Remember the promise

di itsrigel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'inizio di un incubo ***
Capitolo 3: *** Sopravvivere ***
Capitolo 4: *** Una nuova vita ***
Capitolo 5: *** Shin ed Hyo ***
Capitolo 6: *** Non del tutto cambiata ***
Capitolo 7: *** Figio di un conte ***
Capitolo 8: *** Anno dopo anno ***
Capitolo 9: *** Sole e Luna ***
Capitolo 10: *** Reid ***
Capitolo 11: *** Te lo prometto ***
Capitolo 12: *** Paura ***
Capitolo 13: *** Nella tana del serpente ***
Capitolo 14: *** Iniziazione ***
Capitolo 15: *** Primo giorno ***
Capitolo 16: *** Tre mesi dopo ***
Capitolo 17: *** Prima missione ***
Capitolo 18: *** Non chiedermelo mai più ***
Capitolo 19: *** Passato ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


  Prologo

  Mi chiamo Anya. Sono nata nella Terra del Mare, e ho vissuto lì in pace per quasi otto anni.
  Cambiavo spesso residenza: mio padre aveva paura per me, anche se non mi disse mai per quale motivo. Ogni anno, spesso ogni mese, a volte ogni settimana.
  Nascondermi era il suo obbiettivo principale. Una volta mi disse che voleva nascondermi dagli assassini di mia madre, che ci avevano separate il giorno stesso della mia nascita. Anche quella, come molte delle cose che mi raccontava, era una bugia. Pochi mesi dopo scoprii che era morta di parto.
  Erano passati quasi due mesi da quando ci eravamo trasferiti a Giafta, e per un po' pensai che mio padre avesse deciso di darmi il tempo per ambientarmi in questa nuova città.
  Sbagliato.
  Mi svegliai che era ancora notte, una notte nuvolosa e senza stelle. Impiegai qualche secondo per abituarmi alla fioca luce dell'unica candela appesa al muro. Notai mio padre che girava per la casa preoccupato, intento a preparare una sacca per il viaggio.
  Ci risiamo, pensai. Mi alzai a sedere, esibendomi in uno sbadiglio.
  - Anya, preparati. Tra poco partiamo.
  Scesi dal letto troppo alto per me e mi diressi verso mio padre. - Dove stiamo andando?
  - Nakohor - rispose rapido lui. - Un piccolo villaggio verso il confine con la Grande Terra.
  Mi vestii in fretta, chiedendomi già per quanto tempo saremo rimasti in quel nuovo paese.

  Arrivammo a Nakohor dopo una sola giornata di volo, sul dorso del drago di mio padre: Naki.
  Una volta era stato Cavaliere di Drago. Aveva riportato onore al nome di mia nonna, l'unica donna che riuscì ad entrare nell'Accademia di Makrat dopo Nihal. Sarebbe diventata Cavaliere se non si fosse spezzato l'incantesimo che le aveva imposto suo "fratello" e che le impediva di ricordare il suo passato e il suo aspetto. Era entrata nell'Accademia come una semplice ragazza senza passato, con i capelli rossi e dolci occhi verdi. Era stata cacciata via come ex alleata del Tiranno, figlia di un mezzelfo e di una ninfa, con un occhio per metà viola e ciocche blu tra i capelli infuocati.
  Ho sempre ammirato mio padre per questo.
  Nakohor era uno dei villaggi più accoglienti in cui vivemmo, pieno di ragazzi dell'età mia e genitori amorevoli.
  Quella volta rimanemmo lì per cinque mesi, fino al giorno del mio compleanno. E proprio quel giorno accadde quello che mio padre non avrebbe mai voluto, la stessa cosa da cui mi aveva protetto per otto anni.

§*+Angolo dell'autrice+*§
Buonsalve gente! Ecco a voi la storia (che penso sarà abbastanza lunga) di uno dei miei OC preferiti: la dolcissima, cattivissima, bellissima e senzacuorissima (?) Anya! :D
Se ve lo state chiedendo, sì, il nome è lo stesso di Anastasia nel cartone della 20th Century Fox xD In quel periodo ero in fissa con quel cartone, perciò ho preso l'ispiazione da lì :)
Beh... chi legge le mie ff sa già quello che sto per dire: anche questa storia sarà uno schifo ç_ç
Penso che pubblicherò i capitoli ogni morte di Sakura (??), perché mi devo ancora abituare ai ritmi del liceo... Quindi siate pazienti ^^
A questo punto vi chiedo soltanto una piccola recensione, magari una ogni due-tre capitoli, e vi mando un bacione per aver sprecato qualche minuto della vostra vita a leggere questo prologo :)
Al prossimo capitolo! <3
//Vì

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Capitolo 2
*** L'inizio di un incubo ***


L'inizio di un incubo

  Alle sette del mattino ero già fuori dal letto, pronta per giocare con i miei amici. Senza pensarci due volte, corsi a svegliare mio padre, gridando felice sopra il suo letto. Lui aprì un occhio e sorrise.
  Aveva 28 anni, ed era un uomo semplicemente bellissimo. Sotto i capelli neri come la notte, spuntavano due minuscole orecchie a punta. Gli occhi erano come i miei, di un celeste chiarissimo, così chiari da sembrare quasi trasparenti.
    Pigramente, si alzò dal letto e si vestì. Poi mi aiutò a coprire lo strano simbolo che avevo sulla mano: il sigillo che anni prima Aster, il Tiranno, aveva imposto su mia nonna durante uno dei suoi esperimenti, che l'aveva tramandato prima al figlio e poi a me. Mi aiutò anche a nascondere le ciocche blu che spezzavano il nero dei miei capelli in una parrucca. Era corta, e questo mi infastidiva.
  - Papà, i capelli mi entrano negli occhi! - mi lamentai. - Non possiamo tagliare la frangetta? - Lui mi accontentò subito, con un sorriso dolcissimo.
  Uscimmo di casa verso le otto, e già le strade erano piene di gente. Salutai rapida mio padre e corsi verso un gruppetto di ragazzi che mi chiamavano.
  Eravamo sei, in totale. Il primo a salutarmi fu Shin, con un semplicissimo "ciao". Io ebbi l'impressione di arrossire fino alla punta delle orecchie. Gingi, Ronni e Gato per tutta risposta scoppiarono a ridere, mentre Elo mi si avvicinò, borbottando qualcosa sulla stupidità dei maschi. Solo lei sapeva che mi piaceva Shin. O meglio, io l'avevo detto solo a lei.
  - Bene, oggi c'è una gara di pesca! - annunciò fiero Gato, il più grande e leader del nostro gruppo. Noi lo seguimmo al fiume. Tornammo al villaggio verso l'ora di pranzo, affamati e felici. Pranzammo insieme al resto del villaggio nella grande piazza davanti a casa mia, poi iniziarono i festeggiamenti. Ballammo, ridemmo e cantammo, e ballammo ancora. Andò così per tutta la giornata. Io soprattutto cantai, incitata dai complimenti dei miei amici. Andava tutto così perfettamente bene, proprio come lo avevo immaginato.
  O almeno così mi sembrava. Mio padre era agitato, a pensarci bene, ma io non ci feci caso.
  Ad un tratto, un ragazzo che si era allontanato corse verso di noi, urlando. Non ebbe nemmeno il tempo di formulare una frase sensata. Un pugnale gli spuntò dal petto.
  Paura.
  Tutti iniziarono a correre impauriti, chi a destra, chi a sinistra. Non sapevo dov'era mio padre.
  Terrore.
  Iniziai a piangere. Qualcuno mi afferrò da dietro, ed io cominciai a gridare.
  - Anya calmati, sono io! - mi disse una voce nota. Smisi subito di piangere, nonostante la paura che ancora mi bruciava dentro, e affondai il viso fra i capelli di mio padre. - Ora dobbiamo andare da Naki, va bene? - mi sussurrò. - Calmati, andrà tutto bene.
  Cercai di crederci, anche se la sua voce tremava di paura.
  Iniziò a correre, fino ad arrivare dietro casa. Lì c'era una piccola scuderia, adatta per farci entrare un solo Drago. Mio padre mi lasciò per un attimo a terra, giusto il tempo per far uscire Naki dalla sua tana. Il Drago puntò gli occhi incandescenti come braci su di lui, che tentava di mettermi sopra di lei. Ricominciai a piangere.
  - Coraggio, andrà tutto bene, stai tranquilla. - mi disse. - Ora Naki ti porta lontano da qui, poi ti vengo a riprendere quando tutto sarà finito. - Mi diede in mano la sua spada, quella che era appartenuta a mia nonna, Juliet, e il suo pugnale. Mi aggrappai stretta al collo del Drago, mentre mio padre mi baciava la fronte.
  Un attimo dopo ero in cielo, ma non provai nemmeno aprire gli occhi. Sotto di me, solo le grida e il rumore delle armi. La parrucca scivolò, andando a finire tra la mischia. Nemmeno allora smisi di tenere gli occhi chiusi.
  Naki si posò in una radura verde, lontana dal nostro villaggio. Quando sentii che il Drago toccava terra, scesi dalla groppa, rotolando a terra per qualche metro.
  Ero ancora così piccola ed ingenua.
Non mi resi conto che gli Assassini erano venuti a reclamare una loro proprietà, una Bambina della Morte.

°#_ Angolo dell'autrice _#°
Salve gente <3
Non pensavo che sarei riuscita a pubblicare questo capitolo così presto :) Ora sono felice :)
Coomunque, ecco qua che distruggo la vita di un mio OC per l'ennesima volta... mi sento crudele D: Piccola Anya ç__ç
Spero di trovare qualche recensione quando rientrerò qui su EFP, soprattutto spero che vi sia piaciuto questo capitolo ^__^
Alla prossima! :*
//Vì\\

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Capitolo 3
*** Sopravvivere ***


Sopravvivere

  Ero terrorizzata, gli occhi azzurri gonfi per il pianto. Strinsi le ginocchia al petto e ricominciai a piangere in silenzio. Tentai di alzarmi, ma una fitta di dolore alla gamba destra mi fece cadere a terra. Continuai a singhiozzare.
  Cercai di chiamare mio padre, anche se sapevo che non mi avrebbe sentito, ma il sapore salato delle lacrime mi bloccò. Mi asciugai gli occhi e guardai la gamba: c'era un taglio che partiva dalla coscia e finiva sul ginocchio. Non era profonda, ma bruciava. Probabilmente me l'ero procurato quando ero caduta da Naki.
  Avvicinai una mano alla gamba ferita. In quel momento mio padre avrebbe utilizzato quel poco di magia che sapeva usare per curarla. Ma io non sapevo usare la magia, nessuno me l'aveva insegnato: mio padre era contrario.
  Altre lacrime scesero calde sulle mie guance arrossate. Chiusi gli occhi e posai la mano sulla ferita, pregando che funzionasse. Bruciava. Ad un tratto uno strano calore si diffuse dalla mano alla gamba. Spalancai gli occhi e notai che la mano era luminosa.
  Stavo usando la magia. Papà non mi perdonerà mai, pensai.
  Dopo qualche minuto provai ad alzarmi, stavolta riuscendo a rimanere abbastanza dritta sulle gambe, e iniziai a camminare in direzione del Drago.
  Papà tra poco mi verrà a prendere, forse se vede solo Naki si spaventa, mi dissi sforzandomi di credere ai miei pensieri.
  Passai una giornata intera accucciata sotto un'ala del grande Drago blu notte. Piuttosto che la consapevolezza che mio padre non sarebbe più tornato a prendermi, fu l'istinto di sopravvivenza a farmi muovere.
  Sentii il rumore dell'acqua e mi alzai per seguirlo. Non avevo una canna da pesca, ma almeno sarei riuscita a bere. Dopo qualche minuto di cammino, mi trovai davanti a un fiume. Caddi sulle ginocchia, esausta per quella breve camminata, e infilai la testa sotto l'acqua, un po' per bere, un po' per cercare di risvegliarmi. Poi strappai un lembo del mio vestito, lo bagnai e lo legai sopra la ferita, che nonostante l'intervento della magia era ancora aperta.
  Mi guardai intorno, cercando un modo per mangiare. Notai la trappola di un cacciatore. Mi avvicinai con cautela, assicurandomi che non ci fosse nessuno nei paraggi. Quando arrivai vicino alla trappola vidi un leprotto bianca con la zampa incastrata. Senza esitare un attimo tirai fuori il pugnale di mio padre e l'uccisi. Lo presi con la mano sinistra, notando che era piuttosto piccolo.
  Me lo farò bastare, pensai.
  Mi sfilai il guanto di cuoio dalla mano destra, scoprendo il simbolo della maledizione: una stella a cinque punte, racchiusa in un cerchio. Intorno, le scritte Flar, Mawas, Glael, Ael, Tareph. Nella lingua elfica Fuoco, Vento, Luce, Acqua, Terra. Solo le scritte"Flar" e "Ael" si leggevano, le altre erano sbiadite, alcune quasi inesistenti. Mi ricordai di come il padre mi avesse insegnato ad accendere un fuoco utilizzando quella maledizione.
  Chiusi gli occhi e mi concentrai al massimo sull'immagine del fuoco che sarebbe dovuto apparire tra le mie mani. Uno, due, tre, quattro... Mentre aprivo gli occhi, vidi compiaciuta una fiammella bruciare la carne della lepre ed illuminare la mia mano. Quando fu abbastanza cotta, o per meglio dire bruciata, la mangiai. Appena ebbi finito, sentii un uomo imprecare.
  L'uomo mi afferrò per le spalle e mi spinse lontano, facendomi andare a sbattere contro un albero. Per un attimo vidi solo uno sfondo nero pieno di minuscoli punti di luce. Mi guardai intorno, con le lacrime agli occhi. L'uomo tirò fuori un pugnale e si avvicinò. In preda al panico, sguainai la spada, un attimo prima che l'uomo fosse sopra di me. L'arma lo trafisse alla pancia.
  Rimasi immobile, con gli occhi chiusi, fino a quando non percepii un liquido caldo e viscoso scendere giù per il suo braccio. Spalancai gli occhi, terrorizzata. Sangue.
  Disgustata, tirai fuori dal corpo dell'uomo la spada insanguinata, urlando. Lui si accasciò a terra. Io caddi in ginocchio.
  Avevo appena ucciso una persona. Sentii la lepre lottare per tornare su. Il sapore amaro della bile sulla lingua era disgustoso. Alla fine vinse lei.
  Sono un'assassina, pensai con disprezzo per me stessa. Iniziai a tremare.
  Guardai il corpo inerte dell'uomo steso a terra. Mi avvicinai lentamente, silenziosa come un gatto. Presi il pugnale dalla mano dell'uomo e lo legai alla vita, insieme a quello di mio padre. Vidi un borsellino con delle monete dentro. Lo presi. Poi slegai una sacca marroncina dalla vita dell'uomo: dentro c'erano un po' di pane, un pezzo di formaggio e una mela. Presi anche quelli con me.
  Ancora più disgustata di prima, mi accorsi del fatto che stavo derubando un morto. Ladra e assassina.
  Mi alzai in piedi e, zoppicando, tornai al punto dove avevo lasciato Naki. Nel momento stesso che la vidi, realizzai che mio padre non sarebbe venuto a prendermi.
  E che non sarei stata più stata la stessa.

*+] Angolo dell'autrice [+*
Salve gente! :3
Probabilmente questo è il capitolo che mi è piaciuto di meno xD Davvero, non mi piace per niente come l'ho scritto D: E soprattutto non mi piace il nome del drago. Ma io dico, come mi è venuto in mente di chiamare un drago Naki?!
Coomunque, spero che almeno a voi sia piaciuto, e spero di trovare qualche recensione :)
Alla prossima ^_^
//Vì\\

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Capitolo 4
*** Una nuova vita ***


Una nuova vita.

  Era passato un anno da quando il mio villaggio era stato sterminato. Un anno di sofferenze, fughe e stenti.
  La prima cosa che avevo fatto era stata procurarmi una nuova parrucca. Non sapevo precisamente perché mio padre mi facesse nascondere i capelli, quei miei bellissimi capelli neri che verso le punte assumevano delle sfumature blu come la notte, ma non volevo tradire la sua memoria.
  Riuscii anche ad imparare un po' di magia, quel poco che mi bastava per riuscire a sopravvivere senza farmi vedere in giro. Ero sempre stata una bambina astuta, e quando sentii per la prima volta delle voci che parlavano degli Assassini della Gilda, che pareva si aggirassero intorno al mio villaggio, iniziai a nascondermi.
  Non capivo, e non l'avrei mai capito. Per quale motivo gli Assassini uccidevano delle persone innocenti? Quale scopo c'era in questo spargimento di sangue?
  Per nascondermi comprai un vestito con una maschera che copriva la parte inferiore del viso, dal naso in giù. Comprai anche un paio di guanti nuovi, per nascondere la mia maledizione. Ogni tanto cambiavo residenza, tanto che potevo vantarmi di esser riuscita a visitare almeno una volta la maggior parte delle terre del Mondo Emerso in un solo anno.
  Per vivere imparai a cacciare e a rubare. Solo un'altra volta uccisi una persona, senza volerlo. Era un ragazzo. E lo uccisi davanti a sua madre. Gli incubi mi perseguitarono per mesi.
  Per nascondere le mie armi, le ultime cose che avevo di mio padre, comprai un po' di stoffa da mettere sopra la gonna.

