Una 44 Magnum per l'Ispettore Callaghan

di La_Sakura
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Philip Callaghan si accese l'ennesima sigaretta ed espirò il fumo fuori dal finestrino semi aperto della sua vettura. Gli appostamenti non gli erano mai piaciuti, soprattutto quando si trattava di verificare la fedeltà coniugale di un uomo.
Il giorno in cui Patricia Hutton era entrata nel suo ufficio, aveva percepito la piacevole fragranza di magnolia che aveva preceduto il suo ingresso dalla rozza porta in legno con la vetrata piena di scotch. Si era seduta su quella sedia di legno la cui paglia vecchia sicuramente le pizzicava le gambe scoperte, ma non si era scomposta di un millimetro. Aveva tolto con candore gli enormi occhiali da sole scuri e li aveva appoggiati sulla scrivania, poi si era sfilata l'enorme cappello fucsia, rigorosamente in tinta con il tailleur che indossava, dopodiché aveva fissato l'uomo di fronte a lei con aria tragica.
«Sospetto che mio marito mi tradisca...»
Philip Callaghan non aveva battuto ciglio: aveva preso il pacchetto di sigarette dal cassetto, ne aveva estratta una direttamente con le labbra, se l'era accesa, e con poco garbo aveva piantato i piedi sulla scrivania, dondolandosi leggermente con la sedia.
«Signora, mi spiace molto per i suoi sospetti, ma sono una persona seria, non mi occupo di...»
«Sulla porta c'è scritto "Detective privato".»
Touché. pensò Callaghan, prendendo per la prima volta la sigaretta tra le dita per togliere la cenere in eccesso. Sfiorandosi il volto, si ricordò che era una settimana che non si radeva. Non doveva avere un bell'aspetto.
«Potrei costarle caro, signora...»
«Hutton. Patricia Hutton.»
«Signora Hutton, un pedinamento per suo marito costerebbe...- sgranò gli occhi quando realizzò di chi si trattava -Lei sta scherzando!!» esclamò sedendosi immediatamente in maniera composta.
«Non sto affatto scherzando, Detective Callaghan: voglio che lei pedini mio marito.»
«Questo potrebbe costarle molto caro: suo marito è classificato come intoccabile, lei lo sa bene...»
«Me ne rendo conto, ma ho il sospetto che mi tradisca, e voglio arrivare in fondo a questa storia: può aiutarmi?»
«Di quanto si parla?»
La donna estrasse una busta di carta gialla, la appoggiò delicatamente sulla scrivania e la spinse lentamente verso il detective.
«Il resto quando avrà terminato la missione.»
Callaghan prese la busta senza distogliere lo sguardo dal viso della giovane signora Hutton, la aprì, gettò un rapido sguardo all'interno e tornò a posare i propri occhi scuri sulla donna.
 
Si riscosse rapidamente dal flashback che lo aveva temporaneamente allontanato dal mondo reale: il pensiero degli occhi penetranti della donna lo aveva scosso. Non era solito provare interesse per le clienti, ma Patricia Hutton era una donna di cui si sarebbe potuto facilmente innamorare.
«Se non fosse la moglie di Oliver Hutton...» sospirò tra sé e sé.
In quel momento il soggetto che stava pedinando uscì dal locale che gestiva assieme a Tom Becker, suo socio in molti dei loschi affari che conduceva, e si diresse verso una limousine nera, sulla quale salì assieme al compare. Callaghan lanciò il mozzicone di sigaretta fuori dal finestrino e avviò il motore della macchina. La sua Ford di certo non gli permetteva di mascherarsi, ma fu fortunato perché nel traffico cittadino nessuno l'avrebbe notato. Dopo aver percorso qualche isolato, la limousine si fermò davanti all'Hilton; la superò ed evitò di guardare all'interno per non destare sospetti, svoltò alla prima stradina utile e tornò indietro a piedi.
I due erano entrati nell'albergo di lusso, e chissà quanto tempo sarebbe passato prima che ne uscissero. Probabilmente i sospetti della moglie erano fondati: in qualche camera, all'interno della possente struttura, il giovane mafioso si stava godendo le carezze di qualche puttanella pescata nella downtown, ma lui non poteva documentare il tradimento. Come avrebbe potuto fotografare la scena?

«Un detective privato? Ma ti sei bevuta il cervello? Pat!!»
«Andiamo Eve…- posò il ricamo sulle ginocchia e guardò l’amica -Oliver è così… strano ultimamente. Sempre stressato, rincasa tardi… e quando facciamo l’amore lo sento distaccato, come se non ci fosse con la testa. Ho tutti i diritti di insospettirmi.»
«E dovevi proprio rivolgerti a un detective privato? E poi lo sai che c’entra molto il giro di vite che il tenente Ross ha dato ai vostri “affari”.» calcò sull’ultima parola.
«E poi ci metti anche quel maledetto Lenders, gli ha fatto perdere il sonno… povero il mio Holly…» mormorò.
«Almeno… questo detective… com’è?»
«Sgangherato… ma era l’unico che non è fuggito quando gli ho detto il nome di mio marito. Evidentemente ha un disperato bisogno di soldi.»
«E tu gliene hai dati eh?- l’amica le diede una piccola gomitata -E ti sei limitata ai soldi?»
«Evelyn Davidson, tu sei proprio una poco di buono!» esclamò la moglie del boss, lanciando contro la sua migliore amica il ricamo. Questa, dopo averlo schivato, ridendo divertita, si avvicinò a lei e la abbracciò.
«Andrà tutto bene, non ti devi preoccupare: il tuo detective scoprirà che tuo marito è solo stressato… nella peggiore delle ipotesi Oliver lo beccherà e lo farà fuori, così non avrai più nessuno a cui affidarti!» ironizzò. Patricia ricambiò l’abbraccio volse lo sguardo al tramonto che scendeva su New York.


