Peeta's Hunger Games

di samubura
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15-16 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 17-18 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 27 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Mi è concesso più tempo oggi, svegliarsi tardi all’inizio sembra un sogno.
Poi realizzo che è solamente per il giorno della mietitura che i miei genitori mi esonerano dai lavori del forno. E il sogno si trasforma nel peggiore degli incubi che una volta l’anno si ripresenta sempre uguale.
Mia madre ha preparato un bagno caldo, mi lavo in fretta, ma con cura, so quanto ci tiene ai dettagli, specialmente in questo “giorno speciale”, devi essere perfetto nel caso fossi estratto, che figura faresti davanti ai tuoi carnefici?
I settantaquattresimi Hunger Games stavano per iniziare. Per ri-iniziare, ogni anno tornavano con i loro maxi schermi, la schedatura e la sceneggiata dell’estrazione e della fondamentale importanza che i giochi avevano per tutti noi abitanti di Panem. Settantaquattro anni di tortura, umiliazione, punizione per l’insurrezione dei distretti contro la capitale. Giro per casa indisturbato, sono tutti ad affaccendarsi attorno al forno, il pane si mangia anche il giorno della mietitura in fondo. Oggi persino io posso mangiare quello fresco, non più quello vecchio e stantio che non si può vendere né buttar via. È una specie di festa in fondo, se si dimenticano i due ragazzi che vengono estratti a sorte e la paura di essere al loro posto.
Il distretto 12 è povero, la nostra economia si fonda sulle miniere di carbone. Il carbone serve a Capitol City, ogni distretto produce qualcosa di specifico per Capitol City. Così è come ci insegnano a scuola. Non parlano quasi mai degli altri distretti, per scoraggiare i contatti e eliminare i rischi di una nuova ribellione. L’ultima ci viene raccontata come un inutile spargimento di sangue e a ricordarcelo ogni anno ci sono la distruzione del distretto 13 e gli Hunger Games.
A diciotto anni i ragazzi iniziano la loro routine nel sottosuolo. Non mancano gli incidenti. Io sono fortunato, i miei genitori possiedono il forno del distretto. È dura mandarlo avanti certo, lavoro già da parecchio dopo la scuola, ma sicuramente non rischio più che una bruciatura. Andare in giro per casa senza molto da fare mi sembra strano. In effetti ci sono ragazzi che rischiano molto di più di me. Dai dodici, quando diventi sorteggiabile, i ragazzi più poveri possono “aggiungere” una nomina per una fornitura di cereali per loro e per altri componenti della loro famiglia. Per fortuna non l’ho mai dovuto fare, siamo abbastanza fortunati qua al distretto 12 non è lusso, ma è meglio di chi non ha niente. Ci sono ragazzi che avranno una trentina di nomine dentro la boccia di vetro dei tributi maschi, io solamente cinque. C’è una certa probabilità anche per me è vero, ma c’è a chi va peggio.
Torno in camera, mi vesto lasciando per la cerimonia della mietitura gli abiti da festa che mia madre ha lasciato ben piegati sul letto.  Mi avvio verso il forno perché ho bisogno di rendermi utile. Attendere senza far nulla il mio destino mi uccide.
Tutti evitano il mio sguardo. Forse per non mostrare la preoccupazione, mancano due anni e poi la mia famiglia sarà fuori dall’incubo della mietitura. Dovremo ancora vedere ragazzi e ragazze scelti e mandati al macello ogni anno, ma potremo stare più tranquilli.
Mio padre e i miei fratelli si mostrano troppo indaffarati per evitarmi. Mia madre è l’unica comprensiva. Mi viene incontro e mi abbraccia, si spinge in punta di piedi per darmi un bacio sulla fronte come quando ero più piccolo. Poi mi porta con lei vicino al ripiano, dove ci sono le torte da decorare. Nel giorno della mietitura è importante fare la vetrina più bella del solito, un sacco di gente verrà in piazza e dobbiamo farci notare. Anche se più della metà delle persone del distretto 12 non può permettersi neanche una fetta mi fa sempre piacere quando le persone si fermano a guardare le mie “opere”. Decoro torte da un po’. È la mia più grande passione. Mia madre dice che sono un artista.
Semplicemente, mi piace farlo. Mi rilassa e mi fa uscire dagli spazi stretti del distretto 12. So che non andrò mai via di qua, è impossibile, ma posso spaziare con l’immaginazione quanto voglio e lavorare la glassa, usare colori, comporre forme che mi fanno sentire un po’ più libero. Mi piace anche quando la gente si ferma davanti alla vetrina. Mi fermo anch’io a guardarli che indicano le mie torte. C’è una ragazzina, bionda, che viene sempre con la sorella. Si fermano sempre a guardare e restano più di tutti. Non mi stancherei mai di guardare dall’altra parte del vetro se non fosse per mio padre che mi richiama arrabbiato.
Conosco quella ragazza con lo sguardo troppo freddo per il sorriso che ha sulle labbra mentre asseconda la sua adorata sorella. Gli occhi grigi della gente del Giacimento, il quartiere più povero, diversi dai miei azzurri, ma immensamente belli e profondi. Fa la mia scuola e la “conosco” da sempre. In effetti, non è proprio così, penso che non ci siamo neanche mai scambiati una parola. Solo qualche sguardo da un lato all’altro di un corridoio.
Un giorno ricordo che era fuori dalla panetteria, pioveva e stava malissimo. Suo padre era morto da poco in un incidente e il peso della famiglia era ricaduto sulle sue spalle ancora non pronte. Sua madre paralizzata dal dolore, incapace di superarlo. Stava morendo di fame. Io lavoravo al forno, stavo cuocendo il pane quando la vidi accasciarsi con la schiena appoggiata al tronco di un albero. Sarei voluto uscire ad aiutarla, ma di gente che muore per la strada al distretto dodici ce n’è parecchia, che fosse una ragazzina non faceva differenza. Due pagnotte caddero nel fuoco. Mia madre mi picchiò e mi urlò di stare più attento.
Mi mandarono fuori per darle ai maiali. Erano completamente nere fuori, ma erano tutto per qualcuno che non ha nient’altro e tre bocche da sfamare. Le lanciai nella sua direzione, non dissi niente, lei neanche. Fu solo un lungo intenso sguardo.
Non era stata disattenzione.
Ogni anno, prima di sperare di non essere estratto per la mietitura, spero che non sia lei.
Mi occupo io della vetrina, mia madre me lo lascia fare. Nel suo sguardo c’è quel “potrebbe essere l’ultima volta” non proprio rassicurante. Bisogna sempre prepararsi al peggio. La fortuna può non essere a tuo favore.
La mietitura si svolge nella piazza principale, già dalla sera prima avevano iniziato a montare i tralicci per i maxischermi, il palco e tutte le apparecchiature televisive per non far perdere neanche un minuto ai famelici telespettatori di Capitol City. La mietitura inizia all’una in punto. C’è ancora molto tempo ma sembra già tutto pronto per quegli attimi fatali. Gli stendardi con il simbolo della capitale sono appesi ovunque, squadre di pacificatori sorvegliano la zona, addetti delle troupe televisive si muovono freneticamente per scegliere dove piazzare le telecamere per una migliore inquadratura. Vestiti con i colori sgargianti della capitale sembrano a dir poco fuori luogo qua nel distretto 12 dove quello che non è nero per la polvere di carbone è grigio.
Solo i boschi che si estendono al di là della recinzione elettrificata sono di un bel verde intenso. Li guardo spesso quando ho del tempo per stare un po’ con me stesso. Dicono che la recinzione si possa scavalcare facilmente, molti vanno a cacciare la selvaggina e la rivendono al mercato nero perché è illegale ovviamente. Non mi sono mai arrischiato neanche ad avvicinarmi al recinto. Non voglio mettere nei guai la mia famiglia. Anche se i pacificatori del distretto 12 non sono così ferrei, la legge è la legge e possedere armi, anche solo per cacciare potrebbe assicurarti una pallottola in testa.
Cerco di essere più intento che posso nel mio compito. Curo ogni dettaglio sperando di ingannare il tempo più che posso facendo qualcosa che mi piace. Non pensare a quello che sta per succedere.
Quando torno in casa mi stanno aspettando in cucina, attorno al tavolo sono già seduti mio padre e i miei due fratelli maggiori. Le loro facce rabbuiate mutano al mio ingresso in sorrisi incoraggianti. C’è poco da nascondere, è ovvio che siano preoccupati, ma fa piacere lo stesso vedere come si sforzano di far sembrare tutto normale. Oggi a pranzo niente scoiattoli e pane stantio. Mamma ha comprato carne più pregiata al mercato, gli scoiattoli di solito mio padre li compra da Katniss. È il nome della ragazza del Giacimento che accompagna la sorellina a guardare le mie torte. Lei caccia, nei boschi. Quasi la invidio, mi chiedo quante meraviglie possa trovare laggiù tra le valli. Mio padre è contento di fare affari con Katniss. Come praticamente tutti nel distretto è affezionato a sua sorella. Dice anche che è una cacciatrice provetta, centra sempre gli scoiattoli in un occhio. Partirebbe in vantaggio in dei possibili giochi.
Mangiamo in silenzio, tenendo d’occhio l’orologio di cui posso quasi sentire il ticchettio. Quando abbiamo finito i miei fratelli tornano al forno, mi danno delle pacche sulle spalle e un augurio di buona fortuna forse mai più sentito di così. Anche mio padre mi saluta, mi stringe tra le sue braccia forti.
-Spero di rivederti Peeta.
-Anche io papà…
Torno in camera per vestirmi. Tutti si mettono il vestito buono per far bella impressione. In fondo si va in televisione. Mia madre entra e mi pettina i capelli. Mi abbraccia e piange, senza dire niente. È così ogni anno, dev’essere particolarmente dura per lei.
Scendiamo insieme in piazza, il resto della mia famiglia scenderà più tardi. Lei invece mi accompagna fino a che non dobbiamo separarci, mi stringe forte la mano che non mi ha lasciato da quando siamo usciti di casa e mi bacia sulla guancia.
I ragazzi e le ragazze sorteggiabili devono essere prima schedati, poi vengono indirizzati da alcuni pacificatori in dei settori recintati da cordoni. Ci si dispone in file in ordine di età, mi ritrovo con alcuni compagni di scuola con cui scambio solo un saluto nervoso. Non è il momento migliore per fare due chiacchiere.
Sul palco ci sono le due bocce con le strisce di carta che segnano i nostri nomi e il nostro destino. Solo 5 con scritto Peeta Mellark e comunque una grande paura. Ci sono solo due persone sul palco. Sedute, aspettano piuttosto agitati. Uno è il sindaco del distretto è un uomo alto, non più giovane, avrà pressappoco l’ètà di mio padre. Ha una figlia che ha la mia stessa età, anche lei può essere sorteggiata, nei suoi occhi vedo la stessa inquietudine che regna in tutti gli abitanti del distretto radunati e accalcati per scoprire che saranno gli sfortunati estratti per rappresentare il distretto 12 nei settantaquattresimi Hunger Games. Accanto a lui è seduta Effie Trinket, la accompagnatrice del nostro distretto in pieno stile Capitol City. Capelli rosa e un elegante tailleur verde prato. Sulle labbra un sorriso falso perché tutti sanno che muore dalla voglia di essere assegnata a un altro distretto. Nel dodici c’è solo un vincitore ancora vivo, ma solo due in totale. Che al momento è assente e a quanto sembra dalle facce di Effie e del sindaco Undersee nessuno sa dove si trovi.
È compito degli ex-vincitori essere mentori dei nuovi tributi. Generalmente ogni tributo ha il suo mentore personale, ma essendoci solo Haymitch nel distretto 12 entrambi gli sfortunati scelti sono costretti a riporre le loro poche speranze di salvezza in un alcoolista.
L’orologio sopra il palazzo di giustizia batte le due e il sindaco Undersee si alza in piedi e prende posto al microfono ripetendo il discorso che ricorda a tutti noi abitanti dei distretti i Giorni Bui della ribellione, la distruzione del distretto tredici e la nascita degli Hunger Games. Nel Trattato del Tradimento vennero stipulate le regole dei giochi per tener viva la memoria della rivolta dei distretti contro la Capitale. Due tributi, un ragazzo e una ragazza, da ogni distretto. Ventiquattro entrano nell’arena, uno solo esce ricoperto di gloria.
E tutto questo è celebrato dalla Capitale come un evento televisivo, una festa, una competizione sportiva, e siamo costretti a celebrarlo anche noi. Per dimostrare quanto è forte il potere di Capitol City. Quanto la nostra amata capitale ci tenga in pugno, tanto da costringerci a far lottare i nostri figli all’ultimo sangue in diretta televisiva.
Terminata la formula di prassi appare Haymitch Abernathy sul palco. È visibilmente ubriaco urla qualcosa che nessuno riesce a capire e si accascia sulla sedia che gli spetta quasi per miracolo. Cerca di abbracciare Effie che riesce ad evitarlo scandalizzata. Per cercare di recuperare la situazione inizia un applauso tentennante e il sindaco presenta Effie che si alza e raggiunge il microfono ticchettando sui suoi tacchi a spillo.
-Felici Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre in vostro favore!
Il classico slogan idiota dei giochi. Continua a blaterare nell’accento della capitale che prendiamo sempre in giro quando siamo soli tra ragazzi. Dice di essere felice di essere ancora qua al distretto 12 ma tutti sanno che è una bugia. Non la ascolto. Penso solo che tra pochissimo ci saranno le estrazioni e la tensione è alle stelle –Come sempre, prima le signore! – il mio sguardo si sposta dalla mano di Effie che scende a pescare nella boccia di vetro alla folla di ragazze in cerca di Katniss. Non la trovo e torno a fissare il palco dove Effie è tornata davanti al microfono per leggere il biglietto.
-Primrose Everdeen!
No.
Non lei.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Un sospiro generale, come se l’intera popolazione del distretto dodici stesse trattenendo il fiato per la sfortunata sorte di quella bambina che quasi tutti conoscevano e amavano.
Effie Trinket scruta in mezzo alla folla delle ragazze per vedere quale avesse reagito al nome appena letto. Poi Prim in silenzio, a piccoli rigidi passi inizia a camminare lungo il corridoio umano che porta verso il palco. Terribilmente fragile e sola. I pugni stretti  tanto da farle le nocche bianche, le braccia stese lungo i fianchi. Lo sguardo di una bambina troppo piccola per un destino così crudele. Un solo biglietto in mezzo a migliaia. La buona sorte non era stata dalla sua parte.
Un nodo allo stomaco riporta all’idea che io ne ho comunque cinque. Mi sentivo quasi protetto, ma l’estrazione di Prim come tributo cambiava tutto.
-Prim!
Un urlo strozzato a rompere il silenzio funebre che era calato sulla intera piazza. Senza dovermi voltare per vedere da che direzione arrivava quel grido disperato so che è Katniss la ragazza che corre verso quel piccolo agnello sacrificale arrivato a metà del percorso. Sapevo che l’avrebbe fatto. Avrebbe fatto qualunque cosa per sua sorella.
La abbraccia e la spinge dietro di sé.
-Mi offro volontaria!- grida diretta verso il palco, con ritrovata fermezza nella voce –Mi offro volontaria come tributo!
Colpo di scena. Il mormorio cresce di volume in piazza. Nel distretto dodici essere un tributo è come essere già morti. Nessuno sceglie volontariamente di farsi ammazzare. Ma c’era qualcosa di più quella volta. C’era l’amore incondizionato di due sorelle.
Anche sul palco l’inaspettato evento crea un certo disordine. Secondo quello che è il protocollo una volta che era stato letto il nume di un tributo un ragazzo o una ragazza, a seconda del sesso dell’estratto, poteva scegliere di prendere il suo posto. In alcuni distretti c’erano persino più di un volontario, ma nel dodici era una tale novità che persino Effie ha bisogno di qualche attimo per assimilare la cosa
-Splendido! – esclama. Farfuglia qualcosa sul protocollo senza riuscire ad arrivare alla fine del discorso quando il sindaco Undersee interviene –A che serve? – con un’espressione chiaramente turbata e forse addirittura commossa. Conosce Katniss probabilmente, lei e la figlia andaranno probabilmente a scuola insieme e forse si ricorda persino di quella ragazza ancora bambina a cui aveva consegnato una medaglia al valore in qualità di figlia maggiore di un padre scomparso nelle miniere. Chissà, io mi ricordo di quel giorno.
–A che serve? Lasciate che venga.
Prim è attaccata al suo vestito grida piange come impazzita –No! Katniss non puoi andare!
Katniss si gira verso la sorellina e le sussurra qualcosa che non posso sentire nella confusione della piazza. Tutti allungano il collo per vedere meglio senza scomporre le file ordinate in cui i pacificatori ci hanno disposto. Vedo un ragazzo che le raggiunge e sollevando Prim da terra la riporta dalla madre. Conosco anche lui, ma solamente di vista. Si chiama Gale e a quanto pare è il compagno di caccia di Katniss, non so se c’è dell’altro tra loro ma so per certo che sono molto legati. Si scambiano qualche parola e uno sguardo probabilmente di addio. Questo farà sicuramente impazzire la Capitale.
Katniss sale sul palco. Lo sguardo fisso, forte, determinato.
-Bene, brava! Questo è lo spirito del programma! Come ti chiami?
-Katniss Everdeen.
-Mi sarei giocata la testa che quella era tua sorella. Non vogliamo che ci rubi tutta la gloria, vero? Coraggio, allora! Facciamo tutti un bell’applauso al nostro nuovo tributo!
La piazza resta in silenzio. Una protesta muta che ha sicuramente il suo effetto. Le parole di Effie rimbombano senza risultato. Poi lentamente uno dopo l’altro le persone del distretto 12 portano le tre dita in mezzo della mano sinistra alle labbra e poi stendono il braccio in direzione di Katniss. È un antico gesto del nostro distretto. Significa rispetto, ammirazione e raramente si vede ai funerali come saluto a qualcuno di importante per te. Una crepa di commozione si delinea su quel volto di pietra quando Haymitch sceglie di fare la sua comparsa.
-Guardatela. Guardate questa qui! – barcolla e cerca di trovare le parole che gli vengono con estrema difficoltà, la mente annebbiata dall’alcool. Si appoggia a Katniss e le mette un braccio intorno alle spalle.
-Mi piace! Ha un gran… -per un attimo il suo sguardo si perde a cercare la parola dentro di sé-… fegato! – urla infine –Più di voi!
No, non noi del distretto. È girato verso una telecamera, come se volesse parlare agli spettatori o addirittura alla capitale stessa. Probabilmente è talmente ubriaco da mettersi seriamente nei guai se continua con il suo discorso, ma proprio mentre sta per aprire di nuovo bocca cade dal palco perdendo i sensi. Una squadra medica lo carica su una barella e lo porta via immediatamente.
La faccia di Effie è a dir poco sconvolta. Mai una cerimonia della mietitura era stata simile. Tentando di riprendere in mano la situazione esclama con il solito tono gioioso –Che giornata emozionante! Ma altre emozioni ci aspettano! È giunto il momento di scegliere il nostro tributo maschile!
La parrucca rosa che indossa è tutta storta verso destra, cerca inutilmente di sistemarla e poi opta per sorreggerla mentre velocemente si avvicina alla boccia di vetro con le striscioline di carta. Cinque di quelle portano il mio nome. La mano cala all’interno e riemerge con un solo pezzetto di carta stretto tra le dita in pochi attimi e Effie ritorna alla pedana con evidente fretta di concludere quella rovinosa giornata.
È il momento della verità. Le sue labbra si avvicinano al microfono e con voce squillante legge il nome del tributo estratto.
-Peeta Mellark!
È come un cazzotto in mezzo al petto. Di quelli che tolgono il respiro. Come i colpi di cannone che segnano la morte di un tributo nell’arena. È come se suonasse già per me.
Non ho possibilità di vincere, oltre a lavorare al forno non ho fatto mai nient’altro nella mia vita. Decorare torte non uccide nessuno. Non voglio uccidere nessuno. Ma mentre penso sto già camminando in mezzo al corridoio di persone che evitano il mio sguardo. E mi sento così fragile, come quella bambina bionda che camminava sola incontro al suo destino. Nessuno avrebbe salvato me.
E poi Katniss.
Essere estratto con lei significa solo una cosa. Uno dei due muore. Faceva già abbastanza male pensare che forse sarebbe morta nell’arena senza che io avessi potuto mai neanche rivolgerle la parola. Adesso c’era da considerare l’eventualità di una morte per mano mia.
No. Non ce l’avrei mai fatta.
Salgo sul palco Effie Trinket mi accoglie con grandi sorrisi e moine. Katniss rimane con lo sguardo fisso sulla folla. Sono sicuro che si ricordi di me. Per la gente del distretto dodici essere in debito con qualcuno è molto importante. Ce lo insegnano da subito. Probabilmente non mi perdona quella storia del pane. Non voleva aiuto. Ma ne aveva bisogno. Fredda, bagnata fino al midollo, semimorta nel cortile di casa mia. Con mia madre che le urlava di andarsene.
Mia madre. Cerco il suo volto tra la folla di parenti e non che si accalca al limite della piazza. Non la trovo. Ma le rivolgo comunque un saluto silenzioso.
Il sindaco Undersee ritorna al centro della scena, conclude il Trattato del Tradimento e invita me e Katniss a stringerci la mano. È la prima volta che siamo così vicini, la prima che ci tocchiamo.
La guardo negli occhi grigi come mai avevo potuto fare. A scuola capitava spesso che rimanessi a fissarla finché lei non si accorgeva di me. Era imbarazzante, ma non riuscivo ad evitarlo. L’inno di Panem conclude la cerimonia. Le note rimbombano nella mia testa impedendo ai pensieri di farsi strada.
Sto per morire, ma almeno potrò proteggere la ragazza che amo e riportarla sana e salva a sua sorella.
Sì, so quel che farò.


Curiosissimo di sapere che cosa ne pensate! Se volete, lasciate una recensione :)
-samubura-

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


L’inno finisce, lasciando posto al mormorio della folla. Un gruppo di Pacificatori scorta me e Katniss all’interno del Palazzo di Giustizia. Conducono Katniss in una stanza e me in un'altra. Solo.
È un salotto magnifico. Mobili di legno lucidi come specchi, divani imbottiti. Mi siedo quasi con timore riverenziale verso quei pezzi d’arredamento così diversi dai miei. Abbiamo un’ora di tempo per salutare i nostri cari. Attendo che la porta si apra per vedere chi verrà a salutarmi.
La maniglia si gira e i miei genitori entrano scortati da un pacificatore che fa la guardia di fuori. Mia madre mi getta le mani al collo, anche mio padre mi stringe tra le sue braccia robuste. Vedo il loro sforzo di non mostrare il dolore che li trafigge e lo apprezzo. Si siedono ai lati del divano, con me in mezzo, per parecchio tempo nessuno trova la forza di dire nulla. Poi mia madre se ne esce con un –Ti ho voluto bene Peeta – e scoppia in singhiozzi. È come se fossi già morto.
-Vai e mostragli tutto quello che sai fare, sii te stesso, sii orgoglioso di essere un Mellark e di venire dal distretto 12. Dimostragli che non siamo come loro.
Mi è un po’ difficile capire le parole di mio padre. Non mi sta invitando a vincere, no. È qualcosa di diverso. Più profondo, più grande. Mi  lascia tra le mani un sacchetto con del pane. In quel momento è il regalo più bello che potesse farmi, per non dimenticarmi mai chi sono.
Mi abbracciano di nuovo entrambi, il calore dei loro corpi che non sentirò mai più mi riempie di gioia e tristezza allo stesso tempo. Non voglio che mi vedano piangere e trattengo le lacrime a forza.
Il pacificatore che è di guardia alla mia porta entra e annuncia che il loro tempo è scaduto. Mia madre mi bacia per l’ultima volta.
-Il distretto 12 potrebbe anche avere un vincitore quest’anno… è una tosta quella- mormora piano.
Non è di me che sta parlando.
Anche i miei fratelli vengono a trovarmi, tra noi non c’è mai stata un’intesa particolarmente forte, sono il più piccolo e quindi quello a cui facevano i dispetti. L’ultimo arrivato.
Ma li vedo dispiaciuti, pensano che potevano esserci loro in quel momento al mio posto, sanno com’è il terrore della mietitura, l’incubo a cui loro sono sfuggiti incolumi. Io non ce l’ho fatta.
-È stata sfortuna, lotta.
È l’unico consiglio che il mio fratello maggiore riesce a darmi. Vedo nei suoi occhi che vorrebbe dirmi molto di più ma adesso non riesce a trovare le parole per farlo. Gli rispondo che lo farò. Ed è vero, lo farò, ma non per me, per Katniss.
Anche loro sono costretti ad andare. È l’ultima volta che mi è concesso vedere la mia famiglia. Non mi aspetto ulteriori visite quindi mi alzo dal divano e sgranchisco le gambe aspettando che un pacificatore venga a prendermi per condurmi sul treno diretto a Capitol City.
Invece quando la porta si apre nuovamente vedo Prim.
Abbiamo parlato solo una volta. Stavo facendo la vetrina della panetteria e lei era capitata là per caso. Katniss era probabilmente impegnata lì vicino ma non era nei paraggi. Ero uscito fuori e le avevo chiesto qual’era la torta che le piacesse di più. Una domanda innocente alla mia fan numero uno. Aveva sorriso con aria timida e indicato una torta glassata di azzurro, con sopra una rosa.
Ero tornato dentro la panetteria e l’avevo spostata per metterla proprio al centro della vetrina. Aveva fatto un cenno di approvazione ed era tornata dalla sorella.
Adesso quella bambina sta lì in piedi davanti alla porta con gli occhi puntati sul possibile assassino della sua amata sorellona. Sono paralizzato, mi sento un mostro a stare semplicemente alla sua presenza. Ma non sembra arrabbiata, anzi. La invito a sedersi e prende posto timidamente in una poltrona di fronte al divano. Aspetto che sia lei a parlare perché non saprei assolutamente che cosa dirle. In fondo è lei che è piombata nella stanza. Basta che non stia per tutto il tempo che le è concesso a fissarmi.
-Mi mancheranno le tue torte.
Perfetto, un’altra persona che mi considera già morto. Certo, se io non muoio sua sorella non può salvarsi. Mi chiedo quanta strada farò negli Hunger Games con tutti che mi danno spacciato alla prima occhiata.
-Grazie, so che ti piacciono molto.
È una frase che suona stupida appena la dico, però sicuramente meglio che restare in silenzio. Sento il bisogno di rompere quei momenti di vuoto snervanti.
-Spero di non dover uccidere tua sorella.
-Oh… non preoccuparti, non sono venuta qui per dirti questo. Volevo solo dirti “in bocca al lupo” qualunque cosa dovesse succedere nell’arena.. – si interrompe, vedo le lacrime che le si accumulano negli occhi ma che riesce a trattenere. Sicuramente starà pensando a Katniss –Non sarebbe colpa tua ecco.
-Farò in modo che non accada.
-Mi dispiacerebbe anche se lei dovesse ucciderti Peeta, penso che tu… sia buono.
-Come una torta!- le dico sorridendo -Grazie Prim…
Si alza dalla poltrona con grazia e a passetti rapidi si avvicina alla porta. Bussa e il pacificatore la fa uscire. L’incontro con quella ragazzina mi ha scombussolato. Non ricevo ulteriori visite. Meglio così, ho bisogno di stare del tempo da solo.
Piango, il mio mostrarmi forte davanti agli altri non ha più effetto ora che sono solo dentro la stanza. So che forse non dovrei perché ci saranno dozzine di telecamere a riprenderci appena arrivati alla stazione. Sono emotivo e lo so benissimo, ho fatto uno sforzo per non lasciare ai miei cari un’immagine di un ragazzo disperato. Ma ora non ce la faccio.
Ho appena finito di sfogarmi quando il pacificatore di guardia alla mia porta mi scorta verso l’uscita, mi asciugo gli occhi in fretta anche se restano arrossati. Rivedo Katniss una smorfia corrucciata sul volto. Mi immagino quanto potrebbe essere bella se sorridesse più spesso. Forse non vedrò mai un suo sorriso. L’arena non è certo un parco divertimenti.
Il tragitto dal Palazzo di Giustizia alla stazione lo facciamo in macchina, non ero mai salito su una di quelle fino ad ora. Nella stazione ci sono moltissimi giornalisti, Effie sorride e saluta incitando anche noi a fare lo stesso, ma non sono dell’umore adatto e a quanto pare neanche Katniss che tiene lo sguardo fisso avanti a sé e cancella ogni emozione dal viso. Vorrei essere bravo quanto lei, si noterà sicuramente che ho pianto a questo punto non conviene neanche nasconderlo.
So che gli Hunger Games non si vincono solo con la forza. Ci vuole strategia, ma non sono bravo a fare piani. In questo momento non mi va di valutare se il mio comportamento sia giusto o meno. Salgo nel treno appena ci lasciano entrare. Le porte si chiudono alle nostre spalle e il treno inizia a muoversi. È uno dei treni governativi ad alta velocità, è assolutamente proibito per noi abitanti dei distretti viaggiare da un distretto all’altro. 400 kilometri orari per un viaggio di meno di un giorno e saremo arrivati a Capitol City.
Effie Trinket ci spiega brevemente com’è organizzato il treno, ognuno ha un proprio appartamento, con tanto di bagno personale. Non finisce di esaltare le magnifiche tecnologie presenti sul treno. Appena mi accompagna alla mia porta mi infilo dentro e mi butto sul letto. È morbido e vorrei subito rifugiarmi sotto le coperte, ma mi ricordo che ho un’ora per prepararmi per la cena. Mi guardo intorno. È una stanza veramente bellissima. Ci sono anche dei quadri colorati appesi alle pareti. Mi piacerebbe saper dipingere, non so se lavorare con le torte conti come allenamento.
Entro nel bagno, c’è una vasca e una doccia. L’acqua esce calda direttamente dal rubinetto e si può decidere la temperatura. Nel distretto 12 non abbiamo acqua calda a meno che non la fai bollire. Sicuramente non abbiamo docce. È una bella sensazione sentire l’acqua che mi scorre addosso. Sembra persino acqua più pulita di quella del distretto. Tutto sembra migliore.
Nella mia stanza c’è un enorme armadio guardaroba pieno di vestiti. Sono tutti molto eleganti e colorati. Non so che scegliere, ma alla fine indosso dei pantaloni blu e una camicia. Dentro il treno la temperatura è regolata con qualcosa che si chiama termostato, quindi non sono obbligato a coprirmi anche se è sera come facevo a casa.  Ripiego con cura i vestiti che avevo prima. Sono il mio legame con la mia vecchia vita. Tiro fuori dalla tasca dei pantaloni il sacchetto con il pane di mio padre e lo appoggio sul comodino. Annuso il profumo che sa ancora di casa e esco per andare nella sala da pranzo. Le pareti sono rivestite da pannelli di legno dai finestrini il paesaggio scorre via indistinto. Sono il primo a essere arrivato e non so bene cosa fare. Cammino un po’ avanti e indietro per la stanza lunga. La porta scorrevole si apre e mi volto a vedere chi entra. È Haymitch.
-Oh, è ora di cena giusto?
È di nuovo ubriaco, o forse non ha mai smesso di esserlo –Sì. Sarebbe meglio che ti preparassi, Effie Trinket ha detto che..
-Non mi importa quel che dice quella specie di confetto- si avvicina a un mobiletto con sopra delle bottiglie di liquore, ne prende una e fa per andarsene –Dille che sono andato a fare un sonnellino.
Mi fa l’occhiolino come per mostrare una certa complicità, lo guardo disgustato ma non sembra accorgersene. Il nostro destino e in mano a quell’uomo. Se prima non speravo di vincere adesso non so neanche se sopravvivrò un giorno.
Lo guardo andare via barcollando. Mi siedo davanti a uno dei piatti di porcellana finissima. Neanche un bordo sbeccato, perfetti, decorati da una fantasia blu  a spirali. Anche i bicchieri sono bellissimi, di vetro sottile, ne prendo uno in mano. Sono anche molto leggeri. Tutto in quella stanza è così perfetto che sembra finto. Mi chiedo come dev’essere vivere tutti i giorni in quel modo.
-Dov’è Haymitch?
La voce di Effie Trinket mi richiama dal vano della porta, dietro di lei c’è Katniss.
È bellissima, i capelli sciolti che le ricadono sulle spalle morbide ma robuste. Il viso le splende di una luce diversa, ma gli occhi sono sempre cupi. Gli abiti della capitale le cadono bene sul corpo. Indossa una camicetta verde e dei pantaloni colore del bosco. Noto una spilla d’oro che ha appuntata sul vestito. Probabilmente le è stata regalata come porta fortuna del distretto. Ogni tributo può portarne uno nell’arena. Io non ne ho uno, non avevo pensato minimamente a qualcosa di simile, poco importa.
-L’ultima volta che l’ho visto ha detto che aveva intenzione di farsi un sonnellino
-Be’ è stata una giornata faticosa - commenta Effie. È evidente che è sollevata dall’assenza del nostro mentore.
La cena è indescrivibile, mai visto tanto cibo tutto insieme e non pensavo neanche potessero esistere così tante portate diverse. Minestre, insalate, costolette di agnello con purè di patate, formaggi saporiti e frutti freschissimi, alcuni mai visti. Per finire c’è una fantastica torta al cioccolato. È morbida, spumosa e non resta affatto pesante. In panetteria non possiamo permetterci il cioccolato per fare i dolci. Già ci diamo un gran da fare per avere lo zucchero che nel distretto 12 è sicuramente una rarità.
Nonostante Effie ci dica per tutto il pasto di lasciare posto per le portate successive, alla fine siamo entrambi più che pieni. Vedo anche Katniss che si ingozza e mi chiedo come deve essere per lei che fino ad ora ha combattuto ogni giorno con la fame. Anche per me è una bella novità d’altronde.
-Almeno voi avete delle maniere decenti, i due dell’anno scorso mangiavano tutto con le mani, come dei selvaggi. Mi hanno completamente guastato la digestione.
Al commento di Effie vedo come Katniss si irrigidisce. Non dice niente ma mangia le costolette d’agnello sporcandosi le mani più che può e alla fine si pulisce sulla tovaglia guadagnando una smorfia stizzita della maniaca delle buone maniere seduta a tavola con noi. Devo trattenermi dal ridere. Devo anche concentrarmi per tenere tutto il cibo che ho ingurgitato dentro al mio stomaco non abituato alle cene della capitale.
Finito il sostanzioso pasto ci trasferiamo in un altro vagone dove uno schermo hig tech ci mostra il riassunto delle mietiture. È la prima volta che vedo i miei rivali, ci sono ragazzi più grandi con lo sguardo fiero e determinato, ragazze non meno temibili, ma anche bambini spauriti come una ragazzina del distretto 11, dodici anni, pelle scura e una corporatura esile. Vedendola non posso far altro che pensare a Prim. Nessuno si è sacrificato per salvare quella piccola innocente. Rivedere la nostra mietitura fa strano. Osservare tutto dall’alto come distaccati da quello che sta succedendo. Come se quello che sale sul palco non fossi io, ma uno sconosciuto.
-Il vostro mentore ha molto da imparare su come dev’essere una presentazione. E sul comportamento da tenere in TV.
Il commento in pieno stile Capitol City mi fa troppo ridere, non riesco a trattenermi ripensando alla scena di Haymitch nel vagone ristorante che barcolla per raggiungere l’uscita.
-Era ubriaco. È ubriaco tutti gli anni.
-Tutti i giorni – aggiunge Katniss. Non so se interpretare il sorriso appena accennato come una sorta di complicità. Probabilmente anche lei è semplicemente divertita dal modo di pensarla di Effie Trinket. Che alquanto infastidita ci sibila contro
-Sì… Strano che voi lo troviate divertente… Saprete certo che, in questo programma, il vostro mentore è la vostra ancora di salvezza. Il vostro consigliere, che assicura il sostegno degli sponsor e decide per la consegna di ogni dono. Per voi, Haymitch può fare la differenza tra la vita e la morte!
La ramanzina mi fa riflettere. Dato che non abbiamo scelta sarebbe sicuramente meglio affidare le nostre vite a un Haymitch sobrio piuttosto che al puzzolente ubriacone che arriva nella stanza barcollando quasi di risposta alla provocazione di Effie.
-Mi sono perso la cena? – fa in tempo a farfugliare prima di vomitare sul tappeto sicuramente costosissimo e cadere a terra.
-Continuate pure a ridere! – esclama la nostra accompagnatrice stizzita e schifata al tempo stesso. Aggira il vomito con agilità su quella specie di trampoli che porta ai piedi e ci lascia soli.


Sempre io, con un nuovo capitolo. Volevo precisare che non seguo la lunghezza di ogni capitolo, ma li divido in base ai capitoli del libro originale quindi magari troverete capitoli più lunghi o più corti specialmente in queste parti in cui Peeta e Katniss sono insieme.
Happy Halloween (già che ci siamo) ciauu :)
-samubura-

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Io e Katniss restiamo per un po’ a fissare Haymitch che cerca di tirarsi dalla rivoltante poltiglia uscita dal suo stomaco. Già facevo fatica a tener dentro la cena e la puzza di alcool e vomito misti insieme non aiuta sicuramente.
Ci scambiamo un’occhiata. È la prima volta che siamo soli dalla mietitura, per tutto il tempo Katniss ha evitato il mio sguardo. Sicuramente avrei preferito qualcosa di più romantico che sollevare un uomo di mezza età dal suo vomito come primo appuntamento con la mia cotta di sempre, ma non posso farci molto.
Haymitch sarà la nostra unica speranza nell’arena. Gli sponsor sono fondamentali nei giochi. I ricchi cittadini di Capitol City farebbero di tutto per far vincere il loro tributo preferito e vincere le scommesse con i loro compagni. Pagano cifre esorbitanti per inviare dei doni all’interno dell’arena. Un piccolo paracadute argenteo raggiunge il tributo con la chiave per la sua sopravvivenza. Medicine, un coltello, un fiammifero, qualunque cosa. Il prezzo aumenta man mano che il gioco va avanti e l’unico contatto con il mondo esterno che si impegnerà a fare qualcosa per me e Katniss sarà Haymitch. Sempre che non sia troppo ubriaco.
-Ho inciampato? C’è puzza – dice in modo patetico e poi si passa la mano sporca di vomito sulla faccia peggiorando ulteriormente la situazione.
-Ti riportiamo in camera tua, datti una ripulita – dico.
Lo sorreggiamo fino al suo scompartimento e poi lo mettiamo nella doccia per non sporcare i copriletto immacolati. Apro la doccia.
Katniss non ha ancora detto niente. Guarda Haymitch con una smorfia di ribrezzo.
-Va bene, ora ci penso io – le dico. Non riesco a capire i pensieri che le passano per la mente, forse sta ragionando su quale sia la mia strategia. Ma effettivamente non ne ho una, mi sembra semplicemente poco decoroso far fare a lei un lavoro così ingrato. In fondo ero io che mi prendevo cura dei maiali al forno, non c’è poi troppa differenza.
-Bene. Posso mandare qualcuno di Capitol City ad aiutarti. Ce n’è un sacco sul treno. Gente che cucina per noi. Che ci serve. Che ci sorveglia. Il loro lavoro è prendersi cura di noi.
-No non li voglio intorno – rispondo secco.
Sembra capire le mie ragioni, forse era solo una proposta per essere gentile. Si allontana con un’espressione pensierosa che non mi piace. È così calcolatrice che quasi mi spaventa. Forse è solo perché è talmente determinata a vincere che non può far sfuggire niente dal suo controllo. Forse sono io che sono troppo stupido. In fondo gli Hunger Games non iniziano nell’arena. Se Haymitch si ricorderà questo momento, potrebbe aiutarmi a ingraziarmelo, ma solo a pensarci mi sento uno sciocco. Io non sono così e non voglio diventarlo. Lo faccio solo perché mi sembra giusto. C’è qualcosa di male?
Lo spoglio gettando i vestiti sudici in un sacco della spazzatura. Ogni tanto mormora qualcosa di incomprensibile. È cosciente ma conciato troppo male per poter fare niente. Lascio scorrere l’acqua della doccia tiepida sul suo corpo e gli spruzzo addosso il sapone per cercare di eliminare la puzza. Quando ottengo un risultato soddisfacente lo aiuto ad alzarsi. Riesce a non cadere nella doccia.
Si siede sul bordo della vasca e lo avvolgo in un accappatoio pulito. Mi dice di sentirsi meglio e lo lascio ad asciugarsi i capelli. Torno nella sua camera. Ci sono bottiglie di alcoolici sia vuote che piene sparse sul pavimento. Raccolgo tutto e le infilo insieme ai vestiti nella spazzatura. Se ci serve un Haymitch sobrio lo avremo. Perlustro anche l’armadio e i vari possibili nascondigli trovando altre piccole scorte. Quando sono abbastanza sicuro che non ci sia posto per nascondere neanche un bicchierino di liquore me ne vado.
Lascio la stanza senza dire niente e mi allontano a passo svelto. Anche se non penso che ne sarebbe in grado non voglio che Haymitch mi insegua per riavere il suo alcool. Spero che questo piccolo scherzetto non lo faccia indispettire e che possa risolvere almeno in parte il nostro problema.
Non mi sono accorto di che ore sono, ma mi sento stanchissimo, il distretto 12 sembra solo un lontano ricordo. Cammino assonnato attraverso i vari vagoni per raggiungere la mia stanza. Quando passo davanti alla porta di Katniss esito a proseguire. Mi piacerebbe entrare anche solo per parlarle di come si sente. Per quanto assurdo possa sembrare è ciò che di più vicino a un’amica ho in questa situazione. Tralasciando il fatto che se uno di noi due vuole vivere deve uccidere l’altro o sperare nella sua morte.
È inutile, rimpiango le migliaia di volte che l’ho guardata credendo che prima o poi mi sarei fatto forza e sarei andato a parlarle, magari quando entrambi non rischiavamo più la mietitura e potevamo provare a essere felici. Fantasie andate in fumo dopo gli avvenimenti di questa mattina. Lei deve tornare a casa per sua sorella. Non può permettersi di avere amici. Mi vedrebbe solo come un manipolatore. Non capirebbe e non posso biasimarla. Sospiro e supero un altro corridoio per raggiungere la mia stanza. Mi infilo un pigiama tra la vasta gamma nell’armadio e mi ficco sotto le coperte morbide. È una bellissima sensazione. Ma mi mancano le molle del mio materasso a casa. Era scomodo, ma ero vicino alla mia famiglia.
Anche se le coperte sono pesanti sento un brivido freddo. Adesso, nel silenzio della mia stanza strapiena di cose e così terribilmente vuota mi sento veramente solo. Ma anche se avrei voglia di piangere non ci riesco. Senza accorgermene scivolo in un sonno senza sogni.
La voce di Effie Trinket di prima mattina è persino peggiore del normale. Mi penetra nei timpani con quel tono altisonante. Mi alzo dal letto e sgranchisco le gambe e la schiena accorgendomi di aver dormito rannicchiato. I vestiti della sera sono sporchi dopo la mia serata con Haymitch così scelgo qualcos’altro a caso dall’armadio. Mancherà sicuramente poco a Capitol City e là la mia stilista deciderà come vestirmi per la parata dei tributi. È un momento molto importante.
È la prima volta che tutti i tributi sono presentati al pubblico della capitale. Gli stilisti fanno sempre un lavoro fantastico, vestendo i tributi con qualcosa che ricorda il loro distretto d’origine. Sono curioso di scoprire che cosa hanno pensato per noi. Nella carrozza ristorante c’è solo Effie che come sempre è impeccabilmente puntuale. Poco dopo di me arriva Haymitch. Mi lancia uno sguardo che non riesco a decifrare. Ha il viso gonfio e gli occhi spenti, ma dietro c’è una fiamma viva che gli brucia dentro.
Mi portano un piatto stracolmo di cibo. Uova, prosciutto, patate fritte a volontà, un cestino con dei panini è al centro del tavolo, una tazza di caffè e una di un liquido marrone denso e cremoso, un bicchiere di spremuta d’arance freschissima. Haymitch si siede accanto a me e tira fuori una fiaschetta dalla tasca interna della giacca e allunga l’aranciata. Non c’è bisogno dell’odore forte per capire che si tratta di liquore. A quanto pare non è bastato e ha sicuramente capito il tiro che gli ho giocato ieri sera.
Quando Katniss entra nella stanza persino il delizioso liquido marrone nella mia tazza, che ho scoperto chiamarsi cioccolata calda, perde importanza. La guardo ma lei resta fredda come un pezzo di ghiaccio. Torno alla mia colazione un po’ in imbarazzo.
-Siediti! Siediti! – la invita Haymitch gesticolando eccessivamente. Si siede di fronte al nostro mentore. Il suo sguardo si sposta dal nostro commensale al piatto che le viene messo sotto gli occhi. Lascia da parte il caffè senza degnarlo di un’attenzione e guarda incuriosita l’altra tazza.
-La chiamano cioccolata calda. È buona. – le dico. Così per essere gentile. Beve un sorso e l’espressione che si dipinge sul suo volto mi fa venire voglia di sorridere. Non tocca neanche il resto del pasto fino a che non ha vuotato la tazza.
Dopo qualche momento di silenzio mentre tutti mangiamo Katniss rompe il ghiaccio.
-E così tu dovresti consigliarci.
C’è disprezzo nella sua voce. Probabilmente è arrabbiata con Haymitch per le scene di ieri. Anche stamattina il nostro caro mentore sta bevendo moltissimo e sicuramente non posso biasimarla per il tono aggressivo che usa.
-Ve lo do subito, un consiglio. Restate vivi – e scoppia in una risata sguaiata. Katniss guarda me per un attimo poi si gira come se avesse fatto qualcosa di sbagliato. Il fatto che a Haymitch importi così poco della nostra vita mi fa arrabbiare moltissimo. Penso a tutti quei poveri ragazzi del distretto 12 che sono morti anche perché non avevano un mentore degno di questo nome. Penso che presto i nostri nomi potrebbero aggiungersi alla lista – uno dei due sicuramente – e reagisco di impulso.
-Molto divertente, ma non per noi – tiro un pugno alla mano di Haymitch che sta avvicinando il bicchiere di aranciata mista a liquore alle labbra. Il vetro si frantuma schiantandosi sul pavimento e versando il suo contenuto. L’ho colto di sorpresa, ma poi si gira e mi sferra un pugno sulla mascella facendomi rovesciare sulla sedia. Quasi nello stesso momento Katniss pianta un coltello nel tavolo.
-Be’ e questo che vorrebbe dire? Mi hanno dato una coppia di veri combattenti, quest’anno?
Mi rialzo e prendo un po’ di ghiaccio da un cestello sul tavolo che conteneva delle terrine di frutta. Mentre lo sto avvicinando al punto in cui mi ha colpito Haymitch mi ferma –No, lascia che si veda il livido. Gli spettatori penseranno che hai fatto a pugni con un altro tributo prima ancora di arrivare nell’arena.
-È contro le regole – sono arrabbiato. Ho reagito male, ma non mi aspettavo una simile punizione. Cerco di rilassarmi e ascoltare quel che dice.
-Solo se ti beccano. Quel livido dirà che hai combattuto e non sei stato beccato, ancora meglio – si gira verso Katniss, furiosa, ma attenta alle parole del mentore –Riesci a colpire qualcosa con quel coltello, a parte il tavolo?
Senza esitare estrae il coltello dal legno con forza e lo lancia contro la parete. Si va a conficcare nella fessura tra due pannelli. Colpo di fortuna o no inghiottisco amaro pensando a uno di quei dardi micidiali diretto alla mia gola. Non saprei neanche come iniziare per tirare un coltello.
-Mettetevi lì. Tutti e due – dice Haymitch indicandoci il centro della stanza. Stiamo belli impettiti davanti a lui fianco a fianco – Be’, non siete un totale disastro. – dice mentre ci gira attorno guardandoci e punzecchiando i nostri muscoli con un dito – Sembrate in forma e una volta che gli stilisti avranno messo le mani su di voi, sarete abbastanza attraenti.
Come dicevo, chi si presenta meglio ottiene più sponsor, non si sopravvive solo con un bel faccino, ma spesso aiuta.
-Bene, farò un patto con voi. Voi non ficcate il naso in quello che bevo – e mi lancia un’occhiata furtiva di intesa – e io resterò abbastanza sobrio per aiutarvi. Però dovete fare esattamente quello che dico io.
Non è proprio un patto equo, ma meglio di un ubriacone steso a pancia sotto nel proprio vomito.
-Ottimo – rispondo per mostrarmi positivo.
-Allora aiutaci. Quando saremo nell’arena, qual è la strategia migliore da adottare alla Cornucopia perché qualcuno…?
Katniss parte dubito alla carica, non è convinta, non si fida di Haymitch ma lui subito la blocca. –Una cosa alla volta. Tra qualche minuto entreremo in stazione. Sarete consegnati ai vostri stilisti. Quello che vi faranno non vi piacerà. Ma qualunque cosa sia, non opponete resistenza.
-Ma… - tenta Katniss.
-Niente ma. Non opponete resistenza.
Prende la bottiglia di liquore e se ne va.
Subito dopo la luce del sole ci abbandona. Siamo in uno dei tunnel che portano a Capitol City, circondata dalle Montagne Rocciose. Il vantaggio geografico rispetto ai distretti la favorì durante la rivolta. Una roccaforte sicura e protetta. Io e Katniss restiamo in piedi fermi dove Haymitch ci ha lasciati. Vedo una grinza di paura nel suo volto mentre siamo nel tunnel. Penso a suo padre morto nelle miniere, al fatto che aveva smesso di partecipare alla annuale gita scolastica nel sottosuolo. Vorrei poter fare qualcosa di meglio che restarmene lì in silenzio.
Il treno rallenta e la luce invade di nuovo il nostro scompartimento. Corriamo al finestrino per vedere con i nostri occhi quello che dal nostro distretto ci è sempre stato mostrato solo in televisione. Capitol City, la città che governa la nostra nazione. Non mentivano sulla grandezza e l’imponenza degli edifici che luccicano sotto il sole con riflessi arcobaleno. Automobili colorate e velocissime su e giù per le strade larghe e asfaltate. Le persone che assomigliano tutte ad Effie con i loro capelli stravaganti e i vestiti coloratissimi, azzurri più azzurri di un cielo limpido, verdi acidi, gialli luminosissimi. Mi ricordano i colori delle mie torte e per un attimo sento una forte nostalgia. Qualche passante ci vede, ci saluta con la mano, ci addita al vicino. Katniss si allontana. Li odia, si vede che è così. E in effetti sono disgustato anche io dalla loro felicità di vederci mandati a morire, ma rimango lo stesso vicino al finestrino sorridendo e salutando.
Mi fissa, quasi nello stesso modo in cui guarda gli abitanti di Capitol City.
-Chissà, magari uno di loro è ricco – le dico di risposta facendo spallucce. Quella che voleva essere una battuta fa diventare il suo sguardo ancora più torvo. Vedo che sta ragionando su qualcosa, ma non posso neanche immaginarmelo. Posso solo guardarla per un po’ mentre è troppo assorta per accorgersene. Mi accontento.

Due capitoli in un giorno, è un record ahaha, ho avuto un po' troppo tempo libero forse, ma l'ho investito bene. Spero che vi piaccia e che io non abbia scritto stronzate visto che è l'una di notte :3
-samubura-

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


A quanto pare la ceretta è obbligatoria anche per gli uomini qui a Capitol City. Le parole di Haymitch mi tornano in mente, e anche se avrei voglia di alzarmi e fuggire da quei tre pazzoidi che hanno detto di essere il mio team di preparatori, mi costringo a farmi forza e a non urlare dal dolore. Nel Centro Immagine ogni tributo è affidato separatamente al suo staff, viene ripulito, lavato da ogni imperfezione da qualche cretino della capitale. Un uomo dallo strano accento sembra essere il capo della mia squadra. Ha la pelle tinta di rosso-arancio e i capelli blu, dice di chiamarsi William. L’effetto nel complesso è piuttosto singolare. Una ragazza dalle lunghe ciglia argentee e i capelli acquamarina dai riflessi verdi mi si avvicina e unge il mio corpo con una crema che prima brucia e poi ridona finalmente sollievo alla mia pelle, è silenziosa e per questo mi piace, sembra diversa dagli altri della capitale, mentre gli altri due continuano a bisticciare e fare pettegolezzi, Luna, così mi ha sussurrato, se ne resta in disparte. Forse è solamente più giovane e si sente meno esperta. Mi tagliano anche i capelli, ci pensa un’altra ragazza che ha i connotati deformati dalla chirurgia plastica e probabilmente sarà all’ultima moda qua nella capitale, ma ai miei occhi non è che brutta.
Non sto ad ascoltare i loro discorsi. Parlano con il tono della capitale che odio. È assolutamente insopportabile, ridicolo. Non è naturale. È un insieme di suoni studiati appositamente per parlare in modo stupido.
Pare che dopo circa tre ore di lavoro siano finalmente soddisfatti del mio aspetto. Mi riempiono di complimenti, che mi starebbe bene qualche ritocco qua e là, ma diniego tranquillamente cercando di essere più affabile che posso.
Dicono che sono bravo con le persone. Bravo con le parole.
Ovviamente non posso rendermene conto, non lo faccio con l’intenzione, altrimenti non sarei naturale, ma mi accorgo ogni tanto che quando parlo la gente mi sta  a sentire affascinata. Non so perché, ma riesco ad attirare l’attenzione su di me senza volerlo minimamente.
I tre strani elementi del mio team di preparatori mi lasciano solo nella stanza in cui sono stato rinchiuso sotto le grinfie delle loro mani per troppo tempo. Quello che so della mia stilista, dai brandelli di conversazione che ho afferrato durante i vari trattamenti è che si chiama Portia ed è una nuova stilista, cosa che non mi sorprende perché ai nuovi stilisti vengono affidati sempre i distretti più poveri.
Entra nella stanza in silenzio, la porta scorrevole si richiude alle sue spalle. È una bella donna, è giovane. La pelle è di una tonalità leggermente scura, di un colore caldo. I capelli sono biondi tinti e cotonati e incorniciano un volto eccessivamente truccato. Rossetto nero e ombretto viola sfumato fino al rosa. Tutti colori molto carichi che le danno un’espressione seria. Mi si avvicina guardandomi. Sono nudo davanti a lei, ma il suo sguardo non mi crea imbarazzo. È così professionale, non vede altro che la forma del mio corpo.
-Ciao Peeta. – forse aspetta una risposta che non le arriva quindi continua – Sono Portia e sarò la tua stilista per gli Hunger Games.
Il mio silenzio mi suona sciocco quindi rispondo con un “ciao” timido. La ammiro, una donna che vive della sua arte, qui a Capitol City c’è posto per gli artisti, la vita è diversa rispetta alla nostra nel distretto. Puoi vivere di quello che ti piace fare. Non c’è nessuno ad importi un destino alla nascita.
Mi gira attorno, con le unghie lunghe e ricurve tinte d’oro esamina la curva delle mie spalle larghe prendendo le misure con gli occhi allenati di chi si prepara per questo momento da tutta la vita. Per gli stilisti questo è un momento importantissimo, dall’esito delle loro prestazioni è vero che dipende parte della nostra sopravvivenza, ma anche la loro è legata alla nostra. Lo stilista del vincitore viene ricoperto di gloria, gli altri finiscono dimenticati come i loro tributi morti nelle arene. Una grande opportunità, ma anche un’arma a doppio taglio.
-Sei in forma, cosa facevi nel distretto? Figlio di un commerciante giusto? Sono rari dei bei fusti biondi con gli occhi azzurri come te.
Il complimento questa volta mi mette un po’ a disagio, ma vedo il sorriso simpatico sul suo volto. Cerco di rilassarmi un po’, in fondo è solo qui per aiutarmi. Siamo una squadra, ho qualcuno a cui appoggiarmi prima di entrare nell’arena.
-Mio padre è il fornaio del distretto, lo aiuto da quando ero bambino.
-Ecco il perché di queste braccia forti! Puoi rivestirti comunque se preferisci.
Una breve risata che sa di sincerità. Mi infilo un accappatoio e stringo il laccio alla vita. A differenza del mio team di preparatori lei mi sembra più… normale.
-Che cosa avete pensato per noi? Di solito ci vestono da minatori o qualcosa di simile.
-Oh vedrai, Cinna, lo stilista della tua… - indugia nel cercare una parola adatta - …compagna di distretto, ha pensato qualcosa di meraviglioso, ci conosciamo da parecchio e mi ha proposto di aiutarlo nella realizzazione. Siamo molto soddisfatti.
Mi accorgo che in realtà non mi ha detto assolutamente niente, ma forse vuole farmi una sorpresa. Mi invita a seguirla in un salotto adiacente alla sala dove ci troviamo. La seguo mentre si muove con abilità sui tacchi alti. E mi indica uno dei due divani rossi al centro della stanza separati da un tavolo. Una immensa finestra mostra la capitale in tutta la sua grandezza. Rimango per un po’ incantato a guardarla e Portia non mi disturba nella mia contemplazione.
-Fame?
Mi giro a guardarla, in effetti non ho idea di che ore sono, ma il mio stomaco risponde per me. Annuisco. Preme un bottone e come per magia il piano di quello che fin’ora non sembrava che un normalissimo tavolo si apre a metà e un vassoio si solleva con un congegno meccanico. Vede la mia espressione scioccata e ride –Non dev’essere così dalle tue parti eh?
-No, non proprio. – i suoi commenti non sono stupidi come quelli di Effie, sempre così frivola, sono fatti per farmi sentire a mio agio.
Se qui possono far apparire il cibo con un clic mi immagino tutte quelle persone morte per le strade del distretto 12 che schiacciano pulsanti dal nulla e si ritrovano un banchetto del genere davanti. Ma la capitale ha vinto la guerra, a loro il cibo migliore, a loro la ricchezza, a loro 24 ragazzi mandati a morte.
Finge di non notare il mio sguardo torvo, probabilmente non deve essere piacevole trovarsi davanti la realtà per qualcuno che ha sempre vissuto pensando che sia giusto così.
-Come sai l’obiettivo della cerimonia di apertura è mettere in luce i tributi. Si indossa solitamente qualcosa che ricordi l’attività del tuo distretto, quindi l’estrazione del carbone giusto?
Carbone, ancora carbone. Polvere di carbone per le strade, minatori che la mattina presto sfilano per le strade con i loro caschi di protezione e le tute sporche, anche a scuola ci parlavano prevalentemente del carbone. Nella nostra zona si estrae da moltissimi anni, ormai bisogna scendere sempre più in profondità.
È per questo che spesso i tributi del distretto dodici vengono vestiti da minatori, la trovata più interessante fin’ora è stata di far sfilare i tributi completamente nudi ricoperti di una polvere nerastra. Non aveva fatto una gran bella impressione. Con un mentore come Haymitch e vestiti dagli stilisti più giovani e inesperti inizio a capire meglio come la sorte dei tributi che mi hanno preceduto non sia stata delle migliori.
Annuisco sconsolato alla domanda retorica.
-Io e Cinna abbiamo scelto di essere assegnati al vostro distretto e abbiamo ideato qualcosa di differente. Piuttosto che concentrarci sull’estrazione abbiamo pensato al materiale e al suo utilizzo.
Fatico a seguirla ma sto attento a ogni sua parola mentre mangio le prelibatezze che sono apparse dal tavolo davanti a me. Lei non tocca niente.
-Per questo abbiamo pensato, il carbone si brucia, quindi fuoco e un fornaio come te saprà capirmi quando parlo del fascino del fuoco.
Sorrido in modo incoraggiante. Quando sei costretto a stare davanti al forno quasi tutto il giorno, il fascino del fuoco viene meno. Anche le bruciature sono un buon deterrente, ma il mio spirito creativo ha sempre adorato fissare i tizzoni ardenti e le fiamme arancioni che ne scaturiscono. Capisco in pieno le parole di Portia e mi chiedo che cosa abbia realizzato. Spero solo che non ci diano fuoco o qualcosa di simile. Magari dietro ai modi gentili si nasconde una psicopatica.
Vede il mio interesse e mi descrive il modello in tutti i dettagli. La vedo entusiasta e sorride a ogni mia domanda. Sia io che Katniss indosseremo costumi simili, delle calzamaglie nere che ci coprono completamente, stivali di pelle lucidi e un mantello correlato a un copricapo coperti di brandelli di stoffa arancione e rossa. Già così sarebbero diversi dalle scorse edizioni, non più pavidi minatori, ma veri e proprio guerrieri saliti dall’oscurità delle miniere. Ma l’effetto sconvolgente dovrà essere il fuoco.
-Non fuoco vero ovviamente, è una specie di fiamma sintetica che abbiamo ideato insieme, non finirai arrosto tranquillo.
-Lo spero bene! – mi fingo divertito anche se in realtà temo ustioni ben più gravi di quelle della panetteria.
Quando vedo Katniss tiro un sospiro di sollievo e anche lei sembra quasi felice di vedermi. Dopo i trattamenti della capitale è ancora più bella, sopracciglia curate, pelle liscissima, i capelli raccolti in una treccia. Tutti intorno a noi si congratulano a vicenda eccitati per la nostra imminente apparizione. Vedo Cinna, il pazzo inventore del nostro outfit e anche lui sembra una persona normalissima. Mai fidarsi delle apparenze, penso tra me e me.
Ci fanno salire su un carro, trainato da quattro cavalli purosangue neri, sono addestrati e quindi non dobbiamo governarli. Appena Cinna e Portia si allontanano un attimo da noi e non sono più a portata d’orecchio Katniss si volta verso di me e sussurra:
-Cosa ne pensi?
-Del fuoco?
-Io strappo via il tuo mantello se tu strappi via il mio.
-Affare fatto – rispondo, sperando che almeno così eviteremo il peggio.
-Abbiamo promesso a Haymitch di fare tutto ciò che ci dicono, ma non credo che abbia valutato questa ipotesi.
-In ogni caso, Haymitch dov’è? Non dovrebbe proteggerci da questo genere di cose?
-Con tutto l’alcool che ha in corpo, forse non è consigliabile averlo vicino alle fiamme.
Rido alla sua battuta e anche lei si unisce a me. È la prima forma di complicità che abbiamo. Non avevamo mai parlato per così a lungo insieme. Inoltre non vedo in lei quella solita aria riflessiva, è libera da ogni macchinazione, o forse sono solo io troppo stupido da non accorgermi e lei troppo brava a nasconderlo. Comunque sia dopo una giornata pesante sono felice di poter passare qualche momento sereno con lei.
La musica inizia e quasi contemporaneamente le enormi porte si aprono mostrando le strade della città con la gente accalcata ai bordi. Dei pacificatori formano uno scudo tra noi e la folla impedendo anche ai fan più accaniti di superare le balaustre di protezione. Buffo come si preoccupino della nostra incolumità prima dell’ingresso nell’arena.
I carri iniziano la loro processione. Il distretto 1 è ovviamente il primo. I due tributi sono vestiti con delle tuniche candide e brillano di vernice argentea. È uno dei distretti più ricchi, si producono beni di lusso per la capitale. La folla li acclama. Lentamente tutti i carri abbandonano il Centro Immagine e in un attimo ci ritroviamo Cinna con una torcia in mano.
-Eccoci, allora. – e in un attimo appicca il fuoco ai nostri mantelli. Stringo i denti pensando al fuoco che in un attimo divora la calzamaglia e mi morde la pelle, ma niente. Anche il nostro stilista si lascia uscire un sospiro di sollievo –Funziona. Ricordate, testa alta. Sorrisi. Vi ameranno!
Il nostro carro incomincia a muoversi appena lui scende, poi sembra ricordarsi un ultimo dettaglio e urla qualcosa che la musica mi impedisce di capire. Ma il gesto è evidente.
-Cosa sta dicendo? – chiede Katniss preoccupata.
Le prendo la mano destra e entrambi ci voltiamo a guardare Cinna che alza il pollice come segno di approvazione. Poi il clamore della folla ci stordisce. Tutte le teste si voltano verso di noi, gli ultimi arrivati del distretto 12. Urlano ci acclamano e sgomitano per vederci meglio. Tutta quella gente mi spaventa lì per lì. Poi vedo l’immagine del nostro carro proiettata su un enorme schermo. I nostri corpi avvolti dai mantelli fiammeggianti. 
Katniss mi stringe la mano più forte e quando si sente ben salda inizia a salutare la folla lanciando baci a destra e a manca. Il suo iniziale rifiuto verso gli abitanti di Capitol City è subito cambiato. Anche io alzo la mano in saluto verso la folla. Le persone ai lati della strada sembrano impazzite, ci lanciano fiori, gridano i nostri nomi. Katniss afferra una rosa al volo e la tiene ben in alto.
Le nostre mani restano intrecciate tutto il percorso, si aggrappa a me e io mi tengo a lei per non cadere dal carro. È strano questo nostro appoggio reciproco. Tra qualche giorno probabilmente uno di noi due dovrà uccidere l’altro e ora siamo qua a tenerci per mano e sorridere. Quando stiamo per entrare nell’Anfiteatro cittadino prendo un appunto mentale di ringraziare i nostri stilisti. Con un’entrata di scena così tutti ci avranno notato e magari anche qualche sponsor avrà avuto l’occasione di vedere meglio i ragazzi in fiamme del distretto 12.
I cavalli si muovono per portarci alla nostra posizione nell’anello dell’Anfiteatro. Katniss allenta la presa sulla mia mano, ma non voglio perdere quel contatto con lei –No, non lasciarmi andare. Ti prego. Potrei ruzzolare giù da questo coso.
-Va bene – risponde, non è un gran che come scusa, ma ho bisogno di sentirla vicina a me. Mi sento un po’ patetico a chiedere a una probabile assassina o vittima di restare al mio fianco.
Arriviamo davanti alla residenza del presidente Snow. È un uomo piccolo coi capelli bianchi come il cognome che porta. L’ho già visto in televisione nelle comunicazioni ufficiali della capitale e durante gli Hunger Games, ci dà il benvenuto e fa un breve discorso. Sullo schermo vedo che siamo noi ad occupare più spazio degli altri nella solita inquadratura dei carri. Splendiamo come due stelle nella notte. Le fiamme del distretto 12 hanno conquistato Capitol City.
Entrati nel Centro di Addestramento il nostro staff ci sommerge di congratulazioni e complimenti. Sono tutti molto soddisfatti e trillano nel loro accento buffo in modo confuso. Gli altri tributi ci guardano male e anche se sono felice di aver attirato l’attenzione del pubblico, forse avrei preferito non essere al centro di quella dei tributi.
Cinna e Portia ci aiutano a scendere e tolgono con attenzione i nostri mantelli e i copricapo che spengono con delle bombolette speciali. Mi accorgo di stringere ancora la mano di Katniss e sciogliamo la stretta tanto forte da avermi fatto irrigidire le dita.
-Grazie per avermi tenuto stretto. Stavo cominciando a sentirmi un po’ malfermo, là sopra – dico in mia difesa.
-Non si vedeva. Sono sicura che nessuno l’ha notato - è la prima volta che è carina con me.
-Io sono sicuro che non hanno notato niente all’infuori di te. Dovresti indossare fiamme più spesso. Ti donano.
Le sorrido perché sono veramente felice di questi brevi attimi in cui possiamo essere felici. Non è solo bellissima, anche più simpatica di quanto avrei mai potuto immaginare da una ragazza che ho sempre visto troppo indaffarata per concedersi un po’ di tempo per se stessa. Magari l’aria della capitale le fa bene, senza più doversi preoccupare di arrivare a fine giornata può rilassarsi un po’ e uscire dalla corazza che si è costruita intorno.
Il mio complimento la fa arrossire leggermente. Sembra pensare un po’ a cosa fare poi si avvicina e in punta di piedi mi dà un bacio sulla guancia. Resto pietrificato.
Non avrei potuto mai immaginarlo.
Katniss Everdeen.
Mi ha baciato.


