di riaverla con sé. Non si sarebbe fermato finché non ci fosse riuscito, fino a che non l’avesse avuta di nuovo tra le sue braccia, per proteggerla.
Provò un moto di rabbia nei confronti di sé stesso: non l’aveva difesa, non c’era riuscito stavolta. Si era promesso di non lasciare che mai a nessuno sarebbe accaduto qualcosa di male, e ora proprio a Susan…la persona che meno di tutte avrebbe voluto vedere in pericolo.
La sua Susan era in mano a un uomo pericoloso, senza alcuna speranza di andarsene. Non aveva idea di cosa poteva esserle successo nel frattempo, ma non voleva pensare alle possibilità. Voleva assicurarsi che le sue peggiori paure non si erano realizzate.
Che Rabadash non osasse metterle le mani addosso, o gliel’avrebbe fatta pagare cara!
Aveva lasciato la costa dell’Isola delle Acque Morte a pomeriggio inoltrato e aveva continuato a viaggiare finché non era scesa la sera. Il buio calava rapidamente, e quando avvistarono la grossa sagoma dell’Occhio di Falco, le stelle splendevano già alte nel cielo. Non c’era traccia della luna, il che fu una fortuna, perché in quel modo c’erano meno possibilità che lo vedessero.
Caspian diede un colpetto al dorso di Blu, invitandolo a immergersi tra le onde tranquille. Il giovane prese una grande boccata d’aria, prima di trattenere il respiro e scendere sotto la superficie del mare insieme alla balena.
Tenne gli occhi bene aperti, fissando la carena dell’Occhio di Falco avvicinarsi sempre più.
Quando furono abbastanza vicini, Blu riemerse quel tanto da permettere a Caspian di respirare. Dopodiché, il Re lasciò andare la presa sulla Blue Singer e si arrampicò sulla prua della nave nemica.
Stava ancora salendo quando sentì dei passi sopra di sé. Si volse rapido verso il basso, temendo che qualcuno potesse vedere Blu e insospettirsi, ma lui era già sparito sott’acqua.
Il ragazzo rimase immobile per qualche secondo, aggrappato alla scaletta di prora, i nervi tesi, la gamba ferita che mandava dolorose fitte.
Poi i passi si allontanarono, si spensero. Caspian aspettò un altro paio di secondi e poi ricominciò a salire.
Infine scavalcò con un rapido e silenzioso balzo il parapetto, nascondendosi più che poteva tra le ombre, inginocchiandosi sul ponte e cominciando a muoversi con cautela per non fare rumore, passando dietro barili, reti da pesca e casse di legno.
Estrasse il pugnale del padre. Si aspettava cattivi incontri, per cui era meglio essere prudenti. Rhasador era come sempre legata al suo fianco, accanto al corno d’avorio; agganciati dietro la schiena aveva l’arco e le frecce di Susan.
Sono qui…sto venendo da te.
Lei era da qualche parte su quell’immensa nave, nascosta chissà dove. Non aveva un piano preciso, sapeva solo di doverla trovare, in fretta.
Era stata certamente un’assurdità quella di gettarsi così a capofitto in quel salvataggio. Poteva finire molto male, ma per Caspian non era importante ciò che sarebbe successo a lui, ma a lei. Susan era la sola cosa a cui pensava, la sola cosa di cui si preoccupava. Valeva la pena correre dei rischi se ciò voleva dire rivederla sana e salva.
Percorse tutto il lato destro della nave fino ad arrivare al boccaporto. C’erano due marinai, impegnati nel turno di guardia, che parlavano a bassa voce tra loro. Dovette fermarsi ancora, nascondendosi dietro una pila di sacchi di tela, per aspettare che almeno uno dei due si allontanasse.
Così accadde, e allora il ragazzo uscì con passo felpato da dietro il suo nascondiglio, posando la lama del coltello alla gola del marinaio.
“Non fiatare, o sei morto” sibilò, spingendo indietro la testa dell’altro. “Dov’è lei?”
“Io…io…non lo so” balbettò l’uomo tremando.
“Dimmelo!” gli intimò Caspian, la voce sempre più bassa, premendo sulla gola la lama fredda.
“Va bene, va bene! E’…è di sotto…”
“Apri il portello”
Lasciò la presa sul marinaio, il quale ebbe appena il tempo di voltarsi e cercare di scorgere nel buio la faccia dell’intruso, che già il ragazzo aveva estratto una lunga spada argentea.
Al riverbero della lama lo riconobbe e tremò ancora. “Voi…voi siete…?”
“Sbrigati, e non fare domande” lo minacciò Caspian con Rhasador in pugno, la rabbia dipinta sul bel volto fiero. “E che nessuno ci veda”
Il marinaio eseguì, cercando di fare più rumore possibile così che qualcuno potesse accorrere in suo aiuto.
Camminarono per i corridoi della grande nave, fermandosi solo un paio di volte.
“Dove sono tutti?”
“D-di solito a quest’ora stanno già dormendo. Ci siamo svegli solo io e altri tre o quattro tra marinai e soldati…”
Ma Caspian non era convinto. Era tutto troppo facile. Troppo tranquillo.
Che lo stessero aspettando? Bè, anche se fosse stato così, non era importante adesso. Avrebbe lottato, versato sangue se necessario, ma prima di tutto doveva arrivare da Susan, vedere che stava bene e portarla via.
Il ragazzo si guardò attorno, Rhasador sempre pronta, se mai una delle tante porte cui passavano davanti si fosse aperta all’improvviso rivelando un nemico.
Per un momento desiderò per davvero trovarsi davanti Rabadash…
“Ecco…” disse a un tratto il marinaio, indicando una porta in fondo all’ultimo corridoio.
Caspian fissò la soglia con emozione e preoccupazione. Afferrando più saldamente l’uomo, lo portò fin davanti alla cabina.
“Aprila”
“N-non posso. Solo il principe Rabadash ha la chiave di questa stanza”
Caspian sospirò di frustrazione.
“Dannazione!” esclamò, dando un colpo sulla nuca del marinaio e quello cadde a terra svenuto.
Caspian rinfoderò di nuovo la spada e riprese il coltello. La lama era abbastanza appuntita da poter tentare di forzare la serratura. Non si sarebbe arreso adesso che Susan era dietro quella porta, a un passo da lui.


La finestra della sua stanza era costituita da un oblò di media grandezza. Entrava poca luce ma faceva un gran caldo.
Dopo che Rabadash se n’era andato, Susan se n’era rimasta per ore a guardare fuori il cielo che cambiava colore. Aveva spasimato a ogni istante, a ogni ombra di gabbiano o pinna di balena, sperando ci fosse un qualsiasi segnale dei suoi amici, dei fratelli e di lui…
Si aspettava di vedere comparire all’orizzonte la vela porpora e il drago d’oro del Veliero dell’Alba. Ma dopo diverse ora, ancora nulla.
Sii paziente, arriveranno si disse.
Certo, il Veliero di Narnia non poteva raggiungerla in così poco tempo. Le due navi erano ancora molto distanti l’una dall’altra. Se non fosse stato per la Blue Singer, lei e il pirata non sarebbero mai arrivati cosi in fretta. L’Occhio di Falco, inoltre, aveva invertito la rotta e ora puntava verso occidente.
Nemmeno mezz’ora dopo che l’aveva lasciata, il principe Rabadash riapparve con due camerieri, i quali posarono sul tavolino di legno due vassoi colmi di cibo. Poi se ne andarono, tutti e tre. Ma la ragazza, benché avesse una fame da lupi, non toccò nulla e si rigirò verso l’orizzonte, aspettando ancora.
“Perché non mangiate Susan?” chiese ancora Rabadash dopo qualche tempo, quando tornò con gli stessi camerieri a ritirare i piatti. “Le pietanze che vi ho fatto servire non sono forse di vostro gradimento?”
Ostinata, Susan non aveva aperto bocca, non si era voltata, non si era mossa. Aveva continuato a fissare imperterrita attraverso quel vetro tondo, sebbene il buio si era fatto così intenso che non riusciva più a vedere nulla eccetto il proprio riflesso e quello di Rabadash, in piedi dietro di lei.
Sembrava sinceramente dispiaciuto del suo comportamento, e sul suo volto ambrato c’era un’espressione perplessa, quasi davvero non riuscisse a comprendere il perché del suo ostinarsi a respingerlo.
“Sono veramente rammaricato per oggi, mia cara. Mi sono comportato molto male, lo riconosco.”
“O è davvero sciocco” pensò Susan in un attimo di esasperazione, “o è davvero pazzo”.
“Come volete” esclamò infine il principe, irritato dal ripetuto silenzio di lei. “Ma il voto del silenzio e lo sciopero della fame non vi serviranno a nulla!”
Rabadash uscì sbattendo la porta, come la prima volta. La sua pazienza veniva sempre meno.
Da principio, la Regina Dolce si era lasciata scoraggiare dai diabolici piani del principe, ma grazie alla consapevolezza che una via d’uscita da quella situazione c’era, concentrò tutta sé stessa e tutta la sua forza, determinazione e volontà, sul volto a lei più caro. Iniziò a chiamarlo con la voce della mente, come quel pomeriggio, per fare in modo che ancora una volta la sentisse e corresse da lei.
In qualche modo, qualunque modo, Caspian sarebbe venuto a liberarla. Ne era sicura.
Ma anche Rabadash sa che arriverà… pensò con una punta improvvisa di panico.
Allora che fare? Sia che si fosse ribellata al principe, sia che avesse assecondato i suoi voleri, non sarebbe cambiato nulla: Rabadash voleva uccidere Caspian e l’avrebbe fatto.
Doveva impedirglielo! Non sapeva come ma doveva!
Come, se non ho nemmeno le mie armi?Senza quelle, come riuscirò a proteggerlo?
Susan strinse i denti e fece una debole smorfia, massaggiandosi i polsi rossi e indolenziti. Rabadash le aveva rimesso le manette.
Si alzò in piedi, le gambe anchilosate per essere rimasta troppo a lungo nella stessa posizione. Girò a vuoto per la stanza, pensando a talmente tante cose che le era persino difficile afferrare un pensiero ed esaminarlo.
Devo uscire. Devo andarmene. Devo avvertire Caspian.
Desiderava ardentemente che lui venisse, ma allo stesso tempo non voleva. Davvero non c’era alcun modo di avvertirlo del pericolo?
Tormentata dalle preoccupazioni, si gettò a sedere sul letto a baldacchino dalle pesanti tende bianche che Rabadash aveva fatto preparare per lei. La voleva trattare proprio come una Regina. Faceva sul serio, maledizione!
Era davvero convinto che lei lo accettasse come suo sposo? Pensava sul serio che Tash gliel’avesse promessa in sposa, e che lei avesse prestato orecchio a quella storia? Se Rabadash veramente ci credeva, doveva essere un completo ingenuo. Di sicuro, dietro c’era tutta una macchinazione bella e buona…
E se invece fosse stato vero? E se Tash l’avesse sul serio promessa a Rabadash? Se il dio malvagio di Calormen fosse in qualche modo intervenuto per permettere agli abitanti del sud di prendere il regno di Narnia?
Susan scosse forte il capo, scacciando quel pensiero. No, non poteva essere vero. E comunque, Aslan non l’avrebbe mai permesso.
Ti supplico, ho bisogno ancora del tuo aiuto…
Ma stavolta, nessuna voce calda le rispose.
Susan sospirò. Non poteva pretendere che Aslan arrivasse ogni volta a tirarli fuori dai guai. Lui aveva fiducia in loro e di sicuro ne aveva in lei. Aveva visto il suo bel muso splendere di orgoglio per lei, perché finalmente poteva vederlo, esattamente come Lucy. Aslan non metteva mai alla prova i suoi figli più di quanto potessero essere provati. Perciò, il fatto che non venisse a lei in quel momento, significava che era in grado di farcela da sola.
E va bene. Datti da fare adesso, si disse, determinata.
Si alzò di nuovo e si guardò attorno nella semi oscurità. Alla luce debole dell’unica candela che illuminava la stanza dal suo candelabro sul comodino, Susan non vide niente che le potesse essere utile per la sua fuga.
Se fossi rinchiusa in una torre,pensò, avrei almeno potuto tentare di calarmi legando insieme le tende e le lenzuola del letto.
Scosse ancora il capo, e poi l’udì: un rumore proveniva dall’esterno. Qualcuno cercava di entrare nella stanza.
Spaventata all’idea che Rabadash potesse venire da lei nel cuore della notte, nonostante avesse detto che non l’avrebbe toccata fino alle nozze, indusse la giovane ad afferrare il primo oggetto contundente che trovò. Spense la candela con un soffio e strinse il candelabro tra le mani, accostandosi alla parete a lato della porta.
Per un attimo che durò un’eternità, attese. Poi l’uscio si aprì, piano, e una figura alta varcò la soglia. La lama di un pugnale brillava nella mano dell'intruso e Susan tentò allora di colpirlo. Ma quello era molto più forte e afferrò il candelabro prima che lei lo calasse su di lui.
“Ferma! Sono, io! Susan, sono io!”
Un tuffo al cuore, un istante solo per riconoscere la sua voce, il calore delle sue mani e il suo profumo…
Lasciò il candelabro, che cadde a terra con un tonfo sordo, e abbracciò il ragazzo più forte che poté, iniziando a singhiozzare convulsamente.
“Caspian…sei qui…sei qui” sussurrò, quasi senza voce.
“Sì, sono qui, amore mio. Sta tranquilla” le rispose lui, passando una mano nei suoi capelli.
“Sei ferito!” esclamò preoccupata, facendo scorrere lo sguardo su di lui e notando la chiazza scura sulla stoffa dei pantaloni.
“Non è nulla” la rassicurò, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla. “Dio ti ringrazio…Stai bene?” mormorò il giovane ad occhi chiusi.
Lei annuì forte, stringendogli la camicia dietro la schiena.
Caspian si separò da lei, a malincuore, per poterla guardare in viso, accarezzandoglielo continuamente in ogni punto. Le baciò le mani, i polsi feriti e Susan lo baciò più volte sulle labbra.
“Se lui ti trova…” disse poi, fissandolo angosciata.
“Ti prego, dimmi che non ti ha toccata. Ti scongiuro!”
“No, no, non preoccuparti” gli rispose in fretta, accarezzandogli il viso a sua volta. “Non glielo avrei mai permesso. E comunque, dice che non…” sospirò forte, “che non violerà la mia virtù finché non saremo legittimamente sposati sotto il cielo di Calormen”.
Susan provò un moto di disgusto al solo pensiero, e tremò in vista di ciò che doveva ancora dire.
“Sposarti?!” esclamò Caspian, incredulo. “No…non glielo permetterò mai!”
“E non è tutto” aggiunse la ragazza, stringendosi a lui.
“Cosa?” fece il Re con voce cupa.
“Vuole un figlio” sussurrò appena la fanciulla, senza guardarlo, ricominciando a parlare subito dopo. Sentì che lui la stringeva. “Non so bene a cosa miri, ma di certo non solo a me. C’è molto, molto di più dietro questa storia. E’ convinto che così potrà salvare la sua stirpe, ma non ho ben capito cosa significhi”. Poi alzò il capo e cercò negli occhi di Caspian la forza che le veniva meno. “Ho paura. Non voglio!”
Il Re la osservava senza parole, le labbra strette, forse per non mettersi a gridare dalla rabbia che gli invadeva ogni parte del corpo e della mente.
“Andiamocene di qui” disse con decisione, prendendole le mani e forzando le manette con la punta del pugnale, poi le porse le sue armi e il corno.
Susan le prese subito, assicurandosi la faretra dietro la schiena.
“Ma dove sono gli altri?” chiese all’improvviso, fermandosi di colpo.
Solo ora si accorgeva che qualcosa non andava. Aggrottò la fronte e Caspian distolse lo sguardo per un attimo.
“Non c’è nessuno. Sono venuto da solo” confessò, e lei trattenne forte il respiro.
“Sei pazzo?! Perché sei venuto solo?! Caspian, non ti rendi conto…”
“Mi rendo conto che rischiavo d’impazzire se non fossi venuto!”
“Caspian...”
“E non dovevi venire, Liberatore” disse una voce, facendoli trasalire.
La porta si spalancò con violenza. Rabadash fece il suo ingresso con al seguito almeno una decina di uomini capitanati da Aréf tarkaan.
“Prendeteli!” ordinò quest’ultimo.
Caspian spinse indietro Susan, parandosi davanti a lei mentre, contemporaneamente a Rabadash, con un grido estraeva la spada dal fodero.
Susan caricò svelta un colpo, ma due soldati le erano già addosso e l’avevano privata di nuovo dei suoi doni. L’afferrarono per le braccia, saldamente. Lei si dibatté invano.
Era davvero stato troppo facile, pensò Caspian. Era pronto a una lotta e non poteva chiedere di meglio che un immediato confronto con il principe di Calormen. Ma la furia di Rabadash era così folle, così cieca, che bastarono un paio di affondi, stavolta, per avere la meglio sul Re di Narnia.
Con un calcio, Rabadash lo spinse a terra e colpì la gamba ferita. Caspian gridò, e il principe gli schiacciò il polso destro, così che perse la presa su Rhasador.
“No! Basta!” strillò Susan, disperatamente.
“Non avreste dovuto osare nella vostra eroica impresa, Sire” continuò Rabadash imperterrito, continuando a colpire il giovane.
“Basta, vi prego!” urlò ancora Susan, più forte, sovrastando i gemiti di dolore del Re. “Vi supplico! Farò ciò che vorrete, principe Rabadash, ma vi imploro, lasciatelo stare!”
Rabadash si fermò e alzò lo sguardo su di lei. Uno sguardo diabolico che terrorizzò tutti i presenti nella stanza.
Era davvero pazzo d’amore, di gelosia, di ossessione.
Il principe le si avvicinò e la osservò attentamente. “Mi implorate davvero?”
Lei non rispose, gli occhi fissi su Caspian ancora steso a terra, le mani premute all’altezza dello stomaco.
“Non fategli del male, vi scongiuro” disse lei, in preda alla disperazione. “Fatene a me piuttosto, ma non a lui”
“Susan…no…” mormorò Caspian.
Rabadash ghignò, forse divertito e forse ancor più furioso, percependo tutto l’amore di lei per il Re.
“No, mia cara. Voi mi servite in perfetta salute. Lui, invece” disse, puntando minacciosamente un dito su Caspian, “non mi serve. Portatelo via!” ordinò poi ad Aréf tarkaan, il quale eseguì immediatamente.
“Vi prego, no!” gridò la ragazza, lottando contro i soldati che la tenevano ferma e cercando di raggiungere Caspian.
Rabadash la fermò bruscamente, afferrandola per un polso e risospingendola verso le guardie. “Risparmiate le vostre preghiere per il vostro Re, signora”
“Non toccarla!” urlò Caspian, scoccando al principe un’occhiata intimidatoria, mentre i soldati lo trascinavano fuori dalla stanza. “Non ti azzardare a metterle le mani addosso!”
“Caspian, mi dispiace” disse Susan, cercando di raggiungerlo ancora.
“Non è colpa tua” rispose lui.
I due giovani non ebbero quasi il tempo di scambiarsi uno sguardo che li avevano separati di nuovo.
Susan si divincolò come una furia, consapevole di quanto fosse sciocco quel suo gesto, ma non potendo fare altrimenti.
“Che cosa volete fargli?!”
“Non credo che ve lo dirò” rise Rabadash, “Non è argomento adatto a una signora. Ma sarà un monito per tutti coloro che oseranno opporsi a me. Voi per prima”
“Siete un maledetto! Perché?!”
“Per il semplice fatto che esiste” le rispose il principe con una naturalezza inquietante, lasciandola senza parole.
“E ora statevene buona, o vi riserverò lo stesso trattamento, anche se siete una donna. La mia pazienza ha un limite! E con voi due ne ho avuta persino troppa”
Rabadash lasciò la stanza di gran carriera, seguendo la stessa strada percorsa da Aréf tarkaan e le sue guardie, mentre trascinavano Caspian giù nelle stive.
“Capitano” chiamò il principe, e Aréf s’inchinò prontamente. “Mi occuperò personalmente del Re di Narnia. Voi sorvegliate la Regina. E se qualcun altro dovesse arrivare, non fermatelo”
“Cosa dite, Altezza?”
“Presto ci sarà una nuova battaglia, capitano. Istruite i vostri uomini e lasciate pure che i nostri nemici ci vengano incontro”
Assaporando la vittoria entrò nel locale buio, dove Caspian era già stato incatenato al muro da grossi anelli di ferro legati ai polsi.
Li aveva entrambi in pungo. Il Liberatore e la Dolce.
Quando aveva fatto rapire lei, aveva immaginato d’incontrare presto anche lui, ma quale inaspettata sorpresa era stata vede Caspian giungere solo. Ed ora era alla sua completa mercé e finalmente poteva dargli la lezione che meritava. Non tanto per l’opposizione mostratagli sulle Isole Solitarie davanti a tutto il popolo; non per la ferita inflittagli durante il loro ultimo scontro, o per la sconfitta. Era davvero solo per il fatto che esistesse. Era questo. Perché fin che lui esisteva, Susan non sarebbe mai stata completamente sua. E lei era davvero l’unica salvezza per il popolo di Calormen.
Si avvicinò a Caspian, che gli rimandava uno sguardo di sfida, per nulla spaventato. Ma quando Rabadash prese dalle mani di un soldato una lunga verga, sul volto del Re di Narnia comparve la paura, e il principe di Calormen pregustò un nuovo trionfo.
Finalmente, avrebbe visto il Liberatore piegarsi in ginocchio davanti a lui.





Cari lettori, care lettrici, siamo giunti al capitolo 28!
I titoli dei capitoli sono sempre un problema per me, per cui perdonatemi se non ho saputo inventare di meglio.
Orbene…non uccidetemi, ok? Lo so che sono stata davvero cattiva con Caspian e Susan, specialmente con lui, ma credetemi, soffrivo pure io mentre scrivevo. Purtroppo è solo l’inizio…perché adesso ci saranno una serie di capitoli in cui i nostri protagonisti non avranno un attimo di pace.
Peter, Lu, Ed e company, non si sono visti tantissimo, prevedo nel prossimo di farli partecipare di più, ma sapete, volevo incentrare tutto questo capitolo su Suspian <3 i miei tesorini!!!
Aspetto comenti, anche cattivi. Mi aspetto persino minacce di morte XD
Non ho riletto, non ho fatto in tempo, e se ci sono errori di qualsiasi tipo mi scuso fin d’ora. Li correggerò appena posso, promesso.

E ora, ringraziamenti:
Per le preferite:
ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, elena22, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, Judee, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, e susan the queen.

Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V, dalmata91, LilyEverdeen25, Miss Hutcherson, piccola_cullen e postnubilaphoebus.

Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, SerenaVdW, Smurff_LT, susan the queen, SweetSmile, Yukiiiiii e _Autumn

Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angie_V, Babylady, EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My World, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon, LilyEverdeen25, Martinny, piumetta, SerenaVdW, e susan the queen
E grazie anche a elena22 che ha recensito il primo capitolo! ^^


Angolino delle anticipazioni:
Una ve l’ho già fatta, e cioè che anche nel prossimo capitolo ci saranno guai per Caspian e Susan. Rabadash colpirà ancora. Ma nella tragedia, femminucce lustratevi gli occhi, perché ci sarà una scena in cui Caspian non avrà la camicia…*.* (maniaca…uhuhuh…)
Vedremo a brodo del Veliero dell’Alba come vanno le cose, e preparatevi a un’altra divisione del gruppo. Edmund ne combinerà un’altra delle sue, ma a fin di bene.
Nuove scene Petriel, e nuovissime scene Lumeth! E poi, non escludo una mezza Shandmund…perché mezza? Lo vedrete! ;)
Per la battaglia vera e propria dovrete aspettare il capitolo 30 cedo. Non avevo previsto che quest’avventura si prolungasse in questo modo.

Nel blog ho aggiunto nuove foto, le schede dei personaggi, e prevedo per la settimana che arriva foto delle coppie! E ho rimesso il video che mi avevano cancellato!
La canzone all'inizio del capitolo è "Far Away" dei Nickleback, che trovo adattissima per Caspian e Susan. Fa parte della colonna sonora di Queen, che spero di riuscire a farvi sentire proprio tramite il blog (so che si possono mettere le musiche, ma non ho ancora ben capito come si fa!!!)

Come sempre vi saluto con un grazie immenso a tutti e un bacio ancor più grande!
sempre vostra affezionatissima,
Susan<3

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Capitolo 29
*** Capitolo 29: Aspettando l'alba... ***


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29. Aspettando l’alba…

Tu sai che ti amo
Ti ho amato tutto il tempo
E mi manchi
Sei stata troppo lontana per troppo tempo
Sogno che tu sarai con me
E non andrai via
Smetto di respirare se non ti rivedo ancora una volta




Sembrava che tutta la stanza protendesse nell’attesa. L’aria stessa era pervasa di tensione.
Susan era incapace di star ferma e girava per la cabina, tormentandosi le mani, il vestito, i capelli.
Aréf tarkaan era con lei, entrambi restavano in silenzio, senza guardarsi.
Quando lo aveva visto rientrare, l’aveva aggredito con schiaffi e parole. Il capitano delle guardie però non aveva ribattuto e si era limitato a dirle che l’avrebbe imbavagliata di nuovo se non si fosse calmata.
Una situazione assurda, quasi patetica. Uno dei suoi nemici era lì e lei non faceva nulla. Ma cosa poteva fare? Aréf era armato, lei no. Lui era un uomo, alto, robusto. Lei era una donna, e anche se era in grado di combattere ed era Primo Arciere di Narnia, era molto più debole di lui.
Susan aveva riflettuto ed era giunta alla conclusione che, legata e imbavagliata, non sarebbe stata di nessun aiuto a Caspian, per cui cercò di restar buona.
Passò in rassegna tutte le possibilità, anche le più remote o le più assurde. Immaginava di uscire di lì, di correre con Caspian attraverso i corridoi della nave, salire sul ponte e trovare il modo per tornare al Veliero dell’Alba. Sì lo immaginava, ma tanto valeva immaginare di avere le ali. Come se ne sarebbero andati? A nuoto? Oh, certo, e i soldati di Rabadash non sarebbero mai riusciti a raggiungerli, vero?
“Smettetela di andare avanti e indietro” disse Aréf d’un tratto, osservandola con la coda dell’occhio. “Mi fate venire mal di testa”
Susan si fermò e lo fissò, poi ricominciò a camminare, ignorando la protesta. Infine si decise a parlargli.
“Dove hanno portato Caspian?”
“Non lo so” fece l’uomo, la schiena rigida, le mani dietro di essa.
“Mentite”
“Non rientra negli ordini che mi sono stati impartiti informarvi dell’attuale situazione del Re di Narnia”
Susan sospirò e gli voltò le spalle. “Non avete nemmeno un briciolo di umanità?” chiese esasperata, tornando a guardarlo, e fu allora che notò in lui qualcosa.
“Gli somigliate”
Aréf si girò appena verso di lei.
“A Emeth”
Il capitano ebbe un fremito e tornò a fissare il vuoto davanti a sé.
Susan sospirò ancora e sedette pesantemente sul letto.
“Lui somiglia alla madre, non a me” rispose all’improvviso Aréf, cogliendola di sorpresa.
La ragazza lo fissò per qualche istante prima che lui parlasse di nuovo.
“Come fate a conoscere mio figlio? Credevo non foste voi la donna che portò a bordo tempo fa”
“No, non ero io” ammise la Regina, alzandosi “Ma lo conosco perché è…”
Si fermò.
Faceva bene a dirglielo? Dopotutto era un rischio rivelare la posizione di Emeth, ma era sempre suo padre…
“Sta bene?” chiese Aréf, la voce che tradiva la commozione nel sentir parlare del figlio.
“Sì. E’ al sicuro, di questo potete stare tranquillo. Dove si trova ora, nessuno gli farà del male”
Avanzò verso il capitano, le mani strette l’una nell’altra.
“Vi prego, dimostrate un po’ di pietà: aiutatemi!”
Il soldato la guardò interrogativo, incredulo, abbandonando la postura rigida.
“Siete in debito con il Re di Narnia, signore”
“Io non ho debiti con Narnia”
“Sì, l’avete!” esclamò lei aggrappandosi a lui. “Poiché Caspian ha salvato la vita di Emeth accogliendolo tra noi”
Aréf aprì e richiuse la bocca, senza sapere cosa dire. “Non…non posso venir meno a…ai miei doveri”
“Non siete come Rabadash, lo so. Se foste stato spietato come lui, non avreste risparmiato nemmeno vostro figlio. Ma l’avete fatto! L’avete fatto fuggire perché vivesse, quando invece avreste potuto denunciare il suo tradimento a Rabadash se davvero vi fosse importato più della lealtà verso di lui che della vita di Emeth!”
“E’ proprio vero, signora: la vostra reputazione vi precede. Ma siete troppo buona e questo vi rovinerà”
“Non posso fare altrimenti. Perché vedo del buono anche in voi”
Aréf tacque a lungo e fissò i suoi occhi imploranti.
“Non posso” disse infine. “Ma vi sono grato per avermi detto di mio figlio”
“Capitano, vi scongiuro…”
“Lasciatemi, signora. Per favore…”
Con fermezza ma gentilmente, l’uomo la fece allontanare da sé ed uscì dalla cabina.


Nonostante fosse ormai sull’orlo del cedimento, il Re di Narnia continuava a fissarlo con tenacia, senza battere ciglio, senza quasi muoversi, stringendo i denti per soffocare il dolore.
Le guardie avevano ammanettato i suoi polsi e legato le catene alla parete della stiva.
Caspian era rimasto in piedi finché le forze glielo avevano permesso, ma dopo l’ennesima frustata era caduto in ginocchio, le braccia tese sopra la testa, i muscoli doloranti. Lunghi squarci scarlatti gli attraversavano tutta la schiena e le spalle nude.
Rabadash era rimasto molto impressionato. Non era quasi capace di sostenere lo sguardo orgoglioso e nobile di quel ragazzo. Si era certamente aspettato tanta caparbietà dal Liberatore, ma non così, come se lo sfidasse a continuare a colpirlo, in una competizione che non avrebbe avuto fine se non con la sua morte.
Ma Rabadash non voleva ucciderlo. Non ancora. Prima voleva umiliarlo, farlo soffrire, solo quando avrebbe deciso che era abbastanza, solo allora avrebbe posto fine alla sua vita. Non lì in quella stiva buia, bensì alla luce del sole, davanti a quanta più gente possibile. Davanti a Susan.
Soltanto così lei e tutta Narnia si sarebbero arresi.
Uccidere Caspian era sufficiente. Gli altri Pevensie e i loro compagni potevano pure portare a termine quella loro stupida missione: ritrovare i Lord di Telmar e le Spade.
Con le ultime novità riferitegli da Shira, Rabadash era venuto a conoscenza di tutti i piani dell’Imperatore Tisroc, ma a lui non importava avere il potere di quei talismani. Che suo padre e la Strega se la vedessero da soli con il resto dei Sovrani.
“Non avrete mai Narnia…e non avrete mai Susan” mormorò Caspian.
Sapeva benissimo che ogni parola era una sofferenza in più, ma era più forte di lui.
Se Rabadash avesse potuto annientarlo solo con la forza dello sguardo, certamente ci sarebbe riuscito. Si portò nuovamente alle spalle del Re e calò per l’ennesima volta la verga su di lui.
Caspian piegò la testa in avanti, soffocando un grido stringendo i denti, e avvertì il bruciore ardente di una nuova ferita sulla schiena. Ma ancora non si mosse, non un gemito in più, non una protesta. Rialzò il capo e fissò di nuovo Rabadash, i capelli davanti agli occhi.
Quest’ultimo constatò le condizioni del Re, stringendo convulsamente la verga tra le mani.
Gli si avvicinò e s’inginocchiò di fronte a lui.
“Non preoccupatevi per Susan. Lei avrà da me tutto quello che non potrete offrirle voi” disse Rabadash con un sorrisetto forzato, osservando con piacere le reazioni che quelle parole scatenavano in Caspian.
“Io la coprirò di ricchezze, di abiti e gioielli che esalteranno ancor più la sua bellezza, rendendola la donna e la Regina più amata e ammirata di tutto il mondo. Vivrà in un sontuoso palazzo, avrà decine di servitori che a un suo gesto doneranno la vita per lei...Vedete dunque, Maestà? Non avete di che preoccuparvi. Inoltre, non la terrò per tropo tempo lontana dalla sua amata Narnia. Dopotutto, voglio donarle tutto ciò che una donna potrebbe desiderare: una casa, degli agi, un marito e dei figli”
Caspian si mosse facendo vibrare le catene, le braccia tese allo spasmo.
“Maledetto bastardo! Non osate toccarla!”
Rabadash lo ignorò e si alzò. “Oh, già…anche l’impavido Caspian, probabilmente, avrebbe fatto lo stesso. E lei vi avrebbe sposato perché vi ama. Quant’è romantico…” disse con sarcasmo. “Ma è tempo che voi usciate di scena, Sire. Susan giungerà presto ad apprezzare la solitudine e poi la mia compagnia. Se si comporterà bene la tratterò con guanti d’oro”
Rabadash girò intorno a Caspian, osservando il suo volto, il sangue che colava lungo il corpo. Si chiese per un momento dove trovasse ancora la forza di resistergli.
“Se non opporrete resistenza, vi ucciderò subito e avrete una morte rapida e indolore. Ma se continuate a farlo, allora sarò costretto ad usare metodi diversi”
Rabadash lasciò la verga e sfilò un lungo pugnale dalla cintura. Nella penombra della stanza, la ama brillò sinistra. Si portò ancora dietro il Re.
Caspian si sentì afferrare per i capelli, mentre il rivale gli strattonava la testa all’indietro gli puntava il pugnale alla gola.
“Troppo facile così, vero?” sussurrò il principe, in preda a una nuova furia. “Ora ti toglierò una volta per tutte quell’espressione ostinata dalla faccia e ti farò morire lentamente”.
“Perché non subito?”
“Perché sei così maledettamente perfetto agli occhi di tutti…Amato, rispettato, acclamato. In realtà sei solo un ragazzino arrogante e sciocco. E il tuo popolo si accorgerà di quanto sei egoista, quando saprà che hai perso la vita, non per Narnia, ma per salvare una donna!”
“Narnia combatterà comunque. Non è così che li fermerai. E non è così che avrai Susan”
“Forse è vero, ma saranno così consumai dal dolore e dalla rabbia che allora sarà facile avere la meglio su di loro. La disperazione fa fare azioni sconsiderate. Esattamente come hai fatto tu, Liberatore. Quello che ti sta accadendo non è colpa mia, ma la conseguenza delle tue stesse azioni”.
Caspian sentì la lama scivolare via dal collo e poi un dolore lanciante al fianco gli mozzò il fiato. Capì che Rabadash l’aveva trafitto, e il dolore fu ancora più acuto quando tolse la lama dalla ferita che cominciò a sanguinare copiosa, macchiando il pavimento di piccole gocce scure.
Quando Rabadash lo lasciò, il ragazzo cercò di riprendere fiato, accasciandosi in avanti, la testa riversa sul petto. Le braccia costrette dalle catene lo tiravano indietro, i muscoli contratti e doloranti.
“La vostra sofferenza durerà il tempo necessario prima che arrivi l’alba. A quel punto, se sarete ancora vivo, verrete giustiziato”
“Con quali accuse?”
Rabadash era sempre più turbato. Aveva ancora la forza di ribattere.
“Non sta a voi porre le condizioni. Ormai siete nulla. Guardatevi!” rise.
Rabadash si raddrizzò e chiamò la guardia. “Riportatelo dalla Regina Susan. Voglio essere buono con lei” commentò, osservando senza battere ciglio i soldati slegare Caspian, il quale ormai faticava a reggersi in piedi “Le darò il tempo di dire addio al suo amato principe azzurro”


“Quante ore sono passate?” chiese Lucy a tutti e a nessuno.
“Non lo so” le rispose Eustace, affacciato al ponte di comando a scrutare nell’oscurità le figure di Peter, Edmund e Drinian che discutevano animatamente a basa voce.
I tre avevano iniziato una disputa non appena Caspian aveva lasciato la nave.
Drinian era più risoluto che mai a non venir meno agli ordini del Re: sarebbe andato avanti, perché questo era il suo volere.
Edmund sosteneva che fosse una pazzia, sia il continuare che il restare lì, con le mani in mano. Aveva accettato e detto sì al Liberatore perché sapeva non ci sarebbe stato verso di fargli cambiare idea: quando si trattava di Susan, era inutile discutere con lui.
In quanto a Peter, era combattuto sul se dare ragione all’uno o all’altro.
Non voleva venire meno alla parola data: aveva promesso a Caspian di proteggere tutti, di prendere la nave e continuare il viaggio verso est. Dal ritrovamento delle Sette Spade dipendeva il destino di tutti, ma le vite di Caspian e di Susan erano più importanti della missione.
Il pensiero del Re Supremo era continuamente rivolto ad Aslan. Cosa avrebbe consigliato in un momento simile? Li avrebbe spinti a continuare o a tornare indietro?
Peter non poteva e non voleva rinunciare a nessuna delle due possibilità, la sua stessa natura glielo impediva. Forse pretendeva troppo, ma non poteva farci nulla. Non era disposto ad arrendersi quando sapeva di poter trovare una soluzione per conciliare le due cose. Ma come? Come ottenere lo scopo voluto?
“Peter, avanti! Lo sai anche tu che non possiamo aspettarci di vederli ricomparire da un momento all’altro!” insisté Edmund, scambiandosi occhiatacce con Drinian. “Sarebbe come sperare in un miracolo pensare che i soldati di Rabadash non abbiano scoperto Caspian. E per quanto vorrei crederci, è impossibile!”
Peter lo fermò, alzando una mano. “Lasciami pensare, Ed, per favore”
“Li abbiamo già sconfitti, possiamo farlo ancora!” intervenne Lucy, scendendo dalla scaletta insieme al cugino. “Peter, per l’amor del cielo, viriamo e andiamo ad aiutarli!”
“Sarebbe come gettarci nella tana del lupo, Lu” disse il Magnifico. “Non possiamo tornare indietro. Se l’Occhio di Falco usa le sue catapulte su di noi un’altra volta, siamo spacciati. Non avremo la possibilità di riparare la nave con i poteri di Coriakin, non più.”
“Non possiamo abbandonarli!” esclamò Eustace indignato. “Dove sono finiti tutti i tuoi bei discorsi sull’unità del gruppo, sulla solidarietà, sull’importanza dell’amicizia…Quand’eravamo sulla Terra non parlavi d’altro che di onore eccetera, e adesso vuoi lasciarli là?”
Peter voltò le spalle a tutti, appoggiandosi al parapetto e sospirando con forza.
Infine si decise.
“Aspetteremo fino all’alba. Poi vi dirò cosa fare. Ho bisogno di ancora un po’ di tempo”.
Nessuno replicò, in quanto l’autorità maggiore, in assenza di Caspian, apparteneva proprio a Peter.
Miriel gli si avvicinò e gli mise una mano sul braccio. Lui la guardò, mentre tutto il gruppo si disperdeva e tornava di sotto.
“Tu pensi che sia la soluzione più giusta?” le chiese il ragazzo, con un’espressione angosciata.
“Non sta a me dirlo. Ma sono sicura che il Re Supremo sa sempre cosa fare, e cosa è meglio”
Gli sorrise, appoggiandosi alla sua spalla e stringendogli una mano.
“Potrebbero anche tornare. Non possiamo escluderlo” continuò lui, forse per convincere se stesso. “Se dovessimo muoverci e poi scoprire che Caspian ce l’ha fatta…metterei a repentaglio la sicurezza di tutti per nulla, e verrei meno alla promessa”
“Lo so che è difficile per te, Peter” disse Miriel guardandolo. “So che in questo momento, tutto quello che vorresti fare è correre da Susan. Ma devi fidarti di Caspian”
“Mi fido”
Lei gli accarezzò il volto e gli pose un leggero bacio sulle labbra. “Non devi scoraggiarti. Ci sono io con te”
Peter le sorrise e l’abbracciò, baciandole i capelli. “Lo so. Ma non ho idea di come fare”
“Andrà tutto bene. Troverai il modo. Io lo so”
“Hai troppa fiducia in me e io ne ho troppa poca in me stesso”
“Da quando sei diventato così insicuro, Peter Pevensie?” tentò di scherzare lei, alzando la testa e prendendogli il volto tra le mani.
Lui sospirò, perdendosi nei suoi occhi, che gli diedero un po’ di sollievo. “La mia è tutta scena, sai?”
Miriel lo baciò ancora. “Vai a riposarti un po’. Ne hai bisogno”
“No, non posso.”
“Ci penserà Edmund, qui. Vai”
“Solo se vieni anche tu”
Lei trattenne il fiato e poi annuì timidamente. “Se hai bisogno di me, io ci sono, lo sai”
Peter l’attirò di nuovo a sé e la baciò con ardore. “Avrò sempre bisogno di te”

Nello stesso momento, negli alloggi dell’equipaggio si era creata un’accesa discussione.
“Tutto questo non sarebbe mai accaduto se non avessimo preso con noi uno di Calormen!” esclamò improvvisamente un marinaio, staccandosi dal gruppo: Rynelf. Il suo dito era puntato su Emeth e così gli occhi di tutti.
Immediatamente, Rhynce si portò accanto a lui e gli abbassò il braccio con un gesto deciso. “Smettila! Che ti salta in mente?”
“E’ vero! Tutti lo pensiamo, ma nessuno ha il coraggio di dirlo!” insisté ancora l’altro, avvicinandosi al soldato.
Emeth rimase immobile ascoltando le sue accuse. Se lo aspettava. Anzi, si era chiesto quando finalmente l’argomento sarebbe stato toccato.
“So cosa pensate, signore: che sono una spia”
“Esattamente!”
“Vi assicuro che non è così. Non sono stato mandato da nessuno. Ho scelto io di venire con voi”
“Certo: dopo che hai raccontato tutte quelle belle storie su di te e sull’essere diverso dai tuoi compatrioti. Fammi il piacere!”
Emeth non rispose, serrando la mascella e i pugni, imponendosi la calma. Se avesse reagito sarebbe stato come dar ragione alle accuse.
Altri marinai mormorarono tra loro.
“Quest’uomo” continuò Rynelf rivolto a Lucy e Edmund, “ha approfittato della vostra generosità, miei Sovrani. Non è uno di noi! E’ di Calormen! E da tempo immemore, i calormeniani odiano Narnia e tutto ciò che le appartiene. E’ di certo opera sua se la Regina Susan è stata rapita”
“Ora basta, Rynelf” ordinò Edmund con autorità, ma ormai il dubbio era stato insinuato negli altri membri dell’equipaggio, i quali iniziarono a parlare ad alta voce tra loro.
“Potrebbe essere vero…se fosse tutto un piano? Il ragazzo sapeva che Re Caspian non avrebbe mai lasciato sola la Regina Susan…”
“Se consegniamo lui, Sire” disse ancora Rynelf a Edmund, “Forse riavremo indietro vostra sorella e il nostro Re”
La folla assentì e non diede il tempo al Giusto di dire nulla.
Fortunatamente, non tutti la pensavano come Rynelf. Molti presero le difese di Emeth, ma chi davvero dimostrò la sua assoluta fiducia nel giovane fu Lucy, che pose fine a quella assurda discussione.
Edmund stava per dire ancora qualcosa, Gael, Eustace e Ripicì (ancora debole ma ormai guarito da ogni ferita) stavano per venire in suo aiuto, ma la ragazza li precedette tutti. Si parò di fronte al soldato, non permettendo ai marinai di avvicinarsi.
Sul viso della Regina si leggevano rabbia e delusione nei confronti di quegli uomini che aveva sempre ammirato, e che erano suoi compagni e amici.
“Non avete accuse contro di lui!” esclamò Lucy, afferrando le braccia di Emeth dietro di lei, come a volerlo proteggere. “Pertanto non avete il diritto di parlare in questo modo a un nostro ospite e valoroso combattente. Emeth ci ha aiutato in più d’un occasione. Non è una spia! Mi ha salvato la vita, e io so cos’ha rischiato per farlo! E se oserete ancora parlare male di lui, dovrete vedervela con me!”
I marinai indietreggiarono e osservarono stupiti la Valorosa. Lucy non aveva mai parlato con un tono tanto brusco a nessuno di loro, prima.
Emeth la guardò, ammirato. Lucy si voltò e incrociò i suoi occhi scuri. Poi si volse ancora e continuò.
“Lo stesso Aslan ha condotto Emeth fino a noi, non dimentichiamocelo”.
Tutti gli uomini che avevano mostrato ostilità per il soldato, abbassarono lo sguardo, ricordando i fatti avvenuto dopo aver lasciato l’Isola delle Voci, e poi l’apparizione del Leone solo il giorno prima.
“Chiunque non è dalla parte di Aslan, è dalla parte di Tash” disse d’un tratto Tavros, staccandosi dal gruppo di marinai con alcuni suoi compagni. “Noi Minotauri, ai tempi dell’Inverno Centenario, eravamo alleati della Strega Bianca. Ma Aslan ci ha dato la possibilità di redimerci. Noi stiamo con Aslan e gli saremo eternamente grati per aver salvato la nostra razza”
“Ben detto, amico mio” disse Edmund con un sorriso, “Anch’io ero un traditore”
Un mormorio sconcertato si propagò per la grande stanza.
“Anche di me potreste dire che sono ancora una spia della Strega. Tuttavia, non lo fate solo perché sono il vostro Re. Ma se Aslan si fida- di me, dei Minotauri e di Emeth- perché non dovreste fidarvi voi? Chi siamo noi uomini per mettere in dubbio il suo volere?”
“Perdonatemi se vi ho arrecato offesa, vostre Maestà” fece allora Rynelf, con un inchino. “Pesavo solo…”
“Non hai arrecato nessuna offesa alla nostra persona” disse Lucy. “Ma ne hai arrecata a un nostro caro amico. Ti pregherei di porgergli le tue scuse, così chiuderemo la questione”
Molto impacciato e imbarazzato, Rynelf balbettò qualcosa, ma Emeth scosse il capo con gran stupore di tutti.
“Vi ho già perdonato. Non parliamone più. Ora quel che conta è prendere al più presto una decisione e salvare il Re e la Regina”
Così, ognuno tornò alle proprie mansioni, ma ormai il dado era tratto e gli uomini, di tanto in tanto, scoccavano strane occhiate al giovane soldato, mettendolo a disagio.
Lucy gli si avvicinò e si sedette sulla branda accanto a lui.
“Mi spiace tanto. Non badare a quel che dicono. Forse nemmeno lo pensano davvero. Sono molto nervosi...”
Lui abbassò lo sguardo sulla sua spada, estraendola dal fodero e iniziando a lucidarla.
Al suono metallico, alcune teste si volsero agitate.
Emeth cercò di ignorarli ma essi continuavano a fissarlo, anche se cercavano di non farsi notare troppo, specialmente in presenza di Lucy.
Studiavano i suoi movimenti, e non solo quella notte, lo facevano ormai da molto tempo. Avere a bordo un soldato di Calormen non piaceva a nessuno. Tuttavia, la maggior parte dei marinai aveva rivalutato le proprie idee e accettato la sua presenza perché era il volere dei Sovrani, e su ciò nessuno discuteva. Non ad alta voce, almeno.
Ma Emeth li udiva bisbigliare qualche volta, specialmente la notte, quando credevano che dormisse. Non dicevano cose cattive, per lo più erano dubbiosi, forse sconcertati e spaventati. Dopotutto, l’astio tra i due popoli era così radicato che era davvero difficile che una delle due parti potesse accettare l’altra.
Lui non replicava mai, soprattutto per non mettere in difficoltà i Re e le Regine che erano stati fin troppo buoni con lui. Non desiderava essere la causa di dissapori tra i narniani e i loro Sovrani.
Emeth capiva le perplessità dell’equipaggio, ma era davvero esasperante avere sempre gli occhi di qualcuno puntati addosso.
“Dove vai?” gli chiese Lucy quando si alzò, uscendo svelto dallo stanzone.
Lo seguì subito, cercando di rassicurarlo. “Non tutti pensano che tua sia un nemico”
“Sei stata davvero gentile a prende le mie difese, ma non è servito a nulla” disse lui fermandosi di botto e voltandosi a guardarla. “Perché l’hai fatto?”
“Come? Che razza di domande fai? Perché…siamo amici. L’hai detto anche tu”
Si fissarono per qualche istante, incerti.
“Forse dovrei davvero andarmene”
Si voltò e rimise la spada nel fodero, ma Lucy lo fermò aggrappandosi a un suo braccio.
“No!” gridò. “Emeth, ti prego…non farlo”
“Perché?” fece lui, voltandosi di nuovo a guardarla, disarmato da quegli occhi che gli rimandavano uno sguardo spaventato. Possibile che lui fosse divenuto così importante per lei, durante quel periodo? Perché sembrava davvero che fosse così.
“Tu non mi conosci, Lucy. Non sai niente di me. Non sai quello che ho fatto”
“Non importa: so che sei buono. Aslan non ti avrebbe permesso di venire con noi, non ti avrebbe dato la sua approvazione se fosse stato il contrario”
“Tu pensi così perché ti ho salvata” fece il giovane scuotendo il capo e liberando il proprio braccio dalla stretta di lei. “Ho ucciso degli uomini, Lucy. Uomini di Narnia. Creature di Narnia. Forse amici o parenti di coloro che sono a bordo di questa nave. Per quanto ci soffra, non posso biasimare i loro pensieri nei mei confronti”
Lei si ritrasse un poco ma sostenne il suo sguardo. “Eri un soldato di Calormen…”
“Sono ancora un soldato di Calormen. Solo tu mi vedi diversamente”
“Però…”
“Non ho mai voluto fare del male a degli innocenti, ma mi era stato insegnato che Narnia era il male. E nonostante mia madre si addolorasse nel vedermi divenire quello che sono, io volevo compiacere mio padre e ho continuato su quella strada.”
“Non hai avuto scelta. E poi ora sei diverso”
“Non so se lo sono” disse lui voltandole le spalle. “Forse sì…so solo che se non ti avessi incontrato…”
“Cosa?” fece lei camminando svelta verso di lui e bloccandogli la strada, non permettendogli di muoversi. Lo prese per le spalle e lo costrinse a guardarla ancora. “Se non mi avessi mai incontrato…?”
“Niente.”
“No, devi dirmelo!” esclamò, stringendo la presa su di lui. “Perché altrimenti penserò che mi stai dicendo che ti sei pentito di venire con noi. Che se non mi avessi incontrato saresti ancora con tuo padre e…”
“No, non è così” la fermò lui, assumendo un tono di voce più tranquillo. “E’ questo che pensi? Che mi sia pentito di averti incontrata?”
La ragazza distolse lo sguardo e annuì appena. “So quanto deve mancarti e mi dispiace così tanto…”
“E’ stato lui a mandarmi via, Lucy. Per il mio bene. Sapevamo entrambi che sarebbe stato difficile rivederci. Quella che mi preoccupa di più, in vero, è mia madre. Lei non sa nulla e mi crederà morto”
“Oh, Emeth, non c’è niente che puoi fare?”
“No” fece il giovane stringendosi nelle spalle. Poi le sorrise. “Hai intenzione di spezzarmi le braccia?”
Lucy si accorse di stare ancora stringendolo forte, forse più di quel che avrebbe voluto. Con un sussulto lo lasciò. “Scusa”
“Hai davvero così paura che me ne vada?”
“Sì”
Si fissarono un istante poi lei riabbassò gli occhi a terra. “Mi prometti che non lo farai?”
“No so se posso farlo”
“Sì…ho capito” Lucy fece un sospiro e girò sui tacchi, correndo verso la propria cabina.
Ma Emeth l’afferrò per un polso, costringendola a voltarsi, e rimase turbato vedendo i suoi occhi lucidi.
“Questo non significa che non m’importi di te” esclamò il giovane, fissandola intensamente per cercare di farle capire che era vero. “Tu sei…tu mi hai fatto capire tante di quelle cose che prima io non consideravo neppure.”
“Allora non andare!”
“Non me ne voglio andare”
“Ma lo farai. Presto. Lo so. So che vorresti recarti di nuovo sull’Occhio di Falco, forse per dimostrare agli altri che non sei una spia e forse per rivedere tuo padre. L’ho capito quando hai detto a Caspian che volevi andare con lui. Ma io non voglio che tu vada”. Lucy respirò profondamente, la voce rotta. “Perché se te ne vai, so che non ti rivedrò mai più!”
“Invece mi rivedrai. Questo posso e voglio promettertelo”
Emeth si fece molto serio e lei capì che era la verità, non glielo stava dicendo solo per calmarla.
Sempre tenendole il polso nella sua mano, il ragazzo l’avvicinò a sé e le fece una carezza sul volto.
“Emeth…”
“Non voglio perderti, Lucy.”
“Non sono io quella che dice che se ne va. Io sarò sempre qui”
Emeth fece per avvicinarsi di più, ma qualcuno si mosse alle loro spalle e allora la lasciò andare. Le prese la mano e gliela baciò, dolcemente, come la prima volta che si erano incontrati.
Lucy provò un tuffo al cuore e poi lo guardò allontanarsi in direzione dell’uscita.



La porta si riaprì per l’ennesima volta quella notte. Ma Susan, benché l’avesse temuto, non era preparata a quel che vide e proruppe in un grido di terrore.
Le guardie che avevano trascinato via Caspian l’avevano riportato indietro. Il Re stava in piedi a fatica, i capelli scuri davanti al volto, gli occhi semi chiusi. Lo gettarono all’interno della cabina in malo modo, senza badare alle sue ferite.
Il giovane non riuscì a reggersi sulle proprie gambe e se Susan non fosse balzata in piedi e non l’avesse sostenuto in tempo, sarebbe certamente crollato a terra.
Susan cadde in ginocchio con Caspian tra le braccia, abbracciandolo e percependo sotto le proprie dita una sostanza vischiosa. Tolse una mano dal corpo del ragazzo e con orrore si fissò i palmi delle mani. Poi guardò le spalle e la schiena nuda di lui, pieni di lividi e tagli profondi.
“Che cosa ti hanno fatto…?” esalò senza voce, sconvolta.
Il Re non rispose, il respiro affannoso, quasi privo di sensi. Susan lo strinse a sé, facendogli appoggiare la testa al suo petto, passandogli una mano sulla fronte sudata. Poi alzò lo sguardo colmo d’odio verso la figura di Rabadash, stagliata sull’entrata della camera.
“Siete un mostro!!!” urlò la Regina, le lacrime che solcavano il suo volto.
“Godetevi gli ultimi attimi insieme, mia signora, perché domattina all’alba il vostro amante morirà. Per decapitazione!”
“Perché?! Perché?!” strillò la ragazza, gli occhi celesti furiosi, disperati, spaventati.
“Perché ha osato violare la mia sposa. E questa è la punizione che merita per aver osato ostacolarmi e ostacolare il grande Tisroc, e Tash! Questo è ciò che accade a chi crede sia possibile sconfiggere l’Impero di Calormen!”
La Regina gemette, incredula. Infine aveva trovato una ragione. Incrociò lo sguardo del padre di Emeth solo per un secondo, poiché egli si voltò altrove.
“Oh, che Aslan mi perdoni” esclamò Susan, “ma tutto quello che meritate è di bruciare all’inferno, Rabadash!”
Lui fece per andarsene. Si rivoltò solo un momento per farle un inchino beffardo.
“Mia signora…”
“Vi odio! Ve la farò pagare! Lo giuro!” gridò ancora Susan, ma la porta si era già richiusa.
Allora abbassò la testa e tronò a guardare Caspian. Lui aveva gli occhi ancora chiusi, respirava veloce. Un lungo taglio gli attraversava una guancia.
“Amore mio, apri gli occhi…guardami…”
Lui emise un lamento e lo fece, cercando di mettere a fuoco il suo viso.
“Non dovevi venire. Non dovevi! Perché l’hai fatto, incosciente?!”
“Perché non sopporto l’idea di non averti vicina” sussurrò il ragazzo a fatica. “Perché Peter ha finalmente dato il suo consenso al nostro matrimonio” sorrise debolmente, cercando di stringerla, ma era troppo debole.
Fu lei a rafforzare la sua stretta su di lui, baciandolo sulla fronte e sul viso.
“Tu devi stare con me, Susan. Sempre”
“E’ tutta colpa mia!” esclamò lei, piangendo. “Mi dispiace, mi dispiace tanto!”.
“Non importa” disse lui con un debole sorriso. “Preferisco di gran lunga essere qui con te, in questa situazione, che saperti da sola con quell’uomo”
“Amore mio…Amore mio…” sussurrò, baciandolo sulla fronte.
Susan tacque a lungo, continuando ad accarezzargli i capelli, cullandolo dolcemente.
Dopo qualche tempo, quando infine riuscì un poco a calmarsi e a pensare lucidamente, gli fece mettere un braccio attorno alle proprie spalle, sostenendolo, mentre si alzavano in piedi.
Caspian avvertì fitte dolorose partirgli dalla schiena e attraversagli tutto il corpo.
“Piano…” disse lei.
Lo aiutò a stendersi sul letto. Poi iniziò a strapparsi una lunga striscia dell’abito verde bosco.
Caspian la guadò stupito. Non piangeva più, ma il petto le si alzava e abbassava veloce per lo sforzo di non scoppiare nuovamente in lacrime. Forza e dignità trasparivano dal suo volto.
“Che cosa fai?”
“Devo curarti, per quanto mi è possibile. Quella ferita è troppo profonda, non mi piace” spiegò lei in fretta, alzandosi solo per un momento, prendendo la brocca dell’acqua dal tavolino di legno e imbevendovi la striscia di stoffa. Tornò da lui e lo guardò, gli occhi pieni d’angoscia. La ragazza vacillò di fronte alla reale gravità delle sue ferite.
La schiena era in pessime condizioni. Rabadash non c’era andato leggero. I tagli inflitti dalle frustate erano lunghi e profondi. Il fianco sanguinava copiosamente e macchiava le coperte. La pelle bruciava.
“Oh mio Dio…” mormorò, soffocando un singhiozzo, premendosi una mano sulla bocca.
Allungò una mano verso di lui, ma Caspian gliela fermò voltandosi appena.
Incontrò lo sguardo spaventato di Susan e abbassò il suo.
“Lascia perdere”
“No” insisté invece lei, liberando la mano da quella di lui e tirando un forte sospiro. “Sdraiati”
Caspian annuì e cercò di sistemarsi lentamente su un fianco, dandole le spalle. Fu scosso da un nuovo spasimo di dolore e la sua fronte cominciò a imperlarsi di altro sudore. Susan allora lo aiutò ancora, con cautela.
Il giovane soffocò un nuovo grido quando lei, per prima cosa, premette forte sulla lesione al fianco.
“Tienilo premuto” gli disse, con un tremito nella voce.
Poi iniziò a pulirgli le ferite, e lui gemette di nuovo, ma subito dopo provando un leggero sollievo a contatto con l’acqua fresca.
La mano di Susan tremava leggermente. Non per l’impressione del sangue, ma perché era il sangue di Caspian. Del suo Caspian. Ed era colpa sua se era in quello stato.
Improvvisamente, la mente corse a quella spaventosa notte in cui avevano affrontato la tempesta e lui era rimasto ferito per salvare Peter. Solo che allora era intervenuta Lucy a mettere a posto le cose con il suo cordiale, anche se Susan aveva temuto il peggio.
Ma adesso…adesso non c’era Lucy, e nemmeno nessuna pozione miracolosa. Non c’era nessuno. A sua disposizione aveva solo acqua, e serviva a poco.
“Senti un po’ di sollievo?” gli chiese, sempre più preoccupata.
“Sì. Un poco” fece lui, respirando forte.
Lei lo guardò, anche se non poteva vederlo in viso. Poi riabbassò lo sguardo. Probabilmente non era vero, ma apprezzò ugualmente il fatto che lui non le facesse pesare l’inutilità di ciò che stava facendo.
“Non serve a niente, lo so. Ma è tutto quello che posso fare”
“Va benissimo. Non continuare a sminuirti” la rimproverò debolmente.
Susan si strappò un altro lembo dalla gonna e lo legò stretto attorno alla sua vita, per cercare di bloccare l’emorragia al fianco.
“Non faccio altro che procurarti guai. Tutto questo non sarebbe successo se io…se non fossi qui…”
“Susan!” esclamò lui, appoggiandosi su un gomito, voltandosi verso di lei con aria estremamente seria. “Non dire mai più una cosa simile. Sono stato chiaro?”
Lei sussultò al tono della sua voce e lo guardò negli occhi. Non doveva dirgli queste cose, non ora che stava male.
“Non devi muoverti…”
Lui la ignorò e le prese una mano. “Tu sei l’unica ragione della mia vita. Se tu non ci fossi, io sarei solo.”
Susan deglutì per non cedere alle lacrime, che in ogni istante erano lì, pronte ad avere il sopravvento su di lei.
“Caspian, ti prego, stai giù”
Lui stavolta ubbidì, ma non smise di parlare, anche se fu costretto a voltarle di nuovo le spalle e non poteva guadarla negli occhi.
Avevano già fatto un discorso simile ma lui sentiva il bisogno di dirlo di nuovo. Non seppe perché proprio in quel momento, forse il meno adatto di tutti, ma era importante che lei lo sapesse ora.
“Prima del tuo arrivo, il mondo per me era fatto solo di paura, rabbia, tristezza e bugie. Dopo la morte dei miei genitori, non c’era nulla per cui valesse la pena vivere. Poi ho trovato una ragione: ho trovato te. E non mi sono più sentito solo”
“Non lo sei mai stato”
Susan si fermò all’improvviso e sentì crescere dentro il suo cuore una tenerezza così immensa da esserne quasi soffocata.
“Avevi Narnia”
“Sì, certamente, ma…” Caspian chiuse gli occhi e sorrise. “Nel periodo che ha separato la mia fuga dal castello di mio zio al vostro arrivo, mi sembrava di stare aspettando qualcosa. Poi sei arrivata tu e allora ho capito che era te che aspettavo…mia madre aveva ragione”
“Cosa?” chiese lei. Non avrebbe voluto che si sforzasse a parlare, ma sembrava in qualche modo che lo distraesse.
Lui riaprì gli occhi, debolmente, alzando una mano e voltandosi un poco per poterle accarezzare il viso.
“Se non conosci l‘amore, la tua sarà sempre una vita vissuta a metà. Ora capisco cosa voleva dire.”
Lei cercò di sorridere.
“Che fai? Diventi romantico proprio adesso?”
Anche lui sorrise. “Miraz diceva che ero uno sciocco sentimentale, come mio padre, e che un simile atteggiamento non è adatto a un Re”
Susan posò il panno macchiato sul letto, sfiorandogli appena la spalla. “Allora non aveva capito proprio niente. Né di te, né di Narnia” sorrise la fanciulla. “Un Re che ama il suo popolo, è un Re che viene amato a sua volta. Narnia stessa è stata creata per amore. Aslan ha messo tutto il suo cuore in questo mondo. Lui stesso è amore. E noi dovremmo essere stati creati a sua immagine. Questo Miraz, così come molti altri, non l’hanno mai capito. La forza su cui si basa tutto quanto non è la magia, ma proprio l’amore. La Grande Magia, è l’amore. Perché fu un atto di estremo amore che Aslan fece quando salvò Edmund, morendo per lui e per tutti noi, sulla Tavola di Pietra”
Caspian aveva richiuso gli occhi, e ora trasse un lungo sospiro. L'attirò a sé, debolmente, e Susan capì che desiderava che lei gli si sdraiasse accanto.
La ragazza si appoggiò ai cuscini, abbracciandolo da dietro, mettendogli un braccio attorno alle spalle con molta delicatezza, per non sfiorare neppure le ferite. Caspian le strinse la mano. La fanciulla gli accarezzò i capelli, e lo baciò più volte sul capo. Lui sembrava calmarsi al suono della sua voce, e Susan allora continuò a parlargli, a lungo, senza smettere di passare la stoffa bagnata sulla sua schiena. Non smise finché i tagli non cessarono di sanguinare. Se il Re rimaneva immobile, c’era la possibilità che si rimarginassero abbastanza in fretta. Ciò che la preoccupava davvero era la ferita al fianco. Susan aveva abbastanza esperienza da capire che era stata inferta da un pugnale e che aveva colpito un punto vitale.
E la situazione non migliorò, nonostante inizialmente così era parso. Lei cominciò davvero a temere per lui.
Caspian rimase in uno stato febbricitante per la maggior parte della notte. Tornò il sudore sulla sua pelle, che lei asciugava e rinfrescava continuamente. Le ferite ancora aperte gli dolevano da impazzire. Si destò appena per il tempo sufficiente da permettere a Susan di fargli bere un po’ d’acqua, poi sprofondò nuovamente in quella specie di sonno agitato. Combatteva una lotta silenziosa nella quale lei non gli era di alcun aiuto. Quando il suo respiro affannoso si regolarizzò, la ragazza capì che aveva perso i sensi, e forse da un lato fu meglio così, si disse. In quel modo almeno non soffriva.
Lo avvolse nelle coperte, per tenerlo al caldo. Non aveva nulla per curarlo, solo acqua, e presto anche quella sarebbe terminata. Stava all’organismo di Caspian combattere le infezioni, adesso. Lui era forte, ce l’avrebbe fatta.
Susan strinse i pungi. Immaginare solo lontanamente che potesse andare diversamente la faceva impazzire.
Rimase sdraiata accanto a lui per tutta la notte, senza dormire, senza nemmeno chiudere gli occhi per riposare un momento. Era stanca, stressata, ma non poteva permetterselo. Continuò a fissarlo attenta, per notare anche il minimo cambiamento in meglio…o anche in peggio.
Caspian rimase sempre nella stessa posizione. Lei di tanto in tanto, gli cambiava la pezza bagnata che aveva posato sulla sua fronte. Faceva ogni movimento con gran delicatezza, per non svegliarlo proprio ora che era riuscito a trovare un pò di tranquillità.
Piangeva in silenzio. S’impose di non farlo ma era più forte di lei.
Perché non ci sono io al suo posto? pensò a un tratto, disperatamente. Lui saprebbe cosa fare, io invece sono un’incapace…
“Sue…smettila di piangere” disse d’un tratto la sua voce, debolmente.
Lei sussultò lievemente. Si era svegliato. Non se n’era accorta non potendo vederlo in viso, essendo lui girato di schiena.
“Non sopporto di vederti piangere”
“Scusami…”
“Vieni qui” le disse Caspian, tentando di voltarsi, ma lei gli mise subito una mano sulla spalla, facendogli capire di non muoversi.
Lui gemette un poco e la sentì scendere dal letto, farne il giro e inginocchiarsi davanti a lui, prendendogli una mano nelle sue.
“Come stai?” gli chiese ansiosa, baciandogliela.
“Non lo so…” ammise Caspian con una smorfia.
Parlare gli costava fatica, come respirare. Finché era stato privo di sensi non lo aveva notato. Ma lo notò lei.
“Non parlare. Riposati”
“No, ascoltami…”
La guardò negli occhi, deglutì e serrò le palpebre.
Lei gli strinse di più la mano.
“Sì, amore mio”
“Devi essere forte. Hai capito?” fece lui riaprendo gli occhi. “Devi trovare il modo di andar via di qui, anche senza di me.”
“No, senza di te io non vado da nessuna parte” disse Susan decisa, scuotendo il capo e guardandolo severa e spaventata al tempo stesso. “Te l’ho già detto: io non ti lascerò mai più, Caspian. Mai più…” singhiozzò ancora, cercando di ricacciare nel petto il dolore che sentiva.
“Susan…ti devi salvare, almeno tu”
“Ora dormi. Non penarci”
“No…”
“Caspian, ti scongiuro, devi riposare” gli passò una mano sul viso, sulla fronte madida di sudore, tra i capelli spettinati. “Ti prego”
Lo guardò, sempre, mentre sospirava, chiudeva gli occhi e annuiva. Continuò ad accarezzarlo, toccando appena il taglio sul suo viso.
“Io resterò con te, perché questo è il mio posto. Per cui non dire più che devo andarmene, perché non lo farò”
Lui sospirò. “Sei una testona…”
Entrambi sorrisero appena.
“Vieni qui” le disse ancora lui, la voce stanca, quasi inudibile. “Qui vicino a me”
Lei allora si alzò, senza mai lasciargli la mano. Si sdraiò accanto a lui e gli baciò il capo, teneramente, poi la fronte, facendogli appoggiare piano la testa sul suo petto.
“Resta con me, amore mio, finché non mi addormenterò” disse Caspian, piano.
“E sarò qui quando ti sveglierai” cercò di sorridere lei, ma non ci riuscì. “E appena starai meglio ce ne andremo. Vedrai che gli altri presto saranno qui”
“Sì…” mormorò lui, quasi senza voce.
Doveva pensare, in fretta. Le ore passavano con una lentezza esasperante, ma anche così, Susan sapeva che il momento che temeva di più si avvicinava inesorabile.
Rabadash avrebbe ucciso Caspian all’alba. La ferita inferta al Re dal principe era un assaggio dell’esito finale.
Le sembrava di stare vivendo uno strano sogno, come quello di cui era stata preda per opera della Strega Bianca. Un songo nel quale tutto era confuso, sfocato, irreale e tuttavia concreto.
Sarebbe successo.
E io non posso fare niente…niente!
Gli accarezzò il volto e lo strinse di più a sé, per proteggerlo.
Ma come? Come?!
Se anche avesse trovato la maniera di sfuggire ai calormeniani, Caspian in quelle condizioni non sarebbe andato lontano. Perché ormai le era chiaro, inutile mentire a sé stessi: la ferita al fianco gli era stata inflitta non solo per indebolirlo e far sì che non riuscisse a ribellarsi in alcun modo, ma soprattutto per fare in modo che non potesse sopravvivere a lungo senza cure immediate se mai fossero riusciti a fuggire.
E se Peter e gli altri non li avessero trovati in tempo, o se non fossero riusciti a portare Caspian sul Veliero dell’Alba prima che si verificasse il peggio, sarebbe toccato a lei portarlo via di lì, in un modo o nell’altro
Pensò e ripenso a svariati piani e possibilità di fuga, tutti uno meno plausibile dell’altro. La verità, anche se faceva di lei un’incapace, era che aveva bisogno di aiuto. Da sola non poteva farcela.
Se solo Aréf tarkaan avesse avuto la coscienza di suo figlio, l’avrebbe aiutata. Invece si era limitato a dirle che non poteva venire meno agli ordini di Rabadash, perché era suo dovere.
No, doveva fare tutto da sola. Sapeva di doverlo fare da sola, prima di perdersi completamente d’animo, sprofondando nella disperazione più completa.
Devi essere forte. Anche Caspian te l’ha detto e tu lo devi fare! Se non lo vuoi fare per te stessa, fallo per lui!
Sì, per lui. Per Caspian avrebbe fatto qualsiasi cosa. Non lo aveva forse già fatto, ignorando le leggi della Grande Magia e tornando a Narnia? Non per il regno, non per Aslan, ma per lui. Solo e soltanto per lui. Caspian era l’unica ragione della sua vita, come lei della sua. L’unica cosa che contasse davvero. La più importante, la più bella. Non poteva perderlo così.
E non le importava nulla se con questi pensieri avesse rischiato di deludere tutti quanti. Era quella la verità: perché una vita a Narnia senza Caspian sarebbe stato come non vivere affatto; ma una vita con Caspian, ovunque, anche nell’angolo più recondito, buio e freddo dell’universo, avrebbe significato tutto. E che il mondo intero cadesse in pezzi, purché lui fosse al suo fianco. Perché finché Caspian viveva, viveva anche lei. Ma se glielo avessero tolto, allora avrebbe desiderato la morte anche per sé stessa.
“Ti amo, dolce Susan” sussurrò lui all’improvviso, spezzando il silenzio. “Ti ho amata sempre”
“Lo so” riuscì solo a dire lei, la voce incrinata.
“Ti amerò sempre”
Caspian ebbe la forza di alzare la testa e posarle un bacio sulla fronte, per poi appoggiarvi una guancia, risprofondando subito dopo in un nuovo stato febbrile.
“Io non ti lascerò morire. Non lo permetterò” sussurrò la Regina, anche su lui non poté sentirla.
E allora, con il viso nascosto tra il suo volto e la sua spalla, Susan scoppiò a piangere senza più controllarsi. I nervi alla fine erano ceduti, l’angoscia aveva preso il sopravvento.
Oh, Aslan, ti prego, prendi la mia vita piuttosto, ma non la sua…ti scongiuro…
Doveva pensare ancora, ma era così stanca…così stanca…


Edmund osservava il cielo schiarirsi a poco a poco. Attraverso le nuvole, le stelle finivano il loro giro e lasciavano il posto al nuovo giorno. Di solito adorava vedere l’alba, in qualsiasi luogo di Narnia si trovasse, era un’abitudine che aveva fin dall’Età d’Oro: svegliarsi prima di tutti gli altri e ammirare le costellazioni sbiadire, le nuvole rincorrersi, i raggi del sole cancellare le sfumature cupe della notte e tingere di nuovo il mondo dei suoi colori.
Ma quel mattino, non la stava vedendo veramente, non la stava assaporando con lo stesso gusto di sempre. I suoi pensieri erano rivolti a qualcosa di molto più serio.
Peter aveva deciso che all’alba si sarebbe deciso sul da farsi: rimanere ad aspettare, andare avanti, o andare in aiuto di Caspian e Susan.
Anche Edmund attendeva lo spuntare del giorno, ma lui la sua decisone l’aveva già presa: a costo d’infrangere la promessa fatta all’amico e andare contro gli ordini del fratello, sarebbe partito per cercarli. E adesso era ora.
Non aveva un’idea precisa di come procedere, solo lo doveva fare.
Si staccò dal parapetto del ponte di comando e scese la scaletta, incontrando Emeth a metà strada.
“Hai deciso?” gli chiese il soldato, molto seriamente.
“Sì. Vado”
I due ragazzi si erano ritrovati a parlare qualche ora prima, appena dopo che il soldato si era separato da Lucy. Avevano scoperto di essere d'accordo sul fatto che, dopo così tante ore, era improbabile che Caspian e Susan ricomparissero. Ormai era evidente che fosse successo qualcosa.
“Portami con te, Edmund.”
Ed fissò un attimo il soldato e poi gli pose una mano su una spalla. Sapeva perché Emeth voleva andare con lui. C’erano due ragioni: la prima era per rivedere suo padre, la seconda era per dimostrare che non fosse una spia.
“D’accordo” acconsentì il Giusto. “In realtà ci avevo già pensato”
“Sul serio?”
Ed annuì. “Conosci la nave, sai come muoverti e passeresti inosservato tra i soldati. Ovviamente, non potrai farti vedere in volto, lo so”
“Non ho paura di questo” replicò Emeth con fierezza. “Ormai sono uno dei vostri. Che vedano pure da che parte sto”
Edmund lo guardò ancora, deciso. “Tu sei pronto?”
Emeth annuì e posò una mano sull’elsa della scimitarra.
“Va bene. Andiamo.”







Cari lettori e lettrici, siamo quasi al capitolo 30!!! Chi l’avrebbe immaginato che questa storia sarebbe durata tanto a lungo?
Ad ogni modo, ditemi cosa pensate di questo capitolo per il quale mi sono impegnata veramente tanto!
Nel frattempo, sappiate che la sottoscritta ha chiesto asilo in un luogo sconosciuto del mondo per non essere trovata dai lettori infuriati e pronti a un linciaggio di massa…XD
Lo so, sono stata davvero tremenda stavolta con Caspian, ma mi perdonate perché le scene con Susan vi sono piaciute, vero??? D’altronde, più si va vanti con la storia, più le situazioni si complicano. E poi lo sapete quanto mi piace creare suspance!!!!
Anche stavolta, si accettano minacce…
A parte gli scherzi: secondo voi, vista la piega che ogni tanto prende la trama, dovrei alzare il rating da verde a giallo? Io lo terrei anche verde, voi che dite? Mi piacerebbe avere un parere.
Purtroppo, come spesso accade ormai, non sono riuscita a mettere tutto quelle che volevo in un solo capitolo. Non c’è stata la scena Shandmund……T____T Però, vedete, siccome sarebbe il primo incontro, vorrei dedicargli più spazio, e non ce n’era…magari nel prossimo.

Ringraziamenti:

Per le preferite:
ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, elena22, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, susan the queen e TheWomanInRed.

Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, Lucinda Grey, Miss Hutcherson e postnubilaphoebus.

Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, SerenaVdW, Smurff_LT, susan the queen, SweetSmile, Yukiiiiii e _Autumn

Per le recensioni dello scorso capitolo: C
harlotte Atherton, english_dancer, EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My World, FrancyNike93, GossipGirl88, , Martinny, piumetta, SerenaVdW, e susan the queen


Angolino delle anticipazioni:
E’ guerra! Il secondo round tra Rabadash e Caspian ha visto come vincitore il primo, ma nel prossimo capitolo vedremo una bella battaglia e i narniani gliele suoneranno di santa ragione a quelli di Calormen!!
Come detto sopra, forse ci sarà una Shandmund. Di certo, Shanna apparirà assieme alla Strega.
Prevedo di ritagliare dello spazio per tutte le coppie, soprattutto però per Caspian e Susan, perché vorrete sapere come finirà questa brutta avventura, vero? Penso che non parteciperanno molto allo scontro, specialmente lui.
Infine, ci sarà un colpo di scena che forse molti di voi si aspettano da tempo…

Annuncio!!!
La nostra Queen è stata selezionata tra le Storie Scelte del sito grazie a Angie_V e Babylady che l’hanno segnalata!!!!!!! Grazieeeee!!!!! Sono così feliceeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!! E' tutto merito vostro, ragazzi, vi adoro!!!!!!!
Inoltre, la storia ha raggiunto le 299 recensioni, per cui nel prossimo capitolo arriviamo a 300!!!!!! Ma è vero? WAAAAAWWWWWWW!!!!!!!!!!!! @.@ oh mamma miaaaaaa!!!!!!!!!!


BENe! (notare le lettere maiuscole, please….XD) anche questa settimana abbiamo concluso.
Ringrazio ancora chi visita il mio blog. Avevo parlato anche di gif…ci sto lavorando, a volte il pc non le carica perché escono tropo pesanti. Ma in settimana arrivano altre nuove foto!!!!
Io vi saluto con un sempre doverosissimo grazie infinte!!!!
Vi bacio e vi abbraccio tutti forte forte forte!!!
Con affetto, Susan<3

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Capitolo 30
*** Capitolo 30: Un aiuto dal cielo ***


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30. Un aiuto dal cielo

 

 
 
La finestra della torre era stretta e alta, ma spingendo una panca sotto di essa e salendovi sopra, Shanna riusciva a vedere quello che stava al di là del palazzo e del labirinto.
Anche se le nubi nere e verdi ricoprivano ogni cosa, c’era un momento in cui la fanciulla riusciva a scorgere tra di esse il suo amato cielo. Accadeva di solito durante le ore che precedono l’alba, quando tutto era immobile e le sembrava di essere sola al mondo. Da lontano ammirava, con una stretta al cuore, paesaggi sempre diversi man mano che i giorni trascorrevano, e che l’Isola delle Tenebre si spostava da un capo all’altro dell’Oceano Orientale. A volte vi erano solo cielo e mare. Una volta, intravide una terra arida con una grossa montagna simile a un vulcano. Altre ancora, colline verdi e rigogliose.
Se solo avesse potuto stendere la mano e togliere quel velo di oscurità, vedere le stelle, riuscire a brillare lassù con loro e mostrare ai Sovrani la via, avvertirli del pericolo che li aspettava alla Fine del Mondo, e dell’inganno...
Era lei, Shanna, la vera Stella Azzurra, non Lilliandil.
Possibile che la sorella si fosse davvero fatta traviare in quel modo, solo per la sua gelosia nei confronti della Regina Susan e il risentimento verso Re Caspian?
Shanna ricordò con malinconia i giorni felici che trascorreva insieme alla sua famiglia sull'Isola di Ramandu, poco prima che il Aslan giungesse ad investirla dell’incarico di guida del cielo.
Ramandu aveva preparato le figlie alla visita del Grande Leone, ma quando il Felino aveva pronunciato il nome di Shanna, sia l'anziano padre che la sorella maggiore erano rimasti alquanto sconcertati.
Ma se il genitore si era congratulato con la figlia minore, Lilliandil, da quel giorno in avanti, si era mostrata gelosa della sorella
“Non sarai la guida delle Loro Maestà, però sarai Regina di Narnia” aveva cercato di rincuorala Shanna.
Ma Lilliandil le aveva risposto con stizza. “No, non più! Aslan ha detto che il corso degli eventi è cambiato a causa di una decisione imprevista. Una decisione che, a mio parere, sembra più il capriccio di una ragazzina viziata e insignificante!”
“Di che stai parlando?”
Lilliandil si era voltata adirata. Mai Shanna aveva veduto sul suo volto una tale espressione.
“La Regina Susan! Ecco di cosa sto parlando! Ha abbandonato Narnia e ora vuole tornare! E Aslan le darà una seconda possibilità. Io non lo accetto! Non accetterò mai che mi porti via il mio sposo!”
“Ma se questo è il volere di Aslan…” aveva tentato Shanna timidamente.
“No! Non mi sottometterò mai a un’umana! Il Re ha preferito lei a me! Com’è possibile questo?!”
Le conseguenze delle sue parole erano giunte qualche tempo dopo, con il tradimento verso la propria famiglia, verso i Sovrani, verso il Leone.
Da quando Jadis le aveva rapite e rinchiuso separatamente nel suo palazzo, soprattutto da quando era passata dalla parte di Jadis, Lilliandil non si recava mai dalla sorella, non chiedeva di lei. E quand’era Shanna a farlo, si faceva negare.
Perché? Aveva chiesto la piccola stella ad Aslan.
E la risposta era arrivata immediata: Lilliandil era più debole di lei, per questo il Leone non l’aveva scelta come guida. Shanna aveva un cuore più saldo. E forse...forse c’era corruzione nel cuore di Lilliandil. Questo spiegava la facilità con cui si era fatta traviare dalla Strega, che le aveva promesso il trono di Narnia e Caspian. Promesse che non sarebbero mai state mantenute.
C’era forse un modo per far redimere la sorella? Shanna sperava tanto di sì.
Si appoggiò con la testa al davanzale e chiuse gli occhi. Pensò improvvisamente a Shira, all’aiuto che le aveva chiesto, alla risposta al suo richiamo e al suo non farsi più viva.
Che l’avessero scoperta?
Shanna l'aveva pregata di vegliare sui Sovrani al suo posto: finchè si trovava nel castello della Strega, le era impossibile prendere le sembianze di stella e i suoi poteri venivano limitati. Di certo, Jadis aveva fatto in modo che l'oscurità dell'Isola delle Tenebre offuscasse la sua luce.
Pur sapendo quanto fosse rischioso volare di nascosto, tutte le noti, fuori dalla propria gabbia e raggiungere il Veliero dell’Alba, Shira aveva accettato.
Si augurò con tutto il cuore che non le fosse successo nulla. Shira era la sua migliore amica.
Shanna aggrottò la fronte all’improvviso, rialzando la testa e voltandosi spaventata verso la porta. Dopo un paio di secondi, quella si aprì, e una figura ammantata di nero avanzò nella stanza.
Shanna tremò, ma dopo un attimo ancora, quando lo sconosciuto si levò l’ampio cappuccio, saltò giù dalla panca attraversando di corsa la stanza e gli gettò le braccia al collo.
“Padre! Padre!” esclamò colma di gioia.
Ramandu la strinse forte e poi la squadrò da capo a piedi, sospirando di sollievo nel vederla in salute, anche se i suoi begli occhi blu erano tristi.
“Cara bambina”
“Come…come sei riuscito ad arrivare qui?”
“In questo momento la Strega Bianca è debole, debilitata dal combattimento avuto con il Re Supremo.”
Shanna gli strinse le mani. “Hai saputo…hai visto?”
“Tutto quanto. E ho visto cosa sta accadendo ora sulla nave di Calormen. Hanno bisogno di te, bambina!”
“E come? Dovrei uscire per poter fare qualcosa.”
Ramandu sorrise. “E’ proprio quello che farai”
Lei lo fissò speranzosa e spaventata alla prospettiva di beffare la Strega.
“Tranquilla, non mi scoprirà. Mi crede morto, per questo sono riuscito a varcare i cancelli del labirinto.” sorrise gravemente Ramandu. “Credendo che non costituissi più un problema, li ha lasciati aperti quand’è tornata. Era così provata dalla stanchezza...”
“Anche se ha una delle Spade non riesce ad usarla, vero?”
“No. Non ancora, almeno.”
Shanna si fece molto seria. “Perché hai detto che la Strega ti crede morto?”
Ramandu la guardò negli occhi con estrema tristezza. “Mi ha tolto l’immortalità”
“Cosa dici?!” domandò lei, piena di spavento.
“Non sono più una stella. Sono divenuto come il cugino Coriakin”
“Quindi…quindi sei mortale?”
Gli occhi della fanciulla si riempirono di lacrime e lui l’abbracciò ancora.
“Aslan mi ha permesso di non spirare, anche se avrei già dovuto. Ma la Strega non lo sa. Per questo ti dico che mi crede morto”
“Ma Aslan farà tornare tutto come prima, non è vero?” esclamò Shanna  colma d’angoscia.
“Sì, bimba mia. Ristabilirà l’equilibrio in ogni cosa quando questa storia sarà finita. Ma per fare ciò, c’è assoluto bisogno che i Re e le Regine portino le Sette Spade sulla Tavola di Aslan”. Ramandu le strinse le mani più forte. “Li devi aiutare a tirarsi fuori dai guai! Solo tu puoi raggiungerli. Devono proseguire. Presto la Strega scoprirà come aprire le porte della Tavola di Aslan, e ora che io non possiedo più i poteri che mi permettevano di custodirla, non potrò fermarla. Se troverà le tre Spade che si trovano già laggiù, e porrà con esse quella che ha sottratto al Re Supremo, allora il loro potere inizierà a sprigionarsi e lei comincerà a riacquistare le forze”
“Non glielo permetteremo!” disse Shanna con decisione.
“Vieni” le disse allora Ramandu, conducendola all’esterno della torre.
Shanna vide i suoi carcerieri, i Ciclopi, stesi a terra svenuti.
Corsero poi lungo i corridoi, sbucarono in un ampio cortile, poi ne attraversarono un altro e un altro ancora. Altre stanze, altri corridoi e infine ecco l'alto portone di ferro. Le guardie erano poche, Jadis non voleva troppi intrusi nel suo castello.
Adesso erano fuori dal palazzo, tra le mura del labirinto.
Shanna si lasciò guidare tra le fronde che ricoprivano le mura e si addentravano in un altro labirinto, quello formato dalla vegetazione.
Era davvero impossibile uscire, ma Ramandu aveva trovato la soluzione.
La portò sotto un grande albero e Shanna fu attirata da un frullare d’ali. Guardò in alto, e vide appollaiati proprio sul ramo sopra le loro teste due enormi uccelli bianchi come la neve, i colli lunghi e snelli, il becco dorato e lucente, gli occhi neri e intelligenti.
 “Devi andare prima che io diventi troppo debole” le disse Ramandu svelto. “Purtroppo non posso farti fuggire, no ho la forza sufficiente a lacerare questa oscurità. Ti basterà uscire soltanto un momento dalle mura per fare ciò che devi. Tu sai che cosa. L’hai capito, vero?” le chiese, lanciando un’occhiata eloquente ai due uccelli.
“Sì, padre.”
Per un momento, Shanna aveva sperato che lui l’avrebbe fatta fuggire davvero. Ma aveva perduto i suoi poteri. A quel punto, poteva sperare solo nei Sovrani di Narnia.
“Padre, tu che cosa farai, adesso? Tornerai alla nostra Isola?”
“No. Vi aspetterò tutti alla Tavola di Aslan. Sono ancora il guardiano, dopotutto. Questo la Strega non può ancora togliermelo. E difenderò quel luogo fino all’ultimo”
Shanna gli fece una carezza sul viso e poi si strinsero di nuovo in un lungo abbraccio.
“Ora vai, bambina. Fra breve sarà l’alba, e allora la Strega Bianca si sveglierà. Non hai molto tempo”
Il primo uccello emise un verso, più simile a un soave canto. Scese dal ramo e allargò le ali, permettendo a Shanna di salire su di lui.
“Arrivederci, padre”
Nemmeno il tempo di sentire il suo saluto e l’uccello l’aveva già portata in alto con un possente battito d’ali. Sorpassarono le alte mura del labirinto, lasciandosi alle spalle il castello della Strega.
Subito, appena furono alti nel cielo a ridosso delle nubi, queste si addensarono per non lasciarli passare e un forte vento si abbatté su di loro. Shanna si strinse più forte al lungo collo del volatile, rischiando di venir sbalzata via dalla sua groppa.
Ma l’animale sapeva cosa fare e, aumentando la velocità, si spinse contro le nubi, fendendone la coltre.
Shanna vide il cielo brillare. Presto, dietro di loro, il sole sarebbe apparso dal mare.
L’uccello scese in picchiata, poi rallentò il suo volo e si posò dolcemente sulla spiaggia.
Quando Shanna mise i piedi a terra, una strana sensazione di soffocamento l’avvolse. Di certo era il malefico di Jadis.
Respirò a fondo, le orecchie le fischiavano. Poi si raddrizzò, alzò le braccia al cielo e le stelle rimaste parvero rispondere al suo richiamo, splendendo come se fosse ancora notte.
“Amici”chiamò Shanna nella sua mente, i lunghi capelli d’oro che le volavano davanti al volto, la veste bianca che danzava nel vento.
“Amici del cielo, non spegnete le vostre luci. Non ancora. E voi, Uccelli di Fuoco, libratevi dalle Valli del Sole e volate, volate...”

 
“Peter? Peter!” Lucy scosse il fratello per un braccio, e quando lui aprì gli occhi vide l’espressione preoccupata del suo volto.
“Che cosa è successo?”
Il ragazzo si alzò a sedere sulla branda. Miriel, in quella accanto, si mosse piano.
Peter aveva insistito perché dormisse con lui. Ormai si accettava tacitamente che dove c’era il Re Supremo ci fosse anche lei. Dal salvataggio del Magnifico dalle grinfie della Strega Bianca, tutti quanti avevano compreso il loro legame. Gli atteggiamenti, lo stare sempre vicini, erano chiari segni che il loro rapporto andava al di là dell’amicizia.
 “Non riesco a trovare Edmund, e nemmeno Emeth”  fece Lucy spaventata. “Non pensi che…?”
Peter la guardò. “Non può essere…”
“Oh, sì, può essere. Sai com’è fatto Edmund” replicò lei.
“Non starete dicendo” fece Miriel guardando dall’uno all’altra, “che sono andati da soli a…”
“Maledizione!” esclamò Peter balzando in piedi e afferrando Rhindon.
Chi si era coricato, anche se da poco, si destò al suo comando.
Cercarono per tutta la nave e sulla spiaggia. Qualcuno ipotizzò che i due ragazzi potessero essersi recati per una qualche ragione all’interno dell’isola, ma era assai improbabile.
“Ma perché ho un cugino così idiota?” esclamò Eustace, picchiandosi una mano sulla fronte. “Anzi, non uno, ma quattro! Uno peggio dell’altro, per giunta!”
“Ragazzo mio” gli disse Ripicì, saltandogli sulla spalla. “Mi sembra il momento meno adatto per fare battute”
“Non era una battuta! Era la chiara constatazione che hanno i cervelli più bacati dell’intero universo! Caspian compreso!”
“Ora che facciamo?” chiese Miriel angosciata.
Peter sospirò. “Mi pare ovvio: andiamo a riprenderceli. Tutti quanti. E quando trovo Edmund, lo strangolo! Giuro che stavolta lo faccio!”
“Se non lo hanno ammazzato prima quelli di Calormen” rimbeccò Eustace.
Il Re Supremo ordinò che si indossassero le armature e si decise per dividere nuovamente il gruppo. Parte della compagnia sarebbe rimasta sul veliero, ma la maggior parte dei guerrieri sarebbero andati con lui.
“Scusa, e io?” chiese Lucy corrucciata. “Non puoi lasciarmi qui”
“Lu, non so se…”
“Sì, sì, va bene. Lo so cosa vuoi dire e non m’interessa: io vengo. Non sono più piccola e avrete bisogno del cordiale”
Peter le sorrise e le diede un buffetto sulla guancia, come faceva sempre. Ma era vero: non era più una bambina.
“Non pensavo questo, Lu ”. Poi si fece molto serio. “Pensavo che uno dei Re di Narnia deve rimanere a guidare la spedizione, in caso…Voglio dire, dovrai pensare tu a tutto, se io non tronassi e se…anche gli altri non…”
I due fratelli si scambiarono uno sguardo, il cuore in gola.
“No, Peter” scosse il capo Lucy, lentamente. “Io vengo. E torneremo indietro tutti insieme”
Il giovane sospirò ancora e cercò lo sguardo di Miriel.
“Io sono pronta”
“Miriel…”
“Sì, invece” sorrise lei, interpretando il suo sguardo. “Io sono stata scelta e sono venuta per aiutarvi. E’ mio dovere. Non negarmelo, ti prego”
Peter si portò i pugni sui fianchi. “Siete peggio di Edmund” tentò di scherzare, lasciandosi andare tutti e tre a una breve risata nervosa.
Lucy corse a prepararsi e il ragazzo si avvicinò alla Driade.
“Non voglio che ti accada niente” sussurrò, passandole una mano sul viso. “Sarà uno scontro difficile. Non avremo la protezione del Veliero dell’Alba come la volta scorsa. Saremo scoperti”
Miriel gli si accostò e lo guardò dritto negli occhi azzurri.
“Starò attenta. Promesso. E se avrò bisogno di aiuto, sarà te che chiamerò”
Appoggiò la fronte a quella di lui e gli diede un tenero bacio.
Miriel sapeva che se lei era con lui, Peter non sarebbe riuscito a concentrarsi come doveva sul suo compito, poiché continuamente in ansia per la sua incolumità. Si era ripromessa di non fare mai una cosa simile, ma ora che il loro rapporto aveva raggiunto quel livello, le era impossibile stargli lontana anche per poco. E c’era un motivo particolare, oltre questo, che spingeva Miriel a voler andare con lui: dimostrargli che non doveva preoccuparsi per lei, che se la sarebbe cavata. Che gli sarebbe stata utile, non d’ingombro.
“Andiamo con le Blue Singer, vero?” esclamò Gael facendo un passo avanti, un po’ incerta.
“Tu non puoi venire, tesoro” le disse Rhynce, severamente ma senza rimprovero.
La bambina volse lo sguardo verso Peter e Lucy, e quando incontrò gli occhi dell’amica abbassò il capo imbronciata.
Lucy andò da lei e s’inginocchiò per guardarla in volto, mettendole le mani sulle spalle.
“Tu sei molto coraggiosa, Gael. Ma devi rimanere qui, capito? Insieme a Drinian e agli altri.”
 “Lo so…però salite sulle balene, proprio come ha fato Sua Maestà! Li raggiungerete in un lampo!”
“Sì, Gael” disse Peter, “faremo come hai detto” Poi chiamò: “Eustace…”
Il cugino fece un passo avanti.
“Tu andrai avanti con Drinian e gli altri, d’accordo?”
“S-sì. Ma tanto tornerete, giusto?”
Peter gli sorrise. “Certamente.”
Successivamente, si rivolse a Ripicì e al capitano.
“Rip, tu ci servi. Te la senti di venire?”
“Assolutamente sì!” esclamò il topo con gli occhietti fiammeggianti.
“Lord Drinian, se entro sera non saremo tornati, vi autorizzo a proseguire, proprio come ha detto Caspian.”
“E’ una pazzia, Sire. Senza l’aiuto della nave…”
“Lo so. Ma è quello che dobbiamo fare. Per Narnia. Per Aslan”.
Drinian non aggiunse altro, si limitò a fare un breve inchino.
“Ricordatevi qual è l’obbiettivo primario” disse il Re Supremo rivolto ai marinai già in armatura. “Trovare Caspian e Susan viene prima di tutto, lo stesso vale per Edmund e Emeth”.
I marinai annuirono e si prepararono a partire.
“Ehm, Peter…” chiamò Eustace all’improvviso. “Guarda un po’ là”
Tutti si voltarono nella direzione indicata.
Nel cielo sempre più chiaro, una massa di nubi bianche veniva verso di loro a una rapidità impressionante.
Guardandole meglio, però, si resero conto che non erano affatto nubi, ma uccelli. Enormi uccelli simili a cigni, più bianchi del bianco, aggraziati, i becchi dorati che brillavano sfavillanti. Tutti emettevano lo stesso identico suono: un canto acuto, come un richiamo. E a quel richiamo, le Blue Singer risposero con il loro, basso e vibrante.
Era uno spettacolo straordinario, e se non si fossero trovati in una situazione di tensione così forte, di certo si sarebbero volentieri seduti ad ascoltare e guardare quelle creature che creavano insieme il suono più bello che avessero mai sentito. Solo il canto dello stesso Aslan poteva esserlo di più.
“Gli Uccelli di Fuoco” mormorò Miriel incredula, gli occhi sempre rivolti al cielo.
“Cosa?” fece Lucy.
“Sono creature delle Valli del Sole. Non dobbiamo avere alcuna paura” spiegò la Driade, mentre i volatili si posavano sui parapetti e sul ponte della nave, arruffando le grandi ali e poi ripiegandole, osservando gli uomini e attendendo con compostezza.
“Scommetto che li ha mandati Aslan” sorrise Eustace.
“Non credo” lo smentì Miriel.
“E allora chi?” chiese il ragazzino molto stupito.
“Bè, potrebbe essere stata…la guida del cielo”
Tutti si scambiarono occhiate sbalordite. Possibile? Un aiuto dall’alto? Dall’alto…
Peter e Lucy si voltarono l’uno verso l’altra e in coro esclamarono: “Mi è venuta un’idea!”
Miriel sorrise, accarezzando il lungo collo di uno degli Uccelli di Fuoco.
 “Oh, ho capito!” esclamò Eustace.
Rhynce chiese: “Non vorrete salire su questi uccelli, Sire?”
“Bè…” fece Peter con un sorrisetto. “Certamente i soldati di Calormen terranno d’occhio il mare. Non penso si aspettino che qualcuno scenda dal cielo. Giusto, Lucy?”
“No” disse lei con gli occhi che brillavano. “Penso proprio di no”
 
 
In meno di un’ora, Edmund e Emeth raggiunsero la grossa e scura sagoma della possente imbarcazione nemica.
L’aurora accendeva dei suoi colori tenui l’orizzonte. Stranamente, pareva che le stelle stesero brillando più intensamente che mai, quasi a non voler cedere il posto al sole, e le ombre della notte, ormai prossima alla fine, si allungavano in modo bizzarro proteggendo i due ragazzi.
Non avanzarono con fare furtivo, si mossero solo con una certa cautela, cercando di attirare l’attenzione il più tardi possibile, approfittando degli ultimi attimi di penombra.
Le balene e i due ragazzi scesero sotto il mare, poi di nuovo in superficie quando furono in prossimità dello scafo.
Emeth andò per primo, scendendo dalla Blue Singer che subito s’inabissò, nascondendosi tra le onde. Poi fu il turno di Edmund e la sua balena imitò la compagna.
Tutto intorno, il silenzio svaniva sostituito dai rumori dei primi marinai al lavoro.
I due giovani restarono aggrappati alla nave, attendendo che le Blue Singer raggiungessero l’altro lato, iniziando a sbuffare e cantare, giocando rumorosamente tra loro per attirare l’attenzione.
Le voci di alcuni uomini provennero dall’alto, Edmund e Emeth capirono che si erano affacciati al parapetto e ora osservavano le balene, forse credendo che qualcun altro tentasse di replicare il tentativo di Caspian.
In effetti era così, ma i calormeniani non potevano saperlo e vedendole sole non vi badarono più di tanto.
Ma nel tempo in cui erano rimasti affacciati sul mare, Edmund e Emeth, aggrappandosi con l’aiuto di due pugnali ciascuno, si erano mossi lungo la fiancata della nave fino a raggiungere un oblò, che secondo i calcoli di Emeth portava all’interno della stiva più grande.
Insieme, a suon di calci, riuscirono a far cedere la finestrella e a infilarsi all’interno. I mariani non udirono alcun tipo di rumore estraneo, poiché ogni suono era soffocato dal canto delle Blue Singer.
“Dove portano i prigionieri, di solito?” chiese Ed, cercando di farsi venire qualche idea in più, mentre cercava di non pensare al tempo che passava rapido.
“Giù nella stiva più piccola” rispose Emeth. “Ma è assai probabile che per la Regina, Rabadash abbia pensato a qualcosa di più confortevole.
Edmund contrasse la mascella. “Sì…probabile” ripeté. “Ok, fammi strada. Prima ci muoviamo e meglio è”
Il Giusto seguiva il soldato poiché era lui a conoscere a mena dito ogni angolo dell’Occhio di Falco, veramente enorme in confronto al Veliero dell’Alba.
Passò una prima pattuglia di soldati assonnati, indubbiamente appena destatisi per dare il cambio a chi aveva sorvegliato il ponte durante la notte. Ed e Emeth, appiattiti contro una parete, cercarono di carpire qualche parola della loro conversazione per capire dove si trovassero Caspian e Susan, ma tutto ciò che udirono fu il parlare a proposito di un’esecuzione che sarebbe avvenuta quel mattino.
Un senso di nausea li invase quando sentirono pronunciare il nome di Caspian.
“Portiamoli via da qui” sussurrò appena Edmund. “In un modo o nell’altro”
Emeth annuì con decisione. “Per di qua”
Proseguirono lungo i corridoi che al Re parevano infiniti.
Si sentivano come prede di lupi nascosti nelle ombre, pronti ad essere assaliti da un momento all’altro.
Quando giunsero alla stiva, entrambi si scambiarono uno sguardo perplesso. Perché nessun soldato la sorvegliava? Voleva forse dire che Caspian era già stato portato via?
“Oh non è mai stato richiuso qui”pensò Edmund.“Ma dove, allora?”
Forzarono la serratura e vi entrarono ugualmente. “Guarda” fece Emeth ad un tratto, inginocchiandosi a terra. “Sangue. Non fatico a immaginare di chi”
Edmund fissò la macchia scura sul pavimento per qualche istante, imponendosi la calma. Caspian doveva essere giustiziato, il che voleva dire che era ancora vivo. Una magra consolazione, ma almeno c’era la certezza che non era ancora finita.
“Troviamo Susan, alla svelta. E troveremo lui”
D’un tratto, qualcosa di piccolo e morbido sfrecciò sopra le loro teste.
Il Re estrasse la Spada di Bern, così il soldato la sua scimitarra, ma non videro nessuna minaccia.
“Cosa diavolo è stato?”
“Salute, Vostra Maestà, Re Edmund”
Il ragazzo si girò in varie direzioni, senza capire, poi la vide: un esemplare femmina (l’aveva capito ovviamente dalla voce) di una particolare razza di falco. Se ne stava appollaiata sull'unica lampada appesa al soffitto.
Emeth era senza parole. “Non posso crederci…tu sei Shira!”
Il falchetto arruffò le piume, felice di essere stata riconosciuta.
“Tu sei…tu parli?!”
“Sì” rispose semplicemente lei, rivolgendosi di nuovo a Edmund.
“Maestà, sono qui per aiutarvi. Posso portarvi da vostra sorella”
“Tu? E come?”
“Sono stata mandata da…”
“Non crederle!” proruppe Emeth, puntando la lama contro Shira.
Lei si librò in volo e si posò sulla spalla di Edmund.
“Perché non dovrebbe?” chiese.
Edmund la osservò, leggermente frastornato dalla stramba situazione. “E’ una creatura di Narnia, è evidente. Di sicuro stava dicendo che l’ha mandata Aslan”
“No, Edmund: Shira appartiene a Rabadash!”
Il Giusto guardò attentamente il falco negli occhi.
“Glielo faccio solo credere” replicò lei. “Sono un animale parlante, un animale libero, e non appartengo a nessuno! E smettetela di alzare la voce in questo modo, o ci scopriranno subito!”
I due ragazzi rimasero immobili, Edmund sempre rivolto a Shira, Emeth sempre con la spada puntata verso di lei.
“Tutti sanno che il principe usa esclusivamente te per comunicare con suo padre” insinuò ancora il giovane calormeniano, “e adesso mi spiego il perché: non c’è bisogno di lettere se tu stessa riferisci ogni parola dell’uno all’altro. Certo, così è molto più semplice e sicuro, vero?”
“Oh, molto perspicace” fece Shira sarcastica, “Sì, in effetti è così, e intendo continuare a farlo finché sarà necessario e mi permette di spiare l’Imperatore e suo figlio”
“Sei una spia?” chiese Edmund incredulo.
Shira alzò la testolina, fiera. “Proprio così, Maestà. La spia che Rabadash si sta tanto affannando a cercare sulla sua nave e che non ha ancora trovato. Credeva fossero i pirati. Ha sospettato anche di te, Emeth tarkaan”
“E vuoi farmi credere che su di te invece non nutre dubbi?” le chiese quest’ultimo, molto scettico.
“No, certamente ne aveva, ma io lo servo fedelmente e ho fatto sì che non notasse nulla di reprensibile in me. Inoltre, prima di essere stata donata a lui, mi sono recata a Calormen, da Tisroc, così che ci fossero ancora meno dubbi sul mio conto. Ho fatto un lungo viaggio, la ma casa è lontana, e l’ho lasciata solo ed esclusivamente perché è stato Aslan a chiedermelo. Sono stata brava a non farmi scoprire, non trovate?”.
Emeth fece una smorfia. “Sei un po’ troppo modesta, per i miei gusti”
“E tu, un giovanotto davvero maleducato e troppo sospettoso. Abbassa quell’arma!”
“Va bene, ora basta” esclamò Edmund prendendo Shira sul suo avambraccio. “Che prove ho che non sei davvero dalla parte di Calormen?”
“Toglietemi il bracciale e guardate l’incisione all’interno” disse Shira allungando la zampa verso Edmund.
Lui la fissò un momento, titubante, poi guardò Emeth, poi ancora lei. Infine, slegò il laccetto di cuoio rosso e lo rivoltò.
“Per la criniera del Leone!”
“Cosa c’è?” fece Emeth abbassando la lama e spostandosi per vedere cosa mai avesse stupido Edmund in quel modo.
Sul retro del bracciale c’era un disegno complicato, pieno di ghirigori che, intrecciandosi tra loro, formavano una F.
“Che cosa significa?”
 “E’ il vecchio stemma di Re Frank. Il primo Re di Narnia!”
“E Shira come fa a sapere…?”
“Non lo so, infatti” disse lei, trattenendosi per non beccare il soldato. “Aslan mi ha detto di mostrarlo a chiunque non avesse creduto che sono dalla parte di Narnia. Come vedi anche tu, giovanotto, per uno come te non significa nulla, ma per i Sovrani e altri che sanno, è la prova che non sto mentendo”
Emeth non era ancora convinto, ma le successive parole di Edmund frenarono un poco il suo sospetto.
 “Solo chi è di Narnia ricorda questo stemma” disse il Giusto, riallacciando il bracciale alla zampa di Shira. “Si parla dell’inizio dei tempi, quando ancora Calormen non esisteva. Non può essere un inganno. Né Tisroc né Rabadash avrebbero potuto sapere. Solo Aslan.”
I due giovani osservarono il falco, che sostenne fieramente il loro sguardo.
“Puoi davvero portarmi da Susan...e da Caspian?”
“Sì, Maestà” fece lei, alzandosi in volo e facendo loro strada. “Ma dovrete combattere!”
“Questo è ovvio” Edmund si volse verso l’amico. “Sei convinto, ora?”
Emeth sospirò e scosse la testa. “No. Ma abbiamo alternative?”
 
 
S’innalzarono nel cielo color malva e ben presto, la sagoma dorata e porpora del Veliero dell’Alba divenne sempre più piccola.
Peter, Lucy, Miriel e Rhynce, con Ripicì sulla spalla, volavano avanti a tutti, l’aria fredda del mattino che sferzava loro il volto.
Gli Uccelli di Fuoco correvano così veloci che per le Blue Singer, sotto di loro, era quasi difficile mantenere il passo.
Da lassù, il mondo sembrava svanire e fondersi in un unico colore. Notarono con un certo stupore che il sole non era ancora spuntato. Sembrava che il tempo si fosse fermato, o che avesse rallentato.
“Che cosa strana…” pensò Lucy.
I grossi volatili salirono ancora più in alto quando l’Occhio di Falco apparì come un puntino nero in lontananza. Un’occhiata in basso prima di sparire dentro le nubi, e Peter vide che le Blue Singer si erano inabissate. Fino al suo segnale, non sarebbero più riemerse.
Il Re Supremo rimase più in basso rispetto al resto del gruppo, inviando gli altri in direzioni diverse. Separarsi era certamente un rischio, ma prendendo i nemici da più lati avrebbero avuto più possibilità.
In quanto a numero, i calormeniani erano leggermente in vantaggio essendo i narniani appena la metà. Ma questi ultimi avevano dalla loro i possenti Minotauri e i Satiri, che valevano come due uomini, se non addirittura tre.
Attraverso le nuvole che lo nascondevano, Peter vide Lucy tentare per prima l’atterraggio sull’albero maestro e riuscire nell’intento.
Un paio di soldati e marinai calormeniani guardarono in alto, ma proprio come avevano pensato i due Pevensie, erano più preoccupati a scrutare il mare.
Il giovane attese qualche momento prima di decidersi a raggiungere la sorellina.
In ampi cerchi, l’Uccello di Fuoco si posò sull’albero di mezzana, aggrappandosi con i grossi artigli dorati al pennone. Peter scivolò svelto dalla sua groppa tenendosi alle sartie, nascondendosi dietro la vela. Pensò a Miriel ancora lassù in cielo, e si augurò di averla presto vicino. Sentiva che da un momento all’altro la battaglia sarebbe cominciata.
Lanciò uno sguardi in basso, poi a Lucy, ed entrambi notarono che qualcosa stava accadendo sul ponte. C’era un muoversi frenetico tra gli uomini di Calormen: erano agitati, o sarebbe stato meglio dire eccitati. Lucy, dalla sua postazione, osservò ancora il cielo. Il sole davvero non voleva saperne di spuntare e la cosa era sempre più strana. Ormai doveva essere sorto da un po’.
Volse di nuovo lo sguardo verso Peter per sapere cosa fare, aspettando il suo segnale. Il fratello guardava ancora verso il basso e così fece lei. E l’orrore la invase da capo a piedi.
Sei persone erano appena spuntate da sottocoperta: Rabadash, davanti a tutti, camminava con passo spedito verso il centro del ponte seguito da due soldati che reggevano Caspian per le braccia. Dopo di loro, Aréf tarkaan e Susan, legata e con un bavaglio intorno alla bocca.
Peter e Lucy si chiesero perché Caspian non reagisse, poi capirono che era gravemente ferito.
Quando Rabadash si fermò, il silenzio più completo scese sulla nave. Videro il principe estrarre la scimitarra dal fodero. Le guardie che tenevano Caspian lo fecero inginocchiare e gli piegarono al testa in avanti. Susan urlava disperata. Rabadash alzò la scimitarra e Peter e Lucy capirono cosa voleva fare.
“ATTACCATE!!!” gridò il Re Supremo con tutta la voce che aveva, “ADESSO!!!”
E in quel preciso istante, tutte le vele dell’Occhio di Falco vennero lacerate da grossi artigli dorati, e i narniani scesero in picchiata sui nemici.
 
 
Susan era sveglia da ventiquattrore e la stanchezza l’avvolgeva facendole sentire la testa e gli occhi pesanti. Si era assopita accanto a Caspian solo per alcuni minuti, mentre dava sfogo a tutto il suo dolore, per poi destarsi all’improvviso a un impercettibile movimento di lui. Piangere non l’aveva aiutata a sentirsi meglio, peggio semmai.
Caspian respirava piano, debolmente, e lei si chiese per quanto ancora avrebbe resistito.
Aveva provato a forzare la porta ma si era subito fermata, udendo fuori dalla stanza le voci dei soldati. Li sorvegliavano senza che potessero avere anche una minima via di scampo.
Allora era tornata dal Re, vedendo che aveva fatto scivolare via dalla fronte la pezza bagnata, la riprese e la immerse nuovamente nell’acqua. Nella brocca ne rimaneva poca, ormai.
“Caspian…” provò a chiamarlo una volta soltanto, riappoggiando il panno sulla sua fronte. Lui non si mosse.
Desiderava più di ogni altra cosa vedere i suoi occhi, sentire la sua voce.
“E’ quasi l’alba, ormai” pensò con una dolorosa stretta al cuore.
No, non poteva finire così. Non era possibile. Era qualcosa che il suo cervello non accettava neanche lontanamente.
Le ombre nella stanza andavano schiarendosi. Susan, abbracciata a Caspian, gli accarezzava piano i capelli, sempre, lo sguardo fisso sul pavimento dove una striscia di sole si insinuò tra il buio…E li rimase, un po’ sbiadita. Non si allargò, non divenne più luminosa.
La Regina Dolce se ne accorse, ridestandosi come da uno stato catatonico. Guardò per un momento fuori dall’oblò e vide una porzione di cielo leggermente screziato di rosa e lilla. Lo fissò a lungo, di tanto in tanto spostando lo sguardo su quella pallida striscia di sole sul pavimento. Non una nuvola era presente quel mattino, il cielo era limpido come uno specchio, e questo la portò allora alla conclusione che stava accadendo- o non accadendo- una cosa alquanto assurda: il sole non spuntava. Tutto rimaneva sospeso nelle prime luci dell’alba, come se il mondo si fosse addormentato e non avesse alcuna intenzione di destarsi.
Il suo cuore fece un balzo quando udì un forte trambusto fuori dalla porta.
“Vi avevo ordinato di portarlo sul ponte all’alba!” udì tuonare Rabadash.
“Non è ancora l’alba, Vostra Altezza” replicò la voce di Aréf tarkaan.
“Dovrebbe esserlo da un pezzo! Non capite che è opera di quel demone che chiamano Leone!”
Susan strinse a sé Caspian, ma a poco servì il suo tentativo di proteggerlo quando i soldati, il capitano delle guardie e il principe varcarono la soglia della camera.
“Che ci arrivi camminando o strisciando” esordì quest’ultimo, “non importa come, ma portatelo su quel maledetto ponte! Adesso!”
“NO!” gridò Susan automaticamente, anche se era inutile.
Li separarono bruscamente. Caspian aprì gli occhi non appena lo trassero in piedi e la ferita al fianco ricominciò subito a sanguinare. Era così debole che le due guardie faticarono per farlo stare dritto.
Rabadash gli si parò di fronte e lo fissò con odio. “Hai ancora il coraggio di essere vivo…bè, meglio così. Almeno avrò la soddisfazione di ucciderti io stesso”
“Rabadash! Vi prego, vi scongiuro!” esclamò Susan, incapace di fare diversamente.
“Zitta!”
“Va bene! Va bene, accetto di venire con voi a Calormen!” urlò lei e tutti si bloccarono all’istante, guardandola stupefatti.
“Sì, lo faro!” ribadì. “Vi sposerò, vivrò nel vostro palazzo, sarò la vostra regina, ma vi scongiuro, vi imploro di lasciarlo andare!”
“No, sei pazza?! Che stai facendo?!” gridò Caspian di rimando, ignorando la stanchezza e il dolore.
Lei s’impose di non voltarsi nemmeno dalla sua parte.
“Siete davvero disposta a tutto, dunque?” chiese il principe rimanendo di stucco. “Sopporterete in silenzio purché egli abbia salva la vita?”
Finalmente la vide piegare la testa.
“Susan, non farlo!”
“Promettete, allora” Rabadash le si avvicinò, scoccando un’occhiata al Liberatore.  
La Regina guardò il principe. “Prometterò solo dopo che avrò visto il Re andarsene e sarò assolutamente certa che sia sano e salvo. O sapete che cosa farò”
Egli strinse gli occhi. “Vi mettete a contrattare?”
“La promessa è sacra. Promettere sulla vita di vostro padre. Solo così saprò che non la infrangerete”
“Come osate?!” esclamò Rabadash, furibondo.
“Ditelo! Dite che lo lascerete andare e io giurerò a mia volta”.
Caspian cercò di divincolarsi dalla stretta delle guardie. “Susan, no! Ti prego, amore, no!”
Lei chiuse gli occhi e inspirò profondamente, cercando di non ascoltarlo.
Rabadash sospirò stancamente e dopo un attimo rispose: “E va bene. Lo prometto. Siete contenta?”
“Cosa…?” fece lei rialzando il capo, incredula.
Non poteva davvero aver ceduto così, era incredibile, impossibile. Eppure…
“Sulla vita di vostro padre?”
“Sì…” ribadì Rabadash. Poi si volse verso le guardie che tenevano Caspian. “Portatelo via come è volere della vostra futura Regina. Da oggi ubbidirete anche a lei, oltre che a me”.
“No, Susan! Susan!” la chiamò Caspian, e lei allora incontrò i suoi occhi che la guardavano imploranti.
Lui scosse il capo. La ragazza sorpassò Rabadash e Aréf, e lo baciò.
“Perdonami, ma non posso lasciarti morire”
“Sue…non lo farà. Non manterrà la promessa”
“Lo farà, o sa che sarò io a togliermi la vita” disse la ragazza, prendendogli il volto tra le mani.
Negli occhi chiari aveva una luce che spaventò il giovane. Lo avrebbe fatto se fosse stata costretta, pur di non essere toccata da un altro uomo che non fosse lui.
“Ti amo, Caspian. Questo non dimenticarlo mai” sussurrò Susan, pianissimo, in modo che solo lui potesse udirla. “Vieni a prendermi. Ti aspetterò” aggiunse infine, prima di baciarlo di nuovo.
Il Re di Narnia continuò ad urlare il suo nome mentre lo trascinavano fuori dalla cabina.
Susan avrebbe voluto correre lontano per non udirlo, ma presto, troppo presto, fu la sua voce ad essere lontana e poi a svanire. Forse l’avrebbe odiata, ma non gliene importava. La vita di Caspian valeva più della sua.
Rabadash la fissò sorridente. “Bene, ora tocca a voi”
La Regina Dolce abbassò il capo e annuì una volta.
“E sia! Sarete mia moglie. Avete promesso, ricordatelo”
Susan serrò le labbra, soffocando un singhiozzo. “Sì, lo so”
“Aréf, vi affido il compito di riportare il Re di Narnia alla sua nave” disse Rabadash poco dopo. “Prendete in prestito da quel pirata la balena azzurra che ha catturato ieri. Basterà che sventolerete una bandiera bianca e vi lasceranno avvicinare. Non combatteremo più con Narnia finché non avranno pianto il loro Re come merita. Dopotutto, voglio essere magnanimo”.
“Cosa?!” esclamò Susan con il cuore che le sprofondava nel petto.
Rabadash rise, vedendo l’espressione angosciata sul volto di lei e provando una sorta di malsano piacere.
“Avete giurato!” esclamò lei sbarrando gli occhi chiari.
“Solo per un Sovrano di Narnia il giuramento è sacro, dovreste saperlo. Per me sono solo parole. E poi io ho giurato...di lasciarlo andare. E lo farò, dopo averlo ammazzato!”
Susan gridò, iniziando a battergli forte i pungi sul petto, cercando più volte di colpirlo, ma fu lui a colpire lei. La schiaffeggiò così forte che cadde a terra.
“Imparate a dimenticarlo, o vi mostrerò io come fare!”
“Non lo farò, mai!” ribadì Susan premendosi una mano sul viso bruciante. “Potrete costringermi a fare ciò che vorrete. Minacciatemi, maltrattatemi, umiliatemi, ma non servirà a niente!”
Si fissarono per un lungo istante, Rabadash che chiudeva e apriva i pungi. Mai nessuno si era comportato così con lui. Nessun uomo, e men che meno nessuna donna, gli si era opposto con così tanta caparbietà come il Liberatore e la Dolce.
“Aréf! Portate anche lei sul ponte, proprio com’era stato deciso. Voglio che assista”
“Altezza, non è uno spettacolo adatto a una signora”
Ma Rabadash l’afferrò per un polso e la trasse in piedi, spingendola in avanti verso il capitano delle guardie che la sostenne quando lei si sbilanciò e rischiò di cadere di nuovo.
“Non siate così premuroso con lei, Aréf. Non lo merita.” Rabadash le puntò un dito contro.  “Portatela immediatamente di sopra, non fatemelo ripetere!”
Il principe li precedette e sbatté forte la porta nell’uscire.
Susan si accasciò tra le braccia di Aréf, il quale le pose una mano sul capo, accarezzandola brevemente con fare paterno.
“Fatevi coraggio. Venite”
Per tutto il tragitto, lui la sostenne con una mano attorno alla vita, ma Susan si rimise presto dritta e alzò la testa con fierezza. Non si sarebbe mostrata debole davanti a quei cani!
Tuttavia, una volta fuori, Aréf fu costretto a legarla e imbavagliarla di nuovo, perché iniziò a gridare e lottare per correre dal Re.
Caspian venne fatto inginocchiare proprio nel centro del ponte, così che tutti potessero vedere. Il giovane tremava, la ferita al fianco continuava a sanguinare, la schiena in fiamme, la testa pesante, la vista offuscata. Nonostante ciò, cercò di usare le ultime energie per non piegarsi davanti ai nemici. Comunque sarebbe andata, sapeva che non poteva guarire da quelle ferite, ma sarebbe morto con onore se questo doveva essere il suo destino. L’unica cosa che non poteva sopportare, era che Susan fosse lì. Lei non doveva vedere…
La Regina urlò e urlò, completamente in preda alla disperazione, la voce soffocata dal bavaglio. La sua mente gridava no, sempre e solo no, non riusciva a pensare ad altre parole.
Era colpa sua. Solo colpa sua.
Caspian venne ammanettato. Rabadash estrasse la sua spada e torreggiò su di lui con un’espressione di assoluto trionfo, mentre i  due soldati che avevano trascinato il Re di Narnia gli piegavano la testa in avanti e lo tenevano fermo.
Rabadash alzò la scimitarra, la lama brillava alla strana luce del sole che non voleva sorgere.
Caspian continuò a tenere gli occhi aperti, respirando affannosamente.
Susan stretta tra le braccia di Aréf che le impediva di gettarsi sui due uomini al centro del ponte.
“Non potete fare più niente, ormai” le disse il padre di Emeth con uno strano tono di voce.
Fu un attimo interminabile per tutti quanti, ma alla fine accadde qualcosa, proprio mentre Rabadash calava con decisione la sua lama sul Liberatore.
Un enorme uccello bianco si abbatté sul principe del sud, graffiandogli il volto, le braccia, facendogli cadere la spada di mano e afferrandolo per le spalle con i suoi grandi artigli. Lo sollevò e poi lo fece ricadere pesantemente e dolorosamente addosso ad alcuni suoi uomini.
Un secondo uccello arrivò addosso ai due soldati accanto a Caspian, i quelli lasciarono immediatamente andare il giovane per coprirsi gli occhi con le mani.
Il Liberatore cadde a terra e gridò di dolore.
Stordito e dolorante, Rabadash si guardò attorno per capire cosa stava succedendo e non gli servì molto tempo per rendersene conto: i narniani avevano attaccato, si riversavano sull’Occhio di Falco scendendo dalle grosse creature che avevano ridotto a brandelli le vele della nave.
Poco dopo, decide di rampini si agganciarono con un suono metallico al parapetto dell’imbarcazione. I Satiri e i Minotauri, arrivati a dorso delle Blue Singer, si issarono a bordo e cominciarono a seminare il panico. Sapevano quanto i calormeniani avessero terrore delle creature di Narnia e ciò voltò a loro favore. I soldati indietreggiarono prima di trovare il coraggio di attaccarli, mentre i grossi animali brandivano minacciosi le loro lance, spade e asce.
Nello stesso momento, qualcuno chiamò Susan e Aref la lasciò andare, mentre la sua spada cozzava contro quella dell’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere.
“Emeth!”
Il ragazzo sostenne lo sguardo del genitore con leggera insicurezza.
“Perdonatemi, padre, ma non posso permettervi del far del male a queste persone”
Aréf rimase immobile.
Chi aveva chiamato Susan, però, era Edmund. Il ragazzo le tolse in fretta il bavaglio e la slegò.
“Io sto bene, aiuta Caspian!” esclamò la ragazza non appena fu di nuovo in grado di parlare.
“Tieni” le disse Edmund in tutta fretta, passandole il suo arco, le frecce e il corno. “Dov’è? Dov’è Caspian?” chiese subito dopo.
Susan si voltò spaventata. Il Re di Narnia non era più dove l’aveva visto solo pochi secondi prima.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo terrorizzato. Si voltarono verso Emeth che fece cenno loro di andare.
Fortunatamente, Caspian non era lontano. Rhynce era al suo fianco, l'aveva portato al riparo dell'albero maestro e premeva la ferita sul fianco del Sovrano. Era stato lui ad allontanare Rabadash.
I due Pevensie s’inginocchiarono accanto a loro.
“Dobbiamo portarlo via, e in fretta” disse Rhynce, mentre con Edmund cercava di farlo alzare in piedi.
Caspian respirava veloce ed era molto pallido.
“Coraggio, amico mio. Puoi farcela”
“E’ troppo debole, Ed!” esclamò Susan. “Ha perso molto sangue. C’è bisogno di Lucy, immediatamente!”
“Non sono venuto con…bè, ma ormai sarà qui anche lei”
Susan non capì il significato delle sue parole, ma non importava adesso. Si guardò attorno freneticamente, ma non riuscì a vedere la sorella.
“Ed! Susan!” chiamò improvvisamente una voce.
Il Giusto e la Dolce alzarono gli occhi al cielo. “Peter!!!”  gridarono in coro.
“Scendi, vai!” il Magnifico incitò il suo Uccello di Fuoco, che si gettò in picchiata nella direzione indicatagli.
Ma non si erano quasi mossi che un fischio fin troppo familiare arrivò alle orecchie del ragazzo. Un nugolo di frecce sibilò tutto intorno a loro. Peter si appiattì tra le morbide piume del volatile, mentre questo faceva un giro su se stesso per evitare i colpi.
Infine, riuscì a raggiungere i fratelli e Rhynce, e subito issò Caspian sul dorso del volatile con l’aiuto degli altri.
“No, voglio rimanere” protestò debolmente Caspian.
“Sei impazzito?!” esclamò Edmund. “Guarda in che condizioni sei!”
“Un Re non abbandona la battaglia per primo”
“Gliela faremo pagare, Vostra Maestà E’ una promessa!” fece Rhynce stringendo i pugni.
Peter scese dalla sua cavalcatura volante e fece posto a Susan.
“Ce la fai a condurlo?”
La Ragazza osservò l’uccello, che sembrò dirle con i suoi begli occhi lucenti di affidarsi completamente a lui.
“Sì” disse lei semplicemente, poi prese posizione dietro Caspian.
“Peter…” mormorò quest’ultimo.
“Ora siamo pari. Mi ringrazi dopo” tagliò corto il Re Supremo, toccando il collo dell’animale e poi facendo un passo indietro, mentre quello si librava in aria.
Susan guardò in basso solo per un istante e vide i suoi fratelli e Rhynce già impegnati a combattere.
Grazie al cielo erano arrivati! Ora doveva assolutamente trovare Lucy. E la vide...e il sangue le si gelò nelle vene: la sorellina combatteva contro Rabadash.
“LUCY!!!” gridò terrorizzata, vedendola cadere sotto un colpo possente del principe.
La Regina Dolce spronò l'Uccello di Fuoco in quella direzione. D’un tratto, però, il povero animale emise un verso acuto e l’aria tutto intorno a loro si riempì di nuovi dardi nemici.
Susan non poteva usare l’arco, non in quel momento. Con una mano reggeva Caspian, stringendogli la vita. Lui, sfinito, aveva richiuso gli occhi e si era appoggiato a lei.
“Non so per quanto resisterò, ancora…” mormorò.
“Resisti. Ci sono io” lo incoraggiò la ragazza “Vai! Vai!” gridò poi all’Uccello di Fuoco.
Ma la povera creatura era stata colpita ad un’ala da diverse frecce, e non riusciva più a volare dritta. Ben presto cadde pesantemente sul ponte, Caspian e Susan con lui.
Allora, la Dolce prese le sue armi. La stanchezza era tanta, le mani le tremavano per la troppa tensione e sentì che presto i nervi sarebbero ceduti di nuovo. Ma almeno per un altro po’ doveva restare in piedi. Doveva proteggerlo. Caspian era così debole ora, e toccava a lei prendere in mano la situazione.
Colpì senza riserve chiunque tentasse di avvicinarsi. Non avrebbe permesso a nessuno di toccarlo. Però, Lucy…
Fa che non le sa successo niente!
“Susan! Susan!” una voce concitata chiamò il suo nome.
“Miriel!”
La Driade correva verso di lei, il viso sconvolto alla vista del Re di Narnia, ora svenuto tra le braccia della Regina.
 “Portalo via! Io devo aiutare Lucy” le disse subito Susan, ma quell’attimo di distrazione le valse una ferita di striscio al braccio destro. Gridò e l’arco le cadde di mano.
“Ci penso io” le disse la Driade, ritrovando il sangue freddo. “Tu stai con lui”
“Miriel, aspetta! Miriel!”
Troppo tardi. L’amica era corsa avanti e Susan la seguì con lo sguardo attraverso la massa di calormeniani e narniani che si battevano. Questi ultimi erano davvero fuori di sé per ciò che i nemici avevano tentato di fare al loro Re.
Miriel si fermò, e come la prima volta che Susan l’aveva vista combattere, estrasse dal nulla un Fiore di Fuoco. Soffiò su di esso e quello sparse i suoi petali in aria. Come una pioggia scarlatta, i petali volarono in direzione di Rabadash, posandosi sul suo braccio. Quello che avvenne dopo fu davvero portentoso.
Rabadash stava per colpire Lucy. L’aveva vista atterrare da uno dei grossi uccello bianchi, a pochi passi da lui. La giovane Regina non si era accorta di nulla e il principe l’aveva sorpresa alle spalle.
Grazie alla statura inferiore e al fisico agile, la Valorosa era stata in grado, anche se per troppo poco, di schivare e parare un paio di affondi. Ma Rabadash era così forte che le braccia le avevano fatto male al terzo colpo. Aveva cominciato ad indietreggiare, fino a che egli non l’aveva colpita di striscio alle costole lacerandole appena la camicia, fortunatamente senza ferirla. Tuttavia, la ragazza era caduta all’indietro e se non fosse stato per Miriel, Rabadash l’avrebbe certamente uccisa.
Ma il braccio del principe cominciò a fumare e subito dopo prese fuoco. I petali mutarono in lingue scarlatte che si avvolsero intorno all’arto, facendolo urlare di un dolore mai provato.
“Spostati Lu!” fece una voce alle spalle della ragazza. Dopo un secondo, Peter apparve nel suo campo visivo e atterrò Rabadash con un colpo.
Il Re Supremo e la Driade si scambiarono uno sguardo complice e si sorrisero brevemente.
“Trova Susan!” disse poi il ragazzo alla sorellina. “Caspian ha bisogno di te! E’ ferito gravemente!”
Lucy si alzò immediatamente e corse a perdifiato per la nave. Ma non aveva fatto molta strada che si sentì strattonare per il colletto della camicia e tirare indietro. Cadde di nuovo a terra e appena si voltò, vide  uno dei pirati: Ader, il capo, che le si avvicinò con espressione minacciosa.
La ragazzina indietreggiò, a tentoni cercò la sua spada, ricordando che Rabadash gliel’aveva tolta di mano e fatta cadere lontano.
“Stupida, dovevi recuperarla prima di correre via!”si disse, ma la preoccupazione per Caspian era così tanta che se n’era completamente scordata.
Ader fece per colpirla ma qualcuno si infrappose tra loro.
“Lasciala stare!”
“Emeth!” strillò Lucy.
Il soldato si girò appena. “Allontanati!”
Lei non voleva e cercò di correre a recuperare la sua arma, quando un altro soldato le bloccò la strada.
Aréf tarkaan la fissò qualche istante e inaspettatamente la superò, lasciandola passare.
Il capitano delle guardie irruppe nel combattimento tra Ader e Emeth.
“Lasciate il ragazzo a me!” esclamò, con dipinta sul volto un’espressione severa.
Il pirata lo guardò poco convinto. “E’ vostro figlio, se non sbaglio”
“Sì e pagherà come merita per avermi tradito! Voi occupatevi del principe. Presto!”
Ader allora si allontanò, mentre i soldati e i marinai di Calormen gridavano a squarciagola attorno a Rabadash, spaventati e ancor più furiosi.
“Non voglio mettervi nei guai, padre” disse subito Emeth ad Aréf, il quale, sorpreso e commosso, iniziò un finto combattimento con lui.
“La Regina Susan mi aveva detto che sei con i narniani, adesso”
“E non intendo tornare indietro. Vi prego di perdonarmi”
Aréf annuì. “Colpiscimi” gli disse poi. “Colpiscimi e poi vai.”
Emeth lo fissò sbalordito. “Fingerò solo di colpirvi”
“No, devi farlo davvero”
“Non posso…”
“Devi!”
Emeth strinse i denti e colpì allora Aréf  al viso con un pugno. “Perdonatemi, padre. Un giorno…”
“Sì, un giorno. Ma non oggi. Và!”
Il ragazzo lo guardò con affetto e notò sul suo volto un sorriso che raramente vi aveva visto.
“Padre, venite con me” non poté fare a meno di chiedere, come l’ultima volta.
Aréf volse per un attimo lo sguardo dove Lucy era scomparsa. “Il tuo posto ora è con loro”
“Non vi ringrazierò mai abbastanza per quel che avete fatto per me. Che Aslan vi protegga”.
Emeth corse via e in quel momento Ader riapparve accanto ad Aréf.
“A che gioco giocate, capitano?” domandò con un ghigno malevolo sul volto.
Aréf non rispose e ciò incrementò ulteriormente i dubbi del pirata.
In quel preciso momento, ci fu un boato incredibile e un colpo che fece vibrare la nave come se si fosse scatenato un sisma sulla terraferma. Molti caddero a terra, altri riuscirono ad aggrapparsi a qualcosa e rimanere in piedi.
L’Occhio di Falco era completamente circondata dalle Blue Singer, le quali si abbatterono una, due, tre volte sulle fiancate.
“Fermate quegli animali!” sbraitò qualcuno. Ma le frecce e i dardi scalfirono appena i possenti dorsi dei giganteschi cetacei, che non smisero mai di colpire finché riuscirono a provocare una e più falle nello scafo.
Solo allora i calormeniani si resero conto di essere stati sconfitti e cominciarono sul serio a spaventarsi. Erano in mezzo all’Oceano, con le vele lacerate dagli Uccelli di Fuoco, e l’acqua del mare che entrava velocemente dalle fiancate danneggiate dalle balene azzurre.
“Lucy!” gridò Emeth tra la folla. Non riusciva a vederla. “Lucy, dove sei?”
“Sono qui!” esclamò la voce della ragazza alle sue spalle.
Il soldato si volse rapido e non appena lei lo raggiunse la prese per mano.
“Devo trovare subito Susan e Caspian!” esclamò la Valorosa.
“Sono laggiù, eccoli!”
“Lucy, il cordiale!” gridò Susan alla sorellina appena la vide.
Lucy si staccò la boccetta dalla cintura, gettandosi in ginocchio accanto a Caspian e alla sorella.
Lui era pallido e privo di sensi, ma non appena la Valorosa fece scivolare il liquido tra le sue labbra, il Re iniziò a tossire e riprendere un poco di colore.
“Andiamocene!”  ordinò subito Peter.
Ormai non c’era più ragione di rimanere. Avevano salvato Caspian e Susan. Avevano ritrovato Edmund e Emeth. Il resto non contava.
All’ordine del Re Supremo, i narniani corsero verso gli Uccelli di Fuoco.
“Aspettate, dov’è Edmund?” chiese Susan guardandosi intorno.
Gli altri fecero lo stesso, allarmati. Subito dopo, però, lo videro e tirarono un sospiro di sollievo.
Edmund stava ancora combattendo, in piedi su uno dei parapetti della nave. Saltò giù, menando un fendente poderoso con la Spada di Bern e una scimitarra probabilmente sottratta a un nemico.
Era sempre incredibile osservarlo mentre usava due spade.
Dopodiché, il ragazzo corse verso il punto in cui erano tutti radunati. “Che diavolo fate lì impalati! Muoviamoci!”
“Non lasciateli scappare!” tuonò la voce di Ader.
“Via, svelti!” esclamò Peter.
In pochi secondi, tutti erano in volo di nuovo verso est. Le frecce degli arcieri calormeniani tentarono di nuovo di colpirli ma stavolta non ci riuscirono.
Finalmente, l’aurora si trasformò definitivamente in giorno. Solo una stella brillava ancora contro la forte luce del sole.
“Accidenti, ma quella è…” fece Edmund emozionato. “E’ la Stella Azzurra, non c’è dubbio!”
Gli occhi di tutti puntarono su di essa. Sì, era proprio lei, era vero. Era grande e luminosa e brillava come un altro sole.
Edmund la fissò per tutto il tempo, incantato, rendendosi conto che anche al suo arrivo l’aveva vista. Forse- anzi, sicuramente- la Guida del Cielo li aveva aiutati, li aveva protetti. Dopotutto, quasi nessuno era rimasto ferito, e Caspian ormai era fuori pericolo.
Edmund si voltò indietro, la nave di Calormen ormai era un puntino lontano. Sorrise, pensando che in quelle condizioni c’erano davvero poche possibilità per loro di riprendere l’inseguimento del Veliero dell’Alba, a meno che anche a loro non giungesse un aiuto dal cielo...
L’infinita distesa del mare sotto di loro proiettava le ombre degli Uccelli di Fuoco. Le Blue Singer li seguivano balzando dentro e fuori dell’acqua, festeggiando la vittoria.
E poi eccolo finalmente: il Veliero di Narnia. Avevano sinceramente temuto di non vederlo mai più.
“Eccoli!” gridò Gael sporgendosi dal parapetto, con il dito puntato conto l’alto. “Lord Drinian, venite!”
Il capitano lasciò il timone e strinse gli occhi al riverbero del sole.
Anche Eustace si sporse agitando le braccia in alto, e se un marinaio non l’avesse afferrato per la cintura, sarebbe caduto di sotto.
Gli Uccelli di Fuoco eseguirono un largo giro sopra la nave, con le enormi al distese per prepararsi alla discesa. Si posarono sulla spiaggia dell’Isola delle Acque Morte, tra le grida di giubilo dei membri dell’equipaggio rimasti ad attendere il loro ritorno.
I primi a scendere furono Susan e Caspian, il quale venne fatto portare immediatamente nella sua cabina per essere visitato dal medico di bordo.
“Basta eroismi, per un po’, Sire” tentò di sdrammatizzare Drinian.
Caspian, che aveva ripreso appena i sensi, avrebbe voluto obbiettare, ma aveva la gola talmente secca da non poter parlare e le forze lo stavano abbandonando di nuovo.
“Non stategli così addosso, fatelo respirare, non è ancora guarito” ammonì il dottore con severità, esaminando subito le ferite. Poi sorrise a Lucy “Come sempre, la vostra pozione compie miracoli, mia Regina”
“Starà presto bene, vero?” chiese subito Susan, mentre Lucy sorrideva a sua volta al medico.
“Sì, certo, Ormai non dovete più temere per la sua vita. Anche se la ripresa sarà piuttosto lunga”
La Regina Dolce tirò un sospiro tremulo.
“Susan!” esclamò improvvisamente Peter, sorreggendola.
Susan si era improvvisamente accasciata. “Sto bene…sto bene” li rassicurò lei, rimettendosi dritta in piedi.
Il medico fece vagare gli occhi su tutti quanti, insistendo perché ognuno di loro, a turno, si recasse nella sua cabina per una visita. “Voi per prima” disse a Susan, mentre Caspian veniva portato di sotto.
“Prima vorrei…”
“Lo so, lo so, mia cara” le disse il dottore con un debole sorriso. “Ma sia voi che Sua Maestà avete subito notevoli ferite e notevole stress. Stendetevi un poco, prima di tutto, e mangiate qualcosa. Usate pure la mia cabina. Se non vi dispiace, è meglio che il Re stia solo e tranquillo per qualche ora”
Susan annuì.
“Questo ovviamente vale per tutti” aggiunse il dottore.
Ubbidienti, i Sovrani e i guerrieri scesero sottocoperta. Lucy diede il suo cordiale a Eustace e incaricò lui e Gael di curare i feriti, animali e umani. Dopodiché raggiunse i fratelli e gli amici negli alloggi dell’equipaggio.
Anche Susan aveva deciso di rimanere nella grande camerata, non aveva voglia di star sola. Avrebbe dormito nel letto di Caspian.
Ma la ragazza non riuscì a riposare. Continuava a tenere d’occhio chi andava e  veniva dallo stanzone, e quando vide entrare il medico balzò in piedi.
“Posso vederlo, adesso?”
Lui sospirò con un sorriso un po’ stanco. “Non ancora, mia signora. Riposate, per favore”
Susan fece per tornare a letto, sconsolata, quando incontrò lo sguardo di Drinian.
“Posso sapere almeno come sta? Si è svegliato?” chiese, andandogli incontro.
“No” le rispose secco il capitano, prendendo alcuni asciugamani che il dottore gli consegnò. “Il Re dorme profondamente e non deve essere disturbato in alcun modo”
Le voltò le spalle e fece per uscire, ma Susan gli andò appresso.
“C’è qualcosa che non mi dite? Perché vi comportate così?”
Drinian si fermò e si voltò. “Sta bene, non preoccupatevi. Non ha bisogno di voi”
“Cosa…?”
“Non ha bisogno di voi adesso e non avrà bisogno di voi in futuro”.
“Che state dicendo?” esalò Susan, con un senso di disagio nel cuore.
“Che ho taciuto per troppo tempo. E non posso più farlo. Da quando siete con lui, Re Caspian non ha fatto altro che incorrere in un pericolo dopo l’altro, e francamente non posso più accettarlo.”
 
 
A molti chilometri di distanza, la Strega Bianca irruppe con espressione furibonda nella torre.
“Piccola impudente!” inveì la donna con tono minaccioso. “Che cosa hai fatto?!”
Shanna era affacciata alla finestra della sua camera, come se non si fosse mai mossa da quella mattina, o dal giorno prima. Tutte le volte che Jadis veniva da lei, la trovava là.
La piccola stella non si voltò e non la guadò, cercando di regolare il respiro ancora un po’ affannato.
Dopo aver chiamato gli Uccelli di Fuoco e gli astri, era riuscita ad assumere la sua forma di stella e l’aveva mantenuta finché le forze glielo avevano permesso. Normalmente poteva assumere la sua vera forma quando voleva, ma a causa di quel luogo di tenebra, era davvero difficile per lei riuscirvi.
Quando era stata assolutamente certa che i narniani non corressero più alcun pericolo, era tornata a riprendere le sue sembianze umane ed era tornata indietro. Vegliare su di loro era stato faticoso, ma ce l’aveva fatta.
“Rispondimi!”
Shanna si voltò facendo un gran sospiro e sorrise tra sé. Aveva sempre avuto così paura di Jadis, ma adesso…
“Adesso non più!”
 Così si voltò e fissò la Strega come se non capisse di cosa stava parlando.
“Non guardarmi in quel modo, furbetta. Lo so che hai fatto qualcosa. Perché c’è una nave, là” disse Jadis, puntando un dito verso il cielo “completamente ridotta a brandelli. E chi l’ha attaccata non ha quasi un graffio. Ora dimmi: com’è stato possibile questo?”
Shanna alzò le spalle “Io non lo so”
La Strega fece volteggiare il bianco mantello, cerea in volto, più del solito. Non si era ancora ripresa del tutto dallo scontro con Peter. Chiamò le guardie e quelle avanzarono con dei grugniti sommessi, massaggiandosi le grosse teste.
“Non lasciatela mai sola. Rimanete nella stanza con lei”
Shanna tremò un poco. Odiava quei mostri, di loro non avrebbe mai smesso di avere paura.
Jadis le si avvicinò e le parlò a un centimetro dal viso. “Quando scoprirò cos’hai fatto- perché lo scoprirò- sai chi pagherà per te”
La ragazza trasalì senza cercare di mostrarlo, ma alla Strega Bianca non sfuggiva nulla.
Shanna sapeva che si riferiva a suo padre.

 
 
 
 
Siamo al capitolo 30!!!!!! Incredibile!!!!!
Vi chiedo umilmente scusa per non aver postato prima, ma è stato un capitolo sudatissimo anche questo, cari lettori, mi ci è voluto molto per sistemarlo e ancora mi sembra di aver narrato il tutto con troppa fretta. Voi che ne dite?
Sono 17 pagine!!!!!!! @.@
Finalmente a Rabadash gliele hanno suonate! Un po’ per uno, ma soprattutto Miriel! Ora anche lei rischia, Peter è avvertito!
Il nostro amato Caspian ormai non è più in pericolo. E poi l’avevo detto che a lui ci avrebbe pensato la sua Sue <3
Ma Drinian incombe! Cosa vorrà mai dire a Susan? Purtroppo, nulla di buono per lei…
Vi rimando all’Angolino per sapere cosa accadrà.
Ma prima, ringraziamenti:
 
Ringraziamenti:
 
Per le preferite:ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, elena22, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, susan the queen, TeenAngelsRbd e TheWomanInRed.
 
Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, Lucinda Grey, Miss Hutcherso, postnubilaphoebus, susan the queen e TeenAngelsRbd.
 
Per le seguite:Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, Riveer, SerenaVdW, Smurff_LT, susan the queen, SweetSmile, Yukiiiiii e _Autumn
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:Angie_V,Babylady , Charlotte Atherton, EstherS,  FioreDiMeruna, FrancyNike93, Martinny, piumetta, SerenaVdW, e susan the queen.
 

Angolino delle anticipazioni:
Più che altro, il capitolo 31 sarà incentrato su Caspian e Susan.
Il viaggio verso la Fine del Mondo riprenderà, ma accadrà qualcosa che cambierà molte cose tra di loro. Voi sapete cosa, vero?
Se ci riesco, nel capitolo, ci sarà finalmente la tanto sospirata Shandmund!!! Come, direte voi, se lei è ancora prigioniera? Eh, vedrete…
 
Sto un po’ risistemando il blog e aggiungerò nuove foto anche questa settimana.
Tra poco arriverà anche un nuovo video, che ovviamente metterò nel capitolo attinente. Vi piacerà, lo so!!! ^^
Infine, devo darvi due notizie, una bella, e una un po’ brutta. Prima quella brutta: forse il prossimo week end non riuscirò a postare, ma la notizia bella è che il 31 capitolo arriverà prima del previsto!!! Giovedì, precisamente!!! Contenti miei cari??? ^^

Ok, io vi lascio come sempre con un grazie infinito, un bacio grandissimo e un abbraccio spacca costole!!! XD Perché 300 e più recensioni non me le sono nemmeno mai sognate nel più fantasioso dei mei sogni!!!
A prestissimo gentaglia! Vi adoro!!!!!!!!!!!!
vostra Susan<3

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Capitolo 31
*** Capitolo 31: Così vicini, così lontani... ***


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31. Così vicini, così lontani

 

In ginocchio, chiederò
Un’ultima possibilità per un ultimo ballo
Perché con te, io resisterei
A tutto l’inferno per stringere la tua mano
Ti darei tutto
Lo darei per noi
Darei ogni cosa ma non rinuncerò
Perché tu sai,
Tu sai...