Buonasera e benvenuti a quello che spero di poter mantenere come appuntamento settimanale con questo nuovo Sakura's crime. 
La storia nacque nel lontano 2010 (WTF?!) per partecipare ad un contest AU su ELF, contest a cui non ho partecipato causa disguidi nella real life *si va a nascondere*. 
Fortunatamente (e lo dico per voi) la storia è conclusa, mi manca da scrivere il finale ma è già tutto in questa testolina, e pian piano lo metterò giù: ad ogni modo sono pochi capitolo (rispetto ai miei standard) quindi rimarrò nei paraggi per poco ;) 
Ringrazio tutti quanti dedicheranno tempo alla lettura e per adesso vi auguro buonanotte. 
Enjoy, Sakura's crime is back!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nella stanza del suo mini appartamento che adibiva a camera oscura, Philip stava sviluppando le poche foto che era riuscito a carpire di Oliver Hutton. Ritraevano il boss mentre usciva dal suo locale, saliva sulla limousine, entrava e usciva dall'hotel, sempre in fedele compagnia del socio in affari. Niente che facesse presupporre un tradimento. Uscì dalla stanza e si accomodò sul divano, accendendosi l'ennesima sigaretta della giornata. Si accorse solo in quel momento che la spia rossa della segreteria lampeggiava, segno che c'erano nuovi messaggi.
3 - NUOVI - MESSAGGI
Si ributtò sul divano, non prima di essersi versato un bicchiere di whiskey doppio malto. Osservò il liquido ambrato prima di berne un sorso, mentre la voce di sua madre, in sottofondo, riempiva la stanza con il suo tono stridulo.
«.. e ricordati che ti aspettiamo per il Giorno del Ringraziamento! Ormai vieni a trovarci solo per le feste comandate...»
Il Giorno del Ringraziamento: erano anni che Philip cercava di non festeggiare quella ricorrenza legata alla fine della sua storia d’amore. Il ricordo di Jen era ancora troppo radicato all’interno della sua mente per potergli permettere di mangiare tranquillamente tacchino seduto a tavola con la sua famiglia.
Il secondo messaggio era di un creditore che gli chiedeva di saldare il suo debito: non si concentrò sulla richiesta, ma pensò che il giorno successivo, con l’anticipo di Patricia Hutton, avrebbe sistemato un paio di questioni in sospeso.
Fu il terzo messaggio che catturò la sua attenzione: traffico in sottofondo, voce maschile, camuffata, quasi sospirata, e soprattutto sconosciuta. Le parole furono poche, ma dirette e taglienti.
«Detective, si sta ficcando in un grosso guaio. Meglio per lei che si tenga fuori dalle questioni familiari. Certi panni sporchi è meglio lasciarli lavare in famiglia.»
Rimase in silenzio per qualche istante: analizzò mentalmente ogni singola parola di quel messaggio, e iniziò a stilare piccole ipotesi.
Punto primo: Qualcuno doveva aver seguito Madamigella Hutton fino a lui.
Punto secondo: Quel qualcuno SAPEVA il motivo per cui la suddetta si era recata da lui.
Punto terzo: Quel qualcuno aveva interesse che lui rimanesse fuori dal giro e smettesse di indagare.
Quindi Patricia aveva colto nel segno: il marito la tradiva, o per lo meno le nascondeva qualcosa.
Si alzò di scatto e iniziò a girare in tondo per la stanza, attorno al tavolino posto di fronte al divano. Nella mente si affollavano mille pensieri, non era abbastanza lucido per poter riflettere, così decise di uscire per schiarirsi le idee.
La notte era già calata sulla città, avvolgendola con le sue spire buie e insinuandosi nei numerosi vicoli che la caratterizzavano. Callaghan si strinse nel trench grigio chiaro, incassando il collo nelle spalle, e continuando a camminare senza prestare attenzione a ciò che lo circondava. Le vetrine illuminate infastidivano il suo occhio abituato alla camera oscura in cui si era chiuso per sviluppare le fotografie della giornata. Quando arrivò al vicolo che stava cercando, alzò finalmente lo sguardo da terra: l’insegna del bar che stava cercando lampeggiava a causa della cattiva qualità del neon ma la porta era logora e socchiusa, il che gli fece capire che il locale era già aperto. Entrò e per prima cosa si guardò intorno: sulla destra il bancone ancora vuoto, dietro al quale il proprietario era intento ad asciugare qualche bicchiere, mentre nel resto della sala c’erano disposti a casaccio dei tavolini tondi e delle sedie attorno a un piccolo palco con un palo da lap dance.
«Ciao, Bob…»
«Phil, che sorpresa. Erano settimane che non ti facevi vedere… novità?»
«Nulla di nuovo…- mormorò il giovane, sedendosi a banco -Solita vecchia, triste, vuota vita…»
Il barman posò un bicchiere e si affrettò a riempirlo col doppio malto che ricordava essere la bevanda preferita del cliente.
«Nessun nuovo caso?»
«A dir la verità sì, ma niente di eclatante…- nicchiò sull’argomento mentre ingurgitò un sorso di whiskey -Sono passati i tempi in cui i detective privati erano in auge.»
«Non disperare… vedrai che le cose miglioreranno.» lo confortò Bob sorridendo, ma il sorriso non migliorò l’aspetto del suo volto. Era un ex pugile, e la carriera precedente a quella di barista aveva compromesso irrimediabilmente la compostezza del suo volto, a causa dei numerosi pugni ricevuti (nella sua carriera vantava 118 incontri, di cui 100 sconfitte, 15 k.o. tecnici e solamente 3 vittorie attribuite dall’arbitro… all’avversario).
Phil ingollò il resto del contenuto del bicchiere e lo posò sul bancone per farselo riempire nuovamente, quindi si voltò verso il locale, appoggiando i gomiti al bancone, e lasciò che l’alcool iniziasse vagamente a offuscargli la mente. Qualche altro avventore iniziò ad occupare i tavoli, mentre lui seguitava a ingerire whiskey su whiskey. Non osservava nemmeno le ragazze che si esibivano: il suo sguardo trapassava tutto e tutti, ed era focalizzato su un pensiero che si stava a poco a poco sviluppando nel suo cervello.
«Phil Callaghan, sono MESI che non ti fai vivo!»
La vocetta squillante di Susy lo fece tornare alla realtà:
«Esagerata….» le sorrise, ruotando sulla sedia e appoggiandosi al bancone, facendole segno di sedersi accanto a lui. Vestita con uno striminzito completino anni 20, pieno di paillettes argentate, e con una piuma nera in testa legata ad un nastro di raso dello stesso colore che le passava sulla fronte, la giovane si sedette accanto a lui e si aggrappò al suo braccio:
«Sono stata in pensiero per te, ma tanto tanto! Credevo che qualcuno ti avesse fatto del male, o che durante un indagine avessi avuto un incidente… ehi! Che c’è da ridere?»
Philip era scoppiato a ridere sentendo le parole dell’amica, di una risata cristallina e pura come poche. Osservò di nuovo la ragazza mantenendo il sorriso sulle labbra:
«Niente di tutto ciò, stellina, semplicemente ero in serie difficoltà economiche. Ma adesso mi hanno affidato un nuovo caso e sono riuscito a racimolare un po’ di grana. Non è molta, e il caso non è entusiasmante come vorrei, ma non sono in condizioni di potermi lamentare.»
«Quindi niente inseguimenti folli? Niente sparatorie?» domandò Susy, speranzosa.
«Niente di tutto ciò.» rispose il detective, facendole l’occhiolino.
«Meno male, perché non avrei sopportato di perderti! Questo periodo è stato tremendo, senza vederti. Però ti devo raccontare una cosa!»
«Un pettegolezzo?»
«Più o meno… la migliore amica di un’amica di mia cugina lavora come aiuto parrucchiera nel quartiere “in”, e un giorno ha sentito parlare una cliente. Questa donna si lamentava della sua migliore amica, che a sua volta si lamentava del marito. Diceva che la sua amica temeva l’infedeltà del marito, e spettegolava sul fatto di quanto fosse impossibile, dato che l’uomo in questione era sempre molto impegnato per lavoro, e non avrebbe avuto tempo materiale per poter tradire la moglie…»
Phil alzò un sopracciglio: perché quella storia? E perché proprio in quel momento? Familiare… tremendamente familiare. Finse disinteresse e sorseggiò l’ennesimo bicchiere versato da Bob.
«Le soap opera non mi interessano, lo sai…»
«E invece dovrebbero, perché la moglie in questione, quella che si lamenta, altri non è che- si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li stesse ascoltando, quindi si avvicinò all’orecchio di Callaghan e sussurrò il resto della frase -Patricia Hutton… la moglie di Oliver Hutton… QUELL’Oliver Hutton! Capisci??»
«Non capisco dove tu voglia arrivare…»
«Io proprio non capisco dove tu viva! Lo sanno tutti che quei due hanno stipulato un ferreo contratto pre-matrimoniale, nel quale è inciso a fuoco che se il matrimonio salta per infedeltà di un coniuge, l’altro ha il 100% dei diritti su tutto: proprietà, soldi, eccetera…»
Per poco il detective non sputò ciò che stava bevendo in faccia all’amica: questo particolare Patricia Hutton non glielo aveva comunicato.
«Vuoi dirmi che se fosse vero che Hutton tradisce la moglie… questa entrerebbe in possesso di tutto l’impero del marito??»
«Ah-ha…» Susy annuì, facendo ondeggiare la lunga piuma che adornava la sua testolina.
«Mi auguro che non sia così scemo da farsi beccare…»
«Devo andare adesso, ma tu mi raccomando non sparire di nuovo eh? Che poi mi preoccupo…»
«D’accordo… ciao stellina.»
La giovane gli stampò un bacio sulla guancia e corse a prepararsi per il suo spettacolino sexy.
Nonostante l’alcool ingerito, Callaghan si sentì pervaso da una nuova adrenalina: questo “pettegolezzo” aveva ridato la linfa al suo caso, e poteva sentire chiaramente gli ingranaggi all’interno della sua testa che si muovevano alla ricerca di un nuovo punto di partenza.
Saldò il suo debito con Bob, e si affrettò a uscire per rientrare a casa. Doveva concentrarsi e riflettere. 


Buonasera e ben ritrovati col Martedì Crime di Sakura Premium XD
Innanzitutto sì, lo ammetto, per il personaggio di Bob mi sono ispirata... a Boe dei Simpson! Era nato all'inizio della storia, 3 anni fa, e non me la sono sentita di toglierlo perché mi ci sono affezionata, porello... 
Seguitiamo con un capitolo introduttivo, in cui Susy fa la sua apparizione come spogliarellista (ma che ruoli le affido sempre!) e fornisce un dettaglio non da poco al nostro detective... e in più, quel messaggio in segreteria... 
Ringrazio tutti coloro che hanno letto il capitolo precedente e coloro che leggeranno anche questo capitolo, grazie per il tempo che dedicate alla mia storia. 
Ringrazio nuovamente anche coloro che mi hanno recensito, ricevere i vostri incoraggiamenti mi ha commosso :) 
Dal prossimo capitolo posso anticipare che entreremo nel "vivo" dell'azione, spero che tutto sia all'altezza delle vostre aspettative e che vi divertiate a leggere almeno tanto quanto mi sono divertita io a scrivere questa storia. 
Vi abbraccio immensamento! 
Baci, la vostra Sakura 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


«Sono preoccupato…»
«Non dire sciocchezze! Quel detective non mi spaventa.»
«Ti rendi conto che se dovesse scoprire qualcosa, Patricia potrebbe…»
«Patricia non sarà un problema, non ti devi preoccupare.- Oliver Hutton appoggiò il bicchiere di bourbon sul tavolino e fissò il socio in affari –Nessuno può mettersi in mezzo ai miei affari senza il mio consenso, nemmeno mia moglie. Se pensa di togliersi i dubbi che la attanagliano affidandosi a quel detective da quattro soldi che faccia pure! Non lo temo.»
Tom Becker si avvicinò alla finestra e attraverso le persiane fissò la strada:
«Non c’è traccia di quel Callaghan, lì fuori… che intendi fare con lui?»
«Non credo che il messaggio che gli abbiamo mandato abbia sortito l’effetto sperato, è uno caparbio, che non molla. Direi che a breve riceverà una visita da Bruce “Faccia di Gomma” Harper.»
«Ci vai giù peso…»
«Odio, quando qualcuno mi mette i bastoni tra le ruote.»
Becker si avvicinò al socio in affari, gli si posizionò alle spalle e iniziò a massaggiargliele.
«Sei così teso…»
«Lo so…- Hutton si accese una sigaretta e sbuffò il fumo verso l’alto –non è un gran periodo. Tra Patricia che mi fa pedinare e quel Lenders che vuole farmi le scarpe, non so più dove sbattere la testa.»
«Per fortuna che sai su chi puoi contare…»
 