  Quel giorno tornai alla grotta dove vivevo con Naki stremata. La caccia era stata difficile, così avevo provato a rubare un po' di soldi per procurarmi del cibo.
  Scelta sbagliata. Nel villaggio dove mi ero stabilita, nella mia Terra natale, erano tutte persone con poco o niente in tasca. Alla fine ero riuscita ad accumulare una misera somma, giusto quello che bastava per comprare un tozzo di pane e un po' di latte. E la parte più divertente era che la sera prima non ero riuscita a dormire.
  - Che giornata da schifo - dissi appena entrata nella grotta. Lasciai il pane e il latte su un tavolino rovinato posto al centro del rifugio e andai a vedere se era rimasta un po' di cacciagione, ma tornai al tavolo delusa. - Come volevasi dimostrare, è una giornata schifosa.
  Mangiai velocemente il pane e bevvi un po' di latte, riscaldandolo leggermente con il fuoco che riuscivo a creare senza utilizzare la magia. Mentre fissavo il simbolo sulla mano diventare rosso e una fiamma colorata uscire dal palmo della mano mi venne in mente mio padre. Scossi la testa per scacciare via il pensiero.
  Subito dopo uscii dalla grotta, dirigendomi verso un fiume lì vicino. Mi piaceva uscire a guardare le stelle la sera, e quello era il posto adatto. Al centro del fiume si riusciva a vedere una macchia verde, piena di fiori appena sbocciati. Arrivata sulla sponda del fiume, senza fermarmi, creai con la magia una scia luminosa che congiungeva la riva all'isolotto. Appena toccai quest'ultimo con entrambi i piedi, la linea alle mie spalle si spezzò in moltissime schegge colorate.
  Mi tolsi la parrucca, lasciando cadere i capelli lunghi sulle spalle. Abbassai la maschera e mi sdraiai per terra.
  Non ero calma quella sera, e non riuscivo a calmarmi in nessun modo.
  Chiusi gli occhi, cercando di stabilizzare il battito cardiaco.
  Ad un tratto un leggero fruscìo mi fece sobbalzare. Non era stato il vento, il rumore che faceva quando passava tra le foglie era diverso. E non poteva essere un animale: a quell'ora ne giravano pochi e piccoli, e di certo sapevo riconoscerli. Imprecai sottovoce.
  Spalancai gli occhi e portai velocemente la mano al fianco, sul pugnale. Iniziai a sudare freddo, senza sapere il perché.
  Una voce, di un ragazzo, mi arrivò al cervello. Stava parlando con qualcuno. Sicuramente non si aspettava che li avessi sentiti. Almeno sono sicura che non è un Assassino della Gilda, mi dissi.
  Mi alzai di scatto e feci per lanciare il pugnale. Sentii il cuore mancare un colpo quando vidi il ragazzo che aveva parlato. Poi mi sembrò che tutto il mio passato mi arrivasse addosso con la potenza di un fiume.
  - Shin...

§_* Angolo dell'autrice *_§
Yo :3
Ed ecco che con questo capitolo le uniche due persone che mi seguivano ora non mi seguono più :'D E' una cavolata, lo so. E' orrendo, lo so. Ma abbiate pietà di me, please çwç
Coomunque (quanto mi piace la parola comunque *_*) vi andrebbe di fare un saltino sulla pagina di un mio amico? Si chiama "a otaku with armonica" e il sito è questo
http://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=432155#main :3 La storia del lupo e della ragazza l'ho sistemata io, e penso che in futuro sistemerò tutte le sue storie (ce n'è già una in corso) Siamo una squadra fantastica *w*
Lui ha delle idee magnifiche, io scrivo abbastanza decentemente (ma anche no) e insieme conquisteremo il mondo! Un mondo di Otaku, Fanboy e Fangirl! Muahahahhaha!
Ok, momento di pazzia finito :') passate sul suo sito, leggete qualche storia e magari lasciate anche qualche recensione perfavore :)
Alla prossima!
//Vì\\

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Capitolo 5
*** Shin ed Hyo ***


Shin ed Hyo

  I due ragazzi mi fissarono, e Shin corrugò la fronte. Il cuore iniziò a battermi troppo forte nel petto. Shin aprì la bocca per parlare, poi la richiuse, portò la mano destra sull'orecchio sinistro, come faceva sempre quando pensava, e mi fissò per qualche istante. - Come?
  Non risposi. Continuai a fissarlo negli occhi, come incantata, ma stranamene scoprii che il calore che mi nasceva dentro quando lo guardavo a Nakohor non bruciava dentro di me. Lasciai cadere le braccia sui fianchi. - Ci... conosciamo? - chiese di nuovo lui.
  Certo. I suoi occhi verdi, i capelli rossi, le efelidi che ricoprivano le guancie, la carnagione pallida... come potevo dimenticare quelle sue caratteristiche che mi avevano fatto innamorare di lui?
  - Shin, figlio di Vahel. Il tuo colore preferito è il blu, quello profondo del mare. Ti piace andare a pesca e... - Shin mi guardò ancora più confuso, e io mi zittii.
  - Come fai a sapere tutte queste cose su di me?
  Sentii il cuore lottare per uscire dalla cassa toracica. - Non... - chiusi gli occhi per cercare di dominare la mia voce tremante. - Non mi riconosci?
  Lui scosse la testa. Il ragazzo accovacciato alla sua destra faceva volare lo sguardo dal mio viso a quello di Shin, sempre più confuso. Non doveva avere due anni in più di me. Non ce la feci a trattenermi e caddi in ginocchio. Riuscii a capire la confusione di Shin solo quando delle ciocche di capelli blu mi passarono davanti al viso: lui era abituato a vedermi con i capelli corti e completamente neri. Mi voltai e raccolsi la parrucca da terra. La lasciai sulle mie ginocchia, mentre mi legavo i capelli. - E' abbastanza imbarazzante. In tutti questi mesi io non sono riuscita a dimenticare un singolo dettaglio del tuo viso, mentre tu non mi riconosci solo per via dei miei capelli... - Infilai la parrucca alla bell'e meglio e alzai nuovamente lo sguardo sui due ragazzi. - Sono Anya... ricordi? - Tirai fuori dalla mia casacca un ciondolo che era appartenuto a mia nonna - La bambina con la pietra azzurra...
  Shin impallidì.
  - Tu... - scosse la testa. - No. Anya è morta. Tu mi stai solo prendendo in giro.
  Si alzò in piedi, facendo segno al ragazzino di seguirlo. Il mio respiro si fece più irregolare. Non volevo perderlo. Non ora che finalmente l'avevo ritrovato, non ora che non avevo più nessuno. Premetti per qualche istante l'indice ed il medio di entrambe le mani sulle tempie, cercando disperatamente un'idea. Ripercorsi con il pensiero tutti quei ricordi dolci e dolorosi che avevo di noi due, e mi tornò in mente una semplice melodia di poche note che canticchiavo sempre quando pescavamo al ruscello.
  Iniziai a cantarla e lui si bloccò sul posto. Voltò il viso verso di me, così pallido che le miriadi di lentiggini che gli ornavano le goti sembravano scure come il cielo di notte. Il ragazzo accanto a lui gemette, probabilmente per via della mano di Shin stretta sul suo braccio. Quando la melodia finì provò a dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì nulla, se non la nuvoletta di condensa che il suo fiato creò a contatto con l'aria. Alzai lo sguardo verso il cielo, notando il cielo scuro della notte. Le nuvole cariche di pioggia oscuravano completamente la luna e le stelle.
  - Seguitemi. Tra poco inizierà a piovere.
  Ripetei la formula magica per attraversare il fiume, e come prima non appena toccai con i piedi l'altra sponda centinaia di schegge colorate esplosero alle mie spalle.
  - Anya non sapeva usare la magia - commentò Shin. Non riuscivo a capire se non mi credeva ancora o se non volesse credermi.
  Lo presi per un braccio ed iniziai a camminare. - Vieni e ti spiegherò tutto. - Dietro di noi, il ragazzino ci seguiva.
  Arrivammo alla mia grotta che aveva già iniziato a piovere. Quando entrammo il ragazzo lanciò un grido, spaventato alla vista i Naki. Shin non reagì.
  - Ancora non mi credi? Non riconosci il drago di mio padre?
  Raccontai al rosso tutto quello che era successo durante quell'anno, tutte le fatiche che avevo vissuto e tutto il dolore che avevo provato. Era la prima persona con cui mi sfogavo, e raccontare quelle cose mi lasciò dentro un dolcissimo senso di pace. Non accennai, però, all'uomo ed al ragazzo che avevo ucciso.
  Finito il racconto Shin non disse nulla. Il ragazzino, vicino a lui, sembrava intimorito da me. Lo guardai di sottecchi, mentre mi avvolgevo nel mantello. Ora che lo osservavo bene lo trovai molto carino. Gli occhi erano color nocciola e i capelli, ricci e lunghi all'incirca fino alle spalle, erano biondi.
  - Come ti chiami?
  Lui alzò lo sguardo verso di me. Ora che potevo vedere perfettamente il suo viso mi accorsi che non era affatto intimorito da me, anzi. Sembrava più triste e rispettoso che impaurito.
  - Hyo. - La sua voce era bellissima. Spostai il viso di lato, per nascondere il rossore delle mie goti. Shin ancora non proferiva parola.
  Mi alzai in piedi e mi diressi verso Naki. Raccolsi da terra i due sacchi che usavo per dormire e li lanciai verso Hyo e Shin.
  - Vi conviene dormire qui per oggi. Fuori sta ancora piovendo, e penso che continuerà per tutta la notte. - Mi accucciai sotto un'ala del drago, che poggiò il muso vicino alle mie gambe.
  - Buonanotte - dissi solo. Dentro di me, il fuoco del ribrezzo per quello che avevo fatto finalmente iniziava a farsi domare.


.:: Angolo dell'autrice ::.
Ciao :3
Sapete, oggi non so cosa scrivere :/ Mi stavo chiedendo... perché solo le assassine nelle immagini sono mezze nude mentre i maschi sono completamente coperti? Ma io dico, almeno la maglietta possono torglierla! xD
Ok, dopo questo piccolo sclero vi saluto, addio, baci baci, ciao.
Ah, quasi dimenticavo, tra poco inizierò a pubblicare delle immagini dei miei OC :3 A volte le disegnerò io, a volte saranno prese da DeviantART e modificate con PicMonkey ^^
//Vì\\

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Capitolo 6
*** Non del tutto cambiata ***


Non del tutto cambiata
"We live like rock stars
Dance in every bar
This is who we are
I don't think we'll ever change..."
{Avril Lavigne; Here's to never growing up


  Mi svegliò un rumore. Il Sole era già alto nel cielo e Shin ed Hyo eeano già svegli. Mi alzai a sedere, silenziosa, stropicciandomi gli occhi. Notai con piacere che quella era la prima volta che riuscivo a dormire da qualche settimana.
  Mi alzai in piedi, stiracchiandomi, e mi diressi verso i due ragazzi. Hyo stava cercando di sistemare le coperte che gli avevo dato la sera prima; Shin stava frugando nell dispensa. C'era un contenitore di legno a terra.
  Dev'essere stato quello a svegliarmi, pensai.
  - Cosa state facendo?
  - Oh, Anya! - Shin si girò verso di me esibendosi in uno splendido sorriso. Sembrava avesse completamente dimenticato quello che era successo la sera prima. - Finalmente ti sei svegliata!
  Hyo mi salutò con un cenno della mano, ed io notai il modo orrendo con cui aveva piegato le coperte. Mi avvicinai.
  - E questo sarebbe...?
  Lui sorrise ed inclinò la testa da un lato. Sembrava un cucciolo. - Ehm... dovrebbero essere le tue coperte...
  - Dovrebbero. - Presi una delle due coperte e iniziai a piegara. - Guardami.
  Gli spiegai passo per passo il modo giusto con cui piegare le coperte, anche se lui continuava a non capire e a non riuscirci. Alla fine lasciai perdere, sospirando.
  Mi sedetti su una sedia, presi una custodia di pelle e cominciai ad incordare un arco chiuso al suo interno. - Sapete andare a caccia?
  Shin corrugò la fronte. - Tu ne sei capace?
  - Più o meno. - Consegnai l'arco ad Hyo e lanciai una canna da pesca a Shin. - Sono quasi due giorni che non mangio e non ho soldi. Quindi o andate al villaggio e mi comprate qualcosa, o mi date qualcosa di vostro o venite a caccia con me.
  Hyo si accigliò. - Non abbiamo né cibo né soldi, ma perché dovremmo venire con te?
  Gli lanciai un'occhiataccia. Che razza di domande faceva quell'idiota? Non bastava che li avessi ospitati quella notte, al riparo dalla pioggia? Shin scoppiò a ridere e diede una pacca sulla spalla di Hyo. - Fatti bastare il semplice fatto che te l'ha detto lei. Quando vuole sa far male.
  Li accompagnai in un punto del boschetto intorno alla mia grotta dove di solito riuscivo a cacciare e iniziai a tirare fuori da un sacchetto degli attrezzi per costruire una trappola.
  - Voi fate quello che volete, se vi va scambiatevi anche l'arco e la canna da pesca, basta che non mi distraete.
  Shin mi si avvicinò, e si sedette accanto a me. Con una scusa mandò via Hyo. Iniziò a fissarmi intensamente.
  - Cosa vuoi? - chiesi irritata. Lui sospirò.
  - Appunto. Non mi avresti mai risposto così prima.
  Socchiusi gli occhi e portai una mano alla fronte. - Appunto cosa? Spiegati meglio, la mia pazienza è di breve durata.
  - Non sei più la stessa.
  Il suo commento mi lasciò leggermente spiazzata. Cosa c'era di strano? Non era forse normale che qualcuno come noi, qualcuno che avesse vissuto quell'inferno cambiasse?
  - Pensavo che almeno tu saresti riuscita a rimanere la stessa. Hai un carattere forte. Pensavo fosse abbastanza.
  Smisi di lavorare alla mia trappola e mi pulii le mani sul vestito. - Non puoi non cambiare dopo aver passato quello che abbiamo passato noi.
  Lui scosse la testa. - Non ho detto di credere che tu sia cambiata. Ti sei solo nascosta.
  Lo guardai interrogativa. - Due secondi fa hai detto il contrario.
  - Ho detto che non sei riuscita a rimanere la stessa. Il che è diverso dall'essere cambiata. Tu non sei cambiata, hai semplicemente fatto scelte che prima non avresti fatto. Ma in fondo sei sempre tu, non sei cambiata.
  Rimanemmo per un po' in silenzio, senza capire. Per la prima volta mi lasciai andare a un momento di dolcezza e l'abbracciai. Chiusi gli occhi. - Forse hai ragione, anche se non ho capito nulla di quello che hai detto.
  - Forse. - Lui mi cinse le spalle con un braccio e poggiò il mento sulla mia testa. - Vogliamo vedere se ho torto o no?
  Alzai lo sguardo verso il suo viso. - In che senso?
  Lui si scostò leggermente e indicò il fiume dove ero la sera prima. - Possiamo fare uno scherzo a Hyo. Lui ha paura dell'acqua, non sa nuotare.
  Lo guardai stupita. Subito dopo un lampo di sfida balenò nei miei occhi e mi concedetti un sorriso. - Ora cancellati quel sorrisetto dalla faccia, sta per arrivare Hyo. Ti lascio carta bianca sullo scherzo. - Mi fece l'occhiolino e io risposi con un altro sorriso timido.
  Quando Hyo arrivò tentai in tutti i modi di non ridere, mentre immaginavo quello che sarebbe successo, con abbastanza successo. Mi alzai in piedi e presi il ragazzo sottobraccio, incamminandomi verso il fiume.
  - Cosa stai facendo?
  - Oh, niente, volevo solo farvi vedere una cosa.
  Arrivati sulla sponda del fiume vidi Hyo impallidire. - Cos'hai? Stai bene? - Tentai di far sembrare la mia voce più preoccupata possibile. Lui annuì frettolosamente. La sua espressione era davvero buffa. Shin soffocò una risata.
  Formulai l'incantesimo per attraversare il fiume e una scia colorata si disegnò sul filo dell'acqua. Tesi una mano ad Hyo, sforzandomi di non sorridere, e quando lui l'afferrò Shin lo spinse verso l'acqua. Finimmo entrambi nel fiume, e l'incantesimo si ruppe. L'acqua ci arrivava appena ai polpacci, ma sembrava che Hyo stesse per affogare. Scoppiai in una risata.
  Mi fece uno strano effetto sentirla. Era così... diversa. Davvero era passato così tanto tempo dalla mia ultima risata che non ne ricordavo più neanche il suono? Avevo una voce così bella. La mia risata era cristallina come il suono dei vetri rotti, ed era una risata da bambina. Intanto Hyo era quasi svenuto dalla paura, e Shin stava rotolando a terra dalle risate.
  Ad un tratto un ronzio sommesso mi arrivò alle orecchie. Smisi di ridere all'istante. Hyo era uscito dall'acqua, e si era appena tolto la maglietta. Shin gli stava gettando dell'acqua addosso. E io ero lì, nell'acqua, e stavo per morire dal terrore. Il ronzio aumentò di volume, fin quando non capii che quell'essere schifoso era tanto vicino al mio viso che se mi fossi voltata probabilmente me lo sarei ritrovato sul naso. Urlai, e corsi a nascondermi dietro a Shin. O meglio, investii in pieno Shin e cademmo tutti e due a terra.
  - Hey, cosa c'è?
  Indicai il fiume. - C'era un'ape, dannazione! - urlai. Mi avvicinai al viso di Shin e feci un gesto con la mano. - Era a tanto così dal mio viso, lo capisci? Tanto così!
  Stavolta fu il turno di Hyo per ridere, seguito da Shin. Stranamente non trovai la sua risata fastidiosa, anzi. Era dolcissima, e contagiosa. Non riuscii a trattenere un sorriso.
  - E così la nostra carissima cacciatrice ha paura di un insettino, eh?
  Raccolsi la sua maglietta da terra e gliela lanciai dritta in faccia, con un sorriso. - Ma stai zitto, biondino.
  Tornammo al mio nascondiglio bagnati fradici, ma felici. La cosa parecchio strana era che non ero riuscita a smettere di sorridere. Mi era mancato troppo in quei mesi, e ora che stavo imparando nuovamente ad essere felice non avrei più smesso.
  Shin si sedette sull'unica sedia che avevo, lasciando me ed Hyo a terra. - Ho un'idea - disse. Mi indicò e sorrise. Ricordavo quel sorriso: era lo stesso che aveva quando pianificava un tiro di qualche sorta, che puntualmente andava a finire male. - Tu domani vieni a Salazar con noi.

