Peter Pan 2 - Ritorno all'isola

di missdubhe93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il risveglio ***
Capitolo 2: *** La proposta di Trilly ***



Capitolo 1
*** Il risveglio ***


Capitolo 1: Il risveglio

 

Londra, oggi

 

Peter era all'esterno del pub "Fairy's" in Piccadilly Circus, dove lavorava come barman da sei mesi. Il lavoro gli piaceva. Sua padre aveva sempre desiderato vederlo sistemato dietro una scrivania, ma lui si trovava a suo agio dietro a un bancone. Nessuna cravatta, nessun capo insopportabile, mattinata libera e tante belle ragazze. Finì di fumarsi la sigaretta e ritornò al lavoro.

Cliente: Ehi, Pete, mi dai due Bloody Mary?

Peter: Arrivano.

Peter prese le bottiglie per i due cocktail e cominciò a farle roteare tra le mani.

Cliente: Non so perchè, ma ho sempre pensato che nella tua vita passata dovevi esser stato uno spadaccino. Guarda come muovi quelle mani! Sei incredibile!

Peter: Può darsi. Tu non eri sobrio neanche nella tua vita passata.

Cliente: Questo è poco ma sicuro. Ci si vede.

Il cliente prese i due cocktail e ritornò al tavolo. Una ragazza si avvicinò a Peter.

Ragazza: A che ora stacchi?

Peter: Tra un paio d'ore.

Ragazza: Che ne diresti di continuare la serata insieme?

Peter: Ehm.. facciamo un'altra volta.

Ragazza: Ti prego, l'altra volta ci siamo divertiti insieme...

Peter: Appunto, è successo l'altra volta. Se non ti dispiace, dovrei lavorare.

Ragazza: Mi stai scaricando?

Peter: Pensavo si fosse capito.

Ragazza: Peter sei uno brutto bastardo.

Peter le fece un sorriso.

Peter: Bastardo, sì. Brutto, non direi proprio.

La ragazza si voltò con aria offesa e raggiunse finalmente il tavolo della amiche.

Amica: Allora?

Ragazza: Mi ha chiesto di uscire, ma io ho detto di no. Sai quanto odio le repliche.




 

Il mattino dopo, la colazione a casa Pan era già pronta. Il padre di Peter era intento a leggere il giornale, mentre la madre serviva uova strapazzate e bacon. Peter scese le scale con aria assonnata.

Mr Pan: Guarda come ti stai riducendo a lavorare in quella topaia.

Peter: Non è un topaia. È uno dei migliori pub di Piccadilly.

Mrs Pan: Oh, Tom, lascialo stare.

Mr Pan: Peter ha bisogno di trovarsi un lavoro.

Peter: Ho già un lavoro, papà.

Mr Pan: E quello lo chiami lavoro? Devi trovarti un lavoro come tutti gli altri, dalle 9:00 alle 18:00.

Peter: Ma io non sono come tutti gli altri.

Mr Pan: Ora ci penso io a sistemarti. Il mio socio, il signor Harrington, ha un amico alla Bank of England che sta cercando un nuovo contabile. Io ho suggerito il tuo nome. Puoi iniziare la prossima settimana.

Peter: Che cosa hai fatto?

Mr Pan: Mi sono occupato di te.

Peter: Non ho intenzione di lavorare in banca. Grazie, ma mi terrò il mio impiego nel pub.

Mrs Pan: Peter, tuo padre ha faticato molto per raccomandarti. Glielo devi. Dagli almeno una possibilità. Mettiti in aspettativa e se non dovesse piacerti il lavoro in banca, potrai sempre tornare a lavorare al pub.

Peter: Non lo so.

Mr Pan: Almeno dai retta a tua madre.

Mrs Pan: Mi prometti che ci proverai?

Peter: Ok. Però se il lavoro non mi piace, giro i tacchi e me ne torno a servire birre.

Mr Pan: Affare fatto

Peter: Ho la tua parola?

Mr Pan: Certo, figliolo.

 

La prima settimana alla banca andò come previsto. Peter era un vero disastro. Non riusciva a stare dietro agli altri ragazzi e non rispettava i tempi di lavoro. Arrivava in ritardo o rimaneva a lavorare fino a tardi per recuperare il lavoro arretrato. Una vera scocciatura! Per non pensare a quei vestiti scomodi che doveva indossare tutta la giornata. Spesso si chiedeva come facevano i suoi colleghi a rimanere impassibili in silenzio davanti allo schermo del pc. Erano terribilmente noiosi di natura o ormai la routine aveva preso il sopravvento?

