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di Pirilla_Echelon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mia casa ***
Capitolo 2: *** Il Diavolo e l'acqua santa ***
Capitolo 3: *** Rispetto ***
Capitolo 4: *** Una voglia pazzesca di baciarti ***
Capitolo 5: *** Segreti ***
Capitolo 6: *** Esame ***
Capitolo 7: *** Un bacio inaspettato ***
Capitolo 8: *** Priva di me stessa ***
Capitolo 9: *** Madness ***
Capitolo 10: *** Stammi bene.. ***
Capitolo 11: *** Svolta ***
Capitolo 12: *** Tutte le volte che vuoi ***
Capitolo 13: *** Assassino ***
Capitolo 14: *** Pelle d'oca ***
Capitolo 15: *** voglio che tu mi tenga stretta tra le tue braccia per tutta la notte. ***
Capitolo 16: *** Deluso ***
Capitolo 17: *** E se domani.. ***
Capitolo 18: *** Perdita momentanea di controllo ***
Capitolo 19: *** Mister Gelosia ***
Capitolo 20: *** Pigiama party ***
Capitolo 21: *** Dovrei preoccuparmi? ***
Capitolo 22: *** Botta del sabato sera ***
Capitolo 23: *** La lista ***
Capitolo 24: *** In scena ***
Capitolo 25: *** Il nostro momento ***
Capitolo 26: *** Dancing ***
Capitolo 27: *** Io ti voglio ora ***
Capitolo 28: *** Melodia ***



Capitolo 1
*** La mia casa ***


Varcai la porta dell’accademia per la seconda volta e, davanti a quello scenario, non potei fare a meno di rimanere incantata.
C’era un clima decisamente euforico: gente che cantava per i corridoi, ragazzi cimentati in strani personaggi, ballerini aggrappati ai muri a fare stretching, ecc..
Nonostante la mia stazza fosse imponente, davanti a tutto ciò, mi sentivo davvero piccina. Quella era la casa dell’arte. La MIA casa.
Mi infilai in quell’euforia diventando parte della mischia e mi misi alla ricerca della sala di recitazione. Finalmente, la trovai e con un po’ di emozione entrai lasciandomi alle spalle tutto il trambusto dei corridoi. 
Mi ritrovai in uno stanzone enorme, pieno di giovani ragazzi che avranno avuto più o meno la mia età. 
Ovviamente, non conoscevo nessuno, perciò mi sedetti in un angolino in attesa dell’insegnante.
<< avanti, su. Muovete il didietro, banda di marmocchi, non siamo qui per dormire. Avanti, datevi una mossa, mettetevi qui davanti a me! >> Nasone irruppe nella stanza a passi lunghi e con un atteggiamento da pazzo nevrotico. 
Era appena arrivato e riusciva già a starmi sulle balle, ottimo!
Seguii i suoi ordini, onde evitare di farmi richiamare già il primo giorno, così mi andai a mettere in riga con tutti gli altri; mi posizionai tra una ragazza con i capelli rossi ed un ragazzo magrolino.
<< come ho già detto, non siamo qui per dormire, ma per lavorare, perciò pretendo da voi la massima serietà ed il massimo rispetto! 
Niente ritardi, niente rumore e niente lamentele! Niente di niente! E, poiché non sto scherzando, tutti coloro che non rispetteranno le mie regole, saranno buttati fuori dal corso. Tutto chiaro?! >> 
“Però, che gran simpaticone!”
<< a proposito, io sono il Signor Gentile >> 
Non poteva esserci cognome meno azzeccato.
<< direi Signor Gentilissimo! >> sussurrai ironica.
La rossa ed il ragazzo accanto a me scoppiarono a ridere ed io con loro.
<< beh, trovate che il mio cognome sia divertente? >> Nasone scattò contro di noi in un modo talmente buffo che, se avessi potuto, mi sarei sdraiata per terra a spanciarmi dal ridere.
Tutti e tre ci ammutolimmo, scuotendo la testa in segno di resa; Nasone ci fulminò con lo sguardo e ci voltò le spalle, lasciandoci lì. “Salvi per miracolo”, pensai.
<< piacere, io sono Serena >> disse la rossa.
<< ed io sono Andrea >> rispose il ragazzo
<< piacere ragazzi, io sono Greta e.. >> fui costretta ad interrompermi a causa di una nuova occhiataccia da parte di Nasone. 
“Che ansia di uomo.”
 
Grazie al cielo, la campanella suonò e, dopo aver recuperato la mia borsa, mi avviai verso l’uscita accompagnata da Serena ed Andrea; Quei due erano davvero simpatici e, a loro modo, molto belli.
Andrea era molto alto e molto magro. I suoi occhi erano color cioccolato proprio come i suoi capelli - fatta eccezione per un ciuffo biondo che gli ricopriva la fronte- ed il naso pronunciato.
Mi rivelò anche di essere omosessuale; non che ci volesse molta fantasia per intuirlo visto il suo modo di gesticolare ed il suo modo di vestire, eppure il suo tono profondo riusciva in qualche modo a mascherarlo.
Serena, invece, era una ragazza di media statura, magra e piuttosto prosperosa. I lunghi capelli rossi le ricadevano sul viso, ricoperto di lentiggini ed illuminato da due grandi occhi verdi smeraldo. 
Dio, era la perfezione in carne ed ossa.
Anche sua sorella Erica non era da meno, anzi.. Erano praticamente uguali, fatta eccezione per il fatto che lei avesse gli occhi di un colore più tendente al marroncino ed era carente di seno. Insomma, era una tavoletta.
Scoprimmo, inoltre, che avremmo frequentato tutti gli stessi corsi, perciò ci avviammo tutti insieme verso la sala di canto.
 
Le ore volavano e tutto mi sembrava così irreale.
Insomma, ero addirittura riuscita a farmi dei nuovi amici nel giro di una giornata, fatto che, per una persona timida, chiusa e asociale come me, suonava piuttosto strano.
Insomma, ero abituata a parlare quasi subito con le persone, ma non più di qualche stupidaggine. Con loro era diverso: li sentivo più come me, ovvero, sognatori incalliti e, forse, fu questo che mi permise di lasciarmi andare senza alcuna vergogna.
Già, provavo vergogna di solito, perché sapevo che le persone che puntavano in alto ed avevano grandi sogni venivano prese in giro e date per spacciate a priori.. ma perché vergognarsi di persone che erano esattamente come me e che probabilmente mi avrebbero capito più di chiunque altro? 
Eppure, sapevo che nell’aula di contemporaneo, tutto sarebbe stato diverso. Conoscevo bene il mondo della danza e sapevo anche che le ballerine più in carne erano la preda preferita per quelle iene di ballerine anoressiche; sarebbero andate a nozze con il fatto che pesassi dieci chili di troppo. Avrebbero trovato il loro passatempo per il resto dell’anno.
Entrai nel camerino, cercando di passare più inosservata possibile-cosa praticamente impossibile dal momento che ero enorme in ogni senso- e mi misi in un angolo per spogliarmi. Come avevo previsto, la mia autostima andò a finire sotto ai piedi, non tanto per i risolini e per gli sguardi complici di quel branco di arpie, ma perché guardando il loro fisico e confrontandolo col mio, mi sentivo una balena. Mi sentivo uno schifo e sapevo che se non fossi uscita di lì nel giro di pochi secondi, mi sarei messa a frignare come una poppante, peggiorando la mia situazione.
Mi fiondai fuori da quel camerino, lasciandomi dietro Serena, Erica e tutti i risolini di quelle iene anoressiche.
Entrai nella sala di contemporaneo sperando di potermi rilassare un momento e sperando di potermi riprendere prima di cominciare la lezione. Ma, ovviamente, non ero da sola.
In quella stanza, davanti agli specchi a rovistare tra i cd, c’era l’ultima persona al mondo che avrei voluto vedere. “No, non lui. Non ora!”
Sentendo i miei passi, si voltò nella mia direzione e quando mi riconobbe il suo sopracciglio si inarcò ed un ghigno sbucò sul suo viso.
<<  ma tu guarda chi si rivede, Miss Ditomedio! >> disse con il suo sarcasmo acido.
“Vi prego, ditemi che non è lui l’insegnante di contemporaneo. Pietà”
Rimasi impalata a guardarlo con un subbuglio di angoscia che mi torturava il fegato, mentre lui sembrava totalmente a suo agio. Anzi, era piuttosto divertito dal fatto che fossi rimasta a fissarlo con la faccia di una cernia.
<< Greta! Ma perché sei scappata in quel modo?! >> grazie a Dio, a interrompere la mia figura di merda fu Erica.
Mi ripresi dal mio stato catatonico, mentre Malcom tornò allo smistamento dei suoi cd.
<< scusa, io.. >> non potevo dirle che ero scappata perché mi vergognavo della mia ciccia. << io volevo fare un po’ di stretching prima di iniziare la lezione >>
L’espressione di Erica era poco convinta, ma lasciò perdere poiché tutti gli altri ragazzi stavano arrivando.
<< mettetevi in riga >> disse una ragazza dai capelli castani con una ciocca rosa e con un anellino al naso. Probabilmente era l’aiutante di Malcom.
Mi misi in fila e notai che tutte le ragazze intorno a me, più Andrea, stavano guardando Malcom con un certo ammiccamento, regalandogli qualche sorrisino malizioso.
<< Dio, è uno schianto! >>
<< Serena, ricordati che hai un fidanzato! >> rispose Erica impertinente << non che io non ce lo abbia, ma bisogna ammettere che il nostro insegnante è proprio un bel ragazzo >> 
<< se lui non fosse etero e se io non fossi fidanzato, giuro che a quest’ora gli avrei già fatto la festa! >> si intromise Andrea.
Ma che problemi avevano le persone da quelle parti? Quello era un pazzo squilibrato con problemi di doppia personalità e questi gli morivano dietro! Mah.
<< sarà! A me, sembra solo uno stronzo! >> risposi acida e spazientita.
Serena fece un risolino << oh, fidati che lo è! Eppure ha un fascino irresistibile, vedi. Anche la sua nuova assistente non è stata in grado di resistergli.
Povera Miky, scommetto che si è scopato anche lei! >> esclamò
“anche lei” chissà quante altre se ne era scopate. Tra assistenti, allieve e insegnanti, secondo me, se ne era già scopate un esercito; un esercito col quale sarebbe potuto tranquillamente andato a combattere in Iraq.
“Bene, è un troione!”  
Voltai lo sguardo verso la ragazza dalla ciocca rosa e osservai il modo in cui gli stava intorno: sembrava uno di quei cagnolini ammaestrati, mancava poco e si sarebbe anche messa a scodinzolare.
Che pena.
<< bene, bene. Vediamo cosa abbiamo qua >> disse Malcom iniziando a camminare davanti a noi ed esaminandoci uno ad uno come se fossimo delle cavie. La cosa più irritante, però, erano i commenti sarcastici che riservava ad ognuno di noi, tipo “ma  tu guarda, abbiamo il sosia di Justin Bieber” oppure “ non dirmi che tu e i tuoi insulsi piedi volete rovinare i miei capolavori!”. 
Non potevo reggerlo. Tra l’altro, attendevo il momento in cui sarebbe arrivato davanti a me con una certa angoscia; sapevo che avrebbe avuto qualcosa da ridire, specie sul mio peso. Certo che ce lo aveva.
E, infatti..
<< nervosa Signorina Ditomedio? >> disse con aria da strafottente.
Lo guardai in faccia senza far trasparire alcun tipo di emozione.
Si, effettivamente, era un gran bel ragazzo e i suoi occhi grigi da vicino avevano qualcosa di stramaledettamente ipnotico, ma... Il problema era tutto il resto.
<< mi chiedo come farete te ed il tuo lardo a reggere le mie lezioni >> “che figlio di puttana”, come osava umiliarmi a quel modo davanti a tutti.
Gli rivolsi uno sguardo indignato, carico di rabbia.
Fece un sorrisetto, poi si avvicinò al mio orecchio e sussurrò. << è un vero peccato che tu non abbia accettato la mia proposta per perdere peso. Ci saremmo divertiti molto io e te >> sentivo il suo fiato fischiarmi nelorecchia. Ancora quel tono da maniaco che aveva usato durante la mia audizione.
Poi il suo sguardo si spostò dal mio profilo al mio seno, si allontanò leggermente e tornò a parlare ad alta voce. << tuttavia, devo ammettere che alcuni tuoi aspetti sono davvero interessanti >> non sapevo se fosse più psicopatico o più patetico. Forse era uno psicopatetico.
Il mio labbro si sollevò in un’espressione disgustata a cui rispose volgendomi un occhiolino. Poi si allontanò completamente.
<< bene, prendete posizione. Pivelli! >>  
 
La fine dell’ora sembrava non arrivare mai. 
Mi sembrava di stare in Inferno. Ogni cosa che facevo, comportava ad una serie di insulti e offese gratuite da parte di quel pazzo.
Che problemi aveva?! Doveva farmela pagare perché non ero andata a letto con lui?
Beh, in tal caso, complimenti per la professionalità!
<< avanti, Palla di Lardo. Fammi vedere ancora quei salti e, se possibile, cerca di non sfondarmi il pavimento! >> gridava dall’altra parte della stanza. Mi faceva imbestialire il fatto che mi prendesse per il culo a quel modo, tra l’altro, sostenuto da quel branco di arpie anoressiche che accoglievano ogni insulto nei miei confronti come una mano dal cielo.
Ottimo, se fino ad un’ora fa avevo pensato che quella scuola fosse una figata, ora rimpiangevo il fatto di non aver dato retta a mia madre e di non essermi iscritta alla facoltà di legge. O di non aver dato retta alla nonna e di non essere andata a piantare le patate.
Mi posizionai al centro, a capo del mio gruppo, e iniziai a fare i salti che “lo psicopatetico” mi stava chiedendo di fare.
<< woo, piano! Non abbiamo i fondi per riparare il parquet! >>
Mi fermai stremata, me li aveva già fatti fare diecimila volte e per tutte le diecimila volte, aveva trovato insulti diversi da affibbiarmi.
<< ancora. Culona! >> questo era troppo.
<< no, non lo faccio più. È da mezzora che vado avanti così, sono stanca! Li sto facendo alla perfezione, non c’è alcun motivo per farmi ripetere questo esercizio >> risposi agitata ed in preda al fiatone.
Malcom incrociò le mani davanti al petto e si accostò sulla sedia guardandomi da testa a piedi. Odiavo essere guardata a quel modo, non faceva altro che far aumentare le mie angosce sul peso.
<< si, effettivamente li stai facendo benino >> arricciò le labbra e si sfiorò il piercing sul sopracciglio con la mano destra << è che mi piace guardare il tuo davanzale fare su e giù a quel modo mentre salti, è eccitante! >> 
Rimasi a bocca aperta per quella affermazione e lui in attesa di una mia risposta.
<< tu sei un fottutissimo maniaco! >> risposi senza pensarci un attimo.
<< può essere. Per te è un problema? >> si alzò e camminò verso di me << cosa farai adesso, mi prenderai a pugni o cosa? >> ora era di nuovo al mio orecchio.
<< non mi tentare >>
Rise nel mio orecchio, un suono gutturale che mi fece rabbrividire.
<< non credo che lo faresti.. Tu hai paura, culona >>
Mi voltai con l’intento di tirargli una manata, ma lui afferrò la mia mano prima che potessi toccarlo. Poi tornò a ghignare divertito.
A quel punto, non sapevo più che fare. Mi sentivo umiliata, terribilmente umiliata.
Mi allontanai da lui e corsi fuori dalla classe per andare a chiudermi in bagno.
Cavolo, nessuno mi aveva mai trattato così male, mai nessuno si era permesso di dirmi “culona”, “palla di lardo” e quant’altro.
E lui non aveva alcun diritto di farlo.





Ciao gente, sono tornata ed ho deciso di pubblicare proprio il giorno del mio compleanno..giusto per fare un regalo a me stessa e magari anche a voi!!
Vorrei dire poche cose..
intanto ringrazio Erica e Serena per avermi aiutato in questa storia..la trama l'abbiamo sviluppata insieme e mi hanno dato una mano con i personaggi (non stupitevi se ci saranno scritte delle battute squallide, sono quelle cavolate che venivano spontanee mentre cercavamo di creare qualcosa e che hanno reso tutto più divertente!)
e poi vorrei scusarmi con tutti i ballerini della Scala e nell'accademia ho anche introdotto il canto e la recitazione..so precisamente che alla Scala c'è solo la danza, ma l'ho fatto per rendere le cose un po' più piacevoli e divertenti e l'ho anche fatto sotto richiesta delle mie due consigliere! 
detto questo.. Buon Divertimento!! :D 
Baciii <3

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Capitolo 2
*** Il Diavolo e l'acqua santa ***


Ormai era da mezz’ora che me ne stavo chiusa in quel cesso a versare lacrime, eppure non riuscivo a smettere. Avevo bisogno di sfogare tutta la rabbia.
<< ehi, sei lì dentro? >> sentii una voce maschile provenire da oltre la porta del bagno.
Non era la voce né di Andrea, tantomeno quella di Malcom. Era una voce un po’ più acuta rispetto a quella degli altri due, una voce che non avevo mai sentito.
<< chi sei? >> domandai dopo un po’ di silenzio.
<< ah, ma allora sei lì >> lo  sentii ridacchiare << piacere, sono Brian. Se esci dal bagno, magari, puoi stringermi la mano e vedermi in faccia >>
Il suo tono era davvero gentile.
<< cosa vuoi da me? >> diversamente dal suo, il mio era piuttosto sgarbato 
<< oh, niente. Voglio solo che tu esca di lì e che la smetta di piangere. >>
<< non mi va di uscire! >> risposi alterata. 
Ma che voleva questo, nemmeno mi conosceva. Perché mai avrebbe dovuto prendersi la briga di farmi smettere di piangere?
<< dai. Non puoi rimanere chiusa in bagno fino alla fine della giornata! C’è anche un pessimo odore qui dentro.
Avanti, vieni fuori. >> il suo tono, pur essendo insistente, continuava ad essere gentile ed in qualche modo rassicurante. 
Mi aveva quasi convinta.
<< non c’è nessun altro lì con te, vero? >> magari era solo uno stupido scherzo di quelle arpie.
<< no, fidati >> qualcosa mi spinse a farlo. Non so come ma, mi aveva convinta a fidarmi di lui, pur non avendolo mai visto in vita mia.
Aprii la porta del bagno e mi ritrovai davanti ad un ragazzo dall‘aria famigliare: aveva seguito anche lui la lezione di Malcom, dunque aveva assistito alla mia umiliazione in diretta. “Le buone notizie sembrano non finire mai!”
Il ragazzo mi sorrise e mi porse la mano. << come ho già detto, mi chiamo Brian, piacere >> sorrise e rimasi un attimo scombussolata.
I suoi occhi erano scuri come la pece, mentre i suoi capelli erano biondi lucenti; Lo avrei visto bene in una pubblicità di un qualche shampoo a fare SWISHHH con la chioma al vento.
E poi, il suo sorriso era caldo e lo faceva apparire come un vero gentleman.
<< beh, credo di non avere bisogno di presentarmi. >> risposi stringendo la sua mano ed asciugandomi il viso con l’altra.
<< a dire il vero, ce ne sarebbe bisogno. Credo che Malcom abbia usato molti soprannomi poco carini, ma che non abbia accennato al tuo vero nome >>
Giusto, probabilmente, questo ragazzo mi conosceva come Culona, oppure come Palla di Lardo. 
<< mi chiamo Greta e, ti prego, non mi ricordare il modo in cui mi ha trattato quel..quel.. >> non avevo nemmeno un insulto che potesse esprimere al meglio il disprezzo che provavo per quell’uomo. “Uomo, se così si può dire”  
<< quel verme. Si, capisco. Si è comportato proprio da schifo, ma non credo che pensi davvero tutte quelle cose >> sorrise << penso che lo faccia perché sei brava >>
“No, bello. Questo ce l’ha con me, perché non gliel’ho data!” 
<< pff. Non penso che sia per quello. Credo che sia perché alla mia audizione l’ho smerdato >> scossi la testa snervata.
<< dunque ti tratta male perché gli piaci. Forse è il suo modo per stimolare le persone a fare di più >>
<< o forse è un modo per stimolare le persone a fargli sanguinare le gengive! >>
Scoppiò in una risata fragorosa. Era contagioso e nel giro di pochi secondi mi ritrovai a ridere insieme a lui.
<< sei una davvero tosta sai? >> i suoi occhi scintillavano.
Mi sentii meglio, sollevata.
<< grazie >> sorrisi timidamente per quel complimento. Il primo della giornata, dopo una serie incessata di insulti da parte dello “Psicopatetico”.
Rimanemmo entrambi in silenzio per qualche momento, poi fu di nuovo lui a parlare.
<< beh, se posso, vorrei darti un consiglio. Domani, entra in quell’aula e mostra a Malcom che fai sul serio. Non ti abbattere e vedrai che quell’idiota si stuferà di dirti tutte quelle cose stupide >> 
<< si, hai ragione. Da domani, mi faccio il culo sul serio! >> 
Aveva ragione, eccome. Se l’intento di Malcom era quello di farmi migliorare, lo avrei fatto. Sarei stata la prima della classe e  non mi sarei lasciata scoraggiare; gli avrei tenuto testa, rispondendogli con lo stesso gusto con cui lo faceva anche lui.
<< bene, sono contento che tu abbia smesso di piangere >> la sua espressione mi fece intuire che fosse sincero.
<< già. Ma, se posso saperlo, perché sei venuto a tirarmi fuori dal bagno? Insomma, io e te nemmeno ci conosciamo e fino ad un minuto fa, nemmeno sapevi il mio nome.. >>
Mi sembrava lecita come domanda, no?
Stette in silenzio, evidentemente imbarazzato, e si passò una mano tra i capelli.
<< a dire il vero, non lo so. È solo che mi era dispiaciuto vederti trattata a quel modo. 
Insomma, mi sembri una ragazza molto in gamba, ma anche molto sensibile e quindi ho pensato che avessi avuto bisogno di essere consolata. 
In fondo, non penso che a qualcuno possa far piacere essere trattati a quel modo, no? >>
E quindi, questo ragazzo, che non avevo mai visto in vita mia, si stava preoccupando per i miei sentimenti? Pensavo che quel tipo di uomo fosse fuori produzione, specie dopo il mio incontro con Malcom.
<< ah. Sei stato davvero gentile. Grazie mille >>
<< figurati >> strizzò gli occhi scuri, quasi neri, e sorrise ancora. 
Dopo pochi secondi di silenzio, la campanella suonò: finalmente la giornata era finita.
Tirai un sospiro di sollievo. Ora sarei potuta finalmente tornare a casa, a schiarirmi le idee. << non vedo l’ora di essere a casa >> dissi asciugandomi la faccia dai rimasugli del mio pianto.
<< a chi lo dici! Prima della lezione di Malcom ho seguito quella di classico: non mi sento più le gambe >>
<< lascia perdere, con tutti i salti che quell’idiota mi ha fatto fare, non so come riuscirò a tornare a casa >> dissi esasperata.
L’idea di dovermi fare tutta quella strada a piedi, mi faceva venire voglia di dormire nei secchi dell’immondizia qui fuori.
<< se vuoi ti posso dare un passaggio. Ho la macchina nel parcheggio dietro all‘accademia >> lo guardai sollevata.
Questo ragazzo mi era stato mandato da qualche santo; qualcuno lassù, mi stava salvando da quella giornata catastrofica.
<< si, grazie! >> risposi entusiasmata.
Uscimmo dalla scuola e ci dirigemmo verso la sua auto. Non so per quale motivo, ma rimasi colpita dal fatto di non trovarmi davanti ad un macchinone iper-costoso, ma di trovare soltanto una Fiat Punto un po’ sgangherata. Non mi era sembrato un tipo da macchina sgangherata.
A dire il vero, ci avevo sperato che non avesse un’auto costosa; mi sentivo sempre poco a mio agio su quel tipo di vettura; mi facevano sentire una povera morta di fame.
Mi lasciai sfuggire un risolino che lui fraintese.
<< lo so che non è una Ferrari, però, per andare in giro è perfetta. >> non sembrava imbarazzato per ciò che stava dicendo, era totalmente a suo agio.
<< oh, no. Ridevo perché sono sorpresa, insomma, mi sembravi davvero un tipo da Ferrari e invece.. hai solo una semplicissima Punto >>
<< quindi devo dedurre che sia una buona cosa? >> domandò confuso.
<< si, cioè…voglio dire, non che le belle macchine non mi piacciano, però mi mettono in imbarazzo. Invece, questo tipo di auto mi fa sentire, come dire.. meno barbona! >> Ecco, come al solito stavo iniziando a blaterare a casaccio.
<< dunque devo dedurre che la mia macchina sia per barboni? >> disse ironico
<< no no no. Assolutamente, scusa! >> stavo diventando viola, lo sapevo.
Fece una risata. << Greta, stavo scherzando >> mi diede un pizzicotto sulla guancia;
Quel contatto fu inaspettato, anche se si trattava di un semplice pizzicotto sulla guancia. 
Forse era stata la sua continua gentilezza e premura nei miei confronti, ma quel ragazzo mi stava facendo sentire importante. E mi piaceva quella sensazione.
Sorrisi, rassicurata dalle sue parole, e tirai un sospiro di sollievo .
<< prego, salga su questa magnifica limousine >> disse aprendo la portiera scricchiolante della macchina e facendomi un inchino.
“che stupido!” risi.
<< più che una limousine, la tua macchina sembra quella dei Flintstones >> 
<< magari usando un po’ di fantasia, potrebbe diventare una limousine >> ridacchiò
Gli feci una faccia poco convinta e lui continuò << mi sa che nemmeno con un miracolo, vero? >> mi guardò con finto dispiacere.
Risi e mi accomodai in quel gabinetto ambulante.
 
Il viaggio dalla Scala a casa mia era stato spassosissimo. 
Avevamo parlato del più e del meno; Avevamo discusso su chi fosse migliore tra Svetlana Zakharova e Natalia Osipova, su quante possibilità ci fossero di entrare a far parte delle compagnie più importanti del mondo, di quanto fosse pessimo il look degli One Direction e di quanto fossero fighi Twilight, Harry Potter ed Hunger Games. Era uno spasso quel ragazzo: mi faceva morire dal ridere e, poi, era davvero gentile e premuroso nei miei confronti. Mi aveva addirittura prestato la sua felpa dopo che mi ero lamentata di avere freddo.
Era un po’ affrettato da dire, ma lui mi piaceva e sentivo che tra noi sarebbe potuto nascere qualcosa di più forte che una semplice amicizia.
Lo guardai mentre era alla guida: era davvero bello, anche se non eccessivamente muscoloso o quant’altro. Diciamo, che mi piaceva per il suo atteggiamento. “Altro che quel cafone di Malcom!” non c’era paragone tra quei due, assolutamente.
Non avevano niente in comune. Brian era gentile, premuroso, angelico e ordinato. Malcom, invece, era maleducato, cafone, diabolico e trasandato. Il giorno e la notte, il diavolo e l’acqua santa. 
 
Finalmente arrivammo sotto casa mia.
<< beh, devo ringraziarti, mi hai davvero ravvivato la giornata! >> gli sorrisi, davvero grata di ciò che aveva fatto per me.
<< figurati, è stato bello conoscerti >> rispose al mio sorriso, poi arricciò le labbra e si grattò la testa imbarazzato senza proferire più alcuna parola.
Colsi l‘occasione per salutarlo. << allora, ci si vede domani >>
Mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio sulla guancia, rimanendo stupita del gesto appena fatto. 
Lui, invece, sembrò rilassarsi e quando mi scostai da lui, mi guardò con occhi accesi e sorriso smagliante. Nonostante il mio gesto un po’ inaspettato, ne era contento. 
<< si, a domani >> 
Gli lasciai un ultimo sguardo e scesi dalla macchina sgangherata, per poi dirigermi verso il portone del vecchio palazzo.
Non feci in tempo ad infilare le chiavi nella serratura che mi sentii richiamare.
<< Greta! >>
Mi voltai nuovamente verso Brian, che si stava sporgendo dal finestrino della macchina.
<< dimmi >>
Si grattò nuovamente la testa, leggermente in difficoltà. << ti va se domani, prima delle lezioni, facciamo colazione insieme? >>  speravo che me lo chiedesse.
Una ciocca dei suoi capelli biondi, un po’ troppo lunghi per i miei gusti, gli copriva parte della fronte dandogli un’aria da Arcangelo Gabriele. 
Rimasi sorpresa dalla sua richiesta, ma accettai senza esitazione.
Forse, anche lui aveva percepito che tra noi c’era un certo feeling.
<< si, certo! Alle 7 dal bar vicino all‘accademia >> dissi pimpante.
Mi regalò un sorriso annuendo ed io ricambiai.
<< a domani >>
<< a domani >> 
Sparii dietro al portone, mentre lui stava rimettendo in moto la macchina.
Una volta entrata in casa, mi buttai subito sotto la doccia ripensando ai momenti più belli della giornata. Dal senso di appartenenza provato all’entrata della scuola, al divertimento con i miei nuovi amici nella sala di recitazione.. E così via, fino al mio incontro con Brian.
Aveva ragione quando mi aveva detto di dimostrare a Malcom di essere la migliore; lo dovevo fare per me, per evitarmi tutti quegli insulti. Per smerdare nuovamente lo Psicopatetico.
Il giorno dopo sarei entrata in quella stanza e avrei dato il mio massimo, senza farmi mettere i piedi in testa da nessuno. Avrei fatto bruciare il didietro a Malcom e a tutto il branco di iene anoressiche che gli sbavava dietro.
Lo avrei fatto eccome






Ed eccoci qua!
allora, che ne dite di questo Brian? 
Ve gusta?
Dai dai che sono curiosa di sapere che ne pensate...
Baciiii <3

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Capitolo 3
*** Rispetto ***


Il mattino dopo mi svegliai di buon umore, pronta a combattere per dare prova a tutti quegli stronzi dell’accademia di essere all’altezza della situazione e, per di più, di essere migliore di tutte quelle ballerine anoressiche.
Mi alzai dal letto balzando e mi diressi in bagno a passo di danza: avevo voglia di ballare, tanta voglia.
Mi lavai, pettinai e vestii. Optai per un paio di jeans ed una maglia nera semplice in modo da sembrare più snella. Poco dopo, però, mi accorsi di quanto facesse freddo e mi misi alla ricerca di una felpa che non fosse da stirare.
Andai a cercare tra la roba piegata sulla sedia e presi la prima felpa della pila di vestiti. Cavolo, era la felpa di Brian. La sera prima me l’aveva imprestata ed io mi ero dimenticata di ridargliela. Pazienza, tanto di lì a pochi minuti lo avrei rivisto e avrei potuto restituirgliela, anzi, onde evitare di dimenticarla sulla sedia, decisi di indossarla.
Misi il giaccone ed uscii di casa, salii sulla corriera e arrivai davanti al bar alle 7 in punto.
Notai con piacere che Brian era già arrivato; se ne stava appoggiato contro un palo della luce con il cellulare in una mano e le chiavi della macchina nell’altra.
Mi accolse con un sorriso caldo e un bacio sulla guancia.
<< buongiorno signorina >> esclamò con un occhiolino.
<< buongiorno a te, Brian >> risposi carinamente.
<< entriamo? >> mi indicò il bar e mi lasciò passare per prima, aprendomi la porta da vero gentleman.
Cercammo un posto libero nel locale per poi accomodarci ad un tavolo al centro della sala.
Dopo pochi secondi, arrivò il cameriere.
<< io un caffè ed una brioche alla marmellata >> disse Brian
<< per me, un cappuccino ed una brioche al cioccolato >> dissi sorridente al ragazzo che annotò le nostre richieste per poi ringraziarci e sparire dietro al bancone.
Voltai il mio sguardo verso Brian e lo trovai a guardarmi con una strana luce negli occhi. Sorrisi, non capendo il motivo per cui mi stesse guardando.
<< che c’è? >> domandai imbarazzata.
<< non so. È da quando sei arrivata che non fai altro che sorridere. Posso sapere quale è il motivo? >> domandò rimanendo fisso su di me con lo sguardo.
<< beh, mi sono svegliata di buon umore e con tanta voglia di ballare, ma soprattutto con tanta voglia di dimostrare che ce la posso fare! >> ero fiera di me stessa.
Ridacchiò e appoggiò la sua mano sulla mia << dunque il discorso che ti ho fatto ieri è servito a qualcosa! >> 
<< già, sei un tesoro! Qualcuno ti ha mandato in missione speciale per salvarmi dalla mia catastroficità? >> dissi ridendo.
Sospirò << ebbene si. Mi hai scoperto! Sono stato mandato dalla C.I.A. per portarti in salvo; pare che qualche brutto ceffo voglia rapirti e portarti in Antartide ed io sono qui per impedirglielo. Mi raccomando, non dire niente a nessuno, altrimenti mi salta la copertura! >> disse bisbigliando ironicamente.
Scoppiai a ridere e voltai la testa verso al bancone. “Eccolo!”, stavamo giusto parlando di brutti ceffi, no?
Sapevo che mi sarei ritrovata costui sempre in mezzo ai piedi da ora in poi. Possibile che la iella mi stesse sempre alle calcagna?
Malcom se ne stava poggiato al bancone, bevendo un caffè e lanciando occhiate maliziose a tutte le ragazze presenti nel locale. “Che brutta persona”
Feci finta di nulla e tornai a parlare con Brian. << certo, sono convinta che al mondo esista davvero qualcuno che non veda l’ora di rapirmi e di portarmi in Antartide! >> ridacchiai.
<< penso che solo uno stupido non vorrebbe rapirti e averti tutta per sé >> disse con tono più serio, ma pur sempre dolce e gentile.
Arrossii brutalmente. Mamma mia, mi era venuto persin caldo.
Mi tolsi la giacca e rimasi solo con la felpa. “cacchio, la felpa!”
Brian si era già accorto che fosse la sua. << quella felpa mi è famigliare >> disse strizzando gli occhi.
<< già. Scusa se ieri sera non te l’ho ridata, ma me la sono dimenticata e, stamattina, per non lasciarla a casa, me la sono infilata. Adesso, me la tolgo e te la ridò, va bene, okay? Ora me la levo, solo un secondo, giusto il tempo di tirare giù la cerniera ed è di nuovo tua! >> stavo ricominciando a blaterare. Sarà stato per il fatto che indossare una sua maglia sembrasse che io  lui fossimo fidanzati o per le parole che mi aveva appena detto, ma mi sentivo irrequieta.
<< no, tranquilla. Tienila, oggi fa freddo e poi.. ti sta davvero bene, sai.. >> la sua dolcezza mi fece sciogliere e poi.. la sua mano si stava ancora stringendo alla mia, perciò comprendere il mio stato di agitazione non era poi così difficile. 
Tra l’altro, pure la mia strinse la sua senza che me ne accorgessi. 
Apprezzai molto anche il fatto che avesse deciso di ignorare il fatto che stessi parlando a vanvera per l’imbarazzo e che fossi diventata paonazza in faccia.
<< okay, grazie >> sorrisi dolcemente.
Mi accarezzò il palmo della mano e sentii il cuore saltellarmi allegramente. Spostai il mio sguardo dai suoi occhi al bancone dove Malcom era appoggiato. 
Si era accorto di me e Brian e mi stava guardando con aria divertita. Per fortuna Brian non poteva vederlo, poiché rimaneva dietro la sua schiena.
Fulminai il maniaco con un’occhiataccia che ricambiò alzando la tazzina del caffè come a dire “alla salute!”. 
“Si, alla salute di tua sorella!”
 Mi voltai e gli regalai nuovamente il mio dito medio. “Vattene a fanculo, idiota!”
<< perché mi stai mandando a quel paese? >> domandò Brian osservando attentamente il mio dito davanti al suo naso.
Dio, che figura. << no, non ti stavo mandando a fanculo..ehm..a quel paese, volevo dire! Stavo solo..stavo…controllavo lo smalto. Vedi qui? Si è rovinato! >> conclusi con una risata isterica che non avrebbe convinto nessuno. Ero davvero pessima a dire le bugie.
<< stai mentendo come una disgraziata, ma farò finta di niente! >> 
Per fortuna, lasciò stare. Di nuovo.
Ero davvero la persona più imbarazzante dell’intero universo!
Tornai a guardare Malcom che continuava a starsene lì a fissarmi, trattenendo una risata per la mia pessima figura con Brian.
“ti odio come se non ci fosse un domani!”
 
<< è il caso che andiamo. Mancano dieci minuti all’inizio della lezione di classico >>
Annuii e mi ri-infilai la giacca. Ci avviammo entrambi verso la cassa, quando mi accorsi di avere lasciato il telefono sul tavolo.
Lasciai andare Brian  a pagare, mentre io tornai indietro per prendere il cellulare. 
Sul tavolo, però, non c’era più.
<< dimenticato qualcosa? >> sentii la sua voce profonda alle mie spalle e mi prese un colpo.
Mi voltai con un’espressione di disprezzo sul volto e lo guardai mentre teneva il mio Galaxy in mano, tutto sorridente.
Glielo strappai dalle mani e passai davanti a lui senza dirgli una parola.
<< uh, che ragazza antipatica. >> proseguì << sei venuta a fare colazione con il tuo fidanzatino? >> ancora quell’aria provocatoria.
Voleva rompermi le palle? PERFETTO!
<< già, è un problema per te? >> domandai con aria indifferente.
<< no, pensavo solo che dovresti cercare qualcuno che possa soddisfare le tue voglie più nascoste ed, indovina un po’, conosco qualcuno che possa aiutarti >> 
Oh, ti prego! 
 << sentiamo.. >> mi voltai verso di lui.
Ridacchiò << beh, io sarei perfetto >> il piercing si mosse con l’alzarsi del suo sopracciglio, mentre io mi ritrovai a ridere rumorosamente.
 << DIO, SEI DAVVERO UN BURLONE! AHAHAHA >> mi sentivo svenire a causa di tutte le risate. Speravo di metterlo in imbarazzo, proprio come lui aveva fatto il giorno prima con me, ma davvero, se avessi riso ancora un po‘, sarei morta.
“Che sfigato!”
<< scommetto che se mi vedessi senza le mutande, ti prenderebbe un colpo, altro che ridere >> 
Sgranai gli occhi.
Cazzo, mi aveva spento. Smisi subito di ridere e lo guardai con gli occhi avvelenati.
<< tu sei troppo cretino per esistere veramente! >> mi voltai e lo lasciai lì.
<< buona giornata! >> rise beffardo
<< buona giornata un cazzo! >>
 
Ma tu guarda quel buzzurro, grezzo, maleducato,cafone, burino..!! 
Che diavolo aveva in quella testa?! “scommetto che se mi vedessi senza le mutande, ti prenderebbe un colpo, altro che ridere!” . Tzè.
Quel ragazzo aveva dei seri problemi; qualche tara alla quale nessuno poteva rimediare. Nemmeno con un miracolo si poteva salvare quello lì.
Andai in bagno e mi sciacquai la faccia. Dalla rabbia di essere stata spenta e dall’imbarazzo che mi aveva causato quella frase, mi erano venuti i bollori. Cavolo.
Uscii dal bagno e mi calmai un attimo, andai negli spogliatoi, dove le arpie erano già pronte a prendermi in giro, e iniziai a spogliarmi con un certo orgoglio dipinto sul viso.  
Oggi, nulla avrebbe potuto scalfirmi, né le arpie, né Malcom.
Mi tolsi la maglietta mostrando a tutto quel branco di tavolette il mio davanzale con una certa soddisfazione. “Non saprete mai cosa si prova ad avere due airbag al posto delle tette! Ahahah!” risi interiormente, guardando le altre ballerine osservare il mio seno con una certa invidia dipinta negli occhi.
Sorrisi compiaciuta, poi mi infilai le collant, il body, gli scaldamuscoli, lo scaldaspalle e le mezze punte. Infine andai nella sala di classico.
Sapevo che qualsiasi cosa fosse successa in quella sala - insegnati stronzi, arpie ovunque, prime ballerine e quant’altro- quello sarebbe stato l’unico posto dove mi sarei sentita bene, sempre e comunque.
In fondo, era la danza classica il motivo per cui mi trovavo in quella scuola.
Una volta entrata, osservai l’enorme sala. Era piena di specchi e di sbarre, le pareti erano mezze bianche e bordeaux, il parquet, invece, chiaro e consumato, era ricoperto di pece. 
Amavo l’aria che si respirava nelle sale di danza. In vita mia, avevo speso più tempo in sale come quelle che nella mia cameretta e, anche lì, c’era segno di quei saloni nelle mie foto, specie in quella che mi ritraeva seduta per terra a fare la farfalla.
Me l’aveva fatta mia madre dopo aver impiegato un’ora per riuscire a legare quei lunghi capelli castani che avevo e riuscire a fare una pettinatura che somigliasse ad un vero chignon. Ci aveva messo tanta buona volontà e per ricordare quel momento, mi aveva scattato una foto che, ora, era parte integrale della mia cameretta.
E a proposito di chignon, davanti a me c’era la signora dai capelli rossi- quella che aveva assistito alla mia audizione insieme a Malcom & Co- con un enorme chignon piantato per bene sulla testa. Era a dir poco enorme. Ma quanti cavolo di capelli aveva quella donna? 
Si voltò verso di me e mi regalò un sorriso molto dolce e materno.
<< Buongiorno Greta >> 
Finalmente un professore che mi chiamava col mio vero nome. Però, cavolo, io non sapevo il suo.
<< Buongiorno a lei >> mi regalò un altro sorriso.
<< Mi ricordo bene di te, tesorino. Sei la giovane che ha mandato a quel paese Malcom, vero? >> 
Non c’era bisogno di tirare in mezzo quello Psicopatetico, davvero. Sarebbe bastato dire “Ah, tu sei quella che pesa dieci chili di troppo, che aveva le calze bucate all‘audizione e che sembra un trans!”
<< si, sono io >> dissi con un’espressione poco convinta che non passò inosservata.
Fece un sospiro ridacchiante. << ti capisco, è un po’ troppo sfacciato, ma, tutto sommato, è un bravo ragazzo >> i suoi occhi si schiacciarono in una espressione amorevole e di tenerezza infinita.
Boh, sul fatto che Malcom fosse un bravo ragazzo, avevo qualche dubbio. Insomma, finora, si era comportato come un maniaco con problemi di doppia personalità, ma pazienza. Magari, in realtà era un santo…
“Si, certo. Come no! ” 
<< già, speriamo >> 
La signora rise alla mia frase; la sua risata era cristallina, e nonostante sembrasse appartenere ad una bambina di cinque anni, in essa si poteva leggere anche una certa nota di saggezza.
Sorrisi alla sua reazione, poi mi sedetti a terra e cominciai a fare un po’ di stretching.
Nel frattempo, arrivarono tutti gli altri, perciò dovetti alzarmi e posizionarmi alla sbarra. Decisi di mettermi in un posto dove non fossi troppo in vista e mi andai a posizionare tra Erica e Serena, evitando di avere attaccate quelle altre “simpaticissime” ballerine.
<< bene ragazzi, benvenuti nella sala di classico.
Io sono la vostra insegnate, ma vi prego di non vedermi come una bacchettona, mi fa sentire così vecchia. Piuttosto, vedetemi come una sorella maggiore che cerca di insegnarvi qualcosa e che vi aiuta a crescere, ma anche con la quale potete parlare e confidarvi. >> regalò a tutti noi un sorriso gentile.
Quella donna era davvero adorabile.
<< a proposito, non vi ho detto come mi chiamo. Io sono la Signora Bentivoglio, ma vi prego di chiamarmi Signorina Bentivoglio. >>
<< la Signora Bentivoglio. Per gli amici TVB >> Erica se ne uscì fuori con questa pessima battuta.
La guardai negli occhi e, nel momento in cui i nostri sguardi si incontrarono, scoppiammo a ridere in silenzio come due matte, fino a farci scendere le lacrime.
La Signora TVB si avvicinò a noi ed esplose in un sorriso a trentadue denti. << bene, è proprio questo lo spirito che voglio qua dentro >>
Possibile che beccassero sempre me a ridere come una disperata. 
Tentai di tenere a bada le risate ed Erica fece lo stesso, o almeno ci provammo.
<< detto questo, tutti alla sbarra ed iniziamo con qualche esercizio base. >>
 
La lezione andò alla perfezione; ricevetti parecchi complimenti dalla Sig. TVB. Era davvero una donna d’oro.
Ora arrivava il problema. 
Stavo davanti alla porta d’entrata della sala di contemporaneo guardando tutte le persone già dentro, tra cui Malcom. 
Vicino a lui, notai anche Brian, la mia ancora di salvezza.
Mi vide dall’altra parte della sala e mi fece cenno di raggiungerlo con un occhiolino ed un sorriso mozzafiato.
Feci un lungo sospiro ed entrai a testa alta.
Malcom mi squadrò. << Tu guarda, è tornata la nostra balena bianca. Andrai a piangere in bagno anche oggi o ti farai consolare dal tuo amico qui, davanti a tutti? >>  rise beffardo indicando Brian con un cenno del capo.
“Ma io lo ammazzo!”
Feci un altro sospiro, mandai un sorriso provocatorio a Malcom e mi diressi verso Brian. Una volta arrivata davanti a lui, lo abbracciai e strusciai il mio naso sul suo collo.
<< come è andata la mattinata? >> domandai ignorando completamente Malcom.
Ricambiò il mio abbraccio e appoggiò le sue mani sui miei fianchi.
<< adesso va decisamente meglio >> la sua voce era stata lieve e soffice, tanto che mi sentii sciogliere. Mi sentii il viso bruciare per l’imbarazzo ed il cuore partire a tamburello.
Mi staccai da lui col viso in fiamme cercando di nasconderlo, ma Brian notò ugualmente il mio rossore e mi sorrise intenerito.
Adoravo la sua dolcezza, anche se mi causava questi improvvisi attacchi di timidezza.
Mentre cercavo di riprendere il mio solito colorito, notai che Malcom aveva lanciato un’occhiataccia a Brian che ricambiò con uno sguardo minaccioso. 
Cercai di lasciar perdere quello scambio di sguardi, pensando che fosse causato solo dalla stupidità di Malcom e mi diressi in un angolo vuoto della sala.
<< partiamo con il riscaldamento. Tutti al centro >> disse Malcom, posizionandosi a capo del gruppo, davanti allo specchio.
Io, invece, andai a posizionarmi in fondo alla classe, accanto a Brian in modo da sentirmi meno vulnerabile in mezzo a tutto quell’odio nei miei confronti.
<< tu, Palla di Lardo, vieni avanti >> ordinò Malcom indicandomi allo specchio.
“appunto, come non detto”
Seguii i suoi ordini senza dire una parola e con la massima tranquillità.
Una volta arrivata davanti, mi posizionai tra lui e la sua assistente, Miky.
Chissà perché ce l’aveva tanto con me? Davvero era solo perché non gliel’avevo data o per quel dito medio all’audizione?
Mah
<< mettiti in posizione, Culona >>
RABBIA
<< ho un nome! >> esclamai innervosita.
Quella reazione sembrò stupirlo. Mi guardò con la bocca socchiusa per un paio di secondi, poi assunse un aria superba << davvero? Potresti rinfrescarmi la memoria? >> 
<< Greta >> il mio tono non era pacifico o tranquillo, più che altro era diventato autoritario. Quasi come quello dei soldati.
Mi guardò negli occhi e fece un sorriso. Cazzaccio, quei suoi occhi avevano qualcosa di magnetico; sarà stato per il colore intenso- quel grigio avrebbe fatto impazzire chiunque- o per il modo penetrante in cui mi fissavano dritti nelle pupille, ma era davvero difficile distogliere lo sguardo.
<< okay..Greta.. Mettiti in posizione >> disse, con un misto di arresa e soddisfazione.
Ma avevo sentito davvero bene? Mi aveva chiamata per nome anzi che “Culona” o “Palla di Lardo”.
Dunque era questo che dovevo fare per avere rispetto e per non essere insultata? 
Non dovevo solo pretendere rispetto, ma dovevo anche prendermelo ed obbligarlo a trattarmi come un essere umano. Bene, da ora in poi lo avrei fatto.
Per il resto dell’ora non mi degnò nemmeno di uno dei suoi commenti pizzicanti. Oddio, non che mi avesse fatto i complimenti, anzi, nel momento in cui avevo sbagliato una pirouette, mi aveva fulminato con lo sguardo, ma meglio essere fulminati con lo sguardo che essere insultata.
Mi ero riguadagnata quel pezzo di dignità che il giorno prima mi era stato portato via.
Greta 1-Malcom 1. Palla al centro.