.::Angolo dell'autrice::.
Salve gente <3
Ed eccoci qui al sesto capitolo :) Vi piace Anya? Io adoro quell'immagine ** (io l'ho solo modificata, l'originale si trova su DeviantART da qualche parte :3) Lì ovviamente è più grande, avrà tipo 12-13 anni...
Coomunque, ringrazio Drachen di tutte le recensioni che mi ha lasciato fino ad ora, che mi danno il coraggio di pubblicare il prossimo capitolo e tutte le persone che leggono la storia <3 ARIGATOU GOSAIMASU!
Alla prossima! :*
//Vì\\

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Capitolo 7
*** Figio di un conte ***


Figlio di un conte

  Discutemmo parecchio su quella cosa. Più che altro sembrava una discussione tra me e me. Parlavo solo io, esponevo tutte le probabilità e le ipotesi che mi venivano in mente, mi contraddicevo da sola più e più volte. Volevo andare a Salazar, ovviamente, volevo stare di nuovo con Shin, ed ora anche con Hyo. Ma se la Gilda mi avesse trovata?
  Avevo fatto qualche ricerca nel corso di quell'anno, e avevo scoperto che la Gilda prendeva con sé quelli che definiva Bambini della Morte, cioè bambini sotto i quattordici anni che avevano ucciso o la quale madre era morta di parto. Ora avevo il terrore di ciò che sarebbe potuto accadere se mi avessero trovata.
  - Dai, Anya, non puoi rimanere qui isolata dal mondo per sempre!
  Mi passai una mano tra i capelli mentre Hyo e Shin cercavano di convincermi ad andare con loro.
  - Quando partirete?
  Shin parve pensarci sopra qualche istante. - Penso che potremmo partire anche oggi.
  Potrei lasciarmi tutto alle spalle, mi dissi. Sì, forse ci sarei riuscita. E forse sarebbe bastato togliermi quella parrucca e vestirmi da femmina per nascondermi dalla Gilda. Forse.
  Beh, tentar non nuoce.
  - Va bene - risposi infine sorridendo. Shin lasciò scappare un'esclamazione, felice, e iniziò ad applaudire. Hyo mi sorrise, ed io mi alzai in piedi, stiracchiandomi. Guardai verso l'esterno, notando che era quasi ora di pranzo.
  - Alla fine non abbiamo più cacciato nulla.
  Incrociai le braccia sulla pancia, affamata. Mi ricordaai improvvisamente di aver sistemato una trappola nei pressi del fiume e dissi ai due ragazzi di aspettarmi mentre andavo a controllare. Tornai alla grotta a mani vuote, ancora più affamata di prima.
  - Un nostro zio vive qui nei paraggi - mi disse Hyo vedendomi arrivare - Forse può aiutarci.
  Rimasi per un attimo perplessa da quella proposta. Non tanto per l'idea, ma per quel "nostro".
  - Nostro zio?
  - Siamo cugini - mi spiegò velocemente Shin.
  - Ah... Beh... forse... sì, forse ci potrebbe dare qualcosa per il viaggio, non trovate?
  Vidi Hyo sorridere leggermente di fronte al lieve imbarazzo che provavo in quel momento. - Beh, allora cosa aspettiamo?

  Come il biondo aveva previsto, il loro zio ci offrì sia del cibo sia un alloggio per quel giorno, che fui costretta ad accettare dopo le sue varie insistenze. Era un'uomo abbastanza giovane, sposato e con una figlia. Dalla loro abitazione e dal numero di servi che giravano per essa intuii che doveva essere anche abbastanza benestante. E se mi stupii della differenza di ricchezze tra quell'uomo e la famiglia di Shin, la mia reazione di fronte a quelle del padre di Hyo fu decisamente maggiore.
  Arrivammo a Salazar, perché era lì che vivevano, dopo circa dodici giorni a cavallo, senza soste troppo prolungate. Hyo e Shin vivevano in uno dei quartieri più elevati, che appartenevano ai ricconi. La loro abitazione era quasi al livello di un palazzo, enorme ed elegante. Non appena entrarono fummo accolti da un uomo sulla trentina, che si inchinò di fronte ad Hyo.
  - Signorino, Vostro padre Vi stava aspettando.
  Hyo lo congedò con un cenno della testa e l'uomo scomparve nei corridoi della struttura. Inarcai un sopracciglio.
  - Vi prego, spiegatemi quello che sta succedendo o impazzirò - dissi ai due ragazzi.
  - Ah, non te l'abbiamo detto? - Shin diede una gomitata amichevole ad Hyo. - Il mio cuginetto è figlio di un Conte.
  Rimasi con la bocca aperta per lo stupore. Lasciai cadere lo sguardo sui miei vestiti e sulle numerose cicatrici che mi ero procurata in quei mesi, e tutto d'un tratto mi sentii completamente fuori posto.
  - Non penso di potermi presentare a tuo padre in questo modo - dissi prendendo tra le dita un lembo del mio vestito. Hyo mi guardò negli occhi e mi sorrise.
  - Mio padre tratterà con tutto il rispetto dovuto una ragazza come te. - Sentii le orecchie pizzicare e spostai lo sguardo, pensando di essere arrossita. E infatti...
  - Che fai, arrossisci? - Hyo scoppiò a ridere, e Shin, contagiato anch'egli dall'ilarità del cugino, lo trascinò da parte. Non capii quello che si dissero, ma lo sguardo indagatore di Hyo mi fece arrossire ancora di più. Senza contare il suo sorrisetto strano.
  Quando finirono di parlare si avvicinarono a me, ed Hyo mi prese per mano. Mi costrinsi a non svenire dalla vergogna. - Vieni, mio padre ci aspetta.
  Mi condusse per i corridoi della casa, fin quando non sbucammo in una sala enorme, con grandi arazzi appesi alle pareti e bellissime finestre in vetro colorato. Hyo ci lasciò indietro, salutò il padre con un inchino, e l'uomo ricambiò con un ab e ci annunciò. Stavolta fu Shin a prendermi per mano e a portarmi davanti al padre di Hyo.
  - Buongiorno, zio.
  - Shin! - L'uomo abbracciò Shin come aveva fatto pochi secondi prima con il figlio, ridendo.
  - E tu... - disse poi voltandosi verso di me - Tu devi essere l'incantevole Anya.
  Arrossii nuovamente mentre l'uomo mi baciava la mano. - Ho solo nove anni, non dovete.
  - Nove anni? - l'uomo mi sorrise con fare paterno. - Sembri molto più grande, lo sai?
  Ricambiai timida il suo sorriso. - Me lo dicevano in molti.
  - Comunque - ci interruppe Shin, - Anya avrebbe bisogno di nuovi vestiti e di un luogo dove stare: anche lei viveva a Nakohor con me, gli Assassini le hanno tolto tutto.
  - Certamente, ci mancherebbe altro. Hyo, accompagnala nella stanza degli ospiti e procurale dei vestiti decenti. Poi non mi dispiacerebbe se tu la portassi a fare un giro della villa.
  Hyo annuì. - Certo, padre. - Mi offrì una mano, che io rifiutai con un sonoro "so camminare anche da sola", facendolo sorridere. Mi condusse nuovamente per quel labirinto di corridoi, fino ad una stanza da letto al piano superiore. Mi procurò dei vestiti, poi, come aveva detto il padre, mi fece fare un giro della loro casa.
  - È enorme qui - dissi mentre passavamo sotto ad un soffitto davvero troppo alto. - Penso che mi perderò, ogni tanto.
  - Beh, non è poi tanto grande in confronto al castello di re Dohor. Quello sì che è un posto dove vorrei vivere...
  - Sei stato al palazzo reale?
  Lui annuì. - Sì, più volte. Mio padre è un collaboratore di Dohor, e spesso mi ha portato con sé durante le sue visite a palazzo.
  - Mmh. - Girammo l'angolo e uscimmo fuori, nel giardino esterno. - Da quello che so anche mio padre era stato dalla parte di Dohor prima della guerra aperta contro Ido. Cioè, lui non era un conte o cose così, era solo un Cavaliere.
  Hyo mi guardò con occhi sgranati. Mi chiesi se era quella la faccia che avevo avuto per tutta la visita. - Solo un Cavaliere? Solo? Dannazione, Anya, un Cavaliere è molto più importante di un conte!
  Mi strinsi nelle spalle. - Comunque sia ha lasciato l'Esercito pochi giorni dopo la mia nascita, quindi non voglio stare qui a ripensare a quanto poteva essere alta la sua carica rispetto ad altre.
  - Capisco... - il ragazzo mi squadrò un attimo dall'alto al basso, con uno sguardo indagatore. - Questo vestito ti dona.
  Arrossii sul colpo. -G... grazie...
  Quando rientrai nella mia stanza il sole stava già tramontando, ed Hyo mi aveva praticamente mostrato ogni angolo della villa, anche quello più nascosto.
  - La cena ci sarà tra pochi minuti giù nella sala da pranzo - mi avvertì lui prima di lasciarmi sola. - Preparati e scendi appena puoi.
  Fece per andarsene, quando lo fermai. - Quanti anni hai?
  - Come?
  - Ti ho chiesto quanti hanni hai.
  - Ah... - lui portò un braccio alla nuca, sorridendo. - Scusami, non ti avevo capito. Dodici anni.
  Ci salutammo. Non appena anche lui se ne fu andato mi misi ad ispezionare la camera.
  Questo sarà il luogo dove vivrò per i prossimi non so quanti anni, mi dissi mentre passavo un dito sulle dettagliae decorazioni dell'armadio di mogano addossato alla parete. Una fitta di nostalgia per la casa che avevo perduto un anno prima mi trafisse la pancia, lasciandomi un sapore amaro in bocca.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Salve gente! Qui è l'idiota di me stessa che vi parla <3 (?)
Passando a scrivere cose abbastanza "normali" (almeno per me), vi dico chi è quello lì in alto:
*rullo di tamburi*
Hyo quando era piccolo!
*coriandoli e fuochi d'artificio*

Hyo: è sì, ero proprio carinissimo...
Ehm... scusatemi, non so come c'è finito questo malato mentale qui... Soprattutto perché questo è il MIO angolo dell'autrice.
Hyo: Ok, ok, me ne vado, basta che non ti arrabbi.
Bravo. (Eh già, i miei OC hanno paura di me. MUAHAHHAHAHHA!)
Alla prossima!
//Vì\\

 

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Capitolo 8
*** Anno dopo anno ***


Anno dopo anno


  Passò un mese. Iniziai a provare per Shin un forte sentimento. Ma non era amore, lo sapevo. Era diverso, aveva un sapore differente. Ormai era mio fratello, e non riuscivo a vivere senza di lui.
  Due, tre mesi. Tra me e Hyo nacque un legame fortissimo. Ora avevo due fratelli.
  Sei, sette mesi. Non c'erano tracce della Gilda. Forse sarei riuscita a vivere, finalmente. Iniziai a sorridere più spesso, e tornai ad essere la ragazzina spensierata di un tempo.
  Un anno. Era già passato un anno da quando mi ero trasferita a Salazar quando mi accorsi che quello che provavo per Hyo non era un semplice legame di amore tra fratelli. No.
  Ero innamorata di lui. Follemente innamorata.
  Tutto mi ricordava i suoi occhi scuri, i suoi riccioli dorati, il suo sorriso dolce. Come era ovvio accadesse, tutti se ne accorsero. Tranne lui, giustamente. Però sembrava provasse un gusto nascosto nel vedermi in imbarazzo. Ogni occasione era buona per sussurrarmi qualcosa all'orecchio, oppure per abbracciarmi o comunque farmi arrossire.
  E poi come si divertiva quando mi vedeva con le guancie arrossate. Dopo aver ripetuto la frase ormai di copione scoppiava a ridere.
  E anche quel giorno fece così.
  Quella volta riuscì a farmi arrossire con un bacio sulla guancia. Il motivo? Non c'era. Era semplicemente arrivato da me e mi aveva baciato su una guancia davanti ai suoi amici. Poi mi aveva guardato in faccia ed aveva sorriso.
  - Che fai, arrossisci?
  E, come previsto, era scoppiato a ridere, insieme a tutta la bella combriccola. Io mi ero girata, infastidita, e avevo nascosto il viso tra le mani.
  - Non c'è niente da ridere, idiota. Smettila.
  Lui aveva alzato le mani, come in segno di resa, e mi aveva sorriso. - Va bene, ma non ti arrabbiare.
  Io mi ero sforzata di sorridere mentre mi scompigliava affettuosamente i capelli. In quella giornata la scena si era ripetuta per due o tre volte.
  Eppure lui non lo capiva. Sembrava così stupido mentre negava ogni sorta di legame affettuoso tra noi due, mentre io ero seduta in un angolino ad arrossire e balbettare. Più andava avanti più lo odiavo. E più lo odiavo, più sentivo di amarlo profondamente.
  Passò un altro anno, e un altro ancora. E ancora quel fastidioso sentimento non se ne andava. Anzi, sembrava aumentare, giorno dopo giorno. Eppure ero solo una ragazzina di dodici anni.
  Inizialmente non volevo abituarmici. Avevo un brutto presentimento sul mio futuro. Sapevo che quella era solo la tregua prima della tempesta, solo un bel sogno prima di risvegliarmi e trovarmi di nuovo come un coniglio nella trappola della Gilda. Più volte pensai di fuggire e nascondermi in un'altra Terra, ma ogni volta che provavo a mettere in atto il mio piano c'era sempre qualcuno di mezzo ed io dovevo annullare tutto.
  Poi venne quel giorno.
  Stavo girando da sola per le stradine affollate di Salazar quando lo vidi. Un Assassino. Il mio cuore smise di battere. Iniziai a correre verso casa, con il cuore in gola e sul punto di scoppiare in lacrime. Tentai in ogni modo di convincermi che loro non erano lì per me, o che quel che avevo visto in realtà non era mai esistito, ma senza successo.
  Davanti alla casa trovai Shin. Per poco non lo investii. Lui mi bloccò per le spalle e mi fissò per qualche secondo intensamente negli occhi. Probabilmente in quel momento avevo la stessa espressione di chi aveva appena visto la morte in faccia. Ed ero ad un passo dal collasso.
  - Che hai? - Shin stava iniziando a preoccuparsi. Senza parlare lo presi per una mano e lo tirai dentro casa. Fortunatamente non c'era nessuno. Corsi in camera mia, e chiusi tutte le finestre.
  - Dannazione, Anya, mi vuoi spiegare cosa c'è?
  Stavo per andare a chiudere l'ultima finestra quando lui mi bloccò per un braccio e pronunciò questa frase. Ora l'unico passo che mi separava dalla follia si era dimezzato. Rimasi immobile a fissarlo, con gli occhi e la bocca spalancati. Sentii gli occhi pizzicarmi. Lui continuava a parlarmi, ma io non capivo più nulla. Molto probabilmente stava iniziando ad urlare quando caddi in ginocchio e cominciai a singhiozzare.
  - Loro... sono venuti qui per me... stavano lì, li ho visti...
  - Hai visto chi? Anya, mi stai spaventando, spiegati!
  Strinsi le braccia sui miei fianchi e lasciai cadere la testa sul petto di Shin. - Gli Assassini... mi hanno trovata... mi porteranno via...
  Non riuscii a rispondere alle altre domande che Shin mi pose, bloccata dal sapore salato delle lacrime. Dopo un po' lui mi abbracciò, e rimanemmo in quella posizione fino a quando non mi fui calmata ed ebbi finito di spiegare tutto a Shin. Compresi i due assassini che avevo commesso dopo lo sterminio del villaggio. Lui cercò di non mostrarsi spaventato, ma potevo riuscire a sentire perfettamente il suo cuore battere all'impazzata contro la gabbia toracica.
  - Ti prego, non dire nulla a Hyo.
  - Certamente - mi baciò delicatamente sulla testa e iniziò ad accarezzarmi i capelli. - Non dirò nulla ad Hyo.
  Dopo quel giorno cambiò tutto. Non cercai più di nascondere quello che provavo nei confronti di Hyo, né a me né al resto del mondo. Perché avevo capito che quel che avevo mi poteva esser strappato via in ogni singolo momento, e che dovevo goderne anche la più minuscola parte.
  Fortunatamente la Gilda non era a Salazar per me: pochi giorni dopo ci arrivò la notizia che un conte, apertamente contrario a Dohor al contrario di Avar -era questo il nome del padre di Hyo-, era stato ucciso. Quando lo seppi non riuscii a trattenere una risatina.
  Passarono altri giorni, altre settimane, altri mesi. Nessuno avvistò più la Setta nei paraggi, ed io ripresi la vita di sempre, tra guancie arrossate e risate con gli amici.