Non appena arrivò sotto casa, Philip si accorse subito che c’era qualcosa che non andava. Un uomo, nella penombra del portone, appoggiato alla porta, lanciava ripetutamente in aria una monetina. Il suo volto era illuminato solo dal rosso della sigaretta che brillava nell’oscurità ad ogni aspirata. Un brivido gli percorse la schiena, tutti i suoi sensi gridavano “Pericolo!” ma lui non era di certo tipo da tirarsi indietro: tutto ciò gli indicava solo che stava seguendo la pista giusta.
Si avvicinò al portone e quando fu a pochi passi dal tizio, costui smise di lanciare la monetina e spense la sigaretta gettandola lontano.
«Callaghan?»
«La conosco?»
L’uomo si avvicinò e fu illuminato dal lampione: Philip non fu stupito. Bruce “Faccia di Gomma” Harper era il sicario numero uno del clan di Hutton. Doveva il suo soprannome alle mille cicatrici che gli correvano lungo il volto, ma che nonostante questo non ne avevano deformato le fattezze. Si diceva che le lasciasse aperte per giorni prima di permettere loro di cicatrizzare, in questo modo otteneva l’effetto bombato che ben si adattava al suo faccione tondeggiante.
«Non c’è che dire, qua si giocano i cavalli di razza.»
Come ogni sicario che si rispettasse, Harper non brillava di certo per il suo intelletto, bensì per i suoi modi rozzi e per la potenza dei suoi pugni. Non esitò a sferrarne uno per stendere Philip a terra.
«Il mio capo dice che stai sfarfallando attorno a sua moglie, e a noi non piace chi mina il matrimonio del capo.»
Callaghan si sollevò leggermente da terra e si asciugò il rivolo di sangue che gli colava dal lato sinistro della bocca.
«Non so veramente di cosa tu stia parlando… e francamente, me ne fotto.»
Harper gli rifilò un calcio in faccia, poi si accanì su di lui con una serie di calci ben assestati allo stomaco e alla pancia. Philip non riusciva a muoversi, fu solo quando dal negozio accanto uscì la proprietaria che Harper scappò via e lo lasciò lì, disteso.
«Giovanotto, stai bene?» la signora lo aiutò ad alzarsi da terra.
«Sì, sì, tutto bene… grazie… torni dentro, quel tizio potrebbe tornare…»
«Sei ridotto maluccio, io andrei a farmi vedere in ospedale se fossi in te.» insistette la signora. Callaghan la guardò truce ma evitò di rispondere: andare in ospedale significava spiegare cos’era successo, e non era decisamente il caso.
«Oh mio Dio Philip! Che ti è successo?»
Si voltò di colpo e si trovò davanti Susy, avvolta in un lungo cappotto nero, pietrificata dall’immagine di lui tutto sanguinante.
«Stellina, che ci fai da queste parti? Hai finito di lavorare?»
«Bob ha chiuso, non c’era molta gente… guarda come sei ridotto, ma chi è stato?» disse la giovane, avvicinandosi a lui e analizzando la situazione.
«Non è niente… ahi!»
«Sei fortunato, non so come sia possibile ma non hai il setto nasale rotto. Ti accompagno a casa così ti aiuto a metterci un po’ di ghiaccio.»
«Sono già a casa, abito qui sopra.»
«Molto bene, allora entriamo.»
Da troppo tempo ormai una donna non entrava in casa di Philip Callaghan, fatta eccezione per Patricia Hutton, che aveva fatto il suo ingresso da cliente. Susy entrò e sembrò non fare nemmeno caso al disordine e allo sporco: si diresse diretta in cucina e ne emerse con una confezione di piselli surgelati:
«Non ho trovato di meglio. Vieni qui, lascia che ti dia un’occhiata.»
«Da quando te ne intendi?»
La giovane sorrise:
«Il lavoro da Bob mi serve solo per pagarmi gli studi: sto diventando infermiera.»
«Accidenti, chi l’avrebbe mai detto. Ahi.»
«Scusa. Comunque non lavorerò lì per sempre: non appena avrò terminato il secondo ciclo di esami inizierò a fare praticantato da qualche parte, e pian piano racimolerò un gruzzoletto per potermi permettere qualcosa di più adatto.»
«Bambolina quel posto non fa per te, tu meriti una vita migliore.»
Susy lasciò cadere le braccia lungo il corpo e sospirò, adagiandosi sulla sedia accanto a lui:
«Lo so… è che tutto è così difficile: New York è una grande città e io mi sento così… sola…»
I due si guardarono per un momento: gettarsi l’uno tra le braccia dell’altra fu un attimo. Le labbra avide di Philip si scontrarono con quelle bisognose di affetto di Susy. Le loro mani accarezzavano i reciproci corpi alla ricerca di un appiglio, di qualcosa a cui attaccarsi per non soffocare nel mare di merda che era Manhattan.
Philip slacciò piano piano il cappotto che avvolgeva il minuto corpo della ragazzina, che iniziò a sua volta a slacciargli il trench: in men che non si dica furono in camera da letto, e in ancor meno si ritrovarono nudi l’uno sopra all’altra. Si guardarono per un istante, nessuno dei due disse niente, poi Philip penetrò in lei con dolcezza e delicatezza; lei si inarcò e gemette di piacere, il che convinse il detective a proseguire muovendosi piano sopra e dentro di lei; si inchinò per baciarle il collo mentre le mani di lei gli accarezzavano la schiena nuda, soffermandosi di tanto in tanto su qualche cicatrice. Lui si lasciò andare aumentando il ritmo, mentre i gemiti di lei si fecero più frequenti e più acuti: entrambi raggiunsero il culmine del piacere, venendo quasi simultaneamente. Philip crollò accanto a lei, ansimante, e nessuno dei due disse nulla, semplicemente si bearono di quell’exploit di reciproco piacere così inaspettato quanto desiderato.
 
«Non vuoi dirmi niente del caso a cui stai lavorando?»
Susy aveva raggiunto Philip in salotto, dove l’ispettore stava fumando una sigaretta osservando le luci notturne della sua città attraverso le fessure delle persiane semiaperte.
«Vai a casa, bambolina. Hai fatto anche troppo per me. Non sono un uomo da cui puoi aspettarti qualcosa.»
Susy cercò di nascondere la delusione, si morse il labbro inferiore e decise di seguire il consiglio. Ma arrivata a metà strada, a cavallo della porta della camera da letto, per recuperare i vestiti, si voltò e nonostante lui non la guardasse decise di dirgli ciò che pensava.
«Non sei come tutti gli altri, Phil. Sei diverso. L’ho capito la prima volta che ti ho visto da Bob. Tutti mi guardavano come se fossi un oggetto, una “cosa” da prendere, usare e gettare via. Tu mi hai guardata e hai visto me, hai visto Susy, la ragazzina impacciata che cerca di ritagliarsi il suo posto nel mondo. Mi hai fatto capire che vale la pena di combattere per qualcosa, per gente come te… gente speciale…»
Recuperò le sue cose e dopo aver tentennato un po’ sull’ingresso, uscì.
Philip le aveva dato le spalle per tutto il tempo, e anche se la tentazione di raggiungerla, fermarla e baciarla ancora era stata forte, aveva deciso di trattenersi, di non farlo. Lui non si sentiva speciale, non lo era.
Se lo fossi stato adesso Jen sarebbe ancora qui con me, non mi avrebbe lasciato.
Il ricordo dell’ex prese il sopravvento e per non affogare nei ricordi, Callaghan si avvicinò alla vetrinetta dei liquori per affogare nell’alcool.
Al terzo bicchiere di whiskey bevuto d’un fiato lanciò con violenza il bicchiere contro al muro: i vetri si sparsero sul pavimento, perdendosi tra le fessure del parquet, ma a lui non importava niente. Non gli importava che avrebbe dovuto raccoglierli per evitare che qualcuno si facesse male, non gli importava che adesso non aveva più bicchieri da whiskey, non gli importava. Ansimando ancora, per l’adrenalina che gli stava scorrendo nelle vene, ripensò alle botte di Harper, e decise, si ripromise, che gliel’avrebbe fatta pagare, in un modo o nell’altro.
«Vai a letto, Philip…» mormorò, per auto-convincersi a riposare un po’.
Fu passando accanto alle foto che aveva sviluppato che una lampadina si accese: ne sollevò una che ritraeva Hutton e Becker mentre scendevano dalla macchina. Soli. Entravano in hotel. Soli. Ripensò alle parole di Patricia Hutton, “Sospetto che mio marito mi tradisca”. Quelle parole si accavallarono a quelle di Susy, il contratto pre-matrimoniale.
Non poteva crederci. Non poteva essere vero.
Ma se così fosse… l’impero di Hutton crollerà…


Buonasera e ben ritrovati!!
Innanzitutto ringrazio tutti colori che sono arrivati fin qui, e che leggono la mia storia, e una menzione speciale a coloro che hanno voluto regalarmi il loro pensiero sotto forma di recensione. 
Fa il suo ingresso in questa storia il buon Bruce Harper, buono per modo di dire, direi che abbia dato il suo meglio (o peggio?) col nostro detective. E che dire di crocerossina-Susy? Non basta una notte per scacciare le ombre dalla mente del nostro Callaghan... 
E infine, che avrà intuito di così gggeniale? Muahahahah devo ammettere che mi sto divertendo un mondo a rileggere i capitoli che posto, spero di sortire in voi lo stesso effetto, e soprattutto spero che la storia continui ad essere all'altezza delle vostre aspettative. 
Vi abbraccio forte, 
Vostra Crime Sakura Investigation XD