Non so voi cosa ne pensiate, ma io adoro far fare lo stronzo a Malcom!! :D


 

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Capitolo 4
*** Una voglia pazzesca di baciarti ***


Le settimane stavano passando in fretta ed il mio percorso alla Scala andava migliorando.
Ci avevano anche annunciato che entro poche settimane avrebbero fatto sapere a chi sarebbero andate le parti principali nel saggio di fine anno. 
Il saggio di fine anno era l’evento più atteso da tutti gli allievi dell’accademia. Questo consisteva in un susseguirsi di esibizioni, che fossero di canto, ballo o recitazione, a cui avrebbero assistito alcuni dei più famosi coreografi, registi e coach vocali del mondo, provenienti da prestigiose accademie artistiche, che avrebbero selezionato solo alcuni di noi per darci la possibilità di entrare a far parte delle loro compagnie.
Sapevo che avrei tranquillamente potuto aspirare ad una delle parti principali, ma tutto dipendeva dai professori. 
La Sig. TVB mi avrebbe senz’altro assegnato una delle parti, sapevo di essere la sua pupilla. L’insegnate di hip-hop non sarebbe stato in disaccordo con lei. Nasone non stravedeva per me, ma nella sua materia me la cavavo piuttosto bene, perciò avrebbe dovuto ammettermi per forza. Il prof. Pilato, l’insegnante di canto, sarebbe stato dalla mia parte. Tutti sarebbero stati dalla mia parte.
L’unico problema, come al solito, era Malcom. Figuriamoci se quell’uomo sarebbe mai stato dalla mia parte, anzi, avrebbe fatto di tutto pur di mettermi i bastoni tra le ruote.
Mi odiava a morte, anche se non mi aveva più tediato come aveva fatto all’inizio. 
Qualche volta, capitava ancora che mi riservasse qualche battutina del cazzo o qualche insulto, ma cosa potevo pretendere; non poteva cambiare le sue abitudini da un momento all’altro solo per me.
<< di una cosa sono certa, tu avrai l’assolo di classico >> esclamò Serena.
<< certo che si, lei è la cocca della Bentivoglio! Oh Greta, che bel attitude! Oh, quelle pirouette sono uno splendore! Dovreste tutti prendere esempio da lei! >> Andrea squillò imitando la voce della Sig. TVB.
“Poco invidioso il ragazzo”
<< invidia, Andrea? >> domandò Colin, il fidanzato di Serena.
Colin era un ragazzo del terzo anno proveniente dall’Irlanda, alto più di me, magro, con due grandi occhi azzurri ed i capelli color castano ramati.
Aveva molti tratti in comune con Brian: era poco muscoloso, piuttosto benestante, generoso, simpatico ed anche lui era indirizzato maggiormente alla recitazione.
Andrea fece roteare gli occhi, senza rispondere. Noi altri, invece, ridacchiammo.
<< a parte gli scherzi. Sono sicuro che avrai quel assolo >> si intromise Brian prendendomi per mano, attraversando i corridoi.
<< ma che ne sai tu? >> dissi stringendo la sua mano.
Lui mi guardò negli occhi e mi sorrise teneramente.
<< perché sei la più brava >>
Feci un risolino imbarazzato. Davvero, era troppo carino quel ragazzo ed io non avevo più voglia di aspettare. Mi sentivo pronta per far diventare la nostra amicizia un qualcosa di più... In fondo, sapevo che anche lui lo voleva.
<< grazie mille. Sei un tesoro >> appoggiai la mia testa sulla sua spalla continuando a camminare, mentre lui mi diede un bacio sulla tempia.
<< ti va di andare a mangiare qualcosa insieme, stasera? >> domandò tranquillamente.
Ottimo. Avrei potuto cogliere l’occasione.
<< certo che mi va.. >> dissi entusiasmata << a patto che mi porti a mangiare la pizza! >> 
Sorrise divertito e poi si staccò da me. << okay, allora ci vediamo stasera alle 20. Passo a prenderti sotto casa >> 
<< perfetto >> scastrai le mie dita dalle sue e gli diedi un bacio sulla guancia. << ora vado, che ho lezione di canto >> 
<< allora io vado a procurarmi un paio di tappi per le orecchie >> beffeggiò.
Risi e gli diedi una pata sulla pancia << non sei simpatico, davvero >>
Rise anche lui, poi si voltò e si diresse verso l’aula di hip-hop.
Tornai dal gruppo dei miei amici ed andai vicino ad Erica.
<< allora, stasera uscite, eh >> Erica mi diede una gomitata, ridendo maliziosa.
<< eh già… >> feci un attimo di pausa. << penso che mi piaccia e credo anche di piacergli >> dissi grattandomi la testa un po’ imbarazzata.
Ammettere certe cose ad alta voce mi faceva sentire piuttosto in difficoltà. Specie perchè si trattava di sentimenti.
<< certo che si. E poi, è un bravo ragazzo >> 
<< mah, a me non convince granchè >> si intromise ancora Andrea.
Ma perché quel ragazzo petulante non teneva la bocca chiusa?
<< l’invidia ti mangia vivo, tesoro! >> 
 
Una volta tornata a casa, buttai il borsone sul divano, tolsi la giacca e mi diressi in bagno, dove aprii l’acqua della vasca per farmi un bagno caldo in modo da rilassarmi e da essere raggiante quando Brian fosse arrivato a prendermi.
Mi spogliai e mi immersi nell’acqua bollente, tra la schiuma profumata. Per agevolare il rilassamento, misi anche un po’ di musica dal cellulare e mi lasciai trasportare dalla fantastica voce di Mina in “Mi sei scoppiato dentro al cuore”.
“aaff, finalmente un po’ di pace”
La mia testa volò automaticamente a Brian.
Pensare a lui mi faceva un certo effetto, insomma, lui mi piaceva davvero. 
Si era sempre comportato da gentil uomo con me e questo gli dava ai miei occhi una bellezza inimmaginabile. Ero innamorata del suo carattere.
Non sapevo come avrei potuto baciarlo, non avevo proprio idea di come creare una situazione in cui io avrei potuto avvicinarmi a lui così tanto da poterlo baciare; Solo l’idea mi faceva angosciare. “Boh, lascerò tutto al caso!” 
E poi, non sapevo nemmeno come vestirmi. Non volevo andare vestita male, però non volevo neanche vestirmi in modo troppo elegante. Se lui si fosse presentato vestito in modo semplice ed io mi fossi vestita troppo elegante, lui si sarebbe sicuramente sentito in imbarazzo, e così viceversa.
Uscii dalla vasca dopo esserci stata per mezz’ora; la pelle delle mie dita era diventata grinzosa, peggio di una vecchia. Mi asciugai il corpo e poi i capelli, poi mi truccai leggermente e lasciai l’abbigliamento per ultimo.
Andai in camera e cercai qualcosa di guardabile nell’armadio. Poi -dopo aver scartato maglie, magliette, maglioncini, pantaloni e gonne- trovai un vestito a fiori molto semplice. Non era niente di elegante, ma non era neanche una roba sciatta.
Me lo infilai, infilai anche delle collant color carne, e, sopra ad esso, misi una giacca di jeans, poiché non faceva più tanto freddo. 
Finalmente, arrivò. 
Scesi le scale, aprii il portone e lo trovai davanti a me, vestito in modo molto semplice. “Bene, ho azzeccato l’abbigliamento”
<< sei stupenda >> disse senza darmi neanche il tempo di salutarlo.
Arrossii violentemente.
<< grazie >> mi strinsi nelle spalle.
Mi prese per mano e ci dirigemmo a piedi verso la pizzeria “La Capricciosa”. 
Una volta arrivati, ci accomodammo in un tavolino in fondo alla sala. Non c’era praticamente nessuno, forse perché era martedì sera.
<< a cosa devo l’onore di questo invito a cena? >> domandai ammiccante.
<< avevo solo voglia di passare questa serata con una ragazza bellissima. >> 
Il cuore mi fece un tuffo.
<< e, se posso saperlo, perché una bella ragazza come te ha accettato un invito da uno come me? >> domandò soavemente.
Da dove cominciare?
<< se devo essere sincera..penso che questa sera sono venuta con te, perché…perché mi piaci…e, magari, è stupido, ma penso che anche io ti piaccio. Sbaglio? >> lo guardai da dietro un ciuffo di capelli, mascherando la mia vergogna con un tono un po’ più sicuro.
Lui mi scrutò e strinse gli occhi. << no, non sbagli >> 
Tirai un sospiro di sollievo e sorrisi, portandomi i capelli dietro l’orecchio. 
Brian si morse le labbra e poi mi prese nuovamente la mano. << penso che tu sia davvero una delle persone più belle che io abbia mai incontrato e non intendo solo esteticamente. Voglio dire, tu hai qualcosa dentro che mi fa battere il cuore all’impazzata. Cavolo, mi piaci da morire >>
Se prima il mio cuore aveva fatto solo un tuffo, ora stava facendo i salti mortali.
Avevo perfino il fiatone << ti prego basta. Mi stai facendo venire la tachicardia >> 
Rise e mi accarezzò la guancia.
Per il resto della serata non parlammo molto, ci limitammo a guardarci negli occhi e a farci qualche sorriso.
Non ero più agitata a stare davanti a lui, anzi, ero a mio agio.
<< che ne dici, andiamo? >> domandò dopo avermi sorriso per l’ennesima volta.
<< okay >> rimasi un attimo incastrata dai suoi occhi.
Uscimmo dal locale e lui mi prese di nuovo per mano. Fino a sotto casa mia nessuno parlò più.
Arrivammo davanti al portone e, qui, ci fermammo uno di fronte all’altra.
<< beh, siamo arrivati >> constatò.
<< già.. >> rimasi imbambolata. 
Dovevo cogliere l’occasione per baciarlo.
<< ho passato una serata veramente stupenda con te >> disse sorridendo.
<< si >> 
Mi guardò e scoppiò a ridere. << il gatto ti ha mangiato la lingua? >>
Scrollai la testa e cercai di tornare lucida. “che figura di merda!”
<< no, scusa. È solo che sono un po’ nervosa >> risposi squillate.
<< come mai? >> si avvicinò a me, prendendomi entrambe le mani come per rassicurarmi.
“bisogna mantenere la calma, bisogna mantenere la calma” ripetei tra me e me.
Che avrei dovuto rispondere? 
<< è che ho una voglia pazzesca di baciarti, ma non so come fare >> optai per la sincerità. Dire queste cose mi faceva salire la vergogna e l'ansia alle stelle, ma dire la verità era sicuramente la cosa migliore da fare. E poi, ad inventare cavolate ero davvero pessima
La sua espressione si accese in una smorfia di sorpresa, poi, continuò ad avvicinarsi a me.
<< permettimi di darti una mano >>
Annuii e lo lasciai fare.
Arrivò alla mia bocca, appoggiandosi  lentamente. Chiusi gli occhi istintivamente e cominciai a muovere le mie labbra, seguendo il suo tempo. 
Sapeva di pizza e di coca cola, e, la sua pelle profumava di muschio bianco. 
Mi sentivo veramente felice.
Portai le mie braccia intorno al suo collo e mi incollai a lui, sentendo le sue mani scendere sui miei fianchi per poi stringermi entrambe intorno alla vita.
Un bacio così dolce non lo avevo mai ricevuto.
Mi scostai da lui dopo parecchi minuti con l’aria un po’ stordita.
<< grazie dell’aiuto >> dissi strusciando il mio naso al suo e sorrisi.
<< è stato un piacere. Se vuoi posso rifarlo subito! >> 
Ridacchiai.
<< è il caso che tu vada >>
Si staccò da me e rivolse gli occhi al cielo. << va bene >>
Mi avvicinai e gli diedi un altro bacio a stampo << ci vediamo domani mattina >>
<< non hai idea di quanto mi mancherai stanotte >> 
Mi sciolsi e gli diedi un ennesimo bacio. << ora vai prima che decida di baciarti ancora >>
<< a me piacerebbe molto se tu lo facessi >> 
“aaaahh…devo resistere! Devo andare a dormire!”
<< Brian >> dissi mentre lui continuava a regalarmi qualche bacetto a metà bocca.
<< dimmi.. >>
<< alza i tacchi! >> risi.
Anche lui scoppiò a ridere e poi si staccò, voltandosi verso la sua macchina. << buonanotte >> gli dissi quando aprì la portiera.
<< buonanotte a te e sogni d’oro >> “Se ti sognerò, lo saranno di sicuro”




Eccoci qui!! 
Non trovate che Brian sia troppo patatoso?! io si!! :D
Fatemi sapere che ne pensate dai..non siate timidi!! 
Baciii <3

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Capitolo 5
*** Segreti ***


Mi svegliai con il sorriso sulle labbra; ero troppo contenta per quello che era accaduto la sera prima.
I miei sogni erano stati più che d’oro, diciamo che erano stati di platino.
Mi alzai dal letto e zampettai in bagno per il solito rito di preparazione mattutino. Uscii, feci colazione e andai verso l’accademia.
Varcai la porta raggiante e mi diressi verso la sala di recitazione, dove Brian mi aspettava seduto sul pavimento.
<< buongiorno! >> esclamai, correndo ad abbracciarlo.
<< buongiorno a te! Oggi ti vedo raggiante >> osservò con la sua solita aria da orsacchiotto di peluche.
Arricciai il naso << diciamo che sono semplicemente felice >> 
Ridacchiò << spero che la causa di questa tua felicità sia io >>
Lo guardai nei suoi occhi color cioccolato ed annuii << infatti.. >> mi avvicinai e gli diedi un bacio, proprio come quello della sera prima. Lo ricambiò immediatamente e mi passò una mano tra i capelli. Il baciò durò molto più di quello che avessi pensato, non che mi dispiacesse… anzi.
Venimmo interrotti dai borbottii di Nasone e dall‘arrivo degli altri ragazzi, perciò fummo costretti a staccarci. “Che puntualità!”
Notai anche un’occhiataccia venire da Andrea, Serena ed Erica che avevano appena assistito al nostro bacio. Mi avvicinai a loro.
<< vedo che non hai perso tempo! >> esclamò Andrea inacidito.
Ancora con ste battute irritanti. “Ma che gli prende?”
<< davvero, questa tua invidia mi fa sentire a disagio, Andrea >> dissi in tono fermo.
Mi guardò con fare amareggiato, come se lo avessi offeso.
<< la mia non è invidia, cara. È solo che quel tipo non mi convince affatto, ma pazienza. Peggio per te >> 
<< dai Andrea, lasciala stare. Trovo che stiano davvero bene insieme! >> esclamò Serena con aria sincera, mandandomi un sorriso carico di entusiasmo.
<< già, concordo con mia sorella! Siete troppo carini >> si intromise Erica, facendomi un occhiolino.
<< grazie ragazze. >> sorrisi alle due rosse, ignorando completamente Andrea che voltò le spalle ed andò a sedersi lontano da noi.
La lezione cominciò. Il professore decise di farci trasferire in un’altra sala, quella in cui si facevano le riunioni e nel quale c’era un piccolo palchetto, per avere più spazio e per poter osservare meglio le esibizioni di ciascuno di noi.
A cominciare furono Erica e Chris, il suo ragazzo. 
Chris era un ragazzo con la faccia da bambino, due piccoli occhi verdi ed i capelli castani, di altezza media e piuttosto minuto. Quel ragazzo era davvero tenero; non mi sorprendeva che una ragazza come Erica si fosse innamorata di un tesoro come lui.
Partirono proponendo una scena di un grande film, “Forrest Gump”, la scena in cui la madre gli dice a Forrest che sta per morire.
La fecero talmente bene che, una volta finita, metà di noi aveva le lacrime agli occhi.
Dopo di loro andarono Serena, Andrea e altri tre ragazzi del corso che proposero una scena da “Full Metal Jacket”, la scena in cui il Sergente insulta i soldati. A differenza dell’esibizione di prima, questa mi fece piangere dal ridere.
Poi fu il turno di Brian ed un’altra ragazza di nome Eleonora; Loro proposero una scena da “Amore e altri rimedi”, quella in cui il protagonista dice alla ragazza che resterà sempre al suo fianco nonostante la sua malattia.
Una scena bellissima e carica di emozione che Eleonora, ma soprattutto Brian, riuscirono ad interpretare in modo perfetto.
Brian era assolutamente il più bravo nell’aula di teatro, non c‘era discussione.
Mi voltai verso la porta per asciugare l’ennesima lacrima che stava cadendo dai miei occhi, quando scorsi un losco figuro davanti a me. Lì, appoggiato alla porta, c’era Malcom che guardava con occhi attenti la performance di Brian.
Distolse gli occhi da lui solo quando si sentì osservato e si voltò nella mia direzione facendomi un cenno col capo che non seppi interpretare; forse era un normalissimo saluto. Eppure, fatti da lui, anche i gesti più normali sembravano avere un sottotesto di presa per il culo.
Lo guardai confusa e lui mi sorrise, un sorriso scaltro. Mah!
Scossi la testa e tornai a concentrarmi su Brian.
Nessuno si accorse della presenza inquietante di Malcom e quando mi voltai per vedere se fosse ancora li, lui era sparito.
 
Finalmente la campanella suonò e tutti uscirono dalla classe. 
Io aspettai Brian ed insieme a lui mi diressi verso l’uscita. Una volta varcata la porta, Brian mi prese per una mano e mi fece voltare.
<< io ho lezione di classico per schiappe. Tu cos’hai ora? >> domandò poggiandomi l’altra mano sulla guancia.
<< ho canto >> dissi un po’ distaccata. Sentivo che Malcom era ancora nei dintorni.
<< tutto bene, Gre? >> domandò ancora, scostandomi un po’ da sé per guardarmi meglio.
<< si, scusa. È che prima mi hai fatto piangere, davvero. Sei il migliore! >> dissi cercando di riprendermi e di sorridere.
Sembrò crederci.
<< lo so. Beh, anche te sei la migliore in classico, no? >> mi diede un bacetto sul naso.
Annuii. << troppo gentile >> sorrisi e gli diedi un bacio a stampo.
Sospirò divertito << vado, altrimenti faccio tardi. Non vedo l’ora di infilarmi la calzamaglia! >> rise e mi diede a sua volta un bacio staccandosi, poi, da me e voltandosi .
<< a dopo, piccolina >>
<< a dopo, Mister Calzamaglia >>
Mi diressi verso il mio armadietto e mi lasciai Brian alle spalle.
Iniziai a rovistare, alla ricerca dei miei fogli con scritti i testi delle varie canzoni che avrei dovuto cantare. Feci un sospiro di sollievo quando, dopo venti minuti, li trovai. Tirai la testa fuori dall’armadietto, ma feci un salto quando vidi accanto a me il mio incubo peggiore: Malcom.
<< Dio, mi hai fatto prendere un colpo! >> esclamai isterica.
Lui ghignò. << lo so, faccio questo effetto a molte ragazze >>
Girai gli occhi al cielo e tornai a trafficare a vuoto nel mio armadietto, cercando di ignorare lo Psicopatetico.
 Rimase in silenzio a guardarmi divertito. << nervosa? >> 
Continuai ad ignorarlo.
<< devo dire che il tuo fidanzato è proprio un bravo attore >> il modo in cui disse la parola “fidanzato” mi fece venire voglia di fargli sanguinare il naso violentemente.
Ma che problemi aveva? 
E poi che mi significava questo complimento al “mio fidanzato“? Che poi, non era nemmeno il mio fidanzato; stavamo insieme dalla sera prima e non potevo ancora definirlo in tal modo.
<< si, nel corso di recitazione è il migliore >> dissi guardandolo con aria confusa.
Lui ridacchiò. Poi cercò di ricomporsi. << non è questo che intendevo, ma..lascia perdere >> scosse la testa ancora divertito.
Continuava a fare delle risatine gutturali che mi facevano rabbrividire.
Lo guardai sconcertata nel tentativo di comprendere cosa volesse dirmi, ma ricevetti in cambio un’alzata di spalle.
<< sei odioso! >> dissi guardandolo dritto in faccia.
<< no, dai. Non sono poi così male! >> esclamò divertito.
Lo fulminai. “Okay, lo odio!”
Rimisi a posto tutto quello che avevo scombussolato e chiusi l’armadietto.
<< se ora sposti il culo, io passo >> gli dissi sprezzante, attendendo che si togliesse di mezzo per farmi passare.
Mi guardò in faccia, per poi scendere a guardarmi il seno, ancora.
<< diamine, smettila di fissarmi le tette! >> esclamai esasperata.
Lui rise divertito << sei davvero uno spasso! >> si passò una mano sulla fronte e proseguì << comunque, è davvero complicato non guardartele, insomma, sono enormi! >> rise.
Sbarrai gli occhi, inorridita. Inspirai per riprendere il controllo, ma ormai ero fuori di me.
<< levati dal cazzo, ORA! >> 
Mi fece un inchino e fece un passo verso destra, lasciandomi passare.
Sapevo che era stato troppo buono con me in quei giorni e doveva recuperare tutte le cattiverie e le prese in giro che si era risparmiato.
Santa pace, avrei voluto dargli fuoco.
Corsi via, lasciandolo lì a ridere di me. Finiva sempre così: io che me ne andavo scoglionata e lui che rideva divertito.
Andai a sbattere contro qualcuno. 
<< Stronzo, coglione, vaffanculo! >> urlai nevrotica.
Brian mi guardò terrorizzato, con la faccia da cane bastonato.
<< ma che ho fatto? >> domandò poi.
Poverino.
<< scusa Brian. Non ce l’avevo con te, è colpa di quello stronzo di Malcom! >> dissi calmandomi un momento.
<< perché? Che ti ha fatto, stavolta? >> domandò assumendo un’espressione seria e preoccupata.
Raccontai del mio incontro con Malcom e lui mi stette ad ascoltare con aria pensierosa.
<< io non capisco perché lui, adesso, ce l’abbia con te. Anche l‘altro giorno, quell‘occhiataccia che ti ha lanciato, io proprio non capisco >> proseguii.
Prese un lungo respiro ed aggrottò le sopracciglia chiare.
<< Malcom ed io ci conosciamo da molto tempo ed eravamo anche amici, ma adesso non è più così >> 
Come?
<< perché? Cosa è successo? >> domandai curiosa.
Scosse la testa << mi ritiene responsabile di una cosa successa molto tempo fa e che io non ho fatto. Una stupidaggine che ci è costata un’amicizia… In fondo, il problema è solo suo >> la sua spiegazione era stata molto vaga, ma gli credevo. Insomma, non mi era così difficile credere che fosse Malcom il problema.
Lasciai perdere quella discussione e continuai a camminare accanto a Brian. A proposito.. << a proposito, perché eri venuto a cercarmi? >>
<< ah, giusto. Volevo sapere se avevi tu il mio copione di recitazione. Non riesco a trovarlo >>
Probabilmente, lo avevo incastrato nel mio armadietto in mezzo a quella marmaglia di scartoffie quando Malcom mi aveva fatto visita.
<< forse è nel mio armadietto. Andiamo a vedere >>
<< grazie >> mi girò verso di lui e mi abbracciò. Premette le sue labbra sulla mie e, poi, mi scostò.
Barcollai un po’ stordita da quel bacio inatteso e, non appena mi ripresi, tornai a guardarlo in faccia.
Fece scorrere il suo sguardo dai miei occhi, sempre più in basso, fino a fermarsi sul mio decoltè. Fece un sorrisetto malizioso.
<< mi sento costretto ad essere d’accordo con Malcolm sul fatto che quelle due bombe siano davvero difficili da non notare. Sono davvero enormi! >> 
Gli diedi una pacca sulla spalla e risi con lui << che stupido! >>  



Buonasera gente!
Ecco qua un nuovo capitolo..
Chissà come mai Malcom e Brian non sono più amici e quale è il motivo di tutto questo odio...ovviamente io lo so...ma voi no! muaaaahahahahahah (risata malvagia!)
voi pensate che sia Brian o Malcom a mentire riguardo alla vicenda successa tanto tempo fa? credete che Brian non abbia fatto niente e che sia Malcom ad avergli dato la colpa ingiustamente? oppure Brian sta mentendo?  dai dai che voglio le vostre opinioni!!
comunque sia, spero che vi piaccia!
Baciiii <3
P.s.: non trovate che la foto che ho messo qui sotto sia davvero carina? io la trovo molto buffa..la adoro!! :D <3

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Capitolo 6
*** Esame ***


Mi lasciai alle spalle l’episodio accaduto con Malcom; avevo deciso che non valeva la pena di ascoltare quel fuori di testa. Parlava solo perché aveva la lingua in bocca. 
Non mi fidavo di lui.
<<  ragazzi, oggi faremo una sorta di test per coloro che avranno le parti più importanti nello spettacolo di fine anno. Ovviamente, mi riferisco a ciò che riguarda la danza, perciò all’assolo di classico, al passo a due di contemporaneo e all’esibizione a quattro di hip-hop.
Verrete messi sotto esame tutti da noi professori di danza, dalle 15 alle 18 nella sala di contemporaneo, poiché è la più spaziosa.
In bocca al lupo a tutti quanti! >> la Signora TVB ci diede una veloce occhiata e si diresse fuori dall’aula.
<< okay, Miss Cocca-della-TVB. Pronta ad avere la tua parte? >>  Brian mi diede un pizzicotto sul fianco che mi fece sobbalzare.
<< non è detto che la parte sia mia! >> 
<< si, certo. Come no?! >> 
Che palle con sta storia. Non era detto che la parte andasse diretta a me, in fondo anche Erica se la cavava alla grande in classico. Avevamo la stessa possibilità di ottenere quella parte.
<< uffa! >> esclamai esasperata.
Brian mi poggiò una mano sul fianco e con l’altra mi accarezzò la guancia. << agitata per questa sorta di esame? >>
Effettivamente, lo ero. Eccome.
Annuii con la testa e lui sorrise teneramente.
<< lo sai che ho ragione. La parte è praticamente già tua, questo esame è solo una formalità per te >> 
Mi diede un bacio a stampo e mi strinse tra le braccia dolcemente. 
Era proprio di questo che avevo bisogno: di qualcuno che mi coccolasse in mezzo alla perfidia della scuola. Un’ancora di salvezza.
Mi accoccolai sul suo petto, lasciandomi cullare dalle sue carezze per un paio di minuti, godendomi le sue tenerezze, poi mi staccai per non dare troppo spettacolo. Non mi piaceva essere guardata dalle arpie mentre amoreggiavo con Brian.
<< Vado a mangiare qualcosa. Vieni con me? >> domandai con occhi languidi.
<< no, tesoro. Vado a ripassare il copione per il mio esame, voglio assolutamente avere una parte importante in questo spettacolo! >> i suoi occhi erano pieni di tenacia.
Eravamo simili in questo. Insomma, la tenacia non ci mancava. E poi, mi aveva appena chiamata tesoro.
Un sorriso mi esplose sul viso.
<< okay. Allora, ci vediamo pomeriggio. Amore >> gli diedi un bacio, degno di tale nome, e andai a mangiare insieme ai miei amici.
 
Non riuscii a mangiare granchè a causa dell’agitazione, perciò, prima che iniziasse tutto il trambusto, decisi di andare nei camerini per vestirmi senza sentire addosso gli occhi delle arpie, poi mi misi le cuffie alle orecchie per rilassarmi e mi sedetti in un angolo: proprio come avevo fatto all’audizione.
La campanella suonò e perciò ci avviammo tutti verso la sala di contemporaneo.
Il primo stile era il classico.
L’esame si sarebbe svolto come una normale lezione: riscaldamento a terra, sbarra e centro. Il giorno dopo, poi, sarebbero usciti i risultati.
Ci accomodammo per terra e seguimmo le istruzioni della TVB, che era accompagnata da tutti gli altri insegnanti, non solo quelli di danza come ci era stato detto.
Dopo il riscaldamento a terra, la TVB chiese a noi ragazze di indossare le punte.
A quel punto, ero fregata.  Avevo le bolle ai piedi ed indossare quei maledetti marchingegni sarebbe stata una tortura. 
Infilai le scarpette e continuai la lezione senza fare una piega, nonostante sentissi un dolore insopportabile già al secondo esercizio. 
Il desiderio di avere quella parte era più forte del dolore, dovevo averla.
Continuai l’esame concentrandomi ed impegnandomi al massimo, prestando attenzione a tenere le punte e le gambe tese, a dare il giusto scatto della testa nelle pirouettes e a mantenere l’en dehor durante i rond de jamb.
Tutto sommato, dolore a parte, non stavo facendo schifo, anzi, mi sentivo sicura e sapevo alla perfezione ciò che stavo facendo.
Quella parte era già mia! 
Terminato il classico, si passò all’hip-hop. Non che avessi interesse a prendere parte all’esibizione di questo stile, vista la mia poca bravura, ma l’esame era obbligatorio per tutti, perciò lavorai sodo ugualmente.
Dio, ero davvero pessima come ballerina di hip-hop; sembravo un paletto, a differenza di Serena ed Andrea che andavano alla grande: erano sciolti, decisi e, soprattutto, si stavano divertendo.
Terminato hip-hop, era arrivato il momento di contemporaneo.
<< formate le coppie dell’altro giorno ed eseguite quella piccola coreografia una coppia alla volta >> la voce roca e imperativa di Malcom riecheggiò nella sala.
Io ero in coppia con Andrea, poiché era l’unico abbastanza alto da poter ballare con me. Anche se proporzionalmente andavamo bene, facevamo ugualmente fatica a ballare insieme, poiché sembrava non voler collaborare, ma fare solo di testa sua.
Andrea era nato come solista, non come partner.
Di lì a poco sarebbe arrivato il nostro turno. 
Non ero agitata affatto, poiché il mio unico interesse stava nell’assolo di classico, ma nonostante tutto volevo spaccare per dimostrare ancora a Malcom di essere all’altezza delle sue aspettative. Volevo togliermi quella soddisfazione.
E poi, la canzone su cui dovevamo ballare era una delle mie preferite:Fix you dei Coldplay. 
La coreografia rappresentava la storia di un ragazzo, interpretato da Andrea, che sosteneva ed accudiva la madre malata, interpretata da me.
Capivo perfettamente le emozioni da sviluppare in quel pezzo, poiché le avevo provate sulla mia pelle qualche anno prima: mia madre era stata malata di cancro ed io mi ero sentita in dovere di curarla, poiché ero l’unica in grado di poterlo fare davvero.
Mio padre, da viscido bastardo quale era, se ne era lavato le mani, andandosene via di casa, accompagnato da quella merda umana di mia sorella maggiore, Sofia.
Eravamo rimaste sole, io e la mia mamma malata. E solo io potevo prendermi cura di lei, come del resto aveva fatto lei fino a qualche giorno prima che il cancro la massacrasse.
Poi, non so grazie a quale miracolo, era guarita. Forse era stato il miracolo dell’amore materno.
Ma comunque, a parte la mia storia da povera sventurata, la coreografia era davvero fantastica.
Potevo odiare Malcom quanto volevo, ma per quanto riguardava la danza, era davvero un genio. Dovevo ammetterlo. 
Anche quando facevamo lezione e lui si metteva davanti a noi per mostrarci gli esercizi, era poesia pura e, se lo era già solo nel riscaldamento, chissà come poteva essere in una coreografia vera e propria.
Se il carattere di Malcom fosse stato come il ballerino che era in lui, lo avrei sposato immediatamente. Invece no, era un cafone! E me lo stava dimostrando anche in quel momento, mentre chiamava il mio nome e quello di Andrea, facendo delle smorfiette divertite e trattenendosi dal ridere.
Lo gelai con uno sguardo. << cazzo ti ridi? >> sussurrai avvicinandomi a lui.
Mi guardò e ghignò. << siete davvero fantastici come coppia, davvero. Insomma, una checca ed un tricheco che ballano un passo a due è qualcosa di mai visto! >> si coprì la bocca per nascondere le risate.
Avevo sentito bene o aveva appena chiamato Andrea “checca”? 
La rabbia mi salì alle stelle. 
Poteva chiamarmi “balena”, “tricheco” o come altro diavolo voleva, ma non poteva permettersi di chiamare Andrea in quel modo. 
Non potevo nemmeno dire che fosse omofobo, perché sapevo che, in realtà, era solo un coglione.
Serrai la mascella e mi avvicinai al suo orecchio. << senti, lurido figlio di puttana, non ti azzardare mai più a fare battutine offensive sugli omosessuali, altrimenti giuro che la prossima volta ti faccio ingoiare i denti e, per di più, vado dalla direttrice e le dico che hai avuto diverse relazioni con le studentesse, lurido porco maiale! >> le parole mi uscirono minacciose dalla bocca; era facile comprendere che non stessi scherzando.
Rimase impalato accanto a me, con aria spiazzata. Mi voltai e lo lasciai lì.
Mi misi in posizione insieme ad Andrea e feci cenno a Miky di far partire la base, poiché Malcom sembrava essere rimasto pietrificato.
La musica partì, fu allora che tornai indietro di un paio di anni per far rivivere dentro di me tutte quelle emozioni che avevo provato quando la mia mamma aveva avuto bisogno di me. Tornai all’espressione di mamma che si sentiva in colpa per avermi fatta sgobbare o preoccupare durante quelle lunghe giornate, alla sua espressione deformata dal dolore ed alla sua espressione imbarazzata quando la aiutavo a fare la doccia, non perché la stessi vedendo nuda, ma perché non poteva fare da sola, non poteva essere autonoma perché era troppo debole.
Tutte quelle cose esplosero nella mia testa e nel giro di pochi secondi mi ritrovai a cacciarle fuori attraverso i movimenti che Malcom mi aveva insegnato e che Andrea stava assecondando.
Fu un’esplosione di emozioni incontrollata che terminò nel lampo di pochi minuti.
Terminata la musica, avevo il fiatone ed ero sfinita. Era come se avessi fatto circa tre minuti di coreografia in apnea.
Ero morta dalla stanchezza e dal dolore causato da quei brutti ricordi.
A quel punto non mi importava più di aver fatto colpo su Malcom o su tutti gli altri insegnanti. Volevo solo uscire da là a testa alta.
Mi voltai e uscii dal silenzio che era calato in quella stanza.
 
<< pronti a vedere i risultati? >> Serena accanto a me, era pimpante.
Annuii entusiasta, forse, perché sapevamo tutti che l’assolo di classico era mio, nonostante avessi fatto fatica ad ammetterlo.
<< si, sono pronta a leggere “Assolo di danza classica: Greta Secchi”! >> aggiunsi con aria fiera ed impettita.
<< ma come? Non avevi detto che non era certo che la parte fosse tua? >> Brian mi poggiò un braccio intorno alla vita e mi attirò accanto a sé.
<< avevi ragione tu. La parte è già mia >> ammisi 
Socchiuse gli occhi ed aggrottò le sopracciglia. 
<< lo so, io ho sempre ragione! >>
Ridacchiai insieme a lui.
Apprezzavo il suo modo di lasciarsi scorrere le cose addosso e di non farmi pesare i miei errore. 
Arrivammo davanti ai cartelloni dei risultati e ci fermammo ad un paio di passi dall’ammasso di gente che si era formato davanti a noi.
<< allora, andiamo >> si pronunciò Brian prima di camminare verso i cartelloni, togliendo la mano dal mio fianco.
Mi avviai dietro di lui, in mezzo a tutto quell’ammasso di gente; una ragazza si stava lamentando. Anzi, non era solo una ragazza, ma praticamente tutte. 
Passai in mezzo a loro, ma venni sommersa da una valanga di occhiatacce: tentai di ignorarle, invana.
Mi bloccai davanti ai cartelloni.
Una scarica di adrenalina mi pervadeva il corpo, mentre cercavo la categoria danza sul cartellone. Mi ci vollero pochi secondi per trovarla.
L’adrenalina si placò immediatamente.
Lessi più volte il cartellone e, solo dopo la terza volta, compresi realmente ciò che c’era scritto. E non era ciò che mi aspettavo.
Assolo danza classica: Erica Casella





Olèèè...ho deciso di farvi una sorpresa anticipando il capitolo, poichè partirò per 10 giorni e non sarò con voi per tutto quel tempo (mi mancherete tanto <3 )
comunque per chi fosse interessato, la coreografia a cui mi sono ispirata si può trovare su youtube. Basta che cercate "fix you-contemporary dance" oppure "Fix you-sytycd" e clicchiate quello dove ci sono i ragazzi dell'immagine qui sopra... (la posa non è la stessa, ma riconoscerete li riconoscerete :) )
grazie per l'attenzione e buona lettura...
Baciiii <3

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Capitolo 7
*** Un bacio inaspettato ***


Non fu tanto quella frase a sconvolgermi, ma peggio ancora, fu quella scritta sotto.
Passo a due danza contemporanea: Greta Secchi - Malcom Secret
Malcom Secret. Malcom Secret?
Ma che centrava lui? 
Diamine, era un insegnante, non poteva ballare con me, cavolo!
Mi sentii sbiancare e la testa mi diventò pesante.
Brian, accanto a me, si era pietrificato. Sentivo il suo respiro alterato e vedevo con la coda dell’occhio i suoi pugni stringersi.
Mi voltai verso di lui e gli toccai un braccio per farlo calmare << dai, non è niente. Davvero. >> 
Scosse la testa e si ristabilizzò in parte.
<< non mi piace che quel pazzo ti metta le mani addosso >> mi disse con aria seria e gravosa.
Mi guardai intorno e mi resi conto di essere sotto gli occhi furiosi ed accusatori di tutte le ragazze della scuola. Non potevo reggerle.
<< possiamo parlarne da un’altra parte? >> non volevo discutere con lui davanti a tutti.
Annuì e mi seguì negli spogliatoi.
<< Brian, ti prego di non arrabbiarti con me. Io non ne sapevo niente >> 
Scosse la testa. << non è con te che sono arrabbiato. È con Malcom. 
So quali sono le sue intenzioni: vuole solo mettermi i bastoni tra le ruote. Vuole allontanarti da me per vendicarsi di quello che è accaduto tempo fa.
Capisci? Vuole portarti via da me ed io non posso permetterglielo! >> la sua voce era alterata dalla preoccupazione.
Lo guardai nei suoi occhioni neri rivolti verso il basso. Sorrisi.
<< dunque, tu sei preoccupato per me >> gli presi la mano.
Alzò gli occhi ed incontrò i miei.
<< certo che sono preoccupato.. Io ci tengo tanto a te >> diventò improvvisamente impacciato.
Dio, che tenerezza. Mi sarei potuta sciogliere.
<< anche io ci tengo.. Più di quanto credi >> dissi avvicinandomi a lui.
Sorrise. << dunque, tu mi ami >> non era una vera e propria domanda.
Gli accarezzai una guancia e mi portai più vicino.
<< ti amo >> sussurrai.
Mi accarezzò i capelli e mi sentii volare. << ti amo anche io >>
Ci sfiorammo col naso, mentre i nostri occhi, persi gli uni in quelli dell’altro, facevano faville.
Ci baciammo dolcemente e rimanemmo abbracciati per un po’. 
Ero agitata da morire. Queste dichiarazioni mi avevano fatta sentire tremendamente inquieta. Inquietamente felice.
<< promettimi che qualsiasi cosa ti dirà Malcom, tu non gli crederai e promettimi anche che non gli permetterai di prenderti in giro. >> mi sussurrò tenendomi ancora stretta a sé.
<< prometto. E tu promettimi che ti fidi di me >> 
Annuì e mi diede un bacio a stampo.
<< andiamo, piccolina >> mi prese per mano ed uscimmo dal camerino con il sorriso sulle labbra.
 