.:: Angolo di Anya ::.
Ciao babbani, qui è Anya che vi parla.
Come ben sapete, Chiara mi odia a morte (Chiara è l'autrice, ovviamente). E poi va in giro a dire che sono il suo OC preferito. Tsk, è una babbana pure lei.
Fa sembrare Hyo un signorino peggio di Alois Trancy, e Shin un ragazzino che non la smette mai di ridere. LORO NON SONO CO
, DANNAZIONE. Questa qua non è proprio bona a scrive. Fa pena.
Visto che quella drogata-sadica-pervertita della mia... come dovrei chiamarla? Vabbé, Chiara sta arrivando vi lascio. Ah, quella lassù è mia nonna quando aveva la mia età.
Cià.



.:: Angolo dell'autrice che ha in mente un piano sadico per farla pagare ad Anya ::.
Salve ragazzi :3
Come avete potuto vedere ai miei personaggi piace sfidarmi... Io a quella lì la uccido, un giorno di questi. O forse è meglio farla soffrire lentamente... Se, questa mi piace. MUAHAHHAHHAHA!
Comunque, passando alla mia parte leggermente meno sadica, spero vi sia piaciuta sia l'immagine di Juliet che il capitolo :)
E ora 30 punti a Tassorosso perché sono riuscita a pubblicare questo capitolo a tempo record E PER DIMOSTRARE AD ANYA CHE NON SONO UNA BABBANA MA UNA PUROSANGUE FIERA u_u

Alla prossima!
//Vì\\

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Capitolo 9
*** Sole e Luna ***


Sole e Luna

"Un bacio come il vento
Quando arriva piano
Però muove tutto quanto..."
{Elisa; L'anima vola

  Quel giorno ero uscita con Hyo e Shin, senza meta. Ormai erano passati quattro anni da quando mi ero stabilita lì, e dopo quel breve avvistamento dell'Assassino non c'erano più stati spiacevoli incontri.
  Come sempre, la città era affollata; uomini, donne e bambini che correvano da ogni parte rendevano quasi difficile il passaggio nelle vie più strette. Sembrava una normalissima giornata come le altre, felice e semplice. Poi accadde quell'unica cosa che mai mi sarei aspettata, e che mai avrei voluto vivere.
  Non avevo eliminato il ricordo del ragazzo che avevo ucciso durante quell'anno in cui mi ero nascosta per il Mondo Emerso, ma non avrei mai pensato che quel giorno sarebbe tornato ad inquietarmi, seguito dagli incubi notturni.
  Stavo camminando con Shin, in un punto stranamente quasi deserto della città-torre, e stavamo aspettando Hyo quando una donna mi vide ed iniziò ad urlarmi contro. Sembrava avesse appena visto la morte in faccia da come gridava, e lo stesso valse per me quando la guardai in faccia. Impallidii fin quasi a sembrare un fantasma accorgendomi di aver davanti la madre di quel ragazzo. Non capii molto del suo discorso contorto, se non il profondo odio che provava per me. Shin mi guardò terrorizzato e cercò in tutti i modi di calmare la donna, ma senza risultati. Io ero lì, immobile senza far nulla. La piazzetta cominciò a riempirsi ed il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. Lacrime di paura iniziarono a farsi spazio sul mio viso. Feci un passo indietro, poi un altro e un altro ancora.
  Iniziai a correre. Senza meta, senza guardare dove mettevo i piedi o chi urtavo. In quel momento volevo solo scappare, allontanarmi da quei spiriti che non mi volevano mai lasciare in pace.
  Mentre correvo, lasciai cadere per sbaglio un fiore che avevo raccolto vicino a Hyo, che nel frattempo stava tornando da noi, distogliendo la sua attenzione da qualcosa che non capii.
  Lui si chinò a raccoglierlo: era una camelia, il mio fiore preferito. Alzò lo sguardo, e per qualche secondo ci guardammo, prima che la mia fuga ricominciasse. Mentre correvo, sentivo i suoi passi affrettarsi dietro di me, e la sua voce chiamarmi.
  Col fiatone continuai a scappare, ancora terrorizzata dalle parole della donna. Non avevo intenzione di rallentare né tantomeno di fermarmi. Portai una mano al viso e asciugai con rabbia le lacrime che lo rigavano. Alle mie spalle, Hyo correva ancora.
  Mi seguirà e mi fermerà per capire quello che è successo, mi dissi, anche a costo di correre per tutta Salazar.
  Non volevo dirglielo, non volevo che sapesse nulla della mia vita passata. Nulla di ciò che ero stata gli doveva interessare.
  Sentii Hyo urlare ancora una volta il mio nome, esasperato. Con un po' di fortuna, riuscii a seminarlo. Mi fermai dietro a un pozzo, in una piazza vuota e dall'altra parte di Salazar, e mi misi in ascolto.
  Ci sono riuscita, mormorai tra me e me. Poi mi parve che le gambe non riuscissero a sorreggermi, e caddi in ginocchio. Coprii il viso con le mani, mentre violenti singhiozzi mi facevano sobbalzare.
  Un rumore. Era durato solo un secondo, e probabilmente era solo la mia immaginazione, ma il cuore iniziò a battermi troppo forte nel petto.
  - Non scappare...
  Mi alzai in piedi, pronta a fuggire nuovamente. Con uno scatto, provai a correre verso gli edifici di pietra, ma Hyo mi bloccò per il polso.
  - Lasciami andare! - urlai con tutto il fiato che avevo in corpo. Cercai di liberarmi dalla sua presa, come avevo fatto tante altre volte, ma in quel momento mi sembrava di essere bloccata in un muro di cristallo nero. Urlai per la rabbia.
  Hyo mi tirò verso di lui e mi abbracciò stretta. Tentai di liberarmi, iniziai a tempestare il suo petto di pugni, ma sembrava che più mi agitassi, più la sua presa diventava ferrea. Lui mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
  Sembrò durare un tempo infinito. Le lacrime smisero di scendere da sole, e mi accorsi che quel semplice gesto era tutto ciò che desideravo da molto tempo. E quando le sue labbra si allontanarono da me, uno strano senso di vuoto si impadronì del mio corpo. Cercai istintivamente di avvicinarmi nuovamente al suo viso. Hyo mi guardò triste, e asciugò le mie guancie bagnate con la mano.
  Non disse nulla, mi porse solo il fiore che mi era caduto durante la fuga. Non lo presi. Il suo colore rosso mi ricordava il sangue che avevo fatto sgorgare dal collo di quel ragazzo innocente. Lui lasciò cadere la camelia a terra e mi abbracciò.
  - Ho sentito quella donna - mi sussurrò dolce. - Se non vuoi parlarne, dimenticherò tutto. Ma ti prego, non scappare più.
 Ricominciai a piangere, con la faccia nascosta tra le pieghe della sua camicia. E mentre ci perdevamo in quell'abbraccio capii che sarei stata pronta a tutto pur di stare per sempre con lui. Fino ad allora non pensavo che potesse esistere un amore così puro e sincero che nemmeno un passato così tremendo potesse fermare. E soprattutto non pensavo che quell'amore potesse sbocciare tra noi due, due ragazzini di appena tredici e sedici anni.
In fondo lui era come la luce, io come il buio. Lui era il Sole, io la Luna. Ma senza luce non può esistere il buio, e il Sole non sarebbe stato poi così speciale senza una Luna che si opponesse a lui.
  E mentre i petali del fiore scarlatto volavano trascinati dal vento, pensai che senza di Hyo non potevo vivere.


.:: Angolo dell'autrice ::.
Come faccio a fangirlare anche su una coppia inventata da me? Sono malata. DAVVERO malata.
Non avrei mai pensato di poter amare una coppia inventata da me xD Sono ufficialmente la mia OTP preferita. O forse no... non lo so, anche due miei OC di Eragon sono dolcissimi insieme...

Anya: Ovviamente siamo noi due!
Hyo: Ooh... ti amo Anya.
Anya: Ti amo anch'io, tesoro.
STATE ZITTI TUTTI E DUE.
Vabbé, cambiando discorso, vorrei ringraziare ovviamente Drachen per tutte le sue recensioni (io ti adoro **) e per aver messo la storia tra le seguite, insieme a RayaFee :)
Alla prossima!
//Vì\\

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Capitolo 10
*** Reid ***


Reid
 
  Gli incubi mi perseguitarono per mesi dopo l'incontro con la donna. Alla fine Shin era riuscita a convincerla, in qualche modo, che si stava confondendo con qualcun altro, ma questo  non era riuscito ad alleviare tutte le mie preoccupazioni.
  Ma non erano successe solo cose negative. Dopo il bacio scambiato con Hyo il nostro rapporto si era rafforzato, e lui era anche arrivato ad ammettere con i suoi amici che mi aveva baciato. Ovviamente, per dare loro una prova, aveva provato a baciarmi anche davanti a loro.
  Secondo me fu una pessima scelta. Ovviamente fu una pessima scelta. Dove pensava che avrei scaricato tutto l'imbarazzo del momento? Pensava che mi sarei fatta baciare davanti ai suoi amici così, senza far nulla? E magari che avrei anche risposto con trasporto al bacio? E magari che avrei anche detto qualcosa del tipo "Oh, Hyo, ti amo"? Sarebbe stato divertente, e magari anche romantico, ma no.
  Semplicemente gli tirai un pugno l'istante prima che le sue labbra toccassero le mie. Sicuramente gli feci male, molto male, ma in quel momento non mi importava nulla. Anzi, l'avrei pestato volentieri a sangue in quel momento, l'avrei tranquillamente ridotto in cenere per poi chiedergli scusa in un secondo momento. Per sua fortuna mi accontentai solo di quel pugno sullo stomaco.
  In quei mesi avevo anche preso l'abitudine di andare nel giardino della villa, ogni sera, e di sedermi sulle radici di una grande magnolia per guardare il cielo. Era bellissimo visto da lì, soprattutto nella mezzora appena precedente al tramonto. E poi le stelle... Ah, era un piacere vederle da quel punto così elevato. Ce n'erano due in particolare che attiravano la mia attenzione: una rossa e una azzurra. Quella rossa era strana, mi inquietava. Con il tempo notai che quella stella scompariva per circa una settimana in un'arco di tempo che spesso variava; quella azzurra invece spesso cambiava colore, variando dalle tonalità più chiare a quelle più tenebrose del blu, ed era semplicemente bellissima.
  Passai una mano tra le lunghe ciocche dei capelli scuri, mentre anche quella sera ammiravo il cielo stellato. Un improvviso fruscio dietro di me mi fece scattare all'erta. Non vidi nessuno. Nel momento stesso in cui rivolsi nuovamente il viso alle stelle, un altro rumore attirò la mia attenzione. Cominciai ad agitarmi leggermente.
  Mi alzai in piedi e feci per andarmene, quando uno strano pensiero si fece spazio nella mia mente. Sorrisi.
  Quanto può essere idiota quello lì?
  Mi sedetti nuovamente a terra e per qualche istante feci finta di niente. Poi, sperando tra me e me che il mio pensiero fosse giusto, mi decisi a parlare.
  - Esci fuori - dissi sicura di me.
  - Ehm... Hey Anya! Che coincidenza!
  Appena alzai lo sguardo vidi Hyo nascosto, se così si poteva dire, su uno dei rami della magnolia. Lui inclinò la testa di lato, cosa che faceva ogni volta che era imbarazzato, e arrossì leggermente, mentre io sorridevo divertita.
  - Eh già, una vera coincidenza, non trovi? - dissi.
  Lui scese con un salto dall’albero, mentre io non smettevo di sorridere, senza dire una parola.
  Hyo ricambiò il mio sorriso dolcemente e alzò gli occhi al cielo. - Ora capisco perché esci sempre di nascosto. - Spostò lo sguardo verso di me - Anche a te piacciono le stelle?   
  Lo affiancai, annuendo, mentre rivolgevo lo sguardo su una stella in particolare, la più luminosa di tutte: quella azzurra.
  - La vedi quella lassù? - chiesi indicandola.
  - Quella? - mi chiese indicandola a sua volta. Spostò la sua mano verso la mia e la strinse. Poi mi prese il viso con l'altra mano e si avvicinò pericolosamente a me. Si fermò un istante prima ch le nostre labbra si incontrassero. Sorrise.
  - Non mi stamperai anche questa volta un pugno sulla pancia, vero?
  Non risposi. Mi alzai sulle punte e lo baciai sulle labbra. Chiusi gli occhi e assaporai quel momento con ogni parte del mio essere.
  -È  la mia preferita, sai - gli dissi quando ci fummo divisi. - La stella. L'ho chiamata Reid
  - Perché proprio Reid? -  chiese lui. - Io l'avrei chiamata... non so... Anya. - Feci una smorfia, disgustata da quelle parole così smielate. Lui rise e mi baciò nuovamente, stavolta sulla guancia.
  - Non ti dirò mai perché, è un segreto.
  Mi girai verso di lui e notai che il suo viso era bellissimo illuminato dalla luce della Luna e delle stelle. Provai l'impulso di baciarlo ancora, ancora e ancora. Il cuore iniziò a battermi all'impazzata e per un istante pensai che la suo eco potesse giungere fino alle orecchie di Hyo e a quelle di tutti gli altri abitanti del Mondo Emerso. Arrossii e mi girai dall'altra parte prima che lui non potesse vedermi.
  - E'... è meglio che andiamo
  Hyo annuì e mi affiancò. Durante il tragitto fino alle nostre camere mi ricordai di minacciarlo che se mi avesse seguito un'altra volta, sarebbe andata a finire male. Lui sembrò non prendere troppo sul serio la minaccia.
  Quella volta non ebbi il coraggio di confessare che quella stella, la più luminosa e la più bella, aveva lo stesso nome di mio padre: Reid. Mi dava sicurezza e mi faceva sorridere ogni volta che la guardavo. Ed era solo la nostra stella.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Ed ecco qua che la storia d'amore tra Anya ed Hyo comincia a sbocciare <3 Kyaah, come sto fangirlandoooooo! xD
*cerca di calmarsi invano*

Anya: Perché cerchi di calmarti? Scusami, puoi fangirlare per Jace e Clary e non per noi due?
Scusami, tu come sai che fangirlo per Jace e Clary visto che NON HO ANCORA COMINCIATO A FARLO?
Anya: Giusto, stavi fangirlando quando Simon si stava per dichiarare e quando a detto a Jace di lasciar stare Clary.
*arrossisce*
Questa qui sa più cose di me.
Bene, oggi è il turno di presentarvi... Chi vi dovevo presentare? Ah, già. Avete visto l'immagine in alto, no? Lui è (era) Reid, il padre di Anya!
*clap clap clap*
Non so come ho fatto a trovare quell'immagine così perfetta, non c'è stato neanche bisogno di modificarla! Me l'ero immaginato esattamente così *_* È (era) davvero perfetto.
Comunque so che a voi non interessa, visto che è morto xD Penso che nel prossimo capitolo presenterò Shin... oppure la madre di Anya... Boh.
Alla prossima!
//Vì\\

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Capitolo 11
*** Te lo prometto ***


Te lo prometto
"Will you still love me when I'll no longer
Young and beautiful?
Will you still love me when I'll got nothing
But my aching soul?..."
{Lana Del Rey; Young and beautiful


  Quando aprii gli occhi il Sole era quasi alla metà della sua parabola, ed era il giorno del diciassettesimo compleanno di Hyo.
  Non gli ho neanche fatto un regalo, mi dissi alzandomi pigramente dal letto. Pensai anche che probabilmente sarei stata l'unica sua conoscente a non regalargli nulla per un giorno così importante. Insomma, l'entrata nell'età adulta non è una cosa che succede tutti i giorni.
  - Mi inventerò qualcosa.
  Mi lavai alla svelta e indossai il vestito di seta color pervinca, il mio preferito, notando con una smorfia che cominciava a starmi leggermente stretto all'altezza del petto e dei fianchi.
  - Mi scordo sempre di farlo allargare - dissi al mio riflesso nello specchio, mentre mi esibivo in uno sbadiglio degno di un drago. Drago. Sorrisi.
  - Trovato il regalo adatto per Hyo. - Mi incamminai verso la porta, sistemandomi i capelli. - Devo smetterla di parlare da sola.

  - Mi stai prendendo in giro?
  Hyo era di fronte a me, su di giri per il semplice fatto che quel giorno gli avrei permesso di fare un volo su Naki. Risi, contagiata dalla sua felicità.
  - Smettila di fare così, scemo. Ci fissano tutti.
  Lui si portò una mano dietrò la testa e arrossì. - Scusami.
  Gli feci un cenno con la testa e gli tirai un pugno amichevole sul braccio, facendogli l'occhiolino. - Vieni, ho già chiesto a tuo padre di farcela trovare in giardino.