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


«L’hai lasciato vivo?»
«Certo, capo. Gli ho solo dato una lezione coi fiocchi.»
Hutton si tolse il sigaro dalla bocca e fece cadere la cenere in eccesso in un pregiato posacenere di cristallo.
«Molto bene,- annuì, soddisfatto -credo che questo basterà a farlo stare lontano da me. Se così non fosse…»
Rimase in silenzio e Harper annuì: non aveva bisogno che il capo gli spiegasse cosa avrebbe dovuto fare nel caso in cui quell’ispettore da quattro soldi si fosse fatto vedere ancora nei paraggi. Sapeva interpretare molto bene il volere del boss, lavorava con lui da quando, ancora ragazzini, truffavano le persone con il gioco delle tre carte. Aveva molto rispetto per quell’uomo che era riuscito, sgomitando, a creare quell’impero che dominava mezza New York. Già, solo mezza, perché…
«E con quel Lenders come la mettiamo, eh capo?»
Oliver non rispose. Si limitò ad aspirare una lunga boccata di tabacco dal sigaro per poi rilasciare il fumo nell’aria creando tanti cerchi concentrici.
«Studieremo il da farsi a tempo debito, Bruce, non ti preoccupare. Occupiamoci di un problema alla volta.»
Becker, che fino a quel momento era rimasto in disparte, si avvicinò per dire la sua:
«Non dovremmo lasciare che guadagni molto terreno, Oliver. Ha già tirato dalla sua i ragazzi del Bronx e…»
Con un pugno che fece sobbalzare il posacenere sul tavolo, Hutton lo zittì: si alzò di scatto e strinse talmente violentemente il mano il sigaro da spezzarlo.
«Peterson, Yuma, Winters e Everett non mi hanno fatto un bel tiro, passando dalla parte di quel fetente di Lenders. Ma presto si accorgeranno che ora stanno dal lato sbagliato della città, e che sarebbe stato meglio per loro rimanere fedeli a me. Santana si occuperà di loro.»
«Santana?- balbettò Harper –Carlos Santana? Il robot della rivoltella
Le labbra di Hutton si incurvarono in un sorriso maligno che si trasformò in una risata che fece rabbrividire i due che rimasero ad osservarlo. Per assoldare Santana doveva davvero pretendere una gustosa vendetta sui quei quattro traditori.
 
Carlos Santana si era guadagnato la nomea di robot della rivoltella grazie al numero di vittime mietute negli ultimi 8 anni: era il migliore cecchino in circolazione, tutti erano a conoscenza delle sue gesta, persino la polizia, che però non poteva arrestarlo, mancando le prove dirette della sua colpevolezza.
Entrò nell’ufficio di Hutton e lo guardò con quello sguardo glaciale che lo contraddistingueva: non aveva bisogno di parlare, lui. Sapeva già cosa voleva il boss. Oliver fece scivolare una busta sulla scrivania, il sudamericano la prese in mano e la soppesò, quindi annuì e si voltò per uscire, sempre senza spiccicare una parola. Le labbra del boss si piegarono in un sorriso beffardo.
Rientrato nella sua abitazione, Santana iniziò a studiare i dettagli per l’agguato: i nomi delle vittime erano scritti all’interno della busta che gli aveva consegnato, insieme alle loro foto. Ma lui non ne aveva bisogno, sapeva molto bene chi erano.
Lavorava con Hutton da una vita ormai, si erano conosciuti grazie a Roberto Sedinho, il loro padrino, che avevano poi fatto fuori alla prima occasione utile, come da copione. Mentre Oliver aveva dimostrato una sana predisposizione al comando, lui aveva scelto di lavorare nelle retrovie, di essere sfuggevole; non gli interessava la gloria, lui viveva per il momento in cui, dopo la premeditazione, il suo indice premeva il grilletto e la vittima cadeva a terra, morta sul colpo. Si stiracchiò sulla sedia e si chiese cosa aspettasse Oliver a dargli l’incarico di far fuori Lenders. Un ghigno gli comparve sul volto.
Si alzò di scatto e si diresse verso lo scantinato: scelse con cura l’arma che avrebbe usato per far fuori i traditori della cosca Hutton, e si diresse verso il luogo prescelto. Sapeva che quella sera si sarebbero diretti al Jolly, erano tipi abitudinari. Indossò il lungo impermeabile nero, il cappello a tesa larga dello stesso colore e infilò la porta per raggiungere il locale.
Qualcuno si fermò ad osservarlo, lungo la via, altri lo ignorarono completamente: era quello il lato dell’essere killer che preferiva di più, la capacità di poter scegliere se farsi notare oppure no, e lui era un vero maestro in quell’arte. Camminava veloce per le vie di New York, sfruttando le ombre della notte nei vicoli non illuminati dai lampioni, i lembi dell’impermeabile che seguivano i movimenti delle gambe.
Varcò la soglia del locale e soppesò la situazione: una ventina di avventori, il barista, un paio di ballerine sul palco che si alternavano al palo della lap dance… chiuse gli occhi e assaporò l’odore della polvere da sparo che di lì a poco avrebbe invaso il locale, mentre da sotto l’impermeabile estraeva il mitra che aveva scelto:
«Tutti giù!» fu l’unica frase che si sentì, seguita dalle urla dei presenti nei locali.
I quattro bersagli furono i primi a cadere, insieme alle ballerine sul palco. Alcuni avventori cercarono riparo dietro a dei tavolini ribaltati, ma non fu sufficiente. Con la coda dell’occhio notò che quello strano tipo al bancone era saltato dietro alla struttura insieme al barista, eppure vide i proiettili che vi rimbalzavano contro. Poco male, non se ne preoccupò. Continuò a sparare all’impazzata finché non finì il caricatore: si guardò intorno, camminando sui frammenti di vetri e specchi, dirigendosi verso i corpi delle quattro vittime predestinate. Li spostò col piede per capire se fossero ancora vivi, anche se con la quantità di piombo che avevano in corpo era decisamente impossibile. Sentì un click alle spalle.
«Girati molto lentamente.»
Lasciò cadere il mitra e si voltò, con le mani leggermente alzate, le labbra incurvate in un sorriso sardonico.
«Pensi di riuscire a fermarmi? Chi sei?»
«Chi sono non ha importanza.- rispose Phil uscendo dal bancone e continuando a tenere lo sguardo fisso su di lui -Ciò che ha importanza è che adesso noi due ci facciamo una bella passeggiata fino alla stazione di polizia. Julian Ross sarà felice di fare la tua conoscenza.»
Sarebbe andato tutto bene, sarebbe. Se solo Susy non fosse entrata in quel momento, distraendo Philip, Santana non avrebbe avuto tempo di estrarre la pistola che teneva nascosta negli stivali. Fu un attimo: la puntò verso il detective e fece partire il colpo.
«Phil!!»
 
La prese tra le braccia, incurante del fatto che il killer stesse fuggendo a gambe levate: si era frapposta fra lui e la pistola, e si era beccata il proiettile in pieno petto.
«Bambolina…» mormorò, mentre gli occhi gli si riempirono di lacrime.
«Ph… Phil sta… stai bene?»
«Bambolina mi dispiace, mi dispiace!»
Lei gli accarezzò una guancia, lasciandogli un segno rosso sangue sul volto.
«Sei una per… persona speciale Phil… grazie per… avermi permesso di… co…noscerti…»
Voltò la testa di lato esalando l’ultimo respiro.
«Susy no… no… resisti ti prego… no!!»
La polizia entrò in quel momento: il tenente Julian Ross si avvicinò a quella triste scena e posò una mano sulla spalla di Callaghan.
«Phil… mi dispiace…»
L’uomo si alzò dopo aver lasciato che i paramedici prendessero il corpo senza vita di Susy e lo adagiassero sulla barella.
«Non fate nessun rilevamento?»
«Non ce n’è bisogno. Li vedi quei quattro lì? Appartenevano al clan di Hutton: pochi giorni fa lo hanno tradito passando una grossa partita di droga nelle mani di Mellow, il braccio destro di Lenders.»
«Si sono venduti…» mormorò il detective, asciugandosi il naso con la manica del trench.
«E tu sai meglio di me che in questo ambiente certi atti vengono puniti in maniera esemplare.»
«L’ho visto in faccia.»
Ross trasalì:
«Sul serio?»
«Con questi occhi. Potrei riconoscerlo, se tu avessi delle foto.»
«Vieni in centrale… te la senti?» aggiunse poi, facendo cadere lo sguardo sulla barella contenente il corpo della spogliarellista.
«Sì… ormai non c’è molto da fare…»
«Che ci facevi da quelle parti, Callaghan?- gli chiese quando furono soli in auto -Non mi sembra il posto adatto per uno come te?»
«Perché, Julian, uno come me che posti frequenta?»
Il tenente non rispose: conosceva il detective da decenni ormai, la cui ex era cugina della sua Amy.
«Di che ti occupi ora?»
«Infedeltà coniugale.» Di uno che metteresti volentieri in galera pensò, ma non lo disse ad alta voce. Ross non lo avrebbe accettato e gli avrebbe impedito di portare a termine il suo compito.
«Interessante…» ma il suo sguardo lasciava trasparire tutt’altro, sembrava piuttosto divertito.
«Facciamo in fretta- lo incalzò Callaghan quando furono nell’ufficio del tenente -questo posto mi fa venire l’orticaria.»
«Ecco qui il fascicolo su Hutton: questi sono i suoi sicari prediletti. Abbiamo Bruce “Faccia di Gomma” Harper, Paul Diamonds, Ted Carter, Johnny Mason…»
«No, nessuno di loro. Se come dici era una vendetta, si sarà sicuramente avvalso di qualcuno con più esperienza, qualcuno di cui si fida.»
«Tipo il robot della rivoltella
Ross gli lanciò la foto di Santana: lui la prese e lo scrutò.
«Era lui.»
«Ne ero certo…- si lasciò cadere di peso sulla sedia –Imprendibile e intoccabile.»
«Posso andare?»
«Ma rimani in zona! Potrei avere ancora bisogno di te.»
«E chi si muove da casa: hanno anche distrutto il mio bar preferito.»
«Ma non la tua ironia, a quanto vedo. Ne riparleremo, buonanotte Phil.»
«’Notte, Ross…»


