Neverland

di Sakio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La prima volta ***
Capitolo 2: *** Quando capii di non essere innamorata di Peter ***
Capitolo 3: *** Ho preso la mia decisione ***
Capitolo 4: *** Wendy, Uncino e Peter ***
Capitolo 5: *** Chi devo dimostrare di essere non per forza fa sì che io sia quello che dimostro ***
Capitolo 6: *** Maledico il giorno in cui... ***
Capitolo 7: *** Qualunque cosa? ***
Capitolo 8: *** La fine ***



Capitolo 1
*** La prima volta ***


 Urlai il nome di Peter Pan, ma lui aveva già spiccato il volo per andare a salvare i miei fratelli. Credo che Uncino mi sentì perché poco dopo arrivò di corsa su per la torre del castello Nero dove Peter mi aveva lascaito per tenermi al sicuro. L'ultima cosa che mi aveva detto era stata:
"Devi farmi una promessa. Uncino è mio" poi aveva fatto qualche passo indietro e aveva spiccato un balzo. Io mi nascosi dietro una roccia, ma la curiosità di vederlo era troppa. Mi sporsi un poco, stando attenta a non farmi vedere. E così vidi per la prima volta il losco figuro che ossessionava le mie favole. Vidi quegli occhi penetranti e non ne fui spaventata, ma attratta. Continuai ad osservarlo rapita. Gli occhi colore dell'oceano, i capelli lunghi, la barba ispida. Era un uomo con la determinazione nel corpo. Nei suoi occhi non traspirava paura, anche se sapeva bene che a un certo punto o lui o Peter sarebbe dovuti morire. Il mio respiro si smorzò, i miei occhi ora erano solamente per lui. Mentre credevo di amare Peter, ora non ne ero più sicura. Mi mossi. La spada che avevo in mano fece un sibilo. Lui caricò il fucile che aveva tra le mani e di colpo si girò verso di me, ma per mia fortuna la notte era buia e non riuscì a vedermi. Sentimmo un rumore, lui corse immediatamente di sotto scendendo le scale da cui era salito. Aspettai un poco e poi scesi anch'io. Cercai Peter, stando attenta a non farmi vedere da nessuno. Eravamo in un vecchio castello abbandonato ormai sommerso dalle acque. Il ragazzo era sulla mano artigliata di una statua, Spugna su una piccola imbarcazione, mentre non vedevo Uncino.
"Ragazzo qualunque?" sentii chiedere da Uncino. Cercai di capire da dove venisse la voce, ma niente.
"NO" rispose Peter. "Ragazzo meraviglioso?" chiese di nuovo. Questa volta lo vidi. Si stava avvicinando di soppiatto alle spalle di Peter che se ne stava comodamente sdraiato. "Si. Ti arrendi?" Fece Peter con il suo tono dà bambino. Per lui tutto era un gioco.
"Si" rispose Spugna
"Io sono..."
"un ricordo" continuò Uncino.
"Peter attento" urlai senza pensarci. Uncino sparò, ma lo mancò.
"è la tua messa da Requiem ragazzo" urlò Uncino, Peter si fiondò sul capitano.
"Sei pronto a perdere anche l'altra?" disse e iniziarono una danza della morte a suon di clangore di spade. Intanto un brutto pirata si stava avvicinando a me. Mi misi in posizione di combattimento. Questo inziò con una serie di affondi che io prontamente parai. Presi un mattone da terra e con tutta la forza che avevo glielo lanciai in testa. Il pirata cadde a terra svenuto.
Uncino intanto era riuscito a bloccare Peter e a imprigionarlo in una grossa rete da pesca, buttandolo in mare. Ci avevano teso una trappola. Iniziai a trattenere il respiro. Peter sembrava spacciato. Quelle acque nere non lasciavano vedere nulla al loro interno e nulla sembrava muoversi. Ma eccolo uscire fuori da quelle gelide acque completamente libero. Lo ammiravo per il suo attaccamento alla vita così forte. Ma ad attenderlo c'era Uncino, pronto per compiere il suo destino. Peter era ormai stremato e non aveva nessuna arma con cui difendersi. Sembrava spaesato, come non sapesse cosa fare. Era sdraiato su una roccia. Stremato per la dura lotta contro l'acqua. Intanto uncino si avvicinava con un sorrisetto di vittoria stampato in faccia.
"E adesso Peter Pan, tu dovrai morire" disse Uncino con gli occhi pieni d'odio.
"La morte puo' essere una grande avventura" Uncino era pronto a dargli il colpo di grazia, quando un ticchettio iniziò ad espandersi in tutto il castello.
"Oh no" disse Uncino terrorizzato. Sulla faccia di Peter comparve un sorriso, lo stesso che spari dal volto di Uncino. Un grosso coccodrillo era all'entrata del castello. Questo s'inabbissò, Peter mi venne a prendere e mi portó sull'imbarcazione che i miei fratelli avevano rubato a Spugna e ce ne andammo, mentre l'uomo che avrebbe occupato un posto nei miei sogni era alle prese con quel mastodontico rettile. L'ultima volta che lo vidi quel giorno stava scappando dalle fauci del coccodrillo e pregai che ne uscisse vivo. 

Spazio dell'autore
I miei capitoli non sono quei poemi lunghissimi che alla fine ti fanno perdere la voglia di leggere queste storie. vi chiedo di RECENSIRE i capitoli, con critiche e quant'altro, così da poter capire e fare ogni volta un lavoro migliore. Spero che la prima parte vi sia piaciuta, è molto uguale al film, ma era soltanto per darvi un introduzione, il continuò sarà solamente di Wendy e di nessun altro.
Alla prossima

Allora, ho rimaneggiato la storia, rimesso a posto punteggiatura ed errori che avevo disseminato.
Ora mentre sto scrivendo questo l'ultimo capitolo della storia é appena stato pubblicato, quindi vi chiedo di continuare, perché ci ho messo buona parte della mia anima per scrivere questa storia.
Sakio

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Capitolo 2
*** Quando capii di non essere innamorata di Peter ***


