Resident Evil Regeneration

di ___Nick
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Welcome Rookie ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Sign ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Did You Say Raspberry? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Burning Skin ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Reborn ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Blood and Bones ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Endlessy ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Human ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Blinking Lights ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Human ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 

-Dottor Shneider…-

Un ghigno macabro e raggelante inghiottì il viso di un uomo nascosto dall’oscurità circostante, soffocata da un’unica lampada da scrivania; l’ambiente era stretto, stipato da scaffali su cui giacevano documenti che dovevano avere una decina d’anni.

L'aria era pesante e opprimente, tanto da mozzare il respiro e ridurlo a un rantolo.

L’uomo si voltò con uno strepitio della sedia, scrutando la zona intorno a lui, sulla quale la clessidra del tempo sembrava aver smesso di scorrere.

Sulla porta due uomini imbracciavano dei fucili contro di lui, ma non appena ebbero riconosciuto l'uomo li abbassarono, senza abbandonare la loro postazione.

Shneider accennò un sorriso isterico sottolineato da un tic al labbro inferiore, distorcendolo in una smorfia; si sistemò il camice sulle spalle, alzandone scrupolosamente il colletto, quasi dovesse sistemarsi per un ricevimento.


-Siete venuti a prendermi, signori? Peccato che siate in ritardo.-

Sarcastico, raggelante: non c’erano aggettivi migliori per descriverlo; si alzò di scatto in piedi, lasciando roteare la sedia; si avvicinò agli uomini tenendo le mani sopra la testa, mentre lo snervante ticchettio dei suoi passi faceva eco nella piccola stanza, poi tornò indietro, ripercorrendo i suoi passi.

-Tuttavia…- cominciò, poggiando una mano sul vetro che dava sul laboratorio, picchiettando nervosamente le dita su di esso.

– Non posso lasciare la mia “bambina” incustodita.-

Gli uomini cominciarono ad avvicinarsi; Shneider sfece saettare le dita sulla tastiera, imperterrite ad inserire svariati codici errati fino ad inserire quello valido.

Venne afferrato per le braccia e trascinato lontano dalla scrivania fino alla soglia, mentre era squassato da una risata irrefrenabile, insana e macabra allo stesso tempo, come quando uno scienziato pazzo dà vita alla sua creatura… per Shneider era lo stesso.

-Siete morti che camminano!- ridacchiò imperterrito mentre veniva trascinato per il corridoio senza il minimo accenno di resistenza.

-Vedi, Steve, questo è quello che ti succede quando rimani rinchiuso per mesi in un laboratorio.- commentò uno degli uomini alludendo allo scenziato, l’altro rise procedendo qualche metro più avanti da loro.

L’aria fu raggelata da un tonfo, poi dallo strepitio del metallo che si dissolse nel silenzio, in quel momento più rumoroso di qualsiasi altro suono.

-Hai sentito?- domandò l’agente che era andato avanti, voltandosi verso l’altro, che annuì.

Altri rumori, sempre più vicini.

L’agente si fece più avanti, facendo segno al compagno di restare lì; si assicurò che il fucile fosse carico e privo della sicura, poi si mosse cauto verso la fine del corridoio: il battito cardiaco era accelerato, il sangue scorreva velocemente nelle sue vene, pompandone il doppio verso il cervello e provocandogli un senso di nausea; si trovò all’angolo del corridoio, e si appoggiò contro di esso.

Attese, poi si voltò con uno scatto verso il secondo corridoio, balzando di fronte ad esso.

Un urlo agghiacciante squarciò l’aria, conficcandosi nella mente del secondo agente come una scheggia e pungendogli la mente; una macchia vermiglia scivolava densa sul pavimento bianco, mentre un’insana idea di paura scivolò nella mente dell’uomo macchiandolo della consapevolezza della morte, per mano dell’ignoto.

-Saluta la mia “bambina-.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Welcome Rookie ***


Capitolo 1: Welcome Rookie


-Sarah svegliati.-

Una voce le sopraggiunse lontana, distaccandola dal suo teatrino mentale e piombandola nella realtà, una caduta libera che le costò una forte emicrania.
   

Non erano passati nemmeno trena minuti che si era abituata al frastuono prodotto dalla pale dell’elicottero, che dovette interrompere il suo sonno; chiuse appena gli occhi, le serviva del tempo per connettere il cervello, poi forse si sarebbe svegliata e sarebbe tornata alla cruda realtà.

-Ha detto di svegliarti, principessina!- un calciò la raggiunse al posteriore, facendola scattare di colpo in piedi, con il risultato di sbattere la testa al tettuccio dell’elicottero, per poi piombare a peso morto sui sedili, stringendosi la testa tra le mani.

Non c’era bisogno di voltarsi per capire chi fosse stato quel maniaco che le aveva dato un calcio, la sua voce era così irritante e strafottente che l’avrebbe riconosciuta tra milioni; la ragazza abbassò lo sguardo sull'’uomo, che teneva tra le labbra uno dei suoi soliti sigari cubani: sorrise di gusto: lo sguardo della ragazza era carico d’odio e anche se non lo aveva mai detto, si capiva perfettamente che trovava eccitante il fatto di essere odiato.


-Giuro che non ci penserò due volte a metterti le mani addosso una prossima volta.- lo avvertì lei puntandogli contro il pugno, ansiosa di scattargli addosso e spaccargli la faccia; l’uomo articolò un ghigno quasi malizioso, trascinando il sigaro a un lato della bocca e degnandola appena di uno sguardo.

-E’ inutile fare tanto l’ostile, piccola, tanto prima o poi ti ci porto a letto.-

-Che cosa?!- questa volta scattò in piedi con l’intensione di mettere fine all’insignificante vita di quel verme, e se non fosse stato per Hayes ci sarebbe anche riuscita: nonostante Hayes non fosse tutto questo granché di mascolinità, in confronto a lei poteva sembrare un gigante.

“Detesto, le mie misure ridotte.”

Cooper si abbandonò a una risata, ridicolizzando la ragazza, mentre masticava nervosamente il filtro del sigaro e guardando la ragazza come per farle una scansione a raggi X, naturalmente sotto la divisa.

-Se hai finito di farti qualche foto mentale per il tuo materiale di seghe te ne sarei grata.-
 

-Carter falla finita, e tu Cooper se continui a masticare quel diavolo di tabacco ti butto fuori dall’elicottero!-

La cabina sprofondò nel più completo silenzio, il che era più che normale, almeno per loro.

Il capitano Reyes incuteva sempre un certo timore, anche se normalmente bastava solo fulminarli con lo sguardo per farli tacere; Reyes era il più anziano del gruppo, ma non per questo era stato scelto come capitano: per almeno vent’anni Reyes aveva prestato servizio militare, accumulando nel corso del tempo una serie di successi che lo hanno portato, insieme ad altri compagni, alla fondazione B.S.A.A., dove godeva di un certo rispetto.

Carter oscillò con la testa, annoiata; spinse lo sguardo oltre il finestrino, poggiandoci entrambe le mani, come quando un bambino osserva i pesci in un acquario: avvertì un senso di impotenza, e nello stesso tempo di paura; l’uomo non era fatto per volare, altrimenti dio li avrebbe dotati di ali, eppure si era spinto fino al cielo.
Tutto quello che la circondava non era altro che un ammasso di sabbia e polvere, dune rosse che si stagliavano sull’intera superfice, come diavoli dannati che fuggono dall’inferno, soffocando anche la più piccola presenza di vita.

Si trovavano a circa due chilometri dall’aeroporto di La Paz, tra pochi minuti avrebbero fatto arrivo.

La ragazza spostò la sua attenzione sui membri della squadra, studiandoli: Hayes giocherellava con nonchalance con la sicura della Colt, ignaro di essere osservato come un topo da laboratorio; Cooper continuava a imprecare contro Reyes che gli aveva impedito di godersi il suo amato tabacco; Ielo, per fortuna, era totalmente impegnato a guidare l’elicottero e il capitano seduto accanto a lui faceva il suo solito: ignorarli.

La ragazza sbuffò scocciata, tornando ad osservare l’enorme distesa di sabbia, quando cominciò a intravedere la pista di atterraggio di La Paz; cercò di affacciarsi il più possibile ammirando la pista con un certo sollievo.

-Gentili passeggeri, il capitano Ielo è felice di informarvi di essere giunto a destinazione, grazie a tutti per aver viaggiato con Air Ielo.-

-Taci Ielo.- ghignò Cooper al pilota, calciando più di una volta il suo sedile, mentre l’altro continuava a ignorarlo; Sarah si strinse nelle spalle, soffocando tutti i suoi desideri omicidi nei confronti dell’uomo.

Jared, che fino a quel momento non si era ne visto ne sentito, diede un pugno sulla spalla a Carter, richiamando la sua attenzione:

-A differenza di voi esseri di sesso maschile, non c’è bisogno di darmi un pugno per comunicare normalmente.- sibilò acida la ragazza fulminando il ragazzo e colpendolo a sua volta; lui sbuffò, seccato del brusco atteggiamento di lei, che si schermiva continuamente:

-Sai, sei per mezzo uomo, quindi ho pensato che…- non fece in tempo a finire la frase che la ragazza lo colpì con un pugno al nervo del braccio, facendogli sfuggire un gemito di dolore; Hayes si massaggiò dolorante il braccio, stringendo i denti per il nervosismo:

-Sasha fammi scendere da questo cazzo di elicottero altrimenti l’ammazzo.-

-Attendi mio caro, siamo a un metro da terra.- gli comunicò il pilota effettuando l’ultima manovra.

L’elicottero poggiò sull’asfalto grezzo, con grande sollievo dei passeggeri; Ielo non fece in tempo a spengere i motori che Hayes si era precipitato fuori dal mezzo, camminando a passi pesanti verso la zona del Gate e agitando le braccia verso il cielo, come per maledirlo; gli altri scesero con calma, aspettando con impazienza le indicazioni del capitano; Reyes guardò di sbieco Carter, ancora seduta al suo posto.

-Io resto qui.- affermò atona guardando il vuoto davanti a sé; Reyes sbuffò appena, angosciato dal comportamento nocivo della ragazza, poi si rivolse al pilota:

-Noi andiamo a sbrigare delle “pratiche burocratiche”, voi rimanete qui ad attendere l’agente della S.O.A., del resto ne parleremo dopo.-

Il capitano guardò di nuovo la ragazza in attesa di un “sissignore”, ma non ricevendo alcuna risposta si allontanò silenzioso con Cooper.

Sarah calciò con rabbia il sedile anteriore, lasciandosi sfuggire un gemito di rabbia; si massaggiò con forza le tempie, con la vana speranza di calmarsi:

“Beh, mi sono fatta dei nuovi amici.” pensò sarcastica.

Ielo, che aveva assistito a tutta la scena, scese dalla cabina di pilotaggio e si accomodò  accanto a lei, fischiettando tranquillo, e guardando di tanto in tanto la ragazza.

-Sai,- cominciò lui interrompendosi di colpo –anch’io quand’ero una matricola ero una testa calda.- ridacchiò l’uomo imbarazzato e agitando le braccia di qua e di là come un povero svitato.-

-Mi cacciavo continuamente nei guai e non venivo mai preso sul serio,- ammise un po’ meno scherzoso di prima, -eppure non riuscivo a capire come comportarmi, a come farmi rispettare.-

La voce dell’uomo era spenta, quasi malinconica a ricordare la sua gioventù, come se fossero anni che non parlasse a qualcuno di questa.

-Capì come comportarmi solo quando conobbi Reyes… mi ricordo ancora cosa mi disse la prima volta che mi vide.-

-Cosa ti disse?- domandò curiosa Carter avvicinandosi all’uomo.

-“Figliolo”…- Sasha poggiò la mano sulla spalla della ragazza, interpretando in modo teatrale il capitano, -“tu sei un autentico coglione.”-

La ragazza scoppiò in una fragorosa risata, stringendo con forza le mani intorno allo stomaco a causa dei forti crampi; l’uomo sorrise paterno alla ragazza, che prima o poi si sarebbe accasciata a terra per la ridarella.

Si rimise composta, asciugandosi sorridente le lacrime agli occhi e tornando a guardare l’uomo con un’espressione sbarazzina; Sasha le poggiò una mano sulla testa e le scompigliò i capelli:

-Da adesso in poi basta fare la testa calda, chiaro?-

Sarah gli stringe la mano.

-Affare fatto.-

I due lasciarono la presa, ed ognuno tornò ai propri pensieri; Sarah alzò lo sguardo, proiettato verso l’enorme edificio che accoglieva il Gate: il calore che si sollevava dall’asfalto deformava le immagine più lontane: un deserto di catrame che si stagliava per almeno due chilometri, figure che assumevano forme spaventose; un via-vai continuo tra la pista di atterraggio e il Gate, persone che camminavano frenetiche verso il proprio aereo, come se il tempo gli corresse contro; non era abituata a tutta quell’agitazione, riteneva la fretta inutile.

La ragazza si gettò sulla schiena, lasciando ciondolare la testa oltre il sedile, e facendo zampettare le punte degli anfibi sul tettuccio dell’elicottero, pregando che il tempo passasse in fretta e che l’agente della S.O.A. si presentasse il prima possibile, altrimenti l’attesa l’avrebbe divorata.

-Secondo te,- si rivolse a Sasha dopo pochi minuti, -com’è quest’agente?- gli domandò ravvivando i capelli bruni e domando i soliti ciuffi ribelli; le punte dei piedi continuavano a saltellare ritmicamente,  creando un insolito ticchettio, come il timer dei giochi a quiz, innervosendo il compagno di squadra con lo scorrere del tempo.