Il giorno dopo avevo lezione e tra l’altro avrei iniziato le prove con Malcom.
“Che gioia!”  
Mi cambiai, decidendo di mettere un maglioncino largo, grigio ed un paio di semplici leggins neri.
Mi diressi verso l’aula di malavoglia.
Malcom era già lì ad aspettarmi con quella faccia da schiaffi appoggiata a quel corpo perfetto da venticinquenne. Mi doveva delle spiegazioni.
<< salve Tricheco >> 
Non risposi.
<< sei di cattivo umore? >> domandò avvicinandosi.
Gli lanciai un’occhiataccia. Lui sorrise.
<< Posso fare qualcosa per renderti la giornata più piacevole? >>
La sua voce da maniaco sbucò fuori insistente. Possibile che fosse così sfacciato?!
<< Certo, prova ad incendiarti. Sarebbe sicuramente utile per rendermi la giornata migliore >> 
Rise << giochi col fuoco, ragazzina >>
Ignorai la sua affermazione ed andai avanti. << mi devi delle spiegazioni! >>
Fece girare gli occhi e sbuffò. << pensavo che fossimo qui per la danza.. >>
<< è qui che ti sbagli! Tu non dovresti essere qui, o almeno non dovresti esserci come mio partner. Perché devo ballare con te? >> ero piuttosto incazzata ed impaziente di ricevere risposte. Tutta questa storia mi puzzava.
<< pensi che l’idea di ballare con una panzona come te mi diverta?! In caso tu non lo sappia, io e te dovremo fare delle prese e quindi io ti dovrò sollevare. Pff. Chissà che mal di schiena che mi verrà! >> 
La mia espressione era esterrefatta. “io lo ammazzo, giuro che lo faccio!”
Mi stabilizzai ed ignorai le sue cattiverie. << non hai risposto alla mia domanda! >> Sbuffò e lasciò cadere le braccia in segno di esasperazione << nessuno dei ragazzi della classe è in grado di ballare con te, sono troppo bassi e poi.. pesi troppo. >> pronunciò le ultime parole con un nonsochè di disprezzante.
Poteva anche smettere di ricordarmi che ero grassa. Lo sapevo perfettamente.
Abbassai la testa sconfortata. 
Sarà stato pure uno stronzo a dirmi quelle cose, però aveva ragione.
<< ti prego, non piangere >> disse lamentoso.
<< non sto piangendo! >> bloccai appena in tempo una lacrima che, prepotentemente, cercava di saltare giù .
Respirai e tornai a guardare Malcom con aria dura. << perché non posso ballare con Andrea? Ieri il passo a due che abbiamo fatto è stato fantastico! >> esclamai irritata.
Ballare con Andrea non era il massimo, ma avrei ballato anche con il bidello pur di non farmi toccare da Malcom.
Rise amaro.
<< a chi vuoi farla credere?! Si vedeva lontano un miglio che tra voi due non c’era sintonia. Tutto il lavoro hai dovuto farlo te ed è per questo che il risultato è stato fantastico >> 
“woo, fermi tutti.”
Cos’era questo? Un complimento?
Lo guardai con la bocca aperta. Okay, non era stato un vero e proprio complimento, poiché non aveva specificato il fatto che fossi brava, ma era qualcosa di simile, no? E poi, il fatto che mi avesse scelto per ballare con lui, significava che ero la migliore, no?
<< beh, che hai da guardare? >> il suo tono arrogante persisteva.
Feci roteare gli occhi. << io non ci voglio ballare con te! >> 
Sembravo una bambina di cinque anni, ma se proprio volevo levarmelo dai piedi, dovevo per forza comportarmi così.
<< te lo ripeto, Moby Dick, neanche io muoio dalla voglia di ballare con te! >>
Digrignai  talmente tanto i denti che li sentii stridere. << ti ricordo che ho un nome! >> 
<< si, lo so. Ti chiami Chiara >> 
“DESISTI!” 
<< GRETA! IL MIO NOME E’ GRETA, CAZZO! >> ero sull’orlo di una crisi isterica.
Lui scoppiò a ridere come se gli avessi appena raccontato la più divertente delle barzellette sui carabinieri.
<< Dio, adoro farti incazzare! Ahah.. Greta! >> disse il mio nome con voce scimmiottante.
Mi voltai verso la borsa che avevo lanciato in un angolo quando ero entrata e la aprii; estrassi la bottiglietta di acqua e mi sedetti a bere due sorsate per bagnarmi la gola. Lo feci soprattutto per tenere la bocca occupata in modo da non dargli la soddisfazione di fargli capire che mi stava istigando la mazza. E il macete. E la mannaia. E il lanciafiamme... Per non parlare, poi, del tritarifiuti. 
<< comunque, vuoi perdere ancora tempo o hai intenzione di combinare qualcosa? >> mi parlò dalla parte opposta della stanza, appoggiato allo specchio, con lo sguardo fisso su di me. La bocca ancora tirata dalle risa precedenti.
Mi alzai di nuovo con poca convinzione.
<< sentiamo, che cosa hai ideato? >> dissi con aria superba
Mi guardò dubbioso, poi scosse la testa interdetto. << pff. Tu davvero credi che io abbia ideato la coreografia? Già mi tocca ballare, figuriamoci se faccio anche la coreografia! >> aveva scritto in fronte “sei una povera illusa”.
Ogni sua affermazione mi rendeva sempre più perplessa. 
Lo pagavano pure per non fare niente? Non era possibile.
<< e chi credi che la farà la coreografia? >> domandai indignata, sapendo in cuor mio quale fosse la risposta.
<< beh, qui ci siamo solo io e te. Se non la faccio io, chi credi che la farà? >> alzò un sopracciglio e mi indicò con un gesto dell’indice.
Bene, davvero molto bene. Non poteva andarmi peggio: avevo perso l’assolo di classico, avevo guadagnato il passo a due di contemporaneo, avrei ballato in coppia con Malcom e avrei anche dovuto ideare la coreografia da ballare. Perfetto.
Scossi la testa scioccata. 
 
Passò qualche giorno prima che io e Malcom ci incontrassimo nuovamente per provare.
La canzone da ballare l’avevo già in mente. Era una canzone che portavo nel cuore, che amavo per la sua melodia e per il suo modo di raccontarmi così semplicemente.
Era sempre stato uno dei miei desideri quello di ballare quel pezzo; avevo anche immaginato una sorta di coreografia, ma tra fantasia e realtà ce ne passava un po’ e probabilmente la metà dei passi che avevo pensato erano impossibili da riprodurre.
Tra l’altro avevo desiderato di ballarlo con qualcuno di speciale, ma.. pazienza, mi sarei dovuta accontentare di Malcom.
<< beh, hai avuto qualche idea? >> domandò Malcom con la sua solita aria annoiata.
Legai i capelli in una pratica coda e lo guardai << si. La canzone è “That Home”, di Cinematic Orchestra. La conosci? >>
Mi guardò con un qualcosa di soddisfatto. << per essere un botolo, devo ammettere che i tuoi gusti musicali sono piuttosto buoni >>
Attenzione, un complimento! << grazie >> risposi senza mostrare la mia soddisfazione.
Sorrise. 
<< e dunque? >>
<< dunque, ho deciso che balleremo con un cuscino in mano. >>
Mi guardò un attimo perplesso. << un cuscino? >>
<< si, beh. Pensavo che poi dovremmo finire tutti e due appoggiati con la testa sul cuscino…abbracciati. E quando la canzone dice “questo è il posto che io chiamo casa”, fare in modo che si intendano le braccia dell’uno e dell’altra. Ovvero: “quando sto fra le tue braccia, io mi sento a casa”. chiaro?>> 
Dio, tutto ciò era estremamente imbarazzante. Voglio dire, immaginare di fare una cosa così romantica con quel rozzo lì davanti, mi faceva venire l’angoscia.
Sorrise ancora, per poi arricciare le labbra pensieroso. << devo dire che un pezzo romantico tra me e te è qualcosa che nessuno mai si immaginerebbe >> 
“E siamo al secondo complimento. Comincio a preoccuparmi” << si, la gente si immaginerebbe una scazzottata tra me e te, ma li stupiremo con un pezzo romantico.. >> 
Strizzò gli occhi.
<< bene, allora cominciamo >> 
<< ok..allora, il cuscino lo mettiamo lì nell’angolo e noi partiamo al centro. Tu ti metti in piedi con la pancia verso il pubblico e lo sguardo verso il cuscino, io invece, mi metto dietro con una gamba in attitude.. abbracciata a te >>
<< okay >>
Ci mettemmo al lavoro e nel giro di un’ora e mezzo, buona parte della coreografia era già pronta.
Non capivo come fosse possibile che Malcom ed io riuscissimo a parlare normalmente, senza battutine ed insulti, ma come veri professionisti, scambiandoci opinioni, consigli e quant’altro. Era strana la nostra sintonia artistica.
<< adesso, io ti lancio il cuscino, salto e tu mi prendi. Capito? >> dissi con un po’ di fiatone. Lui mi guardò e gli lessi nel pensiero. << lo so, lo so.. di sicuro mi verrà mal di schiena! >> dissi imitando la sua voce.
Mi guardò con aria seria. Poi, qualcosa di assolutamente inaspettato accadde: Malcom scoppiò a ridere. Non una di quelle risate provocatorie che usava fare, ma una divertita, sincera e fragorosa.
Rimasi esterrefatta.  
<< beh, non hai mai visto qualcuno ridere? >> domandò tornando alla sua solita aria da carogna. Teneva la guardia alta.
Sapevo che la pace con lui sarebbe durata solo il tempo di una coreografia.
Tirai su le mani in segno di arresa. << vabbè, per oggi può bastare. >>
Eravamo entrambi distrutti. Avevamo provato per un bel po’ e le gambe non mi reggevano più.
<< si, per oggi basta. >> ci sedemmo per terra ed entrambi bevemmo.
Dopo un paio di minuti di silenzio totale, Malcom parlò. << pensavo che, ad un certo punto, magari dopo i giri, potresti fermarti davanti a me ed appoggiare le mani sul mio petto facendo un panchè arabesque, mentre io potrei tipo piegarmi indietro >>
Battei un attimo le ciglia, incapace a stare dietro ai suoi continui sbalzi di umore.
<< cioè? Fammi vedere cosa intendi >>
Ci alzammo e mi mostrò cosa intendeva. 
<> seguii le sue indicazioni, mettendo le mani sui suoi pettorali in stile “Bronzo di Riace”. Anche se in questo caso era uno “Stronzo di Riace”! 
Si, la posa era fantastica e, nonostante l’idea di toccarlo non mi piacesse granchè, mi sentivo a mio agio a ballare con lui.
<< si, è fantastica. Voglio dire, mi piace un sacco! >> 
Sorrise. << lo so, anche se pesi! >>
“ignoralo, Greta. Ignoralo e vai avanti”
<< hai qualche altra idea? Voglio dire per quanto riguarda i costumi, la scenografia..balliamo per aria, su un cubo, su un letto… >> stavo straparlando, come sempre quando mi agitavo. In qualche modo, rivelare le mie idee per delle coreografie mi metteva in difficoltà, insomma, era come rivelare la mia parte più intima. E suppongo che per lui valesse lo stesso. 
Forse questo era l’unico modo di tenerlo a bada
Mi guardò ed alzò il sopracciglio del piercing. Ecco arrivata la sua espressione ammiccante. Effettivamente, era da troppo tempo che non veniva fuori.
<< conosco un bel tipo di danza da fare su un letto, con molte pose diverse. Sarebbe molto divertente da provare.. >> 
Lo guardai schifata e lui fece un risolino. 
Continuava a cambiare idea; prima mi faceva capire che ero obesa ed ora mi faceva proposte indecenti
<< Dio, mi riempi di insulti dal mattino alla sera e poi fai intendere di volermi portare a letto. Che problemi hai? >> sbottai sconvolta.
Camminò verso di me e si fermò qualche passò più avanti, di fronte a me.
<< cambio idea facilmente. È un problema per te? >> era serio. Si avvicinò ancora.
La sua vicinanza mi bloccava. In un certo senso, quel ragazzo, mi faceva paura.. e, come ogni cosa che mi faceva paura, mi intrigava.
Diciamo, più che altro, che mi stimolava a dimostrare qualcosa a me stessa, a superare i miei limiti.
<< no, alcun problema >> 
Alzò un angolo della bocca e si posizionò davanti a me con il chiaro intento di baciarmi. 
Mi allontanai e mi ricordai delle parole che mi aveva detto Brian.
Non dovevo fidarmi di Malcom, voleva solo allontanarmi da lui e usarmi per portare a termine la sua vendetta. Non potevo permetterglielo.
Anche se la scenata del bravo partner era stata piuttosto convincente, non dovevo lasciarmi fregare.
Continuava ad avvicinarsi, mentre io non riuscivo a muovere un muscolo. Per questo, decisi di parlare. 
<< non ti bacerei nemmeno se fossi l’unico uomo rimasto sulla Terra >> dissi acida nella speranza che sentendo quelle parole decidesse di lasciarmi in pace.
Ovviamente, no.
Rise divertito e sentii il suo alito arrivarmi sulla faccia. << sicura? >>
Sbloccai le gambe e feci un passo indietro.
Non feci in tempo a farlo che venni afferrata dalle braccia e tirata in avanti. Andai a sbattere con il petto contro Malcom, mentre la mia bocca si ritrovò premuta contro la sua.
Mi obbligò ad aprire la bocca e vi insinuò la sua lingua, muovendola poi con una certa forza.
Aveva un sapore misto di caffè e sigaretta. Uno schifo.
Rimasi sorpresa quando lo sentii fare un mugolio soddisfatto. Certo, si stava divertendo quella merda!
Ma la cosa ancor più sorprendente era che io non mi ero ancora staccata, ma ero ancora appiccicata alle sue labbra carnose. Stavo ricambiando quel bacio.. così violento.. Così trasportante.. così bagnato. Quel bacio così diverso da quelli di Brian.
BRIAN. Cazzo.
Non potevo fargli questo, non dopo avergli detto che lo amavo. Anche perché io lo amavo davvero ed in quel modo stavo prendendo in giro solo me stessa.. e per di più mi stavo facendo prendere in giro da Malcom.
Cercai di liberare le mie braccia dalla presa di quel maniaco che, imperterrito, continuava ad armeggiare con la mia lingua e le mie labbra. Niente, non ci riuscivo; era troppo forte.
Mi agitai per cercare di scappare dalla sua presa, ma ancora niente; continuava a muovere le sue labbra con violenza inaudita. Quasi da farmi male.
Feci un piccolo passo indietro ed alzai il mio ginocchio destro che beccò diretto i suoi gioielli di famiglia.
Improvvisamente, le sue mani si staccarono dai miei polsi e la sua bocca tornò al suo posto. Si portò le mani sulle sue membra ed iniziò a boccheggiare, diventando paonazzo in volto. Si accasciò per terra sussurrando una serie infinita di imprecazioni.
Lo lasciai lì a terra, in preda al dolore alle palle. “Te la estinguo la voglia di fare il porco!”
Raccolsi la mia borsa da terra e diedi un’ultima occhiata soddisfatta a Malcom. Anche mentre stava patendo le pene dell’Inferno, mi sembrava di scorgere nei suoi occhi un qualcosa di folle e consapevole allo stesso tempo.
Fanculo, non me ne fregava niente! 
Mi voltai e lo lasciai li accartocciato su sé stesso.
Mi precipitai in corridoio ed andai a sbattere proprio contro Brian. 
<< ehi amore. Come mai sei qui? Hai già finito con Malcom? >> domandò fingendo indifferenza.
Diamine, che imbarazzo. Non sapevo che fare; avrei dovuto dirgli la verità, spezzandogli il cuore, o avrei dovuto far finta di niente, salvandomi la pelle?
E se avesse sospettato qualcosa?
Si vedeva tanto che avevo le labbra più gonfie e arrossate del solito? Aveva notato la mia aria sconvolta? E i segni che avevo sulle braccia causate dalla stretta di Malcom?
Cazzo!
<< si, me ne sono andata, perché… >> deglutii rumorosamente <<  perché mi stavo scocciando dei suoi insulti >> 
Stavo facendo una stupidata, ma non potevo digli che Malcom mi aveva baciata e, soprattutto, non potevo dirgli che avevo ricambiato.
Non ero sicura che avrebbe compreso e per questo avevo deciso di non rischiare. Non volevo perderlo; in quel posto era l’unico a capirmi e ad apprezzarmi davvero. Sarebbe stato stupido.
Scosse la testa. << giuro che se potessi lo prenderei a cazzotti in faccia >> la sua espressione era cattiva. 
Mi sarebbe piaciuto sapere quale fosse stato il motivo di tanto odio tra i due. Avrei potuto chiederlo, ma non mi importava più. Anzi, così avrei avuto un alleato contro Malcom.
<< non ne vale la pena. Comunque, domani sera c’è la festa di primavera, a cui parteciperà tutta la scuola. Ci vieni? >> chiesi accoccolandomi contro di lui.
Come potevo essere così meschina? 
<< certo che si, amore >> mi strinse e mi diede un bacio sulle labbra. << ti amo >>
Mi sentii di nuovo volare nel sentire quelle parole. Forse ero stata meschina e stupida a ricambiare il bacio di Malcom, ma fra lui e Brian, avrei scelto mille volte Brian.
Mi strinsi a lui e pronunciai quelle parole in modo dolce. Era il mio modo di chiedere scusa per una cosa che lui nemmeno sapeva che avessi fatto.
<< ti amo anche io >>
 
 
“..a un certo punto il segreto in sé diventa irrilevante. Il fatto di averlo custodito,
Invece, lo è”  Acqua agli elefanti - Sara Gruen.





Ta daaaaann!!
Colpo di scena, signori e signore!!
Scrivere questo capitolo è stato davvero uno sballo..non so dirvi quanto io adori Malcom e il suo comportamento da ragazzaccio!!
Comunque qui sopra potete trovare la posa che Malcom propone di fare a Greta!! :)
Gustatevi questo capitolo (di cui vado molto orgogliosa) e ricordatevi che per circa dieci giorni non aggiornerò, perchè partirò per la Basilicata e non penso che riuscirò a connettermi ad internet.. comunque mi porterò ugualmente la chiavetta con la storia( nel caso io abbia un po' di fortuna e riesca a connettermi...)
Spero che questo capitolo vi piaccia quanto è piaciuto a me.. buona lettura..
ci si rivede tra una decina di giorni.. Ciao a tutti..
Baciii <3
 

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Capitolo 8
*** Priva di me stessa ***


Signori e signore, sono tornata! Mi siete mancati molto, anche se devo ammettere che lasciare la Basilicata è stato un trauma per me.. ma lasciamo stare!
Vi lascio al nuovo capitolo, so che avete atteso tanto per leggerlo e mi starete odiando per avervi fatto attendere tutto questo tempo..
Buona lettura, spero di non traumatizzare nessuno! 
Baciii <3
 


Uscii dalla doccia e rimasi in accappatoio davanti allo specchio.
Mi ero fatta una doccia nel tentativo di riuscire a schiarirmi le idee. Per me la doccia era l’equivalente di una giornata di pioggia: ottima per riflettere e per prendere decisioni. 
Ma non questa volta.
Il pensiero del bacio di Malcom non lasciava la mia mente, continuava a frullarmi in testa. Anche se cercavo di pensare a qualcos’altro, tutto mi riportava irrimediabilmente a quel bacio dannatissimo; il fatto di non aver detto nulla a Brian riguardo ciò mi faceva sentire tanto in colpa.
Presi la spazzola ed iniziai a pettinarmi i capelli bagnati, cercando di sciogliere tutti i nodi. Fu così che mi venne in mente un vecchio detto, “Prima o poi, tutti i nodi vengono al pettine”.
Prima o poi, Brian sarebbe venuto a saperlo e sarebbe stato allora che avrei dovuto fare i conti con lui. Non potevo rischiare di perderlo.
E poi, io non sapevo mantenere i segreti di quel genere, non ero abbastanza brava. I segreti mi restavano sullo stomaco e mi facevano sentire la coscienza sporca.
Basta. Dovevo dirglielo. Brian avrebbe senz’altro capito.
Mi asciugai il corpo ed i capelli. Mi truccai, sistemai la mia chioma castana in modo da non sembrare una pazza, e mi infilai un vestito verde a tubino con le maniche lunghe.
Misi delle scarpe beige col tacco alto (ma non troppo) e mi diedi un’ultima occhiata allo specchio.
Mi piacevo. Strano, ma mi piacevo sul serio.
Il verde era un colore che risaltava la mia carnagione scura ed il vestito lasciava intravedere perfettamente le mie gambe, l’unica parte del mio corpo di cui andavo fiera poiché erano lunghe e piuttosto magre- a differenza di tutto il resto. 
Infilai anche un giacchino, onde evitare di avere freddo, e uscii di casa.
Brian mi stava già aspettando in macchina.
<< ciao tesoro >> salii e gli diedi un bacio a stampo.
Di lì a poco avrei dovuto dirgli la verità. Dovevo farlo.
Rimase a guardarmi, incantato. Poi, sorrise.
“ma che ha visto? La Madonna?”
<< sei bellissima  >> mi guardò con aria inebetita.
Mi sentii lusingata. << grazie, ma non quanto te >> 
“diavolo, non posso dirglielo! È troppo dolce per rischiare di perderlo”
Non potevo farlo. Punto e basta.
Mi avvicinai e gli diedi un altro bacio, stavolta più lungo e più intenso. Più sentito.
Il cuore mi batteva all’impazzata e lo stomaco sussultava. Stare a contatto con lui mi faceva questo effetto: subbuglio. 
<< andiamo >> si staccò sorridente.
 
C’era una marea di gente; tutte le persone che conoscevo della scuola erano presenti, perfino gli insegnanti. Si, anche quel viscido bastardo di Malcom. 
Si era avvicinato ad inizio serata, mentre Brian era andato a prendere da bere ed io ero rimasta ad aspettarlo da sola al tavolino.
Si era seduto al suo posto, esordendo con un << buona sera, Botolo! >>
Digrignai i denti con disprezzo.
<< sparisci! >>
Fece un sorriso malizioso. << so che non vuoi che me ne vada. E so anche che muori dalla voglia di baciarmi ancora, dolcezza >> 
La sua aria da sbruffone mi punse come una fastidiosissima zanzara.
<< io muoio dalla voglia di  baciarti? Ti ricordo che sei stato tu a baciare me. Ammesso che quel omicidio alle mie labbra possa essere definito bacio! >>
Alzò il sopracciglio ed assunse la sua solita espressione divertita.
<< davvero simpatica..e comunque, vorrei ricordati che tu hai ricambiato >> 
Merda! Sapevo che non avrebbe perso l’occasione di rinfacciarmelo.
Emisi un risolino isterico << che dici?! Ti ho dato un calcio sui tuoi “benamati”, te lo sei dimenticato? >>
<< ma prima hai ricambiato >>
Sentivo la mia espressione mutare. Mi aveva beccata in pieno, ero colpevole.
Colpevole di averlo baciato. 
Il fatto più grave era stato che lo avevo fatto inconsciamente e, non volevo dire che mi fosse anche piaciuto, ma.. qualcosa di simile. Diciamo che non mi era dispiaciuto, ma se Malcom si fosse avvicinato un’altra volta avrei lasciato che Brian lo riempisse di calci nel didietro.
<< non è vero! >> venni tradita dal mio stesso tono. Era stato troppo stridulo e veramente poco credibile.
Scosse la testa << dovresti saperlo che le bugie non si devono dire. >> poi si guardò intorno e poggiò lo sguardo su Erica e Serena. << comunque.. poco mi importa di te. Piuttosto, come hai detto che si chiamano le tue amiche? >> domandò scrutandole con fare voglioso.
“Non mi importa di te, gnegnè gnegnè!” nella mia testa, una vocetta ridicola cominciò a prendere in giro le parole di Malcom.
Deglutii con un certo fastidio. << non l’ho detto, ma penso che tu non sia proprio interessato ai loro nomi >> 
<< no, infatti. >> 
<< possibile che tu non sappia i loro nomi? Sono nel mio stesso corso..sei anche il loro insegnante >>
<< il fatto che sia un insegnante non implica che debba conoscere il nome di tutte le mie allieve. Comunque, ricordo chi sono.
Sono le due sorelle, vero? >>
Serrai le braccia davanti al petto mettendo il broncio. Il fatto di non essere più al centro dei suoi interessi mi scocciava, nonostante non provassi nulla per lui.
“Cazzateeeee! Lo hai baciatoooo!” la mia vocina interiore mi prese in contropiede.
 << si >>
Diede un’altra occhiata ammiccante alle due ragazze che, accorgendosi dello sguardo di Malcom, assunsero un’aria da oche.
<< due sorelle. Due rosse.
Rosse di capelli, golose di uccel.. >>
<< oh Dio, smettila. Sei patetico. E lo sono anche loro dal momento in cui si sono messe a fare le galline notando che le stavi guardando! >> scattai
<< dai, non fare così. Solo perché sei una lagna frigidona, non vuol dire che queste povere ragazze non debbano divertirsi un po’ >> sorrise facendo un occhiolino alle due sorelle.
Scossi la testa disgustata. Poi mi guardai intorno per localizzare Brian.
Lo scorsi in mezzo alla folla, con in mano due bicchieri che stava tornando indietro. Fortunatamente, sembrava non essersi accorto di Malcom.
<< è meglio che te ne vada. Brian sta arrivando e non vorrei che, vedendoti qui, decida di prenderti a calci il didietro >> dissi acida come un barattolo di yogurt lasciato al sole durante una calda giornata di agosto.
<< tsè. Te lo ripeto, dolcezza, quello è un bravo attore e dovresti stare attenta, ma non sono affari che mi riguardano, perciò..Goditi la serata, io vado a divertirmi con le rosse. >>
Si alzò senza dire nient’altro e si diresse verso Serena ed Erica. Dopo pochi minuti, se le era già portate entrambe sulla pista da ballo e si strusciava con maestria a tutte e due. 
Tutte le altre ragazze intorno mandavano alle mie amiche delle occhiate di odio, mentre riservavano a Malcom alcuni sguardi da gatte morte, a cui lui, ovviamente, rispondeva.
Ignorai quel puttanaio e mi concentrai su Brian che nel frattempo era tornato a sedersi sulla stessa sedia su cui era lo Psicopatetico.
Diedi una sorsata al cocktail davanti al mio naso. Non sapevo cosa fosse, ma era decisamente alcolico. E buono. Molto buono.
Mi attaccai alla cannuccia e cominciai a buttare giù quella roba a grandi sorsate.
<< vacci piano, piccina, altrimenti finisce male! >> ridacchiò con occhi dolci.
Lo guardai e mi accorsi che fino a quel momento non lo avevo cagato molto a causa del nervoso che mi aveva fatto venire Malcom.
<< è davvero buono. Però hai ragione. È il caso che ci vada piano.
Che ne dici se andiamo a ballare? >> 
Volevo vedere che fine stavano facendo Serena ed Erica. Cosa avrebbero raccontato ai rispettivi fidanzati?!
<< okay. Ci sto >> rispose Brian sorridente e prendendomi per mano.
Ci insidiammo tra tutte quelle persone e mi sentii sollevata quando vidi che Sere ed Eri stavano ballando con i loro ragazzi.
E Malcom? Che fine aveva fatto?
Mi agganciai a Brian, ma con la testa continuavo a cercare lo Psicopatetico. Niente. Era sparito.
<< tutto bene? >> Brian mi sollevò dai miei pensieri.
Scossi la testa rintontita. Cavolo, non dovevo fare ste stupidaggini se volevo passare inosservata.
<< si, scusa. È che mi sento un po’ stordita., deve essere il caldo.
Ti va di accompagnarmi un attimo fuori a prendere un po’ d’aria? >> domandai guardandolo negli occhi.
C’era qualcosa di strano nel suo sguardo, specie nel suo modo di guardarmi.
<< si, andiamo >> rispose spostandomi una ciocca di capelli da davanti gli occhi.
Gli sorrisi e mi lasciai prendere per mano fino a farmi trascinare fuori da quel posto.
Raggiungemmo la porta di uscita dopo aver spintonato decine di persone ed aver ricevuto dalle stesse qualche pestone sui piedi.
Una volta fuori, Brian mi prese per un fianco e mi appoggiò a lui.
<< tutto bene? >> domandò ancora. Il suo tono mi sembrava vagamente sinistro.“Colpa dell’alcool, immagino”
<< si, davvero, mi sento solo un po’ stordita >> 
Fece un risolino che mi provocò dei brividi sulla nuca. << te lo avevo detto di bere piano >>
Sapevo che sarebbe finita così con quel cocktail.
Senza accorgermene, stavamo camminando e ci eravamo trovati davanti ad un vicoletto buio e desolato. Uno di quelli da film dell’orrore.
Non mi sentivo al sicuro in quel posto anche se ero in compagnia di Brian.
Insomma, qui a Milano i delinquenti erano davvero tanti e non mi avrebbe fatto piacere trovarmi davanti qualcuno con un coltello in mano.
<< amore, torniamo indietro? Questo posto mi mette i brividi >> dissi con tono neutrale e guardandomi intorno attentamente.
Brian puntò gli occhi nei miei, per poi guardarmi con un’espressione che non avevo mai visto sul suo viso. Qualcosa di indecifrabile.
<< amore. Restiamo ancora un po’ soli, io e te >> nella sua voce leggevo qualcosa di malizioso, ma, al tempo stesso, giocoso.
Non mi piaceva il posto in cui ci trovavamo e me ne volevo tornare dentro; nonostante tutto, finsi indifferenza e gli sorrisi.
<< no, davvero. Questo posto mi mette un’angoscia tremenda e, poi, gli altri ci staranno cercando. Dai, torniamo dentro >> feci per voltarmi verso l’edificio dove era in corso la festa, ma Brian mi prese per un braccio gentilmente e mi voltò verso di sé, finchè la punta dei nostri nasi non si sfiorò.
<< dai, amore. Ancora un attimino, solo io e te >> mi prese il viso tra le mani e mi baciò, non come al solito. Lo fece con più desiderio, forse con più decisione.
Ricambiai il bacio, passandogli la mano tra i capelli.
Quando riaprii gli occhi dopo quel bacio, mi ritrovai attaccata contro il muro del retro di un edificio abbandonato. Le luci erano basse e riuscivo appena a distinguere il suo viso dal buio.
Mi irrigidii spaventata, vedendo quel luogo intorno a me.
Lui, invece, continuava a baciarmi indisturbato su tutto il collo, sulle clavicole, per poi scendere lentamente sul mio seno, scostando il vestito sul davanti.
Il battito del mio cuore era decisamente accelerato e sentivo che sia lui che io non vedevamo l’ora di concederci l’uno all’altro. 
Morivo dalla voglia di togliergli i vestiti di dosso e di trovarmi a diretto contatto con la sua pelle, ma, ascoltando quel minimo di buon senso che mi era rimasto in quella circostanza, capivo che quello non era il posto giusto.
Gli misi una mano sotto al mento e lo costrinsi a guardarmi, interrompendo la sua foga.
<< amore, non qui. Andiamo a casa mia >> 
Posò una mano sulla mia gamba destra e la alzò, poggiandosela intorno alla vita, facendo così in modo che il mio vestito salisse quasi fino a lasciare intravedere le mie mutandine.
Emise un verso di disappunto che fece quasi tenerezza. 
<< dai, andiamo >> tirai giù la gamba e lo scostai da me, ma mi rispinse contro al muro.
<< no, stiamo qui. Tanto non ci vede nessuno >> cominciò ad armeggiare con la cerniera del mio vestito.
Mi sciolsi dalle sue braccia e lo spinsi indietro con delicatezza. << non fare lo stupido, andiamo >> andai per fare un passo, ma lui mi riafferrò per un braccio stringendolo con forza.
<< ho detto che voglio stare qua >> il suo tono non era più dolce e scherzoso. Non era più quello del mio dolce Brian.
Mi tirò nella sua direzione, facendomi rimbalzare contro il suo petto, cercando di tornare a premere contro le mie labbra.
Scossi il braccio, nel tentativo di liberarlo dalla presa violenta di Brian. << mollami, mi fai male! >> esclamai sbattendo più forte il braccio, finchè non riuscii a liberarlo.
Spinsi via Brian e lo guardai con rabbia. 
Non aveva alcun diritto di obbligarmi a fare sesso con lui in un vicolo come quello.
Non poteva prendermi e sbattermi al muro di un edificio abbandonato, in mezzo ai topi ed alla spazzatura, come la più squallida delle puttane.
Feci un passo alla mia destra per allontanarmi da lui. Non l’avrebbe passata liscia.
Riuscii appena a fare due passi  che Brian mi riprese con più forza spingendomi indietro. << tu non vai da nessuna parte, finchè non ho finito >> mi spinse con violenza contro al muro facendomi sbattere la testa sulle tegole fredde e dure.
Nel giro di un istante, la mia rabbia si trasformò in terrore. Terrore puro.
Schiacciò il suo corpo contro al mio in modo da non darmi alcuna via d’uscita e non si preoccupò di tirare giù la zip del mio vestito, poiché lo strappò.
L’aria umida colpiva la mia pelle facendomi rabbrividire. Ero rimasta in reggiseno; la parte superiore del mio vestito era stato mutilato. 
Come in quel momento lo era anche la mia dignità di donna.
Le sue mani si insidiavano in ogni parte del mio corpo, facendomi sentire maledettamente sporca e debole.
Non riuscivo a muovermi, né a spiccicare una parola. Appena respiravo. Il mio cuore continuava a correre, mentre la vista iniziava ad appannarsi.
Mi sentivo così insulsa. Così piccola.
Brian stava approfittando del mio corpo e nessuno sarebbe arrivato ad aiutarmi. A nessuno importava di me realmente. E l’unico a cui, pensavo, importasse realmente qualcosa, mi stava… stuprando. Stava approfittando del mio corpo, dopo avermi fatto credere che mi amasse.
Anche la parte inferiore del mio vestito andò a terra.
Quel mostro continuava a far scorrere le sue mani su tutto il mio corpo, trattandolo con violenza e quasi con disprezzo. 
Buttai giù il vomito che persistente saliva in gola; la testa girava troppo velocemente, mentre lui ancora continuava a stritolarmi e ad armeggiare col mio corpo, emettendo gemiti eccitati.
Una sua mano andò dritta sul mio seno che venne stretto con forza, l’altra mano, invece, seguì la linea del mio sterno, fino al mio ombelico, per scendere poi fino alla mia intimità, toccandola al di sopra delle mutande.
Mi sentii distrutta. La mia ultima barriera era stata abbattuta; le lacrime presero a scendere senza limiti, come un mare in burrasca, ed il mio petto iniziò a sollevarsi a fatica.
Per lui, non era ancora abbastanza. Iniziò ad armeggiare con la sua cintura, suppongo nel tentativo di riuscire a sfilarsi i pantaloni, imprecando nel momento in cui, troppo preso dalla frenesia, non riusciva neanche a slacciare la fibbia.
Non era abbastanza, voleva arrivare fino in fondo, fino a farmi diventare un nulla. Solo una martire del suo piacere.
Ero troppo umiliata e stordita per riuscire a recuperare un minimo della mia dignità.
Tanto valeva morire in quel momento.
Chiusi gli occhi in attesa che Brian finisse di spogliarmi completamente e mi abbandonai contro al muro.
Sentii le sue mani di nuovo addosso, all’altezza della vita, che sfilava lentamente le mie mutande. 
Il mio cuore partì a martellare ancor più forte, ma ad un certo punto le sue mani si bloccarono e sentii un colpo, come se qualcosa avesse colpito i cassonetti della spazzatura lì vicino.
<< levale le mani di dosso, figlio di puttana >>
Aprii lentamente gli occhi per vedere che fine avesse fatto il mio stupratore.
Ebbi un fremito quando lo vidi piantato dentro un secchio della spazzatura con il naso sanguinante ed una figura più grande che continuava a colpirlo senza sosta.
Lo colpiva ovunque: sul naso, sui denti, nelle costole, nelle parti basse..
Brian cercava in qualche modo di liberarsi dalla presa di quel uomo che, a causa del buio e della mia distruzione fisica e mentale, non riuscivo ad identificare. I suoi tentativi erano inutili. L’uomo era molto più forte di lui.
Lo sollevò con una mano dal cassettone e lo sbattè contro al muro, avvicinando pericolosamente il suo viso a quello di Brian. Le sue intenzioni non erano di sicuro buone.
Chiuse un pugno e glielo spedì dritto in faccia. Poi un altro. Ed un altro. Ed un altro ancora.
Ricominciai a respirare velocemente, come se fossi stata in apnea per troppo tempo, sentendomi la testa girare vorticosamente e la vista oscurarsi di tanto in tanto.
Decisi di chiudere gli occhi. Non volevo vedere altro.
Era troppo per me.
Mi lasciai scivolare a terra, tra l’immondizia e sul pavimento umido: stava iniziando a piovere.
Mi accasciai e mi tappai le orecchie per non sentire le urla di Brian sotto i colpi pesanti dello sconosciuto.
Rimasi in quella posizione per un po’ di tempo, fino a quando due mani si posarono sulle mie, spostandomele dalle orecchie. Temetti che fosse ancora Brian.
Mi sentii meglio quando riconobbi che la voce non era la sua, ma di qualcun altro che conoscevo bene e che mai mi sarei aspettata.
<< Greta..Greta stai bene? >> la sua voce tremava dall’agitazione e dall’adrenalina. << Greta, apri gli occhi. È tutto finito >> 
Aprii gli occhi e trovai davanti a me Andrea.
Mi guardò con, negli occhi, un misto di odio, preoccupazione, sollievo e apprensione.
Si avvicinò ancora a me per guardarmi meglio.
Deglutì rumorosamente quando si accorse che ero nuda. Non era lui ad aver fatto a pugni con Brian, era troppo conciato bene per aver incassato due cazzotti.
Guardai oltre Andrea. 
Per terra, intravedevo la sagoma malconcia di Brian... Solo a pensare il suo nome mi prendevano le fitte allo stomaco e la bile tornava alla ribalta.
Intorno a me, c’erano altre decine e decine di persone, tutte con lo sguardo fisso su di me, sul corpo di quel mostro e sul uomo che lo aveva massacrato. Solo ora riuscivo a riconoscerlo, era  Malcom.
Mi guardava da qualche metro di distanza con gli occhi sbarrati e le pupille dilatate per la scarica di adrenalina. Aveva qualche graffio in faccia ed un occhio nero, ma in confronto a Brian, non aveva nulla.
<< Greta, stai bene? >> Andrea insisteva, ma non riuscivo a rispondere
Sentii provenire da dietro di loro un vociare fastidioso e acuto.
<< Greta, avanti. Parla >> il suo tono era sempre più angosciato.
In pochi secondi li vidi; tutti a guardarmi mentre me ne stavo seduta in mezzo alla sporcizia, priva di vestiti. Priva di me stessa. 
I loro occhi erano sconvolti, come dedussi che fossero anche i miei. 
<< Greta, ti prego. Rispondimi >>
Mi guardai ancora intorno ed ebbi ancora il desiderio di pochi minuti prima.
<< VOGLIO MORIRE ORA >> 


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Capitolo 9
*** Madness ***


Andrea prese ad accarezzarmi i capelli. << va tutto bene, ora. Ci siamo noi >>
Nel frattempo, anche Erica e Serena  ci avevano raggiunti, entrambe preoccupate e scandalizzate.
Il loro viso, alla vista di me nuda sul pavimento con un livido sul braccio causato dalla stretta di B.. , era mutato in un’espressione che si assume qualche attimo prima di iniziare vomitare.
Presi a coprirmi con le mani, arrotolandomi su me stessa. 
“VOGLIO MORIRE, VOGLIO MORIRE, VOGLIO MORIRE”
Nella mia testa, l’unica voce che sentivo era la mia che urlava il mio desiderio di morte.
Tutto intorno a me rimbombava. Avevo freddo. Ero terrorizzata.
Trattenni il respiro forte, poi ricominciai a piangere disperata, lasciandomi sfuggire dei piccoli gridi sordi. Continuando a coprirmi con le mani.
Qualcosa di caldo mi arrivò addosso.
Aprii gli occhi e davanti a me c’era Malcom, accovacciato e proteso verso di me, intento a coprirmi con la sua giacca.
Smisi di piangere, ma i singhiozzi seguitarono imperterriti, causandomi dolori alla bocca dello stomaco.
Lui infilò una mano sotto le mie gambe serrate ed una dietro alla mia schiena. Mi sollevò senza il minimo sforzo e mi posizionò come se fossi un bambino tra le sue braccia.
Non lo guardai mai negli occhi nel tragitto in cui mi portò dal vicolo buio all’edificio, ormai sgombro, dove c’era stata la festa. Mi accoccolai sul suo petto, sentendomi finalmente al sicuro e lontano dagli occhi di tutta quella marmaglia.
Mi accostò su un lettino in una stanza separata da tutto il resto, poi andò a sedersi su una sedia di fronte a me, mantenendo il silenzio e i nostri sguardi ben distanti.
Mi accasciai attaccata al muro e lo fissai dal piccolo materasso.
In quel posto, c’era puzza di chiuso e di muffa. Puzza di sporco.
Proprio come me, sporca. Mi sentivo sporca da fare schifo. Ed io mi facevo schifo.
Mi facevo schifo perché mi ero fidata di Brian senza conoscerlo abbastanza; avevo corso come al solito e mi ero praticamente fatta accecare dalla sua finta dolcezza. 
Ma, in fondo, lui era stato molto bravo a recitare quella parte.
“..quello è un bravo attore e dovresti stare attenta..” l’affermazione di Malcom riecheggiò nella mia testa.
Lui sapeva tutto. Lui sapeva tutto e non aveva fatto nulla.
Non aveva tentato di fermare Brian, non aveva neanche provato ad evitare tutto quello.
<< tu lo sapevi! >> esclamai con voce rotta e rabbiosa allo stesso tempo. Tornai a piangere ed a tentare di buttare giù il vomito.
Si voltò a guardarmi, mentre stavo mezza coperta dalla sua giacca, grondante di lacrime e di rabbia. 
Probabilmente, non ero un bello spettacolo da vedere, ma chi se ne importava.
Nemmeno lui lo era: aveva un occhio nero, il naso spaccato ed il labbro sanguinante. Eppure, da come si comportava, sembrava che si fosse fatto appena un graffietto.
La sua espressione era furiosa, quasi da far paura.
<< tu lo sapevi! >> ripetei.
<< sapevo cosa? Che lui ti avrebbe violentata? No, non lo sapevo, non potevo nemmeno immaginare che avrebbe fatto qualcosa di così…disgustoso! >> 
<< non mentirmi! >> strillai.
<< no, tu non mentire a te stessa! Sai che la colpa è solo tua!
Avresti dovuto darmi retta, avresti dovuto lasciarlo perdere, quel viscido bastardo. Invece no. Hai scelto di buttarti a capofitto nelle sue braccia e per ottenere cosa? Questo? >> scattò in piedi on le fiamme negli occhi, indicandomi mezza nuda su quel lettino.
Lo guardai continuando a piangere, sempre più forte.
Era ingiusto con me. Non aveva fatto altro che trattarmi male ed ora mi stava dando il colpo di grazia.
Si, aveva ragione, ma non poteva buttarmi tutta quella merda addosso. Non in quel momento.
Scoppiai a piangere più forte stringendomi le mani sullo stomaco. << voglio morire! >>
La testa mi esplodeva. Volevo morire, volevo sparire.
Sbattè il pugno contro il muro facendo un rumore sordo. << e allora ammazzati, cazzo. Fallo! >> stava urlando ancora, fuori controllo. Gli occhi, solitamente grigi, erano diventati di un colore malva ed erano sbarrati. Era a dir poco spaventoso e, dopo aver visto ciò che aveva fatto a Brian, pericoloso.
Prese una lattina ancora piena e la scaraventò contro al muro, a poca distanza dalla mia testa, facendomi sobbalzare. 
Mi strinsi la testa tra le mani talmente violentemente da alterare la mia vista, poi affondai con la testa nel lettino, mentre Malcom, fuori di sé, abbandonò la stanza.
Al suo posto, entrarono Andrea, Serena ed Erica.
<< ma che è successo a Malcom? >> domadò Erica.
Non risposi.
<< e tu come stai? >>
Non risposi ancora.
<< Greta, ti prego, dì qualcosa >>
Niente.
I miei amici rimasero a guardarmi pietrificati, scambiandosi di tanto in tanto qualche occhiata tra di loro. 
<< Greta.. >> la voce della Signora Bentivoglio catturò la mia attenzione. <
Te la senti di stare da sola? >> la voce della Signora era chiara e forte, ma io non  riuscivo a sentirla chiaramente; era come se mi stesse parlando da sotto acqua.
<< Tesoro, te la senti di stare da sola? >> finalmente capii.
Annuii con la testa. La Signora mi aiutò ad alzarmi e mi accompagnò fino alla sua auto per poi scortarmi fino a casa.
Mi accompagnò persino nel letto della mia camera, aiutandomi a fare una doccia ed a mettere il pigiama.
Era come se non fossi più in me. Era come se camminassi ma il mio cervello fosse completamente spento. Era come andare avanti per inerzia.
Mi buttai sul letto, incapace di agire a tutto quello che era accaduto; era troppo per la mia povera testa. Era come seguire un film in una lingua straniera mai sentita prima; era impossibile da comprendere. 
Come si accetta il fatto di essere stati violentati? Quale risposta si dovrebbe dare alla domanda “perché a me”? come facevano le donne violentate a guardare il proprio corpo senza pensare al momento in cui era accaduto lo stupro?
Come si faceva a vivere sapendo che a qualcuno non importava del tuo corpo e della tua dignità di donna?
Come si faceva a vivere sapendo che la persona che amavi, era proprio quella ad averti fatto del male?
<< Tesoro, devo andare. Se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi, ho lasciato un biglietto sul comodino col mio numero. 
Domani riposati. Davvero, non venire all’accademia finchè non te la senti. Prenditi tutto il tempo che ti serve. >>
Non la guardai un solo momento mentre mi parlava. Temevo di incontrare i suoi occhi e di scoppiare a piangere ancora davanti a lei. 
<< ora, riposati. Ciao tesoro >> finalmente mi voltai a guardarla. I suoi occhi da mamma amorevole erano stanchi e preoccupati. Mi diede un bacio sulla fronte e uscì dal mio appartamento.
Mi abbandonai tra i cuscini e le lenzuola; ricominciai a piangere e a disperare.
Andai avanti così per tutta la notte.
 