  - No, no, no, no! - urlai ad Hyo con le mani tra i capelli. - Dannazione, sei stupido o cosa? Il piede non va lì, è la decima volta che te lo dico!
  - Ma non riesco a spostare la gamba da qui se mi devo spostare più in avanti!
  Shin, dietro di noi, ridacchiava, nonostante cercasse di sembrare troppo concentrato alla condizione delle sue mani per prestare ascolto a quella commedia che andava avanti quasi da mezz'ora ormai.
  - Aaah! - Mi arrampicai sulla zampa anteriore del drago, borbottanto qualcosa sulla stupidità di quel ragazzo. - Fortuna che mi sono cambiata, con i pantaloni sono molto più comoda. Spostati più indietro o mi farai cadere dal drago.
  Hyo fece un saltino indietro, e finalmente sistemò i piedi nel punto dove gli stavo gridando di metterli. Mi spiaccicai una mano in faccia, sospirando.
  - Qui sembro più io quella grande che voi due.
  - E io che c'entro ora! - esclamò Shin, improvvisamente attento.
  - Tu c'entri sempre. Hyo, stringiti a me o non penso che quando toccherai il terreno sarai ancora vivo. Non lì le mani! - aggiunsi arrossendo quando Hyo posiziono le mani un po' troppo più in alto del dovuto.
  - Scusami! È tutta colpa dei tuoi capelli, sono troppi! Non riesco a vedere dove metterle - disse agitando le mani davanti a me. Io le presi e le misi sui miei fianchi.
  - Shin, noi torniamo tra un po'. Se non torniamo entro il tempo che lo zio ha previsto digli di non preoccuparsi, bado io a questo bimbo - dissi accennando con la testa ad Hyo. Lui fece un versetto indignato.
  - Da quando in qua chiami mio padre zio?
  - Se prestassi un po' d'attenzione quando siamo insieme - spiegai pazientemente, - sapresti che me l'ha chiesto lui ieri sera.
  Alzai il viso verso l'orizzonte, notando che ancora poche ore e il sole sarebbe tramontato. Il cielo sopra di noi era macchiato qua e là da chiazze candide, ma più ad est era completamente coperto da un cappuccio scuro. - Reggiti forte.
  Diedi un colpetto con le gambe a Naki, che si piegò sulle possenti zampe e alzò le ali sopra di noi, fino a farle toccare tra di loro. Spiccò un salto che fece tremare la terra, e un secondo dopo ci ritrovammo a fluttuare in aria, il cielo così vicino da poterlo toccare con un dito. Ed effettivamente Hyo ci provò: allungò una mano nell'aria fredda, come se volesse provare ad entrare in una nuvola. Sorrise ed urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, felice come un bambino. Anche io sorrisi, mentre facevo virare il drago blu-notte verso la pianura esterna alla città, quella dove una volta sorgeva la Foresta che divideva la Terra del Vento da quella delle Rocce.
  Atterrammo dopo una ventina di minuti, perché Hyo mi aveva quasi costretto a non atterrare prima. Quando Naki toccò terra con le zampe posteriori la presa di Hyo sulla mia vita si allentò e lui cadde a terra, rotolando per un po'.
  - Ti avevo detto di tenerti a me! - gli dissi scendendo velocemente a terra e correndogli incontro. - Tutto bene?
  - Si, non ti preoccupare - disse lui mettendosi a sedere. Si tradì da solo, però, perché gli scappò una smorfia e allungò una mano dietro la schiena.
  - Fai vedere a me. - Gli tirai su la camicia, notando un taglio poco profondo vicino alla spina dorsale. - Non è nulla, solo un taglietto.
  - Te l'ho detto io.
  - Mi avevi anche detto di essere un adulto, ma non mi pare così.
  Hyo arricciò il naso, sdraiandosi a terra con le braccia dietro la testa. - Ti sei inacidita da quando abbiamo incontrato Miree per strada.
  Stavolta fui io ad arricciare il naso mentre mi sdraiavo. Odiavo quella ragazza, con tutto il mio cuore. Con quei capelli castani che smuoveva sempre con le spalle per mettere in risalto il petto, e quei suoi occhi verdi che non staccava un attimo da Hyo...
  - Non la sopporto - spiegai. - Mi ha rovinato la giornata quella lì.
  - Ma povera ragazza! È simpatica, non ha fatto nulla di male. E poi.. - fece un gesto vago con la mano. - Ha un bel corpo.
  - Un bel cosa?! - scattai. Lui sorrise malizioso.
  - Mi hai capito benissimo. - Arrossii di botto. - Dai, ha un corpo che fa paura.
  - Sì, e i suoi vestiti non lasciano neanche spazio all'immaginazione.
  Hyo rise. Mi voltai dall'altra parte, infastidita dai suoi pensieri. - È per questo che lei piace a tutti.
  - Scommetto che se avessi la sua età sarei molto più attraente di lei.
  - Ne sono certo. - Mi baciò su una guancia, mentre continuavo a tenere il broncio. - Cos'è, sei gelosa?
  Ah, ecco cos'era. Aveva colpito perfettamente il punto. Mi conosceva davvero meglio di me stessa. Arrossii leggermente.
  - Io? Gelosa? Ma come ti passa per la testa? - Gli diedi un pugno amichevole sul braccio, mentre cercavo di trattenere un sorriso. - Gelosa. Pfh.
  Hyo scoppiò a ridere. Lo imitai dopo pochi secondi.
  - Mi devi promettere una cosa - disse dopo essersi calmato.
  - Mmh?
  - Devi promettermi che non ti dimenticherai mai di me, qualunque cosa succeda. E soprattutto che non te ne andrai.
  Lì per lì non capii il senso della promessa: come avrei fatto a dimenticarmi di lui? No, sarebbe stato impossibile. Lui era tutto per me, era il mio mondo.
  - Te lo prometto.
  Solo in quel momento mi accorsi che la discussione aveva fatto volare via un bel po' di tempo: il sole già toccava la terra ad occidente.
  - Dobbiamo andare.
  Salimmo nuovamente sul drago e spiccammo il volo. Nel rosso del crepuscolo sembravamo un pezzo di cielo notturno. In fondo io ero un pezzo di cielo notturno. Figlia della notte, così mi definiva mio padre quando mi accarezzava i capelli.
  Non avrei mai immaginato che quell'epiteto era usato anche dagli Assassini sparsi in giro per il Mondo Emerso.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Hey gente :3 E sì, proprio quando pensavate che avevo imparato a scrivere sono tornata a pubblicare capitoli orrendi :')
Se ve lo state chiedendo (io ancora continuo a sperare che qualcuno legga queste schifezze) sì, quello lassù dovrebbe essere Shin... Solo che nell'immagine originale quello era Finnik Odair.
*coro di angeli mentre pensa alla figaggine di quel ragazzo*

Shin: io so' più figo.
Ora anche tu ti infili nell'angolo dell'autrice? Insomma sei il più grande, pensavo avessi un minimo di buonsenso.
Shin: lol, nope.
Eee la mia vendetta allora ricadrà anche su di te :3
Shin: *fugge*
Alla prossima!

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Capitolo 12
*** Paura ***


Paura
"Quando una stella muore
Che brucia ma non vuole
Un bacio se ne va
l'Universo se ne accorgerà
Quando una stella muore
Fa male..."
{Giorgia; Quando una stella muore

  Paura. L'unica cosa che riuscivo a provare in quel momento. La sentivo scorrermi dentro, martellarmi il cranio e trafiggermi il cuore. Avrei voluto urlare, sfogarmi, distruggere, ma la sagoma dell'uomo sdraiato a terra a pochi metri da me mi trattenne.
  Rannicchiai le ginocchia al petto e portai le mani legate alla testa, per cercare di attenuare le tremente stilettate di dolore che continuavano ad uccidermi dentro.
  Non riuscivo a ricordare quasi nulla di quello che era successo prima. Provai ancora una volta a cercare di riordinare le informazioni che vagavano per la mia testa.

   È quasi sera, e i fiocchi di neve scendono placidi verso il terreno. Sto scherzando con Shin fuori di casa.  È la prima volta che vedo la neve. Dopo un po' scivolo su una lastra di ghiaccio.
  - La neve è fredda!
  Shin sorride mentre mi aiuta a rialzarmi. - Maddai? Acuta la ragazza.
  La madre di Hyo ci chiama ripetutamente, ma noi non la ascoltiamo minimamente.  È identica alla sorella - che ovviamente era la madre di Shin -: stessi occhi scuri, stessi capelli color mogano, stessa pelle pallida.
  Accade tutto in un attimo, troppo veloce perché mi possa rendere conto di quello che sta succedendo. Un uomo scatta fuori da alcuni cespugli e colpisce Shin al fianco destro. Lui cade a terra, la mano stretta sulla ferita. Non riesco a muovermi. Fisso il corpo di Shin contorcersi davanti a me.
  Sono morta, penso terrorizzata.
  Shin inizia a respirare a fatica, poi arrivano le convulsioni. Un urlo, distante. Poi un dolore fortissimo alla testa, e un buio completo mi prende con sé.


  Non riuscivo a ricordare più di questo. Strinsi le mani fino al limite delle mie possibilità, ferendomi. Goccie di sangue scarlatto bagnarono il terreno umido.
  Non ce la faccio, pensai terrorizzata.
  La notte volgeva quasi al termine quando l'uomo davanti a me si svegliò. Si alzò in piedi e allungò le braccia, elegante come un gatto. Quando si voltò verso di me sembrava leggermente stupito. Si avvicinò.
  - Sei silenziosa - mi disse sedendosi accanto a me. - Da quanto sei sveglia?
  Non risposi. A vederlo da vicino sembrava più un ragazzo dell'età di Shin, ma il buio ancora mi impediva di metterlo bene a fuoco.
  Shin. Il dolore interiore arrivò come una pugnalata allo stomaco.
  Cercai di vedere com'era vestito, giusto per capire se era un Assassino o no, ma le lacrime che avevo versato poche ore prima mi offuscavanno ancora la vista.
  - Bene, non vuoi rispondermi... - mi prese rudemente per un braccio e mi fece alzare in piedi. Indicò un punto lontano nell'orizzonte. - Noi ora dobbiamo andare là per prendere dei cavalli. Non dire a niente a nessuno e saremo entrambi felici. Intesi?
  Quando il ragazzo/uomo capì che non avrei neanche accennato una risposta mi spinse leggermente in avanti, poi iniziò a camminare al mio fianco.
  Quando il sole sorse notai con terrore e disgusto che indossava una divisa d'Assassino. Mi lasciai scappare un lamento. Non proferimmo parola per il resto del viaggio.
  Non avevo nemmeno tentato di ribellarmi, non sarebbe servito a nulla ora che mi conoscevano. Semplicemente, mentre mi portava in un accampamento dei soldati di Dohor, camminavo in silenzio, a testa bassa.
  Quando arrivammo a destinazione, un uomo mi strappò letteralmente dalle braccia dell'Assassino, tra le proteste di quello e del mio braccio dolorante. Mi squadrò per qualche secondo prima di trascinarmi dentro una tenda, senza ascoltare il ragazzo.
  Dentro la tenda c'era un ragazzo di circa tre anni in più di me, con dei capelli così chiari da sembrare bianchi, intento a lucidare un'armatura. Quando entrammo, il ragazzo alzò lo sguardo verso di noi e i suoi occhi si soffermarono su di me.
  Erano verdi. Lo stesso verde di Shin, lo stesso verde che tanto avevo amato. Un brivido mi percorse la schiena.
  L'uomo che mi aveva preso per il braccio mi spinse a terra, facendomi inginocchiare. Gemetti di dolore quando la ferita sul collo si stirò. Sentii l'uomo ridere e gli indirizzai uno sguardo carico di odio, più centinaia di insulti nella mia testa. Mi rialzai in piedi, senza prestare troppa attenzione alle parole che i due si scambiarono.
  Il giovane posò nuovamente gli occhi su di me, ed io arrosii leggermente. Mi sembrava di essere guardata da Shin. Chiusi gli occhi e scossi la testa.
  Lui non è Shin, mi dissi. Shin è morto.
  In quel preciso istante in cui per la prima volta formulai il pensiero della morte di Shin mi sentii terribilmente sola. Aprii gli occhi di scatto, lo sguardo fisso a terra e uno tremendo senso di panico nello stomaco. E ora? Cosa avrei fatto?
  Non mi era mai passata per la mente l'idea che la Setta potesse trovarmi, non dopo tutto quello che avevo passato. Davvero sarei dovuta andare con loro in quel loro nascondiglio di morte? Il cuore iniziò a battermi così forte che pensai che tutti potessero sentirlo.
  Dopo un'altra breve discussione il ragazzo mi prese e mi portò in un'altra tenda, più piccola della precedente e meno lussuosa. Mi fece sedere su una brandina scomoda e per qualche istante rimase a guardarmi. Io continuavo a fuggire al suo sguardo.
  - Ti senti bene?
  La domanda arrivò improvvisa, ed io ci misi qualche secondo per chiederlo a me stessa e annuire mentendo.
  - Quanti anni hai?
  - Quattordici - mormorai, la voce roca per il trattamento del silenzio che avevo riservato all'Assassino. Mi fece una strana impressione sapere che, anche se avevo un corpo da ragazzina, la mia visione del mondo e i miei pensieri erano già quelli di un adulto.
  Il ragazzo si passò una mano tra i capelli e mi guardò di nuovo negli occhi. Per qualche istante cercai di sostenere il suo sguardo, ma dovetti rinunciare all'impresa.
  - Qual è il tuo nome? - chiese ancora lui. Quella discussione ormai sembrava un interrogatorio.
  - Perché ti interessa?
  Lui si strinse nelle spalle. - Pura curiosità.
  Sospirai, lasciando una pausa teatrale tra la sua risposta e la mia. - Forse Anya, forse Aduia, chi lo sa.
  Proprio in quel momento entrò l'Assassino che mi aveva portata lì, con in mano una corda, alla quale era legato un bellissimo roano.
  - Anya, alzati. Ci aspettano.
  Il ragazzo sorrise leggermente. Nel suo sorriso notai una nota di tristezza. - Quindi ti chiami Anya.
  Bisbigliai con voce innaturalmente acuta entrambe le frasi, prima di uscire dalla tenda. Legato al roano c'era un'altro cavallo, uno stallone bianco.
  Un colore che mi si addice davvero poco, pensai quando l'uomo mi allungò le briglie del secondo cavallo. Montai in sella, e in pochi secondi mi ritrovai la mano sinistra legata alla parte anteriore della sella.
  - Cosa... cosa diamine ti salta in mente?
  Stavolta fu lui a non rispondermi.
  Pochi giorni dopo arrivammo in vista della Terra della Notte.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Buonsalve gente <3
Ed ecco che distruggo la vita di Anya. Di nuovo :) Sono crudele -v- Poi mi lamento di Licia Troisi che ha fatto uno sterminio generale dei miei personaggi preferiti, ma io sto sulla buona strada, eh.

Shin: tu... ti sei vendicata sul serio di quella volta che sono entrato nell'angolo dell'autrice...
Pensavi che scherzassi?
Shin: beh... Sì?
Ahahhaha quanto sei simpatico :')
Anya: Stai attenta quando vai a dormire. Può darsi che ti risvegli con un pugnale ficcato nelle costole.
Sì Anya, anche io ti voglio bene <3
Coomunque, visto che la mia mente è davvero malata spero per voi che abbiate capito perché ho scelto una citazione dalla canzone di Giorgia per questo capitolo... Se no ve lo spiego subito: per Anya il padre era come una stella (come ho già detto in un altro capitolo) e dopo la sua morte ha vagato nel buio fino a quando non sono arrivati Shin ed Hyo. Dopo quell'evento loro due sono diventati le sue "stelle polari", diciamo, i suoi punti di riferimento. E... basta, qui Shin è morto e nella canzone dice "quando una stella muore fa male".
Vabbé, basta con questi discorsi che mi sto impicciando da sola xD
Alla prossima :)

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Capitolo 13
*** Nella tana del serpente ***


Nella tana del serpente


"All I ever wanted was for you to know
Everything I do I give my heart and soul
I can hardly breathe, I need to feel you here with me
Yeah..."
{Avril Lavigne; When you're gone

 
  Il paesaggio della Terra della Notte era forse la cosa più strana che avessi mai visto: fiori dai colori più stravaganti, bacche luminescenti, un cielo senza stelle né luna, completamente oscurato come in un giorno di tempesta.
  Cercai ancora una volta di slegare la mano sinistra dalla sella del cavallo, ma dovetti rinunciare subito per via delle stilettate di dolore che il polso mi inviava a ogni movimento. Poggiai la testa sul collo del cavallo e mi lasciai sprofondare nel sonno.

  Sono al centro di una piazza deserta. Mi guardo intorno, nel tentativo di vedere qualcuno o almeno di capire dove mi trovo, ma i miei tentativi si rivelano inutili. Cerco di muovermi, ma è come se un peso tremendo mi gravasse sulle spalle e mi bloccasse al mio posto.
  Dopo un'interminabile ora - o forse sono minuti? Giorni? - una nuvola scura si addensa sopra di me e inizia a piovere. Accolgo l'acqua come un fratello che non vedo da tempo. Ma la densità di questo liquido non è la stessa della normale acqua. Nemmeno l'odore e il colore, a me fin troppo noti. Inizio a tremare.

  Sangue. Sangue sulla mia pelle, tra i miei capelli, nei miei occhi, nella mia bocca. Provo ad urlare, ma nessun suono esce dalla mia bocca.