Sasha afferrò bruscamente una gamba della ragazza, poggiandola a terra, poi si portò una mano al mento, pensieroso:

-Non né ho la minima idea.- affermò schietto l’uomo, agitando una mano verso la ragazza, come per dirle “immaginalo di testa tua”.

La ragazza sbuffò seccata, evidentemente il quel momento Ielo non era in grado ed in vena di mantenere una conversazione che perdurasse più di un minuto; la ragazza scese dall’elicottero, e si sgranchì le gambe; pescò dalla tasca una sigaretta, e la mise tra le labbra, cercando assorta l’accendino.

-Che peccato, una boccuccia di rosa che si avvelena in questo modo.- sospirò Ielo guardando la ragazza con disapprovazione; lei fece spallucce e trovando l’accendino accese la cicca.

Ispirava il fumo, ed espirando creava delle ampie volute, che venivano scacciate da una leggera brezza di sabbia: il fumo si dissolveva velocemente, come ad essere troppo madido per quell’aria così secca;  tra le labbra, oltre il sapore corrosivo del fumo, poteva avvertire i piccoli granelli di sabbia, che le fecero passare la voglia di finire la sigaretta; la gettò a terra e la spense con la punta del piede.

-Faccio quattro passi.- disse a Ielo voltandosi appena verso di lui, e allontanandosi senza dargli la possibilità di replicare.

Camminava a testa bassa, senza destinazione, sentiva solo il bisogno di allontanarsi da lì e trovare un modo per far passare il tempo; poggiò la schiena contro una parete ombrosa, gettando la testa indietro e serrando gli occhi: intorno a lei non vi erano altro che suoni confusi e ovattati, provenienti da chissà quale realtà astratta: i suoni si rischiarirono in infantili risate.

-Senor, yo te pedì de debujar un arbol, no un platano!- gracchiò un ragazzino rivolgendosi a un uomo intento a disegnare sull’asfalto con dei gessetti.

-Io penso che non ci stiamo capendo.- concluse l’uomo incrociando le braccia sul petto e osservando a occhi stretti il bambino, come se servisse qualcosa per cercare un’intesa tra i due.

Sarah si affacciò verso di loro, osservando nell’ombra la situazione: un uomo chino sull’asfalto, teneva nella mano un gessetto, e con fare pensieroso osservava il bambino che continuava a imprecargli contro in messicano; di tanto in tanto faceva di si con la testa, pensando di capire cosa richiedesse il bambino, e si cimentava nel disegnare ciò che pensava gli venisse richiesto.

La ragazza notò diversi disegni intorno all’uomo, precedenti tentativi del malcapitato; Carter si abbandonò a una risata, notando l’uomo che gesticolava impacciato con il gruppo di bambini, che approfittavano della situazione per prenderlo in giro.

-A,R,B,O,L.- ripeté nuovamente il bambino indicando il cielo, l’uomo inclinò leggermente la testa, poi tentò nuovamente, disegnando una banana, forse questa volta con l’intenzione di farli divertire, infatti entrambi scoppiarono in una calda risata.

Carter si avvicinò circospetta alle spalle dell’uomo, arrivando dietro a lui come un fantasma:

-Scusa.- sospirò lei strappandogli il gessetto di mano e sedendosi a ginocchioni accanto al bambino, poggiandogli una mano sulla spalla e sorridendogli radiosa:

-Usted habeis pedido de debujar un arbol, right?- domandò al bambino indicando l’uomo, che era rimasto immobile al suo posto ed aveva alzato un sopracciglio non appena era stato indicato dalla ragazza:

-Sì senorita!- strepitò il bambino accompagnando la conferma da un’espressione tra lo stupore e meravigliato.

-Vale.-

La ragazza prese a disegnare un arcobaleno, notando alcuni bambini saltellare; si rialzò ad opera terminata, passandosi una mano sulla fronte sudata; poggiò entrambe le mani sui fianchi e guardò soddisfatta i bambini, che si erano avvicinati a lei per ringraziarla e adorarla con una serie di complimenti; si girò verso l’uomo che sorrideva beffardo mentre la guardava:

-Mi avrebbero fatto a pezzi se tu non fossi intervenuta.- ridacchiò lui, facendo di sì con la testa; Carter protese una mano verso l’uomo, che non ci pensò due volte e si fece aiutare a rialzarsi.

-Ehi!- gridò lui, schioccando le dita a pochi centimetri dal volto della ragazza, ancora ipnotizzata; Sarah si riscosse agitando velocemente la testa, quando lo sguardo si posò sulla spalla dell’uomo, notando l’emblema della B.S.A.A.: spalancò gli occhi e rimase allibita, “sfottere” il proprio superiore non era un bel modo per conoscersi.

-Oh porca…!- la ragazza si cucì la bocca a filo doppio, evitando di imprecare contro non so quali creature:

-Io non so come scusarmi! Non pensavo che tu fossi e poi insomma non mi aspettavo… pensavo che tu fossi…se sapevo fossi stato tu non lo avrei fatto!- balbettò lei, abbassando vergognosa la testa, non desiderando altro se non sciogliersi.

L’uomo si avvicinò a lei, fino ad intravedere il suo volto, ora nascosto tra le tremanti mani; lui soffiò al nulla, prendendo le mani della ragazza e scostandole cauto dal suo viso, costringendola a tornare a guardarlo:

-Guarda che non ti fucilo.- disse lui sorridente, rassicurandola, sciolse la presa e tese una mano verso di lei:

-Chris Redclife, e tu sei?-

-Sarah Carter.- terminò lei la frase stringendo la mano di Chris, meno imbarazzata di prima.

Lei lasciò la presa, guardando Chris silenziosa; in un primo momento Chris fece lo stesso, guardando assente la punta delle scarpe, cercando un argomento di cui parlare:

-Beh,- cominciò lui incamminandosi verso l’elicottero in lontananza, -dov’è il resto della squadra?- domandò Chris incitando la ragazza a seguirlo; Sarah tentennò un attimo, cercando una scusa per parare il culo al capitano:

-Sono andati a sbrigare delle pratiche burocratiche.- mormorò lei accelerando il passo e superandolo; lui la raggiunse e gli poggiò una mano sulla spalla:

-Ah sì? Che tipo di pratiche?- domandò lui prendendo alla sprovvista la ragazza:

-Ehm, per l’atterraggio…-

-Sono andati a farsi un bicchierino, vero?- concluse Chris guardando negli occhi la ragazza, impedendogli di continuare a sparare scuse poco plausibili; Carter annuì energicamente, incapace di continuare a mentire davanti a quegli occhi azzurri.

Chris si fermò imponente davanti alla recluta, guardandola dalla testa ai piedi; Carter si allontanò di qualche passo, evitando di stargli troppo vicino, Chris si riavvicinò, a pochi centimetri dal suo viso:

-Ma sei un pulcino!- ridacchiò lui spettinando i capelli della ragazza, che aveva assunto un’espressione sbronciata; Carter scrocchiò le dita del pugno, guardandolo con sguardo assassino:

“Calma Sarah, calma, non far del male a questa povera creatura.”

-Ehm, perché sei entrato nell’esercito?- sparò lei cambiando argomento e tentando di distrarsi.

Chris parve pensarci, e calciando un pezzo di asfalto grezzo tornò a camminare verso l’elicottero, lasciando Sarah alle sue spalle:

-Amore per il proprio paese, la gloria, l’onore, le solite cose, no?- si schermì lui accelerando il passo, ormai a pochi metri dal mezzo, pensando di riuscire a sfuggire dall’interrogatorio:

-Non c’è altro? Magari per seguire le orme di un parente, forse tuo padre?- continuò lei imperterrita; Chris si arrestò di colpo, impallidito; il suo sguardo seguiva ombre invisibili, fantasmi abbandonati in un lontano passato che pensava non appartenergli più:

-Alla morte di mio padre…- cominciò lui con lo sguardo perso nel vuoto, -io e la mia sorellina rimanemmo senza una figura di “riferimento”, così mi assunsi le mie responsabilità e divenni abbastanza forte per crescerla, per proteggerla…- Chris si girò verso la ragazza, sorridendole –tu le somigli molto.- concluse lui allontanandosi impedendogli di continuare la conversazione.

Si schiarì la voce davanti ai membri della squadra, che avevano fatto ritorno:


-Attenti!- comandò Reyes ai suoi uomini, che eseguirono quasi subito l’ordine, Sarah si apprestò a raggiungerli e a mettersi sull’attenti imitandoli; Chris sorrise alla ragazza, che ricambiò il sorriso sotto lo sguardo furioso di Reyes, che strinse i pugni per calmarsi, per poi tornare a guardare con collera Chris:

-Riposo.- disse quest’ultimo studiando con lo sguardo la squadra e stringendo la mano al capitano, Chris tremò sotto la stretta ferrea di questo che sorrise maligno, mettendolo in soggezione.

-Lei dovrebbe essere Chris Redfield.- mormorò il capitano stringendo sempre più forte la mano del giovane:

-E lei deve essere Diego Reyes…-

-In persona.- terminò lui la frase aumentando sempre di più la presa, guardando l’uomo con astio; Sarah si intromise tra i due, poggiando una mano sulla spalla di entrambi, e sorrise al capitano per rassicurarlo:

-Reyes va tutto bene.- sussurrò lei all’uomo; Reyes lasciò la presa tornando a occuparsi della squadra, fingendo che non fosse accaduto nulla.

-Perdonalo è solo un po’ protettivo.- sospirò lei.

-Forse è meglio…- sospirò lui, allontanandosi da lei e passandosi entrambi le mani sudate sui pantaloni; i due si voltarono notando che gli sguardi di astio non venivano solo dal capitano, ma anche da Hayes, che caricava nervosamente la pistola guardando minaccioso Chris.

-Penso di essergli simpatico.- ridacchiò Chris alla ragazza, che aveva iniziato a mantenere le distanze, sullo sguardo scettico del suo superiore:

-Non ti fare troppi nemici.- lo ammonì lei affiancandosi a Reyes e evitando di incrociare il suo sguardo.

-Bene iniziamo!-

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Sign ***


Capitolo 2: Sign
 

 -La nostra missione,- cominciò Chris, poggiando una cartina sul cofano della jeep –consiste nel recuperare i dati su cui stava lavorando il dottor Schneider, un nostro scienziato scomparso circa due mesi fa.-

-A cosa stava lavorando?- lo interruppe Reyes intento a sapere ogni particolare sulla missione e su ciò che ne riguardava:

-Non sappiamo di preciso a cosa stesse lavorando; Schneider preferiva lavorare da solo ai suoi progetti e ne faceva rapporto solo a lavoro terminato.-

-Mi stai dicendo che nemmeno sapete su cosa sta lavorando?-

-Momentaneamente l’intera B.S.A.A. non ne è a conoscenza: prima della sua scomparsa Schneider ha resettato i computer e portato con sé i dati cartacei.-

-Parli ancora di scomparsa, Redfield?-

Chris si immobilizzò spaesato: il diverbio tra lui e il capitano lo metteva sotto pressione; il capitano guardò Chris con una certa soddisfazione:

-Siamo stati traditi, Redfield.-

Chris strinse i pugni.

Sapeva che qualcuno stava realmente tradendo la B.S.A.A., l’unica cosa che temeva era il non sapere “chi” fosse.

-Insomma, il nostro scopo è recuperare dei dati fantasma e uno scienziato pazzo, giusto?- sbottò Carter, interrompendo quell’imbarazzante silenzio, decisa a concludere la missione velocemente e senza “intoppi”; i due la guardarono di sbieco, riducendo gli occhi a due piccole fissure:

-Ok, non dico più niente.-

-Penso che continueremo la nostra vivace conversazione in viaggio, Redfield.- concluse il capitano, entrando nella vettura e facendo segno a Cooper di mettersi alla guida.

Chris rivolse uno sguardo confuso a Sarah, che fece spallucce e lo invitò ad accomodarsi accanto a lei.

Hayes girava nervosamente la Colt tra le mani, guardando Chris impegnato nel conversare con Carter:

-Ti diverti, Redfield?- gli si rivolse dopo poco, sorridendogli maligno; Chris si abbandonò a un sospiro, evidentemente sarebbe stato un viaggio movimentato:

-Hayes non sei divertente.- lo intimidì Carter guardandolo minacciosa, ma fu indotta a smettere da Chris, che le poggiò una mano sulla spalla, peggiorando involontariamente la situazione.

-Hai mai ucciso qualcuno, Redfield?- lo gelò Hayes in tutta schiettezza, non facendo peso sulla domanda posta; Chris si azzittì un attimo, perdendosi nel vuoto di quelle parole:

-Soltanto gente già morta.- rispose lui in tono piatto, guardando Hayes con disapprovazione, forse aveva dimenticato di essere sotto suo diretto comando.

-Potrei uccidere qualcuno già vivo…-

-Chiudi quella fogna Jared!- gridò Carter, scattando in piedi verso il ragazzo, che fece altrettanto: -Zitta tu, puttana!-

-FERMA LA MACCHINA!-

L’urlo disumano del capitano fece rabbrividire l’intera squadra, specialmente Cooper, che frenò di colpo la macchina con il rischio di finire fuori strada: Sarah che in quel momento era in piedi fu afferrata sul momento da Chris, mentre Hayes ebbe la peggio, sbattendo il viso contro il sedile di Reyes.

Non appena Cooper riprese il controllo della vettura frenò alla meglio, ritrovandosi sul ciglio della strada: Hayes si trovava a terra, occupato a fare pressione sul naso, evitando di farlo sanguinare; Sarah prestò soccorso al ragazzo, ignorando gli avvenimenti di qualche secondo fa; afferrò il kit medico e invitò Hayes ha sollevare il viso, mentre lei si occupava si ricucirgli la ferita sul naso.