Ciao a tutti. Vi avviso che purtroppo i capitoli usciranno con meno frequenza (causa scuola), ma spero di non perdere il ritmo.
Intanto vi lascio questo nuovo capitolo che spero vi piaccia.
Fatemi sapere!  :D
-samubura-

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Effie Trinket ci scorta al nostro appartamento nel Centro di Addestramento.
Una grande torre è riservata per noi tributi. Dodici piani per dodici distretti, noi abbiamo l’attico. La nostra accompagnatrice sarà con noi e così il nostro mentore che sembra scomparso nel nulla dopo gli accordi presi sul treno. Un ascensore con le pareti di cristallo, dal quale si vedono le persone al pian terreno ridursi alle dimensioni di insetti mentre si sale con velocità esorbitante, ci porta fin su alla nostra provvisoria casa.
Per quanto Effie sia una persona solare già in condizioni normali è impossibile non notare quanto sia felice per la nostra presentazione alla parata. Ci inonda di complimenti e ci dice che ci ha già raccomandato alle persone più in vista di Capitol City. Sembra però arrabbiata con Haymitch che è l’unico che può gestire gli sponsor in modo ufficiale e che non si sta affatto occupando della cosa.
-Ognuno ha le sue riserve, ovviamente, visto che venite dal distretto del carbone – ovvio, chi vorrebbe sponsorizzare l’unico distretto che negli ultimi 25 anni non ha avuto neanche un vincitore? – Ma io ho detto, ed è stato molto astuto da parte mia, ho detto, be’, che se c’è abbastanza pressione, i pezzi di carbone si trasformano in perle!
Forse è una delle cose più stupide da dire, nonché completamente errata, ma Effie ci sfodera un sorriso a trentadue denti perfetti e non possiamo che congratularci con lei per la fantastica trovata anche se sia io che Katniss sappiamo entrambi che il carbone non si trasforma in perle e neanche in diamanti, se anche Effie si fosse sbagliata.
Continua a blaterare un po’ su Haymitch e ci dice che lo costringerà ad occuparsi di noi anche al costo di usare la violenza, il che suona alquanto divertente detto dalla saltellante-donna-rosa-confetto al vincitore di un’edizione degli Hunger Games. Ma almeno se lei è l’unica che può fare qualcosa per aiutarci con il nostro mentore, meglio assecondarla.
Ci lascia un po’ di tempo per girare nell’attico e prepararci per la cena. A quanto pare sarà una specie di festa e Effie si raccomanda di essere educati ed eleganti.
Mi guardo attorno sbalordito. L’appartamento è enorme, con una enorme finestra che si affaccia su un balcone che domina tutta la città. Tutti i pezzi di arredamento sono moderni e di un design gradevole da vedere. Niente a che vedere con la mia casa sopra la panetteria. Già solo la mia stanza sarebbe abbastanza grande da comprenderla completamente. Un letto a due piazze sta al centro, un bagno privato e un armadio enorme. Mi fiondo nella doccia, ma mi accorgo di non saperla usare.
Davanti a me al posto di un normale rubinetto c’è un pannello di controllo molto complicato con una serie di bottoni. Ne premo qualcuno a caso. Mossa sbagliata, la cabina si chiude e iniziano a uscire spruzzi di acqua calda e fredda alternati, sapone e oli profumati. Schiaccio disperatamente i bottoni finchè non si ferma tutto.
Decido di uscire e non rientrare finché non avrò capito come funziona per bene. Per fortuna non ci sono solo cose supertecnologiche, trovo un asciugamano che è sicuramente più morbido di quello che avevamo a casa, ma almeno so come si usa.
In accappatoio mi avvicino per guardare l’armadio. È strano anche quello. Su un lato c’è un piccolo pannello per scegliere automaticamente i vestiti credo. Cerco di capire meglio come funziona e dopo qualche tentativo l’armadio sputa fuori un abbinamento che mi soddisfa.
Mi cambio, aspetto sul letto che sia ora di cena. Sdraiato sul cuscino soffice noto un piccolo telecomando sul comodino. Lo prendo incuriosito. Troppi pulsanti anche qua. Ne schiaccio uno e appare davanti a me una enorme finestra virtuale. La definizione dell’immagine è incredibile. Mostra uno scenario di una costa. Non ho mai visto il mare.
Non ci sono laghi nel distretto 12 e tantomeno il mare. Guardo incantato le onde che si infrangono sulla spiaggia. Dev’essere fantastico vederlo dal vivo. So che è solo un’immagine computerizzata, ma è comunque spettacolare. L’acqua ha mille riflessi di colori diversi e la spuma bianca si muove avanti e indietro sulla sabbia.
Decido di uscire, si sta avvicinando l’ora di cena e non mi va di stare qua da solo. Preferisco stare in compagnia per evitare la nostalgia di casa che mi assale quando sono solo. Spengo lo schermo-finestra e mi raggiungo la sala da pranzo. Vedo che tutti sono fuori sul balcone e li raggiungo.
-Come stai Peeta? Siete stati grandi oggi!
È Portia ad accorgersi di me per prima.
 –Volevo ringraziarvi, tu e Cinna, per quello che avete fatto per noi stasera.
-È il nostro lavoro, ragazzo. – La voce di Cinna è calda e sabbiata. Ti avvolge come in un abbraccio rassicurante –La parte più grossa l’avete fatta voi, siete stati fantastici.
-Abbiamo seguito i vostri consigli – rispondo mentre mi godo il panorama mozzafiato.
Il balcone ha una balaustra di vetro, fa abbastanza freddo, ma ho indossato una giacca elegante che scopro anche molto funzionale. Sotto di noi le luci di Capitol City si estendono per kilometri.
-Peeta, vieni, voglio mostrarti una cosa.
Cinna mi si avvicina e mi invita a seguirlo. Torniamo dentro la casa e non ho assolutamente idea di cosa ha intenzione di parlarmi, attraversato il corridoio dove si trovano la mia camera e quella di Katniss e apre una porta che non avevo notato, c’è una scala e mi chiedo dove potrebbe portare dato che siamo all’ultimo piano. Probabilmente sul tetto.
Usciamo in una cupola con una piccola porta. Il vento mi investe appena metto il naso fuori, è un luogo molto meno riparato rispetto al balcone, ma ne vale la pena. La torre dei tributi domina tuta la città e posso godere di una vista a trecentosessanta gradi. Niente a che vedere con casa mia, di notte solo nelle notti di luna piena era possibile vedere fino all’altro lato della piazza. Qui la città appare in tutto il suo splendore. L’incredibile magia dell’elettricità, su cui il distretto dodici non può contare, domina incontrastata. In basso si vedono persino le persone che camminano per le strade affollate, la velocità delle automobili, la frenesia della capitale la fa apparire da quassù un enorme formicaio luminoso.
-Non hanno paura che qualche tributo possa buttarsi da quassù?
-Se anche tu volessi farlo, non si può – è accanto a me vicino al parapetto, allunga la mano nel nulla oltre il bordo e si sprigiona un lampo di luce che gli fa ritrarre il braccio velocemente –Ci tengono a voi.
Sorride e anche io di rimando. È diverso dalle altre persone che ho incontrato fin’ora.  Cerca di capire la nostra situazione ed è qua per aiutarci. Sono felice di avere la fortuna di avere lui e Portia come stilisti.
Giro tutt’intorno alla cupola e trovo un bellissimo giardino, delle campane a vento risuonano con un tintinnio musicale dando a quel luogo speciale un’atmosfera rilassante. È un posto speciale, magari non ci sono neanche le telecamere che, anche se nascoste, so che ci seguono ovunque.
-Torniamo o Effie non ce lo perdonerà mai.
Rido alla sua battuta e lo seguo di nuovo sul balcone neanche a volerlo Effie ci viene incontro stizzita –Oh finalmente! Stavamo aspettando voi…. Ma dov’è Katniss?
-Non era con noi, credo sia ancora nella sua stanza – risponde Cinna con voce tranquilla.
-Accidenti quella ragazza mi farà impazzire!
Ci supera con grande foga diretta verso le nostre stanze. Tutti ci concediamo una risata, siamo qua per festeggiare, non sarà molto, ma la parata è andata bene e ha riacceso un po’ di speranza. Quando Katniss arriva scortata da Effie rientriamo dal balcone e ci accomodiamo a tavola. Anche Haymitch, che non ho visto in giro, dovrebbe unirsi a noi per discutere delle nostre strategie.
Proprio mentre i camerieri vestiti di bianco stanno iniziando a servire le portate Haymitch si unisce a noi. Finalmente ha un aspetto decente, è ripulito e anche sobrio. Ottimo, magari sarà abbastanza lucido da aiutarci. Tutti chiacchierano animatamente, vorrei aggiungermi a loro, ma mi limito a qualche sorriso mentre mi concentro sulla cena come sempre ottima. Zuppa di funghi densa e saporita, roast-beef cotto a puntino. Vedo perfino Haymitch che mangia e ora che ci penso è la prima volta che lo fa mentre è con noi. Chissà, magari Effie è riuscita sul serio a mettergli la testa sulle spalle.
I camerieri vestiti di bianco ci ronzano in torno come mosche silenziose. Non parlano, ci portano i vassoi stracolmi di cibo e se ne vanno senza dire nulla.
Arriviamo al dessert, una ragazza dai capelli rossi porta in tavola una torta bellissima e le da fuoco. È uno spettacolo meraviglioso, sono tentato di chiedere la ricetta, ma poi penso che non avrò occasione di cucinare nessun tipo di torta nell’arena.
-Cos’è che lo fa bruciare? È alcol? –chiede Katniss –È l’ultima cosa che… Oh! Ma io ti conosco!
È chiaro che si stia rivolgendo alla ragazza dai capelli rossi. Non l’avesse mai fatto. Tutti gli sguardi si puntano su di lei e crolla un silenzio pesante.
-Non essere ridicola, Katniss. Come potresti conoscere una senza-voce? – il tono gioioso di Effie ora è duro come la pietra.
-Cos’è una senza-voce? – chiede Katniss palesando anche il mio dubbio. Non ho idea di chi sia un senza-voce, anche se il termine sembra piuttosto eloquente.
-Una che ha commesso un crimine. Le hanno tagliato la lingua, quindi non può parlare. – interviene Haymitch – Probabilmente è una traditrice di qualche genere. Non è possibile che tu la conosca.
-E anche se fosse, non devi rivolgere la parola a nessuno di loro, a meno che non sia per dare un ordine. – coglie la palla al balzo Effie – È ovvio che non la conosci davvero.
L’espressione di Katniss è indecifrabile, sembra confusa –No, immagino di no, solo…
La vedo nel panico e decido di intervenire, non so come, alla fine me ne esco con qualcosa di stupido ma efficace.
-Delly Cartwright – esclamo enfatizzando con uno schiocco di dita che trovo molto efficace – ecco a chi assomiglia. Anch’io continuavo a dirmi che aveva una faccia nota. Poi ho capito: è identica a Delly!
Delly Cartwright non assomiglia affatto alla ragazza coi capelli rossi che ha servito la torta. Però fa la nostra scuola ed essendo ciò che ho di più vicino a un’amica nel distretto 12 è stata la prima persona che mi è venuta in mente. Dovrò risolvere questa faccenda con Katniss. Mi lancia uno sguardo riconoscente e regge il mio gioco per uscire da quel guaio in cui si è cacciata.
-Certo, ecco a chi pensavo! Deve essere per via dei capelli.
-Un po’ anche gli occhi –aggiungo per rendere tutto più naturale. Ottengo l’effetto desiderato e Cinna che è tra tutti il più comprensivo riprende la domanda di Katniss.
-E sì, nella torta c’è dell’alcol, ma adesso è bruciato. L’ho ordinata apposta, in onore del vostro fiammeggiante debutto.
Tutto si rasserena, la torta è deliziosa. E alla fine del sostanzioso pasto ci spostiamo nel salotto. I divani sono comodi e ci sediamo tutti attorno allo schermo in alta definizione che mostra le repliche della cerimonia di apertura. È indubbio, nessuna altra coppia di tributi è alla nostra altezza. Gli stilisti ci hanno dato un vantaggio enorme.
-Di chi è stata l’idea del tenersi per mano? –chiede Haymitch che sembra veramente rinato questa sera.
-Di Cinna- gli risponde Portia.
-Il giusto tocco di ribellione, molto bello.
All’inizio non capisco le parole di Haymitch. Ribellione? Da quando tenersi per mano e sorridere è una forma di ribellione? Poi capisco, guardo le immagini degli altri tributi che sfilano prima di noi distanziati e rigidi quasi come se i loro compagni non esistessero neanche, come se fossero già dentro l’arena pronti ad uccidere la persona che hanno di fianco. Noi invece siamo radianti, fuoco e sorrisi l’abbinata vincente. Non siamo due freddi assassini, siamo due ragazzi dello stretto distretto, pronti ad affrontare la nostra sorte. Insieme.
-Domattina c’è la prima sessione di addestramento. Vediamoci a colazione e vi spiegherò nel dettaglio come voglio che ve la giochiate –dice Haymitch rivolto verso noi due – e adesso andatevene a dormire un po’, mentre i grandi discutono.
Seguo Katniss lungo il corridoio che conduce alle nostre rispettive camere. Quando arriviamo alla sua porta mi appoggio allo stipite per chiederle spiegazioni –Allora era Delly Cartwright. Ma pensa, trovare qui una sua sosia…
Ci pensa un po’, come sempre attenta alle possibile conseguenze e ai motivi che avrei per farle questa domanda. Dopo qualche secondo che fissa il corridoio vuoto con aria assorta decido di prendere io una decisione per entrambi.
-Sei già stata sul tetto? – scuote la testa senza dire nulla, sembra confusa, ma non capisco il perché. –Me l’ha mostrato Cinna. Si può vedere tutta la città. Ma il rumore del vento è un po’ forte.
Ovviamente, a parte l’idea di condividere con lei quel posto meraviglioso il mio intento è di spostarci in un posto meno sorvegliato dove possiamo parlare più liberamente in modo da farla aprire con me.
-Possiamo salire? – dal suo sguardo sembra aver capito il mio gioco.
-Ma certo, vieni.
La conduco fin sul tetto e la lascio godere un po’ del panorama fantastico e anche io fisso un’altra meravigliosa immagine di Capitol City nella mia mente. Non so che ore sono, ma sono sicuro di non essere mai stato sveglio tanto a lungo. Il vento copre il nostro silenzio, scompiglia i capelli sciolti di Katniss, guarda meravigliata la città ai nostri piedi.
-Ho chiesto a Cinna com’è che ci lasciano salire lassù. Non temono che qualche tributo decida di scavalcare e buttarsi?
-Lui cos’ha detto – risponde quasi svegliata dal suo sogno.
-Che non si può – rispondo facendo la piccola dimostrazione che Cinna aveva mostrato a me – C’è una specie di campo elettrico che ti ributta indietro sul tetto.
-Sempre preoccupati per la nostra sicurezza. Pensi che ci adesso ci osservino?
Probabilmente l’ho convinta a parlare, ma non si sente sicura. Deve esserci qualcosa di veramente grosso dietro questa storia. Mi ricordo delle campane a vento che potrebbero coprire le nostre parole.
-Forse – rispondo –Vieni a vedere il giardino.
Si guarda attorno. Quando si sente tranquilla inizia a raccontare, dal modo in cui lo fa vedo che ha bisogno di confidarsi con qualcuno, sono felice che mi reputi degno della sua fiducia.
-Un giorno eravamo a caccia nei boschi. Nascosti, in attesa della selvaggina.
Sussurra, ma riesco comunque a sentirla chiaramente. –Tu e tuo padre? –chiedo io parlando più piano che posso.
-No, io e il mio amico Gale – ah giusto, Gale, forse potrei cogliere questa occasione per chiederle di più sul ragazzo misterioso che è entrato nel cuore della ragazza in fiamme – All’improvviso gli uccelli hanno smesso di cantare. Salvo uno. Come se stesse lanciando un segnale di allarme. E poi l’abbiamo vista. Sono sicura che era la stessa ragazza. C’era un ragazzo con lei. Avevano i vestiti a brandelli. Correvano come se ne andasse della loro vita.
Si zittisce, presa dal fiume di ricordi che quell’esperienza le ha lasciato. Nei suoi occhi non ci sono che le immagini di quel giorno. Dopo un po’ riprende.
-L’hovercraft sbucò dal nulla. Voglio dire, un attimo prima il cielo era vuoto e un attimo dopo era lì. Non faceva alcun rumore ma loro lo videro. Dall’alto lasciarono cadere una rete sulla ragazza e la tirarono su veloci, veloci come l’ascensore. Spararono una specie di lancia contro il ragazzo trafiggendolo da parte a parte. Era attaccata a una fune e tirarono su anche lui ma sono certa che era morto. Sentimmo la ragazza urlare una sola volta, il nome del ragazzo credo. Poi l’hovercraft scomparve. Si volatilizzò. E gli uccelli ricominciarono a cantare, come se niente fosse successo.
Vorrei dire qualcosa di più toccante, ma ho la gola secca e la curiosità vince sulla ragione, la storia mi ha sconvolto, non avrei mai immaginato niente di simile.
-Loro vi hanno visti?
-Non lo so. Eravamo sotto una sporgenza di roccia – risponde prima di inabissarsi di nuovo nei ricordi. Mi accorgo che sta tremando, non saprei dire se dal freddo che sul tetto inizia a farsi pungente o per la paura che quel racconto rinnova in lei.
-Stai tremando – e le metto la mia giacca sulle spalle. Fa come per spostarsi, restia a ogni manifestazione sentimentale. Ma poi mi lascia fare –Erano di qui? – chiedo mentre le allaccio un bottone al collo proprio sotto il mento. È la prima volta che siamo soli e così vicini. Il cuore mi batte forte nel petto e sento un calore dentro che contrasta l’aria fredda della sera. Adesso, a pochi centimetri da me sembra così fragile, non la guerriera spietata con lo sguardo di ghiaccio e il volto di pietra. Annuisce, con aria triste.
-Dove credi che stessero andando? – penso che forse sarebbe meglio non insistere ulteriormente, ma sento il bisogno di sapere di più, di far durare quel momento più a lungo.
-Non lo so proprio – e neanche io in effetti. Dove andare oltre i boschi del distretto 12? Tralasciando i resti del distretto 13 distrutto che ci mostrano periodicamente in televisione non c’è nient’altro oltre il nostro distretto, stavano scappando, verso un porto sicuro al riparo dalla capitale, ma dove? –E non so neppure perché volessero andarsene da qui.
-Io me ne andrei da qui – rispondo senza pensare, forse un po’ troppo forte. Mi guardo intorno come per vedere se ci sono delle telecamere a riprendere la scena. Rido per sdrammatizzare e per apparire come un tributo nostalgico aggiungo – Tornerei a casa adesso, se me lo permettessero. Però devi ammetterlo: il cibo è ottimo.
Rimedio cambiando discorso, forse è meglio finire qui il nostro incontro serale.
-Sta cominciando a fare freddo. Meglio che entriamo- aggiungo. Entriamo nella cupola riscaldata e illuminata. L’atmosfera è completamente diversa, molto più rilassante e confidenziale, scelgo di cambiare discorso per soddisfare le mie curiosità.
-Il tuo amico Gale. È quello che ha portato via tua sorella alla mietitura?
-Sì lo conosci? – chiede, sembra sollevata dal fatto che ho cambiato discorso, felice di parlare di Gale?
-Non proprio. So che le ragazze parlano parecchio di lui – dico per stuzzicarla – Credevo fosse tuo cugino o qualcosa di simile. Vi somigliate.
È vero, si somigliano, ma un po’ tutti gli abitanti del Giacimento hanno gli stessi caratteri somatici. Figli di minatori, minatori anch’essi, stessi capelli scuri e occhi grigi. Ma so benissimo che non sono parenti, lo dico solo per vedere la sua reazione.
-No, non siamo parenti.
-È venuto a salutarti?
-Sì – mi guarda per capire il motivo di tante domande. –È venuto anche tuo padre. Mi ha portato dei biscotti.
Non me lo aspettavo e non riesco a mascherare il mio stupore – Davvero? Be’, tu e tua sorella gli piacete. Penso avrebbe desiderato una figlia invece di una casa piena di maschi. Lui e tua madre si conoscevano da piccoli.
Non le parlo di Prim. Non so perché evito di menzionare il mio incontro con sua sorella. Nel frattempo ci incamminiamo verso le camere. Sento che le palpebre mi si fanno pesanti.
-Ah, sì, lei è cresciuta in città – dice con poca convenzione, mi restituisce la giacca –Ci vediamo domattina.
-Ci vediamo – rispondo e mi allontano lungo il corridoio. Arrivo davanti alla mia porta e entro cercando di non fare rumore. Mi svesto lentamente. Annuso la giacca che ha il profumo di Katniss. Resto per un po’ stringendola fra le mani e poi la appoggio delicatamente su una sedia. Mi tolgo il resto dei vestiti e mi infilo sotto le coperte, sono calde e pulite.
Penso a Katniss. Ai momenti appena passati e a quelli che non passeranno mai, resteranno per sempre immagini di me e lei insieme. Un abbraccio, un bacio, tenersi per mano.
Sogni.


Ciao a tutti, sempre io, un nuovo capitolo.
Spero come sempre che sia di vostro gradimento, lasciate una recensione per qualunque cosa, ci sentiamo alla prossima (sperando che sia moooolto a breve anche se non garantisco, ho sempre meno tempo, ma più voglia di scrivere)
-samubura-

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Non saprei dire se i sogni che popolano il mio sonno sono belli o brutti.
Katniss, io e lei che camminiamo nel bosco, mi bacia e poi mi ritrovo un pugnale nello stomaco, lei che mi guarda morire sorridendo.
Mi sveglio accertandomi di essere ancora vivo e non mortalmente ferito. Dalle tende entrano timidamente i primi raggi di sole. Guardo fuori e trovo un panorama diverso da quello che avevo visto la sera precedente. La città frenetica delle mille luci e i mille colori ha ceduto il posto a una sua versione più spenta e ancora quiescente. Nella doccia cerco di stare più attento ai pulsanti che premo, il risultato è se non altro migliore dell’ultima volta. Nessuno è venuto a chiamarmi questa mattina e Haymitch non ci ha dato un orario di appuntamento per la colazione, ma decido di sbrigarmi. Probabilmente ho dormito molto visto quanto ero stanco la scorsa sera.
Sulla sedia dove avevo lasciato i miei vestiti ce ne sono di nuovi messi da non qualcuno entrato durante la notte. Pantaloni neri e una polo rossa bordeaux. Non male, mi guardo allo specchio e mi sistemo i capelli.
Apro la porta e nel corridoio incrocio Haymitch.
-Buon giorno – azzardo.
-Speriamo che lo sia – risponde con il suo immancabile sarcasmo. È più simpatico quando non è ubriaco.
Nella sala da pranzo Katniss è già seduta al tavolo e mangia. È vestita come me. A quanto pare questa è la strategia di Cinna. Una squadra sotto ogni aspetto, mi chiedo quanto possa funzionare nell’arena dove saremo uno contro l’altra. Un meraviglioso buffet è sorvegliato da un senza-voce a nostra completa  disposizione, mi servo abbondantemente con le delizie della capitale. Stufato, cioccolata calda, uova e salsicce, mi guardo dall’assaggiare quello che sembra un melone viola. Mi siedo di fronte a Katniss che sembra stizzita forse per il fatto che siamo vestiti allo stesso modo, neanche io ne capisco a fondo il motivo, ma non ci è concesso contestare le scelte degli stilisti.
Persino Haymitch mangia con appetito, poi prende la immancabile fiaschetta e prende un lungo sorso di liquore. Si appoggia al tavolo e si sporge verso di noi.
-Allora, mettiamoci al lavoro. Addestramento. Prima di tutto: se volete, posso allenarvi separatamente. Decidetelo adesso.
Già, l’addestramento. Per tre giorni tutti i tributi insieme si allenano osservati dagli strateghi, poi l’ultimo giorno ognuno si esibirà singolarmente e gli strateghi assegnano un punteggio che è importante per ricevere sponsor. A pensarci mi si rivolta lo stomaco, ho sempre subito molto l’ansia da valutazione e vedere gli altri tributi che saranno sicuramente più bravi di me non agirà positivamente sulla mia autostima.
-Perché dovresti allenarci separatamente? – chiede Katniss.
-Nel caso in cui tu abbia qualche talento segreto che non vuoi far conoscere all’altro.
Mi guarda indagando su quale talento segreto potrei nasconderle.
-Io non ho nessun talento segreto. E so già qual è il tuo, no? Voglio dire, ho mangiato un bel po’ dei tuoi scoiattoli.
Ci pensa un po’ su e poi decide –Ci puoi allenare insieme.
Annuisco soddisfatto, almeno potrò stare con lei più tempo.
-Benissimo. Allora, datemi un’idea di quel che sapete fare – ci chiede Haymitch, sembra molto più serio adesso che sta cercando di darci una mano. Mi chiedo se avevamo fatto male a giudicarlo prima ancora di conoscerlo veramente.
-Non so fare niente. A meno che cuocere il pane non valga qualcosa. – rispondo pronto.
-No spiacente. Katniss, so che sei abile con il coltello – ribatte Haymitch.
-Non proprio però so cacciare, con arco e frecce.
-E sei brava? – chiede Haymitch visibilmente incuriosito da un’abilità più utile che cuocere pagnotte.
-Abbastanza – risponde Katniss con nonchalance.
Abbastanza? Spero stia scherzando, o forse è una tecnica, ma a cosa le serve tenere nascoste le proprie capacità davanti a Haymitch, tanto io le conosco benissimo.
-È bravissima. Mio padre compra i suoi scoiattoli. Si meraviglia sempre che le frecce non lacerino mai i corpi. Lei li colpisce sempre nell’occhio. E fa lo stesso con i conigli che vende al macellaio. È capace di abbattere persino un cervo.
-Che intenzioni hai? – mi sibila contro.
-Che intenzioni ho, dici? Se Haymitch ti vuole aiutare deve pur sapere di cosa sei capace. Non sottovalutarti.
Non le va giù. È inutile, è convinta che io sia più furbo di lei.
-E tu, allora? Ti ho visto al mercato. Riesci a sollevare sacchi di farina da cinquanta chili. Digli questo. Questo non è “niente” – ribatte acida.
Mi arrabbio con lei, possibile che ogni cosa che faccio deve essere solo per danneggiarla, e poi che senso ha questa specie di ripicca? Certo lei uccide la gente con i suoi dardi micidiali e io posso sollevare pesi, non mi sembrano abilità paragonabili.
-Sì, e di certo nell’arena troverò chissà quanti sacchi di farina da tirare in testa agli altri. Non è come saper maneggiare un’arma. E tu lo sai
-Sa fare la lotta – dice rivolta verso Haymitch come una bambina capricciosa – L’anno scorso è arrivato secondo nella gara scolastica, dietro suo fratello.
È inutile continua ad arrampicarsi sugli specchi per farmi apparire più bravo di quanto sono, come se non sapesse che in realtà lei ha un vantaggio enorme su di me e forse anche sugli altri. Non vuole ammetterlo.
-E questo a che serve? Quante volte hai visto qualcuno fare la lotta fino alla morte?
-Il combattimento corpo a corpo c’è sempre. A te basta trovare un coltello e qualche possibilità ce l’hai, per me se mi attaccano, è la fine! – Inizia ad alzare il tono della voce, arrabbiata. Questa volta non le do torto, Katniss è robusta, e molto più in forma delle altre ragazze del giacimento, per via della caccia nei boschi, ma sicuramente in un corpo non durerebbe gran che. Ma a che le serve il corpo a corpo quando le basta un arco per fare una strage senza il minimo rischio?
-Ma non sarà così! Tu te la spasserai sugli alberi, mangiando scoiattoli selvatici ed eliminando la gente con arco e frecce. Sai cosa mi ha detto mia madre quando è venuta a salutarmi, tanto per tirarmi su? Che forse il Distretto 12 avrà un vincitore. Poi ho capito che non parlava di me, parlava di te!
-Figurati, certo che parlava di te – dice per evadere dal discorso.
-Ha detto «È una tosta quella»
Quando capisce che non le sto mentendo si irrigidisce. Mi guarda negli occhi in cui non riesco a nascondere il dolore che quel momento mi riporta, sentirmi già morto, stando qua nel lusso di Capitol City me ne stavo quasi dimenticando.
-Ma solo perché qualcuno mi ha aiutato.
Ha cambiato tono. Immediatamente. Tra le mani ha ancora un panino, lo guardo pensando a quel giorno. Rivedo la sua sagoma ai piedi dell’albero. La pioggia fitta, le pagnotte bruciate gettate ai suoi piedi.
-Ti aiuteranno, nell’arena. Faranno a botte per sponsorizzarti.
-Lo stesso vale per te.
Guardo Haymitch e gli parlo come se Katniss non ci fosse –Non ha proprio idea. Dell’effetto che può fare.
Mi sfogo graffiando il tavolo con le unghie, evito di guardare Katniss. Passa quello che sembra un secolo mentre Haymitch passa lo sguardo da me a Katniss incerto sul da farsi.
-Bene, allora. Bene, bene, bene – farfuglia cercando la cosa giusta da dire – Katniss, non è certo che ci saranno arco e frecce nell’arena, ma durante la tua sessione privata con gli Strateghi mostra loro quello che sai fare. Fino a quel momento, sta’ lontana dal tiro con l’arco. Te la cavi con le trappole?
-Ne conosco qualcuna, di quelle semplici – borbotta scocciata. Altro punto in più per lei, a differenza della ragazza di fuoco non ho mai dovuto procurarmi il cibo da solo e non ho idea di come potrei farlo nell’arena.
-Può essere importante per il cibo – poi si rivolge a me – Peeta, lei ha ragione, non sottovalutare mai la forza, nell’arena. Molto spesso l’energia fisica fa pendere il piatto della bilancia a favore di un contendente. Nel Centro di Addestramento ci saranno dei pesi, ma non rivelare quanto riesci a sollevare di fronte agli altri tributi. Il programma è lo stesso per entrambi. Andate a fare addestramento di gruppo. Impiegate il vostro tempo a imparare qualcosa che non sapete fare. Tirare una lancia. Roteare una mazza. Fare un nodo decente. Riservate ciò che sapete fare meglio per le sessioni private. Tutto chiaro?
Annuisco, capendo in pieno la strategia di Haymitch che mi sembra molto valida.
-Ultima cosa. In pubblico, vi voglio fianco a fianco in ogni istante.
-Che cosa!? – grida Katniss alzandosi in piedi e sbattendo le mani sul tavolo. Anche io non sono affatto contento della cosa.
-Che senso ha?
Haymitch si arrabbia, non possiamo mettere in dubbio le sue discussioni, mi sembra chiaro. Batte la mano sul tavolo con forza e urla –In ogni istante! Non si discute! Avete accettato di fare come dicevo! Starete insieme e vi dimostrerete amichevoli l’uno con l’altra. E adesso andatevene. Alle dieci avete appuntamento con Effie all’ascensore per l’addestramento.
Katniss è la prima a lasciare la stanza e se ne va facendo una scenata da prima donna con tanto di porta della camera sbattuta. È vero, neanche io sono contento di questa storia di fingerci amiconi, ma il progetto della nostra squadra è pensato solo per aiutarci. Forse è meglio fidarsi.
Torno anche io in camera mia per sfogare un po’ la tensione è la rabbia. Lascio la stanza senza dire nulla ad Haymitch. Mi chiudo dentro e mi sdraio sul letto cercando le risposte nel soffitto della stanza. Penso a quello che ha detto Katniss, mi stupisce che sappia così tante cose di me. Pensavo di essere come invisibile ai suoi occhi prima della mietitura, e invece a quanto pare… Lei mi piace, e lo so, non penso che lei lo abbia ancora capito. Anzi, probabilmente pensa che io la odi, che stia già pensando a un modo semplice per ucciderla. Farla fidare di me per poi sgozzarla nel sonno. Mi dà fastidio questo suo modo macchinoso di ragionare ogni azione.
Fredda, lucida, calcolatrice. Non è questa la ragazza a cui ho gettato il pane quella giornata piovosa. È così incostante, incoerente. Soltanto ieri sera eravamo faccia a faccia a parlare dei nostri problemi come due veri amici ed ecco che con il nuovo giorno siamo tornati ad essere nemici. Ma ha ragione, sono io che mi sbaglio, illudendomi che ci sia speranza per noi due. Per uno di noi due. E basta. Non ci sono amici nell’arena, alleati al limite, ma tutti i patti prima o poi si rompono. Non ho voglia di fare niente. Non voglio scendere nel Centro di Addestramento con gli altri tributi, che mi buttino nell’arena per avere una fine veloce e indolore. Magari potrei saltare su una delle mine che mettono attorno alla cornucopia per evitare che qualcuno si muova dal suo piedistallo prima della fine del conto alla rovescia. BOOM e addio Peeta Mellark.
Mi costringo a guardare l’ora, non voglio fare tardi con Effie, quindi esco anche se manca ancora qualche minuto all’appuntamento. La trovo già pronta all’ascensore. Sorride in modo affabile, probabilmente non sa nulla del nostro colloquio con Haymitch.
-Via quel brutto muso dal tuo bel faccino! Forza, dovete andarvi ad allenare – commenta euforica. Faccio un sorriso forzato tanto per farla contenta. Quando arriva Katniss sembra molto più preoccupata di me. Si morde le unghie, ma appena se ne rende conto nasconde la mano dietro la schiena con un gesto frettoloso.
In meno di un minuto siamo nei sotterranei dove si trovano le sale di addestramento. Le porte dell’ascensore si aprono mostrando una palestra sconfinata, armi, percorsi a ostacoli e varie postazioni che non riesco a identificare. Non son ancora le dieci, ma siamo gli ultimi, tutti gli altri tributi sono in cerchio, c’è elettricità nell’aria. Tutti portano un quadrato di stoffa con il numero del loro distretto stampato sopra. Ne attaccano uno anche a me e Katniss, gli unici a essere vestiti allo stesso modo.
Atala, così si presenta la capo istruttrice, si avvicina e spiega brevemente il programma di allenamento e le regole base. Ci sono degli esperti per ogni postazione e siamo liberi di spostarci dove vogliamo. È vietato lottare con gli altri tributi, ma possiamo richiedere un assistente per fare pratica. Ci legge un elenco di tutte le postazioni, tecniche di sopravvivenza, di combattimento, alcune di cui non ho neanche mai sentito il nome. Sto ad ascoltare con attenzione ma nel frattempo mi concedo di osservare da vicino gli altri ragazzi che sono intorno a me. Per struttura fisica non sono neanche così svantaggiato come pensavo, escludendo i Favoriti, i ragazzi del distretto 1, 2 e 4 che vengono addestrati e poi si offrono volontari. Teoricamente sarebbe vietato allenare i ragazzi prima dei giochi, ma effettivamente è così e si vede. Sono robusti, forti, lo sguardo fiero e spavaldo. Gli altri tributi provenienti dai distretti più poveri sono gracili, magri e spaventati. Io e Katniss tutto sommato siamo i più “normali”.
Quando Atala ci lascia liberi guardo il gruppo dei favoriti che si dirigono verso armi dall’aspetto terribilmente letale e le maneggiano con destrezza. Deglutisco amaro e richiamo l’attenzione di Katniss, accanto a me, con un colpetto sul braccio.
-Da dove vuoi cominciare?
Si guarda attorno per vedere cosa stanno facendo gli altri.
-E se facessimo qualche nodo? – suggerisce. Non mi piacciono i nodi, ma forse potrebbero tornarci utili. Anche se non entusiasta accetto.
L’istruttore è fin troppo entusiasta della nostra presenza, cosa che conferma in me l’idea che il corso di nodi non sia quello più frequentato. Katniss è più esperta di me, con la questione delle trappole eccetera, il nostro insegnante ci mostra una trappola abbastanza semplice ma efficace, serve a far penzolare un concorrente in aria appeso a un ramo. Mi impegno al massimo e dopo un’oretta ci sentiamo soddisfatti dei risultati. La prossima scelta è mia. Mimetizzazione mi sembra interessante, se non posso combattere almeno posso nascondermi.
L’istruttore ci mostra alcune tecniche base e poi ci lascia fare pratica, mi sorprendo di come mi riesca bene, faccio disegni sulla pelle che mi renderebbero indistinguibile dal sottobosco, intreccio camuffamenti con le foglie. Riesco a scaricare la tensione e rilassarmi un po’. Sciogliere la tensione di questa mattina.
-Sono io che faccio le torte – dico a Katniss, per provare a riaprire una conversazione più tranquilla con lei. Siamo insieme da tutta la mattina ma abbiamo parlato pochissimo.
-Le torte? – mi chiede distratta mentre sposta la sua attenzione dai tributi favoriti a me –Quali torte?
-A casa. Quelle glassate, per la panetteria.
Il mio tentativo non va a buon fine, resta acida e infastidita, probabilmente dal fatto che l’istruttore mi riempie di complimenti, mentre lei non riesce ad ottenere i miei stessi risultati. Fa arrabbiare anche me.
-Carino. Se solo tu potessi glassare a morte qualcuno.
-Non far tanto la superiore. Non si può mai dire cosa si troverà nell’arena. Se ci fosse una gigantesca torta…
-Diciamo che passerei ad altro – mi interrompe secca.
È inutile, rinuncio a qualunque tentativo di approccio anche nei giorni seguenti, continuiamo a mostrarci uniti per le telecamere e gli altri tributi, ma in realtà è come se fossimo soli. Sono soddisfatto di quello che ho imparato in così poco tempo, accendere un fuoco in modo diverso rispetto a quello che usavo nel forno, molto più pratico e semplice, lanciare coltelli, maneggiare armi difficili. Nel corpo a corpo supero quasi tutti, anche se Haymitch aveva chiesto di non mostrare la nostra abilità. Anche Katniss supera il test sulle piante commestibili senza nessun errore. Comunque evitiamo le nostre “specialità” da riservare per le sessioni private.
Gli Strateghi sono presenti tutti e tre i giorni. Arrivano presto e si siedono in una tribuna riservata a loro dove passano il tempo a discutere tra loro, mangiare a un banchetto praticamente inesauribile e osservarci.
Non mi curo molto di loro, come immagino loro faranno di me. Cerco solo di impegnarmi più che posso e imparare ciò che potrebbe salvarmi la vita.
All’ora di pranzo ci riuniamo tutti e ventiquattro in una sala vicino alla palestra per mangiare. Ci sono dei carrelli con il cibo posto sopra, i Favoriti si raggruppano attorno allo stesso tavolo e ridono e scherzano per farsi notare quasi per dire “non ci importa niente di voi, consideratevi già morti” il loro atteggiamento mi infastidisce ma stringo i denti e faccio finta di niente. Oltre a loro solamente io e Katniss mangiamo insieme, sempre seguendo la strategia di Haymitch. Cerchiamo anche di parlare amichevolmente, almeno finché c’è qualcuno che ci guarda.
Non è neanche così facile trovare degli argomenti, io e Katniss non ci conosciamo quasi per niente e evitiamo di parlare del distretto 12 perché mette una c erta nostalgia a entrambi. Solitamente sono sempre io il primo a trovare qualcosa di cui parlare, un giorno spiego a Katniss i vari tipi di pane che sono stati messi nel cesto nella sala da pranzo per dare una rappresentanza del cibo tipico di ogni distretto.
-Sai un sacco di cose – dice quasi sinceramente interessata. Mi secca non poter sapere se è vero o se è solo una brava attrice.
-Solo sul pane – rispondo e aggiungo sussurrando – ora ridi come se avessi detto qualcosa di buffo.
Ovviamente attiriamo l’attenzione di tutti, come volevo. Sono più bravo di lei con questo genere di recita quindi sono un po’ io che dirigo il tutto.
-Benissimo – aggiungo – io continuerò a sorridere amabilmente e tu parlerai.
-Ti ho mai raccontato di quando un orso mi ha inseguito?
-No, ma sembra interessante – forse per me è più facile perché sono veramente interessato a lei. Questa recita ridicola mi distrugge, magari un esterno non si accorge, ma io vedo benissimo che a Katniss non importa niente di me.
Forse la persona di cui attiriamo più l’attenzione è la ragazzina del distretto 11. Ci segue un po’ ovunque senza farsi notare. Il secondo giorno, mentre stiamo provando a tirare le lance avviso Katniss che sembra non essersi accorta di nulla.
-Credo che qualcuno ci segua. Penso si chiami Rue.
-E cosa possiamo farci? – risponde brutalmente. Possibile che sia sempre così arrabbiata con il mondo?
-Niente. Era solo per fare conversazione – rispondo quasi offeso.
È dura, ma dover sopportare l’umore instabile di Katniss rende tutto più difficile. Anche durante la cena o la colazione, quando Haymitch ed Effie ci chiedono insistentemente dettagli delle nostre giornate e ci danno consigli tiene il muso come una ragazzina capricciosa. Anche io mi annoio ma almeno davanti a loro mi mostro paziente e comprensivo.
La sera del secondo giorno mentre torniamo alle nostre camere finalmente liberi dopo l’ennesimo interrogatorio borbotto qualcosa come – Qualcuno dovrebbe dare qualcosa da bere ad Haymitch – che sembra veramente rinvigorito ora che è sempre sobrio, è talmente eccitato dai nostri successi che vedo il fuoco nei suoi occhi bruciare più intensamente.
Per tutta risposta Katniss dice –Per favore, non fingiamo di essere amici quando non c’è nessuno.
Non stavo assolutamente fingendo, ma tanto sarebbe completamente inutile provare a dimostrarglielo.
-Va bene, Katniss – rispondo e mi infilo silenziosamente nella mia camera. Da quella sera parliamo solo quando ci sono gli altri.
Il terzo giorno ci sono le sessioni private. Sono nervoso anche perché io e Katniss siamo gli ultimi, prima il tributo maschio e poi il tributo femmina. Mano a mano che la sala da pranzo si svuota la tensione sale. Quando rimaniamo gli unici stiamo in silenzio. Non c’è nessuno a cui dobbiamo dimostrare la nostra amicizia, no? Che cosa assurda.
Mi chiamano, mi alzo in piedi con il cuore che batte a un ritmo frenetico nel petto. Non mi va neanche di salutare Katniss, cammino verso la porta senza voltarmi quando sento la sua voce.
-Ricorda quel che ha detto Haymitch: lancia i pesi.
Sono sorpreso, è la prima cosa carina che mi dice. Dopo giorni in cui non ci parlavamo neanche veramente è totalmente inaspettato.
-Grazie. Lo farò – farfuglio – Tu… scocca dritto le tue frecce.
Annuisce e entro nella palestra. Gli strateghi ridono e chiacchierano tra loro, annoiati. Ecco svelato un altro motivo dello svantaggio dei nostri tributi. Dopo aver visto tutti gli altri gli Strateghi perdono l’attenzione e forse hanno anche bevuto troppo, stanno anche cantando quello che sembra un brindisi. Mi avvicino ai pesi. E scelgo uno dei più pesanti, il primo tiro sarà una specie di prova, poi farò vedere per bene quello che so fare. Se fallisco il primo tentativo è la fine.
Afferro il peso con entrambe le mani, è una specie di palla di metallo con una maniglia. Ho le dita sudate dall’agitazione. Lo tiro su senza neanche dover fare uno sforzo troppo grande sono una quarantina di kili. Lo lancio più forte che posso e raggiungo una distanza che fa stupire anche me. Il rumore richiama l’attenzione degli Strateghi. Ottimo. Mi sento più sicuro di me. Afferro un peso da cinquanta chili, come i famosi sacchi di farina del mercato. Questa volta scelgo un bersaglio per mostrare anche che non sto lì a lanciare a caso pesi i giro per la palestra. Una rastrelliera con delle spade mi sembra abbastanza abbordabile.
Asciugo le mani sui calzoni e mi preparo al lancio. Tiro con tutta la forza che ho, ma la maniglia mi scivola via dalle mani nel momento sbagliato, non è un cattivo tiro, ma non è neanche quello che avevo programmato, noto che la maggior parte degli strateghi torna ad occuparsi del banchetto.
L’ultimo peso è di ottanta kili, non penso di aver mai sollevato tanto, ma sono abbastanza sicuro di potercela fare. Devo fare colpo sugli strateghi a tutti i costi.
Afferrato la palla di metallo pianto bene i piedi a terra, lo sollevo e lo dondolo un po’ avanti e indietro. È faticosissimo, vedo le vene delle braccia che si gonfiano per lo sforzo. Allargo le oscillazioni e quando mi sento pronto lascio andare.
Il rumore è assordante. Tutte le spade cadono con un baccano infernale, la rastrelliera mobile continua a muoversi a casaccio per la palestra a causa della spinta mentre io mi giro per vedere la reazione sulla tribuna. Sono tutti voltati dalla mia parte, sorrido. E un uomo anziano prende un appunto su un blocco note.
Per finire prendo una lancia e centro il manichino più distante nella piattaforma di allenamento. Ho preso abbastanza confidenza con quel tipo di arma e mi sembra un buon modo per concludere la mia sessione.
Forte, ma non solo.
Spero sia abbastanza.


Ciao a tutti, la storia sta ottenendo un successo che mi rende molto felice, un grazie particolare ad alcune lettrici appassionate che mi stanno inondando di complimenti.
Vi esorto a essere critici e a farmi sapere come sempre come vi pare la storia, il modo in cui sto presentando il ragazzo del pane e come scrivo :)
Mi fiondo nel prossimo capitolo ansioso di entrare nell'arena!
Alla prossima.
-samubura-

P.s. Non so se notate, ma ogni tanto aggiorno i vecchi capitoli con delle informazioni che trovo in quelli successivi, sono per lo più dettagli, ma ve lo dico lo stesso così sapete perché cambio alcune cose.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Quando mi dicono che può bastare esco dalla stanza in direzione dell’ascensore. È la prima volta che lo prendo da solo, ma basta premere il pulsante con il 12 impresso sopra e schizza via fino al nostro appartamento. Quando arrivo Haymitch e Effie mi chiedono com’è andata. Ci sarà tempo per questo dopo. Li liquido annoiato e entro in camera assicurandomi di chiudere bene la porta. Entro sotto la doccia (che finalmente ho imparato a usare come si deve) e penso a quello che ho fatto. Lancio discreto, lancio discreto, buon lancio e un bel centro per finire. No non è un granché ma non mi lamento. Qualche giorno fa non mi sarei ritenuto neanche in grado di fare tutte quelle cose.
Il punteggio che gli Strateghi assegnano a ogni tributo è importantissimo. È il punto di partenza delle scommesse che gli spettatori fanno durante tutto il corso dei giochi e sono fondamentali per gli sponsor. Il massimo è dodici e il minimo uno. Spero almeno in un sei, magari anche un sette. Niente di speciale, ma mi andrebbe benissimo. Ovviamente il punteggio non è importante all’interno dell’arena. Non sempre chi ottiene un punteggio molto alto vince, anzi, ma per chi sta fuori e tira fuori i soldi per sponsorizzarci è tutto quello che possono sapere di noi.
Sopra al rumore dell’acqua che scende costantemente e con temperatura appena tiepida sento la porta di Katniss sbattere. Haymitch ed Effie bussano preoccupati, ma lei le urla di andarsene. Sembra che stia piangendo. Rabbia, frustrazione… mi chiedo cosa possa esserle successo nella sua sessione privata. Una piccola parte di me pensa che ciò potrebbe andare a mio vantaggio, far concentrare le attenzioni di Haymitch su di me. Ma la scaccio via ripugnato.
Io non sono così.
Mi infilo l’accappatoio e scelgo qualcosa da mettermi per la cena. Aspetto steso sul letto senza far nulla, senza neanche pensare. Mi sembra di aver attirato abbastanza l’attenzione degli Strateghi, mi hanno congedato e qualcuno sembrava anche ancora abbastanza sobrio da essere interessato nei miei confronti. Chissà. Questa sera in televisione mostreranno i punteggi di tutti i tributi, a cena saranno presenti anche Cinna e Portia.
Non aspetto che sia Effie a chiamarmi come di consuetudine, ma quando che si avvicina l’ora di cena, e il mio stomaco inizia a brontolare esco dalla mia stanza. Quando passo davanti alla porta di Katniss mi viene voglia di bussare e parlarle chiedere cos’è successo e cercare di tirarla su con qualche parola di conforto, ma ci ripenso visto come sono andate le cose tra noi negli ultimi giorni.
Mi siedo a tavola dove Cinna e Portia stanno chiacchierando e li ascolto parlare senza intromettermi perché non ne ho molta voglia e non saprei che dire. Effie è agitata e si muove frettolosamente avanti e indietro lungo la stanza con i tacchi delle scarpe che fanno un ticchettio meccanico. A un certo punto guarda l’orologio e dice –Vado a chiamarla.
È ovvio che siano preoccupati per Katniss, a quanto pare appena tornata dal Centro di Addestramento si è chiusa in camera senza dar più segni di vita. In effetti anche io sono stato piuttosto schivo, ma almeno ho evitato di fare tutta quel baccano. Più passa il tempo più penso che Katniss sia solo una ragazzina che cerca di mostrarsi più grande e forte di quello che è. Con tutto le stress degli Hunger Games che si avvicinano è normale che diventi instabile.
Quando entra seguendo Effie ha ancora la faccia chiazzata di rosso come quando qualcuno ha pianto molto. Si accomoda a tavola di fronte a me, evito di fare domande ma la guardo come per chiederle spiegazioni. Mi capisce, ma scuote appena la testa ed è evidente che non ne vuole parlare.
Mangiamo in silenzio mentre tutti gli altri parlano. Quando i senza-voce portano in tavola la portata principale Haymitch si rivolge a noi spazientito –Bene, basta chiacchiere. Diteci solo come siete andati oggi.
Rispondo io per primo per dare a tempo a Katniss di riordinare le idee.
-Non so se è servito a qualcosa. Quando sono arrivato nessuno si è degnato di guardarmi. Stavano cantando una specie di brindisi, credo. Allora ho lanciato un po’ di cose pesanti finché non mi hanno detto che potevo andare.
Non parlo della lancia perché non rientrava in ciò che Haymitch mi aveva chiesto di fare. In realtà mi sembra già di aver parlato troppo di me, cosa che non mi piace affatto fare. Non voglio che Katniss lo prenda come un pavoneggia mento davanti al nostro team.
-E tu, dolcezza?
-Ho tirato una freccia contro gli strateghi – risponde arrabbiata Katniss.
-Cosa?! – interviene Effie al tempo stesso scandalizzata e terrorizzata. Be’, anche a me ha dato fastidio che gli Strateghi non mi abbiano degnato di uno sguardo, ma non penso sarei mai arrivato a tanto. Ora capisco perché è così frustrata. Si è lasciata prendere dalla rabbia e ha agito senza riflettere sulle conseguenze.
-Ho tirato una freccia contro di loro. Non proprio contro loro. Nella loro direzione. È come ha detto Peeta, io tiravo e loro mi ignoravano, e io ho… ho perso la testa, e così ho fatto volare via la mela dalla bocca del loro stupido maiale arrosto! – ribatte.
-Che cos’hanno detto? – chiede Cinna che riporta un po’ di calma in tavola. È sempre così tranquillo, lo invidio. In realtà sono anche io preoccupato per Katniss, un punteggio basso può equivalere a morte certa anche per qualcuno che come lei ha parecchie chance di vittoria.
-Niente. O meglio, non lo so. Dopo sono uscita.
-Senza che ti congedassero? – chiede Effie letteralmente sconvolta. Credo che Katniss dovrebbe finirsela ad aggiungere dettagli a questa cosa o potrebbe prenderle un colpo.
-Mi sono congedata da sola.
-Be’, mi pare inutile starci a pensare – dice Haymitch con tono conclusivo. Vuole chiudere questa faccenda qua, probabilmente è stufo delle preoccupazioni di Effie e tutto sommato quel che è successo è successo.
-Pensi che mi arresteranno? – chiede Katniss. È seriamente preoccupata.
-Ne dubito. Sostituirti sarebbe un problema, a questo punto – risponde Haymitch calmo. Giusto, sarebbe impossibile fare qualcosa del genere. Tanto ci manderanno ugualmente a morire, in un modo o nell’altro.
-E la mia famiglia? Puniranno loro? – parla a fatica.
-Non credo. Non avrebbe senso. Dovrebbero rivelare quello che è successo nel Centro di Addestramento,ma non possono dirlo perché è segreto, quindi sarebbe fatica sprecata. È più probabile che ti rendano la vita un inferno, nell’arena.
-Be’ ce l’hanno promesso comunque – dico io per cercare di sollevare la situazione e soprattutto sollevare il morale di Katniss.
-Verissimo – mi appoggia Haymitch che ha capito la mia intenzione. Sembra che entrambi riusciamo nell’impresa, mi lancia un cenno di approvazione. Ridacchia mentre chiede divertito –Che faccia hanno fatto?
-Sconvolta. Terrorizzata. Anche ridicola qualcuno. Un uomo è inciampato all’indietro ed è caduto indietro in una coppa di punch.
Ridiamo tutti di gusto all’idea di uno Stratega, sempre così serio immerso in una coppa di punch. Effie cerca di restare seria e arrabbiata ma si intuisce che sta trattenendo anche lei un sorriso. Immagino il disastro che avrebbe potuto causare una delle mie palle di ferro lanciata sulla tribuna. Una freccia sarebbe stata molto più innocua.
-Be’, gli sta bene – commenta Haymitch ripresosi dalla fragorosa risata – Prestarvi attenzione è il loro lavoro. E il fatto che siete del distretto 12 non è una buona ragione per ignorarvi.
Solo quando ha finito di parlare si rende conto che forse ha detto più di quanto avrebbe dovuto, ma non torna indietro nonostante lo sguardo un po’ torvo di Effie –Scusate, ma io la penso così.
-Avrò un pessimo punteggio – dice Katniss per cambiare discorso e tornare a ciò che più le preme.
-I punteggi contano solo se sono molto buoni, nessuno fa molta attenzione a quelli brutti o mediocri. Per quanto ne sanno, potresti aver nascosto le tue qualità di proposito, per ottenere un punteggio basso. C’è chi usa questa strategia.
-Spero che la gente interpreti così il quattro che probabilmente otterrò io – è ovvio che non spero di aver preso un quattro, ma forse ripensandoci meglio non è che io abbia fatto niente di eccezionale – Se sarà un quattro. Non c’è niente di meno eccitante che guardare una persona che raccoglie una palla pesante e la lancia a un paio di metri di distanza. Una mi è quasi caduta su un piede.
Esagero un po’ lo so. Ma il sorriso che Katniss mi fa prima di rimettersi a mangiare è grandioso. Lo sto facendo un po’ anche per non farla preoccupare troppo, e ci sono riuscito.
Anche questa sera mi alzo da tavola con la pancia che scoppia e mi abbandono su uno dei divanetti davanti alla enorme TV del salotto. Il distretto 12 è come sempre l’ultimo, appaiono le foto dei tributi favoriti e i loro punteggi in sovraimpressione, tutti dall’otto al dieci. Gli altri, il gruppo dei tributi gracili e spaventati ottiene più o meno intorno al cinque, Rue, la ragazzina dell’11 che ci ha seguiti negli addestramenti ottiene un sette che nessuno si aspettava. Poi tocca  me, la pressione sale.
Otto.
Ammetto che non me lo aspettavo, tutti si congratulano con me, Haymitch mi dà una pacca sulla spalla. Anche Katniss si mostra felice anche se non sono sicuro che lo sia realmente. È agitata e quando tocca a lei vedo che si conficca le unghie nel palmo della mano con forza. Accanto alla sua faccia appare un undici.
Effie strilla, un suono che non saprei associare a nessun tipo di emozione ma a un grande miscuglio di tante messe insieme. Poi tutti applaudono, ed è inutile dirlo, è una reazione ben diversa dal mio buono, ma non eccezionale otto.
-Dev’esserci stato un errore. Come… come è potuto accadere? –chiede Katniss a Haymitch che ha un sorriso enorme.
-Immagino che gli sia piaciuto il tuo carattere. Hanno uno spettacolo da organizzare. Hanno bisogno di giocatori di forte temperamento.
-Katniss, la ragazza in fiamme – commenta Cinna abbracciando Katniss – Oh, aspetta di vedere il tuo vestito per l’intervista.
-Altro fuoco? – chiede Katniss che adesso ha ritrovato la serenità persino per concedersi una battuta.
-In un certo senso – risponde Cinna lasciando tutto al mistero.
È tutto così allegro, così bello. E faccio fatica a farne parte, sì sono andato bene, è vero, ma che significa questo? Anche Katniss è andata bene, forse abbiamo fatto male a considerarci così poco a vicenda. Come se non fossimo anche noi una minaccia l’uno per l’altro. Quando viene da me a congratularsi vedo in lei il mio stesso imbarazzo. Non la biasimo.
Cerco di andarmene prima che posso.
Non indosso neanche il pigiama, mi infilo nel letto caldo e aspetto il sonno che arriva presto. Sono stanco, stressato e solo un buon riposo può aiutarmi.
La mattina mi alzo che è ancora presto, mi faccio subito la doccia e penso che non aspetterò che sia Effie a chiamarmi questa mattina, tanto vale andare a fare colazione prima.
Oggi è domenica, il mio pensiero va irrimediabilmente a casa, dove mio padre sforna il pane migliore per il pranzo domenicale del sindaco Undersee. Glielo andavo a recapitare direttamente a casa e spesso mi apriva la figlia Madge che faceva la mia stessa scuola. Dal modo in cui mi guardava e dalla frequenza con cui veniva a ricevermi al posto dei servitori avevo capito che forse non era solo il pane ad interessarle, ma non ci avevo mai dato troppo peso. Madge è carina, ma delle ragazze mi è sempre importato ben poco, forse perché da quando ho visto per la prima volta Katniss alle elementari ho saputo che il mio cuore sarebbe appartenuto a una soltanto. Avevo cinque anni e avevo scoperto l’amore.
Tornato dalle mie commissioni per il sindaco solitamente entravo dalla porta sul retro e c’era una torta appena sfornata che mi aspettava. Solo la domenica era permesso decorarle, per dare un po’ più di allegria alla gente libera dai turni nelle miniere. In un mondo nero carbone anche semplicemente qualche tocco di colore può fare la differenza.
Ma il ricordo di casa fa male e devo stare coi piedi per terra. Domani sera ci saranno le interviste e ho intenzione di iniziare a giocare per bene. Quell’otto mi ha dato la speranza in uno sponsor, ma è stato l’undici di Katniss a svegliarmi definitivamente. Haymitch è uno solo, noi siamo due, e per ora è indubbio che sia la ragazza in fiamme ad essere in vantaggio per ora. Non mi importa di diventare il preferito del nostro mentore, ma non posso permetterle di eclissarmi completamente. Ci sono anche io e non ho nessuna intenzione di andarmene tanto presto.
E poi ho un’idea, sperando che Haymitch sia mattiniero come me e mi eviti l’incontro con Katniss. Devo parlargli.
Dopo essermi vestito esco dalla camera senza fare rumore e mi dirigo a grandi falcate verso la sala da pranzo. Effie sorride nel vedermi alzato già a quest’ora, sta spalmando con la punta di un coltello della marmellata su un toast appena dorato. Anche questa mattina c’è una grande varietà di scelta per la colazione, solita cioccolata calda, pancetta, uova e prendo un’abbondante porzione di stufato. Agnello e prugne secche accompagnato con del riso, sembra delizioso e appena alzo il coperchio che lo mantiene ben caldo esce un profumo a dir poco invitante. Il cestino dei panini mi mette sempre un po’ di nostalgia. Ne prendo uno e ne accarezzo la superficie rugosa con il pollice.
Mi siedo al mio solito posto e mangio in silenzio.
-Non preoccuparti Peeta, otto è un punteggio perfetto, alto, ma non troppo da destare la preoccupazione dei favoriti. Non so con quale strategia hai scelto di giocare, ma sono sicura che gli Strateghi ti abbiano aiutato con il loro voto, dico bene?
-Sì.. sono soddisfatto. A proposito della strategia, vorrei parlarne con Haymitch, l’hai visto in giro?
-Oh sì, dovrebbe arrivare a breve, sicuramente meglio il tuo otto che l’undici di Katniss. Non ho dubbi che per gli Strateghi sia solo una punizione per il suo comportamento irrispettoso – prende un sorso dal bicchiere di aranciata che ha davanti e aggiunge dopo essersi pulita la bocca sul tovagliolo macchiato di rossetto – Bene, caro, devo andare a controllare l’agenda, siete così pieni di impegni!
Si alza con grazia e mi lascia solo nella grande stanza.
-Buon giorno fornaio! – tuona Haymitch dopo qualche minuto. La sua voce sembra anche più forte nella stanza vuota.
-Buon giorno Haymitch.
Aspetto che si riempia il piatto a sua volta e si sede a capotavola. Non mi lascia il tempo di iniziare il discorso che stavo preparando quando mi chiede.
-E così vuoi allenarti da solo, eh? – vede che lo guardo sconcertato, mi ha letto nel pensiero, poi aggiunge – Ho incrociato Effie nel corridoio e mi ha detto che volevi vedermi. Ho fatto due più due.
Ragiono un attimo sul quanto deve essere bravo di matematica Haymitch perché sinceramente i due fatti non mi avrebbero fatto arrivare alla stessa conclusione, però poco importa, ha indovinato e tanto vale spiegarmi per bene.
-Sì, hai indovinato, penso che sia giusto a questo punto affrontare una preparazione separata. Non ha più senso che io e Katniss facciamo gli amiconi qua fuori quando sappiamo benissimo entrambi che prima o poi uno dei due deve morire. E magari non mostrarle le ultime fasi della mia preparazione potrebbe avvantaggiarmi visto che già lei ha ricevuto un undici  dagli Strateghi. Volevo parlare… della strategia ecco, cosa mi consiglieresti?
-Fin’ora sono stato abbastanza chiaro, nell’intervista dovrà comunque sembrare che voi siate una squadra, sarà la vostra ultima apparizione pubblica prima dei giochi e voglio che la rendiate indimenticabile, inizia a pensarci bene perché è la tua ultima occasione per fare un figurone. Poi nell’arena fai quello che vuoi,  non ti obbligo a stringere alleanza con lei, anzi, cerca di andare subito il più lontano possibile se proprio non vuoi ucciderla.
Come ha fatto a capire anche questo? Sto iniziando a prendere in considerazione l’idea che Haymitch sia molto più arguto di quanto voglia sembrare.
-E con i favoriti? Cosa faccio?
-Tieniti alla larga e basta, se ti vogliono saranno loro a cercarti. Saranno prima occupati con Katniss, dopo quell’undici è lei il loro unico bersaglio, quando l’avranno uccisa penseranno a te e al ragazzone del distretto 11. Tutti gli altri non sono che piccoli ostacoli sulla loro strada, li faranno fuori prima che tu te ne possa neanche accorgere.
Cerco di interpretare con attenzione le sue parole. Mi sembra che voglia dirmi di più, qualcosa di sottinteso. Imprimo quello che ha detto nella mia memoria perché in quel momento entra Effie che ci fa cenno che dietro di lei sta per arrivare Katniss e Haymitch taglia lì il discorso.
-Be’, dovremo dirglielo… – sussurra Effie.
Haymitch annuisce senza dire nulla perché la diretta interessata è appena entrata nella stanza. Si avvicina al tavolo del buffet e si riempie il piatto prima di avvicinarsi.
-Cosa c’è? Oggi ci preparate per le interviste, giusto?
-Giusto – risponde Haymitch serio.
-Non dovete aspettare che finisca. Posso mangiare e ascoltare allo stesso tempo – dice mentre ci guarda con aria indagatrice e accusatoria al tempo stesso.
-Be’, c’è stato un cambiamento di programma. Riguardo al nostro metodo – dice Haymitch con cautela, come se Katniss potesse esplodergli sotto gli occhi.
-E cioè?
-Peeta ha chiesto di essere preparato separatamente.
Sprofondo nella sedia vergognandomi terribilmente.
-Ottimo – dice, dal suo volto di pietra non trapela nessuna emozione. Chissà perché mi fa più male di quanto dovrebbe.