Quel mercoledì mattina sembrava interminabile. Fu sollevato solo dalla pausa pranzo. Mentre passeggiava ad Hyde Park sorseggiando un caffé, si imbatté in una ragazza dai capelli rossi.

Wendy: Scusa, sai dirmi che ore sono?

Peter fece per dire di no, ma poi si ricordò dell'orologio al polso. Lui odiava gli orologi, perché si intromettevano con prepotenza nella vita, ma in banca era stato obbligato a indossarne uno.

Peter: Sono le 13:40.

La ragazza salutò e si avviò, ma dopo un paio di passi si voltò verso Peter.

Wendy: Scusa se te lo chiedo, ma ci conosciamo? Non so perchè, ma hai qualcosa di familiare.

Peter la guardò attentamente e le fece un sorriso.

Peter: Purtroppo no.

La ragazza fece un sorriso imbarazzato.

Wendy: Devo averti confuso con un altro.

Peter: Se fossi stato quell'altro, non ti avrei lasciata da sola a parlare con uno sconosciuto.

La ragazza rimase incantanta da ragazzo.

Wendy: Già...

Un gruppo di ragazze arrivò nel parco.

Ragazza2: Wendy, ma dov'eri finita? Siamo già in ritardo di mezzora!

Wendy si voltò verso le sue amiche.

Wendy: Arrivo subito!

Poi tornò a guardare il ragazzo che aveva di fronte.

Wendy: Devo andare. Grazie ancora.

Wendy corse verso le amiche e si lasciò alle spalle quel ragazzo appena incontrato.

Ragazza2: Quel ragazzo è troppo figo. Lo conosci?

Wendy: No, però mi sembra di averlo già visto.

Peter rimase immobile con il suo caffé a guardare il gruppo della ragazza che aveva appena incontrato. Wendy, così si chiamava. Non l'aveva mai vista, però era sicuro di una cosa: Era stupenda. I suoi occhi verdi erano profondi come il mare. Il suo viso, incorniciato da capelli ramati, era di una bellezza eterea. Interruppe le sue fantasticherie e tornò a malincuore verso la banca.

 

Ore 17:30. Dopo l'ennesimo fascicolo, Peter sprofondò nella sedia. Non sapeva perché, ma non riusciva a togliersi dalla testa la ragazza del parco. Averla vista lo aveva scombussolato. Si sentiva strano e allo stesso tempo eccitato. Si passò le mani tra i capelli e guardò il proprio riflesso nella vetrata davanti a lui. Era questo che voleva diventare, un contabile depresso e frustrato?

Peter: Che vadano al diavolo.

Peter scaraventò la cartellina sulla scrivania e si slacciò la cravatta che aveva al collo. I suoi colleghi lo guardano basiti.

Peter: Che problema avete? Sto solo facendo quello che voi vorreste fare, ma siete troppo codardi per farlo.

Collega: Cosa staresti facendo?

Peter: Mi licenzio.

Peter prese la sua roba e bussò alla porta del capo.

Peter: Patterson, io mi licenzio.

Capo: Cosa diavolo...?

Peter: Hasta la vista.

Capo: Quando tuò padre verrà a saperlo...

Peter: ...gli verrà un bel colpo, lo so. Ora se non vi dispiace, dovrei andare. Buona continuazione.

Peter uscì dalla banca trionfante. Ci aveva provato, ma non era cosa per lui. Quando arrivò a casa, suo padre aveva già appreso la notizia.

Mr Pan: Che razza di ingranto! Come hai osato licenziarti?

Peter: Ci ho provato, ma non mi piace. Preferisco tornare al pub.

Mr Pan: Hai idea di cosa ho dovuto fare per farti ottenere quel posto?

Peter: Lo so, lo so. Ma mi avevi dato la tua parola, se il lavoro non mi fosse piaciuto avrei potuto lasciarlo. Questi erano i patti.

Mr Pan: Non me ne freta niente di quello che ti ho detto! Pretendo che tu domani torni dal signor Patterson e gli porgi le tue più sentite scuse! Farò una telefonata e vedrai che potrà riassumerti.

Peter: Non ci penso proprio. Da domani torno al pub.

Mr Pan: Ragazzo mio, quando vorrai crescere? Sei solo un bambino!

Peter: Come scusa?

Mr Pan: Mi hai sentito benissimo! Sei solo un bambino che ha paura di diventare adulto. Di questo passo non andrai da nessuna parte!