-Niente di grave.- sospirò ad opera finita, riponendo gli utensili al proprio posto.

Hayes si voltò verso il capitano, che diversamente da come si aspettava non sembrava essere infuriato:

-Riparti.-

I due si rimisero ai loro posti, evitando di incrociare lo sguardo del caposquadra.

-Tutto ok?- domandò dopo poco Chris alla ragazza, che si limitò a fare di sì con la testa.

-Sbaglio o tra te il capitano c’è qualcosa?-

-E’ il mio patrigno…- ridacchiò lei, guardando imbarazzata Chris, che si limitò a ridere impacciato per la domanda posta:

-Perdonami non è quello che intendevo…- continuò lui, notando la ragazza che continuava a sghignazzare.

-Mio padre e Reyes erano molto amici,- cominciò lei in tono nostalgico –al tal punto da nominarlo mio padrino, anche se non si aspettava che lo sarebbe diventato così presto.-

La ragazza si fermò un attimo, notando che il capitano stava ascoltando la loro conversazione, fece finta di niente e riprese a parlare.

-Eppure prima che entrassi nella B.S.A.A. lui morì in una sparatoria.-

Chris si voltò verso Reyes, che sentendosi fuori luogo preferì tornare ad osservare la strada rossa.

-Destinazione signore?- domandò Cooper guardando il capitano, che a sua volta si voltò verso Chris:

-Redfield.-

-Dirigiti verso Guamichil, superata la città continua verso a sud-est per 13 chilometri.-

-Se non sbaglio c’è una macchia di vegetazione da quelle parti?- lo interruppe Carter sovrappensiero, cercando di capire alla meglio dove erano diretti: Chris confermò quello che aveva detto, pensando al da farsi quando sarebbero arrivati lì.

-Sbaglio Redfield o non sappiamo l’esatta posizione del laboratorio di Schneider?- domandò il capitano sapendo già che risposta aspettarsi.

-Esatto.-

-Non ci rimane che scoprirlo.- aggiunse poco dopo Reyes, tornando ad osservare la cartina, quasi fosse il giornale della mattina.

-E’ pericoloso?- domandò Sarah sottovoce, sentendo l’asia crescere prima del dovuto, dopo tutto come poteva rassicurarla, era una recluta con la sua prima missione.

-Chris?- lo richiamò Sarah notando il ragazzo perso nei suoi pensieri. Chris si scrollò appena poi tornò alla realtà, sfuggendo ancora una volta ai fantasmi del passato.

-E’ solo una missione di recupero, tranquilla.-

-Ma due dei nostri uomini non sono tornati, giusto?-

-Abbiamo perso i contatti con loro… potrebbero anche essersi smarriti.-

La ragazza sorrise poco convinta, poggiò il capo sulla spalla di Chris e socchiuse gli occhi,  portando un mano intorno al braccio di Chris, suscitando un leggero imbarazzo in lui:

-Non farmi cadere o ti ammazzo.-

-Tranquilla…- sussurrò lui appena, -notte Cla… ehm, Carter.- fortunatamente la ragazza era già sprofondata in un profondo sonno.

-Redfield!- Chris aprì gli occhi ritrovandosi il cuocente sole del deserto contro essi; si trovava a terra, la compagna di squadra in costante ascolto del suo battito cardiaco e un panno impregnato di sangue nell’altra mano.

-Carter!-

Chris si alzò di colpo, ma un dolore lancinante alla testa lo costrinse a gettarsi indietro, ritrovandosi tra le braccia di lei: la ragazza tenne il viso di lui tra le sue mani, si limitò a un controllo veloce, azzardando che poteva aver subito un piccolo trauma.

-Io non sono un medico Redfield,- ridacchiò lei tra sé e sé, –dopo esserti addormentato abbiamo avuto un incidente con la jeep e hai sbattuto la testa. Forse è il caso di tornare indietro per un controllo o…-

-Sto bene.- la interruppe Chris scontroso, rialzandosi in piedi e mantenendo miracolosamente un po’ di equilibrio; la ragazza fece di sì con la testa, poi si allontanò dall’uomo, ricordandosi quale fosse il suo posto.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Did You Say Raspberry? ***


Capitolo 3: Did You Say Raspberry?


-Porca merda, Cooper! Non sei in grado di cambiare una gomma?!- imprecò a denti stretti il capitano, cercando di non mandarlo, più di quanto aveva già fatto, a fanculo; erano più o meno venti minuti che cercava di sostituire la ruota di quella dannata jeep, e la poca pazienza che aveva era agli sgoccioli.

-Si va a fette?- ironizzò Hayes sghignazzando, avvicinandosi di tanto in tanto all’uomo con il tentativo di aiutarlo, inutilmente, ottenendo dei notevoli apprezzamenti su sua madre che ignorava senza dargli alcun peso.

Chris osservava la scena in disparte, limitandosi a qualche risata, senza intervenire personalmente con altre spiritosaggini; Carter faceva lo stesso: osservava e ridacchiava, anche se più attivamente.

-Ci conviene montare la tenda.- ridacchiò lei, facendo traboccare l’ennesima goccia di pazienza di Cooper, che si alzò di scatto calciando più volte la gomma, bestemmiando contro qualsiasi dio.

Chris si girò verso Sarah, che gli rivolse uno sguardo un po’ vacuo: “l’incomprensione”, come preferiva definirla lui, di prima aveva reso entrambi interdetti, specialmente lui stesso.

Essendo gradi superiori alla ragazza, si sarebbe dovuto comportare come un “capitano”, eppure ogni volta che cercava di rivolgersi a lei come tale, non faceva altro che rivedere il volto di sua sorella, ora silenzioso e corrucciato.

Tra i due fratelli vi erano sempre stati lunghi silenzi, durante i quali Chris aveva sempre avvertito un vuoto allo stomaco, dettato forse dai troppi segreti che vi erano trai due, a fin di bene, naturalmente; silenzi che avrebbe dovuto sfruttare per confidarsi, oppure sfogarsi con lei.

Adesso, forse, avrebbe avuto la possibilità di rimediare.

-Carter.- la richiamò lui, facendole segno di avvicinarsi; lei parve pensarci, poi lo raggiunse, con il cervello scombussolato da un miliardo di domande.

-Signore.- disse lei atona, portandosi una mano sulla fronte e mettendosi sull’attenti; Chris si aspettava di tutto tranne che questo.

-Sarah, falla finita…-mormorò lui, chiamandola per la prima volta con il suo nome, e usando un tono di voce solennemente calmo; avrebbe volentieri agitato anche una bandierina bianca.

-Mi dispiace.- aggiunse poi di getto, cercando di capire per cosa realmente gli dispiacesse, o cercando una scusa a quelle parole alquanto incomprensibili.

-Facevi il tuo lavoro.- rispose la ragazza, guardandolo imbarazzata, mentre le sue labbra si distendevano in un sorriso.

Chris sentì i muscoli del viso rilassarsi, come la vena del collo, che fino a prima sembrava pulsare tanto irregolarmente da esplodere; rincontrò lo sguardo della ragazza: vide lo stesso azzurro dei suoi occhi, poi a tratti vide Claire, e gli sembrò di averla davanti a sé: Chris scosse la testa, scacciando quelle strane allucinazioni.

Stava decisamente diventando pazzo.

***

 

-Dio…mio.- ansimò Sarah sfinita, accasciandosi a terra e cercando di riprendere fiato.


Reyes andò meccanicamente incontro alla ragazza, come se non fosse stata la prima volta che la aiutasse a rialzarsi, recuperòil suo equipaggiamento e la prese in spalla, riprendendo a camminare.

-Coraggio, Sarah.- la spronò il capitano, recuperando la distanza che li divideva dal resto della squadra.

-Non posso andare avanti.- protestò lei facendo sempre più peso sull’uomo, che non sembrava dare il minimo cedimento; avrebbe preferito essere presa in braccio, a questo punto.

Alla fine erano stati costretti a continuare il tragitto a piedi: Cooper era riuscito a cambiare la ruota della jeep, ma dopo nemmeno tre chilometri erano stati costrettii a fermarsi per il serbatoio vuoto: “dalla padella alla brace.”

Per loro fortuna, se così si poteva dire, si erano già introdotti nella foresta e si sarebbe fermati non appena si sarebbero trovati più vicino al villaggio.

-Hayes.- lo richiamò il capitano, attendendo gli aggiornamenti da parte del cecchino:

-Dovremmo trovarci a circa trecento metri da qui.- li informò studiando il GPS e confrontandolo con la cartina, accelerando involontariamente il passo.

Sarah si sciolse dalla presa del patrigno, sedendosi con un tonfo sul terreno umido e massaggiandosi nervosamente i muscoli delle gambe; Reyes si abbassò su di lei, senza proferire parola, eppure pienamente consapevole dello sforzo della recluta.

-Già stanca, Carter?- ridacchiò Hayes, separandosi dal gruppo insieme a Cooper; Carter si sarebbe abbandonata a un ghigno di rabbia e avrebbe colto la sfida al volo, se non fosse stata così esausta.

Chris li osservava silenzioso: non c’era bisogno di parole di incoraggiamento o altro, le serviva solo prendere un bel respiro.

-Medaglia.- la canzonò Reyes lasciandosi sfuggire un sorriso.

La ragazza si voltò si scatto verso di lui, lo sguardo pieno di adrenalina; la recluta si alzò, strappando dalle braccia del capitano il suo equipaggiamento e riprendendo il cammino verso i compagni di squadra, anche se con qualche acciacco.

Chris guardò Reyes interrogativo, senza spiegarsi il come avesse fatto; il capitano sorrise soddisfatto, mentre riprendeva a camminare verso il gruppo, ormai distante.

-So come prenderla.- aggiunse poi girandosi indietro, per poi tornare a guardare avanti a se.


***

 

-Carter, tra dieci minuti c’è il cambio!- le ricordò Hayes smuovendo la tenda, facendo risvegliare la ragazza dal dormiveglia.


Nascose la testa sotto al sacco a pelo, cercando di chiudere tutti gli spifferi: odiava quel clima, come poteva morire di caldo il girono e gelare la notte?

Solo fino a poche ore fa si trovava a sudare nel caldo torrido del Messico, non desiderando altro che una pozza d’acqua; ed ora era lì a gelarsi il culo, dividendo la tenda con Redfield, che con i suoi continui spostamenti l’aveva fatta retrocedere in un piccolo lato del cubicolo.

“Ma perché con lui? Stare tra uomini era troppo difficile, Redfield?!” contestò lei, poi diede un calcio all’uomo che protestò debolmente nel sonno; ora avrebbe potuto riposare quei pochi minuti che le erano rimasti, o almeno così pensava.

Infatti Chris si spostò di nuovo sul lato, colpendo col braccio il naso della ragazza, che rinvenne del tutto dal suo stato comatoso.

-Per Dio, Redfield!- sbraitò lei mentre lo colpiva ancora una volta, questa volta così forte da farlo riscuotere dal suo sonno di pietra.

-Cosa?!- gridò lui scattando in piedi e puntando la pistola contro la ragazza:

-Su sparami Redfield, non ti è bastato malmenarmi fino ad ora?!-

-Ah, sei solo tu.- bofonchiò lui lasciandosi andare di nuovo sul sacco a pelo, come se non avesse appena puntato l’arma contro la ragazza o cosa.

Carter pensò di colpire l’uomo con il calcio della M92F, in modo da godersi gli ultimi attimi di riposo, poi rinunciò, pensando che con Redfield gli ci sarebbe voluto un lanciarazzi. Si distese di nuovo, rinunciando al tanto agognato riposo.

-Lamponi!- sbottò la recluta poco dopo; Chris si girò verso la ragazza, pensando che il mancato sonno l’avesse portata a un esaurimento nervoso.

-Che cosa?-

-More, fragole, spaghetti, polpette, cinese!-

-Ma che diavolo stai dicendo?- la interruppe Chris sghignazzando a mezza voce, in modo da non farsi sentire da Hayes che montava la guardia.

-Sto cercando di farmi conoscere, Redfield.- Chris nascose un sorriso, quella voce era tremendamente familiare per non riconoscerla:

-Chris…- sussurrò dopo, troppe persone lo chiamavano Redfield; si rigirò dall’altra parte, dando le spalle alla ragazza.

Lei fece per dire qualcosa, ma Hayes incombé sui due in quello stesso momento; la novellina scivolò silenziosa fuori dalla tenda, preparandosi alla lotta contro il plenilunio.

***

 

Non era stata una buona idea metterla lì sola nell’oscurità: si maledisse per tutti i film dell’orrore che aveva visto, non aveva mai fatto caso a quanto la spaventassero fino a quel momento.

Si schiaffeggiò appena il viso, doveva controllarsi e soprattutto concentrarsi, anche se la zona sembrava sicura poteva sempre succedere qualcosa.

Strinse la presa sul HK MP5, presa da un’ improvvisa sensazione di paura: la vita dei suoi compagni, adesso come nel resto delle missione, era appesa a un fili e lei era lì a tener i due estremi; la loro vita dipendeva dalla sua e viceversa.

Una nube nascose la luna, oscurando di conseguenza il viso della ragazza e ciò che fino a poco fa percepiva il suo sguardo: la presa si strinse intorno al fucile, fino a far sbiancare le nocche, i muscoli del viso tesi fino allo spasmo.
 
Temeva di accendere la luce del fucile, aveva paura di trovarsi qualche strana creatura sbavante e sanguinaria, che non attendava altro se non balzarle addosso e strapparle ogni lembo della sua morbida carne.