Ed eccoci qua, purtroppo la nostra Susy non ha fatto una bella fine... però ha salvato la vita al nostro detective, sacrificandosi per lui. E adesso che è entrato in scena il tenente Ross, le cose si complicano per Phil: come farà a tener nascosto al poliziotto il delicato incarico affidatogli dalla signora Hutton? 
Ringrazio tutti colori che hanno letto fin qui la mia storia, e ringrazio anche per le vostre recensioni: comunico ufficialmente che la fine è stata messa nero su bianco quindi potete lasciarvi andare a tutte le elucubrazioni che volete... tanto non vi darò spoiler, MUAHAHAH
Vi abbraccio tutti
Sakura

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***




Arrivare a casa e gettarsi sulla vetrinetta degli alcolici fu un tutt’uno. Si ricordò troppo tardi di aver distrutto l’ultimo bicchiere, così bevve a collo.
Si accorse della presenza nella stanza solo al terzo sorso:
«Chi va là!» gridò. I passi si avvicinarono a lui e nella penombra scorse un volto di donna. Assomigliava tremendamente a…
«Jen?»
«Detective Callaghan. Noi non ci conosciamo ma so che una persona molto vicino a me l’ha contattata per un lavoretto.»
Si avvicinò a lui sensualmente, e gli appoggiò una mano sul pettorale sinistro. Lui notò le gambe ben tornite fasciate da un paio di pantaloni neri, e la camicetta scura semi aperta che lasciava intravedere il seno alto e sodo.
«Vede, la mia amica teme che il marito la tradisca, ma sa come siamo noi donne.»
«Tremendamente infime?»
Lei scoppiò a ridere gettando la testa all’indietro.
«Divertente, Detective. Mi creda, la mia amica non ha nulla da temere. Lei, invece, se dovesse continuare a indagare… sa, al maritino non fa piacere avere qualcuno alle calcagna, potrebbe prendersela a male, e lei ha un così bel faccino: non vorrei mai che qualcuno glielo sfregiasse.»
«Qualcuno tipo Faccia di Gomma?»
«O anche peggio!» esclamò lei, facendo scattare un coltellino svizzero dalla manica e premendolo contro il pomo d’Adamo dell’uomo, ferendolo leggermente.
«Stia alla larga da Hutton, è l’ultimo avvertimento. Al prossimo passeremo ai fatti, e di lei non rimarrà neppure il ricordo.»
Lo lasciò lì al buio, solo con i propri pensieri. Inarcò le labbra in un ghigno divertito: lo avevano sfidato, in maniera aperta ormai. E guerra sia.
 
«Hai fatto?»
Harper aprì la portiera a Evelyn, aspettò che si accomodasse e la richiuse con forza per poi correre al posto di guida.
«Sì, vedremo se stavolta l’ha capita. Ancora non mi capacito del fatto che si trovasse proprio al Jolly…»
«Ha visto in faccia il robot. Mi auguro che non ci siano complicazioni.»
«Oliver lo impedirà, anche se ancora non capisco come possa lasciare che quel detective mini la sua tranquillità.»
«Sta sottovalutando il problema, ma se vuoi provare a dirglielo sei libera di farlo: l’ultimo che l’ha fatto è finito a salutare i pesci.»
Evelyn annuì ripensando al povero Arthur che aveva solo provato a suggerire al boss di posticipare di un giorno l’inaugurazione del suo nuovo locale ed era finito in fondo alla baia coi piedi in un blocchetto di cemento.
Arrivarono presso l’edificio che fungeva da logistica centrale per i loschi affari di Hutton, scesero e si diressero di corsa verso il suo ufficio: il boss li stava aspettando.
«Oliver…- la voce di Eve spezzò il silenzio -È tutto sotto controllo…» mormorò.
L’uomo non rispose, continuava a rigirare una penna battendola sulla scrivania.
«Holly… tutto ok?» azzardò Harper.
«Tutto ok? TUTTO OK?»
Si alzò di scattò e con un movimento deciso rovesciò la scrivania, prendendola poi a calci:
«Non è un cazzo ok, Bruce! Quell’idiota di Carlos si è lasciato prendere la mano, si è fatto trascinare dalla foga di quel cazzo di mitra nuovo che ha comprato! Maledizione! Che cazzo voleva dimostrare, eh? Ha fatto una strage senza motivo, ha attirato le attenzioni di quel fottutissimo Ross! Lo sapete da quanti anni spera di incastrarmi, quello? Da una vita! Ha fatto carriera alle mie spalle, la carogna!»
«Holly… calmati…»
«Calmarmi un cazzo! Un cazzo! Ci mancava solo questa…»
«Oliver…- Eve si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla spalla -Perché non vai a casa da Patricia? Farà bene ad entrambi…»
Il boss appoggiò la propria mano su quella della ragazza, salvo poi afferrarla e torcergliela dietro la schiena, facendo inginocchiare la giovane davanti a lui.
«Quando vorrò dei consigli da una sgualdrina da quattro soldi, Eve, verrò a chiamarti!»
«Holly adesso basta!» lo esortò Bruce, chiamandolo per la seconda volta col soprannome che usavano da bambini. Lo vide lasciare la ragazza sbattendola malamente a terra, e uscì dalla stanza senza aggiungere altro. Faccia di Gomma si avvicinò a Eve e la aiutò a risollevarsi:
«Mi spiace…» mormorò, in uno slancio affettivo che non era da lui. La ragazza si asciugò le lacrime e annuì.
«Non l’ha fatto con… cattiveria. È nervoso, gli passerà.»
«Coraggio, ti riaccompagno a casa.»
 
Oliver rientrò sbattendo la porta e lanciò le chiavi di casa sul mobiletto in legno accanto all’ingresso.
«Tesoro sei tu?»
«E chi diamine vuoi che sia?» le rispose di getto. Patricia lo raggiunse nel corridoio e il sorriso le morì sulle labbra.
«Tutto bene?»
«No.- rispose asciutto -Ho avuto dei problemi.»
La moglie lo raggiunse e lo aiutò a togliere il cappotto, per poi accompagnarlo sulla sua poltrona preferita: iniziò a massaggiarli le spalle mentre cercava di farlo parlare per sfogare il nervosismo.
«Di nuovo Lenders?»
«Carlos ha dato di matto e ha fatto una strage in un locale… ha fatto fuori un sacco di persone che non c’entravano nulla con il compito che gli avevo dato…»
«Mi dispiace… è la prima volta che quel ragazzo ti dà dei problemi. Forse al robot si sono fusi i circuiti…»
«Già…- il ragazzo le fermò dolcemente le mani e la fece girare attorno alla poltrona per farla accomodare sulle proprie ginocchia -Decisamente una pessima giornata… e a te com’è andata?»
«Il club di cucito non è proprio il massimo, e a un certo punto Eve è pure scappata…»
Il ragazzo iniziò a baciarle il collo dopo averle scostato i capelli.
«Troveremo un altro passatempo per te, dolcezza…»
«Io… veramente…- mormorò lei tra un sospiro e l’altro -Io un’idea ce l’avrei, Holly…»
Il ragazzo si bloccò di colpo e si ritrovò a specchiarsi negli occhi castani della moglie.
«Non di nuovo, Pat… abbiamo già fatto questo discorso e conosci benissimo la mia risposta.»
«Ma io non sono d’accordo! Questo È il momento adatto!»
«E invece no! Non è il momento per un figlio! E se Lenders decidesse di farvi del male? Non potrei sopportarlo!»
«Persino uno come lui possiede un codice d’onore, Holly. Uno che è cresciuto senza padre non farebbe mai del male a un bambino.»
«Non voglio rischiare. Morirei se dovesse succedere qualcosa a te, figuriamoci se in mezzo ci finisse anche nostro figlio. Non se ne parla. Devi darmi tempo di sistemare un po’ le cose.»
«E quanto tempo ti serve per “decidere” di mettere al mondo un figlio, eh Oliver? Un giorno, un mese, un anno? E se dovesse succederti qualcosa nel frattempo, io che faccio?»
Lui la abbracciò per cercare di calmarla, non voleva che si agitasse ma non voleva nemmeno ricominciare quella discussione che pensava di aver chiuso il mese prima.
«Ti prometto che avremo la nostra famiglia felice: uno, due, dieci figli, tutti quelli che vuoi. Ma devi permettermi di sistemare i miei affari in città.»
Lei annuì, col volto nascosto nell’incavo del collo di lui, intenta ad annusare quella pelle il cui profumo la inebriava dal primo momento in cui l’aveva assaporato.
 
«Ne sei sicuro?»
«Sicurissimo, capo.»
Danny “Bambino” Mellow era seduto di fronte a Lenders e lo osservava sorseggiare la sua birra ghiacciata mentre gli raccontava ciò che aveva scoperto.
«Dan, sei davvero sicuro di ciò che hai detto? Ti rendi conto delle implicazioni?»
«Me ne rendo conto benissimo Mark, per questo te lo sto dicendo!»
«Dan ha ragione,- lo appoggiò una voce dall’oscurità -stasera il robot della rivoltella ha dato di matto e oltre ad ammazzare quei quattro sfigati che si erano venduti a te, ha fatto una strage inutile in un locale. C’è una falla nel sistema Hutton.»
La figura si palesò davanti a loro: il Samurai indossava il suo solito kimono blu con i ricami gialli, e teneva legata al fianco la sua famosa katana, che aveva tagliato alcune tra le teste più importanti della malavita della East Coast.
«Se vuoi agire,- continuò, inginocchiandosi di fianco a lui -questo è il momento migliore.»
Lenders appoggiò la birra e deglutì il sorso che aveva in bocca: rimase a fissare le goccioline che scendevano lungo il boccale e inumidivano il sottobicchiere di cartone.
«Nessuna resa. Non voglio fare la fine di Price, inglobato da quell’infame e spedito al suo soldo in Europa. Piuttosto preferisco morire.»
«E sia.» pronunciò il Samurai, accennando un inchino. Mellow si alzò spegnendo la sigaretta e lo seguì, svanendo in un fruscio assieme a lui. 