Peter mi portò nella radura delle fate. Mi indicò un bellissimo albero, grandissimo che con le sue fronde ricopriva tutta la radura. Al suo interno c'era una bellissima fata, con un vestito lungo adatto ad una principessa. Era abbracciata ad una fata maschio, anch'esso vestito da principe. Danzavano sulle note di una lenta canzone d'amore. Peter si allontanò da me. Lentamente mi girai e lo vidi che mi porgeva la mano. Sorridendo gli diedi la mia. Come le due fate iniziammo a ballare, librandoci in aria. Delle fate, luminose come lanterne, ci giravano intorno osservandoci colpite. Ero persa nel suo sorriso e nei suoi occhi da bambino.
Ci alzammo così tanto da superare le fronde degli alberi e vedere la luna che brillava in cielo. Non riuscivo a non guardarlo. Per me era come un sogno avverato tutto questo. Finché Peter smise di guardarmi, il mio sorriso si spense, non capivo perché aveva cambiato espressione. Le fate se ne andarono di colpo.
"Wendy, noi stiamo facendo finta vero?" il mio cuore si ruppe, la felicità provata fino ad ora svanì. "Che tu ed io..."
"Oh si" dissi sforzandomi di tenere il sorriso sulle labbra. Mi sentivo una stupida ad aver pensato che tra noi ci potesse essere qualcosa. I miei pensieri felici svanirono ed io iniziai la discesa verso terra. Peter provò a chiamarmi e mi raggiunse mettendosi davanti a me, i suoi occhi guardarono i miei. La mia discesa si fermo, ritrovando la mia felicità in quelli.
"Vedi mi farebbe sembrare molto vecchio essere un padre" ricominciai a scendere. Finché toccammo terra.
"Peter" iniziai "quali sono i tuoi veri sentimenti?" lui iniziò ad allontanarsi, ma io non volevo demordere, anche se Giacomo Uncino era diventato nella mia testa un pensiero fisso e costante, provavo qualcosa per quel ragazzo che non voleva crescere.
"Sentimenti?"
"Cosa provi, amore"
"Amore? Non ne ho mai sentito parlare"
"Penso di si Peter, oserei dire che lo hai provato di persona per qualcuno" Si avvicinò al mio orecchio.
"Mai" Provai ad accarezzargli la guancia. Lui si scansò e si allontanò spiccando un balzo.
"Perché devi sempre rovinare tutto" disse urlando e scappando da me "Noi ci divertiamo, no? Io ti ho insegnato a combattere e a volare. Cosa si puo' volere di più?
"Tantissimo altro Peter" dissi ferita.
"Cosa?" urlò "Cos'altro ci puo' essere ancora?" disse avvicinandosi. In quel momento avrei voluto farlo stare zitto dandogli un bacio, il mio bacio segreto.
"Non lo so, penso che lo scopriremo quando diventeremo adulti"
"Non voglio diventare adulto" disse avvicinandosi ancora di più a me di scatto, ma ormai la voglia di baciarlo era passata, anche se mi sarei potuta sporgere di pochi centimetri e avrei toccato le sue labbra con le mie. "Tu non puoi costringermi" disse con odio "Ti farò bandire come ho fatto con Trilli"
"Io non mi farò bandire" gli urlai in faccia. Avrei voluto piangere, ma non potevo, dovevo essere più forte di lui.
"Allora vattene, torna a casa e diventa adulta" urlò, prese la rincorsa e scappò " e portati via i tuoi sentimenti" provai a chiamarlo, urlai il suo nome, ma non mi ascoltava, oramai era lontano. Le lacrime iniziarono a sgorgare dai miei occhi. Umiliata iniziai a correre per la foresta senza sapere dove andare, finché, stanca non tornai nella mia casetta, costruita dai bimbi sperduti, mi stesi e iniziai a piangere con ancora più foga. Stanca e col cuore straziato mi addormentai.

Aprii gli occhi. Sentivo la mia casa dondolare. Mi alzai in piedi ed aprii la porta. Ero sulla nave pirata del capitan Uncino. Una strana sensazione mi prese nella pancia e mi arrivò un groppo in gola al solo pensiero di rivedere Uncino. Sul ponte non c'era nessuno, ma una magnifica canzone aleggiava nell'aria, la iniziai a seguire come attratta. Mi ritrovai davanti alla porta, la aprii lentamente e vidi Uncino seduto davanti al pianoforte che suonava. Spugna appena mi vide fece un sorriso a venti denti e mi fece accomodare su una sedia con davanti una tavola apparecchiata. Uncino finì la sua canzone e si mise dietro di me.
"Wendy Darling" sussurrò nel mio orecchio. Ero un poco a disagio, sentivo che parlare con Uncino e provare qualcosa per lui era un tradimento verso Peter, dopotutto era il suo nemico. Ma poi mi ricordai come mi aveva trattato. Cercai di fare la superiore, come se non mi importasse nulla. Uncino si mise al mio fianco, in piedi, mi fissava con i suoi occhi non ti scordar di me
"Allora, mi hanno detto che sei scappato di casa" guardando quegli occhi dimenticai tutto, il voler essere superiore, ecc
"Io non l'avevo mai vista sotto quest'aspetto" dissi
"Allora?"
"Suppongo di si"
"Magnifico" disse sorridendo e sedendosi nella sedia davanti a me
"I miei genitori volevano che crescessi"
"Crescere è una faccenda oltremodo barbara, credimi. Piena di inconvenienti"
"Era tutto più semplice quando ero piccola" dissi spostando il mio sguardo da quegli occhi al tavolo.
"Arrivano i sentimenti" prese un grande respiro "Peter Pan è molto fortunato a non esserne afflitto". Prese un calice con del vino e iniziò a sorseggiarlo, finché non spostò il suo sguardo su di me e vedendomi sorpresa continuò
"oh no, non sa amare, fa parte del suo essere" una lacrima cadde sul mio volto. Lui si alzò e si inginocchiò al mio fianco. Con la mano prese il mio mento e lo girò verso di lui. Mi asciugò le lacrime con un bel fazzoletto bianco e mi spostò i capelli con l'uncino.
"Non devi essere triste" mi disse. La sua bocca era vicinissima alla mia, come era successo con Peter ma questa volta avevo davanti un uomo che sapeva amare. Mi sporsi un poco e lo baciai. Sentii che il paradiso era sceso in terra. Lui per un momento rimase interdetto, poi si lasciò andare. Non so cosa facevo, ma capii che Uncino aveva preso il controllo.