Mi svegliai urlando ansimante.
Ripresi il controllo dopo svariati minuti sentendo le gambe intorpidite e un braccio formicolante. Mi sentivo la faccia tirata da tutte le lacrime che avevo versato la sera prima. E ancora quella sensazione di sporco addosso.
Mi alzai di corsa e, presa dal giramento di testa, barcollai. Arrivai appena in tempo in bagno per abbracciare il gabinetto e vomitare l’anima. 
Vomitai, vomitai e vomitai ancora. L’idea di avere appena vomitare mi faceva venire ancor più la voglia di buttare tutto ciò che avevo dentro.
Mi alzai da terra e vacillai ancora una volta.
Mi spogliai e guardai il mio riflesso sul vetro di fronte a me. Il grasso mi penzolava da ogni parte: sulla pancia, sul sedere, dalle braccia. Uno schifo.
Era per questo che ero stata stuprata.
Certo. Brian lo sapeva che poteva farlo, poteva prendermi in giro quanto voleva.
Sapeva che tanto una grassa sarebbe stata più facile da adescare. In fondo, chi avrebbe mai potuto amarmi per davvero? Grassa come ero.
Ero uno scherzo della natura e poteva giocare con me come avrebbe voluto.
SE FOSSI STATA MAGRA, NON SAREBBE MAI ACCADUTO.
Ancora lacrime.
Presi il porta saponette dal lavandino e lo scaraventai a terra mandandolo in frantumi, strillando isterica. La stessa sorte toccò a qualsiasi oggetto mi capitò davanti.
Mi accasciai nella doccia ed aprii l’acqua, voltando la manovella dalla parte azzurra. Nel giro di pochi secondi mi ritrovai sommersa fino alle spalle nell’acqua gelida. 
La sentivo la ciccia iniziare a congelare, una volta uscita dalla vasca si sarebbe sciolta e non avrei più avuto bisogno di diete e di nient’altro.
Sarei stata perfetta.
Iniziai a dondolarmi sui talloni come se fossi una pazza.
Stavo forse impazzendo per davvero? No, non era possibile!
Mi alzai dall’acqua fredda: le mie labbra erano viola e avevo i brividi, ma, soprattutto, il mio grasso non era congelato e tanto meno si stava sciogliendo.
STAVO IMPAZZENDO.
Mi asciugai, uscii dal bagno e mi lasciai cadere sul divano ricoperta dall’accappatoio.
Mi rassegnai. Stavo uscendo di testa e non c’era più niente da fare.
Mi sedetti abbracciando le ginocchia e fissando un punto fermo.
Eccomi. Da sola, senza più nessuno. E PAZZA.

 
Ciao gente..
Questo capitolo è un po' forte.. qui Greta sta letteralmente impazzendo, sia per ciò che le ha fatto Brian che per la reazione di Malcom..spero che non vi traummatizzi.. e come al solito vi ringrazio per il sostegno..
fatemi sapere se la storia vi sta piacendo con qualche recensione.. grazie 
Baciii <3



 

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Capitolo 10
*** Stammi bene.. ***


Che ora poteva essere? Boh, forse le sei del pomeriggio; a giudicare dal colore tendente all’arancione del cielo, tipico di un tramonto, dovevano proprio essere le sei.
A confermarlo fu anche la campana della chiesa qui accanto.
Da quando era successo ciò che era successo, mi ero ritrovata spesso ad osservare il cielo. Conoscevo la posizione del sole durante le diverse ore del giorno. Osservavo le rondini svolazzare felici in quella distesa azzurra. Sapevo distinguere le nuvole da temporale, scure e minacciose come il fumo, e quelle innocue, bianche come la neve. Non che ci volesse un genio, ma…
Adoravo quelle immerse distese di nuvole bianche, sembravano degli enormi batuffoli di cotone, o meglio ancora, di zucchero filato. D’altra parte, però, anche le nuvole cariche di pioggia mi piacevano da impazzire; erano così spaventosamente intriganti. 
Ma se adoravo le nuvole cariche di pioggia, definire i temporali diventava praticamente impossibile.
Erano un qualcosa di idilliaco; poesia allo stato puro. Quel cielo nero interrotto da lampi splendenti e tuoni rimbombanti: era così che avevo immaginato la mia vita.
Un cielo nero, squarciato da uno splendido tuono e percosso dalla pioggia.
In pratica, una vita di merda, trasformata nel giro di un secondo in qualcosa di stupendo da qualcosa di elettrizzante. Invece no.
La mia vita era una merda ed ora era anche peggio. Era diventata insignificante come un moscerino nell’aria.
Tornai a fissare il piatto sul tavolo: la bistecca era ancora intatta e, probabilmente, sarebbe rimasta tale. Non avevo fame. Non ne avevo da molti giorni, più o meno da un mese.
La Signora TVB veniva quasi tutti i giorni a trovarmi, a prepararmi da mangiare ed a prendersi cura di me, ma i suoi comportamenti erano solo uno spreco di energia.
Non mi andava di avere nessuno attorno, non volevo nemmeno mangiare le sue bistecche, insalate e quant’altro. Apprezzavo solo la frutta che lasciava appoggiata sul tavolo di fronte alla tv in sala.
Mangiavo tipo uno o due frutti al giorno e bevevo molta, moltissima acqua. 
L’acqua era la mia migliore amica.
Facevo docce in continuazione per levare quella sensazione di sporco che sentivo ancora addosso e, quando pioveva, me ne stavo sul terrazzo lasciando che la pioggia mi inzuppasse.
La tv non la guardavo mai, o meglio, la accendevo, ma poi il mio sguardo si fermava inevitabilmente sulla felpa posata sulla sedia al lato opposto della stanza.
La felpa di colui che aveva ucciso la mia vita.
Scoppiai a piangere come ormai era di routine.
Poteva sembrare sciocco, dopo tre settimane circa, continuare a guardare quello stupido pezzo di stoffa e scoppiare a piangere, senza combattere. Il fatto era che continuava a fare male. E poi, io non avevo un motivo per tornare a combattere: i miei cosiddetti amici non si erano più visti da quella sera. Malcom, con cui avevo trovato un’enorme sintonia nella danza, mi odiava per tutto il resto del tempo. E la danza..beh, non pensavo che il mondo della danza avrebbe perso un’etoile e, di sicuro, la mia parte con Malcom era già di qualcun‘altra. 
Niente. Non avevo niente.
Asciugai le lacrime con un tovagliolo che mi capitò in mano per sbaglio insieme ad un calzino sporco, una maglia bucata ed altre cartacce. 
Diamine, quella casa era un porcile. Il tavolo davanti a me era pieno di torsoli di mela, fazzoletti sporchi, piatti di plastica e bottiglie di acqua vuota. Il salotto era interamente soqquadro: il divano aveva preso la forma del mio didietro, il pavimento era sporco e iniziava ad esserci la polvere in quel posto.
Che me ne importava, tanto nessuno sarebbe dovuto entrare in casa mia, eccetto la Signora TVB, ma per lei il disordine non sembrava essere un fastidio, perciò..
Mi abbandonai sul divano e affondai la testa nel cuscino, chiudendo gli occhi. Sapevo che non avrei dormito neanche quella sera. Non mi capitava da molto tempo di dormire tranquilla e le borse sotto ai miei occhi ne erano la prova; erano talmente grosse che avrei potuto scriverci Louis Vuitton.
Volevo dormire, ma una parte di me era costretta a tenere alta la guardia, non permettendomi il riposo. Ero in un continuo stato di dormiveglia.
La mia vita era diventata un’agonia e la voglia che avevo di morire continuava a persistere.
Mi abbandonai al mio divano. Gli stavo talmente incollata addosso che avrei potuto definirlo il mio nuovo fidanzato. Fidanzato
Mi fregai con le mie stesse mani. Una fitta allo stomaco, cercai di placarla chiudendo le mani sopra al ventre.
Mi addormentai, se così si può dire, e forse sarebbe stato meglio che fossi rimasta sveglia. 
Nella mia testa riecheggiavano le sue parole. 
Tu non te ne vai finchè non ho finito.
 suoi occhi mi trapassarono il cervello facendomi rabbrividire nel sonno, così carichi di voglia e pericolosità.
Tu non te ne vai finchè non ho finito
Le sue mani imperterrite che mi strappavano il vestito di dosso
Tu non te ne vai finchè non ho finito
Quando? Quando tutto questo sarebbe finito?


 
<< Greta, tesoro, capisco che stai attraversando un brutto periodo e che quel che ti è capitato sia difficile da superare, ma ti prego..reagisci >> la signora TVB se ne stava seduta su una sedia di fronte a me, stringendo le mie mani nelle sue.
La guardai negli occhi e vidi tutta la sua preoccupazione.
Cosa potevo rispondere a quella povera donna che in tutti quei giorni aveva cercato di prendersi cura di me senza ottenere risultati?
<< io..non voglio >> mi sentivo come stordita; sentivo il respiro rimbombarmi nelle orecchie e la voce uscire come il pigolio di un pulcino spennacchiato ed indifeso.
Era da tanto che non usavo la mia voce.
La fronte dell’insegnante si aggrottò e il suo viso diventò il ritratto dell’inquietudine: il suo volto, solitamente allegro e solare, era diventato spento e cupo ed i suoi occhi erano leggermente strizzati in un’espressione di dolore.
<< perché non vuoi, Greta? >> 
Pff..bella domanda. La risposta era semplice: non avevo nulla per cui combattere.
Eppure, ammettere ad alta voce di non avere persone o sogni o passioni a cui credere veramente, mi faceva sentire male.
Un conto era pensarlo, un altro era dirlo ad alta voce e raggiungere un certo grado di consapevolezza riguardo a ciò che avrei detto.
Deglutii nonostante la mia bocca fosse completamente asciutta ed abbassai le palpebre.
<< io..non.. >> deglutii e scossi la testa per far capire alla TVB che non mi andava di parlare.
<< parla, Greta. Avanti! >> 
Buttai la testa all’indietro sperando che le mie lacrime tornassero dentro. Attesi che rientrassero e mi accertai di aver ripreso il controllo, poi tornai a guardare la signora dai capelli rossi davanti a me.
<< io non ho un motivo per farlo. >> 
Era come mangiare del cotone: ti restava in gola e ti soffocava. Quelle parole mi erano rimaste lì ed ora il peso della loro crudeltà mi stava facendo soffocare.
Il tentativo di tenere a bada le mie lacrime se ne andò ovviamente a fanculo.
Gli occhi iniziarono a bruciarmi e le lacrime continuavano il loro cammino lungo le mie guance, fino ad arrivare al mento ed a cadere sul groviglio di mani creato da me e dalla TVB.
La signora scosse la testa comprensiva; la sua espressione angosciata non la lasciava.
<< non credo che sia davvero così. >> sospirò << cara, magari non avrai un uomo per cui andare avanti, ma hai la danza. Ed io so quanto la danza sia importante per te.
È lei. È la danza il motivo per cui tu devi andare avanti. E non solo.
Il motivo più importante per cui devi combattere sei tu, Greta. Tu hai un talento enorme e non puoi buttarlo così, capisci?
Così la dai vinta a Brian. >> sussultai nel sentire il suo nome. << vedi? Così lui sta vincendo. Sta continuando a portare via una parte di te, sta continuando a toglierti la tua dignità, il tuo orgoglio. Non puoi permetterglielo, Greta.
Torna all’accademia..Ti prego, combatti! >> il suo tono era così credibile e veritiero.
Aveva perfettamente ragione. Su tutto.
Brian continuava ad avere la meglio su di me. Continuava a stuprarmi il cervello con le angosce. Ma, nonostante questa nuova consapevolezza, l’idea di tornare in quel posto, dove ci eravamo conosciuti, parlati, abbracciati e baciati..mi faceva stare male.
Scossi la testa e l’espressione della TVB si trasformò in rassegnazione.
<< okay..fa come vuoi >> qualcosa mi diceva che se l’era presa a male, avevo deluso anche lei.
Si alzò e si avviò verso la porta. Prima di varcarla mi rivolse un’ultima occhiata.
<< stammi bene, Greta >> uscì senza aspettare una mia risposta che non sarebbe comunque arrivata.


Eccoci qui...ho anticipato il capitolo perchè per tre giorni sarò a Torino..
buona lettura e, come al solito, fatemi sapere se vi piace la storia che, per me, è importante saperlo! ;)
P.S.: voi non trovate che la foto qui sotto rappresenti bene la storia di Greta? Nel senso: lei che prova a scappare via, a lasciarsi Brian alle spalle e lui che in qualche modo riesce comunque a tenerla legata, non la lascia andare, e continua a fargli del male..no?
Baciii <3


 

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Capitolo 11
*** Svolta ***


Il giorno dopo la signora TVB non passò a trovarmi e nemmeno quello dopo.. e neanche quello dopo ancora.
Anche l’ultima persona che mi era rimasta se ne era andata, proprio come avevano fatto tutti gli altri. Mi sentivo svuotata, come se oltre alle budella, dentro non avessi più niente.
Se possibile, quella giornata era più deprimente delle altre. 
Il tempo fuori continuava ad essere nuvoloso, faceva freddo e avrei voluto accendere i termosifoni, ma la caldaia era guasta e non sapevo neanche come poterla riparare poiché non avevo soldi per farlo fare a qualcun altro. 
Dovetti rinunciare anche a farmi la doccia a causa della caldaia. Per questo decisi di farmi il bagno dopo aver riempito la vasca di acqua riscaldata ai fornelli.
Se avessi continuato così avrei anche rischiato di essere buttata fuori di casa: erano due mesi che non pagavo l’affitto e il proprietario non era proprio un tipo cordiale.
Dovevo trovare una soluzione. 
Uscii dalla vasca e mi asciugai con calma, tornai in sala. Mi adagiai sul divano come mi era solito fare e mi lasciai andare alla mia depressione.
Nessuno. Nessuno che si sia più degnato di cercarmi o di venire a vedere come sto.
Sentii il divano vibrare e pensai al peggio: Diavolo, una scossa di terremoto!
Mi rilassai quando capii che non si trattava di terremoti e quando capii che non ci avrei lasciato la pelle.
Notai qualcosa di luminoso provenire da sotto uno dei cuscini del divano.
Mi avvicinai, sollevai il cuscino e vidi lo schermo del mio telefono acceso. Lo presi in mano titubante, poi feci scorrere il dito sul vetro per sbloccare la sim.
Mi ero quasi dimenticata come si usasse il cellulare, era talmente tanto tempo che qualcuno non mi cercava che nemmeno ricordavo più dove si trovasse il menù principale.
C’era un messaggio. Il numero era sconosciuto.
Lo aprii.
<< se oggi pomeriggio non ti presenti qui all’accademia, la tua parte andrà a qualcun altro >>
Un messaggio chiaro e tondo. Oggi la mia parte sarebbe finita a qualche altra ragazza e..tanti saluti, Greta.
Ma chi me lo aveva mandato?
Andrea non poteva essere; il suo numero era salvato nella mia rubrica e non era lo stesso da cui mi era arrivato il messaggio.
Lo stesso valeva per Erica, Serena, Collin o Chris.. Magari era Miky o un professore. 
Probabilmente era la Signora TVB. 
Di sicuro, si era sentita in colpa e mi aveva scritto quel messaggio. Certo, era senz’altro così..in fondo, chi altro avrebbe voluto mandarmi un messaggio?
Lessi e rilessi quel messaggio un migliaio di volte. Ne capivo il senso, ma non riuscivo a prendere una decisione.
Sarebbe stata una buona idea tornare là dentro? Davanti agli occhi di tutte quelle arpie, dei miei “amici”, dei professori…di Malcom.
Malcom… lui ce l’aveva a morte con me e solo il pensiero di vederlo mi faceva esplodere lo stomaco, figuriamoci se mi ci fossi messa a ballare insieme.
D’altra parte, però, lui mi aveva salvata dall’essere completamente stuprata. Era stato lui ad avermi tolta dalle grinfie di Br.. ed era stato lui ad avermi coperta con la sua giacca prima di portarmi lontano dagli occhi di tutte quelle persone.
Nonostante mi avesse urlato di andare ad ammazzarmi, un minimo di gratitudine gliela dovevo ugualmente. Gli dovevo anche delle scuse visto che lo avevo accusato di una cosa che nessuno avrebbe potuto prevedere.
E poi, ripensando alle parole della TVB, continuare a lasciar vincere Brian non andava bene. 
Dannazione, io non mi ero mai arresa in vita mia e nemmeno stavolta lo avrei fatto. Non lo avrei fatto mai!
I miei occhi vennero attraversati da un lampo. Scattai in piedi e corsi verso il bagno, davanti allo specchio.
Cazzo, ero uno straccio: sotto agli occhi avevo due borse Gucci, il mio colorito era degno del Conte Dracula e quelli che una volta chiamavo capelli, erano diventati un perfetto nido del cuculo.
Presi la spazzola e pettinai quel mucchio di nodi, poi li legai in una coda.
Presi il fondotinta e me lo passai per tutto il viso per nascondere le Gucci e per darmi un po’ di colore.
Andai in camera e raccolsi la mia borsa di danza; la aprii e tutto era rimasto precisamente come era. Magliette, scaldamuscoli, body, calzini e scarpette erano appallottolati lì dentro; buttai tutto a lavare e presi della roba pulita dai cassetti.
Mi cambiai in fretta e furia, poi mi guardai intorno puntando lo sguardo su due oggetti: la giacca di Malcom, quella che mi aveva messo addosso la sera dello stupro, e la felpa di Brian, la solita.
Presi in mano la giacca di Malcom e me la rigirai tra le mani: il tessuto mi passò tra le dita ed il profumo del proprietario mi arrivò al naso lasciandomi un leggero senso di angoscia.
La piegai accuratamente e la riposi nella borsa; gliela avrei ridata quello stesso giorno.
Rimaneva solo la felpa di Brian.
La guardai dalla parte opposta della stanza. Non avevo ancora il coraggio per prendere in mano anche quella. Tantomeno, lo avevo per buttarla. Non ero ancora pronta.
Guardarla mi fece venire voglia di tornare a sedermi sul divano a fissare il vuoto, a sprecare tempo…a far vincere Brian. 
“NO. Neanche per sogno. Sta volta, vinco io!”
Scossi la testa e voltai le spalle a quello stupido pezzo di stoffa.
Chiusi la porta di casa alle mie spalle e mi avviai giù per le scale del palazzo, verso l‘accademia.
Il pezzo di contemporaneo con Malcom era ancora mio.
 


Buonsalve a tutti! xD
Il capitolo di oggi è un po' corto, ma è fondamentale per proseguire la storia...spero che vi piaccia ugualmente..
allora, secondo voi chi ha mandato il messaggio a Greta? fatemelo sapereeeee!! 
Alla prossima,
Baciii <3

 

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Capitolo 12
*** Tutte le volte che vuoi ***


Guardai il portone dell’entrata con l’adrenalina che mi scorreva nelle vene.
Avevo attraversato quel portone un migliaio di volte senza mai badarci troppo, ma stavolta era decisamente diverso. Stavolta era come ricominciare.
Nel giro di pochi secondi una valanga di ricordi mi avrebbe investita, ma ero pronta a sopportarlo. Mi sarei sforzata.
Schiacciai la maniglia e mi ritrovai all’interno: tutto era come prima. Gente che cantava, recitava e faceva stretching nel corridoio. Tutto era andato avanti senza aspettarmi e mi venne un moto di fastidio quando pensai di aver sprecato del tempo.
La solita routine venne interrotta dalla mia entrata; era come se avessi avuto addosso una calamita per gli occhi. Tutti i presenti mi stavano puntando con lo sguardo, alcuni stupiti, alcuni sorridenti e alcuni pietrificati.
Nel giro di pochi istanti il trambusto dei corridoi si trasformò in un fastidioso silenzio.
Puntai lo sguardo a terra e andai avanti passando in mezzo al “gentilissimo” pubblico che continuava a guardarmi e bisbigliare.
Mi lanciai nel camerino che, grazie al cielo, era vuoto. Voltai lo sguardo e vidi il bagno dove mi ero chiusa il primo giorno, quando Malcom mi aveva maltrattata. Il bagno da cui Brian mi era venuto a tirare fuori, la prima volta che ci parlammo.
Mi era sembrato così gentile a prendermi a cuore nonostante non mi conoscesse, e invece..
Scossi la testa per scacciare quei ricordi.
Andai al lavandino, mi sciacquai la faccia e poi andai a cambiarmi.
Prima di uscire dal camerino, feci un respiro profondo, schiacciai la maniglia e mi diressi verso l’aula di contemporaneo pronta ad affrontare Malcom.
Arrivai davanti all’aula e sbirciai dentro da dietro la porta. 
Lo vidi seduto a terra con la testa fra le mani. Con lui c’era la signora TVB.
<< non verrà neanche oggi, Malcom. È inutile perdere ancora tempo. Cercati un’altra ragazza con cui ballare >> la donna dai capelli rossi parlava con un certo rammarico, con un certo dispiacere. Era comprensibile che la pensasse così, chissà quanto tempo mi avevano aspettata per fare quel cavolo di balletto ed io avevo dato pacco.
Malcom scosse la testa scoglionato. Forse era il momento giusto per entrare.
Misi un piede nella stanza, accompagnata dal ticchettio delle scarpe sul parquet.
Mi schiarii la voce e lo sguardo di entrambi i presenti si spostò su di me: la TVB mi sorrise subito, mentre l’espressione di Malcom era più sorpresa.
Aveva la bocca aperta dallo sbalordimento, gli occhi - circondati da due fosse nere - erano stanchi e spalancati ed il piercing sul sopracciglio era sollevato.
<< Greta >> sussurrò lui.
Sorrisi appena. << salve. Professoressa, ho ricevuto il suo messaggio e volevo ringraziarla per ciò che ha fatto per me in tutto questo tempo. Le sono davvero grata >>
La TVB scosse la testa. << non ti ho mandato io quel messaggio >> continuò a sorridere.
La faccia di Malcom tornò come al solito seria. Capii subito.
<< ah..in tal caso ti ringrazio Malcom. Per tutto.. >> la voce mi tremava dall’agitazione e le mani iniziavano a sudarmi.
Rimanemmo tutti e tre in silenzio. Sapevo che Malcom avrebbe voluto parlarmi, ma non lo avrebbe mai fatto davanti alla TVB.
La signora scambiò un’occhiata sia con me che con lui e fu come se ci avesse letto nel  pensiero. << beh, vi lascio da soli per parlare. >> camminò nella mia direzione per uscire dalla stanza.
Non appena mi arrivò davanti, mi strinse in un caloroso abbraccio che ricambiai prontamente. << Bentornata, bambina! >>
Diamine, quella donna mi aveva trattata come una figlia per tutto quel tempo ed io volevo lasciarmi andare. Che stupida che ero stata!
<< grazie, Signora >>
Uscì dalla stanza e rimanemmo soli io e Malcom. Rimanemmo a guardarci a distanza, senza mai distogliere lo sguardo.
Parlai io << grazie, Malcom. Di tutto, davvero… >>
<< non sei obbligata a ringraziarmi visto come ti ho trattata quella sera >> il suo tono era tranquillo, ma comunque imperativo.
Cavolo, aveva una faccia sconvolta!
<< non mi sta obbligando nessuno. Solo..grazie, tutto qui. E poi avevi ragione sulla mia stupidità a voler morire, su Br.. Su di lui, ecco >> abbassai lo sguardo deglutendo rumorosamente.
Mi fissò ancora. Voleva aggiungere qualcosa, ma non lo fece. Chissà cosa voleva dirmi.
Beh, anche io avevo da dire qualcosa. << perché mi hai mandato quel messaggio? Che ti importava di me? >>
Sospirò rumorosamente e si passò una mano sulla nuca. << avvicinati >>
Andai avanti e mi sedetti di fianco a lui. << allora? >>
<< stai bene? >> domandò. La sua voce era bassa, ma calda allo stesso tempo.
<< diciamo che mi sto riprendendo..comunque non hai risposto >> spostai lo sguardo su di lui. Lui fece lo stesso e nel momento in cui i miei occhi incontrarono i suoi mi sentii maledettamente rintontita. Come se mi avessero appena battuto una padella in testa.
<< scusami, Greta. Per come ti ho trattato quella sera, non avrei dovuto. Avrei dovuto dirti prima che Brian non era il ragazzo che credevi tu e poi, quando ho saputo che ti avrebbero sostituita con qualcun’altra per lo spettacolo di fine anno, ho pensato che avvertirti fosse un modo per sentirmi meglio con me stesso e per farmi perdonare >> quello che avevo davanti era un uomo mai visto: non era il Malcom odioso che mi aveva maltrattata, era un Malcom docile e pentito.
<< te l’ho detto, non devi chiedermi scusa. Non potevi immaginartelo che sarebbe finita così, come del resto nessuno avrebbe potuto. >>
<< ho capito, però scusami lo stesso >> mm..cominciava a farsi insistente come al solito.
<< va bene! >> sbottai.
Mi guardò con espressione divertita e scosse la testa. << sei sicura di stare bene davvero? Sei dimagrita così tanto e la tua faccia è distrutta >> domandò apprensivo come una nonna.
Effettivamente, avevo perso molti chili e la mia faccia era senz’altro distrutta. Ma bisognava dire che nemmeno lui era conciato tanto bene: la barba era un po’ più lunga del solito, le sue occhiaie erano profonde e bluastre e, per di più, i graffi sul suo viso non erano ancora passati del tutto. 
<< beh, non ho mangiato altro per un mese se non mele e altri frutti. Comunque anche tu hai un’aria sconvolta..dovresti farti vedere quei tagli che hai sul viso >>
<< in quasi due mesi hai mangiato solo mele? Cazzo, ci credo che sei ridotta così da schifo >>
<< già. Una mela al giorno toglie il medico di torno, ma solo una mela tutti i giorni..finisci all’obitorio.. E comunque sei sempre gentile eh! >> dissi sorridendo.
Ridacchiò anche lui, tornando a guardarsi i piedi << sai com’è.. Le vecchie abitudini sono dure a morire >>
Ridacchiai.
Le risate si consumarono in fretta e ci trovammo nuovamente entrambi in silenzio.
Stavolta, fu lui ad interromperlo. << ti ricordi ancora quel pezzo della nostra coreografia? >> cavolo, era da due mesi che non pensavo a quel pezzo; mi ero vietata di pensarci onde evitare brutti ricordi.
Non sapevo se me lo sarei ricordata o meno, però sapevo che Malcom mi avrebbe aiutata. Su questo avrei potuto scommetterci.
<< non lo so.. È da molto tempo che non voglio pensarci, che non penso alla danza. Forse ho bisogno di una mano per ricordarmelo >> 
Si voltò a guardarmi di nuovo << ci penso io..anche se non penso che ti servirà molto aiuto..ti va se cominciamo subito a provare? >> sorrise.
Merda, ma perché non mi aveva sempre sorriso a quel modo? Era fottutamente bello mentre sorrideva con quell’aria sollevata.
Ricambiai il suo sorriso rimanendo a fissare i suoi occhi grigi. << sono qui a posta >> 
Piegò la testa di lato, guardandomi di sottecchi. Sentii una scossa attraversarmi la schiena.
Si alzò in piedi, poi mi aiutò a sollevarmi da terra. Andò a mettere la musica e lo aspettai al centro della sala.
Cominciammo a muoverci insieme. 
Avevo dimenticato tutto, fino a che la musica partì. Di lì in poi, i miei piedi andarono da soli lasciandosi assecondare da Malcom che con infinita maestria - ed anche una certa sensualità - mi si muoveva intorno.
Finimmo il pezzo di coreografia e ci scambiammo uno sguardo complice.
<< vedo che non ti sei dimenticata niente! >>
Sorrisi << non potevo dimenticarla.. >> 
Prendemmo un attimo di fiato. << la rifacciamo? >> domandai. 
<< tutte le volte che vuoi! >> strinse gli occhi in un’espressione dolce mentre pronunciava quelle parole.
Non vedevo l’ora di ricominciare; la danza mi era mancata davvero tanto ed ora che avevo iniziato, non potevo più smettere.
Avrei saltato, girato e volato finchè non mi fossero venute le bolle ai piedi. Per Malcom non sembrava un problema, anzi..non smetteva di sorridere.
Ed io ero tornata a vivere.


Ed ecco qui...finalmente la nostra Greta è tornata a ballare insieme ad un Malcom che pare sollevato nell'averla ancora come partner!
Per tutti quei curiosi che sono ansiosi di sapere quale fosse il motivo di tanto odio tra Malcom e Brian già prima dello stupro..nel prossimo capitolo accennerò qualcosa! ;)
Alla prossima
Baciiii <3


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Capitolo 13
*** Assassino ***


<< andiamo. Per oggi è abbastanza >> disse Malcom.
Eravamo andati avanti di un bel po’ con la coreografia: eravamo quasi alla fine, e, poi avremmo dovuto solo perfezionarla, anche se a me sembrava già ottima così.
<< okay. Continuiamo domani >> sorrisi passandomi l’asciugamano sulla fronte per togliere il sudore.
Il sudore, per noi ballerine, aveva un significato particolare; certo, trovavamo anche noi schifoso trasformarsi in una fontana ambulante, ma, d’altra parte, significava che si era lavorato duramente. Che si stava migliorando.
Comunque sia, volevo sapere ancora delle cose da Malcom.
<< senti, vorrei chiederti una cosa.. >> mi sentii un po’ imbarazzata, ma la curiosità sovrastava l’incertezza.
Mi guardò incuriosito e interpretai la sua espressione come un permesso di parola.
<< prima hai detto che avresti dovuto dirmi che ..Brian non era il ragazzo che io credevo. Cosa intendevi dire? Insomma, lui mi aveva detto che voi due vi odiavate praticamente..posso sapere perché? >> 
Lo sguardo di Malcom si fissò su di me. Non era più quello del ragazzo docile e buono; era di nuovo quello del cinico bastardo.
<< ormai quel verme è in galera. Che importanza ha saperlo? >> il suo tono mi fece intuire che parlarne lo avrebbe mandato fuori dai gangheri. 
Non mi importava. Volevo sapere quale fosse la storia di Malcom e Brian.
Mi sembrava giusto ricevere delle spiegazioni, no?
<< voglio sapere e basta >> mi opposi.
Le labbra di lui si arricciarono in una smorfia di disgusto, stava per perdere il controllo 
<< diciamo che in un certo senso è un assassino.. >> 
Mi venne un nodo alla gola. 
Con che diavolo di persona ero stata?
Eppure, qualcosa in me, mi costringeva ad amarlo ancora e ad avere bisogno di lui.
<< un … un assassino? Cosa vuoi dire? >> la voce mi si spezzò a metà frase. Un certo affanno iniziò a farmi muovere il petto più velocemente.
Lo sguardo di Malcom era diventato incattivito, pieno di disprezzo e di odio per quel ricordo e per Brian.
<< nel senso che ha ucciso una persona! >> si voltò verso di me urlando scontroso.
Mi sentii sbiancare nel udire quelle parole. 
“ha ucciso una persona!”  Nausea.
Il respiro accelerò ancora, talmente tanto da farmi mancare il fiato e farmi girare la testa a velocità inaudita.
 Eppure, non ne avevo abbastanza. Volevo sapere tutto.
Deglutii << chi ha ucciso? >> 
Ancora una volta, lo sguardo di Malcom mi fece rabbrividire. << non sono affari che ti riguardano >> sibilò fra i denti, camminandomi incontro con occhi pericolosi.
Feci un passo indietro spaventata.
Avevo come una sensazione di dejà-vu: Brian che mi veniva incontro e che mi placava contro al muro. Le sue labbra sul mio collo. Il vestito strappato. Il suo armeggiare con la cintura.
Inciampai, caddi all’indietro e sbattei contro al muro.
Le immagini continuarono a scorrermi davanti a raffica; iniziai a piagnucolare come un bambino nella culla, emettendo versi strozzati. Gli occhi mi si riempirono di lacrime ed iniziarono a bruciare, mentre - nel petto - il cuore aveva iniziato a martellare violentemente.
Mi accasciai contro al muro, seduta sul parquet freddo.
<< ti prego, lasciami andare! >> supplicai. Non era Malcom che stavo supplicando, ma Brian.
Io. Brian. I nostri baci, i nostri abbracci. “Ti amo”. “Ti amo anche io”. il vicolo. Il mio vestito. Le sue mani su di me. Io accasciata tra la spazzatura. Malcom. Il viso massacrato di Brian. La giacca di Malcom sul mio corpo nudo. Una lattina lanciata a  pochi centimetri dal mio viso.
La testa mi esplodeva.
Scoppiai a piangere più forte, iniziando a scuotermi per via dei singhiozzi.
<< alzati, Greta! >> la voce di Malcom era dura ed arrabbiata.
Ma perché mi doveva urlare in faccia in un momento come quello, non poteva abbracciarmi e confortarmi come avrebbe fatto chiunque altro?
Continuai a piangere ignorando le sue parole. Continuai a torturarmi con i miei stessi pensieri, quasi fino a perdere i sensi.
 
Aprii gli occhi e mi ritrovai in infermeria, distesa sul lettino, sotto gli occhi preoccupati della TVB e dell’infermiera.
<< Tesoro, finalmente ti sei svegliata! >> la TVB squillò sollevata.
Cavolo, mi sentivo rintronata. Per quanto tempo avevo dormito?
<< ma che ore sono? >> domandai.
L’infermiera guardò l’orologio appeso sopra alla mia testa. << sono le 20 >>
Cosa? Le 20? Dunque avevo dormito per un bel po’ d’ore.
Beh, se non altro avevo recuperato un po’ di sonno a cui avevo rinunciato per quasi due mesi.
Un altro carrello di domande si fece avanti nella mia testa.
Come ero arrivata lì? Mi ci aveva portato Malcom? E lui adesso dove era? Che diavolo era successo?
<< come sono arrivata qui e che mi è successo? >> che confusione!
La TVB e l’infermiera si scambiarono un’occhiata, poi fu l’insegnante a parlare.
<< beh, non sappiamo di preciso. Ti ha portata qui Malcom, poi è andato via.
Sembrava piuttosto nervoso. Comunque, non hai nulla di grave. Solo un po’ di stanchezza. Credo sia il caso che te ne torni nel tuo appartamento a riposare, ma non prima di aver mangiato qualcosa. >> la TVB mi parlava con i suoi occhi dolci e, nel frattempo, mi carezzava i capelli.
Concordavo sulla parte del riposo, un po’ meno su quella del cibo, ma forse mi sarei sforzata ed avrei messo qualcosa sotto ai denti. 
L’unico problema era che non volevo tornare a casa; non me la sentivo di arrivare fino al mio appartamento a piedi, da sola, nel buio. Non sarebbe stato molto di aiuto, visto ciò che era appena accaduto.
<< ecco, io…non voglio tornare a casa da sola >> mi misi a sedere e mi stropicciai gli occhi. Ci vollero un paio di secondi prima che mi riprendessi dal giramento di testa.
<< beh, mi sono permessa di chiamare alcuni tuoi amici per questo. Mi auguro solo che non ti dispiaccia >>
Oh, bene. Chi aveva deciso di chiamare? Qualche simpatica arpia anoressica o.. che ne so! 
Da dietro la porta sbucarono Serena, Erica e Andrea..
<< ciao Greta >> disse Serena a tono basso.
<< ciao Gre >> seguì Erica.
<< ehi >> si limitò, Andrea.
Ottimo, davvero.
Non proferii parola. Ero onestamente seccata di trovarmi davanti a tre persone che si erano comportate come se fossero davvero miei amici e poi erano completamente sparite. Non mi andava di trovarmeli davanti. Non dopo aver litigato con Malcom ed essere svenuta.
A parlare fu Erica. << Greta, noi ti dobbiamo delle scuse. So che in tutto questo tempo 
non ci siamo fatti né sentire né vedere. E so anche che avevi bisogno di noi, ma.. Ecco.. >> si grattò la testa, imbarazzata e smosse la sua chioma rossa.
Era palese che non sapesse come andare avanti.
<< ecco, quello che vuole dire Erica, è che ci dispiace da morire, ma non sapevamo che fare o che dire per poterti aiutare. Ecco, noi ci sentivamo impotenti e, per questo, anche imbarazzati. So che non sono delle scuse plausibili, perché dei veri amici non si lascerebbero allontanare dall’imbarazzo, ma, ti prego, cerca di capire >> Serena prese la parola al posto di sua sorella.
Già, capivo la loro situazione e non potevo nemmeno biasimarli.
In fondo, trattare con una persona che ha affrontato ciò che ho affrontato io, non doveva essere molto facile.
Che importava, tanto valeva perdonarli. Non doveva essere stato facile neanche per loro convivere con il rimorso di avermi praticamente abbandonata.
<< si, io.. Capisco perfettamente e vi perdono >> sorrisi lievemente, ancora frastornata dal mio lungo pisolino.
Le due sorelle mi sorrisero e mi abbracciarono. Prima Serena, poi Erica.
L’ultimo da abbracciare era Andrea. Non morivo dalla voglia di farlo, era senz’altro troppo difficile per me riaccogliere qualcuno che forse aveva previsto questa catastrofe.
Andrea aveva sempre odiato Brian ed io, ovviamente, non avevo mai dato retta ai suoi avvisi. Che stupida!
Il mio amico mi guardò negli occhi un paio di secondi senza lasciar trasparire la minima emozione. Poi, i suoi occhi scuri si schiacciarono e sul suo volto sbucò un sorriso.
Mi accolse tra le sue braccia e mi strinse con tutto il calore che aveva in corpo. Non ci pensai a lungo prima di ricambiare; sentivo che l’affetto dei miei amici mi era mancato quasi quanto mi era mancato danzare.
<< avanti, ti portiamo a casa e dormiamo lì con te >> mi sussurrò all’orecchio con tono dolce e protettivo.
Annuii e andai con i miei amici dopo aver salutato e ringraziato la TVB e l’infermiera.
Arrivammo a casa mia e notai il disordine che c’era in quel posto. Cristo, in quel appartamento era passato l’uragano Katrina! 
<< Gesù! Ma che è successo qui? È forse passata una mandria di mufloni imbizzarriti?! >> esclamò Andrea con il suo solito tono petulante.
<< si, qualcosa di simile >> risposi.
<< vabbè, tu vai a cambiarti che noi mettiamo in ordine >> si intromise Serena.
Menomale, non credo che avrei mai avuto le forze per ripulire da sola quel campo di battaglia.
Andai ad infilarmi il pigiama e tornai in sala. Nel giro di pochi minuti, i miei amici avevano già messo in ordine la sala e, mentre Erica puliva il bagno e Serena la cucina, Andrea andò a pulire la camera. Lo seguii e mi poggiai sul letto con in mano un pezzo di pane e prosciutto.
<< Greta, mi auguro di non vedere mai più questa casa in simili condizioni. Davvero, è terribile.
Sembra che sia passato Bin Laden a fare un attentato >> okay, questa era carina dai..
Ridacchiai. << Prometto che la terrò pulita per sempre. >>
<< voglio crederti! >> rispose mentre cominciò a lanciare giù dalla sedia una serie di indumenti da lavare e da buttare.
<< questo orrore finisce dritto nella spazzatura… e anche questo vestito, l’hai rubato a  tua zia Selma? Per non parlare di questi pantaloni provenienti direttamente dal cast di Grease. Via, via. Nella spazzatura.
E anche questa felpa vola nell’immondizia >>
Voltai la testa appena in tempo.
<< NO! >> urlai lanciandomi contro quel pezzo di stoffa.
<< ma che ti prende? >> domandò Andrea confuso.
<< questa felpa non puoi buttarla. Resta lì, sulla sedia, finchè non sono pronta a sbarazzarmene >> esclamai con l’affanno nei polmoni.
Andrea mi guardò senza capire a ciò che mi riferissi. Tornò a guardare quella felpa tra le mie mani e la sua espressione diventò contrariata e innervosita. Nel giro di pochi secondi me l’avrebbe strappata di mano e l’avrebbe possibilmente bruciata.
<< ti prego. Me ne sbarazzerò. Solo.. Non ora >> risposi stringendo la felpa per poi ripiegarla e metterla al suo posto sulla sedia.
Andrea non disse altro; continuò a riordinare la mia camera senza più fiatare.
Cambiò anche le lenzuola.
<< ragazzi, è mezzanotte e mezza. Sono distrutta, che ne dite di metterci a dormire? >> propose Erica.
Non potevo essere più d’accordo.
Ci sistemammo tutti e quattro sul mio lettone matrimoniale, con le lenzuola pulite e profumate alla lavanda.
Ci addormentammo tutti, uno dopo l’altro. Io fui l’ultima. Resistetti fino a che le palpebre non mi cedettero del tutto mentre, imperterrite, scrutavano la sedia dall’altra parte della stanza.
La felpa di Brian mi teneva d’occhio.