Tu sai…

 
 
Drinian continuava a fissarla in quel modo così strano che la metteva un poco a disagio. Susan si domandò cosa mai significassero le sue parole.
“E’ stato Caspian a dirvi che non ha bisogno di me?” chiese al capitano, anche se la risposta la conosceva già.
“No…”
Susan annuì appena. “No. Certo che no…Allora, perché non volete che lo veda?”
Drinian serrò le labbra. “Perché non siete voi la donna che deve prendersi cura di lui”
Susan sospirò.
Allora era solo per quello? Queste cose già le sapeva. Aveva temuto che le dicesse chissà che, e invece…
“Lord Drinian” disse con calma e gentilezza, “so bene di non andarvi a genio, anche se non sono mai riuscita a comprenderne il motivo. E se devo essere sincera, mi piacerebbe davvero sapere da cosa nasce tutto l’astio che avete nei miei confronti. Ditemi, cos’ho che non va? Davvero pensate che Caspian non potrebbe essere felice insieme a me?”
“Volete la verità? Sì, signora, lo penso”
Susan lo fissò sconcertata.
Il capitano spostò il peso del corpo da un piede all’altro, lanciando un’occhiata alle spalle della ragazza, dentro gli alloggi dell’equipaggio. Chiamò un marinaio e gli consegnò gli asciugamani che ancora teneva tra le mani, chiedendogli di portarli nella cabina reale. Dopodiché, si rivolse di nuovo alla Regina.
“Non possiamo parlarne qui. Se volete seguirmi, vi spiegherò ogni cosa”.
Lei rimase un istante immobile e l’inquietudine tornò a far capolino nel suo cuore. Poi annuì e si fece guidare da Drinian verso la cabina di comando. Lì, nessuno li avrebbe disturbati.
Susan si era cambiata d’abito e ora indossava una semplice veste azzurra a maniche corte a sbuffo. Un brivido le percorse la schiena e le braccia quando uscirono da sottocoperta, risalendo poi la scaletta che portava sul ponte di prua.
Drinian le aprì la porta della cabina di comando, poi la richiuse, tenendo fuori l’aria fredda. Il cielo si era fatto improvvisamente nuvoloso.
“Sedetevi, prego” esordì l’uomo, volendo essere fermo con lei, ma anche gentile. Dopotutto, era pur sempre una dei Sovrani della Vecchia Narnia, una dei Re della Leggenda.
“No, grazie, sto bene anche in piedi” rispose Susan impaziente. Aveva capito che Drinian voleva aggiungere qualcos’altro alla spiegazione che gli aveva chiesto.
Lui si mise davanti a lei, le mani dietro la schiena. “Maestà, non è esatto dire che non mi andate a genio. In realtà vi ammiro molto: ammiro il vostro buon cuore, la vostra gentilezza  e il vostro coraggio. Quel che non mi piace di voi è che continuiate a comportarvi come se doveste rimanere qui per sempre, giocando con i sentimenti del Re”
Susan provò una forte fitta di rabbia a quell’insinuazione.
“Io amo Caspian!” esclamò alzando la voce. “Lo amo profondamente! Non mi sognerei mai di fare una cosa simile!”
“Lo amereste ancora se sapeste che vi ha mentito per tutto il tempo?”
“Mentito su cosa?”
Drinian fece un sospiro. “Ho idea che quello che vi dirò, non vi piacerà. Ma devo farlo. Ho aspettato fin troppo”
Il capitano del Veliero dell’Alba aveva sul viso abbronzato un’espressione davvero molto seria.
La Regina attese, pervasa da un senso di ansia crescente, ma nulla di ciò che pensò stesse per dire la preparò alle parole che vennero dopo.
 “Sua Maestà si sposa”
Susan ebbe un fremito, sbatté le palpebre un paio di volte, allibita. Lo fissò incredula, dapprima troppo scioccata per provare dolore.
“Cosa dite…?” esalò con un filo di voce.
Di certo doveva aver capito male…
“E’ così. Mi rincresce molto dovervelo dire in questo modo, ma preferirei non girarci troppo intorno. Re Caspian si sposerà appena tornerà a Narnia, alla fine di questo viaggio. Il Gran Consiglio ha già scelto la sposa adatta a lui. La data delle nozze è già stata fissata”
Susan ebbe l’impressione che la terra le si aprisse sotto i piedi. Per un attimo, una morsa dolorosa le strinse il petto e le parve di soffocare. Esalò un debole lamento. Ora sentiva l’assoluto bisogno di sedersi. Cercò a tentoni la poltrona, tenendosi una mano sul ventre. Drinian invece rimase in piedi di fronte a lei.
 “Me l’avrebbe detto” dichiarò la ragazza, alzando gli occhi su di lui. “Caspian me l’avrebbe detto!”
“Davvero?” chiese il capitano alzando un sopracciglio. “Dopo che vi ha aspettata così a lungo, credete sul serio che vi avrebbe raccontato la verità?”
Le parole di Drinian potevano sembrare rincuoranti da un certo punto di vista, ma Susan capì dal suo tono e dal suo sguardo che volevano avere su di lei l’effetto contrario.
“Sì, proprio perché mi ha aspettata. Perché mi…mi ama…”
“No, non lo avrebbe mai fatto, perché sa che ha poco tempo da passare con voi, e se ve l’avesse detto, voi non avreste mai accettato di portare avanti questa storia. Ho torto, forse?”
Susan non rispose.
No, non aveva torto. Se lei avesse saputo- se era vero- non avrebbe mai potuto amarlo liberamente come aveva fatto, perché Caspian era già legato, e lei non sarebbe mai stata capace di passare sopra a una cosa simile.
 “Io credo, perdonatemi se lo dico” continuò lui “che più che amarvi, Sua Maestà vi desideri, e scambi il desiderio per amore.”
Susan saltò su con espressione ferita.
Drinian chinò brevemente il capo. “Non intendo offendervi in alcun modo…”
“Mi avete offesa, invece! Come osate insinuare una cosa simile?!”
“Perdonatemi sinceramente” ripeté l’uomo con un tono di voce più pacato, “Non metto in discussione che nutra qualcosa per voi, ma il Re è solo infatuato, non è amore vero quello che prova”
“Voi non sapete nulla di quello che Caspian prova per me!” disse Susan voltandogli le spalle.
“Perdonatemi” disse Drinian per la terza volta.
Non pensava davvero tutto quello che diceva. Sapeva quanto in verità il Sovrano amasse quella ragazza, ma era giusto così. La Dolce e il Liberatore avevano vissuto una favola, ed era tempo di tornare coi piedi per terra. Narnia aveva bisogno del suo Re. Il regno non poteva basarsi sui sogni di due ragazzi troppo incoscienti, che avevano osato andare troppo oltre il consentito.
“Narnia necessita di una Regina che sostenga il Re sempre, ogni giorno, ogni istante della sua vita. Voi questo non potrete farlo” rincarò ancora Drinian senza nessun rimorso. Anche se quando gli occhi della Regina iniziarono a brillare di pianto, il senso di colpa fece capolino dentro di lui.
Susan si rivoltò svelta, decisa a non arrendersi, anche se a ogni parola era come se nel suo cuore venissero piantate schegge di vetro.
“Se il problema è solo questo” esclamò a fatica, la voce soffocata dal tentativo di trattenere la disperazione, “se tutto si riduce a se la Regina di Narnia deve essere una figura stabile, allora sappiate che io non intendo più tornare nel mio mondo! Rimarrò qui con lui. Per sempre!
Egli scosse il capo e la fissò. “Sapete di non poterlo fare. No, non potrete, giacché Caspian ha già accettato la proposta. E Aslan l’ha approvata”
Susan trasalì al nome del Leone.
Il capitano la guardò portarsi una mano alla bocca e distolse lo sguardo da lei, iniziando a camminare lentamente su e giù per la stanza.
“Alcuni mesi prima che partisse” ricominciò, “Sua Maestà ricevette la visita di Aslan, il quale, come sapete, gli donò Rhasador. Nella stessa occasione, affermò che sarebbe stato bene prendere moglie prima della fine di quest’anno. Questo era anche il volere del popolo”
“Però non ha detto chi avrebbe dovuto sposare!” insisté Susan, cercando debolmente di ribattere. Ma sentiva che era già sconfitta in partenza se davvero era il volere di Aslan.
“No, non lo specificò” disse Drinian. “Tuttavia, Re Caspian non poteva rifiutare all’infinito di sposarsi. Doveva farlo per Narnia. Per assicurarle un futuro. Per darle un erede. E così, un giorno, il saggio Ramandu e sua figlia Lilliandil vennero a Cair Paravel da un’isola lontana. La fanciulla era la più idonea, secondo Aslan, a divenire la moglie del Re di Narnia. Sua Maestà accettò di incontrarla e lo stesso giorno si fidanzarono”
Non poteva più ascoltare. Non voleva più sentire niente.
E’ fidanzato. Si sposa. Caspian si sposa…
Non era più suo. Non sarebbe mai stato suo. Non lo era mai stato davvero. Perché tutto era già stato deciso prima che lei tornasse…e lui non gliel’aveva detto. Aveva continuato a farle credere che per loro ci fosse una speranza, un futuro…
Perché, Caspian? Perché?!
“Non potete continuare a far soffrire Sua Maestà andando e venendo a vostro piacimento” udì Drinian poco dopo.
Se aveva detto qualcos’alto, nel frattempo, non lo aveva sentito.
“Ammettete il caso che, nonostante tutta la vostra buona volontà, sarete costretta ad andarvene un’altra volta. E se mai tornerete, quanti anni saranno passati? Tre? Dieci? Venti? Pensateci: per quanto dovrà soffrire il Re, stavolta?”
Susan voleva dire qualcosa, ma le parole non vennero. Voleva smentire Drinian, ma aveva ragione: sembrava le avesse letto nella mente. Poiché, nonostante tutto, ancora oggi lei pensava al suo ritorno sulla Terra, a una nuova separazione, al tempo che passava così diversamente tra i due mondi. Non poteva farci niente. Aveva paura di questo, e ne avrebbe avuta sempre.
Sì, Drinian aveva perfettamente ragione: lei faceva soffrire Caspian. L’aveva fatto soffrire. L’avrebbe fatto soffrire sempre, anche se non voleva.
Desiderò correre subito da lui, chiedergli spiegazioni.
E se davvero le avesse mentito sul suo fidanzamento? Allora lei cosa doveva pensare? Perché mai le avrebbe chiesto di sposarla se doveva già farlo con un’altra?
“Perché mi ama…”si disse ancora, e un barlume di speranza brillò nel suo cuore spezzato.
Ma subito dopo, ricordò che era stato Aslan a decidere che lei lasciasse Narnia e che Caspian si sposasse.
 “Mia signora” fece ancora Drinian, fermandosi di fronte a lei. “Voi sapete che non durerà. E anche il Re lo sa. L’ha sempre saputo, benché vi abbia raccontato tutt’altro. Io l’ho lasciato fare, anche se gli avevo raccomandato di non spingersi troppo oltre per non farvi soffrire. L’avevo avvertito che era meglio troncare subito la vostra relazione prima che diventasse troppo seria, ma non mi ha ascoltato”
Susan scosse il capo, fissando un punto della stanza senza vederlo. “E questo non può farvi pensare che quello che volete per lui non è affatto ciò che desidera?” chiese piano.
“Ciò che Re Caspian desiderava era rivedervi almeno una volta. E’ successo, ma è durata anche troppo questa storia. Ora deve smetterla di sognare e tornare alla realtà”
Susan aggrottò la fronte e fece un passo avanti. “Che cosa state cercando di dirmi, con queste parole?”
“Che le sue intenzioni nei vostri confronti non potevano essere serie. Certo, non vi aveva dimenticato, forse non vi dimenticherà mai, ma la sua vita sarà un’altra. Lo sa e l’ha accettato. Per lui sarete sempre un bel ricordo, nient’altro.”
“Caspian non è quel tipo di persona!” esclamò Susan turbata.
Drinian non l’ascoltò e concluse.
“Sarebbe meglio che tronchiate oggi stesso i vostri rapporti. Almeno voi, datemi retta. Tra poche settimane, quando arriveremo alla Fine del Mondo, Sua Maestà incontrerà la sua sposa e la porterà sul Veliero dell’Alba per condurla a Narnia con sé. A quel punto, se non ve ne sarete ancora andata, non vorrei proprio che si creassero situazioni imbarazzanti. Non vorrei che si pensasse male di voi, per cui dovreste lasciare…”.
Susan strinse le proprie mani una nell’altra e gridò più del dovuto. “Se volete sbarazzarvi di me, Drinian, ditelo chiaro e tondo! E smettete di esporre la situazione mia e di Caspian come se fosse qualcosa di vergognoso!”
“Vorrei solo che prendeste coscienza di quanto ho detto. Re Caspian deve pensare a Narnia, solo ed esclusivamente a Narnia. Non importa se amerà o no la donna che gli presenteranno, ma la deve sposare perché è il suo dovere. E lo farà.”
Susan lo guardò con occhi fiammeggianti. “Uscite, per favore” disse con voce bassa e tremante.
“Mia signora…”
“Andatevene!” esclamò, le mani lungo i fianchi che stringevano la lunga gonna.
Senza aggiungere altro, Drinian fece un profondo inchino e la lasciò.
Non appena fu sola, iniziò a piangere forte, gettandosi di nuovo sulla poltrona, rannicchiandovisi come un animale ferito. Si appoggiò al bracciolo, soffocando il rumore del pianto.
Non credeva che Drinian potesse rivolgerle parole tanto dure, metterla davanti a una realtà così cruda con così poco tatto.
Era vero? Era tutto vero?
Il capitano non le avrebbe mai detto certe cose se non fossero state vere. Sì, non la sopportava, forse la detestava, ma non le avrebbe mai mentito su una cosa tanto seria. Lord Drinian era burbero, un pò rude, ma non era un bugiardo.
Inoltre, a che scopo raccontarle bugie se poi il Re avesse smentito?
Caspian aveva quindi voluto rivederla solo perché sapeva di doverla lasciare? Per non avere rimpianti? L’aveva usata davvero, proprio come anche Rabadash aveva insinuato, per un suo capriccio?
No, Caspian non era così, non era egoista. Non poteva essere vero! Lo conosceva bene, lui era dolce, onesto…
Voleva vederlo, parlargli, sentire le stesse parole di Drinian pronunciate da lui, perché solo a Caspian avrebbe creduto.
Ma non poteva tormentarlo ora, si era appena ripreso da una situazione orribile. Avrebbe dovuto aspettare.
Ma l’attesa era logorante. Lei doveva sapere! Subito! Sapere se tutto ciò che aveva provato, fatto e detto insieme a lui, era solo un fugace momento che sarebbe presto stato dimenticato.
Susan provò un dolore così forte che per un attimo tutto il suo corpo vibrò, ed ella pensò che il dolore si concretizzasse in un suono udibile al di fuori di lei stessa.
Era il suono del suo cuore. Il suo cuore si era spezzato.
“Susan…Susan, ehi!” la chiamò una voce e lei aprì gli occhi. L’oscurità era calata.
Si era addormentata?
Alzò la testa e incontrò gli occhi scuri di Caspian. Lui era accucciato a terra davanti a lei, con il volto al suo stesso livello.
“Caspian!” esclamò lei, allungandosi verso di lui e abbracciandolo forte.
“Susan…cosa…?”
“Stai bene?” gli chiese lei, allontanandosi un poco e guardandolo in viso attentamente.
Lui le sorrise in quel modo che le faceva battere forte il cuore. “Benissimo”
“Caspian…” mormorò, ricominciando a piangere un poco. “Oh, Caspian, ti prego, dimmi che non è vero!”
Il giovane la fissò interdetto. “Cosa?”
“Che stai per sposarti con un’ altra”
Il Re la fissò un momento, poi si separò da lei e si alzò in piedi con sguardo molto serio.
“Come l’hai saputo?”
“Me l’ha detto Drinian” Susan si alzò a sua volta. “Ti prego, dimmi che non è vero!”
Lui non rispose e si allontanò di più, dandole le spalle.
“No…” fece lei, aggrappandosi a lui, ma il ragazzo la strattonò con decisone e lei si ritrasse.
“Ti ho mentito, Susan. Su tutto quanto” disse lui, la voce fredda. “Mi dispiace, ma sapevamo che non sarebbe durata”
“Hai…hai detto di amarmi. Hai detto che…”
Caspian si voltò e la fissò con occhi dardeggianti. “Ho detto un milione di cose! Ma tu mi hai ascoltato? No, te ne sei andata! Cosa credevi, che me ne sarei rimasto ad aspettarti per sempre?! Anch’io voglio avere una vita!”
“Smettila…non è vero, non le pensi queste cose…” mormorò la fanciulla sconvolta.
“Sì, le penso, e tu lo sai! Era un sogno, Susan. Ora svegliati!”
Lei si coprì il viso con le mani e le parve che tutto si facesse ancora più buio. Poi, sentì di nuovo qualcuno metterle una mano su una spalla e scuoterla.
“Svegliati…Susan!”
“Eh…?” la ragazza alzò la testa di scatto e anche stavolta incontrò due occhi famigliari…ma erano azzurri. “Peter…”
“Che ci fai addormentata qui? Ti ho cercata dappertutto”
Lei si passò una mano sul viso e tirò un sospiro di sollievo. Allora era stato un sogno…
“Da quanto sono qui?”
“Più o meno mezza mattina. Dai vieni” le disse il fratello con un sorriso. “E’ ora di pranzo”
Susan si alzò e lo seguì fuori dalla cabina di comando.
Peter la guardò con un vago cipiglio. “Susan, stai bene?”
“Come? Sì...sì, certo” mentì lei.
“Hai ancora l’aria stanca”
“Sì, sono stanca, ma il dottore ha detto che non ho niente. E’ che ho i nervi a pezzi” lo rassicurò lei. Rimase pensierosa per un attimo, poi chiese: “Caspian?”
“Credo che gli abbiano dato qualcosa per dormire. Se c’è qualcuno che ha bisogno di riposare, siete proprio voi, con quello che vi è successo”
Le immagini apparvero chiare come lampi nell’oscurità. Susan rivisse in un attimo tutto quello che era successo sull’Occhio di Falco. Lei legata e imbavagliata che raggiungeva la nave in groppa alla Blue Singer, insieme al pirata. Rabadash che le diceva che la voleva come moglie e madre dei suoi eredi. Lei che aspettava e aspettava che Caspian arrivasse a salvarla. Lui che giungeva da lei e finalmente si ritrovavano. E ancora i soldati di Rabadash che lo trascinavano via, che li separavano. L’attesa di sapere cosa gli avevano fatto e poi vederlo tornare praticamente in fin di vita. La minaccia del principe di giustiziarlo. La lunga notte passata a vegliarlo, a sperare, pregare che si salvasse, che non la lasciasse. E poi la mattina, quando davvero aveva creduto che sarebbe finita. Infine, dopo la battaglia il sollievo di saperlo salvo.
Ripensando a tutto ciò, Susan si stupì davvero di sé stessa, di quello che aveva fatto e sopportato, di come aveva reagito. Ma adesso era davvero al limite della sopportazione. Dopo le rivelazioni di Drinian sul matrimonio di Caspian, anche se poteva sembrare cosa di poco conto rispetto al resto, ebbe come la sensazione che il mondo si sgretolasse.
Caspian si sposa…Caspian si sposa…
Era una cantilena monotona nella sua testa e la faceva impazzire. Quelle parole erano un chiodo fisso, ormai. Un ossessione.
Afferrò la mano di Peter, perché le prave di non riuscire a stare in piedi se non si fosse aggrappata a lui. Scoppiò di nuovo in lacrime e il fratello la guardò allarmato.
“Sue…”
“Scusa, non so cosa…non so cosa mi prende” mentì ancora. Si sentiva girare la testa per lo sfinimento.
Peter l’abbracciò stretta e lei appoggiò la guancia alla sua spalla.
“Forse è meglio che tu torni a stenderti”
Susan scosse il capo. “No. Voglio vedere Caspian”
Peter non poté intuire il vero motivo che si celava dietro quella richiesta.
“Penso che fino a domani non ce lo lasceranno vedere” disse il Magnifico.
“Domani?!” la paura per la salute di Caspian fece di nuovo capolino nel suo cuore. “Ma sta ancora così male? Il medico aveva detto che era questione di poche ore”
“Lo so, ma a quanto pare non è così. Comunque non devi temere, lo sai che il cordiale di Lucy fa miracoli” sorrise il giovane.
“Lo so, però…”
“Posso solo immaginare quanto sia stato difficile per te vederlo in quello stato. Ma ora sta bene. Non pensarci più”
Susan tentò di sorridere. Non avrebbe detto a Peter ciò che la tormentava davvero. Se l’avesse fatto, avrebbe rovinato l'amicizia che i due ragazzi avevano così a fatica conquistato.
Possibile che tutto ciò che la riguardava, finiva sempre con il ferire anche gli altri?
“Cerca di rilassarti" le disse ancora il Re Supremo. “Sei tesa come una corda di violino”.
Poco dopo andarono a pranzo, dove trovarono tutti gli altri: Edmund, Lucy, Eustace, Miriel, Gael, Emeth e Ripicì. Nessuno sembrava essere in forma perfetta. Ognuno di loro esibiva un’aria stanca e stressata, ma quella che sembrava maggiormente provata era proprio Susan.
Non le piaceva mostrarsi debole davanti agli altri, e quando iniziarono a divenire troppo insistenti e fare troppe domande, lei si alzò da tavola lasciando il piatto a metà.
“Smettetela di starmi addosso, sto bene! Sono stanca di ripeterlo!”
Tutti gli altri si scambiarono sguardi perplessi. Rimasero anche un po’ male per la brusca reazione della Regina, che male interpretarono credendo fosse dovuta a tutta la situazione.
Susan tornò negli alloggi dell’equipaggio e si fermò davanti alla branda di Caspian, prima di sedervisi. Si levò il fiore blu dai capelli e iniziò a far ruotare il gambo tra le dita.
Aveva ancora un significato quel fiore? Il primo dono che Caspian le avesse mai fatto…
Improvvisamente, ricordò le parole che lui le aveva detto la notte che glielo aveva donato, sfilandolo dalla ghirlanda di fiori che Susan aveva intrecciato per lui.
“Lo sai che un’antica tradizione di Narnia vuole che un uomo regali una rosa blu alla donna che ha scelto come sua sposa per la vita?”
Ricordò anche un’altra volta in cui le aveva detto che vedere qualcosa di azzurro lo faceva pensare a lei, ai suoi occhi…
Azzurro, o blu, come il suo fiore.
Lo osservò un istante, prima di rimetterselo. Poi si alzò e si diresse verso la cabina reale.
A metà strada, come in uno strano dispetto del destino, incontrò Drinian. L’ultima persona che avrebbe voluto incontrare.
“Vostra Maestà”
“Capitano”
Si salutarono freddamente.
Lei lo superò irrigidendo le spalle e continuando a camminare spedita verso la sua meta. Poi accadde quel che temeva.
“Dove state andando?”
Lei non rispose. Era stanca di essere ostacolata da tutto e tutti.
 “Il Re non può ancora ricevervi”
Susan si voltò irritata. “Non potete impedirmi di vederlo!” esclamò. “Ho bisogno di vederlo!”
“Per tormentarlo ancora?”
“Dopo che mi avete detto quelle cose, cosa speravate? Che mi tirassi indietro facendo finta di niente?”
 “Cosa succede qui?” chiese il medico di bordo, che veniva proprio dalla cabina reale. “Ah, mia Regina” esclamò poi con un sorriso. “Stavo proprio per venire a cercarvi”
Susan lo guardò perplessa.
“Sua Maestà ha ripreso i sensi proprio ora. E ha chiesto di voi”
Lei ebbe un tuffo al cuore. “Davvero?!”
“Sì, mia cara. E’ ancora un po’ debole,  fino a domani non lo farò muovere dalla sua cabina. E a questo proposito, se non vi dispiace, dovreste alloggiare da un’altra parte, almeno per stanotte”
“Sì, certo. Non c’è alcun problema”
Guardò ancora una volta Drinian, il quale non ribatté stavolta e la lasciò andare.
Susan ringraziò il dottore e raggiunse quasi di corsa la stanza del Re. Quando fu davanti alla porta, però, esitò un momento.
Desiderava tantissimo vederlo, per svariate ragioni. Ma ora…ora che era davvero arrivato il momento, sentì che avrebbe voluto rimandarlo al più tardi possibile. Quell’attimo in cui avrebbe guardato davvero negli occhi di Caspian e avrebbe capito come stavano effettivamente le cose. Se le avesse confermato le parole di Drinian, lei cosa avrebbe fatto?
Quando finalmente si decise ad entrare, trovò il giovane seduto nel letto, il viso ancora adombrato da un lieve senso di stanchezza. Ma i suoi occhi scuri brillarono di una luce abbagliante quando la vide, e lei non poté non gettarsi tra le sue braccia.
“Susan!” esclamò Caspian sorridente, felice.
In lei si dibattevano sentimenti contrastanti. Avrebbe dovuto essere furiosa con lui per non averle detto la verità, ma come poteva esserlo? Aveva rischiato la vita per salvarla. Come poteva non amare un uomo simile? E lei sentiva che lui la ricambiava. Lo vedeva, lo capiva…
Voleva chiedergli la conferma a ogni dubbio. Chiedergli di dirle ancora una volta che l’amava. Tutte le volte che lo faceva, lui rideva un poco di lei, senza cattiveria, forse pensando che era un po’ sciocca, perché era ovvio.
Aveva forse bisogno di ulteriori dimostrazioni?
No, assolutamente no.
Ma le insinuazioni di Drinian le erano entrate come un veleno nel corpo, inquinavano il suo cuore e non se ne sarebbero andate fino a che Caspian avrebbe detto no: non era vero niente.
Susan sentiva le braccia di lui attorno al proprio corpo e un pensiero orribile affiorò nella sua mente, un pensiero che la fece sentire male: quelle braccia erano destinate a un’altra donna.
Caspian la strinse forte, ignorando il lieve fastidio che avvertiva al fianco.
La sua dolce Susan era venuta immediatamente.
La prima cosa che aveva fatto quando aveva ripreso i sensi, era stato pronunciare il suo nome, ancor prima di ricordare dove si trovasse e rendersi conto che non soffriva più e non provava più dolore.
Aveva veduto il medico al suo capezzale e si era per un momento chiesto se lei stesse male per qualche ragione, perché non era con lui. Il dottore aveva stupidamente insistito perché nessuno lo disturbasse, ma Caspian aveva ribattuto dicendo che voleva Susan, subito, lì accanto a lui. Voleva toccarla, voleva sentirla, guardarla, parlarle e sorriderle. Era stato quasi un ordine e il medico allora era andato a chiamarla.
 “Sta tranquilla. Ora va tutto bene. Sto bene” sussurrò al suo orecchio, dandole un bacio sul capo.
Susan si separò piano da lui, osservando il suo viso. Il taglio sulla sua guancia era una striscia chiara che andava sbiadendo. Ma le altre ferite non erano ancora completamente guarite.
“Che cosa c’è?” le chiese il Re, quando vide che lei serrava le labbra e si irrigidiva leggermente.
“Niente…” fece Susan titubante. “Sono ancora un pò stanca”
“Ho chiesto al dottore come stavi e mi ha detto che sei quasi svenuta, è vero?” Le accarezzò il volto e lei annuì.
“Forse dovresti riposarti ancora”
“Sto meglio adesso. Tu come stai?”
“Adesso che sei qui, bene”
Lei gli sorrise debolmente.
Non poteva spezzargli il cuore, ma doveva sapere…
Lui la fissò a lungo. Susan era strana. Aveva notato qualcosa in lei e dopo un attimo capì che cos’era.
“Tu hai pianto” le disse, accarezzandole ancora il volto.
Lei annuì appena. “Ero così in ansia…”
Lui sorrise lievemente e la strinse ancora.
“Devo dirti tante cose…” mormorò la fanciulla.
“Anch’io”
“Sì, lo so” la Dolce lo guardò con occhi lucidi.
Certamente, Caspian parlava del consenso di Peter al loro matrimonio. Voleva parlarle del loro futuro insieme.
Invece era di un altro matrimonio e un altro futuro che lei voleva sapere, non il loro.
“Devo ringraziarti, Susan” esordi il giovane. “Mi hai salvato la vita. Se non fossi stata lì, non ce l’avrei fatta”
Lei faticò per non cedere di nuovo alle lacrime.
“Perché sei così buono con me?” gli chiese lentamente. “Perché mi ami? Perché volevi rivedermi?”
Lui la fissò sbigottito. “Cosa…?”
“Mi ami, Caspian? Mi ami davvero?”
L’espressione serena del ragazzo si fece più cupa. “Cosa?” ripeté senza capire.
Le prese le mani e gliele strinse. Lei non rispose e continuò a fissarlo, e Caspian vide nei sui occhi una tristezza così immensa da esserne quasi sopraffatto lui stesso. Improvvisamente la sentì lontana, nonostante fosse seduta di fronte a lui, le mani nelle sue.
“Perché hai fatto una domanda simile?”
Susan liberò le mani dalla presa di lui, allontanandosi, alzandosi, perché non riusciva a stargli vicino, a guardarlo negli occhi. Faceva troppo male.
“Quando pensavi di dirmi che ti sposi?” esordì all’improvviso, rispondendo alla domanda con un’altra domanda.
Caspian ammutolì all’istante.
“Quando pensavi di dirmelo?” chiese ancora lei, debolmente.
“Hai parlato con Drinian, vero?”
Lui parlò con voce estremamente calma e piatta, guardando la cascata di capelli castani ricadere liberi sulla schiena di lei. La vide annuire.
“Non volevo lo sapessi così.”
Lei si voltò tremando. “Allora come? E quando, soprattutto? Quando arriveremo alla Fine del Mondo e tu…”
Caspian capì all’istante che Drinian le aveva davvero detto ogni cosa.
“Susan, ascoltami…” si mise in piedi, reprimendo una smorfia e un gemito.
“Fermo, non puoi alzarti” esclamò la ragazza avvicinandosi, posandogli le mani sulle spalle.
Subito, Caspian le prese i polsi stringendoglieli un una morsa ferrea, gli occhi scuri e penetranti fissi in quelli chiari di lei.
Il Re nutriva da tempo il terrore che il capitano potesse parlare a Susan di quella storia, distorcendo i fatti e allontanandola da lui più di quanto aveva previsto accadesse se lo avesse scoperto. Aveva deciso di raccontarle la verità prima che lo facesse Drinian, ma non aveva mai trovato il coraggio. E ora…
Susan si aggrappò a lui, proprio come nel suo sogno. “Ti prego, dimmi che non è vero…Io ti crederò! Crederò a tutto ciò che mi dirai!”
Lui voltò la testa di scatto, come per cercare di negare l’esistenza della verità, ma lei ormai aveva capito e lui non poteva più fare niente se non ammetterlo.
 “Mi dispiace…” sospirò il giovane. “Purtroppo, ciò che ti ha detto Drinian è in parte vero”
“In parte? Che significa, in parte?!”
Caspain vide la disperazione farsi strada sul volto di lei, nei suoi bellissimi occhi.
“Qual è la realtà Caspian?! Dimmela, ti prego, perché io non lo so!”
“Lo sai qual è”
“No, non la so più…io non riesco a capire! Avevamo detto che non dovevano esserci segreti, che ci saremmo detti sempre tutto, ma tu mi hai mentito per tutto questo tempo! Perché?! Perché non me lo hai detto?!”
“PERCHE’ NON POTEVO DIRTELO, SUSAN! PERCHE’ E’ LA VERITA’!” urlò Caspian, in preda alla furia più disperata, tornando a guardarla. La lasciò andare bruscamente, respirando a fondo. “E’ la verità…”
Lei si sentì venire meno.
Lui cercò di ritrovare la calma. “Sì, è stato deciso che mi sposerò non appena terminata la ricerca dei Lord, ma io…”
“No!” Susan si coprì gli occhi con le mani e gli diede ancora le spalle, sconvolta.
“Aspetta! Ascoltami!” Caspian la prese per le spalle e la fece rivoltare verso di sé, costringendola a guardarlo. “Non pretendo che tu capisca, ma ti prego almeno di ascoltare quello che ho da dire. Io non ho mai dato la mia approvazione, non desidero affatto sposarmi! Dimentica quello che ti ha detto Drinian e ascolta me, invece!”
La Dolce non riuscì a sostenere quegli occhi così neri, così penetranti in quel momento.
“Susan, guardami. Se dobbiamo proprio parlarne, voglio che mi guardi.”
Lei lo fece e si fissarono per un momento.
“Allora, quello che Drinian ha insinuato su di noi…” balbettò la ragazza.
“Che altro ti ha detto?” chiese Caspian con voce estremamente calma, ma terribilmente piena di collera.
Susan lo guardò intimorita. “Che non posso far parte della tua vita. Che hai acconsentito a sposarti perché sai che la nostra storia è destinata comunque a finire. Che è solo un sogno che avevi e non hai ancora voluto lasciar andare. Ma quando arriverà il momento, lo getterai alle spalle perché si è avverato, ed era solo questo che volevi, vivere quel sogno di tanto tempo fa. E...in realtà non mi hai mai amata”
Caspian contrasse la mascella e una furia disperata lo invase. “E tu gli credi?! Credi che io stia con te per…solo per soddisfare qualche mio piacere personale?!”
Susan scosse il capo mordendosi le labbra. Caspian le faceva quasi paura.
“No…” rispose a voce bassissima.
“Stai dubitando del mio amore?” le chiese ancora lui, gli occhi che brillavano in un modo che non aveva mai visto.
“No!”
“Sì, lo stai facendo! Credi di più a lui che a me!” gridò il Re, allibito, stringendo la presa su di lei.
“Io non so a che cosa credo…Ho cercato di non ascoltarlo, ma non ce la faccio” Susan gemette, esasperata. “Non posso più sperare e basta. Le tue parole sono vere. Mi ami, lo so che mi ami, ma…”
Ma cosa, Susan?!” fece Caspian, lasciandola andare e allargando le braccia. “Cosa vuoi che faccia?!”
“Non lo so…” rispose lei debolmente, la voce tremante, bassa, contrapposta a quella alterata e furiosa di lui.
“Forse che mi dici che non è vero. Che non ci sarà un’altra donna al tuo fianco, una donna con cui dividerai la vita, una donna che stringerai tra le tue braccia, che farà l’amore con te, e che ti darà dei figli!”
Si era sforzata, aveva provato, ma alla fine le lacrime erano scese, numerose, irrefrenabili.
“Voglio essere io…devo essere io!”
“E sarai tu!”
“No…no e lo sai! Lo sai che non puoi tirarti indietro. Perché l’ha deciso Aslan!”
Caspian la fissò senza dire nulla. Prese un respiro prima di parlare. Non voleva urlare ancora.
“Sì…Aslan desiderava che prendessi moglie per il bene di Narnia. E so che ha ragione. Sono il Re e devo fare quello che è giusto. Ma non me lo ha mai imposto. Non era un ordine il suo, era una richiesta.”
Si avvicinò di nuovo a lei, Susan sospirò forte.
“Un Re o una Regina di Narnia non sono costretti a sposarsi se non lo desiderano…Ma io lo desidero. Io voglio stare con te! Voglio che sia tu mia moglie! Sto facendo di tutto per farlo accadere e credevo che tu avresti combattuto con me per questo!”
“Io non posso disobbedire ancora ad Aslan!”
Caspian abbassò le spalle con un lamento stanco. “Non mi hai sentito? Aslan non mi ha mai imposto niente! Io non ho vincoli!”
La Dolce scosse il capo. “Questo non cambia le cose. Adesso vedo la realtà per quella che è: se sono tornata non è stato affatto perché dovevo stare con te. Sono stata io a infrangere le regole e Aslan è tanto buono che mi ha permesso di restare…per Narnia. Non c’è nient’altro. Quello che è successo in questi tre anni non mi riguarda. Niente di ciò che accade a Narnia mi riguarda più. E tu…tu sei la mia punizione per aver disobbedito”
Caspian rimase un momento lì a guardarla piangere, pieno di tristezza e rabbia.
“E’ così che mi vedi?”
“Caspian, non potremo mai stare insieme, te ne rendi conto? E’ tutto come allora, non è cambiato nulla!”
“Certo che no, se tu hai già deciso che sarà così!”
Lei si ritrasse, disorientata. 
“Tu hai già deciso tutto da sola, Susan! Non te e sei accorta?! Ancora prima di venire da me, tu già credevi alle parole di Drinian!”
“Ma sono vere! Sono vere!” singhiozzò la fanciulla, più forte che mai.
“Sì, sono vere, ma non sono le mie!”
“Che differenza vuoi che faccia? Non mi hai detto niente di diverso!”
Caspian la fissò sbalordito. “C’è un’enorme differenza, invece! Ma tu non mi ascolti! Te ne stai lì a pensare di essere la sola a soffrire, vero? Non pensi a quello che sto provando io?!” si batté una mano sul petto, ricominciando a gridare. “Non mi hai prestato la minima attenzione! Hai già tirato le tue conclusioni e non mi vuoi stare a sentire!”
 “Basta, sono stanca…” mormorò Susan, portandosi una mano al viso e coprendosi ancora gli occhi.
“Ah, davvero?!”
“Tu non sai cosa significa per me stare con te!” esclamò lei con voce frantumata dal pianto, abbassando la mano. “Tu mi hai salvato da me stessa! Non sai cos’ho provato veramente quando, chiusa nella mia camera, a Finchley, lontana da te, immaginavo che accadesse sul serio una cosa come questa! E pensavo e ripensavo a se ti eri già sposato, se mi avevi dimenticata!”
Caspian fece una mezza risata furiosa “Io non lo so?! Tu non sia come stavo io! Tu te ne sei andata! Mi hai lasciato solo!”
“Anch’io ero sola!” gridò lei tanto forte da sentirsi infuocare la gola e il petto.
“Tu non sai cosa vuol dire essere veramente soli, Susan! Tu hai sempre avuto la tua famiglia, i tuoi fratelli, i tuoi genitori! Io non avevo e non ho nessuno! Io non ho una famiglia, non l’ho mai avuta, ho sempre dovuto fare tutto da solo!”
“Volevo essere io la tua famiglia, Caspian, ma tu non…”
“Cosa?!” gridò lui, forte.
“Non me lo hai permesso!” gridò lei più forte in risposta. “Io lo volevo, ma ora è cambiato tutto e adesso…adesso non ha più senso restare!”
“Allora vai! Vattene!” gridò ancora lui, in fretta, puntando un dito contro la porta.
Prima che potesse pentirsi delle sue parole, Susan gli voltò le spalle e corse verso l’uscita. Caspian la guardò allontanarsi senza poter fare nulla.
La sua rabbia allora si arrestò. Il Liberatore fece ricadere le braccia lungo i fianchi e gemette debolmente. Guardò nel vuoto il punto in cui lei era stata fino a un attimo prima. Quindi si voltò, camminò fino al letto e si aggrappò a una delle colonne del baldacchino, stringendola tra le dita così forte finché gli intagli su di essa non gli penetrarono nella pelle. Le diede un pugno, emettendo un grido, facendosi male.
Ma si trattava solo di un dolore fisico, ed era in grado di sopportarlo. Era l’altro dolore, il profondo dolore che gli lacerava il cuore, che ne strappava i lembi e lo riduceva a brandelli, pezzo dopo pezzo, che non riusciva a sopportare. Faceva più male di qualsiasi taglio o ferita. Avrebbe preferito mille volte continuare a sentire il male provato sulla nave di Calormen, piuttosto che soffrire in quel modo. Le ferite del fisico guariscono, ma quelle dell’anima no. Solo Susan poteva curare quel tormento, ma lei se n’era andata. Era fuggita via e di certo ora lo odiava.
L’aveva sempre saputo che, se lei avesse scoperto tutto, sarebbe andata a finire così, ma non aveva immaginato quanto potesse far male davvero.
Il suo cuore era un leone in catene che ruggiva per ritrovare la libertà. Libertà che era possibile trovare solo tra le braccia di Susan.
E oltre al dolore provò ancora rabbia, tanta rabbia. Nei confronti di sé stesso per aver mentito tutto quel tempo. Se le avesse raccontato ogni cosa prima, con le sue parole, forse avrebbero litigato ma non in quel modo. E forse tutto si sarebbe chiarito nel momento in cui Susan avrebbe capito quanto lui l’amasse, quanto lei fosse indispensabile nella sua vita e cosa era davvero accaduto a Cair Paravel quel giorno d’estate ormai lontano.
Invece adesso era inutile, perché Drinian le aveva riferito cose distorte e Susan non sapeva a quale versione crede, forse convinta davvero che il loro amore fosse tutta una menzogna.
Era furioso anche con il capitano. Da un po’ di tempo Caspian temeva una mossa simile da parte sua, ma non pensava approfittasse proprio del momento in cui Susan era più debole.
Ed era arrabbiato anche con lei, perché non voleva nemmeno stare ad ascoltarlo. E sapendo quanto fosse ostinata, capì di non poter fare nulla. Doveva capirlo da sola qual era la verità…
Versò il tardo pomeriggio di quel giorno, il Veliero dell’Alba riprese il mare e si lasciò alle spalle le orribili avventure che aveva incontrato sull’Isola delle Acque Morte. Nessuno lo disse, ma fu davvero un gran sollievo per tutti sapere di lasciare quel luogo maledetto. L’unico avvenimento che avrebbero ricordato con piacere, sarebbe stata la visita di Aslan.
L’aria continuava ad essere fredda, colpa dei venti autunnali che spiravano da nord ovest. Una leggera pioggerella e qualche tuono li accompagnarono fino a sera, quando Drinian venne a portare la cena al Re.
Caspian era immobile nel letto, non lo ringraziò, non disse nulla, teneva lo sguardo fisso davanti a sé.
“Vostra Maestà deve mangiare”
“Non ho fame”
“Dovete rimettervi”
Caspian lo guardò appena. “Sto bene. Piuttosto, capitano, avete nulla da dirmi?”
Drinian indugiò un momento. “A cosa vi riferite?”
“Avete parlato con la Regina Susan, e le avete detto cose che non vi riguardavano!”
“Mio signore, mi rincresce, ma l’ho fatto per il vostro bene”
“Tu non sai cosa va bene  per me, Drinian! Ti avevo chiesto di non dirglielo! Hai tradito la mia fiducia!”
“Vi prego, Maestà, voi dovete…”
Caspian alzò il viso e guardò Drinian con occhi fiammeggianti. Gli parlò con voce ferma, profonda ma estremamente chiara, piena di rabbia e dolore.
“Io voglio lei. Nessun’ altra. E se non sarà così, preferisco la morte”

 
 



Ciao ragazzi! Eccomi come promesso!!! Che bello essere qui così presto!!! :D
Ormai abbiamo superato i trenta capitoli e la sapete una cosa? Credo che arriveremo a quaranta!!!! Troppi???
Come avevo detto, il capitolo è tutto loro!!! <3 Dei miei tesoroni adorati!!! Li amo li amo li amo!!! *.*
Anche stavolta la situazione è piuttosto tragica, però a me piacciono gli amori tormentati!!! Perché poi è bello descrivere quando tutto si risolve *.*
Prevedo fiumi di lacrime tra le recensioni.  Non trattenetevi!!!
Su questo capitolo ci sto lavorando da settimane, anche se non è lunghissimo (11 pagine contro le 17 della volta scorsa). Non sapete quante volte l’ho riscritto! Non volevo fare una cosa troppo banale e nemmeno i discorsi volevo lo fossero. Non so com’è venuto, io non so darmi un giudizio da sola, anche perché sono sempre un po’ critica su me stessa. Però sono abbastanza soddisfatta. Spero sia all’altezza delle aspettative.
Come sempre ho dei dubbi su quello che scrivo. Sapete, non vorrei aver fatto piangere troppo Susan in questo capitolo. Ditemi cosa ne pensate senza farvi problemi.
 
Passiamo ai ringraziamenti:
 

Per le preferite:ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, elena22, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, susan the queen, TeenAngelsRbd e TheWomanInRed.
 
Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, Lucinda Grey, Miss Hutcherson, postnubilaphoebus, susan the queen e TeenAngelsRbd.
 
Per le seguite:Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, Riveer, SerenaVdW, Smurff_LT, susan the queen, SweetSmile, Yukiiiiii e _Autumn
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:Angie_V, Babylady , Charlotte Atherton, EstherS,  FioreDiMeruna, Fly_My world , FrancyNike93, GossipGirl88, piumetta, e SerenaVdW
 
Angolino delle anticipazioni:
Prevedo che anche nei prossimi capitoli la nostra Sue non sia in forma smagliante e Caspian neppure ( e le ferite non centrano).
La traversata è ricominciata e presto arriveranno all’Isola del Drago. Eustace ci aiuterà a smorzare un po’ la tensione.
La Strega Bianca nel frattempo, si prepara a lanciare un nuovo attacco e se si vedrà lei, è probabile che si veda anche Shanna. E almeno un po’ di Shandumnd ve la metto!!! La sto promettendo da settimane ma non c’è ancora stata, mannaggia!!!

 
ANNUNCIO:
Anche se ufficialmente su efp l’ho pubblicata per la prima volta il 10/10/2012, esattamente un anno fa come oggi, la vostra Susan iniziava a scrivere Queen of my Heart, in una giornata un po’ più soleggiata di quella di oggi (almeno, da me oggi piove…T___T), ispirata dalla canzone dei Westlife che porta, come ormai sapete, il titolo della storia.
Quindi, fate gli auguri!!! XD

 
Ok gente, io per sabato non ci sarò, per cui vi rimando a sabato l’altro, cioè l’otto!
Vi saluto, carissimi! Vi ringrazio come sempre tantissimo, anche se lo faccio già nelle recensioni e scommetto che ormai i miei ringraziamenti vi saranno entrati in odio!!! XD Ma voi siete davvero meravigliosi e sono davvero davvero felice che Queen non vi stanchi e non vi deluda mai!
Un bacio grande cosìììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììì!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
vostra Susan<3

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32: Lacrime, amore e un sogno ***


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32. Lacrime, amore e un songo

 

Io volevo stare con te
Perché ne avevo bisogno
Ho bisogno che sentissi che dicessi che ti amo
Ti ho amato tutto il tempo
E ti perdono
Per essere stata lontano così tanto tempo
Continua a respirare
Perché non ti lascerò più
Credici
Tieniti stretta a me e non lasciarmi andare mai via



 
 
Quando Susan si svegliò il mattino seguente, non riuscì a ricordare tutto e subito di quanto successo la sera precedente. Era come se il suo cervello si rifiutasse di accettare l’inevitabilità dei fatti.
Rimase a lungo sdraiata ad ascoltare attorno a sé le voci e i suoni dei marinai al lavoro, passi tonanti sopra di lei di gente che si muoveva sul ponte. E quei rumori risvegliarono l’improvvisa comprensione che quell’incubo di pianti e grida era stata la realtà.
Non aveva nessuna voglia di alzarsi. Si sentiva incredibilmente stanca, la testa pesante, causa la notte praticamente insonne passata a singhiozzare sul cuscino, il più silenziosamente possibile per non essere notata dagli altri, stringendo le coperte della branda che di solito occupava Caspian.
Odorava di lui.
Era stato assurdo voler dormire proprio nel suo letto, così da non poter smettere di pensarlo nemmeno per un secondo, ma in quel modo lo sentiva vicino anche se non era lì con lei.
Una sola volta aveva dormito lì insieme a Caspain, poco prima che la Strega Bianca attaccasse la nave.
Erano così felici in quei giorni, fatti di promesse e speranze. Riuscivano a essere spensierati nonostante le incertezze e le difficoltà.
Ma quei momenti ormai erano lontani e non era nemmeno sicura che sarebbero tornati.
Quali sarebbero state le conseguenze del loro litigio? Cosa si sarebbero detti? Cosa avrebbero fatto adesso?
Lei era stata stupida a fuggire via così, senza nemmeno cercare altre spiegazioni, ma Caspian le aveva parlato e l’aveva cacciata così duramente che l’unica cosa che era riuscita a fare era stato voltargli le spalle e uscire dalla sua stanza per non udirlo più gridare.
Si era sentita tradita, presa in giro, e lui non aveva smentito nulla, aveva detto solo che non si voleva sposare. Ma cosa cambiava? Ormai era tutto deciso.
Volere una cosa non significa farla. Lei lo sapeva bene.
Desiderava vederlo, per chiarirsi di nuovo, o almeno provare a farlo. Però…però non se la sentiva, perché aveva paura.
Lo aveva visto arrabbiato diverse volte, per svariate ragioni, ma mai veramente, e soprattutto non in quel modo. Il solo pensiero di scorgere di nuovo quell’espressione dura nei suoi occhi scuri e penetranti la spaventava, perché la rabbia dentro di essi era per lei.
Avrebbe tanto voluto passare sopra ogni cosa, dirgli che le dispiaceva e che voleva che tutto tornasse come prima. Ma come? Come riuscirci?
Non poteva tradire Aslan, ma non poteva tradire il suo cuore.
Amare Caspian significava disubbidire di nuovo, rischiare- stavolta per sempre- di non rivedere Narnia mai più.
Non amarlo- o per lo meno rinunciare a lui, perché di amarlo non avrebbe smesso mai- significava rinnegare il suo amore ma fare ciò che era giusto per Narnia.
Ancora una volta, si trovava davanti a un bivio.
Lei sapeva già quale parte avrebbe scelto, tuttavia...
“Susan, non vieni a fare colazione?” la chiamò piano piano la voce di Lucy.
La Dolce si voltò appena. “No, non mi va”
La ragazzina avanzò tra le brande vuote fino a raggiungere la sorella maggiore.
“Che cosa è successo?”
“Niente, Lu. Lasciami sola, per piacere” fece Susan, dandole le spalle.
“Non stai bene?”
Susan non rispose, facendo cenno di no col capo.
Lucy aggrottò la fronte. “Non è meglio che ti fai vedere ancora dal dottore?”
“No, non serve. Non sono malata, sono solo…” lasciò la frase a metà, non sapendo bene come definire il suo stato d’animo. Era assediata da emozioni che la consumavano dentro e si sarebbe messa gridare ancora se ne avesse avuto la forza.
“Ne vuoi parlare?” provò a chiedere la Valorosa.
La Regina Dolce scosse ancora la testa, voltandosi verso di lei. “No. Grazie lo stesso. Ma adesso davvero non mi va”
Lucy rimase un po’ delusa e restò per un istante a fissare la sorella.
“Come l’hai capito?” domandò la Dolce poco dopo.
“Da che sia tu che Caspian avete due facce da funerale, stamattina”
Susan accennò un debole sorriso.
La piccola Pevensie fece per andarsene. “Ti lascio sola. Scusa se ti ho disturbato”
“Non mi hai disturbato, Lu”
Le due sorelle si guardarono e si sorrisero.
Quando Lucy se ne andò, Susan rimase a pensare a tutto e a niente.
Ormai era passato un giorno da quando aveva parlato con Drinian. Un giorno soltanto. Sembrava tanto di più.
Chissà cosa avrebbe detto Caspian non vedendola. Si sarebbe preoccupato? Avrebbe chiesto di lei oppure no? Di certo era ancora molto arrabbiato.
Le bastava pensarlo, chiudere gli occhi e immaginarlo, per vedere chiare davanti a lei tutte le sue espressioni, tutti i suoi gesti. Il vizio che aveva di passarsi una mano sulla nuca o tra i capelli quando era imbarazzato per qualcosa. Il modo di stringere le labbra e contrarre il viso quand’era arrabbiato. Il movimento delle sue labbra mentre si schiudevano in un sorriso.
Caspian. Caspian. Caspian.
Il suo nome era come il rimbombo del tuono nel cielo cupo che era il suo cuore.
Aveva sempre saputo di dover pagare il prezzo della sua disobbidienza, ebbene lo stava scontando ora. Non vederlo, non toccarlo, non sentirlo vicino a lei. Era una tortura alla quale era impossibile sottrarsi, e sarebbe stato sempre così d’ora in avanti, fino a che non fosse tornata di nuovo sulla Terra. Non poteva più abbracciarlo, baciarlo, stringerlo. Lui era di un’altra e lei doveva tirarsi indietro.
Si assopì di nuovo, per quanto tempo non seppe dirlo. Si risvegliò quando avvertì il peso di qualcuno che si sedeva accanto a lei sulla branda, facendola leggermente inclinare.
Già sapeva chi era senza bisogno di aprire gli occhi o voltarsi.
La mano di lui le sfiorò i capelli e la schiena.
“Hai intenzione di rimanere chiusa qui dentro ancora per molto?”
Il tono di Caspian era indecifrabile. Lei avrebbe voluto vedere la sua espressione ma non si mosse. Sembrava quasi comportarsi come se non fosse successo nulla.
“Susan?”
La Dolce mosse appena le spalle, in modo che lui scostasse la mano da lei.
“Lasciami stare” mormorò, rannicchiandosi ancor più nelle coperte.
“No, non ti lascio stare”
Caspian la fissò qualche istante. Dannazione a lei e alla sua assurda testardaggine!
“Susan, guardami” disse il Re, e sembrava quasi un ordine.
“No”
Lui imprecò sottovoce e allungò le braccia sollevandola senza tanti complimenti, costringendola a sedersi di fronte a lui.
Lei emise un piccolo grido di stupore sentendosi afferrare in quel modo un po’ brusco.
“Cosa…?”
“Smettila di fare la bambina viziata e alzati!”
Lei lo fissò con rabbia e cercò di liberarsi dalla sua presa.
“Vuoi fare l’ostinata? Non mi vuoi parlare? Va bene! Ma smettila di comportarti in questo modo, stai facendo preoccupare tutti”
“Perché non gli dici tu perché sto così? E’ colpa tua!” le uscì detto, con un tono che non avrebbe voluto assolutamente usare.
Caspian la lasciò andare e si alzò, sentendo riaffiorare tutta la rabbia della sera prima.
“Non dare tutta la colpa a me! Io ho cercato di spiegarti! Tu non sei stata a sentire!”
“Non c’era niente da ascoltare se non le tue bugie!”
“Non ti ho mai detto bugie!”
“Invece sì, continuamente!”
Ecco che avevano ricominciato a gridare, senza rendersene conto. Susan era in piedi.
“Bene” disse Caspian guadandola e annuendo, con una vaga nota di soddisfazione. “Almeno ti sei alzata. Se vuoi litigare ancora, io sono disponibile. Ma prima vestiti e mangia qualcosa. Sei pallida”
La Regina si accigliò un poco ed entrambi continuarono a fissarsi in silenzio.
“Potesti uscire, per favore?” chiese a un tratto la ragazza.
“Scusa?”
“Mi devo cambiare”
Il giovane sorrise leggermente. “Non dirmi che ti vergogni di me?”
Susan arrossì un poco. “No, ma…non mi sembra il caso che tu rimanga”
“Perché?” Caspian le si accostò piano, avvicinando il volto a quello di lei.
La Dolce indietreggiò un poco e si ritrovò contro il muro. Caspian alzò le braccia e le posò ai lati del suo viso.
“Se solo tu mi lasciassi spiegare, allora capiresti perché non ti ho detto nulla” sussurrò lui, provocandole brividi lungo tutto il corpo. “Non ti ho mai mentito. Non su di noi. Non su quello che provo per te”
Susan puntò un dito contro il nulla. “Mentre dicevi di amare me, sapevi che là da qualche parte c’era un’altra donna che ti aspettava! E se questo non è mentire, dimmi tu che cos’è! Ieri sera non hai screditato le parole di Drinian, e non…”
“Smettila di rimuginare su ciò che ti ha detto Drinian!”  la interruppe Caspian, la voce alterata che rimbalzava sulle pareti dello stanzone.
Ma Susan non si fermò, alzando la voce per sovrastare quella di lui. “E non mi hai detto nulla fino ad ora perché non sai assolutamente come uscire da questa situazione, prova a negarlo!”
Caspian piegò la testa in avanti e alcuni ciuffi di capelli gli finirono sul volto, sbattendo una mano sulla parete. Susan strinse gli occhi e trasalì.
“E’…è complicato” disse il Re, respirando a fondo. “Ma se tu mi lasciassi parlare e per una volta mi ascoltassi…”
Lei continuò a fissarlo. “Non lo avresti mai fatto, vero? Non me lo avresti mai detto. E anche se me lo dici ora non fa alcuna differenza, te l’ho già detto. Ti devi sposare, questo è sufficiente. Non c’è futuro per noi, non c’è mai stato. Io mi sono illusa e tu invece lo sapevi! Mi hai presa in giro, sei un bugiardo, ti odio!”
Caspian rimase immobile per qualche secondo, durante il quale Susan si rese conto di quanto le sue parole l’avessero ferito.
Lei non avrebbe voluto parlargli così. Le parole erano uscite senza pensare. Tuttavia qualcosa la frenò dal chiedergli scusa. Era lui a doversi scusare, non lei. Lei era sempre stata sincera.
Il Re alzò piano il capo e la guardò con quegli occhi così profondi dai quali si lasciò sopraffare senza nemmeno provare a lottare.
Credette di vederlo arrabbiarsi ancora di più, invece, lui si limitò ad allontanarsi e guardarla con tristezza.
“Se la metti così, allora non abbiamo più niente da dirci. Ora vestiti e sali sul ponte. C’è bisogno anche di te”
Il giovane si allontanò freddamente, ma quando uscì sbattè forte la porta, mostrandole con quel gesto quanto in realtà fosse arrabiato.
Nella mente di Susan risuonavano le sue parole.
Seppe di aver esagerato, stavolta. Perchè aveva reagito così? Perchè non era risucita a parlargli come si deve?
Una una morsa soffocante e dolorosa le serrò il petto e tre parole si fecero strada nella sua mente.
Mi ha lasciata.
 
 
Nei giorni che seguirono, tutti notarono il grande distacco creatosi improvvisamente tra il Liberatore e la Dolce, ma nessuno provò a chiedere nulla.
Susan non condivideva con alcuno le sue lacrime e il suo dolore. Sapeva cosa doveva fare adesso, perché l’aveva già fatto altre volte: doveva tenere lontana da sé tutta la sofferenza, tutti i pensieri, le parole e soprattutto tutti i sentimenti.
Sapeva che era sbagliato, perché comportandosi in quel modo rischiava di diventare quella Susan indifferente e senza vitalità dell’incubo di Jadis. Ma quel suo atteggiamento freddo e distaccato la proteggeva nell’unico modo a lei noto, allontanando le emozioni che altrimenti avrebbero rischiato di distruggerla. Se non si fosse comportata così, non sarebbe riuscita nemmeno a stare in piedi, ne a fare più nulla.
Fin da bambina, aveva sempre superato le sofferenze grazie al suo rigido autocontrollo, esattamente come quando aveva lasciato Narnia le due volte precedenti.
Aveva pensato che non sarebbe più stato necessario, perché con Caspian al suo fianco qualunque sofferenza, anche la più terribile, diventava sopportabile. Perché si sostenevano, si spronavano a vicenda.
Ma adesso…lui non c’era e lei si sentiva totalmente perduta.
Edmund, Peter e Lucy erano sempre più preoccupati, ma la sorella non si confidava con loro e rimaneva chiusa nel suo guscio.
Non sapevano con esattezza perché si comportava così. Certo, era evidente che c’era stata una discussione, un litigio tra lei e il Re, tuttavia non conoscevano i veri motivi che avevano portato al distacco tra Susan e Caspian, perché nemmeno lui aveva detto niente.
Ma da quanto affermava Lucy, doveva essere una cosa seria.
“L’altro giorno, Susan era davvero giù di morale. E stamattina, quando sono entrata in cabina di comando, li ho scoperti litigare ancora” aveva spiegato la ragazzina ai due fratelli e agli amici.
“Sono sicura che presto faranno pace” disse Miriel.
“Non lo so, lo spero. Ma dovevi vederli, erano davvero irriconoscibili”
Lucy aveva sempre considerato Caspian e Susan come il suo ideale di coppia, ed era rimasta così male quando li aveva visti urlarsi contro da non avere nemmeno le parole per chiedere il perché. Ammutolita, aveva biasciato una scusa ed era indietreggiata.
“Scusate, vado via”
“No, me ne vado io” aveva esclamato Susan, marciando fuori dalla porta.
A turno, le ragazze avevano provato a parlare con la Dolce, lo stesso i ragazzi con il Liberatore, ma nulla di fatto.
Peter era il più risoluto a cercare di capire cosa fosse successo. Non aveva certo dimenticato la sua promessa di dare una bella lezione a Caspian se mai avesse fatto soffrire ancora sua sorella.
Edmund e Lucy erano convinti che Susan non dicesse nulla proprio per la paura che Peter potesse fare qualche azione sconsiderata, ad esempio ingaggiare una rissa con il Re.
“Ce li vedo fare a botte” aveva aggiunto Eustace.
“Oh, no! Speriamo di no!” era stata l’esclamazione spaventata di Lucy.
La cosa che detestava di più al mondo erano i litigi, e ancor di più quando a venire coinvolti erano i fratelli. E per quel che la riguardava, ormai anche Caspian era della famiglia.
Il Liberatore se ne stava spesso in disparte, completamente immerso nel lavoro per non pensare. Ma serviva a poco.
Tutte le mattine, da un po’ di giorni a quella parte, quando si svegliava gli occorrevano parecchi minuti per superare la confusione e convincersi che i suoi ricordi dei giorni dopo la battaglia sull’Occhio di Falco corrispondevano alla realtà. Gli pareva di avere sognato tutto: gli avvenimenti della settimana prima erano vaghi e sconnessi nella sua mente.
Una settimana…impossibile.
Sette lunghi giorni senza di lei, durante i quali tra lui e Susan si era formato un vuoto spazio nero, come una voragine che non si sarebbe mai richiusa.
Tutte le volte che la vedeva, era come se nel suo petto ci fosse una ferita aperta, infiammata, incurabile, che bruciava in maniera insopportabile.
Si scambiavano sguardi di appena pochi secondi e poi li distoglievano senza dire nulla ma con il desiderio di dire mille cose.
Quando le passava vicino era come se il tempo si fermasse, come se tutti i suoi sensi si concentrassero su di lei, per catturare la sua attenzione, ma Susan appariva così indifferente da non sembrare più nemmeno sé stessa. Ricordò di averle già visto quell'espressione sul viso. Era stato il giorno in cui si erano lasciati.
Lui però sapeva che non era così che si sentiva. Quella di lei era solo una maschera che nascondeva la sua sofferenza.
Dopo l’ennesima litigata, alla quale anche Lucy aveva in parte assistito, non era più riuscito a strappare a Susan neanche una parola, uno sguardo, nulla. Era stato capace di sopportarlo per un paio di giorni, ma il continuo protrarsi di quella situazione lo logorava dentro.
Gli sembrava che la sua vita fosse stata tutta sbagliata fin al principio. Continuava a rincorrere qualcosa senza mai riuscire a raggiungerla, e più i giorni passavano più la perdeva, e i tentativi che aveva fatto gli sembrarono vani.
Per lei avrebbe rinunciato a qualsiasi cosa e Susan lo ripagava in quel modo. Aveva ignorato la verità per la sincerità. Per un’assurda questione di sincerità.
Lei credeva già di aver capito tutto ma in realtà non sapeva proprio un bel niente! 
Non le avrebbe più chiesto scusa, l’aveva già fatto. Aveva cercato di parlarle ancora, e lei di nuovo non aveva ascoltato.
“Caspian, io ho giurato ad Aslan che non lo avrei deluso mai più. Per quanto vorrei passare sopra a tutto questo, non ci riesco!”
Lui aveva sorriso sarcastico. “Tu di certo sei più brava di me a rassegnarti all’inevitabile. Lo hai già fatto. Ma io non sono disposto a stare a guardare mentre gli altri decidono per me”
Susan lo guardò con rimprovero. “Non è giusto che tu mi dica questo. Mi stai rinfacciando i miei errori”
 “Ma è la verità, no? Hai sempre rinunciato. Ma io no! Io non lo farò”
Poche frasi, sempre e comunque offensive, e poi erano tornati ad ignorarsi.
Sarebbero mai riusciti a comprendersi? Lei avrebbe mai ascoltato davvero cosa lui aveva da dirle?
Per quanto fosse ancora arrabbiato con Susan, non voleva lasciarla in pace. Non era disposto a rinunciare. Non sarebbe finita così, non poteva permetterlo. L’amava e questo non sarebbe cambiato mai. Doveva risolvere quella cosa al più presto, perché in quel modo non potevano andare avanti. Dovevano trovare una soluzione. Il problema era quale.
Non avrebbe fatto finta di nulla solo per mantenere la pace a bordo. Avrebbe di nuovo affrontato Drinian dicendogli di rimanere al suo posto, di non immischiarsi. Poi avrebbe costretto Susan ad ascoltarlo. Sì, costretto, se davvero era questa l’unica maniera di farla ragionare.
E poi? Che cosa fare poi? Rapirla davvero e portarla via?
Bè, l’idea gli era balenata nella mente per davvero, soprattutto dopo ciò che era successo. Era una pazzia, ma ormai tanto valeva farlo sul serio.
Avrebbe tanto voluto parlare con Aslan, ma come? Poteva solo pregare, solo questo, sperando che il Leone accettasse la sua egoistica supplica di non allontanare Susan da lui.
Come avrebbe potuto essere un buon Re se il suo pensiero sarebbe stato sempre e comunque rivolto a lei? Ed ogni suo giorno, ogni ora, ogni minuto, l’avrebbe speso non per il regno, bensì per cercare lei.
Se mai se ne fosse andata di nuovo, questa volta non l’avrebbe aspettata, avrebbe continuato a navigare o a viaggiare in qualsiasi altra maniera possibile per raggiungere il mondo di Susan e portarla via, ricondurla a Narnia con lui.
E se Narnia non accettava il loro amore e il loro legame, allora avrebbe lasciato tutto, avrebbe vissuto con lei nel suo mondo, oppure da qualsiasi altra parte, anche nascondendosi per non essere trovati e non essere costretti a separarsi di nuovo.
Qualsiasi cosa. Lo aveva sempre saputo. L’avvertimento del mago non lo spaventava più ormai. Avrebbe fatto l’impossibile.
Non gliene importava niente del giudizio degli altri, che lo considerassero pure uno stupido e un egoista. E men che meno gli importava che c’era una donna sconosciuta che lo aspettava alla Fine del Mondo.
Che aspettasse pure.
Anche se fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto, avrebbe impedito quel matrimonio.
Lui e Susan appartenevano l’uno all’altra, era ora che tutti lo capissero. Nessuno gliel’avrebbe portata via. Né Rabadash con i suoi diabolici piani, né Drinian con le sue menzogne, né il destino con i suoi assurdi disegni.
L’aveva già persa una volta e non aveva alcuna intenzione di perderla di nuovo.
 
 
Navigarono a gran velocità, senza incidenti, spinti da un vento che tendeva fino al limite la vela color porpora. Le Blue Singer erano ormai una presenza costante attorno alla nave, e qualcuno osò dire che era probabile che volessero proteggerla. E forse era proprio così.
Gli Uccelli di Fuoco, invece, erano volati via appena dopo la battaglia contro Calormen e nessuno li aveva più visti. Probabilmente erano tornati tra le Valli del Sole.
Peter notò in Miriel uno strano cambiamento. Divenne parecchio silenziosa e pensierosa, e se ne stava spesso a guardare proprio il sole.
“Ti farà male agli occhi” le disse Peter raggiungendola sul ponte e abbracciandola da dietro. “Sei pensierosa”
Miriel non rispose e si appoggiò all’indietro su di lui. Peter inspirò il profumo dei suoi capelli.
“Sei felice qui?” le chiese all’improvviso.
La Driade voltò appena la testa per poterlo guadare, rimanendo stretta a lui. “Ma certo.”
Si sorrisero, ma lei notò negli occhi azzurri di lui un velo di dubbio.
“Ti manca casa tua, vero?” le disse ancora Peter, sperando con tutto il cuore che dicesse di no, che voleva stare lì con lui.
Miriel abbassò lo sguardo solo per un attimo, girandosi tra le sue braccia per poter essere finalmente di fronte a lui e fissarlo con amore.
“A tutti manca casa propria. Ormai sono quasi tre mesi che navighiamo. E’ normale avere un po’ di nostalgia a volte. Ma qui ci sei tu, e io non vorrei essere da nessun’altra parte ora”
Peter posò le labbra su quelle di lei, dolcemente, e si stupì di sentirla rispondere con passione.
“Mi sento a casa con te” gli disse lei quando si separarono.
Il ragazzo la osservò, incantato dai suoi splendidi occhi, dai suoi lunghissimi capelli color delle fiamme, bellissima nel suo abito dalle sfumature delicate che nascondeva un corpo perfetto.
Arrossì lievemente nel pensare in quel modo di lei. Miriel era una creatura di Aslan, e lui non poteva…
La lasciò andare piano e le sorrise ancora, passandole una mano sul viso.
“Ringrazio Aslan per averti mandata qui”
“E io lo ringrazio per aver assecondato il mio capriccio”
“Se ti ha scelta, è perché ha visto in te le qualità giuste. In quanto al capriccio, non lo chiamerei così”
“E come, allora?”
Peter ci pensò un attimo. “La spericolata scelta di una fanciulla estremamente coraggiosa”.
Miriel rise e lui pensò che la sua risata era quanto di più bello avesse mai udito.
“Davvero spericolata, hai ragione. Ricordo il volto dei miei familiari quando dissi che sarei dovuta venire quaggiù. Credevano fossi pazza. Lasciare la protezione delle Valli per scendere a Narnia che, decisamente, non è più sicura come un tempo”
Lo sguardo di Peter se velò di leggera malinconia. “Quegli anni torneranno, vedrai. Caspian ridonerà alla terra di Narnia il suo antico splendore. Ho fiducia in lui”
“E’ bello che tu lo dica. Mi fa davvero piacere” sorrise la ragazza. “Ma…?”
Lo fissò e lui ricambiò lo sguardo con perplessità. Possibile che Miriel lo conoscesse così bene da aver capito che c’era dell’altro?
Chiuse gli occhi per un sitante. “Ma…” sospirò il Re Supremo, “non so se potrò esserci. Non so se potrò gioirne con te, quando quel giorno arriverà”
“Peter…” Miriel gli prese il volto tra le mani, delicatamente, accarezzandogli poi i capelli dorati. “Tu ci sarai”
“Non puoi esserne certa, come non lo sono io. Come tutti”
“Sì che posso. Io lo so. Ricordi quando ti dissi che tu non appartenevi ancora del tutto a Narnia?”
“Me lo ricordo, ma non ho mai capito cosa significa” ammise lui alzando le spalle.
“Significa che un giorno- lontano o vicino, non so dirlo, solo Aslan lo sa- tu tornerai. E io sarò qui ad aspettarti”
Il giovane la fissò sbalordito. Era davvero convinta, sicura di sé, e gli sorrideva. Non era triste, perché ci credeva. Ci credeva davvero.
“Il tempo per me non è un problema” continuò la Driade “E inoltre, se non sarà in questa Narnia, sarà nell’altra” 
Peter alzò gli occhi verso il cielo. “Già, la Vera Narnia…le Terre di Aslan, vero?”
“Sì. Un giorno, tutti saremo là”
Il ragazzo scosse il capo. “Non riesco a capire”
“Non devi capire adesso, non importa. C’è un tempo per ogni cosa. Aslan lo dice sempre. E adesso…” Miriel si avvicinò ancora a lui. “Adesso è il nostro tempo, Peter. Adesso siamo qui. Non pensiamo all’incertezza del futuro”
Peter si perse nei suoi occhi acquamarina e poi incontrò di nuovo le sue labbra. Intrecciò le dita di una mano a quelle di lei, e con l’altra la strinse posando il palmo sulla sua schiena. Pian piano risalì e la posò tra i suoi capelli, spettinandoglieli un poco, lo stesso fece Miriel.
Lei si sentì girare la testa. Non l’aveva mai baciata così, prima. Era ancora così surreale a volte essere davvero tra le sue braccia, poterlo amare liberamente senza più nascondersi…
“Miriel” mormorò Peter quando il baciò terminò, con grande rammarico di entrambi. “Ti ho mai detto che ti amo?”
Lei sorrise e scosse il capo. “No”
Lui si accigliò. “Sul serio?”
“Mi hai chiesto se ti amavo e hai detto che era tutto quello che ti serviva, ma non me lo hai mai detto davvero…Fino ad ora”
Peter le sorrise dolcemente e la baciò ancora a fior di labbra. “Ti amo”
“Anch’io”
 
 
La giornata rimase calda e assolata fino a dopo cena, quando la pioggia ricominciò a cadere e un freddo vento autunnale sferzò i volti dei marinai che facevano il turno di notte.
“Fa un freddo cane” si lamentò Eustace, rannicchiato in un angolo della sua cuccetta. “Non è normale, oggi c’era un clima tropicale”
“Questi mari in cui navighiamo sono strani” disse Emeth, il volto pallido.
“Non ti senti bene?” chiese il ragazzino al soldato.
“Noi di Calormen siamo gente abituata a viaggiare per terra, non per mare” spiegò Emeth. “Mi disturba un poco quand'è mosso”
“Vai da Lucy e chiedile di farti bere un po’ del cordiale. Fa miracoli anche con il mal di mare. Io ne so qualcosa. Da quando l’ho bevuto non ho più avuto alcun tipo di disturbo”
“Non mi sento di disturbarla per così poco. E poi a quest’ora dormirà”
“No, non credo, sai?” fece Eustace sventolando una mano. “Di solito se ne sta sempre sveglia fino a tardi a chiacchierare con le altre”
Emeth si alzò un po’ titubante. La sua buona educazione, l'imbarazzo e l’etichetta gli impedivano di fare irruzione negli alloggi delle signore a quell'ora tarda. Ad ogni modo, dopo aver lanciato uno sguardo un pò incerto attorno a sé, si decise e si incamminò verso la cabina del capitano.
Bussò un paio di volte e poco dopo Lucy aprì la porta con espressione sorpresa.
“Emeth! Che ci fai qui?”
Lui non rispose subito, era rimasto troppo incantato.
Era terribilmente carina con i capelli sciolti sulle spalle, mossi e fluenti, la camicia da notte bianca che lasciava intravedere le forme di quel corpo non ancora del tutto fiorito, ma proprio per questo così dolce ai suoi occhi.
“Vuoi entrare?”
Emeth spalancò gli occhi scuri. “Co-cosa?!”
Lucy lo guardò un poco perplessa. “Che cosa c’è?”
“N-niente, volevo solo…Niente, scusa”
Emeth fece dietro front e si incamminò velocemente per il corridoio.
Sentì Lucy dire qualcosa a Gael e poi chiudere la porta, i suoi passi leggeri dietro di lui.
“Aspetta, dove vai?”
Il ragazzo si voltò “Torno in camera. Dovresti tornarci anche tu, è tardissimo”
“Non sono ancora le undici” protestò lei con gentilezza. “E poi voglio sapere cosa volevi dirmi”
“Nulla. Volevo solo darti la buonanotte”
“Ah” fece la ragazza, arrossendo leggermente. “Sei gentile. Grazie. Sei venuto davvero fin qui solo per questo?”
Non seppe bene perché, ma Emeth si sentì molto stupido e non le disse la vera ragione. Annuì una volta, le mani strette a pugno, nervoso.
“Buonanotte anche a te” disse Lucy con un sorriso. “Ah, aspetta un attimo. Resta lì, torno subito”
Il ragazzo la guardò tornare indietro, sparire in cabina, poi uscire e correre di nuovo verso di lui, i capelli svolazzanti.
Quella sera era davvero splendida.
“Tieni” disse la ragazza allungando verso di lui una rosa di carta. “Dovrebbe essere una rosa del deserto. Io e Gael ne stavamo facendo un po’ prima. Le avevo promesso di insegnarle a fare ghirlande di fiori, ma non ho avuto ancora modo di procurarmene. Volevo raccoglierne sull’Isola delle Acque Morte, solo che poi… bè, è successo quel che è successo. Così abbiamo tentato con la carta. Che ne pensi? Può andare? Somiglia alla rosa del deserto?”
Lui sorrise e la prese in mano. “Vuoi il parere di un esperto?”
Lucy rise. “Già, proprio così”
“Sì, le somiglia, direi”
“Quando riuscirò a fare una vera ghirlanda, te ne voglio regalare una” disse Lucy in fretta, cogliendolo di sorpresa.
Emeth sembrò perplesso. “E cosa dovrei farmene?”
Non voleva essere sgarbato, non lo disse in tono sgarbato, ma la ragazza rimase comunque delusa da quelle parole.
“Oh…bè…nulla, è solo un regalo”
“Piuttosto femminile, direi” rise il giovane. “I ragazzi non si mettono ghirlande di fiori”
Lucy si accigliò un poco. “Non ridere. Caspian non ha riso di me quando gliene ho regalata una”
Ora anche Emeth sembrava essersi un po’ incupito. “Non sto ridendo di te”
Improvvisamente si sentì strano. Il pensiero che Lucy avesse fatto un regalo simile a Caspian gli fece provare un sentimento nuovo che non aveva mai sentito prima: la gelosia.
Ma non poteva essere geloso del Re. E poi Caspian era molto più grande di Lucy, ed era innamorato di Susan. Cosa diavolo andava a immaginare? E perché pensava certe cose, poi?
Lui geloso di Caspian? Geloso di Lucy?
“Bè, se non ti piace…” fece lei poco dopo, allungando una mano per riprendere il fiore.
“Non ho detto che non mi piace. Ho detto…è molto bella, davvero”
La Valorosa abbassò la mano e lo guardò un istante negli occhi.
“Non volevo essere scortese, Lucy, perdonami”
“Non sono arrabbiata. Ci sono solo rimasta un po’ male”.
“Scusami”
Lei scosse i lunghi capelli. “No, non fa niente. L’importante è che non parli più di andartene”
Emeth rammentò all’istante le frasi che si erano scambiati poco prima che lui lasciasse il Veliero dell’Alba assieme a Edmund.
“No, tranquilla. Non vado da nessuna parte”
“Me lo prometti, stavolta?”
“Anche tu lo devi promettere”
La ragazza assunse un'espressione un po’ disorientata.
“Lo so che te ne dovrai andare. So che questa non è la tua vera casa. E come a me mancano i miei genitori, così a te devono mancare i tuoi”
Lucy lo fissò ancora un istante, poi abbassò gli occhi e annuì tristemente. “Però è strano...” disse “A volte mi sembra quasi che non siano affatto così lontani. Certe volte penso a quando torneremo indietro, a Cair Paravel, e posso immaginarmeli là ad aspettarci. E allora il mio mondo diverrebbe Narnia e Narnia il mio mondo. Non sarebbe meraviglioso se potesse essere così?” esclamò la Valorosa, con occhi infelici e speranzosi.
“Ma tu credi…” esordì Emeth con una strana emozione. “Tu credi che sia possibile? Che i tuoi genitori possano riuscire a raggiungere Narnia?”
Lucy si portò le mani al viso, trattenendo il respiro. “Se così fosse…oh, se davvero...”
“Se così fosse” ripeté Emeth prendendole le mani. “Non te ne andresti mai più, vero?”
Lei scosse il capo. “No, mai”
“E resteresti sempre qui”
“Sì”
“Con me”
Lucy sentì il cuore cominciare a batterle fortissimo. “Sì…” rispose in un sussurro.
Si guardarono a lungo, le mani di lei strette in quelle di lui.
Se solo Emeth si fosse deciso a fare quel passo così terribilmente emozionante…se avesse trovato il coraggio e…
“Devo dirti una cosa, Lucy”
“Sì?” ripeté lei per la terza volta, colta all’improvviso da una strana paura.
Emeth si avvicinò di più a lei. “Ecco…è da un po’ che io…”
“Cosa diavolo ci fate in corridoio voi due, e per di più in camicia da notte?”
Lucy spalancò così tanto gli occhi che chi li aveva interrotti si stupì di non vederglieli schizzare fuori dalle orbite.
“Peter!” esclamarono poi lei e Emeth, in coro.
 
 
La scenata che ne seguì fu delle più epiche che Peter (a memoria degli altri Pevensie) avesse mai messo in piedi.
Ebbe almeno l’accortezza di non rimproverarla davanti a tutto l’equipaggio, così si ritirarono nella stanza di Lucy e Gael, la quale guardava il Magnifico a bocca aperta, ringraziando il cielo di non averle mai dato un fratello maggiore.
Lucy di solito piangeva quando Peter la rimproverava e si arrabiava con lei per davvero, ma non quella volta. Invece di rimanere a testa china come quand’era più piccola, ribatté e gridò, con il risultato che anche lei, come Susan- benché in modo completamente diverso- si ritrovò ad affrontare un litigio.
“Ma perché se l’è presa tanto?” chiese la Valorosa, arrabbiata e confusa, dopo esser corsa dalla sorella maggiore per dirle tutto quanto.
“E’ perché ci vuole bene” rispose Susan “Anche se a volte è davvero insopportabile, lo so”
Erano sedute sul bordo del grande letto reale, l’una con un braccio attorno al fianco dell'altra.
“Miriel dov’è?” chiese Lucy a un tratto.
“Con Peter. Credo stia cercando di fargli sbollire la rabbia”
Susan e Miriel avevano ripreso stanza lì dopo che Caspian si era completamente ripreso. Tutto era tornato più o meno alla normalità, insomma.
“Io non capisco” Lucy scosse il capo, appoggiandosi contro la spalla di Susan. “Io e Emeth stavamo solo parlando”
“Il punto credo sia un altro” disse la Dolce.
“E quale?” chiese la Valorosa sempre più confusa.
“Il problema è che stai diventando grande, Lu. E Peter, da fratello maggiore iperprotettivo qual è, comincia a vedere un potenziale pericolo in un ragazzo come Emeth”
Lucy rifletté. “Scusa, ma non riesco proprio a trovare il nesso tra la mia crescita e Emeth. Le due cose non sono collegate. Cosa centra lui?”
Susan sorrise, grata a Lucy dentro di sé per averle regalato un momento di spensieratezza in quei giorni bui.
“Lucy, cosa provi per Emeth?”
La ragazzina balzò a sedere dritta come un fusto, sottraendosi all’abbraccio consolatorio. Ora non era più triste, era sull’attenti.
“Cosa? Come?”
“Non guardarmi con quegli occhioni, è una domanda semplice: sei innamorata?”
Susan sorrideva, in attesa, come se stesse aspettando una risposta ovvia, implicita, che però Lucy non aveva afferrato.
“Innamorata?” balbettò la ragazzina a bassa voce.
Amore. Quella parola era nuova per lei. Fino a un anno prima non ci pensava nemmeno, ma da un po’ di tempo aveva cominciato a guardare a quel sentimento con occhi diversi. A pensarci bene, era stato proprio da quando aveva conosciuto Emeth.
Per la prima volta in vita sua, si chiese cosa avrebbe fatto se un giorno si fosse innamorata sul serio e se avesse trovato l’amore proprio lì, a Narnia, come Susan. Aveva sempre desiderato di poter incontrare il suo principe azzurro, presto.
Possibile che quel principe fosse proprio Emeth?
“Sue, io…” Lucy abbassò il capo, arrossendo violentemente. “Gli voglio bene, credo”
“Mmm…gli vuoi bene come?”
“Non so…perché me lo stai chiedendo?”
“Perché in questo modo capirai perché Peter era così arrabbiato. Se noi due fossimo al posto di Ed e Peter probabilmente faremmo lo stesso. Ci preoccuperemmo, ci arrbieremmo”
Lucy si accigliò. “Cioè…intendi dire che tu entreresti nella stanza di Edmund urlando come una matta se lo trovassi a dormire con una ragazza, e che io sgriderei Peter se lo vedessi in corridoio con un'altra?”
Susan rise e fece cenno di no con la testa. “No, Lu. Non proprio. Vedi,  quando una ragazza cresce, è normale che chi le sta intorno si preoccupi per lei. Per i maschi è tutto molto più semplice, ma per una donna…ecco, siamo più fragili, più deboli. Non fraintendere, non intendo dire che siamo delle incapaci, quello che sto cercando di farti capire è che una donna deve guardarsi da certe intenzioni non troppo nobili che un uomo può avere nei suoi confronti. Peter si preoccupa di questo, capisci? Che Emeth possa avere delle intenzioni che…non siano rispettabili”
“Oh, ma Susan!” esclamò la Valorosa, con vero stupore e uno strano senso di agitazione quando capì ciò che la sorella intendeva. “Emeth non farebbe mai cose simili! Come vi viene in mente?!”
“Lo so, Lucy. Ma è legittimo da parte di Peter immaginare per un momento che tu fossi...diciamo così, in pericolo, da sola con lui”
Lucy si rilassò e rifletté ancora. “Allora è per quello. Peter ha paura che faccia qualcosa di male”
“No, non di male. Il fatto è che sei così giovane, e tutti un po’ ci preoccupiamo, soprattutto da quando è comparso Emeth. Perché lui ti piace, vero?”
Lucy guardò il sorriso comparire sul volto della sorella.
Susan le fece un cenno incoraggiante e Lucy annuì piano, portandosi le mani al viso.
“Sì…tanto”
La Dolce sospirò. “Lo sapevo”
“Non lo dirai a nessuno, vero?” esclamò la ragazzina aggrappandosi alla sorella.
 “No, certo che no”
“Neanche a Gael. E’ un po’ pettegola, sai”
“E a Emeth? Non vuoi dirglielo?” chiese Susan, lanciandole un’occhiata di sotto in su.
“Oh no! Assolutamente no!” gridò la Valorosa agitata. “Prometti, Sue. Prometti che non lo dici a nessuno, ti prego!”
Lucy porse il mignolo a Susan, la quale unì subito il suo a quello della sorellina.
“E va bene”
“Né a Peter, né a Ed, né a Caspian, a nessuno! Tanto meno a Emeth”
“Sì, ok, prometto” la rassicurò la Dolce con enfasi, cercando di calmarla. Era dolcissima la sua piccola Lu, che aveva appena scoperto di essere innamorata.
La Valorosa la fissò con espressione seria e decisa. “Che ti vengano grossi brufoli sul naso!”
Susan rise forte e annuì, poi le loro dita si separarono. “Sarà il nostro segreto, va bene?”
L'altra annuì soddisfatta. “Ora però mi vuoi dire il tuo di segreto?”
Il sorriso di Susan si spense piano piano.
Lucy si porse verso di lei. “Perché hai litigato con Caspian? Che cosa è successo veramente? Non vi parlate più, e se lo fate è solo per urlarvi contro”
La Regina Dolce non rispose e fissò lo sguardo in un punto imprecisato.
“Susan, parlane. Non ti fa bene tenere tutto dentro. Ti prego, non…”
Susan iniziò a piangere all’improvviso e Lucy ne fu molto scossa.
Aveva sempre visto la sorella maggiore come una donna forte e coraggiosa, e adesso…
“Sorellina, non piangere! Tutto si aggiusterà, vedrai!” esclamò la ragazzina.
“No, Lu, non più ormai” singhiozzò la Dolce, mentre la Valorosa l’abbracciava forte.
E finalmente si sfogò. Aprì il suo cuore e lasciò uscire il veleno che l’aveva contaminato. Si rese conto che i suoi pensieri e le sue emozioni che tanto si era sforzata di trattenere, erano forse ancor più dolorosi se messi in parole, ma allo stesso tempo la liberavano da un pesante fardello.
Di solito, era da Peter che correva quando aveva un problema, ma aveva compreso che in quell’occasione non poteva parlare con lui. Peter di certo avrebbe scatenato un inferno e lei questo non lo voleva.
Era lei a doversi arrabbiare con Caspian, non gli altri. Era una cosa che dovevano risolvere loro due e basta.
Perciò, a Peter e Ed non poteva dire niente, ma a Lucy sì. Lucy l’avrebbe capita e avrebbe condiviso con lei il suo dolore. Lucy non si sarebbe adirata con Caspian, non avrebbe preso le difese di nessuno, avrebbe ascoltato le ragioni di Susan, la sua versione, ma non per questo avrebbe detto che aveva assoluta ragione.
Perché Susan sapeva di non essere nel giusto. Anche lei aveva la sua parte di colpa.
“Aiutami Lu” esclamò tra i singhiozzi. “Io lo amo. Lo amo da impazzire! Ma non so come fare! Ogni strada è chiusa, non ci sono soluzioni e io non so più cosa devo fare!”
Lucy era rimasta in silenzio per tutto il tempo, lasciando che la sorella liberasse la sua anima da un po’ del dolore che la straziava.
 “Vorrei dirti qualcosa per fati star meglio, ma so che tutto risulterebbe assolutamente inutile e superfluo. Devi essere tu a trovare la forza in te stessa. Hai affrontato tante battaglie, tante prove difficili e ne sei uscita vincitrice. Fallo ancora, Susan! Io so che hai quella forza.”
“Non posso senza di lui” Susan alzò il volto e la guardò. “Lucy, se io ce l’ho fatta è stato perché lui era con me”.
“Allora parlagli ancora, chiaritevi, litigate, ma fatelo, non ignoratevi. Devi provarci, almeno”
Susan si asciugò un poco le lacrime. Ancora una volta si sentiva così stanca che quasi non riuscì a muovere un muscolo.  
Provare…
Sì, voleva provare. Non voleva tirarsi indietro, anche se significava ancora litigare, proprio come aveva detto Lucy. Non voleva lasciare che tutto finisse in quel modo.
Se solo fosse riuscita ad abbandonare quel suo stupido orgoglio…
Non la portava a niente, se non ad allontanarsi da lui rischiando di perderlo definitivamente.
Se avesse potuto dimenticare tutto, tornare indietro…ma non poteva.
In quei giorni aveva cercato di prendere tempo per pensare a tutto ciò che era successo, cercando un spiraglio, una speranza a cui aggrapparsi, ma nella disperazione di cui era preda non riusciva a ragionare lucidamente.
Lucy le parlò ancora, rimase con lei e si addormentarono abbracciate come due bambine.
Susan fece un sogno meraviglioso. Sognò di tronare a Narnia a bordo del Veliero dell’Alba, di vedere la bianche coste di Cair Paravel, l’alta scogliera su cui il castello posava le sue fondamenta millenarie. E Caspian era accanto a lei, il vento scompigliava i suoi capelli e lei allungava una mano per accarezzarli e lui le sorrideva, nei suoi occhi e sul suo viso tutta la felicità del mondo.
Tornavano a casa, tornavano insieme…e non erano soli. C’era qualcun altro con loro, ma non seppe dire chi…
 
 
La fragranza dell’Oceano permeava l’aria intorno a lui, la sua vasta e infinita distesa si apriva davanti ai suoi occhi. Alta nel cielo, brillava un’unica stella più grande e luminosa di qualsiasi altra avesse mai visto, creando sull’acqua increspature argentate e azzurrine.
Edmund la guardava ammirato, emozionato, come la mattina in cui l’aveva vista per la prima volta.
C’era però qualcosa di strano in lei. Non una nube era presente ad oscurarla, eppure la sua luminosità si offuscava lentamente come se si stesse spegnendo. Poi tornava a brillare d’improvviso, poi ancora sbiadiva.
Edmund aggrottò la fronte. Che stranezza…pensò quasi che la stella fosse…debole. Che non riuscisse più a splendere come doveva, perché qualcosa o qualcuno glielo impediva.
Si avvicinò al parapetto della nave, accorgendosi in quel momento di essere solo. Il Veliero dell’Alba era completamente deserto, ma continuava a navigare verso l’ignoto, da solo, con solo lui a bordo.
Edmund si chiese per un momento dove fossero gli altri, poi tornò inevitabilmente a posare gli occhi sulla stella, ma quella era sparita.
La nave venne avvolta dall’oscurità, ma Edmund non ebbe paura. Non era un’oscurità opprimente, bensì avvolgente, come quella delle calde notti d’estate a Narnia, quando, nei periodi di pace dell’età d’Oro, dormiva all’aperto con i fratelli.
Si guardò attorno per cercare ancora di scorgere la stella, ma il cielo era vuoto.
Non era possibile che un astro sparisse in quel modo dal firmamento, a meno che, davvero, qualcuno non l’avesse cancellata.
“La Strega Bianca” mormorò piano.
“No, non ancora. Non ci è ancora riuscita” disse una voce alle sue spalle.
Il silenzio era così immenso e immobile che al nuovo suono Edmund trasalì.
“Dove sei?” chiese, come se sapesse già con chi stava parlando.
“Davanti a te, come sempre”
Edmund guardò ancora verso il cielo, a est, perché era là che stavano andando e il loro sguardo era sempre rivolto all’oriente. Ed eccola, era riapparsa.
Poi, una luce abbagliante lo costrinse a schermarsi gli occhi con la mano e quando riuscì di nuovo a vedere, davanti a lui scorse una ragazza esile e aggraziata, con i capelli biondi e un abito candido.
Purtroppo non riuscì a osservarne nitidamente il volto, perché esattamente come la stella nel cielo, anche la figura della nuova venuta era continuamente sbiadita da una strana foschia. In più, l’alone di luce azzurrina che aveva attorno ne confondeva i lineamenti.
“Sei la Stella Azzurra” disse Edmund con un sorriso. Non era una domanda.
Lei annuì, sorridendo a sua volta.
“Ti ho vista quella mattina. Sei stata tu a rallentare il sorgere del sole, vero? E sempre tu hai mandato gli Uccelli di Fuoco”
Lei fece un dolce sorriso. “Ho fatto quello che ho potuto. Con l’aiuto di Aslan, ovviamente”
“Ti ringrazio”
“E’ stato un piacere, Vostra Maestà.”
Il ragazzo si mosse automaticamente verso di lei. “Sto sognando o sta succedendo davvero?”
“Entrambe le cose”
Edmund continuò a fissarla, vedendo il suo bel sorriso spegnersi e il suo viso farsi triste.
“Dimmi dove sei, così possiamo venire a salvarti” disse subito dopo. “Dove si trova di preciso l’isola della Strega?”
“L’isola delle Tenebre” spiegò la ragazza, facendosi più seria “si muove in continuazione e non riuscirete ad arrivarci a meno che la Strega Bianca non decida di fermarsi”
“E quando lo farà?”
La Stella lo guardò preoccupata. “Quando voi sarete abbastanza vicini alla Fine del Mondo. Vi sta aspettando”
Edmund fissò con risolutezza gli occhi castani in quelli blu di lei. “Lo so.”
“Ma prima di me, dovete soccorrere mio padre” continuò la ragazza, implorante. “Vi prego, ha bisogno di aiuto! Ha perso i suoi poteri e ho paura per lui”
“Sei venuta qui per questo?” chiese il Re Giusto, stupito. Lei era prigioniera eppure non chiedeva aiuto per se stessa, ma per qualcun altro. “E’ stato molto coraggioso da parte tua. Non dev’essere stato facile”
Lei cosse il capo. “No, è vero. Ma dovevo farlo. Vi imploro, Maestà, accettate la mia richiesta!”
“Dimmi dove si trova tuo padre” disse subito Edmund, spinto ad accettare la richiesta per via dall’assoluta sincerità che aveva avvertito nel tono di lei.
Gli occhi della ragazza brillarono di gratitudine. “Su una piccola isola appena prima della Tavola di Aslan. L’Isola di Ramandu. Salvate prima lui di me, vi scongiuro. Non gli rimane molto da vivere. Ma se lo porterete da Aslan, forse lui potrà…”
La voce della fanciulla si spezzò e Edmund provò l’impulso di proteggerla e confortarla.
“Lo faremo. Te lo prometto”
“Grazie, grazie!” esclamò la Stella.
L’oscurità cominciò a diradarsi e una luce verdastra invase il ponte della nave. I due ragazzi tremarono. L’avevano riconosciuta.
“Lei è vicina. Devo andare” disse la Stella.
“Aspetta un momento, ti prego!” la chiamò Edmund. Non voleva che sparisse, non così presto. “Vorrei chiederti ancora tante cose. Delle Spade ad esempio, e…”
“Non posso, mi dispiace” lo interruppe lei in fretta. “Farò il possibile per proteggervi e aiutarvi, ve lo prometto, anche se non so fino a quando mi sarà possibile. Voi nel frattempo dovete state attenti e guardarvi dalla Strega: sta per tornare e metterà di nuovo alla prova uno di voi”
Edmund si mosse nervosamente. “Chi?”
“Non lo so. Ma sarà sull’isola vulcanica. Sarà la prossima che incontrerete. E c’è un’altra cosa che devo dirvi: la stella che vedrete in cielo, potrei non essere io”
Edmund la guardò perplesso. “Che vuoi dire?”
Purtroppo, la nebbia divenne più intensa e la Stella scomparve definitivamente.
Tornò il buio e ora lo spaventava. Era gelido come l’inverno e Edmund desiderò andarsene di lì al più presto.
Poi una nuova luce diradò la nebbia e il sogno.
Aprì gli occhi e si ritrovò a fissare il soffitto degli alloggi dell’equipaggio, i raggi del sole che filtravano attraversò gli oblò. Le onde spumeggianti vicinissime a loro, poiché la camerata si trovava quasi a livello del mare, spruzzavano allegramente il vetro. La grossa sagoma di una balena azzurra passò proprio in quel momento, oscurando la visuale e gettando il locale di nuovo tra le ombre.
Si guardò attorno, un po’ sperduto. Gli altri erano ancora tutti addormentati.
Sospirò e richiuse gli occhi, rammentando le parole della ragazza: era stato un sogno ma era stato vero.
Quindi, anche la guida del cielo poteva assumere forma umana, proprio come Miriel...
Era venuta per chiedere aiuto. Ma perché proprio a lui? 
Non volle avere la presunzione di credere che l’avesse fatto solo perché era stato il primo a vederla. Poteva essere stato un puro caso che proprio lui l’avesse sognata, però...
E se come Peter, anche lui avesse instaurato un rapporto speciale con una delle guide?
Edmund cercò di ricordare il viso della ragazza, imprimerlo meglio nella sua mente. Non era facile però, poiché la sua figura era rimasta sempre celata dalla strana foschia che, ora lo sapeva, era la costante presenza della Strega Bianca intorno a loro.
Si mise una mano sugli occhi, come se in quel modo potesse catturare l’immagine di lei.
Rimase in quella posizione ancora un poco, finché non avvertì qualcuno che si muoveva poco lontano da lui. Scostò la mano e vide Peter alzarsi a sedere sul letto.
“Buongiorno” gli disse il fratello, posando i piedi a terra e cominciando a vestirsi.
“Ciao” grugnì Edmund stropicciandosi il viso.
“Tutto bene?”
“Eh? Sì…”
Ed schizzò fuori dalle coperte e si vestì in fretta. Fu pronto ancor prima di Peter.
“Ehi, Ed! Che ti prende?” esclamò il Re Supremo, ma il fratello era già corso fuori.
Edmund attraversò di corsa i corridoi, travolgendo un paio di marinai e un fauno. Chiedendo scusa li superò e uscì dal boccaporto facendo i gradini due alla volta. Si precipitò verso il parapetto e guardò il celo, dove il sole già alto veniva di tanto in tanto coperto dalle nubi.
“Non c’è” disse tra sé e sé “Eppure dovrebbe essere…”
Edmund notò qualcosa all’orizzonte. Una bassa striscia chiara sulla superficie del mare.
Dopo un secondo, la vedetta gridò la parola terra.
“Edmund!” lo chiamò Peter, raggiungendolo ansante, mentre gli uomini iniziavano a muoversi frenetici per il veliero.
“Scommettiamo che quella è un’isola vulcanica?” fece il Giusto, guardando lontano verso di essa.
Peter lo fissò interrogativo. “E tu come faresti a saperlo?”
Edmund si voltò verso di lui e cominciò a raccontargli il suo sogno.

 
 
 
 
Ragazzi, eccomi qui come da promessa. Tardissimo, lo so, ma non è stata una settimana facile, causa problemi lavorativi...o per meglio dire, causa lavoro mancante, perché mi hanno lasciato a casa da un giorno all’altro. Mi sono stressata parecchio e sono così giù di morale che quasi non trovavo l’ispirazione per finire questo capitolo.
Ad ogni modo, io non mi fermo, perché scrivere Queen è qualcosa a cui non posso rinunciare.
Spero che il capitolo vi sa piaciuto. Ho voluto regalare a tutte le coppie un momento di tenerezza, anche se in realtà,  Caspian e Susan hanno litigato di nuovo. Spero non sia troppo mieloso…
L’altra volta abbiamo rischiato il Diluvio Universale Due La Vendetta,  e spero che stavolta non abbiate pianto così tanto. Dai, c’è stato anche qualche momento divertente.
Come sempre prevedevo di far succedere qualcosa che poi non ho fatto, ma voi ormai mi conoscete. E io conosco i miei personaggi, che come ho già detto altre volte, fremono per muoversi da soli XD Niente Strega, ad esempio, ma Shanna si è vista lo stesso e finalmente ecco a voi la mezza Shandmund! Mezza perché non si sono proprio incontrati, è stato solo un songo…però si sono visti!!!! Le fans di Ed saranno contente, vero? ;)

 
 Ringraziamenti:
 
Per le preferite:ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, elena22, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, susan the queen e TheWomanInRed.
 
Per le ricordate: ActuallyNPH, Angie_V, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, Lucinda Grey, Miss Hutcherson, postnubilaphoebus e susan the queen
 
Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, Riveer, SerenaVdW, Smurff_LT, susan the queen, SweetSmile, Yukiiiiii e _Drak_Side
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angie_V, Babylady , english_dancer, EstherS,  FioreDiMeruna, Fly_My world , FrancyNike93, GossipGirl88, JLullaby, Martinny, piumetta, SerenaVdW e susan the queen
 
Angolino delle anticipazioni:
Dunque dunque, guai su guai all’Isola del Drago! Eustace sappiamo già cosa combinerà, pensavo di farlo agire già in questo capitolo, ma non c’era l’atmosfera giusta.
Vedremo se Caspian e Susan riusciranno a chiarirsi. Prevedo di mettere una scena che vi farà battere il cuore!!! <3 Triste e dolce insieme.
E Lucy? Ora che ha ammesso di essere innamorata di Emeth come reagirà davanti a lui?
Un avviso: in questo capitolo ho seminato indizi e piccolissimi spoiler che verranno sviluppati nel seguito di Queen. Chissà se qualcuno di voi capisce quali sono…

 
Anche per questa settimana vi lascio, carissimi, ringraziandovi come sempre per tutto l’affetto e l’entusiasmo che attraverso le vostre recensioni mi entra nel cuore e mi fa sentire bene.
Un bacio grandissimo a tutti, alla prossima!!!
Susan<3

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Capitolo 33
*** Capitolo 33: Perdono ***



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33. Perdono
 
Ti ho amato per mille anni,
Ti amerò per altri mille…

 
 
Per cinque minuti buoni, nessuno aprì bocca né si mosse quando Edmund terminò di raccontare il suo sogno nei minimi particolari.
La pioggia ancora batteva sulle finestre della cabina di comando, dove i cinque Sovrani erano riuniti per discutere della faccenda. Con loro, Eustace, Miriel, Ripicì, Emeth e Gael. Insomma, la solita squadra.
Tuoni borbottanti risuonavano sommessi in lontananza. Il freddo della notte precedente era stato sostituito da una calura che, nonostante il debole temporale, cresceva minuto dopo minuto.
“E’ davvero straordinario, non trovate?” esordì Lucy rompendo il silenzio per prima. “Anche se debole e imprigionata, la Stella Azzurra è ugualmente riuscita a raggiungere uno di noi in sogno”
“Ma perché minacciare anche suo padre?” chiese Peter pensieroso, ma nessuno seppe dare una risposta.
“Può darsi ch’egli ricopra un ruolo importante in questa storia” provò Miriel, “ruolo che noi ancora non conosciamo ma che è molto scomodo per la Strega”
“E’ probabile” disse ancora il Re Supremo. “Ed, come hai detto che si chiama suo padre?”
“Ramandu” rispose subito il Giusto. “Sì, Ramandu era il nome. Ti dice qualcosa?”
Peter scosse il capo. “Purtroppo no”
“A me sì” disse Caspian a mezza voce.
A quell’affermazione, Susan trasalì e sentì lo sguardo di Caspian su di sé.
Gli altri attesero, ma il Liberatore continuava a fissare la Dolce, ed entrambi capirono di stare pensando la stessa cosa.
Ramandu…quel nome corrispondeva a quello dell’uomo giunto mesi addietro a Narnia per avanzare la richiesta di dare in moglie sua figlia al Re. Ella era nientemeno che la ragazza sognata da Edmund: la Stella Azzurra, la guida del cielo...la promessa sposa del Re di Narnia.
Tutti i tasselli del puzzle andavano al loro posto, adesso.
Ecco la vera ragione della richiesta di Aslan di trarla in salvo al più presto: era la futura regina. Presto, sarebbe arrivata sul Veliero dell’Alba non solo come nuovo elemento della compagnia, ma anche in veste di fidanzata di Caspian.
Susan si sentì terribilmente impotente di fronte a una creatura simile. Chi era lei paragonata a una stella?
Dal canto suo, Caspian sapeva, così come tutti loro, che nel momento in cui l’avessero finalmente avvistata avrebbero compreso di essere vicini alla Fine del Mondo.
Non erano più solo parole, adesso. Non era più una figura lontana senza un volto, era reale. Quella donna si era messa in mezzo a loro e stava rovinando tutto.
 “Dicevi, Caspian?...Caspian?”
La voce di Edmund permise al Re di ridestarsi dai suoi pensieri. Caspian vide Susan abbassare lo sguardo e scuotere il capo mentre Peter si chinava verso di lei per chiederle qualcosa.
Il Liberatore si accorse che tutti lo fissavano e si schiarì la voce. “E’ una storia lunga il perché conosco il nome di Ramandu. Comunque, ignoravo fosse il padre della Stella Azzurra” e dicendo questo volse di nuovo gli occhi verso Susan.
Lei stavolta non ricambiò il suo sguardo. Se ne stava a testa china.
“A me impensierisce molto l’ultima frase che ha detto” disse poi Lucy “Secondo voi che cosa voleva dire: ‘la stella che vedrete in cielo, potrei non essere io’?”
“Forse che ci sono due stelle?” disse Eustace incerto.
“Due?” fece Edmund scettico. “Che razza di idea, cugino!”
“No, Eustace potrebbe aver ragione” disse Miriel. “Ci ho pensato anch’io, sapete? Se la Strega Bianca escogitasse un qualche suo trucco diabolico e ci inducesse a seguire la stella sbagliata?”
“A che scopo?” chiese Caspian.
“Per non farci arrivare mai da Aslan, Maestà, bensì da lei”
“Ci arriveremo comunque prima o dopo” intervenne Edmund. “E’ quello che vuole. Vuole noi e le Spade. Non vedo perché dovrebbe confonderci con una falsa pista”
“Certo che però la Stella poteva anche spiegarsi meglio” criticò Eustace, le braccia conserte.
Il Giusto gli scoccò un’occhiataccia. “Se ne avesse avuto il tempo l’avrebbe fatto. Sembrava voler aggiungere qualcosa, ma come ti ho già detto, zucca vuota, non ne ha avuto il tempo”
“Dovresti apprezzare di più lo sforzo di quella povera ragazza” lo rimproverò Ripicì.
 Eustace sbuffò, incrociando ancor più le braccia al petto.
“Che cosa facciamo adesso?” chiese Lucy dopo un attimo.
Caspian, Edmund e Peter si scambiarono uno sguardo.
“Per prima cosa, scenderemo a dare un’occhiata all’isola” iniziò il Liberatore guardandoli attentamente uno per uno.
“Ma c’è la Strega, laggiù!” esclamò Gael spaventata.
“Tu puoi restare se non te la senti di venire” le disse Caspian con gentilezza. “Anzi, chiunque non se la sente è libero di non scendere dal veliero. Non biasimo nessuno. Ma dobbiamo cercare tracce del prossimo Lord  e della sua Spada”
“Se posso permettermi” intervenne timidamente Emeth, “Proporrei di non dividerci mai. Avremo più possibilità affrontandola in gruppo”
Peter fece un’espressione grave. “Mi auguro davvero di poterci riuscire. La tua idea è molto giusta, ma ricordiamoci che Jadis vuole sfidarci individualmente, e farà di tutto per fare in modo che chi ha scelto stavolta come suo avversario si ritrovi solo e possibilmente disarmato”
Edmund e Caspian si voltarono l'uno verso l'altro.
Loro due erano gli unici Sovrani a non aver ancor affrontato la Strega.
“Toccherà a uno di noi, vero?” fece il Giusto, con una nota di panico nella voce.
“A meno che Jadis non decida di stupirci” rispose il Liberatore.
“Che vuoi dire?” chiese Eustace, gli occhi chiari spalancati.
“Che gli Amici di Narnia sono sette” disse Susan, prendendo parola per la prima volta. “Ricordate cosa disse Lord Bern? Noi Sovrani siamo cinque di sette, ma non sappiamo chi siano i due mancanti. Per quel che ne sappiamo, potrebbero essere anche due di voi”
La Regina Dolce volse lo sguardo verso il cugino e poi su Miriel, Emeth, Gael e infine anche su Ripicì.
Infine si rivolse a Caspian. “Era questo che intendevi, vero?”
Lui la fissò e annuì. “Sì, esattamente”
“Secondo me” disse Gael, guardando gli altri con un po’ d’ imbarazzo, “la Strega Bianca sa tutto. Sa chi sono i Sette Amici di Narnia”
“Sì, è molto probabile” affermò Peter.
“Quindi che si fa?” chiese ancora Eustace.
Decisero all’unanimità di attendere che il temporale cessasse. In seguito avrebbero seguito il consiglio di Emeth e sarebbero scesi sull’isola tutti insieme.
“E per la Stella Azzurra e suo padre?” chiese Edmund ansioso.
“Per ora non possiamo fare niente per loro” rispose Caspian con una strana espressione.
Spinto dalla sua grande devozione nel Leone, il giovane sentiva che non avrebbe certo potuto venire meno al suo dovere. La guida del cielo era estremamente importante e dovevano salvarla. Tuttavia, non desiderava affatto incontrarla. Non voleva avere nulla a che fare con lei.
“Dovremo, invece” ribatté Susan, stupendolo non poco. “Lei ha un ruolo…un ruolo importantissimo in tutta questa storia. E’ nostro dovere condurla qui con noi al più presto”
“E’ vero” assentì Lucy, che non poteva sapere il vero motivo che aveva spinto la sorella a pronunciare quelle parole. “Ricordate cos’ha detto Aslan? Anche lei farà parte della compagnia”
Ripicì saltellò al centro del tavolo. “Vostre Maestà, sono certo voi siate spinti dalle più nobili intenzioni, e per quanto anch’io vorrei tuffarmi nel salvataggio di sì nobile dama, non dovete dimenticare qual è la vostra missione. Re Edmund, so che vi sentite molto in ansia per quella fanciulla, ora più che mai poiché l’avete veduta di persona, ma ricordate che prima di ogni altra cosa dovete radunare le Spade e portarle sulla Tavola di Aslan”
Edmund guardò il topo. “Hai perfettamente ragione, Rip. E’ vero, mi sento piuttosto coinvolto nei confronti della Stella, non so perché”
Eustace fece un ghigno. “Non è che ti piace? Eh?”
Edmund allungò una spinta a Eustace, Eustace diede una spinta più forte a Edmund che gli diede una botta sul braccio, facendolo gridare. Eustace gli diede un pizzicotto sulla guancia e poi il Giusto gli passò un braccio attorno al collo facendolo diventare paonazzo.
Allora Susan prese i due ragazzi per il colletto della camicia, separandoli con la forza.
“Perché dovete sempre fare i cretini, voi due? Smettetela, stiamo parlando di cose serie!”
“Comunque sia” intervenne infine Miriel. “Aslan non permetterà che le accada qualcosa, né alla Stella né a suo padre. Vedrete che arriveremo in tempo, ma Ripicì ha ragione: prima vengono le Spade. Ho idea che senza il loro aiuto, non vi sarà possibile salvare la Stella”
 “E poi” disse Lucy. “Il luogo in cui si trovano non dev’essere troppo lontano, ormai. Non ci resta che aspettare di arrivarci”
Tutti assentirono e poco dopo il gruppo lasciò la cabina di comando.
L’unico a rimanere al suo posto fu Caspian, chino sulla mappa delle Nuove Terre senza vederla davvero.
Nella sua mente e nel suo cuore si agitavano pensieri e sensazioni così forti da farlo sentire male.
La loro meta finale si avvicinava ogni giorno di più, e il giovane cominciò a realizzare pienamente che il tempo che nei mesi scorsi gli sembrava di avere a disposizione, si fosse ridotto a pochi attimi che correvano via veloci come il vento.
Nulla di quello che si era promesso di fare era stato portato a termine: avevano trovato solo due Spade su sette, una delle quali era nelle mani di Jadis. La ricerca dei Lord era altrettanto in alto mare. Aveva ritrovato Susan ma non aveva ancora trovato il modo di stare con lei.
La sua corsa contro il destino si era arrestata per un attimo, quando Edmund aveva pronunciato il nome di Ramandu. In quell’istante, la realtà era piombata su di lui pesante e grigia come un macigno.
Sospirò e si lasciò cadere sulla poltrona e mise i gomiti sul tavolo, giungendo le mani come in preghiera, appoggiando ad esse la fronte.
Quando sentì la porta riaprirsi alzò il capo e con un certo stupore ricambiò lo sguardo torvo di Peter. Il Re Supremo richiuse l’uscio senza dire una parola e avanzò verso di lui.
“Devi dirmi ancora qualcosa?” chiese il Re di Narnia, tornando ad alzarsi.
“Che succede tra te e Susan, si può sapere?” chiese il Magnifico senza preamboli.
Caspian lo fissò un istante, incerto su cosa rispondere, e così facendo accrebbe la preoccupazione e i dubbi di Peter.
Il Re Supremo si era trattenuto fin troppo, nei giorni addietro, dal chiedere spiegazioni. Aveva deciso di lasciare che la sorella e il Re risolvessero la cosa a modo loro, ma vedere Susan così silenziosa, così triste e sempre in disparte lo preoccupava moltissimo. Non voleva tornasse a chiudersi in sé stessa e perdesse quella serenità ritrovata dopo che era tornata a Narnia. Non voleva che soffrisse ancora a causa di Caspian. Aveva giurato a se stesso che se mai fosse accaduto un’altra volta, non sarebbe passato sopra alla cosa.
“Allora?” incalzò Peter, vedendo comparire sul volto del Liberatore un’espressione di assoluto smarrimento.
Caspian si era chiesto quando il maggiore dei Pevensie si sarebbe deciso a prenderlo in disparte. Era sicuro che Susan si fosse confidata con i fratelli, o almeno con Peter, quindi tanto valeva non fare troppo i misteriosi e dirgli ogni cosa. Non si aspettava che Peter capisse, di sicuro avrebbe preso le parti della sorella, ma sperava che almeno ascoltasse fino in fondo prima di arrabbiarsi.
“Abbiamo litigato piuttosto duramente” iniziò il Liberatore. “Susan che cosa ti ha detto? Ne avrete parlato, immagino”
Peter assunse un’aria piuttosto seccata. “No. In realtà non ha aperto bocca. Lei è fatta così: si tiene tutto dentro, come sempre. Le ho chiesto più volte se voleva parlare di ciò che la fa stare così male, ma non ha mai accennato nemmeno mezza sillaba”
Caspian capì all’istante perché la Dolce non aveva detto niente: non voleva che lui e Peter litigassero.
“Per questo sono venuto da te” continuò il Re Supremo. “Voglio sapere che diavolo succede. Vi siete lasciati?”
Caspian aprì e richiuse la bocca. “No…noi…è complicato”
Peter sospirò stancamente. “Mi sembra di sentire lei. Ha detto la stessa cosa”
Caspian sorrise tra sé. Lui e Susan erano così simili…
Il Liberatore piegò poi il capo in avanti, in segno di scusa. “Ti chiedo perdono. Ho tradito la tua fiducia, Peter. La tua e quella di Susan…Io…io non credo di poter essere un buon marito per tua sorella, anche se l’amo più della mia vita”
Peter fece qualche passo avanti per trovarsi di fonte al tavolo, al di là del quale, Caspian continuava a tenere bassa la testa.
“Che hai combinato?” chiese il Re Supremo, assolutamente sicuro che ciò che avrebbe sentito non gli sarebbe affatto piaciuto…
 
 
Erano quasi giunti in prossimità della costa. La baia davanti a loro era circondata da alti picchi e dirupi, il più alto dei quali era una montagna color rame dalla quale fuoriuscivano alte volute di fumo.
“E’ davvero un vulcano” commentò Eustace. “Spero tanto che non dovremo entrarci dentro”
Ripicì saltò sul parapetto accanto a lui. “Da un po’ di tempo, noto con piacere la tua maggiore partecipazione alle nostre avventure”
Come suo solito, il ragazzino scattò sull’attenti. “Bè, vorrei rendermi un po’ più utile rispetto al passato. Vorrei dimostrare che anch’io posso essere all’altezza di quest’avventura. Vorrei poter fare qualcosa di concreto”
Ripicì lo guardò sorridendo.
Il topo aveva notato molti cambiamenti in ciascuno dei ragazzi rispetto a quando li aveva conosciuti. Ognuno aveva sviluppato nuove sfaccettature del proprio carattere, ma nessuno era cambiato quanto Eustace. Non solo fisicamente, irrobustendosi grazie all’aria di Narnia e ai tanti allenamenti di scherma dei quali Ripicì si occupava personalmente, soprattutto era il suo modo di pensare e di agire, di esprimersi. Era ancora il solito Eustace, scorbutico e con il suo brutto carattere, ma era anche più allegro, non più spaesato e spaventato come all’inizio, non più schivo ma desideroso di fare amicizia con tutti.
“Noi siamo pronti” disse Edmund raggiungendoli insieme alle sorelle, Miriel, Emeth e Gael. “Peter e Caspian?”
Eustace alzò le spalle, come a dire che non lo sapeva.
“Forse sono ancora in cabina di comando” disse la Driade.
“Andiamo a chiamarli” disse Susan, muovendosi verso prua.
“Vengo anch’io” fece Lucy seguendo le ragazze più grandi mentre percorrevano all’inverso il tragitto appena compiuto.
 “Ma che cosa succede?” chiese la Valorosa, perplessa, quando furono a pochi passi dalla porta.
Voci concitate provenivano dall’interno.
Lucy, davanti a tutte, entrò per prima, e la scena che trovò dentro la stanza non fu molto diversa da quella a cui aveva assistito pochi giorni prima. Solo che ora, al posto di Susan, ad urlare addosso a Caspian c’era Peter.
I due ragazzi si voltarono immediatamente verso l’entrata.
“Che cosa state facendo?” esclamò Miriel incredula, mentre Susan si bloccava sulla soglia.
Avrebbe dovuto immaginarlo…
“Peter…”
“Fuori di qui” disse il Magnifico, la voce bassa e autoritaria. Avanzò verso la sorella e la prese per un braccio.
“Cosa?” fece Susan disorientata, svincolandosi dalla presa del fratello.
“Non voglio che resti nella stessa stanza insieme a lui!” esclamò il Re Supremo, puntando furioso un dito contro Caspian.
“Peter, cosa dici?” chiese piano Miriel posandogli una mano sulla spalla, mentre Lucy indietreggiava e correva via.
“Io lo sapevo, lo sapevo!” disse il Magnifico, gli occhi azzurri che brillavano di collera. “Che cosa ti avevo detto, Susan? Non illuderti. Non so quante volte te l’ho ripetuto”
“Peter, ascoltami…”
“Caspian, tu sta zitto! Ho sentito abbastanza!”
“Non parlargli con quel tono!” lo riprese Susan, severa.
Il fratello la fissò con tanto d’occhi. “Cosa?! Lo difendi ancora?! Dopo tutto quello che ti ha fatto?”
Caspian uscì da dietro il tavolo e si mise davanti agli altri. “Perché nessuno di voi vuole ascoltarmi?!”
“Ho detto taci!”
“Peter!” lo chiamò Miriel, ma non ottenne nulla.
Il Re Supremo puntò di nuovo un dito contro il Liberatore. “Bugiardo dalla doppia faccia. Come osavi parlarmi da amico mentre prendevi in giro mia sorella e ti approfittavi di lei?!”
“Non ho mai fatto una cosa simile!”
“Di quello che vuoi, Caspian. Rigira pure la faccenda come ti è più comodo, ma le tue belle parole sull’amore non servono a nulla. Non la ami, non l’hai mai amata davvero e non la meriti!”
“Non è vero!” esclamò il Liberatore, indignato, guardando la Dolce negli occhi, quasi disperatamente. “Non è vero, questo non è assolutamente vero. E tu lo sai, Susan”
Lei lo fissò senza dire una parola. Non sapeva cosa doveva dire o cosa doveva fare.
“Non parlarle” sbottò Peter, spingendo indietro Caspian con una spinta sul petto così forte da farlo barcollare all’indietro.  “Non guardarla nemmeno, non avvicinarti mai più a lei, sono stato chiaro?”
“Peter, basta. E’ una cosa che non ti riguarda” disse poi Susan, mettendosi in mezzo ai due per paura che potessero venire alle mani.
“Sei mia sorella! Mi riguarda più di quanto riguarda lui! Se fosse tuo marito, forse…ma non lo sarà mai!”
Peter spostò lo sguardo sul Liberatore. “E’ falso, è un’ipocrita, come tutti quelli della sua razza”
“Peter, smettila, per favore!” gridò Miriel a voce più alta, mentre lo spingeva indietro, e Susan faceva lo stesso con Caspian.
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata spaventata, mentre i due Re cercavano di raggiungersi, sul volto la voglia di chiudere finalmente quel conto rimasto in sospeso tempo prima alla Casa di Aslan.
“Non ti azzardare, Peter, ti avverto…” disse Caspian a voce bassa e intimidatoria.
“Altrimenti che fai, se dico che sei come tuo zio…”
“Non ti permettere…”
“Come tuo padre!”
“Non devi permetterti di parlare così di mio padre!!!” gridò il Liberatore pieno di collera.
Stavolta non gli servì la spada, solo la sua forza, che usò per spostare indietro Susan e scagliarsi contro il Re Supremo, colpendolo in pieno viso con un pugno.
“No!” gridò Miriel.
“Basta, smettetela!” le fece eco Susan.
I due ragazzi  si rimisero dritti, ritrovando tutto l’astio che credevano di aver cancellato dal loro cuore.
“Avanti. Vuoi darmi una lezione?” fece Caspian con un sorrisetto, incitando il rivale.
“Da un sacco di tempo!”
Furono ancora uno addosso all’altro, Miriel e Susan ancora cercavano di dividerli.
“Ehi!!!” esclamò la voce di Edmund, che entrò in quel preciso momento insieme a Lucy. “Che diavolo state facendo?!”
La Valorosa era corsa a chiamarlo, sperando che potesse far ragionare gli altri due Re in qualche modo.
Edmund afferrò Caspian per le braccia tirandolo indietro, insieme a Susan.
Lucy cercò di aiutare Miriel, riuscendo con fatica a trattenere Peter.
Il labbro di Caspian sanguinava. Sul viso del Re Supremo si allargava una macchia violacea.
 “Lo so, ho sbagliato!” gridò il Liberatore, mentre Susan gli premeva le mani sul petto. “Mi dispiace di non essere perfetto come te, Peter!”
“Non si tratta di essere perfetti, si tratta di onestà! E tu non ne hai nemmeno un briciolo!”
“Ma si può sapere di che diavolo state parlando?” chiese Edmund alzando la voce per farsi udire.
Caspian si liberò della sua presa per poterlo guardare. “La verità è che…”
“La verità, Ed” intervenne Peter, senza che il Liberatore potesse terminare, “è che questo lurido bugiardo che tu chiami amico andava a letto con nostra sorella mentre sapeva di avere già una sposa!”
Tutti rimasero di sasso a quella rivelazione.
“L’hai trattata come la peggiore delle cortigiane. Ma che razza di persona sei?!”
“Peter, ora basta” lo rimproverò Miriel a bassa voce.
Susan sentì gli occhi di tutti puntati su di sé e cominciò a respirare un poco più veloce.
No, non poteva mettersi a piangere proprio adesso, non davanti agli altri.
“Ti sposi?!” esclamò Edmund, senza capire.
“Sì, con tua sorella” gli disse Caspian con convinzione, poi voltandosi ancora verso Susan, allungando una mano verso di lei. “Sue, ti prego, ascoltami…”
Ma lei si allontanò svelta, uscendo di corsa dalla cabina, umiliata dalle parole di Peter e dagli sguardi di biasimo di Lucy, Edmund e Miriel, sentendosi terribilmente confusa e in colpa per non aver ascoltato ancora una volta le parole di Caspian.
“Susan!” la chiamò lui, correndole appresso.
Peter fece per seguirli, ma Miriel gli sbarrò il passo e richiuse la porta, appoggiandovi la schiena.
“No!” esclamò risoluta. “Lasciali stare”
“Miriel?” fece Peter incredulo.
Il Re Supremo cercò appoggio nei fratelli minori, ma entrambi lo guardavano con strane espressioni, come se non lo riconoscessero.
Peter sapeva di aver esagerato stavolta, ma non gliene importava niente. Aveva avuto ragione su Caspian fin dall’inizio: non andava bene per Susan, lei non sarebbe dovuta tornare. A che scopo, se poi doveva soffrire così?
“Fammi passare” disse ancora il ragazzo alla Driade.
Lei scosse il capo. “Non ti puoi immischiare, non è giusto.”
“E’ mia sorella!”
“E’ anche nostra sorella” disse la vocina di Lucy, debolmente. “Non dovevi dire quelle cose, non ne avevi il diritto. Susan è già abbastanza confusa così e Caspian…come hai potuto trattarlo in quel modo?”
Peter sospirò. “Perché lo difendete tutti?!”
“Perché so che non ha fatto nulla di quello che tu dici!”
“Tu lo sapevi?” chiese Edmund alla sorella. “Sapevi di questa storia?”
Lucy annuì una volta. “Susan me l’ha confidato. Scusate se non ve l’ho detto, ma gliel’avevo promesso”
“Non capite che l’ha presa in giro per tutto il tempo?” insisté Peter, ancora preda della collera.
“Io non posso credere che Caspian sia capace di fare una cosa simile” disse Edmund, con però una punta d’incertezza.
I due fratelli si fissarono in silenzio.
 “Miriel ha ragione. Non abbiamo il diritto di intrometterci” disse Lucy poco dopo. “Stanno affrontando un momento difficile, e noi non possiamo sapere come si sentono adesso. Devono vedersela loro. Che lo superino o no, non deve dipendere da noi. Con la nostra presenza influenzeremo e basta le idee di Susan e la confonderemo ancor di più, e io non me la sento di far questo: né giudicare Caspian, né riprendere Susan per il suo comportamento”
La ragazzina si avvicinò al fratello maggiore e lo guardò negli occhi. “Se io amassi come loro si amano, avrei fatto le stesse scelte. Anch’io avrei fatto di tutto pur di restare con la persona per me più importante, senza badare a niente e a nessuno. Mi dispiace Peter, ma non la penso come te, perciò è inutile parlarne ancora”
Il Re Supremo fissò la sorella ancora qualche istante, poi guardò Edmund e infine Miriel.
Anche lui avrebbe fatto lo stesso se si fosse trovato con lei al posto di Caspian e Susan?
Si rese conto di aver sbagliato, di essere stato davvero troppo severo, troppo duro nell’esporre i fatti…i fatti per come li vedeva lui, non per come stavano davvero.
Se solo fosse stato meno impulsivo nel disprezzare il Re di Narnia, se non fosse stato così ansioso di mostrare ancora una volta che lui era migliore di Caspian, se avesse speso un po’ più di tempo a cercare di comprenderlo, conoscerlo come lo conosceva Edmund, forse non sarebbero mai arrivati a quel punto.
Ma ormai era fatta, e comunque, non riusciva a pensarla diversamente.
 
 
La pioggia le appiccicò i capelli al viso mentre correva attraverso il ponte e alcuni uomini si voltavano guardandola perplessi.
Susan trattenne le lacrime finché poté. Sentiva la gola serrarsi in una morsa soffocante e improvvisamente le sembrò di non riuscire a respirare.
Le parole di Peter erano state quanto di più terribile avesse mai udito in vita sua, dette con tanta freddezza e disprezzo che il fratello le era parso per un momento un estraneo.
L’istinto la guidò sulla coda del drago d’oro, e una volta salita sul ponticello corse fino alla ringhiera, afferrandola con entrambe le mani, respirando affannosamente come se la sua corsa fosse stata fatta di chilometri e non di pochi metri. Inspirò profondamente l’aria salmastra, chiudendo gli occhi, ma senza riuscire a calmarsi. Si piegò in avanti, verso il mare, e le lacrime bagnarono il suo viso, mischiandosi alle ultime gocce di pioggia.
Avrebbe dovuto ribellarsi, infuriarsi con Peter, difendere la sua reputazione e quella di Caspian, ma tutta quella situazione l’aveva portata a non essere più capace di reagire. Non voleva reagire. Non voleva più sapere nulla, non voleva più sentire, non voleva più parlare, non voleva più fare niente. Voleva solo morire.
Gemette e singhiozzò forte, mentre si nascondeva dal mondo, scivolando lungo la parete più in ombra, abbracciandosi le gambe e dondolandosi avanti e indietro, nascondendo il volto tra le braccia.
Ora tutti sapevano, e questo rendeva ogni cosa ancora più vera, più terribile, inevitabile. Finché altri non l’avevano detto, le era sembrato possibile trovare ancora una via d’uscita, una possibilità benché remota.
Ma adesso…
 “Susan…” la chiamò piano una voce calda e profonda.
Lei non rispose.
Caspian si avvicinò lentamente e la guardò rannicchiata su se stessa, provando un dolore tremendo in fondo al petto, che crebbe in un istante in una nuova ondata di rabbia.
“Alzati di qui” le disse, afferrandola per un braccio e traendola in piedi.
Susan cercò di liberarsi, lo sguardo rivolto verso il basso.
“Maledizione, Sue, smettila! Parlami! Insultami se vuoi, dimmi ancora che mi odi. Arrabbiati, grida, piangi, ma non ignorarmi! Non lo sopporto!”
La scosse forte per le spalle e lei fu costretta ad alzare il viso e fissare gli occhi nei suoi.
“Lasciami, per favore. Voglio stare sola” mormorò sommessamente, separandosi da lui e dirigendosi verso la scaletta, scendendola di corsa.
Per la prima volta si vergognava di lui. Non voleva che la guardasse, non dopo le cose terribili che Peter aveva insinuato. Si sentiva inadeguata, inadatta a un uomo come lui, a un Re. Era solo una ragazzina sciocca che aveva rincorso un sogno, e nonostante tutto sperava ancora di raggiungerlo.
Mise un piede in fallo torcendosi una caviglia, mentre scivolava sugli ultimi gradini resi troppo scivolosi dalla pioggia.
Cadde in avanti, ma subito Caspian fu al suo fianco e la prese al volo prima che potesse toccare terra, traendola a sé.
Susan si aggrappò forte a lui, stringendogli la camicia bagnata. Caspian la circondò in un abbraccio saldo, posandole le mani sulla schiena, sentendo il cuore di lei battere forte contro il proprio.
E poi, i loro occhi si incontrarono. L’oscurità della notte si specchiò nel cielo del mattino.
Si resero conto come mai prima di quanto bisogno avessero l’uno dell’altra.
Allora perché continuavano a stare lontani se desideravano il contrario? Perché mai la rabbia e l’orgoglio fanno fare cose tanto sciocche agli esseri umani? Perché, se volevano stare insieme, non potevano semplicemente farlo?
 “Ti sei fatta male?” chiese lui, chino su di lei.
Susan scosse piano il capo. “No…Mi hai presa al volo”
“Non ti lascerei mai cadere. Non ti lascerò mai andare”
Il volto di Caspian divenne presto una macchia sfocata.
“E’…è davvero così che mi vedete tutti?” disse Susan d’un tratto, prendendo il giovane di sorpresa.
“Cosa…?”
“Come una poco di buono. E’ così davvero? Pensate che…”
“Non devi mai pensare una cosa simile” la rimproverò Caspian. “Hai capito?”
La Regina chiuse un secondo gli occhi e annuì.
Il Re lasciò la presa su di lei. Subito dopo le afferrò una mano e la trascinò con sé.
“Che cosa stai facendo?”
“Ti porto in un posto tranquillo dove poter stare soli”
“Sono ancora arrabbiata con te”
“Questo non ti impedisce di stare ad ascoltare ciò che ho da dirti, no?”
“Caspian, dobbiamo scendere…”
“Non ora” tagliò corto lui, sospingendola dentro la cabina reale e subito incontrò lo sguardo contrariato di Susan.
“Mi ascolterai?”
Lei attese un attimo prima di parlare di nuovo. “Non capisco cosa tu mi debba dire ancora. Lo so, non ti vuoi sposare, e questo cosa cambia? Se Aslan ha detto…”
“Sì, Aslan l’ha detto, ma non è ancora tutta la verità”
“Allora dimmela!” lo implorò lei, aggrappandosi a lui.
Caspian afferrò le sue braccia, affondando le mani nelle maniche dell’abito verde di lei, facendole male.
Ma Susan voleva quel dolore e non si mosse. Voleva le sue mani su di lei.
Non c’era più rabbia, solo un grande vuoto che non era possibile colmare.
“Perché mi hai mentito?” gli chiese con voce flebile, fissandolo con un dolore che si insinuò anche dento di lui.
“Perché non volevo perderti”
Fu come se il fragore del mondo si acquetasse all’improvviso. Nessun suono nel frammento di tempo che separò le parole di lui dal momento che da troppo rimandavano.
Fu inevitabile. Le loro labbra si incontrarono, frementi, bramose di quel contatto, come se si chiamassero e non potessero separarsi mai più.
Quanto era mancato loro tutto questo…
Caspian protese maggiormente il viso in avanti verso quello di Susan. Le mani di lui corsero rapide tra i capelli della ragazza, intrecciandosi in essi, imprigionandole il volto in una piacevole costrizione che le impediva di allontanarsi da quella bocca così meravigliosamente avida di lei.
Le parole che si erano detti, il dolore, la rabbia, la paura, sembrarono lontani anni luce.
Quasi senza rendersene conto, si ritrovarono stesi l’uno accanto all’altra. Caspian intrecciò le mani a quelle di Susan, sposandole ai lati della sua testa, imprigionandola sotto il suo corpo senza smettere mai un momento di baciarla con dolcezza e passione, lentamente, profondamente.
Ma nel momento in cui accadde, quando l’incantesimo si spezzò, il mondo si risvegliò e tutto tornò come prima.
Nell’incontrare gli occhi di Caspian, Susan tremò leggermente, immergendosi nelle profondità di quello sguardo così colmo di infelicità.
Il ragazzo si piegò su di lei, appoggiando la fronte alla sua spalla.
Lei avvertì il suo respiro sul collo e chiuse gli occhi, liberando le mani da quelle di lui ma solo per potergli mettere le braccia attorno al collo e stingerlo forte. Subito, avvertì le braccia del giovane sollevarla appena per insinuarsi sotto la sua schiena e stringerla in risposta.
Rimasero in quella posizione per qualche minuto, senza parlare. Nessuno dei due si sentiva di dire niente.
“Era desiderio di molti che prendessi moglie durante questo viaggio” disse infine Caspian, la voce soffocata, il viso tra i capelli di lei. “Credo di aver portato all’esasperazione il Gran Consiglio rifiutando tutte le proposte possibili, ma ero stato molto chiaro con tutti, così come con Aslan: non avrei mai sposato nessuna che non fossi stata tu. Così, il giorno in cui Ramandu e sua figlia vennero al castello, io non mi presentai all’incontro…Fu un errore, perché qualcun altro pensò bene di dare il consenso alle nozze al posto mio”
“Chi?” chiese subito Susan.
Caspian si alzò un poco, per poterla guardare in viso. “Il Duca di Beruna, Lord Erton. Non puoi conoscerlo. Fu investito del suo titolo ai tempi in cui era sul tono Miraz. E’ un uomo potente, di grande influenza, ma non è ben voluto dal popolo, soprattutto per via dei suoi pregiudizi sulle creature fatate: le disprezza. Purtroppo non mi è ancora stato possibile destituirlo dal suo incarico”
“Non capisco…” mormorò Susan, confusa. “Perché l’avrebbe fatto?”
“Per trarne vantaggio a suo favore. Per conquistare la benevolenza della Regina visto che quella del Re non gli è riuscito di ottenerla. E forse per qualche altro suo tornaconto personale”
Susan scosse il capo. “Ma se questo Duca ha dato la tua parola…il tuo fidanzamento è comunque valido. Non importa che tu non abbia dato il consenso”
Caspian emise un mezzo gemito. “Sei la donna più testarda che abbia mai conosciuto, accidenti a te! Chi se ne importa di quello che altri hanno deciso?!”
Susan serrò le labbra e continuò a guardarlo negli occhi. Il tono di lui era tranquillo, ma dietro si avvertiva la rabbia che minacciava di esplodere di nuovo. Fece scivolare le mani dal suo collo alle sue spalle, stringendogli la camicia.
“E’ vero, degli altri m’importa poco, ma dimmi cos’ha detto Aslan. Che cos’ha veramente detto sul tuo matrimonio.”
Caspian distolse lo sguardo solo per un attimo e si separò da lei, mettendosi a sedere. Susan gli fu subito accanto.
“Aslan non mi obbligò a prendere nessun tipo di decisione, tuttavia, disse che il destino di un Re di Narnia è stabilito alla sua nascita. Sposare una figlia delle stelle porterà grandi benefici al pese di Narnia, ma io respinsi la sua proposta. Lui non disse nulla, avvertendomi però che le mie scelte avrebbero cambiato per sempre le sorti di Narnia. Ma a me non importava, perché ero pronto a tutto pur di stare con te. Lui lo sa. Ho pregato tanto perché tu potessi tronare e adesso sei qui!”
Susan si alzò lentamente in piedi e lo fissò con estrema tristezza. Caspian la raggiunse e posò una mano sul suo viso, asciugandole con il pollice le lacrime che avevano ricominciato a scorrere lente e stanche.
“Che ti prende?”
Il Liberatore non capiva perché piangesse. Non era forse tutto risolto? Non aveva nessun vincolo, non c’erano più ostacoli adesso. Susan sapeva la verità e per quanto difficile, tutto sarebbe andato a posto ora che...
“Noi due non potremo mai stare insieme” disse Susan, tirando un sospiro.
Il giovane la guardò incredulo. “Ma non hai capito ancora?”
“No, tu non hai capito” la Regina Dolce gli fece una breve carezza sul viso. “Ti illudi di scorgere nelle parole di Aslan qualcosa che non esiste. Tutto è già deciso. Aslan ci ha concesso di rivederci esaudendo le nostre preghiere, ma se potesse essere qui adesso, ci direbbe che non è la nostra vita e che siamo qui solo per Narnia. Noi due immaginiamo di essere ancora là, alla Casa di Aslan, come se il tempo non fosse mai passato”
“E non lo è, infatti!” insisté lui, prendendole le mani. “Non è passato nemmeno un secondo per me”
“Ma è passato, invece, devi cercare di capirlo”
“No! Non voglio capire!” urlò il ragazzo, lasciandola andare.
“La colpa è anche mia” continuò Susan, mentre lui le dava le spalle e serrava i pungi. “Io ti vedo ancora come il principe che eri quando ti ho conosciuto, però è ora che entrambi comprendiamo che non è più come tre anni fa. Tu non sei più un principe”
“Io sarò sempre il tuo principe, Susan” disse lui debolmente, guardandola con una tristezza immensa.
Susan scosse piano il capo, cercando di non cedere davanti alla dolcezza delle sue parole.
“Sei un Re, adesso. Il Re. Non puoi più comportarti come allora, e nemmeno io. Io voglio che tu sia un buon Sovrano per Narnia. Non puoi mandare all’aria tutto per causa mia. Narnia è troppo importante. E’ la nostra casa e tu la devi difendere, la devi guidare, la devi amare”
Caspian scosse il capo. “Non c’è amore in me se non sei tu a donarmelo ogni giorno”
“Caspian...”
Andò da lei e la prese per le spalle. La guardò intensamente, cercando di trasmetterle un po’ della sua determinazione, fragile ma immutabile.
“Allora davvero non è servito a niente? Stai dicendo che è tutto un sogno? Susan, io ti amo di un amore che tu non puoi immaginare. Un amore che mi consuma dentro, e non posso rinunciarvi. E’ un sogno anche questo?”
La ragazza abbassò la testa e i lunghi capelli bruni le ricaddero sul viso. “Narnia ti ha scelto”
“Allora forse non doveva scegliermi”
“Non dire così…non devi…”
“Allora dimmi che non mi ami” esclamò lui, scuotendola un poco. “Dimmi che non mi ami, che non t’importa nulla di andartene, che accetti senza lottare quello che gli altri hanno deciso per noi. Rinunciamo a tutto quanto, dimentichiamo, e finiamola qui. Così non ci faremo più del male”
“NO!”  gridò forte Susan, singhiozzando più forte che mai. “No, Caspian ti prego! Non voglio! Non…non ce la faccio…”
Susan non riuscì a terminare la frase. Caspian la strinse a sé, per darle forza ma anche per trarne da  lei.
Mi ami?, avrebbe voluto chiederle, ma era una domanda sciocca. Era evidente quanto lei lo amasse, o non sarebbe stata così male, non avrebbe gridato, non avrebbe pianto.
Odiava se stesso. Odiava il suo titolo. Odiava quanto gli era stato imposto. E soprattutto, odiava chiunque cercasse di allontanarlo da lei.
Voleva gridare la sua rabbia e vederla esplodere. Posò delicatamente la mano sul capo di Susan per offrirle un po’ di conforto, e non appena lo fece, dentro di sé sentì che tutto si fermava. Tutta la sua rabbia defluiva dal corpo e lo lasciava come morto.
La guardò piangere, le mani strette al petto, i capelli davanti al viso. Tentò di chiamarla, di pronunciare il suo nome, ma non trovò la voce.
Erano destinati entrambi a una vita che non desideravano, che li avrebbe sopraffatti inesorabilmente non appena avessero ceduto. Un’esistenza che li avrebbe spenti lentamente, giorno dopo giorno, fino ad arrivare al punto di odiare la vita stessa.
Se si fossero lasciati questa volta, non si sarebbero mai più rivisti. Lo sapeva lui. Lo sapeva lei. Eppure…eppure erano impotenti di fronte al volere di Aslan e non avrebbero potuto uscire da quella situazione, non più. E portarla avanti, voleva dire farsi ancora più male.
Ma Caspian non poteva, non voleva lasciarla andare. La strinse forte, gettandosi in ginocchio sul pavimento insieme a lei. Susan era inerme tra le sue braccia.
Perché non era loro concesso di amarsi? Perché? E perché allora si erano incontrati? Se il corno d’avorio, un oggetto inanimato, aveva superato le barriere del tempo e dello spazio, perché non uno di loro?
Per un secondo soltanto, Caspian pensò a se avesse lasciato tutto per seguirla nel suo mondo. Avrebbe potuto lasciare il regno a Briscola e…
Sì, avrebbe potuto, ma non poteva farlo. Narnia aveva bisogno di lui, ma lui aveva bisogno di Susan.
Se solo non fosse nato mille trecento anni dopo di lei, se solo l’avesse incontrata tanto tempo prima, allora l’avrebbe sposata e avrebbero vissuto felici.
Ma no…nemmeno nell’Epoca d’Oro lei sarebbe rimasta per sempre. Un giorno, lui l’avrebbe vista svanire davanti ai suoi occhi, esattamente com’era già successo.
Non c’erano vie d’uscita. Solo Aslan poteva dargliene una, la sola, l’unica: facendo rimanere Susan a Narnia. Ma a quanto sembrava, non era così che le cose sarebbero andate.
Lo avevano sperato tanto…
Ma se Caspian non capiva, Susan invece sì.
Il suo senso di colpa nei confronti del Leone era ancora molto forte. Aveva disubbidito, e si era chiesta perché mai Lui le avesse permesso di tornare. Di certo, però, Aslan sapeva cosa era bene e cosa era male, e sia lei che Caspian dovevano accettare la sua volontà.
Tuttavia, aveva continuato a chiedersi, di tanto in tanto, perché il suo corno era entrato nel suo mondo se non per riportarla lì. Forse, però, era solo per aiutare Narnia, niente di più. Narnia doveva venire prima di tutto, lo sapeva. Ma anche Caspian veniva prima di tutto il resto.
Lui fece per allontanarla un poco da sé, per guadarla in viso, ma Susan lo strinse con tutte le sue forze. Sapeva che se si fossero separati adesso, lei non avrebbe mai più sentito il calore e la forza delle sue braccia attorno a sé.
“Non lasciarmi” esalò all’improvviso contro la sua spalla, le lacrime che gli bagnavano la camicia. “Ti prego, Caspian non lasciarmi! Non lo sopporterei. Stavolta credo che ne morirei!”
“Amore mio, guardami” le disse il giovane, prendendole il volto tra le mani.
Lei tremò. Non doveva allontanarla, no.
“Caspian…Caspian…” continuò a ripetere il suo nome, come una preghiera, per fargli capire quanto fosse importante che lui la tenesse con sé.
“Guardami” ripeté lui, con voce rotta.
Le lacrime scesero lungo le sue guance. Susan lo guardò turbata. Non l’aveva mai visto piangere davvero.
Caspian si sentiva totalmente perduto in quel momento. Era come se il mondo intero fosse divenuto un luogo buio. Non riusciva a trovare la strada. Non c’erano strade. Non c’era più luce. Perché l’unica luce che poteva guidarlo fuori dall’oscurità, era quella che brillava negli occhi della sua Susan. Ma ora, quei laghi azzurri erano spenti per colpa del dolore e delle lacrime. Un dolore che le aveva procurato lui.
“Susan…mio dolce, testardo, meraviglioso amore, se tu mi vuoi ancora, io sono pronto davvero a mandare all’aria ogni cosa”
Lei lo fissò incredula. “Non posso chiederti questo. Non è giusto…”
“Sì, puoi. E lo farò comunque, anche se non me lo chiederai”
“Narnia ha bisogno di te”
“Anch’io ho bisogno di te!” esclamò forte il giovane, costringendole il viso in una dolce morsa.
Susan non poté reprimere un singhiozzo più forte degli altri, misto a un lieve sorriso. Posò le mani sulle guance di lui, asciugando le lacrime che lei aveva provocato, baciando teneramente il suo viso, gli occhi.
“Caspian, mi dispiace. Non pensavo quelle cose. Ero arrabbiata, scusa. Non è vero che ti odio”
Lui la strinse forte, baciandole ripetutamente i capelli. “Lo so. Lo so, non importa. Anche tu devi perdonarmi”
“L’ho già fatto”
Caspian le prese ancora il volto tra le mani, appoggiando la fronte a quella di lei.
“Pensi ancora che non ci sia soluzione?”
Lei si accasciò su di lui. “Non so più niente…solo che ti amo da morire”
“Voglio sposarti, Susan”
Lei singhiozzò forte, abbassando la testa e soffocando il pianto contro il suo petto.
“Voglio vivere con te. Voglio avere dei figli da te”
La sentì stringerlo convulsamente e reprimere un grido. Lui fece lo stesso, circondando il suo corpo in un abbraccio violento, frenetico.
“Dimmi cosa devo fare?” lo implorò lei, senza intenzione di separarsi da lui.
 “Stare con me. Solo stare con me. Siamo qui, amore, mio, siamo insieme e non c’è niente che conti di più al mondo per me. Uniti possiamo fare tutto, superare tutto”.
La sentì tremare contro il suo corpo, come una fragile foglia scossa dal vento. E lui la tenne più stretta per non lasciarla volare via. Non un'altra volta.
“Caspian…baciami”
Lui la scostò un poco da sé. Susan era come svuotata, disperata ed esausta, gli occhi spenti, le lacrime silenziose continuavano a scendere ma lei adesso era troppo stanca per emettere anche solo un singhiozzo.
Caspian posò le labbra sulla fronte di lei, sugli occhi, sulle guance, sulle labbra schiuse, accogliendole con tenera passione, accarezzandole, sfiorandole. Le grandi, calde mani di lui percorsero il suo corpo, desiderose di incontrare la sua pelle.
Lei mormorò il suo nome tra i baci, e un senso di calore e di vertigine la invase sovrastando tutto il dolore, e smise immediatamente di piangere.
“Io voglio te, dolce Susan” sospirò lui, incontrando l’azzurro degli occhi della ragazza che stringeva tra le braccia, l’unica al mondo, ora e per sempre.
“Sono qui…” mormorò lei, guardando negli occhi di quell’uomo che la sollevò con estrema dolcezza e la portò in un mondo dove solo l’amore esisteva.
Caspian la baciò e si appoggiò con una mano al morbido materasso, con un braccio teneva ancora Susan, la mano sulla sua schiena. Appoggiò la ragazza al letto, si separarono solo per una frazione di secondo, il tempo di guardarsi ancora e poi ricominciarono a baciarsi con maggiore impeto, mentre Caspian si stendeva sopra di lei…
 
 
L’ancora venne gettata nel momento in cui la pioggia cessò di cadere e al posto della frescura che segue il temporale, tornò il caldo afoso.
“Dove diavolo è Caspian?” chiese Edmund, mentre la scialuppa sulla quale era veniva calata in mare.
“Manca anche Susan, veramente” mormorò Lucy a bassa voce per non essere udita da Peter.
Il Re Supremo sedeva in fondo alla barca, in silenzio. Miriel accanto a lui gli bisbigliava qualcosa.
“Una volta per tutte: lasciali stare un po’ soli!” Lucy udì la Driade mormorare al ragazzo.
La Valorosa si scambiò uno sguardo con Edmund, che a sua volta si girò verso il veliero.
“Oh, bè, almeno faranno pace”
“Non sei arrabbiato con Caspian?”
“Arrabbiato? Perché?” fece il Giusto perplesso.
“Ah, io credevo…no, lascia perdere”.
Poi, la ragazzina si volse verso Emeth, appena dietro di lei, il quale si teneva in disparte, il più lontano possibile da Peter.
Il soldato era ancora molto in imbarazzo per quello che era accaduto la sera prima, e ora che Il Magnifico sembrava così furioso, non era sua intenzione farlo innervosire ancor di più.
“Emeth” lo chiamò piano Lucy, spostandosi a sedere accanto a lui. “Sei silenzioso. Qualcosa non va?”
“No, nulla. Stavo solo pensando a quando incontreremo la Strega Bianca. Sai, so davvero poco di maghi e streghe, e non ho idea di come dovrei agire nel caso mi dovesse capitare di trovarmela davanti”
“L’ultima volta sei stato grandioso”
Emeth arrossì di fronte al un complimento così sincero. “Grazie, ma c’erano gli altri ad aiutarmi. Io non avrei proprio saputo cosa fare. E’ una creatura spaventosa”
Lucy gli posò una mano sulla sua. “Andrà bene. Come sempre”
Lui le sorrise. “Sempre fiduciosa”
Lucy raddrizzò la schiena. “Sempre!” esclamò con fierezza e un gran sorriso.
Quella mattina si era legata i capelli nella solita coda di cavallo portata su una spalla, anche se Emeth la preferiva di gran lunga con i capelli sciolti.
Ma cosa gli veniva in mente in un momento del genere! Stavano per affrontare un nuovo pericolo e lui pensava a…
Si accorse di stare ancora fissandola e vide il suo viso roseo accendersi lievemente. Si schiarì la gola e smise di guardarla.
“Scusa”
“Perché?” fece Lucy senza capire, ma lui non rispose. “Ehm…senti, prima che arriviamo a riva, ti volevo dire una cosa”
Il ragazzo tornò a voltarsi verso di lei.
Lucy si stropicciò i pantaloni, cercando di non arrossire di nuovo. “Cosa volevi dirmi ieri sera? Non abbiamo finito il discorso, Peter ci ha interrotti”
Emeth trattenne il fiato. “Sì…io…volevo dirti che…che tengo molto a te, Lucy. Sei…sei molto dolce e ti ringrazio per tutto quello che fai per me”
“Non ringraziarmi sempre, lo faccio perché…perché…”
“Siamo amici” concluse lui, accorgendosi della delusione sul viso di lei.
“Sì…certamente”
Lucy gli diede la schiena.
Accidenti, perché era così difficile? Bastava che gli dicesse ‘Emeth mi piaci’. Non era così complicato, non doveva certo prepararsi un discorso.
Continuava a cambiare idea un minuto con l’altro. Se cercava di dirglielo, subito la gola le si seccava, il nervosismo saliva alle stelle, la voce le tremava, così che infine rinunciava. Ma non appena si tirava indietro, il coraggio le tornava, la voglia matta di andare lì e urlarglielo quasi, anche se non era decisamente il metodo più adatto.
Come diamine aveva fatto Susan adire a Caspian che lo amava?
Non seppe perché- o forse sì- pensando ai due Lucy arrossi e uno sorriso si disegnò sul suo volto.
Chissà se anche lei un giorno avrebbe potuto assaporare le gioie dell’amore. Poter stare sempre insieme a un uomo come…già, proprio come Emeth. Un po’ introverso ma così coraggioso e gentile...
Se lei gli avesse confessato quello che provava, anche lui l’avrebbe abbracciata e lei avrebbe nascosto il viso nel suo petto. Lui le avrebbe confessato a sua volta che era innamorato di lei e poi, quando avrebbe avvicinato il viso al suo…
“Perché sorridi come un’oca giuliva?”
“Mmmm…Eustace…” mugugnò Lucy, dando un enorme pizzicotto sul braccio del cugino e poi schiaffeggiandolo sulla spalla. “Hai interrotto il mio sogno romantico!” gridò arrabbiatissima.
“Aiuto! Aiuto!” urlò il ragazzino, lottando con lei, con il risultato di far ondeggiare pericolosamente la barca.
“Lu, che combini?!” esclamò Peter dal fondo della scialuppa.
“Scusa!”
Lucy si voltò immediatamente verso Emeth, il quale la guardava perplesso e un po’ divertito.
“Manesca!” esclamò Eustace, massaggiandosi il braccio. “Povero chi ti sposerà!”
La ragazza sedette composta, la mani strette in grembo, finché non raggiunsero la spiaggia, innervosita e imbarazzata.
Davanti a loro si stendeva una bosco di fitti alberi, in mezzo al quale scorreva un torrente al quale Drinian ordinò subito di fare rifornimento d’acqua.
Più indietro si vedeva una ripida salita che terminava in un crinale dentellato. Ancora oltre, dominava il colore scuro di monti spogli di vegetazione, il più grande dei quali mandò un improvviso borbottio e poi una vampata vermiglia fuoriuscì da esso. Il vulcano era attivo. Il tutto era avvolto da un’atmosfera assai sinistra.
“Oh, non vorrei davvero andare lassù” commentò Eustace appena misero piede a terra.
“Tanto non ci muoveremo finché non arriveranno i due ritardatari” gli disse Edmund, guardando verso il cielo.
“Con la fortuna che abbiamo, scommetto quello che vuoi che saremo costretti a doverci calare fin dove ribolle la lava” disse acora Eustace.
“Oh, smetti di essere così pessimista” gli disse Ripicì, saltando sulla sua spalla.
“Scommettiamo davvero”
Il topo lo guardò incerto, poi allungò la zampa. “D’accordo. Che cosa vuoi scommettere?”
Eustace ci pensò su un momento. “Vediamooo…Trovato: se vinco io, cioè se andremo nel vulcano, mi darai la tua razione di torta a colazione, pranzo e cena”
“Oh, piccolo ingordo!” protestò Ripicì, sorridendo sotto i baffi. “E va bene, ma lo stesso vale per me se vinco io e non ci andremo”
Topo e ragazzo unirono zampa e mano in un gesto solenne, e in coro dissero: “Affare fatto”
Passò un po’ di tempo, durante il quale si cercò di radunare viveri restando però nei pressi della nave. Nessuno aveva intenzione di allontanarsi troppo per paura che la Strega Bianca potesse comparire da un momento all’altro.
Gli alberi del bosco erano colmi di grossi e succosi cedri, che i marinai raccolsero in gran quantità. Ma a parte quelli, l’isola era priva di cibo vero e proprio. Strana fu anche l’assenza di animali selvatici, eccetto uccelli e insetti.
“Fa un caldo terribile, adesso” borbottò Eustace tra sé e sé, sdraiato all’ombra di un albero a ridosso della boscaglia.
Il ragazzo si alzò a sedere e vide che gli altri stavano caricando grosse ceste sulla scialuppa che sarebbe tornata indietro per portarle subito sulla nave.
Si incamminò piano verso la vegetazione, quando la voce di Peter lo richiamò.
“Eustace, non allontanarti”
“Uffa, non sono un bambino, smettetela di dirmi cosa fare e cosa non fare! Voglio solo andare a bere al fiume, non posso?”
“Resta dove possiamo vederti”
“Sì, sì, va bene” annuì Eustace controvoglia e poi si incamminò.
Aveva davvero caldo e ci voleva proprio un po’ d’acqua fresca.
Si inginocchiò sul terreno sassoso e mise le mani a coppa, prendendo grandi sorsate, quando qualcosa attirò la sua attenzione…
 
 
Le mani di Susan stringevano le lenzuola, mentre il suo respiro si regolarizzava, il corpo di Caspian abbandonato sopra il suo.
Una cosa sola le era certa: aveva vissuto per mesi insieme a lui e ancora c’era un lato di quel ragazzo che non conosceva. Certe volte, sapeva davvero stupirla...piacevolmente.
Gli accarezzò piano la schiena, coccolandolo tra le sue braccia.
“Dispettosa” lo sentì mormorare sul suo petto.
“Perché?”
“Perché dobbiamo andare, lo sai”
“Sì…si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto, soprattutto Peter”
Caspian si alzò lentamente, poggiando sui gomiti, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso.
“Stai bene?”
Susan gli sorrise. “Sì, benissimo…Mi dispiace tanto”
“Non importa. E’ passata. Ma sei stata davvero insopportabile, lo sai?”
Lei rise piano. Era bellissima.
“Scusa…”
“Basta chiedere scusa”
La ragazza allungò una mano e gli scostò una ciocca di capelli dal viso. “Abbiamo fatto di tutto per non capirci”
“Sei ancora arrabbiata?” le chiese Caspian, accarezzandole una spalla con il dorso della mano.
“No…però ti alzeresti, adesso?”
Lui si fermò. “Perché non ti alzi prima tu?”
Lei lo guardò eloquente. “Perché non posso”
“Io non ho intenzione di alzarmi”
“Caspian, non possiamo rimanere qui tutta la mattina”
Lui continuava a guardarla, poi si spostò e lei si coprì con il lenzuolo. Si misero a sedere, spalla a spalla. Susan lo vide allungare una mano e raccogliere qualcosa in mezzo alle coperte. Un secondo dopo, le posò il fiore blu tra i capelli.
“Questo deve restare al suo posto”
Lei gli sorrise dolcemente, allungandosi verso di lui per poterlo baciare delicatamente.
“Credevi davvero che avrei ceduto così in fretta dopo che ti ho aspettata per tre anni?”
Gli occhi di Susan si chiusero per un attimo. La Regina scosse il capo.
“Un’altra cosa” continuò lui. “Dammi la mano”
Lei lo guardò interrogativa, così fu Caspian a prenderle la mano, mentre il respiro di Susan si arrestava. I suoi occhi azzurri splendettero quando lo vide togliersi l’anello reale con lo stemma della Gran Casata di Narnia, portarselo alle labbra e poi infilarglielo all’anulare sinistro.
“Caspian!” esclamò lei, spostando lo sguardo dal suo viso all’anello.
“No amor mio, non piangere ancora, ti prego” sorrise il giovane, prendendola tra le braccia.
Lei rise forte, gioiosa.
Caspian la guardava estasiato, come se non l’avesse mai vista ridere così. Illuminava il mondo, irradiava luce, e il cielo impallidiva di fronte allo splendore dei suoi occhi.
“Narnia è tua, Susan” le disse poi seriamente. “La mia vita è tua”
“Avevi ragione” disse lei accarezzandogli piano il volto. “E’ come se il tempo non fosse mai passato dal giorno in cui ci siamo incontrati. E’ come se ti avessi aspettato fin dalla prima volta che sono arrivata qui. Anch’io ho avuto molti pretendenti sai, quand’ero Regina. E anche nel mio mondo ne ho qualcuno”.
Lo vide corrugare la fronte, sporgersi verso di lei. “Sono geloso”.
Lei sorrise ancora, e capì che un pò stava scherzando, e un po’ no.
“Ma io aspettavo te, Caspian. Per mille anni ho atteso il tuo arrivo. Io appartenevo già a te, anche se tu non esistevi ancora”. Si fece seria. “Non riesco a spiegartelo, ma so che è così…Ti ho amato per mille anni”
“E io ti amerò per altri mille”. Caspian si avvicinò ancora a lei e la baciò.
Non si sarebbe mai stancato di farlo e lei non si sarebbe mai stancata di rispondere ai suoi baci.
Susan sentì presto scivolare via le lenzuola che la coprivano e capì che era stato lui, e un attimo dopo percepì di nuovo le sue mani attorno a lei, mentre la trasportava ancora tra le morbide coperte.
Qualunque fosse il destino che li attendeva, che esistesse o no, non importava più a nessuno dei due. Loro avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di cambiarlo. Insieme.

 
 
 
Buona domenica cari lettori!
E subito inizio con un grazie per tutti gli incoraggiamenti e l’interessamento che avete dimostrato per me riguardo il mio lavoro! Sono commossa!!! Sono già alla ricerca di qualcosa di nuovo, anche se purtroppo, niente di fatto per adesso.
Come vi avevo anticipato un paio di settimane fa, ecco un nuovo video!!! Inerente alle vicende che accadono tra il capitolo 31 e questo.
Siete contenti? Stavolta si sono finalmente chiariti e…ehm… *colpo di tosse nervosa* ok, credo di essermi lasciata prendere la mano in questo capitolo per quanto riguarda le scene Suspian, ma spero vi abbia fatto piacere!!! Volevo finalmente farli chiarire e farli riappacificare…uhuhuh….*.*
Se fosse un film, io mi immaginerei che durante la scena d’amore in sottofondo parte la canzone del video…<3 Ho pure inserito le frasi clou nelle ultime battute!
Avevo anticipato anche una scazzottata tra Peter e Caspian. Ebbene, c’è stata. Lo so, Peter, è stato cattivo con i due innamorati, ma grazie a lui hanno fatto la pace <3 (e credetemi, è una sorpresa anche per me aver fatto questo, puntavo su Eustace, e invece…)
A Lucy è andata male di nuovo, povera, ma chissà che la prossima volta…
 
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Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angie_V, Babylady , Charlotte Atherton, english_dancer, EstherS,  FioreDiMeruna, Fly_My world , FrancyNike93, GossipGirl88, JLullaby, Martinny, piumetta, SerenaVdW e TheWomanInRed
 
 

Angolino delle anticipazioni:
Cosa mai avrà visto Eustace di tanto interessante? Forse un tesoro? O una strana scia verde? O entrambe le cose?
Prevedo una nuova ondata di urla da parte di Peter quando vedrà Caspian e Susan arrivare in ritardo…
Forse ancora scene tenere Lumeth, e anche una Shandmund, ma solo dal punto di vista di lei.
E se ce la faccio, scoprirete come sta il nostro caro…ehm…più o meno, principe Rabadash.

Ok! Ora vi lascio alle recensioni e al video, spero vi piaccia!!!
Alla prossima settimana gente! Un bacione e grazie mille a tutti!!!!!!!!!
Susan<3

 

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 34: Il tesoro del drago ***


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34. Il tesoro del Drago

 
 
“Dove diavolo eravate finiti?!” gridò Peter quando vide Susan e Caspian risalire velocemente la spiaggia e raggiungere il gruppo.
I due ragazzi avevano cercato di pensare a una scusa plausibile per giustificare il loro ritardo, senza però riuscirci.
Si scambiarono occhiate veloci, Caspian una mano nei capelli, come sempre quand’era nervoso, e iniziarono a parlare insieme.
“Noi…” fece Susan.
“Ecco…” le fece eco il Re.
“…stavamo…”
“…eravamo…”
“…insomma…”
“…ehm…”
Peter li guardò attentamente e subito notò qualcosa di strano, anche se non seppe dire cosa. Fece vagare gli occhi azzurri su entrambi, scrutandoli con insistenza.  Sembrava avessero corso, i capelli un poco spettinati, nervosi e con un’espressione un po’ colpevole sul volto.
“Dovevamo parlare” concluse finalmente Caspian, vincendo l’imbarazzo.
“Una chiacchierata piuttosto lunga, direi” fece Peter sarcastico, senza smettere di fissarli.
Il Re Supremo sospirò a denti stretti, augurandosi con tutto il cuore che il motivo del loro ritardo non fosse in realtà quello che pensava.
Si era pentito di essere stato tanto severo con Susan, tuttavia aveva sperato che con le parole di quella mattina avesse in qualche modo indotto la sorella a usare un po’ più di buonsenso. Ma no, niente da fare. Quando c’era di mezzo Caspian, lei abbandonava ogni cautela.
Possibile fosse così ciecamente innamorata di lui da passare sopra tutto quello che era successo?
Possibile che avessero già fatto pace? A quanto pareva sì, perché se nei giorni precedenti erano sembrati due estranei, ora erano lì, mano nella mano e si scambiavano occhiate complici.
Irresponsabili: ecco il termine più appropriato per definirli.
“Mio Signore” chiamò la voce di Ripicì, zampettando verso Caspian. “Gli uomini chiedono di voi, Sire”
“Arrivo subito”.
Il Liberatore lasciò la mano di Susan e si allontanò alla svelta.
La ragazza lo seguì con lo sguardo, quando Peter parlò ancora.
“Che avete fatto fino a adesso?”
Lei lasciò andare le spalle con un sospiro. “Non credo che vorresti saperlo” disse, iniziando a camminare dirigendosi verso gli altri.
“Come ha fatto a convincerti a perdonarlo?”
“Non mi ha convinto a fare niente. Non mi obbliga a stare con lui, se è questo che pensi, io semplicemente lo voglio”
“Eri molto più coscienziosa quando lui non c’era. Ti fa agire da stupida”
“Bè, allora sono felice di essere stupida…Lui non mi trova stupida” Susan si fermò all’improvviso e si voltò verso il fratello, un poco innervosita. “Lo amo, Peter! Quante volte te lo devo dire ancora?”
“L’amore ti rende sciocca, Sue”
“No, l’amore mi rende libera. Mi rende me stessa come non lo sono mai stata. Da quando sto con lui sono diventata una persona migliore”
I due ragazzi si fissarono un istante. L’espressione di Peter non mutò, rimase astiosa; quella di Susan, invece, da arrabbiata divenne triste.
“Perché non riesci a capire? O non vuoi capire…”
“Dopo quello che ti ha fatto…tu…”
“Finalmente!” esclamò Lucy, troncando quella nuova discussione sul nascere.
La Valorosa avrebbe tanto voluto chiedere alla sorella come si erano risolte le cose tra lei e Caspian, ma la presenza di Peter la frenò.
“Ehm…tutto ok?”
“Si, Lu” le sorrise Susan e la ragazzina capì senza bisogno di parole.
Fece un gran sorriso. “Bene!”
“Coraggio” disse ancora Peter. “Direi che è ora di muoverci, non trovate? Abbiamo già perso abbastanza tempo, e a quanto pare…” aggiunse poi, passando di fianco a Caspian, “qui sembro l’unico a ricordarsi che abbiamo una missione da compiere”
Il Liberatore scoccò un’occhiata al Magnifico, che si fermò insieme alle sorelle poco più in là. Susan gli fece cenno di no con la testa, come a volergli dire di lasciar perdere, e Caspian stavolta incassò la provocazione. Avrebbe però tanto voluto dare un’altra bella lezione al Re Supremo. Con tutto il rispetto che aveva per Peter e per il suo titolo, il Magnifico non poteva comunque trattarlo così!
Nessuno aveva fatto commenti in proposito alle lievi contusioni che i due Sovrani riportavano al labbro e all’occhio, c'era stato solo qualche mormorio.
“Sire” disse Rhynce a Caspian, mostrandogli le ceste di viveri “abbiamo già provveduto a cercare cibo e acqua, ma non abbiamo trovato molto a parte qualche frutto. E’ una terra sterile”
“Capisco. Non importa, avete fatto comunque un buon lavoro. Caricate le barche e riportate il tutto sulla nave. Io e gli altri Sovrani cominceremo le ricerche della Spada e del prossimo Lord, come disposto”
“Sì, Vostra Maestà”
Rhynce si inchinò e, con Tavros, radunò i marinai il cui compito era occuparsi delle provviste.
“Maestà” disse Ripicì, zampettando verso il Re, Emeth dietro di lui. “Io e il giovane tarkaan abbiamo pensato una cosa mentre non c’eravate. Vedete, io dubito che i Lord si siano fermati qui, mio signore. Non v’è traccia di esseri viventi”
“Pensiamo inoltre che potrebbe essere tutta un trappola” continuò il soldato. “Se la Strega Bianca ci spingesse a cercare qui una delle Sette Spade ma in realtà non ci fosse affatto?”
Caspian rifletté un momento. “Non possiamo comunque escludere la possibilità che uno di loro sia giunto qui”.
“Sire” disse Emeth, “io penso non sia troppo prudente ascoltare quello che ci ha detto la Stella Azzurra. Se anche lei fosse dalla parte della Strega…”
“Che dite?” esclamò la voce di Edmund alle loro spalle. “La Stella un’alleata di Jadis? State scherzano, spero”
“Forse non ci siamo spiegati bene” s’inchinò il topo. “Intendiamo dire che potreste aver sognato la guida sbagliata, Re Edmund. Non la vera, ma la fasulla”
“In fondo, potrebbe aver ragione Eustace” disse Emeth.
“Eustace?” chiesero tutti in coro, un po’ perplessi.
Ripicì annuì. “Sì, sul fatto che ci sono due stelle. A proposito, dov’è il piccoletto?”
Tutti si guardarono intorno, accorgendosi solo in quel momento che Eustace non era lì con loro. A ben vedere, non era proprio da nessuna parte.
Cominciarono a chiamarlo a gran voce ma nessuno rispose.
“Ho un brutto presentimento” mormorò Lucy.
“Chi è l’ultimo che l’ha visto?” chiese Susan.
“Io” disse Peter.
“Dove?”
“Era laggiù, sotto quegli alberi. Poi si è alzato dicendo che andava a bere al torrente e…”
“Quanto tempo fa è successo?”
Peter rifletté. “Non so, Sue. Sarà…un quarto d’ora, circa”
“Oh cielo, e adesso?” esclamò Miriel, portandosi le mani al viso. “Se avesse già incontrato Jadis?”
Immediatamente, l’intero equipaggio si mobilitò. Si erano tanto raccomandati di non dividersi, e ora erano costretti a farlo.
Caspian ordinò che le ragazze rimanessero lì sulla spiaggia con Drinian, Rhynce e qualche altro marinaio, in caso Eustace fosse tornato da solo. Lui, Edmund, Emeth e Peter sarebbero andati a cercarlo altrove.
“State molto attenti” raccomandò Gael, guardandoli allontanarsi.
“Caspian” lo chiamò Susan correndo da lui. “Prendi questo” e così dicendo, gli posò il corno d’avorio tra le mani. “Potrebbe servirti per chiamarmi”
Lui sorrise con lei e lo prese. “Già…ma l’ultima volta che mi hai detto questa frase, serviva più a te che a me”
Lei fece cenno di no col capo. “Stavolta no. Non credo che la Strega Bianca esca allo scoperto. Se davvero è qui, si nasconderà da qualche parte dentro l’isola, non trovi?”
Caspian annuì e poi si legò il corno alla cintura. “Sta attenta anche tu, d’accordo?”
“Certo”
Dopodiché, Susan tornò dalle compagne, mentre Caspian raggiungeva Edmund che si era fermato ad aspettarlo. Peter e Emeth camminavano un poco più avanti a loro.
“Ce l’hai anche tu con me per quello che è successo con Susan?” chiese Caspian all’improvviso.
Edmund lo guardò sorpreso. “Non è un po’ tardi per chiedermelo? Ormai avete fatto pace, mi sembra”
“Non voglio che tu sia arrabbiato, Ed. Non tu. Sei il mio migliore amico. Per me è importante che tu capisca”
Edmund scosse il capo senza guardarlo. “Non sono arrabbiato. Non dovete certo dirci tutto quello che fate”
Caspian lo fissò un momento. “Però?”
Il Giusto continuò a tenere lo sguardo dritto avanti a sé. “Però niente. So che Susan non è una stupida, so che ha le idee chiare, ma non posso fare a meno di preoccuparmi per lei” Edmund guardò Caspian con la coda dell’occhio. “Cercate di non litigare troppo, va bene? Anche se so che mia sorella è davvero odiosa quando ci si mette”
“Mi dispiace, Ed. Sinceramente.” disse ancora Caspian. “So che tenerla con me equivale a portarla via alla sua famiglia. Ma anch’io vorrei poter far parte della sua vita”
Edmund sospirò. “Lo so. Per questo voglio che ti impegni al massimo e che la rendi felice”
I due amici si sorrisero, poi si strinsero in un abbraccio.
“Grazie, Edmund. Per me vuol dire molto”
“E come la metti con quell’altra donna?”
Caspian lo guardò sorpreso, poi capì che Peter doveva aver detto ogni cosa a lui, Lucy e Miriel. “Cercherò di spiegarle e spero potrà capire”
Dopo quel discorso, il Re di Narnia si animò di una nuova sicurezza. Vedere quanta fiducia e quanto affetto Edmund avesse per lui e che approvase la sua unione con Susan, lo aiutava molto.
 