Spazio dell'autore
Ho rimaneggiato questo capitolo dato che molti mi avevano fatto notare che non era scritto nei migliori dei modi. Spero che ora sia meglio, segnalate errori o altro. Vi ringrazio tantissimo per aver letto questa storia. Alla prossima
Sakio

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Capitolo 3
*** Ho preso la mia decisione ***


Aprii gli occhi. E mi misi seduta sul comodo letto che Giacomo mi aveva dato. Ero dentro una delle cabine più lussuose del Jolly Roger, dopo quella del capitano. Di certo più comoda e più spaziosa di quella che mi avevano costruito i bimbi sperduti. Una costruzione rudimentale e senza nessun senso estetico. Ripensai ai bimbi, ai miei fratelli, a Peter. Mi mancava, più dei miei fratelli. Anche se per poco, era stata una persona importante, sapevo che avrei faticato a dimenticarla. Mi balenò nella testa la faccia di Giacomo. Il suo busto muscoloso, la sua pelle liscia e abbronzata, i suoi tatuaggi sparsi per il corpo. Una bellissima sensazione mi pervase. Respirai a fondo estasiata. Mi alzai dal letto a baldacchino e mi diressi verso lo specchio per cambiarmi. Indossavo una comoda veste di lino leggero, bianco panna, corta fino al ginocchio. Guardandomi, sembravo più grande. La mia faccia stava iniziando a perdere quell'aria di fanciullezza, stessa cosa il corpo, che appariva più come quello della mamma. Ripensandoci, ieri non avevo questo aspetto. Ma poco mi importava, anzi ora somigliavo più ad una donna. Sembravo più grande. Non sarei più stata una bambina. Mi cambiai con gli abiti che più sì addicevano al mio nuovo ruolo... Quello di pirata. Per la ciurma ero Jack Mano Rossa, un temibile pirata, agile spadaccino e la compagna del capitano. Uscii fuori dalla cabina e salii sul ponte. Gli uomini erano tutti al lavoro, chi puliva il ponte, chi rammendava le vele, e così via. Con passo deciso mi diressi verso la cabina del capitano. Giacomo stava suonando il piano. Una delle canzoni di sua invenzione. Ma avevano qualcosa di diverso, non parlavano di cose lugubri come solitamente erano le sue canzoni, ma di amore.

Vorrei essere aria per farmi respirare da te
Vorrei essere acqua per lavare le tue paure
Vorrei essere vento per accarezzare la tua pelle
Vorrei essere luce per illuminare i tuoi passi
Vorrei essere il tuo tutto
Vorrei essere per te AMORE

Si fermò, io applaudii e lui si girò di scatto guardandomi con imbarazzo e con una nota di paura negli occhi. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui sul seggiolino del pianoforte.
"E dimmi, chi è la donna di cui parla la tua canzone?" Chiesi con malizia.
"Oh una che ho conosciuto al porto" disse con il sorriso sulle labbra e gli occhi che mi fissavano. Si avvicinò e mi baciò.
"Capitanoooo Capitanoooo" urlò Spugna entrando nella stanza. Si fermò di colpo vedendoci avvinghiati. Giacomo si staccò con riluttanza da me, e spostò lo sguardo su Spugna.
"Cosa c'è di tanto grave" disse fulminando con gli occhi il povero vecchio ubriacone.
"Ca-ca-capitano forse è-è-è meglio se viene a vedere" disse indicando il ponte. Giacomo si alzò immediatamente, afferrò la spada che aveva vicino e con me al suo seguito uscì. Spugna indicò un punto a babordo. Delle navi si stavano avvicinando. Erano piccole imbarcazioni, ma anche a distanza di poteva notare che erano piene di persone.
"Il cannocchiale" ordinò Giacomo. Gli venne portato immediatamente. Lo aprii, dopo pochi secondi lo passò a me che gli stavo alla destra. Lo strinsi per un attimo, poi lo avvicinai all'occhio. In testa alla prima nave, sulla punta della prua c'era Peter, con la spada sguainata, con l'odio negli occhi. Pronto per attaccare.
"Tutti ai posti di combattimento" urlò Giacomo. Tutti gli uomini scesero sotto coperta, per tornare sul ponte con spade e archibugi. Ormai non avevo più bisogno di vedere Peter tramite il cannocchiale. A meno di 150 piedi da noi Peter si alzò in volo e volò verso di noi. Tutti i pirati sul ponte puntarono le loro armi da fuoco su di lui, aspettando un segnale dal capitano, che attendeva con la spada sguainata. Peter con gli occhi colmi d'odio poggiò i piedi sul ponte. Non lo avevo mai visto così.
"Uncino ridammi Wendy" disse con la spada puntata verso Giacomo "siamo pronti alla battaglia pur di riaverla". Lui sorrise.
"Non devi chiederlo a me" disse inchinandosi e facendosi da parte. Peter allungò la mano verso di me sorridendo.
"Wendy vieni da me" disse
"No Peter. Io rimango qui" dissi subito scansandomi.
"Wendy questo non è il tuo posto" disse continuando ad allungarmi la mano. Intanto iniziarono a salire dei bambini sperduti. I pirati puntarono le loro armi contro i bambini. "Wendy dai vieni, ti riporto a casa" continuò
"Peter questa è la mia casa" dissi convinta. Dal gruppo uscirono i miei fratelli
"Wendy, noi siamo la tua famiglia, noi siamo la tua casa" Mi avvicinai a Giacomo che mi cinse i fianchi, sorridendo gli accarezzai la guancia .
"Lui è la mia famiglia ormai" John si avvicinò a Peter e gli mi se una mano sulla spalla. Vidi nei suoi occhi una profonda tristezza che non avevo mai visto, ma di questo mi accorsi dopo, forse troppo tardi.
"Lascia stare Peter, ha fatto la sua scelta. Andiamocene" disse John e tornò alla nave seguito da Michael e dagli altri bimbi sperduti.
"Wendy" disse mi prese la mano e mi guardò negli occhi. Erano pieni di tristezza. Io scossi la testa. In quel momento non sarei tornata sui miei passi. Però, che se convinta della mia decisione mi vennero le lacrime agli occhi che cercai prontamente di ricacciare indietro. Affranto spostò il suo sguardo verso terra, mi lasciò la mano e si diresse verso la nave. Non capii perché non se ne andava volando. Mi guardò un ultima volta, poi si girò ed i suoi occhi rimasero stampati nella mia testa, conscia che non li avrei più rivisti.


Spazio dell'autrice
Allora, mi scuso in anticipo per eventuali errori sintattici e grammaticali. Sto cercando di migliorarmi ad ogni capitolo, ci provo e cerco di dare il mio massimo ogni volta. Spero che recensiate (non so se scrive proprio così ma vabbè) e prima di tutto che la fanfiction vi piaccia :-D

Approposito di eventuali errori sto ricontrollando tutti i capitoli avendo finito. Quindi spero che il rimaneggiamento vi piaccia.
Sakio

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Capitolo 4
*** Wendy, Uncino e Peter ***