Ciao ciao ciao! Eccovi un altro capitolo :)
Stasera sto guardando "Il lato positivo" con Jennifer, per chi non l'avesse visto, ve lo consiglio calorosamente è stupendo.
Come sempre, recensite e fatemi sapere qualuuunque cosa, attendo i vostri commenti che mi fanno sempre piacere.
Alla prossima (sperando presto)
-samubura-

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


-Allora qual è il programma? – chiede Katniss come se nulla fosse.
-Farete quattro ore ciascuno con Effie per la presentazione e quattro con me per i contenuti. Tu cominci con Effie, Katniss – risponde Haymitch al volo senza neanche doverci pensare. Probabilmente si aspettava che prima o poi sarebbe successo.
Katniss e Effie si spostano e lasciano me ed Haymitch soli. Mi invita a seguirlo nel salotto. Non ho idea di cosa significa lavorare sui contenuti, ma dal modo in cui mi guarda pare che lui stia già ragionando su come potrebbe vendermi al pubblico.
-Avevi già in mente qualcosa? – chiede dopo parecchi minuti di silenzio.
Effettivamente no, ma mi sembra brutto rispondergli così, magari devo dargli qualcosa da cui partire.
-Voglio essere quello che sono, e basta.
-E quello che sei piace alla gente? Peeta, non si tratta di chi sei, ma di come la gente ti vede. A loro non importa nient’altro che se sarai divertente, se saprai coinvolgerli, chiunque tu sia ti manderanno a morire. Lo capisci?
Le parole di Haymitch sono dure, ma so già quello che intende e c’ho già pensato. Non mi importa, non so se piaccio alla gente, ma quello che mi importa e mantenere una dignità, così come mi ha detto mio padre. Sii orgoglioso di essere un Mellark. E lo sono. Non permetterò che loro facciano di me quello che non voglio.
-Lo capisco – dico serio – ma non mi importa.
L’espressione che si dipinge sul volto di Haymitch è di reale stupore, pensava di avermi fatto un discorsetto che mi avrebbe invogliato a cambiare idea.
-Questo rende tutto più difficile. O più facile forse… - dice con fare enigmatico dopo essersi ripreso dalla risposta a sorpresa. Mi guarda ancora per un po’, quando capisce che non c’è niente da fare per farmi cambiare idea decide di assecondarmi.
-Ok, quindi mi pare che non ci sia bisogno di dirti che voglio che tu e Katniss passiate come una coppia giusto? Amici, compagni di distretto, quello che vuoi. Ma questo è abbastanza chiaro – i suoi occhi si fissano sui miei per cercare l’effetto desiderato.
Ovviamente ha centrato in pieno la questione. È furbo, probabilmente è stato questo che ne ha fatto un vincente. Ma non devo pensare a lui, devo concentrarmi su me stesso. Sono qui per questo, per questo ho chiesto una seduta separata, per non dover pensare a Katniss, o alla ragazzina del distretto 11, solo a me stesso. Non sono un bravo egoista.
-Quella è la strategia di fondo – rispondo senza sbilanciarmi, anche se so che Haymitch ha capito più di quanto vuole dire – adesso voglio costruirci sopra qualcosa solo per me. Come pensavi di procedere? Cosa mi consigli.
-Non lo so Peeta, non ti conosco, ma sei un bel ragazzo, sembri simpatico, forse potresti giocartela alla grande solo con qualche battuta al momento giusto. Parli poco e dici molto. Hai una dote in questo.
-Grazie – a quanto pare il mentore non ha avuto occhi solo per Katniss come pensavo. La cosa mi dà una maggiore fiducia.
Proviamo con una serie di botte e risposte. Sembra compiaciuto, le sue domande sono semplici, ma cerco di rigirare la risposta per mettermi in luce. Haymitch ride alle mie battute compiaciuto. È soddisfatto.
-Può bastare – dice ripresosi da una grossa risata – Abbiamo ancora del tempo a nostra disposizione, c’è qualcosa che vuoi chiedermi?
Immagino alluda al discorso di questa mattina. Dovrei approfittarne, non so quando mi ricapiterà di passare del tempo da solo con lui?
-Per la strategia, dentro l’arena… cosa mi consigli. Penso che tu sappia quali sono le mie effettive potenzialità. E anche le mie idee.
-Non vuoi morire, non vuoi uccidere, le due cose non si conciliano bene negli Hunger Games. Il mio consiglio è questo: vai lontano da tutti e tieniti alla larga dai guai, se ci riesci vivi abbastanza a lungo da far cambiare le tue priorità.
-Vedremo… - rispondo per non dargliela vinta. Non voglio cambiarmi, non voglio che mi cambino. Non mi importa che siano le circostanze, la capitale. Non voglio. Ma non riesco a rispondere con tutta la rabbia che ho dentro ad Haymitch, perché lui sa meglio di me, che nell’arena tutto può cambiare –Con i Favoriti, stamattina avevi accennato qualcosa…
-Sì, te l’ho detto. Saranno loro a cercarti. Non preoccuparti di loro, stanne alla larga e ti lasceranno in pace almeno fino a che non sarete rimasti talmente in pochi che avrai qualche possibilità di batterli.
Rimango un po’ perplesso sull’ultima parte, speranze di batterli? Non credo proprio, magari lo fa soltanto per darmi un briciolo di speranza. Poco mi importa, non voglio sperare, rende tutto solo più doloroso.
Passiamo il resto del tempo che ci rimane prima di pranzo, non molto, a parlare e a rivedere la mia intervista, Haymitch ride sempre alle mie battute e lo fa in modo sincero, mi piace la nuova intesa che si è creata tra noi, spero possa essermi d’aiuto.
Quando arriviamo nella sala da pranzo è ancora deserta, escludendo i quasi invisibili senza-voce che sembrano ovunque, vestiti tutti allo stesso modo, immobili e, ovviamente, silenziosi.
-Credi che dovremmo aspettarle? – chiedo a Haymitch.
In tutta risposta inizia a riempirsi il piatto, lo seguo.
Katniss entra nella stanza furiosa, cosa che non mi fa ben sperare per le seguenti quattro ore con Effie su non so che cosa. Indossa un vestito elegante, tiene la gonna alta fino alle ginocchia ed è scalza. La faccia inorridita di Effie che arriva subito dopo di lei mi fa intuire che siano proprio i comportamenti che le ha criticato.
Per tutto il pranzo non dice niente, si limita a fissarmi da sopra il piatto ogni tanto. Effie intanto cerca a stento di intrattenere una conversazione piacevole.
Quando ci separiamo di nuovo la tensione scende. Effie mi invita a seguirla nella mia camera mentre borbotta qualcosa sulle reazioni sempre esagerate di Katniss. Mi fa ridere, ma mi trattengo perché non sarebbe educato e Effie mi lacererebbe con lo sguardo.
Mi fa accomodare sul letto mentre tira fuori dall’armadio una serie di completi abbinati perfettamente spiegandomi attentamente le regole per associare i colori tra loro. Non serve scegliere quello che indosserò stasera perché Portia ne ha già preparato uno appositamente per l’occasione.
Comunque me ne fa indossare uno per prendere confidenza coi movimenti che dovrò fare con addosso quei vestiti. Mi loda per il portamento eretto che ho naturalmente, mi critica solamente di gesticolare troppo quando parlo. Mi fa provare almeno una ventina di volte come fare il mio ingresso, salutando un pubblico immaginario –Sorrisi ragazzo! Sorrisi! Sono la chiave per il successo. Voglio che ogni adolescente di Capitol City appenda un poster con il tuo sorriso in camera sua! – L’idea è buffa, ma la accontento. Camminare senza fretta, prendersi il tempo di studiare il pubblico. La sto ad ascoltare volentieri perché non capita spesso di trovarsi davanti a tanta gente nel Distretto 12 quindi sono tutte cose nuove per me e, anche se mi serviranno solamente per una sera, potrebbero comunque essere importanti per garantirmi una sopravvivenza più lunga nell’arena.
Non so perché mi preoccupi tanto di prolungare la mia agonia come preda della capitale, ma l’attaccamento alla vita è forte per tutti, me incluso. In un modo o nell’altro è troppo duro accettare il proprio destino senza far nulla per cambiarlo.
Alla fine della mia preparazione mi fanno male i muscoli della faccia per tutte le espressione che Effie mi ha fatto provare, sorpresa davanti a una domanda, fingermi pensieroso prima di dare la risposta giusta, sorridere in modo affabile mentre faccio una battuta. La rendo pienamente soddisfatta del suo lavoro.
Per quel poco che conosco Katniss immagino che avrà reso l’opera di Effie un inferno.
La sera Katniss sceglie di mangiare in camera da sola. Non so il motivo, Haymitch sceglie di evitare l’argomento, sembra che sia anche mezzo brillo, non ho idea di cosa possa essere successo nella loro sessione privata. Passiamo la cena principalmente in silenzio. Tutto è delizioso come sempre, ma c’è un’atmosfera terribile.
Effie si lascia scappare un gridolino acuto quando si sente rumore di piatti che si infrangono sul pavimento provenire da camera di Katniss, ma nessuno dice niente e non mi va di essere io a tirare fuori il discorso evidentemente poco gradito. Mi congedo prima del solito giustificandomi con una scusa che nessuno ha bisogno di ascoltare capendo a pieno le mie ragioni.
Ammiro la capitale che splende come sempre mentre tiro le tende prima di coricarmi. Scivolo sotto le coperte e quando riesco a prendere sonno dormo tranquillo fino al mattino dopo.
Il mio staff di preparatori mi dà un buongiorno alquanto brusco. Sono tutti molto eccitati per questa sera e ciarlano su quali tributi sembrano loro più interessanti, ma nessuno chiede la mia opinione, come quasi se non ci fossi. Trattano la mia pelle fino a farla diventare liscissima, si lamentano di quanto poco mi sia curato dal loro ultimo intervento e vorrei quasi rispondergli di essermi lavato più questi giorni che in tutta la mia vita, ma evito e mi abbandono in una sorta di coma cosciente finché non hanno finito. Il risultato mi piace tutto sommato. Il tempo è volato ed è già tardo pomeriggio quando entra Portia con il mio completo appeso ad un attaccapanni.
Lo indosso, è fatto su misura ed è comodissimo. Una giacca con dei motivi rossi e arancioni che adornano le maniche risaltando sul fondo nero. Nel complesso è molto elegante e mi trovo a mio agio quando mi guardo allo specchio. Sorrido a Portia che mi guarda soddisfatta.
-Grazie – le dico. Il lavoro che ha fatto è grandioso, mi fa apparire molto più adulto di quanto realmente sia, più forte, determinato.
-Ti sta meglio di quanto avessi mai potuto desiderare – risponde soddisfatta del suo lavoro – Cosa hai deciso con Haymitch?
-Sarò semplicemente me stesso, dice che ho un’ironia innata.
-Sono proprio curiosa di scoprirlo.
Mi accompagna fino all’ascensore dove dopo qualche minuto ci raggiungono Katniss e Cinna.
La ragazza in fiamme, letteralmente, splende. L’abito ideato da Cinna per lei è cosparso di pietre preziose rosse arancioni e bianche con qualche punta di blu per evidenziare la sommità del fuoco. A ogni movimento della gonna larga sembra che Katniss sia avvolta da un alone di fuoco. Il trucco le marca i lineamenti. Gli occhi mandano lampi di luce ogni volta che batte le palpebre e la sua pelle è cosparsa di polvere d’oro, sotto i riflettori del palcoscenico brillerà come una stella. I tacchi la slanciano ed è quasi alta quanto me. Evita il mio sguardo, ma quando sorride ai complimenti di Effie il freddo che sento dentro si scioglie.
Vedendola accanto a me ogni giorno, più come una nemica che altro mi ero dimenticato di quanto fosse attraente. Non riesco a toglierle gli occhi di dosso, ma mi costringo a farlo per evitare di sembrare uno stupido. Non voglio che lei capisca la mia più grande debolezza e devo cercare di tenerla nascosta a tutti.
Le porte dell’ascensore si aprono sulla schiera dei ventidue tributi silenziosi. Ci faranno sedere in semicerchio sul palco e come sempre io e Katniss saremo gli ultimi. Questa volta prima le signore quindi il gran finale è lasciato a me e spero di giocarmelo al meglio. Dover sentire tutti gli altri tributi prima di me mi preoccupa, ma confido nella mia strategia e devo solo cercare di non farmi prendere troppo dall’ansia. Poco prima di salire sul palco Haymitch ci arriva da dietro e bisbiglia – Ricordatevi che siete ancora una coppia felice. Comportatevi di conseguenza.
Nulla di nuovo per me, ma credo che Haymitch abbia, volontariamente o no, dimenticato di dirlo a Katniss, che rimane per un attimo stupita, ma poi si ricompone e segue la fila di tributi davanti a noi.
Il palco dà un effetto strano, l’Anfiteatro è illuminato da fari enormi puntati su di noi. In una tributa sopraelevata siedono tutti gli ospiti di prestigio tra cui ho il tempo di notare Cinna e Portia fianco a fianco, sorridono. Rispetto agli altri tributi facciamo anche questa volta un’impressione completamente diversa, specialmente Katniss che è semplicemente stupenda.
Caesar Flickerman, il conduttore da più di quarant’anni degli Hunger Games salta sul palco. Ha sempre lo stesso aspetto, grazie ai miracoli della chirurgia plastica di Capitol City, ma ogni anno sceglie un colore diverso per vestirsi e tingere i capelli. Quest’anno è l’azzurro. Sfodera un sorriso di plastica alla folla che lo applaude mentre fa grandi inchini. I balconi dell’anfiteatro sono quasi tutti occupati dalle troupe televisive, la gente è in piedi lungo la strada per guardare le interviste nei maxischermi ed emozionarsi per i loro tributi.
Iniziano le interviste, ognuna dura solamente tre minuti, ma Caesar è geniale. Riesce a mettere a proprio agio ogni tributo e tutte le risposte sembrano più interessanti dopo i suoi commenti.
La ragazza del distretto 1 deve rompere il ghiaccio. La sua mentore non deve aver pensato molto a quale parte assegnarle e anche il vestito del suo stilista fa la sua parte, è in stoffa dorata come i suoi capelli e semi trasparente. Fa certamente la sua bella figura, ma anche se è bellissima per me sembra solo una bambola.
Lentamente ognuno ha il suo momento, i Favoriti, specialmente il ragazzo del 2, sono spavaldi e sicuri di sé come sempre. Anche i tributi che durante l’addestramento mi erano sembrati mediocri recitano la loro parte alla perfezione. Persino Rue, la ragazzina dell’11 che ha sorpreso tutti con il suo punteggio cattura l’attenzione. Ha un abito corredato di piccole ali che la fanno sembrare una fatina, fa tenerezza. Ottima mossa per conquistare il pubblico.
Quando Caesar le chiede qual è il suo punto di forza risponde sicura di sé – Prendermi è molto difficile. E se non mi prendono, non mi uccidono. Quindi non datemi per spacciata.
Dalla folla si solleva un boato. Per ora è stata la migliore, ha fatto proprio un buon lavoro.
-Non lo farei neppure in un milione di anni – risponde Caesar sempre con la battuta pronta e adatta alla situazione. Non è difficile capire perché è sempre lui a tenere le interviste.
Dopo di lei si alza Tresh, l’enorme ragazzo dell’11. È uno dei più spaventosi, temo più il suo sguardo rabbuiato che quello fiero dei Favoriti. Nella sua intervista non brilla, anzi si rinchiude in un guscio di silenzio e monosillabi. Chissà, magari il suo essere rustico è una strategia come le altre.
Chiamano Katniss, si alza e sembra frastornata. Stringe la mano a Caesar e si siede. Non vedo che la treccia che le ricade sulla spalla destra. Sono proprio curioso di vedere come se la cava, le reazioni di ieri sera non promettono bene, ma il vestito di Cinna le dà nuovamente un enorme vantaggio.
-Allora Katniss, Capitol City dev’essere un bel cambiamento rispetto al Distretto 12. Cos’è che ti ha colpito di più da quando sei arrivata qui? – chiede il conduttore. Katniss non risponde e c’è un momento di silenzio prolungato fino a che Caesar non ripete la domanda. Ansia da palcoscenico per Miss Everdeeen.
-Lo stufato di agnello – risponde. Banale, ma efficace e certamente sincero. Caesar come sempre riesce a far apparire la risposta migliore di quanto sia realmente. Fa una battuta sul fatto che anche lui lo adora e il pubblico ride in segno di approvazione.
-Ma passiamo ad altro, Katniss. Quando sei apparsa alla Cerimonia di apertura, mi si è fermato il cuore. Cosa hai pensato di quel costume?
-Vuoi dire dopo che mi è passata la paura di bruciare viva?
Arguta, non me lo sarei aspettato da lei. Non è un disastro come credevo. Il pubblico ride di gusto.
-Sì dopo – risponde Caesar.
-Ho pensato che Cinna era fantastico e che quello fosse il costume più spettacolare che avessi mai visto e che non potevo credere di essere io a indossarlo. Non riesco nemmeno a credere di essere io a indossare questo. Insomma guardatelo!
Si alza in piedi e fa una piroetta. Probabilmente era qualcosa che lei è Cinna avevano studiato insieme perché appena inizia a girare sembra che un vortice di fuoco la avvolga da testa a piedi. Fa sicuramente il suo effetto sul pubblico che esclama sorpreso e meravigliato.
-Oh, fallo ancora! – dice Caesar. Katniss ripete il gesto e poi si aggrappa al braccio di Caesar perché probabilmente le gira la testa e non è molto stabile sui tacchi alti.
-Non fermarti! – esclama nuovamente Caesar.
-Devo fermarmi, mi gira la testa – risponde Katniss con una risatina. Non so se abbia studiato una parte di testa sua, ma, anche se il pubblico la acclama, a me sembra una sciocca ragazzina. Lei non è così.
-Non preoccuparti. Ti tengo. Non posso permettere che tu segua le orme del tuo mentore – risponde Caesar pronto suscitando l’ilarità del pubblico. Questo sì che è un bel colpo.
-Va tutto bene, è al sicuro con me – dice rivolto al pubblico – Allora, parliamo un po’ del tuo punteggio dell’addestramento. Un-di-ci. Dacci un piccolo indizio su quello che è successo.
-Mmm… posso solo dire che credo sia stato qualcosa di nuovo.
Gli Strateghi, nel balcone a loro riservato ridacchiano in approvazione.
-Ci stai facendo morire. Dettagli. Dettagli – dice Caesar.
-Non mi permesso parlarne, giusto? – chiede Katniss rivolta agli Strateghi stessi.
Un uomo si alza e urla – Certo che no! Non può dire una parola!
-Grazie – risponde – Spiacente. Le mie labbra sono sigillate – dice in tono malizioso voltandosi di nuovo verso Caesar.
Ovviamente non poteva mancare una domanda su Prim. Quando Katniss parla di sua sorella tutto l’Anfiteatro ammutolisce.
-Cosa ti ha detto? Dopo la mietitura intendo – aggiunge Caesar quando Katniss ha finito di parlare. Tutti pendono dalle labbra di Katniss, ottimo lavoro Caesar.
-Mi ha chiesto di fare di tutto per vincere.
-E tu cosa le hai risposto?
-Ho giurato che l’avrei fatto – risponde Katniss in tono lugubre probabilmente studiato per dare enfasi.
-Ci scommetto – commenta Caesar stringendola a sé. Il segnale acustico determina la fine della sua intervista e l’inizio della mia.
Katniss torna a prendere posto accanto a me e gli applausi continuano anche dopo che si è seduta, quando mi chiamano mi alzo in piedi cercando di ricordare tutti i consigli che mi sono stati dati. Haymitch mi ha lasciato praticamente carta bianca.
Cammino con calma fino alla mia poltrona accanto a quella dove siede Caesar. Saluto il pubblico con un gesto ampio della mano e sorrido. Ottengo un bell’applauso di incoraggiamento.
Poi stringo la mano a Caesar – Bella stretta! – commenta prima di prendere posto.
Mi siedo anche io comodamente sulla poltrona mantenendo il busto dritto ma senza sembrare rigido come Effie mi ha insegnato. Tutta la gente che vedo oltre il bordo del palco mi mette un po’ di agitazione, ma per ora è come se ci fossimo solamente io e Caesar.
-Allora Peeta, è raro vedere un ragazzo robusto come te dal Distretto 12. Parlaci un po’ di te. Cosa facevi a casa?
-Decoravo torte – rispondo con tono ironico.
-Non sapevo che fosse così tonificante – risponde Caesar facendomi l’occhiolino ed essendo attento a farlo notare anche alla folla che trattiene le risate per quella che deve essere la battuta conclusiva – Forse dovrei iniziare a farlo anche io, mi assicuri che mi farà ottenere una forma fisica come la tua?
-Oh assolutamente! – il pubblico ride e anche Caesar che ha capito il mio gioco.
-Quindi fammi indovinare, il figlio del fornaio, giusto?
-Giusto – rispondo nel breve tempo che mi lascia per avere una conferma di cui non ha bisogno realmente.
-Quindi sarai un esperto di pane! Come hai trovato il pane della capitale?
-Come ho già accennato a Katniss, ogni distretto ha un pane diverso, mio padre me ne parlava sempre e mi aveva anche insegnato a farli e saperli riconoscere. Quello di Capitol City è sicuramente più raffinato, come i suoi abitanti…
Ottima domanda, mi permette di tenere un buon discorso e far riferimento anche a Katniss come Haymitch mi aveva chiesto.
-Così ci lusinghi! – interrompe Caesar per coinvolgere il pubblico.
-Non avevo mai visto persone degli altri distretti, ma appena ho incontrato gli altri tributi ho saputo dire a quale distretto appartenessero, prova a indovinare come.
-Non saprei… non vorrai mica dirci dal pane!?
-Proprio così Caesar. Proprio così – ripeto con enfasi – è sorprendente come ognuno assomigli al pane del proprio distretto.
Continuo per un po’ facendo qualche paragone divertente sugli altri tributi e le pagnotte, il pubblico ride di come mi prendo gioco dei miei avversari. È quello che volevo mostrare senza essere arrogante o spavaldo come i Favoriti.
-E così, ragazzo del pane hai ottenuto un otto? Non mi sorprendo di come mai gli Strateghi ti abbiano notato – dice Caesar per cambiare discorso, il mio tempo è limitato e deve parlare un po’ di tutto.
-Purtroppo non c’era un forno – dico con tono triste – ma me la sono cavata lo stesso.
-Alla grande! – ride Caesar – sono sicuro che avresti preso un dodici se ti avessero fornito una torta.
-Lo chiedo anche a te, come hai trovato Capitol City? Non dire sulla mappa – il pubblico si esalta alla sua trovata geniale.
-È diversa. Molto diversa dal mio distretto.
-In che modo diversa, facci un esempio.
-Ehm…ok, qui le docce sono strane – rispondo dopo un’esitazione studiata alla perfezione.
-Le docce? – annuisco – Abbiamo delle docce diverse.
-Vorrei farti una domanda Caesar. Ti sembra che io profumi di rose? – all’inizio mi sembra perplesso poi mi sporgo verso di lui e lo invito ad annusarmi.
Un po’ titubante si avvicina – Mmm.. sì, e io? Io profumo di rose? – questa volta è il mio turno per annusare. Il pubblico esplode in una risata. Con la coda dell’occhio noto la scena su un maxischermo e farebbe ridere anche me.
-Hai un odore migliore del mio – affermo.
-Ho vissuto qui più a lungo!
-Mi sembra giusto – rispondo mentre le risate del pubblico coprono le mie parole. Fantastico, tutte quelle persone stanno con gli occhi fissati su me e il conduttore, le gag ci vengono spontanee e sembra quasi che siamo d’accordo.
Poi Caesar decide che è ora di un momento più serio, qualcosa che vada oltre qualche risata.
-Dunque, dimmi. C’è qualche ragazza che ti aspetta al distretto?
Non me lo aspettavo, non avevo calcolato qualcosa di così personale. Errore. Scuoto la testa poco pensando tra me e me, cosa che mi fa apparire poco convinto.
-No? Non la bevo neanche per un secondo. Un ragazzo bello come te! Ci deve essere una ragazza speciale. Coraggio, su, come si chiama?
E adesso? Che faccio? Poi sento un brivido che mi sale dalle punte dei piedi e mi pervade tutto facendomi rizzare i peli. E all’improvviso so cosa devo fare.
Prendo un po’ tempo per far finta di non voler rispondere per timidezza. Quando il pubblico inizia a mormorare prendo la parola.
-Be’, in realtà c’è una ragazza per cui… per cui ho una cotta praticamente da sempre – Caesar si lascia sfuggire un mormorio di approvazione – Ma non penso che si sia mai accorta di me prima della mietitura.
Dal pubblico, fino a quel momento ammutolito, sale un brusio di solidarietà che non mi sarei aspettato, chissà magari la cosa potrebbe giocare a mio favore.
-Ha un altro compagno? – chiede Caesar per fare un po’ di gossip che i cittadini della capitale adorano.
-Non lo so, ma piace a molti ragazzi – rispondo sinceramente.
-Non c’è problema, ti suggerisco io cosa puoi fare. Vincere e tornare a casa. A quel punto, non potrà respingerti, no? – poi spalanca le braccia verso il pubblico che loda il suo consiglio con un grande applauso.
-Non credo che funzionerà – dico io in tono sconsolato, il pubblico torna a dare a me l’attenzione – Vincere… non servirebbe nel mio caso.
-E perché mai? – chiede Caesar incuriosito e stupito.
Mi immagino Katniss alle mie spalle che sta guardando la scena, mi chiedo se abbia capito quello che sto per rispondere, e come reagirà, come la prenderà Haymitch, che sicuramente ha già intuito tutto, come la prenderanno gli spettatori, se potrebbe essere a mio favore o contro di me. O contro di lei. Penso che potrei aspettare, lasciare tutti nel dubbio lasciando il segnale acustico suonare senza dare una risposta, avvolgermi nel mistero e restarci per tutto il corso dei giochi.
-Perché… perché… - balbetto indeciso – Lei è venuta qui insieme a me.



Ciao a tutti, eccovi un nuovo capitolo che segna la fine della prima parte del libro! Gli Hunger Games si avvicinano...
Questo per me è un capitolo molto importante e spero di averlo reso nel migliore dei modi.
Possa la fortuna essere sempre a vostro favore!

Fatemi sapere cosa ne pensate :)
-samubura-

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Parte seconda - Hunger Games

Sul maxi schermo vedo l’espressione sconcertata di Katniss. Non so se era la reazione che mi aspettavo. Almeno meglio di niente. Meglio dell’indifferenza che finge di mostrare quando si accorge che tutta l’attenzione è focalizzata su di lei.
-Oh, questa sì che è sfortuna – commenta Caesar addolorato.
-Non è bello – dico io. Credo che non sia mai successo niente di simile nei giochi. L’amore e la morte non vanno molto d’accordo. Dev’essere qualcosa di insolito, quindi perfetto per attirare l’attenzione. Sponsor, telespettatori, Strateghi, tributi.
-Be’, non credo che nessuno te ne farà una colpa. È difficile non innamorarsi di quella giovane signora. Lei non ne sapeva nulla?
Già, lei non ne sapeva nulla penso mentre scuoto la testa, che ho combinato? Una dichiarazione in diretta nazionale. Piuttosto eccentrico rispetto ai miei standard –Non fino a questo momento.
-Non vi piacerebbe farla tornare qui e avere una risposta? – chiede Caesar agli spettatori. Immagino Katniss che sprofonda nella sedia immaginando il modo migliore per uccidermi. Nel frattempo il pubblico urla
-Eh sì, ma purtroppo le regole sono regole, e il tempo di Katniss Everdeen è scaduto. Be’, in bocca al lupo Peeta Mellark, e credo di parlare a nome di tutto Panem quando dico che i nostri cuori sono con voi.
Ho avuto il gran finale che volevo. Molto più di quello che volevo. Ho steso l’intera nazione, essendo me stesso. Non potrei essere più felice, ma non lo sono ugualmente. Ammettere davanti a tutti il mio amore per Katniss mi ha fatto rendere conto di quanto sono sfortunato.
Torno al mio posto e inizia l’inno che conclude la cerimonia, stare accanto a Katniss mi fa vergognare, mi sento un verme per quello che ho fatto. Tutti gli schermi mostrano un’immagine di me e la mia compagna.
Quando finalmente ci lasciano tornare alle nostre stanze io e Katniss ci separiamo e penso che sia meglio così, stare nello stesso ascensore potrebbe essere terribilmente imbarazzante. Ripensandoci, non so cosa mi ha preso. Non so neanche cosa sperare. Nell’ascensore ci sono altri tributi, tra cui i favoriti.
La ragazza del 2, Clove, se non ricordo male, prima di uscire sghignazza –Bella mossa ragazzo innamorato.
Mi sento ancora più patetico di quanto già non mi sentissi prima.
Fortunatamente dopo che i ragazzi del Distretto 4 sono scesi senza dire una parola proseguo il mio viaggio da solo. L’ascensore si apre e mi accorgo di essere arrivato insieme a Katniss lo stesso. Appena esco mi viene addosso come una furia e mi colpisce al petto. L’effetto sorpresa gioca a suo favore e cado rovinosamente contro un orribile vaso pieno di fiori finti che si fracassa a terra ferendomi le mani con le schegge di porcellana.
-E questo per cos’era? – chiedo già abbastanza avvilito di mio e ancora di più dopo la sua cortese reazione.
-Non ne avevi nessun diritto! Nessun diritto di andare a dire quelle cose su di me! – mi urla contro.
Proprio in quel momento arrivano anche Cinna, Effie, Portia e Haymitch da un altro ascensore.
-Che succede? Si caduto? – mi chiede Effie agitata.
-No è lei che mi ha buttato per terra – rispondo in un ringhio mentre Cinna e Effie mi aiutano a rialzarmi dai frammenti di vaso.
-Gli hai dato uno spintone? – grida Haymitch contro Katniss. Vederlo arrabbiato lo fa sembrare molto minaccioso.
-È stata un’ida tua vero? Farmi passare per una specie di stupida davanti a tutto il paese? – continua imperterrita nella sua arroganza.
-È stata un’idea mia – il dolore delle schegge mi fa trasalire prima di riprendere la frase – Haymitch mi ha solo aiutato.
E in parte è vero, anche se non avevamo discusso affatto di Katniss durante la mia sessione privata lui aveva già capito che sarebbe andata a finire così, ho solo messo in pratica il suo progetto geniale, restando coerente al mio.
-Già Haymitch è di grande aiuto. A te! – dice in tono di disprezzo.
-Tu sei una stupida. Pensi che ti abbia danneggiato? Quel ragazzo ti ha dato qualcosa che non saresti mai riuscita a realizzare da sola – cerca di farla ragionare Haymitch, ma è sul punto di perdere le staffe e l’alcool sicuramente non aiuta.
-Mi ha fatto apparire insicura!
-Ti ha fatto apparire desiderabile! E guardiamo in faccia la realtà: ti serve tutto l’aiuto che puoi ottenere, in quel campo. Eri romantica come una cacca finché lui non ha detto che ti voleva. Adesso ti vogliono tutti. Parlano solo di voi. Gli innamorati sventurati del Distretto 12!
Ah è così quindi. Sono solo uno strumento per far arrivare Katniss a brillare come una stella e restare alla sua ombra abbastanza a lungo per sopravvivere. Complimenti Haymitch, pensavo stessi aiutando me.
-Ma noi non siamo innamorati sventurati! – ribatte rifiutandosi di capire.
Haymitch si avventa su di lei. Mi sento talmente apatico che non ho neanche voglia di reagire, l’avrei fatto anche io probabilmente. Quando fa così sembra solamente una bimbetta capricciosa. Non vuole capire quello che la gente fa per lei, perché non riesce a capire perché lo fa.
È talmente convinta di potercela fare da sola che ogni forma di favore che le viene fatto la prende come un insulto invece di accettarla come segno che le persone che le stanno attorno tengono a lei.
-E chi se ne frega! – urla Haymitch a un centimetro dalla sua faccia – Sta tutto nello spettacolo. Sta tutto nel modo in cui ti percepiscono. Dopo la tua intervista tutt’al più avrei potuto dire che eri carina, e già questo era un piccolo miracolo. Ora posso dire che sei una seduttrice, Oh, oh, con che ardore i ragazzi a casa stanno cadendo ai tuoi piedi. Quale di queste cose ti farà ottenere più sponsor, secondo te?
Senza rispondere lo spinge via e si allontana un po’. Cinna si scambia un’occhiata con Haymitch e la raggiunge cingendole le spalle con un braccio. Forse è lui l’unico che riesce a far ragionare Katniss senza spazientirsi. Penso che sia una grande fortuna che sia nella nostra “squadra”, non solo come stilista, ma anche come persona.
La rabbia mi bolle dentro. Lei è la desiderabile ragazza in fiamme e io il suo sventurato fornaio. Due posizioni non proprio paragonabili, ma quello che sento va oltre gli Hunger Games. No, non era così che avevo immaginato questo momento. L’avevo immaginato in mille modi diversi, tutti irrealizzabili, ma in nessuno finivo in un oceano di schegge di ceramica.
Mi concentro sul togliere le più grosse con cura, ma la rabbia mi fa tremare le mani. Rabbia, frustrazione soprattutto. Consegni il tuo cuore a una persona e  lo spinge via. È tutto inutile, Katniss ama solo se stessa, non saprei dire neanche se ami sua sorella o se non sia solamente un modo per costringersi a restare in vita.
-Dovevano dirmelo, così non sarei sembrata tanto stupida – dice, il suo tono non può che sembrarmi piagnucoloso. Semplicemente è caduta nel nostro gioco con una facilità disarmante, e si sente debole, anche se è stato fatto tutto solo per lei.
-No, la tua reazione è stata perfetta – dice Portia – Se tu l’avessi saputo, la cosa non sarebbe stata credibile.
-È solo preoccupata per il suo ragazzo.
Sputo fuori la frase gelido. Non alzo neanche gli occhi a guardare la sua reazione, troppo concentrato sulle mie mani insanguinate e troppo arrabbiato per farmi conquistare ancora dal suo sguardo.
-Io non ho un ragazzo.
-Come vuoi. In ogni caso, immagino sia abbastanza sveglio da riconoscere un bluff quando lo vede. E poi tu non hai detto di amare me. Perciò che importanza ha?
Sì, meglio farlo passare come un bluff. Farle sapere quanto veramente sono innamorato di lei sarebbe solo una debolezza nell’Arena. Posso benissimo spacciarlo come un gioco di Haymitch il nostro burattinaio. Tutto studiato, tutto. Nei minimi dettagli, nelle esitazioni. Ho già dato prova di essere bravo a mentire, posso farlo ancora e ancora. E Katniss potrebbe non accorgersi di nulla.
-Dopo che ha detto di amarmi, avete pensato che lo amassi anc’hio? – chiede. Sempre troppo egoisticamente preoccupata di sé.
-Io sì – risponde Portia – Dal modo in cui evitavi di guardare le telecamere, dal rossore.
Anche il resto del gruppo mormora dichiarandosi d’accordo. Meglio così, magari la reazione spontanea di Katniss può aver reso tutto più credibile.
-Vali tanto oro quanto pesi, dolcezza. Gli sponsor faranno la fila per te intorno all’isolato
Sembra capire finalmente – Mi dispiace di averti spinto – dice.
-Non importa. Anche se è illegale, tecnicamente.
-Stanno bene le tue mani? – dice per mostrarsi veramente pentita, forse lo è.
-Staranno benissimo – rispondo evasivo anche se le ferite microscopiche mi fanno bruciare i palmi delle mani. Non è un buon inizio per quello che mi attende.
-Be’ andiamo a mangiare – chiude secco Haymitch, è stata una giornata lunga per tutti.
Quando arriviamo a tavola le mie mani non hanno ancora smesso di sanguinare, anzi vanno sempre peggio e Portia mi accompagna a medicarle.
-È tutto vero?
Mi basta guardarla per capire a cosa si riferisce. È curiosa, in pieno stile Capitol City, ma mi sta offrendo una possibilità di sfogarmi che non avrò nei prossimi giorni.
-Come ti sono sembrato? Era realistico, no? – chiedo di rimando.
-Sei stato fantastico Peeta, il pubblico te lo ha dimostrato, ma la mia domanda è un’altra e lo sai…
-È vero. Tutto. Dalla prima all’ultima parola. Era questa la mia strategia con Haymitch.
-Non avevate organizzato niente di tutto quello che è successo? È stato tutto semplicemente un caso? – è veramente stupita, soprattutto dopo le parole del mentore sembrava che fosse tutto accuratamente studiato.
-Haymitch l’aveva semplicemente previsto. Aveva capito tutto e l’ha sfruttato a suo piacimento per metterla in luce.
-Ha messo in luce anche te – dice con tono incoraggiante, mi accorgo che devo sembrare veramente triste. E lo sono. Portia tira fuori delle bende immacolate e un disinfettante. Lussi che non possiamo permetterci nel distretto.
Il liquido brucia nelle ferite, penetra nella carne dandomi sollievo. Inizia a fasciarmi stretto le mani.
-No. È lei la star, io sono solo il mezzo. Sono lo strumento di Haymitch per farla vincere.
-Sai che non è così, tiene a te quanto a lei, essere da solo per entrambi è il suo unico difetto.
Annuisco pensieroso e non diciamo più nient’altro mentre torniamo in sala da pranzo, gli altri hanno già mangiato la zuppa e i senza-voce stanno portando la seconda portata. Katniss mi guarda di sfuggita. Appena mi accorgo di lei distoglie lo sguardo così come facevo io nei corridoi della scuola.
Vedere la replica delle interviste mi fa godere della mia performance. È vero: Capitol City mi ha acclamato. E la reazione di Katniss alla mia dichiarazione è così spontanea che per un attimo sono in dubbio se credere che abbia dei sentimenti nascosti per me, ma so che non è così.
Quando spengono lo schermo so che è arrivato il momento degli ultimi saluti. Domani mattina di buon’ora ci sveglieranno, caricheranno negli hovercraft e condurranno nel luogo dell’Arena.
Haymitch e Effie resteranno qua a gestire la sponsorizzazione, mentre Portia e Cinna accompagneranno rispettivamente me e Katniss fino alla Camera di Lancio.
La prima a rompere il ghiaccio è Effie che fa il commento forse meno appropriato, ma almeno sincero, ci prende per mano e esclama con gli occhi gonfi di vere lacrime – Siete i migliori tributi che ho presentato, grazie veramente ragazzi. Non sarei per niente sorpresa se alla fine mi promuovessero a un distretto decente, l’anno prossimo! – ci bacia sulla guancia e per nascondere le sue emozioni scappa via a passetti veloci. Non proprio l’addio migliore, ma è pur sempre Effie e non mi sarei aspettato niente di meglio.
Quando è il turno di Haymitch, ci guarda con aria sera a braccia conserte.
-Consigli finali? – gli chiedo.
-Quando suona il gong, toglietevi da lì alla svelta. Non siete in grado di affrontare il bagno di sangue alla Cornucopia. Limitatevi a filarvela, mettete tutta la distanza che potete tra voi e gli altri, e trovate una fonte d’acqua. Capito?
-E dopo? – chiede questa volta Katniss.
-Restate vivi.
Entrambi annuiamo d’accordo sul fatto che non c’è da aggiungere altro.
Katniss si dilegua diretta verso camera sua, sto per seguirla quando Portia mi richiama.
-Peeta, sei un ragazzo fantastico. Domani va’ lì dentro e cambia il mondo. Buonanotte.
Vorrei chiederle dei chiarimenti per un messaggio così enigmatico, ma non riesco a formulare la domanda. Mi dà un bacio sulla guancia e si allontana lasciandomi senza una risposta.
Mi infilo sotto la doccia, per la gag con Caesar tutti mi hanno riempito di complimenti. Mi copro più che posso, come se con un’armatura di coperte potessi tenere fuori il freddo che in realtà ho dentro.
Delusione, per il mio amore verso Katniss, che potrei definire esistente da sempre, appena nato, e già morto. Stroncato.
Paura.
So che domani mattina inizierà la mia lenta e spettacolare morte. Per la gioia di tutti gli abitanti di Panem, Peeta Mellark, il ragazzo del pane del distretto 12, sarà rinchiuso in una gabbia a lottare fino alla morte con altri ventitré destinati alla stessa sorte.
Appena chiudo le palpebre le immagini dei passati Hunger Games salgono ai miei occhi. Ragazzi che si picchiano fino alla morte, sangue, dolore. Fin da bambino mi costringevano a guardarli “Devi sapere quel che potrebbe succederti” dicevano mentre mi costringevo a tenere gli occhi incollati alla televisione.
So che avrei bisogno di dormire visto che nei prossimi giorni un buon riposo fisico e mentale potrebbe essere la chiave della sopravvivenza, ma so ugualmente bene che la tensione mi impedirà di chiudere occhio.
Passa un’ora e sono ancora a fissare il soffitto in penombra della mia camera di Capitol City. Che cielo vedrò nei prossimi giorni? Vedrò il cielo? O saremo rinchiusi in una caverna dai mille cunicoli bui come in una delle scorse edizioni? Oppure magari sopra la mia testa ci sarà soltanto la fitta vegetazione di una giungla. O magari no, troppo facile sopravvivere accampandosi su un albero, magari potrebbero lasciarci in un deserto sconfinato torrido di giorno e gelido la notte.
Ho imparato molte cose in più di prima, sulla caccia, sulle piante commestibili, il cibo non è più un problema come pensavo. Non avrò l’abilità di Katniss di centrare scoiattoli a metri e metri di distanza, ma magari posso sperare di prendere qualche piccolo animale con una trappola.
Sempre che gli animali non prendano prima me. Agli Strateghi solitamente piace giocare con la genetica. I loro mostruosi capolavori di malvagità e distruzione vengono lasciati liberi nelle arene per massacrare i tributi. Chissà che cosa hanno in serbo per noi quest’anno.
Cerco di pensare a tutte le possibile alternative anche se il mio unico desiderio è quello di addormentarmi e svegliarmi quando sarà il momento. Persino il letto diventa soffocante. Scalcio le coperte via agitato. La fredda aria della stanza mi investe gelando il sudore sulla mia schiena. Mi accorgo che ho il respiro affannoso.
Decido di uscire, l’appartamento è deserto, con indosso solamente una vestaglia apro la porta che dà al tetto che Cinna mi ha mostrato. Il vento è forte e porta alle mie orecchie il rumore delle campanelle del giardino. Sotto di me si stende Capitol City in festa. Musica, voci di persone che si sentono fin quassù. Tutto è pronto per i nuovi Hunger Games, tutti li stavano aspettando. Settantaquattro anni della stessa storia.
L’aria fredda mi morde la pelle. Mi appoggio alla balaustra e guardo il cielo stellato. Sembra una coperta forata stesa sopra una lampada. La luna d’argento domina tutto il panorama, neanche le sfolgoranti luci della capitale possono competere con lo spettacolo che il cielo offre. Non potrò più permettermi momenti come questo. Da domani mattina all’alba sarò più simile a un animale braccato che a me stesso.
-Dovresti dormire un po’.
La voce di Katniss alle mie spalle mi fa sobbalzare, non so quanto tempo sono rimasto quassù da solo, rendermene conto mi fa sentire strano. Sono ancora arrabbiato con lei, ma è la mia ultima occasione di parlarle, non voglio buttarla via.
-Non volevo perdermi la festa. È in nostro onore, dopotutto.
Si mette a fianco a me, questa volta, invece della solita calda sensazione che avevo quando stavamo insieme, sento ancora più freddo.
-Sono in costume? – chiede palesemente per fare conversazione. Forse vuole farsi perdonare.
-Chi può dirlo? Con tutti i vestiti stravaganti che portano qui – dico con noncuranza – Nemmeno tu riesci a dormire?
-Non riesco a spegnere il cervello.
-Pensavi alla tua famiglia? – chiedo la prima cosa che mi viene in mente.
-No. Riesco solo a pensare a domani. Il che è inutile, ovviamente – la capisco benissimo. Restiamo per un po’ in silenzio quando aggiunge – Mi spiace davvero tanto per le tue mani.
-Non importa, Katniss – il suo nome suona strano detto da me – E comunque non sono mai stato in gara per la vittoria.
-Non è così che bisogna pensare – dice in tono ammonitorio, quasi fosse Haymitch.
-Perché no? Spero solo di non comportarmi in modo vergognoso e… - finire la frase mi riesce incredibilmente difficile.
-E cosa? – mi incalza Katniss mentre annaspo cercando le parole.
-Non so bene come dirlo – inizio, sapendo già che quello che uscirà dalla mia bocca suonerà stupido per me e completamente privo di senso per lei – Solo non voglio… perdere me stesso. Ha un senso?
Scuote la testa e sembra non aver capito quello che intendo, come mi aspettavo.
-Non voglio che mi cambino, là dentro. Che mi trasformino in una specie di mostro che non sono.
Si morde il labbro pensierosa – Vuoi dire che non ucciderai nessuno?
-No. Quando arriverà  il momento sono sicuro che ucciderò come chiunque altro. Non posso darmi per vinto senza combattere. Solo continuo ad augurarmi di trovare un modo per… per dimostrare a quelli di Capitol City che non sono una loro proprietà. Che sono più di una semplice pedina.
-Ma non lo sei. Nessuno di noi lo è. È così che funziona il programma – dice senza capire quello che intendo.
-Bene, ma all’interno di quella struttura, tu sei ancora tu, io sono ancora io? – insisto.
-Più o meno. Solo che… senza offesa, ma chi se ne frega, Peeta? – mi chiedo come faccia a essere profonda quanto una pozzanghera. Avevo visto troppo in lei?
-Frega a me. Voglio dire, di cos’altro mi è permesso di preoccuparmi, a questo punto? – la guardo negli occhi. È da un po’ che non lo facevo e vedo tutta la sua incertezza sul fondo di quei pozzi grigi.
Fa un passo come per allontanarsi da me, probabilmente penserà che i giochi mi abbiano già fatto impazzire o qualcosa di simile.
-Preoccupati di quello che ha detto Haymitch. Di rimanere vivo.
-Bene. Grazie per la dritta, dolcezza – rispondo col tono più duro che mi riesce. Forse ho esagerato a chiamarla come fa Haymitch, cosa che lei palesemente non sopporta.
-Guarda, se vuoi passare le ultime ore della tua vita a progettare qualche genere di nobile morte nell’arena, accomodati. Io, la mia vita, la voglio passare nel Distretto 12.
-Non sarei sorpreso se ci riuscissi. Porta i migliori saluti a mia madre, quando tornerai.
-Contaci – dice arrabbiata. Gira i tacchi e se ne va.
Non è sicuramente quello che avrei voluto come ultimo incontro, ma quella ragazza ha la straordinaria capacità di farmi perdere le staffe. Il vento strappa via una lacrima dai miei occhi. Mi costringo a tornare nel letto e provare a prendere sonno.
Il risultato che ottengo non è affatto soddisfacente. La mattina sono uno zombie, ma l’agitazione per quello che mi attende è troppo forte e quindi sembro scattante come una lepre.
Non vedo Katniss, probabilmente è partita o prima o dopo di me. Portia mi medica nuovamente le mani che non mi fanno più male, ma non sono del tutto guarite, rifletto sullo svantaggio che potrebbero costarmi nell’arena.
Portia mi fa vestire in modo molto semplice, nessuno mi vedrà oggi e quello che dobbiamo indossare è deciso dagli Strateghi. Passiamo i momenti di preparazione in silenzio, poi una volta sul tetto un hovercraft appare dal nulla e cala una scaletta a pioli. Mi aggrappo a un gradino all’altezza delle mie spalle e qualcosa come una corrente elettrica mi immobilizza i muscoli. È una sensazione terribile, come essere imprigionati nel proprio corpo, spero duri poco, ma anche una volta dentro non mi lasciano andare.
Una donna con un camice e una minacciosa siringa in mano si avvicina e me lo pianta nel braccio. Dà un’occhiata torva alle bende sulle mani ma non posso neanche parlare per inventarmi una scusa.
-Ti ho impiantato il localizzatore – spiega – così gli Strateghi potranno seguire i tuoi movimenti nell’arena.
Quando finisce di parlare la scala mi lascia andare e sciolgo le braccia che ora in confronto a prima sembrano di gomma. Anche Portia viene fatta salire a bordo e viene con me a fare colazione.
Ho lo stomaco sottosopra dall’ansia, ma devo mangiare. Non mi capiterà di trovare un pasto pronto al mio risveglio di domani (ammesso che mi svegli) e partire a stomaco vuoto non sarebbe a mio vantaggio. E mi serve  tutto il vantaggio possibile.
Il viaggio non è molto lungo, Portia mi tiene compagnia in silenzio capendo che non voglio parlare, sono felice che non mi forzi in nessuna conversazione che suonerebbe priva di senso.
Il viaggio non dura molto, mi accorgo che siamo vicini alla meta dai finestrini che si oscurano per impedire ai tributi di vedere la forma dell’Arena prima degli altri.
La scala ci cala giù in un cunicolo buio che porta alle Catacombe: una serie di tunnel che si diramano sotto l’arena e dove si trovano le varie Camere di Lancio.
Una volta finiti i giochi le arene diventano delle sorte di monumenti naturali. Siti turistici che gli abitanti di Capitol City possono visitare per rivivere le emozioni di ogni edizione. Vedere dov’è morto un tributo. Che cosa atroce.
Nel Distretto la stanza in cui mi fanno entrare è chiamata Recinto del Bestiame. Un modo “simpatico” per ricordare il modo in cui ci tengono rinchiusi prima di mandarci al macello, come animali a lottare uno contro l’altro. L’ansia sale.
Faccio la doccia, l’ultima forse della mia vita. Portia scarta un pacco dove si trovano i miei vestiti: calzoni rosso scuro, una maglietta verde, una bella cintura che dà l’idea di essere molto solida e una giacca nera che a quanto dice Portia è studiata per mantenere il calore. L’idea di morire di freddo mi attraversa per una frazione di secondo. Come ha detto la capo istruttrice al nostro primo incontro nel Centro di Addestramento, la maggior parte di noi morirà per cause naturali e la percentuale di morte per assideramento era spaventosamente alta.
Mi sforzo di mangiare ancora un po’. Portia è seduta su un divanetto e mi guarda divorarmi in preda all’agitazione. Misurando a grandi passi lo spazio esiguo in cui sono imprigionato.
-Peeta, vieni qua.
Mi fermo, in piedi e la guardo fisso.
-Dai, vieni qua, siediti – con la mano batte accanto a lei delicatamente sul divano.
Mi muovo lentamente, come se non fossi padrone di me stesso. Quando finalmente mi siedo non riesco a rilassarmi come vorrei, Portia mi stringe la mano e la accarezza con dolcezza.
-Ti va di parlare un po’?
Scuoto il capo senza riuscire a trovare la concentrazione per dire “no”. Sto andando in panico, in queste condizioni non durerò un secondo, uscirò là fuori e resterò inchiodato alla mia piattaforma finché i Favoriti non verranno a uccidermi, o perché no? Magari sarò la prima vittima di Katniss.
Una gradevole voce femminile esce dall’interfono.
“Tributi. Il lancio avverrà in trenta secondi.”
Portia mi dà da bere un bicchier d’acqua, è il momento dell’addio.
-Sii forte, Peeta, sii te stesso. Sei fantastico così come sei, sono felice di averti conosciuto e di aver fatto il possibile per aiutarti.
-Grazie Portia. Hai fatto molto per me.
-Adesso tocca a te – sorride e mi bacia sulla fronte, così come aveva fatto mia madre, pensare a lei fa male. È parecchio tempo che scanso il ricordo della mia famiglia, ma adesso che mi preparo a morire è inevitabile.
Mi posiziono sulla piastra metallica sul pavimento. Poi inizia a sollevarsi e mi spinge all’aria aperta.
Il sole è forte rispetto alle luci al neon della Camera di Lancio e per un attimo non vedo il paesaggio che mi circonda.
Poi la voce di Claudius Templesmith rimbomba nell’Arena.
-Signore e signori, che i settantaquattresimi Hunger Games abbiano inizio!

Salve a tutti... non so mai a che ora pubblicare i capitoli visto che vado sempre a finire sul tardi, comunque eccomi qua dopo un'intensa domenica di scrittura.
Capitolo nuovo, sempre la stessa storia, sempre me :)
Eccitatissimo per la sempre più prossima uscita di Catching Fire e per questa storia che ha raggiunto le 500 visite! Quindi grazie a tutti voi, fatemi sapere cosa ne pensate come sempre e sarò felicissimo di rispondere alle vostre domande.
-samubura-