Il telefono di Callaghan squillò insistentemente finché non si decise a rispondere.
«Si può sapere quante volte devo chiamarti prima di ottenere la tua attenzione?»
«Buongiorno a te, Julian Ross.- lo canzonò il detective, stropicciandosi gli occhi -Qual buon vento?»
«Vento di tempesta, caro il mio Philip. Ti voglio in centrale tra meno di mezz’ora, ed è un ordine!»
«Ti ricordo che ho smesso da anni di prendere ordini da quelli come te.» lo rimbeccò, cercando con lo sguardo il pacchetto di sigarette che era sicuro di aver lanciato da qualche parte, la sera precedente.
«Callaghan, i minuti sono diventati 29. O arrivi, o vengo a prenderti a calci in culo, lo giuro sul mio cuore malato!»
«Lascia stare il tuo povero cuore, che già ti è andata bene una volta. Arrivo.»
Rinunciò alla sua sigaretta mattutina e si dedicò a doccia e rasatura: non che avesse voglia né bisogno di far bella figura, ma dal tono di voce dell’amico capiva che avrebbe dovuto passare parecchio tempo in quel covo di poliziotti, e se proprio doveva farlo, voleva cercare di essere in forma.
Quando arrivò, notò una maggiore agitazione all’interno della stazione di polizia: raggiunse Ross che gironzolava avanti e indietro per il suo ufficio, come una tigre in gabbia.
«Sei in ritardo.» lo apostrofò, senza neanche salutarlo, ma continuando a masticare nervosamente foglie di tabacco.
«Non avevo fatto i conti col traffico.»
Il tenente neanche lo ascoltò, si limitò a lanciargli un plico di foto che il detective prese al volo.
«E queste quando me le hai scattate?»
«Te le ha scattate un agente sotto copertura, Phil, mentre pedinava Becker e Hutton: ti ha beccato seguirli.»
«Io seguire loro due?» rispose lui, sornione.
«Phil, non sono nato all’ombra, so benissimo che tu c’entri in questa storia. Eri al Jolly l’altra sera, e adesso scopriamo che pedini il più grosso malavitoso della zona…»
«A quanto pare non sono l’unico, se anche voi avete sguinzagliato un agente in incognito.»
«Porca puttana Phil, noi siamo la polizia! Siamo autorizzati a pedinare la gente!»
Il detective fece spallucce e si accese una sigaretta.
«Voglio che torni a lavorare qui.»
Callaghan si alzò e fece per uscire:
«Ho restituito il distintivo ormai non so più quanti anni fa, Julian, non lo riprenderò per…»
«Nemmeno se ti dicessi che Becker è stato brutalmente sodomizzato e assassinato questa notte, Ispettore
La mano di Phil si bloccò sulla maniglia mentre tutti i suoi sensi si risvegliarono: quella era una cosa che scottava, accidenti se lo era!
«Becker è morto?»
«Giace sul lettino del coroner. Una soffiata ce l’ha fatto trovare stamattina. Gli hanno trovato questa in testa.»
Gli lanciò un sacchettino trasparente sigillato, Phil controllo il proiettile contenuto all’interno e riconobbe la cartuccia .44 Magnum della Smith & Wesson.
«Hai la mia attenzione, maledetto di un Ross!»
Il tenente rise, sapeva che nulla avrebbe stuzzicato l’interesse dell’ex Ispettore capo della Polizia di New York come un caso di omicidio così arzigogolato.
«Vuoi darmi delucidazioni ora?»
«Mrs Hutton si è presentata a casa mia chiedendomi di indagare sulla presunta infedeltà di suo marito. Sono un detective privato, al verde, e ho accettato.»
«Non sei un detective privato, Callaghan! Sei un ex ispettore di polizia, dannazione!»
«Che avrei dovuto fare, eh Ross? Morire di fame?»
«Saresti dovuto venire da me, perdio!»
«E che diamine avresti fatto, mi avresti dato dei soldi? Andiamo Ross, siamo realisti.»
«Beh adesso siamo sulla stessa barca, i due casi si incrociano, quindi collaboreremo. Dobbiamo scoprire chi ha ucciso Becker.»
«Non ti sembra che sia abbastanza palese? Sarà stato Lenders.»
«Ci avevo pensato pure io, ma poi sono subentrate altre variabili… vieni con me, andiamo a fare un sopralluogo nell’appartamento di Becker.»
«Cerchiamo altri indizi?»
«No…- mormorò Ross, e a Callaghan sembrò di notare un ghigno beffardo mentre questo si infilava il soprabito -Ma vedrai tu stesso cosa intendo con “variabili”.»


TA DAAAAAAAAN 
Le acque si imbrogliano, i casi si miscugliano, e Philip si ritrova suo malgrado a collaborare gomito a gomito con Julian... 
E il povero Becker? Sigh, non me lo dite... mi piange al cuore a pensare a ciò che gli hanno fatto... il mio Tommyno... XD 
Autrice sadica, due gialli e due vittime tra i miei preferiti xD non si direbbe che li amo alla follia, MUAHAHAHAHAHAHAH 
Su su coraggio, fatevi avanti, fate girare le rotelline e fatemi sapere cosa avete elucubrato!!! 
Sakura's Crime Investigation vi aspetta settimana prossima, l'aggiornamento verrà anticipato a lunedì sera! 
Vi abbraccio! 
Sakura

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



«Vuoi farmi credere che Becker abitava veramente in questo quartiere?»
Philip si guardò nuovamente intorno: edifici fatiscenti, negozi sporchi e luridi, prostitute e personaggi ambigui ad ogni angolo della strada.
«Non so se risiedesse abitualmente qui, ma è qui che l’abbiamo ritrovato. La palazzina è quella.» e indicò un edificio scrostato che un tempo doveva essere azzurrino.
«Credo che lo usasse giusto per i suoi incontri occasionali. Uno del suo livello non poteva di certo rovinarsi la reputazione incontrando puttane… negli…»
«Che c’è?»
«C’è qualcosa che non torna, Julian: se lui aveva un appartamento qui, in un quartiere dimenticato di Dio, che ci andava a fare negli hotel di lusso insieme a Hutton?» cercò di spostare il ragionamento sul sospetto che gli era nato.
«Affari.» rispose Ross, convinto.
Mentre stavano lì a disquisire, si avvicinò a loro uno di quegli individui ambigui, incuriosito dalla presenza di quei due uomini.
«Ehi, che ci fate da queste parti? Vi siete persi?»
Philip si voltò verso di lui e lo squadrò da testa a piedi: indossava un paio di pantaloni lucenti neri, scarpe a punta dello stesso colore, una maglietta a maniche lunghe a righe orizzontali bianche e blu, il tutto corredato da un piccolo foulard rosso legato attorno al collo. Parlava con un forte accento straniero, dalla cadenza sembrava francese.
«Lei è…?»
«Mi chiamo Louis Napoléon, ma tutti qui mi chiamano… Lulù.»
«Un nomignolo molto virile, non c’è che dire.» rispose Ross, cercando di mascherare lo sdegno nel trovarsi davanti a un individuo così promiscuo.
«Mmhpf, non è di certo la virilità che cercano in me, i miei amici
«E dimmi un po’, Capitan America, chi sarebbero i tuoi amici?»
Il loro interlocutore si passò una mano tra i corti capelli biondi e si riappoggiò all’angolo dell’edificio, incrociando le braccia.
«Tom Becker, par exemple, era un mio carissimo amico. È grazie a lui se sono qui, aux États-Unis. Non so se si era capito ma io sono francese. Di Parigi per la precisione.»
«Ma dai?- lo schernì Callaghan, incrociando le braccia a sua volta e sorridendo divertito –Non l’avevamo intuito.»
«Ti piace il mio accento, eh bel maschione?»
«Sì, e mi piacciono ancora le donne, désolé
Il biondino non si scompose e allungando una mano gli lisciò il bavero del trench.
«Magari potresti sperimentare qualcosa di nuovo, n’est-ce pas
«Ah, non posso neanche starlo a sentire!- esclamò Julian stizzito –Dicci quello che sai e basta, no? Tanto l’ho capito che hai una fottuta voglia di spifferare qualcosa riguardo al fu Tom Becker.»
«Oh mi è dispiaciuto così tanto per la sua dipartita.- il volto di Lulù si fece contrito -Era un caro amico, come vi dicevo è grazie a lui che sono venuto qui a New York. Mi è stato vicino nei momenti più bui del mio trasferimento qui, mi aiutava con le spese dell’appartamento.»
«L’abbiamo trovato a casa tua?»
«Diciamo che…- si avvicinò a loro dopo essersi guardato intorno con fare circospetto –vi ho chiamato io stamattina! Sono tornato a casa dopo una serata…»
«Non ci dilunghiamo in particolari, per l’amor del cielo!- Julian Ross era decisamente a disagio –E poi vorrei sapere come hai fatto a scoprire che siamo poliziotti.»
«Uh!- Lulù batté le mani ad altezza delle guance –Ma vi siete visti? Puzzate di sbirro lontano un miglio. Con quei trench da film in bianco e nero, uuh.»
«Senti, vogliamo concludere? Phil, cazzo!»
«Uff, come siamo nervosi. Beh, ad ogni modo, ieri sera Tom mi ha chiesto di lasciargli casa perché aveva un “incontro”, ed è strano, lui di solito non viene qui per i suoi rendez-vous, sinceramente era da un po’ che non me ne parlava e credevo che si fosse dato alla monogamia.»
«Magari gli affari lo tenevano impegnato…» constatò Callaghan, accendendosi una sigaretta e offrendone una a quello strano individuo.
«Comunque io glielo avevo detto che collaborare troppo a stretto contatto con Hutton si sarebbe rivelato deleterio per lui, Tommy era una persona semplice, dal cuore d’oro, eppure da quando ha conosciuto quell’uomo è cambiato, si è lasciato trascinare in un circolo vizioso… povero, povero Becker, abituato ad agire di cuore anziché di testa.»
«Cuore? Vuoi dire che…?»
Lulù scosse la testa in segno affermativo, tenendo gli occhi chiusi e sbuffando il fumo dal naso.
«Voleva molto bene a Oliver, è stato il suo primo amico quando erano adolescenti, e avrebbe fatto qualunque cosa per lui.»
«Qualunque…»
«Oh andiamo, Messieurs, ci siamo capiti: Oliver è sposato e tutto, però credo che nulla gli vietasse di “divertirsi” un po’…»
Philip e Julian si fissarono a lungo.
«Devo farvi uno schemino?» li prese in giro il francese.
«Temo che mi manchi un tassello.»
«Mes amis…- si avvicinò a loro e sussurrò la frase -Tom Becker era gay.»
 