 
Uno strano luccichio attirò la sua attenzione.
Eustace smise immediatamente di bere e osservò ammaliato il bagliore dorato che era appena passato davanti al suo volto.
Ancora inginocchiato sul terreno, subito si alzò in piedi seguendo con lo sguardo la scia luminosa che via via si allontanava. Fece una corsetta per raggiungerla, scrutando attentamente la superfice dell’acqua per capire se quello che aveva visto era effettivamente…
Il luccichio e ciò che lo provocava, si fermarono all’improvviso. Eustace si sporse un poco e vide sul fondo, incastrato tra i ciottoli azzurri e grigi, un grosso bracciale d’oro.
“Bello…” mormorò con un sorriso, immergendo una mano e cercando di prenderlo.
Ma quello si liberò dai sassi e la corrente lo portò di nuovo via.
Fu istintivo, ma in seguito se ne sarebbe pentito amaramente: Eustace non pensò neanche per un momento di tornare indietro, o che potesse essere pericoloso allontanarsi da solo, per di più quando sapeva benissimo che la Strega Bianca poteva essere nei paraggi. Ma davvero non ci pensò. Tutti i suoi pensieri erano concentrati sul bracciale.
Una volta, Eustace aveva letto un libro- non ricordava quale- in cui al protagonista accadeva una cosa simile alla sua: in un fiume trovava un oggetto prezioso che poi la corrente trasportava via, lontano, fino a una grotta dov’era nascosto un magnifico tesoro.
Tutte sciocchezze, aveva sempre pensato lui, che non aveva mai perso tempo a fantasticare sui tesori. Tuttavia, da qualche mese aveva imparato che tutto a Narnia può succedere e quindi…chissà che anche lui non avesse potuto trovarne uno! Se fosse stato così, non l’avrebbe diviso con nessuno, si sarebbe tenuto il segreto per sé.
Così, Eustace continuò a inoltrarsi sempre più nel bosco, scoprendo che non era poi così grande. In pochi minuti, infatti, arrivò al suo termine, dove gli alberi non erano più verdi e carichi di frutti come sulla riva, ma spogli e radi, e in alcuni punti avevano i rami bruciacchiati.
Non appena mise piede fuori dalla boscaglia, un’ondata di caldo atroce lo fece boccheggiare. Era sbucato in una piccola valle chiusa su tre lati da pareti di roccia. A sinistra e a destra, spuntavano geyser di vapore. Le esplosioni fecero guizzare in alto le fiamme.
L’unica era continuare dritto.
Eustace avanzò senza esitare, sempre convinto che alla fine avrebbe davvero trovato un tesoro, proprio come aveva detto Ripicì all’inizio della loro avventura: Poserai lo sguardo dove l’occhio umano o animale non si è mai posato. Troverai meravigliosi tesori…
Il topo aveva parlato anche di pirati, fanciulle in pericolo, creature mitiche…bè, quasi tutto si era avverato. I pirati c’erano, quelli di Calormen; di strambe creature ne avevano incontrate molte, primi fra tutti gli Inettopodi; una fanciulla in pericolo da salvare c’era, la Stella Azzurra…mancava proprio il tesoro per completare il quadro.
Di sentieri non ce n’erano, ma a lui bastò continuare a seguire il corso del fiume, che diveniva via via sempre più stretto mentre la vegetazione scompariva del tutto.
Una volta fuori dalla valle, il terreno cominciò a salire, e anche il fiume saliva.
Parecchie volte, il ragazzo si fermò a riprendere fiato, sempre attento a non perdere di vista il luccichio del bracciale, ormai convintissimo che presto o tardi avrebbe scorto il nascondiglio del tesoro.
Immaginò di arrivare presto sul crinale della montagna, di scorgere tutta l’isola e il Veliero dell’Alba in lontananza. Ma più saliva, più si rendeva conto di avere la visuale sbarrata da un’altra montagna, la più alta di tutte: il vulcano.
Senza accorgersene era giunto fin lì. Aveva avuto così tanta paura al pensiero di doverci andare...ma adesso che l’aveva raggiunto e guardando nel suo incandescente cratere, sentì un’improvvisa emozione.
“Se gli altri sapessero che ci sono arrivato da solo…”pensò con orgoglio.
Ah, il topastro sarebbe stato il primo a saperlo! Aveva perso la scommessa, quel ratto insolente, e adesso gli doveva le sue razioni di torta!
Eustace fece una risatina, poi si girò per vedere dove fosse finito il bracciale. Notò che il fiume si era ridotto a un rigagnolo di acqua che spariva tra le rocce. Il bracciale, troppo grande per passare tra le fenditure, si era fermato di nuovo e ora stava là, coperto nemmeno per metà dall’acqua, quasi aspettando che qualcuno lo prendesse.
Eustace lo afferrò e se lo mise al braccio. Era proprio d’oro zecchino! E c’era anche uno strano simbolo inciso: un piccolo martello sormontato da una stella.
Per un attimo rimase pensieroso: dove poteva averlo già visto? Gli sembrava proprio…oh bè, non aveva importanza ora.
Fece spallucce e si girò ad osservare il panorama desolato ma in un certo modo affascinante. Un fiume di lava scendeva lungo il lato opposto del vulcano, giù fino all’Oceano. Fece per avvicinarsi ancora un poco, per poter guardare meglio dentro il cratere.
Non l’avesse mai fatto…
Scivolò all’improvviso e rotolò per parecchi metri, sbucciandosi gomiti e ginocchia, temendo davvero di finire nella lava. Si arrestò quando andò a sbattere contro un masso al quale si aggrappò saldamente, abbracciandolo, i piedi penzoloni nel vuoto. C’era un profondo dirupo che si apriva sotto di lui.
Si alzò alla svelta, ansimante. Era stato molto, molto fortunato.
Cercò di risalire ma non era mai stato bravo ad arrampicarsi, così si spostò verso destra, costeggiando la parete di roccia e girando intorno alla montagna seguendo una stretta stradina a ridosso del burrone. Eustace non resistette e guardò giù. La gola era profondissima e il sentiero scendeva versò il suo esatto centro. Uno strano bagliore riluceva là in fondo.
Quando fu quasi ai piedi del vulcano, guardò in basso un’altra volta…e trattenne il fiato e un grido di puro stupore.
Un infinito susseguirsi di sfavillii dorati, argentati, blu, rossi, gialli e verdi, di sicuro provenienti da scettri, corone, piatti e scudi incastonati da magnifiche pietre preziose.
Lo sapeva! Il tesoro c’era davvero.
Si tuffò letteralmente in ginocchio, fissando avidamente tutto quel ben di Dio. Era ricco!
“Incredibile! Incredibile!” continuava a mormorare Eustace tra sé, raccogliendo quanti più oggetti preziosi potesse trasportare. Ma si accorse fin troppo presto che non era possibile portare via poi molto. Se avesse avuto un sacco, o una borsa…
Rovistando qua e là, le sue mani incontrarono qualcosa di strano al tatto sotto l’ennesima coppa. Quando la spostò, sotto di essa spuntò una mano scheletrica.
“AIUTOOOOO!!!!!!!” urlò Eustace, facendo rimbombare la sua voce tra le pareti del dirupo. “Che orrore-che orrore-che orroreeeeeeeee!!!”
Indietreggiò istintivamente, strofinandosi contro i pantaloni la mano con cui aveva toccato quella del morto.
Eustace tremò un poco. “Ok, amico, il tesoro è tuo, ho capito. Ma tu sei morto, per cui non ti serve più. Ti spiace se me ne prendo un po’?”
Dicendo ciò, notò che lo scheletro aveva a tracolla una sacca piuttosto capiente.
“Scusa, eh..” fece Eustace, tentando di prenderla toccandolo il meno possibile. “Andiamo, non fare il difficile! Mollala!”
Riuscì infine a sfilargliela, cadendo all’indietro e facendo ruzzolare a terra anche lo scheletro, e con lui una lunga spada.
Eustace posò immediatamente lo sguardo su di essa e la riconobbe: era una delle Sette Spade.
“Waw! Ho trovato la terza!”
Fece un sorriso che subito si spense, poiché non poté fare a meno di pensare che quel poverino tutto ossa che gli aveva fatto tanto ribrezzo, non era altro che uno dei Lord di Telmar.
In questi caso si doveva forse dire, ‘che riposi in pace’, o almeno così gli avevano insegnato i suoi genitori. Poi si tolse la casacca, rimanendo in camicia, e la posò sopra il corpo.
“Mi spiace…”
Proprio in quel momento un suono spaventoso, fragoroso, giunse alle sue orecchie e il ragazzino prontamente si portò le mani ad esse. Poi, un’ombra gigantesca e sbuffi di fumo nerastro precedettero la spaventosa creatura che uscì dalla curva in fondo alla gola: un’enorme lucertolone color piombo, con un lungo collo squamoso, proprio come il corpo sul quale spuntavano due ali di cuoio simili a quelle di un pipistrello, le quali stridevano contro le rocce che occupavano il passaggio troppo piccolo per lui; e gli occhi rossi, la coda lunga diversi metri che strisciava sul terreno, le zampe munite di artigli atroci e infine il muso, dov’era presente una bocca piena di denti terribilmente affilati.
Automaticamente, Eustace spalancò occhi e bocca. Sentì che non avrebbe potuto alzarsi perché le gambe di certo non l’avrebbero retto. Se non era ancora svenuto, era proprio un miracolo.
Mai e poi mai aveva creduto all’esistenza dei draghi, ma ci credeva adesso.
Il bestione alzò il collo ed emise ancora quel terribile verso, simile a un lamento. Appariva stanco, vecchio e debole. O forse faceva solo finta di esserlo, così da poterlo indurre ad abbassare la guardia e poi papparselo in un sol boccone.
Eustace, seduto a terra, indietreggiò aiutandosi con le mani, lasciando la presa sulla spada del Lord. Fu un gesto impulsivo, che forse gli altri non avrebbero mai fatto, cercando invece di proteggere il talismano, ma l’istinto di sopravvivenza era più forte.
“Dove scappi, ragazzo?” disse una voce alle sue spalle, e in quel preciso istante Eustace andò a sbattere contro qualcosa. O qualcuno.
Si voltò e guardò in alto, e una goccia di sudore gli colò dalla fronte fino alla guancia.
L’aveva sempre vista sotto forma di nebbia verde, ma in carne ed ossa era ancora più spaventosa.
La Strega Bianca lo fissava impassibile, la Spada di Restimar stretta in mano.
“Qu-quella è di Peter!” esclamò Eustace.
Altissima, avvolta in un bianco abito che le lasciava le braccia nude, i lunghi capelli biondi intrecciati sul capo in una stretta acconciatura, il viso impassibile. I suoi occhi neri penetrarono in quelli azzurri del ragazzo, che cacciò un urlo e si alzò in piedi di scatto.
Eustace si guardò alle spalle. Il drago ormai si era accorto di lui e sibilava pericolosamente spiegando le ali per spiccare il volo. Di sicuro era un alleato della Strega e a un suo gesto l’avrebbe attaccato.
Eustace lanciò rapide occhiate alla donna e alla Spada sul terreno.
Lei capì le sue intenzioni. “Non credo proprio…” disse, alzando la Spada di Restimar verso il ragazzino.
In quel momento, incredibilmente il drago si abbatté contro la Strega, che gridò, e una lunga ferita scarlatta apparve sul suo braccio più bianco della neve.
Eustace approfittò di quel momento per abbassarsi e afferrare l’altra Spada e colpire quella di Restimar, che cadde dalle mani di Jadis.
“NO!” ruggì la donna, afferrando il braccio del ragazzo e ritrasformandosi in nebbia.
Eustace urlò ancora e si sentì trasportare via. Gli mancò il fiato e quando riuscì di nuovo a respirare, tossì perché la cenere gli era entrata in gola.
Aprì gli occhi che aveva serrato, e vide pareti di rocce incandescenti e un immenso lago di lava poco più in là. Era dentro il vulcano, il drago e la Strega Bianca con lui.
L’animale si accasciò improvvisamente a terra con uno spasmo e poi non si mosse più. Eustace capì che aveva usato le ultime forze per aiutarlo.
“Tu!” gridò una voce al di sopra del boato del ribollire del magma. “Dammi quella spada!”
Eustace si accorse di stringere ancora l’elsa della nuova Spada e che la Strega non aveva più quella di Restimar.
 “No, te lo scordi!” esclamò, tremante, stringendo l’arma con tutte e due le mani, portandola davanti a sé.
Jadis superò la carcassa del drago e allungò un braccio. “Dammela adesso”
Eustace fece cenno di no col capo, indietreggiando appena, cercando contemporaneamente di tenere sotto controllo lei, la lava e il pozzo infuocato che era appena dietro di lui, in fondo al quale ribolliva il magma.
Improvvisamente, avvertì un acuto dolore al braccio al quale aveva infilato il bracciale d’oro.
“Non ho nessuna intenzione di perdere tempo con una persona inutile come te” disse Jadis sprezzante. “I tuoi cugini sono il piatto forte, non certo tu.”
“Io non sono inutile!” sbottò Eustace, in un certo modo offeso dall’indifferenza che la Strega Bianca dimostrava nei suoi confronti.
“Tu sei completamente inutile, Eustace caro. Nessuno ha bisogno di un bambino capriccioso, noioso e prepotente”
“Ho trovato la terza Spada! E quando ti avrò cacciata, uscirò e riporterò a Peter la sua”
Se uscirai di qui” lo canzonò Jadis. “Se mai verranno a cercarti”
“C-certo che verranno! Loro non mi lascerebbero mai…”
La Strega Bianca scoppiò a ridere. “Piccolo ingenuo. Sei soltanto un peso, non te ne rendi conto? Ma che cosa ci fai qui? Saresti dovuto rimanere a casa”
Eustace fissò nei suoi profondi occhi di tenebra e si sentì mancare.
“Non vorresti tornare a casa? Dai tuoi genitori” Jadis lo guardò con profondo dispiacere e il suo tono si addolcì. “Povero caro…tutti ti hanno trattato male sin dall’inizio, ti hanno disprezzato perché non eri coraggioso, ma tu non ne hai alcuna colpa. Non sei come loro. Non lo sarai mai. Tu non appartieni a Narnia”
La voce di lei era come una cantilena rilassante, e Eustace abbassò le mani lungo i fianchi, piano piano. Starni luccichii rossastri danzavano davanti ai suoi occhi, non seppe se per colpa dei lapilli incandescenti o per qualche sortilegio opera della Strega.
“Vedo tua madre e tuo padre…sono così disperati…”
“Come?!” esclamò il ragazzo sbarrando gli occhi.
“Cercano il loro bambino e non lo trovano. Ti credono disperso, forse morto”
“No! No!” gridò Eustace, e davanti a lui apparvero Alberta e Harold stretti l’uno all’altra, sconvolti, lei in lacrime.
Aveva provocato davvero tanto dolore ai suoi genitori?
“Se non fossi mai venuto…” sibilò la malvagia donna, camminando lenta verso di lui. “Ma io posso farti tornare da loro. Devi solo chiedermelo”
Eustace alzò gli occhi pieni di lacrime su di lei.
“Dammi la Spada, Eustace e torna a casa. Chiedimelo. Lo so che lo vuoi”
“E’ c-colpa m-mia…”
“Oh, no, tesoro. La colpa è dei tuoi cugini. Loro ti hanno portato a Narnia, dicendoti un mucchio di bugie. Non è il mondo che loro vogliono credere che sia. E’ pieno di pericoli, di guerre. Non lo stai forse provando sulla tua pelle?”
Sì…sì era vero. Sulla Terra, Lucy e gli altri non avevano fatto che parlare di avventure meravigliose, di luoghi incantevoli...ma di tutto ciò, Eustace non aveva visto ancora la metà. Da quando era lì, era stato costretto a seguire i cugini e Caspian in un viaggio dove rischiavano la vita ogni giorno. Aveva solo tredici anni, maledizione! Non voleva morire! Che gli altri facessero pure i prodi combattenti, ma lui non era portato per questo. Lui voleva la tranquillità della sua casa, la sicurezza delle braccia di sua madre…
“Sì…” mormorò poco dopo, mentre la visione dei genitori scompariva e tornava a fissare il viso della Strega Bianca. “Voglio…tornare…”
“Dove?”
“A…ahi!” esclamò all’improvviso. Il braccio aveva mandato una fitta spaventosa e Eustace se lo afferro spontaneamente, notando che il bracciale sembrava essersi ristretto e ora gli segnava dolorosamente la pelle.
Un altro boato risalì dalla gola del vulcano, un rombo simile a un ruggito di un leone.
E quel suono, misto al dolore acuto, lo avevano risvegliato dal torpore.
“Stai indietro!” esclamò il ragazzo brandendo di nuovo la Spada del Lord, ancora senza nome.
La Strega lo guardò con odio e afferrò la lama ma senza farsi un graffio. I segni rossi sul suo braccio invece sanguinavano ancora, ma lei pareva non accorgersene neppure. Probabilmente non percepiva il dolore come le persone normali, pensò Eustace. Anzi, si era persino stupito di vedere il sangue rosso come il suo scorrere nelle vene di una creatura così gelida. Non pareva neppure soffrire il gran caldo che faceva lì dentro.
“Non riuscirai a usare questa spada, Eustace. Non è per te”
“Tu che ne sai?”
Jadis lo guardò con occhi fiammeggianti.
Nonostante la paura folle e il dolore, il ragazzo strinse ancor più la Spada del Lord, e avvertì come se un fluido scorresse tra di essa e lui. Ricordò che prima Edmund e poi Peter avevano raccontato di aver percepito un legame con le loro, e per un momento, Eustace si illuse che potesse essere così anche per lui: poteva essere uno degli Amici di Narnia, e la spada che impugnava ora era la sua.
Jadis aveva torto marcio! Forse non era stato molto utile a nessuno fin ora, si era sempre lamentato di tutto e tutti, aveva cercato in ogni modo di non ammettere neanche con se stesso che in realtà avrebbe voluto essere come i cugini e li invidiava. Loro avevano qualcosa che non avrebbe mai avuto: avevano Narnia. In questo Jadis aveva ragione, lui non si sentiva ancora totalmente parte di essa.
Ma voleva esserlo. Anche lui voleva essere ben voluto dagli altri, e non sempre rimproverato o preso in giro.
A casa non aveva molti amici, solo una, una ragazza della sua scuola. Ma nemmeno con lei a volte andava troppo d’accordo, perché lo trovava insopportabile e arrogante, e così spesso litigavano. Invece, lì a Narnia avrebbe potuto averne così tanti di amici…solo che li aveva scartati tutti a priori, allontanati per qualche strano motivo, forse per paura. Sì, era spaventato e arrabbiato.
Adesso non più. Lo era ma non voleva più esserlo. Voleva fare qualcosa per gli altri, e cacciando la Strega da quell’isola con l’aiuto della Spada del Lord, l’avrebbe fatto.
“Non sfidarmi, ragazzino” disse la Strega Bianca, “Non ti conviene. Ora lascia immediatamente questa spada se non vuoi che ti butti di sotto”
“Provaci!”
Jadis piombò su di lui e lo afferrò sbattendolo contro una parete. Gli si mozzò il fiato quando picchiò la schiena contro la roccia bruciante. La Strega gli strappò la spada dalle mani e sembrò tutto perduto...quando il ragazzino sentì che il dolore al braccio diventava insopportabile e il bracciale diventò incandescente all’improvviso.
La Strega Binaca lo guardava attonita, non furiosa o schernitrice, semplicemente allibita da qualcosa che stava evidentemente accadendo ma che Eustace non capì.
Il ragazzo allungò ancora la mano, cercando di riprendere il talismano, e- orrore!- vide l’ombra di un drago stagliarsi sul suolo della cavità.
Jadis gridò e brandì la Spada contro di lui. Eustace indietreggiò, ma era ormai sul limitare del pozzo di lava e cadde all’indietro, afferrandosi istintivamente alla lunga veste di lei. Cercò di tenersi a qualcosa, ma non c’era nulla per aggrapparsi e così sentì che scivolava giù, nel vuoto, dritto verso il lago di fuoco.
Tutto divenne rosso e incandescente e si rese conto di stare nuotando nel magma. Ma com’era possibile? Avrebbe dovuto essere già morto e invece…invece scoprì che la lava non gli dava nessun fastidio, casomai lo pizzicava solo in po’ nei pressi delle narici, per via dell’odore pungente di zolfo.
Tra le lingue di fiamma, vide distintamente una scia verdastra dibattersi e poi scomparire, lasciando però lì tra le fiamme la Spada del Lord.
Eustace non ci pensò due volte e allungò un braccio per afferrarla, e quella, a contatto con la sua mano, subito brillò della sua abbagliante luce azzurra.
Non seppe come, si ritrovò fuori dal lago di fuoco ed era vivo! Vivo e vegeto!
Girò la testa da tutte le parti per osservarsi e constatare che non aveva bruciature. Dolore non ne sentiva…ma…
Le sue braccia e le gambe erano…
Allibito, alzò la mano davanti agli occhi. Ma non era più la sua mano, ma la zampa di un drago, la quale stringeva la Spada del Lord che sembrava esser divenuta piccolissima in quell’enorme artiglio. Somigliava più a un coltellino che una vera spada.
Portò un piede in avanti, e anche quello era divenuto una zampa squamosa e munita di artigli. Fece un giro su se stesso e vide una lunga coda; si voltò a destra e a sinistra per guardarsi la schiena, dove spuntavano le ali da pipistrello.
“Oh no!” cercò di gridare, ma dalla sua bocca uscì solo un grugnito fragoroso.
Si portò le zampe alla bocca e si guardò attorno disperato. Ora desiderava sul serio sua madre!
Doveva uscire di lì e avvertire subito gli altri di quello che gli era successo, sperando che capissero, anche se non vedeva come avrebbero potuto. Se almeno avesse mantenuto la parola…Ma non riusciva ad emettere una sillaba che fosse una.
Si guardò indietro, verso il nucleo del vulcano, come se pensasse di veder riapparire Jadis. Non era morta lo sapeva, l’aveva vista svanire avvolta dalla sua nebbia. Se n’era andata, sconfitta, perché neppure lei poteva niente contro un drago. Ecco perché era apparsa così spaventata!
Incredibile! Lui che aveva spaventato la Strega Bianca! Al topastro questa storia sarebbe piaciuta.
Sbatté una volta le grosse ali, incerto, poi ancora e ancora, finché non trovò il ritmo giusto e riuscì ad alzarsi da terra. Sbandò un poco, ma subito trovando il giusto equilibrio che gli permise di volarsene fuori dal cratere e raggiungere il cielo.
 
 
Caspian, Edmund, Peter e Emeth percorrevano le lande desolate dell’isola senza trovare alcuna traccia di Eustace. Anche loro salirono sul crinale del vulcano e guardarono dentro il cratere, intimoriti.
“Non pensate sia…” fece Edmund, deglutendo sonoramente.
“Mi auguro proprio di no” commentò Peter, continuando a seguire cautamente la strada che girava attorno a tutto il vulcano.
Era piuttosto stretta, ma tenendosi alla parete rocciosa e stando attenti a non inciampare nei sassi che ostruivano il cammino, riuscirono a procedere abbastanza spediti.
Continuavano a chiamare il nome di Eustace, ma non vi era nessuna risposta.
Ci volle qualche tempo per scendere fino a valle, dove speravano di trovarne qualche traccia, quando Emeth esclamò: “Vostre Maestà, guardate!”
Gli altri si fermarono ad osservare e sgranarono letteralmente gli occhi.
“Un tesoro!” esclamò Edmund.
“Sì” fece Caspian scettico, “una buona esca per attirare qualcuno di incosciente sul fondo del precipizio, dove probabilmente lo aspetta qualcosa di temendo”
“La Strega Bianca” mormorò Peter, guardando i compagni.
“O una bestia feroce” gli fece eco Emeth, scambiandosi uno sguardo con il Liberatore.
“E cioè?” chiese Ed.
“Draghi” rispose semplicemente il soldato.
Caspian annuì. “Esatto, anch’io ho pensato la stessa cosa. Tesori di questo tipo si trovano solo in due occasioni: in mare, nel covo segreto di qualche leggendario pirata, o sulla terraferma, dove di solito sono custoditi da un drago. E in entrambi i casi, credetemi, è meglio non avvicinarsi”
“Ad ogni modo, noi dobbiamo trovare Eustace” disse Peter, convincendo gli altri a seguirlo.
Arrivati al tesoro, iniziarono a guardarsi attorno con molta circospezione, estraendo le spade e stando attenti a non toccare niente.
“Non dovevamo separarci” disse Edmund, il panico nella voce.
“Forse la colpa è mia” disse ancora Peter. “Non dovevo dargli il permesso di andare solo al fiume”.
“Guardate!” gridò Emeth, chinandosi a raccogliere qualcosa. “E’ la casacca di Eustace. La portava questa mattina”
Gli altri si inginocchiarono accanto a lui, senza sapere cosa pensare o cosa dire. Emeth tolse l'indumento dal punto in cui era posata, e tutti e quattro fecero un passo indietro alla vista di ciò che c’era sotto.
In un primo momento, temettero potesse trattarsi dello scheletro del loro amico, forse venuto a contatto con qualche mortale sortilegio, ma subito Caspian capì che non era così.
“E’ uno dei Lord di Telmar. E’ Lord Octesian” mormorò a mezza voce.
“Da cosa lo riconosci?” chiese Peter.
“Guarda il fodero della sua spada”
Il Re Supremo, così come gli altri, vide una O d’argento ricamata sul cuoio nero.
“Ma allora Eustace è stato qui!” esclamò Edmund con un moto di rinnovata speranza. “E stava bene quando ci è arrivato, o non avrebbe coperto il corpo con la giacca. Cosa può essergli capitato?”
“In questo posto?” fece Caspian alzandosi e guardandosi intorno. “Qualsiasi cosa”
Cominciò a muoversi tra gli oggetti preziosi e gli alti capirono cosa stava cercando. Da qualche parte, se c’era Lord Octesian, doveva esserci anche la sua Spada.
Mentre cercavano, Peter fu attirato da qualcosa. Un bagliore azzurrognolo non troppo distante dal corpo del Lord.
“L’hai trovata?” chiese Caspian.
Peter fece cenno di no col capo, mentre alzava una spada da terra. Una delle Sette, ma…
“E’…è la mia. E’ la Spada di Restimar” disse incredulo, sentendo un piacevole formicolio nel braccio mentre la teneva stretta. “Questo vuol dire che la Strega è stata qui! E quindi Eustace…”
“L’ha incontrata” concluse Caspian. “E forse la Spada di Octesian è ora in mano a lei”
“Può darsi” disse Edmund. “Però non mi spiego come mai la Spada di Restimar sia rimasta qui vicino al corpo di Lord Octesian. Jadis non l'avrebbe mai lasciata. Che cosa può essere successo?”
I ragazzi rifletterono per qualche minuto, senza però giungere a una spiegazione che sembrasse loro plausibile. La cosa che li preoccupava di più, adesso, era sapere le sorti di Eustace. Se davvero lui e Jadis si erano incontrati…c’era stata una lotta? Lui aveva per caso trovato la Spada di Octesian prima di lei e l’aveva usata? E poi che cos’era successo? La Strega l’aveva ucciso? L’aveva rapito?
Decisero di proseguire ma scoprirono ben presto che la gola del tesoro era un vicolo cieco.
“Devono essere per forza tornati indietro” commentò Emeth. “A meno che la Strega Bianca non abbia imparato a volare”
“Non sarebbe sorprendente” disse Edmund con un tono inquieto.
 
Nel frattempo, al Veliero dell’Alba, stava per accadere qualcosa.
Nell’aria immobile inframezzata solo da qualche ronzio d’insetti o frullare d’ali, un rumore ritmico e sconosciuto attirò l’attenzione di tutti. Cosa poteva mai essere? Sembrava quasi il battito di gorsse ali.
Poco dopo, si udì un altro suono, terrificante, agghiacciante, un frastuono che riecheggiò non troppo lontano.
“Avete sentito?” fece qualcuno, e dai parapetti si affacciarono facce ansiose “Guardate laggiù!” esclamò qualcun altro.
Lucy, Gael, Susan e Miriel erano sul cassero di prua, accanto al timone assieme a Drinian.
La Valorosa si volse verso il capitano e le compagne. “Ma che cosa è stato?”
Da dietro le cime degli alberi del bosco di cedri, una vampata di fuoco risalì verso il cielo. Ancora quel suono, ora più vicino.
“E’ un altro vulcano quello?” chiese spaventata Gael.
“Oh no, non è un vulcano” mormorò Drinian, scattando subito sull’attenti. “Uomini! Tutti in coperta!” gridò poi.
“Che cos’è?” chiese subito Susan.
“Un drago, mia signora. E viene dritto verso di noi”
Susan tremò, Miriel gridò e Gael abbracciò Lucy, gli occhi di tutte spalancati dalla paura.
“Che cosa possiamo fare?” esclamò la Driade.
“Arcieri armatevi, svelti!” ordinò la Regina Dolce, prendendo in mano la situazione. “Lord Drinian, ascoltatemi: voi starete con un gruppo sul lato est del ponte, io con altri sul lato ovest”.
“Sì, signora!”
“Eccolo! Eccolo!” gridarono i marinai.
Dapprima fu una macchia indistinta, quando schizzò fuori dagli alberi e si stagliò contro il disco solare. Un’ombra alata, enorme, che veniva dritta vero di loro, e quando poterono guardarlo bene, era già troppo vicino.
“Ai vostri posti!” ordinò Susan, caricando l’arco, mentre il drago scendeva sul mare e toccava le onde con le ali, aprendo la sua spaventosa bocca.
“Prendete posizione!” le fece eco Drinian “Aspettate il comando della Regina!”
L’animale fece ampi giri attorno al Veliero dell’Alba, mentre Susan ordinava di lanciare e un nugolo di frecce cercava di colpirlo. Poi fu il turno di Drinian e dei suoi, ma anche quei colpi andarono a vuoto. Non che non mirassero correttamente, il fatto era che la pelle del drago era così coriacea che le frecce gli facevano a mala pena un graffio.
“Caricate!” gridò Susan al di sopra degli assordanti stridori della bestia.
Le grandi zampe dai lunghi artigli si strinsero intorno al punto più alto dell’albero maestro.
“Ma che fa ora?!” strillò Lucy, stretta a Miriel e Gael.
“Romperà l’albero!” esclamò Drinian allarmato.
Il drago cominciò a far ondeggiare la nave e per poco davvero l’albero non si ruppe.
“Aspettate!” disse Ripicì, estraendo lo spadino e mettendoselo tra i denti.
Si arrampicò fin in cima all’albero, poi, con un balzo acrobatico si aggrappò a una cima e si lanciò nel vuoto, volando letteralmente fino a raggiungere il bestione. Allora prese di nuovo la sua spada e infilzò una delle zampe anteriori. “Prendi questo!”
Il drago gridò di dolore ma finalmente lasciò andare il veliero. Dopo aver fatto ondeggiare il lungo collo, sbatté le ali rabbioso e tornò verso l’isola.
“Se ne va!” esclamarono speranzosi i marinai, ma si sbagliavano.
Il drago puntò dritto verso la boscaglia e solo in un secondo tempo l’equipaggio si accorse del perché faceva questo.
Dagli alberi emersero quattro figure, armate di spade.
Caspian, Peter, Edmund e Emeth avevano visto il drago mentre tornavano indietro, e avevano subito capito in che direzione era diretto. Così, erano corsi a perdifiato fino alla spiaggia, sperando che quella tremenda creatura non avesse già ridotto in cenere il Veliero dell’Alba.
Il drago si gettò in picchiata sui quattro.
Caspian era il più vicino e si voltò appena in tempo per vederlo e abbassarsi, evitandolo. Il giovane vide Peter e Emeth imitarlo, gettandosi l’uno a sinistra, l’altro a destra. Ma Edmund non ebbe la stessa fortuna.
“Edmund!!!” urlò il Liberatore per avvertire l’amico, ma troppo tardi.
Il Giusto gridò quando si sentì afferrare per la vita da una callosa, enorme zampa, mentre il drago riprendeva quota e lo portava lontano, ancora verso il vulcano.
Il ragazzo udì le voci dei compagni farsi sempre più fievoli via via che salivano, e poi sparire del tutto. Cercò di divincolarsi da quegli artigli. Tentò di afferrare la Spada di Bern, e fu allora che si rese conto che il drago, nella zampa libera, teneva saldamente un’arma di uguale fattura.
“Ma cosa diavolo…?”
Poi sgranò gli occhi scuri, quando la creatura superò la cima del monte dal quale usciva un alto spruzzo di fiamme. Vide la grande colata lavica scendere lungo la parete del vulcano e in fondo, quasi sull’altra costa, una valle spoglia. Allora, il drago sputò una lunga lingua di fuoco dalla bocca, prendendo un lungo respiro. Edmund si parò la testa con le braccia, sentendo un calore insopportabile, poi riaprì gli occhi e notò strani solchi scarlatti sul terreno sotto di loro. Che cosa aveva fatto il drago? Strinse gli occhi e guardò più attentamente, comprendendo infine che non erano solchi, ma lettere dell’alfabeto tracciate a fuoco nel terreno. Enormi scritte che riportavano una frase della quale, in un primo momento, non capì il significato, troppo stordito dalla situazione.
“Io sono Eustace” lesse a bassa voce il Re Giusto, fissando le scritte e poi alzando il capo verso il muso del drago.
Si accorse che l’animale lo stava fissando a sua volta. Edmund guardò di nuovo giù, poi il muso, poi la zampa che stringeva la spada.
Eustace?!” esclamò, del tutto allibito.
Il drago fece quello che doveva essere un sorriso e diede in un grido di gioia, tornado immediatamente indietro.
Finalmente qualcuno aveva capito.
Da quando era uscito dal vulcano, l’unico pensiero del povero Eustace era stato quello di trovare un modo per farsi capire dagli altri. Ma come? Aveva volato fino al Veliero dell’Alba con l’idea di atterrare piano piano sulla spiaggia, aspettando che il terrore che di sciuro avrebbe suscitato, si fosse placato dopo che avrebbero capito che non voleva attaccarli in alcun modo. Purtroppo però, non appena lo avevano visto, avevano subito dato battaglia, e benché Eustace comprendesse il perché lo facevano, si era arrabbiato molto e aveva cercato di salire a bordo. Pessima idea…
Poi aveva visto i suoi cugini, Caspian e Emeth uscire dal bosco e...bè, non seppe esattamente cosa avrebbe fatto, ma voleva che qualcuno lo ascoltasse, se non con le buone, con le cattive. Poi l’idea della scritta, mentre portava suo cugino chissà dove, e finalmente (chi l’avrebbe mai detto!) Edmund aveva capito!
Quando gli altri li videro tornare indietro e constatarono che a Ed non era accaduto niente, poterono tirare un sospiro di sollievo. Nonostante ciò, tutti quanti avevano di nuovo le armi pronte.
“No, no, fermi! Non fate nulla! Va tutto bene!” gridò il Giusto, sbracciandosi come un matto quando il drago-Eustace lo posò a terra.
“Venite giù, devo dirvi una cosa. Non abbiate paura, è innocuo”
“Gli ha dato di volta il cervello?” fece Peter incredulo. “Ed, che stai facendo?”
“Venite giù, ho detto, e vi spiegheremo tutto”
Così fecero, ma mai si sarebbero avvicinati a quel bestione se non avessero visto che Edmund non aveva alcuna paura di lui. Di certo, ci doveva essere un valido motivo.
Ed spiegò tutto quello che aveva capito e Eustace aiutò gli amici a comprendere meglio ciò che gli era accaduto quel giorno.
Ormai era calata la sera e adesso erano tutti attorno a lui: i cugini, Caspian, Gael e Rhynce, Ripicì, Drinian, Emeth e Miriel. Eustace stava cercando di scrivere sulla sabbia con i suoi grossi artigli, ma non era un’impresa facile, soprattutto perché gran parte delle scritte le cancellava lui stesso con la lunga coda o calpestandole con le possenti zampe, e così fu costretto a ricominciare tutto da capo più volte.
Alla fine, quello che gli alti riuscirono a leggere, fu più o meno questo:
 
SONO ANDATO A BERE…… BRACCIALE NEL FIUME…… CAMMIANTO FINO A…... TESORO DOVE… LORD E LA SPADA E POI E’ ARRIVATA LA STRE…BIANCA…… NEL VULCANO…… CADUTI GIU’ E…… ACCIDENTI…
 
“Eustace, ma che hai combinato?” fece Susan scuotendo il capo.
“Si sarà fato tentare dal tesoro” disse Peter seccato. Ecco l’ennesimo inconveniente.
“Chiunque sa che il tesoro del drago è una lusinga” disse Caspian, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Bè, per chiunque sia…di qui” aggiunse poi, notando con un po’ d’imbarazzo che i Pevensie e Eustace lo guardavano con un strana espressione. Il drago brontolò.
“C’è un modo per farlo tornare com’era?” chiese Susan.
“Non che io sappia” disse Caspian.
“A zia Alberta non farà molto piacere” disse Edmund “E sentirai zio Harold!”
Eustace pestò una zampa a terra, rabbioso e triste per la sua sfortunata sorte.
“Certo che lo aiuti, così!” fece Peter.
“Vedrai che un modo lo troveremo” disse Lucy gentilmente avvicinandosi al cugino-drago. “Intanto togliamo questo bracciale”
Eustace allungò la zampa e la ragazza glielo sfilò. Era divenuto estremamente grande, si era ingrandito come il suo braccio ma non abbastanza da andargli bene, così che aveva formato sulla pelle una brutta piaga rossa.
“Incredibile!” esclamò Lucy, fissando l’oggetto che pian piano si rimpiccioliva e tornava delle sue originali dimensioni.
 “Questo stemma lo conosco” disse Drinian avvicinandosi un poco. “E’ lo stemma della Gran Casata di Narnia, Sire, lo stesso che c’è sul vostro anello”
Caspian si irrigidì un poco e istintivamente si voltò verso Susan che ricambiò il suo sguardo.
“Sì…sì, è lo stesso” balbettò il giovane.
“Potrebbe essere stato quel bracciale a trasformare vostro cugino, Maestà” disse Ripicì rivolto ai Pevensie. “Può darsi che la Strega vi abbia posto un incantesimo”
“Non penso sia possibile” disse Susan. “Se così fosse, ora che l’ha tolto dovrebbe tornare normale e invece…” guardò il drago sconsolata.
“Molto logico, mia Regina” fece il topo pensieroso, con una zampa sotto al mento. “Allora come può essere andata?”
“Abbiamo tutta la serata per fare congetture e chiarire la faccenda” disse Caspian. “L’importante è aver capito che Eustace ha affrontato la Strega e l’ha sconfitta, probabilmente grazie alla Spada di Octesian, e…bè, sei anche tu tra gli Amici di Narnia, ormai è chiaro”
“Oh, che bellezza!” esclamò Lucy battendo le mani una volta. “E abbiamo di nuovo tutte le Spade!”
“Per sicurezza confrontiamo lo stemma sul bracciale con quello dell’anello reale” insisté Peter. “Non vorrei fosse davvero stregato”
Tutti si voltarono verso il Re di Narnia, in attesa, ma lui non si mosse. Caspian si voltò ancora verso Susan, e lei fece un piccolo passo avanti.
“Ce l’ho io, veramente” disse con un filo di voce, sfilandoselo senza guardare nessuno.
Lucy trattenne il fiato un po’ troppo forte, lo stesso Gael. Per quanto riguardava gli altri, le reazioni furono delle più disparate. E mentre Caspian affermava che sì, quel braccale era proprio quello di Lord Octesian, Edmund spalancò la bocca, Emeth guardò Lucy con tanto d’occhi, Miriel abbassò la testa e sorrise, Drinian contrasse impercettibilmente la mascella e Peter…bè, Peter sembrava essere sull’orlo di una crisi isterica. Gli unici che non fiatarono, furono Ripicì, Rhynce e Eustace.
Lo sconcerto e i sorrisi aumentarono ancor di più quando Caspian riprese l’anello e lo rimise al dito di Susan, precisamente all’anulare sinistro. Lei era sempre a capo chino, in silenzio, chiedendosi quanto ci avrebbe messo ad arrivare la sfuriata.
“Le scialuppe sono pronte, Sire” fece a un tratto la voce di Tavros, ponendo fine a quell’imbarazzantissimo silenzio.
“E come facciamo per Eustace?” chiese Lucy “Non voglio abbandonarlo!”
“Non si riesce e a portarlo a brodo, Vostra Maestà” le rispose Drinian con un tono forzatamente calmo.
“Io resto con lui” disse Susan, avvicinandosi alla sorella e al drago, il quale le fissò commosso e per la prima volta pensò di volere davvero bene alle sue cugine, anche se una era la ragazza più noiosa del mondo e l’altra una nanerottola.
“Drinian” disse Caspian, “voi e gli altri prendete una scialuppa e tornate sulla nave. Noi resteremo qui fino a domattina, per capire che fare”
“Ma non avete provviste e non avete modo di scaldarvi, Vostra Maestà” protestò Rhynce.
A quelle parole, Eustace spalancò le fauci e diede vita a un bel fuoco. Tutti fecero un passò indietro e scoppiarono in una breve risata.
Ripicì si schiarì la voce. “Stavi dicendo?”
“Il problema è risolto, allora” disse Gael saltellando qua e là. “Padre, posso restare anch’io? Ti prego, ti prego!”
Fu così che il solito gruppo si accampò sulla spiaggia, mentre Drinian e Rhynce tornavano sulla nave. Arrostirono del pesce sul fuoco e gustarono qualcuno dei succosi cedri che avevano raccolto la mattina.
A cena terminata, le ragazze si allontanarono verso il fiume per lavare le stoviglie, mentre i maschi preparavano i giacigli per la notte.
Susan fu l’ultima e si attardò dietro alle altre. Arrivò al piccolo accampamento che tutti già stavano parlando ancora dell’avventura di Eustace. Quando una voce la fece trasalire un poco.
“Gli altri non chiedono nulla, ma sai che io non ci passerò sopra”
Susan si voltò e vide il fratello maggiore appoggiato a una roccia, nascosto nell’ombra, le braccia conserte.
“Peter! Mi hai fatto paura”
Il Re Supremo le afferrò il polso sinistro, senza farle male, ma con fermezza, facendo brillare l’anello del Re alla luce del fuoco. “Questo che cosa significa?”






 
Carissimi lettori e lettrici, anche questa settimana eccomi a voi con un nuovo capitolo, principalmente incentrato su Eustace. Spero vi sia piaciuto!
Molti di voi avevano già capito che era uno degli Amici di Narnia, vero? Ora ne manca uno, ma vi dico subito che non comparirà in Queen, ma nel seguito. Per chi ancora non avesse capito chi è, faccia due più due che è facilissimo! ^^
Molte scene e battute, come avevo già fatto in capitoli precedenti, le ho prese dal libro e dal film.
Poche scene Suspian, lo sooooo T_______T E anche le altre coppie non ci sono… sorry guys…
E della Strega che mi dite?
Su su! Commenti comenti commenti!!! XD
 
Passiamo ai ringraziamenti:

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Per le recensioni dello scorso capitolo:
Babylady , Bellerinasullepunte, Charlotte Atherton, EstherS,  FioreDiMeruna, FrancyNike93, GossipGirl88, JLullaby, LilyEverdeen25, LittleWitch_, Martinny, piumetta, SerenaVdW e TheWomanInRed
 
Angolino delle anticipazioni:
Come sempre, io vi faccio penare e vi lascio con il dubbio: ora cosa dirà Peter a Susan? Litigheranno? Lui e Caspian si picchieranno ancora? No, la rissa no stavolta, però…una discussioncina ce sta! E sapremo anche cosa ne penserà Drinian a proposito dell’anello.
Non ho messo una scena a cui tenevo molto: le sorti di Rabadash! La inserirò senz’altro nel prossimo. Lo so che l’odiate, ma sapeste cosa gli è successo…eh eh eh…sarete felici!
Anche Shannina non c'è stata...ma Eustace mi ha preso trutto lo spazio! Odiatemi, che io mi odio da sola quando faccio queste cose!!! Mi sembra di non mantenere le promesse!!! >.< Nel capitolo 35 prevedo che ripartano già per la prossima isola, che è quella di…no, non ve lo dico! Perché ci sarà una sorpresa!!! Lo so che dovrebbe essere già quella di Ramandu, stando al film, ma stando al libro ne manca una!!! Chi ce l’ha (do per scontato che l’abbiate tutti) vada a sfogliarlo e vediamo se la trova. Vi avverto però che le isole in Queen sono disposte in modo diverso.
 

Ok! And it’s all for this week! ;)
Grazie a tutti, immensamente!!! Baci bacissimi e alla prossima!!!
Susan<3

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Capitolo 35
*** Capitolo 35: Sotto le stelle ***



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35. Sotto le stelle

 

Tutti quei giorni ad osservare da una finestra
Tutti quegli anni là fuori a guardare
Tutto quel tempo senza mai sapere
Quanto sono stata cieca

Ora sono qui, sbattendo le palpebre alla luce delle stelle
Ora sono qui, improvvisamente vedo
Stando qui, è tutto così chiaro
Sono dove sono destinata ad essere…

 
 
“Perché porti il suo anello, si può sapere?” le chiese ancora Peter quando lei non rispose.
Susan lo fissò in un misto di irritazione e stanchezza, e liberò il braccio. “Secondo te?”
“L’esperienza non ti insegna nulla? Lo hai già perdonato? Hai già dimenticato?”
Susan gli voltò le spalle, davvero esausta di tutta quella situazione.
“Non ti rispondo neppure. Non voglio più litigare con nessuno di voi, sono stufa”
Peter la seguì, tirandola di nuovo indietro tra le ombre. “Ti ha mentito una volta. Quanto ci metterà a farlo di nuovo? Succederà, non dubitarne”
Susan annuì. “Non lo escludo, ma di sicuro avrebbe una buona ragione per farlo. Inoltre, quando due persone si vogliono bene, è inevitabile che finiscano per scontrarsi. I litigi non sempre spezzano un rapporto, a volte lo fortificano”
“Non puoi fidarti di una persona simile”
Lei scosse il capo. “Era confuso, lui non…”
Il Re Supremo fece un verso sprezzante. “Confuso! La classica scusa”
“No, tu non capisci! Caspian mi fece una promessa tempo fa: promise che avrebbe fatto di tutto, di tutto, per tenermi qui con lui, anche mentire. Bè, lo ha fatto e lo comprendo. Non sapeva come dirmelo, lui…”
Peter alzò una mano. “Sì, sì, questa parte l’ho già sentita da lui questa mattina. Quello di cui non riesco a capacitarmi è il tuo comportamento”
Susan sorrise lievemente. “Ti sembra che io sia una sciocca che parla del suo principe fin troppo innamorata? Bè, è vero, lo sono: sono sciocca e innamorata, ma quando ami qualcuno, Peter, in qualsiasi modo, che sia il tuo compagno, un tuo amico, tuo fratello, se il tuo sentimento è sincero e profondo puoi passare sopra i suoi errori, e questo perché quella persona diventa per te la cosa più importante di tutte, persino più importante della tua vita. Di conseguenza, proprio perché ha preso quel posto nella tua vita, impari ad accettare ogni lato del suo carattere. Io conosco Caspian, lo conosco bene. Comprendo il suo animo: la sua forza, il suo coraggio, le sue debolezze, le sue incertezze...E sono le stesse che ho io. Lui è come me. Per questo l’ho perdonato, anche se ero furiosa e mi ha fatto male. Ma non lo biasimo, perché anch’io in passato gliene ho fatto. E forse anch’io gli avrei mentito se mi fossi trovata nella sua stessa situazione, perché non voglio perderlo, come lui non vuole perdere me. Per questo mi ha mentito: perché anche lui, come te, vuole proteggermi”
Fratello e sorella si fissarono ancora.
“Perché non puoi essere felice per me, Peter? Perché?” gli chiese in tono quasi implorante.
Per lei era veramente importante averlo dalla sua parte, non voleva rimanere in quei rapporti astiosi con lui, perché quando sarebbe venuto il momento di dirgli addio…
Il Magnifico distolse lo sguardo, senza sapere cosa rispondere o come rimproverala davanti a tanta sincerità nell’esternare i propri sentimenti. Susan era maturata più di quanto già non fosse rispetto alla sua età. Era sempre stata la più matura dei quattro, e anche se a lui sembrava si tesse comportando in modo avventato, irresponsabile, sconsiderato, aveva compreso che la sorella sapeva perfettamente quello che stava facendo. Non rincorreva più un sogno, ma andava incontro alla realtà, al suo futuro: il futuro che si era scelta insieme a Caspian. E Peter se n’era reso conto pienamente solo quella sera, quando aveva veduto l’anello: un pegno d’amore, una promessa.
Tuttavia, ancora non voleva cedere. E come poteva farlo, dopo quello che aveva saputo?
A ogni buon conto però, se Caspian avesse davvero mentito sull’amore che provava per Susan, non le avrebbe donato il suo anello; e lei, se non fosse stata davvero convinta dell’amore del Re, non lo avrebbe mai accettato.
Susan posò lo sguardo sulla propria mano sinistra, facendo scorrere piano un dito sull’anello reale. “Io e Caspian stiamo insieme, e staremo insieme in futuro. Questa è una cosa che non puoi contestare, Peter. E non m’importa di quello che dirai di me. Dimmi pure che sono una sgualdrina, non mi interessa...”
“Susan!” esclamò il ragazzo, assolutamente allibito. “Sue, io non…perdonami, ti prego. Io non ho mai…io non penso che tu…”
“Sì…non importa…” rispose lei a testa china.
Peter avrebbe tanto voluto abbracciarla, farle sentire quanto le voleva bene, ma lei riprese a parlare prima che potesse farlo.
“Dimmi una cosa” disse la giovane tornando a guardarlo. “Se non fossimo Re e Regine, se non fossimo a Narnia ma a Finchley, avresti ugualmente insistito così tanto perché io e Caspian non ci sposassimo?”
Peter rifletté un secondo. “E’ inutile che tu me lo chieda” disse poi. “Non siamo a Finchley e non siamo ragazzi come tutti gli altri”
“Lo so, ma immaginiamo per un attimo che sia così: immaginiamo che io abbia incontrato Caspian nel nostro mondo. Tu che avresti fatto? Avresti comunque ostacolato il nostro matrimonio?”
Peter sospirò forte e scosse lentamente il capo. “Non lo so…”
“Vorrei capire una volta per tutte perché sei così insofferente a lui. Che cosa ti ha fatto?”
“Lui...lui rovina sempre tutto” rispose Peter compunto “Il consenso ve l’avevo dato e volevo provare ad essergli amico. Ma non posso aver stima di un bugiardo, e non posso lasciargli prendere in giro mia sorella!”
Susan aveva capito perchè Peter si comportava in quel modo: non voleva perderla, non voleva che facesse delle scelte di cui poi si sarebbe pentita e dalle quali non avrebbe potuto tirarsi indietro. Aveva paura che Caspian potesse farle del male in qualche modo, che non potesse renderla felice come meritava. Peter non riusciva a capire come potesse sembrare che non le importasse nulla delle persone e della vita che lasciava sulla Terra; la considerava un’egoista sotto un certo punto di vista, e voleva farle capire cosa sarebbe potuto accadere se si fosse illusa di nuovo. Il colpo sarebbe stato troppo grande, e non voleva che lei ne venisse a soffrire ancora.
Susan le sapeva tutte queste cose, ma non era tutto qui.
 “Non è solo per questo” il tono di lei era calmo, non voleva arrabbiarsi. “Non è solo per me, vero?”
“No, hai ragione” ammise il Re Supremo. “E’ anche per tutto il resto”
Un suono di passi arrivò alle loro spalle, ma i due fratelli non se ne accorsero subito.
Poi, Peter alzò la voce, pieno di nuova collera.
“Lui viene qui e da un giorno all’altro si prende tutto quello che era mio, capisci? Si prende Narnia, si prende il trono e ora si prende te! Io non posso permetterglielo. Non posso permettergli di dividere la mia famiglia. Noi quattro siamo sempre stati uniti, sempre, e quando papà partì per la guerra giurai a lui e alla mamma di prendermi cura di tutti voi”
“Peter...”
“Forse siamo cresciuti troppo in fretta” disse lui in tono basso e teso.
“Forse…ma cambieresti una sola cosa di ciò che è successo da quando abbiamo scoperto Narnia?”
Il ragazzo non ebbe bisogno di riflettere e scosse il capo.
No, non avrebbe voluto fosse mai andata diversamente.
La Dolce prese fiato e gli toccò delicatamente una spalla.
“Non devi pensare queste cose di Caspian, perché non è affatto egoista e bugiardo, è tutto il contrario semmai. Ha gentilezza e umiltà. E’ l’uomo più buono e generoso che io conosca, e quando te lo dico, tu mi devi ascoltare”
Peter serrò le labbra. “Lo so. Lo so che non devo. So che è un buon Re, lo so fin troppo bene. E so che non posso impedirvi di stare insieme. Ma se dovesse farti del male…”
Susan spostò la sua mano sul braccio del fratello, stringendolgielo e così interrompendolo.
“Questa parte l’abbiamo già affrontata. E comunque, non mi farà più male di quanto gliene abbia fatto io. Lui non mi ha mai lasciata davvero e non ha mai avuto intenzione di farlo. Io invece…”
Rimasero immobili per un attimo, ascoltando il chiacchiericcio sommesso che arrivava dall’accampamento.
 “Io non sono più una bambina, Peter. Mi sento donna, e mi sento pronta. So che non sarà facile, so che avrò milioni di dubbi finché non saremo davanti ad Aslan, ma te l’ho detto anche stamani e continuerò a ripetertelo finché non capirai: io amo Caspian. Lo amo così tanto da non essere in grado di spiegarlo, e quando non sono con lui mi scoppia il cuore. Lui è il mio mondo, è la mia vita, la mia anima, è l’aria per me!” Susan si portò una mano al petto, come se non riuscisse a respirare. “Io non vivo senza aria, e non vivo senza di lui”
Peter sospirò e spostò lo sguardo alle spalle di lei, sussultando un poco per la sorpresa.
Susan intercettò il suo sguardo e si voltò, trattenendo il fiato.
“Caspian…da…da quanto sei qui?” disse la Dolce con un filo di voce.
“Abbastanza” rispose il Liberatore, avanzando e mettendosi a fianco a lei, mentre guardava il Re Supremo fisso negli occhi.
Peter non diede a vedere il suo disagio.
Quanto aveva sentito Caspian della loro conversazione?
Il Magifico lo osservò con un misto di scusa e invidia, perché alla fine si trattava solo di quella.
Si sentì stupido, molto molto stupido.
Abbassò la testa, fissando la sabbia ai suoi piedi, e la bionda frangia gli ricadde davanti agli occhi.
“Mi dispiace” mormorò a mezza voce.
“Siamo tutti molto stanchi, è meglio che andiamo a dormire” disse Caspian tranquillamente.
Peter alzò svelto il viso e si fissarono per qualche istante.
“Non pensi che dovremmo trovare il modo di metterci d’accordo e risolvere la faccenda?”
Il Liberatore scosse il capo e guardò altrove. “Non è così semplice”
“Perché no?” insisté Peter, facendo un passo avanti.
Susan si allarmò, memore del litigio di quella mattina e dei lividi che i due ragazzi esibivano ancora.
“Che differenza vuoi che faccia se mi chiedi scusa o no, dal momento che mi odieresti comunque?” disse Caspian.
“Non ti odio” rispose sinceramente il Re Supremo. “Non arrivo a questo”
“Ma non mi sopporti”
Il Magnifico spostò nervosamente il peso del corpo da un piede all’altro e non rispose.
“Credimi Peter, ti cederei il trono di Narnia in questo istante se potessi”
Peter lo guadò, incredulo. Non avrebbe mai pensato che Caspian…
“Mi dai ancora il permesso di sposare Susan? Almeno questo?” chiese con calma il Liberatore, sentendo che lei si accostava a lui e infilava una mano nella sua, che il giovane subito strinse forte.
Peter sospirò. “Sentite…E' vero, siamo tutti molto provati. Forse sarebbe davvero meglio parlarne domattina”
“Peter…” fece Susan, ma lui fece cenno di no.
“Non adesso, Sue. Davvero, sono stanco”
Il ragazzo si allontanò con passi lenti verso il fuoco, sedendo solo. Poco dopo, Miriel gli fu accanto. La videro parlargli e lui scuotere il capo. Un attimo dopo ancora, il ragazzo si alzò e raggiunse il proprio giaciglio un poco più in là e la Driade avanzò verso di loro.
“Scusate…Susan, posso rubarti un momento solo?”
“Sì, certo” la Dolce si rivolse poi al Liberatore. “Ti raggiungo subito”

A poca distanza da loro, Ripicì, sempre vigile a tutto ciò che succedeva intorno ai Sovrani, osservava la scena e tirò un sospiro di sollievo. Aveva deciso di intervenire se mai Caspian e Peter avessero litigato di nuovo, e avrebbe dato loro un bel morso anche, se non si fossero decisi a comportarsi meglio.
Rip si raggomitolò su sé stesso, pronto a entrare nel mondo dei sogni, quando un sommesso brontolio arrivò alle sue spalle. Si voltò perplesso e capì che il brontolio apparteneva a Eustace.
Il topo levò sulle zampe e lo raggiunse. “Non riesci a dormire?”
Ancora un grugnito, poi si accorse che grosse lacrime solcavano il muso squamoso del lucertolone.
“Non fare così” gli disse Ripicì, picchiettandogli una zampetta sul possente gomito nodoso. “Non tutto è perduto come sembra. Sono certo che il Grande Aslan ha la soluzione al problema, dovrai solo pazientare un po’.”
Eustace fece una smorfia non troppo convinta e voltò la grossa testa dall’altra parte. Non voleva che il topastro lo vedesse piangere.
“Resto qua con te se vuoi, a tenerti compagnia” provò a insistere Rip, cercando un modo per tirargli su il morale. “Scommetto che non ci credevi neanche tu ai draghi, stamattina…Sai, le cose straordinarie capitano solo alle persone straordinarie. Potrebbe essere un segno di un tuo straordinario destino! Una cosa più grande di quanto avessi potuto immaginare!”
Eustace tirò su col naso e si girò di nuovo dalla sua parte. Era bello da parte del topastro fare questo sforzo per lui…
“Potrei raccontarti una o due delle mie avventure, se ti va. Tanto per passare il tempo.”
Il drago mosse il grosso testone e fece cenno di sì, appoggiandolo poi sulle zampe, in attesa, come un bambino che aspetta la fiaba della sera. Attorcigliò meglio la lunga coda al corpo, sulla quale sedette comodamente Ripicì.
Il topo non l’avrebbe mai ammesso forse, ma voleva bene a quel ragazzetto combina guai.
“Che tu ci creda o no, non sei il primo drago che incontro” iniziò Rip, con entusiasmo, come sempre quando raccontava le proprie imprese. “Molti anni fa, troppi per tenerci dire quanti, ero con una banda di pirati e incontrai un altro drago, molto più feroce di te…”
E mentre Ripicì tesseva le sue gesta eroiche, d’un tratto, Gael sospirò profondamente.
Lucy, che dormiva accanto a lei, si voltò verso di lei. “Che cos’hai? Non ti senti bene?”
La bimba scosse il capo. “Mi manca la mia mamma”.
La Valorosa sentì una stretta la cuore. Il volto di sua madre le apparve davanti agli occhi, gentile, sorridente.
“Anche a me, sai? Moltissimo” Lucy la guardò con affetto. “Non preoccuparti, la rivedrai”.
“Come fai a saperlo?” chiese Gael. Sul visino tondo aveva un’espressione molto molto triste.
“Devi solo credere che possa succedere. L’aiuto di Aslan non ci mancherà” cercò di rincuorarla  Lucy.
“Ma Aslan non ha impedito che al prendessero”
La bambina capì che l’amica credeva davvero nelle parole che diceva, invece lei, così piccola e indifesa, a volte faticava a riporre fiducia in un essere così potente che sembrava irraggiungibile.
“La ritroveremo, promesso. Devi fidarti”
“Io prego tanto, ma lui non mi ascolta”
“Si che ti ascolta. Devi saper cogliere i segnali”
“Segnali?”
Lucy annuì. “Le risposte alle nostre preghiere a volte  non sono quelle che noi ci aspettiamo. Aslan e il suo grande disegno ci verranno rivelati man mano che proseguiremo verso la Fine del Mondo, e quando arriveremo, tutto allora sarà chiaro”
Lucy si alzò a sedere e le diede un bacio sulla guancia. “Ora cerca di dormire”
Gael chiuse gli occhi e si stinse nelle coperte. Quando si fu addormentata, la ragazza si alzò e camminò piano verso la riva del mare.
Pensava a sua madre, pensava a suo padre. La tristezza di Gael aveva contagiato anche lei. Desiderava tanto tornare a casa, ma allo stesso tempo non voleva.
“Non è bene che una fanciulla giri sola la notte” disse una voce alle sue spalle, e nel voltarsi, Lucy incontrò il viso dolce e sorridente di Emeth.
“Stasera non dorme nessuno, a quanto pare” sorrise lui raggiungendola, scimitarra al fianco.
“Facevo una passeggiata. Sarei tornata subito…Ma non la lasci mai?” chiese lei, alludendo alla spada.
“No. E’ la mia più fedele compagna. E poi mi serve per difenderti”
“Non credo ci siano percoli più grandi della Strega Bianca, e grazie a Eustace l’abbiamo sconfitta per l’ennesima volta”
La risacca del mare contro gli scogli era un dolce, armonico suono rilassante. I due ragazzi camminarono lungo la riva, fianco a fianco, lentamente.
“Non abbiamo mai concluso il discorso iniziato l’altra sera” esordì Lucy d’un tratto.
Emeth si fermò di botto e la fissò quasi spaventato.
“Mi pareva che tu avessi qualcosa da dirmi” lo incoraggiò lei, che mai avrebbe avuto l’ardire di pronunciarsi per prima.
Lui osservò la sua figura tra le ombre, illuminata appena dal riverbero delle stelle. Aveva pensato continuamente a ciò che si erano detti, o non detti…ma come riprendere l’argomento?
“Se sapessi che tu puoi restare, Lucy…allora io…”
Lei fece un profondo respiro. “Non so se sarà possibile…Io non voglio tornare a casa, però…”
“Lo so cosa vuoi dire. Perché anch’io vorrei tornare a casa, ma non potrò mai farlo a differenza di te”
Lucy si morse un labbro. “Oh, Emeth, sono così ingiusta!”
Lui non capì. “Ingiusta? Perché dici questo?”
“Perché non avevo pensato che tu potresti davvero non rivedere più i tuoi genitori, e io invece…io posso farlo ma non…”. Lucy fece un passo indietro.
Aveva sempre avuto tanti sogni, ma nemmeno uno di questi si era avverato.
Il suo desiderio più grande era poter vivere per sempre insieme alle persone che più amava, ma queste persone erano in due mondi diversi, due mondi lontani. Desiderava far cessare la guerra tra Narnia e Calormen, riportare la pace nel regno e sconfiggere la Strega Bianca. Desiderava che Gael ritrovasse sua madre, che Caspian e Susan si sposassero, desiderava essere amata, e amare a sua volta…
“E’ tardi, torno dagli altri” disse in fretta, riscuotendosi dal senso di sconforto che l’aveva sopraffatta. “Potrebbero preoccuparsi se non…”
“Lucy…” Emeth l’afferrò per un braccio e la fermò.
Si ritrovarono vicini come non lo erano mai stati.
Subito, ogni dubbio sparì dal cuore della Regina, quando vide i suoi occhi riflessi in quelli del ragazzo.
“Sono ancora una bambina. Gli altri avevano ragione. Ma io non smetterò mai di sperare…” disse più a sé stessa che a lui.
“Quella che io vedo, è una meravigliosa giovane donna che giorno dopo giorno sboccia davanti ai miei occhi come il più bel fiore che esista, che si batte come una leonessa e dona gioia a chiunque le stia intorno”
Lucy lo guardò meravigliata, e poi gli sorrise e la tristezza sparì dal suo viso. Abbassò la testa e mormorò un sommesso ‘grazie’ sentendosi arrossire.
“Lu…” la chiamò ancora lui.
Lei alzò il viso, sorpresa che la chiamasse con il diminutivo, perché non aveva mai osato prendersi tanta libertà.
“Sì?”
“Niente…” sussurrò Emeth, e ancora una volta vide la delusione fare capolino in lei e la lasciò andare. “Perdonami”
“No…non hai fatto nulla” Lucy si tirò indietro e aggrottò le sopracciglia.
Già…proprio nulla…
“Vado a dormire. Vieni?”
“S-sì” balbettò Emeth, senza capire perché sembrasse arrabbiata. “Scusa, non dovevo”
“Cosa?”
“Dirti quelle cose. Sei adirata con me?”
“Ma no, perché dovrei? Scusami, sono stanca…buonanotte” tagliò corto lei, tornando accanto a Gael e senza più rivolgergli la parola per tutta la sera.
Emeth raggiunse il suo posto, poco distante da quello occupato da Edmund e Caspian.
Il Giusto, sdraiato pancia su e le mani dietro la nuca, spostò solo gli occhi per seguire i suoi movimenti.
“Dove siete stati?” indagò con un vago cipiglio.
“Tua sorella voleva fare una passeggiata” rispose il soldato sdraiandosi sul terreno e fissando le stelle. “L’ho accompagnata perché pensavo non fosse sicuro mandarla sola”.
Emeth non agiunse altro e rimase in silenzio, riflettendo cosa mai era accaduto a Lucy perché reagisse così freddamente. L’aveva davvero offesa aprendosi con lei in maniera così spudorata? O forse era semplicemente delusa perché…perché? Perché non l’aveva baciata? Possibile? Bè, ma non poteva farlo, lei era una Regina e lui…non era nessuno.
“Che musi lunghi avete, stasera. Più del solito” commentò Ed. “Che è successo ancora?” chiese poi a Caspian che non aveva aperto bocca fin da quando era arrivato.
“Non ne ho idea” disse il Liberatore, aggiungendo legna al fuoco.
“Non intendevo tra Lu e Emeth, intendevo tra te e Sue. Non è che avete litigato ancora, vero?”
Il Re di Narnia scosse il capo.
Edmund storse il naso. “Mmmm, credo di aver capito. Siamo alle solite, eh? Con Peter, dico”
Caspian parlò con rassegnazione. “Tuo fratello mi detesta”
“Mi sembra di essere al cinema e di rivedere la stessa scena all’infinito” commentò Edmund.
Il Liberatore aggrottò la fronte. “Dove?”
“Ah…niente, te lo spiego un’altra volta. Comunque sia, non vi sembra sia ora di farla finita? In sostanza, la vostra antipatia nasce da un’incomprensione della quale non sapete più nemmeno il perché. Ormai è solo per abitudine che non andate d’accordo. Per qualche strano motivo, l’uno non vuol dare ascolto all’altro. E’ una sciocchezza”
Caspian sorrise. “Dovevano chiamarti Edmund il Saggio” tentò di scherzare.
“Naaa…non mi piace. Non penso di essere così saggio.”
Il Liberatore alzò le spalle. “Ci abbiamo provato, Ed, ma non è andata come speravamo”.
“Basta che non scatenate una guerra civile, altrimenti ve le suono io, stavolta” borbottò il Giusto, con lo sguardo ancora fisso sulle stelle.
Caspian rise e poi lo imitò.
Rimasero a fissare il cielo per lungo tempo, senza parlare.
Edmund non aveva molto altro da dire in realtà, perso nei propri pensieri che in quel momento erano rivolti molto molto lontano dalla terra.
Pensava alla Stella Azzurra…
 
 
Dal giorno dell’ ultima battaglia tra Calormen e Narnia, Shanna era rimasta buona e tranquilla per non destare più sospetti di quanti Jadis ne avesse già.
C’era stata una severa punizione quando la Strega aveva scoperto che era apparsa nel cielo sopra la nave di Calormen ed era andata in aiuto dei narniani. L’aveva lasciata giorni senza cibo, indebolendola ancor di più, cercando di farsi dire che altro era accaduto quel giorno. Ma Shanna era stata irremovibile e Jadis si era preoccupata nel notare nella ragazza tutta quella caparbietà, e un nuovo strano scintillio di gioia e speranza nei suoi occhi di zaffiro. La Strega Bianca si era premurata di cancellare qualsiasi traccia di aspettativa e di ottimismo nella piccola stella, tenendola prigioniera, spaventandola, minacciandola, ma da quando Shanna era riuscita a superare il terrore che quella donna incuteva in lei e aveva raggiunto il Veliero dell’Alba, aveva sentito una nuova forza crescerle dentro.
Nei mesi precedenti aveva provato e pensato di poter avvertire i Sovrani, ciònonostante si era sempre frenata. Ma suo padre le aveva dato l’esempio che, per quanto la situazione sia disperata, non bisogna mai arrendersi. E così Shanna aveva tentato, ed era riuscita a parlare con Re Edmund.
Sarebbe potuta apparire a chiunque, volendo, invece aveva scelto il Giusto, e per una semplice ragione: lui era quello la cui personalità si avvicinava di più alla sua. Anche Edmund Pevensie aveva avuto a che fare con la Strega Bianca e la conosceva meglio di chiunque altro. Come lei.
Se si fosse mostrata a Re Caspian, a Re Peter, alla Regina Susan o alla Regina Lucy, avrebbero forse mostrato un atteggiamento più scettico nei suoi confronti. Non li avrebbe biasimati di certo. In una situazione come quella potevano forse fidarsi della prima venuta? Dopo il tradimento di Coriakin, chi diceva loro che questa Stella Azzurra non potesse essere come lui, una nemica, una traditrice?
Ma Edmund…Edmund no. Lui le avrebbe creduto.
Quando la nebbia si era fatta più fitta e la presenza di Jadis era gravata sul sogno, Shanna aveva percepito nel giovane sovrano le stesse sensazioni, le stesse incertezze e paure che si agitavano in lei. Gli occhi scuri di Re Edmund, che celavano l’insicurezza dietro quell’espressione determinata e fiera, le avevano dato la certezza che l’avrebbe aiutata. Aveva provato un’emozione indescrivibile e una gratitudine immensa quando il giovane le aveva promesso di fare qualcosa per suo padre.
Aveva pregato ferventemente perché Jadis non scoprisse cosa aveva fatto. Oh, se l‘avesse saputo! L’avrebbe punita di nuovo, e cosa peggiore, avrebbe saputo di Edmund.
Shanna era consapevole del rischio al quale lo aveva esposto: se la Strega fosse riuscita veramente a entrare nel sogno avrebbe potuto prenderlo, esattamente com’era quasi successo con la Regina Susan, e insieme a lui la Spada di Bern.
La Spada! Sciocca! A questo non aveva pensato.
Si era forse dimenticata che la Strega era ancora più pericolosa in quella sua nuova forma di nebbia? Vedeva tutto, andava dappertutto.
Ma Shanna aveva dovuto farlo, per suo padre, che aveva tanto bisogno d’aiuto.
A questo punto, forse sarebbe stato meglio non apparire più in songo ad alcuno dei Sovrani, anche se avrebbe desiderato farlo ancora. Voleva incontrare ancora Re Edmund, continuare la loro conversazione, metterlo al corrente di quante più cose possibili, rivelargli chi era davvero la falsa Stella Azzurra, e magari dirgli il suo nome. Com’era stata scortese a non presentarsi come si deve a uno dei Re di Narnia…
Egli era rimasto nei suoi pensieri occupandoli in un modo a lei del tutto nuovo. Mai aveva pensato tanto a qualcuno, e sapeva di doversi concentrare soprattutto sul suo ruolo di giuda del cielo, facendo il possibile per aiutarli ancora. Ma non poteva farvi nulla. Il suo cuore si colmava di angoscia tutte le volte che provava a immaginare se davvero Jadis avesse saputo del loro incontro. E in mezzo a quelle sensazioni c’era anche qualcos’altro che non sapeva identificare.
Era sempre stata padrona di sé stessa e delle sue emozioni, perché le stelle erano così, non si lasciavano confondere dai sentimenti, ed ora, per la prima volta, era sbalordita e in un certo modo intimorita dell’effetto che quel giovane Figlio di Adamo aveva suscitato in lei, e che accresceva giorno dopo giorno la curiosità per lui.
Probabilmente, la verità era che desiderava conoscerlo come lo era di incontrare anche gli altri Re e Regine. Erano i salvatori di Narnia, i prescelti di Aslan, era normale sentirsi un po’ agitati nel pensare ad essi.
Non aveva più saputo nulla sulla loro sorte, dopo la battaglia. Rinchiusa nella torre, Shanna non riusciva più a vedere niente. Quasi non udiva più neppure la voce di Aslan. Le sue preghiere venivano ostacolate ma le riposte del Leone non potevano superare la barriera della nebbia e oscurità che circondava l’Isola delle Tenebre. Nonostante ciò, Shanna continuava imperterrita a invocare il nome del Grande Felino.
I Sovrani ormai erano sicuramente arrivati all’isola vulcanica, e la fanciulla si augurò con tutto il cuore che superassero anche quella prova.
Cercò di scacciare il desiderio di mostrarsi di nuovo a loro, con la speranza che, ormai, non doveva essere più molto lontano il giorno in cui li avrebbe incontrati di persona.
 
Il cielo era limpido, niente più nuvole, niente più pioggia all’orizzonte. Le costellazioni autunnali di Narnia (il Centauro, lo Scudo e il Tasso) erano state sostituite da altre che formavano figure che non riuscivano a identificare, forse raffiguranti qualche straordinaria creatura della quale non conoscevano l’esistenza. Tra di esse, riuscirono a distinguere un’Arpa, e un animale simile a una Volpe.
“Non le avevo mai viste queste costellazioni, prima d’ora” disse Edmund dopo molto tempo passato ad osservarle.
“Neanche io” disse Caspian, la testa riversa all’indietro, gli avambracci poggiati sulle ginocchia. “Siamo lontani da casa”. Un lieve sorriso si dipinse sul suo volto. “Quand’ero bambino, immaginavo di navigare fino ai confini del mondo, e di trovare mio padre là”.
“Potrebbe succedere” disse Edmund con convinzione. “Chissà cosa mai troveremo laggiù…”.
“Solo Aslan lo sa”
“Ehi” fece la voce di Susan, e subito il Giusto si alzò.
“Scusa Sue, ti cedo il posto”
“Oh, no, non fa niente.”
“Ma sì, invece…”. Edmund prese il suo sacco a pelo, spostandosi un poco più in là. Indugiò solo un attimo, alzando un dito ammonitore. “Però non fate oscenità in pubblico, ok?”
Caspian e Susan si scambiarono uno sguardo esasperato, e in coro dissero: “Buonanotte, Ed!”
“Mmmm…” mugugnò il ragazzo, sdraiandosi di nuovo, girandosi su un fianco e dando loro la schiena.
I due giovani trattennero una risata, ma subito tornarono seri.
“Posso sapere cosa ti ha detto Miriel?” chiese subito il Liberatore, a bassa voce.
Susan si sistemò la lunga gonna verde e unì le mani in grembo. “Niente di nuovo: di stare tranquilla e che alla fine Peter capirà, che cercherà di farlo ragionare ancora…Ha una pazienza invidiabile”
La giovane si aggrappò al braccio di lui e appoggiò la testa alla sua spalla.
“Mi spiace che tu abbia dovuto sentire quelle cose…” disse mortificata, riferendosi al suo discorso con Peter.
“Non importa. Sapevo già cosa tuo fratello pensa di me. Non è stato questo a colpirmi maggiormente, ma quello che hai detto tu”.
Lei voltò un poco il viso per guardarlo. Lui sorrise lievemente e pian piano Susan vide le sue labbra aprirsi sempre più.
“E così, non vivi senza di me?” le chiese con una risata sommessa.
La Dolce gli accarezzò il viso, seria. “Lo sai che è così”
Caspian la strinse a sé e le diede un bacio sulla fronte.
“Senti…” disse Susan stringendogli la camicia, “posso dormire qui vicino a te?”
Il giovane le sorrise. “E dove altro dovresti dormire?”
Poi si sdraiò, allargando le braccia per accoglierla subito, passandone uno sotto le spalle di lei,  l’altro lo posò dietro la propria nuca.
Susan si appoggiò al suo petto, sentendo scivolare via ogni ansia, ogni pensiero. Le serviva solo quello: nell’abbraccio di Caspian c’era tutto il suo mondo.
Lui le accarezzò piano i capelli ed entrambi spostarono lo sguardo verso il cielo. Ma poco dopo, lui la stava guardando di nuovo. Perché non c’era bisogno di osservare le stelle se davanti a lui c’era la più bella di tutte.
Susan spostò leggermente la testa verso l’alto per poterlo guardare a sua volta. “A che cosa stai pensando?”
Caspian le sorrise in un modo un po’ strano. “A che è stato incredibilmente bello fare l’amore, oggi”
La Regina arrossì lievemente e si strinse di più a lui. Non poteva farci nulla, anche dopo tutto quel tempo parlare di certe cose le faceva provare un po’ di imbarazzo, dovuto forse alla sua giovane età.
Aveva sempre pensato di aspettare il matrimonio per concedersi a un uomo, ma le circostanze così incerte in cui si era trovata, l’avevano portata a fare quel passo molto prima. Non se n’era mai pentita.
“Non possiamo lasciarli qui e andarcene in camera?” chiese Caspian avvicinando le labbra al suo orecchio, provocandole piccoli brividi lungo la schiena.
“Caspian…”
“D’accordo, come non detto” sbuffò lui.
“Non possiamo scappare via. Se qualcuno si sveglia e non ci vede? Si preoccuperanno. Non è che…che io non lo voglia…” mormorò, stropicciandogli un lembo della camicia.
“Posso baciarti, almeno?”
Susan lo guardò e lo sguardo di lui le provocò di nuovo brividi in tutto il corpo. “Per questo non mi devi mai chiedere il permesso”
Caspian sfiorò le labbra di lei con le proprie ma ancora senza baciarla, accarezzandole piano le guance con il dorso della mano. “Per questo soltanto, mia signora?”
La Dolce sorrise. “No, per tutto il resto, anche”
Il Re la baciò una volta, “La mia Regina me ne concede un altro?” sussurrò, le labbra unite così strettamente a quelle di lei che si sorprese del fatto di riuscire ancora a parlare.
Susan annuì ad occhi chiusi. Caspian la baciò di nuovo, lentamente, poi leggermente più audace.
Lei emise un sospiro e lui allora si allontanò con una lentezza esasperante. E continuò così per un po’, torturandola dolcemente, completamente dimentico che qualcuno potesse vederli.
“Chi è ora il dispettoso?” mormorò Susan alla fine, guardandolo con un finto broncio.
Lui trattenne una risata. “Tu cedi troppo in fretta”
“E che dovrei fare, scusa?”
“Assolutamente niente. Lascia fare a me”
Caspian si avvicinò di nuovo, ma Susan lo sospinse indietro con dolcezza, premendogli una mano sul petto.
“Ti rendi conto di dove siamo?”
Lui la fissò un istante e poi tronò a sdraiarsi, serrando le labbra.
Susan si allarmò, credendo di averlo offeso respingendolo. Ma davvero non era il momento…
“Senti, non…”
“Non fa niente. Davvero, non preoccuparti” rispose lui secco.
Susan si alzò su un gomito e i capelli le ricaddero su una spalla. “Caspian…scusa…”
Il ragazzo si voltò e allungò una mano verso la sua nuca, sospingendo in avanti il volto di lei e baciandola ancora una volta. Quando riaprì gli occhi, vide che lei aveva uno sguardo stupito e sconsolato, credendo che lui si fosse arrabbiato di nuovo.
“Ci sei cascata” sorrise furbo, ridendo più piano che poté.
La Dolce lo guardò allibita, le labbra appena socchiuse, mentre lui ancora se la rideva, le passava una mano tra i capelli e poi le posava un sonoro bacio sulla guancia.
Senza preavviso, lei lo colpì con un pugno sul petto, non sapendo bene se essere offesa o divertita.
“Stupido! Stupido, stupido, stupido! Ci ho creduto davvero!”
Era stupenda con i capelli sciolti, lunghissimi, molto più di com’erano quando l’aveva conosciuta.
“Perdonami, ma non ho resistito”
“Mmm…” fece Susan a labbra strette, non potendo reprimere un sorriso.
“Avete finito di fare casino?!” sibilò Edmund alzandosi di scatto e facendo un fagotto del suo sacco a pelo. “Basta, mi sposto perché non vi sopporto più!”
“Io che ti avevo detto?” fece Susan a Caspian. “Che avremmo svegliato qualcuno”
Lui arrossì un poco e si risdraiò insieme a lei, e per un po’ se ne stettero tranquilli a guardare ancora le stelle. Il sonno non arrivava, avevano così tante cose da dire. Era meraviglioso quando il loro amore si straformava in quella passione che li trasportava in un universo solo loro, ma era altrettanto bello così, quando si avvolgevano in quegli attimi di tenerezza infinita, parlando a lungo, oppure restando in silenzio.
“Lo sai” disse lei dopo un pò, in un dolce sussurro, gli occhi rivolti al cielo. “Quand’eravamo Sovrani, certe volte, io e gli altri sgattaiolavamo fuori dal castello in notti come questa, a guardare le stelle. Certe volte ci addormentavamo all’aperto, e così finivamo col venire rimproverati dal caro Signor Tumnus e dai Signori Castoro”
La risata di Caspian le diede un leggero brivido lungo la schiena, risuonando lievemente contro di lei.
“Lo facevo anch’io” ammise il Re, con tono un po’ colpevole.
“Ah sì?” Susan lo guardò, mentre lui continuava a fissare le stelle, accarezzandole piano la spalla.
“C’era un passaggio segreto al castello di mio zio, di cui solo io conoscevo l’esistenza, credo, che portava dalle mie stanze direttamente sulla collina più alta della valle. Da lì, vedevo la Diga dei Castori e le cime degli alberi di Lanterna Perduta. Mi sdraiavo sotto il cielo, proprio come adesso, contando le stelle e fantasticando sui racconti del dottor Cornelius, immaginando di vivere nell’Età d’Oro, di combattere al fianco dei Re e delle Regine della Vecchia Narnia”
Si volse a guardarla e provò una forte emozione ripensando a quei giorni della sua infanzia.
“Vorrei avere i tuoi stessi ricordi, Caspian.” disse Susan, un poco malinconica.
“Anch’io vorrei avere i tuoi” ammise lui, appoggiando la testa a quella di lei. “Ma insieme ne abbiamo già moltissimi, anche se alcuni non sono certo dei più piacevoli, ma stiamo costruendo qualcosa di meraviglioso insieme e un giorno, ripensando al passato, non proveremo più l’amarezza che proviamo ora”
Susan gli passò le dita tra le punte dei capelli scuri. “Dopotutto, può darsi che il destino esista. Ci siamo cercati, ci siamo aspettati per così tanto tempo…forse c’è un motivo”
Caspian spostò il braccio che aveva dietro la nuca e le prese la mano sinistra, appoggiata sul suo petto, intrecciando le dita a quelle di lei.
“Sì, può darsi. Quello che hai detto questa mattina, sul fatto di avermi aspettata per mille anni…penso di averlo provato anch’io a quei tempi. Chissà, forse speravo che saresti scesa dal cielo, bella come un angelo”.
Entrambi, osservarono l’anello reale brillare al riverbero del fuoco e delle stelle, tra le quali, sembrava ora esserci il muso di un leone...
“Susan, io non lo so se era nostro destino conoscerci, ma ogni cosa che abbiamo fatto, insieme o da soli, ogni cosa ha portato a questo”
Improvvisamente, Caspian alzò le loro mani unite verso il cielo.
“Aslan…” mormorò ad un tratto lui, “Guardaci Aslan. Guardaci adesso, qui, insieme, e perdona ogni torto che ti abbiamo fatto. Ti supplico Grande Padre, ascolta la preghiera del tuo Re, il Re che tu stesso hai posto sul trono di Narnia. Ho bisogno di lei, della mia Regina. Non lasciarla andar via di nuovo” strinse i denti e faticò a pronunciare le ultime parole.
“Oh, Caspian!”
Susan lo strinse forte e lo sentì respirare un poco più veloce contro la sua spalla, le sue labbra tremare leggermente. Spostò il viso per cercare quello di lui. Vide i suoi occhi scuri inumidirsi e allora lo baciò. Un bacio dolce, senza pretese e nemmeno lui cercò di più.
“Ti amo” Caspian glielo sussurrò sulle labbra.
“Anch’io, tanto”
E fu un attimo: un pensiero sconsiderato venne subito dopo, incondizionato, infantile forse, folle, ma più vero di qualsiasi altro.
“Vieni via con me…”
 
 
L’Occhio di Falco era stata portata alla deriva dall’ultimo temporale che si era abbattuto sull’Oceano Orientale. Era ancorata a un isolotto spoglio e l’equipaggio lavorava giorno e notte per salvare ciò che poteva essere salvato dopo la battaglia contro Narnia, stavolta terminata nel peggiore dei modi.
Le condizioni della nave preoccupavano non poco i calormeniani, che ormai avevano poche speranze di rivedere il Deserto, ma ciò che più li angosciava erano le condizioni in cui vergeva il principe Rabadash.
Da diversi giorni era costretto a letto da una brutta febbre, causa dell’infezione che si era misteriosamente sviluppata nel suo braccio destro. Il medico aveva curato con scrupolosità la bruciatura causata dal diabolico sortilegio della Driade. Forse il principe non avrebbe potuto usare la spada per un po’, ma sarebbe guarita quasi completamente, lasciando molto probabilmente una cicatrice considerevole, ma non di certo preoccupante per la salute di Sua Altezza.
Invece, dopo la prima notte, Rabadash si era svegliato in preda ai dolori più lancinanti che avesse mai avuto. La bruciatura era divenuta una ferita aperta, rossa come il fuoco, e a nulla era servito l’intervento del medico di bordo, stavolta. Le striature sull’arto serpeggiavano dal polso alla spalla. La mano era orrendamente gonfia e nemmeno un’incisione era riuscita a liberare il sangue dall’infezione.
 “Io non capisco, che sia la magia di quella Driade?” aveva detto il dottore, spaventato all’idea di non riuscire a trovare una cura.
Intanto, la sofferenza di Rabadash si faceva sempre peggiore e nei rari momenti di lucidità inveiva conto chiunque.
“Non osate più toccarmi, medicastro da strapazzo! Guardate come mi avete ridotto!”
“Mio principe, mi rincresce moltissimo…”
“Risparmiatevi le scuse e chiamatemi Aréf tarkaan”
Il dottore sbatté le palpebre con aria ebete. “Proprio lui? Siete sicuro?”
Rabadash ebbe la forza di alzarsi un poco e afferrarlo per il bavero della veste. “Non crederete che voglia un confessore, vero? Non intendo morire, se è questo che sperate!”
“Oh, no no, signore, no” tossì il pover uomo quando l’altro lo lasciò andare.
“Chiamatelo e ditegli di portarmi Shira” ripeté il principe, “Devo scrivere subito a mio padre”
Poco dopo, il dottore uscì dalla cabina reale e riferì personalmente il messaggio al capitano della guardia.
Aréf tarkaan eseguì immediatamente.
Per qualche strano motivo, era ancora al suo posto e Ader il pirata non aveva aperto bocca circa i dubbi che nutriva sul suo conto. Aréf era più che sicuro che il filibustiere avesse capito tutto: che il combattimento tra lui e Emeth era stata una messinscena, e anche che l’aveva lasciato fuggire tempo prima. In fin dei conti, tutti credevano che il giovane tarkaan fosse perito nella battaglia sull’Isola delle Voci. Rivederlo sano e salvo e per di più schierato dalla parte di Narnia, era stata una sorpresa per tutti quanti (i suoi compagni non facevano che parlare d’altro), ma di certo nessuno poteva sospettare cosa fosse successo in realtà. Soltanto Ader aveva dei sospetti, ma per qualche strano motivo non aveva ancora accennato nulla a nessuno. Di tanto in tanto, il pirata scoccava strani sguardi al capitano delle guardie, ma nulla di più. E Aréf, dal canto suo, si guardava bene dal rivolgergli la parola.
“Vostra Altezza” s’inchinò ossequiosamente il tarkaan quando fu al capezzale del principe.
“Ah, Aréf, ormai siete l’unico di cui mi fidi su questa nave”
“Vi ringrazio, mio signore”
Rabadash assunse subito un’espressione sospettosa vedendo che era solo. “Come mai non portate Shira con voi?”
“Altezza, mi duole informarvi che il falco non si trova più al suo posto”
“Com’è possibile?”
“Vedete, nello scontro i locali interni hanno subito molti danni a causa degli attacchi alle fiancate, opera delle balene azzurre. La metà dei vostri falchi è andata perduta. La gabbia si è aperta, e…”
“Non Shira!” esclamò Rabadash assolutamente convinto. “Lei sarebbe tornata indietro, non può essere fuggita, non è come gli altri, lei è…”
Il giovane si trattenne. Non poteva rivelare che Shira era un animale parlante. A nessuno.
“Cercatela!” ordinò.
“Altezza, sarebbe più sbrigativo chiamare un messaggero se volete scrivere all’Imperatore”
“No, solo Shira deve portare le mie missive a Tisroc!”
“Come volete, allora” s’inchinò pazientemente il tarkaan. “Proveremo a…”
“No, non proverete, la troverete! Ad ogni costo! Mi sono spiegato?”
Aréf fissò il viso pallido e sofferente del suo principe, senza capire come mai fosse così importante. “Sì, Altezza Reale”
“Entro oggi!” aggiunse Rabadash, prima di sprofondare sui cuscini con un gemito strozzato.
Aréf uscì di gran carriera dagli alloggi reali e radunò il capitano, il medico e i primi ufficiali di bordo.
“Signori, il principe non è in grado di guidarci nel suo attuale stato di salute, pertanto il comando passerà a me” disse Aréf e gli altri furono d’accordo.
“Il principe è molto grave” intervenne il medico “Qui non posso curarlo al meglio, dobbiamo riportarlo a Calormen immediatamente, o temo il peggio”
“Ma l’Occhio di Falco non può muoversi” disse il capitano. “Non può né avanzare né tornare indietro conciata in questo modo”
“Chiediamo ai pirati” tentò il primo ufficiale. “Con quella Blue Singer che hanno catturato, possono ricondurre Sua Altezza a casa in poco tempo. Due settimane al massimo, vista la velocità della balena”
“No, no, non si può far affrontare un viaggio così al nostro signore” disse il medico “Deve restare a riposo”
Parlarono ancora, a lungo, fino a sera, ma non si trovò soluzione.
Rabadash si era addormentato nel pomeriggio ed era piombato in un sonno agitato costellato da incubi atroci. Credette di stare ancora sognando quando vide apparire davanti a lui la figura di una donna altissima, avvolta da una strana foschia verde.
“Oh, che Tash abbia pietà di me…siete un demone dell’inferno venuto a prendermi, non è vero?”
La donna rise e scosse il capo. “Povero Rabadash…sei proprio ridotto male. Ma sono venuta apposta per dirti che non morirai. Non oggi, almeno”
“Chi sei? Cosa vuoi?”
“Un’amica, e voglio aiutarti”
La figura fluttuò a mezz’aria e si concretizzò, divenendo vera, fatta di carne e ossa.
“La Strega Bianca!” esclamò il principe. Se avesse potuto, sarebbe fuggito via in un istante.
Rabadash aveva sperato di non doverla incontrare mai. Aveva sentito storie spaventose su di lei, in ultimo da suo padre Tisroc, quando Shira gli aveva riportato ogni particolare dell’incontro tra l’Imperatore e la Strega.
“Lo so cosa stai pensando, principe, ma era inevitabile che prima o poi venissi da te. Credo proprio che tu abbia bisogno del mio aiuto”
Jadis si avvicinò e prese tre le sue mani il braccio ferito del giovane, che emise un urlo straziante.
“E’ come pensavo” disse lei. “Questa non è solo opera della Driade, è una maledizione”
Rabadash la fissò senza capire, i denti stretti per il dolore.
“Qualcuno ha gettato un’involontaria maledizione su di te, Altezza Reale. Di certo non voleva, anzi, ne sono sicura, ma il suo odio, o forse il suo amore, misto alla magia della Driade, hanno provocato questo”
Jadis rigirò delicatamente il braccio, osservando le striature vermiglie sulla pelle olivastra del principe. Poi, piano, lo aiutò ad appoggiarlo di nuovo sul letto.
“Non è una ferita, non è un’ustione, è la promessa della Regina Susan di farvela pagare per quel che avete fatto a Re Caspian”
Rabadash spalancò gli occhi neri e ripensò a quando Susan stringeva tra le braccia il corpo inerme di Caspian e lo fissava con gli occhi celesti pieni di odio e sofferenza.
“Che Aslan mi perdoni” aveva detto la Regina“ma tutto quello che meritate è di bruciare all’inferno…”
“Sì, è così” disse Jadis fissandolo molto seriamente. “Se non facciamo subito qualcosa, il fuoco della Driade vi consumerà dall’interno. Il fuoco di una creatura di Narnia che risponde al comando della sua Regina”

 
 
 
 



Buona domenica a tutti!!! Abbiamo raggiunto il capitolo 35, ragazzi e io vi devo avvertire che non ce la facciamo a finire Queen per il 40, no no, credo ci vorrà ancora un po’…ditemi, secondo voi è troppo lunga? Non che io voglia accorciarla, sia chiaro!!! Andrei avanti a scriverla all’infinito! (bè, l’idea è quella…XD)
Dunque dunque…che ve ne pare di questo capitolo? Mi sono buttata sulle scene love love come una pazza, perché un po’ ve le avevo promesse e un po’ volevo scriverle. *.*
Amo Caspian! Lo amo, lo amo, lo adoro!!!!!!!!!!
Questo non centrava niente, scusate, considerazioni mie….
In questo capitolo non succede granché, ma io spero possiate apprezzarlo ugualmente. Per cui, aspetto commenti su Suspian, su Lumeth, su Rabadash persino!!! Forza forza!!!
Ancora una volta, alcune frasi e scene sono prese dal film. E' doveroso da parte mia dirlo. Prima dei ringraziamenti, devo dirvi che le recensioni di Queen sono 390…..ma secondo me c’è un errore nel conteggio…si, dev’essere per forza così….no, dico, ma siamo impazzitiiiii???????
Vi amo, vi amo, vi adoro!!! XD
 
Ringraziamenti:
 
Per le preferite:
ActuallyNPH, Alice_wonderland94, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton, elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon, Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, susan the queen e TheWomanInRed.
 
Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V, Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, Lucinda Grey, postnubilaphoebus e susan the queen
 
Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Ballerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Mari_BubblyGirls, Miss H_ , piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, Riveer, SerenaVdW, Smurff_LT, susan the queen, SweetSmile, Yukiiiiii e _Drak_Side
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angie_V , Babylady , Ballerinasullepunte, EstherS,  FioreDiMeruna, Fly_My world,  FrancyNike93, GossipGirl88, LittleWitch_, Martinny, piumetta, SerenaVdW e TheWomanInRed
 
 

Angolino delle anticipazioni:
Sarò molto breve e vaga, perché sul prossimo capitolo ho talmente tante idee che non so quali metterò.
Ripartiranno dall’Isola del Drago e rivedranno la Stella Azzurra. Ma è legittimo chiedersi: quella vera o quella falsa, stavolta?
Jadis risolverà parte dei problemi di Rabadash e i nostri eroi si imbatteranno in un piccolo imprevisto…

 
Basta…già finito…sigh sigh….
Guardate che forse ho fatto qualche errore, segnalateli se li vedete. Io comunque ho sempre il vizio di rileggere quando posto e qualcosa da correggere trovo sempre.
 
Bene, io vi lascio ai commenti, e come sempre vi ringrazio di nuovo tantissimo e vi bacio e abbraccio forte!!!
Alla settimana prossima!
Vostra Susan<3

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Capitolo 36
*** Capitolo 36: Inseguendo la felicità ***


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36. Inseguendo la felicità

 
 

Tutti questi giorni inseguendo un sogno ad occhi aperti
Tutti questi anni a vivere in una massa indistinta
Tutto quel tempo senza mai vedere veramente
Le cose nel modo in cui erano
Ora lei è qui a brillare nella luce delle stelle
Ora lei è qui, improvvisamente so
Se lei è qui è chiaro come il cristallo
Sono dov’ero destinato ad andare


 

 
Il boccaporto si aprì con un colpo secco e chi era nei paraggi non poté fare a meno di trasalire per quel rumore e il movimento improvviso.
Tutti gli uomini dell’Occhio di Falco si voltarono uno dopo l’altro mentre tra loro si faceva largo una donna, altissima, di una straordinaria e glaciale bellezza. I lunghi capelli biondi erano acconciati in una complicata pettinatura. Era avvolta da un lungo abito bianco con strascico, le braccia nude, il portamento regale, gli occhi azzurri come ghiaccio ma che un attimo dopo apparivano neri come tenebra tanto esibivano un’espressione minacciosa.
Molti chinarono la testa al suo passaggio, non riuscendo a guardarla, altri invece erano incantati. Ma tutti, nessuno escluso, capirono di chi si trattava.
Gli unici che sembravano quasi immuni da lei erano Aréf tarkaan e i pirati, i quali la osservavano con un misto di odio e paura.
Jadis si fermò al centro del ponte, e nel silenzio più completo, poiché tutti si erano ammutoliti per la sorpresa, iniziò a parlare.
“Ascoltatemi tutti molto attentamente” esordì “Il vostro principe sta molto male. Durante l’ultima battaglia, una strana maledizione l’ha colpito e a nulla servono le cure dei vostri medici. Pertanto, prenderò io il comando della vostra nave fino a che Rabadash non si sarà ristabilito. Ubbidirete a me come ubbidireste a lui”
Nessuno osò replicare, anche se si vedeva chiaramente dai volti della maggior parte dei marinai che non li aggradava per nulla dover prendere ordini da una donna.
Aréf tarkaan fece un passo avanti, lo stesso Ader.
“Signora” disse il capitano della guardia “perdonate la mia reticenza nei vostri confronti, ma sono io ad avere la responsabilità dell’Occhio di Falco, ora”
Jadis lo squadrò da capo a piedi. “Non credo proprio.”
“Vorrei sentirlo dire dallo stesso principe, se non vi dispiace, perché proprio ieri mi ha incaricato…”
Jadis lo interruppe. “Ieri, Rabadash era ancora convinto di poter guarire, ma dopo questa notte ha capito che ci vorrà del tempo e che non può assolutamente affidarsi soltanto a voi. Se volete comunque disturbarlo…chiedetegli tutto quello che volete, ma non credo ne sarà felice”
Jadis fissò il capitano con insistenza, ma egli sostenne il suo sguardo.
“E’ stata Sua Altezza dunque, a ordinarvi di prendere il comando della spedizione al posto mio?” chiese Aréf.
Gli occhi della Strega Bianca divennero ancor più cattivi dopo quella domanda.
“Io non prendo ordini da nessuno, io do gli ordini. I vostri Rabadash e Tisroc si sono affidati a me già da tempo e ora tocca a voi, se non volete rimanere qui a morire di fame. Ora non perdiamo altro tempo e rimettete subito questa nave in mare!”
“Ma signora” intervenne un marinaio “E’ troppo mal ridotta per riprendere a navigare”
“Sciocchi…” sbottò Jadis, estraendo la sua bacchetta magica dalle pieghe dell’abito e battendo una volta la punta dorata sul ponte.
I calormeniani si ritrassero quando l’incantesimo si attivò. In pochi secondi, l’Occhio di Falco tornò come nuova.
“Al lavoro!” esclamò la Strega. ” Raggiungiamo la nave di Narnia! Se volete salvare il vostro principe, abbiamo bisogno del sangue di un figlia di Eva”
 
 
L’alba irruppe in una vampata di oro e bianco dando il benvenuto al nuovo giorno.
Quando Gael si svegliò si stropicciò gli occhi, si stiracchiò e sbadigliò, volgendo lo sguardo al cielo dove vide brillare più splendente che mai una grande Stella Azzurra proprio davanti a lei.
“Lucy! Lucy sveglia!” Gael scosse forte l’amica per un braccio, impaziente di mostrarle ciò che per prima aveva visto.
“Eh? Co-cosa c’è?” fece la giovane Regina, trasalendo un poco.
“Guarda! Guarda!” indicò la bambina puntando un dico contro il cielo.
“Oooh!” esclamò Lucy, sorridendo felice e alzandosi a sedere.
Gael si alzò svelta in piedi, correndo a svegliare tutti gli altri. “Maestà, guardate! E’ la Stella Azzurra! E’ apparsa di nuovo! Ragazzi, svegliatevi!”
Caspian, Susan, Edmund, Emeth, Peter, Miriel, Eustace e Ripicì, uno dopo l’altro aprirono gli occhi e osservarono con un sorriso, l’astro lucente davanti a loro, che non sbiadiva nemmeno con la luce solare sempre più forte.
Ma superata la meraviglia iniziale, vi fu un pensiero comune: era quella vera?
Mentre risalivano sulla nave, i cinque Sovrani e gli amici discutevano su questo.
Cera chi ancora non voleva credere all’ipotesi di un imbroglio, primo fra tutti Edmund e con lui Miriel. C’era chi, come Peter, Emeth e Lucy, voleva arrivare a capire cosa stesse succedendo prima di tirare conclusioni affrettate e fidarsi o meno della Stella. Ma c’era infine chi, come Caspian e Susan, avrebbe preferito pensare, ma senza esprimere tale idea, che la Stella Azzurra fosse qualcuno da cui guardarsi.
“Non possiamo essere così maligni, non è giusto” affermò Susan, quando Caspian la lasciò sulla soglia della sua camera.
“Non puoi negare di averci pensato, però, come ci ho pensato io. Se si rivelasse diversa da Miriel, se non fosse apparsa per aiutarci ma per sviarci, vorrebbe dire che non è dalla nostra parte, che è una nemica, come Jadis, e allora chiunque sarebbe d’accordo che un donna simile non potrà divenire Regina di Narnia”
Susan scosse il capo, inquieta. “Stai dicendo cose che non pensi. Dopotutto, lei non ha colpe, sono io quella che ha scombinato ogni cosa”
Il Re lasciò cadere il discorso. “Ora devo tornare di sopra”
“Caspian, non sono fiera di te quando fai certi discorsi, nonostante anch’io vorrei che…”
Che lei non esistesse,pensò la Dolce, ma non poteva dirlo, non doveva pensarlo neppure!
Lui non le rispose, invece le prese una mano e ne baciò il dorso. “A dopo”
Lei sospirò, rassegnata. “A dopo”
 
La partenza era prevista di li a poco, ma c’erano ancora diverse cose che andavano fatte prima di lasciare definitivamente l’Isola del Drago.
La prima di queste cose fu la richiesta di Caspian a Eustace di riportargli il corpo di Octesian.
Il Liberatore aveva cercato di capire cosa potesse essere accaduto al Lord e, sebbene con una certa fatica, alla fine era riuscito a capire tutta la storia di Eustace.
Quest’ultimo accettò di buon grado, ma con gran sorpresa di tutti non riportò indietro un drago, ma un uomo. Evidentemente, dopo la sua morte la maledizione era svanita.
Caspian ordinò allora che anche per lui fosse celebrata una funzione, come per Lord Restimar, e dopo averlo seppellito con tutti gli onori, pose personalmente sulla sua tomba il bracciale d’oro.
Dopo ciò, ecco arrivare il problema più grande (in tutti i sensi): come portare con loro il povero Eustace?
Ne discussero mentre il drago non ascoltava e faceva un bel bagno al largo, insieme a Ripicì.
Il topo gli stava sempre vicino, non l’aveva più lasciato un secondo da quando si era trasformato e faceva di tutto per tenergli alto il morale, elencandogli una quantità di vantaggi dell’essere drago.
“Che dite? Ci potrebbe stare sul ponte?” provò a chiedere Gael. “C’è spazio a sufficienza?”
“E se spostassimo tutto il carico dall’altra parte?” azzardò Tavros. “Per bilanciare il peso…”
“Ma miei Re!” esclamò Ripicì, “Può seguirci in volo, no?”
Il drago voltò il grosso testone di qua e di là, osservandoli tutti, poi emise un assordante ruggito e sbatté le grandi ali, librandosi in volo.
Ripicì saltò sul suo dorso, ridendo come un matto. “E’ un’esperienza che dovrete provare, prima o poi, Vostre Maestà!”
“Oh, no!” gridò Lucy. “Io soffro di vertigini!”
Per un attimo, il problema Eustace sembrò risolto, ma presto sorse spontanea una domanda che preoccupò tutti: cosa gli avrebbero dato da mangiare? In più, è risaputo che un drago mangia solo carne cruda.
“Prima però era un ragazzo” disse Lucy, “magari mangerà le stesse cose che mangiava prima”
“Anche se così fosse” disse il cuoco, disperato, “non c’è ugualmente cibo a sufficienza, Vostra Maestà”
“Potrebbe procurarsi il cibo da solo” disse Caspian. “Credete che ne sarebbe in grado?”
“Non vedo perché no” rispose Edmund, osservando preoccupato il cugino.
Eustace aveva capito che qualcosa non andava, e che quel qualcosa riguardava sempre lui.
Si sentì un peso, ora più che mai, riconoscendo forse troppo tardi di esserlo stato anche prima, e di non aver fatto nulla per evitarlo.
Forse aveva ragione il topastro: non era stato solo per il tesoro maledetto (che aveva trasformato ora lui e prima Lord Octesian in un orrendo drago), ma gli era capitato questo per qualche motivo. Forse era un’ulteriore prova, un modo per dimostrare qualcosa, per essere d’aiuto agli altri in un modo diverso. Trovando la terza spada aveva già fatto qualcosa, e adesso doveva fare ancora di più, anche se non aveva idea di come ci sarebbe riuscito.
Per un attimo, Eustace si vide combattere contro quel serpente marino di cui Edmund e Drinian parlavano sempre. Un drago sarebbe stato capace di tenergli testa?
O magari, chissà, le avrebbe suonate di nuovo alla Strega!
Certo era davvero frustrante non poter esprimere questi pensieri con nessuno, nemmeno con Ripicì che era un animale, né con Tavros o Nausus (creature fatate) né con Miriel, la quale Eustace aveva creduto potesse capire il suo linguaggio, visto che in diverse occasioni aveva dimostrato di saper parlare con gli animali muti come i granchi dell’Isola delle Voci e le Blue Singer.
“Mi spiace tanto, ma i draghi sono tutta un’altra faccenda” disse la Driade, picchiettandogli garbatamente sul muso.
Ripicì balzò nuovamente sul dorso del bestione quando la fanciulla si allontanò.
“Allora, vecchio mio, è venuto il momento di dimostrare che sei un drago indipendente”
Eustace aggrottò la fronte.
Come?
“Non si è mai visto un drago domestico, caro mio. Un drago deve saper sputare fuoco, volare a tutta velocità! Ti insegnerò anche come si fanno le acrobazie aeree. Ma soprattutto, un drago deve dare prova della sua forza! Un drago è un cacciatore! E mi sta venendo un certo languorino…Che dici, facciamo uno spuntino di metà mattina?”
Eustace capì cosa Ripicì voleva che facesse, e allora lo fece. Si librò in alto, sopra il mare, sorvolando l’isola e puntando dritto dalla parte opposta al Veliero dell’Alba.
E proprio mentre si discuteva appunto delle sorti del drago, questi tronò con un enorme pesce tra le fauci, sbalordendo l’intero equipaggio, primo fra tutti il cuoco che si congratulò con lui.
“Non avremo più bisogno di pescare per un pò!”
Purtroppo, metà del primo pesce finì nella pancia di Eustace, ma non ci furono problemi perché ne pescò un altro, ancora più grosso.
Le grame provviste raccolte il giorno prima dai marinai venivano ben compensate con un bottino del genere, appartenente a una specie che i narniani non avevano mai visto, ma commestibile.
“E bravo Eustace!” commentò Edmund compiaciuto.
“Posso fare un giro sul tuo dorso?” chiese Gael e Eustace annuì felice.
Dopotutto, essere un drago, non era così male…
 
Levarono le ancore e proseguirono verso est, procedendo per la rotta indicata dalla Stella Azzurra, sapendo bene di doverla seguire una volta che fosse apparsa.
“Ed, tu l’hai vista meglio di tutti noi, anche dopo la battaglia contro Calormen” disse Caspian, “puoi confermarci se si tratta davvero di lei?”
A Edmund sembrava quanto mai impossibile che potessero esserci davvero due stelle, come aveva insinuato Eustace qualche giorno prima.
Guardò attentamente l’astro e alzò le spalle. “A me sembra lei. Anzi, è lei. Ne sono assolutamente certo”
“Sei sicuro?”
Il Giusto si voltò verso il Liberatore. “Sì, sono sicuro. Sembra leggermente più grade di quando l’ho vista la prima volta, ma credo dipenda dal fatto che ci avviciniamo a lei, non credi?”
Caspian serrò leggermente le labbra. “Sì, può darsi…Va bene. Mi fido di te, Ed” disse, stringendogli una spalla, poi si voltò verso Drinian. “Capitano, seguitela come da ordine, ma state attento che non ci porti fuori rotta”
“Sì, Vostra Maestà” disse il capitano, inchinandosi un po’ freddamente.
Dopo quel giorno in cui Caspian e Susan avevano litigato anche a causa sua, Lord Drinian non aveva quasi più parlato con il Re, se non in sporadici momenti in cui discutevano sugli ordini da impartire. Si era forzatamente astenuto da qualsiasi tipo di commento o rimprovero quando, la sera prima, aveva capito che nonostante ciò che aveva detto alla Regina Susan e in tutto ciò che ne era certamente conseguito, i due giovani erano più uniti di prima.
Il Re di Narnia riceveva l’anello con l’emblema della Gran Casa alla sua incoronazione, e mai se ne separava se non alla sua morte, quando esso passava nelle mani del designato erede. L’anello che Caspian portava apparteneva al padre, e prima di lui ad ogni Caspian fino ad arrivare al primo della stirpe, e ancor prima era appartenuto a Peter, e così via fino ad arrivare a Re Frank, il primo monarca di Narnia.
Il gesto compiuto dal Liberatore era stata una voluta dimostrazione che Susan per lui valesse più del regno. Il fatto di mettere al dito di lei un oggetto così importante e di così alto valore, era un modo per far capire a tutti che era come se lei fosse già Regina, e per questo aveva tutto il diritto di ricevere e portare quell’emblema.
Drinian aveva molto riflettuto su questo e si sentì molto sciocco e meschino per essersi comportato con Susan come aveva fatto.
Il capitano, così come ogni uomo o creatura a bordo del Veliero dell’Alba, non aveva mai visto Caspian tanto felice negli ultimi tre anni, e il merito era di Susan. Nonostante le infinite difficoltà, se la Dolce gli era accanto, il Sovrano sembrava pieno di una forza immensa e invincibile.
Piano, riflettendo su ciò, Drinian si avvicinò al Re.
“Mio signore, perdonate un momento”
Caspian, che stava per apprestarsi a seguire gli altri di sotto, si fermò subito.
Drinian fece un profondo inchino. “Vogliate accettare le mie scuse, Maestà, per l’arroganza del mio dire di qualche giorno fa”
Caspian raddrizzò le spalle e sospirò appena. “Alzatevi, capitano, per favore” disse gentilmente. “Vi perdono, perché so che le vostre parole sono state pronunciate a motivo del profondo affetto che nutrite per me”
“Voi siete come un figlio per me” Drinian si raddrizzò e lo guardò negli occhi. “Proprio per questo ho voluto intromettermi, e a torto, nella vostra vita. Sappiate, Maestà, che io sarei onorato di avere quella fanciulla come mia Regina e Signora, se ciò fosse possibile”
“Mi state finalmente dando la vostra approvazione, Lord Drinian?” tentò di scherzare Caspian, facendo un sorriso, ma il capitano non lo ricambiò e continuo ad esibire sul volto abbronzato la sua solita espressione un po’ truce.
“Solo Aslan potrà far questo. Io posso solo tirarmi indietro e assecondare il volere di Vostra Maestà. Avrei dovuto farlo prima, lo riconosco.”
“Non angustiatevi. Probabilmente, io e la Regina Susan avremmo avuto ugualmente quello scontro, non è solo colpa vostra. Spesso, quando un sentimento è così forte, amore e odio si confondono. Ma sono determinato a passare sopra ogni cosa, perché l’amo”.
Caspian spostò lo sguardo da Drinian al mare e poi su, verso la Stella Azzurra.
“L’amo, capitano. Come nessuno potrà mai sapere”
Drinian non aggiunse altro, fece un ultimo inchino e si allontanò.
Quando rimase solo, Caspian tornò a guardare la Stella con un certo disagio.
Già…lui cercava di non pensarci, ma ci pensava continuamente. Anche la scorsa notte, mentre parlava con Susan e si addormentavano stretti l’uno all’altra, sotto le stelle, l’idea che la guida del cielo fosse là e li osservava gli dava un certo fastidio.
Gli sembrava quasi di essere spiato.
Inoltre, aveva cercato di scacciare un cattivo pensiero che si era fatto largo nella mente: che la Stella Azzurra li guardasse pure, che si rendesse conto con i suoi stessi occhi che non l’avrebbe mai scelta al posto di Susan. E se doveva davvero sposarsi senza possibilità di scelta, il loro sarebbe stato solo un matrimonio di facciata.
Se doveva fare il suo dovere per Narnia, d’accordo, l’avrebbe fatto, ma che nessuno si aspettasse nient’altro che una farsa. Il popolo avrebbe avuto la sua regina, ma lui la sua.
Caspian si sentiva male al solo pensiero di pensare queste cose. Susan aveva ragione: non doveva essere così maligno, ma era più forte di lui.
“Vieni via con me” aveva chiesto a Susan poche ore prima, e la sua risposta aveva dissipato in lui ogni paura per ciò che lo aspettava, lasciando spazio a una sconfinata serie di possibilità.
Chiuse gli occhi e rivisse per un istante quegli attimi…
 
Caspian aveva ricacciato indietro il groppo che sentiva in gola e ora la fissava dritto negli occhi.
Susan scosse piano il capo, ma non con l’intenzione di dire di no.
“Tu sei pazzo…”
Caspian si mise a sedere e la sovrastò, posando le mani ai lati di lei. “Sì…di te”
Susan sorrise e lo guardò dall’alto, avvolta dal suo calore e dal suo profumo.
“Quindi vorresti rapirmi, mio bel brigante?”
Toccò a Caspian ridere e lei si beò di quel sorriso, felice di essere riuscita a scacciare la tristezza dal suo cuore.
Il Re si chinò su di lei e la baciò teneramente. “Sì, voglio portarti via, dove nessuno può dirci cosa fare o come comportarci”
“Stai progettando il sequestro di una Regina di Narnia. Lo sai che potrebbero venire mobilitati tutti i cavalieri del regno, per salvarmi?”
“Combatterò per te, stanne certa” sussurrò lui, guardandola intensamente come solo lui sapeva fare. “Sto parlando sul serio, comunque”
“Sì, lo so” disse Susan, tornando seria.
“Non mi dispiacerebbe vivere così” disse lui. “Viaggiare ed esplorare luoghi lontani, mondi sconosciuti, al di là di Narnia”
La Regina non parlò, e restò in attesa.
“Sue, se io volessi…se volessi continuare a navigare, per cercare qualcos’altro…spingermi oltre la Fine del Mondo…” mormorò Caspian, un po’ impacciato.
“Verrei con te” rispose lei senza esitare.
Lui rimase stupito. “Non vuoi sapere dove?”
Susan scosse il capo. “No. Non mi interessa. Purché restiamo insieme”
Caspian le sorrise dolcemente, poi il suo sguardo cadde nel vuoto, lontano.
“Voglio provare a trovare mio padre…incontrarlo, almeno per un attimo. E voglio trovare un luogo dove noi due possiamo vivere insieme”.
Susan si mise a sedere, facendolo indietreggiare di poco, guardandolo attentamente.
“Io so perché mi stai chiedendo di partire. Perché il nostro matrimonio non vale nulla, anche se porto il tuo anello, senza la benedizione di Aslan”
“Vale tutto invece!” ribatté Caspian con decisione.
“Sì, amore mio, lo so. Anche per me è così, e lo sai” rispose lei di rimando, con enfasi. “Ma l’hai detto anche tu, ricordi? Niente si sottrae a Narnia…nemmeno i suoi Re. Sii obbiettivo, per una volta: lo sappiamo che, anche se tornassi davvero indietro con te, probabilmente tu dovrai sposare ugualmente la Stella Azzurra”
Le costò pronunciare quel nome, ma lo fece, respirando a fondo.
“Per le leggi della Grande Magia, ormai è come se fossi già sposato. Ma tu hai pensato che in una terra lontana, forse, tutto può essere diverso. E’ così, non è vero?”
Caspian abbassò lo sguardo, mortificato, mentre lei sorrideva amaramente.
La ragazza gli accarezzò una guancia e gli fece voltare ancora il viso verso di lei.
Lui la osservò, le labbra socchiuse come in procinto di aggiungere qualcosa, ma non gli venne in mente niente.
Susan aveva la capacità di leggergli dentro.
Era vero: voleva portarla lontano per stare con lei e fingere di poter avere una vita come la volevano, lontano dalla realtà, per vivere ancora quel sogno il più a lungo possibile, forse per sempre.
Sì, l’anello significava che erano fidanzati, ma agli occhi di chi? Ai loro soltanto. Nessuno era concorde alla loro unione, non c’era nessuna certezza. L’unica che avevano era il loro amore.
“Susan, io volevo…volevo darti tutto. Ma a conti fatti, io non ho certezze per te. Non ho nulla da offrirti eccetto un trono e un titolo, e parole. Solo parole. E tu non vuoi questo, lo so.”
“No, è vero” scosse il capo lei, appoggiando la fronte a quella di lui. “Io voglio solo te. Se ho il tuo amore, ho tutto”
Lui la prese tra le braccia e poi, Susan si mise dritta davanti a lui prendendogli il volto tra le mani, in modo che non potesse evitare di guardarla.
“Caspian, ascoltami: io ho fatto una promessa ad Aslan, è vero. Gli ho promesso che avrei fatto ammenda per la mia disubbidienza, che non sarei più venuta meno alle regole di Narnia. Ma ho fatto una promessa anche a te: ho giurato che non ti avrei lasciato mai più, e non lo farò”.
“Stai dicendo che verrai con me?”
“Sto dicendo che starò sempre al tuo fianco, sempre e ovunque, anche se non potrò essere tua moglie, anche se tu dovrai sposarti con un’altra…”
“Non succederà!” esclamò Caspian.
“Non scartare questa possibilità, perché non sappiamo come andrà a finire” disse lei inaspettatamente tranquilla, posandogli una mano sul petto. “Ma anche se sarà così, non ci possono impedire di stare insieme. Manterrò la promessa fatta ad Aslan, e manterrò quella fatta a te”.
Caspian la osservò con un misto di severità e timore. “Che cosa stai cercando di dirmi?”
Forse aveva capito, ma non poteva essere davvero che Susan pensasse di…
“Sto dicendo che forse non potrò impedirti di sposarti se è questo che Aslan vuole, ma nessuno, nessuno potrà impedirmi di restare a Narnia, e nessuno può impedire a te di avere…un’altra donna al tuo fianco che non sia la tua sposa”.
Caspian non poteva credere a quello che sentiva. Spalancò gli occhi scuri e si forzò per non mettersi a gridare.
“No!” sussurrò in un’esclamazione soffocata. “No, non puoi! Non te lo lascerò fare! Assolutamente no!”
Incredibilmente, Susan continuò a sorridere e gli fece una nuova carezza sul viso, come se si aspettasse la sua reazione ma decisa ad ignorare tranquillamente il suo dissenso.
“Quanti matrimoni combinati finiscono così, dopotutto?”
“Susan, ti rendi conto…”
Lei lo fissò dritto negli occhi. “Sì, mi rendo conto. E sono pronta a farlo se è l’unico modo per stare con te. Che sia a Narnia, o dovunque tu vorrai andare, se tu mi vuoi, io ci sarò. Non importa se dovrò coprirmi di vergogna e diventare…essere davvero solo la tua…”
“Susan, no…non dirlo, basta…”
“Sarò comunque la tua Regina” lo interruppe lei, prendendogli ancora il viso tra le mani. “La regina del tuo cuore”
Caspian le mise le mani sui fianchi e l’attirò a sé, guardandola indignato. “Non posso farti diventare quel tipo di persona”.
“Preferiresti vedermi andar via?” chiese lei aspramente. “Le soluzioni non sono molte”
Il Re appoggiò i pugni serrati sul terreno, sporgendosi verso di lei. “Hai un gran coraggio a dire che il pazzo sono io, lo sai?”
Lei lo ignorò. “Caspian, tu mi vuoi?” chiese con veemenza.
Gli occhi di lui erano tenebre infuocate. “Sì, e lo sai quanto. Ma non…”
Susan scosse il capo e gli pose una mano sulle labbra. “Non devi aggiungere altro. Era quello che volevo sentire”
Il Re fece un lungo sospiro. “Sai cosa comporterebbe questo?”
“Sì…” affermò lei con sicurezza, fissandolo intensamente.
“No, non lo sai”. Lui scosse il capo e fece un sorriso sarcastico, in quel modo che a volte la metteva un po’ in soggezione. “Saremo costretti a nasconderci, dovremo incontrarci in luoghi sconvenienti, e sarebbe solo per pochi attimi rubati, Susan. Credevo che tu non volessi vivere di attimi…né di menzogne. Non si può vivere così”
Lei abbassò gli occhi, le mani strette in grembo. “Ma è l’unica cosa che possiamo fare”
“Non saresti felice in questo modo, e neanch’io lo sarei” il volto di Caspian aveva un’espressione dolorosa.
“Invece sì!” ribatté la Regina, alzando ancora lo sguardo su di lui. “Io posso essere felice solo stando insieme a te. Non m’interessa della mia reputazione, non me ne importa nulla!”
“Non ti meriti questo! Tu sei una Regina! Non puoi pensare una cosa tanto orribile solo perché io…”
“Dimmi che mi ami” lo interruppe lei all’improvviso. “Dimmi che mi ami e il resto perderà ogni valore di fronte a questo”
“Dimmelo tu”
“Ti amo, Caspian”
“Anch’io. Per questo devi venire con me e sposarmi. E quando saremo a Cair Paravel, convalideremo le nozze. In un modo o nell’altro dovranno accettarlo tutti. Ma tu…” esclamò il giovane, prendendola tra le braccia con fermezza e risospingendola giù, stendendosi su di lei, “non parlare mai più di fare cose simili, o giuro che…”
Caspian era dolce ma rigido e Susan un po’ si spaventò. Si allungò verso di lui e lo baciò piano.
“Scusami…”
Lui sospirò sulle sue labbra e il suo sguardo si addolcì.
“Mi dispiace” disse ancora Susan, “Ma è questa la realtà, e mi sono resa conto che rifuggirla non serve a nulla”.
“Allora andiamole incontro e combattiamola” esclamò Caspian con decisione. “Ma senza idee folli, chiaro?”
Il tono di lui era tornato calmo e Susan annuì.
“Perdonami…”
Lo prese dolcemente per un braccio e l’attirò a sé, facendolo ridistendere completamente accanto a lei e voltandosi su un fianco per abbracciarlo.
Non avevano aggiunto altro, erano rimasti in silenzio fino a che il sonno non aveva preso il sopravvento…
 
Caspian riaprì gli occhi, fissando il mare sotto di lui. Si accorse di essere rimasto l’unico sul ponte, in mezzo ai marinai, mentre gli altri erano già spariti sottocoperta per rinfrescarsi dopo la notte passata sulla spiaggia.
In fretta, raggiunse il boccaporto, e dopo essersi cambiato d’abito raggiunse la cabina reale.
C’era una nuova, strana sensazione dentro di lui, come se davvero stesse attendendo il giorno delle nozze e sapesse di dover compiere quell’importante passo di lì a pochi giorni.
Bussò una volta ma ad aprire non fu Susan.
“Ciao, Lu”
“Ciao” lo salutò lei.
“Susan è in camera?”
“Ehm…sì, sta facendo il bagno” arrossì un poco la ragazzina. “Puoi...puoi aspettarla in camera, se vuoi”
Lui le sorrise e le diede un buffetto sul viso. “Grazie”
Lucy lasciò in fretta la stanza e chiuse la porta.
Caspian sorrise tra sé. Sapeva che Susan non si sarebbe certo offesa se fosse entrato senza il suo consenso, già altre volte l’aveva fatto, così attraversò la stanza da letto e si avviò verso quella più piccola adiacente: la stanza da bagno.
Spinse piano la porta e rimase senza fiato.
L’aveva già vista così, ma in quel momento era...
Non seppe spiegarlo. Sapeva solo che era ciò che di più bello avesse mai visto al mondo.
La schiena nuda e liscia, bianca come raggi di luna, i capelli raccolti alti sul capo, il collo esile leggermente inclinato verso destra, sfiorato da un paio di ciuffetti ribelli sfuggiti ai fermagli. Il suo profilo s’intravedeva appena, mentre le braccia passavano delicatamente il sapone sulla sua pelle, mentre un dolce aroma di fiori si propagava per la stanza e il rumore dell’acqua era un lieve scrosciare rilassante.
Meravigliosa. Straordinariamente perfetta.
Si avvicinò piano, con passo leggero, quasi con il timore di poterla disturbare. Ma voleva disturbarla. Voleva sfiorare la sua pelle.
Nello stesso istante in cui lui s’inginocchiò alle sue spalle, accanto alla vasca finemente ricamata, Susan si voltò, percependo finalmente un’altra presenza nella stanza.
“Caspian…” esalò, stupita.
“Dio, quanto sei bella” sussurrò lui, prendendole le mani e facendole voltare il viso verso di sé, baciandola con dolcezza.
“Ho incontrato Lucy, qua fuori” le disse piano, tra un bacio e l’altro. “Mi ha detto che potevo aspettarti in camera. Avrei voluto ma…”
“Bugiardo” sorrise lei sulla sua bocca. “Non ne hai mai avuto l’intenzione. Ti conosco”
Susan appoggiò la testa alla sua spalla, chiudendo gli occhi, mentre lui le baciava la tempia.
“Vuoi fare il bagno con me?” gli chiese, baciandogli piano il collo.
Lui la guardò e sorrise “Ho già fatto il bagno, veramente”
“Oh” fece lei un po’ delusa. “Allora come non detto.”
Si allontanò da lui e faticò per trattenersi dal sorridere, cercando di mostrarsi indifferente, ascoltando i rumori dietro di lei e cercando di capire cosa lui stesse facendo.
“Se non rimani, per favore esci e chiudi la po….”
Uno fiotto d’acqua la bagnò completamente. Susan boccheggiò ed emise un grido, mentre Caspian si tuffava nella vasca.
“Caspian, insomma! Guarda che hai combinato!” rise Susan insieme a lui, osservando il disastro di schiuma e acqua che inondavano il pavimento tutt’intorno.
“Fammi spazio” disse il Re, cercando di sedersi più comodo, prendendo la brocca d’acqua calda e aggiungendone di nuova.
“E’ stata una pessima idea. Non ci stiamo. Ahia!”
“Si che ci stiamo”
“Hai le gambe troppo lunghe”
“Sei tu che sei piccola di statura”
“Non sono tanto piccola!”
Susan si mostrò offesa, appoggiandosi al bordo e poi scivolando pian piano sott’acqua quasi completamente, guardandolo truce.
Caspian allargò le braccia e le appoggiò sui bordi della vasca, finalmente comodo. “E’ vero che non sei tanto alta” disse, e rise ancora quando lei risalì in superficie e lo schizzò in viso.
“Basta! Basta!” esclamava Susan, mentre lui la spruzzava a sua volta, e le faceva il solletico, e dopo un attimo la stringeva a sé e la baciava ancora.
Quanta felicità in quell’attimo di infantile allegria che riempiva il loro cuore! In quei momenti che erano solo loro, tutto il mondo con i suoi dubbi, le paure e l’incertezza dell’avvenire, scompariva completamente.
Susan appoggiò la schiena al petto di Caspian, voltò la testa e poggiò il viso tra il suo collo e la sua spalla, le gambe intrecciate a quelle di lui.
“Ho parlato con Drinian, prima” disse il Re qualche minuto dopo, passando la spugna sulle spalle di lei. “E’ venuto a dirmi che gli dispiace”
Susan alzò appena il capo. “E’ venuto anche da me”
Caspian si fermò, sbalordito. “Sul serio?”
Lei annuì. “Sì. E anche a me ha porto le sue scuse. Comunque, non nutro rancore per Lord Drinian. Ti vuole molto bene. Sei come un figlio per lui”
“Lo so. Anch’io gli voglio molto bene. Ha perso suo figlio tanti anni fa…”
Susan si raddrizzò e si voltò molto colpita. “Sul serio? Mio Dio, è terribile! Non lo sapevo…”
“L’amore per un figlio è ciò che di più grande c’è al mondo. Una volta l’ho sentito pronunciare questa frase. Sono lusingato che un uomo come lui provi tanto affetto per me. E anch’io…” Caspian la guardò e le passò una mano sul viso. “Anch’io proverò lo stesso amore per i nostri figli, Susan”
Lei lo guardò con amore, Caspian la baciò sulla fronte e la circondò con le braccia. Senza quasi accorgersene, le loro mani strette l’una nell’altra si ritrovarono sul ventre di lei, e una strana,  piacevole sensazione s’impadronì di loro.
Nessuno dei due espresse ad alta voce ciò che pensava, ma era come se si aspettassero qualcosa. Qualcosa che forse non avrebbero mai potuto avere, o forse che avevano già…
 
Un vento forte e costante spinse il Veliero dell’Alba in alto mare.
Il giorno seguente, Eustace e Ripicì portarono la notizia di una terra bassa e scura a est (dopo uno di quelli che il topo chiamava ‘giri di ricognizione’), il che significava che erano vicini ad una nuova isola e che la Stella Azzurra stava indicando loro la giusta via. Grazie a questa rassicurazione, chi aveva avuto dei dubbi in proposito cominciò a ricredersi.
Lucy infilò la testa nella cabina reale e vi trovò Susan, intenta a sistemare la sua biancheria.
“Sue, ti disturbo?”
“No, affatto. Vieni dentro” la Dolce si alzò e richiuse il grande baule donatole dalla moglie di Lord Bern, dove teneva tutti gli abiti che la brava donna le aveva regalato. Anche Lucy ne aveva uno uguale.
“Cosa c’è?”
“Senti, devo assolutamente dirti una cosa, non ce la faccio più”
La Valorosa fece un gran sospiro e cominciò a raccontarle cos’era successo la scorsa notte con Emeth, il discorso lasciato a metà la sera che Peter li aveva interrotti e poi ripreso, il bacio mancato e le tristi parole sulla possibile separazione.
“Io do sempre per scontate un sacco di cose, Sue, ma non lo sono affatto” Lucy si mordicchiò il labbro inferiore. “Se dovessi lasciare Narnia sarei immensamente triste, ma lo sarei anche se non tornassi mai più a casa. Mi sento così confusa…”
Susan non rispose subito. “Lucy, io non so come consigliarti su questo, ma se ti fa stare tanto male, dovresti chiarirti con Emeth il più presto possibile”
“Ma io…mi vergogno. Non sono nemmeno riuscita a guardarlo in faccia per tutto ieri, e nemmeno stamattina” confessò la Valorosa, arrossendo un poco. “Non volevo essere sgarbata l'altra sera, ma ci sono rimasta male. Io credevo…io penso di essere importante per lui, già altre volte me lo ha detto, ma…”
“Se sei stata sgarbata, allora devi chiedergli scusa, per cominciare” disse la Dolce. “Perché non vai a parlarci? A pensarci bene, saresti dovuta andare da lui, non venire da me”
“Non so cosa dirgli!” esclamò Lucy con i grandi occhi azzurri imploranti. “Tu come…come hai fatto a dire a Caspian che…insomma, che eri innamorata di lui?”
Susan sorrise. “Tutto verrà da sé, Lu. Anche per me è stato così. E’ stato tutto improvviso. Queste non sono cose che si programmano”
“E se scoprirò che è arrabbiato con me?”
“No, sono certa che non lo è. Non davvero” la rassicurò la sorella.
Lucy indugiò un momento. “Sue…un giorno potremo vivere a Narnia tutti insieme, secondo te?”
Susan la fissò stupita. “Sarebbe davvero bello” confessò con una nota malinconica nella voce. “Ora vai da Emeth, scommetto che non aspetta altro che vederti”
“Io spero che succeda” disse ancora Lucy. “Io credo che succederà. Non smetterò mai di crederci finché non diventerà realtà.”
Susan guardò la determinazione, la convinzione negli occhi della sua dolce sorellina e l’udì nella sua voce, limpida, ferma.
“Vai a parlare con Emeth, Lu. Non perdere tempo.”  disse ancora, con un’intensità che lasciò sorpresa la ragazzina.
Ma Susan pensava che Lucy doveva assolutamente avere quegli attimi di felicità che a lei erano stati negati per troppo tempo. Lucy non doveva sprecarne nemmeno uno fintantoché le era possibile viverli.
“Grazie, Susan”
“A cosa servono le sorelle maggiori, se no?” la Dolce le fece l’occhiolino e Lucy rise.
In quel momento, entrambe pensarono che erano tornate ad avere quel rapporto di quand’erano piccole.
Rammentarono un episodio avvenuto durante il primo viaggio a Narnia, quando Susan aveva chiesto scusa a Lucy in un’occasione, per essere divenuta una persona diversa dalla sorella che lei conosceva.
“Perdonami se sono così…Perché ci divertivamo noi due, vero?”le aveva chiesto quel giorno lontano.
“Sì, prima che diventassi noiosa!”aveva ribattuto la piccola Lucy ridendo.
“Lu!” la chiamò Susan, mentre si allontanava.
Lucy si voltò.
“Stai diventando grande…”
La Valorosa le sorrise e poi corse via.
Allora, Susan tornò a chinarsi sul suo baule e lo riaprì, estraendone un abito completamente bianco, di seta finemente ricamata sul corpetto, con due spalline sottili e una scollatura sulla schiena. Semplice ed essenziale, ma perfetto per ciò che si apprestava a fare.
Aveva chiesto a Caspian qualcosa di più quando lui le aveva domandato di sposarla, ma ora non sapeva che farsene di una festa sfarzosa e di un abito principesco. Non che non ci pensasse. Ovviamente ci pensava. Avrebbe di gran lunga preferito una cerimonia al castello, come aveva sempre sognato anche all’Epoca d’Oro, quando immaginava di veder arrivare un principe su un cavalo bianco per chiedere la sua mano.
Uscì dalla sua stanza e passeggiò per il ponte, mentre ripensava a queste cose...
Dopotutto, il suo principe una volta era davvero arrivato a salvarla in groppa al suo cavallo…non bianco, era vero, ma pur sempre in tutta la sua bellezza e regalità, con un sorriso che le colmava il cuore di emozione.
Aveva udito molte fanciulle dire che avrebbero desiderato decine di spasimanti…no, lei voleva solo lui.
Com’era cambiata da quel giorno in cui Lucy le aveva detto che era noiosa!
Lucy…chissà come se la stava cavando…
Salì sul ponticello della coda del drago, si guardò attorno ma non vide la sorellina da nessuna parte. Erano circa le due del pomeriggio e a quell’ora, e con quel caldo che li accompagnava dall’Isola del Drago, la maggior parte dei marinai se ne stava di solito a riposare giù nel fresco stanzone dell’equipaggio. La nave sembrava quasi deserta.
Susan aspettava Caspian. Si erano dati appuntamento lì e, poco dopo, udì i passi di lui dietro di lei.
Caspian la osservò voltarsi, i capelli mossi dalla leggera brezza del mare, gli occhi lucenti, emozionati.
Lui le sorrise, lei ricambiò.
Le si avvicinò senza dire una parola. Susan era affacciata sull’Oceano e Caspian la circondò con le braccia da dietro, posandole un breve bacio sul collo.
“L’ultima volta che siamo saliti quassù insieme, ero ancora arrabbiata con te” disse lei, togliendo le mani dalla ringhiera e posandole sulle braccia di lui.
“Sono stato meschino, stupido e codardo. Avevi tutte le ragioni di esserlo”
“Scusami…” mormorò la ragazza. “Da un lato, Drinian ha ragione: da quando sono entrata nella tua vita, non ho fatto altro che darti guai”
“Sciocchezze. La mia vita era vuota quando tu non c’eri”
La sentì sorridere e la cullò tra le braccia, affondando il viso nella sua spalla.
“Non fuggire più da me, Susan. Anch’io non vivo senza di te”
La Dolce si voltò tra le braccia del Liberatore “Perdonami…”
“Basta.” Le disse lui, posandole un dito sulle labbra e poi sulla punta del naso. “Non serve più chiedere scusa, ormai è tutto a posto”
Ma Susan spostò lo sguardo alla spalle del Re e la sua espressione divenne cupa.
“No, non è tutto a posto”.
Caspian si separò da lei e si voltò nella sua stessa direzione, subito capendo a cosa si riferiva.
La Stella Azzurra era sempre là, come un fantasma che aleggiava costante su di loro.
Anche lui s’irrigidì e provò un senso di fastidio. Distolse poi la sua attenzione dall’astro e posò gli occhi scuri su Susan. “Ricordi cosa abbiamo deciso di fare?”
La Dolce lo guardò. “Veramente l’hai deciso tu”
“Sì, perché sono io che ti devo rapire” scherzò lui, ma non del tutto.
Caspian alzò una mano e indicò la striscia di terra blu scura che diveniva ogni ora più grande man mano che le si avvicinavano.
“La nuova terra è più vicina di quanto credevamo, con il vento in poppa la raggiungeremo prima di sera” disse, poi si volse di nuovo a lei, serio.
“Caspian, ho paura!” esclamò la fanciulla d’un tratto. “Sono tutti contro di noi. Non ce la faremo mai!”
Caspian la sollevò all’improvviso come fosse una bambina e la tenne tra le braccia, alzando il viso per guardarla perché quello di Susan ora era molto più in alto del suo, i capelli di lei che ricadevano sulle spalle di lui.
La ragazza lo guardò stupita.
“Ascoltami bene, signorina” le disse, un po’ scherzando e un po’ no. “Che ti piaccia o no, io stasera voglio ufficializzare il nostro fidanzamento, così che non ci siano più dubbi per nessuno”
Susan sorrise e si chinò per baciargli la fronte, poi Caspian la rimise a terra e lei lo abbracciò dolcemente, circondandogli il collo con le braccia.
Il Re sedette sulla panca nella coda del drago d’oro, sempre tenendola in braccio e accarezzandole i capelli.
Lei si accomodò sulle sue gambe e chiuse gli occhi. D’un tratto smise di sorridere.
“Caspian…scu…”
“Se dici ancora una volta che ti dispiace, annullo per davvero il fidanzamento, altro che litigare!” esclamò lui, scherzoso ma fermo.
La ragazza rise sommessamente. “D’accordo, come non detto”
“Non me ne importa nulla, di niente e di nessuno” riprese lui, osservando il mare senza vederlo davvero, la guancia appoggiata alla fronte di Susan. “Non m’importa nemmeno quello che faranno, di ciò che diranno, o se rimarranno in silenzio o protesteranno. E meno di tutti m’importa di quella stella lassù, è chiaro? Niente può più impedirmi di fare di te la mia Regina, e stavolta sul serio. Voglio sposarti, Susan. Ho atteso questo momento con una pazienza infinita, ma adesso basta. Non ne posso più” sospirò chiudendo gli occhi e stringendola forte a sé.
Rimasero avvolti nel calore l’uno dell’altra, mentre un piacevole venticello soffiava attorno a loro.
Lei riaprì gli occhi e si separò piano da lui, posandogli una mano sul petto. “Lo sai che non sarà così semplice”
“Invece sì” protestò lui con fermezza. “Chiederò la tua mano davanti a tutti, Peter acconsentirà e Drinian ci sposerà quanto prima. Può farlo, è il capitano di una nave”
“Oh, certo, come no…Proprio Drinian…” sbuffò lei. “Guarda che anche se è venuto a scusarsi, non ha cambiato la sua opinione in merito”
“Non potrà tirarsi indietro se sarà un ordine del Re.”
Susan lo guardò severa. “Caspian, non puoi comportarti così”
“Perché no?!” chiese lui esasperato. “Perché non posso avere quello che voglio?!”
“Perché non è così che va” spiegò lei tranquilla, cercando di calmarlo. “Non si può pensare una cosa il minuto prima e farla il minuto dopo. Non sempre, almeno.”
La ragazza abbassò lo sguardo, lo stesso fece lui.
Caspian capì ciò a cui Susan si riferiva e un attimo dopo le parole di lei glielo confermarono.
“Ho desiderato tornare qui con tutta me stessa dopo aver riattraversato il guardaroba. E ancor di più in seguito. Ma non ho potuto”
Il Re fece per dire qualcosa, il suo viso si adombrò, ma lei lo precedette.
“Ciò non vuol dire…” lo interruppe, posandogli un dito sulle labbra e tornando a guardarlo negli occhi. “Ciò non vuol dire che bisogna smettere di tentare, o abbandonare le speranze.”
Il giovane le scoccò un’occhiata leggermente torva. “Questo significa che mi sposerai?”
“Certo, ma…non stasera…Caspian, guardami, per favore” aggiunse in fretta la Regina Dolce, vedendo che lui aveva serrato le labbra, arrabbiato, e aveva di nuovo posato lo sguardo lontano.
Gli prese delicatamente il volto tra le mani e lo costrinse a rivoltarsi verso di lei.
“Non sto dicendo che non voglio, sto dicendo che non possiamo. Non ce lo consentiranno mai”
“Allora vieni via con me! Fallo sul serio!” esclamò Caspian, fissandola intensamente. “E sposami stasera”
Susan tremò di emozione. “C-cosa?”
Lui la fece alzare e le prese le mani nelle sue. “Andiamo via! Allontaniamoci da tutti. Solo io e te”
Lei scosse piano il capo, incredula ma con il cuore che le batteva all’impazzata per la voglia di fare davvero quella pazzia.
Lui glielo aveva già chiesto, ma lei non aveva risposto, non con un sì esplicito.
“Come?” chiese dopo un attimo, gli occhi colmi d’aspettativa.
Caspian sorrise. “Scendiamo dalla nave e sposiamoci sull’isola. E’ una terra vuota, una terra di nessuno. Non ci sono regole laggiù, nessuno che ci conosce, nessuno che ci dirà sì o no. Io non sarò un re e tu non sari una regina. Saremo solo noi stessi. Solo Caspian e Susan. Nessun titolo, nessun obbligo, solo il nostro amore. E il matrimonio sarà valido comunque perché queste terre ancora non appartengono a nessuno e non hanno regole. Sono libere. E domattina, quando ritorneremo sulla nave, ormai sarà fatta e nessuno potrà dire nulla. E saremo marito e moglie.”
Lei lo guardò frastornata, con una tale emozione nel cuore che quello sembrò esplodere.
“Possiamo farlo davvero?”
“Sì, assolutamente!” esclamò il giovane, sempre più determinato. “E lo faremo. Non ho mai scherzato su questo, e lo sai”
Lei annuì e si aggrappò a lui con tutte le sue forze, e il giovane l’abbracciò e la tenne stretta.
C’erano stati momenti in cui Caspian aveva esitato e tutto ciò che aveva ottenuto era stato vedersi portare via ciò che di più caro aveva al mondo: sua madre, suo padre, Susan…
Tutte le volte che avrebbe voluto fare qualcosa per le persone che amava, la paura lo aveva sempre frenato. Ma non stavolta.
Non era più un ragazzino spaventato, era un uomo, era un Re.
Adesso era pronto. E quella sera, l’avvertimento o la profezia che riguardava il suo futuro non sarebbe valsa più nulla, perché non avrebbe tentato di fare l’impossibile, l’avrebbe fatto e reso possibile.
“Ti ho fatto una promessa, Susan, e la manterrò. Costi quel che costi”
“Oh, Caspian…E’ una follia…”
“Lo so” rise lui. “Ma t’importa qualcosa?”
Lei scosse forte il capo.
Sì, potevano. Volevano e l’avrebbero fatto.
Ci sarebbero state delle conseguenze prima o dopo. Un giorno avrebbero dovuto affrontarle e pagare un prezzo per aver osato interferire con quello che era il volere di qualcuno più grande di loro.
Ma Susan e Caspian non volevano più ascoltare nessuno.
Il cuore di lei gridava il nome di Caspian e voleva solo lui.
Il cuore di lui impazziva se non poteva amarla, perché Susan era nata per essere sua.
E stavolta lo avrebbero ascoltato. Il cuore non si può ignorare. Non è possibile. Ci avevano già provato e si erano fatti del male. Ma ora basta.
“Vieni con me, Susan”
Lei si separò da lui e lo baciò, accarezzandogli il volto. “Ovunque…”







Cari lettori, siamo giunti al momento tanto atteso: il matrimonio!!!!!!!
Eh, sì, ormai non c’è trippa per gatti (il mio gatto mi sta guardando male…no, la trippa per te ce l’ho caro…). Ma ce la faranno a sorsarsi? O capiterà qualcos’altro?
Come al solito, vi lascio con il dubbio e non anticipo nulla, se non che nel prossimo capitolo ci sarà un nuovo video Suspian!!!
Vi ho regalato moltissimi momenti Suspianissimi!!! XD Contenti??? Sì, ormai vi conosco cari miei!!!!! <3
Ho trascurato un po’ gli altri, mi dispiace tanto, ma non mi sono potuta trattenere!!!
Recensiteeeeee!!!!!!!! Che le recensioni sono il pane per me!!!
Se ci sono degli errori perdonatemi, li correggerò quanto prima! ^^
Ho accantonato anche i cattivi, Shanna e Shira, anche se avrei voluto far vedere cosa sta facendo ognuno di loro, ma credo che dovrete aspettare per saperlo.
Ma…ma…MA!!!!! 400 recensioni e le abbiamo pure superate!!!!!!!! Mammina santissima, io non so….bho…mmm…..
 
Passiamo ai ringraziamenti veri, và…

Per le preferite:
ActuallyNPH, Alice_wonderland94, Anreamatilde2000, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton, elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon, Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, susan the queen, TheWomanInRed, e Tsuki_Cahn94.
 
Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V, Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, Lucinda Grey, postnubilaphoebus e susan the queen
 
Per le seguite:
Allegory86, Anreamatilde2000, ArianneT, Arya512, Ballerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, lullabi2000, Mari_BubblyGirls, Miss H_ , piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, Riveer, SerenaVdW, Smurff_LT, susan the queen, SweetSmile, Yukiiiiii e _Drak_Side
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angie_V , Anreamatilde2000, arianna17, Babylady , catherineheatcliff,  Cecimolli, Charlotte Atherton,  EstherS,  FioreDiMeruna, Fly_My world,  FrancyNike93, GossipGirl88, Martinny, piumetta, SerenaVdW e TheWomanInRed
 
 

Angolino delle Anticipazioni:
Posso solo dirvi: Suspian a go go!!!!!!!!
Niente cattivi.
Amore amore e solo amore!!!


Come sempre, per concludere, io vi mando baci e abbracci, e grazie mille milioni di volte che continuae a seguire la mia Queen costantemente, e non vi stancate mai!!!
Alla prossima settimana!!!
Vostra Susan<3

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Capitolo 37
*** Capitolo 37: Verso il futuro ***


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37. Verso il futuro

 

E finalmente vedo la luce
Ed è come se la nebbia si fosse diradata
E finalmente vedo la luce
Ed è come se il cielo fosse nuovo
Ed è caldo, reale e luminoso
Tutto il mondo improvvisamente è cambiato
Tutto in una volta, ogni cosa sembra diversa
Ora che vedo te



 
L’ansia saliva alle stelle man mano che le ore passavano.
La gioia mista al terrore provocava in loro ondate di adrenalina irrefrenabile.
Era il momento di tornare al giorno in cui si erano lasciati, riprendendo in mano le loro vite da quel punto. Una vita che avevano a malapena assaporato, un mondo che tutti e due avevano perso e volevano ritrovare.
Quasi non si parlarono per il resto del pomeriggio, tanto che Peter credette avessero litigato di nuovo forse a causa della discussione sull’Isola del Drago. Ma Susan lo rassicurò: non era niente di tutto questo.
“E’ solo che Caspian è molto impegnato e non lo voglio disturbare” mentì lei, ma in fin dei conti non era proprio una bugia, lui era davvero molto impegnato.
Sulla nave c’era sempre tanto da fare, da discutere, e tutti volevano sempre il parere del Re, come giusto che fosse. Anche se c’erano Peter e Edmund, l’ultima parola spettava a Caspian.
Il Liberatore fece di tutto per non litigare con il Re Supremo quel giorno, sperando così che potesse starsene tranquillo e non sospettare assolutamente nulla di ciò che stava per succedere.
La cosa migliore era far finta di nulla e comportarsi nel modo più naturale possibile. C’erano riusciti a metà, perché qualche sguardo sospettoso a qualcuno l’avevano strappato …
Contavano i minuti, Caspian e Susan, ancora senza sapere bene come avrebbero fatto, dove sarebbero andati, se sull’isola ci fossero stati pericoli o no.
La terraferma era ormai a un passo da loro e Drinian venne ad avvisare che, se Sua Maestà lo desiderava, si poteva organizzare una breve spedizione prima di cena. Caspian disse di gettare l’ancora, ma di attendere il giorno per iniziare qualsiasi tipo di esplorazione.
“Potremmo mandare Eustace e Ripicì, per primi” propose Peter, e inaspettatamente Caspian fu  pienamente d’accordo con lui.
Allora, fintantoché il sole non era ancora tramontato del tutto, il drago e il topo partirono per un sopralluogo dall’alto, riferendo poi che non sembrava esserci traccia di vita umana né di pericolo.
L’isola si rivelò un’isoletta, a dire il vero, percorribile in poche ore, e somigliava molto a Felimath, la più piccola delle Isole Solitarie. Era costituita da un’unica foresta, selvaggia, splendida, abitata solo da animali, o almeno così era parso ai due.
“Prudenza, Rip” disse Peter, come sempre molto scettico e attento a tutto.
“La superficie è piuttosto ridotta, Sire, credo proprio che non troveremo nulla qui”
La sera arrivò presto e il gran caldo del pomeriggio si attenuò, lasciando posto a una brezza leggera e piacevole che iniziò a soffiare da ovest.
Il Veliero dell’Alba era deserto, eccezion fatta per chi avrebbe fatto il turno di notte. In tutto quattro marinai, uno su ogni lato della nave: a nord, a sud, a est e a ovest.
“Scendi a mezzanotte” sussurrò Caspian all’orecchio di Susan, prima che lei sparisse sottocoperta dietro a Miriel. “Chiama Blu e raggiungi l’isola con lui. C’incontriamo al limitare del bosco”
“Sì…” mormorò lei, sentendo il cuore iniziare a batterle all’impazzata. “Non vedo l’ora!”
Lui le sorrise e lei si sentì sciogliere. “Anch’io non vedo l’ora”
“Dio mio, sta succedendo davvero…”pensò Susan, con un senso di eccitazione mista a paura. Ma non era affatto una brutta sensazione.
Stava per sposarsi. Con Caspian. Con il suo principe. Il suo Re.
“Ti prego tempo, passa in fretta…”si ritrovò ancora a pensare.
Per la prima volta, voleva che accelerasse, che la portasse immediatamente a quel momento tanto atteso.
Non sarebbe stata una cerimonia altamente riconosciuta, niente funzione completa, ma si sarebbe scambiata le promesse con lui davanti ad Aslan, invocando la sua benedizione. E in quanto Re, Caspian aveva il potere di rendere ufficiale la cosa solo con la sua presenza.
Dopo cena, l’agitazione e l’attesa divennero insoportabili.
Caspian non riusciva a star fermo un secondo, e mentre era in cabina di comando con Drinian, Peter e Edmund, continuava a distrarsi e gettare occhiate all’orologio sulla parete. Lo stesso faceva Susan, mentre rammendava le camice dei marinai assieme a Miriel, Lucy e Gael.
Le onde della baia s’infrangevano dolcemente sulla chiglia del Veliero dell’Alba, immobile nella sera tranquilla. I suoi passeggeri si ritirarono tutti introno alle undici.
Susan si alzò in punta di piedi dal letto, per non svegliare Miriel. La Driade si mosse appena ma continuò a dormire.
Si tolse la camicia da notte e s’infilò l’abito da sposa con mani tremanti. Non si era sciolta i capelli per andare a dormire, li aveva lasciati raccolti nel solito leggero nodo dietro la nuca legato dal fiore blu. Quello non doveva mancare mai. Se li sistemò appena, passandovi in fretta il pettine e restando per qualche attimo in piedi davanti allo specchio, mentre attendeva che le gambe smettessero di tremare. Infine, indossò un ampio mantello nero e vi si avvolse, scivolando piano fuori dalla camera.
Attraversò quasi volando i corridoi che la separavano dal boccaporto. Stette ben attenta che nessuno la vedesse, o i marinai avrebbero potuto chieder dove andava e insistere per accompagnarla.
Piano piano, slegò la scaletta di corda e scese giù, fin quasi a toccare l’acqua con i piedi.
“Blu…” sussurrò appena, e subito il grosso muso della balena azzurra emerse in superficie.
Susan si lasciò cadere gentilmente su di lui. Raggiunse in pochi secondi la riva e scese a terra, voltandosi subito a guardare il Veliero dell’Alba, contando i secondi che la separavano dal momento in cui Caspian sarebbe arrivato.
Si addentrò appena un poco nella vegetazione, rimanendo nascosta tra i primi alberi sottili.
I grilli cantavano, il fruscio delle foglie era lieve alla brezza. Voleva trovare dei fiori, così si allontanò un poco, incontrando presto un sentiero che saliva dolcemente verso nord. La foresta era fitta di cespugli, e gli alberi assumevano ricche sfumature di verde nell’alternanza di luce e ombra che filtrava tra le fronde. Nel cielo era apparsa una falce di luna.
Quando arrivò in cima alla collinetta, rimase senza fiato nell’ammirare il prato immenso nel quale crescevano le più belle rose che avesse mai visto. Rose blu.
Sembrava quasi che fossero lì appositamente per lei, perché le rose blu erano il simbolo dell’amore a Narnia.
Qua e là crescevano anche altri fiori bianchi, simili a quelli che lei aveva usato per fabbricare la ghirlanda di fiori che aveva regalato a Caspian, dalla quale lui aveva estratto quello che lei portava tutt’oggi tra i capelli.
“Queste non sono rose”aveva detto Susan quella volta.
“Ma sono blu”aveva ribattuto lui.
Già…lei non portava una rosa blu tra i capelli, ma poco importava, perché quello era il simbolo del sentimento che Caspian provava per lei. Un fiore che avrebbe dovuto appassire in pochi giorni, ma che lui aveva invece fatto in modo che durasse per sempre, come il loro amore.
Stavolta, però, sarebbero state davvero rose.
Vincendo l’emozione, si chinò e ne raccolse un bel po’, stando attenta a non pungersi, legandone insieme i gambi con steli d’erba e foglie in modo da formare un bel mazzo.
A un tratto sorrise tra sé, pensando che, dopotutto, una sposa non è una sposa senza un boquet...
 