Non avrebbe dovuto leggere la documentazione su Kijuju, ma aveva voluto tenersi preparata per il futuro, sapere contro cosa avrebbe dovuto combattere... ora non era tanto più sicura di volerlo sapere.

Il suo orecchio percepì un fruscio alle sue spalle, si girò di scatto, ancora circondata dall’ombra, che celava strani demoni; la carabina tremava tra le sue braccia, fece scattare la sicura da questa.

Un passo, poi un altro, si avvicinava lentamente. Si fermò, saldando fermamente i piedi a terra, il tremolio delle mani che iniziava a scuoterle il corpo:

“Un colpo secco.” si disse.

Fece scattare la torcia: un fascio di luce colpì di colpo il vuoto davanti a lei, rivelandole il nulla.

Si abbandonò a un sospiro di sollievo, forse troppo in fretta, sobbalzò.

Un tuono, poi un altro, ma neanche un lampo; era una sinfonia di tuoni, privi del lampo che squarcia il cielo… poi un silenzio logorante.

Chris e il capitano la affiancarono silenziosi, puntando lo sguardo verso il nulla: il silenzioso fu interrotto da un urlo atroce, poi un altro selvaggio e ancora, ancora: grida, silenzi e ruggiti.

-Alle primi luci dell’alba.- disse solo il comandante, senza aggiungere altro.

La recluta si sedette a terra, tacitamente, come a non voler interrompere quel susseguirsi di grida; imbracciò il fucile, con lo sguardo tremante, lasciandosi cullare da quella cantilena di morte.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Burning Skin ***


Capitolo 4: Burning Skin


-Sarah.- Chris scosse appena la ragazza, che aprì quanto più le era possibile gli occhi, ancora impastati dal sonno; si girò verso il ragazzo e lo guardò come ad attendere che gli impartisse un ordine, che arrivò:

-Prendi il minimo indispensabile: partiamo.-

Redfield si trafilò di colpo: la tenda ondeggiò lentamente, facendo entrare qualche spiraglio di luce.

Sarah sentiva la testa pulsare dolorosamente, come se qualcosa le trapanasse ostinatamente il cervello e si strinse il capo tra le mani: quella insopportabile tortura della sera scorsa non era durata più di un’ora, eppure era come se si ripetesse come un disco rotto; non era riuscita a chiuder occhio per tutta la notte, temendo di essere circondata da grida e sangue anche nei suoi sogni.

Cercò a tentoni la fondina toracica e la assicurò ai fianchi, incastrandoci dopo le due M92F: “due è meglio di una”; si accertò di avere abbastanza caricatori, sia per le due pistole che per l’HK MP5, poi inserì il kit medico nell’ultima tasca tattica; si infilò la camicia color sabbia e la kefiah mimetica, fece un respiro profondo e uscì.

La luce del sole esplose di colpo e lei si portò il braccia sulla fronte per proteggersi da quel riflettore abbagliante; aspettò che i suoi occhi si abituassero gradualmente ai raggi solari.

Diversamente dai giorni precedenti, la situazione era abbastanza snervante: tra la squadra aleggiava un silenzio di tomba; i componenti si scambiarono pochi sguardi.

-Capitano, dovrebbe venire a controllare.- riferì il cecchino porgendogli il palmare; lui si avvicinò all’uomo, prendendo tra le mani l’oggetto: gli era stato inviato un messaggio da un mittente sconosciuto: “Il comitato di benvenuto vi aspetta.”

-Probabilmente è di Schneider.- aggiunse Hayes dopo, attendendo una risposta del capitano:

-E’ una trappola…- iniziò lui parlando più con se stesso, -tuttavia non abbiamo altre opzioni. Fai in modo che il commando scopra dove si nasconde quel verme, Ielo si dovrà trovare a meno di un chilometro da noi.-

-E’ già in posizione.- confermò Hayes.


-Bene, muoviamoci.- sentenziò il capitano, iniziando a incamminarsi verso il villaggio, che si trovava a un livello più basso rispetto alla foresta; Hayes scivolò vicino Sarah:

-Ti copro le spalle.- le promise lui abbozzando un sorriso, lei ricambiò, continuando a muoversi verso il villaggio fantasma.
 

***

 
Il villaggio non era altro che un complesso di cubicoli in mattoni, ognuno poco distante dall’altro: si guardarono intorno, ad ogni angolo della strada sterrata non vi erano altro che case e case, tuttavia nessun segno di vita; verso il centro della città, i primi segni dell’attacco: delle capsule firmate “Umbrella Corporation”, gli sportelli spalancati, ovunque segni di lotta ed enormi chiazze di sangue; Sarah alla visione di un arto mozzato si accasciò su se stessa, vomitando sul terreno empio.

Chris era in grado di ricostruire l’intero scenario: elicotteri dell’Umbrella che planavano sul villaggio, sganciando le capsule al loro passaggio, queste che si aprivano rivelando chissà quale nuova diavoleria dell’azienda farmaceutica: ma chi c’era dietro tutto questo?

-Ma che diavolo è successo qui?- domandò lei, mentre si faceva sorreggere dal tiratore scelto, che era al suo fianco come promesso.

-Penso che lo scopriremo presto.-

Una bambina con la vestaglia imbrattata di sangue si avvicinò i militari.

Si muoveva barcollante, quasi zoppicante, mentre allungava un braccio verso di loro; Sarah si alzò di colpo e si mosse veloce verso la bambina, ostacolando la visuale tre lei e la squadra:

-Carter torna qui!- ringhiò Chris, puntando l’arma verso la sopravvissuta, ora coperta dalla ragazza, che aveva mostrato il palmo della mano, come a chiedere all’agente di darle tempo. Carter si muoveva lentamente verso di lei, mostrando le mani alla bambina:

-Tranquilla sono qui per aiutarti…- cominciò lei sorridendole, chinandosi su di lei mentre le poggiava le mani sulle spalle –andrà tutto bene.- continuò lei, in attesa di una risposta.

La bambina alzò lentamente il capo: gli occhi dell’agente di piantarono sui suoi, velati da una coltre bianca; Sarah vide chiaramente muoversi “qualcosa” all’interno del suo corpo, la ragazzina spalancò la bocca, liberando il parassita dal suo corpo, che cercò di afferrare la testa della recluta tra la sua morsa.

Carter gridò dall’orrore e mentre la creatura cercava di attaccarla cadette sulla schiena, afferrando la ragazzina per le spalle per tenerla lontana da sé.

La creatura serrò la mandibola, cercando di afferrare la ragazza, che non avrebbe resistito a lungo: una scarica di spari raggiunse l’essere alla testa, la gettò all’indietro, cadendo di peso su Carter, che spinse il corpo apparentemente immobile lontano dal proprio; qualcuno l’afferrò per il collo della camicia e la trascinò con sé, strappandole un altro gemito di paura.

Chris costrinse la ragazza ad alzarsi, scrollandola con forza:

-Che diamine ti è preso?! Potevi morire!- gridò con ferocia pugnalandola con lo sguardo, facendola vacillare terrorizzata.

-Redfield, abbiamo visite.-

L’agente della S.O.A. si guardò alle spalle, notando una decina di Plagas che si avvicinavano a loro, o almeno erano dieci per ogni lato; la prima balzò contro Chris, agitando una falce a mezzaluna: l’agente ripiegò sul lato, colpì al fianco l’essere, per poi schiacciargli con l’anfibio la testa, che si maciullò sotto al suo peso; Reyes faceva uso del coltello da combattimento, conficcandolo prima nell’arteria polmonare e poi direttamente nel cranio; il cecchino copriva le spalle dell’intera squadra, mentre Carter copriva a sua volta le sue.

Eppure, per quanti potevano mettere K.O. più sembravano moltiplicarsi.

-Felice Hanukà.- gridò Cooper lanciando una granata incendiaria nel bel mezzo di un gruppo, sorridendo con estremo piacere nel vedere le creature gettarsi a terra e contorcersi su se stesse.

-Sono troppi!- strepitò la ragazza mentre ne colpiva un allo sterno, facendolo indietreggiare, per poi colpirlo direttamente alla tempia.

“Pensa Redfield, pensa.”

Si ripeteva l’agente cercando un piano per sfuggire a quella situazione, abbastanza critica: pensò di battere la ritirata, ma ogni punto sembrava infestato dalla Plagas, oppure durante la fuga rischiavano di dividersi e lasciare qualche membro indietro, avrebbe dovuto rischiare?

-Chris!-

La voce di Sarah lo raggiunse di colpo, scrollandolo dai suoi pensieri; nello stesso momento una Plagas si lanciò su di lui, avvinghiandosi sulla sua schiena: Redfield si gettò a terra, rotolando sul fianco, cercando di scollarsi quell’affare di dosso; l’essere serrò le braccia intorno al collo di Chris, facendo improvvisamente pressione sul suo collo.

Chris tentennò, non sapendo precisamente cosa fare, portò d’istinto le mani sulle braccia dell’essere, tentando di affievolire la presa: doveva liberarsi da quella morsa; gli mancò il respiro, cercò di portare la mano alla HK P8, ma rinunciò sentendo il respiro affievolirsi: il mondo intorno a lui sembrò oscurarsi, sentiva il fiato ridursi a un rantolo.

La detonazione di un proiettile lo riportò alla realtà: la presa sul suo collo si sciolse di colpo; il capitano afferrò l’agente per la spalla e lo tirò su, gettandogli tra le mani l’AK-47:

Un urlo raggiunse i due, facendoli sussultare e si voltarono all’unisono: Carter, etichettata come l’anello debole della squadra, ora si trovava distante dal gruppo, con le spalle al muro e circondata da un gruppo di Plagas.

La ragazza scaricò l’ultimo caricatore contro quelli, che si accasciarono a terra come zerbini, gettò la mitraglietta, ormai inutilizzabile: una delle creature si avvicinò a lei, facendo scattare minacciosamente delle cesoie; la ragazza scattò contro questo, afferrandogli il braccio e tirandolo a sé, portò l’arto dell’essere dietro la schiena, spezzandoglielo di netto.

L’arnese metallico cadde a terra con uno schianto, la recluta si armò di quelle.

Una delle creature liberò il parassita, lanciandosi verso di lei; Carter racchiuse il collo dell’individuo tra le cesoie e le fece scattare di colpo: la testa della vittima rotolò a terra e un fiotto di sangue andò ad imbrattare il viso e la divisa dell’agente: il corpo della vittima cadde inerme a terra, mentre l’organismo parassita emetteva un verso stridulo.

La ragazza lasciò cadere a terra l’arma, correndo verso il muro e saltando contro esso, dandosi una spinta verso l’alto che le permise di raggiungere un mattone sporgente; cercò di sollevarsi, quando una Plagas la afferrò per la caviglia.

-Sarah!- Reyes cercò di raggiungere la ragazza, lasciandosi alle spalle quanti più nemici poteva.

Cooper andò in soccorso del capitano, lanciando una granata accecante nel gruppo, colpendo anche Sarah, che mollò la presa e cadde inerme in mezzo all’orda.

Hayes spianò la strada all’uomo, mentre Redfield correva in soccorso di quest’ultimo; Cooper lanciò una seconda granata, questa volta all’esterno del gruppo.

Non si avvertiva nessun suono, nessun lamento, neanche un movimento impercettibile dall'orda.

Un rumore sordo si diffuse nel villaggio, facendo sussultare i soldati: le creature si ritirarono di colpo, come spaventate da qualcosa.

Reyes continuò a correre verso la ragazza, chiamandola; le creature continuarono a fuggire, lasciando infine il corpo della ragazza.

-Sarah!-

Reyes si gettò accanto lei, contratta e tremante; il capitano strinse tra le braccia la figlioccia, tirando un sospiro di sollievo nel vederla ancora respirare, anche se irregolarmente.

Carter non presentava alcun tipo particolare di ferita, o almeno nessun tipo mortale; se l’era cavata soltanto con qualche piccolo ematoma e con un morso sul polpaccio.

Sarah posò lo sguardo su Chris, che si chinò accanto a lei.


-Sarah…- riuscì a mormorare lui, interrotto dallo stridore metallico, che si faceva sempre più vicino a loro: un suono acuto e tagliente.

-Ragazzi, è arrivato il comitato di benvenuto.- ridacchiò sarcasticamente Cooper, serrando tra le mani il fucile; Reyes si fece avanti, camminando lentamente verso il Boia.

-Hayes porta via Sarah.- ordinò il capitano con voce ferma, senza lasciar trapelar una nota di paura: eppure, difficile ammetterlo, l’aveva.

Il cecchino protestò inutilmente: prese sotto braccio la ragazza e cominciò a muoversi velocemente oltre alla piazza, alla ricerca di un posto sicuro.

La scosse appena, cercando di tenerla al meglio; il suo sguardo fu catturato da una croce, che sorgeva imponente fin sopra gli altri edifici, si chiese fosse stato possibile non vederla fino a prima: l’enorme porta era spalancata, come ad invitarlo ad entrare; avrebbe dovuto, ma si fermò tornando ad osservare lo scontro.

Non era di certo la prima volta che Reyes fronteggiava una B.O.W, eppure temeva che questa potesse essere la sua ultima battaglia: non aveva mai affrontato una creatura del genere.

Il capitano liberò l’Ithaca dalla fondina e puntò il fucile avanti a sé, mirando con cura alla testa dell’essere, questo scattò avanti, troppo velocemente per un normale Excutioner.

Reyes scivolò di lato così da evitare l’attacco.

Il capitano caricò velocemente l’arma e il Boia mulinò l'arma, costringendo l’uomo a retrocedere.

Cooper assisteva alla scena, studiando le mosse del nemico nel tentativo di trovare qualche punto debole: farlo saltare in aria era di certo un buon metodo.