Peter si sentì travolto da una strana sensazione di vertigine. Improvvisamente tutto gli sembrò diverso. Aveva dei ricordi che non sapeva di avere. L'isola che non c'è, Capitan Uncino, i bambini sperduti e... Wendy. Wendy! Ora sapeva chi era la ragazza del parco. Era Wendy. Ricordò il loro bacio sulla nave, quando era venuto a salvare lei e gli altri ragazzi da Capitan Uncino.

Mr Pan: Mi stai ascoltando, almeno?!? Mi chiedo dove tu abbia la testa!

Peter guardò il padre e poi la porta. Poi uscì di corsa dalla casa.

Mr Pan: Dove stai andando?

Ma ormai le parole del padre erano troppo lontane. Peter alzò il viso verso il cielo stellato.

Peter: Trilly ho bisogno del tuo aiuto.

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Capitolo 2
*** La proposta di Trilly ***


Capitolo 2: La proposta di Trilly

 

Peter rimase fuori nella fredda notte ad aspettare l'arrivo della fatina Trilly. Ora che ricordava tutto, voleva ritornare subito all'Isola che non c'è. Aveva provato a crescere, ma il suo impegno non era stato capito da suo padre. Dopo un po' di attesa Trilly spuntò davanti alla faccia di Peter, svolazzando felice.

Trilly: Ciao, Peter!

Peter: Ciao, Trilly!

Trilly: Sono felice di vederti. Credevo che ti fossi dimenticato di me.

Peter: Solo per un po' di tempo. Perchè adesso ricordo tutto?

Trilly: L'incantesimo delle fate che hai usato per tornare a Mondofermo doveva far sì che tu dimenticassi le avventure vissute sull'Isola che non cè. Per te, sarebbe stato tutto un ricordo sfocato, come quando non hai memoria di un sogno appena fatto. Ora, hai risvegliato la tua mente perché hai desiderato nuovamente di non diventare adulto.

Peter: Capisco.

Trilly: Ora, Peter, cosa vuoi fare?

Peter: Tornare all'Isola che non c'è.

Trilly: Forse non ricordi più la strada...

Peter guardò la fatina con aria di sfida.

Peter: Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino.

Trilly: Allora hai bisogno della mia polvere di fata.

Trilly prese una manciata di polvere di fata e la fece cadere con cura sulla testa di Peter. Pochi istanti dopo Peter cominciò a sollevarsi da terra.

Peter: Faccio strada io?





 

Peter e Trilly volarono sopra alla grande città di Londra. La notte era fresca e illuminata dalle tantissime stelle che ricoprivano il cielo. Peter si sentiva felice e privo di pensieri, era da molto tempo che non provava la bellissima sensazione di leggerezza di quando si dirigeva verso l'Isola che non c'è. Quando Wendy e i bambini sperduti avevano deciso di crescere e tornare a casa, Peter aveva passato un po' di tempo a vivere nuove avventure, però poi si era sentito solo. Perciò aveva deciso che era giunto il momento di crescere, ma ora non desiderava altro che tornare sull'isola.

Trilly: Siamo arrivati.

Peter spalancò gli occhi emozionato. Sotto di loro c'era la grande isola verde circondata da splendidi arcobaleni.

Trilly: Bentornato a casa.

Peter provava una gioia indescrivibile, era esaltato dai colori e dai profumi che emanavano i fiori dell'isola.





 

Trilly e Peter atterrarono nella laguna delle sirene. Sin da subito, Peter si accorse che c'era qualcosa di diverso nella laguna che aveva sempre conosciuto. Si guardò intorno per qualche istante.

Peter: Trilly, dove sono le sirene?

Sul volto della fata, comparve un'espressione triste a angosciata.

Trilly: Mi dispiace dirtelo, ma le sirene non ci sono più.

Peter: Che cosa?!?

Trilly: Da quando te ne sei andato sono successe molte cose.

Peter: Ma... come è successo?

Trilly smise di volare e si posò su una foglia.

Trilly: Il pirata Cuorenero si è insiediato sull'isola. Lui e la sua ciurma hanno rapito tutte le sirene e e le tengono prigioniere chissà dove. Noi fate le abbiamo cercate ovunque, ma non siamo riuscite a trovarle.

Una piccola lacrima comparve sul volto di Trilly.

Trilly: Mi dispiace.

Gli occhi di Peter erano pieni di rabbia.

Peter: Non conosco questo... Cuorenero, ma la pagherà! Questo è poco ma sicuro.

Trilly: No, Peter! Non puoi farcela! Cuorenero è molto più forte di Capitan Uncino, affrontarlo da solo sarà una pazzia!

Peter: Ma cosa possiamo fare per aiutare le sirene?