  Mi svegliai di soprassalto quando sentii qualcosa sfiorarmi il braccio. Il mio primo istinto fu quello di urlare, ma mi trattenni. Non riuscivo a vedere nulla, se non le poche cose che erano distanti appena un palmo dal mio viso. Tra quelle, c'era l'Assassino che mi aveva portato fin lì.
  - Sbrigati - mi disse slegandomi il polso segnato da un bracciale di sangue, - Siamo arrivati.
  Scesi dal cavallo, ma le gambe non mi ressero. Il ragazzo fu rapido a bloccare la mia caduta, il suo tocco leggero, quasi inesistente. Quando mi raddrizzai la mia vista si era abituata alla scarsa luminosità di quella Terra infernale, e riuscii a vedere un Tempio che svettava verso il cielo con le sue torri inquietanti scolpite interamente nel cristallo nero. Un brivido di puro terrore mi percorse la schiena.
  Il ragazzo mi spinse in avanti, costringendomi ad entrare della costruzione. L'interno era come l'esterno: completamente in cristallo nero, a parte delle panche di ebano. Seduta su una di esse c'era una donna, che pregava il dio con voce spezzata dal dolore. Rabbrividii ancora.
  Il ragazzo mi passò davanti, lasciandomi ferma al centro della navata principale. Iniziai a fissare la statua di Thenaar che sembrava ricambiare il mio sguardo con crudeltà. Sentii l'impulso di scappare via, di correre fuori da quel luogo... E allo stesso tempo quello di entrare dentro quel covo di Assassini. Solo curiosità, nulla più. Eppure quella curiosità funzionava come forza opposta a quella del fuggire, e mi bloccava al mio posto. Continuai a fissare l'enorme statua di cristallo nero macchiata di sangue fin quando il ragazzo non mi prese per il braccio e mi trascinò dietro una porta nascosta nel muro.
  Mi condusse fin quando non ci ritrovammo davanti a una porta scura. Lui lasciò la presa sul mio braccio e bussò. Uno, due, tre secondi... Una voce all'interno rispose.
  - Vieni avanti.
  Il ragazzo aprì la porta e mi fece entrare. Dentro, dietro una scrivania coperta di scartoffie e libri, c'era un uomo anziano vestito completamente di rosso. Nonostante l'età riuscivo a vedere la forma dei suoi muscoli scattanti sotto gli abiti. Davanti agli occhi azzurri c'erano un paio di occhiali dalla montatura dorata rovinati dal tempo. Mi fissò negli occhi, e fu come fare una doccia con l'acqua gelida. Rimasi paralizzata sotto il suo sguardo indagatore. Al mio fianco, il ragazzo si inginocchiò e portò le braccia a croce sul petto. - Mio signore.
  L'uomo gli permise di alzarsi con un cenno della mano, mentre mi continuava a fissare. Iniziai a tremare leggermente. - Finalmente ci incontriamo, Anya. - Mosse il capo verso una sedia di fronte a lui. - Siediti pure, dobbiamo parlare. Tu - aggiunse poi guardando il ragazzo, - puoi andare. Hai svolto bene il tuo compito.
  L'Assassino si esibì nuovamente nel gesto di prima. - Grazie, Suprema Guardia.
  Suprema Guardia... Quell'appellativo risuonò centinaia di volte nella mia testa prima che il ragazzo sparisse dietro la porta di legno scuro. Appoggiai una mano tremante allo schienale della sedia, poi mi sedetti, titubante.
  - Perché sono qui? - Che domanda idiota. Sapevo benissimo perché ero lì.
  - Pensavo che Kalter te ne avesse parlato. - Quando sentii il nome Kalter pensai istintivamente al ragazzo di pochi secondi prima. Deve essere il suo nome, pensai.
  - Quando sei nata tua madre è morta di parto, giusto? - riprese lui con un sorriso quasi ironico stampato in faccia. - Tu sei una prediletta da Thenaar, Anya. Sei una Bambina della Morte; per questo sei qui, per servire il nostro dio.
  - Avete centinaia di Assassini qui, non penso che serva anche una ragazzina di quattordici anni.
  L'uomo rise sommessamente e scosse la testa. - Certo che ci servi, Anya. Se Thenaar ha impresso il suo marchio su di te un motivo ci sarà.
  Abbassai lo sguardo, rabbrividendo. - La scelta è tua. Ma ricordati che se non rimarrai qui con noi morirai comunque.
  - È una minaccia?
  - È una proposta.
  Sentii gelide goccie di sudore sulla base del collo. Non volevo servire la Setta. Ma non volevo neanche morire. Appoggiai i gomiti sulle ginocchia, e le tempie sui palmi delle mani. Iniziai a muovere la bocca formulando diverse frasi senza voce. Facevo spesso così, soprattutto quando ero spaventata e quando dovevo trovare una soluzione. E in quel momento tutte e due le cose erano mescolate nella mia testa, in un enorme groviglio indecifrabile.
  Sospirai, giungendo dopo un minuto ad un'unica conclusione, l'unica che non avrebbe messo in pericolo nessuna vita se non la mia. - Accetto.
  La Suprema Guardia si produsse in un nuovo sorriso enigmatico. - Hai fatto la scelta giusta.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Quell'immagine... ha un qualcosa di inquietante... MOLTO inquietante.
Saaalve gente, e benvenuti al nuovo capitolo della storia spezza-parentele-amicizie-amori-e-tutto-il-resto-che-si-può-spezzare! Qui è quell'idiota dell'autrice che vi parla ^w^
Maaa... si nota tanto che amo Avril Lavigne? Nah, metto solo una citazione di ogni sua canzone...
Comunque, mi stavo chiedendo se pubblicare questa storia tutta insieme o se dividerla a metà... Forse mi conviene più la seconda, ma non saprei che titolo dargli :S Comunque uscirebbero fuori due ff da circa venti capitoli ciascuno. O almeno penso così... Non so, mi sa che se la divido la seconda sarà più corta.
Comunque, grazie alle poche persone che leggono, e soprattutto grazie a quella santa di Drachen che continua a recensire <3
Alla prossima!



(P.S. sarei moooolto felice se anche qualcun altro mi lasciasse qualche recensione... anche critica, ma vi prego, mi fate sembrare un'idiota che parla sempre al plurale quando ha solo una persona che legge la storia çwç)

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Capitolo 14
*** Iniziazione ***


Iniziazione
"And I remember all those crazy thing you said
You left them running through my head
You’re always there, you’re everywhere
But right now I wish you were here
All those crazy things we did
Didn’t think about it just went with it
You’re always there, you’re everywhere
But right now I wish you were here..."
{Avril Lavigne; Wish you were here

  Mi chiusero in uno stanzino, minuscolo ma abbastanza grande per farci entrare due persone. I miei pensieri erano sempre rivolti verso Hyo, verso la speranza che fosse ancora vivo. Mai come in quel momento sarei voluta stare con lui. Lui mi avrebbe capito, mi avrebbe abbracciato, mi avrebbe offerto una spalla su cui piangere e un braccio su cui reggermi. Lui. Era l'unica cosa di cui avevo bisogno. E l'unica cosa che avrei dovuto dimenticare per sempre, a meno che non l'avrei voluto vedere morto.
  Era quasi impossibile resistere in quelle condizioni. Senza cibo, senza vedere la luce del Sole che splendeva nelle altre Terre del Mondo Emerso, con solo una mezza brocca d'acqua al giorno. Il primo giorno mi diedero nuovi vestiti e mi tagliarono i capelli. Guardai con tristezza le ciocche blu e nere cadere a terra. Dopo tre giorni iniziai a sentire i morsi della fame. Ero debole, e le ferite che Ghaan, la Guardia degli Iniziati, mi imprimeva non facevano che peggiorare le cose. Si rimarginavano in fretta, certo, ma il sangue che perdevo iniziava ad essere troppo.
  Sette ferite diverse: palmi, avambracci, gambe, fronte. Provai spesso a far sparire le cicatrici con le ferite, ma dopo pochi secondi la vista cominciava ad appannarsi ed io dovevo rinunciare. Dopo cinque giorni passato e presente iniziarono a mischiarsi, insieme a tremende allucinazioni sul mio futuro incerto.
  Ghaan veniva ogni notte, come potevo capire dalla stella rosso sangue che spuntava nel cielo, la stessa che vedevo quasi ogni sera a Salazar, e mi istruiva sul Culto. Mi spiegò chi era Thenaar, mi parlò delle armi degli Assassini, dei sette Grandi Fratelli che avevano segnato la storia dei Vittoriosi. Mi raccontò di Rubira, la Stella di Sangue, l'ancella di Thenaar, la stessa stella che annunciava l'arrivo della Guardia. E la stessa stella che mi aveva tanto incuriosito e appassionato.
  Forse ha ragione Yeshol, pensai infine. Forse era davvero destino che io mi trovassi qui. Forse Thenaar ha impresso davvero il suo marchio su di me.
  Dopo otto giorni di sofferenza allo stato puro, la figura a spalancare la porta non fu la stessa di Ghaan. Rubira non era ancora sorta.
  - Il tuo periodo di purificazione è finito. - Yeshol. Alzai a fatica lo sguardo verso l'uomo. - Stanotte avrà luogo la tua iniziazione, al sorgere di Rubira.
  Mi prelevarono dalla stanza pochi minuti dopo. O forse secondi, o addirittura ore: non riuscivo a capire quanto tempo fosse passato. Vennero due donne, completamente calve, che mi condussero in una nuova sala, dove l'odore del sangue era più fastidioso che mai. Seduto su uno scranno c'era Ghaan, affiancato da due uomini. Mi fecero inginocchiare a terra.
  Le donne mi diedero un'altra brocca d'acqua e un tozzo di pane nero, che finii in pochi morsi. Mi fecero sedere per qualche secondo.
  - Cosa succederà?
  Una donna mi tizzì. - L'iniziato non può parlare.
  Non riuscii a ribattere. Mi fecero bere un'altra brocca d'acqua e subito dopo i due uomini mi sollevarono. Mi fecero camminare avanti a loro per i cuniculi scuri della Casa. Ad ogni passo l'odore del sangue aumentava, acre e penetrante. Trattenni a stento un conato di vomito.
  Mentre camminavamo le pareti iniziarono a vibrare per via di una litania lugubre; prima un sussurro lontano, poi un canto. Un terribile canto di morte.
  Infine giunsi alla sala. Era un'enorme grotta naturale, con al centro due piscine di sangue. Dentro quelle erano immersi i piedi di una statua di Thenaar, spropositata. Più in basso una statua più piccola. Da quello che riuscii a vedere era un bambino, con due orecchie a punta, vestito di una tunica. Il mio pensiero corse al Tiranno.
  La sala era piena di Assassini. Provai istintivamente un moto di repulsione, costringendomi a non fuggire. Lì l'odore pungente del sangue era più forte che mai.
  Continuai a camminare lentamente, ma con passo deciso e lo sguardo fisso sulle piscine colme di sangue scarlatto. Non avrei mai fatto notare a quella feccia la mia debolezza in quel momento.
  Gli Assassini interruppero la loro preghiera per lasciare la parola alla Suprema Guardia.
  - Potente Thenaar, una nuova sorella è ora qui, innanzi a te, e chiede di essere ammessa nel novero dei tuoi. Per te abbandonerà le schiere dei Perdenti, rinnegherà la propria vita di peccato, e seguirà la via dei Vittoriosi. E' purificata, e ti offre la sua sofferenza e il suo sangue.
  In quel momento tirò fuori una piccola ampolla con il mio sangue e lo versò nella piscina. Un brivido mi percorse la schiena mentre l'inquietante preghiera ricominciava a tuonare tra le pareti della sala. Non riuscivo a capire bene le parole: troppe voci, troppo stordimento.
  Yeshol riprese a parlare: - Che il tuo sangue, potente Thenaar, purifichi e marchi la nostra nuova sorella, e imprima su di lei il tuo simbolo oscuro.
  Raccolse da terra una specie di piatto lucente sotto le luci delle candele, lo immerse nella piscina e versò il suo contenuto sulla mia testa. Sentii il sapore amaro della bile sulla lingua. Un'acclamazione percorse la sala. Ero ufficialmente un'Assassina.
  Finita la tetra cerimonia ognuno raggiunse la propria stanza. Io fui accompagnata da una Guardia, come dimostravano i bottoni colorati sulla casacca, verso le terme. Mi tolsi in fretta tutto quel sangue di dosso, impaziente di andarmene. Poi, sempre con la Guardia come guida, fui accompagnata nella mia stanza.
  Mi gettai sul letto, inquieta e incapace di chiudere occhio nonostante la tremenda stanchezza.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Non ho tempo, non ho tempoo! Oggi non scrivo nulla qui perché devo scappare a trovare le immagini di copertina e di profilo per la mia pagina facebook xD
Spero vi sia piaciuto il capitolo, baci baci, alla prossima!

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Capitolo 15
*** Primo giorno ***


Primo giorno

  Il suono lugubre di una campana mi fece svegliare di soprassalto. Portai istintivamente la mano al fianco destro, dove di solito tenevo il pugnale. Mi guardai intorno, sperando che quello che era successo fosse stato solo un incubo, un tremendo incubo che però era finito. Ma le pareti cupe, la cassa di ebano ai piedi del letto e la piccola statua di Thenaar nella nicchia della parete non lasciavano sperare.
  Mi alzai dal letto incupita e andai a spazzolarmi i capelli arruffati davanti allo specchio. Rimasi per qualche secondo a contemplare la mia immagine, così diversa dalla ragazza che ero. Passai una mano tra i capelli corti, rimpiangendo le lunghe ciocche blu. Infilai velocemente le mani nei guanti di pelle, mi vestii e in un attimo uscii dalla mia lugubre stanza per entrare in un corridoio ancora più deprimente.
  Dopo aver consultato la piantina della Casa che mi avevano affidato, con un po' di difficoltà mi avviai verso le terme, brulicanti di Assassini. Mi spogliai ed entrai dentro una delle vasche. Qualcuno mi guardava, ma solo con curiosità. La cosa mi dava comunque sui nervi e mi affrettai ad uscire. Appena misi piede fuori dalla sala suonò la prima campana che segnava la colazione. Stavolta fu più semplice trovare il refettorio, visto che tutti si stavano dirigendo in quel luogo. Mentre camminavo notai gli sguardi indagatori che i miei "compagni" mi lanciavano, e riuscii anche a sentire qualche commento fastidioso sull'essere l'ultima.
  Non importa, mi dissi. Sarei riuscita comunque a fargli vedere ciò di cui ero capace. E avrebbero rimpianto il giorno in cui erano venuti al mondo.
  Mi sedetti lontano da tutti, nell'angolo più vicino alla porta. Lasciai vagare il mio sguardo sulla sala, provando un profondo disprezzo per ciascuna delle persone chiuse lì dentro.
  Ad un tratto il silenzio scese nella sala e Yeshol prese parola. - Preghiamo Thenaar, perché ci doni una lunga giornata di lavoro, al termine della quale potremo godere del dono delle tenebre, propizie all'omicidio e così care ai suoi figli.
  Nel refettorio si alzò una sola voce. - Sangue al sangue, carne alla carne, sia gloria al nome di Thenaar. - Io non aggiunsi la mia voce al coro.
  Non appena Yeshol si congedò, tutti iniziarono a mangiare. Io seguii l'esempio generale e agredii il povero pasto servito, terribilmente affamata per via del digiuno dei giorni precedenti. Terminata la colazione mi diressi verso il Tempio, dove avrei avuto avere la mia prima lezione con il Maestro al quale ero stata affidata, un certo Agon.
  Spuntò da un corridoio alla mia sinistra, senza far alcun rumore. Indossava una normale divisa da Assassino: corpetto, casacca, pantaloni e anfibi, tutto rigorosamente nero. L'unica nota di colore erano i bottoni verdi del corpetto. Mi fece cenno di fermarmi e iniziò a studiarmi. - Seguimi.
  Andammo a sederci ad uno dei tanti banchi ed Agon cominciò ad istruirmi sul credo, sull'arte dell'assassinio, dei Bambini della Morte e sulle preghiere che bisognava rivolgere a Thenaar. Tutte cose che già conoscevo dalle spiegazioni giornaliere della Guardia degli Iniziati.
  - E quindi io sarei una Bambina della Morte solo perché mia madre è morta di parto? - Agon annuì.
  - Pensavo che avessi ucciso qualcuno ultimamente - disse lui. - I Bambini della Morte con le madri morte di parto solitamente vengono portati qui quando sono ancora in fasce.
  Beh, allora sono stata fortunata, pensai con un mezzo sorriso amaro.
  Alla fine della lezione, mentre mi stavo per dirigere verso il refettorio dopo il suono della prima campana, Agon mi bloccò.
  - Quasi dimenticavo. Ricordati sempre che tu sei una semplice allieva, mentre io sono il tuo Maestro. D'ora in poi dovrai trattarmi con il rispetto dovuto ad un tuo superiore e dovrai rivogerti a me con l'appellativo "Maestro". Sono stato abbastanza chiaro?
  Presi un respiro profondo. - Si, Maestro.
  - Molto bene. Puoi andare.
  Mi congedai inginocchiandomi e portando le braccia a croce sul petto, poi ripresi la mia camminata verso il refettorio. Anche a pranzo mi sedetti lontano da tutto e da tutti. Poco prima del discorso di Yeshol, un ragazzo si sedette di fronte a me. Era molto più robusto ed alto di me, ma non dovevamo avere che pochi anni di differenza. Lo guardai per un attimo accigliata, poi rivolsi la mia attenzione altrove. Non ci scambiammo una sola parola.
   Dopo pranzo avevo un'ora libera. La passai nella mia stanza, senza far nulla. Quando la sabbia nella piccola clessidra sulla cassa finì, iniziai a dirigermi verso la palestra, dove già mi attendeva Agon. Appena misi piede nella sala fui travolta da un'ondata di occhiatine fastidiose. Dovevo aspettarmelo.
  Seguii Agon fino ad una saletta adiacente a quella in cui ero entrata, dove c'era un uomo alto, estremamente magro e con la testa rasata.
  - Lui è Sherva, Guardia della Palestra. Per oggi ti allenerai con lui. - Detto questo se ne andò, lasciandomi sola con la Guardia.
  L'uomo iniziò a squadrarmi da capo a piedi, e rimase in silenzio per qualche minuto.
  - Sai cavartela con il pugnale e con la spada, anche se non perfettamente. Sei discretamente esperta con l'arco. Ti è sconosciuto, però, lo scontro a mani nude.
  Aggrottai la fronte, stupita dalla sua osservazione. - Il corpo di un Vittorioso dice più di quanto pensi sulle sue capacità - mi spiegò.
  - Ah.
  Subito dopo iniziammo ad allenarci, e, come aveva detto lui, me la cavai meglio di quanto mi aspettassi con la spada e il pugnale, abbastanza decentemente con l'arco, mentre con lo scontro a mani nude ebbi parecchie difficoltà.
  Dopo avermi spiegato qualche tecnica sul corpo a corpo mi congedò. - Domani inizierai il tuo vero addestramento con Agon.
  A cena il ragazzo che si era seduto davanti a me quel pomeriggio riprese lo stesso posto. Nemmeno in quel momento ci parlammo.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Hey hey hey :3
Ho una buona notizia: ho quasi finito di scrivere la prima parte della storia!
*fuochi d'artificio*
*coriandoli*
Comunque, ho un dubbio... è meglio scrivere la seconda parte della storia (dove Anya ha 17 anni) sempre al passato o al presente? Sono proprio indecisa, perché ho iniziato ad amare il metodo di scrittura di Hunger Games... e boh, mi andava di scrivere così. Ma forse è meggio di no... Oddio ç_ç