-Tanti auguri, gran figlio di puttana!- gridò l’artificiere, ma prima di lanciare una granata, “qualcosa” lo afferrò alle spalle facendolo rovinare a terra: l’uomo ebbe una frazione di secondo per notare cosa lo avesse afferrato: una Plagas.

Si tirò su con una sorta di keep e girandosi verso la creatura gli serrò tra la mandibola l’esplosivo, per poi dargli un calcio e farlo esplodere nel bel mezzo del gruppo.

Chris si voltò verso Hayes, che si era arrestato non molto distante da una sorta di chiesa distante delle Plagas: avrebbero avuto il tempo di raggiungere l’edificio e mettersi in salvo. 

Tornò indietro verso il capitano, ma fu rallentato da un gruppo di Plagas: notò con terrore che si dovevano essere triplicate rispetto a prima.

Due spari eruppero nell’aria: Chris freddò l’ennesima creature e vide il capitano rantolante accanto all’Axeman, disteso a terra privo di vita.

Chris corse verso Reyes e lo aiutò a rialzarsi, lo prese sotto spalla, continuando a sparare con la mano libera:

-Quel figlio di puttana è bello che andato.- ridacchiò il capitano a mezza voce, stremato dallo scontro; Chris si limitò a rispondere al sorriso, cercando di muoversi il più velocemente possibile verso Hayes e la ragazza.

-Cooper coprici!- ordinò Chris all’uomo, che ricaricava per l’ennesima volta l’M4.

-Capitano!- li richiamò Jared che si era fermato a pochi metri dall’edificio, agitando le braccia; Chris si mosse più velocemente verso i due.

Redfield si fermò di colpo, notando un’ enorme ombra che si muoveva verso i due ragazzi, avvertendo lo stesso stridore metallico di pochi minuti prima.

“Che diamine!?”

Si guardò le spalle, notando che il corpo del Boia era scomparso, lasciando al suo posto un lago di sangue; si rigirò di nuovo verso i due, ignari del pericolo.

-Hayes dietro di te!- gridò tutto di un fiato Chris, mollando Reyes a Cooper e correndo allo stremo verso il tirato scelto.

Hayes si voltò confuso, quasi istintivamente gettò la ragazza a terra,  poco prima di essere colpito da un’onda metallica in pieno petto, scaraventandolo contro la parete di un’abitazione.

La ragazza cacciò un urlo e  scivolò sotto le sue gambe dell'esecutore, salvandosi per un pelo dal diventare carne da macello.

La recluta corse verso Hayes, cercando di portarlo lontano da lì; l’Axeman estrasse l’arma dal terreno, voltandosi lentamente verso di lei.

-Jared svegliati!- lo richiamò lei sussultando, mentre il Boia che si faceva sempre più vicino: -Cristo, Jared!- continuò, notando il ragazzo che trasaliva ad ogni più piccolo movimento.

Una scarica di spari richiamò l’attenzione dell’esecutore su Chris, che imbracciava furioso l’arma; altri colpi raggiunsero l’essere al ginocchio, che cadde debolmente sulle proprie articolazioni.

L’agente lo colpì con forza sul collo, facendolo barcollare, guadagnando abbastanza tempo per raggiungere Hayes e prenderlo in spalla, allontanandosi da lì insieme al resto della squadra.

-E’ meglio se muovete il culo, ho chiesto a Ielo una Santa Maria!- sogghignò Cooper prendendo il posto di Chris, che lo guardò interrogativo:

-Cosa diamine è una Santa Maria?- scoppiò Sarah mentre sparava alla cieca, rilassando appena i muscoli del viso, notando la chiesa sempre più vicina.

-Un missile RPG.- rantolò Hayes, che sembrava aver ripreso i sensi.

La ragazza si guardò le spalle, accorgendosi che il capitano era rimasto indietro per rallentare all’Axeman; fece per tornare indietro, ma rinunciò.

La ricetrasmittente tremò, facendola sussultare, rispose alla chiamata: 
-Carter.- comunicò lei.

-Carter vi conviene muovere il culo, sto per lanciare il missile.-

-Muovetevi!- li incitò lei mentre spalancava le porte della chiesa.

I compagni le passarono accanto, fermandosi appena sulla soglia dell'edificio; Chris afferrò la ragazza per il braccio nel tentativo di trascinarla dentro, ma lei protestò, facendo segno all’agente di aspettare: il capitano si stava ancora fronteggiando la B.O.W.

Il viso della ragazza fu coperto da un velo di terrore: sapeva che Ielo stava per sganciare il missile con il capitano era ancora allo scoperto.

Sarah strappò dalle mani l’AK-47 di Chris e iniziò a correre verso il Capitano, l’agente non ebbe il tempo di fermarla che Cooper lo afferrò di spalle, impedendogli di intervenire.

-Sarah vattene!- 

Il fischio assordante del missile soffocò le grida del capitano: Reyes corse verso la ragazza, agitando una mano verso di lei.

La ragazza lasciò scivolare il fucile della mani, alzando la testa verso l’RPG: non avrebbe avuto il tempo di salvarsi: Reyes si gettò sopra la ragazza, facendola rovinare a terra e la strinse a se, comprendole il viso con le mani.

Carter tremò inorridita al pensiero di ciò che potesse accadere al capitano, cercò di alzarsi, ma l’uomo la costrinse a terra: lo stridore del missile espose nell’aria.

La ragazza venne scaraventata in aria e nello stesso momento un’ondata di calore le piombò addosso, facendola gemere dal dolore: le sembrò di andare a fuoco.

Riaprì a fatica gli occhi e fu investita da una luce abbagliante, che la costrinse a serrarli di nuovo; l’unica cosa che riusciva a percepire con chiarezza erano le voci sommesse dei suoi compagni.

Avvertiva il dolore dalle ustioni sulla pelle che bruciava come tizzoni ardenti.

Stava bruciando?

Redfiled la sollevvò da terra, correndo verso il riparo.

Carter si strinse a quell’appiglio di realtà e cadde nel più completo oblio.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Reborn ***


Capitolo 5: Reborn

  I suoi passi riecheggiavano nell’aria: lenti e regolari, con la sicurezza che nessuno si sarebbe intromesso sulla sua strada, Schneider si insinuava tra i corridoi del suo vasto laboratorio.
Sul suo viso si dipinse un sorriso di soddisfazione: era passata appena una settimana da quando aveva “testato sul campo” il suo primo esperimento; i risultati erano stati come si era aspettato, e questo era soltanto il secondo tentativo: il terzo lo avrebbe portato alla perfezione.
L’esperimento “Alexandra” girava ancora a piede libero per il laboratorio, ma lui non lo temeva: era la sua creatura, la sua succube schiava: non avrebbe nemmeno osato sfiorarlo; ogni tanto capitava che Schneider incrociasse la creatura e si fermasse ad osservarla con un malsano compiacimento: sebbene la creatura fosse una massa di muscoli e organi scoperti lui la considerava una meraviglia… sorrise di gusto e il suo pensiero si spostò sugli ex compagni di laboratorio che lo avevano considerato un vecchio pazzo, con le sue strane idee sulla rigenerazione umana ritenuta da loro impossibile.
Eppure sapeva che erano stati loro i pazzi a non credergli.
“La pagheranno.” si ripeteva l’uomo sghignazzando, cercando di trattenere la sua indole omicida.
Lui non era un vecchio pazzo.
Lui era Dio.
Com’era facile togliere la vita a un uomo, ma ridare la vita a un uomo a cui era stata tolta?
Lui era un dio racchiuso tra quattro mura, che attendeva la nascita della creatura perfetta a lui simile, sua schiava… il mondo non era altro che l’inferno in terra e lui con il caos avrebbe ristabilito l’ordine.
Imboccò il corridoio che si immetteva nel suo studio, notando con vago disgusto che un corpo dei due militari era ancora a terra con qualche arto staccato di netto: scavalcò il corpo del malcapitato calpestando il suo stesso sangue, lasciando delle tracce vermiglie al suo passaggio.
Si sistemò tranquillamente sulla poltrona, passando alle normali attività di routine: dal controllo della zona intorno al laboratorio alle sale stesse.
Si bloccò di colpo alla telecamera che si affacciava nelle sale che contenevano gli esperimenti, notando che due B.O.W. assenti; fece girare nervosamente la telecamera per tutto la sala, cercando disperatamente le sue creature.
Saettò tra le varie telecamere, fermandosi di colpo ad una non molto distante dalla sala di contenimento: una delle creature era a terra con il cranio fracassato che lasciava i due emisferi scoperti, una macchia rosso-porpora infangava l’intera visuale dell’ inquadratura, imbrattandone anche lo stesso schermo.
Il corpo apparentemente inanimato di “Alexandra” era poco distante dal primo, eppure non presentava alcun tipo di lesione o altro: Schneider era ritornato padrone di quello che stava accadendo.
Una strana figura passò davanti alla schermata, facendo scattare lo scienziato in piedi dall’eccitazione: la terza parte del suo esperimento era andata a compimento, il passaggio da un corpo ad un altro era riuscito e sembrava funzionare.
Dopo la “decomposizione” interna del corpo di “Alexandra”, l’esperimento era riuscito a trasferire il suo DNA dal suo corpo a un altro: l’inserimento del "virus" UROBOROS al suo interno permetteva il trasferimento, in quanto il Virus-T fungeva da “globulo bianco” non appena UROBOROS tentava di impossessarsi del corpo ospite: ciò gli permetteva di sopravvivere senza alterazioni a livello genetico.
-Perfetto.- sibilò Schneider osservando la creatura nutrirsi del secondo esperimento che giaceva a terra; “Alexandra” gli staccò di colpo un braccio, lacerando la carne addentata e staccando i nervi del braccio, facendo scuotere il corpo della sua vittima.
L’esperimento “Alexandra” non era altro che una “prova”, l’ennesima provetta di laboratorio pronta ad essere testata e gli oggetto del suo creato: i meritevoli, non erano stati altro che sua figlia e la sua moglie adorata.
Gli aveva fatto merito di un grande dono, un dono che desiderato dal mondo intero: l’immortalità.
Il destino aveva voluto la morte di Samantha, sua moglie e la sopravvivenza della sua cara figlia, Alexandra.
Non l’aveva mai amata, come l’amava adesso e non le era mai stata accanto quanto il momento della sua mutazione: la nascita di un essere quasi perfetto.
Lei era la sua Maria Maddalena, lui invece, aveva il compito di svolgere più ruoli: lui era l’arcangelo Gabriele, portatore del messaggio di Dio ed era il Dio stesso, che si teneva pronto a guidare una nuova razza.
La sua buon fede aveva voluto, che il Virus A si legasse al DNA umano senza portarne la mutazione del corpo, certo, non con la sua cara figlia.
Il suo corpo e quello della sua sposa erano troppo deboli per sopportare un così grande potere, ma lui aveva a disposizione un corpo perfetto e non lo avrebbe sprecato.
Dal computer madre si collegò alla stanza criogenica, dove la sua creature dormiente attendeva il risveglio.
-E’ giunta l’ora.- si disse, pronto a svuotare la vasca dal liquido criogenico, il difficile sarebbe stato far riprendergli le capacità motorie e quelle mentali, ma non gli importava.
Questa era la nascita di un nuovo mondo, di cui lui ne era l’unico sovrano: il Dio.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Blood and Bones ***