Negli alloggi dell’equipaggio regnava il silenzio assoluto, solo Caspian rimaneva sveglio, aspettando che tutti si addormentassero.
Mezzanotte era passata.
Si alzò con cautela dalla sua branda e s’infilò il mantello, Rhasador al fianco, per ogni evenienza. Fece pochi passi quando una voce sussurrò alla sua sinistra.
“Dove vai?”
Caspian si bloccò all’istante e si voltò piano. A parlare era stato Edmund.
“Devo prendere un po’ d’aria, fa davvero caldo” rispose il più naturalmente possibile.
“Vai da Susan?” chiese ancora Ed, guardando attentamente l’amico. “Oh, non che abbia qualcosa in contrario, lo sai. Non sono Peter, io”
Caspian abbozzò un sorriso. “In effetti sì. Sto andando da lei”
Edmund annuì. “Però toglimi una curiosità: dove vai così ben vestito?” chiese ancora, notando che l’amico indossava stivali, pantaloni e camicia blu scuri, con fini ricami argentati. Un abbigliamento piuttosto inconsueto, molto più simile agli abiti che si portavano a corte che a quelli più comodi e informali che tutti loro avevano indossato per tutto il viaggio.
Caspian fissò Edmund per qualche secondo, esitante, riflettendo se fosse il caso di dire almeno in parte la verità.
“Senti, se rientriamo tardi…molto tardi, è un problema?”
“No, figurati.” rispose il Re Giusto, poi sorrise. “Non è che hai intenzione di scappare con mia sorella?”
Chiaramente scherzava, ma Caspian non poté fare a meno d’irrigidirsi un poco e farsi serio in volto.
Edmund lo guardò aggrottando le sopracciglia. “Guarda che io scherzavo”
“Ah…sì, certo, lo so. Ora devo andare, scusa. Buonanotte”. Caspian fece per voltarsi e uscire, ma di nuovo l’altro lo fermò.
“Dovresti farlo, sai? Intendo sposare Susan, portarla con te”
I due amici si fissarono.
“Allora? La sposi o no?”
Caspian fece un passò verso Edmund, mentre un’idea, forse assurda, gli passò per la mente.
“Ed…mi faresti un favore? Un enorme favore…”
 
Dal bosco si levavano i canti degli uccelli notturni e i richiami di piccoli animaletti.
Mentre ripercorreva la strada all’inverso, scendendo di nuovo verso la spiaggia, Susan sorrise: le sembrava di essere in una delle foreste di Narnia.
Arrivò al limite della boscaglia e vide una figura alta tra le ombre.
S’incontrarono a metà strada. Lei, radiosa, gli andò incontro con una piccola corsa che fece ondeggiare attorno al suo viso i lunghi capelli, il mantello aperto sul davanti, così che Caspian poté vedere lo splendido abito bianco nel quale era fasciata.
Il giovane rimase così estasiato dalla sua bellezza e dalla sua grazia che per un attimo i suoi pensieri si confusero, e gli occhi di lei brillarono in modo tale da offuscare ogni altra cosa introno a lui.
La distanza tra loro sembrò infinita, poi finalmente furono uno di fronte all’altro.
“Ciao” esalò la fanciulla, quasi senza fiato, e il sangue le salì alle guance osservando l’alta e virile figura del Re alla luce della falce di luna che brillava nel cielo, i capelli lucenti leggermente mossi dalla brezza notturna.
“Ciao” fece lui rispondendo al suo sorriso. “Sei un sogno…”
Susan gli sorrise a sua volta, raggiante, e subito le loro mani s’incontrarono per stringersi.
Lui notò con un certo stupore i fiori che stringeva nell’altra.
“E questi?”
“Vieni, ti mostro dove li ho presi”
Susan lo tirò verso di sé per indurlo a seguirla, ma Caspian non si mosse e tornò serio d’improvviso.
“Sue, ascolta…”
“Cosa c’è?” chiese subito lei, allarmata.
Poi, dall’immobile oscurità, un’altra figura apparve. Anch’egli indossava un mantello per nascondersi nelle ombre.
“Edmund!” esclamò Susan stupita. Le mancarono le parole per qualche secondo, tempo in cui fece vagare lo sguardo tra il fratello e il Re. “Che succede?”
“Succede che posso sposarvi io, Sue. Perché anch’io sono Re di Narnia, e dispongo dei mezzi e dei diritti per farlo. E poi, vi serve almeno un testimone”
“Gliel’ho chiesto io” disse Caspian a Susan, ancora un po’ stordita.
Edmund annuì. “Il Re di Narnia ha il potere conferitogli da Aslan di unire due persone in matrimonio. E comunque, su quest’isola non ci sono leggi, non è di nessuno. Volendo, non avreste bisogno nemmeno di me, però credo sia meglio che lo faccia io piuttosto che Caspian. Lo sposo non dovrebbe pronunciare i voti, molto poco romantico…”
“Oh, Edmund!” esclamò Susan, gettandogli le braccia al collo e baciandolo sulle guance, lasciandolo assolutamente allibito.
“M-ma, Sue…dai…n-non servono tutte queste smancerie”
La Regina si separò da lui e gli sorrise, vedendo sul volto del fratello un cipiglio imbarazzato, tipico di lui.
“Grazie! Grazie Edmund, io non so…non so cosa dire…”
“Non devi dire niente. Lo sai che farei qualsiasi cosa per veder felice te, Peter e Lucy” disse ancora il Giusto, rivolgendosi poi a Caspian. “Non so se sono la persona più adatta a celebrare il vostro matrimonio, ma sono felice che tu me l’abbia chiesto. Voi due meritate di essere felici più di chiunque altro, con tutto quello che avete passato…”
Susan lo abbracciò ancora e poi rimasero lì a fissarsi tutti e tre per qualche secondo.
“Non ho mai avuto nulla da ridire su voi due, ragazzi, lo sapete” aggiunse Ed, poi schiarendosi la voce. “Per cui…ehm, s-se vogliamo cominciare…”
La cerimonia si svolse in mezzo al prato di rose blu. Il cielo era una trapunta di stelle, la luna brillava proprio su di loro, illuminando magicamente le loro tre figure.
“So che volevi qualcosa di diverso” mormorò Caspian, mortificato “mi dispiace”.
Susan scosse il capo. “Non mi serve niente se ci sei tu”
Edmund stava davanti a loro. Il Liberatore e la Dolce si tenevano per mano, e lo fecero sempre, guardandosi negli occhi tutto il tempo.
Edmund prese un gran respiro e cominciò a parlare.
 “Tu che domini sopra ogni cosa, volgi i tuoi occhi su questo luogo e ascolta la mia voce. Poni su di noi la tua benedizione Aslan, qui, stanotte, dove un uomo e una donna stanno per donarsi l’uno all’altra, per sempre”
D’un tatto, i volatili notturni- gufi, civette e pipistrelli- mandarono un richiamo per svegliare i loro compagni diurni, e presto i rami degli alberi si riempirono dei più svariati colori. Dalla foresta spuntarono poi piccoli e grossi animali, richiamati anch’essi dal bubolare del gufo, e pian piano circondarono la radura. Ghiri, ricci, ermellini, topi e tassi, un paio di pigri orsi e linci, qualche cinghiale. Poi fu la volta di cervi, cerbiatti, lepri, scoiattoli, volpi; e ancora le talpe, che misero fuori le testoline dalla terra, un gruppetto di lontre uscì dal fiume, e persino le aspidi strisciarono sul terreno guardinghe e poi si misero in ascolto.
 “Io, Re Edmund il Giusto, Sovrano di Narnia, ho l’onore di unire voi, Caspian il Liberatore, e Susan la Dolce, nel sacro vincolo del matrimonio”.
Le mani di Susan e Caspian si strinsero ancor più le une nelle altre.
“Davanti ad Aslan, davanti a suo padre, il Grande Imperatore d’Oltremare, davanti a Narnia e alla Grande Magia, vi pongo sotto giuramento, Caspian, Figlio di Adamo, e Susan, Figlia di Eva.”
Edmund, si fermò un istante, perché la voce gli mancò per un momento a causa dell’emozione. Aveva sempre immaginato di vedere il matrimonio di Susan e Caspian da un’altra prospettiva, non certo dalla prima fila, e mai si sarebbe immaginato di sposarli lui. Ebbe paura di non stare facendo le cose per bene. Aveva assistito a qualche matrimonio durante l’Età d’Oro, celebrato al castello dai sacerdoti dell’Ordine del Leone, ed era preoccupato di non riuscire a ricordare qualche passaggio dei cerimoniali che si usavano a Narnia.
“Volete dire qualcosa, prima di scambiarvi le promesse?”
“Rischierei di ripetermi, credo” disse Caspian, cercando di esprimere al meglio quello che sentiva, “Ma stasera, di fronte ad Aslan e al mondo, voglio ancora una volta farti capire cosa significhi per me. Tu sei l’unica, Susan. Ti ho amata fin dal primo sitante, ti ho amata sempre, e ti avrei amato anche se non fossi mai tornata. Il tempo che abbiamo passato lontani non ha fatto altro che accrescere questo mio sentimento per te, a differenza di quel che altri hanno detto. Io voglio renderti felice. Qualunque cosa succederà, io ti resterò sempre accanato, e tu non dovrai mai più avere paura. Non ti farò mai più soffrire …o almeno ci proverò”
Lei sorrise ancora.
 “Ho fatto tanti errori, lo so, e se tu sei uno di questi errori, allora sei il più bello che io abbia mai commesso”
Susan si perse nel suo sguardo colmo d’amore, la sola cosa vera e reale in tutto ciò che stavano affrontando.
“Amore mio” iniziò lei, chiudendo per un attimo gli occhi, cercando di non essere vinta dall’emozione più forte che avesse mai provato. “Ho attraversato lo spazio e il tempo per stare con te, e anch’io voglio dire ad Aslan, stanotte, che lo ringrazio di avermi scelta per essere Regina, o non ti avrei mai incontrato. Tu mi hai mostrato chi sono in realtà quando io stessa non lo sapevo, e anche se non era il nostro destino essere qui, stanotte…bè, invece eccoci qui. Anch’io desidero renderti felice sopra ogni cosa e lo farò, farò di tutto perché tu lo sia. Io ti amo, Caspian. Ti amo come non avrei mai creduto di poter amare.”  
Ci fu un momento di silenzio.
“Ed?” sussurrò poi il Liberatore, guardando l’amico con la coda dell’occhio. “Dovresti…”
Edmund sbatté le palpebre un paio di volte.
“L’anello”
“Oh! Sì! Scu-scusate…”
Il Re e la Regina sorrisero e dovettero fare uno sforzo enorme per staccare gli occhi l’uno dall’altra, mentre Edmund porgeva loro l’anello reale che Susan gli aveva consegnato poco prima della cerimonia. In assenza di vere fedi nuziali, si sarebbero scambiati la promessa porgendoselo a vicenda.
Forse non era il matrimonio più perfetto del mondo, ma loro non avrebbero potuto desiderare niente di più bello.
Edmund fece loro un cenno del capo. “Pronti?”
Caspian prese un gran respiro, espirando poi a bocca aperta “Va bene…ci siamo” tentò di scherzare, per allentare l’agitazione, e Susan sorrise, felice e nervosa.
E infine, il momento più atteso, il più difficile da superare senza versare lacrime, e il più meraviglioso.
La voce di Edmund risuonò chiara nella notte, avvolgendo il prato immobile e salendo fino al cielo.
“Vuoi tu, Caspian, prendere Susan Katherine Pevensie come tua sposa, per avere cura di lei, proteggerla, esserle fedele sempre, onorarla, ma soprattutto amarla, nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore, per tutti i giorni della tua vita?”
“Lo voglio” rispose Caspian, prendendo dalla mano di Edmund l’anello reale e infilandolo all’anulare sinistro di Susan. “Con questo anello, io ti sposo. Io sono tuo, e tu sei mia, oggi e per sempre”
Caspian guardò la sua Susan e vide che stentava a trattenersi dal gettarsi tra le sue braccia. I suoi occhi celesti risplendevano, limpidi e luminosi come il cielo d’estate, e quasi ne fu abbagliato. Sul suo dolce viso scese una lacrima di gioia e un sorriso si aprì tra le sue labbra.
“Vuoi tu, Susan Katherine Pevensie, prendere Caspian come tuo sposo, per avere cura di lui, proteggerlo, essergli fedele sempre, onorarlo, ma soprattutto amarlo, nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore, per tutti i giorni della tua vita?”
“Lo voglio” rispose lei, sentendo un profondo senso di leggerezza nel cuore.
Poi, con dita tremanti d’emozione, prese l’anello reale e afferrò la mano sinistra di Caspian.
“Con questo anello, io ti sposo. Tu sei mio, e io sono tua, oggi e per sempre”
Gli occhi scuri di lui erano colmi di un’emozione profonda. Non cercava di trattenersi, e sorrideva, sempre. E lei capì che quello era il vero sorriso di Caspian. Un sorriso senza pensieri reconditi che ne oscuravano la bellezza, l’autenticità, la spontaneità, e che non aveva mai mostrato appieno nel passato.
“Guarda Narnia” riprese Edmund, gli occhi lucidi. “Vieni e osserva i tuoi Figli nel giorno dell’allegrezza del loro cuore. Non più due, ma uno, e così per sempre, fino all’eternità e oltre. Uniti da un vincolo più forte della vita, più forte della morte. E se qualcuno qui non ha una più che valida ragione perché quest’uomo e questa donna non debbano unirsi in matrimonio, che si pronunci ora, oppure taccia per sempre” Edmund si mosse un poco. “Non guardate me…”
Tutti e tre si scambiarono un nuovo sorriso.
Non un alito di vento, non un frullar d’ali o un ondeggiare d’erba, persino il tempo pareva fermo. Niente avrebbe potuto impedire ai due innamorati di coronare il loro sogno.
“Che nessuno osi dividere ciò che oggi Dio ha unito” disse Edmund, con un sorriso che si allargava finalmente sul suo viso rimasto serio e un po’ teso fino ad all’ora.
“Con la benedizione di Aslan, e con i poteri conferitimi, io vi dichiaro marito e moglie”
Nell’attimo in cui Edmund pronunciò l’ultima fase, Susan gettò le braccia al collo di Caspian.
“Puoi baciare la…bè, non c’è bisogno che ve lo dica” fece il Giusto alzando le spalle, perché i due sposi si stavano già baciando.
In quel momento, gli animali venuti ad assistere alla modesta cerimonia fecero sentire le loro voci felici.
Fu una vera sorpresa per i tre ragazzi, che non si erano avveduti dei loro spettatori fino a quel momento. Non erano animali parlanti di Narnia, ma c’era in loro qualcosa di diverso dagli altri animali muti, qualcosa che li rendeva speciali anche senza la parola. E davvero sembrava di essere in una delle foreste di Narnia, e forse per un attimo si poteva crederlo davvero, dimenticando di trovarsi invece su un’isola dell’Oceano Orientale, lontano mille miglia da casa.
Quindi, la Dolce strinse il fratello in un forte abbraccio pieno d’affetto e di gratitudine, e lo stesso fece il Liberatore.
Il ragazzo annuì e basta, deglutendo un paio di volte, poi abbracciandoli di nuovo entrambi. “Co…congratulazioni.”
“Grazie, Ed. Grazie davvero” disse Caspian per l’ennesima volta. Voleva aggiungere di più, ma non sapeva cosa dire.
“I migliori amici servono a questo”
“Edmund…” mormorò Susan, cercando parole che non potevano essere espresse al meglio se non in un solo modo. “Ti voglio bene, Edmund”
“Anch’io, Susy. E, a proposito, sei incantevole. Scusa se non te l’ho detto prima”
Lei ancora lo strinse forte e lo baciò di nuovo sulle guance. “Grazie”
“Trattala bene, ok?” aggiunse il Giusto, rivolto a Caspian. “Te l’affido”
“E’ in buone mani”
“Sì…questo lo so” sorrise Edmund, improvvisamente imbarazzato. “Bè, io…credo di dover andare. Vi lascio soli. E non preoccupatevi di niente, vi copro io con gli altri se chiedono qualcosa.” Ed fece qualche passo indietro. “Prendetevi tutto il tempo che volete. Insomma…buonanotte”
Edmund si allontanò e sparì presto alla loro vista, e il silenzio scese sulla foresta.
Anche gli animali se ne andarono piano piano. Ricci e gufi tornarono a caccia, i conigli rientrarono nelle loro tane, le colombe ai loro nidi rimettendo le teste sotto le ali, lo scoiattolo tornò sull’albero...e il leone si voltò e scomparve in una lieve scia di luce...
 
Un silenzio ancora più intenso s’impossessò della radura. Senza una parola, Caspian le si accostò maggiormente.
“Andiamo?” le sussurrò e lei annuì felice.
Si avvolsero nuovamente nei mantelli che avevano tolto per la cerimonia e poi s’incamminarono.
Caspian le porse la mano e lei l’afferrò saldamente, seguendolo, e il mondo dietro di lei svanì. Guardava solo avanti ora, Susan, dove c’era lui: il suo futuro.
Caspian sembrava sapere dove andare, Susan invece non aveva idea di dove avrebbero passato la notte.
Le lucciole avevano cominciato a volteggiare attorno a loro, accompagnandoli attraverso i prati e i sentieri.
Susan, la mano ben stretta in quella di Caspian, con l’altra ancora reggeva il suo bouquet di fiori ma riusciva anche a tenere un poco sollevata la lunga gonna bianca.
“Chiudi gli occhi quando te lo dico” fece Caspian, voltandosi appena.
“Dove mi stai portando?”
“Niente domande.”
“Va bene…”
Il Re di Narnia si arrestò all’improvviso e si voltò verso di lei. “Credo che questo punto non riuscirai ad attraversarlo con quell’abito. Ci sono troppi rami bassi, rischieresti di strapparlo”
“Oh, e allora come…”
“Non c’è problema” disse lui, sollevandola tra le braccia.
Si guardarono per qualche secondo, sorridenti. Susan si sentì piena di emozione: l’aveva presa in braccio per portarla nel luogo che aveva scelto per loro, proprio come quando una sposa attraversa la soglia di casa portata dallo sposo.
Qualche istante dopo, Caspian la rimise a terra. “Chiudi gli occhi, adesso”
Lei obbedì e lui la riprese per mano.
Si udiva scrosciare di acqua poco lontano, l’odore dei pini e delle rose.
Il Liberatore si chinò per sussurrarle all’orecchio. “Ora aprili”
Susan lo fece ed emise un’esclamazione di meraviglia quando le si rivelò ciò che l’isola donava loro. C’era un laghetto d’acqua azzurra e limpidissima che sorgeva in mezzo a una nuova radura, come uno specchio su cui si rifletteva la falce di luna nel cielo, e qualche stella. Le fronde dei salici piangenti ne lambivano dolcemente la superfice e coprendo d’ombra le sponde, mentre altissimi pini e pioppi facevano loro da tetto. Dalle rocce che circondavano la radura per un quarto, scendeva una piccola cascata. Su tutto, dominava il colore blu delle rose, tra le cui corolle giocavano le farfalle della notte e le lucciole, e l’argento del riflesso lunare sull’acqua.
Sembrava un luogo fatato, e forse lo era per uno o più motivi, reali ed emotivi.
“Il nostro nido, mia regina”
“E’ stupendo!” esclamò Susan, spinta dall’istinto e facendo un passo sull’erba. “Ma quando l’hai scoperto?”
Caspian sorrise furbo. “Sono sceso sull’isola molto prima di te apposta per trovare un posto per noi. Un posto nel mondo che sia solo nostro”. Il Re spostò lo sguardo verso il cielo, osservando le chiome degli alberi che a malapena facevano trasparire la volta celeste. “E soprattutto, cercavo un luogo nascosto. Niente stelle, stasera”
“Sono d’accordo” disse Susan, e lo guardò negli occhi mentre lui le posava le mani sulle spalle e le accarezzava piano.
“Volevo che tutto fosse perfetto, anche se forse non lo è” aggiunse il giovane con un mezzo sorriso.
“E’ più che perfetto” disse lei, mettendosi in punta di piedi per sfiorargli le labbra.
In pochi secondi, fu stretta a lui.
Caspian le posò una mano sulla schiena, avvertendo la leggerezza del suo abito e subito cercò la pelle di lei nel punto in cui non era coperta dalla seta. La sentì tremare al suo tocco leggero, che chiedeva non più di un bacio.
Susan percepì tutti i suoi muscoli sciogliersi, la tensione alleviarsi. Sentì le gentili dita di lui intrecciarsi nei suoi capelli e sfiorarle la nuca, poi risalire sul viso. Gli appoggiò le mani sul petto, stando attenta che le spine delle rose che stringeva in mano non lo pungessero.
Con delicatezza e lentezza, si allontanò poi da lui, facendo un passo indietro.
“Vieni” lo invitò con un sorriso, allontanandosi verso il lago.
Caspian la guardò interrogativo. “Bagno di mezzanotte?”
Lei sorrise. “Una cosa del genere”
La Dolce si tolse le scarpe e allungò un piede scalzo verso la superficie argentea e limpida. “E’ tiepida” mormorò tra sé. “Vieni, è bellissimo!” esclamò allegramente, entrando in acqua fino al ginocchio.
Si sfilarono gli abiti rimanendo solo con la biancheria leggera, e s’immersero in acqua. Susan era pienamente a suo agio, nel suo elemento, nuotava agile come una sirena.
Caspian la raggiunse ma lei si allontanò con una bracciata. Iniziò così a giocare con lei, a ridere, gioendo di quel momento in cui non erano un Re e una Regina, ma solo loro stessi. Spensierati, come se non avessero un problema al mondo.
“Prova a prendermi”
“Susan…” sorrise lui. “Non cominciare”
Lei fece finta di non capire. “A fare cosa?” domandò, spruzzandolo in viso.
“Questo!”
Lei rise allegramente e un secondo dopo sparì sott’acqua.
Caspian si voltò da una parte all’altra, ma non la vide. L’acqua del lago era limpidissima, ma le ombre della notte celavano le sue profondità.
“Susy?” la chiamò, quando iniziò a preoccuparsi.
Improvvisamente, si sentì trascinare sotto da un peso sulle spalle. Quasi subito ne fu libero e risalì in superficie con una gran boccata d’aria.
Sentì che le braccia di lei gli avvolgevano le spalle da dietro, la sua risata cristallina all’orecchio, il suo corpo morbido premuto contro la sua schiena.
“D’accordo, pesciolino, il primo round lo hai vinto tu” ansimò, scostandosi i capelli dal viso. “A trattenerne il fiato sei più brava di me, ma se ti sfidassi a una gara di velocità, vincerei io”
“Oh, non credo proprio” lo stuzzicò lei, appoggiando il mento alla sua spalla. “Essere basse di statura ogni tanto aiuta, sai? Sono più agile di te, signor spilungone”
Caspian gettò la testa all’indietro e rise, forte, voltandosi poi verso di lei e prendendola per i fianchi.
“Me la stai facendo pagare per l’altro giorno, vero?”
Susan, aggrappata a lui, storse le labbra e alzò gli occhi al cielo. “Mmm….può darsi. Così impari a dirmi che sono bassa”
“Ma è la verità, pesciolino”
Si allungò verso il suo viso e le rubò un bacio veloce a fior di labbra. Poi la guadò, e si fecero seri entrambi, già pensando all’imminente momento in cui si sarebbero abbandonati fino al mattino l’uno tra le bracca dell’altro.
“Che cosa c’è?” gli chiese lei, accarezzandogli i capelli bagnati.
Caspian si liberò appena del suo abbraccio per prenderle la mano e unirla alla sua, ammirando al riverbero argenteo della luna sull’acqua lo scintillio d’oro dell’anello reale. Lui voleva che fosse lei a portarlo.
“Usciamo” disse il Re, nuotando a fianco a lei fino alla riva.
Entrarono nel bosco e cominciarono a farsi strada in mezzo agli alberi, dove un’altra sorpresa attendeva la Regina.
Nel centro esatto di una macchia di salici, le cui cortine formavano come un baldacchino attorno a loro, Caspian accese il fuoco e stese a terra i loro mantelli.
“Anche questo è opera tua?” chiese Susan, indicando le centinaia di petali blu sparsi sul terreno.
“Esatto. Tu devi avere il meglio” le rispose, abbracciandola da dietro.
A lei e Caspian non sarebbe importato di dormire all’aperto, perché ce l’avevano fatta alla fine. Continuavano a ripeterselo e si sentivano sempre più felici.
Tutto andava al suo posto adesso, era come doveva essere; come avrebbe dovuto essere già da tanto tempo.
Caspian piegò la testa e sfiorò con le labbra la pelle di lei nell’incavo tra il collo e la spalla, passandole piano le dita sulle braccia e sulle spalle.
Il tocco della bocca e delle mani di lui le fece chiudere le palpebre.
Il ragazzo risalì piano la sua gola, mentre una mano si posava sul ventre di lei e lo accarezzava piano.
Susan spostò automaticamente la tesa di lato, appoggiandola poi alla spalla di Caspian, infilando una mano tra i suoi capelli.
Il tempo rimase sospeso mentre ciò che li circondava svaniva all’improvviso. La fanciulla ebbe quasi paura di respirare, nel momento in cui quella sensazione che la scaldava in tutto il corpo le scaldò la pelle, finché non si sentì bruciare. Se pensava di doversi rassegnare ad avere tutto questo, a vivere una vita senza di lui! No, mai! Mai più avrebbe dovuto temere. Mai più avrebbe dovuto pensarlo.
Si separò dolcemente da lui e si voltò per essergli di fronte.
Caspian reclamò la sua bocca, baciandola gentilmente, schiudendole le labbra mentre ne assaporava la dolcezza.
Susan gli mise le braccia attorno al collo e rimase così, mentre lui la baciava a fondo, e i sospiri di lei le morivano in gola, le labbra imprigionate tra quelle di lui. Labbra e mani che volevano di più. Molto di più.
Fu sull’orlo delle lacrime quando il Re si ritirò sfiorandole il viso con il proprio, per poi ricominciare a baciarla.
Lo sentì addolcire il bacio e aveva ancora gli occhi chiusi quando una lacrima scese solitaria sulla sua guancia.
Caspian le prese il viso tra le mani, e le baciò la fronte. Il sorriso di lui la sciolse, il cuore gonfio di felicità.
“Ti amo così tanto, Susan” sussurrò, posando la fronte contro quella di lei. “Così tanto…”
“Adesso sono davvero tua” mormorò la Regina, le guance infiammate. “Puoi fare di me ciò che vuoi”
Il giovane percorse il suo corpo delicatamente, abbassandole piano la sottoveste finché questa scivolò a terra.
L’aria si fece elettrica.
Susan smise di respirare mentre gli occhi neri di Caspian percorrevano il suo corpo, totalmente, così come le sue mani, grandi, calde e incredibilmente gentili.
Caspian le scostò piano i capelli ancora umidi dalle spalle bianche, per far si che non ci fosse nulla che gli impedisse di ammirare il corpo di lei, mentre i sensi lo tradivano e gli consumavano la ragione. La desiderava. La desiderava disperatamente.
Tremò quando Susan gli posò le mani sul torace nudo, respirando veloce quando lei vi posò le labbra.
Si sentivano davvero vivi solo quand’erano insieme. Lei era il suo unico e vero amore: l’anima gemella, l’altra metà. Viveva per il suo sorriso, per il suo tocco, per poterla amare con ogni parte di sé, con ogni fibra del suo essere. Non per il suo aspetto, non perché era una Regina. Era qualcosa di più profondo. Qualcosa che non si poteva esprimere a parole.
Era un legame di anime, di corpo e spirito, di mente e di cuore, fatto di parole dolci e litigi, di momenti lieti e sofferenze, di giorni interi passati a ridere e altri a combattere contro il mondo intero.
Era un amore unico, nato in un istante, maturato piano piano e scoperto all’improvviso. Puro come acqua, ma bruciante come fuoco.
Si comprendevano come nessuno li aveva mai compresi, e nessuno avrebbe potuto mai; solo guardandosi, solo con un gesto, sapevano cosa stava per dire o fare l’uno o l’altra. Due esseri che diventavano uno e si completavano, simili in tutto, differenti in ogni cosa. Erano la risposta vivente alla domanda che ogni uomo si fa almeno una volta nella vita: esiste il destino? Nessuno poteva saperlo, neanche loro. Ma se era sì, ebbene, avevano dimostrato che era possibile combatterlo, respingerlo, cambiarlo.
“Abbracciami” sussurrò Susan, quando Caspian la fece stendere sul tappeto di petali di rose. “Stringimi forte”
Le bastò un suo sguardo e si sentì scagliata tra le braccia dell’amore, e si donò a lui, anima e corpo.
Caspian la faceva sentire speciale, ma soprattutto la faceva sentire felice, completa.
Le fiammelle del fuoco disegnavano luci e ombre sul corpo di lui, agile e muscoloso, e lei lo ammirò lasciandosi sfuggire un nuovo sospiro.
Caspian si stese sopra di lei e le loro labbra s’incontrarono, frementi.
Calore, dolcezza, passione, spontaneità nei gesti, nessun imbarazzo, solo una grande, grandissima emozione di donarsi l’uno all’altra ora che erano legati da un vincolo indissolubile. Reciprocamente abbandonati al punto che non esisteva nient’altro se non loro, consumati da una magia tutta loro.
“Questa è la vera magia” mormorò lui, il cuore che batteva impazzito contro quello di lei. “Io e te”
Il giovane osservò l’emozione che attraversava il viso della sua sposa, mentre l’accarezzava.
Susan non poteva parlare, non ci riusciva. Gli occhi di Caspian non smisero mai di cercarla e di inondarla d’amore ogni volta che si posavano su di lei. Lui la cercava e la trovava.
Caspian ebbe un brivido quando Susan pronunciò il suo nome in un leggero sussurro, perdendosi in lei come mai prima, ricordando solo che l’amava, che la voleva, che era sua. La ragazza risalì la sua schiena con la punta delle dita, accarezzando poi con desiderio la pelle dell’uomo che amava.
La fanciulla lesse sul suo viso desiderio e grande tenerezza.
“Caspian... Amami, Caspian”
“Io ti amo”
Ogni volta, provavano sensazioni nuove, più forti, che si accrescevano ed esplodevano come un fuoco divampante che niente e nessuno sarebbe mai stato in grado di estinguere.
Una passione inscindibile, eterna, che non era possibile reprimere.
Rapita da tutte le sensazioni che lui sapeva provocare in lei, Susan chiuse gli occhi e affondò il viso nella sua spalla. Le braccia di Caspian la circondarono e la tennero più stretta, mentre una sensazione di vertigine sovrastò tutte le altre.
Lui aprì gli occhi, per il bisogno di vederla, e Susan scoppiò in lacrime.
Si strinsero l’uno all’altra, respirando veloce.
“Ehi…” sussurrò Caspian, accarezzandole i capelli, posando e labbra sulle sue per tranquillizzarla. “Cosa c’è?”
Le baciò le guance, il naso, la fronte, facendola scivolare su un fianco.
“Scusa…” mormorò lei, nascondendo il viso nel suo petto, mentre Caspian la copriva premurosamente con il mantello.
Allungata al suo fianco, Susan percepiva il copro forte e rassicurante di lui, mentre la stringeva a sé.
“Ssshhh…tranquilla, non piangere” sussurrò Caspian, cingendole con un braccio la vita, inarcando il corpo di lei contro il proprio, per sentirla più vicina.
Lei affondò il viso tra il collo e la spalla di lui, vinta da un’emozione indescrivibile. “Non so perché sto piangendo…”
“Se piangi dovrò baciarti” le disse ancora, sorridendo tra i suoi capelli, posando le labbra su di essi.
Anche lei sorrise appena, tirando un gran sospiro e già calmandosi al tocco di lui, passando la mano tra i peli del suo petto.
“Il tuo cuore batte forte…fortissimo”
“Per te, amore mio. Solo per te” disse lui, prendendole la mano e intrecciando le piccole dita delicate alle sue. “Sei la mia vita, Susan. Tutto quello che abbia mai desiderato”
Una nuova lacrima scivolò dagli occhi celesti della Regina finendo sulla sua tempia.
“Ti amo, Caspian. Ti amo davvero. Per tutto il tempo che sono stata lontana da te, è stato come viaggiare a lungo senza mai arrivare da nessuna parte. Ma adesso sono a casa”
Le lucciole danzavano attorno a loro, il silenzio li avvolgeva, eccetto il lieve suono della cascata in lontananza. Si trovavano in un altro mondo, ovattato, in cui esistevano solo loro due.
Le tenebre tiepide li avvolgevano come un sogno, e li cullarono dentro l’universo in cui furono di nuovo trascinati mentre facevano l’amore, più e più volte quella notte. La notte del loro matrimonio.
Parlarono, si coccolarono con baci, abbracci, carezze, confidenze di esperienze passate che ancora non conoscevano, e progetti per il futuro. Poi tornarono nel silenzio rotto solo dai loro respiri, dal suono dei loro baci, dimentichi di ogni cosa, del tempo che passava, che tra poche ore avrebbero dovuto tornare ad affrontare la vita reale; dimentichi di avere dei doveri verso un popolo intero, come se dovessero rimanere lì per sempre.
Diventare una cosa sola, dimenticare chi erano, eccetto che erano insieme e la consapevolezza dell’estasi, dell’abbandono, della sensazione di essere vivi, di avere un posto nel mondo.
Accanto a lui.
Accanto a lei.
“Per sempre” mormorò Caspian, perdendosi in lei.
“Più a lungo di per sempre” sussurrò Susan, prima di incontrare le sue labbra.
Era un angolo di paradiso, in quel caos che era il mondo.

 
 
 
 
 
 
Potrei anche saltare il mio spazietto, oggi, visto che il capitolo dice tutto da sé…ma non posso lasciarvi così e non ringraziarvi di essere arrivati insieme a me a questo tanto sospirato evento!!!
Vi giuro che è da poco dopo che Caspian le ha fatto la proposta che sto cercando le parole, le atmosfere adatte per le loro nozze, e spero di essere riuscita a farvi emozionare, sognare e sospirare, come la sottoscritta mentre descriveva i nostri adorati Caspian e Susan finalmente sposi!! Mi sono lancaiata anche con le descrizioni d'amore, per l'occasione! XD
Io, personalmente, sono soddisfattissima di questo capitolo…anche se (ecco l’autocritica che scatta) ogni tanto mi sembra di far dire loro sempre le stesse cose……paranoie da scrittrice in erba, sorry guys ;P
Dite la verità, Edmund nei panni del sacerdote (per così dire) non ve lo aspettavate, vero? Penso che Ed sia il più adatto: è il miglior amico di Caspian, in primis, e poi non ha mai avuto da ridire sulla coppia, a parte le sue comiche uscite ogni tanto, ma non erano vere e proprie opposizioni al loro amore.
C’erano perfino gli ospiti!!! XD E tra loro ce n’era uno particolarmente illustre…
Per i voti matrimoniali ho preso quelli veri e poi li ho mischiati con alcune frasi che ho inventato io, creando così il rito nuziale di Narnia.

 Veniamo ora ai ringraziamenti:
 
Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Andreamatilde2000,  Anne_Potter,  ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte,  catherineheatcliff, Cecimolli,  Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,
 KingPetertheMagnificent, LittleWitch_, loveaurora, Lules, lullabi2000, Martinny, piumetta, ScarlettEltanin, Serena VdW, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94,
virginiaaa

Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, e susan the queen
 
Per le seguite:

Allegory86, Andreamatilde2000, ArianneT, Arya512, Ballerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world,
FrancyNike93,  GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro,  Lucinda Grey, lullabi2000, Mari_BubblyGirls, Miss H_, piccolaBiby, piumetta,  Poska, Red_Dragonfly,  Revan93, Riveer, Serena VdW,Smurff_LT , susan the queen,  SweetSmile
e Yukiiiiii
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:

Andreamatilde2000, Babylady, catherineheatcliff, ElenaDamon18, EstherS , FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93,  GossipGirl88, Lena Morgenstern, lullabi2000, Martinny, Serena VdW, TheWomanInRed,virginiaaa
 
Mamma mia siete diventati tantissimi!!!!!!!! Nello scorso capitolo ho anche ricevuto molte recensioni da nuovi lettori che mi hanno riempito di complimenti!!!!!! Oh, tahnk u!!!!!
 

Angolino delle anticipazioni:
Lasceremo i nostri Suspian a godersi la loro notte di nozze e ci concentreremo invece su un’altra coppia che ha preso molto piede: la Lumeth!!! Non so dirvi se vi dedicherò tutto il capitolo, però se così non fosse, direi quasi!!! Riusciranno stavolta a baciarsi e dichiararsi? Bho???????? XD Voi siate ottimisti!!!


 
And now….ecco il video promesso!!!! Che ripercorre la storia di Caspian e Susan fino ad arrivare al loro lieto fine!!! Spero vi piaccia, anche se ci sono immagini in cui non sono davvero loro…

 
Un bacio e un abbraccio, grazie del vostro affetto e del vostro entusiasmo!!!
Vi voglio bene,
Susan<3

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Capitolo 38
*** Capitolo 38: Innamorarsi ***


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38. Innamorarsi

 
 
 
Nel tardo pomeriggio, quand’ebbe lasciato la cabina di Susan, Lucy cercò Emeth per tutto il Veliero dell’Alba.
Si fiondò verso gli alloggi dell’equipaggio, veloce come un fulmine, entrando con l’intenzione di chiedergli subito scusa per averlo ignorato per un giorno intero senza nemmeno dirgli il perché.
Purtroppo non lo trovò e nessuno dei marinai presenti nella camerata seppe dirle dove il soldato si trovava.
“Forse è salito sul ponte, mia Regina” disse Nausus. “Certe volte capita di vederlo allenarsi da solo, a quest’ora, sul lato ovest del ponte”
“Sì, è vero” rifletté Lucy, ringraziando poi il Fauno e lasciando le cabine dell’equipaggio per correre di sopra.
Ma mano che si avvicinava al boccaporto, però parte del suo entusiasmo e della sua determinazione iniziale si spensero.
Suo padre le diceva sempre che quando si deve fare una cosa, è meglio farla subito, senza aspettare che la paura torni da noi e ci impedisca di portare a termine quel che ci siamo prefissati, soprattutto quando sappiamo di non avere abbastanza coraggio ma vogliamo ugualmente tentare.
Lucy si fermò di botto, fissando il pavimento lucido del corridoio, riflettendo con il senno di poi su cosa effettivamente avrebbe detto a Emeth.
Scusa…e poi?
Un paio di uomini le passarono accanto salutandola, ma lei quasi non vi fece caso e rispose al saluto in automatico, senza guardarli.
“Vi sentite bene, Maestà?” le chiese Rynelf.
“Tutto a posto, grazie” sorrise la ragazzina, riprendendo a camminare.
L’eccitazione che aveva provato in principio, nata dentro il suo cuore grazie alle parole incoraggianti di Susan, si stava pian piano tramutando in un altro tipo di emozione…
Non puoi avere paura, continuava a ripetersi nella mente, facendo lunghi sospiri, gli occhi fissi sul boccaporto aperto, dal quale entrava la luce arancione del tramonto.
Sei Lucy la Valorosa! Hai affrontato la Strega Bianca. Hai affrontato Calormen quand’eri Regina nell’Età d’Oro, senza contare le altre battaglie a cui hai preso parte. Hai combattuto contro il malvagio Miraz. In questo viaggio hai persino duellato contro il principe Rabadash! Non puoi avere paura di dire a un ragazzo che ti piace!
Salì la scaletta e uscì sul ponte. Cercò Emeth con lo sguardo, facendo qualche passo avanti, lentamente, pensando che, dopotutto, non doveva per forza dirglielo quel giorno, ci sarebbero state altre occasioni. Poteva semplicemente dirgli che non ce l’aveva con lui e di scusarla per il suo comportamento. Se poi era vero che si stava allenando, c’era il rischio di poterlo disturbare…
Ma a chi voglio darla a bere…
In realtà stava cercando scuse per rimandare il momento perché, che le piacesse ammetterlo o no, aveva una paura folle che lui la cacciasse via; paura di fare la figura della sciocca; paura di essere di nuovo a un passo da quel bacio e…
Coraggio!  si disse ancora.
Fece qualche passo più deciso, il ponte sul lato ovest era vuoto, eccezion fatta per una sola persona: Emeth.
Lucy si fermò per qualche secondo a fissarne il profilo, mentre si muoveva con agilità e faceva roteare la lama ricurva della scimitarra.
C’erano momenti in cui le sembrava ci fossero due personalità distinte in lui: il ragazzo dolce, un po’ silenzioso e solitario al quale si era ormai abituata, e poi il soldato rigido, serio e talvolta scostante che appariva nei momenti in cui impugnava un’arma, come ora.
Gli occhi castani di lui brillavano di una strana luce: la luce dei guerrieri di Calormen. I muscoli del viso tesi in modo tale da disegnare un’espressione corrucciata, rabbiosa, mentre il corpo agile si muoveva affondando la lama nell’aria, o facendola roteare su se stessa.
Sembrava più grande dei suoi sedici anni.
All’inizio, quando aveva scoperto entrambi i lati di lui, Lucy era rimasta un po’ intimorita dalle sfaccettature del secondo.
Aveva ereditato il modo di pensare e di comportarsi dal padre, Aréf tarkaan, ma Lucy sapeva anche che Emeth differenziava dalla gente del sud in molti aspetti del suo carattere, così rigidamente temprato dall’educazione ricevuta. Con una madre originaria di Archen, aveva sviluppato caratteristiche più simili a quelle degli abitanti del nord, e questo faceva di lui quell’ eccezione che conferma la regola.
Ripicì aveva proprio ragione: aveva un cuore narniano.
C’era una cosa sopra tutte che lo dimostrava: lui l’aveva slavata dai suoi stessi compagni. Le aveva donato la vita quando avrebbe dovuto donarle la morte.
Dapprincipio, aveva scambiato quel forte sentimento nato in lei sin dal primo momento per una grande amicizia, dovuto alla gratitudine che provava nei confronti del giovane tarkaan.
Si era soffermata tate volte a pensare a quel soldato dopo il suo salvataggio. Ma quando lui era arrivato sul Veliero dell’Alba, pian piano si era resa conto che, per la prima volta da quand’era a Narnia, non aveva trovato un’amico…aveva trovato l’amore.
Per la prima volta provava quel sentimento di gioia e dolore, di felicità e tristezza, di ansia ed eccitazione che aveva osservato, non senza una piccola punta di benevola invidia, in Caspian e Susan e poi in Peter e Miriel.
Era stata proprio la sorella ad aprirle gli occhi e il cuore a quelli che erano i suoi veri sentimenti, e ora voleva sapere se Emeth provava lo stesso.
Lei lo sperava. I segnali c’erano stati e piuttosto chiari. O si era immaginata tutto?
No, niente immaginazione: Emeth aveva desiderato baciarla, per ben due volte. Ne era sicura.
Era stata lei che, scioccamente, spinta dalla paura del momento, dall’insicurezza di non piacergli, da mille altre cose alle quali nemmeno sapeva dare un nome, non gli aveva dato un segnale concreto.
Forse, se lo avesse incitato a non tirarsi indietro…
Troppo tardi pensarci adesso, ormai era fatta. Adesso bisognava pensare a rimediare la faccenda e creare una nuova occasione.
Impaurita, (terrorizzata, a dire il vero) Lucy era giunta a un pensiero che la faceva vergognare enormemente: voleva baciarlo. Voleva essere baciata.
Giurò che se lui avesse provato di nuovo ad avvicinarla, lei non sarebbe rimasta immobile ad aspettare, ma avrebbe fatto un passo avanti a sua volta per fargli capire che non era un sentimento a senso unico, ma che lo ricambiava appieno.
Era venuta a cercarlo non solo per scusarsi di essere stata sgarbata sull’Isola del Drago, ma proprio per tentare di ricreare quell’atmosfera creatasi tra loro.
Emeth si fermò solo per un momento, per asciugarsi il sudore dalla fronte, e fu allora che si accorse di lei.
Lucy vide i suoi occhi castani posarsi stupiti su di lei e trasalì impercettibilmente, cercando di capire dall’espressione di lui se fosse felice o meno di vederla.
Emeth ne era più che felice.
Aveva seriamente pensato di aver frainteso l’affetto e l’espansività della Regina Valorosa- che dimostrava sempre per tutti- con qualcosa di più.
Aveva avuto paura di averla offesa tentando di avvicinarsi a lei più del lecito.
Per quanto a Narnia il ceto sociale contava assai poco a differenza di Calormen, lei era una Regina.
Questo pensiero non riusciva proprio a toglierselo dalla mente.
Era una creatura splendida che irradiava gioia in ogni suo gesto. Emanava uno splendore più forte di quello del sole, e a volte a lui sembrava quasi irraggiungibile. Ma un secondo dopo averlo pensato, lei gli rivolgeva quel sorriso radioso, proprio come adesso.
 “Ciao, Emeth” disse finalmente Lucy, facendo qualche passo verso di lui.
Il riverbero del sole infuocato creava splendidi riflessi sui capelli di lei, sciolti sulle spalle come piaceva a lui, mossi dalla brezza che spirava da nord ovest.
“Buonasera, Lucy” le sorrise con un inchino appena accennato, rinfoderando la spada.
Lei sorrise a sua volta. “Non perderai mai l’abitudine a queste formalità? Dopotutto, non sono nemmeno la tua Regina. Potesti anche non inchinarti, sai?”
“Non oserei. Mi è stato insegnato a rispettare chi è di rango superiore al mio”
Lucy lo fissò un poco stupita. “Pensi che io sia di rango superiore? Che sciocchezza!”
“Bè, sei Regina di Narnia” rispose lui, altrettanto stupito.
“Posso dirti una cosa senza che tu ti offenda?”
“Certo”
“Narnia e Calormen sono l’una l’opposto dell’altra. A Narnia, il Re è amico del popolo. E benché il popolo lo rispetti, il Re sa bene di non essere la persona di rango più alto, poiché al di sopra di lui c’è qualcuno di ancora più grande, più nobile e più importante: Aslan”
La ragazza lo sorpassò e si affacciò sul mare calmo. Lui la seguì.
“Amore, coraggio, fraternità, uguaglianza, umiltà. Queste sono le basi su cui sono scritte le leggi della Grande Magia”
Emeth staccò lo sguardo dal mare e si fermò ad osservare il profilo della giovane.
Ogni giorno diveniva più bella. E più donna.
Ed era intelligente, coraggiosa, gentile, amabile…unica.
Aveva smesso da tempo di chiedersi se lasciare l’Occhio di Falco era stata la scelta giusta, perché ogniqualvolta aveva dei dubbi, lei gli appariva davanti e capiva allora che non avrebbe desiderato essere in nessun altro luogo se non lì.
Quando l’aveva vista la prima volta non sapeva chi fosse, non conosceva il suo nome, solo in seguito aveva scoperto la sua identità rivelatagli da Lucy stessa.
Una regina… e non una regina qualsiasi, ma di Narnia, la terra che si diceva sarebbe sopravvissuta a tutte le altre alla fine dei tempi. Una terra magica, fatta di straordinarie creature, di leggi e modi di vivere così giusti e retti da sfiorare l’impossibile.
Ma quand’era salito a bordo del Veliero dell’Alba, aveva constatato con i suoi occhi che quel che si diceva su Narnia e i suoi abitanti era vero.
I Sovrani e i marinai, le creature fatate, convivevano in perfetta armonia, facevano tutto insieme, ridendo e scherzando come buoni amici.
Si era mai visto il principe Rabadash passeggiare per il ponte e chiacchierare con i suoi uomini? O aiutare nelle mansioni quotidiane?
Mai, nemmeno una volta.
C’erano momenti in cui Emeth quasi dimenticava di essere a contatto con ben cinque tra Re e Regine, perché dal modo in cui lo trattavano era come se si conoscessero da sempre. L’avevano accolto come un fratello, come uno di famiglia (aveva sentito una volta dire a Tavros). E quell’affetto, lui lo ricambiava appieno, anche se a volte gli risultava difficile esprimerlo.
Lo ricambiava soprattutto per una di loro.
Se si fosse trattato di una Regina di un altro regno, avrebbe messo a tacere quell’emozione che era nata in lui non appena aveva guardato in quegli occhi più azzurri dello stesso mare; limpidi, sinceri.
Era già innamorato di lei quando l’aveva lasciata andare con il Fauno Nausus verso la salvezza.
Non se n’era reso conto da molto, ma era così che stavano le cose.
“A Narnia non guardiamo con gli occhi, Emeth. Guardiamo col cuore”
La voce di lei interruppe i suoi pensieri.
“Sì, me ne sono accorto. Il mio problema, è che penso come uno di Calormen cercando di vivere come un narniano…patetico, no?”
“No, affatto!” esclamò lei con convinzione. “Basta, smettiamola di fare sempre gli stessi discorsi” lo rimproverò scherzosamente. “Sii solamente te stesso, perché vai benissimo così come sei. Non cercare per forza di adeguarti. Se cambiassi il tuo modo di essere, non mi piaceresti più”
Abbassò lo sguardo e sorrise ancora, arrossendo.
“Ah, davvero?” fece lui.
Non si guardavano, ma le loro mani erano posate sul parapetto e quasi si potevano toccare.
“Sei sempre troppo gentile”
“Io sono così” alzò le spalle la Valorosa.
“Sì, lo so. E’ una delle cose che più ammiro in te: la tua spontaneità” Emeth si raddrizzò e aggiunse subito: “Ovviamente non è la tua sola qualità. Sei coraggiosa, carina, e…”
Lucy era seria e lo guardava adesso con una strana espressione.
“Emeth, posso…posso farti una domanda?”
“Certamente”
Lucy lo guadò di sotto in su, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, timidamente. “Tu…tu mi trovi un po’ bella?”
Il giovane si staccò dal parapetto e si mise di fronte a lei. Anche la Regina si volse per poterlo guardare meglio in viso.
“Di tutte le cose meravigliose che ho mai visto nel mondo, nessuna può essere più bella di te”
Lucy tremò, sgranando gli occhi azzurri, e tutta la sua figura si accese come se fosse illuminata di luce propria.
Non riuscì ad esprimere la felicità che le davano quelle parole…quelle parole pronunciate da lui.
Se gliele avesse dette qualcun, non avrebbero potuto avere lo stesso significato.
Diglielo!Disse una voce dentro di lei, il cuore che le balzava fuori dal petto. Non staccare gli occhi da lui…non farlo. Se lo fai non troverai più il coraggio. Diglielo, adesso!
La Valorosa assunse un’espressione più decisa, determinata.
“Lucy…” la chiamò Emeth, esattamente come le altre volte.
Inevitabilmente, lei abbassò la testa e i capelli le ricaddero scomposti sul viso, sferzati dal vento che sia alzava un poco giocandovi attraverso.
Stupida, perché l’hai fatto?!
Era stato più forte di lei. Impaurita che lui le dicesse o che facesse qualcosa…o assolutamente niente.
Ricordò la delusione provata la sera prima, e il turbamento che il ragazzo aveva dimostrato non capendo da cosa provenisse la sua delusione.
Dopotutto, Emeth poteva anche non essere innamorato di lei…
Sì, le aveva detto che la trovava bella, ma trovava belle anche Susan e Miriel.
Strinse le palpebre.
Non posso dirglielo, non ci riesco!
“Lucy…dolce Lucy” sorrise lui, teneramente, facendo un passo verso di lei.
E anche Emeth ricordò.
Non era riuscito a capire il comportamento di lei, non subito. Solo dopo aver riflettuto aveva compreso che la giovane avrebbe voluto qualcosa di più da lui. Ma non era mai stato innamorato, e non sapeva come comportarsi.
Forse scambiava l‘atteggiamento della ragazza per qualcosa che non esisteva.
Era rimasta offesa o delusa dal bacio mancato?, si era chiesto. Qualcosa gli diceva che la risposta era: entrambe le cose.
Poteva essere che desiderasse così tanto che lui le si avvicinasse?
Poteva una Regina innamorarsi di un soldato?
Il loro discorrere sul se fosse possibile rimanere insieme a Narnia, domandarle se lei sarebbe stata disposta a rimanere con lui e sentirsi rispondere sì…
Non poteva fingere di non provare qualcosa per lei, e nemmeno lei poteva.
Si era reso conto che anche Lucy era come lui: anche lei non si era mai innamorata prima e non sapeva assolutamente cosa fare, cosa dire, come agire. E l’insicurezza, la paura per questo nuovo e così intenso sentimento li aveva portati entrambi a rimandare in continuazione, a fermarsi, a far finta di nulla.
Ma guardandola ora, lì, davanti a lui…
“Non posso legarti a me, dato che non potrò mai donarti ciò che hai il diritto di chiedere” disse Emeth, comuna punta di amarezza.
“E che cosa credi che vorrei?” chiese subito Lucy, piano.
Lui continuò a fissare gli occhi in quelli della ragazza.
“Non voglio un palazzo: ce l’ho già” sorrise lei. “Non voglio essere servita e riverita anche se sono una Regina. Narnia è molto diversa da Calormen, perdonami se lo dico ancora. Lo sai che non voglio assolutamente parlar male della tua terra…ma è così. Non voglio niente di complicato. Non voglio abiti, gioielli o servitori. Mi basta ciò che ho già, perché è tutto quello che desidero e non potrei chiedere di meglio. Anzi, a volte mi sembra anche troppo. Solo una cosa mi manca…” Lucy tirò un gran sospiro. “Una cosa che puoi darmi solo tu. L’unica cosa che ti chiedo.”
“Cosa?” domandò lui sommessamente.
Lucy fece un nuovo passo avanti. “Di dirmi ciò che sono per te”
Emeth s’irrigidì appena.
“Io…credo di essermi fatta un’idea, ma non so se è quella giusta…”
Passarono diversi secondi in silenzio. Poi, quasi senza preavviso, lui si chinò verso di lei, senza staccare lo sguardo dal suo.
Sapevano entrambi cosa stava per succedere, e benché l’avessero deisratato da molto, ne erano impauriti. Ma stavolta nessuno dei due voleva tirarsi indietro.
Lucy chiuse gli occhi, in attesa, il cuore troppo impazzito per riuscire a fermarlo.
Emeth le mise le mani sulle spalle, osservandola ancora per una frazione di secondo, e poi le loro labbra s’incontrarono con tenerezza.
Ogni cosa venne sepolta dalla valanga di sensazioni che si destarono in loro a quel tocco.
E finalmente quelle labbra dolci, calde, erano sue. Emeth non riuscì a resistere e attirò la ragazza a sé, sfiorandole il viso con la mano, desiderando averla più vicina.
Lucy si lasciò stingere e gli mise le mani sul torace. Si lasciò cullare da quel calore, da quell’abbraccio, e pensò che quel bacio era esattamente come se l’era aspettato. Le labbra di lui erano una carezza gentile.
Si lasciò baciare e rispose esitante. Fu un sensazione elettrizzante e le provocò l’impulso di aggrapparsi a lui per non cadere, perché le gambe le tremavano.
Quando Emeth si separò da lei, Lucy tenne gli occhi chiusi per qualche secondo in più e poi li aprì. Vide che lui le sorrideva e quel sorriso le penetrò fino al cuore, dissipando ogni dubbio.
Era successo e basta. Non c’era bisogno di parole, ma lei pronunciò comunque il suo nome, forse per dire qualcosa che non venne, o forse semplicemente per assicurarsi che quello che era successo fosse vero Che era davvero lì con lui, stretta a lui.
E non l’aveva respinta. E lei non aveva esitato.
Non era riuscita a dirgli quello che voleva, ma quel bacio era bastato più di mille parole.
“Emeth…”
“Non dire niente. Non serve che tu dica niente.” mormorò lui, abbracciandola.
Lucy affondò il viso nella sua spalla.
Emeth la strinse a sé con forza, a lungo. Chiuse gli occhi e sentì il calore di lei propagarsi intorno a lui e riempire l’aria.
Fu una strana, meravigliosa sensazione quella che Lucy provò. Non era come quando abbracciava Peter, o Edmund, o Caspian. Loro le davano sicurezza, certo, ma non così…
C’era come un calore che scaturiva dal copro di Emeth e si riversava in lei, e le donava una forza tutta nuova. Una forza che la fece sentire capace di fare qualsiasi cosa.
Per alcuni minuti, nessuno dei due parlò. Continuarono a fissare il ponte attorno a loro, il, mare, il cielo, ma senza vederli; ad ascoltare i richiami dei gabbiani e degli uccelli notturni.
Il sole era tramontato e il cielo era sorta una falce di luna.
Emeth non avrebbe mai voluto baciarla, perché sapeva che il sentimento che già provava si sarebbe trasformato in vero amore. Lo temeva proprio perché sapeva che sarebbe successo questo. Ma era la sua ultima possibilità finché fossero stati lì in quei giorni, ancora insieme. Se avesse aspettato dando ascolto alle sue assurde paure, forse non avrebbe avuto la possibilità di mostrare quel che provava per lei, una volta che se ne fosse andata.
Erano così giovani, quasi due bambini. Ma il sentimento che provavano era sincero e ciò bastava ad entrambi.
Lucy alzò il viso e lo guardò con occhi splendenti, intimidita da ciò che sarebbe venuto adesso.
Un bacio non era forse il preludio di qualcosa? Di un legame più serio?
“Una volta…” esordì in un sussurro, “mi hai detto se sarà mai possibile che i miei genitori vengano a Narnia, perché in questo modo, se nessuno dovrà più dire addio, potremo stare tutti insieme. Te lo ricordi?”
Lui annui. “Certo che me lo ricordo. Quella volta ti ho anche chiesto se tu saresti rimasta con me”
La Regina annuì. “Ci ho riflettuto, sai, e penso…penso che non sarà possibile fino a che Aslan non lo vorrà”
Divenne molto triste e Emeth ebbe un fremito di paura. Ma prima che potesse esprimerla, lei parlò di nuovo.
“Ma fino a quel giorno, Emeth, tu vuoi stare con me? Sempre, come se potessimo già…”
“Sì. Sì, voglio stare insieme a te, Lucy”
Il giovane le strinse le mani e gliele accarezzò dolcemente.
“Volevo una vita diversa, sai? La cercavo da molto tempo” le confessò, mentre la ragazza chiudeva gli occhi e si appoggiava con la guancia alla sua spalla. “Penso di averla trovata”
Lei sorrise e poi si gettò di nuovo tra le sue braccia.
 
 
 
Era costantemente affacciata alla finestra della torre, per vedere un mondo che c’era. Nemmeno se chiudeva gli occhi e si concentrava, ormai, riusciva a scorgere al di là delle nuvole.
Shanna aspettava qualcuno, e tese le braccia con un sorriso agitato e felice quando la piccola sagoma di Shira apparve tra le nubi oscure.
Come sempre, non appena il falchetto superò la barriera della nebbia, questa cercò di ghermirla.
E così sarebbe stato per chiunque avesse tentato di superare la barriera posta dalla Strega Bianca, ma Shira era così veloce che la foschia non riusciva mai a raggiungerla.
Shanna si accorse però che qualcosa non andava, e quando la sua piccola amica raggiunse la finestra e volò tra le sue braccia tese, si rese conto che era ferita.
“Piccola, stai bene?”
“Ohi…questa volta mi ha presa” disse Shira, facendo una smorfia.
Shanna la depose dolcemente sul letto e prese l’ala con delicatezza tra le sue mani tremanti. Non sopportava la vista del sangue.
“Non fare quel faccino triste” le disse Shira, mentre l’altra si premurava di fare il possibile per curarla. “E’ solo un graffio”
“Non devi più venire qui, sta diventando troppo rischioso”
“No, devo, invece. Non vuoi sapere come stanno i nostri Re e Regine?”
Shanna annuì, e mentre fasciava accuratamente l’ala di Shira, questa gli raccontò tutto quello che sapeva.
“Subito dopo la battaglia sono schizzata fuori dalla gabbia insieme ad altri tre o quattro falchi. Poveretti, si meritano la libertà, piuttosto che continuare a rimanere rinchiusi sulla nave di quell’essere abbietto che è Rabadash! Non stava molto bene quando l’ho visto l’ultima volta” ridacchiò Shira e poi emise un lamento.
“Scusa! Scusa!” esclamò Shanna, lasciandola andare. “Va meglio?”
“Più o meno.” Shira saltellò sulle coperte e si esaminò l’ala. Poi si appollaiò nel grembo della sua amica Stella e la guardò con gli occhietti sorridenti. “Tu sei una bella incosciente, sai? Dici a me di essere sempre prudente e poi ti esponi in quel modo!”
Shanna sorrise, sapendo che la rimproverava solo per scherzo, come sempre.
“Ad ogni modo, Re Caspian sta bene, l’ho visto con i miei occhi. Le sue ferite sono subito state guarite dal cordiale della Regina Lucy. C’è mancato davvero poco, stavolta!”
“Oh, meno male!” esclamò Shanna sollevata, con una mano sul cuore. “E dimmi, sai se hanno già raggiunto sull’isola vulcanica?”
“Ehi, senti un po’, ma per chi mi hai presa?” sbottò Shira arruffando tutte le penne, e Shanna rise. “Va bene che sono veloce, ma non così tanto! Uff…volare avanti e indietro è faticoso e richiede tempo”
“Perdonami, Shira”
“Sì, sì, va bene. Comunque, sono volata subito da te e ho sorpassato quell’isola, ma la nave di Narnia non c’era ancora”
“Forse sono là in questo momento” pensò Shanna, accarezzando il piumaggio bianco e nero del falco. “Jadis se né andata qualche giorno fa e non è ancora tornata. Avrei voluto approfittarne per apparire ancora ai Sovrani, ma non ho osato”
“Certamente, è stata una saggia idea” commentò Shira.
“Però vorrei rivederlo…” sussurrò la ragazza e un dolce sorriso si dipinse sul suo volto.
Il falchetto la guardò interrogativa.
D’un tratto, un rumore di passi le fece voltare verso la pesante porta di ferro.
“Arriva qualcuno! Nasconditi!” esclamò subito la fanciulla, e Shira volò in un angolo in ombra tra le travi di legno del soffitto.
Quando la porta si aprì, Shanna ebbe come l’impulso di correre incontro alla persona che la oltrepassò, ma l’espressione di quella era così astiosa, così fredda che ella stentò a riconoscerla, pensando per un momento di avere davanti un’estranea.
“Sorella…”
Lilliandil non mostrò alcun tipo di emozione sentendosi chiamare in quel modo. Avanzò appena nella stanza e restò a distanza debita.
“Sono venuta solo per dirti che Jadis starà via per un po’ di tempo e che adesso sono io ad avere la responsabilità di tutto ciò che accade qui, per cui non fare sciocchezze, Shanna, non voglio essere costretta a punirti. Dopotutto, sei sempre mia sorella minore”
“Oh, Lilliandil, per favore!” la implorò Shanna. “Torna in te! Che cosa ti è successo?”
La sorella non le rispose e mulinò i lunghi capelli biondi, chiarissimi, e le voltò le spalle, come infastidita.
“Smettila!” gridò poi, voltandosi di nuovo. “Tu non puoi capire, sei soltanto una bambina!”
“Capisco che stai gettando vi tutto per la tua assurda gelosia!” ribatté Shanna.
“Taci! Restatene buona qui e nessuno ti farà del male” Lilliandil le si avvicinò e le fece una carezza. “Sorellina, devi smetterla di cercare di ribellarti. Jadis non farà nulla ne a te ne a papà, ma voi dovete smetterla di ostacolarla”
Shanna si ritrasse. “Come fai a dare ascolto a una creatura simile?!”
“Perché la capisco: anche lei ha perso tutto quello che aveva, come me, per colpa dei Pevensie.”
“Parli come lei!” esclamò Shanna disperata.
Lilliandil le rivolse uno sguardo indifferente e si voltò di nuovo. “Non tentare più di aiutare i narniani” le disse infine, prima di uscire. “Per il tuo bene, lascia fare a me”
I due Ciclopi posti a guardia della torre la lasciarono passare e richiusero i battenti.
Shanna corse alla porta e vi batté sopra i pugni, invano.
“Lilliandil, no! Non fare questo, per favore!”
“Shanna…” fece la voce di Shira e la fanciulla si voltò.
Il falco volò tra le sue mani. “Bisogna avvertirli subito! Se vedranno tua sorella seguiranno lei e non arriveranno mai alla Tavola di Aslan!”
“Lo so, ma come posso fare? Non posso più apparire in cielo, non ce la faccio. I miei poteri non funzionano... Sono troppo debole, Shira!”
“Non c’è bisogno che tu faccia niente. Ci penserò io”
Il falchetto volò dalle mani della ragazza al davanzale della finestra, e poi spiccò il volo prima che Shanna potesse fermala.
“Shira!” gridò la ragazza, ma troppo tardi.
“C’è ancora una cosa che posso fare…l’ultima…” pensò poi, e chiuse gli occhi.
E nello stesso momento, sul Veliero dell’Alba, Edmund li aprì…

 
 
 
 
Cari lettori, eccoci arrivati a uno dei momenti che aspettavate di più: il bacio tra Lucy e Emeth!!!
Lo so, lo so, forse speravate anche in un ‘ti amo’, ma andiamo per gradi… ;) Intanto si sono messi insieme!!!
Fan della coppia, voglio sentirvi!!!!!!
Purtroppo, ho dovuto (credetemi avrei preferito sorvolare) mettere la lucciola molesta a rovinare e cose.
Ogni tanto mi viene un dubbio: quando passo da una scena all’altra senza preavviso, staccando così di botto come in questo capitolo ( e in altri) si capisce tutto vero? Non è confusionario…
Come? Niente Suspian? Ma come, non avete fatto il pieno negli scorsi due capitoli??? Eh ma che ingordi siete…XD
E a proposito dei nostri Suspian: lo scorso capitolo è quello che ha ricevuto più recensioni: ben 19!!!!!! Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!
Qualcosa mi dice che è stato merito del matrimonio, vero? ;)
 
Passiamo ai ringraziamenti.
 
Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Martinny, Muffin alla Carota, piumetta, ScarlettEltanin,  Serena VdW, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94, virginiaaa
 
Per le ricordate:
 
ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 
Per le seguite:

Allegory86, Angel2000, ArianneT, Arya512, Ballerinasullepunte, Betely,catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Lucinda Grey, lullabi2000, Mari_BubblyGirls, Miss H_, piccolaBiby, piumettaPoska,Red_DragonflyRevan93, Riveer, Serena VdW, Smurff_LT, susan the queenSweetSmile e Yukiiiiii
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:

Angel2000, Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, catherineheatcliff, ElenaDamon18, EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93GossipGirl88, King_Peter, Lolli1D, lullabi2000, Martinny, Mia Morgenstern, piumetta, Serena VdW e TheWomanInRed,ì
 


Angolino delle Anticipazioni:
Da come avrete capito nel finale, ci sarà prestissimo un nuovo incontro ravvicinato del terzo tipo…vale a dire Shanna e Edmund!!! XD (è ufficiale, oggi sono più fuori del solito…)
Torneranno i nostri Caspian e Susan dal loro viaggio di nozze (?) e anche momenti Petriel che da un po’ mancano.
E una nuova prova aspetta i nostri eroi…

 
 
Un'ultima cosa: quando cambiate nickname, mi potreste per favore avvertire? Siete talmente tanti che a volte mi perdo… sorry ^^
 
Anche per questa settimana io vi lascio, carissimi.
Vi aspetto alla prossima e statemi bene!
Baci dalla vostra Susan<3

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Capitolo 39
*** Capitolo 39: Il tempo stringe ***


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39. Il tempo stringe

 
 
Non era ancora sorto il sole quando Susan si mosse, socchiudendo le palpebre, rabbrividendo un poco nella fresca aria del mattino.
Il peso sul suo fianco la fece sorridere.
Aprì definitivamente gli occhi, per poter ammirare il viso di fronte al suo.
Caspian dormiva serenamente, il braccio destro che le cingeva la vita, le labbra leggermente dischiuse e la solita ciocca ribelle sulla fronte.
Lo guardò a lungo…suo marito.
Era sua moglie.
Ed era vero. Erano sposati.
Una gioia incontenibile si impadronì di lei. Susan sorrise ancor di più e allungò piano una mano per riavviargli i capelli e poi per sfiorargli le labbra con la punta delle dita. Lui non si mosse.
La rugiada bagnava leggermente i loro corpi e i pesanti mantelli con cui si erano coperti. Il fuoco era ormai spento da tempo.
Sapeva che avrebbe dovuto svegliarlo, ma non aveva ancora la voglia di farlo davvero. Adorava guardarlo, osservare ogni singolo centimetro di quel volto che lei adorava e che le era il più caro al mondo.
Guardarlo e pensare a quando l’aveva conosciuto, pensare a quel giorno nella Foresta Tremante, quando ancora non sapeva chi era…
Che strano…
Ripensò alla prima volta che aveva fatto l’amore con lui. La mattina dopo lo aveva lasciato solo, fuggendo dalla sua camera. Ma non oggi, né il giorno seguente, né tra un anno o mille anni. Mai più.
Non aveva nulla da cui fuggire. Nulla da nascondere.
Quante ne avevano passate…quante ne avrebbero passate ancora, di sicuro, ma adesso non c’era più niente che le avrebbe impedito di fermarsi, di fare o dire qualsiasi cosa.
Era legata a lui da un vincolo sacro, indissolubile, che nemmeno la Grande Magia avrebbe potuto spezzare.
Era sua. Caspian era suo. Lui l’avrebbe difesa e lei lo avrebbe protetto a costo della vita.
Non più due, ma uno…
Richiuse gli occhi, ancora un po’ assonnata ma estremamente felice. Ascoltò i pochi suoni che provenivano dal di fuori del loro angolo privato di mondo: il lieve fruscio delle foglie, il rumore sommesso e costante della cascata... e poi il respiro di Caspian, lento e regolare…
Non le sarebbe importato niente di rimanere lì per sempre, potendo escludere tutto il resto. Purtroppo però, non era possibile.
Susan sospirò rassegnata quando udì il primo uccello iniziare a cantare, e seppe allora che era veramente il momento di tornare alla realtà. Tornare ad essere un Re e una Regina.
Riaprì gli occhi celesti e si mosse con cautela, poggiandosi su un gomito ma senza spostare il braccio di Caspian dal suo fianco. Si chinò verso di lui e gli pose un delicato bacio sulla guancia.
“Amore…è quasi giorno” sussurrò.
Lui fece un lieve movimento, poi tornando nella posizione iniziale.
“Caspian?”
“Mmm…”
“Sveglia, dormiglione” sussurrò la fanciulla, baciandolo ancora sul viso e sulla fronte.
“Cinque minuti” borbottò il Re, facendo un profondo sospiro.
“Ma sei fissato con i cinque minuti…”
Sul viso di Caspian si disegnò un sorriso, e poi un occhio scuro si aprì. Uno solo.
Susan rise.
“Due?” chiese lui.
La Dolce storse un poco le labbra. “E va bene…” si arrese, mentre Caspian la stringeva in vita.
“Continua a svegliarmi” le sussurrò il Re, richiudendo di nuovo gli occhi.
Susan posò di nuovo le labbra sulla sua pelle ruvida. Gli diede piccoli baci leggeri sulle guance, la fronte, gli occhi, il naso, il mento, fino ad arrivare al contorno delle sue labbra, saggiandone la morbidezza e il sapore.
Poco dopo, sentì le braccia di lui stringerla forte, e si ritrovò addosso a lui, sul suo petto nudo, e inevitabilmente vi si accoccolò serenamente, beandosi della sensazione che le davano le sue braccia chiuse attorno al proprio corpo: tenerezza, sicurezza, forza. Questo e molto altro.
Lo sentì sospirare ancora sotto di sé, assaporando il suo respiro caldo, la percezione dei forti muscoli del busto alzarsi e abbassarsi.
“Quando saremo a casa, dormiremo almeno fino a mezzogiorno”
Susan rise ancora, e anche lui.
Non avevano voglia di muoversi di un millimetro, dubitavano persino di poterlo fare per via della sensazione di rilassatezza che li sopraffece di lì a poco.
Un paio di passeri atterrarono vicino a loro, becchettando qua e là, poi volarono via.
Tra le fonde dei salici piangenti, uno spiraglio di sole illuminò una piccola chiazza di luce sul terreno.
“Dobbiamo andare” insisté di nuovo lei, e stavolta lui capì che aveva ragione.
Il Re di Narnia si mosse e alzò il braccio sul quale Susan era appoggiata, per passarsi una mano sugli occhi.
Lei si alzò a sedere, coprendosi con il mantello.
“Ahi…” si lamentò lui all’improvviso.
“Che c’è?”
“Il braccio…non me lo sento più” disse Caspian, massaggiandoselo e facendo una smorfia.
“Oh, scusami! E’ colpa mia. Ci ho appoggiato la testa per tutta la notte”
“Già…non ti facevo così pesante, sai?”
Susan inarcò le sopracciglia e fece un’espressione stizzita. “Pe…pesante??? Oh, brutto…prima mi dici che sono bassa e adesso che sono pesante?!”
Caspian rise di gusto.
 “Sei odioso!”
Iniziarono una dolce lotta, in cui nessuno dei due voleva essere vinto o vincitore, finché rotolarono di nuovo sul terreno e lei si ritrovò sotto di lui.
Caspian la guardò con estrema dolcezza. I capelli di Susan erano una cascata bruna sparsa sui petali blu. Si sdraiò piano su di lei e poi si chinò sulle sue labbra.
“E’ troppo bello per essere vero” mormorò lei ancora ad occhi chiusi.
Caspian la vide contrarre leggermente la fronte.
“Apri gli occhi, Susan, e guardami”
Lei fece un profondo respiro e lo fece. Incontrò i suoi occhi e vi si perse, come sempre.
“Hai ancora paura?” le chiese lui.
La ragazza si morse un labbro, piano. “Non è paura…non proprio…”
Poi, un pensiero attraversò la mente della Regina.
“Caspian, che facciamo una volta tornati a bordo? Lo diciamo o no agli altri che ci siamo sposati?”
Lui allora capì cosa nascondeva la sua angoscia.
“E’ per Peter, vero?”
“In parte. Per lui, per Drinian, per i Lord di Telmar, per Lucy che non sa nulla di nulla e mi odierà per averglielo tenuto nascosto. E naturalmente per…Aslan…”
“Aslan già lo saprà” disse Caspian.
Il cuore di Susan batté più forte per un secondo.
“Tu lo sai cosa penso, vero?” le disse poi lui, serio.
“Sì”
“Io non ho problemi”
“Scusami, amore mio” fece lei mortificata. “In realtà anch’io non ne avrei, è che mi mette ansia tutta questa situazione. Il fatto di non poterlo dire, di doverlo tenere segreto quando vorrei gridarlo al mondo intero! Non mi piace granché, te lo confesso”
“Non ti preoccupare” la rassicurò lui con un sorriso.
“Avrei già voluto parlarne ieri sera, però…”
“E chi ha avuto tempo di parlare, ieri sera?” esclamò Caspian allibito, facendola sorridere.
“Sei impossibile!” esclamò Susan a sua volta.
“Perché, scusa? Vorresti forse dirmi che tu hai avuto tempo di pensare ad altro oltre a me?” le chiese il Re un poco imbronciato.
“Bè, sì” rispose lei. “Ho pensato a un mucchio di cose. A noi, alla nostra vita, a quante cose faremo insieme e…bè, ai nostri bambini”
Il sorriso sincero di lui la sciolse e Susan provò un brivido al pensiero che…
“Caspian, se io… insomma se fossi…”
Se…è ok”
Il volto di lei s’illuminò di gioia immensa.
Lei desiderava un figlio, ma non glielo aveva mai detto per paura di stare correndo troppo. Ma era la cosa che desiderava più di ogni altra.
“Sei mia moglie adesso” aggiunse il giovane, con nel cuore la stessa inebriante emozione che si agitava anche in quello di Susan.
“E tu sei mio marito”
“Sì, e possono dire quello che vogliono. Tutti. E’ una cosa che non possono cambiare”
“No, mai!” scosse il capo la Regina Dolce, animandosi di nuova forza e determinazione.
Caspian si chinò lievemente su di lei, intrecciando le mani a quelle di lei.
“Io sono tuo”
“E io sono tua”
“Oggi…”
“E per sempre” finirono insieme, ripetendo parte delle promesse ancora una volta.
C’era una sintonia così perfetta tra loro…
Caspian la guardò ancora un momento, sistemandole il fiore blu tra i capelli.
“Sei pronta per essere la moglie del Re di Narnia?”
“E’ per questo che sono tornata” rispose Susan con decisione, guardandolo con fierezza.
Fiera di essere la donna di un uomo come lui. Fiera di averlo al suo fianco.
Caspian liberò un sorriso stupendo, e la baciò ancora. Poi le allacciò le mani dietro la schiena e la sollevò.
“Allora facciamogliela vedere!”
 
 
Il sogno cominciò senza preavviso, così come tutti i sogni vengono dal nulla, pieno di colori cupi inframezzati di spiragli di luce.
Era un luogo che non conosceva, un enorme spiazzo d’erba ben curata, lastricato da piastrelle che formavano un sentiero, sul quale Edmund stava già camminando, come se sapesse dove andare.
Il realtà non lo sapeva affatto, ma sentiva che doveva continuare ad avanzare.
Si volse indietro solo per un attimo e vide il Veliero dell’Alba lontano, immobile in mezzo al mare tranquillo. Desiderò essere là, ma era spinto da una strana voglia di scoprire cosa fosse quel posto che somigliava tanto alle rovine di Cair Paravel.
Adesso c’erano alti pilastri bianchi davanti a lui, al di là dei quali c’era uno spiazzo circondato ancora da colonne, dalle quali sgorgava piano acqua azzurra che scendeva fino a terra e scorreva dentro apposite aperture del pavimento di marmo, finendo chissà dove.
Edmund si fermò, perché così sentiva che era giusto fare. Non oltrepassò le colonne più alte.
Una sottile figura si materializzò di fronte a lui, uscendo dalle ombre. Non ebbe paura, perché sapeva di chi si trattava.
“Sei ancora tu? Sei venuta di nuovo?” chiese il giovane, tra lo stupito e il preoccupato.
La Stella Azzurra scosse i lunghi capelli biondi. “Stavolta sei venuto tu. Hai risposto al mio richiamo. Non ci speravo…”
“Mi dispiace. Non ho ancora potuto mantenere la promessa che ti ho fatto” aggiunse subito il Re, mortificato.
“Lo so quanti ostacoli avete affrontato. Capisco…”
Edmund cercò di rassicurarla. “Ma adesso che ci stai indicando la via, arriveremo presto”
Non riusciva a vederla bene. Il viso della ragazza era sempre coperto dalla luce che emanava lei stessa, e se la prima volta c’era stata anche la nebbia a coprirne la figura, ora c’era l’oscurità della notte. Ma questo non gl’impedì di scorgere nei suoi grandi occhi blu l’infelicità e la paura.
Il Giusto fece un istintivo passo in avanti verso di lei.
“Non devi venire da me, non prima di essere arrivato qui” disse la Stella.
“Che posto è?”
“La vostra prossima meta. Il luogo dove si trova mio padre. Te l’ho voluto mostrare così che non posiate sbagliare, né tu né gli altri, quando lo vedrete”
“Perché dovremmo sbagliare? Non ci stai forse guidando fin qui?”
Edmund provò un moto d’angoscia, ricordando subito l’avvertimento di lei nel primo sogno.
“Non sei tu la Stella che stiamo seguendo, vero? E’…”
“Mia sorella”
“Sorella?”
“Sì, e vi condurrà all’Isola della Strega Bianca, l’isola che si muove. Non dovete andare là finché non avrete posto tutte e sette le Spade sulla Tavola di Aslan. E’ indispensabile!” esclamò la fanciulla con enfasi. “Per favore, Maestà, per favore! Qualunque cosa succeda, non affrontante la Strega senza le Sette Spade. Non ce la farete mai!”
La ragazza giunse le mani, come in preghiera, supplicandolo di ascoltarla.
“Ma tu…tu sei prigioniera là, sull’isola di Jadis! E noi ti dobbiamo salvare!”
“Non prima di aver salvato mio padre! Rammentate la promessa, vi prego! E’ importante: dovete incontrare prima lui!”
“Perché?”
“Perché lui vi indicherà la strada al posto mio e vi racconterà come sono andate le cose. Non seguite lei!”
Edmund non capiva e continuò a guardare fisso quei grandi occhi di zaffiro, splendenti davvero come due stelle, unica parte di lei che non poteva essere offuscata da tenebre o altro.
 “Perché tua sorella dovrebbe indicarci la via errata?” chiese il Re anche se lo sapeva, ma voleva sentirlo dire. Voleva essere assolutamente certo che ci fosse la Strega Bianca dietro tutto questo.
Quando lei rispose, il ragazzo notò che il tono della sua voce si era fatto più basso.
“Perché lei non ha alcuna intenzione di farvi arrivare alla Tavola di Aslan” 
Edmund capì che qualcosa non andava.
D’un tratto, la Stella Azzurra uscì dalle ombre, ma ancora lui non riuscì a vederla in viso. I capelli volteggiavano attorno a lei, lunghi e chiarissimi, la veste bianca si muoveva a ogni suo passo. Camminava dritto verso di lui.
Per istinto, Edmund fece un passo indietro.
La vide prendere qualcosa dalle pieghe dell'abito: un pugnale di pietra grezza intagliato di complicati ricami risalenti a un’epoca antica, a un altro mondo.
Quel pugnale, lui l' aveva già visto tanto tempo prima nelle mani di un’altra donna. Lo aveva avuto puntato alla gola una vota; quel pugnale era l’arma con cui la Strega Bianca aveva ucciso Aslan…
Restò immobile, pietrificato: non poteva muoversi. Guardò ancora negli occhi blu di lei e vide che parevano divenuti insofferenti, freddi come ghiaccio, forse persino più chiari… attraverso di essi scorse un cuore privo di sentimenti.
Piano, la Stella gli si avvicinò sempre più. Non era più una ragazza, ma una donna.
Che diavolo era successo?
Ella si chinò al suo orecchio: “Porta a Caspian i miei saluti” sibilò.
Edmund gridò, percependo il movimento del braccio di lei scattare all’indietro. La lama del pugnale di pietra brillò di nuovo, ma Edmund si scostò appena in tempo per non essere trafitto. Alzò anche lui un braccio per proteggersi e sentì dolore.
“Stagli lontano!” udì gridare una voce e poi vide la ragazza, la vera Stella Azzurra, gettarsi sulla donna, afferrarle il braccio e tirarla all’indietro.
Poi, il sogno si dileguò in un istante.
Quando riaprì gli occhi, aveva davvero un braccio alzato e alla luce dell’alba vide brillare una striscia di sangue rosso.
Non era stato un songo. Non del tutto, almeno.
Si alzò a sedere, reggendosi l’avambraccio destro e stingendo i denti. Il taglio non era profondo, ma bruciava terribilmente.
Si volse verso la cuccetta di Caspian: non era ancora rientrato.
“Porta a Caspian i miei saluti …”
Ma chi diavolo era quella donna? Non di certo la ragazza dall’aspetto fragile e la voce dolce che gli era apparsa appena dopo l’ultima battaglia contro Calormen.
Ripercorse in un attimo gli eventi, in un lampo di colori, ombre, frasi, esclamazioni che si confusero uno nell’altro.
Si mise in piedi prima che qualcun altro si svegliasse e facesse domande sul suo stato. Prima di rispondere, doveva riflettere su quanto accaduto e su quanto visto.
Lavò subito il taglio e lo fasciò alla bene e meglio.
Non tornò a letto, non aveva più sonno (soprattutto non era ansioso di tornare a sognare). Si lavò e si vestì e poi uscì sul ponte deserto, ammirando le prime luci dell’alba e godendosi la frescura che presto avrebbe ceduto posto alla calura del giorno.
Guardò l'enorme, serpentesca sagoma di Eustace dormire della grossa sulla spiaggia, con una sagometta più piccola appollaiata sulla sua testa in mezzo alle grandi corna: Ripicì.
Andò avanti e indietro per un po’, lanciando di tanto in tanto occhiate alla boscaglia, dalla quale si aspettava di vedere apparire Caspian e Susan da un momento all’altro.
Poi, finalmente, fu pronto per mettere ordine in ciò che aveva vissuto, visto, e che avrebbe dovuto riferire presto agli altri.
Infine aveva ragione il cugino: c’erano due Stelle Azzurre, due sorelle a quanto pareva: l’una era la vera guida del cielo, l’altra era un’impostora.
Ma anche lui aveva avuto ragione: la Stella Azzurra non era una nemica, l’altra invece sì.
L’una era dolce e gentile, l’altra fredda e pericolosa.
Edmund alzò la testa e la vide là, brillare ed indicargli la strada. Chi era delle due ad averli guidati in quei giorni? Era davvero quella falsa? Avrebbero dovuto seguirla ancora?
Purtroppo, il dubbio c’era. La situazione non era chiara.
Poteva essere che si smogliassero nell’aspetto tanto da non averle sapute distinguere? Sì, poteva. In fin dei conti, non ne aveva mai veduto nitidamente il volto. Forse una si era sostituita all’altra. Ma chi aveva sognato la prima volta e chi poco fa? Forse entrambe.
Se l’avessero incontrata, l’avrebbe riconosciuta o non ne sarebbe stato in grado, rischiando così di cadere nella trappola della falsa guida?
Era quasi certo di aver parlato con la vera Stella quella notte, e successivamente con quella fasulla: quest’ultima era colei che aveva brandito il pugnale.
La vera Stella (supponeva fosse quella vera) gli aveva detto di liberare prima suo padre, perché lui aveva delle risposte forse proprio riguardo quella situazione.
Lo aveva slavato…Lei aveva fermato l’impostora e le aveva impedito di colpirlo forse mortalmente.
Edmund si affacciò al parapetto, ansioso di parlarne e di sentire l’opinione degli altri, e soprattutto di mettere in guardia Caspian.
Si massaggiò il braccio che ancora gli doleva e un orribile pensiero gli attraversò la mente: se non si fosse spostato in tempo, se la Stella Azzurra non fosse intervenuta, che cosa gli sarebbe successo?
La risposta non l’avrebbe mai saputa, ma di certo quel taglio superficiale- che fosse voluto o che fosse stato un errore- era una sfida. Forse un monito, il preludio di qualcosa prossima ad accadere. Non a lui, ma proprio a Caspian.
La loro nuova nemica ce l’aveva con il Liberatore, e le sue intenzioni non erano delle più buone.
 
 
Caspian e Susan riuscirono a tornare a bordo del veliero senza essere visti da nessuno.
Non appena li vide, Edmund corse loro incontro.
“Via libera. Dormono ancora tutti”
“Grazie Ed” disse Caspian, congedando Susan di malavoglia quando scesero sottocoperta.
“E’ ridicolo” le sussurrò poi, con un certo risentimento, tenendole le mani ben strette nelle sue per non lasciarla allontanare da sé.
“Caspian, ne abbiamo appena discusso” disse lei con calma.
“Nella cabina reale dovrebbero dormire il Re e la Regina, non ti pare?”
“Sì, ma non puoi cacciare via la povera Miriel”
“Non ce l’ho con Miriel” assicurò lui. “Le sono molto affezionato, però…non potrebbe stare con le altre ragazze?”
Susan scosse il capo. “Non lo so…se decidiamo di non dire niente a nessuno, cosa credi che penseranno gli altri vedendoti entrare tutte le notti in camera mia?”
“Prima di tutto, la camera è mia, signorina!”
“Signora, per favore” lo corresse subito Susan, lasciandolo un po’ sorpreso.
Caspian sorrise, rilassandosi. “Scusami…è che lo trovo così assurdo…”
“Bene, allora decidiamo: lo annunciamo o no?”
Lui prese un respiro. “Sì!”
Lei ebbe un fremito. Non si era aspettata una risposta così repentina.
“Se tu sei d’accordo” aggiunse subito il Re.
Ma lei era sicura e annuì più volte. “Quando?”
“Il più presto possibile”
Susan gli gettò le braccia al collo, udendo presto i primi rumori attorno a loro.
La paura c’era, e tanta, ma non era quella brutta sensazione che di solito si prova quando si riceve una brutta notizia o si è in pericolo. Era quella paura che ci prende quando sta per accadere qualcosa di meraviglioso. Quel senso di ansia e agitazione di quando stiamo per fare qualcosa che ci emoziona molto, e forse ne abbiamo paura ma non vediamo l’ora di farlo.
 “Scusate” disse Edmund, che aspettava poco lontano. “Mi spiace interrompervi, davvero, ma prima vi cambiate e meglio è. Avrete una vita per stare insieme, ma adesso non è il momento giusto”
Susan si separò dal marito e abbracciò il fratello. “Non finirò mai di dirti grazie, Ed. Senza di te non ce l’avremmo mai fatta.”
Edmund strinse l’abbraccio. “Mi chiedo che farò senza la mia seconda mamma, adesso. Io vado  a ruota libera senza di te, lo sai”
“Non provarci, piccola peste”. Susan gli prese il volto tra le mani e gli diede un bacio in fronte. “Sono fiera di te, Edmund. Di quello che sei diventato”
Il ragazzo fece una strana espressione. “Sei l’unica…Peter non lo è.”
La Dolce sospirò. “Peter non è un tipo che esprime i suoi sentimenti. Devi prenderlo così com’è: lui ha i suoi tempi e i suoi modi, come tutti del resto. Ma sono sicura che anche lui è fiero di te”
Edmund annuì. Guardò la sorella e pensò che non aveva il coraggio di dirle che c’era qualcuno che minacciava la sua felicità e quella di Caspian. Ma doveva…
“Quando sei pronta sveglia le altre” disse ancora,  poi si rivolse anche a Caspian. “Ho qualcosa di molto importante da dirvi”
Meno di mezz’ora dopo, erano tutti riuniti, la solita squadra. Mancava Eustace ma a lui avrebbe pensato Rip, riferendogli ogni cosa.
Edmund raccontò per filo e per segno il suo sogno e gli altri ascoltarono attentamente. Mostrò il taglio sull’avambraccio togliendosi la fasciatura provvisoria e Lucy se ne occupò immediatamente.
I Sovrani e i loro amici rimasero molto turbati dal racconto, specialmente dall’ultima parte: quale creatura era tanto potente da infliggere una ferita fisica attraverso un sogno?
“E non è ancora tutto” disse infine Edmund guardando dritto in viso Caspian. “La donna che mi ha fatto questo, ce l’ha con te. Ha detto una cosa, prima di colpirmi: ‘porta a Caspian i miei saluti”
Edmund serrò le labbra e guardò attentamente la reazione dell’amico. E di Susan.
Lei era chiaramente in agitazione. Caspian invece rimaneva calmo e all’apparenza impassibile.
Il Re di Narnia impiegò un attimo a raccogliere i pensieri, senza ben sapere come dovesse sentirsi. Non era spaventato, era più che alto curioso di sapere chi diavolo fosse questa mentitrice che gli aveva lanciato una chiara minaccia. Gli pareva di poter sentire in qualche modo pronunciare quella frase, come se la donna lo conoscesse già, come se ce l’avesse con lui per qualche motivo…ma quale? Poteva essere che fosse…no, era impossibile…
S’irrigidì un poco, deglutì e guardò Susan. Lei lo stava già fissando da tempo, ferma ma terribilmente spaventata.
“Io non so che significato abbiano questa parole” continuò Edmund, “ma ho paura che dovrai guardarti le spalle non solo da Rabadash d’ora in poi”
“Prima deve passare sul mio cadavere!” esclamò la Regina Dolce all’improvviso.
Caspian la guardò ancora e vide sul volto della sua sposa un’espressione di collera e paura. Ma la prima prevaleva. Le sorrise e le cinse le spalle con un braccio.
“Tranquilla”                                                    
“Caspian, parliamoci chiaro: se tu sei disposto a morire per me, io sono pronta a fare qualsiasi cosa per te. Se ti tocca anche solo con un dito, chiunque essa sia, giuro che le farò rimpiangere il giorno in cui ha pensato di farlo”
Il giovane la guardò strabiliato. Non scherzava, era più seria di come l’avesse mai vista.
“Mi fai paura, Sue” scherzò Edmund, e tutti sorrisero.
“C’è di sicuro Jadis implicata in questa storia” disse Peter con aria grave. “Rapisce la Stella Azzurra, minaccia suo padre e cerca di prenderci ancora nella trappola dei suoi incubi”
Edmund non capì. “Che vuoi dire?”
Peter indicò la sua ferita. “Il pugnale era suo, vero? Il pugnale di pietra della Strega Bianca”
A quell’affermazione rimasero tutti molto scossi.
“Quello di cui si narra nella storia della resurrezione di Aslan?” chiese Caspian.
“Precisamente” rispose il Re Supremo.
“Sì, ricordo che era dipinto anche sulle pareti della Casa di Aslan. Credevo fosse andato perduto”
“Non esattamente” spiegò Lucy al Liberatore. “Aslan disse che ci avrebbe pensato lui, che un oggetto tanto potente era impossibile da distruggere e così andava nascosto. Nessuno di noi sa che fine abbaia effettivamente fatto quel pugnale, ma a quanto pare è al sicuro. O almeno lo era”
“Perché la Strega se n’è impadronita di nuovo” aggiunse Emeth, e Lucy annuì. “Come diavolo ha fatto?”
“Non ne ho idea” rispose la Valorosa. “Purtroppo, Jadis ha molte più risorse di noi al momento, a quanto pare”
Tutti notarono il gran cambiamento di comportamento della Valorosa e del soldato, ma non fecero commenti per il momento.
“Potrebbe essere che…” fece Miriel titubante. Guardò Peter, e lui la incitò a continuare. “Ecco, potrebbe essere che la donna sognata da Edmund, quella con il pugnale, potesse essere la stessa Strega?”
“Ci ho pensato anch’io” intervenne Susan con uno sguardo alla Driade, e poi volgendosi al fratello minore. “Se la Strega stesse cercando di attirarti in un sogno come ha fatto con me, Ed?”
 “A questo non avevo pensato…” mormorò Edmund disorientato. “Accidenti! Volete dire che la donna che ho visto nel sogno era Jadis?!”
“E’ una possibilità” affermò la Regina Dolce.
“Quindi, state dicendo che è tutto un inganno?” chiese Emeth. “Che Edmund non ha incontrato la guida del cielo? Che la Strega Bianca ha preso le sue sembianze nei suoi sogni?”
“No, non credo” gli rispose ancora Susan. “La ragazza con cui Edmund ha parlato doveva essere la vera guida del cielo, ma la donna che ha visto in seguito…non lo so. Forse era l’altra Stella, sua sorella, o forse Jadis” la ragazza scosse il capo, facendo un gran sospiro.
“Stai bene?” le chiese Caspian sottovoce.
“Sì, perché?”
Lui la osservò un momento, pensieroso. “Niente. Mi sembri stanca”
“No, va tutto bene” lo rassicurò.
In realtà, non si sentiva molto in forma, ma non ci fece troppo caso, e ora non aveva tempo di pensarci.
“Per ‘sorella’ potrebbe aver inteso semplicemente una sua compagna” continuò Miriel. “Le Stelle usano chiamarsi ‘fratelli’ o ‘sorelle’ tra loro. In ogni caso, è comunque qualcuno di molto vicino a lei”
“In effetti, a me non risulta che Ramandu abbia due figlie” intervenne Caspian, un po’ a disagio.
Sentì Susan stingergli la mano e Peter fissarlo insistentemente.
“Ho sempre sentito parlare di una sola figlia di Ramandu” aggiunse il Liberatore, schiarendosi la voce.
“Deve trattarsi di una Stella che è passata dalla parte del male” dichiarò Lucy guardandoli tutti. “Che sta con la Strega Bianca e che forse l’ha aiutata a rapire la vera Stella Azzurra e anche suo padre Ramandu”
“A questo punto, credo che le cose stiano proprio così” rispose Peter, l’ultimo sul quale lo sguardo di Lucy si posò.
“L’unico modo per sapere la verità” disse Emeth, “sarà arrivare alla prossima isola e scoprirlo personalmente”
“L’isola di Ramandu” disse Ripicì, saltando sul tavolo, e puntando la punta della sua spada nella mappa delle Nuove Terre in un punto ancora in bianco. “Ormai siamo vicini alla Fine del Mondo, signori”
“Va bene, allora tiriamo le somme” disse Caspian.
Si staccò dal gruppo e si mise dietro al tavolo, posandovi sopra i palmi delle mani e osservando per un momento soltanto la mappa, poi alzò il viso e guardò gli amici.
“Prima le Spade, prima la Tavola di Aslan, come ha detto la Stella Azzurra…no, Ed, lo so cosa stai per dire: è prigioniera e Aslan ci ha detto di salvarla, è vero; ma se la Stella si trova prigioniera della Strega Bianca sull’isola mobile, forse avremo davvero bisogno delle Spade per affrontare Jadis e salvare lei. Ho idea che non sarà un gioco da ragazzi”
Peter avanzò verso il tavolo. “Mancano ancora quattro Spade all’appello. Pensi di trovarle prima di giungere da Ramandu?”
Caspian fece un sospiro a labbra strette. “Non sappiamo se i Lord si siano fermati là…”
“Se non dovessimo recuperare tutte e Sette le Spade, che succederebbe?” chiese Emeth, dando alito ai dubbi di tutti.
“Non potremo salvare Narnia” disse Miriel con voce afona. “Non potremo liberare coloro che sono caduti vittima del sonno eterno e la maledizione della Strega Bianca si estenderebbe in tutto il Regno.”
“E’ probabile...” aggiunse Caspian parlando piano, “che Lord Revilian, Lord Mavramorn, Lord Agoz e Lord…”
“Rhoop” gli venne in aiuto Susan.
“Rhoop, sì” ripeté il ragazzo, che non ricordava mai il nome dell’ultimo. “E' probabile- ripeto- che siano affondati con la nave di Telmar e che non risuciremo mai a trovarli. Nè loro, né le Spade che gli appartenevano”
“Precipitati dal bordo del mondo” disse Ripicì annuendo saggiamente. “L’ho sempre sospettato, Sire”
Susan avrebbe voluto dire per l’ennesima volta che il mondo era tondo, ma non era di certo il momento più adatto per certe sottigliezze.
“E se invece avessimo mancato qualche isola?” chiese Peter.
“Non lo so” rispose Caspian. “Ma quel che dobbiamo fare ora è salvare la Stella Azzurra e suo padre. Non possiamo più aspettare adesso che sappiamo di essere così vicini.” Caspian si volse verso Edmund. “Ed, il fato che tu abbia visto com’è fatta l’isola, almeno in parte, ci sarà d’aiuto per capire quando ci arriveremo”
“In che senso?” chiese il Giusto.
Caspian si raddrizzò. “Nel senso che là fuori c’è una falsa guida che forse non ci farà mai arrivare dove vogliamo. Ci manderà inevitabilmente fuori rotta. E' certo. E noi conteremo su di te, Ed, quando il momento arriverà, per riconoscere l’Isola di Ramandu.”
“C-cioè, vi devo fare da guida io?! Ma sei matto?!”
“No, sono serissimo. E vorrei poter contare anche su di te, Ripicì, e su Eustace.”
Il topo si mise sull’attenti. “Tutto ciò che ordinate, Sire, io lo eseguirò!”
Caspian sorrise. “Quando avvisteremo la prossima terraferma, tu e Eustace sarete incaricati di fare un volo di perlustrazione dall’alto, per accertarvi che il luogo al quale arriveremo sarà lo stesso visto da Edmund nel suo sogno. Se non troveremo tracce di colonne o simili, non ci fermeremo”
“Quindi, non seguiremo più la Stella Azzurra?” chiese Peter, guardando fuori dal grande finestrone l’astro lucente che brillava davanti a loro.
“Credo sia meglio di no” rispose Caspian.
“Sono d’accordo”
Peter che dava ragione a Caspian era un evento raro, per questo tutti ne rimasero sorpresi e fissarono il Re Supremo con tanto d’occhi.
“Che avete da guardarmi in quel modo?” chiese il giovane, leggermente infastidito. “Lu, chiudi la bocca”
“Allora…” concluse Ripicì, alzando la sua spada. “Per Narnia!”
E a quell’esclamazione, i ragazzi si alzarono e risposero: “Per Aslan!”
Ripicì aveva ragione, ormai tutti lo sapevano, o per meglio dire, lo sentivano: si stavano preparando alla parte più difficile del viaggio, l’ultima parte. La traversata era durata più o meno quattro mesi e sembrava ieri che si erano imbarcati.
Caspian era partito da Cair Paravel alla fine del mese di agosto e i Pevensie si erano uniti a lui verso la metà del mese di settembre, poi pian piano si erano aggiunti tutti gli altri. Ora erano a metà del mese di novembre. Non sapevano quanti giorni ancora avrebbero impiegato per raggiungere la meta finale, le Terre di Aslan, considerando i vari imprevisti che avrebbero fatto perder loro del tempo, ma se Caspian aveva calcolato inizialmente di poter essere a casa per la fine dell’anno, si sbagliava, come già una volta aveva constatato insieme a Drinian.
“Ragazzi, ascoltate per favore” disse il Liberatore quando gli altri fecero per andarsene.
Tutti si fermarono e rimasero in attesa.
“Visto che siamo tutti qui, vorrei approfittarne per dirvi una cosa importante”
Il Re era chiaramente molto nervoso, e quando si voltò verso Susan, vide che lei lo era ancora di più. Prese la mano della sua sposa e scoprì che tremava leggermente, ed era molto calda.
“Tranquilla” le disse solo muovendo le labbra. Lei gli fece un breve sorriso.
Sì, era tranquillissima, come no! Con Peter che già li fissava con fare indagatorio.
“Oh mamma” fece Edmund a bassa voce “Adesso scoppia davvero una guerra civile”
Ripicì, appollaiato sulla sua spalla, lo guardò perplesso. “Perché dite questo, Maestà?”
“Ora lo vedrai…”
“Allora?” incalzò Lucy, guardando da Caspian, a Susan…a Edmund. Perché aveva notato che anche il fratello si lanciava sguardi furtivi con il Liberatore e la Dolce.
“Ecco…ieri sera è successa una cosa” cominciò Susan, la voce tremula e straordinariamente bassa. “Noi…”
“Io e Susan ci siamo sposati” tagliò corto Caspian, facendo infine un gran sospiro. “Scusa, amore mio” sussurrò poi senza quasi muovere le labbra. “Troppo rapido?”
“Indolore, se non altro” rispose Susan altrettanto piano. “Almeno credo…”
Scese un silenzio di tomba.
I due giovani sposi continuarono a tenersi per mano aspettando che…bè, non sapevano esattamente cosa aspettarsi.
Urla? Rimproveri? Congratulazioni?
Poi, d’un tratto, la vocetta di Ripicì spezzò il silenzio.
“Felicitazioni, Vostre Maestà!” esclamò il topo, saltando giù dalla spalla di Edmund e inchinandosi profondamente davanti al Re e alla Regina. “Posso stingervi la mano, Sire? E baciare la vostra mia Signora? Oh, sono così felice! Speravo davvero che arrivasse questo giorno e me lo sentivo che sarebbe accaduto presto! Auguri, auguri di cuore!”
“G-grazie” mormorarono i due sposi, felici.
“Vi siete sposati?” chiese Lucy con un’espressione incredula. “Vi siete sposati?! M-ma come? Dove? E chi ha celebrato la cerimonia? E perché non sono stata invitata?” chiese in ultimo, mettendosi le mani sui fianchi.
Susan si mosse subito verso di lei. “Lu, mi dispiace, io…”
Lucy emise un grido e Susan si ritrovò soffocata dalle sue braccia attorno al collo.
“Lu…”
“Caspian!” gridò ancora la ragazzina, catapultandosi ad abbracciare anche lui.
“Congratulazioni!” esclamò Miriel abbracciando la Regina Dolce, e anche Emeth e Gael espressero le loro felicitazioni.
Quando Susan si separò dalla bambina incontrò lo sguardo di Peter, rimasto un poco più indietro degli altri.
“Sei impazzita?”
Queste due parole bastarono per spegnere quel leggero sorriso che era apparso sul volto della ragazza.
Tutti gli altri si fermarono, smisero di parlare e si voltarono.
“Siete due pazzi” confermò il Re Supremo.
Non sembrava arrabbiato, ma non era granché felice, si notava chiaramente.
Susan provò un gran vuoto nel cuore. Perché suo fratello non capiva?
“Come avete fatto? No, aspettate, lo so: Edmund, vero?”
“Edmund?” fece Lucy perplessa.
“O Drinian o Edmund o me. Gli unici che avrebbero potuto convalidare le nozze fuori dal regno di Narnia” spiegò Peter.
“Sì” rispose il Giusto con calma ma con un certo orgoglio. “E visto che né tu né il capitano lo avreste mai fatto, ho pensato di intervenire io. Se avete qualcosa da ridire, arrivate tardi”
“Io da ridire non ho proprio niente” assicurò Lucy.
“E’ un colpo di testa. Voi non…”                                            
“Oh, piantala, Peter!” sbottò Caspian “La sola parola che sai dire è sempre e solo no?!”
“Caspian, per favore…” lo ammonì Susan, ma lui la ignorò.
E ignorò anche i consigli che la Dolce gli aveva dato poco prima di tornare a bordo della nave, di rimanere calmo e non ribattere. Susan era d’indole pacifica, era paziente; lui decisamente meno, almeno per quanto riguardava il secondo aspetto.
“Accettalo una volta per tutte e smettila di darci addosso. Personalmente mi sono stancato di stare a sentire le tue rimostranze. Lo sapevi che sarebbe successo, lo sapevi che l’avremmo fatto con o senza il tuo consenso.”
Sembrava si fossero invertiti le parti, perché stranamente era Peter ad essere più calmo di Caspian, ora.
 “Avevate promesso di aspettare almeno la parola di Aslan” ribatté il Magnifico.
Caspian strinse i pugni per un attimo. “Non volevamo più aspettare”
“Non potevamo” gli fece eco Susan. “Lo sappiamo di aver sbagliato, ma se Aslan avesse davvero qualcosa contro di noi, io credo che ce l’avrebbe fatto capire. In fin dei conti, non c’è nulla che ci abbia impedito di compiere questo passo, eccetto un paio di impedimenti e i mei assurdi dubbi”. La ragazza guardò il fratello dritto negli occhi. “Caspian ha ragione: lo sapevi che l’avrei fatto. L’hai sempre saputo, anche se non lo ammetti, Peter. Sapevi che il motivo principale per cui sono tornata…era lui” Si volse a guardare il suo sposo con il cuore che batteva forte. “Solo lui.”
Susan camminò piano verso il fratello e gli mise piano le mani sulle spalle. “Gioisci per me, Peter, ti prego. Condividi con me la mia felicità. Perché non puoi farlo? Cosa c’è che non capisci?”
“Non voglio lasciarti andare, Sue” le disse il giovane, sinceramente. “Ci sentiremo tutti soli senza di te. Non saremo più noi se tu non ci sarai”
Susan lo guardò con estrema tristezza.
Il Re Supremo non si sentì di aggiungere altro. Non voleva dire qualcosa in più e rischiare di offendere di nuovo la sorella o ripetere la scenata di qualche giorno prima. Non gli piaceva l’idea di fare sempre e comunque la parte del piantagrane, forse perché si era pentito del comportamento tenuto nei confronti di Susan, ma soprattutto del Re di Narnia, fin dall’inizio della loro storia.
Aveva sempre saputo che se anche Caspian non gli andava a genio, non era lui a poter decidere di chi si doveva innamorare Susan. E forse, se non ci fosse stato il fattore mondi diversi, epoche diverse, tempi diversi e lontani, troppo lontani, Peter avrebbe reagito in modo totalmente differente. Sarebbe stato più elastico, meno apprensivo magari. E un po’ meno odioso.
Solo ora che erano alla fine capiva davvero, e solo dopo che loro lo avevano messo davanti al fatto compiuto.
In un certo qual modo, era come se li avesse spinti lui a fare quel passo sconsiderato.
“Non so più come rimproverarvi, a voi due” disse Peter infine, quasi stanco di tutta quella situazione. “Dovevate aspettare. Quando arriverà il momento che tu sai, Caspian, che farai?”
Il Liberatore corrugò la fronte. “Che vuoi dire?”
“Lo sai cosa voglio dire”
Lucy e Edmund si cambiarono un’occhiata con Miriel. Avevano capito che Peter si riferiva al momento in cui Caspian avrebbe dovuto incontrare la sua sposa, e quel momento era ormai imminente.
“Venite” disse Lucy, prendendo per mano Emeth e facendo un cenno anche a Rip e Gael. “Lasciamoli parlare loro tre da soli”
I due Pevensie, la Driade, il soldato, il topo e la bambina, uscirono in corridoio e poi sul ponte.
“Che cosa succede? Perché tuo fratello fa sempre così?” chiese Emeth alla Regina.
“Perché Peter fatica ad accettare il fatto che Susan ora appartenga a Narnia, e a Caspian”
“E’ così che deve essere. Io a dire il vero, all’inizio di tutta questa storia, credevo che Caspian e Susan fossero già sposati”
Lucy lo guardò stupita. “Davvero? Non me lo hai mai detto”
Emeth alzò le spalle. “Comunque, io non voglio giudicare nessuno, ma penso che un po’ sconsiderati lo siano stati se pensiamo alle posizioni che ricoprono. Si sono mai visti un Re e una Regina che scappano per sposarsi?”
“Oh, è così romantico!” sospirò la Valorosa senza poter resistere. “Ho sempre trovato appassionanti le fughe d’amore”
Emeth la guardò un po’ impacciato. Poi si avvicinò a lei e le cinse la vita con dolcezza e la baciò.
Lucy si aggrappò alle sue spalle e poi lo guardò con occhi splendenti, sorridendo timidamente.
“Possiamo scappare insieme, se vuoi”
Lei rise.
“Lu???”
Era la voce di Edmund.
Lucy e Emeth si separarono subito. Voltandosi, videro il Giusto fissarli con una strana espressione. Non proprio arrabbiata, ma…
“Che stavi facendo?”
“Niente!” esclamò la ragazza arrossendo violentemente.
“Io devo andare” disse Emeth in fretta, allontanandosi.
Edmund scrutò la sorella con fare indagatorio per un po’. Lucy lo guardò a sua volta di sottecchi.
“Che c’è? Perché mi cercavi?”
“Perché Drinian ha detto che tra poco scenderemo per esplorare l’isola. Te ne sei dimenticata che dovevamo farlo questa mattina?”
“Ah…giusto. Vado a prepararmi”
Anche Lucy corse via e Edmund rifletté per un attimo: non voleva diventare come Peter e rischiare una crisi di nervi ogni qualvolta che vedeva le sorelle con un ragazzo. Però, Lucy non era Susan. Lucy era una bambina! Ed era da un po’ di tempo che notava Emeth ronzarle intorno un po’ troppo insistentemente…
 
Peter, Susan e Caspian avevano concluso la conversazione come al solito: con un nulla di fatto.
Il Re Supremo sapeva di non poter più fare granché, ormai, e Caspian pensava che se arrivare davanti ad Aslan a fatto compiuto voleva poter tenere Susan con sé per sempre, bene, così sarebbe stato.
“Lo dirai anche a Drinian?” chiese Susan, mentre il suo sposo l’aiutava a salire sulla scialuppa, pronti per scendere a terra.
“No. A tutto l’equipaggio”
Susan si sentì felicissima, non era mai stata tanto contenta di avere gli occhi di tutti puntati addosso. Se la guardavano, era perché sapevano…sapevano che adesso lei apparteneva al Re.
Perlustrarono l’isola alla ricerca di viveri, dopo le scarse provviste raccolte sull’Isola del Drago.
Quando però i marinai espressero il desiderio di mangiare carne, minacciando altrimenti di far di bistecche il povero Eustace, il drago si fece capire tramite Ripicì che avrebbe potuto accontentarli al più presto cacciando qualche animale dell’isola. Ma a questo punto, Edmund, Susan e Caspian urlarono a un sola voce “NO!”, rifiutandosi categoricamente di accettare che un solo animale di quel luogo venisse ucciso.
Nessuno sapeva il vero motivo che aveva spinto il Giusto, La Dolce e il Liberatore a prendere questa decisione. “Lasciateli vivere” disse semplicemente Caspian, quando gli uomini gli chiesero spiegazioni.
Ma il vero motivo era che tutti e tre avevano avuto come l’impressione che quelli non fossero semplici animali muti. Erano diversi…speciali. Tutto quel luogo era speciale, e lo sarebbe sempre stato per loro, soprattutto per Caspian e Susan.
Vedendolo ora, alla luce del sole, la sua magia non veniva in alcun modo sminuita. Il prato di rose blu apparve in tutta la sua magnificenza appena i Sovrani s’inoltrarono nella foresta assieme a Miriel, Emeth, Gael, Rhynce, Drinian, Tavors e Ripicì. Eustace li seguiva dall’ alto. La fragranza inebriante di quei fiori riempiva l’aria e scoprirono presto che tutta la superficie dell’isola contava in prevalenza rose blu, a parte qualche altro piccolo fiore di altra specie.
“Non c’è traccia di civiltà, Sire” disse Drinian ad un tratto, in testa al gruppo. “Ma abbiamo trovato dei resti più in là del lago, venite a vedere”.
C’erano effettivamente segni di quelle che un tempo avrebbero potuto essere capanne, ma erano così piccole che era impensabile fossero appartenute a degli uomini.
“Forse erano nani” osservò Rip, insistendo per portare via una barchetta di vimini che sembrava essere stata costruita appositamente per lui. “Qui, di certo, non serve più a nessuno”
Si occuparono allora delle provviste e a questo punto, oltre a raccogliere frutti, le ragazze pensarono bene di cogliere anche qualche fiore. Emeth rimase con loro, con la scusa di poterle proteggere in caso di pericolo. Ma di pericoli, laggiù, non sembravano proprio essercene.
Susan aveva un lieve sospetto del perché Emeth fosse voluto rimanere invece che andare con gli altri uomini. Lucy le aveva raccontato ogni cosa successa tra lei e il soldato, e l’aveva ringraziata dei consigli che le aveva dato.
A fine lavori, tutti i marinai pensarono bene di scendere a vedere meglio da vicino quel luogo incantato, perché proprio così appariva gli occhi di tutti, era inevitabile.
Caspian diede il permesso all’intero equipaggio di prendersi il pomeriggio libero e di godere delle bellezze della natura, e così fecero.
Alcuni si sdraiarono sulla spiaggia all’ombra, altri sotto gli alberi a chiacchierare, a riposare, chi a giocare a scacchi o a carte. Altri fecero una lunga passeggiata tra i boschi godendosi la frescura che gli alberi regalavano loro sotto le folte fronde. Eustace si fece invece un bel bagno nel laghetto.
“Posso andare a vedere il lago?” chiese la Valorosa alla sorella.
“Vengo anch’io!” esclamò subito Gael.
“Va bene, ma state attente” assentì Susan, che si era fermata a riposare un momento. “Emeth, va con loro”
Il soldato la guardò molto stupito e un po’ a disagio.
“Muoviti”
“Emeth! Veni!” lo chiamò Lucy da lontano.
“Grazie, Susan”
“E di cosa?”
La Regina guardò i tre ragazzi allontanarsi e giocare nel lago con il drago, mentre Ripicì, poco lontano, sistemava la sua nuova barchetta.
“Fa un gran caldo oggi, ma qui si sta bene” disse Miriel, sedendosi accanto all’amica.
“Sì, è vero”
“Non vai anche tu a farti un bagno? Ti piace nuotare, o sbaglio?”
“No, non sbagli. Ma non sono troppo in forma”
La Driade osservò la Dolce con attenzione. “Stai bene?”
“Sì, certo”
Anche Caspian glielo aveva chiesto quella mattina.
Miriel le prese una mano. “Sei sicura? Sei un po’ pallida”
“E’ il caldo. E’ davvero insopportabile. Quasi quasi hai ragione, vado anch’io a farmi un bagno”
“Prima volevo dirti una cosa” la fermò Miriel facendole un sorriso. “In realtà è un po’ che vorrei dirtelo. Ecco, credo sia venuto il momento che io mi sposti di stanza”
Susan osservò l’amica non poco stupita, ma non disse nulla.
“Io so che tu non me lo avresti mai chiesto” proseguì la Driade, “così te l’ho detto io. In fondo, nella cabina reale devono dormire il Re e la Regina”
“Miriel…non so…non vorrei che pensassi che ti sto cacciando”
Miriel rise. “Penso che se non lo farai tu, lo farà Caspian, prima o poi”
Anche Susan sorrise.
“Senti, è giusto. Siete sposati e non mi sembra bello che dobbiate dormire separati”
“Se per te non è un problema…” fece la Dolce, sempre con la paura di poterla offendere.
“Non lo è.”
“E dove pensi di dormire?”
“Pensavo…” Miriel arrossì un poco. “Credi che sia scandaloso dormire negli alloggi dell’equipaggio? Potrei prendere la cuccetta di Eustace o quella di Caspian”
Susan fece un sorrisetto furbo. “Oh, capisco. Così puoi dormire vicino a Peter”
Miriel si votò verso il lago, molto imbarazzata. “D-dove sono i ragazzi, a proposito?”
“Stanno finendo le ultime faccende.”
“Sono ancora al lavoro?”
“Purtroppo sì”
Miriel guardò Susan un poco dispiaciuta. “Sarà difficile essere la moglie di un Re, vero?”
“Oh no. Ho già messo in conto tutto, sai? Ho visto da me come può essere la vita di un Sovrano. Peter non aveva quasi un momento libero quando governava. Ma non mi spaventa”
“Ma è il primo giorno per voi, dovreste stare insieme”
“E invece Caspian lavora…Non fa niente” disse Susan, sistemandosi meglio la lunga gonna color smeraldo. “Di certo non mi pentirò solo per questo. Anch’io avrò un gran daffare quando tornerò…a Cair Paravel”
Per la prima volta, Susan lo vedeva finalmente come qualcosa di vero. Qualcosa che avrebbe presto toccato con mano. Cair Paravel…la sua casa…
“Andiamo anche noi?” chiese poi Miriel, indicando con un cenno del capo gli alti che sguazzavano allegramente nell’acqua.
“Sì”
Susan si alzò e spazzolò dall’abito i fili d’erba. Si alzò in fretta…troppo in fretta.
Vide luccichini neri davanti agli occhi che man mano divenivano sempre più grandi fino ad offuscarle completamente la vista. Le fischiarono le orecchie e poi sentì da molto lontano la voce di Miriel chiamarla.
“Susan! Susan cos’hai?”
“N-niente…è passato”
Non appena la Driade le mise un braccio attorno alle spalle facendola sedere di nuovo sull’erba, Susan si sentì meglio e il malessere passò.
“Te l’ho detto, dev’essere il caldo”
“Secondo me dovresti farti visitare dal medico. Ti accompagno di nuovo sulla nave”
“Ma no, per così poco” la rassicurò Susan con un sorriso un po’ stentato. “Sto bene” fece un lungo sospiro e poi Miriel le portò un po’ d’acqua fresca.
“Va meglio?”
“Sì, grazie”
“Scusami” fece la Driade con espressione molto seria. “Sai, a volte ho paura che la maledizione del sonno eterno possa colpire anche noi.”
“Non ti preoccupare. Non succederà” le disse Susan. “Aslan non lo permetterà. E noi riusciremo a salvare tutti quelli che ne sono caduti vittime. Puoi starne certa”
Verso metà pomeriggio, Drinian richiamo tutti all’appello dicendo che erano pronti a ripartire.
Salutarono la terra alla quale diedero il nome di Isola delle Rose, su espresso desiderio della Regina Dolce.
Susan si sentì meglio man mano che le ore passavano e non se la sentì di dire a nessuno che era sata male, nemmeno a Caspian. In fin dei conti, non era davvero necessario. A cena mangiò con appetito e udì molti degli uomini più grossi lamentarsi del gran caldo e di non stare troppo bene. Si sentì più sollevata nel sapere che non si stava ammalando. Non le piaceva stare a letto senza far niente, figuriamoci poi in un momento del genere. Non poteva permettersi di far preoccupare gli altri con un semplice malessere di poco conto, quando erano così vicini alla meta e c’erano un sacco di cose molto più importanti a cui pensare.
Non aveva più paura di avvicinarsi alla Fine del Mondo. Non più come prima almeno, perché purtroppo un po’ di timore lo avrebbe sempre avuto, almeno fino a che non avesse guardato Aslan negli occhi, fnché non gli avresse parlato e lui non le avesse sorriso come quella volta sull’Isola delle Acque Morte.
 
 
“Mi dispiace tanto, sorellina, ma mia hai costretta” disse Lilliandil in tono severo, respirando affannosamente, furiosa. “Non avresti dovuto tentare tanto, ti avevo avvertita.”
Shanna non si mosse, seduta a terra, un livido rosso che le si apriva sul volto rigato di lacrime silenziose.
“E adesso, lo dirai alla Strega?” chiese la giovane Stella con voce tremante.
“Devo farlo. Lei si aspetta completa obbedienza da me”
Lilliandil mulinò la lunga chioma lucente e uscì dalla torre.
Shanna si gettò a terra del tutto, il viso nascosto tra le braccia. Singhiozzò ma poi tentò quasi subito di calmarsi. Doveva essere forte. Doveva trovare un altro modo per…
“Non ce la farò mai!” Pensò disperata. “Non ho più la forza di aiutarli. Ho fallito! Non sono riuscita a metterli in guardia! Non sono degna del mio ruolo. Oh, Aslan, Aslan, aiutami!
Shanna tremò, di freddo e di terrore. La pioggia si era abbattuta violenta sull’Isola delle Tenebre ed entrava copiosa dalla finestra della torre, bagnando il pavimento e la ragazza.
Shanna era troppo provata per avere solo la forza di alzarsi in piedi e chiuderla. Pensava solo che era stata un’incapace, e che Re Edmund era stato ferito mortalmente per causa sua.
Edmund…l’aveva messo di nuovo in pericolo. E adesso…
Perché Lilliandil se l’era presa con lui? Perché?
Shanna non poteva concepire che ormai la sorella fosse totalmente devota al male. In lei si erano fatti largo sentimenti di odio, rancore e gelosia, ed erano talmente radicati che Lilliandil avrebbe fatto qualsiasi cosa per vedere annientati coloro che avevano osato distruggere la vita che avrebbe dovuto essere sua.
Era divenuta spietata, insensibile, malvagia. Era stata Jadis a far crescere in lei il rancore già insito nel suo cuore nei confronti della Regina Dolce, e poi verso il Liberatore.
Il tuono squarciò il cielo e la luce del lampo illuminò a giorno la stanza.
Shanna trasalì e lo vide: il Leone apparve e scomparve attraverso il balenio, e lei allora trovò la forza di alzarsi in piedi.
“Sta bene….stanno tutti bene”
“Aslan…”
Un altro tuono fortissimo che parve spaccare il cielo. Shanna si portò le mani alle orecchie e chiuse gli occhi. Subito li riaprì, desiderando di vederlo di nuovo, ma non c’era più.

 
 
 
Cari lettori, I’m come back!
Un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, ma in questi giorni, giuro, ho continuato a scrivere e riscrivere questo capitolo e poi cancellarlo. Come al solito, non ero soddisfatta, non era un fattore d’ispirazione. E così mi sono ridotta all’osso... sono irrecuperabile.
Dunque! Che ne pensate? Abbiamo spaziato in più argomenti: Susan e Caspian hanno annunciato il loro matrimonio, non ancora a tutti ma quasi. Il dolce rapporto tra Lucy e Emeth si sviluppa pian piano. Vi avevo promesso una Petriel ma ho dovuto spostarla al prossimo, perché è un pezzetto un po’ lunghetto. E poi la cara Shanna e quella sottospecie di sorella degenere che si ritrova…e Edmund! E poi un momento di relax con un imprevisto per la nostra Susan…cosa avrà mai?
Orsù, comment comment!
 
Ringraziamenti:
 
Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Martinny, Muffin alla Carota, piumetta, ScarlettEltanin,  Serena VdW, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94,virginiaaa
 
Per le ricordate:
 
ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 
Per le seguite:

Allegory86, Angel2000, ArianneT, Arya512, Ballerinasullepunte, Betely,catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Lucinda Grey, lullabi2000, Mari_BubblyGirls, Miss H_, piccolaBiby, piumetta,  Poska,Red_Dragonfly,  Revan93, Riveer, Serena VdW, Smurff_LT, susan the queen,  SweetSmile
Yukiiiiii e _Alis3
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:

Angel2000,Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, ElenaDamon18, EstherS, FioreDiMeruna,Fly_My world, FrancyNike93,  GossipGirl88, HikariMoon,King_Peter, lullabi2000, Martinny, piumetta, Serena VdW e TheWomanInRed
 
Angolino delle Anticipazioni:
Prometto una Petriel e una Suspian!!! Le altre coppie devo vedere se mi ci stanno. Sta diventando difficile ritagliare tempo per tutti, sono tanti!!! ^^
I cattivi tornano a farsi sentire: Jadis, Rabadash e la lucciola molesta (adesso per un po’ la devo nominare, almeno finché non schiatta).
I nostri eroi arriveranno alla loro prossima meta, e chissà cosa o chi troveranno…

 
Ragazzi, io vi annuncio (non piangete XD) che ormai Queen sta volgendo al suo termine. Per tutto agosto saremo ancora qui, ma ormai non manca più moltissimo alla battaglia finale. Al capitolo 50 ci arriviamo però, sicuro. 10 capitoli, 10 settimane.
Non temete, comunque, sono già al lavoro sul sequel…e sul prequel!!!
Vi farò sapere di più prossimamente.
 
Un bacio e un abbraccio forti forti! See you next week!
Susan<3

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Capitolo 40
*** Capitolo 40: L'Isola di Ramandu ***


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40. L’Isola di Ramandu

 
 
 
Rabadash non dormiva la notte, gli strani impacchi che la Strega Bianca gli provvedeva tutti i giorni, più volte al giorno, non servivano a granché.
Non voleva morire, non ne aveva alcuna intenzione, ma sentiva che la sua fine era vicina. A meno che il sangue di una Figlia di Eva non lo avesse salvato.
Inizialmente, il principe non aveva preso molto in considerazione i vaneggiamenti di quella donna diabolica. Non voleva essere toccato da lei, però alla fine aveva accettato le sue cure, poiché i tre medici che aveva a disposizione sulla nave erano stati in grado di fare poco.
Ma quando l’effetto degli strani e acri bendaggi della Strega si esauriva (effetto che lo faceva sprofondare in un sonno profondo per preservare le sue risorse vitali) il dolore tornava più forte di prima.
Il braccio si era annerito dalla mano fino alla spalla, e la maledizione minacciava di propagarsi presto anche al petto e al collo.
Lo stava davvero bruciando dall’interno.
“Smettete di lamentarvi. Non siete un bambino” lo rimproverò Jadis una notte, rari momenti in cui Rabadash si sentiva meglio.
La Strega gli aveva spiegato il perché succedeva che stesse meglio proprio nelle ore più buie: la maledizione arrivava dal fuoco, da una creatura delle Valli del Sole, la Driade Miriel, e dalla Regina incoronata in nome dello Splendente Sole del Sud: Susan.
“Dovrò incidervi, Altezza Reale” disse uno dei medici con voce e dita tremanti.
Rabadash insisteva perché fosse sempre presente almeno uno dei tre insieme alla Strega, al momento delle visite. Non si fidava di lei, anche se sapeva di doverlo fare, o avrebbe rischiato la vita.
Rabadash annuì all’uomo, ed egli allungò allora la mano in cui stingeva i suoi ferri da lavoro verso il braccio del giovane. Ma Jadis afferrò il polso del medico in una morsa di ferro e lo guardò con occhi fiammeggianti.
“No! Non dovete toccare il principe! Il suo sangue non sarà versato”
“Ma Sua Altezza rischia una grave infezione”
“Stupido uomo! Non vi siete ancora messi in quelle teste che non è una ferita qualsiasi?! Ho detto che dovete aspettare e aspetterete! E ora fuori!”
Il medico tentennò, offeso e spaventato, ma non disse altro e scivolò piano fuori dalla cabina del principe.
Rabadash guardò dal suo letto gli occhi gelidi della Strega Bianca, in piedi davanti a lui.
“Tu non sei qui per aiutarmi, ma per farmi morire, dì la verità!”
“Mi sai stancando, Rabadash” disse lei, armeggiando con i soliti bendaggi e i suoi intrugli che aveva preso da chissà dove. Non aveva nulla con sé quand’era arrivata sulla nave, eccetto la bacchetta magica.
Magia! Pensò giustamente lui. Non voleva assolutamente avere a che fare con certe cose, lei lo sapeva ma lo ignorava, come fosse un bambino capriccioso che non vuol prendere la sua medicina.
Tuttavia, Rabadash la lasciò fare, si lasciò medicare e fasciare il braccio, e allora sentì sollievo.
“Si sta estendendo più rapidamente di quanto pensassi” osservò Jadis, esaminando la bruciatura sul corpo del principe. “Dev’essere accaduto qualcosa…dev’essersi rafforzata a causa di qualcosa che è avvenuto di recente…ma cosa?”
La Strega ragionava ad alta voce. Rabadash era ancora toppo poco lucido per fare domande, ma ebbe la forza di farne comunque una.
“Perché hai impedito al medico di fare il suo dovere? Era un mio ordine!”
“Gli hai ordinato di incidere una ferita che non esiste. Sciocco, non mi ascolti proprio? Il tuo sangue deve rimanere infetto fino a quando non sarà luna nuova. Per allora saremo sulla mia isola e avremo con noi la Figlia di Eva”
“Susan…” mormorò il principe, mentre gli effetti calmanti degli impacchi di Jadis gli davano già sollievo
. Per quanto lo disgustasse, la magia lo faceva sentire meglio; inoltre, non aveva la forza di opporsi alla Strega Bianca, per molti motivi. Primo fra tutti era che suo padre si fidava di lei.
Jadis gli aveva raccontato ogni cosa dei suoi piani e quelli di Tisroc. Le cose erano andate storte ultimamente, ma c’era modo di rimediare.
“Sì, Susan Pevensie” ghignò Jadis, con un’ombra d’odio negli occhi, che dal loro consueto colore divenivano scuri e impenetrabili.
“Io voglio quella donna” esclamò Rabadash in preda a una collera furiosa.
“Ogni cosa a suo tempo, principe. Ogni cosa a suo tempo…”
Poco dopo, Rabadash si addormentò.
Che Aslan e Narnia siano tre volte dannati!pensò Jadis.
Con Rabadash fuori gioco, se non arrivava in fretta all’Isola delle Tenebre e non trovava Susan, i suoi pani erano inutili. Aveva tanto contato su quel giovane stolto ed egocentrico per uccidere Caspian...
Da quando era Re, quel ragazzo era diventato forte, ardito, un degno Sovrano di Narnia. Pericoloso. Se almeno il Liberatore fosse stato fuori gioco…pian piano, lei avrebbe annientato i Pevensie uno dopo l’altro.
Susan era la prima: senza il suo amore non valeva nulla, quella ragazzina cocciuta.
Peter avrebbe di sicuro fatto qualche gesto sconsiderato. Non avrebbe ascoltato neppure la sua adorata Driade, e anche lui sarebbe stato una preda facile.
Lucy, così piccola, anche se protetta dalla fede in Asan, non aveva nemmeno un’arma decente per difendersi. Il giovane soldato di Calormen non impensieriva la Strega, per quanta influenza potesse avere nella vita della piccola Pevensie.
Edmund…il suo caro Edmund. Lui veniva sempre per ultimo. In un modo o nell’altro, Edmund era il suo preferito, il pezzo forte della sua collezione di trionfi.
Dopotutto, forse non era necessario uccidere anche lui. In fondo, avrebbe potuto governare Narnia per lei. Poteva essere un buon partito per la bella Lilliandil.
La Stella si ostinava a volere Caspian, ma Jadis non sapeva che farsene di lui. Lo lasciava più che volentieri a Rabadash.
Però…
C’era qualcosa che angustiava la Strega. Qualcosa che aveva visto e non visto nella maledizione di Rabadash.
Sì, le sue cure l’avevano rallentata, ma…
Uscì piano dalla stanza del principe e ordinò alle guardie che nessuno entrasse fino all’indomani mattina, poiché Sua Altezza doveva riposare il più a lungo possibile.
Rifletti, si disse mentre camminava per il ponte deserto avvolto nell’oscurità, nel cielo solo una falce di luna: cosa può essere tanto potente da rafforzare una maledizione involontaria come questa?
Se si fosse trattato di un anatema qualunque, di quelli più semplici, avrebbe potuto pensare che fosse fomentata dall’odio: più questo cresceva nella persona che aveva scagliato il sortilegio, più l’individuo colpito ne veniva sopraffatto.
Ma non era questo il caso, eppure la maledizione si era improvvisamente rafforzata.
Susan non ne sapeva assolutamente niente, non aveva idea che il suo incondizionato amore per Caspian e i poteri della Driade, potessero combinarsi in qualcosa di così devastante senza ricorrere ad alcun tipo di magia.
Magia antichissima, pensò la Strega Bianca.
Ma cosa mai poteva essere accaduto davvero? A Jadis non risultava che i Pevensie fossero capaci di qualcosa di particolarmente straordinario. Tuttavia…
La maledizione, più che da Miriel dipendeva da Susan. E se Susan si rafforzava, anche il sortilegio diveniva più forte.
Cos'era dunque avvenuto sul Veliero dell’Alba? Qualcosa che minacciava il suo futuro. Qualcosa che minacciava la sua vittoria, pensò ancora Jadis.
L’avrebbe scoperto, comunque. Quando avesse avuto la Regina Dolce davanti a sé avrebbe capito.
 
 
Peter si sforzava. Si sforzava veramente di andare più d’accordo con Caspian. Erano anche riusciti a non insultarsi per un giorno intero (bè, quasi) e questo era un gran traguardo visti i precedenti. Il fatto era che quando il Magnifico dava prova di pazienza e riusciva ad essere accondiscendete, ecco che Caspian se ne veniva fuori con qualche idiozia. In questo caso la fuga con Susan.
Non era stata una fuga vera e propria…non esattamente. Non erano neppure andati troppo lontano. Probabilmente però, pensò Peter, doveva dire grazie alla divina provvidenza, perché non era così sicuro che a sua sorella e al Re non fosse passato per la testa di tentare una diserzione totale dal ruolo che ricoprivano.
Oh, se fosse successo…prima avrebbe strozzato Caspian, e poi ricondotto Susan a casa a costo di legarla e imbavagliarla.
Peter sbuffò e si portò una mano sugli occhi.
Ma perché, si chiedeva, anche nei momenti in cui avrebbero potuto starsene un po’ tranquilli, c’era sempre qualcosa di cui preoccuparsi?
Soprattutto, quando avrebbe avuto in po’ più tempo per la sua Miriel?
Il Re Supremo sorrise e si stupì di vederla entrare in quel momento negli alloggi dell’equipaggio.
Già sdraiato nella sua branda, si alzò a sedere di scatto.
“Che ci fai qui a quest’ora?” bisbigliò.
Miriel si posò un dito sulle labbra e si sedette accanto a lui. “Non svegliamo gli altri”
Lui le fece spazio e la vide sorridere timidamente.
“Sono venuta a darti la buonanotte” sussurrò la ragazza, dandogli un piccolo bacio. “E a dirti che da stanotte, io dormirò qui”
Peter spalancò un poco gli occhi azzurri. “P-proprio qui?” fece imbarazzato, indicando la propria branda.
“Certo che no” fece lei, le guance infiammate, abbassando il viso che venne nascosto dai lunghi capelli rossi. “Occuperò la cuccetta di Caspian o quella di Eustace”
Peter aggottò le sopracciglia. “Perché di Caspian?”
Miriel lo guardò. “Bè, perché lui da stasera si riprenderà la sua cabina e la dividerà con Susan”
“Ah, e ti hanno mandato a rabbonirmi?”
Miriel rise e scosse il capo. “Non cambierai mai, vero?”
Peter ricadde sui cuscini a braccia conserte. “Va bene, mi arrendo”
La Driade lo fissò attonita. “Ti arrendi? Che significa?”
“Che posso fare? Mia sorella è una donna sposata e mi rendo conto di non poter più interferire nella sua vita come prima. Ma sarà difficile avere per cognato un uomo che mi sta sullo stomaco”
“Oh, Peter, andiamo” fece Miriel, posando una mano su quelle di lui. “E’ quello che hanno sempre voluto, dopotutto, e Caspian sarà un ottimo marito”
“Mmm…”
Lei sorrise, lui no.
“L’amore non guarda in faccia a nessuno”
Il giovane si voltò su un fianco, un braccio sotto la testa. “Sì, questo lo so”
“Allora sii buono con tua sorella, perché quello che il Re prova lei è quello che provi anche tu. Devi lasciarle vivere la sua vita, come lei ti lascia vivere la tua”
“Tu sei molto amica di Susan e lei non ha mai avuto nulla da ridire su di te. Non è la stessa cosa”
“Sì, lo è”
Peter la guardò sorpreso. Lei aveva un modo di parlare diverso dal solito, era tesa, e i suoi begli occhi nascondevano qualcosa.
Peter scosse il capo. “Forse ho sbagliato con loro. Non sarei dovuto essere così duro. E’ che proprio non riesco ad andare d’accordo con Caspian…non so perché. Ci provo, sul serio, ma non ci andiamo a genio”.
“Ma lei lo ama, e questo deve essere sufficiente per te”
“Ci sono ancora dei rischi, dopotutto, e anche Susan lo sa” sospirò il ragazzo rigirandosi a pancia in su. “Se dovesse essere costretta a lasciarlo, ancor più dopo tutto quello che è successo, ne sarebbe distrutta”
Miriel gli accarezzò i capelli. “Ha corso il rischio. Come l’ho corso io. E nessuna di noi ha intenzione di rinunciare all’uomo che ama”
Peter fece un sorriso un po’ amaro e si alzò di nuovo a sedere, lentamente, per mettersi di fronte a Miriel e guardarla negli occhi.
“Sei saggia, Miriel”
Lei scosse umilmente il capo.
“Ma come fai a sopportarmi?”
La ragazza rise.  “Già, me lo chiedo anch’io”. Poi, il suo bel volto si velò di tristezza. “Lo so che sarà difficile dirle addio, ma non sarà per sempre. Tu tornerai, Peter…”
Gli occhi di lei brillarono di lacrime, ma la fanciulla le ricacciò indietro.
“Miriel, ascoltami…” disse il giovane, affondando una mano nei morbidi capelli di lei.
“No! No!” la ragazza lo guardò atterrita. “So che cosa vuoi dirmi. Non parlarne. Non voglio”
Peter rimase smarrito di fonte alla luce di paura nel suo sguardo. “Mi dispiace” disse, stringendola a sé.
“No, scusami tu. Sono stata io a pensarci per prima. Non vorrei, ma a volte è inevitabile, vero?”
Il giovane la strinse di più, posando le labbra su quelle di lei, che subito si calmò.
Miriel voleva sempre sorvolare in ogni loro discorso la questione ‘separarsi’, ma a Peter premeva quell’argomento.
A lui sembrava sempre di trascurarla, di non essere abbastanza attento a lei. Ma anche se fosse stato vero, Miriel non glielo avrebbe mai detto e non glielo avrebbe mai fatto pesare.
Solo che il tempo a loro disposizione diventava sempre meno...
Peter era convinto di essere al suo ultimo viaggio a Narnia, perché così avrebbe già dovuto essere. Ma se si fosse ripresentata l’occasione di tornare una quarta volta?
Non era impossibile, non dopo ciò che era accaduto grazie al corno d’avorio.
Era cambiato qualcosa nella Grande Magia, Peter lo sentiva. Era sempre stato il più sensibile di tutti i Pevensie, perfino più di Lucy, nel comprendere il legame con la terra di Narnia. Probabilmente dipendeva dal fatto che era Re Supremo, un titolo che a nessuno era mai stato conferito prima di lui.
Peter rimproverava tanto Susan accusandola di essere un'illusa; ma anche lui lo era, perché immaginava di restare con Miriel per tutta la vita.
E allora, chi tra sua sorella e lui aveva torto o ragione? Susan, che aveva avuto il coraggio di affrontare la realtà e cambiarla andando incontro alle sue paure e vincendole, o lui che ancora oggi, nonostante amasse Miriel con tutto il cuore, si precludeva la speranza di un prossimo futuro con lei?
“Non voglio che tu sia triste a causa mia” disse il giovane poco dopo.
“Non parliamone” lo implorò di nuovo lei, decisa, sempre stretta a lui. “Voglio gioire degli attimi che passiamo insieme, per cui ti prego, non roviniamo tutto con inutili discorsi. Non servono adesso”
Il Re Supremo continuò a fissarla e si rese improvvisamente conto che la stava trascurando di nuovo.
Desiderava dividere ogni cosa con Miriel prima dell’addio.
La baciò ancora, gentilmente, e infine, con sforzo la lasciò andare.
“E’ tardi” le disse piano.
“Sì…” la fanciulla abbassò il capo. “Ti….ti darebbe molto fastidio se ti chiedessi di…insomma, potrei restare…”
Peter deglutì. Forse aveva capito cosa voleva dirgli, ma non osò incoraggiarla. Più volte lui aveva cercato più di un bacio, ma si era sempre fermato perché la rispettava.
“Non voglio forzarti a fare niente di cui poi potresti pentirti” riuscì infine a dire.
Miriel arrossì violentemente. “Non intendevo…oh!” esclamò voltandosi e portandosi le mani alle guance. “Scusa…”
La Driade si alzò, ma Peter la fermò. “Forse ho frainteso”
Lei scosse forte il capo, vergognandosi a morte. “Lascia stare. Dopotutto, forse è meglio che io dorma con Lucy e Gael. Ci arrangeremo in qualche modo”
Miriel gli voltò le spalle e fece per andarsene.
Peter balzò in piedi e la raggiunse sulla soglia degli alloggi dell’equipaggio, afferrandola per un polso e facendola voltare. Lei sussultò a quella presa decisa ma gentile.
“Perdonami. Ho frainteso davvero. Non avevo capito…non andare via”
“Tu mi chiedi qualcosa che io non riesco ancora a darti” disse lei con rammarico, senza riuscire a guardarlo negli occhi. “Non sono umana, ma a volte vorrei esserlo. Le ragazze umane sanno amare più liberamente, ma io no. A volte invidio le tue sorelle perché riescono a farlo”
“Miriel…” balbettò il ragazzo lasciandola andare. Poi, Peter le sorrise, cercando lui stesso di vincere l’imbarazzo e mettendosi una mano sul cuore. “Prometto che non ti toccherò con un dito”
Anche lei sorrise ma scosse di nuovo la testa. “No, è meglio di no. Non sarebbe appropriato…dormire insieme”
“Perché?”
“Perché sei pur sempre un uomo”
Si fissarono per qualche istante, lui perplesso, lei mortificata.
La Driade si voltò ancora, ma lui all’improvviso l’abbracciò da dietro e lei si sentì avvinta dalle sue braccia.
“Sì è vero” disse la voce di Peter al suo orecchio, tremante. “E’ vero, io ti desidero moltissimo, ma ti amo e posso aspettare tutto il tempo che vuoi. Non m’importa se non sei umana, lo sai. E se è questo che ti fa paura, non devi temere”
Miriel gli prese le mani e, lentamente, le scostò dal proprio corpo. Si volse a guardarlo e Peter le si avvicinò.
“Ho paura di me stessa, forse. Di quello che provo. Ho vissuto molto più a lungo di te, Peter, ma mai ho sentito sensazioni tanto forti da confondermi e da esserne spaventata come quando siamo insieme” si portò di nuovo le mani alle guance. “Non mi riconosco nemmeno più mentre dico queste cose”
Lui le sorrise ancora. “Sei molto più umana di quanto credi”
Lei lo guardò, vergognandosi di essere stata così esplicita nell’esternare i propri sentimenti.
La vita si era completamente trasformata da quand’era scesa a Narnia. Quella che aveva condotto fino a pochi mesi prima tra la tranquillità delle Valli del Sole era così diversa… poteva definirla noiosa sotto un certo aspetto. Certo, in quel viaggio aveva più volte rischiato la vita, ma c’erano stati anche momenti in cui aveva goduto di quella quotidianità della quale era stata solo spettatrice quando guardava giù nel mondo dalla montagna più alta delle Terre di Aslan.
Ma il sognare quella vita e viverla non era la stessa cosa. Ne era rimasta spaventata e lo era ancora, specialmente da quando Peter ricambiava il suo amore. Amore fatto di emozioni palpabili, di odori, sapori e colori brillanti. Non era una sensazione sgradevole, le piaceva sentirsi così. Era meraviglioso ma spaventoso al tempo stesso. Ed era tutto così nuovo…
“Peter…” lei pronunciò il suo nome dolcemente “Promettimi che non ci sarà mai nessun’altra oltre me”.
Lui le pose una mano sotto il mento, guardandola dritto negli occhi. “Non ho alcun interesse per le ragazze umane, se temi che nel mio mondo potrò incontrarne qualcuna”
Lei lo abbracciò, felice. “Io ti aspetterò, lo sai, ma tu puoi aspettare me?”
“Io non ho alcuna intenzione di rischiare di perdere ciò che per me è più importante” rispose lui, prima di baciarla.
Alla fine, Miriel rimase e dormì nel letto che era stato di Eustace, situato quasi in fondo allo stanzone a ridosso della parte, sotto uno degli oblò.
Peter, a poca distanza da lei, vedeva il profilo del suo corpo sinuoso e i suoi splendidi capelli come una cascata di fuoco. Non riuscì a dormire bene, quella notte.
 
 
Susan aprì gli occhi piano piano, voltata a pancia in giù nel letto, e capì subito che qualcosa non era al suo posto.
Poi ricordò…
Qualche sguardo torvo, qualche lamento, molta pazienza da parte sua per non far si che Caspian e Peter pronunciassero di nuovo parole offensive l’uno all’altro. Era arrivata persino a urlare in faccia al fratello e a dare una bella strigliata al suo sposo (prima di una lunga serie, probabilmente) e la scena era stata quasi comica nel vedere due ragazzoni grandi e grossi chinare il capo davanti a lei.
A Lucy aveva ricordato tanto quei momenti in cui, da piccoli, Susan sgridava Edmund e Peter perché si prendevano a botte o facevano qualcosa di stupido.
“Finiscila, Peter! Sono sposata e dormo con mio marito, è chiaro?!”
“V-va bene” aveva infine detto il Re Supremo, sconfitto, anche perché poco dopo Caspian aveva annunciato a tutto l’equipaggio la notizia delle loro nozze.
Nessuno aveva fatto domande, nessuno aveva protestato, al contrario: Susan si era vista accolta come Regina proprio nel modo che aveva sperato, sentendo di volere un gran bene a tutti quanti i marinai che avevano porto le loro un po’ rozze felicitazioni.
Nel ricordare ciò, la Regina Dolce sorrise appena, quando una mano le solleticò la nuca, infilandosi tra i suoi capelli.
“Stai ancora sognando o sei sveglia?”
Susan sorrise ancor di più. “Non saprei…”
Aprì piano gli occhi e la mano tra i suoi capelli le accarezzò piano il collo e la schiena.
Lei si voltò appena, per guardarlo negli occhi.
“Buongiorno, mia regina”
“Buongiorno, mio signore”
Caspian si chinò per baciarla e rise sulle sue labbra, e lei con lui. La ragazza si mosse per trovarsi sotto di lui, le sue braccia chiuse attorno a lei.
Susan accarezzò i suoi capelli lisci, sentendo le proprie membra sciogliersi sotto quelle labbra e tra quelle braccia, svegliandosi completamente, anche se parte di lei poteva benissimo credere di stare ancora dormendo.
“Sì, decisamente” mormorò quando lui si allontanò con lentezza.
“Cosa?”
“Sto ancora sognando”
“E invece no. E’ ora che ci rendiamo conto che d’ora in avanti sarà sempre così che ci sveglieremo”
“Sì…”
Lei gli offrì ancora le labbra e poi gli passò le braccia attorno al collo.
I baci di Caspian erano dolcissimi, di una tenerezza meravigliosa. Protestò appena con un sospiro quando lui allontanò il viso dal suo.
Il Re chinò la testa e si riposò un momento sul suo seno morbido, contando i battiti del suo cuore, chiudendo gli occhi.
“E’ bellissimo stare così” mormorò sommessamente Caspian, e lei sorrise ancora, entrambi persi in uno stato di felicità completa.
Susan ascoltò i suoni attorno a loro e riaprì gli occhi. “Ma che ore sono?” chiese impensierita.
“Non lo so…le dieci, credo”
Lei trattenne rumorosamente il fiato. “Stai scherzando?! Ma è tardissimo! Alzati subito!”
Gli diede un piccolo pugno scherzoso sulla schiena.
“Ahi! Sue, mi fai male!”
“Santo cielo, ci sono un mucchio di cose da fare! Non possiamo starcene qui a poltrire!”
Caspian mugugnò il suo dissenso ma alla fine lei l’ebbe vinta. Si appoggiò su un gomito e la guardò mettersi a sedere. Improvvisamente la sua espressione divenne molto seria.
 “Stai bene?”
Susan non capì il senso della domanda.
“Miriel è venuta a dirmi che ieri pomeriggio sei stata male”
Lei emise un lamento. “Le avevo pregato di non dirti niente”
Caspian le passò una mano sulla fronte e sul viso, apprensivo.
“Non sono malata. Non ho niente, sto benissimo”
Lui la fissò con rimprovero e preoccupazione. Stava per dire qualcosa ma in quel momento vennero a bussare alla porta.
Susan avvampò quando Caspian diede il permesso al visitatore di entrare, e vide Drinian varcare la soglia della cabina e fissarla negli occhi.
Egli s’inchinò e lei accennò appena un saluto con la testa.
“Le Loro Maestà sono attese in cabina di comando al più presto”
“Grazie, Drinian” disse il Liberatore alzandosi. “Arriviamo subito”
Il capitano s’inchinò di nuovo e quando uscì dalla cabina, Susan finalmente poté respirare.
Caspian se ne accorse e rise piano. “Non ti mangia mica”
Lei arrossì un poco. “No, lo so…”
I rapporti tra lei e Drinian erano notevolmente migliorati da quando Susan aveva scoperto le ragioni che avevano spinto il capitano ad essere così apprensivo nei confronti del Re; e Drinian stesso aveva approvato con un sorriso composto l’annuncio del loro matrimonio. Nonostante questo, però, ancora non erano capaci di parlarsi con naturalezza.
Caspian aveva ragione, probabilmente d’ora in avanti si sarebbe svegliata sempre così: con lui al suo fianco e fuori dalla porta qualche terzo incomodo che aspettava di essere ricevuto.
Pazienza, andava bene lo stesso. Anche quand’era Regina dell’Età d’Oro era stata svegliata spesso al mattino da qualche ancella insistente che le ricordava i suoi impegni. Tuttavia, nessuno era mai stato di in grado di metterla a disagio quanto il capitano del Veliero dell’Alba.
Non riuscivano ancora a capirsi, ma Caspian era certo che prima o poi anche lei avrebbe visto quel lato di Drinian ancora nascosto ai suoi occhi, che lo rendeva l’amico fidato a cui il giovane era così affezionato.
 