E qui Malcom ci dice qualcosina riguardo a Brian..non tutto ovviamente, sapete che mi piace farvi soffrire, perciò la verità la rivelerò tra un paio di capitoli! 
Non odiatemi :3
Baciii <3


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Capitolo 14
*** Pelle d'oca ***


<< allora, sei pronta per ricominciare? >> 
<< si, Andrea, sono pronta >> 
Insomma, dire che ero pronta non era proprio esatto, ma avevo voglia di rimettermi in gioco e perciò avrei lasciato perdere le occhiate inquisitorie, le battutine e avrei messo da parte la mia discussione con Malcom.
Ci preparammo tutti e salimmo sulla macchina di Erica. Arrivammo all’accademia ed entrammo.
Come il giorno precedente, ero vittima di molti sguardi sbalorditi e soggetto di discussioni sussurrate alle orecchie; Mi sembrava di essere circondata dai paparazzi. Ancora un paio di secondi e qualcuno avrebbe iniziato a farmi delle foto che sarebbero poi finite su un giornale scandalistico.
Fortuna che con me c’erano Sere, Eri e Andre. Quest’ultimo mi aveva messo un braccio intorno alla vita per sostenermi. Non in senso letterale, ma il sostegno era morale.
Arrivammo nell’aula di teatro. 
L’odore di quella stanza mi riportò immediatamente a qualche mese prima, quando - prima dell’inizio della lezione - io e Brian ci baciammo per la seconda volta.
Ebbi un attimo di esitazione, ma, grazie al sostegno di Andrea, andai avanti.
In fondo alla stanza, ci aspettavano Colin, Chris e Stephen. Ognuno andò dal rispettivo fidanzato: Serena da Colin, Erica da Chris e Andrea da Stephen.
Si scambiarono tutti delle piccole effusioni e guardarli mi fece sorridere dalla tenerezza. Ma, oltre alla tenerezza, dentro di me si muoveva qualcos’altro. Non sapevo di preciso cosa, ma era qualcosa di poco carino.
Insomma, erano tutti belli e fidanzati, ognuno con un partner che li amava e li adorava..ed io? Io ero la figlia della merda?!
Io dovevo per forza avere sfiga con i sentimenti, cazzo! 
Scossi la testa e lasciai perdere quella spiacevole sensazione per concentrarmi sulle parole di Nasone che, come era solito fare, entrò nella stanza borbottando.
Per il resto della lezione, tentai di ignorare tutti i ricordi di Brian che venivano a galla per farmi stare male. 
In fondo, nell’aula di recitazione lui era il migliore..e di essere un bravo attore lo aveva più che dimostrato.
 
Era ora di andare a provare la coreografia con Malcom. Chissà se anche oggi sarebbe stato buono con me o se avesse deciso di non venire affatto dopo la discussione di ieri. 
Visti i suoi continui cambi di umore, era difficile da capire quale trattamento avesse in serbo per me.
Boh, non mi restava che scoprirlo entrando nell’aula di contemporaneo.
Sentii della musica, scostai leggermente la porta e lo trovai lì. Bene, se non altro era venuto.
Ci misi un paio di secondi a comprendere che stesse danzando, poiché inizialmente era immobile, in piedi, di fronte allo specchio, a torso nudo. Quando partì a muoversi, fu come se fossi stata percossa da una scarica elettrica.
Cielo, era pazzesco.
I suoi movimenti erano scattanti e mettevano in evidenza i muscoli delle braccia e delle gambe. L’addome era formato da una serie di rettangoli disposti in due colonne, una accanto all’altra, ben definiti. Ma la parte che più mi attraeva era la sua schiena in tensione; le sue spalle larghe mi facevano completamente sbarellare. 
Immaginavo le mie mani scorrere su quel fascio di nervi e muscoli; doveva essere qualcosa di estremamente intimo ed erotico.
Scossi la testa e mi ripresi da quei pensieri poco casti che mi passavano per la mente. Ma che diavolo mi prendeva?! Mi ero forse bevuta il cervello..
Tornai ad osservare quel mostro di ballerino e ancora restai incantata.
I suoi movimenti fluidi, quelli scattanti, i salti, i giri e le scivolate. Diamine, era davvero impossibile spiegare la sua bravura. Era davvero troppo.
Quando il ritmo potente della musica finì, anche lui si fermò in ginocchio con una mano tra i capelli e la mascella contratta.
“Ti prego, balla così anche con me!” 
Aprii la porta di scatto ed irruppi nella stanza. << Diavolo, sei..sei..straordinario! >>
Esclamai con l’ammirazione dipinta negli occhi. << mi hai fatto venire la pelle d’oca >>
Alzò la testa di scatto e mi guardò. Nonostante, il mio fluire di complimenti, lui sembrò non contento. Diciamo pure che era assolutamente incazzato nero.
<< Hai mai sentito parlare della privacy? >> mi parlò in cagnesco, poi andò verso lo stereo e bloccò la canzone che stava per partire.
Rimasi pietrificata. Il suo modo di reagire mi aveva fatto rimanere veramente male.  
Io non stavo violando la sua privacy, almeno, non intenzionalmente, solo che i suoi movimenti mi avevano incantata. Era stata una cosa magnetica.
Per un certo momento avevo persino immaginato di andare a letto con lui grazie a quello che stava facendo… figuriamoci!
Si infilò la maglietta, con l’affanno che gli faceva alzare i pettorali mentre respirava. 
Diamine, era come se rilasciasse ferormoni per tutta la stanza.
<< ma io..volevo solo essere gentile.. >> dissi con voce affievolita.
<< allora fa una cosa.. Sta zitta e comincia a ballare, piccola pecorella smarrita >>
Ma dove era finito il Malcom del giorno prima? Quello carino e sorridente che aveva confessato di essersi sentito in dovere di chiedermi scusa per quello che era accaduto.
Annuii, incapace di dire altro.
Mi posizionai al centro della sala ed attesi che Malcom cambiasse musica. Una volta che lo fece, si posizionò davanti a me per la posa iniziale. Mi attaccai a lui e di lì in poi non fiatammo, ci muovemmo solo insieme.
Finimmo.
<< beh. Direi che hai fatto schifo, ma diciamo che te la passo come un modo per riscaldarti. Comunque, hai pensato a come andare avanti? >> l’essere più odioso del mondo era tornato. Ammesso che se ne fosse mai andato.
E poi di che stava parlando? Da quando ero solo io che pensavo a cosa fare?
<< io..pensavo che lo avremmo fatto insieme >> il mio tono era tra il confuso e il triste.
Scosse la testa nevrotico.
<< e perché mai io dovrei pensare a questa coreografia? I tizi che ci verranno a vedere guarderanno il tuo lavoro, non il mio. Io la mia carriera me la sono già fatta e questo è compito tuo, non più mio! >>
Rimasi basita.
Non riuscivo a capire, davvero. Non riuscivo a stare dietro ai suoi sbalzi di umore.
<< va bene, cercherò di inventare qualcosa >>
<< meglio per te >> rispose duro.
 
La lezione fu la più massacrante di tutto l’anno. Se agli inizi avevo pensato che era un vero bastardo, ora ricordavo quei tempi del “Palla di lardo”e del “Culona” come i tempi d’oro.
<< Gesù, non ti si può guardare oggi. Sei molla come la merda, non ci stai mettendo la testa e nemmeno il cuore. Voglio che rifai il tuo pezzo. Tutto da capo! >> 
Non ne potevo più. Stavo morendo dalla fatica.
Non mi ero ancora del tutto ripresa e forse stavo esagerando con quegli sforzi.
<< senti, forse è meglio che vada a riposarmi. Non credo di essere ancora completamente pronta per ricominciare >>
Mi fulminò con lo sguardo e mi rispose con una tale ferocia da farmi paura.
<< cazzate. Tu non hai voglia di fare nulla. Non ti importa di un cazzo, della tua coreografia, del tuo futuro, di te stessa..
Avanti, rifallo! >>
Come si permetteva a parlarmi a quel modo; chi era lui, la mia coscienza?
 Beh, il suo nervosismo se lo poteva ficcare dritto nel culo, non avevo intenzione di sopportare ancora un solo insulto.
<< basta! Non ho intenzione di lasciarmi insultare ancora. Mi fai incazzare! >>
Mi guardò e rispose con tono secco. << ti pare che mi importi? >>
Feci un passo indietro, recidiva. << no, certo che no. A te non importa niente di nessuno. Te hai il diritto di far sentire tutti delle merde, come se nessuno avesse dei sentimenti. Beh, temo che l’unico senza sentimenti, qui, sia tu. E mi spiace per te >>
Avrei voluto sputargli quelle parole in faccia come fossero veleno, ma come al solito, il mio tono fu fragile. Ed essere fragile, davanti a lui, non andava di certo a mio favore.
Mi guardò dritta negli occhi. Quel grigio mi rapì.
<< tu davvero credi che io non abbia dei sentimenti? >> domandò amareggiato, sembrava quasi che avesse il magone bloccato in gola.
Non risposi.
Sapevo che non era così. Sapevo che sotto quel muro in cemento armato, c’era un ragazzo che era stato ferito, che aveva amato, che aveva delle passioni. Eppure, quella barricata che si era creato mi rendeva difficile credere che provasse qualche sentimento, a parte l’odio.
Spostai il mio sguardo altrove e lui fece una risata amareggiata. Poi tornò a parlarmi con tono incattivito e schifato.
<< tu davvero credi che se non avessi avuto sentimenti, ti avrei risparmiato di essere stuprata? O ti avrei permesso di non perdere la tua parte nel saggio? Secondo te, sarei ancora qui a chiederti di fare di meglio per te stessa? >>
Ricominciò ad alzare la voce e fu allora che cominciai a sentire davvero la paura.
Chiusi gli occhi istintivamente.
<< guardati! >> continuò << tu non sei quella ragazza che ho visto alle audizioni. Dove è finita quella ragazza? Dove è quella Greta che, con la sua passione e determinazione, mi ha rapito il cuore? Eh! >>
“che mi ha rapito il cuore” le parole riecheggiarono nella mia testa.
Di sicuro stavo travisando.
E comunque sia, aveva ragione. Me lo sentivo.
Mi ero lasciata andare e mi ero persa; mi stavo buttando nella spazzatura.
Non stavo combattendo con tutte le mie forze e la Greta combattente se ne era andata a farsi fottere.
<< apri quei cazzo di occhi! >> mi prese dalle braccia e mi scrollò violentemente.
Mi sentii come se qualcuno mi stesse prendendo a cazzotti ovunque; avevo la nausea.
<< aprili ho detto! >> barcollai ed andai a sbattere contro al muro.
“Ecco, ci risiamo.” 
Le stesse sensazioni del giorno prima.. E le stesse sensazioni di due mesi fa.
Il ricordo di Brian che mi scaraventava contro al muro e che mi faceva sbattere la testa, mi ribollì nella cervello.
Scoppiai a piangere ancora, nel modo più disperato e straziante del mondo.
Sentii una mano appoggiarsi al muro, accanto alla mia spalla, ed il respiro di Malcom a pochi centimetri da me.
Era come se davanti a me, non ci fosse più lui, ma di nuovo Brian.
<< perché piangi? >> domandò in un sussurro straziato.
Volevo provare a trattenere i singhiozzi e le lacrime, ma niente. Non ero ancora in grado di gestire le mie emozioni.
<< ho paura >> gracchiai.
E ce ne avevo tanta. 
Rimase in silenzio ad ascoltare i miei pianti. << so di cosa hai paura, Greta.
Ma ti prego, ti scongiuro.. Non pensare a me come se fossi lui. >> fece una pausa e mi poggiò le mani sulle guance. Avvertivo nella sua voce tutta la sua agitazione ed anche una gran dose si dolore.
<< apri gli occhi >> sussurrò gentile.
Impiegai un paio di secondi a farlo, ma quando lo feci rimasi senza respiro.
Malcom era molto più vicino a me di quanto pensassi. I suoi occhi grigi erano in tempesta; lucidi, stava per piangere anche lui.
Nel suo sguardo c’era un pizzico di follia che, sembrava, però, essere controllata.
Mi accarezzò la guancia destra, guardandomi ancora negli occhi ed io continuai a guardare i suoi con un certo magnetismo.
<< io non ti farei mai del male. Lo giuro su me stesso >> la sua voce si fece un sussurro appena udibile.
Si avvicinò ancor più a me. Il suo respiro toccava il mio viso ed il suo naso stava sfiorando il mio.
Mi ritrovai ad avere fretta, ad avere fretta di essere baciata da Malcom. 
Cavolo, io lo desideravo da matti e, chissà da quanto tempo, lo avevo nascosto a me stessa.
La distanza tra le nostre labbra era ormai serrata. 
Lo sfiorai delicatamente con la bocca, sfregandola un po’ con la sua per prendere un minimo di confidenza, poi la schiusi e lasciai che avvenisse quel intreccio che tanto desideravo.
Misi la mia mano sopra una delle sue che stava appoggiata sulla mia guancia, stringendolo dolcemente.
Mi lasciai trasportare dalla sua bocca e sentii le stesse sensazioni che avevo provato qualche ora prima, quando lo avevo visto ballare da solo, davanti a quello specchio, con i suoi muscoli contratti e la mascella serrata.
Poggiai la mia mano libera sulla sua mascella e, accidenti, era proprio come l’avevo vista: contratta mentre si impegnava nel bacio.
Sentii il respiro mancarmi e il cuore saltarmi fuori dal petto. Il modo in cui mi baciava andava oltre ogni immaginazione: la sua dolcezza nel farlo era davvero inimmaginabile.
Lo assaporai per un paio di minuti che sperai fossero infiniti, poi si staccò da me con aria leggermente stupita, forse non si era aspettato che ricambiassi.
Un singhiozzo residuo mi scosse violentemente, fu per quello che mi strinse contro il suo petto accarezzandomi la nuca e ripetendo << shh..va tutto bene adesso. Shh >>
Mi lasciai cullare dalle sue braccia, adagiata sul suo petto marmoreo e mi avvinghiai a lui buttando l’ultima scarica di lacrime.
Una volta terminato il pianto, gli restai ancora abbracciata a riflettere su ciò che era appena accaduto.
Allora, era così. Ero innamorata del mio insegnate di contemporaneo, quello stronzo ed insensibile, che in realtà era l’uomo più dolce del mondo.
Cristo, chi lo avrebbe mai detto.
Mi scostai dal suo petto, alla ricerca dei suoi splendidi occhi. Li trovai e lasciai che quelle due nuvole grigie mi facessero da sfondo.
Gli sorrisi imbambolata. Lui fece lo stesso.
La sua era l’espressione più carica di amore che avessi mai visto << per oggi può bastare. Andiamo, ti riaccompagno a casa, vuoi? >> 
Il sorriso del giorno precedente tornò a splendere sul suo viso: ecco il Paradiso.
Annuii continuando a guardarlo imbambolata.
Si chinò su di me e lasciai che mi desse un altro bacio leggero sulle labbra, poi mi prese per mano e cominciammo a camminare verso la sua macchina.


TADAAAAAAAAAAANNNNNN!! ce l'abbiamo fatta!!
Finalmente si sono baciati, anche se diciamo che è stato un bacio turbolento! xD

Spero che vi piaccia! 
Baciii <3

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Capitolo 15
*** voglio che tu mi tenga stretta tra le tue braccia per tutta la notte. ***


Salii in macchina al suo fianco.
Improvvisamente, togliergli gli occhi di dosso mi era diventato quasi impossibile; possibile che non mi fossi mai accorta che lui provasse seriamente qualcosa per me?
Insomma, dopo tutti gli insulti, le lattine che mi aveva tirato contro, le prese in giro… oh, come potevo immaginarmi che lui fosse innamorato di me!
Si voltò a guardarmi mentre girava il volante a destra. Mi sorrise; lo stesso sorriso del giorno in cui ero tornata a scuola. Poi, poggiò la sua mano sulla mia.
<< che c’è? >> domandò
Scossi la testa e  ricambiai il sorriso. << niente, solo che… non capisco >>
Arricciò le labbra con un’espressione divertita. << penso di sapere a cosa ti riferisci.. >>
<< si, beh..ecco, mi hai trattato a schifo per tutti questi mesi ed ora viene fuori che sei innamorato di me.. Perché mi hai trattato in quel modo? >>
Fece un risolino nervoso e si grattò la testa. << ad essere sincero, il mio era un modo di farti reagire. Insomma, mi sembrava che ti arrendessi facilmente ed era un peccato, perciò l’ho fatto.. >> ammise.
Non me la stava raccontando tutta..
<< e.. >> lo spronai a continuare.
<< e? >> fece il finto tonto.
<< lo so che c’è  dell’altro sotto >> il mio tono era piuttosto scherzoso, ma al tempo stesso veritiero.
Rise divertito << okay, mi hai beccato >> si passò la mano nei capelli << la verità è che tu mi ricordavi molto una persona.. >>
<< chi? >> 
<< me >> fece una pausa << vedi, anche io ero quello diverso, preso di mira da tutti. Ero lo sfigato di turno, quello che portava i capelli troppo lunghi e che pesava troppo.
Quello che aveva del talento, ma a cui nessuno dava una lira >> 
E quindi? Se anche lui aveva provato le stesse cose, perché invece di insultarmi, non aveva provato a spronarmi in un altro modo?! 
Tutto ciò non aveva senso.
<< e quindi? >>
<< e quindi, ho deciso di farla pagare a tutti quelli che mi deridevano: sono andato a tagliarmi i capelli, sono dimagrito di venti chili, ho mostrato il talento e.. >>
Lo interruppi << e hai deciso di diventare stronzo! >> sbottai.
Rise ancora << si, diciamo di si >>
<< bene, ma perché hai deciso di prendere proprio me di mira? >>
Scosse la testa contrariato << io non ti ho presa di mira >>
<< ah no? >> 
<< no. Diciamo che ti ho presa a cuore. Vedere che un talento andasse sprecato a causa della tua poca fiducia in te stessa mi dava fastidio…E poi, sei la più bella, quindi.. >>
<< quindi? >> 
<< Gesù, quante domande! L’ho fatto per te, perché già dalla prima volta che ti ho vista ballare mi hai fatto perdere la testa. Perché eri diversa e non eri il solito manichino inespressivo. Perché sapevo che potevi fare ancora meglio di ciò che facevi. Perché ti guardavo e morivo dalla voglia di ballare con te ed è per questo che al provino per il pezzo di fine anno ti ho scelta; sapevo che nessun altro in quel posto poteva essere al tuo livello, se non me. >> parlò talmente in fretta che stargli dietro era diventato difficile. Nonostante tutto, però, quelle parole mi fecero morire di gioia.
<< Poi, quando ho visto quel..quel cane bastardo metterti le mani addosso, non ho capito più niente, lo volevo ammazzare con queste mie mani. E tu sei sparita e pensavo che tutto fosse finito; pensavo di essere stato solo uno stupido e di avere sprecato solo tempo, ma, in cuor mio, sapevo che non mi sarei mai arreso. 
Alla fine, ieri, hai varcato la porta e.. sono tornato a respirare >> fece un riso sollevato << non sai quanto sono contento che tu ora sia qui accanto a me >> 
Mi poggiò una mano sulla nuca e mi attirò a sé baciandomi delicatamente.  
Oh, madre. Ma che uomo avevo davanti ai miei occhi? Ero stata così sciocca a non avergli mai dato una possibilità, a non essermi mai accorta di nulla.
Chissà come era stato male vedendomi tra le braccia di Brian. Non avrei mai voluto ferire i suoi sentimenti, solo che lui, invece di parlare come una persona normale, non faceva altro che ferire i miei, perciò..perciò..boh, era troppo complicata da spiegare sta situazione.
Era tutto un bel casino, ma se non altro alla fine ci eravamo trovati: lui mi piaceva ed io piacevo a lui. Bene così, era ora che mi arrivasse una bella botta di culo!
Si staccò da me e rise ancora. << ti senti bene? Hai una faccia! >>
<< mi sento più che bene.. Ma è tutto davvero strano >>
<< ti sorprendi ancora quando ti capitano cose strane? Io ormai ci sono abituato. Voglio dire, innamorarmi della cicciona della scuola è una cosa piuttosto strana no? >>
Rise forte e gli tirai un patone sulla spalla.
<< ah, adesso non mi puoi più chiamare “cicciona”! guardami, sono magrissima ora >>
In effetti, uno dei pro di questa storia era proprio quello di aver perso del peso. Almeno nessuno mi avrebbe più rotto le palle per la mia ciccia.
<< già. È un vero peccato: adoravo la tua pancetta! >>
<< ma non facevi altro che dirmi che ero obesa! >> obbiettai.
Rise ancora << beh, chi disprezza compra >> 
<< certo. Facile così! >>
<< comunque, a parte gli scherzi. Tu hai perso veramente troppo peso, mi pare il caso che tu riprenda qualche chilo. Andiamo al Mc Donald? >> 
Non poteva esserci posto peggiore dove portarmi, ma con lui sarei andata anche a rovistare nell’immondizia per qualche avanzo di pizza.
<< okay >>
Scosse la testa << tu diresti “okay” anche se ti dicessi di farti fare una pizza da un kebabbaro. Scherzavo, ti porto in un ristorante vero e proprio, non mangerei un hamburger da Mc Donald neanche morto. E poi, sono vegetariano >>
Uh, questa non la sapevo. << sul serio? >> annuì.
Beh, era da ammirare. Anche se non ero vegetariana, ammiravo il loro stile di vita.
LUI era da ammirare.
Mi avvicinai per baciarlo di nuovo. Nel piegarmi in avanti, verso di lui, la maglietta scese un po’ giù lasciando che parte del mio seno rimanesse in bella vista. Mi coprii subito, ma Malcom aveva già visto tutto. 
Sorrise compiaciuto. << nonostante tu abbia perso molto peso, quelle due cose enormi sono rimaste lì, eh. >>
Scossi la testa divertita << per te è un problema? >>
<< un problema?! È una fortuna..Dio, ho un debole per quelle due cose! >>
Risi da morire. Il tono in cui lo aveva detto faceva scompisciare.
<< beh, grazie. Allora quando dicevi che il modo in cui saltellavano era eccitante, era vero? >>
<< ci puoi scommettere! >>  
 
Arrivammo davanti ad un negozio di giocattoli e parcheggiammo.
<< vieni, vedrai che ti piacerà! >> mi prese per mano e mi trascino per un paio di metri.
Sbiancai quando riconobbi il ristorante in cui Malcom mi voleva portare: era quello in cui mi aveva portato Brian, la sera del nostro primo bacio.
Mi bloccai di colpo e sentii il sangue gelarsi nelle vene. << no, non qui >>
Dissi buttando giù la bile. << non qui, per favore >>
Malcom mi guardò confusa. Poi si voltò verso il ristorante. << ci sei stata con..lui? >> domandò sottovoce.
Il ricordo di quella sera passò fulmineo davanti ai miei occhi.
<< ce ne possiamo andare? >> domandai cercando di trattenere il vomito.
Mi prese dalle spalle e mi voltò verso di lui << no, Gre. Non possiamo. Prima voglio che tu entri lì dentro e che mangi una pizza. Poi andremo a casa >>
<< ci sono milioni di ristoranti. Andiamo da un’altra parte, ti prego >>
Lo sguardo di lui si fece duro << no, è una questione di principio. Non puoi lasciare che lui condizioni a questo modo tutta la tua vita. Avanti, entra in quel cazzo di ristorante! >>
I soliti modi di Malcom tornarono alla ribalta.
Diamine, no! Non ci volevo entrare lì dentro.
Per quale assurdo motivo dovrei tornare in un posto dove ho passato dei momenti con una brutta persona, rischiando di mettermi a vomitare.
No no no no! Non ci volevo entrare.
<< no. Non voglio >> cominciai a piagnucolare. << ti prego, portami a casa >> 
Mi sciolsi in una colata di lacrime << no, ti prego! >>
mi afferrò dai polsi stringendo forte e mi guardò dritta negli occhi << avanti, non fare i capricci e comportati come la donna forte che sei. >>
Scossi ancora la testa, sentendo le guance bagnarsi.
<< su. Io sarò qui accanto a te, anzi, ti terrò la mano >> mi abbracciò forte ed aspettò che la crisi finisse, poi mi allontanò e ripetè: << andiamo, io sarò qui accanto a te >>.
Mi prese per mano e lentamente mi tirò verso l’entrata del locale. 
Sentivo già la bile salire, era lì per uscire. Non sapevo quanto sarei riuscita a trattenerla ancora.
Aprì la porta del locale per farmi entrare. << guarda sempre i miei occhi >>
Non capii precisamente perché mi disse di farlo, ma lo feci comunque.
Piantai i miei occhi castani in quei cristalli grigi. 
Erano la bellezza allo stato puro, unici, magnetici. Li guardai per un paio di secondi, osservandone ogni minimo dettaglio: le lunghe ciglia scure, le occhiaie appena marcate, la forma particolare e le venature bluastre nelle pupille. 
Non li avevo mai osservati così attentamente e avevo fatto decisamente male a non farlo.
<< Greta >> 
<< eh? >> domandai ancora sotto effetto dei suoi occhi
<< sei dentro >> sbattei le palpebre.
<< cosa? >> ora risentivo il panico nello stomaco.
<< sei dentro, Greta. Guardati intorno! >> disse ridendo dalla gioia
Scostai lo sguardo da Malcom e dalle sue calamite e mi resi conto che aveva ragione.
L’odore di pizza e di forno a legna inondava l’aria.
<< brava, piccina! >> esclamò e mi abbracciò forte, dandomi poi un bacio sulla fronte.
Mi guardai intorno, rimanendo aggrappata a Malcom, tutto era esattamente come quella sera, ma, in fondo, non era poi così spaventoso stare lì. Lo era stato solo la paura del ricordo.
<< s-sono dentro, Malcom >> dissi stupita.
<< si >> sussurrò scostandomi e baciandomi. << ci sei >> un altro bacio.
Gliene avrei dati altri mille per la gioia e per quello che provavo per lui. 
Eppure boh, mi sembrava poco giusto andare così veloce con lui; sentivo che dovevo trattenere i miei sentimenti. L’ultima volta che avevo seguito i miei sentimenti a tutto gas, era finita male, molto male.
Ci andammo a sedere in un tavolo ed ordinammo due pizze “margherita” che arrivarono velocemente.
<< ora me lo dici? >> 
Mi guardò confuso. << dovrei sapere di che parli >>
Mi guardai le mani, sentendomi leggermente sotto pressione. << chi ha ucciso Brian? >>
Tornò a sospirare
<< ti prego, dimmelo >> lo pregai sottovoce con tono flebile.
Malcom si mosse sulla sedia, come se improvvisamente fosse scomodo, come se la sedia di legno si fosse trasformata in un cactus. Si passò le mani sulla testa e si stropicciò gli occhi, poi tornò a guardarmi.
<< un tempo io e Brian eravamo grandi amici: uscivamo insieme, dormivamo insieme, ci ubriacavamo insieme. L’uno poteva contare sull’altro per qualsiasi cosa.
Possiamo dire che io, lui e il nostro amico Joey ci eravamo cresciuti, visto che alle nostre famiglie non importava granchè di noi. E, bisogna dire che, la nostra amicizia è funzionata sempre, non ci siamo mai separati, non per più di due o tre giorni, ecco. Poi, due anni fa, è cambiato tutto. Brian e Joey hanno iniziato a prendere brutti giri: l’alcool, il gioco d’azzardo..la droga… Joey aveva dei problemi al cuore - non chiedermi che genere di problemi perché non ci ho mai capito un cazzo di tutti quei termini medici- comunque sia, tutto questo non gli faceva di sicuro bene. >> Strinse i pugni mentre parlava. << accidenti, non so quante volte avevo chiesto a Brian di smettere e, soprattutto, di aiutarmi a far smettere Joey. Ovviamente, non mi diede mai retta; una volta che cominci con quella roba, è difficile  smettere. Intanto, la situazione di Joey stava peggiorando >>
Guardai il suo sguardo fisso sul tavolo, così cupo, così triste e pieno di rancore.
<< una sera, poi, sono andati ad una festa, immagino che non ci sia bisogno che ti racconti del tipo di festa a cui erano invitati. Mi sentivo un brutto presentimento nello stomaco e per questo avevo scongiurato Brian di non andare… Ancora una volta, non mi diede retta. Sarei andato io a controllare Joey, ma quella sera avevo uno spettacolo. >>
Ascoltai attentamente le sue parole.
Spostò lo sguardo su di me e i suoi occhi diventarono lucidi.  
Non potevo vederlo in quelle condizioni, per questo, decisi di prendergli le mani.
Lui me le strinse forte; ora, era lui ad avere bisogno di sostegno.
<< a metà serata mi chiama la polizia, dicendomi che Joey aveva avuto un attacco di cuore e che Brian non lo aveva aiutato perché era troppo fatto. Capisci? Lui lo ha lasciato morire! Il mio amico Joey non c’era più. Solo un paio di ore prima mi aveva detto di voler essere solo felice, ma da quella sera non sarebbe mai più stato triste, felice o arrabbiato. Solo..morto >>
Concluse la frase con gli occhi pieni di lacrime: la faccia storpiata da una smorfia addolorata, la fronte increspata e le labbra spiaccicate l’una contro l’altra.
Nel giro di pochi secondi, tutto il suo dolore si riversò su di me. Sentii gli occhi bruciare e riempirsi di lacrime.
<< io..mi dispiace davvero. So che non significa nulla per te, ma..mi dispiace da morire >>
<< il fatto che tu sia qui significa abbastanza >> mi sorrise straziato. 
Ricambiai il sorriso. << mi dispiace anche solo di essere stata con lui..davvero, mi dispiace >> scossi la testa
<< non essere stupida, tu non hai colpa. Solo che vedere lui vincere un’altra volta mentre ti portava via, era inaccettabile per me ed è per questo che quella volta ti ho baciato >>
Non ce la facevo più. Maledetta la mia curiosità.
Dovevo starmene zitta. 
La testa ricominciò a girare e iniziava a fare troppo caldo << Malcom, mi porti a casa? Per favore.. >>
Mi sentii diventare livida in faccia.
Mi scrutò preoccupato. Poi acconsentì. << okay. Solo se per stanotte posso rimanere con te >>  
<< mi farebbe piacere >> sorrisi.
Ci alzammo veloci e pagammo, prendemmo la macchina e nel giro di pochi minuti eravamo a casa.
Salimmo le scale mano nella mano. 
Sentivo il bisogno estremo di un po’ di riposo; il mio cervello aveva sopportato abbastanza per quel giorno e sarebbe stato un miracolo se fossi riuscita a chiudere occhio quella notte.
<< vieni. Accomodati >> lo intimai ad entrare.
Entrò e si guardò intorno. Per fortuna il giorno, o meglio la notte prima, i miei amici mi avevano aiutata a mettere a posto tutto quel macello che c’era.
<< carino qui >> 
<< già >>
Mi strinse un’altra volta. << ti dispiace se ci mettiamo subito a dormire? Mi sento molto stanca >>
<< no, figurati. Stavo pensando la stessa cosa.
Comunque io dormo sul divano >>
cosa? Ma scherzava o era serio?
<< eh? >>
<< si, io non vorrei mai che tu pensassi che io voglia metterti fretta in qualche modo, quindi dormire sul divano mi sembrava una buona idea per non metterti fretta e lasciarti i tuoi spazi >> dio, che dolce. Ma davvero, stava sbagliando.
Io non pensavo proprio ad un accidenti di niente. Volevo solo che lui mi tenesse stretta tutta la notte, per farmi sentire sicura.
<< non hai capito niente >> dissi dolce << voglio che tu mi tenga stretta tra le tue braccia per tutta la notte. Che mi protegga. Senza malizia >>
Mi avvicinai e lo baciai di nuovo.
Non stargli appiccicata tutto il tempo sulle labbra era un vero spreco, ma d’altra parte, avrei rischiato di consumargliele.
<< tutto quello che vuoi tu >> mi diede un altro bacio, questa volta un po’ più lungo e.. più bagnato.
Ci staccammo che stavamo ridendo tutti e due per la felicità.
<< andiamo dai. C’ho sonno! >> esclamai divertita.
Lo trascinai in camera da letto e lo lasciai accomodare, io andai a cambiarmi in bagno.
Una volta infilato il pigiama, lavato i denti e legato i capelli, andai in camera e lo trovai già addormentato nel mezzo del lettone.
Sorrisi mentre lo osservavo dormire beato, proprio come un bambino. Non vedevo l’ora di fiondarmi nelle sue braccia per dormire con lui.
Buttai le ciabatte dalla parte opposta della stanza e mi misi sul letto.
Appoggiai la mia testa sul suo petto e gli cinsi la vita con le braccia; si svegliò un paio di secondi, giusto il tempo di stringere le sue braccia intorno a me e di sussurrarmi “Buonanotte”.
Lanciai uno sguardo fugace alla felpa sulla sedia.


Eccomiiiiii...
Allora, intanto voglio dedicare questo capitolo alla mia amica Serena, giusto perchè gliel'ho promesso... Sere, voglio dirti una cosa: MONELLA! ahahahahaha
okay, ignorate quanto appena detto e spero che siate contenti..vi ho svelato il motivo per il quale Malcom odiava Brian..ora potete smettere di assillarmiiiiii!! <3
un'altra cosa...RECENSITEEEEEEEE, HO BISOGNO DI SAPERE SE LA STORIA VI STA PIACENDO O NO...DAI CAZZOOOOOO!!
bene, ora ho detto tutto..
buona lettura e come sempre..
Baciiii <3


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Capitolo 16
*** Deluso ***


Aprii gli occhi e trovai il posto vicino a me vuoto. 
Mi prese un attimo di panico.
<< ehi! >> esclamò dandomi un bacio sulla guancia, arrivando dalla direzione opposta in cui stavo guardando.
<< ehi, mi hai fatto prendere un colpo >> dissi ridacchiando
<< mm.. Te li avrei dati io due bei colpi, stanotte >> esclamò divertito e malizioso, strusciando il suo naso contro la mia guancia.
Mi venne una vampata di calore; mi sentii arrossire. << sei proprio un romanticone, sai? >>
<< certo che lo so.. >> disse al mio orecchio,facendomi venire i brividi.
Eh no eh, non poteva continuare così: prima le vampate di calore, poi i brividi..sti continui sbalzi di temperatura mi avrebbero fatto venire il cagotto!
Mi voltai verso di lui e lo baciai con passione.
Dove lo avrei trovato un altro Psicopatetico/Romantifigo del genere?
<< Gre >> disse lui, mentre ancora lo baciavo.
Grugnii in risposta. Ma, che aveva di così importante da dirmi mentre lo baciavo?
<< beh, sai mi sono appena svegliato.. >> 
Eh? E quindi?
<< e quindi? >> domandai staccandomi da lui e guardandolo un po’ confusa.
Scosse la testa e fece un risolino. << no, niente. Voglio dire, se senti qualcosa di duro lì in basso, non spaventarti. Quando mi sveglio ce l’ho sempre così, il mio piccolo amico! >> si guardò i pantaloni, lì in mezzo alle gambe.
“No, ma davvero mi sta avvertendo che c’ha la bega dura?!” lo guardai e scoppiai a ridere senza alcun controllo.
Proprio non riuscivo a capacitarmi della sua cretinaggine per dirmi una cosa del genere.
<< ehi, ti dico che ce l’ho tosto e tu mi ridi in faccia. Sei poco carina! >> disse con tono avvilito.
Continuai a ridere. Cavolo, mi stavano scendendo le lacrime!
<< AHAHAHA NO, SCUSAMI, MA TI SEMBRA CHE MI DICI STE COSE?! AHAHAHAH >>
Mi guardò inizialmente con aria imbronciata, ma poi vedendo che le mie risate proseguivano senza sosta, scoppiò a ridere insieme a me.
<< che stupida che sei! >>
<< ma no, davvero. Potevi risparmiartela, avrei fatto finta di niente se lo avessi sentito. Anzi, avrei addirittura pensato che fosse dovuta alla mia presenza! >> dissi ridacchiando.
<< boh, forse anche per quello, ma soprattutto perché mi scappa da pisciare >>
Oh Gesù, ogni sua parola sembrava uscita da un romanzo d’amore; che classe, che romanticheria! 
<< beh, allora vai in bagno. Da quella parte. >> dissi indicando la porta più vicina all’infuori della camera in cui ci trovavamo.
Si alzò ridendo e si diresse verso il bagno, si chiuse la porta alle spalle e mi lasciò lì ad aspettarlo.
Pff, ancora mi prendevano degli sprizzi di risata al solo pensiero di ciò che mi aveva appena detto.
Tornò dal bagno, annusandosi la maglietta.
<< cavolo, non posso certo tornare al lavoro con questa maglietta: puzza di capra morta >> disse con autoironia.
<< beh, non so che dirti. Non penso che le mie magliette ti stiano tanto bene, dunque.. ti tocca tenertela >>
Storse il naso poco convinto, poi si voltò verso la poltrona della camera.
Raccolse qualcosa dalla sedia e me la mostrò.
<< posso prendere questa? >> domandò allegro.
Io, invece, diventai livida.
Quella cosa nelle sue mani non doveva starci. Assolutamente no!
Rimasi in apnea per un paio di secondi, giusto il tempo che si accorgesse che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.
Mi guardò con aria spaventata, non capendo ciò a cui stavo pensando, mentre nella mia testa si scaturirono mille immagini col volto di Brian.
Malcom tornò a guardare quel pezzo di stoffa tra le sue mani; la sua espressione mutò non appena si rese conto di ciò che teneva in mano.
Deglutì rumorosamente, buttando giù saliva e rabbia, mentre io andai in cortocircuito: iniziai a tremare e ad avere un estremo bisogno di chiedere scusa.
<< scusami, ti prego, scusa…io non..scusami! >> 
Malcom stava ancora lì a guardare la felpa di  Brian a penzoloni nella sua mano destra, tenendola a distanza come se non avesse voluto esserne infettato.
Dopo un paio di secondi di silenzio, tornò a guardarmi.
<< non importa. Solo..penso che..forse dovresti buttarla via >> 
La gola mi si seccò come se improvvisamente mi trovassi in mezzo al deserto sotto al sole cocente, giusto il tempo di assimilare ciò che mi aveva detto.
Ero cosciente che quell’aggeggio mi stesse condizionando la vita, eppure, non potevo separarmene; Quella felpa era appartenuta a Brian..non ad uno qualunque.. A Brian!
Si, in cuor mio sapevo di provare qualcosa per Malcom, qualcosa di forte. Ma anche per Brian avevo provato qualcosa di forte e non potevo buttarlo nella spazzatura.
<< non posso farlo, Malcom >> dissi cautamente, ma con un certo disagio nella voce.
<< si che puoi, Greta! >> esclamò, utilizzando, però, un tono dolce e apprensivo.
Scossi la testa. 
<< avanti Greta. Fallo >> mi incitò.
No. No. No. La testa iniziò a girarmi forte e la nausea cominciò a scombussolarmi lo stomaco.
<< FALLO! >> la sua voce si alterò.
Mi lanciai sulla felpa e gliela strappai dalle mani con le lacrime agli occhi.
<< NO! >> mi accartocciai su me stessa stringendo con fare maniacale. << non voglio..non posso >>
Malcom lasciò cadere le braccia lungo il corpo, guardandomi con aria sconvolta e delusa. << allora, è diverso.. >>
La sua espressione si trasformò in una smorfia di dolore: corrucciò la fronte, strinse le labbra ed abbassò la testa.
Cazzo, che stavo combinando?
Presi a singhiozzare più forte, capendo di averlo ferito; non se lo meritava proprio.
<< tu..lo ami ancora. Nonostante tutto. >> stava trattenendo le lacrime, lo si comprendeva dal magone che aveva mentre parlava. << okay..solo, potevi dirmelo, avrei risparmiato tempo ed avrei continuato a trattarti male.. ma fa niente... >> scosse la testa e si passò una mano tra i capelli. Sapevo già cosa stava per accadere.
<< Malcom, ti prego.. >>
<< è meglio che vada… >>
 << no, Malcom >> 
Mi voltò le spalle e se ne andò dalla mia casa. << Malcom.. >> 
Avrei voluto corrergli dietro e dirgli di non andarsene. Che non aveva sprecato tempo. E che non amavo soltanto Brian.
Eppure, qualcosa mi placava; non riuscivo a muovermi.
Rimasi immobile sul letto, con le lacrime che scendevano prepotenti dagli occhi, ascoltando i passi di Malcom allontanarsi per le scale.
Di nuovo io e la solitudine.