Capitolo 6: Blood and Bones

Sarah riprese lentamente i sensi, rinvenendo da quello che sembrava essere stato un incubo.
Sbatté più volte le palpebre con l’intenzione di guardarsi intorno e capire cosa le fosse successo, ma non appena aprì gli occhi l’unica cosa che percepì fu oscurità.
Si portò una mano sugli occhi e avvertì la superficie ruvida di una benda. Sussultò:
-Non adesso, figliola.- la rassicurò una voce profonda, ma sconosciuta.
La ragazza si ritrasse, sbattendo contro quella che doveva essere una parete: portò le braccia avanti con lo scopo di allontanare chi le fosse attorno, con l’ansia di essere attaccata in qualsiasi momento e in qualsiasi punto.
Trasalì sentendo del sangue caldo scorrerle sul volto; la ragazza fu colta da un senso di vuoto e poggiò le mani a terra per il timore di svenire.
Ogni centimetro di pelle le bruciava terribilmente, come se l’incendio che divampava dentro lei si fosse propagato anche lungo il corpo: le fiamme scorrevano tra le sue viscere, corrodendo i polmoni e lasciando al loro posto soltanto cenere; quella polvere grigia che, trasportata dal più sofferente respiro, si insinuava avida lungo la gola, sgorgando come un demone dalle sue labbra e non lasciando altro se non una macchia vermiglia sul pavimento.
Il soldato strinse le mani intorno al collo, anche se non con l’intenzione di sopprimere quell’insopportabile sofferenza; si chinò fino a toccare il pavimento con la fronte, respirando sempre più affannosamente.
Il respiro le venne a mancare e presa da una serie di conati, prese a tremare.
Strinse inconsciamente la stretta sul collo, presa da un attacco di panico; era in balia della paura, che la rendeva stupidamente debole al più piccolo stimolo.
Quella lenta e insopportabile tortura continuò finché non si sentì sollevare di forza il viso e strappare le mani dal collo, che avevano tracciato dei segni rossastri sulla pelle.
Sarah si trattenne dal gridare terrorizzata, temendo di soffocare, sprecando il suo ultimo respiro.
Strattonò più di una volta le braccia nel tentativo di liberarsi: era completamente accecata dalla paura, che le impediva di pensare a mente lucida, così da comportarsi come un animale in gabbia:
-Sarah, calmati.- le sussurrò qualcuno, stringendole appena la spalla.
-Chris?- lo chiamò lei, pensando di averlo riconosciuto e calmandosi all'improvviso.
La fasciatura si sciolse, permettendole di strizzare le palpebre e mettere a fuoco l’immagine di Chris.
Sarah guardò Redfield, impallidita, non sapendo esattamente cosa fare; d’altronde lui sembrava pensare lo stesso, si limitava ad osservarla conuna nota di preoccupazione, tradita dal tremore delle mani.
Chris aiutò la ragazza ad alzarsi e la fece distendere su una panca poco distante da lei, pensando di aver sistemato almeno una parte di quello a cuiavrebbe dovuto rimediare: non rimaneva altro che informare Carter della perdita del capitano e portare la missione a termine con Cooper, l’unico membro della squadra in condizioni stabili.
Come diamine aveva potuto permetterlo?
Si sarebbe dovuto aspettare una sorpresa del genere dalla notte scorsa, dopo le grida che avevano udito dall’accampamento e le capsule della Umbrella che avevano trovato poco prima di essere attaccati.
Si sentiva complice della perdita di Reyes, sapeva a cosa sarebbe andato incontro eppure non aveva fatto niente per impedirlo.
Adesso avrebbe dovuto sopportare la stessa tortura che subiva da anni, dall’incedente dei Monti Arkalay: l’ennesimo funerale, il nome del suo compagno inciso su una lapida grigia, le espressioni spezzate dei loro cari, per non parlare di Sarah… come poteva dirglielo?
Redfield si massaggiò le tempie, ancora scosso da quello che era successo qualche ora fa. Subito dopo aver soccorso Carter, e lasciato a terra il corpo carbonizzato di Reyes, avevano avuto la fortuna di incontrare un sacerdote all’interno dell’edificio.
Fortuna? Al momento non aveva voglia di trovare altra definizione e di certo non aveva il tempo per chiedersi come fosse sopravvissuto all’attacco della notte scorsa.
La sua attenzione fu richiamata da un gemito della ragazza, che si contorceva dal dolore, stringendosi tra le sue stesse braccia nel tentativo di contenerlo: l’effetto del sedativo doveva essersi assuefatto, avrebbe dovuto aumentare la dose.
“Una cosa per volta.” si ripeté Chris.
-Cos’è questo?- domandò la ragazza scoprendo una delle fasciature sul braccio, mostrando una profonda lacerazione; Sarah tornò a guardare Chris, attendo una risposta.
-Sarah, prima che faccia qualsiasi altra domanda devo dirti…-
La ragazza scostò lo sguardo dal capitano, notando solo in quel momento la presenza di un altro uomo nella stanza.
Camminava lentamente per la grande navata, serpeggiando ogni tanto tra una panchina e l’altra del coro, mentre rivolgeva uno sguardo solenne al grande crocifisso ligneo, posto avanti alla grande abside circolare.
Indossava una veste bianca, stretta alla vita da una corda e portava al collo un crocifisso d’oro: non le servivano altri dettagli per capire che fosse un sacerdote. Si voltò di colpo verso di lei, guardandola come se fosse una miracolata, poi si avvicinò, stringendo a sé il crocifisso.
-Tranquilla, figliola…- cominciò il sacerdote, tentando di avvicinarsi ancora di più a lei, -abbiamo dovuto togliere dei frammenti ossei che si erano conficcati in parte del corpo, ma adesso sei in salvo.- concluse lui avvicinandosi alla ragazza e portando una mano verso il suo viso, che però non ebbe modo di sfiorare:
-Ossa?- ripeté la ragazza, cercando di collegare le due cose.
Sì, figliola. Dell’uomo che ti ha salvato.- 
-O mio dio…- 
“Dannato prete.” Imprecò Chris a denti stretti, non era di certo quello il modo in cui avrebbe voluto mettere al corrente Carter della perdita del patrigno.
Carter posò lo sguardo azzurro su Chris, che ricambiò lo sguardo, e non sapendo cosa dire rimase in silenzio: avrebbe dovuto riutilizzare le solite frasi che ripeta ad ogni parente della vittima, ma non lo fece.
La ragazza, ancora a terra, si avvicinò a lui e posò una mano sulla spalla del capitano:
-Chris?- lo richiamò lei, sforzandosi di non piangere; lui scosse lentamente la testa e la avvicinò a sé, facendole poggiare la fronte sul suo petto e stringendola, incapace di fare altro.
La abbracciò ancora più forte, quando sentì il suo corpo scosso dai singhiozzi, quando affondò il suo viso sul suo petto, ignorando le lacrime che si versavano sulla sua maglietta e anche quando cominciò a colpirlo con dei deboli pugni sul torace.
Cercò di soffocare le sue grida strazianti, mentre la guardava negli occhi, promettendole che sarebbe andato tutto bene, che l’avrebbe messa al sicuro.
Sarebbe stata una scenetta da film perfetta, fino a quando Cooper non si rivolse a Chris:
-Redfield. La missione.-
L’agente della SOA si scostò dalla ragazza, stringendole la spalla prima di avvicinarsi al secondo militare, che aveva già imbracciato il fucile:
-Ho recuperato i dati inviati ad Hayes. Pare che l’ingresso al laboratorio di Schneider sia proprio in questo edificio.- comunicò dopo, distaccato, accennando appena al terzo compagno di squadra che non aveva ancora ripreso i sensi.
-Contatta Ielo, ordinagli di recuperare Carter e Hayes. Noi andiamo avanti.-
Redfield lanciò un’occhiata verso Hayes, che riposava supino su una delle tante panche che lo circondavano, co i movimenti impercettibili e l’unico segno di vita dato dalla cassa toracica che si alzava e abbassava lentamente.
-Perché tanta preoccupazione?- si intromise il sacerdote, rimanendo sempre nei paraggi di Carter, -Mi preoccuperò io di loro due, dio mi ha mandato anche per questo.-
Si avvicinò alla ragazza e le posò una mano sulla fronte, per poi passare un mano tra i suoi capelli; la ragazza non si mosse minimamente, troppo presa a tremare non appena il suo sguardo aveva incontrato il suo: le iridi dell’uomo erano vitrei, quasi inanimate, come se…
-Allontanati da lei!- ringhiò Chris, puntando la P8 contro l’uomo, che si accostò ancora di più al soldato, incurante dell’arma puntata contro la tempia.
Cooper non intervenne, ma poggiò una mano sulla sicura, pronto a un qualsiasi segnale del capitano.
-Perché tanta rabbia figliolo? Intendi forse ostacolare i voleri di Dio?- domandò lui, accarezzando la ragazza, che cercava a tastoni il calcio della pistola.
-Allontanati. Subito.- scandì meglio Chris, facendo risuonare l’eco della sicura all’interno del santuario, mirando scrupolosamente alla testa dell’uomo; se fosse stato necessario non si sarebbe fatto scrupoli a sparargli.
-Di che diamine parli, vecchio?- lo interrogò Cooper, mentre si muoveva lentamente verso l’uomo, e cercando di arrivare alle sue spalle.
Il sacerdote sorrise seneramente, poi sollevò la ragazza di forza, premendo il braccio contro collo e ignorando le minacce dell’agente della SOA:
-Lasciate che vi spieghi,- cominciò indietreggiando, verso il crocifisso, -siamo tutti qui per il volere di Dio e mi ha parlato: vuole che porti il seme di suo figlio sulla terra, ancora.-
Parlava lentamente e la sua voce era colma di passione, sentimento, mentre lo sguardo vitreo era rivolto verso la vetrata oltre il crocifisso, come a cogliere le parole di un suggeritore.
Gli occhi vitrei si cercarono quelli di Chris, attraversati dal gelo della sua anima:
-Questa ragazza,- riprese stringendo il soldato a sé, -è la Maddalena, ed io sono stato incaricato di incarnare lo Spirito Santo, per purificare il mondo dal Peccato.-
Redfield strinse la presa sul calcio della pistola, fino a rivelare l’osso delle nocche, che scrocchiarono rumorosamente, poi strinse i denti e irrigidì i muscoli, mentre una goccia di sudore gli rigava il viso.
Non avrebbe potuto sopportarlo ancora per molto: vedeva quel uomo come l’insignificante ombra di un fantasma del passato, che non poteva seppellire nemmeno nel ricordo più profondo.
Si potevano seppellire i fantasmi?
Sentiva ancora la sua voce e il suo sarcasmo pungente, una macchia indelebile nella mente, che lo riavrebbe trascinato in un incubo senza fine.
Una voce tremante e spezzata, nel quale sentiva lo stesso timbro dolce di sempre, lo catapultò nella realtà.
-Chris… aiutami.-
Un’esplosione squarciò l’aria e Chris premette il grilletto.
Un stridio acuto, insopportabile riecheggiò nell’aria, costringendo Chris a terra, come colpito da un’ onda d’urto.
Sangue.
C’era sangue ovunque.


-CLAIRE!-

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Endlessy ***


Capitolo 7: Endlessy


  Quello che si presentava agli occhi di Redfield era il solito ed inaspettato spettacolo raccapricciante: un progetto demoniaco quanto divino.

Era quasi ironico vedere una creatura infernale impiantata nel corpo di un sacerdote, servo di dio, eh?

Chris, subito imitato da Cooper, scaricò una raffica di proiettili contro il cephalo, che mollò all’istante la ragazza.

La Plaga si dimenò nell’aria, cercando di artigliare i soldati, mentre il corpo dell’ospite cercava di afferrare quello di Sarah; Chris scattò in avanti, mollò la P8 ed imbracciò il fucile. 

Il Cephalo si gettò su Chris, che si scagliò a terra così da evitare di essere colpito dalla lama, si drizzò sulle ginocchia tornando a sparare alla creatura.
 
-Sarah,- la ragazza fu chiamata da Cooper, che corse verso di lei e l’alzò da terra così da portarla lontana dallo scontro, -trascina il culo di Hayes fuori da cui!-
 
L’uomo si voltò giusto in tempo per mitragliare la creatura, che regredì sotto l’attacco dell’agente.
 
Sarah zoppicò fino al muro e si trascinò da Hayes, abbandonato all’entrata della chiesa; la ragazza cercò di tirarlo a se:
 
-Avanti Hayes, non posso farcela da sola.-
 
Sarah sollevò il ragazzo, che soffocò appena qualche gemito di dolore, quando si girò di scatto verso lo scontro non appena sentì qualcosa schiantarsi a terra: vide Cooper avvicinarsi a Redfield, compendolo con un pugno sulla spalla, compiacendo l’eliminazione della creatura.
 
La ragazza si avvicinò ai due, mantenendo un’apparente distanza di sicurezza: la plaga era a terra, con la spina dorsale rivolta su se stessa.
 
-E’ morto?- domandò lei, mentre indietreggiava verso la sagrestia, dove avrebbe lasciato al sicuro Hayes in caso di eventuali scontri.
 
Chris aspettò la giovane agente scomparire oltre alla porta e si avvicinò a Cooper:
 
-C’è qualcosa che non va.- cominciò catturando l’attenzione del primo, che vigilava ancora sul corpo della creatura: -Spiegati meglio, Redfield.- rispose il secondo.
 
Redfield colpì con una tallonata la plaga e strinse la presa sull’arma, come ad attendere un attacco a sorpresa; si rilassò notando la creatura ancora a terra, ma non abbassò la guardia.
 
-Solitamente la Plaga esplode non appena viene eleminata, giusto?-
 
A questa domanda Cooper irrigidì i muscoli ed imbracciò nuovamente il fucile, trivellando nuovamente la creatura: -Cuccia.-
 
L’uomo si allontanò da Redfield e mirò alla sacrestia, mimando un saluto con la mano; non appena aprì la porta si scontrò con Sarah e si scambiarono di ruolo.
 
-Do un’occhiata a Hayes.-
 
L’uomo chiuse la porta alle sue spalle la porta, lasciando da soli i due.
 
Sarah si avvicinò a una panca, sorreggendosi a quella, e rivolse uno sguardo vacuo al capitano, che non accennò ad iniziare la conversazione.
 
-Capitano, per quanto riguarda Reyes,- la ragazza si arrestò un attimo, prendono una pausa con un profondo respiro –vorrei avere dei dettagli sulla sua morte al termine della missione.-
 
-Sicuro.-
 
Redfield distolse lo sguardo dalla ragazza, cercando di mantenere un’espressione severa:
 
L’uomo si mosse verso il presbiterio, subito raggiunto da Carter, che lo afferrò per il braccio e lo attirandolo a sé:
 
-Chris,- l’agente si voltò appena, -grazie per avermi salvato.- continuò poi, strattonando l’uomo ancora un po’ verso di lei, così da trovarsi faccia a faccia con lui.
 

“I suoi occhi.”

 
-Chris.-
 

“I miei occhi.”

 
-Chi è Claire?-
 
I due furono inondati da un fiotto di sangue e subito dopo si udì uno stridulo acuto, quasi insopportabile; i soldati gelarono e si voltarono di colpo, Chris puntò il fucile avanti a se.
 
-Non è possibile!-
 
La creatura, che fino a qualche minuto fa sembrava essere entrata nella fase del rigor mortis, si alzò, sollevando il corpo su due “braccia” che si arpionarono a terra, facendo penzolare il corpo del sacerdote come un’inquietante marionetta.
 
La Plaga, che era stata distrutta, era stata sostituita da una seconda dotata da una “bocca” dentata, come quella riscontrata in Africa.
 
Redfield spinse la ragazza a terra, poco prima di essere colpito dal braccio per poi schiantarsi contro una colonna a pochi metri dalla creatura.
 