Dopo qualche minuto capii realmente cosa era accaduto. Avevo rinnegato Peter, i miei fratelli. Forse per sempre. Mentre tutti i pirati esultavano di gioia, io caddi a terra, in ginocchio, con le lacrime che mi solcavano il viso. Una profonda tristezza mi aveva preso e avvicinato a sé ed ora mi cullava cantandomi una delle sue ninna nanne di morte. Uncino si catapultò verso di me. Mi cinse per i fianchi e mi rimise in piedi, poi tenendomi mi accompagnò nella sua cabina tra il silenzioso mormorio dei pirati che ci fissavano, o meglio, fissavano solo me.
"Wendy, piccola" disse asciugandomi le lacrime con un bel fazzoletto bianco. Con un dito mi alzò la faccia per far incontrare i nostri occhi.
"Secondo te ho fatto la scelta giusta?" Gli chiesi. Lui mi guardò senza rispondere per qualche secondo.
"Wendy, non lo so. Io non te lo posso dire"
"Giacomo" dissi poggiando la mia mano sulla sua guancia ruvida " io mi sento ancora piccola, ho bisogno di aiuto per affrontare tutto quello che ho davanti. Per questo, avevo la mia famiglia, ma ora, non ce l'ho più"
"Wendy, d'ora in poi io sarò la tua famiglia, io ti rialzerò in piedi ogni volta che cadrai"
"Ho paura. Sento di avere un vuoto dentro, che solo i miei fratelli riuscivano a colmare" poggiai la faccia sul suo petto e mi sfogai, piansi finché tutte le lacrime che avevo in corpo sparirono. Giacomo mi tenne stretta per tutto questo tempo, cullandomi lentamente, finché non mi addormentai tra le sue braccia.

CAPITAN UNCINO
La vedevo lá, inerme, sdraiata sul mio letto, con gli occhi gonfi e le gote rosse dal pianto. Quel giorno aveva scelto con chi stare, ma vedendola ora, capii che aveva fatto la scelta sbagliata. Il mio cuore si era riempito d'orgoglio sentendole dire quelle parole, ma lei aveva bisogno di una famiglia, non di me. Mi sdraiai accanto a lei. L'amavo. L'amavo come avevo amato solo un'altra donna prima di lei. Anche questa aveva scelto me e alla fine é spirata tra le mie braccia, non volevo che Wendy facesse la stessa fine. Presi la mia decisione. La più importante e dolorosa della mia vita. Sapevo che presto me ne sarei pentito, ma glielo dovevo. Mi alzai dal letto e andai verso lo scrittoio, presi carta e penna ed iniziai a scrivere due lettere.

PETER PAN
Non riuscivo a capire perché fossi andato a riprendermela, perché la volessi accanto a me a tutti i costi. Quando pensavo a Wendy sentivo uno strano calore nel petto e mi sentivo bene con me stesso. E quando lei era accanto a me, tutti i miei sensi andavano in pace, dimenticavo tutto e per me c'era solo lei. Ma avevo rovinato tutto, per paura.
Peter Pan mai aveva avuto paura di qualcosa, persino la morte a me sembrava una nuova avventura da vivere. Lotto ogni giorno con pirati, sirene, e tantissime altre creature, ma davanti a Wendy tutto il mio coraggio scema e chissà dove va a finire. 
Mi sdraiai sul mio letto e iniziai a sognare ad occhi aperti, di una vita insieme a Wendy, ci immaginai anche da vecchi, con bimbi che ci scorrazzano intorno. Sembriamo felici. Mi addormentai con quest'immagine nella testa.

UNCINO
Bussai alla porta della tana di Peter, erano anni che la conoscevo, ma non avevo mai trovato un buon piano da sfruttare per quella struttura. Ad aprirmi fu proprio la mia nemesi. Lo vidi distrutto, con delle profonde occhiaie sugli occhi e la pelle spenta come di uno che non esce di casa da giorni e la notte non dorme. Con riflessi rallentati sguainò la spada.
"Uncino, cosa ci fai qui" disse puntandomi la spada alla gola. Io non mossi un muscolo per cercare di fargli capire che non avevo cattive intenzioni.
"Voglio parlarti Peter Pan, come persone civili, senza armi o altro"
"Perché?"
"Credo che tu sappia il perché" dissi. Lui rimise la spada nel fodero e uscì dalla tana chiudendosi la porta dietro le spalle. "Peter, Wendy ha sbagliato, io non sono la sua famiglia e mai potrò esserlo. É solo una bambina, non sa Ancora quello che é meglio le lei. Io la amo e sono sicuro che stare con me non le farà bene"
"Continua" disse serio. Non lo avevo mai visto così, sembrava cresciuto.
"Ti prego, riprenditela con te, falla tornare a casa dalla madre e dal padre, con tutti i fratelli. Falle credere che è stato tutto un brutto sogno" dissi con la tristezza in viso. Ero un uomo disperato ormai.
"Perché le fai questo?" Mi chiese con occhi colmi di lacrime che cercavano di uscire.
"Perché la amo e la sua felicità é più importante della mia" presi un bel respiro "mi prometti che lo farai? Ti prego. Non sarà mai felice qui, con nessuno dei due. Lo so"
"Lo so anch'io" disse Peter, dimostrandomi una maturità mai vista prima. "Capitan Uncino, manterrò il patto se solo tu mi prometti che non la andrai mai a trovare a Londra, come non farò io. Intesi?" Mi chiese allungando la sua mano verso di me. La presi e la strinsi.
"Affare fatto. Domani la troverai davanti la tana, addormentata, riportala a Londra prima che su svegli"
"D'accordo"

Spazio dell'Autore
Mi hanno fatto piacere tutte le recensioni, vi ringrazio tantissimo e spero di riceverne di altre. Alla prossima che spero sia al più presto. Ho cambiato la persona che narra un paio di volte, credo che questo potrebbe accadere ancora. Penso che un solo punto di vista in una storia la renda monotona, spero che vi piaccia :-D

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Capitolo 5
*** Chi devo dimostrare di essere non per forza fa sì che io sia quello che dimostro ***