Okay, la prima parte è demenziale, me ne rendo conto, ma quando ho scritto il capitolo dovevo essere di buon umore quindi...questo è il risultato! ahahah xD
Nella seconda parte, invece, la vittima diventa il povero Malcom...non avete idea di quanto mi faccia stare da schifo far maltrattare quel maxi-figo! PERDONATEMIII!!
Buona lettura..
Baciii <3




 

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Capitolo 17
*** E se domani.. ***


Il giorno successivo era domenica.
La scuola era chiusa e perciò non lo vidi. Ovviamente, non lo sentii neanche.
Avevo guardato il cellulare diecimila volte nella speranza di trovare un suo messaggio con scritto un “ciao”, “come stai?” o anche solo un “crepa bastarda!”. ma niente.
Comprensibile, visto il casino che avevo combinato; insomma, lo avevo ferito. E non poco.
Non mi ero trattenuta ed avevo fatto una stupidaggine, come spesso mi accadeva. 
Comunque, la sua reazione stava a significare che mi amava davvero: da una parte ne ero assolutamente contenta, perché ricambiavo, ma d’altra parte, mi confondeva, perché non ero sicura di farlo al suo stesso modo. Ciò che era successo il giorno prima ne era stata la conferma.
Andai in cucina e bevvi un bicchiere di acqua frizzante. Di mangiare non se ne parlava neanche. Come ogni volta che succedeva qualcosa, lo stomaco si chiuse.
Uscii dalla cucina e mi buttai sul divano ad osservare il soffitto… “ah, ma che dovrei fare?”
Continuare ad aggrapparmi al ricordo di Brian non andava bene, eppure abbandonarlo era difficile.
Merda! Più pensavo a Brian ed a Malcom e più mi inceppavo.
Mi alzai ed accesi lo stereo. Lasciai andare una canzone di Mina, “E se domani”.
La canzone diceva: E se, domani, io non potessi rivedere te?
Mettiamo il caso che ti sentissi stanco di me..
Ecco, era proprio quella la mia paura. Che Malcom si sentisse stanco di me e dei miei comportamenti del cazzo. Dei miei stupidi capricci.
Diciamocelo, non avevo fatto altro che deluderlo, fin da quando ero arrivata.
Povero lui.
Mi lasciai cullare dalla voce di Mina e mi addormentai.
 
 
Lunedì mattina. 
Nessuna parola suonava più minacciosa di “lunedì mattina”.
Nel mentre che mi stiracchiavo, mi resi conto che la musica stava ancora andando nello stereo ed ora le casse stavano suonando “oggi sono io”.
Scossi la testa un po’ stordita e frastornata dal suono dello stereo. Ma come cavolo avevo fatto a dormire con la musica a quel volume?!
Mi alzai dal divano e spensi la radio, mi appoggiai alla mensola presa da un giramento di testa ed aspettai che passasse.
Una volta che mi ripresi, ragionai sul da farsi. 
Sarei dovuta andare all’accademia e avrei dovuto fare lezione come al solito. 
Prima classico, poi canto e alla fine due ore di prove con Malcom; avevamo aumentato l’orario di un ora, perché qualche settimana dopo ci sarebbe stato lo spettacolo.
Ammesso che Malcom si fosse ancora presentato a scuola. Il giorno prima gli avevo scritto un messaggio, ma non mi aveva risposto e ciò mi faceva dedurre che non lo avrei rivisto
Probabilmente, sarei arrivata a scuola e avrei trovato la sala di contemporaneo vuota.
Maledizione, ma che problema avevo?
Prima lo rifiutavo per una stupida felpa e poi mi ostinavo a cercarlo. 
Eppure, avrei dovuto saperlo: quando si smette di cercare, le cose arrivano.
Il fatto era che se una cosa importava davvero non avrei mai smesso di cercarla e quando avrei pensato di  aver smesso, lo avrei continuato a fare. Anche se inconsciamente.
Non si può smettere di cercare qualcosa per cui si ha combattuto tanto duramente.
E io penso di aver lottato abbastanza per conquistare la pace. Ed era Malcom a rappresentare quella pace per me.
Fanculo Brian, fanculo tutto. Fanculo anche io ed i miei comportamenti da stronza.
Mi preparai in fretta e furia e mi lanciai fuori di casa, verso l’accademia.
Arrivai e subii le prime ore, prima delle prove con Malcom.
Uscii dall’aula di canto in fibrillazione ed in ansia: se Malcom non fosse stato là, giuro che sarei andata a prenderlo a casa sua!
Mi precipitai davanti alla sala di contemporaneo e aspettai un paio di secondi dietro la porta chiusa, poi entrai.
Con mia sorpresa, Malcom era lì, seduto per terra, appoggiato allo specchio.
Alzò la testa verso di me. La sua espressione era strana; arrabbiata, ma sollevata.
<< sei venuto! >> esclamai.
Mi guardò con un accenno di sorriso sulla faccia. << già >>
Lo guardai. Ero contenta che fosse qui, ma dovevo per forza chiedergli scusa per ciò che era successo.
<< Malcom, io.. >>
<< sshh. Lo so. 
Dispiace anche a me… >> si alzò in piedi e venne davanti a me.
Scosse la testa, con un’espressione illeggibile. << beh, io..io so che sto facendo forse una stupidaggine e che, probabilmente, dovrò abituarmi all’idea di essere ferito, ma io voglio aiutarti, Greta. E voglio stare al tuo fianco, perché davvero, se non ci sei mi manchi, mi sembra di impazzire.
Se non ti vedo mi vengono i crampi allo stomaco, come se avessi fame. Si, perché sono affamato di te, nel senso che non riuscirei mai a sentirmi sazio di averti accanto.
Sono..sono cazzo innamorato di te! >> divenne paonazzo in viso. Non dalla rabbia, ma dall’imbarazzo.
Lo guardai, mentre, più alto di me di almeno dieci centimetri, si grattava la testa imbarazzato come un bambino, cercando di guardarmi negli occhi, ma troppo in impanicato per riuscire sostenerli.
Lo guardai a mia volta, capendo bene ciò che aveva detto.
<< Malcom.. >> lo presi dai polsi e lo attirai a me.
<< sai..io sono stata stupida a non capire quanto tu tenessi a me, è che mi sono lasciata incasinare dalla storia con Brian; mi sono convinta di avere assolutamente bisogno di lui, perché una come me non poteva avere altre possibilità.
Ma tu..sembra che con te io possa avere ogni possibilità che voglio e che non devo fermarmi  mai… 
E sai..anche io sono cazzo innamorata di te! >> gli sorrisi.
Finalmente, puntò gli occhi nei miei. Sorrise ed i suoi fari argentati brillarono.
<< grazie >> sfiorò il naso contro il mio e socchiuse gli occhi sorridente. 
Ora si che ero la ragazza più felice del mondo. 
<< grazie a te >> sussurrai sulle sue labbra.
Ridacchiò e mi si avvicinò ancor di più prendendomi il viso tra le mani.
Toccò le mie labbra con cautela e le strusciò per un attimo, giusto il tempo di riprendere confidenza, e poi schiusi la bocca per lasciar entrare la sua lingua.
Mi aggrappai a lui, con le braccia intorno al suo collo e il mio corpo spiaccicato al suo. Il suo sapore di caffè e sigaretta era disgustosamente stupendo e inimitabile; era lo stesso odore che aveva sulle mani.
Si staccò da me e mi guardò negli occhi, sorridendomi dolcemente.
<< sei stupenda, lo sai? >> sussurrò dolcemente.
Ridacchiai lusingata e contenta << mi farai venire il diabete, lo sai? >>
Ridacchiò e mi diede una pata sul didietro. << ma smettila! Che hai bisogno di zuccheri! >> ridacchiò insieme a me.
 
Passammo le due ore seguenti a fare le prove ed a sbaciucchiarci come due piccoli adolescenti. Adoravo il modo in cui mi guardava mentre ballavo e il modo in cui mi baciava alla sprovvista.
La nostra sintonia mentre ballavamo era inimitabile.
Il tempo passò troppo in fretta. 
<< va beh, ce ne dobbiamo andare! >> dissi
<< già..anche se ho voglia di stare con te per tutta la notte! >> mi abbracciò da dietro, stringendomi con forza e amore.
Si, avevo compreso il doppio senso.
Mi accoccolai tra le sue braccia. << l’idea mi alletta, ma no.. >> 
Non mi sembrava il caso di arrivare già a quei punti.
<< ma che hai capito?! >> esclamò ridacchiante << voglio solo abbracciarti per tutta la notte e dormire con te! >>
<< ah >> “beh, allora ci potrebbe stare”
<< hai un tono un po’ deluso eh! >> disse divertito << cosa ti aspettavi, porcellina?! >> scoppiò a ridere.
<< oddio, quanto sei stupido, Malcom! >> risi insieme a lui.
Mi voltò nella sua direzione e ci trovammo di nuovo uno davanti all’altra. << no, sul serio. Voglio stare abbracciato a te, stanotte. Proprio come l’altra sera >> mi baciò sulla fronte.
<< anche io lo voglio >> mi strinse un po’ più forte. Stare appoggiata a lui era come stare appoggiata ad un muro; la consistenza era la stessa.
Gli passai le mani sul petto e sull’addome: sentii la reazione del suo corpo dopo pochi secondi.
Si avvicinò al mio orecchio << sul serio, comunque, se vuoi che io faccia qualcosa per te, non esitare a chiedere >> la sua voce era piuttosto sensuale ed invitante e, non che non mi sarebbe piaciuto fare qualcosa con lui, ma mi sembrava un po’ troppo presto.
Intendiamoci, non voglio dire che lo avrei fatto aspettare degli anni interi, ma almeno un paio di settimane ecco..
Comunque sia, una cosa che avrei voluto fare e che avrebbe richiesto il suo aiuto c’era.
<< a dire il vero, qualcosa c’è. Solo che non è nulla di quello che intendi tu >> sorrisi.
Lui sbuffò e fece una finta espressione scocciata. << uffa..e va bene dimmi! >>
Ridacchiai << andiamo a casa mia >>
Corrugò la fronte << sicura che non si tratta di quel che penso io? >>
<< sicurissima! >> esclamai tra l’interdetto e il divertito.
Uscimmo dall’accademia e ci dirigemmo verso casa con la macchina di Malcom facendo attenzione che nessuno ci vedesse; fino a prova contraria, uscire con un insegnante, era contro le regole della scuola.
Parcheggiammo lì sotto e sgattaiolammo nel mio appartamento.
Lo feci entrare e lo portai in camera. 
<< se non è davvero quello che penso io, sappi che mi stai illudendo davvero tanto! >>
<< e smettila, sono seria! >> 
Andai verso la sedia, dove giaceva la solita felpa. 
Malcom puntò gli occhi su quella cosa e mutò di espressione. << okay, ne abbiamo già discusso e sai come la penso.. >> proseguì evitando il mio sguardo. << dovresti.. >>
<< si, lo so come la pensi..ed è per questo che ho bisogno del tuo aiuto per liberarmene. Non penso che da sola ci riuscirei, ma se ci sei tu ho la certezza di riuscirci >> dissi tenendo le sue mani.
Incrociò i miei occhi e mi guardò con apprensione e comprensione. Poi, mi sorrise accarezzandomi il viso.
<< okay, cosa ne vuoi fare? >> domandò
Guardai quella cosa sulla sedia, poi la presi con cautela tra le mani. << non lo so..penso che buttarla nella spazzatura possa bastare >> dissi con un leggero tremolio nella voce.
Dovevo ammettere che buttarla mi causava un certo rammarico, ma era ora di voltare pagina, anzi di cambiare proprio libro.. E poi, accanto a me c’era Malcom.
Mi portai la felpa al naso per un’ultima volta, sotto lo sguardo contrariato del mio nuovo ragazzo: quella cosa, che fino al giorno prima mi era sembrato avesse un odore fantastico, ora sembrava che puzzasse di uova marce. Era da eliminare.
Malcom mi prese per le mani, facendo in modo da avere anche lui un lembo della felpa tra le sue, poi mi accompagnò fino alla cucina, al secchio dell’immondizia.
Schiacciò il pedalino del secchio e lo sportello si tirò su. << sei pronta? >>
Presi una boccata di aria.
Una parte del mio passato, piuttosto grossa ed importante, stava per essere messa a tacere per sempre. 
Raccolsi tutto il mio coraggio e tutta la mia buona volontà ed annuii alla domanda di Malcom << sono pronta >>
<< al mio 3, lo lasciamo, ok? >>
Annuii ancora
<< bene, dunque..1 >> non sono pronta
<< 2.. >> ma devo esserlo
<< 3.. >> l’ho fatto!
<< L’ho fatto! >> esclamai più leggera di almeno venti chili.
<< si, lo hai fatto! >> scoppiò anche Malcom sorridente ed entusiasto. << sono orgoglioso di te, piccola mia! >> mi prese in braccio e mi fece girare. Per poco, non buttammo giù il piatto che stava sul tavolo.
Mi scesero quasi le lacrime dalla gioia. << è tutto merito tuo! >> gli schioccai un bacio sulle labbra.
<< no, ti sbagli. È merito tuo >> mi baciò a sua volta.
Lo strinsi forte tra le mie braccia per la gioia. 
<< okay. Che ne dici se ci sbarazziamo del sacco? >> domandai. Conoscendomi, nel cuore della notte mi sarei anche potuta alzare e tirare quella cosa fuori dalla spazzatura con una serie infinita di sensi di colpa.
<< possiamo farlo domattina? Tanto a tenerti buona, stanotte, ci penso io >> disse con tenerezza infinita.
Lo guardai e sorrisi ancora. Averlo qui era una benedizione.
<< d’accordo >>
 
Tornammo in camera dopo aver festeggiato con un bicchiere di vino bianco a testa.
<< ti dispiace se mi accendo una sigaretta? >> domandò avvicinandosi al terrazzo su cui sfociava la mia camera.
<< va bene. Ma vai sul terrazzo >> dissi, dal mio letto.
Fece un cenno con la testa e uscì sulla piccola terrazzina.
Lo guardai mentre si accendeva una sigaretta; qualcosa nei suoi modi un po’ grezzi e preistorici lo rendeva dannatamente sexy. Era bello e dannato.
<< mi dai una sigaretta? >> guardarlo mi fece venire una voglia tremenda di accendermene una.
Mi guardò sorpreso e perplesso << tu fumi? >>
Alzai le spalle << solo ogni tanto >> dissi con aria innocente.
Scosse la testa e mi lanciò il pacchetto di Chesterfield azzurre. 
Estrassi un cilindro e me lo misi tra le labbra, poi mi feci dare l’accendino e diedi fuoco al tabacco.
Inizialmente mi bruciò la gola, ma poi, ripresi il giro e fu quasi un sollievo.
<< sei sexy quando fumi, lo sai? >> disse con un sopracciglio alzato.
Dio, se non l’avesse finita di provocarmi, probabilmente gli sarei saltata addosso.
<< anche tu.. E, giusto per la cronaca, anche quando fai quell’espressione lo sei! >>
Dissi divertita.
<< la mia offerta per fare qualcosa per te, è ancora valida sai? >> si avvicinò a me pericolosamente.
Gli scroccai un lungo bacio al gusto di fumo. << sul serio..sono a posto così! >> 
Mi passò una mano nei capelli. << e va bene. Allora, muoviti a finire la sigaretta che voglio andare a dormire >> disse divertito.
Finii la sigaretta sotto al suo sguardo vigile e divertito. 
<< okay, possiamo andare >>
Ci sdraiammo entrambi sul letto con i vestiti addosso. Lui si posizionò dietro di me e mi abbracciò forte.
Finalmente, mi sentii davvero a casa.
Voltai la testa verso la poltrona, ma non c’era più niente da guardare.. Ormai, la felpa non c’era più.




Pace fatta <3 Ma quanto sono patatini questi due? :3
mi rendo conto che certe volte sono veramente sdolcinata, mi faccio venire le carie da sola per quello che scrivo! ahahah
Buona lettura e, mi raccomando, recensiteeeeee!! 
Bacii <3


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Capitolo 18
*** Perdita momentanea di controllo ***


Ci svegliammo che eravamo ancora nella stessa posizione in cui ci eravamo addormentati.
Fu il migliore dei risvegli che avessi avuto fino ad allora; venni accolta da un “buongiorno” sussurratomi nell’orecchio ed un bacio leggero sulle labbra.
Pensai che fosse ancora un sogno per quanto era stato bello. Eppure, avevamo semplicemente dormito.
<< è stato bellissimo, Malcom >> dissi girandomi a pancia in su per vedere la sua espressione.
Sospirò divertito << ma se abbiamo solo dormito! >> 
<< lo so..ma è stato bellissimo lo stesso >> lo accarezzai. La sua barba era leggermente pungente, ma era un dettaglio che mi piaceva da matti; avevo sempre avuto un debole per gli uomini con la barba.
<< già..lo è stato anche per me >> rispose con voce calda, prima di accarezzarmi dolcemente e chinarsi su di me per darmi un altro bacio più lungo. Più appassionato e carico di desiderio.
<< Gre.. >> sussurrò il mio nome.
Mi lasciai trasportare dal suo bacio con un certo affanno. Cominciava a mancarmi l’aria. 
Imperterrito, continuava a muovere la sua bocca ed a tenermi sempre più attaccata a sé, con una leggera frenesia nei movimenti. Lasciai che passasse le sue mani sul mio ventre e sui fianchi, fino ad arpionarsi dietro alla schiena e tirarmi sotto di lui con forza e virilità. 
Dio, sarei potuta impazzire. Sentivo l’eccitazione aumentare di secondo in secondo. Più dettagli di lui mi sentivo addosso, più mi sentivo percorrere dai brividi.
Era un mare in tempesta; non si fermava, continuava a baciarmi travolgendomi come un’onda di passionalità e desiderio.
Lo feci continuare, assolutamente immersa fino al collo in quel momento così intenso e potente. Anzi, assecondai la voglia di Malcom.
Ancorai le mie braccia intorno al suo collo, per poi lasciarle scivolare sulle sue spalle enormi coperte dalla maglietta. Avevo sempre desiderato far scorrere le mani su quelle granitiche e armamentari scapole, degne di una statua.
Sentii la pelle d’oca sulle braccia di Malcom, che lentamente spostò le sue labbra dalla mia bocca al mio collo.
Iniziava a fare eccessivamente caldo. Si cuoceva letteralmente.
Malcom mise la sua mano sotto alla mia maglietta e lentamente si impiegò a levarmela.
Cavolo, no!
Non ero pronta. Non riuscivo proprio.
Era come se, arrivata quasi alla fine del mio buonsenso, avessi trovato dei cavi ad alta tensione che mi sbarravano la strada.
La verità, era che avevo paura. Sapevo che dopo quel tentato stupro, per me non sarebbe stato facile affatto.
Bloccai la mano di Malcom e lo scostai da me, spezzando così la magia.
Malcom si placò immediatamente, con il respiro affannato. Si spostò affianco a me.
<< io..scusa..non ce la faccio, Malcom >> dissi entrando nel panico.
Riprese il controllo, regolarizzando il suo respiro. Trattenne il fiato per un paio di secondi, poi lo lasciò andare tutto in una volta.
<< no, non è colpa tua. >> sussurrò, mettendomi una mano sulla guancia. << io.. ho solo perso il controllo, è colpa mia.
È che per me è impossibile resistere, ti desidero così tanto. Dalla prima volta che ti ho vista all’audizione, con le tue calze bucate e i capelli spettinati.>> mi diede un buffetto sul naso <> sorrise dolcemente, avvicinandosi alla mia bocca, con gli occhi dritti nei miei. << tu hai cambiato tutto.
E aspetterò tutto il tempo che vorrai. Si, aspetterò finchè non sarai pronta e poi sarai sempre mia. Tutti i giorni a tutte le ore. >> i suoi occhi brillavano .
Cavolo, nessuno si era mai preso la briga di prendersi la colpa al posto mio per farmi sentire meglio e, soprattutto, nessuno mi aveva mai detto delle parole così dolci e cariche di sentimento.
Mi venne quasi da piangere per la felicità. << Malcom.. Sei..davvero >> non trovavo neanche le parole per mostrargli la gratitudine e la lusinga che mi aveva dato.
<< ti amo, Greta! >> mi soffiò sulle labbra. Senza darmi tempo di rispondere, mi diede un ennesimo bacio. Dolce, gentile e sentito fino al midollo.
Si staccò da me che tremavo come una foglia per l’emozione, avevo anche gli occhi sbarrati. Rimasi talmente di stucco che non riuscivo nemmeno a rispondere.
Mi guardò e rise. << non c’è bisogno che dici niente, piccola. Lo so che mi ami anche tu >> 
<< mmm.. >> mugulai annuendo con la testa, ancora incapace di mettere insieme una frase di senso compiuto.
Continuò a ridere << dovresti vedere la tua espressione! >> 
Scossi la testa e cercai di riprendermi. Scattai petulante << ehi, non prendermi in giro! >>
Rise ancor più forte, proprio di gusto. << dai, sul serio. Sembravi affetta da una qualche strana sindrome! >> 
<< guarda che è colpa tua! >> gli saltai in braccio << sei stato così dolce che mi hai lasciata di stucco >> mi accoccolai con la testa nell’incavo del suo collo. 
<< lo sai che io non ti lascio più vero? >> dissi con una sorta di semi-broncio fanciullesco.
Mi abbracciò << era proprio quello che volevo sentirmi dire>>
Mi lasciai cullare da lui ancora un po’, poi fummo costretti a prepararci per andare a fare le nostre prove.
 
Uscimmo di casa e andammo all’accademia con la macchina di Malcom. Mi lasciò all’angolo prima dello stabilimento, onde evitare di destare sospetti su di noi. 
Non potevamo farci vedere insieme; Io avrei rischiato la sospensione e Malcom avrebbe rischiato di perdere il lavoro. 
Dunque, onde evitare problemi, decidemmo che fosse meglio evitare il più possibile i contatti nelle ore di scuola. Ovviamente, tutto perdeva di significato una volta nella sala di contemporaneo; lì saremmo stati solo noi due, indisturbati.
Entrai nell’edificio e vidi che Erica, Serena e Andrea erano lì ad aspettarmi. Li raggiunsi.
<< buongiorno! >> esclamai contenta di vedere i miei amici.
<< ehilà splendore! Ti vedo raggiante! > esclamò Serena. 
<< già >> risposi pimpante. In quel preciso istante, a qualche metro di distanza, passò Malcom che mi mandò un occhiolino al quale ricambiai con un sorriso. Si passò una mano sui capelli e sparì in mezzo a tutta la folla dopo aver ricambiato il sorriso.
<< immagino che il tuo buon umore non sia causato da lui >> mi disse Erica, facendomi un occhiolino malandrino. Beccata in pieno!
Le feci segno di tenere la bocca chiusa; grazie al cielo erano tutti troppo impegnati a parlare del saggio di fine anno per aver sentito il nostro discorso.
<< okay..però voglio che mi racconti tutto, dopo. Chiaro! >> 
<< va bene, va bene! >> esclamai divertita.
Mi guardò e scosse la testa. Poi mimò le mie parole, quelle che avevo detto il primo giorno << A me, sembra solo uno stronzo! >>
Le diedi una spintarella << e smettila! >>
Scoppiammo a ridere entrambe.

Buonsalve gente!
Intanto, spero che abbiate passato un buon lunedì..per me è stato massacrante a scuola e ,diciamo che se i miei voti continueranno così per tutto l'anno, sono fottuta! Fortuna che ho Greta e Malcom..e anche voi, ovviamente!!
e..bom, non ho altro da dire se non augurarvi una buona lettura..
Bacii <3


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Capitolo 19
*** Mister Gelosia ***


<< Cosa ci mettiamo per il nostro pezzo? >> domandai sedendomi a terra accanto a lui, massacrata dal sudore.
Lui svitò il tappo della bottiglia ed iniziò a sorseggiare la sua acqua gassata. Io, invece, rimasi incantata a guardare il suo pomo d’adamo fare su e giù. Era qualcosa di terribilmente sexy.
Staccò la bocca dalla bottiglia e si passò le labbra bagnate sul dorso della mano per asciugarsi: un gesto che chiunque avrebbe trovato grezzo e primitivo, ma che io trovavo come un invito a saltargli al collo.
<< non so. Tu che dici? >> domandò guardandomi di sottecchi, ancora un po’ affaticato per il continuo provare.
Boh, non ne avevo la minima idea. Davvero, era un problema.  
Analizzando la situazione, la coreografia parlava di due ragazzi innamorati che dichiaravano di sentirsi a casa quando erano l’uno nelle braccia dell’altro. Il tutto si svolgeva con un cuscino in mano quindi si lasciava intendere che il tutto accadesse nel momento in cui andavano a letto. Ed ecco risolto il problema!
<< il pigiama! >> esclamai entusiasta della mia idea.
Malcom alzò gli occhi nella mia direzione con aria divertita.
<< certo, magari vuoi anche un paio di babbucce da abbinarci! >> scoppiò a ridere.
No, sul serio, non era spiritoso!
<< guarda che sono seria! >>
Scosse la testa, ancora in preda agli spasmi da risate.
<< no, sul serio! Il pigiama no! >> 
Lo guardai un po’ scocciata. << va bene, magari non proprio il pigiama a righe come i vecchi pensionati, ma qualcosa di più stiloso..che ne so!
Tipo, tu potresti metterti solo il pantalone di un pigiama tipo di seta ed io, magari… pff, che ne so! >> Dio, sta storia iniziava a pesarmi. 
Non bastava il fatto che la coreografia fosse complicata e tutto il resto, ci si mettevano anche i costumi di scena ad incasinarmi la vita.
 << una sorta di babydoll! >> esclamò lui facendomi un occhiolino.
Scossi la testa << non fare l’idiota per una volta! >> 
<< sono serio! Il pigiama per te è escluso, anche la camicia da notte della nonna lo è…dunque, direi che un babydoll sia perfetto. >> 
<< ma smettila. Non ho il fisico giusto per indossare una roba del genere! >> esclamai interdetta. 
Se avessi indossato un babydoll mi sarei senz’altro sentita imbarazzata e, ovviamente, se mi fossi sentita in imbarazzo non avrei dato il mio cento per cento.
<< non dire cazzate! Il tuo fisico è perfetto così. Hai perso un sacco di chili e adesso sei fantastica, non hai niente da invidiare alle altre ragazze! >> mi ammonì immediatamente. 
Avrei dovuto dedurre che mi amasse davvero tanto a giudicare dal modo in cui si era scaldato nel momento in cui mi ero svalutata.
<< ma se ho la cellulite! >>
<< no che non ce l’hai! >> 
<< e tu che ne sai?! >> indossavo sempre i pantaloni lunghi e leggermente larghi apposta, per non far notare i miei buchi di cellulite.
<< ti ricordo che ti ho già vista nuda! >>
Cavolo, era vero. La sera dello stupro mi aveva presa in braccio nuda, coperta solo dalla sua giacca.
Mi prese un moto di improvvisa vergogna ripensando a quella scena. All’inizio, avevo solo pensato che Malcom mi stesse portando al sicuro da occhi indiscreti. Ma ripensandoci i suoi occhi mi avevano vista eccome.
Ci fu un intervallo di silenzio, in cui la mia espressione doveva essere sicuramente tramutata, poiché Malcom disse: << scusami, sono stato poco carino a dire quella cosa >> 
Si grattò la testa imbarazzato, accavallando le labbra in modo dispiaciuto.
Poggiai la mia mano sulla sua e gli sorrisi debolmente << figurati, solo non avevo mai pensato fino ad ora che tu mi avevi già vista nuda >>
Mi strinse la mano << si, beh. Non ho guardato molto, perché non mi sembrava il caso dopo quello che era successo… però non posso negare di avere dato un’occhiata! >> il suo tono era tra l’imbarazzato e il malizioso.
Scossi la testa lasciandomi andare ad una risatina. 
<< e indovina.. Non hai la cellulite, dunque potrai indossare uno splendido babydoll >> proseguì divertito.
Alzai le braccia al cielo. << aaah, e babydoll sia! >> esclamai esasperata.
Lui rise divertito e soddisfatto, mi acciuffò per un braccio e mi tirò verso di sé, per poi accarezzarmi dolcemente la guancia sinistra.
<< Ficcati in testa che per me sei perfetta così. Non ti vorrei mai diversa da come sei, chiaro? >> 
Annuii e ricevetti un suo bacio a fior di labbra. Poi proseguì << e la prossima volta che provi a svalutarti, ti do una capocciata! >> 
<< woo, ma che paura! >> mi accinsi a riprodurre un’espressione esageratamente spaventata. 
Malcom rise e sentii il suo petto vibrare sotto al mio orecchio. Mi scostò prendendomi il mento con due dita ed alzandomi la testa in modo da incrociare i nostri occhi.
Mi persi per l’ennesima volta in quei cristalli trasparenti e mi venne spontaneo sorridere.
Sorridemmo entrambi poi ci baciammo dolcemente.
Quando le nostre labbra si staccarono, mi misi accoccolata nell’incavo del suo collo ad ascoltare il battito del suo cuore e il suo respiro.
<< forse è meglio se non metti un vero e proprio babydoll. Magari qualcosa che ti copra di più >> se ne sbucò fuori dopo un paio di minuti.
Prima mi diceva che dovevo assolutamente mettere il babydoll ed ora mi diceva di mettere qualcosa di più coprente. Mah.
<< già cambiato idea? Non avevi detto che sarei stata benissimo? >> 
<< sisi, su questo non ci sono dubbi..ma..insomma, ho visto come ti guardano alcuni ragazzi della scuola ed, ecco, non vorrei dover prendere a schiaffi nessuno, capisci? >>
Ridacchiai.
<< dunque..il nostro Mister Strafottenza, si è trasformato in Mister Gelosia eh.. >> lo sfottei per divertimento.
Mi passò una mano nei capelli. << beh, mi sembra ovvio! Tu non sei gelosa di me? >>
Io? Gelosa? Ma certo che no! Mi limitavo solo a mandare qualche occhiataccia minacciosa alle ragazze che squadravano Malcom.
<< forse un pochino >> minimizzai.
<< forse un pochino?! Ho visto le occhiatacce che mandi alla mia assistente quando mi scodinzola intorno >> disse divertito.
Trattenni una risata. Effettivamente, non potevo dargli torto. 
Ogni volta che vedevo Miky ronzargli intorno come una fastidiosa mosca, mi si alzava la pressione e mi andava il sangue al cervello.
<< okay, muoio di gelosia ogni volta che quella ti si avvicina! Io non capisco perché ti debba ronzare intorno a quel modo. Tu sei impegnato e non ha senso che lei lo faccia! >> la mia voce era piuttosto stizzita, ma, davvero, non riuscivo a capire perché dovesse ronzare intorno ad un ragazzo già fidanzato.
<< beh, lei non sa che noi stiamo insieme..e comunque è colpa mia se si è illusa. Voglio dire, sono stato io ad averla illusa prima di stare con te, ovviamente >> parlò piano, con tono tranquillo e leggermente costipato nel momento in cui mi disse di aver illuso Miky.
<< sentiamo, che hai combinato? >> domandai curiosa.
<< niente, solo che, questa estate, io sono uscito con lei qualche sera e poi, dopo averla imbastita per bene, ci sono andato a letto e l’ho scaricata.. lei cerca di illudersi che tra noi ci possa essere ancora qualcosa, ma è palese che non sia possibile.
Comunque la colpa è solo mia, sapevo di non dovermi prendere gioco di lei, sono stato poco carino >> 
<< e allora, perché lo hai fatto? >>
Si grattò ancora la testa. << perché ero stupido >>
In un qualche modo, il fatto che lo ammettesse, mi dava un senso di tranquillità. Insomma, non avevo dubbi che lui mi amasse e che non mi avrebbe mai preso in giro ed illusa. Però il fatto che si fosse definito stupido per ciò che aveva fatto, mi calmava.
Mi rigirai le sue mani tra le mie e lasciai che mi inebriasse con un ennesimo bacio.
<< e tu? >>
<< e io cosa? >>
<< e tu quanti ragazzi hai illuso e quanti cuori hai infranto? >> domandò provocatorio.
Alzai le spalle << a dire il vero, ho preso in giro solo un ragazzo in vita mia. Solo che poi vederlo soffrire per me, mi fece sentire talmente tanto in colpa che decisi di tornare insieme a lui. Arrivai alla conclusione di non farlo mai più, di non illudere più nessuno >> ammisi.
Ridacchiò << Dio, che pena! Ti sei rimessa con lui solo per senso di colpa! >>
<< lo so, ma ero divorata dai rimorsi e non sapevo più che fare. >>
Rise ancora di gusto.
<< beh? Che ridi?! Feci bene a rimettermi con lui..quel ragazzo a letto era il migliore! >> azzardai.
<< pff.. Dici così perché non sei ancora venuta a letto con me >> disse leggermente imbronciato.
Modesto.
<< giusto.. Poi aggiornerò la mia classifica, dopo essere venuta a letto con te >>
<< tu hai una classifica?! >> domandò sorpreso << è una cosa davvero cattiva nei confronti del genere maschile! >>
<< non ho una vera e propria classifica. Diciamo solo che è inevitabile fare dei paragoni! >>
<< sei crudele! >> esclamò scandalizzato.
Andiamo! Voleva farmi credere che lui non avesse una classifica?
<< vuoi dirmi che tu non ce l’hai una classifica? Con tutte le donne con cui hai scopato? >>
<< beh..in effetti si.
E comunque sia, non sono andato a letto con così tante donne. Solo sedici! >> esclamò
Solo sedici! SOLO sedici?!
<< coooosa?! Sedici? Ma sono tantissime sedici donne! >> esclamai interdetta e un po’ schifata.
Dio, mi stavano già venendo i complessi per quando sarei andata a letto con lui!
Ammesso che ci sarei mai andata dopo questa dichiarazione!
<< si, ma c’è una cosa molto brutta in tutto ciò >>
<< cioè? >> 
<< non ho mai fatto l’amore con nessuna, tranne la prima volta, ammesso che quella valga. Ho solo scopato >> il suo tono era davvero sconsolato. Era palese che la cosa gli pesasse abbastanza.
Che tristezza. Per lo meno, nella mia scarsa vita sentimentale e intima, avevo almeno fatto l’amore. Lui invece no..ma chissà, magari con me sarebbe stata la sua prima volta.
Sorrisi solo all’idea.
<< ci sarà una prima volta anche per quello >> dissi coprendolo di speranza.
Sorrise anche lui. Sapeva che speravo che la sua prima volta fosse con me..e probabilmente lo sperava anche lui.
<< e tu? Con quanti hai fatto l’amore? >> domandò dopo qualche interminabile secondo di silenzio.
<< beh, sono stata a letto con solo quattro ragazzi >> aggrottò le sopracciglia << si, lo so che in confronto a tutte quelle con cui sei stato tu, i miei quattro sembrano una sciocchezza >> 
Rise divertito << da una parte ammetto di essere sollevato! >>
Sorrisi. A modo suo, era tenero.
<< comunque sia, ho fatto l’amore solo con due di loro. Il primo ed il terzo. Anche se il quarto è stato il migliore a letto; è quello di cui ti parlavo prima, mentre il secondo è stato davvero pessimo >> ammisi 
Nel dirlo, mi accorsi di aver iniziato a torturarmi le mani. Era leggermente imbarazzante parlare col mio fidanzato dei miei ex. Insomma, temevo di dire qualcosa che lo facesse rimanere male.
Non sentii alcun commento provenire da Malcom. Ecco, come non detto
 Alzai lo sguardo verso di lui e per un attimo venni presa dalla malinconia; mi guardava immobile con lo sguardo spento. 
<< ehi..tutto bene, amore? >> domandai avvicinandomi a lui preoccupata.
<< si..solo che.. >> arricciò le labbra e corrugò la fronte << Quindi io non sarò il primo per te. >>
Mi guardò con gli occhioni di un bambino a cui si dice che non può mangiare le caramelle.
Dunque, lui voleva essere il primo con cui avrei fatto l’amore. Il primo, proprio come io ero per lui: la prima.
Sospirai e mi avvicinai a lui. << già. >> gli accarezzai una guancia sperando di farlo stare meglio. << non sarai il primo con cui farò l’amore, ma sono convinta che non l’ho mai fatto con nessuno come lo farò con te >> gli misi le mani intorno al collo << sarà memorabile. E credo proprio che arriverai in testa alla mia classifica! >> gli sorrisi debolmente.
Sperai che con quelle parole si sarebbe sentito al settimo cielo, ma quella che ci si sentì fui io, nel momento in cui mi sorrise.
Mi prese il viso tra le mani e mi baciò con dolcezza infinita.
<< tutto ciò non fa che aumentare il desiderio di averti >> 
Gli carezzai una guancia e sentii la sua barba grattuginosa.
<< già, anche io non vedo l’ora >>

Queste dichiarazioni un po' piccanti! ahah
Buona lettura, gente!  ;)
Baciii <3



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Capitolo 20
*** Pigiama party ***


<< allora come procede la coreografia? >> mi domandò Serena.
Lei e sua sorella erano venute a casa mia dopo le prove per passare una serata solo donne. 
Dopo esserci scolate una bottiglia di birra ciascuna e dopo aver divorato un kebab, ci eravamo messe a chiacchierare.
<< direi che va alla grande. Io e Malcom lavoriamo molto bene insieme >> dissi con un’alzata di spalla, cercando di essere il più inosservata possibile.
Come mi aspettavo, Erica mi lanciò un’occhiatina maliziosa. << già. Direi molto bene! >> esclamò divertita.
Risi << dai, smettila! >>
Serena ci guardò confusa << scusate, ma non capisco.. >>    
Giusto. Lei non sapeva, come il resto del mondo, tranne Erica. 
La relazione tra me e Malcom era sfuggita anche all’occhio attento di Andrea. Quando lo avrebbe scoperto, sarebbe scoppiato di invidia!
Erica mi guardò con fare di sfida, della serie: “avanti diglielo che te la fai col tuo insegnante di danza. Avanti!”
Trattenni una risata e incrociai le gambe sul divano. << beh..ecco..mm >>
Mi prendeva male dirgli che stavo con Malcom. In un certo senso, sarei risultata incoerente; insomma, prima lo odiavo ed, ora, mi ci ero messa insieme.
Era un controsenso. Anche se, si sa, “chi disprezza compra!”
<< avanti! Sputa il rospo Gre! >> esclamò Erica con aria di scherzosa sfida.
Sta ragazza era dotata di una faccia da schiaffi pazzesca. << visto che è tanto divertente, perché non lo racconti tu?! >> esclamai interdetta.
<< no, no! Sei tu la diretta interessata, dunque fai tu! >> 
<< ma raccontare cosa?! >> esclamò Serena impaziente di sapere.
Sospirai. Okay, tanto prima o poi avrei dovuto dirglielo.
<< beh, ecco..io e Malcom stiamo insieme! >> dissi tutto di un fiato.
La scena che seguì fu una comica.
Serena rimase a guardarmi con gli occhi da pesce lesso e la bocca spalancata, mentre Erica ed io osservavamo la reazione di Serena trattenendoci dal ridere.
<< AAAAAAAAAAAAAHHHH >> uno strillio acuto venne fuori dalla bocca di Serena. << brutta schifosa!! Ma perché non me lo hai detto?! >> la faccia entusiasmata di Serena mi fece scoppiare a ridere.
<< ahah..scusa scusa, in realtà cercavamo di tenerlo nascosto almeno fino alla fine dell’anno..sai com’è, sarebbe un po’ illegale avere dei rapporti con il proprio insegnante di danza! >> esclamai ancora ridacchiando.
Serena si battè la mano su una gamba << ma che centra! A me potevi dirlo, visto che lo hai detto a lei! >> disse indicando sua sorella con tono inasprito.
Erica scosse la testa. << a dire il vero, l’ho scoperto da sola! L’altro giorno si sono mandati un’occhiata che sprizzava cuoricini da tutte le parti! >> rise soddisfatta.
<< ma non è vero! Era solo un’occhiata.. >> dissi interdetta.
<< si, certo..guarda che è palese che è stracotto di te. E tu non sei da meno, cara! >> ribattè lei.
<< uh, dunque siete innamorati persi! >> si intromise Serena.
Okay, effettivamente si. O almeno, io lo ero, non sapevo se anche lui lo fosse. 
Diciamo che c’erano buone probabilità che lo fosse anche lui.
<< forse un pochino >> dissi con aria innocente. 
Serena inclinò la testa ed arricciò le labbra. << Erica, guarda che faccino che ha fatto..secondo me è innamorata persa >> 
Oh, ma che simpatia da queste parti!
<< oh si..e dovresti vedere lui. L’altro giorno aveva un faccino del tipo “non vedo l’ora che mi strapazzi come se fossi un cucciolotto indifeso”  >> 
Ma che bastarde!
<< smettetela, tutte e due! Non siete simpatiche! >>
<< uuuh, guarda come è diventata rossa! >> 
<< mmhh! >> feci un verso di disappunto e girai gli occhi al cielo.
Ridemmo tutte insieme, fino a che non ci lasciammo affondare nel divano, tutte e tre sbragate a fissare il soffitto.
Rimanemmo in quella posizione in silenzio per un paio di minuti in cui ognuno di noi si lasciò andare ai propri pensieri.
La mia testa si indirizzò automaticamente a Malcom. Quel ragazzo mi aveva salvata in ogni modo possibile; Avrebbero dovuto chiamarlo Salvatore invece che Malcom! 
Un sorrisino mi scappò involontario.
Erica mi guardò di sottecchi e mi regalò un sorriso intenerito. A parte gli scherzi, sapevamo tutte che Malcom era quello giusto. E stavolta, lo era davvero.
<< adesso ho capito perché alla festa di primavera è venuto a ballare con noi >> se ne uscì Serena neutra.
Erica la guardò e un lampo la attraversò.
<< è vero! Quando ci ha prese per ballare, ci ha chiesto se tu eri sempre così noiosa e, ora che ci penso, non smetteva di lanciarti occhiate..penso che abbia ballato con noi solo per farti ingelosire! >>
<< proprio quello che pensavo anche io >> rispose Serena mettendosi seduta.
Mi voltai verso di loro << sul serio? >> domandai sorpresa.
Annuirono all’unisono con espressioni accese.
Mi sentii, come dire, soddisfatta. Inorgoglita, ecco.
Sorrisi. << beh, devo dire che i suoi modi sono stati un po’ strani, però sono contenta che ora, io e lui, abbiamo una relazione >>.
<< ooooh >> entrambe fecero un verso teneroso.
Ridacchiai.
<< già, effettivamente, ti ha trattato da schifo un mucchio di volte..penso che a nessuno sia mai passato per la testa che poi voi due vi foste innamorati. >> disse Erica
<< già. È così romantico! >> rispose Serena con aria sognante.
<< già.. >> tornai a fissare il soffitto.