Carter, inorridita dalla scena cacciò un urlo, trascinandosi a carponi verso l’arma che Redfield aveva lasciato a terra; non appena fu vicina al calcio del fucile la plaga la afferrò per le gambe, trascinandola a se e avvolgendola, come un pitone con la preda.
 
La plaga avvicinò il soldato al corpo del sacerdote, che riversò un getto di sangue sulla vittima non appena il parassita irrompé dal ventre del uomo, tentando di azzannarla.
Sarah gettò le braccia in avanti, tentando di allontanare la creatura da sé, ma non appena lo fece quella strinse ancora di più la presa su di lei, premendo sulle lesioni.
 
-CHRIS!- la ragazza strinse i denti, mentre tentava di difendersi dalla creatura; si avvertì una scarica di proiettili, e la presa su di lei si allentò.
 
Un fischiettare acuto richiamò la creatura:
 
-Ehi, ammasso di carne putrida!-
 
Cooper scaricò una seconda scarica di proiettili, con il risultato di far inferocire ancora di più la creature, che mollò Carter a terra.
 
La ragazza fu afferrata per le spalle, questa volta dal capitano, e trascinata lontano dalla plaga.
 
-Resta qui.- le ordinò il primo mollandogli un coltello da combattimento.
 
Il capitano si girò di scatto, riprendendo a trivellare la creatura con il fucile e richiamò a se il secondo soldato:
 
-Cooper! Lancia una granata accecante!-
 
L’ordine del capitano fu eseguito subito: la plaga si dimenò, agitandosi come in preda a convulsioni od una crisi epilettica ed indietreggiò velocemente, finendo a sbattere contro il crocifisso ligneo, che crollandogli addosso la serrò a terra.
 
Cooper esultò e si avvicinò alla creatura con passo sicuro, ma Redfield fu pronto a bloccarlo.
 
-Non penso sia una buona idea avvicinarsi.-
 
-Capitano, penso sia il momento di finire questo povero bastardo.- cominciò Cooper mentre afferrava per la spalla il moro allontanandolo da sé.
 
I due si voltarono verso la creatura, che continuava a muoversi nel tentativo di liberarsi; l’attenzione del capitano fu catturata dal “braccio” rigenerato, che sembrava lentamente sciogliersi, forse a causa dell’impatto con la luce accecante.
 
Eppure quella creatura era del tutto diversa dalle altre.
 
Il moro si rivolse di nuovo alla ragazza, che anche se lontana puntava il coltello avanti a sé:
 
-Tutto okay, Sarah?-
 
La ragazza mimò un sì e si alzò in piedi, avvicinandosi ai soldati:
 
-Cos’è quello?-
 
Chris si accostò appena alla plaga: la massa muscolare di questa era ormai allo scoperto, schizzando ogni tanto un fiotto di sangue sul pavimento in seguito all’esplosione di diverse vescicole disposte su l’intero arto.
 
-Chris, cosa diamine è quella roba?-
 
La lama al vertice dell’arto si arpionò improvvisamente a terra e facendo leva su se stessa si staccò di netto dal muscolo, facendo sgorgare dalla ferita un flusso di sangue e viscere, che si riversarono sul pavimento.
 
L’arto mozzato mulinò verso i soldati, che indietreggiarono puntarndo le armi avanti a sé; dal “braccio” fuoriuscì un organo simile ad una lingua, che si scagliò verso Carter.
 
La lingua fu intercettata immediatamente da Cooper, che l’affermò facendosi trascinare da questa e stringendo nella mano una granata; il soldato attese che l’organo si ritirasse completamente all’interno dell’arto, poi puntò i piedi a terra, pronto a togliersi da lì non appena avrebbe tolto la sicura.
 
-Redfield dammi una mano!-
 
L’agente della BSAA si gettò subito sull’uomo, che tolse la sicura alla granata non appena gli fu addosso:
 
-Ora!-
 
Cooper disinserì la sicura, ma non appena tentò di scivolare al di fuori dell’arto, questo lo arpionò a sé con una sorta di mandibola interna; Cooper si gettò a terra, gridando dal dolore non appena le zanna gli si conficcarono nella carne, recidendone le arterie.
 
-CRISTO! REDFIELD!-
 
La detonazione dell’esplosivo mise fuori gioco la creatura, che mollò all’istante Cooper, ormai privo del braccio destro.
 
L’uomo crollò a terra, contorcendosi su se stesso; il soldato serrò la mascella e batté il pugno a terra, cercando di contenersi.
 
Chris si inginocchiò accanto all’uomo e lo bloccò per le spalle a terra:
 
-Sarah, il kit medico!-
 
La ragazza corse verso l’entrata, dove era stata abbandonata l’attrezzatura, ed afferrò il kit medico, per poi tornare da Chris: passò all’uomo un laccio emostatico, dell’alcool e diverse bende cicatrizzanti; Chris cercò di agire in fretta, sperando di bloccare il prima possibile l’emorragia dell’agente.
 
Sarah si gettò sull’uomo e gli strinse la mano, spaventata:
 
-Ti prego Cooper, non morire.- piagnucolò sfilandosi di dosso la camicia per poi metterla a modo di cuscino sotto la testa dell’uomo.
 
-Fottiti.- imprecò il primo a denti stretti, mentre sputava del sangue impastato alla saliva e gridò irrigidendo i muscoli, cercando di sopportare quel dolore atroce.
 
Chris strinse la spalla dell’uomo e gli accennò un mezzo sorriso, cercando di convincere entrambi che sarebbe sopravvissuto.
 
Redfield recuperò il fucile da terra e qualche caricatore dall’attrezzatura.
 
Lo sguardo del moro si posò su quello dell’uomo, che stramazzava a terra dal dolore, stringendo la mano della compagna; gemé e guardò con durezza il capitano, questa volta non distolse lo sguardo.
 
Non era ancora pronto ad osservare queste scene come un indesiderato spettatore che annoiato dalla visione abbandona la sala  con indifferenza, ormai abitato ai cliché del cinema.
 
Non era come uno dei veterani che lo spedivano in continue missioni suicide, incuranti del suo destino: non era pronto ad essere uno spettatore.
 
-Non pensarci nemmeno Redfield,- lo richiamò Cooper, alzando il busto con un solo braccio e guardandolo con durezza, -hai ancora un soldato.-
 
Redfield alzò gli occhi sulla ragazza, che gli annuì come a dare maggiore peso alle parole del compagno.
 
L’azzurro della ragazza brillò con la stessa sicurezza di sempre, Chris cercò di distogliere lo sguardo, penetrato da un oscuro presagio: non sarebbe stato in grado di proteggerla.
 
-Chris.-
 
Il moro alzò gli occhi.
 
-Lasciati aiutare.-
 

“Non ti perderò ancora.”

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Human ***


Capitolo 8: Human

 
Chris fece segno alla ragazza di fermarsi, poco prima di svoltare l’ennesimo angolo, puntando il fucile avanti a sé: nulla.

In quel laboratorio non vi era la traccia di nessuno: ne dei militari dispersi, tantomeno  quella dello scienziato.

Seguendo i dati inviati dalla B.S.A.A non era stato difficile trovare l’entrata al laboratorio sotterrando, tuttavia sarebbe stato ben difficile trovare la sala dove Schneider conservava i dati, dal momento che quel luogo sembrava completamente isolato.

Il moro si fermò e tentò di studiare nuovamente la pianta dell’edificio, cercando di capire quale corridoio imboccare.

Sarah poggiò la schiena contro la parete, tentando di riprendere fiato:

-Come pensi che la B.S.A.A sia entrata in possesso di queste informazioni?- domandò poi mentre smontava e rimontava il caricatore.

-Penso sia per merito dei nostri hacker, magari hanno rintracciato qualche movimento di Schneider.- rispose l’altro, imboccando il corridoio di sinistra, seguito subito dal soldato.

-Se come dici fosse vero, lo avremmo trovato in tempi minori, non pensi?- controbatté la ragazza, fermandosi di colpo davanti una grata, -A meno che, non avesse lasciato di proposito qualche traccia.- terminò poi, mentre tornava indietro.

Carter aveva pienamente ragione, ma non era di certo il momento migliore per indagare sulla ricomparsa improvvisa dello scienziato.

-Giocherai a fare il detective al termine della missione Carter.- la zittì Chris cinico.

Redfield considerava la missione fallita: aveva perso un uomo e gli altri due non erano di certo in condizioni migliori, per quanto poteva contare adesso Cooper poteva essere già morto.

“Dannazione.”

Anche il corridoio opposto era bloccato da una grata: Chris sperò che non fosse lo stesso per le altre entrate.

Imboccarono di nuovo il corridoio principale, questa volta andando dritti: la grata sembrava chiusa a metà; i due si chinarono e la oltrepassarono.

-Non pensare che me ne freghi dei miei compagni, Chris.- lo freddò improvvisamente la ragazza, superandolo.

Era da quando erano entrati nel laboratorio che a Chris pareva avesse adottato un atteggiamento più freddo e distaccato, adesso ne era più che convinto, d’altronde lui sembrava comportarsi allo stesso modo.

-Non ho detto questo.-

-Lo hai pensato.- infierì la ragazza, quando venne afferrata per la spalla dal capitano.

-Vedi di calmarti, Sarah!- esplose quest’ultimo, facendo zittire la ragazza; mollò la presa dall’agente, che indietreggiò di qualche passo.

Chris era sicuro di poter tagliare la tensione con un coltello in quel momento e non era di certo l’atmosfera migliore per rassicurare un soldato, questo lo sapeva bene.
Il capitano scosse la testa e fece segno alla ragazza di seguirlo, questa volta senza fare obbiezioni.

-Sarah.-

La ragazza di arrestò di colpo, notando a pochi metri da loro una macchia cremisi.

I due accelerarono il passo e si arrestarono davanti il corpo di un soldato.

Sarah gli girò intorno: -Pensi sia dei nostri?- domandò poco dopo.

Redfield girò il corpo con lo stivale, rivelando così lo stemma della B.S.A.A, nonché il torace completamente squartato.

-Cristo…-

La ragazza arretrò, dando le spalle al capitano e vomitò a terra.

Chris osservò meglio il corpo e cercò di capire quale creatura avesse potuto ucciderlo: l’agente si guardò intorno, notando infine delle striature nel metallo della parete e un secondo corpo spappolato contro la parete di fondo.

-Che diamine l’ha ucciso?- domandò dopo la ragazza, mentre si puliva con la manica,  evitando di osservare un secondo corpo schiacciato sulla parete.

-Non ne ho idea…- sussurrò il moro, controllando velocemente i corridoi, -sarà meglio trovare quel laboratorio.-

-Potremmo dividerci.- propose lei, tallonando l’uomo mentre superava i corpi, o quel che ne rimaneva.

-Pessima idea.-

Chris si arrestò di colpo, portando un braccio indietro così da bloccare Carter.

C’era qualcosa.

Non erano più soli.

-Che succede?-

Un rumore metallico e glaciale si disperse per il corridoio, terrorizzando gli agenti.

-Corri.- ordinò Chris.

Prese per il braccio la ragazza e cominciò a correre, costringendo l’agente a non voltarsi.

Carter volse appena lo sguardo, cercando di capire da cosa fuggivano, ma non vide niente.

Chris strattonò la ragazza, imboccando il primo corridoio che gli era a tiro.

Non era sicuro di poter affrontare la creatura che aveva ucciso degli uomini in quel modo.

Redfield accellerò il passo, ma si fermò quando sentì cadere la ragazza a terra; la sollevò e riprese a correre con il fiato mozzato: non avrebbero resistito a lungo.

L’uomo guardò avanti a sé, cercando una via d’uscita: a circa una ventina di metri da loro, dopo un corridoio sulla destra, c’era una grata semi chiusa: una persona minuta come Sarah ci sarebbe passata di sicuro.

-Ora devi ascoltarmi, Sarah.- cominciò Chris, -Devi passare oltre quella grata e metterti al sicuro, chiaro?-

-Non avevi detto di non dividerci?- domandò la ragazza spaventata.

Lo stridio metallico echeggiò nel corridoio.

-Fai quello che ti dico, muoviti!-

Il capitano spintonò la ragazza avanti, ma lei rimase immobile.

-Morirai se ti lascio!- si ribellò il soldato, pensando di far ragionare l’uomo.

 

“Non ti lascio, Chris!”


-Morirò se non ti dai una mossa, VAI!- ringhiò Redfield, spingendo la ragazza, che rimase ammutolita.

Potevano sentire i passi della creatura oltre il corridoio, le grida disumane che si spandevano per questo.

Sarah indietreggiò, trafiggendo l’azzurro degli occhi del moro, che le fece segno di andare.

Il soldato corse verso la grata e scivolò sotto quella, sparendo infine nell’oscurità.

 

Quegli occhi.


Era sicuro di essere già stato trafitto da quello sguardo, di aver già pregato quegli occhi azzurri di fuggire: era certo di aver già visto quell’azzurro spengersi in un colore più cupo.

I passi si arrestarono, il soldato volse lo sguardo.

Era pronto.

In passato quella creatura era stata sicuramente umana, ed era sicuro che sotto i muscoli carmini e le mani artigliate si nascondeva ancora il corpo di una persona.

Un brandello di pelle crollò a terra, mentre altri penzolavano come marionette, ancora attaccati al corpo della creatura.

Avanzò.

Un emisfero scoperto tremò, scontrandosi conto il teschio che copriva l’altra parte del cranio.

Gli occhi erano iniettati di sangue, coperti dai capelli corvini che coprivano gran parte del viso.

 

Era umana.


Gettò un braccio avanti, mostrando gli artigli sporchi di sangue.
 

Era umana.