Hyo: hey, ma quella era Anya a 12 anni?
Sii! *w* era proprio pucciosa, così aasdhuòpufbresob *WW*
Hyo: allora Anya ha ragione quando dice che sei malata.
Che ha detto Anya?
Hyo: n... no, niente... Non ha detto proprio nulla, non ti preoccupare, ti venera come una dea *scappa*
Ma allora c'è ancora qualche OC spaventato da me :')
Alla prossima!



 

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Capitolo 16
*** Tre mesi dopo ***


Tre mesi dopo
"So far away
I wish you were here
Before it’s too late, this could all disappear
Before the doors close and it comes to an end
With you by my side I will fight and defend
I’ll fight and defend, yeah yeah..."
{Avril Lavigne; Keep holding on


  Erano passati tre mesi dalla mia iniziazione quando accadde.
  Avevo appena finito il mio allenamento con Agon nella palestra, come ogni pomeriggio, quando il ragazzo che tutti i giorni si sedeva di fronte a me nel refettorio - e che, come avevo scoperto, si chiamava Elros - mi rivolse per la prima volta la parola. Mi si avvicinò silenzioso come un gatto, e per qualche istante mi fissò con i suoi occhi scuri, mentre io facevo finta di niente.
  - Voglio sfidarti - disse senza tanti preamboli.
   Mi girai verso di lui, inarcando un sopracciglio. - La prima volta che mi parli mi sfidi? - Lui annuì, sicuro. Presi un respiro profondo, mentre incrociavo le braccia. - Lotta a mani nude?
  - Certamente. - Con la testa fece un cenno ad una sala adiacente, meno affollata, dove alcuni Assassini della nostra età si allenavano nel corpo a corpo. L'avevo visto lottare qualche volta: era una perfetta macchina per uccidere. Come stazza era il mio doppio. Mi scappò una smorfia.
  - Se hai paura basta rifiutare l'offerta.
  - Io non ho paura - ribbattei con una decisione che non sapevo di avere.
  - Allora seguimi.
  Ci dirigemmo verso la stanza e ci sistemammo in un angolo libero in fondo. Iniziai a studiarlo per capire i suoi punti deboli, anche se non ne trovai nessuno, mentre alcuni dei nostri compagni, che sicuramente avevano sentito il ragazzo sfidarmi, entravano nella sala incuriositi. - Ci sono regole?
  Lui scosse la testa. - Attaccami.
  In quel momento un'idea geniale mi colpì come un fulmine. Rivoltare la sua stessa forza contro di lui, ecco cosa dovevo fare. Dovevo farlo infuriare.
  - Prima le signore - risposi con un sorriso sarcastico e il preciso intento di stuzzicarlo. Alcuni ragazzi ridacchiarono, mentre il mio sfidante diventava rosso in viso. Si avvicinò velocissimo, con il pugno sinistro stretto. Anticipai la sua mossa, bloccandogli il braccio.
  - Non è molto saggio farsi prendere la mano in questo modo con un avversario sconosciuto. In tutti i sensi. - Stava per colpirmi con l'altro braccio, quando bloccai anche quello e, con l'unica proiezione che conoscevo, lo mettevo con le spalle a terra. Un'altro coro di risatine si sollevò. Non mi sentii mai baciata dalla fortuna come in quel momento.
  - Ti ho sottovalutato, e anche parecchio. Spostati, dammi la possibilità di lottare seriamente.
  Mi scanzai e la sfida ricominciò. Quel ragazzo doveva avermi sottovalutato davvero, perché ora attaccava con una forza e una velocità notevolmente superiori alle mie. I miei muscoli cominciavano a gridare vendetta: dovevo trovare una soluzione, e subito.
  Con la coda dell'occhio notai una donna, di circa sei anni più grande di me, con dei bottoni azzurri sulla casacca da Assassina. Non ricordavo il nome, ma ero sicura che fosse la Guardia degli Incantesimi.
  Incantesimi! Sorrisi, distraendo per un attimo il ragazzo, e mormorai qualche parola in fretta.
  Due secondi dopo lui era paralizzato addosso al muro, senza respiro. Mi guardò stupito, con il sottofondo delle risate degli Assassini. La Guardia iniziò a guardarmi con curiosità.
  - A quanto pare mi hai sottovalutato di nuovo... - dissi avvicinandomi a lui. - Qualche parola in tua discolpa?
  Lui divenne rosso di rabbia in viso. - Non avresti dovuto provocarmi...
  Risi, anche se dentro avevo davvero paura di quello che sarebbe potuto succedere quando Elros si sarebbe liberato dall'incantesimo. - Ah sì? Perché, cosa puoi farmi ora? - Senza smettere di sorridere, mormorai altre due parole, e il ragazzo si ritrovò a fluttuare in aria.
   - Tirami giù, razza di...
  Fu interrotto dalla Guardia, che bloccò il mio incantesimo e fece scendere a terra il ragazzo, ancora rosso in viso. Poi si rivolse a me, dicendomi di seguirla. Corrugai leggermente la fronte, preoccupata, e iniziai a camminarle dietro.
  - Questa me la paghi, ragazzina - sentii gridare alle mie spalle.
  - Sono sempre libera - urlai di rimando.
  La Guardia mi lanciò un'altra occhiata curiosa. - Chi è il tuo Maestro? - Il suo tono era terribilmente freddo e distaccato.
  - Agon - risposi con il suo stesso tono. Lei arricciò le sopracciglia.
  - La Guardia del Tempio... non sa usare la magia.
  - Infatti - risposi calma. - Tutto quello che so l'ho imparato da sola.
  La Guardia non disse altro, il viso una maschera indecifrabile. Continuai a seguirla fino allo studio di Yeshol, dove lei mi disse di aspettare mentre lei parlava con la Suprema Guardia. Rimasi seduta tra quelle pareti strette, con l'odore dolce e nauseabondo del sangue tra le narici. La ragazza uscì dalla sala qualche minuto dopo.
  - Domani comincierai il tuo addestramento con la magia. Fatti trovare al Tempio un'ora dopo la colazione.
  La guardai stupefatta. Una parte di me era eccitata all'idea di imparare ad usare la magia, un'altra provava ribrezzo al solo pensiero di imparare qualcosa da quella feccia della Setta. Comunque non potevo ancora fare nulla a riguardo, quindi mi limitai a portare le braccia incrociate al petto. - Grazie della fiducia, mia Guardia.
  La ragazza si allontanò, lasciandomi da sola in quei cunicoli scuri. Sentii la prima campana che segnava la cena e iniziai ad avviarmi verso il refettorio. Quel giorno il ragazzo si guardò bene dal sedersi di fronte a me.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Sono così fiera della mia Anya :')
Questo capitolo mi ha fatto pensare a due giorni fa, che ho preso un braccio a un mio amico e gliel'ho rigirato con una mossa di karate... E questo solo perché mi aveva detto che non ero capace di fargli male xD E oggi ancora gli faceva male il braccio, ma vabbé xD
Comunque, stiamo per arrivare alla fine della prima parte della storia... Mancano solo quattro o cinque capitoli *w*
Alla prossima allora!

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Capitolo 17
*** Prima missione ***


Prima missione
 
 L'addestramento andava avanti a ritmi sfrenati. La mattina c'erano gli studi di Magia con Fenula, la Guardia degli Incantesimi; dopo pranzo un'ora di lezioni sul Credo e il resto del pomeriggio estenuanti esercizi nella palestra con Agon. Quando la sera ne uscivo ero stremata.
  La ragazzina impaurita che ero prima aveva lasciato il posto ad una ragazza coraggiosa e determinata; il corpo magro e debole era diventato forte e agile. Inoltre i miei movimenti erano diventati decisamente più silenziosi.
  Ero riuscita a recuperare il distacco che avevo con la maggiorparte dei miei coetanei. Di questo passo sarà facile scappare di qua, pensai un giorno sorridendo.
  Dopo un anno di allenamenti fui convocata da Yeshol per la mia prima missione. Un'ora dopo la colazione entrai nel suo ufficio. Non appena la Suprema Guardia mi vide lasciò perdere i fogli che stava consultando.
  - Anya. Accomodati pure. - Presi posto su una sedia dietro il pesante tavolo di ebano, abbastanza infastidita. - Immagino tu sappia perché ti ho convocata.
  - Un assassinio - dissi annuendo. Yeshol sorrise compiaciuto. Gli strapperò quel sorrisetto dalla faccia un giorno, mi dissi stringendo i pugni.
  - Agon mi ha riferito dei tuoi passi avanti ed entrambi pensiamo che tu sia pronta. - Mi guardò negli occhi per qualche istante, poi riprese. - Dovrai uccidere la sacerdotessa Arvenduij, contraria alla nostra Missione. Il suo villaggio si trova verso Assa, nella Terra del Fuoco.
  Annuii. Stavo per alzarmi, quando Yeshol mi fermò.
  - Agon verrà con te per saggiare le tue capacità nel mondo esterno. Vi incontrerete domani mattina al Tempio.
  Il mio viso rimase una maschera impassibile, nonostante il piano che mi ero preparata durante la spiegazione era sfumato: quel giorno non sarei riuscita a fuggire.
  - Sarà fatto.
  Non appena fui fuori dallo studio lasciai andare un sospiro represso.

  La mattina seguente trovai Agon già pronto per partire, al Tempio. Mi venne incontro senza far alcun rumore.
  - Dobbiamo compiere un rito prima di andare - mi disse non appena fui a portata d'orecchio. Mi insegnò la preghiera e la recitai sotto la statua di Thenaar, mascherando il mio disgusto. Non appena ebbi finito, Agon si diresse verso il pesante portone del Tempio. Lo spinse. L'odore umido dell'aria mi sferzò il viso e mi riempì i polmoni, e per un istante una folle sensazione di libertà mi riempì il cuore. Era la prima volta che vedevo l'esterno dopo un anno, un lunghissimo anno, e il cielo nuvoloso che minacciava pioggia mi sembrò più bello che mai.
  Ci incamminammo nella notte eterna di quella regione, diretti verso la Terra del Fuoco. Per tutto il viaggio non aprii bocca, e Agon mantenne il suo comportamento distaccato, convinto probabilmente che questo potesse mettermi a disagio. Di quando in quando mi lanciava delle occhiatine fugaci, ma feci finta di niente. Stavo già pensando alla donna innocente che avrei dovuto uccidere pochi giorni dopo.

  Eravamo arrivati a destinazione da tre giorni ormai, avevo già studiato le mosse, i comportamenti e le abitudini della sacerdotessa e il giorno dopo avrei dovuto compiere l'omicidio. Ero seduta sul pavimento della camera che avevamo affittato in una locanda, fingendoci una giovane coppia. Non riuscivo a calmarmi. Una goccia di sudore apparve sulla mia fronte corrugata per lo sforzo di rimanere concentrata. Agon sorrise.
  - Sei un po' agitata? - Io non risposi. - È così per tutti, durante il primo omicidio. Col tempo di abituerai e considererai quest'agitazione un'amica.
  Arricciai il naso, infastidita dal suo commento, e mi chiusi nuovamente nella mia meditazione. Senza sapere il perché, il mio pensiero sfiorò il ricordo di Shin, steso a terra tra le convulsioni. Mi collegai con il suo viso sorridente di quando scherzavamo assieme e al giorno in cui l'avevo visto per la prima volta dopo lo sterminio del villaggio. Era stato quello il giorno in cui avevo conosciuto Hyo. Un nodo mi si formò in gola e scacciai quei pensieri dolorosi.
  Un giorno riuscirò a tornare da te, Hyo. Aspettami, pensai convinta.
  La mattina dopo ero nascosta tra le rocce davanti al Tempio, mentre aspettavo che Arvenduij arrivasse. Come previsto, la donna arrivò due ore dopo l'alba. La seguii silenziosa nell'ombra, stringendo un pugnale nella mano. La tensione quasi mi offuscava completamente  il pensiero.
  Calmati.
  L'immagine del viso sconvolto del ragazzo che avevo ucciso anni prima mi apparve davanti, seguita da quella dell'uomo che avevo mandato all'altro mondo, il mio primo omicidio.
  Dannazione, Anya, datti una calmata!
  Continuai a scattare silenziosa nell'ombra, ed entrai nel Tempio. Mi mossi con sicurezza verso l'entrata dello studio della sacerdotessa, silenziosa come un gatto. Spinsi la porta e trovai la donna inginocchiata sotto una statuetta di Thenaar. Non era come quelle della Casa: il volto era meno severo, ed era di marmo bianco.
  Arvenduij scattò in piedi appena mi vide e cercò di afferrare qualcosa nascosta sotto la sua tunica, il viso una maschera di puro terrore. Fui rapida a lacerare la carne morbida del suo collo. Lei si accasciò a terra senza un gemito ed io lasciai cadere il pugnale insanguinato a terra. La mano tremava, e dovetti aspettare qualche minuto per calmarmi completamente.
  Non mi abituerò mai a questo, pensai. Quella donna non aveva fatto nulla per meritarsi di morire. Mi inchinai davanti al suo corpo e riempii una boccetta con il suo sangue. Ero completamente disgustata da quello che stavo facendo, il sapore amaro della bile sulla lingua.
  Uscii di corsa dal Tempio e mi diressi verso il luogo che avevo deciso con Agon. Mi ci volle un attimo. Lo trovai seduto a terra, intento a miscelare uno strano liquido in una boccetta. Gli passai davanti, rallentando leggermente il passo, ma senza fermarmi. Agon mi bloccò per un braccio e mi passò davanti agli occhi la scena che poco più di un anno prima avevo vissuto con Hyo. Cercai di cancellare quel ricordo, ma senza successo.
  - Devi compiere un rito prima di andare.
  Mi voltai verso di lui, con uno sguardo interrogativo, mentre mi strappava dalle mani l'ampolla con il sangue della sacerdotessa e lo mischiava con il liquido che stava preparando. Poi mi mise la boccetta sotto il naso, dicendomi di berlo. Spalancai gli occhi, disgustata solo all'idea di farlo.
  - Come scusa?
  - Mi hai sentito bene - mi disse lui severo. Mio malgrado strinsi l'ampolla di vetro e mi bagnai le labbra con quello che un tempo era stato sangue. Sia l'odore che il colore erano gli stessi, e il sapore dolciastro e ferroso era quasi identico. Mi trattenni a stento dal vomitare. Girai il viso dalla parte opposta a quella di Agon, per non fargli notare il colorito pallido della mia pelle, e aspettai che allentasse la presa sul mio braccio.
  - Andiamocene - mi disse poi, iniziando a camminare davanti a me.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Salve gente :3
E poi boh, ieri ho scritto l'ultimo capitolo della prima parte di questa storia ed ero tipo "Oddio, ora muoro" (sì, MUORO) e... chissà se uno scrittore si sente sempre così orgoglioso di sé stesso...
Vabbé, alla prossima <3

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Capitolo 18
*** Non chiedermelo mai più ***


Non chiedermelo mai più
"Sono solo stasera senza di te
Mi hai lasciato da solo davanti a scuola
Mi vien da piangere, arriva subito
Mi riconosci ho le scarpe piene di passi
La faccia piena di schiaffi
Il cuore pieno di battiti
E gli occhi pieni di te..."
{Jovanotti; Le tasche piene di sassi

  Due anni. Due tremendi anni che alla fine erano sembrati lunghi come secoli. Durante questi anni ero cambiata parecchio sul piano fisico: il mio corpo ormai era decisamente più forte di quando ero entrata nella Casa per la prima volta, i muscoli più scattanti e i sensi più acuti. Ero anche cresciuta in altezza, e i miei capelli ormai erano lunghi circa la metà di quando vivevo a Salazar. E in quei due anni non avevo mai avuto una misera occasione per scappare.
  Quel giorno sarei dovuta andare in missione: un generale di Dohor sospettato di spionaggio, un uomo chiamato Fedion che viveva sulle sponde del fiume Ludanio, al margine con la Terra dei Giorni.
  Uscii dalla Casa di mattina presto e, senza perdere tempo, mi incamminai verso il crepuscolo eterno del confine della Terra della Notte. Mi ci vollero due giornate di cammino per arrivare a destinazione, perché decisi di aggirare il fiume piuttosto che prendere una barca. Arrivata, mi sistemai in un ostello e iniziai ad indagare per la città.
  Dopo tre giorni riuscii ad infiltrarmi per la prima volta nel palazzo, di notte. Non riuscii a portare a termine la missione quel giorno però, perché il Sole arrivò prima che avessi il tempo di entrare le stanze di Fedion.
  Rientrai nella mia camera affittata dalla finestra, per cercare di non destare sospetti, e mi gettai sullo scomodo letto improvvisato.
  Sempre meglio di quello alla Casa, pensai con un sospiro. Alzai la mano destra in aria, il palmo rivolto verso il soffitto macchiato di muffa. Iniziai ad incanalare l'energia che avevo dentro verso la mano, verso quella specie di maledizione, e accesi una fiammella. Guardai il simbolo sulla mano, incandescente. Mi persi fra le linee viola e nere che si intrecciavano tra loro. Lessi incantata i nomi delle antiche divinità elfiche scritti intorno alla stella a cinque punte. Sentii la potenza della magia scorrermi dentro.
  Lentamente una fimma rossa scese dalla mia mano, fino a fermarsi davanti al mio viso. Muovendo semplicemente la mano destra, iniziai a farla danzare. La fissai per un po', quella fiammella calda e vivace. Sorrisi.
  Dopo qualche minuto, feci scomparire la fiamma nell'aria frizzante del mattino. Guardai fuori dalla finestra, rendendomi conto che il sole era già alto. Chiusi gli occhi e mi lasciai sprofondare nel sonno.