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Per un minuto intero abbiamo il tempo di dare un’occhiata in giro. Boschi. Perfetto, Katniss sarà ancora più avvantaggiata. La Cornucopia: un corno dorato dalla cui bocca escono sparpagliati qua e là vari oggetti che potrebbero tornarci utili nell’arena, al centro ci sono le armi migliori, più vicini a me ci sono zaini che chissà cosa contengono. Già un coltello sarebbe più che sufficiente. Haymitch ha detto che devo evitare il bagno di sangue, ma la tentazione è troppo forte, guardo gli altri tributi che tendono i muscoli pronti a scattare, se riesco a prendere uno zainetto e fuggire sono a posto.
Sono abbastanza veloce, nel centro di addestramento ho sempre cercato di contenermi, ma non so se questo vale anche per gli altri. Quando ho puntato il mio obiettivo inizio a osservare meglio l’arena. La cornucopia si trova in un enorme spazio aperto, una pianura di terra battuta che non offre nessun tipo di riparo, ma il limitare del bosco è piuttosto vicino, una volta dentro posso allontanarmi e nascondermi, ma devo andarci alla svelta. Oltre il bosco non vedo nient’altro, non posso capire cosa mi attende al di là dei fitti alberi, dall’altro lato non vedo niente e immagino ci sia un pendio o peggio ancora un dirupo. Vedo alla mia sinistra un lago, fonte d’acqua che probabilmente non sarà potabile e sicuramente troppo rischiosa. Spero che ce ne siano altre in giro per l’arena, ma ho paura che il lago sia uno stratagemma per costringerci a riunirci.
Penso che fuggirò verso il bosco, anche se sarà la direzione più trafficata, se sarò il primo avrò un buon vantaggio.
Cerco Katniss nel poco tempo che mi resta, per vederla almeno un’ultima volta. Sta fissando il centro della Cornucopia, non mi è difficile capire che punta all’arco al contrario di ciò che Haymitch ha detto. Quando noto che nota il mio sguardo, scuoto la testa per dirle di attenersi ai consigli del nostro mentore. e proprio mentre lo faccio suona il gong che segna l’inizio del massacro.
Mi fiondo verso lo zaino, non mi importa di niente e di nessuno, ho formulato mentalmente il mio piano. Afferro il mio bottino e mi volto per iniziare a scappare, con lo slancio della corsa tiro un pugno alla mascella di un ragazzo atterrandolo. Non è sufficiente a stordirlo come speravo, mentre sto continuando la mia fuga dal centro si aggrappa alla mia caviglia e stringe con forza.
Il piede si storce per lo strattone e faccio una brutta caduta in avanti. Dannazione, credo che non riuscirò a correre. Quando appoggio il peso sulla gamba la fitta lancinante alla caviglia mi fa capire quanto grave sia la situazione.
Con gli scarponi dalla suola spessa calpesto la mano del mio avversario. Sto perdendo troppo tempo, a breve i Favoriti saranno pronti per iniziare il massacro e io sarò una preda fin troppo facile.
Con le ginocchia blocco il corpo del ragazzo a terra. Poi lo prendo a pugni in faccia senza dargli possibilità di rispondere alla mitraglia di colpi che gli infliggo a mani nude. Quando le nocche sono sporche di sangue lo lascio andare, ma lui mi molla una testata sul naso prima che io riesca ad alzarmi.
Colpisco ancora con più forza caricando il mio peso sopra di lui e sento un rumore che mi fa intuire che gli ho rotto il naso. Non ho tempo di pensare alla violenza con cui ho reagito, devo fuggire. Quando mi alzo vedo che altri ragazzi stanno lottando, Katniss sembra già scomparsa, vedo la ragazza del distretto 2 che si prepara a lanciare un coltello. Mi butto a terra per evitarlo ma mi ferisce al braccio, fortunatamente solo di striscio.
Corre verso di me per accorciare le distanze. E all’improvviso capisco quello che devo fare. È troppo tardi per fuggire, specialmente nelle mie condizioni.
La ragazza dei coltelli è praticamente infallibile e io sono disarmato perché non ho ancora potuto controllare il contenuto del mio zaino. Sembra robusto quindi me lo sfilo per usarlo come scudo. Lei è veloce, ma è così concentrata a prendere la mira che non si è accorta che la ragazza del distretto 6, che è fisicamente più grossa di lei, le sta correndo contro a tutta velocità. È lei il mio prossimo obiettivo.
Piego la testa verso il basso per caricare e allo stesso tempo proteggermi dai dardi micidiali. Corro ignorando il dolore alla caviglia verso la ragazza del due abbastanza sicuro che lei non possa colpirmi. Poi all’ultimo scarto sulla destra facendo letteralmente volare via la ragazza del 6.
Faccio anch’io un paio di metri perdendo l’equilibrio e quando mi rialzo vedo la mia vittima con un coltello in fronte. Non ho tempo per pensare. Glielo estraggo dal cranio senza troppi complimenti. Esce fuori il sangue zampillante e ancora caldo che mi schizza il volto. Colgo solo per un attimo i suoi occhi spenti e senza vita, ma non c’è tempo per la compassione, tra qualche secondo potrei esserci anche io, steso senza vita sul prato.
Sembra che il mio gesto di gentilezza non sia stato abbastanza per convincerla a fidarsi di me. O forse semplicemente non vuole farlo. Non è un mio problema, se devo combattere lo farò ormai non ho più spazio per riflettere su quello che sto facendo.
Sembra che abbia finito i coltelli da lanciare perché si avvicina per un corpo a corpo puntando sul fattore sorpresa e sull’abilità contro il mio fisico.
Mentre mi si avventa contro alzo i piedi a protezione all’ultimo momento e glieli punto nello stomaco spingendola via con tutta la forza che ho proprio mentre il suo coltello mi sfiora in naso. Con un colpo di reni mi alzo in piedi ma il piede cede e sono sul punto di cadere di nuovo a terra. Barcollo e stringo i denti dal dolore. Lei è ancora a terra. Non ha fatto in tempo a tirare gli addominali e ora si tiene la pancia per il dolore. Allora i Favoriti non sono semidei come volevano far credere. In un attimo le sono sopra, inchiodo il braccio con il coltello a terra e le tengo il coltello puntato alla gola pronto a uccidere.
È incredibile la determinazione nel suo sguardo, morirà con gloria come il suo distretto le ha insegnato.
-Alleiamoci – dico invece io. Premendo il coltello fino a toccare la pelle.
-Va bene.
È la mia unica possibilità di sopravvivenza. Posso anche uccidere la ragazza, ma non ho speranze contro gli altri e mi servono le medicine e le armi della Cornucopia. Ho agito al contrario di quello che Haymitch mi ha detto, ma ho un buon risultato.
L’Alleanza è un legame molto forte nell’arena. Chi la forma crea una specie di squadra a tutti gli effetti fino a che non si rimane in pochi e le tensioni interne non fanno sfogare tutto in un bagno di sangue. Qualcuno nelle edizioni passate ha ucciso i suoi compagni nel sonno, altri hanno abbandonato l’alleanza di notte o fingendo di andare a caccia. Per il momento quel che mi importa è che sono alleato con quella ragazza. La stessa che mi aveva preso in giro nell’ascensore, una bella rivincita.
Ci alziamo in piedi entrambi. Attorno a noi c’è un panorama di desolazione. I corpi dei primi caduti sono sparsi un po’ ovunque. Rimasti in piedi ci sono ancora il ragazzo del 2, la ragazza del 4 e entrambi i tributi dell’1 che a quanto pare avevano già formato una squadra.
Sono io l’intruso, gli altri avevano preso accordi ancor prima di entrare nell’arena.
Mi guardano in modo torvo, ma se sono in piedi, vivo, accanto a colei a cui ho appena risparmiato una brutta fine significa che sono ufficialmente uno di loro. Il ragazzo del pane in mezzo ai Favoriti che tanto disprezza. Bel paradosso, chissà come la prenderanno i telespettatori.
Ci ritroviamo silenziosamente all’imbocco del corno d’oro. Non mi piacciono i loro sguardi, alla prima occasione mi faranno fuori, ne sono certo, ma per ora non possono.
-Cato – dice l’enorme ragazzo del 2 che sembra avere il comando di tutta la squadra, mentre mi tende la mano – Peeta – rispondo stringendola. Il patto è stretto.
Anche gli altri tributi si presentano, la ragazza coi coltelli si chiama Clove, quando me lo dice penso che sia un nome grazioso, poi ripenso alla freddezza con cui tirava le lame fatali e un brivido mi scende lungo la schiena. Mentre gli altri guardano quello che c’è nella Cornucopia io ho il tempo di esaminare la mia ferita al braccio, è più profonda di quanto sembrasse. Mi passano una benda che stringo forte attorno al taglio.
-Domani torneremo a fare un inventario di tutto quello che abbiamo – dice Cato – quando troveremo il disinfettante provvederemo.
Non approvo la sua strategia, ma capisco che non bisogna perdere tempo e approfittare della notte perché ancora gli altri tributi non hanno avuto possibilità di sparpagliarsi per l’arena. Pensare come un Favorito mi spaventa, ma non riesco a fare a meno. Devo ragionare come loro, per capirli e prevedere le loro mosse.
-Cosa sai fare, ragazzo innamorato? – chiede Glimmer, l’affascinante ragazza del distretto 1, che ora non sembra più così bambola come nell’intervista.
-È bravo nel corpo a corpo – risponde Clove, memore del nostro scontro – dagli un coltello, o una spada corta.
-So usare anche la lancia – dico io per non mostrarmi limitato.
-Tranquillo a quelle penso io – dice il ragazzo del distretto 1 – Marvel – aggiunge dandomi una pacca sulla spalla. L’ho visto all’allenamento, è un campione.
Così mi ritrovo con molto meno di quanto avrei sperato, mi affidano una torcia elettrica, del cibo. Riempiamo le bottiglie d’acqua al lago disinfettandole con la tintura di iodio che è in gran quantità praticamente in ogni zaino. Temo che l’unica fonte d’acqua sia proprio il lago, come avevo sospettato, quindi il fatto che io sia con i Favoriti mi porta in vantaggio su molti altri.
Ci andiamo tutti a lavare via il sangue che abbiamo addosso, sono scioccato da quanto ne abbia. Un po’ ovunque. E non è tutto mio.
Ho le nocche delle mani sporche del sangue del ragazzo a cui ho spaccato il naso, non l’ho ucciso, ma è sicuramente morto. Ripensando al suo volto maciullato dai miei colpi mi vengono i brividi. Non ho saputo controllare la mia forza, la mia violenza. Che la trasformazione stia già avendo inizio?
In faccia ho il sangue della ragazza del sei. Mi sento responsabile della sua morte, l’ho usata come diversivo, ho strappato il coltello dalla sua fronte senza neanche pensarci, avrei potuto usarla come scudo. Forse sono come loro, una macchina per uccidere, dovevo solo essere avviato.
Quando siamo pronti a partire prendo mentalmente visione della mia squadra, due ragazzi e tre ragazze, senza contare me. Il ragazzo del 4 è morto anche se non so come, la sua compagna di distretto si è tenuta alla larga da tutti. Quasi non l’avevo neanche notata prima.
Quando tutti si sono procurati i beni più preziosi iniziamo a muoverci. Cato è in testa alla spedizione, seguito da Clove. Sembra che siano loro le personalità più forti del gruppo e questo è un male perché sembra anche che vadano molto d’accordo. Sarebbe meglio che i Favoriti si eliminassero tra loro, troppo orgogliosi per sottostare a qualcuno, invece sembra che tutti siano d’accordo e quando iniziamo a muoverci nei boschi sembra più una gita domenicale che una puntata degli Hunger Games.
-Forza muoviamoci, siamo stati fin troppo a lungo qua in mezzo. Inizia a puzzare.
Gli altri ridono e sghignazzano e mi sforzo di fare lo stesso, ma basta uno sguardo alla devastazione che c’è intorno al corno d’orato a farmi salire un rigetto acido che rispedisco al mio stomaco. Ci sono i cadaveri sparsi dove sono caduti morti, con pose innaturali e sciami di mosche che ronzano. Penso alle famiglie di tutti quei ragazzi, famiglie senza più neanche la speranza.
Ci spostiamo in gruppo verso il bosco, dove sicuramente la maggior parte dei tributi avrà cercato riparo, sono l’unico a voltarmi indietro mentre gli hovercraft appaiono per portare via i corpi. Per ogni corpo suona un colpo di cannone per avvisare gli altri tributi del decesso di un altro avversario. Il resoconto delle morti giornaliere viene fatto ogni sera dopo l’inno di Panem.
Conto undici colpi, segno che, escluso me e i cinque favoriti, rimangono altri otto tributi sparsi per l’arena. Tra loro Katniss, sicuramente già lontanissima e sola.
Penso a lei, al suo arco che ora è invece nelle mani di Glimmer, ma meglio così, anche se magari non armata Katniss è sicuramente al sicuro, io potevo rischiare tutto gettandomi nella mischia, lei invece può contare sugli sponsor. Adesso che io sono al sicuro tutti i doni di Haymitch si concentreranno su di lei, proprio come volevo. L’unica cosa che non ho calcolato è la risonanza che il mio gesto potrebbe avere sul nostro “amore sfortunato”. Cosa penseranno gli spettatori a casa del mio tradimento? Tutti avrebbero scommesso che io e Katniss avremmo cercato di fuggire insieme, invece no. L’idea non ha mai sfiorato né la mia né la sua mente.
Io mi sono unito al branco di lupi. È ovvio, per cercare protezione, ma soprattutto per darla a lei. Finché vive io sono utile per la mia squadra e finché sono con loro posso difenderla da dietro la linea nemica. Doppio gioco. Rischioso, ma efficace. Chissà cosa sospettano gli altri, dalle loro facce di pietra non vedo che la bramosia di altro sangue da versare.
Camminiamo a lungo, non riesco a star loro dietro, sono più in forma di me e la distorsione alla caviglia che ha iniziato a gonfiarsi ora mi fa malissimo. Il panorama che c’è davanti a noi è sempre lo stesso. Alberi enormi in file disordinate, foglie secche a creare un soffice strato che attutisce il rumore dei nostri passi e ogni tanto qualche coniglio selvatico qua e là.
Fa molto caldo nonostante sia già pomeriggio inoltrato, penso a tutti coloro che sono fuggiti senza neanche prendere un po’ d’acqua e che ora saranno sicuramente sulla via della disidratazione visto che anche noi, in poco tempo stiamo consumando la nostra scorta.
Non ho bisogno di preoccuparmi di ogni minimo rumore, sono con i predatori, sono un predatore, purtroppo questo mi lascia la possibilità di sciogliere le redini dei miei pensieri. Il primo va a Katniss, come sempre. Non so dov’è, ma so che è fuggita dal bagno di sangue e che non è ancora morta, nessun colpo di cannone dopo la nostra partenza dal centro. Cosa potrebbe pensare di me?
Che l’ho ingannata, e in effetti è vero, anche se non è stato niente di premeditato. Avevo più bisogno di lei di qualche provvista o arma di partenza, ma mai avrei pensato di fare quello che ho fatto. Prendere a pugni un ragazzo fino a rompergli il naso. Mi guardo le nocche che hanno ancora qualche residuo di sangue secco.
In tutta la mia vita avevo fatto a pugni solo con un ragazzo. Me lo ricordo benissimo, ero nel distretto circa due anni fa. A scuola, o meglio durante l’intervallo.
Tenevo nascosti i miei sentimenti per Katniss, li tenevo per me, per le mie occhiate da un corridoio all’altro, certo che, prima o poi, avrei trovato il modo di parlarle. Lei era conosciuta un po’ da tutti, ma veramente da nessuno escluso Gale. Ma si parlava spesso della misteriosa ragazza del Giacimento. Ricordo che un mio compagno, il classico ragazzino sbruffone aveva iniziato a prenderla in giro.
-Lo sanno tutti che è una troietta! Dicono che vada a prostituirsi per dare da mangiare alla sorella e a quella rimbambita della madre! – era stata la goccia a far traboccare il vaso. Un solo colpo, ben piazzato al mento con il pugno destro chiuso stretto dalla rabbia. Era volato a terra perdendo per sempre la voglia di fare il bullo in mia presenza.
Non mi avevano più guardato come prima. Neanche io ero riuscito a farlo.
Era la prima volta che vedevo tanta rabbia in me, tanta forza e avevo paura di non riuscire a controllarla. Per questo mi ero iscritto al corso di lotta, lottavo con mio fratello, perché era più grande e poteva fermarmi con facilità, mi insegnò tutte le mosse che conosceva e soprattutto a controllare il mio corpo.
Pensare al distretto fa male. Scaccio via i ricordi della mia famiglia come moscerini. Come avranno preso le scene di me che combatto senza pietà contro gli altri ragazzi, è vero, non ho ancora ucciso nessuno, anche se avrei potuto, ma l’ho fatto veramente per pietà nei loro confronti? O solo per farmi notare da Clove in modo da ottenere la sua fiducia e protezione? Neanche io saprei rispondere a questa domanda.
-Sta scendendo il sole che facciamo? – chiede Glimmer, che oltre a me sembra l’unica a sentire la stanchezza.
-Non abbiamo ancora trovato in questa direzione, ci siamo allontanati troppo dal centro per ritornarci, quindi continueremo a camminare questa notte e cercheremo di uccidere almeno un tributo. Non hanno niente, nessuno avrà avuto il coraggio di avvicinarsi alla Cornucopia, moriranno di freddo questa notte e si faranno trovare.
-La ragazza del 12 ha preso uno zaino e ha un coltello – dice Clove. Quindi lei non si farà trovare, penso tra me e me.
-Hai sentito, ragazzo innamorato? Dormirà al calduccio anche senza di te – dice sprezzante Cato, tutti ridono tranne me. Lo sguardo di Clove si fa di ghiaccio mentre Glimmer batte una pacca sulla spalla del capogruppo. Interessante.
-La conosco bene, posso trovarla – dico per tutta risposta. I grugni compiaciuti mi dicono che ho fatto la cosa giusta. Ma le telecamere? Mi sto incastrando, spero che questo non faccia perdere troppi sponsor a Katniss.
-Allora muoviamoci su – ci esorta Marvel che sembra abbastanza agitato. Credo che l’idea di restare la notte in mezzo al bosco non piaccia a nessuno, ma siamo meglio equipaggiati di chiunque altro e sfido qualunque tributo ad attaccare i Favoriti in gruppo.
Camminiamo almeno per un’altra ora, il sole tramonta e lascia il posto a una luna probabilmente irreale. L’escursione termica ci costringe a fermarci per indossare qualcosa sopra le nostre giacche in dotazione. I vestiti che ognuno di noi ha preso alla cornucopia sono progettati appositamente per i tributi, caldi e allo stesso tempo comodi per non rovinare lo spettacolo neanche in luoghi molto, molto freddi.
Tengo il coltello che mi hanno dato in una fodera attaccata alla cintura con la mano sempre sopra all’impugnatura perché non si sa mai. Non sono tanto gli altri tributi a preoccuparmi, quanto gli ululati che ho iniziato a sentire appena è sorta la luna.
Cato sembra infaticabile, perlustra ogni zona con il cono di luce della sua torcia, non vuole farsi sfuggire niente e nessuno. Clove, che fino a poco fa è sempre rimasta al suo fianco sembra affaticata e finisce all’ultima posizione della fila, vicino a me. Mi affianco a lei e provo ad attaccare bottone, è tanto che non dico niente e mostrarsi amichevole può essere a mio vantaggio, in fondo le ho pur sempre salvato la vita e questo lei lo sa bene.
-Credi che siano mutanti?
-Cosa, i lupi? – risponde tranquilla sussurrando.
-Già, anche se sono distanti, mi preoccupano – sussurro anch’io.
-Non lo so, non si può mai sapere cosa combinano gli Strateghi.
-Ci stiamo spingendo troppo all’interno del bosco, non vorrei finissimo nel loro territorio, nessuno può essere arrivato fin qua. Sono anche più deboli di noi.
-Ehi, fornaio hai ragione! Vado a dirlo a quel testadura di Cato.
-Chiamami Peeta.
Non vedo se quello che mi rivolge è un sorriso o una smorfia a causa del buio. Poco importa, ho fatto il mio tentativo e per ora ho guadagnato una portavoce. Clove è l’unica che sembra avere influenza sul gigante spietato del distretto 2. Magari si conoscevano, o magari c’è di più. Dovrò stare attento a scoprirlo per sfruttarlo a mio vantaggio. Anche Glimmer sembra interessata a sedurre Cato, magari per addolcirlo e riuscire a batterlo. Ognuno di loro interpreta un personaggio, così come nelle loro interviste, così come nello spettacolo di burattini che Capitol City ha organizzato per noi.
-Pieghiamo verso il lago, magari qualcuno ha avuto bisogno di acqua e è tornato indietro – dice Cato per far sembrare la proposta di cambiare direzione una sua idea.
Un mormorio di assenso precede il cambio di marcia. Clove aspetta che siano passati tutti, poi si accosta a me.
-Cato ha detto che è meglio tenerti d’occhio – dice, e non saprei distinguere se sia una scusa o la realtà – Ti fa male il piede?
- Un po’, abbiamo fatto molta strada oggi e non ho neanche fatto in tempo a fasciarlo. Probabilmente si è gonfiato parecchio, ma passerà presto – non so perché le sto dando tutte queste informazioni, ma tutto sommato potrebbe interpretare la verità come l’ennesima bugia, quindi mentire non avrebbe senso.
-Sei stato fortunato con il braccio, se avessi saputo che volevi unirti a noi ti saresti risparmiato una brutta ferita.
-Il mio mentore mi ha obbligato a restare con Katniss tutto il tempo – dico. Nessuna bugia, ma suona in modo diverso dalla verità ed è un buon modo per giustificare il mio comportamento all’addestramento.
-Quindi era tutta una strategia? Anche l’intervista? – chiede in una forse esasperata curiosità.
Problema: quello che dico potrebbe essere di vitale importanza. Maledetto gossip tra ragazzine.
Mi chino verso l’orecchio di Clove e dico –Questo non posso svelartelo…
Simula una risata, capendo le mie motivazioni – Stai tranquillo, ragazzo innamorato, terrò il tuo segreto.
Quando mi giro il gruppo è fermo e Cato mi sta guardando con occhi di fuoco. Deglutisco a fatica, evidentemente non gli fa piacere tutta questa intimità tra me e Clove. Anche gli altri mi guardano storto, sono l’infiltrato, non piaccio a nessuno, ma a Clove sì e questo mi porta parecchi punti.
Camminiamo ancora nella notte non sembra che ci siano trappole o animali per movimentare la situazione, ma forse è solo troppo presto, sono convinto che gli strateghi lasceranno ben pochi di questi momenti di fiacca, che servono a loro per lasciare il pubblico col fiato sospeso e a noi per riposarci. La marcia notturna pesa sul mio fisico bisognoso di sonno, sento la stanchezza nel mio corpo, ma il mio cervello non si spegne mai e vorrei tanto che lo facesse.
A un certo punto Marvel ci dice di fermarci. Vedo che guarda attentamente in una direzione imprecisata in mezzo agli alberi, da come si sforza, sembra che sia molto lontano.
-Che c’è? – chiede la ragazza del distretto 4 quasi indispettita. Dalla reazione. In effetti sale una certa ansia anche a me.
-C’è una luce, qualcuno ha acceso un fuoco.
Nessuno sembra vedere quello che lui ha notato, ma avanziamo lentamente e silenziosi per quanto effettivamente non importi. L’unica paura è che sia un’imboscata, nessuno sarebbe così stupido da accendere una sorta di razzo da segnalazione per gridare a tutti “Ehi sono qui! Venite ad uccidermi”. A quanto pare invece esistono idioti del genere. È la ragazza del distretto 8, sta morendo di freddo.
Ma che brava, hai imparato bene al corso di sopravvivenza su come accendere un fuoco e adesso si sta facendo uccidere. Appena si sdraia per addormentarsi partono tutti alla carica. È un attimo, prima la ragazza piagnucola qualcosa di incomprensibile, poi lancia un solo grido soffocato dalla spada di Cato che si abbatte su di lei.
-Dodici fatti, undici da fare! – grida soddisfatto.
Tutti attorno a lui fischiano e anche io batto le mani con quanta più convinzione posso.
-Dai forza vediamo cosa aveva con sé – suggerisce Marvel.
Frughiamo un po’ tra la sua roba, ma non troviamo quasi niente. Ovvio, altrimenti non sarebbe stata costretta ad accendersi un fuoco pur rischiando la morte che era arrivata fulminea ad abbattersi su di lei.
-È meglio che ce la filiamo, così potranno raccogliere il corpo prima che cominci a puzzare – ordina Cato dimostrando di avere come sempre tanto rispetto quanto un sasso. Ha appena ucciso una ragazza sconosciuta  e l’unica cosa a cui pensa è che il corpo non rimanga troppo a lungo.
Ci spostiamo per lasciare che l’hovercraft possa prendere il cadavere della ragazza. Il cannone non suona. Ci troviamo in una piccola radura quando Glimmer chiede –Non dovremmo sentire un colpo di cannone, adesso?
-Direi di sì. Non c’è niente che gli impedisca di intervenire subito – risponde Cato.
-A meno che non sia davvero morta – suggerisco io. È la prima volta che prendo la parola davanti a tutto il gruppo.
-Certo che è morta. L’ho pugnalata io – ringhia Cato. È ufficiale, il tributo più grosso e pericoloso dell’arena mi odia.
-E allora dov’è il colpo di cannone? – mi sostiene Clove, per far ingelosire Cato? Forse.
-Qualcuno dovrebbe tornare indietro. Accertarsi che il lavoro sia finito – cerca di tagliare corto Marvel che è sempre nervoso. L’ansia dell’arena lo sta logorando non reggerà per molto senza neanche dormire.
-Già, non vogliamo dover andare a scovarla due volte – lagna Glimmer.
-Ho detto che è morta! – urla Cato, stiamo mettendo in dubbio la sua superiorità, il suo posto di comando e la cosa non è ammissibile.
-Non costa nulla andare a vedere! – gli grida Clove, l’unica che può veramente permettersi di farlo.
-È morta. Fine. Andiamo avanti e sentiremo il cannone a breve – persiste cocciuto.
-Stiamo sprecando tempo! Vado io a finirla, poi ce ne andiamo! – mi intrometto io, stanco dei loro inutili litigi.
-Va’ pure, Ragazzo Innamorato. Guarda coi tuoi occhi.
Non oso immaginare quello che mi attende.
Torno sui miei passi, questa volta attento ad ascoltare i rumori del bosco, magari potrebbe arrivarmi un coltello in mezzo alle spalle prima che possa fare venti metri, ma l’alleanza sembra solida ancora e nessuno sembra intenzionato a tradire.
Il cono di luce della torcia puntato poco più avanti dei miei piedi illumina i resti dell’accampamento della ragazza. La prima cosa che sento è il suo respiro affannoso. Già, è ancora “viva” quindi dovrò ucciderla.
Non ho scelto di venire qua solo per porre fine alle loro scaramucce. Voglio uccidere questa ragazza per pietà, perché Cato l’avrebbe lasciata qui a soffrire, Glimmer sarebbe tornata e avrebbe massacrato il suo corpo. Io no, io sono diverso.
Ma non sono forte quanto loro. Il ragazzo del distretto 2 per quanto brutale aveva ragione, il corpo puzza, puzza di sangue e di morte. Il fascio luminoso della torcia la illumina, prima i piedi e poi lentamente salgo facendomi forza per quello che mi aspetta.
Sul petto manca qualcosa. C’è un burrone rosso e appiccicoso dove dovrebbe invece esserci la carne. Ha mirato al cuore, ma nella fretta di compiere il lavoro, o a causa del buio probabilmente ha solamente reciso una vena. Ha gia perso tanto sangue, che si stende in una pozza scura e brillante. Poi il suo volto, macchiato del suo stesso sangue. Rosso, rosso ovunque, e sotto la carne pallida, praticamente bianca, che brilla sotto il fascio di luce elettrica. Ha la pelle imperlata di sudore, il volto contratto in una smorfia di dolore, gli occhi sono chiusi, per fortuna non guardano verso di me. Devo avvicinarmi per colpire.
Le mie gambe ordinano di muoversi ma il mio stomaco si rifiuta. Tengo a bada il rigetto acido, non posso permettere di far uscire quel poco che ho mangiato, il cibo è troppo importante. Lo scarpone finisce nella pozza scura. Da come reagisce al mio movimento la ragazza probabilmente ha avvertito la mia presenza, sa che sono lì per finirla.
Tiro fuori il coltello dal fodero. La lama brilla nella luce, l’ho ripulito dal sangue e ora sto per colpire ancora, ma dove? Dritto al cuore è la scelta migliore, non posso sbagliare come ha fatto Cato e devo sbrigarmi, devo farlo per lei – Mi dispiace – sussurro sincero mentre alzo il coltello sopra la testa.
Poi lo pianto tra le sue costole, esala l’ultimo sospiro mentre l’acciaio fa breccia nella carne molliccia. Un sospiro che sa di sangue, tutto sa di sangue.
Mi alzo dalla posizione accovacciata che avevo per colpire meglio, mi gira la testa e mi sento male. “Non sapevo neanche il suo nome” penso. E devo fare qualcosa, qualcosa per sdebitarmi di quella vittima che ho causato io, quella vittima dei giochi, dei favoriti a cui io ho fatto il favore di concedere una morte breve, senza lasciarla viva alla bramosia degli animali selvatici. “Hai fatto la cosa giusta.” cerco di ripetermi, ma non va bene e sto perdendo troppo tempo. Poi alzo le tre dita della mano sinistra in un gesto meccanico, così come il distretto 12 aveva salutato Katniss e cercando un’immaginaria telecamera fra gli alberi le bacio e stendo il braccio, per mostrare il mio rispetto a quella ragazza, alla sua famiglia e il suo distretto, per dimostrare a tutti che sono il cane selvatico in mezzo al branco dei lupi.



Ecco a voi quello che (credo tutti) stavate aspettando. Io certamente ero curioso di quello che  sarebbe successo nell'arena e quindi questo capitolo è molto importante e ci terrei più delle altre volte a sapere la vostra opinione perchè "finalmente" ho potuto mettere veramente un po' più di farina del mio sacco.
Quindi invito tutti i lettori che ne avranno voglia di recensirmi per darmi le vostre impressioni, e SIATE CRITICI perchè quello che pensate della mia scrittura è il motivo per cui sono qui e che potrebbe aiutarmi a migliorare!
Modifico il rating della storia perchè mi sembrano scene abbastanza violente e un giallo è troppo poco...
Ho voluto inserire l'elemento di amore Cato-Clove che ho visto in altre fanfiction e che mi piace particolarmente con l'aggiunta della gelosia di Glimmer e spero vi piaccia.
Buona lettura, continuate a seguirmi e ci sentiamo nel prossimo capitolo (o speriamo in una vostra recensione)
p.s. mi sono dilungato un po' ahaha :)
-samubura-


 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


-Era morta? – chiede Cato al mio ritorno.
Mentre ero via ho sentito che parlavano, ma il rumore che faccio quando cammino a causa della caviglia mi ha impedito di avvicinarmi per origliare di nascosto. Peccato.
-No. Ma adesso lo è – e proprio mentre termino la frase il cannone spara – pronti a muoverci? – li esorto. Ho bisogno di allontanarmi da quel posto, anche se la ragazza del distretto 8 non c’è più la sento ancora dietro di me, vedo il suo corpo dilaniato e la pelle candida come la neve macchiata di sangue innocente.
Continuiamo a dirigerci verso il centro questa volta corriamo, io cerco di stare dietro agli altri, il sole sta sorgendo e i Favoriti devono assolutamente dominare la Cornucopia, abbiamo già perso troppo tempo con questa storia. “Undici fatti, dodici da fare” un tributo in meno non è un traguardo, è un gradino per avvicinarsi alla vittoria. La morte non è che un mezzo.
Quando il sole è ben alto sull’orizzonte arriviamo nel centro. I raggi caldi fanno brillare la Cornucopia.
Ci sparpagliamo per sorvegliare la zona e quando è tutto sicuro ci riuniamo al centro proprio davanti al corno dorato, da dentro sale un getto di aria calda.
-Chi è ferito? – chiede Cato.
Solo io alzo la mano.
-Bene, provvederemo a curarci per essere pronti per domani, adesso raccogliamo i beni più importanti qua al centro e controlliamo cosa abbiamo. Tutti d’accordo?
-Possiamo mangiare prima? – chiede Glimmer.
-Il cibo sarà razionato – risponde Clove. Dalla smorfia della biondina capisco che non le piace il suo atteggiamento di superiorità –Adesso forza tutti al lavoro! Non abbiamo tutto il giorno – sbraita.
Ci muoviamo tutti, ognuno prende uno degli zaini, o una cassa e inizia a osservarne il contenuto dividendolo in mucchi. Medicine, cibo, armi. Ho tutto il tempo che voglio per stare solo, il lavoro non richiede chissà quanta concentrazione, quindi posso concentrarmi su me stesso e nel frattempo guardarmi le spalle. Gli altri tributi sono tutti lontani, posso stare relativamente tranquillo. Ho il mio coltello, ma la caviglia mi fa un male atroce e spero che troveremo un rimedio al più presto. Ma quello che fa più male è dentro di me.
Io, che sul tetto del Centro di Addestramento, solamente ieri avevo detto a Katniss che non volevo farmi cambiare da loro ho fatto il contrario. Ho condannato a morte due ragazzi, è vero, le mie mani non si sono macchiate del loro sangue, ma sono comunque morti. Sono complice e non meno colpevole di chi li ha uccisi. Clove, il suo sguardo spietato anche quando le puntavo il coltello alla gola. Quel coltello ancora sporco del sangue della ragazza stesa fredda accanto a me. Non riuscirò mai a togliere i suoi occhi dalla mia testa.
Così belli e puri, azzurro chiaro, chissà quanto calore avevano dato. A una famiglia a casa, che starà piangendo il suo lutto da sola o con il sostegno delle altre famiglie del distretto. Famiglie che sapevano che i loro figli erano destinati a morire e comunque non potevano fare a meno di sperare. Magari aveva anche un ragazzo, perché no. Pur avendo guardato quel volto solo pochi secondi i suoi lineamenti mi si sono impressi nella mente. Era la prima volta che vedevo la morte davanti ai miei occhi. Quegli occhi spenti, appannati dal velo della vita privatela, senza nessuna colpa, da un coltello in mezzo alla fronte.
Non è colpa tua, sarebbe morta lo stesso. E invece forse no, forse se fossi fuggito come avrei dovuto sarebbe Clove a giacere a terra, colta di sorpresa dalla ragazza del 6. Che diritto ho avuto di scegliere la mia vita al posto della sua? Magari avrei potuto prendermi il mio coltello in fronte e non rendermi colpevole di tutto questo.
La ragazza dell’8. Solo cercando di ricordare mi sento male. Lo stomaco che si capovolge, il sangue secco ancora attaccato ai miei pantaloni. E altri ne verranno, altre morti, fino a che non mi aggiungerò anche io alla lista dei deceduti della settantaquattresima edizione degli Hunger Games, per la gioia di Capitol City.
La carenza di sonno inizia a farsi sentire, così come la fame, finalmente quando il sole è già ben alto abbiamo finito il lavoro. Abbiamo quantità esorbitante di qualunque cosa desiderabile nell’arena. Per colazione decidiamo comunque di tenerci leggeri, un paio di gallette di riso a testa e una mela.
-Ok – dice Clove quando abbiamo finito il nostro frugale pasto -Ragazzo Innamorato vieni a curare quella caviglia, non ti porteremo in giro in quello stato nei boschi.
La letale ragazza dei coltelli mi accompagna al mucchio delle medicine, tira fuori delle bende elastiche e una pomata poi prende un cicatrizzante per il mio braccio.
Quando tolgo lo scarpone vedo lo stato del mio piede, anche Clove si lascia sfuggire un sospiro perché è veramente messo male. Avendolo sforzato tutta la notte, troppo occupato dai fatti per preoccuparmi del mio stato di salute, ora è gonfio, violaceo e mi appena Clove inizia a spalmare la pomata tengo un gemito stretto nei denti. Con mani esperte avvolge la benda stretta per tenermi ferma l’articolazione, quando ha finito già mi sento meglio. Non avrei mai detto che mani così portate per uccidere sarebbero state in grado di guarire così bene.
Ogni tanto lancia delle occhiate storte al gruppo degli altri Favoriti che stanno raccolti in gruppo e parlano in modo piuttosto animato. Glimmer si è seduta accanto a Cato e dal modo in cui si muove è chiaro che sta cercando di fare colpo. Siamo soli, forse potrei cercare di parlarle, e so che lei mi sosterrebbe per far ingelosire Cato. Magari troppo presa dalla ragazza bionda del distretto 1 potrebbe lasciarsi sfuggire qualcosa di importante. Perché non tentare comunque.
La benda sul braccio è imbevuta di sangue e si è appiccicata alla ferita.
-Questo farà un po’ male. Ma devo togliertela.
Senza lasciarmi il tempo di risponderle inizia a staccare la garza dalla pelle. Aveva ragione.
La situazione della mia ferita è molto peggiore del piede. Si vede la carne aperta e la polvere è riuscita a infiltrarsi nella fasciatura fatta in fretta. La disinfetta e poi sparge il cicatrizzante.
Mentre lavora cerco la mia occasione per parlare.
-A quanto pare non sono l’unico innamorato sventurato – accenno senza sbilanciarmi troppo.
-Che intendi? – sibila a denti stretti.
-Oh niente – dico evasivo, ma con già ben chiaro come devo giocarmi i miei commenti – Guarda quei due…
-Già, non la sopporto – e non devo sforzarmi per sapere che è sincera –Ehi Cato guardami! Sono la biondina carina – dice imitando il tono di voce altisonante di Glimmer.
Rido e l’occhiata che mi lancia all’inizio è piuttosto torva, ma poi si unisce alla mia risata e continuiamo a scherzare un po’ mentre fascia nuovamente il mio braccio ferito. Si offre persino di sostenermi mentre torniamo al cerchio degli altri tributi per non farmi forzare il piede. Quando arriviamo attiriamo l’attenzione di tutti come penso Clove volesse.
Saranno circa le dieci e mezzo di mattina quando abbiamo allestito un accampamento coi fiocchi vicino al lago, che riveste un ruolo chiave, ci difende da un lato e attira gli altri tributi. Abbiamo trovato anche delle tende canadesi dove potremo dormire, tutti i beni più preziosi li abbiamo spartiti nei vari zaini in modo da non lasciarle incustodite quando ci muoviamo e allo stesso tempo non appesantirci troppo.
-Dovrebbe restare di guardia qualcuno – suggerisco quando sembriamo sul punto di muoverci.
-Già, faremo a turno, a coppie – ordina Cato come sempre in tono che non ammette contraddizioni. Ma le sue idee non mi piacciono mai.
-Sarebbe meglio fare uno alla volta – propongo io.
-Perché? Così potrai scappare meglio con tutta la nostra roba quando toccherà a te? – mi aggredisce Marvel.
-Preferirei non dovermi guardare le spalle quando devo fare la guardia. Non ho nessuna intenzione di fuggire, un patto è un patto, giusto?
-Giusto – risponde incerto perché è costretto a darmi ragione o sarebbe come lasciar esplodere una bomba.
-Allora? – lo incalzo. È uno scontro tra me e lui, nessuno si intromette, ma nel cerchio c’è molta tensione.
-Clove inizierai tu – e la fissa con uno sguardo imperioso. La ragazza lo guarda storto, penso che non le piaccia dover restare da sola lontana dall’azione, ma soprattutto lasciando campo libero a Glimer. Rifletto un attimo sulla scelta di Cato. Si fida di Clove, non si fida di me, non mi lascerebbe mai indietro anche nel mio stato. E poi Clove è la migliore potrebbe fare molto anche da sola e la sua presenza nel gruppo non è essenziale.
-Dovremmo anche posizionare delle trappole per difenderci meglio – suggerisco.
-Ho già qualcosa in mente – dice Cato con un sorrisetto che non mi piace - Ora avanti, muoviamoci.
Il bosco ci attende silenzioso, ci muoviamo veloci e con la fasciatura di Clove ora va decisamente meglio. Piazziamo trappole specialmente nella zona del lago, però non per uccidere, per catturare. Mi chiedo se Cato sia veramente così spietato da voler uccidere ognuno personalmente, per ora mi sembra l’unica motivazione possibile. Nella cornucopia c’era ogni sorta di attrezzatura, lacci, corde, reti robuste ed elastiche.
Cerco di far vedere che mi impegno perché se divento l’anello debole della catena, sarò il primo a essere eliminato dall’alleanza e non posso permettermelo. Più vivo, più posso proteggere Katniss e depistare i Favoriti, magari aiutarla quando la troveremo.
Cosa penserà la gente di me a casa, dalle loro televisioni? Realmente non mi importa se non della mia famiglia. Forse tutti nel distretto mi considerano un traditore, magari li hanno emarginati, guardano storto i miei fratelli quando passano per strada. Gli Hunger Games incidono molto più di quanto dovrebbero, si crea rivalità nei distretti, chi parteggia per uno chi per l’altro tributo. Servono a tenerci divisi e scoraggiare un’altra ribellione.
Mi sento così egoista a preoccuparmi della mia vita, ma… è così sbagliato quanto mi sembra?
Pranziamo velocemente in una radura, Glimmer continua con la sua farsa da bambolona ammaliatrice, ma con Cato non attacca. Anche senza Clove, non riesce a concludere niente. Non capisco perché non provi lo stesso tipo di approccio con Marvel. Non credo ci sia del sentimento dietro la sua strategia, ma potrei sbagliarmi, o forse deve solo mantenersi coerente.
Tutto il giorno trascorre senza niente di interessante, nessun colpo di cannone. È già pomeriggio inoltrato quando decidiamo di tornare all’accampamento e controllare le nostre trappole lungo la strada, obietto che mi sembra difficile che già qualcuno si sia avvicinato al lago, ma devo ricredermi. In una delle reti troviamo il ragazzo del distretto 3. Cato corre e scoppia in una grande risata che nessuno di noi riesce a interpretare. Quando Marvel sta per colpire con la lancia lo blocca.
-Fermo! – urla arrabbiato.
-Pe..Perché? – balbetta Marvel.
-Lo stavo cercando – risponde Cato gelido.
Il ragazzo nella rete trema come una foglia, ha smesso di divincolarsi e ora resta immobile con gli occhi grandi di paura.
-Tu, sarai nostro alleato – esordisce Cato. Poi avvicinandosi alla rete sussurra –Capito?!
-Che ce ne facciamo di un mingherlino come questo qua? – dice Glimmer – siamo già troppi per i miei gusti in questa alleanza, prima il ragazzo innamorato e ora anche uno così scemo da essersi infilato in una rete.
-Lo so io che ci facciamo – dal bagliore dei suoi occhi ho paura che voglia mangiarselo – forza, torniamo al campo.
Liberiamo il ragazzino che non prova neanche a fuggire. Non è necessario legarlo, non potrebbe nulla contro di noi e sono certo che non vuole rischiare. Cato continua a sfregarsi le mani soddisfatto, provo a immaginare cosa abbia in mente.
Quello che ci serve è un sistema per difendere l’accampamento. Il distretto 3 è specializzato in elettronica e circuiti, forse anche esplosivi se non ricordo male. Nelle edizioni passate alcuni tributi si erano distinti per le macchine che avevano costruito grazie ai doni degli sponsor, il progetto del bestione inizia a farsi più chiaro. Una trappola, una grandiosa enorme trappola. Il lato strategico di Cato mi preoccupa, fin ora l’avevo visto solamente come il forzuto impulsivo, ma mi sbagliavo probabilmente è da moltissimo tempo che progetta la sua idea, ma non ha mai avuto le possibilità di realizzarla.
Quando torniamo al campo Clove è arrabbiata. Tiene il muso con tutti. Non dev’essere stato particolarmente emozionante aspettarci tutta sola sempre con l’ansia di dover difendere se stessa e il nostro bottino. Ma Cato ha una sorpresa per lei.
-Che diavolo ci facciamo di un altro? – dice secca, come se il ragazzino tremante accanto a Cato non esistesse neanche.
-Fidati – risponde Cato guardandola negli occhi. Dall’espressione sul volto della ragazza intuisco che non ha molta voglia di fidarsi, ma arrabbiarsi non sarebbe utile a nessuno, loro devono essere la forza della nostra alleanza, e Clove lo sa bene. Se sono uniti, a nessuno di noi verrebbe in mente di ribellarci.
È per questo che Glimmer sta tentando di mettere zizzania tra le due macchine da guerra? Non avevo considerato questa ipotesi.
Allora quello che avevo visto come un possibile amore è solamente un freddo patto tra loro due? Vincere questi giochi insieme e poi lottare l’uno contro l’altra in uno scontro all’ultimo sangue? Ho un brivido solo a pensarci. Forse ho sbagliato a pensare ai Favoriti come a persone come me. Loro non hanno rimpianto delle molte vittime che hanno fatto. Si lavano le mani del sangue che hanno versato, io invece ogni secondo vuoto muoio con quei ragazzi che ho accompagnato alla bara al posto mio.
Il ragazzo del 3 viene preso in disparte, non ci ha neanche detto il suo nome da quanta paura aveva, ma non credo che questo importi a nessuno. Lui e Cato stanno a parlare per un po’ da soli, gli sta spiegando il piano, se il ragazzino sarà in grado di realizzarlo vivrà.
-Non mi piace la storia del ragazzino.
-Neanche a me, Clove – confesso – Non so che cosa Cato abbia in mente.
-Nessuno lo sa – dice con aria triste. Probabilmente non sapere questa parte del piano di Cato la fa sentire come se le avesse mentito. Si fida ciecamente di lui e adesso potrebbe essere messa in crisi, potrebbe giocare a mio favore, penso tra me e me.
Per quanto mi faccia piacere avere qualcuno con cui parlare, sto cercando di tener fuori ogni legame sentimentale dalla relazione tra me e Clove, lei lo fa per attirare l’attenzione del bruto del 2 e io per passare il tempo: non è amicizia e lo so bene. Non si farebbe problemi ad uccidermi adesso se solo non avesse bisogno di me. Non ho ancora ben chiaro in che modo, ma servo alla loro alleanza, nel grandioso piano che Cato ha preparato per vincere gli Hunger Games.
Se riuscissi a capire meglio quello che Cato ha in mente potrei prevedere il momento in cui faranno volentieri a meno di me, probabilmente quando avranno trovato Katniss, mi costringeranno a ucciderla e, se non lo farò, uccideranno prima me. Sì, è un pensiero molto da Favorito. Brutale, spettacolare.
La mia vita è legata a un filo e dovrò essere molto abile per mantenerlo integro.
È quasi il tramonto quando ci raduniamo e Cato è pronto per esporci le disposizioni per la notte.
-Questa notte dormiremo a turni – nessuna obiezione,  è più che logico – mentre due di noi dormono gli altri resteranno svegli per creare la trappola.
-Di che si tratta? – chiede Marvel incuriosito.
-Inizieremo da subito a dissotterrare le mine attorno ai blocchi di partenza. Il nostro più recente acquisto dice di saperle riprogrammare e rendere nuovamente attive. Le disporremo attorno al mucchio di tutto ciò che abbiamo, così chi vorrà avvicinarsi avrà qualche difficoltà.
-Esploderà tutto! – commenta Glimmer, anche io lo penso.
-Posizioneremo le mine in modo che una non faccia esplodere tutte le altre attorno. Giusto? – chiede rivolto al ragazzino al suo fianco, concludendo con una forte pacca sulla spalla che lo fa sussultare.
A Cato brillano gli occhi. E lo ammetto, è geniale, sarà faticoso, ma se il risultato è quello che dice sarà grandioso. Questo ragazzo ha trovato il modo di farsi ricordare per sempre nella storia degli Hunger Games. L’undici di Katniss al confronto sembra veramente misero.
Il primo turno di sonno tocca a Marvel e Glimmer. È Cato a decidere ovviamente e intuisco che non è del tutto casuale.
Gli Strateghi non avevano certo pensato che qualcuno avesse voglia di mettersi a fare giardinaggio nell’arena, quindi non ci sono attrezzi di nessun genere. Scaviamo con le spade facendo molta attenzione, le mine dovrebbero essere disattivate, ma non si sa mai. Quando la prima viene estratta il ragazzo del 3 sorride per la prima volta.
-La conosco! È come quella che si faceva nel settore accanto al mio nella fabbrica – per la prima volta mi rendo conto che non ho nessuna idea di come si viva negli altri distretti, ma non è il momento di chiedere.
Dopo una ventina di  minuti di lavoro ci chiama tutti quanti trionfante.
-È pronta. Fate attenzione.
-Dovremmo provarla - suggerisce Clove.
-Quando suonerà l’inno di Panem, farà abbastanza rumore da coprire l’esplosione e tutti i tributi saranno distratti – dico io.
-Bella idea Ragazzo Innamorato – dice Cato sincero. È così preso dal suo piano che sembra quasi gentile.
Scende la notte e abbiamo già tolto da sottoterra metà delle bombe, non è così difficile e il ragazzo del 3 lavora sempre più veloce una volta capito il circuito da attivare. È ritmico nei movimenti, sembra quasi un robot, probabilmente è così che vive, lavorando tutto il giorno nella fabbrica ripetendo ogni giorno gli stessi gesti. Terribile, ma penso ai minatori di carbone che devono scendere kilometri sotto la superficie e penso che sarebbero tutti molto più felici a lavorare nel distretto 3.
Quando le prime note dell’inno iniziano a suonare i due tributi del distretto 1 si svegliano come convenuto e tutti guardiamo Cato pronto a testare la bomba. Il ragazzo del 3 si morde le unghie sperando di aver fatto tutto correttamente. Cato prende una mela e la lancia sulla bomba centrandola. L’esplosione è forte, ma come speravamo fa poco rumore. Ci concediamo urla di felicità: è fatta.
Cos’è fatto? Abbiamo creato una trappola letale per uccidere altri ragazzi ed esultiamo? Anche se controvoglia devo unirmi a loro. Persino la ragazza del 4 che si tiene sempre in disparte si lascia coinvolgere dall’entusiasmo. Il più felice è ovviamente il ragazzo del 3, non so che fine farà quando il suo lavoro sarà compiuto. Magari Cato sarà così clemente da lasciarlo in vita più a lungo, ma nessuno può dirlo.
Il mio turno di sonno è disastroso. Sebbene il mio corpo abbia un disperato bisogno di dormire appena chiudo i sogni iniziano a prendere il controllo. Vedo la ragazza del distretto 6 con il coltello nella fronte che viene verso di me e mi travolge, quando riesco a rialzarmi sono completamente solo ed è buio, ho una torcia in mano e mi inizio a girare intorno per vedere se c’è qualcuno. Sento l’angoscia come se qualcuno dovesse arrivare a uccidermi da un momento all’altro. Ma non succede nulla, fino a che il fascio di luce della mia torcia si punta su un cadavere, pallido e in decomposizione. “È la ragazza del distretto 8” penso, ma quando mi avvicino al posto del suo volto c’è quello di Katniss, che urla:
-Peeta, Peeta svegliati!

Eccomi di nuovo! Scusate se ci ho messo un po' a scrivere questo capitolo, ma sono stato abbastanza impegnato.
DOMANI esce Catching Fire e non vedo l'ora di vederlo, ho già comprato il biglietto e tra poco andrò a vedere Hunger Games con alcuni amici :)
Spero che il film non mi deluda, nel prossimo capitolo vi dirò le mie impressioni.
Nel frattempo, ditemi voi le vostre! Come vi sembra questo nuovo capitolo? Vi piace la storia del ragazzo del pane?
Attendo le vostre recensioni che sono la cosa più importante :)

-samubura-

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


-Peeta, Peeta svegliati! – urla Clove fuori dalla mia tenda, apro gli occhi e mi accorgo di essere sudato.
Prima di fiondarmi fuori ho il buon senso di pensare a una trappola, non posso fidarmi. Prendo il coltello e esco, ma Clove non ha intenzioni ostili. Non è neanche l’alba, ma si vede la colonna di fumo nero che viene dal bosco.
-Che succede?
-Dal nulla tutto ha preso fuoco, abbiamo già sotterrato parte delle mine, dobbiamo proteggere la zona dagli animali in fuga!
Marvel mi passa una lancia che soppeso in mano e una fionda che non so usare molto bene – Vediamo che sai fare – dice. Glimmer incocca una delle sue frecce. Penso a Katniss e a quanto vorrebbe impugnare lei quell’arma, ma io gliel’ho impedito.
È la mia occasione per guadagnarmi un’arma migliore: non posso sbagliare, più armi significa più possibilità quando dovrò lasciare l’alleanza.
Mi concentro sull’incendio, l’unica motivazione possibile è costringere i tributi ad avvicinarsi, la nostra trappola è interessante e ieri è stato un giorno troppo tranquillo per una puntata di Hunger Games. Ci hanno lasciato tempo per riposarci e organizzarci, ma probabilmente qualcuno si è allontanato troppo. Penso subito a Katniss, che seguendo i consigli di Haymitch avrà cercato acqua lontano nel bosco cercando di allontanarsi il più possibile. Il cannone non ha ancora suonato e significa che è viva, non vogliono ucciderla, ovvio che no, vogliono portarla da me.
Quindi se andrò io da lei smetteranno di torturarla, ma dovrà vedersela coi favoriti. Dovrò rifletterci meglio, adesso devo concentrarmi su quello che sta succedendo.
Ci disponiamo in semicerchio, frontali alla direzione dell’incendio pronti all’assalto degli animali che correranno disperati verso la salvezza. Non possiamo permettere che facciano esplodere le bombe, ci farebbero scoprire e renderebbero la trappola inefficace.
La prima ondata è di conigli, sono animali piccoli e facilmente impressionabili, quindi cerchiamo di disperderli con le fionde, Glimmer spreca anche alcune frecce probabilmente solo per farsi notare. Non sappiamo cosa ci aspetta, magari dal muro di fuoco potrebbero iniziare  a uscire alcuni mutanti, insetti killer o qualunque cosa gli Strateghi hanno deciso di scatenarci contro.
Quando iniziano ad arrivare i caprioli ci muoviamo agitandogli contro le spade per allontanarli e, anche se in preda a una fuga folle e disordinata, riusciamo a deviarli e a non farli camminare sulle mine. Ma ho paura che ci sia qualcosa di peggio che dei semplici animaletti. Tutti gli altri tributi attendono l’arrivo di qualche spaventato ragazzo da uccidere senza neanche che se ne renda conto, guardano il limitare del bosco con lo sguardo assetato di sangue. Armi strette in mano, ma quello che ne esce è un branco di sei lupi. Probabilmente quelli che avevamo sentito la prima notte.
Non ho mai visto un lupo, qualche cane sì, ma è qualcosa di completamente diverso e non so se questi sono veri e propri lupi, o dei mutanti della Capitale, ma poco importa. Sembrano molto determinati a venire nella nostra direzione.
All’inizio corrono come impazziti, poi si accorgono della nostra presenza, uno che dev’essere il capo ha un pelo di un grigio chiaro diverso da quello degli altri membri del branco si pone in testa alla formazione e digrigna i denti. Siamo un ostacolo e siamo un pericolo per la sicurezza del gruppo.
Il capo ci guarda con i suoi occhi ambrati. Sento il suo sguardo di predatore che si fissa su di me, probabilmente ha individuato l’esemplare ferito del branco avversario, forse fiuta il sangue della ferita sul mio braccio. Stanno elaborando una strategia di attacco. Mi volto verso gli altri tributi per cercare di capire quale sarà la nostra. Difendere la posizione, come?
Nessun movimento affrettato. Vedo Cato che fronteggia il leader dell’altro schieramento. Tutti noi siamo pronti a difenderlo e a difenderci. Stringo la lancia con forza.
Il lupo balza alla gola di Cato che scarta di lato senza riuscire a colpire in tempo il suo diretto avversario, nel frattempo gli altri lupi partono all’attacco: sono più di noi e non ce la faranno passare liscia.
Si muovono con agilità sulle zampe sottili ma forti, non avrei mai immaginato che riuscissero a saltare così in alto. Un esemplare dal pelo fulvo punta verso di me. Non rallenta la corsa e mi si fionda addosso. Troppo tardi per usare la lancia, estraggo il coltello e mi preparo alla battaglia ravvicinata.
Quando mi arriva contro cado a terra per l’impatto e mi sovrasta schiacciandomi a terra sotto il suo peso. Le zampe artigliate mi graffiano la schiena.
Puntano al collo, per uccidere. Cerco di tenere la testa dell’animale lontana dalla mia, le mascelle schioccano con un rumore sinistro. Poi provo a ribaltare la situazione, questa volta non accorrerà nessuno in mio aiuto, sono io contro la forza prorompente della natura. Sopravvivenza, non omicidio.
Non riesco ad ottenere più che una rotolata nella polvere lontano dalle mine, meglio così. Mi libero dalla morsa dell’animale e nell’attimo di esitazione che ha prima di colpirmi nuovamente gli sono addosso. Tengo ferme le zampe e la testa schiacciata a terra con la mano proprio sopra le fauci. Mostra i canini in un ultimo gesto di ferocia prima che il mio coltello vada a conficcarsi nel suo collo.
Mi prendo un po’ di tempo per riprendere fiato prima di guardarmi attorno per vedere la situazione degli altri tributi. Recupero la mia lancia e noto che Marvel è in difficoltà, quale occasione migliore per prendere la mia rivincita sul ragazzo del distretto 1? Calibro bene il colpo.
La mia lancia vola dritta e si conficca nel collo del lupo che avevo mirato atterrandolo. Perfetto, so che Marvel mi ha notato, anche se non c’è tempo per nessun tipo di ringraziamento.
Alla fine tutti i lupi sono morti e non c’è nessuno ferito gravemente.
Ci prendiamo comunque tempo per medicarci ed evitare che i graffi facciano infezione. Quando Clove mi pulisce le ferite sulla schiena mi rendo conto di quanto sono grandi e profonde, non mi ero accorto. Comunque nessuno è uscito illeso. E sotto sotto mi fa piacere che anche i Favoriti non siano avvolti da quell’aura di invulnerabilità che fanno credere di avere.
-Andremo verso il fuoco, tu resterai qua – dice al ragazzo del distretto 3 che si è tenuto fuori dal combattimento – finirai di sistemare le mine.
-Andare verso il fuoco? Perché? – chiede Marvel –Non dovremmo aspettare che gli altri tributi arrivino qua?
-Questo è quello che tutti si aspettano - sorride Cato.
Nessuna replica, ha ragione. Andando verso il fuoco potremo cogliere di sorpresa gli altri tributi coinvolti nell’incendio e regalare momenti di brivido per i telespettatori. Una lotta con un branco di lupi è già qualcosa, ma l’unico sangue che Capitol City vuole veder scorrere è quello dei tributi.
-Bel lavoro con la lancia – dice Marvel porgendomene una. Arma guadagnata, non mi aspetto ringraziamenti a parole, questo basta e avanza.
-Avevo detto che ci sapevo fare – rispondo sorridendo soddisfatto.
Camminiamo per quasi tutto il giorno prima di arrivare vicino alla zona dell’incendio, il fumo si è diradato, lasciando solo il suo odore acre. Sfortunatamente per i miei compagni non riusciamo a trovare nessun tributo e il cannone non ha suonato neanche oggi forse gli strateghi non sono riusciti nel loro intento.
O magari siamo più vicini di quanto pensiamo. Meglio stare all’erta.
-Dannazione Cato, è tutto il giorno che camminiamo senza trovare niente e laggiù al campo c’è solo quello stupido del distretto 3, non pensi che dovremmo tornare indietro prima che scenda la notte? – sbotta a un certo punto Glimmer. Clove le lancia uno sguardo più affilato dei suoi coltelli.
-No – risponde calmo il colosso del distretto 2 senza neanche voltarsi verso di lei. E la conversazione si spegne lì. Glimmer farfuglia qualcosa ma non ha il coraggio di insistere. Io mi tengo volentieri fuori dalla disputa. Per me è assolutamente indifferente.
Penso a Katniss, sono praticamente convinto che sia per lei che gli strateghi hanno appiccato il fuoco. Per rispedirla verso di noi. È un po’ che non penso a lei, mi rendo conto che non è tanto per il fatto che non ne ho avuto neanche il tempo, ma più che altro perché ho volutamente evitato di farlo. Anche il nomignolo che i Favoriti mi hanno affibbiato non mi fa più né caldo né freddo.
Non ho assolutamente idea di come stia. Il mio progetto di proteggerla non è così efficace qua con i Favoriti, mi sto proteggendo da solo piuttosto. Mi sento così egoista. Ma che altro avrei potuto fare? Mi sforzo di immaginare un’alternativa.
Lei non capirebbe comunque. Potrei anche fuggire e cercarla, ma mi ucciderebbe, se non fosse per la questione degli sponsor. Non capirebbe che voglio veramente proteggerla. E quando la troveremo dovrò assolutamente farle capire che sono dalla sua parte e cercare di aiutarla. È la mia unica possibilità di riscatto. Magari vedrà che è stato una strategia fin dall’inizio. O magari Cato mi trapasserà il cuore con la sua spada, o peggio, mi costringerà a vederla morire davanti ai miei occhi senza che io possa far nulla per aiutarla. Rabbrividisco all’idea.
Nel frattempo stiamo continuando a muoverci e si sta avvicinando la sera, la terra è annerita e uno strato di cenere ricopre tutto, respirare inizia a essere faticoso, mi brucia la gola e gli occhi lacrimano senza che io possa impedirlo, il calore sale dal basso. Da qualche parte il fuoco sta continuando a bruciare.
Proseguiamo in quella direzione e il fumo si fa sempre più denso, dentro alla nube grigia persino noi siamo bersagli facili. Non si vede bene e è sempre più difficile respirare, tanto che persino camminare diventa faticoso. Neppure Cato può nulla contro il grigio nemico impalpabile in cui siamo immersi. Sembra arrabbiato e lo capisco. È tutto il giorno che camminiamo e ancora non è riuscito a trovare niente. Sperava di riuscire a prendere almeno tre o quattro tributi con il suo stratagemma di andargli incontro e invece…
Poi a un certo punto sentiamo il rumore di acqua in movimento, corriamo in quella direzione e troviamo Katniss che corre dall’altra parte di uno stagno.
Katniss. L’abbiamo trovata.
-È la ragazza in fiamme! – grida Glimmer.
-Chissà se le è piaciuto l’incendio! – urla Cato ridendo sguaiatamente, come me, deve aver notato che è ferita perché corre zoppicando. Non sarà difficile raggiungerla.
Sono completamente paralizzato, sapevo che eravamo qua per cercarla, ma averla finalmente davanti ai miei occhi è ben altra cosa. Che faccio adesso? Non posso ribellarmi all’alleanza, finirei per farmi ammazzare e far ammazzare anche lei. Devo agire con calma e strategia. Quando mi riprendo inizio anche io a inseguire la treccia della mia sventurata compagna attraverso il bosco. C’è una buona distanza tra noi e lei, ma si vede fin troppo bene nel bosco illuminato dal sole al tramonto. Con agilità sorprendente sale su un albero e inizia ad arrampicarsi salendo su come uno scoiattolo.
Quando arriviamo alla base del suo rifugio guardano tutti in alto, io prendo tempo pulendo il coltello dal sangue di lupo. Non voglio guardare Katniss, non vorrei neanche che lei mi vedesse. Mi vergogno troppo per quello che ho fatto, probabilmente lei neanche sa, ma ripensando alle parole che avevo detto sul tetto, non sono stato che un ipocrita. È il momento di far vedere a tutti che non sono l’ennesima pedina dei loro giochi. Ma come!?
-Come va ragazzi? – grida allegramente dall’alto di una biforcazione del tronco.
Trattengo un sorriso vedendo la reazione sbigottita dei Favoriti, di solito le loro vittime piangono e implorano pietà. Questo farà impazzire Capitol City.
-Abbastanza bene. E tu? – sibila Cato prendendo tempo per riflettere su come raggiungerla.
-Ha fatto un po’ caldo, per i miei gusti – risponde sicura di sé. Sembra disarmata, ma capisco il motivo di tanta arroganza. Nessuno di noi è abbastanza abile per arrampicarsi come lei, ma soprattutto siamo tutti troppo pesanti –L’aria è migliore quassù. Perché non mi raggiungete?
-Penso che lo farò – dice Cato determinato, si toglie lo zaino e si prepara a salire.
-Ecco, prendi questo, Cato – dice Glimmer mentre gli porge l’arco.
-No. Farò meglio con la spada – già, la spada di Cato è come un prolungamento del suo braccio.
Il mio coltello è splendente come uno dei vassoi su cui ci servivano la cena a Capitol City, ma evito comunque di alzare lo sguardo verso Katniss, anche quando tutti i tributi iniziano a incitare Cato che parte all’inseguimento. Aspetto solamente il tonfo che confermerà la mia teoria.
Lei è bloccata lì, e io qua. Cosa posso fare per aiutarla? Non riesco neanche a guardarla, per timidezza. Potrei cercare di dirle qualcosa, se solo sapessi cosa.
Dal rumore che fa il ragazzo del distretto 2 cadendo immagino che sia stato da parecchio in alto, ma si rimette in piedi in un attimo imprecando ad alta voce.
-Dai Glimmer prova con le frecce! – suggerisce Marvel.
Anche lei prova a salire per avvicinarsi, ma ha il buon senso di fermarsi evitando una brutta caduta come quella di Cato appena i rami iniziano a fare rumore sotto il suo peso.
-Che cosa diavolo facciamo! – sbraita Cato.
Glimmer nel frattempo prova a colpire Katniss con l’arco da terra, ma la manca di molto.
-Basta, è inutile che sprechi le frecce così – ringhia Clove. Arrabbiatissima per la figuraccia di Cato.
-Allora? – è la prima volta che il capo indiscusso della nostra alleanza ci chiede la nostra opinione.
-Non posso arrivare abbastanza vicina per lanciare un coltello – dice Clove.
-Ormai è salita troppo per cercare di colpirla. Con qualunque cosa – constata Marvel.
-Potremmo tagliare l’albero… - suggerisce incerta Glimmer, tutti ci voltiamo verso il tronco che sarà almeno spesso ottanta centimetri. Anche volendo, ci metteremmo un’infinità di tempo.
Io non ho idee ho bisogno di tempo, ma devo dire qualcosa.
-Lasciamola là. Dove volete che vada? Ce la vedremo con lei domani mattina.
È la cosa più sensata, ma è estremamente crudele. Non aiuti nessuno mettendolo sotto assedio. Mi sento di nuovo un verme. Non posso agire di impulso, devo pensare a tutte le possibile conseguenze. Per esempio adesso che si fa? Decidiamo di accamparci sotto l’albero e mi mandano a raccogliere della legna, mi allontano quanto basta per continuare a tener d’occhio la situazione e pensare con calma.
Non posso affrontare i favoriti, non da solo certamente, e non credo di poter contare sull’aiuto di Katniss. Se anche uccidessi Glimmer per lasciare a Katniss le sue preziose armi non sarei in grado di passargliele sull’albero e in un attimo il resto dell’alleanza mi ucciderebbe. No, opzione da escludere: io muoio, Katniss muore poco dopo e non è questo il risultato che voglio ottenere. Non chiedo di dovermi salvare per forza, ma almeno non morire invano. E morire per salvarla sarebbe una morte che potrei accettare.
Torno e accendiamo il fuoco, non c’è neanche bisogno di utilizzare le tecniche che abbiamo imparato al corso di sopravvivenza perché abbiamo i fiammiferi della cornucopia. Su in cima all’albero Katniss si sta preparando per dormire. La guardo per un po’, sicuro che non potrebbe notarmi mentre è indaffarata. Così come facevo sempre a scuola, aspettavo il momento adatto per godere dello spettacolo della sua bellezza. Qualcuno suggerisce di dare fuoco all’albero, ma scartiamo l’idea, probabilmente non funzionerebbe, anche se mandare al rogo la ragazza in fiamme sarebbe sicuramente una trovata geniale.
-Tanto dovrà scendere prima o poi – dice Cato, questa idea dell’attesa lo eccita da morire e si vede nel modo in cui pronuncia le parole e guarda verso la sua preda. Sarebbe disposto di attendere qua per tutta la durata dei giochi pur di uccidere la ragazza del distretto 12 che si è presa gioco di lui. Non deve essergli piaciuto troppo lo scherzetto dell’albero. È stato un atterraggio brusco e adesso che è passato un po’ di tempo si iniziano a vedere gli effetti della caduta, anche se finge perfettamente, il modo in cui cammina lascia a intendere che ha preso una bella botta.
Il mio piede è completamente guarito, riesco persino a correre senza difficoltà, le medicine di Capitol City fanno miracoli. Nel distretto ci sono dei dottori, ma sono pochi e spesso si rifiutano di “sprecare” le loro cure per i casi disperati del giacimento. So, più per sentito dire che altro, che la madre di Katniss era una farmacista e si occupa dei malati usando le erbe medicinali.
Anche Katniss è ferita, penso a causa dell’incendio, ma non so quant’è grave e questa incognita mi impedisce di formulare piani, potrei tentare di fuggire durante la notte, ma se lei non è in grado di tenere il passo non arriveremmo molto lontano. Decidiamo di dormire Glimmer farà di guardia con l’arco per impedire che Katniss scenda. Ci accorgeremmo comunque di lei, ma meglio prendere le giuste precauzioni. Quando l’inno termina, neanche oggi ci sono stati morti, possiamo tutti riposarci un po’.
Non importa se neanche oggi nessun tributo è morto, gli strateghi hanno ottenuto il risultato sperato, il mio primo appuntamento con Katniss nell’arena. Non proprio molto romantico. Ci faccio la figura dell’ipocrita a comportarmi così, prima dichiaro pubblicamente il mio amore, poi la incastro nella morsa dei favoriti. Dovrei inscenare una bella recita con tanto di qualche lacrimuccia, ma non ci riesco. Sto male per Katniss, ma non mi va di farlo sapere a tutti. Quello che mi uccide e che lei mi consideri probabilmente un traditore, e perché non dovrebbe? Come posso fare a guadagnarmi la sua fiducia di nuovo? Morirò odiato dalla donna che amo senza poter far nulla per farle capire le mie intenzioni. Non che io le abbia rispettate alla grande in realtà.
Ovviamente che non riesco a dormire. Seguo i movimenti di Katniss per quel poco che i raggi di luna filtrati dalle foglie del bosco mi permettono di vedere, prima era salita, non so per fare cosa perché non potevo stare a guardare troppo a lungo o avrei attirato l’attenzione dei favoriti su di lei. Immagino abbia un piano e magari Haymitch le ha già mandato qualche medicina tramite gli sponsor. Non ha bisogno di badare a spese visto che abbiamo sponsor doppi tutti destinati a lei. È il nostro accordo e so che lo rispetterà.
Mi costringo a chiudere gli occhi per un po’, ma resto all’erta, se Katniss avrà bisogno del mio aiuto per fuggire, devo aiutarla. Da lassù potrebbe far cadere un ramo, se magari ha un coltello potrebbe lanciarcene uno contro per distrarci mentre fugge. Sì, è l’ipotesi più plausibile. Mi sembra che gli altri non ci abbiano pensato perché siamo accampati proprio sotto l’albero. La smania di sangue gli fa compiere errori stupidi: peggio per loro.
Vedo che Glimmer si addormenta e resto l’unico sveglio, ma non ho intenzione di fare la guardia. Dormo per un paio d’ore e questa volta il mio sonno è libero dagli incubi della sera precedente
Quando mi sveglio il sole non è ancora sorto, ma le prime luci dell’aurora illuminano il cielo di rosa e arancione, il mio colore preferito, anche se non è la vera alba, perché anche il sole è controllato dagli Strateghi e sono loro a decidere l’alternarsi del giorno con la notte, è abbastanza realistico. Mi godo per un po’ il paesaggio idilliaco e il canto degli uccelli. Non mi ero reso conto fin’ora del meraviglioso posto in cui siamo capitati, il bosco avvolto in tutte le sue sfumature dal verde al marrone, un bosco come quello in cui non ho mai osato avventurarmi. “Un buon posto per morire” non riesco a evitare di pensare.
Quando il mio corpo esce dal torpore mattutino che attutisce i sensi capisco che sta succedendo qualcosa, c’è uno strano ronzio simile a quello elettrico della recinzione che delimita i boschi del distretto, ma più forte, più arrabbiato e sembra sempre più vicino, alzo gli occhi e inizio a correre.
Un nido di vespe ci sta cadendo contro.
“Bella trovata ragazza in fiamme”



So che questo capitolo è un più corto di quanto vi avevo abituato, ma cerco di rispettare la scansione del libro in modo che possiate sempre confrontare la mia storia con quella originale.
Detto questo, ieri pomeriggio, ho visto Catching Fire, e vi assicuro che è qualcosa di meraviglioso (giuro ho pianto guadagnando una montagna di insulti e capita molto di rado) e quindi non spoilererò niente a nessuno visto che è uscito ancora da poco, ma andatelo a vedere perché vale la pena.
Ho voluto osare un po' in questo capitolo, buttando dentro qualcosa di nuovo, qualcosa di completamente inventato dal sottoscritto, ma spero che il risultato sia di vostro gradimento. Ho già quasi pronto il prossimo capitolo quindi vi farò attendere poco questa volta (evviva il tempo libero yee)
Ringrazio tutti coloro che mi hanno fatto sapere la loro opinione recensendo la mia storia e mettendola tra le preferite/seguite e invito tutti voi, miei cari lettori, a farmi sapere quello che pensate che per me è molto importante.
Ci sentiamo a breve :)
-samubura-

(p.s. scusate se mi sono dilungato ahaha mi andava di annoiarvi con la mia vita fare due chiacchiere)