Mi sveglia sul letto di Giacomo. Lui non era nella stanza. Mi alzai a fatica, ma uscii fuori dalla cabina e mi ritrovai sul ponte. Chiesi a Spugna che mi si era parato davanti dove fosse Giacomo. Lui mi rispose evasivo, lo notai immediatamente, ma presi per buona la storia che fosse andato in perlustrazione sull'isola. Tornai nella sua cabina, il pianoforte era al centro della stanza, il letto poggiava sul una parete con un enorme vetrata da cui potevi vedere il mare. Questo si stendeva davanti a me per miglia e miglia. Aveva lo stesso colore degli occhi di Giacomo. Spostai lo sguardo all'interno della stanza. Un enorme tavolo era non lontano dal pianoforte. Lo stesso su cui mangiavamo e dove Giacomo preparava le sue nuove tattiche per combattere Peter Pan. Oramai quel gioco di battaglie e attacchi silenziosi mi sembrava che sia per Giacomo che per Peter fosse diventata quasi routine, un modo per riempire quegli interminabili giorni sempre uguali.
Mi sedetti sullo sgabello davanti al pianoforte, e cercai di suonare qualcosa. Provai a ricordare le poche lezioni che i miei genitori mi avevano costretto a fare con la zia, ma non ricordai assolutamente nulla. Ripensai alla zia, non riuscivo a ricordare neanche il suo aspetto e i miei ricordi su di lei arrivavano solo alla sera prima di incontrare Peter quando aveva convinto i miei genitori a dividermi dai miei fratelli per farmi dormire in un'altra camera. Pensai al papà. Neanche di lui ricordavo l'aspetto, anche se alcuni ricordi su di lui ce li avevo ancora. Della mamma invece ricordavo tutto, per prima la sua bellezza. Avrei dato non so che cosa per essere come lei.
Sentii dell'agitazione sul ponte, uomini che urlavano e correvano. Uscii dalla cabina e mi ritrovai sul ponte. I pirati stavano aiutando Giacomo a risalire sulla nave dalla scialuppa. Quando il capitano poggiò i piedi sul legno della nave, senza un fiato tutti ritornarono ai loro posti.
"Capitano, avete fatto quello che dovevate" chiese Spugna a Giacomo. Lui annuì senza staccarmi gli occhi di dosso.
"Spugna, non voglio essere interrotto per nessuna ragione. È chiaro?" Disse guardando per un attimo quell'uomo grassoccio sempre col naso rosso e perennemente ubriaco.
"Si capitano" Giacomo si avvicinò a me è mi prese per mano, poi mi portò nella sua cabina.
"Dove sei andato" gli chiesi mentre lui chiudeva la porta a chiave.
"Dovevo fare delle cose sull'isola" mi disse senza importanza. Mi nascondeva qualcosa. Si levò la giacca e la camicia, rimanendo a petto nudo. Stanco si sedette sul letto. Io gli andai vicino e iniziai a massaggiargli la schiena nuda dalle spalle. Gli tastavo qualsiasi muscolo scolpito potessi toccare, finché lentamente non iniziai a rallentare fino a fermarmi. Lui si girò, si avvicinò a me è mi diede un bacio. Inspirai tutto il suo profumo di salsedine e di pino. Si girò verso di me è lentamente mi fece stendere, continuando a baciarmi. I nostri corpi si toccavano ed io provavo un brivido in tutto il corpo. Mi levò la maglia e ricominciò a baciarmi, passando le sue mani tra i miei capelli. La sua bocca si staccò dalla mia e si mise a fissarmi con degli occhi che mai avevo visto in nessuno.
"Ti amo" mi sussurrò. I suoi occhi erano lucidi. Mai avrei immaginato che il grande Capitan Giacomo Uncino potesse essere così. In tutte le mie storie lui era sempre stato il cattivo. Un essere spregevole che non provava sentimenti per nessuno. E invece ora, sentivo il suo cuore battere insieme al mio, uniti da un legame che mai avevo sentito con nessuno. Nessuno era mai riuscito a vedere oltre all'aspetto esteriore del Capitano. Speravo di esserci riuscita solo io.
"Anch'io" dissi e lo riavvicinai a me per baciarlo ancora. 

Uncino
La guardavo assopita nel mio letto, nuda, con la pelle morbida e giovane. Come potevo averle fatto quello. L'avevo profanata. Per me era ancora una bambina, anche se non lo dimostrava. Sentivo davvero di provare dei sentimenti per lei, allora perché mi ero lasciato coinvolgere nei piaceri della carne?
Quando, ore prima le avevo detto che L'amavo, mi ero sentito per la prima volta nella mia vita che qualcuno fosse riuscito a entrare dentro di me è a mettermi completamente a nudo. L'amavo, L'amavo con tutto me stesso. Lei era la donna che non mi vedeva come il Capitano Giacomo Uncino, l'uomo che odiava, spezzava vite e se ne fregava degli altri. Lei era stata l'unica donna a vedermi all'interno, per quello che ero, non per quello che dovevo dimostrare. Le accarezzai la guancia e una lacrima mi solcò il viso. Era davvero dura lasciarla andare.
Tra qualche ora sarebbe stata l'alba all'appuntamento con Peter Pan mancava ancora un po'.
Per l'amore di Wendy ero arrivato a scendere a patti con il mio peggior nemico. Ah quant'è vero quando dicono che l'amore fa cambiare le persone. Mi alzai silenziosamente dal letti e mi rivestì. Dovevo prepararmi.

Peter Pan
Dire a John e Michael che avrebbero dovuto lasciare l'isola per la sorella che li aveva ripudiati non fu facile, ma anche loro le volevano bene è capirono la situazione e come si sarebbero dovuti comportare una volta tornati a Londra. Non riuscivo a prendere sonno, mi continuavo a girare e rigirare nel mio letto. Pensare che Wendy se ne sarebbe andata per sempre. Non riuscivo ad immaginarlo. Sentivo confusione in testa e dentro la pancia, come se qualcosa si stesse rivoltando dentro di me. Stavo malissimo. Non so perché, ma dai miei occhi iniziarono a scendere delle lacrime. Erano anni che non piangevo. Da quando avevo imparato a parlare e urlare e piangere non mi serviva più. Perché ora stavo regredendo. Non riuscivo a capire cosa mi stava accadendo. Perché tutti questi cambiamenti da quando era arrivata Wendy?
Attesi con ansia l'alba. Attendevo che il sole tornasse a illuminare un altra giornata. Attendevo il momento di rivedere Wendy, anche se sapevo che sarebbe stata l'ultima.



Spazio dell'autrice
Molte volte mi hanno detto non sai scrivere, fai troppi errori, scrivi in modo confusionario ecc
Ma voi non avete mai sentito quell'impulso irrefrenabile di dover dire qualcosa ma non riuscirci. Io ce l'ho perennemente. Non riesco a esprimermi, nessuno è mai riuscito a capire davvero quello che dicevo o perché lo dicevo. Mi sono sempre sentita come un muto che potrà usare qualsiasi modo per esprimersi, ma gliene mancherà sempre uno che lo rende completo. Gli altri non capiranno mai veramente appieno ciò che prova nel momento in cui dice qualcosa. Io non riesco a esprimermi né a parole né con la penna. Rimarrò sempre muta

Bene, ora che vi ho detto un po' i miei pensieri non richiesti, vi ringrazio per essere arrivati fino a qua. Per me arrivare e superare le 100 visite in una storia é un record non da poco. Vi chiedo di recensire e di farmi notare gli errori. 