«Becker è morto.»
«Capo, ci spiace deluderti ma… non siamo stati noi.»
Lenders alzò lo sguardo e lo puntò su Bambino, che non osava guardarlo, per l’imbarazzo, mentre il Samurai si limitava a starsene seduto con gli occhi chiusi.
«Non credo di aver capito…»
«Quando siamo entrati nell’appartamento di Becker era già morto, qualcuno è passato prima di noi. Non ho potuto nemmeno fargli assaggiare la lama della mia katana
L’angolo destro della bocca di Lenders si sollevò impercettibilmente, nonostante la delusione per non essere stato l’artefice della morte del braccio destro di Hutton.
«Avete svolto comunque un ottimo lavoro, soprattutto tu, Danny: guadagnarti la fiducia di Tom Becker diventando il suo amante è stato difficile ma tu hai svolto il tuo compito con successo.»
Bambino sorrise soddisfatto di aver ottenuto il riconoscimento dal capo.
«Ora attendiamo la mossa di Hutton, anche se non abbiamo rivendicato l’omicidio lui ci riterrà comunque responsabili.»
I due di fronte a lui annuirono.
 
«Oliver, Tom è… è morto…»
Hutton non rispose: continuò a fissare la città che si estendeva ai suoi piedi.
«Holly…»
«Vai a casa, Bruce.»
Il sicario non rispose, ma abbassò lo sguardo a terra e si fissò la punta delle scarpe senza muoversi. Oliver si voltò e quando Faccia di Gomma ebbe il coraggio di guardarlo in viso notò gli occhi rossi e umidi.
«Holly…»
«Io voglio trovare quel grandissimo figlio di puttana che ha fatto fuori Tom. Voglio la sua testa qui, Bruce, e la voglio ora. E se è stato Lenders o qualcuno della sua feccia, giuro su Dio che li farò fuori tutti, farò saltare per aria il loro stramaledettissimo Muppet o qualunque altra attività si inventino! Li voglio morti Bruce, MORTI!»
«Sarà fatto, Holly.»
«Chiama tutti, chiunque ti serva, persino Santana se pensi che sia il caso!»
«Non credo che sia saggio utilizzare il robot, dopo quello che ha fatto l’altro giorno è poco affidabile, sarebbe meglio dargli un periodo di riposo. Pensavo, se sei d’accordo, di farlo rientrare a San Paolo per qualche tempo.»
Il boss annuì, lo sguardo vacuo e perso a fissare il vuoto.
«Ti vendicherò Tommy, fosse l’ultima cosa che faccio!»
 
Chiusi dentro al Muppet, il locale che Mark Lenders aveva aperto per contrastare il New Team Club di Oliver Hutton, l’uomo e i suoi fedelissimi, Bambino e Samurai, si stavano divertendo al tavolo del Black Jack. Phil e Julian si avvicinarono a loro, il detective scostò appena da davanti al volto la tesa del cappello.
«Mark Lenders?»
«Per servirvi.- il boss si alzò leggermente dalla sedia per simulare un inchino -Cosa spinge fin qui il temutissimo tenente Julian Ross e il suo nuovo galoppino?»
«Galoppino di questo qui?- Phil storse il naso -Direi più collaboratore occasionale.»
Lenders alzò un sopracciglio e batté un paio di volte le dita della mano sinistra sul tavolo, i cui occupanti si alzarono immediatamente e si dileguarono.
«Come posso esservi utile?» disse, porgendo l’accendino che aveva appena usato a Callaghan.
«Tom Becker è morto.» Julian saltò i preamboli e decise di giocare a carte scoperte. Lenders non si fece trovare impreparato e rispose dopo qualche secondo, aumentando la tensione.
«Mentirei se vi dicessi che non lo sapevo. Ho le mie fonti.»
«E le sue fonti sono attive o passive?»
Il boss sghignazzò, lasciando intendere di essere a conoscenza delle tendenze sessuali del braccio destro di Hutton.
«Le mie fonti frequentano i bassifondi, tenente, tutto qui. Ma se siete qui immagino che penserete che io c’entri qualcosa.»
«Perché, non è stato lei?» anche Callaghan andò dritto al punto.
«Non mi crederete così sciocco da ammazzare il braccio destro del mio peggior nemico… così.»
«Così…?»
«Avrei compiuto un gesto più… plateale, signori. E avrei rivendicato l’omicidio, cosa che non ho fatto.»
«Ha qualche idea su chi potrebbe essere stato?»
«Tenente, questo è compito dell’efficientissima polizia di New York.»
Julian non si fece intimorire dal tono sarcastico del malavitoso e si alzò dalla sedia, allungandogli una mano.
«Se le viene in mente qualcosa…»
«Sì, so dove trovarvi… ma personalmente credo che i panni sporchi vadano lavati in famiglia.»
Philip trasalì:
«Come ha detto scusi?»
Lenders lo fissò scettico.
«Ho detto che i panni sporchi vanno lavati in famiglia.»
«Ma certo. Che idiota che sono stato. Julian, adesso è tutto chiaro! Andiamo!» e presolo per un gomito lo trascinò all’esterno dell’edificio. 


Ed è con estremo piacere che vi annuncio che... questo era il penultimo capitolo della storia! 
Non aggiungo nulla e vi aspetto al varco la prossima settimana! 