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


-Al lago, al lago! – urlo per avvisare il resto del gruppo, potrei lasciarli lì, ma preferisco essere certo che si allontanino da Katniss.
Quando il nido esplode a terra lo sciame infuriato inizia a inseguirci, Cato e Clove sono stati i primi a reagire, Marvel ha perso tempo cercando di prendere la lancia in preda all’agitazione, mentre Glimmer e la ragazza del distretto 4 rimangono indietro. Non c’è tempo per preoccuparsi di niente: riconosco l’ibrido di Capitol City, sono aghi inseguitori.
Durante la ribellione la capitale riuscì a prevalere anche utilizzando la sua grande tecnologia in campo biologico. La manipolazione del DNA permise agli scienziati di creare animali che potevano essere usati come armi distruttive. Queste vespe killer sono facilmente riconoscibili dal colore dorato del corpo e la dimensione molto maggiore del normale. I nidi vicino ai distretti ovviamente sono rimasti dov’erano e ancora succede spesso che qualcuno venga punto.
Una puntura di ago inseguitore non è letale, alcuni resistono anche a parecchie, ma attorno al pungiglione si crea un bubbone violaceo pieno di pus e il veleno crea fortissime allucinazioni. Molte persone sono impazzite.
Si chiamano inseguitori perché, come dice la parola, inseguono chi li ha disturbati anche allontanandosi molto dal nido, so che verrò punto, non posso sperare di uscirne illeso, ma devo portarmi al più presto vicino all’acqua e gettarmi sperando che non continuino a seguirci troppo a lungo.
Senza zaino, senza lancia con me ho solo il mio coltello allacciato alla cintura come sempre. Corro tra i rami che mi si rompono addosso, proteggendomi il volto con le braccia. Le erbacce del sottobosco mi trattengono i piedi rendendo più difficile la mia fuga. Quando sento la prima puntura dietro l’orecchio è un dolore atroce. Perdo l’equilibrio e rotolo per un paio di metri tra le foglie secche, sento il sapore della terra in bocca. La testa inizia già a farmi male quando un’altra vespa mi raggiunge pungendomi al torace, devo rialzarmi, o sarò un bersaglio troppo facile, non so quante punture posso sopportare.
Mi rimetto in piedi barcollando, non so se la direzione che scelgo sia quella giusta ma spero tanto di sì, poi sento le urla di Cato e Clove e immagino che io stia prendendo la giusta strada, sono stato il primo a reagire, quindi quello più avvantaggiato. Sento grida di donna alle mie spalle, spero con tutto me stesso che non siano di Katniss, che la trappola non le si sia rivoltata contro.
Vedo il lago, in lontananza, e sembra che non riesca a raggiungerlo mai, altre due vespe mi pungono, non riesco neanche a sentire dove, mi fa male tutta la parte superiore del corpo, ma riesco ancora a fare qualche passo incerto, una vespa mi punge sopra la caviglia e svengo faccia avanti nell’acqua.
Mi risveglio appena l’aria inizia a mancare. L’acqua dà sollievo alle punture, ma il veleno allucinogeno è in circolo, Cato, Clove e Marvel vicino a me sono deformati e sembrano qualche esperimento chirurgico mal riuscito di Capitol City.
Devo muovermi, prima che il veleno faccia effetto completamente e sarò costretto qua steso sul lago, passa qualche minuto, ma della ragazza del distretto 4 e di Glimmer non c’è traccia da nessuna parte.
-È inutile cercarle – dice Cato con quella che non è la sua voce, sembra molto più profonda e rauca, distorta dalle allucinazioni che prendono tutti i miei sensi. Convengo con lui, ma appena provo a muovere la testa mi fa malissimo. Restiamo immersi nell’acqua finché non siamo tranquilli che la minaccia sia sventata.
-Torno indietro a riprendere le armi – dico io – l’arco potrebbe farci comodo – Cato ha ancora la sua spada, cerco di tenere un tono tranquillo anche se sto impazzendo, e se Katniss giacesse ai piedi dell’albero, stordita dagli aghi inseguitori e poi caduta dall’alto dei rami? Il cannone non ha sparato e mi tranquillizzo.
Strappo la lancia dalle mani di Marvel, steso a terra svenuto, aiuto gli altri a spingerlo fino all’acqua per cercare di svegliarlo, la lancia mi permette di reggermi meglio in piedi, ma non riuscirei a colpire neanche un bue a un palmo dal mio naso.
Inizio a muovermi tra le foglie che sembrano appiccicose, alzare gli scarponi da terra diventa più faticoso ogni passo che faccio, spero che il fatto che sono abbastanza robusto mi preservi dalle forti allucinazioni, ma soprattutto spero che Cato sia messo peggio di me, se devo fuggire questa è la giusta occasione. Clove e i suoi coltelli dovrebbero essere completamente fuori uso, ma il gigante con la spada può comunque farmi molto male.
Non ho tempo per pensare a questo, l’unica idea fissa è trovare Katniss, sapere se sta bene. Vorrei mettermi a urlare il suo nome aspettando una risposta. Il cannone suona interrompendo i miei pensieri.
Il rumore assordante quasi mi fa cadere a terra, sento il cannone che ripete il suo eco nelle mie orecchie almeno un milione di volte. Katniss. Katniss dove sei? È morta, sì è morta ed è colpa mia. E io sono il prossimo.
-Non troppo in fretta ragazzo innamorato! – grida Cato alle mie spalle, mi volto e tutto il mondo ruota insieme alla mia testa. Arranca dietro di me, ma non sembra voglia inseguirmi, o forse semplicemente non ce la fa.
-Dobbiamo fare presto o l’hovercraft porterà via il corpo di Glimmer – gli rispondo, ma le mie intenzioni sono tutt’altre e prego che lui non le abbia capite.
Vado a sbattere contro un albero, gattono per un po’ mentre cerco di rialzarmi, la testa fa male e ogni minimo movimento mi provoca una fitta lancinante alle tempie. Tra i cespugli gli occhi della ragazza del distretto 6 mi fissano con il loro gelido sguardo di morte.
Il cannone spara di nuovo? O me lo immagino soltanto? Allora forse Katniss è viva e ha ucciso la ragazza del distretto 4 con l’arco che è riuscita a recuperare! Inizio nuovamente a sperare, se è così posso uccidere Cato e fuggire, rimarrebbero solamente Clove e il ragazzo del distretto 3. Se Katniss mi lascerà in vita potrei sperare ancora di farle vincere questi giochi. L’hovercraft appare dal nulla e vedo che è proprio il corpo della nostra alleata a essere sollevato tra le fauci metalliche. Quando toccherà a me? Per mano di chi?
Mi sembra di avvicinarmi alla radura dove eravamo accampati, il ronzio mi entra nelle orecchie e mi fanno male gli occhi che devo strizzare forte prima di riuscire a riaprirli per constatare che non c’è nessun ago inseguitore rimasto. Chissà dove sono finiti. Sento come le zampe di mille insetti sulla schiena, provo a scacciarli, ma non ci sono realmente. Alzo la lancia pronto a colpire la figura accovacciata di spalle sopra a quello che sembra il corpo di Glimmer. Poi vedo la treccia inconfondibile di Katniss, anche se parte dei capelli è bruciata. Si volta a guardarmi e ho uno scorcio del cadavere della affascinante ragazza del distretto 1. Il viso dai lineamenti perfetti ora è un’esplosione di bubboni da cui esce un liquido verde puzzolente. Mi sale un rigurgito acido.
-Cosa ci fai ancora qui? – riesco a trovare la forza di sussurrare. O almeno spero sia un sussurro, non riesco a regolare la mia voce come vorrei – Sei pazza? – dico ancora perché non ricevo risposta.
Inizio a spingerla via con il manico della lancia come facevo con i maiali del forno per spingerli dentro il recinto –Alzati! Alzati! – finalmente reagisce e si mette in piedi allora la spingo via, i passi di Cato alle mie spalle sembrano avvicinarsi, forse si sta riprendendo, non si farà problemi a ucciderci entrambi – Corri! Corri! – urlo, tanto è troppo tardi per far finta di niente. Mi giro in tempo per vedere il ragazzo del distretto 2 che fa il suo ingresso da un cespuglio. Bagnato, brilla sotto i raggi del sole, ha una puntura proprio sotto l’occhio che non riesce ad aprire completamente. Con quel poco di lucidità che mi resta provo a pensare come potrebbe giocare a mio favore.
-Ah è così allora, Ragazzo Innamorato? – sputa le parole con forza. Sa che non può inseguire Katniss nel suo stato, ma io sono alla sua portata e non sono in condizione di fuggire. Non rispondo, ma tengo la lancia in posizione difensiva con entrambe le mani. Sono pronto a lottare contro il re delle spade.
-Sei sempre stato con lei? È tutto vero! – sembra sorpreso e si mette a ridere come un pazzo. Io intanto penso, il fuoco del nostro accampamento è ridotto a un mucchio di carboni fumanti. Se c’è fumo, sotto è ancora acceso. Nella mia mente inizia a formularsi un piano, sono contento che Cato perda tempo con il suo stupido discorsetto, ma ho paura che Clove lo raggiunga prima di riuscire a metterlo in atto. Ma lei è rimasta a curare le punture di Marvel.
-E pensi anche che ti ami scommetto. Oh ma a te non importa giusto, sei qua per sacrificarti, non ti importa niente di te stesso, dell’onore della tua vita, sei solo un rammollito del distretto 12, non puoi capire questo genere di cose – sputa in terra con disprezzo – ci allenano per tutta la vita per questo momento.
-Non mi lascerò vincere facilmente. Devo proteggerla.
Cato ride di nuovo. Siamo troppo diversi, non capirebbe mai le mie ragioni, nessuno potrebbe capirle. Il nostro scontro farà impazzire la capitale, tutte le telecamere sono puntate verso di noi.
È stufo di attendere. Stringe la spada con entrambe le mani, e mi corre addosso. Qua non importa il colpo preciso, potrebbe massacrare il mio corpo fino alla morte, non sarebbe in grado di centrarmi il cuore o mozzarmi la testa come faceva coi manichini del centro di addestramento. Vedo la radura con il mio corpo maciullato steso accanto a quello deforme di Glimmer.
I miei riflessi sono troppo lenti, mi scanso evitando il colpo mortale, ma la lama d’acciaio si conficca nella mia gamba.
Urlo dal dolore, non guardo la ferita perché andrei nel panico e invece devo stare attento. Il veleno di ago inseguitore mi fa da anestetico portandomi lontano dalla realtà.
Cato perde l’equilibrio e cade rovinosamente a terra, fa una capriola e va a sbattere contro un albero con tutta la foga del colpo. Mi ricorda Haymitch il giorno della mietitura. Il mio cervello trova il tempo di fare persino dell’umorismo.
Non avrei tempo di fuggire, ma quello che basta per stendermi accanto al corpo di Glimmer. Faccia a terra cercando di imitare la sua posa rigida di morte. Con il volto deformato spero che lui non riesca a distinguermi e mi scambi per una allucinazione. Taglio i capelli della ragazza, che sarebbero troppo riconoscibili, con il coltello e me li appoggio sulla schiena appena in tempo.
Cato si rialza e si guarda attorno spaesato.
-Dove sei! – urla – Torna qua codardo! – ha funzionato, ma non durerà a lungo. Infatti si avvicina all’albero sotto il quale mi trovo. Quando si china per guardare da vicino il cadavere di Glimmer scambiandolo per me mi alzo in piedi.
O almeno ci provo, non avevo calcolato la ferita alla gamba, che mi fa ripiombare a terra con il petto sui carboni ardenti, sento il calore sulla pelle, ma non posso rialzarmi, affondo la punta della lancia nel suo polpaccio.
Non è abituato a farsi ferire, può sopportare qualche graffio, ma lui ha sempre sovrastato tutti e il colpo lo fa cadere a terra dal dolore, mi accorgo che ho trapassato la carne da parte a parte e  quando cerca di sfilare l’asta metallica, grugnisce di dolore. Il sangue spruzza via ma ho avuto il tempo di rialzarmi appoggiandomi al tronco dell’albero. La camicia non ha preso fuoco, ma sono sicuro di essermi bruciato la pelle, riconosco la sensazione familiare di quando lavoravo al forno. Non ho possibilità di tentare un corpo a corpo ravvicinato, e la mia occasione è andata. Cato non riesce a rialzarsi e arranca cercando di far leva sulla spada troppo corta per fargli da bastone. È solo a qualche metro da me, prendo una manciata di tizzoni dal fuoco, le mani abituate al caldo sono quasi insensibili, e li tiro verso la faccia del mio avversario.
Quando lo centrano si sollevano alcune scintille e Cato urla come un pazzo. Spero di avergli preso l’occhio in modo che non riesca a seguirmi, e ora devo fuggire.
-Bastardo! Non ci vedo niente! – quasi mi sfugge un sorriso compiaciuto, ma il dolore della gamba mi ricorda che non c’è niente da ridere. Cato riuscirà a curarsi con le medicine della Cornucopia o gli sponsor mentre io sono abbandonato a me stesso. Prendo un bastone a cui appoggiarmi  e inizio a camminare lasciandomi alle spalle il lago, Clove e l’invitante campo minato. Persino il ragazzo del 3 potrebbe uccidermi se tentassi di recuperare qualcosa.
Le allucinazioni iniziano a essere più forti, teoricamente se Cato ha avuto più punture di me, pur essendo più robusto dovrebbe essere almeno nelle mie stesse condizioni ora, e in più mezzo accecato e zoppo quanto il sottoscritto. Continuo a rimandare il mio incontro con la ferita, prima devo mettere più distanza tra me e i favoriti. Se prima il loro obiettivo era Katniss, adesso mi cercheranno ovunque per vendicarsi. Quindi ho un’unica soluzione.
Nascondermi, e penso di saperlo fare abbastanza bene.
Mi torna in mente una vecchia edizione degli Hunger Games, la vincitrice si era nascosta per tutta la durata dei giochi finché non erano morti tutti gli altri. Non proprio emozionante, ma efficace, io però sono ferito gravemente e non so quanto potrò durare in questo stato. Le allucinazioni mi fanno barcollare nel bosco, i sassi prendono le sembianze di pagnotte, ma ho il buon senso di non addentarne una.
La sensazione degli insetti dietro la schiena ricomincia, poi inizio a vedere delle macchie bianche di luce che si espandono e si restringono. Togliendomi la visuale sul bosco.
Il paesaggio comunque sta cambiando, segno che mi sto allontanando e anche parecchio. Non sono mai stato in questa zona dell’arena il che è sia un bene che un male, ho paura di incontrare qualche tributo nascosto da queste parti, per esempio Tresh che i favoriti hanno cercato di evitare per tutto questo tempo, o anche chiunque degli altri. Anche Rue, la minuscola ragazzina del distretto 11 potrebbe uccidermi facendomi lo sgambetto.
Faccio di tutto per non appoggiare la gamba ferita a terra, sento la sensazione appiccicosa del sangue tra la carne e la stoffa dei pantaloni. Cerco di ricordarmi se nel punto in cui Cato mi ha colpito si trova una delle vene o arterie principali, ma poi mi consolo che sarei già morto dissanguato da un pezzo, comunque sia mi sfilo la cintura e la stringo più che posso sopra alla ferita in modo da tener chiusa la ferita e bloccare la perdita di sangue, magari serve a qualcosa, lì per lì fa un male cane, poi via via passa. Evito di guardare direttamente dentro alla mia carne dilaniata.
Mi sorprendo di quanto sto avanzando velocemente, spero non sia soltanto un effetto della concezione dello spazio dilatata dalle punture di aghi inseguitori. Dovrei provare a curare quelle, ma è Katniss quella brava con le erbe curative, per me le piante sembrano tutte uguali e potrei fare solo peggio quindi preferisco non rischiare.
Non so come trattare le mie ferite, giusto l’ustione sul petto, ma penso mi occuperò di tutto domani, per ora voglio solo allontanarmi e trovare un posto vicino all’acqua dove posso nascondermi.
Ma tutti i miei buoni propositi vanno in fumo quando capisco che il mio fisico non riuscirà ad andare avanti per molto. Cerco un rifugio provvisorio, un grosso cespuglio frondoso fa al caso mio. Mi infilo dentro e mi scavo una buca nella terra dove infilarmi per mimetizzarmi un minimo. Mi sporco la faccia con il terriccio umido e scuro, dà anche sollievo alle punture e spero che allievi il dolore. Con gli ultimi barlumi intreccio un po’ di foglie tra i capelli. Ovviamente non ho idea di come il mio camuffamento sia venuto, ma non posso far altro che sperare.
Perdo i sensi e quasi ringrazio le vespe killer per non costringermi a occupare della ferita.
Ora non c’è più niente a contenere le allucinazione, i sogni si mescolano in uno spettacolo mostruoso. Ci sono io, nascosto nel mio cespuglio che vengo divorato da un esercito di lombrichi viscidi e verdi come il pus dei bubboni di Glimmer. Ma non c’è Glimmer stesa accanto a me durante il duello con Cato, c’è Katniss che implora pietà mentre Cato la trafigge con la spada.
Tutto diventa buio. E sono nel distretto 12.
Fuori dalla panetteria nel cortile sul retro, è una bella giornata di sole, mio padre è dentro e sento il profumo del pane che mi fa sentire a casa. E so che tra poco arriverà Katniss, stiamo insieme adesso, dopo che gli Hunger Games sono finiti per sempre. Possiamo vivere felici, lei appare da dietro il piccolo melo e mi saluta con la mano. È bella come la sera dell’intervista, anzi di più. Sfolgora in uno di quei sorrisi che non mi ha mai rivolto.
Si avvicina e mi bacia, ma l’unica cosa che sento è il coltello nel mio stomaco, mi afferra il viso con la mano sporca del mio sangue – Guarda, se vuoi passare le ultime della tua vita a progettare qualche genere di nobile morte nell’arena, accomodati. Io, la mia vita, la voglio passare nel distretto 12 – sibila.
Mi sveglio che il sole non è ancora sorto. Quanto ho dormito? Non so dirlo, ma sono vivo. Malconcio, ma vivo. Mi tasto la pancia nel punto in cui Katniss mi ha pugnalato nella finzione del mio sogno.
“Bravo eroe, hai combattuto per salvarla, e ora che ne hai in tasca?”
Niente. Assolutamente niente, potrei morire da un momento all’altro senza che lei provi neanche un briciolo di dolore. Magari le scenderà una lacrima per le lacrime di Capitol City, ma niente di più. Gli sponsor spenderanno cifre esorbitanti per consolare la sfortunata vedova del distretto 12.
Almeno ho dimostrato quello che volevo. Ho salvato Katniss, se anche lei potrebbe non essersene accorta a causa delle allucinazioni, spero che tutti quelli che mi avevano dato del traditore ora vedano chi sono veramente. Almeno ho la coscienza a posto, che niente non è. Sfido chiunque qua dentro a sentirsi bene con se stesso quanto me adesso.
Ma non si sopravvive di ideali, mi serve un rifugio e alla svelta.
Quando provo ad alzarmi in piedi sento che la testa mi fa ancora male, ma il grosso delle allucinazioni sono passate, sento una fitta terribile alla gamba. Che quasi mi fa cadere a terra. Mantengo il mio travestimento abbozzato perché non si sa mai e continuo a muovermi con le spalle al luogo dello scontro. Se i favoriti sono messi peggio di me, questo mi dà un buon vantaggio su di loro, saranno svenuti come me, poi Cato deve curare la ferita alla gamba e gli occhi, ma guarirà in fretta.
Posso nascondermi, ma se non faccio niente per la ferita dove penso di andare? Morirò nel giro di qualche giorno, ma non ho la forza neanche di muovermi, non posso farcela da solo. Posso sperare in Haymitch, ma non penso che mi aiuterà, sono stato io a chiedergli di non farlo. Magari avrà pietà di me. Ma gli Hunger Games non sono famosi per la pietà.
So quale potrebbe essere la mia unica possibilità di salvezza, ma scaccio via il pensiero alla svelta. Posso resistere anche da solo, lei non verrà ad aiutarmi e quando sentirò il cannone sparare e saremo rimasti in pochi, forse mi arrischierò a uscire allo scoperto.
Non è codardia, è rendersi conto delle proprie possibilità.
Lentamente zoppico appoggiato a un bastone cercando di non fermarmi troppo spesso, ogni volta che mi siedo su un masso per riposare sento che potrei accasciarmi al suolo e aspettare la morte lì. Ma c’è una forza più grande di me che mi spinge a rialzarmi. È l’istinto, l’animale ferito che non vuole farsi prendere, la speranza che è sempre l’ultima a morire.
Sento il rumore di acqua corrente, se scorre è pulita e fa esattamente al caso mio. Mi muovo in quella direzione, fatta una cinquantina di passi vedo che il ruscello scorre in un campo semi-aperto di lastroni rocciosi e grossi massi. Non sembra il posto adatto a nascondersi, per questo farà al caso mio. Vedo con piacere che sulle rocce vicino all’acqua ci sono dei morbidi tappeti di muschio.
Ho paura ad avventurarmi allo scoperto, sarebbe rischioso e devo essere sicuro che nessuno possa vedermi mentre mi nascondo, altrimenti sarei finito. Per il tramonto devo essere nascosto, e vedo dal sole alto nel cielo che sarà circa mezzogiorno. Però stranamente non sento fame, non penso che sia un bene, ma comunque non avrei le forze di cacciare né le conoscenze per raccogliere qualche erba, concentro tutte le mie forze in quello che potrebbe salvarmi la vita.
Con il coltello che fortunatamente mi è rimasto, taglio un pezzo di corteccia dalla base di un albero e poi maschero la mia traccia come se fosse il segno di un animale passato di lì, è già parecchio che osservo la zona e non mi pare ci sia nessuno. Quindi esco sulla spianata.
La gamba mi fa così male che sono costretto a trascinarla quasi saltellando su quella sana che è schiacciata dal dover sopportare così a lungo il peso del mio corpo da sola.
Ho già scelto un anfratto tra le rocce in cui posso nascondermi per bene, ma per raggiungerlo sono costretto a fermarmi più di una volta e lascio macchie di sangue in giro, provo a cancellarle, ma appena accenno a chinare la testa la sento così pesante che potrei non riuscire a risollevarmi.
Strappo il muschio facendo attenzione a lasciarlo integro, da una grossa pietra e lo trascino piano fino a quello che da oggi in poi sarà il mio riparo. Da oggi a quanto?
Ogni movimento è lentissimo, ma anche se penso che qualcuno potrebbe arrivare e uccidermi all’istante non riesco a sentirmi preoccupato, tanto sono un morto che cammina nel mio stato, anzi che zoppica. Mi chiedo come faccia a fare ancora ironia, per un momento ho il dubbio che stia impazzendo, ma poco importa. Magari sono addirittura già morto e questo è solo uno scherzo della mia mente, magari sono ancora steso nel letto di casa mia e questo è solo un sogno.
Sento che la testa si fa pesante e inizia a pulsare così forte che penso esploderà tra poco. “Posso concedermi un riposino… solo cinque minuti” come sussurravo a mia madre dopo che aveva sbattuto sulla porta per svegliarmi.
E perdo nuovamente i sensi.


Scusate l'attesa, ma anche se il capitolo era pronto non ho avuto neanche un secondo per caricarlo.
Questo capitolo per me è importantissimo, e per questo ci terrei particolarmente a un vostro giudizio, mentre l'ho scritto mi ha emozionato e coinvolto e vorrei sapere se sono riuscito ad avere lo stesso effetto anche su di voi. E poi, vi piace la mia versione dei fatti?
Sono curioso di sentire le vostre opinioni, buona domenica!
-samubura-

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15-16 ***


Salve a tutti, questa volta vi scrivo all'inizio del capitolo per spiegarvi cosa significa che questo è il capitolo 15-16 (come forse i più attenti avranno notato)
Ho pensato che potesse essere tanto noioso per me scrivere, che per voi leggere 4 capitoli in cui il ragazzo innamorato se ne sta steso a dormire  e tormentarsi con una serie di deliri
metafisici. Quindi ho raggruppato gli avvenimenti di questi due (e dei prossimi due) capitoli in uno solo per non essere costretto a pubblicare capitoli ancora più corti di quanto siano questi. Non so se sarete d'accordo con la mia idea, lo spero, ma non sapevo come fare altrimenti.
Vi auguro buona lettura e confido come sempre nelle vostre recensioni!
A presto :)
-samubura-


Per fortuna lo schiaffo dell’acqua gelida del torrente mi salva da un sonno che poteva essermi fatale.
“Non succederà più” prometto a me stesso “non può succedere”.
È ora di mettersi al lavoro, sul fondo del fiumiciattolo trovo della meravigliosa argilla, fresca e umida, me la spalmo su tutta la faccia, facendo attenzione a coprire bene anche le palpebre. Sento che dà sollievo sulle punture degli aghi inseguitori, quindi provvedo a spalmarne un po’ su tutti i bubboni delicatamente, perché appena li tocco sento come un brivido elettrico. Mi occupo anche della bruciatura sul petto che è quella che mi dà meno pensieri, ne ho viste di peggiori, e un po’ di acqua fredda aiuta moltissimo.
Slacciare la cintura attorno alla mia gamba si rivela un’operazione più complessa di quanto avrei sperato. Ha tenuto chiusa la ferita evitando di sporcarla e fermando il sangue, ma ho paura che non sia bastato. Quando lascio andare delicatamente la cinghia di cuoio vedo il taglio nella coscia che arriva in profondità, ma la sporcizia e il sangue mi impediscono di analizzare la gravità della situazione.
Con movimenti lenti e delicati mi avvicino all’acqua e lavo le mani sporche di fango, poi le metto a coppa e inizio a versare l’acqua freddissima sulla gamba. Non sento dolore, ma non oso toccarla, per adesso attendo che l’acqua scorrendo faccia il suo effetto.
Inizia a uscire il pus giallastro e penso sia un bene, ma sembra non finire mai, man mano che la sporcizia svanisce prendo coscienza che la cosa bianca che si vede in fondo alla ferita è l’osso, penso che potrei svenire. Alla fine del mio lavoro di pulizia quello che vedo è raccapricciante, e se non fosse parte del mio corpo penso che fuggirei il più lontano possibile per vomitare, ma respiro profondamente cercando di calmarmi. Il dolore si è risvegliato più forte di prima, ma sembra come se la gamba sia staccata dal resto del corpo, un’entità a sé, non penso sia un bene.
La corteccia che avevo staccato serve per coprire la ferita, la lavo con cura nell’acqua del torrente e quando penso sia abbastanza pulita la appoggio delicatamente sulla coscia martoriata. Coprire finalmente quell’oscenità fatta di sangue e  pus mi fa fare un sospiro di sollievo. Il sole si muove velocemente e devo assolutamente sbrigarmi. Metto la testa dalla parte del ruscello, in modo da poter bere allungando la mano e deviando l’acqua fino alla mia bocca. È strano come in realtà non senta né sete né fame “Preoccupazioni in meno” penso tra me e me. Magari l’abbondanza coi favoriti mi permetterà di resistere abbastanza a lungo.
Stendo la gamba sana fino quasi a incastrarla in una fessura tra due lastroni, poi sposto, aiutandomi con entrambe le braccia, quella ferita, facendo attenzione a non muovere la corteccia. Ora il muschio.
Ne ho preso un bel po’ perché me ne servirà, lo stendo prima sui piedi in modo da nascondere completamente gli scarponi, poi risalgo piano piano. Con un po’ di fango cerco di attaccare bene i vari tappeti tra loro in modo da ottenere un risultato realistico. Impiego parecchio tempo, ma quando ho coperto tutto il mio corpo fino al busto sono molto soddisfatto del risultato.
Procedere a coprire il resto del corpo è più complicato, lavoro più lentamente e non riesco ad avere una buona visuale del lavoro che sto facendo perché potrei comprometterlo muovendomi troppo. Strappo alcune delle alghe che crescono sul fondo del fiume e me le intreccio tra i capelli sporchi di terra e fango, ci sbriciolo sopra un po’ di muschio, il mio bel colore biondo splenderebbe come un faro di segnalazione e non posso permettermelo.
Quando ho finito mi sento esausto, resto a fissare il cielo che inizia a imbrunire. Lo scroscio dell’acqua tra i sassi mi fa compagnia, e non è abbastanza forte da coprire il resto dei rumori del bosco, sento i fischi di alcuni gufi, il vento tra le fronde, se qualcuno dovesse avvicinarsi ho il coltello stretto in mano non so bene se per uccidermi o attaccare, deciderò sul momento. Il suicidio negli Hunger Games non è molto di moda, potrei aver trovato anche io il modo di farmi ricordare come il pazzo che si è tolto la vita.
Meglio una morte per mano mia che per la ferocia dei Favoriti.
Chi è rimasto? Solamente Cato, Clove, Marvel e il ragazzo del distretto 3, non so se l’abbiano fatto già fuori nel periodo in cui sono stato privo di sensi non è da escludere che il cannone abbia suonato senza svegliarmi. Quindi anche lei potrebbe essere morta, e io potrei non saperlo mai, il riepilogo dei morti è giornaliero, se te ne perdi uno resti all’oscuro di tutto.
Ma se sono fortunato i Favoriti sono ancora sotto l’effetto degli aghi inseguitori, troppo deboli per avventurarsi ancora nel bosco, meno di prima, non così invincibili. Poi restano Tresh, il gigante del distretto 11, e la sua compagna di distretto Rue. Deve aver adottato la mia tattica: fuggire e nascondersi.
Degli altri non ricordo e pensare mi fa ancora male. Ho la mente annebbiata da quella che probabilmente è febbre a causa dell’infezione. Potrei anche scivolare nel sonno e non svegliarmi più. Sarebbe una morte dolce per un tributo. Meglio di quanto potrei sperare.
Tengo gli occhi chiusi per essere praticamente invisibile, o così spero, so che mi cercheranno, non subito, prima penso si occuperanno di Katniss, poi verranno da me, oppure mi lasceranno morire da solo, certi che non ci sarà nessun altro disposto ad aiutarmi nell’arena. Chissà, magari saranno talmente impegnati che mi riserveranno questa pietà tutta speciale.
Provo a riposarmi per qualche ora, nella mia condizione è la migliore arma che posso usare, nessuno dovrebbe riuscire a trovarmi se resto fermo e con gli occhi chiusi, quindi perché non concedermi un po’ di riposo, spero che l’inno mi svegli in modo da sapere se è successo qualcosa oggi, ma non credo, penso che gli Strateghi siano in crisi, gli aghi inseguitori sono stati interessanti, ben due morti e poi lo scontro tra me e Cato, ma adesso siamo tutti di nuovo sparpagliati, praticamente ognuno di noi sarà stato K.O. per un giorno o due, quindi ci deve essere qualcosa di particolarmente interessante che sta riempiendo gli schermi di Capitol City. Mi stupisco di quanto riesca a pensare lucidamente anche se mi sento malissimo.
L’inno di Panem risuona forte nelle mie orecchie e apro gli occhi, cercando di resistere alla tentazione inconscia di tirarmi su con il busto, restare immobile inizia ad avere i suoi effetti negativi, i muscoli si irrigidiscono, ma almeno non sento il dolore alla coscia. La ferita brucia, ma non doverci  appoggiare il peso sopra e  non doverla muovere dà un gran sollievo, solo grazie all’effetto degli aghi inseguitori sono riuscito a superare il dolore fisco. Da un certo punto di vista devo ringraziare Katniss.
Nessun morto, non sapere se Katniss è viva o morta affida le mie probabilità di salvezza completamente al caso, non che se fosse sana e salva potrei essere tranquillo che verrebbe a cercarmi, ma sarebbe già qualcosa, l’idea di essermi sacrificato invano mi tortura, magari mi sarei potuto salvare e lei sarebbe morta comunque. Potrebbe non aver retto il veleno delle vespe, o essere impazzita.
Sono schiacciato dal peso della mia disperazione. Impotente, paralizzato dalla mia condizione di salute, senza possibilità di salvezza, senza possibilità di sapere nulla del mondo esterno se non dalle rare informazioni che gli strateghi ci faranno avere.
Nel sonno che mi sorprende nel corso dei miei pensieri appaiono le immagini di casa. I miei fratelli, mio padre e anche mia madre in quella vesta di commozione in cui non l’ho mai vista se non nel giorno della mietitura. Sono tutti vestiti coll’abito elegante e non ho bisogno di vedere dove stanno guardando perché so già che cosa sta succedendo. Le loro facce tristi, i miei compagni di scuola e un po’ tutti quelli del distretto che mi hanno incrociato per la strada, cerco di vedere se anche Katniss è tra la folla dei presenti al mio funerale ma non la trovo.
Capitol City verrà a prendermi, col suo hovercraft, prenderanno la mia salma, la laveranno, la renderanno decorosa, penso al corpo devastato di Glimmer e a cosa potrebbero fare per lei, poi mi metteranno in una bara e farò il mio ritorno a casa. Chiuso in una cassa di legno pregiato lucido che non avrei mai avuto restando nel distretto.
Mi risveglio a causa del suono cupo del cannone, sto dormendo di più e credo sia un bene, magari il riposo aiuterà la mia guarigione, ma non credo che ricucirà la mia gamba. Io non ne sarei certo in grado, ma se Haymitch mi mandasse anche un piccolo aiutino forse potrei provare. Rimpiango la mia fuga disperata, forse avrei dovuto fermarmi a prendere uno zaino, ma poi sarei riuscito ugualmente a salvarmi? Non lo so, e pensarci non risolverà la situazione, resto con le orecchie tese per cercare di capire quello che succede nell’arena.
Chi è morto? Non lo saprò fino a stasera, ma ovviamente il mio primo pensiero va a Katniss, non che non la reputi in grado di difendersi da sola, anzi, ha resistito per moltissimo tempo dando prova della sua abilità e adesso ha anche arco e frecce, ma ho paura lo stesso. Se lei muore, ho fallito e non posso permettermi che accada. E se non è morta, chissà cosa starà facendo.
Lei conoscerà certamente le giuste erbe medicinali per curare le punture di ago inseguitore e questo potrebbe averla fatta riprendere in fretta, magari si è di nuovo allontanata abbastanza dai favoriti. Ma adesso che ha un arco le basta un albero abbastanza alto per vincere gli Hunger Games, provviste, arco e frecce. Ha già vinto. Sì è così, lei vincerà, lei non può essere morta.
Se è al riparo nel bosco, non mi importa che venga a salvarmi. In questa situazione sarei solo un peso. Non riesco a muovermi, sono ferito gravemente e sento che mi sta salendo la febbre, le articolazioni fanno male e le vene della testa pulsano con forza, il battito del cuore mi rimbomba nelle orecchie.
Il tempo passa lentamente  e io non posso fare assolutamente niente. Ogni tanto apro un occhio per controllare l’arco descritto dal sole nel cielo. Continuo a svenire e a rinvenire, prendo sonno e non faccio nulla per restare sveglio perché so che non cambierebbe assolutamente niente. Si fa prima mattina, poi pomeriggio e poi inizia ad avvicinarsi il tramonto. L’unica cosa che accompagna la mia agonia è il canto della natura, l’acqua del ruscello, il canto degli uccelli che penso siano ghiandaie imitatrici, come quella sulla spilla di Katniss, il vento tra le foglie.
L’arena è un posto meraviglioso e  adesso che mi avvicino alla mia dipartita mi rendo conto di quello che ho avuto intorno per questi giorni. Per un ragazzo che non ha messo mai piede fuori dal distretto coperto di polvere di carbone tutti questi colori diversi, gli animali, il paesaggio mutevole sono un’esperienza incredibile. Quasi un ultimo piccolo regalo degli Strateghi. Se non fosse per tutto il sangue innocente versato questo posto potrebbe anche essere bello. Invece siamo costretti a ucciderci. Ma da chi? Chi ci obbliga a massacrarci? A uccidere un ragazzo come noi, con una famiglia che lo aspetta a casa.
E se tutti smettessimo di farlo? Cosa accadrebbe, gli Strateghi potrebbero anche provare a ucciderci tutti dal primo all’ultimo con le loro trappole. Possono farlo, e l’hanno fatto, ma solo per ricordare il loro potere agli altri tributi, loro vogliono gli scontri. E se non li volessimo noi nessuno potrebbe dare lo spettacolo di cui hanno tanto bisogno per divertire i loro cittadini. Distogliere gli abitanti di Panem da un’altra rivolta.
Ma se hanno vinto così facilmente l’ultima perché Capitol City ha così paura dei distretti? Ci deve essere un motivo che tutti tacciono per paura. La gente sa del potere che ha, ma ci sono gli Hunger Games a renderci così impotenti. L’arma più potente della capitale, molto più efficace che i loro squadroni di pacificatori e forse persino delle bombe incendiarie dei loro hovercraft.
E io, che mi credevo diverso, ho fatto come tutti gli altri.
Così gelosamente attaccato alla sopravvivenza di Katniss che poi è la mia. Lo so che ho fatto sempre finta di mascherare la cosa, ma se lei muore che rimane della mia vita? Un triste vuoto. Se anche sopravvivessi ai giochi non sarei in grado di rifarmi una vita. Finirei ad ubriacarmi con Haymitch nel Villaggio dei Vincitori, mantenuto a vita per aver fatto quello che volevano da me.
So che ci deve essere un modo per comunicare al mondo quello che penso. Ma io sono il figlio del fornaio, non il leader di una ribellione. Non ho il carisma necessario, magari le buone idee, ma non bastano. Le comunicazioni sono bloccate tra i distretti, non c’è modo per diffondere l’informazione. E sicuramente è troppo tardi, non potrei comunque farlo. Ci vuole un gesto, qualcosa di forte per far capire a tutti quello che penso, ma fin’ora non ne sono stato in grado.
L’istinto di sopravvivenza vince su tutto, siamo uomini, ma prima di ogni altra cosa siamo animali.
“Voglio vivere” penso. È l’unica legge nell’arena.
E mentre sto pensando, tutto viene interrotto all’improvviso dall’esplosione.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 17-18 ***


Non è un colpo di cannone, è molto più forte e diverso.
Non ho bisogno di starci a riflettere troppo su, sono le mine di Cato. Ora le opzioni sono due: il ragazzo del distretto 3 potrebbe non aver calcolato attentamente il raggio di esplosione di una singola mina e, mentre qualcuno provava a rubare il cibo dei favoriti ha fatto esplodere tutto. Il suono del cannone potrebbe essere stato coperto dal rumore dell’esplosione.
 Oppure qualcuno ha capito la trappola e l’ha usata per distruggere le provviste.
In ogni caso questo va a vantaggio di tutti. Cosa possono fare i favoriti, ora che hanno perso la loro supremazia?
Katniss è una cacciatrice, avrà intuito che c’era una trappola, escludo subito la possibilità che sia morta. Ma il rombo del cannone mi fa ricredere. Magari è riuscita a far esplodere tutto, ma poi è stata uccisa dai favoriti senza avere il tempo di mettersi al riparo. Sprofondo nell’incertezza. Fino a questa sera non saprò nulla e la cosa mi uccide. Non so in quanti siamo rimasti, non so chi è rimasto, non so nulla e sono bloccato qui fino alla fine del mio tempo.
Lentamente scende la notte e mi sforzo di restare sveglio e non perdermi l’inno. Il primo ad apparire nel cielo è il ragazzo del distretto 3. La rabbia di Cato deve essersi rivolta verso di lui, rimangono solamente il gigante del 2, Clove e Marvel, non sono molti e sono senza cibo. Anche il ragazzo del 10, poi con grande sollievo la comunicazione degli strateghi si interrompe, Katniss è ancora viva. Può ancora vincere.
Non penso che la morte del ragazzo del distretto 10 sia ad opera dei favoriti. Mi viene subito da pensare a Tresh, nascosto chissà dove, una minaccia silenziosa. Avrebbe potuto uccidere tutti i favoriti senza troppi problemi nello stato in cui erano dopo le punture di vespe, ma probabilmente è molto lontano. Non capisco perché gli Strateghi non facciano qualcosa per trascinarlo nell’azione, sarebbe una gran botta di vita per lo spettacolo. Tutti non aspettano altro che un duello tra lui e Cato.
Allora è morto solamente un tributo dopo l’esplosione. Ciò conferma la mia seconda ipotesi, qualcuno ha scoperto la trappola e ha fatto saltare tutto in aria. Spero sia stata Katniss, sarebbe un grande smacco per i favoriti e non riesco a fare a meno di fare il tifo per lei.
La distruzione delle provviste dei favoriti dà ai giochi una nuova prospettiva. Adesso saranno in crisi, senza la certezza del loro incredibile bottino che li ha posti un gradino sopra tutti. Sono in gara anche loro, come tutti noi, per la sopravvivenza.
Il respiro gelido della notte mi investe, anche se coperto dal muschio e con la giacca ben allacciata sento freddo, le temperature si stanno abbassando perché gli strateghi vogliono metterci in difficoltà. Non so come sono messi gli altri tributi, ma con me ci stanno riuscendo. Ma non li farò felici, non uscirò dal mio nascondiglio. Dove potrei andare? Magari prima avevo la possibilità di tentare un furto alla cornucopia, ma adesso non mi rimane niente da fare nell’arena se non morire.
Cosa mi vincerà? L’infezione, il freddo, la sete, la fame, tutte alternative valide. La gamba non mi risponde più, non sento dolore, né bruciore, niente di niente. Non so quanti giorni sono che non mangio, ma lo stomaco non ne risente, starò consumando tutte le mie riserve lentamente, tutto sommato non mi muovo, e per la maggior parte del tempo dormo, quindi non ho bisogno di molta energia.
Non aver sete mi preoccupa, bere è la cosa più importante, quindi allungo la mano a prendere un po’ d’acqua dal fiume e costringermi a farlo.
È fredda, glaciale, le dita si intorpidiscono al contatto. Un formicolio mi attraversa il braccio e raggiunge il resto del corpo con un brivido. L’acqua scorre lungo il braccio e mi scende  dentro la manica della giacca, cerco di cambiare posizione per impedire che accada ottenendo scarsi risultati. Penso che se iniziasse a piovere annegherei senza poter far nulla per impedirlo.
Chissà perché gli strateghi non accelerano la mia morte, sperano forse in una vendetta di Cato, ma lui sarà convinto che io non sia sopravvissuto e non verrà a cercarmi. Ne sono quasi certo. Come me non può sapere quello che è successo nei giorni che hanno seguito l’attacco degli aghi inseguitori.
Ma poi mi ricordo che il ragazzo del distretto 3 non era con noi e, anche se magari è stato punto dallo sciame che ci ha seguito, potrebbe non aver perso i sensi come tutti noi.
Sa dove mi ha colpito, ma forse ha sbagliato, così come quella notte con la ragazza del distretto 8. Voleva lasciarla lì a morire e così farà con me. Non tornerà due volte sulla stessa preda: che gusto ci sarebbe ad uccidere un tributo già morto?
Perché è così. Sono già morto, l’unica possibilità che ho sono gli sponsor, e anche se non avessi chiesto ad Haymitch di indirizzare tutti i suoi preziosi doni alla ragazza in fiamme, non penso che nessuno scommetterebbe sul moribondo che sono ora.
L’acqua scende piano nella mia gola secca. Non mi rendo conto di avere tanta sete finché non sento il liquido fresco darmi nuova forza.  Mi costringo a prendere almeno un’altra sorsata anche se ogni movimento è difficile e mi costa una grandissima fatica. La mimetizzazione non è solo esterna, anche il mio corpo si sta pietrificando.
Il sonno questa notte tarda a farsi sentire. Mi rendo conto che è la prima volta che nell’arena guardo le stelle. “Stelle finte” penso tra me e me, ma comunque una bella imitazione. Così lontane e fredde nella luce bianc-azzurra. Così lontani e freddi come gli occhi di Katniss nella loro brillantezza grigio chiaro.
Avere quel piccolo calore che si era formato tra noi, senza che nessuno dei due se ne fosse neanche reso conto, adesso è l’unica cosa che desidero. Averla qui con me, non morire solo.
Già, morire solo. Incredibile la velocità con cui le mie priorità continuino a cambiare, prima volevo vivere, poi far vivere Katniss, poi morire in modo degno e adesso l’unica cosa di cui mi preoccupo è non morire da solo, qua al freddo dell’arena. Tutto a un tratto non è la morte che mi spaventa, la morte che sento così vicina, ma l’idea di morire senza lasciare una traccia di me.
La mia famiglia mi piangerà, magari anche qualche mio amico. Ma poi tutti torneranno alle loro vite, alle loro preoccupazioni, e sarò solo l’ennesimo tributo del distretto 12 morto negli Hunger Games. Tutti si dimenticheranno di me, resterò in un angolo del cuore di mia madre, di mio padre, dei miei fratelli, ma eviteranno il mio ricordo perché li farebbe stare troppo male. Andranno avanti perché è così che deve essere.
Katniss ha sua sorella, sua madre, che la amano veramente. Non sarebbero più le stesse dopo la sua morte, lei ha Gale, che comunque lei voglia metterla sicuramente prova qualcosa per lei – in altre circostanze questo pensiero avrebbe fatto più male – lei ha persone che soffrirebbero per lei ogni giorno, guardando verso i boschi si ricorderebbero della ragazza con la lunga treccia scura.
Sono triste è vero, ma non sento il bisogno di versare lacrime per commiserarmi. Non servirebbe a niente.
Alla fine il sonno sopraggiunge e non mi sveglio finché il sole non batte con insistenza sulle mie palpebre. La mattinata è già volata, una terribile emicrania mi dà il buon giorno.
“È una nuova grande, grande giornata!” penso imitando la voce di Effie. L’immagine della mia accompagnatrice che nasconde le proprie emozioni davanti allo schermo del nostro appartamento nel Centro di Addestramento, con una mano graziosamente appoggiata davanti alla bocca e forse anche qualche lacrima di commozione, mi balena in mente. Cara, carissima Effie. Anche lei impotente contro Haymitch e le sue decisioni che le appariranno certamente criptiche.
Non succede niente per tutto il giorno, non capisco, sono qua da giorni e non si è fatto vivo nessuno, neanche un animale. Forse neanche i predatori del bosco mi si avvicinano, non credo che il mio travestimento possa ingannarli, pur mascherando il mio odore credo che lo sentano ugualmente, ma dev’essere la mia ferita a tenerli lontani, così come fanno con una carogna.
Forse anche loro avvertono la presenza della morte, seduta accanto a me: mia unica compagna.
Il tempo passa, continuo ad oscillare da uno stato di coscienza a uno di torpore, non capisco il motivo, la testa mi fa male, e ho spesso le vertigini anche se sono stesso e immobile. Sembra che tutto il mondo stia vacillando attorno a me, ma mi sforzo di tenere gli occhi chiusi per nascondermi meglio.
Sto peggiorando ogni ora che passa. Per quanto si prolungherà la mia agonia, togliermi ogni sofferenza torna ad affacciarsi sulla mia mente e non sembra più così assurdo. Niente sembra impensabile. Potrei anche alzarmi, raggiungere Katniss, sì so che potrei farlo. E poi lasciarle vincere gli Hunger Games per farla tornare a casa. Sì, devo alzarmi, sto guarendo no? Non sento più dolore!
Anche le punture degli aghi inseguitori sembrano scomparse, posso farcela, basta liberarsi da questo stupido muschio che mi tiene intrappolato. Maledetto stupido travestimento, mi sta soffocando!
Inizio col liberare le braccia, quando mi rendo conto della follia che sto compiendo. Un briciolo di sanità tra i miei deliri per la febbre. “No! Pazzo!”  mi guardo attorno disperato per vedere se ci sia qualcuno al limitare del bosco. Fortunatamente no, rattoppo il manto muschioso che mi ricopriva, geniale! Ho rovinato anche l’ultima arma che avevo contro la morte. Mi troveranno, ne sono certo ormai. E mi faranno a pezzi come più preferiscono, gli Strateghi mi lasciano vivere in attesa del mio massacro. Se dovessero avvicinarsi tengo ancora in mano il coltello, stretto, pronto a uccidermi per togliere a tutti la soddisfazione di vedermi distrutto, potranno infierire sul mio cadavere ma non mi avranno vivo. Spero di averne il tempo.
Dovrò tenere sotto controllo la situazione, potrebbe succedere ancora di perdere il controllo di me stesso e non posso permettermi che accada. Ho paura di questa follia. Come potrei contrastarla?
Allungo il braccio verso il fiume, raccolgo con la mano un po’ di argilla e fango, l’acqua è ancora più fredda di quanto ricordavo. Con delicatezza appoggio l’intruglio terroso sulla mia fronte, sembra funzionare, magari abbasserà la mia temperatura. Sento che il sangue smette di pulsarmi così forte nelle tempie.
Il sole sta scendendo velocemente sulla linea dell’orizzonte. Il cielo assume tutte le sfumature del tramonto e un vento freddo mi gela le ossa iniziando a soffiare dal basso della valle. Non ho alcun riparo da quella direzione.
Potrei concedermi anche un po’ di riposo ora, aspettando l’inno di Panem, ma niente colpi di cannone neanche per oggi.
Neanche a dirlo, il cupo rintocco di morte echeggia nell’arena.
No, no, no.  Non può essere lei. Sto impazzendo, ogni colpo di mortaio mi strappa via un pezzetto di cuore.
Manca poco alla notte per fortuna, non dovrò aspettare troppo prima di scoprire quale tributo ha lasciato l’arena. È così egoistico sperare nella morte di chiunque al posto di quella di Katniss, ma non riesco a farne a meno. Lei è rimasta l’unica cosa a cui aggrapparmi per restare in vita. Lei muore, io muoio.
All’inizio sento gli uccelli che riprendono a cinguettare. Poi la melodia indistinta si trasforma, e diventa una sola canzone, che suona familiare alle mie orecchie. Ripetuta attraversa il bosco, le note leggermente alterate, ma chiara e limpida alle mie orecchie tornate bambine.
“Ghiandaie imitatrici” penso, è c’è solo una persona in questo luogo che conosce questa canzone. Una vecchia ninnananna che persino mia madre, quando io e i miei fratelli andavamo a letto ci cantava. La nostalgia di quei momenti mi assale, ma Katniss è viva.
Perché sta cantando? Per chi? Mi viene in mente solo la piccola Rue, così simile alla sua gracile sorellina. Povera piccola Rue. Non meritava tutto questo. Katniss, deve aver sorpreso il suo assassino troppo tardi.
È così ingiusto! Apprezzo che Katniss stia cantando per quella povera ragazzina innocente, lei che non capiva le mie parole sul tetto del Centro di Addestramento adesso sta dimostrando loro quello che io non ho saputo fare. Che non è un’altra pedina nelle loro mani.
Il cannone spara il colpo che segna la morte di Rue. Una lacrima scende anche a me perché anche se distante immagino la scena. Altri due tributi morti, siamo rimasti in pochi.
Il sole tramonta e l’inno di Panem annuncia che anche questa giornata si è conclusa. Appaiono nel cielo Marvel, l’ultimo favorito del distretto 1, che è stato ucciso probabilmente da Katniss, e Rue. Come immaginavo. E mi permetto finalmente di dormire.
La mattina mi sveglio a causa degli incubi, la febbre sta continuando a giocare brutti effetti sul mio cervello, i miei cari che muoiono o arrivano qui con le sembianze di Cato per uccidermi. Dove saranno i favoriti, rimasti solamente in due? E chi altro è con noi nell’arena? Non riesco a contare tutti quanti neanche sforzandomi, Katniss, me, Cato, Clove, Tresh solo 5 i nomi che mi vengono in mente, ma non possiamo essere così pochi.
E se invece così fosse, potrei sperare che gli altri si massacrino a vicenda e vincere. Quanto potrebbe volerci? Uno, due giorni, massimo tre perché gli Strateghi faranno di tutto per spingere i tributi più forti rimasti alla lotta, mi lasceranno in pace perché non sono più importante.
Nei momenti di calma mi inquadreranno per ricordare alle ragazzine di Panem il dramma del ragazzo innamorato costretto a nascondersi, se non avessi il localizzatore dubito che persino Capitol City riuscirebbe a trovarmi. Vivo perché servo a riempire i loro momenti di noia con la mia agonia. Altrimenti mi farebbero fuori in un attimo, ma questa edizione sta avendo molti momenti vuoti e qualunque diversivo è buono, persino lo spettacolo di un ragazzo devastato dalla febbre e dalla follia.
Ci sarà gente che scommette sui loro amici quanti giorni riuscirò a resistere ancora, qualcuno per lo meno sarà rattristato dalla mia morte per aver perso i suoi soldi.
Siamo questo: niente più che pupazzi tra le loro mani, giocano per qualche giorno all’anno e poi ci abbandonano e aspettano la carne fresca dai distretti per ricominciare. Nessuno di loro sente le mani sporche di sangue? Ovvio che no, siamo noi ad ammazzarci, loro ammirano solamente lo spettacolo della nostra brutalità. “Che incivili questi ragazzi dei distretti” penseranno, come se ci picchiassimo a morte nelle strade. Siamo gente tranquilla, gente normale e ci riduciamo a questo. Persone che sperano in un futuro migliore che non è concesso sperare.
Il giorno scorre veloce come l’acqua proprio dietro alla mia testa, nessun colpo di cannone, niente di niente.
La notte torna prima che io riesca ad accorgermene. Non mi aspetto niente di che dal resoconto di fine giornata di questa sera, pur passando tutto il giorno in uno stato di dormiveglia sono abbastanza sicuro che il rumore dei cannoni avrebbe destato la mia attenzione.
Quello che invece mi sorprende è lo squillo di trombe che segue il consueto inno di Panem. Sono rare le comunicazioni speciali all’interno dell’arena. Solitamente quando la tensione cala gli Strateghi invitano i tributi a un festino. Si tratta di un qualunque pretesto per radunarci nello stesso posto, solitamente il campo aperto della Cornucopia. Nelle scorse edizioni a volte allestivano dei veri e propri banchetti, altre volte attiravano i tributi per far trovare loro anche semplicemente una bottiglia d’acqua.
Ma questa volta la voce di Claudius Templesmith rimbomba nell’arena – Attenzione tributi! Facciamo i nostri complimenti a tutti e sei.
Sei. Finalmente so quanti siamo rimasti, pochi, veramente pochi. Manca un solo tributo al mio appello mentale, ma per il momento non mi importa c’è di meglio a cui pensare.
Non c’era assolutamente bisogno di richiamare la nostra concentrazione, sono già tutt’orecchie – Il regolamento che stabiliva un unico vincitore è stato… sospeso.
Che cosa?! L’unica regola degli Hunger Games è che uno solo esce vivo dall’Arena. E adesso stanno cambiando persino quella. Attendo le spiegazioni del conduttore.
-D’ora in avanti potranno essere incoronati due vincitori, purché appartenenti allo stesso distretto.
Ripete l’annuncio e riascoltando le sue parole inizio a rendermi conto di cosa significhi.
Katniss.
Katniss, vienimi a prendere.

Ciao a tutti, aggiorno oggi anche se avrei voluto portarmi più avanti con i prossimi capitoli (avendo scritto solamente metà del prossimo), ma oggi sono impegnato tutto il giorno e non mi andava di lasciarvi troppo tempo ad aspettare...
Anche questa volta doppio capitolo, ma dai prossimi si tornerà alla suddivisone normale, l'inizio dell'ultima parte del libro è molto importante e voglio dedicarmici con cura quindi magari non riusirò a mantenere la frequenza che ho avuto ultimamente, ma spero molto che quello che leggerete ne varrà l'attesa.
Comunque sia, fatemi sapere se questo capitolo vi piace, colgo l'occasione per ringraziare tutti quanti perchè il primo capitolo ha raggiunto le 1000 visualizzazioni (che per me sono un gran traguardo) e in particolare ringrazio chi mi sta mostrando il suo sostegno recensendo e mettendo la mia storia tra le seguite/preferite, siete tantissimi!
Grazie grazie grazie, alla prossima!
-samubura-

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 19 ***


Parte terza – Il vincitore
Quando mi sveglio il mattino dopo inizio a riflettere sulle cause e le conseguenze della scelta degli Strateghi.
Gli sfortunati innamorati del distretto 12 sono così amati dagli spettatori che è stato necessario modificare il regolamento degli stessi giochi?! Impossibile, assurdo. Ci deve essere dell’altro, qualcosa che sta accadendo al di fuori della nostra prigione che non posso sapere.
Cosa cambia adesso nell’arena in senso pratico. Le uniche coppie rimaste siamo io e Katniss, Cato e Clove. Questo non è particolarmente corretto nei confronti degli altri tributi, ma ovviamente siamo noi i più apprezzati dal pubblico e questa “alleanza forzata” ci spingerà ad affrontarci direttamente. I due innamorati del distretto 12 contro i due sicuramente più che conoscenti del distretto 2.
Verranno a cercarci, non ci concederanno il tempo di rimetterci in sesto, sarebbe un rischio troppo grosso. Aspetteranno che sia Katniss a trovarmi, risparmiandosi la fatica di doverci cercare separatamente e coglierci di sorpresa mentre lei è costretta ad occuparsi di me. Ci faranno fuori senza problemi, loro sono più forti e più in forma. Il nostro unico vantaggio potrebbe essere coglierli alla sprovvista o con un buon vantaggio strategico, ad esempio gli alberi per Katniss sui quali solo lei può arrampicarsi, ma se siamo insieme sarei solo un rallentamento per lei.
Mi immagino Katniss che mi trascina via con lei e cade sputando sangue dalla bocca con un coltello piantato nella schiena. Mi auguro sia abbastanza cauta, ma sono certo che lo sarà.
Verrà a cercarmi e su questo posso mettere la mano sul fuoco, chi non lo farebbe? Se anche io per lei sono uno svantaggio l’idea di abbandonare quello che a tutti gli effetti è diventato un compagno di distretto. Se possiamo vincere insieme, non provarci sarebbe motivo di disonore per chiunque, persino per i favoriti sempre così spietati.
La giornata è più calda delle scorse, anche se è solo metà mattina i raggi scottano sulla mia pelle, nonostante la maschera di fango. Questo conferma la mia tesi sulle intenzioni degli Strateghi, questi Hunger Games stanno già durando troppo, meglio aumentare la difficoltà, indebolirci, per farci combattere con più difficoltà.
Sento dei passi che si muovono nel ruscello, l’acqua sciaborda e interrompe il suono della corrente che mi ha fatto compagnia in questi giorni. Chiunque sia, è molto vicino. Non posso permettermi di aprire gli occhi, se è Katniss tutto bene, ma se sono gli altri mi troverebbero e mi ucciderebbero in un attimo.
Poi sento la voce che chiama con voce sommessa –Peeta! Peeta! – e non ho dubbi.
È la voce di Katniss, suona ancora più dolce e melodiosa di quanto ricordassi, mi rendo conto di quanto mi sia mancato il suono di un altro essere umano, completamente solo e abbandonato a me stesso, e adesso lei è con me. Devo decidere cosa fare, potrei lasciarla andare via, sacrificarmi ancora una volta per lasciarla priva del peso di portarsi appresso un moribondo, ma non resisto a guardarla un’ultima volta, a parlarle, magari potrei convincerla che ho ragione, che non ha senso curarmi. Vorrei arrangiare qualcosa di meglio da dire dopo tanto tempo che non ci vediamo, ma l’unica cosa che riesco a dire è –Sei qui per darmi il colpo di grazia, dolcezza?
Si gira senza trovarmi allora devo essere nascosto veramente molto bene, tento di alzarmi per rivelarmi a lei, ma mi rendo conto che non ne ho la forza.
-Peeta? Dove sei? – non riesco neanche a parlare sopraffatto dallo sforzo di muovermi – Peeta?
-Ehi, non pestarmi – dico quando il suo scarpone è a un passo dalla mia faccia.
La guardo dal basso del mio nascondiglio mentre un’espressione di sorpresa e meraviglia si dipinge sul suo volto, mi rivolge anche un caldo sorriso. Finalmente è qui con me, la mia vita può tornare ad avere un senso. Posso sopravvivere con lei accanto.
-Chiudi gli occhi un’altra volta – dice, penso voglia osservare meglio il mio travestimento. Quando parla di nuovo la sua voce è vicina al mio orecchio, sussurra, ma posso sentirla meglio.
-Credo che tutte quelle ore passate a decorare torte ti siano tornate utili.
-Sì, la glassatura. L’ultima difesa del moribondo – dico in un sorriso. Non mi importa un bel niente di quello che accadrà ora che c’è lei. Se anche dovessi morire sarei felice di averla rivista, non come una rivale dalla cui morte dipende la mia sopravvivenza, ma come una compagna, un’amica.
-Tu non stai per morire – dice con una fermezza risoluta nella voce.
-E chi lo dice? – rimbecco io. Ovvio che sto per morire, fingere che non sia così non mi aiuta in nessun modo.
-Io – e mi basta per capire che è veramente convinta di riuscirmi a salvarmi – Siamo nella stessa squadra adesso, sai…
-Così ho sentito dire. Gentile da parte tua trovare ciò che rimane di me – non riesco a evitare di ricordarle che sono messo peggio di quello che lei creda.
Mi offre una bottiglia d’acqua e mi aiuta a bere qualche sorsata, è parecchio che non bevo e con questo caldo ne sento veramente bisogno.
-Ti ha ferito Cato? – chiede preoccupata.
-Gamba sinistra. Su, in alto – rispondo subito. Mentre lo dico mi appare un flash di Cato che rotola dopo avermi colpito e io che precipito a terra.
-Ora ti porto al torrente e ti lavo, così posso vedere che tipo di ferite hai – dice con tono rassicurante, ma credo che non riuscirà mai a muovermi, sono molto più grosso di lei, e sembra anche più magra e debole di quel giorno piovoso in cui le ho tirato il pane bruciacchiato.
Mi rendo conto che la febbre mi sta facendo dire cose stupide, ma non riesco a controllarmi come vorrei.
-Prima chinati un momento – la invito – devo dirti una cosa.
Appoggia l’orecchio proprio sulle mie labbra e aspetta il mio messaggio –Ricordati che siamo perdutamente innamorati, quindi va bene se mi baci in qualunque momento tu ne abbia voglia.
Ride, anche se il mio non era uno scherzo, forse meglio che l’abbia interpretato come tale – Grazie lo terrò presente.
Inizia a togliere il muschio e le alghe che mi tengono imprigionato, poi cerca di trascinarmi, è inutile ogni tentativo che faccio di aiutarla. Mi rendo conto di stare peggio di quanto credessi, cerco di trattenermi dall’urlare a ogni movimento che Katniss mi forza a fare, ma è terribile. Quasi preferirei restare nella mia tana per sempre dirle di lasciarmi lì e andarsene più lontano che può, prima che i favoriti la trovino.
-Senti, Peeta, ti faccio rotolare fin dentro il torrente. Qui è molto basso, d’accordo?
-Ottimo- rispondo cercando di darle tutto il mio appoggio, anche se l’idea di rotolare mi preoccupa abbastanza. Si mette a fianco a me per spingermi.
-Al tre. Uno, due, tre! – credo che non ottenga il risultato sperato, rotolo una volta su me stesso e sono più vicino all’acqua di prima per lo meno. Proprio sul bordo del ruscello. Mi gira la testa, il movimento brusco non è ben accetto dal mio corpo.
-Bene, cambio di programma. Non ti metterò dentro del tutto – sembra esausta.
-Non si rotola più? – chiedo ingenuamente.
-Finito. Vediamo di ripulirti. Tieni d’occhio il bosco per me, va bene?
Si comporta come una mamma premurosa. Controllare il bosco? Posso farlo, almeno per distogliermi da quello che Katniss farà con le mie ferite. So già che non mi piacerà, ma servirà a farmi stare meglio.
Mentre mi lava con l’acqua fresca del torrente, che è un toccasana sotto il sole cocente non riesco a non distrarmi per contemplarla in tutta la sua bellezza che sembra così speciale ora che non ho potuto osservarla così a lungo. Ricordo che quando a scuola lei mancava, sentivo un vuoto dentro e aspettavo con ansia il giorno seguente sperando di rivederla.
Quando tutto il fango che mi ero spalmato addosso se n’è andato mi spoglia, toglie la giacca e la camicia, la maglietta che indosso sotto è attaccata alle ferite e sporca di sangue, la taglia con il suo coltello per evitarmi la sofferenza di levarla. Mi sposta facendomi appoggiare la schiena su un grosso masso in modo da farmi stare comodo e spostarmi dalla pozzanghera sporca dei residui del mio travestimento.
Le sue mani si muovono con delicatezza sul mio corpo, ruvide a causa delle numerose escoriazioni subite all’interno dell’arena, ma attente a non farmi soffrire troppo. È più vicina a me di quanto non lo sia mai stata, così concentrata che posso guardarla quanto voglio, anche se non ha più il trucco di Capitol City che la faceva sembrare così elegante, è comunque bellissima.
Non mi dimentico però di sorvegliare il bosco, uno dei coltelli di Clove potrebbe volare fuori dal fogliame in qualunque momento e io devo impedire che accada, per proteggerci, per proteggerla.
Inizia togliendo i pungiglioni ancora rimasti al centro dei bubboni. Fa un male cane, avrei dovuto farlo prima e magari sarebbero sfiammati più in fretta, ma poi tira fuori delle foglie dallo zaino e dopo averle masticate e ridotte a una poltiglia verdastra le spalma sulle punture. Mi dà un’incredibile sensazione di sollievo. Fantastico, se solo avessi conosciuto le giuste piante sarei stato meglio, ma adesso c’è lei qua per aiutarmi e lo sta facendo alla grande.
Prende qualcosa dallo zaino, riconosco i kit di pronto soccorso che avevamo alla cornucopia, se ne torna con un paio di pillole.
-Manda giù queste – me le mette in mano e le butto giù senza troppo sforzo, la mia infermiera speciale è qua per curarmi e farò quello che mi dice senza obiettare – Devi avere fame – aggiunge.
-Non proprio. È buffo, sono giorni che non ho fame – ed è vero, per tutto questo tempo non ho sentito i morsi della fame neanche una volta. Mi passa davanti alla faccia un pezzo di fagiano, ma al solo odore mi sento male.
-Peeta, bisogna che mangi qualcosa – insiste. So che è per il mio bene, ma proprio non ce la faccio.
-Mi ritornerà su – la avviso, ma mi forza comunque a mangiare qualche pezzetto di frutta essiccata. Deve averla sottratta al ragazzo del distretto 1 –Grazie. Sto molto meglio, davvero – ma anche se il dolore delle punture è passato, lo stomaco non sta rispondendo come dovrebbe - Posso dormire adesso, Katniss? – chiedo, perché tutta quella “attività” per me è anche troppa, rispetto agli scorsi giorni.
-Fra poco. Prima bisogna che dia un’occhiata alla tua gamba – noto che la cosa fa piacere a me quanto a lei.
Mi sfila gli scarponi e i calzini, poi passa ai pantaloni che toglie cercando di essere il più delicata possibile per farli passare sopra la ferita e non farmi troppo male.
Quando scopre la coscia ferita mi rendo conto che è molto peggio di quanto immaginassi. La ferita è sporca, sicuramente infetta e  forse addirittura più profonda di quanto avessi constatato io l’ultima volta. C’è anche un cattivo odore che non so definire, forse l’inizio della putrefazione, non sono abituato a lavorare con la carne, ma Katniss sì e nonostante cerchi di mostrarsi tranquilla e fa finta di avere la situazione sotto controllo capisco che è molto più di quello che è in grado di guarire.
-Abbastanza orribile, eh?
-Così così – dice – Dovresti vedere alcune delle persone che la gente porta a mia madre dalle miniere. La prima cosa da fare è pulirla bene.
Ripete l’operazione che aveva fatto con il resto del mio corpo e inizia a versare l’acqua sulla ferita, portando via lo sporco e il sangue raggrumato.
-Perché non gli facciamo prendere un po’ d’aria e poi…
-E poi lo rattopperai? – le chiedo preoccupato. Probabilmente non l’ha mai fatto e la cosa la fa sentire debole, ma è la mia unica speranza e deve comunque provare.
-Proprio così – risponde con la solita decisione – Intanto tu mangia queste – ordina porgendomi dei pezzetti di pere disidratate.
Obbedisco senza fare storie mentre lava i miei i miei vestiti nel fiume e li lascia sotto il sole caldo ad asciugare.
-Dovremo fare qualche esperimento – dice quanto torna da me. Inizia applicando la stessa poltiglia di foglie che ha usato per i bubboni, l’effetto è una cascata di pus che inizia a colare dalla gamba, fa male ma stringo i denti.
-Katniss – la chiamo e alza lo sguardo dalla ferita a me. Ha una faccia strana, non deve piacerle molto il pus, ma penso tra me e me che in fondo è una buona cosa perché fa sparire l’infezione. Senza emettere suoni dico lentamente –Che ne dici di quel bacio? – è una cosa stupida, ma proprio adesso, che mi sento malissimo e ho lei qui con me, lasciarmi sfuggire questa occasione sarebbe imperdonabile.
Lei ride, è inutile non mi prenderà mai sul serio, soprattutto perché nel mio stato non sono in grado di intendere e di volere come farei normalmente. La febbre mi toglie la mia solita inibizione che mi frena quando sono con lei, da certi versi è un bene. Ma siamo innamorati sventurati per tutta Panem e quel bacio potrebbe servire a me personalmente, ma soprattutto alla nostra farsa per restare in vita.
-Qualcosa non va? – chiedo con un tono che suona stupido anche a me.
-Non… non sono affatto brava in queste cose – già, l’avevo intuito – Non sono mia madre. Non ho idea di quello che sto facendo e odio il pus. Uff!
Un po’ sono preoccupato da questa rivelazione diretta, ma non importa, ho piena fiducia in lei. Se qualcuno può salvarmi è la ragazza che ho davanti.
-Come fai a cacciare? – le chiedo vedendo che sospira pesantemente mentre rimuove il primo impacco di foglie e applica un secondo uguale, infilando la mano dentro la mia ferita.
-Credimi, uccidere è molto più facile. Anche se, per quel che ne so, ti sto uccidendo.
Con le nuove foglie il dolore ricomincia – Puoi fare un po’ più in fretta? – le chiedo.
-No. Zitto e mangia le tue pere – mi accorgo solo in quel momento che non ho mangiato neanche metà di quelle che mi aveva messo in mano, mi sarò distratto.
Il pus giallastro continua a uscire dalla ferita, sembra non finire, Katniss cambia ancora un’ultima volta le foglie e quando ha finito la gamba si è sgonfiata e si riesce a vedere fino in fondo alla ferita che è finalmente pulita.
-E poi, dottoressa Everdeen? – dico trovando la forza di scherzare.
-Forse ci metterò su un po’ di pomata per le bruciature. Servirà comunque a qualcosa, per l’infezione. E magari la fascio.
Prende da un barattolino la stessa crema che ha usato prima sul mio petto e fa quello che ha detto, il risultato non è male sembra quasi una comune ferita.
-Tira fuori un piccolo sacco dal suo zaino e me lo passa dicendo – Tieni, copriti con questo, mentre ti lavo le mutande.
Prima me le aveva lasciate, ma adesso, con la ferita pulita, il mio indumento sporco di fango e sudore è poco appropriato.
-Oh, non mi importa se mi vedi – rispondo, e in effetti è così, condividere la stessa stanza con tre fratelli non ti lascia molta intimità. La nudità non mi crea problemi.
-Sei proprio come mia madre e mia sorella – ribatte – A me importa, d’accordo? – e si gira stizzita, forse è solo un piccolo giochetto per far notare agli abitanti della capitale il pudore di un’adolescente con il ragazzo che le piace. Se è così, le sta riuscendo bene.
Cerco di sfilarmi le mutande, aiutandomi a sollevare la gamba malata con le braccia, ci metto un po’ ma alla fine riesco a lanciarle nel fiume con un gesto disinvolto, ripensando al fatto che appena Katniss mi aveva trovato non riuscivo quasi neanche a parlare, è un gran risultato.
-Sai, per essere una persona tanto letale sei un po’ schizzinosa – la prendo in giro – Avrei dovuto farla fare a te la doccia a Haymitch.
È di spalle, quindi non posso vedere l’effetto che la mia battuta ha su di lei, mi arriva la sua voce tra il rumore che fa sbatacchiando due sassi per pulire le mie mutande –Cosa ti ha mandato, finora? – chiede, come se fosse scontato che il nostro mentore mi abbia mandato dei regali. Ma lei non sa nulla del nostro accordo –Niente – rispondo senza nessun tono di commiserazione, sono curioso di sapere cosa ha fatto Haymitch per rispettare il patto che ho con lui – Perché, tu hai ricevuto qualcosa? – chiedo per dissimulare ogni possibile sospetto.
-Medicina per le bruciature – giusto, il vasetto da cui ha preso la crema non era dello stesso tipo di quelli alla cornucopia, e la medicina era sicuramente troppo potente per guarire la gamba di Katniss nel giro di una notte – Ah e del pane – conclude quasi imbarazzata. E bravo Haymitch, non capisco il pane, ma sicuramente la medicina ha agito quando era necessario.
-Ho sempre saputo che eri la sua preferita – fingo.
-Figurati, ma se non sopporta di stare nella stessa stanza con me!
-Perché siete uguali voi due – borbotto, lo penso sul serio, lei e Haymitch hanno lo stesso carattere impulsivo, posti a confronto si scontrano necessariamente.
Katniss mi lascia dormire, il calore del sole mi accarezza la pelle nuda mentre i vestiti finiscono di asciugarsi stesi sulle lastre di roccia. La paura dei favoriti è scomparsa, se avessero voluto attaccarci l’avrebbero già fatto. Non so se non ci trovino o se vogliono aspettare.
Finalmente ho un sonno rilassante, quando Katniss mi viene a svegliare con delicatezza vorrei poter dormire ancora.
-Peeta, dobbiamo andare adesso.
È tardo pomeriggio, presto il sole tramonterà lasciandoci al buio e soprattutto al freddo della notte.
-Andare? Andare dove? – chiedo smarrito, non avevamo previsto nessuna meta.
-Via di qui. A valle, forse. In qualche posto dove posso nasconderti finché non sarai in forze.
Mi aiuta a vestirmi, è ciò di più vicino a un abbraccio che mi abbia dato. Poi si offre di sorreggermi per farmi alzare in piedi, mi esorta, mi incita –Forza Peeta devi alzarti! Dai appoggiati a me! – camminiamo nel fiume per un breve tratto, ogni passo sulla gamba ferita mi fa sentire talmente male che vorrei lanciarmi a terra e restare lì per sempre –Dai. Ce la puoi fare – continua a ripetere, ma dopo quello che per me sembra un kilometro siamo costretti a fermarci, non so se riuscirei ad andare ancora avanti.
La mia paziente infermiera mi aiuta a sedermi, ansante, respiro a fatica, mi batte un paio di pacche sulla schiena per farmi riprendere. Sto malissimo. Katniss si guarda attorno con ansia, le ombre si stanno già allungando e ci serve un riparo fisso. Quando sembra averlo trovato torna da me e cerca di farmi fare quei pochi metri che mi separano da quel luogo.
Io sono stremato, ho la nausea e mi sembra come se tutto il sangue che ho in corpo se ne sia andato. Lascio che sia Katniss ad occuparsi di tutto, si affaccenda spargendo uno strato di aghi secchi di pino sul pavimento della piccola grotta in cui ci siamo rifugiati. Dallo zaino tira fuori un sacco a pelo e mi ci fa sdraiare dentro, sembra preoccupata per me, e senza troppo sforzo immagino di non avere una bella cera. Mi fa ingoiare altre pillole per la temperatura, ma quando mi offre un po’ di cibo mi impunto perché so che vomiterei tutto. Non insiste troppo e gliene sono grato.
La osservo mentre cerca di mimetizzare l’ingresso intrecciando alcuni rampicanti, ma come nel Centro di Addestramento fallisce e si arrabbia strappando via tutto.
-Katniss – la chiamo, per distrarla dalle sue preoccupazioni, va tutto bene, dovrebbe solo rilassarsi. Si avvicina a me e mi scosta i capelli appiccicati alla fronte per il sudore con un gesto che nella mia percezione distorta dalla febbre sembra persino dolce – Grazie per avermi trovato.
-Tu avresti trovato me, se avessi potuto – vero, ma non potevo. E non avrei giurato che lei l’avesse fatto.
-Sì. Senti, se non ce la faccio… - cerco di dire, ma mi impedisce di andare avanti.
-Non pensarci neanche. Non ho tirato fuori tutto quel pus per niente – ribatte.
-Lo so – quanto fa male doverlo ammettere, ma voglio che prenda in considerazione l’idea di una mia probabile e imminente morte – Ma se per caso io…
-No, Peeta, non voglio nemmeno parlarne – mi interrompe di nuovo categoricamente. Posa due dita sulle mie labbra per zittirmi. Sento le guance che si scaldano e so che non è la febbre, probabilmente sarò rosso come un pomodoro.
-Ma io… - cerco di continuare, ma mi ferma.
È talmente veloce che neanche me ne rendo conto. Si china su di me e le nostre bocche si incontrano, non so se è un bacio studiato o no, ma è comunque un bacio, un bacio di Katniss Everdeen. Le sue labbra sono morbide, un’esplosione di sensazioni e emozioni, per un risultato stupendo.
Tutto il dolore scompare per qualche secondo. Sì, posso, posso anche andarmene da questo mondo felice. Grazie, grazie Katniss. Qui, in questa grotta con lei, mi sento a casa. Ho tutto quello che ho sempre voluto.
L’arena assume una prospettiva diversa. Con il suo bacio rinasce la speranza, se guarisco potrò avere la vita che ho sempre desiderato con lei.
Quando tutto finisce capisco che voglio ancora di quei baci, assaporare ancora le sue labbra.
-Non morirai. Te lo proibisco. D’accordo?
-D’accordo – trovo la lucidità di risponderle, sono ancora sconvolto.
Si alza e va a sgranchirsi le gambe fuori dalla grotta, non si sente al sicuro qua, fuori è già buio, ma nel sacco a pelo non sento caldo. Io con lei sono al sicuro, ma per lei sono un rischio, un pericolo, ma ha scelto di non abbandonarmi, non so se per me o per gli spettatori, ma credo che neanche lei sia veramente decisa. In quel bacio non c’era partecipazione, eppure quando si era slanciata per appoggiare le labbra sulle mie sembrava animata da un vero sentimento. Così contraddittoria e insicura.
Chiudo gli occhi per un attimo, crogiolandomi nel ricordo di quel momento.
-Peeta! – grida in un tono strano da fuori della grotta. Si accovaccia accanto a me e mi bacia un po’ ovunque per svegliarmi. Questo è finto, questo lo capisco. Ma perché?
In ogni caso non mi dispiace, resto a guardarla mentre mi sorride come non ha mai fatto, è più bella, dovrebbe sorridere di più, splenderebbe come una nuova stella nella vita della gente.
Prende una pentola che prima non avevo notato – Peeta, guarda cosa ti ha mandato Haymitch.
“Ah, ecco. Giusto. Cosa ti ha mandato Haymitch”