Eccomi!
beh, non c'è molto da dire in questo capitolo..non accade nulla di troppo importante, solo che mi era sembrato che il ruolo delle migliori amiche fosse rimasto un po' troppo trascurato, dunque mi sono inventata questa serata tra donne; un tipico pigiama party dove si mangia, si beve e ci si raccontano tante cose..
A proposito..questo capitolo è dedicato ad Erica al quale lo avevo promesso, dato che un capitolo l'avevo già dedicato a Serena.
Erica, MAY THE ODDS BE EVER IN YOUR FAVOUR!  e soprattutto, ricordati che mio padre lo verrà a sapere! ahahah
buona lettura a tuttiiii
Baciii <3



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Capitolo 21
*** Dovrei preoccuparmi? ***


<< Dovrei preoccuparmi? >> domandò Malcom avvicinandosi furtivamente a me, mentre aspettavamo che la sala si vuotasse dagli altri allievi prima di fare le nostre prove.
<< preoccuparti di cosa? >> domandai confusa.
Sorrise. << Le tue amiche..non fanno che guardarmi e mandarmi occhiatine >> arricciò le labbra impacciato. << devo dedurre che tu abbia detto loro di noi due? >> 
Mi voltai in direzione di Erica e Serena. Insieme a loro c’era anche Andrea. Gli avevano detto di sicuro della mia relazione con Malcom.
Continuavano a guardarci, facendo dei sorrisini colpevoli. Scossi la testa divertita.
<< a dire il vero, Erica lo ha scoperto da sola e mi ha costretto a dirlo a sua sorella. Per quanto riguarda Andrea, credo che gli abbiano raccontato tutto loro senza il mio consenso >> dissi con aria innocente.
Mi guardò e fece un risolino. << beh, almeno potrebbero essere un po’ più discreti.. Mi stanno mettendo in imbarazzo >> si grattò la testa imbarazzato.
Scossi la testa. << ma no dai..non devi. Comunque sia, dirò loro di comportarsi in modo più civile; non è carino fissare le persone >>
Ci voltammo entrambi verso di loro. 
Il trio delle meraviglie era ancora lì a guardarci con fare da grandi impiccioni. Li guardai con fare severo e per risposta loro mi sorrisero.
<< Cristo, ma che problemi hanno?! gli avevo detto di mantenere un basso profilo. Così ci faranno beccare >>
Malcom alzò le spalle. << non essere ansiosa. Si stanno solo godendo la novità..tuttavia devo ammettere che siamo una strana accoppiata, fino a qualche tempo fa ci insultavamo come degli schifosi ed ora ci comportiamo da piccioncini >> disse con tranquillità, guardando i miei amici.
Alzò la mano in segno di saluto verso di loro e disse un << ciao! >> con gran disinvoltura.
I miei amici lo guardarono spiazzati un attimo, poi, tutti coordinati, sorrisero e ricambiarono con un <> di gruppo accompagnato dal gesto della mano.
“Dio, che cerebrolesi!”. mi venne da ridere.
Anche Malcom rise. << sembrano simpatici.. Me li presenti? >>
Eh? Voleva conoscere i miei amici?
<< ma li conosci già >>
<< si, ma solo come allievi. Vorrei conoscerli come amici della mia fidanzata, è un problema? >> mi guardò dritta negli occhi.
Sorrisi. << hai detto che sono la tua fidanzata? >> domandai tra l’incredulo e l’incantato.
Sorrise dolce << già. Ho detto precisamente che voglio conoscere gli amici della mia fidanzata >> ripetè.
<< giuro che se non fossimo davanti a metà scuola, a quest’ora ti sarei già saltata al collo e ti avrei baciato senza farti più respirare >> dissi ancora fissandolo con aria estasiata.
Il suo sorriso dolce si fece ancora più largo. << ed io ti avrei detto che ti amo da morire >> 
Persi un battito e mi morsi le labbra, troppo contenta per rispondergli.
Se ne rese conto e mi diede un pizzicotto sulla guancia.
<< beh, allora. Me li presenti o no? >>
Scossi la testa uscendo da quello stato di felicità interiore e annuii << si, però non ora. C’è troppa gente >> dissi guardandomi intorno.
Scosse la testa divertito. << riprenditi un attimo, per favore. Era ovvio che non intendessi ora. 
Magari, stasera potete venire a mangiare da me, oppure da te. Dove vuoi tu >> disse ridacchiante.
<< si, scusa. È colpa tua se sono in questo stato! Mi hai letteralmente rincoglionita!
Comunque, per me va bene se venite da me >> 
Rise ancora e annuì.
Mi abbracciò e mi diede un bacio sulla fronte. Lo fece vedendo che ormai la stanza era vuota, se non fosse stato per i miei amici che imperterriti continuavano a guardarci con indiscrezione.
Mi ancorai a lui e mandai un’occhiata ai miei amici, come a dire “levatevi dai piedi, idioti!”
Se ne andarono ed io e Malcom cominciammo a fare le nostre prove, dandoci davvero sotto, poiché mancava poco allo spettacolo.
 
Dissi ai miei amici dell’invito a cena a casa mia a richiesta di Malcom per poterli conoscere. Ovviamente, accettarono con un certo entusiasmo.
L’unico riluttante fu Andrea, ma poi decise di accettare come le altre.
Iniziai a cucinare per loro alle sette e alle otto in punto, era tutto pronto. Mi feci aiutare da Malcom per preparare la cena, ma, onestamente, non fu un grande aiuto; l’unica cosa che riuscii a fargli fare decentemente, fu quella di fargli pelare le patate per l’insalata russa.
<< sei un pessimo cuoco! >> esclamai ridendo.
<< e tu sei una pessima ballerina >> esclamò ridendo.
<< ma vaffanculo! >> esclamai.
<< cooosa? >> prese una manata di purè e me lo spiaccicò in faccia.
Rimasi un attimo con la faccia schifata poi mi vendicai, prendendo anch’io una bella manciata di purè e ricambiando il favore.
Continuammo così per una decina di minuti, a spalmarci purè sulla faccia, finchè non mi afferrò per i polsi e mi tirò verso di sé baciandomi con desiderio.
<< questo purè è davvero una favola >> disse leccandomi le labbra. 
<< già. E per colpa tua, stasera nessuno ne mangerà! >> dissi ridendo, tornando poi ad appiccicarmi alle sue labbra con lo stesso suo desiderio.
<< Gre, io voglio.. >> disse con il respiro leggermente affannato.
Sapevo cosa voleva, ed era esattamente la stessa cosa che volevo anche io.
<< anche io lo voglio >> risposi, ancorandomi ancor più a lui, passandogli una mano sul suo addome scolpito, sotto alla maglietta.
Bruciavo di desiderio.
Fece scorrere le sue mani, fino ad arrivare al mio didietro, chiudendo poi i palmi e stringendo con un certo fragore. Mi lasciai sfuggire un sospiro di piacere che lui sembrò gradire particolarmente.
Mi sollevò di peso, fecendomi aggrappare con le gambe alla sua vita. Tutto ciò avvenne senza che le nostre labbra si lasciassero un secondo di tregua.
Intorno a noi, tutto era assolutamente silenzioso. Solo i nostri cuori e i nostri respiri affannati occupavano l’aria.
DRIIIIIINNNN
Il suono del campanello ci fece sobbalzare, interrompendo quella magia che si era creata in pochi minuti tra di noi.
Malcom mi posò a terra con un certo disagio e dispiacere.
Lo guardai << sei un disastro. Sei pieno di quella roba >> dissi ridendo, cercando di smorzare quella leggera tensione che si era creata.
<< anche tu non scherzi! >> disse riacquistando il suo sorriso.
DRIIIINNN
“mm..che insistenza!”
<< un attimo! >> urlai, poi mi rivolsi a Malcom << vado ad aprire, tu vai a darti una sistemata va >> gli sorrisi. Lui annuì ed io mi voltai per andare alla porta.
Feci scattare la serratura ed aprii la porta ai miei amici.
<< ciao Gre! Ma..che hai combinato? >> domandò Erica vedendomi impastata nel purè.   
Li guardai imbarazzata. << ehm..niente solo… >>
In quel preciso istante, dietro di me, passò Malcom diretto verso al bagno, ricoperto anche lui di purè.
<< credo di aver capito.. >> disse Andrea divertito.
Diventai paonazza. << non è successo quel che credete voi! >> esclamai stizzita.
Mi guardarono tutti e tre con un ghigno sul viso. << ah no? >> proseguì Serena.
<< no. Ci avete interrotti! C’eravamo quasi e voi avete rovinato tutto! >>
I miei amici si guardarono e scoppiarono in una risata silenziosa.
Dio, quanto erano irritanti!
<< avanti, entrate! Forzaaa, muovetevi! >> 
Entrarono in casa chiudendosi la porta alle spalle. << comportatevi civilmente! >> li minacciai con un dito, ma loro continuarono a sghignazzare tra di loro.
<< Malcooom! Vieni! >> urlai.
Nel giro di due secondi, Malcom uscì dal bagno, ripulito dalla purea, e ci venne incontro sorridente.
<< ciao! >> esclamò con il suo sorriso da Nobel.
I miei amici ricambiarono il saluto, evidentemente frementi di conoscere il mio ragazzo.
<< beh, Malcom, immagino che tu conosca loro.. >> aggrottai le sopracciglia leggermente imbarazzata da quella situazione. << e..che voi conosciate lui.. >>
Diamine, l’imbarazzo si poteva leggere sul mio volto come se fosse stata l’insegna di un hotel. 
Continuavo ad augurarmi che i miei amici non facessero qualche battutina compromettente o che Malcom non decidesse di fare incazzare qualcuno.
<< ma certo che ci conosciamo. Siete tutti nel mio corso, giusto? >> scoccò brillantemente il mio ragazzo.
<< si! >> esclamarono in coro i miei amici.
Al loro entusiasmo seguirono dei lunghi momenti di silenzioso imbarazzo, in cui i miei occhi balzavano da Malcom ai miei amici e dai miei amici a Malcom, mentre loro, molto cautamente si scrutavano sorridenti.
All’inizio tutto ciò, mi era sembrata una buona idea, ora invece, tutta questa facenda del voler conoscere i miei amici mi sembrava una gran cagata!
<< scusate, ma visto che la mia ragazza sembra essere un po’ assente, prendo io gli onori di casa. >> disse facendomi un occhiolino << prego, accomodatevi >> 
Fece spazio per far accomodare i miei amici dentro casa. 
Bene. Voglio dire, menomale che lui era un po’ più sveglio di me.
<< oh, grazie.
Se aspettiamo lei, possiamo mettere le radici! >> esclamò Serena divertita.
<< già. Andiamo vah, che almeno mettiamo il vino al fresco! >> si intromise Andrea, con il suo fare un po’ frettoloso.
<< uh perfetto. Il vino ci voleva! >> esclamò Malcom divertito, lasciando che gli ospiti passassero e si dirigessero in cucina.
Io e il mio ragazzone rimanemmo indietro per ultimi.
Mi bloccò con una mano e mi avvicinò a sé. << tutto bene, amore? >> domandò candido.
“Amore..amore! detto da lui suona maledettamente bene.”
<< si. È solo che..sono un po’ nervosa. Sai, loro sono un po’ strambi e..boh. Mi auguro solo che non ti mettano in imbarazzo >> o che non mettano in imbarazzo me. O che tu non decida di staccargli la testa, ecco.
Scosse la testa divertito. << non mi stupisce che siano dei tipi un po’ strambi…tuttavia, mi stanno simpatici e non hai nulla di cui preoccuparti! >> mi prese la testa tra le mani e mi baciò in fronte. << capito? >>
Un sorriso inebetito sbucò sul mio volto e, non so perché, le sue parole mi suonarono vere. Mi venne subito voglia di credergli.
<< si, ho capito >> mi attaccai a lui, al suo petto. << promettimi che se anche dicono qualcosa di compromettente su di me, tu non scappi via correndo >>
Ridacchiò e il suo petto vibrò sotto il mio orecchio.
<< prometto >> passò la sua mano sulla mia spalla. << ora andiamo che sennò i tuoi amici ci danno per dispersi >>
<< va bene >> mi staccai da lui e lo presi per mano.

Imbarazzo-time per Greta!
e per la seconda volta provano a fare l'amore, ma ancora nada! il tempismo di Erica, Serena ed Andrea è davvero fantastico! xD
buona lettura..
Baciii <3



 

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Capitolo 22
*** Botta del sabato sera ***


Non so come ma ci ritrovammo tutti sparsi sul divano della sala di casa mia, attorniati da cinque bottiglie di vino bianco, dieci bottiglie di birra e innumerevoli bicchierini di vodka; il tutto accuratamente svuotato.
Diamine, non sapevo nemmeno da dove fosse uscito tutto quel alcool!
Sapevo solo che eravamo tutti irrimediabilmente sbronzi.
<< ce ne ho una pigna assurda! >> esclamò Serena. Non era difficile da capire, vista la parata di stronzate a cui avevano dato il via lei, sua sorella ed Andrea dopo l’ennesimo bicchierino.
<< non me lo dire, erano anni che non mi prendevo una cartella del genere >> riscpose Malcom, mentre mi teneva sotto braccio, appoggiata al suo petto.
Eravamo conciati veramente uno schifo.
<< Greta, non ti offendere, ma sono talmente ubriaco che…giuro..mi fotterei il tuo ragazzo molto volentieri! >> disse Andrea con voce impastata dalla vodka.
Ridacchiai con la mente annebbiata. Credo che se fossi stata sobria, gli avrei lanciato il tavolino in faccia. Ma invece, risposi: << ed io sono talmente ubriaca che te lo lascerei anche fare! >>. 
Dio, la nausea mi stava sfinendo.
Ridemmo tutti sguainatamente; una risata col retrogusto di vodka al melone.
<< mi spiace, Andrea, ma mi sento costretto a rifiutare. Sia io che te siamo fidanzati..e poi, lei ha quelle due tette che..aaah ci butterei la faccia dentro e…bbrrrr! Ci farei il motoscafo! >> rispose Malcom mimando la scena, scatenando così un’altra risata di gruppo.
Risi di gusto e, sinceramente, la sua idea non mi sembrava poi così male, ecco.
<< non capisco perché a voi altri piacciano così tanto le tette?! >> disse Andre con tono quasi disgustato.
Malcom sbarrò gli occhi. << vuoi dirmi che neanche le tette ti piacciono?! >> 
La faccia schifata di Andrea parlava chiaro. << beh, non a me! >>
Malcom scosse la testa sconvolto << non è possibile! Voglio dire, guardale >> disse indicando le mie tette strizzate dal reggiseno << sono stupende! >>
Alzai la mano << dai smettila, a lui piace il cazzo e non c’è niente di male!! >> okay, questo era l’alcool che parlava.
Malcom buttò la testa indietro, come se fosse in estasi. << oh Cielo! Adoro quando usi termini volgari! Me lo fai venire su tosto! >> 
Lo guardai un attimo seria, ma poi non ce la feci più e scoppiai in una risata fragorosa accompagnata dagli altri.
Non potevo crederci che quello fosse il mio ragazzo, o, peggio ancora, il mio insegnante.
<< fatti una doccia, rilassati…tanto stasera, il tuo amichetto resta lì dove è! >> conclusi con tono quasi serio.
<< uffa. Sei crudele con me. Io non vedo l’ora di fare l’amore con te e tu mi tratti in questo modo! Uffa >> mise un tenero broncio.
 Risi dolcemente vedendo il suo faccino da bimbo arrabbiato.
Lo sapevo perfettamente che non vedeva l’ora di fare l’amore con me; me lo aveva dimostrato anche prima di cena e la volta prima quando eravamo sul mio letto.
<< anche io non vedo l’ora. Ma voglio aspettare ancora un pochetto: l’attesa aumenta il desiderio, no? >> mi allungai e gli strappai un bacio sulle labbra.
Mi regalò un sorriso sghembo che mi fece tornare lucida per un attimo e poi rispose.
<< giusto, piccina >> e mi diede un altro bacio.
<< ma quanto siete teneri? >> disse Serena con voce stonata per via dell’alcool.
 << se fossi sobrio vi direi che mi stanno venendo le carie, ma visto che sobrio non lo sono..mi sembrate persino dolci >> Andrea non si smentiva mai.
Sorrisi << in un certo senso, grazie >>
 
Un lungo silenzio seguì in cui si sentì solo il ronfare di Erica e Serena e, il lento respiro di Malcom sotto il mio orecchio. Chiusi anche io gli occhi e mi lascia trasportare dal ritmo del petto di Malcom.
<< dimmi una cosa.. >> sussurrò Andrea, interrompendo l’aria sonnambula che si era creata.
<< si? >> rispose Malcom attento a ciò che Andrea aveva da dirgli.
<< perché l’hai sempre trattata di merda, facendola piangere e disperare? Insomma, da quel che ho capito, tu eri innamorato di lei dall’inizio, no? Il tuo comportamento è stato un controsenso. Vorrei capire.. >> 
Il mio ragazzone sospirò pesantemente facendomi rimbalzare sul suo petto.
Dedussi che parlare di queste cose non gli facesse piacere .
<< era tutto un modo per farla diventare più forte, per farla reagire. E, beh..devo dire che ha funzionato. 
Guardala, anche mentre dorme sembra forte come una tigre.. >> mi passò due dita sulla guancia destra.
<< mm.. >> un grugnito venne in risposta alle parole di Malcom.
<< tu conoscevi Brian. Perché non l’hai fermata? >>  domandò il mio amico con aria minatoria e accusatrice.
Ma cos’era quello? Un terzo grado?
Non poteva farsi gli affaracci suoi!!
Malcom sbuffò ancora come se non avesse intenzione di rispondere. E aveva anche ragione: Andrea non doveva impicciarsi dei nostri affari.
<< cos’è non rispondi perché hai la coscienza sporca? >> non mi piaceva il modo in cui lo stava istigando.
<< la verità è…si, ho la coscienza sporca. Avrei dovuto fermarla, solo che non volevo obbligarla a scegliere me.
Volevo che scegliesse me perché provava ciò che provavo anche io e non perché io la costringevo; non avrebbe avuto alcun valore averla al mio fianco in tal caso.
E poi, è successo quello che è successo. Di certo, non potevo immaginare lontanamente che Brian… e quando l’ho vista quella sera, così vulnerabile e grondante di lacrime, senza vestiti io..non ho capito più niente. Per tutto il tempo che non l’ho vista, non ho fatto altro che rimproverarmi per non averla fermata, per non aver fatto niente per evitarlo.
Solo, fortuna che quella sera ero uscito a cercarla altrimenti sarebbe accaduto il peggio >> 
Il silenzio che seguì alle sue parole fu devastante, come era stato devastante per me ascoltare tutto ciò uscire dalla bocca di Malcom.
Senza rendermene conto lo strinsi più forte. Volevo solo lui e volevo che lui non si sentisse più in colpa per non avermi fermato.
La stupida ero stata io, non lui.
<< tu non sei come Brian, vero >> disse Andrea. Non era una domanda, dunque si era reso conto della loro enorme differenza.
<< assolutamente no >> rispose convinto, ripresosi dallo sfogo precedente.
<< bene. Perché, sappi che se le fai del male anche tu, io sono pronto ad ammazzarti con queste mie mani >> il tono di Andrea era rilassato, ma aveva ugualmente un nonsochè di minaccioso e pericoloso.
Sentii Malcom sospirare ancora. << io non le farei mai nulla di quello che le ha fatto lui. Io la amo davvero >>
Nel sentire quelle parole, riuscii a tranquillizzarmi.  
Strinsi ancor più Malcom e mi lasciai cullare dalle sue carezze.

Hello guys!
Allora, mi scuso per le parolacce varie dei personaggi e per le zozzate dette! quando ho scritto il capitolo mi girava di far fare dei discorsi stupidi, spero solo che vi possano divertire!
Buona lettura
Bacii <3

E per voi un sexy Roberto Bolle! ;)

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Capitolo 23
*** La lista ***


 
Guardai la Signora TVB sconcertata.
Ma era davvero convinta mentre mi diceva che oltre al mio passo a due con Malcom avrei dovuto ballare un assolo di classico?
<< ecco, vedi. Ero assolutamente d’accordo sul farti fare il passo a due con Malcom, vista la tua spontanea competenza nel contemporaneo. Ma, d’altra parte, negarti un assolo nel classico, mi sembrava un vero spreco, capisci?
Sei la migliore nel mio corso e, perciò, con il permesso di tutti gli altri insegnanti, al saggio di fine anno, avrai un assolo di classico! >> esclamò entusiasta.
Diciamo che mi sarebbe piaciuto avere la sua stessa gioia nelle vene. Non che mi dispiacesse fare un altro pezzo, specie se era un assolo, il problema era più legato al tempo; mancavano ancora due settimane al saggio di fine anno e dover imparare un nuovo pezzo proprio ora era decisamente rischioso.
<< io..ehm..non voglio mettere in dubbio la sua decisione.. >> tentennai una ribellione.
<< ottimo, perché non puoi farlo! Allora, domani pomeriggio, dopo le lezioni ci vediamo qui >> non mi fece neanche parlare. Uffaaaaaa!!
<< ma, signora io dovrei fare le prove anche con Malcom >>
<< oh, tesoro. Io e lui siamo già d’accordo. Farai un giorno lezione con lui ed uno con me!
Non sai come sono contenta, cara! >> era talmente felice che sembrava che fosse stata lei a ricevere una buona notizia << tu non sei emozionata? >> disse ancora in fibrillazione.
Diciamo che non ero propriamente scontenta, più che altro ero inquieta ed angosciata per la questione del tempo ecco..
<< certo.. >> la mia espressione terrorizzata la preoccupò, dedussi dalla sua faccia.
<< sicura? >>
<< si, solo non credo che ci sia abbastanza tempo per lavorare su una nuova coreografia, specie se si tratta della variazione Kitri del Don Chisciotte. Non credo che si possa pulire a dovere o quanto altro. Tutto qui. >>
mi grattai la testa, in un certo senso in difficoltà.
<< oh, suvvia. Non hai di che preoccuparti, ce la faremo senz’altro >> mi sorrise e mi accarezzò dolcemente la guancia. << avanti, vai da lui che lo so che ti aspettando fuori >> mi fece un occhiolino.
Ma come?! Lei sapeva di me e Malcom?
Beh, meglio non rischiare. << scusi, ma di chi parla? >> feci finta di essere un po’ spaesata.
Fece un sorrisetto malizioso. << dai, lo sai di chi parlo..Malcom! >>
<< ma signora, io.. >>
<< dai, non fare la finta tonta con me >> disse ridendo
<< ma signora, io e Malcom non… >>
<< oh, andiamo! So tutto di voi due, non hai nulla di cui vergognarti. E poi, Malcom è un gran bel fustacchione eh! >> mi diede delle gomitate, mentre allegramente si scompisciava.
Mi lasciai trascinare dalle sue risa. 
Dio, quella donna era davvero svampita!
<< beh, allora posso stare tranquilla. Lei ovviamente non proferirà parola con nessuno di questa relazione, vero? >>
<< certo, cara. Puoi stare tranquilla.
Non vorrei mai che voi due siate divisi da queste formalità alunno/insegnante. Siete sempre stati entrambi i miei pupilli ed entrambi siete due persone adorabili; non avrei potuto chiedere una persona migliore per il giovane Malcom.
Vedi, il tuo fidanzato è stato mio allievo fino a pochi anni fa. Ovviamente, il suo talento non mi era mai passato inosservato, perciò decisi di aiutarlo ad entrare in una delle più importanti compagnie, dandogli delle lezioni private. Era sempre un po‘ burbero e scontroso con tutti, ma la sintonia che avevamo io e lui nel lavorare nelle coreografie era davvero qualcosa di raro da trovare in un ragazzo così giovane.
Poi, a causa di una tragedia, volle rinunciare alla sua possibilità di entrare in una compagnia. >>
sapevo di quale tragedia stesse parlando << Se non altro, riuscii a convincerlo a continuare a danzare e a prendere posto come insegnate qui.. Ma basta così, il punto è che sono contenta che voi due vi siate trovati, siete molto simili sai? >>
 mi cinse le spalle con un braccio e mi strizzò gli occhi.
<< già.. >> me ne ero resa conto eccome.
Ricambiai il suo gesto con un sorriso ed un caloroso abbraccio; quella donna era davvero dolce.
<< dai, ora vai che lo so che non vedi l’ora di saltargli al collo! >>
Ridacchiammo.
 
Mi lasciai la TVB alle spalle e raggiunsi Malcom nell’aula di contemporaneo.
Lo salutai dandogli un bacio lungo e bagnato.
<< mi sei mancata, stamattina >> disse con voce scioglievole.
Gli sorrisi. << anche tu >>
Mi diede un altro bacio, questa volta a fior di labbra.
<< non sapevo che avessi parlato di noi alla Bentivoglio.. >> lo guardai con occhi furbi.
Strabuzzò leggermente i suoi pozzi grigi.
<< beh, noi siamo grandi amici ecco. Ti da fastidio che io le abbia parlato di noi? >> domandò leggermente in difficoltà ed imbarazzo
<< no, certo che no! Solo, non pensavo che tu… >>
<< che io avessi degli amici? Beh, praticamente non ne ho..solo lei che, più che altro, è una madre, ecco >>
<< non era questo che intendevo.. >> dissi bruscamente.
Effettivamente, stentavo a credere che lui avesse degli amici, visto quella barriera da stronzo che si era creato. Tuttavia, sapevo che non era davvero così. Solo non mi aspettavo una tale confidenza tra lui e la TVB.
<< ah no? >>
<< cavolo, no. Volevo solo dire che non pensavo che tu e la TVB aveste tutta questa confidenza, ecco. >> mi snervava quando tentava di mettermi parole in bocca che io non avevo assolutamente pronunciato.
<< beh, quando è successo quel che è successo a Joey, è stata lei ad aiutarmi ad andare avanti. Mi aveva aiutato nelle mie coreografie e, la sintonia che avevamo nella sala di danza si era estesa anche al di fuori, nella vita privata >>
Doveva essere una cosa tipica della TVB quella di aiutare le persone abbattute dai drammi della vita.
<< ce l’ha per abitudine, eh. Quella di salvare le persone dall’oblio deve essere la caratteristica principale della TVB. >>
<< già. È una persona d’oro. Penso che sia una delle persone a cui voglio più bene in assoluto >> 
<< immagino di essere anche io una di quelle persone.. >> alzai le sopracciglia e feci un’espressione da perfetta birichina.
Scosse la testa.
<< no >>
<< come no? >> domandai interdetta.
<< no. Tu non sei nella lista delle persone a cui voglio bene, sei nella lista delle persone che amo >> mi sorrise con gli occhi.
Mi accesi.
<< e giusto perché tu lo sappia, sei in cima a quella lista >> 
Gli saltai al collo dandogli un bacio lungo, ma dolce.
<< tu sei il ragazzo più smielato del mondo.. >> mi fiondai di nuovo sulle sue labbra << e questa cosa mi piace da morire! >> ridacchiai.
 
<< hei Gre! Ho saputo del tuo assolo, complimenti! >> Erica mi corse incontro, non appena ebbi finito con Malcom. Eravamo ancora nella sua aula e lui era ancora lì con me.
<< hei Erica! Grazie mille. Non sai che ansia ho per questa cosa, credi che riuscirò a montare una coreografia in modo decente in sole due settimane? >> potevo contare su Erica, perché sapevo che con me sarebbe stata onesta. Mi avrebbe senz’altro detto la verità.
<< beh, devo ammettere che è rischioso, ma tu sai sempre come cavartela. Quindi direi che ce la farai alla grande! >> mi sorrise fiduciosa. << oh, ciao Malcom! >> alzò la mano in direzione del mio ragazzo.
<< ciao Erica! Come va? >> il suo essere socievole mi suonava un po’ strano.
<< ciao Erica! Come va? >> il suo essere socievole mi suonava un po’ strano.
<< tutto bene, grazie. Tu? E le prove come stanno andando? >> 
<< io sto bene e direi che la tua amica sta facendo un ottimo lavoro >> sorrise gentile.
Erica ricambiò il suo sorriso. << bene, allora dille di non preoccuparsi per il suo assolo. Non mi va di vederla angosciata! >> 
Malcom scosse la testa divertito << gliel’ho già detto, ma lo sappiamo che la ragazzina è un po’ difficile da tranquillizzare… >> disse indicandomi con la testa.
“oh certo, vedete un po’ voi. Mancano due settimane al saggio ed io devo ancora montare una coreografia di classico e ne sto portando avanti una di contemporaneo. Dai cazzo, per forza che sono agitata!”
<< eh, lo so. Se vuoi posso darti una mano con la coreografia >>
Beh, pensandoci bene, Erica avrebbe potuto davvero aiutarmi. Durante le lezioni della TVB eravamo noi le migliori e cercavamo sempre di darci una mano per migliorare ancora, quindi..perché no?
<< si, sarebbe fantastico! >> esclamai
<< mi sembra un’ottima idea. Da quel che ho sentito, sei brava nel classico, quindi direi che si potrebbe fare >> aggiunse Malcom
Erica sorrise e i suoi occhioni verdi esplosero sotto la luce che entrava dalla grande finestra. << ottimo, allora domani alla lezione con la TVB vengo anche io per darti dei consigli! >> 
<< okay, grazie Erica. Sei un tesoro! >>

Ma io adoro la Signota TVB, è una svampita adorabile!
Baciii <3


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Capitolo 24
*** In scena ***


 
“Okay, ci siamo.”
Ancora un’ora e saremmo andati in scena; Il mio futuro sarebbe stato determinato da quel saggio. 
Che agitazione, cavolo!
Continuai a passeggiare avanti e indietro in modo meccanico, torturandomi convulsamente le mani e  fissandomi i piedi.
Mi posizionai nuovamente davanti allo specchio illuminato dalle lampadine e contornato da una cornice rosa. 
I capelli erano perfettamente tiranti indietro in uno chignon impeccabile e irrepetibilmente ordinato. Sulla faccia, il trucco spiccava: l’eye-liner marcava il mio occhio, l’ombretto marrone mi dava un’aria più elegante, mentre quello bianco permetteva una maggiore visibilità e espressività dei miei occhi anche da lontano, mentre il rossetto rosso faceva spiccare le mie labbra.
Tutto perfetto.
Dovevo indossare solo le collant rosa ed il mio nuovo tutù.
Lasciai passare ancora mezz’ora prima di indossarli, poi mi infilai per prime le calze, poi il tutù. Esso era qualcosa di staordinario, fuori dal comune e decisamente diverso da quello che sarebbe dovuto essere nel tipo di variazione che dovevo eseguire.
Era composto da un bustino ed un tutù bianco intorno alla zona delle anche; Tutto ciò era ricoperto di piume per metà bianche e per metà rosse che si alzavano verso l’alto come se ci fosse stata una fiamma sopra alla mia spalla destra.
Diamine, lo adoravo. Era fottutamente originale e..figo!
Ad esso, erano abbinate le punte, che erano appunto rosse.
Mi sentivo una principessa in quei panni, una dea. 
La porta si spalancò ed improvvisamente, nella stanza, irruppe Erica. Cavolo, anche lei era favolosa!
Il suo tutù era principalmente composto da colori freddi, soprattutto blu e azzurro. Solo qualche piuma gialla. 
Anche lei aveva le scarpette abbinate al vestito, perciò blu.
<< cavolo, Erica. Stai un incanto! >> esclamai entusiasmata.
Si aprì in un sorriso stupendo << grazie! Ma nulla di paragonabile a te. Tutte quelle piume ti fanno sembrare un cigno trasgressivo! >> rise ed io con lei.
<< sei pronta? >> aggiunse.
Se ero pronta? Mah. Domanda di riserva..
<< diciamo che la coreografia la so e che sono anche riuscita a perfezionarla..ma emotivamente, me la sto facendo sotto! >>
Sgranò gli occhi angosciata. << a chi lo dici. Mi tremano le gambe, spero di non finire con le chiappe a terra >>
Già, speravo anche io di non finire col culo sul pavimento.
Improvvisamente, mi passò davanti l’immagine fantozziana di me, che facendo un passò, scivolo e picchio per terra.
Scossi la testa per scacciare quel pensiero.
L’ottimismo non era il mio forte. 
<< ma no dai. Vedrai che ce la farai. >> fece un cenno della testa  come se mi avesse davvero creduto. << a proposito, balli prima te o prima io? >>
Fece un’espressione terrorizzata << prima io >> 
Per me fu quasi un sollievo. Se non altro non sarei stata la prima ad andare al patibolo.
<< a proposito, sappi che ad aprire lo spettacolo saremo noi. Io prima e tu subito dopo, quindi…tieniti pronta. >>
Ah. Perfetto.
<< ah..va bene >> mi sentivo un po’ angosciata.
<< va be..io torno nel mio camerino a ripassarmi il rossetto. Tra cinque minuti dobbiamo andare giù, dietro al sipario >> annuii
<< okay. A tra poco >> stavo andando in iperventilazione.
Erica mi voltò le spalle e si diresse verso la porta. Prima di chiudersela alle spalle mi richiamò << Gre..in bocca al lupo >>
<< crepi >>
 
Scesi di sotto, dove tutti erano in fibrillazione pronti ad esibirsi ed intenti a finire di prepararsi.
Mi guardai intorno. Notai sul muro un foglio bianco: la scaletta.
Mi avvicinai per dare un’occhiata.
Come mi aveva detto Erica, io e lei eravamo le prime due. Meglio, almeno il primo dente me lo sarei levato.
Nonostante, avessi provato molto meno la variazione di classico, era quella che temevo di meno. Forse perché era comunque sia il mio stile e quindi il mio cavallo di battaglia, ma, davvero, non ne  avevo una grande paura.
La mia preoccupazione stava nel pezzo di contemporaneo; quello si che mi spaventava!
Il contemporaneo non era la mia materia e, probabilmente, il fatto che fosse un passo a due, mi angosciava ancora di più. Un passo a due con un insegnante. Un passo a due con Malcom.
Non volevo rovinare un pezzo così bello a causa della mia ansia allucinante. Malcom mi avrebbe massacrata di insulti se lo avessi fatto.
E poi, sarebbe stato un insulto al suo impegno ed alla sua bravura.
A proposito di Malcom, dove diavolo era?
Non lo avevo ancora visto dopo le prove del mattino. Mi aveva detto che ci saremmo visti pomeriggio qui a scuola, ma di lui non c’era nemmeno l’ombra.
Boh.
<< Serena, hai visto Malcom? >> placai Serena che, insieme ad Andrea e altre due ragazze, stava provando una coreografia di hip-hop.
<< ma, veramente dopo stamattina, non l’ho più visto >> disse con tono stranito << dovevate vedervi, per caso? >> domandò alzando un sopracciglio.
<< beh, a dire il vero pensavo che sarebbe venuto ad assistere alla mia esibizione da dietro le quinte >> dissi con un filo di delusione nella voce.
<< ma tranquilla che arriverà, tra poco. >>
<< già, lo spero. >> 
Voltai le spalle a Serena, un po’ delusa.
Malcom sapeva quanto tenessi a quell’esibizione e non assistervi non mi sembrava carino. Dopo lo spettacolo avremmo fatto i conti!
<< ragazzi, siamo in scena tra due minuti! >> annunciò la TVB ancora più in fibrillazione di quanto fossero gli studenti.
Cazzarola. L’ansia salì alle stelle, il cuore partì al galoppo.
Da lì a pochi secondi si sarebbe aperto il sipario e lo spettacolo avrebbe avuto inizio.. Ed io avrei ballato davanti ad un pubblico numerosissimmo e direi di un certo conto.
Poggiai una mano sul mio petto e mi impegnai in una profonda respirazione per tentare di domare il mio battito cardiaco. Ovviamente il risultato fu scrauso.
<< Erica, tocca a te aprire lo spettacolo. Forza, vai sul palco! >> la TVB richiamò Erica all’ordine.
Ohmmerda! Lo spettacolo è iniziato. E la prossima sono io.
Mi sentii mancare il cuore come quando si va sulle montagne russe. Nonostante avessi fatto pipì pochi minuti prima, mi sembrava che la vescica stesse per scoppiare da un momento all‘altro.
Mi stavo pisciando sotto dalla paura!
Osservai Erica entrare sul palco, attendere l’apertura del sipario ed esplodere in un sorriso quando l’applauso del pubblico si scaturì.
Poi, la musica partì ed Erica iniziò a muoversi con eleganza sulle note della variazione del secondo atto di Raymonda, una variazione davvero complicata.
Era perfetta, non aveva sbagliato nemmeno una virgola in quella variazione che richiedeva un grande sforzo fisico, ma che, soprattutto, richiedeva di eseguita con una certa disinvoltura. 
Direi che Erica era riuscita a farla al meglio.
Terminò il suo pezzo con un sorriso enorme che le illuminava il viso, fece un profondo inchino ricevendo applausi e schiamazzi da parte del pubblico e da noi compagni.
La gioia del momento si bloccò quando ricordai che sarebbe toccato a me.
Erica uscì dal palco e fece un saltello per la gioia, ero contenta che fosse andata bene, ma ora toccava a me.
<< dai Gre, spacca tutto! >> la mia amica mi diede una pacca sulla spalla trotterellando dall‘adrenalina.
Feci un lungo sospiro. Presi una boccata di aria, coraggio e faccia tosta. Feci qualche passo verso il palco, vi entrai con il sorriso più raggiante possibile ed aspettai la musica.
Quello che seguì era complicato da spiegare; non c’erano parole abbastanza consone a spiegare la magnificenza delle emozioni provate.
So solo che iniziai con un salto, seguito da un’alzata di gamba, seguita poi da un giro, proseguendo poi con ancora una serie di altri passi venuti fuori con spontaneità, immediatezza ed espressività massima.
E ancora un giro ed un salto ed una gamba alta. Un sorriso stampato sul volto. Un corpo pervaso dalla passione. Una posa finale. Un forte applauso.


Ecco il tanto atteso spettacolo di fine anno, o almeno la prima parte!
Qui sotto metterò le foto dei costumi di Greta ed Erica e il link dei video delle viariazioni che ballano. Spero che vi piacciano, quanto piacciono a me!