  - Papà! Papà!
  L'uomo prende in braccio la bambina e la fa volare in aria. Lei ride, i capelli scompigliati che sfuggono dalla fascia di pelle legata sulla fronte. Il padre inciampa, e rotolano entrambi a terra, sulla sabbia morbida, fino a toccare la riva del mare. Nessuno dei due sembra essersi fatto male.
  - Papà, rifacciamolo!
  L'uomo sorride dolcemente alla bambina quando si rialza in piedi e la issa sulle sue spalle. - Meglio di no, tesoro, o la prossima volta ci rompiamo l'osso del collo.
  - Papà, secondo te fa male?
  - Che cosa?
  - Morire.
  Il viso dell'uomo diventa improvvisamente serio. È come se si fosse tolto un velo dagli occhi, rivelando la sua vera identità, piena di dolore e paura.
  - Non sono domande da fare. Non chiedermelo mai più, Anya.


  Mi svegliai di soprassalto, completamente sudata e col respiro corto. Non ricordavo nulla di quello che avevo sognato, se non una breve  parte. Mi rannicchiai sotto le coperte in posizione fetale, mentre mi asciugavo il viso dalle lacrime. Quando l'aria iniziò a mancarmi tirai la testa fuori dalle coperte e presi un respiro profondo. Mi misi a sedere, massaggiandomi il collo e sbadigliando. Poi mi alzai in piedi, mi stiracchiai e mi sistemai i capelli davanti all'unico enorme pezzo di vetro che era rimasto di quello che una volta forse era stato uno specchio.
  Mi spogliai in fretta dai vestiti che avevo indossato la sera prima - e che non avevo ancora tolto - e indossai un grazioso vestito da donna. Mi piazzai nuovamente davanti allo specchio. Inclinai la testa di lato mentre osservavo il mio corpo, guardandolo con la stessa curiosità di chi si vede per la prima volta. Mi stupii che il mio corpo fosse cresciuto tanto in fretta, rendendomi a mia insaputa una specie di donna. Avevo delle belle gambe, e delle forme un po' abbondanti per la mia età. Socchiusi gli occhi e feci una piroetta, facendo volteggiare l'abito fin sopra le ginocchia. Lasciai scappare un sorriso prima di aprire la porta, scendere al piano di sotto e ricominciare la mia ricerca.

  Il rumore del primo corpo che cadde a terra fu attutito dall'erba morbida del giardino. Presi la guardia per le gambe e la trascinai all'ombra di un albero, dietro un cespuglio. Mi mossi silenziosa come un fantasma nell'ombra, senza smuovere neanche gli steli d'erba che calpestavo. Come il giorno precedente, entrai dalla porticina che usavano i servitori, posizionata nel retro della casa, dietro un albero che con le sue foglie mi graffiò la pelle.
  Decisi di commettere l'omicidio poco prima dell'alba, quando le tenebre potevano ancora nascondermi e le guardie erano mezze addormentate per la notte insonne.
  Fu un gioco da ragazzi arrivare nelle stanze di Fedion ora che conoscevo la posizione delle stanze nel palazzo: mi bastò addormentare ogni guardia che incontravo sul mio cammino.
  Arrivai davanti alle porte della sua stanza da letto in pochi secondi, aprii la porta e subito dopo fui sopra all'uomo.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Salve <3
Oggi sono un po' giù... Tutte le fanfiction che leggo hanno due o tre recensioni ogni capitolo... e io ne ho solo una... E mi sento così un'incapace ç_ç
Vabbé, mento in su e un bel sorriso! {Cit. Effie Trinket}
Ringrazio ancora una volta Drachen per tutte le recensioni che mi lascia <3
Alla prossima!



(P.S. se qualcun altro lasciasse una recensione ogni tanto ne sarei felicissima ^__^)

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Capitolo 19
*** Passato ***


Passato


Entrai nella camera da letto dell'uomo silenziosa come una gatta e altrettanto rapida. Mi accostai al letto e mormorai un'incantesimo per rendere impercettibile la voce dell'uomo. Sfortunatamente fui troppo lenta a sguainare il pugnale, perché l'uomo si svegliò di soprassalto e rotolò velocemente giù dal letto.
  Sguainò la spada e si allontanò da me il più possibile. Io rimasi immobile, a fissare le coperte, stringendo il pugnale tra le mani. Vidi l'uomo cercare di gridare, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono. Tentò ancora di urlare, senza risultati. Scattai verso di lui e bloccai il suo braccio poco prima che tentasse a farsi sentire facendo rumore.
  - Stai calmo e vedrò di fare presto, va bene?
  Vidi un lampo di paura passare negli occhi dell'uomo, seguito da un'espressione dubbiosa. Iniziò a guardarmi quasi come se fossi un fantasma. - Ora tolgo l'incantesimo che ti impedisce di parlare. Ma tu prova ad urlare e mi divertirò a farti soffrire, sono stata chiara?
  Lui annuì. Sciolsi l'incantesimo subito dopo aver disarmato l'uomo. Gli puntai il pugnale alla gola.
  - Ora capisco perché Reid ti temeva.
  Un brivido corse giù per la mia schiena. Coma faceva lui a sapere chi era mio padre? Provai istintivamente un'immensa curiosità. Probabilmente quella sarebbe stata una delle poche occasioni in cui avrei potuto sapere qualcosa in più su mio padre. Possibilmente qualcosa che mi aveva tenuto nascosto.
  - Cosa sai su di lui?
  - Su tuo padre? Ti odiava - Quell'affermazione mi colpì come un pugno. Anzi. Peggio di un pugno. - Ti considerava una minaccia, l'unico motivo per cui sua moglie era morta.
  Ahi. Faceva male. Troppo, troppo male. - Non è vero - sibilai tra i denti. - Lui mi amava.
  L'uomo rise malignamente. - Come vuoi tu. Comunque sia anche se una volta ti amava ora proverebbe solo ribrezzo per te, verme schifoso.
  - Zitto - minacciai premendo con più forza il pugnale verso il suo collo. Una goccia di sangue scese giù fino alla mia mano.
  - Ti avrebbe ucciso il giorno stesso della tua nascita se solo avesse potuto.
  Lasciai sprofondare il pugnale nella carne morbida dell'uomo. Cadde a terra senza un lamento.
  Per la prima volta non provai rimorso per quello che avevo fatto. Solo un tremendo senso di sollievo. Tornai sui miei passi e uscii dalla villa.
  Mio padre mi amava, mi dissi. Sì, ne ero più che certa.

  Quando tornai alla Casa la prima cosa che feci dopo aver parlato con Yeshol fu andare da Fenula.
  - Mia Guardia - la salutai portando i pugni a croce sul petto. Lei rispose con un cenno della testa.
  - Hai portato a termine la missione?
  - Si.
  - Bene. - Dal tono sembrava quasi compiaciuta, ma il viso era una maschera inespressiva. - Cosa vuoi?
  - Volevo farle una domanda. - Aspettai che la donna annuisse prima di continuare a parlare: - Volevo sapere se esiste un incantesimo per vedere qualcosa avvenuto nel passato... Qualcosa che magari noi non abbiamo vissuto.
  Fenula si accigliò. - A cosa ti serve?
  Mi venne naturale mentire. - Pensavo che un incantesimo del genere potesse tornarmi utile in una prossima missione, per studiare meglio il Perdente da uccidere.
  La Guardia sembrò non sospettare nulla. Annuì. - Domani inizierò a spiegarti come usare quell'incantesimo.
  Mi ci volle meno di una giornata per impararlo. Era abbastanza semplice come incantesimo, e non richiedeva un elevato apporto di energie.
  Dopo cena corsi nella mia stanza e mi sedetti per terra con le gambe incrociate. Mi concentrai per qualche istante, poi iniziai a mormorare le parole dell'incantesimo. Chiusi gli occhi, e dopo pochi secondi mi ritrovai catapultata nel passato.

  Era notte. Davanti a me c'era un uomo. Guardandolo attentamente mi accorsi che era mio padre. Il mio cuore perse un colpo. Stava piangendo in silenzio, e stringeva un fagotto tra le mani. Mormorava qualcosa, come una cantilena.
  - Aletha... Aletha...
  Probabilmente quello era il nome di mia madre. Mio padre stava dondolando avanti e indietro, senza smettere di piangere. Per terra, delle lenzuola completamente imbrattate di terra, insieme ai resti di quello che una volta era stato un comodino di noce.
  Il pianto di un neonato interruppe il cantilenare dell'uomo, che allargò le braccia. Il pianto era il mio; quella bambina ero io. Mi sembrò che non mi entrasse abbastanza aria nei polmoni: in quel momento avrei scoperto quello che mio padre pensava veramente su di me.
  Lui sorrise tra le lacrime. Accarezzò il mio viso e si alzò in piedi. Iniziò a cullarmi, sotto la luce lunare che entrava da una finestra. Mi cantò qualcosa, per farmi addormentare. Non smise per un istante di fissarmi, con uno sguardo che solo un padre amorevole ha per il proprio figlio. Mi addormentai dopo pochi minuti.
  - Cosa devo fare con te... - Mio padre si accasciò a terra, con la schiena contro il muro. Le sue parole per un attimo mi fecero spaventare, ma mi calmai poco dopo, pensando al tono dolce con cui le aveva pronunciate. Solo in quel momento mi accorsi di riuscire a percepire le sue emozioni.
  Dolore. La maggiorparte dei suoi pensieri era verso mia madre, morta. Amore. Un'amore spropositato verso la donna che mi aveva dato alla luce, e verso la bambina che era appena entrata a far parte della sua vita. Terrore. Paura per la sua vita, per la mia, per il mio futuro da Bambina della Morte. C'era anche un po' di odio, ma solo la minima parte era rivolta verso di me: il resto era rivolto verso di lui. Lui avrebbe potuto salvarla, avrebbe potuto salvarci entrambe.
La volontà di Aletha era questa, si disse, è stata lei a decidere di morire per lasciarla in vita.
  Scoppiò nuovamente in lacrime, stringendomi sul suo petto.

  Dovetti sciogliere l'incantesimo, perché stava iniziando a prosciugarmi troppe energie. Spalancai gli occhi, abbastanza stordita da tutte le informazioni che avevo ricevuto in così poco tempo.
  - A quanto pare sono riuscita a capire quello che papà provava per me - mi dissi passandomi una mano tra i capelli. - Ma ora che diamine vuol dire che avrebbe potuto salvarci entrambe?
  Nascosi la testa tra le ginocchia e scossi i capelli con le mani. Mi lasciai scappare un sorriso mentre mi sdraiavo sul letto per dormire.
  - Devo smetterla di parlare da sola.

.:: Angolo dell'autrice ::.
E poi boh, in classe i miei compagni si insultano in tutti i modi possibili e io uso un loro insulto per descrivere Anya. Verme schifoso... Oddio, ora scoppio a ridere xD
Tanto per la cronaca, questo è il penultimo capitolo... Poi ci sarà la seconda parte della storia :) Waah, sono felice *w*
Ieri ho anche disegnato una Nihal strabellerrima... E su Instagram mi hanno detto che da grande sarò più brava di Paolo Barbieri (quello che ha disegnato le copertine di Licia Troisi) e io ero tipo "aidgbevlwlabk"
Ok, questa è un'altra soria, lo so xD
Alla prossima!



(P.S. Quello dell'immagine è il ciondolo di Anya, e quello dentro è un ritratto di Aletha che aveva fatto Reid :3)

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Capitolo 20
*** Epilogo ***


Epilogo

"Feeling my way through the darkness
Guided by a beating heart
I can’t tell where the journey will end
But I know where to start
They tell me I’m too young to understand
They say I’m caught up in a dream..."
{Avicii; Wake me up

  Gocce di sudore gelido scendevano giù per il mio collo mentre camminavo per i cunicoli della Casa, i capelli biondissimi che scendevano in morbidi boccoli fino alle mie spalle. Ci avevo messo molto per estorcere quell'incantesimo a Fenula, ma alla fine, dopo quasi tre anni c'ero riuscita.
  Ancora non riuscivo a crederci. Uscii dai corridoi sotterranei della struttura per entrare nella navata centrale del Tempio, il respiro corto e reggermente irregolare per la paura.
  Ed eccola lì. La porta. Finalmente. Il cuore iniziò una galoppata agitata nel mio petto. Toccai con una mano il freddo cristallo nero del portone e spinsi verso l'esterno. Una ventata d'aria fresca mi colse alla sprovvista, facendo congelare il mio corpo bagnato. Cercai di contenere invano il tremolio delle mani. Inspirai a pieni polmoni l'aria umida di quella Terra senza giorno che profumava di libertà. Un sorriso idiota si stampò sul mio viso.
  Sono libera.
  Iniziai a correre tra gli arbusti che graffiavano la pelle dei pantaloni. Non feci neanche caso al ramo che mi graffiò la faccia, lasciando un segno rosso vivo sulla guancia sinistra. Corsi, senza fermarmi. Corsi senza meta, ma con un obiettivo: vivere.
  Mi fermai solo quando anche il crepuscolo eterno dei confini della Terra della Notte scomparve per lasciare posto a un cielo limpido e libero dalle nuvole. Avevo attraversato quasi tutta la Terra della Notte in meno di un giorno. Le gambe non riuscivano più a sostenere il peso del mio corpo, la mente non riusciva più a fare un ragionamento sensato, completamente offuscata dalla stanchezza. Ogni passo era una fitta di dolore, ogni centimetro del mio corpo bruciava per l'acido lattico e per l'immenso sforzo a cui mi ero sottoposta. I capelli erano tornati del loro normale colore corvino striato di blu, gli occhi azzurri e la pelle ambrata.
  Devo andare avanti, mi dissi, riponendo la mia ultima speranza nella forza di volontà. Devo solo andare avanti.
  Non ci riuscii per molto.
  Entrata in un villaggio, bussai alla prima porta che mi capitò davanti. Mi appoggiai al muro esterno della casa, sfinita, costringendomi a resistere alla stanchezza. Venne ad aprire una donna, di qualche anno più grande di me. Mi guardò preoccupata e mi chiese se andava tutto bene.
  - C'è posto nella tua casa per una giovane donna stanca da un lungo viaggio?
  - Certamente... entra, entra pure.
  Mi staccai dalla parete e feci per entrare. Sentii il bruciore di tutte le piccole ferite che mi ero procurata aumentare improvvisamente di intensità e il mondo diventare scuro intorno a me. L'ultima cosa che riuscii a vedere fu il mio corpo cadere a terra, e il tintinnio di un pugnale che toccava terra fu l'unica cosa che riuscii a sentire prima di perdere i sensi.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Oddio. Non sono mai stata così felice di aver pubblicato un capitolo.
Ed eccoci arrivati alla fine della prima parte della storia... Cosa succederà poi? Cosa deciderà di fare Anya? Tornare a Salazar o... cos'altro?
Bene, ora che vi ho messo addosso un po' di curiosità vi saluto :3
Adios <3

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