Il Veliero dell’Alba navigò per sei giorni con un vento di bonaccia che rendeva la vela color porpora simile a un panno sgualcito, afflosciata su se stessa.
Mare, cielo, ancora mare. Nessuna terra si vedeva all’orizzonte, ed erano in molti a temere di star prendendo la direzione sbagliata. Ma la bussola segnava dritta a est, come doveva.
Il sole batteva forte soprattutto nel pomeriggio, e l’aria fresca che di tanto in tanto soffiava da sudovest e dava un po’ di refrigerio, cessò da un giorno all’altro.
“Il vento ci ha lasciati” commentò Drinian, asciugandosi la fronte lucida di sudore per il gran caldo.
“E come ci arriviamo all’isola di Ramandu?” chiese Edmund, lanciando sempre più spesso occhiate furtive alla Stella Azzurra. “Dobbiamo fare in fretta!”
Furono messi al lavoro i rematori, ma anche così, procedevano con troppa lentezza.
 “Ho l’impressione che ci sia qualcosa che non vuole farci arrivare” disse ancora il capitano, pensieroso, le mani dietro la schiena.
“O qualcuno” gli fece eco Edmund.
“Indovina chi?” disse Gael sarcastica, appoggiando i gomiti al davanzale della fnestra aperta della cabina di comando e osservando il mare piatto.
“Miei Re” fece poi Drinian, dispiegando davanti ai ragazzi la cartina dell’Oceano Orientale. “A occhio e croce, siamo bloccati qui” disse, segnando un punto sulla mappa poco più in là dell’Isola delle Rose. “A razioni dimezzate, cibo e acqua dureranno altre due settimane. Non abbiamo la certezza di arrivare all’isola di Ramandu in tempo breve. E’ un’impresa impossibile”. 
Edmund lo guardò incredulo. “Non vorrete insinuare che dobbiamo abbandonare la missione?! E’ impensabile!”
I ragazzi si scambiarono uno sguardo preoccupato. Edmund era il più determinato di tutti a non mollare.
“No, ma potremmo anche oltrepassarla e arrivare ai confini del mondo” aggiunse Drinian
“O essere divorati da un serpente marino” fece Edmund sarcastico.
“Non è il momento di scherzare” lo riprese Peter.
“Vostre Maestà, io vedo che gli uomini sono nervosi” continuò il capitano, senza mai perdere la sua compostezza anche se il tono del Re Giusto era divenuto impertinente. “Questi mari che navighiamo sono strani. Non ne ho mai visti di simili, finora”
“No” disse ancora Ed. “No, non torneremo indietro. Non adesso che siamo così vicini alla Stella Azzurra!”
Caspian, seduto sul divano accanto a Lucy e Susan, rifletté qualche istante, sentendo gli sguardi di tutti puntati su di sé. Aspettavano che fosse lui a prendere la decisione finale. Così, il Liberatore si alzò e raggiunse il tavolo.
“Non possiamo mollare ora, capitano”
“Mi permetto d’insistere, Maestà. La Vostra persona rischia molto e voi siete troppo importante, lo sapete bene”
Caspian posò le mani sulla cartina. “Una volta ho detto che nessuno sarà chiamato codardo se mai deciderà di abbandonare la missione, ma io non posso farlo. Io sono il Re, Drinian, e sarebbe disonorevole venire meno alla parola data davanti ad Aslan”
“Le priorità di questo viaggio sono molto cambiate, Maestà”
Caspian annuì. “E’ vero, ma proprio perché abbiamo scoperto che c’è in gioco molto più di quanto ci eravamo prefissati all’inizio dobbiamo essere determinati più che mai ad arrivare sino in fondo”.
“Ma Sire…”
“Spiegherete voi al signor Rhynce che stiamo abbandonando le ricerche della sua famiglia?” chiese di nuovo Caspian, fermo ma gentile.
Drinian chinò il capo. “Torno al mio posto” disse semplicemente. Poi si voltò e fece per uscire dalla cabina, quando un potente boato scosse tutta la nave.
Molti finirono a terra. I marinai sul ponte corsero ad affacciarsi ai parapetti, guardandosi freneticamente intorno.
“Cosa abbiamo colpito?” esclamò Caspian uscendo in coperta insieme agli altri amici.
“E’ Blu!” disse Miriel. “Ma che cosa sta facendo?”
“Sembra che non voglia che proseguiamo” disse Lucy.
E aveva ragione: il capobranco delle balene azzurre spingeva indietro la nave emettendo forti suoni nervosi.
“Calmati” disse la Driade alla balena, cercando di interpretare il suo canto sempre più spaventato.
Ben presto, anche le altre Blue Singer iniziarono a lamentarsi e a nuotare nervosamente attorno al Veliero dell’Alba, sferzando le onde con le possenti pinne e code.
“Vostre Maestà!” esclamò Ripicì da sopra la groppa di Eustace. “Guardate laggiù!”
Tutti si volsero nella direzione indicata dal drago e dal topo, i primi ad accorgersi che dritto davanti a loro era apparsa una striscia scura sul mare. Si perdeva a vista d’occhio a destra e a sinistra, e anche se Edmund era convinto che si trattasse dell’Isola di Ramandu, presto scartarono questa ipotesi.
Peter prese il cannocchiale e cercò di capire che cosa potesse essere.
“Potrebbero essere scogli”
“Di qualsiasi cosa si tratti, si muove” osservò Susan con una nota preoccupata nella voce.
“Non pensate che sia l’isola mobile di Jadis, vero?” chiese Gael molto turbata.
“Non lo so” fece Peter, abbassando il binocolo. “Ma Susan ha ragione, si muove”
“E anche noi ci muoviamo, e molto più veloci di prima” aggiunse Emeth, e presto anche tutti gli altri se ne accorsero.
Era vero. Il Veliero dell’Alba aveva riacquistato velocità e filava dritto verso quella misteriosa striscia scura.
D’un tratto, le Blue Singer tornarono sott’acqua e non rimmersero. Erano fuggite.
“Ma che diavolo…” mormorò Peter.
“Torniamo indietro!” gridò Ripicì all’improvviso, la voce confusa dai ruggiti di Eustace. “Non sono scogli, non è un’isola! Sono vortici! Ci risucchieranno!”
Tutti trattennero il respiro, immobili per un momento senza sapere come reagire.
“Indietro tutta!!!” gridò poi Caspian, più forte che poté.
Drinian, al timone, girò la barra più velocemente possibile. Peter corse di sotto e ordinò ai rematori di vogare in senso inverso, unendosi poi a loro.
Ma c’era ben poco da fare.
L’enormità di quei mulinelli avrebbe spaventato anche il più coraggioso dei marinai e il più temerario dei pirati. I vortici erano decine e formavano un enorme cerchio dentro il quale vi era un altro vortice più grande, spaventosamente più grande, in cui tutti gli altri confluivano e scendevano giù, nei più profondi abissi dell’Oceano Orientale. Non poterono non fissarli per qualche istante, atterriti ma affascinati, perché mia più in vita loro avrebbero visto qualcosa di simile.
“Ragazze, di sotto!” disse Edmund in fretta, sospingendo Lucy verso il boccaporto.
“No, non voglio!” fece la Valorosa, afferrando una cima e legandosela in vita, seguendo l’esempio dei marinai.
Edmund strinse i denti. “Cocciuta! Porta giù almeno Gael, lei non può stare qui!”
“Lu, scendiamo!” disse la piccola con gli occhioni scuri terrorizzati.
Edmund sentì la voce di Caspian chiamarlo. Guardò le sorelle, la bambina e la Driade un momento ancora. “Prendete delle cime, muovetevi!”
Le quattro non se lo fecero ripetere.
 “Ci penso io a loro!” disse Emeth, seguendole giù dalla scaletta.
Il silenzio e la calma piatta del pomeriggio erano stati sostituiti dal fragore dell’acqua e dalle voci degli uomini.
Caspian si guardò indietro e vide le Bue Singer nuotare dentro e fuori dall’acqua, richiamandoli, agitandosi per dir loro di tornare indietro. Ma era troppo tardi.
“Ci tira sul fondo!” gridò Rhynce, mentre la nave si inclinava in avanti.
Erano sull’orlo del primo mulinello, e solo il cielo poteva sapere ciò che sarebbe accaduto se vi fossero entrati per davvero.
“Che Aslan ci aiuti!”pensò il Liberatore, disperatamente.
Vi fu un nuovo forte scossone, ma stavolta non causato da Blu, né dalla forza magnetica dei vortici.
Poi, il Re di Narnia sentì la voce di Edmund gridare: “Eustace! Ma è geniale!”
L’intero equipaggio si voltò e vide il drago afferrare saldamente la prua della nave con la propria coda e cercare di trascinarla fuori dalla portata dei vortici.
“Tutta a tribordo, Eustace!” gridò Caspian, poi chiamò: “Capitano!”
“Sì, Maestà!” rispose Drinian, che aveva già girato il timone.
Eustace, tra sbuffi e ruggiti, con l’aiuto combinato di Drinian e dei rematori, riuscì infine a far voltare il Veliero dell’Alba e riportarlo lontano dai vortici.
Un coro di grida di trionfo si alzò da tutto l’equipaggio.
“Sei stato grandioso, Eustace! Bravo!” strillò Gael, allungandosi dal parapetto per baciargli il muso, e così le altre ragazze.
“Io il bacio me lo risparmio” disse Edmund disgustato. “Ma sei stato davvero grande, cugino!”
“Hai visto?” gli sussurrò all’orecchio Ripicì. “Ora sono tutti fieri di te, vecchio mio”
Gli picchiettò sulle grandi spalle e il drago si stimò facendo un giro della morte. Scesero poi di nuovo verso la nave, dove Rip atterrò poco più tardi mentre si stava già discutendo sulla maniera di aggirare quella forza della natura.
“Perdonate l’intrusione, Maestà” disse il topo a Caspian. “Io e Eustace abbiamo visto un’isola al di là dei vortici”
“Dici davvero?”
“Sì, e dalla descrizione fornita da Re Edmund, si direbbe proprio l’isola di Ramandu”
Osservarono con estrema attenzione l’orizzonte, ma non riuscirono a scorgere la terraferma. Per farlo avrebbero dovuto di nuovo avvicinarsi ai mulinelli. Ovviamente non era possibile e nessuno aveva idea di come riuscire a passare quel tratto di mare senza finirvi in mezzo.
“L’isola si trova proprio al di là, dove il mare sembra calmo” disse Ripicì “Se Vostra Maestà desidera dare un’occhiata personalmente, Eustace vi ci può portare”
“Potrebbe essere un’ottima idea” osservò Caspian. “Ma verrà Edmund con voi due.”
Il Giusto accettò e pochi minuti dopo erano già in volo.
“Potremmo andarci a dorso di drago” propose Lucy, “se non riusciamo a raggiungerla con la nave”
“Non so, Lu” disse Susan. “Sarebbe troppo stancante per il povero Eustace e troppo lunga come operazione. Quanto ci vorrebbe? No, siamo troppi. Senza contare che se servisse soccorso nessuno dei marinai potrebbe venire in nostro aiuto trovandosi dall’altra parte dei vortici”
A Lucy parve ingiusto che la sorella avesse bocciato subito la sua idea, ma si rese conto in un secondo tempo che Susan aveva ragione, non era una cosa fattibile.
“Sei riuscita a parlare con Blu?” chiese Peter a Miriel, mentre, ansiosi, guardavano la sagoma del drago volare alto sopra i mulinelli.
“Sì, ora si è calmato”
“Le balene ci possono aiutare a superarli?”
“Temo di no” la Driade scosse il capo. “A quanto sembra i vortici sono un meccanismo di difesa. Altre volte il branco di Blu ha attraversato questo tratto di mare e visto temerari avventurieri cercare di arrivare all’Isola di Ramandu, e successivamente alla Tavola di Aslan. I vortici si attivano come barriera. Servono a non far avvicinare visitatori indesiderati”.
“Ma noi non siamo indesiderati” protestò Lucy. “Aslan stesso ci ha detto di portare le Spade laggiù. Perché i vortici si sono attivati?”
Peter rifletté, sul viso un’espressione preoccupata. “Ho paura che qualcuno sia arrivato prima di noi, Lu” disse, e gli altri non faticarono a capire di chi parlava.
Purtroppo, il tentativo di Ed, Eustace e Ripicì, fallì miseramente.
Dal Veliero dell’Alba, l’equipaggio osservò inorridito e impotente il mare innalzarsi come un muro di cemento. I mulinelli sparirono, ma solo per elevarsi verso il cielo azzurro e senza una nuvola, trasformandosi in decine di trombe marine che si abbatterono sul drago e i suoi due passeggeri.
Grida di terrore si levarono dalla nave di Narnia.
Fu certamente un miracolo se il drago riuscì ad evitare il pericolo. Tornarono indietro tutti e tre zuppi fino al midollo, spaventati e senza parole.
“Assurdo…” balbettò Edmund, il volto terreo. “E’ stato…assurdo”
Lucy lo abbracciò e scoppiò a piangere, credendo di vederlo morire inghiottito dal mare.
“Non c’è modo di superare quei vortici, Maestà” disse Drinian con uno sguardo eloquente che Caspian evitò.
No, un modo ci doveva essere.
 
Caspian rimase chiuso nella cabina di comando fino a sera tarda. Susan non lo vide per tutto il giorno.
Lei si era allenata un poco con il suo arco e dopo aveva pranzato insieme agli altri; poi, improvvisamente non si era sentita bene. Era andata a stendersi nella sua cabina solo per riposarsi un attimo, ma in realtà aveva dormito gran parte del pomeriggio.
Verso sera, seppe da Lucy che Caspian era venuto da lei.
“Se n’è andato quasi subito, tu dormivi e lui non voleva disturbarti”
“E ora dov’è?” chiese Susan, mentre andavano a cena. Aveva voglia di vederlo.
“Chino sulle carte nautiche, come sempre” aveva risposto la Valorosa facendo spallucce. “Tu stai bene, Sue?”
“Sì, meglio” mentì la Dolce. “Sarà bene che vada da lui” decise poi, chiedendo al cuoco di prepararle la cena per il Re su un vassoio, così da potergliela portare.
“E tu non mangi?” le chiese Peter.
“Più tardi, magari”
In realtà non aveva per niente fame. Si sentiva ancora stanca e un po’ sottosopra. Il solo pensiero di toccare cibo la faceva sentire male.
Da qualche tempo aveva cominciato ad avvertire degli strani disturbi. Si svegliava la mattina con lo stomaco in subbuglio e aveva frequenti capogiri. Non capiva cosa le stava succedendo. Non era una persona delicata di salute, ma in quegli ultimi tempi…
Non posso ammalarmi, pensò spaventata. Non proprio adesso.
Bussò una volta alla porta della cabina di comando e la voce di Caspian la invitò ad entrare.
“Ciao” lo salutò lei con un sorriso, aprendo e chiudendo la porta con una certa fatica.
“Susan!” Caspian alzò gli occhi dal tavolo, dove fino a un momento prima era chino sulla mappa dell’Oceano Orientale. “Non dirmi che è già ora di cena?” chiese un po’ spaesato, guardando il vassoio che lei portava tra le mani e subito dopo fuori dalla finestra, dove il cielo si era tinto dei colori del tramonto.
“Già” disse la Dolce, posando il tutto sul tavolo. “Devi mangiare anche, non puoi sempre lavorare”
La ragazza si portò davanti a lui, accarezzandolo piano su una guancia.
“Sei stanco”. Non era una domanda. Era fin troppo evidente.
“Mmm…un pò” annuì Caspian, passandosi una mano sugli occhi e poi prendendo quella di lei, baciandone il palmo.
“Stai meglio?” le chiese poi, attirandola a sé e posando la testa sul suo grembo.
“Abbastanza”
Susan gli accarezzò i capelli, passandovi piano le dita attraverso.
“Ti sei fatta vedere dal medico di bordo?” chiese il ragazzo, alzando il viso e osservandola attento.
Lei sorrise. “No, non serve”
“Susan…”
“Sto bene. Sta tranquillo.”
“Sei stata male due volte in pochi giorni, non mi piace” disse ancora Caspian, apprensivo. “Sei veramente sicura che non sia necessario farti vedere?”
Sempre sorridendo, lei alzò gli occhi al cielo. “Uffa, come sei insistente…Sì, sono sicura, è tutto a posto. Sono solo un po’ stanca. Tutti lo siamo. Probabilmente è colpa del caldo”
Sedette sulle sue gambe e gli mise le braccia attorno al collo. Caspian la strinse subito a sé, affondando il viso nei suoi capelli.
“Davvero?”
“Certo”
Il giovane l’allontanò un poco e le passò una mano sul viso, pensieroso.
“Susan, per caso sei dimagrita?”
La ragazza fece un’espressione stupita. “Non lo so…perché?”
“Niente…è che ho notato un cambiamento in te. Sembri diversa dal solito”
Lei inclinò la testa da un lato. “Diversa come?”
Lui scosse il capo, sistemandola meglio sulle sue gambe. “Non so…lascia stare. L’importante è che tu stia bene”
Lei gli pose un bacio sulle labbra, prendendogli il viso tra le mani, accarezzandolo dolcemente.
“Non preoccuparti, amore mio. Sto benissimo” disse, appoggiando la testa alla spalla di lui. “In questo momento, poi, ti assicuro che non mi sono mai sentita meglio”
Lui rise. “Ah sì?”
Lei annuì felice, chiudendo gli occhi.
Rimasero un attimo così, avvolti dalla tenerezza di quei momenti che ormai non temevano più di dover perdere.
“Tu, piuttosto. Non è che lavori troppo?” lo rimproverò dolcemente la Dolce. “Sei sempre chiuso qui dentro e ti dimentichi persino di mangiare. Non va bene”
Caspian sospirò, spostando di nuovo lo sguardo sulla carta nautica. “Hai ragione, ma devo trovare il modo di superare questi dannati vortici. Ci dev’essere un modo per aggirarli senza passarvi in mezzo. Lo so che c’è!”
Susan spostò appena la testa per guardare a sua volta la cartina. “Dev’esserci per forza. Aslan non ci manderebbe mai incontro a un’impresa impossibile”
“L’ho pensato anch’io, ma non trovo soluzione”
“Se nemmeno le Blue Singer hanno osato attraversarli…” fece lei pensierosa. “Come possiamo fare?”
Caspian sospirò ancora, forte, gettando la testa all’indietro e appoggiandosi allo schienale della poltrona, tenendola stretta.
“Non ne ho la più pallida idea”
“Edmund e Peter sono convinti che la Strega Bianca sia già sull’isola. E se avessero ragione?” provò ancora lei. “Se Jadis avesse stregato quei vortici?”
“Allora sarebbe impossibile superarli e raggiungere l’isola”
Caspian appoggiò la guancia alla fronte di Susan, senza mai staccare gli occhi dalla mappa.
“Perché non ti riposi, adesso. Continui domani” provò a persuaderlo lei.
“Non posso”
Susan vide che si passava una mano sul viso e sugli occhi.  “Caspian, finirai con l’ammalarti”
Il Re non rispose e non disse niente per un po’. Susan riappoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi. Poco dopo sentì le labbra di lui sulla sua guancia.
“Forse hai ragione. Ma prima vorrei finire una cosa, non mi manca molto. Ti prometto che il resto lo rimando a domani”
“Non voglio dirti quello che devi fare, ma anch’io mi preoccupo” disse subito Susan, alzando la testa e guardandolo, accarezzandogli la nuca. “Voglio prendermi cura di te”.
Lui sorrise. “Anch’io voglio prendermi cura di te. Perdonami se a volte non ti ascolto, o se sono un po’ assillante”
“Non lo sei mai” sussurrò lei, riappoggiandosi a lui, il viso nell’ incavo del suo collo.
Il respiro di Susan gli solleticava un poco la pelle, ma Caspian adorava sentirla così vicina. La guardò e vide che aveva richiuso gli occhi. Riprese in mano la mappa e lei fece per spostarsi.
“Scusa, ti sto disturbando”
“Ma scherzi?” le disse il ragazzo trattenendola, cingendole la vita con un braccio. “Rimani. Non mi dai fastidio”
“Sicuro?”
“Sì, sicuro. Anzi, mi tranquillizzi”
“Va bene” sorrise lei, rimettendosi comoda tra le sue braccia.
Alla fine, Caspian non mangiò nulla, il vassoio rimase intatto e il tempo passò ancora. Era completamente assorto nel suo lavoro.
La soluzione per raggiungere l’Isola di Ramandu c’era, e lui la doveva trovare. Fissava in continuazione la cartina delle Nuove Terre, ricopiando quelle line e quei tracciati su altre pergamene, provando e riprovando ad abbozzare rotte diverse, a rivedere le correnti. Ma tutte, inevitabilmente, portavano verso i mulinelli.
Quando infine gli occhi gli bruciarono per la stanchezza e davvero non riuscì più a continuare, era quasi mezzanotte.
“Susy?” la chiamò, notando poi che lei si era addormentata. La guardò con estrema dolcezza, accarezzandole piano i capelli e il viso, chiamandola ancora. “Sue…”
Lei si mosse e sospirò. “Mmm…?”
“Andiamo a dormire”
La ragazza aggrottò la fronte e si strinse di più a lui. “Non ho voglia di alzarmi” disse con voce assonnata, gli occhi ancora chiusi. “Perché non dormiamo qui?”
“Perché no”
“Sul divano…Una volta l‘abbiamo fatto”
“Ehm…no, in realtà non abbiamo dormito, quella volta”
“Ah…giusto. Bè, fa lo stesso”
Caspian rise piano e poi si alzò. “Ti porto in camera. E’ davvero tardi”
Fece per prenderla in braccio ma lei protestò debolmente. “Scusa, ora mi alzo. Non c’è bisogno che mi ci porti così”
“No, va bene. Tranquilla” disse lui sollevandola tra le braccia. “Non sei pesante”
Susan piegò appena le labbra in un sorriso. Si sentiva così rilassata in quello stato di dormiveglia che quasi non si rese conto di lasciare la cabina di comando e raggiungere la stanza da letto che adesso era sua e di Caspian.
Lui l’adagio lentamente tra le coperte e si stese accanto a lei, posandole un bacio sulla fronte.
“Buonanotte, dolce amore mio”
Susan si accoccolò tra le sue braccia, felice, al caldo e al sicuro. Subito dopo, si riaddormentò.
 
Il giorno dopo, erano punto e a capo. Il Veliero dell’Alba era stato ancorato e rimaneva fermo sotto il sole. Ma dopo molto discutere, finalmente si arrivò a una decisione.
“Proveremo ad usare le Spade” disse Caspian, posando quella di Bern, di Restimar e di Octesian tutte in fila sul tavolo della cabina di comando.
La Spada di Lord Octesian apparteneva a Eustace, che ovviamente non poteva impugnarla in quelle sue zampone di drago, così l’avrebbe presa il Re di Narnia per il momento.
Non sapevano bene come fare, ma in quella circostanza ogni idea, anche la più azzardata, andava bene.
Tavros diede l’ordine di issare l’ancora e la nave vene portata da Drinian verso i vortici. I marinai si raggrupparono lungo i parapetti, agganciati ai cavi di sicurezza. Nessuno parlò, tutti si fissavano ansiosi, mentre Caspian e Peter raggiungevano Edmund sul ponte di comando e si mettevano ai suoi lati.
Le ragazze e Emeth erano poco dietro di loro, accanto al timone.
“Pronti?” chiese Caspian.
Gli altri due annuirono.
No, in realtà non lo erano. Non poteva esserlo senza avere nemmeno la minima idea di come sarebbe andata. Avrebbero dovuto avvicinarsi pericolosamente ai vortici per saperlo, e potevano solo sperare che al momento opportuno le spade sprigionassero la loro magia. Tutto dipendeva da esse.
Ma guardando la mostruosa massa d’acqua vorticante avanti a loro, non riuscivano ad immaginare come avrebbero potuto farcela.
Caspian strinse i denti, Peter tirò un gran respiro, Edmund impugnò con più decisione l’elsa della Spada di Bern, le mani sudate. Il cuore martellava loro nel petto, i respiri affannosi.
Eustace batteva ritmicamente le ali sopra di loro, emettendo un rumore come di grosse lancette che scandivano il tempo che sembrava passare lentissimo. Poi il drago si aggrappò all’albero maestro e lì rimase. Non poteva seguire la nave in volo attraverso i mulinelli dopo ciò che era successo il giorno prima.
“Aslan, abbiamo bisogno del tuo aiuto!” pregò Lucy chiudendo gli occhi e giungendo le mani, stringendosi a Susan.
Non sapeva però che anche tutti gli altri stavano pregando insieme a lei, e forse fu proprio grazie a questa preghiera collettiva, sentita e sincera, che accadde quello che accadde.
Il Veliero dell’Alba avanzò con regolarità e prese velocità quando entrò nel campo attivo dei vortici.
E allora, le tre spade si ‘accesero’ una dopo l’altra. Prima quella di Octesian, poi quella di Bern, infine quella di Restimar.
Caspian, Edmund e Peter rimasero in un primo momento sbigottiti, poiché era accaduto senza alcun preavviso, ma subito dopo puntarono le tre lame contro il mare. Esse iniziarono a brillare sempre più forte.
“Guardate! Che cosa sarà?” esclamò Emeth, indicando dritto avanti a loro, là dove doveva esserci l’isola.
Una luce azzurra, identica a quella delle tre Spade, si accese come in risposta alla loro.
I tre Re di Narnia sentirono le loro mani vibrare, e tennero più strette le tre else. Sembrò che l’altra luce chiamasse le tre Spade.
Il bagliore si fece accecate. Caspian, Peter e Edmund furono costretti a schermarsi gli occhi con il braccio libero, mentre il mare si apriva e ruggiva, sdegnato dell’essere sfidato.
Drinian si voltò verso il Re, ma il Liberatore lo guardò e anche senza parlare gli fece capire di continuare.
Poi avvenne un prodigio.
Tre fasci di luce potentissimi uscirono dalle tre Spade e colpirono il mare. I Pevensie trattennero il fiato, perché quel che videro fare all’acqua fu molto simile a un evento altrettanto straordinario avvenuto nel loro mondo all’inizio dei tempi, e del quale avevano sentito parlare e letto più volte: il mare si aprì. I vortici venero esclusi, messi da parte da due muraglie d’acqua che crearono un passaggio in cui il Veliero dell’Alba passò indisturbato, navigando su un tratto di mare tranquillo. Quando arrivarono dall’altra parte, il mare ricadde su se stesso provocando un’onda gigantesca che travolse i vortici, e quando tutto tornò calmo, essi erano spariti.
Eustace si staccò allora dall’albero maestro. Ripicì, sulla sua testa, sfoderò lo spadino e gridò: “Avanti tutta!”
Un coro assordante di voci si levò nell’aria tranquilla.
Ce l’avevano fatta. Erano passati.
Miriel e Susan si precipitarono tra le braccia di Peter e Caspian. Lucy abbracciò Edmund e poi Emeth.
“Ben fatto, signori” disse Ripicì saltando sulla spalla di Lucy. “Davvero ben fatto”
La terra si avvicinò lentamente. Era un’isola di piccole dimensioni, non poco più grande dell’Isola delle Rose. Non c’erano grandi montagne, ma numerose colline con dolci pendii.
“E’ quella che hai visto nel sogno?” chiese Caspian a Edmund.
Il Giusto la osservò attentamente prima di rispondere. “Sembrerebbe di sì. Guarda, ci sono dei pilastri là in fondo”
Si vedevano a occhio nudo, ma il Liberatore controllò ugualmente con il binocolo.
Bordeggiarono le coste, senza riuscire a trovare un punto adatto per attraccare. Così facendo finirono per circumnavigare l’isola e videro che dietro di essa, nascosta dai pinnacoli più alti e perciò non visibile dal davanti, vi era un’altra isola. Più un picco, a dire il vero, una specie di monte in mezzo al mare con altissime colonne bianche coperte d’erica. Non ne si vedeva la cima né si riusciva a scorgere cosa vi potesse essere all’interno. L’isola e il monte erano collegate da una specie di ponte naturale, fatto di roccia, che partiva da uno dei promontori più alti dell’Isola di Ramandu. Anche il ponte era coperto di vegetazione, come le colonne. Alcuni rampicanti, coperti di fiori rosa profumati, pendevano giù, e i ragazzi riuscirono quasi a toccarli quando il Veliero dell’Alba vi passò sotto per fare il giro completo dell’isola.
Infine, si fermarono in una baia poco profonda, ma lontana dalla spiaggia. Presero le scialuppe e remarono fino a riva.
Caspian, alla testa del gruppo, ordinò a due uomini di rimanere a guardia delle barche, e guidò gli altri verso l’interno.
Oltre la spiaggia non c’era traccia di sentieri. Camminarono su un terreno pianeggiante coperto d’erba soffice, che saliva poi bruscamente verso l’alto.
“Dovremo arrampicarci” osservò Peter.
“Non credo sarà necessario” ribatté Edmund, e poté affermarlo perché sul fianco della collina, sebbene coperta quasi interamente d’erba, vi era una scala di pietra.
Mentre salivano, Lucy disse: “Sembrano rovine”
“Credo che lo siano” disse Susan, con una strana inquietudine nel cuore.
Lei sapeva che su quell’isola avrebbe incontrato il padre della Stella Azzurra. Il padre della donna che avrebbe dovuto sposare Caspian.
Ma più di Ramandu, a impensierirla era il momento in cui si sarebbe trovata davanti lei. Non avrebbe voluto essere scortese in alcun modo, ma aveva paura di non poterle rivolgere nemmeno un sorriso. Non avrebbe potuto guardarla con affetto e gratitudine come faceva con Miriel.
Aveva provato a riflettere sui suoi sentimenti, che si confondevano tra paura e gelosia.
D’un tratto, sentì la grande e calda mano di Caspian stingere la sua. Susan si voltò di scatto a guardarlo ma lui continuava a tenere lo sguardo dritto davanti a sé, la mascella contratta in evidente tensione.
“Tranquilla. Non aver paura”
“Non ne ho” disse lei in un sussurrò che solo lui udì.
Ma ne aveva. Ne aveva molta. Però voleva mostrarsi forte. Voleva apparire davanti a quella donna e sentirsi all’altezza di essere la moglie del Re di Narnia.
Ora, l’erba diveniva più rada. Salirono gli ultimi gradini e Edmund si voltò a osservare il paesaggio sotto di loro.
Era identico a quello del suo sogno. Il Veliero dell’Alba lontano, e lui che si apprestava a camminare sopra un sentiero lastricato.
“Sì, è questa” disse ad alta voce. “E’ la stessa isola che ho sognato. Ramandu deve trovarsi qui”
 
 
Poco lontano da lì, Lilliandill piangeva tutte le sue lacrime con il viso affondato nel grembo della donna che le accarezzava amabilmente i capelli. Non erano lacrime di tristezza o dolore, ma di rabbia e odio.
“Non voglio vederla!” continuava a gridare tra le lacrime. “Lui doveva sposare me!”
“Lo so, mia cara” diceva Jadis con un tono che sembrava quello di una madre comprensiva, mentre lisciava piano la chioma luminosa della ragazza. “Lui ti avrebbe sposata se Susan non fosse tornata. Ma lei ha rovinato tutto. Lei non sarebbe dovuta tornare”
“Allora cosa ci fa qui!?”
“Tesoro…” fece Jadis con un sorriso affettato, alzando il viso di Lilliandill prendendolo tra le mani. “Ora asciugai le guance e riprendi controllo di te. So che ti fa male vederli insieme, ma devi andare ad accoglierli ora, e proseguire secondo i pani. Tra poco avremo tutte le Spade, mia cara e allora Caspian potrà essere tuo”
Lilliandil voltò il capo indignata. “Non so più che farmene di lui!”. Strinse i pugni e si morse un labbro fino a farlo sanguinare “Oh, mia signora, se non ci foste voi…nessuno mi capisce! Se non fossero mai tornati, non solo Susan ma nessuno di loro, a quest’ora a Narnia ogni cosa andrebbe secondo le regole!”
“Sul serio Re Caspian non ha più nessun valore, per te?”
“No” disse Lilliandil, stringendo ancora la gonna della Strega. “Lo odio! Lui non mi merita! Odio la Regina Dolce! Li odio tutti! Devono pagare!”
“Come ti avevo detto, i ragazzi dell’altro mondo rovinano sempre tutto, rovinano l’equilibrio di Narnia…devono sparire, e Caspian con loro”
“Sì, avete ragione” disse Lilliandil. “Sì, devono sparire tutti…”

 
 
 
 
Buona domenica, cari lettori! Come state con questo caldo? Io mi sto sciogliendo lentamente sulla tastiera, ma resisto a suon di ghiaccioli…
Cosa ve ne pare di questo capitolo? Anche stavolta c’è un bel mix di personaggi e avvenimenti. Azione e romanticismo! Devo approfittare per inerire più scene love possibile, perché quando inizierà la battaglia finale non credo ci sarà molto tempo.
Problemi riguardanti la separazione per i nostri Peter e Miriel. I cattivi, come avevo detto, sono sempre più agguerriti, e la nostra Susan…bè, per questo vi lascio ai commenti!!! XD
 
Ringraziamenti:
 
Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Martinny, Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, piumetta, ScarlettEltanin,  Serena VdW, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94, e  virginiaaa
 

Per le ricordate:
 ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 

Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, azzurrina93, Ballerinasullepunte, Betely,catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Lucinda Grey, lullabi2000, Mari_BubblyGirls, Miss H_, piccolaBiby, piumetta,  Poska,Red_Dragonfly,  Revan93, Riveer, Serena VdW, Smurff_LT, susan the queen,  SweetSmileTsuki94, _Maria_, e __Allis3
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angel2000,Angie_V, Babylady, Ballerinasullepunte, EstherS, FioreDiMeruna,Fly_My world, FrancyNike93,  GossipGirl88,lullabi2000, Martinny, piumetta, Serena VdW e TheWomanInRed
 
 
Angolino delle Anticipazioni:
Nel prossimo capitolo i nostri eroi incontreranno la lucciola molesta- pardon, Lilliandil- che li guiderà alla Tavola di Aslan. Ma scopriranno che è la falsa Stella Azzurra o riuscirà ad ingannarli?
Dove sarà mai il povero Ramandu?
E in mezzo a tutto questo, ci sarà una bella novità che sconvolgerà non poco la vita di tutti a bordo del Veliero dell’Alba…

 
Vi confermo, inoltre, che dopo Queen, oltre al già annunciato seguito, ci sarà davvero anche un prequel, che sarà una mia rivisitazione del film de “Il Principe Caspian” dove vedremo nei dettagli com’è nato l’amore di Caspian e Susan. Preparatevi a scene e momenti Suspian tutti nuovi!!!
Detto ciò, io vi saluto e vi ringrazio come sempre immensamente!
Alla settimana prossima!!!
Baci giganteschi, Susan<3

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Capitolo 41
*** Capitolo 41: Un dono di Aslan ***


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41. Un dono di Aslan
 

 
 
Rabadash si svegliò nel bel mezzo della notte e si alzò dal letto con fatica.
Doveva uscire di lì. Non era più sopportabile andare avanti in quel modo. Gli sembrava di essere prigioniero sulla sua stessa nave, ora sotto il comando della Strega Bianca.
Assolutamente intollerabile!
Udiva spesso le voci dei suoi uomini più fedeli- Aréf tarkaan e il capitano dell’Occhio di Falco- venire a chiedere dalla sua salute. Ma ecco che subito rispondeva la voce odiosa della Strega, che fredda come ghiaccio, diceva loro che l’unica cosa che potevano fare era spingere la nave alla massima velocità.
“Signora” aveva udito il capitano ribattere con rispetto “anche se riuscissimo a navigare più svelti dei nodi consentiti, non raggiungeremo mai il Veliero dell’Alba. Ormai sono troppo avanti rispetto a noi, è impossibile”
“ ‘Impossibile’ è una parola che non conosco” aveva ribattuto a sua volta Jadis con stizza, e poi li aveva allontanati tutti di nuovo.
Ovviamente, pensò Rabadash, i suoi uomini avevano ragione: non avrebbero mai potuto intercettare la nave di Narnia, ma la Strega Bianca continuava ad insistere che, presto, sarebbero giunti sulla sua isola mobile, la quale era ancora più lontana.
Rabadash fece un ghigno: un’altra magia malefica di quella creatura? Senz’altro. E non a caso.
Jadis aveva un patto con Tisroc: a Calormen serviva la Regina Susan, per cui avrebbe trovato il modo di farla avere al principe. E per quanto riluttante alla presenza della Strega, con questa prospettiva Rabadash aveva deciso di fare buon viso a cattivo gioco.
Uscì sul ponte che il sole era ormai prossimo al tramonto. I marinai gli si fecero subito intorno, felici di vedere il loro signore dopo tanti giorni.
“Dovei siamo?” volle subito sapere Rabadash.
Il capitano dell’Occhio di Falco gli si accostò. “Fino a oggi pomeriggio abbiamo seguito la solita rotta, ma la Strega Bianca ci ha ordinato di fare una breve deviazione verso nordest”
Rabadash si volse con sguardo fiammeggiante. “Avete dato ascolto a quella donna? Conto ormai così poco a bordo della mia nave, ora che sono malato?”
Il capitano s’inchinò ossequiosamente. “No, mio signore, no, ma…”
Rabadash fece un verso sprezzante, a metà con un gemito. Si sistemò meglio il mantello sulle spalle e poi chiese: “Dov’è quell’orribile donna?”
A rispondere fu Aréf tarkaan. “Ha lasciato l’Occhio di Falco quasi un’ora fa. Ha raccomandato di lasciare i comandi ai pirati”
Il principe lanciò uno sguardo al timone, dove stava Ader: quell’uomo e i suoi scagnozzi non erano mai stati ai suoi ordini, non del tutto almeno, e quasi certamente non ascoltavano Jadis più di quanto facevano con lui. Tuttavia, un dubbio gli salì alla mente: potevano i pirati di Terebinthia vendersi alla Strega? Sì, potevano. Essi erano lì solo per un tornaconto personale, solo perché Tisroc aveva assicurato loro oro e protezione. Ma se Jadis avesse dato loro qualcosa di più, sicuramente non ci avrebbero messo molto a cambiare bandiera.
Rabadash si volse verso il capitano e Aréf tarkaan. “Ho la vostra piena devozione, signori?”
Il primo chinò subito il capo; il secondo sostenne lo sguardo del principe e poi imitò il suo compagno.
“Sempre, mio principe” disse, per non destare sospetti nel giovane. Ma in realtà, Aréf pensava a Emeth.
Da quando l’aveva rivisto e aveva capito che il figlio stava molto meglio con i narniani che con i suoi connazionali, aveva iniziato a riflettere e a dubitare dei suoi servigi verso Rabadash e Tisroc.
Forse aveva sempre avuto ragione sua moglie…
Tuttavia, Aréf non poteva mostrare queste sue titubanze, perché se Rabadash avesse avuto anche solo un sospetto su di lui, di sicuro lo avrebbe giustiziato per tradimento, e inoltre si sarebbe accanito anche sulla sua amata moglie e su Emeth.
Rabadash non sapeva nulla del ragazzo, il principe era ancora convinto fosse morto tragicamente durante lo scontro sull’Isola delle Voci. Da quando il principe era stato ferito, nessuno si era potuto avvicinare alla sua cabina dopo che era arrivata la Strega Bianca. Aréf era più che sicuro che nessuno avesse avuto il tempo di riferire che Emeth tarkaan non era morto come credevano, ma bensì passato dalla parte del nemico.
E in mezzo ala preoccupazione per il figlio, Aréf aveva un altro pensiero: lo strano comportamento di Ader. Il pirata non aveva aperto bocca nemmeno con i suoi uomini, ma Aréf era più che sicuro che avesse capito che era stato lui a far fuggire il ragazzo, tradendo il principe.
“Perché non avete parlato?” gli aveva chiesto il tarkaan.
Il pirata si era limitato a rispondere così: “Ognuno di noi fa quello che deve”
Aréf davvero non capiva…
Rialzò il capo e vide Rabadash mostrare un’espressione soddisfatta sul viso tirato.
“Vi siamo tutti ancora fedeli, Altezza” ribadì.
“Così deve essere”
D’un tratto, l’ufficiale di bordo si avvicinò e annunciò che avevano avvistato terra. “Ma è molto strano, non ho mai visto qualcosa di simile. Sembra si muova, che ci stia venendo incontro”
Rabadash si portò accanto al parapetto e si accorse improvvisamente che il braccio non gli faceva più male come prima. Sentì come uno strano sollievo. Si scostò il mantello, alzando la manica della camicia. Poi spostò appena il bendaggio e vide che la ferita rossa come il fuoco si era come ‘spenta’. Non bruciava più.
Allora alzò il capo e osservò la massa di nubi temporalesche che vorticavano tutto intorno a un’isola brulla e buia, la quale a malapena si distingueva nell’oscurità: la famigerata Isola delle Tenebre.
“Siete in piedi, Altezza Reale? Mi fa piacere” disse una voce alle sue spalle.
Rabadash, Aréf e il capitano dell’Occhio di Falco si voltarono e guardarono Jadis uscire dalle ombre. Sembrava più minacciosa che mai e i marinai si ritrassero.
“Dove siete stata?” chiese subito il principe.
“A sbrigare una piccola faccenda sulla mia isola” rispose lei, fissando lo sguardo sulla massa di nubi nere.
“La vostra isola?” chiese Rabadash dubbioso. “Non avevate detto che si trovava quasi alla Fine del Mondo?”
“Sì, è così” rispose ancora lei con un sorriso soddisfatto. “Vi state chiedendo come abbia fatto la vostra nave a giungere così velocemente fino a qui?”
Rabadash la fissò con un certo disgusto. “No, non ve lo chiederò. Lo so già: la vostra isola si muove”
“Diciamo che ci siamo incontrati a metà strada” disse Jadis, poi si voltò a guardarlo molto seriamente. “Ringraziatemi, perché se state meglio è tutto merito mio. E ora che siete giunti alla mia terra, dove l’oscurità del mondo intero si concentra, starete ancora meglio fino a che non avremo il sangue della Figlia di Eva”
Il principe congedò in fretta gli uomini e prese la Strega da parte.
“Ascoltate, signora” calcò sulla parola con sarcasmo, “Susan è mia, avete capito bene?”
“E’ una Pevensie, e io li voglio tutti morti”
Rabadash annuì. “Sì. Siete già giunta a questo accordo con mio padre, lo so bene. Ma la voglio io! Lei il Liberatore devono morire per mano mia. Voi non la toccherete. Voglio essere io a torcere il suo bel collo”
“In che senso, la volete?”
“In tutti i sensi” ghignò il giovane, con una luce di pura follia nello sguardo.
“Non dovrete farle nulla prima che vi abbia guarito, ricordate” lo redarguì Jadis.
“Sì” annuì il giovane. “Prima mi darà quello di cui ho bisogno, poi quello che da lei desidero da tempo per salvare il mio regno. E poi potrà raggiungere il suo caro Caspian all’inferno!”
Jadis represse un sorriso. “Allora dobbiamo affrettarci, perché il Veliero dell’Alba sta per arrivare alla Tavola di Aslan”. Indicò con un lungo dito spettrale un alto promontorio a mala pena visibile in quell’oscurità.
Rabadash si mosse appena, ma lei lo fermò.
“Non siate ansioso. Saranno i Sovrani a venire da noi”
“Sembrate molto sicura”
“Li conosco da più di mille anni”
Rabadash e la Strega rimasero fianco a fianco senza parlare per un po’.
L’Occhio di Falco avanzava ora tra scogli appuntiti che circondavano l’isola, contro i quali le onde s’infrangevano con violenza. D’improvviso, dall’acqua salì una strana nebbia verde, molto simile a quella che avevano visto sulle Isole Solitarie. Immediatamente, tutti i marinai e i soldati ricordarono l’episodio e molti gridarono spaventati: “La maledizione di Tash! La maledizione di Tash!”
“Zitti!” esclamò Jadis alzando un braccio. “Non è mai stata opera di Tash, stolti uomini”
Entrarono nella nebbia e tutti si chiesero cosa mai avrebbero trovato al di là. Cosa c’era su quell’isola? Quali spaventose cose dovevano aspettarsi di vedere?
Rabadash tornò a guardare verso il mare, e sentì un brivido percorrergli la schiena quando vide qualcosa affiorare in superficie.
Anche il resto dell’equipaggio lo notò: sembravano collinette, che salivano e scendevano sopra e sotto il livello dell’acqua. Poi si udì uno strano rumore ma nessuno seppe identificarne l’origine e la provenienza.
“Ricordatevi una cosa, principe Rabadash” disse poi Jadis, quando furono vicini alla costa. “Fate quello che vi dico, e niente e nessuno vi farà del male. Traditemi, e vi darò in pasto alla mia isola con tutta la nave”
Rabadash si volse a guardare la Strega e di nuovo provò un brivido di terrore. Sembrava un fantasma nella strana luce della sera, e solo in quel momento si rese pienamente conto che non era umana.
Ma quel terrore fu nulla in confronto a ciò che provò quando vide riflesso sull’acqua un bagliore rossastro. Una nuova collinetta più grande delle altre emerse in superficie, e due occhi giganteschi brillarono nella notte.
“Che cos’è?!” gridò il principe del sud, tentando malamente di non mostrare la sua impressione.
“Ciò che fa muovere l’sola” disse tranquillamente Jadis.
 
 
I narniani camminarono a lungo esplorando con cautela le rovine attorno a loro. Somigliavano molto a quelle di Cair Paravel: il terreno era coperto in più punti da frammenti di roccia, bassi muretti e cespugli, qualche fiore. Videro panchine e archi di pietra, porticati, e ancora colonne di marmo. Quel luogo, un tempo, avrebbe potuto essere un castello o una piccola città.
A volte, pareva loro di scorgere qualche movimento tra le fronde degli alberi, ma non riuscivano mai a capire se ci fosse davvero qualcosa o no. C’erano solo insetti, uccelli e piccoli roditori. E di Ramandu nemmeno l’ombra.
Edmund rimase leggermente deluso dalla sua completa assenza. Era sicuro di trovarlo lì, forse nascosto, debole proprio come gli aveva detto la Stella Azzurra.
Mancavano un paio d’ore al tramonto, e Caspian e Peter avevano appena deciso di tornare alla nave e aspettare l’indomani per andare oltre, ma all’improvviso Ripicì alzò il naso e fiutò qualcosa. In effetti, l’aria si era riempita di un profumo delizioso.
“Forse sono i fiori” disse Miriel.
Erano nei pressi del ponte di roccia, e i grandi fiori rosa che avevano visto pendere dal ponte stesso, crescevano in gran numero e riempivano l’aria della loro fragranza.
“No, no, milady” disse ancora il topo, muovendo il naso su e giù, “sembra quasi…non saprei…”
“Prudenza, Rip” lo redarguì Caspian, ma alla fine si decise di proseguire.
Il ponte era costituito da un unico lastrone di roccia ricoperto di soffice muschio. Non c’erano ringhiere, e Lucy, che soffriva di vertigini, si aggrappò forte alla mano di Emeth mentre lo percorrevano. Erano gli ultimi della fila, perché lei insisteva a proseguire con lentezza.
“Non guardare giù. Il segreto è questo” le disse il ragazzo.
“Oh, Emeth! Se me lo dici mi viene voglia di farlo!” protestò la Valorosa.
“Ti fidi di me?” le chiese lui, mettendosi davanti a lei, sempre tenendole le mani strette nelle sue.
“Certamente” rispose Lucy vedendo che le sorrideva.
“Allora chiudi gli occhi e stringi forte le mie mani”
La ragazza spalancò i grandi occhi azzurri e scosse il capo.
“Tranquilla, io non ti lascio”
“V-va bene” acconsentì lei poco dopo.
Avanzarono piano, un passo dopo l’altro, e infine raggiunsero gli altri.
D’improvviso, le rovine acquistarono un nuovo aspetto: adesso c’era un sentiero da seguire, lastricato con pietre colorate, e colonne ancora più alte dalle quali scendevano rivoletti d’acqua che si insinuavano in apposite fessure nel pavimento. Edmund le riconobbe subito, anche quel particolare era apparso nel suo sogno.
“Più in là non sono andato” disse il Giusto, indicando il sentiero che continuava nel fitto di un boschetto davanti a loro.
Nessuno lo disse, ma sembrava che al di là degli alberi ci fosse qualcosa che li aspettava. Qualcosa o qualcuno in attesa.
“Forza” disse Caspian.
Ma non appena ebbero fatto pochi passi tra le fronde, il gruppo si arrestò per la sorpresa: c’era un enorme cancello in ferro battuto, chiuso purtroppo. Il sentiero, ancora una volta, continuava al di là, ma stavolta procedeva in salita.
“Come facciamo a passare?” fece Susan ansiosa, e come in risposta alle sue parole, le tre Spade di Bern, Restimar e Octesian s’illuminarono tutte insieme come quando avevano attraversato i vortici.
Edmund, Peter e Caspian (che custodiva per Eustace quella di Octesian) estrassero le armi dai foderi. Il cancello brillò della stessa luce azzurra e poi si spalancò davanti a loro con un clangore sommesso, invitandoli a entrare.
Ripicì fu il primo, subito seguito dai marinai più temerari, o forse curiosi e impazienti. In quel punto, il profumo era ancora più forte.
Ma le sorprese non erano finite.
Il sentiero si arrestò nei pressi di uno spiazzo rettangolare, anch’esso lastricato di pietre levigate e circondato da altissime colonne grigie. Alzarono gli occhi al cielo, dove le stelle sembravano brillare più vicine, più grandi, e ammirarono la maestosità dell’alta vetta del monte che avevano visto al loro arrivo, anch’essa molto più vicina. Erano saliti fin lassù senza quasi accorgersene.
“La luce cala troppo rapidamente. E’ innaturale” osservò Peter, e tutti notarono come le ombre si erano allungate sul terreno.
All’interno dello spiazzo vi era un lungo tavolo coperto di un panno rosso acceso che scendeva fino a terra. Su entrambe i lati correvano sedie di pietra dagli alti schienali lavorati finemente e con cuscini di seta rossa. La tavola era imbandita di ogni ben di Dio, cibi e bevande per tuti i gusti, e non c’erano dubbi che il delizioso profumo provenisse da lì.
“Incredibile!” esclamò Lucy.
“Quale prodigio!” le fece eco Drinian, ammirato.
Si avvicinarono piano. I marinai desideravano più che mai sedersi e mangiare, ma Caspian ordinò: “Che nessuno tocchi niente”
“Pensate che il cibo possa nascondere qualcosa, Sire?” chiese Rhynce, Gael per mano. “Che sia stregato, o peggio, avvelenato?”
“Non si può mai sapere” rispose Caspian.
“Giusto, giusto” annuì Tavros. “Troppa magia qui intorno, non mi piace proprio”
D’un tratto Edmund disse: “E quelli cosa sono?”
Tutti fissarono in punto indicato dal Re Giusto, dalla parte opposta della tavola. Là c’erano tre sagome in ombra, immobili, apparentemente innocue.
 “Che cosa sono?” mormorò Lucy.
“O chi sono” la corresse Susan.
Ripicì saltò sul tavolo e avanzò svelto tra calici e piatti. Quando fu davanti alla strana figura a capotavola, sbirciò sotto quella che pareva una matassa di paglia.
“Sire, venite a dare un’occhiata!”
Caspian raggiunse il topo per vedere meglio. “Ed, hai la tua torcia?”
“Sì, certo”
“Fammi luce, per favore”
Edmund prese la pila elettrica dalla propria cintura e puntò il fascio di luce dritto verso le tre figure.
“Sono persone” mormorò Caspian sbalordito.
Anche il resto della compagnia si era avvicinato, incuriosito da quella scoperta.
Erano tre uomini, con capelli e barba bianchi e così lunghi che si erano intrecciati tra loro formando un unico groviglio peloso. Coprivano loro gli occhi e il viso ed erano cresciuti tanto da toccare terra.
“Sono morti?” chiese Lucy, deglutendo.
“Non credo, Maestà” disse Ripicì, tastando il polso del primo. “Il cuore batte, la pelle è calda”
“Anche questo è vivo” disse Edmund, che si era avvicinato al secondo.
“E anche questo” disse Peter, accanto al terzo.
“Sono addormentati!” esclamò Miriel.
“Potrebbe essere stato il cibo” suggerì Emeth. “Dormono a causa di queste pietanze. Rhynce non ci è andato lontano quando ha detto che poteva essere stregato”
“Devono dormire da tanto, tanto tempo” osservò Gael.
“Potrebbero essere…” dissero a una sola voce Caspian e Susan, scambiandosi poi uno sguardo d’intesa.
“Pensi quello che penso io?” fece lui.
Lei annuì. “I Lord di Telmar”
“Accidenti, è vero!” esclamò Lucy.
“C’è un modo per accertarcene” disse Caspian, alzando il braccio dell’individuo a capotavola. Al suo polso c’era un bracciale d’oro con sopra inciso un martelletto sormontato da una stella. “Sì, sono senza dubbio Lord Revilian, Agoz e Mavramorn”
“E se sono loro ci saranno anche…” fece Peter.
“Le Spade!” concluse Edmund, scostando la massa di barbe dalla tavola, perché sotto di esse gli parve di veder brillare qualcosa.
E infatti eccole: tre Spade del tutto identiche a quelle che avevano già. I tre Re di Narnia non esitarono un momento e posarono le loro vicino a quelle sulla tavola.
“La nostra ricerca è quasi conclusa. Ne manca solo una” dichiarò Caspian.
Lui, Lucy e Susan allungarono automaticamente una mano verso una Spada diversa. Si scambiarono uno sguardo e tutti e tre pensarono che la propria li stava chiamando. Caspian fece per prendere quella del Lord a capotavola, probabilmente Revilian; Susan quella a destra, di Lord Mavramorn; e Lucy quella a sinistra, di Lord Agoz.
“Ma allora questo posto è…” mormorò la Valorosa, ma non terminò la frase, perché in quel preciso momento tutte e sei le Spade si illuminarono.
E improvvisamente, tutti capirono una cosa: ripensarono di nuovo a quel che era successo quando avevano attraversato i vortici. Una luce identica si era sprigionata dalle Spade e un’altra aveva brillato da lontano, proprio dall’Isola di Ramandu. Le Spade si erano chiamate. Si erano aiutate. Quelle di Revilian, Mavramorn e Agoz avevano chiamato quelle di Bern, Octesian e Revilian.
Poco dopo, una luce quasi accecante inondò lo spiazzo e la compagnia alzò automaticamente gli occhi al cielo, da dove scendeva una sfera luminosa. Quando toccò terra in mezzo a loro prese forma e apparve una donna. Era avvolta in una lunga veste bianca, aveva lunghi capelli biondi chiarissimi e gli occhi blu.
Edmund non poteva distogliere gli occhi da lei, emozionato. Poteva davvero essere che fosse…
“Benvenuti alla Tavola di Aslan, viaggiatori” disse la donna volgendo un sorriso intorno a sé. “Vi stavamo aspettando”
“Chi…chi siete?” chiese Edmund titubante.
Lei si volse verso di lui. “Il mio nome è Lilliandil, figlia di Ramandu. Sono la vostra guida del cielo”
A quel nome, Susan tremò.
Eccola infine, era lì davanti a lei. Era molto bella, aggraziata, una perfetta candidata per essere regina, ora capiva perché Aslan aveva proposto lei.
Non poté fare a meno di pensare che se lei non fosse stata lì, Caspian avrebbe preso quella donna con sé e l’avrebbe condotta a Narnia…e improvvisamente, Susan ebbe paura. Una folle paura che le fece mancare il respiro e allora si voltò a guardare lui. Il Liberatore era dall’altra parte del tavolo, vicino a Lucy e Peter, e guardava la Stella Azzurra. E a Susan venne voglia di urlare il suo nome, chiamarlo, correre ad abbracciarlo, stringerlo a sé, perché aveva il terrore che quella donna lo portasse via per sempre.
All’improvviso, le affiorò alla mente il suo sogno di tanti mesi prima, quello che l’aveva tormentata appena tornata a Finchley; un sogno che ormai non faceva più da tempo, perché adesso era con lui e si sentiva al sicuro. Era il songo in cui vedeva sempre Caspian girato di spalle, e lo chiamava, gridava, ma anche se infine lui si voltava, non riusciva a raggiungerlo mai.
Ed esattamente come nel sogno, ora Caspian era lì, le dava le spalle e non la guardava. E Susan ebbe l’angosciante sensazione che se anche si fosse voltato a guardarla di nuovo, lei non lo avrebbe raggiunto mai più, perché ora c’era quella donna, Lilliandil, e forse…forse Caspian avrebbe infine compreso che aveva ragione Aslan, e Drinian, e Peter; che aveva fatto la scelta sbagliata, che il suo destino era un altro.
No, non è vero!Gridò la sua mente.
“Sei la Stella Azzurra!” udì poi esclamare Lucy. La Valorosa era sbalordita, così come tutti.
“Sì, sono io” disse Lilliandil.
“Ma noi credevamo che fossi prigioniera della Strega Bianca” disse Edmund, emozionato.
La Stella si voltò e i loro occhi s’incontrarono. Il Giusto ebbe un fremito lungo la schiena al quale non seppe dare una definizione.
Come poteva essere?, si chiese il giovane Re. Era davvero lei? Assomigliava moltissimo alla ragazza che aveva veduto nei suoi sogni, i capelli sembravano gli stessi, e la voce, e l’abito, soprattutto gli occhi…sembrava davvero lei… E perché non avrebbe dovuto esserlo?, pensò di nuovo.
“Lo so che vi starete chiedendo perché sono qui” disse la Stella, fissando ancora Edmund negli occhi.  “Il fatto è che la Strega Bianca ha fatto uno scambio: ha lasciato andare me ma ha catturato il mio povero padre che ha tentato di salvarmi. E io adesso sono qui e assolvo il mio dovere, mentre lui…” gli occhi di Lilliandil si riempirono di lacrime. “Vostre Maestà, ho assoluto bisogno del vostro aiuto!”
“Diteci cosa è successo” disse Miriel avvicinandosi a lei.
Lilliandil le sorrise. “Non ci siamo mai conosciute, mia cara, ma anche voi siete una guida come me, e ho pensato molto a voi.”
“Ci conosciamo ora” sorrise la Driade in risposta. “Anch’io ho pensato a voi. Ma ora raccontateci tutto”
“Venite con me” disse la Stella Azzurra. Poi, si rivolse all’equipaggio. “Intanto, se volete ristorarvi, potete star certi che queste pietanze non avranno su di voi alcun effetto malefico”
I marinai ringraziarono e poi sedettero attorno al tavolo.
Intanto, Lilliandil pregò i Sovrani e Miriel di seguirla. Emeth si mosse con loro in automatico, ma la donna lo fermò.
“Sono spiacente, ma posso parlare solo con i Re e le Regine. Così mi è stato ordinato. Miriel fa eccezione perché come me è una delle guide. Tu devi aspettare qui con gli altri”
Il soldato fece un passo indietro, chiaramente deluso e forse offeso.
“No, Emeth viene” disse Lucy. “Ha rischiato tanto per aiutarci”
“Oh…come volete, Maestà” rispose Lilliandil con un inchino. “Scusate, io non ho potuto seguire le vostre vicende come avrei dovuto, e non sono a conoscenza di tutto quello che è successo. Ma se la Regina Lucy me lo chiede...”.
Detto ciò, li guidò tutti attraverso un nuovo sentiero, e salirono in alto, sulla cima del monte.
Susan era l’ultima della fila. Caspian si fermò, mandando avanti gli altri e aspettando che lo raggiungesse. Non appena lei fu vicino a lui, le sorrise dolcemente e la prese tra le braccia.
“Che cos’hai?”
“Niente”
“Non mentire a me, Susan”
Lei alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi. “Caspian, io…”
Non terminò la frase, perché lui la baciò.
“Io voglio te, Susan. Amo te. Solo te” le disse molto seriamente, a un centimetro dal volto, accarezzandoglielo.
Lei chiuse gli occhi per un momento soltanto e lo abbracciò ancora. “Rimani vicino a me”
“Sempre”
Raggiunsero il resto del gruppo e la Stella Azzurra iniziò il suo racconto.
“Mesi fa, dal mare sorse una strana nebbia, e molti animali che vivono qui si sono addormentati misteriosamente quando ne sono venuti a contatto. Mio padre Ramandu, mandato qui nel mondo da Aslan per divenire il guardiano della sua Tavola sacra, e io con lui, indagò su questi strani fatti e scoprì che la nebbia proveniva da una terra apparsa improvvisamente dal nulla. Eccola”. Lilliandil indicò un punto lontano alle spalle dei ragazzi.
Tutti si volsero e videro una strana massa di nubi nere dalle quali si sprigionavano lampi verdastri, lo stesso colore della nebbia che aleggiava tutto intorno a quello strano luogo. Faceva venire i brividi solo a vederla da lontano. Il mare, che sotto di loro era così tranquillo, laggiù era impetuoso e s’infrangeva su alti scogli appuntiti che circondavano l’isola.
“Che cos’è?” chiese Peter.
“L’Isola delle Tenebre, il luogo dove si annida tutto il male. L’isola mobile della Strega Bianca. Ella giunse qui perché aveva bisogno di entrare alla Tavola di Aslan. Sapeva che quaggiù c’era qualcosa che le avrebbe permesso di tornare in pieno possesso dei suoi poteri: una magia potentissima, la magia delle Sette Spade. Sapeva che tre di esse erano già qui, e sono state molteplici le volte in cui ha tentato di impossessarsene. Ma alla Tavola di Aslan non può accedere chiunque. Come avete constatato coi vostri occhi, ci sono dei vortici che si attivano come una barriera e non lasciano passare nessuno che non sia stato invitato”
“Ma noi siamo stati invitati qui da Aslan” protestò subito Lucy “Perché allora i vortici si sono attivati?”
Edmund e Peter si scambiarono uno sguardo e aspettarono che la Stella Azzurra confermasse ciò che avevano sospettato.
“La Strega Bianca è giunta qui prima di voi” disse infatti Lilliandil. “Mio padre l’ha tenuta lontana grazie a quell’espediente, così come ha tenuto lontani tanti intrusi dalle cattive intenzioni che negli anni passati hanno tentato di arrivare qui. Poi, però, è accaduto qualcosa…” La voce e il viso di Lilliandil si fecero molto tristi. “Una cara sorella, una figlia delle stelle della quale nessuno di noi avrebbe mai sospettato, ci tradì. Si vendette alla Strega e le permise di entrare alla Tavola di Aslan. Rubò la chiave a mio padre e aprì il cancello. Io ero appena stata scelta per divenire guida del cielo delle Vostre Maestà, e Jadis allora mi prese e mi portò al suo palazzo, sull’Isola delle Tenebre. Mio padre cercò più volte di aiutarmi, affrontò la Strega ma lei ebbe la meglio e lo privò dei suoi poteri. La Strega voleva costringermi a portarvi fuori strada, per non farvi mai arrivare alla Tavola di Aslan. Ma io non obbedii ai suoi ordini, anche se mi minacciò più volte e minacciò mio padre. Lui radunò le ultime forze per chiudere i cancelli, per far sì che Jadis non s’impossessasse delle tre Spade che erano già qui. Ci riuscì, ma ora che voi siete entrati, i cancelli sono aperti, i vortici si sono disattivati, e lei potrebbe arrivare da un momento all’altro”
“Allora non avremmo dovuto oltrepassarli!” esclamò Edmund.
“Oh no, dovevate. Voi siete l’unica speranza per liberare Narnia dal giogo della Strega Bianca e dalla terribile maledizione che ha lanciato sul regno. Dovete trovare l’ultima Spada e non permettere in alcun modo alla Strega di portarvele via. E poi…vi prego ancora una volta di salvare mio padre. Lui si è sacrificato per liberarmi”
“Come ha fatto a convincere Jadis?” chiese Susan, prendendo parola per la prima volta.
“Non lo so, ma c’è riuscito”
Le due ragazze si guardarono.
Susan ebbe un fremito. Fu un guizzo negli occhi di Lilliandil, il modo in cui la fissava insistentemente, i suoi movimenti, il suo strano sorriso…Non seppe determinare esattamente cosa fosse successo, ma un campanello di allarme risuonò nella testa della Regina Dolce.
“Jadis ha lanciato la maledizione, non solo perché odia profondamente il popolo di Narnia” disse Caspian con aria grave, “ma anche per spingerci a farci arrivare sin qui, vero?”
“Non lo so, mi rincresce” disse Lilliandil.
“Io conosco Jadis” intervenne Edmund con un certo disagio. “Certamente sapeva già che le Spade erano destinate a noi, lo ha sempre saputo. E forse all’inizio voleva ostacolarci, ma poi deve aver capito che non avrebbe potuto entrare alla Tavola di Aslan e nemmeno trovare e usare le Spade senza di noi. Di conseguenza, ci ha fatto fare tutto il lavoro per lei. Per cui, rispondendo alla tua domanda, Caspian, potrei dire che sì, Jadis ha lanciato la maledizione del sonno eterno per spingerci a fare più di quel che avremmo fatto.”
“Quindi stiamo facendo il suo gioco” disse Emeth.
“No, stiamo facendo il volere di Aslan” ribatté Lucy perentoria.
“E’ vero” annuì Lilliandil con un sorriso.
“Per favore, signora” disse Caspian. “Raccontatemi come sono giunti sulla vostra isola i tre Lord”
“Sono qui da molto, molto tempo. Arrivarono con la loro nave, stanchi, in cerca d’aiuto. Avevano perso quasi tutti i loro compagni e cercarono asilo presso mio padre. Lui ovviamente li aiutò, ma un giorno, quando decisero che sarebbero tornati indietro, anche loro caddero in un sonno profondissimo, poiché vennero per errore a contatto con la nebbia verde. Finché non avrete sciolto l’incantesimo, non si sveglieranno”
“Avete idea di dove possa trovarsi l’ultima Spada?” chiese ancora il Liberatore.
“Oserei dire proprio là: sull’Isola delle Tenebre”
Guardarono nuovamente in direzione della massa di nubi tempestose e non si accorsero del riso maligno di soddisfazione che era apparso sul volto della Stella.
“Sbrighiamoci, allora” disse infine il Re di Narnia, voltandosi verso gli amici. “Dobbiamo fare un piano”
Poco dopo, tornarono insieme a Lilliandil dagli altri marinai, i quali si erano ristorati per bene e ora chiacchieravano allegramente attorno al tavolo. Ma non appena videro i volti preoccupati dei loro Sovrani, si alzarono e ascoltarono con attenzione tutto il racconto.
“State tranquilla” disse Edmund a Lilliandil, nervoso. “Troveremo vostro padre e saleremo Narnia”
“Grazie” fece lei chinando il capo.
Il ragazzo si sentiva a disagio accanto a lei, e non seppe perché. Era anche abbastanza scontento dal fatto che la Stella non lo degnasse quasi di uno sguardo e non avesse accennato ai due sogni in cui si erano incontrati. Fu tentato di chiederle chi fosse l’altra donna, quella che aveva visto con il pugnale di pietra, ma non ve ne fu il tempo, perché Lilliandil lo sorpassò e andò dritta verso Caspian.
“Perdonatemi, Vostra Maestà”
Il Liberatore si voltò e lei s’inchinò appena. Gli si avvicinò e gli sorrise timidamente.
“Prima che torniate sul vostro veliero, avrei desiderio di parlarvi, Sire” la donna abbassò gli occhi e un lieve rossore colorò il suo viso. “Io…io non so se vi è stato riferito che ho accettato con gioia la vostra proposta di matrimonio e vi ho aspettato a lungo. Volevo sapere quando potrò venire a Narnia con voi”
Caspian si schiarì la gola molto imbarazzato. Lei lo fissava con occhi lucenti e speranzosi, sorridente.
“Forse…forse di questo dovremmo parlare in privato”
La Stella lo fissò perplessa ma annuì.
Caspian si volse indietro e chiamò Drinian, dicendogli di prendere un gruppo di uomini e di iniziare a tornare alla nave per organizzare le cose.
“Io e gli altri Sovrani vi raggiungeremo presto” disse il Re, e poi incontrò lo sguardo spaventato di Susan.
Lei sentì che i suoi nervi fremevano, ed erano rimasti tesi per tutto il tempo in attesa di quel momento.
Lui le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle, baciandole la fronte. Susan avrebbe voluto gridargli di non andare, ma sapeva che non sarebbe stato giusto. Lilliandil non era colpevole di nulla. Giustamente, lei attendeva l’arrivo di Caspian perché così era stato stabilito. Così sarebbero dovute andare le cose.
Caspian spostò le labbra dalla sua pelle e le fece una carezza sul viso. “Glielo devo. Devo spiegarle ogni cosa”
“Sì, lo so. E’ giusto”
“Vuoi venire con me?”
Susan scosse il capo. “No, vai solo tu. Io non me la sento, davvero. Vai a parlarle. Io ti aspetto qui con gli altri.”
“Non voglio mentire più a nessuno” disse il Re, e lei gli gettò le braccia al collo.
“Caspian…”
Ma ancora una volta lui non le lasciò terminare la frase. Premette le labbra su quelle di lei con intensità, e la baciò in modo tale da farle quasi dimenticare i suoi timori.
Era una sciocca…non poteva avere paura, non più. Nessuno le avrebbe più portato via Caspian. Lei non lo avrebbe permesso. Pensò all’improvviso che se fosse successo, se qualcuno avesse osato farlo, allontanarlo da lei, stavolta non avrebbe rinunciato a lui senza lottare. Ma lottare davvero, con unghie e denti. Non le importava niente se non era il suo destino o che altro, non le importava di nessuno, solo di Caspian.
Con una lentezza dolorosa, lui si separò da lei e le accarezzò ancora il viso, senza sorridere. Si voltò e tornò verso la Tavola di Aslan, mentre Susan lo guardava allontanarsi con quella donna.
Distolse subito lo sguardo, perché non voleva che altri brutti pensieri affiorassero. Poi si mosse dietro ai marinai, apprestandosi a tornare alla nave.
“Non rimani qui con noi ad aspettare Caspian?” le chiese Lucy molto perplessa.
“No, io…non mi sento bene e preferirei tornare con Drinian e il suo gruppo sul Veliero dell’Alba. Non preoccuparti Lu, va tutto bene” tagliò corto la Regina Dolce.
Non poteva stare lì. Non ci riusciva. Doveva allontanarsi da quel posto il più in fretta possibile. Avrebbe chiesto scusa a Caspian più tardi, e forse lui le avrebbe detto che era stupida e l’avrebbe rimproverata come una bambina. Ma Susan si sentiva una bambina: era smarrita e spaventata.
Continuava a pensare a Caspian e a quella donna insieme.
Procedette svelta per raggiungere il gruppo di Drinian. Presto, le voci di chi era rimasto in attesa del ritorno del Re alla Tavola di Aslan, si allontanarono e infine si spensero. Adesso, attorno a lei c’erano solo il silenzio e i rumori del bosco: lievi fruscii e il canto dei grilli. Camminò a lungo, a testa bassa, senza curarsi di dove andava.
All’improvviso avvertì uno strano dolore al ventre. Si fermò e appoggiò una mano a un albero.
“Non adesso” pensò rabbiosa, mentre la testa iniziò a girarle.
Il dolore si fece più acuto e Susan fu costretta a sedersi sull’erba fresca, nei pressi del ponte di roccia. Si appoggiò con la schiena al tronco dell’albero, la testa all’indietro, tirando un profondo respiro. Si passò la mano sinistra sulla fronte e poi osservò il proprio anulare, dove brillava l’anello reale. Se l’afferrò con la destra e la strinse al petto, accarezzando piano il cerchietto dorato con le dita. Chiuse gli occhi e sentì il dolore svanire piano piano.
Poi vi fu uno schiocco, come di un ramo spezzato, che risuonò fortissimo, o così le parve, nell’immobilità della sera.
Susan si guardò intorno freneticamente. Le sembrò di vedere qualcosa, un’ombra in mezzo agli alberi al di là del ponte. Veniva verso di lei, stava attraversando il ponte adesso. Era l’ombra di un animale. Camminava a quattro zampe ed era enorme.
Susan si alzò e fissò la sagoma avanzare lentamente verso di lei. Diventava sempre più grande, sempre più grande...
C’erano animali feroci alla Tavola di…?
“Aslan?” esalò la fanciulla.
Possibile…?
A quel punto, l’animale si fermò. I suoi grandi occhi luminosi brillavano nell’oscurità. La guardava.
Un profumo inebriante si propagò nell’aria. Ma non erano i fiori che crescevano lì intorno, e nemmeno l’aroma del cibo che proveniva dalla Tavola. Era un profumo che Susan aveva già sentito ma che non era mai stata capace di descrivere. Si sentì forte e il suo cuore tornò pieno di serenità.
Poi, l’animale parlò.
“Perché sei triste, Regina di Narnia?”
La sua voce era calda, profonda, gentile.
Susan non rispose subito. Non sapeva cosa dire.
“Aslan” mormorò ancora, allungando un braccio e sentendo le proprie dita affondare nella sua criniera morbida e setosa.
Stava sognando o era sveglia? Non le importò saperlo, perché l’unica cosa che contava era che lui era lì, in un modo o nell’altro; era venuto da lei. E lui l’avrebbe consolata, come aveva già fatto tanto tempo prima quando lei aveva pianto nella sua bella criniera, bagnadola di lacrime.
Ma Susan non avrebbe pianto ora, perché era felice. Felice che proprio a lei si fosse rivelato. A lei, che era quella che più di tutti gli altri aveva dubitato di lui e forse in un momento della sua vita aveva anche smesso di credere. Eppure…
Osò avvicinarsi ancora e come quella volta lo abbracciò.
 “Continuo ad avere paura” disse infine la ragazza. “Perché? Non voglio più averne”
“E non devi. Non ne hai motivo” le rispose lui, gentilmente. “Devi prenderti cura di te stessa, Dolce Regina. Una nuova vita sta per giungere a Narnia e tu ne sarai responsabile. Devi gioire. Non c’è tempo per le lacrime, mia cara”
Erano parole strane e Susan non ne afferrò il pieno significato.
“Non lasciarti vincere dai dubbi” udì la sua voce, mista a un lieve ron ron. “Su, ora destati, cara Amica di Narnia. Ormai è tempo”
E un attimo dopo, l’isola sparì. Tutto si fece ancor più buio, e una lieve brezza si alzò e portò via quel buon profumo. Susan percepì le proprie dita allontanarsi dal morbido manto del Leone e si chiese di nuovo se Lui fosse mai stato lì o se avesse sognato.
Lentamente aprì gli occhi e vide il soffitto color ambra della sua cabina. Era sdraiata a letto. Fece vagare gli occhi attorno sé, leggermente confusa, e si stupì nel vedere il medico di bordo accanto a lei e che le sorrideva, mentre riponeva i suoi attrezzi da lavoro.
“Siete già sveglia, mi fa piacere”
“Che cosa è successo?” chiese Susan, tirandosi su a sedere
“Vi siete sentita ancora male, Maestà. Non ricordate? E’ stato alla Tavola di Aslan. Vostra sorella ha detto che volevate tornare indietro da sola ma siete svenuta all’improvviso, e così i vostri fratelli vi hanno portata subito sulla nave”
“Mi dispiace. Ho fatto preoccupare tutti, non era mia intenzione” si scusò sinceramente Susan. “Caspian?” chiese subito dopo.
“Oh, Sua Maestà era molto preoccupato, così come tutti. E’ qua fuori, non vi lascia un momento” sorrise ancora il medico, soffocando una bonaria risatina. “Mia cara bambina, cercate di avere un po’ più cura di voi stessa, d’ora in avanti” la rimproverò.
Susan sussultò, ricordando le stesse identiche parole pronunciate da Aslan.
Prendersi cura di se stessa…cosa voleva dire?
Il dottore si avvicinò e le fece cenno di stendersi di nuovo. Lei obbedì.
“Vostra Maestà permette?”
“Certamente” disse Susan, mentre lui le posava le mani sul ventre e pigiava qua e là con molta delicatezza.
“Sentite dolore?”
“No”
“Mmm…mmm….bene, bene” annuì lui molto soddisfatto. “Un po’ di riposo e sarete come nuova”
“Ma che cos’ho?” domandò svelta, sedendosi ancora. “Sono tanto malata?”
“Mia cara!” esclamò il medico con un sorriso imbarazzato. “Davvero non sapevate allora?”
“Che cosa?”
Il dottore si mise davanti a lei e raddrizzò le spalle, schiarendosi la voce. “Ho il grande onore di informarvi che Vostra Maestà è in stato interessante” annunciò allegramente.
Susan spalancò i begli occhi celesti e li fissò in quelli scuri del dottore, che non aveva mai smesso di sorriderle.
Non aveva capito che cos’aveva che non andasse nei giorni precedenti, il perché si sentiva così stanca e i continui giramenti di testa. Poi, quella sera, il dolore al ventre.
Aspetto un bambino! gridò nella propria mente.
Che sciocca a non averci pensato!
Conosceva bene i sintomi di tale condizione, ma senza nausea non aveva pensato a quella possibilità. Credeva di essere semplicemente stanca e stressata, un po’ come tutti. Ma ripensandoci ora…era logico. La spossatezza, i capogiri, il poco appetito…
Si appoggiò con la schiena ai cuscini e un sorriso di pura gioia si aprì sul suo volto.
Il dottore le prese le mani nelle sue. Era sempre stato tanto affezionato a quella giovane donna così coraggiosa.
“Le mie felicitazioni, Maestà!”
Susan lo abbracciò con gratitudine. “Non ditelo al Re, vi prego. Vorrei dirglielo io”
“Ma certo. La mia bocca è cucita” disse lui scherzosamente. Poi le fece promettere di riposare ancora per qualche ora.
Ma lei voleva vedere subito Caspian. Non poteva aspettare.
“Non mi muoverò di qui, lo giuro. Ma andate a chiamarlo, per favore”
Poco dopo, il dottore uscì dalla cabina.
Susan rimase sola a fissare il vuoto, con il sorriso sulle labbra. Si portò le mani al viso, ridendo. Un brivido di emozione attraversò tutto il suo corpo e si sentì meravigliosamente bene. Non vedeva l’ora di dirlo a Caspian. Sarebbe corsa letteralmente a dargli la notizia se non avesse promesso al medico di restare a riposo, e così si trattenne, rimanendo in attesa di vedere la porta aprirsi e lui apparire sulla soglia.
Tremò al pensiero di dirglielo. Come avrebbe reagito? Avrebbe sorriso o sarebbe rimasto sbalordito dalla notizia?
E gli altri? Che cosa avrebbero detto? Peter, Edmund, Lucy e tutti gli amici.
Calma,si disse, andrà tutto bene.
Doveva stare tranquilla. Doveva avere riguardo di sé stessa ma anche di qualcun altro. Doveva pensare prima di tutto a lui…o a lei.
Dolci lacrime di felicità solcarono improvvisamente il suo volto. Susan abbassò le mani per coprire il ventre e la nuova vita che vi stava crescendo, per proteggerla.
Un figlio. Un figlio di Caspian. Loro figlio.
Le pareva già di poterlo vedere. Una piccola creatura forte e ardita come lui, magari con gli stessi capelli scuri e gli occhi neri e dolci.
Forse sarebbe stato un maschio…un undicesimo Caspian.
Aslan…pensò d’un tratto. Ecco cosa avevano voluto significare la sue prole! Aslan era stato il primo a sapere ed era venuto per annunciarle la notizia. Sogno o no, lui era giunto per avvertirla e per dirle, come il dottore, di avere cura di sé perché portava nel grembo il principe di Narnia. Un futuro Re.
Ma la cosa più importante, è che glielo aveva detto sorridendo. Aveva udito la gioia nella sua bella voce. E ora era sicurissima che il Leone non sarebbe mai stato contrario alla sua unione con Caspian. Al contrario: era venuto per incoraggiarla.
“Caro Aslan…” mormorò chiudendo gli occhi. “Grazie”
In quel momento, la porta si spalancò e Susan sentì il cuore balzarle nel petto. Caspian era sulla soglia con un vago cipiglio sul volto e gli occhi scuri pieni di spavento. Era davvero preoccupatissimo.
Ma Susan lo tranquillizzò subito sfoderando un enorme sorriso e allungando le mani, che lui subito afferrò saldamente nelle proprie.
“Vieni qui” gli disse e Caspian sedette accanto a lei.
“Mi hai fatto spaventare sul serio, stavolta. Che è successo?”
“Tranquillo, va tutto bene, sto bene” rispose lei abbracciandolo forte. “Devo dirti una cosa”
“Sì, anch’io. Ma prima devi giurarmi che non hai niente”
Lui la guardò seriamente e lei gli accarezzò il volto. “Giuro”
Susan vide che sembrava preoccupato e ansioso, così decise di rimandare un attimo l'istante in cui gli avrebbe dato la notizia, ascoltando attentamente mentre lui le narrava la sua conversazione con la Stella Azzurra.
In un altro momento, Susan non avrebbe voluto sentirla nominare in una circostanza simile, ma stranamente sentì che poteva sopportarlo.
“Non era felice quando gliel’ho detto. Quando le ho detto che ho sposato te, che ti ho sempre amata e aspettata, e che in ogni caso non l’avrei mai presa in moglie. Ma sembra che abbia capito”
Caspian si sentì libero di un peso, il cuore leggero come non lo era da mesi. Infine liberò un respiro.
“Ora voglio buttarmi questa storia alle spalle e non ne voglio più parlare. Voglio pensare solo a te”
Susan gli sorrise ancora. “Vuoi un’altra rassicurazione sulla mia salute?”
“Mi tranquillizzerebbe, sì”
“Mi spiace di averti fatto preoccupare, davvero”
“Il dottore che ti ha detto?”
“Che non sono malata”
Caspian aggrottò la fronte. “E allora…”. La vide sorridere, sempre, e non riuscì a comprendere perché lei non parlasse. “Susan, non farmi impazzire”
Lei gli accarezzò il volto pungente. “Mi dai due secondi per mettere insieme le parole giuste? Credevo fosse più facile, ma non so da dove cominciare”
Caspian la guardò stupito. Susan sembrava tranquilla, a differenza di lui. Anzi, era più che tranquilla, sembrava…emozionata. Sì, emozionata.
“Ho visto Aslan, sai?” disse lei poco dopo.
Caspian la guardò colpito. “Cosa?”
Susan annuì, giocherellando con il colletto della sua camicia. “Anche lui era preoccupato per me. E sai, ora ho l’assoluta certezza che ci permetterà di stare insieme per sempre”
Caspian la guardò e vide che era veramente sicura di quello che diceva.
“Lo spero con tutto il cuore, ma Peter ha ragione, sai? Non saremo sicuri al cento per cento finché non saremo davanti a Lui” disse il Re con rammarico. “Aslan non dev’essere molto fiero di me, purtroppo, non dopo il modo in cui mi sono comportato ultimamente”
“No, amore mio, non dire così. Aslan è molto fiero di te, lo so. Ci ha fatto un dono, Caspian. Un dono meraviglioso!” Susan lo fissò dritto negli occhi e sorrise di più, vedendo lo sconcerto sul volto di lui. “Forse non siamo sicuri di come andranno le cose domani, o tra una settimana, o tra un mese, ma io una cosa la so, ed è qualcosa che nessuno può cambiare” Susan prese un respiro e finalmente trovò le parole adatte. “Io so che un giorno, presto, metterò al mondo tuo figlio, Caspian il Liberatore”
Il Re la fissò un attimo, incredulo, frastornato, senza parole. Cercò di prendere fiato per parlare ma non poté. Il suo cuore si era fermato, poi ricominciò a battere più forte che mai. Guardò il volto della sua sposa, i suoi splendenti occhi azzurri. In un lampo, ogni momento vissuto insieme a lei percorse la sua mente. Ne avevano passate tante, troppe, e adesso…adesso venivano ripagati con questo.
Doveva essere vero, pensò Caspian. Doveva, o se avesse scoperto che era solo un sogno…
Sì, forse lo era: un songo divenuto realtà.
“Ti prego, dimmi qualcosa” disse Susan, liberando una breve risata nervosa.
“Io…io non…sei sicura?” balbettò lui, leggermente stordito.
Lei annuì.
“Sei assolutamente sicura? Tu…aspetti un bambino... Aspetti un bambino?! Sul serio?!”
“Sì, amore mio, sì!” esclamò Susan gettandogli le braccia al collo e ridendo insieme a lui.
Un attimo dopo, si sentì sollevare e ora era stretta tra le sue braccia. Caspian la sollevò in alto e la fece volteggiare in preda a un’euforia incontrollabile.
“Piano! Piano!” lo ammonì lei e lui la rimise subito a terra.
“Oh, Susan! Mia dolce, Susan” mormorò il Re prendendole le mani e portandosele alle labbra più volte.
“Dovremo stare un pò più attenti, adesso” disse la Regina.
Lui annuì e un secondo dopo la riportò verso il letto. “Allora devi stenderti, riposare, sdraiati subito!”
Lei rise e sedette con lui “Non sono così fragile. Solo, per i primi tempi è sempre meglio fare un po’ d’attenzione”
“E’ per questo che si stata male, allora” disse Caspian. Non era una domanda.
“Sì, ma io non ci ho pensato” ammise lei.
“Non ti è venuto nemmeno il sospetto?”
Susan scosse il capo. “Lo so che forse avrebbe dovuto venirmi in mente come prima cosa, ma…no. Non so perché”
“E Aslan è venuto a dirtelo”
“A farmelo capire” lo corresse lei. “Sì. Perché questo figlio è un dono di Aslan”
“Susan, io ti amo. Ti amo come non mai” disse Caspian con estrema dolcezza e sincerità. Poi si chinò versò di lei e la baciò teneramente.
“Anch’io ti amo, Caspian. Ti amo tantissimo”
La Regina vide il suo timido tentativo di allungare una mano verso di lei, e allora la prese nelle sue e gliela fece poggiare sul suo ventre. Caspian l’accarezzò piano sopra la stoffa dell’abito, lo sguardo e la voce pieni di commozione.
“E’ qui”
“Sì, è qui”
“E’ meraviglioso, Susan”
La Regina gli passò una mano sul volto e gli asciugò una lacrima, poi infilò le dita nei suoi capelli accarezzandoli piano e sorridendo ancora.
“E’ una cosa nostra, Caspian. Solo nostra. Nessuno può portarcela via”
“No, mai. Io vi proteggerò” disse il Re con decisione, prendendole il volto tra le mani e baciandola ancora.
Si sdraiarono vicini, ma lui insisté perché lei dormisse subito, anche se Susan avrebbe voluto rimanere sveglia a parlare, a immaginare. Avrebbero avuto a vita meravigliosa, lui, Susan e il loro bambino.
“Primo di una lunga serie” le disse scherzando, o forse no, coprendo entrambi con il lenzuolo.
Lei rise. “Ho sempre voluto una famiglia numerosa, essendoci cresciuta io. Per cui, affare fatto”
Anche lui rise e la baciò sulla fronte.
“Caspian? Sei felice?” chiese lei contro il suo petto, al quale era stretta.
“E’ una domanda inutile” disse lui allontanandola un poco. “Sono immensamente felice. Tu stasera mi hai reso felice come niente avrebbe potuto mai. Sono sempre stato solo, e ora…”
“Ora ci siamo noi”
Susan gli fece appoggiare ancora una mano sul suo ventre, intrecciando le dita a quelle di lui in una dolce danza. Caspian la stinse a sé e la guardò a lungo, mentre gli occhi di Susan pian piano si chiudevano. La baciò ancora sulla fronte e si addormentò con lei.
Il mattino dopo, furono svegliati da un gran trambusto. Rumore di passi, più simile a un terremoto, voci animate fuori dalla porta.
Caspian e Susan aprirono lentamente gli occhi e si fissarono, mettendoci un attimo per svegliarsi e riconoscere le voci.
“Non potete piombare nella loro camera così!”
“Sì, che possiamo!”
“Lucy” mormorò Susan, a bassa voce.
“Peter” sussurrò Caspian a voce ancora più bassa.
“No, Edmund” lo corresse lei.
“E’ vero, è Ed. Le loro voci si assomigliano”
“Avrò almeno il diritto di sapere come sta mia sorella? Almeno questo?”
Susan sbuffò e fece una smorfia. “Questo è Peter”
“Oh, Peter, smettila, per favore”
“E Miriel” la seguì Caspian, in quella specie di gioco.
“Io non vorrei che stessero ancora dormendo”
“Emeth” dissero in coro.
“Posso entrare anch’io?”
“Gael” concluse Caspian, alzandosi dal letto.
“Bussiamo, bussiamo”
“Oh, c’è anche Rip” disse Susan mettendosi a sedere.
Ma prima che potessero realmente bussare, il Re di Narnia aprì la porta e vide Lucy con il braccio alzato in procinto di farlo.
“Ciao!” esclamò la ragazzina.
“Entrate, muovetevi” fece Caspian con un cenno del braccio, lasciandoli passare tutti.
Subito vollero sapere della salute di Susan e lei, scambiandosi sguardi furtivi con il Re, disse che stava molto meglio.
“Mi spiace, davvero. Non volevo far preoccupare nessuno” ripeté per l'ennesima volta.
Restarono a parlare ancora un po’ e poi andarono a fare colazione tutti insieme. I marinai avevano portato decine di prelibatezze dalla Tavola di Aslan.
“Dobbiamo salire ancora sull’Isola di Ramandu” annunciò Peter. “Lilliandil ha detto così che ha ancora qualcosa da mostrarci”
“Che cosa?” chiese Caspian.
“Non lo so, ma vuole che andiamo solo noi Sovrani, stavolta, con Eustace. Credo sia qualcosa che riguarda gli Amici di Narnia”
“D’accordo, ci andremo” disse Susan, pronta ad affrontare lo sguardo di biasimo di quella donna, ma per nulla spaventata. Forse avrebbe dovuto parlarle anche lei. Dopotutto, era la loro guida del cielo…
“Forse tu dovresti rimanere a riposo ancora un po’ ” le disse Caspian apprensivo.
“No, sto bene”
“Cosa ci nascondete?” chiese Peter guardando dall’uno all’altra.
“Perché pensi che nascondiamo qualcosa?” chiese Caspian sedendosi accanto a Susan e mettendole un braccio attorno alla vita.
“Non so…” fece il Re Supremo, aggrottando la fronte. “Ma avete l’aria strana”
I due ragazzi si scambiarono una nuova occhiata.
“In realtà…” iniziò la Dolce. “Bè, c’è qualcosa in effetti…”
“Sue ha visto Aslan” disse Caspian e tutti si fermarono di colpo. A Edmund andò di traverso il cibo.
Susan allora raccontò tutto. “Ma non è solo questo. Ecco…promettete di non arrabbiarvi?”
“Perché dovremmo? Che avete combinato stavolta?” indagò Peter.
“Smettila di essere così insistente, non vedi che li metti a disagio?” sussurrò Miriel al suo orecchio.
Il Re Supremo allora si trattene dal fare altre domande e aspettò.
“Promettete di non picchiarvi?” domandò di nuovo la Dolce, guardando il fratello maggiore e il suo sposo.
“Tenterò”
“Peter…” sussurrò ancora la Driade.
Susan sospirò e strinse la mano di Caspian, che ne baciò il dorso per tranquillizzarla.
“Ecco…Lu, Ed, Peter…ragazzi…è successa una cosa”
“Non sei malata, vero Sue?” chiese subito Lucy, allarmata.
La Regina Dolce le sorrise e scosse il capo. “No, non sono malata…aspetto un bambino”

 
 


 
E ci siamo!!!!!!!!!!!!!!! Lo so che ormai avevate capito tutti cosa stava per succedere alla nostra cara Sue, ma io sono rimasta sul vago fino all’ultimo per non rovinarvi questo momento!!! Purtroppo, minato dalla presenza di sta cosa luccicante che sarebbe la lucciola molesta. Non sapete che nervoso scrivere il suo pezzo….odio profondo… non posso farci proprio nulla, la detesto!!!
Non vedo l’ora di leggere i vostri commenti sulla Suspian, comunque, perché scommetto che è uno dei pezzi più attesi da tutti voi, vero?
Che dite, ho fatto bene ad alternare momenti di commozione e momenti più lieti, come il risveglio finale? E a proposito del finale: non sapevo proprio come fare a far dire a Susan la notiziona!!! E' stato troppo affrettato, secondo voi? Vi è piaciuto??? Ditemi, ditemi, che sono ansiosa!!! XD
E dell’intervento di Aslan cosa ne pensate? E dei cattivi?
Ah, se ci sono errori nel testo scusatemi, correggerò quanto prima, è che in questi tempi non faccio tempo a rileggere se non dopo aver postato.  
Passiamo di filato ai ringraziamenti!!!!
 
Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  arianna17, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Martinny, Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, piumetta, ScarlettEltanin,  Serena VdW, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94, e virginiaaa
 
Per le ricordate:

 ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 
Per le seguite:

Allegory86, ArianneT, Arya512, azzurrina93, Ballerinasullepunte, Betely,catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Lucinda Grey, lullabi2000, Mari_BubblyGirls, Miss H_, piccolaBiby, piumetta,  Poska,Red_Dragonfly,  Revan93, Riveer, Serena VdW, Smurff_LT, susan the queen,  SweetSmileTsuki94, _Maria_, e __Allis3
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:

Angel2000, Angie_V, EstherS, FioreDiMeruna, FrancyNike93,  GossipGirl88, LittleWitch_, lullabi2000, Martinny, Mia Morgenstern, piumetta, e Serena VdW
 
 

Angolino delle Anticipazioni:
Non ho idea di come reagiranno gli altri alla notizia del bimbo, ma prevedo casini, anche se poi tutto si risolverà.
Lilliandil farà ancora la mongola (tanto per cambiare).
I nostri eroi sbarcheranno sull’Isola delle Tenebre in ceca dell’ultima spada, ma troveranno una sgradita sorpresa ad attenderli…

 
Ci avviciniamo sempre più al finale, gente, e io già sono triste…T______T ma voi rimanete con me fino alla fine, vi prego!!! Il vostro appoggio è importantissimo per me, ora più che mai!!!
Vi ringrazio moltissimo come sempre, vi adoro e vi abbraccio!
Alla prossima settimana!
Baci, Susan<3

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Capitolo 42
*** Capitolo 42: L'Isola delle Tenebre ***


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42. L’Isola delle Tenebre

 
 
Un’acuta esclamazione di gioia provenne dalle voci delle ragazze. Lucy, Miriel e Gael schizzarono verso Susan e la coprirono di baci e abbracci.
La Valorosa scoppiò in lacrime. “Perché non me l’hai detto? Perché non me l’hai detto?” continuava a ripetere.
“Perché l’ho scoperto solo ieri” le rispose la sorella.
“Che bello, un bambino!” esclamò Gael saltellando. “E adesso è nella tua pancia, vero? Io lo so! La mia mamma mi ha detto tutto!”
Susan sorrise affettuosamente alla bimba, per la prima volta desiderando di avere una femmina. Si scambiò uno sguardo amorevole con Caspian che sorrideva amabilmente a Gael, e poi le rispose con un cenno affermativo.
Gael abbracciò la Regina Dolce e posò la guancia sul suo ventre piatto.
“Non credo potrai già sentirlo, sai?” le disse Caspian inginocchiandosi accanto a lei.
“Congratulazioni, Maestà” disse Miriel avvicinandosi e poi abbracciando Susan.
“Sì, auguri di cuore” disse Emeth.
“Posso andare a dirlo a papà?” chiese Gael.
Susan guardò Caspian.
“Io direi di sì” ripose il giovane con un nuovo gran sorriso.
La bambina schizzò fuori dalla porta gridando a perdifiato qualcosa che però gli altri non capirono bene.
Caspian si alzò di nuovo in piedi, cercando di fare tutto ma non voltarsi nella direzione in cui era seduto Peter, il cui sguardo che sentiva insistente su di sé, lo attirava come una calamita. Ma non doveva guardarlo, o sapeva che ne sarebbe sorta una nuova discussione, e lui non voleva. Non voleva perché avrebbe fatto dispiacere a Susan.
 “Sono tanto contenta per voi!” esclamò ancora Lucy, gli occhi splendenti. “Davvero, davvero tanto!”.
“Voi sapete” disse Susan, prendendo le mani della sorellina e guardando i suoi fratelli “quanto importante sia per me condividere tutto questo con le persone che più amo”
Emeth e Miriel si sentirono parte di quella cerchia e provarono una grande gioia, specialmente lui.
Edmund, pallido in volto, annuì e fece per dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì un suono.
Un bambino…sua sorella aspettava…
“Io mi devo sedere” mormorò infine e tutti risero.
“Sei già seduto, Ed” disse Caspian.
“Ah…già….M-ma com’è successo? Insomma…”
“Ma che razza di domande fai?!” lo rimproverò Lucy.
“Uffa!” arrossì il Giusto. “Quello che intendevo è che… bè, è così strano… non siete un po’ giovani? E poi vi siete appena sposati”
Caspian cinse di nuovo la vita di Susan e la guardò ancora con sguardo fiero e luminoso. “Se desideri una cosa con tutto te stesso, quando la ottieni, quando l’hai davanti a te, ti senti più che pronto ad averla”
Lei sorrideva apertamente.
La sua Susan…la sua Susan gli dava un figlio.
Non poteva ancora crederci, eppure era vero. Tante volte l’aveva immaginato, ma non si era aspettato che accadesse così presto. Edmund aveva ragione, forse erano troppo giovani, ma lui non avrebbe cambiato nulla di quel che era stato e di quel che era ora. Era felice, così felice che a volte ne era spaventato. Poi però guardava lei e ogni dubbio spariva. Lei, che aveva dato un senso alla sua vita, e insieme ne avevano creata un’altra.
Riscuotendosi dallo shock iniziale, Edmund disse: “Bè, me lo dovevo aspettare da voi due…mancava giusto questo. Di sicuro vi siete impegnati parecchio”
“Edmund!” lo rimproverò Lucy arrossendo.
Altre risate, poi il Giusto diede una pacca sul braccio del fratello. “Ci pensi? Diventeremo zii! Per Aslan, non posso crederci!”
Ma Peter non rispose. Per la prima volta sembrò non avere nulla da dire.
“Peter, cosa c’è?” chiese Lucy molto perplessa.
“Niente” rispose semplicemente il Re Supremo, imponendosi di sorridere. “Congratulazioni”
“Grazie” risposero il Liberatore e la Dolce.
Ma Susan non era soddisfatta. C’era una strana luce negli occhi azzurri del fratello. Lui non si mosse, restò dov’era, come a distanza di sicurezza, come se non volesse avvicinarsi a lei. Susan avrebbe voluto che l’abbracciasse, che le rivolgesse parole affettuose, perché nonostante il caratteraccio Peter era dolce e premuroso. Aveva sempre avuto un rapporto speciale con lui, una sintonia che si era un poco raffreddata negli ultimi tempi. Susan aveva visto allontanarsi il fratello senza riuscire a capire perché fosse divenuto così scostante, talvolta scontroso nei suoi riguardi. Poi aveva capito: Peter aveva paura del distacco, paura che Caspian l’allontanasse da lui, Edmund e Lucy. Ma Peter non aveva compreso che era stato lui stesso il primo a fare un passo indietro.  La sua antipatia con Caspian, ormai dovuta all’abitudine e a nient’altro che quello, lo aveva portato a sviluppare quell’atteggiamento.
 “Dobbiamo dirlo a Eustace!” esclamò all’improvviso Lucy, correndo fuori sul ponte seguita da Emeth.
“Dovrebbero saperlo tutti, se mi permettete di dirlo” disse Miriel sorridente. “E’ sempre un giorno meraviglioso quando si riceve una notizia simile. Fa dimenticare tutte le cose spiacevoli. Non sei d’accordo, Peter?”
Susan fu molto grata alla Driade per aver fatto un tentativo, ma il Re Supremo rispose ancora con quel sorriso incerto, vago. I suoi occhi incontrarono quelli della sorella. Susan rispose alla sua occhiata con una interrogativa.
Per lo meno, si disse la Regina Dolce, Edmund era rimasto un po’ sconvolto ma una reazione l’aveva avuta. Peter invece le sorrideva, sì, ma rimaneva sempre fermo al suo posto. Non era il solito sorriso di Peter.
Non era felice.
Avrebbe voluto chiedergli che cosa c’era che non andava ma non ne ebbe il tempo. Improvvisamente, Emeth rientrò nella stanza di corsa.
“Edmund!” chiamò ad alta voce. “Vieni, presto!”
“Che succede?” chiese subito il Giusto, ma il soldato non gli rispose e gli fece cenno di sbrigarsi a seguirlo.
Salirono tutti sopraccoperta e videro che un gruppo di marinai era raggruppato in cerchio attorno a qualcosa. Caspian, Susan, Peter, Edmund e Emeth si fecero largo tra gli uomini. In mezzo al cerchio di curiosi c’erano Gael e Lucy, la quale reggeva tra le braccia un piccolo falco dal piumaggio bianco e nero. Un’ala era piegata in modo strano, evidentemente spezzata.
Edmund aveva già visto quel falco, e il giovane tarkaan insieme a lui. Allora capì perché Emeth fosse venuto a cercare proprio lui, invece che Caspian o Peter.
“Shira!” esclamò, e i presenti (tutti tranne Emeth) lo guardarono stupiti.
“E’ uno dei falchi da caccia di Rabadash” disse Drinian, che l’aveva riconosciuto come quello che aveva visto sorvolare l’Isola delle Voci poco prima della battaglia contro Calormen.
E anche Lucy, ora che lo guardava bene, rammentò di aver veduto lo stesso uccello chiuso in una gabbia assieme ad altri otto o nove esemplari della stessa specie. Era stato quando aveva assunto l’aspetto di Susan ed era stata rapita dai calormeniani.
“Come fai a conoscere il nome di questo falco?” chiese Caspian con sospetto.
“Non ti ricordi?” domandò Edmund a sua volta. “Shira è quel falco parlante di cui io e Emeth vi abbiamo parlato. Quello che ci ha aiutati a trovare te e Susan”
 “Se è un animale parlante, allora sta dalla parte di Narnia” intervenne Ripicì.
Ma Drinian subito ribatté: “Non tutti gli animali parlanti derivano da Narnia, purtroppo”
Peter avanzò di un passo verso Lucy e Shira. “Il punto che più ci interessa adesso, è sapere perché è venuta fin qui”
“E’ quello che mi sono chiesto anche io” disse Emeth “E che ho chiesto a Shira, ma…non può parlare”
Ed era vero, purtroppo.
La povera Shira fece vagare gli occhietti neri attorno a sé. Aveva faticato tanto per arrivare fin lì…
Dal momento che aveva lasciato la torre dov’era rinchiusa Shanna, sembrava passato moltissimo tempo.
Shira si era lanciata nel cielo nero dell’Isola delle Tenebre e per un pelo, come a solito, era sfuggita alla nebbia ed era riuscita a trovare un varco nelle nubi. Una volta fuori, aveva scoperto che l’isola si era spostata di nuovo e non c’era stato altro che mare per miglia e miglia. Costretta a sorvolarlo fino allo stremo delle forze, era infine giunta sull’Isola di Ramandu, dove si era riposata ed era andata in cerca del saggio padre di Shanna, per conoscere le sue condizioni e per avvertirlo che la figlia stava bene. Ma di lui nessuna traccia. Invece, aveva incontrato qualcun altro: Lilliandil. Non appena l’aveva vista, la Stella aveva capito tutto e cercato di impedirle di spiccare il volo verso la nave di Narnia. Shira era riuscita a fuggire dalle sue grinfie, ma la Stella l'aveva comunque fermata. Colpendola con chissà quale incantesimo, prima le aveva spezzato l’ala, poi, Shira aveva sentito come uno strappo in gola, e in un secondo tempo si era resa conto che non poteva più parlare.
E adesso che era finalmente sul Veliero dell’Alba, ma priva di parola, non poteva essere di alcun aiuto ai Sovrani. Lilliandil l’aveva resa peggio che un animale muto. Non riusciva ad emettere nemmeno un suono, neanche il più piccolo cinguettio. Se fosse divenuta come tutti gli altri animali, la Driade Miriel, che sapeva comunicare con animali e piante muti, avrebbe potuto interpretare i suoi suoni. Ma così…
Di certo, Lilliandil aveva tenuto conto dei poteri della guida della terra, annullando così completamente la possibilità di comunicazione.
Shira fece un sospiro sconsolato e guardò negli occhi della Regina Lucy.
“Non preoccuparti, ci penserò io a te” le disse la ragazza, sorridendole e lisciandole piano le penne del collo.
Gli occhi azzurri di Lucy erano buoni, le ricordavano tanto quelli della sua cara amica Shanna. Chissà cosa stava facendo ora, povera piccola…
“Forse, se le do un po’ del mio cordiale” disse la ragazzina, “oltre che guarire l’ala, riprenderà anche la parola e potrà dirci lei stessa che cosa sta succedendo”
“Forse hai ragione, Lu” acconsentì Susan. “Facciamo un tentativo”
“Aspettate, aspettate” intervenne ancora Drinian. “E se una volta guarita, volasse via dritta dritta dal suo padrone a riferirgli la nostra posizione?”
Shira emise un mezzo sbuffo scocciato. Oh, se avesse potuto parlare…
“Ma è ferita!” protestò Lucy. “Deve soffrire moltissimo, poverina! Dobbiamo curarla!”
“Lo, so, mia signora, lo so, ma…”
Come previsto da Shira, non erano molti a fidarsi di lei, ed ora erano tutti lì a far congetture sul suo conto.
Forse era stata mandata da Rabadash in avanscoperta- pensavano i narniani- per permettere ai calormeniani di tendere una trappola a tutti loro.
Forse- disse qualcuno- la nave di Calormen era anch’essa nei pressi dell’Isola di Ramandu... Ma no- disse qualcun altro- impossibile che l’Occhio di Falco li avesse già raggiunti.
Altri ancora sostennero che era stata mandata come spia e che stesse fingendo di essere ferita e di non riuscire a parlare, ma che avrebbe ascoltato tutto quello che dicevano e poi, saputo ciò che voleva, sarebbe per davvero corsa a riferire tutto a Rabadash, proprio come aveva insinuato Drinian.
Detto questo, alcune paia di mani si allungarono verso di lei.
Lucy tentò di proteggerla, ma Shira fu più svelta e si difese a suon di beccate. Balzò dalle braccia della Regina Valorosa e cadde con un tonfo sul ponte, immobile.
“Basta, smettetela!” gridò Lucy, riprendendola in braccio con delicatezza. I marinai si scusarono e tornarono tra le file.
“Possiamo fidarci di Shira” disse Edmund ad un tratto, ricordando un particolare importantissimo. “Guardate il suo bracciale”
Il Re Giusto sfilò il braccialetto di cuoio rosso dalla zampa del falco e ne mostrarò l’interno a tutti i presenti, che osservarono con curiosità crescente...
“Una F incorniciata da steli di giglio” disse Susan, studiando attentamente il disegno. “E’ proprio l’emblema di Frank di Narnia, non c’è dubbio”
“Ne sei assolutamente certa?” le chiese Caspian. “E’ passato tanto di quel tempo…”
“Sì, al cento per cento” rispose lei con sicurezza, “perché c’è una particolarità in quel simbolo che molti non conoscono”
“E cioè?”
“Frank decise che il suo stemma sarebbe stato ormato da gigli perché erano i fiori preferiti di sua moglie Helen”
“Oh, che romantico!” esclamò Gael.
“Questo non lo sapevo davvero” dichiarò Caspian con rammarico. “Evidentemente, i libri recuperati dall’antica biblioteca di Cair Paravel non sono sufficienti per conoscere tutta a storia di Narnia. E quelli che aveva mio zio, sui quali ho studiato da bambino, di certo non lo riportavano”
“Te l’ho detto, non è una cosa che sanno in molti” disse ancora Susan.
“Noi avevamo dei diari della Regina Helen nella biblioteca del castello, nell’Età d’Oro” ricordò Lucy.
Susan annuì. “E’ vero. E’ da quelli che l’ho saputo, infatti”
Caspian scosse il capo. “Quelli credo proprio siano andati perduti”
“Va bene” intervenne Peter ponendo fine a ogni discussione. “Shira può restare, ma direi di portarla con noi dalla Stella Azzurra, quest’oggi. Forse lei ci potrà aiutare”
A quel nome, il falco iniziò ad agitarsi tra le braccia di Lucy.
No, accidenti!, pensò Shira. Non voleva assolutamente incontrare ancora Lilliandil! Doveva avvertirli, dannazione, doveva trovare il modo! Dovevano stare lontani da lei!
Il fatto che tutti i Sovrani stessero bene non era una consolazione. Shira sapeva che dietro c’era un piano ordito da Jadis nei minimi dettagli. Se Lilliandil non aveva ancora giocato ai narniani qualche tiro mancino, era perché non aveva ancora avuto il via dalla Strega.
Lilliandil era stata così tanto brava da ingannarli tutti? Perfino Re Edmund che aveva incontrato la vera guida del cielo? Possibile che non la distinguesse da Shanna?
“Calmati! Perché fai così?” esclamò Lucy, cercando di tenerla ferma.
Shira si agitò ancora e alzò gli occhi sui Sovrani. Li guardò uno per uno, cercando di comunicare solo con la forza dello sguardo.
“Stecchiamole l’ala” propose Gael, “così non sentirà più male. Forse si agita in questo modo per il dolore.”
“Sì, può darsi” mormorò Lucy.
Ma sia lei che gli altri non ne erano del tutto convinti. Era stato così strano…Shira si era agitata al nome di Lilliandil, perché?
I ragazzi pensarono tutti la stessa cosa: una coincidenza.
Perché mai il falco di Rabadash avrebbe dovuto aver paura della Stella Azzurra? Non poteva sapere chi fosse. Nemmeno Rabadash probabilmente ne sapeva niente. Lui quasi non conosceva la storia delle Spade, non glie n’era mai importato nulla. A bordo dell’Occhio di Falco l’argomento ‘magia’ era un tabù, lo sapevano bene.
Tuttalpiù, se era loro amica, se era dalla parte di Narnia e quindi di Aslan, perchè mai avrebbe dovuto aver paura della guida del cielo?
Ma chi aveva maggiori dubbi era Edmund. D’un tratto, il giovane ripensò al suo sogno. Non al primo, ma al secondo. La donna che aveva visto con in mano il pugnale alla Tavola di Aslan non poteva essere…
Non fare lo stupido, si disse, che diavolo vai a pensare.
No, no, non era possibile…
“Ed, cosa c’è?” chiese Peter, vedendolo pensieroso.
“N-niente. Ehm…Peter, Caspian, c’è da aggiornare il diario di bordo, vero? Nessuno lo ha ancora fatto da quando siamo arrivati sull’isola di Ramandu”
Il Magnifico e il Liberatore capirono immediatamente che Edmund voleva dire loro qualcosa, ma non in presenza delle ragazze. Allora le lasciarono e si recarono nella cabina di comando, dove Edmund esternò i propri dubbi riguardanti Lilliandil.
“Come puoi affermare che sia una spia?” chiese Peter.
“Non lo affermo, lo sospetto soltanto. Non ne sono convinto neppure io, solo che…io l’ho vista. Ho visto la Stella Azzurra. Lo so che era solo un sogno, che forse ne ho avuto una visione…diciamo ‘distorta’ , però ho avuto come l’impressione che non fosse la stessa persona”.
Edmund guardò gli altri due, cercando di capire cosa stessero pensando, se stessero prendendo in considerazione l’idea di ascoltare il suo avvertimento o meno.
“Non è strano che la Strega Bianca abbia fatto uno scambio del genere? Lilliandil per suo padre, quando avrebbe potuto avere entrambi? Credetemi, Jadis non è il tipo da scambi e patteggiamenti. Non avrebbe mai rinunciato alla possibilità di avere suoi prigionieri, sia la guida del cielo che il guardiano della Tavola di Aslan. Non è da lei essere magnanima.”
“In effetti, la cosa ha insospettito anche me se devo essere del tutto sincero” disse Caspian.
“Sì, sono accordo” disse Peter, e per la prima volta in quel giorno incontrò lo sguardo del Liberatore.
“A questo punto, dovremmo decidere se sbarcare di nuovo o no, non credete? Se non ci fidiamo, è inutile andare da lei”
“No, invece ci andremo” ribatté Caspian. “Ma non subito. Prima dobbiamo decidere come comportarci in caso i dubbi di Ed si rivelino fondati”
Fu così deciso di rimandare di qualche ora il nuovo sbarco sull’Isola di Ramandu. Edmund avvertì l’equipaggio e poi le sorelle e gli amici.
“Tu sei felice di non doverla incontrare ancora, non è così?” disse Peter con uno tono e uno sguardo eloquente.
“Per favore, non iniziare” tagliò corto Caspian, voltando il capo dalla parte opposta.
“Codardo fino all’ultimo” mormorò il Re Supremo.
“Preferiresti che lasciassi Susan per sposare lei?” scoppiò Caspian, senza riuscire a trattenersi.
“Sì, forse lo spero” ammise Peter, guardandolo in un modo che fu impossibile per il Liberatore sostenere il suo sguardo.
“Nemmeno quello che è appena successo ti farà cambiare idea?” disse ancora il Re di Narnia, imponendosi la calma.
“Non è il bambino il problema”
“Allora cosa?”
Il Magnifico non rispose, e fu lui stavolta a spostare lo sguardo altrove.
“Che cos’ho che non va? Perché fai così?” chiese Caspian, al limite dell’esasperazione.
Ce la stava mettendo tutta per capire Peter, ma era impossibile. Si schermava dietro quel velo impenetrabile di sguardi e parole ostili che nessuno, neppure i fratelli e forse solo Miriel, era in grado di rimuovere.
“Tu hai tutto, Caspian. Io non ho nulla. Non più” tagliò corto il Magnifico.
Il Liberatore avrebbe voluto aggiungere altro, ma Drinian lo chiamò ed egli fu costretto a lasciar cadere la discussione. Ma nella sua mente risuonavano le ultime parole del Re Supremo.
Il motivo dell'astio di Peter era sempre lo stesso: lo odiava perché lui gli aveva portato via ciò che un tempo era stato suo. E non c’era modo di rimediare, perché il tempo non sarebbe tornato indietro.
 
Peter si chiuse la porta della cabina di comando alle spalle. Rimase un momento fermo sulla soglia osservando la stanza in ogni suo dettaglio. Tutto quello avrebbe potuto essere suo.
Ma non era quello, non più. Non c’era più gelosia per Caspian sotto quell'aspetto. Era più il fatto che il Liberatore poteva vivere a Narnia, mentre lui doveva rinunciarci di nuovo. Questa era la ragione per cui ce l’aveva con il Re.
Aslan gli avrebbe permesso di tornare ancora dopo quel viaggio? Gli avrebbe dato l'ennesima pssibilità?
L'aveva avuta, insieme a Susan, solo che forse l’aveva sprecata. Aveva sprecato il suo tempo ad aggredire Caspian, a cercare di far ragionare la sorella sulla sua impossibile storia d’amore con il Re, invece di preoccuparsi di fare qualcosa che gli avrebbe dato la possibilità di conquistarsi un futuro a Narnia.
Ancora una volta, si disse certo di essere lui la persona di cui parlava una delle profezie di Miriel: colui che avrebbe lasciato per sempre il regno.
Forse non credeva abbastanza in Narnia. E questo era dovuto (come lo era stato per Susan) al fatto che Aslan avesse detto loro che non sarebbero più potuti tornare. Lo avevano accettato, perché il volere di Aslan era indiscutibile. Tuttavia, non lo avevano mai capito.
Susan però c’era riuscita: aveva creduto, combattuto contro le sue incertezze e le sue paure, e ora era pronta per restare. Apparteneva a Narnia, proprio come Miriel diceva sempre che doveva avvenire per ciascuno di loro.
Adesso capiva il conflitto interiore della sorella, l’enorme desiderio di tornare ma non sapere se era giusto desiderare di lasciare il mondo in cui erano nati e cresciuti, il dividersi del proprio cuore e il lasciarne una parte lontano, in un luogo al quale non era sicuro di fare ancora ritorno.
Ma se Susan ora era disposta a lasciare il suo vecchio mondo per quello nuovo, lui non lo era. Peter non poteva ancora dire addio ai suoi genitori, alla sua casa, all’Inghilterra.
Ciò non significava che lei fosse un’egoista e che non pensasse alla sua famiglia, bensì che aveva trovato una ragione: Caspian e il loro bambino.
Eppure, anche lui avrebbe avuto una più che valida ragione per restare: Miriel. Miriel era la sua ragione.
Non amava abbastanza nemmeno lei?
No, l’amava moltissimo.
Allora perché era così sicuro di non potercela fare? Che cosa gli mancava ancora per essere parte di Narnia?
Avrebbe voluto essere come Caspian, essere nato lì, in quel mondo...
“Peter?” chiamò una voce alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò e incontrò lo sguardo di Susan.
“Hai un minuto?”
“N-non ora, Sue, scusami” disse in fretta il Re Supremo, potandosi dietro il tavolo e sedendovisi, afferrando il diario di bordo tanto per fare qualcosa.
Ma lei non gli badò. Richiuse la porta e si sedette sulla sedia davanti a lui. “Aspetto, allora. Non ho fretta”
“Come vuoi” rispose il ragazzo, intingendo la penna d’oca nel calamaio e iniziando a scrivere la data del giorno.
I due fratelli rimasero in silenzio per un po’, poi Susan cercò di intavolare una conversazione.
“Come mai avete deciso di rimandare l’appuntamento con la Stella Azzurra?”
“Abbiamo delle cose da decidere prima”
“Capisco…e come mai tu, Caspian e Ed, non ne avete parlato anche con me e Lucy?”
Peter le rispose ancora un volta con molta rapidità, senza mai staccare gli occhi dal tavolo da lavoro. “Eravate occupate con Shira. A proposito, sta bene?”
“Oh, sì, meglio. Miriel ha provato a parlarci, ma proprio non riesce a capirla”
Dopo quell’ultima frase, ancora silenzio. Il raschiare della penna sulle pagine del diario di bordo era uno dei pochi suoni nella stanza, in armonia con il ticchettio dell’orologio. Da fuori, il rumore sommesso delle onde che s’infrangevano sulla spiaggia, il chiacchiericcio dell’equipaggio al lavoro, le grida dei gabbiani.
Improvvisamente, la Regina Dolce non riuscì più a resistere. Si alzò di scatto e strappò dalle mani del fratello il diario e la penna.
Peter alzò gli occhi su di lei, sbalordito.
“Che cos’hai contro di me?!” esclamò Susan a voce molto alta. “Per l’amor del cielo, che cosa ho fatto?! Perché mi respingi?!”
Peter serrò le labbra e il suo viso impallidì un poco. La fissò un istante, poi distolse lo sguardo e strinse i pugni.
“Non è successo niente” le rispose con voce roca.
“Stai mentendo” lo accusò la sorella.
Il ragazzo intercettò lo sguardo di lei per un momento appena, il tempo di capire che era arrabbiata e frustrata dal suo atteggiamento. Sapeva cosa Susan voleva, ma lui non sapeva se era disposto a dargliela.
“E’ perché sono incinta di Caspian, vero?”
Peter riprese il diario dalle mani di lei e lo riaprì nervosamente. “Non agitarti, non ti fa bene”
“Rispondi alla mia domanda e non ti azzardare a cambiare discorso!”
Il Re Supremo lasciò la punta della penna d’oca a mezz’aria. La mano gli tremò impercettibilmente e poi la riposò nel calamaio.
“Non capisco…” disse senza guardarla.
Susan lo fissò perplessa. “Cosa c’è da capire?”
“Non pensavo sarebbe andata a finire così. Davvero, non lo credevo possibile”
“Lo sapevi. L’hai sempre saputo”
Peter finalmente la guardò. “Non…questo
“Che cosa pretendi da me?” esclamò Susan, portandosi le mani al ventre in un gesto eloquente. “Vuoi che mi confessi colpevole di un atto vergognoso? Saresti più contento, così?”
“No” rispose lui secco.
“Avresti preferito che corressi a piangere da te e che ti dicessi che ero spaventata, terrorizzata?”
“Bè…mi ero immaginato una cosa del genere, sì”
La Regina Dolce sbatté le palpebre un paio di volte, scuotendo piano il capo. “Adesso sono io che non capisco, Peter”
Lui si alzò lentamente. “Sue, tu non ti sei resa conto del tuo cambiamento, vero? Sei diversa. Sei la Susan dell’Età d’Oro. Sei tornata quella Susan e questo mi spaventa. Ti sento lontana e non so come…come fare…”
“Sono io, Peter. Sono sempre io. Anzi, sono più me stessa ora di quella che ero prima”
“Lui ti ha cambiata” mormorò il Re Supremo.
“Non dare sempre la colpa di tutto a Caspian!” lo rimproverò lei.
“Ma è colpa sua!” rimbeccò il fratello. “Io ce la sto mettendo tutta, credimi, perché lo so, fa parte della famiglia ora, ma io non lo sento parte di questa famiglia. Lo sento come qualcuno che l’ha divisa”
“E allora vorresti che tornassi nel nostro mondo e facessi nascere questo bambino lontano da suo padre? Con il rischio di non poterglielo far conoscere mai?!”
“No, ovviamente no” ripose Peter in fretta. “Non sono senza cuore, anche se tutti lo pensate”
“Nessuno lo pensa. Però io non riesco a comprendere il tuo comportamento”. Susan avanzò verso di lui e gli prese le mani. “Io voglio questo bambino, Peter. Lo voglio e lo avrò. E non credere che non abbia pensato a te, a Edmund, Lucy, Eustace…e a mamma e papà”
“Mamma e papà non lo sapranno mai”
Gli occhi della Regina si riempirono di lacrime.
“Devi perdonarmi” le disse Peter. Voleva abbracciarla. Non seppe perché non lo fece.
“Perché fai sempre così?” singhiozzò sommessamente lei. “Lo vedi? Sei tu che mi allontani, non il contrario. Io...”
“Sue, stai bene?!” esclamò improvvisamente lui, mentre la sorella si sedeva e prendeva un gran respiro.
“Sì, non preoccuparti. Mi gira un po’ la testa, è normale. Mi è già successo”
“Chiamo qualcuno?” chiese allarmato, inginocchiandosi davanti a lei.
Susan scosse il capo e gli strinse di più le mani.
Peter guardò il suo volto, fattosi improvvisamente pallido, riprendere pian piano colore. Era ancora una bambina ai suoi occhi, la sorella da proteggere e accudire, ma sapeva che non spettava più a lui il diritto di far questo: c’era Caspian adesso per lei.
“Peter, tu mi devi promettere che glielo dirai” disse Susan poco dopo.
Lui non capì subito, e fece uno sguardo smarrito.
“A mamma e papà. Dovrai dirgli tutto: che mi sono sposata e che aspetto un bambino”
“Susan…”
“Lo farai?”
Peter allora l’abbracciò e la strinse forte, e Susan pianse sulla sua spalla come quand’era una bambina.
“Sì, sorellina. Lo farò”
In quel momento, la porta della cabina di comando si aprì e Caspian entrò.
“Ah, siete qui” disse, ma subito dopo la preoccupazione si dipinse sul suo volto. “Che cosa è successo?”
“Niente, niente” si affrettò a dire Susan, asciugandosi gli occhi e alzandosi in piedi, e così il fratello.
“Hai pianto? Perché?” chiese Caspian, facendole una carezza sul viso.
“Non è stata bene” disse Peter, ignorando l’occhiataccia della sorella.
“Ancora?”
“Il solito giramento di testa” si giustificò la Dolce. “Non fatene un dramma, è normale”
“Forse dovresti riposare” disse Caspian, ma lei scosse il capo.
“Ha ragione invece” disse Peter. “Non sei più sola. Devi pensare al tuo bambino”
Gli occhi di lei brillarono ancora di lacrime e poi acconsentì.
Peter si preoccupava per lei. Peter era felice per lei, solo che non lo sapeva dimostrare come a lei sarebbe piaciuto. C’erano tante cose che glielo impedivano, molte delle quali Susan non capiva. Ma andava bene... quello era Peter.
“Caspian” chiamò il Re Supremo, mentre il Liberatore stava per andarsene con la sua sposa. “Rimani un secondo ancora. Chiudi la porta per favore”
Caspian si voltò e tornò dentro. “Sì?”
“Devo dirti una cosa e spero sarai d’accordo con me. Una cosa che riguarda Susan e le altre ragazze”
 
 
Nel pomeriggio, caldo e assolato, i cinque Re di Narnia scesero sull'Isola di Ramandu, raggiungendo la Tavola di Aslan dove la Stella Azzurra li aspettava.
Alla luce del giorno, il paesaggio sembrava un po’ meno inquietante e desolato della sera prima, e anche più bello. Le corolle dei fiori adesso erano tutte aperte e aleggiava un buonissimo profumo, benché piuttosto pungente, ma non fastidioso.
La tovaglia scarlatta era come al solito ricoperta di mille leccornie e Lilliandil diede loro il permesso di prenderne in quantità per rifornire la nave. Poi, la donna porse le Spade di Revilian, Agoz e Mavramorn a Caspian, Lucy e Susan.
“Tornate qui con tutte e Sette e posatele al centro esatto della Tavola. Solo allora sprigioneranno il loro vero potere e Narnia sarà slava”
Si fermò davanti alla Regina Dolce e la fissò negli occhi.
Susan ebbe una strana sensazione, la stessa percepita la sera prima. Lilliandil la guardava come se l’odiasse e cercasse di nascondere questo suo odio dietro il suo sorriso. Un sorriso che Susan aveva visto molte volte sul viso di sua zia Alberta quando parlava con qualcuno che non sopportava.
“Ora capisco. Ora vedo” disse Lilliandil alla Regina “Avevo il sospetto che foste in una particolare condizione di salute, Vostra Maestà: aspettate un bambino”
“Sì, è così” rispose Susan, sostenendo lo sguardo dell’altra.
Lilliandil abbassò le mani lungo i fianchi e senza farsi notare, stinse i lembi dell’abito bianco, percependo nascosto tra le pieghe un oggetto duro e appuntito. Se avesse potuto usarlo subito…
Ma una voce risuonò nella sua testa: “Ferma! Non fare sciocchezze, mia cara.”
“Mia signora, vi scongiuro! Non lo sopporto!”
“No!”fu l’ultima e decisa parola della Strega.
“Vi sentite bene?” chiese Edmund alla Stella, vedendola serrare le palpebre.
“Come? Oh, sì. Sì, perdonatemi. Sono solo molto preoccupata. So che dopo esservene andati di qui salperete subito per l’Isola delle Tenebre, vero?”
I ragazzi annuirono.
“State molto attenti. La Strega Bianca vi aspetta e chissà quali trucchi avrà preparato per voi”
“Siamo pronti ad affrontarli” assicurò Lucy, che ora che stringeva la sua Spada si sentiva molto forte e sicura. Non vedeva l’ora di mostrarla a Emeth.
“Salveremo vostro padre e ve lo riporteremo” promise Edmund per l’ennesima volta. “E troveremo l’ultima Spada”
Lilliandil volse lo sguardo su tutti e cinque. Poveri stolti…non sapevano cosa li aspettava.
“Attraversate il labirinto di pietra ed interrate nel castello della Strega. Mio padre si trova là”
Detto questo, lì congedò, volgendo un’ultima occhiata indietro per guardare Caspian e Susan. “Vi auguro ogni felicità” disse, e poi scomparve in una scia luminosa che salì verso il cielo.
Edmund fece un passo avanti, e come tutti guardò in alto dove il sole splendeva.
Ancora una volta non era riuscito a parlarle del loro incontro, e ancora lei non vi aveva accennato. Perché?
“Ed” lo chiamò Peter. “Andiamo”
Il Re Giusto seguì Caspian e i fratelli di nuovo fino alla nave con un grande senso di inquietudine nel cuore.
 
Tornati a bordo, Caspian ordinò che fosse fatto un sopralluogo completo del Veliero dell’Alba. Voleva che fosse in perfetto stato al momento di affrontare la nuova, imminente battaglia.
Ciò richiese un’altra mezza giornata e faceva buio ormai quando i lavori terminarono. E poiché nessuno riteneva prudente sbarcare sull’Isola delle Tenebre durante la notte (anche se probabilmente la differenza di luce tra sera e giorno non si sarebbe notata) la maggior parte dell’equipaggio si ritirò allora per riposare. Sarebbero partiti all’alba.
La nave era silenziosa, ma chi ancora non dormiva era proprio Caspian. Aveva troppe cose per la mente per riuscire a prendere sonno.
Accarezzava piano i capelli di Susan, appoggiata al suo petto. I suoi pensieri passavano rapidamente da una preoccupazione all’altra.
“Non dormi ancora?” disse la voce di lei, leggera nell’oscurità.
Caspian si mosse appena e voltò la testa verso di lei, anche se non poteva vederne bene il viso. “Ti ho vegliata?”
“No. Nemmeno io dormivo” gli ripose, e subito dopo gli fece una carezza sul petto. “Sei teso”
Lui sospirò profondamente, posandole un bacio sulla tempia. “Tranquilla, va tutto bene.”
La fanciulla non chiese nulla e si strinse un po’ più a lui. “Se qualcosa non va, lo sai che puoi dirmela”
“Non c’è niente che tu non sappia già. Sono solo molto preoccupato per quel che ci aspetta, tutto qui”
“Non mi sembra proprio tutto qui” ribatté lei.
Caspian portò un braccio dietro la testa e strinse di più Susan contro il suo corpo. “Avevo messo in conto di dover combattere contro la Strega Bianca, ma non so se sono pronto. So che il prossimo ad affrontarla sarò io, Susan. E poi…c’è una cosa che ha detto Ed, questa mattina: non si fida della Stella Azzurra”
Susan non rispose subito, ma quando lo fece lo lasciò sbalordito.
“Anch’io nutro dei dubbi. Ma non l’ho detto. Pensavo di risultare troppo perfida.”
Caspian le posò un bacio sulla fronte. “Non lo sei”
“Mi ha guardata in modo strano oggi” continuò Susan. “Probabilmente però è stata solo una mia impressione”
Sì, pensò la ragazza. Un’impressione…Dopotutto era legittimo pensare certe cose. Dopo Coriakin, chi diceva loro che non ci potesse essere un’altra spia?
I tre Re di Narnia ne avevano parlato immediatamente dopo essere ritornati dalla Tavola di Aslan, ed erano giunti a due conclusioni: la prima, la più ovvia, era che Edmund si fosse sbagliato; la seconda, che Lilliandil stesse facendo un astuto gioco del quale loro non si erano ancora avveduti.
Tra ipotesi, e riflessioni, Caspian e Susan diedero libero sfogo a tutte le preoccupazioni. Parlare in quel modo li tranquillizzava, ed era una delle cose che preferivano. Restare sdraiati insieme, nell’oscurità, a trovare un po’ di pace mentre il mondo la fuori si preparava ad impazzire ancora una volta.
Il sonno prese entrambi, ma se Susan rimase tranquilla, strani incubi iniziarono a tormentare Caspian.
Si svegliò di soprassalto, colpendo accidentalmente con una mano la lampada sul comodino. Le andò contro così forte che il vetro si ruppe e lo ferì a una mano.
Susan aprì gli occhi e balzò a sedere. “Caspian!”
La mano di lui sanguinava e lei subito la prese delicatamente tra le sue.
“Che è successo?”
“Non lo so…ho avuto un incubo…”
Il Re si passò la mano sana tra i capelli, e poi sulla fronte sudata.
“Vieni” gli disse Susan alzandosi, prendendo un fazzoletto pulito.
Caspian si sedette sulla poltrona accanto al letto e Susan si inginocchiò per terra davanti  a lui, cominciando a tamponare il sangue, che presto si fermò.
“Me lo vuoi raccontare?” gli chiese lei, riferendosi all’incubo.
“No…” disse il giovane, sospirando e passandosi una mano sugli occhi. “Non me lo ricordo nemmeno”.
Era vero. Era stato un susseguirsi di orribili immagini e voci. Ricordava solo i suoi genitori e poi Susan, e forse la Strega Bianca.
“Era solo un sogno” cercò di rassicurarlo lei, ma non del tutto convinta.
Forse, pensò lui, ma forse no. Se c’era Jadis, era più di un semplice incubo.
“Ho paura, Susan” disse improvvisamente.
La Regina si fermò e lo fissò in viso.
Mai aveva ammesso ad alta voce una cosa simile, ma a lei poteva dirlo. A lei poteva davvero dire tutto.
“Non sono sicuro di farcela, di riuscire a mantenere la promessa che ho fatto. Non so se riuscirò a proteggervi tutti. Vorrei poter essere più forte, vorrei che mio padre fosse fiero di me, che Aslan lo possa essere e che anche Peter riuscisse finalmente parlarmi come un amico. Forse dovrei lasciare il comando a lui, perché non credo di poter…”
Lei si allungò verso di lui e lo baciò. “Non puoi pretendere così tanto da te stesso” gli disse, facendo un sorriso e posando la testa sulle sue gambe, chiudendo gli occhi.
“Non puoi essere sempre pronto a tutto. Non puoi evitare di perdere, qualche volta. Per quanto tu ci provi, a volte un insuccesso è inevitabile. Sei un essere umano, Caspian. L’importante è che tu faccia sempre del tuo meglio…E lo fai”. Susan alzò la testa, e posò dolcemente una mano sulla guancia di lui, accarezzandogliela con tenerezza. “Hai dei punti deboli, dei difetti, come tutti, ma ciò non significa che tu non sappia guidarci. E se può consolarti, almeno un po’ ” aggiunse poi, sorridendo ancora, “sappi che io amo anche queste tue imperfezioni”
Anche Caspian sorrise e la fissò negli occhi con amore e gratitudine.
Susan scostò la mano dal suo viso e gliela posò gentilmente su una spalla. “Sono qui per questo: per aiutarti e sostenerti quando non ce la fai. Puoi appoggiarti a me, in qualunque momento. Io sono qui per te. Ti starò vicino. Sarò la tua sposa, la tua amica, la tua regina, la tua forza. Sarò ogni cosa di cui avrai bisogno”.
Lei si alzò in piedi e lui le abbracciò la vita, posando la testa sul suo grembo. “Ti amo, Susan”
La fanciulla si piegò in avanti e gli posò un bacio sul capo, “Ti amo, Caspian” gli rispose, passandogli le dita delicate tra i capelli.
 

Il mattino dopo, levarono l’ancora e partirono finalmente verso la massa di nubi nere che costituivano l’Isola delle Tenebre.
Man mano che si avvicinavano, il veliero iniziò ad oscillare un poco all’incresparsi delle onde rese impetuose dal costante vento di tempesta che soffiava intorno a quella terra buia e sinistra.
Il sole impallidì, la nave era gelida, come se la Strega avesse gettato uno dei suoi incantesimi di ghiaccio su di loro. Si avvolsero in abiti più pesanti, mentre alla luce delle lanterne che Caspian aveva dato l’ordine di accendere, si formavano nuvolette di vapore causate dal loro fiato.
Nessuno voleva restare solo. Più si stava in compagnia, più ci si sentiva al sicuro.
Le ragazze erano tutte riunite nella cabina reale, dove Susan e Lucy stavano aggiustando l’armatura di riserva della Regina Dolce per poter farla indossare a Miriel.
“Siete state molto gentili, Vostre Maestà”
“Non dirlo neppure” rispose Susan porgendole la cotta di maglia. “Provala ora. Adesso dovrebbe andarti bene”
Gael le guardava, Shira stretta tra le sue braccia. Il falchetto tremava appena, ma nessuna di loro ne capì il vero motivo: non dovevano scendere sull’Isola di Jadis senza sapere la verità su Lilliandil, su Shanna, su Ramandu. La falsa Stella aveva consegnato loro le Spade con troppa facilità. Cosa c’era sotto? Perché tutto a un tratto aveva spianato loro la strada per la Tavola di Aslan?
Shira sospirò e Lucy se ne accorse, lamentandosi ancora perché non le permettevano di curarla con il cordiale.
“E’ un’assurdità” borbottò, mentre in piedi davanti allo specchio si allacciava la sua nuova spada alla cintura.
Alla Valorosa era passato per la testa di ignorare gli ordini dei fratelli e fare di testa sua, ma si era trattenuta perché, dopotutto, anche se le dispiaceva per Shira, nessuno era ancora convinto al cento per cento che ci si potesse fidare di lei.
“Lucy?” la chiamò Gael poco dopo.
La ragazza fissò il viso della bambina riflesso nello specchio. “Sì?”
La piccola si fece un poco triste. “Quando divento più grande, voglio essere proprio come sei tu”
Lucy fece un mezzo sorriso e finì di allacciarsi la cintura, poi si avvicinò all’amica e sedette accanto a lei, mettendole un braccio attorno alle spalle.
“No, Gael. Quando diventi più grande, dovrai essere proprio come sei tu
In quel mentre, la porta si aprì e Caspian apparve sulla soglia. Miriel e Gael fecero una piccola riverenza in saluto al Re.
“Siamo già arrivati?” chiese Lucy.
“No, manca ancora un po’ ” le ripose Caspian, e poi guardò con perplessità Miriel e le sorelle Pevensie con già indosso l’armatura.
“Vi siete già cambiate?”
E ora come faceva a dirglielo…
 “Sì” rispose la Dolce “Abbiamo accomodato l’armatura per Miriel, e io vorrei allenarmi un poco con gli arcieri prima di…”
“Susan, io non voglio che tu venga”
Lei si zittì di colpo e lo guardò con tanto d’occhi. “Che cosa?!”
“Non sappiamo cosa troveremo sull’isola delle Tenebre, quali siano i trabocchetti che di sicuro Jadis ha preparato per noi, ma in ogni caso credo sarà qualcosa di estremamente pericoloso. Qualcosa che non penso di considerare adatto a voi. Io e Peter abbiamo deciso che tu, Lucy, Gael e Miriel, verrete ricondotte oggi stesso a Cair Paravel”
“Cosa!?” urlò Lucy.
“No!” le fece eco Susan.
 “Vostra Maestà, io vi servo. Sono la vostra guida!” rincarò la Driade. Era la prima volta che alzava la voce da che la conoscevano.
Gael pestò i piedi per terra. Shira in braccio a lei sbatté le ali spaventata. “Io mi sono persino imbarcata di nascosto per salvare mia madre! Non voglio andar via!”
“Caspian, non puoi! Non è giusto!” esclamò Susan indignata, sovrastando le voci delle altre che avevano cominciato a parlare tutte assieme.
“E poi che significa ‘adatto a noi’ ?” chiese ancora Lucy.
“Ragazze, per favore!” disse il Re alzando le mani per calmarle, ma servì a poco.
“Maestà, ascoltatemi” disse Miriel. “E’ Aslan che mi ha mandato da voi. Lui si fida di me. Vi pregherei di fare altrettanto”
 “Mi spiace, non posso. Non vogliamo esporvi a ulteriori pericoli. Siete state tutte grandiose, davvero, ma Susan ha rischiato la vita non una, bensì due volte: sulle Isole Solitarie e sull’Isola delle Acque Morte; Lucy a sua volta, se non fosse stato per Emeth…bè, non voglio immaginare cosa avrebbe potuto farle Rabadash; Rhynce non lascerà di certo venire Gael, e Miriel, tu…io credo che Peter mi ucciderebbe sul serio se ti capitasse qualcosa.” Caspian scosse il capo, mortificato. “Francamente, non posso permettervi di correre ulteriori rischi”
“Ma noi…”
“Miriel ha ragione” protestò ancora Susan. “Non sono tornata per essere poi lasciata indietro!”
“Neppure io!” disse Lucy, rossa in viso per la collera. “Abbiamo fatto un mucchio di strada per trovare i Lord e le Spade, e proprio ora che manca così poco, non potete disfarvi di noi! Sono stufa di essere trattata come una bambina! Dopotutto sono io che porto il titolo di Valorosa, mi sembra!”
Scese il silenzio, teso, pesante. Tutte aspettavano la decisione del Re.
Gael si aggrappò al braccio del Liberatore, con le lacrime agli occhi. “Caspian, per favore!” lo implorò. “Voglio trovare la mia mamma! Voglio esserci!”
Il giovane le guardò e lesse sui volti di ognuna di loro una determinazione che non avrebbe creduto possibile.
Avevano impiegato molte energie, sfoderato un coraggio incredibile nelle situazioni più difficili. Susan e Lucy non si erano risparmiate in battaglia, né in nessun altro tipo di prova cui erano venute incontro. Miriel, altrettanto, aveva messo a disposizione i suoi straordinari poteri in più di un’occasione, sempre con risultato eccellente. Gael si era dimostrata un’infermiera ottima e capace, e nel suo piccolo, anche lei si era data molto da fare per non essere esclusa o di peso a qualcuno.
Ognuna di loro aveva dato una prova ammirevole del proprio coraggio. Tuttavia…
“Ne riparlerò con Peter e Edmund. Ma non vi prometto nulla” concluse Caspian e fu la sua ultima parola.
Ma non appena le altre se ne furono andate, Susan chiuse la porta e tornò verso di lui, afferrando con forza le sue braccia.
“Avevamo detto che non ci saremmo separati mai più! Avevi detto che saresti rimasto sempre con me!”
“Sì, lo so. Ma non puoi rimanere”
Lei scosse il capo, offesa dalla sfiducia che le dimostrava in quel momento.
“Susan, amore, ascoltami…” iniziò lui, chinandosi appena verso di lei, mettendole le mani sulle spalle.
“No, io non ti lascio! Non adesso!” esclamò la fanciulla con energia. Un’energia che le derivava dal dolore che le provocava il pensiero di lasciarlo, e dalla sua determinazione del non volerlo lasciare mai.
“Sue, ti prego…” sospirò lui chiudendo gli occhi. Si era aspettato quella reazione, dopotutto.
“No!” gridò lei. “Non è giusto che tu me lo chieda. E poi come faremo a tornare a Cair Paravel? La nave vi serve”
“Ho già deciso tutto insieme a Drinian e a un gruppo di uomini che vi farà da scorta. Partirete con la nave immediatamente”
“E voi come farete a raggiungere l’Isola delle Tenebre?”
“Con le scialuppe” rispose prontamente Caspian, “e con le Blue Singer. Manderò il più veloce dei nostri uccelli viaggiatori con un messaggio per Briscola. Partirà non appena finiremo di parlare. Dovrebbero volerci più o meno due settimane alla massima velocità consentita. Una volta che il messaggio sarà prevenuto al castello, Briscola farà immediatamente partire un’altra nave che intercetterà il Veliero dell’Alba. Voi quattro vi salirete a bordo con la vostra scorta, e allora Drinian tornerà indietro a perdere chi di noi…a prenderci” si corresse subito, vedendo l’offesa sul volto di lei trasformarsi in paura.
“Chi di noi…cosa?” tremò Susan. “Chi di noi sarà sopravvissuto. E’ questo che volevi dire, vero?”
Caspian la guardò dritto negli occhi ma non rispose.
“C’è un proverbio nel mio mondo che dice: chi tace acconsente” disse la Regina con sarcasmo.
“E’ una possibilità da mettere in conto nella nostra situazione, Susan. Lo sai”
“Sì” ammise lei a malincuore. “Ma non è detto. Hai promesso che a nessuno sarà fatto del male, Caspian, te lo ricordi? Il Re ha promesso al suo popolo che tutti si salveranno, e come moglie del Re anch’io lo prometto. E resterò per proteggerli. Per proteggere gli abitanti di Narnia. Insieme a te!”
Lui rimase sbalordito da tutta quella forza e determinazione, entrambe miste alla paura ma pur sempre evidenti.
“Susan, non posso” disse però, guardandola intensamente.
“Ma Caspian…”
“Basta” la rimproverò. “Sono tuo marito, e decido io cosa va bene per te. Non posso permettere che ti accada niente, lo capisci? Né a te né a nostro figlio. Siete troppo importanti per me!”
“Lo sei anche tu” disse lei, commossa dalle sue parole, abbracciandolo stretto. “Per questo non posso andarmene! Non voglio! Ti prego, non mandarmi a Narnia!”
“Credevo volessi viverci” sorrise piano il Re.
“Sì, ma non senza di te” disse Susan, facendogli piano una carezza sul viso con mano tremante, notandone dipinta una sincera preoccupazione. “Io ti amo Caspian, e forse non amo abbastanza Narnia, e per questo chiedo perdono ad Aslan. Ma senza di te, la mia vita non ha senso. Senza di te io non posso vivere, lo capisci? Io non voglio vivere!”
Lui le prese il viso tra le mani e la baciò intensamente, e lei sentì le lacrime affiorare agli angoli degli occhi.
“Come ho fatto a restare tutto questo tempo senza di te?” mormorò Caspian, la fonte contro quella di Susan, il suo viso ancora tra le mani.
Lei sorrise. “E’ la stessa cosa che mi chiedo io. Per questo non dobbiamo lasciarci mai”. Poi lo guardò negli occhi. “Lasciami venire, ti prego. Ti prometto che starò attenta”
Lui sospirò, accarezzandole i capelli e stringendo le labbra, mentre decideva cosa fare.
“Va bene” disse infine, già pentendosi di aver ceduto alle insistenze di lei. “Non mi piace, ma va bene”
“Grazie!” Susan gli gettò le braccia al collo e lo baciò più volte sul viso.
“Promettimi che non ti allontanerai mai da me”
“Sì, tutto quello che vuoi!”
“Susy, prometti!” insisté Caspian severo.
“Promesso” rispose immediatamente lei.
Il Liberatore la guardò ancora un momento, per nulla convinto, ma ormai non poteva più triarsi indietro.
“Non ti libererai di me” provò a scherzare lei, e riuscì a farlo sorridere.
“E’ quello che spero” le rispose Caspian. “Sei sicura di potercela fare?”
“Certo. Però anche le altre devono rimanere. Non è giusto che tu faccia favoritismi solo a me perché sono tua moglie. Lucy soprattutto, non te lo perdonerebbe mai”
Caspian sbuffò. “E va bene…vai a dir loro che possono restare”
Susan allora si separò da lui e corse via. Arrivata alla porta tornò indietro e gli diede un ultimo bacio sulle labbra.
“Susan, non correre!” le gridò dietro lui.
Lei si voltò, la lunga gonna verde sollevata tra le mani. “Oh Caspian, sono incinta, non sono un’invalida!” ribatté, e lo vide sorridere di nuovo.
Lui fece un sospiro e scosse piano il capo. “Fila, prima che cambi idea”
 
 
“Che significa ‘hai ceduto’ ?” chiese Edmund allibito. “A cosa avresti ceduto, alle sue grazie?”
“Non è divertente” rispose Caspian. “Che altro potevo fare?”
“Dire di no?” fece Peter sarcastico.
“Va bene , allora vai a convincerla tu! Tua sorella è più testarda di un mulo!”
“Chi delle due?” chiese Edmund  a braccia conserte. “Perché a volte è una bella sfida scegliere, te lo confesso”
“Sì, me ne sono reso conto”
“Abituati” disse Peter, le mani sui fianchi, esausto.
“Auguratevi soltanto che vostro figlio assomigli allo zio Giusto” disse Edmund, accennando poi una risatina. “Avete capito la battuta? Lo zio ‘Giusto’! ”
“Ed…” fecero Caspian e Peter in coro, con una nota di disperazione nella voce.
“Ehm…va bene, scusate” mormorò il ragazzo, finendo di sistemarsi l’armatura.
“Ragazzi” disse poi Caspian con aria molto seria. “Qualunque cosa dovesse succederci, voglio dirvi che voi per me siete come due fratelli”
I Pevensie si scambiarono uno sguardo imbarazzato.
“A-anche tu” rispose Edmund, dando una pacca sulle spalle a Caspian.
Peter rimase un momento immobile, lo sguardo basso, poi alzò la testa e porse la mano al Liberatore, che la strinse.
“Mettiamoci una pietra sopra, d’accordo?”
Caspian sfoderò un enorme sorriso. “D’accordo!”
 
Per alcuni minuti, nessuno fiatò. Tutti osservavano dai parapetti l’Isola delle Tenebre che si avvicinava sempre più, pensando con ansia che la Strega Bianca li stava aspettando e probabilmente aveva già visto avvicinarsi la nave.
A tutta prima, credettero che l’isola fosse fatta solo di nubi e nebbia, poi riuscirono a scorgere quelle che avevano scambiato per altre nuvole, ma che in realtà erano alte scogliere nere e massi dalle punte aguzze. Le scogliere costituivano una parte compatta e apparentemente impenetrabile, solcata qua e là da sottili crepacci. Dietro di esse, si scorgevano le alte torri di un castello.
“Secondo voi che c’è li dentro?” chiese Emeth deglutendo.
“I nostri peggiori incubi” rispose Edmund con voce tetra.
“I nostri desideri più oscuri” gli fece eco Caspian.
“Male puro” disse Drinian, mano al timone, e tutti pensarono che avesse ragione.
Lampi verdi e bianchi si alternavano e rimbombavano nel cielo facendo tremare il mondo circostante. Faticarono a entrare nella baia, poiché dovettero farsi strada lentamente tra gli scogli appuntiti che circondavano la terraferma, dove l’acqua si infrangeva violentemente e rischiava di mandare a sbattere l’imbarcazione contro di essi.
Poi, finalmente superarono quel primo ostacolo ed entrarono in un golfo dove il mare si fece piatto, scuro come l’inchiostro e non lasciava intravedere possibili pericoli al di sotto. La prora tagliava l’acqua con un fruscio regolare.
“Tutti ai vostri posti” ordinò Caspian.
Edmund, Emeth e Lucy scesero sul ponte di prua in mezzo agli spadaccini.
Susan salì con gli arcieri sul ponte di combattimento, insieme a lei Nausus il fauno, che aveva promesso al Re di proteggerla.
Gael era stata affidata al medico di bordo, per aiutare i feriti in caso di bisogno; Lucy le aveva dato il suo cordiale.
Suo padre Rhynce era a poppa, accanto a Peter, Miriel, poi Tavros e i suoi Minotauri.
Caspian rimase sul ponte di comando assieme a Drinian. Ripicì e Eustace volavano appena un poco più avanti della nave e fu chiesto loro di fare un breve sopralluogo dall’alto.
Metro dopo metro, la luce cedette posto al buio. Il cielo si fece ancor più tenebroso, il sole scomparve del tutto e ogni cosa assunse strane sfumature grigio-verdi. Il Veliero dell’Alba sembrava una nave fantasma avvolta in quella strana e malsana luce. Le lanterne erano l'unica cosa che permettevano a Drinian di condurre la nave nel migliore dei modi attraverso l’oscurità. Il luccichio dorato del drago di prua sparì, e la scultura sembrò venire inghiottita dal buio. Fu impossibile, a un certo punto, vedere i volti dei compagni vicini. Le lanterne di poppa e di prua erano gli unici punti di riferimento per capire dove iniziasse e terminasse la nave. Quella sopra l’albero maestro, invece, illuminava il ponte di combattimento che acquistava l’immagine di un isola luminosa che galleggiava nel buio.
A un tratto, a tutti parve di essere immobili. Se non fosse stato per il rumore del mare, l’avrebbero creduto sul serio. Sembrava di essere entrati in un’altra dimensione. Una dimensione dove tutto era fermo, forse anche il tempo.
Caspian osservava quella scena surreale dall’alto del ponte di comando, chiedendosi quando la luce sarebbe tornata.
D’un tratto, una strana nube verde andò loro incontro. Apparve all’improvviso dal nulla. Salì sulla nave e serpeggiò tra i narniani, che tremarono alla sua vista.
Jadis dava loro il benvenuto.
Caspian non aveva mai affrontato la Strega Bianca di persona. La prima e ultima volta che l’aveva vista non si era potuto parlare di battaglia. Sì, c’era stato anche quel breve momento in cui era apparsa sottoforma di nebbia verde sul Veliero dell’Alba, poco prima che Susan cadesse vittima del suo incubo, ma anche quella volta non c’era stato scontro.
E se invece ora fosse apparsa lì in mezzo a loro, in carne e ossa? 
I suoi pensieri presero a vagare. Il primo di questi cose a Susan.
Improvvisamente, si chiese cosa avrebbe fatto suo padre in una situazione eguale. Caspian IX sapeva sempre cosa fare, e di certo non avrebbe mai permesso che sua moglie prendesse parte a una guerra simile. Ma Lady Myra di Telmar non era una combattente, Susan invece sì. Sapeva badare a sé stessa, era un’eccellente tiratrice e aveva sangue freddo a sufficienza.
Aveva pochi ricordi di suo padre, che per lui non aveva mai avuto troppo tempo. Non aveva ancora dieci anni quando il genitore era morto, ma rammentava la sua prontezza, il suo saper far fronte a qualsiasi problema. Qualcuno, a corte, gli aveva detto che in questo si somigliavano… Non c’era niente di più falso.
Lui non era suo padre, non sarebbe mai stato come lui. Della stirpe dei Caspian, quelli ricordati con maggior affetto da tutti erano stati Caspian IV e Caspian IX.
Caspian X era solo un ragazzo, inesperto, troppo buono insinuavano alcuni, ancora troppo vulnerabile, senza prontezza di spirito.
Il popolo poteva davvero contare su un Sovrano così?
Lui si era impegnato moltissimo per discostarsi il più possibile dall’immagine dei suoi predecessori. Dentro di sé, la paura di divenire come loro.
Se non fosse stato così? Se non fosse stato affatto diverso dai suoi antenati?
Forse era davvero un debole.
Sul serio era pronto per regnare? Ad Aslan aveva detto di no tempo prima, tuttavia il Leone gli aveva assicurato il contrario.
Non dubitava di Aslan, no di certo. Dubitava di sé stesso.
Non sei pronto…non lo sarai mai. Narnia non è tua. Tu sei di Telmar… disse una voce nella sua testa.
E Telmar aveva invaso Narnia, pensò improvvisamente Caspian.
Non ti vedranno mai come il vero Re. Aspetta solo che Peter il Magnifico torni a Cair Paravel, e poi vedrai…
“Smettila!” esclamò il giovane, prendendosi la testa tra le mani.
“Sire” lo chiamò Drinian da poco lontano. “Sire, che cosa dobbiamo fare? Potremmo perdere la rotta in questa oscurità, e solo Aslan sa dove rischiamo di andare a finire”
Torna indietro finché sei in tempo…
Caspian raddrizzò la schiena.
No, doveva continuare. Se si fosse fermato e avesse ceduto, avrebbe solo fatto il gioco di Jadis. Era quello che lei voleva: che rinunciassero, che indietreggiassero, ammettendo così di avere paura di lei.
Non poteva far notare agli uomini che aveva paura. Non poteva mostrarsi debole.
“Continuiamo” scandì con un tono di voce che non ammetteva repliche.
Non ce la puoi fare…
Di chi era quella voce? La conosceva…
“Sei debole, figlio. Mi deludi”
Caspian spalancò gli occhi scuri, assolutamente incredulo.
“Padre!” gridò nell’oscurità. “No, non sono debole…” mormorò, gli occhi fissi sul volto evanescente di Caspian IX.
“Tu non sai nemmeno quello che stai facendo”
“Ci sto provando, padre, te lo giuro!”
“Puoi fingere che la colpa sia di qualcun altro, ma la responsabilità di quello che succederà, riguardo a tutto, sarà solo tua”
Caspian non pensava di essere la causa dei pericoli cui erano andati incontro finora, rischiando anche la vita, però…non aveva nemmeno trovato un modo per evitare di esporli tutti al rischio.
Lui aveva spinto quegli uomini e i suoi più cari amici a seguirlo in quell’assurda impresa. La colpa sarebbe stata solo sua se fosse accaduto qualcosa a qualcuno.
Caspian IX parlò di nuovo.
“Per quanto tempo credi che ti seguiranno ancora?  Per quanto tempo hai intenzione di far durare questa commedia? Il viaggio, i Lord, le Spade…li hai trovati ma non hai concluso niente. E sai anche che il tuo matrimonio con Susan è tutta una farsa…”
Caspian sentì una fitta al cuore. Si appoggiò al parapetto del ponte di comando piegandosi su se stesso, la testa china, le mani che stringevano convulsamente la ringhiera, come se lasciandola fosse crollato a terra…Quando due mani più piccole e delicate si posarono sulle sue.
Caspian alzò gli occhi spaventati e vide il viso di Susan a pochi centimetri dal suo.
Ne fu sorpreso, forse perché in quel preciso momento stava pensando proprio a lei.
Alzò di scatto la testa, guardandosi freneticamente attorno. Suo padre (il suo spettro, o l’illusione della sua stessa mente) era scomparso.
Per qualche istante rimase senza parole.
Non avrebbe detto a nessuno, nemmeno a Susan, di averlo visto, lui o chiunque egli fosse.
“Stai bene?” gli chiese la Regina, preoccupata, passandogli una mano sulla fronte.
“Susan…io…non so se…non so se posso…”
“Ce la faremo” disse lei semplicemente.
Susan tremava, nei suoi occhi c’era la paura. Ma c’era anche qualcos’altro in fondo a quello sguardo color del cielo. C’era la determinazione di una Regina di Narnia, la forza di quella giovane donna che lui aveva la fortuna di avere al suo fianco.
“Aslan è con noi” aggiunse la fanciulla, abbracciandolo stretto. “E anch’io sono qui” sussurrò al suo orecchio.
La strinse forte. Quelle poche parole gli bastarono. Semplici ma piene di significato.
“Maestà, la luce!” gridò qualcuno.
Davanti a loro comparve una macchiolina di luce. La porzione di cielo che videro grazie ad essa non era dell'azzurro consueto, splendente, era il cielo dell’Isola delle Tenebre, grigio e carico di nubi. Ma la luce si aprì comunque la strada tra di esse e un raggio di sole illuminò la nave.
Caspian, abbagliato dallo splendore, si volse verso i suoi uomini.
“Amici” iniziò, tutti gli sguardi puntati su di sé “Qualunque cosa succeda d’ora in avanti, ogni persona davanti a me, sappia che si è guadagnata il suo posto nell’equipaggio del Veliero dell’Alba”
Cercò uno per uno i volti degli amici più cari.
“Uniti, ci siamo recati lontano. Uniti, abbiamo affrontato le avversità. Uniti, possiamo farlo ancora. Non è il momento di cadere nella trappola della paura. Siate forti! Non arrendetevi! Il nostro mondo, le nostre vite, gli abitanti di Narnia dipendono da questo. Ricordate le persone che siamo venuti a salvare. Ricordate Aslan…Ricordate Narnia”
Le sue ultime parole furono seguite da un’ondata di esclamazioni che ripeterono: “Per Narnia! Per Aslan!”
I narniani lazarono i pugni, mentre il loro Re scendeva dalla scaletta del ponte di comando per unirsi a loro. Udire tutte le voci dei suoi uomini unite in quel grido lo commosse profondamente.
“Ti amo, Miriel” sussurrò Peter tra le grida.
La Driade lo guardò felice. “Ti amo, Peter”
E senza curarsi di nessuno lo baciò.
Lucy mise un braccio attorno le spalle di Gael, aggiungendo la sua voce a quelle dei marinai. La giovane Regina sentì la propria mano stretta in quella di qualcun altro. Si voltò e incontrò lo sguardo fiero di Emeth. In quel momento era il soldato di Calormen che si preparava alla battaglia. Lucy gli sorrise appena e gli strinse la mano a sua volta.
Edmund osservò Caspian con fierezza e così Susan, che sempre provava un’emozione indescrivibile che la portava fin quasi alle lacrime quando lo udiva parlare in quel modo, il suo bellissimo viso risplendente della nobiltà più pura.
Suo marito. Il suo Re.
Lo raggiunse, e lui la stinse tra le braccia e la baciò.
“Sono fiera di te” gli sussurrò lei all’orecchio.
Il gelo svanì dal cuore del Re di Narnia, facendo posto a un calore immenso. Il coraggio tornò impetuoso, ma non si sprigionò dal suo corpo, bensì da quello di Susan. Era lei la sua forza.  Lei non lo faceva mai sentire solo, lo faceva sentire amato, felice di essere chi era. Lei lo faceva vivere.
“Forse non sei fiero di me, padre” pensò il ragazzo. “Ma ti dimostrerò che puoi esserlo”
Così, uscirono dall’oscurità e si prepararono a sbarcare. Il raggio di sole era sempre là e li guidava. Aslan era davvero con loro.
“Maestà! gridò Ripicì, scendendo in picchiata insieme a Eustace. “Brutte notizie, Sire”
Nella loro piccola ricognizione avevano visto qualcosa…
“Che succede?”
“C’è una nave ancorata sull’isola”
Un silenzio carico di tensione scese sul Veliero dell'Alba. Le voci degli uomini si smorzarono.
“Sei sicuro di quello che dici?” chiese Caspian.
“Sì, Sire. E’ laggiù, nascosta in una rientranza della baia. Ne abbiamo visto solo il pennone dall’alto, ma non c’è alcun dubbio: è l’Occhio di Falco”
“Rabadash” sibilò il Liberatore tra i denti. Poi si voltò verso Susan. “Ora capisci perché non volevo che venissi?”
Lei sostenne il suo sguardo preoccupato e arrabbiato. “Io non mi muovo di qui”
Caspian sospirò e si scambiò un’occhiata con Peter e Edmund. Nessuno di loro era ancora convinto che far rimanere le ragazze fosse stata una buona idea, ma sapevano anche che discutere ancora era una partita persa, e ormai era tardi.

 
 
 
 
Sono in ritardo di un giorno intero, cari lettori!!! Mi scuso enormemente, ma ieri è subentrato un contrattempo piuttosto spiacevole che spero si risolva presto…ad ogni modo sono qui!!!
Finalmente i nostri eroi sono sbarcati sula famigerata Isola delle Tenebre!!!
Ho fatto il pieno di scene Suspian, perché credo non ci sarà spazio per loro fino alla fine, anche se qualcosina cercherò lo stesso di inserirla…per la vostra gioia!!!! E la mia anche!!! ;D
Pian piano si stanno incontrando tutti, avete visto? Shira è arrivata sul veliero, c’è la lucciola molesta, la Strega, Rabadash, Shanna (ancora rinchiusa ma c’è!) e non è detto che arrivi qualcun altro che non si vede da un bel po’…
Aspetto i vostri commenti miei cari!!!
Oggi ho parecchie cose da dirvi, quindi passo subitissimo ai ringraziamenti!!!

Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  arianna17, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  Francy 98, FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Martinny, Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, piumetta, ScarlettEltanin,  Serena VdW, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94,virginiaaa
 
Per le ricordate:

ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 
Per le seguite:

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Per le recensioni dello scorso capitolo:

Angie_V, english_dancer, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93,  GossipGirl88, HikariMoon, LittleWitch_, Martinny, Mia Morgenstern, piumetta, Serena VdW e TheWomanInRed

 
Angolino delle Anticipazioni:
Lo scontro finale è imminente!
Caspian sarà ancora tormentato da strane voci: si avvicina la sua prova!
Guai per le nostre Susan e Miriel, e farà il suo ingresso l’ultimo personaggio di questa storia.

 
Chiedo ancora scusa a tutti voi per il ritardo e concludo questo spazio autrice con due
ANNUNCI:
Uno: domani è il compleanno del nostro amato Ben!!!!! 32 anni di fighezza assoluta!!!! Amore santissimo miooooooo *.*
Due: cliccate qui  e guardate in anteprima assoluta il manifesto del seguito di Queen!!!

Sondaggio!!!
Come sarà il piccolo Suspian??? Maschio o femmina? Come si chiamerà?