Grazieeeeeeeeeee e Baci

Sakio

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Capitolo 6
*** Maledico il giorno in cui... ***


Uncino
La guardai. Le accarezzai la guancia morbida e rosea. Dormiva beatemente. Le avevo dato un sonnifero per renderle il viaggio più semplice. Era stato un tiro mancino, ma dopotutto ero un pirata e non seguire le regole era il mio mestiere.
"Uncino" mi chiamò Peter. Avevamo lasciato tutti i dissapori indietro solo per quel momento. Sembrava quasi che fossimo amici da una vita. Credo che lui capisse cosa provavo in quel momento e ebbi l'impressione che provasse le stesse cose anche lui. Spostai lo sguardo verso il ragazzo "Se vuoi puoi accompagnarla fino a casa" continuò. La guardai ancora, un ultima volta. No quella doveva essere il mio ultimo addio. Se no non ce l'avrei più fatta. Lo sapevo. Guardai con occhi colmi di tristezza il ragazzo. Non dormiva da giorni. Si vedeva. I suoi occhi non avevano più quella luce che hanno tutti i bambini. Sembravano gli occhi di un adulto che ha davanti a se decisioni che gli cambieranno la vita.
"Andate. È tuo compito portarla" gli dissi. Peter annuì, la prese in braccio e spiccò il volo seguito dai due fratelli di Wendy. Li vidi sparire davanti ai miei occhi e un vuoto mi si creò dentro. Nulla uscì dai miei occhi. Mi ripromisi di non piangere più. Le mie lacrime erano solo di Wendy. Il mio cuore sarebbe stato solo di Wendy.

Peter
Il viaggio non era stato faticoso. Ad un tratto ho avuto paura di non riuscire più a volare. Sentivo di stare cadendo. Tutti i pensieri felici se ne erano andati e un enorme tristezza mi colmava il cuore al solo pensiero di lasciarla per sempre. Era stata mia per un momento, ma io l'avevo persa in modo stupido. John mi aprì la finestra ed entrammo in silenzio nella sua camera. A Londra era ancora buio e tutto taceva. La poggiai sul suo letto, le diedi un bacio sulla guancia e le sussurrai all'orecchio "Non ti scordar mai di noi" poi mi allontanai da lei.
"Ragazzi, sapete cosa dovete fare" dissi rivolto a Michael e John.
"Le faremo credere che è stato tutto un sogno" rispose John.
"Perfetto" dissi annuendo.
"Ma quindi non ti vedremo mai più?" Mi chiese Michael con la sua voce da bambino. Mi avvicinai a lui con fare paterno e lo abbracciai.
"Per il bene di tua sorella é meglio di no. Ma ogni volta che lei racconterà una storia io sarò lì ad ascoltarla. Daccordo?"
"Va bene" disse il piccolo con gli occhi lucidi. Ci salutammo, poi spiccai il volo per tornare all'Isola Che Non C'è.

Dalle memorie di John
I primi mesi furono difficili. Le memorie di Neverland erano così radicate in Wendy a tal punto da non credere alle parole mie e di Michael. Continuava a dire di essere stata all'Isola Che Non C'è. Di aver conosciuto Peter Pan e Uncino. Di aver combattuto contro di loro e poi essere diventata anche lei un pirata. Poi, piano piano, iniziò a demordere. Sopratutto quando i nostri genitori la iniziarono a portare da dottori per capire se fosse diventata pazza. Ci continuò a raccontare storie per molti anni, nessuna però parlò mai più dell'Isola Che Non C'è. La sua vita dopo quell'esperienza non andò bene, almeno da parte mia che la guardavo da fuori. Divenne grande, ribelle. Litigò così tante volte con i nostri genitori che alla fine la cacciarono di casa. Io rimasi in contatto con lei anche se questo non rese felice mio padre che sembrava averla ripudiata per sempre. La mamma l'amava ancora segretamente, ma mai una donna poteva andare contro le decisioni del marito. Non mise mai bocca sulla questione, ma sopratutto le prime sere, mentre nostro padre già dormiva, la sentivo singhiozzare dalla sua camera.
Wendy si mise con tanti ragazzi, uno diverso dall'altro, ma in ognuno c'era qualcosa che riportava a Uncino. All'inizio questo mi fece paura, temevo che non sarebbe mai riuscita ad andare avanti. A dimenticare per sempre quella brutta avventura. In realtà mi fa paura anche ora che è cresciuta e ha la sua vita solo nelle sua mani.
Non le vidi mai più gli occhi vivi che aveva quando era a Neverland. Sembravano ormai spenti e nessuno riusciva a far ricomparire l'ardore che aveva prima di quell'esperienza. Io ormai sono un giovane promettente, lavoro in banca come mio padre e sto iniziando anche a surclassarlo. Wendy ha ventidue anni, si mantiene come assistente di un mago in un vecchio locale mal ridotto che potrebbe anche essere considerato un bordello. Vive in una sudicia casa insieme all'ultimo ragazzo. Molte volte le ho chiesto di accettare i miei soldi, almeno per mangiare qualcosa. C'erano dei giorni che non poteva mangiare dato che il proprietario del bordello non la pagava. Ma lei mai li ha accettati, non volendo elemosina.
Mi manca mia sorella. Mi manca averla in casa. Le sue storie mi portavano fuori dalla dura realtà. Le sue risate erano balsamo per delle orecchie gonfie di crudeltà. Maledico il giorno in cui Peter Pan arrivò nella nostra camera e ci attirò tutti in quella maledetta trappola


Spazio dell'autore
Allora, buongiorno, buon pomeriggio o buonasera. Vi ringrazio di essere arrivati fino a qua. Una gran bella fatica eh? Ma dai forse stiamo per arrivare alla fine, quindi non mollate proprio ora.
Parlando della storia in generale, sono arrivata almeno il primo capitolo a 130 visite, quindi darò un mega party a cui siete tutti invitati per festeggiare :-D
Parlando di questo capitolo, cosa ne dite?
Uncino prova sentimenti, Peter Pan sembra cresciuto e John, personaggio in qualsiasi storia e film su Peter Pan di poco conto finalmente ha potuto dire la sua. Spero vi piaccia, non voglio dilungarmi troppo. 
Recensite, ditemi gli errori di cui sarà disseminato il testo così che potrò correggerli e rendere lo scritto Più Migliore.
Ciaoooooooooo

Sakio
L'ho rivisitata, molti hanno parlato della punteggiatura, ma raga, io ci ho provato, ma proprio non ci riesco. Non so assolutissimamente dove mettere le mani. Mi dispiace. Lo modificherò tra un po'. Cercando ogni volta di metterlo meglio. Ciaoooolooooooo

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Capitolo 7
*** Qualunque cosa? ***