Ed eccoci alla parte terza, inizia ad avvicinarsi la fine di questa storia, i nostri due carissimi protagonisti si ritrovano (finalmente)
Che ne pensate, sono molto molto curioso perché questo è un capitolo importante, quindi non siate timidi con le recensioni!
Sono a buon punto con il prossimo quindi mi auguro che non dobbiate aspettare molto, in ogni caso ci sentiamo alla prossima :)
Ciao ciao
-samubura-

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 20 ***


A me il brodo non va per niente, ma il tempismo di Haymitch è formidabile, serviva un messaggio per Katniss e pare che lo abbia recepito. Sventurati Innamorati, se lo siamo, la capitale farà di tutto per salvarci. Entrambi.
Mi costringe a bere il liquido caldo e saporito con minacce, carezze, suppliche, e anche qualche bacio. Ma sono baci finti e questa volta lo sento. Mi comporto come un bambino capriccioso e quasi vorrei continuare solo per sentire cosa mi risponderebbe. Sento che il brodo mi dona nuova forza, i cuochi di Capitol City hanno fatto un buon lavoro. Mi addormento quasi subito, stremato.
Dopo un po’ di tempo sento che anche Katniss entra nel sacco a pelo accanto a me, cerca di fare più piano possibile, ma anche se non apro gli occhi mi sveglio. È proprio affianco a me, indossa un visore notturno come quelli che ho visto tra le cose dei Favoriti l’arco stretto in una mano.
Sembra che la mia febbre non sia affatto scesa perché dopo un po’ che sta lì vicino a me inumidisce una benda e me la posa sulla fronte, il fresco dell’acqua mi dà sollievo in un primo momento, ma poi è completamente inutile, ma non credo che possa fare molto altro.
Quando mi sveglio lei non c’è. Mi guardo attorno preoccupato ma è indubbio, non c’è. Ho paura a chiamarla, ma dico a voce smorzata –Katniss! – ma non ottengo risposta.
È il panico, dov’è finita, magari questa notte è uscita ed è stata catturata, uccisa. Se riuscissi a muovermi e a uscire magari troverei la pozza di sangue lasciata dai favoriti, o magari l’hanno lasciata agonizzante proprio qua per farmi impazzire. Devo uscire, devo assolutamente uscire, il sacco a pelo mi intrappola e soffoco dal caldo, slaccio la cerniera con le mani che mi tremano, ma non riesco ad alzarmi. Mentre immagino la scena del suo corpo tirato su dall’hovercraft lei fa capolino dalla piccola entrata sorridente. Mi fa sussultare un attimo, ma appena mi rendo conto che è lei sono rasserenato.
-Mi sono svegliato e tu non c’eri più. Ero preoccupato per te.
Ride, e mi spinge delicatamente giù, già non sono io a dovermi preoccupare per lei. Può cavarsela benissimo senza di me, potrebbe cavarsela persino meglio. Allontano il pensiero.
-Eri preoccupato per me? Ti sei visto, ultimamente? – dice continuando a ridere.
-Ho pensato che Cato e Clove potevano averti trovata. Amano cacciare di notte, loro – dico rabbrividendo al pensiero della ragazza del distretto 8 e ho una visione delle mie mani sporche di sangue fresco.
-Clove? E chi è? – chiede lei. Giustamente, mi ero abituato a chiamare i favoriti per nome, ma lei non li conosce.
-La ragazza del distretto 2. È ancora viva, giusto? – mentre formulo la domanda mi chiedo se sia solo per avere una conferma o se mi importi di lei. Non c’è posto per questo genere di idee nella mia situazione. Lei e il suo compagno di distretto non sono altro che avversari.
-Sì, ci sono soltanto loro, noi, Tresh e Faccia di Volpe – la guardo un po’ perplesso – È così che ho soprannominato la ragazza del 5. Come ti senti?
Ah giusto, ora che rievoco l’immagina del tributo femmina del distretto 5 sorrido al paragone di Katniss. I capelli rossi, il viso affusolato e gli occhi vispi ricordano proprio una piccola volpe.
-Meglio di ieri – rispondo – Questo è un enorme miglioramento, rispetto al fango. Vestiti puliti, la medicina, un sacco a pelo… e te.
Le parole mi escono spontanee, non ho bisogno di fare niente di progettato per “fingere” il mio sentimento per Katniss. Lei sì invece, mi accarezza la guancia e le bacio la mano con dolcezza. È bello non doversi sentire strano, lei interpreterà tutto come uno stratagemma e io posso comportarmi come ho sempre desiderato.
-Niente più baci, finché non avrai mangiato – sento i sospiri degli spettatori di Capitol City fin qua.
Prima mi aiuta a sedermi con la schiena appoggiata a una parete della grotta, poi prende un cucchiaio e mi fa ingoiare una dolce poltiglia di bacche, ricorda vagamente il sapore delle torte che facevamo a casa. Lo stesso tono acidulo. Quando cerca di offrirmi di nuovo un pezzo di fagiano faccio di no con la testa. La carne potrebbe anche darmi più energie, ma non credo che il mio stomaco sia d’accordo.
Guardo Katniss, noto che si vede la stanchezza che scava i suoi lineamenti, le occhiaie che le marcano gli occhi –Non hai dormito – dico.
-Sto bene – taglia corto.
-Dormi adesso. Starò io di guardia. Se succede qualcosa – “già che faccio se succede qualcosa?” –ti sveglio. Mi guarda indecisa, non vuole affidarsi a me. Non la biasimo – Katniss, non puoi non dormire all’infinito.
Altro punto a mio favore, meglio che dorma subito, adesso che possiamo contare su un po’ di pace che gli strateghi vogliono concederci che ritrovarsi stanca quando ci sarà bisogno di tutte le energie.
-Va bene – acconsente – Ma solo per qualche ora. Poi mi svegli.
Si stende sopra al sacco a pelo, perché adesso che è giorno, anche all’ombra della grotta fa parecchio caldo, tiene una mano sull’arco pronta a colpire e la freccia già incoccata per non dover perdere tempo a farlo in un momento cruciale.
-Dormi – sussurro piano mentre le accarezzo i capelli scompigliati spostandoli dalla fronte, continuo a farlo fino a che non si addormenta, il gesto mi viene così naturale che quando me ne rendo conto ritraggo la mano di scatto, ma non è niente di male.
Pongo tutta la mia attenzione al restare vigile e attento, Katniss si è affidata a me finalmente e non posso deluderla. La guardo dormire, il petto che si muove su e giù delicatamente, sul suo volto non c’è la solita smorfia di preoccupazione, i suoi lineamenti sono distesi e rilassati. È molto più bella così.
La gamba ricomincia a farmi male, man mano che il tempo passa, decido di lasciar riposare Katniss comunque. Il cannone non spara neanche oggi, i favoriti non sono all’azione o forse siamo tutti troppo attenti per farci trovare nel bosco. Penso a Faccia di volpe, così come l’ha soprannominata Katniss, e mi rendo conto che dall’inizio dei giochi non l’ho mai vista, così come Tresh. Loro saranno sicuramente ben nascosti e con cibo a sufficienza per non doversi esporre.
Quando si sveglia Katniss è arrabbiata – Peeta, dovevi svegliarmi dopo un paio di ore.
-Per cosa? – le rispondo – non sta succedendo niente qui. E poi mi piace guardarti dormire. Non hai un’aria truce, migliora molto il tuo aspetto.
Se io e lei forniamo a Capitol City il nostro piacevole intrattenimento romantico forse gli Strateghi ci lasceranno in pace abbastanza per permettermi di guarire, almeno di camminare.
Il mio complimento mi fa guadagnare un’occhiata volutamente molto truce che mi fa sorridere. Ma Katniss non contraccambia la mia espressione, anzi si rabbuia e mi tocca preoccupata la guancia.
-Hai bevuto mentre dormivo? – mi chiede seria.
-Sì un po’… - rispondo incerto, in realtà so che non l’ho fatto quanto mi aveva consigliato. Prende dallo zaino le pillole per la febbre e poi mi controlla mentre bevo due litri d’acqua lentamente. Medica le ferite più leggere che sono in via di miglioramento, poi passa alla gamba. Muove le mani in fretta per sbendare la ferita, ma quando ha finito di rimuovere il cotone fa una faccia terribile, non riesco a vedere perché lei mi sta sopra e copre la mia visuale, ma appena si sposta mi rendo conto anche io, con il mio occhio inesperto noto che è peggiorata molto.
La pelle attorno all’apertura nella carne è lucida e arrossata, la gamba ora che Katniss ha allentato la fasciatura è molto più gonfia di prima. Almeno non c’è il pus, ma poi mi rendo conto delle sottili linee rosse che si allargano a partire dalla ferita. Avvelenamento nel sangue, abbastanza comune nel distretto 12, basta un taglio anche di piccole dimensioni e  sei spacciato se non lo medichi in fretta. Allo stadio in cui si trova la mia gamba direi che è già troppo tardi per dei rimedi caserecci, se raggiunge il cuore o il cervello posso dire addio a questo mondo.
Le medicine costerebbero troppo, lo sappiamo sia io che la mia inesperta dottoressa, specialmente a questa fase del gioco. Potremmo anche baciarci tutto il giorno e non basterebbe, nella mia mente si creano le immagini di me e Katniss che andiamo ben oltre che qualche bacetto in diretta televisiva e ho il coraggio di pensare che non sarebbe affatto male se non ci fossero i miei genitori, sua madre, sua sorella, i nostri amici e conoscenti e anche tutto il resto del paese a guardarci. No, non sarebbe molto intimo. Scaccio l’idea.
-Be’, il gonfiore è aumentato ma il pus è sparito – dice con la voce che le trema lievemente.
-So che cos’è l’avvelenamento del sangue, Katniss. Anche se mia madre non è una guaritrice.
-Dovrai solo sopravvivere agli altri, Peeta. Ti cureranno a Capitol City quando vinceremo – questa volta è vera l’emozione che sento attraverso le sue parole. Ha paura che io muoia, forse si sta persino affezionando a me. Comunque l’idea che propone è l’unica possibile, però non così probabile. Dubito che gli altri si uccidano tra loro o che la capitale li massacri per salvare noi due. O comunque non so quanto tempo sarò in grado di resistere.
-Sì, questo è un buon piano – cerco di consolarla. Ma non sembro convinto neanche alle mie orecchie. Faccio pena come attore, fortunatamente sono davvero attratto da Katniss, altrimenti la nostra tattica sarebbe stata un completo disastro.
-Devi mangiare. Tenerti in forze. Ti farò una zuppa – dice Katniss, si dà veramente tanta pena per aiutarmi, gliene sarò riconoscente per sempre.
-Non accendere un fuoco. Non ne vale la pena – consiglio, il fumo potrebbe attirare i favoriti ed è l’ultima cosa che voglio. Penso che faccia così perché vuole sdebitarsi con me di quel giorno in cui l’ho salvata dalla fame. In realtà non ho fatto niente, ma dopo quel giorno Katniss era tornata a vivere inspiegabilmente. Era tornata piena di energie e aveva mandato avanti la sua famiglia, non avevo mai pensato che una pagnotta bruciacchiata potesse fare tanto.
E comunque non serve che lei si sdebiti, non ne ho alcun bisogno, l’ho fatto per gentilezza, perché so che era la cosa giusta da fare, ma lei è decisa a saldare il debito salvando la mia vita. Al momento mi va più che bene lo stesso.
-Vedremo – dice prima di prendere la pentola e uscire.
Di nuovo solo, Katniss ha cambiato la fasciatura, e fa meno male, ma non mi sento per niente bene. Più che altro ho paura, paura di non farcela adesso che ho avuto la possibilità di salvarmi. È diverso da quando ero abbandonato a me stesso, ora c’è Katniss a prendersi cura di me, e mi sentirei quasi in colpa a morire nonostante tutto il suo impegno.
Resta fuori per un po’ a preparare la cena per entrambi. Riesco a spostarmi da seduto dove sono fino a sdraiarmi sul sacco a pelo, mi trascino più che muovermi e ho le braccia che mi fanno quasi male dallo sforzo un volta che sono riuscito a sdraiarmi. Resto là a riposare senza sapere cosa fare. Vorrei anche provare a dormire, ma c’è qualcosa che me lo impedisce, devo stare all’erta, Katniss è fuori, da sola, e sta rischiando per me.
Fa anche molto caldo, per fortuna il mio giaciglio è all’ombra e trovo un po’ di riparo dal clima torrido. Penso a come questo potrebbe influenzare gli altri tributi, con gli sconvolgimenti climatici tutti avranno cercato un riparo dal caldo del giorno e il freddo della notte. Tutti dovranno anche mangiare, Cato e Clove facevano affidamento alle provviste alla cornucopia e non sono convinto che i due temibili ragazzi sappiano procurarsi da mangiare, come me d’altronde, se non si viene mai a contatto con il mondo della fame è difficile riuscire ad adattarsi in fretta, specialmente nell’arena dove è tutto molto più difficile che nel mondo reale.
Ritorna nella grotta e cerco di alzarmi perché voglio farle vedere che sto meglio di quanto lei creda. Anche se non è così.
Prende delle pezze e le bagna, poi le appoggia sulla mia fronte –Vuoi qualcosa? – chiede, infaticabile.
-No grazie– rispondo, ha già fatto troppo per me –Aspetta, sì. Raccontami una storia.
Non so niente di lei, non so cosa lei sappia di me, ma oltre al fatto che la trovo bella c’è veramente ben poco a tenere insieme il nostro rapporto. Finalmente ho l’occasione di fare quello che ho sempre voluto e non voglio sprecarla, ho guadagnato baci, ma non ho ancora guadagnato lei veramente. Voglio la vera Katniss, voglio conoscerla, passare il poco tempo che probabilmente mi rimane con lei. Quando morirò gli Hunger Games riprenderanno, nel frattempo gli Strateghi ci lasceranno in pace.
Vogliono una piccola vedova assetata di sangue e smaniosa di vendetta. È tutto progettato, io muoio, Katniss impazzisce e fa fuori tutti gli altri. E questo non perché è innamorata di me, assolutamente no, ma perché non sopporterebbe l’idea di non essere riuscita a salvarmi.
-Una storia? Di che tipo? – chiede un po’ incerta.
-Qualcosa di allegro. Raccontami del giorno più bello che ricordi – sbuffa per tutta risposta. Forse è chiedere troppo, ma ho voglia di sentirla raccontare, di sapere qualcosa in più sulla sua vita.
Rimane pensierosa, mordicchiandosi il labbro, per un po’ –Ti ho mai raccontato di come ho avuto la capra di Prim? – sapevo che la sorellina di Katniss aveva una capretta, pensavo fosse stata data alla famiglia dopo la morte del padre, come sussidio o qualcosa di simile. Scuoto la testa perché non so niente di questa storia e aspetto attento il resto del racconto.
-Mia madre aveva un vecchio medaglione in argento, era un cimelio di famiglia, il nostro piccolo tesoro. Ci teneva dentro una foto di mio padre. C’è stato un periodo in cui non faceva altro che guardare dentro il medaglione per tutto il giorno. Il giorno del compleanno di Prim io volevo comprarle un regalo, lo facevo ogni anno e risparmiavo più che potevo per poter darle un po’ di felicità, e mia madre mi chiamò mettendomi in mano il medaglione. Mi disse solo di fare un buon affare, credo che quel medaglione le ricordasse solo la tristezza, tenni la foto e andai a scambiare il medaglione al mercato con Gale.
Gale, il ragazzo che ha fatto breccia nella scorza di Katniss, non so come, non so perché non so in che modo, ma lui ce l’ha fatta. Sento un briciolo di gelosia, ma resto in silenzio per non disturbarla.
-Lo vendetti per un buon prezzo e non avevo mai visto tanti soldi in vita mia, non sapevo come spenderli, all’inizio avevo pensato di fare un vestito per Prim, e stavo guardando il banco delle stoffe per cercarne una colorata, lei adora l’azzurro. Ma poi mi cadde l’occhio sul banco del vecchio… l’Uomo-delle-capre, hai capito?
Annuisco perché anche io conosco l’Uomo-delle-capre, nessuno sa quale sia veramente il suo nome, è semplicemente un vecchio che è riuscito a risparmiare abbastanza per comprare un gregge di caprette che gli fanno compagnia nella vecchiaia. Viene al mercato per vendere il latte che gli danno e spesso fa anche il formaggio. Accompagnavo spesso mio padre a trattare con lui, faceva sempre prezzi onesti.
-C’era una delle sue caprette sdraiata su un carro - riprende Katniss - Aveva una brutta ferita alla spalla e attirò la mia attenzione. Ci avvicinammo alla capra per osservarla da vicino perché dovevamo controllare quanto grave era la ferita. Comprammo una tazza di latte dal vecchio per sembrare semplicemente dei curiosi, solitamente è scorbutico quindi non volevamo attirare troppo la sua attenzione. Ma il vecchio ci scacciò dicendo che era destinata al macellaio. Poco tempo dopo infatti Rooba venne a controllare lo stato dell’animale, ma disse che era troppo malata persino per farci delle salsicce, ma girandosi per tornare al lavoro mi strizzò l’occhio. Per accordarci sul prezzo ci volle tantissimo tempo, ma alla fine ottenni la capra, c’era una gran folla di persone che dava i loro pareri. Comprai un nastro rosa da legare al collo della capra perché era un regalo per Prim e poi gale la portò in spalla fino a casa.
Prim era felicissima, mia madre molto preoccupata, doveva salvare la capretta o sarebbe stato un disastro, ripensandoci un vestito sarebbe stato qualcosa di più semplice, ma si misero di impegno e prepararono impacchi di erbe e beveroni per far stare meglio l’animale.
-Come te – commento io.
-Oh, no, Peeta. Loro fanno meraviglie. Quella capra non sarebbe riuscita a morire neanche se l’avesse voluto – ribatte.
-Non preoccuparti, io non voglio. Finisci la storia – la esorto curioso, ho qualche dubbio sull’attendibilità del medaglione, ma poco importa, probabilmente non ha voluto palesare che caccia di nascosto e che praticamente tutti nel distretto sono suoi complici.
-Be’, è finita. Mi ricordo solo che quella notte Prim insistette per dormire di fianco a Lady, su una coperta vicino al camino. E, prima che si addormentassero, la capra le leccò la guancia, come per darle il bacio della buonanotte o qualcosa di simile. Era già pazza di lei – conclude sorridendo al ricordo di quel poco di felicità che c’è nel distretto 12.
-Aveva ancora il nastro rosa? – chiedo perché non voglio che smetta di raccontare. Adoro il tono calmo della sua voce.
-Penso di sì. Perché?
-Sto solo cercando di immaginarmi la scena – rispondo evasivamente – Capisco perché quel giorno ti ha reso felice.
-Be’ sapevo che quella capra sarebbe stata una piccola miniera d’oro – risponde.
-Sì, naturalmente mi riferivo a quello, non alla gioia che hai dato alla sorella che ami tanto da averne preso il posto nella mietitura – dico ironico. Mi piace scherzare con lei, riesco a vedere dal suo sguardo che la diverto e mi fa piacere.
-La capra si è pagata da sola. Molte volte – giustifica lei.
-Be’, non avrebbe potuto fare diversamente con quello che ti è costato salvarle la vita. Come farò io.
-Davvero? E tu quanto mi sei costato? – chiede incuriosita dalla mia affermazione.
-Un mucchio di problemi. Non preoccuparti, sarai ripagata di tutto – voglio che si renda conto che sono io ad essere in debito con lei adesso.
-Stai vaneggiando – taglia corto. E probabilmente ha ragione – Sei un po’ più fresco, però.
Uno squillo di trombe acuto, come quello della scorsa comunicazione, risuona nella grotta, come se ci fossero degli altoparlanti nascosti. Katniss, si fionda fuori dalla grotta per ascoltare meglio, io mi accontento di restare qua, sento ugualmente le parole di Claudius. Che cosa vorrà dirci?
-Cari, carissimi tributi. In quanto ospiti generosi, abbiamo deciso di invitare tutti voi sopravvissuti ad un festino offerto da noi di Capitol City - niente di insolito, qualcuno allora ha fame nell’arena, ringrazio Katniss perché senza di lei sarei perso, ma poi la voce riprende -Un momento, aspettate. Alcuni di voi hanno già declinato il mio invito. Ma questo non è un festino normale. Ciascuno di voi ha un bisogno disperato di qualcosa. Ciascuno di voi troverà quel qualcosa in uno zaino contrassegnato dal numero del suo distretto, alla Cornucopia, all’alba. Pensateci bene prima di rifiutare. Per alcuni di voi sarà l’ultima possibilità.
Faccio due più due alla svelta, la mia medicina costa troppo per gli sponsor, ma nulla impedisce agli Strateghi di usarla come pretesto per avvicinare Katniss agli altri tributi. Maledetti. Ultima possibilità per curarmi, o morirò, già. Magari posso sperare che gli altri si uccidano mentre cercano di prendere ciò di cui hanno bisogno, ma è sperare troppo.
Mi alzo in piedi a fatica, arrampicandomi sulle sporgenze della roccia che mi aiutano a fare forza, la gamba fa malissimo, ma appoggiandomi alla parete raggiungo l’ingresso della grotta appena Claudius termina il suo annuncio.
-No – dico afferrando Katniss per una spalla - Non rischierai la vita per me.
La stringo forte, per trattenerla da una possibile scelta troppo impulsiva.
-Chi ti ha detto che voglio farlo? – dice tranquilla. Non riesco a capire se mi sta mentendo, la febbre mi annebbia la mente e il dolore mi impedisce di stare concentrato.
-Quindi non ci andrai? – chiedo per avere una conferma definitiva.
-Certo che non ci vado – la frase di Katniss mi rasserena e mi intristisce allo stesso tempo – Pensi che io mi butti a capofitto in una qualche mischia contro Cato, Clove e Tresh? Non essere stupido.
Si infila sotto il mio braccio e mi sorregge fino al sacco a pelo dove mi aiuta a sdraiarmi di nuovo.
-Lascerò che si scornino tra loro, vedremo chi ci sarà nel cielo domani notte, e a quel punto escogiteremo un piano – non la facevo così riflessiva e strategica, infatti non lo è e lo so.
-Non sei brava a mentire, Katniss. Non so come tu abbia fatto a sopravvivere per tutto questo tempo. Poi imitando il finto tono allegro che ha con me questi giorni «Sapevo che quella capra sarebbe stata una piccola miniera d’oro. Sei un po’ più fresco. Certo che non ci vado» non giocare d’azzardo, perderesti fino all’ultimo centesimo – concludo scuotendo la testa.
L’ho scoperta, come immaginavo, arrossisce dalla rabbia e grida – Va bene, allora ci vado e tu non potrai impedirmelo! – purtroppo so che ha ragione, ma devo trovare un modo per distoglierla dal folle proposito. E se morisse solo per tentare di salvarmi? Morirei anche io poco dopo e il suo sacrificio sarebbe stato completamente inutile. No assolutamente non posso permetterglielo.
-Potrei seguirti – mento meglio di lei – Almeno fino a un certo punto. Potrei non arrivare alla Cornucopia, ma se urlo il tuo nome, scommetto che qualcuno riuscirà a trovarmi. E allora morirò di sicuro.
-Non arriveresti a cento metri da qui, su quella gamba – ribatte acida.
-Allora mi trascinerò – insisto – Se ci vai, io vengo con te.
-Cosa dovrei fare? Starmene seduta qui a guardarti morire? – chiede esasperata.
-Non morirò. Lo prometto. Se tu mi prometti di non andare – devo convincerla ad ogni costo a desistere, ma so già che non ci riuscirò, non sono nelle condizioni di fermarla se non a parole.
-Allora dovrai fare quello che dico io. Bere l’acqua, svegliarmi quando te lo chiedo e mangiare tutta la zuppa, per quanto disgustosa sia!
-D’accordo – dico, ma starò comunque all’erta perché sono convinto che appena mi addormenterò cercherà di fuggire – È pronta? – faccio per cambiare discorso.
-Aspetta qui – non ho né tempo né possibilità di ribattere, ma per ora credo che starà al gioco e farà di tutto per convincermi che non andrà. Non le credo. Non mi fido.
Però torna, come immaginavo tra le mani la pentola di zuppa.
È ancora calda e mangiamo insieme, il sapore non è male e sento che è molto nutriente, mi mostro entusiasta anche se ogni cucchiaiata non è ben accetta dal mio stomaco abituato a mangiare molto poco. Katniss prende qualche cucchiaiata sporadicamente nonostante la inviti a favorire perché non voglio che dia quel poco di cibo che ha a me che sto così male, il cibo potrebbe servirmi, ma se non sopravvivo sarebbe semplicemente sprecato. Non voglio che si indebolisca per stare dietro a me.
Finito il pasto mi dà un’altra pillola e esce di nuovo per “prendere aria e controllare la situazione” a quanto dice. Resta fuori per un po’ e inizio a preoccuparmi, la febbre alta mi toglie ogni energia, se anche volessi attuare il mio folle piano per fermarla questo non sarebbe il momento adatto. Non riesco a trovare neanche la forza di trascinarmi verso l’ingresso per affacciarmi e magari chiamarla.
Per fortuna torna, tiro un sospiro di sollievo.
-Ti ho portato una squisitezza – dice allegra quando torna – Ho trovato un nuovo cespuglio di bacche, un po’ più lontano verso valle.
Apro la bocca senza esitazioni. Mi ficca dentro il cucchiaio colmo di una poltiglia rosso-violacea. La prima cosa che mi colpisce è il gusto, di solito le bacche hanno il loro gusto caratteristico aspro, quindi mi sorprendo di come queste siano dolci, perfino troppo. Un sapore vagamente familiare.
-Sono molto dolci – commento io dopo aver ingoiato il primo cucchiaio. Katniss continua a porgermi la pappetta con fare invitante.
-Sì, sono bacche zuccherine. Mia madre ci fa la marmellata. Non le hai mai mangiate prima? – il tono della sua voce è strano, ma forse è solo la febbre.
Mia madre fa spesso la marmellata, per farcire le crostate del forno, ma bacche zuccherine? Mai viste entrare nella porta di casa Mellark. Ma Katniss è la regina del bosco, quindi non posso contestare.
-No, hanno un gusto familiare. Bacche zuccherine hai detto? – le chiedo per avere conferma, non mi sento molto bene.
-Be’, al mercato non le trovi, sono selvatiche – risponde.
Ah già, come immaginavo, ma il sapore mi è familiare. Non capisco come sia possibile che mi ricordino tanto qualcosa se non le ho mai neanche assaggiate.
-Sono dolci come lo sciroppo – dico, proprio come quello sciroppo che usano nel distretto 12 per dormire meglio e per anestetizzare i malati, ma è troppo tardi, ho già ingoiato tutto fino all’ultimo cucchiaio – Sciroppo – realizzo infine.
È questo il tuo stratagemma per proteggere Katniss, eh Haymitch? Ma che bel lavoro, complimenti mentore.
Mentre cerco di sputare Katniss mi tappa naso e bocca bloccandomi a terra, mi sforzo di vomitare per evitare che lo sciroppo faccia effetto, chissà quanto me ne ha dato, sarò completamente KO per parecchie ore. Fa effetto in un attimo e smetto di fare resistenza abbandonandomi al torpore che mi sale nelle membra. Rimane accanto a me fino a che non è sicura che sia addormentato.
La odio.

Ehi ehi ehi! Ho avuto un momento di panico perché credevo che mi si fosse impallato il computer per un sacco di tempo, ma invece eccomi qua.
Purtroppo avviso da subito che aspetterete un po' per il prossimo capitolo che a causa delle persuasioni di una mia amica nonchè fan numero 1 sarà un po' particolare (suspance muahahaha) e siccome non sono riuscito ad avvantaggiarmi ci metterò un po' a raccontare le avventure del nostro Peeta nel paese delle meraviglie mondo dei sogni
.
Il capitolo vi è piaciuto? Fatemi sapere con tante recensioni! Siete fantastici e siete tantissimi cosa che mi rende molto felice.
Cambio di programma, ho rimosso twitter che stava fallendo miseramente e provo con una pagina facebook (giuro dopo me la smetto ahaha) spero che funzioni https://www.facebook.com/samubura
Ciao alla prossima :D
-samubura-

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 21 ***


A Giada,
questo capitolo "diverso"
è soprattutto colpa tua.


Steso, bloccato nel sacco a pelo per chissà quanto tempo. Senza poter sapere cosa accadrà fuori da questa stupida grotta.
E se quando mi sveglierò lei non sarà al mio fianco. Morirei, non solo per l’infezione, il dolore di averla persa accelererebbe la mia dipartita. Morta per me, la bramosia dei favoriti di trovarla allo scoperto, sola.
Indifesa no di certo, ha l’arco, magari potrebbe uccidere tutti appostata dentro un cespuglio. Mentre tutti combattono attorno ai preziosi doni di Capitol City lei potrebbe stecchirli con uno dei suoi dardi micidiali. Spero che sia prudente.
Katniss si infila nel sacco a pelo accanto a me, riesco a sentire il suo corpo che scivola accanto al mio, stringendomi per scaldarsi, l’aria della grotta e fredda, ma dentro di me arde un fuoco di emozioni. È così vicina e così distante. A malapena ci conosciamo e dobbiamo amarci, deve rischiare la vita per me. Lo fa solo per le telecamere? Un piccolo angolo del mio cuore che batte all’impazzata tiene dentro di sé la speranza che non sia tutta solo una messa in scena.
Si rannicchia accanto a me e cerchiamo di superare insieme la notte. Non sarà una bella notte per nessuno dei due. Penso al distretto 12 che mi sembra incredibilmente lontano. Nessun tributo, a parte Haymitch, è mai arrivato avanti quanto me e Katniss nel programma, tutti staranno tifando per noi due, già, anche la novità della squadra deve essere particolarmente interessante.
Immagino la piazza stracolma di gente, accalcata per vedere le trasmissioni di Capitol City. Gli Hunger Games riempiono le televisioni dell’intera nazione a tutte le ore, la diretta che continua imperterrita in una metà dello schermo, poi show in cui intervistano amici e parenti dei tributi, approfondimenti sulla morte di ogni ragazzo che a noi viene segnalata con il colpo di cannone e il resoconto serale, ma a Capitol City montano tutte le inquadrature possibili e creano una ricostruzione della morte impressionante. Avrò avuto anche io il mio momento nello show.
Forse per accentuare il nostro spettacolino avranno intervistato la mia famiglia con quella di Katniss, chiedendo loro cosa pensano del nostro rapporto. Mia madre mi odierà, lei è una del Giacimento, forse una delle più povere, non di certo una delle scelte migliori nel distretto 12, ma tanto che le importa, probabilmente non farò ritorno a casa.
Ascoltando le interviste nelle edizioni passate sentivo genitori pieni di speranze e mi sono sempre chiesto se non fosse semplicemente un copione scritto dalla capitale. Nessuno direbbe certe cose a chi ha mandato il proprio figlio a morire.
I pensieri mi lasciano libero dalla loro morsa che rendeva difficile riposarsi. Quando sento Katniss muoversi per alzarsi mi sveglio, ma resto con gli occhi chiusi per non farla accorgere, sono completamente intenzionato a fermarla, probabilmente il sonnifero non ha avuto effetto, poco importa, l’importante è capire cosa fare. Tendo le orecchie e sento i suoi passi delicati sul pavimento della grotta, fa avanti e indietro dal mio giaciglio allo zaino per sistemare il suo equipaggiamento credo. Poi si china su di me e con un gesto lento mi slaccia la cerniera della giacca e la sfila facendo attenzione a non muovermi troppo. Sto concentrato perché non è ancora il momento di colpire.
Infatti dopo un po’. Quando è ormai pronta per lasciare il nostro “nido d’amore” si avvicina per il suo ultimo bacio all’addormentato. Sento la carezza ruvida della lana mentre mi accarezza la guancia, poi si china per baciarmi ed è a quel punto che apro gli occhi e la stringo forte a me, per impedirle di andare via, per impedirle di morire per me. Non può che assecondarmi, anche se noto dal suo sguardo che è arrabbiata, e anche sorpresa al tempo stesso.
-Non ti lascerò andare. L’avevo detto – sussurro.
Neanche lei sembra più così desiderosa di uscire al freddo gelido della notte. Anche se Katniss ha coperto la maggior parte dell’entrata della grotta da uno spiraglio entra l’aria umida e glaciale.
-Non andrò, promesso – dice e mi bacia ancora, si toglie le due giacche che indossa, la sua con sopra la mia, i guanti rudimentali fatti con un paio di calze bucate e torna accanto a me nel sacco a pelo. Non credevo sarebbe stato così facile, quindi per sicurezza le cingo la vita con un braccio in modo che non possa scappare da me. Voglio sentirla vicina.
Contrariamente a quanto avrebbe fatto di solito cede al contatto con me, spero non sia solamente una tattica per raggirarmi e aspettare che mi addormenti di nuovo per stordirmi o qualcosa di simile, ma non sembra niente di tutto ciò. Si gira verso di me, la mia mano scivola sulla sua schiena e le nostre labbra si incontrano nuovamente. Dovrei essere abituato ai suoi baci, ma sembra tutto più dolce, forse più vero.
Ma invece di un solo bacio isolato iniziano a essercene ancora, e ancora. Katniss sembra non volersi fermare mai e mi travolge, be’ se non può andare al festino deve regalare agli spettatori qualcosa di più che qualche bacetto.
Io ci sto, ovviamente,  e la stringo con più forza, la mano che si infila sotto la maglietta a cercare il contatto con la pelle, e poi risale sfiorando appena quella superficie nuova. Katniss, insaziabile, mi spinge da un lato e si mette col corpo sopra di me e si sfila la maglietta.
“NO ASPETTA COSA?!”
Già, si sfila la casacca rossa e poi torna a chinarsi su di me per invitarmi a fare lo stesso. Quasi me la strappa via e poi rimane a guardarmi con le mani appoggiate sul mio petto, il cuore che mi martella nella gabbia toracica.
Senza dire niente si sdraia appoggiando l’orecchio sul mio cuore e una mano su un fianco. Rimbocco il sacco a pelo attorno ai nostri corpi seminudi e le tengo un braccio attorno alla vita. Sento il suo respiro sulla pelle, è caldo e regolare, rassicurante. Giocherello con la sua treccia scura, mentre sto lì in silenzio senza trovare le parole per dire nulla. Per non rovinare quello che sta succedendo.
-Peeta… - dice Katniss in un soffio – voglio fare l’amore con te.
Ci metto un tempo più che considerevole per rielaborare quello che ho appena sentito. Non posso credere alle mie orecchie, ma è così, sono steso in una grotta con un piede, anzi tutta una gamba, nella fossa e la ragazza dei miei sogni mi chiede di fare l’amore con lei.
È più che un bel regalo prima di lasciare questo mondo.
Siccome non le rispondo alza la testa e mi fissa coi suoi occhi grigi, le faccio cenno di avvicinarsi e le sussurro in un orecchio – Sei sicura di volerlo, qua, adesso?
-Se non adesso quando? – chiede lei in tutta risposta. E ha ragione, non avremo altre occasioni, tutti occupati al festino e noi con il nostro piccolo momento di intimità.
Non ha bisogno che gli risponda, sa già che sono completamente suo. Quindi si toglie i pantaloni che lancia fuori dal sacco a pelo e poi riprende a baciarmi, le sue dita fredde scorrono sul petto fino ad arrivare ai miei pantaloni, e con un gesto frenetico slacciano il bottone. Mi aggrappo a lei, la mia ancora di salvezza e la stringo forte, i suoi seni premono delicatamente sul mio petto mentre le nostre labbra continuano a restare unite. Katniss sta continuando a spogliarmi spingendo via i calzoni con i piedi e la mia mano appoggiata sulla sua schiena risale seguendo la linea della spina dorsale che si sente anche a tatto fino a incontrare il reggiseno.
Mi rendo conto che non ho idea di come sia fatto quell’aggeggio, ma dopo un po’ che armeggio alla cieca riesco a toglierlo. Si stacca dal nostro lungo e intenso bacio, restando dritta sopra di me, l’aria fredda mi fa venire la pelle d’oca adesso che lei non è più a scaldarmi, la contemplo in tutto il suo splendore, eretta sopra di me. È magrissima, ma, come avevo già notato, ha delle curve perfette.
-Che c’è? – le chiedo preoccupato.
Rabbrividisce e torna a sdraiarsi accanto a me, la abbraccio e le scosto una ciocca di capelli da davanti al viso, sulla faccia ha un’espressione indecifrabile.
-Katniss – sussurro nel suo orecchio, in modo che solo lei possa sentirmi – Non dobbiamo farlo per forza, non devi farlo per me.
Purtroppo è vero. Non voglio che faccia qualcosa che non vuole solo per cercare di salvarmi, non avremmo comunque la certezza di un aiuto dagli sponsor.
-Non è che non voglia… - dice Katniss, poi esita cercando le parole che non trova.
La bacio, sulla guancia però, perché mi sembra un bacio più vero – Ti amo – dico dolcemente e so che è vero. Amo quella ragazza con tutto me stesso. Non mi importerebbe di morire se sapessi che lei sopravvivrà, ma non lo posso sapere.
Restiamo per un po’ in silenzio ad ascoltare i nostri respiri a vicenda che nell’aria gelida formano tante nuvolette, ma c’è il corpo nudo di Katniss a scaldarmi.
Non so cosa le passa per la mente, ma è inutile che mi sforzi di capirlo, c’è ancora così tanto che non so della ragazza di fuoco. Però all’improvviso mi prende il viso tra entrambe le mani e mi bacia ancora, anche se è diverso questa volta, è diverso ogni volta.  Questa volta è decisa ad andare fino in fondo, le infilo le mani nelle mutande e le sfilo via in un attimo, lei fa lo stesso con me e ci ritroviamo a guardarci negli occhi completamente nudi e parte di una cosa sola, un solo forte e pulsante calore che continua a crescere in me.
Mi circonda con le gambe sottili, ma forti, e entro dentro di lei. È un brivido di piacere a cui siamo entrambi estranei, mi sento rinvigorito rispetto ai giorni passati, ritrovo tutte le forze che avevo perso durante la malattia, se questa è l’ultima cosa che farò nella mia vita, voglio farla bene.
Ci rotoliamo nel sacco a pelo che ci avvolge e ci scalda e allo stesso tempo ci imprigiona, prima sono io sopra Katniss, poi lei sopra di me, che sorride, mi bacia, geme e sospira. È tutto così incredibilmente perfetto, la superficie morbida dei suoi seni, i suoi denti che mordono il mio collo, l’appagamento di ogni senso.
Il profumo della sua pelle, sa di bosco, di fumo da legna, erba verde tagliata e terra umida, mi lascio trasportare completamente, chiudo gli occhi mentre il piacere mi inonda.
“Grazie” penso distrattamente. Ma spero che non sia per me che lo sta facendo, ma per noi.
Mi riparo dalla paura dell’arena nascondendo la faccia sul suo petto, riesco a sentire il battito del suo cuore, forte quasi quanto il mio, mentre mi accarezza i capelli e mi stringe a sé quasi per dire “Resta con me”.
E io sono con lei, sono in lei, e non potrei desiderare niente di meglio. Neanche tornare a casa sembra così importante adesso. Potrei vivere per sempre in questa grotta con la ragazza che amo.
Continuiamo per molto, sotto gli occhi di migliaia di spettatori invisibili. Sicuramente qualche addetto alle telecamere si sarà accorto del “movimento” nella caverna dei due giovani amanti e avrà spostato l’attenzione del festino a noi due, ma non mi importa adesso che posso godere di Katniss veramente tutta mia. È sopra che continua a muoversi avanti e indietro quando il cannone spara.
Il colpo di morte echeggia più forte di come io l’abbia mai sentito.
Katniss spalanca gli occhi spaventata, poi il suo volto si contorce in un urlo muto, i lineamenti distorti, tesi, paralizzati in un grido di paura e disperazione che non emette alcun suono.
-Katniss! Che succede!? Stai bene? – grido, ma lei non mi risponde. Paralizzata.
La scuoto per le spalle ma appena la tocco apre gli occhi, sono quelli della ragazza del distretto 6 e Katniss esplode.
Il sangue schizza su tutte le pareti della grotta tingendole completamente di un rosso scuro e appiccicoso, cola sulle pareti e gocciola dal soffitto. È una quantità impressionante, mi guardo e anche io ne sono completamente ricoperto, sento il sapore ferroso dentro la bocca.
Non capisco cosa diavolo sia successo, inizio a urlare il suo nome invano, provo ad alzarmi per lavarmi al torrente del sangue che mi ricopre da capo a piedi, sento che mi appiccica i capelli alla fronte, ma mi rendo conto che sono come inchiodato a terra. Senza possibilità di fuga da quell’inferno.
Sono confuso, non capisco quello che sta accadendo attorno a me, se è un sogno, il cannone ha suonato veramente? Allora quei momenti perfetti che ho vissuto con Katniss erano solamente uno scherzo della mente? E in tutto il tempo che io sono stato qui a dormire che cosa è successo nell’Arena.
Apro gli occhi e il sangue c’è veramente.
Una pozza di un rosso lucido si spande sotto il corpo di Katniss accasciata a terra accanto al sacco a pelo e con una brutta, bruttissima ferita alla testa. E se fosse troppo tardi per salvarla? Meglio non perdere tempo allora.
Non riesco assolutamente a capire che cosa mi sia successo, ma riesco a far forza sulle braccia e trascinarmi fino allo zaino di Katniss per prendere il kit di pronto soccorso senza troppa fatica. Poi vedo il foro sul braccio e la siringa vuota immersa nel sangue di Katniss.
Ha un’emorragia spaventosa, e io sono bravo con le medicazioni quanto uno scimpanzé sa guidare una macchina. Cerco di imitare i gesti che lei ha fatto con la mia gamba. Per prima cosa la tiro su dal sangue e cerco di appoggiarla alla parete per farla stare con la testa alta e diminuire il fiotto che continua a uscire dal taglio. Se continua a uscire significa che per lo meno è viva. Solo Clove avrebbe potuto fare una cosa del genere.
Lavo la ferita con l’acqua che trovo accanto al mio giaciglio, probabilmente lei l’aveva lasciata lì pronta per me se non fosse riuscita a tornare al mio risveglio, in vece è qui, non sana, ma salva.
Premo il cotone sulla ferita e avvolgo la garza stretta attorno alla testa facendo più giri possibili per assicurarmi che non ceda. Scotta di febbre e ha lo stesso colore pallido del marmo. Sono nel panico. Apro il sacco a pelo completamente e ce la avvolgo dentro, le tolgo gli scarponi completamente zuppi che la farebbero stare solamente peggio e le avvolgo i piedi con cura nella mia giacca. Anche se è sera tardi non sento freddo e, soprattutto, è più importante pensare a lei piuttosto che a me.
Passo non so quanto tempo a farle la guardia sperando che si svegli. Mi tengo pronto a un attacco e tengo il coltello stretto tra le mani, forse riuscirei a colpire prima che l’aggressore riesca a entrare nel pertugio che Katniss ha lasciato mimetizzando l’ingresso della caverna.
Esco quando suona l’inno di Panem. È il mio unico mezzo per scoprire che cosa è successo al festino.
Piove moltissimo, forse gli Strateghi vogliono concedere a tutti un momento di respiro dopo il sangue che è stato versato oggi, o forse metterci in difficoltà. Non saprei dire a chi è destinato questo acquazzone. Nel cielo appare la foto di Clove.
Vederla lassù nel cielo tra le nuvole grigie mi mette una tristezza che non riesco a definire. È l’unica persona a cui mi sono veramente avvicinato all’interno dell’arena. Cato sarà infuriato, non oso immaginare il colpevole, spero solo non sia Katniss. Torno dentro, cercando di pensare ad altro e tenermi occupato.
Il mio stomaco brontola per la prima volta dopo tanto tempo, frugo nello zaino alla ricerca di provviste e mangio tre pezzi di fagiano, la carne è grassa e fibrosa. Mi riempie completamente, ma poi mi sento in colpa perché ne ho lasciato troppo poco per Katniss e lei non è nelle condizioni di cacciare in questo momento. Vorrei uscire a cercare io del cibo, ma non ne sarei capace. Non esiste una pianta del pane purtroppo.
L’acqua inizia a filtrare dal soffitto del nostro piccolo riparo, è solo un rivolo ma minaccia di diventare più consistente quindi prendo il telo di plastica impermeabile che Katniss aveva steso sotto il sacco a pelo e creo una copertura che convoglia l’acqua in un angolo della grotta. È un lavoro lungo e non facilissimo ma alla fine riesco a impedire alla pioggia di bagnare la mia malata.
Non posso che guardarla e sperare che si svegli presto. Vederla così mi fa sentire completamente inutile.
Sembra che abbia smesso di sanguinare, e ha ripreso un po’ di colore, ma rimane priva di sensi. Aspetto il suo risveglio senza riuscire a chiudere occhio per tutta la notte. Mi torturo nell’idea che il cannone possa suonare da un momento all’altro senza che io possa salvarla in nessun modo.
Con un pezzo di cotone imbevuto d’acqua le pulisco il viso sporco del suo stesso sangue, la prendo per mano e aspetto, aspetto perché non posso fare nient’altro. Mi preoccupo che sia ben calda dentro il sacco a pelo. Gli scarponi sono troppo bagnati per rimetterglieli ai piedi, peggiorerei solo la sua febbre.
-Katniss, Katniss non mi lasciare – sussurro mentre le accarezzo la treccia – Katniss resta qui con me
Continuo a ripetere la stessa frase non so quante volte, e inizio a piangere come un bambino, all’inizio mi faccio forza, ma poi penso che farebbe semplicemente più scena e non ho motivo di trattenere le mie emozioni. Le accarezzo il dorso della mano con il pollice con un gesto ripetitivo, e aspetto il giorno.
-Resta con me.