Dite la vostra nelle vostre recensioni!!! Poi io vi saprò dire chi si sta avvicinando alla verità. A chi indovinerà, manderò un messaggio in casella, ma zitti e mosca, per favore ;)

Questo sondaggio non ha ancora limiti di tempo, verdò io quando farlo terminare...probabilmente quando sarà il momento di far nascere il figlio di Caspian e Susan, (nascita prevista nei primi capitoli del seguito).
Chiedo grazie a HikariMoon, perchè l'idea l'ha avuta lei! ;)
 
Un bacio super grande e un abbraccio fortissimo a tutti voi!
Susan<3
 
P.s. Anche se in ritardo, faccio gli auguri alla mia DLF FrancyNike93!!! ^^

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Capitolo 43
*** Capitolo 43: Battaglia sul Veliero dell'Alba ***


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43. Battaglia sul Veliero dell’Alba

 
 
Man mano che le ore che trascorreva su quell’isola passavano, Rabadash si sentiva sempre meglio.
L’oscurità era davvero un toccasana, proprio come gli aveva assicurato la Strega Bianca. Stare a contatto con le ombre che avvolgevano quel luogo oscuro aveva diminuito notevolmente i suoi malori.
Lasciando la sua cabina, il principe del sud si tastò il braccio malato con una certa soddisfazione. Poteva tenere di nuovo in mano la spada senza problemi. Le fitte e il bruciore erano diminuiti, e anche il rossore e quella strana striscia serpeggiante che solo un paio di giorni prima gli partiva dalla mano destra fin quasi al viso, ormai, si era ritirata e si era ridotta solo nella zona dell’avambraccio.
Jadis era tornata per accertarsi delle sue condizioni di salute e dirgli che tutto era pronto: presto i narniani sarebbero sbarcati.
I soldati di Aréf tarkaan erano schierati e armati di tutto punto. Quella era la loro ultima occasione per vendicarsi su Narnia.
Quando Rabadash arrivò sul ponte, un grido di esultanza si levò dai calormeniani.
“Che Tisroc possa vivere in eterno! Gloria al nostro grande Sovrano e a suo figlio Rabadash  XVIII!”
Il principe alzò le mani per indurre il silenzio.
“Uomini, voi tutti sapete perché siete qui: oggi noi vendicheremo il grande nome di Tash salvando Calormen dalla minaccia degli abitanti del nord. La maledizione che mesi fa il Leone di Narnia lanciò sulla nostra terra, ancora non è stata scongiurata. Solo la Strega Bianca è stata in grado di rallentarla, perché come ben sapete tutti, lei è finora l’unica che ha potuto, anche nel passato, tener testa al Grande Felino”
Rabadash ormai conosceva tutta la verità sulla cosiddetta maledizione del sonno eterno, sapendo bene che non era nient’altro che opera della Strega. Tuttavia, si era ben guardato dal raccontare la verità ai suoi uomini. Animati dalla voglia di vendetta, non si sarebbero fermati davanti a nulla pur di vincere su Narnia.
“La Strega Bianca ci spaventa, Altezza” disse qualcuno.
Rabadash storse il viso in una smorfia compiaciuta. I suoi uomini gli erano sempre fedeli. Questo era l’importante.
“Neanche a me aggrada molto poco la presenza di quella donna. Ciò nonostante, ella mi ha salvato da morte certa”
I soldati e i marinai annuirono.
“Inoltre, è volere di Tisroc che accettiamo il suo aiuto. La Strega è molto potente, e sulla sua isola noi saremo al sicuro, mentre i nostri nemici subiranno la sorte peggiore. Finché Tash ci sostiene, comunque, non abbiamo nulla da temere”
“Grande Tash, ascoltaci!” gridarono i calormeniani inchinandosi sul ponte.
Invocarono più volte il nome del loro dio, infine, si rialzarono e sfoderarono le armi.
Aréf tarkaan volse lo sguardo solo per un momento verso il solito punto un po’ nascosto della nave, dove, come sempre, se ne stavano in disparte i sei pirati di Terebinthia.
Parlottavano tra loro, le teste chine in avanti, in cerchio, volgendo occhiate tutto intorno per essere certi che nessuno ascoltasse i loro discorsi. Ma non avevano di che preoccuparsi: Rabadash aveva ripreso a parlare e nessuno si curava di loro.
“Capo, è rischioso” disse il pirata più piccolo, basso e robusto come un nano, ma un po’ troppo alto per esserlo davvero.
“Sapevamo fin dall’inizio che saremmo giunti a questo punto” lo riprese il pirata alto e grosso, quello che aveva rapito Susan sull’Isola delle Acque Morte.
“Lo so, lo so, ma…” mugugnò il piccoletto.
“Silenzio!” esclamò Ader. “Avevamo già deciso tutto prima di accettare la proposta di Tisroc. Non ci tireremo indietro ora. La vostra parola vale così poco?”
“La mia no di certo!” si difese il pirata con un occhio finto, mentre quello piccolo borbottava qualcosa.
“Non so…” intervenne quello alto e allampanato, “Se disertiamo adesso, cosa pensate che ci succederà? Credete che non ci scopriranno?”
“Tu che cosa dici?” chiese Ader all’ultimo e più anziano dei suoi, quello con la lunga barba grigia.
“Io sono dalla tua, capo, come sempre. Qualunque cosa tu deciderai, io ti seguirò”
Sul volto affilato del capitano dei pirati si dipinse un sorriso soddisfatto.
“Quattro contro due” sentenziò il pirata che aveva rapito Susan. “La maggioranza vince”
“Aslan vince” borbottò preoccupato il piccoletto. “Come sempre…”
“Muoviamoci” li incitò tutti Ader.
E poco dopo, quando Rabadash chiese dove si fossero cacciati i sei bucanieri, nessuno seppe dargli una risposta….
 
 
Una volta raggiunta la terraferma, fu subito chiaro a tutti che avrebbero dovuto dividersi.
Calormen non avrebbe esitato ad attaccarli non appena si fosse accorta che erano finalmente sbarcati. Ma non potevano aspettare di disfarsi di Rabadash e dei suoi per salvare Ramandu. Il padre di Lilliandil era la priorità.
Edmund si offrì di rinunciare alla battaglia per entrare nel labirinto e successivamente nel castello della Strega Bianca. Aveva promesso già due volte alla Stella Azzurra di liberare suo padre e non voleva essere costretto a rimandare ancora.
Gli altri accettarono, ma tutti quanti sapevano che senza Edmund e la sua infallibile tecnica a due spade, avrebbero dovuto rinunciare a un elemento importantissimo.
“Abbiamo le Spade dei Lord con noi” disse Susan, stringendo nella mano quella di Mavramorn.
Per lei era qualcosa di completamente nuovo. Non era mai stata brava a maneggiare la spada, ma sentiva che con quel magico talismano poteva farcela.
“Edmund, voglio venire con te!” disse subito Lucy.
“No, Lu, tu servi qui”
“Ma se Rabadash si è alleato con la Strega” disse, “non pensi che lei potrebbe aver ordinato ad alcuni di loro di entrare nel labirinto e tenderci un’imboscata?”
“Non ho intenzione di attraversarlo, infatti” dichiarò Edmund, “ma di sorvolarlo”.
A queste parole, Eustace gli si affiancò e batté le grandi ali, emettendo uno sbuffo di assenso.
“Siete sicuri di potercela fare?” chiese Peter. “Lilliandil ha detto che dobbiamo attraversarlo. Non credo che Jadis ci permetterebbe di superarlo in altro modo, o non si sarebbe servita di un ostacolo simile.”
Edmund guardò lontano, verso e alte mura grigie che s’intravedevano al di là delle cime degli alberi.
“Forse hai ragione, ma tentare non costa nulla. Eustace è un drago, e non dimenticate che nemmeno la Strega Bianca ha osato nulla contro di lui”
Eustace guardò il cugino con uno immenso senso di gratitudine. Era strano sentir parlare Edmund di lui in quel modo. Gli stava facendo un complimento. Stava dicendo che era utile, che era forte e poteva aiutarlo a salvare Ramandu. Aveva davvero un ruolo all’interno della compagnia di Narnia adesso, e ne fu molto fiero.
Si voltò verso Ripicì, come a domandargli se anche lui fosse andato con loro, ma il topo gli si avvicinò e gli pose una zampetta sul gomito possente.
“Stavolta non posso accompagnarti, amico mio. Ma puoi far vedere a quella stregaccia di che pasta sono fatti i draghi di Narnia!”
Eustace si sentì leggermente smarrito al pensiero che Rip non sarebbe stato al suo fianco. Da quando si era trasformato, si era abituato ad averlo sempre vicino. Ad ogni modo, mosse il lungo collo e la grossa testa cornuta in segno di assenso. Avrebbe voluto dirgli ‘fidati di me’.
Ma non ci fu bisogno di parole, perché Ripicì capi e gli sorrise.
“Va bene” disse Caspian. “Eustace accompagna Edmund fino al castello di Jadis. Qualsiasi cosa succeda, Eustace tornerà indietro ad avvertirci, d’accordo?”
“D’accordo” fece Il Re Giusto e il drago emise un lieve brontolio.
“Io e Peter iniziamo a dare un’occhiata in giro e a studiare un modo per assaltare la nave di Calormen” continuò il Liberatore. “Susan: tu, Lucy e Miriel rimanete a bordo del Veliero dell’Alba. Schiera gli arcieri e qualunque cosa accada, suona il tuo corno. Emeth, rimani con loro”
Lucy fece ancora per protestare, ma stavolta Caspian fu irremovibile, e così i fratelli maggiori.
“Drinian” chiamò il Re di Narnia quando fu fuori portata d’orecchio delle ragazze.
“Agli ordini, mio signore”
Caspian si avvicinò al capitano e gli parlò a bassa voce. “Se la situazione dovesse precipitare, portale via”
“Certamente”
Il Liberatore gli strinse la mano e fece per voltarsi e raggiungere Peter, quando Drinian parlò di nuovo.
“Sire…proteggerò le signore e la mia Regina a costo della vita, e…vostro figlio, Caspian”
Il giovane rimase molto colpito dal sentirsi chiamare per nome. Il capitano subito si scusò, ma il Re di Narnia non la prese affatto come un’offesa. Tornò indietro e abbracciò quell’uomo che era uno dei suoi più fedeli e cari amici, o forse era qualcosa di più. Forse proprio come il dottor Cornelius, anche Drinian era simile a un padre per lui.
L’uomo rimase assai stupito da quel gesto inaspettato, ma ricambiò la stretta. Poi gli mise le mani sulle spalle e annuì.
“Fate attenzione, Maestà” disse con voce sommessa e poi si diresse svelto al timone.
Peter affiancò Caspian mentre scendevano dalla nave.  “Non credevo di poter vedere un uomo tutto d’un pezzo come lui commuoversi per un semplice abbraccio”
“Voglio molto bene a Lord Drinian”
“E lui ne vuole a te. E’ evidente” sorrise il Re Supremo. Poi ci mise un attimo per dire qualcosa, ma infine si decise. “Tutti ti rispettiamo, Caspian e...tutti ti vogliono bene. Sei un bravo ragazzo, dopotutto”
Caspian lo guardò stupefatto ma sorrise. “ ‘Dopotutto’, che cosa dovrebbe indicare?”
Il Magnifico gli lanciò un’occhiata veloce, abbozzando una risata. “Lascia stare. Ne riparliamo quando abbiamo finito qui”
Metà degli uomini di Narnia vennero guidati dai due Re, e il gruppo si addentrò nella foresta. Caspian e Peter camminavano fianco a fianco, mentre si dirigevano nel luogo in cui Eustace e Ripicì avevano detto di aver visto nascosto l’Occhio di Falco.
Per arrivare alla nave nemica sarebbero stati costretti a passare da un punto troppo scoperto, e così facendo non avrebbero avuto nascondigli per proteggersi in caso di attacco immediato. L’alternativa era compiere il giro dell’isola, ma avrebbero perso troppo tempo.
Caspian e Peter divisero allora il gruppo in due, e ognuno di loro condusse la proria parte di marinai ai due fianchi della nave di Calormen.
Era strano, pensarono, sembrava quasi che non ci fosse nessuno ad attenderli, eccezion fatta per alcuni soldati di guardia.
A Ripicì, tutta quella calma puzzava di bruciato. Svelto svelto, saltò sulle rocce e raggiunse il ponte dell’Occhio di Falco per accertarsi della situazione. C’erano almeno quattro soldati su ogni lato della nave, a quando Rip vide i volti di quei soldati alla luce delle lanterne accese sulla nave nemica, emise un grido di stupore.
“Maestà, non c’è nessuno qui!” gridò a tutta voce, saltando sul parapetto e indicando il soldato al quale stava accanto. “Sono fantocci! La nave è deserta!”
Tra gli alberi, i narniani si scambiarono sguardi confusi.
“Un’imboscata?” fece Peter, raggiungendo svelto con il suo gruppo Caspian e gli altri marinai.
Il Liberatore spalancò gli occhi scuri e sul suo volto si dipinse l’ inquietudine  “E’ una trappola!”
In quel momento, il suono del corno d’avorio si levò chiaro nell’oscurità immobile.
 “Susan!!!” gridò il Re di Narnia, alzando gli occhi verso il cielo cupo.
 
 
Edmund si dirigeva a gran velocità verso le mura del labirinto, le ginocchia strette ai fianchi del drago, mentre si aggrappava saldamente con le mani al suo collo squamoso, il busto chino in avanti.
Non era affatto come volare su un grifone (Edmund aveva imparato a cavalcare quelle splendide creature nell’Epoca d’Oro). Il corpo del lucertolone era tutto punte e squame ed era scomodissimo.
Tuttavia, non era colpa di Eustace.
Il cugino si era dimostrato coraggioso oltre ogni dire. Non aveva aspettato una sua richiesta o un ordine, si era fatto avanti lui stesso per accompagnarlo. Si era fatto capire e Edmund l’aveva trovata un’idea eccellente: raggiungere il castello della Strega Bianca in volo.
Forse un’impresa impossibile, perché di certo Jadis avrebbe impedito loro di portare a compimento quella mossa, ma in ogni caso, grazie a Eustace poteva risparmiare tempo e guadagnare terreno.
Ripicì aveva davvero fatto un gran lavoro, si disse Edmund. In più, l’attuale condizione del cugino lo aiutava certamente ad avere più fiducia in sé stesso, sapendo che con quella stazza, quella pelle coriacea, e un’arma costituita da fiamme ardenti capaci di sciogliere anche i massi, ben pochi nemici avrebbero osato avvicinarglisi.
Si era veramente trasformato quel piccolo mostriciattolo di Eustace Scrubb! E non solo fisicamente.
Si lasciarono la spiaggia e la foresta alle spalle, ma videro che gli alberi continuavano anche più in là, dentro e attorno le mura. Era un labirinto dentro un labirinto. Il primo fatto di vegetazione, il secondo fitto di roccia. Nel mezzo, stava il castello della Strega Bianca: bellissimo ma spettrale.
Edmund si guardò indietro per un momento, pensando ai suoi fratelli e agli amici. Chissà se era già cominciata, laggiù…
Si sentì in colpa per non essere rimasto, privandoli della magia della Spada di Bern, della quale avrebbero potuto avere bisogno. Forse avrebbe dovuto lasciarla a loro e prendere un’altra arma…
Ormai era tardi per pensarci. Quel che era deciso era deciso. Quel che fatto era fatto.
Doveva trovare Ramandu. Solo così avrebbero avuto le risposte che cercavano riguardo la Stella Azzurra, e forse anche per quanto riguardava il ritrovamento della settima Spada.
Improvvisamente, ci fu un fragore assordante proveniente dal basso. Era simile al rumore di un terremoto, ma l’attimo che seguì il ragazzo e il drago compresero che erano state le mura a produrre quel suono.
Si elevavano dal suolo, ma non tutte insieme in un unica parete compatta, bensì dividendosi, elevandosi dalla terra come tremende stalagmiti appuntite, come strani alberi che crescevano dal suolo a una velocità impressionante.
“Per il Leone!” sbraitò Edmund con il panico nella voce. “Sali, Eustace! Sali più in alto che puoi!!!”
Il drago scattò in avanti e per poco il Giusto non scivolò giù dalla sua groppa. Entrò nelle nubi ma fu una pessima idea, perché in quel modo non riusciva a vedere bene dove andava e le mura li raggiungevano anche là.
Era spaventoso, sembravano vive. Uscivano dal terreno e in uno slancio imponente scattavano verso il cielo.
“Eustace, dove stai andando?!” gridò a un tratto Edmund sopra il fragore.
Il cugino aveva fatto un giro su se stesso e sembrava intenzionato a voltarsi e fuggire.
“Fermati! Torna immediatamente indietro! Eustace, mi hai sentito?! Torna indietro! SUBITO!”
Ormai erano quasi sopra le torri del castello.
“Non possiamo rinunciare!” urlò Edmund, e in un gesto affrettato, estrasse la Spade di Bern dal fodero e la puntò davanti a sé, sperando che succedesse qualcosa, che le mura si ritirassero com’era accaduto per i vortici. Ma quella volta non funzionò.
“Eustace, maledizione!!!”
 Il drago ruggì il suo disappunto ma alla fine si voltò e riprese la sua folle corsa in volo. Schivò le nuove rocce che la terra eruttava come lava di un vulcano, scendendo e salendo a zig zag tra di esse. Sputò fuoco e ne distrusse un paio, le quali crollarono su se stesse, per poi infrangersi sopra altre.
Le torri del castello della Strega si avvicinavano sempre più. Eustace cercò di raggiungerle e trovare un appiglio sicuro sulle merlature, ma non gli fu possibile. Nello schivare l’ennesimo ostacolo, andò a sbattervi contro. Non riuscì a ritrovare l’assetto giusto e le rocce in crescita lo colpirono ancora e lo costrinsero a scendere di quota.
Erano a pochi metri dal suolo quando sentì scivolare Edmund dalla sua groppa. Voltò appena in tempo il lungo collo per afferrare il bavero della sua camicia.
Il Re Giusto tentò di risalire, ma nel far questo, quando il drago andò a sbattere di nuovo contro la muraglia, la Spada di Bern gli cadde di mano.
“NO!” gridò il ragazzo, allungando automaticamente una mano nel vuoto.
Poi, un’idea folle gli attraversò la mente.
Non c’era tempo per pensare, doveva farlo e basta. Non avrebbe lasciato la sua spada nelle mani della Strega!
“Eustace, devi tornare indietro dagli altri!” esclamò.
Il drago lo guardò con tanto d’occhi e ruggì di stupore misto a terrore quando Edmund si lasciò cadere nel vuoto.
Purtroppo non ebbe tempo di stare a guardare più a lungo di così.
Lo vide svanire tra i rami di un enorme abete e sperò con tutto il cuore che l'albero avesse arrestato a caduta. Subito dopo, fu costretto a volare veloce come il fulmine lontano da quell’inferno di roccia.
Quando fu fuori dal perimetro del labirinto, l’assordante frastuono delle mura cessò ed esse si abbassarono, si ritirarono di nuovo nel suolo tronando all’altezza e alla forma originale, immobili, come se nulla fosse successo.
Eustace restò là a guardarle per un minuto interminabile. Poi si voltò e torno di corsa verso il Veliero dell’Alba.
 
 
La battaglia era iniziata senza preavviso alcuno. Nessuno si era accorto di niente.
Dalla foresta erano piovute frecce che si erano conficcate nel ponte della nave, sulle fiancate, sui parapetti. Qualcuno era stato ferito, tra i quali Emeth, fortunatamente solo di striscio.
Un momento solo per stupirsi, un altro per schierare i guerrieri in posizione, e i calormeniani erano già saliti a bordo e preso la nave.
Susan, non sapeva come fosse stato possibile, ma era successo.
Non c’era stato quasi scontro. I guerrieri di Narnia, in netta minoranza numerica, non avevano potuto nulla contro i nemici, i quasi si erano presentati accompagnati da orrende creature simili a pipistrelli ma con una vaga somiglianza tra uomini.
In breve, tutti si ritrovarono private delle armi e con le mani legate.
“Rabadash! Rabadash!” gridavano i soldati di Calormen, mentre il loro signore si faceva largo tra di loro.
“La vostra nave è mia, adesso!” esclamò il principe rivolto agli uomini del Veliero dell’Alba. “Arrendetevi e a nessuno sarà fatto del male…alla parte che conta, ovviamente” aggiunse con un sogghigno, voltandosi a guardare Susan e le altre ragazze. “Mia adorata…ci rivediamo”
“Andate all’inferno!” sbottò Susan con voce e sguardo carico d’odio.
Rabadash le si parò di fonte, le strinse dolorosamente il viso in un mano e la baciò.
La Regina Dolce si ritrasse disgustata.
“Dopo di voi, cara” la schernì, scoprendo il braccio dove la maledizione aveva ricominciato ad ardere. “Lo sapete cos’è questa?” chiese il principe, spostando lo sguardo anche su Miriel. “E’ opera vostra, mie belle signore…”
“Cane!” gridò Emeth senza potersi trattenere.
“Emeth tarkaan…” mormorò Rabadash stringendo gli occhi a due fessure.
Si volse furioso verso Aréf, il quale sostenne il suo sguardo. Lentamente, voltò le spalle a Emeth e con passo lento si avvicinò al capitano delle guardie.
“Credevo fossi uno dei miei più devoti servitori, che mi potessi fidare di te, invece non mi posso proprio fidare di nessuno. Mi hai deluso, Aréf, mi hai tradito e dovrai pagare con la morte. Tu stai dalla parte di Narnia”
“Padre!” gridò Emeth, cercando di raggiungerlo ma senza riuscire a liberarsi dalle grinfie della spaventosa creatura che lo teneva fermo.
“Signore” disse Aréf con voce calma. “Lasciate vivere mio figlio e pagherò volentieri con la vita la mia disubbidienza”
“Padre, no!”
Rabadash strinse l’elsa della sua scimitarra, ma due soldati, i più fedeli ad Aréf,  gli si avvicinarono svelti e s’inchinarono ai suoi piedi.
“Altezza Reale, chiediamo perdono, ma vorremmo ricordarvi che il capitano Aréf ha diritto a un regolare processo, poiché è un nobile tarkaan”
Il principe fece un verso sprezzante, senza poter ignorare le leggi di Calormen che quei due uomini gli ricordavano.
“Rinchiudete questo traditore di sotto insieme agli altri. Separateli” ordinò subito dopo. “Tutti…tranne lei”
Miriel tremò quando vide il dito guantato di nero del principe del Sud fermarsi su di lei.
 
 
Caspian, Peter e gli altri narniani tornarono indietro di corsa verso la baia. Più si avvicinavano più udirono le voci degli altri narniani diminuire anziché aumentare.
Cosa accadeva? Non stavano combattendo? Rabadash li aveva forse già sopraffatti?
La risposta alle loro domande arrivò quando furono a una decina di metri dalla spiaggia, nascosti tra la vegetazione, il cuore in gola.
Il Veliero dell’Alba pullulava di soldati in divisa bianca e arancione.
Che ne era degli altri?
Caspian pensò a Susan e a Rabadash.
Santo cielo, se lui avesse scoperto che aspettava un bambino…dove avrebbe potuto spingersi la sua cieca gelosia? Avrebbe fatto loro del male?
Non avrebbe dovuto lasciarla sola. Anzi, avrebbe dovuto insistere maggiormente e convincerla a tornare a Narnia. Se avesse avuto un po’ di polso, forse in quel momento, lei, il bambino e le altre avrebbero potuto essere al sicuro, in viaggio verso Cair Paravel. Con loro, anche Drinian e altri uomini.
Ancora una volta, Caspian si diede dell’incapace.
Strinse l’elsa di Rhasador, poi il suo sguardo cadde sul suo fianco destro, dov’era assicurata la Spada di Revilian. Ma a cosa gli serviva avere addirittura due armi se né con l’una né con l’altra sarebbe stato in grado di proteggere chi amava? Per quanto s’impegnasse, tutto quello che faceva finiva veramente in nulla, proprio come aveva insinuato suo padre…
Inutile…assolutamente, completamente inutile…
Percepì un movimento da parte di Peter, accovacciato sul terreno accanto a lui. Un movimento frenetico. Quando si voltò a guardarlo, notò che il Re Supremo aveva iniziato a tremare.
“Ti senti bene?”
Peter strinse i denti per non urlare. “Miriel…” riuscì solo a dire.
Caspian si voltò in direzione del Veliero dell’Alba e la vide. La Driade stava là, legata al muso del drago d’oro, le braccia sopra la testa, i piedi penzoloni sopra il mare. Qualcosa saliva e scendeva dalla superficie dell’acqua ed emetteva strani suoni, nuotando sotto di lei, quasi che stesse aspettando di emergere definitivamente per…
“Aspetta!” disse Caspian a Peter, che stava già lanciandosi in battaglia, Rhindon in pungo.
“Se fosse Susan, che faresti?!” sbotto il Magnifico, cercando di mantenere un tono basso.
Caspian non rispose, ma lo tenne ugualmente fermo afferrandogli un braccio e risospingendolo al riparo della vegetazione.
Probabilmente avrebbe fatto la stessa cosa, era vero. Non poteva biasimare Peter e non voleva fermarlo, però…
“Non puoi andare allo sbaraglio” disse Liberatore, “Devi ragionare a mente lucida, per quanto sia difficile. Ci sono cinquanta uomini armati lassù, noi siamo meno di venti”
Peter allentò la presa su Rhasador e Caspian lo lasciò andare.
“Prima di tutto dobbiamo…Peter, no!!!”
Troppo tardi. il Re Supremo si era già lanciato verso il Veliero dell’Alba e Caspian fu costretto a gridare agli uomini di ingaggiare battaglia.
I calormeniani li aspettavano, ovviamente, e subito lo scontro entrò nel vivo. Ma i narniani non erano preparati a dover sfidare anche gli orrendi esseri che spuntarono improvvisamente dagli angoli più bui della nave, o giù in picchiata dagli alberi della foresta circostante.
Erano certamente stati inviati dalla Strega Bianca a dar man forte agli uomini del deserto. E se qualcuno aveva ancora dei dubbi su una possibile alleanza tra Jadis e Rabadash, ebbene, quelle creature li dissiparono fino all’ultimo
 “Uomini pipistrello!” gridò Ripicì, mentre quelli cercavano di agguantarli e colpirli con i loro terrificanti artigli e i denti affilati.
I narniani alzarono gli scudi sopra le teste, ma gli attacchi degli uomini pipistrello sembravano inarrestabili e non li facevano avanzare.
Solo Peter non si curò di niente e nessuno, e corse senza una protezione verso il veliero, gli occhi puntati su Miriel. Il resto non contava, non vedeva neppure ciò che gli stava attorno Era completamente indifferente al posto in cui si trovava, al pericolo, alle persone amiche e nemiche che lo circondavano. Solo lei era importante. Menò un fendente poderoso con Rhindon, animato da una rabbia cieca, e uno dei pipistrelli cadde ai suoi piedi stramazzante. Peter lo superò con un balzo e ne abbatté un altro, impassibile al sangue che gli schizzava addosso.
Caspian incitò il resto deli uomini a seguire il Re Supremo, ad accorrere in suo aiuto e a riprendersi la nave.
Miriel, dalla sua posizione, le braccia doloranti e il cuore a mille, osservava il suo amato lottare per lei, per arrivare in suo soccorso, percorrere una distanza che sembrò assurdamente lunga, fino a trovarsi a pochi metri dal drago d’oro.
Lo chiamò e lo sentì rispondere, impegnato in più combattimenti contemporaneamente. I calormeniani gli piombavano addosso a tre o quattro alla volta, e allora Peter afferrò anche la Spada di Restimar oltre alla sua fedele Rhindon, imitando la stessa tecnica che utilizzava Edmund.
Miriel guardò di sotto e vide l’acqua calma del mare incresparsi e strane protuberanze verdastre salire verso di lei, lambendole le punte dei piedi. Era qualcosa di viscido e terribilmente grande.
Lei era stata l’esca perfetta per attirarli lì, spingendoli a lanciarsi all’ attacco senza pensare.
Doveva usare i suoi poteri, ma non poteva legata in quel modo, aveva bisogno di avere le mani libere.
Urlò quando sentì che le corde che la tenevano legata al drago si allentarono. Alzò la testa e vide una freccia nemica conficcata nel collo della scultura, la corda che pian piano si sfilacciava.
“Miriel sono qui!” gridò il Re Supremo.
“Peter! Aiutami…AH!” gridò ancora la fanciulla, scivolando sempre più un basso. La cosa sotto di lei si attorcigliò per un momento alle sue gambe e poi tornò sottacqua.
Un altro strattone alla corda e la Driade oscillò pericolosamente, temendo davvero di cadere in mare, ma poi capì che era stato Peter, che aveva afferrato la fune appena in tempo, perché infine si era spezzata.
La fronte del Re Supremo era imperlata di sudore e macchiata di sangue, Miriel non capì se suo o di un nemico. Fortunatamente, Caspian sopraggiunse in suo aiuto e così riuscirono ad issare la ragazza sulla nave.
La creatura sotto il mare si dileguò tra le onde immobili, delusa.
Peter e Miriel si strinsero in un abbraccio veloce e frenetico. Lei iniziò subito a pulire il sangue dal suo volto e poi lo abbracciò ancora, quasi soffocandolo.
“Ragazzi, mi dispiace!” esclamò spostando lo sguardo da Peter a Caspian, parlando velocemente. “Hanno attaccato la nave senza che ce ne accorgessimo, è stato tutto così improvviso! Hanno portato Susan, Lucy, Emeth e gli altri di sotto nelle cabine dell'equipaggio. Rabadash vuole qualcosa da Susan e io credo di sapere cosa”
Nel momento in cui il principe di Calormen aveva mostrato a lei e alla Dolce la sua ferita, Miriel aveva capito tutto a riguardo.
“Senza volerlo, io e la Regina abbiamo lanciato una maledizione su Rabadash. Una maledizione che lo ucciderà se non troverà al più presto il modo di annullarla. Lui ha bisogno del sangue di una Figlia di Eva per curarsi...la Figlia di Eva che è implicata nel sortilegio”
I tre ragazzi si scambiarono uno sguardo.
Miriel si scostò una manica della veste e mostrò un lungo taglio orizzontale. Non era profondo ma era ancora fresco.
“E’ stato lui?!” esclamò Peter furioso, prendendo delicatamente il braccio di Miriel tra le mani.
“Sì. Anche il mio sangue serviva, a quanto pare, ma ho paura che con Susan, Rabadash non ci andrà leggero come con me. E’ completamente pazzo, geloso, ossessionato! Non gli basterà questo, capite? Non si accontenterà. Lui vuole lei!”
Se poco prima il Re Supremo aveva dimostrato un lato di sé ancora sconosciuto mentre cercava di raggiungere la Driade e i suoi occhi avevano mandato lampi d’ira, la stessa espressione era dipinta ora sul viso del Liberatore.
Susan...
Non l’avrebbe toccata. Non ci era riuscito una volta e non ci sarebbe riuscito ora. Non avrebbe dovuto nemmeno provarci.
Per Aslan!…Susan e il bambino…
Senza una parola, Caspian si allontanò.
“Vieni” disse Peter a Miriel, prendendola per mano. “Dobbiamo…”
“Peter!!!” urlò Miriel agghiacciata, mentre nella spalla del Re Supremo veniva piantata una freccia ed egli cadeva al suolo, gli occhi chiusi…
 
 
Dopo essere stata divisa dagli altri, Susan era stata rinchiusa in una delle cabine più piccole in fondo alla nave.
“Perché…deve sempre…andare…a finire…così!” scandì ad alta voce, dando grandi spallate alla porta.
Una leggera e fastidiosa fitta al ventre le fece contrarre il viso in una smorfia.
“Non ora, piccolo mio, ti prego” mormorò, alzando una mano per coprire il proprio grembo.
Rumore di passi, sempre più vicini. Si arrestarono di fronte alla porta e un secondo dopo il loro proprietario la fissava nella sua imponente figura come al solito ammantata di nero e argento.
“Finalmente soli” sorrise Rabadash allargando le braccia, e rise quando Susan indietreggiò fino in fondo alla stanza. Allora le fece ricadere lungo i fianchi ed estrasse un lungo pugnale dalla cintura. Un pugnale che sembrava di ghiaccio.
“E’ questione di un secondo. Vedete, devo solo fare come con la vostra amica Driade…”
“Cosa avete fatto a Miriel?!” domandò Susan con un senso di vertigine.
“Niente, niente, le ho solo preso quel che mi serviva, come farò con voi. Con lei ho impiegato pochissimo tempo. Giusto una goccia, mia adorata. Una soltanto. Poi, quando finalmente starò meglio, potrò prendermi la mia rivincita su di voi e il vostro Caspian, e ripagarvi entrambi come meritate”.
Susan ancora non capiva.
Rabadash la raggiunse in fretta e la schiacciò contro il muro, afferrando saldamente il suo braccio e lacerandole la manica dell’abito.
“Il sangue di una Figlia di Eva mi libererà della maledizione che voi e quella piccola streghetta di capelli rossi avete gettato di su di me”
“Non so nulla della maledizione di cui parlate!”
“No, certo che non lo sapete. Su questo la Strega aveva ragione. Siete così buona, dopotutto…”
Susan strinse gli occhi e provò un bruciore insopportabile nel punto in cui Rabadash posò la lama del pugnale. Osservò il principe arrotolarsi la manica dell’abito e scoprire gli strani segni che aveva sulla pelle, avvicinare l’arto a quello di lei e piegarglielo con forza (poiché lei si opponeva qualsiasi cosa lui volesse farle), in modo che appena una goccia o due scivolassero dalla sua ferita sopra le piaghe rossastre sull’avambraccio di lui.
“Ora vedremo se quel che ha detto la Strega Bianca è vero”
E infatti, le lesioni procurate dalla maledizione cominciarono subito a ritrarsi e in breve scomparvero.
Rabadash alzò il proprio braccio davanti al viso e osservò compiaciuto il risultato finale. Il braccio era tornato come nuovo. Un lato della sua mente gli diceva che forse era stato troppo facile, troppo immediato, ma Jadis gli aveva spiegato che solo una goccia a contatto con la sua pelle sarebbe bastata.
Scacciò dalla mente il dubbio e si concentrò su Susan, che lo fissava con un’espressione di puro disgusto.
“Il vostro sangue è davvero potente, mia Dolce Regina” dichiarò con una strana voce, appiccicandosi a lei.
Susan percepì le sue mani stingere la presa su di lei e gridò aiuto.
“Zitta, piccola sgualdrinella che non siete altro” le disse Rabadash, tappandole la bocca con una mano. “Ho atteso fin troppo per avervi e non ho più voglia di aspettare”
La Regina spalancò gli occhi, terrorizzata. Lottò, urlò, graffiò il viso dell’uomo, scalciò, ma lui era troppo forte e la gettò a terra.
Con la mente completamente annebbiata dalla paura, allungò la mano sul pavimento e trovò il pugnale con il quale lui l’aveva tagliata poco prima. L’incauto Rabadash l’aveva lasciato cadere a terra durante la breve colluttazione tra loro. Susan lo afferrò senza pensarci e lo piantò tra il collo e la spalla del principe.
Egli rotolò via da lei, emettendo un verso gutturale, portandosi una mano alla ferita dalla quale il sangue sgorgava copioso.
Susan indietreggiò un poco, guardando quel corpo agonizzante, finché non si mosse più.
Ma lei continuò a fissarlo, sgomenta, gli occhi spalancati, il respiro affannoso. Poco dopo, udì di uovo un suono di passi in corsa e un attimo dopo ancora si ritrovò stretta tra due forti braccia.
“Ca…spian…” sussurrò appena, gli occhi sempre fissi sul copro di Rabadash.
Lo udì parlarle ma non comprese il significato di quel che le diceva.
“L’ho…ucciso…”
Tremò come una foglia non appena pronunciò quella parola e allora si riscosse, stringendosi al suo sposo e nascondendo il viso nel suo petto.
“Bravissima”
Susan aprì gli occhi e poi alzò la testa, incredula. Caspian stava esaminando ogni centimetro del suo viso, accarezzandole i capelli, il respiro ansioso, Rhasador stretta nella mano che era posata sulla sua schiena e che la teneva stretta.
“Tu stai bene? State bene?” chiese in fretta.
Lei lo fissò un momento, mentre lui spostava la mano dal suo viso e la posava sul grembo di lei. La Regina Dolce fece altrettanto.
“Sì….Sì, stiamo bene” ripeté più volte, mentre Caspian la stringeva più forte.
“Ahi…”
“Dove ti fa male?!” chiese subito lui, terribilmente agitato.
“No…sei tu che mi hai fatto male” mormorò lei, facendo di tutto per non girarsi di nuovo dalla parte in cui Rabadash stava steso a terra.
Caspian capì e allentò la presa, abbracciandola con delicatezza. “Sta tranquilla. Non può più farti del male, adesso”
“Ti prego, portami via” lo pregò la ragazza, voltando il capo e chiudendo gli occhi. “Portami via di qui”
 “Andiamo” le disse, aiutandola ad alzarsi. “Cerchiamo gli altri”
“Aspetta” gli disse Susan, cercando ancora il suo abbraccio, quando furono abbastanza lontano dal corpo di Rabadash.
“Lo so che non è il momento, però…”
“Non preoccuparti” mormorò lui al suo orecchio, cullandola per un attimo tra le braccia.
Stavolta era lei che aveva bisogno di essere rassicurata, confortata, di trovare la forza necessaria da lui per superare quel momento di difficoltà. E lui ci sarebbe stato per lei. La loro sintonia, il reciproco cercarsi, capire di cos’avesse bisogno l’altro senza bisogno di parole, era qualcosa di straordinario.
Caspian sentì che pian piano smetteva di tremare, e poco dopo, infatti, Susan si separò da lui e annuì, facendogli capire che era pronta.
Non era rimasta scossa da quell’esperienza perché provasse compassione per Rabadash, ma per lo spavento subito. Aveva avuto paura per il suo bambino. Era rimasta quasi scioccata all’idea che Rabadash avesse potuto fargli del male.
E in quanto a lui, se ne sarebbero occupati più tardi. Ma non curarsene affatto, fu un errore del quale si sarebbero resi conto in futuro…
Trovarono Lucy, Emeth e tutto gli altri nelle cabine dell’equipaggio, recuperarono in fretta le loro armi, rinchiuse a chiave nella cabina di pilotaggio, dov’era stato messo a guardia un soldato del quale Emeth si liberò rapidamente.
Aréf tarkaan si sentiva un pesce fuori d’acqua in mezzo ai narniani, in un certo qual modo intimorito e anche ammirato. A colpirlo fu soprattutto Re Caspian X: sapeva parlare ai suoi uomini con fermezza e con gentilezza. Ma alla notizia della morte del suo principe, sfoderò la spada e la puntò contro Caspian, il quale rispose allo stesso modo.
“Se volete combattere fate pure, signore, non mi tirerò indietro” disse il Liberatore, “ma state difendendo lo stesso uomo che vi disse vi avrebbe giustiziato senza pietà”
Il padre di Emeth fissò negli occhi scuri del giovane e infine riabbassò le braccia lungo i fianchi.
Caspian non disse altro. Capì che quell’uomo non li avrebbe ostacolai, ma non li avrebbe neppure aiutati.
“Padre, vi prego venite con noi” disse Emeth, mentre i narniani si preparavano a tornare sul ponte in aiuto di Re Peter e il suo gruppo di guerrieri.
“Dove potrei venire, figliolo? Sono un rinnegato, ormai, e diverrò un fuggiasco”
“Anch’io lo credevo. Anch’io credevo che avrei dovuto condurre un'esistenza simile, ma da quando sono arrivato su questa nave, la mia vita è cambiata”
Aréf tarkaan sorrise. “Sì, questo l’ho visto. La giovane Regina Valorosa è molto importante per te, vero?”
Emeth arrossì lievemente. Suo padre sorrise ancora.
“Ma io non sono te, figlio” disse poi tornando serio “e non posso passare sopra l’assassinio del nostro principe!”
“Però non avete combattuto contro Caspian”
Il capitano si stupì di sentire il figlio parlare del Re di Narnia con così tanta confidenza.
“E non è stato un assassinio, è stata legittima di fesa da parte della Regina Susan! Padre, voi non avete la minima idea di cosa è capace Rabadash, siete troppo accecato dal senso del dovere verso un uomo che non conoscete affatto e che…”
Emeth si arrestò. Non si era mai rivolto al genitore con quel tono. “Vi chiedo perdono, non volevo mancarvi di rispetto”
“La vicinanza con questa gente ti ha reso arrogante” disse Aréf con sguardo severo.
“Emeth?” chiamò la voce di Lucy, incerta, apparendo sulla soglia. “Dobbiamo sbrigarci”
“Vengo subito” rispose il giovane, rivoltandosi poi verso il padre, sperando in un ultimo tentativo che lo convincesse a seguirlo.
“Padre, voi e la mamma potreste essere felici a Narnia. E’ là che io andrò alla fine di questo viaggio. Ormai ho deciso. Io non provo dispiacere per la morte del principe Rabadash”
“Non posso venire” ripose piano Aréf abbassando il capo.
“Allora, questa è davvero l’ultima volta che ci vediamo” disse il ragazzo, il volto colmo di tristezza. “Addio, padre. Vi ho sempre voluto bene e pregherò per voi, sempre, perché un giorno possiate capire”
Aréf rimase solo negli alloggi dell’equipaggio. In lui vi erano sentimenti contrastanti.
 
 
Sul ponte del Veliero dell’Alba regnava il caos.
In mezzo alla cacofonia di suoni e grida, si udiva il cozzare metallico delle lame, il sibilare delle frecce che volavano in ogni direzione, le vesti bianche e i turbanti arancioni dei calormeniani che si mischiavano con le armature lucenti dei narniani.
Quando Caspian e gli altri uscirono sopraccoperta, subito ognuno prese i propri posti: Caspian, Lucy e Emeth tra gli spadaccini, Susan tra gli arcieri.
La Regina Dolce provò un senso di vergogna verso se stessa e rabbia per essersi fatta sopraffarre dalla paura in in momento tanto critico. Ritrovò tutto il coraggio perduto, riscossa dalla vista nave invasa dai calormeniani.
I feriti erano molti, tra i quali c’era Peter. Non aveva mai ripreso conoscenza da quando la freccia l’aveva colpito. Miriel, aiutata da alcuni uomini, era riuscita a portarlo in un angolo riparato della nave con la disperazione nel cuore: il dottore e Gael, che aveva il cordiale di Lucy, erano prigionieri e non c’era modo di curare Peter.
Accanto a lei, che usava i suoi poteri lanciando petali di fuoco che bruciavano come tizzoni ardenti, anche Tavros e un paio di Satiri proteggevano il Re Supremo.
Lucy fu la prima ad accorgersi di loro, mentre cercava la Driade e il fratello tra la folla di combattenti. Corse verso di loro e aiutò a portare Peter al sciuro. Gli somministrarono subito il cordiale, ma ancora non riprese i sensi.
“Ma starà bene, vero?” chiese Miriel atterrita. Sapeva che sarebbe stato così, tuttavia la paura era tanta.
“Ora che la pozione miracolosa ha fatto effetto, sì” assicurò il medico, “ma come ben sapete, la completa ripresa sta poi al fisico di ognuno. Di certo, non è più in pericolo di vita”
“Penso io a Peter” disse Gael, il visino tondo pieno di spavento.
“Resto con te” disse Miriel, prendendo la mano di Peter tra le sue. Poi si rivolse a Lucy. “Non me la sento di lasciarlo”
“Certo, capisco” annuì la Valorosa, “io però devo tronare di sopra”
Usci dalla cabina dell’infermeria, gremita di feriti che pian piano riprendevano le forze grazie alla sua pozione. La ragazza raggiunse il boccaporto, salì svelta la scaletta e lì si arrestò, emettendo un grido. Non di paura, bensì di stupore puro.
Un grosso uccello bianco si era appena posato sul gradino più alto e le sbarrava la strada. Aveva artigli e becco dorati, lucenti e intelligenti occhi neri. La fissò un secondo appena e poi spiccò il volo.
Lucy uscì sul ponte e si guardò attorno. Gli Uccelli di Fuoco erano molti di più di quando li avevano aiutati la prima volta. Non sapeva chi li aveva chiamati, forse ancora la Stella Azzurra, o forse Aslan. Poi, proprio dietro la nave, ne vide un’altra. All’inizio pensò fosse l’Occhio di Falco, ma a ben vedere era troppo piccola. Quando questa si accostò loro, una ventina di uomini, non di più, ma armati fino ai denti, scesero a dar manforte ai narniani. Ma chi potevano essere?
Anche Susan, Emeth e Caspian si erano accorti della loro presenza, ma a differenza di Lucy li avevano subito riconosciuti.
 
 
“Non ti sente, smettila di gridare” udì una voce che gli parve famigliare, ma non ricordò dove potesse averla già sentita.
“Si sta svegliando, guarda. Ragazzo, andiamo, apri gli occhi! Forza!”
Un altra voce che riconobbe anch’essa per amica. Però non erano quelle dei fratelli o di Caspian, nemmeno quella di Miriel o Emeth o Rip. Nessuna di quelle appartenenti ai marinai del Veliero dell’Alba.
Peter vagava nella semi oscurità in cerca di un appiglio ma non ne trovava. La testa leggera, quasi che non riusciva a soffermassi su un pensiero o sui suoni che lo circondavano, e rischiò così di ripiombare nelle tenebre. Cercò di aprire gli occhi come la voce amica gli aveva detto, ma le sue palpebre sembravano divenute così pensanti...
Percepì una mano piccola e calda posarsi nella sua.
“Peter…guardami, Peter. Ti prego”
Perché Miriel piangeva?
La cercò nel buio ma ancora non la trovava, non vedeva il suo viso.
Sentì che qualcuno lo scuoteva.
“Ho detto piano, zuccone!” udì di nuovo la prima voce. “Vostra Maestà, cercate di fare uno sforzo”
E Peter lo fece. Gli costò molto, ma infine aprì gli occhi e vide attorno a sé un decina di uomini sconosciuti, e poi Lucy, Emeth, Susan, Caspian e Miriel, il viso che si distendeva dopo l’angoscia, e poi…
“Kal…”
“Ciao ragazzo, bentornato tra i vivi”
“Rivolgiti a lui come si deve” lo rimproverò il vecchio Rolf.
“Cosa fate voi qui?” chiese il Re Supremo mettendosi a sedere lentamente, provando una lieve fitta alla schiena.
Ricordò il dolore e la freccia…
“Lu…”
Lucy gli sorrise. Aveva un livido sul volto e la mano graffiata. “Ci hai fatto spaventare a morte”
“Ma che cosa è successo? La battaglia?”
Si guardò attorno, e vide che lo avevano portato in un angolo riparato del bosco in riva alla spiaggia, luogo in cui i suoni della lotta si udivano ancora. Lo scontro con Calormen non era finito.
“Una domanda alla volta” disse Kal, e in breve, con l’aiuto degli altri, gli raccontò com’erano andate le cose.
“Aslan ci ha fatto visita circa un mese fa e ci ha fatti partire immediatamente con una nave. Disse che avreste avuto bisogno di noi. Avreste dovuto vedere come ha spinto la nave in mare: con il suo soffio! Incredibile, mai vista una cosa simile: ha soffiato sulla vela e via! Verso l’Oceano Orientale! Abbiamo percorso una distanza lunghissima in pochissimo tempo”
Susan prese parola. “Quando li abbiamo visti arrivare abbiamo temuto potessero essere altri nemici, altri soldati inviati da Tisroc. Poi abbiamo capito chi erano”
“Sono arrivati i rinforzi, ragazzo!” assucrò Kal con orgoglio.
“Anche gli Uccelli di Fuoco sono venuti in nostro aiuto” aggiunse Caspian “Stanno tutti combattendo per Narnia. Presto ci riprenderemo il Veliero dell’Alba”
Peter guardò i volti degli amici e provò un grande affetto per tutti loro. Mancavano solo Eustace e…
“Avete notizie di Edmund?”
I ragazzi si scambiarono occhiate nervose.
“Purtroppo…” rispose Susan.
Peter attese con il cuore in gola.
“Eustace è tornato poco fa” disse Miriel. “ma Edmund non era con lui. Ha tentato di spiegarci cos’è successo: a quanto pare la Strega Bianca ha cercato di impedire loro di sorvolare il labirinto e Edmund è caduto”
“Che significa?!” esclamò Peter, e una nuova fitta gli attraversò la schiena. “Dov’è Eustace, adesso?”
“All’entrata del labirinto. Ci sta aspettando”
“Ragazzo” intervenne Kal, posandogli una mano sulla spalla. “la tua fidanzata, le tue sorelle e gli altri ci hanno spiegato a grandi linee che cosa dovete fare. Per questo siamo qui: per aiutarvi. Lasciate a noi la battaglia e andate a cercare Re Edmund”
Peter gli strinse il braccio con gesto amichevole, ringraziandolo di cuore.
Lo sapevano. Lo sapevano tutti che Jadis li voleva all’interno di quelle mura. E sapevano che probabilmente laggiù c’era la Settima Spada che li aspettava, forse proprio nel castello della Strega, dov’era anche Ramandu. La battaglia con Calormen era stato un diversivo usato da Jadis per stancarli, niente di più.
“Anche se il loro principe è morto, non si fermeranno” disse Caspian. “Con le creature che la Strega ha affiancato loro, era quasi impossibile per noi batterli, ma adesso siamo in vantaggio. Grazie agli uomini delle Sette Isole vantiamo di una ventina di uomini freschi e riposati”
 “Sappiamo che avete una missione importantissima da portare a termine” disse Rolf, “E, Re Caspian, non sentitevi in colpa perché abbandonate la vostra nave, non fate niente di tutto ciò: state solo potando a compimento la missione che Aslan vi ha affidato”
Caspian annuì, ringraziando sinceramente per quelle parole di conforto.
“Shira, aspetta!” esclamò d’un tratto Gael.
Il falchetto saltellò con fatica in braccio a Peter, sbattendo le ali costrette dalla fasciatura.
“Gael, dalle la pozione” disse Lucy, ignorando le occhiate degli altri. “Non m’importa nulla di quel che direte. Ci vuole aiutare, è evidente”
La bambina tentennò, dopodiché stappò la boccetta e fece cadere una goccia scarlatta nel becco di Shira, la quale si liberò della fasciatura all’ala e spiccò il volo, felice, anche se ancora non riusciva a parlare.
“Non importa” disse Susan. “Sei dalla nostra parte, vero?”
Shira si appollaiò sulla spalla della Regina Dolce e strofinò la testina piumata contro la sua guancia. La ragazza le sorrise.
“Puoi aiutarci a trovare Edmund?”
Il falchetto annuì e con una lieve pressione sulla spalla della ragazza, si librò di nuovo in volo, precedendoli alle mura del labirinto.

 
 
 
 
 
 
 
 
Hello everyone, come vi va la vita???
Questo capitolo è venuto diversissimo da come lo avevo pensato e incasinatissimo! Ci sono un sacco di stacchi tra una scena e l’altra e spero si capisca tutto!!!
Alt! Fermi tutti!!! Voi ora esulterete perché sembra che Rabadash sia morto, lo so…ma sarà davvero così? Lo sappiamo, dopotutto, che i cattivi hanno sette vite un certe storie…chissà quindi che non torni...Nel frattempo, comunque, la nostra Susan l’ha messo KO!!!!! E’ stata brava, vero??? *me fiera di lei*
 
Passiamo ai ringraziamenti:
 
Per le preferite:
ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  arianna17, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  Francy 98, FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Martinny, Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, piumetta, ScarlettEltanin,  Serena VdW, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94,e  virginiaaa
 
Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 

Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, azzurrina93, Ballerinasullepunte, Betely,catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, ElenaDamon18, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Lucinda Grey, lullabi2000, Mari_BubblyGirls, Miss H_, piccolaBiby, piumetta,  Poska,Red_Dragonfly,  Revan93, Riveer, Serena VdW, Smurff_LT, susan the queen,  SweetSmileTsuki94, _Maria_, _Rippah_e __Stardust
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:

EstherS, Fiore Di Meruna, Fly_My world, FrancyNIke93, HikariMoon, IwillN3v3rbEam3moRy, Martinny, Mia Morgenstern,, piumetta, SerenaVdW, e TheWomanInRed,
 
Angolino delle anticipazioni:
Allora, come avete notato, anche in questo capitolo il nostro Caspian è stato tormentato da dubbi, questo perché il prossimo sarà incentrato moltissimo sulla sua prova!
Spero di riuscire a far arrivare l'ultimo personaggio di cui ho parlato nello scorso angolino. Inoltre, scopriremo anche cosa è successo a Edmund.
Per il resto, potrebbe accadere di tutto!!!
 

Risultati sondaggino!!!
Bravissime a HikariMoon, Judee e Martinny che hanno indovinato al primo colpo!!! Martinny inoltre ha anche azzeccato il nome del piccolo Suspian!!!
Chi non ha indovinato, se vuole può ritentarci!!!
Voi direte, ma se non è maschio è femmina, se non è femmina è maschio…in effetti le opzioni sono solo due, però…c’è una terza possibilità che non avete calcolato.
Dai, stavolta praticamente ve l’ho detto!!!
Mi sento buona perché siamo agli sgoccioli….
 

Vi devo già salutare gente, oggi sono stata breve.
Un bacione a tutti, e grazie di cuore per essere arrivai con me quasi al traguardo di questa storia!!! Sono fiera di voi!!!
Alla prossima!!!
Susan<3
 
Ps. perdonatemi se ci sono errori, correggerò al più resto!

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Capitolo 44
*** Capitolo 44: Il labirinto ***


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44. Il labirinto
 
 
 
Davanti a loro si ergeva un largo e altissimo arco di pietra grezza, al di la del quale c’era un silenzio come di tomba. Un enorme insieme di mura e vegetazione che avrebbero potuto nascondere chissà quali mostruosità.
Un sentiero circondato da fitti alberi continuava dritto per alcuni metri e poi si perdeva nell’oscurità.
“E’ enorme” commentò Emeth. “Comprende come minimo metà dell’isola. Come pensate di scoprire dove si trova Edmund? Occorreranno ore per esplorarlo.”
Shira si alzò in volo dalle braccia di Lucy e gli schiaffeggiò il capo con le ali, stizzita.
Non la considerava proprio per nulla quel soldato impertinente?
“Ahi!” esclamò il giovane. “Sì, sì, lo so: ci scorterai tu”
Se il falchetto avesse potuto spiegar loro a parole ciò che sapeva di quel luogo, allora nessuno avrebbe più avuto dubbi. Per fortuna, le Regine sembravano ben disposte verso di lei e avevano convinto anche gli altri ad affidarsi alla sua guida.
“C’è troppa magia là dentro, e non mi piace” confessò Peter, che ormai stava molto meglio, anche se non ancora del tutto tornato in piena forma. “E Emeth ha sicuramente ragione- senza offesa per te, Shira- ma sarà davvero dura attraversare questo posto. Però, dobbiamo andare avanti e trovare Edmund” Il Re Supremo si volse verso le sorelle e gli amici. “Qualcuno di voi vuole tornare indietro?”
Ovviamente, nessuno fece un cenno affermativo. Una fiera determinazione brillava sul volto di ognuno. Quali fossero le difficoltà e gli ostacoli, non si sarebbero fermati.
“Coraggio, allora” concluse Peter, entrando per primo insieme a Miriel.
Dietro di loro Lucy e Emeth, ancora dietro, Caspian e Susan.
Oltre alle loro armi, i quattro Sovrani impugnavano le Spade dei Lord. Quella di Eustace era rimasta in custodia a Gael sul Veliero dell’Alba. Non sarebbe stata una buona idea portare tutte e sette mentre stavano andando incontro a Jadis.
Non appena tutti e sei ebbero attraversato l’arco, grossi rovi spuntarono dal terreno e si attorcigliarono tutto attorno alla volta, ostruendo il passaggio d’entrata. I ragazzi si voltarono ma non poterono far nulla se non restare a guardare.
“Facile entrare” commentò Caspian, “ma non altrettanto uscire”
Osservarono il sentiero che li attendeva, il quale percorsero per alcuni minuti senza incontrare deviazioni. Infine, la strada cominciò a serpeggiare e a dividersi.
Destra, sinistra, destra, ancora sinistra, avanti, poi indietro quando incontravano vicoli ciechi.
Peter estrasse la bussola per non perdere la strada, ma divenne subito chiaro a tutti che non avrebbero potuto orientarsi con quella. L’ago girava su se stesso, impazzito.
L’aria si fece umida come se avesse appena smesso di piovere, i rumori si fecero attutiti e indistinti.  Attorno a loro iniziarono a vorticare strisce di nebbia spettrale. Dentro di essa, a volte si distorcevano forme e volti vaghi, dando ad ognuno l’impressione che ci fosse qualcosa dove non c’era niente. Tutto aveva cambiato aspetto, ogni cosa appariva diversa e tutto poteva succedere.
Caspian s’irrigidì all’improvviso, e si fermò di colpo quando vide il volto di suo padre, e udì l‘eco della sua voce.
“Hai lasciato i tuoi uomini a morire… qui dentro non troverai niente…”
Cercò d’ignorare la voce, ma non era possibile.
“L’unica cosa che puoi fare è vergognarti di te stesso…lascia perdere, prima di coprirti di ridicolo”
Chi era davvero quello spettro? Da dove veniva? Perché lo perseguitava?
 “Caspian, cosa c’è?” chiese Susan, rimanendo un poco indietro rispetto agli altri.
Il giovane si guardò attorno smarrito. Suo padre era scomparso.
Non le rispose.
“Ragazzi, dobbiamo restare vicini” chiamò la voce di Lucy, stranamente ovattata.
“Arriviamo” disse il Liberatore, intercettando lo sguardo della sua sposa. “Tutto bene, non è niente”
“Sei sicuro?” chiese Susan, molto preoccupata.
Da quando aveva fatto quello strano incubo la notte precedente, Caspian sembrava in attesa di qualcosa, gli occhi scuri la cercavano nel buio ma non la trovavano. Che cosa gli accadeva?
“Questo posto gioca brutti scherzi all’immaginazione, non trovi?” disse lui, ansioso, cercando di convincersi che non fosse altro che suggestione.
Allora chi credi che fosse l’uomo che hai visto sulla nave poche ora fa? domandò una strana voce nella sua testa, ma il giovane non vi fece caso.
“Stammi vicino, Sue” mormorò, prendendole le mani.
Lei le strinse immediatamente nelle sue. “Sì…sai che lo farò”
Il percorso che seguirono li portò più volte a strade già batture. A volte non riuscivano a ricordare se da un punto fossero già passati o meno. Tutto sembrava terribilmente uguale, e non erano in grado di determinare quanta strada avessero già percorso.
“Non puoi volare più alto e farci capire dove siamo?” chiese Lucy a Shira.
Il falchetto, che si spostava dal ramo di un albero a un altro, si fermò e scosse la testina nera.
“Eustace ha fatto capire che è impossibile volare sopra le mura” ricordò Miriel, e Shira annuì.
“Allunghiamo il passo, ragazzi” disse Caspian. “Prima usciamo di qui e meglio è”
Camminarono e camminarono, la strada tornò rettilinea, poi si divise ancora, stavolta in quattro ramificazioni.
“E ora dove andiamo?” chiese Susan.
Studiarono per qualche secondo ogni percorso, quel che c’era al di là, ma non c’era modo di stabilire se una strada fosse più sicura di un’altra. La nebbia si fece più densa e scese il freddo.
“Potremmo tirare a sorte” propose Lucy.
“Non puoi affidarti alla fortuna, qui dentro” le disse Peter. “Dobbiamo dividerci”
“Oh, no, ti prego!” esclamò Susan.
Si guardarono un istante. Le strade erano quattro, loro erano sei. Anche dividendosi in coppie ne avrebbero coperte solo tre.
“Uno di noi va con Shira, ma uno deve andare solo” disse Caspian con aria molto seria.
Incrociò lo sguardo di Susan, fermo e risoluto.
“Io lo so cosa stai pensando, ma se credi di andare solo ti sbagli di grosso, perché io vengo con te”
Il Re di Narnia fece un lieve sorriso. “Immaginavo che l’avresti detto”. Le posò le mani sulle spalle e le baciò la fronte. “Ma non ho intenzione di lasciarti, tranquilla”
A quel punto, Shira si accovacciò sul ramo di un basso cespuglio nel sentiero più a sinistra, e i ragazzi intuirono che lei avrebbe preso quella strada.
‘Posso andare io da sola, non ho paura’, sembravano dire i suoi occhietti.
E così fu deciso.
Lucy e Emeth imbucarono allora il secondo sentiero, Peter e Miriel il terzo, e Caspian e Susan l’ultimo a destra, con la raccomandazione- tutti per tutti- di fare più attenzione possibile. Sapevano che, in caso di pericolo, se anche la Regina Dolce avesse suonato il corno, non sarebbe stato possibile raggiungere gli altri dopo essersi separati in quell’enorme dedalo di roccia e vegetazione.
“Ci rivediamo al Veliero dell’Alba” disse Caspian, prima di sparire insieme a Susan tra la nebbia e l’oscurità.
Il Re e la Regina camminarono piano, mano nella mano, in silenzio. Caspian lo spezzò poco dopo con un'inquietante rivelazione.
“So che dovrò affrontare la Strega Bianca…presto”
Lei lo fissò spaventata. “Ne sei certo?”
Il giovane continuava a guardare avanti a sé. “In qualche modo lo sento. Jadis sta aspettando me”
Susan distolse lo sguardo da lui, consapevole di non potergli essere d’aiuto in quel momento. Era la battaglia di Caspian, non la sua. Ma sentirsi impotente la riempiva di rabbia e terrore.
La Regina Dolce si fermò all’improvviso e Caspian lasciò la sua mano.
“Ascolta…” iniziò lei, ma non appena le loro mani si separarono, gli alberi si alzarono dal terreno, proprio come erano solite fare le piante di Narnia per sgranchirsi le radici, di tanto in tanto.
Solo che, a Narnia, nessuno si preoccupava se gli alberi facevano questo, ma dentro quel labirinto, dentro la trappola che la Strega aveva preparato per loro, potevano star certi che non significava nulla di buono.
I rami, minacciosi serpenti coperti di foglie, saettarono verso i due ragazzi.
Caspian spinse indietro Susan e lottò contro le fronde impazzite che si abbatterono su di lui.
La Dolce gridò il nome del suo sposo, cercando di raggiungerlo, ma gli alberi la costrinsero a indietreggiare.
Era un’intrusa, non volevano lei.
Susan si ritrovò fuori dal sentiero e osservò indifesa le piante rimettere le radici nel terreno. Chiamò più volte il nome di Caspian, tuttavia senza ottenere risposta. Cercò un passaggio tra i tronchi, ma si rendeva perfettamente conto di non poterlo raggiungere così. Doveva trovare un’altra strada.
Però non voleva allontanarsi, perchè sarebbe stato come abbandonarlo. Ma doveva.
Si voltò svelta, chiamando Peter e Lucy, quando si rese conto che anche i tre sentieri imboccati dagli altri erano bloccati da rovi e arbusti.
Disperata alla prospettiva di dover tornare indietro più di quanto avrebbe voluto, Susan emise un gemito soffocato, un singhiozzo senza lacrime, iniziando a percorrere la strada all’inverso.
“Guidami, Aslan! Ti prego!”
Ci doveva essere un’altra strada per raggiungere Caspian. La doveva trovare e l’avrebbe trovata. Aveva attraversato i confini del mondo per raggiungerlo e c’era riuscita. Confini decine di volte superiori a quelle mura. Non poteva darsi per vinta ora.
 
 
Shira volò rapida avanti a tutti, puntando verso la torre più alta del castello della Strega.
Shanna doveva al più presto sapere che, finalmente, i Sovrani di Narnia stavano venendo a salvarla.
Con il sorriso stampato sul grazioso musetto e mossa dalla speranza che presto tutto si sarebbe aggiustato, si lanciò veloce tra la nebbia verde che come sempre cercava di ghermirla.
Scese di quota, e fu allora che vide qualcosa, o meglio, qualcuno.
Se avesse potuto, avrebbe gridato.
Re Edmund!
Planò piano in piccoli cerchi sopra di lui. Il giovane era riverso a terra ai piedi di un grosso abete.
Che cosa mai gli era capitato? Era vivo?
Il falchetto toccò terra e saltellò svelta accanto a lui, cercando di capire se respirasse.
Sì, sentiva il suo fiato, ma era evidentemente privo di sensi.
Tirò un sospiro di sollievo e iniziò a becchettargli piano una guancia e una mano.
Poco dopo Edmund si mosse ed emise un lamento soffocato. Piano, aprì gli occhi e si mosse ancora, cercando di mettere a fuoco la creaturina che gli stava davanti, china sul suo viso.
“Shira…?” mormorò a mezza voce, tentando di tirarsi su a sedere.
La testa gli doleva da impazzire, ogni parte del corpo era dolorante ma non rotta, o almeno così gli sembrava.
In un attimo ricordò tutto: le mura che s’innalzavano, lui e Eustace che cercavano di raggiungere il castello della Strega Bianca, lui che perdeva la presa sulla Spada di Bern e  la caduta rovinosa contro le fronde degli alberi.
Doveva essere svenuto, ma da quanto era lì?
Guardò ancora il falco, che lo studiava apprensiva con gli occhietti neri.
“Perché sei qui? E la battaglia?”
Come spiegare a Re Edmund tutto ciò? ,pensò Shira, sbattendo nervosamente le ali.
“Oh, scusami” disse Edmund, capendo le difficoltà dell’animale. “Troppe domande, vero? E tu non puoi parlare…già”
Sospirò. Non c’era modo di sapere dove fossero Peter e gli altri, anche se qualcosa gli disse che se Shira era lì, forse anche i suoi fratelli e i suoi amici erano entrati nel labirinto.
“Sei qui insieme a loro vero?”
Shira annuì.
Edmund si alzò in piedi con una certa fatica. Gli girava la testa. Doveva aver preso una bella botta cadendo dal dorso di Eustace.
“Mio cugino sta bene?” chiese ancora, con una certa ansietà.
Shira annuì di nuovo.
Era abbastanza seccante per lei doversi limitare a cenni negativi o affermativi con la testa, tuttavia doveva avere pazienza, perché era fiduciosa che di lì a poco, Shanna avrebbe saputo cosa fare per ridarle la parola.
Ormai erano vicini, anzi, vicinissimi! Le alte torri merlate si vedevano chiaramente dal punto in cui si trovavano. La torre di Shanna, soprattutto, la più alta, era proprio di fronte a loro.
Oh, se avesse potuto dire tutto al Re…
“Shira, mi devi aiutare” disse d’un tratto Edmund, cominciando a guardarsi attorno freneticamente. Poi, a labbra strette, ammise qualcosa di cui si vergognava molto. “Ho perso la Spada di Bern”
Il falchetto lo guardò con il piccolo becco aperto, e gli occhietti increduli.
“Aiutami a trovarla, per favore! Non posso arrivare da Ramandu senza la mia Spada”
Shira sbatté ancora le ali, come a dirgli che non c’era tempo.
Non posso entrare nel castello di Jadis disarmato!” ribadì il Giusto con più insistenza.
Con un nuovo cenno, lei indicò l’altra lama legata alla cintura di Edmund. Portava sempre due spade con sé, come da abitudine. Poteva usare quella.
Ma il ragazzo scosse il capo. “Questa…questa non fa nulla!” disse, estraendo dal fodero una spada corta, semplicissima. “E’ come tutte le altre! A cosa potrebbe mai servirmi se fossi costretto ad affrontare la Strega faccia a faccia? Ho bisogno della Spada di Bern!”
Shira sbuffò e ‘girò i tacchi’ spiccando il volo verso le torri.
“Ehi! Aspetta! Fermati!”
Edmund riuscì ad afferrarla per la coda e la trasse verso di sé.
“Ahi!” gridò forte, quando lei lo beccò.
Così impari, sembrò dirgli il falchetto.
Edmund la fissò rabbioso. “La vuoi capire che non…”
D’un tratto, tra gli alberi vicini si avvertì il rumore secco di un ramo spezzato. Il ragazzo e il volatile si voltarono, allarmati. Il Giusto alzò la spada corta e si preparò a dar battaglia.
Edmund si avvicinò piano ai cespugli che davano su un altro sentiero, scostandoli piano con la lama della spada. Ci fu un movimento rapido poco più in là, e con gran sorpresa del ragazzo e del falco, una figura schizzò via rapida lasciando cadere qualcosa che produsse un suono metallico.
Edmund spostò subito lo sguardo dalla figura in fuga all’oggetto sul suolo: la Spada di Bern.
“Aspetta!” gridò dietro all’uomo (se si trattava di un uomo…così gli era parso).
Gli corse appresso, ma presto l’altro fece perdere le sue tracce.
Chi era? E perché lo aveva aiutato? Se fosse stato un alleato di Jadis e volesse ingannarlo?
No, era più che certo che fosse un amico. Il punto era chi…
“Grazie” pensò, mentre alzava la lama azzurra davanti al volto e Shira si posava sulla sua spalla.
“Ora possiamo andare. Ramandu ci aspetta” disse il giovane, soddisfatto, correndo verso il castello.
Tra la vegetazione, lo stesso uomo di prima lo fissava un momento, sorrideva, e poi correva via.
 
 
Da bambino, Caspian aveva giocato spesso a nascondino tra le folte siepi dei giardino del castello di Telmar, che formavano come un piccolo labirinto, nel centro del quale vi era una splendida fontana.
Ma era tutta un’altra cosa, adesso. Le siepi della sua infanzia erano mura altissime, minacciose, dietro le quali non avrebbe visto spuntare il dolce viso di sua madre che giocava a nascondino con lui.
Chiamò il nome di Susan, cercò di tornare indietro, ma aveva paura di allontanarsi troppo dal punto in cui l’aveva lasciata.
Dov’era? Cosa le era successo? Stava bene?
L’unico modo per dare risposta a quelle domande era ritrovarla, e per farlo avrebbe dovuto trovare un’altra strada che lo portasse da lei, e dagli altri. Non c’era altro modo. Di certo, scalare le mura era impossibile, erano troppo alte, e inoltre non vi erano appigli o sporgenze con i quali aiutarsi.
Iniziò a camminare, la nebbia verde che gli vorticava attorno alle gambe, costantemente, la presenza della Strega su di lui.
Era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva avuto così paura. Jadis gli era entrata nel sangue come una malattia e non l’avrebbe lasciato andare finché non l’avesse affrontata.
Come avevano fatto i Pevensie? Com’erano riusciti a scacciarla da Narnia?
Con l’aiuto di Aslan, certo, ma prima di ciò, Peter l’aveva affrontata in duello. Lo sapeva, conosceva i particolari della storia.
Sarebbe stato in grado di fare altrettanto?
Appoggiò una mano alla parete per capire dove dover andare. Il buio d’un tratto divenne più fitto, tanto che presto non fu più possibile vedere qualcosa al di là di un metro appena. La Spada di Revilian era l’unica fonte di luce, che lo guidava, legata al suo fianco, come una magica torcia.
Con un sorriso amaro pensò a Edmund. Chissà dov’era…
E la settima Spada? Lord Rhoop, il suo proprietario, era vivo? Forse anche lui era nel labirinto…chi poteva saperlo, dopotutto?
Ed, Susan, e tutti gli altri… Era toccato a tutti la stessa sorte? Anche Peter, Miriel, Emeth e Lu erano stati assaliti dagli alberi, e divisi non appena messo piede nel sentiero che avevano deciso di imboccare?
Qualcosa gli diceva che sì, poteva essere accaduto, o forse…forse no. Tutti, tranne lui e Edmund, avevano già affrontato la Strega, e per quanto Jadis volesse annientarli uno dopo l’altro, in quel preciso momento era lui che voleva più degli altri.
Jadis lo voleva solo.
In quella fitta oscurità, con solo il rumore dei propri passi che risuonavano con un eco spettrale sul terreno, gli fu facile venire sopraffatto da strani e inquietanti pensieri.
“Non usciremo mai di qui” pensò, “Forse è davvero tutto inutile”
Il sentiero curvava, si allargava, si stringeva, poi prese a salire. Gli ci volle del tempo per ammettere di essersi definitivamente perso.
Alzò lo sguardo verso il cielo coperto di nubi. Le torri del castello della Strega Bianca si erano avvicinate. Lui doveva allontanarsene per ritrovare Susan, e allora tornò indietro per l’ennesima volta.
“Sue, dove sei? Ti prego, dimmi che stai bene…”
Doveva tornare da lei. Ma più il tempo passava, più lui perdeva le speranze.
Codardo... Codardo… fece una voce che iniziò a risuonare nella sua testa.
Caspian tentò con tutte le sue forze di ignorarla, ma non era possibile.
Le hai fatto una promessa ma tu sai che non la manterrai. Tutto ciò che fai si rivela un fallimento...
La Spada di Revilian sembrò brillare meno intensamente e Caspian si rese conto che un poco di quella strana luce verdognola presente nel labirinto era tornata, e ora riusciva a scorgere un po’ meglio la strada avanti a sé.
“E’ già l’illusione della Strega, è così” pensò il Liberatore, cercando di rimanere aggrappato alla realtà, anche se in quel luogo desolato che aleggiava di morte, era assai difficile.
“Non farti ingannare...” disse un’altra voce, più calda e profonda, ma Caspian non riuscì a darle ascolto.
Fu allora che si accorse di essere giunto in uno punto del labirinto in cui si apriva uno spiazzo quadrato, dal quale si diramavano quattro sentieri: uno era ovviamente quello da cui era giunto lui, gli altri tre erano uno di fronte, e gli altri ai lati. Lo spiazzo era molto grande e privo di vegetazione.
Da che parte andare?
“Tutto inutile…” disse ancora la prima voce. “Qualunque strada sceglierai, sarà inutile…”
Ignorala, si disse.
Avanzò, deciso ad imboccare il sentiero che gli si apriva davanti. Quando il sangue gli si gelò nelle vene... Perché proprio da quella parte, incedeva la figura di un uomo, alto, con un ampio mantello, i capelli neri che gli sfioravano le spalle, e due occhi in tutto simili ai suoi.
Suo padre. Re Caspian IX.
Ma non era un’ombra, stavolta. Non era uno spettro o un sogno. Era vero, un uomo fatto di carne e ossa.
“Non può essere…” mormorò il Liberatore.
“Sono qui davanti a te, non mi riconosci?” disse il vecchio re di Narnia, fermandosi a pochi metri da lui.
Caspian aveva immaginato per anni di poterlo rivedere. Avrebbe avuto così tante cose da dirgli, ma qualcosa sul viso del genitore lo frenò. Aveva una strana espressione e, nel profondo, la ragione gli diceva che non era veramente lui. Perché se lo era, allora perché aveva così paura? Cos’era quell’inquietudine che gli suscitava la sua persona? Se era suo padre, avrebbe dovuto essere felice di vederlo, e invece…
“Sei costantemente preda del dubbio, figlio” disse ancora Caspian IX. “Il tuo regno poggia su fondamenta precarie. Come può un ragazzo così insicuro governare un mondo come Narnia?”
“Aslan disse che ero pronto”
“Lui lo disse, ma tu lo eri davvero?”
No…fu la risposta automatica della mente del giovane.
La nebbia gli vorticò attorno alle gambe e alle braccia, ma non se ne avvide.
“Ho cercato di avvertirti, figlio. Tutti hanno cercato di farlo, ma tu non hai prestato ascolto. Ed ora, per colpa del tuo egoismo, la tua vita e il regno di Narnia sono destinati a essere distrutti”
“Che cosa dici?!” esclamò il Liberatore, l’angoscia che cresceva dentro di lui in ondate dirompenti.
Lo sentiva. Stava per accadere qualcosa di terribile.
E’ un’illusione, tutta un’illusione! gridò la sua mente. Ma il dubbio comunque c’era.
Forse questa volta, Jadis non centrava affatto...
Caspian fece un passo avanti. “Non sono più un fanciullo, padre. So cosa significa essere Re. Non pretendo che il mio regno sia perfetto, ma sto cercando…” deglutì e si impose di guardare negli occhi del genitore. “Per tutta la vita, ho cercato di essere come te”
Lo sguardo di Caspian IX brillò di collera. “Presuntuoso! Come puoi pretendere di essere alla mia altezza?! Un principe che è fuggito alla prima difficoltà per cercare rifugio tra i boschi e vivere come un fuggiasco! Un principe di Telmar che cerca sostegno tra i reali di Narnia! Hai tradito la tua patria, non pretendere di essere come me!”
Una fitta al cuore, e Caspian non ebbe il coraggio di muovere più un muscolo.
“Io…io sono Re di Narnia”
Il vecchio sovrano lo fissò disgustato. “Traditore! Hai rinnegato il tuo stesso popolo! E rinnegando Telmar, hai rinnegato me!”
“Padre, tu non…non capisci…”
Caspian IX gli voltò le spalle e fece per andarsene.
“No! Ti prego, aspetta!” gridò il giovane, avanzando fino a trovarsi al centro dello spiazzo.
Allora, l’uomo si volse di nuovo, ma la sua espressione ostile non era mutata. “Se fossi ancora vivo, io stesso ti avrei cacciato dal regno per aver osato distruggere tutto quello che i nostri padri hanno costruito con così tanta fatica. Sei come tuo zio: hai usurpato un regno che non era tuo. Peter il Magnifico è il vero Re di Narnia! Aspetta solo che accada quel che deve accadere, e vedrai!”
 “Cosa…vuoi dire?” trovò la forza di dire Caspian, le parole di suo padre che gli pesavano addosso come un enorme macigno.
“Che Narnia non ti appartiene e non ti apparterrà mai. Hai voluto dare ascolto ai racconti di un vecchio pazzo come Cornelius, ma tutto quello che otterrai, è veder cadere il tuo regno sotto i tuoi occhi. Non avresti mai dovuto abbandonare Telmar. Anche se hai creduto in Narnia, in Aslan, il tuo destino, Caspian, non è questo”
“Il destino non esiste!”
“Esiste, invece! Il destino di ogni Re è segnato. E questo è il tuo”
Caspian IX puntò un dito alle spalle del figlio. Il ragazzo si voltò, e vide che al posto del sentiero dal quale era venuto, ce n’era ora un altro, non più cupo e coperto di cespugli incolti ma verde smeraldo, ben curato, dall’aspetto molto familiare.
Il Liberatore sapeva che non avrebbe dovuto prestare ascolto a tutte quelle insinuazioni. Non avrebbe dovuto nemmeno entrare in quel sentiero apparso dal nulla, ma lo fece, e il labirinto attorno a lui svanì in uno sbuffo di nebbia. E adesso camminava tra i giardini di Cair Paravel, l’imponente castello davanti a lui, meraviglioso come sempre. Era una splendida mattina d’estate, il sole sembrava appena sorto, la rugiada bagnava ancora l’erba sulla quale Caspian posava un passo dopo l’altro, lentamente.
Quel palazzo…davvero non poteva risiedervi come Re? Perché era questo che suo padre aveva insinuato. Aveva sottratto a Peter il suo trono. Forse, proprio come diceva Miriel, un giorno tutti sarebbero appartenuti a Narnia, e allora lui…lui che ruolo avrebbe avuto in tutto ciò?
Gli ritornarono improvvisamente alla mente le parole che proprio Peter gli aveva rivolto una vota: “Tu hai invaso Narnia…”
Non ebbe tempo di riflettervi più a lungo, poiché si rese improvvisamente conto che attorno a lui non c’era nessuno. Dov’erano tutti? Cosa succedeva?
Entrò nel palazzo, salì i gradini, attraversò corridoi e stanze, ma sempre deserti.
Infine, si ritrovò agli appartamenti reali, guidato dall’istinto, dove finalmente trovò coloro che cercava.
“Amici…” mormorò, la voce un sussurro.
C’erano tutti: Peter, Ed, Lucy, Miriel, Emeth e Drinian; c’erano Gael e Rhynce, e ancora Briscola, Cornelius, Tartufello, Tempestoso e tanti altri.
E Susan? Dov’era Susan?
“Che sta succedendo?” chiese Caspian, ma nessuno gli rispose.
Tutti voltarono lo sguardo dall’altra parte, come se non volessero guardarlo. Le ragazze piangevano. Perché? E perché Susan non era lì con gli altri?
Improvvisamente, Caspian IX fu di nuovo al suo fianco.
“Laggiù” disse soltanto, puntando ancora il dito avanti a sé, in direzione di una porta a due battenti.
Il giovane sapeva benissimo dove portava. Provò un tuffo al cuore e come ipnotizzato, avanzò piano lasciandosi alle spalle gli amici, e vi entrò. Non voleva sapere cosa c’era la dentro, ma allo stesso tempo non poteva ignorarlo.
A differenza di tutte le altre stanze del castello, la camera reale era avvolta nella penombra. Erano stati accesi solo pochi lumi, le pesanti tende alle finestre erano state tirate, forse per non disturbare colei che giaceva nel grande letto a baldacchino.
“Sue…” mormorò Caspian, il cuore in gola, la mente impazzita piena di orribili pensieri.
Non poteva essere…non poteva davvero essere che…
“Susan?” la chiamò ancora, ma lei non rispose e non si mosse.
“Non può più sentirti” disse Caspian IX, impassibile, senza emozioni.
“No…” esalò il ragazzo, con un gemito di dolore.
Avrebbe voluto fuggire, gridare, non essere costretto a vedere tutto questo, vedere il volto della sua Susan esangue, le piccole e delicate mani giunte sul grembo, tra le quali c’era il suo fiore blu. Invece, Caspian si ritrovò in ginocchio accanto a lei, e le lacrime iniziarono a solcare il suo volto contratto in una maschera di disperazione, mentre capiva cosa era accaduto…cosa sarebbe accaduto…
“Dovrà succedere, e tu non potrai fare nulla” disse Caspian IX. “Ecco a cosa porterà il tuo egoismo. Dovevi lasciarla andare, per il suo bene, perché a causa tua le accadrà questo. Ma non hai prestato ascolto. L’hai voluta tenere con te, hai voluto darle una vita che non era la sua. Nel suo mondo, avrebbero potuto salvare sia lei che il bambino, ma non qui. L’hai uccisa. Li hai uccisi entrambi”
“Smettila!!!” esclamò il giovane, stringendo tra le sue le fredde mani di lei.
E a un tratto, Caspian sentì che non poteva più muoversi. Le ginocchia gli dolevano, premute contro la pietra fredda del pavimento.
Susan…la sua Susan...Il suo dolce amore non c’era più.
Non avrebbe mai più visto il suo sorriso, i suoi occhi non si sarebbero più aperti per illuminare il mondo della luce del cielo d’estate. Il suo cuore, pieno di coraggio, di passione e amore per lui, aveva cessato di battere. Non avrebbe mai più udito la sua voce pronunciare il suo nome, la sua risata leggera librarsi nell’aria e riempirlo di gioia. Non avrebbe mai più sentito il calore del suo corpo, ora un involucro vuoto e freddo, immobile davanti a lui.
Susan…
E il loro bambino…anche quella piccola creatura innocente se n’era andata insieme a lei. Non sapeva come, ma era accaduto.
“Uccidetemi”  gridò disperatamente, ma l’urlo risuonò solo nella sua mente. “Qualcuno mi uccida…”
Non aveva la forza di esprimerlo, non aveva più voce, non aveva più forze.
Colpa sua… era solo colpa sua.
Un dolore terribile iniziò a lacerargli l’anima.
Tutti...avevano avuto ragione tutti, non ultimo suo padre: avrebbe dovuto lasciarla andare, lasciarle vivere la sua vita. Ma come poteva anche solo lontanamente immaginare che sarebbe successo questo? Sarebbe stato mille volte preferibile saperla lontana per sempre...
“E’ la tua punizione” continuò Caspian IX, imperturbabile, senza rimpianto alcuno. “E’ il prezzo da pagare per aver disobbedito ad Aslan, per essere andato contro le leggi della Grande Magia. Hai faticato tanto per ripristinarle e poi tu stesso le hai infrante. Hai tanto amato Narnia, hai sempre voluto viverci, divenire uno di loro…ora lo sei, e questo è il tuo destino e il tuo futuro”
Caspian alzò il viso ancora rigato di pianto, e nel momento in cui staccò gli occhi dal corpo di Susan e li fissò in quelli del genitore, tutto si fece ancor più buio, fino a che si ritrovò solo in mezzo al nulla, inginocchiato ancora a terra.
Non riusciva più a capire, non riusciva più a pensare lucidamente, distinguere ciò che era vero o falso. Ciò che gli era stato mostrato l’aveva completamente svuotato.
“Non desistere…” disse una bella voce profonda e calda, che veniva dal suo cuore.
“Mi hai deluso, figlio. Mi hai deluso profondamente. Mi stai dando un dispiacere immenso. Avrei preferito che non fossi mai nato”
Caspian percepì la propria mano, guidata come da una forza invisibile, farsi strada vero l’elsa della spada di Revilian, che estrasse e puntò contro suo padre.
“Basta! Devi tacere!” urlò, pieno di rabbia e di dolore.
 “Come osi puntarla contro tuo padre?!”
“Tu non sei mio padre! Tu non sei nessuno!” gridò Caspian di rimando.
Una parte di lui era consapevole che tutto ciò non corrispondeva affatto alla realtà, che Caspian IX non era affatto lì davanti a lui, che Susan stava bene, era viva! E lui non avrebbe mai permesso che le capitasse qualcosa. E nemmeno Aslan…
Aslan era giunto fino a lei per darle la notizia che aspettava un figlio. Avrebbe mai potuto portarglielo via?
“Non può succedere” pensò risoluto, chiudendo un momento gli occhi. “E non succederà”
Cercò di appigliarsi ai ricordi, di lei, dei genitori, degli amici. Pensare a loro lo aiutava a venir fuori da quell’incubo. Ma era tremendamente difficile.
“Ricorda, Caspian!” lo esortò la voce calda.
Suo padre era diverso, suo padre gli voleva bene. Era premuroso con sua madre, con i suoi sudditi. Sì, era vero, era stato fedele a Telmar fino alla fine dei suoi giorni, ma non avrebbe mai pronunciato parole tanto malvagie contro la terra di Narnia. Suo padre amava Narnia. E quello stesso amore lo aveva trasmesso anche a lui.
Gli aveva insegnato a cavalcare, a tirare di scherma, e un sacco di altre cose. Quante cose…
 “Il futuro ancora non esiste” disse il Liberatore ad alta voce.
“E’ così!” disse la voce calda.
“Se pensi che sia possibile cambiare il destino, allora fallo” riprese Caspian IX. “Se ci credi, se sei convinto di quello che dici, dimostrami una volta per tutte che puoi fare qualcosa di concreto e di sensato nella tua inutile vita”
La debole determinazione che si era fatta largo nel cuore di Caspian, svanì come una bolla di sapone.
“Come?” chiese il Liberatore, abbassando la lama.
“Vattene. Lascia Narnia, lascia Susan. E’ l’unica cosa che puoi fare”
“No! Io non la lascerò mai!” gridò il giovane.
Però… se fosse scomparso dalla vita di tutti, forse sarebbe stato meglio….
Le parole di suo padre gli pulsavano nelle orecchie, come il suo cuore.
“Dormi, Caspian…e non svegliarti mai più. E’ l’unico modo…”
La voce del vecchio re di Narnia continuò a ripetere queste parole, finché iniziò ad affievolirsi, si trasformò, divenne un’altra, più acuta, ipnotica. La stessa sua immagine infine svanì ed eccola finalmente: Jadis, la Strega Bianca.
Caspian si preparò alla lotta, ma lei non sembrava desiderosa di combattere. Gli si avvicinò piano e catturò il suo sguardo, come la prima volta che l’aveva incontrata alla Casa di Aslan. E ora, non gli era più possibile distogliere gli occhi da quelli di lei, glaciali, ma un attimo dopo cupi come buchi neri.
“Dormi, mio caro” gli disse, avvicinandosi ancora, prendendogli il viso tra le mani, come il gesto di una madre amorevole che conforta il proprio figlio. “Nei sogni, tutto è possibile, Caspian. Non sarai costretto a vedere, a sentire più nulla. Dormi…e dimentica…”
Dimenticare…
Dimenticare tutto, ogni cosa, la sua vita intera…
“Dimenticati di Narnia, di tuo padre, di tua madre, di lei…”
Susan!
No…no, lei non avrebbe mai potuto dimenticarla. Per quanto facesse male quel che aveva visto, in ogni caso, lei sarebbe sempre stato il ricordo più dolce. Non poteva abbandonarlo. Non poteva lasciarlo andare.
Di ogni cosa esistente nel mondo, l’unica per cui valeva la pena resistere a tutti i dolori, era lei.
“Non siete esattamente come mi aspettavo…”
La sua stessa voce risuonò nella sua mente, e d’un tratto vide apparire davanti a sé miriadi di immagini rappresentanti quei pochi giorni nei quali aveva vissuto i momenti più significativi di tutta la sua vita. Gli unici che ancora riuscivano a non farlo sprofondare nell’incubo di Jadis.
Quando l'aveva incontrata...Susan...
“Continua a ricordare… non lasciarli andare via” disse ancora la voce calda, la voce di Aslan.
E Caspian ricordò...
I suoi occhi si posavano su di lei e il suo cuore sembrò risvegliarsi come da un torpore. Non aveva mai visto niente di tanto incantevole in tutta la sua vita.
La Regina percepiva il suo sguardo, forse un po’ insistente, e timidamente abbassava i begli occhi celesti.
Guardami ancora… aveva pregato in quel momento, e poco dopo , lei lo aveva fatto, titubante, il rossore che accendeva il suo dolce viso.
“Caspian, così non migliorerai la situazione!”
Arco e frecce pronti ad essere usati, i lunghi capelli raccolti stretti, l’armatura…diveniva un’altra. Diveniva veramente una Regina di Narnia. E lui l’aveva ammirata anche in quel momento, non potendo fare a meno di pensare, anche solo per un fugace secondo, che fosse straordinaria.
Aveva avuto la capacità di calmarlo davvero, era ricucita a non fargli commettere un gesto sconsiderato come quello di uccidere suo zio a sangue freddo.
“Forse è ora che ti restituisca questo…”
Le sue mani l’avevano sfiorata mentre sistemava le briglie di Destriero per lei e Lucy, e poi le porgeva il corno d’avorio.
“Perché invece non lo tieni tu” aveva sorriso lei, “potrebbe servirti per chiamarmi”
Ti chiamerei a me ovunque tu fossi, aveva pensato lui… Perché ti voglio con me. Perché non posso fare a meno di te…
Ma lei era corsa via al galoppo prima che lui potesse pronunciare queste parole...
“Sei sicura che non ti serva il corno?”
Sapeva che potevano incorrere in un grave pericolo, e così aveva seguito le due sorelle, ed era arrivato appena in tempo per salvare lei.
Susan… sorrideva, ammirata, spaventata ma felice di vederlo lì, accanto a lei.
Le aveva porto una mano e lei non aveva esitato. L’aveva presa come se fosse la cosa più naturale del mondo. Perché lo era. Perché dopo l’addio e dopo il ricongiungimento, la mano di Susan era sempre rimasta stretta nella sua.
“Guardami!” disse qualcuno vicino a lui.
“Illusioni!” gridò ancora la voce di suo padre, sovrastando la dolce voce di poco prima.
 “Cosa devo fare? Padre…”
“No, sono io! Caspian, guardami!”
Con uno sforzo devastante, il Liberatore si allontanò dall’incubo per seguire quella voce, il viso imprigionato in una morsa delicata ma decisa, che lo costringeva a voltarsi.
“Non ascoltarlo, guarda me…guarda solo me”
“Susan…” mormorò in un soffio..
Ma non appena lo fece, nell’esatto momento in cui pronunciò il suo nome, le tenebre, la Strega, suo padre, e tutto ciò che era stato il suo incubo, scomparve in un lampo di luce azzurra, e Caspian si rese conto di trovarsi ancora nel labirinto dell’Isola delle Tenebre.
Molto probabilmente, non si era mai mosso da lì.
La spada di Revilian, stretta nel suo pugno, sprigionò un raggio di potere così intenso che, per un attimo, lo spiazzo nel quale si trovavano, fu illuminato a giorno e la nebbia verde svanì con uno sbuffo.
Ma la luce non arrivava solo dalla spada. Due occhi più azzurri del cielo si specchiavano nei suoi. La luce veniva soprattutto da loro.
Meravigliosi, come sempre.
“Ce l’hai fatta…”
Caspian allora si ridestò del tutto e l’ultimo barlume dell’incubo scomparve.
Susan era davanti a lui, gli teneva il viso tra le mani e sorrideva, spaventata ma sollevata, proprio come quella volta che lui l’aveva slavata dai soldati di Telmar.
Stava bene. Era viva.
Lei allungò le braccia e lui subito la strinse a sé, rimanendo stretti l’uno all’altra per un attimo interminabile.
Caspian percorse delicatamente il suo corpo con mani tremanti. Era caldo. La sentiva respirare, percepiva il respiro di lei, irregolare, contro il suo viso, mentre lo baciava più volte sulle guance.
“Ho avuto paura! Tu eri steso a terra e io ho creduto che la Strega…”
“L’hai vista?” chiese subito Caspian.
Susan scosse il capo. “No. C’eri solo tu. Eri a terra e ti agitavi, non sapevo come aiutarti!”
“Anch’io ha avuto paura” confessò lui, allontanandola un poco per vedere il suo viso. E gli bastò contemplarlo per un attimo appena perché le orribili immagini di lei priva di vita svanissero dalla sua mente.
“Avevo paura di averti persa” sussurrò il giovane, perendole a sua volta il viso tra le mani. “Per un attimo ho creduto fosse vero”
“Sono qui, amore mio, non vado da nessuna parte”. Susan lo abbracciò forte e lui ricambiò la stretta.
D’un tratto, la nebbia tornò a vorticare loro intorno, minacciosa.
Non era finita…non ancora.
Ma adesso erano insieme e potevano affrontare qualunque incubo.
I due innamorati rimasero lì, nel centro del labirinto, stretti l’uno all’altra, in attesa.
Forse, Jadis stava per tornare all’attacco…Ma non fu lei che videro apparire dal sentiero di fronte, bensì la Stella Azzurra.
Aveva una strana espressione, li fissava quasi come se li odiasse dal più profondo del cuore, come se non sopportasse di vederli lì insieme, vicini, e le labbra che le tremavano di collera e pianto.
“E così, siete riuscito a vincere l’incubo della Strega Bianca, Sire. Ben fatto, davvero. Mi congratulo con voi”
Il Re e la Regina si separarono, ma restarono stretti l’uno accanto all’altra, senza ben capire ciò che stava succedendo.
Senza preavviso, Lilliandil alzò una mano e un fascio di luce simile a una folgore si sprigionò dal suo corpo, guidato dalla mano tesa verso Susan.
Caspian immediatamente le si parò davanti e venne colpito in pieno. La Regina gridò di terrore e cercò di soccorrerlo. Ancora una volta però, possenti tralci uscirono dal terra e iniziarono a lambirle le caviglie, attorcigliandosi alle sue gambe ai fianchi, alle braccia, imprigionandola senza che si potesse più muovere.
Caspian si sollevò da terra a fatica. “Lasciala…andare” ordinò, il respiro corto, il corpo dolorante.
“No!” gridò di rimando Lilliandil, estraendo dalle pieghe della veste un lungo pugnale di pietra, la cui punta acuminata brillò sinistra nella penombra.
A un cenno della Stella, i rami che tenevano Susan si strinsero attorno a lei, costringendola a soffocare un grido.
“LASCIALA!”  gridò Caspian, senza potersi controllare, rafforzando la presa sulla Spada di Revilian, che tornò a brillare.
Non le sarebbe successo nulla. Non sarebbe accaduto come nel suo incubo.
“Non sono abbastanza bella per voi?” esclamò Lilliandil, piangendo istericamente, la voce più acuta del normale. “Che cos’ha lei che io non ho?!”
Susan gridò di nuovo, mentre la Stella stringeva le dita attorno al pugnale.
“Signora, vi prego, calmatevi” cercò di dire Caspian, stordito da quel che vedeva e sentiva.
Lilliandil era una nemica.
Ma nonostante questo, per Caspian era impensabile usare le armi su una donna. Come fare allora? Lilliandil sembrava completamente impazzita.
“Siete stata sciocca” disse poi la voce di Susan.
Il Liberatore si voltò rapido verso di lei, trasalendo nel momento in cui si rese conto delle macchie scarlatte che le macchiavano gli abiti, il collo, le braccia, provocate dalle spine che fuoriuscivano dai rami che la tenevano imprigionata.
“Vi siete tradita” continuò la Regina Dolce, ignorando il dolore. “Comportandovi in questo modo avete mostrato quello che siete in realtà”
“Zitta! Zitta! Sta zitta!!!” urlò Lilliandil, lanciando un'altra onda di potere verso la ragazza.
Caspian si parò nuovamente davanti alla sua sposa, ma questa volta era pronto e attutì il colpo con la Spada.
Lilliandil alzò il braccio con il quale reggeva il pugnale di pietra e gli si lanciò contro. Caspian fu rapido nel torcerle il braccio e farlo cadere a terra.
In quell’istante, i legami che stringevano Susan si ritrassero e la Dolce cadde al suolo con un gemito.
Il Liberatore lasciò la presa sulla Stella Azzurra e accorse da lei, ma prima che potesse arrivare, ecco che Lilliandil sprigionò di nuovo il suo potere su di loro.
Era davvero fuori di sé, e non riusciva a contenerlo, anzi, lasciava la magia libera di agire come credeva, senza provare a controllarla.
I due innamorati furono divisi. Una tremenda voragine si aprì nel suolo quando la terra cominciò a tremare.
La Stella recuperò il pugnale di pietra e attaccò nuovamente la Regina Dolce.
Caspian fece di tutto per raggiungerle prima che potessero sbilanciarsi e cadere nel burrone formatosi a pochi passi da loro, ma non ci riuscì.
Susan era debole e non riuscì a prendere le sue armi e reagire. Le due donne finirono dentro la voragine, aggrappandosi entrambe, disperatamente, a una radice di un albero che spuntava dal terreno.
La magia di Lilliandil continuava a sprigionarsi, ormai completamente inarrestabile.
Si alzò il vento, la terra continuava a spaccarsi, a sprofondare. Risuonò il tuono, possente, forse più simile a un ruggito.
Il Re arrivò appena in tempo, prima che Susan perdesse la presa sulla radice, che si spezzò.
“Caspian!” gridò Susan e lui le afferrò una mano rimanendo incredulo quando lei afferrò quella della Stella che stava per cadere nel vuoto.
“Susan, non puoi farcela!”
“Tiraci su!”
Il giovane lo fece, tirò con tutte le sue forze, ma non servì a molto, anche perché Lilliandil iniziò a divincolarsi.
“Non voglio la vostra compassione!”
“Volete forse morire?!” gridò Susan, mentre la presa sulla mano dell'altra si allentò.
La Stella strillò. No, non voleva morire, ma lo avrebbe preferito piuttosto che essere salvata dalla Regina Dolce!
“Fermate la vostra magia, vi prego!” esclamò Caspian, dall’alto.
“Mai!” ruggì Lilliandil.
E a quel grido, il vento si alzò ancor di più, la terra franò proprio nel punto in cui si trovavano loro, e fu quasi un miracolo che Caspain riuscisse ancora a mantenere la presa.
Ma Lilliandil scivolò nel vuoto, con un grido che si perse nelle profondità del suolo.
Susan, serrò le palpebre, incapace di guardare, anche se si trattava di una nemica.
A un tratto, il vento si acquietò e la magia della Stella Azzurra si spense per sempre.
Caspian osservò la scena per un secondo, senza parole, poi riuscì finalmente a prendere anche l’altra mano di Susan e a trarla in salvo.
“Stai bene?” chiese freneticamente, esaminando il corpo di Susan, coperto di tagli.
Fu allora che lei emise un grido strozzato, crollando su di lui, mentre qualcosa dentro di lei si lacerava e la costringeva ad aggrapparsi così forte alle spalle di Caspian da fargli male.
“Sue…? Susan!!!” esclamò il giovane, terrorizzato, mentre la ragazza si portava una mano all’addome.
“Aiutami…” mormorò tremando.
Il Re la sorresse e continuò a chiamarla, incapace di fare qualsiasi cosa.
Erano bloccati laggiù. Lo spiazzo nel quale aveva visto apparire suo padre non esisteva più. Loro due erano rannicchiati dentro una piccola porzione di terreno ancora integro, mentre tutto intorno si spalancava una gigantesca voragine nera.
Poi ci fu un fragore assordante, come un ruggito. Caspian pensò disperatamente ad Aslan, ma non era lui.
“Eustace!!!” chiamò forte il Liberatore, mentre il drago appariva nel suo campo visivo, volando basso sulle mura che cercavano di fermarlo.
Era uno spettacolo agghiacciante: enormi pinnacoli di roccia uscivano dalla terra e svettavano verso il cielo.
Ma Eustace riuscì a schivarli tutti, perché stavolta non aveva nessuna intenzione di arrendersi.
Non aveva voluto rimanere al Veliero dell’Alba come gli avevano detto i cugini. Aveva avuto un terribile presentimento, e ignorando i richiami dell’equipaggio che gli intimava d fermarsi, aveva spiccato il volo verso il labirinto.
Sapeva benissimo che al di sopra delle mura non era possibile volare, ma all’interno sì. Shira ci era riuscita, e allora perché non lui?
E infatti, non appena si tuffò tra gli alberi, quando superò le mura e queste non poterono più ‘vederlo’, esse cessarono di rincorrerlo. Fu come se avesse superato un limite oltre il quale la magia non poteva agire.
“Eustace!” lo chiamò ancora Caspian, così forte da farsi male alla gola.
Il drago uscì dalle fronde e frenò a mezz‘aria, spaventato. Cosa diavolo era successo laggiù?
“Eustace, torna al Veliero dell'Alba! Gael ha il cordiale! Portalo qui, subito!”
Il drago non perse tempo a capire quanto grave potesse essere la situazione. La voce disperata di Caspian gli bastò. Si voltò, e volando radente le cime degli alberi si precipitò a cercare la magica pozione.
“Caspian…” sussurrò appena Susan, la voce flebile.
Lui non riuscì a capire se fosse cosciente o meno, ma continuò a parlarle.
“Sta tranquilla, andrà tutto bene”
“Fa male…”
No, maledizione, no!
“Ssshhh…non parlare. Tranquilla” le sussurrò, cullandola tra le braccia. “Devi resistere capito? Andrà tutto bene. Starai bene, te lo prometto”

 






Ciao a tutti, miei cari, come state???
Dopo questo finale immagino non molto bene…mmmm…*annuisce* comprensibile...ma potrei mai far capitare qualcosa ai nostri amatissimi Suspian??? Un po’ di colpi di scena ci vogliono, suvvia!!! Sono stata particolarmente sadica, lo so, ma mi piacciono da matti le scene tragiche!!! (non si era capito, vero?)
Una domanda: trovate che Susan si di peso a Caspian? Forse un po’ lagnosa? Non vorrei proprio, sapete…quindi, se qualcuno di voi ha quest’impressione, me lo dica senza farsi problemi!
Mi spiace aver mostrato poco le altre coppie, ma vedrete che mi rifarò!!
Ah, se qualcuno vuole sapere se la lucciola molesta è schiattata…SI!!! D’altronde, l’estate è quasi finita, e quando mai si sono viste le lucciole moleste durante l’autunno??? Non mi sono dilungata molto, ma sinceramente non è che avessi voglia di spendere tempo e spazio per quella cosa lì sbriluccicosa, lo ammetto senza problemi alcuni. Chi è d’accordo con me alzi la mano.

Ringraziamenti:


Per le preferite:
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Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angel2000, Charlotte Atherton , EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My world,  FrancyNIke93, HikariMoon, LittleWitch_ , mmackl, piumetta, e Serena VdW
 
E grazie a Isobel Mary Weasley che ha recensito il primo capitolo! ^^

 
Angolino delle anticipazioni:
Finalmente finalmente!!! Fan della Shandmund, ci siamo!!! Lo so, continuavo a dire ‘presto si incontreranno’, ma poi non lo facevo mai…perdono!!! Però però però…il prossimo capitolo sarà praticamente tutto dedicato a loro (variazioni dell’ultimo minuto permettendo). Ovviamente, non senza pima avervi mostrato come si risolverà la situazione dei nostri amatissimi Suspian!!!
 
Volevo mettere un nuovo risultato del sondaggio, ma aspetto un altro po’, così chi ancora non ha detto la sua, avrà tempo per farlo ^^
 
Per questa settimana è tutto, gentaglia! Statemi bene, ci sentiamo presto!!!
Un bacio e un abbraccio enormi,
Susan<3

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Capitolo 45
*** Capitolo 45: Un incontro tanto atteso ***


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45. Un incontro tanto atteso
 
 
Il Leone correva sulle ali del vento, le possenti zampe che sfioravano un suolo non visibile dall’occhio umano.
Correva…correva per fermare l’orribile creatura che ancora una volta aveva osato intromettersi. Quell’orrendo demonio dalle sembianze di donna.
Correva per aiutare il Figlio di Adamo e la Figlia di Eva. Loro, e tutti gli altri. Non avrebbe mai permesso fosse fatto del male a quei ragazzi.
Correva contro il tempo, contro la magia malefica che lo teneva chiuso al di fuori di quel luogo, così com’era già riuscita a tenerlo lontano dalla sua Narnia molti e molti anni addietro.
Ma per lui nulla era impossibile. Perfino la morte, per il Grande Leone, era nulla.
“Fermati!” tuonò la voce della creatura, fredda e glaciale.
Lui si fermò e si volse per fronteggiarla. Lei era davvero coraggiosa, potentissima, tuttavia vedeva nei suoi occhi il terrore di trovarsi di fronte a lui; il modo che aveva di atteggiarsi per nasconderlo, quando in realtà avrebbe voluto fuggire.
Ma la Strega Bianca era fin troppo consapevole di essere divenuta potente quasi quanto lui, perciò non indietreggiava mai e anzi, continuava a sfidarlo.
Apparve in un turbine di nebbia, ancora incorporea, poiché non aveva assorbito abbastanza potere per tornare al suo aspetto originario. Aveva risucchiato le energie di molti innocenti addormentandoli in un sonno quasi irreversibile. Con questa energia si era mantenuta in vita, ma ormai non era più sufficiente. Se non avesse al più presto avuto la magia delle Sette Spade degli Amici di Narnia, si sarebbe presto dissolta nel nulla.
“Fermati!” gridò ancora la Strega, il lungo braccio spettrale alzato avanti a lei, per indurre il Felino ad arrestare la sua corsa.
“Lo sai che non puoi aiutarli!”
“Non posso?” la sfidò Aslan, voltandosi con un cupo ruggito.
Jadis sostenne il suo sguardo. “Questo è il mio territorio. La mia dimora. Dove tu non hai autorità”
“Questa è la mia terra, Strega. Il mio mondo. Tu sei la sua malattia. E ora sparisci”
Aslan si gettò su di lei, ma non per aggredirla.
Jadis sfoderò la bacchetta magica, pronta a colpire, negli occhi un lampo di terrore. La grossa sagoma del Leone passò sopra di lei, balzando oltre le sue spalle. Non la sfiorò nemmeno, ma lo spostamento d’aria bastò per farla cadere a terra.
La donna si rimise in piedi quasi subito, lottando con le lunghe vesti che la intralciavano e poi tornò di nebbia, inseguendolo. Quando lo raggiunse, si fermò a debita distanza. Lui non si volse a guardarla.
Stava ritto su tutte e quattro le zampe, irradiava luce e potenza, sull’orlo della voragine che la magia di Lilliandil aveva provocato.
Si era uccisa con le sue stesse mani…che sciocca…e tutto per la gelosia.
Aslan guardava dalla parte opposta a dove si era fermato. Jadis seguì il suo sguardo e allora li vide: il Liberatore e la Dolce erano ancora là, lei inerme tra le braccia di lui.
Improvvisamente, Jadis provò un brivido lungo la schiena e capì. Capì perché Aslan era accorso con così tanta fretta da loro.
La Strega Bianca ricordò la strana sensazione provata mentre esaminava i segni scarlatti, provocati dalla maledizione involontaria della Driade e della Dolce, sul braccio del principe Rabadash. Li per lì non aveva saputo dare un nome alla magia che ne aveva rafforzati gli effetti, ma ora, finalmente, tutti gli elementi andavano al loro posto.
Non era magia…non del tutto almeno.
Il fuoco, simbolo dell’incoronazione della Regina Dolce ed essenza dei Fiori usati dalla Driade, era stato solo il principio. Il vero innesco del tutto era stato l’amore che Susan provava per Caspian. Amore messo duramente alla prova- e perciò reso ancor più forte- nel momento in cui la Regina aveva pronunciato le inconsapevoli parole che avevano attivato la maledizione.
Sì, questo potere inspiegabile derivava dall’amore. Un potere che Jadis mai si era presa la briga di considerare.
E la maledizione era divenuta più vigorosa nel momento in cui la Dolce non era più stata sola.
Una forza latente era in lei: la forza di Caspian unita a quella di Susan. Che cresceva attraverso Susan. Una potenza pura, incontenibile, che avrebbe portato Narnia verso un futuro splendente.
“Un figlio” pensò la Strega, stringendo gli occhi a due fessure. “La Regina aspetta un figlio”
E per la prima volta dopo moltissimo tempo, ebbe paura.
Cosa sarebbe accaduto quando questa forza fosse fiorita grazie all’amore del Figlio di Adamo e della Figlia di Eva, e venuta alla luce? Cosa sarebbe accaduto quando fosse apparso sulla sua strada?
Pericolo.
Quel figlio era un pericolo per lei.
Guardando ora la Regina Dolce stesa al suolo priva di sensi, Jadis pensò che, dopotutto, Lilliandil nella sua avventatezza aveva gettato le basi per sbarazzarsi di quell’ostacolo. La Stella aveva certamente colpito la Regina solo ed esclusivamente per la sua stupida vendetta, per far pagare a Caspian il suo rifiuto, perché le aveva preferito Susan.
Però…
Jadis rimase immobile un momento, decidendo cosa fare.
Susan doveva assolutamente perdere quel figlio, o per lei sarebbero giunti presto giorni assai difficili. Lo vide chiaro come il lampo che saettò in quel momento nel cielo.
Sì, decise in fine la Strega Bianca: doveva finire il lavoro iniziato da Lilliandil.
Entrò ancora una volta nella mente del Re di Narnia. Sentiva i suoi pensieri, le sue incertezze rinnovarsi. Tentò ancora di farlo cadere in quel sonno sempiterno nel quale aveva già sottomesso centinaia di creature.
E Susan…perché no…anche la Regina poteva addormentarsi per sempre. Un’allettante cambiamento nel suo piano. Poi, avrebbe pensato a sbarazzarsi del bambino…
Pensieri funesti si accavallavano nella mente del Re, c’era quasi riuscita, lui voleva morire al posto di Susan…
E’ davvero quello che vuoi?, gli chiese, suadente.
No, non lo vuoi. Nessuno vuole morire. Prendi la mia mano, Caspian, io posso salvare Susan e il tuo bambino… Non vuoi sacrificarti davvero per lei, dico bene?
Ma la risposta del Liberatore giunse inaspettata.
 
 
Non molto lontano da lì, Peter e Miriel si ritrovarono davanti all’ennesimo vicolo cieco.
 “Anche di qui non si passa” sospirò Peter con rabbia.
Miriel lo guardò studiare il paesaggio circostante, paziente. “Non è certo colpa tua, è inevitabile perdersi in un posto come questo”
“Non preoccuparti, è tutto sotto controllo” la rassicurò lui, ma l'aveva detto anche per tranquillizzare se stesso. “Vieni, proviamo di qua”
Miriel lo seguì senza replicare.
Si erano persi eccome, era più che evidente, ma lei non lo disse ad alta voce. Lo conosceva troppo bene e sapeva quanto Peter odiasse perdere, per cui lo seguì e cercò di essergli utile, tentando ancora una volta di piantare a terra l’ennesimo Fiore del Fuoco. Lo fece crescere dalle proprie mani. Le chiuse e le riaprì, tenendole a coppa, e il puntino rosso che vi si formò si aprì pian piano in un fiore grosso come il palmo della sua mano.
Un modo per capire dove fossero già passati, un modo per farlo capire agli altri se mai avessero imboccato gli stessi sentieri battuti da loro.
“Ecco fatto” fece la Driade, coprendo le radici con un poco di terra, poi si rimise in piedi.
“Ssshttt!!!” fece Peter, alzando un braccio per tenerla indietro e puntando Rhindon avanti a sé.
“Cosa…?” esalò la ragazza, afferrandogli il braccio.
“Arriva qualcuno…o qualcosa” mormorò lui.
Udirono e videro le foglie muoversi, passi in corsa, ma non c’era nessuno. Il frusciare delle foglie si fece più intenso, tra l’ululato del vento tuonò una voce possente, ma non ebbero paura.
“Aslan!” esclamarono in coro i due ragazzi.
Diceva loro qualcosa, ma non capivano bene…
Sta arrivando, andate con lui…
Un ruggito possente si liberò nell’aria e Eustace apparve nel cielo nero sopra di loro.
 
 
Doveva ancora essere preda dell’incubo, perché quel che stava accadendo non poteva corrispondere alla realtà.
No, non poteva morire. La sua Susan non poteva lasciarlo.
Il loro bambino…
Le parole e le immagini che aveva udito e veduto nel suo incubo, tornarono chiare e vivide nella sua mente.
Se fosse accaduto, allora avrebbe avuto ragione la Strega, quando gli aveva parlato con le sembianze di suo padre:
Aspetta solo che accada quel che deve accadere, e vedrai… tutto quello che otterrai, sarà veder cadere il tuo regno sotto i tuoi occhi…
Sì, perché se Susan se ne fosse andata, anche lui sarebbe morto con lei pur continuando a vivere.
E un Re senza vita, è anche un regno senza vita.
Se l’avesse davvero lasciata libera di vivere la sua vita, libera da lui…
Non avrebbe mai dovuto confessarle il suo amore, non avrebbe mai dovuto indurla a tornare, a legarsi a lui. Se non l’avesse fatto, lei non sarebbe mai arrivata al punto di rischiare la vita in quel modo.
Malgrado ciò, non aveva potuto farne a meno. E se avesse potuto tornare indietro, avrebbe rifatto tutto dal principio: guardarla, sfiorarla, baciarla, dirle che l’amava, prometterle che un giorno sarebbero stati insieme per sempre.
Non poteva stare senza di lei.
Semplice.
Per quanto volesse convincersi che fosse stato preferibile saperla lontana per sempre, lui la voleva con sé. Egoista fino alla fine, ma questa era la verità.
Era convinto che mai nessuno avrebbe amato quella donna come l’amava lui. In quel modo assoluto, senza riserve, a volte impulsivo, che lo portava a fare ogni cosa possibile e impossibile.
L’essenza della sua vita, la sua anima, il soffio dei suoi respiri, ogni battito del suo cuore, ogni pensiero…tutto era per lei.
 “Aslan, ti prego!” gridò Caspian, alzando gli occhi al cielo, sperando che la sua preghiera superasse la barriera di nubi e tenebra.
 “Sono qui, figliolo. Sono con voi…”
Un’eco nella sua testa. Non riusciva ancora a udirlo distintamente.
Caspian strinse a sé il corpo di Susan, ancora caldo, pulsante di vita. Le accarezzò i capelli. Respirava veloce.
Eustace, fa presto…
Poi, la sua e altre due voci si accavallarono nella sua mente…
“Sono un’incapace…”
Tu sei il Re, non dimenticarlo mai…
Non sei stato in grado di proteggere una singola persona…come pretendi di proteggere un intero popolo?
“A cosa è servito tutto ciò che ho fatto?”
A fare di te l’uomo che sei oggi….
Ti ha portato a questo…guardala, sta morendo…
“Lei non deve morire!”
Non sapeva più quale delle due voci ascoltare…la seconda era così persuasiva…
“Se potessi, io…”
E’ davvero quello che vuoi?, chiese la seconda voce.
Una mano bianca si allungò verso di lui.
No, non lo vuoi. Nessuno vuole morire. Prendi la mia mano, Caspian, io posso salvare Susan e il tuo bambino… Non vuoi sacrificarti davvero per lei, dico bene?
Ma tu lo faresti, Figlio di Adamo?
La prima voce si fece forte e chiara, come se il suo proprietario si trovasse a pochi passi da lui.
Moriresti per lei?
La mano bianca si ritrasse con un gesto nervoso.
Non puoi…che ne sarà del tuo regno?
“Farei di tutto per lei…”
Sacrificheresti tutto ciò che hai per una sola vita? Per una sola persona?
“Sì”
Perché?
“Perché l’amo…”
Un lampo di luce verde e oro balenò davanti ai suoi occhi. Caspian protesse Susan con il proprio corpo e strizzò gli occhi alla fortissima luce.
Udì un grido spaventoso, un ruggito ancor più forte che gli fece battere forte il cuore…e poi lo vide.
Aslan.
Il Leone lo guardava, dall’altra parte della voragine creata dai poteri di Lilliandil. I suoi occhi color ambra brillavano nell’oscurità, bellissimo nel fulgore dell’oro della sua criniera.
Con un balzo che non produsse nemmeno un suono quando atterrò sul suolo (cosa alquanto impossibile per una creatura tanto grande) Aslan arrivò vicino a lui e senza dire una parola soffiò sul corpo di Susan.
Il soffio della vita.
“Ora è tutto a posto. Ora tutto è come deve essere” disse soltanto, prima di guardare alle spalle di Caspian e fare un sorriso.
Il Liberatore si voltò a sua volta, avvertendo un nuovo spostamento d’aria alle sue spalle, scorgendo con stupore Miriel e Peter scendere dal dorso di Eustace e correre verso di lui.
Quando Caspian si volse ancora, Aslan non c’era più.
Non era riuscito a ringraziarlo…
Peter lo fissò con uno strano sguardo, e il giovane non dovette faticare per indovinare cosa stesse pensando. Tuttavia, il Magnifico si trattenne dal dirlo.
Entrambi i ragazzi osservarono la Driade chinarsi accanto alla Regina Dolce, schiudere le mani strettamente unite, mostrando un bocciolo di Fiore del Fuoco.
Miriel lo avvicinò al cuore di Susan e lo appoggiò appena sull’armatura sporca di sangue.
 
 
Si sforzò di raggiungere la luce che i suoi occhi percepivano solo vagamente da dietro le palpebre ancora chiuse.
Mani robuste le sostenevano la testa, dita gentili le scostarono una ciocca di capelli che le solleticava la fronte. Le passarono un panno fresco sulla fronte e sulle tempie. Un dolce calore le inondava il petto.
Avvolta da quel tepore e da una voce familiare, rassicurante, Susan si riaddormentò.
La volta successiva che riprese i sensi, ricordò subito che c’era qualcosa di estremamente importante che doveva sapere. Ma la sua mente era ancora annebbiata e non riusciva a ricordare bene…era qualcosa di fondamentale, di vitale.
Dov’era il suo bambino?
Si rese conto che il dolore lancinante al ventre era scomparso. Abbassò le mani, trovando la forza di stringere la stoffa del suo abito. Una mano grande e calda raggiunse la sua. La voce sussurrava di nuovo.
Susan emise un gemito soffocato, e anche quando cadde di nuovo priva di sensi, le lacrime continuarono a solcare il suo viso.
Qualcuno le asciugò.
La terza volta riuscì finalmente ad aprire gli occhi. Un nuovo dolore era cresciuto dentro di lei. Un dolore emotivo, non fisico, per questo più difficile da sopportare.
Richiuse le palpebre. Non voleva svegliarsi. Voleva dormire, rifugiarsi laggiù nel sonno dove non era costretta a pensare.
“Susan…apri gli occhi” disse la voce di Caspian, pianissimo.
La Regina Dolce voltò appena la testa di lato.
“Così…brava”
No, no, Caspian, non parlarmi così. Non essere buono con me, pensò disperatamente.
Se gli avesse dato retta, se fosse partita per Narnia…
Con la sua insistenza nel volerlo seguire ad ogni costo, gli aveva tolto la cosa più bella, la più importante, e tutto perché era stata così stupida da pensare di potercela fare da sola.
Gli occhi celesti si aprirono, e la sua mente registrò in un attimo il luogo introno a sé e le proprie condizioni.
Era avvolta in morbide coperte, sdraiata a terra su un giaciglio di paglia e foglie, la testa poggiata sulle gambe di lui. Era in luogo in cui aleggiava un vago odore di umido, dalle pareti di roccia, forse una grotta. Accanto a lei e a Caspian, brillavano le braci di un fuocherello tiepido e piacevole. C’erano ombre che venivano proiettate sulle pareti della grotta, ma non era importante sapere a quali oggetti appartenessero.
La penombra era piacevole.
Alzò lo sguardo su di lui e Caspian le sorrise.
“Come ti senti?”
Lei non rispose. Le sue mani corsero di nuovo al proprio ventre e quando parlò, la sua voce si spezzò in singhiozzi.
“Perdonami…perdonami”
“No, no, va tutto bene” mormorò lui, rassicurandola.
La mano del giovane si posò di nuovo sulle sue, accarezzandole, stringendole.
Susan cercò di convincersi che lui stesse dicendo il vero.
Bene…tutto bene…ma allora…?
“Caspian, il bambino…il nostro piccolo…”
Lui sorrise ancora, gli occhi lucenti. “Va tutto bene, tesoro mio, sta tranquilla. Lui sta bene.”
Il pianto di Susan si placò quasi immediatamente.
“Come…?”
Caspian sorrise ancora. “Aslan”
Quel nome le ridonò ogni forza, e le permise di alzarsi a sedere, piano.
Lui la sostenne, cingendole le spalle, ma presto si rese conto che non ce n’era bisogno. Le posò una mano sul viso, l’altra di nuovo sul suo grembo.
Susan chiuse gli occhi e prese un respiro, mentre il senso di vuoto che si era impadronito di lei al pensiero di essere di nuovo sola, veniva sostituito dalla consapevolezza di non esserlo affatto.
Sì, andava tutto bene…
 “Come stai?” le chiese di nuovo il Re.
Lei si portò una mano al petto, all’altezza del cuore. “Strana…” mormorò, aggrottando un poco la fronte.
Caspian annuì. “Sì, Miriel l’aveva detto. E’ l’effetto del Fiore del Fuoco”
“Il Fiore del Fuoco?” chiese lei molto stupita.
Ricordava solo fino a quando Caspian l’aveva tratta in salvo prima che cadesse nella voragine creata dal potere della Stella Azzurra, il fragore della terra e il dolore così frastornanti che le pulsavano in tutto il corpo.
“Che cosa è successo?”
Caspian allora iniziò a raccontarle tutto.
“Quando sei svenuta, ho cercato di portarti via, ma non potevo muovermi, la strada non esisteva più e credevo davvero che fosse finita. Poi è spuntato Eustace. Non ho idea di come abbia fatto ad entrare nel labirinto, ma c’è riuscito”
“Eustace?! Dov’è?!” esclamò Susan, desiderando di vederlo.
“Qua fuori, con Peter e Miriel e…aspetta, ora ci arrivo” disse lui, frenando altre nuove domande sul conto degli altri.
“Gli dissi di andare a prendere il cordiale di Lucy. Ero spaventato a morte, non sapevo che altro fare. Non volevo rischiare di muoverti, non sapevo se…”
Susan gli strinse la mano e lui se la portò alle labbra. “Eustace è corso via subito, e in quel momento ho sentito ancora la voce della Strega Bianca. Stava cercando di nuovo di attirarmi nel suo incubo. Non voleva mollare, ma Aslan mi ha aiutato. L’ho sentito e poi…l’ho visto”
Caspian inspirò forte, emozionato come non mai.
“Cosa ti ha detto?” chiese Susan, emozionata quanto lui.
Il Liberatore assunse un’espressione un po’ delusa. “Ha detto ‘ora è tutto a posto. Ora tutto è come deve essere’, poi se n’è andato. E’ stato allora che Eustace è tornato indietro con Peter e Miriel. Aslan deve averli avertiti della situazione in cui ti trovavi e ha ordinato a lei di usare il Fiore del Fuoco per guarirti. Miriel ha detto che in un caso come il tuo, poche gocce del cordiale non sarebbero state sufficienti” Caspian sorrise. “In fondo, siete in due”
Anche Susan sorrise. “E poi cos’è successo?” chiese.
Caspian tornò serio, più di quanto lei lo avesse mai visto.
“Quando Miriel ha detto quella frase, ho creduto di morire, te lo giuro. E Peter…bè penso che per un attimo il suo cuore si sia fermato per davvero. Poi, Miriel ha posato il Fiore su di te e quello è…bè, è entrato nel tuo corpo”
“Incredibile…” mormorò Susan, capendo improvvisamente cos’era quel calore che sentiva nel petto.
“E vederlo lo è stato ancor di più, credimi. E’ stato un vero miracolo”
“Loro come stanno? Peter e Miriel?” chiese Susan.
“Bene. Stanno bene”
“E…ehm…” fece la Regina, volgendo lo sguardo attorno a sé. “Questo posto che cos’è?”
Caspian la imitò, osservando le ombre che si disegnavano sul pavimento, sulle pareti e sul soffitto di pietra.
“Subito dopo che abbiamo capito che eri fuori pericolo, abbiamo deciso di trovare un luogo riparato per riposare tutti un momento, in attesa che tu riprendessi i sensi. Quando è spuntato un uomo…non sappiamo chi sia, resta sempre nascosto, non si avvicina, ma ci ha aiutato”.
“Un uomo qui? In questo labirinto?” fece Susan, molto perplessa.
“E’ strano, vero? Eppure è così. Ci ha condotti fino a qui, dicendo che era la sua casa e che potevamo restarvi finché non ti fossi ripresa”
Susan si guardò ancora attorno, senza capire come chiunque potesse definire quel luogo una casa.
“Sicuramente ha mostrato una gentilezza senza pari” continuò Caspian. “Ha preparato delle coperte per tenerti al caldo e ha acceso il fuoco. Ma prima che potessimo ringraziarlo è corso via, quasi che fosse spaventato dalla presenza di altri esseri umani.
“Chi può mai essere?” chiese Susan.
“Un’idea ce l’avrei…”
Caspian la fissò qualche istante e lei capì.
“Pensi che sia uno…”
“Dei Lord di Telmar. Sì. Lord…ehm…accidenti a questi nomi!” sbottò il ragazzo, molto imbarazzato.
Susan rise piano. “Rhoop, amore mio. Lord Rhoop”
“Sì, grazie” Caspian si passò una mano tra i capelli. Poi la prese tra le braccia e la baciò brevemente.
“Spero di rivedere al più presto Aslan. Devo ringraziarlo per quel che ha fatto per noi, oggi”
“Lui è sempre con noi” disse Susan, seria. “Mi dispiace di non averti dato ascolto”
“Sei la donna più testarda che abbia mai conosciuto, te l’ho mai detto?”
Lei strinse le labbra e si mostrò offesa. “Sì, fin troppe volte. Ma non ti lascio ugualmente”
“E io non ti permetterò di allontanarti da me” ribatté il giovane, facendole poggiare la testa al suo petto.
Susan chiuse gli occhi e si lasciò cullare per un attimo dalle sue forti braccia.
“Lo so che è una pazzia permetterti di rimanere qui” disse il Re “ma non posso lasciarti. Ora so che se ti avessi costretto a partire, non ce l’avrei mai fatta a superare l’incubo di Jadis. Perché solo sapendoti al mio fianco posso riuscire a vincere le mie paure. Solo accanto a te riesco a vivere”
Lei lo strinse forte, affondando il viso nella sua spalla. “Non ti lascerò mai. Se mi avessi costretta ad andar via, avrei trovato il modo di tornare.”
Caspian fece una risata sommessa, felice, prendendole il viso tra le mani, appoggiando la fronte a quella di lei. Rimasero così per un momento, poi lui disse: “Te la senti di andare?”
“Sì” ripose Susan.
Caspian allora le prese le mani e l'aiutò a mettersi in piedi.
Insieme, scostarono la tenda consunta che fungeva da porta sull’entrata della grotta. Quando furono all’esterno, Susan notò che quel luogo era una rientranza ben nascosta tra una macchia di abeti altissimi. Eustace li aspettava accovacciato un poco più in là. Di Peter e Miriel non c'era traccia, e così dell’uomo sconosciuto.
“Dove sono?” chiese Caspian.
Il drago mosse la testa avanti a sé, facendo capire la direzione che la Driade e il Magnifico avevano preso.
“Non dovevano allontanarsi troppo” fece il Re un poco preoccupato. “Venite”
Susan si mosse subito dietro a lui. Eustace cercò di alzarsi, ma improvvisamente capì di non potersi muovere.
“Che ti prende?”
Il bestione si contorse tutto e i tronchi degli alberi scricchiolarono tetramente.
“Ehm…Caspian?” lo chiamò lei “Credo che sia incastrato”
“Cos…?” fece lui voltandosi. “Oh, ci mancava anche questa!”
Il Re e la Regina si scambiarono uno sguardo tra loro, poi con il drago. Poi, Susan disse a Caspian: “Coraggio, aiutami a spingere”
“No! Ferma” l’ammonì lui, portandosi dietro Eustace. “Non alzare un dito”
“Ma sto bene, ora” protestò la Regina.
“Non m’importa. Non voglio che fai nessun tipo di sforzo, chiaro?”
“E come pensi potrei comportarmi finché la battaglia non sarà terminata? Cosa dovrei fare, restarmene a guardare?”
“Penserò io a tutto, Sue. Ti proteggerò”
Il tono della voce di Caspian era deciso, ma sotto la fermezza lei percepì tanta dolcezza. Gli sorrise e gli fece una breve carezza sul viso.
“Lo so che lo farai, ma non voglio essere di peso. E se mi dici di non muovere nemmeno un dito, bèh, è così che mi sento: un peso. Mi sento inutile. Certo, sono molto più tranquilla se tu sei con me, ma so di potermela cavare”
“Lo so molto bene” ammise lui prendendole la mano e baciandone il palmo e poi il dorso. “Susan, non voglio rischiare di perdervi”
Lei gli si accostò maggiormente e con la mano libera gli accarezzò i capelli, guardandolo negli occhi. “Quando dovrò raccontare a nostro figlio quel che ha fatto suo padre durante il viaggio fino ai confini del mondo, dovrò essere in grado di sapergli narrare tutta la storia con dovizia di particolari. Devo esserci.”
Caspian l’abbracciò stretta, affondando il viso nei suoi capelli. Avrebbe voluto nasconderla dal pericolo, ma non era possibile. Solo alla fine di tutto sarebbe stata al sicuro.
In quell’istante, una coppia di voci arrivò dalla parte opposta del corpo del drago.
“Eustace che ci fai ancora qui in mezzo?”
“Peter!” gridò la Regina Dolce, separandosi dal suo sposo per cercare di raggiungere il fratello.
“Sue! Ti sei svegliata? Dove sei? Stai bene?”
“Sì sto bene! Sono qui dietro Eustace, mi vedi?”
“No…Ti sposteresti, cugino?”
Il drago emise un grugnito e gli alberi scricchiolarono di nuovo.
“E’ incastrato” spiegò Caspian agli altri due. “Riuscite a raggiungerci passando in mezzo a quegli alberi laggiù? Così ci aiutate a spingere”
Con una certa fatica, poiché le sterpaglie crescevano fitte ed era difficile camminarvi in mezzo, Peter e Miriel raggiunsero Caspian e Susan. Le due amiche si abbracciarono e poi la Regina volò tra le braccia del fratello. Dell’uomo sconosciuto non c’era traccia.
“Si è di nuovo nascosto da qualche parte” spiegò la Driade. “Ci abbiamo parlato, ma dice cose molto strane…”
“Voglio provare a parlarci io” disse Caspian. “Prima però liberiamo Eustace”
Quando i quattro ragazzi posero le mani sul suo grosso sederone, il drago emise un lamento imbarazzato.
“Non lo racconteremo a nessuno, sta tranquillo” gli disse Peter, iniziando a premere sulla pelle coriacea. “Non è piacevole nemmeno per noi, cosa credi?”
A un certo punto, Susan si sentì afferrare con gentilezza il braccio e quando si voltò, trasalì di spavento.
Davanti a lei c’era un volto scarno, simile a quello di un fantasma, tanto era pallido.
“Voi no, siete ancora debole” sussurrò un uomo magro, gli abiti laceri che gli pendevano addosso. I capelli e la barba incolti. Del suo viso si vedevano solo gli occhi, sbarrati come quelli di un animale braccato dal cacciatore.
“Spostatevi” disse poi agli altri tre. “So io come fare”
Lo sconosciuto estrasse una spada la cui lama brillava vagamente di azzurro. La puntò contro il posteriore del drago, e lo punse con un leggerissimo affondo .
Eustace sobbalzò e aprì le grandi ali, si scosse tutto e infine riuscì a liberarsi da solo, spiccando un piccolo volo e riatterrando subito dopo, con espressione dolorante e un po’ offesa.
I ragazzi risero, sollevati, poi si volsero verso l’uomo misterioso per ringraziarlo ancora una volta.
“Non fatelo” disse lui in fretta, indietreggiando quando i quattro si strinsero introno a lui. “Andatevene finché siete in tempo. Questo posto è il male, qui non troverete altro che incubi e morte”
Cercarono di calmarlo, ma l’uomo sembrava essere preda di qualche terribile visione. Faceva vagare gli occhi nell’oscurità, come se si aspettasse di veder comparire qualcosa da un momento all’altro. I ragazzi pensarono che non era poi così impossibile.
“Le mura sono vive, non vi lasceranno andare. Si alzano, cambiano, sussurrano. Ma voi dovete, dovete, anche non sarà facile. Lei vi guarda, vi osserva ovunque andiate. Gli incubi…qui ci sono solo incubi. Qui si avverano. Ogni cosa pensiate, si avvererà”
“Lo sappiamo bene, signore” disse Caspian con aria molto seria.
“Allora via! Via di qui! O rimarrete bloccati qui per sempre come me!”
“Come siete arrivato quaggiù?” chiese ancora il Liberatore.
“Non lo so…non lo so” balbettò l’uomo torcendosi le mani. “Non c’era, l’isola non c’era. Poi è apparsa…dal nulla, capite? Dal nulla”
Caspian fece un passo avanti. Egli si ritrasse di nuovo, ma il Re di Narnia disse: “Sue, Peter, le vostre Spade” e quando i due fratelli le mostrarono e lui alzò la sua, l’uomo avvicinò la propria alle altre tre in un gesto automatico.
Eccola finalmente! L’ultima Spada, il talismano del settimo Amico di Narnia che non era ancora tra loro: La Spada di Rhoop.
“Voi…” mormorò quest’ultimo, fissando gli occhi sul viso di Caspian. “Anche prima avevo notato qualcosa, ma adesso che vi guardo bene... Voi siete Caspian! Re Caspian! Mio signore!”.
L’uomo smise di tremare e si gettò in ginocchio, baciando la mano del giovane.
“No, non sono chi credete” rispose il Liberatore, aiutandolo ad alzarsi di nuovo. “Voi pensate a mio padre, Caspian IX. Io sono suo figlio”
“Figlio…” ripeté l'altro, incredulo, osservando i lineamenti del giovane uomo che aveva di fronte, pensando che dopotutto era troppo giovane per essere il suo re. “Il piccolo principe Caspian…possibile? Eravate un fanciullo quando vi vidi l’ultima volta. Quanti anni sono passati?”
“Troppi lontani da casa, non è vero?” sorrise il ragazzo. “Avremo moltissime cose di cui parlare…Lord Rhoop”
A quel nome, un lampo di nobiltà passò in quegli occhi incavati e terrorizzati.
“Da quanto tempo…da quanto tempo non sentivo il mio nome. Da quanto non vedevo volti umani. Questo posto è pieno di strane creature, mostri dall’aspetto indescrivibile. Fuggite! Fuggite via!”
“Venite con noi” chiese subito Caspian. “Ho promesso che avrei ricondotto a casa chi di voi sette Lord avrei ritrovato in vita. Ho intrapreso il mio viaggio principalmente per questo. Non posso lasciarvi qui”
Lord Rhoop (perché proprio di lui si trattava) s’inchinò di nuovo, cominciando a singhiozzare.
“Oh sì, sì, portatemi via! Questo posto è maledetto!”
Improvvisamente si alzò il vento, che ululò tra i rami degli alberi.
“Non ci lascerà andar via, no…” disse Lord Rhoop. Alternava momenti di lucidità ad altri in cui pareva che la sua mente non riuscisse più a distinguere la realtà dal sogno.
“Laggiù…laggiù, sotto l’isola, lo vedete? E’ proprio là”
“Cosa?” fece Susan, molto turbata. “Signore, cosa dite?”
“Andiamocene” disse Peter, rinfoderando la spada di Restimar.
“Non metterla via” gli disse però Caspian, “le Spade potrebbero essere la nostra unica possibilità di salvezza. Rhasador e Rhindon serviranno a poco”
Per una volta, il Re Supremo ascoltò il rivale.
“Vi avverto” disse Susan poco dopo, in pungo la Spada di Mavramorn. “Non so usare la spada. Non sono mai stata brava nella scherma”
“Te la caverai benissimo” la rassicurò Miriel. “Ce la caveremo tutti”
“Lord Rhoop, per cortesia” disse Caspian infine, aprendo la strada al gruppo. “Volete indicarci la via giusta? Sono certo che voi conosciate il labirinto molto meglio di noi”
 
 
Edmund e Shira arrivarono di fronte a un portale di pietra a due battenti, gigantesco, le cui maniglie erano costituite da teste di mostruosi gargoyle.
Si avvicinarono, il ragazzo con la Spada di Bern tesa in avanti. Ed posò la mano sinistra sul grugno del mostro e tirò, spinse, ma la porta era chiusa.
“Tipico…” mormorò in un sospiro.
Provò a prenderla a spallate, ben sapendo che sarebbe servito a poco, ma deciso a tentare comunque. Poi guardò la Spada, sperando che accadesse qualcosa, che s’illuminasse, ma nulla di fatto.
“Dannazione...”
Dopo aver osservato i suoi vani tentativi, Shira scosse il capo e spiccò il volo sopra il ramo più basso di un abete lì vicino. Lo fissò, immobile, in seguito agitò le ali come a dirgli di sbrigarsi.
“Che vuoi che faccia, non capisco?” disse il ragazzo. “Dobbiamo trovare un’altra strada, vieni”
Lei scosse la testa e si spostò più in alto di un ramo, poi di un altro, e poi tornò giù di uno.
“Vuoi che salga lassù?” chiese Edmund con un certo panico.
Shira annuì, ma lui non sembrava entusiasta all’idea.
Il Giusto guardò in sù, cercando di calcolare quanto potesse essere alto l’albero. La punta arrivava a filo dell’estremità più alta del portone.
Probabilmente era davvero l’unico modo di entrare nel castello. Se anche avesse cercato altre vie, non solo molto probabilmente non le avrebbe trovate, ma avrebbe perso ulteriore tempo prezioso.
Doveva far presto, doveva tornare dagli altri.
Infine, rinfoderò la Spada di Bern e si decise. Si avvicinò al tronco, si aggrappò con le mani al ramo più basso, si aiutò con i piedi e vi si issò sopra. Iniziò a salire, con calma e cautela, Shira sempre poco più avanti di lui che lo guidava, lo incitava, emozionata.
Manca poco, ormai, pensò il falchetto. Shanna, siamo quasi da te.
La scalata durò per alcuni minuti, durante i quali Edmund si aspettava accadesse qualcosa, invece non successe niente. Tutto era tranquillo.
Finalmente arrivò in cima, e quando superò le ultime fronde la fredda aria che si era alzata all’improvviso gli sferzò il viso. Guardandosi attorno, ebbe una visione quasi completa del labirinto. Era davvero immenso…chissà gli altri dov’erano?
Guardò giù nell'interno, tra le mura del castello. C’era un cortile spoglio, dal pavimento di pietra, e un altro portone in fondo ad esso. Conoscendo Jadis, e in base all’esperienza passata, poteva ben pensare che le profondità di quelle mura contenessero un altro labirinto. Chissà quanti cortili, stanze e corridoi si susseguivano tra quelle mura. Rammentava bene com’era costruito il castello di ghiaccio, a Narnia.
Spostò lo sguardo verso la torre che aveva di fronte, ma che non poteva ancora raggiungere nonostante l’altezza considerevole dell’abete.
“Come ci entrò là dentro?”
La risposta di Shira fu immediata. Il falchetto si spostò dalla punta dell’albero alle merlature più vicine.
Edmund la seguì, allargando le braccia quando si trovò lassù, per mantenere l’equilibrio, passando dai merli a quello che somigliava a un cammino di ronda, al termine del quale c’era una terrazza piuttosto piccola, e quindi una porticina che dava su un pianerottolo buio.
Il ragazzo prese la sua torcia dalla cintura per illuminare lo spazio attorno a sé, vedendo che c’erano due rampe di scale a chiocciola: una che portava di sotto e una di sopra. Ovviamente, seguì Shira su per la seconda.
Lei sembrava davvero sapere dove andare, e Edmund non poté fare a meno di chiedersi se non lo stesse portando dritto dritto dalla Strega Bianca.
Scacciò però quel pensiero, deciso a fidarsi. In ogni caso, sapeva che prima o dopo avrebbe dovuto affrontare Jadis. Meglio prima che poi. Perché adesso che sapeva di essere l’ultimo del gruppo a doverla affrontare, l’attesa iniziava a diventare snervante.
Alla fine della scala c’era un’altra porta, al di là della quale si apriva un lungo corridoio. Edmund mise piede sul tappeto di velluto scuro che attutiva i suoi passi e iniziò ad attraversarlo, guardandosi attorno. Era un posto strano, tetro, alle pareti niente quadri, accostati ad esse niente mobili. C’erano solo candelabri dalle flebili fiammelle, e per questo il Re decise di tenere accesa la torcia.
Shira si muoveva sempre avanti a lui, ma girato l’angolo che portava su un nuovo corridoio, tornò indietro e si posò sulla spalla del ragazzo.
Edmund capì che qualcosa non andava. Si appiattì accanto alla parete, sbirciando dietro la svolta del passaggio, e anche lui si ritrasse immediatamente.
Ciclopi. Due, giganteschi, orrendi. Facevano la guardia a un’altra porta.
E adesso?
Shira gli beccò piano la spalla, guardandolo con espressione decisa. Edmund annuì, e lei spiccò il volo facendo cadere le candele dai candelabri appesi alle pareti.
I due mostri grugnirono allarmati quando tutto piombò nel buio più totale.
Prontamente, Ed spense la torcia e sfoderò la Spada di Bern, che ora emanava una luce intensa che gli permise di vedere i nemici. Il ragazzo si lanciò su di loro. Vide Shira fare lo stesso, puntare con il becco e gli artigli delle zampe l’unico occhio nel centro del viso dei Ciclopi. Il falco riuscì ad accecarne uno, e l’altro finì steso a terra sotto un colpo deciso della Spada di Bern. Il Ciclope ferito brandì la grande mazza ferrata che teneva in mano. Edmund si abbassò e lo trafisse sotto l’ascella.
Rimasero un momento lì ad osservare i due mostri, per accertarsi che fossero davvero morti. Poi, Shira afferrò una grossa chiave dall’anello legato alla cintura di uno dei due e la passò a Edmund, che subito la inserì nella toppa, la girò ed aprì la porta al di là della quale c’era una nuova scala molto ripida che correva su, sempre più su, fino alla torre più alta. A metà della rampa, Edmund fu costretto ad affrontare un altro Ciclope, e arrivato in cima un altro ancora. 
“Quanti ce ne sono?” chiese un po’ spazientito.
Shira scosse il capo in risposta per fargli capire che non ne avrebbe più incontrati.
Stavolta fu Edmund ad afferrare l’anello con la chiave legato al fianco del mostro e infilare anche questa nella serratura, che scattò immediatamente.
Non appena il ragazzo aprì a fessura, Shira schizzò dentro, iniziando a volare in ampi cerchi sul soffitto, e infine posandosi da qualche parte in fondo alla stanza, in un punto in ombra che Edmund non riusciva a vedere.
Riprese la torcia e la riaccese, nell’altra mano aveva sempre la Spada di Bern.
Era un locale piuttosto piccolo, con poche mobilie costituite da un tavolo e una sedia di legno coperti da una tovaglia di lino, e un grande armadio a ridosso della parete di destra. Sulla sinistra si apriva una stretta e alta finestra ad arco, dalla quale, oltre all’aria gelida, entrava la luce prodotta dai lampi nel cielo. La striscia obliqua che illuminava una porzione della stanza arrivava fino ai piedi di un grande letto. Edmund ne vedeva solo la parte finale, poiché il resto rimaneva in ombra.
Allora puntò la torcia verso di esso per vedere meglio, quando vi fu un movimento proveniente da quella parte.
Shira riapparve dal buio, tornando sulla sua spalla con un frullare d’ali.
“Shira?” la chiamò una voce dall’angolo più in fondo.
Fu allora che lui la vide: una ragazza, in piedi vicino al letto, aggrappata alla sponda di fondo come se non potesse stare in piedi senza un sostegno.
Sgranò gli occhi, incredulo. Chi era?
Contro la luce della torica, la figura di lei emanava una strana luminescenza, rendendola quasi eterea. Era incredibilmente bella, avvolta in un semplicissimo abito bianco, con i lineamenti minuti e delicati, i capelli lunghi, biondi e ondulati. E sarebbe stata ancora più bella senza la stanchezza che le disegnava profonde occhiaie sotto agli occhi…due occhi blu che splendevano come zaffiri.
Si fissarono, entrambi un poco disorientati.
“Oh!” esclamò la ragazza, e sulle sue guance apparve un lieve rossore che lui però non poté vedere. “Re Edmund?”
“Chi siete?” le chiese lui in un soffio.
Lei fece un mezzo sorriso. “Non mi riconoscete?”
“La Stella Azzurra” mormorò il giovane, cercando di mettere ordine nella miriade di pensieri che si fecero largo nella sua mente.
Sì, era la stessa ragazza che era apparsa nei suoi sogni. Non l’aveva mai veduta con chiarezza, poiché vi era sempre quella strana nebbia che ne offuscava le sembianze, ma non avrebbe mai potuto dimenticare quegli occhi.
La Stella Azzurra…ma allora chi era davvero Lilliandil? Era sul serio una nemica?
Ripensò alla strana sensazione provata dopo averla incontrata alla Tavola di Aslan: disagio.
Nei suoi sogni non ne aveva mai provato.
La donna che impugnava il pugnale di pietra… Susan aveva insinuato che potesse trattarsi di Jadis, e se n’era quasi convinto anche lui, ma ora…ora d’un tratto capiva che con quei sogni, la Strega non centrava nulla. E se fosse stata…Lilliandil?
Un altro particolare gli tornò alla mente: nel sogno, la Stella Azzurra gli aveva detto di guardarsi dalla falsa guida…sua sorella.
Poteva essere che Lilliandil e quella ragazza fossero davvero sorelle? La somiglianza era molta, quindi sì, potevano.
Troppe domande, troppi dubbi, non ci capiva più nulla.
“Siete venuto” disse la fanciulla, gli occhi pieni di speranza.
Edmund si accorse di stare fissandola da troppo tempo quando lei si mosse ancora. In piccoli passi fu di fronte a lui.
“Avete trovato mio padre?”
A quella domanda, il ragazzo provò un senso di colpa immenso.
Come poteva giustificarsi? Era convinto di trovarlo lì in quella torre, di liberarlo e di poter tornare alla Tavola di Aslan e vederlo riabbracciare la figlia. Ma adesso…
 “Perdonatemi, non ho potuto mantenere la promessa che vi ho fatto. Non so dove si trova Ramandu” ammise lui mortificato, abbassando il capo.
Shanna non disse nulla, si limitò a fissarlo.
Shira volò di nuovo verso di lei, e strofinò la testina contro la sua guancia.
“Oh, perdonami amica mia” disse la ragazza, portandosi il falchetto all’altezza del viso per guardarla negli occhi. Li chiuse e premette la fronte contro quella più piccola del falco, muovendo appena le labbra dalle quali uscì il suono più bello che Edmund avesse mai udito.
Un canto sommesso, di note acute senza significato. Non c’erano parole, solo suoni.
Quando terminò, Shira emise un’esclamazione di gioia.
“Finalmente! Finalmente! Posso parlare! Per tutti i leoni, non ce la facevo più!”
Edmund guardò la ragazza sorridere, sbalordito da quel prodigio. “Siete davvero la Stella Azzurra?” chiese.
Lei annuì con un mezzo sorriso stanco.
“Come vi chiamate?”
“Shanna”
Il suono del suo nome sembrò rinfrangersi tra le pareti della stanza, e quel castello non gli parve più così cupo.
“Io non capisco…” balbettò il Giusto. “Io credevo che…”
“Non prendertela con Re Edmund, Shanna” disse Shira. “Lui era convinto di trovare Ramandu in questa torre al posto tuo. E’ tutta colpa di quella perfida di tua sorella! Ha preso il tuo posto, ha ingannato i Sovrani e tutti gli altri! Ovviamente c’è anche lo zampino di quella vecchia befana della Strega Bianca!”
Rimasero in silenzio per un attimo, poi, il falchetto disse ancora: “Credo che dovremmo raccontare tutta la storia a Sua Altezza, non trovi, Shanna?”
La fanciulla si riscosse come da uno stato di torpore mentale, mentre pensava con una stretta al cuore al padre, chissà dove, forse morto. Tuttavia annuì, felice che Re Edmund fosse infine giunto fino a lei.
“Un momento” intervenne il ragazzo. “Prima dobbiamo uscire di qui”
“No, dovete sapere” insisté Shanna. “Se le cose stanno davvero come dice Shira, se davvero mia sorella ha preso il mio posto come vostra giuda, sarebbe legittimo per voi credere che l’impostora sono io”
“Non credo che lo siate” disse Edmund molto in fretta. “Vi confesso che non ci sto capendo nulla, ma…ho avuto dei sospetti su Lilliandil, e anche gli altri Sovrani ne hanno avuti”
“Lei non è malvagia…o almeno non lo era” disse Shanna, abbassando il capo, triste. “Credo sia meglio iniziare dal principio. Cercherò di essere breve, Maestà, ma prima di riunirci ai vostri compagni, almeno voi dovete sapere la verità, così che anche loro possano credermi”
Edmund pensò ancora che sono uno stolto non avrebbe immediatamente capito che Shanna era la vera Stella Azzurra. Era evidente, non tanto fisicamente quanto emotivamente. C’era qualcosa in lei…qualcosa che ti faceva sentire bene. Nella sua voce, nei suoi modi, nel suo sguardo.
“Volete ascoltare la mia storia, Maestà?”
Edmund annuì in silenzio, ancora troppo frastornato dall’improvvisa comparsa di Shanna.
“Mio padre, Ramandu, guardiano della Tavola di Aslan, un giorno fu chiamato al cospetto del Grande Leone, e io e mia sorella Lilliandil con lui. Aslan disse che di lì a un anno, Re Caspian di Narnia avrebbe intrapreso un lungo viaggio fino ai confini del mondo, e che avrebbe avuto bisogno di due guide per attraversare l’Oceano Orientale: una guida del cielo, e una guida della terra. Mio padre propose subito Lilliandil come guida del cielo, poiché era la maggiore delle sue figlie e secondo lui la più qualificata. Ma Aslan scelse me. Mia sorella rimase molto male, e da quel giorno iniziò a cambiare atteggiamento. E’ sempre stata molto buona, gentile, non so cosa sia accaduto”
“Era gelosa di te, piccola, è evidente!” sbuffò Shira. “Aslan aveva già visto nel suo cuore la sua inclinazione verso il male, il suo animo debole. Per questo scelse te e non lei”
Shanna sembrò molto imbarazzata. “Forse fu per gelosia, non lo so, ma pian piano divenne un’altra. Inoltre, in quel tempo si diceva che il Re di Narnia era prossimo a prendere moglie, e Aslan disse a mio padre e a Lilliandil di recarsi a Cair Paravel per incontrarlo. Aslan aveva previsto per mia sorella un futuro come Regina, solo che poi…”
“Re Caspian ha scelto vostra sorella Susan” concluse Shira rivolta a Edmund.
Shanna abbassò il capo, mortificata. “Sì…fu per questo che si alleò con la Strega Bianca, per vendicarsi. Ma facciamo un passo indietro…Lilliandil era convinta di divenire sia guida del cielo che Regina di Narnia, e il suo cuore iniziò a gonfiarsi d’orgoglio, a desiderare il potere. Ma non ottenne nulla di quel che aveva sperato. La rabbia e la delusione la spinsero a tradire Aslan, Narnia e tutti noi. Io mi sentii in colpa verso di lei, perché mi sembrò di averla privata di qualcosa a cui teneva molto. Chiesi persino ad Aslan di rivedere la mia posizione, poiché nemmeno io credevo di essere in grado di portare a termine un incarico così importante come quello di guida. Ma lui mi rassicurò, dicendo che in me aveva visto qualcosa che non c’era in mia sorella. Non capii cosa volessero dire quelle parole, le compresi solo più avanti. Non potevamo immaginare che il cuore di Lilliandil si fosse indurito al punto da spingerla ad allearsi con la Strega Bianca, e quando io e mio padre ce ne rendemmo conto, fu troppo tardi. Un giorno, i vortici marini messi a protezione della Tavola di Aslan, si attivarono. Capimmo immediatamente che qualcuno di estraneo stesse cercando di varcare i confini di quel luogo sacro”
“I vortici erano una barriera per gli intrusi” spiegò Shira.
“Sì, lo so” rispose Edmund. “Miriel lo capì tramite il capobranco delle Blue Singer”
Shanna annuì. “La strada era aperta solo per voi, Maestà. Purtroppo però, qualcun altro riuscì ad entrare, e fu mia sorella a permetterlo. Prese il bastone magico di mio padre, disattivò i vortici e permise alla Strega Bianca di arrivare sulla nostra isola”.
Shanna prese a tremare e si aggrappò alle braccia di Edmund come per trovare la forza di continuare.
“Mia…sorella…” sussurrò, distogliendo lo sguardo e voltando la testa dall’altra parte. “Era passata dalla parte del male. Mio padre cercò di farla ragionare, ma lei combatté persino insieme a Jadis contro di lui. Poi aiutò quell’orribile donna a prendermi, e mi richiusero in questo palazzo. La Strega voleva usarmi per sapere sempre dove si trovava la nave di Narnia; per inseguirvi, rubarvi le spade se avesse potuto”. Gli occhi di Shanna si riempirono di pianto. “Io lo feci. Feci ciò che Jadis voleva da me. Vi seguii con gli occhi della mente, usando i miei poteri. Accettai perché la Strega minacciò di uccidere mio padre. Io non potevo sapere che, anche se debole e privato della sua magia, fosse riuscito a fuggire. Lo scoprii in un secondo tempo, quand’egli venne sin qui rischiando la vita: la Strega lo aveva reso mortale, ma il suo potere era ancora attivo e i cancelli continuarono a rimanere chiusi. E stavolta nemmeno Lilliandil riuscì a far entrare Jadis alla Tavola di Aslan”
“Ma Lilliandil invece c’è entrata” ribatté Edmund.
“Sì, perché lei poteva, in quanto figlia del suo guardiano”
“Una bella fregatura” cercò di scherzare il giovane, ma lei non capì la battuta. “Ditemi una cosa, però: perché, se era alleata della Strega, Lilliandil non le ha subito portato le tre Spade che sono già sulla Tavola?”
“E’ molto semplice, Maestà: nessuno, nemmeno il guardiano, può far uscire un qualsiasi oggetto si trovi entro i confini della Tavola di Aslan. Nessuno può, eccetto chi è prescelto da Aslan, e cioè voi e i vostri compagni. Questo la Strega non l’aveva calcolato. Ma il suo scopo era comunque quello di avere tutte e Sette le Spade per sé, perché con esse potrà riprendere i suoi pieni poteri e divenire la creatura più potente dell’universo”
Shanna si piegò verso di lui.
“Dovete impedirglielo! Io ho cercato di avvertirvi, là, sull’Isola delle Acque Morte, ma non ce l’ho fatta”
Un dubbio atroce invase la mente di Edmund. “Quando vi ho vista la prima volta, fu Jadis a ordinarvi di brillare in quell’occasione?”
“Sì e no” rispose Shanna. “Jadis mi aveva obbligato ancora una volta a dirle dove voi vi trovavate, ma quella di apparirvi è stata una mia iniziativa. In quell’occasione, fui io a chiamare gli Uccelli di Fuoco, e con l’aiuto di Aslan, rallentai il sorgere del sole”
Edmund le strinse le spalle e le sorrise, quasi raggiante. “Sapevo che eravate stata voi. Lo sapevo!”
Anche lei sorrise, ma subito dopo tornò più seria che mai. “Quella fu l’ultima volta che detti ascolto alla Strega.  Mio padre era venuto da me e mi sentii piena di nuova speranza. Sapevo che era vivo, e questo bastava. Non sarei più stata una pedina di quell’orribile creatura! Non m’importava cosa mi avesse fatto” scandì Shanna con decisone.
Il Giusto vide brillare dietro le lacrime una profonda paura mista a fermezza.
“Fu poco dopo quella battaglia che c’incontrammo. Veniste per avvertirmi, vero?” chiese lui, accorgendosi di stare fissandola di nuovo troppo insistentemente, ma non poteva fare altrimenti. Sembrava così fragile, e lui voleva proteggerla.
Shanna annuì con rammarico. “Per dirvi che non dovevate fidarvi di nessuno. Avevo il forte sospetto che Jadis potesse chiedere a mia sorella di prendere il mio posto, e difatti, poco dopo fu quello che accadde. Non avreste notato la differenza, non era possibile. Io avrei voluto avvertirvi ancora, ma non ho potuto, ero troppo debole. Perdonatemi, Maestà, perdonatemi!”
Grosse lacrime simili a diamanti presero a scendere lungo le guance della fanciulla. Edmund ne fu molto turbato. Shanna si ritrovò contro il suo petto e continuò a singhiozzare.
Edmund percepì uno strano calore invadergli il viso, fino a che questo non sembrò scottare.
“Avete fatto quello che era in vostro potere fare” ribatté lui gentilmente. “Voi non avete colpa”.
Cercò lo sguardo di lei, i lunghi capelli biondi che le coprivano il viso.
“Ho una cosa da chiedervi”
La fanciulla annuì con un singhiozzo sommesso.
“La donna che ho visto alla tavola di Aslan, nel mio sogno, che brandiva il pugnale di pietra, era davvero…”
Edmund si scostò la manica della camicia, scoprendo l’avambraccio fasciato. Tolse le bende e mostrò il taglio, alla cui vista Shanna trasalì, portandosi una mano alla bocca.
“Oh, sì, sì, è stata lei! E’ stata Lilliandil!” gridò, e scoppiò di nuovo in pianto, coprendosi il viso con le mani. “Mi ha seguita nel vostro sogno e vi ha visto. Ha capito cosa stavo facendo: stavo per dirvi tutto sul suo conto e così…ha tentato di colpirvi. Voleva persino uccidere il Re e la Regina. Quando venne il tempo in cui voi e i vostri fratelli tornaste a Narnia, e loro due si rincontrarono, fu ben chiaro che Lilliandil non sarebbe divenuta Regina. Lei andò persino da Aslan a chiedere perché fosse stata ingannata, ma lui le rispose che non c’era stato nessun inganno. Aslan disse a mio padre che in realtà Caspian non aveva mai dato il suo consenso al matrimonio. Il fidanzamento fu annullato, poiché un nuovo disegno era stato tracciato nelle stelle per via del ritorno e del sincero pentimento di Susan la Dolce, e della sua piena ricongiunzione con la terra di Narnia”
“Anche Miriel continua a ripetere qualcosa di simile” la interruppe Edmund per un momento. “Dice che tutti prima o poi apparterremo a Narnia…cosa significa?”
Shira gli becchettò un dito, spazientita. “Non siamo qui per parlare di questo!”
“Ahia! Vuoi smetterla di beccarmi?”
Shanna trattenne il falco tra le braccia, impedendole di mettersi a litigare con il Re.
“Mi rincresce” rispose poi, “ma dovrete scoprirlo da soli. E’ un processo di crescita interiore, Maestà, che tutti noi abbiamo fatto. Sì, anche le stesse creature di Narnia”
“Capisco…” mormorò Edmund gentilmente, massaggiandosi la mano e scoccando un’occhiataccia a Shira. “Scusate, non v’interromperò più…Sei contenta, becco aguzzo?”
Shira voltò la testa con fare altezzoso, e Shanna proseguì nel racconto.
“Ho amato e odiato mia sorella per quello che ha fatto. La gelosia e la delusione l’hanno portata quasi alla pazzia. Ormai non è più lei”
Incredibile, pensò Edmund. Lilliandil li aveva ingannati tutti. Li aveva accolti come se nulla fosse. Aveva raccontato un mucchio di menzogne sul rapimento di Ramandu, sul tradimento di una Stella…una cara sorella insospettabile, l’aveva definita: la sua vera sorella.
In realtà, non c’era nessuna Stella traditrice se non lei. Ed era stato davvero difficile capire la differenza tra Lilliandil e la sorella minore. La differenza fisica almeno, perché dentro  non potevano essere più diverse.
Il Giusto, con una lieve pressione sulle spalle di Shanna, la fece scostare un poco da sé e la guardò in viso.
“Posso…posso farvi un’altra domanda?” chiese, quasi con la paura di peggiorare lo stato d’animo di lei.
Era davvero sconvolta, forse per essere rimasta chiusa in quell’orribile palazzo tanto a lungo, forse per quel che era accaduto alla sua famiglia, per il pensiero di avere una sorella traditrice, per suo padre ancora disperso chissà dove. Era stanca, esausta, tuttavia annuì di nuovo.
“Perché siete venuta da me? Perché non da Caspian, visto che è il Re e che probabilmente era quello più in pericolo?”
Shanna lo guardò negli occhi, scostandosi una ciocca di capelli dal viso. “Perché voi siete come me. Perché entrambi sappiamo cosa vuol dire avere a che fare con la Strega Bianca. Voi mi avreste capita, e mi avreste creduto”
Edmund annuì, un brivido lungo la schiena.
Aveva da subito sentito un’affinità con lei, fin dalla prima volta che l’aveva sognata. Sì, erano simili, molto simili. Entrambi vittime della Strega, sebbene in modo diversi. Entrambi soli ad affrontare un’impresa più grande di loro. Un ruolo che non credevano di poter rivestire, di non essere abbastanza capaci.
“Avrei tanto voluto farvi da guida” sospirò amaramente la fanciulla. “Anche se ero rinchiusa qui, io vi ho sempre osservati. Sia prima, per volere della Strega, che dopo. Non vi ho mai abbandonati. Anche se non potevo usare i miei poteri per aiutarvi, potevo vedervi e sapere se stavate bene, almeno finché non sono divenuta così debole da non riuscire più nemmeno a fare quello”
“E io” saltò su Shira, stimandosi tutta, “raccontavo a Shanna quello che non riusciva a vedere nei particolari”
“Già, tu che ruolo hai in tutto questo, piccoletta?”
Shira fece un ghigno. “Ricordate quello che vi dissi sulla nave di Calormen? Rabadash non si è mai accorto di nulla, ma ero lì solo per poter essere più vicina a voi, Maestà. Dopo il rapimento di Shanna, Aslan mi mandò da Tisroc e lui mi consegnò a suo figlio, ma fu tutto un piano perché potessi, almeno io, vegliare su di voi. Ogni giorno, quando Rabadash mi faceva uscire dalla gabbia per sgranchirmi le ali, volavo dall’Occhio di Falco al Veliero dell’Alba per accertarmi delle vostre condizioni. Poi, appena potevo, volavo qui da Shanna e le dicevo tutto”
“Anche grazie a Shira” disse la ragazza, accarezzando piano il collo dell’amica, “ho visto tutto quel che avete fatto: ho visto il vostro arrivo in mezzo al mare, la vostra avventura sulle Isole Solitarie, come voi Edmund avete ottenuto la Spada di Bern; come la piccola Gael si è unita all’equipaggio; come vostra sorella Lucy ha recitato l’incantesimo del libro del mago. Ho visto Re Peter incontrare Miriel; Emeth tarkaan ferito a morte e poi salvato dal cordiale miracoloso; il rapimento della Regina Susan da parte di Rabadash, anch’egli un’ignara pedina della Strega Bianca. Ho assistito alla trasformazione di Eustace in drago, ho visto la promessa d’amore di Re Caspian e della Regina Susan. Tutto quanto. Sempre più debole, sempre con più fatica, ma ho visto. E se chiedeste a mia sorella di raccontarvi i particolari di tutto ciò, lei non potrebbe rispondervi, perché lei non vi ha seguiti, io si! E voi dovete credere a tutto quello che vi ho raccontato, Maestà, vi scongiuro! Non sto raccontando bugie!”
Edmund e Shanna si guardarono negli occhi per un attimo.
“Mi credete, vero?” chiese lei, disperata.
“Sì, certo che vi credo” ammise il ragazzo. “Siete come Miriel, una dei veri Figli di Aslan. Non potete mentire”
Shanna dilatò i grandi occhi e sorrise. “Sì, sì, è così!”
“Adesso so che la stella che ci ha guidati qui non eravate voi. Non so come ho fatto ad intuirlo, ma lo sospettavo fortemente, sapete? E vedrete che anche gli altri Re e Regine capiranno chi siete non appena vi vedranno. Venite”
Edmund allungò una mano verso di lei e Shanna, dapprima titubante, allungò la sua e la strinse.
La mano di lei era piccola e fredda. Il ragazzo la strinse di più e la condusse con sé.
“Non abbiate timore, non vi accadrà niente”
Lei smise di piangere, si asciugò gli occhi e lo guardò, le iridi brillanti. Senza preavviso, posò la mano libera sul petto del giovane e si alzò in punta di piedi, posando le labbra sulla guancia di lui.
“Ooohhh! Ehi!” esclamò Shira, mettendosi tra i due.
Ma i ragazzi non le badarono. Shanna abbassò lo sguardo subito dopo, arrossendo violentemente, e per fortuna, ancora una volta i capelli le coprirono il viso.
“So che mi proteggerete, so che mi aiuterete a uscire di qui, e che troverete mio padre. Ho fiducia in voi, Maestà.”
“Edmund” mormorò lui, schiarendosi la voce divenuta improvvisamente roca. “Chiamami Edmund…Shanna”

 
 
 
 
 
 
 
 
Avrei voluto continuare, cari lettori, ma mi sono detta “slow down, non tutto insieme…” XD
Salve a tutto, come state? Spero bene, e faccio gli auguri a tutti quelli che stanno per tornare a scuola…o forse sarebbe meglio dire che vi faccio le condoglianze…T____T non v’invidio….
Ditemi cosa pensate di questo capitolo e della tanto attesa Shandmund!!! Si sono incontrati, oh yes!!!!!! Ed ora il gruppo è al completo!!!
E avete visto che non è successo nulla alla nostra Susan??? Dai, vi pareva che le facevo perdere il bambino?? Certo che no!!!
 