La creatura si scagliò contro l’uomo: pronta a colpire, ad uccidere.

Non poteva ucciderla.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Blinking Lights ***


Capitolo 9: Blinking Lights


Sarah corse per il corridoio, portando le braccia avanti, per paura di finir contro qualcosa… o qualcuno. 

Era troppo terrorizzata per rendersi conto che stava correndo nel buio.

Solo dopo pochi minuti si era resa conto di aver perso la torcia mentre scivolava sotto la grata di metallo, poco prima di lasciare Chris.

“Chris.” 

Sarah si fermò di colpo, voltandosi in direzione del capitano.

Sarebbe dovuta tornare indietro ed aiutarlo, anzi, l’avrebbe fatto.

Stava per tornare indietro, quando la sua attenzione fu catturata da una luce rossa ad intermittenza poco distante da lei; posò il palmo della mano sulla parete di metallo, la ritirò al gelido contatto, poi continuò a seguire il pannello.

Improvvisamente sentì una sporgenza sulla parete e più avanti quella che sembrava una porta ermetica, la luce a intermittenza proveniva proprio dal sistema del blocco della porta.

Era un codice a quattro cifre numeriche.

“Aspetta un attimo.”

La ragazza estrasse il datapad dalla tasca assicurata alla cintura e diede un’occhiata veloce ai codice forniti dalla B.S.A.A.

Quelli a quattro cifre erano tre e al secondo tentativo riuscì ad entrare nella nuova sala.

Il nuovo ambiente era stretto e angusto, scarsamente illuminato come i precedenti.

L’agente si guardò intorno, circondata da scaffali metallici, su cui erano poggiate pile di documenti, alcuni dagli angoli ingialliti.

La ragazza alzò lo sguardo su un computer, la luce flebile di questo proiettava l’ombra di un uomo, immobile davanti agli schermi.

La ragazza puntò la pistola verso di lui:

-Professor Schneider?- domandò dopo, avvicinandosi lentamente all’uomo, che rimava immobile, silenzioso.

-Metta le mani dove possa vederle.- continuò dopo, tradendo un filo di nervosismo nella sua voce.

L’uomo era impassibile e sembrava non reagire ai suoi avvertimenti, forse si faceva beffe di lei.

L’agente si mosse lentamente verso di lui: non sembrava nemmeno poggiare le mani sulla console o tenere un’arma.

Sarah afferrò con prontezza la spalla dell’uomo, che scivolò a peso morto sul pavimento con un tonfo, spaventando la ragazza, che arretrò di qualche passo.

Si riavvicinò incredula e gli posò una mano sull’arteria carotide, non percependo minimamente il battito cardiaco.

Girò il cadavere verso di lei e la sua attenzione fu catturata subito dal foro di proiettile piazzato proprio in mezzo agli occhi; si chiese come non avesse notato prima gli sangue sul pavimento e sugli schermi della console: il colpo doveva essere stato sparato a bruciapelo.

Schneider conosceva il suo assassino.

La ragazza si allontanò dal corpo e si mise alla console, studiando velocemente la situazione; fu catturata immediatamente dalle luci lampeggianti che segnalano le porte ermetiche chiuse.

Decise di sbloccare quelle che portavano ai laboratori che avrebbero dovuto conservare i campioni di virus e lasciare sigillate quelle degli esperimenti.

Collegò il datapad alla console e scaricò quanti più dati le fu possibile, nel frattempo avrebbe letto qualche rapporto sugli esperimenti a cui lo scienziato si era dedicato negli ultimi mesi.

Si soffermò velocemente sul rapporto del virus a cui stava lavorando lo scorso mese: un incrocio tra il virus-Tyrant e il parassita “Plaga”.

Stava per aprire il file, quando il suo sguardo fu catturato da un improvviso led blu che si accese sullo schermo: “camera criogenica”. 

La ragazza cercò velocemente la voce tra i file, cercando di capire su cosa –o su chi- stava conducendo quegli esperimenti.

Un lieve refolo d’aria la colpì alle spalle, ma non gli diede attenzione, pensando stesse diventando estremamente paranoica: era da sola in quel corridoio, adesso doveva solo recuperare quanti più file possibili e accorrere in aiuto di Chris.

-Voi agenti della B.S.A.A. siete diventati così fastidiosi.-

Sarah non fece in tempo a voltarsi che fu afferrata per i capelli e sbattuta violentemente contro la console, sentendo i tasti di questa rompersi a causa dell’urto; confusa cercò di raggiungere la fondina per afferrare la 9mm, ma il suo aggressore le afferrò il polso e lo strinse violentemente, per poi spezzarglielo.

La ragazza si lasciò sfuggire un gemito di dolore, cercando di ruotare lo sguardo verso l’aggressore.

Scalciò più di una volta nel tentativo di liberarsi, ma l’uomo, sempre tenendola per i capelli, la scaraventò contro uno schedario di metallo, facendole battere violentemente la testa contro lo spigolo e crollò a terra senza forze.

-Patetico.- ridacchiò poco dopo l’ombra, camminandole intorno come un corvo, in attesa di affondare di nuovo gli artigli.

L’agente sentì un liquido denso e caldo scivolare lungo lo zigomo e avvertì il sapore ferrigno tra le labbra; la vista le si offuscò improvvisamente e tremò al pensiero di perdere i sensi accanto a quell’uomo.

Si trascinò verso la porta, nel patetico tentativo di fuggire: l’uomo rise di gusto, godendosi a pieno lo spettacolo offerto dalla vittima, non cercò minimamente di fermarla.

Solo dopo, stanco della pietosa fuga della ragazza, si alzò dalla sedia e affondò lo stivale sulla schiena dell'agente, inchiodandola a terra, ormai incapace di protestare.

Carter alzò lo sguardò verso l’uomo e mentre scivolava nell’incoscienza, giurò di vederlo sorride, soddisfatto del dolore inflittole.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Human ***


Capitolo 10: Human

Chris accelerò il passo, sentendo la creatura più vicina.

Non era sicuro di cosa fosse quella cosa o del perché fuggisse senza cercare di affrontarla, o forse questo lo sapeva.


Non era un mostro come gli altri.

Per quanto macabro, aveva ancora aspetto umano: gli occhi iniettati di sangue erano sofferenti, le grida disumane esprimevano rabbia e disprezzo per chi l’aveva ridotta a quello stato.

Chris sapeva che non avrebbe potuto continuare a fuggire.

Si voltò un attimo: la creatura sembrava ancora lontana, ma avanzava sempre più velocemente con gli arti protesi verso l’agente.

Il militare si liberò del giubbotto anti proiettili e lo scagliò verso la creatura, nel tentativo di distrarla. 

Doveva liberarsi degli oggetti più pesanti per assicurarsi una fuga più veloce.

Il moro strinse la presa sul fucile, ma era sicuro che anche con una raffica di proiettili andati a buon segno la creatura non si sarebbe arrestata.

Controllò velocemente il datapad: gli serviva più tempo, barricarsi in un laboratorio o qualcosa del genere glielo avrebbe sicuramente concesso; avrebbe dovuto svoltare il prossimo corridoio a destra e gettarsi nella prima porta che gli era a tiro, sperando di ritrovarsi dentro un laboratorio.

Solo ora Chris notava che la luce a intermittenza rossa delle porte ermetiche era stata sostituita da una blu.

Forse Sarah era riuscita a sbloccarle, anche se poteva essere stata opera dello scienziato.

Chris svoltò l’angolo e si precipitò alla seconda porta sulla destra, tirò con forza la maniglia, facendo scattare l’ingranaggio e il battente scivolò lentamente, troppo lentamente.

L’agente trattenne il fiato e costrinse il suo corpo ad attraversare quel varco troppo stretto per il suo fisico.

Chris si aggrappò ai battenti della porta e spinse con tutte le sue forze, mentre i muscoli del corpo si irrigidivano velocemente e l’addome si contraeva dolorosamente contro l'anta metallica.

La B.O.W. svoltò l’angolo e proprio in quel momento Chris si ritrovò dall’altra parte della porta, si rialzò e la chiuse velocemente, impedendo alla creatura di entrare.

Redfield si accasciò a terra, con la schiena contro un tavolo di acciaio: la creatura sbattè gli arti contro la porta, cercando di entrare.

Chris si concesse qualche secondo per osservare meglio la creatura: entrambi gli emisferi si contraevano ripetutamente contro il cranio, che infliggeva profonde ferite su questi; gli occhi erano iniettati di sangue, la corporatura era scheletrica e dal seno appena sviluppato, Chris dedosse si trattasse di una bambina.

L'agente si tirò su e cominciò a cercare tra le provette del laboratorio dell’alcool o qualche sostanza che avrebbe potuto aiutarlo ad uccidere la creatura, come una sostanza accellerante alla combustione; Redfield non eccelleva in chimica, ma riconosceva facilmente le formule semplici, come quelle alcoliche.

L’attenzione di Chris fu catturata dal rumore di alcuni vetri che si riversavano a terra.

L’agente arretrò di qualche passo, non appena la creatura cominciò ad agitare le braccia dalla “finestra” che aveva appena infranto.

La B.O.W costrinse parte del corpo ad attraversare quella fessura, mentre brandelli di carne restavano attaccati alle schegge di vetro. 

Nonostante avesse una scheggia conficcata nella schiena la creatura continuava a tirare con foga, ignorando i muscoli scoperti e lacerati.

Redfield agì d'impulso e sparò una raffica di proiettili contro la creatura, anche se il rinculo del fucile non gli permise di colpire il cranio, sembrò abbastanza per stordirla.

Chris corse verso l'angolo opposto della stanza, gettando avanti a se qualche scaffale metallico, nella speranza di creare una barriera tra lui e la B.O.W., che avanzava a carponi verso l'uomo.

La creatura portava un braccio alla volta avanti a se, conficcando gli artigli nel metallo e trascinando il resto del corpo, che al suo passaggio l'asciava una chiazza cremesi: l'iseguimento della creatura sembrava essere giunto ormai a un termine.

Lo stidio metallico constrinse l'agente a tapparsi le orecchie e a ranacchiarsi istintivamente su se stesso; la creatura sollevò un braccio e tentò di sollevarsi, mentre osservava bramosa di sangue Chris.

La B.O.W. precipitò nuovamente a terra, trascinando con se diverse provette, che riversandosi su di lei, la fecero stridere dal dolore; ora la pelle sembrava bruciare come un tizzone ardente e passò velocemente dal colore grigiastro a quello rosso fuoco.

Redfield arretrò ancora, trovandosi dalla parte opposta del banco metallico, di fronte alla creatura: un'enorme pozza di sangue scivolava sinuosa sul pavimento, scorrendo inosservata ai piedi dell'agente; lo sguardo dell'uomo tornò sulla creatura che stringeva le braccia contro il petto, china su se stessa.

L'essere urlò di nuovo, ma questa volta per quanto gruttale, Chris avvertì in quello strazio una richiesta di aiuto.

Le pupille nere incontrarono quelle azzurre di Redfield e in quello sguardo trovò "qualcosa" di umano.

Paura, rabbia, sofferenza... in quegli occhi non più umani c'era tutto questo.

L'agente puntò la canna del fucile avanti a se, percorrendo lentamente il perimetro del banco, trovandosi infine ai piedi della creatura, che non sembrava essere interessata a lui.

Un altro incontro di sguardi.

Redfield premette il grilletto, trivellando la testa della creatura, riducendola in poltiglia e continuò a premerlo finché non senti il "tic", del caricatore ormai scarico.

L'uomo cadde sulle ginocchia e abbandonò l'arma a terra, mentre si passava entrambe le mani tra i capelli; cacciò un urlo di disperazione e colpì più volte il pavimento, fino a indolensire le nocche.

Riafferrò velocemente l'arma e si gettò fuori dalla stanza, correndo tra i corridoi senza una meta certa.

Era stato diverso.

Era sicuro di non aver sparato a un diabolico esperimento da laboratorio, non aveva sparato per rabbia o vendetta, come faceva di solito.

No, aveva sparato per pietà.

Chris si fermò di colpo e gettò la schiena contro la parete, sentendo il respiro spezzato e il corpo pesante come metallo.

-Fanculo la missione.- sibilò Chris, a detti stretti.

L'agente sentiva di avere un'altra priorità adesso, anche se questo poteva significare sfottere anni di ricerche finanziate dalla B.S.A.A.

Poteva davvero la vita di tutti quei militari valere milioni di dollari e qualche puttanata su nuove B.O.W?

Redfield si tirò su alla meglio e dopo aver caricato il fucile, se lo portò sulle spalle, impugnando l'M92F.

Riaprì il canale radio per contattare Sarah, sperando che le comunicazioni non fossero tagliate anche all'interno del laboratorio; proprio in quel momento, ci pensò la ragazza a contattare il capitano.

-Chris.-

Il canale era disturbato da diverse scariche elettriche.

-Carter, molla tutto. Dimmi dove diamine sei e usciamo da qui.-

-Chris scappa!- esplose lei con la voce spezzata, poi seguì un urlo straziante.

Chris accellerò il passo, fino ad iniziare a correre, cercando il compagno senza sapere minimamente dove fosse.

Una voce, bassa e gelida sembra interompere i singhiozzi della ragazza.

Non era sola.

-Stammi a sentire,- cominciò Redfield senza sapere di rivolgersi realmente a qualcuno -non osare farle del male.- lo minacciò Chris, stringendo il calcio della pistola.

Una risata, seguita poi dalle urla della ragazza.

-Hangar,- mormorò poi lei, appena percettibile, -Chris...-

Un'altra scarica elettrica lasciò Redfiled in balia di un assordante silenzio e con un unico pensiero: la vita di Sarah legata un filo.

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