Trilly: Forse c'è un modo, ma non ti posso promettere niente.

Peter: Dimmi tutto.

Trilly: Cuorenero ha rapito tutte le sirene, ma tranne una.

Peter: Cosa intendi dire?

Trilly: Sull'isola vive una ragazza, Tara, che è per metà sirena e per metà umana. Credo che lei potrebbe aiutarci, anche perchè Cuorenero non sa che lei è un ibrido.

Peter: Portami da questa ragazza.





Trilly fece strada tra la fitta foresta, fino a raggiungere una piccola costruzione in legno vicino alle montagne. Peter guardò più attentamente, l'abitazione era ridotta male e sembrava che stesse per cadere a pezzi.

Peter: Sei sicura che possiamo trovarla qui? Sembra abbandonata!

Trilly: Tara e suo padre abitano in quella casetta. Suo padre Simon è un ricercatore, un tipo disordinato e con la testa fra le nuvole.

Peter: Un ricercatore? Ma è pericoloso, non dovrebbe stare qui!

Trilly: La madre di Tara è stata rapita dopo averla data alla luce. La ragazza non ha mai conosciuto la madre, perciò suo padre ha studiato tutte le carte dell'isola e dei sette mari per poter riunire la figlia alla madre. Personalmente credo che abbia perso un po' la testa, ma in fondo è solo un padre disperato.

Peter: Ho capito.

Peter, seguito dalla piccola Trilly, si avvicinò silenzioso verso la casetta in legno.

Peter: C'è nessuno?

Peter non ricevette risposta, così si voltò verso Trilly con sguardo implorante.

Peter: Sembra vuota.

Trilly: Riprova.

Peter si posizionò davanti alla piccola particina della casa e bussò con forza.

Peter: C'è qualcuno in casa?

Peter sentì dei rumori provenire dall'interno della casetta. Dopo qualche istante, un uomo dall'aspetto trasandato aprì la porta. Aveva una corta barba grigia e capelli spettinati. Quello doveva essere Simon, il padre di Tara.

Simon: E tu chi sei?

Peter: Mi chiamo Peter Pan.

Simon: Mai sentito nominare.

L'uomo fece per chiudere la porta, ma Peter lo fermò all'istante.

Peter: Aspetta. Sono venuto qui con Trilly per aiutarvi.

L'uomo fissò il ragazzo e poi la fatina bionda che svolazzava lì vicino.

Simon: Noi non abbiamo chiesto aiuto a nessuno.

Peter: Ho intenzione di cercare le sirene che sono state catturate da Cuorenero. Le fate pensano che tua figlia Tara ci possa aiutare.

Simon: Che cosa sanno di lei?

Peter: Sanno tutto quello che c'è da sapere.

Il viso di Simon si fece improvvisamente preoccupato.

Simon: Vi prego! Non ditelo a Cuorenero, altrimenti prenderà anche la mia bambina!

Peter: Non ti preoccupare, noi non lo faremo.

Simon pareva essersi convinto dell'onestà di Peter, così gli fece cenno di entrare.

Simon: Tara ora non è in casa. L'ho mandato al campo indiano a prendere delle erbe, ma se volete accomodarvi potete spiegarmi quello che avete in mente.

Simon fece accomodare Peter su una piccola panca malridotta e prese una scatola di fiammiferi per far sedere Trilly.

Simon: Ecco fatto.

Peter: Non abbiamo ancora elaborato un piano, ma abbiamo intenzione di cercare le sirene.

Simon: Ma Tara come può aiutarvi?

Peter guardò Trilly.

Peter: Ancora non lo sappiamo. Ma Trilly convocherà una riunione straodinaria con le altre fate.

Simon: Io ho cercato la mia cara Rosemarine ovunque. Senza offesa, ma non credo che tu e un gruppo di fate riuscirete a trovare le sirene.

Peter parve avere un'idea e guardò la fatina.

Peter: E se cercassi di riportare qui Wendy e gli altri? Sono sicuro che ci darebbero una mano.

Trilly: Possiamo provare.

Peter tornò a guardare Simon.

Peter: Devo chiedere a un gruppo di amici di unirsi a noi. Devo sapere prima se appoggerai la nostra causa.

Simon strofinò le mani agitato.

Simon: Farei tutto il possibile per portare indietro la mia Rosemarine. Tara ha bisogno di sua madre.

Peter: Ben detto! Ora non mi resta che coinvincere gli altri a tornare, poi elaboreremo un piano.

Peter, con fare trionfante, si rivolse alla piccola fata.

Peter: Ora andiamo a prendere gli altri.

 

 

 

 

 

 

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