Ringraziamenti a:

Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  arianna17, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  Francy 98, FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon, ilove_tay_13,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Mia Morgenstern, mmackl, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, oana98, piumetta, Riveer, ScarlettEltanin,  Serena VdW, Serpe97, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94, e  virginiaaa
 
Per le ricordate:

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Per le recensioni dello scorso capitolo:

Angie_V,  Charlotte Atherton , EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My world,  FrancyNIke93, LittleWitch_ , mmackl, piumetta, e Serena VdW
  
Angolino delle Anticipazioni:
Nel capitolo 46 (oooohhhhhhh) ancora Shandmund: dovranno uscire dal castello e raggiungere il resto del gruppo. Troveranno Ramandu? Vedremo…
Caspian, e co. si vedranno un po’ meno, perché tocca a Lucy e Emeth avere una scena tutta per loro.
 

Annuncio!
Oltre ad aver raggiunto la fantasmagorica somma di 541 recensioni *muore e resuscita* vi annuncio con orgoglio che la nostra Queen è seconda nella categoria "Storie più Popolari" della sezione di Narnia!!! Grazie a tutti voi!!!!!!!! :D
 
Sondaggino:
Chi ancora non ha detto la sua sul sondaggio del piccolo Suspian, mi perdoni, ma devo mettere i risultati!!! Dai, vi do tempo ancora una settimana. Cercate di indovinare i nomi!!! Se ci pensate non è difficile.

 
Ragazzi, siamo alle ultime battute di Queen, ormai la battaglia giunge al termine. Credo che arriverò al capitolo 50, visto come si sono messe le cose, ma più in là di così non andrò. Per cui, ancora poche settimane e la storia si concluderà. Ma non disperate!!!
Io intanto vi do appuntamento come sempre alla prossima settimana!
un bacio e un abbraccio a tutti,
vostra Susan<3

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Capitolo 46
*** Capitolo 46: Fuori dall'incubo ***


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46. Fuori dall’incubo
 
 
 
Lucy ed Emeth si erano inoltrati così tanto fra le mura da credere con un moto di disperazione di non poterne uscire mai più. Bivi e vicoli ciechi avevano costituito la maggior parte del loro cammino.
“Spero che gli altri abbiano avuto più fortuna di noi” commentò lei di fronte all’ennesima parete spoglia.
La paura le serrava il petto e la gola, la pelle le si accapponava nell’attesa. Si guardava attorno alla ricerca dei pericoli nascosti. C’erano luccichii luminosi simili a piccoli occhi dietro le foglie dei cespugli, tra i rami degli alberi.
Erano intrappolati sull’Isola delle Tenebre. Non potevano neppure far sapere agli altri dove si trovavano.
Lucy stinse i pugni, rabbiosa e spaventata, mentre la sua determinazione e il suo coraggio iniziavano a venire meno.
Tutto attorno a loro era tranquillo in modo inquietante, ma la Valorosa non ebbe neppure tempo di pensarlo che alle loro spalle si levò un mulinello di polvere. Il vento iniziò a soffiare più forte e la terra tremò. Vi fu un fragore assordante che rimbombò loro nel petto e nella testa: un cupo clamore profondo. Videro una lunga e zigzagante crepa formarsi nel terreno in fondo al sentiero dal quale erano arrivati, serpeggiare veloce fino a loro ed arrestarsi proprio ai loro piedi.
I due ragazzi indietreggiarono automaticamente fino a ritrovarsi letteralmente con la schiena al muro.
“Andiamocene” disse semplicemente Emeth.
Purtroppo, l’episodio si ripeté anche su altri sentieri, e fu solo fortuna se la terra non si aprì sotto di loro e non li inghiottì.
“Che cos’è?!” esclamò il giovane all’improvviso, quando un fascio di luce fortissimo si levò su nel cielo da un punto imprecisato del labirinto.
“Non lo so, ma non mi piace” rispose Lucy, tremante, stringendo la mano sull’elsa della Spada di Agoz.
Mille pensieri per nulla piacevoli si affollarono nella mente della Regina Valorosa, mentre poteva solo restare a guardare quell’esplosione di magia.
La terra tremò ancora, più forte, e la violenza del scossa gettò a terra i due ragazzi.
Fori neri si aprirono nel terreno, e i due tremarono all’idea di cosa potesse fuoriuscirne.
Che strano pensiero…perché mai avrebbe dovuto spuntare qualcosa dal sottosuolo?
Poi tutto cessò. Il fragore, l’urlo della terra, la luce. Finì, inghiottito da un ruggito che frantumò le barriere dei timori di Lucy: era il ruggito di Aslan.
“E’ qui!” esclamò la ragazza, con un enorme sorriso. “Lui è qui, Emeth, lo so”
Lui le sorrise. “Bè, se non ne sei sicura tu, chi lo può essere?”
“Non dobbiamo avere paura. Non dobbiamo farci prendere dall’inquietudine. Aslan ci guiderà fuori da questo posto, dobbiamo solo avere fede”
“Ne avrò, se mi assicuri che presto lasceremo quest’orribile luogo”
Lucy scosse il capo. “Non io, Aslan”
Emeth annuì piano. Non aveva ancora tutta quella fiducia. Non riusciva ancora ad affidarsi completamente a qualcosa che non vedeva e non toccava, benché avesse visto il Leone in carne ed ossa.
“Andiamo Emeth. Andiamo laggiù, forse lo vedremo”
Il soldato si guardò indietro. Come raggiungere quel punto lontano?
Non potevano, avrebbe pensato una volta, ma adesso no. Adesso gli bastava guardare negli occhi di Lucy per poter credere a qualsiasi cosa. Ce l’avrebbero fatta. Non sapeva come, se con l’aiuto di Aslan, di qualcun altro o solo contando sulle loro forze. Ma ce l’avrebbero fatta.
“Guarda!” esclamò Lucy d’un tratto, indicando qualcosa avanti a loro.
C’era una luce in fondo al lungo sentiero che stavano apprestandosi a percorrere: si era aperto un passaggio nelle mura del labirinto.
Di certo doveva essere stato opera del sisma, pensò Emeth. Forse parte della parete era crollata… ma in un angolo della sua mente, e soprattutto del suo cuore, qualcosa gli disse che il passaggio si era spalancato per volere di qualcuno. Qualcuno che li avrebbe davvero aiutati ad andarsene da lì.
Lucy allungò una mano verso di lui, e il giovane automaticamente la strinse.
Si guardarono negli occhi un momento, poi, lei lo vide spostare lo sguardo alle sue spalle.
Senza dire una parola, Emeth la tirò verso di sé, poi la spinse di lato, lasciando la sua mano per afferrare la scimitarra con tutte e due, difendendo entrambi dalla creatura appena spuntata da chissà dove.
Con un grido acuto, il mostro stramazzò al suolo svanendo in una nuvola di fumo verdastro, ma tornando compatto un secondo più tardi.
Poco dopo, i buchi neri formatisi nel terreno a causa delle scosse, brulicarono di esseri simili alla prima creatura. Si arrampicavano con lunghi artigli e strani versi stridenti che facevano accapponare la pelle. (come di unghie passate su una lavagna, pensò Lucy).
Le creature erano di un color grigio piombo, occhi gialli e cattivi, zanne e artigli spaventosamente lunghi, code sottili e pelo ispido su tutto il corpo, ma più folto attorno al collo, come una criniera…la criniera di un leone.
“Forse non sono reali” disse Lucy.
Lui la guadò interrogativo. Senza rendersene conto, avevano cominciato ad indietreggiare entrambi, a piccolissimi passi.
“Forse sono la materializzazione dei nostri incubi, opera della Strega Bianca”
Alle parole di Lucy, Emeth osservò a occhi sbarrati le creature, improvvisamente consapevole di essere stato lui a crearle.
Erano davvero simili a leoni. Simili ad Aslan, forse. Un blasfemo concetto che aveva la sua mente del Grande Felino, o per lo meno, che aveva avuto nel passato.
Aveva ammirato la figura di questa creatura onnipotente, ma ne aveva avuto anche paura, certe volte persino terrore, ascoltando i racconti della gente di Tashbaan: Aslan era un demone in realtà, così dicevano. Un demone come lo erano tutte le creature di Narnia.
“Lucy, stai indietro” la esortò il soldato, sollevando la scimitarra, pronto a respingere l’attacco dei mostruosi leoni.
“Non puoi farcela da solo!” esclamò lei, affiancandosi a lui, ignorando le sue parole.
“Sono opera mia, Lu!” esclamò il giovane, mentre i mostri si radunavano in cerchio attorno a loro, digrignando i denti, senza lasciare nemmeno uno spiraglio per la fuga.
“Cosa stai dicendo?!”
“Sono le mie paure! Questo è…quello che si nasconde dentro di me”
Lucy volse rapidamente lo sguardo sulle belve e capì, sentendo il cuore serrarsi in una morsa: era possibile che Emeth temesse ancora così tanto Aslan, al punto tale da creare con la propria mente esseri tanto abominevoli?
“Non è colpa tua. E’…questo posto”
Lui non rispose.
Le creature iniziarono ad attaccare, una dopo l’altra e non tutte insieme come Emeth aveva creduto. Sembrava che qualcosa le frenasse.
“Lascia che ti aiuti”
“No, Lucy!”
Lui si parò davanti a lei, atterrando un altro mostro.
“Emeth, attento!!!” urlò la ragazza, quando un artiglio affilato colpì la spalla del giovane.
Uno spruzzo di sangue gli macchiò la manica della camicia e il petto. La scimitarra gli cadde di mano e lui cadde a sua volta.
Lucy non pensò, calò la Spada di Agoz sul mostro e lo ferì di striscio. Quello si voltò e spalancò le fauci, inarcando la schiena minacciosamente.
 “Andatevene!!!” girò la Valorosa, sollevando la Spada con entrambe le mani, fredde, sudate, tremanti.
Subito vide i mostri immobilizzarsi. Ora erano fermi lì, davanti a lei, simili a statue. Gli occhi gialli lampeggiarono in risposta al luccichio della lama azzurra. Si acquattarono, mugolando, quasi spaventati, ma desiderosi di balzare verso di lei…o verso la Spada.
Ecco che cosa aspettavano! , pensò Emeth, mentre si rimetteva dritto e osservava la scena con sgomento: il talismano della Regina!
I mostri si radunavano sempre più numerosi. Nuovi ne spuntavano dalle fosse nel terreno.
La Spada di Agoz brillò più forte e vibrò tra le mani di Lucy, e allora le creature di Jadis attaccarono tutte insieme, balzando sulla ragazza in un ammasso di artigli, grida, denti e occhi terrificanti.
Le voci acute dei mostri e quelle dei due ragazzi si confusero. Emeth esclamò qualcosa cercando di attirare l’attenzione di Lucy, ma lei non si spostò, non si voltò.
La Valorosa calò la lama, mossa da un istinto improvviso. Fendé l’aria e la magia produsse un’onda d’urto spaventosa. Raggi blu intenso si sparsero tutto intorno e volarono in direzione dei leoni oscuri.
La scimitarra di Emeth, una semplice lama forgiata nel metallo, era stata in grado solo di rallentare quelle belve, ma la Spada di Agoz, una delle Spade degli Amici di Narnia, con la sua lama plasmata dalla Grande Magia, annientò le creature, che evaporarono nel nulla come neve al sole.
Quelle rimaste si ritrassero un momento appena, più furiose di prima ora che avevano visto che la Spada della ragazza poteva sconfiggerle.
Lucy riusciva a tenerle indietro, capendo che avevano paura di lei, della sua arma, che poteva distruggerle definitivamente.
Emeth si rialzò e le fu accanto, scimitarra alla mano. “Indietreggia. Piano” le sussurrò. “Continua a tenerle alla larga, non abbassare la Spada”
Le afferrò delicatamente un gomito, sospingendola indietro, guidandola sul sentiero, cerando di non fare movimenti bruschi che avrebbero potuto provocare le creature.
Passo dopo passo, stando attenti a non mettere un piede in fallo, a non far scricchiolare rami o foglie, si allontanarono dal gruppo di mostri. Quelli stavano fermi al loro posto, agitando nervosamente le lunghe code.
“Ricordi cosa ti ho insegnato?” sussurrò Emeth all’orecchio di lei.
“Sì” rispose Lucy, tremando. “Mai esitare”
“Bravissima. E ora…Corri!!!” gridò lui, cominciando insieme a lei una folle corsa disperata verso l’uscita in lontananza.
Con la coda dell’occhio vedevano le ombre avvicinarsi, inseguirli, instancabili, mentre la strada sembrava non finire mai e il fianco di Lucy cominciò a dolere.
Ancora uno sforzo, con la speranza che una volta usciti dalle mura del labirinto quegli esseri non avrebbero osato inseguirli.
Infine, superarono il passaggio che si era aperto nelle mura e si ritrovarono su un’alta scogliera. Strisciarono con i piedi sul terreno sassoso, arrestando la loro corsa sull’orlo del precipizio. Sotto di loro, il mare lambiva gli scogli, impetuoso.
Il ringhio acuto delle belve risuonò alle loro spalle. Lucy e Emeth si volsero rapidi. A differenza di quel che avevano pensato, i leoni più temerari erano usciti dalle mura. Gli altri erano rimasti indietro, delusi.
E ora?
Lei rialzò la Spada, cercando di farle sprigionare ancora la sua magia, ma i mostri stavolta non si fecero cogliere impreparati e attaccarono in formazione compatta, balzando rabbiosi su di lei.
Lucy non era pronta, non era abbastanza determinata e la magia che si liberò dalla Spada stavolta non fu sufficiente. La Valorosa indietreggiò e gridò avvertendo il vuoto sotto i piedi. Poi, si sentì afferrare per la vita dalle forti braccia di Emeth.
 “Salta!” gridò lui e dopo un secondo cadevano nel vuoto.
Lei strillò e insieme fendettero l’acqua impetuosa del mare sotto di loro.
Per parecchi secondi, Lucy non vide nulla. Tutto era scuro, freddo. Si separò da lui e allora allungò le braccia, lottando per tenere gli occhi aperti, cercandolo, i polmoni in fiamme per lo sforzo di trattenere il respiro. Si accorse di non avere più la Spada.
Disperata, liberò un fiotto di bolle dalla bocca e poi il nulla.
Quando riprese i sensi, era stesa sulla sabbia che le si era appiccicata agli abiti e ai capelli. Sentì le labbra di qualcuno premere sulle sue, aprirgliele e soffiare aria nei suoi polmoni, e allora cominciò a tossire, sputando un gran fiotto d’acqua. Aprì gli occhi e vide il viso di Emeth a pochi centimetri dal suo, i capelli bagnati, lo sguardo spaventato. Cercò di dire qualcosa, ma lui la sollevò e la strinse a sé.
Lucy continuò a tossire sommessamente contro la spalla di lui, prendendo più aria che poté. Si sentiva debole, la testa le pulsava.
“State bene, Maestà?” udì una voce dire. Una voce che non riconobbe.
Percepì le braccia di Emeth serrarsi attorno a lei, per proteggerla. Lei si volse, e il grido di spavento e di stupore le morì in gola.
Davanti a loro c’erano i sei pirati di Terebinthia, sorridenti, bagnati fino al midollo proprio come lei e Emeth.
Un’idea assurda le attraversò la mente: che fossero stati loro a salvarli?
“Non vi avvicinate” li ammonì il soldato.
Lucy vide Ader alzare le mani in segno di resa.
“Non abbiamo intenzione di farvi del male. Siamo qui per aiutarvi”
Altri due pirati, quello che assomigliava a un nano e quello con un occhio finto, a un cenno del loro capo si avvicinarono ai due ragazzi porgendo loro la scimitarra e la Spada di Agoz.
La Regina e il soldato rimasero sbalorditi, ma le accettarono. Emeth non disse nulla, i pirati nemmeno, invece Lucy ringraziò educatamente.
“Non dovete, Maestà. Per non è un dovere” disse ancora Ader.
I due ragazzi si alzarono e osservarono meravigliati i sei filibustieri inchinarsi davanti a Lucy.
“A che gioco giocate? Chi…cosa siete?” fece Emeth, ma a un cenno di lei smise di parlare, frenando le mille altre domande che avrebbe voluto porre.
Lucy rinfoderò la Spada di Agoz e si avvicinò di un passo ai pirati.
“Alzatevi” ordinò gentilmente, ed essi obbedirono.
Ader e Lucy si guardarono negli occhi per diversi secondi, e allora la ragazza capì perché Emeth aveva chiesto ‘cosa siete’.
Notò molte cose, una dopo l’altra.
L’aspetto dei sei pirati non era quello che ricordava, benché li avesse veduti un paio di volte soltanto. La loro pelle era di una strana sfumatura azzurrognola e presentava strane chiazze luminescenti sulle guance. No, non erano chiazze, erano…squame. Ne avevano anche sulle braccia. Piccole squame che brillavano dei colori dell’arcobaleno, seppur deboli nella poca luce presente sull’Isola. Appena sotto le orecchie: branchie. Inconfondibili. I piedi nudi presentavano sottili membrane tra le dita. Piedi palmati, così come le mani. E tutto questo sommato insieme la convinse che erano amici, non nemici. Tutte queste caratteristiche facevano di loro autentici uomini pesce, che a differenza degli uomini pipistrello di Jadis, erano creature di Narnia.
Lucy sorrise automaticamente, capendo tutto in un istante, anche se sarebbe stato difficile spiegarlo a parole.
“Possiamo fidarci di loro” dichiarò con sicurezza, mentre anche Ader le sorrideva, e il suo viso affilato le parve improvvisamente amichevole.
“Stai scherzando, vero?” chiese Emeth allibito.
Lei si voltò, scuotendo il capo. Andò verso di lui e gli fece abbassare il braccio con cui reggeva la scimitarra.
“Niente spade. Niente combattimenti”
“Siamo felici del fatto che abbiate creduto subito alle nostre parole, Maestà” disse il pirata alto e grosso, chinando un poco il capo.
“Certo che vi credo. Siete creature di Aslan”
“Ci ha mandati proprio lui” spiegò Ader, lanciando un’occhiata penetrante a Emeth.
“Da quando…insomma…” balbettò il ragazzo.
“Da sempre, giovane tarkaan” disse Ader con una risatina. “Ovviamente non potevamo dirlo a nessuno e siamo stati ben attenti a non immischiarci troppo con i calormeniani. Aslan ci fornì sembianze umane, ma non era detto che non ci scoprissero. Veniamo dai mari d’occidente, al di là delle terre di Telmar. Il nostro popolo di solito rimane neutrale in qualsiasi questione riguardi il regno, ma dopo che Re Caspian X ha rinsaldato i rapporti tra Narnia e Telmar, anche noi abbiamo pensato che era ora di fare qualcosa per dimostrare fedeltà al nostro Sovrano. Aslan ci chiamò poco prima che Sua Maestà partisse per questo viaggio. Aveva bisogno di qualcuno che si camuffasse con il nemico e che avesse potuto aiutare le Loro Maestà in caso di pericolo. Se mai foste entrati in contatto con Rabadash e suoi- e difatti è accaduto parecchie volte- ed essi avessero voluto farvi del male, noi avremmo dovuto proteggervi ma sempre restando nell’ombra”
“Ci avete sempre aiutati?” chiese Lucy molto colpita.
“Per quanto ci era possibile sì, graziosa Maestà. Nelle battaglie vi coprivamo le spalle senza che ve ne accorgeste, oppure, quando governavo personalmente l’Occhio di Falco, facevo in modo di lasciare sempre una certa distanza tra noi e voi”
“Rallentavate la nave appositamente?!” chiese Emeth, ancora stordito da tutte quelle rivelazioni.
Il pirata dalla lunga barba mosse la mano nell’aria, noncurante. “Sì, la rallentavamo, uscivamo leggermente dalla rotta…tutte piccolezze che di certo quell’inetto capitano che Rabadash si ritrovava, non poteva notare”.
“Tutti sanno” riprese Ader, “che i calormeniani non sono un popolo di navigatori. Aslan predisse che Tisroc avrebbe cercato tra i pirati di Terebinthia- che sono disertori della Vostra corona- qualcuno capace di navigare in mari sconosciuti. Ovviamente, l’Imperatore non arrivò mai a trattare con i veri pirati. Aslan ci fornì una nave e noi e alcuni nostri compagni fingemmo di essere umani, pirati appunto, e stringemmo un finto patto con Tisroc. Ma siamo e saremo sempre fedeli ad Aslan e ai suoi Re e Regine”
Lucy sorrise raggiante. “E chi meglio degli uomini pesce potrebbe essere in grado di guidare una nave nell’Oceano Orientale?”
“Un gioco da ragazzi” borbottò compiaciuto il pirata più alto.
“Adesso ti fidi, giovane tarkaan?” chiese Ader.
Emeth fece un smorfia, continuando a rimanere indietro. “Non lo so…insomma, io vi conosco come delinquenti della peggior risma, interessati solo al denaro e che pensano solo a sé stessi”
“Bene!” esclamò il pirata che sembrava un nano. “Vuol dire che la nostra copertura ha funzionato, no? Probabilmente nessuno ha ancora capito che siamo traditori, capo. Penseranno solo che abbiamo abbandonato la nave” sghignazzò.
“E anche se fosse” rispose Ader, “abbiamo la protezione di Aslan”
A quella frase, Lucy si volse ancora verso Emeth. “Possiamo fidarci, non preoccuparti”
Emeth guardò stupito i sei uomini pesce. Tutti avevano fiducia in Aslan, come Lucy, certi ch’ Egli avrebbe potuto risolvere qualsiasi cosa solo con la sua presenza, o sconfiggere il nemico con un ruggito, e che tutti loro sarebbero stati protetti solo invocando il suo nome.
Anche lui voleva avere quella fede.
Emeth prese un respiro, lo trattenne e lo liberò. Rinfoderò di malavoglia la scimitarra, avvicinandosi un poco. Lucy gli sorrise ancora, felice.
“Su, smetti di fare quella faccia, ragazzino” fece Ader, dandogli una pacca sulla spalla, purtroppo su quella ferita.
Emeth emise un gemito di dolore.
“Oh, scusami”
“Non è nulla”
“Fammi vedere” disse in fretta la Valorosa, posando delicatamente la mano sulla ferita e ritraendola subito dopo. “Non ho il mio cordiale, accidenti!”
 “Legaci questo intorno” disse Ader, strappandosi una manica della camicia. “Dovrebbe bastare per arrestare il sangue, almeno finché non tornerete alla vostra nave. Lasciate che vi scortiamo”
“Non possiamo tornare” disse Lucy, afferrando il pezzo di stoffa e lavorando svelta attorno alla spalla del ragazzo.
“Ma Maestà…”
In quel mentre, un ululato spaventoso si librò nel cielo temporalesco.
 “I demoni di Jadis” mormorò Emeth con un brivido lungo la schiena. “Lucy…non credevo che l’avrei mai detto, ma hanno ragione loro: dobbiamo andare via di qui”
“Quelle creature non usciranno dai confini del labirinto” rispose lei, lo sguardo fisso sulla fasciatura. “Non dobbiamo preoccuparci di loro, non ci seguiranno. Ma gli altri sono ancora là dentro e io non li abbandonerò”
“Lu…”
“No, Emeth, non posso!”  gli afferrò le braccia, forte. “Io devo andare”
Lui le cinse le spalle delicatamente e le scostò una ciocca di capelli bagnati dalla fronte.
“No, Lucy. Ricordati cos’ha detto Caspian: ci rivediamo al Veliero dell’Alba. Bene, noi torneremo là. Non sappiamo se gli altri siano ancora nel labirinto oppure no. Potrebbero essere già alla nave ad aspettarci”
Lucy abbassò il capo e rifletté qualche istante. “Forse hai ragione tu” disse, spostando lo sguardo verso il labirinto, augurandosi con tutto il cuore che, semmai gli altri fossero stati ancora là dentro, non avessero dovuto imbattersi in quelle belve spaventose.
 
 
Guidate dalla forza che dava loro la vita, le creature del labirinto lasciarono la scogliera e il passaggio apertosi misteriosamente su di essa, per tornare tra le sicure mura del labirinto. Mentre si ritiravano tra gli alberi, i cespugli, attendendo un momento di maggior fortuna, fiutavano le tracce degli esseri viventi. L’odore era sparito purtroppo, coperto da quello del mare, spazzato via dal vento. Alzarono i colli irti di peli neri ed emisero un verso spaventoso, stridulo, a metà tra un ruggito e un ululato, più simile a un lamento che a un vero e proprio richiamo. Ma era effettivamente quest’ultimo.
La forza che li dominava ordinò loro di risvegliare altre creature spaventose quanto loro. Gli esseri viventi non sarebbero fuggiti.
Ombre amorfe prendevano vita dalla nebbia verde, alimentati dal buio, dalla nebbia stessa, dalla voce sussurrante che spirava tra le mura.
Nuovi esseri viventi si stavano avvicinando, ora ne sentivano l’odore, i timori, i tormenti, le incertezze. L’odore della pura paura.
Il labirinto prese a pullulare delle più spaventose belve oscure mai viste a Narnia dai tempi dei tempi.
 
 
Caspian, Peter, Susan, Miriel, Eustace e Lord Rhoop, seguirono la strada che quest’ultimo indicò all’intero gruppo.
La Driade ritrovò i Fiori del Fuoco piantanti per tutto il tragitto percorso con Peter, il che assicurò a tutti quanti di stare imboccando davvero la via giusta.
“Sei stata previdente” si complimentò Peter “E geniale”
Lei vide che la guardava con un certo orgoglio e sorrise a sua volta. “Oh, una cosa da nulla”
D’un tratto, Rhoop si arrestò così bruscamente che quasi Caspian e Susan, appena dietro di lui, andarono a sbattergli addosso.
Anche Eustace, che chiudeva la fila, si fermò alzando il lungo collo squamoso verso il cielo.
Il drago fu il primo ad accorgersi del pericolo. I suoi sensi erano molto più acuti di quelli che avrebbe avuto se fosse stato ancora umano.
Liberò un rivolo di fumo dal naso, sbuffando nervosamente. Ne seguì la traiettoria, le spirali che disegnò nell’aria e che si mischiarono alla nebbia verde, sempre presente. Accadde la stessa cosa di quando, d’inverno, la condensa appannava i vetri di casa nascondendo la visuale all’esterno. Poi lui vi passava una mano sopra e finalmente riusciva a vedere la strada, il giardino, il vialetto.
In un certo senso, il fumo dalle sue narici fece la stessa cosa: cancellò la nebbia e rivelò quel che c’era al di là di essa, dentro l'oscurità.
“Arrivano! Stanno arrivando, sono qui!” gridò sgomento Lord Rhoop, rannicchiandosi contro la parete del sentiero che stavano percorrendo.
Lasciò la presa sulla sua Spada, e non appena lo fece, decine, anzi, centinaia di occhi gialli lampeggiarono nel buio.
Le belve apparvero una dopo l’altra, dalle ombre, dalle fronde degli alberi, persino dal cielo e dalla terra. Ovunque. E i ragazzi capirono che erano in agguato da chissà quanto, e che era stata la Spada a tenerle lontane, fino a quel momento.
Camminavano su due zampe ma stavano curve, con la schiena ingobbita, oscillando le braccia lunghe come grottesche scimmie. Altre avevano sembianze a metà tra un lupo e un leone, il corpo pieno di peli ispidi e artigli e zanne che, quando aprivano e chiudevano la bocca, stridevano come farebbero le lame di due coltelli una contro l’altra. Altre ancora avevano ali e becchi simili alla statua del rapace sull’Occhio di Falco. E di nuovo, creature indefinibili, piccole, grandi, enormi, nere come la pece, piene di scaglie e punte su tutto il corpo.
“Che cosa… sono?” balbettò Miriel.
“Sta vicino a Lord Rhoop, occupati di lui” disse Peter, preparandosi ad usare la Spada di Restimar, così come Caspian quella di Revilian.
Susan invece, guidata da un gesto istintivo, fece per caricare l’arco.
“No, Sue! La Spada!” le gridò Caspian, quando i mostri cominciarono il loro attacco.
“Caspian!” gridò lei per avvertirlo dell’arrivo di un nemico, e il giovane si volse appena in tempo per atterrarlo.
La Regina rimise l’arco dietro la schiena, rapidamente, e quasi contemporaneamente, con l’altra mano alzò il suo talismano, anche lei all’ultimo momento. Colpì con decisione e il mostro scomparve davanti ai suoi occhi.
“Susan?!”
“Sto bene…Scusa…” mormorò lei in direzione del Re, facendo poi vagare lo sguardo sulla sua lama. “Io non…”
“Non preoccuparti. Ma l’arco non ti servirà” le disse lui, in fretta, ma senza rimprovero.
“Ho bisogno di una mano, ragazzi!” li chiamò Peter.
Il Re Supremo si ritrovò completamente assediato. Gridò, quando una creatura gli si aggrappò la braccio sinistro e affondò i denti nella carne.
Eustace si unì al combattimento, sferzando la coda e sbattendo le belve contro le pareti del labirinto, azzannandole, colpendole con i suoi artigli, più forti dei loro. Tuttavia non poteva sconfiggere quei mostri, ma solo fermarli o stordirli per pochi secondi. Solo i suoi cugini e il Liberatore possedevano le armi in grado di fermare quegli abomini.
Li osservò ammirato per un attimo soltanto: Caspian far roteare la sua Spada pulsante di luce, abbassandosi per squarciare il ventre di uno dei mostri volanti; Susan, in un volteggiare della gonna verde smeraldo, fare un giro su se stessa e annientare due leoni, lasciando dietro di sé una scia luminosa; Peter, nonostante il braccio ferito, piantare con un gesto straordinariamente rapido la lama brillante di magia nella schiena di una delle grottesche scimmie.
Ma nonostante tutto, non potevano farcela, era evidente. Quei demoni erano ben più numerosi e sembravano non finire mai.
E allora, Eustace si decise. Decise di fare qualcosa che non aveva mai provato a fare per la paura di non riuscire.
“Eustace, cosa…?” fece Miriel, che cercava di proteggere Lord Rhoop e la sua Spada.
Il drago vide nelle mani della Driade anche quella di Octesian, che se fosse stato umano, ora sarebbe potuta essere in mano sua.
Ma nonostante il rimpianto per non poter essere al fianco degli altri Amici di Narnia, per la prima volta da quando si era trasformato fu felice di avere il suo attuale aspetto. Non si pentì di essersi comportato male per tutto il viaggio, perché se così non fosse stato, se non avesse assunto le sembianze di drago, per i suoi compagni e anche per lui, sarebbe stata la fine.
Si alzò sulle zampe posteriori, gonfiò il petto, aprì la bocca.
E Miriel capì le sue intenzioni.
“GIU’!!!” gridò più forte che poté, per sovrastare il rumore della battaglia e avvertire gli amici.
Il Magnifico, il Liberatore e la Dolce si volsero all’unisono. Intuendo quel che stava per accadere, si gettarono a terra un momento prima che la potente fiammata invadesse il sentiero.
I mostri si dibatterono tra le fiamme, contorcendosi, ma non poterono nulla contro le lingue di fuoco provocate da una delle creature più potenti al mondo.
Il fuoco esplose e lampeggiò come acciaio fuso, annerendo le mura del labirinto. Le fiamme attecchirono presto ai cespugli, agli alberi, bruciando e consumando tutto ciò che incontravano. La luce cupa e verdastra mutò in una luminescenza ardente che faceva male agli occhi.
Eustace era riuscito nel suo intento, aveva distrutto le belve, ma aveva appiccato un incendio di dimensioni spaventose.
“Via di qui, presto!” esclamo Caspian, traendo in piedi Susan e Peter.
“Lord Rhoop, venite!” disse Miriel, prendendo l’uomo per un braccio.
Egli sembrò finalmente riprendersi dalla paura che lo attanagliava quando vide un albero cadere distrutto dalle fiamme.
Tutti saltarono sulla groppa di Eustace, stringendosi l’uno all’altro.
“Ce la fai?” chiese Peter al drago, che annuì con decisione.
Ma non c’era via d’uscita. Le fiamme erano ormai troppo alte, e se Eustace avesse spiccato il volo, le mura si sarebbero risvegliate e li avrebbero aggrediti.
“Prima bisogna spegnere il fuoco” disse Rhoop, afferrando la sua arma.
Gli altri lo richiamarono indietro, osservando ammutoliti quel che fece poco dopo.
Evocò la magia della Spada, che fluì attorno a lui in un’onda di luce, fornendogli potere e protezione. Lentamente, la lama s’illuminò dall’elsa alla punta, vibrando di un potere che non poteva essere paragonato nemmeno lontanamente a quello che si era sprigionato dalle altre Spade fino a quel momento.
I lineamenti del corpo di Lord Rhoop divennero meno chiari, si confusero con la luce, e il tempo parve rallentare, i suoni si spensero.
La Spada assorbì tutta l’energia e tornò del consueto azzurro pallido. Poi divampò la magia, producendo un raggio enorme, potente. Aprì un varco nel fuoco, abbastanza grande da permettere al drago di passare.
Rhoop allora risaltò dietro a tutti sulla groppa di Eustace, il quale non perse un istante e si lanciò attraverso il passaggio creato dalla magia.
“Questo è il vero potere delle Spade?” mormorò Susan, stordita.
“Assolutamente no, mia Regina. Questo è quello che riesco ad evocare io: un semplice custode. Quando sarà nelle mani del suo vero proprietario…quando tutti voi riuscirete ad utilizzare la reale forza di questi talismani…allora vedrete! Vedrete!”
Rise, forte, e la sua risata trionfale echeggiò sopra le mura del labirinto.
 
 
Shanna, Edmund e Shira si incamminarono per i corridoi deserti del castello della Strega Bianca.
La ragazza non poté illustrare al Re i vari pericoli di quel luogo, non essendo mai uscita dalla sua stanza prima, e dalla torre poi. Il falchetto, invece, conosceva abbastanza di quelle stanze per sapere come muoversi.
Durante le sue visite alla Stella Azzurra, Shira si era premurata di esplorare il palazzo, per quanto le era stato possibile.
“Non prendete per oro colato quel che vi dirò, Sire” Shira avvertì Edmund. “Ma so per certo che la Strega sta sempre ai piani di sotto, e così i suoi servitori, per lo più Troll e Ciclopi. Se non scendiamo più giù del terzo piano non rischieremo di incontrarli”
“E da dove usciamo, scusa?” chiese il Giusto.
“Useremo un passaggio che ho visto spesso utilizzare dalle sentinelle di Shanna. E’ al quinto piano e porta direttamente al cortile principale”
“Ottimo. Facci strada, allora”
Camminavano piano, Shanna stretta a Edmund.
Le mani di lei stringevano il braccio di lui, e il giovane le cingeva una spalla, nell’altra mano la Spada di Bern.
La Stella Azzurra si guardava attorno impaurita. Ogni ombra, ogni più piccolo scricchiolare di scale, guizzare di fiamma di candela, la metteva in agitazione.
Trovarono un altro Ciclope montare la guardia al limitare di una lunga scalinata. Edmund si sbarazzò di lui in fretta e poi tornò dalle altre.
“Prima o poi si accorgeranno di noi” sussurrò la fanciulla, tenendo la voce bassissima. “E quando capiranno che non sono più nella torre…”
“Prima di allora saremo fuori, amica mia” la rassicurò Shira, volando avanti a loro per accertarsi che la via fosse libera.
I due ragazzi passarono accanto al Ciclope e Shanna si coprì gli occhi, emettendo un grido soffocato di orrore.
“Ehi…” fece Edmund, trasalendo quando lei si rifugiò tra le sue braccia, il viso premuto sul suo petto.
“Perdonami”
“V-va tutto bene. Tranquilla” cercò di rassicurarla, dandole leggeri colpetti sulla schiena.
Lei alzò il viso e si separò da lui. “Non sopporto la violenza, in ogni sua forma. Anche se so che è inevitabile”
“Purtroppo è vero” ammise lui.
La guardò per qualche istante, lei fece lo stesso. Edmund non riusciva a capire perché non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Era sfacciataggine oltre ogni dire fissarla in quel modo insistente, ma non poteva farne a meno.
“Muovetevi” sibilò Shira, spuntando dal corridoio.
I due ragazzi le corsero appresso e la seguirono di nuovo giù per molte rampe di scale, grandi e più piccole, attraverso corridoi e porte. Una volta, incontrarono grossi Troll con i quali Edmund ebbe non poca difficoltà. Uno di loro riuscì a fuggire via e il ragazzo provò a rincorrerlo, ma Shira lo fermò.
“Non abbiamo tempo. Se non sarà lui, l’allarme lo darà qualcun altro. Andiamo!”
Il giovane tronò da Shanna e la spinse al di là di una porticina indicata dal falchetto.
“Di qua, svelti, svelti!”
Scesero una lunga scala a chiocciola che faceva girare la testa, poi ecco un’altra porta di ferro, che stridette quando l’aprirono. Infine, si ritrovarono nel cortile principale. Si nascosero al riparo in una nicchia, in attesa. Le grida gutturali dei mostri echeggiavano attorno a loro. Ne scorsero alcuni agitarsi sull’alto delle mura.
“Hanno già fatto passare la voce. Abbiamo poco tempo” disse Edmund, il cuore che batteva all’impazzata.
“No, aspettate” fece Shira, con uno strano presentimento.
I due ragazzi la guardarono volare al di là delle merlature e un attimo dopo tornare da loro.
“Non sono agitati per noi, ma per il fuoco!”
“Cosa?!” esclamarono allarmati la Stella e il Re.
“Non ho idea di cosa sia accaduto, ma c’è del fuoco non troppo lontano da qui. Se ci sbrighiamo possiamo evitarlo prima che arrivi fino al castello”
Shira, Edmund e Shanna rimasero per alcuni sitanti immobili, i due ragazzi sempre stretti l’uno all’altra.
Lui guardò la fanciulla, completamente terrorizzata. Probabilmente Shanna aveva sempre vissuto una vita tranquilla, al sicuro da qualsiasi pericolo, protetta dall’amore della sua famiglia. Era una creatura delicata, non era abituata a tutto questo. Non poteva pretendere che reagisse in altra maniera.
“Shanna, dobbiamo correre” le disse, specchiandosi nei suoi grandi occhi, luminosi come specchi.
“Non ce la farò mai”
“Sì, ce la farai. Ci sono io con te”
La ragazza tremò, spostando lo sguardo da lui al falco.
“Pensa questo, piccola cara” disse Shira. “Quando saremo fuori, il sigillo che blocca i tuoi poteri in questo luogo non avrà più alcun effetto su di te, e potrai tornare forte com’eri prima”
“S-sì” esalò lei, e dalla sua bocca non uscì un altro suono.
Doveva farsi forza. Doveva farlo per suo padre.
Se fosse stata sola, sicuramente non avrebbe trovato il coraggio, ma si sentiva conforta e protetta dall’affetto che la sua amica le dimostrava, e soprattutto dalla presenza di Edmund, dalla sua voce gentile, la mano calda di lui che afferrò la sua.
Il Re azzardò un passo fuori dal nascondiglio quando vide il terreno creparsi sotto i suoi piedi.
Lui e Shanna si guardarono di nuovo.
“Corri. Corri più forte che puoi. Io non ti lascio sola”
E nel momento in cui abbandonarono la protezione della nicchia, un fragore assordante spezzò il silenzio.
Il caos dilagò in tra i servitori della Strega Bianca, che si riversarono fuori dal palazzo senza curarsi minimamente dei tre fuggiaschi, mentre i bastioni iniziavano a crollare su se stessi e l’intero labirinto veniva scosso da una violenza incontrollabile.
Iniziarono a correre tra laterizi cadenti, colonne che si schiantavano al suolo e ostruivano la strada verso il portone principale.
Non poteva essere stato solo il fuoco a produrre tutta quella devastazione, pensò Edmund.
Ma allora cosa? Un maremoto? Un’esplosione di magia? O la stessa Strega Bianca? Jadis poteva essere capace di distruggere la sua stessa dimora?
Oh, sì, poteva.
Arrivati al portone a due battenti, lo trovarono chiuso.
“Come sono usciti i mostri di Jadis?!”
“Probabilmente hanno trovato un’altra strada, Maestà” disse Shira al Giusto.
“Allora dobbiamo trovarla anche noi” disse Edmund, la voce confusa dal fragore del crollo del castello.
“Posso…posso provare io ad aprirlo” balbettò Shanna. “Ma mi devi aiutare”
Edmund la vide raddrizzare la schiena e stringergli la mano più forte.
“Va bene, ma come?” le chiese perplesso, agitato.
“La magia della Spada. Devi unirla alla mia. Sento che i poteri mi stanno tornando, ma non sono ancora abbastanza forte. Ho bisogno di te”
Edmund provò un tuffo al cuore a quelle parole, ma non vi fece tropo caso. O meglio, non volle farci troppo caso.
Shanna alzò la mano libera e chiuse gli occhi. Il suo corpo iniziò ad illuminarsi, esattamente come accadde alla Spada di Bern.
Edmund guardò la propria arma stupefatto e iniziò a sentire il suo cuore battere forte, risuonargli nelle orecchie, nella mente, come se fosse un suono al di fuori di lui. E tutti gli altri rumori si spensero. Il battito divenne più forte ancora, e lui capì che non era solo il suo cuore, ma anche quello di Shanna. Batteva in armonia con il suo, con le pulsazioni di luce della Spada e della magia di lei.
Una scia azzurra scaturì dal corpo di Shanna, avvolgendo lui, la Spada e Shira.
Shanna non sembrava più umana, rassomigliava a una creatura angelica, fatta di luce, i lunghi capelli biondi ondeggiavano attorno a lei, lentamente, e se non fosse stato per il calore e la morbidezza della sua mano, il ragazzo avrebbe potuto davvero credere di essere al fianco di una creatura fatta di puro spirito.
“Edmund…”
La voce di lei risuonò alterata, come un’eco.
Era la prima volta che lo chiamava per nome, e il giovane si sorprese dell’intensità dei sentimenti che provò nel sentirlo pronunciare da lei, dalla sua voce dolce e leggera.
“Dimmi dove vuoi andare, Edmund, e io ti ci porterò”
“Dalla mia famiglia. Dai miei amici” rispose automaticamente lui.
Fu costretto a strizzare gli occhi e poi chiuderli, quando lei si portò una mano al petto, sul cuore, e cantò richiamando a sé il potere.
Per un attimo, ogni cosa fu solo luce, pura, calda, quasi accecante. Tuttavia, Ed sentì che poteva anche aprire gli occhi, certo che non ne sarebbe stato accecato, che non gli avrebbe dato fastidio.
Lo fece, e pian piano tornò a vedere il mondo, i contorni riapparire.
Shanna abbassò la mano e fece un gran respiro.
Erano adesso davanti a un alto arco di pietra. Erano all’entrata del labirinto, ma ancora all’interno. L’arco era ostruito da spessi rampicanti che impedivano loro di compiere l’ultimo passo verso l’uscita.
Edmund guardò Shanna e notò che lei lo fissava già da qualche secondo. Sul viso, la paura faceva ancora capolino, ma il fatto di essere riuscita ad usare i suoi poteri le aveva infuso nuova forza.
“Puoi lasciarmi la mano, ora” disse la ragazza, incredibilmente tranquilla.
Lui lo fece e sentì il calore di lei svanire. Una sensazione di disagio lo inondò, ma ancora una volta non volle dar retta ai suoi sentimenti.
La magia della Spada di Bern si attivò quando il Giusto iniziò a recidere i rampicanti, che si dibatterono sotto i colpi come furiosi serpenti di spine. Ma come in risposta quella minaccia, la lama azzurra intensificò la sua forza e presto il passaggio fu libero.
Edmund allungò una mano verso Shanna e le sorrise, stanco. “Sei libera adesso”
Shanna l’afferrò di nuovo, il cuore che scoppiava di gioia.
Sì, finalmente era libera. Finalmente, dopo molti mesi, avrebbe presto rivisto la luce del sole, avrebbe rivisto l’Oceano, e suo padre.
Edmund prese la strada che li avrebbe condotti tutti e tre al Veliero dell’Alba. Non sapeva se laggiù stessero ancora combattendo o meno, ma doveva tornare alla nave, far sapere a chi vi avrebbe trovato cosa era successo, e informarsi sulla sorte dei fratelli e degli amici.
In quello stesso momento, un ruggito richiamò la sua attenzione. Shanna e Shira emisero un grido di stupore e terrore, ma Ed le tranquillizzò.
 “Eustace!” esclamò, al settimo cielo.
Aveva chiesto a Shanna di portarlo dalla sua famiglia e dai suoi amici, e infatti eccoli: sulla groppa del drago c’erano Peter, Susan, Caspian e Miriel, accompagnati da un uomo sconosciuto.
“Edmund! Edmund!” udì una voce alle sue spalle, e non appena si voltò scorse una massa di capelli rossicci invadere il suo campo visivo.
“Lucy!”
“Dobbiamo andare via di qui, alla svelta!” esclamò Emeth raggiungendola, con al seguito i sei individui che meno di tutti il Re Giusto si sarebbe aspettato di vedere.
“E loro cosa ci fanno qui?!” chiese Ed, indicando i pirati.
“Lei chi è?” chiese Lucy indicando Shanna.
Ma le spiegazioni potevano essere rimandate.
“Ed!!!” girò Caspian, mentre Eustace scendeva sulla spiaggia. “Sta crollando tutto, andiamocene!”
“Aspettate!” disse Shanna, alzando le braccia al cielo.
In men che non si dica un numero sufficiente di Uccelli di Fuoco atterrò accanto al drago, così che i pirati, Emeth e Lucy, Shanna e Edmund poterono salirvi e seguire Eustace, che con uno slancio delle zampe riprese quota. Shira li seguì per ultima, voltandosi solo per un attimo per vedere le torri del castello venir lambite dalle fiamme.
“Ben ti sta, Stregaccia della malora!”
 
 
La lunga e appuntita bacchetta magica si piegò nelle sue mani, e se non fosse stata fabbricata del più potente metallo di Charn, si sarebbe sicuramente spazzata.
Una cieca furia la invase.
Avevano osato tanto…avevano osato troppo, l’avevano sfidata oltre ogni possibilità e adesso lei si sarebbe vendicata nel peggiore dei modi.
Non avrebbe rinunciato solo perché erano riusciti a sconfiggere i suoi incubi, o perché infine non avesse nemmeno una Spada nelle sue mani. Le avrebbe avute prima o dopo.
Il segreto era la pazienza. Ma la sua si era esaurita.
Jadis di Charn era diversa da ogni altra creatura esistente a Narnia. Era una figlia del potere, la sua stirpe era una delle più antiche. Nata con la magia dentro di sé, il suo destino era quello di conquistare e comandare. Il destino le aveva assegnato un ruolo alla sua nascita: quello di Regina dei mondi.
Il suo grido lacerò l’aria. La nebbia, che era la sua attuale essenza, corse lungo la vetta più alta dell’Isola delle Tenebre, dalla quale a Strega Bianca aveva assistito agli ultimi eventi.
I suoi adepti distrutti, Shanna libera, il labirinto in fiamme.
Avrebbe potuto scendere di nuovo in mezzo ai Sovrani di Narnia, fermarli ed evitare tutto questo, ma era legata da catene invisibili.
Dopo la prova di Caspian, dopo che aveva incontrato Aslan, le forze l’avevano abbandonata per un attimo. E in quel lasso di tempo i Re e le Regine di Narnia avevano rovinato tutto…
Che tutti siano maledetti!
Ne mancava solo uno, il suo prediletto. Gli altri erano riusciti a cavarsela e a battere i suoi incubi, le trappole che aveva preparato per loro con tanta cura e…perché no, anche divertendosi.
Ma come sempre, Aslan era intervenuto.
Pazienza, si disse, tentando di ritrovare la calma, la quale però sentiva scivolare via ogni secondo che passava.
S’impose di pensare che anche uno solo di loro- quell’uno in particolare- poteva fare la differenza.
Se avesse anche solo incrinato l’equilibrio del gruppo degli Amici di Narnia, sarebbe stato sufficiente per dare il via a una nuova partita.
Edmund era l’esca migliore, l’asso nella manica. L’aveva tenuto per ultimo proprio perché poteva rendersi utile giocare la carta del Giusto come riscatto a tutte le sconfitte subite.
Aveva messo in conto che con Peter, Susan, Lucy, Caspian e Eustace, le cose avrebbero potuto andare a loro favore. Ma Edmund… come avrebbe reagito il caro Edmund trovandosi davanti a lei dopo così tanto tempo?
Jadis percepiva le sue insicurezze, così come quelle degli altri. Ma lui era diverso.
Forse era cresciuto fuori, ma dentro, il ragazzino che lei aveva conosciuto e irretito era ancora là, da qualche parte.
Edmund non poteva cancellare quello che era stato. Non avrebbe mai potuto dimenticare.
Portandolo nuovamente dalla sua parte, e con gli altri ormai allo stremo delle forze, avrebbe aperto quella nuova partita e ne sarebbe uscita vincitrice.
Mosse la bacchetta magica, piantandola nel terreno e provocando un boato assordante che squassò l’intera Isola delle Tenebre. Batté tre volte con la punta sul suolo e, in risposta, uno stridio acuto si levò dalle profondità del mare.
E l’Isola delle Tenebre iniziò a muoversi, a sfaldarsi. La creatura che aveva atteso così a lungo e pazientemente sotto di essa, incominciò a risvegliarsi. Quella creatura che aveva permesso all’isola di muoversi da una parte all’altra dell’Oceano Orientale, portandola sul suo dorso.
Jadis osservò il suo palazzo crollare, le mura cedere, la magia che le imperniava svanire; i mostri, i suoi servitori…tutto venne pian piano distrutto. Non le serviva più.
 “Tocca a te, mio adorato” mormorò, gli occhi iniettati di furore.
La creatura emise un altro sibilo acuto, iniziando a fendere l’acqua, emergendo dapprima con il dorso. Piccole escrescenze, simili a verdi collinette viscide salirono in superficie. Infine, s’innalzò al di sopra della vetta su cui la Strega Bianca si trovava.
Una massa verde, informe, fatta di nebbia come lei, che aspettava solo di concretizzarsi.
Jadis sapeva chi avrebbe dato davvero vita a quella creatura.
I narniani potevano anche aver vinto la battaglia, ma la guerra l’avrebbe vinta lei.

 
 
 
 
Cari lettori, vi chiedo immensamente scusa per questo ritardo, ma ho avuto problemi di connessione per alcuni giorni. Non funzionava nemmeno il telefono e internet andava a singhiozzo. Avrei voluto avvertirvi ma non è stato possibile. Però, eccomi qui con il nuovo capitolo!!!
Vi dirò, non sono per nulla soddisfatta. Non è venuto come volevo e non ho avuto nemmeno molto tempo per lavorarci su, causa impegni, ma se non postavo oggi rischiavo di rimandare ancora per troppo e saltare la settimana, e non volevo assolutamente!!!
Ditemi se a voi piace!!!
 
Ringraziamenti:
 
Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  arianna17, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  Francy 98, FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon, ilove_tay_13,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Mia Morgenstern, mmackl, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, oana98, piumetta, Riveer, ScarlettEltanin,  Serena VdW, Serpe97, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94, virginiaaa
 
Per le ricordate:

ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 
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Per le recensioni dello scorso capitolo:

Charlotte Atherton , EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My world,  FrancyNIke93, ImAdreamer99, JLullaby, LittleWitch_ , Mia Morgenstern, piumetta, Serena VdW e TheWomanInRed
 
 

Angolino delle anticipazioni:
Siamo davvero alla fine della battaglia, signori e signore! Nel prossimo capitolo ci sarà il round finale, con la prova di Edmund.
Scopriremo quali sono le condizioni dell’equipaggio del Veliero dell’Alba e che fine hanno fatto i calormeniani…e come reagiranno i nostri eroi sapendo che i parti di Terebinthia sono dalla loro, e la vera identità della Stella Azzurra.

 
Vi devo già salutare, vado di corsa.
I risultati del sondaggino li metterò la settimana prossima.
Vi ringrazio sempre moltissimo, ma sarete stanchi di sentirvelo dire. Io invece non sono mai stanca delle vostre recensioni e dei complimenti che mi fate. ^^
Scusate ancora per il ritardo. Vi adoro tutti!!!
Un bacio e un abbraccio,
Susan<3

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Capitolo 47
*** Capitolo 47: Il serpente marino ***


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47. Il serpente marino
 
 
 
La pioggia cominciò a cadere in grandi goccioloni, fredda sulla pelle, pungente quando il vento la sbatté contro le loro facce. Qualche momento dopo, il filmine squarciò le nubi e scoppiò una vera e propria tempesta, mentre l’Isola delle Tenebre tremava e sprofondava negli abissi.
La foresta, i resti di quello che era stato il labirinto, il castello della Strega Bianca…tutto vene inghiottito dai marosi. L’incendio provocato dal drago si estinse in lunghe volute di fumo nero e denso, che presto si perse nel cielo.
Eustace volava rapido, affiancato dagli Uccelli di Fuoco, verso il Veliero dell’Alba, accanto al quale stavano altre due navi.
“Eustace, sono tutti tuoi!” esclamò Caspian.
Il drago emise un ruggito possente, passò sopra la nave delle Sette Isole e si gettò in picchiata sull’Occhio di Falco.
Caricò il fuoco, avvertendo un leggero solletico in fondo alla gola. 
Caspian, Susan, Peter, Miriel e Lord Rhoop, avvertirono il corpo del drago vibrare quando liberò le fiamme dalle fauci.
Esse lambirono le vele della nave nemica, che subito presero fuoco nonostante la pioggia.
I calormeniani- o quel che di loro era rimasto- gridarono di terrore, e il capitano dell’Occhio di Falco girò il timone annunciando la ritirata. Dopo la scomparsa dei pirati di Terebinthia, il tradimento di Aréf tarkaan, e la morte di Rabadash, era l’unica autorità rimasta a bordo in grado di impartire ordini.
“Se ne vanno!!!” gridarono i marinai del Veliero dell’Alba, alzando i pungi in aria in segno di vittoria, e invocando il nome di Aslan, che ancora una volta aveva permesso loro di far trionfare la giustizia.
In quel mentre, Eustace si posò nel centro del ponte, e non appena Caspian e i Pevensie vi misero piede, l’intero equipaggio si raggruppò intorno a loro.
Peter si voltò un attimo indietro, osservando l’Occhio di Falco che si allontanava piano.
“E’ prudente lasciarli fuggire?”
Caspian gli si affiancò. “Sì. Non ci interessano i prigionieri. Non abbiamo affrontato questo viaggio per iniziare una guerra, ma per promuovere la pace e salvare la nostra Narnia”
Peter si volse solo un attimo verso il Liberatore.
La nostra Narnia…
Sorrise, posando una mano sulla spalla di Caspian. “Nostra. Hai proprio ragione. Casa nostra”
Caspian ricambiò il sorriso.
“Ehi, guardate chi c’è!” esclamò ad un tratto la voce di Edmund.
Tanti piccoli esserini simili a funghi, saltellando su un solo enorme piedone, si profusero in tanti goffi inchini.
Erano il popolo degli Inettopodi. Brandivano lunghe lance appuntite, e anche loro avevano partecipato alla battaglia. Erano arrivati suoi dorsi di un nuovo gruppo di Blue Singer- spiegarono gli uomini delle Sette Isole.
“Siamo qui su espresso ordine di Aslan” disse Chief, il capo degli Inettopodi.
I Re e le Regine di Narnia non avevano le parole per esprimere la loro felicità e gratitudine. Il Grande Leone aveva mandato loro rinforzi da ogni dove, ed ora, tutti gli amici incontrati durante il viaggio erano lì insieme.
Presto però, l’attenzione di tutti i presenti fu concentrata sui nuovi arrivi. I Sovrani, il drago, la Driade e il giovane trakaan, avevano portato facce sconosciute dall’Isola delle Tenebre.
Alla vista dei pirati di Terebinthia- o meglio, gli uomini pesce- immediatamente i guerrieri di Narnia si misero sull’attenti.
Ma Lucy assicurò che non avevano da temere nulla da loro, e brevemente racconto chi erano e perché erano venuti.
Lord Rhoop, al momento di essere presentato, non rispose e non guardò nessuno. Sembrava ancora una volta immerso in chissà quali pensieri.
Shanna fu presentata a sua volta da Edmund come la vera Stella Azzurra e guida del cielo.
Purtroppo, non ci fu tempo per aggiungere nulla di più, poiché la nave oscillò proprio in quel momento.
Il tremore cessò, poi ricominciò, e cessò di nuovo.
Prudenti, tutti cercarono di affacciarsi ai parapetti per osservare il mare, scorgendo però soltanto le gocce di pioggia che ne increspavano la superficie.
Ma sotto di essa poteva esserci qualsiasi cosa...
“Che cos’è?!” strillò Gael d’un tratto.
In un sinistro sibilo, una specie di collinetta verdastra salì dall’acqua e poi scomparve rapida inabissandosi di nuovo. Alcuni uomini si spostarono dalla parte opposta, altri a poppa, altri a prua: le strane collinette circondavano la nave, si muovevano, salivano e scendevano.
“Che cosa sono?” chiese Chief, ma nessuno seppe rispondergli.
Edmund deglutì sonoramente. Aveva una spiacevolissima sensazione…
“Mi sembra…” fece Miriel, stringendo gli occhi.
Non voleva dire una cosa per l’altra, rischiando di allarmare per nulla i compagni, ma le parve davvero lo stesso fenomeno verificatosi quand’era stata legata al drago d’oro del Veliero dell’Alba dagli uomini di Rabadash.
Quella volta, qualcosa si era mosso sotto di lei, aveva sibilato, in attesa, di tanto in tanto cercando di afferrarla, Poi, Peter era corso a trarla in salvo, e la cosa se n’era andata, scomparsa sotto il mare.
Miriel non aveva mai capito di cosa potesse trattarsi, non aveva visto nulla di più di quelle strane protuberanze, ma il primo pensiero era stato: ‘se cadrò in mare, finirò tra le fauci di qualche mostruosa creatura degli abissi’.
Non c’era andata troppo lontano…
“Non pensate!” gridò Lord Rhoop a un tratto, facendoli trasalire tutti. “Non pensate a nulla, svuotate la mente da qualsiasi pensiero! Qualsiasi! Sta arrivando!”
Caspian si allontanò dal parapetto e gli si avvicinò, cercando di calmarlo.
“Cosa dite, signore? Chi sta arrivando?”
“La cosa oscura…quella cosa che alberga nel cuore e nella mente di tutti noi, nessuno escluso. La creatura che dorme sotto l’isola e che adesso si è svegliata”
Il Lord indietreggiò, fino a ritrovarsi con la schiena contro la ringhiera opposta.
“Non pensate! Non pensate, o qualsiasi cosa temiate diverrà reale, cento volte più potente di come la immaginate ora!”
Lord Rhoop sapeva quello che diceva, ma nessuno parve comprendere appieno le sue parole. Il Veliero dell’Alba era un insieme di volti attoniti, spaventati.
Nessuno… finché…
“Oh no…” esalò improvvisamente Edmund, chiudendo gli occhi, deglutendo. “Oh, che idiota sono!”
“Ed?” fece Peter, lanciandogli un’occhiata interrogativa.
“Scusate! Io non…se mi dite di non fare una cosa, è logico che io…”
“Cosa stai dicendo?” fece Susan, preoccupata. “Non avrai…”
“Cosa?” chiese Caspian, che sperava di aver capito male.
“Hai pensato!” lo rimproverò Lucy, sgomenta.
“Tutti pensano, Lu! Non si può fare altrimenti!” ribatté il fratello. “E’ come quando dici a qualcuno che sta per attraversare un precipizio: ‘non guardare in basso’. E’ inevitabile: la persona lo farà! Gli verrà automatico!”
Lucy ripensò improvvisamente a quando, sull’isola di Ramandu, avevano attraversato il ponte di pietra, e Emeth le aveva detto una frase identica a quella citata da Ed: non guardare in basso…
“Se me lo dici mi viene voglia di farlo” aveva risposto lei.
Purtroppo era vero, e anche gli altri lo capirono: non era possibile fermare i pensieri. Non era possibile impedire alla propria mente di controllare ciò che le parole di Lord Rhoop portavano fatalmente in superficie dal più profondo del loro cuore in tumulto: la paura.
La pura e semplice paura.
“A che cosa hai pensato?” chiese Peter al fratello minore, con una gran voglia di dargli un pugno su quella testaccia dura che Edmund Pevensie aveva e avrebbe sempre avuto.
“Drinian ha continuato a parlarne per tutto il viaggio” deglutì il Giusto per la terza volta. “E io…”
“Ed, non farmi perdere la pazienza! A-cosa-hai-pensato?!”
Edmund esitò. “…Al serpente marino”
Un altro scossone, più forte, e tutti dovettero aggrapparsi l’uno all’altro per non cadere.
Gael si alzò in punta di piedi e guardò giù verso il mare ancora una volta.
“No, Gael!!!” gridò Lucy all’unisono con Rhynce, entrambi in preda al terrore. “Vieni via di lì!!!”
La bambina si ritrasse strillando di terrore, quando dal mare emerse una mostruosa creatura dal colore indefinibile, con sfumature che andavano dal verde al rosso vermiglio. Era orribile a vedersi, la sua testa sovrastava l’albero maestro, e le sue spire continuavano chissà per quanto metri sotto e attorno al veliero. La sua orrenda bocca era spalancata, la lingua saettante e due spaventose file di denti aguzzi in vista. I grandi occhi rossi che scrutavano minacciosi i piccoli uomini sotto di lei. Il suo sibilo aveva un suono come di mille lame dentate che sfregano l’una contro l’altra.
Alla fine capirono tutto: quelle che erano sembrate collinette che uscivano dall’acqua, era in realtà il corpo del serpente, che si alzava sull’acqua a intervalli regolari. Era la stessa creatura che aveva visto Miriel, la creatura che aveva permesso all’isola delle Tenebre di muoversi da un punto all’altro dell’Oceano Orientale trasportandola sul suo interminabile dorso. Era sempre la stessa: il serpente marino. E adesso che si era risvegliato, l’isola si era distrutta.
“Tutti ai posti di combattimento!” gridò Caspian, iniziando a dare ordini ai suoi uomini.
E così i Pevensie, impegnati a dare veloci disposizioni ognuno a un gruppo diverso di guerrieri.
Le armi da taglio non servivano a molto. Tutti gli spadaccini avevano abbandonato le proprie e si erano muniti di archi, balestre, lance, fionde.
Susan e Lucy schierarono gli arcieri di Narnia, umani e Fauni; Peter prese il comando tra gli uomini delle Sette Isole; Edmund radunò Satiri e Minotauri; Emeth fu alla testa del popolo degli Inettopodi; Miriel invocò la sua magia; Shanna, ancora sperduta e spaventata da tutta quella situazione, salì in cabina di comando assieme a Gael, il dottore e Shira.
Gli Uccelli di Fuoco si riunirono attorno alla testa del serpente. Cercavano di distrarlo per far guadagnare tempo ai narniani, così che potessero preparare il primo attacco.
Lo stesso faceva Eustace, sputando fuoco e mettendo in difficoltà il mostro.
“Non c’è trippa per gatti!” esclamò Ripicì dal dorso del bestione. “Pardon, forse dovrei dire per serpenti…o per draghi? Comunque sia….avanti vecchio mio, fagli vedere che sei!!!”
Eustace ruggì, facendosi largo tra gli Uccelli di Fuoco, lanciando una fiammata dalla bocca.
Gli Inettopodi invece aiutavano con le lance.
Le Blue Singer stavano tutte attorno alla nave e la difendevano, mentre Ader e i suoi uomini pesce si tuffavano sott’acqua per cercare un punto debole nel corpo serpentesco.
Fu allora che Edmund l’udì: una voce chiamare il suo nome.
Edmund….Edmund…
Tra le nebbia verde prese forma una figura.
Il giovane rimase immobile, mentre veniva superato da uomini e creature in corsa. Tutto parve rallentare.
Edmund…vieni da me…
Un lampo fortissimo, e il Giusto fu costretto a chiudere le palpebre.
 
Nel frattempo, gli arcieri di Narnia si apprestavano a lanciare il secondo assalto.
“Pronta, Lu?” chiese Susan, gli occhi fissi sul bersaglio.
“Prontissima!”
Le due sorelle erano fianco a fianco.
“Scoccate!” ordinò la Regina Dolce.
La nuvola di frecce si levò nel cielo tempestoso. Provarono a mirare verso la testa del serpente, verso le fauci spalancate, ma era troppo in alto e troppo lontano, e la maggior parte dei colpi andarono a vuoto.
Il serpente si dimenò, infastidito da qualcosa, e l’acqua si tinse di rosso. Un attimo dopo, Ader e i suoi tornarono sulla nave.
“Trafiggetelo tra le squame” disse il capo degli uomini pesce. “Fategli aprire la bocca. Quando la apre, le squame di tutto il corpo vibrano e si aprono. E’ l’unico modo”
“Eustace, portalo giù!” gridò allora Susan al cugino. “Fallo avvicinare!”
“Preparate gli arpioni!” ordinò Caspian, poco lontano dagli arcieri.
I marinai eseguirono, caricarono, lanciarono al comando del Re.
Il serpente si contorse ancora, e gridò quando gli arpioni penetrarono nelle squame.
“Aspettate, ho un’idea!” esclamò Miriel, evocando la magia del fuoco e trasformando le frecce in veri e propri dardi arroventati.
Eustace si gettò in picchiata verso la nave, e il serpente aprì la bocca e lo seguì, abbassandosi notevolmente.
 “Pronti!” esclamò ancora Caspian, i capelli appiccicati al viso dalla pioggia. Si scambiò uno sguardo con Susan, lei annuì, e quasi all’unisono gridarono: “Ora!”
Le frecce infuocate, combinate alle fucine, sembrarono funzionare. Il fuoco di Eustace e di Miriel indeboliva il serpente, che si contorse di nuovo, emettendo urla di dolore mentre gli arpioni gli si conficcavano tra le scaglie.
Un grido di trionfo scaturì dalle gole dei narniani, e non solo.
Ma c’era qualcosa… qualcosa che impensieriva Susan e Lucy.
Le due sorelle si guardarono negli occhi.
“Dov’è Edmund?”
 
Edmund riaprì gli occhi che aveva chiuso solo per un secondo, e si ritrovò solo sul Veliero dell’Alba.
La nave era deserta, come nel sogno in cui aveva incontrato Shanna. Una strana foschia lo avvolgeva.
Solo che, a differenza di quel sogno, non c’erano stelle ad illuminare il cielo. Non c’era quel senso di tranquillità.
Le nubi si ammassavano, nere di tempesta, la pioggia cadeva ancora, le lanterne erano accese, sentiva l’acqua infrangersi contro la chiglia. La nave navigava, eppure era deserta.
“Dove siete?!” gridò Edmund, cominciando a camminare per il ponte.
Tutto era scomparso in un lampo.
Lo aveva abbagliato, mentre il serpente marino emergeva dalle profondità degli abissi. Edmund aveva guardato solo per un secondo in quegli orrendi occhi rossi senza iride, enormi, e poi il lampo…dentro il quale l’aveva vista: un volto bianco, capelli biondi scompigliati dal vento, occhi glaciali che lo guardavano fisso.
Un miraggio, si era detto, in uno di quei ragionamenti fulminei, difficili da spiegare a parole.
Sì, un’illusione probabilmente provocata dalla paura che gli aveva messo il serpente: la sua ossessione per tutto il viaggio.
Non lo aveva mai confidato a nessuno, ma da quando Drinian aveva nominato questi mostri il primo giorno che era salito con Lucy e Eustace a bordo del Veliero dell’Alba, ogni qualvolta incontravano un pericolo, Edmund pensava prima di tutto al serpente marino. Ogni tanto lo sognava, e si vergognava a morte di avere così paura, come un ragazzino…
Anche se effettivamente lo era: aveva quattordici anni. Un anno meno di Susan al loro primo viaggio a Narnia.
Solo che sua sorella era molto più matura di lui, lo era sempre stata… Perché non poteva essere gentile come lei, coraggioso come Peter, buono come Caspian, amichevole quanto Lucy?
Perché, nonostante tutti gli dicessero che era cambiato, che era cresciuto, lui continuava non essere soddisfatto di sé stesso? Cosa gli mancava? Cosa, per essere all’altezza degli altri?
Da piccolo si era sempre comportato bene, finché non si era reso conto (almeno secondo lui) che era il figlio meno amato dai genitori.
Peter era il maggiore, era normale che avesse un posto di rilevanza tra loro quattro. Susan era la prima figlia femmina, giustamente aveva un posto speciale nel cuore della madre. Lucy era la piccola di casa, coccolata e viziata da tutti. E lui?
Tu non servivi.
Lui era il terzo.
Un figlio maschio già c’era, un altro capofamiglia nel momento in cui il padre era stato costretto ad allontanarsi a causa della guerra: un ruolo che Peter aveva ben ricoperto.
Una seconda mamma a cui affidarsi era Susan, con i suoi modi rassicuranti e dolci, la voce calma e piacevole.
Una bimba da proteggere, anche quando fosse diventata più grande, che mettesse allegria con la sua infantile spensieratezza e ingenuità: Lucy, che faceva sempre tornare il buonumore a tutti.
E poi lui: Edmund. Lo scavezzacollo di casa, che aveva sviluppato quel suo carattere arrogante e insopportabile, che non contribuiva all’armonia famigliare, semmai la riduceva.
Lui e le sue battute sarcastiche che facevano arrabbiare Susan e la mamma; i suoi scherzi a Lucy, che la facevano piangere e infuriare Peter e papà.
Perché era diventato così?
Perché avevi capito che eri inutile.
In un certo momento, si era quasi convinto di non aver bisogno di nessuno, né dei suoi genitori, né dei suoi fratelli, né di amici.
Tu non hai bisogno di nessuno. Non devi temere la solitudine. I grandi sovrani del mondo sono sempre stati soli.
Non era vero.
Nel momento in cui aveva voltato loro le spalle, si era sentito incredibilmente solo. E Edmund odiava la solitudine. Gli faceva paura.
Arrivò a poppa, salì sul drago d’oro, e guardò il veliero dall’alto.
Si rendeva conto che gli altri non potevano essere spariti all’improvviso, eppure…
“Non mi hanno abbandonato”, pensò sgomento. “Dev’esserci lo zampino di chi so io…”
Non avrebbe pronunciato il nome di lei. Odiava pronunciarlo. L’avrebbe chiamata Strega, forse, ma non per nome.
Il Veliero dell’Alba avanzava nella tempesta con solo lui a bordo. O forse no…
Improvvisamente, nonostante non ci fosse nulla intorno a lui (non riusciva neppure a vedere il mare, niente al di fuori della nave), era consapevole che qualcosa era in agguato. Una cosa oscura, proprio come aveva detto Lord Rhoop. Una cosa che lo inseguiva da tanti anni… sì, anni, perché a Narnia ne erano passati più di mille. E quella cosa era rimasta imprigionata da qualche parte tutto quel tempo, anche se lui e gli altri avevano creduto di averla sconfitta.
“Io non posso morire”
La voce echeggiò non solo nella sua testa, ma dappertutto.
E ora Edmund capì, anche se l’aveva compreso fin dal momento in cui aveva veduto il lampo e tutto l’equipaggio era scomparso nel nulla: era prigioniero nell’incubo della Strega Bianca. Infine, lo aveva preso.
Quand’erano tornati dal labirinto, Caspian gli aveva brevemente accennato di aver visto la Strega, ma non c’era stato tempo per altro.
Caspian era dunque stato messo alla prova, e adesso toccava a lui.
Doveva fare qualcosa ma non riusciva a muoversi. Provava solo il desiderio di scappare. Dire che era spaventato era troppo semplificativo. Era terrorizzato, in un modo che non avrebbe mai creduto possibile.
Ma non avrebbe permesso a quella donna di perderlo, stavolta. Non si sarebbe fatto ingannare ancora.
“E’ inevitabile. E’ il tuo destino…”
“Tu sei morta!” gridò al nulla, alzando la Spada di Bern che iniziò a vibrare, minacciosa, come se ‘capisse’ che c’era una presenza oscura che minacciava il suo padrone.
“Te l’ho detto, caro Edmund: io non posso morire…”
La foschia si fece più densa, e quando lei apparve non era fatta di nebbia, era carne ed ossa, e gelo, pungente, insopportabile, che gli entrò fin nelle ossa.
Una scia di quel gelo si propagò dappertutto. In pochi secondi, il ponte si trasformò in una lastra di ghiaccio, lambì i parapetti formando strani arabeschi, si levò sull’albero maestro, sulla vela, sul timone. Tutto si fermò, anche il rumore del mare, forse trasformatosi in ghiaccio anch’esso.
Edmund vide il suo respiro concretizzare in rivoletti di vapore. Seguì la traiettoria della scia di gelo, ammutolito, finché questa si fermò là dove aveva avuto origine: ai pedi della donna.
Il ragazzo alzò allora la testa, il respiro affannoso, e fissò quegli occhi terrificanti.
La Strega Bianca era davanti a lui, lo stava osservando in quel modo particolare, come se fosse trasparente e riuscisse leggergli nell’anima, nella mente. Nemmeno la prima volta che l’aveva vista per quel che era si era sentito così.
Chiuse un momento gli occhi, tirando un respiro per calmarsi e soffocare quelle sensazioni che lo paralizzavano.
Lei sembrava sempre così tranquilla e implacabile, mentre lui tremava come una foglia. Come quel bambino stupido che aveva tradito i suoi cari.
Eppure, Jadis dentro di sé non era affatto calma e tranquilla come appariva. Sapeva bene che quella era la sua ultima chance. Traboccava d’odio da ogni parte del corpo.
“Per voi è l’ora” disse poi, facendo brillare la punta della bacchetta magica nella luce dei lampi.
“Per cosa?” la sfidò Edmund, girando in cerchio con lei.
“Per morire!”
 
Shanna fece per chiudersi alle spalle la porta della cabina di comando. Il dottore, il falchetto e la bambina la guardarono indugiare.
“Non posso restare qui con voi” disse semplicemente la Stella Azzurra, catapultandosi fuori dalla porta.
“Aspetta!”
“No, Gael!” la fermò il medico. “Noi dobbiamo prenderci cura dei feriti, ricordi?”
La bimba strinse tra le mani l’ampolla di diamante di Lucy e annuì.
Shira invece, seguì l’amica nel corridoio.
“Shanna, torna indietro!”
“No, devo andare! Non capisci….Edmund ha bisogno di me!”
Shira trattenne il fiato, poi esclamò rabbiosa: “La Strega!”
La ragazza annuì. “Re Edmund mi ha slavato la vita, e ora io devo aiutarlo. Lo devo fare!”
Shira guardò l'altra per un momento. “Fai attenzione, piccola cara”
“Stai tranquilla. So esattamente cosa fare. Tu resta qui”
Shanna prese Shira e le diede un bacio sul becco. Poi la depose a terra e corse via.
Salì sopraccoperta e subito individuò il luogo adatto dove nessuno avrebe potuto disturbarla. Si precipitò di corsa verso una scaletta, a prua, che portava sulla coda della scultura della nave di Narnia. Una volta lì, guardò solo per un attimo l’enorme serpente marino invocato senza dubbio dalla Strega Bianca, sperando con tutto il cuore che quella lotta finisse presto, perché avrebbe potuto aver bisogno di aiuto per salvare Edmund.
Avrebbe dovuto avvertire gli altri Sovrani, dir loro cosa era successo al Re Giusto, ma non c’era tempo. Purtroppo, loro non avrebbero potuto fare nulla, anche volendo. Ma lei sì. Lei disponeva dei poteri per fare qualcosa.
Prese un respiro e voltò le spalle a tutto quanto, perché non doveva pensare a nulla in quel momento, doveva svuotare la mente, concentrarsi solo su di lui…
Giunse le mani e chinò il capo. Una luce scaturì dal suo petto. Cercò di avvicinarsi a lui, ovunque Jadis l’avesse portato.
Se era entrata nei suoi sogni, poteva entrare anche nei suoi incubi.
 
“Non ti consiglio di chiamare aiuto, anche perché nessuno potrà sentirti” disse la Strega Bianca, sempre lasciando una certa distanza tra lei e il ragazzo. Ma i suoi occhi erano quelli di un cacciatore pronto a balzare sulla preda.
“Non avrai mai le Spade” ribatté Edmund, tenendo alzata quella di Bern.
“Sì, le avrò. In un modo o nell’altro”
“Non le puoi usare, e lo sai. Ci hai già provato”
Jadis strinse gli occhi in due fessure. “Purtroppo è vero, ma è per questo che sono qui. Perché sarai tu, Edmund caro, a radunare tutte e sette…per me”
“Te lo puoi anche scordare, maledetta!”
Il Re attaccò per primo, e non fece caso al lampo di trionfo nello sguardo di Jadis.
Lei sperava che fosse lui a fare la prima mossa. Indurlo a tirare fuori la rabbia, a sfiancarlo, privarlo di ogni energia fisica ma soprattutto emotiva, così che non avrebbe più avuto la forza di reagire.
Jadis rispose all’attacco, coprendo la distanza che li separava. La lama azzurra della Spada cozzò contro il metallo della sua bacchetta magica. Con una torsione del polso, lei cercò di far cadere il talismano dalle mani del suo padrone, ma non vi riuscì.
Anche se la Strega era davvero fortissima, molto più di come la ricordava, Edmund non si fece sorprendere né scoraggiare. Usò le sue abilità di spadaccino, sfruttò l’attrito e la spinse indietro.
Ma Jadis continuò a parlare imperturbabile. La sua voce ipnotica entrava nella testa del ragazzo, senza che potesse ignorarla.
“Tutti voi, mio caro, come anche Tisroc, Rabadash, Lilliandil…tutti siete stati pedine di un gran bel gioco. Vi ho usati dal primo all’ultimo. Una volta lanciata la mia magia su Narnia e le altre terre, sapevo i Re e le Regine non si sarebbero tirati indietro se fosse stata in gioco la pace del loro amato regno. E anche quegli stolti superstizioni di Calormen, per salvare la loro stirpe avrebbero fatto qualsiasi cosa, credendo altrimenti di suscitare l’ira di quel loro dio fasullo. Ho usato entrambi voi: tutti, una volta saputa la storia della maledizione del sonno eterno, vi sareste presi l’impegno di scongiurare tale minaccia, chi per uno scopo chi per un altro. Dovevo solo avere pazienza. Ho convinto Tisroc a inviare suo figlio nell’Oceano per inseguirvi, per spingervi oltre le vostre forze, per farvi arrivare qui da me più determinati che mai, e già forniti di tutti i talismani. Vi ho voluto incontrare uno per uno per saggiare le vostre qualità, per accertarmi di persona dei progressi che io stessa vi ho spinti a fare. All’epoca, inoltre, credevo che annientandovi avrei potuto prendere la Spade per me, ma quando riuscii ad avere quella di Peter, capii che non avrei potuto usarle finché la loro magia non fosse stata sbloccata. Su questo hai ragione, mio caro: prima, devono essere poste tutte insieme sulla Tavola di Aslan. Quando accadrà, allora niente potrà più impedirmi di assorbire il loro potere e tornare in vita definitivamente!”
“E tu pensi che sia io ad aiutarti, vero? Sei così sicura di te…”
Jadis lo sbatté contro la parete sotto il cassero di poppa.
Edmund sentì un dolore acuto alla schiena e il respiro gli si mozzò per un secondo soltanto.
“Tu non capisci, Edmund. Tu puoi avere quel potere. Sei un grande spadaccino, sei astuto, sei potente come i tuoi fratelli e Caspian non lo saranno mai. Prova a pensarci…”
“No, stai zitta!”
Lei rafforzò la presa, premendo sulla gola di lui con l’avambraccio.
“Io posso fare di te l’uomo più potente di tutto il mondo. Io posso insegnarti ad usare il tuo potenziale come Aslan non potrebbe mai!”
Gli occhi di ghiaccio di Jadis erano fissi in quelli di lui. Presto, si trasformarono in pozzi di oscurità profonda e Edmund, che avrebbe voluto con tutte le sue forze riuscire a distogliere lo sguardo da lei, rimase invece ipnotizzato.
“Se solo dessi a te stesso una possibilità, allora capiresti che non solo sei il più forte, ma che nessuno potrebbe fermarti e impedirti di diventarlo. Avresti allora l’ammirazione di Caspian, l’affetto delle tue sorelle tutto per te, e il rispetto che Peter ti deve. Per troppo tempo hai subito. Per troppo tempo sei stato messo da parte…Non ti chiedi perché continuano a tenerti indietro? Perché seguitano a rimproverarti, a frenarti? Si impongono su di te perché sanno che potresti spazzarli via in un secondo. Sono egoisti, e invidiosi del tuo titolo: il Re Giusto…Un Re che è migliore di un Liberatore, di un Magnifico, di una Valorosa, di una Dolce…Cosa se ne fa Narnia della libertà, quando ancora giace sotto il dominio di Telmar? Caspian è e sempre sarà un telmarino.
“Sotto la maestosità del Re Supremo, cosa si nasconde? Un ragazzino arrogante, irritabile. Non ci siamo proprio, non credi?
“Davvero molto a poco serve la gentilezza, se una guerra minaccia il tuo regno. Come crederebbe, Susan, di risolvere la faccenda? Parlando attorno a un tavolo?
“Uno spirito troppo impavido a volte è rovinoso, per sé stesso e per altri. Lucy non sa cosa sia davvero il coraggio, è ancora troppo piccina. Potrebbe rischiare grosso, lei e Narnia.
“Ma la giustizia, l’astuzia, uno spirito interiore forte…queste sono le qualità di un vero Re. Tu possiedi tutto questo, Edmund. Tu forse ti credi una nullità, ma non lo sei. Ritrova la persona che eri in passato, quando non avevi paura di niente”
Quando lo sentì tremare, Jadis abbassò il braccio, così che il ragazzo poté respirare.
Edmund si portò una mano al collo, massaggiandoselo, ma senza mai poter staccare gli occhi da quelli di lei.
“Io lo so cosa vuoi, Edmund. Tu vuoi Narnia. Vuoi che sia tua, vuoi un trono tutto per te. Con il potere delle Sette Spade, tutto questo ti può appartenere” esclamò la Strega, gli occhi che brillavano d’eccitazione.
Percepiva le difese del ragazzo crollare piano piano, anche se lui aveva tentato di farle rimanere in piedi fino all’ultimo. Ma lei lo conosceva troppo bene. Edmund non poteva resisterle a lungo.
“Non dev’essere facile dividere sempre tutto ciò che la vita ti da, e non è giusto privartene per il bene di altri”
“Io non sono più come tu credi!” rispose Ed, furibondo, attaccando ancora e ancora.
La Strega Bianca gli afferrò un braccio, e lui fu attraversato da un brivido di gelo e di terrore.
“Io posso farti diventare il mio re, Edmund. E molto di più…” disse lei, con voce suadente.
Il Giusto abbassò la Spada, esitando un attimo soltanto. Poi gridò: “No!” costringendola ad indietreggiare.
Sapeva benissimo cosa lei gli stava facendo, e allora perché non riusciva a ignorarla? Perché le parole della Strega erano ancora così persuasive?
“Non sono più il bambino stupido che hai conosciuto! Mettitelo in testa, dannata Strega!”
 “Non puoi tirarti indietro. E’ il tuo destino. Tu apparterrai a me” dichiarò Jadis con enfasi.
Edmund frenò il proprio attacco quando la Strega Bianca rivolse la punta affilata della sua bacchetta contro il suo cuore. Il Giusto percepì l’arma di lei premere sull’armatura. Avrebbe potuto perforarla e colpirlo se avesse voluto.
“Non c’è destino che non si possa cambiare” disse lui, il respiro ansante, le gocce di sudore e di pioggia che gli appiccicavano gli abiti al corpo, i capelli alla fronte.
“Allora scegli” disse Jadis. “O ti unisci a me, o vedrai i tuoi cari morire”
 
Peter, sulla nave delle Sette Isole, diede l’ordine agli uomini di Kal di lanciare i giavellotti, che purtroppo fecero appena il solletico all’enorme serpente marino.
“Non è possibile!” esclamò rabbioso il grosso Kal. “Queste armi perforano scudi e armature!”
“Ho idea che la pelle di quel mostro sia molto più dura dell’acciaio o del ferro” commentò Peter.
Ancora una volta, solo le Spade dei Lord avrebbero potuto risolvere la situazione, ma non potevano usarle. Avvicinarsi sarebbe stato un suicidio.
Peter osservò il serpente, poi la nave di Narnia, e l’orribile presentimento che si era impadronito di lui fin dall’inizio di quello scontro, divenne impossibile da ignorare ulteriormente.
Doveva sapere.
“Kal, ti lascio il comando, io devo andare”
“Cosa…ragazzo, aspetta!”
“Scusami, ma c’è una cosa che devo assolutamente fare!”
Peter corse verso il parapetto, dove un Uccello di Fuoco lo accolse sul suo dorso portandolo sul Veliero dell’Alba.
Passarono in volo sopra la testa del serpente, e questi li fissò, spalancando le fauci. Per un pelo, non finirono ingoiati.
Il Magnifico balzò sul ponte del Veliero dell’Alba e corse in cerca degli amici e delle sorelle.
Vide Susan e Lucy, e attirò la loro attenzione.
Le due continuavano a guardarsi attorno, a scrutare tra l’equipaggio alla ricerca di qualcuno. Anche loro dovevano essersi accorta che qualcosa non andava.
Quando lo videro, le ragazze scesero di fretta la scaletta del ponte, dimentiche per un attimo della battaglia.
Poco lontano da lì, Caspian udì nella confusone il proprio nome.
Riconobbe immediatamente la voce della sua sposa, e alzò il viso, osservandola correre verso di lui assieme a Peter e Lucy. Tutti e tre avevano un’espressione preoccupatissima.
Vide Susan muovere le labbra, gridargli qualcosa.
“Dov’è Ed?!” gridò più forte la Dolce.
Caspian sentì il proprio cuore sprofondare. Scosse il capo. “Non lo so”
Si guardò attorno, freneticamente, mentre gli altri lo raggiungevano.
Si fissarono negli occhi, sgomenti, senza parlare.
Tutti loro avevano avuto lo stesso identico presentimento. Tutti avevano capito che era successo qualcosa a Edmund.
“Non può essere sparito nel nulla” disse il Re Supremo.
“E allora dove…” fece Lucy.
Si lanciarono un nuovo un’occhiata, senza voler esprimere quello che pensavano.
Tutti avevano affrontato le prove di Jadis, tranne lui. Era possibile che…
“Miei Sovrani!” esclamò dall’alto una nuova vocina.
Era Shira, che volò svelta tra le braccia di Lucy, e li informò di quel che stava succedendo.
 
Non si era aspettato che Jadis lo volesse davvero dalla sua parte. Era convinto, più che convinto, che lei lo volesse morto.
“Scegli, Edmund” insite lei. “Hai detto che puoi cambiare il tuo destino. Bene: scegli una possibilità, e cambiala. Ma sappi che qualunque delle due sceglierai, il risultato finale sarà sempre e comunque a mio favore: se ti arrendi, io avrò la tua Spada. E le altre sei senza di essa, anche se poste sulla Tavola di Aslan, non potranno sprigionare il loro reale potere; se scegli la seconda opzione, invece, io ne gioirò con tutto il cuore”
“Tu non hai un cuore!”
Jadis rise di gusto, gettando la testa all’indietro, i lunghi capelli svolazzanti nell’aria gelida.
“Non puoi vincere. Devi accettare quello che sei, devi accettare che tu appartieni a me dal momento che hai stipulato un patto di obbedienza”
Edmund sentì un nodo allo stomaco. “Non ho stipulato alcun patto con te! Tu mi ingannasti!”
“Tu scegliesti di seguirmi, Edmund. Tu e tu solo. Nessuno ti obbligò, quel giorno. Non rammenti più? Volevi farla pagare ai tuoi fratelli, disprezzavi persino Aslan”
“Aslan morì a causa mia proprio per cancellare il mio errore. Sacrificando la sua vita pose fine a qualsiasi cosa ci fosse tra me e te”
Jadis rise ancora.  “Aslan… se hai così fiducia in lui, allora chiamalo, digli di aiutarti, di morire ancora per te”
“Non metterò mai alla prova Aslan!”
La Strega abbassò la bacchetta magica. “Così, hai firmato la loro condanna”
In un altro lampo di luce, il Veliero dell’Alba si ripopolò del suo equipaggio.
Edmund vide i fratelli e Caspian; Miriel e Emeth poco lontano; Drinian al timone; Eustace e Ripicì.
Li chiamò tutti a gran voce, superando la Strega Bianca che non tentò di fermarlo. Ma non lo sentivano.
C’era qualcosa che non andava…
I suoni erano ovattati, i colori spenti. Quando provò ad allungare una mano per richiamare l’attenzione di Peter, la vide passare attraverso il corpo del fratello.
Sgomento, se la portò davanti al volto. “Che cosa mi hai fatto?”
 “Non possono vederti né sentirti. Sei nel tuo incubo, Edmund caro.” La voce di Jadis si fece affettata, quasi mortificata. “Ho cercato di darti una possibilità, di essere più forte, ma tu hai preferito dare ascolto alle tue paure. Temi che loro non s’interessino di te, e questa paura si è avverata: nemmeno ti vedono adesso. Crederanno che tu li abbia abbandonati un’altra volta. Ti compatiranno e ti odieranno. Io farò in modo che lo facciano e poi…”
 “Non ti azzardare, Jadis!” tuonò Edmund, la Spada di Bern che brillava più che mai.
Infine aveva pronunciato il suo nome.
Non provò paura. Non provò sensi di colpa. I ricordi del suo tradimento erano affiorati e gli invadevano i pensieri, ma non li rifuggì, li affrontò e li scacciò.
Gli bastava focalizzare la mente sui volti a lui più cari e sentì la paura svanire, il coraggio tornare.
“Non mi puoi sconfiggere” disse la Strega, avanzando verso di lui con passo deciso. “Arrenditi all’inevitabile, è l’unica cosa sensata da fare, o moriranno tutti!”
Una scia accecante come il riverbero del sole sulla neve, saettò dalla punta della bacchetta di Jadis in direzione dei Re e delle Regine di Narnia.
L’urlo di Edmund gli morì in gola, gli occhi sbarrati dall’orrore.
Vide il serpente marino abbattersi sulla nave, sull’equipaggio, sui fratelli e gli amici. In pochi secondi, tutto divenne rosso…
Le fauci del mostro marino facevano a brandelli ogni cosa e persona.
“Se fossi stato più forte, ora saresti là a proteggerli” insinuò ancora la Strega Bianca, implacabile.
La visione fu di quanto più terribile il ragazzo avesse mai visto o anche solo immaginato. Distolse lo sguardo, gridando e scagliandosi verso Jadis.
La disperazione s’impadronì di lui: stava per perdere anche quella battaglia.
Sapeva che probabilmente (e fu quel probabilmente a farlo vacillare ancor di più) sul Veliero dell’Aba non stava accadendo nulla di tutto ciò, ma sembrava così vero…
La Strega brandì ancora la bacchetta magica e lo colpì al braccio destro, quello con cui reggeva il suo talismano.
La Spada di Bern cadde a terra, mentre l’arto del giovane si pietrificava.
“Ti prenderò pezzo per pezzo, se sarà necessario” disse Jadis. “Ma sei sempre in tempo per cambiare idea”
“Va all’inferno!”
Lei lo schiaffeggiò così forte il ragazzo cadde a terra.
“Piccolo impertinente!”
Si piegò poi verso la Spada di Bern, che giaceva ora incustodita.
Edmund fu più svelto, e con un calcio la gettò ancor più lontano.
Ma la Strega non si arrese.
Il ragazzo e la donna lottarono per il possesso della Spada magica, quando questa, appena venne sfiorata dalle dita della Strega, scomparve.
Toccò al Giusto ridere.
“Non la puoi usare, è inutile che ci provi”
Jadis, il viso contratto in una smorfia di sdegno, lo trasse in piedi afferrandolo per il bavero della camicia, mozzandogli il fiato. Lo tenne sollevato da terra, come non pesasse nulla.
Perché non si arrendeva? Perché continuava ad opporsi a lei? Era davvero diverso da come lei lo ricordava? Possibile che fosse sul serio cambiato?
Aveva tanto sperato di poterlo irretire ancora una volta per impossessarsi delle Sette Spade…e invece…
Bene, se così doveva essere, allora sarebbero morti tutti. Dopotutto, Edmund non era indispensabile. Avrebbe trovato un altro modo per avere quel potere.
Mentre formulava questi pensieri, accadde qualcosa.
Una scia di luce bianca la costrinse a mollare la presa su di lui, e il Giusto cadde a terra con un gemito.
“Tu?!” tuonò Jadis, fissando incredula la figura della ragazza appena comparsa a qualche metro da loro.
“Io” sorrise Shanna, con negli occhi una barlume di quel coraggio racchiuso nel suo cuore, ma che ancora stentava a fuoriuscirne. Un coraggio che né il Re né la Strega le avevano mai visto.
Dentro di lei, la Stella Azzurra tremava di terrore. Non era pronta per affrontare la sua nemica, ma doveva assolutamente farcela.
Alzò le mani, evocò la magia, e dai palmi scaturì una luce accecante, una scarica simile a fuoco azzurro.
La Strega lo schivò, ma l’onda d’urto, mista a un ruggito potente, la fece sbilanciare all’indietro, facendole cadere di mano la bacchetta magica.
Si affrettò a riprenderla, e in quel suo attimo di distrazione, Shanna afferrò la mano sana di Edmund e lui si alzò in piedi a fatica.
“NO!!!” strillò Jadis, più infuriata che mai.
Proprio com’era accaduto quando avevano lasciato il labirinto, i due ragazzi scomparvero nella luce e dopo un momento ancora, i suoi tornarono chiari.
Edmund si guardò attorno, osservando l’equipaggio del Veliero dell’Alba.
Erano vivi. Tutti vivi.
I colori che si erano tinti di rosso, tornarono verdi, blu, neri, grigi. Cupi, ma pur sempre colori.
Avvertì una lieve pressione sulla spalla. Si voltò, e vide Shanna osservarlo preoccupata.
“Non è finita”
“Sì, lo so”
“Edmund!!!” gridò un coro di voci.
Presto, i fratelli e Caspian gli furono vicino. Appena dietro di loro, Emeth, Miriel e Shira.
“Brava piccola, ce l’hai fatta!” esclamò il falchetto all’amica Stella.
“Che cosa diamine è successo?” fece Peter, il primo a notare la condizione del braccio destro del fratello. “Jadis…”
“Sì…questa volta mi ha preso” fece il Giusto, provando a tastarselo. Non lo sentiva.
“Il mio cordiale serve a poco, in questo caso” disse Lucy mestamente.
Caspian la guardò preoccupato. “La tua pozione non funziona? Ma allora come…”
“Solo Aslan potrebbe…” fece la Valorosa, ma si fermò a metà frase.
Fissò un punto alle spalle di Edmund e Shanna, trattenendo il fiato.
Anche gli altri si volsero nella sua stessa direzione. Ma ancor prima che ebbero tempo di metterla a fuoco per bene attraverso la pioggia incessante, l’immagine del Leone scomparve e il braccio di Edmund tornò sano.
Aslan.
E’ venuto per me, pensò il Giusto con un immenso senso di gratitudine…e forse un po’ di delusione.
Avrebbe voluto che gli dicesse qualcosa, che si fermasse con loro più a lungo.
Gli parve di udirlo però, mentre diceva che ogni cosa aveva il suo tempo stabilito.
L’incubo di Jadis non era terminato. E per evitare che accadesse davvero quel che aveva visto dovevano sconfiggere il serpente marino.
Il Giusto cercò la sua Spada, improvvisamente ricordando che era sparita nel nulla. Aveva l’altra- ne aveva sempre due- ma a cosa gli sarebbe servita?
“Shanna, la mia Spada…”
“Lo so” disse lei in fretta. “So tutto, ho visto. Non ti preoccupare, so dov’è la Spada di Bern”
Lui la fissò interrogativo. Lo sapeva?
“Pensaci, è logico”
“Alla Tavola di Aslan…” mormorò il ragazzo.
“Andiamo a prenderla, allora” fece Caspian. “Perché le nostre armi non sono abbastanza forti per sconfiggere il serpente marino, e gli uomini sono troppo provati dal recente scontro contro Calormen, e non resisteranno a lungo”
“No, la Spada di Bern deve restare là dov’è, almeno per ora” ribatté Shanna. “Per sconfiggere definitivamente la Strega Bianca dovete radunarle tutte laggiù al più presto. Ormai non c’è più tempo!”
“Ma non ha senso” replicò Susan. “Se dobbiamo usarle dobbiamo toccarle. Come potremo farlo se tu ci dici di separarcene?”
“No, ha ragione lei, invece” ribatté Edmund difendendo Shanna, e ricordando le parole della Strega. “Dobbiamo sbloccarne il potere prima di poterle davvero utilizzare, e possiamo farlo soltanto collocandole sulla Tavola di Aslan. Siamo venuti qui per questo, no?”
“Forse è vero, proprio come ha detto anche Lord Rhoop” rammentò Caspian. “Non abbiamo ancora impiegato il loro vero potere”
“Come se stessero dormendo e aspettassero di essere svegliate” disse Lucy, e Shanna annuì.
“Una cosa del genere” rispose.
“E va bene” disse infine Peter, “ma non possiamo andarci tutti”
Il Re Supremo pensò che se davvero era al suo ultimo viaggio a Narnia, l’avrebbe concluso in grande stile.
Miriel gli si accostò. Aveva già capito. “Vengo con te”
“Volete andare voi due soli?” chiese Emeth.
“Per una volta, si fa come dico io” dichiarò il Magnifico in un tono che non ammetteva repliche. “Caspian, tu sei il Re, e i tuoi uomini hanno bisogno della tua presenza, guida e rassicurazione. Edmund, se te la senti…”
“Sì, me la sento”
Peter sorrise. “Allora prendi il posto di Lucy e guida l’altra metà dell’equipaggio. Caspian non può fare tutto da solo. Lu, a te affido i comandi degli uomini delle Isole. Emeth, tu torna pure a occuparti degli Inettopodi. Saranno anche tontoloni, ma sono formidabili guerrieri. Susan, gli arcieri hanno bisogno di te. Shanna, tu puoi usare i tuoi poteri, anche se non so esattamente quali siano…”
“Diversi da quelli di Miriel, Maestà. I suoi sono offensivi, i miei difensivi. Proteggerò tutti al meglio delle mie capacità”
“Perfetto. Allora è deciso, e non voglio sentire ‘ma’ ” concluse il Re Supremo alzando un dito ammonitore verso Lucy, che stava già per dire la sua.
“Ehm-ehm….scusate” Shira saltellò in mezzo al gruppo, schiarendosi la voce.
Peter parve molto imbarazzato. Si era completamente dimenticato di lei.
“Ah….sì, ehm…tu Shira puoi…”
Lei mosse le ali, spazientita. “Magari venire con voi? Se posso suggerire…”
In quel preciso momento, la coda del serpente marino si abbatté sul Veliero dell’Alba, portandosi via l’albero di bompresso.
Infuriato, ferito a morte, il mostro oscillava pericolosamente il grosso collo, sferzando ancora con la coda la superficie dell’Oceano, che produsse un’ondata gigantesca. Poi si accasciò e sprofondò negli abissi da dov’era venuto.
Nessuno esultò, stavolta. Molto attentamente, sia gli uomini del Veliero dell’Alba che quelli della nave delle Sette Isole, si affacciarono ai parapetti graffiati dagli attacchi del serpente.
Il mare s’increspava, ma era inutile: l’acqua era troppo scura per scorgervi qualcosa al di sotto.
Gli uomini pesce proposero di andare a controllare, ma Caspian disse che era meglio lasciar perdere.
“Ehi, voi!” gridò il grosso Kal dalla sua imbarcazione, alzando un pollice in segno di vittoria. “E’ andata bene, no?”
Purtroppo, erano le ultime parole famose.
Un tuono esplose nel cielo, la nebbia verde si addensò e si raccolse in un'unica nube in mezzo alle due navi. Quando si diradò, apparve la figura di una donna.
La Strega Bianca.
“Miriel!” chiamò Peter.
“Andiamo!” gli fece eco lei.
Corsero via con Shira, chiamando Blu, che li fece salire sul suo dorso e si allontanò il più in fretta possibile.
“Armatevi! Non è ancora finita!” esclamò Drinian dal timone.
Jadis si volse verso il capitano, e il potere della sua furia scaturì dalla sua bacchetta.
Lord Drinian ebbe i riflessi pronti, ma non abbastanza. Non venne pietrificato, la magia lo colpì solo di striscio e finì a terra, immobile.
Caspian fu subito al suo fianco.
“Uno alla volta” li derise la Strega, ma dietro lo scherno si avvertiva la rabbia. “Mettetevi in fila!”
Edmund avanzò verso il parapetto. “E’ me che vuoi, Jadis! Vieni a prendermi!”
Lei lo fissò negli occhi e lui non poté reprimere un brivido.
Dopo un istante, la Strega Bianca alzò le braccia al cielo nero. Le nubi iniziarono a formare una spirale, nella quale si aprì uno spiraglio per permettere al fulmine di abbattersi sull’acqua. Colpì Jadis, e produsse scariche elettriche su tutta la superficie del mare, il quale iniziò a vorticare in un vortice che inghiottì la stessa Strega.
I narniani e i loro amici si ritrassero per paura di venire colpiti dalle scariche.
Passò un minuto interminabile, durante il quale nulla si mosse, nessuno respirò. Poi, il serpente riapparve, e tutti capirono- non avrebbero saputo spiegare come, solo lo sapevano- che la Strega Bianca aveva assunto un nuovo e terrificante aspetto.

 
 
 
 
Cari lettori, anche questa settimana ho dovuto rimandare di un po’ l’uscita del nuovo capitolo. Perdonoooooo!!!!!!!!!!
Voi siete buoni e mi capite, vero??? Purtroppo è a causa di impegni di lavoro, e sono cose importanti….
Non ho seguito il film per le descrizioni della battaglia, anche se in certi punti mi sono ispirata ad esso. Credo che nemmeno nel prossimo capitolo lo farò, più che altro mi atterrò un po’ al libro.
Come avrete notato, l’ho diviso in molti pezzi alternati, mi piaceva così. Mi sembrava che ci fosse più suspance….eheheh…spero che si capisca tutto bene!!!
Grazie mille per l’incoraggiamento che mi avete dato nello scorso capitolo, e chiedo scusa a chi non ho lasciato una risposta alla sua recensione. Lo farò, voi sapete che ci tengo.
Se trovate tanti errori, non fatemelo notare troppo T__T…non ho tempo di rileggere. Scrivo come una forsennata, le dita vanno dove vogliono, si accavallano, si incirccano…insomma, un delirio!!!
Vi giuro, avrei voluto lavorare di più a questi ultimi capitoli, e spero proprio che almeno a quelli in cui arriveranno alla Fine del Mondo, potrò dedicarmici come si deve.
 
Ringraziamenti:
 
Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  arianna17, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  Francy 98, FrancyNike93,  GossipGirl88,  HikariMoon, ilove_tay_13,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Mia Morgenstern, mmackl, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, oana98, piumetta, Riveer, ScarlettEltanin,  Serena VdW, Serpe97, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94, virginiaaa
 
Per le ricordate:

ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 
Per le seguite:

Allegory86, ArianneT, Arya512, Aslandm, azzurrina93, Ballerinasullepunte, Betely, blumettina, catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, desmovale, ElenaDamon18, Eli_99, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, ImAdreamer99, irongirl, ItsClaire, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Lisetta_Moony, Lucinda Grey, lullabi2000, Mari_BubblyGirls, Miss H_, piccolaBiby, piumetta,  Poska, Red_Dragonfly,  Revan93, Serena VdW, Smurff_LT, susan the queen,  SweetSmile, Tsuki94, _Maria_, _Rippah_ e __Stardust
                                                        
Per le recensioni dello scorso capitolo:

Babylady, Cecimolli, Charlotte Atherton , EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My world,  FrancyNIke93, HikariMoon, ImAdreamer99, mmackl, piumetta e Serena VdW
 
Angolino delle anticipazioni:
Siamo al round finale!!!
La prova di Edmund non è ancora conclusa per cui, continuate a fare il tipo per lui!!!
Riusciranno Miriel, Peter e Shira ad arrivare incolumi alla Tavola di Aslan?
Come faranno a sconfiggere il serpente-strega?
 
A proposito, vi è piaciuta la trovata di aver trasformato Jadis nel mostro marino? Mi è venuta all’ultimo momento….

 
 
Non faccio in tempo a mettere i risultati del sondaggio nemmeno stavolta, ma vedrete che ce la farò prima o poi……T______T
Abbiate fiducia, e il capitolo 48 sarà postato per domenica….
Rimanete con me sino alla fine, ormai ci siamo carissimi, e io conto su di voi ora più che mai!!!
Un bacio e un abbraccio grandissimi,
vostra Susan<3

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Capitolo 48
*** Capitolo 48: Alla fine della battaglia ***


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48. Alla fine della battaglia
 
 
 
Shira precedette i due ragazzi e la balena, trovando l’uscita di quel luogo oscuro.
Era per quel motivo che aveva voluto seguire la Driade e il Re Supremo: aveva paura che non sarebbero stati in grado di ritrovare il confine tra oscurità e luce. Ma lei era così abituata ad entrare ed uscire dai confini dell’Isola delle Tenebre, che ormai era un gioco da ragazzi trovare la giusta fenditura per tornare nell’Oceano Orientale.
E infatti, ecco che l’isola di Ramandu apparve davanti a loro. La vetta più alta, sulla quale si trovava la Tavola di Aslan, si elevava contro il cielo azzurro.
Peter e Miriel strizzarono gli occhi nella luce del sole, quasi dimentichi che fuori di là era ancora giorno.
I due ragazzi stringevano tra le braccia le sei Spade dei Lord. Purtroppo erano stati costretti a lasciare i compagni senza la protezione della magia dei talismani, senza le uniche armi in grado di sconfiggere Jadis. Speravano con tutti il cuore, e pregavano in silenzio, che gli amici riuscissero a tener testa alla Strega Bianca fino a che loro due e Shira non fossero ritornati indietro.
Non avevano idea di cosa sarebbe accaduto una volta poste le Spade sulla Tavola di Aslan, ma confidavano nel Grande Leone, il quale avrebbe certamente dato loro quello di cui avevano bisogno.
Pioggia, gelo, vento e tuoni, vennero sostituiti in un istante da una tiepida brezza piacevole, il calore del sole che scaldava la pelle, e il suono tranquillo del rollare delle onde li accompagnò fino a destinazione.
Shira fece uno scatto in avanti e un largo giro con le piccole ali tese, scendendo poi verso la spiaggia dove si posò su un basso scoglio. Attese che i ragazzi la raggiungessero.
Peter e Miriel saltarono giù dall’ampio dorso di Blu, il quale fece un basso verso baritonale per far capire loro che li avrebbe aspettati lì.
Peter gli diede un amichevole colpetto sul muso e poi corse via, insieme alla Driade e al falchetto, verso l’interno dell’isola.
Attraversarono i giardini di Ramandu, vuoti come sempre, immobili e silenziosi.
La luce, i colori, i profumi, ridavano loro la perduta consapevolezza di essere in un mondo di vivi, e non di morti. Tale sensazione li aveva assaliti e accompagnati finché erano rimasti avvolti dall’oscurità e da quella luminescenza malsana dell’Isola delle Tenebre.
Miriel osservò il profilo di Peter, la mascella contratta per la tensione, gli occhi azzurri che guardavano dritto avanti a sé, i capelli biondi che si muovevano leggermente alla brezza.
Gli prese delicatamente la mano e sentì che lui la stringeva forte.
Miriel sorrise.
“Non ti preoccupare”
Stavolta fu lui a voltarsi e guardarla, mentre la ragazza teneva lo sguardo fisso sulla meta.
“So cosa stai pensando” disse ancora la Driade. “Non ci saranno scontri laggiù”
Lui non disse nulla. Si fidava di lei.
Camminarono sempre mano nella mano, senza parlare, finché giunsero in prossimità del ponte di roccia. Lo attraversarono senza difficoltà e proseguirono fino al cancello, rimasto aperto dopo la loro ultima visita.
Non appena lo oltrepassarono però, quello iniziò a girare sui cardini, senza emettere un suono. Lo osservarono stupiti finché non si chiuse con un sommesso clangore.
Peter allora capì che Miriel aveva avuto ragione: nulla si sarebbe avvicinato loro. Erano al sicuro.
Ogni cosa sembrava in attesa, e se ne resero sempre più conto man mano che si avvicinavano alle alte colonne bianche che delimitavano il perimetro dello spiazzo dov’era situata la Tavola di Aslan.
Quando vi arrivarono, si fermarono un momento ad osservarla, con i tre dormienti sempre seduti in fondo, dalla parte opposta rispetto a loro.
Con una certa sorpresa, notarono che la tavolata era completamente sgombra. Di solito, come aveva detto Lilliandil, si rinnovava ogni giorno di ogni ben di Dio, ma adesso qualsiasi pietanza, stoviglia, o candelabro erano spariti. Era stata tolta anche la bella tovaglia di velluto rosso. Rimanevano le sedie con i loro cuscini scarlatti.
Si avvicinarono tutti e tre, Shira accomodata sulla spalla di Peter, e notarono qualcosa nel centro esatto della tavola. Qualcosa che era rimasta nascosta agli occhi di tutti fintantoché il panno rosso, i piatti e le cibarie avevano invaso la tavola.
Vi erano sette lunghi solchi, non troppo profondi, scolpiti in cerchio sulla superficie. Uno solo di essi era già occupato: dal talismano di Edmund, la Spada di Bern.
Anche se l'aspetto di quelle armi era identico tra loro, Peter e gli altri avevano ormai imparato a riconoscerle. Non sapevano nemeno loro come ci riuscivano. Forse dalle diverse sensazioni che ogni Spada dava a ognuno di loro.
Shira si staccò dalla spalla del Re Supremo e si posò sullo schienale di una sedia lì vicino.
Senza una parola, Miriel passò le tre Spade che teneva in mano a Peter.
Il Magnifico posò tutte e sei sulla superficie del tavolo, poi, lentamente, le mise ognuna al proprio posto.
Come seppe qual era l’ordine giusto in cui porle, non seppe spiegarselo. Solo, qualcosa gli diceva che era così che doveva fare.
In senso orario, pose accanto a quella di Bern la propria, la Spada di Restimar. A fianco ad essa quella di Eustace, Octesian; poi fu la volta di quella di Caspian, Revilian; poi quella di Susan, Mavramorn; e ancora quella di Lucy, Agoz. Infine, di nuovo vicino a quella di Bern, mise la Spada di Rhoop, ancora senza padrone.
Non appena Peter ritirò la mano- l’altra sempre stretta in quella di Miriel- un suono cristallino si levò dalla Tavola e dalle Sade, che presero a vibrare, ad illuminarsi una dopo l’altra. La luce azzurra divenne di un blu intenso e lampeggiò più volte, prima di spegnersi per un attimo soltanto e poi esplodere in un cono di luce che salì al cielo in una spirale.
Tanta era la potenza della magia che produsse un vento impetuoso, il quale scompigliò i capelli dei due giovani, l’abito di Miriel, e costrinse Shira a rifugiarsi tra le braccia di quest’ultima. Piccola com’era, rischiava di venir spazzata via dalle raffiche.
La Driade e il Re Supremo sentirono che la forza dell’aria li costringeva a fare un passo indietro.
Il cono di luce continuava a espandersi, sempre più, finché non fu più possibile vedere né la Tavola né le Spade, né tantomeno i tre dormienti.
Da quel momento in poi, tutto si svolse rapidamente.
Dall’alto delle colonne che cirocndavano lo spiazzo, iniziò a zampillare acqua limpida, come una fontana. Scese giù fino al pavimento, dove riempì le piccole fessure presenti tra una piastrella colorata e l’altra. Esse s’illuminarono una dopo l’altra, emanando un suono lieve e cristallino, man mano che l’acqua le lambiva appena.
Il cono di luce che circondava le Spade diminuì d’intensità ma rimase sospeso tra cielo e terra.
I due ragazzi e il falco allora si avvicinarono cautamente, cercando di scorgere l’aspetto delle Spade.
In sostanza, sembrava non essere cambiato nulla, ma c’era una vibrazione nell’aria, un potere tangibile, una forza sconfinata che fece loro venire la pelle d’oca dall’emozione.
Guardandole meglio, videro che le Sette lame e le else erano più splendenti che mai, come se fossero fatte di pura luce.
Peter allungò una mano verso il suo talismano spinto da un automatico istinto, pensando però, per un momento, se sarebbe riuscito a tenerlo in mano. Il fatto era che più avvicinava la mano, più percepiva un calore come di fiamme ardenti aleggiare sopra le Sette Spade.
Ma quando l’afferrò, scoprì che il calore era sopportabile, piacevole, e si propagò in tutti il suo corpo. L’elsa diveniva sempre meno ardente man mano che i secondi passavano.
In risposta alla Spada di Restimar, anche le altre sei sembrarono ‘raffreddarsi’, per così dire.
Poi, senza preavviso, non uno solo, ma sei nuovi coni di luce s’innalzarono verso le nubi. Quando sparirono con un fischio potente, Peter vide che sulla Tavola rimaneva solo la Spada di Rhoop. Le altre erano tornate dai loro proprietari. Per sconfiggere la Strega però, dovevano riportare indietro anche la settima.
“Chi la userà?” chiese il Magnifico, prendendola e passandola a Miriel.
Lei lo fissò con gli occhi scintillanti. “Tu sei il Re Supremo. Tu hai sbloccato il potere di queste Spade. Solo tu puoi decidere”
Peter fissò un attimo la lama che scintillò dall’elsa alla punta. Poi alzò la testa verso il cielo azzurro, il quale si specchiò nei suoi occhi del medesimo colore.
Un’espressione di audacia e fermezza si dipinse sul suo nobile volto.
“Torniamo indietro, forza” disse infine. “Ci vuole un finale come si deve”
Sorrise e le altre due ricambiarono.
Non aveva avuto bisogno di pensarci. Sapeva già a chi sarebbe andata la settima Spada.
 
 
Sul Veliero dell’Alba, l’intero equipaggio temeva per il suo capitano.
Lord Drinian era stato colpito dalla coda del serpente marino. Un gruppo di marinai lo aveva trasportato al sicuro, così che la magica pozione della Regina Lucy potesse essergli somministrata, ma le sue condizioni erano ben più gravi.
Il cordiale gli aveva forse salvato la vita, ma da una seconda analisi, il medico di bordo informò tutti quanti che era stato colpito dalla maledizione del sonno eterno.
Appresa la notizia, Caspian, fermo al timone, lo strinse tanto convulsamente che la circolazione gli si fermò e le nocche delle dita gli divennero bianche.
“Peter, Miriel, fate in fretta!” riuscì solo a pensare.
“Tornate tutti ai vostri posti” ordinò poi, cercando di trattenere l’angoscia e la diserazione. “Distruggiamo quella maledetta” aggiunse poi a denti stretti, a bassa voce.
Gli occhi neri del Re erano puntati sul serpente.
Avrebbe difeso tutti fino all’ultimo respiro, fino all’ultima goccia di sangue. Aveva promesso loro di riportarli a casa; aveva promesso che a nessuno sarebbe stato fatto del male, e così sarebbe stato. Non importava quanto la portata di quell’ultima battaglia fosse grande, ma non l’avrebbe data vinta a Jadis.
“Shanna!”
“Sì, Vostra Maestà” rispose immediatamente la fanciulla dai capelli biondi.
Caspian la guardò per un istate soltanto, pensando in un pensiero fulmineo a chi fosse davvero quella ragazza, se era come aveva solo sentito accennare da Edmund: la vera Stella Azzurra.
Volle fidarsi stavolta.
“Hai detto a Peter che possiedi dei poteri difensivi: in cosa consistono?”
Shanna annuì, un po’ intimidita dal fatto che il Re di Narnia si rivolgesse a lei in prima persona.
“Lasciate che ve lo mostri, Sire. Ma dovete far salire tutti sul Veliero dell’Alba, è più sicuro”
Caspian allora diede l’ordine che gli uomini delle Sette Isole, con i quali era Lucy, lasciassero subito la loro nave. Essi questi eseguirono senza battere ciglio. Lo stesso valse per gli uomini pesce, ancora in mare.
“Susan!” esclamò ancora Caspian.
La Dolce si voltò.
“Voglio tutti gli arcieri schierati insieme: Narnia e le Sette Isole”
Susan annuì e fece per voltarsi.
“Sue” la chiamò ancora.
Gli occhi della Regina incontrarono di nuovo i suoi.
“Sue…”
Lei gli sorrise. “Sì, lo so…Anch’io”
Caspian non ebbe bisogno di altri incoraggiamenti.
Posò di nuovo lo sguardo su Shanna, la quale aveva teso le braccia in avanti, pronta a far scaturire la magia. Era l’unica a non avere un’arma, ma a lei le armi non servivano.
Dai palmi delle mani della ragazza, una barriera di luce prese forma, frenando un nuovo attacco della Strega Bianca, il quale risuonò come un gong contro la parete trasparente.
“In questo modo, però” disse d’un tratto Emeth. “La Strega non ci può attaccare, è vero, ma non possiamo farlo nemmeno noi!”
“Credo di avere un’idea in proposito” disse Susan. “Shanna!” chiamò a sua volta.
La Stella si volse appena.
“Puoi far passare i nostri attacchi attraverso la tua barriera senza dissolverla completamente?”
“Ci proverò, Maestà!”
“Perfetto!”
La Regina Dolce dispose allora nuove direttive per i suoi arcieri.
“Ce la fai?” chiese Edmund, arrivando accanto alla Stella.
Shanna lo osservò solo per un secondo, sorridendogli appena. “Quanto basta perché vi allontaniate da qui al più presto”
“Per andarcene di qui servirà un miracolo!”
Shanna era sembrata così debole e indifesa dentro al palazzo della Strega Bianca, che a Edmund sembrava alquanto improbabile che riuscisse a cavarsela da sola. Ma sapeva anche che non aveva ancora visto nulla di lei. Dopotutto, si erano appena conosciuti, anche se al ragazzo sembrò che lei fosse sempre stata lì con loro.
Doveva avere fiducia in lei…avere fede
La fede non ti salva quando tutti i tuoi cari muoiono…
Nessuno udì la voce di Jadis, solo Edmund.
Non è finita. Tu appartieni a me.
Il ragazzo s’impose di non ascoltarla.
La barriera li proteggeva, ma loro non potevano attaccare, e conoscendo la Strega Bianca, lei avrebbe aspettato con pazienza infinta che la si dissolvesse.
Perché Jadis sapeva che Shanna non era ancora nel pieno delle sue forze, e che prima o dopo avrebbe ceduto.
Il serpente guardò la ragazza con odio ed emise un verso tremendo. Si ritrasse, sibilando forte. Ma non si arrese.
Tese i muscoli del suo nuovo corpo massiccio, al massimo della concentrazione. La piccola Stella Azzurra era forte, o Aslan non l’avrebbe scelta per essere una delle guide, tuttavia, lei era molto più forte. La barriera poteva sembrare potente agli occhi degli inesperti, ma a Jadis di Charn, che sapeva ogni cosa e conosceva la magia in ogni sua forma, appariva per quello che era: un fragile velo facilmente lacerabile.
“Adesso! Tirate!”
La voce della Regina Dolce si levò al di sopra del suono dello scrosciare della pioggia. E non solo la sua, anche quelle di Emeth e Lucy ordinarono ai loro gruppi di mollare le corde degli archi.
Le frecce riempirono l’aria, poi fu la volta delle lance degli Inettopodi.
“Uomini, ai remi!” gridò il Re di Narnia dal timone, esortando gli incaricati a tornare sottocoperta e iniziare la virata verso l’isola di Ramandu.
Non potevano aspettare il ritorno di Peter e le altre, perché non sapevano quanto tempo sarebbe occorso loro per attivare il potere delle Spade. Sarebbero andati loro incontro. Dovevano allontanarsi.
I dardi degli arcieri, nel frattempo, avevano superato la barriera che Shanna aveva ritirato per un secondo appena, ed erano andati a segno.
I narniani esultarono...per poco.
La Strega Bianca venne trapassata da parte a parte, ma nessuna freccia o lancia sembrò averla realmente colpita.
Com’era possibile?
A un secondo attacco capirono: la nebbia…la Strega Bianca diventava di nebbia quando veniva anche solo sfiorata.
Jadis nel frattempo aspettava il momento più adatto per fare cadere la barriera. Le bastava una piccola fenditura nel momento in cui Shanna l’avesse dischiusa di nuovo per far passare gli attacchi dei narniani. Intanto, colpiva la fiancata del veliero con la coda, facendola ondeggiare sempre più. Alcuni uomini, inevitabilmente caddero in mare.
“Avanti, vira!” Caspian incitò il Veliero dell’Alba.
E fu allora, al terzo attacco dei guerrieri riuniti sul ponte, che la coda del serpente riuscì a squarciare la barriera della Stella Azzurra.
Ci fu come il rumore di uno strappo e la parte finale del corpo del serpente rimase incastrata apparentemente nel nulla.
Shanna gridò e abbassò le braccia, portandosele per un attimo davanti al viso, e poi cadde al suolo priva di sensi.
La barriera era crollata.
Edmund fu subito accanto alla ragazza, sollevandola un poco tra le braccia. La scosse, piano, e temette il peggio quando la testa di Shanna si riversò all’indietro, i capelli bagnati e spettinati che sfioravano la superfice del ponte. Non dava segno di volersi risvegliare, ma respirava. Era viva. Sì, però...se era come temeva, se anche Shanna era stata colpita dal sonno eterno…
Se così fosse stato, per vederla aprire di nuovo gli occhi avrebbe prima dovuto uccidere la Strega Bianca.
Edmund alzò gli occhi dardeggianti ira verso il serpente.
“Edmund!”
“Lei sta bene?”
Lucy e Susan correvano accanto a lui, seguite da Emeth e Chief.
“Rimanete qui” disse il Giusto, con un tono di voce basso e piatto, come non avesse emozioni.
“Dove stai andando?” chiese la Valorosa, ma il fratello non le rispose.
“Jadis, vieni!” gridò poi Edmund, brandendo la spada corta. “Non abbiamo concluso il nostro scontro! Avanti! So che è me e soltanto me che vuoi!”
Il giovane corse verso la statua del drago d’oro e vi si arrampicò agilmente, fino a ritrovarsi quasi alla stessa altezza del serpente.
La Strega Bianca aveva abbassato quello che adesso era il suo collo, viscido e verdastro. Guardò il ragazzo negli occhi e aprì la bocca, minacciosa.
Edmund si vide riflesso in quegli orrendi occhi neri, come fossero due specchi oscuri. Si sporse fino all’orlo della statua e aspettò.
Jadis non attese a quell’invito. Scattò rapida, fulminea. Schegge dorate e legno volarono da ogni parte, spezzate dai suoi denti acuminati.
“EDMUND!!!”
Un coro di voci si levò terrorizzato da tutto il veliero.
Ma Edmund era incolume, protetto dalla testa del drago che aveva attutito il colpo della Strega, le cui fauci si erano incastrate tra quelle d’oro della scultura.
Ma quella protezione non avrebbe retto per molto.
Per un momento, la battaglia si fermò. Tutti osservarono il lungo collo del mostro inarcarsi, la bocca aprirsi ancora, e stavolta avrebbe senz’altro afferrato la sua preda se un vero drago non si fosse gettato sulla bestia marina.
“Eustace, no!!!” gridarono terrorizzate Lucy e Susan, il vento e la pioggia che impedivano loro di tenere gli occhi bene aperti.
Lassù in alto, Eustace sputò fuoco contro il serpente. Morse ogni lembo di pelle viscida che gli riuscì di raggiungere, puntando alla base del collo, agli occhi. Sembrava piccolissimo in confronto al mostro.
“Eustace, che cosa vuoi fare?!” esclamò Ripicì, nascosto tra le squame del suo dorso. “Anche con tutto il coraggio del mondo, contro di lei non possiamo fare nulla! Torna subito indietro!”
Eustace fece un giro della morte prima di lanciarsi di nuovo sul serpente, così che il topo fu costretto a lasciare la presa su di lui. Ripicì era troppo piccolo e indifeso per fronteggiare la Strega, ma lui era un drago! Rip non glielo aveva ripetuto per tutto il tempo?
Quando cadde, Ripicì si aggrappò alle sartie dell’albero maestro, e subito si volse indietro.
“Grosso stupido che non sei altro!” gridò dietro al drago.
Ma Eustace e Jadis stavano già combattendo di nuovo.
Intanto, gli arcieri si preparavano a lanciare nuove frecce. Stavolta avrebbero dovuto arrangiarsi senza il fuoco di Miriel.
Ma Susan non se la sentiva di dare l’ordine di scoccare, aveva troppa paura di colpire il cugino.
“Eustace attento!!!”
Senza preavviso, la lunga coda del serpente si alzò ancora dal mare, lenta, e il drago non se ne accorse in tempo.
Sapendo quel che era accaduto a Drinian e forse a Shanna, tutti temettero il peggio.
E il serpente colpì il drago alle spalle.
Eustace si sentì mancare il fiato e fu scagliato in mare.
Dapprima non capì cosa era accaduto. Mentre vedeva la superficie dell’Oceano avvicinarsi, la sua mente si confuse tra il dolore e la paura. Le grida dalla nave lo raggiunsero a stento sotto la superficie dell’acqua. Le ali gli divennero pesanti tanto da non riuscire quasi a risalire.
Eppure ci riuscì e udì di nuovo i compagni esclamare, sollevati, ma ancora preoccupati per la sua sorte.
Il serpente non gli diede il tempo di riprendersi. Lo colpì di nuovo, mandandolo a sbattere contro la fiancata di tribordo del Veliero dell’Alba, il quale oscillò ancora e i suoi passeggeri dovettero tenersi ben saldi per non finire di sotto.
Eustace riprovò una terza volta, e ancora Jadis lo mandò a sbattere contro l’altra nave, quella delle Sette Isole. Ma a un quarto colpo, più forte di tutti gli altri, non ebbe più la forza di reagire.
Altre grida, sconcertate, terrificate, angosciate, nel momento in cui il drago veniva scagliato lontano, al di là delle nubi.
Soddisfatta, la Strega Bianca tornò a volgersi verso la nave di Narnia. Parve studiarla per un momento, come per decidere dove, come e chi avrebbe attaccato questa volta. Invece, con un movimento inaspettato si portò verso la torretta dell’albero maestro.
Nessuno seppe dire perché lo stava facendo. Nessuno aveva capito le sue intenzioni.
Edmund la seguì, ignaro degli avvertimenti altrui. Sscese dal drago d'oro e si arrampicò fino al punto più alto del Veliero dell’Alba.
Non c’era nessuno oltre lui e la Strega. Non udiva neppure le voci degli amici.
Non sapeva perché, ma il fatto che Jadis se la fosse presa con Shanna aveva scatenato in lui una rabbia incontrollabile.
Il serpente superò l’albero, la murata di tribordo, e scese giù verso il basso tuffandosi dall’altra parte dell'imbarcazione. In pochi secondi, l’arco del suo corpo circondò la nave, poi cominciò ad abbassarsi in modo che le spire sfiorassero entrambe le fiancate del veliero. E quando la testa del mostro riemerse a babordo, tutti capirono finalmente le sue intenzioni.
“Vuole stritolarci!" gridò Lucy, terrificata. Caspian diede un forte colpo alla barra del timone e la fece ruotare pazzamente, per spostarsi.  “Jadis!!!” la chiamò Edmund dalla torretta più alta, e subito la testa del serpente si portò alla sua altezza.
E’ finita… disse la voce della Strega. O ti consegni a me o moriranno tutti, lo sai.
“Uccidi me!” esclamò il ragazzo, in un automatico e disperato tentativo di difendere i compagni.
Tu no… Tu devi soffrire… Tu devi guardare!
“Ferma! No!!!” urlò Edmund con tutte le sue forze, ma le fauci del mostro scattavano verso il basso.
“No! No! NO!!!” Il ragazzo brandì la spada, ben sapendo che sarebbe servito a poco. E difatti, quando colpì il serpente, la lama si scheggiò e poi andò in pezzi.
Edmund osservò sconcertato per alcuni secondi quel che ne rimaneva, ancora stretta nel suo pungo.
Idiota! esclamò divertita la Strega Bianca, colpendo la torretta in cima all’albero, distruggendone la ringhiera con i denti e costringendo il ragazzo a gettarsi a terra.
Non puoi cambiare quello che è già deciso, Edmund. Hai visto cosa sarebbe successo se ti fossi rifiutato di stare dalla mia parte. Ormai il tuo destino è quello di rimanere solo. Moriranno tutti…
Il giovane scivolò di lato e se non si fosse aggrappato alla vela sarebbe caduto di sotto.
Tu sei mio, Edmund! Tu appartieni ancora a me!
“Smettila!” esclamò lui rimettendosi in piedi.
Tu vuoi solo credere di essere diverso, ma non lo sei. Chiediti se quello che c’è dentro di tè è davvero quello che sei o che gli altri vorrebbero che fossi. Chiediti perché hai tradito tutti quanti se non fossi stato diverso da me. Chiediti perché ancora non riesci a dimenticare il passato, perché sei così legato ad esso…
“Basta!!!”
Non riesci a liberartene perché sei e resterai sempre quello che eri! Ma puoi cambiare...con il mio aiuto! Lascia che ti mostri cosa puoi diventare! Lascia che ti mostri quello che puoi avere!
D’un tratto, il tempo parve fermarsi.
 
 
C’era uno strano rumore attorno a lui. Non sapeva qual era la sua provenienza, ma di certo era qualcosa che aveva già udito diverse volte.
Non era una voce, no… non era un suono umano. Però non apparteneva nemmeno ai suoni della natura, come lo scrosciare di un fiume, il crepitare del fuoco, o il frusciare delle foglie.
Qualcosa gli solleticò il viso e il rumore si fece più vicino.
Eustace voltò la testa, un poco infastidito. Quel ‘qualcosa’ gli aveva fatto il solletico.
Aprì gli occhi e fu accecato dalla luce più forte che avesse mai visto. Si schermò il volto con una mano- o meglio una zampa, era ancora un drago.
Sbirciò tra le palpebre semichiuse la figura che brillava sopra di lui. Non era il sole come aveva creduto, anche se brillava come il sole, e forse di più. Era un fulgore abbagliante, al quale pian piano si abituò.
In un secondo tempo, capì che dalla figura provenivano sia la luce che il suono. Era un ritmico brusio, che vibrava nell’aria circostante.
La figura…faceva le fusa.
“Aslan…” mormorò Eustace, alzandosi a sedere sulla sabbia soffice di un luogo a lui sconosciuto.
Attorno a lui e al Leone c’era una distesa di sabbia dorata, immensa, splendente. Lontano, la striscia azzurra del mare che si univa al cielo ancor più azzurro. Era un posto molto tranquillo, nel quale non si udiva null’altro che il placido rumore delle onde, del venticello tiepido, delle fusa del Leone che pian piano si spensero quando infine parlò.
“Temevo avessi deciso davvero di dormire per sempre, mio giovane amico” sorrise Aslan, soddisfatto, alzandosi in piedi.
“Dove sono?”
“Non è importante sapere dove sei. Quel che conta è dove vuoi andare”
Eustace si guardò ancora attorno un momento, poi si alzò a sua volta. Il dolore provocatogli dai colpi del serpente era scomparso, anche se si sentiva ancora molto indolenzito e qualcosa cominciò a dargli fastidio nei pressi dell’attaccatura delle ali.
Ma non vi badò per il momento, preoccupato soltanto della sorte degli altri, vergognandosi di se stesso, della sua incapacità.
“Non fare quell’espressione triste, figliolo” lo consolò Aslan, come un padre amorevole, come se avesse capito i suoi pensieri.
“Non li ho difesi” mormorò Eustace, piegando la grossa tesa di drago.
“Sì, l’hai fatto. Hai fatto quanto potevi. Ognuno ha capacità diverse, Figlio di Adamo. L’importante è usarle al massimo”
Eustace rialzò la tesa di scatto, sbalordito.
“Co…come mi hai chiamato?”
“Figlio di Adamo, Eustace”
“Ma io…” deglutì.
“Non lo sei, forse?” chiese Aslan, serio.
“Sì. Ma credevo che solo i Re e le Regine di Narnia potessero essere chiamati così”
“Sbagliavi. Tutti gli abitanti del tuo mondo sono Figli di Admo e Figlie di Eva. I primi esseri umani, coloro che- ahimè- disobbedirono per primi”.
Eustace fissò un momento il Leone negli occhi, vedendo che erano diventati molto tristi, tanto da sentirsi tristissimo anche lui.
E una domanda sorse spontanea.
“Aslan…ma tu chi sei veramente?”
I grandi e sfavillanti occhi d’oro del Leone brillarono, e un nuovo sorriso si dipinse sul muso felino.
“Ogni cosa a suo tempo. Adesso dobbiamo occuparci di te”
Improvvisamente, Eustace sentì la schiena dolere da impazzire. Le ali gli si afflosciarono e divennero pesantissime, così che non riuscì più a muoversi e si sentì schiacciare dal loro peso.
Allora, Aslan mosse piano una zampa sulla sabbia, tracciando lievi solchi con gli artigli e iniziando ad emettere un lieve brontolio dal fondo della gola.
E più scavava a fondo nella sabbia, più il brontolio diveniva sempre più simile a un ruggito, Eustace si sentiva meglio.
Si guardò le zampe, il petto, la coda, tutti i punti del proprio corpo che riusciva a vedere, e vide che sulla sua pelle di drago si formavano dei segni simili a graffi profondi, dai quali non usciva sangue, ma luce.
Non era una brutta sensazione, piacevole semmai. Gli parve di diventare leggerissimo, la pelle fresca come dopo un bel bagno.
E quando la voce di Aslan esplose in un ruggito potente, Eustace percepì il suo corpo cambiare, mutare.
Non stava più a quattro zampe, ma su due piedi.
Aveva chiuso gli occhi, ed ebbe paura di riaprirli e guardarsi. Lo fece però, desideroso di scoprire cosa fosse accaduto.
Prima di ogni altra cosa, si portò le mani davanti al volto e se le fissò, felice di vederle; poi fu la volta dei piedi, delle gambe, delle braccia.
“Evviva! Evviva! Finalmente! Sono tornato come prima! Sono di nuovo io!”
Alzò il viso sorrise ad Aslan, il quale annuiva soddisfatto, lasciandosi andare a una risatina a sua volta.
“Avrai bisogno di mani per impugnare la tua Spada, amico mio”
Eustace frenò la sua euforia e guardò ancora Aslan.
“Sì…è vero”
“Sei pronto?”
“Certo!”
Aslan allora soffiò con il su fiato caldo e profumato sul ragazzo, al quale venne automatico chiudere di nuovo gli occhi.
Eustace avvertì senso di vertigine, e quando si guardò nuovamente intorno, notò che la spiaggia e Aslan erano scomparsi. Si trovava adesso in un luogo a lui sconosciuto. Un’isola piena di fiori rosa, con alte colonne di marmo e altre strane costruzioni che spuntavano qua e là dalla rigogliosa vegetazione, simili a rovine.
Non l’aveva mai vista, ma l’aveva comunque riconosciuta: era sull’Isola di Ramandu.
La sua mente ragionò rapida: laggiù si trovavano attualmente Peter, Miriel e Shira, e le Spade dei Lord.
Doveva trovarli. Era giunto finalmente il momento di impugnare la Spada di Octesian.
 
 
Edmund vide apparire davanti a sé una distesa di mare azzurro e si chiese per un momento se, nonostante la mole dell’enorme serpente avvinghiato alla nave, Caspian non fosse davvero riuscito a portarla fuori dai confini delle tenebre.
Poi capì che quel che vedeva era l’Oceano Orientale ma guardato da una diversa prospettiva.
Non era più sul Veliero dell’Alba. Era su un balcone, al quale tante volte si era affacciato quando era Re nell’Epoca d’Oro di Narnia. Guardava l’Oceano Orientale da Cair Paravel.
Fece un giro su se stesso, lentamente, e scoprì che il balcone non dava su nessuna stanza, ma da ogni parte era aperto sulla distesa più immensa e meravigliosa che il giovane avesse mai veduto. Era come sospeso nel nulla e da lassù riusciva a vedere di tutta Narnia e oltre.
Poteva osservare così lontano da vedere le cime dalla neve perenne delle montagne appartenenti alle Selvagge Terre del Nord. Poco più in basso, l'irregolare distesa delle Paludi, la Brughiera di Ettins, le Grandi Foreste che segnavano il confine di Narnia. Scorse chiaramente i prati verdi di quest’ultima, le colline, i laghi, e le case perfino! Il Grande Fiume che sfociava proprio nell’Oceano. Si volse a ovest, dove scorse i Monti d’Occidente, verdi e rigogliosi, al di là dei quali c’era Telmar, e poi ancora il Mare dell'Ovest. A sud, le terre azzurre di Archen, Capo Tempesta, e poi le distese del Deserto a perdita d’occhio, il palazzo di Tashbaan, le Tombe degli Antichi Re. E ancora a est, lontano, si vedevano tanti puntini colorati che, Edmund capì, erano le isole di Galma e Terebinthia, le Isole Solitarie, le Sette Isole, e le terre che aveva scoperto in quel viaggio.
Il mondo è tuo Edmund. Devi solo dire si. Dillo, e non dovrai più condividerlo con nessuno. E’ il momento.
Il ragazzo si voltò e si specchiò ancora nei terribili occhi del serpente. Trasalì, vedendosi non più con l’aspetto di un ragazzo, ma di quell’uomo che era divenuto nell’Età d’Oro.
Quell’Edmund adulto sorrideva, soddisfatto di quello che aveva, perché era padrone del mondo intero, sovrano non solo di Narnia, ma di tutto quel che si poteva vedere e non. Ogni cosa era sotto il suo dominio.
Udì le voci dei sudditi che gridavano lunga vita a Re Edmund il Giusto.
E sul suo capo, spiccava contro i capelli neri una corona d’oro tempestata di rubini e zaffiri.
La corna di Caspian.
Al suo fianco era appuntata Rhindon, la spada di Peter.
La Spada del Re Supremo.
E alle sue spalle apparve una donna, splendida, dai lunghi capelli biondi, della quale però non poté scorgere il volto poiché distolse lo sguardo troppo presto.
Quando si specchiò ancora negli occhi del serpente, era tornato ad essere se stesso: un ragazzo di quattrodici anni, con i capelli appicciati al viso dalla pioggia, indossante l’armatura di Narnia, brandendo una spada che non aveva poteri né significato.
Edmund si voltò ancora verso Narnia, e quando scorse un lumicino lontano che brillava piano, ebbe un tuffo al cuore.
Lanterna Perduta.
Il lampione.
E tutti i ricordi affiorarono…
Tumnus, i Castori, il castello di ghiaccio, le statue di pietra, Jadis, Aslan, la Tavola di Pietra, la morte di Aslan, la battaglia, ancora Jadis che lo colpiva a morte. Poi il buio e la luce, i volti preoccupati, sollevati e sorridenti di Peter, Susan e Lucy, e il loro abbraccio.
Ancora una volta, i grandi occhi del serpente gli rimandavano la sua immagine, lo sguardo spaventato, incerto.
Non voleva cedere.
Non poteva cedere.
I suoi genitori e lo stesso Aslan, gli avevano insegnato che non è ciò che si vede che fa di un uomo quel che è.
Una persona non si misura in base ha ciò che ha, ma da ciò che è.
“Edmund…”
Dietro di lui, il ragazzo vide apparire qualcun altro.
Sapeva che se si fosse voltato per vederlo, non lo avrebbe davvero trovato lì vicino a lui. Ma c’era. Non era importane come. Lui c’era.
“Ricordati sempre di quel che hai fatto, Edmund. Ricorda quello che sei stato e riconosci quello che sei oggi”
“Aslan…non posso dimenticare. Mi dispiace, non posso”
“Lo so” rispose il Felino, con un lieve sorriso sul muso dorato. “Non devi. Non lo hai fatto. Per questo oggi stai combattendo per me, Figlio di Adamo, e per Narnia. Hai ammesso il tuo errore e io ho ascoltato la tua supplica. Perciò, il tuo grave torto è stato per sempre cancellato”
Edmund fissò Aslan nei grandi occhi dorati.
“Non capisco…”
 “Il giusto continuerà a vivere per la sua fedeltà. Un uomo viene dichiarato giusto in base alle sue opere”
“Lo so. Tu stesso me l’hai insegnato”
“Allora pensa, Edmund! Tu sei l’uomo giusto…ancora non capisci?”
Chiuse per un momento gli occhi, deglutendo, aggrappandosi disperatamente alle parole di Aslan.
Il tempo tornò a scorrere.
Di sotto, Caspian, Susan, Lucy e tutti gli altri non si erano ovviamente accorti di nulla. Osservavano terrificati il serpente e il ragazzo fronteggiarsi, studiarsi, dimentichi di ogni cosa intorno a loro.
“Io non verrò mai con te” disse infine Edmund rivolto alla Strega. “Io non sono come te!”
Come preferisci…
Il cappio che il corpo del serpente aveva stretto attorno al Veliero dell'Aba iniziò a far gemere l’intera struttura della nave. Altre schegge di legno volarono dappertutto. Il parapetto di tribordo fu il primo a cedere.
“La frantumerà!” gridò il grosso Kal.
“Prendete le spade!” ordinò Caspian, deciso a tentare il tutto per tutto.
Purtroppo, proprio come aveva sospettato, com'era accadutoa Edmund, molte delle migliori lame di Narnia finirono spezzate contro le squame viscide ma resistenti come l’acciaio.
“Basta combattere!” esclamò Ripicì, lasciando di stucco tutti quanti.
Nessuno era abituato a sentirlo rinunciare per primo ad una lotta, eppure ora lo stava facendo.
“Spingete! Spingete!”
“E’ assurdo, non ce la faremo mai!” protestò il vecchio Rolf.
“Ma è l’unica via d’uscita!” gli rispose Rhynce. “Dobbiamo farlo muovere!”
Tutti quanti, i narniani, gli uomini delle Sette isole, e gli Inettopodi,  si misero ai due lati del corpo del serpente e iniziarono a cercare di spostarlo, farlo scivolare via dalla nave. Di sotto, anche le Blue Singer si misero a spingere.
Salvali se tieni a loro, insinuò di nuovo la Strega Bianca, percependo il terrore che bloccava Edmund dove si trovava.
Come salvarli?
Se solo avesse avuto ancora la Spada di Bern…forse…
Cosa sei Edmund? lo schernì Jadis. Solo un incapace…
“Io so cosa sono” dichiarò il ragazzo, e per la prima volta fu fiero di sé stesso. “Il giusto, continuerà a vivere per la sua fedeltà” dichiarò, ripetendo le parole di Aslan. “La mia fedeltà, Jadis, la fedeltà che ripongo in Aslan, solo ed esclusivamente in lui. In nessun’altro, mai, tantomeno te! Io servirò e amerò sempre e solo Aslan, il Grande Leone, colui che mi ha incoronato Edmund il Giusto, Re di Narnia!”
Gli occhi del serpente si strinsero in due fessure minacciose.
In quel momento, mentre la Strega Bianca stava per distruggere del tutto il Veliero dell’Alba, una potenza magica inaudita scese dal cielo, squarciando le nubi nere, scontandosi con fulmini e lampi e provocando un rumore assordante.
Uno, due, tre…sette raggi di luce intensa forarono le nuvole e scesero verso la nave di Narnia.
Edmund reggeva ancora in mano il moncherino di quella che era stata la sua seconda spada, ma presto essa si trasformò. Bastò che uno dei raggi di luce lo illuminasse e nella sua mano riapparve la Spada di Bern.
Lo stesso accadde a Caspian, Susan e Lucy, sul ponte di sotto.
I tre ragazzi, assolutamente sbalorditi, videro tre scie di luce piovere su di loro, e dopo un momento le tre Spade di Revilian, Mavramorn e Agoz apparvero dal nulla davanti a loro. Rimasero a galleggiare a mezz’aria, luminose come non mai, in attesa che i loro proprietari le impugnassero.
“Ragazzi!!!” gridò una voce, attirando l’attenzione di tutti.
Uno degli Uccelli di Fuoco scese dal cielo e si posò sul ponte. Dalla sua groppa scesero Peter, Miriel, Shira…e Eustace!
Purtroppo, non ci fu tempo per abbracciarsi, per le spiegazioni, perché il serpente si dibatté, ritirando le spire, percependo il pericolo.
“Non lasciatelo scappare” disse una voce, debole ma limpida.
“Shanna!” esclamarono Susan e Lucy, felici di rivederla sveglia.
La Stella Azzurra sorrise debolmente, sostenuta da Gael e il dottore.
“Non lasciatela andar via. Ora che le Spade sono tutte riunite, potete distruggerla”
“Sire!” chiamò Ader “La Strega se ne va!”
“No, non credo proprio!” rispose il Liberatore, roteando la lama azzurra tra le mani e piantandola con decisione nel corpo del serpente. La Spada di Mavramorn lo trapassò da parte a parte senza alcuna fatica, imprigionandolo così al centro del ponte.
Con un sibilo tremendo, Jadis si voltò verso gli altri Sovrani, cercando di muoversi, di liberarsi. Tentò di diventare di nebbia, ma non le riuscì questa volta.
Allora, anche Peter, Susan, Lucy e Eustace conficcarono le loro Spade nel copro del mostro.
Il fuoco azzurro scaturì dalle lame, e la creatura emise un verso straziante, contorcendosi e inarcandosi per la furia. Abbassò la testa, cercando di afferrare i talismani e i loro proprietari.
Allora, i ragazzi, sotto gli occhi sbalorditi di tutti, tolsero le Spade dal corpo della Strega Bianca e la colpirono più volte, costringendola a lasciar andare definitivamente il Veliero dell’Alba.
Le Sette Spade, con un suono cristallino, mandarono sfolgori di luce a ogni colpo, che si espansero dappertutto, lacerando la pelle del serpente.
Esplodevano lampi brillanti, e le nubi tenebrose si dissolvevano man mano che la luce si faceva più intensa.
 “Edmund!” gridò Peter a un tratto. “Prendila!”
Il Re Supremo lanciò in aria la Spada di Rhoop. L’Uccello di Fuoco che li aveva riaccompagnati lì l’afferrò nel becco e la portò fino a Edmund, facendola poi cadere nella sua mano.
Ora, il Re Giusto si trovava con ben due talismani nelle sue mani. Sapeva cosa doveva fare.
Afferrò saldamente la Spada di Bern nella mano destra, quella di Rhoop nella sinistra, salì sul pennone più alto. E nel momento in cui il serpente si voltò ancora verso di lui e aprì la bocca, infuriato come mai prima, Edmund piantò con decisione le due lame rifulgenti nelle sue mascelle. Il fuoco magico penetrò nella gola del mostro marino.
La Strega Bianca si dimenò più di prima, tentando di liberarsi, impazzita per il dolore.
Quando poi Edmund la lasciò andare ritraendo le lame, scoppi e grida e lampi esplosero. Ma mancava l’ultimo colpo, il definitivo.
La prima fu Lucy, che tagliò di netto la coda del mostro, Eustace lo trafisse al ventre, Susan sul fianco, Peter, sul dorso. Poi fu la volta di Caspian che colpì appena sotto quella che doveva essere la base del collo. E infine ancora Edmund che non un fantastico giro su se stesso, tagliò di netto la testa del serpente con entrambe le lame.
Tutti guardarono il serpente attorcigliarsi più volte su se stesso, divincolarsi, completamente privo di controllo, mentre la nebbia verde si addensava nell’oscurità, spazzata poi via dalla luce.
La Strega Bianca s’inabissò pian piano, collassando su se stessa, sparendo sotto i loro occhi.
Le nubi si diradarono completamente e il silenzio piombò sul Veliero dell’Alba.
Il tempo di capire che era veramente finita, e la quiete appena riconquistata venne di nuovo colmata da grida di gioia, mentre tutti gli uomini, donne e creature presenti sul Veliero dell’Alba, esultavano per la vittoria.
La tempesta cessò all’improvviso e il sole tornò a diffondere la sua luce dorata più splendente che mai.

 
 
 
 
 
Non mi sembra vero, ce l’ho fatta!!! Sempre in ritardo di un giorno, lo so, ma ce l’ho fatta!!!
Cari lettori, finalmente la battaglia si è conclusa, i nostri eroi hanno sconfitto la Strega Bianca!!! E’ stata una fatica per ma anche per me, credetemi!!! XD
Come vi è sembrato il secondo tentativo di Jadis di tentare Edmund? Personalmente io ne sono molto soddisfatta, perché si vede un Edmund nuovo, che non cede ai tentativi della Strega di portarlo dalla sua parte.
Sapete, ci sono un paio di elementi ripresi dalla Bibbia, dal Vangelo di Matteo, capitolo 4, versetti da 1 a 11, dove il Diavolo tenta tre volte Gesù nel deserto. Io mi sono ispirata soltanto a due di questi: quando dice al Cristo di gettarsi dal parapetto del tempio affermando che Dio manderà i sui angeli per salvarlo (scorso capitolo, dove la Strega dice a Edmund “Chiama Aslan e digli di aiutarti, di morire ancora per te” e lui risponde “Non metterò mai alla prova Aslan". E poi in questo capitolo: Jadis fa vedere a Ed tutto il mondo di Narnia egli dice che può essere suo. Stessa cosa il Diavolo mostra a Gesù tutti i regni del mondo e glieli promette in cambio di un atto di adorazione, e allora Gesù lo scaccia definitivamente.
Anche altre due frasi non sono mie, e sono sempre prese dalle Scritture, sono “Il giusto, continuerà a vivere per la sua fedeltà” (Abacuc 1:4) e l’altra “Un uomo viene dichiarato giusto in base alle sue opere” (Matteo 12:37) entrambe pronunciate a Aslan.
Forse vi chiederete perché ho inserito tanti riferimenti biblici…bè, presto detto: perché sono una credente doc, e poi perché anche Lewis ha fatto la stessa cosa per tutti i sette libri di Narnia.