Ditemi che ci siete rimasti male, ditemi che avete pensato che fossi completamente impazzito, ditemi che non ve lo aspettavate, insomma DITEMI!
Sono riuscito ad aggiornare prima di quanto avrei sperato e mi impegnerò a completare il prossimo capitolo prima possibile.
Per questo capitolo le recensioni sono obbligatorie.
Ovviamente scherzo, ma il mio intento era stupirvi un po' e voglio sapere se ci sono riuscito :)
Spero che non l'abbiate presa a male se ho voluto infilare una scena di sesso che non era prevista, ma non ci crede nessuno che Peeta non si sia sparato dei segoni mentali sì mentali... sull'affascinante ragazza del Giacimento, quindi pazienza. Come accennato nella dedica è stata un'idea che mi ha suggerito un'amica e fan numero 1 (che tra l'altro è la buon anima a cui ho rubato il libro) e mi sembrava giusto citarla ahaha
Spero come sempre che il capitolo vi piaccia, se vi va di farmelo sapere sarò lieto di rispondere ai vostri pareri e magari fatevi un salto anche sulla pagina facebook che ho creato come autore per tenermi/vi aggiornato/i
https://www.facebook.com/samubura.
Ci sentiamo presto!
-samubura-

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 22 ***


Le prime luci dell’alba si insinuano nelle spaccature della grotta.
Per tutta la notte non ha smesso di piovere e Katniss non si è ancora svegliata.
Respira sommessamente, il petto che si alza e si abbassa. Durante la notte le ho cambiato la fasciatura, ma appena ho allentato la benda la ferita ha ripreso a sanguinare. Ho paura che muoia tra le mie mani sicuramente inesperte. Non sono un guaritore, sono un fornaio.
In compenso la mia gamba è quasi completamente guarita, la ferita si è ristretta e la gamba non è più gonfia. La pelle, che prima era lucida e arrossata, adesso è tornata di un colorito normale.
Inizia a dare segni di vita e le accarezzo la guancia piano per svegliarla, socchiude gli occhi, ma sembra non riconoscermi – Katniss, Katniss mi senti? – dico con l’emozione che mi fa tremare la voce, se riprende coscienza potrebbe anche riuscire a curarsi da sola. Mi guarda smarrita, poi ritorna in sé.
-Peeta – il mio nome suona più bello pronunciato dalle sue labbra.
-Ehi, che bello vedere di nuovo i tuoi occhi – ed è proprio così, quegli occhi grigi che mi fissavano nel sogno, quegli occhi luminosi con il fuoco dentro.
-Per quanto tempo sono rimasta incosciente? – chiede. Si sta già riprendendo.
-Non lo so di preciso. Mi sono svegliato ieri sera e tu eri distesa in una pozza di sangue davvero spaventosa – l’immagine di Katniss accasciata nel suo stesso sangue mi passa per la mente e rabbrividisco.
– Penso che non sanguini più, ora, ma se fossi in te non cercherei di alzarmi o fare altro.
Alza un braccio lentamente per toccare la benda che ha attorno alla testa, si muove come se ogni semplice gesto le costasse una grande fatica. Prendo una bottiglia d’acqua e la faccio bere, ricordandomi di quanto fosse importante per Katniss che io bevessi mentre ero malato. Si attacca al collo della bottiglia e la beve quasi tutta poi ricomincia a parlare – Tu stai meglio – dice, non c’è espressione nella sua voce, solo parole messe in fila.
-Molto meglio – rispondo con un sorriso – Qualunque cosa tu mi abbia iniettato nel braccio, ha funzionato – cerco di usare il tono più ottimista possibile, in realtà sono arrabbiato con lei perché ha rischiato troppo per me, ma adesso non è il momento di farle la ramanzina. Sono troppo felice che sia viva per preoccuparmi di nient’altro.
-Stamattina era sparito quasi tutto il gonfiore alla gamba – riprendo. Uso un tono dolce e rassicurante, ha bisogno solamente di questo per il momento.
Non riesco a guardarla nello stesso modo di prima, l’esperienza del sonnifero mi ha profondamente turbato. Che cosa erano quelle immagini generate durante il mio sonno? Pura follia, eppure…
-Hai mangiato? – chiede lei ritrovando la preoccupazione per il malato terminale che ero.
-Mi spiace dire che ho ingoiato tre pezzi di quel fagiano prima di rendermi conto che sarebbe dovuto bastare per un po’. Non ti preoccupare, sono di nuovo a dieta stretta – la battuta mi esce spontanea come sempre, sono stato veramente uno stupido a non pensarci. Con Katniss in queste condizioni dovrà passare parecchio tempo prima che vediamo del cibo come si deve.
-No, va bene – dice, ma ho l’impressione che sia solo per non farmi preoccupare troppo – Hai bisogno di mangiare. Presto andrò a caccia – dice, ma credo non si renda conto di quanto è grave per il momento.
-Non troppo presto, d’accordo? Lascia che mi prenda cura di te, per ora.
Prendo dallo zaino un pezzo di fagiano e lo divido in piccoli bocconi per farglielo mangiare meglio assieme a una manciata di uva passa. Continuo a farla bere e non rifiuta niente delle mie cure. Ripensandoci non devo essere stato un paziente facile come lo è lei ora.
-Hai freddo? – le chiedo, perché in effetti l’aria è gelida questa mattina, e il mio tentativo di riparo dalle infiltrazioni non può assolutamente nulla contro l’umidità che penetra fino alle ossa.
-No – risponde, ma controllo comunque, i piedi nudi sono gelidi, li riscaldo sfregandoli per un po’ con le mani, poi li riavvolgo nella mia giacca e la aiuto a infilarsi bene dentro al sacco a pelo, quando si muove devo sorreggerla delicatamente perché potrebbe cadere da un momento all’altro se la lasciassi sola anche per un momento.
-I tuoi scarponi e le tue calze sono ancora umidi, e il tempo non aiuta molto. Mi domando quale sia la causa di questo temporale, chi sarà il bersaglio? – è un modo discreto per farmi raccontare cosa è successo al festino, non mi va di premerla troppo perché non voglio stancarla, ma sono curioso e devo sapere perché così posso tenermi pronto da eventuali attacchi che temo moltissimo adesso che la mia protettrice è ferita e io non mi sono del tutto ripreso.
-Cato e Tresh – risponde Katniss in maniera meccanica – Faccia di Volpe sarà nella sua tana da qualche parte, e Clove… mi ha ferito, e poi… - non riesce a finire la frase, un lamento soffocato le esce dalla gola.
Come immaginavo è stato uno dei coltelli voltanti di Clove a ferire Katniss, è un miracolo che sia ancora viva.
-Clove è morta. L’ho visto nel cielo la scorsa notte – dico per evitarle la sofferenza di parlarne – L’hai uccisa tu?
Mi sorprendo di notare che questo dettaglio mi interessa più di quanto dovrebbe. Ma nascondo la mia preoccupazione, dubito che Katniss potrebbe comunque accorgersene, frastornata com’è, ma gli spettatori? Non è certo pietà quella che prova un tributo alla morte di un avversario.
-No. Tresh le ha spaccato la testa con un sasso – risponde e l’immagine del cranio fracassato di Clove mi sfreccia davanti agli occhi mettendomi un profondo malumore addosso.
-Fortuna che non ha preso anche te – dico, cercando di tirare su entrambi. Anche Katniss è stanca dell’alone di morte che ci circonda.
-Mi ha preso. Ma mi ha lasciato andare – dice Katniss con lo sguardo perso a rievocare quelle immagine di paura. Tresh, il gigante silenzioso ha risparmiato la fragile ragazza del distretto 12. E se fossimo tutti stanchi di ucciderci? La capitale troverebbe comunque un vincitore, ma sarebbe una grande ribellione.
Poi penso a Cato, lui non sarà mai stanco di uccidere, lui cercherà vendetta per la sua Clove. Avrei fatto lo stesso, con non meno brutalità.
La mia curiosità non riesce a resistere questa volta e devo chiederle del festino. Sembra si sia ripresa abbastanza per parlarne.
-Che significa che ti ha lasciata andare? – domando. Non ho mai visto un tributo che sceglie di risparmiarne un altro quando ha la possibilità di ucciderlo. Un avversario in meno, sempre. Ma Tresh no.
-Mi ha lasciata, per Rue – continuo a non capire, che c’entra adesso la ragazzina del distretto 11? Ma Katniss inizia a raccontarmi tutto per filo e per segno – Mi sono alleata con lei, è stata lei a indicarmi il nido di aghi inseguitori quella notte.
Ma tu guarda la timida ragazzina che si teneva in disparte e che aveva preso un incredibile punteggio all’addestramento. In effetti per essere così piccola è sopravvissuta molto a lungo.
-È stata con me per un paio di giorni, mi ha curata dalle punture mentre ero svenuta, poi abbiamo organizzato insieme il piano per distruggere le provviste dei favoriti, ma mentre io ero via per far esplodere la piramide.. – la voce si spezza in singhiozzi mentre cerca di raccontarmi il momento della morte di quella bambina, non so se le mie orecchie vogliono sentire, ma mi costringo ad ascoltarla, mi siedo accanto a lei e lascio che appoggi il capo sulla mia spalla mentre le accarezzo i capelli raccolti nella treccia che la distingue sempre.
-Katniss, non importa… non è necessario che tu me lo dica adesso, se non te la senti – cerco di rassicurarla.
-Lei era lì… non ho potuto fare niente…– continua mentre le lacrime iniziano a rigare le sue guancie - ho ucciso il ragazzo del Distretto 1- aggiunge rabbuiandosi.
-Io ho ucciso la ragazza del distretto 8. E forse anche altri indirettamente – commento con una voce che mi suona innaturale  e distaccata. Mi guarda, come se non credesse che fossi in grado di uccidere, ma nell’arena siamo tutti legati dallo stesso fine. Vivere o morire.
-Ho cantato per lei finché non è morta. Non volevo lasciarla andare come chiunque altro. Era così piccola – dice, con ritrovata calma nella voce. È ancora scossa ma adesso riesce a parlare senza che i singhiozzi del pianto la interrompano – Ho coperto il suo corpo di fiori – dice con determinazione.
Sono colpito dal suo gesto, è qualcosa di incredibilmente insolito e non pensavo di trovare in lei un lato così dolce e sensibile, non qua nell’arena di sicuro, invece eccola a commuoversi mentre racconta della piccola Rue con una lancia nello stomaco. Poi aggiunge sottovoce – Per farglielo vedere, per fargli vedere che non si uccide una ragazzina in questo modo. Il suo distretto mi ha mandato come ringraziamento una pagnotta.
Non so cosa risponderle. Capisco quello che intende, è quello che le ho detto sul tetto del Centro di Addestramento. Quel giorno sembra così lontano ripensandoci. Non so neanche quanto tempo è passato. Lei l’ha fatto, lei che non ci credeva, lei ha sputato in faccia alla Capitale tutto il suo disprezzo.
Lei non parla più, prima che la conversazione cada nel dimenticatoio le chiedo – Ma Tresh? – riportandola al tema centrale del nostro discorso.
-Ah, sì, giusto. Mi ha guardato e ha detto che mi lasciava andare per Rue, ma solo per questa volta, perché non siamo più in debito.
-Ti ha lasciato andare perché non voleva esserti debitore? – chiedo un po’ incredulo.
-Sì. Non mi aspetto che tu capisca. Tu hai sempre avuto abbastanza per vivere. Ma se tu vivessi nel Giacimento non dovrei spiegartelo – risponde tagliando corto. Mi fa arrabbiare, come se io fossi poi così diverso da lei. Ma adesso siamo nella stessa barca.
-Non provarci nemmeno. È ovvio che sono troppo ottuso per capire – ribatto un po’ acido. Sono le prime parole che mi vengono in mente, forse avrei dovuto tenere a freno la lingua.
-È come per il pane. Mi sembra di non riuscire a rassegnarmi di esserti debitrice – mi spiega lei, venendo incontro alla mia reazione brusca.
-Il pane? Cosa? – questa è bella, allora è vero che non si è dimenticata di me – Di quando eravamo ragazzini? Credo che ora possiamo lasciarlo perdere. Vogliamo dire, mi hai appena riportato indietro dal regno dei morti.
-Ma non mi conoscevi. Non ci eravamo neanche mai parlati. E poi è sempre il primo regalo quello più difficile da ricambiare. Non sarei nemmeno stata qui a provarci, se tu non mi avessi aiutata allora – continua compre a cercare di chiarirmi la faccenda dei debiti, le do ragione adesso. Forse siamo troppo diversi per capirci – E comunque, perché l’hai fatto? – chiede.
La domanda mi coglie di sprovvista – Perché? Lo sai perché – rispondo in modo poco chiaro, ma volutamente. Lei scuote la testa facendomi cenno di non avermi capito – Haymitch l’ha detto che non sarebbe stato facile convincerti – mi lascio sfuggire. Fortunatamente Katniss non capisce, e cerco di uscire dal discorso facendo meno danni possibile. Nessuno deve capire che il nostro amore è una messa in scena voluta dal nostro mentore, e non solo. Se sono fortunato Cato e Tresh staranno combattendo e noi non siamo neanche andati in onda. Lo spero.
-Quindi, Cato e Tresh, eh? Immagino che sia troppo sperare che si distruggano a vicenda – concludo.
-Penso che Tresh ci piacerebbe. Penso che sarebbe nostro amico, nel Distretto 12 – dice Katniss confusa.
-Allora speriamo che Cato lo uccida, così non dovremo farlo noi – dico io con voce grave. È un commento che non mi si addice troppo, ma lo ammetto preferirei uccidere Cato che colui che ha risparmiato la mia Katniss e ha salvato me di conseguenza. Sono io che devo qualcosa al ragazzo del distretto 11.
All’improvviso gli occhi di Katniss si fanno nuovamente lucidi e gonfi di pianto. Questa volta non me lo spiego, ho paura che stia peggiorando –Cosa c’è? Senti molto male? – le chiedo ansioso.
-Voglio andare a casa, Peeta – risponde frignando.
-Ci andrai. Te lo prometto – dico in tono rassicurante, poi la bacio per non far dimenticare a nessuno che siamo innamorati sventurati, è quella la nostra unica speranza per tornare a casa.
-Voglio andare a casa adesso – continua Katniss come una bambina capricciosa.
-Ti dico cosa farai. Ti riaddormenterai e sognerai casa tua. E ci arriverai prima che tu te ne renda conto. D’accordo? – forse è solo stanca, meglio che si riposi e riprenda le forze. La tregua dello scontro di Cato e Tresh non durerà per molto. Sono curioso di quello che potessero contenere i loro zaini del festino. Cibo? Armi? Non lo so, qualcosa di comunque molto prezioso per dare a tutti i tributi un dono dello stesso livello per cui morire.
-D’accordo  - sussurra – Svegliami, se hai bisogno che faccia la guardia.
-Sto bene e sono riposato, grazie a te e a Haymitch. E poi chissà per quanto tempo durerà?
Scivola in un sonno profondo e sono di nuovo solo.
Vorrei uscire finalmente dalla grotta, dopo la mia lunga prigionia, ma piove troppo e mi affaccio dalla fessura che Katniss ha lasciato aperta. Respiro l’aria pulita, attento che non ci sia nessuno nei paraggi, ho con me il coltello stretto nel pugno destro. Cammino per un po’ avanti e indietro nel vano tra i sassi saggiando la resistenza della mia gamba quasi guarita, cede quando ci appoggio il peso troppo a lungo, ma riesco a trascinarla senza sforzarmi troppo mentre cammino.
Mi prendo un po’ di tempo solo per me. Katniss non sanguina più e sembra aver ripreso un po’ di colore. L’ho vista debole per la prima volta oggi, mentre piangeva come una bambina bisognosa di cure. Anche io voglio tornare a casa, anche io voglio che tutto questo finisca. Più la fine si avvicina, più diventa desiderabile. Se penso che prima di entrare nell’arena non sapevo neanche se sarei riuscito a sopravvivere un giorno, adesso che sono qui a un passo dal traguardo mi viene da sperare di non avercela fatta e essere rimasto steso morto come quei tanti ragazzi attorno alla Cornucopia.
Il tempo passa senza che accada nulla, rimango per la maggior parte del pomeriggio a guardare Katniss che dorme, tranquilla. Quando l’ho baciata prima, mi sono sentito strano. Le sue labbra mi hanno dato un brivido elettrico. Se siamo troppo vicini  non riesco a non pensare al mio strano sogno, nello stesso tempo paura di averla e di perderla.
Il temporale peggiora, cerco di fare il possibile per coprire Katniss e far reggere la mia copertura improvvisata. Almeno occupo il mio tempo, lei continua a dormire come un angelo e non ho nessuna intenzione di disturbare il suo riposo. Le infiltrazioni d’acqua che prima sgocciolavano soltanto adesso si sono trasformate in dei torrenti, metto la pentola dove Katniss aveva cucinato la zuppa sotto quello più grande e dopo un attimo è già piena di acqua fangosa. Mi riparo accanto a Katniss nell’unico spazio che è coperto completamente dal telo di plastica. Sta scendendo la sera e il mio stomaco, brutto a dirsi, borbotta.
-Sveglia principessa – sussurro e le stampo un bacio sulle labbra.
Apre gli occhi lentamente, poi si rende conto del disastro che il nostro rifugio è diventato, anche se ho fatto meglio che potevo, non posso recuperare la situazione critica.
-Ho fame, tu? – chiede Katniss. Sono rincuorato che sia stata lei a dirlo per prima.
-Dobbiamo razionare il cibo? – ce ne è rimasto veramente poco, contando che Katniss non sarà in grado di cacciare per un po’, e che tutte le possibili prede saranno ben nascoste nelle loro tane con tutta questa pioggia. Dubito anche che gli sponsor possano pagarci un pranzo a questo punto del programma.
-N, finiamolo. Il fagiano sta diventando vecchio e l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è stare male per del cibo avariato – risponde lei, sembra fiduciosa che presto avremmo altro cibo fresco, ma io non riesco ad esserlo altrettanto.
Mangiamo più piano che possiamo il poco che abbiamo a testa, ma non basta neanche a placare la sensazione di fame.
-Domani sarà un giorno di caccia – dice Katniss in tono vagamente allegro.
-Non sarò di grande aiuto, in quello – ammetto – Non ho mai cacciato prima.
-Io ucciderò e tu cucinerai, e poi puoi sempre raccogliere qualcosa – dice Katniss che sembra aver ritrovato un ottimismo invidiabile.
-Vorrei che là fuori ci fosse qualche tipo di pianta del pane – dico in preda al desiderio irrefrenabile di mettere qualcosa sotto i denti.
-Il pane che mi hanno mandato dal Distretto 11 era ancora caldo. Tieni, mastica queste – dice allungandomi qualche foglia di menta. Le metto in bocca e le mastico per un po’ sprigionando un sapore fresco e dolciastro.
L’inno di Panem risuona solenne ma non si riesce quasi a distinguere il resoconto dei tributi caduti. Nessuno a quanto pare, neanche oggi. Staranno ancora combattendo?
-Dov’è andato Tresh? Voglio dire, cosa c’è all’altra estremità della spianata? – mi chiede Katniss una volta tornati entrambi dentro alla grotta. Riesce a muoversi bene, domani cacceremo sul serio se sarà bel tempo.
-Un campo. Fin dove si riesce a vedere, è pieno di piante alte quanto me. Non so, forse alcune sono di cereali. Ci sono chiazze di colori diversi. Ma non ci sono sentieri – rispondo per quanto so da quello che ho potuto vedere dal campo dei favoriti.
-Se alcune sono di cereali, di certo Tresh le sa riconoscere – dice Katniss sicura – Tu ci sei stato?
-No. Nessuno voleva davvero inseguire Tresh là in mezzo. Ha un che di sinistro. Ogni volta che guardo quel campo, riesco solo a pensare che ci sono cose nascoste. Serpenti, animali rabbiosi, sabbie mobile. Potrebbe esserci qualcosa là dentro – rispondo cercando di ricordare quanto più posso di quella zona.
-Forse in quel campo c’è una pianta del pane – scherza Katniss – Forse è per questo che Tresh sembra meglio nutrito adesso di quando abbiamo iniziato gli Hunger Games.
-O è così o ha sponsor molto generosi – constato io - Mi domando cosa dobbiamo fare per indurre Haymitch a mandarci un po’ di pane.
È una frase “in codice” so che Katniss mi capirà senza capire che so benissimo il trucco che il nostro mentore ha organizzato. Dolcezza, se credi di essere un passo avanti a me, ti sbagli.
Coglie al volo l’occasione e allunga la mano a prendere la mia, i suoi polpastrelli mi fanno il solletico sul dorso del polso –Be’, probabilmente Haymitch ha usato parecchie risorse per aiutarmi a mettere te fuori combattimento – mi ricorda in tono falsato dal suo tentativo di commediola. Solo i telespettatori di Capitol City potrebbero bersi una storia simile.
-Ecco, a proposito non provare a rifarlo un’altra volta – dico in tono serio intrecciando le nostre dita, un gesto così semplice che mi fa rizzare tutti i peli.
-Altrimenti? – domanda in tono provocatorio.
-Altrimenti… altrimenti… - la domanda mi coglie assolutamente impreparato – Dammi solo un minuto – dico mentre cerco di riordinare le mie preoccupazioni di quel giorno in un discorso che le faccia capire che ha sbagliato.
-Qual è il problema? – chiede, sorridendo perché sa che ha la vittoria in pugno in questa discussione. Ma devo fare qualcosa per farla ricredere.
-Il problema è che siamo entrambi vivi. Cosa che rafforza nella tua testa l’idea che hai fatto la cosa giusta – rispondo arrabbiato. Mi pesa non riuscire a farle quanto sono stato male pensando di averla persa per sempre.
-Ho fatto davvero la cosa giusta – ribatte cocciuta.
-No! No, Katniss! – grido e le stringo più forte la mano – Non morire per me, non mi faresti certo un favore. Siamo d’accordo?
-Forse l’ho fatto per me stessa, Peeta, ci hai mai pensato? Forse non sei l’unico… che si preoccupa per.. ciò che succederebbe se… - cerca di finire la frase, ma non ci riesce. Sicuramente non è l’emozione che la interrompe, semplicemente è più difficile doversi inventare le cose che dire quello che ti suggerisce il cuore.
-Se cosa, Katniss? – non uso il suo stesso tono provocatorio, perché ho capito quello che vuole fare e meglio reggerle il gioco. Anche io ho fame dopotutto.
-Questo è proprio il genere di argomento da cui Haymitch mi ha detto di stare alla larga – dice cercando di cambiare discorso. So benissimo che Haymitch non ha detto niente di simile. Non avrebbe alcun senso, ma Capitol City non lo sa.
-Allora dovrò essere io a riempire i vuoti.
Non ci penso neanche, faccio la prima cosa che mi viene in mente. Mi avvicino a lei e la bacio.
Lo capisco subito che è un bacio diverso da quelli che ci siamo scambiati negli ultimi giorni. All’inizio non riesco a spiegarmelo, poi mi rendo conto, che prima ero io malato e debole, forse anche un po’ incosciente, poi Katniss per via del taglio alla testa, ma adesso, in questo preciso istante siamo entrambi consapevoli che ci stiamo baciando. Anche per lei vale la stessa cosa, infatti ci mette molta più passione, cerca le mie labbra famelica, vorrei che questo momento non finisse mai. Mi stacco da lei solo per riprendere fiato, ma poi mi rendo conto che la macchia sotto la benda che ha sulla testa si è visibilmente allargata quindi il bacio che avrei voluto continuare è costretto a interrompersi bruscamente.
-Credo che la tua ferita stia sanguinando di nuovo. Su, sdraiati, tanto è ora di andare a letto.
Le faccio infilare le calze che si sono asciugate per quanto sembri impossibile dall’umidità che c’è nell’aria. Sopporto bene il freddo, ma Katniss insiste a farmi riprendere la mia giacca. Vorrei che fosse lei a tenerla, ma non ce la faccio a rifiutare.
-Faccio io il primo turno di guardia, ho dormito tutto il giorno. Vai pure a riposarti – suggerisce.
-No, non voglio che resti qua da sola al freddo. Almeno entra nel sacco a pelo insieme a me – le dico io – e poi avresti bisogno di riposarti
-Tranquillo, Peeta, ce la faccio benissimo.
-Katniss, stai tremando – le faccio notare, mentre apro la zip del sacco per dormire e glielo indico per invitarla a entrarci.
Sbuffa un po’, ma poi si sdraia accanto a me. È la prima volta che sembra di starci stretti insieme. Ci metto un po’ a sistemarmi, Katniss appoggia la testa sul mio braccio e con quello che resta libero le cingo la vita. È strano essere così vicino a lei in quel sacco a pelo. Ma tengo lontano la mia “perversione” e cerco di addormentarmi.
-Svegliami quando non ce la fai – le dico dolcemente prima che il sonno prenda il sopravvento.
Dormo per non so quanto, un sonno tranquillo e riposante. Senza sogni di nessun genere. Quando Katniss, mi chiama non faccio neanche troppa fatica per svegliarmi.
-Domani, quando sarà asciutto, troverò un posto talmente in alto sugli alberi che potremo dormire tutt’e due in pace – promette fiduciosa prima di sprofondare nel sonno.
Le tolgo gli occhiali per la visione notturna che indossava e il mondo buio prende tutta un’altra forma. Cerco di immaginarmi mentre mi arrampico su un albero, ma credo che farei la brutta fine di Cato quando cercava di raggiungere Katniss.
Vedo tutto nitidamente nella grotta, fare la guardia serve a poco, la pioggia scorre ancora incessante molto forte. E comunque se qualcuno dovesse trovarci avremmo ben poche possibilità di combattere in questo buco. Preferisco non pensarci e mi incanto a guardare il ritmico gocciolare del soffitto della grotta.
L’alba sopraggiunge e Dopo poco Katniss si sveglia. È un male che entrambi siamo svegli già da così presto, perché non abbiamo cibo e avremo ancora più fame.
In più non abbiamo possibilità di andarlo a cercare fuori. Da ieri sera il tempo è peggiorato ancora, i tuoni rombano nel cielo e ogni volta sussulto scambiandoli per il colpo di cannone. L’acqua scorre a fiumi fuori dalla grotta e anche dentro, ma per fortuna abbiamo il nostro piccolo riparo.
-Magari possiamo uscire a raccogliere delle erbe, se mi insegni quali sono buone posso darti una mano – dico io a un certo punto, non ce la faccio più a stare qui fermo, ho i crampi allo stomaco. Katniss sembra riuscire a resistere decisamente meglio di me.
-Sarebbe tutto inutile, Peeta – risponde saggiamente con la sua esperienza di cacciatrice – Non riusciresti a vedere oltre il tuo naso e finiresti solo per infradiciarti. Non voglio che ti riammali.
Taccio. Perché so che ha ragione, purtroppo.
Facciamo passare il tempo, restiamo nel sacco a pelo insieme, ma non c’è niente di romantico nei nostri stomaci che brontolano. Non accade assolutamente niente per tutto il giorno e arriviamo a sera che ci sentiamo entrambi male per la fame. Nessuno dei due ha voglia di parlare e quindi non mi sforzo nemmeno di cercare una conversazione. In compenso ho recuperato tutto il sonno di cui avevo bisogno, senza nient’altro da fare prendiamo questo giorno come una possibilità di riposo.
-Peeta, durante l’intervista hai detto che hai una cotta per me da sempre. Da sempre quando? – chiede Katniss all’improvviso.
La domanda mi fa arrossire e non ho una risposta pronta, ma so benissimo il momento in cui ho notato per la prima volta la ragazza del Giacimento.
-Oh, vediamo. Credo dal primo giorno di scuola. Avevamo cinque anni. Tu indossavi un vestito rosso scozzese e i tuoi capelli… erano pettinati in due trecce invece di una. Mio padre ti indicò mentre aspettavamo di metterci in fila.
-Tuo padre? Perché? – chiede sorpresa.
-Mi disse: «Vedi quella bambina? Volevo sposare sua madre, ma lei è scappata con un minatore di carbone» - rispondo tranquillo. Penso ai guai in cui sto cacciando mio padre, ma mia madre sa benissimo che una volta mio padre era innamorato della signora Everdeen.
-Cosa? Te lo stai inventando! – mi accusa.
-No, è vero – dev’essere un bel colpo per lei – E io gli chiesi: «Un minatore di carbone? Perché ha voluto un minatore di carbone quando poteva avere te?» Lui rispose: «Perché quando canta… si fermano ad ascoltare persino gli uccelli».
-Questo è vero, lo fanno. Voglio dire, lo facevano - dice lei.
-Poi quel giorno, alla lezione di musica, la maestra ha domandato chi sapeva la canzone della valle. La tua mano si è alzata di colpo. Lei ti ha messo su uno sgabello e ti ha fatto cantare per noi. E lo giuro, ogni uccello fuori dalle finestre si è zittito.
Ricordo a perfezione quel giorno come fosse ieri. Mentre racconto tutti i minimi particolari mi ritornano in mente, creando un’immagine nitida del mio primo incontro con Katniss.
All’inizio la mia era solo curiosità, mio padre mi aveva detto che era innamorato di sua madre, quindi quella bambina aveva un significato speciale per me, ma niente di più, poi mi ero reso conto che era la prima volta che guardavo tanto una ragazza e non sapevo spiegarmi il perché, ma poi, quando aveva cantato, mi si era fatto tutto più chiaro. Ogni giorno avrei aspettato la lezione di musica per ascoltare quella voce stupenda.
Quando il padre di Katniss era morto, lei aveva smesso di cantare. Eravamo già più grandi, ma ricordo come la bambina allegra del primo giorno di scuola si era trasformata in una ragazza chiusa e introversa.
-Oh, per favore – dice Katniss scoppiando in una risata spontanea.
-No, è successo. E appena la canzone è finita, ho capito che ero spacciato, proprio come tua madre. Poi per i successivi dodici anni, ho tentato di trovare il coraggio di parlarti.
-Senza riuscirci – aggiunge Katniss.
Già, non ho trovato il coraggio di parlare a una ragazza, ma sto combattendo fino alla morte negli Hunger Games, paradossale.
-Senza riuscirci – confermo io – Quindi, in un certo senso, il fatto che il mio nome sia stato estratto alla mietitura è stato un vero colpo di fortuna – aggiungo sarcastico.
-Hai una.. memoria notevole – dice Katniss in tono esitante, all’improvviso sembra turbata e non capisco il suo stato d’animo.
-Ricordo tutto di te – le sussurro, mentre le sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio – Sei tu che non prestavi attenzione.
-Adesso sì – ribatte confusa.
-Be’, non ho molta concorrenza, qui.
-Tu non hai molta concorrenza in nessun posto – dice tirando fuori le parole a fatica. È la prima volta che qualcosa di dolce che mi dice, suona vero. O fa progressi come attrice, oppure…
Si china verso di me e mi bacia, le nostre labbra si sfiorano appena e un colpo batte fuori dal nostro riparo. Non riesco a capire cosa possa essere, e ci prepariamo entrambi all’attacco.
Katniss impugna l’arco, mentre io, dopo essermi assicurato che non ci siano altri rumori, allungo la testa fuori dalla fessura per guardarmi attorno. La visione che mi si presenta davanti è grandiosa. Urlo di gioia e mi catapulto sotto la pioggia.
Un cesto pieno di deliziosi piatti della capitale è stato inviato a noi due dal nostro caro mentore. Fantastico! Ci sono panini, formaggio, mele stufato, piatti e posate. Tutto così incredibilmente perfetto. Ho una fame incredibile e credo che potrei divorare tutto all’istante.
Quando entro con il dono che ci è stato mandato il volto di Katniss si illumina.
-Suppongo che Haymitch alla fine si sia stancato di vederci morire di fame – scherzo io.
-Immagino di sì – concorda, accennando un sorriso incerto.
Non so spiegarmi le sue espressioni, rimane sempre così misteriosa e chiusa, ma lo stomaco adesso parla per entrambi.
Non c'è posto per i romanticismi.


Attenzione tributi, attenzione!
Finalmente ce l'ho fatta :D
Questo capitolo è lunghissimo, quindi almeno per aver aspettato tanto sarete ricompensati con di più da leggere.
Che dire, ho avuto meno tempo libero e non so quanto ne avrò nelle vacanze, ma spero di arrivare alla fine (che si avvicina sempre di più) molto a breve.
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto (ma anche, a maggior ragione, se non vi è piaciuto!)
Ci sentiamo spero presto,
ciao ciao a tutti
-samubura-




 

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Capitolo 21
*** Capitolo 23 ***


-È meglio che ci andiamo piano, con lo stufato. Ricordi la prima notte sul treno? Quel cibo così ricco mi ha fatto star male, e allora non stavo nemmeno morendo di fame – ho il tempo di dire prima che entrambi ci fiondiamo sul ben di dio che ci è stato inviato.
-Hai ragione. Io potrei risucchiarlo tutto anche dal naso! – esclama Katniss.
Decidiamo di razionare con cura quello che mangiamo, quindi prendiamo entrambi un panino, mezza mela e una porzione di stufato piccolissima. Il pane è fresco e fragrante, mi rendo conto di quanto mi è mancato quel cibo semplicissimo, che nell’arena si deteriorerebbe troppo presto e sarebbe quasi inutile.
Lo stufato mi riempie la bocca con un’esplosione di sapori incredibili. È lo stesso piatto che Katniss ha indicato come il suo preferito nell’intervista con Caesar, che sia un regalino anche da parte sua?
Mangio lentamente gustando i sapori e cercando di dare al mio stomaco il tempo di digerire bene dopo tanta assenza di cibo.
-Ne voglio ancora – dice Katniss senza neanche pensarci appena abbiamo finito.
Fissiamo i nostri piatti vuoti indecisi sul da farsi. Esagerare e stare male sarebbe un rischio stupido.
-Anch’io – dico – Facciamo così. Aspettiamo un’ora. Se resta nello stomaco, ne mangeremo un’altra porzione.
-D’accordo. Sarà un’ora molto luga – commenta lei, ma almeno mi dà ragione.
-Forse non tanto lunga – cerco di consolarla io – Cos’è che stavi dicendo, prima che arrivasse il cibo? Qualcosa su di me… nessuna concorrenza.. la cosa migliore che ti sia mai capitata…
-Quest’ultima parte non me la ricordo – dice lei, ma dentro la grotta si è fatto così buio che non riesco neanche a capire la sua espressione.
-Già, è vero. È quello che stavo pensando – era solo una stupida battuta – Spostati, sto congelando.
L’aria fredda della notte inizia a farsi sentire nonostante la giacca, mi infilo nel sacco a pelo accanto a lei, dopo quello che è successo oggi, mi sembra tutto diverso. Persino il fatto che Katniss appoggi la sua testa sulla mia spalla e si lasci abbracciare sembra strano.
-Allora, da quando avevi cinque anni, non ti sei interessato a nessun’altra ragazza?
-No, mi sono interessato ad altre ragazze, ma nessuna, eccetto te, mi ha lasciato un segno duraturo.
Proprio così, non che io non abbia cercato di togliermi dalla testa la ragazza del Giacimento per cui mi ero preso una cotta da piccolo, e non che altre ragazze non abbiano cercato di darmi una mano, ma semplicemente non ci sono riuscito. Anche se per un periodo più o meno lungo c’era qualcuna che mi piaceva, o che mi stava particolarmente simpatica, ogni volta che vedevo Katniss il mio cuore batteva più forte, senza che io potessi farci niente.
Non ne parlavo con nessuno, mi vergognavo quasi di quel rapporto infantile. Ovviamente qualcuno l’aveva capito e mi prendevano in giro, ma avevo imparato a farmi scorrere addosso le loro parole.
I miei sentimenti per Katniss avevano continuato a rifarsi vivi per 12 anni, ogni volta che erano più inopportuni e meno desiderati, semplicemente quella ragazza mi ossessionava, ogni pensiero era rivolto a lei, e, quando pensavo di essermi finalmente liberato da quello stupido amore, tornava.
Bastava uno sguardo di quegli occhi grigi per farmi ricredere su tutte le bugie che cercavo di raccontarmi invano ogni giorno, ripetendomi che non mi piaceva davvero, che era solo una cosa da ragazzini, e sapendo che niente era vero, ma dovevo convincermi per stare meglio, per non torturarmi ogni giorno cercando un momento adatto per rivolgerle la parola.
-I tuoi genitori saranno entusiasti del fatto che ti piace una ragazza del Giacimento – scherza lei.
-Per niente – dico, pensando a mia madre – Ma a me non importa un accidente. Comunque, se riusciamo a tornare a casa, tu non sarai una ragazza del Giacimento, sarai una ragazza del Villaggio dei Vincitori.
Il Villaggio dei Vincitori, la mia futura dimora se riuscirò a fuggire da questa prigione. Capitol City lo fece costruire tempo fa per ospitare i vincitori delle varie edizioni. Ovviamente, nel nostro distretto, solo una casa è occupata, da Haymitch.
Sono belle case, un po’ separate dal resto del distretto, un quartiere completamente diverso, moderno, con case grandi e spaziose. Immagino la mia vita con Katniss lì, a ognuno di noi due sarà assegnata una casa, ci trasferiremo con le nostre famiglie  e poi forse potremmo sposarci, vivere nella stessa casa, avere dei figli…
-Ma allora, il nostro unico vicino sarà Haymitch! – esclama.
-Ah, sarà bello. Tu, io e Haymitch. Molto intimo. Picnic, compleanni, lunghe serate invernali intorno al camino a ripetere i vecchi aneddoti dei nostri Hunger Games – dico trattenendo a fatica una risata.
-Ma se mi odia! – scherza Katniss.
-Solo qualche volta. Quando è sobrio non gli ho mai sentito dire niente di male su di te.
-Ma non è mai sobrio! – protesta lei.
-È vero. Aspetta, a cosa stavo pensando? Ah, ecco, è a Cinna che piaci. Soprattutto perché non hai tentato di fuggire quando ti ha dato fuoco. Quando a Haymitch… be’, se fossi in te, lo eviterei. Ti odia.
-Credevo avessi detto il contrario – ribatte Katniss, il nostro gioco di battute starà facendo impazzire i cittadini di Capitol City, a meno che non ci sia niente di più emozionante da trasmettere. Io comunque mi sto divertendo, scherzare con lei mi fa stare bene, ridere nell’arena non è una cosa da tutti.
-Ma odia di più me. Il fatto è che non credo che le persone siano il suo genere – continuo. Le parole mi sgorgano spontaneamente una dietro l’altra. Penso a Haymitch e a cosa possa pensare in questo momento.
Siamo arrivati a un passo dalla fine, sarà affezionato a noi più che a chiunque altro. E se dovessimo fallire? Sarebbe distrutto, per l’ennesima volta. L’alcool è l’unica arma contro la capitale, contro i ricordi.
-Come pensi che abbia fatto? – chiede Katniss, come conclusione di non so quale pensiero non espresso.
-Chi? Fatto cosa? – domando io.
-Haymitch. Come pensi che abbia fatto a vincere gli Hunger Games?
Non avevo mai pensato agli Hunger Games del nostro mentore. Un’edizione molto lontana dalla nostra.
Haymitch non è né particolarmente bello, né simpatico. Non proprio il tipo da sponsor se ci si mette anche la questione del distretto di provenienza. Magari prima non era così scorbutico quanto ora, ma sicuramente non il tipo che cattura il pubblico. Robusto, ma non allenato come i favoriti. Può aver avuto una sola possibilità di vittoria.
-È stato più furbo degli altri – rispondo dopo averci pensato.
Nel buio accanto a me Katniss annuisce  e resta in silenzio. Penso al nostro mentore, che ha capito al volo quello che volevo, che ha fatto di tutto per aiutarci. Tutti lo vedono come un ubriacone, ma per la prima volta mi concedo di pensare più attentamente a lui. Conoscendolo meglio non è solamente l’uomo che ho ripulito dal proprio vomito. Anno dopo anno ha dovuto cercare di salvare dei ragazzini, che gli ricordavano tanto la sua stessa terribile sorte, solo che lui ce l’aveva fatta, loro no.
Il suo lavoro sarà mio. Se vincerò prenderò il suo posto, il nuovo mentore del tributo del distretto 12. Portare ragazzi come me alla morte ogni anno. Anche io potrei cedere all’alcool. Io salvo, loro così terribilmente vulnerabili. A volte basta che la fortuna sia a tuo favore per vincere.
-Non so quanto è passato, ma sto bene. Mangiamo? – chiede Katniss a un certo punto.
Allungo le mani a prendere i piatti e lei ci serve altre due piccole porzioni di stufato. Ha appena posato il cucchiaio che l’inno di Panem risuona sopra al temporale.
Mi alzo di scatto, più per reazione che per altro, anche il pasto sembra poco importante. Da una delle fessure della grotta si vede l’immagina proiettata.
-Non ci sarà niente da vedere, stanotte – commenta Katniss che rimane intenta al suo stufato – Non è successo niente, altrimenti avremmo sentito il cannone.
Invece quello che il cielo mi mostra è tutt’altro che niente.
-Katniss – sussurro, la mia voce fatica a uscire dalla gola che è bloccata dalla pura.
-Dici che dovremmo dividerci anche un altro panino? – chiede Katniss che forse non ha sentito.
-Katniss – ripeto, richiamandola all’attenzione, stavolta un po’ più forte, ma fa finta di non ascoltarmi.
-Ne divido uno in due. Il formaggio lo teniamo per domani.
Mi giro verso di lei e la guardo mentre fa quello che ha detto, poi alza lo sguardo verso di me.
-Cosa c’è? – chiede innervosita.
-Tresh è morto.
-Non può essere morto – ribatte negando l’evidenza.
-Il cannone deve aver sparato durante il temporale e non l’abbiamo sentito – ipotizzo.
-Sei sicuro? Voglio dire, sta piovendo a dirotto, là fuori. Non so come tu possa vedere qualcosa – si alza in piedi abbandonando il piatto, mi spinge e guarda anche lei attraverso la fessura. Resta paralizzata per un po’,  poi si accascia contro la parete della grotta.
Anche io, come lei sono scioccato.
Questo significa solo una cosa. Cato verrà a prenderci. Ci cercherà ovunque, ci troverà e ci ucciderà. Se neanche il gigante del distretto 11 è riuscito a vincere contro il tributo del 2 come faremo noi? Ho paura, adesso che il nostro futuro era un sogno così vicino, tutto sembra sfumare.
All’improvviso tutte le battute, la nostra cenetta romantica, il nostro spettacolo inscenato per Capitol City sembrano una stupidaggine. Siamo nell’arena. La morte e l’amore non vanno d’accordo.
-Stai bene? – chiedo a Katniss che boccheggia seduta ai miei piedi, con la schiena appoggiata alle rocce. Nasconde la testa tra i gomiti e scrolla le spalle facendomi capire che non ne vuole parlare, e che no, non sta bene.
-È solo che… se noi non dovessimo vincere… avrei preferito che vincesse Tresh. Perché mi ha lasciato andare. Per Rue.
-Sì, lo so. Questo però significa che siamo un po’ più vicini al Distretto 12 – cerco di tranquillizzarla – Mangia, è ancora caldo – dico porgendole il suo piatto lasciato a metà.
-Significa anche che Cato ci darà la caccia – dice, tirando fuori il pensiero che mi tortura, ma devo essere forte per lei, ora che lei non può esserlo per me.
-E ha le provviste – dico io.
-Sarà ferito – osserva Katniss.
-Cosa te lo fa pensare? – le chiedo incuriosito.
-Perché Tresh non può essere caduto senza lottare. È così forte, voglio dire, era. Ed erano nel suo territorio.
-Bene – giusto, non ci avevo pensato, e se Tresh fosse morto per “cause naturali”? mi rifiuto di pensarci – Più Cato è ferito, meglio è. Mi domando come se la stia cavando Faccia di Volpe.
-Oh, lei sta bene. Forse è più facile prendere Cato che lei – ribatte acida, ma non capisco il motivo.
-Forse si prenderanno a vicenda e noi potremo andare a casa – non voglio più dover uccidere nessuno, non voglio più vedere il sangue, lottare per la sopravvivenza, voglio tornare a casa -Ma faremo meglio a stare molto attenti, nei turni di guardia. Qualche volta mi sono addormentato – confesso.
-Anch’io. Ma non stanotte – dice Katniss con decisione.
Mangiamo in silenzio il nostro stufato. Il regalo di Haymitch non sembra più così bello adesso che siamo tornati nel vivo dei giochi.
-Faccio io il primo turno di guardia, tu riposati – dico quando abbiamo finito, cercando gli occhiali per la visione notturna nello zaino.
-Va bene, grazie – risponde Katniss prima di nascondere la testa nel sacco a pelo accanto a me.
Il tempo passa, la pioggia continua a battere costante.
Cosa potrei fare se Cato spuntasse da dietro i sassi proprio adesso con la spada sguainata. Magari è qua da molto tempo, e sta solo aspettando il momento giusto per attaccarci. Non sappiamo quando Tresh sia morto, magari il colosso del 2 ha avuto tutto il tempo per medicarsi le ferite e mettersi sulle nostre tracce.
Se è vero che ha lottato contro Tresh nel suo territorio, teoricamente dovrebbe essere dalla parte opposta alla nostra e questo è un piccolo vantaggio. Anche perché lui non ha idea di dove ci troviamo mentre noi abbiamo qualche piccolo indizio. Sa che sono ancora vivo e che Katniss è con me. L’unica cosa che mi consola è che siamo in due e possiamo farcela contro di lui.
Il pensiero che mi tortura è “Che cosa hanno regalato gli Strateghi a Cato?” non ho idea di cosa possa essere, ma adesso lui è riuscito a prendersi il dono che gli spettava e anche quello di Tresh, quindi sarà ancora più forte di prima. L’unica cosa in cui possiamo sperare è che lui non abbia avuto il tempo che abbiamo avuto noi per riposarci e rimetterci in forze.
Non so da quanto tempo sono sveglio, ma inizio a sentire un borbottio allo stomaco, nonostante lo stufato la mia pancia non si è ancora riempita, mi concedo mezzo panino con spalmato sopra un po’ di formaggio di capra e qualche pezzetto di mela. Ne preparo uno anche per Katniss quando la sveglierò.
Il pane è morbido e il formaggio ha un gusto deciso e avvolgente. Le mele dolci ne contrastano il sapore acidulo. Mi ricorda tanto una torta che facevamo al forno a cui mi stavo ispirando mentre preparavo il mio spuntino.
Casa: quanto mi manca.
Cerco di resistere più che posso, ma appena mi rendo conto che sono troppo stanco per continuare a fare la guardia la sveglio.
-Non ti arrabbiare – le dico – Ho dovuto mangiare. Ecco la tua metà.
-Oh, bene – dice addentando il panino. Poi mormora dal piacere della mia piccola sorpresa.
-Al forno facciamo una torta di mele e formaggio di capra – dico nostalgico.
-Scommetto che costa cara.
-Troppo cara anche per la mia famiglia. A meno che non sia diventata stantia. Quasi tutto quello che mangiamo è stantio – dico prima di rimboccarmi il sacco a pelo e addormentarmi. Ripensare a casa fa troppo male, cerco di fuggire nel sonno per nascondermi dalla paura dell’arena e dal desiderio di tornare al distretto 12.
Cato entra nella grotta, è un fulmine di distruzione. È un predatore silenzioso e non vuole altro che il nostro sangue. È l’urlo di Katniss che mi sveglia prima di essere soffocato dalla lama d’acciaio della spada che brilla nella luce della luna piena. Non faccio in tempo a uscire dal sacco a pelo che la sua testa rotola sul fondo della caverna, l’ultima cosa che vedo sono gli occhi di Katniss che mi guardano paralizzati per sempre.
Ma quando mi scuote la spalla è lei ad apparire come prima cosa al mio risveglio, illuminata dai deboli raggi del sole nascente. La tiro verso di me e la bacio, perché ho paura di perdere la ragazza del Giacimento, che, in questo momento, è tutta la mia vita.
-Stiamo sprecando tempo per la caccia – dice un po’ fredda quando la lascio andare.
-Non lo chiamerei uno spreco – ribatto stiracchiandomi, altra nottata di incubi. Mi chiedo quando e se finiranno – Allora andiamo a caccia a stomaco vuoto per stimolarci?
-No. Ora ci rimpinziamo, così avremo più resistenza.
-Io ci sto – ho una fame pazzesca. Ma quando Katniss mi porge il piatto stracolmo di cibo mi chiedo se sia saggio divorare così tutte le nostre provviste – Tutta questa roba?
-Oggi ce ne procureremo dell’altra – risponde prima di buttarsi sul piatto.
Faccio lo stesso e gusto lo stufato, che anche se ormai freddo, è delizioso. È quello che ci vuole per iniziare bene la giornata.
-Sento Effie Trinket rabbrividire per i miei modi – dice Katniss, alzo gli occhi su di lei e la vedo raschiare gli ultimi rimasugli con le dita.
-Ehi, Effie, guarda qui! – esclamo io gettando via la forchetta e leccando il piatto pieno del sugo dello stufato. Dopo un po’ della mia scenetta le mando un bacio con un gesto ampio della mano rivolto verso un’ipotetica telecamera –Ci manchi, Effie!
Katniss cerca di rimproverarmi, ma non riesce a trattenersi dal ridere –Basta! Cato potrebbe essere fuori dalla nostra grotta.
-Cosa m’importa? Adesso ho te che mi proteggi – la bacio di nuovo, oggi ho bisogno di sentirla mia, ma lei cerca sempre di sfuggirmi, forse è preoccupata per la caccia che ci attende.
Usciamo fuori dalla grotta senza sapere se mai ci torneremo, prepariamo le nostre cose con cura e cerchiamo di non lasciare traccia del nostro passaggio.
Fuori ha smesso di piovere, probabilmente durante la notte perché per terra è già quasi asciutto. Il torrente è straripato e ora scorre molto forte. Katniss prende l’arco e inizia subito a mettersi in marcia, lascia a me il suo coltello.
-Adesso ci starà dando la caccia. Cato non è tipo da aspettare che la preda gli passi davanti.
-Se è ferito… - inizia a dire Katnsis.
-Non fa differenza. Se è in grado di muoversi, sta arrivando.
Sono stato fortunato che Katniss ci abbia scatenato contro gli aghi inseguitori, solo grazie a quelli ho evitato che Cato mi inseguisse.
Dopo aver preso quanta più acqua possiamo nel torrente Katniss controlla alcune trappole che aveva piazzato vicino al margine del bosco, ma sono tutte vuote.
-Se vogliamo del cibo, è meglio che risaliamo fino al mio vecchio territorio di caccia.
-Ai tuoi ordini – rispondo – Dimmi solo cosa vuoi che io faccia.
-Sta’ attento – Rimani sulle rocce il più possibili, non ha senso lasciargli delle tracce da seguire. E tendi l’orecchio per tutti e due.
Dopo un po’ che camminiamo mi rendo conto di quanto siamo entrambi malconci. Nonostante le pance piene e il periodo di riposo che il programma ci ha concesso, non siamo affatto al massimo delle forze. A me fa male la gamba nonostante le cure speciali inviate dagli Strateghi, Katniss è rimasta mezza sorda a causa dell’esplosione a quanto mi ha detto, e nonostante si sforzi di non farlo notare, la ferita sulla fronte le fa male.
La zona rocciosa finisce e entriamo nel bosco. Un fitto letto di aghi di pino ci accoglie, ma dopo un po’ Katniss si ferma e si gira a fissarmi.
-Cosa c’è? – le chiedo, anche se temo di sapere qual è il problema.
-Devi muoverti più silenziosamente. A parte mettere sull’avviso Cato, stai facendo scappare tutti i conigli nel raggio di quindici kilometri.
-Davvero? Mi spiace, non lo sapevo – e come avrei potuto? Io sono un fornaio, il pane non va da nessuna parte per quanto rumore tu faccia.
Cerco di fare più attenzione, anche se mi costa più fatica. Non riesco ancora a controllare la mia gamba ferita come vorrei, e comunque non otterrei lo stesso passo felpato che ha la mia guida dopo anni di esperienza nei boschi del Distretto 12.
-Puoi toglierti gli scarponi? – mi chiede dopo un po’.
-Qui? – le chiedo sorpreso.
-Sì. Lo farò anch’io. Così saremo tutti e due più silenziosi – come se anche lei stesse facendo rumore, si muove sforando appena il terreno.
Gli aghi di pino mi pungono i piedi, ma dopo un po’ mi abituo e riprendo a camminare con scioltezza. Sembra che effettivamente siamo migliorati in quanto a impatto acustico, ma anche dopo parecchie ore di marcia non abbiamo trovato nulla. Vedo la preoccupazione nel volto di Katniss e la capisco, non sa che fare con me, quindi decido di evitarle la fatica di inventarsi stupide scuse.
-Katniss, bisogna che ci dividiamo. So che sto facendo fuggire la selvaggina.
-Solo perché la gamba ti fa male.
-Lo so. Allora, perché non vai tu? Mostrami qualche pianta da raccogliere, così saremo utili tutti e due.
-Non se arriva Cato e ti uccide – grazie della fiducia Katniss.
-Senti, posso affrontare Cato. Mi sono già battuto contro di lui, no? – ribatto per rassicurarla, anche se so benissimo che quella volta era diverso. Ma non ho paura a lasciare Katniss da sola, senza di me è anche più forte.
-E se tu salissi su un albero e facessi da sentinella mentre io vado a caccia? – propone facendo sembrare la cosa più entusiasmante di quanto non sia realmente.
-E se tu mi mostrassi cosa c’è di commestibile qui intorno e andassi a procurare un po’ di carne? – replico scimmiottandola – Non andare lontano, però, caso mai ti servisse aiuto.
Mi mostra alcune radici e cerco di imprimere bene nella memoria come sono fatte, le tengo in tasca per confrontarle con quelle che trovo.
-Abbiamo bisogno di un segnale, per sapere se stiamo bene entrambi – dice lei.
Mi insegna un motivo semplice di due note, che chiunque potrebbe confondere col canto di un uccello, ma non noi due, questo non è difficile. Mi lascia lo zaino e si incammina in direzione opposta a quella da cui siamo arrivati senza fare nessun rumore.
Mi metto al lavoro perché star qui a non fare niente mentre lei si preoccupa tanto per entrambi mi darebbe i nervi. Continuo a fischiare il nostro segnale e ogni volta il cuore mi si scalda quando ricevo una risposta. Anche se non la vedo, è come avere Katniss qua accanto a me.
Raccolgo un po’ di radici, ma non ne trovo molte, quindi inizio ad allontanarmi un po’ dal punto in cui ci siamo separati, non ho paura perché so che Katniss arriverebbe qua in un attimo e potrei farcela per un po’ contro Cato.
Raggiungo il torrente che ci eravamo lasciati alle spalle, continuo a fischiare periodicamente per far stare Katniss tranquilla, ma probabilmente è ormai troppo lontana per sentirmi e rispondermi, farò presto e tornerò nel bosco prima possibile, non vorrei si preoccupasse inutilmente per me.
Trovo anche un cespuglio di bacche scure che ricordano vagamente dei mirtilli, ne schiaccio una tra le dita e il succo rossastro mi macchia le mani. Assomiglia a quello che Katniss ha mescolato allo sciroppo, ma non lo assaggio per prudenza. Ne raccolgo una buona manciata e mi incammino verso il nostro punto di incontro.
Lei non è ancora tornata, quindi torno indietro per fare altri viaggi sto raccogliendo un’altra manciata di bacche quando la sento urlare – Peeta!
Inizio a correre verso la sorgente sonora e il grido disperato si ripete – Peeta! – mi fa quasi impazzire, ignoro il dolore alla gamba e corro più veloce che posso, i rami degli arbusti mi schiaffeggiano mentre cerco di avanzare nel sottobosco, sbuco fuori da un cespuglio nella radura facendo appena in tempo a vedere la freccia che si conficca in un albero accanto a me. Quasi cado a terra dallo spavento, le bacche che avevo in mano si sparpagliano in giro, fortunatamente ne avevo già lasciate parecchie sul telo di plastica.
-Cosa fai? Dovevi stare qui, non correre in giro per il bosco! – mi urla contro.
Respiro profondamente adesso che so che è salva, ma sicuramente tutte queste urla non fanno altro che attirare l’attenzione, quindi cerco di risponderle in tono calmo per farla tranquillizzare.
-Ho trovato delle bacche giù, vicino al torrente – non vedo il motivo di arrabbiarsi tanto.
-Ho fischiato. Perché non mi hai risposto? – grida di nuovo.
-Non ho sentito. L’acqua fa troppo rumore, immagino – mi avvicino a lei, sta tremando dall’agitazione, ma va tutto bene adesso.
-Credevo che Cato ti avesse ucciso!
-No, sto bene – dico piano abbracciandola forte, per farle sentire che ci sono, che non deve più preoccuparsi per me adesso. Siamo insieme, stiamo bene, ma non dice niente – Katniss? – chiedo titubante.
Mi spinge via arrabbiata.
-Se due persone concordano un segnale rimangono a portata. Perché se una di loro non risponde, è nei guai, va bene?
-Va bene! – esclamo esasperato.
-Va bene. Perché è quello che è successo a Rue, e io l’ho vista morire! – urla isterica, poi mi dà le spalle e prende una bottiglia d’acqua dallo zaino – E hai anche mangiato senza di me!
No, questo non l’ho fatto, ne sono più che sicuro, non l’avrei mai fatto – Cosa? No, non ho mangiato.
-Ah, suppongo che le mele si siano mangiate il formaggio – dice facendomi passare per un idiota e un bugiardo.
-Non so chi si sia mangiato il formaggio – ribatto io cercando di non perdere la calma, è già tanto che lei è arrabbiata, se cedo anche io ai miei impulsi è la fine – Ma non sono stato io. Sono stato giù al fiume a raccogliere bacche. Ne vuoi un po’?
Non faccio in tempo a dirlo che il cannone spara il suo gelido colpo. Guardo Katniss che si volta verso di me, ma entrambi siamo vivi e vegeti. L’hovercraft arriva istantaneamente e solleva il corpo di Faccia di Volpe a neanche un centinaio di metri da dove siamo noi adesso.
Cato, ci ha trovati, e ha trovato prima lei.
Afferro Katniss per un braccio e la trascino verso l’albero più vicino.
-Sali – bisbiglio – Sarà qui in un attimo. Avremo una probabilità migliore, lottando con lui dall’alto.
-No, Peeta, è ima vittima tua, non di Cato.
-Cosa? ma se non l’ho neanche mai vista. Come potrei averla uccisa?
Senza neanche rispondere allunga la mano piena di bacche. Le bacche che ho raccolto senza neanche conoscere, il formaggio misteriosamente scomparso.
La più furba. Ma si è fidata della persona sbagliata.


E siamo rimasti in 3 signore e signori!
Che dire!? La fine è sempre più vicina, sono avanti di un capitolo quindi sappiate che il prossimo non tarderà ad essere pubblicato (probabilmente prima di natale per intendersi)
Allora? Vi piace?
Fatevi sentire! Non chiedo altro.
Colgo l'occasione per augurare buone vacanze a tutti quanti (ci volevano proprio)
Torno a scrivere, ci sentiamo spero prestissimo ;)
Attendo le vostre opinioni,
ciao ciao
-samubura-



 

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Capitolo 22
*** Capitolo 24 ***


-Ha sempre fatto così – inizia a spiegare Katniss – Rubava il cibo alla Cornucopia, sotto il vostro naso. Era più furba di chiunque altro qua dentro. Ha trovato le provviste, le bacche, e ne ha rubate giusto quelle che le servivano per un pasto, talmente poco che non ce ne saremmo accorti.
-Mi chiedo come abbia fatto a trovarci. Colpa mia, immagino, se sono rumoroso come sostieni.
-È molto astuta, Peeta. Be’ lo era. Finché tu non sei stato più furbo di lei.
-Non di proposito. Per qualche ragione, non mi sembra giusto – non voglio aver ucciso un altro tributo, non l’ho fatto nemmeno apposta – Voglio dire, saremmo morti anche noi se lei non avesse mangiato le bacche per prima.
Ma poi mi rendo conto che Katniss aveva capito tutto immediatamente – No, certo che no. Tu le hai riconosciute, vero?
Annuisce – Noi le chiamiamo i “morsi della notte”.
-Perfino il nome suona mortale – non ne ho mai sentito parlare – Mi dispiace, Katniss. Ho pensato che fossero le stesse che avevi raccolto tu.
-Non scusarti. Significa solo che siamo un po’ più vicini a casa, giusto? – dice con incoraggiamento.
Ma io non voglio essere più vicino a casa, vorrei solo non avere le mani sporche del sangue di un’altra ragazza innocente.
-Mi sbarazzerò del resto – dico arrabbiato prendendo il telo di plastica per due angoli in modo da mantenere le bacche all’interno.
-Aspetta! – mi blocca Katniss. Tira fuori dallo zaino un sacchettino di pelle e ci infila dentro qualche manciata di bacche. Non capisco cosa abbia in mente, non inviteremo mica Cato a pranzo.
-Se hanno ingannato Faccia di Volpe, forse possono ingannare Cato. Se ci sta dando la caccia, o qualsiasi cosa stia facendo, possiamo fingere di aver lasciato cadere il sacchetto per caso e, se lui se le mangia…
-Allora, salve Distretto 12! – non è una cattiva idea, meglio di niente.
-Esatto – conferma Katniss legando il sacchetto alla cintura.
-Adesso saprà che siamo qui. Se è nei paraggi e ha visto l’hovercraft, saprà che l’abbiamo uccisa e verrà a cercarci – dico preoccupato. Dovremmo andarcene subito, mettere più distanza possibile tra noi e lui. Ma non abbiamo idea di dove si trovi quindi qualunque direzione sarebbe uguale.
-Accendiamo un falò. Adesso – annuncia Katniss contro ogni aspettativa. Cato non starà aspettando altro che una nostra traccia.
-Sai pronta ad affrontarlo? – le chiedo mentre è intenta a raccogliere ramoscelli secchi.
-Sono pronta a mangiare. Meglio cuocere il cibo finché possiamo farlo. Se sa che siamo qui, lo sa e basta. Ma sa anche che siamo due e magari pensa che stiamo inseguendo Faccia di Volpe. Questo significa che tu ti sei ristabilito. E il fuoco significa che non ci stiamo nascondendo, che lo stiamo invitando qui. Tu ti faresti vedere?
Il ragionamento non fa una piega – Forse no – rispondo. Mi metto al lavoro e in un attimo accendo un bel fuoco. Almeno questo lo so fare.
Katniss mette la carne ad arrostire sul fuoco e le radice tra i carboni a cuocere. Mi aiuta mostrandomi altre piante commestibili. E le raccogliamo a turno facendoci la guardia a vicenda aspettando che il nostro pasto si cucini. Quando tutto è pronto mettiamo da parte la maggior parte delle provviste tenendo fuori giusto qualche pezzo di coniglio da mangiare lungo la strada.
-Dove andiamo? – le chiedo visto che sembra tanto determinata a spostarsi.
-Risaliamo il pendio, troviamo un albero e ci accampiamo come si deve.
-Non riesco ad arrampicarmi come te, Katniss, specialmente con questa gamba, e non penso nemmeno che riuscirei ad addormentarmi a quindici metri da terra.
-Non è prudente stare allo scoperto – osserva.
-Non possiamo tornare alla grotta? È vicina all’acqua e facile da difendere – dico cercando di convincerla.
Sospira rumorosamente, quasi per farmi capire che non è affatto d’accordo, ma acconsente solo per me. Quindi si avvicina e alzandosi in punta di piedi cerca le mie labbra e mi schiocca un bacio.
-Certo. Torniamo alla grotta.
-Be’, è stato facile – commento soddisfatto.
Gettiamo altra legna nel fuoco per farlo ardere anche dopo che ce ne siamo andati in modo da coprirci, ma immagino Cato che vaga per l’arena cercandoci in preda alla sua folle furia cieca, ferito, sporco di sangue, un animale che non vuole altro che la morte della sua preda, non si curerebbe di ragionare se sia una trappola o qualcosa di simile.
Lo lasceranno girovagare per un po’, finché sarà divertente da vedere, poi ci faranno trovare tutti nello stesso punto, come hanno fatto con l’incendio. Inutile fare progetti su cosa potrebbe essere la geniale trovata degli Strateghi, e neanche su quanto tempo ci lasceranno per riposare. Dovremo stare comunque all’erta.
Il viaggio di ritorno è lungo e stancante. Camminiamo dentro al torrente che è tornato a un corso regolare, la corrente non è troppo forte e riesco a stare bene in piedi perché le spesse suole degli scarponi fanno aderenza persino sulle rocce bagnate. Non lasciamo tracce e non faccio neanche troppo rumore.
Siamo tutti e due troppo stanchi per parlare, troppo nervosi. Quando arriviamo alla grotta il sole sta tramontando e ritrovare il nostro rifugio sa di casa. Facciamo il pieno d’acqua e ci prepariamo per un’altra lunga notte nell’arena.
Sono talmente stanco che per quanto vorrei non riesco neanche ad aiutare Katniss che prepara la cena per entrambi. È buona, ma non riesce a darmi energie, sono stremato e quasi mi addormento mentre mangio, sento la testa pesante e le palpebre che mi si chiudono.
-Stai bene? – chiede Katniss preoccupata.
-Sono solo stanco – rispondo senza troppa voglia di parlare.
-Entra nel sacco a pelo, faccio io il primo turno di guardia stanotte. Finirai di mangiare quando ti svegli, ok?
Non me lo faccio ripetere due volte e in un attimo mi addormento, lasciando Katniss sola contro il  mondo.
Mi sveglia che è già mattino scuotendomi dolcemente la spalla. Sorride.
-Ho dormito per tutta la notte. Non è giusto, Katniss, avresti dovuto svegliarmi – protesto.
-Dormirò adesso. Svegliami se succede qualcosa di interessante.
Le cedo il posto nel sacco per dormire e dopo un po’ sta già dormendo. La ringrazio per avermi fatto riposare, finalmente sono riuscito a dormire un sonno tranquillo e mi sento fresco.
Tendo le orecchie e resto in ascolto, le rocce isolano i rumori dall’esterno, ma sono convinto che Cato non avrebbe l’accortezza di cercare un piano d’attacco. Anche se siamo in due la sua strategia è la forza. È furbo, intelligente, ma sarà stanco e arrabbiato. Le nostre possibilità di vittoria si basano principalmente su questo.
Cato è impulsivo, sicuro di sé. E questo potrebbe giocare a nostro vantaggio.
Quello che più mi spaventa è la trappola che gli Strateghi potrebbero inventare. È quasi una certezza del gran finale, ma l’incognita è in quale modalità si potrebbe presentare. Orde di mutanti, calamità naturali, qualunque cosa è possibile in un mondo dominato dalla follia degli Strateghi. Uomini che passano le loro vite a ideare nuovi sistemi “divertenti” per uccidere i tributi.
Mentre Katniss dorme, finisco la mia cena, anche se è fredda il mio stomaco la accetta grato, negli ultimi giorni mi sembra di avere sempre più fame. La verità è che voglio tornare a casa. Voglio vedere il Distretto 12, voglio vivere il mio futuro con Katniss.
Non avrei mai sperato di arrivare a questo punto, di poter portare a casa non solo lei, ma anche me. Un solo gradino dalla vittoria, un solo “ostacolo”. La vita di Cato contro la nostra, non ho nessun diritto di mettere il nostro futuro sopra il suo. Sopravvivenza, istinto, non mi sento più così umano quanto mi credevo.
-Qualche segno del nostro amico? – chiede Katniss al suo risveglio, è pomeriggio inoltrato e non è successo ancora un bel niente.
-No, resta nell’ombra in modo preoccupante – non voglio essere io il cacciatore, non voglio essere costretto a cercare Cato nell’arena, desiderando il suo sangue.
-Quanto tempo pensi che avremo prima che gli Strateghi ci spingano a incontrarci? – chiede lei.
-Be’, Faccia di Volpe è morta quasi da un giorno ormai, quindi il pubblico ha avuto molto tempo per fare scommesse e annoiarsi. Immagino che potrebbe accadere in qualsiasi momento.
-Si, ho la sensazione che oggi sia il giorno – anche io ho lo stesso presentimento da quando mi sono svegliato. Si siede accanto a me – Mi chiedo in che modo lo faranno.
Non rispondo, perché il silenzio è l’unica risposta che possa dare.
-Be’, mentre ci pensano, non ha senso sprecare un giorno di caccia. O forse dovremmo mangiare tutto quello che il nostro stomaco riuscirà a sopportare, caso mai finissimo nei guai.
Concordiamo sulla seconda opzione, raduno le nostre cose sapendo che non torneremo nella grotta che mi ha regalato così tante diverse emozioni. Katniss si occupa di preparare da mangiare, abbiamo il resto del coniglio, e i panini col formaggio della Capitale.
-Teniamo comunque qualcosa da parte, non si sa mai – suggerisco.
-Sì, abbiamo ancora lo scoiattolo che ho preso ieri e una mela – risponde Katniss prontamente.
Mangiamo con calma, gustandoci il coniglio grasso. Quando addento il pane l’unica cosa che mi riesce di pensare è che il prossimo pane che mangerò sarà quello del mio forno. A casa.
Quando usciamo per metterci in marcia e cacciare, prendere altra acqua e prepararci allo scontro finale noto subito che manca qualcosa: il torrente. Al suo posto rimane solo il suo letto sassoso senza neanche una pozza d’acqua.
-Neanche un goccio d’acqua. Devono averlo prosciugato mentre dormivamo.
-Il lago – dico senza neanche doverci pensare troppo a lungo – Ecco dove vogliono farci andare – mi aspettavo qualcosa di peggio, ma ho paura che non sia finita qua.
-Forse negli stagni c’è ancora un po’ d’acqua – dice Katniss, quasi impaurita che il momento dello scontro finale sia così vicino.
-Possiamo controllare – dico per assecondarla, precipitarci al lago non avrebbe comunque senso, non siamo in grado di tenere la posizione nel campo aperto antistante la Cornucopia. Dobbiamo cogliere Cato di sorpresa, o combatterlo in condizioni a noi favorevoli, se vogliamo batterlo.
Camminiamo per un sacco di tempo, la gamba risponde meglio, ma è comunque molto faticoso. Inoltre ci muoviamo a passo lento, come per prendere tutto il tempo possibile. Quando arriviamo al laghetto in cui abbiamo trovato Katniss dopo l’incendio troviamo solamente la conca polverosa che un tempo era ricolma d’acqua. Dopo la lunga pioggia tutta l’area bruciata ha un aspetto spettrale, i mozziconi anneriti dei pochi alberi rimasti in piedi sembrano strane figure nel paesaggio desolato.
-Hai ragione. Ci stanno spingendo al lago. Vuoi che ci andiamo subito o aspettiamo di aver finito l’acqua? – chiede.
-Andiamo adesso, mentre abbiamo il cibo e il resto – lo so che significherebbe esporsi, ma indugiare oltre non avrebbe senso – Andiamo a farla finita con questa cosa.
Annuisce silenziosa e ho il bisogno di abbracciarla per l’ultima volta.
-Due contro uno – sussurro – Dovrebbe essere un gioco da ragazzi.
-La prossima volta che mangeremo sarà a Capitol City.
-Ci puoi scommettere – dico determinato.
Poi restiamo stretti uno nelle braccia dell’altro per un po’. Non la bacio, non mi va di farlo, voglio che questo momento sia solo nostro.
In silenzio ci incamminiamo verso il centro dell’arena, dove tutto è iniziato e dove tutto andrà a finire.
La strada non è lunga, ma stiamo camminando da tutto il pomeriggio quindi ci fermiamo a riposare in una radura. Dopo un po’ che siamo seduti sotto un albero la riconosco. Ecco il nido degli aghi inseguitori, spappolato dalla pioggia torrenziale, il ramo che Katniss ha tagliato, i resti appena visibili del focolare, rivivo lo scontro con Cato come uno spettatore esterno. Lì è dove sono caduto, qua dove mi ha colpito dopo un po’ ho bisogno di andarmene da quel luogo così denso di avvenimenti.
Sarà una meta ambita per i visitatori di Capitol City.
-Andiamo – dice Katniss risparmiandomi la fatica di doverlo dire io.
Raggiungiamo il corno d’oro che sta già calando il sole. Ci giriamo attorno senza trovare niente, nessuna traccia del nostro unico, ultimo avversario.
Riempiamo i recipienti che abbiamo e che sono ormai quasi vuoti, al lago. Katniss guarda preoccupata il cielo che si sta scurendo.
-Preferirei non doverlo affrontare dopo il tramonto. Abbiamo un solo paio di occhiali.
-Forse è quello che lui sta aspettando. Cosa vuoi fare? Tornare alla grotta? – da dove siamo non è tanto lontana, ma in realtà sono io che voglio tornarci, adesso, tornare nella sicurezza di quelle pareti rocciose e non qua al freddo nella piana gelida.
-O quello o trovare un albero. Diamogli un’altra mezz’ora. Poi ci metteremo al riparo.
Aspettiamo seduti sulla riva del grosso lago, possiamo vedere tutta la spianata, mi aspetto che Cato esca urlando e brandendo la spada da un varco tra il fogliame del limitare del bosco, ma non succede. Katniss canta un motivetto che mi è quasi familiare. Le ghiandaie imitatrici la ascoltano e restano mute per sentire ancora la sua voce, Katniss le accontenta ripetendo la semplice canzone che loro iniziano a ripetere, prima una, poi un’altra e piano piano le ghiandaie compongono una sinfonia di note che accompagnano il sole calante.
-Proprio come tuo padre – commento io.
-Questa è la canzone di Rue – spiega Katniss toccando la spilla d’oro che ha appuntata alla camicia – Credo che se la ricordino.
Restiamo entrambi ad ascoltare meravigliati l’incantevole armonia degli uccelli. Così puri, così sereni, che per un attimo ci fanno dimenticare la paura e lo scontro che ci attende. Ma è un sogno che dura poco, perché le note iniziano a stonare  e il canto delle ghiandaie si trasforma lentamente in un grido di paura disordinato.
Siamo subito in piedi, coltello alla mano e Katniss ha già la freccia incoccata.
Cato spunta dagli alberi e punta verso di noi, non è armato, sta solo correndo verso noi due più veloce che può. Katniss lascia volare la sua freccia che centra Cato sul cuore, ma viene deviata di lato e cade a terra quasi ad opera di una forza misteriosa.
-Deve avere una corazza! – urla e Cato ci arriva addosso, ma non si ferma e non si preoccupa minimamente della nostra presenza, corre in mezzo a noi due come fossimo due alberi insignificanti e si fionda verso la Cornucopia.
Dalla visione fugace che riesco ad avere della sua faccia capisco che corre da parecchio tempo così, e può esserci un solo motivo per averci ignorato.
Paura.
Di cosa può avere paura il gigante invincibile del Distretto 2? Da cosa sta scappando?
E poi li vedo, sono tanti, sono grossi e di aspetto spaventoso.
Ibridi.