Wendy
Da quando ricordo ho sempre saputo che c'era qualcos'altro oltre alla realtà in cui vivevo, un altra terra dove il tempo si fermava e si potevano vivere avventure magnifiche. Tutti i dottori da cui mi avevano mandato i miei genitori hanno sempre detto che un posto così non esiste, è solo frutto della mia fantasia e questa doveva essere tenuta a bada. Anche se i miei non volevano, continuai a fare voli di fantasia, andavo in posti ma visti e che nessuno potrà mai visitare senza il mio aiuto. Da bambina mi chiudevo a riccio in quel mondo e vivevo lì quando la realtà mi sembrava troppo oppressiva. Tutte le mie storie le raccontavo di nascosto ai miei fratelli, sempre più voglioso anche loro di discostarsi dalla realtà anche per pochi attimi.
Sono cresciuta tra dottori, mura di ospedali dove mi facevano tantissimi test spaventosi; sono cresciuta tra tutti quelli che credevano di avere il diritto di farmi pensare ciò che volevano loro. Come i miei genitori che credevano di poter avere la mia vita nelle loro mani. Ho odiato i miei genitori per tutta la vita, per tutto quello che mi avevano fatto. Avevano permesso che dei sadici mettessero le mani su una bambina,che la usassero come cavia per i loro terribili esperimenti. Ancora quando ci penso tremo; nessuno, né bambino né adulto dovrebbe mai provare esperienze del genere.
All'età di diciassette anni arrivò la goccia che fece traboccare il vaso. Cercarono di farmi sposare. Io volevo lavorare, non rimanere in casa ad accudire i bambini. Volevo diventare qualcuno di importante, non far perdere le mie traccia nel tempo. Allora mi rifiutai e mio padre, dopo una terribile discussione, mi cacciò di casa.
Ho ventidue anni e sono una fallita; ho capito a duro prezzo che non tutti i sogni si avverano. In questo momento non ho soldi, ho mollato il mio ultimo ragazzo e ho perso il lavoro. Non è la prima volta nella mia vita che sono caduta così in basso dal dover vendere il mio corpo. Sono quasi due settimane che mi prostituisco per continuare a vivere in una camera che sono riuscita ad affittare con i pochi soldi che avevo. Ma so di non poter continuare così. Non posso. Gli uomini sono delle bestie e mi trattano come carne da macello. Per la prima volta dopo quattro anni dovrò tornare nella mia casa paterna e accettare qualsiasi cosa egli vorrà da me.

"Toc toc" bussai alla grande porta di legno di un appartamento al centro di Londra. Attesi per una buona manciata di minuti sotto alla pioggia. Mi aprì una donna che non avevo mai visto, bella, con la tenuta da cameriera, sulla quarantina. Mi squadrò da capo a piedi. Avevo messo il vestito buono, ma anche con quello sembravo sempre una povera mendicante.
"Desidera?" Mi chiese con sufficienza. Ritrovai il contegno che fino a quattro anni prima tenevo con grazia.
"Sono Wendy Moira Angela Darwin" dissi accentuando il mio nome completo che tanto mi dava disprezzo. Odiavo il fatto che essere di una famiglia di banchieri mi mettesse più in alto di molti altri e che, saputo il mio nome, le classi sociali di ceto inferiore non mi avrebbero più trattato allo stesso modo. Infatti la donna sgranò gli occhi e mi riguardò da capo a piedi.
"Prego entrate. Scusatemi, sono nuova e..." Non l'ascoltai scusarsi, ero troppo interessata a rivedere la casa della mia giovinezza. Erano successe tante cose dall'ultima volta che l'avevo vista e perlopiù cose spiacevoli.
"Puoi chiamarmi mio padre e mia madre?" Le chiesi mentre mi prendeva il vecchio cappotto bagnato che avevo indosso. Le fece un inchino e corse a chiamare i miei genitori. Non ero più abituata a tutta questa formalità. Dopo quattro anni vissuti per strada, le dimenticavi presto certe cose.
La prima ad arrivare fu mia madre, con passo veloce. Appena mi vide notai che rimase sbalordita, poi corse ad abbracciarmi. Io ricambiai; Mi era mancata tantissimo. Mio padre arrivo un attimo dopo. Rimase sulla soglia della porta con sguardo arrabbiato. Mia madre si staccò da me e diede un'occhiata al marito allontanandosi.
"Cosa ci fai tu in casa mia" disse con disprezzo. Mi morsi la lingua. Non potevo tornare per strada.
" sono tornata"
"In questa casa non si può fare come si pare. Ci sono delle regole. Non penserai che ti riaccetterò qui, vero?" Mia madre lo guardò allibita. Lui continuò a tenere lo sguardo deciso verso di me. 
"Padre" iniziai "sono tornata per chiederti scusa. Sbagliai quattro anni fa e pur di tornare in questa famiglia farò quello che vorrai" rimase per un attimo interdetto, come se non si aspettasse tutta questa mansuetudine da parte mia.
"Qualunque cosa?" Mi chiese.
"Qualunque"


Spazio dell'autore
Allora, avrei un paio di punti di cui discutere con voi pochi lettori che siete arrivati fino a qui.
1) punteggiatura. Io vi giuro che ci ho provato con tutta me stessa. Ormai potrei recitarvi a memoria questo testo per quanto l'ho letto. Ho cercato di ascoltare tutti i vostri consigli e mettere la punteggiatura che molti hanno detto inesistente. Ci saranno sparsi qualche punto e virgola e spero di averci azzeccato nel metterli ( se non ci sono riuscita vi prego di farmelo notare, almeno così capirò bene bene dove vanno messi quei cavolo di cosi)

2) Ringraziamenti. Grazie a tutti quelli che hanno recensito e hanno cercato di farmi migliorare, ve ne sono grata. Grazie alle 144 persone che hanno letto il primo capitolo e alle 15 che per ora sono arrivate al  sesto capitolo. Vi ringrazio di tutto cuore