E ora….Ringraziamenti:
 Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  arianna17, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  Francy 98, GossipGirl88,  HikariMoon, hope_trust, ilove_tay_13,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Mary Black97, Mia Morgenstern, mmackl, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, oana98, piumetta, Riveer, ScarlettEltanin,  Serena VdW, Serpe97, Shadowfax, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94,virginiaaa
 Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 Per le seguite:

Allegory86, ArianneT, Arya512, Aslandm, azzurrina93, Ballerinasullepunte, Betely, blumettina, catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, cleme_b, desmovale, ElenaDamon18, Eli_99, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, GossipGirl88, hope_trust, ImAdreamer99, irongirl, ItsClaire, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Lisetta_Moony, Lucinda Grey, lullabi2000, Miss H_, piccolaBiby, piumetta,  Poska, Red_Dragonfly,  Revan93, Serena VdW, Shadowfax, Smurff_LT, susan the queen,  SweetSmile, Tsuki94, _Maria_, _Rippah_ e __Stardust                                
Per le recensioni dello scorso capitolo:

Angie_V,  Babylady, Cecimolli, FioreDiMeruna, Fly_My world, ImAdreamer99, lullabi2000, Mia Morgenstern, mmackl, piumetta, Serena VdW e
 
Angolino delle anticipazioni:
Il prossimo, sarà il penultimo capitolo.
I nostri amici si concederanno finalmente un po’ di riposo, nasceranno nuove amicizie, ci saranno alcuni chiarimenti lasciati in sospeso, un Petriel coi fiocchi, una dolce Lumeth e ovviamente una meravigliosa Suspian!!! E la Shandmund….ma, chissà cosa succederà… ;)
Tutto questo mentre aspetteranno di giungere alla loro meta finale, imbattendosi nelle meravilgie dell’Ultimo Mare!

 
RISULTATI SONDAGGIO :
Allora, tiriamo le somme:
Non c’è un vero e proprio vincitore, perché purtroppo nessuno ha indovinato tutto: sia che erano gemelli che entrambi i nomi. Forse pretendevo troppo. Però vediamo alla fine chi ha indovinato e cosa:

Nella prima parte del sondaggio, che hanno capito subito che i piccoli Suspian fossero due sono state HikariMoon, Judee e mmackl (all’epoca Martinny).         
Nella seconda parte, invece, dovevate cimentarvi con i nomi, e
Charlotte Atherton, LittleWitch e Mmackl  hanno indovinato tutte e tre il nome del maschio: Rilian.
Ma Charlotte ha azzeccato anche quello della femmina, capendo che si sarebbe chiamata come la madre di Caspian: Myra (che nomino nel capitolo 42) Quindi, doppiamente brava Charlie!!!
Ma bravissimissime tutte!!!
In ultimo, ringrazio tutti quelli che hanno lasciato un commentino a proposito.


Finito. Che casino, aiuto....si è capito tutto quello che volevo dire? Speriamo di sì...
Mi fa piacere che partecipate a queste piccole iniziative. Magari ne farò più spesso se vi fa piacere, cosa ne dite? Avrei già una mezza idea per un altro sondaggio…
 
Anche per questa settimana è tutto, carissimi!
Alla prossima!!!
Tanti baci e abbracci,
Susan<3

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Capitolo 49
*** Capitolo 49: La notte prima della fine ***


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49. La notte prima della fine
 
 
 Hai camminato con me
Orme sulla sabbia
e mi hai aiutato a capire dove stavo andando
Hai camminato con me
quando ero completamente sola di fronte a ciò che non conoscevo,
lungo tutta la strada
e poi ti ho sentito dire...


Ogni cosa riassunse forma e colore quando gli ultimi strascichi di nebbia scomparvero per sempre e furono solo un brutto ricordo.
Il canto delle Blue Singer si levò nell’aria, sovrastando le grida di gioia dei narniani. Gli Uccelli di Fuoco fecero loro compagnia. 
I colori tornarono vibranti e cangianti, e a tutti sembrò che il mondo non fosse mai stato così bello.
Caspian alzò gli occhi al cielo e li strizzò brevemente nella forte luce. Si sentiva più vivo che mai.
I marinai andavano e venivano attorno a lui, parlandogli, stringendogli la mano, congratulandosi, abbracciandolo.
Poi, qualcosa cambiò.
La serenità ritrovata alla consapevolezza che finalmente Narnia fosse salva,  si trasformò pian piano in un’euforia incontenibile quando il suo sguardo si posò su Susan.
Il suo cuore esplose,  il respiro accelerò.
La Regina, come richiamata dal suo sguardo, un silenzioso richiamo, si voltò verso di lui e rimase immobile, osservandolo a sua volta con il cuore in gola.
E mentre continuava a guardarla, perso nel cielo azzurro che erano gli occhi di lei e che splendeva più di qualsiasi altro, Caspian si mosse svelto, andandole incontro.
Susan fece lo stesso, attraversando quasi correndo il tratto di ponte che li separava, gli occhi incatenati a quelli di lui.
Caspian l’afferrò per un braccio, per una volta senza dolcezza, senza premura, e l’attirò a sé per baciarla con ardore, cingendole la vita con fermezza, e premendo una mano sulla sua schiena.
Lei infilò una mano tra i capelli di lui, per far si che le loro labbra si fondessero, rispondendo al bacio senza riserve, ignorando per un momento tutto il resto, le voci attorno a loro.
Si separarono e si guardarono negli occhi, stretti l’uno all’altra. Si sorrisero, increduli, poi lui la strinse ancora e appoggiò la fronte a quella di lei.
Era finita. Era finita davvero.
 “Lucy! Lucy!” esclamò d’un tratto una voce squillante.
La Valorosa si volse indietro, i capelli bagnati e spettinati che volteggiarono in ciocche sparse davanti al volto.
Gael e Emeth venivano verso di lei.
“Sei la mia eroina, Lucy!” esclamò la bimba, con una luce di ammirazione sconfinata nello sguardo.
“Sei unica” disse Emeth, incontrando gli occhi azzurri della Regina.
Lucy sfoderò un magnifico sorriso che gli mozzò il fiato. Gli gettò le braccia al collo e lo baciò brevemente sulle labbra, suscitando una risatina da parte di Gael.
“Mi sei stato sempre accanto. Ti ringrazio” gli disse, arrossendo un poco.
“Ne dubitavi?”
Lucy scosse il capo.
 “Tieni” li interruppe poi Gael, porgendo all’amica l’ampolla di diamante. “Adesso stanno tutti bene. Ti ringrazio di avermi dato tanta fiducia e di avermi affidato il tuo prezioso cordiale”
Lucy la guardò con affetto e la strinse forte, già pensando a quanto le sarebbe mancata.
“No, grazie a te, Gael”
E proprio per merito della miracolosa pozione, in meno di un minuto tutti i feriti avevano riacquistato la salute.
Drinian fece la sua ricomparsa sul ponte, dove trovò i compagni, e soprattutto Caspian, ad accoglierlo con un caloroso abbraccio.
Con grande sorpresa del capitano, anche Susan gli si avvicinò con un sorriso e gli pose un bacio su una guancia.
“Siamo felici di riavervi con noi, Lord Drinian”
“Vi ringrazio, mia Regina. Grazie davvero”
L’uomo e la ragazza si fissarono un momento ancora.
Poi lui chiese: “Allora? Cosa mi sono perso?”
“Oh, le Loro Maestà sono state incredibili! Assolutamente meravigliose!” gli rispose un euforico Ripicì, che saltellava qua e là per il ponte. “Ma dov’è quell’impiastro di Eustace? Era qui fino a poco fa…”
Il topo si voltò velocemente a destra e a sinistra, ma non lo vide.
Poi, una voce chiamò dal mare…
“Ehi! Ehi, aiutatemi per favore, sono caduto giù!”
Ripicì zampettò svelto ad affacciarsi in un punto dove la fiancata era stata abbattuta da un colpo del serpente marino. Guardò in basso, e vide Eustace sguazzare nell’acqua e cercare di risalire a bordo con scarso successo.
“Benedetto ragazzo, ma com’è che cadi e inciampi sempre?” chiese il topo, esasperato.
“Non fare domande sceme e aiutami, brutta marmotta!”
“Aaaahhhh…” sospirò Ripicì, asciugandosi una lacrima di nostalgia. “E’ bello sentirti parlare di nuovo, vecchio mio”
“Eustace, sei il solito…” commentò Peter, arrivando accanto al topo assieme a Miriel e a tutti gli altri.
Mancavano solo Shanna e Edmund per completare la squadra. Lui stava discendendo proprio in quel momento sulla tolda. Lei invece se ne stava in disparte, intimidita.
E mentre gli altri gettavano una cima a Eustace, Caspian richiamò l’attenzione di Edmund.
Il Re Giusto si volse, le due Spade di Bern e Rhoop ancora strette in mano, e poi i due amici si strinsero in un abbraccio.
“Sei stato grande, Ed! Eccezionale!”
“Bella prova” disse Emeth, battendo il cinque (un gesto che a Narnia non esisteva, ma che Edmund aveva insegnato al soldato).
Tutti gli si fecero introno, e si misero a parlare contemporaneamente.
“Bè…niente di speciale” si schermò Ed, alzando le spalle e rinfoderando la Spada di Bern.
 “Sono fiero di te, Ed” disse Peter, lasciando tutti a bocca aperta.
Lucy e Susan trattennero il fiato. Emeth, Miriel, Caspian, Rip e Eustace si scambiarono uno sguardo appena, senza dire nemmeno una parola. Non volevano intromettersi.
Edmund era senza parole. Peter gli sorrideva, sul viso uno sguardo colmo di orgoglio.
“Sapevo che ce l’avresti fatta” continuò il Re Supremo. “Anzi, credevo che Jadis si arrendesse molto prima. Ormai dovrebbe sapere che i suoi trucchi meschini non funzionano contro di te. Non più. Sei un uomo adesso, Edmund”
Il Giusto deglutì e annuì una volta.
“Sì…” balbettò, senza sapere bene cosa aggiungere di più.
Avrebbe voluto dire tante di quelle cose… ma non riusciva ad esprimerle. Aveva tanto aspettato quel momento, per tutta una vita, che Peter gli dicesse quelle parole.
Il Re Supremo fece un passo avanti e allungò una mano.
Edmund raddrizzò le spalle e la strinse, ma dopo un secondo si ritrovò stretto nell’abbraccio del fratello maggiore.
Fu come quella volta, pensò Ed: alla fine della prima battaglia combattuta a Narnia, quando aveva ripreso i sensi e Peter l’aveva preso di sorpresa, stringendolo con affetto.
E poco dopo, davvero come quella volta, Lucy e Susan si unirono a loro.
“Abbraccio di gruppo!” esclamò d’un tratto Eustace, gettandosi addosso ai cugini.
“Staccati immediatamente!” protestò Edmund, tirando appena su col naso.
“Ma scusa, anch’io faccio parte della famiglia!... Ma che fai, piangi?”
“Chi? Io? Figurarsi!” sbottò Ed.
“Eustace, da quando sei così espansivo?” chiese Susan molto stupita.
“B-b-bè…io…pensavo…” balbettò il ragazzo, facendo vagare gli occhi altrove. “Pensavo di festeggiare la vittoria”
“Oh, Eustace!” esclamò Lucy, saltandogli al collo, “Anche noi ti vogliamo tanto bene!”
“Frena, nanerottola: mai detta una cosa simile! E’ solo che mia madre dice sempre che tra parenti….insomma…” protestò il cugino, prendendole le braccia e tentando di levarsela di dosso, mentre indietreggiava, disgustato a un tentativo di Susan di dargli un bacio.
“Che schifo, che schifo, no!!! Bacia tuo marito, non me!!!”
“Ottima idea” disse Caspian, traendo a sé Susan e posandole un bacio a fior di labbra.
“Bleah!!!” gridò Eustace, finalmente libero da Lucy.
“Oh, ma insomma!” fece Miriel. “Non sei mai contento di niente!”
Osservando i Sovrani e gli amici gioire insieme, Shanna non trattenne una risata.
Gli altri, si voltarono verso di lei, e subito la Stella si coprì la bocca con una mano.
“Perdonatemi. Non volevo burlarmi di voi”
“Certo, lo sappiamo. Non preoccuparti” le disse Edmund porgendole la mano e invitandola con un cenno ad avvicinarsi. “Forse, è venuto il momento di presentarti meglio a tutti quanti”
Emozionata, imbarazzata e forse un po’ impaurita, lei trovò sicurezza nella mano calda di lui, che afferrò con decisone.
Fu difficile per Shanna, (ma anche un piacere) raccontare la sua storia. Difficile, perché si sentiva in colpa per non essere stata in grado di assolvere il suo dovere, per non averli saputi avvertire del pericolo.
Un piacere, e soprattutto un sollievo, perché finalmente poteva dire loro tutta la verità, così come l’aveva raccontata a Edmund nella torre.
A prendere la parola per tutti, alla fine del racconto, fu Miriel, che le si avvicinò e le prese le mani nelle sue.
“Perdonami se non ho capito subito che tua sorella non era la vera guida del cielo. In quanto guida della terra, avrei dovuto intuirlo”
“Forse dipende dal fatto che ci somigliamo molto, e che mia sorella ha i miei stessi poteri” Shanna sospirò abbassando il capo. “Vi chiedo ancora scusa”
“No, siamo noi che dobbiamo porti le nostre scuse” disse Caspian.
Shanna lo guardò. “Mi rincresce tanto, Maestà, davvero. Mia sorella non era come l’avete conosciuta voi. Sapete, vorrei…vorrei poterle parlare…”
Caspian, Susan, Eustace, Peter e Miriel si scambiarono uno sguardo.
Loro erano gli unici a sapere che Lilliandil era morta. Agli altri non c’era ancora stato tempo di dire nulla. Ma ciò che li preoccupava di più era come avrebbero fatto a dirlo a Shanna.
Ma come se già sapesse, gli occhi della giovane Stella si riempirono di lacrime. Lasciò le mani di Miriel e fece un passo indietro.
“Lo so….lo so che cosa le è successo. L’ho sentito”
Nessuno disse nulla. Passarono alcuni secondi in silenzio, senza sapere cosa fare, come consolarla.
“Ci dispiace” mormorò Susan alla fine, incapace di dire altro. “Noi non…”
Shanna le rivolse un sorriso stentato. “Avete fatto quel che dovevate, mia Regina. Tutti voi. Per Narnia. Non dovete darmi spiegazioni. Lilliandil ha scelto di sua volontà di tradire Aslan e schierarsi con la Strega Bianca. Nessuno l’ha obbligata. E scegliendo quella strada è andata inevitabilmente verso la distruzione”
Shanna cercò la mano di Edmund, sempre accanto a lei, e la strinse. Lui le cinse le spalle premurosamente.
Intanto, a tentoni, il povero Veliero dell’Alba, ridotto quasi brandelli dal serpente marino, si avvicinava spedito all’Isola di Ramandu, spinto da un movimento fluido delle onde e dal vento che soffiava frizzante. Quando fu a meno di un miglio dalla baia, un marinaio chiamò a gran voce i Sovrani facendo notare loro qualcosa all’orizzonte.
Inizialmente, a causa del riverbero del sole, fu solo una massa scura che videro, ma quando la nave venne coperta dall’ombra del picco più alto dell’isola, distinsero almeno una decina di barche in arrivo da oriente, le quali portavano a bordo uomini, donne e bambini.
Molto presto, la triste atmosfera scesa sulla nave si rianimò di nuove grida di felicità.
“Mamma! Mamma!” esclamò Gael, sporgendo le braccia dal parapetto scheggiato. “Papà, è la mamma! Guarda!”
“Elén…” mormorò Rhynce, incredulo, tremante. E non provò nemmeno a fermare la figlioletta quando questa si tuffò in mare per raggiungere le barche.
“Gael! Rhynce!” chiamò una voce femminile, mentre una donna dai lunghi capelli scuri e un abito azzurro e bianco, si sporgeva dalla prima imbarcazione agitando le braccia, per poi issare la bambina sulla barca e stringerla forte tra le braccia, piangendo con lei.
Allora anche Rhynce imitò la figlia, tuffandosi in mare e raggiungendo la moglie per baciarla e abbracciarla stretta.
Anche alcuni uomini delle Sette Isole riconobbero i loro cari a bordo di quelle barche.
I ‘naufraghi’ sbarcarono contemporaneamente sulla spiaggia dell’isola di Ramandu assieme all’equipaggio di Narnia. Gael, padre e madre per mano, corse a far conoscere quest’ultima ai suoi amici.
“Lei è la mia mamma!” dichiarò, con le guance rigate di lacrime, in netto contrasto con il gran sorriso che aveva sul visino tondo.
“E’…è un onore, Vostre Maestà” s’inchinò in fretta Elén, rassettandosi l’abito e ravviandosi i capelli. “Santo cielo, Gael! Se mi avessi detto che i tuoi amici erano proprio loro…oh, non sono presentabile!”
“Sei bellissima, tesoro” le mormorò Rhynce all’orecchio, piano.
Con il ritorno di quelle persone che quasi quattro mesi prima erano scomparse chissà dove a causa della nebbia verde, i Re e le Regine ebbero la garanzia che la maledizione del sonno eterno era stata sconfitta, così come chi l’aveva evocata. A parere dei Pevensie, era stato il trucco più subdolo che la Strega Bianca avesse mai usato.
Molti vollero sapere dalla madre di Gael e da altri, cos’era successo una volta che erano stati assorbiti dalla nebbia: dov’erano stati, cosa avevano fatto, cosa avevano visto.
Purtroppo però, nessuno seppe rispondere a quelle domande. Dissero che, una volta passati attraverso la nebbia, avevano creduto di imbattersi in Tash, con il terrore di incorrere nella sua ira.
“Ma non abbiamo visto proprio nulla” spiegò Elén. “E’ come se ci fossimo addormentati tutto un tratto, almeno così credo. Forse siamo morti e siamo stati ridestati dalla morte, e Aslan ci ha portati qui. Non lo so. L’ultima cosa che ricordo è la nebbia verde, e poi…ho visto come una luce, poco fa,  e mi sono resa conto di essere ancora su quella barca, come se non fosse passato nemmeno un minuto, e invece eccomi qui”
“Il principio di questa maledizione” constatò Peter, “è lo stesso della magia che Jadis usò per trasformare gli abitanti di Narnia in pietra. Uno stato d’incoscienza completa e irreversibile”
“Ma per fortuna” aggiunse Lucy, “Aslan sa sempre come porre rimedio a tutto”
“A proposito di Aslan” disse Eustace. “Io volevo chiederti una cosa, Lu”
La cugina lo guardò incuriosita. “Certo, dimmi pure”
Eustace parve tentennare, le si avvicinò ancora, un po’ di più, infine si chinò al suo orecchio coprendosi la bocca con la mano.
Nessuno seppe mai cosa Eustace chiese a Lucy, né cosa lei gli rispose. Di certo però, doveva essere qualcosa di sconvolgente, vista la reazione del ragazzo. Perché quando  la Valorosa bisbigliò a sua volta nell’orecchio del cugino, Eustace spalancò occhi e bocca prima di finire lungo disteso sulla spiaggia in uno stato di morte apparente.
Si riprese soltanto quando una spruzzata di acqua (più simile a una cascata, a dire il vero) lo inzuppò da capo a piedi.
“Blu!!!”
Il capobranco delle balene azzurre emise un suono divertito e i presenti attorno a loro risero di gusto.
“Dai, alzati” disse Edmund al cugino. “Dobbiamo andare”
“Eh? Dove?”
“Che domande! Alla Tavola di Aslan”
Eustace si alzò, grondante acqua. Imbronciato come sempre, prese la Spada di Octesian che gli era caduta a terra e s’incamminò dietro agli altri.
C’erano tutti. I Cinque Sovrani davanti, appena dietro Eustace e Ripicì, Miriel e Shanna, Shira sulla sua spalla, e Emeth; poi Drinian, Tavros e Rhynce con la sua famiglia. Kal, Rolf, Chief e gli Inettopodi, Ader e i suoi uomini pesce.
Il lungo corteo riattraversò ancora le rovine dell’Isola di Ramandu.
Scoprirono con stupore e piacere che non era più il luogo silenzioso e tranquillo che avevano conosciuto al loro arrivo. Peter, Miriel e Shira, che avevano visitato quei prati solo mezz’ora prima, furono quelli che si stuprino maggiormente.
Ricordarono che Lilliandil aveva detto loro che la maledizione del sonno eterno aveva colpito anche gli animali dell’isola. Chiesero conferma a Shanna, la quale disse che era vero: gli animali erano stati le prime vittime dell’incantesimo di Jadis.
“Ma ora che la maledizione è stata scongiurata e la Strega sconfitta, sono finalmente tornati” disse la Stella Azzurra.
I suoi occhi blu, dapprima tristi, s’illuminarono di gioia, mentre insieme agli altri ammirava la sua casa tornata com’era sempre stata.
L’Isola di Ramandu brulicava di vita.
Su un pendio videro un piccolo branco di cervi. Su un albero decine di scoiattoli rossi che giocavano tra loro. Una lepre saltò fuori dalla sua tana e balzò dentro una macchia di cespugli. Si udiva il ronzio delle api, svariati canti d’uccelli che si mescolavano tra loro formando una curiosa melodia, confusionaria all’inizio, ma piacevole all’orecchio quando ci si abituava. Le farfalle più grandi e variopinte che avessero mai visto, succhiavano il polline dei fiori rosa che ornavano il ponte di pietra che separava quel piccolo paradiso terrestre dalla Tavola di Aslan.
Tutte le creature erano impegnate nelle loro mille e simpaticamente rumorose attività…ma laggiù, ogni suono si spegneva e la quiete tornava.
Si ritrovarono di nuovo avvolti da un silenzio che donava ristoro alla mente e allo spirito, confortante, rassicurante, toccante. Si poteva sentire la presenza dello spirito di Aslan.
D’improvviso si sentirono rilassati, poi stanchi. Alcuni avrebbero preferito sedersi intorno alla Tavola, aspettando che venisse di nuovo riempita con le sue leccornie per ristorarsi dopo quella lunga ed estenuate battaglia, e poi magari schiacciare un bel pisolino.
Ma non era il momento di riposarsi. Non ancora.
Gli sguardi di tutti si posarono sull’estremità opposta della tavolata, dov’erano stati seduti i tre Lord di Telmar.
“Non ci sono più” commentò Miriel a bassa voce.
“Che ne sarà stato di loro?” chiese Susan preoccupata.
“Probabilmente si sono svegliati, non credete?” concluse Edmund.
E in risposta a quelle domande, una porta si aprì nel nulla proprio di fronte a loro. Apparve un uomo alto, avvolto in un lungo mantello blu notte, con i capelli argentei lunghi fino alle spalle e una lunga barba del medesimo colore. Gli occhi splendevano di un azzurro luminoso. Nella mano destra reggeva un lungo bastone che brillava curiosamente. Dietro di lui, altre tre figure maschili.
“Padre!” esclamò Shanna, staccandosi dal gruppo e correndo a perdifiato tra le braccia del primo uomo.
Ramandu strinse forte sua figlia, ridendo e piangendo insieme a lei.
“Re Caspian!” esclamarono gli altri tre uomini, gettandosi in ginocchio davanti al Liberatore.
“Alzatevi, Lord Agoz, Lord Mavramorn e Lord Revilian, cari amici” disse lui.
I tre uomini capirono immediatamente che davanti a loro non c’era il loro vecchio Re, ma suo figlio. Tuttavia, le mille domande che avrebbero voluto porre, venero rimandate.
“Vostre Maestà” disse la voce di Ramandu, profonda e gentile. Ricordava la voce di Aslan.
Tutti capirono di trovarsi di fronte a qualcuno di molto importante, un’autorità, e chinarono il capo in un saluto reciproco pieno di rispetto.
“Lui è mio padre” lo presentò Shanna con occhi scintillanti e un gran sorriso che finora non aveva mai mostrato. “Custode della Tavola di Aslan, Re delle Stelle”
“E’ un grande onore avervi finalmente qui, Re e Regine, Amici di Narnia” disse Ramandu. “E anche il vostro congiunto, Lord Eustace”
Il ragazzo si voltò stupito da una parte all’alta. “Chi? Io? Lord? Davvero?”
Ramandu sorrise “Non ancora, ma presto lo sarete”.
Poi batté le mani tre volte.
Immediatamente, una sferzata d’aria calda invase lo spiazzo. Tutti quanti si ritrovarono con abiti asciutti e nuovi di zecca. Le armature avevano ceduto il posto a nuovi indumenti. I Re e le Regine indossavano vestititi bianchi e oro, con mantelli per Caspian, Peter e Edmund, e lunghi strascichi per Susan e Lucy. Sul capo, tutti e cinque avevano sottili, splendide corone di cristallo, con riflessi di tutti i colori dell’arcobaleno.
Anche Eustace portava abiti bianchi, ma ricamati d’argento.
“Un dono per voi” disse Ramandu, sorridendo. “Per aver riportato la pace a Narnia e aver liberato mia figlia”.
“Siete anche voi una Stella?” chiese Susan, molto incuriosita.
“Sì, e capisco dalle vostre espressioni che non avete mai sentito parare di me. Non c’è da stupirsene, perché sono ormai molto lontani i tempi in cui brillavo nel cielo. Da allora, le costellazioni sono cambiate”
“Incredibile” commentò Edmund. “E’ una stella in pensione”
“E ora non siete più una stella?” chiese Lucy.
“Lo sono ancora, ma una stella a riposo, come ha detto giustamente vostro fratello. Quando mi spensi, Aslan mi portò su quest’isola dove sorgeva un meraviglioso giardino, che con il tempo si disgregò e divenne le rovine che vedete ora. Mi affidò un compito importantissimo e mi diede questo bastone: la chiave del suo monte sacro, dove sorge la Tavola di Aslan. Ne divenni il custode con grande onore”
“Perché si chiama Tavola di Aslan?” chiese Peter.
“Perché è qui per suo volere. Questo luogo, secoli e scoli fa, era parte delle Terre di Aslan. Per questo alcuni viaggiatori l’hanno chiamato il principio della Fine del Mondo”
“Allora siamo vicini” disse ancora Peter.
Ramandu annuì. “Partendo da quest’isola, che prende il mio nome sempre per volere del Grande Leone, navigando dritti verso il sole, si arriva direttamente all’entrata delle Terre di Aslan: la Grande Onda”
Ripicì era emozionatissimo. Non vedeva l’ora di vederla.
“Signore, posso farvi una domanda?” chiese gentilmente Caspian.
“Certamente”
“Abbiamo già conosciuto una stella, a parte voi e le vostre figlie: Coriakin. Ma a lui, Aslan non diede un incarico di portata elevata come il vostro, anzi, so che fu punito. Ditemi, è possibile conoscerne la ragione?”
Ramandu si fece molto serio. “No, Sire. Non è assolutamente possibile che io divulghi ciò che fece il cugino Coriakin”
“Noi non e parliamo” aggiunse Shanna.
“Capisco. Perdonate la mia curiosità” si scusò Caspian.
“Nulla, nulla, Maestà. Ma ora venite”
Ramandu fece cenno ai sei ragazzi di fare un passo avanti e li guidò verso la Tavola di Aslan.
Caspian, Susan e Lucy da un alto, Peter, Edmund e Eustace dall’altro, raggiunsero il punto in cui vi erano i sei solchi orizzontali.
Le Spade iniziarono di nuovo a brillare, tintinnare.
Anche, Agoz, Revilian e Mavramorn, e così Rhoop, si avvicinarono. Mancavano Restimar e Octesian, purtroppo defunti; e Bern, che era sulle Isole Solitarie ad assolvere il suo dovere di Duca.
“Ora posatele” disse Ramandu, con un cenno della mano.
I sei ragazzi eseguirono, ognuno mettendo la propria arma nel luogo a lei destinato, nello stesso ordine in cui le aveva messe Peter.
Lord Agoz prese parola.
“Aslan ci donò queste Spade quando eravamo poco più che ragazzi come voi, Vostre Maestà. Sapevamo che un giorno avremmo dovuto separarcene, e anche voi…”
“Separarcene?” fece Edmund, con uno strano senso di agitazione.
“Sì, Sire” annuì Ramandu. “Queste Spade devono restare qui, in attesa che il settimo Amico di Narnia faccia la sua comparsa in questo mondo. Non potranno essere portate fuori da questo luogo finché tutti gli Amici non saranno in grado di usarle e custodirle nel giusto modo”
“Ma io credevo…credevo che fossero nostre”
“Lo sono, Maestà, ma non completamente. Resteranno qui” ripeté Ramandu, “fino al giorno stabilito da Aslan”
Separarsi dalla Spada di Bern…la sua spada, la sua compagna di tante avventure fin dall’inizio di quel viaggio. Ormai, Edmund si era abituato ad averla con sé, come un amico fedele. Fu con un grande sforzo che lasciò la presa dall’elsa.
Di nuovo unite, le sei Spade brillarono, brillarono…e poi la Tavola di Aslan si riempì nuovamente di ogni ben di Dio, ma i talismani rimasero nel centro, circondati da una cupola di vetro.
Shanna allungò un dito e toccò la superficie di cristallo puro, che emise un suono delizioso, armonioso.
“Questo speciale cristallo, simile al materiale di cui è fatta la vostra ampolla Regina Lucy, le proteggerà”
“Siamo sicuri che nessuna strega verrà a portarle via?” chiese Eustace, scettico.
“Se così fosse” rispose Shanna, “dovrà vedersela con mio padre e con me”
Ramandu sorrise alla figlia e le mise un braccio attorno alle spalle. Poi fece un ampio gesto con la mano, indicando le cibarie.
“Prego: è tutto per voi”
Così a quell'invito, stanchi e affamati, sedettero tutti insieme e mangiarono con allegria.
La luce a est calava piano e il tardo pomeriggio si trasformò presto in sera.
“Prima di accomodarci, Re Caspian” disse Ramandu, “vorrei conferire con voi”
“Certamente” rispose il giovane, lasciando gli altri e seguendolo verso un dolce pendio poco lontano da lì.
Ramandu si volse con aria grave. “So tutta la storia, Sire. So cos’è accaduto a mia figlia Lilliandil, e vedo l’angoscia nel vostro cuore. Ma non dovete angustiarvi: voi avete fatto quel che era giusto”
“Signore, vi prego di perdonarmi. Forse parte della colpa è mia. Se non avessi rifiutato di vederla il giorno in cui venne a Cair Paravel…se avesse saputo fin dall’inizio la verità e le mie reali intenzioni riguardo al fidanzamento, la Strega Bianca non avrebbe avuto tutta quella presa su di lei. Vostra figlia si è sentita tradita, offesa, e ammetto di essere io la causa”
“No, Vostra Maestà, non dite questo” Ramandu rassicurò Caspian. “Aslan ci fece il grande onore di promettere in sposa Lilliandil al Re di Narnia, ma io le dissi mille volte che non doveva farsi illusioni. Non era certo che voi accettaste di sposarla solo per il fatto che fu scelta dal Gande Leone. Certo è che, quando Lord Erton ci disse che Vostra Maestà aveva acconsentito con gioia a quest’unione, noi…”
“Lo so, e anche per questo vi chiedo perdono. Lord Erton vi mentì: io non diedi mai la mia parola. Non avrei mai potuto, perché avevo già promesso il mio cuore a un’altra donna. E lei soltanto ne possiede la chiave, adesso e per sempre”
Ramandu sorrise. “La Regina Susan, la Dolce”
Caspian parve stupito. “Voi sapevate…?”
“No, non sapevo fino a quando vi ho visti poco fa. Ma lo sospettavo. Quando Aslan venne di nuovo da noi a dirci che nel disegno di Narnia qualcosa era mutato per sempre, dopo il nuovo ritorno dei Re e delle Regine della Vecchia Narnia, compresi che doveva esserci stato per forza un errore, e capii che- come voi ora mi avete confermato- quell’errore non dipendeva da Vostra Maestà. Voi siete un uomo di buono e onesto, non avreste mai preso un impegno per poi non rispettarlo. Tentai di spiegare a Lilliandil com’erano andate le cose, che voi non l’avevate affatto ingannata, ma non volle sentire ragioni. Vi chiedo ancora perdono, Maestà, per quel che ha osato tentare di fare a voi e alla vostra famiglia: alla vostra sposa, e al figlio che porta in grembo”
“Vi ringrazio immensamente per le vostre parole” disse Caspian con un senso di crescente sollievo. “Sono felice che il malinteso sia stato chiarito, e vi porgo le mie condoglianze per vostra figlia”
Ramandu scosse il capo e non rispose. Caspian capì che non ne aveva la forza, il dolore era troppo intenso.
“Mi auguro solo che sia voi che le Loro Maestà, possano non serbarmi rancore”
“Nessun rancore, signore. Ve lo posso assicurare”
 
 
Dopo cena, Ramandu si offrì personalmente di riparare ogni danno al Veliero dell’Alba e alla nave delle Sette Isole. Fu una fortuna, perché erano davvero in pessime condizioni dopo l’attacco del serpente marino.
“E la nave ci serve in buono stato, o niente Fine del Mondo” commentò Ripicì.
“Sei sempre dell’idea di andare fin laggiù?” chiese Peter.
“Laggiù e oltre, mio Re” rispose il topo con fierezza.
Dopo ciò, sempre in riva al mare, ci fu una cerimonia per Eustace che fu investito con tutti gli onori del titolo di Lord di Narnia. Fu acceso un bel falò e apparvero decine di lanterne che illuminarono la baia e volteggiavano sull’acqua.
Ma mancava qualcuno.
Edmund si alzò in piedi e si addentrò nel bosco dove gli animali e gli insetti notturni gli andavano incontro senza paura.
Shanna era sparita poco dopo la fine della cerimonia e non si era più vista. Il ragazzo fu spinto a cercarla da uno strano senso di agitazione che gli impediva di starsene seduto tranquillamente a divertirsi insieme agli altri.
Aveva conosciuto Shanna solo da poche ore, ma già pensava con tristezza al momento in cui avrebbe dovuto salutarla.
Aveva finalmente ritrovato suo padre vivo e in buona salute, ed era tronata a casa. Doveva essere felice per lei, e lo era. Era giusto che restasse con Ramandu, al sicuro sulla loro isola. Shanna non era come Miriel, non era fatta per l’avventura, l’aveva subito capito. E poi, anche volendo, ormai il viaggio era quasi alla fine per cui…
Il fatto, era che Edmund avrebbe voluto conoscerla meglio. Incredibile come in poche ore avesse instaurato con lei un rapporto speciale. Un po’ come gli era successo con Caspian: quando aveva conosciuto il principe, aveva capito immediatamente che c’era una grande affinità fra loro, sfociata quasi subito in una grande amicizia.
Allo stesso modo, desiderava essere amico di Shanna, parlarle a lungo, perché sentiva che erano simili. Egualmente vittime degli inganni di Jadis, si capivano a fondo, per questo e mille altri motivi.
E poi lei era…
D’accordo- ammise a sé stesso- con lei non era proprio come con Caspian. Era più…era diverso. Semplicemente, totalmente diverso.
Giunse sul crinale est dell’isola, guidato dagli animali che sembravano sapere dove volesse andare.
La sera era limpida e serena, il cielo una trapunta di stelle. E lei era là, avvolta da quella tenue luce fatata.  La brezza che saliva dal mare, profumata e fresca, giocava tra i suoi capelli: una cascata d’oro che le ricadeva sulla schiena in onde leggere.
Edmund si spostò appena per poterne vedere il viso. Teneva gli occhi chiusi, e la luce della luna conferiva alla sua pelle un candore perlaceo.
Lei era…bella.
Si accorse che aveva le mani giunte, forse assorta in una preghiera. Forse per sua sorella.
Allora, non volendola disturbare in un momento simile, fece un passo indietro. L’erba frusciò appena sotto i suoi piedi, ma lei lo udì.
“Non devi andare via” disse, riaprendo gli occhi blu e voltandosi verso di lui.
“Non ti disturbo?”
“No”
Shanna posò una mano sul terreno: un invito a sedersi con lei.
“Sicura?”
Lei annuì e allora lui le sedette accanto.
Per alcuni minuti rimasero in silenzio, ad osservare il mare e l’orizzonte sconfinato dove, là da qualche parte, c’erano le Terre di Aslan.
Edmund continuò a fissare la mano di lei, posata sull’erba, a sbirciarla di sottecchi.
“E così, sei una principessa” disse infine, spezzando il silenzio.
Lei lo guardò un po’ stupita.
“Tuo padre è il Re delle Stelle, no?”
Shanna sorrise e scosse il capo. “No, non è un vero re. E io non sono una principessa. A Narnia, solo i Figli di Adamo e le Figlie di Eva hanno questo privilegio”
“Bè, potresti esserlo però, sai? Ne hai tutto l’aspetto” Edmund deglutì, balbettando. “Il fatto è che sei così…ehm…regale”
Avrebbe voluto spiegarle, dirle che pensava questo di lei perché era bella, e aggraziata e…ma non ci riuciva. Le parole non uscivano.
“Oh, grazie” sorrise Shanna, lusingata.
Edmund si voltò ancora verso il mare quando la ragazza abbassò lo sguardo.
Ma cosa gli stava succedendo? Perché gli veniva difficile parlare con lei? Se davvero la sua affinità con Shanna era come quella con Caspian, avrebbe dovuto sostenere con lei lunghe conversazioni in completa tranquillità, e invece…balbettava, le mani sudavano e si facevano calde. Uno strano bollore gli invadeva le guance quando lei sorrideva, come adesso.
La guardò. Lei fece lo stesso.
“Vedi, è stato Aslan a dargli quel titolo, ma è solo un titolo”
Edmund batté le palpebre un paio di volte, smarrito. Poi si rese conto che lei stava riferendosi a suo padre. Shanna aveva ripreso il filo del discorso, era lui che si era completamente perso.
“Allora come stanno le cose?” domandò, cercando di non farle notare che si era distratto.
“Il fatto, è che Ramandu era una costellazione fantastica, la più grande e magnifica di tutta Narnia, prima dei tempi dell’inverno centenario. Ma non esiste un vero e proprio re delle stelle. Aslan è il vero Re di tutto”
Edmund corrugò la fronte. “Capisco...ma...hai detto prima dell’inverno…ma tu non eri ancora nata, vero?”
“Nacqui poco prima che mio padre si spense”
“E quando…quando…Insomma, quanti anni hai?”
Shanna rise vedendo il ragazzo spalancare gli occhi dallo stupore.
“Tanti. Ma credo di averne circa…vediamo…quattordici o quindici secondo il conteggio umano”
Edmund parve rilassarsi. “Ah, bè…ti facevo più vecchia”
Lei rise ancora. “Grazie Edmund. Mi hai sollevato il morale”
Il giovane indugiò un momento ad osservare i capelli di lei, spettinati dalla brezza. Quel particolare la faceva sembrare più umana, meno perfetta di come era apparsa Lilliandil. Lei era stata di una bellezza glaciale, mentre Shanna era di una bellezza pura, incantevole, calda.
“Mi dispiace tanto per quello che è successo”
La vide tornare triste. Shanna cercò di parlare, scacciando il groppo che sentiva in gola. “So che era malvagia, ma era mia sorella. E mi manca tanto. ”
“Mi dispiace” mormorò ancora Edmund, turbato. “Noi due siamo molto simili, lo sai? Abbiamo vissuto le stesse esperienze. Anch’io ho tradito i miei fratelli in passato, e…”
“Tu hai avuto il perdono di Aslan, perché eri stato ingannato, non eri consenziente quando hai deciso di abbandonarli. Lilliandil sì. E’ vero, forse Jadis ha giocato con le sue debolezze, ma lei si è lasciata fuorviare”
“Anch’io!”
“No, tu sei diverso, Edmund. La Strega prese la tua mente, ma non il tuo cuore. Il tuo cuore non fu intaccato dalla malvagità. Non desiderasti la morte dei tuoi cari, Lilliandil invece è arrivata a combattere contro il suo stesso padre, lo capisci?”
“Io...io posso solo lontanamente immaginare quello che provi adesso” rispose lui, posando una mano su quella di lei. “Scusami. Non volevo farti piangere”
Shanna scosse il capo, cercando ancora di trattenere le lacrime. Non voleva soffrire così, ma era più forte di lei, benché sapesse che Lilliandil forse non meritava la sua compassione. Ma non poté farne a meno nel ripensare a com’erano state felici in cielo, e poi lì su quell’isola, assieme a loro padre. Un periodo di serentià durato troppo poco.
Edmund l’accolse tra le braccia, quando iniziò a piangere davvero.
 
 Le onde del mare s’infrangevano dolcemente sulla riva, portando con loro qualche granchio, qualche guscio vuoto di conchiglia.
Lucy si chinò a raccoglierne uno piuttosto grande, posandoselo all’orecchio. Lei e Emeth si erano un poco allontananti dagli altri, e passeggiavano tranquillamente sulla spiaggia.
“Ascolta: si sente il mare” disse lei, chiudendo gli occhi un momento, e poi porgendo la conchiglia al giovane.
Lui era rimasto in silenzio quasi per tutto il tempo, e non disse una parola nemmeno mentre ascoltava a sua volta quel cupo fischio sommesso che ricordava davvero il suono dell’Oceano.
“Sei pensieroso” gli fece notare lei.
“Scusami. Non sono molto di compagnia, stasera, lo so”
 “Pensi a tuo padre, vero?”
Emeth sospirò e annuì senza guardarla, rigirandosi la conchiglia tra le mani. “Non ho idea di dove possa trovarsi ora. Tutto quello che spero è che stia bene”
Lucy gli diede un bacio sulla guancia “Sono sicura che sarà così. Vedrai che avrà raggiunto tua madre e tutti e due saranno sani e salvi. Ho pregato perché Aslan li proteggesse”
Emeth le sorrise, riconoscente. “Allora posso stare sicuro che andrà davvero così. Lui ti ascolterà. Tu sei la sua preferita, giusto?” Le scostò una ciocca di capelli dal viso. Quella sera li aveva sciolti, come piaceva a lui. Ed era splendida in quell'abito bianco.
“No, io non sono la preferita di nessuno” disse Lucy, come sempre molto modesta.
Lui le allacciò le mani dietro la schiena, lei fece lo stesso.
“Sei la mia preferita, però”
Avvicinarono il viso l’uno a quello dell’altra, timidamente, quando... “Lucy!” chiamò la voce di Gael. “Dove sei?”
Emeth alzò gli occhi al cielo. Lucy rise e lo rimproverò scherzosamente con una leggera botta sul braccio.
“Non fare così tutte le volte che mi chiama”
“Stai più con Gael che con me” ribatté lui. E quando la voce della bambina li raggiunse ancora, Emeth prese la Regina per mano, iniziando a correre per la spiaggia.
“Non tirare!” fece Lucy sollevando la gonna con l’altra, presa alla sprovvista e decisamente perplessa. “Ma dove mi stai portando?”
Lui le rispose soltanto quando le voci degli altri si spensero e furono all’ombra di un grosso scoglio cavo. Una specie di piccola grotta.
“Voglio restare un po’ da solo con te, accidenti!”
“Sei arrabbiato?” gli chiese la ragazza sorridendo sotto i baffi.
“Sì, un po’ E sono anche geloso”
Lei allora rise più apertamente.
“Non burlarti di me, Lucy” disse ancora lui, seriamente. “Non riesco a stare con te quanto vorrei, e mi piacerebbe farlo prima di affrontare …il tuo ritorno a casa”
“Questo non sappiamo quando accadrà” rispose subito lei, un po’ nervosa. “Potrebbero passare ancora mesi”
“O giorni, o ore” aggiunse Emeth, sedendosi con lei sulla sabbia fresca.
Lucy gli si avvicinò piano, posando la testa sulla sua spalla. Emeth l’abbracciò.
“Non puoi sapere quando sarà quel momento” disse ancora lei. “Io per ora non ci penso”
“Posso baciarti?” chiese lui improvvisamente.
Lucy arrossì e alzò la testa, specchiandosi negli occhi scuri di lui. Annuì, sentendo il cuore iniziare a batterle fortissimo e ancora di più quando Emeth posò le labbra sulle sue.
Era una sensazione meravigliosa. Lui la baciava piano, con delicatezza e la teneva stretta.
Gli altri non sapevano ancora niente di loro. Solo a Susan Lucy lo aveva detto, e la sorella aveva mantenuto il segreto. Edmund e Gael sospettavano appena.
Lucy aveva abbastanza esperienza per non arrischiarsi a dire ai suoi fratelli che adesso aveva il ragazzo, e non poteva amare Emeth alla luce del sole.
Il suo ragazzo…pensò la Valorosa con emozione, e un brivido le percorse la schiena.
Dopotutto, aveva il suo fascino mantenere il segreto. Non voleva ancora condividere il suo amore con il mondo, non era pronta.
Emeth non le faceva fretta, anche se era geloso di chiunque portasse via loro del tempo. E anche quell’aspetto a Lucy piacque parecchio: il fatto che lui la volesse solo per sé.
Chissà cosa direbbe Aslan,  pensò all’improvviso.
Il suo caro Aslan che l’aveva vista bambina e le era sempre stato vicino mentre diventava donna ai tempi dell’Età d’Oro.
“Mi accompagni in camera?” disse lei dopo molto tempo.
“Certo” rispose Emeth, prendendole le mani e aiutandola ad alzarsi, strappandole un altro bacio. “Andiamo a cercare Gael?”
Lucy annuì e si incamminò con lui, mano nella mano.
“Anch’io sarò gelosa” disse dopo un po’.
Emeth si voltò a guardarla.
“Se dovessi tornare e scoprire che mi hai lasciata per un'altra, giuro che diventerò cattiva come la Strega Bianca!”
Lui sorrise. Poi, contagiato da lei, si lasciò andare a una sincera risata.
“Prometto che non succederà” le disse, stringendole forte la mano.
“Anch’io lo prometto” disse Lucy abbracciandolo ancora.
Il suo era un amore tenero. Con Emeth non era certo pronta a spingersi più in là. Il solo pensarci la faceva avvampare di vergogna, anche se il suo senso d’innocenza stava facendo spazio ogni giorno di più a quelle esigenze di donna che solo pochi mesi prima non riusciva bene a comprendere, nemmeno vedendole in Susan.
Un giorno però, pensò Lucy, quando sarebbe tornata a Narnia, forse più donna, Emeth l’avrebbe certamente guardata sotto un altro aspetto, e forse allora, sia lei che lui avrebbero desiderato di più.
Voleva essere ottimista. Voleva sperare, come aveva sempre fatto: l’ avrebbe rivisto. E quel giorno sarebbe giunto presto.
Tornati nei pressi del falò, Lucy raggiunse le altre dame. Era venuto per loro il momento di ritirarsi.
Gael voleva restare ancora alzata, ma sua madre le disse che le vere signore di Narnia non restano in piedi fino a tardi se non per qualche buon motivo. E aveva assolutamente ragione.
Gli uomini, invece, sarebbero rimasti a chiacchierare ancora a lungo, godendosi ancora un po’ la terra sotto i piedi. Il giorno dopo avrebbero ripreso il viaggio, e chissà quanto tempo sarebbe passato ancora prima di rivedere la terraferma.
Dovevano continuare a navigare verso l’estremo oriente, ma non era chiaro per quanto ancora avrebbero dovuto farlo. Ramandu aveva detto che erano ormai al principio della Fine del Mondo, ma l’ubicazione delle Terre di Aslan era pressoché sconosciuta. Non c’erano indicazioni precise eccetto la descrizione fatta di Ripicì e da Miriel: una gigantesca onda che si elevava fino al cielo. Per il resto, nulla.
“Gli uomini sono molto coraggiosi, ma vedo che molti di loro sono stanchi di viaggiare” disse Caspian, mano nella mano con Susan, mentre l’accompagnava a riva per salire a bordo del Veliero dell’Alba. “So che vorrebbero vedere la prua puntata verso Narnia, e non a torto. Non credo sia giusto continuare senza il loro consenso”
“Caspian, io credo che sia inutile chiedere loro se vogliono seguirti o meno” disse Susan, fermandosi. “Lo faranno, a prescindere da se tu lo voglia o no”
“Io non pretendo dai miei uomini più di quello che faccio io. Io andrò fino in fondo, e tu lo sai, ma non voglio costringerli”
“E allora come intendi fare?”
“Ho pensato che il Veliero dell’Alba potrebbe riportare a casa chi deciderà di ritornare. Io posso prendere la nave delle Sette Isole. Ne ho già parlato con Kal, ed è d’accordo”
“Lui tornerà a casa?”
“Sì. Kal e i suoi ricondurranno alle loro case la gente delle Isole Solitarie, e gli Inettopodi. Serve una nave più grande di quella che hanno adesso, e la nostra lo è”
Lei annuì e rimase un momento pensierosa.
Caspian fece per dire qualcos’altro. “Susan, tu…”
“Non chiedermi di tronare a Cair Paravel” lo interruppe lei, risoluta. “Non ci pensare nemmeno, né adesso né in futuro. Io verrò con te, ovunque tu vorrai andare. Mi sembrava di essere stata abbastanza chiara su questo punto”
“Sue, ascoltami: un conto era fare questo discorso prima, un conto è farlo adesso. Nelle tue condizioni, non…”
“Nelle mie condizioni, sono perfettamente in grado di viaggiare”
“Sì, ma non…” Caspian sospirò profondamente. “Va bene, di questo parliamo più tardi”
“No, non ne discuteremo affatto! Non mi ascolti?”
Lui le diede un bacio sulla fronte e le diede la buonanotte.
Leggermente offesa, Susan lo guardò allontanarsi per raggiungere l’equipaggio sulla spiaggia, poi si voltò, pronta a salire sulla nave con le altre donne.
“Susan” si sentì chiamare un secondo più tardi.
Non fece in tempo a voltarsi che Caspian l’aveva già presa tra le braccia e la stava baciando.
“Aspettami sveglia” le sussurrò, piano.
In un secondo appena, non era già più offesa. Lui aveva uno straordinario potere su di lei, e se ne sentiva avvinta senza possibilità di contrastarlo. E non le dispiaceva affatto…
Salendo sulla nave con un vago sorriso sul viso, vide Peter all’angolo del corridoio che portava verso gli alloggi dell’equipaggio.
Susan tornò indietro di qualche passo e lo chiamò. “Vai già a dormire?”
Lui si voltò e le sorrise, fermandosi e aspettando che lo raggiungesse.
“No. Volevo dare la buonanotte a Miriel prima di tornare dagli altri. Dobbiamo discutere su chi verrà o meno alle Terre di Aslan”
“Sì, Caspian me ne ha parlato” Susan sorrise e ammiccò appena. “Allora ti lascio andare”
“Non fare la furba”
“Eh?” la Dolce fece un’espressione perplessa.
“Non è come pensi. Le do solo la buonanotte, sul serio!”
Peter sembrava agitato. Susan sorrise di nuovo.
“Guarda che io non insinuo niente. So che la rispetti. Miriel è mia amica, e desidero che sia felice”
I due fratelli si fissarono un momento.
“Sue…”
“Sì?”
“Io…io amo profondamente Miriel” disse lentamente lui.
“Lo so. Anche lei prova lo stesso per te”
“Lo so” ripeté Peter. “Se dovesse soffrire mentre io non…ci sarò….tu le starai vicino, Sue?”
La Regina Dolce parve commossa. “Ma certo!”
Peter abbracciò la sorella, per aggrapparsi a lei in modo che lo sostenesse in quel momento in cui si rese più che mai conto che il momento della separazione era vicina. Inesorabilmente vicina.
“Chiedile di aspettarti” disse Susan poco dopo.
“L’ho già fatto”
“No, intendo per davvero, Peter”
Il Re Supremo vide che la sorella lo guardava seriamente. Cosa stava cercando di fargli capire? Forse che lui avrebbe dovuto chiedere a Miriel di…
“Susan, non posso…io non ho l’assoluta certezza che tornerò un’altra volta qui. Non posso illuderla”
“Non ricordi cos’ha detto Ramandu? Le Spade aspettano che i loro proprietari siano in grado di usarle davvero. E questo avverrà quando tutti e sette gli Amici di Narnia saranno riuniti. Tutti. Anche tu, Peter”
Lui rifletté velocemente se davvero doveva prendere in considerazione il suggerimento di Susan. Credeva di aver capito cosa la sorella voleva che facesse. Ci aveva pensato più volte anche lui, nonostante il tempo passato insieme a Miriel fosse relativamente poco. Ma non era forse stato lo stesso tra la sorella e Caspian? Quanto doveva aspettare un uomo innamorato per chiedere alla sua donna di passare il resto della vita con lui?
“Perché fai questo per me?”
Lei rimase sbalordita dalla domanda di lui. “Peter, sei mio fratello!”
“Ma io ti ho sempre ostacolata, e tu invece adesso…”
“Non importa” Susan scosse il capo e gli mise le mani sulle spalle. “Io non voglio che tu soffra come ho sofferto io. Tu non sai cosa vuol dire continuare a pensare a qualcuno, immaginando quello che avrebbe potuto essere e con il terrore che non potrà mai accadere. E la vita ti è passata accanto perché non hai osato rischiare. Non tutti hanno una seconda possibilità. Io l'ho avuta, anche se ancora oggi non so perché. Ma l'ho avuta e non l'ho sprecata. Tu non aspettare. Afferrala questa possibilità finchè sei qui. Non lasciarla andare così, Peter. Va da lei e dille quanto l’ami, così che avrai finalmente quella certezza: la certezza che lei sarà qui ad aspettarti quando tornerai”
Il ragazzo l’abbracciò ancora, grato, quasi senza parole.
“Sei sempre stata in grado di capirmi meglio di chiunque altro. Grazie, sorellina, per avermi incoraggiato”
La lasciò con un bacio sulla guancia e un enorme sorriso. Indugiò di fronte alla porta delle camerate quando vi arrivò. Tirò un profondo respiro e poi entrò.
Al lieve cigolio della porta, Miriel si voltò e il suo bel viso si colorò di un rosa acceso che le conferiva un aspetto incantevole. Era seduta sulla sua branda, intenta a legarsi i capelli in una lunghissima treccia.
“Sono venuto a darti la buonanotte” le disse Peter, avvicinandosi e inginocchiandosi di fronte a lei.
Senza conoscerne il motivo, Miriel provò un’intensa emozione vedendolo così.
“Buonanotte” gli disse, chinandosi per dargli un leggero bacio sulle labbra.
“Miriel…”
I due giovani si fissarono intensamente negli occhi.
“Sì?”
“Mi sono innamorato di te fin dal primo istante, Miriel”
Lei rimase immobile ad ascoltarlo, percependo qualcosa nella voce di lui…
“Ho cercato di respingere questo sentimento all’inizio, come ben sai, ma non è stato possibile. Tu sei meravigliosa, straordinaria, e io non posso chiedere altro dalla vita se non te. Mi rendo conto che dirti queste cose adesso potrebbe farti soffrire, perché è chiaro ormai che…siamo alla fine”
La Driade, che aveva sempre detestato affrontare quel determinato argomento, stavolta non replicò. Chiuse gli occhi e fece un profondo respiro, lasciandolo andare piano, poi annuì.
Lui si alzò appena un poco per poter essere con il viso allo stesso livello di quello di lei, per prenderglielo tra le mani.
Susan aveva ragione: doveva farlo. Doveva chiederglielo. Perché non poteva fare più a meno di lei. Voleva stare con Miriel, per sempre. Quella era la sua unica certezza.
“Mi aspetterai, non è vero?”
“Sì, Peter”
“Miriel…quando tornerò…ho intenzione di sposarti”
Lei si sentì mancare il respiro e sussultò, gli occhi color acquamarina colmi di lacrime di gioia.
“Oh, Peter!” esclamò gettandogli le braccia al collo.
“Sei disposta ad aspettare, amore mio?”
“Ora più che mai! Ti aspetterò fino all’infinito!” esclamò la fanciulla, sfiorandogli i capelli.
“E’ un sì?” sorrise lui.
“Sì, sì!”
Lo baciò con passione, incredula che davvero fosse successo quello che il suo cuore sperava da tanto, tanto tempo.
Ma a un certo punto, lui si allontanò da lei.
“Voglio chiederti una cosa”
“Qualsiasi”
Il giovane si sedette accanto a lei, sempre tenendola stretta. “Una volta mi hai detto che avresti dovuto superare una prova prima di poter restare a Narnia. Credi di essere riuscita a superarla? Te lo chiedo perché, se dovrai diventare mia moglie, io esigo che tu resti sempre con me”
Miriel sorrise, sfiorandogli una guancia. “La prova eri tu, Peter”
Quella rivelazione lo lasciò ammutolito.
“Quando sono stata scelta come guida della terra, chiesi ad Aslan il permesso di rimanere per sempre a Narnia, se mai il mio più grande sogno si fosse avverato. Lui mi rispose affermativamente, ma l’unico modo perché questo accada è che io rinunci alla mia natura”
Il viso di Peter divenne improvvisamente triste. “Oh, Miriel, perdonami!”
“No, non devi chiedermi scusa. Non significherebbe rinunciare per sempre ai miei cari, no. E loro non hanno avuto mai nulla in contrario alla mia decisione, nonostante la preoccupazione iniziale. Io so quello che voglio, e sono pronta adesso”
Arrossì, intimidita, ma sicura di sé come non lo era mai stata. E continuò a guardarlo negli occhi, pronta a diventare sua, a diventare una creatura umana concedendosi a lui.
Peter lo capì e provò un lieve senso di colpa, subito scacciato dal bacio che si scambiarono poco dopo. E fu davvero consapevole solo in quel momento di essere da solo con lei, e che gli altri non sarebbero rientrati per molto, molto ancora.
Lei non protestò quando lui la baciò di nuovo e la liberò da qualsiasi costrizione.
“Non nasconderti da me” le disse Peter, dolcemente, baciandole la fronte, le guance, facendole scostare gentilmente la braccia che lei aveva incrociato sul petto. “Lascia che ti guardi”
La fanciulla chiuse gli occhi, sospirò, li riaprì, specchiandosi in quelli azzurri di lui.
Ma per quanto intimidita, si lasciò contemplare.
“Sei bellissima”
“Davvero?” sorrise lei, arrossendo.
“Non c’è nulla di più meraviglioso in questo mondo, Miriel. Né in nessun altro”
Lui prese un respiro, cercando di calmare i battiti impazziti del suo cuore. Le si accostò e si chinò su di lei per baciarla, ancora e ancora.
Miriel gli tese le braccia, desiderando condividere ogni cosa con lui, perché sapeva e aveva sempre saputo che Peter Pevensie era l’uomo della sua vita.
Non le rimaneva che seguirlo in quel magico momento.
 
 
Quando Caspian entrò nella cabina reale, chiuse piano la porta e non vedendo Susan da nessuna parte si diresse verso il balcone.
Lei era là, avvolta in una semplice camicia da notte candida, appoggiata alla ringhiera.
“Susy?”
La Regina si voltò e si posò un dito sulle labbra, per indurgli il silenzio. Poi allungò una mano verso di lui, facendogli cenno di avvicinarsi.
“Vieni a sentire. E’ magnifico”
Caspian la raggiunse e trattenne il fiato, stupito dal suono che udì.
Era un canto acuto, come quello di un soprano, ma di una sublimità e perfezione che trascendeva qualsiasi suono umano.
“Era tanto, tantissimo tempo che non udivo il canto di una sirena” disse Susan, piano, per non cancellare con la propria voce quella melodia quasi celestiale. “Mi ero dimenticata quanto fosse bello”
“Io non ne avevo mai sentite prima d’ora. Hai ragione è…indescrivibile”
Caspian chiuse gli occhi e Susan si volse a guardarlo, il bel viso sereno, i lunghi capelli castani mossi dalla brezza.
Sorrise, sentendo il cuore scoppiarle di gioia. Non ricordava l’ultima volta che era stata così felice.
“Una volta” riprese lui, riaprendo gli occhi, “ho sentito Eustace dire che il canto delle sirene è ingannevole. Che gli uomini ne vengono sopraffatti, e che esse cantano solo per attirarli sul fondo del mare”
“E’ una leggenda del nostro mondo” spiegò Susan. “Le sirene di Narnia sono diverse. Io ne ho conosciuta qualcuna in passato”
“Davvero?” chiese il Re, stupito. “Ci sono ancora molte cose che non so di te”
Lei gli si avvicinò di più. “Avremo un sacco di tempo per parlare. Di ogni cosa”
Caspian ebbe l’improvviso impulso di sollevarla tra le braccia, appena, e iniziò a baciarla piano. Poi la rimise giù e le strofinò le mani sulle braccia.
“Andiamo dentro, inizia a far freddo”
Si chiusero i vetri del balcone alla spalle e Susan volle subito sapere com’era stata risolta la questione sul proseguimento del viaggio.
“Domani mi daranno una risposta definitiva. Ho deciso con gli altri ragazzi e con Drinian di prendere i nominativi di coloro che se la sentono”.
Caspian la guardò, Susan ricambiò lo sguardo, uno di fronte all’altra a gambe incrociate sul letto.
Infine, lui si mosse e fece per alzarsi.
“Susan, senti…”
“No”
Il giovane si voltò e rise di fonte all’espressione corrucciata di lei.
“Non volevo dirti di tornare a Narnia”
“Oh…” fece la Regina, molto imbarazzata. “Scusami. Credevo…”. Accennò una risata. “Scusa, amore”
Lui si chinò, appoggiando le mani al materasso, avvicinando il volto a quello di lei. “Accidenti, quanto sei prevenuta!”
Lei sorrise, scoccandogli un’occhiata sbieca. Lui rise e le diede un bacio a fior di labbra.
“Non ti manderò indietro, sta tranquilla. Ci ho riflettuto, e non credo incontreremo particolari pericoli nell’Ultimo Mare. Quello che volevo dirti, è che vorrei che ti sciogliessi i capelli, per favore”
Susan lo osservò perplessa. “Perché?”
“Perché…” rispose Caspian, prendendo dalla scrivania un lungo e sottile bastoncino nero che lei riconobbe come un gessetto di carboncino, e un foglio di pergamena. “Voglio farti un ritratto”
“Come?”
Lo guardò afferrare la seggiola e posizionarla di fronte al letto, per poi sedersi davanti a lei.
“Hai sentito. Voglio farti un ritratto”
“Sai dipingere?” chiese ammirata.
“Piuttosto bene, a dire il vero” ammise lui, alzandosi di nuovo e cercando la posizione giusta. “Mia madre sapeva dipingere. Credo di aver preso da lei. L’arte della pittura è stata la disciplina in cui ho sempre dovuto faticare  meno”
Le si avvicinò e sciolse il nodo dietro la nuca, posandole il fiore blu appena dietro l’orecchio, accanto al viso.
“Resta ferma”
Susan obbedì, le gambe piegate di lato, respirando leggermente più veloce quando Caspian le sciolse il fiocchetto che le teneva chiusa la camicia da notte sul davanti. L’indumento scese sulle spalle, lasciandogliele scoperte.
Susan incontrò gli occhi di lui. Caspian, con un tocco leggerissimo le infilò una mano tra i capelli, portandoglieli davanti sulla spalla.
“Sei perfetta” le disse, sistemandole una ciocca.
Tornò a sedersi di fronte a lei e la fissò qualche istante, poi iniziò a tracciare linee e curve sul foglio immacolato.
Susan si sentiva strana, non seppe perché. Forse fu per il fatto che nessuno prima di lui aveva mai fatto per lei qualcosa di tanto dolce e significativo.
Non era davanti a un pittore qualsiasi, uno dei tanti che, quand’era Regina nel passato, si erano presentati al castello per ritrarre lei e i suoi fratelli. Estranei di fronte ai quali non aveva provato alcuna emozione, se non la curiosità del voler scoprire il risultato finale e la gratitudine per l’eccellenza del lavoro svolto.
Questo ritratto, invece, sarebbe stato qualcosa di personale, di intimo. C’era un’inebriante emozione in lei, che nasceva dal sapere che sarebbero state le mani di Caspian a darle vita sulla tela. Quelle mani calde e gentili che conoscevano il suo corpo a memoria, che tante volte ne avevano tracciato le linee e il profilo, così come stava facendo adesso su quel foglio.
“Anch’io ho preso lezioni di pittura da un Fauno nell’Età d’Oro, lo sai?” disse lei d’un tratto, spezzando la quiete ma non la concentrazione di lui.
“Ed eri brava?”
“Abbastanza”
Susan alzò appena una mano per spostarsi la piccola ciocca di capelli che le solleticava la parte destra del viso.
“Susy, resta immobile, per favore”
“Scusa”
Caspian non le concedeva movimenti di nessun tipo, così poteva solo guardarlo. Non che fosse un dispiacere…
E lo guardò lavorare per molto tempo, un’intensa espressione di concentrazione sul bel viso virile. In quel momento, era terribilmente affascinante.
Gli occhi scuri di lui saettavano dal foglio a lei, ancora al foglio. La frangia castana gli ricadeva di tanto in tanto sul volto, e Caspian a un certo punto emise un sospiro spazientito, ravviandosela all’indietro.
Susan avrebbe voluto alzarsi e scostarglieli personalmente, come faceva spesso, ma non osò per non turbare la sua concentrazione. Poi, si sporse appena, facendo leva sui palmi delle mani, mordendosi un labbro con un sorriso e cercando di sbirciare il lavoro di lui.
Caspian alzò la testa di scatto, fissandola con scherzosa severità, nascondendo il foglio contro il proprio petto.
“Torna immediatamente nella posizione di prima”
“Uffa…mi si stanno anchilosando le gambe” protestò lei.
“Resisti ancora un po’ ”
“Va bene...”
“Eri una modella così impaziente anche in passato?”
“No, solo con te”
Lui sorrise. Poi inclinò leggermente la testa da un lato, la guardò attento, tornò a fissare il foglio.
La mano destra di Caspian si muoveva velocemente, fluidamente, mentre il ritratto prendeva forma.
Percepiva attraverso i tratti l’essenza di lei. Le linee morbide del corpo che adorava. I chiaro scuri dei capelli, soffici al tatto e ai quali cercava di dare la giusta sofficità nel disegno. Le labbra piene, e gli occhi: la parte più difficile da ritrarre di Susan. Quel fulgido splendore del suo sguardo, dove splendeva l’anima di lei, e dal quale traspariva tutta la dolcezza del suo cuore.
Dal primo momento aveva voluto immortalare quell’immagine di perfetta armonia tra il terreno e il celestiale. Susan gli pareva davvero un angelo a volte, proprio come ora.
C’erano stati attimi in cui, dopo la separazione, aveva cercato di ritrarla per avere con sé un ricordo di come l’aveva conosciuta. Ma prima di arrivare anche solo a metà dell’opera, un feroce dolore lo spingeva a stracciare quei fogli sui quali versava lacrime, che facevano scivolare via quell’immagine d'amore, così com’era svanita attraverso l’albero magico.
Momenti da dimenticare, ma da ricordare anche, per rendersi conto di quanto il suo amore per Susan fosse sempre stato forte.
Passò ancora qualche tempo, e infine, lui tirò un sospiro lungo e soddisfatto, si stiracchiò e si alzò.
“E’ finito?” chiese la Regina, emozionata.
Senza dire una parola le si avvicinò e sedette accanto a lei. “Che te ne pare? E’ abbastanza rassomigliante?”
Voltò il foglio e finalmente glielo mostrò.
“Ooohhh!” esclamò Susan, impressionata, meravigliata. “E’ splendido, Caspian! Hai un dono straordinario” disse, prendendo prudentemente tra le mani il proprio ritratto.
“Non c’è paragone con l’originale” le disse lui, baciandola su una guancia.
“Grazie, amore mio! E’ bellissimo, sul serio” esclamò lei, felicissima.
Lui l’abbracciò da dietro, circondandole la vita con le forti braccia. “Consideralo il mio regalo di nozze”
Lei si voltò alzando leggerente il capo per guardarlo. “Ma io non ho nulla da darti in cambio”
Lui le sorrise a sua volta e le diede un bacio sul naso. “Tu mi hai già fatto il regalo più bello”
Le posò una mano sul grembo e poi si chinò a baciarle la pelle morbida della spalla, con delicatezza.
Susan chiuse gli occhi e abbandonò la schiena contro il petto di lui.
Caspian passò le labbra dalla spalla al collo, poi sul viso, e quando lei voltò ancora la testa, sulle sue labbra.
Le dita Susan corsero tra i capelli di lui. Le mani di Caspian risalivano il suo corpo, e ne fermò una sul proprio cuore che batteva a un ritmo folle per la gioia dei suoi baci e delle sue carezze.
Caspian si sentì impazzire, ma subito si riebbe.
“Aspetta” sospirò, allontanandosi lentamente da lei, che lo guardò interrogativa.
Come confessarle le sue paure?
“Susan, io non so se…”
Per un istante rimase immobile ad assaporarla con lo sguardo. Gli occhi la cercarono: le spalle nude, il petto che si alzava e abbassava, leggerente irregolare. Indugiò sulle sue labbra rosee.
Santo cielo, era così bella...
Le fece una carezza sul viso. “Non credo che sia giusto”
Susan gli si mise di fronte,gli occhi lucenti, stupiti...il viso infelice.
“Non c’è alcun pericolo, te l’assicuro”
“Ho paura per te” ammise Caspian, leggermente imbarazzato.
Toccò a lei sfiorargli una guancia. “Non devi”.
La paura combatté contro il desiderio, ma quest’ultimo ebbe la meglio quando lei gli si accostò e si mostrò in tutta la sua bellezza. E non fu più in grado di pensare, solo amare. Amare la splendida donna che aveva davanti a lui e che prese tra le braccia. La donna dalla quale si lasciò guidare, il cuore ancora leggermente avvolto nel timore.
La tenne stretta, infine, baciandole più volte la fronte e il viso, ogni suo centimetro.
“Quando Ramandu ha chiamato te e il nostro bambino ‘la mia famiglia’, per la prima volta in vita mia ho associato concretamente il tuo pensiero alla mia famiglia. Al fatto che presto non saremo più due, ma tre. E mi piace. Mi piace da impazzire”
Caspian aprì pian piano il suo sorriso e Susan ricambiò, stringendosi a lui.
“Sono felice, Susan”
“Anch’io. Credo che sarebbe impossibile esserlo di più” disse guardandolo.
Caspian si scostò e scese fino a baciarle il ventre ancora piatto, che nascondeva la piccola vita che vi stava crescendo. Con labbra e mani delicate, tracciò piccoli baci e carezze sulla pelle di lei.
“Vi amo” sussurrò, vinto da una forte emozione.
Susan gli accarezzò i capelli, poi coprendosi con il lenzuolo e scivolando di nuovo accanto a lui.
“Anche noi ti amiamo tanto” sussurrò lei, nascondendo il viso nel suo petto.
“Hai realizzato ogni mio sogno” disse Caspian, accarezzandola lentamente, posando il viso tra i suoi capelli morbidi e un poco arruffati.
“No…tu hai realizzato i miei, Caspian”
Lui prese la mano di lei, iniziando a giocare con le piccole dita delicate. Susan assecondò quel dolce movimento, intrecciandole alle sue.
“Ci aspetta un nuovo sogno, adesso” sussurrò Caspian, guardandola intensamente negli occhi, come faceva lei. “La vita intera”

 

 Ti prometto che sarò sempre lì
quando il tuo cuore sarà triste e disperato
Ti porterò con me
quando avrai bisogno di un amico
troverai le mie orme sulla sabbia...


 
 
Eccoci arrivati al penultimo capitolo, cari lettori!
E’ il capitolo più lungo di tutti: quasi 19 pagine. Ma ho dato il giusto spazio alla tranquillità che da tanto i nostri amici e innamorati non si concedono Voi che dite, ho fatto bene? Non c’era mai stato un capitolo tutto tutto love ;) Mi sono presa volutamente un po’ più di tempo perché volevo venisse super romantico e sono rimasta su ogni coppia più del dovuto. Ma che dite, il risultato è quello da me sperato?
Avviso: per chi non è romantico come me e certe scene le sopporta meno/poco/per niente, consiglio un bravo dentista che vive nella mia città. Lasciatemi un messaggio in casella che vi do l’indirizzo...XD
Scherzi a parte, aspetto i vostri commenti!!!
Per i fan della Lumeth: forse è un po’ corta, ma loro sono ancora una coppia ‘acerba’, per così dire. Ho in mente per loro grandi cose nel seguito ;)
Per i fan della Shandmund: carucci, vero? <3 Come vi sembrano le prime reazioni amorose di Edmund?
Per i fan della Suspian: la scena del ritratto è spudoratamente ispirata a Titanic!!! Era da un po’ che l’avevo in mente. Caspian che dipinge…fighissimo!!!! Mi piaceva un mondo questa idea. E a voi?
Per i fan della Petriel: siete contenti??? Li aspetta un futuro ornato di fiori d’arancio!!!! ;)

Non so se avete notato: adesso, la nostra “Queen” fa parte della raccolta chiamata “Chronicles of Queen” che comprenderà questa storia, il seguito, il prequel, e la OS “Our Night”.
 
Ringraziamenti, ringraziamenti!!!
Per le preferite:

ActuallyNPH, Alice_wonderland94,  Angel2000, Anne_Potter,  arianna17, ArianneT, Babylady, Ballerinasullepunte, catherineheatcliff, Cecimolli, Charlotte Atherton,  elena22, english_dancer, EstherS, Fly_My world,  Francy 98, GossipGirl88,  HikariMoon, hope_trust, ilove_tay_13,  Imagine15, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_,  King_Peter, La bambina fantasma, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lules, lullabi2000, Mary Black97, Mia Morgenstern, mmackl, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, niky25, oana98, piumetta, Riveer, ScarlettEltanin,  Serena VdW, Serpe97, Shadowfax, shoppingismylife, susan the queen, TheWomanInRed, Tsuki_Chan94, virginiaaa
 Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V,  Cecimolli, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, postnubilaphoebus, susan the queen, e Usagi Kou
 Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Aslandm, azzurrina93, Ballerinasullepunte, Betely, blumettina, catherineheatcliff, Cecimolli, Chanel483, ChibiRoby, cleme_b, desmovale, ElenaDamon18, Eli_99, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, GossipGirl88, hope_trust, ImAdreamer99, irongirl, ItsClaire, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Lilla Andrea, Lisetta_Moony, Lucinda Grey, lullabi2000, Miss H_, niky25, piccolaBiby, piumetta,  Poska, Red_Dragonfly,  Revan93, Serena VdW, Shadowfax, Smurff_LT, susan the queen,  SweetSmile, Tsuki94, _Maria_, _Rippah_ e __Stardust
Per le recensioni dello scorso capitolo:
Cecimolli, FioreDiMeruna, Fly_My world, HikariMoon, ImAdreamer99, Mia Morgenstern, mmackl, piumetta, Serena VdW e Shadowfax


AAAAAAAHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 590 recnesioniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
VI AMOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adoro, vi adorooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
 

Angolino delle Anticipazioni:
Nuuu….è l’ultima volta!!!!!!!! Eh sì, perché nel prossimo capitolo non ci sarà.
Siamo giunti all’epilogo: i nostri eroi navigano spediti lungo l’ultimo mare, verso le Terre di Aslan. Laggiù, finalmente scopriranno il significato delle tre profezie pronunciate da Miriel tanto tempo prima. Ve le ricordate? Se no vi rimando al capitolo 20.
E poi, sarà il momento dei saluti.
Ulteriori anticipazioni: nel prossimo capitolo ci sarà un nuovo video, la sigla finale. Ho scelto "Footrprints in the sand", di Leona Lewis (le parole sono quelle che trovate e troverete scritte all'inizio e alla fine di questo e del prossimo capitolo)
Inoltre, vi volevo avvertire che tra la fine di Queen e l’inizio del seguito passerà un po’ di tempo, tipo un mesetto. Lasciate che mi porti un po’ avanti con la stesura, ok? E poi si riparte!!!

 
Ci vediamo alla Fine del Mondo, gente, e (fatemelo dire per l’ultima volta) al prossimo capitolo!!!
Vi aspetto là, non mancate!!!
Un bacio enormissimo e tanti, tantissimi abbracci,
vostra Susan<3

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Capitolo 50
*** Capitolo 50: Le meraviglie dell'Ultimo Mare ***


Scusate l'enorme ritardo (quasi due settimane) ma internet era in panne e considerando gli altri impegni...
Ad ogni modo, ecco a voi l'ultimo capitolo di "Queen". Spero vi piaccia. Io ne sono molto soddisfatta!
A dopo per i saluti!
Susan<3

 

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50. Le meraviglie dell’Ultimo Mare
 
 
Vedo la mia vita,
un lampo attraverso il cielo
Ho avuto paura così tante volte…
E proprio quando pensavo che avrei perso la mia strada
tu mi hai dato la forza di andare avanti…
 
 
Si alzarono tutti di buon mattino, con il sole che splendeva da est e il vento in favore per una nuova e immediata partenza.
Peter si era svegliato accanto a Miriel, avvolto dal suo inebriante profumo di fiori. Era rimasto a guardarla per minuti interminabili, il sole che entrava dai piccoli oblò giocava tra i suoi capelli facendoli apparire come vere fiamme ardenti. Quelle stesse fiamme di cui era fatto il suo cuore che batteva impazzito al ricordo della notte con lei.
Erano rimasti nello stesso letto, senza curarsi delle opinioni altrui. Miriel si era rimessa la camicia da notte e aveva insistito per tornare al suo posto, ma lui l’aveva afferrata per la vita e non le aveva permesso di muoversi di un centimetro.
Miriel si era sentita imbarazzata. Non erano ancora sposati, dopotutto, e aveva paura di disonorare la figura del Re Supremo comportandosi da sfrontata. Ma ormai tutti li consideravano una coppia, per cui non aveva nulla da temere, né di cui vergognarsi. Inoltre, molto molto presto, lui avrebbe messo tutti al corrente della proposta che le aveva fatto.
Ma quando Miriel si era specchiata in quel limpido cielo del nord che erano gli occhi di Peter il Magnifico, vi aveva scorto un’ombra di apprensione. E poco dopo, lui aveva espresso il suo timore.
“Perdonami, amore mio” era stato il sussurro del giovane.
Lei aveva scosso piano il capo, senza capire.
“Ti senti bene?”
“Certo che sì” era arrossita la Driade, con un sorriso.
Peter l’aveva accarezzata sopra le lenzuola. “Sei pentita?”
“Perché questa domanda?”
Lui non aveva risposto, aveva atteso che lei rispondesse alla sua.
“No, non sono pentita. Non potrei mai esserlo”
“Miriel, ti ho privata della tua natura. Per colpa mia, non potrai più essere quello che eri”
“Non m’importa” aveva sorriso ancora la fanciulla, rassicurante, giocherellando con la frangia dorata di lui.
“Dimmi cos’hai perso”
Il Re Supremo sapeva a cosa aveva rinunciato Miriel: vivere in eterno come una dei Veri Figli di Aslan…per lui. Ma a lei sembrava non importare.
“Non ho perso, niente, Peter. Ho guadagnato qualcosa semmai: ho ancora i miei poteri, benché dimezzati, e sono ancora la guida della terra, e poi…ho te”
Lui allora era sembrato rilassarsi e l’aveva presa tra le braccia.
Poco più tardi, mano nella mano,  furono i primi a scendere a terra per i saluti.
Le vele del Veliero dell’Alba e della nave delle Sette Isole si gonfiavano allegramente, i loro passeggeri riuniti ancora una volta sulla spiaggia dell’Isola di Ramandu.
Caspian, davanti a tutti, rinnovò la sua proposta: nessuno era costretto a continuare se non se la sentiva davvero. Aveva lasciato tutta la notte agli uomini per riflettere sulla questione, e ora era il momento di decidere.
“Sire” avanzò Drinian, parando per tutti, “c’è una cosa che vorrei dire: nessuno di noi è stato costretto ad imbarcarsi in questo viaggio, siamo tutti volontari. Abbiamo accettato di seguirvi per cercare i Lord di Telmar. Siamo rimasti al vostro fianco quando abbiamo saputo cosa davvero ci aspettava e a quali percoli saremmo andati incontro nella ricerca delle Sette Spade. Ci siamo spinti al di là di qualsiasi rotta mai tracciata, in luoghi fantastici e spaventosi. Abbiamo lasciato dietro di noi le nostre famiglie non per amore dell’avventura, ma per l’onore. Avremmo potuto tornare indietro quando la situazione si è fatta critica, ma non lo abbiamo fatto. Non siamo fuggiti di fronte a Calormen né tanto meno alla Strega Bianca, potremmo mai farlo adesso? Sarebbe davvero da stupidi rinunciare ora, dopo tutte le prove che ho elencato, e tornare a casa raccontando che siamo stati così vicini alla Fine del Mondo senza trovare il coraggio di proseguire. E credo, Maestà, che tutto l’equipaggio sia d’accordo con me”
Ripicì zampettò accanto al capitano. “Io arriverò alle terre di Aslan, con o senza il vostro aiuto, signori miei. Se sarà necessario, prenderò la mia piccola canoa e vogherò fino ai confini del mondo, e se morirò nell’impresa sarò l’orgoglio dei topi di Narnia!”
“Ma sentitelo, il soldo di cacio!” fece Eustace.
“Non sia mai che dicano che sono meno coraggioso di un topolino!” disse Tavros il Minotauro, che vicino a Rip era proprio una montagna.
“Allora siamo d’accordo” disse Edmund. “Nessuno resterà indietro”
Un vociare d’assenso si levò dalla spiaggia.
“Che cosa ti avevo detto?” disse Susan a Caspian, con un sorriso.
“Maestà” intervenne poi Rhynce. “Io vi prego di prendermi ancora con voi. La mia famiglia tornerà a casa con la nave delle Sette Isole, ma io voglio continuare”
“Sei il benvenuto tra noi” assicurò Caspian.
“Voglio venire anch’io!” protestò Gael. “Posso, mamma? Ti prego!”
“Io credo che si possa fare” la donna sorrise a Lucy.
“Mi occupo io di lei” promise la Valorosa.
“Ve ne sono grata mia Regina”
Fu doloroso separarsi proprio ora che si erano ritrovati, ma Rhynce e Gael sapevano che avrebbero trovato Elén ad aspettarli a casa, sulle Isole Solitarie.
Tra chiacchiere e saluti, il vecchio Rolf si fece avanti. “Un momento, per favore”
Kal lo guardò stupito. “Ehi, che cosa….? Non vorrai dirmi che vuoi andare con loro, vero?”
L’anziano delle Sette Isole sorrise compiaciuto. “Proprio così. Credo di aver visto praticamente tutto dalla vita, ma questo mi manca. Voglio vedere la Grande Onda da vicino. Se sarò fortunato, tornerò indietro che le mie vecchie membra saranno ancora tutte intere”
Tutti risero, e dopo la decisione di Rolf, toccò a Kal dire qualcosa. Si avvicinò a Peter e gli strinse la mano.
“Questo è un addio?”
“Non lo so. Non credo” rispose il Re Supremo con una lieve alzata di spalle. “Penso che ritornerò ancora dopotutto, anche perché…” si volto a guardare Miriel, che lo aspettava pochi passi più indietro.
Kal fece una risatina sommessa. “Certo, certo, ho capito. E’ molto bella”
“Lo so” sorrise Peter. “Sei stato un caro amico, Kal, e un guerriero straordinario. Quando ti capita…fai un salto a Cair Paravel. Non si sa mai: potrei essere là quando meno te l’aspetti”
“Contaci, ragazzo!”
Si strinsero in un caloroso abbraccio.
Peter non l’avrebbe mai confessato ad alcuno, ma aveva trovato la figura di un padre nel grosso Kal. E capì che doveva tornare nel suo mondo, perché la sua famiglia aveva bisogno di lui…fino al giorno in cui sarebbe stato pronto per Narnia.
“E voi come tornerete indietro?” chiese Emeth ad Ader e agli altri uomini pesce.
“Ma a nuoto, si capisce!” risposero quelli.
“Non venite a vedere le Terre di Aslan?” chiese Susan (incredibile come discorresse tranquillamente con il grosso ex pirata che una volta l’aveva rapita).
“Mia signora, per quanto la cosa ci alletti, sentiamo la mancanza del nostro mare”
“Capisco…”
“Anche noi partiamo” disse Chief, circondato dagli altri Inettopodi.
“Sarebbe bello vedere la Fine del Mondo, vero Capo? Ma abbiamo paura, sì, proprio una gran paura, ci dispiace. Non vogliamo finire giù dal bordo del precipizio di Narnia, proprio no!”
Susan e Eustace dissero in coro: “Ancora con questa storia del precipizio? Il mondo è rotondo, non si può cadere di sotto!”
La Dolce si mise le mani sui fianchi. “Caspian, appena torniamo a Narnia, ricordami di dare disposizioni perché fabbrichino dei mappamondi”
Lui la guardò con espressione smarrita. “Mappache? Oh, certo!”
Susan sospirò. “Povera me...ho idea che dovrò pensare io all’educazione di nostro figlio”
“Possiamo chiedere un favore alle Loro Maestà?” chiesero ancora gli esserini dalla testa di fungo.
“Certo, dite pure” rispose Lucy, chinandosi verso di loro.
“Potreste smettere di chiamarci Inettopodi? Noi siamo Monopodi. Inettopodi è l’orrendo nome che ci mise l’Oppressore Coriakin”
“Ma certo!” assicurò Lucy, dopo una breve consultazione con gli altri Sovrani. “Da oggi in avanti, sarete di nuovo Monopodi!”
“Evviva! Capo hai sentito? Abbiamo di nuovo il nostro vecchio nome!!!”
Dopo ciò, i Monopodi si misero a saltellare qua e là per la spiaggia, felici come non mai. Tra di essi si fecero largo Ramandu e Shanna, con loro alcuni Uccelli di Fuoco che reggevano nel becco grandi ceste piene di leccornie. Una parte andarono alla nave delle Sette Isole, l’altra al Veliero dell’Alba.
“Le ceste si rinnoveranno ogni giorno, proprio come se il cibo si trovasse sulla Tavola di Aslan” spiegò Ramandu. “Così non avrete preoccupazioni per le provviste. Da questo punto in avanti, Re e Regine, non incontrerete più nessuna isola, ma solo mare, per miglia e miglia”
I cinque Sovrani ringraziarono di cuore, mentre alcuni marinai si premuravano di trasportarle a bordo.
Edmund guardò Shanna. Lei sorrise e fece un passo avanti.
Non l’avrebbe rivista mai più. Quello era un addio, se lo sentiva. Fece per dire qualcosa, ma lei lo precedette e lo lasciò esterrefatto.
“Vengo con voi” disse la Stella Azzurra, rivolta a tutti, ma continuando a guardare solo il Giusto. “Voglio fare quello che non ho potuto per tutto il vostro viaggio: guidarvi. Guidarvi fino alla Fine del Mondo”
“Fantastico!” non poté trattenersi dall’esclamare Edmund, prendendole le mani e stringendole nelle sue, lasciando interdetti tutti quanti. “C-cioè, insomma… grazie...ehm…ti siamo davvero riconoscenti…”
“Imbranato” fece Peter alle sue spalle e Edmund si voltò fulminandolo con lo sguardo.
“L’onore è mio” disse Shanna, arrossendo un poco. “E’ il minimo che posso fare per sdebitarmi di tutto ciò che avete fatto per me e mio padre”
“Shira, tu non vieni con noi?” chiese Susan.
“No, mia Regina, io rimarrò qui. Vorrei tanto vedere le Terre di Aslan, ma non posso purtroppo. Devo volare a Calormen per sapere come se la cava quell’impiastro dell’Imperatore Tisroc.” Ridacchiò, coprendosi il becco con l’ala. “Dopotutto, lui crede ancora che io sia dalla sua parte, e penso sia meglio mantenere la posizione che ho attualmente piuttosto che dirgli la verità. Chissà…potrei tornarvi utile come informatrice se mai si richiedesse necessario in futuro”
“Speriamo di no!” ripose Lucy.
Infine, Ramandu allargò le braccia e sorrise a tutti quanti.
“Che la benedizione di Aslan sia su di voi” disse, abbracciando poi la figlia.
“Arrivederci, padre”
“Arrivederci, bambina”
E con quest’ultimo saluto, mentre gli uomini pesce e la nave delle Isole puntarono verso ovest preparandosi a tornare a casa, il Veliero dell’Alba continuò verso est, le Blue Singer sempre ad accompagnarlo.
Il vecchio Rolf  s’integrò subito tra l’equipaggio, e si immerse in lunghe e profonde conversazioni con Lord Drinian sulle reciproche esperienze di navigazione. A quanto pare, Rolf era un vecchio lupo di mare…
Eustace ebbe motivo di riscattarsi con tutti. Per lui non era stato facile accettare di intraprendere quel viaggio che l’aveva portato dall’altra parte del mondo, un mondo che oltretutto non era nemmeno il suo.
 “Voglio scrivere un libro su quest’avventura” disse il ragazzo con fierezza.
Stavano facendo colazione sul ponte, una mattina, tutti insieme: lui, Caspian, i cugini, Emeth, Miriel, Rip e Shanna.
Tutti si fermarono e Edmund nascose il viso nel tovagliolo per non farsi scoprire a ridere. Purtroppo servì a poco.
“Ridi, ridi, ma quando diventerà un best seller non riderai più!”
“E il titolo quel sarebbe? Dieci modi per molestare i propri cugini e portarli alla pazzia?”
Gli altri sorrisero, ma Eustace si fece serissimo.
“Le Cronache di Narnia” disse.
Un silenzio di perplessità scese tra i ragazzi.
“Come?”
“Il titolo del libro. Sarà: ‘Le Cronache di Narnia’ ” Eustace arrossì violentemente mentre gli altri lo guardavano fisso. Poi continuò tutto d’un fiato: “Pensavo di ripercorrere tutte le vostre avventure qui, a partire dall’armadio passando per l’Epoca d’Oro, facendo un salto temporale che porta al passare dei mille trecento anni, la guerra della Liberazione e poi il nostro viaggio sul Veliero dell’Alba”
Di nuovo silenzio.
Eustace strinse le labbra, e dentro di sé li invitò a sfidarlo a prenderlo in giro. Ma nessuno lo fece.
“E quando pensi di iniziarlo?” chiese infine la vocina di Lucy, titubante, con la paura che qualsiasi reazione avrebbe suscitato l’ira del cugino.
“B-bè…in realtà…l’avrei già iniziato…”
E mostrò a tutti, con gran vergogna ma con orgoglio, il diario che portava sempre con sé e sul quale aveva annotato ogni singola avventura.
“Almeno fino a che non mi sono trasformato in drago”
“Ti aiuteremo a noi a ricapitolare l’accaduto” assicurò Susan con entusiasmo.
Caspian sbirciò alle spalle della moglie, e senza preavviso prese il diario dalle mani del ragazzo. “Aspetta, aspetta…che significa ‘quel despota di Caspian’ ?”
Eustace balbettò, rosso in volto. “Ma no, non intendevo…”
“E’ scritto qui, nero su bianco” continuò imperterrito il Liberatore, alzando il diario sempre più in alto, fuori dalla potata del ragazzino che tentava di riprenderselo. “Ah, e hai anche aggiunto: Susan e quel tipo là si comportano come se stessero facendo una crociera romantica, si sbaciucchiano in continuazione e lei sembra un’ebete tutte le volte che lo vede…
Susan si volse verso il cugino, nera di rabbia. “Cosa sembro, io???”
“Ehi, un attimo” fece Edmund, prendendo il libricino dalle mani di Caspian. “Edmund avrà la rivincita su quello scherzo che mi ha fatto quand’eravamo a casa mia. Lo legherò come un salame e alla prima occasione lo butto in pasto ai pesci… Oh, brutto…!”
“No, no! Non è come pensate!”
“Fammi vedere” fece Lucy, continuando a leggere, mentre Ed faceva schioccare le nocche, minaccioso.
In quanto a mio cugino Peter…” la Valorosa guardò il fratello maggiore, che le si avvicinò subito “lui sembra un’idiota alla stregua di Susan ogni volta che incrocia la Driade. Si sono accorti tutti che è cotto di lei, tranne l’interessata. Forse dipende dal fatto che è una pianta e ha un’intelligenza primordiale”
Miriel spalancò la bocca, osservando Eustace offesa.
Invece” proseguì la Valorosa, “quella nanerottola di Lucy, pensa che il soldatino di piombo si accorgerà di lei, quando non capisce che è una brutta racchia, tappa e pure un’oca giuliva e nessun ragazzo potrebbe mai interessarsi a lei, e se continua così rischia di fare la fine di Susan che ha perso la sua virtù, e adesso nessuno le sposerà mai...Stupido!!!”
Susan riprese il diario, indignata. “Altro che libro! A me sembra che tu abbia scritto solo insulti!”
“Solo all’inizio, quando mi eravate tutti antipatici” cercò di giustificarsi Eustace, con scarso successo.
Shanna e Ripicì, rimasti in disparte e trattenendosi dal ridere, osservarono la scena con un certo spavento.
Caspian, Emeth, Miriel e i Pevensie avanzarono piano verso Eustace.
“Pestiamolo!” disse Edmund, incitando gli altri, che rincorsero il ragazzo per tutta la nave.
“Tanto non puoi scendere! Prima o poi ti prenderemo!” urlò Lucy, furibonda.
Il diario rimase incustodito sul ponte. Shanna si chinò a raccoglierlo.
“Permettete, damigella? Vorrei darci un’occhiatina…” le disse Ripicì, sfogliandolo velocemente.
“Che cosa cercate, Sir Ripicì?” chiese la Stella.
Poco dopo, lui esclamò: “Ah! Mi pareva strano: ecco la pagina degli insulti a me dedicata” e si immerse nella lettura.
A parte quel piccolo inconveniente, che si risolse con una gran rissa piena di risate, furono giorni di gioia e spensieratezza. Non pareva si stesse per giungere alla fine di un viaggio, piuttosto sembrava di cominciarne un altro.
L’infinito si apriva davanti a loro.
Navigarono con il nulla intorno, proprio come aveva detto Ramandu. Ma invece di sentirsi isolati dal resto del mondo, i narniani provarono un intenso senso di libertà. E scoprirono che anche se non v’era vita sulla superficie dell’Ultimo Mare, al di sotto…al di sotto c’erano infinite meraviglie…
Pesci volanti, letteralmente, che di tanto in tanto saltavano fuori dall’acqua e prendevano il posto degli assenti gabbiani. Di notte, le stelle cadenti invadevano il cielo e si tuffavano veramente nell’acqua, e se si guardava attentamente- prima che la nave scivolasse via- si potevano vedere le stelle stesse galleggiare sotto il mare, e avevano forme umane. Shanna spiegò che, a volte, alle stelle piaceva farsi un bagno…
Non ci furono annuvolamenti né precipitazioni, il tempo rimase sempre bello, caldo ma non troppo. Le sere erano limpide e (cosa stranissima) c’era sempre la luna piena, la quale appariva più vicina e grande man mano che i giorni si susseguivano, come le stelle. Anche il sole era più grande e più luminoso, eppure non faceva male agli occhi.
Ma lo spettacolo più straordinario lo videro durante il quarto giorno.
Passarono sopra un tratto di mare dall’acqua più limpida che avessero mai visto, tanto che potevano scorgerne il fondale, a miglia e miglia di profondità.
Fu Lucy ad accorgersi per prima della presenza di alcune masse verde scuro che appartenevano a vere e proprie foreste sottomarine. Le gradazioni del verde sfumarono nei rossicci, nei rosa, blu, gialli e lilla. Branchi di delfini, orche, cavallucci marini e pesci variopinti, nuotavano insieme. Poi, ecco che le foreste si diradavano e si formavano vere e proprie strade: piccoli sentieri, strette e rettilinee, curve e più grandi. Il tutto lasciò spazio a una distesa di sabbia che saliva verso la sommità di un colle, sempre più vicino alla superficie, sul quale infine scorsero la sagoma di un castello, e più in là di una grande città sottomarina.
Laggiù, viveva il popolo del mare.
Scorsero visi curiosi alzarsi e fissarli con espressioni indecifrabili, mentre l’ombra del veliero passava sopra di loro oscurando le case. Di sicuro, nessuna nave era mai passata di lì prima.
Avrebbero voluto fermarsi e salutare quella gente, ma Caspian disse che non sembrava prudente. Il popolo del mare, di quel mare, era assai diverso da quello che avevano conosciuto i Pevensie durante l’Età d’Oro di Narnia.
I quattro fratelli ricordavano che, il giorno della loro incoronazione, il re e la regna del mare erano venuti a cantare in loro onore e a portare doni sulla superficie, prendendo persino sembianze umane. Ma le sirene e i tritoni che vedevano ora, non sembravano in grado di respirare fuori dall’acqua e non avevano nessuna intenzione di uscirne.
Il quinto giorno, luna, stelle e sole, si fecero ancora più grossi e più vicini, e le costellazioni cambiarono di nuovo.
La mattina del sesto, qualche cosa apparve all’orizzonte: un gran manto bianco si stendeva a perdita d’occhio da nord a sud, per tutta la linea dell’orizzonte.
“Secondo voi cosa può essere?” chiese Caspian a Drinian.
“Mi azzarderei a dire ghiaccio se fossimo a latitudini elevate. Ma qui a oriente, con questa temperatura, nemmeno in pieno inverno sarebbe possibile”
Il Liberatore si volse agli altri Re.
“Ragazzi?”
Peter e Edmund si scambiarono un’occhiata d’intesa.
“Dovremmo provare a far rallentare la nave, innanzitutto” disse il primo, “se fossero scogli, o un’isola, alla velocità cui stiamo navigando potremmo sbatterci contro”
“Non ci tengo affatto” disse Caspian, ripiegando il binocolo che aveva usato. “Capitano, ordinate agli uomini di mettersi ai remi, procederemo con cautela”
Qualche minuto più tardi, il deciso incedere della nave rallentò.
Per gran parte del mattino, la natura della massa bianca rimase un mistero. La preoccupazione crebbe quando ricordarono i vortici, apparsi all’orizzonte come una misteriosa striscia blu. Ma stavolta non ci furono pericoli.
Nel primo pomeriggio, un profumo delicato e pungente al tempo stesso, invase l’aria tutt’intorno a loro: proveniva dalla massa bianca.
Allora, Peter ebbe l’idea di mandare una scialuppa di marinai in ricognizione, e Rynelf e un altro paio si offrirono volontari.
Tutti quelli rimasti a bordo li osservarono addentrarsi nel biancore con una certa apprensione. Poco dopo si udirono grida di sorpresa, e quando la scialuppa tornò indietro, fermandosi ai piedi della prua, videro che trasportava una gran quantità di quel qualcosa di bianco.
L’equipaggio si affollò sulla murata, incuriosito.
“Ninfee, Vostra Maestà!” disse Rynelf, entusiasta.
“Che cosa?” chiese Caspian, prendendo il fiore che il marinaio gli porgeva e fissandolo con sbalordimento.
“Ninfee bianche” ripeté Rinelf.
“Santo cielo, è vero!” esclamò Susan, sporgendosi dal parapetto e schermandosi gli occhi con una mano.
“Che meraviglia!” esclamarono le altre ragazze.
“Wow!” fece loro eco Edmund. “Questo sì che è un mare di fiori!”
D’un tratto, Ripicì fece qualcosa che lasciò tutti di stucco. Si tuffò in acqua, e quando riemerse emise squittii di gioia.
“Dolce, è dolce!”
“Di che stai parlando?” chiese Caspian.
“Sto parlando dell’acqua: è dolce, non salata! E’ come nella filastrocca di vostra madre, Miriel” esclamò il topo rivolto alla Driade. E poi, recitò per l’ennesima volta:
Dove celo e mar s’incontrano,
Dove le onde dolci s’infrangono
O valoroso Ripicì, non dubitare.
Troverai tutto ciò che cerci
A oriente, laggiù, di là del mare
“Non capite? Aslan mi sta dicendo di andare da lui. Questo è un chiaro invito. Ormai ci siamo, signore e signori: siamo alla Fine del Mondo!”
“E’ vero” disse Shanna “Ma da qui in poi dovremo proseguire con ancora più cautela. La marea si abbasserà progressivamente, finché non sarà più possibile proseguire con la nave”
“E come raggiugeremo le Terre di Aslan, allora?” chiese Lucy preoccupata.
“Con la scialuppa, Regina Lucy” Shanna guardò uno per uno i cinque Sovrani e Eustace, facendosi molto seria. “Solo voi sei siete attesi al cospetto del Grande Leone. Agli altri non sarà concesso. Si dovranno fermare prima”
“E’ giusto” disse Drinian. “Speravamo tutti di poter vedere la Fine del Mondo, ma capiamo che solo le Loro Maestà, gli Amici di Narnia, potranno giungere sin laggiù: i prescelti di Aslan”
Gli altri marinai assentirono, benché un po’ delusi. Ma in cuor loro capivano che era giusto così.
Il Veliero dell’Alba continuò a spingersi sempre più a est, entrando nel Lago delle Ninfee Bianche, o Mare d’Argento. E mentre cercavano di decidere quale potesse essere il nome migliore (alla fine si decise per Mare d’Argento) si lasciarono alle spalle il mare aperto, che divenne presto una striscia azzurra in lontananza.
Passò anche il sesto giorno.                                                                                             
“Pensavo che il viaggio verso la Fine durasse di più” confessò Susan a Caspian quella stessa sera, senza poter reprimere un brivido. “Incontreremo di nuovo Aslan, e benché questo mi faccia felice, un po’ mi spaventa. Se lui dovesse decidere nonostante tutto che io…se sapessi di doverti lasciare di nuovo, non so cosa farei”
“Farò di tutto per impedirtelo” disse il Re con fermezza, guardando nei suoi occhi spaventati. “E’ la nostra promessa”. Poi, con un breve sorriso, le passò un dito sulla punta del naso. “Credevo avessi superato le tue paure, pesciolino”
“Caspian…” Susan sussurrò il suo nome, chiudendo gli occhi e abbracciandolo forte. “Dimmi che non è la nostra ultima notte. Non di nuovo. Ti scongiuro!”
“Ssshhh…” fece lui, pianissimo. “Non voglio vederti piangere” mormorò sul suo viso, un sussurro, prima di darle un bacio.
Lei avrebbe desiderato che la baciasse in eterno, che il tempo si fermasse in quell’istante.
Era come quella volta…
“Anch’io ho paura” le confessò Caspian, quando si separarono.
Susan gli strinse la camicia dietro la schiena, convulsamente.
Entrambi provarono il desiderio di fuggire, di nuovo, ma sapevano che non dovevano. Il destino non esisteva, no? Oppure, a conti fatti, tutto era già stabilito?
Solo Aslan poteva dar loro quelle risposte. Solo lui avrebbe saputo dire loro se erano riusciti a cambiare la loro vita.
 “Stavolta saremo noi a scegliere, Susan”
Lei allentò la presa sugli abiti di lui e alzò la testa, gli accarezzò il volto, riavviandogli i capelli. “Ora che sono arrivata così avanti, non posso tornare indietro. Non voglio e non lo farò!” esclamò, più determinata che mai.
Caspian le prese il viso tra le mani, la guardò intensamente, e lei pensò che avrebbe voluto annegare in quel mare nero che erano gli occhi di lui.
“Non ti lascerò andare via, Susan. Lo sai cosa penso: preferisco morire!”
Poi le si accostò, baciandola ancora con dolce ardore, colmando l’inutile distanza che c’era tra loro.
 
 
La mattina del settimo giorno, l’acqua del mare era diventata troppo bassa perché la nave potesse proseguire senza rischiare d’incagliarsi sul fondale, così, gettarono l’ancora.
 “E’ ora di scendere” disse Peter, con voce afona. “Lu, vedi di sbrigarti”
“Sì…” balbettò la ragazzina, mentre cercava di districarsi i nodi dai capelli. In realtà, era solo una scusa per rimandare il più possibile l’ennesimo addio alla sua Narnia…e a qualcun altro…
“Ti aiuto?” le chiese Gael, e la Valorosa annuì.
“Non piangere, piccola”
La bambina si stropicciò gli occhi, posando la spazzola. “No, non piango”, disse, ma alla fine non riuscì a trattenersi.
Le due amiche si abbracciarono a lungo, finché la più piccola non si calmò un poco. Dopodiché, Lucy posò il suo pugnale tra le mani dell’altra.
La bimba lo fissò sbalordita. “Lucy, ma…!”
“Purtroppo non posso darti anche il mio cordiale, perché credo che Caspian e Susan lo riporteranno al castello insieme agli altri Doni. Ma almeno questo posso lasciartelo. Lo terrai per me?”
Gael alzò il visetto con fierezza e annuì con vigore. “Lo farò! Lo terrò al sicuro”
“E me lo ridarai quando ci rivedremo”
Salirono sul ponte, si abbracciarono ancora, e poi Lucy si accinse a raggiungere Caspian, Eustace e i fratelli. Mentre faceva questo, si guardò attorno, cercando un volto tra i marinai indaffarati a slegare la scialuppa e preparandosi a calarla in mare.
“Dov’è Emeth?” chiese la Valorosa, sentendosi smarrita.
“Sul drago d’oro, mia signora” le rispose Nausus il Fauno.
Lei si mosse, irrequieta, e dopo un attimo correva verso il fondo della nave, alla coda del drago d’oro. Ma non vi salì, rimase là, ai piedi della scaletta, osservando il giovane voltato di spalle, lo sguardo rivolto all’ovest.
“Emeth!”
Lui non rispose. Lentamente, si girò verso di lei. Il suo cuore di soldato- che aveva tanto addestrato ad essere fermo, duro, a sopportare qualsiasi dolore- si stava pian piano disfacendo al pensiero di dover lasciare andare la sola cosa bella della sua vita. Per questo si era rifugiato lassù: sperava di non dover affrontare il momento dell’addio, pensando di poterla salutare da lontano. Ma ovviamente non era possibile. Lucy non glielo avrebbe mai permesso.
Allora la guardò. Incontrò il suo magnifico sorriso, in pieno contrasto con la tristezza nei suoi occhi.
Emeth ricordò quando li aveva visti la prima volta, sull’Occhio di Falco. Da allora non era più riuscito a farne a meno: di quegli occhi, di quel sorriso, della sua voce allegra…
Senza dire una parola, entrambi si fissarono per secondi che parvero interminabili. Poi, finalmente, lui scese di corsa la scaletta prendendola tra le braccia.
“Non è un addio” mormorò tra i suoi lunghi capelli.
“No, non lo è” disse lei, allacciandogli le braccia al collo.
Si guardarono negli occhi. Lei si morse un labbro per non piangere, sorridendo a stento, poi gli porse ciò che aveva tra le mani. Qualcosa che il ragazzo non aveva notato fino a quel momento.
“E’ per te” disse la Regina, mettendogli una ghirlanda di fiori attorno al collo. “Li ho presi sull’Isola di Ramandu. Avevo detto che te ne avrei regalata una, ricordi?”
Emeth sfiorò i petali variopinti e le sorrise, finalmente. “Sì…me lo ricordo”. Ma un momento dopo, la tristezza si faceva di nuovo largo sul suo viso ambrato.
“Ti penserò ogni momento, Lu”
“Anch’io Emeth. Sempre” disse lei, abbracciandolo ancora.
“Ehi! Ehi ehi ehi, un momento!” fece Edmund, osservandoli dalla parte opposta del ponte.
“Ma che cosa…?” gli fece eco Peter, sconcertato a tal punto che non poté commentare quello che vedeva.
I due fratelli si mossero istintivamente, non potendo credere davvero che Lucy, la loro dolce e innocente sorellina...stava baciando Emeth tarkaan!
“Fermi dove siete, voi due!” esclamò Susan, acchiappandoli per il colletto della camicia. “Non vi permetterò di rovinare questo momento”
“Sue! Tu lo sapevi?!” chiese Edmund incredulo.
“Certo che lo sapevo”
“E non ci hai detto nulla???” chiese Peter, con voce alterata dall’incredulità.
“Ovvio che no!” esclamò Susan. “Non volevo che le deste il tormento come lo avete dato a me”
I due fratelli si scambiarono uno sguardo colpevole.
Caspian rise sotto i baffi.
“Anche tu eri a conoscenza di questa storia?” domandò ancora Edmund.
“Non proprio…Diciamo che ne avevo il sospetto” sorrise il Liberatore.
Lucy e Emeth arrivarono da loro, mano nella mano. Lei si morse ancora un labbro, imbarazzata.
“Vi devo dire una cosa: io e Emeth stiamo insieme”
“L’avevamo notato” rispose Peter sarcastico.
“Oh no…sta succedendo” gemette Edmund.
Lucy si voltò. “Scusa?”
“Stai diventando una ragazza”
“Io sono una ragazza, brutto stupido!”
“Siamo pronti, Vostre Maestà” avvertì Drinian, indicando la scialuppa.
Le risate accesesi alla battuta di Ed, si spensero subito.
Ripicì zampettò accanto ai sei ragazzi. “Con il vostro permesso, Vostre Maestà, io verrei con voi”
“Non potremmo mai dirti di no, Rip” disse Caspian.
Il topo allora si rivolse all’intero equipaggio.
“E’ stato un onore navigare con voi, miei prodi e cari amici. Se non dovessi tornare, vi auguro ogni felicità, e un sicuro ritorno a casa. Che Aslan sia con voi, sempre!”
Ci fu un applauso e Ripicì s’inchinò profondamente.
“Mia signora” Drinian chiamò Susan. “Spero di rivedervi tra poco”
“Grazie, Drinian” disse lei, commossa. “State certo che ci sarò. Tornerò a Narnia, anche a costo di venirci a nuoto!”
Per la prima volta da che la Dolce l’aveva conosciuto, lui le sorrise.
Poi, Shanna e Miriel si fecero avanti: le due guide erano finalmente insieme.
“Tra poco arriverete sul confine della Fine del Mondo” cominciò la Stella Azzurra. “Laggiù si deciderà del vostro futuro. Ma sia che torniate o che dovrete continuare ancora, sappiate che Narnia vi è riconoscente per averla salvata ancora una volta dal male. Il vostro regno sarà sempre qui ad aspettarvi. Sono stata felice di avervi conosciuto, Re e Regine di Narnia e Lord Eustace. Sento che ci incontreremo ancora. Quando verrà quel giorno, spero di essere più di aiuto alle Vostre Maestà di quanto lo sia stata in questi pochi giorni”
“La colpa di quanto accaduto non è tua” disse Edmund, “te lo vuoi mettere in testa?”
Shanna rimase un attimo stupita dal tono di voce di lui, poi capendo che scherzava, sorridendogli. S’inchinò e fece un passo indietro.
“Quando sarete al cospetto di Aslan” continuò la Driade, “scoprirete il significato delle tre profezie che pronunciai all’inizio di questo viaggio. Spero che sia fatta chiarezza nei vostri cuori, e che tutti voi possiate tornare qui al più presto. Mi auguro di essere stata una buona guida per voi”
“Lo sei stata” assicurò Caspian, parlando per tutti.
Miriel s’inchinò profondamente davanti al Re, e quando rialzò il capo, incontrò lo sguardo di Peter.
Gli altri si allontanarono verso la scialuppa dopo averla salutata, lasciandoli un momento in disparte così che potessero parlare.
“Non dire niente, Peter” disse lei, sorridendo piano, vedendo che lui cercava le parole per esprimersi, ma che non ci riusciva. “Non serve che tu dica niente”
Lui l’attirò a sé e la baciò dolcemente. “Sapevo quello che facevo quando ti ho chiesto di sposarmi.”
“E io sapevo cosa avrebbe comportato dirti di sì. Ti amo, Peter Pevensie”
“E io amo te”
“Non importa quanto tempo passerà, ma non stare via molto, d’accordo?” cercò di sdrammatizzare lei.
Peter rise brevemente e la tenne stretta a sé, il più a lungo possibile. Infine, la fanciulla lo accompagnò fino alla scaletta, che il giovane discese sempre tenendole la mano. Miriel si porse dal parapetto più che poté, e infine lo lasciò andare. Gli sorrise ancora, e non una lacrima trasparì dai suoi occhi color acquamarina.
“Edmund” chiamò la voce leggera di Shanna, tra gli ultimi saluti.
Il Giusto, ultimo del gruppetto ancora a bodo, la guardò camminare verso di lui. Le sorrise. L’aspettava.
Si scambiarono uno sguardo pieno di chissà quali parole che rimasero inespresse. Parole, ma soprattutto sentimenti, che non erano ancora pronti per fuoriuscire.
“Arrivederci, Edmund”. Shanna gli si accostò e alzò il viso fino a sfiorare la sua guancia con le labbra.
Era solo la seconda volta che assaporava quel contatto, ma Edmund seppe che l’avrebbe conservato gelosamente nel suo cuore.
“Forse sarai stanco di sentritelo dire, ma ti ringrazio ancora per tutto quello che hai fatto per me e per mio padre. Hai mantenuto la tua promessa”
“Non mi devi ringraziare” sbuffò lui, fintamente spazientito.
“Lo farò sempre, invece”
Lui d’un tratto ricordò le parole di Coriakin…
Ricorda e ingrazia sempre…
Chissà se Aslan gli avrebbe detto cosa volevano dire davvero…
“Mi sarebbe piaciuto che foste rimasti più a lungo” confessò Shanna.
“Ti rivedrò, un giorno?” chiese lui, imbarazzato, triste.
“La tua Spada ti aspetta” rispose la ragazza.
“Tornerò a prenderla, allora. Mi ero affezionato a lei”
Shanna fece un sorriso radioso. “Allora mi rivedrai. Io sarò là”
“Accidenti…dovrò riattraversare l’Oceano Orientale!” esclamò il ragazzo, passandosi una mano sulla fronte.
Lei rise ancora. “Può darsi che sarò io a portarvele, la prossima volta”
Sì, pensò Edmund. La prossima volta… la prossima volta che sarebbero tronati a Narnia.
E infine, Caspian e Edmund ai remi, Lucy e Eustace a poppa, Susan e Peter a prua, e con Ripicì arrampicato sulla parte più alta dell’imbarcazione, la scialuppa si allontanò dal Veliero dell’Alba.
Le vele vennero spiegate, il corno suonò: un saluto ai Sovrani, a chi non sarebbe tronato.
La prua della barca si aprì un varco tra le ninfee bianche. Sprazzi dorati provocati dai raggi del sole giocavano sull’acqua del Mare d’Argento che li circondava, placida come quella di un lago.
All’inizio si parlò poco, ognuno immerso nei suoi pensieri, nel ricordo delle persone care che avevano dovuto lasciare. Poi, pian piano, ricordarono ogni avventura, ripercorrendo con piacere il viaggio dall’inizio alla fine.
“Eustace, raccontaci com’è stato quando Aslan ti ha fatto tornare normale” chiese Edmund.
“Bè, mi ha fatto un po’ male. Ha iniziato a graffiare la sabbia con gli artigli, come se mi stesse togliendo la pelle di drago di dosso. E’ stata una sensazione bellissima, mi sono sentito nuovo. Essere un drago non era così male, però…Mi dispiace di essere stato così lagnoso. Insomma, sono stato migliore da drago che da essere umano”
“Tu non sei un essere umano, Eustace” disse il Giusto con un ghigno. “Sei un piccolo bruco molesto”
I due cugini iniziarono a bisticciare, con il rischio di far rovesciare la scialuppa.
“Basta! Seduti!” li rimproverò Susan, prendendoli per le orecchie e costringendoli a star buoni.
Un attimo dopo, la voce di Ripicì li richiamò tutti all’attenzione.
“Amici miei, siamo arrivati!” esclamò, trepidante.
Credevano di aver veduto ogni tipo di meraviglia esistente al mondo attraversando l’Ultimo Mare, anche se sapevano che le Terre di Aslan sarebbero state di gran lunga superiori se davvero corrispondevano all’immagine che Miriel ne aveva dato con i suoi racconti.
Ma, come per ogni cosa, l’immaginazione non può dar giustizia alla realtà.
Le Terre di Aslan erano di una bellezza indescrivibile.
Fra mare e cielo s’innalzava la Grande Onda: un muro d’acqua azzurro-verde, sospeso perennemente a un culmine indefinito, per una lunghezza incalcolabile. Il confine tra la Narnia Terrena e la Vera Narnia. Al di là di essa, videro una catena di montagne, sulle quali nevi perenni e foreste sempreverdi si alternavano, ma i picchi erano così alti che non si riusciva a scorgerne le cime. Dietro la catena montuosa vi erano altre montagne, sospese nel cielo, da dove cadevano cascate limpide che parevano cristallo liquido. Il rumore non si sentiva, erano troppo lontane. Erano le Valli del Sole. E infatti, proprio sopra di esse la palla di fuoco brillava enorme. E sopra l’Onda, sopra tutto, vi erano un’enorme arcobaleno ed altri mille più piccoli che si diramavano ovunque, tra i monti, le cascate, il muro d’acqua e la spiaggia sulla quale attraccarono poco dopo.
S’incamminarono sulla sabbia dorata, soffice sotto i piedi.
Caspian si sentì afferrare la mano con forza e si volse a guardare Susan, che camminava accanto a lui, lo sguardo fisso avanti.
“Non lasciarmi la mano” sussurrò lei.
“No, mai” le rispose lui, stringendogliela di più.
Tutti erano come incantati a guardare avanti a loro, così non si accorsero che al gruppo si era unito qualcun altro.
Fu Eustace ad accorgersene per primo. Avvertì una presenza amica, e si votò indietro per vedere di chi si trattasse.
“Aslan!” esclamò, fermandosi per primo.
Automaticamente, i cugini, Caspian e Ripicì, lo imitarono. Il Leone, invece, continuò a camminare finché non si trovò di fronte a loro.
“Benvenuti, ragazzi” li accolse Aslan, la criniera che brillava di raggi di luce. “Siete stati bravi. Davvero molto bravi. Siete arrivati lontano, e ora il vostro viaggio è finito”
“E’ questa la tua terra?” chiese Lucy.
Aslan si voltò verso l’Onda. “No, mia cara. La mia terra è oltre il mare. Ma voi non siete ancora pronti per entrarvi”.
“Aslan, ti prego!” disse Susan, senza riuscire a trattenersi. “Dicci che non è l’ultima volta qui, per nessuno di noi!”
“Tra poco saprai tutto, mia cara” le rispose il Leone gentilmente. “So che avete delle domande da pormi, e che vorreste sapere il significato delle tre profezie di Miriel. Ma lasciate prima chiarisca una cosa. Qualcosa che vi aiuterà a comprendere meglio ciò che deve avvenire”
Aslan osservò per un attimo i sette compagni: i sei ragazzi e il topo.
“Per tutto il viaggio, siete stati tormentati dai dubbi che gli avvertimenti del mago Coriakin hanno suscitato in voi, ma a torto. In realtà, quegli avvertimenti erano consigli che vi sarebbero dovuti pervenire da me tramite lui, e che vi avrebbero aiutato ad affrontare meglio le prove che Jadis vi avrebbe posto dinnanzi durante tutto il viaggio. Andavano interpretati in senso positivo, ma Coriakin vi fece credere il contrario. E così, il loro significato è stato distorto”
“E qual è la verità?” chiese Lucy. “Puoi dircela, per favore?”
“Ma certo, mia cara. Comincerò con te” le sorrise il Leone. “Volevi essere diversa da ciò che eri, perché stai crescendo, ed è normale che la piccola Lucy volesse ritagliarsi finalmente un ruolo tutto suo a Narnia. Ci sei riuscita combattendo con coraggio come Amica di Narnia, e trovando qualcosa che, se fossi stata diversa da come sei, non avresti mai trovato: l’amore”
Lucy arrossì.
Emeth…
“Edmund…” proseguì Aslan. “Da quel giorno lontano che noi due ben conosciamo, hai sempre ricordato la tua seconda possibilità, e ringraziato per essere Re di Narnia, un ruolo che non credevi tuo ma che meriti appieno. E lo hai dimostrato vincendo la tua più grande nemica”
“Jadis…” mormorò il Giusto.
“L’insicurezza” lo corresse Aslan con un sorriso, e si congedò da lui.
“Eustace: non hai mai creduto ai racconti dei tuoi cugini, nemmeno quando sei arrivato qui e hai visto coi tuoi occhi che era tutto vero. Avevi paura, e solo quando ti sei trasformato in drago hai iniziato a credere e vedere veramente. E ora anche tu sei un Amico di Narnia”
Il ragazzino arrossì, imbarazzato e felice.
E poi, Aslan fissò attentamente i volti di Peter, Caspian e Susan.
“Venite avanti, figli miei”
I tre ragazzi si scambiarono uno sguardo, poi fecero come il Leone aveva detto. Caspian e Susan sempre mano nella mano.
“A voi, dovrò dire qualcosa di più”
“Le tre profezie sono per noi” dichiarò Peter, che aveva capito.
Aslan annuì, ed enunciò: “Uno dovrà dire per sempre addio a Narnia. Un altro dovrà ammettere un suo errore, e se lo farà, la sua vita cambierà per sempre. Un altro dovrà abbandonare la cosa più cara per far ritorno a casa, dove un’altra importante missione lo aspetta”
I tre Sovrani si volsero verso gli altri amici, il primo quasi rassegnato, il secondo intimorito, la terza completamente terrorizzata.
Lo sapeva... Susan sapeva, ancor prima che Aslan glielo dicesse, quale delle tre era stata pronunciata per lei.
“Conoscete il vostro passato e il vostro presente. Rimane da determinare il futuro” disse il Leone.
“Allora, il destino esiste?” domandò Caspian, mentre un dolore violento gli invadeva il cuore.
“Ci sono alcune cose già decise. Ad esempio, è stabilito chi sono gli Amici di Narnia. Ma il resto è una pagina bianca”
Irrazionalmente, Susan arretrò.  “Aslan, ti prego…”
“Un momento solo, bambina” la interruppe gentilmente Lui. Poi si rivolse al Re di Narnia.
“Caspian” Aslan fece una risatina, e questo rincuorò un poco il giovane, che si aspettava molti rimproveri. “A quanto pare la parola ‘impossibile’ per te non esiste”
Il Liberatore non disse niente, leggermente a disagio.
“Hai guidato i tuoi uomini attraverso imprese incredibili, ma la più impossibile di tutte l’hai compiuta una notte in un luogo chiamato Isola delle Rose. C’erano cose che, in quanto Re, non avresti mai dovuto fare: hai dei doveri, hai degli obblighi, eppure sei andato controcorrente, e ci vuole coraggio per far questo. Hai anteposto al regno l’amore, e anche se molti potrebbero pensare che sia sbagliato, io ti posso dire che chi non conosce l’amore non conosce me.”
“Lo rifarei anche subito” garantì il ragazzo senza rimpianto alcuno. “Rifarei tutto ciò che ho fatto”
“Lo so, ma adesso devi renderti conto di quell’errore di cui parla la tua parte di profezia. Quell’errore che, se riconosciuto, cambierà per sempre la tua vita. Tu sai di cosa parlo, vero?”
“Credo di sì” rispose Caspian.
Fissò la Grande Onda, mentre una leggera brezza che soffiava da est ne tramutò la cima in bizzarre forme di spuma.
“C’è mio padre nella tua terra?”
“Soltanto tu lo puoi scoprire, figliolo” rispose Aslan. “Ma devi essere consapevole che il continuare non ha ritorno”
Susan sentì che la mano di Caspian pian piano scivolava via dalla sua.
“Se deciderò di andare, tu verrai con me” la rassicurò. Non l’avrebbe lasciata.
Perdendo quel contatto però, lei si sentì destabilizzata, provando un enorme senso di disagio. Era come se fosse sull’orlo di un precipizio e stesse per cadere. Tuttavia, non lo richiamò indietro, lo lasciò camminare fino alla Grande Onda, perché era giusto che Caspian finalmente sapesse e decidesse cosa voleva fare.
Tutti gli occhi erano puntati sul Liberatore.
Quando si trovò a meno di un metro dall’Onda, allungò una mano e la immerse nella muraglia d’acqua increspandone la superficie. Un attimo dopo la ritirò e si volse indietro, lo sguardo rivolto a terra. Quando rialzò il capo, i capelli al vento, i suoi occhi erano colmi di tristezza.
“Allora non vai?” chiese Edmund, piuttosto stupito.
“Immagino che mio padre non sarebbe fiero di me se abbandonassi ciò per cui è morto” rispose Caspian, rivolgendosi soprattutto ad Aslan. “Ho voluto quello che mi era stato tolto, invece di quello che mi era stato dato. Mi è stato dato un regno. Un popolo. Una famiglia”.
Guardò Susan dritta negli occhi e le si avvicinò di nuovo.
Era stato meno di un attimo, ma la Regina dovette gettarsi tra le sue braccia per sentirlo di nuovo accanto a sé, per sentire l’odore dei suoi capelli, della sua pelle, del suo respiro. Lei sapeva cosa sarebbe accaduto tra poco…Caspian non se n’era ancora reso conto.
“Prometto di essere migliore come Re” assicurò il giovane incontrando gli occhi fieri di Aslan.
“Tu lo sei già”.
E dopo un attimo di silenzio, il Grande Leone si rivolse ai due Pevensie.
“Peter” Il Magifico raddrizzò le spalle.
“Tornando qui hai trovato qualcosa, qualcuno, che sarà per sempre insostituibile nella tua vita. Hai ritrovato la tua fede, confidando in me più che in chiunque altro, più che in te stesso, e così facendo hai riaperto il tuo cuore verso Narnia, e hai riscattato la tua possibilità di essere adesso e per sempre il Re Supremo. In virtù di ciò, ti è stata affidata una nuova, importante missione, la stessa di cui parla l’ultima parte della profezia. Ma per portarla a termine, dovrai lasciare la donna che ami e che non potrà seguirti”
Peter avvertì una fitta dolorosa che gli serrò il petto, pensando a Miriel.
“In quanto Sovrano Supremo, tuo sarà il compito di trovare il settimo Amico di Narnia. E quando l’avrai individuato, lo dovrai portare qui, insieme ai tuoi compagni”
Peter studiò il volto di Aslan con molta attenzione. Aveva sempre creduto di essere colui che avrebbe lasciato Narnia, e invece adesso sapeva di poter tornare.
Ma se il suo cuore si riempiva di speranza, sua sorella stava a capo chino, silenziosa, con il vuoto nell’anima.
“Susan…” chiamò Aslan.
Lei rimase immobile, completamente svuotata. Non rispose, i capelli a coprirle il volto. Ma anche così, gli altri seppero che piangeva.
Allora era davvero lei. Nonostante tutto, avrebbe lasciato Narnia e Caspian. Di nuovo. Per sempre.
Percepì il Liberatore muoversi appena accanto a lei, come per proteggerla. Lui non avrebbe interrotto Aslan, ma non gli avrebbe permesso di portarla via.
“Dolce Regina” disse il Leone, chiamandola nello stesso modo di quando era venuto da lei per annunciarle la lieta notizia del suo bambino. “Ciò che più temevi era andartene da Narnia, eppure l’hai fatto. Accettasti di fare la mia volontà, e questo ha dimostrato la tua piena lealtà nei miei confronti. Perciò sei potuta tornare: perché mi sei stata fedele, nonostante stessi soffrendo moltissimo. In questo viaggio ti sei finalmente resa conto di cosa contava di più nella tua vita e hai smesso di dimenticare. Hai scacciato le paure dal tuo cuore”
“Ma devo andare” mormorò la fanciulla, serrando le palpebre.
Era come quella volta. Esattamente come quella volta: la situazione, le frasi, le sensazioni. Tutto. La storia si stava ripetendo.
“Sue…no!” esclamò Caspian, scuotendo piano il capo, avendo l’impressione che il suo cuore si fermasse.
Susan rialzò la testa di scatto, pronta a ribattere, a pregare, implorare. Guardò Caspian e poi Aslan. Ma negli occhi splendenti del Leone vide la verità e tutto le fu chiaro. In un secondo capì cosa doveva fare, come le cose sarebbero dovute andare.
E in quel momento, Ripicì si schiarì la voce e zampettò avanti a tutti.
“Vostra Eminenza” il topo s’inchinò con deferenza al Grande Leone, togliendosi la piuma rossa dal capo. “Eccomi”
“Oh, Rip!” esclamò Susan, commossa.
“Che cosa succede?” chiese Eustace, guardando dal topo alla cugina a Aslan.
“Ci sono degli equilibri che sono stati spezzati, e altri che devono essere ristabiliti” spiegò il Leone. “Purtroppo, anche se l’intendimento di una profezia può cambiare, la profezia in sé non può essere annullata. A meno che…”
“A meno che qualcuno non l’adempi al posto di colui al quale è destinata” disse Ripicì con un gran sorriso. “Sire, da che ne ho memoria, ho sognato di vedere le Terre di Aslan. Ho vissuto molte grandi avventure in questo mondo, ma niente ha sopito in me quel desiderio. So di non esserne all’altezza, ma... sarei onorato se prendeste me al posto di Susan”
“Ma non è giusto!” proruppe la Dolce, chinandosi accanto a lui.
“Avevo decise di andare comunque” la rassicurò Ripicì, posando le zampette sulle mani di lei. Stropicciò brevemente la piuma rossa tra le zampe e tronò a rivolgersi ad Aslan. “Forse non ne sono degno, ma con il vostro permesso, Signore, vorrei riporre la mia spada per la gioia del Re Caspian e della Regina Susan, per il futuro Re che ella porta in grembo, e per veder realizzato il mio sogno di guardare la vostra terra con i miei stessi occhi”
Aslan annuì e sorrise. “La mia terra è nata per cuori nobili come il tuo, e la tua altezza non pregiudica niente. Il tuo gesto sarà per sempre ricordato, piccolo amico.”
“Rip, io… “ mormorò Susan, turbata. “Non so cosa dire”
“Tu devi restare, amica mia. Così, quando guarderò giù dalle vette  più alte dell’universo, potrò vedere te e Caspian finalmente felici”
“Nessuno può meritarlo più di te” intervenne il giovane, la voce colma di riconoscenza. “Ti saremo per sempre debitori”
Ripicì s’inchinò e poi emise un’esclamazione di sorpresa quando Susan si abbassò per baciarlo sul naso.
La ragazza si rialzò in piedi, scuotendo il capo sconcertata, cercando di manifestare solo con quel gesto tutta la sua gratitudine.
Caspian le si avvicinò, una mano sulla sua guancia, accarezzandola dolcemente. Il cuore di Susan iniziò a battere all’impazzata e poi si gettò nuovamente tra le sue braccia.
Fu indescrivibile la sensazione di avere, improvvisamente, tutto ciò per cui avevano pianto, sofferto, lottato, credendo per un momento ancora che niente sarebbe potuto essere, e che invece era come l’avevano sempre immaginato.
Sarebbero rimasti insieme.
Ad uno ad uno Peter, Edmund e Lucy salutarono l’amico topo. La Valorosa imitò la sorella maggiore e si chinò accanto a Ripicì.
“Posso?” chiese timida.
“Bè...io immagino che solo per questa volta…”. Ripicì si sentì sollevare e poi stringere tra le braccia della ragazzina. “Addio, Lucy” mormorò, triste.
La giovane Regina affondò il viso nel pelo morbido del topo, rimettendolo poi a terra.
L’unico rimasto in disparte era Eustace. Edmund lo incitò dandogli una spintarella, e allora si fece avanti, le lacrime agli occhi.
“Non piangere” cercò di consolarlo Ripicì.
“Io non capsico...” singhiozzò Eustace. “Non c’è un altro modo? Perché Susan non può semplicemente rimanere senza che tu te ne vada?”
“Le cose che ci accadono intorno non possono sempre essere spiegate. So che ancora non capsici, ma capirai un giorno. Per ora posso solo dirti che questo è ciò che scelgo come mio destino, come futuro. L’ho fatto per tua cugina, per il Re, ma anche per me stesso”
“Non ti rivedrò mai…mai più!”
“Quale magnifico mistero sei tu!” sorrise Ripicì, commosso. “E un vero eroe. E’ stato per me un onore combattere al fianco di un temerario guerriero, e di un grande amico…Lord Eustace”
Rip s’inchinò anche a lui, e il ragazzo allora sorrise tra le lacrime.
Susan andò verso di lui. “Mi dispiace, è tutta colpa mia”
“Non ditelo mai, Maestà” ribatté il topo. “Chissà, forse il fatto che la madre di Miriel recitasse la filastrocca sopra la mia culla, il mio sogno di arrivare alla Fine del Mondo…tutto ha un senso adesso. La mia vita ha finalmente un senso. Volevo vivere la più grande delle avventure: l’ho vissuta con voi in questo viaggio, e ora mi attende una nuova sfida”
Dopodiché, Ripicì corse a prendere la sua canoa e la sospinse fino alla Grande Onda.
“Addio amici. Arrivederci, anzi! Un giorno ci incontreremo ancora!”. Si slacciò la spada dal fodero e la infilzò nella sabbia. “Questa non mi servirà…”
E così dicendo, saltò sulla barchetta che venne trascinata dalla corrente inversa. E salì, salì, finché non si trovò in cima al muro d’acqua. Passando sotto l’arcobaleno, guardò alle sue spalle un’ultima volta, verso la spiaggia, verso gli amici. E poi, le stupefacenti bellezze delle Terre di Aslan, finalmente si spalancarono davanti ai suoi occhi.
Eustace tirò su col naso. “Qualcuno ha un fazzoletto?”
“No” risposero gli altri in coro, ridendo.
Pian piano, si avvicinarono l’uno all’latro, stringendosi in cerchio vicino ad Aslan.
“Sembra sia arrivato il momento di tornare casa, vero?” disse Edmund poco dopo.
“È già ora? Oh…” fece Lucy, avvilita. “Aslan, quando potremo tornare, sai dirmelo?”
“Prima di quanto credete, mia cara”.
Così dicendo, il Leone ruggì in direzione della Grande Onda, ed essa si spalancò nel centro creando un portale tra Narnia e la Terra.
“Voi siete come una famiglia per me” disse Caspian, volgendo lo sguardo su ognuno di loro. “E tu sei compreso, Eustace” aggiunse subito dopo, posando una mano sulla spalla del ragazzino.
“Grazie” sorrise lui.
Caspian era sempre stato molto solo nella sua vita, ma ora sapeva di non esserlo più. Aveva Susan, aveva suo figlio, e aveva loro. Voleva bene ai Pevensie e a loro cugino più che a qualsiasi altra persona.
“Ed” disse Caspian dopo una breve pausa, abbracciando il suo più caro amico. “Sei grande, Ed”
“Anche tu” rispose il Giusto, dandogli gran pacche sulla schiena.
“Edmund” Susan gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulla fronte. “Non combinare guai, d’accordo?”
“D’accordo”
“Susan! Susan!” singhiozzò convulsamente Lucy, volando ad abbracciare la sorella. “Come farò senza di te? Mi sentirò sola!”
“Lu…” la ragazza le baciò le guance, piangendo con lei. “Sei diventata grande, non hai più bisogno di me. Puoi cavartela da sola adesso”
La Valorosa annuì reprimendo un singhiozzo.
“Sei forte, ce la farai benissimo. E quando ci rivedremo, sarai già una donna, Lucy”
La ragazzina raddrizzò le spalle e tirò un lungo sospiro. “Ti voglio tanto bene, Sue!”
“E io ne voglio a te”
“Ci rivedremo presto, Lu” le assicurò Caspian, sollevandola da terra e stringendola in un abbraccio. “Dovete tornare per il matrimonio”
Il viso di Lucy s’illuminò di gioia. “Sì! E per quando nascerà il bambino! Oh Aslan, potremo esserci, vero?”
Il Leone le sorrise affettuosamente. “Non potrei dirti di no”
Lucy batté le mani, felice, anche se la tristezza albergava ancora nel suo cuore.
Peter si mise tra Susan e Caspian, le mani sui fianchi. “Non sarò mai d’accordo con questo matrimonio al cento per cento, dal momento che non avete nemmeno aspettato che vi facessi da testimone. Ma mi auguro che ci sarà una cerimonia come si deve quando torneremo a Cair Paravel. Anche perché, lasciatevelo dire, Edmund come officiante…”
“E’ stato bravissimo, veramente” lo difese Susan.
“Bè...modestamente…” fece il Giusto.
Tutti risero. Susan cercò di farlo quanto la tristezza le poteva concedere.
“Mi mancherete da morire!” esclamò, baciando il fratello maggiore sulle guance e stringendo ancora tutti gli altri. Quando toccò a Eustace, lui ricominciò a piangere.
“Sii felice, Sue. Vivi la tua vita” disse Peter, e lasciò tutti sconcertati quando abbracciò anche Caspian.
Poi, senza preavviso, il Magnifico afferrò il polso del Re e poi quello di Susan, unendone le mani e coprendole con le proprie, stringendole, guardando dall’uno all’altra con negli occhi una strana luce. E quello fu il gesto che dimostrò che finalmente il Re Supremo approvava l’unione della Dolce e del Liberatore.
“E’ ora, ragazzi” Aslan li chiamò.
Lucy gettò ancora le braccia al collo di Caspian e Susan, e poi corse da Aslan, baciandolo più volte sul muso. Anche Peter, Edmund e Eustace salutarono il Leone.
Successivamente, con passi lenti ma decisi, i quattro si diressero verso il varco apertosi nella Grande Onda. Più si avvicinavano, più lo scrosciare dell’acqua diveniva assordante. L’aria prodotta dal continuo movimento potente dell’onda scompigliò loro i capelli, piccole goccioline solleticavano il volto.
Si voltarono un’ultima volta verso Narnia, verso Susan, Caspian e Aslan. E poi, l’Onda s’increspò, si dilatò per un attimo, vorticò, si restrinse.
E Susan non li vide più.
La ragazza trattene il respiro e poi lo lasciò andare. Chiuse gli occhi, cercando di imprimere nella sua mente quell’ultima immagine dei fratelli e del cugino. Non sapeva quando li avrebbe rivisti, anche se aveva la certezza che sarebbe accaduto.
Quando li riaprì, notò che Caspian la fissava.
Il Re passò una mano sulla sua spalla, e lei si strinse a lui.
Il giovane cercò di trasmetterle sicurezza e conforto cullandola tra le braccia, ma anche lui stava soffrendo terribilmente. La vide liberare una lacrima, ma fu l’ultima.
“Figli miei”. La voce di Aslan risuonò profonda e tranquilla.
I due giovani si sperarono, ma Caspian continuò a tenere le mani sui fianchi di Susan, lei sulle sue spalle.
“C’è bisogno di un rinnovo a Narnia, per porre fine a un’era e iniziarne un’altra, proprio come fu al tempo del primo Caspian. Ma quella che verrà sarà un’era gloriosa e luminosa. I vostri figli regneranno in un’epoca di pace e libertà. Narnia è la vostra eredità: tua Caspian, tua Susan. Governate con saggezza e giustizia, affrontate ogni prova con coraggio e onore, ma soprattutto amore. E adesso…Susan?”
“Sono pronta, Aslan” disse la Dolce, facendo scivolare piano le mani sulle braccia di Caspian, sul petto, sciogliendosi gradualmente dall’abbraccio
“Cosa…cosa significa?” chiese Caspian, il cuore a mille.
“Devo fare un’ultima cosa” spiegò lei.
“Susan non lascerà Narnia” disse Aslan, guardando il Re come se volesse nello stesso tempo valutare le sue reazioni e rassicurarlo. “Ma dovrà comunque allontanarsi da questo mondo ancora per un poco”
“Sue…che cosa...”
Lei gli prese il viso tra le mani e lo baciò piano sulle labbra.
“Aspettami. Stavolta non mi vedrai sparire, te l’assicuro”
Caspian la guardò attentamente e vide attraverso di lei: non c’era più dolore, né paura. C’era pace e speranza, e qualcosa…qualcosa che solo lei e Aslan sapevano e che a lui ancora non era chiaro.
“Non capisco…”
“Tra poco capirai”. Susan fece un passo indietro verso il Leone.
Caspian non osò avvicinarsi, anche se avrebbe desiderato farlo e stringerla ancora a sé.
Un movimento della Grande Onda, causato dal vento, e il bagliore del sole riflesso in essa lo accecò.
Un attimo, e la figura di Susan svanì piano, come la luna cancellata dal sorgere dell’alba.
Un attimo… un millesimo di secondo in cui sbatté le palpebre, infastidito dalla troppa luce…ed era sparita.

 
 
 
Quando sono stanca,  so che tu ci sarai
e riesco a sentirti quando dici…


 
 
 
E poi…




Camminavano fiano a fianco, adagio, dentro a un vasto tunnel fatto di pareti d’acqua, attraverso le quali c’erano figure in movimento, suoni attutiti dal fragore del mare. In una situazione normale, sarebbe stato impossibile udire la voce di chiunque al di sopra di quel suono, ma Susan poteva sentire chiaramente quella di Aslan. Sul fondale marino di sabbia bianca sul quale posavano un passo dopo l’altro, il riverbero del sole che si specchiava nei muri d’acqua, creava cerchiolini dei colori dell’arcobaleno.
“Sai già come lo chiamerai?” chiese il Leone.
La Regina si portò una mano al ventre. “A dire la verità non ci ho ancora pensato. E’ decisamente troppo presto, non ti pare?”
“Forse sì…”
Proseguirono per qualche tempo senza parlare. In seguito, Susan si decise a formulare la domanda che arrovellava la sua mente da qualche minuto.
“Aslan?”
“Dimmi, mia cara”
“Quando ce ne andammo, dopo la guerra della Liberazione, dicesti a me e a Peter che non saremmo mai più tornati, che il mondo in cui dovevamo vivere era un altro. Ma allora perché siamo tornati? Che cosa è cambiato?”
“Voi siete cambiati, Susan. E cambiando voi, avete cambiato anche il destino dei vostri fratelli. Anche Edmund e Lucy, col tempo, non avrebbero più potuto tornare qui”
Susan scosse il capo. “Non capisco bene: anche il fatto che io sia potuta rimanere…non era nel disegno di Narnia, lo so”
“Susan cara, perché porsi tante domande? E’ così importante per te sapere?”
Lei rifletté un momento. “In realtà no, non credo che lo sia. Ma sento che devo”
Aslan la fissò, lei fece lo stesso.
“Susan Pevensie, Regina Dolce di Narnia, hai lasciato la tua casa, il tuo mondo, tutto ciò che eri per rimanere qui. Sei ancora convinta che è quello che vuoi?”
“Ho due valide ragioni per desiderarlo con tutto il mio cuore” rispose la fanciulla, unendo le mani sul grembo. Il suo pensiero corse a Caspian. Il suo Caspian…
“Ecco la tua risposta” Aslan sorrise. “Non ti sei mai chiesta come ha fatto il corno d’avorio ad arrivare nel tuo mondo?”
“Io…sì me lo sono chiesta, e credo di saperlo”
“Davvero?”
Non aveva mai conosciuto la ragione esatta del perché il corno l’avesse seguita in Inghilterra. Aveva finito col credere che fosse stato Caspian, ma non ne aveva l’assoluta certezza. Non glielo aveva nemmeno mai chiesto a dire il vero, perché lei lo aveva dato per scontato. Possibile che invece…
“Io?” fece la Regina. “Sono stata io?”
“Esatto. Il tuo dolore e il tuo amore sono stati così forti da spezzare la barriera che separa il vostro mondo da questo. Solo per un momento, ma è successo. Così facendo, l’oggetto a cui sei più legata emotivamente ti ha seguita sulla Terra”
L’oggetto a cui era più legata…pensò Susan. Non le era difficile capire perché fosse proprio il corno d’avorio.
Nella sua mente, prese forma il momento in cui Caspian aveva voluto restituirglielo, ma lei aveva rifiutato.
“Tu sei sempre stata la più insicura, ma anche la più determinata a rimediare al tuo errore quando l’hai ammesso. Sei fuggita dalla strada di luce, ma hai ritrovato la via prima di perderti per sempre nella strada di tenebre. Non è da tutti, Susan, te l’assicuro. Nella paura e nel dolore hai capito cosa ti era costato lasciare Narnia, più ancora della prima volta. Forse eri più pronta degli altri, per questo hai avuto la forza di riprovare, di rialzarti, come Edmund. Ma lui, come gli altri, è ancora troppo legato al suo mondo per poter appartenere a Narnia. Invece tu hai fatto un salto avanti, molto avanti, e sei arrivata al traguardo per prima. Il pianeta Terra non è altro che un riflesso di Narnia. Quando lo capiranno, saranno pronti come lo sei tu.”
“Hai sempre creduto in me, non è vero Aslan?” chiese Susan con un sorriso di scusa.
“Sì. Eri tu a non credere abbastanza in me, e in te stessa”
Si fermarono. Il tunnel continuava, ma il Leone la lasciò andare avanti sola.
“Conosci la strada”
“Sì…” Susan guardò avanti a sé il tunnel che pareva continuare all’infinito. “Veglia su di loro, Aslan, per favore”
“Sempre”
La Regina allungò una mano e gli fece una carezza sul muso. “Prenditi cura di Caspian, finché non torno”
“Ma certo”
Senza aggiungere nulla di più, Susan ritrasse la mano ed iniziò ad avviarsi attraverso il tunnel. Percepì la presenza di Aslan allontanarsi da lei, i suoi passi già distanti. Stava tornando indietro.
Man mano che proseguiva, iniziò ad avvertire l’impazienza. Non seppe quanto tempo passò, ma la sua camminata durò a lungo, o forse poco. Le sembrava di stare avanzando troppo lentamente, ma non appena arrivò la fine del tunnel le parve di esservi arrivata troppo presto.
Il tempo…una delle tante ed inspiegabili meraviglie di Narnia.
Infine, ecco la stanza, la casa, la vedeva da lontano, la luce del mattino autunnale entrava dalla finestra. Erano le dieci in punto del mattino. Una campana suonava in lontananza. La voce della zia Alberta la chiamava dal fondo delle scale...
 
 
Ti prometto che sarò sempre lì
quando il tuo cuore sarà pieno di tristezza e disperazione
Ti porterò con me

Quando avrai bisogno di un amico
troverai le mie orme sulla sabbia.
>

 
 
Per un tempo infinito, rimase inginocchiato sulla sabbia, fissandola senza vederla, ascoltando il suono del mare senza udirlo.
Susan era tutto ciò per cui aveva lottato e vissuto, per tre lunghi anni, il riflesso di tutti i suoi sogni.
Il dolore penetrò attraverso il guscio del suo torpore, attraverso la mente, nel petto, nella gola. Caspian si trattenne per non urlare, affondando le mani chiuse a pugno nella sabbia, che scivolava via tra le sue dita…come Susan.
La sua testa era un agitarsi di pensieri incontrollabili. Cercò di ricordare dove si trovava, ma ciò che lo circondava era confuso e indistinto.
Dopotutto però, cosa gl’importava di saperlo? Di sapere dov’era e chi era?
Un tonfo sul suolo lo riportò brevemente alla realtà. Ma ancora non alzò lo sguardo.
“Tu sei Caspian, Principe e Re di Narnia”
Aslan…
“Non sono niente senza di lei” sussurrò il giovane, piegandosi su se stesso, mentre le lacrime iniziavano a scendere.
“Lei è il tuo passato…”
“Lei è il mio sogno…”
“Il tuo presente…”
“Il mio amore...”
“Il tuo futuro…”
“La mia vita. Lei è tutto per me, Aslan. Tutto”
Quanto poteva amarla? Troppo. O forse non abbastanza. Perché se il suo amore fosse stato così grande e forte come lui credeva, niente avrebbe potuto strapparla dalle sue braccia un’altra volta.
“Il tuo futuro, Caspian il Liberatore, è a un passò da te. Abbraccialo, e sarai libero” disse un’ultima volta la voce del Leone, affievolendosi fino a perdersi nel vento.
Caspian non osò alzare il volto, gli occhi sempre fissi alla sabbia, una massa d’oro sfocata che ondeggiava tra le lacrime.
Una folata spazzò via ogni dubbio dal suo cuore. Un senso di pace lo avvolse, come le braccia leggere ma rassicuranti che si chiusero su di lui.
Sussultò, e il suo cuore iniziò a battere velocemente. Allora alzò il viso e non ebbe bisogno di vederla, gli bastò inspirare il suo profumo, passare le dita tra i suoi capelli, sentire il suo calore.
Ma aveva bisogno di immergersi nei suoi occhi azzurri, di sapere che lei fosse vera.
Quando lo fece, riuscì a trovare la forza per parlare.
Ed eccolo …lo stava abbracciando il suo futuro: lei. Susan.
“Sei tornata…”
Quello fu il suo primo pensiero coerente e il cuore gli balzò in gola. Quasi non aveva voce.
“Sì, amore mio, sono qui. Va tutto bene. Sono tornata da te”
Caspian l’abbracciò di nuovo, con tutta la forza che aveva in corpo, come se da quel contatto dipendesse la sua vita.
“Rimani…” chiuse gli occhi. “Ti prego, rimani con me”
“Per sempre, Caspian. Da oggi in poi resteremo sempre insieme. Non me ne andrò mai più. Mai più!”
Susan posò le labbra su quelle di lui, accarezzandogli piano il viso, i capelli.
Il giovane rispose al suo dolce bacio con più veemenza, stingendola forte a sé. Lentamente, si separarono per guardarsi negli occhi.
I suoi occhi…azzurri più del mare, più del cielo. I suoi occhi erano solo per lui adesso, e l’avrebbero sempre guardato, gli avrebbero sempre sorriso, per tutta la vita.
“Dove sei stata?” chiese, alzandosi in piedi insieme a lei, senza mai sciogliere l’abbraccio.
Era terrorizzato all’idea che se l’avesse fatto, Susan se ne sarebbe andata di nuovo, portata via da Aslan, dalle onde del mare, dal suo mondo. Non avrebbe potuto sopportarlo. Nemmeno lui sapeva com’era riuscito a reggere il dolore di vederla attraversare la Grande Onda.
Alla domanda di Caspian, sul viso di Susan si dipinse la tristezza.
“Dovevo mettere a posto le cose nel mio mondo. Dovevo…dire addio ai miei genitori”
Lui le restituì uno sguardo desolato, senza sapere come farle capire quanto questa cosa facesse soffrire anche lui.
“Perdonami!” esclamò Caspian con voce tremante, posandole una mano sul capo e facendola accostare di più a sé. “Susan, potrai mai perdonarmi per averti strappata al tuo mondo?”
“Tu non hai colpe. Questa è la mia scelta. Non importa cosa questo comporti. Sono con te, ed è l’unica cosa che conta. L’unica cosa che voglio”
La mano delicata di lei gli sfiorò la guancia. Lui la prese e la baciò più volte.
“Sia tu che io abbiamo dovuto rinunciare alle nostre famiglie” disse Susan, “e forse dovevamo far questo per costruirne una nostra”. La fanciulla guidò la mano di lui sul proprio ventre. “Siete voi la mia famiglia, adesso. Noi tre, ricordi?”
Caspian sorrise piano, dolcemente, e il suo viso si rasserenò a quel contatto.
La vita.
Dentro e attraverso di lei, ogni cosa prendeva forma. La sua stessa vita, la vita del loro bambino. Il futuro suo e di Narnia.
“La mia Susan” mormorò, posando le labbra sulla fronte di lei, prendendole il volto tra le mani “La mia dolce Susan…”
“Tua. Per sempre tua” sussurrò lei, piangendo di felicità.
In un soffio, Caspian pose di nuovo le labbra sulle sue, una mano tra i suoi capelli, per avvicinarla, se possibile, ancora di più a lui.
“Ti amo, Susan Pevensie”
“E io ti amo ancora di più”
“Questo non è possibile”
Caspian rise sulle sue labbra. Lei fece lo stesso.
Ed ogni cosa ora diveniva chiara, concreta, non c’erano più dubbi, domande o paure. Non avevano bisogno di risposte, di rassicurazioni. La risposta era lì, dentro lo sguardo l’uno dell’altra, nel sorriso, sulle labbra, in quell’abbraccio. 
Era incredibile. Incredibile amarsi in quel modo.
Sapere di amarsi davvero quando si erano persi.
Scoprire di amarsi ancora di più quando si erano ritrovati.
Sentire che quell’amore, adesso che sarebbero rimasti insieme, si sarebbe accresciuto ogni giorno, ogni ora, ogni minuto di più.
Perché il loro amore non aveva limiti, né barriere o confini, né tempo, né luogo. Nulla e nessuno sarebbe mai riuscito a spezzarlo o ad affievolirlo, tantomeno a spegnerlo.
Il loro amore era e sarebbe stato per sempre, fino all’eternità.
Si guardarono negli occhi per un tempo che parve infinito.
Infine, Susan afferrò la mano di Caspian e la strinse nella sua. Quella mano che non avrebbe lasciato mai più.
“Caspian…portami a casa”

 
 
 
 

Queen of my Heart

 
FINE
 
 
 
 
Avevo paura che con l'andare avanti così a lungo, questa storia prima o poi avrebbe finito con lo stancarvi, e invece ogni volta, ad ogni aggiornamento, ad ogni recensione, avete dimostrato sempre più entusiasmo, e sembra perfino che la vostra passione non si affievolisca, ma anzi, cresca! Questo mi fa davvero sentire immensamente felice! Ma non è stato solo il fatto di aver ricevuto una riposta positiva a quello che ho creato, è stata la soddisfazione di aver dato qualcosa a qualcuno, a voi tutti, perché darvi Queen mi ha ripagato di mille e più recensioni! Il sapere che solo avete letto è già il massimo per me.
Vorrei  potervi conoscere tutti, per abbracciarvi e ringraziarvi di cuore per aver seguito me e i nostri eroi sino a qui, sino alla fine, per non aver mollato mai, per aver sopportato un paranoica perfezionista come la sottoscritta, per non avermi mai fatto pesare errori o ritardi su qualcosa che vi avevo promesso e che poi non ho fatto. Grazie per tutte le parole gentili e incoraggianti che mi avete rivolto in ogni vostra recensione.
.
 
Grazie innanzitutto e soprattutto a Dio, che mi ha dato la capacità di saper scrivere discretamente e la fantasia per farlo.
  
Un ringraziamento speciale va a Shadowfax, la mia Cara Piccola Amica, e a Joy_10, la mia gemella astrale, che mi hanno consigliato, appoggiato e incoraggiato.
Grazie a
katydragons, la primissima recensitrice di Queen, che sempre insieme a Joy_10 ,non ha mai mancato di commentare un capitolo!!!
Grazie a quella rompscatole di mia sorella (ovviamente scherzo XD) Len, anche se non ha mai recensito (ggrrrrr!!!!)
Grazie ai lettori più affezionati, a chi ha recensito anche solo una volta, a chi non l’ha mai fatto ma ha ugualmente letto la storia, a chi mi ha inserito negli autori preferiti!!! Vorrei citarvi uno per uno, ma lo farò come al solito qui di seguito, in ordine alfabetico, stavolta tutti insieme!

 

ActuallyNPH, Alice_wonderland94, Allegory86,ArianneT, Arya512, Aslandm, azzurrina93, Angel2000, Angie_V,  Anne_Potter,  arianna17, ArianneT, Babylady,  Ballerinasullepunte, Betely, bulmettina, catherineheatcliff, Cecimolli, Colette_Writer, Chanel483, Charlotte Atherton, ChibiRoby, cleme_b, dalmata91, desmovale, ElenaDamon18, elena22, Eli_99, english_dancer, EstherS, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, Francy 98, GossipGirl88, HikariMoon,  hope_trust, ilove_tay_13, ImAdreamer99, Imagine15, irongirl, ItsClaire, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Joy_10 Judee, KaMiChAmA_EllY_,  katydragons, King_Peter, La bambina fantasma, LenShiro, Lilla Andrea, LilyEverdeen25, Lisetta_Moony, LittleWitch_, Lolli1D, loveaurora, Lucinda Grey, Lules, lullabi2000, Mary Black97, Mia Morgenstern, Miss H_,  Muffin alla Carota,  Mutny_Hina,  niky25,  oana98, piccolaBiby, piumetta, Poska, postnubilaphoebus, Red_Dragonfly, Revan93 Riveer, ScarlettEltanin, Serpe97, Shadowfax, shoppingismylife, Smurff_LT,  susan the queen, SweetSmile, Tsuki_Chan94, Tsuki94, TheWomanInRed, Usagi Kou, virginiaaa, _Maria_ , _Rippah_  e __Stardust

Grazie a tutti voi che eravate qui ora...e a chi magari arriverà in futuro...

Che dire ancora, ragazzi? Un anno è passato, un anno insieme a voi....è stato emozionante, vero? Sembra quasi ieri...
Ma non siate tristi!
La magia non si spezza quando una storia finisce. La magia rimane dentro di noi anche se la storia che ci ha appassionato tanto finisce. Ma non finirà mai davvero, anzi, crescerà tutte le volte che rileggeremo/vedremo quello che per noi è stato speciale, importante e magico. E proprio perché ci sarà questa magia nel nostro cuore, avremo un bellissimo ricordo e vorremo riviverlo, leggerlo, tornando ad immergerci nella trama per ritrovare quelle emozioni, quei personaggi che ci hanno tanto coinvolto. E ogni volta ci commuoveremo ancora, rideremo e resteremo col fiato sospeso!


Io qui vi saluto, ma vi aspetto a Narnia per iniziare la nuova grande avventura di "The Chronicles of Queen: A Night without Day, a Day without Night". Per saperne di più vi invito sul mio blog di livejournal tra qualche giorno http://usagitsukino010.livejournal.com, dove il primo novembre (giorno del mio compleanno!!!) ci sarà un provino tutto per voi, e nuove, nuovissime anticipazioni!!!
 
E adesso…sigla!!!
 A presto,
 

SusanTheGentle

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