Grazie di cuore a chi sta leggendo questa fanfiction, e un abbraccio particolare a chi mi sostiene lasciandomi il proprio parere. 
A martedì prossimo!!!!
Sakura 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Patricia Hutton stava completando il suo ricamo chiacchierando amabilmente con Eve, quando Callaghan le piombò in salotto, seguito da uno sconvolto Julian Ross.
«Phil tu sei pazzo, PAZZO! Hutton ci ammazzerà!»
Il detective lo ignorò e fece un piccolo inchino verso le due donne.
«Mrs Hutton, sono qui per comunicarle che ho portato a termine il mio compito.»
La donna non si scompose e appoggiò il proprio lavoro sulle ginocchia, fissando Callaghan con occhi di ghiaccio.
«Non mi sembra né il momento né il luogo adatto per parlarne, signore
«Perché no, Patricia?»
Il gelo calò sui quattro occupanti del salotto, quando compresero che la voce che aveva pronunciato quella frase apparteneva a Oliver Hutton in persona.
«Oh caro, non ti aspettavo a casa così presto.»
«Ero venuto a comunicarti la data del funerale di Tom.»
«Sarai sconvolto immagino, ti preparo qualcosa di caldo.» e alzandosi, fece per dirigersi verso la cucina ma quando passò accanto al marito, questo la fermò trattenendola per un braccio.
«Non voglio qualcosa di caldo, voglio una spiegazione. Che ci fa la polizia in casa nostra?»
«Non ne ho idea.» rispose lei, nervosa.
«Io credo di sì, invece, guarda un po’!» e la sospinse nuovamente verso il divano.
«Holly, io…»
«Devo ammettere che hai giocato bene le tue carte: non mi hai fatto pedinare da uno qualunque, ti sei scelta l’ex ispettore di polizia che vive nel ricordo della donna che l’ha mollato perché incapace di dedicare tempo a lei anziché al suo lavoro. Uno al verde, promettendogli fior di quattrini per cercare di capire se i tuoi sospetti su di me erano fondati, e cos’hai ottenuto, eh?»
Patricia non rispose, teneva lo sguardo basso e stringeva convulsamente l’orlo della gonna a pieghe che le arrivava al ginocchio.
«Rispondi perdio!»
Hutton sbatté violentemente la mano sul muro facendo trasalire i presenti, non tutti abituati ai suoi repentini scatti d’ira. La moglie allora alzò finalmente la testa e puntò su di lui gli occhi nocciola, ridotti a due fessure per l’ira.
«Mi chiedi cos’ho ottenuto? Ho ottenuto un’umiliazione pesante, ecco cosa ho ottenuto, caro. Pensavo che ti sbattessi amabilmente una di quelle puttane che gestisci, o una di quelle sciacquette che metti a lavorare nel tuo stupido locale, e sarei stata pronta ad accettarlo, dato che ogni sera tornavi comunque a casa da me. Ma quando questo idiota di un detective ha iniziato a pedinarti e ti vedeva solo ed esclusivamente con Tom… oh, non mi guardi così, detective Callaghan: la porta di casa sua potrebbe scassinarla persino un bambino, non mi è stato difficile entrare e controllare il suo lavoro. Dovevo essere sicura che mio marito non avesse comprato il suo silenzio.»
«Non l’ha fatto: al contrario, ha cercato di farmi desistere.»
«Non le pare strano, detective, che un boss del calibro di mio marito cerchi di intimorirla per impedirle di indagare sulla sua infedeltà?»
Le labbra di Philip si incurvarono in un sorriso beffardo mentre estraeva una sigaretta dalla tasca dell’impermeabile e accendendosela con l’ultimo fiammifero di una scatola che aveva trovato nella tasca stessa.
«Dipende…» mormorò, soffiando sulla brace della sigaretta.
«Dipende?» ripetè Julian.
«Dipende, Ross, da cosa il boss in questione deve nascondere.- Phil sbuffò il fumo verso l’alto -Non ci sarebbe nulla di anomalo in un capo che va a letto con le puttane che gestisce… ma in un boss che va a letto col suo braccio destro…»
Oliver strinse le mani a pugno, le vene del collo iniziarono a pulsare mentre la collera si impossessava di lui.
«È stato lei a dirlo a Patty?»
Callaghan scosse la testa.
«Sua moglie l’ha capito da sola, non è stupida. E credo che si sia anche vendicata a dovere.»
Eve si portò una mano alla bocca per la sorpresa ed emise un gridolino, mentre Oliver fissava la moglie con uno sguardo tra lo sorpreso e l’attonito.
«Ti avrei perdonato, Holly… e forse potrei farlo anche ora. Ma lui no. Non avrei mai potuto rivedere la sua faccia dopo che ha ammesso quella che c’era tra voi. Dovevi vederlo come invocava pietà…»
«Basta!- la interruppe l’uomo -Tu l’hai…?»
«Ucciso? Sì.»
«Pat!!!- Eve scattò in piedi e si affiancò l’amica –Come hai potuto?»
La donna la ignorò e continuò a fissare il marito.
«Tom era un debole, è bastato che io paventassi i miei dubbi con un po’ più di sicurezza e lui è crollato come un bambino. Piangeva, oh se piangeva mentre mi chiedeva di perdonarlo, dicendo di… amarti.» pronunciò quella parola con disprezzo.
«Non puoi averlo fatto davvero…» Oliver non riusciva a pensare ad altro, nella mente l’immagine della moglie che infieriva sul corpo del povero Becker.
«Sì che l’ho fatto. Ho difeso il mio matrimonio.- disse fiera -Sono la moglie di un boss.»
«Crede che ciò non la condurrà in prigione, Mrs Hutton?»
La donna posò i proprio occhi sul tenente e lo fissò con aria di sfida.
«Si ricordi di come mi ha chiamato: io sono tutt’ora la signora Hutton, moglie del più potente boss di New York, anzi di tutta la East Coast. Mio marito non ha nessun interesse a vedermi marcire in galera, soprattutto adesso che sono incinta.»
«Che cosa?!» gli occupanti della casa pronunciarono quelle due parole all’unisono; Oliver si diresse verso di lei barcollando.
«Patty, ma… tu… io… noi…»
Un sorriso vittorioso comparve sulle labbra della donna.
«È da un po’ che provo a parlartene, Holly, ma tu non mi hai mai voluto dare ascolto, hai pensato sempre e solo a te, ai tuoi affari, ai tuoi nemici, mentre dentro di me una nuova vita aveva già iniziato a crescere. Quando il tarlo del dubbio si è insinuato nella mia mente ed è diventato insopportabile, ho deciso di andare a fondo della questione per difendere nostro figlio. Questa creatura- si portò una mano al ventre a mò di difesa –merita una famiglia, merita una madre e un padre che stiano insieme, senza deviati intorno che gli confondano le idee.»
«Ma Tom era un amico! Un amico fidato! L’unico di cui mi potessi fidare! Porca puttana, Pat! Hai ammazzato il mio socio in affari!»
«Hai intenzione di mandarmi in galera?» rispose lei, osando persino sfidarlo con lo sguardo.
Recuperando la lucidità necessaria e che lo contraddistingueva nelle situazioni difficili, e che aveva fatto di lui il boss che era, Hutton si voltò verso gli esponenti delle forze dell’ordine.
«Tenente Ross, vorrei che arrestasse la qui presente Evelyn Davidson per l’omicidio del mio fidato collaboratore nonché braccio destro Tom Becker.»
Il gelò calò sul gruppetto, mentre Eve si alzò e si diresse lentamente accanto a Patricia Hutton.
«Julian non puoi farlo! Patricia Hutton ha praticamente confessato davanti a noi.» gli sussurrò Callaghan, vedendo che il tenente non si muoveva. Oliver circondò la moglie con un braccio, posandole significativamente la mano sul grembo.
«Sai quanto durerebbe? Neanche il tempo di uscire da qui e verremmo travolti da un tornado di merda che ci ricoprirà, se ci va bene. Se ci va male finiremo a concimare margherite in un campo.» rispose quello, sempre sussurrando.
«Maledizione Ross!» mormorò Callaghan a denti stretti.
«Tenente!- lo chiamò il boss -Che sta aspettando?»
A testa bassa, questi si avvicinò alla ragazza e, elencandole i suoi diritti, la ammanettò, sotto lo sguardo soddisfatto di Patricia, la quale si premurò di tranquillizzarla.
«Non ti preoccupare, Eve: ti tireremo fuori molto presto, e nel frattempo faremo in modo che nessuna ti disturbi, in carcere.»
La giovane annuì e seguì il tenente Ross fuori dalla villetta.
Callaghan esitò qualche istante, con la mente ripercorreva le tappe di quello strano percorso: ad un tratto si voltò di scatto verso la donna e diede voce ai suoi pensieri.
«Non male, Mrs Hutton, non male…»
«Che sta insinuando?» chiese lei, innervosendosi per il tono saccente con cui il detective le si era rivolto.
Phil ridacchiò, incamminandosi verso la porta, per fermarsi solo sulla soglia.
«Lei non aveva bisogno di me per scoprire il tradimento di suo marito: lo sapeva già. Aveva solo bisogno di qualcuno che la aiutasse a portare a termine il suo piano e uscirne pulita. Non mi stupirei di scoprire che Miss Davidson era perfettamente al corrente di tutto.»
L’angolo destro della bocca di Patty si sollevò appena, beffardo.
«Ottimo intuito, detective.»
«Ispettore.» la corresse lui, abbassando la tesa del cappello a celargli il volto.
«Ad ogni modo… non so se lo sa, Mrs Hutton, ma la sua amica Miss Davidson si è presentata a casa mia, su indicazioni di suo marito, sicuramente, per minacciarmi qualora avessi continuato a indagare.»
Patricia alzò le spalle.
«Incerti del mestiere.»
Phil scese gli scalini dell’ingresso della villetta e una volta superato il cancellino d’ingresso infilò le mani in tasca e incassò il collo nelle spalle. Il sole calava all’orizzonte, preparandosi a lasciare posto all’ennesima notte newyorkese, ma Callaghan non se ne curò. Una leggera brezza sollevò i lembi del suo impermeabile grigio chiaro, accompagnandolo verso il suo ritorno…
Fine…?

 
Ta-daaaaaan!!! Sorpresi? Non credo. Alla fine era un po' scontato che Patty levasse di torno il suo rivale in amore LOL
Ah, e comunque, vorrei ribadire che Tom/Taro Misaki NON È GAY, e se qui l'ho fatto è solo perché siamo in una AU e mi sono potuta sbizzarrire (e chi vi fa credere il contrario è brutto e cattivo, ecco...) 
Scherzi a parte, grazie a tutti coloro che hanno apprezzato la mia storia, che l'hanno letta, seguita, recensita... 
Tornare dopo tanto tempo con una storia e ritrovarvi lì, a darmi il vostro sostegno, è stato commovente, vi voglio bene. 
Grazie a Butterfly49 per averla inserita nelle preferite, grazie a aelfgifubenji79capitanhyugaeldarionMelanto, OnlyHope, Sissi149 e WYWH per aver dedicato del tempo a recensirmi, i vostri commenti sono stati graditissimi.
E comunque, sì, la storia è conclusa, ma no, la saga del detective Callaghan non finisce qui: mentre scrivevo questo episodio avevo in mente un sacco di cose da inserirci, ma avevo paura che diventasse... "troppo infiocchettato", così ho deciso di separare i vari episodi. D'altronde, ci sono ancora molte cose da conoscere, per esempio "Perché Jen se n'è andata?", oppure "Dov'è Benji?" o ancora "Perché l'autrice non la smette di assillarvi con le chiacchiere???" 
E comunque ho anche altre fic in cantiere *firulì firulà* chissà che FINALMENTE non vedano la luce. 
Per il momento è tutto, ma sicuramente appena metterò on line il capitolo mi verrà in mente altro da dirvi xD e mi mangerò le mani.
Vi ho già detto che vi voglio bene?? 
Un abbraccio 
Sakura 

PS: un grazie doveroso a Elisabetta, Valentina e Sara che sanno sempre cosa dirmi per riportarmi sui binari giusti... mi spiace che la Hrvatska Post abbia remato contro di me!! Lov iù 

 

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