Buona vigilia di Natale a tutti voi!
Come promesso eccovi il capitolo 24 (nel giorno 24 farei notare) e, se avrò un minuto di tempo, aggiornerò tutti e tre i prossimi giorni!
La fine di questa storia si avvicina, fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto, passate delle buone feste e ABBUFFATEVI come non mai ;)
A domani (spero)
-samubura-

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Capitolo 23
*** Capitolo 25 ***


Katniss che fino a un momento prima era accanto a me, sfreccia via e mi stacca già di cinque metri, corre disperatamente verso l’unico riparo che abbiamo.
Mancanza d’acqua, ovvio che non poteva essere quello il loro grandioso scontro finale.
Cerco di imitare gli altri due tributi avanti a me, ma appena inizio a correre mi rendo conto che non ce la farò mai. La gamba mi fa male, sono stanco perché ci siamo mossi tutto il giorno e non mi sono del tutto ripreso dalla mia lunga convalescenza. Non mi giro indietro per paura di vedere quanto sono vicini i mostri di Capitol City. Non importa, non avrei speranze comunque in uno scontro diretto.
Almeno Katniss ha raggiunto la Cornucopia, e Cato è disarmato, almeno lei tornerà a casa.
Invece si volta e punta la sua arma contro il branco alle mie spalle, sento il sibilo della freccia e il gemito di un mutante che cade dietro di me, senza voltarmi per non perdere altro tempo.
-Va’, Katniss! – le urlo incitandola con gesti ampi delle mani a salire sul corno d’oro.
Sale a fatica e mi chiedo come potrei farcela io nelle mie condizioni se la migliore arrampicatrice che conosco si trova in difficoltà, ma mi concentro a raggiungerla, lei è già sopra quando arrivo alla coda del grosso corno.
-Arrampicati! – mi urla disperata, un’altra freccia va ad abbattere un animale sotto di me, non voglio lasciare il coltello, ma mi intralcia per cercare di salire. Punto gli scarponi e faccio forza sulle braccia, sapendo che sulle gambe non posso contare, il metallo è rovente dopo un giorno intero sotto il sole caldo di questa giornata.
Sotto di me nel frattempo gli animali creati dalla Capitale si dimenano e emettono versi terribili. Katniss riesce a prendermi per un braccio e non so come, mi tira su. Vedo Cato accasciato in preda a crampi terribili, grida qualcosa che forse capisco – Cosa? – gli urla di rimando Katniss.
-Ha detto: «Sono capaci di arrampicarsi?» - e entrambi guardiamo sotto di noi quelle creature. Non sono lupi, li riconoscerei, ma gli assomigliano, hanno il pelo di diversi colori e artigli affilatissimi lunghi una decina di centimetri. Stanno agilmente in piedi sulle zampe posteriore e sembrano terribilmente umani. È proprio questa caratteristica la più spaventosa. Si radunano sotto di noi e cercano un modo di arrampicarsi, poi il branco si apre per far passare un ibrido dal pelo tendente al biondo. Salta verso di noi e arriva quasi a tre metri dal bordo, ringhia digrignando i denti affilati prima di ricadere a terra senza possibilità di appiglio a causa degli artigli che non fanno presa sul metallo. Gli unghioni stridono sulla Cornucopia con un rumore acuto che perfora i timpani. Katniss grida, mi volto verso Cato, ma lui è ancora a terra, quindi mi volto verso la mia compagna terrorizzata. Da lei non mi sarei mai aspettato una reazione del genere.
La afferro per un braccio perché è rimasta praticamente paralizzata –Katniss?
-È lei! – dice e faccio quasi fatica a sentirla sopra ai rumori degli animali sotto di noi.
-Lei chi? – chiedo confuso. Ma lei rimane a fissare il branco di mutanti, li guardo anch’io, anch’io ho una brutta sensazione, ma non riesco ad associarla a niente.
-Cosa c’è? – cerco di richiamarla al mondo reale.
-Sono loro – dice – Ci sono tutti. gli altri. Rue e Faccia di Volpe e… tutti gli altri tributi.
E finalmente mi rendo conto anche io del gioco perverso degli strateghi, ogni mutante riprende le caratteristiche di un tributo, uno col pelo fulvo è la ragazza del distretto 5 che è morta ieri, quello con il pelo liscio e biondo e i grandi occhi verdi non può che essere Glimmer.
Gli occhi. Non sono animali, sono umani. Gli stessi occhi dei ragazzi che sono entrati con noi nell’arena e che adesso ci guardano con odio perché noi siamo sopravvissuti, e dobbiamo morire.
-Cosa gli hanno fatto? Pensi che… quelli sono i loro veri occhi?
Non c’è tempo per una risposta perché gli ibridi iniziano ad attaccare nuovamente.
Un gruppo di animali si è spostato dall’altro lato della Cornucopia, ma non faccio in tempo a vederli e vengo tirato giù dalla morsa di due zampe artigliate.
Mi aggrappo a Katniss e urlo dal dolore, la carne del polpaccio si sta lacerando con il peso dell’ibrido attaccato a me solo con quelle unghie affilate come rasoi –Uccidilo, Peeta! Uccidilo! – grida lei mentre cerca di mantenermi su, ma non ce la farà mai a tenerci entrambi. Colpisco un po’ alla cieca mirando al collo della bestia, dopo qualche pugnalata riesco a colpire un punto vitale e scalcio via il mutante che cade morto a terra.
Il sangue esce copioso dalla mia ferita e sento che mi inizia a girare la testa per la grande perdita, non abbiamo niente per curarmi quassù, tutte le nostre cose sono rimaste al lago, assolutamente irraggiungibili.
Resto in piedi tenendo d’occhio Cato, ho paura che riesca a rialzarsi e a spingerci giù in un attimo, non capisco perché non lo facciamo noi adesso, ma da solo non posso riuscirci nel mio stato e Katniss è troppo occupata a tenere a bada gli ibridi.  Mi volto solo un secondo per vedere un grosso animale che riesce quasi ad arrivare sulla cima del corno d’oro prima che una freccia lo colpisca.
Cato è su di me in un baleno, non ho idea di come abbia fatto, forse aspettava semplicemente un buon momento per passare all’attacco. È inutile ogni forma di resistenza, mi ha preso alle spalle, di sorpresa e sento già che le forze mi abbandonano. È così quindi che finirò i miei giochi: soffocato dal bestione del Distretto 2.
Katniss punta l’arco verso la sua testa, non mancherebbe mai il colpo da così vicino, ma Cato ride e so bene il perché.
-Uccidimi e lui viene giù con me.
Preferirei che Katniss uccidesse Cato subito, in modo da avere la certezza di salvarsi. Non riesco a respirare e il sangue continua a scorrermi sul polpaccio senza che possa fare niente per fermarlo. Cerco di tenere chiusa la ferita stringendola con la mano, ma non ottengo granchè.
Cerco di fare qualcosa per allentare la presa sul mio collo, ma sento che le forze mi abbandonano. Devo pensare velocemente a una soluzione, perché non voglio morire, non adesso che sono così vicino alla salvezza.
Cerco di concentrarmi, ma non è affatto facile, troppe variabili da considerare, nessuna soluzione che mi venga in mente velocemente, tra poco morirò comunque perché Cato sta continuando a stringere sempre più forte. Katniss guarda verso di me spaventata, incerta, come se io avessi una risposta per salvarci entrambi.
Lentamente, sia per non farmi notare, sia perché anche un gesto così semplice mi costa grandissima fatica, alzo la mano che teneva la ferita fino al braccio di Cato. Fingo di volermi liberare, ma con il dito insanguinato traccio una X sul dorso della mano del mio sequestratore. Sperando che Katniss capisca al volo.
Fortunatamente sì, anche perché credo che Cato si accorga dal modo in cui mi stringe più forte e poi mi lascia andare urlando di dolore.
Nel mio piano io dovrei spingerlo di sotto, invece mi accascio a terra privo di forze sbattendo contro di lui. Sto quasi scivolando di sotto anche io quando Katniss mi afferra per un lembo della giacca e mi tira con forza mentre il nostro avversario precipita tra le grinfie degli ibridi.
Mi concedo di respirare. A pieni polmoni inspiro l’aria fredda della sera. Siamo salvi, salvi per sempre. Il cannone suonerà per l’ultima volta. Non sarà solo la morte di un tributo. Sarà la promessa di ritornare a casa.
Ma il colpo tarda a farsi sentire, e sotto di noi l’agonia di Cato continua, sentiamo le sue urla strazianti mentre le orrende perverse creature di Capitol City lo divorano, lentamente. Da sopra la cornucopia i rumori dello scontro sotto di noi ci arrivano amplificati. Grugniti, grida, il rumore del coltello o della spada che probabilmente Cato aveva con sé che cozza contro il metallo.
La corazza, gentile regalo degli Strateghi, ora prolunga la sua terribile morte per deliziare gli spettatori.
Non può salvarsi, ma lotterà comunque fino alla fine. Perché Cato è un guerriero. Nessuno di noi due guardiamo sotto verso quello spettacolo di morte. Sentiamo i rumori dei movimenti sotto di noi, Sembra quasi che il gigante del Distretto 2 riesca a tenere a bada il branco, ma poi viene sopraffatto e trascinato all’interno del Corno dalle bestie, per fare scempio del suo corpo ancora “vivo”.
L’inno di Panem annuncia la fine di un’altra giornata negli Hunger Games e Cato non compare nel cielo, perché è ancora sotto di noi a morire all’infinito ogni volta che i denti degli ibridi cercano di addentare la sua carne. Fermati dalla corazza indistruttibile di Capitol City.
Io e Katniss siamo bloccati lassù, e ho paura veramente di non farcela. Non ho medicine e il sangue continua a uscire dal mio corpo privandomi di ogni energia. Ma Katniss è qui accanto a me e non posso lasciarla proprio ora, sola, contro la malvagia tortura di Cato. Impazzirebbe e ancora non riesco a capire come io stia riuscendo a restare lucido. Respiro piano per limitare ogni spreco. Resto immobile steso sul metallo che si sta raffreddando.
Poi Katniss si toglie la giacca, quando si sposta e mi espone al vento il freddo gelido della notte mi investe completamente.
Toglie la camicia e non so che cosa abbia in mente, congelerà se non si riveste subito, ma non ho la forza quasi neanche di parlare e avvertirla del pericolo che sta correndo.
Si rinfila la giacca quanto più velocemente riesce. Ho capito le sue intenzioni, vuole legare la camicia come laccio emostatico, le taglia via una manica e inizia ad avvolgerla stretta sotto il ginocchio, poi prende l’ultima freccia che le resta e la infila nel nodo per stringerlo il più possibile. È come se non sentissi la parte ferita della gamba e mi chiedo se sia un bene, ma non mi importa molto. Voglio solo che questa cosa finisca. Potrei perdere la gamba, ma voglio uscire da questo luogo di morte. Troppo sangue è stato versato inutilmente.
Finisce di fasciarmi la gamba in modo da tenerla chiusa e  si stende accanto a me.
-Non addormentarti – mi dice impaurita.
-Hai freddo? – le chiedo. Non ho intenzione di addormentarmi, anche se sono stanchissimo e forse un po’ di riposo potrebbe aiutarmi, ma ho paura che questa potrebbe essere la mia ultima notte.
Apro la cerniera della giacca e Katniss si stringe a me mentre la richiudo attorno a entrambi. Va un po’ meglio, ma non ha niente a che vedere con il calore del sacco a pelo, il vento soffia gelido e la notte è ancora lunga.
-Cato fa ancora in tempo a vincere questa cosa – sussurra lei.
-Non crederci – dico dolcemente, anche se ho più paura di lei.
La tortura peggiore è sicuramente essere costretti a sentire Cato che geme di dolore, impotente contro gli ibridi che danno spettacolo della sua morte.
Non so quanto tempo passa prima che Katniss chieda esasperata –Perché non lo uccidono e basta?
-Lo sai perché – e lo sappiamo entrambi. Saranno tutti col naso incollato allo schermo adesso.
I gemiti di Cato mi rimbombano nella testa, vorrei solo poter non sentirli. Il sonno inizia a vincermi, ma ogni volta che accenno a chiudere gli occhi Katniss urla il mio nome supplicandomi di non lasciarla proprio adesso, di tenere duro. Grida come una pazza, ma mi sforzo di accontentarla.
-Dai Katniss, guarda la luna – dico io – Quando sarà arrivata dall’altra parte del cielo saremo a casa.
-Saremo a casa, tutti e due. Promesso? – chiede.
-Certo.  Insieme.
Ma la luna continua a muoversi e non accade niente, neanche quando il sole inizia ad alzarsi all’orizzonte.
-È quasi l’alba – sussurro, e anche dire poche parole mi fa ansimare dalla fatica – Credo che adesso sia più vicino. Katniss, riesci a colpirlo?
-La mia ultima freccia è nel tuo laccio emostatico – dice lei senza nessun tono che faccia trasparire il suo stato d’animo. È completamente spenta: annientata da questa notte infernale. C’è molto poco della Katniss che conosco in quella che vedo davanti a me, un freddo automa divorato dagli Hunger Games.
-Fanne buon uso – ribatto slacciandomi la giacca per lasciarla libera di muoversi.
La sfila dallo stretto nodo che ho attorno alla gamba che si allenta un po’, ma niente di preoccupante, se Katniss lo colpisce saremo a casa in un attimo. A Capitol City potranno curarmi in un baleno.
È un sibilo nell’aria del mattino e un rumore sordo quando la freccia colpisce il suo obiettivo.
-L’hai preso? – chiedo curioso ed è a quel punto che il cannone spara – Allora abbiamo vinto, Katniss.
Ma mi accorgo di non essere affatto felice di essere arrivato alla fine. Ovviamente voglio tornare dalla mia famiglia nella sicurezza del distretto 12, ma avrei preferito mille volte non tornarci con le mani sporche del sangue di tanti ragazzi come me. Ventidue tributi morti, due ancora in piedi.
-Urrà per noi – dice Katniss altrettanto infelice.
Gli ibridi si allontanano dal cadavere di Cato e  entrano in un buco che si apre in mezzo alla piana. Li guardiamo scomparire inghiottiti dalla terra, ma non accade nulla. Non ci sono trombe di vittoria, non c’è l’hovercraft per portarci a casa. Niente di niente, e un piccolo dubbio si insinua dentro di me. Ma no, non può essere vero.
-Ehi! – grida Katniss arrabbiata rivolta verso il cielo – Cosa succede?
-Forse è il cadavere. Forse dobbiamo allontanarci – suggerisco poco convinto, ma meglio che stare fermi ad aspettare qualcosa che potrebbe non arrivare mai.
-Bene. Pensi di riuscire ad arrivare al lago?
-Penso che farei meglio a provarci – rispondo, il lago sembra così vicino, e là forse c’è qualcosa di meglio per il mio polpaccio della camicia di Katniss.
Trascinandomi sorretto da Katniss ce la facciamo a raggiungere lo specchio d’acqua. Quando arriviamo l’hovercraft porta via il corpo di Cato, ma nessuno viene a prendere noi due. Ho paura che i miei sospetti si confermino.
-Cosa stanno aspettando? – chiedo. Magari mi sbaglio.
-Non lo so – risponde Katniss persa.
Si alza per cercare qualcosa per stringere il mio laccio emostatico, la gamba mi fa malissimo.
Si china per raccogliere la freccia che aveva tirato verso Cato e Claudius Templesmith rimbomba nell’arena vuota con la sua voce trasmessa dagli altoparlanti.
-Un saluto ai concorrenti finali dei settantaquattresimi Hunger Games. La modifica precedente è stata revocata. Un esame più accurato del regolamento ha rivelato che ci può essere soltanto un vincitore. Possa la buona sorte essere a vostro favore.
Nient’altro.
Avevo ragione, era tutto un trucco per portarci a questo momento, i due amanti costretti a lottare fra loro per la sopravvivenza ultima. Che scontro appassionante e brutale.
-Se ci pensi, non è poi tanto sorprendente – dico io mentre cerco di alzarmi lentamente, stringendo i denti dal dolore.
Prendo il coltello e lo lancio dietro di me, fa un tonfo nell’acqua alle mie spalle, e Katniss mi punta contro il suo strumento di morte. La freccia già incoccata, senza doverci pensare due volte.
Arrossisce dalla vergogna, e lancia le armi a terra. Me lo aspettavo comunque, lei vuole vivere. Non ha mai voluto nient’altro. È giusto che sia così.
-No. Fallo – raccolgo arco e freccia e glieli spingo in mano.
-Non posso. Non lo farò – dice determinata.
-Fallo. Prima che rimandino indietro quegli ibridi o qualcos’altro. Non voglio morire come Cato – la supplico.
-Allora uccidimi! – urla arrabbiata cacciando l’arco tra le mie braccia – Mi uccidi, vai a casa e te ne fai una ragione!
-Sai che non posso – dico io. È lei la mia ragione di vita ora. Non potrei mai. Se la uccidessi so che morirei con lei. Cosa sarebbe il mio futuro? – Bene, me ne andrò comunque per primo, dico strappando la fasciatura, il sangue inizia a scorrere fuori e sento la testa che mi gira, ma mi sforzo di restare in piedi.
-No, non puoi ucciderti – piagnucola Katniss in ginocchio mentre cerca di recuperare la fasciatura.
-Katniss. È quello che voglio – non è un sacrificio eroico o niente di simile. Solo un bilancio di quello che sarebbe la mia vita persa Katniss.
Mi ridurrei a niente. Forse l’alcool potrebbe aiutarmi come aiuta Haymitch a dimenticare. Lei potrà tornare a casa, da sua sorella, da sua madre, da Gale. Perché sì, per quanto ho cercato di tenere fuori il ragazzo del Giacimento da tutta questa storia ho sempre saputo che Katniss non mi avrebbe mai amato veramente.
Nonostante i baci, le carezze, e quei momenti in cui la sentivo veramente mia, ho sempre serbato dentro la consapevolezza che il suo cuore non mi apparteneva e non mi apparterrà mai.
-Non mi lascerai qui da sola.
-Senti – dico afferrandola per le spalle e invitandola ad alzarsi – Sappiamo entrambi che devono avere un vincitore. Può essere soltanto uno di noi. Ti prego, accettalo. Per me. So che per te non sarà facile capirlo, ma provaci. Se tu muori adesso, e io torno a casa, la mia vita… sarebbe uno schifo. Passerei ogni giorno a pensare a questo momento, sapendo che dovrei esserci stato io al tuo posto. Non potrei farcela, preferisco morire piuttosto. E poi tu devi tornare a casa, devi farlo per la tua famiglia, per Prim, per tua madre. Potrai costruirti una nuova vita al Distretto 12, io non potrei mai. Perché, Katniss, ti amo.
Pronunciare quelle due semplicissime parole mi fa sentire strano. Perché mi rendo conto che sì, la amo e non potrei stare senza di lei. Ma lei sembra non ascoltarmi, mi guarda e i suoi incantevoli occhi grigi fanno trasparire che la sua mente è rivolta altrove.
Ma comunque non riesco a smettere di parlare – Ti amo Katniss, e so che se tornassi da solo al distretto non mi riprenderei mai dalla tua morte, se non vuoi salvarti per te stessa, almeno fallo per risparmiarmi una vita che non voglio, ti amo più di  ogni altra cosa, più del cielo al tramonto, più del profumo del pane la mattina, ti amo e voglio che sia tu a tornare a casa, quindi uccidimi.
Per tutta risposta Katniss prende il sacchetto dove ha infilato le bacche velenose, ma le blocco il polso stringendolo forte con la mano –No, non te lo permetterò.
-Fidati di me – sussurra. E ovviamente lo faccio, mi guarda a lungo e vedo nel suo sguardo determinazione, sa quello che sta facendo.
Versa alcune bacche nel palmo della mia mano e poi il resto nel suo.
-Al tre? – dice come se avessimo concordato da tempo questa mossa.
Sento l’impulso irrefrenabile di baciarla per l’ultima volta, per sentire ancora il sapore delle sue labbra sulle mie. L’idea di Katniss è buona, mi chiedo quanto.
Devono avere un vincitore, ma averne nessuno sarebbe molto peggio. Cosa ne sarebbe dei loro giochi se nessun tributo si salvasse? Perché nessuno ci ha mai pensato prima? È semplicemente geniale.
-Al tre – ripeto – Mostrale. Voglio che tutti vedano.
Apro le dita per mostrare a tutta Panem le bacche scure. Allora Strateghi? Che succede adesso. È una scommessa, noi contro loro.
Io e Katniss ci teniamo stretti per mano, prima di iniziare a contare lei stringe un po’ più forte come per darmi un segnale.
-Uno – diciamo insieme.
-Due – ma non succede ancora niente.
-Tre! – e mi caccio in bocca le bacche aspettando a masticare per almeno qualche secondo, aspettando.
-Fermi! Fermi! – grida Claudius Templesmith dal cielo mentre le trombe iniziano a squillare – Signore e signori, sono lieto di presentarvi i vincitori dei Settantaquattresimi Hunger Games, Katniss Everdeen e Peeta Mellark! Ecco a voi… i tributi del Distretto 12!


HO HO HO BUON NATALE TRIBUTES!
Questo è il mio personalissimo regalo per ognuno di voi, spero sia gradito :3
Divertitevi, passate una bella giornata con quelli che amate, mangiate, ridete perché il Natale c'è una volta soltanto ogni anno.
Come avevo promesso ce l'ho fatta, eccovi il grande attesissimo finale, nei prossimi giorni caricherò anche gli ultimi due capitoli perchè sì, ieri ho finito di scrivere questa incredibile avventura.
Ci sentiamo presto, ancora tanti tanti auguri :D
-samubura-

p.s. Recensite! <3

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Capitolo 24
*** Capitolo 26 ***


Sputo le bacche all’istante, raschiando la lingua con la mano per paura che qualche goccia di succo mi resti in bocca.
Tiro Katniss che mi tiene ancora per mano verso il lago dove ci sciacquiamo la bocca per stare tranquilli e poi finiamo abbracciati stesi a terra. Felicissimi.
-Ne hai inghiottita nessuna? – chiede.
Faccio segno di no con il capo – Tu?
-Credo che sarei già morta, se l’avessi fatto.
-Giusto – rispondo sorridendo, ma le urla degli spettatori raccolti in piazza a Capitol City e trasmesse in diretta qua nell’arena mi sovrastano.
L’hovercraft appare silenzioso, ma questa volta i corpi che raccoglie sono vivi, Katniss non si separa da me, mi aiuta a salire sulla scaletta che ci calano giù, la corrente elettrica ci paralizza fortunatamente, perché riappoggiare il peso sulla gamba ferita mi fa vedere le stelle. Solo adesso mi rendo conto che ho continuato a perdere una quantità incredibile di sangue, ma l’adrenalina me ne ha fatto dimenticare.
Anche mentre saliamo il sangue gocciola giù dal mio polpaccio, senza che nessuno dei due possa far nulla per fermarlo, spero che nell’hovercraft ci siano dei medici perché morirei prima di ritornare a terra.
La porta fa in tempo a chiudersi dietro di noi che crollo a terra quando la corrente elettrica viene a mancare. Privo di sensi.
Non so cosa mi fanno, ma quando apro gli occhi c’è un’infermiera di Capitol City a sorvegliarmi e sembra parecchio sorpresa di vedermi sveglio.
-Ti sei già ripreso! Vado a chiamare il dottore. Aspetta e non alzarti.
Mi chiedo come possa farlo dato che sono praticamente legato al lettino.
L’infermiera scompare dietro una porta scorrevole e io mi guardo un po’ attorno, è una stanza spoglia dove c’è solamente il mio letto di ospedale, c’è una luce soffusa giallognola. Il mio corpo è collegato a diversi macchinari dall’aspetto sicuramente molto costoso. La mia operazione non dev’essere stata molto semplice. Avevo paura che non mi avrebbero salvato. Che avrebbero trovato il modo di farmi fuori spacciandolo per un incidente.
“Non siamo riusciti a salvarlo” avrebbe detto un medico con aria molto professionale. E invece a quanto pare sono qua, in carne ed ossa. Nudo, e legato a un lettino.
La porta si riapre senza fare rumore e il dottore entra a passo deciso seguito dall’infermiera che mi ha trovato al mio risveglio che tiene tra le mani un vassoio. Lo guardo con desiderio, ma lo appoggia accanto a me, segno che non è ora di mangiare ancora.
-Allora, Peeta. La buona notizia è che i tuoi parametri si stanno riequilibrando. Hai avuto bisogno di una grande trasfusione, ma tutto è andato per il verso giusto.
Rimango in silenzio, sapendo dalla sua espressione che c’è dell’altro.
-Purtroppo la gamba era profondamente lesionata, quindi ora hai una protesi, reagirà ai tuoi stimoli cerebrali come la tua vera gamba, forse ci vorrà un po’ per abituarsi, ma ti assicuro che dimenticherai che non si tratta del tuo polpaccio – l’infermiera scopre il lenzuolo dal lato dove prima c’era la mia gamba ferita e ora c’è uno strano congegno di metallo e plastica.
-Dov’è Katniss? – chiedo educatamente quando il medico ha finito di esporre la mia situazione.
-Oh, lei sta bene. Adesso faremo in modo che voi recuperiate le forze per l’intervista – risponde l’infermiera in tono dolce ritornando al vassoio. Preme un bottone che fa piegare una parte del mio lettino, portandomi seduto.
-Posso vederla?
-No – rispondono quasi entrambi secchi, poi l’infermiera lascia la parola al medico un po’ incerta sul da farsi, non capisco perché – Devi riposarti ancora e da domani inizierai la riabilitazione.
Non obietto perché so che sarebbe del tutto inutile. La donna poggia il vassoio sulle mie gambe, una tazza di brodo fumante e delle mele cotte. Mi aspettavo un pasto più sostanzioso, ma capisco che non posso esagerare, soprattutto dopo la convalescenza.
Sono da solo. Mangio e poi rimango a guardarmi intorno disorientato. Mi aspetto che qualcuno appaia dalla porta, ma non succede.
Sono salvo. Katniss sta bene, e presto torneremo a casa. Ancora non ci credo.
Dopo alcuni giorni dalla fine dei giochi il vincitore ha una puntata intera dello show dove viene presentato ufficialmente, si rivivono i “momenti più emozionanti” dei giochi e poi il giorno seguente c’è l’intervista finale. E infine: casa.
Il Distretto 12 sarà in fermento, tutti si staranno dando da fare per accoglierci nel migliore dei modi, dopo più di trent’anni che nessuno vince si ritrovano con ben due nuovi vincitori. Penso alla mia famiglia, a mia madre che non avrebbe scommesso una pagnotta su di me, a mio padre che non vedo l’ora di abbracciare.
Un liquido freddo mi viene iniettato e capisco subito che si tratta di un sedativo, la stessa brutta sensazione di quando Katniss mi ha dato lo sciroppo per dormire mi assale, e vengo trascinato in un lungo riposo senza sogni.
Al mio risveglio non trovo nessuno, ma dopo un po’ arriva un uomo con un camice che dice di essere il fisioterapista. Slaccia le cinghie che mi tengono legato e stacca alcuni macchinari dal mio corpo per permettermi di muovermi. Fa tutto con un gran sorriso sulla bocca e mi dà una sensazione di fiducia.
-Allora, proviamo come ti trovi con questo arnese - dice porgendomi un braccio per aiutarmi a tirarmi seduto. Mi sento incredibilmente debole.
Mi fa fare alcuni test per vedere se l’ “arnese” funziona correttamente. È sorprendente di come risponda bene. Mi basta pensare di muoverlo e quello lo fa, come la mia gamba vera.
-Bene! Benone, proviamo ad alzarci, Peeta?
Annuisco e mi appoggio a lui mentre scendo dal lettino, l’unico piede nudo tocca il pavimento freddo e ho un brivido.
Mi fa fare qualche passo avanti e indietro, poi dice che può bastare e mi chiede di stendermi di nuovo.
-Potrebbe non legarmi? Mi fa sentire in trappola.
-Oh è solamente una questione di sicurezza, non dipende assolutamente da me - dice e solo all’ultimo secondo vedo la siringa che mi infila nel braccio.
La routine si ripete per non so quante volte, mangio, faccio terapia e vengo riaddormentato bruscamente, ogni volta che mi sveglio sono legato al lettino.
Quando apro gli occhi e nessuna cinghia a tenermi incollato al letto d’ospedale c’è Portia che mi attende seduta su una sedia con un enorme sorriso compiaciuto. Tra le mani ha un sottile bastone da passeggio argenteo, molto elegante.
-Eccoci qua – dice mentre mi aiuta ad alzarmi – Come ti senti?
-Meglio – è l’unica cosa che riesco a rispondere – Posso vedere Katniss, ora?
-Katniss deve prepararsi con Cinna, vogliono che il vostro ricongiungimento avvenga direttamente sul palco.
-Oh.. – mormoro – Avrei tanto voluto vederla.
-Ho pensato che questo potesse aiutarti – dice Portia, come ricordandosi sul momento del bastone che ha in mano.
-Grazie – effettivamente nonostante il simpatico medico mi abbia aiutato a prendere confidenza con la gamba meccanica, faccio abbastanza fatica a camminare con disinvoltura.
Vorrei essere più felice di rivedere Portia, esserlo quanto lei lo è di vedere me, ma non ci riesco davvero.
-Andiamo su, abbiamo poco tempo – mi incita porgendomi un braccio per accompagnarmi all’ascensore.
Scopro che l’ospedale si trova sotto terra, ritrovo il rapidissimo ascensore di cristallo. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ci sono salito?
Sfrecciamo verso il dodicesimo piano. Dentro la mia vecchia stanza c’è il mio team di preparazione che è tutto in festa. Si congratulano con me e aspettano che io mangi per iniziare il loro lavoro. Roast-beef succoso piselli e dei panini deliziosi. Vorrei fare il bis, ma me lo impediscono perché dicono che potrei sentirmi male altrimenti. Chiacchierano da subito, mi fanno sedere davanti a un grande specchio, ancora con addosso il semplice camice ospedaliero che mi copre a malapena e iniziano ad armeggiare sui miei capelli e sul mio trucco per la serata.
Quasi non mi riconosco quando mi vedo, ho il viso scavato e liscissimo. Nessuna imperfezione, mi guardo le mani e non c’è traccia delle mie bruciature da fornaio, faccio una rapida ispezione del resto del mio corpo, dove ricordavo fossero le ferite subite nel corso dei giochi, ma niente. Tutto cancellato da Capitol City. Non più un tributo: un vincitore, splendente nella gloria di essere sopravvissuto a tutti gli altri.
Mi sforzo di non ascoltare i discorsi dei miei preparatori, sempre così futili. Parlano degli Hunger Games appena conclusi, ma non voglio avere niente a che fare con la discussione e, per fortuna, non mi fanno domande di nessun tipo. Quando sono pronto “A-DO-RA-BI-LE” a detta loro, Portia mi mostra il vestito che indosserò questa sera.
Una camicia di un giallo tenue, che brilla come una fiamma quando riflette la luce e dei pantaloni neri molto semplici. Mi aiuta a indossarli e la protesi scompare sotto il tessuto scuro.
Quando è tutto pronto mi fanno scendere di nuovo al pian terreno e entriamo. Nello studio televisivo dove le varie equipe di cameraman stanno lavorando per coordinarsi per la diretta. C’è Haymitch che gironzola e appena mi vede mi viene incontro e, strano a dirsi, mi abbraccia.
Il suo fiato non puzza di alcool e la sua stretta è forte e rassicurante.
-Congratulazioni, ce l’hai fatta – dice soddisfatto.
-Grazie a te, non sarei qui se non fosse stato per il tuo scherzetto – dico alludendo allo sciroppo per dormire.
-Dovere – dice con un gran sorriso, è la prima volta che lo vedo sorridere in questo modo, non è compiaciuto per una battuta ben riuscita, o perché ha trovato una bottiglia di liquore da qualche parte. È felice, perché sono vivo e ci ha portati entrambi a casa – Mi raccomando: sii te stesso – e mi strizza l’occhio prima di andarsene.
Due uomini mi conducono in uno spazio sotto il palco. Solitamente il vincitore viene fatto entrare da una pedana al centro del palco dove sono schierati preparatori mentori e stilisti, ma quest’anno tutto è diverso.
Si vede che la pedana su cui mi dicono di stare è nuova di zecca. Penso al consiglio di Haymitch che mi ha un po’ confuso le idee. Sicuramente era un messaggio in codice, ma non riesco ad interpretarlo, certo che sarò me stesso, come sempre. Non mi sono mai dovuto sforzare di recitare la mia parte. Ma lei invece?
Una morsa mi stringe il cuore al pensiero che sia stato tutto solo architettato, che in realtà non ha mai provato niente per me. Mi ha usato e basta. So che in parte è così, ma  credevo di essere riuscito a scalfire la corazza della ragazza di fuoco anche se adesso, fuori dall’arena, lontano dalle preoccupazioni e lontano da lei, mi chiedo se sia tutto vero, o se l’ho solo sperato così ardentemente che ho finito per credere fosse vero.
Si sente il rumore della folla che prende posto nello studio. Saranno tutti eccitati di vedere me e Katniss.
Katniss, da quanto tempo ci tengono separati? Dopo essere stato così vicino a lei nell’arena, sentirla distante è un dolore continuo. Ho una costante paura di perderla. Tenerci separati è un gioco così crudele, ma ci deve essere un motivo più profondo.
È ovvio che la sua trovata delle bacche non deve essere piaciuta molto agli Strateghi, ci odieranno, perché li abbiamo fregati, ma fino a che punto il loro odio ricadrà su di noi. Adesso che siamo celebrità, abbiamo il pubblico dalla nostra parte ed è ovvio che non possono toccarci con la protezione dei migliaia di cittadini che ci acclamano. Fino a che punto la loro collera danneggerà il futuro mio e di Katniss? E lei se ne renderà conto?
L’inno di Panem risuona e ho un sussulto ricordando le sere a guardare i volti dei tributi morti nel cielo. In questo momento lo so per certo: non si esce mai dall’arena davvero.


Capitolo un po' breve (scusate tanto, ma mi rifarò con il prossimo) ma il nostro caro ragazzo del pane ha la tendenza a restare privo di sensi/addormentato...
Buon Santo Stefano! Mangiate anche oggi perché un solo super-pranzo non basta :D
Ci sentiamo presto, siete tutti meravigliosi e non vedo l'ora di sentire le vostre opinioni che sono la gratificazione del mio lavoro :)
Baci baci

-samubura-

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 27 ***


Caesar Flickerman apre la cerimonia salutando il pubblico che è in delirio, presenta le nostre squadre di preparatori e immagino quanto saranno esaltati adesso che tutta la nazione potrà vederli.
E poi ecco Effie Trinket, la nostra accompagnatrice, che ancora non ho avuto l’occasione di incontrare. Attende questo momento da anni e spero proprio che possa goderselo.
Segue il turno di Cinna e Portia, i nostri fantastici stilisti che hanno fatto un lavoro fenomenale, non c’è dubbio, e il pubblico li acclama.
Un gran trambusto accompagna l’ingresso sul palco di Haymitch e continua per molto tempo. Passerà alla storia: il mentore che da solo ha mantenuto non uno, ma ben due tributi e in più del distretto più remoto. Si merita tutti gli applausi. E anche io gli sono immensamente grato.
La pedana inizia a muoversi sotto i miei piedi, cogliendomi di sorpresa. Mi appoggio saldamente al bastone che Portia ha progettato per me e faccio il mio ingresso trionfale sul palco, scaccio ogni pensiero e sorrido abbagliato dalle luci.
Dovrei salutare il pubblico, salutare Caesar, insomma fare i miei doveri di vincitore, ma l’unica cosa che mi importa adesso è Katniss.
È a qualche metro da me e sembra un’altra persona. Resa ancora più bella dalle mani dei suoi preparatori, indossa un abito del mio stesso tessuto, con un’ampia gonna corta. Appena la piattaforma si assesta mi corre incontro e quasi mi butta giù. La stringo a me e la bacio intensamente, perché ho aspettato questo momento ogni giorno. Ogni volta che il dottore diceva che stavo meglio chiedevo di vederla, di riavere con me la mia Katniss.
Adesso lei è qui con me, e ci  baciamo per non so quanto tempo, arriva persino Caesar a picchiettarmi sulla spalla richiamandomi allo show, ma lo spingo via senza staccarmi da Katniss. Lei è qui con me adesso e mi fa sentire importante, speciale. Non so se mi ama quanto la amo io, ma qualcosa c’è, lo so, solo che non riesco a capirlo fino in fondo.
Arriva Haymitch e capisco che può bastare. Ci spinge amichevolmente verso un grazioso divanetto di velluto rosso, che assomiglia più a  una poltrona in quanto a dimensioni, ci sediamo uno accanto all’altro e poi Katniss toglie i sandali e si accoccola con la testa sulla mia spalla. Le passo un braccio dietro la schiena e la abbraccio, con le dita giocherello con una ciocca di capelli.
È come se non ci fossimo nient’altro che io e lei. Da soli, come nella grotta, ma più felici, più sereni.
So cosa mi attende, un riassunto di tre ore di tutti i nostri Hunger Games. Mi concentrare a non mostrare le mie emozioni sul palco mentre Caesar fa qualche battuta, rispondo senza trasporto, Katniss resta muta accanto a me.
Le luci dello studio si abbassano e mi concedo un sospiro adesso che tutti gli occhi saranno puntati sul grande schermo. Il sigillo di Panem apre come consuetudine la trasmissione, poi ecco che inizio a rivivere ogni singolo momento dell’ultimo periodo della mia vita.
Senza distogliere lo sguardo cerco la mano di Katniss che è gelida, la prendo nella mia e la tengo forte, come quella sera sul carro perché ho paura di cadere.
Tutta la prima mezz’ora si concentra sulle mietiture e gli addestramenti, rivedere i volti dei tributi fa uno strano effetto. Sono tutti morti, tranne noi due. Non riesco a pensare ad altro.
Il bagno di sangue mi fa rabbrividire, c’ero anch’io là in mezzo, e infatti eccomi, la morte di ogni tributo è ripresa singolarmente e in modo dettagliato, anche se la maggior parte avvenivano in contemporanea a ognuno è dedicato il suo momento speciale. C’è il mio scontro con la ragazza dei coltelli e il suono della sua voce risveglia dentro di me qualcosa di non definito.
La maggior parte delle riprese poi si concentra su me e Katniss, niente di strano, ma degli altri tributi fanno vedere degli spezzoni e poco altro. Ci sono tutte le scene del mio doppiogioco coi favoriti, fino alla notte sotto l’albero degli aghi inseguitori. C’è la piccola Rue che indica a Katniss il nido, poi la terribile morte di Glimmer e della ragazza del distretto 4. C’è il mio scontro con Cato, che sembra veramente patetico, entrambi barcolliamo a causa delle allucinazioni. La mia fuga, la sua rabbia e io che giaccio sotto lo strato di fango che mi ha salvato.
Ecco le immagini dell’alleanza tra Rue e Katniss, sento che stringe la mia mano più forte quando arriva il momento della morte della bambina e di Marvel. Manca la scena che Katniss mi ha descritto, in cui ricopre il suo corpo di fiori, poi capisco. È qualcosa di troppo ribelle per essere celebrato questa sera. Bastano le bacche che non possono omettere.
Sento che Katniss mormora le parole della canzone che ha cantato a Rue e che io ho sentito trasportata attraverso il bosco dalle ghiandaie imitatrici.
L’annuncio di Claudius nella notte e Katniss che urla il mio nome e poi si tappa la bocca con entrambe le mani. È una bella scena, inaspettata. Ma tutto mi sembra così distante, non vedo l’ora che finisca. Vedere i tributi che cadono non è altro che l’ennesimo Hunger Games a cui assisto. Sono cresciuto con queste immagini negli occhi, che ci sia anche io là in mezzo non cambia nulla.
Lei che mi viene a cercare, mi cura, il nostro periodo nella grotta, il festino, la morte di Clove, Tresh che se ne va e Katniss che torna da me ferita. La pozza di sangue in cui giace al mio risveglio e poi noi che ci baciamo nella grotta. La morte di Cato lenta e crudele, le bacche velenose e tutto si conclude con Katniss che prende a pugni le porte trasparenti della mia sala operatoria nell’hovercraft gridando il mio nome. Quella Katniss che sembra così diversa da quella che ho accanto.
Le luci si riaccendono, suona l’inno e ci alziamo in piedi quando il presidente Snow entra accompagnato da una bambina che regge una corno d’oro su un cuscino color porpora.
Il pubblico mormora perché si aspettava una doppia incoronazione, ma poi il presidente sorride e alzando la corona la spezza in due metà identiche e ne posa una sul mio capo e una su quello di Katniss. Avverto la tensione nei loro sguardi nonostante i sorrisi falsi stampati sulle loro facce.
Un grande applauso e saluti al pubblico, mi muovo meccanicamente, un manichino del loro stupido show, in attesa che tutto questo finisca.
Caesar augura la buonanotte ai telespettatori e raccomanda a tutti di sintonizzarsi domani per la nostra intervista finale.
Ma per noi la serata purtroppo non finisce, anzi inizia ora.
Senza neanche lasciarci il tempo di prendere fiato ci trascinano alla residenza del presidente Snow dove si tiene il consueto Banchetto della Vittoria, ma nonostante la quantità incredibile di cibo sui diversi tavoli imbanditi, non ci lasciano neanche il tempo di mangiare, tutti vogliono parlarci, fare foto con noi. Personaggi importanti di Capitol City tutti diversi, ma tutti uguali per me. Sorrido forzatamente e cerco anche di fare qualche battuta ogni tanto. Katniss si aggrappa a me e io mi aggrappo a lei, restiamo mano nella mano per tutta la serata, sorreggendoci a vicenda. È questo il nostro destino, sostenerci l’un l’altro.
Inizio ad avere sonno, ma non possiamo sicuramente andarcene, quindi continuo a sorridere, fare foto, ringraziare sconosciuti dei complimenti e le congratulazioni che ci fanno, citando episodi dei nostri giochi che quasi neanche ricordo.
È quasi l’alba quando ci riportano ai nostri appartamenti al dodicesimo piano del Centro di Addestramento.
Haymitch mi dice di andare con Portia e si allontana con Katniss in direzione opposta alla nostra, sono troppo stanco per mettermi a discutere, anche se vorrei passare un po’ di tempo da solo con lei.
-Perché ci state tenendo separati? – chiedo alla mia stilista.
-Avrete tanto tempo quando tornerete a casa – risponde evasiva –Adesso vai a riposare, domani alle due dovrete essere in onda.
Non faccio storie, ma vorrei veramente parlare con Katniss senza la pressione delle telecamere.
E ho intenzione di farlo. Mi infilo sotto le coperte e non sono mai stato così grato di avere un letto. Il materasso soffice avvolge il mio corpo e lo sostiene facendomi rilassare. Niente a che vedere con il sacco  a pelo sui duri sassi della grotta.
Ma non riesco ad addormentarmi comunque, quindi inizio a pensare di uscire, magari intrufolarmi nella sua camera, solo per parlare. Ho quasi la certezza che anche lei non stia dormendo.
Quindi mi alzo, e saltello in punta di piedi fino alla porta, ma quando abbasso la maniglia capisco che la mi hanno chiuso in camera. La terribile sensazione di prigionia, la stessa che avevo nell’ospedale, mi riassale. Allora è così? Siamo intrappolati per sempre al volere della capitale?
Torno nel letto e non riesco a non pensare a come potrebbe essere la mia vita, la mia futura vita da mentore. Mi immaginavo un radioso futuro con Katniss, ma adesso tutto sfuma in una successione di anni grigi in solitudine, alla mercé della capitale.
Fortunatamente il sonno ha la meglio sulla mia mente stanca ed è la voce di Effie Trinket, squillante e forse più allegra del solito a svegliarmi la mattina seguente.
Faccio colazione e ovviamente Katniss non c’è a farmi compagnia, quasi non mi lasciano il tempo di finire che mi trascinano a prepararmi per l’intervista. Non ho il tempo di parlare con nessuno che il mio team di preparatori inizia a lavorare. Chiacchierano della serata appena trascorsa, di come si sono emozionati e, come sempre, spengo le orecchie.
Portia mi fa indossare un completo elegante bianco e rosso.
-Emozionato? – chiede per fare un po’ di conversazione.
-No – rispondo con sincerità – Voglio solo tornare a casa.
-Lo farai presto – dice sorridendo – Adesso scendiamo dai. Stai da favola.
Ed è vero, ancora una volta i suoi vestiti mi fanno apparire più bello e forte di quanto non mi senta.
La nostra ultima intervista si terrà privatamente, solo noi, Caesar e qualche cameraman. Niente pubblico, niente effetti di luce. C’è il divanetto in cui siamo stati seduti ieri sera circondato da vasi pieni di rose rosse e rosa. Katniss indossa un vestito bianco e leggero. Appena la vedo e siamo per un momento soli la tiro per un braccio da parte.
-Non sono neanche riuscito a incontrarti. Haymitch sembra determinato a tenerci separati – dico per iniziare -Be’ rimane solo questo, poi ce ne andiamo a casa. A quel punto, non potrà continuare a sorvegliarci – aggiungo.
Katniss ha un brivido, ma non fa in tempo a rispondermi perché è tutto pronto per la diretta.
-Coraggio, appoggiati a lui, se vuoi. Ieri è stato molto dolce – suggerisce Caesar a una Katniss seduta un po’ rigida accanto a me.
Segue il consiglio del presentatore e riassumiamo una posa simile a quella della sera precedente, la stringo forte per farle sapere che ci sono e che non deve preoccuparsi di niente.
-Ed eccomi qua con i nostri carissimi sfortunati amanti del Distretto 12! Katniss Everdeen e Peeta Mellark, i vincitori dei settantaquattresimi Hunger Games! – dice Caesar dopo il conto alla rovescia dell’equipe di cameraman. Siamo in diretta nazionale, tutta Panem è costretta a guardare la nostra commediola.
-Non più così sfortunati – lo correggo io. So che Katniss dirà a malapena due parole quindi, se voglio che questa intervista piaccia a qualcuno dovrò darmi parecchio da fare. Caesar è meraviglioso come sempre e coglie al volo ogni occasione per fare una battuta di spirito e far sembrare una risposta banale migliore di quanto non sia.
Ogni tanto rivolge qualche domanda singolarmente a ognuno dei due, ma per il resto del tempo Katniss lascia che sia io a parlare. Ovviamente il nostro giovane amore è l’argomento principale.
-Bene, Peeta, dai vostri giorni nella grotta sappiamo che per te è stato amore a prima vista. Da quando, dai cinque anni? – chiede Caesar curioso.
-Dal momento in cui ho posato lo sguardo su di lei – rispondo, forse esagerando un po’.
-Che rincorsa è stata per te, invece, Katniss. Credo che la vera emozione per il pubblico sia stata guardare te che ti innamoravi di lui. quando hai capito che lo amavi?
-Oh, questa è difficile.. – dice Katniss abbassando lo sguardo, una risatina nervosa le sfugge.
Già, bella domanda Caesar, proprio difficile.
-Be’, so quando l’ho capito io. La notte in cui hai urlato il suo nome da quell’albero, vero? – incalza il presentatore per non lasciare momenti di vuoto imbarazzante.
-Sì, immagino che sia stato allora. Voglio dire, fino a quel punto avevo solo cercato di non pensare a quali potessero essere i miei sentimenti, perché era qualcosa che mi disorientava, e volergli bene sul serio peggiorava le cose. Ma poi, sull’albero, tutto è cambiato – dice Katniss cavandosela benone. Mi chiedo persino io quanto se ci sia un fondo di verità nelle sue parole.
-Perché, secondo te?
-Forse… perché per la prima volta… avrei potuto averlo per me – dice titubante.
Caesar si toglie di tasca un fazzoletto e asciuga lacrime di coccodrillo per la sua profonda commozione.
-Allora, adesso che mi hai avuto, cosa farai di me? – chiedo appoggiando la mia fronte contro quella di Katniss.
-Ti metterò in un posto dove nessuno ti farà del male – dice, poi la bacio, e le sue labbra morbide mi fanno sentire che è vero.
Caesar allora si dedica alle ferite che abbiamo subito nel corso dei giochi, io sono più bersagliato di domande, Katniss oltre alla bruciatura e al taglio alla tempia ha avuto solo piccole lesioni, io in confronto sembra un miracolo che sono ancora in piedi.
-E dimmi, Peeta, come ti trovi con la tua nuova gamba?
-Nuova gamba? – chiede Katniss e subito alza un lembo dei miei pantaloni per scoprire la protesi meccanica.
-Non te l’ha detto nessuno? – chiede Caesar.
-Io non ne ho avuto la possibilità – dico facendo spallucce mentre Katniss scuote la testa disorientata.
-È colpa mia – mormora – Perché ho usato quel laccio emostatico.
-Sì è colpa tua se sono vivo.
-Ha ragione. Senza il laccio, sarebbe sicuramente morto dissanguato – mi sostiene Caesar, ma Katniss resta lo stesso abbastanza sconvolta. Il presentatore evita di farle domande per un po’, aspettando che si riprenda.
Quando però Caesar tira fuori il discorso delle bacche velenose chiede nuovamente a Katniss di intervenire.
-Katniss, so che hai avuto uno shock, ma devo chiedertelo. Nel momento in cui hai tirato fuori quelle bacche cosa avevi in mente?
Io lo so cosa aveva in mente, non certo un adorabile e struggente sacrificio d’amore, bensì la voglia di trovare a tutti i costi un modo di fregare la Capitale e i loro stupidi giochi. Un gesto di ribellione, come i fiori sul corpo di Rue. Un gesto semplice che però ha messo in crisi il sistema.
Ma questa non è certo una risposta che si può dare davanti a tutto il paese. Spero che Katniss se ne renda conto.
-Non lo so, io non… non potevo proprio sopportare il pensiero di… stare senza di lui – dice dopo una pausa che sembra durare un secolo.
-Peeta? Tu hai qualcosa da aggiungere? – chiede Caesar forse non soddisfatto da quella risposta così breve.
-No. Penso che valga per entrambi – è ora di tornare a casa.
Caesar fa segno ai cameraman di tagliare ed è tutto finito.
Katniss si allontana alla svelta e non ho neanche questa volta il tempo di seguirla perché Effie mi si para davanti sorridente e mi abbraccia commossa.
-Oh, Peeta caro! – esclama.
Da quando sono uscito dall’ospedale non ho ancora avuto occasione di incontrarla e purtroppo non posso rimandare.
-Sono così felice che ce l’abbiate fatta entrambi, non avrei sopportato l’idea di dover scegliere tra uno di voi due – continua, mi limito a sorridere e ringraziarla del lavoro che ha fatto per noi, che è stata fantastica ecc ecc.
Quando Katniss ritorna ci caricano in un’automobile dai vetri oscurati, giusto il tempo degli ultimi saluti frettolosi e poi ci conducono in stazione dove il treno diretto verso il Distretto 12 ci aspetta pronto a sfrecciare attraverso i distretti per riportarci a casa.
La capitale si allontana e mi concedo di pensare alla gioia di riabbracciare i miei cari, di tornare alla mia vecchia vita. So che non sarà mai uguale a prima, e ho paura di quanto la mia nuova vita potrebbe essere distante da quella a cui ero abituato, ma in ogni caso sarò di nuovo il figlio del fornaio, il ragazzo che decora le torte e cura la vetrina. Niente di più.
So che tra solo qualche mese dovremo celebrare il Tour della Vittoria, un lungo viaggio attraverso i distretti per ricordare a tutta Panem che gli Hunger Games non finiscono mai, ma per ora non voglio pensarci.
Dopo aver visto tutti insieme una replica dell’intervista di oggi pomeriggio entro nella mia camera per farmi una doccia e cambiarmi. Tolti i vestiti sfarzosi e il trucco mi guardo allo specchio e vedo finalmente me stesso, se non fosse per la protesi che mi fa sentire un robot, tutto il resto è del Peeta che conosco.
Quando torno in mezzo a tutti gli altri cerco subito Katniss e la circondo con il braccio, ma mi rendo conto che più ci avviciniamo a casa, più lei diventa fredda e indifferente. Cosa sarà di noi due una volta tornati alle nostre vecchie vite? Non oso immaginarlo.
Quando il treno fa una sosta per fare rifornimento io e lei usciamo, mano nella mano camminiamo lungo i binari sull’erba di un verde accesissimo. Vorrei parlarle e chiederle se c’è qualcosa che non va, ma ho paura della risposta e preferisco restare in silenzio. Raccolgo un mazzo di fiori selvatici per lei, ma la sua reazione è tutto meno che spontanea. Come quella sera nel centro di addestramento “Per favore, non fingiamo di essere amici quando non c’è nessuno”.
Niente telecamere. Niente finzioni. Niente sentimenti.
Non ce la faccio più, devo parlarle, devo sapere.
-Cosa c’è che non va? – chiedo.
-Niente – risponde secca, e resta in silenzio. Un silenzio che fa più male che mille parole.
Haymitch appare all’improvviso battendoci una mano sulle spalle, sobbalziamo entrambi dallo spavento.
-Gran lavoro, voi due – dice a bassa voce – Tenetelo in piedi anche nel distretto, finché non se ne vanno le telecamere. Dovremmo essere a posto.
Se ne va senza dare il tempo di ribattere.
-Cosa vuol dire? – chiedo a Katniss affianco a me. Non capisco perché dovremmo essere a posto.
-È per quelli di Capitol City. Non gli è piaciuta la nostra trovata delle bacche – risponde all’istante.
-Cosa? Di cosa stai parlando? – domando preoccupato.
-È sembrata troppo ribelle. Perciò negli ultimi giorni Haymitch mi ha dato istruzioni. In modo che non peggiorassi le cose.
-Ha dato istruzioni a te? Non a me, però – protesto, mentre prendo un appunto mentale di andare a discutere con Haymitch quando saremo ritornati a casa.
-Sapeva che eri abbastanza sveglio da capire.
-Non sapevo che ci fosse qualcosa da capire. Stai dicendo che in questi ultimi giorni… e immagino… anche nell’arena, allora… quella era solo una strategia che avete architettato voi due?
È il momento di cacciare fuori ogni sospetto, se voglio delle verità è questo il momento. Ovviamente avevo capito che c’era qualcosa che non andava, ma mostrarmi all’oscuro di tutto mi farà ottenere più risposte.
-No. Voglio dire, sai bene che non potevo parlare con lui nell’ arena – balbetta.
-Ma tu sapevi cosa voleva da te, giusto? – certo che lo sapeva, ma voglio che sia lei a confessare, la rabbia mi monta dentro e voglio trovare ogni buon motivo per essere in collera con lei.
Si morde il labbro, smarrita –Katniss? – la incalzo cercando di non perdere ulteriormente le staffe. Mi accorgo che siamo ancora mano nella mano e la lascio andare disgustato. E io che credevo che in fondo qualcosa ci fosse.
-È stato tutto per le telecamere. Il tuo modo di comportarti.
-Non tutto – si giustifica lei. Ma non le credo. Non ci riesco.
-Allora quanto? – chiedo alzando la voce – No, lascia perdere. Immagino che la vera domanda sia: cosa resterà quando torneremo a casa, vero?
-Non lo so. Più ci avviciniamo al distretto 12, più sono confusa – inizia, ma dopo un po’ che aspetto ulteriori spiegazioni mi rendo conto che non arriveranno.
-Be’ fammi sapere quando l’avrai capito – dico, e mi allontano di fretta.
Mi sento male, un dolore forte al centro del petto che mi mozza il fiato e mi stringe la gola in un nodo.
Ho sempre saputo veramente dentro di me che c’era qualcosa di sbagliato nel suo comportamento, ma ho continuato a sperare che magari si stava veramente affezionando a me. Invece no.
Confusa. Che me ne faccio io della sua confusione, adesso, più che mai, ho bisogno di una persona che possa garantirmi di starmi accanto. So che Katniss ha fatto l’unica cosa che poteva fare, so che ci ha salvati entrambi giocando agli innamorati. L’unico problema è che per me non era affatto un gioco, e adesso che me ne rendo veramente conto mi sento uno stupido per averle aperto il mio cuore senza pensarci due volte.
Mi fiondo in camera ignorando Effie che mi ricorda che tra poco sarà ora di cena. Ho lo stomaco sottosopra e non ho certo intenzione di cenare con Katniss costretto a sorridere come uno stupido.
Ci credevo, in quei sorrisi, in quel tenersi per mano, la sua testa appoggiata sulla mia spalla. Ho creduto in ogni gesto e in ogni parola perché volevo che fosse vero. Lo volevo così tanto che mi sono lasciato ingannare, mantenendo il sospetto vivo che forse mi sbagliavo, ma ignorando la voce della verità che mi urlava dentro.
Troppo stupido per fidarmi dei miei sospetti, troppo innamorato per non crogiolarmi in quel finto bene che Katniss aveva iniziato a volermi. Quella sensazione di calore quando le nostre labbra si sfioravano.
Mi sdraio sul letto lanciando via i mille cuscini messi ordinati dal più grande al più piccolo da qualche inserviente del treno. Rimango a fissare il soffitto e nessuno mi viene a disturbare per chiamarmi. Magari Katniss si è inventata qualcosa per farmi lasciare in pace, o forse l’hanno capito da soli che non voglio farmi vivo.
Vorrei urlare, vorrei piangere, ma la prima cosa non posso, l’altra non riesco. E non voglio. Sono stufo di essere debole a causa sua. Posso andare avanti senza di lei, non siamo più nell’arena siamo fuori, posso ricominciare tutto da capo.
Mi chiedo se saremo costretti per sempre a inscenare annualmente il nostro amore davanti a Panem. Forse si, forse ci lasceranno in pace, ma dubito. Forse potremmo inscenare una clamorosa separazione, da discutere con Haymitch ovviamente.
Lui, la mente dietro tutto questo. Aveva capito che ero innamorato di Katniss e l’ha guidata verso l’unica possibile scelta. Chissà che non ci sia il suo zampino persino nell’annuncio dei due vincitori dello stretto distretto. E la più grande pecca è che non posso far altro che ringraziarlo per aver strumentalizzato i miei sentimenti e avermi portato a casa quasi tutto intero.
Mi infilo con la testa sotto le coperte e provo a dormire qualche ora. Domani io e Katniss dovremo essere di nuovo innamorati, non sono abituato a recitare, ma dovrò almeno tentare. Tenere da parte ogni sentimento, solo un rapporto professionale. Due attori, due tributi che si sono salvati la vita a vicenda. Niente di più.
Come la fredda alleanza dei favoriti. Pura e semplice legge di sopravvivenza. Un fragile legame dettato dall’interesse comune. Niente di più?
No, devo semplicemente smettermela di chiedermelo. Se c’è qualcosa di più sta a Katniss deciderlo, non a me. Continuerei a farmi del male da solo.
Il mattino arriva in un modo o nell’altro. Ma non me la sento di uscire, quindi quando un senza voce entra per sistemarmi la camera gli chiedo se può portarmi la colazione.
Rientra dopo una decina di minuti con un vassoio stracolmo di cose buonissime da mangiare che divoro avidamente perché adesso la fame arretrata di ieri sera si fa sentire. Ancora una volta il pane mi ricorda di quanto vicino a casa sono. Manca veramente pochissimo.
Aspetto per un po’ nella mia stanza poi decido di andare a cercare il mio mentore.
Fortunatamente, come speravo, non incrocio Katniss nel corridoio e raggiungo la stanza di Haymitch dove non ho dubbi di trovarlo. Sperando sia sveglio.
Busso piano e dall’interno mi dice di entrare. Sembra quasi cordiale, ma sul suo volto si dipinge un sincero stupore quando faccio il mio ingresso. Evidentemente non mi aspettava.
-Che succede, ragazzo? – chiede in tono vago. Ma penso sappia benissimo il motivo della mia visita.
-Possiamo parlare? – gli chiedo, in tutta risposta mi indica la telecamera nella sua stanza: rotta.
-Voglio sapere cosa le hai detto, voglio sapere tutto. Credo di averne il diritto, sono stanco del tuo scavalcarmi nel prendere decisioni. Da qui in avanti mi farai consapevole dei tuoi piani, chiaro?
Ridacchia, se Haymitch ha una dote, sicuramente è quella di dare i nervi alla gente nel momento meno opportuno.
-Ok. Sai benissimo che quello che ho fatto l’ho fatto solo per voi due.
-Lo so.
-E non ho detto granché a Katniss, ha solo capito quello di cui avevo bisogno per portarvi a casa. Per la maggior parte, la ragazza se l’è cavata alla grande da sola. Su di te non ho mai avuto dubbi.
-Ma dai… - commento, nonostante tutto sono arrabbiato.
-Non posso tornare indietro. Ho fatto quello che ho dovuto, puoi anche tenermi il broncio, ma non cambierà le cose. Vuoi sentirmelo dire? Mi dispiace di aver giocato coi tuoi sentimenti, ma sei vivo: è l’unica cosa che conta – dice. E non posso ribattere in nessun modo, perché so che nonostante tutto ha ragione.
-Che succede adesso che torniamo al Distretto 12? – chiedo invece.
-Niente. Sorridete per il pubblico, fate i carini e poi quando le telecamere ce ne andiamo tutti a casa propria. Quando torneranno le troupe per il Tour della Vittoria di nuovo baci e carezze e così quando sarete mentori e così per sempre.
-Non possiamo semplicemente rompere? – propongo.
-È un’ipotesi da considerare, ma sicuramente non alla svelta. Quella signorina ha avuto certamente una grande idea con la storia delle bacche, ma a Capitol City non piacciono le buone idee. È sembrata una sfida: lei ha vinto su loro e non è il messaggio che intendono mandare con gli Hunger Games.
-Siamo in pericolo?
-Non possono toccarvi adesso che l’intera nazione vi adora. Ma chi può dire quanto grave la cosa potrebbe essere. Bisogna agire con cautela e lasciar calmare le acque – dice Haymitch pensoso.
-Voglio che mi mantieni informato, non mi interessa quello che mi chiederai di fare, ma voglio sapere il perché di ogni scelta, promettimelo.
-Promesso – sbuffa – E adesso ricordati, sorrisi, saluti e falli contenti.
Annuisco e me ne vado. Spero di poter contare sulla sua parola. È quasi l’ora prevista per il nostro arrivo, quindi mi vado a vestire e poi cerco Effie che è con Katniss davanti al finestrino, guardando la stazione del Distretto 12 che non ha niente a che vedere con quella da cui siamo partiti.
Telecamere, persone felici che allungano il collo.
Allungo la mano verso quella di Katniss – Ancora una volta? Per il pubblico? – dico senza espressione.
Prende la mia mano e la stringe forte, ma ignoro il brivido che il contatto con il suo corpo mi provoca. Guardo fisso fuori dal finestrino e mi sforzo di sorridere.
Ancora una volta.
Chissà per quanto.
 
 
 
 
FINE DEL PRIMO LIBRO
 
 
Ciao a tutti,
questa storia compie due mesi esatti ed è giunta al termine! Ho pensato di scrivere due parole che chi non avesse voglia di leggere può benissimo ignorare ahaha.
Come prima esperienza in assoluto nel grande mondo delle fan fiction ho trovato che scrivere questo genere di storie permetta di concentrarsi molto sul come piuttosto che sul cosa.
Inoltre lavorare con i personaggi di una storia già creata dà la possibilità di raccontare la propria personalissima visione del libro, di come lo si è vissuto e interpretato e ho adorato poter aggiungere qualcosa di me dentro agli Hunger Games.
Sono immensamente grato a tutti voi lettori mi avete mostrato un supporto incredibile recensendo, inserendo la storia tra preferite/ricordate/seguite (siete veramente tantissimi, grazie!) o anche semplicemente leggendo perché è stata la prima volta che non ho scritto unicamente per me, ma anche per qualcun altro che sapevo ansioso di leggere un nuovo capitolo.
Ringrazio anche tutti coloro che mi hanno chiesto di continuare con gli altri episodi della trilogia e sono stato felice di poter rispondere di sì, perché quando ho ideato questo progetto di fan fiction essa comprendeva appunto tutti e tre i meravigliosi libri della serie. Sarà una grande avventura che è appena iniziata e spero che continuerete a seguirmi tutti quanti e a mostrarmi lo stesso appoggio che mi avete dato durante questo periodo.
Non so con precisione come mi organizzerò per la prossima storia anche se credo che la inserirò in una serie con questa che si è appena conclusa, vi invito a leggermi anche sotto altre vesti, continuerò a dedicarmi principalmente agli Hunger Games, ma ho intenzione di fare anche altri progetti e mi piacerebbe sapere la vostra opinione dato che avete apprezzato tanto il mio modo di scrivere e non avete perso occasione per farmelo sapere.
I miei ringraziamenti speciali vanno a Giada che mi ha prestato il suo libro e (purtroppo per lei) sarà obbligata a prestarmi anche gli altri due, perché è stata lei a farmi entrare nel mondo degli Hunger Games, a sostenermi da quando ho iniziato a scrivere e so che continuerà sempre a farlo.
Auguro a tutti un buon anno nuovo perché dubito che ci risentiremo prima. Domani parto quindi mi prenderò una piccola pausa, ma non preoccupatevi, ci risentiremo presto!
Un bacione a tutti quanti e ancora mille grazie,
-samubura-


AVVISO: Ho iniziato la seconda parte di questa storia! Potete trovarla qua: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2386599&i=1  


 

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