Ciaooooooo
Sakio

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Capitolo 8
*** La fine ***


Mi guardai allo specchio e vidi tutti i miei incubi realizzarsi in un unico momento. Mio padre mi stava costringendo a sposarmi con uno sconosciuto. Lui diceva che questo Jonathan era un bravo ragazzo, di buona famiglia e gran lavoratore. Io lo sentivo come un altro carceriere che avrebbe avuto in mano la mia vita. Mio padre, i dottori, i miei protettori. Tutti uomini che avevano creduto di avere la mia vita nelle loro mani. Questo sarebbe stato solo un altro di una lunga lista.
"Sei bellissima" mi disse mia madre comparendo dietro di me. Non so se capiva il mio dolore in quel momento, fatto sta che sorrideva, felice che la sua unica figlia si sposasse.
Ero agghindata come una vera sposa figlia di un banchiere. Tutto quello sfarzo mi faceva ribrezzo. Avevo vissuto per la strada con stracci, tutti quei fronzoli, abiti ricchi e gioielli erano uno sputo verso la povertà che stava a pochi passi di distanza. Sentivo di non poter sputare anch'io verso i miei compagni.
Bussarono. Sia io che mia madre ci girammo. Mi chiesi chi fosse, le donne erano tutte dentro quella piccola stanza. La porta si aprì lentamente, doveva essere sicuramente un uomo. Troppo timore nell'aprire quella maledetta porta. Infatti ci ritrovammo davanti John, col suo vestito buono. Aveva persino una rosa all'occhiello, ma questa non era rossa, come si usa di consueto ai matrimoni, ma blu, un colore molto usato per i funerali. Lui capiva a cosa stavo andando incontro e voleva farmi sapere che era con me.
"Madre, posso rubarvi un attimo Wendy?" Chiese. Mia madre titubante acconsentì. Finalmente potei uscire da quella stanza. Non ci respiravo più, mi sentivo oppressa da mia madre e dalle balie pronte a ritoccare qualsiasi cosa.
"Grazie" gli dissi.
"Mi dispiace" mi guardò negli occhi. Era tanto tempo che non parlavamo io e lui da soli.
"E di che. Non sei stato tu a cacciarmi di casa e a farmi arrivare a questo punto"
"No, ma io non ho mai detto nulla" disse abbassando gli occhi tristi.
"Mi sei stato vicino. E mi sei vicino tutt'ora" lo abbracciai "grazie" gli sussurrai all'orecchio. Mi strinse ancora più forte. Ci eravamo ritrovati per poi doverci lasciare subito.

..."siamo qui per unire quest'uomo e questa donna nel sacro vincolo del matrimonio. Chiunque avesse qualche motivo per cui questo matrimonio non si deve fare, parli ora o taccia per sempre" pregai che qualcuno si facesse avanti. Con tutto il cuore, che chiunque si alzasse da quelle brutte panche di legno e fermasse il matrimonio. Cercando di non farmi vedere scrutai le persone che stavano assistendo alla mia carcerazione. Stavo andando verso la morte della mia libertà. Perché nessuno lo capiva e fermava quell'imminente esecuzione?
Ma nessuno si alzò. Nessuno fermò il matrimonio. Guardandolo le lacrime mi uscirono dagli occhi. Non so cosa pensarono gli altri, neanche mi importava. Volevo rimanere sola con il mio dolore.
Alla domanda che mi fece il prete risposi, senza titubanza. Di filato. Ormai la mia via era stata decisa, non avrei potuto fare altro se non accettarla e percorrerla.
"Si lo voglio" dissi. Parole. Tre misere parole potevano distruggere una vita. Avendole dette, avevano distrutto la mia. Guardai Jonathan baciarmi. Non ero nel mio corpo. Vedevo tutto dall'alto. Non riuscivo a muovermi, ma realmente non c'era nulla da muovere? Ero aria, ero un qualcosa di immateriale. Vidi io che mi allontanavo dall'altare con la mia mano in quella di mio marito. Io che ballavo insieme a lui. Il mio primo figlio. Il mio secondo bimbo. Questa volta una femmina. Mio marito mi maltratta davanti ai piccoli. Un'altra gravidanza. Mio marito che mi picchia mentre sono al quarto mese. Mi spinge dalle scale. Io cado. Il bambino che muore dentro di me. Riesco a vedere tutto ciò che accade nella mia vita. Cresco davanti ai miei occhi. Quelli che per me sono attimi, per l'altra me sono anni. Mi vedo vecchia. Mio marito muore mentre io gioisco in silenzio. Mio figlio va in guerra e muore in battaglia. Lo vedo spirare sotto il fuoco nemico. Mia figlia vive in una casa lontana dalla mia, in campagna assieme ai miei nipoti. Arrivano gli aerei nemici. Sento delle bombe, ma non riesco a vederle. Distruggono qualcosa. Davanti a me è tutto buio.la prima cosa che riesco a vedere é la loro casa, distrutta e i loro corpi senza vita tra le macerie
Vedevo la mia vita scena dopo scena, come in un teatro. Finché non arrivai alla mia morte. Io in un letto in una casetta povera. Nessuno intorno a me. I miei figli tutti morti, nessun amico, nessun parete. Sono sola. Lentamente muoio e la morte mi accompagna in quell'ultima avventura. La vedo, di spalle, prendermi per mano. Io mi alzo e la seguo. Stanno per oltrepassare la porta della mia camera. La morte si ferma. Lentamente si gira. Sto per riuscire a vedere cosa c'é sotto al cappuccio. Finché non lo vedo...

"Ahhhhhhhh" urlai. Due braccia mi strinsero forte e iniziarono a cullarmi.
"Shhhhhh" faceva. Davanti a me c'era il volto di Uncino. "Calmati piccola. Era solo un brutto sogno" mi diceva. Assaporai il suo viso. Avevo vissuto un intera vita senza di lui. Ero arrivata a dimenticarlo. Non riuscivo a crederci, non capivo come potevo essere riuscita a farlo. Per fortuna era stato solo un brutto sogno. Realistico. Troppo, ma pur sempre un brutto sogno.
Ricordavo tutto quello che era successo solo ieri, anche se per me sembravano essere passati anni. Peter era venuto insieme ai miei fratelli, bimbi sperduti e indiani sulla Jolly Roger.
Io avevo deciso da che parte stare, quella dell'unico uomo che amavo. Ripensai a mio fratello John. Anche nel sogno sapevo che lui mi voleva bene, come potevo non essermene accorta ieri quando mi aveva guardato con gli occhi più tristi che avessi mai visto?
Pensai a Peter, lui non mi avrebbe mai potuta amare. Ma non potevo perderlo per questo.
Iniziai a calmarmi. Non tremavo più. Uncino iniziò a rallentare il dondolio.
"Stai bene?" mi chiese. Mi avvicinai al suo viso, sentii il suo inconfondibile odore di acqua di mare e pino. Mi era mancato il suo odore. Lo fissai negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo.
"Promettimi che non mi farai tornare mai più a Londra. Il mio posto é al tuo fianco e a quello dei miei fratelli. Domani andrò sull'isola per rappacificarmi con loro. Ma ti prego, non riportarmi a Londra. Promettilo"
"Promesso" disse accarezzandomi le guance. Mi sporsi un poco e lo baciai.

Angolo dell'autore
Allora, la nostra avventura é arrivata al termine. Spero vi sia piaciuta.
Allora, errori, spero non ce n'è siano. Ho ricontrollato e ricontrollato e ricontrollato.
Ci sono periodi molto corti, decisione mia. Credo che renda di più ciò che avrei voluto scrivere.

Mi mancherete, ognuno di voi, miei 157 lettori, ma in particolare, vorrei ringraziare di cuore: SognatrceAocchiAperti, FeniceAzzurra e Malika che mi hanno accompagnato aiutandomi in questa storia.
Spero di scrivere altro, quindi vi dico...Alla prossima raga

Sakio

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