Il tutù di Erica




E, il mio preferito, quello di Greta (anche se non è un vero e proprio tutù).



http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=-8hecxDjyYE#t=6   questa è la variazione di Erica
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=59bVZvjt1NU   e questa è quella di Greta

Mi scuso con tutte le ballerine che sanno bene che questi costumi non sono adatti alle variazioni che ho scelto..ma davvero, erano troppo belli e non inserirli nella mia storia mi sarebbe dispiaciuto tantissimo!
detto questo..buona lettura
Baciii <3

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Capitolo 25
*** Il nostro momento ***


Tornai nel camerino ancora sconvolta da quello che era appena accaduto.
Avevo ballato talmente tanto col cuore che sembrava essere volato in un secondo, appena mi sembrava possibile che fosse realmente accaduto.
Mi sedetti sulla sedia davanti allo specchio. Mi rilassai per un paio di secondi tirando sospiri di sollievo pensando che quella tremenda variazione era ormai superata.
Di lì al passo a due con Malcom avrei avuto tutto il tempo per ripassare la coreografia mentalmente e tranquillizzarmi, magari avrei potuto anche fargli le coccole e dirgli che lo amavo. C’era solo un piccolo dettaglio: Malcom non si era ancora visto.
Come se mi avesse sentito, spalancò la porta del mio camerino richiudendosela velocemente alle spalle. Mi si lanciò addosso, sollevandomi e abbracciandomi forte, diciamo stritolandomi.
<< brava, amore mio! Sei stata stupenda, mi hai fatto venire voglia di ballare con te! >>
Mi stampò un bacio sulle labbra, con tanto di schiocco.
<< ti ricordo che dopo con me ci dovrai ballare per forza! >>
<< lo so. Sono un ragazzo proprio fortunato! >> gli diedi un bacio di ricambio.
Sorrisi ad un centimetro dalla sua bocca. << sei molto fortunato. Ed io lo sono altrettanto >>
Rimanemmo abbracciati per circa cinque minuti. Avevo tanto bisogno di coccole in quel momento; ero emotivamente molto alterata e, chissà perchè, le sue braccia su di me avevano un effetto calmante. Come una tazza di camomilla, ecco.
Comunque sia, volevo capire una cosa.
Comunque sia, volevo capire una cosa.
<< ma io e te non dovevamo vederci prima dell’inizio? Non dovevi stare a guardarmi da dietro le quinte? >> domandai piuttosto irascibile.
Fece un faccino colpevole. << hai ragione amore, ma ho dovuto sistemare delle cose importanti. In ogni caso, ti ho vista ballare..e sei stata fantastica >> stava cambiando discorso.
<< cosa hai dovuto sistemare? >> domandai scaltra.
Fu un attimo riluttante nel rispondermi, decisamente in difficoltà.
Cosa stava nascondendo?
 Iniziò a baciarmi il collo con una certa smania, ma non se la sarebbe salvata così facilmente.
<< ehi, ho fatto una domanda! >> mi scostai per farlo smettere di baciare. Quel gesto lo fece rimanere evidentemente male. 
Si passò una mano tra i capelli e spostò lo sguardo dai miei occhi al muro; ciò mi fece intuire che quel che nascondeva era decisamente qualcosa di grosso.
Tornò a guardare i miei occhi.
<< io… >> sospirò come se stesse cercando un altro modo per dirmi cosa gli stesse passando per la testa << dopo lo spettacolo, c’è un rinfresco..e, ecco, io pensavo che magari potevamo non andarci. Magari, vieni da me e… stiamo da soli, io e te..tutta la notte >> deglutì imbarazzato << Che ne pensi? >>
“da soli, io e te, tutta la notte”. 
Lo guardai con la bocca schiusa.
Non sarebbe stata la prima volta che avremmo dormito insieme io e lui, eppure..
Avevo intuito che quelle parole racchiudevano qualcosa in più di un semplice invito a dormire a casa sua.
Stavolta, non si trattava di stare abbracciati tutta la notte, o meglio, forse saremmo stati abbracciati per tutta la notte, ma prima avremmo fatto qualcos’altro, qualcosa di diverso dal chiacchierare o dalle semplici coccole. 
Lui voleva fare l’amore con me. Proprio quella sera.
Dio, ora si che mi sentivo impanicata. 
Lui mi guardava evidentemente angosciato, in attesa di una risposta. 
Beh, se proprio voleva una risposta, la mia sarebbe stata: diamine si!
<< si >> un si secco e deciso. << non vedo l’ora >>. Gli passai una mano sulla guancia e lo baciai di sbieco sulle labbra.
Sbuffò sollevato e mi sorrise con gli occhi. << anche io >> un altro bacio.
Si, ero pronta. Stavolta, avremmo davvero fatto l’amore e per me sarebbe stato ancora più importante. Insomma, per lui sarebbe stata la prima volta a fare l’amore per davvero ed il compito di renderlo ancora più speciale sarebbe spettato a me.
Se fossi riuscita nel mio intento penso che ne sarei stata molto più che fiera.
<< che ne dici di ripassare un’ultima volta la nostra coreografia, amore? >>
 
Dannazione, l’ansia era stressante.
Mancavano ancora due numeri prima del nostro. 
Nessuno aveva più parlato dal momento in cui mi aveva detto di volere passare la nottata con me. Boh, ero un po’ imbarazzata, ecco.
E anche molto agitata; mi era venuta una sorta di ansia da prestazione. Sia per la nostra nottata che per il pezzo finale.
<< ehi, tutto bene? >> domandò Malcom avvicinandosi a me.
Mi appoggiai al muro e lasciai andare un sospiro angosciato.
<< mi sento che farò una schifezza >> ammisi rassegnata.
Si fece ancor più vicino e mi appoggiò le mani sulle guance, nonostante ciò continuai a fissare il pavimento per evitare di incrociare il suo sguardo.
Questo dettaglio non gli sfuggì.
<< guardami >> 
Scossi la testa.
<< avanti guardami >> mi autoconvinsi a guardarlo negli occhi.
Ecco, non volevo essere sdolcinata, ma ogni volta che lo guardavo negli occhi era come la prima.
Una roba in stile campane che suonano, colombe che volano, farfalle nello stomaco, un arcobaleno che compare all’improvviso nel cielo… chiaro no?
<< e adesso? >> domandai
<< e adesso andiamo su quel palco e spacchiamo >>
<< e se sbaglio? >> il pessimismo era un mio fedele compagno.
Scosse la testa << non sbaglierai, ne sono sicuro >> mi sorrise << sei la migliore lo sai >>
Sorrisi anche io di rimando.
Proseguì << e se sbaglierai, andrai avanti, come hai sempre fatto >> strizzò gli occhi in un espressione tenera e, al tempo stesso, rassicurante.
<< metti che mi blocco >>
Girò gli occhi al cielo << andiamo Greta. Hai superato cose ben peggiori di uno stupido spettacolo. Avanti, non avere paura >> mi carezzò i capelli in modo apprensivo, come se fosse stato un nonno amorevole. << io sarò lì con te. Ti aiuterò se ce ne sarà bisogno >>
Mi strinse forte e poggiò il mento sulla mia fronte.
Avevo bisogno di dirglielo chiaramente, di condividerlo con lui.
<< ti amo, Malcom >>
Mi sentivo più leggera; pronta a volare
Sospirò felice. << detto da te, suona molto bene >> 
Ridacchiai soddisfatta di averlo sorpreso e rallegrato.
Il nostro turno era arrivato.
<< è arrivato il nostro turno, tesoro >> dissi staccandomi da lui.
Si allontanò da me per poi stamparmi un bacio di sfuggita, si voltò di spalle e si diresse verso l’altra quinta.
Osservai le sue spalle: le adoravo e di lì a poco avrei potuto strapazzarle senza controllo.
Si voltò di scatto verso di me. << Greta >>
Piantai i miei occhi nei suoi << che c’è? >>
Mi guardò un attimo con occhi vispi. Fece spallucce. << niente, solo..ti amo anche io >>
Ora si, che sarei potuta morire felice.
Mi aprii in un sorriso a trecento denti, incapace di dire qualcosa di altrettanto dolce. << va, veloce! >> gli mandai un bacio.
Si voltò e corse dall’altra parte del dietro-palco.
Inspirai profondamente; era arrivato il momento di ballare, ancora.
Ora il palco era vuoto, toccava a me e Malcom riempirlo.
Un ultima boccata d’aria e poi entrai sul palco. Solo ora mi rendevo di quanta gente fosse presente: tutta la sala era piena di persone, visi per la maggior parte a me sconosciuti, alcune di esse erano anche in piedi.
Le luci mi accecavano e mi facevano sudare come una matta, come se a farmi sudare non fosse sufficiente l’ansia.
Feci qualche passo e mi posizionai al centro della scena. 
Boom boom boom. Al posto del cuore, mi sembrava di avere delle bombe atomiche in procinto di esplodere.
Sbattei gli occhi più volte e più velocemente per colpa del bruciore causatomi dai riflettori.
Mi voltai nell’altra direzione per evitare di guardare i presenti in platea e galleria, volgendo la mia attenzione verso la prima quinta dal quale stava uscendo Malcom.
Mi venne incontro, a torso nudo, con il sorriso sulle labbra e lo sguardo concentrato.
Mi fece un occhiolino e si posizionò. Io dopo di lui.
Mi mandò un’occhiata di sfuggita e sussurrò << ricordati che io sono qui >>
Continuavo a sentirmi spaesata.
Le luci si spensero, la musica partì e il cuore scoppiò.
Era arrivato il momento. Il nostro momento..


Ehilàààà...c'è nessuno??
mi sembrate un po' moscini, ragazzi! speravo di ricevere un po' di recensioni nello scorso capitolo, visto che mi sembrava ben riuscito e invece niente..
vabbè dai..speriamo che vada meglio con questo ed i prossimi capitoli! PS ho aggiunto una piccola oneshoot che potrebbe diventare una nuova storia, niente di sicuro, comunque sia se vi va di leggerla si chiama doubt and distance.. grazie in anticipo
Bacii <3

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Capitolo 26
*** Dancing ***


 Lui prende per primo il cuscino, mentre io faccio un giro.
Provo ad acciuffare il cuscino a mia volta: è come una sorta di lotta quella che stiamo facendo. Una lotta in un letto, ma non una lotta cattiva, no. Una lotta soffice e morbida nel quale si sa già che nessuno dei due l’avrà vinta perché si troverà un compromesso. 
Prendo le sue mani, mentre lui mi fa girare dirigendo anche il mio andamento. 
La nostra sintonia è più che evidente e, probabilmente, è proprio quella che rende il tutto ancor più magico, più incredibile.
Atterro sul cuscino, mentre lui ancora mi fa girare. Mi alza, mi solleva e mi gira come se fossi una piuma.
Quello che stiamo facendo è una poesia vera e propria.
Tutto è estremamente perfetto, dal mio babydoll svolazzante, ai miei capelli ondeggiante.
Salto verso di lui, che mi prende e mi accompagna fino a che non mi trovo sdraiata a terra, dove vedo perfettamente la su gamba alzarsi di fianco.
Il suo corpo si muove con infinita maestria, in quel modo che saprebbe infiammare anche un cubetto di ghiaccio. E a completare l’opera, c’è il suo sguardo espressivo e ammaliante.
Siamo precisamente a tempo; seguiamo, una volta, il ritmo del pianoforte- deciso ma ugualmente elegante- e, una volta, quello dei violini- melodiosi e romantici.
Mi piego all’indietro, scivolando con la testa sul cuscino che è appoggiato per terra; lo faccio in modo deciso, ma senza mai mancare di grazia.
Mi rialzo, sollevata da Malcom, che riesce a trasmettermi tutta la sicurezza di cui ho bisogno.
Anche se sono impegnata nel mio pezzo di coreografia, riesco a scorgere ugualmente nei suoi occhi quella scintilla che lo differenzia da un semplice ballerino ad un vero e proprio danzatore, capace di riflettere le proprie emozioni su chi lo guarda.
E anche io lo sento. Sento che non sono più una semplice ballerina, ma sono una danzatrice che sta mettendo il cuore in quello che sta facendo.
Lo sento respirare ogni qual volta il suo busto si flette all’indietro o mentre tira su una gamba o anche solo mentre fa un passo avanti, perché io lo so che tutto quello che sta facendo è l’unica cosa in grado di dargli ossigeno. Proprio come lo sono anche io.  
È arrivato il punto più difficile: la presa più importante.
Ho il mio cuscino in mano. Devo lanciarlo a Malcom che dovrà afferrarlo al volo e, seguito ad esso, anche io sarò da prendere al volo.
Mi volto e lo guardo dritto negli occhi.
Corro verso di lui decisa; so per certo che non mi lascerà cadere. Mi fido del mio partner e del mio uomo.
Lanciò il cuscino. Lo afferra.
Stacco i piedi dal pavimento e mi lancio nel vuoto di schiena. Afferra anche me, saldamente dalla vita, tenendomi appoggiata al cuscino ed alla sua spalla.
Mi lascia scivolare lentamente, finchè i miei piedi non tornano a toccare il pavimento.
Ci ripieghiamo uno sull’altra, gli strappo il cuscino di mano e mi lascio cadere a terra, mentre lui asseconda la caduta con un movimento fluido delle braccia, sottolineando la scultoreità dei suoi muscoli.
Faccio una sorta di ruota e mi rialzo, mentre lui fa un giro in attitude.
Abbraccio quel cuscino; lo faccio come quelle persone che, di notte, vorrebbero abbracciare una persona speciale, ma non possono.
Anche lui, dall’altra facciata, abbraccia il cuscino, come ad indicarmi di riporre quel oggetto e di abbracciare lui. Come ad indicarmi che non sono più sola e che, se voglio, posso abbracciarlo.
Lo sento, quel gesto non fa parte solo di una coreografia. È un pezzo di me.
Allontano da me il cuscino decisa a volerlo condividere con lui, decisa a concedergli una parte di quel fagotto che ci eravamo litigati tanto duramente.
Lui si insinua nello spazio che separa me ed il cuscino, si rovescia all’indietro, trascinandolo con sè e, di conseguenza, trascinando anche me.
Rotolo lontano da lui che tiene la testa poggiata sull‘ammasso di piume e stoffa.
Mi tende la sua mano e per l’ennesima volta i miei occhi incontrano i suoi. 
Questa volta in modo diverso. Siamo più noi stessi.
Afferro con decisione la sua mano e mi lascio trascinare da lui che, con estrema delicatezza e facilità, mi depone tra le sue braccia, appoggiata al suo petto nudo, in ascolto del suo cuore che batte emozionato.
Lo stringo forte per la gioia di avercela fatta. Ma, soprattutto, lo faccio perché lo amo e quando si ama, non si può non abbracciare.
Intorno a noi, è calato il silenzio.
Ci sono solo i nostri cuori che battono allo stesso tempo, colmi di gioia e di soddisfazione.
Niente. Non si muove una mosca. Continuo a tenermi stretta a lui, ho paura di guardarmi intorno e di scoprire il motivo di tutto quel silenzio e di quella tensione.
Poi, d’improvviso, scoppia un boato. 
Guardo Malcom incredula e noto con piacere che anche lui è sorpreso.
Ci alziamo, senza distogliere i nostri sguardi; lo facciamo solo nel momento in cui realizziamo ciò che sta realmente accadendo.
Il pubblico è in piedi, urla il nostro nome e batte le mani; li abbiamo conquistati.
Guardo Malcom ed istintivamente prendo la sua mano. Probabilmente non avrei dovuto, visto che ci troviamo davanti a tutta la scuola, tutti i parenti, ecc.. ma non è poi così importante. Chi se ne frega
<< bravi! >>
<< siete bellissimi >>
La gente ce ne urlava di tutti i colori, mentre noi non possiamo smettere di essere felici.
Malcom ha un sorriso che gli parte da un orecchio e termina dall’altro.
Mi trascina in avanti, sul proscenio, e mi incita a fare un inchino insieme a lui. Intanto la gente continua ad adorarci e io mi sento scoppiare dentro.
Ci gustiamo il nostro momento di gloria, poi usciamo dietro alle quinte, dove nessuno può vederci.
Gli salto al collo e lo bacio con una passione tremenda. << ce l’abbiamo fatta, amore mio! >> scoppio in una risata sollevata.
Nei suoi occhi è dipinto l’entusiasmo. << proprio così! E tu che avevi paura di non farcela, testina! >> mi stritola e mi fa girare.
<< ragazzi, siete stati fantastici! >>
<< grandiosi! >>
<< il pubblico è impazzito per voi! >>
Erica, Serena ed Andrea irrompono nella nostra area “privata”. Erica e Serena si lanciano su di me abbracciandomi, baciandomi e affogandomi nei complimenti, mentre Andrea va da Malcom e gli da una stretta di mano.
<< sul serio ragazzi, siete stati grandi! >> continua Serena fremente. << mi avete fatto venire la pelle d’oca. Sono rimasta per tutto il tempo col fiato sospeso. Davvero stupendo >>
Veniamo interrotti dalla TVB << ragazzi, complimenti! Ora però, andate dall’altra parte che si fa l’ultima entrata tutti insieme! >>
Corriamo tutti dall’altra parte e ci mettiamo in coda insieme agli altri ballerini, cantanti e attori.
Saliamo tutti in scena, dove il pubblico ci accoglie ancora una volta con calore, ci prendiamo tutti per mano ed avanziamo fino alla fine del palco. Qui ci fermiamo e facciamo un cortese inchino. Torniamo indietro e ci diamo al libero sfogo ballando a tempo di musica, cantando a squarciagola e ridendo a crepapelle, mentre una valanga di coriandoli piove addosso a noi.

Qui sotto c'è il link del video della coreografia a cui mi sono ispirata. Spero vi piaccia e che vi piaccia anche il capitolo!
Recensiteeeee!! e vi ricordo che ho anche pubblicato una nuova oneshoot e sarei contenta se la leggete e la recensite
Grazie mille e 
Baciii <3

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=7YFACU54KL4



 

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Capitolo 27
*** Io ti voglio ora ***


Lasciammo il teatro senza troppe spiegazioni, dopo aver preso i vestiti e salutato i miei amici.
Uscimmo dall’edificio e salimmo sulla macchina di Malcom.
Per tutto il tragitto, nessuno dei due fiatò. Io ero troppo emozionata e angosciata per riuscire a dire qualcosa e Dio solo sa cosa stesse passando per la testa del mio ragazzo.
Dopo circa un quarto d’ora di viaggio, Malcom parcheggiò la macchina. Non seppi precisamente dire dove eravamo: eravamo circondati da alberi, cespugli e davanti a noi c’era una stradina sterrata. Mi prese per un braccio con delicatezza e mi tirò verso di sé. 
Iniziammo a camminare e camminare e camminare.
<< allora, dove mi stai portando? >> domandai sfiancata.
Era da un bel po’ che camminavamo e le gambe iniziavano a farmi male. Non rispose, continuò a trascinarmi per quel sentiero buio.
Intorno a noi, tutto era silenzioso; sentivo odore di erba fresca e di umidità.
All’improvviso, davanti a noi, si presentò un enorme villa su tre piani, con un immenso giardino decorato da roseti e fiori vari, alberi di piccola taglie e gnomi da giardino.
Rimasi senza fiato. Nella mia intera vita da quasi morta di fame, non avevo mai visto nulla di così maestoso e semplice allo stesso tempo.
Malcom si allontanò da me e si avvicinò ad uno dei tanti roseti dal quale staccò una rosa bianca per, poi, porgermela. << attenta, ha le spine >>
La presi con mani tremanti. Come non detto, mi punsi. << ahi! >>
Rise << te lo avevo detto >> 
Ero sempre la solita imbranata.
Mi portai la rosa al naso e gustai il suo odore raffinato. << che posto è questo? >> mi guardai intorno << è tutto così..stupendo >> avevo un’aria rincretinita mentre ammiravo quel panorama fiabesco.
Qui era tutto così pulito e autentico, tutto verde. Non come quello schifo del centro di Milano, tutto grigio, dove si respira solo smog.
<< questa è la mia casa di campagna. È dove passo i miei giorni di riposo e dove ideo le mie coreografie >> disse inspirando profondamente.
Cavolo, davvero passava le sue giornate qui?
Ricordai il motivo per cui eravamo insieme: dunque, era questo il posto in cui voleva..
Un fremito mi traversò la schiena.
<< è davvero favoloso… >> spostai i miei occhi verso di lui << e anche tu lo sei >> sentivo che il calore che avevo nel cuore mi si era riflesso negli occhi.
Fiondò i suoi occhi nei miei e mi prese dai fianchi per poi stamparmi un leggero bacio a fior di labbra.
Sapevo che stava temporeggiando per permettermi di gustarmi ogni secondo e per darmi il tempo di far sciogliere la tensione. Cosa praticamente impossibile data la sua presenza.
Si, era così. Ogni volta che lui mi era vicino la tensione mi saliva alle stelle. E mi piaceva. Era una sensazione che mi piaceva da morire.
Penso anche che lo facesse per sé stesso. Per lui, forse, era ancora più importante che per me. Per lui era la prima volta, la prima volta che faceva l’amore vero.
Speravo con tutto il cuore di essere all’altezza.
Si staccò immediatamente e ricominciò a trascinarmi verso la casa. Infilò le chiavi nella serratura ed aprì la porta di legno, dipinta di un color marino.
Ci ritrovammo in un immenso salone, con due enormi divani rossi, uno schermo piatto enorme, mobili in legno ed un pianoforte.
<< non mi avevi detto di saper suonare il pianoforte >> asserii scettica.
Sospirò << già. Sono un compositore, ma solo poche persone lo sanno >>  ammise.
Il suo tono era tranquillo, eppure avvertivo un qualcosa di celato dietro alla sua strana cadenza. Un’angoscia simile alla mia.
Lo guardai estasiata. Ma cosa potevo volere di più? Avevo sempre avuto un debole per i pianoforti ed avere accanto a me un uomo che sapeva suonarlo era come stare in Paradiso.
<< comporrai anche qualcosa per me, vero? >> domandai con occhi languidi.
Sorrise imbarazzato << per la verità, sto già componendo un pezzo per te >>
Lo guardai stravolta. Qualcosa dentro di me scoppiò, qualcosa tipo dinamite.
Nessuno mi aveva mai scritto una canzone e nessuno mi aveva mai portata in un posto come questo o fatto qualsiasi altra cosa che Malcom avesse fatto per me.
<< devo ancora finirla, ma..credo che ti piacerà >> continuò ancora arrancante.
La mia testa era altrove.
Sentivo il cuore battere più rumorosamente, il basso ventre in fibrillazione e le mani desiderose di contatti poco casti con lui.
<< se vuoi posso fartela sentire > continuò lui.
Non mi sembrava il momento giusto. Non sapevo cosa mi fosse preso, ma improvvisamente avevo perso il controllo.
Mi attaccai alle sue spalle con fare possessivo e lo carezzai in modo piuttosto provocante, per poi sussurrare al suo orecchio << non ora. Piuttosto, vorrei che tu mi mostrassi la camera da letto >>    
Inizialmente, Malcom si ritrovò disorientato da questo mio improvviso sbalzo di umore, ma poi si adeguò e, con un gesto mascolino, si voltò verso di me e mi sollevò.
Dopo di che, prese a succhiarmi le labbra fremente; mi arpionai con le gambe sul suo bacino e mi lasciai trascinare in camera da letto.
Qui, c’era un enorme letto ricoperto da lenzuola rosse, proprio come alcune delle rose che stavano in giardino. Proprio come il mio colore preferito.
Mi ripose piano a terra, senza mai disturbare il contatto tra le nostre labbra. Per lunghi istanti regnò il silenzio più totale, disturbato solo dal rumore delle nostre bocche e dai nostri respiri affannati.
Scoppiavo di eccitazione ed ogni suo movimento causava l’ennesima scarica di ferormoni. 
<< Greta >> soffiò, affannato.
<< Malcom >> risposi presa ancora dalla passione.
<< Greta, io..sono agitato >> ammise allontanandosi leggermente da me.
Placai la mia foga e mi misi in ascolto di ciò che voleva dirmi.
<< sono agitato. E, se dovessi farti male o non sapessi fermarmi?
Io non voglio farti del male come ha fatto Br.. >> 
<< levatelo dalla testa! Io ho la certezza che non mi farai del male >>
Distolse il suo sguardo da me e fissò la parete accanto a noi.
<< guardami >> gli poggiai la mano sulle guance e lo costrinsi a guardarmi, ad incrociare i miei occhi << tu non sei come lui >> presi ad accarezzarlo << so che tu mi ami davvero >>
Sorrise << su questo ci puoi scommettere >> mi sfiorò la guancia con la punta delle dita.
Una nuova scintilla si accese in me << ti prego.. >> affondai la faccia nel suo collo << io ti voglio ora >> sussurrai.
Lo sentii rabbrividire e sciogliersi sotto al mio tocco, il suo respiro aumentò e, non so come, le sue labbra si trovarono nuovamente attaccata alle mie.
Le sue mani presero a scivolare sul mio corpo fluidamente: prima la schiena, poi le natiche, a risalire sulle mie spalle, collo e capelli.
Le mie mani invece si aggrapparono direttamente alla sua maglietta nel tentativo di strappargliela di dosso. Il mio tentativo andò a buon fine e, una volta lanciata a terra la maglietta, mi beai di quella straordinaria visione; il suo addome  scultoreo si contraeva ad ogni suo respiro, proprio come faceva il suo pettorale sodo.
Mi sentii ancor più potente quando iniziai a passargli la mano su tutto quel ben di Dio e, soprattutto, quando raggiunsi le sue spalle. Quanto mi piacevano!
Mi afferrò dai fianchi e mi portò attaccata al suo corpo seminudo, fece scorrere le sue labbra sul mio collo e, poi, mi imitò, infilando una mano sotto alla mia maglietta e lanciandola via.
Rimasi in reggiseno e dovetti ammettere che mettere al vento tutte le mie imperfezioni mi metteva in difficoltà.
<< spegniamo le luci? >> domandai automaticamente portandomi le mani sul ventre.
Fece un passo indietro e mi guardò negli occhi; intuì immediatamente cosa mi stesse passando per la testa.
<< non hai nulla di cui vergognarti >> sussurrò soavemente, scostandosi di un paio di millimetri.
Non ero propriamente d’accordo. << ma voglio spegnere le luci ugualmente >>  
Si riavvicinò con lentezza snervante e si fermò ad un centimetro dalla mia bocca. Prese le mani che tenevo sulla pancia con dolcezza e le scostò, lasciando che il mio corpo rimanesse scoperto.
Fece scorrere i suoi occhi dal mio viso, al seno, al ventre con occhi sognanti. Dio, il suo sguardo mi mandava in ebollizione.
<< sei stupenda, sai? >> mi sfiorò di nuovo le labbra, inchiodando le sue mani ai miei sfianchi con una forza a effetto eccitante immediato.
Per la prima volta in vita mia, ero felice di avere quei fianchi larghi! 
Prese a baciarmi il ventre, dove avevo tutte le smagliature di cui mi vergognavo provocandomi un solletico eccitante, per poi prendere a salire verso la mia bocca.
Riprendemmo a baciarci, stavolta con più velocità, in preda al bisogno di rotolarci nel letto.
Gli tolsi i jeans e li lanciai insieme alla mia maglietta. In breve tempo, anche i miei jeans fecero la stessa fine.
Rimanemmo entrambi in intimo. 
La foga continuava e non sembrava volesse diminuire per nessuno dei due; ci esploravamo con le mani, con gli occhi..con le labbra.
Rimasi sdraiata, mentre lui si posiziono tra le mie gambe. 
Infilò una mano dietro alla mia schiena e mi slacciò il reggiseno; non appena lo ebbe levato, fece un sorrisino poco innocente. Sapevo cosa gli passava per la testa, in fondo, me lo aveva sempre detto di avere un debole per quelle due cose.  
Mi lasciai sfuggire un risolino che, “ah” si trasformò in un balzo di piacere nel momento in cui si fiondò sul mio seno sinistro.
Diamine, se ci sapeva fare.
Nel giro di pochi attimi, ci ritrovammo completamente nudi in preda ai bollori.
Lo lasciai entrare e subito venni sorpresa dal piacere, inarcai la schiena e mugulai accompagnata ai suoi gemiti sottili.
Saldai le mie mani sulle sue spalle e lo attaccai ancor più al mio corpo; il suo corpo sodo emanava un calore inspiegabile, mentre lentamente si muoveva sopra di me.
Dio, sentirlo ansimare per un piacere che gli causavo io, mi faceva sentire importante e fondamentale.
Continuammo a muoverci insieme, sentendoci l’uno con l’altro, proprio come nella nostra coreografia. Si, perché in fondo anche quella era una coreografia: un insieme di movimenti impregnati di passione.
Quel movimento durò per un bel po’ di tempo, finchè entrambi raggiungemmo il limite, e ci abbandonammo tra i cuscini.
Ci addormentammo, l’uno nelle braccia dell’altro dopo esserci fatti qualche coccola extra. 
Passammo la notte intrecciati, come ci era solito fare.



EEEE sorpresaaaaa!!   visto che siamo alla fine, ho pensato di non farvi aspettare ulteriormente questo momento! 
Che dire, spero che vi piaccia..buona lettura e vi do appuntamento a domani per l'ultimo capitolo..
vi ricordo di passare a dare un'occhiata alla oneshoot "Distance and Doubt".. 
fatemi sapere qualcosa lasciando qualche recensione!! grazie mille e
Baciii <3

Adoro questa foto, la trovo davvero sensuale ed aggraziata! :D 




 

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Capitolo 28
*** Melodia ***


 
Mi svegliai il mattino dopo, ancora completamente nuda, arrotolata nelle lenzuola rosse del letto di Malcom.
Tutt’ intorno a noi, niente era fuori posto eccetto i nostri vestiti, lanciati per aria la sera prima.
Dio, era stata la notte più bella di tutta la mia vita e Malcom, beh, sembrava essere nato per questo. Per provocarmi piacere.
Scostai leggermente le lenzuola per ampliare la mia visuale: la luce entrava dalla finestra, fuori il colore verde regnava ed il cielo azzurro era una perfetta cornice.
Sentii una musica provenire dal piano di sotto e, solo in quel momento, mi accorsi che sul mio ventre non c’era il braccio di Malcom a stringermi.
Mi voltai ed ebbi la conferma che Malcom non era lì nel letto accanto a me a darmi il buongiorno. Raccolsi le mutande e infilai una felpa del mio ragazzo che mi copriva fino a sopra il ginocchio. Mi diedi un’occhiata allo specchio; avevo un aspetto terribile, tuttavia ero luminosa. Degna della luce che filtrava dalla finestra.
Tentai di sistemarmi i capelli nel modo migliore che potei e andai nel piccolo bagno adiacente alla stanza per darmi una sciacquata alla faccia ed ai denti.
Poi mi avviai per le scale. Man mano che scendevo i gradini, la musica proveniente dal grande salone si faceva sempre più intensa.
La melodia che fuoriusciva dal pianoforte che avevo visto la sera prima invadeva l’aria e dava un senso di stupore a qualsiasi cosa; era un suono delicato e dalla cadenza romantica. Era una musica che non conoscevo, ma che già adoravo.
Scesi altri due scalini e finalmente, fui in grado di riuscire a vedere le spalle nude di Malcom che stava seduto al piano, creando quella sinfonia.
Mi avvicinai ancora ed ancora, e quando raggiunsi la parte opposta della stanza, allungai una mano e toccai una spalla del mio uomo.
Non appena sentì la mia mano, fece un leggero balzo e cessò di suonare.
Feci  scivolare la mia mano sul davanti, verso la clavicola, chiudendo gli occhi estasiata.
Non credo che avrei mai avuto abbastanza della sua pelle.
Poggiò la sua mano sulla mia e la sollevò all’altezza della sua bocca, poi lasciò un leggero bacio sul dorso.
<< buongiorno >> sussurrò, voltandosi nella mia direzione.
<< buongiorno >>  mi abbassai per poter arrivare alla sua bocca.
Mi prese dai fianchi e mi fece sedere a cavalcioni su di lui. 
Mi si accese il motore nel giro di pochi istanti; giocherellai con le sue labbra e passai le mani tra i suoi capelli un po’ più lunghi del solito.
Mi prese il viso tra le mani e continuò a baciarmi teneramente. Mi distaccò solo dopo un paio di minuti.
<< allora? Dormito bene? >> domandò sorridendo leggermente.
<< si. >> 
<< bene >> aggrottò leggermente le sopracciglia << io..spero solo di non averti fatto male o .. >>
<< è stato tutto perfetto. E, che tu ci creda o meno, ora mi sento davvero leggera >> sorrisi e ripresi a baciarlo lentamente.
Mi strinse più forte 
<< piuttosto, tu come ti senti? >> chiesi a mia volta.
Sbattè le palpebre un paio di volte prima di rispondermi e, nel mentre che lui faceva scorrere le sue dita sulla pelle del mio viso, io mi tuffai nei suoi occhi.
Cavolo, riuscivano a fregarmi sempre, quei due cristalli. Non riuscivo a guardarli e a non rimanerci incastrata.
<< vuoi sapere come mi sento io? >> sussurrò con voce calda, dopo avermi dato un leggero bacio sul naso.
Annuii 
Si aprì ancora di più nel suo sorriso mozzafiato. << beh. È stata la notte più bella di tutta la mia vita.
È stato come tornare indietro nel tempo, come se fosse stata realmente la prima volta con una ragazza; tutte le angosce e le paure che però poi si scoprono essere soltanto superflue, perché alla fine tutto va alla perfezione e tutto supera le aspettative. E.. >>
Mi diede un altro bacio sulle labbra più lungo e dolce che mai. 
Mi staccai leggermente, curiosa di sentire la fine di quella frase. << e? >>
Mi scostò una ciocca di capelli dal viso; il suo sorriso sempre presente sulle labbra.
<< e..boh. Mi fai sentire amato..tutto qui >> concluse candidamente.
Tutto qui? 
Era la cosa più bella cosa che una persona potesse dirmi. Che LUI potesse dirmi.
Ci speravo, davvero, con tutta me stessa di riuscire a far sentire una persona amata. Non potevo fare una cosa migliore di questa.
E poi, io lo facevo sentire amato? Forse non aveva idea di quanto lui facesse altrettanto con me. Anzi, lui mi batteva senz’altro.
A quel pensiero mi vennero gli occhi lucidi; tutto ciò era estremamente meraviglioso.
<< ehi. Non hai intenzione di metterti a piangere vero? >> rise, continuando ad accarezzarmi i capelli e le guance.
<< no. Giuro che non piango! >> guardai verso l’alto per buttare giù le lacrime.
Continuò a ridere, con gli occhi che si stringevano formando un’espressione ancor più dolce.
<< aaah..cosa devo fare con te, piccola sentimentalista? >> mi strinse a sé, tenendomi accovacciata come se fossi stata una bambolina.
<< ti amo, Malcom >> dissi affondando nell’incavo del suo collo.
Oh si, quanto lo amavo!
Lo sentii trattenere il respiro per un breve istante per poi riprendere più profondamente.
<< Anche io ti amo >> sussurrò tra i miei capelli.
<< Ma io di più >> gli lasciai un bacio sul collo e tornai a guardarlo nei suo occhi limpidi.
<< Non mi importa sapere se tu mi ami più di quanto io faccia con te. Mi basta sapere che tu mi ami più di quanto faccia con me stesso per non sentirmi più tormentato. >> 
Mi fiondai sulle sue labbra per l’ennesima volta, con una voracità improvvisa.
Ricambiò il mio bacio con la stessa intensità.
Avevo la tachicardia.
<< che cosa suonavi? >> avevo voglia di sentirlo suonare ancora. Era maledettamente bravo anche in quello.
<< beh, era la melodia che avevo composto per te.
Stamattina, mentre tu dormivi, sono riuscito a finirla >> chinò la testa di fianco e mi scrutò malandrino. << ho capito..te la faccio sentire subito >> 
<< ecco, ottimo intuito Signor Secret! >> scrollò la testa e mollò la presa su di me, lasciando che scendessi dalle sue gambe per sedermi accanto a lui.
<< buon ascolto, Signora Secchi >> gli sorrisi.
Lo ascoltai schiarirsi la gola, prima di posare le sue mani poco curate sulla tastiera del piano.
Inspirò profondamente ed iniziò a suonare.
La sinfonia che avevo ascoltato circa dieci minuti prima tornò ad echeggiare nell’enorme salone della villa.
Guardarlo suonare mi faceva venire la pelle d’oca. Mi sembrava impossibile che un uomo mastodontico come lui potesse poggiare le sue mani da zappaterra in modo così delicato su quello strumento.
E la musica mi stava davvero lasciando senza fiato; era stata fatta a pennello per me e lui. Era come se ascoltandola, tutte le immagini delle nostre avventure mi passassero davanti; gli insulti, le litigate, la danza, i baci..la notte precedente.
Era tutto assolutamente perfetto.
Per la prima volta in vita mia avrei potuto dire di essere realmente felice e soddisfatta.
Innamorata di un uomo non perfetto, ma perfetto per me. Innamorata della danza. E innamorata della vita.
Appoggiai la testa sulla sua spalla mentre lui continuava a suonare per me.
Lo ascoltai coinvolta, attenta e serena. Finalmente in pace con il mondo.
Aspettai che finisse di suonare per buttarmi di nuovo al suo collo e fare di nuovo l’amore.
 
Due giorni dopo il weekend passato nella villa in campagna di Malcom, rientrammo per l’ultimo giorno di scuola.
Non potevo crederci che fosse già passato un anno: un anno travagliato, ma andato a buon fine.
Ci ritrovammo tutti nel grosso teatro della scuola per il diploma dei ragazzi dell’ultimo anno e per l’assegnazione di premi ultra-scolastici in base alle esibizioni del saggio di fine anno.
Mi pareva inutile dire che speravo di ricevere uno di quei cavolo di premi e, chi lo sa, magari di poter essere trasferita in una scuola all’estero.
<< allora, pronta? >> domandò Malcom al mio fianco. 
<< si >> buttai fuori aria dai polmoni
Mi guardò, tolse la chiave dalla macchina e aprì la portiera << allora, andiamo >>
Lo seguii fino all’entrata, poi mi divisi da lui; fino a prova contraria, era ancora il mio insegnante di danza.
Raggiunsi i miei amici e tutti insieme andammo nel teatro per accomodarci in quinta fila, in platea.
A salire per prima sul palco fu la TVB che, dopo una serie di saluti e ringraziamenti, finalmente decise di arrivare al punto che più mi importava.
<< bene. Ora passiamo all’assegnazione dei premi.
Come sapete, alcuni rappresentanti delle più grandi accademie di danza e/o teatro del mondo hanno partecipato per assistere alle vostre esibizioni e per scegliere chi di voi avrà l’opportunità di studiare con loro.
Cominciamo.
Bolshoi ballet school: Martina Lorenzi >> 
Una ragazza del penultimo aveva il privilegio di ricevere il primo premio. 
Si alzò dal suo posto, dietro di noi, e salì sul palco. Strinse la mano della TVB, fece lo stesso con la rappresentante del Bolshoi e, seguita da un grande applauso, venne a sedersi al suo posto.
<< National Ballet School of Canada: Giuseppe Carrozza >> 
Questa volta, ad alzarsi, fu un ragazzo dai capelli color castano cenere, gli occhi scuri e fisico scolpito. Era un ragazzo del terzo anno.
Anche lui seguì lo stesso procedimento dell’altra ragazza.
Io nel frattempo, me la facevo sotto.
Mancava ancora un premio. Ed io non ero ancora stata chiamata.
La tensione aumentava sempre più; nel giro di pochi istanti, iniziai a sudare e ad iniziare a muovere il piede convulsivamente.
<< Royal ballet school: >> tun-tun tun-tun: il mio cuore << Greta Secchi >> 
OOOOLLLLLLEEEEEEE
Buttai la testa indietro e mi lasciai andare ad una risata di pura goduria, pura liberazione, mentre tutto intorno a me, la gente urlava “brava” e altri complimenti.
Incontrai gli occhi di Malcom che accennò un occhiolino.
Gli sorrisi strafelice e poi corsi verso il palco a prendere il mio premio.
Finalmente, la vita mi ripagava!
Presi tra le mani quel pezzo di carta che la TVB mi stava porgendo; era la prova che lavorare sodo, alla fine, poi ripaga.
La signora mi abbracciò calorosamente e mi sussurrò all’orecchio: << sono davvero contenta, bambina! >> 
Le strinsi a mia volta. << grazie. Di tutto >>
Sciogliemmo l’abbraccio e tornai a sedermi al mio posto; i miei amici, intorno a me, erano in fibrillazione quasi più della sottoscritta.
<< okay, okay. Calma ragazzi! >> la TVB cercò di tenere a freno il pubblico. << c’è ancora un premio! >>
Tutti tacquero. Il mio doveva teoricamente essere l’ultimo.
<< un altro premio dalla Royal Ballet School >> la TVB corrucciò la fronte ed arricciò le labbra. << e va a .. Malcom Secret! >>
Nella sala scese un silenzio pesante. Lo guardai e anche lui era sorpreso.
Non muoveva un muscolo, si limitava a guardare la TVB con sguardo atterrito, mentre lei gli sorrideva incoraggiante.
<< forza Malcom. Vieni a prendere il tuo premio! >> 
Qualcosa non andava e tutti se ne potevano rendere conto. I premi dovevano essere diretti agli studenti non anche agli insegnanti.
Ancora nessuno che fiatava in quel posto; leggevo il panico nei suoi occhi mentre li faceva scorrere per tutto il pubblico in cerca di un segno di vita.
Potevo sentire la sua ansia e il suo senso di non appartenenza, implicito ma percepibile, crescere e prendere sopravvento.
Non potevo lasciarlo solo davanti a tutto quel silenzio, mentre aveva bisogno di aiuto.
Mi voltai verso i miei amici. << ragazzi, dobbiamo fare qualcosa! >> esclamai sottovoce
<< si, ma cosa? >> Domandò, Andrea.
<< non lo so. Urlate! >>
Ci voltammo tutti insieme ed iniziammo ad urlare come dei matti e a fare il tifo per il mio ragazzo.
<< bravo, Malcom! >>
<< sei grande, maestro! >> e altre frasi simili.
Per fortuna, il resto del pubblico ci seguì a ruota, imitando i nostri schiamazzi e le nostre urla.
Insomma, un boato scoppiò proprio come il sorriso sul volto di Malcom.
In un certo qual senso, vederlo sorridere, mi faceva sorridere.
 
<< beh, salve Mister PremioInaspettato. >> apparsi alle spalle di Malcom, nel corridoio deserto.
Si voltò verso di me << ehilà Miss PremioFacile >>
<< vorrei capire come sia possibile che tu abbia ricevuto un premio. Voglio dire, non dovrebbero essere riservati solo agli studenti? >> 
Alzò le spalle << in teoria si. Ma, non so spiegarmi neanche io come sia potuta succedere questa cosa. Fatto sta che sono contento di poter studiare alla Royal e, soprattutto, sono contenta di poterlo fare con te >> si chinò su di me e mi diede un bacio a stampo.
<< ti amo da impazzire >> gli sussurrai tenendogli le braccia al collo e staccandole nel momento in cui sentii un rumore provenire dal fondo del corridoio. Non potevamo ancora farci vedere.
<< non c’è più bisogno che ti stacchi sai? Non sono più il tuo insegnante oramai >>
Oh, cavolo. È vero, ormai anche lui era una sorta di studente.
Dunque tutto era lecito, ora.
<< hai ragione. Non ci avevo pensato >>
Mi sorrise e scosse il capo. << testina >> mi strapazzò una guancia con una mano. << uh, a proposito >> fece un’espressione da persona che è appena stata illuminata. << guarda cosa ho trovato >> mi porse una foto.
Oh cavolo, era una foto della mia audizione, mentre facevo un salto, con le mie calze bucate e le mie ciocche ribelli.
<<  ‘mazza che grassa che ero! >>
Sbuffò << te l ho già detto che a me la tua pancetta piaceva. Comunque sia sei sempre una gran figa, amore mio. >> nel dirlo si avvicinò provocatoriamente e mi mollò una pacca sul culo per poi poggiare una mano e stringere.
Oh, Gesù. Lo stesso meccanismo che era partito quel fine settimana stava per ripartire. Me lo sentivo.
Feci un risolino malizioso
<< tuttavia, credo che bisogni rassodare ancora un po’>> altro che il mio risolino, la sua voce era stata una dichiarazione di BIDS. O meglio Bisogno Immediato Di Sesso.
E diciamo che anche io non scherzavo.
<< non dirmi che hai una soluzione per rassodare >>
<< ovviamente ce l ho >> mi spinse verso un ufficio. Sulla cattedra c’era una targa con scritto “Malcom Secret”. “quindi questo è il suo ufficio.”
Ritorna alla carica delle mie labbra, chiudendosi la porta alle spalle.
Passò al collo e poi alle clavicole, cercando frettolosamente di sbottonare la mia camicetta rossa.
<< e se ci vedono? >> mi scocciava interromperlo, mentre stava per spogliarmi, ma l’idea che qualcuno ci beccasse mi rendeva irrequieta.
<< pazienza, ormai non sono più il tuo insegnante. Possiamo farlo >> beh, questo lo avevo capito, però..
<< ma se ci beccano che diciamo? >>
Fece roteare gli occhi per poi puntarli dritti nei miei. C’era da dire che sapeva come farmi girare la testa senza neanche toccarmi.
<< diciamo che ti sto solo aiutando a rassodare. Diciamo che sono il tuo personal trainer >>
Mmm. L’idea era più che invitante.
Lasciai che mi sollevasse di peso e mi feci appoggiare alla cattedra, mentre lui riprese a sbottonare la camicia.
Nel giro di pochi attimi ci ritrovammo a fare l’amore. Su una cattedra.

Ecco, la melodia che Malcom scrive per Greta.
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=whbjmTqR_GQ


E dunque, eccoci alla fine di quest'altra avventura.
Ringrazio tutti per il sostegno:, a chi ha messo la storia tra le preferite, seguite e quanto altro.. ringrazio soprattutto le mie amiche Erica e Serena per avermi aiutato a sviluppare la trama tra una risata e l'altra..
Devo ammettere che finire questa storia mi dispiace tantissimo, perchè mi sono affezionatissima ai miei personaggi e perchè ci ho messo tanto impegno per ottenere questo risultato..
tuttavia, non è detto che questa storia non avrà un seguito..aspetterò solo che mi venga un'idea geniale, anche con l'aiuto delle mie consigliere!!
grazie ancora a tutti..e con questo me ne esco di scena..
Baciii <3


vi lascio con una magnifica ballerina: Svetlana Zakharova.


e Polina Semionova


 

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